ANNO LV -N. 2 -3 APRILE-SETTEMBRE 2003 PUBBLICAZIONE TRIMESTRALE DI SERVIZIO ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO S.p.A. ROMA 2003 ComitatO scientifico: Presidente:�Luigi Mazzella. Componenti:�Franco Coppi ^Giuseppe Guarino ^Natalino Irti ^Eugenio Picozza ^Franco Gaetano Scoca. DirettorE responsabile: Oscar Fiumara ^Condirettore:�Giuseppe Fiengo. ComitatO dI redazione: Giacomo Aiello ^Federico Basilica ^Vittorio Cesaroni ^Roberto de Felice ^Maurizio Fiorilli ^Massimo Giannuzzi ^ Antonio Palatiello ^Giovanni Paolo Polizzi ^Mario Antonio Scino ^ Tito Varrone. HannO collaboratO inoltrE aL presentE numero: Massimo Bachetti ^ Marzia Ciafrino ^Paolo Cosentino ^Francesca Farinelli ^Franco Favara ^ Ettore Figliolia ^Noemi Gennari ^Maria Vittoria Lumetti ^Massimo Mari ^Simona Prunali ^Sandro Tizzi ^Andrea Valletti. SegreteriA dI redazione: Francesca Pioppi. Telefono:�066829431�^E-mail:�rassegna@avvocaturastato.it ABBONAMENTI�ANNO�2003� ITALIA�ESTERO� ABBONAMENTO�ANNUO�....................�. 41,00 . 77,00 UNNUMEROSEPARATO�.....................�. 12,00 . 21,00 Prezzi�doppi,�tripli,�quadrupli�ecc.�per�tutti�quei�fascicoli�che,� stampati�in�unico�volume,�sostituiscono�altrettanti�numeri� della�prevista�periodicita�annuale.� Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: ISTITUTO�POLIGRAFICO�E�ZECCA�DELLO�STATO�S.p.A.� Funzione�Editoria� P.zza�Verdi,�10�^00198�Roma Tel.�0685082207�^0685084124 Fax�0685084117 E-mail:�venditeperiodici@ipzs.it c/c�postale�n.�387001 Stampato inItalia^PrintedinItaly Autorizzazione�Tribunale�di�Roma�^Decreto�n.�11089�del�13�luglio�1966� (6999999/32)�Roma,�2003��Istituto�Poligrafico�e�Zecca�dello�Stato�S.p.A.�^S.� INDICE^SOMMARIO Temi.istituzionali. Il procedimento di formazione dei pareri dell'Avvocatura dello Stato, diOscar FiumaraedEttoreFigliolia .................................. Pag. 1 L'Avvocatura dello Stato e iprocessiper reati ministeriali, diRobertodeFelice � 8 Il.contenzioso.comunitario.ed.internazionale. Attivita� dell'Ufficio dell'Agente del Governo italiano nei procedimenti dinanzi alla Corte di Giustizia delle Comunita� europee, diSimonaPrunali ....... � 25 1.�Le decisioni: Il principio del ne bis in idem nell'Accordo di Schengen, Plenum,11febbraio 2003,C-187eC-385/01,acuradellaDirezioneGeneraleperl'integraz ioneeuropeadelMinisterodegliEsteri ....................... � 28 La tutela dei prodotti alimentari di qualita� dinanzi ai giudici comunitari: le operazioni in loco di affettamento del Prosciutto di Parma e di grattugia del Grana Padano, Plenum,20maggio2003,C-108/01eC-112/00,di OscarFiumara � 34 Un blocco autostradale per motivi ambientali: liberta� di riunione e liberta� di traffico, Plenum,12giugno2003,C-112/00,diOscarFiumara ....... � 45 2.�Igiudizi in corso alla Corte di Giustizia CE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . � 56 Il.contenzioso.nazionale. MassimoGiannuzzi,Il rapporto tra Stato e Regioni nella disciplina dellefondaz ioni bancarie (CorteCost.,sent.29settembre2003,n.300); � 113 MassimoMari,La ricostruzione sistematica del settore (CorteCost.,sent.29 settembre2003,n.300)...................................... � 128 GiuseppeFiengo,Sulla potesta� regolamentare dello Stato in regime di legislaz ione concorrente (CorteCost.,sent.1.ottobre2003,n.302)........... � 133 GiuseppeFiengo,Sussidiarieta� e leale collaborazione nel sistema delle infras trutture e degli insediamenti produttivi strategici (CorteCost.,sent.25set- tembre-1.ottobre2003,n.303)................................ � 140 NoemiGennari,Sul riparto di competenza legislativa tra Stato e Regioni in tema di infrastrutture di telecomunicazione e tutela dai campi elettromagnet ici,(CorteCost.,sent.1-7ottobre2003,n.307e25ottobre-7novembre 2003,n.331;TARVeneto,sent.2ottobre2002,n.6118;TARToscana, sent.16gennaio2003,n.12).................................. � 167 MassimoMari,Sull'autonomiafinanziaria degli Enti locali. L'unita� del sistema (CorteCost.,sent.2-15ottobre2003,n.311) ...................... � 205 AntonioPalatiello,Il termine ragionevole delprocesso: la memoria dell'Avvocat ura dello Stato alle Sezioni Unite .............................. � 209 MariaVittoriaLumetti,SandroTizzi,La responsabilita� ex art. 2051 c.c. dell'is tituto scolastico durante l'occupazione studentesca (Trib.Firenze,2.sez. civ.,21novembre2002n.762) ................................ � 230 Ipareridel.comitatoconsultivo....� 239 Contributi.di.dottrina. MassimoBachetti,Delitto di alto tradimento e responsabilita� civile dello Stato � 255 MariaVittoriaLumetti,Il risarcimento del danno alla persona: inquinamento elettromagnetico e organismi geneticamente modificati . . . . . . . . . . . . . . . . . � 267 AndreaValletti,Annullamento dell'aggiudicazione e contratto. Riflessioni sull 'opportunita� di uscire dal �circolo vizioso� della nullita� -annullabilita� -caducaz ione .. .. .. ... .. .. ... .. .. ... .. .. ... .. .. ... .. .. ... . . . . ... .. � 301 MariaVittoriaLumetti,Gli strumenti della semplificazione normativa . . . . . . � 323 RASSEGNAAVVOCATURADELLOSTATO ServizI informaticI E statisticI FrancescaFarinelli,LadisciplinagiuridicadiInternet.................. IndicI sistematicI ............................................ � � 345 387 TemiIstituzionaliTemiIstituzionali Il procedimento di formazione dei pareri dell'Avvocatura dello Stato (Tribunale di Roma, G.I.P., 5-7 luglio 2001; Corte d'Appello di Roma, sezionesecondapenale, 18 dicembre2002-14gennaio2003). Nei�capi�di�imputazione�si�ipotizzavano�reati�di�falso�ideolo- gico,�abuso�d'ufficio�e�peculato�a�carico�di�Vice�Avvocato�Gene- rale�dell'epoca�dei�fatti,�che�aveva�sottoscritto�un�parere,�redatto� da�altro�Avvocato�dello�Stato�assegnatario�dell'affare,�con�il� quale�si�era�espresso�l'avviso�che�fossero�applicabili�le�piu�restrit- tive�disposizioni�normative�in�materia�di�revisione�prezzi,�intro- dotte�dalla�legge�28�febbraio�1986,�n.�41,�legittimando�cos|�una� revisione�prezzi�che�avrebbe�portato�un�notevole�vantaggio�eco- nomico�all'impresa�incaricata�dei�lavori.� Il�Giudice�per�le�indagini�preliminari,�in�sede�di�giudizio� abbreviato,�ha�assolto�il�Vice�Avvocato�Generale�con�formula� piena��perche�il�fatto�non�sussiste�;�la�Corte�d'appello�ha�confer- mato�la�formula�assolutoria�espressamente�richiesta�dalla�difesa� dell'imputato,�malgrado�la�sopravvenuta�morte�del�medesimo.� La�difesa�dell'imputato,�assunta�dall'Avvocatura�stessa�ai� sensi�dell'art.�44�r.d.�30�ottobre�1933�n.�1611,�aveva�innanzi�tutto� richiamato�l'attenzione�dei�giudicanti�sul�procedimento�di�forma- zione�dei�pareri�resi�dall'Avvocatura�dello�Stato,�nell'ambito�del� quale,�all'epoca�(anno�1986),�si�era�formato�ed�era�stato�esternato� il�parere�oggetto�della�contestazione.� �All'Avvocatura�dello�Stato�^si�era�detto�^spettano�la�rap- presentanza,�il�patrocinio�e�l'assistenza�in�giudizio�delle�Ammini- strazioni�dello�Stato�(art.�1,�co.�1,�r.d.�30�ottobre�1933,�n.�1611).� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Essa�``provvede�alla�tutela�legale�dei�diritti�e�degli�interessi�dello� Stato;�alle�consultazioni�legali�richieste�dalle�Amministrazioni�...''� (art.�13).� �Gli�affari�di�cui�si�occupa�l'Avvocatura�dello�Stato�si�divi- dono�in�``contenziosi''�e�``consultivi''.�Essi�vengono�assegnati� (limitando�qui�il�discorso�agli�uffici�dell'Avvocatura�generale� dello�Stato�di�Roma:�per�le�Avvocature�distrettuali�dello�Stato,� operanti�nei�distretti�di�Corte�d'Appello�diversi�da�quello� romano,�valgono�le�stesse�regole�mutatis mutandis)�dall'Avvocato� Generale�(art.�15)�secondo�criteri�di�competenza�ed�anzianita�.� �Con�riferimento�agli�affari�``consultivi'',�cioe�ai�pareri�da� rendere�alle�Amministrazioni�che�ne�fanno�richiesta,�l'avvocato� dello�Stato�assegnatario�dell'affare�predispone�il�parere�in�linea� legale�secondo�la�sua�valutazione�della�vicenda�e�invia�la�lettera� cos|�predisposta�alla�firma�dei�Vice�Avvocati�Generali�compe- tenti�per�materia�(il�potere�di�firma�dei�pareri�e�di�ogni�corri- spondenza�e�esercitato�dall'Avvocato�Generale�o�dal�Vice�Avvo- cato�Generale�incaricato�per�materia,�secondo�criteri�prefissati� dal�primo).�Prima�di�pervenire�alla�firma,�lo�schema�di�parere�e� preso�in�visione,�di�norma,�da�una�struttura�di�supporto�del- l'Avvocato�Generale,�formata�secondo�i�tempi�da�due�o�tre�avvo- cati�dello�Stato�^che�per�brevita�e�comprensione�chiamiamo� ``coordinamento''�^che�ha�un�compito�di�filtro,�segnalando�agli� assegnatari�eventuali�divergenze�con�linee�interpretative�seguite� dall'Istituto�ovvero�la�ritenuta�necessita�di�modifiche�o�integra- zioni,�che�l'assegnatario�puo�condividere�o�meno.�La�lettera�cos|� predisposta�passa�alla�firma�dell'Avvocato�Generale�o�di�un�suo� Vice,�i�quali�possono�o�meno�condividere�quanto�predisposto� dall'assegnatario�e/o�quanto�segnalato�dal�``coordinamento''.� Ove�non�si�raggiunga�un�accordo�fra�la�dirigenza�e�l'assegnatario,� l'affare�passa�all'esame�del�Comitato�consultivo�dell'Avvocatura,� che�ha,�fra�gli�altri�compiti,�quello�di�``dirimere,�sentiti�gli�interes- sati,�le�divergenze�di�opinione�che�insorgono�nella�trattazione� degli�affari�contenziosi�e�consultivi�fra�avvocati,�che�esercitano� funzioni�direttive,�ed�avvocati,�cui�sono�assegnati�gli�affari�stessi''� (art.�26�legge�3�aprile�1979,�n.�103:�il�Comitato�si�esprime�anche� sui�pareri�che�riguardano�questioni�di�massima�o�di�particolare� rilevanza).�L'Avvocato�Generale�e�i�suoi�Vice�firmano,�quindi,� TEMI�ISTITUZIONALI� l'atto�predisposto�dall'assegnatario�o�modificato�con�il�suo�con- senso�(ovvero�approvato�dal�comitato�consultivo),�ma�non�pos- sono�modificare�unilateralmente�il�parere�senza�il�consenso�del- l'assegnatario.� �Per�gli�affari�``contenziosi''�la�prassi�e�formalmente�diversa� ma�sostanzialmente�nello�stesso�senso.�Gli�atti�difensivi,�anche� per�ragioni�di�speditezza�e�di�individualizzazione�del�concreto� difensore,�sono�sottoscritti�dall'assegnatario�dell'affare,�ma�sono� anch'essi�inviati�al�``visto''�della�dirigenza,�secondo�la�procedura� sopradescritta�per�gli�affari�consultivi.�La�corrispondenza,�anche� per�gli�affari�contenziosi,�segue�la�stessa�trafila�dei�pareri�negli� affari�consultivi.� �Da�quanto�sopra�si�evince�che�un'Amministrazione�dello� Stato,�allorche�richiede�un�parere,�si�rivolge�all'Avvocatura�dello� Stato�e�non�ad�un�singolo�Avvocato�dello�Stato,�e�che�il�parere� viene�reso�all'Amministrazione�richiedente�non�dal�singolo�Avvo- cato�dello�Stato�che�lo�redige�o�dall'Avvocato�Generale�o�Vice� Avvocato�Generale�che�lo�sottoscrive,�ma�dall'Avvocatura�dello� Stato,�previo�esperimento�di�un�procedimento�complesso�che� passa�attraverso�fasi�specifiche�di�competenza�funzionale�di�piu� organi�interni�distinti�l'uno�dall'altro:�assegnazione�^redazione� ^esame�di�coordinamento�^(eventuale�intervento�del�comitato� consultivo)�^sottoscrizione.� �Con�queste�precisazioni,�ovviamente�^si�era�aggiunto�l 'imputato�non�intende�certo�sottrarsi�alle�sue�responsabilita�di� firmatario�dell'atto,�rivendicando�anzi�con�fermezza�ed�orgoglio� la�sua�funzione�(allora�svolta),�ma�intende�solo�avvertire�che� l'opinione�espressa�nel�parere�e�che�si�assume�``falsa''�e�frutto�di� una�sinergia�professionale�formatasi�nell'ambito�dell'Avvocatura,� le�cui�conclusioni�possono�essere�opinabili�finche�si�vuole,�ma� sono�l'espressione�di�una�interpretazione�condivisa�a�tutti�i�livelli� e�riferibile�all'Avvocatura�quale�organo�istituzionale�di�consu- lenza�legale�delle�Amministrazioni�dello�Stato.� �Ovviamente�^si�era�infine�detto�^l'esame�del�Vice�Avvo- cato�Generale�riguarda�essenzialmente�l'interpretazione�data�ad� una�certa�normativa�riguardo�ad�una�fattispecie�quale�descritta� nella�lettera�di�richiesta�dell'Amministrazione.�Il�parere�e�in�ogni� caso�reso�secondo�parametri�di�diritto,�sulla�base�delle�indica- RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� zioni�di�fatto�fornite�dall'Amministrazione�richiedente�(cliente� assistito)�che�sono�necessariamente�assunte�a�presupposto�del- l'opinione�giuridica�espressa�ove�non�emergano�elementi�di�con- trasto�o�contraddizioni�nella�stessa�richiesta�di�parere�.� Queste�considerazioni,�espresse�tenendo�conto�dell'organiz- zazione�dell'Avvocatura�all'epoca�dei�fatti,�sono�state�pienamente� condivise�dagli�organi�giudicanti�(cfr.�anche,�in�caso�similare,� Corte�d'Appello�di�Roma,�sezione�quarta�penale,�11�gennaio� 2000,�n.�2/00,�con�la�quale�e�stato�sottolineato�che�i�pareri�del- l'Avvocatura,�di�natura�non�vincolante�per�l'Amministrazione� richiedente,�sono�da�essa�resi�nella�sua�funzione�di�``organo�desi- gnato�a�dare�pareri�di�natura�legale'').�Esse�conservano�valore� anche�nell'attuale�organizzazione,�introdotta�con�la�comunica- zione�di�servizio�21�gennaio�2002�n.�16�bis (in�questa Rassegna,� 2001,�pag.�XVII):�la�costituzione�di�sezioni�fra�le�quali�sono� distribuiti�per�materia�gli�affari,�l'affidamento�di�ciascuna�di�esse� alla�direzione�di�un�Vice�Avvocato�Generale,�la�designazione�per� ciascuna�di�un�avvocato�con�compiti�di�coordinamento,�la�firma� congiunta�del�Vice�Avvocato�Generale�e�dell'avvocato�estensore� del�parere,�ferme�in�ogni�caso�le�competenze�dell'Avvocato�Gene- rale�e�del�Comitato�consultivo,�rendono�ancor�piu�trasparente� l'azione�dell'Avvocatura�dello�Stato�(in�sede�centrale�e,�mutatis mutandis,�in�sede�periferica)�.� Nel�merito�l'assoluta�inconsistenza�dell'ipotesi�accusatoria�e� stata�rilevata�non�solo�in�primo�grado�^in�vita�dell'imputato�^,� ma�anche�in�fase�d'appello�allorche�,�invece�di�pronunciarsi�per� l'estinzione�del�reato�per�morte�del�reo,�che�avrebbe�potuto� lasciare�l'ombra�di�un�dubbio�che�di�per�se�sola�appariva�infa- mante,�la�Corte�d'appello,�in�accoglimento�della�richiesta�della� difesa�svolta�dall'Avvocatura,�tesa�a�salvaguardare�l'onore�e�la� rettitudine�dell'accusato�ed�il�prestigio�dell'Istituzione�cui�appar- teneva,�ha�confermato�la�pronuncia�pienamente�assolutoria� emessa�nel�giudizio�abbreviato.�Sulla�possibilita�di�applicare� l'art.�129,�secondo�comma,�cod.proc.pen.�anche�in�caso�di� sopravvenuta�estinzione�del�reato�per�morte�del�reo,�cfr.�Cassa- zione,�sezione�sesta�penale,�3�novembre�-23�dicembre�1999� n.�14631,�RV�216322.� Avv.ti Oscar Fiumara ed Ettore Figliolia TEMI�ISTITUZIONALI� Tribunale di Roma, Giudice per le indagini preliminari, 5 luglio 2001 (7 luglio 2001), nel�pro- cedimento�penale�contro�il�Vice�Avvocato�Generale�dello�Stato�G.A.�(Avv.ti�dello�Stato� O.�Fiumara�e�E.�Figliolia).� Ilparere�redatto�negliuf fficidell'Avvocatura�dello�Stato,�nelmomento�in�cuiviene�comuni- cato�all'Amministrazione�richiedente,�deve�ritenersi�reso�dall'Avvocatura�dello�Stato�quale� organo�istituzionale�deputato�a�svolgere�la�funzione�consultiva,�sicche�un�reato�ipotizzato�dal� pubblico�ministero�nei�confronti�del�Vice�Avvocato�Generale�che�ha�firmato�il�parere�avrebbe� richiesto�il�concorso�necessario�dei�vari�avvocati�dello�Stato�che�parteciparono�alprocedimento� per�la�suaformazione.� Nella�specie�ilfatto�non�sussiste.� (r.d.�30�ottobre�1933,�n.�1611;�legge�3�aprile�1979,�n.�103). �(omissis)�L'Avvocato�dello�Stato�G.A.�e�accusato�di�aver�dato�al�Ministero�delle�Poste un�parere�erroneo,�in�tal�modo�fornendo�un�sostegno�giuridico�alle�attivita�criminose�degli� imputati.� Nel�capo�d'imputazione�non�sono�indicati�altri�elementi,�oltre�al�suddetto�parere,�per� ritenere�che�il�G.A.�avesse�deliberatamente�fatto�valutazioni�giuridiche�non�coerenti�con�gli� elementi�contrattuali,�ne�dagli�atti�processuali�risulta�che�egli�avesse�volutamente�interpre- tato�la�legge�in�modo�erroneo�o�capzioso.� Deve�essere�rilevato�anzitutto�che�l'imputato�ha�sottoscritto�il�parere�nella�sua�attivita� istituzionale.� In�proposito�la�difesa�ha�rilevato�che,�secondo�l'ordinamento�dell'Avvocatura�di�Stato,� per�l'espletamento�dell'attivita�consultiva�l'Avvocato�Generale�dello�Stato�provvede�ad�asse- gnare�i�singoli�affari�ai�vari�Avvocati�i�quali�predispongono�il�parere�secondo�le�proprie�valu- tazioni.�Quindi�il�parere�viene�inviato�all'Avvocato�Generale�o�ad�uno�dei�suoi�Vice�(secondo criteri�prefissati�di�ripartizione�di�competenza�per�materia),�i�quali�sono�coadiuvati�da�un� ufficio�composto�da�due�o�tre�Avvocati�dello�Stato�i�quali�assicurano�l'uniformita�interpreta- tiva�dell'Avvocatura.�Per�le�situazioni�in�cui�dovessero�sorgere�divergenze�tra�l'Avvocato� che�ha�espresso�il�parere�e�la�struttura�di�``coordinamento''�e�previsto�l'intervento�del�Comi- tato�consultivo�dell'Avvocatura.�Si�deve�quindi�escludere�che�l'Avvocato�Generale�o�uno�dei� suoi�Vice�possano�modificare�unilateralmente�il�parere�redatto�dall'�assegnatario.� Per�le�considerazioni�esposte�e�per�la�natura�stessa�dell'Avvocatura�generale�dello�Stato� (il�cui�ordinamento�e�regolato�dalla�legge�3�aprile�1979,�n.�103)�l'atto�consultivo,�nel� momento�in�cui�viene�comunicato�all'Amministrazione�richiedente,�deve�ritenersi�reso�dal- l'Avvocatura�generale�dello�Stato�quale�organo�istituzionale�deputato�a�svolgere�la�funzione� consultiva.� Pertanto�il�reato�ipotizzato�dal�pubblico�ministero�non�sarebbe�stato�commesso�dal� Vice�Avvocato�Generale�G.A.,�che�ha�firmato�il�parere,�ma�avrebbe�richiesto�il�concorso� necessario�dei�vari�Avvocati�dello�Stato�che�parteciparono�al�procedimento�della�sua�forma- zione.� A�parte�tale�preliminare�rilievo,�va�pure�considerato,�sempre�in�via�preliminare,�che�il� parere,�condiviso�e�sottoscritto�dall'Avvocato�G.A.,�e�stato�reso�sulla�base�delle�indicazioni� di�fatto�fornite�dall'Amministrazione�richiedente�(nota�di�richiesta�con�allegata�la�conven- zione�normativa�in�data�8�giugno�1985).� Il�dubbio�interpretativo�in�merito�all'applicazione�dell'art.�33�della�legge�n.�41�del� 28�febbraio�1986�era�sorto�a�brevissima�distanza�di�tempo�dall'entrata�in�vigore�della�legge� stessa.� Nel�parere�si�esclude�l'applicabilita�dell'art.�33�(che�non�si�riferisce�alle�concessioni�gia� in�atto�al�momento�della�sua�entrata�in�vigore),�sulla�base�della�considerazione�che�la�con- venzione�era�stata�stipulata�in�data�anteriore.�E�cio�in�quanto�essa�conteneva�la�disciplina� della�vendita�delle�aree�e�delle�concessioni�di�costruzione,�individuava�le�aree�da�cedere�e� gli�esatti�corrispettivi�sulla�base�di�un�progetto�preliminare,�e�prevedeva�i�corrispettivi��a� misura��applicabili�per�remunerare�la�costruzione�con�la�puntuale�previsione�che�tali�prezzi� erano�soggetti�a�revisione�a�partire�dalla�data�della�convenzione�stessa.� Sulla�base�di�tali�elementi�sembra�ragionevole�concludere,�cos|�come�e�detto�nel�parere,� che�si�era�fra�le�parti�gia�formato�l'accordo�sul�contenuto�della�concessione�ed�in�particolare� sui�corrispettivi,�previsti�a�misura�secondo�i�prezzari�del�1984,�riservandosi�ai�successivi� disciplinari�soltanto�la�determinazione�del�compenso�globale�sulla�base�dei�progetti�esecutivi� ancora�da�redigere.�Essendo�stati�gia�stabiliti�i�criteri�per�la�determinazione�del�compenso� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� globale,�e�quindi�convenuti�i�prezzi,�la�volonta��contrattuale�doveva�ritenersi�gia��formata� come�confermato�dalla�clausola�di�cui�all'art.�12�che�prevedeva�la�facolta��di�recedere�dal� contratto�che�pertanto�le�parti�ritenevano�come�gia��concluso.� Peraltro�individuazione�della�normativa�applicabile�alla�fattispecie�era�corretta,�come� successivamente�ritenuto�da�sentenze�del�Consiglio�di�Stato�(sez.�IV�n.�350/1998�e�n.�147/� 1999).� Cio��premesso,�va�rilevato�che�e��stato�contestato�all'imputato�di�aver�artatamente�fornito� un�sostegno�tecnico-giuridico�al�Consiglio�d'Amministrazione�nell'approvare�gli�schemi� disciplinari�contenenti�disposizioni�in�contrasto�con�l'art.�33�legge�41/1986.�Ma�basta�osser- vare�che�l'Avvocato�G.A.,�sulla�base�dei�dati�di�fatto�forniti�dall'Amministrazione,�si�limito�� a�esprimere�un�parere�e�a�sostenere�una�tesi�giuridica�esatta.� Peraltro�neppure�e��contestato�un�qualche�suo�comportamento�dal�quale�poter�dedurre che�egli�avesse�agito�in�accordo�con�altri�imputati�allo�scopo�di�far�stipulare�all'Amministra- zione�contratti�illegittimi.� Deve�concludersi�che�l'Avvocato�G.A.�espresse�un�parere�libero�e�motivato,comeera� nel�suo�dovere�istituzionale,�peraltro�in�linea�con�il�convincimento�in�precedenza�espresso� dal�Capo�dell'ufficio�legislativo�del�Ministero�e�dallo�stesso�Ministro,�al�fine�unico�di�acqui- sire�certezza�in�ordine�alla�questione�giuridica�sottoposta�al�suo�esame�e�non�certo�al�fine� di�favorire�qualcuno.�Non�sussiste�in�conseguenza�alcuno�dei�tre�reati�che�gli�sono�stati�con- testati�unicamente�sulla�base�del�parere�e�senza�alcun�altro�specifico�addebito. Conseguentemente�l'imputato�deve�essere�assolto�perche�il�fatto�non�sussiste�(omissis)�.� Corte d'Appello di Roma, sezione seconda penale, 18 dicembre 2002 (14 gennaio 2003), nel� processo�penale�contro�il�Vice�Avvocato�Generale�dello�Stato�G.A.�(Avv.ti�dello�Stato� O.�Fiumara�e�E.�Figliolia).� Il decesso dell'imputato nel corso del procedimento non impedisce, a norma dell'artp 129 comma secondo cod.proc.pen., la pronuncia nel merito se dagli atti risulta evidente (come nel caso di specie) che ilfatto non sussistep (cod.�proc.�pen.,�art.�129). �(omissis)E�preliminare�ad�ogni�altra�considerazione�la�valutazione�del�punto�di�diritto concernente�la�possibilita��di�pervenire�ad�una�pronuncia�``nel�merito''�favorevole�all'impu- tato�quando,�come�nel�caso,�sia�sopravvenuta�una�causa�estintiva�del�reato,�qui�costituita� dalla�morte�dell'imputato.�Vigente�l'articolo�152,�comma�2,�c.p.p.�del�1930,�il�cui�tenore�e�� sostanzialmente�riprodotto�dall'articolo�129,�comma�2,�c.p.p.�del�1988,�la�giurisprudenza� delle�sezioni�unite�(Cass.,�S.U.,�sentenza�6682�del�4�giugno�1992)�ha�avuto�modo�di�osservare� che�il�principio�espresso�dal�secondo�comma�di�quell'articolo�``sottolinea�come�il�fatto�della� sopravvenienza�di�una�causa�estintiva�del�reato,�operativa�(ex nunc),�non�puo��porre�nel�nulla� la�realta��acquisita�nel�procedimento�che�il�fatto�ascritto�all'imputato�non�sussiste�o�non�e�� previsto�dalla�legge�come�reato�o�non�e��stato�commesso�dall'imputato�stesso.�Una�siffatta� realta��deve�prevalere�anche�nel�caso�in�cui�la�causa�estintiva�del�reato�sia�quella�della�soprav- venuta�morte�del�reo;�cio��sia�per�la�rilevanza�sostanziale�del�riconoscimento�dell'innocenza� di�una�persona�accusata,�che�non�cessa�per�effetto�della�sua�morte,�residuando�l'interesse� dei�congiunti�e�degli�eredi�alla�tutela�della�memoria,�sia�perche��,�permanendo�talune�conse- guenze�non�indifferenti�nonostante�l'estinzione�del�reato�(la�morte�del�reo�non�estingue� infatti�le�obbligazioni�civili�derivanti�dal�reato�e�quelle�concernenti�le�spese�processuali�ed,� eventualmente�di�mantenimento�in�carcere),�non�v'e��ragione�^in�virtu��del�principio�di�egua- glianza�e�per�considerazioni�di�economia�processuale�^che�i�congiunti�e�gli�eredi�del�defunto� ne�debbano�subire�il�peso�solo�per�la�casualita��della�sopravvenienza�della�morte�del�loro� dante�causa,�rispetto�alla�miglior�sorte�dell'imputato�vivente,�che�avrebbe�viceversa�il�van- taggio�di�vedere�riconosciuta�la�propria�innocenza,�sia,�infine,�perche�la�surricordata�norma� non�fa�distinzione�tra�le�cause�estintive�ed�il�suo�senso�piu��pregnante�e��quello�della�tutela�del- l'innocenza�della�persona�vivente�al�momento�in�cui�e��stata�promossa�l'azione�penale''.�Gli� argomenti�che�hanno�sostenuto�la�decisione�delle�sezioni�unite�della�cassazione�sembrano� tanto�piu��convincenti�in�un�contesto,�quale�quello�verificabile�nel�presente�procedimento,�in� cui�la�vicenda�processuale�vede�il�sopravvenire�della�causa�di�estinzione�costituita�dal� decesso�dell'imputato�dopo�il�riconoscimento,�in�primo�grado,�che�i�fatti�a�lui�riferiti�non� sussistono.�Cio��induce,�peraltro,�ad�interrogarsi�sulla�nozione�di�evidenza�cui�ha�acceduto�il� TEMI�ISTITUZIONALI� codificatore�sia�del�1930�che�del�1988�dettando�rispettivamente�gli�articoli�152,�comma�2,�e� 129,�comma�2.�Conformemente�alla�giurisprudenza�affermatasi�vigente�la�prima�delle�dispo- sizioni�citate,�ritiene�questa�Corte�che�la�``evidenza''�della�prova�che�impone�l'assoluzione� nel�merito�non�riguardi�il�mezzo�di�prova,�considerato�di�per�se�,�ma�piuttosto�la�conclusione� logico-giuridica�cui�conduce�l'uso�dello�stesso�mezzo.�Come�ha�precisato�il�giudice�di�legitti- mita�(Cass.,�Sez.�4,�sentenza�16839�del�21�dicembre�1990�in�CedpRv.p186073),��non�e�necessa- rio�che�la�prova,�valutata�``primafacie'',�dia�immediatamente�la�certezza�della�innocenza�del- l'imputato,�ma�basta�che�sia�``estremamente�sicuro''�il�giudizio�al�quale�si�perviene�attraverso� l'adeguata�valutazione�degli�elementi�probatori�gia�acquisiti�agli�atti.�In�definitiva�la�pronta� individuabilita�e�la�preesistenza�in�atti�della�prova�dell'incolpevolezza,�impongono,�nel�caso� in�esame,�una�pronuncia�di�merito�favorevole�all'imputato�pur�in�presenza�di�causa�di�estin- zione�del�reato.�A�tale�impostazione,�peraltro,�sembra�implicitamente�aderire,�sotto�il�profilo� che�ora�si�considera,�il�rappresentante�della�Procura�generale�rassegnando,�all'odierna� udienza,�conclusioni�che�richiedono�l'assoluzione�nel�merito�dal�reato�sub�c).� Nello�scrutinare�l'imputazione�di�cui�al�capo�a)�(art.�479�c.p.�^falsita�ideologica�com- messa�da�pubblico�ufficiale�in�atto�pubblico^),�un�primo�profilo�deve�essere�affrontato�circa� la�stessa�riconducibilita�di�quanto�contestato�al�paradigma�normativo�del�falso�in�atto�pub- blico,�e�cio�anche�ammesso�che�la�volonta�del�pubblico�ufficiale�si�fosse�determinata�nel� senso�di�rendere�un�parere�infedele.�Non�vi�e�dubbio�che�il�parere�formulato�abbia�implicato� un�esercizio�di�valutazioni�tecnico�giuridiche,�laddove,�invece,�il�paradigma�della�norma� incriminatrice�porta�a�ritenere�integrare�gli�estremi�della�falsita�ideologica�soltanto�le�false� attestazioni�del�pubblico�ufficiale�che�abbiano�ad�oggetto�fatti�da�lui�compiuti�o�caduti�sotto� la�sua�diretta�e�personale�percezione.�Restano,�pertanto,�al�di�fuori�della�fattispecie�crimi- nosa�di�cui�all'articolo�479�c.p.�tutte�le�manifestazioni�di�giudizio,�con�l'unico�limite�^che� nel�caso�non�si�coglie�^costituito�da�quelle�manifestazioni�di�giudizio�che�sottendano,�anche� implicitamente,�attivita�che�si�assumano�falsamente�compiute�dal�pubblico�ufficiale�(cfr� Cass.,�Sez.�sesta,�sentenza�20�maggio�1992�nr.�6018,�in�CEDpRv.p190482).�Orbene�nel�parere� per�cui�e�processo�non�vi�e�traccia�di�attestazione�di�un�fatto�dal�pubblico�ufficiale�compiuto� o�avvenuto�alla�sua�presenza.�Infine,�la�stessa�natura�del�``parere''�e�tale�da�escludere�che� ad�esso�possa�riconnettersi�quella�fede�privilegiata�che�la�norma�incriminatrice�tutela.� Il�PM�appellante,�con�argomento�non�privo�di�suggestione,�sembra,�come�detto,�indivi- duare�il�fatto�falsamente�attestato�nell'aver�dato�atto�che�si�fosse�pervenuto�alla�``aggiudica- zione''�gia�con�la�stipula�della�``convenzione�normativa''.�A�tale�argomento,�pero�,�non�puo� non�replicarsi�che�l'individuazione�del�momento�della�``aggiudicazione''�costituisce�momento� centrale,�se�non�l'inpse�,�di�quella�valutazione�che�al�pubblico�ufficiale�era�stata�richiesta,�deri- vando,�poi,�dall'individuazione�del�momento�dell'aggiudicazione�conseguenze�inevitabili,� sul�piano�logico,�in�punto�di�individuazione�della�normativa�applicabile�tra�quelle�succedu- tesi�nel�tempo.�Non�puo�essere,�infine,�sottaciuto,�anche,�e�soprattutto,�per�assumere�le� dovute�determinazioni�in�ordine�ai�capi�b)�e�c),�che�il�parere�espresso�dall'imputato,�all'epoca� in�assenza�di�precedenti,�si�e�rivelato�in�linea�con�le�successive�determinazioni�giurispruden- ziali�che�hanno�negato�la�possibilita�di�far�ricorso�alla�``revisione�prezzi''�solo�in�presenza� di�intese�del�tutto�``autonome''�rispetto�ad�accordi�intervenuti�prima�dell'entrata�in�vigore� della�norma�che�ha�abolito�l'istituto�della�revisione�prezzi�(cfr.�Consiglio�di�Stato,�Sezione� quarta,�sentenza�nr.�350�del�27�febbraio�1998).� Quanto�ai�fatti�di�cui�ai�capi�b)�e�c),�occorre�evidenziare�che�i�correlativi�reati�contestati� sarebbero�stati,�per�cio�che�concerne�l'Avvocato�G.A.,�commessi�col�porre�in�essere�la�con- dotta�sub�a);�in�tale�condotta�risiederebbe�l'apporto�causale�fornito�sia�per�il�reato�di�abuso� in�atti�di�ufficio�che�per�quello�di�peculato.�L'insussistenza�del�fatto�sub�a),�dunque,�non� puo�non�travolgere�la�stessa�possibilita�di�provare�gli�altri�reati�contestati.�Ed�infatti,�in� assenza�di�qualsivoglia�ulteriore�elemento,�rimane�esclusivamente�il�dato�costituito�dalla� mera�sintonicita�del�parere�espresso�rispetto�agli�interessi�della�societa�M.�Ma�cio�,inassenza� di�dati�ulteriori�da�cui�desumere�una�qualche�cointeressenza�tra�l'Avvocato�G.A.�e�gli�espo- nenti�della�societa�citata,�non�fornisce�prova�alcuna�dei�fatti�specificamente�attribuiti�al- l'Avvocato�dello�Stato.�Tutto�cio�,�peraltro,�al�di�la�della�tecnica�impiegata�per�la�redazione� delle�imputazioni,�che�cumula�in�un�solo�capo�condotte�eterogenee�riferibili�a�diverse�per- sone,�non�pregiudica�la�valutazione�delle�condotte�degli�altri�coimputati,�condotte�qui�nean- che�incidentalmente�scrutinate�(omissis)�.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� L'Avvocatura dello Stato e i processi per reati ministeriali (Corte Costituzionale, sentenze 11-24 aprile 2002, n. 134; 23-25 maggio 1990, n. 265. Corted'appellodiRoma,sezionesecondapenale,sentenza16giugno2003,n. 4759). La��giustizia�politica��e�il�punto�cruciale�di�ogni�ordina- mento�costituzionale�perche�riflette�lo�stato�dei�rapporti�tra� poteri�dello�Stato,�da�una�parte�e,�dall'altra,�il�grado�di�responsa- bilita�o�immunita�dei�titolari�del�potere.� L'originario�disegno�costituzionale�rimetteva�alla�Corte� Costituzionale�i�giudizi�sui�reati�ministeriali,�ritenendosi�tale� altissima�sede�quella�opportuna�per�l'importanza�della�materia� trattata�e,�soprattutto,�per�la�dignita�delle�persone�coinvolte.�Ma� l'accesso�alla�Corte�(che,�come�si�ricordera�,�era�integrata�da�giu- dici�estratti�da�un�elenco�di�45,�eletti�dalle�Camere�in�seduta� comune,�e�presso�la�quale�fungeva�da�P.M.�un�collegio�di�tre� commissari�d'accusa)�era�subordinato�a�un'istruttoria�rimessa� alla�c.d.�Commissione�(bicamerale)�inquirente�che,�in�particolare,� venne�contestata�per�la�tendenza�alla�archiviazione�delle�denunce� contro�i�ministri,�tutti�appartenenti�allo�stesso�schieramento�poli- tico,�rimasto�immoto�tra�il�1946�e�il�1994.�Nel�primo�processo� (la�Commissione�poteva�proporre�la�messa�in�stato�di�accusa,� che�era�deliberata�dal�Parlamento�in�S.C.)�contro�due�ministri,�il� c.d.�affare Lockheed,�il�sistema�dimostro�,�all'atto�pratico,�di�non� tenere,�paralizzando�per�anni�l'attivita�della�Corte�i�cui�giudici,� peraltro,�mantenevano�(trattandosi�di�giudice�speciale�ed�organo� straordinario)�tale�veste�anche�dopo la�naturale�scadenza�del�loro� mandato�(art.�26,�u.c.,�legge�20/62).�Prevalse,�alfine,�l'idea�che�la� Corte�non�fosse�l'organo�adatto.�La�legge�costituzionale�1/1989,� lasciata�alla�Corte�l'improbabile�funzione�di�giudicare�il�Capo� dello�Stato,�rimette,�in�linea�generale,�all'A.G.�ordinaria�(ed�in� particolare�al�Tribunale,�in�composizione�collegiale,�del�capo- luogo�del�distretto�cui�appartiene�il�giudice�competente�secondo� le�norme�ordinarie)�la�giurisdizione�sui�reati�ministeriali. E�prevista,�per�l'esame�delle�notizie�di�reato,�l'istituzione�di� un�Collegio�di�magistrati�estratti�a�sorte,�cui�il�P.M.,�omessa ogni indagine (si�tratta�di�un�divieto�di�indagare,�con�conseguente�inu- tilizzabilita�),�rimette�quanto�pervenutogli.�Nelle�indagini�il�Colle- TEMI�ISTITUZIONALI� gio�cumula�le�funzioni�di�P.M.�e�G.I.P.�e,�ove�non�archivi,�investe� la�Camera�di�appartenenza�dell'indagato�(o�il�Senato,�se�questi� non�e�parlamentare)�della�questione.�La�Camera�autorizza�(o� meno)�l'esercizio�dell'azione�penale;�puo�negarlo�(art.�9,�Legge� cost.�1/89)�solo�se�ritenga,�con valutazione insindacabile,�che�l'in- quisito�abbia�agito�per�la�tutela�di�un�interesse�costituzional- mente�rilevante�o�per�il�perseguimento�di�un�preminente�interesse� pubblico.� Fin�qui,�il�sistema.�Ora,�i�dettagli.�Se�l'autorizzazione�inter- viene,�l'Assemblea�(art.�9,�u.c.,�Legge�cost.�1/89)�rimette�gli�atti� al�Collegio��perche�continui�il�procedimento�secondo�le�norme� vigenti�.� L'art.�3�della�legge�(di�attuazione�della�Legge�cost.�1/89)� 219/89�aggiunge�che,�avvenuta�la�rimessione al�Collegio,��il�pro- cedimento�continua secondo�le�norme�ordinarie�vigenti��e�che� (co.�2)�il�Collegio�trasmette�gli�atti�al�P.M.� Ora,�ad�interpretare�il��continua��in�senso�transitivo (sog- getto:�il�Collegio�continua)e�lo�speciale�Organo�a�dover�conclu- dere�il�procedimento,�unendo�le�funzioni�di�P.M. e�G.I.P.;�nel� senso�intransitivo�(soggetto:�il�procedimento)�si�puo�(ma�non� necessariamente�si deve)�argomentare�che�invece�a�proseguire�e� il�P.M.�(e�il�G.I.P.).� La�Magistratura�ha�responsabilmente�investito�la�Corte� Costituzionale.� Invero�in�un�primo�caso�in�cui�gli�atti,�in�un�momento�di� transizione�fra�il�vecchio�ed�il�nuovo�codice�di�procedura�penale,� erano�stati�restituiti�dalla�camera�dei�deputati�al�collegio�per�i� reati�ministeriali�con�la�concessa�autorizzazione�a�procedere,�il� Collegio�stesso�aveva�rimesso�gli�atti�al�P.M.,�il�quale�a�sua�volta� aveva�sollevato�conflitto�di�competenza.�La�Corte�di�Cassazione,� investita�del�conflitto,�aveva�sollevato�questione�di�incostituziona- lita�dell'art.�3�della�legge�219/89.�La�Corte�Costituzionale�con�sen- tenza�23-25�maggio�1990,�n.�265,�aveva�dichiarato�non�fondata�la� questione�proposta,�risolvendosi�questa�in�un�mero�problema�di� interpretazione,�problema�che�trovava�la�sua�soluzione�nel�fatto� che�il�suddetto�articolo�3�andava�inteso�nel�senso�che�la�trasmis- sione�degli�atti�dal�Collegio�al�P.M.�era�avvenuta�non�perche�que- st'ultimo�provvedesse�allo�svolgimento�di�tutta�l'attivita�conse- 1O RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� guente�alla�concessa�autorizzazione�ma�soltanto�perche�parteci- passe�all'attivita�spettante�al�Collegio�esercitando�i�suoi�poteri.� La�Corte�di�Cassazione�con�sentenza�26�giugno�10�luglio�1990,� n.�1817,�si�conformava�alla�pronuncia�della�Consulta�e�nella�specie� il�Collegio�per�i�reati�ministeriali�provvedeva�esso�stesso�con�ordi- nanza�2-18�marzo�1991�al�rinvio�a�giudizio�degli�imputati.� Questa�soluzione�non�parve�all'Avvocatura�dello�Stato�sicura� ed�inconfutabile,�dopo�il�consolidarsi�del�passaggio�al�nuovo�codice� di�procedura�penale.�Sollevato�nuovamente�conflitto�di�compe- tenza,�l'Avvocatura,�nell'auspicare�un�definitivo�intervento�chiarifi- catore�della�Corte�suprema,�prospetto�nel�lontano�anno�1993,�la� tesi,�pur�non�nascondendone�l'opinabilita�,�che,�entrato�in�vigore�il� nuovo�codice,�coerenza�avrebbe�voluto�che�la�competenza�del�Col- legio�per�i�reati�ministeriali�dovesse�intendersi�limitata�alla�fase� relativa�alla�concessione�o�al�diniego�dell'autorizzazione�a�proce- dere.�Ma�la�tesi�non�fu�condivisa�dalla�Corte�di�Cassazione�la� quale,�con�sentenza�sez.�1�del�4�marzo-21�aprile�1994�n.�1099�(in� questa Rassegna,�1994,I,�171,�connotadi�FiumarA e�in�calce�la�tra- scrizione�della�memoria�dell'Avvocatura�dello�Stato)�statu|�che� �nel�procedimento�penale�per�i�reati�ministeriali�la�competenza� allo�svolgimento�di�specifici�atti�istruttori,�successivi�alla�conces- sione�dell'autorizzazione�a�procedere�ed�alla�decisione�sulla�richie- sta�di�rinvio�a�giudizio,�spetta�al�Collegio�per�i�reati�ministeriali�.� La�Corte�ritenne�la��conservazione��del�Collegio�anche�successiva- mente�alla�concessione�dell'autorizzazione�a�procedere,�precisando� che�nella�fase�ad�essa�successiva�il�Collegio��svolga�le�funzioni�che� erano�proprie�del�G.I.,�con�applicazione�delle�norme�procedimen- tali�del�previgente�codice�del�1930,�giacche�soltanto�queste�si�con- formano�alla�sua�struttura�e�consentono�l'esplicazione�della�fun- zione,�per�la�quale�e�stato�creato�dalla�volonta�legislativa�costitu- zionale�.�La�Corte,�pero�,non�manco�di�sottolineare�che��le�non� poche�perplessita�che�sorgono�dalla�soluzione�scelta�e�i�non�lievi� problemi�processuali�che�dalla�stessa�potranno�scaturire�rendono� auspicabile�un�ulteriore�intervento�chiarificatore�del�legislatore� che,�alla�luce�anche�delle�esperienze�sopravvenute�alla�pratica� applicazione�delle�disposizioni�del�nuovo�codice�di�rito,�fissi�in� modo�organico�e�preciso�la�disciplina�delle�attribuzioni�del�Colle- gio�nelle�due�fasi�delle�indagini�.� TEMI�ISTITUZIONALI� L'auspicato�intervento�legislativo,�pero�,�non�venne�e�l'indi- rizzo�segnato�dalla�Corte�Suprema�si�consolido�con�numerose� successive�sentenze�della�Corte�medesima�(citate�nella�memoria� dell'Avvocatura�che�qui�di�seguito�viene�trascritta).� Molti�anni�dopo,�e�con�svariati�processi�ministeriali�in�corso,� costati�anni�di�dibattimento,�la�Consulta�(disattendendo�le�argo- mentazioni�dell'Avvocatura�intervenuta�in�rappresentanza�della� Presidenza�del�Consiglio,�a�difesa�del��diritto�vivente��quale� risultante�dalla�interpretazione�giurisprudenziale�ormai�consoli- data)�ha�riconsiderato�il�problema�ed�e�pervenuta�alla�soluzione� opposta�valorizzando�l'argomento�che,�se�fosse�accolta�l'opinione� corrente,�funzioni�di�G.U.P.�e�funzioni�di�P.M.�(nella�specie:�di� indagine)�sarebbero�incentrate�nello�stesso�organo,�con�pregiudi- zio�dei�valori�di�terzieta�che�oggi�l'art.�111�Cost.�esige,�con�conse- guenze�incostituzionali.� La�decisione�(n.�134/02,�in�calce�riportata)�e�stata�presa�a� spunto�in�tutti i�processi�ministeriali�gia�talvolta�conclusi�in�un� grado,�per�eccepire�la�nullita�del�decreto�di�citazione�a�giudizio.� Anche�nel�caso�qui�in�esame�cio�e�avvenuto.� Ci�sono�alcune�considerazioni�da�fare�(come�nota�critica� valga�la�memoria�di�seguito�pubblicata).� La�sentenza�della�Corte�d'appello�di�Roma�non�e�originale,� �non�puo�non�applicare��la�134/02�(mentre�le��interpretative�� non�si�applicano,�forse:�persuadono).�E�accettabile�la�sconfitta,� ma�non�l'assenza�di�un�confronto�che,�ci�sia�consentito,�lo�scritto� difensivo�sottoesteso�forse�meritava.�L'Avvocatura�^spesso�criti- cata,�e�anzi�addotta�ad�esempio�da�taluni�polemisti�a�cosa� potrebbe�divenire�il�P.M.�se,�putacaso,�diventasse�un'Agenzia� sotto�il�controllo�dell'Esecutivo�^ha�ancora�una�volta�dato�prova� di�assoluta�indipendenza�perche�,�con�l'accoglimento�della�que- stione�di�nullita�,�tutti�gli�imputati,�per�reati�per�lo�piu�prescrivi- bili�in�15�anni,�vengono�a�lucrare�una�sostanziale�amnistia,che� non�appare�certo�la�soluzione�migliore.� La�Corte�d'Appello�non�considera�che�il�c.d.�G.U.P.�(distinto� dal�G.I.P.�e�destinato�alla�sola udienza�preliminare)�e�nato�nel� 1998�e�non poteva figurare�in�motivazione,�perche�nel�1997�era�s emmai�^il�G.I.P.,�organo�plurifunzionale,�a�dover�provvedere.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Quanto�alla�Consulta,�essa�non�ha�ritenuto�che�il�nuovo� testo�dell'art.�111�Cost.�avesse�abrogato l'art.�9,�co.�4,�Legge�cost.� 1/89,�nella�parte�in�cui�disponeva�che�il�Parlamento�rimettesse� gli�atti�al�Collegio�(che�non�e�un�passacarte�e�che,�se�lo�deve�rice- vere,�continua il�procedimento)�anziche�al�P.M.�Tale�soluzione� avrebbe�avuto�il�vantaggio�di�salvare questo,�come�altri�processi� con�rinvio�a�giudizio�ante art.�111�Cost.�nuova�versione.� In�conclusione�e�spettato�all'Avvocatura�dello�Stato�assu- mere�in�questi�giudizi�la�funzione�di��parte�imparziale�,� coprendo�un'area�d'interessi�generali�che�la�vicenda,�nella�sua� oggettivita�,�ha�relegato�in�secondo�piano.� Avv. Roberto de Felice Corte�Costituzionale,�sentenza�11�^24�aprile�2002�n.�134�^Presidente: C.�Ruperto�^Redat- tore: Zagrebelsky�^F.D.L.�(G.�Pansini�e�C.�F.�Grosso)�c/�Presidente�del�Consigliodei� Ministri�(Avv.�dello�Stato�P.�Cosentino)�^Questione�di�legittimita�costituzionale�in�via� incidentale.� Spetta al P.M. svolgere le indaginipreliminari eformulare le richieste relative all'azione penale, neiprocedimentiperireatiministeriali, dopol'autorizzazionedella Cameracompetente, espettanoalG.I.P. o (G.U.P.) enonalCollegioperiReatiMinisteriali,lerispettivefunzioni, previste dal rito penale, durante e dopo le indagini preliminari svolte in seguito alla predetta autorizzazione. Non e� pertanto, fondata la questione di legittimita� costituzionale dell'art. 3, co.4, legge219/1989, laddove^adavvisodelremittente^disponecheilprocedimento prosegua (dopo l'autorizzazione parlamentare a procedere) avanti il medesimo Collegio per i Reati Ministeriali, che cumula lefunzioni di P.M. e di G.I.P. (Art.�90�Cost.;�L.�Cost.�16�gennaio�1989�n.�1,�art.�9,�co.4;�L.�5�giugno�1989�n.�219,� art.�3).� �(omissis) 1.��Il�Collegio�per�i�procedimenti�relativi�ai�reati�previsti�dall'art.�96�della� Costituzione�istituito�presso�il�Tribunale�di�Napoli�solleva�questione�di�legittimita�costituzio- nale,�in�relazione�agli�artt.�3,�27,�secondo�comma,�e�111�della�Costituzione,�della�legge�5�giu- gno�1989,�n.�219�(Nuove�norme�in�tema�di�reati�ministeriali�e�di�reati�previsti�dall'articolo� 90�della�Costituzione),�il�cui�art.�3�stabilisce�che,�quando�gli�atti�del�procedimento�a�carico� di�ministri�siano�stati�rimessi�al�collegio�a�seguito�della�concessione�dell'autorizzazione�a� procedere�(art.�9,�comma�4,�della�legge�costituzionale�16�gennaio�1989,�n.�1),��il�procedi- mento�continua�secondo�le�norme�ordinarie�vigenti�al�momento�della�rimessione�.� Il�giudice�rimettente�ritiene�che�la�norma�dell'art.�3�della�legge�n.�219�del�1989�ora�indi- cata�comporti�che�l'ulteriore�corso�del�procedimento�abbia�luogo�innanzi�al�collegio,�anziche� davanti�agli�organi�giudiziari�ordinariamente�competenti�secondo�il�codice�di�procedura� penale,�e�che�quindi�il�giudice�dell'udienza�preliminare�sia�il�medesimo�collegio�che,�nella� fase�precedente,�ha�esercitato�le�funzioni�di�pubblico�ministero.�Cio�determinerebbe�per�l'im- putato�un�irragionevole�affievolimento�di�quelle�garanzie�che�si�compendiano�nell'espres- sione��giusto�processo��(art.�111,�primo�comma,�della�Costituzione),�comprendenti�innanzi- tutto�il�contraddittorio�tra�le�parti,�in�condizioni�di�parita�,�davanti�a�giudice�terzo�e�impar- ziale�(art.�111,�secondo�comma,�della�Costituzione).� 2.��La�legge�costituzionale�16�gennaio�1989,�n.�1�(Modifiche�degli�articoli96,�134e� 135�della�Costituzione�e�della�legge�costituzionale�11�marzo�1953,�n.�1,�e�norme�in�materia� di�procedimenti�per�i�reati�di�cui�all'articolo�96�della�Costituzione),�ha�riformato�il�prece- dente�sistema�di��giustizia�penale�costituzionale��facente�capo�alla�giurisdizione�della�Corte� TEMI�ISTITUZIONALI� costituzionale�prevista�dagli�originari�artt.�96,�134�e�135�della�Costituzione,�nel�dichiarato� intento�di�ricondurre�all'ambito�dell'ordinario�diritto�processuale�penale�il�processo�a�carico� del�Presidente�del�Consiglio�dei�ministri�e�dei�Ministri�per�i�reati�commessi�nell'esercizio� delle�loro�funzioni.� Il�nuovo�art.�96�della�Costituzione�(art.�1�della�legge�costituzionale�n.�1�del�1989)� dispone�che��il�Presidente�del�Consiglio�dei�Ministri�ed�i�Ministri,�anche�se�cessati�dalla� carica,�sono�sottoposti,�per�i�reati�commessi�nell'esercizio�delle�loro�funzioni,�alla�giurisdi- zione�ordinaria�.�L'assimilazione�di�quella�che�un�tempo�si�denominava�la�giustizia�politica� alla�giustizia�comune�e�peraltro�avvenuta�con�due�particolarita�.�Lo�stesso�nuovo�art.�96�della� Costituzione�prevede�la�previa�autorizzazione�del�Senato�della�Repubblica�o�della�Camera� dei�deputati,�secondo�le�norme�stabilite�con�legge�costituzionale�e�gli�artt.�7�e�8�della�legge� costituzionale�n.�1�del�1989�istituiscono,�presso�il�tribunale�del�capoluogo�del�distretto�di� corte�d'appello�competente�per�territorio,�un�collegio�di�tre�magistrati�per�il�compimento�di� indagini�preliminari�al�quale,�nell'ipotesi�che�non�si�debba�disporre�l'archiviazione�della�noti- zia�di�reato,�spetta�richiedere�la�predetta�autorizzazione�parlamentare.� L'Assemblea�parlamentare�competente�svolge�le�sue�valutazioni�e�prende�le�sue�determi- nazioni�secondo�le�disposizioni�dell'art.�9,�commi�da�1�a�3,�della�legge�costituzionale�n.�1� del�1989�e,�ove�conceda�l'autorizzazione,��rimette�gli�atti�al�collegio�di�cui�all'articolo�7�per- che�continui�il�procedimento�secondo�le�norme�vigenti��(comma�4�dello�stesso�art.�9).�A� sua�volta,�l'impugnato�art.�3�della�legge�ordinaria�di�attuazione�(n.�219�del�1989)�stabilisce� che��quando�gli�atti�siano�stati�rimessi�ai�sensi�del�comma�4�dell'articolo�9�della�legge�costi- tuzionale�16�gennaio�1989,�n.�1,�al�collegio�ivi�indicato,�il�procedimento�continua�secondo�le� norme�ordinarie�vigenti�al�momento�della�rimessione�.� Il�giudice�rimettente�in�questo�giudizio�di�costituzionalita�e�per�l'appunto�il�collegio�il� quale,�essendo�stati�rimessigli�gli�atti�dalla�Assemblea�parlamentare�a�seguito�della�conces- sione�dell'autorizzazione�a�procedere�nei�confronti�di�un�ex�ministro�della�Repubblica,�si� trova�a�celebrare�l'udienza�preliminare.�Dalla�constatazione�della�propria�doppia�funzione� ^quella�gia�svolta,�quale�organo�delle�indagini�preliminari�che�richiede�l'autorizzazione�a� procedere�dopo�avere�esclusa�l'archiviazione;�quella�da�svolgere,�quale�giudice�dell'udienza� preliminare�cui,�sulla�base�degli�atti�d'indagine�compiuti�(ed�eventualmente�delle�integrazioni� d'indagine�e�probatorie�ora�consentite�dagli�artt.�421-bis e�422�cod.�proc.�pen.,�secondo�cio� che�e�disposto�dalla�legge�16�dicembre�1999,�n.�479),�spetta�decidere�il�non�luogoaprocedere� ovvero�disporre�il�giudizio�(art.�424�cod.�proc.�pen.)�^la�censura�di�incostituzionalita�sotto- posta�all'esame�della�Corte�costituzionale.� 3.��Il�Presidente�del�Consiglio�dei�ministri,�tramite�l'Avvocatura�generale�dello�Stato,� eccepisce�preliminarmente�l'inammissibilita�della�questione,�sulla�base�di�due�considerazioni:� la�ritenuta�genericita�dell'ordinanza�di�rimessione,�dalla�quale�risulterebbe�l'impugnazione� dell'intera�legge�n.�219�del�1989;�il�carattere�sostanzialmente�legislativo�dell'intervento�che� si�richiede�alla�Corte�costituzionale,�la�quale�sarebbe�indotta�sul�terreno�delle�scelte�norma- tive�riservate�al�legislatore.�L'eccezione,�sotto�entrambi�i�profili,�none�fondata.�Dal�tenore� della�pur�sintetica�ordinanza�di�rimessione�e,�in�particolare,�dall'esposizione�delle�circostanze� che�hanno�dato�luogo�al�dubbio�di�costituzionalita�,�si�evince�con�chiarezza�che�denunciata� e�la�disciplina�della�fase�processuale�seguente�la�concessione�dell'autorizzazione�parlamen- tare,�per�quanto�riguarda�l'organo�giudiziario�competente�a�condurla,�cioe�il�gia�ricordato� art.�3,�comma�1,�della�legge�n.�219�del�1989.�Quanto�al�secondo�profilo�di�inammissibilita�,� la�sua�inconsistenza�risultera�dal�seguito�della�motivazione.� 4.��Nel�merito,�la�questione�non�e�fondata.� 4.1.��Il�dubbio�di�costituzionalita�prospettato�riguarda�la�sovrapposizione�nel�mede- simo�organo�giudiziario�(il�collegio�istituito�dall'art.�7�della�legge�costituzionale�n.�1�del� 1989)�della�funzione�di�giudice�dell'udienza�preliminare�con�quella�di�organo�delle�indagini� preliminari,�competente�a�disporre�l'archiviazione�e,�in�mancanza,�a�richiedere�all'Assemblea� parlamentare�l'autorizzazione�a�procedere.�Tale�sovrapposizione�deriva�da�un'interpreta- zione�delle�norme�vigenti�in�materia�che�trova�conforto�nella�giurisprudenza�della�Corte�di� cassazione�(che�ha�altres|�respinto�come�manifestamente�infondate�le�questioni�di�legittimita� sollevate�in�proposito)�e�di�alcuni�Collegi�per�i�reati�ministeriali.�Ma,�quel�che�piu�conta�in� questa�sede,�tale�interpretazione�e�stata�accolta�dalla�Corte�costituzionale�nella�sentenza� n.�265�del�1990.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� In�questa�decisione�si�affermava�che�la�predetta�interpretazione�si�ricava��con�certezza�� dalla�lettera�della�disposizione�della�legge�costituzionale,�la�dove�essa�afferma�che�il�collegio� competente�nella�prima�fase�del�procedimento�lo�continua�secondo�le�norme�vigenti.�A�que- sta�osservazione,�si�faceva�seguire,�a�conferma,�il�rilievo�che�l'originaria�formulazione�della� legge�costituzionale�(la�rimessione�degli�atti�al�Procuratore�della�Repubblica��perche�[avesse]� corso�il�procedimento�secondo�le�norme�vigenti�)�era�stata�dalla�Camera�dei�deputati�modi- ficata�in�quella�attuale�mediante�un�apposito�emendamento�e�che�il�tentativo�operato�dal� Senato�di�ripristinare�il�testo�originario�non�aveva�avuto�successo.� 4.2.��L'orientamento�predetto�non�puo�essere�confermato,�prima�che�per�le�sue�ipotiz- zate�conseguenze�incostituzionali,�perche�cos|�impone�l'interpretazione�sistematica�dell'ordi- namento,�quale�e�venuto�a�configurarsi�progressivamente�nel�tempo,�un'interpretazione�alla� quale�non�si�oppone�^come�si�vedra�^ne�la�lettera�della�legge,�ne�la�cosiddetta�volonta�del� legislatore.� Dall'epoca�in�cui�la�responsabilita�penale�costituzionale�dei�ministri�e�stata�riformata�e� la�prima�sentenza�della�Corte�costituzionale�su�di�essa�pronunciata,�il�quadro�normativo,� relativamente�all'eventualita�che�funzioni�decisorie�possano�essere�svolte�da�magistrati�che� abbiano�promosso�l'azione�penale�o�esercitato�poteri�d'indagine,�e�profondamente�mutato;� anzi,�e�stato�capovolto.�Al�momento�dell'approvazione�della�riforma�era�ancora�invigore�il� precedente�codice�di�procedura�penale,�il�quale�conosceva�quella�commistione�di�funzioni,� tanto�nel�caso�del�processo�pretorile�quanto�nell'istruzione�formale�condotta�dal�giudice� istruttore.�Il�processo�penale�rinnovato�dal�codice�del�1988�si�e�ispirato�all'opposto�principio� della�separazione�dei�due�tipi�di�funzioni,�separazione�imposta�al�legislatore�delegato�dal- l'art.�2,�numero�67,�della�legge�16�febbraio�1987,�n.�81�(Delega�legislativa�al�Governo�della� Repubblica�per�l'emanazione�del�nuovo�codice�di�procedura�penale),�nonche�dall'art.�6� (Diritto�ad�un�processo�equo)�della�Convenzione�europea�per�la�salvaguardia�dei�diritti�del- l'uomo�e�delle�liberta�fondamentali�(secondo�l'interpretazione�della�Corte�europea�dei�diritti� dell'uomo),�richiamata�dalla�stessa�legge-delega�nella�prima�proposizione�dell'art.�2.�Da�que- sta�esigenza�deriva�la�soppressione�da�parte�del�nuovo�codice�tanto�del�precedente�tipo�di� processo�pretorile�quanto�della�figura�del�giudice�istruttore,�in�conseguenza�della�scelta�di� modelli�processuali�di�tipo�accusatorio.�Con�riferimento�ai�riti�previsti�dal�nuovo�codice,� poi,�l'art.�34�cod.�proc.�pen.,�al�comma�3,�tra�i�vari�casi�di�incompatibilita�all'ufficio�di�giu- dice,�prevede�quello�di�chi�ha�esercitato�nel�medesimo�procedimento�funzionidipubblico� ministero.� L'anzidetto�sviluppo�della�legislazione�processuale�penale�circa�il�rapporto�tra�funzioni� di�pubblico�ministero�e�funzioni�di�giudice�non�e�indipendente�dal�parallelo�rafforzamento� del�principio�di��terzieta���del�giudice�sul�piano�costituzionale,�manifestatosi�di�pari�passo� negli�orientamenti�degli�studiosi�e�tradottosi�nella�giurisprudenza�e�nella�legislazione�costitu- zionali.�Donde�la�difficolta�di�separare�con�nettezza�il�piano�delle�norme�poste�dal�legisla- tore,�nell'esercizio�del�suo�potere�discrezionale,�da�quello�del�principio�costituzionale�presup- posto,�che�esso�e�tenuto�a�svolgere.� Dopo�una�prima�fase�di�acquiescenza�di�fronte�alla�confusione�funzionale�che,�per�vari� aspetti,�segnava�il�codice�processuale�abrogato�(sentenze�n.�61�del�1967,�n.�123�del�1970,� n.�101�del�1973,�in�tema�di�procedimento�penale�pretorile),�la�giurisprudenza�della�Corte� costituzionale�si�e�decisamente�orientata�nel�senso�di�ritenere�la�separazione�funzionale�coes- senziale�alla�struttura�stessa�del�processo�penale,�secondo�i�principi�di�parita�fra�accusa�e� difesa�e�di��terzieta���del�giudice�rispetto�all'una�e�all'altra�(sentenze�n.�268�del�1986�e�n.�172� del�1987,�anch'esse�in�tema�di�processo�penale�pretorile,�nonche�,�in�generale,�sentenze� n.�330�del�1997�e�n.�292�del�1992).�Con�la�sentenza�n.�131�del�1996,�i�medesimi�principi�assur- gono�a�elementi�costitutivi�del��giusto�processo�,�espressione�che�compendia�la�disciplina� che�la�Costituzione�detta�circa�i�caratteri�della�giurisdizione�e�i�diritti�di�azione�e�difesa�in� giudizio.�Il�processo�puo�dirsi�giusto�in�quanto,�tra�l'altro,�sia�assicurata�l'esigenza�di�impar- zialita�del�giudice:�imparzialita�che�non�e�che�un�aspetto�di�quel�carattere�di��terzieta��che� connota�nell'essenziale�tanto�la�funzione�giurisdizionale�quanto�la�posizione�del�giudice,� distinguendola�da�quella�degli�altri�soggetti�pubblici,�e�condiziona�l'effettivita�del�diritto�di� azione�e�difesa�in�giudizio.�Il�medesimo�ordine�di�esigenze�costituzionalie�alla�base,�poi,� della�giurisprudenza�di�questa�Corte�in�tema�di�incompatibilita�al�giudizio,�ex art.�34�cod.� proc.�pen.�(a�partire�dalla�sentenza�n.�432�del�1995),�e�di�astensione�e�ricusazione�(sentenza� TEMI�ISTITUZIONALI� n.�283�del�2000),�per�possibile�pre-giudizio�del�giudice.�Questi�sviluppi�hanno�da�ultimo�tro- vato�la�loro�sanzione�costituzionale�formale�nel�nuovo�testo�dell'art.�111�della�Costituzione,� posto�con�l'art.�1�della�legge�costituzionale�23�novembre�1999,�n.�2:��La�giurisdizione�si� attua�mediante�il�giusto�processo�regolato�dalla�legge��(primo�comma);��Ogni�processo�si� svolge�nel�contraddittorio�tra�le�parti,�in�condizioni�di�parita�,�davanti�a�giudice�terzo�e� imparziale��(secondo�comma).� 4.3.��Di�fronte�al�quadro�ordinamentale�cos|�venutosi�a�configurare,�il�rapporto�tra�il� procedimento�a�carico�dei�ministri�per�i�reati�commessi�nell'esercizio�delle�loro�funzioni�e�il� diritto�processuale�comune�che�si�determinerebbe�in�base�all'interpretazione�adottata�a�suo� tempo�dell'art.�9,�comma�4,�della�legge�costituzionale�n.�1�del�1989�e,�ora,�fatta�propria�dal� giudice�rimettente,�comporterebbe�conseguenze�assolutamente�singolari.�Non�lo�erano�al� tempo�dell'approvazione�di�tale�legge,�quando�la�commistione�delle�funzioni�di�pubblico� ministero�e�di�giudice�non�era�stata�ancora�superata�dal�nuovo�codice,�il�quale�versava�allora� in�regime�di�vacatio legis.�Il�principio�della�anzidetta�distinzione�incontrerebbe�invece,�oggi,� in�base�a�quell'interpretazione,�una�rottura�evidente,�in�quanto�l'organo�che�ha�compiuto�le� indagini�preliminari�e�ha�richiesto�l'autorizzazione�parlamentare�avendo�escluso�la�possibi- lita�di�procedere�all'archiviazione�della�notizia�di�reato�sarebbe�investito�della�celebrazione� dell'udienza�preliminare:�dovrebbe�cioe�,�sulla�base�delle�risultanze�delle�indagini�da�esso� stesso�condotte,�adottare�la�sentenza�di�non�luogo�a�procedere�o�il�decreto�che�dispone�il�giu- dizio�(art.�424�cod.�proc.�pen.),�nonche�celebrare,�quando�ne�ricorrano�le�condizioni,�il�giudi- zio�abbreviato�a�norma�dell'art.�438�cod.�proc.�pen.,�ovvero�applicare�la�pena�su�richiesta�a� norma�dell'art.�444�cod.�proc.�pen.� Una�simile�conseguenza�^salva�comunque�la�possibilita�di�una�sua�valutazione�alla�luce� dei�principi�supremi�della�Costituzione�(sentenza�n.�1146�del�1988)�^dovrebbe�accettarsi�solo� se�fosse�disposta�esplicitamente�e�inconfutabilmente�da�una�norma�di�revisione�della�Costitu- zione,�il�che�non�e�.� 4.4.��In�primo�luogo,�come�indicazione�generale,�deve�considerarsi�che,�per�quanto� riguarda�la�responsabilita�penale�dei�ministri,�la�legge�costituzionale�n.�1�del�1989�^con�l'e- sclusione�degli�artt.�1�e�2�^non�e�legge�di�revisione�della�Costituzione�ma�contiene�norme� per�l'attuazione�dell'art.�96�riformato.�Cio�,gia�di�per�se�,�induce�a�ricercare�l'interpretazione� che�ne�permetta�il�piu�facile�e�armonico�inserimento�nel�quadro�costituzionale�vigente,�tanto� piu�in�presenza�dell'intento�normativo,�esplicito�nel�nuovo�art.�96�della�Costituzione�(intro- dotto�dall'art.�1�della�legge�costituzionale�in�questione),�di�valorizzare�in�materia�il�diritto� processuale�comune.� La�norma�dell'art.�9,�comma�4,�^�L'assemblea,�ove�conceda�l'autorizzazione,�rimette� gli�atti�al�collegio�di�cui�all'articolo�7�perche�continui�il�procedimento�secondo�le�norme� vigenti��^deriva�dall'approvazione�da�parte�della�Camera�dei�deputati�(Atti parlamentari, Cameradeideputati,Xlegislatura,discussioni,sedutadel12�maggio1988)diunemendamento� sostitutivodellacorrispondentenormaapprovatadalSenatodellaRepubblica:��L'assemblea,� ove�conceda�l'autorizzazione,�rimette�gli�atti�al�procuratore�della�Repubblica�perche�abbia� corso�il�procedimento�secondo�le�norme�vigenti�.�L'innovazione,�della�cui�ratio i�promotori� non�dettero�spiegazione,�consiste�in�questo:�la�rimessione�degli�atti�al�collegio,�anziche�al�pro- curatore�della�Repubblica;�la��continuazione�del�procedimento��anziche��l'avercorso�del�pro- cedimento�.� Nella�seconda��lettura��del�Senato,�si�levarono�voci�contrarie�all'innovazione�apportata� dalla�Camera�dei�deputati�(Atti parlamentari ^Senato della Repubblica ^X�legislatura,�132a� seduta,�Assemblea,�1.�luglio�1988),�che�riprendevano�una�critica,�gia�emersa�nell'altra� Camera,�rivolta�alla�possibilita�che�alla�stregua�della�lettera�della�norma�il�collegio��continui� il�procedimento�,�secondo�le�norme�vigenti.�In�tal�modo,�si�disse,�si�veniva�a�contraddire�il� significato�generale�della�riforma,�impostata�su�una�deroga�al�diritto�comune�solo�fino�al�e� non�oltre�il�momento�della�concessione�dell'autorizzazione�a�procedere�da�parte�della� Camera�competente.�Nello�stesso�ordine�di�idee�si�espresse�il�relatore�il�quale,�peraltro,� ritenne�che�la�criticata�espressione�introdotta�dalla�Camera�dei�deputati�^�perche�continui� il�procedimento��^potesse�e�dovesse�leggersi:��perche�il�procedimento�continui�.�In�tal� modo,�sulla�base�della�sola�lettura�testuale,�si�veniva�a�sostituire�il�soggetto�della�proposi- zione�(�il�procedimento��in�luogo�de��il�collegio�)�e�a�intendere�in�senso�intransitivo�il�signi- ficato�del�verbo��continuare�,�consentendo�l'ingresso�nel�procedimento�acarico�dei�ministri� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� delle�norme�processuali�penali�comuni�(�secondo�le�norme�vigenti�)�gia�dal�momento�imme- diatamente�successivo�alla�rimessione�degli�atti�da�parte�della�Assemblea�parlamentare.�L'a- pertura�di�questa�possibilita�interpretativa�nel�dibattito�parlamentare�al�Senato�fu�fatta� valere�per�superare�le�ragioni�che�avrebbero�militato�per�il�ripristino�del�testo�originario,� approvato�in�prima�lettura�dal�Senato�stesso,�cio�che�avrebbe�peraltro�comportato�un� rischio,�con�il�ritorno�all'altra�Camera,�per�l'approvazione�come�tale�o,�comunque,�per�l'ap- provazione�tempestiva�della�legge�costituzionale.� Da�cio�risulta�dunque�che�la�lettera�della�disposizione�dell'art.�9,�comma�4,�della�legge� costituzionale�non�e�risolutiva.�E,�quanto�all'intenzione�del�legislatore�costituzionale,�al� non�espresso�intento�della�Camera�dei�deputati�che�ha�introdotto�l'emendamento�da�cui�tale� disposizione�e�derivata,�puo�contrapporsi�l'opposto�intendimento�espresso,�senza�incontrare� dissensi,�da�parte�del�Senato�della�Repubblica�e�dal�relatore�della�legge�inparticolare.�Ne� puo�attribuirsi�^come�fatto�nella�sentenza�n.�265�del�1990�di�questa�Corte�^peso�eccessivo� alla�circostanza�che�il�Senato,�nella�seduta�predetta,�ebbe�a�respingere�senza�esplicite�motiva- zioni�un�emendamento�volto�a�ripristinare�l'originario�art.�9,�comma�4:�la�spiegazione�di�tale� rigetto�puo�ragionevolmente�trovarsi�in�quella�stessa�esigenza�di�conclusivita�del�procedi- mento�legislativo�che�aveva�indotto�ad�approvare�comunque�il�testo�che�proveniva�dalla� Camera�dei�deputati.� 4.5.��L'obiettiva�incertezza�derivante�dalla�lettera�della�legge�e�dall'intenzione�del�legi- slatore�induce�allora�a�far�prevalere�le�ragioni�sistematiche�che�sopra�si�sono�dette�e�a�rite- nere�conclusivamente�che,�una�volta�concessa�l'autorizzazione�dall'Assemblea�parlamentare,� nella�forma�prevista�dal�comma�3�dello�stesso�art.�9,�gli�atti�siano�restituiti�al�collegio�che�a� essa�li�aveva�inviati,�affinche�il�procedimento�prosegua�secondo�le�forme�ordinarie,�vale�a� dire�per�impulso�del�pubblico�ministero�e�davanti�agli�ordinari�organi�giudicanti�competenti.� Cio�e�per�l'appunto�quanto�risulta�pianamente�dall'impugnato�art.�3�della�leggen.�219�del� 1989,�la�cui�compatibilita�con�l'interpretazione�fino�a�ora�data�alla�corrispondente�norma� della�legge�costituzionale�non�risulterebbe�invece�evidente.�Tale�art.�3,�commi�1�e�2,�infatti,� stabilisce�che��quando�gli�atti�siano�stati�rimessi�ai�sensi�del�comma�4�dell'articolo�9�della� legge�costituzionale�16�gennaio�1989,�n.�1,�al�collegio�ivi�indicato,�il�procedimento�continua� secondo�le�norme�ordinarie�vigenti�al�momento�della�rimessione��e�aggiungeche,�in�tal�caso,� �il�collegio�provvede�senza�ritardo�a�trasmettere�gli�atti�al�procuratore�della�Repubblica� presso�il�tribunale�indicato�nell'articolo�11�della�legge�costituzionale�16�gennaio�1989,�n.�1�.� 5.�Cos|�ricostruito�il�sistema�e,�in�esso,�cos|�precisata�la�portata�della�norma�impugnata,� la�questione�di�legittimita�costituzionale�sollevata�dal�Collegio�per�i�procedimenti�relativi�ai� reati�previsti�dall'art.�96�della�Costituzione�istituito�presso�il�Tribunale�di�Napoli�deve�essere� dichiarata�non�fondata�per�l'erroneita�del�presupposto�interpretativo�dal�quale�il�giudice� rimettente�e�partito.(omissis)�.� Il�primo��caso�,�di�opposta�soluzione. Corte Costituzionale, sentenza 23 ^25 maggio 1990 n. 265 ^Presidente:�G.�Conso�Redattore: F.�Greco� Nel�procedimento�per�i�reati�ministeriali�previsto�dalla�Legge�costituzionale�1/89�e�dalla� legge�219/1989,�competente�alla�prosecuzione�delle�indagini�preliminari,�dopo�l'autorizzazione� parlamentare�a�procedere,�e�lo�stesso�collegio�previsto�dall'art.�7�legge�Costituzionale�1/89.� �(omissis)�1.��Si�dubita�che�l'art.�3,�secondo�comma,�della�legge�5�giugno�1989,�n.�219� ^stabilendo�che�il�collegio�di�cui�all'art.�7�della�legge�costituzionale�16�gennaio�1989,�n.�1,� dopo�la�concessione�della�autorizzazione�a�procedere�ex�art.�9�della�stessa�legge�costituzio- nale�e�la�conseguente�trasmissione�degli�atti�ad�esso,�debba�provvedere,�a�sua�volta,�alla�tra- smissione�degli�stessi�senza�ritardo�al�Procuratore�della�Repubblica�competente�per�l'ulte- riore�corso�del�procedimento�^violi�il�disposto�del�citato�art.�9,�quarto�comma,�della�legge� costituzionale�n.�1�del�1989,�il�quale�prevede,�invece,�che�detta�competenza�spetta�al�collegio.� 2.��Non�si�puo�non�condividere�la�interpretazione�del�quarto�comma�dell'art.�9�della� legge�costituzionale�16�gennaio�1989,�n.�1,�accolta�dalla�Corte�di�cassazione�nel�senso�che� �L'Assemblea,�ove�conceda�l'autorizzazione,�rimette�gli�atti�al�collegio�perche�continui�il� procedimento�secondo�le�norme�vigenti�.�Si�tratta�dello�stesso�collegio�speciale�previsto�dal- TEMI�ISTITUZIONALI� l'art.�7�della�stessa�legge,�il�quale�ha�gia�compiuto�le�indagini�preliminari�che�hanno,�poi,� dato�luogo�al�procedimento�svoltosi�dinanzi�all'Assemblea�della�Camera�competente�per�la� concessione�o�meno�dell'autorizzazione�a�procedere.� La�suddetta�interpretazione�si�ricava�con�certezza�dalla�lettera�della�disposizione�in� esame,�la�dove�e�detto�testualmente�che�lo�stesso�collegio�competente�nella�prima�fase�del� procedimento�lo�continua�secondo�le�norme�vigenti.�Il�significato�letterale�non�cambia�anche� se�il�verbo��continui��si�ritenga�riferito�al�procedimento,�in�quanto�e�sempre�chiara�la�desi- gnazione�a�compiere�l'istruttoria�del�collegio�al�quale�sono�stati�rimessi�gli�atti�dall'Assem- blea.� Il�testo�originario�stabiliva��che�l'Assemblea,�ove�conceda�l'autorizzazione,�rimette�gli� atti�al�Procuratore�della�Repubblica�perche�abbia�corso�il�procedimento�secondo�le�norme� vigenti�.� La�disposizione�e�stata�radicalmente�modificata�in�quella�attuale�a�seguito�dell'approva- zione�di�un�apposito�emendamento�da�parte�della�Camera�dei�deputati.� In�sede�di�seconda�lettura�al�Senato,�vi�e�stato�il�tentativo�di�ripristinare�il�testo�origina- rio,�ma�e�stato�confermato�quello�emendato.� Pertanto,�in�aderenza�alla�disposizione�costituzionale,�il�secondo�comma�dell'art.�3�della� legge�5�giugno�1989,�n.�219,�il�quale�statuisce�che,�in�caso�di�concessione�dell'autorizzazione� a�procedere,��il�collegio,�provvede,�senza�ritardo,�a�trasmettere�gli�atti�al�Procuratore�della� Repubblica�presso�il�Tribunale�,�va�interpretato�nel�senso�che�tale�trasmissione�degli�atti� dal�collegio�al�pubblico�ministero�avviene�non�perche�questi�provveda��allo�svolgimento�di� tutta�l'attivita�conseguente�alla�concessa�autorizzazione�,�ma�perche�partecipi�all'attivita� spettante�al�collegio�esercitando�i�suoi�poteri.(omissis)�.� Corte di Appello di Roma, sezione seconda penale ^Memoria dell'Avvocatura Generale dello Stato ^Anas�e�Ministero�delle�Infrastrutture�(Avv.�dello�Stato�R.�de�Felice,�cont.� 19458/1997)�c/�P.�ed�altri�e�nei�confronti�del�Procuratore�generale�presso�la�Corte�d'Ap- pello�di�Roma�(Sost.�P.G.�Cons.�Salvatore�Cantaro).� �Diritto:�Si�allega,�ex adverso,la�sentenza�interpretativa di rigetto della�Corte�Costituzio- nale�del�24�aprile�2002,�n.�134,�in�base�alla�quale�gli�imputati�asseriscono�la�nullita�del� decreto�che�dispose�il�presente�giudizio�e�degli�atti�successivi,�perche�adottati�da�Organo� supposto�incompetente.� Il�rispetto�delle�Istituzioni,�e�ancor�piu�quello�del�Popolo,�fanno�s|�che�sia�compito�dei� Giudici�di�questo�processo�disattendere�le�indicazioni�e�le�doglianze�degli�imputati.� Queste�ultime�inducono�a�svolgere�almeno�un�triplice�ordine�di�considerazioni:�il�primo� di�natura�squisitamente�giuridico-costituzionale,�gli�altri�due�inerenti�problematiche�di� natura�sistematica,�strettamente�connesse�con�il�merito�del�presente�processo.� In�primo�luogo,�come�gia�rilevato,�il�provvedimento�della�Corte�Costituzionale�ex adverso invocato�ha�natura�di�sentenza�interpretativa�di�rigetto.�E�noto�come�questo�tipo�di� intervento�non�conferisca�al�pronunciato�costituzionale�valore�vincolante�erga omnes (cfr.,� ex plurimis,�T. Martines,�Diritto costituzionale,�IX�ed.,�Milano,�1997,�636�e�637),�anche�per- che�,se�cos|�fosse,�la�Corte�si�sostituirebbe�indebitamente�al�legislatore�ordinario�con�una� sorta�di�interpretazione�autentica�del�testo�legislativo�(cfr.�sent.�n.�40�del�1979).� Tali�rilievi�sono�destinati�ad�avere�un�peso�ancora�piu�decisivo�considerato�che�sono� condivisi�dallo�stesso�Giudice�redattore�della�sentenza,�Prof.�Zagrebelsky:�cfr.�G. Zagrebel- sky,�La giustizia costituzionale,�III�ed.,�Il�Mulino,�1977,�256;�G. Zagrebelsky,�voce�Processo costituzionale,in�Enc. dir.,�vol.�XXXVI,�Milano,�1987,�652�e�653.� Per�completezza�espositiva,�giova�rilevare�come,�oltretutto,�non�sia�pacifico�nemmeno�il� valore�da�attribuire�a�tale�tipologia�di�sentenza�nei�confronti�dello�stesso�Giudice�remittente.� Rispetto�alla�(minoritaria)�tesi�(cfr.�Elia,�Sentenze �interpretative� di norme costituzionali e vincolo dei giudici,in�Giur. cost. 1966,�1715�ss.)�del�c.d.�vincolo�positivo,�secondo�la�quale�il� Giudice�e�tenuto�ad�applicare�la�norma�quale�la�Corte�l'ha�individuata,�e�,�infatti,�prevalente� quella�di�chi�(cfr.�Esposito,�Diritto vivente, legge e regolamento di esecuzione, in�Giur. cost. 1962,�605�ss.)�ritiene�che�il�vincolo�sia�soltanto�negativo,�giacche�la�sentenza�vieterebbe�al� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Giudice�di�interpretare�il�testo�nel�senso�disatteso�dalla�Corte,�ma�lo�lascerebbe�libero�di�dar- gli�qualsiasi�altra�interpretazione�(purche�ritenga�manifestamente�infondata�ogni�questione� di�legittimita�costituzionale�rispetto�alla�norma�da�lui�tratta�dal�testo).� Quanto�al�secondo�ordine�di�considerazioni�cui�prima�si�faceva�cenno,�esso�prende�le� mosse�dall'esplicito�riconoscimento,�effettuato�piu�volte�dalla�stessa�Corte�Costituzionale� (cfr.,�ad�esempio,�sentenze�n.�167�del�1976,�n.�88�del�1977�e�34�del�1979),�a�mente�del�quale� il�potere�di�reinterpretare�il�testo�si�arresta�innanzi�alla�costante�esegesi�giurisprudenziale� che�attribuisce�al�precetto�legislativo�un�determinato�significato�(c.d.�diritto�vivente:�cfr.� L. Paladin, Diritto�costituzionale,�III�ed.,�Padova,�1998,�778).�Al�riguardo,�infatti,�la�Corte� ha�rilevato�che�essa,��pur�nella�sua�piena�autonomia�di�giudizio,�non�puo�non�tenere�il� debito�conto�di�una�costante�interpretazione�giurisprudenziale�che�conferisce�al�precetto� legislativo�il�suo�effettivo�valore�nella�vita�giuridica�se�e�vero,�come�e�vero,�che�le�norme�sono� non�quali�proposte�in�astratto�ma�quali�sono�applicate�nella�quotidiana�opera�del�giudice,� intesa�a�renderle�concrete�ed�efficaci��(sent.�n.�88�del�1977);�con�cio�privilegiando�gli�orienta- menti�della�Corte�di�Cassazione�(v.,�ad�esempio,�la�sent.�n.�254�del�1992).� All'uopo�giova�rilevare�come�l'interpretazione�giurisprudenziale�dell'art.�3,�comma�I,� della�legge�5�giugno�1989,�n.�219,�in�uno�con�quella�dell'art.�9,�comma�quarto,�della�legge� Cost.�16�gennaio�1989,�n.�1�dal�quale�deriva,�sia�stata�sempre�univoca�nel�ritenere�che�al�Tri- bunale��ministeriale��competesse�anche�la�celebrazione�dell'udienza�preliminare:�cfr.�Cass.,� sez.�I�pen.,�4�marzo�1994,�in�Giust.pen.�1994,�III,�301;�Cass.,�sez.�I�pen.,�2�luglio�1996;�Cass.,� sez.�VI�pen.,�10�ottobre�1997,�Grandini;�Cass.,�sez.�VI�pen.,�15�giugno�1998,�Buda;�Cass.,� sez.VIpen.,�17�febbraio�1999,�DeLorenzo;�Cass.,�sez.VIpen.,�14�giugno2001,�DeLorenzo.� L'interpretazione�del�Giudice�di�legittimita�(piu�rispondente�alla�ratio�legis�e�anche�piu� garantista,�come�si�esporra�in�seguito)�trova�giustificazione�in�base�a�due�argomenti�princi- pali,�tra�loro�collegati.�Da�un�lato,�trattandosi�di�disciplina�di�rango�costituzionale�(attuativa� della�legge�di�revisione�dell'art.�96�Cost.),�non�sono�ad�essa�applicabili�le�regole�del�procedi- mento�penale�ordinario,�ove�non�espressamente�richiamate;�sicche�,�al�procedimento�per�i� reati�ministeriali�non�puo�estendersi�la�regola�di�incompatibilita�di�cui�all'art.�34,�comma� III,�c.p.p.�Dall'altro�lato,�e�proprio�l'art.�9,�comma�IV,�legge�Cost.�1/1989�a�statuire�letteral- mente�che,�una�volta�autorizzata�la�procedibilita�,�il�Parlamento�rimette�gli�atti�al�collegio� perche�questo��continui�il�procedimento�secondo�le�norme�vigenti�,�dovendo,�quindi,�gestire� esso�stesso�anche�la�fase�successiva�alla�chiusura�delle�indagini.� Sul�punto�giova,�inoltre,�richiamare�le�considerazioni�di�cui�alla�sentenza�22�ottobre� 1997,�n.�311�della�Corte�Costituzionale�(il�cui�redattore�e�stato�lo�stesso�Giudice�Zagrebel- sky),�resa�a�mente�della�pregressa�disciplina�dell'art.�34�c.p.p.,�nel�vigore�del�quale�e�stato� instaurato�il�presente�giudizio.�La�pronunzia�da�ultimo�richiamata�ha�affermato�che��puo� farsi�questione�d'incompatibilita�del�giudice�in�conseguenza�di�precedenti�decisioni�prese� nel�corso�del�procedimento�solo�in�quanto�egli�sia�chiamato�a�rendere�un�giudizio�sul�merito� dell'accusa�.�Sulla�base�di�tale�presupposto�il�Giudice�delle�Leggi�ha�concluso�che�all'attivita� cui�il�giudice�e�chiamato�nell'udienza�preliminare�debba�riconoscersi�(anche�dopo�la�modi- fica�dell'art.�425�cod.�proc.�pen.�operata�dalla�legge�8�aprile�1993,�n.�105:�v.�sentenza�n.�71� del�1996),�una�funzione�essenzialmente�processuale,�in�quanto�controllo�sulla�legittimita� della�domanda�di�giudizio�avanzata�dal�pubblico�ministero�e�non�quale�giudizio�anticipato� rispetto�a�quello�dibattimentale�(cfr.�sentenza�n.�82�del�1993).�Pertanto�non�e�ad�esso�estensi- bile�la�regola�dell'incompatibilita�prevista�nel�comma�II�dell'art.�34�c.p.p.,�vecchia�formula- zione�(cfr.�sentenza�n.�64�del�1991;�ordinanze�nn.�24,�232,�279,�333�e�410�del�1996,�e�n.�97� del�1997).�Risultaevidentecome�tale�ragionamento�valga,�mutatismutandis,�ancheperilproce- dimento�per�i�reati�ministeriali,�di�cui�in�parola.� A�conferma�di�cio�,�per�quel�che�concerne�le�affermazioni�che�precedono�circa�la�natura� di�alcune�delle�decisioni�che�il�giudice�dell'udienza�preliminare�e�chiamato�a�prendere,�il�rife- rimento�piu�pertinente�e�alla�sentenza�n.�155�del�1996�della�Corte�Costituzionale,�con�la� quale�e�stato�affermato�che�la�precedente�pronuncia�in�ordine�a�una�misura�cautelare�perso- nale�nei�confronti�dell'imputato�determina�un�pregiudizio�dell'imparzialita�del�giudice,�qua- lora�lo�stesso�venga�chiamato�nell'udienza�preliminare,�su�iniziativa�delle�parti,�a�pronun- ciarsi�in�sede�di�giudizio�abbreviato�(art.�438�ss.�c.p.p.),�ovvero�a�disporre�l'applicazione�della� pena�su�richiesta�(art.�444�ss.�c.p.p.).�Pur�nella�diversita�delle�situazioni,�il�punto�comune�e� rappresentato�da�pronunce�terminative�del�giudizio�che�contengono�o�presuppongono�l'affer- TEMI�ISTITUZIONALI� mazione�di�responsabilita�dell'imputato.�La�possibilita�di�tali�pronunce�priva�l'udienza�preli- minare�della�sua�funzione�naturaliter processuale�e�dimostra�(nelle�due�ipotesi�considerate)� l'esistenza�di�un�giudizio,�la�cui�partecipazione�e�inibita,�per�esigenze�di�imparzialita�,al�giu- dice�che�in�precedenza�si�sia�pronunciato�in�ordine�a�una�misura�cautelare�personale�nei�con- fronti�del�medesimo�imputato.� Al�contrario,�la�Corte�Costituzionale�(sempre�nella�citata�sentenza�n.�311del�1997),�ha� affermato�che�nel�processo�penale�minorile�l'udienza�preliminare�si�presenta�con�caratteristi- che�tali�da�escludere�la�riferibilita�ad�essa�delle�considerazioni�svolte�per�il�processo�penale� comune.�Rileva,�infatti,�la�Corte�come�nel�processo�penale�a�carico�dei�minori,�il�giudice�del- l'udienza�preliminare�^costituito�da�un�collegio�composto�da�un�magistrato�e�da�due�giudici� onorari,�a�norma�dell'art.�50-bis,�comma�2,�del�r.d.�30�gennaio�1941,�n.�12�(inserito�dal- l'art.�14�delle��Norme�per�l'adeguamento�dell'ordinamento�giudiziario�al�nuovo�processo� penale�ed�a�quello�a�carico�degli�imputati�minorenni�,�in�allegato�al�d.P.R.22�settembre� 1988,�n.�449)�^sia�chiamato�a�prendere�decisioni�che�non�trovano�riscontro�nell'udienza�pre- liminare�del�giudizio�penale�comune.�In�particolare,�oltre�a�poter�pronunciare�d'ufficio�sen- tenza�di�non�luogo�a�procedere�per�irrilevanza�del�fatto�(artt.�27�e�32�del�d.P.R.�n.�448�del� 1988),�puo�sospendere�il�processo�e�mettere�alla�prova�l'imputato�e,�dopo�non�oltre�tre�anni� o�un�anno�a�seconda�dei�casi,�dichiarare�l'estinzione�del�reato,�prendendo�provvedimenti� conseguenti�circa�l'affidamento�del�minorenne�ai�servizi�minorili�dell'amministrazione�della� giustizia�e�impartendo�prescrizioni�dirette�alla�riparazione�delle�conseguenze�del�reato�e�alla� conciliazione�del�minorenne�con�la�persona�offesa�dal�reato�(artt.�28�e�29);puo�pronunciare� sentenza�di�non�luogo�a�procedere�per�concessione�del�perdono�giudiziale�(art.�32,�comma�I)� o�(in�conseguenza�del�rinvio�operato�dall'art.�32,�comma�I,�all'art.�425�c.p.p.)�per�difetto�di� imputabilita�(v.�sentenza�n.�41�del�1993),�nonche�sentenza�di�condanna�a�sola�pena�pecunia- ria�o�a�sanzione�sostitutiva�(art.�32,�comma�II).�Questa�piu�ampia�gamma�di�esiti�dell'u- dienza�preliminare�nel�processo�penale�minorile,�che�e�giustificata�dalla�necessita�di�evitare� fin�dove�e�possibile�la�celebrazione�del�giudizio�dibattimentale,�in�considerazione�delle�spe- ciali�esigenze�di�protezione�della�personalita�dei�minori�coinvolti,�fa�s|�che�la�funzione�di�tale� udienza�non�possa�ritenersi�di�natura�analoga�a�quella�dell'udienza�preliminare�nel�giudizio� penale�comune,�cioe�esclusivamente�processuale.�Non�potrebbe�ritenersi�che�il�giudice�dell'u- dienza�preliminare�minorile�sia�chiamato�a�svolgere�essenzialmente�un'attivita�di�controllo� sull'azione�del�pubblico�ministero�al�fine�di�aprire�o�chiudere�la�possibilita�dello�svolgimento� del�processo�nella�sede�propria�del�dibattimento:�la�sua�e�infatti�una�funzione�di�giudizio� che�include�la�possibilita�di�adottare�pronunce�altrimenti�riservate�all'organo�del�dibatti- mento�e�che�puo�perfino�sfociare�in�una�sentenza�di�condanna�o�in�una�sentenza�che�presup- pone�comunque�l'accertamento�della�responsabilita�(v.sentenzan.�77del�1993).�Risulta evi- dente come nessuna delle suesposte considerazioni possa essere riferita al procedimento per i reati ministeriali.� All'uopo�giova�rammentare�come�queste�considerazioni�siano�state�avallate�dalla�stessa� Corte�Costituzionale�(cfr.�sent.�25�maggio�1990,�n.�265,�in�Foro it. 1990,�I,�c.�3362�ss.),�che� ha�dichiarato�la�manifesta�infondatezza�della�questione�di�legittimita�costituzionale�del- l'art.�3,�comma�II,�della�legge�219/1989.�Peraltro,�la�sentenza�134/2002,�ex adverso allegata,� non disconosce in alcun modo quanto statuito nella precedente pronunzia richiamata.�Semplice- mente�si�limita�ad�affermare�che�i�mutamenti�legislativi�nel�frattempo�intervenuti�(�Il�quadro� normativo...e�profondamentemutato;�anzi,e�statocapovolto�)nonconsentonopiu�unatale� interpretazione,�allora�tuttavia�pienamente�giustificata.� E�proprio�da�questa�asserzione�che�doverosamente�scaturisce�il�terzo�ordinedi�conside- razioni�cui�prima�si�faceva�riferimento.�La�sentenza�motiva�affermando�che�l'interpretazione� sostenuta�dai�Giudici�di�legittimita�e�dalla�stessa�pronunzia�della�Corte�Costituzionale� dianzi�citata�fosse�in�linea�con�i�principi�generali�dell'ordinamento�nel�1989,�anno�della�vaca- tio (sino�al�24�ottobre)�del�Codice�Vassalli,�quando�ancora�^si�afferma�^era�diffusa�la�cul- tura�della�commistione�tra�accusatore,�giudice�e�inquirente.�Tuttavia,�l'unica�prova�addotta� a�sostegno�di�tale�asserzione�e�costituita�dalla�permanenza�del�vecchio�rito�pretorile.� L'affermazione�e�quantomeno�apodittica.�Il�Codice�Rocco,�nell'istruzione�(formale�e� sommaria)�del�Pubblico�Ministero�(nel�prosieguo,�P.M)�prevedeva�una�netta�distinzione�di� ruoli,�riservando�al�P.M.�la�funzione�di�promuovere�dell'azione�penale,�al�Giudice�Istruttore� (nel�prosieguo,�G.I.)�o�al�P.M.�quella�di�indagare,�e�al�Tribunale�quella�di�giudicare.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Benche�sia�vero�che�il�rito�pretorile�facesse�in�un�certo�qual�modo�eccezione�a�tale�regola� (solo�in�dibattimento�esisteva�un�P.M.,�peraltro�precario),�cio��,�tuttavia,�si�giustificava�in� virtu��delle�competenze�bagatellari�attribuite�al�Pretore�(gia��nell'Ordinamento�Grandi�inqua- drato�in�un�ruolo��minore��della�Magistratura�^quello�dei�pretori�e�primi�pretori�^poi�con- fluito�in�quello�dei�magistrati�di�Tribunale)�e�per�ragioni�di�speditezza.�Specularmente,�oggi,� in�virtu��delle�medesime�esigenze�(celerita��del�giudizio�e�competenza�bagatellare)�e��il�rito�del� Giudice�di�Pace�in�materia�penale�(D.Lgs.�28�agosto�2000,�n.�274)�per�piu��versi�derogatorio� rispetto�ai�principi�generali�del�c.p.p.:�si�pensi�all'archiviazione�per�particolare�tenuita��del� fatto�(ex�art.�34�del�D.�Lgs.�274/2000)�o�alla�citazione�diretta�a�giudizio�da�parte�della�per- sona�offesa�in�caso�di�reato�perseguibile�a�querela�(ex�art.�21�del�D.�Lgs.�274/2000).� Tuttavia,�nessuno�di�coloro�che�(giustamente)�hanno�rilevato�tali�discrepanze�ha�mai� sostenuto�che�per�cio��solo�fossimo�di�fronte�ad�un�sovvertimento�del�principio�dell'obbligato- rieta��dell'azione�penale�da�parte�del�P.M.,�nell'un�caso,�o�ad�un'evoluzione�a�vantaggio�dell'a- zione�penale�privata,�nell'altro.� Alla�luce�dei�rilievi�formulati,�non�vi�e��dubbio�che�il�rito�pretorile�costituisse�un'ecce- zione�al�sistema:�per�di�piu��,�un'eccezione�unanimemente�criticata�dalla�dottrina.� Se�solo�si�considera�che�il�24�ottobre�1988�era�stato�promulgato�il�Codice�Vassalli,�e�che� nell'anno�di�vacatio�molte�sue�norme�erano�state�estese�al�processo�pretorile�(tra�cui�quella� dell'obbligo�di�contestare�il�fatto-reato�prima�di�emettere�il�decreto�di�citazione�a�giudizio),� e��semplicistico�e�assurdo�ritenere�che�un�legislatore,�che�si�accingeva�a�mutare�ad�semper�la� Costituzione�(la�legge�costituzionale��incriminata��e��del�1989),�fosse�influenzato�da�remini- scenze�puramente�inquisitorie.� Il�quadro�dei�principi�generali�era,�dunque,�ben�diverso�da�quello�descritto�dalla�sen- tenza�della�Corte�Costituzionale�ex�adverso�allegata,�venendo�praticamente�a�coincidere� con�quello�attuale.�Sicche�l'argomento�prospettato�con�tanta�enfasi�nella�pronunzia�de�qua� si�appalesa�meramente�impressionistico�e,�peraltro,�non�logico.� Ne�e��dimaggiorpregioilrilievoconcernentelariformadell'art.�111Cost.,che,peraltro,� data�dal�1999�(legge�Cost.�23�novembre�1999,�n.�2),�giacche�essa�e�successiva�al�decreto�che� dispone�il�giudizio�oggi�oltraggiato�(si�ricordi�come�la�stessa�sentenza�134/2002�della�Corte� Costituzionale�metta�in�discussione�l'interpretazione�di�cui�alla�sent.�265/1990�solo�dal� momento�in�cui�sarebbe�intervenuto�il�preteso�mutamento�nel�quadro�dei�principi�generali)� e�soprattutto�perche�,come�si�vedra��,�essa�non�incide�minimamente�sulla�sostanza�del� discorso.� Il�primo�comma�dell'art.�111�Cost.�e��un�proclama�di�political�correctness,in�quanto�un� processo�e��giusto�se�in�esso�sono�rispettate�le�regole�^giuridiche�^che�lo�governano;�se�e�� ingiusto�per�ragioni�morali�o�politiche,�cio��non�spiega�rilevanza�ai�fini�processuali.� I�conditores�di�tale�articolo�vollero�impropriamente�tradurre�l'espressione,�mutuatadal� diritto�angloamericano,�di�due�process�to�the�law�ignorando,�inesperti�quali�erano,�che�la� parola�due�significa�dovuto.�Precisamente�si�tratta�di�un�vocabolo�superstite�di�quel�Ley� French�o�francese�legale�(in�realta��anglonormanno)�oggi�parlato�nelle�isole�del�Canale�e,�sino� al�1700,nelle�Cortidi�Westminster.� Esso�e��,e��sattamente,�il�participio�passato�del�verbo�devoir,�rimasto�incastonato�nella�lin- gua�inglese�come�un�antico�gioiello,�e�nella�grafia�del�tempo.�In�poche�parole,�il�brocardo� inglese,�tradotto�e�non�tradito,�significa�che�nessuno�puo��essere�condannato�senza�il�processo� dovuto�secondo�la�legge.�Un'aspirazione�piu��modesta�dei�proclami�di�giustizia,�che�esprime� il�carattere�di�necessarieta��e�conformita��alla�legge�del�processo�penale.� Il�novellato�secondo�comma�dell'art.�111�Cost.�esige�che�il�Giudice�sia�imparziale�e� terzo:�requisiti�che�non�aggiungono�molto�alla�definizione�di�Giudice.� La�sentenza�in�esame�non�considera,�inprimis,�che�l'imputazione,�anche�nel�rito�ministe- riale,�e��atto�del�P.M.,�e�che�quindi�il�Collegio�cumula�solo�le�funzioni�di�investigatore�(non� raccogliendo,�col�rito�Vassalli,�prove,�come�una�volta)�e�di�Giudice�per�le�indagini�prelimi- nari�(nel�prosieguo,�G.I.P.).�Orbene�questo�non�lo�rende�parziale.�A�prescindere�dalle�scarse� attribuzioni�del�G.I.P.�(nell'udienza�preliminare�egli�puo��solo�assolvere,�ma�non�condannare:� si�tratta�di�una�quasi�giurisdizione,�e�non�di�una�giurisdizione�piena),�tutti�i�giudici�dibatti- mentalisvolgono�un'attivita�diaccessoalfatto�edicognizionedelleprove�(che�e��la�stessa�di� chi�indaga,�a�ben�vedere)�ed�essipossonoprocedere�d'ufficio�a�tali�indagini,�come�nel�caso�del- l'art.�507�c.p.p.,�senza�divenire�meno�terzi.� TEMI�ISTITUZIONALI� La�sentenza�134�del�2002�allude,�poi,�alla�giurisprudenza�della�Corte�Costituzionale� sulle�varie�incompatibilita�dei�giudici�pregiudicati�dalla�previa�conoscenza�di�atti.�In�primis,� non�e�persuasivo�il�rilievo�secondo�cui,�se�un�Organo,�che�non�e�immutabile�nelle�persone,� ha�indagato,�non�puo�poi�ricoprire�il�ruolo�di�G.I.P.�e�quindi�tale�ruolo�deve�essere�ricoperto� da�un�altro�Organo.�Il�problema�e�nelle�persone.�E�non�risulta�che�vi�siano�state�istanze�di� ricusazione�accolte.�Al�contrario�la�Cassazione�ha�respinto,�nel�processoinesame,�una�simile� questione.�Ergo,�il�problema�non�si�pone.� In�secundis,�il�rito�ministeriale�e�un�sottosistema�con�suoi�principi,�che�va�indagato�come� tale.�Si�passa,�com'e�noto,�dalla�Commissione�Inquirente,�e�dall'accusa�politica�avanti�le� Camere�riunite,�con�giudizio�della�Corte�Costituzionale,�alla�competenza�dell'�Autorita�giu- diziaria�ordinaria.�Tuttavia,�per�norma�costituzionale,�e�posta�una�preclusione�al�P.M.:�egli� non�puo�indagare.�Le�investigazioni�sono,�infatti,�svolte�da�un�Collegio�di�Magistrati,�che� cumula�le�funzioni�di�indagine�e�di�G.I.P.�(eccetto�quella�di�promozione�della�azione�penale,� che�spetta�al�P.M.).� Il�Collegio�puo�archiviare�o�richiedere�alla�Camera�competente�l'autorizzazione�a�pro- cedere.�Nella�seconda�ipotesi,�una�volta�ottenuta�tale�autorizzazione,�gli�atti�ritornano�al� Collegio�stesso.� Non�occorre�certo�lunga�esperienza�in�materia�penale�per�sapere�che,�al�ritorno�degli� atti,�le�indagini�proseguono�e�possono�scoprirsi�ulteriori�reati.�Se�e�il�Collegio�a�proseguire,� potra�indagare�e�richiedere�ulteriori�autorizzazioni.�Al�contrario,�se�e�il�P.M.�ordinario,� come�ritiene�la�sentenza�134/2002,�si�verifica�una�situazione�di�stallo�completo.�Egli,�infatti,� non�puo�indagare�sulle�nuove�notizie�di�reato�ministeriali,�ma�deve�nuovamente�interessare� il�Collegio.�Dunque,�il�procedimento�si�blocca�sino�a�nuova�autorizzazione�della�Camera,�e� tutto�cio�che�il�P.M.�ha�raccolto�e�inutilizzabile�per�le�nuove�contestazioni.� Alla�luce�di�queste�considerazioni,�ex�art.�97�Cost.,�e�sicuramente�piu�costituzional- mente�orientata�un'interpretazione�che�vede�nel�Collegio�l'unico�organo�di�indagine.�Soprat- tutto,�considerato�che�il�Collegio,�e�non�il�paventato�(ma�esistente)�P.M.�d'assalto,�e�un� organo�che�assicura�maggiori�garanzie�alla�natura�degli�interessi�coinvolti�e�agli�stessi�impu- tati.� Tale�e�la�ratio�delsottosistemadellaleggeCost.�1/1989edellaleggeattuativa219/1989.� E�in�tale�sottosistema�e�expressis�verbis�consentito�all'Organo�cumulare�le�funzioni�di�P.M.� e�di�G.I.P.�Sicche�e�vano�menare�scandalo�perche�tale�cumulo�prosegue�anche�dopo�la�auto- rizzazione�a�procedere.� Conclusivamente,�l'avversata�tesi,�da�riprovare�per�le�sue�aberranti�conseguenze,�va� respinta,�non�essendo�razionale�configurare�un�Organo�diverso�per�il�procedimento�succes- sivo�alla�autorizzazione�a�procedere,�essendo�consentito,�in�tale�sottosistema�normativo,�il� cumulo�di�funzioni,�che,�peraltro,�non�rende�il�Collegio�meno�terzo,�visto�che�e�gia�trino,� ed�essendo�irrilevanti�i�richiami�al�nuovo�(e�posteriore�ai�fatti)�111�Cost.,�oalbarbaro�e� inquisitorio�clima�processuale�del�1989,�certo�non�tale�perche�esisteva�il�povero�Pretore�e�il� relativo�rito,�eccezionale�e�riprovato�da�decenni.�Infine,�ogni�problema�d'incompatibilita�si� risolve�con�l'astensione.�Meritano,�al�contrario,�considerazione�le�argomentazioni�della�pre- cedente�decisione�265/1990�della�Consulta,�laddove�si�rileva�che�la�disposizione�di�cui�al� quarto�comma�dell'art.�9�della�legge�Cost.�1/1989�non�puo�non�essere�interpretata�nel�senso� per�cui�e�lo�stesso�Collegio�speciale�previsto�dall'art.�7�della�stessa�legge,�che�hagia�com- piuto�le�indagini�preliminari,�che�deve�continuare�il�procedimento,�una�volta�concessa�l'auto- rizzazione�a�procedere.�La�Corte�precisa,�infatti,�che��la�suddetta�interpretazione�si�ricava� con�certezza�dalla�lettera�della�disposizione�in�esame,�la�dove�e�detto�testualmente�che�lo� stesso�collegio�competente�nella�prima�fase�del�procedimento�lo�continua�secondo�le�norme� vigenti�.�Aggiunge,�poi,�che��il�significato�letterale�non�cambia�anche�se�il�verbo��continui�� si�ritenga�riferito�al�procedimento,�in�quanto�e�sempre�chiara�la�designazione�a�compiere�l'i- struttoria�del�collegio�al�quale�sono�stati�rimessi�gli�atti�dall'assemblea.� Tale�interpretazione�e�suffragata�^come�rileva�la�stessa�Consulta�nella�sentenza� 265/1990�^dai�lavori�preparatori,�laddove�danno�rilievo�alla�significativa�modifica�appor- tata�al�testo�originario�dell'art.�9,�comma�quarto,�legge�Cost.�1/1989.�Tale�testo�prevedeva� �che�l'assemblea,�ove�conceda�l'autorizzazione,�rimette�gli�atti�al�procuratore�della�repub- blica�perche�abbia�corso�il�procedimento�secondo�le�norme�vigenti�.�La�disposizione�e�stata� radicalmente�modificata�in�quella�attuale�(�l'assemblea,�ove�conceda�l'autorizzazione,� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� rimette�gli�atti�al�collegio�perche�continui�il�procedimento�secondo�le�norme�vigenti�)�a� seguito�dell'approvazione�di�un�apposito�emendamento�da�parte�della�Camera�dei�deputati.� In�sede�di�seconda�lettura�al�Senato,�vi�fu�il�tentativo�di�ripristinare�il�testo�originario,�ma� fu�confermato�quello�emendato.� Infine�militano�a�favore�di�detta�ricostruzione�una�serie�di�motivazioni�di�carattere� logico-sistematico.�In�primo�luogo,�come�gia�rilevato,�trattandosi�di�disciplina�di�rango� costituzionale�(attuativa�della�legge�di�revisione�dell'art.�96�Cost.),�non�sono�ad�essa�applica- bili�le�regole�del�procedimento�penale�ordinario,�ove�non�espressamente�richiamate.� Inoltre,�il�rito�ministeriale�e�uno�speciale�sottosistema�da�indagare�secondo�i�suoi�speci- fici�principi.�E�posta,�per�norma�costituzionale,�una�preclusione�al�P.M.:�egli�non�puo�inda- gare.�L'attivita�investigativa�e�,�infatti,�svolta�da�un�Collegio�di�Magistrati,�che�cumula�le�fun- zioni�di�indagine�e�di�G.I.P.�(eccetto�quella�di�promozione�della�azione�penale,�che�spetta�al� P.M.).�Sul�punto�giova�ribadire�come,�qualora,�una�volta�ottenuta�l'autorizzazione�a�proce- dere,�fosse�il�P.M.�a�proseguire�le�indagini�(come�argomenta�la�sentenza�n.�134�del�2002),�egli� non�potrebbe�indagare�autonomamente�su�eventuali�nuove�notizie�di�reati�ministeriali,�ma� dovrebbe�interessare�il�Collegio,�determinandosi�cos|�un�deleterio�immobilismo.�Il�procedi- mento�sarebbe,�infatti,�sospeso�sino�a�nuova�autorizzazione�della�Camera;�mentre�quanto� raccolto�dal�P.M.�sarebbe�inutilizzabile�per�le�nuove�contestazioni.�Al�contrario,�se�e�il�Col- legio�a�proseguire�(come�ritenuto�dall'orientamento�pacifico�della�giurisprudenza�di�legitti- mita�in�precedenza�richiamato�e�dalla�stessa�Corte�Costituzionale�nel�1990),�potra�indagare� e�richiedere�ulteriori�autorizzazioni,�con�notevole�celerita�e�benefici�per�il�procedimento.� Dalle�suesposte�considerazioni�si�evince,�pertanto,�come�un'interpretazione�realmente� costituzionalmente�orientata�(specie�in�relazione�ai�parametri�di�cui�all'art.�97�Cost.)�del�sot- tosistema�della�legge�Cost.�1/1989�e�della�legge�attuativa�219/1989�non�possa�che�vedere�nel� Collegio�l'unico�organo�di�indagine,�al�quale�e�expressis�verbis�consentito�cumulare�le�fun- zioni�di�P.M.�e�di�G.I.P.� Roma,�1�giugno�2003� Avv.�Roberto�de�Felice�� Si�aggiunge,�per�completezza,�l'esito�definitivo�della�vicenda. Corte d'Appello di Roma, sezione seconda penale, sentenza 16 giugno 2003 n. 4759 ^Presi dente�G.Tavolaro�-Relatore�M.�Michelozzi.� Non�puo�essere�disattesa�la�sentenza�interpretativa�di�rigetto�134/02�della�Corte�costituzio- nale�e,�di�conseguenza,�il�decreto�che�dispone�il�giudizio�a�carico�di�un�ministro,�emesso�dal�col- legiodeiReatiMinisterialiinluogo�delG.U.P.�e�nullo,�econessolasentenzasuccessivadelTri- bunale.�Gli�atti�vanno�rimessi�al�P.M.� �(omissis).�Il�giorno�16�del�mese�di�giugno�dell'anno�2003�la�Corte�d'Appello�di�Roma,� Seconda�Sezione�Penale,�composta�dai�seguenti�magistrati:�dott.�Giuseppe�Tavolaro,�Presi- dente;�dott.�Massimo�Michelozzi,�Consigliere;�dott.�Piero�De�Crescenzo,�Consigliere;�Rela- tore�dott.�Massimo�Michelozzi,�con�l'intervento�del�Pubblico�Ministero�inpersona�delSosti- tuto�Procuratore�dott.�Salvatore�Cantaro�(...)�ha�pronunciato�in�pubblica�udienza�la� seguente�sentenza�(omissis).� Motivazione�contestuale.��Gli�imputati�P.�e�B.�hanno�riproposto�nei�rispettivi�gravami� eccezione�di�nullita�del�decreto�che�dispone�il�giudizio�sotto�il�profilo�dell'incompetenza�fun- zionale�del�Collegio�per�i�reati�ministeriali�a�svolgere�le�funzioni�di�giudice�dell'udienza�pre- liminare,�prospettando,�tra�l'altro,�l'erroneita�dell'interpretazione,�pur�consolidata,�offerta� dalla�giurisprudenza�costituzionale�e�di�legittimita�delle�norme�regolatrici�del�giudizio�a� carico�dei�Ministri�per�i�reati�commessi�nell'esercizio�delle�loro�funzioni,�ed�il�contrasto�di� tali�norme,�nella�anzidetta�interpretazione,�con�numerosi�principi�costituzionali.� Con�sentenza�n.�134�in�data�11-14�aprile�2002�la�Corte�Costituzionale,�decidendo�nel� giudizio�di�legittimita�costituzionale�dell'art.�3,�primo�comma,�legge�219/1989�promosso�da� Collegio�per�i�reati�ministeriali�presso�il�Tribunale�di�Napoli,�ha�osservato�che�l'interpreta- zione�fino�ad�allora�fornita�delle�norme�regolatrici�di�detto�giudizio,�secondo�la�quale�al�Col- legio�per�i�reati�ministeriali�competerebbe�sia�la�funzione�inquirente�che�quella�di�giudice� dell'udienza�preliminare,�risulta�incompatibile�con��lo�sviluppo�della�legislazione�proces- TEMI�ISTITUZIONALI� suale�penale�circa�il�rapporto�tra�funzioni�di�pubblico�ministero�e�funzioni�di�giudice��non- che�con�il�constatato��rafforzamento�del�principio�di�terzieta�del�giudice�sul�piano�costituzio- nale�da�ultimo�nel�nuovo�testo�dell'art.�111�Costituzione�.� Con�la�citata�sentenza�la�Corte�Costituzionale,�dopo�aver�rilevato�l'obiettiva�incertezza� derivante�dalla�lettera�della�legge�e�dall'intenzione�del�legislatore�e�lanecessita�di�far�preva- lere�ragioni�sistematiche,�ha�cos|�ritenuto�che�la�nuova�norma,�per�non�incorrere�nella�decla- ratoria�certa�di�illegittimita�costituzionale,�debba�essere�interpretata�nel�senso�che,��una� volta�concessa�l'autorizzazione�dall'Assemblea�parlamentare,�gli�atti�siano�restituiti�al�Colle- gio�che�ad�essa�li�aveva�inviati,�affinche�il�procedimento�prosegua�secondo�le�forme�ordina- rie,�vale�a�dire�per�impulso�del�pubblico�ministero�e�davanti�agli�ordinari�organi�giudicanti� competenti�.� Tale�sentenza�interpretativa�di�rigetto�non�puo�essere�disattesa,�risultando�dal�contesto� della�sua�motivazione�che�la�soluzione�adottata�e�l'unica�compatibile�con�i�parametri�costitu- zionali�invocati.� Deve�pertanto�ritenersi�che�il�decreto�che�dispone�il�giudizio,�emesso�dal�Collegio�per�i� reati�ministeriali�in�luogo�del�G.U.P.�ordinario,�sia�affetto�da�nullita�assoluta�per�incompe- tenza�funzionale�e�che�conseguentemente�sia�nulla�anche�la�sentenza�emessa�dal�Tribunale.� Gli�atti�devono�essere�restituiti,�per�quanto�di�competenza,�al�pubblico�ministero�- (omissis)�.� Ilcontenzioso comunitario edinternazionale Ilcontenzioso comunitario edinternazionale Attivita� dell'Ufficio dell'Agente del Governo italiano nei procedimenti dinanzi alla Corte di Giustizia delle Comunita� europee. Relativamente�al�contenzioso�comunitario,�il�Servizio�del� Contenzioso�Diplomatico�^Ufficio dell'Agente del Governo ita- liano ^espletando�le�competenze�previste�dall'art.�20�del�D.M.� 18�febbraio�2003�(G.U.�28�aprile�2003,�n.�97)�cura,�di�concerto� con�l'Ufficio�VI�della�Direzione�Generale�per�l'Integrazione� Europea,�l'attivita�istruttoria�necessaria�per�la�preparazione�delle� cause�ed�il�coordinamento�con�le�altre�Amministrazioni,�ai�fini� della�difesa�in�giudizio�dello�Stato�e�dei�suoi�interessi.� Per�quanto�riguarda�i�rinvii�pregiudiziali�(di�cui�all'art.�234� CE)�appare�utile�ricordare�che�le�sentenze�interpretative�della� Corte�di�Giustizia�sono�vincolanti�all'interno�degli�ordinamenti� degli�Stati�membri�della�Comunita�europea,�e�che,�pertanto,�l'in- tervento�in�tali�procedimenti,�anche�se�non�proposti�da�giudici� italiani,�costituisce�un�fondamentale�strumento�attraverso�cui�e� possibile�prospettare�al�giudice�comunitario�istanze�in�difesa� degli�interessi�nazionali.� Per�questo�motivo�l'Ufficio�dell'Agente�svolge�un'azione�di� sensibilizzazione�nei�confronti�delle�Amministrazioni�italiane�al� fine�di�promuovere�una�sempre�maggiore�partecipazione�del� governo�italiano�anche�nelle�questioni�sollevate�dai�giudici�di� altri�Paesi.� Al�fine�di�rendere�piu�incisiva�ed�efficace�la�propria�azione� istituzionale,�gia�da�qualche�anno�l'Ufficio�dell'Agente�del� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Governo�italiano�organizza,�di�concerto�con�l'Ufficio�VI�della� Direzione�Generale�per�l'Integrazione�Europea,�con�il�Diparti- mento�delle�Politiche�Comunitarie�della�Presidenza�del�Consiglio� e�con�l'Avvocatura�Generale�dello�Stato,�delle��riunioni�pac- chetto��sul�contenzioso�comunitario,�invitando�gli�Uffici�Legisla- tivi�delle�Amministrazioni�coinvolte�nella�trattazione�dei�ricorsi� e�dei�rinvii�pregiudiziali�pendenti�dinanzi�alla�Corte�di�giustizia� a�riunioni�periodiche�finalizzate�all'�individuazione�della�migliore� linea�di�difesa�nei�ricorsi�per�inadempimento�nonche�dell'inte- resse�del�Governo�italiano�ad�intervenire�con�osservazioni�scritte� od�orali�nelle�cause�pregiudiziali.� Simona Prunali IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE Si riportano di seguito, in tabelle sintetiche, i dati relativi ai ricorsi ed ai rinvii pregiudiziali trattati negli ultimi 5 anni dall'Ufficio dell'Agente del Governo italiano. RICORSI DIRETTI EX ARTT. 226 E 228 DEL TRATTATO CE (Commissione contro Stati Membri per infrazione al diritto comunitario) Anno Numero di ricorsi trattati Di cui interventi italiani in ricorsi promossi contro altri Stati membri 1999 29 � 2000 22 � 2001 21 � 2002 27 2 2003 * 17 1 * dati al 31 ottobre 2003. RICORSI EX ART. 230 DEL TRATTATO CE (Stato italiano contro Commissione o interventi a favore di altro Stato membro, della Commissione ovvero nell'interesse di un privato) Anno Numero di ricorsi trattati Di cui interventi italiani in ricorsi promossi da altri Stati membri o da privati 1999 14 1 2000 12 8 2001 4 1 2002 12 5 2003 * 12 2 * dati al 31 ottobre 2003. RINVII PREGIUDIZIALI EX ART 234 DEL TRATTATO CE (questioni pregiudiziali sottoposte alla Corte dai giudici nazionali) Anno Numero rinvii pregiudiziali trattati Numero rinvii pregiudiziali originati in Italia Interventi del Governo italiano 1999 205 24 19 2000 191 28 33 2001 202 30 45 2002 189 22 25 2003 * 124 23 15 * dati al 31 ottobre 2003. LEDECISIONILEDECISIONI Il principio del ne bis in idem nell'Accordo di Schengen (Corte�di�Giustizia�delle�Comunita�europee,�Plenum,�11febbraio�2003,� nelle�cause�riunite�C-187/01�e�C-385/01)� 1.��Con�la�suddetta�sentenza,�la�Corte�si�e�pronunciata�per�la�prima� volta,�ai�sensi�dell'art.�35�del�TUE,�sull'interpretazione�di�uno�strumento�di� �terzo�pilastro�,�ed�in�particolare�dell'art.�54�della�Convenzione�di�applica- zione�del1'Accordo�di�Schengen�del�1985,�firmata�il�19�giugno�1990,�che� sancisce�l'applicazione�transfrontaliera,�fra�gli�Stati�membri�firmatari�di�tale� accordo,�del�principio�del�ne�bis�in�idem.�In�base�a�tale�articolo��una�persona� che�sia�stata�giudicata�con�sentenza�definitiva�in�una�Parte�contraente�non� puo�essere�sottoposta�ad�un�procedimento�penale�per�i�medesimi�fatti�in�un'al- tra�Parte�contraente�a�condizione�che,�in�caso�di�condanna,�la�pena�sia�stata� eseguita�o�sia�effettivamente�in�corso�di�esecuzione�attualmente�o,�secondo�la� legge�dello�Stato�contraente�di�condanna,�non�possa�piu�essere�eseguita�.� Nel�caso�di�specie,�le�questioni�pregiudiziali�vertenti�sull'applicazione�del� summenzionato�articolo�erano�state�sollevate�dalla�Corte�d'appello�di�Colo- nia�e�dal�Tribunale�di�primo�grado�di�Furnes�(Belgio)�nell'ambito�di�procedi- menti�penali�promossi�per�reati�commessi�rispettivamente�nei�Paesi�Bassi�e� in�Belgio,�rispetto�ai�quali�si�era�verificata�l'estinzione�dell'azione�penale�a� seguito�di�procedura�transattiva�promossa�dal�pubblico�ministero,�dopo�il� versamento�di�una�somma�di�denaro.� In�particolare,�i�giudici�del�rinvio�chiedevano�alla�Corte�di�pronunciarsi� in�merito�all'applicabilita�al�caso�in�questione�del�summenzionato�art.�54,� con�conseguente�impossibilita�di�avviare�un�procedimento�penale�per�i�mede- simi�fatti�e�nei�confronti�degli�stessi�soggetti,�sebbene�la�procedura�di�estin- zione�dell'azione�penale�avesse�avuto�luogo�in�assenza�di�una�sentenza� pronunciata�da�un�giudice.� La�Corte�di�giustizia,�pronunciandosi�sulle�questioni�sottopostele,�ha� dichiarato�che�il�principio�del�ne�bis�in�idem�sancito�dall'art.�54�della�Conven- zione�applicativa�dell'Accordo�di�Schengen,��si�applica�anche�nell'ambito�di� procedure�di�estinzione�dell'azione�penale,�quali�quelle�di�cui�trattasi�nelle� cause�principali,�in�forza�delle�quali�il�pubblico�ministero�di�uno�Stato�mem- bro�chiude,�senza�l'intervento�di�un�giudice,�un�procedimento�penale� promosso�in�questo�Stato�dopo�che�l'imputato�ha�soddisfatto�certi�obblighi� e,�in�particolare,�ha�versato�una�determinata�somma�di�denaro,�stabilita�dal� pubblico�ministero�.� 2.��La�pronuncia�della�Corte�si�inserisce�nel�quadro�degli�obiettivi�sta- biliti�dal�Trattato�di�Amsterdam�e�dal�Consiglio�europeo�di�Tampere�in� materia�di�cooperazione�giudiziaria�penale,�ed�in�particolare�dall'art.�31�del� TUE,�che�prevede,�fra�l'altro,�la�facilitazione�della�cooperazione�fra�autorita� degli�Stati�membri�in�relazione�ai�procedimenti�penali�e�all'esecuzione�delle� decisioni.� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni� Il�suddetto�principio�e�inoltre�espressamente�richiamato�dal�piano� d'azione�del�Consiglio�e�della�Commissione�adottato�a�Vienna�nel�dicembre� 1998,�che,�al�punto�49,�prevede�l'adozione,�entro�cinque�anni�dall'entratain� vigore�del�trattato�di�Amsterdam,�di�misure��per�il�coordinamento�delle� indagini�giudiziarie�e�dei�procedimenti�in�corso�negli�Stati�membri,�al�fine� di�evitare�sovrapposizioni�e�decisioni�contraddittorie�e�tenendo�conto�di�una� migliore�utilizzazione�del�principio�ne bis in idem.� Il�principio�in�questione�e�altres|�incluso�fra�le�priorita�del�programma� di�misure�per�l'attuazione�del�principio�del�reciproco�riconoscimento�delle� decisioni�penali�del�gennaio�2001,�che�prevede�un�riesame�degli�articoli�da� 54�a�57�della�Convenzione�applicativa�dell'Accordo�di�Schengen,�nella�pro- spettiva�di�una�piena�applicazione�del�principio�del�mutuo�riconoscimento.� La�Presidenza�greca,�nel�quadro�delle�priorita�stabilite�per�il�primo� semestre�del�2003�in�materia�di�cooperazione�giudiziaria�penale,�ha�presen- tato�una�proposta�di�decisione�quadro�sull'applicazione�del�principio�del�ne bis in idem.� 3.��La�sentenza�in�esame�deve�altres|�essere�segnalata�in�quanto�offre� un'interpretazione�degli�effetti�che,�sul�territorio�comunitario,�possono�deri- vare�dalle�pronunce�di�estinzione�della�pena�emesse�in�via�transattiva.�Il�rico- noscimento�della�necessita�che�a�decisioni�siffatte�si�applichi�il�menzionato� principio�ne bis in idem pone�una�nuova�luce�sull'istituto�del�patteggiamento� della�pena,�la�cui�esatta�natura�giuridica,�in�Italia,�risulta�ancora�oggetto�di� qualche�disputa�dottrinaria�(ma�anche�giurisprudenziale,�si�veda�ex multis TAR�Friuli�Venezia�Giulia�30�agosto�2001�n.�563).� Infine,�oltre�agli�aspetti�di��merito��sopra�indicati,�la�sentenza�ha�una� grande�rilevanza�in�quanto,�per�la�prima�volta�nella�storia�dell'ordinamento� comunitario,�la�Corte�di�giustizia�delle�Comunita�europee�adotta�una�deci- sione�concernente�il�settore�del�diritto�penale.� Come�gia�accennato,�ai�sensi�dell'art.�35�TUE,�introdotto�dal�Trattato�di� Amsterdam,�alla�Corte�di�giustizia�e�stata�riconosciuta�una�specifica�compe- tenza�interpretativa�nelle�materie�contemplate�dal�Titolo�VI�TUE�e�con� riguardo�agli�strumenti�di�diritto�derivato�previsti�in�tale�medesimo�Titolo� (decisioni,�decisioni-quadro,�convenzioni).�Tale�competenza�e�stata�espressa- mente�conferita�alla�Corte�a�norma�del�combinato�disposto�dell'art.�35�par.2� e�par.�3�lett.�b)�TUE,�tramite�dichiarazione�all'atto�della�firma�del�Trattato�di� Amsterdam�con�la�quale�alcuni�Stati�membri�(in�particolare,�ad�oggi,�Belgio,� Germania,�Grecia,�Italia,�Lussemburgo,�Paesi�Bassi,�Austria,�Portogallo,�Fin- landia�e�Svezia)�hanno�ammesso�che�qualunque�giurisdizione�interna�possa� chiedere�alla�Corte�di�pronunciarsi�in�ordine�all'interpretazione�o�alla�validita� di�uno�degli�atti�sopra�indicati.�La�Spagna�ha�rimesso�invece�una�dichiarazione� ai�sensi�dell'art.�35�par.�3�lett.�a),�che�prevede�la�stessa�possibilita�,�ma�per�le� sole�giurisdizioni�nazionali�avverso�le�cui�decisioni�non�e�ammesso�ricorso.� L'art.�35�TUE�prevede,�in�pratica,�un�mezzo�che�trasferisce�nel�settore� materiale�sopra�richiamato�alcune�competenze�attualmente�esercitate�dalla� Corte�di�Lussemburgo�nel�primo�pilastro,�conformemente�agli�artt.�230�e� 234�TCE.�Al�fine�di�completare�il�quadro�di�competenze�della�Corte�di�giusti- zia�si�deve�segnalare�anche�il�disposto�dell'art.�46�TUE.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Il�quadro�giuridico�sopra�solamente�accennato�consente�di�cogliere� l'indubbia�rilevanza�della�pronuncia�che�si�segnala.�Si�tratta,�in�buona�sintesi,� del�primo�caso�in�cui�il�processo�di�integrazione�comunitario�riguardante�il� settore�della�giustizia�penale�manifesta�in�pieno�i�suoi�concreti�effetti,�indivi- duandosi�nella�Corte�di�giustizia�CE�l'organo�giurisdizionale�supremo�del- l'ordinamento�giuridico�creato�dalle�norme�contenute�nel�terzo�pilastro.� Si�ricorda�infine�che,�ai�sensi�dell'art.�6�TUE,�nel�contesto�di�norme�e� regole�sopra�richiamate�la�Corte�di�giustizia�operera�nel�pieno�rispetto�dei� principi�dello�stato�di�diritto�nonche�dei�diritti�fondamentali�come�gia�garan- titi�dalle�tradizioni�costituzionali�comuni�degli�Stati�membri�e�dalle�pertinenti� disposizioni�della�Convenzione�per�la�salvaguardia�dei�diritti�umani�(chenoto- riamente�la�Corte�comunitaria�fa�proprie�riconducendole�nell'alveo�dei�prin- cipi�generali�del�diritto�di�cui�la�stessa�ha�sino�ad�oggi�garantito�l'osservanza).� (a cura dellaDirezione Generaleper l'Integrazione Europea del Ministero degli Esteri) Corte di Giustizia delle Comunita� Europee, Plenum, 11 febbraio 2003, nelle cause riunite C-187/01 e C-385/01 ^Presidente Rodr|�guez�Iglesias�^Relatore Schintgen�^Avv. Gen. Ruiz�Jarabo�Colomer�^Domande�di�pronuncia�pregiudiziale�dell'Oberlandesgericht� di�Ko��ln�(Germania)�e�del�Rechtbank�van�eerste�aanlegte�di�Veurne�(Belgio)�nei�proce- dimenti�penali�contro�Go��tu��tok�e�Bru�gge�^Interv.:�Governi�belga,�francese,�italiano� (Avv.�dello�Stato�G.�Aiello),�olandese�e�tedesco,�nonche�Commissione�delle�Comunita� europee.� (Convenzione�19�giugno�1990�per�l'applicazione�dell'accordo�di�Schengen�14�giugno�1985,�art.�54).� Il principio del ne�bis�in�idem, sancito dall'art. 54 della Convenzione di applicazione del- l'AccordodiSchengen14giugno1985, traigovernidegliStatidell'UnioneeconomicaBenelux, della Repubblicafederale di Germania e della Repubblicafrancese relativo all'eliminazionegra- dualedeicontrolliallefrontierecomuni,firmataa Schengen il19giugno 1990, siapplicaanche nell'ambito di procedure di estinzione dell'azione penale, quali quelle di cui trattasi nelle cause principali, inforza delle quali ilpubblico ministero di uno Stato membro chiude, senza l'inter- vento di un giudice, un procedimento penale promosso in questo Stato dopo che l'imputato ha soddisfattocertiobblighie, inparticolare,haversatounadeterminatasommadidenaro,stabi- lita dalpubblico ministero. �(Omissis)�25.��Con�le�loro�questioni,�che�e�opportuno�esaminare�congiuntamente,�i� giudici�del�rinvio�chiedono�in�sostanza�se�il�principio�del�ne bis in idem,�sancito�dall'art.�54� della�CAAS,�si�applichi�anche�nell'ambito�di�procedure�di�estinzione�dell'azione�penale,�quali� quelle�di�cui�trattasi�nelle�cause�principali.� 26.��Dal�dettato�stesso�dell'art.�54�della�CAAS�discende�che�nessuno�puo�essere�sotto- posto�a�procedimento�penale�in�uno�Stato�membro�per�i�medesimi�fatti�per�i�quali�e�stato� gia��giudicat[o]�con�sentenza�definitiva��in�un�altro�Stato�membro.� 27.��Orbene,�una�procedura�di�estinzione�dell'azione�penale,�del�tipo�di�quelle�in�essere� nelle�cause�principali,�e�una�procedura�mediante�la�quale�il�pubblico�ministero,�legittimato� a�tal�fine�dall'ordinamento�giuridico�nazionale�competente,�decide�di�chiudere�i�procedimenti� penali�a�carico�dell'imputato�dopo�che�quest'ultimo�ha�soddisfatto�certi�obblighi�e,�in�parti- colare,�ha�versato�una�determinata�somma�di�denaro,�stabilita�dal�detto�pubblico�ministero.� 28.��Di�conseguenza,�occorre�in�primo�luogo�rilevare�che,�nell'ambito�di�una�siffatta� procedura,�l'azione�penale�si�estingue�mediante�una�decisione�emessa�da�un'autorita�incari- cata�di�amministrare�la�giustizia�penale�nell'ordinamento�giuridico�nazionale�interessato.� 29.��In�secondo�luogo,�e�importante�rilevare�che�una�procedura�di�tale�tipo,�i�cui� effetti,�quali�previsti�dalla�legge�nazionale�applicabile,�sono�subordinati�all'impegno�del- l'imputato�di�eseguire�determinati�obblighi�prescritti�dal�pubblico�ministero,�colpisce�il� comportamento�illecito�contestato�all'imputato.� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni� 30.��Alla�luce�di�cio�,e�giocoforza�concludere�che�quando,�a�seguito�di�un�procedi- mento�del�tipo�di�quelli�di�cui�trattasi�nella�causa�principale,�l'azione�penale�si�estingue�defi- nitivamente,�l'interessato�dev'essere�considerato��giudicat[o]�con�sentenza�definitiva�,�ai� sensi�dell'art.�54�della�CAAS,�per�i�fatti�al�medesimo�contestati.�Inoltre,�una�volta�eseguiti� gli�obblighi�a�carico�dell'imputato,�la�pena�collegata�alla�procedura�di�estinzione�dell'azione� penale�dev'essere�considerata��eseguita�,�ai�sensi�della�medesima�disposizione.� 31.��Il�fatto�che�nessun�giudice�intervenga�nel�corso�di�una�siffatta�procedura�e�che�la� decisione�presa�al�termine�di�quest'ultima�non�assuma�le�forme�di�una�sentenza�non�e�tale� da�inficiare�questa�interpretazione,�in�quanto�siffatti�elementi�di�procedura�e�di�forma�non� possono�avere�la�benche�minima�incidenza�sugli�effetti�di�questa�procedura,�descritti�nei� punti�28�e�29�della�presente�sentenza,�i�quali,�in�assenza�di�un'espressa�indicazione�contraria� nell'art.�54�della�CAAS,�devono�essere�considerati�sufficienti�a�consentire�l'applicazione�del� principio�del�ne bis in idem,�previsto�da�questa�disposizione.� 32.��Peraltro,�e�importante�rilevare�che�nessuna�disposizione�del�titolo�VI�del�Trattato� sull'Unione�europea,�sulla�cooperazione�di�polizia�e�giudiziaria�in�materia�penale,�i�cui� artt.�34�e�31�sono�stati�indicati�come�fondamento�normativo�degli�artt.�54-58�della�CAAS,� ne�dell'Accordo�di�Schengen�o�della�stessa�CAAS�assoggetta�l'applicazione�dell'art.�54�di� quest'ultima�all'armonizzazione�o,�quanto�meno,�al�ravvicinamento�delle�legislazioni�penali� degli�Stati�membri�nel�settore�delle�procedure�di�estinzione�dell'azione�penale.� 33.��Alla�luce�di�cio�,�il�principio�del�ne bis in idem,�sancito�nell'art.�54�della�CAAS,�a� prescindere�dal�fatto�che�sia�applicato�nell'ambito�di�procedure�di�estinzione�dell'azione� penale�che�necessitino�o�meno�dell'intervento�di�un�giudice�o�di�pronunce�giudiziali,�implica� necessariamente�che�esiste�una�fiducia�reciproca�degli�Stati�membri�nei�confronti�dei�loro� rispettivi�sistemi�di�giustizia�penale�e�che�ciascuno�di�questi�ultimi�accetta�l'applicazione�del� diritto�penale�vigente�negli�altri�Stati�membri,�anche�quando�il�ricorso�al�proprio�diritto� nazionale�condurrebbe�a�soluzioni�diverse.� 34.��Per�i�medesimi�motivi�l'applicazione�da�parte�di�uno�Stato�membro�del�principio� del�ne bis in idem,�quale�enunciato�nell'art.�54�della�CAAS,�a�procedimenti�di�estinzione�del- l'azione�penale�svoltisi�in�un�altro�Stato�membro�senza�l'intervento�di�un�giudice�non�puo� essere�subordinato�alla�condizione�che�nemmeno�l'ordinamento�giuridico�del�primo�Stato� richieda�un�simile�intervento�giurisdizionale.� 35.��Questa�interpretazione�dell'art.�54�della�CAAS�acquista�ancor�piu�valore�in� quanto�e�la�sola�a�far�prevalere�l'oggetto�e�lo�scopo�di�questa�disposizione�su�aspetti�proce- durali�o�meramente�formali,�che�variano�del�resto�secondo�gli�Stati�membri�interessati,�e�a� garantire�una�proficua�applicazione�di�detto�principio.� 36.��A�tale�proposito,�da�un�lato,�occorre�rilevare�che,�come�risulta�dall'art.�2,�primo� comma,�quarto�trattino,�UE,�con�il�Trattato�di�Amsterdam�l'Unione�europea�si�e�prefissa� lo�scopo�di�conservare�e�sviluppare�quest'ultima�quale�spazio�di�liberta�,�sicurezza�e�giustizia� in�cui�sia�assicurata�la�libera�circolazione�delle�persone.� 37.��Inoltre,�come�si�desume�dal�primo�capoverso�del�preambolo�del�protocollo,� l'attuazione�nell'ambito�dell'Unione�europea�dell'acquis di�Schengen,�di�cui�fa�parte�l'art.�54� della�CAAS,�mira�a�promuovere�l'integrazione�europea�e,�in�particolare,�a�consentire�al- l'Unione�di�trasformarsi�piu�rapidamente�in�uno�spazio�di�liberta�,�di�sicurezza�e�di�giustizia,� che�quest'ultima�ha�lo�scopo�di�conservare�e�sviluppare.� 38.��Orbene,�l'art.�54�della�CAAS,�che�ha�lo�scopo�di�evitare�che�una�persona,per�il� fatto�di�esercitare�il�suo�diritto�alla�libera�circolazione,�sia�sottoposta�a�procedimento�penale� per�i�medesimi�fatti�sul�territorio�di�piu�Stati�membri,�puo�validamente�contribuire�alla� realizzazione�compiuta�di�questo�scopo�solo�se�applicabile�anche�a�decisioni�che�chiudono� definitivamente�i�procedimenti�penali�in�uno�Stato�membro,�benche�siano�adottate�senza� l'intervento�di�un�giudice�e�non�assumano�le�forme�di�una�sentenza.� 39.��D'altronde,�gli�ordinamenti�giuridici�nazionali�che�prevedono�il�ricorso�a�proce- dure�di�estinzione�dell'azione�penale,�quali�quelle�di�cui�trattasi�nelle�cause�principali,�lo� fanno�solo�in�determinate�circostanze�o�per�determinati�reati�tassativamente�elencati�o�indi- viduati,�i�quali,�in�linea�generale,�non�sono�tra�i�piu�gravi�e�sono�punibili�solo�con�sanzioni� di�limitata�severita�.� 40.��Alla�luce�di�cio�,�la�limitazione�dell'applicazione�dell'art.�54�della�CAAS�alle�sole� decisioni�di�archiviazione�dell'azione�penale�adottate�da�un�giudice�o�emanate�sotto�forma� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� di�sentenza�avrebbe�il�risultato�di�far�beneficiare�del�principio�del�ne bis in idem previsto�da� questa�disposizione,�e�pertanto�della�libera�circolazione�che�quest'ultima�mira�ad�agevolare,� i�soli�imputati�colpevoli�di�reati�per�i�quali,�a�causa�della�loro�gravita�o�delle�sanzioni�per�essi� applicabili,�e�impossibile�far�ricorso�alla�definizione�semplificata�di�certi�procedimenti� penali,�in�cui�consiste�una�procedura�di�estinzione�dell'azione�penale�del�tipo�di�quelle�di� cui�trattasi�nelle�cause�principali.� 41.��I�governi�tedesco,�belga�e�francese�obiettano�tuttavia�che�non�solo�il�disposto�del- l'art.�54�della�CAAS,�ma�anche�la�ratio di�questa�disposizione�e,�in�particolare,�i�suoi�rap- porti�con�gli�artt.�55�e�58�della�detta�convenzione,�nonche�la�volonta�delle�parti�contraenti� di�quest'ultima�e�certi�altri�atti�internazionali�aventi�un�oggetto�analogo�ostano�a�che�il�detto� art.�54�sia�interpretato�nel�senso�di�una�sua�applicabilita�nell'ambito�di�procedure�di�estin- zione�dell'azione�penale,�che�non�prevedano�l'intervento�di�alcun�giudice.�Il�governo�belga� aggiunge�che,�ai�fini�dell'applicazione�di�quest'ultima�disposizione,�una�decisione�presa�al� termine�di�un�procedimento,�quale�quello�di�cui�trattasi�nella�causa�Bru�gge,�sarebbe�assimila- bile�ad�una�sentenza�definitiva�solo�qualora,�in�via�preliminare,�i�diritti�della�vittima�siano� stati�debitamente�tutelati.� 42.��Per�quanto�concerne,�in�primo�luogo,�il�disposto�dell'art.�54�della�CAAS,�occorre� ricordare,�come�risulta�dai�punti�26-38�della�presente�sentenza,�che,�in�considerazione�del- l'oggetto�e�della�finalita�di�questa�disposizione,�l'uso�dei�termini�``giudicata�con�sentenza� definitiva''�non�osta�a�che�quest'ultima�sia�interpretata�nel�senso�che�essa�e�parimenti�appli- cabile�nell'ambito�di�procedure�di�estinzione�dell'azione�penale,�quali�quelle�di�cui�trattasi� nelle�cause�principali,�che�non�prevedono�l'intervento�di�nessun�giudice.� 43.��In�secondo�luogo,�lungi�dall'imporre�che�l'art.�54�della�CAAS�sia�applicabile�uni- camente�nell'ambito�di�sentenze�o�di�procedure�di�estinzione�dell'azione�penale�che�preve- dano�l'intervento�di�un�giudice,�gli�artt.�55�e�58�della�CAAS�sono�compatibili�con�l'interpre- tazione�di�tale�disposizione�quale�formulata�nei�punti�26-38�della�presente�sentenza.� 44.��Infatti�da�un�lato,�l'art.�55�della�CAAS,�poiche�consente�agli�Stati�membri�di� derogare�all'applicazione�del�principio�del�ne bis in idem per�taluni�fatti�tassativamente�elen- cati,�oggetto�di�sentenze�straniere,�deve�logicamente�vertere�sui�medesimi�atti�e�procedure� di�quelli�mediante�i�quali,�per�i�detti�fatti,�una�persona�puo�essere�``giudicata�con�sentenza� definitiva''�ai�sensi�dell'art.�54�della�CAAS.�Questa�conclusione�appare�tanto�piu�valida�se� si�tiene�presente�che�gli�artt.�54�e�55�della�CAAS�utilizzano,�nella�maggior�parte�delle�ver- sioni�linguistiche,�i�medesimi�termini�per�designare�tali�atti�e�procedure.� 45.��Dall'altro,�l'applicazione�dell'art.�54�della�CAAS�nell'ambito�di�procedure�di� estinzione�dell'azione�penale�quali�quelle�di�cui�trattasi�nelle�cause�principali�non�e�tale�da� privare�l'art.�58�della�CAAS�della�sua�efficacia�pratica.�Secondo�il�suo�dettato,�infatti,�questa� disposizione�consente�agli�Stati�membri�di�applicare�norme�nazionali�di�portata�piu�ampia� di�quelle�contenute�non�solo�nell'art.�54�della�CAAS,�ma�anche�in�tutte�le�disposizioni�di� quest'ultima�relative�all'applicazione�del�principio�del�ne bis in idem.�Inoltre,�essa�non�con- sente�loro�soltanto�di�applicare�quest'ultimo�a�decisioni�giudiziali�diverse�da�quelle�rientranti� nel�campo�di�applicazione�del�detto�art.�54,�bens|�riconosce�loro,�a�livello�generale,�il�diritto� di�applicare�disposizioni�nazionali�che�diano�a�questo�principio�una�portata�piu�ampia�o� assoggettino�la�sua�applicazione�a�condizioni�meno�restrittive,�senza�nessun�rapporto�con� la�natura�delle�decisioni�straniere�in�questione.� 46.��Per�quanto�concerne,�in�terzo�luogo,�la�volonta�delle�parti�contraenti,�quale� sarebbe�desumibile�da�taluni�lavori�parlamentari�nazionali�riguardanti�la�ratifica�della� CAAS�o�della�convenzione�tra�gli�Stati�membri�delle�Comunita�europee�25�maggio�1987,� relativa�all'applicazione�del�principio�``ne bis in idem'',�che�contiene�nel�suo�art.�1�una�dispo- sizione�sostanzialmente�identica�a�quella�dell'art.�54�della�CAAS,�basti�rilevare�che�questi� lavori�sono�anteriori�all'integrazione�dell'acquis di�Schengen�nell'ambito�dell'Unione�euro- pea,�operata�mediante�il�Trattato�di�Amsterdam.� 47.��In�ultimo,�per�quanto�concerne�la�tesi�del�governo�belga�secondo�la�quale�l'appli- cazione�dell'art.�54�della�CAAS�a�transazioni�penali�rischierebbe�di�ledere�i�diritti�della� vittima�di�un�reato,�e�importante�rilevare�che�il�principio�del�ne bis in idem,�quale�enunciato� da�questa�disposizione,�ha�l'unico�effetto�di�evitare�che�una�persona�giudicata�con�sentenza� definitiva�in�uno�Stato�membro�possa�essere�sottoposta�a�nuovi�procedimenti�penali�per�i� IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE ^le decisioni medesimi fatti in un altro Stato membro. Il detto principio non vieta alla vittima o a chiun- que altro sia stato danneggiato dal comportamento dell'imputato di promuovere o di conti- nuare un'azione civile diretta ad ottenere un risarcimento per il danno sofferto. 48. �Alla luce di tutte le precedenti considerazioni occorre rispondere alle questioni proposte dichiarando che il principio del ne bis in idem, sancito dall'art. 54 della CAAS, si applica anche nell'ambito di procedure di estinzione dell'azione penale, quali quelle di cui trattasi nelle cause principali, in forza delle quali il pubblico ministero di uno Stato membro chiude senza l'intervento di un giudice, un procedimento penale promosso in questo Stato dopo che l'imputato ha soddisfatto certi obblighi e, in particolare, ha versato una determi- nata somma di denaro, stabilita dal pubblico ministero (omissis)�. RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� La�tutela�dei�prodotti�alimentari�di�qualita�dinanzi�ai� giudici�comunitari:�le�operazioni�in loco di�affetta- mento�del�Prosciutto�di�Parma�e�di�grattugia�del� Grana�padano.� (Corte�di�Giustizia�delle�Comunita�Europee,�Plenum,�20�maggio�2003,� nelle�cause�C-108/01�e�C-469/00).� La�Corte�di�Cassazione�francese�e�la�House�of�Lords�del�Regno�Unito� avevano�posto�alcuni�quesiti�al�giudice�comunitario�per�sapere�se�fossero� legittime�e�opponibili�agli�operatori�stranieri�le�prescrizioni�contenute�nei� disciplinari�italiani�richiamati�nella�normativa�comunitaria�a�tutela�dei�pro- dotti�con�denominazione�di�origine�protetta�(dop).�Queste�impongono,�per� la�commercializzazione�di�confezione�dei�prodotti�con�le�denominazioni� �Grana�Padano�grattugiato�fresco�e�Prosciutto�di�Parma�affettato�,�che�le� operazioni�di�grattugia�e�di�affettamento�siano�eseguite�nel�luogo�italiano�di� produzione.� Le�controversie�si�sono�inserite�in�un�contesto�che�vede�alcuni�Paesi�del� Sud�Europa,�che�intendono�tutelare�i�numerosi�prodotti�di�qualita��,�in�contra- sto�con�altri�Paesi�del�Nord�Europa,�che�tendenzialmente�vedrebbero�invece� con�favore�una�disciplina�meno�rigida�e�piu��permissiva.�Il�rischio�di�un� depauperamento�di�prodotti�prestigiosi,�fortemente�apprezzati�dai�consuma- tori,�e�il�conseguente�danno�per�la�bilancia�commerciale�dell'Italia,�che�vanta� numerosissimi�prodotti�da�proteggere,�hanno�indotto�il�Governo�italiano�a� sostenere�dinanzi�alla�Corte�in�Lussemburgo�con�fermezza�la�necessita��di� una�piena�e�accurata�tutela�dei�prodotti�di�qualita��.� Si�e��rilevato�in�particolare�che�le�prescrizioni�contenute�nei�disciplinari� rispondono�a�precise�esigenze�di�garantire�la�qualita��del�prodotto.�Non�basta� affatto,�perche�il�prodotto�sia�affettato�o�grattugiato�a�regola�d'arte,�che�esso� sia�un�autentico��Grana�padano��o�un�autentico��Prosciutto�di�Parma�.�Le� operazioni�di�grattugia�o�di�affettamento�sono�molto�delicate�e�debbono� riguardare�un�prodotto�assolutamente�integro�e�con�particolari�caratteristi- che�che�lo�rendano�idoneo�a�un�procedimento�di�elaborazione�che�non�ne� alteri�le�caratteristiche�con�l'inevitabile�trascorrere�del�tempo�sia�pur�breve� fra�l'elaborazione�stessa�e�la�vendita�al�pubblico.�Il�rispetto�di�tutte�le�caratte- ristiche�e�di�tutti�i�passaggi�e��garantito�dal�controllo�in�loco�ad�opera�del- l'organismo�appositamente�abilitato�secondo�la�normativa�comunitaria,�che� richiama�le�prescrizioni�nazionali.�Non�e��assolutamente�sufficiente�dimo- strare�che�il�formaggio�altrove�grattugiato�o�il�prosciutto�altrove�affettato� provengono�da�forme�autentiche�di�Grana�padano�o�di�Prosciutto�di�Parma.� Innanzitutto�cio��e��ben�difficile�da�verificare�in�concreto,�perche�e��ben�facile� una�aggiunta,�sia�pure�in�bassa�percentuale,�di�prodotto�diverso,�difficilmente� distinguibile.�Ma,�soprattutto,�non�e��assolutamente�possibile�garantire�che� sia�stato�usato�un�prodotto�che�all'atto�dell'elaborazione�abbia�avuto�o�abbia� conservato�le�caratteristiche�peculiari�richieste�per�la�maggior�appetibilita��di� esso.�E�possibile�che�per�una�impropria�utilizzazione�del�prodotto�o�un�ine- satto�svolgimento�dell'operazione,�senza�l'esperienza�e�i�controlli�della�zona� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni� di�produzione,�il�prodotto�subisca�una�caduta�percentuale�di�qualita�,�piu�o� meno�vistosa,�che�puo�,�a�lungo�andare,�compromettere�il�suo�buon�nome� nel�mercato�(che,�per�tali�prodotti,�e�di�pura�e�alta�qualita�),�fino�ad�arrivare,� addirittura,�ad�una�possibile�revoca�della�denominazione�protetta.� La�tesi�del�Governo�italiano,�in�armonia�con�la�difesa�dei�Consorzi�dei� prodotti�interessati,�e�stata�condivisa�e�sostenuta�in�giudizio�anche�dalla� Commissione�delle�Comunita�europee�e�dai�Governi�francese�e�spagnolo,� intervenuti�in�causa.�Di�segno�opposto�sono�state�invece�le�osservazioni�del� Governo�britannico�e�le�conclusioni�assunte�dall'avvocato�generale�della� Corte�S.�Alber,�il�quale�ultimo�ha�osservato�che�il�divieto�posto�dai�discipli- nari�relativamente�al�luogo�di�confezionamento�del�prodotto�grattugiato�o� affettato�si�porrebbe�in�contrasto�con�i�principi�comunitari�in�materia�di� libera�circolazione�delle�merci,�donde�l'invalidita�parziale�della�regolamenta- zione�comunitaria�che�tale�divieto�consentisse.� La�Corte,�nella�scia�dell'indirizzo�gia�delineato�con�la�sua�sentenza� 16�maggio�2000,�nella�causa�C-388/1995,�Belgio�c.�Spagna,�relativamente� all'imbottigliamento�del�vino�spagnolo�Rioja�nella�zona�di�origine�(in�questa� Rassegna,�2000,�I,�162,�con�nota�di�Braguglia,�La�tutela�di�vini�di�qualita� in�una�regione�determinata:�l'imbottigliamento�nella�zona�di�produzione),�ha� aderito�alla�tesi�italiana,�dichiarando�che�sono�pienamente�compatibili�con� la�normativa�comunitaria�le�prescrizioni�contenute�nei�disciplinari�italiani� (opponibili,�pero�,�agli�operatori�economici�solo�se�portati�a�loro�conoscenza� mediante�una�pubblicita�adeguata).� E�una�grande�vittoria�per�l'Italia�e�per�i�prodotti�di�qualita�,�che�si� affianca�a�quella�ottenuta�sulla�protezione�della�denominazione��parmi- giano-reggiano��insidiato�dal�ben�diverso��parmesan��prodotto�in�altri�paesi� (sentenza�25�giugno�2002,�nella�causa�C-66/00,�in�questa�Rassegna,�2002,�I,� 58,�con�nota�di�Fiumara,�La�tutela�comunitaria�delparmigiano�reggiano).�E� un�riconoscimento�che�va�ben�oltre�il�caso�dei�due�prodotti�in�questione,�per- che�segna�un�orientamento�di�quella�piu�rigorosa�tutela�di�tutti�i�prodotti� tipici,�auspicata�in�particolare�dall'Italia,�a�difesa�della�forte�e�non�sempre� leale�concorrenza�di�altri�prodotti�similari�molto�meno�pregiati.� Quasi�contemporaneamente�alla�sentenza�della�Corte�e�intervenuto�il� regolamento�CE�n.�692/2003�del�Consiglio�dell'8�aprile�2003,�che�ha�modifi- cato�il�regolamento�2081/1992,�rafforzando�la�tutela�dei�prodotti�tipici�nel� senso�auspicato�e�sostenuto�dall'Italia,�prescrivendo�che�i�disciplinari�dei�pro- dotti�possono�contenere�la�descrizione�dei�metodi�di�condizionamento�da�ese- guirsi�nella�zona�geografica�delimitata,�ritenuti�necessari�per�preservare�le� caratteristiche�tipiche�dei�prodotti�ovvero�assicurarne�la�rintracciabilita�oil� controllo.�In�tal�modo�viene�ad�essere�eliminato�anche�il�problema�della�ade- guata�conoscenza�di�disciplinari�da�parte�degli�operatori�economici,�che�non� potranno�piu�sottrarsi�al�loro�rispetto.� Di�seguito�si�riporta�solo�la�motivazione�della�sentenza�sul�prosciutto�di� Parma,�in�quanto�quella�sul�grana�padano,�oltre�a�risolvere�una�problematica� temporale�ormai�esaurita�e�di�modesto�rilievo,�e�dello�stesso�tenore�mutatis� mutandis.� Avv.�Oscar�Fiumara� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Corte�di�Giustizia�delle�Comunita�Europee,�Plenum, 20�maggio�2003,�nella�causa�C-108/01�^ Presidente�Rodr|�guez�Iglesias�^Relatore�Gulmann�^Avvocato�Generale�Alber�^ Domanda�di�pronuncia�pregiudiziale�proposta�dalla�House�of�Lords�(Regno�Unito)� nella�causa�Consorzio�Prosciutto�di�Parma�e�Salumificio�S.�Rita�c.�Asda�Stores�Ltd�e� Hygrade�Foods�Ltd�^Interv.:�Governi�del�Regno�Unito,�spagnolo,�francese�e�italiano� (Avv.�dello�Stato�O.�Fiumara)�e�Commissione�delle�C.E.�(ag.�Iglesias�Buhigues).� (Trattato�CE,�artt.�29�e�30;�regolamento�CEE�del�Consiglio�14�luglio�1992,�n.�2081;�art.�17,�regola- mento�CE�della�Commissione�12�giugno�1996�n.�1107;�legge�13�febbraio�1990�n.�26;�decreto�mini- steriale�15�febbraio�1993�n.�253).� Il�regolamento�(CEE)�del�Consiglio�14�luglio�1992,�n.�2081,�relativo�alla�protezione�delle� indicazionigeograficheedelledenominazionid'originedeiprodottiagricoliedalimentari,�modi- ficato�dall'Atto�relativo�alle�condizioni�di�adesione�della�Repubblica�d'Austria,�della�Repubblica� di�Finlandia�e�del�Regno�di�Svezia�e�agli�adattamenti�dei�Trattati�sui�quali�si�fonda�l'Unione� europea,�dev'essere�interpretato�nel�senso�che�non�si�oppone�a�che�l'uso�di�una�denominazione� di�origine�protetta�sia�subordinato�a�una�condizione�di�realizzazione,�nella�zona�di�produzione� di�operazioni�quali�l'affettamento�e�il�confezionamento�delprodotto,�qualora�una�tale�condizione� sia�prevista�nel�disciplinare.� Ilfatto�disubordinare�l'uso�della�denominazionediorigineprotetta��prosciutto�diParma�� per�il�prosciutto�commercializzato�a�fette�alla�condizione�che�le�operazioni�di�affettamento�e�di� confezionamento�siano�effettuate�nella�zona�diproduzione�costituisce�una�misura�di�effetto�equi- valente�a�una�restrizione�quantitativa�all'esportazione�ai�sensi�dell'art.�29�CE,�ma�puo�essere� considerato�giustificato�e�quindi�compatibile�con�quest'ultima�disposizione.� Tuttavia,�la�condizione�di�cui�trattasi�non�e�opponibile�agli�operatori�economici,�se�non�e� stata�portata�a�loro�conoscenza�mediante�una�pubblicita�adeguata�nella�normativa�comunitaria.� Corte�di�Giustizia�delle�Comunita�Europee,�Plenum,�20�maggio�2003,�nella�causa�C-469/00�^ Presidente�Rodr|�guez�Iglesias�^Relatore�Gulmann�^Avvocato�Generale�Alber�^ Domanda�di�pronuncia�pregiudiziale�proposta�dalla�Cour�de�Cassation�(Francia)�nella� causa�Ravil�contro�Bellon�e�Biraghi�^Interv.:�Governi�francese,�spagnolo�e�italiano� (Avv.�dello�Stato�O.�Fiumara)�e�Commissione�della�C.E.�(ag.�Van�Lier).� (Trattato�CE,�artt.�29�e�30;�regolamento�CEE�del�Consiglio�14�luglio�1992,�n.�2081,�art.�17;�regola- mento�CE�della�Commissione�12�giugno�1996,�n.�1107;�legge�10�aprile�1954,�n.�125;�d.P.R.�30�otto- bre�1955,�n.�1269).� Per�quanto�riguarda�il�periodo�precedente�l'entrata�in�vigore�del�regolamento�(CE)�della� Commissione�12�giugno�1996,�n.�1107,�relativo�alla�registrazione�delle�indicazioni�geografiche� edelledenominazionidioriginenelquadrodellaproceduradicuiall'articolo�17delregolamento� (CEE)�n.�2081/1992�del�Consiglio,�l'art.�29�CE�deve�essere�interpretato�nel�senso�che�non�si� oppone�a�che�una�convenzione�conclusa�fra�due�Stati�membri�A�e�B,�quale�la�convenzione�tra� laRepubblicafranceseelaRepubblica�italianaperlaprotezionedelledenominazionidiorigine,� delle�indicazioni�di�provenienza�e�delle�denominazioni�di�alcuni�prodotti,�sottoscritta�a�Roma�il� 28�aprile�1964,�renda�applicabile�nello�Stato�membro�A�una�normativa�nazionale�dello�Stato� membro�B,�come�quella�cui�si�riferisce�il�giudice�nazionale,�in�forza�della�quale�la�denomina- zione�di�origine�di�un�formaggio,�protetta�nello�Stato�membro�B,�e�riservata,�per�il�formaggio� commercializzato�grattugiato,�a�quello�grattugiato�e�confezionato�nella�zona�di�produzione.� Il�regolamento�(CEE)�del�Consiglio�14�luglio�1992,�n.�2081,�relativo�alla�protezione�delle� indicazionigeograficheedelledenominazionid'originedeiprodottiagricoliedalimentari,�modi- ficato�dall'Atto�relativo�alle�condizioni�di�adesione�della�Repubblica�d'Austria,�della�Repubblica� di�Finlandia�e�del�Regno�di�Svezia�e�agli�adattamenti�dei�Trattati�sui�quali�si�fonda�l'Unione� europea,�deve�essere�interpretato�nel�senso�che�non�si�oppone�a�che�l'uso�di�una�denominazione� di�origine�protetta�sia�subordinato�a�una�condizione�di�realizzazione,�nella�zona�di�produzione,� di�operazioni�quali�la�grattugiatura�e�il�confezionamento�del�prodotto,�qualora�una�tale�condi- zione�sia�prevista�nel�disciplinare.� Ilfatto�disubordinarel'uso�dellaDOP�GranaPadano�perilformaggio�commercializzato� grattugiato�alla�condizione�che�le�operazioni�di�grattugiatura�e�di�confezionamento�siano�effet- IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni� tuate�nella�zona�di�produzione�costituisce�una�misura�di�effetto�equivalente�a�una�restrizione� quantitativa�all'esportazione�ai�sensi�dell'art.�29�CE,�ma�puo�essere�considerato�giustificato�e� quindi�compatibile�con�quest'ultima�disposizione.� Tuttavia�la�condizione�di�cui�trattasi�non�e�opponibile�agli�operatori�economici,�se�non�e� stata�portata�a�loro�conoscenza�mediante�una�pubblicita�adeguata�nella�normativa�comunitaria.� Nondimeno,�ilprincipio�di�certezza�del�diritto�non�esclude�che�questa�condizione�sia�considerata� dalgiudice�nazionale�opponibileadoperatoricheabbiano�avviato�un'attivita�digrattugiatura�e� di�confezionamento�del�prodotto�nel�corso�del�periodo�precedente�l'entrata�in�vigore�del�regola- mento�n.�1107/1996,�qualora�questo�giudice�ritenga�che,�nel�corso�di�tale�periodo,�il�decreto� 4�novembre�1991�fosse�applicabile�in�forza�della�convenzione�tra�la�Repubblica�francese�e�la� Repubblica�italiana,�dicuisopra,�edopponibileaisoggettiinteressatiinforzadellenormenazio- nali�in�materia�dipubblicita�.� �(Omissis)�La�causa�principale� 22.��L'Asda�gestisce�una�catena�di�supermercati�nel�Regno�Unito.�In�essi�vende,�in� particolare,�prosciutto�recante�la�denominazione�``prosciutto�di�Parma'',�acquistato�gia�affet- tato�presso�la�Hygrade,�che�acquista�essa�stessa�il�prosciutto�disossato�ma�non�affettato� presso�un�produttore�italiano�membro�del�Consorzio.�Il�prosciutto�viene�affettato�e�confezio- nato�ermeticamente�dalla�Hygrade�in�confezioni�contenenti�ciascuna�cinque�fette.� 23.��Le�confezioni�riportano�la�seguente�scritta:�``ASDA�A�taste�ofItaly�PARMA�HAM� Genuine�Italian�Parma�Ham''�(``ASDA�Il�sapore�dell'Italia�PROSCIUTTO�DI�PARMA� autentico�prosciutto�di�Parma�italiano'').� 24.��Sul�retro�delle�confezioni�si�legge�``PARMA�HAM�All�authentic�Asda�continental� meats�are�made�by�traditional�methods�to�guarantee�their�authentic�flavour�and�quality''� (``PROSCIUTTO�DI�PARMA.�Tutte�le�carni�genuine�Asda�che�provengono�dall'Europa� continentale�sono�preparate�secondo�metodi�tradizionali�per�garantire�il�loro�sapore�auten- tico�e�la�loro�autentica�qualita�'')�e�``Produced�in�Italy,packed�in�the�UICfor�Asda�Stores�Limi- ted''�(``Prodotto�in�Italia,�confezionato�nel�Regno�Unito�per�la�Asda�Stores�Limited'').� 25.��Il�14�novembre�1997,�il�Consorzio�ha�avviato�nel�Regno�Unito�un�procedimento� giudiziario�contro�la�Asda�e�la�Hygrade�affinche�fossero�emanate,�contro�queste�ultime,� diverse�ingiunzioni�intese�essenzialmente�a�che�esse�cessassero�la�loro�attivita�,�poiche� quest'ultima�sarebbe�incompatibile�con�i�regolamenti�vigenti�per�il�prosciutto�di�Parma.� 26.��Il�17�novembre�1997�esso�ha�chiesto�che�fossero�pronunciate�nei�confronti�di�que- ste�societa�con�provvedimenti�d'urgenza�le�ingiunzioni�richieste�nella�sua�domanda�princi- pale�e�nell'atto�di�citazione.� 27.��La�Asda�e�la�Hygrade�hanno�chiesto�il�rigetto�delle�domande�sostenendo,in� particolare,�che�il�regolamento�n.�2081/1992�e/o�il�regolamento�n.�1107/1996�non�conferi- vano�al�Consorzio�i�diritti�da�esso�fatti�valere.� 28.��Le�domande�sono�state�respinte.� 29.��Il�Consorzio�ha�interposto�appello�dinanzi�alla�Court�of�Appeal�(England�&� Wales)�(Regno�Unito).�Il�Salumificio�e�stato�ammesso�ad�intervenire�in�questo�procedi- mento.�L'appello�e�stato�respinto�il�1.�dicembre�1998.� 30.��Il�Consorzio�e�il�Salumificio�hanno�allora�adito�la�House�of�Lords.� 31.��Ritenendo�che�la�soluzione�della�controversia�dipendesse�dall'interpretazione�dei� regolamentinn.�2081/1992e�1107/1996,�laHouse�ofLordshadecisodisospendereilproce- dimento�e�di�sottoporre�alla�Corte�la�seguente�questione�pregiudiziale:� ``Se,�dal�punto�di�vista�del�diritto�delle�Comunita�europee,�il�regolamento�(CEE)�del� Consiglio�n.�2081/1992,�letto�in�combinato�disposto�con�il�regolamento�(CE)�della�Commis- sione�n.�1107/1996�e�con�il�disciplinare�relativo�al��Prosciutto�di�Parma��DOP,�attribuisca� un�diritto�comunitario�valido,�che�puo�essere�fatto�valere�direttamente�dinanzi�al�giudice�di� uno�Stato�membro,�alla�limitazione�della�vendita�al�dettaglio�come��prosciutto�di�Parma�� di�prosciutto�affettato�e�confezionato,�derivato�da�prosciutti�debitamente�esportati�da�Parma� in�conformita�ai�requisiti�posti�dalla�DOP,�ma�che�non�e�stato�poi�affettato,�confezionato� ed�etichettato�conformemente�al�disciplinare''.� Sulla�questione�pregiudiziale.� 32.��In�via�preliminare,�occorre�constatare�che�il�disciplinare�in�base�al�quale�la�DOP� ``prosciutto�di�Parma''�e�stata�registrata�con�il�regolamento�n.�1107/1996�menziona�esplicita- mente�il�requisito�di�un�affettamento�e�di�un�confezionamento�del�prodotto�nellazonadi� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� produzione�per�il�prosciutto�commercializzato�a�fette,�e�fa�riferimento�alla�legge�13�febbraio� 1990�nonche�al�decreto�15�febbraio�1993�relativamente�alle�condizioni�da�rispettare�in�forza� di�disposizioni�nazionali,�ai�sensi�dell'art.�4,�n.�2,�lett.�i),�del�regolamento�n.�2081/1992.� 33.��Sempre�in�via�preliminare,�occorre�rilevare�che,�nella�causa�principale,�sono�in� discussione�operazioni�di�affettamento�e�di�confezionamento�effettuate�in�una�fase�diversa� rispetto�a�quelle�della�vendita�al�dettaglio�e�della�ristorazione,�per�le�quali�non�e�contestato� il�fatto�che�non�si�applica�la�condizione�relativa�alla�realizzazione�di�dette�operazioni�nella� zona�di�produzione.� 34.��Pertanto,�allorche�si�fara�riferimento,�nel�seguito�della�presente�sentenza,�alla� condizione�di�affettamento�e�di�confezionamento�nella�zona�di�produzione,�saranno�conside- rate�solo�le�operazioni�di�affettamento�e�di�confezionamento�effettuate�in�una�fase�diversa� da�quelle�della�vendita�al�dettaglio�e�della�ristorazione.� 35.��Alla�luce�di�queste�osservazioni,�la�questione�pregiudiziale�comprende�in�sostanza� quattro�elementi.� 36.�Ilprimoelementoriguardal'esameintesoadaccertareseilregolamenton.�2081/� 1992�debba�essere�interpretato�nel�senso�che�si�oppone�a�che�l'uso�di�una�DOP�sia�subordi- nato�a�una�condizione�di�realizzazione,�nella�zona�di�produzione,�di�operazioni�quali�l'affet- tamento�e�il�confezionamento�del�prodotto.� 37.��Il�secondo�elemento�riguarda�l'esame�inteso�ad�accertare�se�il�fatto�di�subordinare� a�una�tale�condizione�l'uso�della�DOP�``prosciutto�di�Parma''�per�il�prosciutto�commercializ- zato�a�fette�costituisca�una�misura�di�effetto�equivalente�a�una�restrizione�quantitativa�al- l'esportazione�ai�sensi�dell'art.�29�CE.� 38.��Il�terzo�elemento�riguarda�l'esame�inteso�ad�accertare�se,�in�caso�affermativo,�la� condizione�di�cui�trattasi�possa�essere�considerata�giustificata�e�quindi�compatibile�con� quest'ultima�disposizione.� 39.��Infine,�il�quarto�elemento�riguarda�la�questione�se�questa�condizione�possa�essere� fatta�valere�nei�confronti�degli�operatori�economici,�allorche�non�e�stata�portata�a�loro�cono- scenza.� Sullapossibilita�disubordinarel'usodiunaDOPaunacondizionedirealizzazione,�nellazonadi� produzione,�di�operazioni�quali�l'affettamento�e�il�confezionamento�delprodotto.� 40.��Il�Consorzio,�il�Salumificio,�i�governi�spagnolo,�francese�e�italiano�nonche�la� Commissioneritengonoinsostanzacheilregolamenton.�2081/1992consenta,inviadiprin- cipio,�a�taluni�produttori�di�ottenere�che�l'uso�della�DOP�sia�subordinato�a�una�condizione� di�realizzazione,�nella�zona�di�produzione,�di�operazioni�quali�l'affettamento�e�il�confeziona- mento�del�prodotto.� 41.��L'Asda�e�la�Hygrade�nutrono�dubbi�sul�fatto�che�una�tale�condizione�possa�rien- trare,�in�un�modo�qualsiasi,�nella�normativa�comunitaria.�Il�governo�del�Regno�Unito�ritiene� che�il�regolamento�n.�2081/1992�non�conferisca�ai�produttori�il�diritto�di�vietare�la�vendita� con�la�DOP�di�un�prodotto�affettato�e�confezionato�al�di�fuori�della�zona�di�produzione.� 42.��A�tal�riguardo,�occorre�constatare�che�sia�dalla�formulazione�sia�dalla�struttura� del�regolamento�n.�2081/1992�risulta�che�il�disciplinare�costituisce�lo�strumento�che�deter- mina�l'ampiezza�della�tutela�uniforme�che�questo�regolamento�introduce�nella�Comunita�.� 43.��Infatti,�l'art.�4,�n.�1,�del�regolamento�n.�2081/1992�subordina�il�beneficio�di�una� DOP�alla�conformita�del�prodotto�a�un�disciplinare.�L'art.�8�dello�stesso�regolamento�subor- dina�l'apposizione�della�menzione��DOP��su�un�prodotto�alla�conformita�di�quest'ultimo�al� detto�regolamento�e�quindi�al�disciplinare,�mentre�l'art.�13�determina�poi�il�contenuto�della� tutela�uniforme�conferita�alla�denominazione�registrata.�L'art.�10,�n.�1,�precisa�che�il�com- pito�della�struttura�di�controllo�istituita�in�ogni�Stato�membro�e�quello�di�assicurare�che�i� prodotti�recanti�una�DOP�rispondano�ai�requisiti�del�disciplinare.� 44.��Ai�sensi�dell'art.�4,�n.�2,�del�regolamento�n.�2081/1992,�il�disciplinare�comprende� almeno�gli�elementi�elencati,�in�maniera�non�esaustiva,�in�questa�disposizione.� 45.��Esso�contiene�quindi,�in�particolare,�quelli�indicati�nella�detta�disposizione�sub� b),�d),�e),�h)�e�i),�ossia:� la�descrizione�del�prodotto,�delle�sue�principali�caratteristiche�fisiche,�chimiche,� microbiologiche�e/o�organolettiche;� gli�elementi�che�comprovano�che�il�prodotto�e�originario�di�una�zona�geografica� delimitata;� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni� la�descrizione�del�metodo�di�ottenimento�del�prodotto�e,�se�del�caso,�i�metodi�locali,� leali�e�costanti;� gli�elementi�specifici�dell'etichettatura�connessi�alla�dicitura��DOP�;� le�eventuali�condizioni�da�rispettare�in�forza�di�disposizioni�comunitarie�e/o�nazionali.� 46.��Il�disciplinare�contiene�quindi�la�definizione�dettagliata�del�prodotto�protetto,� stabilita�dai�produttori�interessati,�sotto�il�controllo�dello�Stato�membro�che�lo�trasmette,� quindi�della�Commissione�che�registra�la�DOP,�nell'ambito�o�della�procedura�normale�di� cui�agli�artt.�5-7,�o�della�procedura�semplificata�di�cui�all'art.�17�del�regolamento�n.�2081/� 1992.� 47.��Questa�definizione�determina�al�tempo�stesso�l'estensione�degli�obblighi�da�rispet- tare�ai�fini�dell'uso�della�DOP�e,�come�suo�corollario,�l'ampiezza�del�diritto�protetto�nei�con- fronti�dei�terzi�per�effetto�della�registrazione�della�DOP,�che�sancisce�a�livello�comunitario� norme�enunciate�o�cui�si�fa�riferimento�nel�disciplinare.� 48.��A�tal�riguardo,�si�deve�constatare�che�la�formulazione�dell'art.�4�del�regolamento� n.�2081/1992�non�esclude�affatto�che�siano�adottate�regole�tecniche�particolari�che�si�appli- cano�alle�operazioni�che�portano�a�diverse�presentazioni�sul�mercato�di�uno�stesso�prodotto,� affinche�quest'ultimo,�da�un�lato,�soddisfi,�per�ciascuna�di�queste�presentazioni,�il�criterio� di�qualita�che�i�consumatori,�secondo�il�terzo�``considerando''�di�questo�regolamento,�hanno� tendenza�a�privilegiare�da�diversi�anni�e,�dall'altro,�offra�la�garanzia�di�un'origine�geografica� certa,�sempre�piu�ricercata�secondo�lo�stesso�``considerando''.� 49.��In�considerazione�di�questi�due�obiettivi,�regole�tecniche�particolari�possono� essere�di�conseguenza�adottate�per�operazioni�quali�l'affettamento�e�il�confezionamento�del� prodotto.� 50.��Occorre�quindi�concludere�che�il�regolamento�n.�2081/1992�dev'essere�interpre- tato�nel�senso�che�non�si�oppone�a�che�l'uso�di�una�DOP�sia�subordinato�a�una�condizione� di�realizzazione,�nella�zona�di�produzione,�di�operazioni�quali�l'affettamento�e�il�confeziona- mento�del�prodotto,�qualora�una�tale�condizione�sia�prevista�nel�disciplinare.� Sulla natura della misura di effetto equivalente a una restrizione quantitativa all'esportazione della condizione di affettamento e di confezionamento del prodotto nella zona di produ- zioneperlaDOP ``prosciutto diParma''. 51.��La�Asda�e�la�Hygrade�sostengono�che�condizioni�relative�al�confezionamento�di� un�prodotto�possono�costituire�restrizioni�ai�sensi�degli�artt.�28�CE�e�29�CE.�In�particolare,� l'applicazione�nel�Regno�Unito�di�una�norma�in�forza�della�quale�il�prosciutto�di�Parma� commercializzato�a�fette�potrebbe�beneficiare�della�DOP�solo�se�e�stato�affettato�e�confezio- nato�nella�zona�di�produzione�potrebbe�manifestamente�ostacolare�direttamente�o�indiretta- mente,�in�atto�o�in�potenza,�il�commercio�intracomunitario.� 52.��Il�governo�del�Regno�Unito�ritiene�che�la�condizione�di�cui�trattasi�nella�causa� principale�costituisca�una�restrizione�quantitativa�all'esportazione.� 53.��A�tal�riguardo,�si�deve�ricordare�che,�secondo�una�giurisprudenza�costante,�il� divieto�di�restrizioni�quantitative�nonche�di�misure�di�effetto�equivalente�vale�non�solo�per�i� provvedimenti�nazionali,�ma�del�pari�per�quelli�adottati�dalle�istituzioni�comunitarie�(v.,�in� particolare,�sentenze�25�giugno�1997,�causa�C-114/1996,�Kieffer�e�Thill,�Racc.,�I-3629,�punto� 27,�e�13�settembre�2001,�causa�C-169/1999,�Schwarzkopf,�Racc.,�I-5901,�punto�37).� 54.��L'art.�29�CE�vieta�tutti�i�provvedimenti�che�hanno�l'oggetto�o�l'effetto�di�restrin- gere�specificamente�le�correnti�d'esportazione�e�di�costituire�in�tal�modo�una�differenza�di� trattamento�fra�il�commercio�interno�di�uno�Stato�membro�ed�il�suo�commerciod'esporta- zione,�cos|�da�assicurare�un�vantaggio�particolare�alla�produzione�nazionale�o�al�mercato� interno�dello�Stato�interessato�(v.,�in�particolare,�a�proposito�di�misure�nazionali,�sentenza� 23�maggio�2000,�causa�C-209/1998,�Sydhavnens�Steh�&�Grus,�Racc.,�I-3743,�punto�34).� 55.��Come�e�stato�constatato�al�punto�32�della�presente�sentenza,�il�disciplinare�della� DOP�``prosciutto�di�Parma''�menziona�esplicitamente�il�requisito�di�un�affettamento�e�di�un� confezionamento�del�prodotto�nella�zona�di�produzione�per�il�prosciutto�commercializzato� a�fette�e�fa�riferimento�alla�legge�13�febbraio�1990,�nonche�al�decreto�15�febbraio�1993�relati- vamente�alle�condizioni�da�rispettare�in�forza�di�disposizioni�nazionali,�ai�sensi�dell'art.�4,� n.�2,�lett.�i)�del�regolamento�n.�2081/1992.�In�quanto�registra�la�DOP��prosciutto�di�Parma�,� il�regolamento�n.�1107/1996�fa�cos|�dell'affettamento�e�del�confezionamento�nella�zona�di� produzione�una�condizione�di�utilizzo�della�DOP�``prosciutto�di�Parma''�per�il�prosciutto� commercializzato�a�fette.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� 56.��Questa�condizione�ha�come�conseguenza�che�prosciutto�prodotto�nella�zona�di� produzione,�che�soddisfa�le�altre�condizioni�richieste�per�poter�beneficiare�della�DOP�``pro- sciutto�di�Parma''�non�puo��essere�affettato�al�di�fuori�di�tale�zona,�salvo�essere�privato�di� questa�denominazione.� 57.��Per�contro,�il�prosciutto�di�Parma�trasportato�all'interno�della�zona�di�produzione� conserva�il�suo�diritto�alla�DOP�allorche�e��ivi�affettato�e�confezionato�conformemente�alle� norme�cui�fa�riferimento�il�disciplinare.� 58.��Queste�norme�hanno�quindi�per�effetto�di�restringere�specificamente�le�correnti�di� esportazione�del�prosciutto�che�puo��recare�la�DOP�``prosciutto�di�Parma''�e�di�creare�cos|�� una�disparita��di�trattamento�tra�il�commercio�interno�di�uno�Stato�membro�e�il�suo�commer- cio�di�esportazione.�Pertanto,�esse�comportano�restrizioni�quantitative�all'esportazione�ai� sensi�dell'art.�29�CE�(v.,�nello�stesso�senso,�sentenza�16�maggio�2000,�causa�C-388/1995,�Bel- gio/Spagna,�Racc.,�I-3123,�punti�38�e�40-42).� 59.��Si�deve�quindi�concludere�che�il�fatto�di�subordinare�l'uso�della�DOP�``prosciutto� di�Parma''�per�il�prosciutto�commercializzato�a�fette�alla�condizione�che�le�operazioni�di� affettamento�e�di�confezionamento�siano�effettuate�nella�zona�di�produzione�costituisce�una� misura�di�effetto�equivalente�a�una�restrizione�quantitativa�all'esportazione�ai�sensi�del- l'art.�29�CE.� Sulla giustificazione della condizione di af ffettamento e di confezionamento del prodotto nella zona diproduzione. 60.��Il�Consorzio,�il�Salumificio,�i�governi�spagnolo�e�italiano�nonche�la�Commissione� fanno�valere�che,�nella�citata�sentenza�Belgio/Spagna,�la�Corte�ha�dichiarato�che�una�misura� di�effetto�equivalente�a�una�restrizione�quantitativa�all'esportazione,�costituita�dall'obbligo� di�imbottigliare�un�vino,�cui�e��attribuita�una�denominazione�di�origine,�nella�sua�zona�di�pro- duzione�per�poter�utilizzare�la�denominazione�di�origine,�era�giustificata�in�quanto�era�intesa� a�preservare�la�reputazione�della�denominazione�garantendo,�oltre�all'autenticita��del� prodotto,�il�mantenimento�delle�sue�qualita��e�delle�sue�caratteristiche.�Essi�ritengono�che�la� giurisprudenza�che�deriva�da�questa�sentenza�possa�essere�trasferita�alla�condizione�di�affet- tamento�e�di�confezionamento�del�prosciutto�di�Parma�nella�zona�di�produzione,�in�quanto� questa�condizione�e��giustificata�ai�fini�della�garanzia�dell'autenticita��e�della�qualita��del� prodotto.�Il�governo�francese�sottolinea�che�questa�condizione�consente�di�garantire�che�il� prodotto�sia�originario�dell'area�geografica.� 61.��La�Asda,�la�Hygrade�e�il�governo�del�Regno�Unito�affermano�che�le�operazioni�di� affettamento�e�di�confezionamento�non�incidono�sulla�qualita��del�prosciutto�di�Parma�e� non�pregiudicano�la�sua�autenticita��.�Basandosi�su�questa�premessa,�il�governo�del�Regno� Unito�ritiene�che�l'iter�logico�seguito�nella�citata�sentenza�Belgio/Spagna,�che�si�dovrebbe� in�effetti�seguire�nella�presente�causa,�debba�portare�a�una�soluzione�contraria�rispetto�a� quella�adottata�in�tale�sentenza.� 62.��In�via�preliminare,�occorre�ricordare�che,�conformemente�all'art.�30�CE,�l'art.�29� CE�lascia�impregiudicati�i�divieti�o�restrizioni�all'esportazione�giustificati�da�motivi,�in�parti- colare,�di�tutela�della�proprieta��industriale�e�commerciale.� 63.��Occorre�rilevare�che�la�normativa�comunitaria�manifesta�una�tendenzagenerale� alla�valorizzazione�della�qualita��dei�prodotti�nell'ambito�della�politica�agricola�comune,�al� fine�di�promuoverne�la�reputazione�grazie,�in�particolare,�all'uso�di�denominazioni�di�origine� oggetto�di�una�tutela�particolare�(v.�sentenza�Belgio/Spagna,�cit.,�punto�53).�Tale�tendenza� si�e��concretata�nel�settore�dei�vini�di�qualita��con�l'adozione�del�regolamento�(CEE)�del�Con- siglio�16�marzo�1987,�n.�823,�che�stabilisce�disposizioni�particolari�per�i�vini�di�qualita�� prodotti�in�regioni�determinate�(Gazzetta Uf fficiale L�84,�pag.�59),�abrogato�e�sostituito�dal� regolamento�(CE)�del�Consiglio�17�maggio�1999,�n.�1493,�relativo�all'organizzazione�comune� del�mercato�vitivinicolo�(Gazzetta Ufficiale L�179,�pag.�1).�Essa�si�e��manifestata�anche,�relati- vamenteadaltriprodottiagricoli,conl'adozionedelregolamenton.�2081/1992,ilquale,alla� luce�dei�suoi�``considerando'',�mira�in�particolare�a�soddisfare�l'attesa�dei�consumatori�in� materia�di�prodotti�di�qualita��e�di�un'origine�geografica�certa�nonche�a�facilitare�il�consegui- mento�da�parte�dei�produttori,�in�condizioni�di�concorrenza�uguali,�di�miglioriredditiin� contropartita�di�uno�sforzo�qualitativo�reale.� 64.��Le�denominazioni�di�origine�rientrano�nei�diritti�di�proprieta��industriale�e�com- merciale.�La�normativa�pertinente�tutela�i�beneficiari�contro�l'uso�illegittimo�delle�dette� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni� denominazioni�da�parte�di�terzi�che�intendano�profittare�della�reputazione�da�esse�acquisita.� Tali�denominazioni�sono�dirette�a�garantire�che�il�prodotto�cui�sono�attribuite�provenga�da� una�zona�geografica�determinata�e�possieda�talune�caratteristiche�particolari.�Esse�possono� godere�di�una�grande�reputazione�presso�i�consumatori�e�costituire�per�i�produttori�che�sod- disfano�le�condizioni�per�usarle�un�mezzo�essenziale�per�costituirsi�una�clientela.�La�reputa- zione�delle�denominazioni�di�origine�dipende�dall'immagine�di�cui�queste�godono�presso�i� consumatori.�A�sua�volta�tale�immagine�dipende,�essenzialmente,�dalle�caratteristiche�parti- colari�e,�in�generale,�dalla�qualita�del�prodotto.�E�quest'ultima,�in�definitiva,�che�costituisce� il�fondamento�della�reputazione�del�prodotto�(v.�sentenza�Belgio/Spagna,�cit.,�punti�54-56).� Nella�percezione�del�consumatore,�il�nesso�tra�la�reputazione�dei�produttori�e�la�qualita�dei� prodotti�dipende,�inoltre,�dalla�sua�convinzione�che�i�prodotti�venduti�con�la�denominazione� di�origine�sono�autentici.� 65.��Il�disciplinare�della�DOP�``prosciutto�di�Parma'',�imponendo�che�l'affettamento�e� il�confezionamento�avvengano�nella�zona�di�produzione,�mira�a�consentire�ai�beneficiari� della�DOP�di�conservare�il�controllo�di�una�delle�presentazioni�del�prodotto�sul�mercato.� La�condizione�che�esso�pone�ha�come�fine�di�meglio�salvaguardare�la�qualita�e�l'autenticita� del�prodotto�nonche�,�di�conseguenza,�la�reputazione�della�DOP,�di�cui�i�beneficiari�si�assu- mono,�pienamente�e�collettivamente,�la�responsabilita�.� 66.��Pertanto,�una�condizione�quale�quella�di�cui�e�causa,�malgrado�i�suoi�effetti� restrittivi�sugli�scambi,�dev'essere�considerata�conforme�al�diritto�comunitario�se�e�dimo- strato�che�costituisce�un�mezzo�necessario�e�proporzionato�idoneo�a�preservare�la�reputa- zione�della�DOP�``prosciutto�di�Parma''�(v.,�nello�stesso�senso,�sentenza�Belgio/Spagna,�cit.,� punti�58�e�59).� 67.��A�tal�riguardo,�occorre�constatare�che�il�``prosciutto�di�Parma''�viene�consumato� principalmente�a�fette�e�che�tutte�le�operazioni�che�portano�a�questa�presentazione�sono�con- cepite�per�ottenere,�in�particolare,�un�sapore,�un�colore�e�una�struttura�determinati,�che� saranno�apprezzati�dal�consumatore.� 68.��L'affettamento�e�il�confezionamento�del�prosciutto�costituiscono�quindi�opera- zioni�importanti,�che�possono�nuocere�alla�qualita�e,�di�conseguenza,�alla�reputazione�della� DOP�se�vengono�effettuate�in�condizioni�che�portano�a�un�prodotto�non�conforme�alle� qualita�organolettiche�associate�a�quest'ultimo.�Queste�operazioni�possono�anche�compro- mettere�la�garanzia�di�autenticita�del�prodotto,�poiche�hanno�necessariamente�come�conse- guenza�l'eliminazione�della�marchiatura�di�origine�dalle�cosce�intere�utilizzate.� 69.��Il�disciplinare�della�DOP�``prosciutto�di�Parma'',�mediante�le�regole�che�prevede�e� mediante�i�requisiti�che�devono�essere�rispettati�in�forza�delle�disposizioni�nazionali�alle� quali�fa�riferimento,�istituisce�un�dispositivo�che�disciplina�in�maniera�dettagliata�e�rigorosa� le�tre�fasi�che�portano�all'immissione�sul�mercato�di�prosciutto�preconfezionato�a�fette.�La� prima�fase�comporta�il�disossamento�del�prosciutto,�la�preparazione�dei�pezzi,�la�refrigera- zione�e�il�congelamento�di�questi�ai�fini�delle�operazioni�di�affettamento.�La�seconda�fase� corrisponde�alle�operazioni�di�affettamento.�La�terza�consiste�nel�confezionamento�del� prosciutto�affettato,�sotto�vuoto�o�in�atmosfera�protetta.� 70.��Tre�regole�principali�devono�essere�rispettate�nel�corso�del�processo�industriale.� 71.��In�primo�luogo,�dopo�un�controllo�dell'autenticita�delle�cosce�di�maiale�utilizzate,� deve�essere�operata�una�selezione�tra�queste.�Solo�le�cosce�che�soddisfano�talune�condizioni� aggiuntive�piu�restrittive,�relative�in�particolare�al�peso,�alla�durata�d'invecchiamento,�al� contenuto�di�acqua,�al�tasso�di�umidita�interno,�all'assenza�di�difetti�visibili,�possono�essere� affettate�e�confezionate.�La�selezione�continua�nelle�varie�fasi�del�processo,�allorche� appaiono�anomalie�del�prodotto,�come�macchie�che�derivano�da�microemorragie,�zone�bian- che�nei�muscoli,�o�ancora�la�presenza�di�grasso�intramuscolare�eccessivo,�che�non�potevano� essere�scoperte�prima�del�disossamento�o�dell'affettamento.� 72.��In�secondo�luogo,�tutti�gli�operatori�della�zona�di�produzione�che�hanno�l'inten- zione�di�affettare�e�confezionare�prosciutto�di�Parma�devono�essere�autorizzati�dalla�strut- tura�di�controllo,�che�autorizza�anche�i�fornitori�di�confezioni.� 73.��In�terzo�luogo,�rappresentanti�della�struttura�di�controllo�devono�essere�presenti� in�ciascuna�delle�tre�fasi�del�processo.�Essi�controllano�permanentemente�che�siano�rispettate� tutte�le�prescrizioni�del�disciplinare,�ivi�compresa�la�marchiatura�del�prodotto�in�ciascuna� fase.�A�conclusione�delle�operazioni,�essi�certificano�il�numero�di�confezioni�prodotte.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� 74.��Le�differenti�fasi�danno�luogo�a�interventi�tecnici�e�di�controllo�molto�precisi,�che� vertono�sull'autenticita�,�la�qualita�,�l'igiene�e�l'etichettatura.�Talune�richiedono�valutazioni� specializzate,�in�particolare�nel�corso�delle�fasi�di�refrigerazione�e�di�congelamento�dei�pezzi.� 75.��In�tale�contesto,�si�deve�ammettere�che�i�controlli�effettuati�al�di�fuori�della�zona� di�produzione�fornirebbero�meno�garanzie�in�merito�alla�qualita�e�all'autenticita�del� prodotto�rispetto�a�quelli�effettuati�nella�zona�di�produzione�nel�rispetto�della�procedura� prevista�dal�disciplinare�(v.,�nello�stesso�senso,�sentenza�Belgio/Spagna,�cit.,punto�67).� Infatti,�da�un�lato,�i�controlli�effettuati�secondo�quest'ultima�procedura�presentano�un�carat- tere�approfondito�e�sistematico�e�sono�effettuati�da�professionisti�che�hanno�una�conoscenza� specializzata�delle�caratteristiche�del�prosciutto�di�Parma.�Dall'altro,�sarebbe�difficilmente� concepibile�che�i�rappresentanti�dei�beneficiari�della�DOP�possano�instaurare,�efficacemente� tali�controlli�negli�altri�Stati�membri.� 76.��Il�rischio�per�la�qualita�e�l'autenticita�del�prodotto�infine�offerto�al�consumo�e�,di� conseguenza,�piu�rilevante�allorche�esso�e�stato�affettato�e�confezionato�al�di�fuori�della�zona� di�produzione�che�non�nel�caso�in�cui�esso�e�stato�affettato�e�confezionato�all'interno�della� detta�zona�(v.,�nello�stesso�senso,�sentenza�Belgio/Spagna,�cit.,�punto�74).� 77.��Questa�constatazione�non�e�inficiata�dalla�circostanza,�sottolineata�nella�presente� causa,�secondo�cui�l'affettamento�del�prosciutto�puo�essere�effettuato,�quanto�meno�a�talune� condizioni,�dadettagliantie�ristoratori�al�difuoridellazonadiproduzione.�Infatti,�quest'opera- zione�deve�essere�effettuata,�in�via�di�principio,�dinanzi�al�consumatore,o,quanto�meno,� quest'ultimo�puo�richiedere�che�questo�avvenga�al�fine,�in�particolare,�di�verificare�la�presenza� del�marchio�di�origine�sulla�coscia�utilizzata.�In�particolare,�operazioni�di�affettamento�e�di� confezionamento�effettuate�a�monte�della�fase�del�commercio�al�dettaglio�o�della�ristorazione� costituiscono,�a�causa�dei�quantitativi�di�prodotti�interessati,�un�rischio�digranlunga�piu�con- creto�per�la�reputazione�di�una�DOP,�in�caso�di�controllo�insufficiente�dell'autenticita�del�pro- dotto�e�della�sua�qualita�,�rispetto�ad�operazioni�effettuate�da�dettaglianti�o�da�ristoratori.� 78.��Pertanto,�la�condizione�di�affettamento�e�di�confezionamento�nella�zona�di�pro- duzione,�la�quale�e�diretta�a�preservare�la�reputazione�del�prosciutto�di�Parma�potenziando� il�controllo�delle�sue�caratteristiche�particolari�e�della�sua�qualita�,puo�essere�considerata� giustificata�come�misura�di�tutela�della�DOP�di�cui�beneficia�la�collettivita�degli�operatori� interessati�e�che�riveste�per�questi�ultimi�un'importanza�decisiva�(v.,�nello�stesso�senso,�sen- tenza�Belgio/Spagna,�cit.,�punto�75).� 79.��La�restrizione�che�ne�deriva�puo�essere�considerata�necessaria�per�la�realizzazione� dell'obiettivo�perseguito,�nel�senso�che�non�esistono�misure�alternative�meno�restrittive�e�ido- nee�a�conseguirlo.� 80.��A�tale�riguardo,�la�DOP��prosciutto�di�Parma��non�sarebbe�tutelata�in�modo� comparabile�da�un�obbligo,�imposto�agli�operatori�stabiliti�al�di�fuori�della�zona�di�produ- zione,�di�informare�i�consumatori,�mediante�un'adeguata�etichettatura,�del�fatto�che�l'affetta- mento�e�il�confezionamento�sono�avvenuti�al�di�fuori�di�tale�zona.�Infatti,�un�pregiudizio�alla� qualita�o�all'autenticita�di�un�prosciutto�affettato�e�confezionato�al�di�fuori�della�zona�di� produzione,�dovuto�al�realizzarsi�dei�rischi�connessi�alle�operazioni�di�affettamento�e�di� confezionamento,�potrebbe�nuocere�alla�reputazione�di�tutto�il�prosciutto�smerciato�con�la� DOP�``prosciutto�di�Parma'',�compreso�quello�affettato�e�confezionato�nella�zona�di�produ- zione�sotto�il�controllo�della�collettivita�beneficiaria�della�DOP�(v.,�nello�stesso�senso,�sen- tenza�Belgio/Spagna,�cit.,�punti�76�e�77).� 81.��Occorre�quindi�concludere�che�il�fatto�di�subordinare�l'uso�della�DOP�``prosciutto� di�Parma''�per�il�prosciutto�commercializzato�a�fette�alla�condizione�che�le�operazioni�di� affettamento�e�di�confezionamento�siano�effettuate�nella�zona�di�produzione�puo�essere�con- siderata�giustificata�e,�pertanto,�compatibile�con�l'art.�29�CE.� Sull'opponibilita�aglioperatorieconomicidellacondizionediaffettamento�ediconfezionamento� nella�zona�di�produzione.� Osservazionipresentate�alla�Corte.� 82.��Il�Consorzio�e�il�Salumificio�ritengono�che�la�condizione�di�affettamento�e�di�con- fezionamento�nella�zona�di�produzione,�prevista�dal�disciplinare�della�DOP�``prosciutto�di� Parma'',�possa�essere�fatta�valere�dinanzi�ai�giudici�nazionali.�A�loro�parere,�un�operatore� potrebbe�far�valere�la�sua�ignoranza�di�questa�condizione�derivante�da�atti�e�disposizioni�ai� quali�non�ha�accesso�solo�nel�caso�in�cui�fosse�richiesta�nei�suoi�confronti�l'applicazione�di� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni� una�sanzione.�Analogamente�al�governo�italiano,�essi�ritengono�che�l'operatore�non�puo�per� contro�far�valere�la�sua�ignoranza�della�condizione�allorche�,�come�nella�causa�principale,� gli�e�richiesto�solo�di�porre�fine,�per�il�futuro,�alla�vendita�di�prosciutto�di�Parma�affettato� e�confezionato�al�di�fuori�della�zona�di�produzione.�Essi�aggiungono�che,�inognicaso,�la� Asda�e�la�Hygrade�non�hanno�incontrato�alcuna�difficolta�nella�causa�principale�per�ottenere� e�utilizzare�liberamente�e�legittimamente�tutte�le�informazioni�e�tutti�i�documenti�necessari,� in�particolare�una�versione�in�lingua�inglese�del�disciplinare,�disponibile�dal�1997.� 83.��Il�governo�francese�sostiene�che,�in�applicazione�dell'art.�249�CE,�ogni�soggetto� puo�far�valere�direttamente�un�regolamento�comunitario�dinanzi�a�un�giudice�nazionale�nel- l'ambito�di�un�procedimento�civile.� 84.��La�Commissione�afferma�che�la�mancata�pubblicazione�del�disciplinarerisulta� dalla�struttura�del�regolamento�n.�2081/1992�e�dalla�procedura�di�registrazione�specifica� attuata.�A�suo�parere,�la�questione�pregiudiziale�posta�tocca�l'essenza�stessa�della�normativa� e�mette�in�discussione�tutta�la�procedura�di�registrazione�prevista�dal�regolamento�n.�2081/� 1992.�La�mancata�pubblicazione�del�disciplinare�deriverebbe�da�una�scelta�deliberata�del� legislatore�comunitario�nell'ambito�della�procedura�semplificata.�Questa�procedura�avrebbe� raggruppato�tutte�le�denominazioni�gia�protette�dalle�normative�nazionali.�Le�denomina- zioni�registrate�nell'ambito�della�sua�applicazione�sarebbero�state�gia�ben�conosciute�non� solo�dal�pubblico,�ma,�verosimilmente,�anche�dagli�operatori�economici,�che�fossero�impor- tatori,�distributori�o�venditori�al�dettaglio.�Si�dovrebbe�anche�supporre�che�questi�operatori� commercializzavano�i�prodotti�di�cui�trattasi�prima�della�registrazione�della�DOP.�L'intento� perseguito�dal�legislatore�comunitario�sarebbe�stato�unicamente�quello�di�concedere�alle� denominazioni�gia�protette�a�livello�nazionale�il�beneficio�della�protezione�comunitaria�dopo� la�verifica,�da�parte�della�Commissione,�della�loro�conformita�con�i�termini�e�le�condizioni� degli�artt.�2�e�4�del�regolamento�n.�2081/1992.� 85.��La�Asda�e�la�Hygrade�sostengono�che�un�provvedimento�non�pubblicato�nella� Gazzetta�Ufficiale�delle�Comunita�europee�non�puo�essere�attuato�nei�confronti�di�un�singolo� allorche�,�come�nella�causa�principale,�quest'ultimo�non�e�legittimato�ad�ottenere�una�copia� di�questo�provvedimento,�che�sia�nella�sua�lingua�o�in�un'altra�lingua.�Nonostante�il�princi- pio�dell'efficacia�diretta�dei�regolamenti,�previsto�all'art.�249�CE,�un�provvedimento�comuni- tario�potrebbe�far�sorgere�diritti�individuali�solo�se�e�sufficientemente�chiaro,�preciso�e� incondizionato.�La�portata�e�l'efficacia�di�una�normativa�comunitaria�dovrebbero�essere� chiare�e�prevedibili�dai�singoli,�sotto�pena�di�violazione�del�principio�di�certezza�del.�diritto� e�di�quello�di�trasparenza.�Le�norme�adottate�dovrebbero�consentire�agli�interessati�di�cono- scere�con�precisione�la�portata�degli�obblighi�che�ad�essi�incombono.�La�mancata�pubblica- zione�di�un�atto�osterebbe�a�che�obblighi�stabiliti�da�questo�atto�siano�imposti�a�un�singolo.� Inoltre,�un�obbligo�imposto�dal�diritto�comunitario�dovrebbe�essere�facilmente�accessibile� nella�lingua�dello�Stato�membro�dove�deve�essere�applicato.�In�mancanza�di�una�traduzione� ufficiale,�un�provvedimento�comunitario�non�potrebbe�far�venir�meno�i�diritti�di�singoli�sia� nell'ambito�di�procedimenti�civili�sia�in�quello�di�procedimenti�penali.�Se�il�Consorzio�fosse� autorizzato�a�far�rispettare,�dinanzi�a�un�giudice�nazionale,�un�disciplinare�non�pubblicato,� i�principi�di�certezza�del�diritto�e�di�trasparenza�sarebbero�violati.�Di�conseguenza,�le�dispo- sizioni�relative�a�questo�disciplinare�non�potrebbero�avere�efficacia�diretta.� 86.��Il�governo�del�Regno�Unito�rileva�che�il�regolamento�n.�1107/1996�indica�solo�che� la�denominazione��prosciutto�di�Parma��e�una�DOP.�Nulla�in�questa�DOP�indicherebbe� che�un�operatore�che�ha�acquistato�prosciutto�di�Parma�non�possa�affettarlo�e�confezionarlo� ai�fini�della�sua�vendita�al�consumatore.�Nulla�nella�natura�delle�operazioni�attirerebbe�l'at- tenzione�dell'operatore�sul�fatto�che�la�DOP�``prosciutto�di�Parma''�non�puo�essere�utilizzata� per�le�fette�tagliate�al�di�fuori�della�zona�di�produzione�da�un�prosciutto�che�recava�legittima- mente�la�DOP.�Qualsiasi�divieto�di�utilizzare�la�DOP�``prosciutto�di�Parma''�dovrebbe�essere� trasparente�e�facilmente�accessibile.�I�principi�di�trasparenza�e�di�accessibilita�verrebbero� rispettati�solo�se�la�restrizione�puo�facilmente�essere�determinata�sulla�base�di�pubblicazioni� ufficiali�della�Comunita�.� Giudizio�della�Corte� 87.��Occorre�ricordare�che,�in�applicazione�dell'art.�249,�secondo�comma,�CE,�il�rego- lamento,�atto�di�portata�generale,�e�obbligatorio�in�tutti�i�suoi�elementi�e�direttamente�appli- cabile�in�ciascuno�degli�Stati�membri.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� 88.��A�tale�titolo,�esso�non�solo�diritti,�ma�anche�obblighi�di�cui�i�singoli�possono�esi- gere�il�rispetto�da�parte�di�altri�singoli�agendo�dinanzi�ai�giudici�nazionali.� 89.��Tuttavia,�l'imperativo�della�certezza�del�diritto�richiede�che�una�normativa�comu- nitaria�consenta�agli�interessati�di�riconoscere�con�esattezza�l'estensione�degli�obblighi� ch'essa�impone�loro�(v.�sentenza�1.�ottobre�1998,�causa�C-209/1996,�Regno�Unito/Commis- sione,�Racc.,I-5655,�punto35).� 90.��Il�regolamento�n.�2081/1992�enuncia,�nel�dodicesimo�``considerando'',�che�per� usufruire�della�protezione�in�ciascuno�degli�Stati�membri,�le�denominazioni�d'origine�devono� essere�registrate�a�livello�comunitario�e�che�l'iscrizione�in�un�registro�consente�altres|�di� garantire�l'informazione�degli�operatori�del�settore�e�dei�consumatori.� 91.��Tuttavia,�esso�non�prevede�la�pubblicazione�del�disciplinare�o�di�elementi�di� quest'ultimo�nell'ambito�della�procedura�semplificata.� 92.��Il�regolamento�n.�1107/1996�si�limita�a�prevedere�che�la�denominazione�``pro- sciutto�di�Parma''�e�registrata�in�quanto�DOP�ai�sensi�dell'art.�17�del�regolamento�n.�2081/� 1992.� 93.��In�quanto�opera�questa�registrazione,�esso�sancisce�a�livello�comunitario�le�condi- zioni�enunciate�o�cui�si�fa�riferimento�nel�disciplinare�e,�in�particolare,�quella�che�impone�la� realizzazione�delle�operazioni�di�affettamento�e�di�confezionamento�nella�zona�di�produ- zione.�Questa�condizione�comporta�per�i�terzi�un�obbligo�di�non�fare,�che�puo�essere�sanzio- nato�civilmente,�e�perfino�penalmente.� 94.��Ora,�come�hanno�ammesso�nel�corso�del�procedimento�tutti�gli�intervenienti�che� si�sono�espressi�al�riguardo,�la�tutela�conferita�da�una�DOP�non�si�estende�di�solito�ad� operazioni�quali�l'affettamento�e�il�confezionamento�del�prodotto.�Queste�operazioni�sono� vietate�ai�terzi�al�di�fuori�della�zona�di�produzione�solo�se�una�condizione�in�tal�senso�e�pre- vista�espressamente�nel�disciplinare.� 95.��In�tale�contesto,�il�principio�di�certezza�del�diritto�richiedeva�che�la�condizione�di� cui�trattasi�fosse�portata�a�conoscenza�dei�terzi�mediante�una�pubblicita�adeguata�nella�nor- mativa�comunitaria,�pubblicita�che�avrebbe�potuto�essere�realizzata�mediante�la�menzione� di�questa�condizione�nel�regolamento�n.�1107/1996.� 96.��Non�essendo�stata�portata�a�conoscenza�dei�terzi,�la�detta�condizione�non�puo� essere�fatta�valere�nei�loro�confronti�dinanzi�a�un�giudice�nazionale,�che�sia�aifini�diuna� sanzione�penale�o�nell'ambito�di�un�procedimento�civile.� 97.��Non�si�puo�utilmente�sostenere�che�la�pubblicazione�delle�condizioni�contenute� nel�disciplinare�non�fosse�necessaria nell'ambito�della�procedura�semplificata�di�cui�all'art.�17� del�regolamento�n.�2081/1992,�per�il�fatto�che�le�denominazioni�registrateerano�gia�ben� conosciute�dal�pubblico�e�dagli�operatori�economici�e�l'intento�perseguito�dal�legislatore� comunitario�era�unicamente�quello�di�estendere�a�livello�comunitario�una�protezione�gia� esistente�a�livello�nazionale.� 98.��Infatti,�prima�dell'adozione�del�regolamento�n.�2081/1992,�le�denominazioni�di� origine�erano�protette�da�disposizioni�nazionali�pubblicate�e�applicabili,�in�via�di�principio,� sul�solo�territorio�dello�Stato�membro�che�le�aveva�adottate,�con�riserva�di�convenzioni�inter- nazionali�che�estendevano�la�protezione�al�territorio�di�altri�Stati�membri,�di�comune� accordo�tra�i�contraenti.�Ora,�con�quest'ultima�riserva,�non�si�puo�presumere�che,�in�conse- guenza�di�una�tale�situazione,�le�condizioni�relative�alle�dette�denominazioni�di�origine�fos- sero�necessariamente�conosciute�dal�pubblico�e�dagli�operatori�economici�di�tutta�la�Comu- nita�,�ivi�comprese�quelle�relative�all'esatta�estensione�della�protezione,�determinata�da�disci- plinari�e�da�disposizioni�nazionali�di�contenuto�tecnico,�redatte�nella�lingua�nazionale�dello� Stato�membro�interessato.� 99.��Occorre�quindi�concludere�che�la�condizione�di�affettamento�e�di�confeziona- mento�del�prodotto�nella�zona�di�produzione�non�e�opponibile�agli�operatori�economici,�se� non�e�stata�portata�a�loro�conoscenza�mediante�una�pubblicita�adeguata�nella�normativa� comunitaria�(omissis)�.� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni� Un�blocco�autostradale�per�motivi�ambientali:� liberta�di�riunione�e�liberta�di�traffico� (Corte di Giustizia delle Comunita� Europee, Plenum, 12 giugno 2003, nella causa C-112/00) La�Corte�ha�condiviso�in�pieno�il�punto�di�vista�del�governo�italiano,� che,�nel�corso�della�discussione�orale,�richiamate�e�condensate�le�osservazioni� scritte�precedentemente�depositate,�aveva�rilevato�quanto�segue.� L'autostrada�del�Brennero�(A13)�collega�Innsbruck,�in�Austria,�alla�fron- tiera�con�l'Italia,�al�valico�del�Brennero.�Essa�rappresenta�una�delle�principali� vie�di�collegamento�rapido�per�l'interscambio�fra�il�Nord�Europa�(in�partico- lare�la�Germania)�e�l'Italia.�Le�problematiche�connesse�alla�intensita�del�traf- fico�interfrontaliero�hanno�indotto�ad�una�regolamentazione�comunitaria� limitativa�fondata�sul�sistema�dei�c.d.��ecopunti�.� E�fin�troppo�evidente�l'interesse�che�possono�avere�gli�operatori�da�e�per� l'Italia,�nonche�l'intera�economia�italiana,�acche�nessuno�ponga�ostacoli�al� libero�traffico�su�questa�importantissima�via�di�comunicazione.� Ed�e�altres|�fin�troppo�evidente�che�un�qualsiasi�indebito�impedimento,� anche�solo�temporaneo,�al�libero�traffico�costituisce�in�linea�di�principio�una� misura�suscettibile�di�ostacolare�direttamente�o�indirettamente,�attualmente�o� potenzialmente,�il�commercio�intracomunitario;�misura�vietata,�in�via�dimas- sima,�dall'art.�28�del�Trattato.�E�gli�Stati�membri�debbono�assicurare,�ai�sensi� dell'art.�10�del�Trattato,�le�liberta�fondamentali�indicate�dal�Trattato�stesso.� Le�considerazioni�che�precedono�non�possono�pero�sviare�il�Governo� italiano�dal�suo�impegno�di�leale�cooperazione�con�la�Corte,�cui�si�onora�di� portare�il�proprio�contributo�all'interpretazione�della�normativa�comunitaria,� nonche�con�la�Commissione�e�con�gli�altri�Stati�membri.� E�in�questa�prospettiva�il�Governo�italiano�ribadisce�in�questa�sede�il� punto�di�vista�gia�espresso�nelle�proprie�osservazioni�scritte,�pur�auspicando� che,�nel�rispetto�dei�principi�sulla�tutela�da�un�lato�dei�diritti�fondamentali� di�cui�alla�Convenzione�sulla�salvaguardia�dei�diritti�dell'uomo�e�dall'altro� delle�liberta�fondamentali�del�Trattato�CE�e�nell'equo�contemperamento� degli�interessi�che�possono�talvolta�contrapporsi,�ogni�Stato�membro�assicuri� il�massimo�impegno�a�garantire�seriamente�quella�liberta�di�traffico�che�ora,� nella�presente�circostanza,�e�oggetto�della�vertenza.� E�certamente�vero�^ripetiamo�^che�per�il�combinato�disposto�degli� art.�10�e�28�del�Trattato�la�liberta�di�traffico�garantisce�la�libera�circolazione� delle�merci;�ed�ogni�ostacolo�ad�essa�frapposto�e�da�ritenersi�in�via�di�princi- pio�vietato.� Nel�caso�di�specie,�pero�,�l'ostacolo�proviene�dall'esercizio�di�un�diritto� fondamentale�da�parte�di�un�gruppo�di�cittadini.�Ovviamente�non�e�questa� la�sede�per�verificare�se�essi�hanno�o�non�hanno�ragione�di�dolersi�della�situa- zione.�Quel�che�e�indubitabile�e�che�essi�hanno�esercitato�un�diritto�di�liberta� fondamentale�espressamente�garantito�dall'art.�11�della�citata�Convenzione� sui�diritti�dell'uomo.� Tale�art.�11�stabilisce�che�il�diritto�alla�liberta�di�riunione��non�puo� essere�oggetto�di�altre�limitazioni�oltre�quelle�previste�dalla�legge�e�che�costi- tuiscono�misure�necessarie,�in�una�societa�democratica,�per�la�sicurezza� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� nazionale,�per�la�sicurezza�pubblica,�per�la�difesa�dell'ordine�e�per�la�preven- zione�dei�delitti,�per�la�protezione�della�salute�o�della�morale�o�per�la�prote- zione�dei�diritti�e�della�liberta�degli�altri�.� Il�rispetto�dei�diritti�fondamentali�quali�garantiti�dalla�suddetta�Conven- zione�e�espressamente�previsto�dal�paragrafo�2�del�vecchio�art.�F�del�Trattato� sull'Unione�europea�e�dal�paragrafo�2�del�nuovo�art.�6,�il�quale,�anzi,�al�para- grafo�1,�precisa�che��l'Unione�si�fonda�(anche)�sul�rispetto�dei�diritti�del- l'uomo�e�delle�liberta�fondamentali�.� I�diritti�dell'uomo�e�le�liberta�fondamentali�garantite�dalla�Convenzione� di�salvaguardia�prevalgono�sulle�quattro�liberta�del�Trattato�CE,�fra�cui�la� liberta�di�circolazione�delle�merci�e�la�connessa�liberta�di�traffico?�Noi�rite- niamo�di�s|�,�perche�l'Unione�non�solo�garantisce�il�rispetto�delle�liberta�fon- damentali�ma�addirittura�su�esso�si�fonda.�Ma,�in�definitiva,�non�e�neanche� necessario�stabilire�una�gerarchia�delle�fonti,�perche�il�problema�del�bilancia- mento�fra�le�liberta�fondamentali�e�le�liberta�del�Trattato�CE�si�puo�risolvere� mediante�un�raccordo�fra�le�stesse�norme�comunitarie.� Infatti�da�un�lato�puo�dirsi�che�l'art.�11�della�Convenzione�consente�una� limitazione�delle�liberta�fondamentali,�purche�il�limite�sia�fissato�dalla�legge� e�sia�necessario�per�garantire,�fra�l'altro,�i�diritti�e�le�liberta�degli�altri:�e�po- trebbe�dirsi�che,�appunto,�l'art.�28�del�Trattato�CE�pone�un�limite�perche�esso� intende�tutelare�anche�i�diritti�e�le�liberta�degli�altri.�Ma�da�un�altro�lato� ben�puo�rilevarsi�che�a�fronte�della�liberta�dell'art.�28�del�Trattato�CE�v'e� anche�la�liberta�fondamentale�di�riunione�prevista�nella�Convenzione,�il�cui� rispetto�e�richiamato�dal�Trattato�dell'Unione.�Quindi,�al�piu�,�potrebbe�par- larsi�di�una�concorrenza�di�norme�di�pari�rango,�che�impone�un�reciproco� rispetto�e�dunque,�in�caso�di�contrasto,�un�equo�contemperamento�degli�inte- ressi�in�giuoco:�cioe�in�tanto�la�liberta�di�riunione�va�rispettata,�in�quanto� non�pregiudichi�eccessivamente�la�liberta�di�traffico;�e�viceversa.�Ma�in�defi- nitiva,�quand'anche�vi�fosse�una�gerarchia�fra�le�fonti,�con�una�supremazia� dei�diritti�fondamentali�della�Convenzione�rispetto�alle�liberta�del�Trattato� CE,�pur�sempre�vi�dovrebbe�essere�una�valutazione�della�ragionevolezza�del� sacrificio�della�liberta�sottordinata�a�garanzia�del�rispetto�della�liberta� sovraordinata.� In�ogni�caso,�quindi,�si�pone�un�problema�di�chi�deve�effettuare�la�valu- tazione�e�la�comparazione�degli�interessi�in�giuoco,�per�assicurare�un�equili- brio�nella�situazione�concreta.� Orbene�e�chiaro�che,�di�norma,�la�liberta�di�riunione�in�ben�pochi�casi� puo�collidere�con�la�liberta�di�traffico,�sicche�in�generale�non�si�pongono�pro- blemi.�Allorche�una�possibilita�di�conflitto�sorge,�essa�non�puo�che�impingere� nel�settore�dell'ordine�pubblico�e�della�pubblica�sicurezza:�in�effetti�^come� del�resto�e�accaduto�nel�caso�di�specie�^in�tanto�puo�prospettarsi�un�impedi- mento�al�traffico�in�quanto�la�riunione�assuma�l'aspetto�di�una�manifesta- zione�pubblica,�con�la�partecipazione�di�un�gruppo�piu�o�meno�vasto,�ma�cer- tamente�numeroso,�di�persone�(si�pensi�non�solo�a�manifestazioni�di�protesta� locali,�ma�alle�grandi�manifestazioni�sindacali,�locali�e�nazionali,�agli�scio- peri,�che�possono�coinvolgere�blocchi�del�traffico�stradale,�ferroviario,� navale,�aereo).�E�appunto�nel�caso�di�specie�si�tratta�di�una�manifestazione� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni� pubblica�che,�per�il�raggiungimento�del�suo�scopo�e�della�sua�visibilita�,si� svolge�proprio�con�un�blocco�stradale,�cioe�un�blocco�di�quel�traffico�che�essa� intende�contestare.� Orbene�e�proprio�l'art.�30�del�Trattato�CE�che�prevede�che��le�disposi- zioni�degli�artt.�28�e�29�lasciano�impregiudicati�i�divieti�o�restrizioni...�al� transito�giustificati�da�motivi...�di�ordine�pubblico�(e)�di�pubblica�sicu- rezza...�.�La�valutazione�di�questa�incidenza�delle�ragioni�di�ordine�pubblico� e�di�pubblica�sicurezza�rientra�indubbiamente�nei�poteri�delle�autorita�nazio- nali�preposte�alla�loro�tutela�nell'ambito�territoriale�di�loro�esclusiva�compe- tenza.� In�quasi�tutte�le�osservazioni�scritte�(e�nel�corso�della�discussione�orale)� e�stata�richiamata�la�sentenza�della�Corte�9�dicembre�1997,�nella�causa� C-265/1995,�Commissione�c.�Francia,�nel�caso�delle�fragole�spagnole.�Ivi�la� Corte�ha�appunto�precisato�(punto�33)�che��gli�Stati�membri,�che�restano�i� soli�competenti�quanto�al�mantenimento�dell'ordine�pubblico�e�alla�salva- guardia�della�sicurezza�interna,�fruiscono�di�una�discrezionalita�per�stabilire� quali�siano,�in�una�determinata�situazione,�i�provvedimenti�piu�atti�ad�elimi- nare�gli�ostacoli�all'importazione�dei�prodotti�.�E�chiaro�che�lo�stesso�princi- pio�vale�a�maggior�ragione�allorche�si�tratta�non�di�adottare�misure�per�eli- minare�ostacoli�posti�da�terzi�privati,�ma�di�adottare�un�provvedimento� (esplicito�o�implicito)�che�consente�l'esercizio�di�un�diritto�fondamentale,� quale�la�liberta�di�riunione,�sia�pur�con�il�sacrificio�di�un'altra�liberta�,che� pero�certamente�non�e�sovraordinata.� Ma�la�Corte�^si�e�obiettato�^ha�pur�precisato�(punto�35)�che�ad�essa� spetta,��tenendo�conto�dei�poteri�discrezionali�sopramenzionati,�accertare,� nei�casi�in�cui�e�investita,�se�lo�Stato�membro�considerato�abbia�adottato� misure�idonee�a�garantire�la�libera�circolazione�delle�merci�.�Questo�e�veris- simo�e�giustissimo.�Ma�la�verifica�della�Corte�e�una�verifica�del�rispetto�da� parte�dello�Stato�membro�dei�suoi�obblighi�comunitari�e�quindi�va�condotta� nell'ambito�e�a�conclusione�di�un�procedimento�che�l'abbia�investita�ex art.�226�del�Trattato�(ex art.�169),�come�e�avvenuto�nel�caso�francese.� Ivi�la�Corte�ha�constatato�l'inadempimento�dello�Stato�riconoscendo�la� fondatezza�delle�contestazioni�mosse,�ai�sensi�della�norma�sopracitata,�dalla� Commissione;�essa�ha�infatti�precisato�(punto�65)�che��nella�specie�il� Governo�francese�ha�omesso,�manifestamente e costantemente,�di�adottare� provvedimenti�sufficienti�ed�adeguati�per�far�cessare�gli�atti�vandalici�che� compromettono�sul�suo�territorio�la�libera�circolazione�di�taluni�prodotti� agricoli�originari�di�altri�Stati�membri�e�per�impedire�il�reiterarsi�di�tali�atti�.� Nel�nostro�caso�non�v'e�stato�alcun�procedimento�di�infrazione;�allo� Stato�membro�non�e�stata�mossa�alcuna�contestazione;�nella�vicenda�si� discute�di�un�solo�blocco�stradale�ad�opera�di�manifestanti�autorizzati� (espressamente�o�implicitamente)�alla�riunione,�durato�per�un�breve�periodo.� Certamente�la�Commissione,�nell'ambito�delle�sue�specifiche�competenze,� vigila�e�dovra�sempre�vigilare�sul�comportamento�degli�Stati,�intervenendo� tutte�le�volte�che�anche�un�mero�eccesso�di�potere�da�parte�delle�autorita� nazionali�sia�tale�da�costituire�violazione�di�un�obbligo�comunitario.�Confi- diamo�che�le�autorita�austriache�esercitino�sempre�legittimamente�e�razional- RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� mente�i�loro�poteri,�a�garanzia�certamente�dei�diritti�fondamentali�dei�citta- dini,�ma�anche�nel�rispetto�delle�liberta�altrui,�fondamento�e�ragione�della� stessa�esistenza�della�nostra�Comunita�,�che�noi�auspichiamo�essere�sempre� piu�coesa.� Avv. Oscar Fiumara Corte di Giustizia delle Comunita' Europee, Plenum,�12 giugno 2003, nella causa C-112/00 - Presidente Rodr|�guez�Iglesias�-Relatore Schintgen�^Avvocato Gen.�Jacobs�^Domanda� di�pronuncia�pregiudiziale�proposta�dall'Oberlandesgericht�di�Innsbruck�nella�causa� civile�Schimidberger�c.�Rep.�Austria�^Interv.:�Governi�austriaco,�greco,�olandese,�fin- landese�ed�italiano�(Avv.�dello�Stato�O.�Fiumara)�e�Commissione�delle�Comunita�euro- pee�(ag.�Schieterer�e�Grunwald).� (Trattato�CE,�artt.�10,�28,�29�e�30;�Convenzione�europea�per�la�salvaguardia�dei�diritti�dell'uomo�e� delle�liberta�fondamentali,�4�novembre�1950,�art.�11).� Ilfatto che le autorita� competenti di uno Stato membro non abbiano vietato una manifesta- zione nelle circostanze di cui alla causa principale (un blocco stradale di circa 30 ore dell'auto- strada del Brennero promosso da un'associazione con finalita� essenzialmente ambientali per protestare contro la densita� del traffico dei veicoli commerciali) non e� incompatibile con gli artt. 30 e 44 del Trattato CE(divenuti, in seguito a modifica, artt. 28 CE e 30 CE), letti in com- binato disposto con l'art. 5 del Trattato CE (divenuto art. 10 CE). �(omissis)�1.��Con�ordinanza�1.�febbraio�2000,�giunta�in�cancelleria�il�24�marzo�suc- cessivo,�l'Oberlandesgericht�Innsbruck�ha�sottoposto�alla�Corte,�ai�sensi�dell'art.�234�CE,� sei�questioni�pregiudiziali�vertenti�sull'interpretazione�degli�artt.�30,�34�e�36�del�Trattato� CE�(divenuti,�in�seguito�a�modifica,�artt.�28�CE,�29�CE�e�30�CE),�letti�in�combinato�disposto� con�l'art.�5�del�Trattato�CE�(divenuto�art.�10�CE),�nonche�sui�presupposti�della�responsabi- lita�di�uno�Stato�membro�per�danni�cagionati�ai�privati�in�ragione�delle�violazioni�del�diritto� comunitario.� 2.��Tali�questioni�sono�state�sollevate�nell'ambito�di�una�controversia�che�oppone�la� Eugen�Schmidberger,�Internationale�Transporte�und�Planzu��ge�(in�prosieguo:�la��Schmidber- ger�)�alla�Republik�O�sterreich�(in�prosieguo:�la��Repubblica�d'Austria�),�avente�ad�oggetto� l'autorizzazione�implicitamente�accordata�dalle�autorita�competenti�di�quest'ultima�a�un'as- sociazione�con�finalita�essenzialmente�ambientali�ad�organizzare�una�manifestazione�sull'au- tostrada�del�Brennero�che�ha�comportato�il�blocco�completo�della�circolazione�sull'auto- strada�stessa�per�quasi�trenta�ore�(omissis).� Causaprincipale e questionipregiudiziali 10.��Risulta�dal�fascicolo�della�causa�principale�che�il�15�maggio�1998�l'associazione� Transitforum�Austria�Tirol,�il�cui�obiettivo�e�la��tutela�dello�spazio�vitale�nella�regione� alpina�,�ha�informato�la�Bezirkshauptmannschaft�Innsbruk,�ai�sensi�degli�artt.�2�della�VslG� e�86�della�StVO,�che�si�sarebbe�tenuta�una�manifestazione�sull'autostrada�del�Brennero� (A13)�dal�venerd|�12�giugno�1998,�alle�ore�11,�al�sabato�13�giugno�1998,�alle�ore�15,�la�quale� avrebbe�comportato,�per�tutto�il�periodo�indicato,�la�chiusura�totale�della�circolazione�in�tale� autostrada�sul�tratto�tra�l'area�di�sosta�dell'Europabru�cke�ed�il�casello�di�Scho��nberg� (Austria).� 11.��Il�giorno�stesso,�il�presidente�dell'associazione�citata�ha�tenuto�una�conferenza� stampa,�a�seguito�della�quale�i�media�austriaci�e�tedeschi�hanno�diffuso�informazioni�in� ordine�alla�chiusura�dell'autostrada�del�Brennero.�Anche�i�clubs automobilistici�austriaci�e� tedeschi,�essendo�stati�previamente�informati,�hanno�fornito�indicazioni�pratiche�ai�viaggia- tori,�precisando�in�particolare�che�tale�autostrada�doveva�essere�evitata�nel�periodoinque- stione.� 12.��In�data�21�maggio�1998,�la�Bezirkshauptmannschaft�ha�chiesto�alla�Sicherheit- sdirektion�fu��r�Tirol�istruzioni�in�merito�all'annunciata�manifestazione.�In�data�3�giugno� 1998,�il�Sicherheitsdirektor�ha�dato�ordine�di�non�vietarla.�Il�10�giugno�1998�si�e�tenuta�una� riunione�dei�rappresentanti�delle�varie�autorita�locali�allo�scopo�di�garantire�il�regolare�svol- gimento�della�manifestazione�stessa.� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni� 13.��Ritenendo�tale�manifestazione�lecita�ai�sensi�del�diritto�austriaco,la�Bezirks- hauptmannschaft�ha�deciso�di�non�vietarla,�senza�tuttavia�verificare�se�la�sua�decisione� potesse�violare�il�diritto�comunitario.� 14.��Tale�manifestazione�e��stata�effettivamente�organizzata�nel�luogo�e�alla�data�indi- cati.�Di�conseguenza,�venerd|��12�giugno�1998,�a�partire�dalle�ore�9,�gli�automezzi�pesanti� che�avrebbero�dovuto�attraversare�l'autostrada�del�Brennero�sono�stati�bloccati.�L'auto- strada�e��stata�riaperta�alla�circolazione�sabato�13�giugno�1998�verso�le�ore�15�e�30,�salvi�i� divieti�di�circolazione�applicabili,�ai�sensi�della�normativa�austriaca,�agli�automezzi�pesanti� superiori�a�7,5�t�in�talune�fasce�orarie�il�sabato�e�la�domenica.� 15.��La�Schmidberger�e��un'impresa�di�trasporti�internazionali�avente�sede�a�Rot�an� der�Rot�(Germania),�che�dispone�di�sei�automezzi�pesanti��silenziosi�e�non�inquinanti��con� rimorchio.�L'attivita��principale�dell'impresa�consiste�nell'effettuare�trasporti�di�legname�dalla� Germania�verso�l'Italia�e�trasporti�d'acciaio�dall'Italia�verso�la�Germania.�A�tal�fine,�i�suoi� automezzi�utilizzano�essenzialmente�l'autostrada�del�Brennero.� 16.��La�Schmidberger�ha�presentato�ricorso�dinanzi�al�Landesgericht�Innsbruck� (Austria)�al�fine�di�ottenere�la�condanna�dell'Austria�al�pagamento�in�suo�favore�della� somma�di�140�000�ATS�a�titolo�di�danni,�in�quanto�a�cinque�dei�suoi�automezzi�era�stato� impossibile�attraversare�l'autostrada�del�Brennero�per�quattro�giorni�consecutivi,�conside- rando�che,�da�un�lato,�gioved|��11�giugno�1998�era�un�giorno�festivo�in�Austria,�mentre�il�13� e�il�14�giugno�seguenti�erano�un�sabato�una�domenica,�e�che�d'altro�lato,�la�normativa� austriaca�prevede�un�divieto�di�circolazione�degli�automezzi�pesanti�superiori�a�7,5�t�durante� la�maggior�parte�dei�fine�settimana�nonche�dei�giorni�festivi.�Tale�autostrada�rappresente- rebbe�l'unico�itinerario�percorribile�dai�suoi�veicoli�tra�la�Germania�e�l'Italia.�Il�mancato� divieto�della�manifestazione�e�il�mancato�intervento�delle�autorita��austriache�per�impedire� il�blocco�di�tale�asse�stradale�rappresenterebbero�un�'ostacolo�alla�libera�circolazione�delle� merci.�Poiche�tale�ostacolo�non�sarebbe�giustificato�alla�luce�dei�diritti�alla�liberta��d'espres- sione�ed�alla�liberta��di�riunione�dei�manifestanti,�esso�rappresenterebbe�una�violazione�del� diritto�comunitario�e�farebbe�quindi�sorgere�la�responsabilita��dello�Stato�membro�interes- sato.�Nella�fattispecie,�il�danno�subito�dalla�Schmidberger�deriverebbe�dalla�immobilizza- zione�dei�suoi�automezzi�pesanti�(50�000�ATS),�dalle�spese�fisse�per�gli�autisti�(5�000�ATS)� e�da�un�mancato�guadagno�risultante�dagli�sconti�concessi�ai�clienti�a�causa�dei�rilevanti� ritardi�nel�trasporto�delle�merci,�nonche�dalla�mancata�esecuzione�di�sei�trasporti�tra�la�Ger- mania�e�l'Italia�(85�000�ATS).� 17.��La�Repubblica�d'Austria�ha�chiesto�il�rigetto�di�tale�ricorso,�poiche�la�decisione� di�non�vietare�la�manifestazione�preannunciata�sarebbe�stata�assunta�a�seguito�di�un�esame� minuzioso�della�situazione�di�fatto,�poiche�in�Austria,�in�Germania�nonche�in�Italia�erano� state�preliminarmente�diffuse�informazioni�sulla�data�della�chiusura�dell'autostrada�del� Brennero�e�poiche�tale�manifestazione�non�avrebbe�dato�luogo�a�intasamenti�rilevanti�ne� ad�altri�incidenti.�L'ostacolo�alla�libera�circolazione�derivante�da�una�manifestazione�sarebbe� consentito�quando�l'ostacolo�che�essa�genera�non�ha�carattere�permanente�e�serio.�Il�bilan- ciamento�di�interessi�in�causa�dovrebbe�favorire�le�liberta��d'espressione�e�di�riunione,�in� quanto�i�diritti�fondamentali�sarebbero�intangibili�all'interno�di�una�societa��democratica.� 18.��Dopo�aver�preso�atto�che�non�era�stato�dimostrato�che�gli�autocarri�della� Schmidberger�avrebbero�dovuto�attraversare�l'autostrada�del�Brennero�il12�e�il�13�giugno� 1998,�ne�che�non�vi�fosse�stata�la�possibilita��,�dopo�che�l'impresa�interessata�aveva�avuto�noti- zia�dell'organizzazione�della�manifestazione,�di�modificare�gli�itinerarial�finedievitare�un� danno,�con�sentenza�23�settembre�1999�il�Landesgericht�Innsbruck�ha�respintoilricorso,in� quanto�tale�societa��di�trasporto,�da�un�lato,�non�avrebbe�adempiuto�agli�oneri�di�allegazione� e�di�prova�ad�essa�incombenti�in�base�al�diritto�sostanziale�austriaco�relativi�al�presunto� danno�economico�e,�d'altro�lato,�non�avrebbe,�ottemperato�all'obbligo,�su�di�essa�gravante� ai�sensi�del�diritto�procedurale�austriaco,�di�esporre�tutti�i�fatti�su�cui�si�fonda�la�domanda� e�che�sono�necessari�ai�fini�della�risoluzione�della�controversia.� 19.��La�Schmidberger�ha�quindi�interposto�appello�avverso�tale�sentenza�di�fronte� all'Oberlandesgericht�Innsbruck,�il�quale�ritiene�necessario�tener�conto�delle�disposizioni� del�diritto�comunitario�quando�si�tratti,�come�nel�caso�di�specie,�di�diritti�che�sono�fondati,� almeno�in�parte,�su�quest'ultimo.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� 20.��A�tal�proposito�sarebbe�necessario�stabilire,�in�primo�luogo,�se�il�principio�della� libera�circolazione�delle�merci,�eventualmente�in�combinato�disposto�con�l'art.�5�del�Trattato,� imponga�a�uno�Stato�membro�di�garantire�il�libero�accesso�alle�principali�vie�di�comunica- zione�e�se�tale�obbligo�prevalga�sui�diritti�fondamentali,�quali�la�liberta�di�espressione�e�la� liberta�di�riunione,�garantiti�dagli�artt.�10�e�11�della�Convenzione�europea�per�la�salvaguar- dia�dei�diritti�dell'uomo�e�delle�liberta�fondamentali�(in�prosieguo:�la��CEDU�).� 21.��In�caso�di�risposta�affermativa,�il�giudice�di�rinvio�chiede,�in�secondo�luogo,�se�la� violazione�del�diritto�comunitario�cos|�accertata�sia�sufficientemente�caratterizzata�da�far� sorgere�la�responsabilita�dello�Stato.�Talune�questioni�interpretative�si�porrebbero,�in�parti- colare,�per�quanto�concerne�la�determinazione�del�grado�di�precisione�e�di�chiarezza�degli� artt.�5,�30,�34�e�36�del�Trattato.� 22.��Nella�fattispecie,�la�responsabilita�dello�Stato�potrebbe�sorgere�in�forza�di�un� atto�normativo�erroneo�in�quanto�il�legislatore�austriaco�avrebbe�omesso�di�adeguare�la� disciplina�relativa�alla�liberta�di�riunione�agli�obblighi�derivanti�dal�diritto�comunitario�e,� in�particolare,�al�principio�della�libera�circolazione�delle�merci,�ovvero�sulla�base�di�una�vio- lazione�amministrativa�in�quanto�le�autorita�nazionali�competenti�sarebbero�state�tenute,�in� conformita�all'obbligo�di�cooperazione�e�di�lealta�di�cui�all'art.�5�del�Trattato,�a�interpretare� il�diritto�interno�in�conformita�alle�disposizioni�del�Trattato�stesso�in�materia�di�libera�circo- lazione�delle�merci,�per�quanto�tali�obblighi�derivanti�dal�diritto�comunitario�sono�diretta- mente�applicabili.� 23.��Il�giudice�a quo si�interroga,�in�terzo�luogo,�sulla�natura�e�sull'importo�del�diritto� al�risarcimento�del�danno�derivante�dalla�responsabilita�dello�Stato.�Esso�si�chiede�quanto� rigorosa�debba�essere�la�prova�della�causa�e�dell'entita�del�danno�arrecato�da�una�violazione� del�diritto�comunitario�di�carattere�legislativo�o�amministrativo�e�intende�sapere,inpartico- lare,�se�sussista�un�diritto�al�risarcimento�anche�quando�l'importo�del�danno�possa�essere� determinato�solamente�in�base�a�valutazioni�forfettarie.� 24.�Infine,�ilgiudice�a quo esprime�dubbi�in�ordine�alle�condizioni�nazionali�di� attuazione�del�diritto�al�risarcimento�del�danno�derivante�dalla�responsabilita�dello�Stato.� Esso�si�chiede�se�le�norme�austriache�relative�all'onere�di�allegazione�e�di�prova�di�un�diritto,� nonche��all'obbligo�di�esporre�tutti�i�fatti�necessari�alla�soluzione�della�controversia�rispettino� il�principio�giurisprudenziale�di�effettivita�,�in�quanto�i�diritti�che�derivano�dalla�normativa� comunitaria�non�sempre�risulterebbero�definiti�integralmente�sin�dall'inizio,�nonche��in� quanto�il�ricorrente,�incontrerebbe�serie�difficolta�nell'esporre�con�precisione�tutti�gli�ele- menti�di�fatto�richiesti�dalla�disciplina�austriaca.�Cos|�,�nel�caso�di�specie,�il�contenuto�del� diritto�al�risarcimento�non�risulterebbe�definito�ne��quanto�al�suo�fondamento,�ne��quanto�al� suo�importo,�sicche��risulterebbe�necessario�un�rinvio�pregiudiziale.�Orbene,�il�ragionamento� del�giudice�di�primo�grado�sarebbe�tale�da�frustrare�taluni�diritti�basati�sul�diritto�comunita- rio,�respingendo�la�domanda�sulla�base�di�principi�del�diritto�nazionale�edaggirando,per� motivi�puramente�formali,�le�questioni�rilevanti�di�diritto�comunitario�(omissis).� Sulle questionipregiudiziali 46.��Si�deve�preliminarmente�rilevare�che�le�questioni�formulate�dal�giudice�del�rinvio� sollevano�due�problemi�certo�tra�loro�collegati,�ma�tuttavia�distinti.� 47.��Per�un�verso,�infatti,�il�giudice�del�rinvio�chiede�alla�Corte�se�il�blocco�totale�del- l'autostrada�del�Brennero�per�quasi�30�ore�ininterrotte,�intervenuto�nelle�circostanze�di�cui� alla�causa�principale,�costituisca�un�ostacolo�incompatibile�con�la�libera�circolazione�delle� merci�e�debba�quindi�essere�considerato�una�violazione�del�diritto�comunitario.�Per�altro� verso,�le�questioni�hanno�piu�specificamente�ad�oggetto�le�condizioni�in�cui�puo�essere�invo- cata�la�responsabilita�di�uno�Stato�membro�per�danni�cagionati�ai�privati�in�ragione�di�una� violazione�del�diritto�comunitario.� 48.��Quanto�a�quest'ultimo�aspetto,�il�giudice�del�rinvio�chiede�in�particolare�se,�ed,� eventualmente,�in�che�misura�la�violazione�del�diritto�comunitario��supponendola�dimo- strata��nelle�circostanze�di�cui�alla�causa�sottoposta�al�suo�esame�sia�sufficientemente� manifesta�e�grave�da�far�sorgere�la�responsabilita�dello�Stato�membro�interessato.�Esso�inter- roga�inoltre�la�Corte�in�ordine�alla�natura�e�alla�prova�del�danno�risarcibile.� 49.��Posto�che,�logicamente,�tale�seconda�serie�di�quesiti�dev'essere�esaminata�sola- mente�qualora�si�dia�una�risposta�affermativa�alla�prima�questione,�come�definita�nella� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni� prima�frase�del�punto�47�di�questa�sentenza,�la�Corte�deve�preliminarmente�pronunciarsi�sui� diversi�aspetti�sollevati�nell'ambito�di�tale�questione,�oggetto�in�sostanza�del�primo�e�del� quarto�quesito.� 50.��Alla�luce�degli�elementi�che�emergono�dal�fascicolo�della�causa�principale�tra- smesso�dal�giudice�del�rinvio,�nonche�dalle�osservazioni�scritte�e�orali�formulate�dinanzi�alla� Corte,�tali�quesiti�devono�essere�intesi�nel�senso�che�essi�mirano�a�chiarire�se�il�fatto�che�le� autorita�competenti�di�uno�Stato�membro�non�abbiano�vietato�una�manifestazione�avente� finalita�essenzialmente�ambientale,�che�ha�comportato�il�blocco�completo,�per�quasi�30�ore� ininterrotte,�di�una�via�di�comunicazione�importante�quale�l'autostrada�del�Brennero,�costi- tuisca�un�ostacolo�ingiustificato�al�principio�fondamentale�della�libera�circolazione�delle� merci�sancito�dagli�artt.�30�e�34�del�Trattato,�eventualmente�letti�in�combinato�disposto�con� l'art.�5�dello�stesso.� Sull'esistenza di un ostacolo alla libera circolazione delle merci 51.��A�tal�proposito,�si�deve�ricordare�innanzitutto�che�la�libera�circolazione�delle� merci�costituisce�uno�dei�principi�fondamentali�della�Comunita�.� 52.��Cos|�,�l'art.�3�del�Trattato�CE�(divenuto,�in�seguito�a�modifica,�art.�3�CE),�inse- rito�nella�prima�parte�dello�stesso,�dal�titolo��Principi�,�dispone,�alla�lett.�c),�che,�ai�fini� enunciati�dall'art.�2�del�Trattato�stesso,�l'azione�della�Comunita�comporta�un�mercato� interno�caratterizzato�dall'eliminazione,�fra�gli�Stati�membri,�degli�ostacoli,�in�particolare,� alla�libera�circolazione�delle�merci.� 53.��L'art.�7�A�del�Trattato�CE�(divenuto�in�seguito�a�modifica,�art.�14�CE)�prevede,� al�suo�secondo�comma,�che�il�mercato�interno�comporta�uno�spazio�senza�frontiere�interne� nel�quale�e�garantita�in�particolare�la�libera�circolazione�delle�merci,�secondo�le�disposizioni� del�detto�Trattato.� 54.��Tale�principio�fondamentale�e�attuato�segnatamente�dagli�artt.�30�e�34�del� Trattato.� 55.��In�particolare,�l'art.�30�stabilisce�che�sono�vietate�fra�gli�Stati�membri�le�restri- zioni�quantitative�all'importazione�nonche�qualsiasi�misura�di�effetto�equivalente.�Del�pari,� l'art.�34�vieta�tra�questi�ultimi�le�restrizioni�quantitative�all'esportazione�e�qualsiasi�misura� di�effetto�equivalente.� 56.��Risulta�da�giurisprudenza�costante,�a�partire�dalla�sentenza�11�luglio�1974,� causa�8/1974,�Dassonville�(Racc.,�837,�punto�5),�che�tali�disposizioni,�inserite�nel�loro�conte- sto,�devono�essere�intese�nel�senso�che�esse�mirano�ad�eliminare�qualsiasi�ostacolo,�diretto� o�indiretto,�attuale�o�in�potenza,�alle�correnti�di�scambi�nel�commercio�intracomunitario� (v.,�in�tal�senso,�sentenza�9�dicembre�1997,�causa�C265/1995,�Commissione/Francia,�Racc.,� I-6959,�punto�29).� 57.��Cos|�,�la�Corte�ha�stabilito�in�particolare�che,�in�quanto�mezzo�indispensabile�per� la�realizzazione�del�mercato�senza�frontiere�interne,�l'art.�30�del�Trattato�non�soltanto�vieta� i�provvedimenti�di�origine�statale�che,�di�per�se�,�creano�restrizioni�al�commercio�fra�gli�Stati� membri,�ma�puo�anche�applicarsi�qualora�uno�Stato�membro�abbia�omesso�di�adottare�i� provvedimenti�necessari�per�far�fronte�a�ostacoli�alla�libera�circolazione�delle�merci�dovuti� a�cause�non�imputabili�allo�Stato�(sentenza�Commissione/Francia,�cit.,�punto�30).� 58.��Infatti,�l'omissione�da�parte�di�uno�Stato�membro�di�agire�o,�se�del�caso,�di�adot- tare�i�provvedimenti�sufficienti�a�impedire�ostacoli�alla�libera�circolazione�delle�merci,�creati� in�particolare�da�atti�di�privati�sul�suo�territorio�contro�prodotti�originari�di�altri�Stati�mem- bri,�puo�ostacolare�gli�scambi�intracomunitari�al�pari�di�un��facere��(sentenza� Commissione/Francia,�cit.,�punto�31).� 59.��Di�conseguenza,�gli�artt.�30�e�34�del�Trattato�impongono�agli�Stati�membri�non� solo�di�non�adottare�direttamente�atti�o�comportamenti�tali�da�costituire�un�ostacolo�agli� scambi,�ma�anche,�in�combinato�disposto�con�l'art.�5�del�Trattato,�di�adottare�qualsiasi�prov- vedimento�necessario�e�adeguato�per,�garantire�sul�loro�territorio�il�rispetto�di�detta�liberta� fondamentale�(sentenza�Commissione/Francia,�cit.,�punto�32).�Infatti,�ai�sensi�del�citato� art.�5,�gli�Stati�membri�devono�adottare�tutte�le�misure�di�carattere�generale�o�particolare� atte�ad�assicurare�l'esecuzione�degli�obblighi�derivanti�dal�Trattato�ed�astenersi�da�qualsiasi� misura�che�rischi�di�compromettere�la�realizzazione�degli�scopi�del�Trattato.� 60.��Considerato�il�ruolo�fondamentale�attribuito�alla�libera�circolazione�delle�merci� nel�sistema�comunitario�e,�in�particolare,�al�fine�di�permettere�il�buon�funzionamento�del� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� mercato�interno,�l'obbligo�di�ciascuno�Stato�membro�di�garantire�la�libera�circolazione�dei� prodotti�sul�suo�territorio�adottando�le�misure�necessarie�ed�appropriate�per�eliminare�qual- siasi�ostacolo�derivante�da�atti�di�privati�si�impone�senza�doversi�distinguere�se�simili�atti� compromettano,�i�flussi�di�importazione�o�di�esportazione,�ovvero�il�semplice�transito��delle� merci.� 61.��Emerge�infatti�dal�punto�53�della�sentenza�Commissione/Francia,�cit.,�che�la� causa�che�ha�dato�origine�a�tale�sentenza�riguardava�non�solo�l'importazione,�ma�altres|��il� transito�in�Francia�di�prodotti�provenienti�da�altri�Stati�membri.� 62.��Ne�discende�che�quando�in�una�situazione�quale�quella�di�cui�alla�causa�princi- pale�le�competenti�autorita��nazionali�si�devono�confrontare�con�ostacoli�all'effettivo�esercizio� di�una�liberta��fondamentale�sancita�dal�Trattato,�quale�la�libera�circolazione�delle�merci,� derivanti�da�azioni�condotte�da�soggetti�privati,�esse�sono�tenute�ad�adottare�i�provvedimenti� adeguati�al�fine�di�garantire�tale�liberta��nello�Stato�membro�interessato,�anche�se,�come�nella� causa�principale,�tali�merci�sono�semplicemente�in�transito�attraverso�l'Austria�per�essere� trasportate�in�Italia�o�in�Germania.� 63.��Va�aggiunto�che�tale�obbligo�degli�Stati�membri�e��ancor�piu��essenziale�quando�si� tratta�di�un�asse�stradale�di�primaria�importanza,�quale�l'autostrada�del�Brennero,�che�rap- presenta�una�delle�principali�vie�di�comunicazione�terrestri�per�gli�scambi�tra�l'Europa�set- tentrionale�ed�il�nord�dell'Italia.� 64.��Risulta�da�quanto�precede�che�il�fatto�che�le�autorita��competenti�di�uno�Stato� membro�non�abbiano�vietato�una�manifestazione�che�ha�comportato�il�blocco�totale,�per� quasi�30�ore�ininterrotte,�di�una�via�di�comunicazione�importante,�quale�l'autostrada�del� Brennero,�e��tale�da�limitare�il�commercio�intracomunitario�delle�merci�e�deve�pertantoessere� considerato�una�misura�di�effetto�equivalente�a�restrizioni�quantitative,�incompatibile�in� linea�di�principio�con�gli�obblighi�del�diritto�comunitario�risultanti�dagli�artt.�30�e�34�del� Trattato,�letti�in�combinato�disposto�con�l'art.�5�dello�stesso,�a�meno�che�tale�mancato� divieto�possa�risultare�obiettivamente�giustificato.� Sull'eventuale giustificazione dell'ostacolo 65.��Con�il�suo�quarto�quesito,�il�giudice�del�rinvio�chiede�in�sostanza�se�l'obiettivo� della�manifestazione�del�12�e�13�giugno�1998��nel�corso�della�quale�i�manifestanti�intende- vano�richiamare�l'attenzione�del�pubblico�sulla�minaccia�per�l'ambiente�e�la�salute�pubblica� costituita�dall'aumento�costante�della�circolazione�degli�automezzi�pesanti�sull'autostrada� del�Brennero,�nonche�sollecitare�le�autorita��competenti�a�rinforzare�i�provvedimenti�atti�a� ridurre�tale�traffico�nonche�l'inquinamento�che�ne�risulta�nella�regione,�fortemente�sensibile,� delle�Alpi��sia�tale�da�prevalere�sugli�obblighi�derivanti�dal�diritto�comunitario�in�materia� di�libera�circolazione�delle�merci.� 66.��Tuttavia,�anche�se�la�tutela�dell'ambiente�e�della�salute�pubblica,�segnatamente� in�tale�regione,�puo��,�a�talune�condizioni,�rappresentare�un�legittimo�obiettivo�di�interesse� generale�tale�da�giustificare�una�limitazione�alle�liberta��fondamentali�garantite�dal�Trattato,� tra�cui�la�libera�circolazione�delle�merci,�va�rilevato,�come�ha�fatto�l'avvocato�generale�al� punto�54�delle�sue�conclusioni,�che�gli�obiettivi�specifici�di�tale�manifestazione�non�sono,�in� quanto�tali,�determinanti�nell'ambito�di�un'azione�giurisdizionale�quale�quella�intentata�dalla� Schmidberger,�che�mira�a�invocare�la�responsabilita��di�uno�Stato�membro�per�l'asserita�vio- lazione�del�diritto�comunitario,�quest'ultima�dedotta�dal�fatto�che�le�autorita��nazionali�non� hanno�impedito�che�si�ostacolasse�il�traffico,�sull'autostrada�del�Brennero.� 67.��Infatti,�al�fine�di�determinare�le�condizioni�in�cui�puo��essere�invocata�la�respon- sabilita��di�uno�Stato�membro�e,�in�particolare,�al�fine�di�accertare�se�quest'ultimo�sia�incorso� in�una�violazione�del�diritto�comunitario,�devono�essere�prese�in�considerazione�solamente� l'azione�o�l'omissione�imputabili�al�citato�Stato�membro.� 68.��Nella�fattispecie,�si�deve�quindi�tener�conto�unicamente�dell'obiettivo�perseguito� dalle�autorita��nazionali�nel�momento�in�cui�hanno�deciso�di�autorizzare�implicitamente� ovvero�di�non�vietare�tale�manifestazione.� 69.��Orbene,�a�tal�proposito�emerge�dal�fascicolo�della�causa�principale�che�le�auto- rita��austriache�sono�state�mosse�da�considerazioni�relative�al�rispetto�dei�diritti�fondamentali� dei�manifestanti�in�materia�di�liberta��di�espressione�e�di�liberta��di�riunione,�enunciati�e� garantiti�dalla�CEDU�nonche�dalla�Costituzione�austriaca.� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni� 70.��Nella�sua�ordinanza�di�rinvio,�il�giudice�nazionale�solleva�inoltre�la�questione�se� il�principio�della�libera�circolazione�delle�merci,�garantito�dal�Trattato,�prevalga�sui�citati� diritti�fondamentali.� 71.��Occorre�ricordare�in�proposito�che,�secondo�una�costante�giurisprudenza,�i� diritti�fondamentali�fanno�parte�integrante�dei�principi�generali�del�diritto�dei�quali�la�Corte� garantisce�l'osservanza�e�che,�a�tal�fine,�quest'ultima�si�ispira�alle�tradizioni�costituzionali� comuni�agli�Stati�membri�e�alle�indicazioni�fornite�dai�trattati�internazionali�relativi�alla� tutela�dei�diritti�dell'uomo�a�cui�gli�Stati�membri�hanno�cooperato�o�aderito.�La�CEDU�rive- ste,�a�questo�proposito,�un�particolare�significato�(v.,�segnatamente,�sentenze�18�giugno� 1991,�causa�C-260/1989,�ERT,�Racc.,�I-2925,�punto�41;�6�marzo�2001,�causa�C-274/1999�P,� Connolly/Commissione,�Racc.,�I-1611,�punto�37,�e�22�ottobre�2002,�causa�C-94/00,�Roquette� Fre��res,�Racc.,�I-9011,�punto�25).� 72.��I�principi�sviluppati�da�tale�giurisprudenza�sono�stati�riaffermati�dal�preambolo� dell'Atto�unico�europeo,�poi�dall'art.�F,�n.�2,�del�Trattato�sull'Unione�europea�(sentenza� Bosman,�cit.,�punto�79).�Ai�sensi�di�tale�disposizione,��l'Unione�rispetta�i�diritti�fondamen- tali,�quali�sono�garantiti�dalla�Convenzione�europea�per�la�salvaguardia�dei�diritti�dell'uomo� e�delle�liberta��fondamentali,�firmata�a�Roma�il�4�novembre�1950,�e�quali�risultano�dalle�tra- dizioni�costituzionali�comuni�degli�Stati�membri,�in�quanto�principi�generali�del�diritto� comunitario�.� 73.��Ne�deriva�che�nella�Comunita��non�possono�essere�consentite�misure�incompati- bili�con�il�rispetto�dei�diritti�dell'uomo�in�tal�modo�riconosciuti�(v.,�in�particolare,�sentenze� ERT,�cit.,�punto�41,�e�29�maggio�1997,�causa�C-299/1995,�Kremzow,�Racc.,�I-2629,� punto�14).� 74.��Poiche�il�rispetto�dei�diritti�fondamentali�si�impone,�in�tal�modo,�sia�alla�Comu- nita��che�ai�suoi�Stati�membri,�la�tutela�di�tali�diritti�rappresenta�un�legittimo�interesse�che� giustifica,�in�linea�di�principio,�una�limitazione�degli�obblighi�imposti�dal�diritto�comunita- rio,�ancorche�derivanti�da�una�liberta��fondamentale�garantita�dal�Trattato,�quale�la�libera� circolazione�delle�merci.� 75.��Cos|�,risultadagiurisprudenzacostanteche,dalmomentoche,comenellacausa� principale,�una�situazione�nazionale�rientra�nell'ambito�di�applicazione�del�diritto�comunita- rio,�la�Corte,�adita�in�via�pregiudiziale,�deve�fornire�ai�giudici�nazionali�tutti�gli�elementi�di� interpretazione�necessari�per�la�valutazione�della�conformita��di�tale�situazione�con�i�diritti� fondamentali�di�cui�la�Corte�assicura�il�rispetto,�quali�essi�risultano,�inparticolare,dalla� CEDU�(v.�in�tal�senso,�segnatamente,�sentenza�30�settembre�1987,�causa�12/1986,�Demirel,� Racc.,�3719,�punto�28).� 76.��Nella�fattispecie,�le�autorita��nazionali�si�sono�basate�sulla�necessita��di�rispettare� i�diritti�fondamentali�garantiti�dalla�CEDU�e�dalla�Costituzione�dello�Stato�membro�interes- sato�per�consentire�che�fosse�limitata�una�delle�liberta��fondamentali�sancite�dal�Trattato.� 77.��La�presente�causa�solleva�cos|��il�problema�della�necessaria�conciliazione�tra�le� esigenze�di�tutela�dei�diritti�fondamentali�nella�Comunita��con�quelle�derivanti�da�una�liberta�� fondamentale�sancita�dal�Trattato�e,�in�particolare,�il�problema�della�portata�rispettiva�delle� liberta��di�espressione�e�di�riunione,�garantite�dagli�artt.�10�e�11�della�CEDU,�e�della�libera� circolazione�delle�merci,�quando�le�prime�sono�invocate�quali�giustificazioni�per�una�limita- zione�della�seconda.� 78.��A�tal�proposito,�si�deve�osservare�che,�da�un�lato,�la�libera�circolazione�delle� merci�rappresenta�certamente�uno�dei�principi�fondamentali�nel�sistema�del�Trattato;�tutta- via,�a�talune�condizioni,�essa�puo��subire�restrizioni�per�le�ragioni�di�cui�all'art.�36�del�Trat- tato�stesso,�oppure�per�i�motivi�imperativi�di�interesse�generale�riconosciutiaisensi�di�una� costante�giurisprudenza�della�Corte�a�partire�dalla�sentenza�20�febbraio�1979,�causa� 120/1978,�Rewe-Zentral,�detta��Cassis�de�Dijon�(Racc. pag.�649).� 79.��D'altro�lato,�se�i�diritti�fondamentali�di�cui�si�tratta�nella�causa�principale�sono� espressamente�riconosciuti�dalla�CEDU�e�rappresentano�fondamenti�essenzialidiuna� societa��democratica,�risulta�tuttavia�dalla�formulazione�stessa�del�n.�2�degli�artt.�10�e�11�di� tale�convenzione�che�le�liberta��di�espressione�e�di�riunione�sono�anch'esse�soggette�a�talune� limitazioni�giustificate�da�obiettivi�di�interesse�generale,�se�tali�deroghe�sono�previste�dalla� legge,�dettate�da�uno�o�piu��scopi�legittimi�ai�sensi�delle�disposizioni�citate�e�necessarie�in� una�societa��democratica,�cioe��giustificate�da�un�bisogno�sociale�imperativo�e,�in�particolare,� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� proporzionate�al�fine�legittimo�perseguito�(v.,�in�tal�senso,�sentenze�26�giugno�1997,�causa� C-386/1995,�Familiapress,�Racc.,�1-3689,�punto�26,�e�11�luglio�2002,�causa�C-60/00,�Carpen- ter,�Racc.,�1-6279,�punto�42,�nonche�Corte�europea�dei�diritti�dell'uomo,�sentenza�23�settem- bre�1998,�Steel�e�a.�c.�Regno�Unito,�Recueil�des�arre�ts�et�de�cisions�1998-VII,���101).� 80.��Cos|�,�neppure�i�diritti�alla�liberta��d'espressione�e�alla�liberta��di�riunione�pacifica� garantiti�dalla�CEDU��contrariamente�ad�altri�diritti�fondamentali�sanciti�dalla�medesima� convenzione,�quali�il�diritto�di�ciascuno�alla�vita�ovvero�il�divieto�della�tortura,�nonche�delle� pene�o�di�trattamenti�inumani�o�degradanti,�che�non�tollerano�alcuna�restrizione�a ppaiono�come�prerogative�assolute,�ma�vanno�considerati�alla�luce�della�loro�funzione� sociale.�Ne�consegue�che�possono�essere�apportate�restrizioni�all'esercizio�di�tali�diritti,�a� condizione�che�tali�restrizioni�rispondano�effettivamente�ad�obiettivi�di�interesse�generale�e� non�costituiscano,�rispetto�allo�scopo�perseguito�da�tali�restrizioni,�un�intervento�spropor- zionato�e�inaccettabile�tale�da�ledere�la�sostanza�stessa�dei�diritti�tutelati�(v.,�in�tal�senso,� sentenze�8�aprile�1992,�causa�C-62/1990,�Commissione/Germania,�Racc.,�I-2757,�punto� 23,�e�5�ottobre�1994,�causa�C-404/1992�P,�X/�Commissione,�Racc.,�I-4737,�punto�18).� 81.��In�tali�circostanze,�deve�effettuarsi�un�bilanciamento�tra�gli�interessi�di�cui�si� tratta�e�deve�accertarsi,�con�riferimento�a�tutte�le�circostanze�di�ciascuna�fattispecie,�se�sia� stato�osservato�un�giusto�equilibrio�tra�tali�interessi.� 82.��A�tal�proposito,�le�autorita��competenti�dispongono�di�un�ampio�potere�discre- zionale.�Si�deve�tuttavia�verificare�se�le�restrizioni�imposte�agli�scambi�intracomunitari�siano� proporzionate�con�riferimento�al�legittimo�obiettivo�perseguito,�ossia�nella�fattispecie�la� tutela�dei�diritti�fondamentali.� 83.��Per�quanto�riguarda�la�causa�principale,�si�deve�sottolineare�innanzitutto�che�le� circostanze�che�la�caratterizzano�si�distinguono�nettamente�dalla�situazione�che�si�presentava� nella�causa�che�ha�dato�origine�alla�sentenza�Commissione/Francia,�cit.,�richiamata�dalla� Schmidberger�quale�precedente�rilevante�nel�contesto�dell'azione�giurisdizionale�da�essa� intentata�in�Austria.� 84.��Infatti,�rispetto�agli�elementi�di�fatto�considerati�dalla�Corte�ai�punti�38-53�della� sentenza�Commissione/Francia,�citata,�si�deve�rilevare,�in�primo�luogo,�che�la�manifesta- zione�di�cui�alla�causa�principale�ha�avuto�luogo�a�seguito�di�una�domanda�di�autorizzazione� presentata�sulla�base�del�diritto�nazionale�e�dopo�che�le�autorita��competenti�hanno�deciso� di�non�vietare�la�manifestazione�stessa.� 85.��In�secondo�luogo,�la�presenza�di�manifestanti�sull'autostrada�del�Brennero�ha� comportato�il�blocco�della�circolazione�stradale�su�un�solo�itinerario,�in�un'unica�occasione� e�per�una�durata�di�quasi�trenta�ore.�Inoltre,�l'ostacolo�alla�libera�circolazione�delle�merci� causato�da�tale�manifestazione�ha�avuto�una�portata�limitata�rispetto�sia�all'ampiezza�geo- grafica�che�alla�gravita��intrinseca�dei�disordini�di�cui�si�trattava�nella�causa�che�ha�dato�ori- gine�alla�sentenza�Commissione/Francia,�cit. 86.��In�terzo�luogo,�non�e��contestato�che�mediante�la�citata�manifestazione�taluni�cit- tadini�hanno�esercitato�i�loro�diritti�fondamentali�esprimendo�pubblicamente�un'opinione� da�loro�ritenuta�importante�nella�vita�della�collettivita��;e��pacifico�inoltre�che�tale�manifesta- zione�pubblica�non�mirava�ad�impedire�gli�scambi�di�merci�aventi�una�natura�o�un'origine� particolari.�Invece,�nella�causa�Commissione/Francia,�cit.,�l'obiettivo�perseguito�dai�manife- stanti�era�chiaramente�quello�di�impedire�la�circolazione�di�determinati�prodotti�provenienti� da�Stati�membri�diversi�dalla�Repubblica�francese,�non�solo�mediante�l'apposizione�di�osta- coli�al�trasporto�delle�merci�in�questione,�ma�altres|��mediante�la�distruzione�delle�stesse�in� fase�di�spedizione�ovvero�di�transito�attraverso�la�Francia,�o�addirittura�quando�esse�si�tro- vavano�gia��esposte�nei�negozi�dello�Stato�membro�interessato.� 87.��In�quarto�luogo,�va�ricordato�che,�nella�fattispecie,�le�autorita��competenti�ave- vano�adottato�varie�misure�di�assistenza�e�di�accompagnamento�al�fine�di�limitare,�per� quanto�possibile,�le�perturbazioni�della�circolazione�stradale.�Cos|�,�in�particolare,�le�citate� autorita��,�le�forze�di�polizia,�gli�organizzatori�della�manifestazione�e�diverse�associazioni� automobilistiche�hanno�collaborato�al�fine�di�garantire�il�buono�svolgimento�della�manife- stazione.�Ben�prima�della�data�in�cui�quest'ultima�doveva�aver�luogo,�un'ampia�campagna� informativa�era�stata�condotta�dai�media�nonche�dai�clubs automobilistici,�sia�in�Austria� che�nei�paesi�limitrofi,�ed�erano�stati�previsti�diversi�itinerari�alternativi,�sicche�gli�operatori� economici�interessati�erano�debitamente�informati�sulle�restrizioni�della�circolazione�che� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni� sarebbero�state�applicate�alla�data�e�nel�luogo�della�manifestazione�prevista�ed�erano�in� grado�di�assumere�per�tempo�tutti�i�provvedimenti�utili�per�ovviare�a�tali�restrizioni.�Inoltre,� nel�luogo�stesso�in�cui�doveva�tenersi�la�manifestazione�era�stato�realizzato�un�servizio� d'ordine.� 88.��Peraltro,�e�pacifico�che�l'azione�isolata�di�cui�si�tratta�non�ha�prodotto�un�clima� generale�di�insicurezza�che�abbia�avuto�un�effetto�dissuasivo�sulle�correnti�di�scambi�intraco- munitari�nel�loro�complesso,�a�differenza�delle�perturbazioni�gravi�e�ripetute�all'ordine�pub- blico�di�cui�si�trattava�nella�causa�che�ha�dato�origine�alla�sentenza�Commissione/Francia,� citata.� 89.��Infine,�con�riferimento�ad�altre�possibilita�considerate�dalla�Schmidberger�con� riferimento�alla�manifestazione�citata,�tenuto�conto�dell'ampio�potere�discrezionale�di�cui� dispongono�gli�Stati�membri,�si�deve�rilevare�che,�nelle�circostanze�di�cui�alla�fattispecie,�le� competenti�autorita�nazionali�hanno�potuto�ritenere�che�un�divieto�puro�e�semplice�della� manifestazione�stessa�avrebbe�rappresentato�un'inaccettabile�interferenza�nei�diritti�fonda- mentali�dei�manifestanti�di�riunirsi�e�di�esprimere�pacificamente�la�loro�opinione�in�pubblico.� 90.��Quanto�all'imposizione�di�condizioni�piu�rigide�per�quanto�concerne�sia�il�luogo� �ad�esempio�sul�bordo�dell'autostrada�del�Brennero��sia�la�durata��limitata�solamente� a�qualche�ora��della�manifestazione�in�oggetto,�essa�avrebbe�potuto�essere�percepita�come� una�restrizione�eccessiva�tale�da�privare�l'azione�di�una�parte�sostanziale�della�sua�portata.� Se�le�autorita�nazionali�competenti�devono�tentare�d|�limitare,�per�quanto�possibile,�gli� effetti�che�una�manifestazione�sulla�pubblica�via�necessariamente�esercita�sulla�liberta�di�cir- colazione,�e�altres|�vero�che�esse�sono�tenute�a�bilanciare�tale�interesse�con�quello�dei�mani- festanti,�i�quali�mirano�ad�attirare�l'attenzione�dell'opinione�pubblica,�sugli�obiettivi�della� loro�azione.� 91.��E�vero�che�un'azione�di�questo�tipo�comporta�normalmente�taluni�inconvenienti� per�le�persone�che�non�vi�partecipano,�in�particolare�per�quanto�concerne�la�liberta�di�circo- lazione,�tuttavia�essi�possono�essere�in�linea�di�principio�tollerati,�dal�momento�che�l'obiet- tivo�perseguito�e�essenzialmente�quello�di�esprimere�pubblicamente�un'opinione�in�confor- mita�alla�legge.� 92.��A�tale�proposito,�e�senza�essere�contraddetta�su�tale�punto,�l'Austria�precisa�che,� in�ogni�modo,�tutte�le�soluzioni�alternative�che�potevano�essere�considerate�avrebbero�com- portato�il�rischio�di�reazioni�difficili�da�controllare�e�idonee�a�suscitare�perturbazioni�molto� piu�gravi�degli�scambi�intracomunitari�nonche�dell'ordine�pubblico,�che�avrebbero�potuto� concretizzarsi�in�forma�di�dimostrazioni��selvagge�,�di�confronti�fra�sostenitori�ed�avversari� del�movimento.�di�rivendicazione�interessato�ovvero�in�atti�violenti�da�parte�di�manifestanti� che�si�fossero�ritenuti�lesi�nell'esercizio�dei�loro�diritti�fondamentali.� 93.��Di�conseguenza,�tenuto�conto�dell'ampio�potere�discrezionale�che�dev'essere� riconosciuto�alle�autorita�nazionali�in�questa�materia,�queste�ultime�hanno�ragionevolmente� potuto�ritenere�che�l'obiettivo�legittimamente�perseguito�da�tale�manifestazione�non�poteva� essere�raggiunto,�nel�caso�di�specie,�mediante�misure�meno�restrittive�degli�scambi�intraco- munitari.� 94.��Alla�luce�di�quanto�precede,�la�prima�e�la�quarta�questione�devono�quindi�essere� risolte�nel�senso�che�il�fatto�che�le�autorita�competenti�di�uno�Stato�membro�non�abbiano� vietato�una�manifestazione�nelle�circostanze�di�cui�alla�causa�principalenon�e�incompatibile� con�gli�artt.�30�e�34�del�Trattato,�letti�in�combinato�disposto�con�l'art.�5�dello�stesso.� Suipresupposti�di�responsabilita�dello�Stato�membro� 95.��Risulta�dalla�soluzione�data�alla�prima�e�alla�quarta�questione�che,�considerato� l'insieme�delle�circostanze�della�causa�pendente�dinanzi�al�giudice�del�rinvio,�non�puo�essere� rimproverata�alle�autorita�nazionali�competenti�alcuna�violazione�del�diritto�comunitario� tale�da�far�sorgere�la�responsabilita�dello�Stato�membro�interessato.� 96.��In�queste�circostanze,�non�vi�e�necessita�di�statuire�in�ordine�alle�altre�questioni� relative�a�talune�delle�condizioni�che�fanno�sorgere�la�responsabilita�di�uno�Stato�membro� per�i�danni�cagionati�ai�privati�a�seguito�di�una�violazione,�da�parte�di�quest'ultimo,�del� diritto�comunitario�(omissis)�.� IGIUDIZIINCORSO ALLACORTEDIGIUSTIZIACE IGIUDIZIINCORSO ALLACORTEDIGIUSTIZIACE Causa 4/03 (domanda di pronuncia pregiudiziale) ^Brevetti ^Competenza giurisdizionale ^Esecuzione delle decisioni ^Art.�16,�n.�4�Convenzione� di�Bruxelles�^Ordinanza�del��Oberlandesgericht��(Germania)�emessa�il� 5�dicembre�2002,�notificata�il�20�febbraio�2003�(cs�4833/03,�avv.�dello� stato�O.�Fiumara).� IL fattO La�societa�Gat�ha�proposto�azione�dinanzi�al�Tribunale�di�Dusseldorf,� competente�in�materia�di�contraffazione�di�brevetti,�al�fine�di�far�accertare� la�mancanza�di�titoli�di�rivendicazione�in�capo�alla�societa�Luk.�Quest'ul- tima,�titolare�di�due�brevetti�francesi�registrati,�rivendicava�diritti�di�priorita� tedeschi�e�sosteneva�che�la�societa�concorrente�Gat,�nel�presentare�una� domanda�per�l'aggiudicazione�di�una�commessa,�aveva�violato�i�propri�bre- vetti.� Il�Tribunale�di�Dusseldorf,�ritenendo�di�avere�la�competenza�internazio- nale�per�decidere�sulla�violazione�di�brevetti�francesi,�respingeva�l'azione�di� accertamento�per�infondatezza,�dichiarando�che�le�rivendicazioni�del�brevetto� rispondevano�ai�requisiti�per�ottenere�la�protezione�brevettuale.�La�societa� Gat�proponeva,�allora,�appello�avverso�tale�pronuncia,�eccependo�la�man- canza�di�competenza�internazionale�dei�giudici�della�Repubblica�federale� tedesca.� La�competenza,�il�riconoscimento�e�l'esecuzione�delle�decisioni�in�mate- ria�civile�e�commerciale�sono�stati�regolati�dalla�Convenzione�di�Bruxelles� del�27�settembre�1968,�che�vincolava�tutti�gli�Stati�membri�della�Comunita�.� Il�suo�regime�venne�esteso�agli�Stati�membri�dell'EFTA�e,�in�seguito,�alla� Polonia�con�la�Convenzione�di�Lugano�del�16�settembre�1988,�contenente� quasi�le�stesse�disposizioni.�Nel�suo�preambolo�vi�era�enunciato�il�fine�della� stessa,�ovvero�la�facilitazione�del�riconoscimento�e�l'esecuzione�delle�decisioni� giudiziarie,�conformemente�all'art.�293�CE,�e�il�potenziamento�nella�Comu- nita�della�tutela�giuridica�delle�persone�residenti�sul�suo�territorio.�Nel�suo� �considerando��si�dichiarava�che�a�tal�fine�era�necessario�determinare�la� competenza�degli�organi�giurisdizionali�degli�Stati�contraenti�nell'ordina- mento�internazionale.� La�Convenzione�di�Bruxelles�e�stata,�poi,�sostituita�dal�regolamento� (CE)�n.�44/2001�del�Consiglio�detto��Bruxelles�I��che�ha�lo�stesso�campo� d'applicazione�e�che�e�entrato�in�vigore�il�1.�marzo�2002.�L'art.�1�di�tale� Regolamento�delinea�il�proprio�campo�di�applicazione�prevedendo�che�esso� �... si applica in materia civile e commerciale, indipendentemente dalla natura dell'organogiurisdizionale.Essononconcerne, inparticolare, lamateriafiscale, doganaleedamministrativa (omissis)�. Nel�caso�di�specie,�tuttavia,�tale�regolamento�non�trova�applicazione,�in� quanto�ai�sensi�dell'art.�66,�primo�comma�dello�stesso,�esso�si�applica�solo� alle�azioni�proposte�dopo�la�sua�entrata�in�vigore,�mentre�l'azione�di�accerta- mento�e�stata�proposta�nel�2000.� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�57 Ai�sensi�dell'art.�16,�n.�4,�della�Convenzione�di�Bruxelles�^applicabile,� quindi,�al�caso�di�specie�^indipendentemente�dal�domicilio�hanno�compe- tenza�esclusiva�in�materia�di�registrazione�o�di�validita��di�brevetti�i�giudici� dello�Stato�contraente�nel�cui�territorio�il�deposito�o�la�registrazione�sono� stati�richiesti,�sono�stati�effettuati�o�sono�reputati�essere�stati�effettuati�a� norma�di�una�convenzione�internazionale.� IL quesitO E�stato�chiesto�alla�Corte�di�chiarire�in�che�modo�debba�essere�interpre- tato�l'art.�16,�n.�4,�della�Convenzione�di�Bruxelles�concernente�la�competenza� giurisdizionale�e�l'esecuzione�delle�decisioni�in�materia�civile�e�commerciale.� Se,�cioe��,�debba�essere�interpretato�nel�senso�che�la�competenza�esclusiva� ^fondata�su�tale�norma�^dei�giudici�dello�Stato�contraente�nel�cui�territorio� il�deposito�o�la�registrazione�di�un�brevetto�sono�stati�richiesti,�effettuati�o� reputati�essere�stati�effettuati�a�norma�di�una�convenzione�internazionale,� sussista�solo�quando�viene�proposta�un'azione�(con�efficacia�erga omnes)�di�annullamento�del�brevetto;�ovvero� sussista,�nel�caso�di�azione�sulla�validita��dei�brevetti,�quando�il�conve- nuto�in�un�procedimento�per�contraffazione�di�brevetto,�^oppure�l'attore�in� un�procedimento�diretto�ad�accertare�che�non�c'e��stata�contraffazione�del� brevetto�^sollevi�l'eccezione�che�il�brevetto�non�sarebbe�valido�o�sarebbe� nullo�e�non�si�configurerebbe�alcuna�contraffazione�del�brevetto�(a�prescin- dere�dal�fatto�che�il�giudice�adito�ritenga�fondata�o�meno�l'eccezione;�a�pre- scindere�da�quando,�nel�corso�del�procedimento,�sia�stata�sollevata�l'ecce- zione).� Causa C-6/03 (domanda di pronuncia pregiudiziale ) ^Discarica di rifiuti ^ Rifiuti biodegradabili ^Direttiva�99/31/CE�^Art.�176�CE�^Ordinanza� del��Verwaltungsgericht��(Germania)�emessa�il�4�dicembre�2002�e�notifi- cata�il�27�febbraio�2003�(cs.�5680/03,�avv.�dello�Stato�G.�Fiengo).� IquesitI Con�la�predetta�ordinanza�e��stato�chiesto�alla�Corte�di�Giustizia�delle� Comunita��Europee�di�pronunciarsi�in�via�pregiudiziale,�ai�sensi�dell'art.�234� CE,�in�merito�all'interpretazione�della�direttiva�del�Consiglio�26�aprile�1999,� 99/31/CE�relativa�alle�discariche�di�rifiuti,�in�combinato�disposto�con� l'art.�176�CE,�al�fine�di�chiarire:� 1.��Se�l'art.�5,�n.�1�della�direttiva�relativa�alle�discariche�di�rifiuti,�con� gli�obiettivi�strategici�di�riduzione�di�determinati�rifiuti�biodegradabili�desti- nati�all'interramento,�debba�essere�interpretato�nel�senso�che,�nell'ambito�del- l'art.�176�CE�e�discostandosi�dalle�misure�menzionate�dall'art.�5,�n.�2�della� direttiva�(ovvero�la�riduzione�quantitativa�dei�rifiuti�urbani�biodegradabili� ad�una�data�percentuale�del�peso�della�quantita��complessiva�di�rifiuti�urbani� biodegradabili�con�riferimento�ad�un�determinato�anno�solare)�tali�misure� possano�essere�rafforzate�con�una�disposizione�nazionale�di�trasposizione� dei�detti�obiettivi�comunitari�che�subordina�il�deposito�dei�rifiuti�urbani�e� dei�rifiuti�che�possono�essere�smaltiti�come�i�rifiuti�urbani�al�rispetto�del�cri- RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� terio�di�ripartizione�chiamato��quota�organica�del�residuo�secco�della� sostanza�originale��(definita�in�termini�di�perdita�per�agnizione�o�in�termini� di�TOC).� Nel�caso�di�soluzione�affermativa�del�precedente�quesito:� 2.a) �se�gli�obiettivi�comunitari�riportati�all'art.�5,�n.�2�della�direttiva,� debbano�essere�interpretati�nel�senso�che�per�il�rispetto�dei�requisiti�citati� sia�sufficiente,�alla�luce�del�principio�comunitario�di�proporzionalita�,�una� normativa�nazionale,�come�quella�tedesca,�che�prevede�stati�di�attuazionee� parametri�quali�quelli�indicati�nell'ordinanza�allegata,�cui�si�fa�rinvio;� 2.b) �in�sede�di�valutazione�delle�conseguenze�in�caso�di�copertura�di� rifiuti�non�pretrattati�con�rifiuti�pretrattati�con�processi�termici�o�meccanico� biologici,�se�il�principio�comunitario�di�proporzionalita�consenta�un�margine� discrezionale�ampio�o�restrittivo;�se�dal�principio�di�proporzionalita�si�possa� dedurre�la�possibilita�di�compensare�i�rischi�derivanti�da�rifiuti�pretrattati� solo�meccanicamente�con�diverse�misure�di�sicurezza.� La�ricorrente,�che�gestisce�una�discarica�centrale�di�Eiterkopfe,�richie- deva,�nel�procedimento�in�esame,�che�la�convenuta�venisse�obbligata�a�rila- sciarle�un'�autorizzazione�di�proroga�sino�al�dicembre�2013�nella�quale�le� venisse�consentita�l'occupazione�delle�aree�di�discarica�n.�5�e�n.�6�(con�rifiuti� preparati�solo�meccanicamente),�in�deroga�a�quanto�stabilito�ai�n.�2,�3,�4.03� dell'allegato�B�alla�circolare�tecnica�sui�rifiuti�urbani�(AbfAblV).� Tale�richiesta�e�stata�rigettata,�in�quanto�si�ritenne�che�essa�non�poteva� basarsi�sul�n.�2.4�della�TA�SiedlAbf,�bens|�doveva�basarsi�sul���6,�n.�2�del� nuovo�regolamento�sul�deposito�ecocompatibile�dei�rifiuti�urbani�(AbfAblV).� La�ricorrente,�a�sostegno�dell'applicazione�della�vecchia�normativa,� eccepiva�l'atipicita�del�caso�in�esame�e�soprattutto�il�contrasto�della�nuova� normativa�con�il�principio�di�legittimo�affidamento�di�proporzionalita�edi� irretroattivita�.�Eccepiva�la�violazione�della�direttiva�99/3�l/C�sostenendo�che� l'AbfAblV�fissava�criteri�diversi�e�piu�severi�rispetto�a�questa,�prevedendo� una�protezione�maggiore�e�configurando�cos|�una�misura�ad�effetto�equiva- lente�ad�una�restrizione�quantitativa�all'importazione�in�violazione�all'art.�28� CE.�Sostanzialmente,�tale�normativa�nazionale�estende�la�nozione�di�rifiuti� urbani�biodegradabili�prevista�dalla�direttiva�(arrivando�ad�includervi�tutte� le�sostanze�organiche)�e�disciplina�anche�i�rifiuti�analoghi�agli�urbani,� ponendo�maggiori�restrizioni�rispetto�la�normativa�Comunitaria.� Il�convenuto�sostiene�l'infondatezza�di�tali�argomentazioni,�rilevando�la� conformita�con�il�diritto�comunitario�del�quale�l'AbfAblV�ne�costituisce�un� rafforzamento,�in�applicazione�dei�medesimi�principi�e�finalita�,�ed�in�confor- mita�all'art.�176�CE.� La�Direttiva�del�Consiglio�6�aprile�1999,�99/31/CE�relativa�alle�discari- che�di�rifiuti,�mira�a�prevenire,�o�a�ridurre�le�ripercussioni�negative�sull'am- biente,�in�particolare�sulle�acque�superficiali,�sulle�acque�freatiche,�sul�suolo,� sull'atmosfera�e�sulla�salute�umana,�risultanti�dal�discariche�di�rifiuti�e�cio� attraverso�un'azione�di�prevenzione�e�di�controllo�delle�discariche�di�rifiuti� nella�Comunita�allo�scopo�di�instaurare�un�livello�elevato�di�prevenzione�del- l'ambiente.� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�59 Come�si�sottolinea�nei��considerando�,�emerge�la�volonta�da�parte� delle�istituzioni�europee�di�creare�un�strategia�comunitaria�mediante�criteri� e�norme�comuni�per�lo�smaltimento�dei�rifiuti�nell'intento,�per�il�futuro,� di�realizzare�nella�Comunita�solo�attivita�di�discarica�sicure�e�controllate� in�modo�da�prevenire�o�ridurre�i�potenziali�effetti�negativi�sull'ambiente� nonche�i�rischi�per�la�salute�umana.�A�tal�fine,�risulta�necessario�adottare� misure�adeguate�per�evitare�l'abbandono,�lo�scarico�e�lo�smaltimento� incontrollato�dei�rifiuti�ed�e�,�altres|�,�necessario�che�le�discariche�possano� essere�controllate�per�quanto�riguarda�le�sostanze�contenute�nei�rifiuti�ivi� depositati.� La�direttiva�in�questione�prescrive�che�gli�Stati�membri�elaborino�una� strategia�nazionale�finalizzata�alla�riduzione�dei�rifiuti�biodegradabili�da�col- locare�a�discarica�e�che�la�notifichino�alla�Commissione�che�dovra�,�poi,�pre- sentare�al�Parlamento�europeo�ed�al�Consiglio�una�apposita�relazione.�Ven- gono,�inoltre�indicate�le�tappe�temporali�attraverso�cui�addivenire�agli�obiet- tivi�prefissati.� Secondo�quanto�previsto�all'art.�176�CE,��I�provvedimenti�di�protezione� adottati�in�virtu�dell'articolo�15�non�impediscono�ai�singoli�Stati�membri�di� mantenere�e�di�prendere�provvedimenti�per�una�protezione�ancora�maggiore.� Tali�provvedimenti�devono�essere�compatibili�con�il�presente�trattato.�Essi� sono�notificati�alla�Commissione�.� Il�quadro�normativo�nazionale�cui�si�fa�riferimento�e�costituito�dal� Decreto�Legislativo�13�gennaio�2003,�n.�3�che�recepisce�la�direttiva� 1999/31/CE.�La�mancata�attuazione�della�suddetta�direttiva�entro�il�termine� stabilito�ha�dato�luogo�ad�un�ricorso�per�inadempimento�a�carico�della� Repubblica�italiana�(Causa�C-374/02)�che�ha�concluso�la�sua�fase�scritta� con�la�rinuncia�alla�replica�da�parte�della�Commissione.� L'art.�1�del�decreto�dispone�che��Per�conseguire�le�finalita�di�cui� all'art.�2�del�d.l.�5�febbraio�1997,�n.�22�(Decreto�Ronchi)�il�presente�decreto� stabilisce�i�requisiti�operativi�e�tecnici�per�i�rifiuti�e�le�discariche,�misure,�pro- cedure�e�orientamenti�tesi�a�prevenire�o�a�ridurre�il�piu�possibile�le�ripercus- sioni�negative�sull'ambiente,�in�particolare�l'inquinamento�delle�acque�super- ficiali,�delle�acque�sotterranee,�del�suolo�e�dell'atmosfera,�e�sull'ambiente�glo- bale,�compreso�l'effetto�serra,�nonche�i�rischi�per�la�salute�umana�risultanti� dalle�discariche�di�rifiuti,�durante�l'intero�ciclo�di�vita�della�discarica�.� Causa C-11/03 (domanda di pronuncia pregiudiziale) ^Prodotti farmaceutici ^ Commercio ^Prezzo imposto ^Art.�2,�n.�2,�direttiva�89/105/CEE�^ Ordinanza�del�Raad�Van�State�Afdelung�Administratie�(Belgio)�del� 9�dicembre�2002�^Iscritta�il�13�gennaio�2003�(avv.�dello�Stato�M.�Fio- rilli).� IL fattO La�NV�Boss�Pharma�ha�impugnato�la�decisione�del�Ministero�dell'Eco- nomia�1.�giugno�1999�sulla�sua�domanda�di�fissazione�del�prezzo�del�pro- dotto�farmaceutico�Bossaten.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� La�controversia�attiene�alla�trasparenza�delle�misure�che�regolano�la�fis- sazione�dei�prezzi�delle�specialita�medicinali�per�uso�umano�e�la�loro�inclu- sione�nei�regimi�nazionali�di�assicurazione�malattia.� IL quesitO Se�l'art.�2,�n.�2,�della�direttiva�del�Consiglio�21�dicembre�1988,�89/105/� CEE�riguardante�la�trasparenza�delle�misure�che�regolano�la�fissazione�dei� prezzi�delle�specialita�medicinali�per�uso�umano�e�la�loro�inclusione�nei� regimi�nazionali�di�assicurazione�malattia,�in�base�al�quale�una�decisione� con�cui�le�autorita�nazionali�competenti�decidono�di�non�permettere�la�com- mercializzazione�di�una�specialita�medicinale�al�prezzo�proposto�dal�richie- dente�debba�contenere�un�esposto�dei�motivi��basato�su�criteri�obiettivi�e� verificabili�,�debba�essere�inteso�nel�senso�che�l'autorita�competente�in�base� alla�normativa�nazionale�belga�debba,�mediante�una�disposizione�di�portata� generale,�stabilire�in�anticipo�quali�criteri�l'autorita�che�decide�sulla�singola� domanda�debba�prendere�in�considerazione�o�nel�senso�che�all'autorita�deci- dente�sia�consentito,�in�ogni�singola�decisione,�dichiarare�quali�criteri�obiet- tivi�e�verificabili�abbia�in�tal�caso�applicato�per�non�accogliere�la�domanda,� o�nel�senso�che�e�sufficiente�che�l'autorita�motivi�formalmente�la�sua�deci- sione�individuale�basandosi�su�dati�concreti�del�fascicolo,�nel�qual�caso�spetta� al�giudice�decidere�se�tali�dati�rispondono�ad�un�criterio�obiettivo�e�verifica- bile.� Causa C-16/03 (domanda di pronuncia pregiudiziale) ^Marchi ^Immissione di merce sul mercato comunitario ^Art.�7,�n.�1�della�prima�direttiva�del� Consiglio�21�dicembre�1988,�90/104/CEE�^Decisione�del��Hovra�tten� o�ver�Ska�ne�och�Blekinge��(Svezia)�emessa�il�19�dicembre�2002,�notificata� il�20�febbraio�2003�(cs.�4718/03,�avv.�dello�Stato�O.�Fiumara).� IL fattO La�Peak�Holding�AB�e�titolare�dei�marchi�PeaK Performance, Peak, R&D, ReD Oak,�registrati�in�Svezia�e�nell'Unione�europea.�La�Handelskom- pani�effettuava�la�vendita�diretta,�attraverso�negozi�in�Svezia,�di�abiti�e�altri� prodotti,�in�gran�parte�contrassegnati�da�marchi�che�erano�stati�acquistati� attraverso�importazioni�parallele,�reimportazioni,�o�in�altri�modi�non�rien- tranti�nei�normali�canali�di�distribuzione�del�titolare�del�marchio.�Il�27�set- tembre�2000�la�Handelskompani�vendeva�una�partita�di�25.000�capi�di�abbi- gliamento�della�Peak�Performance�a�meta�prezzo;�la�merce�proveniva�da�col- lezioni�degli�anni�1996-98�ed�era�stata�prodotta�fuori�dall'Europa�per�conto� della�Peak�Performance�Production�AB�e�successivamente�importata�in� Europa�per�essere�messa�in�vendita,�come�normale�assortimento�della�Peak� Performance�Production�AB.�La�Peak�Holding�AB�ha�sostenuto,�in�tale� occasione,�di�aver�disposto�che�la�partita�di�merce�non�fosse�riveduta�in�altri� Stati�europei�al�di�fuori�della�Russia�e�della�Slovenia�mentre�la�Handelskom- pani�ha�negato�tale�limitazione.�La�Handelskompani�ha�sostenuto,�in�primo� luogo,�che�i�prodotti�erano�stati�immessi�sul�mercato�in�quanto�la�Peak�Per- formance�Production�AB�aveva�consentito�all'importazione�nel�mercato� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�61 interno�e�allo�sdoganamento�di�merci�allo�scopo�di�venderle�e,�difatti,�tali� merci�sono�state�vendute�nei�negozi�di�proprieta�della�Peak�Performance�Pro- duction�AB.�La�Peak�Holding�AB�confuta,�invece,�che�le�merci�siano�state� immesse�sul�mercato�dalla�societa�o�con�il�suo�consenso.� Nella�causa�sono�sorte�questioni�attinenti�l'interpretazione�dell'espres- sione��immersi�in�commercio��di�cui�all'art.�7,�n.�1�della�prima�direttiva�del� Consiglio�del�21�dicembre�1988�n.�89/104/CEE,�sul�ravvicinamento�delle� legislazioni�degli�Stati�membri�in�materia�di�marchi�d'impresa.�L'articolo�in� questione�stabilisce�che��il�diritto�conferito�dal�marchio�di�impresa�non�per- mettealtitolaredellostesso�divietare�l'uso�delmarchio�diimpresaperprodotti� immessi�in�commercio�nella�Comunita�con�detto�marchio�dal�titolare�stesso�o� con�il�suo�consenso�.� IquesitI Si�chiede�alla�Corte�di�chiarire:� 1.��se�debba�ritenersi�che�una�merce�sia�stata�immessa�sul�mercato� per�il�fatto�che�essa�sia�stata:� a)�importata�nel�mercato�comune�e�sdoganata�dal�titolare�del�mar- chio�allo�scopo�di�venderla;� b)�messa�in�vendita�dal�titolare�del�marchio�in�negozi�di�sua�proprieta� o�in�quelli�di�una�societa�collegata�all'interno�del�mercato�comune,�senza� che�la�merce�sia�stata�ceduta;� 2.��se�il�titolare�del�marchio�possa�^qualora�una�merce�sia�stata� immessa�in�commercio�in�uno�dei�due�modi�precedentemente�esposti�e�si�sia� verificato�percio�l'esaurimento�del�diritto�del�marchio�senza�che�la�merce�sia� stata�ceduta�^far�venir�meno�l'esaurimento�del�marchio�riportando�la�merce� in�deposito;� 3.��se�una�merce�debba�essere�considerata�immessa�in�commercio�per� il�fatto�che�essa�sia�stata�ceduta�dal�titolare�del�marchio�ad�un'altra�societa� nel�mercato�interno�anche�qualora�il�titolare�del�marchio,�al�momento�della� cessione,�abbia�posto�all'acquirente�la�condizione�di�non�rivendere�ulterior- mente�la�merce�sul�mercato�comune;� 4.��se�sulla�risposta�alla�precedente�questione�influisca�la�circostanza� che�il�titolare�del�marchio�nella�cessione�della�partita�in�cui�rientra�la�merce� abbia�dato�all'acquirente�l'autorizzazione�di�rivendere�una�piccola�quantita� di�merce�all'interno�del�mercato�comune.� Causa C^20/03 (domanda di pronuncia pregiudiziale) ^Attivita� di ambulante ^ Autorizzazione all'esercizio dell'attivita� libera circolazione di merci, per- sone e servizi ^Articoli�30-37,�articoli�48�e�segg.�ed�articoli�59�e�segg.� TCE�^Ordinanza�del��Rechtbank��(Belgio)�emessa�il�16�gennaio�2003,� notificata�il�27�febbraio�2003�(cs.�5683/03,�avv.�dello�Stato�A.�Cingolo).� IL fattO Gli�opponenti,�cittadini�dei�Paesi�Bassi�e�ivi�residenti,�nella�causa� avviata�d'ufficio�dal�Pubblico�Ministero�belga�si�oppongono�all'esecuzione� della�pena�di�una�condanna�in�contumacia�pronunciata�a�loro�carico�dalla� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� sedicesima�sezione�del�Tribunale�di�primo�Grado�di�Bruges��sezione�sup- plente�durante�le�vacanze�giudiziarie��per�la�violazione�della�legge�belga� relativa�all'esercizio�dell'attivita��di�ambulante�e�all'organizzazione�dei�mercati� all'aperto.�Il�Tribunale,�ritenuta�ricevibile�l'opposizione,�ha�annullato�la�sen- tenza�impugnata�che�condannava�gli�opponenti�ad�un'ammenda�o�alla�pena� detentiva�alternativa.� L'articolo�3�della�legge�25�giugno�1993�prevede�che�l'esercizio�dell'atti- vita��di�ambulante�nel�territorio�del�Regno�sia�soggetta�a�previa�autorizza- zione�del�Ministro�o�di�un�funzionario�di�primo�livello�da�esso�delegato�e� che�la�predetta�autorizzazione�e��temporanea,�personale�e�non�trasferibile.� L'articolo�5,�n.�3�prevede,�inoltre,�che�le�disposizioni�della�medesima�legge� non�si�applicano�alla�vendita�di�quotidiani�e�riviste,�nonche�alla�vendita�di� abbonamenti�a�quotidiani��qualora�si�tratti�di�un�servizio�fornito�regolar- mente�ad�una�clientela�abituale�e�locale��agli�ordini�per�corrispondenza� ed�alla�vendita�a�mezzo�di�distributori�automatici.� Da�cio��deriva�che:�la vendita di quotidiani e riviste non�e��mai�soggetta�ad� autorizzazione;�la vendita di abbonamenti a quotidiani non�e��soggetta�ad�auto- rizzazione�qualora�si�tratti�di�un�servizio�fornito�regolarmente�ad�una�clien- tela�abituale�e�locale�o�di�ordini�per�corrispondenza�e�di�vendita�a�mezzo�di� distributori�automatici;�la vendita di abbonamenti a riviste �come�nel�caso� di�specie��e��,�invece,�sempre�soggetta�al�rilascio�di�un'autorizzazione.� IquesitI 1.��Se�gli�articoli�della�legge�belga�25�giugno�2003,�relativa�all'eserci- zio�dell'attivita��di�ambulante�e�all'organizzazione�dei�mercati�all'aperto,�inter- pretati�nel�senso�che�assoggettano�a�previa�autorizzazione�la�vendita��quale� attivita��di�ambulante��di�abbonamenti�a�riviste�nel�territorio�belga,�tanto� per�i�cittadini�belgi�quanto�per�gli�stranieri�cittadini�dell'Unione�Europea,� disponendo�che�la�violazione�a�tale�prescrizione�sia�penalmente�perseguibile,� violino�i�predetti�articoli�del�Trattato�CE.� 2.��Se�sia�rilevante�ai�fini�della�soluzione�della�predetta�questione�il� fatto�che�ai�sensi�della�legge�25�giugno�2002,�la�vendita�di�quotidiani,�riviste� e�la�vendita�di�abbonamenti�a�quotidiani�non�sia�in�alcun�modo�soggetta�a� previa�autorizzazione.� Cause�riunite�C^21/03�e�C^34/03�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^ Appalti�pubblici�di�servizi,�forniture�e�lavori�^Soggetti�legittimati�a�parte- cipare�^Incompatibilita�di�soggetti�che�abbiano�partecipato�a�fasi�prepa- ratorie�dell'appalto�^Ordinanze�del��Conseil�d'Etat��(Belgio)�emesse�in� data�27�dicembre�2002�e�notificate�il�25�marzo�2003�(cs.�7473/03,�avv.� dello�Stato�G.�Fiengo).� IL fattO La�Societe�Anonime�Fabricom�presentava�due�ricorsi�separati�formu- lando�richiesta�di�annullamento�dell'art.�26�e�dell'art.�32�del�Regio�decreto� 25�marzo�1999�il�quale�modificava�il�Regio�decreto�8�gennaio�1996�relativo� agli�appalti�pubblici�di�lavori,�forniture,�servizi�e�concessioni�di�lavori�pub- blici.� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�63 La�normativa�in�oggetto�prevede�l'obbligo�di�astenersi�dalla�presenta- zione�di�domanda�di�partecipazione��ovvero�a�formulare�un'offerta��nei� confronti�di�chi�sia�stato�incaricato�della�ricerca,�della�sperimentazione,�dello� studio�o�dello�sviluppo�di�lavori,�forniture�o�servizi.�La�ricorrente�contesta� tale�disposizione,�rilevando�come�conformemente�all'oggetto�principale�del� proprio�atto�costitutivo��ove�e�indicato��lo�svolgimento�di�tutti�i�tipi�di� lavori�nel�settore�di�trasporti�di�energie�e�di�fluidi���essa�sia�indotta�a�pre- sentare�regolarmente�offerte�relative�ad�appalti�pubblici;�tuttavia,�tale�pre- sunta�incompatibilita��consistente�nella�partecipazione�o�svolgimento�di� una�fase�preparatoria�dell'appalto��non�puo�essere�ritenuta�di�per�se� motivo�valido�e�sufficiente�di�esclusione,�dovendo�l'autorita�aggiudicatrice� dimostrare�l'esistenza�di�un�vantaggio�tale�da�falsare�il�normale�gioco�della� concorrenza.�Tale�discriminazione�comporta�la�violazione�del�principio�di� uguaglianza�(che�deve�sussistere�tra�gli�offerenti),�della�liberta�del�commercio� e�dell'industria,�nonche�l'inosservanza�dell'obbligo�di�una�corretta�trasposi- zione�delle�direttive�comunitarie�nel�diritto�belga.� Iquesiti(due ordinanze) Ordinanza n. 114.150 del 27 dicembre 2002 (causa C-21/03) 1.��Se�la�direttiva�del�Consiglio�14�giugno�1993,�93/38/CEE,�che� coordina�le�procedure�di�appalto�degli�enti�erogatori�di�acqua�e�di�energia,� degli�enti�che�forniscono�servizi�di�trasporto�nonche�degli�enti�che�operano� nel�settore�delle�telecomunicazioni,�segnatamente�il�suo�articolo�4,�n.�2,�non- che�la�direttiva�del�Parlamento�europeo�e�del�Consiglio�16�febbraio�1998,� 98/4/CE�che�modifica�la�direttiva�93/38/CEE,�citata,�in�combinato�disposto� con�il�principio�di�proporzionalita�,�con�la�liberta�di�commercio�e�di�industria� e�con�riferimento�al�diritto�di�proprieta�,�garantito�segnatamente�dal�proto- collo�20�marzo�1952,�addizionale�alla�Convenzione�per�la�salvaguardia�dei� diritti�dell'uomo�e�delle�liberta�fondamentali,�ostino�a�che�non�sia�ammesso� a�presentare�una�domanda�di�partecipazione,�ovvero�a�formulare�un'offerta� per�un�appalto�pubblico�di�lavori,�di�forniture�o�di�servizi,�chi�sia�stato�inca- ricato�della�ricerca,�della�sperimentazione,�dello�studio�o�dello�sviluppo�di� tali�lavori,�forniture�o�servizi,�senza�che�si�conceda�a�questa�persona�la�possi- bilita�di�dar�prova�che,�nelle�circostanze�del�caso�di�specie,�l'esperienza�da� essa�acquisita�non�ha�potuto�falsare�la�concorrenza.� 2.��Se�la�risposta�alla�questione�che�precede�sarebbe�diversa�qualora� le�direttive�citate,�lette�in�combinato�disposto�con�i�medesimi�principi,�liberta� e�diritti,�fossero�interpretate�nel�senso�che�esse�hanno�ad�oggetto�solamente� le�imprese�private,�ovvero�quelle�che�abbiano�effettuato�prestazioni�al�titolo� oneroso.� 3.��Se�la�direttiva�del�Consiglio�25�febbraio�1992,�92/13/CEE,�che� coordina�le�disposizioni�legislative,�regolamentari�e�amministrative�relative� all'applicazione�delle�norme�comunitarie�in�materia�di�procedure�di�appalto� degli�enti�erogatori�di�acqua�e�di�energia�e�degli�enti�che�forniscono�servizi� di�trasporto�nonche�degli�enti�che�operano�nel�settore�delle�telecomunica- zioni,�segnatamente�ai�suoi�artt.�1�e�2,�possa�essere�interpretata�nel�senso� che,�sino�alla�conclusione�della�procedura�di�esame�delle�offerte,�l'autorita� RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO aggiudicatrice puo� rifiutare la partecipazione alla procedura, ovvero la pre- sentazione di un'offerta, da parte dell'impresa che sia vincolata ad un sog- getto che sia stato incaricato della ricerca, della sperimentazione, dello studio o dello sviluppo di lavori, forniture o servizi, quando tale impresa, interro- gata in tal senso dall'autorita� aggiudicatrice, affermi che essa non beneficia per questa ragione di un vantaggio ingiustificato tale da falsare le normali condizioni concorrenziali. Ordinanza n. 114.149 del 27 dicembre 2002 (causa C-34/03) 1. �Se la direttiva del Consiglio 18 giugno 1992, 92/50/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi, con particolare riferimento al suo art. 3, n. 2, la direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/36/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture, con particolare riferimento al suo art. 5, n. 7, la diret- tiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/37/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, con particolare riferimento al suo art. 6, n. 6, e la direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio 13 otto- bre 1991, 97/52/CE, che modifica le direttive 92/50/CEE, 93/36/CEE e 93/37/CEE relative al coordinamento delle procedure di aggiudicazione rispettivamente degli appalti pubblici di servizi, degli appalti pubblici di for- niture e degli appalti pubblici di lavori, con particolare riferimento ai suoi artt. 2, n. 1, lett. b) e 3, n. 1, lett. b), in combinato disposto con il principio di proporzionalita� con la liberta� di commercio e di industria e con riferi- mento al diritto di proprieta� , garantito segnatamente dal protocollo 20 marzo 1952, addizionale alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta� fondamentali, ostino a che non sia ammesso a pre- sentare una domanda di partecipazione, ovvero a formulare un'offerta per un appalto pubblico di lavori, di forniture o di servizi, chi sia stato incaricato della ricerca, della sperimentazione, dello studio o dello sviluppo di tali lavori, forniture o servizi, senza che si conceda a questa persona la possibilita� di dar prova che, nelle circostanze del caso di specie, l'esperienza da essa acquisita non ha potuto falsare la concorrenza. 2. �Se la risposta alla questione che precede sarebbe diversa qualora le direttive citate, lette in combinato disposto con i medesimi principi, liberta� e diritti, fossero interpretate nel senso che esse hanno ad oggetto solamente le imprese private, ovvero quelle che abbiano effettuato prestazioni al titolo oneroso; 3. �Se la direttiva del Consiglio 21 dicembre 1989, 89/665/CEE, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all'applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazionedegli appalti pubblici di forniture e di lavori, con particolare riferimento ai suoi artt. 2, n. 1, lett. a), e 5, possa essere interpretata nel senso che, sino alla conclusione della procedura di esame delle offerte, l'autorita� aggiudicatrice puo� rifiutare la partecipazione alla procedura, ovvero la presentazione di un'offerta, da parte dell'impresa che sia vincolata ad un soggetto che sia stato incaricato della ricerca, della sperimentazione, dello studio o dello svi- luppo di lavori, forniture o servizi, quando tale impresa, interrogata in tal IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE ^I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 65 senso dall'autorita� aggiudicatrice, affermi che essa non beneficia per questa ragione di un vantaggio ingiustificato tale da falsare le normali condizioni concorrenziali. C-25/03 (domanda di pronuncia pregiudiziale) ^Appalti pubblici di servizi, forniture e lavori ^Contratto in proprio esente da gara di appalto ^ Applicabilita� della direttiva 89/665/CEE ^Ordinanza del �Oberlande- sgericht� (Germania) emessa in data 8 gennaio 2003, notificata il 3 aprile 2003 (cs. 7357/03, avv. dello Stato G. Fiengo). IL fattO La ricorrente (costituita da tre societa� aventi per oggetto sociale la gestione di impianti di riciclaggio e di smaltimento dei rifiuti) ha presentato ricorso all'autorita� giudiziaria competente al fine di obbligare la resistente �un ente territoriale in qualita� di ente aggiudicatore �a bandire la proce- dura di appalto aperta per il conferimento dell'incarico di smaltimento della quantita� di rifiuti che verranno a prodursi nel territorio a partire dal mese di giugno 2005. In tale ricorso e� stata eccepita una violazione della norma- tiva sugli appalti in quanto, in mancanza dei presupposti per la qualifica di �contratto interno�, non e� stata indetta alcuna gara d'appalto. Risulta per- tanto necessario stabilire, ai fini della fondatezza del ricorso, se la fattispecie posta in essere possa configurarsi quale contratto in proprio esente da gara di appalto. A tal fine, occorre chiarire se la societa� di partecipazione in mano pubblica (nella quale pertanto vi sia una partecipazione societaria privata) possa o meno essere riconosciuta quale azienda interna dell'autorita� aggiudi- catrice determinando in tal modo la non applicabilita� della normativa in materia di appalti. IquesitI a)�Con�riferimento�all'interpretazione�dell'art.�1�n.�1�della�direttiva� 89/665/CEE�cos|�come�integrata�dall'art.�41�della�direttiva�92/50/CEE:� 1. �Se tale articolo imponga agli Stati membri di garantire un ricorso efficace e quanto piu� rapido possibile avverso la decisione dall'autorita� aggiu- dicatrice di non aggiudicare un appalto pubblico mediante un procedimento conforme alle disposizioni delle direttive in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici. 2. �Se tale articolo imponga, altres|� agli Stati membri di garantire un ricorso efficace e quanto piu� rapido possibile avverso le decisioni assunte dalle autorita� aggiudicatrici prima della formale indizione della gara d'ap- palto, in particolare avverso la decisione relativa alla questione, di carattere preliminare, se un determinato procedimento di acquisizione rientri o meno nell'ambito d'applicazione soggettivo o oggettivo delle direttive in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici, ovvero se in via di eccezione sussista una deroga alla normativa sugli appalti. 3. �In caso di risposta positiva sulla questione pregiudiziale sub 1 e di risposta negativa alla questione pregiudiziale sub 2, se uno Stato membro adempia all'obbligo di cui al precitato art. 1, n. 1, nel caso in cui l'accesso RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� alla�procedura�di�ricorso�venga�concesso�solamente�con�il�raggiungimento�di� una�fase�formale�determinata�del�procedimento�di�acquisizione,�ad�esempio� a�partire�all'avvio�delle�trattative�scritte�o�orali�con�un�terzo.� b) Con riferimento all'interpretazione dell'art. 1, lett. a), della direttiva 92/50/CEE, tenuto conto della modifica apportata dal direttiva 97/52/CE: 1.��Presupponendo�che�un'amministrazione�aggiudicatrice,�quale�un� ente�territoriale,�intenda�stipulare�con�un�ente�formalmente�distinto�da�essa� un�contratto�scritto�a�titolo�oneroso�avente�ad�oggetto�servizi,�quale�rientri� nell'ambito�d'applicazione�della�direttiva�di�coordinamento�dei�servizi:�pre- supponendo�inoltre�che�tale�contratto�non�rappresenti,�in�via�di�eccezione,� un�appalto�pubblico�di�servizi�ai�sensi�dell'art.�1,�lett.�a),�della�direttiva�di� coordinamento�dei�servizi,�in�quanto�l'ente�con�cui�si�stipula�il�contratto�sia� riconducibile�alla�pubblica�amministrazione�ovvero�sia�qualificabile�come� impresa�dell'amministrazione�aggiudicatrice,�se�la�qualificazione�di�un�tale� contratto�come�contratto�in�proprio�esente�da�gara�d'appalto�debba�sempre� escludersi�qualora�vi�sia�la�semplice�partecipazione�societaria�di�un'impresa� privata�nell'ente�con�cui�si�stipula�il�contratto.� 2.��Nel�caso�di�risposta�negativa�alla�precedente�questione�pregiudi- ziale,�a�quali�condizioni�un�ente�in�cui�vi�sia�la�partecipazione�societariadi� privati�sia�riconducibile�alla�pubblica�amministrazione�ovvero�se�sia�qualifi- cabile�come�impresa�dell'amministrazione�aggiudicatrice.�In�particolare:� 2.1��se,�per�poter�qualificare�una�societa�di�partecipazione�pubblica� come�impresa�dell'amministrazione�aggiudicatrice�con�riferimento�all'am- piezza�e�all'intensita�del�controllo,�sia�sufficiente�che�l'amministrazione� aggiudicatrice�eserciti�sulla�societa�stessa�la�sua��influenza�dominante��ai� sensi�degli�artt.�1,�n.�2,�e�13,�n.�1,�della�direttiva�93/38/CEE�(che�coordina�le� procedure�di�appalto�degli�enti�erogatori�di�acqua�e�di�energia,�degli�enti� che�forniscono�servizi�di�trasporto�nonche�degli�enti�che�operano�nel�settore� delle�telecomunicazioni);� 2.2��se�l'influenza,�giuridicamente�prevista,�che�puo�esercitare�il� socio�privato�della�societa�di�partecipazione�pubblica�quanto�all'individua- zione�degli�obiettivi�dell'ente�con�cui�si�stipula�il�contratto�e/o�quanto�alle� singole�decisioni�relative�alla�conduzione�dell'impresa,�escluda�la�qualifica- zione�di�quest'ultima�come�impresa�dell'amministrazione�aggiudicatrice;� 2.3��se,�per�poter�qualificare�una�societa�di�partecipazione�pubblica� come�impresa�dell'amministrazione�aggiudicatrice,�con�riferimento�al�criterio� dell'ampiezza�e�all'intensita�del�controllo,�sia�sufficiente�un�ampio�potere� direttivo�in�ordine�alle�decisioni�relative�alla�stipulazione�del�contratto�e�alla� fornitura�dei�servizi�nella�concreta�procedura�di�acquisizione;� 2.4��se,�per�poter�qualificare�una�societa�di�partecipazione�pubblica� come�impresa�dell'amministrazione�aggiudicatrice,�con�riferimento�al�criterio� dello�svolgimento�della�parte�piu�importante�della�sua�attivita�in�favore�del- l'autorita�aggiudicatrice,�sia�sufficiente�che�almeno�l'80%�della�cifra�d'affari� media�realizzata�nella�Comunita�dalla�societa�in�questione�negli�ultimi�tre� anni�in�materia�di�servizi�derivi�dalla�fornitura�di�detti�servizi�all'autorita� aggiudicatrice�ovvero�alle�imprese�ad�essa�collegate�o�ad�essa�riconducibili,� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�67 ovvero,�qualora�la�societa�mista�non�abbia�ancora�maturato�un'attivita�trien- nale,�sia�sufficiente�che�possa�prevedersi�il�rispetto�della�citata��norma� dell'80%�.� C-28/03 (domanda di pronuncia pregiudiziale) ^Assicurazione diretta diversa dall'assicurazione sulla vita ^Privilegio sull'accantonamento cautelare dei crediti d'impresa d'assicurazione ^Art.�15�e�16�della�direttiva� 73/239/CE�e�art.�17�e�18�della�direttiva�79/267/CE�^Ordinanza�del� �Sinvoulio�Tim�Epicrateias��(Grecia)�emessa�il�23�ottobre�2002�e�notifi- cata�il�19�marzo�2003�(cs.�7472/03,�avv.�dello�Stato�G.�Fiengo).� IL fattO Il�ricorrente�e�una�persona�giuridica�di�diritto�privato,�che�si�occupa�del� pagamento�del�risarcimento�derivante�da�responsabilita�civile�per�infortuni� automobilistici�e�che,�una�volta�versato�il�risarcimento,�si�surroga�definitiva- mente�nei�diritti�del�danneggiato�derivanti�dall'incidente�stradale�nei�con- fronti�dell'obbligato�al�risarcimento�o�del�suo�assicuratore.� A�seguito�di�revoca�definitiva�dell'autorizzazione�alla�costituzione�ed�al� funzionamento�di�una�societa�di�assicurazione�(Intercontinental�A.E.)�si� disponeva�il�sequestro,�a�titolo�di�provvedimento�cautelare,�del�patrimonio� mobiliare�ed�immobiliare�della�stessa�e,�successivamente,�si�procedeva�al�dis- sequestro�di�parte�dei�predetti�beni�patrimoniali�per�la�copertura�in�via�privi- legiata�dei�crediti�da�lavoro�dipendente.�Il�ricorrente�chiedeva,�quindi,�l'an- nullamento�di�tale�ultimo�provvedimento�argomentando�che,�versando�gli� importi�dovuti�a�titolo�di�risarcimento�da�una�societa�d'assicurazione�in�liqui- dazione,�con�il�dissequestro�dell'accantonamento�cautelare�di�tale�impresa,� per�la�copertura�in�via�privilegiata�dei�crediti�da�lavoro�di�quest'ultima,si� riduce�il�patrimonio�sul�quale�potranno�soddisfarsi�i�propri�crediti�nei�con- fronti�di�tale�societa�d'assicurazione.� Secondo�l'interpretazione�delle�direttive�comunitarie,�proposta�dal�ricor- rente,�la�previsione�per�le�imprese�di�assicurazione�di�un�obbligo�di�costituire� �riserve�tecniche�,�di�mettere�a�disposizione�attivi�patrimoniali�a�copertura� di�queste�ultime,�e�di�predisporre�un��margine�di�solvibili�dei�crediti,�suggeri- rebbe�l'esistenza�di�un�privilegio�degli�assicurati�(nonche�dei�loro�aventi� causa)�rispetto�a�tali�accantonamenti.� Tuttavia,�secondo�il�Ministero�dello�Sviluppo,�in�base�all'art.�35,�n.�9,� della�legge�greca�2496/1997,�il�privilegio�di�cui�godono�sull'accantonamento� cautelare�i�dipendenti�di�un�impresa�di�assicurazione�per�crediti�derivanti� dal�loro�rapporto�di�lavoro�prevale�sul�privilegio�cui�godono�sullo�stesso� accantonamento�gli�assicurati�(nonche�i�loro�aventi�causa).� IL quesitO Alla�luce�di�quanto�disposto�in�particolare,�agli�artt.�15�e�16�della�prima� direttiva�del�Consiglio�73/239/CE,�recante�coordinamento�delle�disposizioni� legislative,�regolamentari�ed�amministrative�in�materia�di�accesso�e�di�eserci- zio�dell'assicurazione�diretta�diversa�dell'assicurazione�sulla�vita�come�com- pletata�e�modificata�dalla�seconda�direttiva�del�Consiglio�88/357/CE�nonche� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� dalla�terza�direttiva�del�Consiglio�92/49/CE�nonche�agli�artt.�17�e�18�della� prima�direttiva�del�Consiglio�79/267/CE,�recante�coordinamento�delle�dispo- sizioni�legislative,�regolamentari�ed�amministrative�riguardanti�l'accesso� all'attivita�dell'assicurazione�diretta�sulla�vita�ed�il�suo�esercizio,�come�modi- ficata�e�completata�dalla�seconda�direttiva�del�Consiglio�90/619/CE�nonche� dalla�terza�direttiva�del�Consiglio�92/96/CE,�se�il�legislatore�nazionale�possa� disporre�che,�nel�caso�in�cui�un'impresa�di�assicurazione�fallisca,�sia�posta� in�liquidazione�o�venga�a�trovarsi�in�una�analoga�situazione�di�insolvenza,i� crediti�derivanti�da�rapporto�di�lavoro�dipendente�con�questa�ultima�siano� soddisfatti�in�via�privilegiata�sugli�attivi�compresi�nelle�riserve�tecniche,� rispetto�ai�crediti�dei�beneficiari�di�un'assicurazione�nonche�dei�loro�aventi� causa�a�titolo�universale�o�particolare.� LA posizionE deL GovernO italianO Il�Ministero�della�giustizia�ha�fatto�pervenire�le�seguenti�osservazioni:� �Questo�Ufficio,�per�quanto�di�competenza,�non�rinviene�alcun�interesse�da� parte�del�Governo�italiano�ad�intervenire�nella�causa�in�oggetto,�in�quanto�esiste� gia�unadirettiva�chegarantisce�lapossibilita�dellascelta�diqualicreditiprivile- giare.� Infatti�la�direttiva�n.�2001/17/CE,�garantendo�la�tutela�degli�assicurati,�dei� contraentidiunapolizza,�deibeneficiariediognipartelesachegodadeldiritto� di�azione�diretta�nei�confronti�dell'impresa�di�assicurazione�su�un�credito�risul- tantedaoperazionidiassicurazione,�stabiliscechegliStatimembripossanosce- gliere�se�concedere�ai�crediti�di�assicurazione�il�privilegio�assoluto�su�ogni�altro� credito�o�unparticolareprivilegio�sulqualepossanoprevalere�soltanto�icrediti� lavorativi,�previdenziali,fiscalie�idirittireali.�Dunque,�nulla�vietaaduno�Stato� membro�di�stabilire�una�gerarchia�fra�varie�categorie�di�crediti�(senza,�pero�,� alcunadiscriminazionetracreditori,�basatasunazionalita�oresidenza)�.� Causa C-31/03 (domanda di pronuncia pregiudiziale) ^Medicinali per uso umano e medicinali veterinari ^Certificato protettivo complementare ^ Art.�19,�n.�1�Regolamento�92/1768/CEE�^Ordinanza�del�Bundesge- richtshof�(Germania)�emessa�il�17�dicembre�2002�-Registrata�il�27�gen- naio�2003�(avv.�dello�Stato�M.�Fiorilli).� IL fattO In�data�15�giugno�1994�nella�Repubblica�Federale�di�Germania,�veniva� autorizzato�il�medicinale��Dostinex��per�uso�umano.�Nell'autorizzazione� veniva�menzionata�la��Cabergolina��quale�componente�attiva�del�medicinale.� Questo�principio�attivo�e�stato�autorizzato,�in�quanto�medicinale�per�uso� umano,�per�la�prima�volta�all'interno�della�Comunita�Europea�il�21�ottobre� 1992�nei�Paesi�Bassi.� L'autorizzazione�del��Dostinex��e�stata�la�prima�autorizzazione�di� immissione�in�commercio�di�tale�prodotto�protetto�in�quanto�medicinale� all'interno�del�paese.� Tuttavia�il�7�gennaio�1987�era�gia�stata�rilasciata�in�Italia�un'autorizza- zione�riferita�ad�un�medicinale,�il��Galastop�,�per�uso�veterinario,�che�con- tiene�anch'esso�il�principio�attivo��Cabergolina�.� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�69 La�richiedente�ha�presentato�una�domanda�di�rilascio�di�un�certificato� protettivo�complementare�il�13�dicembre�1994.�Il�certificato�e��stato�richiesto� in�via�principale�per�il�principio�attivo��Cabergolina��in�forma�di�base�libera� o�di�sale,�farmaceuticamente�ammissibile�ottenuto�per�addizione�di�acidi;in� subordine�per�il�principio�attivo�del�medicinale��Dostinex��in�tutte�le�forme� coperte�dalla�protezione�del�brevetto�di�base.� La�ricorrente�nel�procedimento�a�quo,�titolare�di�un�brevetto�tedesco,� richiesto�il�31�marzo�1981�ed�estintosi�nel�frattempo�per�decorrenza�di�ter- mine,�avente�ad�oggetto�una�analoga�combinazione�di�principi�attivi�ritiene� che�l'autorizzazione�del�medicinale�veterinario��Galastop��non�debba�essere� presa�in�considerazione�nel�caso�di�specie�poiche�nel�regolamento�sul�certifi- cato�protettivo�verrebbe�operata�una�distinzione�sostanziale�tra�medicinali� per�uso�umano�e�veterinari�i�quali�vengono�esaminati�ed�autorizzati�con� procedure�amministrative�di�autorizzazione�diverse�ed�indipendenti�le�une� dalle�altre.�La�richiesta�e��stata�respinta�dal�Deutsches�Patent-und�Marke- namt�(Ufficio�tedesco�dei�brevetti�e�marchi)�riguardo�sia�alla�domanda�prin- cipale�sia�a�quella�in�subordine.�Questi�ha�ritenuto�che�sia�prima�autorizza- zione�ai�sensi�dell'art.�19�n.�1�del�Regolamento�sul�certificato�protettivo,� l'autorizzazione�rilasciata�in�Italia�il�7�gennaio�1987.�Cio��e��valido�a�prescin- dere�dal�fatto�che�l'autorizzazione�italiana�si�riferisca�ad�un�medicinale�veteri- nario,�mentre�la�domanda�di�rilascio�del�richiedente�riguarda�l'autorizzazione� di�un�medicinale�per�uso�umano.� IL quesitO Se�al�rilascio�di�un�certificato�protettivo�complementare�in�uno�Stato� membro�della�Comunita��sulla�base�di�un�medicinale�per�uso�umano�autoriz- zato�nel�detto�Stato�membro�osti�la�circostanza�che,�prima�della�data�stabi- lita�dall'art.�19�n.�1,�del�Regolamento�sul�certificato�protettivo,�in�un�altro� Stato�membro�della�Comunita��sia�stata�rilasciata�un'autorizzazione�di�immis- sione�in�commercio�dello�stesso�prodotto�in�quanto�medicinale�veterinario,� ovvero�rilevi�unicamente�la�data�in�cui�il�prodotto�e��stato�autorizzato�in� quanto�medicinale�per�uso�umano�nella�Comunita��.� NotA La�rilevanza�della�questione�deriva�dalla�necessita�di�interpretare�in�modo� certo�la�normativa�relativa�al�rilascio�di�un�certificato�protettivo.�Questa�si�pre- figge�di�rafforzare,�nel�campo�della�ricercafarmaceutica,�la�tutela�commerciale� delbrevettorelativoaiprincipiattivideimedicinali.�Lanormativadiriferimento� nel�caso�in�specie�e�il�Regolamento�(CEE)�del�18�giugno�1992,�n.�1768,�piu�in� particolare�alla�base�della�tesi�della�richiedente�vengono�posti�l'art.�2,art.�3� lett.�b)�e�d),�art.�8�n.�1�lett.�b)�e�art.�14�lett.�d).�Dall'analisi�di�queste�norme� emergerebbe�una�evidente�distinzione�tra�i�medicinali�ad�uso�umano�e�quelliad� uso�veterinario,�per�i�quali,�infatti,�il�legislatore�avrebbe�volontariamente�richia- mato�normative�^relative�a�procedure�di�autorizzazione�per�l'immissione�in� commercio�(di�seguito�A.I.C.)�^differenti�ossia�rispettivamente�la�Dir.�65/65/� CE�e�la�Dir.�81/851/CE.�Inteso�in�questi�termini�il�richiamo�alle�normative,ne� conseguirebbe�una�interpretazione�dell'articolo�19�n.�1�del�Regolamento�tale�da� considerare�esistenti�i�requisiti�in�virtu�dei�quali�sarebbe�possibile�concederle�un� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� certificato�protettivo�complementare.�Infatti�l'art.�19�prevede�come�requisito� fondamentale�^oltre�alla�titolarita�di�un�brevetto�in�vigore�^il�rilascio�di�una� prima�autorizzazione�all'immissione�in�commercio�nella�Comunita�o�nel�rispet- tivo�territorio;�questa,�secondo�tale�prospettiva,�sarebbe�da�ritenere�quella�rila- sciata�alla�richiedente,�relativamente�al�medicinale�da�essa�prodotto�per�utilizzo� umano.� Contrariamente�e�possibile�ritenere,�pero�,�che�partendo�dal�termine��medi- cinale�,�alla�luce�della�stessa�normativa,�non�si�possa�ravvisare�alcuna�differen- ziazione�nell'utilizzo�che�il�legislatorefa�dei�termini��umane��ed��animali�,�i� quali�vengono�richiamati�esclusivamente�come�modalita�di�utilizzo�di�un�deter- minato�principio�attivo�(art.�1�lett.�a),�infatti�si�intende�per�medicinale�ogni sostanza�o�composizione�presentate�come�avente�proprieta�curative�o�profilatti- � che�delle�malattie�umane�o�animali�[...]�;�inoltre,�sempre�secondo�l'art.�1� lett.�b),�si�deve�intendere�ilprodotto�come��principio�attivo�o�la�composizione� di�principi�attivi�di�un�medicinale�.�Conseguentemente�alla�luce�di�tali�defini- zioni�il�certificato�e�rilasciato�se�i)�il��prodotto��(inteso�come�principio�attivo� o�composizionediquesti)�siaprotetto�dabrevetto�invigore,�se�ii)perilprodotto� �in�quanto�medicinale��sia�rilasciata�un�A.I.C.�secondo�le�direttive�di�cuisopra� eseiii)�questaautorizzazionesialaprimadel�prodottoinquantomedicinale�.� Anche�l'art.�4.del�Regolamento�individua,�come�oggetto�della�protezione�del� certificato,�il�prodotto�inquantomedicinale.Irichiamifatti,dallegislatore,� al��medicinale��in�senso�piu�ampio,�escluderebbero�che�si�possa�interpretare�la� normativa�in�modo�da�ravvisarvi�un�rinvio�alle�normative�determinate�dai�diffe- renti�usi,�quello�umano�e�veterinario.�Le�procedure�per�le�A.I.C.�di�un�medici- nale�per�uso�umano�o�veterinario�sono�differenti,�soprattutto�relativamente�alla� presentazionedelleprovefarmacologichee�tossicologiche,�manonsembrache� il�legislatore�si�sia�voluto�riferire,�nel�Regolamento�n.�1768/1992,�al�tipo�di�uso� di�utilizzo�della�sostanza�brevettata.�La�conseguenza�di�tutto�cio�comporterebbe� chel'art.�19n.�1possaessereinterpretatonelsensodiconsiderarecomeprima� autorizzazione�per�l'immissione�in�commercio�quella�rilasciata�al��Galastop�� inItalianel1987seppurperuso�veterinario.� Anche�la�giurisprudenza,�seppur�scarsa�sulla�tematica,�si�e�orientata�nel� considerare,�aifini�di�una�A.I.C.,�il��medicinale��senza�alcuna�differenziazione� relativamente�al�tipo�di�utilizzo�che�ne�viene�fatto�(Causa�110/95,�sent.�del�12� giugno�1997,�Yamanouchi�Pharmaceutical�Co�Ltd�c.�Comptroller-General�of� Patents,�Designs�and�Trade�Marks).� Causa�C-32/03�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^IVA�^Detrazione�^ Contratto�di�locazione�^Esercizio�di�attivita�economica�indipendente�^ Art.�4,�nn.�1-3,�direttiva�77/388/CEE�^Ordinanza�del��Hojesteret�� (Danimarca)�emessa�il�22�gennaio�2003,�notificata�il�19�marzo�2003� (cs.�5931/03,�avv.�dello�Stato�A.�Cingolo).� IL fattO La�societa�in�nome�collettivo�appellante�afferma�in�via�principale�il� diritto�di�detrarre�l'IVA�riguardante�la�locazione�di�locali�conclusa�per�l'eser cizio�di�un'attivita�economica�di�ristorazione,�anche�successivamente�alla� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�71 chiusura�del�ristorante,�adducendo,�a�sostegno�della�sua�posizione,�la�circo- stanza�che�il�contratto�di�locazione�professionale�e�stato�concluso�con�un� divieto�di�recesso�della�durata�di�dieci�anni�per�entrambe�le�parti.�Di�conse- guenza,�il�contratto�di�locazione�professionale�concluso�dalla�societa�come� elemento�di�un'attivita�economica�professionale�di�ristorazione,�secondo�le� normali�condizioni�di�esercizio�di�quest'ultima,�di�per�se�realizzerebbe�un'atti- vita�economica�indipendente�tale�da�consentire�la�detrazione�dell'IVA� (art.�37�della�legge�sull'IVA�e�l'art.�4�della�direttiva�IVA).� Il�Ministero�delle�Finanze,�invece,�sostiene�che�la�sola�circostanza�che�la� societa�sia�stata�in�possesso�di�un�contratto�di�locazione,�non�e�influente�ai� fini�di�stabilire�se�essa�abbia�effettivamente�svolto�un'attivita�economica�indi- pendente�ai�sensi�della�sesta�direttiva�IVA,�tenuto�conto�anche�del�fatto�che� la�societa�non�avrebbe�attivamente�cercato�di�conseguire�introiti�di�una�certa� stabilita�.�Al�contrario,�la�societa�avrebbe�cessato�l'attivita�di�ristorazione�per� il�cui�esercizio�era�registrata,�facendo�in�tal�modo�venire�meno�il�collega- mento�diretto�ed�immediato�tra�operazioni�effettuate�a�monte�ed�operazioni� effettuate�a�valle.� IquesitI 1.��Se�possa�ritenersi�che�una�persona�eserciti�un'attivita�economica� indipendente�ai�sensi�dell'art.�4,�nn.�1�e�3,�della�sesta�direttiva�IVA,�in�una� situazione�in�cui�l'interessato�ha�concluso�volontariamente�un�contrattodi� locazione�come�elemento�di�un'attivita�economica�indipendente,�in�cui�l'effet- tiva�attivita�e�attualmente�cessata,�ma�il�contratto�di�locazione�ha�continuato� ad�esistere�per�un�certo�periodo�per�una�clausola�di�divieto�di�recesso�ed�in� cui,�dopo�che�l'attivita�effettiva�e�cessata,�nel�godimento�del�contratto�di� locazione�non�vengono�effettuate�operazioni�soggette�ad�IVA�allo�scopo�di� procurarsi�introiti�di�una�certa�stabilita�.� 2.��Se�per�la�risposta�alla�questione�non�abbia�qualche�rilevanza�il� fatto�che�l'interessato,�per�la�durata�residuale�del�periodo�in�cui�vige�il�divieto� di�recesso,�cerchi�attivamente�o�di�sfruttare�l'esistenza�della�locazioneper� effettuare�operazioni�soggette�ad�IVA�allo�scopo�di�procurarsi�introiti�di� una�certa�abilita�o�di�cedere�la�locazione,�e�se�sia�di�un�qualche�rilievo�la� durata�del�periodo�in�cui�vige�il�divieto�di�recesso�o�della�parte�residuale�di� esso.� Causa C-36/03 (domanda di pronuncia pregiudiziale) ^Commercio di medicin ali ^Esonero dall'obbligo di presentare le prove cliniche ^Art.�10,�n.�1,� lett.�a),�iii)�Direttiva�2001/83/CE�^Ordinanza�High�Court�of�Justice� (Regno�Unito)�del�23�dicembre�2002�^Iscritta�il�3�febbraio�2003�(avv.� dello�Stato�M.�Fiorilli).� IL fattO La�domanda�di�pronuncia�pregiudiziale�viene�sollevata�nell'ambito�di�un� procedimento�avente�ad�oggetto�la�corretta�interpretazione�dell'art.�10,n.�1,� della�direttiva�2001/83/CE.�In�particolare,�il�procedimento�riguarda�le� circostanze�in�cui�colui�che�richiede�un'autorizzazione�all'immissione�in�com- RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� mercio�per�un�prodotto�medicinale�possa�essere�esonerato�dall'obbligo�di� presentare�i�risultati�di�taluni�esami�e�prove�cliniche�e�possa�invece�far�riferi- mento�ai�dati�presentati�da�un�diverso�richiedente�in�relazione�ad�un�altro� prodotto,�qualora�tale�prodotto�sia�stato�autorizzato�da�meno�di�dieci/sei� anni,�ma�sia�collegato�a�(o�costituisca�una��estensione�della�gamma��di)�un� prodotto�originale�che�e�stato�autorizzato�da�piu�di�sei/dieci�anni.� IquesitI Se�una�domanda�di�autorizzazione�all'immissione�in�commercio�per�un� prodotto�medicinale�C�possa�essere�validamente�presentata�in�base�all'art.�10,� n.�1,�lett.�a),�iii),�primo�comma,�della�direttiva�2001/83/CE�qualora�con�la� domanda�si�cerchi�di�dimostrare�che�il�prodotto�C�e�essenzialmente�analogo� a�un�altro�prodotto,�il�prodotto�B,�in�circostanze�in�cui:� 1.��il�prodotto�B�e�collegato�a�un�prodotto�medicinale�originale�A,� in�quanto�il�prodotto�B�e�stato�autorizzato�come�una��estensione�della� gamma��del�prodotto�A,�ma�ha�una�forma�farmaceutica�diversa�rispetto�al� prodotto�A�o�non�e�altrimenti��essenzialmente�analogo��al�prodotto�A�ai� sensi�dell'art.�10,�n.�1,�lett.�a),�iii);�e� 2.��il�prodotto�A�e�stato�autorizzato�per�l'immissione�in�commercio� nella�Comunita�da�piu�del�periodo�di�sei/dieci�anni�previsto�nell'art.�10,� n.�1,�lett.�a),�iii);�e� 3.��il�prodotto�B�e�stato�autorizzato�per�l'immissione�in�commercio� da�meno�del�periodo�di�sei/dieci�anni�previsto�nell'art.�10,�n.�1,�lett.�a),�iii).� NotA Il�procedimento�in�questione�riguarda�la�richiesta�di�autorizzazione�al- l'immissione�in�commercio�per�un�prodotto�medicinale�e�l'esonero,�per�il�richie- dente,�dall'obbligo�di�presentazione�dei�risultati�di�taluni�esami.�Il�richiedente,� infatti,�rimandavaairisultatidelleproveclinichepresentatedaundiversorichie- dente�in�relazione�ad�un�altro�prodotto�autorizzato�da�meno�di�dieci/sei�anni� ma��essenzialmente�analogo��ad�un�prodotto�originale�autorizzato�da�piu�di� dieci/sei�anni.� L'art.�10,�n.�1,�lett.�a),�iii),�della�Direttiva�2001/19831CE�dispone:��Il� richiedente�non�e�tenuto�a�fornire�i�risultati�delle�prove�tossicologiche�e�far- macologiche,�o�i�risultati�delle�prove�cliniche,�se�puo�dimostrare�[...]�che�il� medicinale�e�essenzialmente�analogo�ad�un�medicinale�autorizzato�secondo� le�disposizioni�comunitarie�in�vigore�da�almeno�sei�anni�nella�Comunita�ein� commercio�nello�Stato�membro�cui�si�riferisce�la�domanda;�questo�periodo� e�di�dieci�anni�quando�si�tratta�di�un�medicinale�di�alta�tecnologia�autoriz- zato�in�virtu�della�procedura�istituita�dall'art.�2,�par.�5,�della�Direttiva�87/� 22/CE�del�Consiglio;�inoltre,�uno�Stato�membro�puo�altres|�estendere�questo� periodo�a�dieci�anni�con�decisione�unica�concernente�tutti�i�medicinali� immessi�in�commercio�nel�suo�territorio�se�ritiene�che�le�esigenze�della�salute� pubblica�lo�richiedano.�Gli�Stati�membri�possono�non�applicare�il�periodo� di�sei�anni�oltre�la�data�di�scadenza�di�un�brevetto�che�protegge�il�medicinale� originale�.� La�nozione�di�prodotto��essenzialmente�analogo��^di�cui�all'art.�10,�n.�1,� lett.�a),�iii)�^e�stato�esaminato�dalla�Corte�di�Giustizia�nella�Sentenza�3�dicem- IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�73 bre�1998,�causa�C-368/1996,�Generics,�in�cui�si�afferma:��[...]�i�criteri�utilizza- bili�per�delimitare�la�nozione�di�similarita�essenziale�tra�specialita�medicinali� sono�dati�dalla�medesima�composizione�qualitativa�e�quantitativa�in�termini� di�principi�attivi,�dalla�medesima�forma�farmaceutica�e,�se�del�caso,�dalla� bioequivalenza�tra�i�due�medicinali�accertata�con�studi�appropriati�di�biodi- sponibilita��.�La�Corte�ha�poi�aggiunto�che�una�specialita�medicinale�e�essen- zialmente�simile�a�una�specialita�originale�quando�soddisfa�i�criteri�dell'identita� della�composizionequalitativaequantitativa�inprincipiattivi,�dell'identita�della� formafarmaceutica�e�della�bioequivalenza,�a�condizione�che�non�appaia�chela� specialita�presenta�differenze�significative�rispetto�alla�specialita�originale�per� quanto�riguarda�la�sicurezza�o�l'efficacia.� Causa C-43/03 (Commissione c/ Repubblica italiana) ^Ricorso per inadempi- mento ^Organizzazione dei controlli ufficiali nel settore dell'alimenta- zione animale ^Direttiva�2000/77/CE�che�modifica�la�direttiva� 95/53/CE�(cs.�9200/03,�avv.�dello�Stato�A.�Cingolo).� IL fattO La�Commissione�delle�Comunita�Europee�ha�proposto�ricorso,�a�termini� dell'art.�226�CE,�diretto�a�far�constatare�che�la�Repubblica�italiana,�non� avendo�adottato�le�disposizioni�legislative,�regolamentari�e�amministrative� necessarie�per�conformarsi�alla�direttiva�2000/77/CE�del�Parlamento�euro- peo�e�del�Consiglio,�del�14�dicembre�2000,�recante�modifica�della�direttiva� 95/53/CE�del�Consiglio�che�fissa�i�principi�relativi�all'organizzazione�dei�con- trolli�ufficiali�nel�settore�dell'alimentazione�animale,�o,�in�ogni�caso,�non� avendole�comunicate�alla�Commissione,�e�venuta�meno�agli�obblighi�che�le� incombono�in�virtu�dell'art.�2,�n.�1�di�tale�direttiva�e�del�Trattato.� LA posizionE deL GovernO italianO �(Omissis).�Si�costituisce�in�giudizio�con�ilpresente�atto�il�Governo�della� Repubblica�italiana,�per�resistere�al�ricorso�della�Commissione�CE,�in�ragione� delle�seguenti�considerazioni.� L'asserito�inadempimento�dell'obbligo�di�attuazione�della�direttiva�di�cui�si� tratta�non�sussiste.� Infatti,�come�risulta�dall'allegata�documentazione,�la�direttiva�2000/� 77/CE,�concernente�l'organizzazione�dei�controlli�ufficiali�nel�settore�dell'ali- mentazione�animale,�e�stata�inserita�nell'allegato�B�della�legge�1.�marzo�2002,� n.�39�(cd.�legge�comunitaria�2001).� In�attuazione�della�delega�legislativa�di�cui�all'art.�1�di�detta�legge�n.�39del� 2002,�e�stato�predisposto,�nel�luglio�2002,�dal�Ministero�della�Sanita�lo�schema� di�decreto�legislativo�di�recepimento�della�direttiva�de�qua,�che�ha�poi�costituito� oggettodiapprofonditoesamedapartedituttiiMinisteriinteressati,�attraverso� apposite�riunioni�di�coordinamento.� Il�testo�iniziale�e�stato�quindi�modificato�per�consentire�l'accoglimento�di� talune�proposte�avanzate�in�dette�riunioni�e�deve�ora�essere�esaminato�nella� Conferenza�Stato-Regioni�prevista�per�il�20�marzo�2003.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Puo�pertanto�affermarsi�che�la�sua�definitiva�approvazione�e�ormai�immi- nente.� Sin�d'ora,�pero�,�va�precisato�che�alla�stregua�di�quanto�dianzi�esposto,�non� puo�certo�parlarsi�di�inadempimento�in�senso�tecnico,�atteso�che�la�direttiva�e� stata�inserita�nella�legge�comunitaria�2001�e�che�il�decreto�legislativo�di�defini- tivo�recepimento�e�in�itinere,�ormai�infase�assai�avanzata�di�ultimazione.� Potendosi�pertanto�ritenere�venuta�meno,�nella�sostanza,�la�materia�del� contendere,�il�Governo�italiano�invita�la�Commissione�a�rinunciare�al�proposto� ricorso,�nel�consueto�spirito�di�collaborazione.� In�diversa�ipotesi�conclude�chiedendo�che�il�ricorso�stesso�sia�respinto,�per- che�nonfondato.�(Omissis)�.� Causa C-50/03 (domanda di pronuncia pregiudiziale) ^Appalti pubblici di forn itura ^Successivi accordi di modifica ^Nave da ricerca ^Artt.�1,�lett.�a)� e�5,�n.�1,�lett.�a)�direttiva�93/36�CE�^Ordinanza�del��Oberlandesgericht� Rostock��(Germania)�emessa�il�5�febbraio�2003,�notificata�il�22�aprile� 2003�(cs.�8244/03,�avv.�dello�Stato�O.�Fiumara).� IL fattO E I quesitI E�stato�chiesto�alla�Corte�di�Giustizia�delle�Comunita�Europee�di�pro- nunciarsi�in�via�pregiudiziale,�ai�sensi�dell'art.�234�CE,�in�merito�all'interpre- tazione�della�direttiva�93/36/CE�del�Consiglio,�del�14�giugno�1993,�che�coor- dina�le�procedure�di�aggiudicazione�degli�appalti,�al�fine�di�chiarire�se:� un�accordo�di�modifica�di�un�appalto�pubblico�di�forniture�concluso� (fornitura�di�beni�diversi�da�quelli�originariamente�previsti)�rappresenti�un� appalto�pubblico�di�forniture�soggetto�a�bando�di�gara�ai�sensi�dell'art.�1,� lett.�a),�della�direttiva�93/36/CE,�qualora:� 1.��il�valore�dei�beni�interessati�dall'accordo�di�modifica�superi�la� soglia�di�cui�all'art.�5,�n.�1,�lett.�a)�della�direttiva�93/36/CE�e� 2.��per�i�beni�interessati�dall'accordo�di�modifica�venga�effettuata�la� sostituzione�del�fornitore�e�al�contempo�venga�notevolmente�modificata�la� specifica�di�tali�beni.� La�resistente�ha�indetto�una�gara�d'appalto�con�procedura�aperta�per�la� costruzione�di�una�nave�da�ricerca�idonea�a�superfici�ghiacciate�dotata�di� sistema�idroacustico.�Tale�gara�e�stata�vinta�dal�candidato�che�ha�presentato� l'offerta�piu�economica.� A�seguito�di�una�riunione�del�Gruppo�di�esperti�in�scandagli�del�comi- tato�di�settore�tecnico�scientifico�e�stato�raccomandato�all'ente�aggiudicatore� l'installazione�del�sistema�di�scandaglio�idroacustico�L3/Atlas.� La�ricorrente�ha�pertanto�chiesto�l'avvio�di�un�procedimento�di�verifica� alla�commissione�di�controllo�dell'aggiudicazione�degli�appalti,�in�quanto� ritiene�che�la�fornitura�di�un�nuovo�sistema�idroacustico�costituisca�una� modifica�del�contratto�rilevante�ai�sensi�del�diritto�in�materia�di�appalti,�tale� da�costituire��nuovo�appalto��e�comportare�necessariamente�ininstaurazione� di�una�nuova�procedura�di�aggiudicazione.�A�supporto�di�tale�tesi,�viene� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�75 eccepito�il�carattere�non�irrilevante�della�modifica�del�contratto�e�l'aumento� del�prezzo�che�ne�deriverebbe,�tale�da�superare�la�soglia�degli�appalti�pubblici� di�forniture.� C-51/03 (domanda di pronuncia pregiudiziale) ^Visti d'ingresso ^Soggiorno non superiore a tre mesi ^Cittadini rumeni non autorizzati ^Artt.�1� n.�2�e�8�n.�2�regolamento�539/2001/CE�^Art.�249�CE�^Ordinanza�del� �Amtsgericht��(Germania)�emessa�il�21�ottobre�2001�e�notificata�il� 3�aprile�2003�(cs.�7359/03,�avv.�dello�Stato�G.�Fiengo).� IL fattO L'imputata,�al�momento�de1�suo�ingresso,�vigendo�il�regolamento� 539/01,�necessitava�di�un�visto�per�l'ingresso�e�per�il�soggiorno�nel�territorio� federale.�Il�suo�comportamento�ha,�pertanto,�integrato�gli�estremi�di�un�ille- cito.�Opinabile�e�pero�la�punibilita�di�detto�illecito,�giacche�ai�sensi�dell'art.�2,� n.�3,�del�codice�penale�tedesco,��se�la�legge�del�tempo�in�cui�il�commesso�il� reato�viene�modificata�prima�della�decisione,�si�applica�la�legge�le�cui�disposi- zioni�sono�piu�favorevoli�al�reo�.� Ebbene�al�regolamento�CE�n.�539/2001�e�subentrato�il�regolamento� 2414/2001�con�il�quale�il�Consiglio�ha�modificato�gli�artt.�1�e�8�del�regola- mento�n.�539/2001�consentendo�anche�a�cittadini�rumeni�un�soggiorno�fino� a�tre�mesi�negli�Stati�membri�dell'Unione�europea�senza�essere�in�possesso� del�visto,�a�far�data�dal�1.�gennaio�2002.� IL quesitO Se�il�combinato�disposto�dell'art.�1,�n.�2,�e�dell'art.�8,�n.�2�nonche�del- l'allegato�II�del�menzionato�regolamento�vada�interpretato�nel�senso�che�i� cittadini�rumeni�a�decorrere�dall'entrata�in�vigore�del�menzionato�regola- mento�necessitino�ancora�solo�per�un�periodo�determinato�di�un�visto�al- l'ingresso�e�per�un�soggiorno�non�superiore�a�tre�mesi�negli�Stati�membri�del- l'Unione�europea.� Causa C-53/03 (domanda di pronuncia pregiudiziale) ^Farmaci ^Abuso della posizione dominante ^Esercizio di commercio parallelo ^Art.�82�Ce^ Ordinanza�del��Epitropi�Antagonismou��(Grecia)�emessa�il�22�genaio� 2003,�notificata�l'8�aprile�2003�(cs.�7356/03,�avv.�dello�Stato�O.�Fiu- mara).� IL fattO La�Commissione�per�la�Concorrenza�(C.C.)�^Autorita�indipendente�isti- tuita�nell'ambito�della�legge�greca�703/1977�relativa�al��controllo�dei�mono- poli�e�degli�oligopoli�ed�alla�protezione�della�libera�concorrenza��^e�stata� chiamata�ad�esaminare�vari�ricorsi�proposti�contro�la�societa�farmaceutica� per�azioni�Glaxosmithkline�AEBE�(Glaxo),�riuniti�a�causa�della�connessione,� congiuntamente�alla�domanda�della�societa�convenuta�che�richiede�una�atte- stazione�negativa�della�violazione�dell'art.�82�CE.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Oggetto�dei�ricorsi�in�esame�e�il�fatto�che�la�societa�convenuta�avrebbe� posto�in�essere,�in�violazione�dell'art.�82.�CE,�uno�sfruttamento�della�posi- zione�dominante�detenuta�sul�mercato�greco�rifiutandosi�di�soddisfare�inte- gralmente�gli�ordinativi�dei�grossisti�di�farmaci�al�fine�di�impedire�le�attivita� di�esportazione�di�questi�ultimi�dalla�Grecia�in�altri�Stati�membri.� In�particolare,�i�ricorrenti�chiedono�che�la�Glaxo�ottemperi�all'obbligo� derivante�dalla�legge�di�rifornire�regolarmente�il�mercato�nazionale�dei�suoi� farmaci�brevettati�e�di�mantenere�una�riserva�di�sicurezza�degli�stessi�perun� periodo�di�tre�anni�(vedi�L.D.�96/1973,�art.�8�n.�4,�legge�1316/1983,�art.�29,� n.�2).� La�convenuta�afferma�tuttavia�che�la�politica�da�lei�praticata�quanto�alla� distribuzione�e�disponibilita�dei�farmaci�sul�mercato�greco�in�nessun� momento�ha�violato�tale�obbligo�e�che�l'esercizio�di�un�commercio�parallelo� senza�restrizioni�da�parte�dei�grossisti�di�farmaci�greci�sarebbe�la�causa�della� situazione�di�penuria�nel�mercato�nazionale�lamentata�e�avrebbe,�altres|�,pro- vocato�alla�stessa�un�danno�economico�ed�organizzativo.�Il�danno�economico� deriva�dal�fatto�che�un�gran�numero�di�rivenditori�nei�Paesi�di�destinazione� delle�riesportazioni�sono�stati�riforniti�dei�prodotti�in�discussione�non�dalla� rete�di�vendita�ufficiale�nei�Paesi�in�questione�ed�ad�un�prezzo�molto�piu�alto,� che�la�convenuta�contava�di�incassare,�ma�dagli�esportatori�paralleli�greci�e� da�eventuali�intermediari.� La�C.C.,�pur�avendo�accertato�che�la�Glaxo�detiene,�quanto�alla�distri- buzione�e�disponibilita�di�farmaci�sul�mercato�greco,�una�situazione�di�quasi� monopolio,�ritiene�che�l'applicazione�dell'art.�82�CE�alla�stessa�nella�fattispe- cie�dipenda�dalla�caratterizzazione�del�comportamento�della�stessa�come� �abusivo�.� Secondo�la�C.C.��la�circostanza�che�un'impresa�disponga�di�una�posi- zione�dominante�sul�mercato�non�impedisce�a�quest'ultima�di�proteggere�i� suoi�legittimi�interessi�commerciali�.��Cio�significa�che,�malgrado�la�posi- zione�che�hanno�all'interno�del�mercato�greco�ed�indipendentemente�dalla� questione�se�ed�in�quale�misura�nel�mercato�vi�sia�penuria�dei�farmaci�in� discussione,�la�societa�convenuta,�visti�i�pregiudizi�subiti�dal�commercio� parallelo�dei�farmaci,�ha�diritto�di�adottare�misure�di�tutela�dei�suoi�legittimi� interessi�commerciali,�quando�essi�vengono�minacciati�dalle�esportazioni� massicce�in�questione�verso�altri�Stati�membri�dell'Unione�europea�.� Pertanto,�la�C.C.�si�chiede�se�la�limitazione�delle�forniture�ai�grossisti�di� farmaci�avente�lo�scopo�di�limitare�le�loro�esportazioni,�costituisca�un�abuso� e�sia�pertanto�contraria�al�divieto�dell'art.�82,�lett.�b),�CE,�in�quanto�ostacola� l'attivita�economica�dei�grossisti,�anche�se�ha�lo�scopo�di�proteggere�interessi� commerciali�legittimi�dei�fornitori�ed�a�dispetto�del�fatto�che�il�commercio� parallelo�favorisce�direttamente�gli�importatori�paralleli�e�secondariamente� le�casse�previdenziali,�ma�non�il�consumatore�finale�oppure�il�rifiuto�parziale� di�vendere�ai�grossisti�deve,�alla�luce�di�quanto�precedentemente�posto,�consi- derarsi�in�linea�di�principio�giustificato.�Se�il�rifiuto�parziale�di�vendita�e� primafacie giustificato�nel�quadro�di�una�ponderazione�di�interessi�ed�in�base� al�principio�di�proporzionalita�,�allora�si�pone�un�problema�per�quanto� riguarda�i�fattori�che�determineranno�tale�ponderazione.� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�77 IquesitI Sono�state�sottoposte�alla�Corte�di�Giustizia�delle�Comunita��europee,�ai� sensi�dell'art.�234�del�Trattato�CE,�le�seguenti�questioni:� 1.��Se�il�rifiuto�di�un'impresa�in�posizione�dominante�di�soddisfare� integralmente�gli�ordinativi�che�vengono�inoltrati�dai�grossisti�di�prodotti�far- maceutici,�quando�sia�diretto�a�restringere�le�attivita��di�esportazione�di�questi� ultimi�ed�a�limitare�in�tal�modo�il�danno�causato�dal�commercio�parallelo,� costituisca�di�per�se�un�comportamento�abusivo;� �a) se,�eventualmente,�influisca�il�fatto�che�il�commercio�parallelo�sia� molto�proficuo�per�i�grossisti�in�ragione�delle�differenze�di�prezzo�causate,� in�un�determinato�Paese,�da�un�grado�elevato�di�intervento�da�parte�dello� Stato;� �b) Se�sia�compito�di�un'autorita��nazionale�competente�in�materia�di� concorrenza�applicare�le�regole�comunitarie�di�concorrenza�in�modo�indiffe- renziato�ai�mercati�che�funzionano�in�modo�concorrenziale�ed�a�quelli�in� cui�la�concorrenza�non�viene�falsata�dall'intervento�statale;� 2.��Come�valutare�l'eventuale�carattere�abusivo�nel�caso�in�cui�la� Corte�giudichi�che�la�restrizione�del�commercio�parallelo�non�costituisce� sempre�una�pratica�abusiva�quando�e��posta�in�essere�da�un'impresa�in�posi- zione�dominante,�precisando�quale�sia�il�criterio�appropriato�da�usare�in�tale� valutazione:� a) se�il�criterio�della�percentuale�di�superamento�del�normale�con- sumo�nazionale�e/o�quello�del�danno�che�l'impresa�in�posizione�dominante� ha�subito�in�termini�di�fatturato�complessivo�e�del�profitto�complessivo,�ed� in�caso�di�risposta�affermativa�come�si�debba�determinare�tale�percentuale;� b) se�il�criterio�della�ponderazione�degli�interessi�e,�in�caso�di�risposta� affermativa,�quali�siano�gli�interessi�che�devono�rientrare�in�tale�pondera- zione:� b1) se�sulla�risposta�inerisca�il�fatto�che�il�consumatore�finale�riceve� un�vantaggio�economico�limitato�dal�commercio�parallelo,�b2) se�debbano� essere�presi�in�considerazione�ed�in�quale�misura,�gli�interessi�degli�organi- smi�socio-previdenziali�ad�ottenere�farmaci�meno�cari;� e) se�altri�criteri.� Causa C-54/03 (domanda di pronuncia pregiudiziale) ^Commercio di medici- nali ^Fissazione prezzo ^Prodotti inclusi nel regime nazionale di assicu- razione malattia ^Art.�6�n.�2�della�direttiva�89/105/CEE�Landesgericht,� Wien�(Austria)�del�29�gennaio�2003�Iscritta�l'11�febbraio�2003�(avv.�dello� Stato�M.�Fiorilli).� IquesitI 1.��Se�la�direttiva�del�Consiglio�n.�89/105/CEE,�riguardante�la�traspa- renza�delle�misure�che�regolano�la�fissazione�dei�prezzi�delle�specialita��per� uso�umano�e�la�loro�inclusione�nei�regimi�nazionali�di�assicurazione�malattia,� debba�interpretarsi�nel�senso�che�con�la�stessa�confliggano�norme�nazionali� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� (quali�l'art.�31,�n.�3,�punto�12,�dell'ASVG;�artt.�2�della�VOHMV)�relative�alla� registrazione�delle�specialita�medicinali�e�alla�pubblicazione�del�registro�di� medicinali;� 2.��in�caso�di�soluzione�affermativa�al�primo�quesito,�se�la�Direttiva� n.�89/105/CEE�sia�talmente�chiara,�esatta�e�specifica�da�non�lasciare�alcun� potere�discrezionale�al�legislatore�nazionale�nel�recepimento�della�direttiva� stessa;� 3.��in�caso�di�soluzione�affermativa�al�secondo�quesito,�se�la�precitata� Direttiva�miri�a�conferire�un�diritto�soggettivo�al�ricorrente�della�causain� questione;� 4.��in�caso�di�soluzione�negativa�al�secondo�quesito,�se�la�Corte�di� Giustizia�disponga�di�tutte�le�informazioni�necessarie�per�stabilire�se�le� norme�sopracitate�rimangano�nei�limiti�del�potere�discrezionale�attribuito�al� legislatore�nazionale�dalla�Direttiva�89/105/CEE,�o�se�rimetta�al�giudice� nazionale�la�responsabilita�di�risolvere�la�questione.� NotA La�Corte�di�Giustizia,�nella�sentenza�27�novembre�2001,�causa�C-424/99,� Commissione/Austria,�dopo�aver�qualificato�il�registro�austriaco�un��elenco� positivo��rientrante�nell'ambito�di�applicazione�dell'art.�6�della�Direttiva�89/� 105/CEE,sie�poisoffermatasull'interpretazionedell'art.6n.2)�dellaDirettiva� stessa�che�cos|�dispone:��Qualsiasi�decisione�di�non�includere�una�specialita� medicinale�nell'elenco�dei�prodotti�coperti�dal�regime�di�assicurazione�malat- tia�contiene�un�esposto�dei�motivi�basato�su�criteri�obiettivi�e�verificabili,� compresi�qualsiasi�eventuale�parere�o�raccomandazione�degli�esperti�su�cui� la�decisione�sia�fondata.�Il�richiedente�e�inoltre�informato�dei�mezzi�di� ricorso�di�cui�dispone�in�virtu�delle�leggi�in�vigore�e�dei�termini�entro�cui�deve� introdurre�detto�ricorso�.�La�Cortehaaffermatocheiricorsipropostidinanzi� adespertiindipendenti,�controledecisionisullerichiestediinclusionedispecia- lita�medicinali�nel�registro,�non�possono�essere�equiparati�ai�ricorsi�giurisdizio- nali�cuifa�riferimento�la�direttiva,�non�garantendo�lo�stesso�livello�di�tutela.� Causa C-58/03 (Domanda di pronuncia pregiudiziale) ^Cittadini bulgari ^ Accordo di associazione ^Ingresso ^Domanda di permesso di soggiorno ^Lavoro autonomo di prostituta ^Art. 59, n. 1 accordo CE/Bulgaria. ^ Ordinanza�del��Rechtbank��(Paesi�bassi)�emessa�il�4�febbraio�2003�e� notificata�il�3�aprile�2003�(cs.�7298/03,�avv.�dello�Stato�G.�Fiengo).� IL fattO La�questione�pregiudiziale�viene�sollevata�nell'ambito�di�un�processo� instaurato�a�seguito�della�rigetto�della�richiesta�di�una�cittadina�bulgara�di� ottenere�un�regolare�permesso�di�soggiorno�a�tempo�determinato,�motivato� dallo�svolgimento�di�lavoro�autonomo�di�prostituta,�nei�Paesi�Bassi.� Sul�piano�giuridico�rilevano�le�disposizioni�contenute�nell'accordo�del� 19�dicembre�1994,�in�forza�del�quale�veniva�costituita�una�associazione�tra� la�Comunita�europea�e�i�suoi�Stati�membri�da�un�lato�e�la�Bulgaria�dall'altro,� accordo�entrato�in�vigore�il�1�febbraio�1995.�Ai�sensi�dell'art.�4�del�citato� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�79 accordo��ciascuno�Stato�membro�accorda�un�trattamento�non�menofavorevole� di�quello�accordato�alleproprie�societa�e�aipropri�cittadiniper�lo�stabilimento� di�societa�e�cittadini�bulgari�eper�le�attivita�di�societa�e�cittadini�bulgari�stabiliti� sul�suo�territorio�(...)��Lo�stesso�accordo�chiarisce�inoltre�che�per��stabili- mento��si�intende��il�diritto�di�intraprendere�e�svolgere�attivita�economiche� in�qualita�di�lavoratori�autonomi��e�che�le��attivita�economiche��compren- dono�in�particolare�le�attivita�di�tipo�industriale,�commerciale,�artigianale�e� professionale.�All'art.�59,�primo�comma,�viene�inoltre�specificato�che�ai�citta- dini�bulgari,�che�intendono�svolgere�attivita�lavorative�autonome�nei�Paesi� Bassi,�viene�richiesta,�come�precondizione�per�presentare�domanda�di�per- messo�di�soggiorno,�un'autorizzazione�di�soggiorno�temporaneo,�che�non� puo�essere�richiesta�in�loco�bens|�deve�essere�presentata�presso�le�rappresen- tanze�diplomatiche�o�consolari�dei�Paesi�Bassi�dal�Paese�di�provenienza�o�di� stabile�dimora.� IquesitI 1.��Se�l'art.�59,�n.�1,�dell'accordo�europeo�tra�le�Comunita�europee�e�i� loro�Stati�membri,�da�un�lato,�e�la�Bulgaria,�dall'altro,�debba�essere�interpre- tato�nel�senso�che�la�detta�disposizione�osti�a�che�venga�respinta�una� domanda�presentata�nei�Paesi�Bassi�per�la�concessione�di�un�regolare�per- messo�di�soggiorno�allo�scopo�di�svolgere��lavoro�autonomo��per�il�fatto� che�lo�straniero�interessato,�che�e�cittadino�della�Bulgaria,�non�abbia�richie- sto�per�tale�scopo�il�rilascio�di�un'autorizzazione�di�soggiorno�temporaneo� nel�suo�detto�paese�o�nel�paese�di�stabile�dimora,�non�abbia�ivi�atteso�la�rela- tiva�decisione�prima�di�fare�ingesso�nei�Paesi�Bassi�e�non�abbia�cos|�integrato� la�condizione�posta�dall'art.�3.71.�primo�comma�del�Vb�2000.� 2.��Se�ai�fini�della�soluzione�della�questione�sub�1),�sia�rilevante�che�lo� straniero,�a�differenza�di�quanto�era�il�caso�nella�sentenza�della�Corte�di�giu- stizia�delle�Comunita�europee�27�settembre�2001�nella�causa�C-257/99,�gia� quando�si�era�trasferito�dalla�Bulgaria�nei�Paesi�Bassi�aveva�l'intenzionedi� svolgere�nei�Paesi�Bassi�attivita�lavorativa�autonoma�e�abbia�omesso�di�chie- dere�in�Bulgaria�una�siffatta�autorizzazione,�pur�sussistendone�le�possibilita�.� C-60/03 (domanda di pronuncia pregiudiziale) ^Libera prestazione di serv izi ^Imprenditori edili ^Subappalto dei lavori ^Obblighi nei confronti di lavoratori dipendenti ^Art.�49�Trattato�CE�^Ordinanza�del��Bunde- sarbeitsgericht��(Germania)�emessa�il�6�novembre�2002�e�notificata�il� 3�aprile�2003�(cs.�7581/03,�avv.�dello�Stato�G.�Fiengo).� IL fattO L'attore,�con�ricorso�del�4�settembre�2000�al�Tribunale�del�lavoro�di�Ber- lino,�ha�chiesto�alle�convenute�^societa�portoghese�che�lo�ha�distaccato�in� Germania�e�societa�tedesca�presso�la�quale�e�stato�distaccato�^come�debitrici� in�solido�il�pagamento�delle�retribuzioni�arretrate.�L'attore�ritiene�che�la�con- venuta�^societa�portoghese�^sia�tenuta�al�pagamento�del�salario�come� datrice�di�lavoro,�mentre�la�societa�tedesca�risponderebbe,�ai�sensi�della�legge� tedesca�sul�distacco�dei�lavoratori,�quale�garante�per�i�crediti�salarialifatti� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� valere.�La�legge�sul�distacco�dei�lavoratori�e�stata�modificata�dalla�legge�rela- tiva�alla�previdenza�sociale�e�alla�tutela�dei�lavoratori�ed�al���1a e�sancito� che�un�imprenditore�che�affidi�ad�un�altro�imprenditore�l'esecuzione�di�lavori� edili,�ai�sensi�del�codice�previdenziale�tedesco,�risponda�per�le�obbligazioni� di�questo�imprenditore�e�al�pagamento�del�salario�minimo�ad�un�lavoratore� od�al�pagamento�dei�contributi�ad�un�ente�comune�alle�parti�del�contratto� collettivo,�come�un�garante�che�ha�rinunciato�al�beneficio�della�previa�escus- sione.�Il�salario�minimo�comprende�l'importo�che�deve�essere�pagato�al�lavo- ratore�dopo�la�detrazione�delle�imposte�e�dei�contributi�previdenziali�e�di� sostegno�del�lavoro�o�dei�corrispondenti�oneri�per�la�sicurezza�sociale.� La�responsabilita�oggettiva�dell'imprenditore�edile�deve�indurre�quest'ul- timo�a�prestare�attenzione�a�che�i�subappaltatori�rispettino�le�condizionidi� lavoro�vincolanti�di�cui�alla�legge�sul�distacco�dei�lavoratori�e�tra�queste�rien- trano�le�disposizioni�sui�salari�minimi�vincolanti�che�valgono�anche�per�le� imprese�straniere�che�distaccano�lavoratori�in�Germania.� IL quesitO 1.��Sel'art.�49�CE(ex art.�59�Trattato�CE)�si�opponga�ad�una�norma- tiva�nazionale�secondo�la�quale�un�imprenditore�edile,�che�affida�ad�un�altro� imprenditore�l'esecuzione�di�lavori�edili,�risponde,�per�le�obbligazioni�di�que- sto�imprenditore�o�di�un�sub-appaltatore�al�pagamento�del�salario�minimo� ad�un�lavoratore�o�al�pagamento�di�contributi�ad�un�ente�comune�alle�parti� del�contratto�collettivo,�come�un�garante�che�ha�rinunciato�al�beneficio� d'escussione,�quando�il�salario�minimo�ricomprende�l'importo�che�deve� essere�pagato�al�lavoratore�dopo�la�detrazione�delle�imposte�e�dei�contributi� previdenziali�e�di�sostegno�del�lavoro�o�dei�corrispondenti�oneri�per�l'assicu- razione�sociale�(salario�netto),�se�la�tutela�del�salario�del�lavoratore�non�e� uno�scopo�primario�della�legge�o�solo�secondario.� Causa C-67/03 ^(Commissione c/Repubblica italiana) ^Ricorso per inademp imento ^Protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti chimici sul luogo di lavoro ^Messa a punto di un primo elenco di valori limite ^Direttiva�2000/39/CE�^Direttiva�1998/24/CEE� (cs.�10312/03,�avv.�dello�Stato�A.�Cingolo).� IL fattO La�Commissione�delle�Comunita�europee�ha�proposto�ricorso,�a�termini� dell'art.�226�CE,�diretto�a�far�constatare�che�la�Repubblica�italiana,�non� avendo�adottato�le�disposizioni�legislative,�regolamentari�e�amministrative� necessarie�per�conformarsi�alla�direttiva�2000/39/CE�della�Commissione,� dell'8�giugno�2000,�relativa�alla�messa�a�punto�di�un�primo�elenco�di�valori� limite�indicativi�in�applicazione�della�direttiva�98/24/CE�del�Consiglio�sulla� protezione�dei�lavoratori�contro�i�rischi�derivanti�dall'esposizione�ad�agenti� chimici�sul�luogo�di�lavoro,�o,�in�ogni�caso,�non�avendo�comunicato�dette� disposizioni�alla�Commissione,�e�venuta�meno�agli�obblighi�che�le�incom- bono�in�virtu�dell'art.�3,�paragrafo�1�di�tale�direttiva.� IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE ^I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 81 LA posizionE deL GovernO italianO �L'asserito�inadempimentodell'obbligodiattuazionedelladirettivadicuisi� tratta�non�sussiste.� Infatti,�come�risulta�dall'allegata�documentazione,�con�decreto�legislativo� 2febbraio�2002,�n.�25,�pubblicato�nel�supplemento�ordinario�della� Gazzetta Ufficiale della�Repubblica�italiana�dell'8�marzo�2002,�n.�57,�e�stata� data�attuazione�alla�direttiva�98/24/CE�sulla�protezione�della�salute�e�della� sicurezza�dei�lavoratori�contro�i�rischi�derivanti�da�agenti�chimici�durante�il� lavoro.� Tale�decreto�legislativo�ha�recepito�nell'ordinamento�italiano�la�disciplina� della�direttiva�98/24/CE,�inserendo�un�nuovo�Titolo�VII-bis,�articoli�da�72-bis a72-terdecies,�al�decreto�legislativo�19�settembre�1994,�n.�626.� In�particolare,�l'art.�72-terdecies,�comma�2,�del�nuovo�Titolo�VII-bis,�per�il� recepimento�dei�valori�di�esposizione�professionale�e�biologici�obbligatori�predi- sposti�dalla�Commissione�europea�e�per�la�determinazione�dei�valori�nazionali,� tenuto�conto�dei�valori�limite�predisposti�dalla�Commissione,�tra�i�quali�ricadono� quellidicuialladirettivan.�2000/39,haprevistol'adozionediunoopiu�decreti� dei�Ministro�del�lavoro�e�delle�politiche�sociali�e�della�salute.� Aifini�dell'approvazione�di�tali�decreti�e�stata�dettata�una�articolataproce- dura:�si�prevede�infatti�che�venga�acquisita�l'intesa�con�la�Conferenza�perma- nente�per�i�rapporti�tra�lo�Stato,�le�regioni�e�le�province�autonome�e�che�siano� sentitiilMinisteroperleattivita�produttive,�lepartisocialiedilcomitatocon- sultivo�per�la�determinazione�e�l'aggiornamento�dei�valori�limite�di�esposizione� professionale�e�dei�valori�limite�biologici�relativi�agli�agenti�chimici,�da�istituirsi� aisensidelcomma1delmedesimoart.�72-terdecies.Pertanto,�perlapredisposi- zionedelprovvedimento�diattuazione�in�concreto�delladirettivasie�preliminar- mente�provveduto,�in�data�11�novembre�2002�(all'esito�di�una�complessa�fase� necessaria�per�l'acquisizione�delle�designazioni),�a�costituire�il�detto�comitato� consultivo,�composto�da�esperti�di�chiarafama�in�materia�tossicologica�e�sanita- ria.� Di�recente�il�comitato�consultivo�ha�reso�il�proprio�parere�in�merito�ai� valori�limite�di�cui�si�tratta,�cosicche�il�Ministero�del�lavoro�e�delle�politiche� sociali�ha�potuto�provvedere�a�predisporre�uno�schema�di�decreto,�trasmesso�il� 12�marzo�2003�aiMinisteridellasalute�edelle�attivita�produttiveper�le�valuta- zioni�di�rispettiva�competenza.� L'iter�di�adozione�del�decreto�ministeriale�finale�e�dunque�in�stato�assai� avanzato,�sicche�puo�prevedersenea�breve�ildefinitivo�completamento.� Tantopuntualizzatoinlineadifatto,�deveperaltrosind'oraprecisarsiche� �allastregua�diquanto�dianziesposto��nonpuo�certoparlarsidiinadempi- mento�in�senso�tecnico,�atteso�che�la�direttiva�di�cui�trattasi�e�stata�sostanzial- mente�recepita�mediante�l'inserimento,�nel�decreto�legislativo�n.�626�del�1994� del�citato�nuovo�Titolo�VII-bis,�in�base�al�quale�ha�avuto�corso�la�procedura� per�l'adozione�delprovvedimento�ministeriale�di�determinazione�dei�valorinazio- nali�in�conformita�agli�indirizziforniti�dalla�direttiva�n.�2000/39�della�Commis- sione:procedurache,�comesie�dianzirilevato,sitrovaormaiinfaseassaiavan- zata�e�prossima�ad�ultimazione.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Potendosi�pertanto�ritenere�venuta�meno,�nella�sostanza,�la�materia�del� contendere,�il�Governo�italiano�invita�la�Commissione�a�rinunciare�al�proposto� ricorso,�nel�consueto�spirito�di�collaborazione.� In�diversa�ipotesi�conclude�chiedendo�che�il�ricorso�stesso�sia�respinto,�per- che�nonfondato.�(omissis).� Roma,�25�marzo�2003�(f.to�Avv.�Antonio�Cingolo)�.� Causa C-72/03 (domanda di pronuncia pregiudiziale) ^Tassa marmi del Comune di Carrara ^Artt.�23,�81,�85�e�86�CE�^Ordinanza�della�Com- missione�Tributaria�Provinciale�di�Massa�Carrara�dell'11�dicembre�2002� ^Registrato�il�19�febbraio�2003�(avv.�dello�Stato�M.�Fiorilli).� IL fattO La�Carbonati�Apuani�s.r.l.�impugna�innanzi�alla�Commissione�Tributa- ria�Provinciale�di�Massa�Carrara�l'avviso�di�liquidazione�del�Comune�di�Car- rara�relativo�alla�c.d.��tassa�Marmi��relativa�al�mese�di�maggio�2001.� La�tassa�e�stata�istituita�con�legge�15�luglio�1911,�n.�749�a�favore�del� Comune�di�Carrara�e�viene�applicata,�sulla�base�di�una�tariffa�deliberata� anno�per�anno,�al�marmo�escavato�nel�suo�territorio�e�trasportato�fuori�dal� medesimo.� Da�detta�tassa�sono�esenti�i�marmi�che�vengono�utilizzati�nell'ambito�del� territorio�comunale�e�possono�essere�esentati�totalmente�o�parzialmente�i� marmi�che�vengono�utilizzati�o�lavorati�nei�Comuni�vicini.� La�ricorrente�prospetta�che�la��tassa�marmi��sia�in�contrasto�con�gli� articoli�da�23�a�31�del�Trattato�C.E.,�dato�che�essa�costituisce�un�peso�impo- sto�sopra�un�prodotto�in�quanto�estratto�in�un�determinato�territorio�ed� esportato�fuori�di�esso.�Poiche��non�risulta�che�il�marmo�estratto�in�altri�terri- tori�della�Comunita�Europea�sia�colpito�da�tributi�analoghi�^per�il�fatto�in� se��dell'estrazione�o�per�il�transito�fuori�del�luogo�di�origine�^si�assume�che� la��tassa��e�idonea�a�ledere�il�principio�della�libera�circolazione�delle�merci� e�della�libera�concorrenza�nella�formazione�del�prezzo.� IL quesitO Se�le�leggi�15�luglio�1911,�n.�749;�23�dicembre�1997,�n.�449;�Decreto�legge� 26�gennaio�1999,�n.�8,�come�convertito�con�modificazioni�nella�legge�75/� 1999�^Istituzione�della�tassa�marmi�nel�Comune�di�Carrara�^siano�con- formi�agli�articoli�23,�81,�85�e�86�del�Trattato�CE�nel�testo�vigente�a�seguito� del�Trattato�di�Amsterdam,�ratificato�in�Italia�con�legge�n.�209/1998.� NotA Con�legge�15�luglio�1911�n.�749�tale�diritto�di�transito�venne�sostituito�da� una��tassa�marmi�.�L'articolo�unico�di�detta�legge�stabilisce:��E�istituita�a� favore�del�Comune�di�Carrara�una�tassa�sui�marmi�escavati�nel�suo�territorioe� trasportatifuori�di�esso.�Detta�tassa�e�applicata�e�riscossa�dal�Comune�all'uscita� dei�marmi�dai�suoi�confini�in�base�ad�apposito�regolamento,�da�deliberarsi�dal� Consiglio�Comunale�e�da�approvarsi�con�Regio�Decreto�in�conformita�al- l'annessa�tariffa.�Ogni�anno�il�Consiglio�Comunale,�nel�deliberare�il�bilancio� preventivo�del�Comune,�stabilira�,�entro�i�limiti�massimi�della�tariffa�medesima,� IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE ^I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 83 la misura in cui la tassa dovra� esserepercetta per l'anno successivo, mantenendo sempre le proporzioni stabilite nella tariffa fra le varie categorie. Tuttavia, quando il Comune dovesse assumere impegnicontinuatividafronteggiarsioda garantirsi col gettito della tassa, il Consiglio Comunale potra� in anticipazione fissareperpiu� annilamisuraminimadellatassastessa.Potra� ilComune,con deliberazione consiliare, secondo le forme della legge comunale e provinciale e da approvarsi dalla Giunta provinciale amministrativa, disporre che una parte del provento della tassa sia erogata a far fronte alle spese o agli impegni da incontrarsiperla costruzioneedeserciziodelportodiMarinadi Carraraaccor- dandosil'eventualeapplicazionedellalegge12febbraio1903n. 50;edunaparte in contributi all'iscrizione degli operai dell'industria marmifera alla Cassa nazionale di previdenza per gli operai. Dalla data di entrata in vigore della pre- senteleggee� abrogatoilRegiodecreto19settembre1860perlaprovvisoriaisti- tuzione di un diritto di pedaggio sui marmi a favore del Comune di Carrara�. 4. �La tariffa allegata alla legge n. 749 del 1911 prevedeva le seguenti misure della tassa marmi: a) marmistatuariepaonazzitanto in blocchiriquadratiquanto informi, limite massimo per tonnellata lire 8; b) marmi greggi ordinari, venati, bardigli idem lire 5; c) marmi segati in tavole e lastre idem lire 2; d) marmi lavorati, quadrette, mortai e granulati idem lire 1. I lastroni eccedenti lo spessore di cm. 12 e mezzo saranno tassati come i marmi greggi. 5. �Con l'art. 55, comma 18, della legge 27 dicembre 1997 n. 449 sono state apportate alla norma sopra indicata le seguenti modifiche: e� stata soppressa la frase �da approvarsi con regio decreto� mentre e� stato disposto che la delibera istitutiva della tariffa debba essere preceduta dalla consultazione delle parti sociali�; sono statesoppresse leparole �entro i limitimassimidella tariffamede- sima� e le parole �mantenendo sempre le proporzioni stabilite dalla tariffa tra le varie categorie�; al secondo comma e� soppressa la parola �minima�. 6. �Con l'art. 2, comma 2 ter, del decreto legge 26 gennaio 1999, n. 8 convertito con modificazioni nella legge n. 75/1999, e� stato disposto che la nor- mativa sopra detta �si interpreta nel senso che la tassa... e� applicata ai marmi e loro derivati ed e� determinata in relazione alle esigenze della spesa comunale inerente direttamente o indirettamente alle attivita� del settore marmifero locale�. 7. �Dal testo della legge italiana si ricava dunque che il Comune di Car- rara e� abilitato a deliberare anno per anno le tariffe di una tassa la quale colpi- sce il marmo escavato nel suo territorio e trasportatofuori di detto territorio. I proventi della predetta tassa marmi sono destinati alle spese che il Comunedi Carrara incontra, direttamente o indirettamente, per le attivita� del settore mar- mifero. Tali sono, ad esempio, le spese per il mantenimento delle strade di accessoallecave, diquelleperl'accessoalmare,perlamanutenzionedelporto marittimo di Marina di Carrara. RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� 8.��In�concreto,�con�il�regolamento�per�la�gestione�e�riscossione�della� tassa�sui�marmi�approvato�con�delibera�23�marzo�1999,�il�Comune�di�Carrara� ha�stabilito�che�l'accertamento�e�la�riscossione�della�tassa�inparola�avvengano� direttamente.�La�tariffa�e�deliberata�dal�Consiglio�Comunale,�anche�tenuto� conto�del�danno�ambientale�causato�dall'industria�marmifera.�Possono�essere� stabilite�esenzioni�o�agevolazioni�infavore�di�marmi�destinati�adessere�utilizzati� o�lavorati�nei�Comuni�vicini:�Ortonovo,�Massa,�Montignoso,�Serravezza,�Pietra- santa,�Massarosa,�Stazzema,�Fivizzano�e�Castelnuovo�Magra.�L'ufficio�di� accertamento�e�istituito�a�valle�dei�bacini�marmiferi�ed�a�monte�del�centro�abi- tatodelcomune�(nonquindialconfineesternodelcomune).�Ivisipesailmarmo� e�si�liquida�la�tassa.�Quando�il�marmo�e�destinato�ad�essere�utilizzato�nel� Comune�di�Carrara,�l'interessato�ne�fa�apposita�dichiarazione�e�puo�essere� tenuto�a�prestare�garanzia;�egli�ha�novanta�giorni�di�tempo�per�dimostrare�che� il�marmo�e�stato�impiegato�nel�territorio�del�comune.�Sono�consentite�agevola- zioni�nel�pagamento�per�gli�operatori�abituali,�sulla�base�di�una�liquidazione� mensile.� 9.��La�tariffa�deliberata�e�la�seguente:� blocchiinformilit.�8.000per�tonnellata;� blocchi�lavorati�e�segati�nel�territorio�comunale�lit.�0�per�tonnellata;� scaglieperpolveriegranulatilit.�5.500per�tonnellata;� scaglie�per�edilizia,�cementerie�e�conglomerati�lit.�5.500�per�tonnellata;� terre,��tout�venant��edinertiperriempimentilit.�1.500per�tonnellata;� scaglie�per�edilizia,�cementerie�e�conglomerati,�terre,��tout�venant��ed� inerti�per�riempimento�utilizzati�nel�territorio�comune�(di�Carrara)�lit.�0�per� tonnellata.� Il�Governo�italiano�si�e�riservato�di�intervenire�nellafase�orale.� E�cio�,�in�quanto,�ad�un�primo�esame�non�sembra�che�la�tassa�possa�essere� paragonata�ad�una�restrizione�quantitativa�alla�circolazione�del�marmo�locale,� ne��che�comporti�una�discriminazione�tra�escavatori�e�operatori�commerciali,� ma�tende�solo�ad�agevolare�l'utilizzazione�locale�del�materiale.� Se�l'applicazione�delle��tasse��comportasse�il�contenimento�della�estra- zione,�l'eventosarebbeprivodirilevanzasulpianodellaconcorrenza.� Causa C-74/03 (domanda di pronuncia pregiudiziale) ^Farmaci ^Prodotti essenzialmente simili ^Autorizzazione all'immissione in commercio ^Proc edura semplificata ^Art.�4,�comma�3,�punto�8,�lett.�a)�sub�iii)�direttiva� 65/65�e�relative�modifiche�^Ordinanza�del�Ostre�Landsret�(Danimarca)� del�14�febbraio�2003�^Iscritta�il�19�febbraio�2003�(avv.�dello�Stato�M.� Fiorilli).� IL fattO La�ricorrente�^una�societa�farmaceutica�che�produce�il�medicinale�Sero- xat,�regolarmente�immesso�in�commercio�^ha�impugnato�la�decisione�del- l'autorita�danese�competente�in�materia�di�medicinali�con�la�quale�venivano� approvati�due�nuovi�farmaci.�Le�domande�di�autorizzazione�per�l'immissione� in�commercio�di�questi�venivano�presentate�secondo�la�procedura�di� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�85 domanda�abbreviata,�ritenendo�tali�prodotti��essenzialmente�analoghi��al� medicinale�Seroxat.�La�ricorrente�eccepisce�la�non�correttezza�di�tale�valuta- zione,�in�quanto�sostiene�che�la�sostituzione�della�forma�salina�determinila� modificazione�del�principio�attivo,�facendo�cos|�venir�meno�la�similarita�dei� prodotti,�condizione�essenziale�per�la�procedura�di�domanda�abbreviata.� IquesitI 1.��Se�sia�compatibile�con�l'art.�4,�terzo�comma,�punto�8,�lett.�a),�sub� iii),�della�prima�direttiva�sui�medicinali�(65/65/CEE�e�relative�modifiche),� che�un�prodotto�sia�autorizzato�secondo�la�procedura�di�domanda�abbreviata� quando�una�forma�di�sale�del�principio�attivo�del�prodotto�e�sostituita� rispetto�alla�forma�di�sale�utilizzata�nel�prodotto�di�riferimento.� 2.��Se�la�procedura�di�domanda�abbreviata�possa�applicarsi�se�un� richiedente,�di�propria�iniziativa�o�su�invito�dell'autorita�sanitaria�nazionale,� produce�una�documentazione�supplementare�sotto�forma�di�determinate� prove�farmacologiche,�tossicologiche�o�cliniche�al�fine�di�dimostrare�cheil� prodotto�e��essenzialmente�simile��al�prodotto�di�riferimento.� NotA La�normativa�comunitaria�in�materia�e�costituita�dallaprima�direttivasui� medicinali�^direttiva�65/65/CEE�^e�dalle�relative�modifiche�^direttiva�75/� 318/CEE,�direttiva�87/21/CEE,�direttiva�91/507/CEE,�nonche�dai�regolamenti� n.�141/2000,�n.�847/2000�e�n.�2309/1993.� In�considerazione�della�necessita�,�da�un�lato�di�disciplinare�l'immissione�in� commerciodeiprodottimedicinalinell'interessedellasanita�pubblica,�dall'altro� di�ridurre�gli�ostacoli�alla�libera�circolazione�di�tali�prodotti�nella�Comunita� che�potrebbero�risultare�da�differenze�tra�i�sistemi�nazionali�di�controllo,�le�isti- tuzioni�comunitarie�hanno�adottato�una�normativafinalizzata�ad�armonizzare�i� controllisull'immissione�in�commercio�deiprodottimedicinali.� Comepreannunciatonelpreambolodelladirettivabase,�ogniregolamenta- zione�in�materia�di�produzione�e�di�distribuzione�delle�specialita�medicinali�deve� avere�come�obiettivo�essenziale�la�tutela�della�sanita�pubblica,�tuttavia�questa� finalita�deve�essere�raggiunta�avvalendosi�di�mezzi�che�non�ostacolino�lo�svi- luppo�dell'industriafarmaceutica�e�gli�scambi�deiprodotti�medicinali�all'interno� della�Comunita�.� Aisensidell'art.3delladirettiva65/65,�nessunaspecialita�medicinalepuo� essere�immessaincommercioinuno�Statomembrosenzaun'autorizzazionepre- ventiva�rilasciata�dall'autorita�competente�dello�Stato�membro�o�concessa�in� conformita�al�regolamento�(CEE)�del�Consiglio�22�luglio�1993,�n.�2309;�in�base� a�quanto�previsto�dall'art.�4,�il�responsabile�dell'immissione�in�commercio�di� una�specialita�medicinale�devepresentare�una�domanda�all'autorita�competente� dello�Stato�membro,�corredata�da�una�serie�di�informazioni�e�documenti,�allo� scopo�di�ottenere�l'autorizzazione�alla�immissione�in�commercio.�Tuttavia,�al� punto�8(a)�e�prevista�la�possibilita�di�avvalersi,�in�determinate�circostanze,�di� unadomandaabbreviata�oprocedurasemplificata,�qualora�laspecialita�medici- nale�sia�essenzialmente�analoga�ad�un�prodotto�autorizzato�secondo�le�disposi- zioni�comunitarie�in�vigore�da�almeno�6�anni�nella�Comunita�e�commercializ- zato�nello�Stato�membro�interessato�dalla�domanda�(punto�iii).� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Per la normativa italiana sifa rinvio al decreto legge n. 178 del 29 maggio 1991, che dispone il recepimento delle direttive della Comunita� economica euro- pea in materia di specialita� medicinali ^tra cui le direttive sulle specialita� medi- cinali n. 65/65/CEE, n. 75/319/CEE, n. 83/570/CEE, n. 87/21/CEE ^ed al decretoleggen. 44del18febbraio1997cheattualadirettiva93/39/CEE, che modifica le direttive 65/65/CEE, 75/318/CEE e 75/319/CEE relative ai medici- nali. Causa C-82/03 (Commissione c/ Repubblica italiana) ^Ricorso per inadempi- mento ^Requisiti minimi di sicurezza e di salute per l'uso delle attrezza- ture di lavoro ^Art.�10�CE�^Direttiva�98/655/CEE�(cs.�10019/03,�avv.� dello�Stato�A.�Cingolo).� IL fattO La�Commissione�delle�Comunita�Europee�ha�proposto�ricorso,�a�termini� dell'art.�226�CE,�diretto�a�far�constatare�che�la�Repubblica�italiana,�avendo� trascurato�di�cooperare�in�modo�leale�con�la�Commissione�in�un�caso�riguar- dante�la�salute�e�la�sicurezza�dei�lavoratori,�e�venuta�meno�agli�obblighi�ad� essa�incombenti�in�virtu�dell'art.�10�CE.� Espone�la�Commissione�di�aver�ricevuto,�nel�corso�del�2000,�una�denun- cia�di�un�operatore�economico�riguardante�un�caso�di�(presunta)�cattiva� applicazione�nell'ordinamento�giuridico�italiano�della�direttiva�89/655/CEE� del�Consiglio�del�30�novembre�1989,�relativa�ai�requisiti�minimi�di�sicurezza� e�di�salute�per�l'uso�delle�attrezzature�di�lavoro�da�parte�dei�lavoratori� durante�il�lavoro�(seconda�direttiva�particolare�ai�sensi�dell'art.�16,�para- grafo�1,�della�direttiva�89/391/CEE).� LA posizionE deL GovernO italianO �(Omissis). L'asserito inadempimento dell'obbligo di leale cooperazione (al finedifacilitarelaCommissionenell'adempimentodeipropricompiti) nonsus- siste. Anzitutto, e� pacifico che l'addebito mosso dalla Commissione non riguarda l'obbligostabilitodallostessoart. 10CEdiadottare�tuttelemisuredicarattere generale e particolare atte ad assicurare l'esecuzione degli obblighi derivanti dalpresente Trattato ovvero determinatidagliattidelle istituzionidella Comu- nita� �. Infatti le misure stabilite dalla direttiva 89/391/CEE sono state integral- mente attuate con le norme di cui al Titolo Idel decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, mentre quelle di cui alla direttiva 89/655/CEE sono state attuate con gli articoli da 34 a 38 del medesimo decreto legislativo n. 626 del 1994. Inoltre, con specifico riferimento ai punti dell'allegato I alla direttiva 89/655/CEE, richiamati nelparagrafo 9 delparere motivato emesso dalla Com- missione, deve rilevarsi che essi risultano puntualmente trasposti o comunque presentinell'ordinamento italianopermezzo delleseguentidisposizioni: Allegato�I,�punto�2.5:�art. 75deldecretodelPresidentedellaRepubblica n. 547 del 1955 (come successivamente modificato) ed art. 36 del decreto legi- slativo n. 626 del 1994; IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE ^I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 87 Allegato I, punto 2.8: articoli�da�41�a�44�e�da�55�a�73�del�decreto�del� PresidentedellaRepubblican.�547del1955,oltreadulterioridisposizionispeci- fiche�per�determinati�tipi�di�attrezzature;� Allegato I, punto 2.14: articoli�da�76�a�81�del�decreto�del�Presidente� della�Repubblica�n.�547�del�1955;� Allegato I, punto 2.16: articoli8,�11,�12eda15a21deldecreto�delPre- sidente�della�Repubblica�n.�547�del�1955;� Allegato I, punto 2.19: articoli�da�267�a�271�del�decreto�del�Presidente� della�Repubblica�n.�547�del�1955�e�legge�n.�186�del�1968.� Acio��siaggiungache,alfinediadeguarelarichiamatadisciplinaallapro- gressiva�innovazione�delle�tecniche�di�prevenzione,�e��stata�adottata�una�norma� di�chiusura�(art.�374,�secondo�comma,�del�decreto�del�Presidente�della�Repub- blica�n.�547�del�1955)�ai�sensi�della�quale��gli�apprestamenti�di�difesa�� ovveroqualsiasistrumento�tecnico�attoallaprotezionedairischiperilavoratori� ��devono�possedere�in�relazione�alle�necessita��della�sicurezza�sul�lavoro�i� necessari�requisiti�di�resistenza�e�idoneita���.� Non�a�caso,�del�resto,�per�taluni�tra�i�destinatari�di�siffatte�norme��e�cioe�� in�particolare�per�i�datori�di�lavoro��sono�previste�numerose,�corrispondenti� sanzionipenali�in�caso�diaccertate�violazioni�di�ciascuno�degliobblighisanciti� dalle�disposizioni�medesime.� Tanto�premesso,�e�chiarito�che�la�Repubblica�italiana�ha�scrupolosamente� datopienaecompletaattuazionealledirettive�inmateria�(equindinonha�certo� ostacolato�l'azione�della�Commissione),�l'oggetto�del�ricorso�della�Commissione� concerne,dunque,�esclusivamenteilmancatoriscontroadunarichiestadispeci- fica�informazione�a�proposito�di�una�isolata�denuncia�proveniente�da��un�opera- tore�economico�e�riguardante�unsingolo�impiantopresso�ilquale�lanormativa� de qua,�seppure�certamente�esistente�ed�operativa,�non�sarebbe�stata�in�concreto� applicata�(perpresumibileinottemperanzadeldatoredilavoroagliobblighisu� di�se�gravanti).� Preliminarmente,�deveeccepirsiche�ilricorsononcontienel'esposizionedel� contestofattualeminimo,�indispensabileaifinidellarelativadifesaedellacon- seguente�decisione�giudiziale.� Infatti,�ne�dal�ricorso,�ne�da�taluno�dei�documenti�allegati�al�medesimo�e�� dato�desumere�alcun�dato�informativo�circa�la�denominazione�e�l'ubicazione�del- l'impianto�oggetto�della�denuncia.� Cio��ha�comportato�una�oggettiva�difficolta�perle�Autorita�ministerialiita- liane�nell'individuare�i�competenti�organi�di�vigilanza�in�materia�diprotezione� deilavoratori,�alfinedipoterattivareprontamentemiraticontrolli.� Cio��tuttora�comporta�una�altrettanto�oggettiva�difficolta��anche�aifini�del- l'esercizio,�in�concreto,�del�diritto�di�difesa.� Peraltro,�stando�alle�singole�inadempienze�segnalate�nel�parere�motivatoe� relative�al�detto�(ma�non�identificato)�impianto�di�depurazione,�deve�precisarsi� che�solo�le�prime�due�appaiono�riconducibili�al�mancato�rispetto�(beninteso,�in� sede�meramente�applicativa)�delle�prescrizioni�di�cui�alla�direttiva� 89/655/CEE,�concernente�i�requisiti�di�sicurezza�delle�attrezzature�di�lavoro;� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� mentre�tutte�le�altre�afferiscono,�per�converso,�allo�stato�dei�luoghi�di�lavoro� ovvero�ad�altrifattori�di�rischio,�come�ad�esempio�l'eccessivo�rumore�nell'am- biente�di�lavoro.� Orbene,�le�misure�di�prevenzione�e�sicurezza�concernenti�tali�ultimi�aspetti� sono�disciplinate�da�altre�direttive�non�richiamate�nel�parere�motivato�della� Commissione�(e�comunque�anch'esse�gia��integralmente�recepite�nell'ordina- mento�italiano).� In�ogni�caso��pur�ritenendosi�non�sussistente�alcuna�responsabilita��per� mancata�collaborazioneepursottolineandosil'assairistrettarilevanzadellafat- tispecie�dedotta�in�giudizio�(gia��l'ordinamento�nazionale�appresta�efficaci�rimedi� a�tutela�delle�inadempienze�nella�subiecta�materia,�dando�addirittura�rilevanza� penale�alle�medesime)��si�assume�impegno�ad�effettuare�ogni�ulteriore�e�speci- fico�accertamento�su�quanto�occorso�e�su�eventuali�omissioni�poste�in�essere� dai�soggetti�tenuti�all'applicazione�della�legge�a�tutela�della�sicurezza�nei�luoghi� dilavoro,�alfinediacquisireefornirealla�Commissione�anchenellapresente� sede�giudiziale�e�nel�consueto�spirito�di�collaborazione��ogni�elemento�utile� ad�una�bonaria�composizione�della�controversia.� Allo�stato�e�salvo�ogni�successivo�sviluppo�della�vicenda�all'esito�degli� accertamenti�che�risultera��ulteriormente�possibile�esperire,�il�Governo�italiano� conclude�chiedendo�che�il�ricorso�della�Commissione�sia�dichiarato�inammissi- bile,�ovverosia�respintoperche�nonfondato.� Roma,�8�marzo�2003�^f.to�Avv.�Antonio�Cingolo�.� Causa C-85/03 (domanda di pronuncia pregiudiziale) ^Nozione di agente comm erciale ^Art.�1n.2direttiva86/653/CEE^OrdinanzadelProtodikeio� (Grecia)�emessa�il�27�aprile�2003�(ct.�24780/03,�avv.�dello�Stato�O.�Fiu- mara).� IL fattO E I quesitI Il�Tribunale�greco�ha�chiesto�alla�Corte�di�pronunciarsi�sull'interpreta- zione�dell'art.�1�n.�2�della�direttiva�86/653/CEE�(relativa�al�coordinamento� della�legislazione�degli�Stati�membri�concernenti�gli�agenti�commerciali�indi- pendenti)�per�chiarire�se�(primo�quesito)�debba�essere�considerata��agente� commerciale��anche�la�persona�che,�in�qualita�di�intermediario�indipendente,� acquista�a�nome�proprio�merci�presso�il�preponente,�detraendo�dal�prezzo�le� proprie�provvigioni,�e�successivamente�venda�tali�merci�a�terzi,�agendo�per� conto�del�preponente;�in�caso�di�risposta�negativa�a�questa�domanda,�prose- gue�il�giudice�remittente,�la�Corte�dovrebbe�precisare�(quesiti�secondo,�terzo� e�quarto)�se�si�e�in�presenza�di�una�lacuna�della�direttiva,�eventualmente�col- mabile�dal�legislatore�nazionale�in�via�analogica.� LA posizionE deL GovernO italianO �Il�Governo�italiano�ha�proposto�alla�Corte�di�rispondere�in�senso�positivo� alprimoquesito,�restandoquindiassorbitiglialtriquesiti.� Ai�sensi�dell'art.�1�n.�2�della�direttiva�^e��stato�osservato�^�per�agente� commerciale�si�intende�la�persona�che,�in�qualita��di�intermediario�indipendente,� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�89 e�incaricata�inmanierapermanenteditrattareperun'altrapersona�la�venditao� l'acquisto�di�merci,�ovvero�di�trattare�e�di�concludere�dette�operazioni�in�nome� e�per�conto�del�preponente��(in�modo�del�tutto�analogo�dispongono�l'art.�1742� del�codice�civile�italiano,�nonche�l'art.�1�della�legge�3�maggio�1985,�n.�204�rela- tiva�alla�disciplina�dell'attivita�di�agente�e�rappresentante�di�commercio).� Tale�normativa�prevede�come�requisito�indispensabile�della�figura�del- l'agente�commerciale�(a�parte�l'esclusiva,�che�nel�caso�di�specie�non�sembra�rile- vare)�il�caratterepermanente�o�stabile�dell'attivita�di�trattazione�o�conclusione� di�contratti�per�conto�di�un'altra�persona.�Una�volta,�dunque,�che�la�persona� compia,�su�incarico�stabile�di�un�preponente,�operazioni�che�importano�il�pas- saggio�di�una�merce�dal�preponente�stesso�ad�una�terza�persona�per�conto�del� preponente�stesso,�non�sembra�che�sia�rilevante�il�modo�in�cui�questo�passaggio� avvenga,�attraverso�cioe�una�vendita�dal�preponente�al�terzo�ovvero�attraverso� una�doppia�vendita�dalpreponente�all'intermediario�e�da�questi�al�terzo,�sempre� che�tale�secondo�passaggio�avvenga�per�conto�del�preponente�stesso,�cioe�nel� senso�che�il�terzo�abbia�la�rappresentazione�del�ruolo�di�intermediario�della� persona�che�si�e�frappostafra�lui�e�ilpreponente:�in�entrambi�i�casi�sembra�che� l'intermediario�assumalafiguradell'agente�commercialeaisensieperglieffetti� della�direttiva�comunitaria�(e�della�normativa�italiana�conforme)�(avv.�Oscar� Fiumara)�.� Causa C-103/03 (domanda di pronuncia pregiudiziale) �Conti annuali e conti consolidati ^Pubblicita� dei bilanci �Direttiva�90/605/CEE��Art.�47� direttiva�78/660/CEE�^Art.�44�C�^Ordinanza�del��Landgericht��(Ger- mania)�emessa�l'11�febbraio�2003,�notificata�l'8�aprile�2003�(cs.�8243/03,� avv.�dello�Stato�O.�Fiumara).� IL fattO E I quesitI E�stato�chiesto�alla�Corte�di�Giustizia�delle�Comunita�Europee�di�pro- nunciarsi,�ai�sensi�dell'articolo�234�del�Trattato,�in�ordine�all'interpretazione� della�Direttiva�90/605/CEE,�al�fine�di�chiarire�se�la�suddetta�Direttiva�sia� incompatibile�con�il�diritto�comunitario�primario,�segnatamente�con�l'arti- colo�44�del�Trattato�CE.� In�particolare,�si�chiede�alla�Corte�di�chiarire�se:� 1.�^ai�fini�dell'adozione�de1la�direttiva�del�Consiglio�8�novembre� 1990,�90/605/CEE�(che�modifica�le�direttive�78/660/CEE�e�83/349/CEE� relative�rispettivamente�ai�conti�annuali�e�ai�conti�consolidati�per�quanto� riguarda�il�loro�campo�d'applicazione)�la�Comunita�europea�potesse�assu- mere�a�fondamento�l'art.�44,�nn.�1�e,�in�combinato�disposto,�3,�lett.�g),�del� Trattato�CE,�sebbene�la�detta�direttiva�conferisca�diritti�di�accesso�anche�a� terzi�che�non�necessitano�di�tutela;� 2.�^se�la�direttiva�90/605/CEE,�in�combinazione�con�l'art.�47�della� direttiva�78/660/CEE,�sia�compatibile�con�il�diritto�fondamentale�al�libero� esercizio�delle�attivita�lavorative�riconosciuto�dall'ordinamento�comunitario,� nella�misura�in�cui,�per�effetto�della�normativa�predetta,�le�societa�in�acco- mandita�semplice�in�cui�il�socio�personalmente�responsabile�sia�una�societa� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� a�responsabilita�limitata�vengono�obbligate�a�rendere�pubblico�il�bilancio� annuale�e�la�relazione�sulla�gestione,�e�cio�in�particolare�senza�alcuna�limita- zione�della�cerchia�dei�soggetti�titolari�di�un�diritto�di�accesso�a�tali�docu- menti;� 3.�^se�la�direttiva�90/605/CEE,�in�combinazione�con�l'art.�47�della� direttiva�78/660/CEE,�sia�compatibile�con�i�diritti�fondamentali�alla�liberta� di�stampa�e�di�diffusione�radiotelevisiva�riconosciuti�dall'ordinamento�comu- nitario,�nella�misura�in�cui,�per�effetto�della�normativa�predetta,�le�societa� in�accomandita�semplice�nelle�quali�il�socio�personalmente�responsabile�sia� una�societa�a�responsabilita�limitata�e�che�operino�nel�settore�della�stampa� e�dell'editoria�e/o�nel�settore�dell'emittenza�radiotelevisiva�vengono�obbligate� a�rendere�pubblico�il�bilancio�annuale�e�la�relazione�sulla�gestione,�e�cio�in� particolare�senza�alcuna�limitazione�della�cerchia�dei�soggetti�titolaridiun� diritto�di�accesso�a�tali�documenti;� 4.�^se�la�direttiva�90/605/CEE�sia�compatibile�con�il�principio�gene- rale�di�uguaglianza,�nella�misura�in�cui�essa�porta�a�trattare�in�modo�meno� favorevole�le�societa�in�accomandita�semplice�il�cui�socio�accomandatario� sia�una�societa�a�responsabilita�limitata�rispetto�alle�societa�in�accomandita� semplice�il�cui�socio�accomandatario�sia�una�persona�fisica,�sebbene�i�credi- tori�di�una�societa�a�responsabilita�limitata,�in�virtu�degli�obblighi�di�pubbli- cazione�incombenti�alle�s.r.l.,�siano�tutelati�meglio�dei�creditori�di�una�societa� in�accomandita�semplice,�il�cui�socio�accomandatario,�in�quanto�persona� fisica,�non�soggiace�ad�alcun�obbligo�di�pubblicazione.� Nel�caso�di�specie,�in�data�6�febbraio�2002�una�societa�tedesca�ha�chie- sto�di�prendere�visione�del�bilancio�annuale�di�una�societa�il�cui�socio�acco- mandatario�e�una�societa�a�responsabilita�limitata�e�il�cui�socio�accoman- dante�e�,�fra�gli�altri,�una�societa�a�responsabilita�limitata.� Causa C-112/03 (domanda di pronuncia pregiudiziale) ^Convenzione di Bru- xelles del 27 novembre 1968 ^Competenza speciale in materia di assicu- razioni ^Articoli�10,�n.�1�e�12,�sub�3�^Ordinanza�della��Cour�d'appel�� (Francia)�del�20�febbraio�2003,�notificata�il�22�aprile�2003�(cs.�9487/03,� avv.�dello�Stato�G.�Fiengo).� IL fattO La�S.A.�Etablissements�Bernard�Laiterie�du�Chatelard�aveva�commissio- nato�la�realizzazione�di�lavori�di�isolamento�di�locali�mediante�l'apposizione� di�particolari�pannelli.�A�seguito�della�mancata�corretta�realizzazione�del- l'opera�nonche�di�difetti�rilevati�nei�pannelli�a�seguito�di�perizia,�la�societa� francese�ha�proposto�azione�di�risarcimento�del�danno�contro�la�Societa�che� ha�eseguito�i�lavori�e�contro�la�societa�produttrice�dei�pannelli�nonche�,�infine,� contro�le�rispettive�societa�assicuratrici.� Tra�i�convenuti,�la�S.F.I.P.�^beneficiaria�della�Polizza�Gruppo�sotto- scritta�dalla�societa�madre�(belga)�con�un�gruppo�di�assicuratori�belgi�c hiama�in�garanzia�tali�coassicuratori�belgi�sulla�base�dell'art.�10�primo� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�91 comma�della�Convenzione�di�Bruxelles�ritenendo�possibile�adire�il�giudice� presso�cui�e�stata�proposta�l'azione�esercitata�dalla�persona�lesa�contro�l'assi- curato.� Gli�assicuratori�belgi�hanno,�invece,�eccepito�l'incompetenza�territoriale� di�tale�giudice,�in�considerazione�di�una�clausola�derogatoria�della�Conven- zione,�ed�inserita�nel�contratto�di�polizza�assicurativa,�nella�quale�le�parti� hanno�stabilito�che,�in�caso�di�controversia,�la�compagnia�assicuratrice�si� sarebbe�assoggettata�alla�giurisdizione�del�foro�del�domicilio�del�sottoscrit- tore�(la�societa�madre�belga),�ovvero�il�Tribunal�de�Premie�re�Instance�de�Bru- xelles.� IL quesitO Se�l'assicurato�beneficiario�di�un�contratto�d'assicurazione�per�conto�(di� chi�spetta),�concluso�tra�un�contraente�dell'assicurazione�(sottoscrittore)�e� un�assicuratore�aventi�entrambi�domicilio�nello�stesso�Stato�membro,�possa� essere�vincolato�dalla�clausola�che�attribuisce�competenza�alle�autorita�giuri- sdizionali�di�detto�Stato,�quando�l'assicurato�non�abbia�personalmente� approvato�tale�clausola,�il�danno�si�sia�verificato�in�un�altro�Stato�membro,� e�l'assicurato�abbia�altres|�citato,�dinanzi�ad�un'autorita�giurisdizionale�di� quest'ultimo�Stato,�assicuratori�aventi�domicilio�nello�stesso.� Causa C-117/03 (domanda di pronuncia pregiudiziale) ^Selezione dei siti di interesse comunitario ^Siti su cui insistono habitat e specie comunitarie di tipo prioritario ^Eccezione al procedimento in due fasi ^Art.�4,� paragrafo�5;�art.�6,�comma�3,�e�art.�21�della�direttiva�92/44/CEE�^ Ordinanza�del�Consiglio�di�Stato,�Sezione�sesta�(Italia),�del�17�dicembre� 2002�^Registrata�il�18�marzo�2003�(avv.�dello�Stato�M.�Fiorilli).� IL fattO La�ricorrente�ha�partecipato,�in�associazione�temporanea�con�altre� imprese,�in�epigrafe�specificate,�alla�licitazione�privata�per�l'affidamento�di� lavori,�consistenti�nell'escavazione�di�fondali�fino�alla�quota�di�12,5�mt.�e� nello�scarico�dei�relativi�sedimenti�in�cassa�di�colmata,�di�dragaggio�nel�porto� di�Monfalcone,�indetta�dall'amministrazione�statale�intimata�e�ne�e�risultata� aggiudicataria,�con�verbale.�n.�1041�del�14�maggio�2001.� Nonostante�che�lo�scarico�nella�cassa�di�colmata�fosse�autorizzato�dal� Ministero�dell'Ambiente,�che�aveva�altres|�comunicato�che�i�lavori�non�erano� soggetti�alla�procedura�di�VIA,�opinione�condivisa�dalla�Direzione�dell'am- biente�dell'intimata�regione,�l'amministrazione�appaltante�non�ha�provveduto� all'approvazione�degli�atti�di�gara,�fino�a�determinarsi�quattro�mesi�dopo,� negativamente.� Ha�infatti�provveduto�con�il�decreto�del�dirigente�responsabile�del�proce- dimento�di�accordo�di�programma�dell'Ufficio�del�Genio�civile�per�le�opere� marittime�di�Trieste�prot.�n.�2960�del�28�settembre�2001�di�non�approvazione� dei�verbali�di�licitazione�privata�e�di�annullamento�della�gara�per�i�lavoridi� dragaggio�ed�approfondimento�dei�fondali�del�porto�di�Monfalcone,�costi- tuente�il�primo�atto�impugnato�con�il�ricorso�di�primo�grado,�all'annulla- mento�dell'intera�procedura�di�gara,�sulla�base�delle�considerazioni�svolte� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� dalla�Regione,�con�la�nota�del�Direttore�regionale�dell'Ambiente� prot.�AMB/1908/01�del�27�luglio�2001,�che�segnala�la�qualificazione�della� cassa�di�colmata,�destinata�a�raccogliere�il�materiale�scavato�a�seguito�dei� lavori�suddetti,�come�sito�di�interesse�comunitario,�da�sottoporre�a�valuta- zione�di�incidenza�ai�sensi�dell'art.�5�del�d.P.R.�8�settembre�1997�n.�357�di� impossibile�esito�positivo.� Assume�la�ricorrente�che�il�procedimento�per�la�classificazione�di�parte� della�cassa�di�colmata�per�i�progettati�lavori�di�dragaggio�fra�i�siti�di�impor- tanza�comunitaria�(nella�specie�in�quello�denominato��foce�del�Timavo�)� non�sarebbe�ancora�completato,�essendo�stata�formulata�la�relativa�proposta� dalle�autorita�nazionali�e�non�essendo�ad�essa�ancora�seguita�l'inclusione�nel- l'elenco�dei�sopradetti�siti�ad�opera�della�Commissione�Europea�ai�sensi�del- l'art.�4�paragrafo�5�della�direttiva�94/43�CE,�onde�non�sarebbero�ancora�in� vigore,�a�suo�riguardo,�le�necessarie�misure�di�conservazione�e�l'obbligo�della� valutazione�preventiva�sui�progetti�che�abbiano,�su�detto�sito,�incidenza�signi- ficativa�ai�sensi�del�successivo�art.�6�paragrafi�1,�2,�3�e�4.� Ne�seguirebbe�l'erroneita�del�presupposto�su�cui�si�fonda�la�decisione�di� annullamento�della�gara.� Gliarticoli1lett. b) e6paragrafo4delladirettiva93/43/CE. Le�disposizioni�comunitarie�consentirebbero�un�esito�diverso�della�valu- tazione�di�incidenza,�considerata�la�definizione�di�habitat come�zona�distinta� per�caratteristiche�naturali�o�seminaturali,�non�riscontrabili�in�una�cassa�di� colmata,�opera�artificiale�dell'uomo;�e�anche�per�la�possibilita�di�autorizzare,� comunque,�la�realizzazione�del�progetto�per�motivi�imperativi�di�interesse� pubblico,�inclusi�motivi�di�natura�sociale�ed�economica,�previa�adozione�di� misure�compensative�autorizzate�dalla�Commissione�Europea.� Il�T.A.R.�Friuli�ha�ritenuto�necessaria�la��valutazione�di�incidenza��in� una�situazione�in�cui�sia�stato�rinvenuto�in�un�sito�interessato�da�un�progetto� di�lavori�pubblici,�oggetto�di�appalto,�un�habitat prioritario�ossia�un�habitat che�rischia�di�scomparire�nel�territorio�dell'Unione�europea.� Si�rileva�in�sentenza�che�sia�la�direttiva�(art.�4),�sia�il�d.P.R.�n.�357/1997� (art.�3,�comma�1.�ed�art.�4),�delineano�un�procedimento�in�due�fasi:�la�propo- sta,�che�e�di�competenza�dello�Stato�membro,�e�la�decisione�circa�l'inclusione� o�meno�nell'elenco�dei�siti�di�importanza�comunitaria,�che�e�di�competenza� della�Commissione�europea,�dalla�quale�ultima�soltanto�derivano�obblighi� di�protezione�ambientale.� Il�procedimento�sarebbe�diverso�e�piu�rapido�in�presenza�di�habitat prio- ritari�previsti�dall'art.�1�paragrafo�2�lettera�d)�ossia�habitat che�sono�in�peri- colo�di�scomparsa,�e�la�cui�tutela�deve�essere�per�quanto�possibile�rapida,� come�nella�fattispecie�a�giudizio.� L'allegato�III�dell'atto�comunitario,�disciplinando�i�criteri�di�selezione� dei�siti�atti�ad�essere�individuati�quali�siti�di�importanza�comunitaria,�prevede� un�procedimento�articolato�in�una�Fase�I�che�regola�la�valutazione�dell'im- portanza�comunitaria�dei�siti�proposti�a�livello�nazionale,�la�cui�conclusione� e�la�formazione�di�un�elenco�nazionale�e�la�Fase�II,�che�regola�la�valutazione� a�livello�comunitario�dei�siti�compresi�negli�elenchi�nazionali�e�le�determina- zioni�finali�che�ne�conseguono,�con�l'indicazione�dei�relativi�criteri.� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�93 Detto�allegato�^secondo�il�giudice�di�primo�grado�^prevede�una�signifi- cativa�eccezione�nel�procedimento�alla�Fase�II�disponendo�che�tutti�i�siti�indi- viduati�dagli�Stati�membri�nella�Fase�I,�che�ospitano�tipi�di�habitat naturali� o�specie�prioritari,�sono�considerati�siti�di�importanza�comunitaria.� In�sostanza�quando�uno�Stato�membro�ha,�come�nel�caso�di�specie,�indi- viduato�un�sito�in�cui�si�rinviene�un�habitat prioritario,�in�quanto�non�solo� di�interesse�comunitario�ma�altres|�in�pericolo,�e�lo�ha�incluso�nell'elenco� inviato�alla�Comunita�Europea�^secondo�la�decisione�di�primo�grado�^eo ipso detto�sito�e�considerato�di�importanza�comunitaria�ed�assoggettato�alle� misure�di�salvaguardia,�di�cui�all'art.�6�paragrafi�2,�3�e�4�della�direttiva,a� norma�dell'art.�4�paragrafo�5,�nonche�alla�prescritta�valutazione�di�incidenza,� contrariamente�a�quanto�assumono�i�ricorrenti.� Ne�di�ostacolo�sarebbe�la�previsione�ai�sensi�dell'art.�4�paragrafi�2�e�3� della�direttiva�di�una�procedura�di�valutazione,�da�parte�della�Commissione,� anche�dei�siti�di�importanza�comunitaria�in�cui�sono�presenti�habitat o�specie� prioritari.� Detto�procedimento�avviene,�come�specificato�dall'indicato�paragrafo�2,� primo�periodo,��in�base�ai�criteri�di�cui�all'allegato�III��(Fase�II),�fra�i�quali� e�compreso�quello�della�considerazione,�quali�siti�di�interesse�comunitario,� di�tutti�i�siti�proposti�dagli�Stati�membri�ove�si�rinvengano�habitat o�specie� prioritari.� L'ulteriore�intervento�della�Commissione�CE,�in�questo�caso,�come� risulta�dal�comma�2�del�citato�paragrafo�2�dell'art.�4,�sarebbe�necessario�per� la�facolta�,�concessa�agli�Stati�membri,�in�cui�detti�habitat e�siti�siano�presenti� in�misura�superiore�al�5%�del�territorio�nazionale,�di�chiedere�che�i�criteri,� in�base�ai�quali�e�avvenuta�la�loro�identificazione,��siano�applicati�in�maniera� piu�flessibile�per�la�selezione�dell'insieme�dei�siti�di�importanza�comunitaria� nel�loro�territorio��con�conseguente�richiesta�ai�sensi�dell'art.�21�della�diret- tiva,�di�un�parere�della�Commissione�ad�un�apposito�Comitato,�rappresenta- tivo�degli�Stati�membri,�cui�segue�l'adeguamento�della�Commissione�al� parere�o�la�rimessione�dell'affare�al�Consiglio�dell'Unione�europea.� Si�tratta�quindi,�nel�caso�di�siti�in�cui�insistono�habitat e�specie�comuni- tarie�di�tipo�prioritario,�di�eventuale�revisione�di�decisioni�gia�prese,�in� quanto�la�loro�inclusione�nei�siti�di�importanza�comunitaria�e�gia�prevista� dall'Allegato�III�^Fase�II�della�direttiva,�con�conseguente�applicazione� immediata�delle�misure�di�salvaguardia�e�della�valutazione�di�incidenza�di� cui�all'art�6.� IL quesitO Se�l'art.�4�paragrafo�5�della�direttiva�21�maggio�1992�n.�92/43�debba� interpretarsi�nel�senso�che�le�misure�di�cui�all'art.�6�ed�in�particolare�quella� di�cui�all'art.�6,�comma�3,�della�stessa�direttiva�siano�obbligatorie�per�gli�Stati� membri�solo�dopo�la�definitiva�approvazione�in�sede�comunitaria�dell'elenco� dei�siti�ai�sensi�dell'art.�21,�o�se,�diversamente,�al�di�la�dell'individuazione� del�momento�di�decorrenza�ordinaria�delle�misure�di�conservazione,�occorra� distinguere�fra�iscrizioni�dichiarative�e�costitutive�(includendo�fra�le�prime� RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO quelle relative a siti prioritari) ed al fine di salvaguardare l'effetto utile della direttiva mirante alla conservazione degli habitat, nel solo caso di individua- zione da parte di uno Stato membro di un sito di importanza comunitaria ospitante tipi di habitat naturali o specie prioritari, non debba ritenersi che sussista un obbligo di sottoposizione a valutazione di piani e progetti signifi- cativamente incidenti sul sito, anche prima della formazione da parte della Commissione del progetto di elenco dei siti o della adozione definitiva di detto elenco ai sensi dell'art. 21 della direttiva ed in sostanza a partire dalla formulazione dell'elenco nazionale. NotA Come emerge dai �Considerando� della Direttiva 92/43/CEE, lo scopo che si vuole perseguire e� il mantenimento e la conservazione della biodiversita� e garantirne lo sviluppo durevole. Per assicurare il ripristino o il mantenimento degli habitat naturali e delle specie di interesse comunitario in uno stato di con- servazione soddisfacente, si ritiene necessario designare zone speciali di conser- vazione ^alfine di realizzare una rete ecologica europea ^ovvero habitat natu- rali, cioe� zone terrestri o acquatiche che si distinguono per le loro caratteristiche geografiche, abiotiche e biotiche, interamente naturali o seminaturali. All'art. 4 par. 5 della direttiva, e� infatti previsto che �Non appena un sito e� iscritto nell'elenco di cui alparagrafo 2, terzo comma, esso e� soggetto alle dispo- sizioni dell'articolo 6, paragrafi 2, 3 e 4�. All'art. 6, comma3,e�previstoche�Qualsiasipianooprogettonondiretta- mente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e pro- getti,formaoggetto diuna opportuna valutazionedell'incidenza chehasulsito, tenendo contodegliobiettividiconservazionedelmedesimo. Alla lucedelle con- clusioni della valutazione dell'incidenza sul sito e fatto salvo il paragrafo 4, le autorita� nazionalicompetentidannoilloroaccordosutalepianooprogettosol- tanto dopo averavuto la certezza che essononpregiudichera� l'integrita� delsito in causae, se delcaso,previopareredell'opinionepubblica�. L'art. 21 della direttiva dispone che �Il rappresentante della Commissione sottoponealcomitatounprogettodellemisuredaadottare. Ilcomitatoformula ilsuoparere sulprogetto entro un termine che ilpresidentepuo� fissare infun- zione dell'urgenza della questione in esame. Ilparere e� formulato dalla maggio- ranza prevista dall'articolo 148, paragrafo 2, del Trattato per l'adozione delle decisioni che il Consiglio deve prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni al comitato viene attribuita ai voti dei rappresentanti degli Stati mem- brilaponderazionedefinitaall'articoloprecitato. Ilpresidentenonpartecipa alla votazione. La Commissioneadottalemisureprevistequalorasiano conformialparere del comitato. Se le misure previste non sono conformi al parere del comitato, o in man- canza di parere, la Commissione sottopone senza indugio al Consiglio una pro- posta in merito alle misure da prendere. Il Consiglio delibera a maggioranza qualificata. IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�95 Se�il�Consiglio�non�ha�deliberato�entro�tre�mesi�a�decorrere�dalla�data�in� cui�gli�e�stata�sottoposta�la�proposta,�la�Commissione�adotta�le�misure�propo- ste�.� Tale�normativa�comunitaria�e�stata�recepita�attraverso�il�d.P.R.�n.�357� dell'8�settembre�1997,�il�quale�opera�una�fedele�trasposizione�della�direttiva� habitat,�relativa�alla�conservazione�degli�habitat�naturali�e�seminaturali,�nonche� dellaflora�e�dellafauna�selvatiche.� Causa C-124/03 (domanda di pronuncia pregiudiziale) ^Concetto di �latte destinato alla fabbricazione di prodotti, a base di latte� ^Direttiva� 92/46/CEE�Art.�2,�capoverso�sub�2)�^Ordinanza�del��College�van� Beroep�voor�het�bedrijfsleven��(Olanda)�emessa�l'11�marzo�2003,�notifi- cata�il�13�maggio�2003�(cs.�11312/03,�avv.�dello�Stato�O.�Fiumara).� IL fattO E I quesitI E�stato�chiesto�alla�Corte�di�Giustizia�delle�Comunita�Europee�di�pro- nunciarsi�in�via�pregiudiziale,�ai�sensi�dell'art.�234�CE,�in�merito�all'�interpre- tazione�del�Direttiva�92/46/CEE�del�Consiglio,�del�16�giugno�1992,�che�stabi- lisce�le�norme�sanitarie�per�la�produzione�e�la�commercializzazione�di�latte� crudo,�di�latte�trattato�termicamente�e�di�prodotti�a�base�di�latte,�al�fine�di� chiarire�se:� 1.a)�il�concetto��latte�destinato�alla�fabbricazione�di�prodotti�a�base�di� latte��di�cui�all'art.�2,�capoverso,�sub�2),�della�direttiva�92/46/CEE,�debba� essere�interpretato�nel�senso�che�comprende�(anche)�costituenti�di�prodotti� lattiero-caseari�di�un�prodotto�comprendente�anche�componenti�di�diversa� natura,�cioe�prodotti�non�lattiero-caseari,�e�dove�il�costituente�di�prodotto� lattiero-caseario�non�puo�essere�separato�dai�componenti�diversi�dai�costi- tuenti�lattiero-caseari:� 1.b)�in�caso�di�soluzione�affermativa�della�prima�questione,�l'art.�22� della�direttiva�92/46/CEE,�debba�essere�interpretato�nel�senso�che,�in�caso� d'importazione�da�paesi�terzi,�tale�direttiva�e�applicabile�solo�su�tale�costi- tuente�del�latte�di�un�prodotto�e�pertanto�non�e�applicabile�sul�corrispon- dente�prodotto�nella�cui�composizione�esso�rientra;� 2�a)�il�concetto�di��prodotto�a�base�di�latte��di�cui�all'art.�2,�capo- verso�sub�4,�della�direttiva�92/46/CEE�riguardi�esclusivamente�prodotti�finiti� o�anche�prodotti�semifiniti,�che�debbano�essere�ancora�sottoposti�a�una�lavo- razione�prima�di�essere�venduti�al�consumatore;� 2�b)�qualora�l'art.�2,�capoverso,�sub�4),�della�direttiva�92/46/CEE,� contempli�anche�prodotti�semifiniti,�in�applicazione�di�quali�criteri�possa�sta- bilirsi�se�il�latte�o�un�prodotto�lattiero-caseario�sia�costituente�essenziale�di� un�prodotto:�per�la�sua�quantita�ovvero�per�il�fatto�che�il�suo�effetto�caratte- rizza�il�prodotto,�secondo�l'accezione�dell'art.�2,�capoverso�sub�4),�della�diret- tiva�92/46/CEE.� A�seguito�dell'esito�dei�controlli�doganali�effettuati�tramite�prelievo�a� campione�da�container�provenienti�da�Aruba,�veniva�negata�l'importazione� nell'Unione�europea�dei�prodotti�lattiero-cascari�ivi�contenuti.�Le�autorita� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� olandesi�rilevando�la�presenza�di�una�percentuale�animale�nella�composi- zione�del�prodotto,�disponevano�l'espletamento�di�controlli�veterinari;si� accertava�in�tale�sede,�sia�la�mancanza�del�certificato�veterinario�necessario� ai�fini�dell'attraversamento�delle�frontiere,�che�la�provenienza�da�uno�stabili- mento�non�riconosciuto�dalla�Commissione.� Causa C-130/03 ^Ricorso per inadempimento ^Regolamento (CE) n. 40/1994 del Consiglio del 20 dicembre 1993 sul marchio comunitario ^Istituzione dei tribunali dei marchi comunitari ^Ricorso�della�Commissione�delle� Comunita�europee�iscritto�il�24�marzo�2003�(ct.�13915/03,�avv.�dello� Stato�O.�Fiumara).� LA materiA deL contenderE La�Commissione�ha�chiesto�alla�Corte�di�dichiarare�che�la�Repubblica� italiana,�avendo�omesso�di�designare�tribunali�dei�marchi�comunitari�di� prima�e�seconda�istanza,�o�comunque�non�avendo�comunicato�alla�Commis- sione,�entro�il�termine�stabilito,�un�elenco�di�tali�tribunali�con�indicazione� della�loro�denominazione�e�competenza�territoriale,�e�venuta�meno�agli� obblighi�ad�essa�incombenti�ai�sensi�dell'art.�91�del�reg.�CE�n.�40/1994.� LA posizionE deL GovernO italianO Il�Governo�italiano�ha�precisato�in�causa�che,�in�forza�della�delega�conte- nuta�nell'art.�16�della�legge�12�dicembre�2002�n.�273,�contenente��misure�per� favorire�l'iniziativa�privata�e�lo�sviluppo�della�concorrenza��e�stato�emanato�il� decreto�legislativo�27�giugno�2003�n.�168�concernente�la��istituzione�di�sezioni� specializzate�in�materia�di�proprieta�industriale�ed�intellettuale�.�Tale�decreto� prevede�appunto,�in�piena�attuazione�del�regolamento�del�Consiglio�sopra�citato,� la�immediata�istituzione,�presso�i�tribunali�e�le�corti�d'appello�di�dodicicitta�ita- liane,�di�altrettante�sezioni�specializzate�in�materia�di�proprieta�industriale�ed� intellettuale�(art.�1),�precisandone�la�composizione�(art.�2)�e�la�competenza� (artt.3�e�segg.)� Essendo�venuta�a�cessare�nella�sostanza�la�materia�del�contendere,�e�stato� chiesto�alla�Commissione�di�rinunciare�al�ricorso�proposto.� Causa C-132/03 (domanda di pronuncia pregiudiziale) ^Alimenti a base di cereali e altri elementi destinati a lattanti e bambini ^Direttive�96/5/CE� e98/36/CE^ContaminazioneaccidentalediO.G.M.�^Obbligodiindi- cazione�sulla�confezione�^Direttiva�79/112/CEE�relativa�al�ravvicina- mento�delle�legislazioni�degli�Stati�membri�sulla�etichettatura�e�la�pre- sentazione�dei�prodotti�alimentari�destinati�al�consumatore�finale�^ Regolamento�(CE)�49/2000�^Ordinanza�del�Consiglio�di�Stato,�sezione� quarta�(Italia),�del�28�gennaio�2003�^Iscritto�il�25�marzo�2003�(avv.� dello�Stato�M.�Fiorilli).� IL fattO Il�CodaconS impugna�il�decreto�ministeriale�Sanita�31�maggio�2001� n.�371�nella�parte�in�cui�modifica�l'articolo�4,�comma�1.,�ultimo�periodo�del� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�97 decreto�ministeriale�Sanita�6�aprile�1994�n.�500�disponendo��Escluso,�in�ogni� caso,�l'uso�di�materiale�derivato�da�organismi�geneticamente�modificati,� salva�la�tolleranza�prevista�dal�regolamento�(CE)�n.�49/2000�.� Il�giudice�di�primo�grado�ha�annullato�il�decreto�ministeriale�Sanita� limitatamente�alla�previsione�della�esenzione�dall'indicazione�delle�tracce�di� O.G.M.�nella�etichettatura�degli�alimenti�per�lattanti�e�negli�alimenti�dipros eguimento.� IL quesitO Se�la�disposizione�di�cui�all'articolo�2,�paragrafo�2,�lettera�b),�del�regolam ento�(CE)�n.�1139/1998,�come�sostituito�dall'articolo�1,�del�regolamento� (CE)�n.�49/2000,�debba�essere�applicata�anche�ai�prodotti�alimentari�per�latt anti�e�per�bambini�fino�a�tre�anni�cioe�,�specificamente,�se,�in�relazione�a�tali� prodotti,�la�contaminazione�accidentale�di�materiale�derivato�da�organismi� geneticamente�modificati,�in�proporzione�non�superiore�all'1%�debba,�o� meno,�essere�indicata�nella�etichettatura.� Causa�C-133/03�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Falso�in�bilancio�^ Ordinanza�del�Tribunale�di�Torino�^G.I.P.�del�25�febbraio�2003� (ct�18848/03,�avv.�dello�Stato�O.�Fiumara).� La�causa�ripropone�il�quesito�gia�posto�nelle�cause�riunite�C-387/02,� C-391/02�e�C-403/02,�per�le�quali�cfr.�questa�Rassegna,�luglio-dicembre� 2002,�244.� La�Corte�ha�sospeso�la�procedura�in�attesa�della�sua�pronuncia�nelle� suddette�cause.� Causa�C-134/03�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Mercato�comune�^ Imposta�sulla�pubblicita�e�diritto�sulle�pubbliche�affissioni�^Art.�87�e� seguenti�Trattato�CE�^Conferimento�ad�un'impresa�pubblica�(comune)� della�gestione�di�un'imposta�^Ordinanza�del�Giudice�di�Pace�di�Genova� ^Voltri�10�marzo�2003�(ct.�27858/03,�avv.�dello�Stato�O.�Fiumara).� IL fattO E I quesitI Davanti�al�giudice�remittente�pende�una�causa�promossa�da�un�soggetto,� la�Viacom�Outdoor�s.r.l.,�contro�un�altro�soggetto,�la�Giotto�Immobilier� s.a.r.l.,�per�il�pagamento�del�corrispettivo�di�alcuni�servizi�di�esposizione�di� manifesti�pubblicitari,�corrispettivo�che�include�^cos|�afferma�il�giudice�� l'imposta�comunale�sulla�pubblicita�ed�altri�oneri�pagati�al�Comune�di� Genova�:�la�Giotto�contesta�la�richiesta�di�pagamento�dell'imposta�e�degli� oneri�aggiuntivi.� Il�giudice�italiano�dubita�della�compatibilita�con�la�normativa�comunitar ia�della�regolamentazione�italiana�sull'imposta�comunale�sulla�pubblicita�e� sul�diritto�sulle�pubbliche�affissioni�(decreto�legislativo�15�novembre�1993� n.�507,�e�successive�modificazioni)�e�sottopone�alla�Corte�i�seguenti�quesiti:� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� 1.^Se�il�conferimento�ad�un'impresa�pubblica�(Comuni)�della�gestione� di�un'imposta�e�di�diritti�quali�quelli�considerati�in�premessa,�e�relativiad� un�mercato�che�costituisce�parte�sostanziale�del�mercato�comune�e�nel�quale� la�stessa�impresa�pubblica�opera�in�posizione�dominante�osti:� a) all'applicazione�dell'art.�86�CE�in�combinato�disposto�con� l'art.�82�CE;� b) all'applicazione�dell'art.�86�CE�in�combinato�disposto�con� l'art.�49�CE.� 2.�^Se�la�devoluzione�alla�detta�impresa�pubblica�del�gettito�derivante� dall'imposta�e�dai�diritti�in�questione�osti:� a) all'applicazione�dell'art.�86�CE�in�combinato�disposto�con� l'art.�82�CE;� b) all'applicazione�degli�art.�87�CE�e�88�CE,�costituendo�un�aiuto�di� Stato�illegittimo�(non�notificato),�nonche�incompatibile�con�il�mercato� comune.� LA posizionE deL GovernO italianO �(omissis)4.-Unacosae� l'impostasullapubblicita� ealtracosae� ildiritto sullepubbliche affissioni (purse comprensivo dell'impostasullapubblicita�). L'impostasullapubblicita� e� dovutaperqualsivogliadiffusioneesternadiun messaggio pubblicitario e prescinde completamente da qualsiasi servizioreso: trattasidiun'imposta checolpiscelamerapropagazionepubblicadiunmessag- gio pubblicitario di qualsiasi natura, da chiunque e comunque trasmesso (salvo estensionioriduzioniperparticolariesigenze) edhaperpresuppostol'invasione della sfera di godimento comune dei beni. Cosa del tutto diversa e� il diritto sulle pubbliche affissioni. Il legislatore ha previsto unservizio comunaledipubblico interesse,perladiffusionedimanifesti contenenti comunicazioni aventi finalita� istituzionali, sociali o comunque prive di rilevanza economica, da effettuarsi in appositi impianti di spettanza comu- nale, salvo una riserva di spazio anche per messaggi diffusi nell'esercizio di atti- vita� economiche, anche in tal caso, evidentemente, per l'opportunita� di offrire a chiunque, magari sfornito di una specifica organizzazione, un minimo di spazio. Per tale pubblicita� e� chiaro che e� dovuto, oltre all'imposta sulla pubblicita� , anche il corrispettivo (comprensivo del costo e dell'utilizzo dell'impianto comu- nale) del servizio (cos|� come, ad esempio, nel caso di occupazione di spazi o aree pubbliche per pubblicita� da parte di privati, l'art. 9 comma 7 prevede il pagamento, oltre che dell'imposta sulla pubblicita� , anche della tassa per l'occu- pazione): ilcomplesso delcorrispettivo delservizio edella impostasullapubbli- cita� vieneacostituireildirittosullepubblicheaffissioni,unammontareforfettiz- zato e� graduato anche qui a seconda dellefinalita� del messaggio. 5. ^Venendooraaiquesitipostidalgiudicenazionale,nonv'e� alcundubbio che la nozione di impresa pubblica nel diritto comunitario comprende, in senso ampio,qualsiasisoggettocheesercitiun'attivita� economica,aprescinderedallo status�giuridico di tale entita� (sentenza della Corte nella causa C-41/1990, Hoeffuer): e� dunque certamentepossibile che un Comunepossa essere conside- rato, atalunieffettienell'eserciziodiunacertaattivita� un'impresapubblica. IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�99 Certamente,pero� talepossibileequiparazionenelcasodispecienone�per- tinente. Invero noi non sappiamo, perche� il giudice nazionale non ce lo spiega sufficientemente (donde il dubbio di ricevibilita� della sua domandapregiudiziale formulato nel paragrafo 2 del presente scritto), se nel caso di specie la parte attrice nella causaprincipale abbiafornito direttamente o attraverso altropri- vato ilserviziopubblicitario,perilquale ilComuneavrebberichiesto ilpaga- mentodell'impostasullapubblicita� ovveroessaabbiachiestoalComuneilser- vizio di pubblica affissione, per il quale il Comune avrebbe richiesto il paga- mento del diritto sulla pubblica affissione, comprensivo dell'imposta sulla pubblicita� . Il giudice nazionale parla di �imposta�sulla�pubblicita�ed�altri� oneri�, ma non chiarisce quali siano stati tali oneri aggiuntivi. Comunque, se ilgiudicenazionaleavesse inteso chiederese l'impostasulla pubblicita� possa essere considerata di per se� un diritto speciale o esclusivo vie- tato ex�art. 86CE, larispostanonpotrebbecheesserenegativa.L'impostasulla pubblicita� non costituisce certo un diritto speciale o esclusivo a favore del Comune per favorire la sua attivita� di impresa pubblica in concorrenza con imprese private. L'imposta colpisce in uguale misura (con le graduazioni del caso) qualsiasimessaggiopubblicitarioeffettuatoattraversoformedicomunica- zionevisiveoacustiche,perilsolofattocheilmessaggiostessosia effettuato; e nello stesso modo l'imposta opera allorche� essa e� incorporata nel diritto sulle pubbliche affissioni. La sua influenza e� dunque del tutto neutra nei rapporti con- correnziali e il suo gettito, afavore del bilancio comunale, e� giustificato dall'in- vasione che ilmessaggiofanell'area dipercezionepubblica. Se viceversa il giudice nazionale avesse inteso riferirsi al diritto sulle pub- blicheaffissioni, nonpotrebbeneanche in talcasoparlarsidiun dirittospeciale oesclusivo. Unavoltadepuratoildirittodell'importodellaimpostasullapubbli- cita� in esso incorporata (comunque dovuta) per quanto detto sopra, resterebbe il mero corrispettivo del servizio effettivamente reso, in particolare per l'uso del- l'impianto diproprieta� comunale utilizzato: e non v'e� alcun elemento che indichi o lascipresumere che questo �corrispettivo� non corrisponda all'effettivita� del servizio. Ne� v'e� alcun elemento che possa definirsi sintomatico dell'esistenza in concreto di un'alterazione della concorrenza, non sussistendo alcuna condizione difavoreperilcomune, cui, insostanza, vieneattribuitasololagestionedibeni di sua proprieta� . Se infine il giudice nazionale avesse inteso dubitare della legittimita� del- l'imposta sulla pubblicita� solo nel senso che il suo gettito consentirebbe al Comune di assumere una posizione dominante nella gestione dei servizi di pub- blica affissione, la risposta dovrebbe essere ugualmente negativa. Non solo, per evidenti ragioni, il servizio di pubblica affissione e� di importanza relativamente marginale rispetto a quello che puo� essere il vastissimo campo pubblicitario, ma mancherebbe, pur anche per tale ipotesi, l'indicazione di un qualsiasi ele- mento che lasci anche solo presumere una distorsione della concorrenza. 6. ^Per queste ragioni il Governo italiano propone di rispondere ai quesiti posti, ove la Corte ritenesse ricevibile la domanda pregiudiziale, nel senso che un sistema quale quello previsto dal decreto legislativo italiano n. 570/ 1993 e succ. mod. che prevede il conferimento al Comune del gettito dell'imposta sulla pubblicita� e/o dei diritti sulle pubbliche affissioni non contrasta con alcuna norma del Trattato (avv. Oscar Fiumara)�. RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Causa�C-136/03�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Provvedimenti�di� espulsione�o�divieto�di�soggiorno�^Motivi�di�ordine�pubblico�^Parere� autorita�competente�^Cittadini�UE�e�cittadini�turchi�^Artt.�8�e�9�dirett iva�64/221/CEE�^Artt.�8�e�9�decisione�1/1980�Associazione�CEE- Turchia�^Ordinanza�del��Verwaltungsgerichtshof��(Austria),�emessa�il� 18�marzo�2003,�notificata�il�13�maggio�2003�(cs�10263/03,�avv.�dello� Stato�A.�Cingolo).� IL fattO La�vicenda�in�questione�riguarda�due�reclami�amministrativi�proposti� dinanzi�al�Tribunale�amministrativo�di�appello�^riuniti�ai�fini�della�discus- sione�in�camera�di�Consiglio�e�della�decisione�^avverso�due�provvedimenti� che�impongono�rispettivamente:� a) un�divieto�di�soggiorno�della�durata�di�10�anni�a�carico�di�un�citta- dino�tedesco,�coniugato,�che�lavora�e�vive�in�Austria�con�la�sua�famiglia,�e� che�e�stato�condannato�per�truffa�aggravata�a�18�mesi�di�pena�detentiva,�di� cui�12�con�beneficio�di�sospensione�condizionale;� b) l'espulsione�di�un�cittadino�turco,�che�da�molti�anni�vive�e�lavora�in� Austria,�e�che�ha�subito�due�condanne�penali�(pene�pecuniarie).� La�normativa�nazionale�austriaca�sugli�stranieri�prevede,�fra�i�motivi�per� i�quali�uno�straniero��possa��essere�espulso�o�colpito�da�un�provvedimento� di�divieto�di�soggiorno,�il�pericolo�per�l'ordine�e�la�sicurezza�pubblica;�com- petente�a�decidere�sul�divieto�di�soggiorno�e�l'autorita�amministrativa�a� livello�di�polizia�federale�con�provvedimento�adottato�in�via�gerarchica�in� due�gradi;�il�reclamo�non�produce�effetto�sospensivo�che�puo�,�invece,�essere� deciso�dal�tribunale�d'appello�nell'ambito�del�controllo�di�merito�esercitato� nel�verificare�l'apprezzamento�operato�dall'autorita�interessata�rispetto�alla� sua�conclusione�o,�se�del�caso,�dalla�Corte�Costituzionale�la�quale,�pero�,� limita�la�sua�verifica�alla�violazione�di�diritti�costituzionalmente�garantiti.� Nel�caso�di�specie�il�giudice�a quo,�anche�alla�luce�della�giurisprudenza� comunitaria,�deduce�che�chiunque�sia�colpito�da�un�provvedimento�della�por- tata�di�quelli�qui�in�esame�debba�poter�esperire�gli�stessi�ricorsi�consentiti�ai� cittadini�nazionali�contro�gli�atti�amministrativi�o,�almeno,�possa�far�valere� le�sue�ragioni�dinanzi�ad�una�autorita�competente�diversa�da�quella�che�ha� adottato�il�provvedimento�restrittivo�e�che,�quindi,�nel�caso�in�cui�sia�consen- tito�il�ricorso�giurisdizionale�il�provvedimento�di�espulsione�non�possa�dive- nire�e�esecutivo�prima�che�l'interessato�sia�posto�in�grado�di�proporre�il� ricorso�stesso.� IquesitI Si�chiede,�in�particolare,�alla�Corte�di�chiarire:� 1.�^Se�gli�artt.�8�e�9�della�predetta�direttiva�debbano�essere�interpretati� nel�senso�che,�tranne�casi�di�urgenza,�le�autorita�amministrative�^a�prescin- dere�dall'esistenza�di�un�ricorso�gerarchico�interno�^non�debbano�adottare� la�decisione�relativa�all'allontanamento�dal�territorio�nazionale�senzaaver� sentito�il�parere�di�un'autorita�competente�ai�sensi�dell'art.�9,�n.�1,�della�diret- tiva,�qualora�avverso�la�loro�decisione�sia�solo�consentito�adire�con�un� reclamo�i�Tribunali�di�diritto�pubblico�entro�i�seguenti�limiti:�a�tale�reclamo� non�si�ricollega�un�automatico�effetto�sospensivo�e�i�Tribunali�non�possono� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�101 emettere�una�decisione�di�opportunita�,�ma�solo�rimuovere�la�decisione�impu- gnata.�Ed�ancora�il�giudice�d'appello,�nell'ambito�dell'accertamento�di� merito,�e�vincolato�ad�una�verifica�della�consequenzialita�ed�il�giudice�costi- tuzionale�(eventualmente�adito)�limita�la�sua�verifica�alla�violazione�dei� diritti�costituzionalmente�garantiti.� 2.�^Se�le�garanzie�di�tutela�giurisdizionale�dei�diritti�di�cui�agli�artt.�8�e� 9�della�direttiva�sopra�indicata�si�applicano�ai�cittadini�turchi,�che�fruiscono� della�posizione�derivante�loro�ai�sensi�dell'art.�6�o�7�della�decisione�del�Consi- glio,�19�settembre�1980,�n.�1/1980�relativa�all'accordo�di�associazione�CEE-- Turchia.� Causa C ^153/03 (domanda di pronuncia pregiudiziale) ^Prestazioni familiari ^Stato di impiego ^Stato di residenza dei familiari ^Art.�76�regola- mento�1408/1971�^Ordinanzadella�CourdeCassation�(Lussemburgo)� emessa�il�6�marzo�2003,�notificata�il�20�maggio�2003�(cs.10691/03,�avv.� dello�Stato�A.�Cingolo).� IL fattO Nel�caso�di�specie�la�ricorrente�(Caisse nationale desprestationsfamiliales) impugna�la�sentenza�dei�Conseil Superieur des assurances sociales con�cui� viene�riconosciuto�alla�convenuta�il�diritto�al�versamento�integrale�dell'inden- nita�di�educazione�prevista�dalla�legge�lussemburghese,�modificata�dal� 10�agosto�1988,�che�istituisce�detta�prestazione.� Pur�riconoscendo�il�diritto�della�convenuta�alla�concessione�della�pre- detta�indennita�,�a�norma�dell'art.�73�del�regolamento�1408/1971,�la�ricorrente� sostiene�che�nel�caso�di�specie�trovi�applicazione�l'art.�76�dello�stesso�regola- mento�in�quanto�l'indennita�di�educazione�non�ha�il�suo�fondamento�nella� legge�nazionale�tedesca�(dove�si�ritiene�risiedano�i�familiari�della�convenuta� che,�peraltro,�non�vi�ha�mai�lavorato�ne'�versato�contributi)�ma�in�principi� di�diritto�comunitario�che�si�impongono�alle�autorita�nazionali�anche�se�le� condizioni�poste�dalla�legge�nazionale�non�vengono�soddisfatte.� IquesitI Si�chiede�alla�Corte�di�chiarire:� 1.�^se�l'art.�76�del�predetto�regolamento�vada�interpretato�nel�senso� che�prende�unicamente�in�considerazione�l'ipotesi�in�cui�il�lavoratore� migrante�ha�diritto�a�prestazioni�familiari�a�norma�della�legislazione�dello� Stato�di�impiego�ed�a�norma�della�legislazione�dello�Stato�di�residenza�dei� suoi�familiari;� 2.�^in�caso�di�soluzione�affermativa,�se�gli�enti�dello�Stato�di�impiego� possano�procedere�alla�sospensione�del�diritto�alle�prestazioni�familiari�qua- lora�ritengano�che�il�rifiuto�d|�accordare�prestazioni�familiari�nello�Stato�di� residenza�non�sia�conforme�al�diritto�comunitario;� 3.�^nell'ipotesi�di�soluzione�negativa,�invece,�se�il�citato�art.�76�per- metta�allo�Stato�di�impiego�di�applicare�la�regola�del�non�cumulo�delle�pre- stazioni�nel�caso�in�cui�il�coniuge�del�lavoratore�migrante�percepisce�o�ha� diritto,�a�norma�della�legge�dello�Stato�di�residenza�dei�familiari,�a�presta- zioni�familiari�della�stessa�natura.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Causa C-162-03 (domanda di pronuncia pregiudiziale) ^Quote latte ^Ordi- nanza�21�febbraio�2003�del�Tribunale�di�Milano,�sez.�distaccata�di�Cas- sano�d'Adda�(cs.�12284/03,�avv.�dello�Stato�O.Fiumara).� La�causa�ripropone�il�quesito�gia�posto�nelle�cause�da�C-177/02�a� C-180/02,�per�le�quali�cfr.�questa Rassegna,�luglio-dicembre�2002,�121.� La�Corte�ha�sospeso�la�procedura�in�attesa�della�sua�pronuncia�nelle� suddette�cause.� Causa C ^169/03 (domanda di pronuncia pregiudiziale) ^Imposta speciale sui redditi di persone residenti all'estero ^Libera circolazione dei lavoratori ^Art.�39�CE�^Ordinanza�del��Regeringsratten��(Svezia)�emessa�in�data� 10�aprile�2003,�notificata�il�30�maggio�2003�(cs�12554/03,�avv.�dello� Stato�A.Cingolo).� IL fattO Un�cittadino�tedesco,�residente�in�Germania�^dove�completa�i�suo�studi� grazie�ad�un�aiuto�finanziario�mensile�dei�suoi�genitori,�nonche�una�borsa� di�studio�dello�stato�tedesco�per�vitto�ed�alloggio�^svolge�un'attivita�retri- buita�in�Svezia�nel�luglio�1996.�Per�tale�attivita�egli�chiede�all'Autorita�fiscale� svedese�un'esenzione�fiscale�o,�in�subordine,�uno�sconto�fiscale�asserendo� che�quanto�percepito�in�Germania�non�costituisce�reddito�imponibile� secondo�la�normativa�tedesca.�Tale�richiesta�viene�dapprima�respinta�dal- l'Autorita�fiscale�secondo�la�quale�il�reddito�maturato�in�Svezia�deve�essere� sottoposto�all'imposta�speciale�sui�redditi�di�persone�residenti�all'estero�(rite- nuta�alla�fonte�riscossa�dallo�Stato)�e,�successivamente,�accolta�a�seguito�di� un�ricorso�presentato�dall'interessato�al�Tribunale�amministrativo�regionale.� Tale�sentenza�viene�impugnata�dall'Autorita�fiscale�dinanzi�alla�Corte� d'appello�amministrativa�che�accoglie�il�ricorso�e,�annullando�la�sentenza� del�Tribunale�amministrativo�regionale,�conferma�la�decisione�dell'Autorita� fiscale.�L'interessato�presenta,�quindi,�appello�dinanzi�alla�Corte�amministra- tiva�suprema�lamentando�un�trattamento�discriminatorio�non�consentito�dal� Trattato�CE.� IquesitI Si�chiede�alla�Corte�di�chiarire�se�l'art.�39�del�Trattato�CE�debba�essere� interpretato�nel�senso�che�osta�a�una�normativa�di�uno�Stato�membro� secondo�la�quale�le�persone�fisiche,�che�a�fini�fiscali�non�sono�considerate� residenti�nel�paese,�ma�che�hanno�percepito�un�reddito�da�lavoro�nel�paese� stesso�(assoggettamento�limitato�all'imposta)�siano�tassate�con�un�imposta� alla�fonte�di�natura�tale�che�la�deduzione�di�base�o�le�altre�deduzioni�relative� a�circostanze�personali�non�vengono�concesse,�mentre�le�persone�residenti� nel�paese�hanno�diritto�a�tali�deduzioni�nell'ambito�dell'imposizione�ordina- ria�riguardante�l'imposta�su�qualsiasi�reddito�percepito�nello�Stato�membro� o�all'estero�(assoggettamento�illimitato�all'imposta),�ma�nella�quale�la�man- canza�del�diritto�alla�deduzione�di�base�e�altre�deduzioni�della�prima�catego- ria�di�persone�menzionata,�viene�presa�in�considerazione�attraverso�un'ali- quota�ridotta�rispetto�a�quella�che�si�applica�ai�contribuenti�residenti�nel� paese.� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�103 Causa�C-173/03�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Settore�carni�bovine�^ Premio�per�macellazione�precoce�di�vitelli�^Proporzionalita�^Art.�3,� n.�2�prima�frase�e�lett.�c)�regolamento�(CE,�EURATOM)�1182/1971�^ Art.�50-bis regolamento�(CEE)�3886/1992�^Ordinanza�del��College� van�Beroep��(Paesi�Bassi)�emessa�il�2�aprile�2003,�notificata�il�10�giugno� 2003�(cs.�13087/03,�avv.�dello�Stato�O.�Fiumara).� IL fattO E I quesitI Si�chiede�alla�Corte�di�Giustizia�delle�Comunita�europee�di�pronunciarsi� in�via�pregiudiziale,�ai�sensi�dell'art.�234�del�Trattato�CE,�in�relazione�all'in- terpretazione�dei�seguenti�regolamenti�comunitari�con�riferimento�al�regime� di�premi�previsti�dal�regolamento�(CEE)�n.�805/68,�relativo�all'organizza- zione�comune�dei�mercati�nel�settore�delle�carni�bovine:�regolamento�(CEE� Euratom)�del�Consiglio�3�giugno�1971,�1182,�che�stabilisce�le�norme�applica- bili�ai�periodi�di�tempo,�alle�date�ed�ai�termini�e�il�regolamento�(CEE)�della� Commissione�23�dicembre�1992,�n.�3886,�che�stabilisce�le�modalita�di�appli- cazione�dei�regimi�previsti�dal�regolamento�(CEE)�n.�805/68.� Il�giudice�a quo chiede�alla�Corte�di�Giustizia�delle�Comunita�europee�di� chiarire:� 1.a ^se�l'art.�3,�n.�2,�prima�frase�e�lett.�e),�del�regolamento�(CEE,� Euratom)�n.�1182/1971�debba�essere�interpretato�nel�senso�che�un�termine� definito�in�settimane,�come�quello�previsto�dall'art.�50-bis del�regolamento� (CEE)�n.�3886/1992,�scade�alla�fine�del�giorno�che�nell'ultima�settimana�reca� lo�stesso�nome�del�giorno�seguente�al�giorno�in�cui�ha�avuto�luogo�la�macel- lazione;� 1.b ^se�uno�Stato�membro�nell'applicare�l'art.�50-bis del�regolamento� (CEE)�n.�3886/1992�sia�libero�di�determinare�la�data�di�presentazione�della� domanda�di�premio�facendo�ricorso�alle�norme�procedurali�nazionali�vigenti� nel�suo�ordinamento�giuridico�interno�per�analoghi�termini�nazionali�in� materia�di�presentazione�delle�domande;� 1.e ^in�caso�di�soluzione�negativa,�se�l'art.�50-bis del�regolamento� (CEE)�n.�3886/1992�debba�essere�interpretato�nel�senso�che�una�domanda� di�premio�e��presentata��nei�termini�anche�nel�caso�in�cui�sia�dimostrabile� che�essa�e�stata�inviata�per�posta�prima�della�scadenza�del�termine�di�tre�set- timane�ed�e�pervenuta�oltre�il�detto�termine�all'autorita�competente�in�una� data�tale�che�l'autorita�stessa�ha�potuto�comunicare�alla�Commissione�i�rela- tivi�dati�lo�stesso�giorno�in�cui�li�avrebbe�comunicati�qualora�la�domanda�di� premio�fosse�stata�ricevuta�dalla�autorita�competente�entro�il�termine;� 2.�^se�l'art.�50-bis,�n.�1,�del�regolamento�(CEE)�n.�3886/1992�sia� valido�nei�limiti�in�cui�esclude�integralmente�dal�premio�le�domande�per� qualsiasi�superamento�del�termine�nella�presentazione�delle�stesse,�indipen- dentemente�dalla�natura�della�portata�del�ritardo.� La�questione�trae�origine�da�una�vicenda�che�coinvolge�due�allevatori�di� bovini�(appellanti)�che,�avendo�richiesto�al�convenuto�l'attribuzione�diun� premio�per�la�macellazione�precoce�di�vitelli,�si�sono�visti�respingere�le�loro� domande�per�non�averle�presentate�entro�il�previsto�termine�di�tre�settimane.� RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Causa�C-174/03�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Appalti�pubblici�di� servizi�nell'ambito�dei�c.d.��settori�esclusi��^Applicabilita�della�pertinente� normativa�comunitaria�ad�una�societa�di�navigazione�che�opera�sia�in� regime�di�monopolio�che�in�regime�di�libera�concorrenza�^Direttiva 93/38/CEE ^Ordinanza del Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna del 1o aprile 2003 (ct 28199/03, avv. dello Stato O. Fiumara). IL fattO E I quesitI Il giudice di rinvio chiede alla Corte di pronunziarsi su due questioni relative all'applicabilita� della pertinente normativa comunitaria in materia di appalti pubblici di servizi, nell'ambito dei c.d. �settori esclusi�, ad una societa� di navigazione ^la Tirrenia di Navigazione S.p.A. ^che esercita le proprie rotte marittime (trasporto di passeggeri, veicoli e merci) sia ^in alcuni casi ^in regime di monopolio di fatto, che ^in altri casi ^in regime di libera concorrenza. Nel caso di specie, alla base del contenzioso che ha innescato la causa pregiudiziale pendente dinanzi alla Corte di Giustizia si colloca una richiesta presentata dall'Impresa portuale di Cagliari S.r.l., di annullamento della determinazione con la quale la societa� Tirrenia ha affidato alla C.T.O. (Com- bined Terminals Operators S.r.l.), mediante trattativa privata, il servizio rela- tivo alle operazioni portuali da svolgersi nell'ambito del porto di Cagliari connesse al carico, scarico, trasbordo, deposito e movimentazione delle merci e dei veicoli imbarcati su e da navi di proprieta� della detta Tirrenia. L'im- presa portuale di Cagliari pretende che la Tirrenia sia tenuta al rispetto della normativa comunitaria in tema di appalti di servizio, ossia in prima battuta della direttiva 93/38/CE (come modificata dalla direttiva 98/4/CE) sui c.d. �settori esclusi�, ed in seconda battuta della direttiva 92/50/CEE (come modificata dalla direttiva 97/52/CE ) sugli appalti di servizi. La Tirrenia, invece, replica di non esservi tenuta. Causa�C-194/03�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Quote�latte�^Latte� e�prodotti�lattiero�caseari�^Organizzazione�comune�dei�mercati�^Quantit ativo�di�riferimento�provvisorio�^Cessazione�di�produzione�^Ripresa�di� produzione�con�mezzi�non�propri�^Quantitativo di riferimento ex regola- mento (CEE) 857/84 ^Ordinanza del �Finanzgericht� (Germania) emessa il 29 aprile 2003, notificata il 27 giugno 2003 (cs 14570/03, avv. dello Stato O. Fiumara). IquesitI Le questioni pregiudiziali poste sono le seguenti: 1. ^Se l'art. 3-bis, n. 1, secondo cpv., lett. b), del regolamento 857/84/CEE, debba essere interpretato nel senso che consenta l'attribuzione di un quantitativo di riferimento specifico provvisorio ad un'azienda che abbia precedentemente cessato la commercializzazione e che, a seguito della riconversione della produzione su altri prodotti agricoli medio tempore effet- tuata, possa produrre il quantitativo di riferimento richiesto al momento IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�105 della�presentazione�della�domanda�solamente�con�l'ausilio�di�mezzi�di�produ- zione�presi�in�affitto�a�tale�scopo�(terreni�di�pascolo,�mucche�e�altri�mezzi� produzione).� 2.�^Se�l'art.�3-bis,�n.�4,�secondo�cpv.,�secondo�periodo�dello�stesso� debba�essere�interpretato�nel�senso�che�il�quantitativo�di�riferimento�specifico� definitivamente�attribuito�debba�ritornare�alla�riserva�nazionale�anche�nei� casi�in�cui�l'azienda�precedentemente�impegnatasi�a�non�commercializzare� abbia�ottenuto,�come�precisato�sopra�sub 1,�ed�abbia�potuto�fornire�il�quanti- tativo�di�riferimento�specifico�provvisorio�solamente�grazie�a�mezzi�di�produ- zione�(terreni�di�pascolo,�mucche�e�altri�mezzi�di�produzione)�presi�in�affitto� a�tale�scopo,�ponendo�termine�all'affitto�e�restituendo�i�detti�mezzi�di�produ- zione�alla�rispettiva�dante�causa�anteriormente�al�1.�luglio�1994.� 3.�^Nel�caso�di�soluzione�negativa�alla�questione�sub 2:� Se�l'art.�3-bis,�n.�4,�secondo�cpv.,�dello�stesso�debba�essere�interpre- tato�nel�senso�che�il�quantitativo�di�riferimento�specifico�definitivo�debba� ritornare�alla�riserva�statale�anche�nei�casi�in�cui�l'azienda,�precedentemente� impegnatasi�a�non�commercializzare,�abbia�definitivamente�rinunciato,�ante- riormente�al�1.�luglio�1994,�alla�possibilita�di�utilizzazione�dei�mezzi�di�pro- duzione�necessari�alla�realizzazione�del�quantitativo�di�riferimento�specifico.� 4.�^In�caso�di�soluzione�affermativa�alla�questione�sub 3:� Se�una�rinuncia�definitiva,�nel�senso�precisato�sopra�sub 3,�possa� essere�ravvisata�nel�fatto�che�l'azienda,�precedentemente�impegnatasi�a�non� commercializzare,�abbia�provveduto�a�restituire�al�rispettivo�dante�causa,� anteriormente�al�1.�luglio�1994,�i�mezzi�di�produzione�presi�in�affitto�e�neces- sari�alla�realizzazione�del�quantitativo�di�riferimento�specifico,�interrom- pendo�la�produzione�di�latte�e�riprendendola�solamente�quattro�mesi�dopo�p eraltro�sempre�anteriormente�al�1.�luglio�1994�^con�altri�mezzi�di�produ- zione�sia�propri�sia�presi�in�affitto.� Causa C-207/03 (domanda di pronuncia pregiudiziale) ^Farmaci ^Certificato di Protezione Complementare ^Data da prendere in considerazione per il calcolo della durata di un CPC ^Immissione in ambito SEE ^Prima immissione in Svizzera e Liechtenstein ^Art.�13�regolamento� 92/1768/CEE^Ordinanzadella�HighCourtofJustice��(RegnoUnito)� emessa�il�6�maggio�2003,�notificata�il�27�giugno�2003�(cs�14527/03,�avv.� dello�Stato�O.�Fiumara).� IL fattO Viene�in�esame�il�problema�della�durata,�e�quindi�della�data�di�scadenza,� di�due�certificati�protettivi�complementari�(CPC)�di�cui�sono�titolari�gli� appellanti;�i�medicinali�di�cui�trattasi�hanno�ottenuto�l'autorizzazione�all'im- missione�in�commercio�in�Svizzera�e,�in�un�secondo�momento,�quella�per� l'immissione�in�commercio�nello�SEE.�Secondo�le�disposizioni�dell'unione� doganale�vigente�tra�la�Svizzera�ed�il�Liechtenstein,�e�conformemente�al� sistema�di�commerciabilita�parallela�dei�medicinali,�le�autorizzazioni�svizzere� al�commercio�sono�state�automaticamente�riconosciute�nel�Liechtenstein�ai� RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO sensi del diritto di tale Stato. Le autorizzazioni svizzere, quindi, costituivano le sole autorizzazioni al commercio per il territorio del Liechtenstein per i medicinali di cui trattasi. Secondo l'Ufficio brevetti inglese la durata del CPC deve essere calco- lata sulla base delle date dell'autorizzazione svizzera, mentre per gli appel- lanti essa deve essere calcolata con riferimento alla data di concessione della prima autorizzazione all'immissione in commercio nello SEE. IquesitI 1. ^Se la data del rilascio di un'autorizzazione all'immissione in com- mercio in Svizzera, automaticamente riconosciuta nel Liechtenstein, debba essere considerata la prima autorizzazione di immissione in commercio ai fini del calcolo della durata di un certificato protettivo complementare dispo- sto dall'art. 13 del regolamento n. 1768/1992 (come modificato dall'accordo SEE). 2. ^Se un'autorita� competente all'interno dello SEE sia obbligata a retti- ficare i termini di tutti i certificati prote� ttivi complementari esistenti la cui durata sia stata erroneamente calcolata. Causa C-210/03 (domanda di pronuncia pregiudiziale) ^Tabacco per uso orale ^Fornitura ^Commercializzazione ^Art. 8direttiva01/37/CE^Validita� ^Fondamento giuridico ^Artt. 28-30, 95, 133 e 253 CE ^Ordinanza della �High Court of Justice� (Regno Unito) emessa in data 17 aprile 2003, notificata il 1o luglio 2003 (cs. 14524/03, avv. dello Stato A. Cin- golo). IL fattO La prima ricorrente e� un'impresa svedese che produce e distribuisce un prodotto costituito da tabacchi per uso orale denominato �Snus�. La seconda ricorrente vende all'ingrosso e al dettaglio prodotti del tabacco nel Regno Unito. La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sul divieto di commercializzazione dello Snus nell'Unione europea e nel Regno Unito. Il divieto e� contenuto in una serie di atti normativi comunitari e del Regno Unito. IquesitI Si chiede alla Corte di chiarire se: 1. �gli artt. 28-30 CE ^applicati in conformita� ai principi generali di proporzionalita� , non discriminazione e tutela dei diritti fondamentali (con particolare riferimento al diritto di proprieta� ) ^debbano essere interpretati nel senso che ostano ad una normativa nazionale che vieta a chiunque di for- nire, offrire o consentire che sia fornito, esporre per la fornitura o possedere al fine di fornire, qualunque prodotto costituito interamente o parzialmente da tabacco ^presentato sotto forma di polvere o di particelle fini, ovvero qualsiasi combinazione di queste due presentazioni, oppure sotto una forma che richiama un prodotto commestibile ^che sia destinato ad un uso orale, eccettuati i prodotti da fumare o masticare; IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�107 2.��l'art.�8�della�direttiva�2001/37/CE�sia�invalido,�in�tutto�o�in� parte�per:�violazione�del�principio�di�non�discriminazione;�violazione�del- l'art.�28�e/o�29�CE;�violazione�del�principio�di�proporzionalita�;�inadegua- tezza�dell'art.�95�CE�e/o�dell'art.�133�CE�come�fondamento�normativo;� violazione�dell'art.�95,�n.�3;�sviamento�di�potere;�violazione�dell'art.�253� CE�e/o�dell'obbligo�di�motivazione;�violazione�del�diritto�fondamentale�di� proprieta�;� 3.��i�principi�di�cui�sopra�debbano�essere�interpretati�nel�senso�che� ostano�ad�un�provvedimento�nazionale�di�attuazione�dell'art.�8-bis�della� direttiva�89/622/CE�che�sia�stato�adottato�in�forza�di,�poteri�attribuiti�dal� diritto�nazionale�che�non�dipendono�dall'esistenza�di�un�obbligo�di�attuare� la�direttiva,�in�considerazione�anche�che�la�direttiva�89/622/CE�(come�modi- ficata�dall'Atto�di�adesione�dell'Austria,�della�Finlandia�e�della�Svezia)�e�stata� abrogata�e�sostituita�dalla�direttiva�2001/37/CE�^il�cui�art.�8�ribadisce�il� contenuto�dell'art.�8-bis�della�direttiva�89/622/CEE�^e�che�l'art.�8�della� direttiva�2001/37/CE�e�invalido�alla�luce�dei�principi�menzionati�nella�que- stione�sub�2),�lett.�A),�c)�o�h).� Causa�C-215/03�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Identificazione�di� cittadino�comunitario�^Documento�di�identita�^Obbligo�di�esibizione�^ Diritto�di�soggiorno�^Nozione�di�destinatario�di�servizi�^Principio�di� proporzionalita�^Direttiva�73/148/CEE�^Sentenza�del��Rechtbank�te� Gravenhage��(Paesi�Bassi),�emessa�in�data�12�maggio�2003,�notificata�il� 1.�luglio�2003�(cs.�14525/03,�avv.�dello�Stato�A.�Cingolo).� IL fattO Con�due�ricorsi�un�cittadino�francese�ha�chiesto�il�risarcimento�dei�danni� subiti�per�essere�stato�sottoposto,�in�due�diverse�occasioni,�in�Olanda,� a�custodia�cautelarefinalizzata�all'espulsione�ex�art.�59�VW�2000�dopo�essere� stato�arrestato�a�titolo�di�vigilanza�interna�sugli�stranieri�ex�art.�50,�n.�1,� della�stessa;�cio�era�avvenuto�subito�dopo�il�rilascio�seguito�al�suo�arresto� perche�sospettato�di�tentato�furto�la�prima�volta,�perche�trovato�in�una�zona� non�accessibile�della�stazione�la�seconda;�di�tali�episodi�di�custodia�cautelare� egli�ha�lamentato�l'illegittimita�in�quanto�turistafrancese.� Il�resistente,�invece,�ritiene�il�primo�caso�di�privazione�della�liberta� secondo�la�normativa�generale�sugli�stranieri�legittimo�per�quanto�riguarda� il�periodo�in�cui�l'interessato�non�ha�dato�prova,�attraverso�l'esibizione�di�una� valida�carta�d'identita�,�della�sua�appartenenza�ad�uno�Stato�membro.�Per� quanto�riguarda�poi�la�seconda�occasione,�in�cui�l'interessato�non�aveva�for- nito�alcun�documento,�aggiunge�il�fatto�che�la�mera�copia�di�una�carta� d'identita�(presente�nel�fascicolo�relativo�alla�precedente�detenzione)�non�vale� ne�ai�sensi�del�regolamento�olandese�sugli�stranieri�(allegato�2�del�Vreemde- lingen�Voorschrift�2000)�ne�delle�direttive�68/360/CEE�e�73/148,�nonche�il� fatto�che�l'interessato�non�aveva�invocato�il�suo�diritto�alla�libera�circolazione� e�che�in�ogni�caso�sia�discutibile�la�sussumibilita�della�fattispecie�concreta� all'immagine�legale�del�turista�secondo�il�diritto�comunitario.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� IquesitI Inmerito alprimoprocedimento sichiede: 1.��Se,�venuti�meno�i�controlli�doganali�alle�frontiere�interne,�l'art.�4� n.�2�c.�3�della�Direttiva�73/148/CEE�relativa�alla�soppressione�delle�restri- zioni�al�trasferimento�e�al�soggiorno�dei�cittadini�degli�Stati�membri�al- l'interno�della�Comunita�in�materia�di�stabilimento�e�di�prestazione�di�servizi� debba�essere�interpretato�nel�senso�che�il�sancito�diritto�di�soggiorno�debba� essere�riconosciuto�dalle�autorita�dello�Stato�membro�solo�e�soltanto�nel� momento�in�cui�la�persona�che�lo�invoca�riesca�a�dimostrare�di�possedere�la� cittadinanza�di�uno�Stato�membro�in�forza�di�una�valida�carta�d'identita�o� di�un�valido�passaporto;� 2.��in�tal�caso�se�allo�stato�attuale�il�diritto�comunitario,�in�partico- lare�con�riferimento�al�divieto�di�discriminazione�e�al�principio�della�libera� circolazione�dei�servizi,�esiga�che�tali�autorita�debbano�porre�la�persona�in� condizioni�di�poter�esibire�tale�documento;� 3.��se�ai�fini�di�quest'ultima�statuizione�sia�rilevante�la�circostanza� che�il�diritto�nazionale�dello�Stato�in�questione�non�imponga�in�generale�ai� propri�cittadini�alcun�obbligo�di�fornire�le�generalita�;� 4.��qualora�la�questione�n.�2�vada�risolta�in�senso�positivo,�se�il� diritto�comunitario�imponga�requisiti�di�durata�al�periodo�per�cui�lo�Stato� deve�porre�l'interessato�in�condizione�di�esibire�il�documento�prima�che�gli� venga�inflitta�una�sanzione�di�diritto�amministrativo�nelle�forme�di�un�prov- vedimento�per�presunto�soggiorno�irregolare;� 5.��se�una�sanzione�di�tal�genere�e�consistente�in�una�misura�di� custodia�cautelare�finalizzata�all'espulsione�ex art.�59�del�Vreemdelingen Wet del�2000�(legge�olandese�sugli�stranieri�^in�seguito�VW�2000)�prima�che�sia� scaduto�un�tale�termine�costituisca�un'eccessiva�restrizione�della�libera�circo- lazione�dei�servizi;� 6.��se,�nel�caso�in�cui�la�prima�questione�vada�risolta�in�senso�nega- tivo,�alla�luce�del�diritto�comunitario�si�possa�parlare�di�ostacolo�alla�libera� circolazione�dei�servizi�qualora�a�carico�di�una�persona�che�si�proclami�citta- dina�di�un�altro�Stato�membro�e�turista,�fintantoche�non�dimostri�il�suo� diritto�la�soggiorno�mediante�esibizione�di�uno�dei�predetti�documenti,�venga� applicato�un�provvedimento�di�custodia�cautelare�finalizzata�all'espulsione� ex art.�59�WV�per�ragioni�di�ordine�pubblico,�anche�in�assenza�di�una�minac- cia�seria�ed�attuale�per�lo�stesso;� 7.��se�in�tal�caso,�per�valutare�se�tale�misura�sia�giustificata,�sia�rile- vante�la�durata�del�periodo�durante�il�quale�uno�Stato�membro�ponga�l'inte- ressato�in�condizione�di�esibire�il�documento�richiesto;� 8.��se�allo�stesso�fine�rilevi�la�circostanza�che�tale�Stato�non�ricono- sca�alcun�diritto�al�risarcimento�per�il�periodo�di�custodia�cautelare�durante� il�quale�la�cittadinanza�non�sia�stata�provata,�come�e�prassi�per�le�custodie� cautelari�illegittime�riguardanti�gli�stranieri;� 9.��se,�nel�caso�in�cui�lo�Stato�non�preveda�in�generale�alcun�obbligo� di�fornire�le�proprie�generalita�,�il�diritto�comunitario�si�opponga,�soprattutto� dal�punto�di�vista�del�divieto�di�discriminazione,�a�che�tale�Stato,�nell'ambito� della�vigilanza�interna�sugli�stranieri,�possa�giungere,�nei�confronti�di�una� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�109 persona�che�si�dichiara�turista,�all'emanazione�di�un�provvedimento�qualela� custodia�cautelare�per�gli�stranieri�finalizzata�all'espulsione�ex art.�59�WV� fintantoche�l'interessato�non�provi�l'asserito�diritto�al�soggiorno�mediante� l'esibizione�dei�documenti�di�cui�sopra.� Aifinidelsecondoprocedimentosichiede invece: 1.��se�il�diritto�comunitario�si�opponga�a�che,�finche�il�cittadino�di� uno�Stato�membro�non�invochi�egli�stesso�il�diritto�al�soggiorno�in�quanto� destinatario�di�servizi,�egli�non�venga�considerato�come�cittadino�comunita- rio�tutelato�in�forza�del�diritto�di�soggiorno�emanante�dall'ordinamento� comunitario;� 2.��se�la�nozione�di�destinatario�di�servizi�che�viene�in�questione� debba�essere�intesa�nel�senso�che,�anche�quando�qualcuno�si�trattenga�in�un� altro�Stato�membro�per�un�periodo�abbastanza�lungo,�eventualmente�per� piu�di�sei�mesi,�ivi�sia�arrestato�per�un�reato,�non�indichi�una�fissa�residenza� o�dimora�e�inoltre�non�disponga�ne�di�denaro�ne�di�bagagli,�il�soggiorno� costituisca�motivo�sufficiente�per�presumere�che�si�fruisca�di�servizi�turistici� o�di�altri�servizi�collegati�ad�un�breve�soggiorno�quali,�ad�esempio,�l'alloggio� ed�il�consumo�di�pasti.� Causa C-216/03 (domanda di pronuncia pregiudiziale) ^Franchigie doganali ^ Unione doganale ^Regolamenti�918/83,�2744/98,�3316/94�e�2744/98�^ Direttiva�69/169/CEE�^Ordinanza�emessa�in�data�30�settembre�2002� dal��Landesgeriobt�Zivilrechtssachen��d'Austria,�notificata�il�7�luglio� 2003�(cs.�15076/03,�avv.�dello�Stato�A.�Cingolo).� IL fattO La�DLD�Trading�Company�Import-Export�con�sede�a�Brno�(Repubblica� Ceca)�vende�nei�pressi�della�frontiera�austriaca,�nei�suoi�locali�commerciali,� prodotti�destinati�al�consumo�quotidiano�di�fatto�esclusivamente�ai�viaggia- tori,�i�quali�importano�tali�merci�in�Austria�nel�bagaglio�personale�e�per� proprio�consumo.�Le�merci�importate�dai�viaggiatori�riguardano�tabacchi,� profumi,�prodotti�alcolici�ed�altri�oggetti�di�uso�comune.� A�seguito�di�restrizioni�messe�in�atto�dall'Austria,�la�societa�DLD�Tra- ding�ha�subito�dei�danni�per�effetto�di�mancati�introiti.�La�societa�ceca�attri- buisce�allo�stato�austriaco�la�responsabilita�di�mancati�introiti.� Secondo�la�ricorrente,�le�disposizioni�austriache�sulle�franchigie�nell'am- bito�del�traffico�viaggiatori�sono,�in�particolare,�in�contrasto�con�la�tariffa� doganale�comune�e�col�regime�comunitario�delle�franchigie�doganali.� IquesitI Si�chiede�alla�Corte�di�chiarire:� 1.��se�la�disciplina�risultante�dai�regolamenti�(CE)�n.�3316/94�e� n.�2744/98�sia�conforme�alla�normativa�sulle�franchigie�doganali,�in�partico- lare�al�regolamento�n.�918/83,�nonche�al�principio�dell'Unione�doganale;� 2.��in�caso�di�soluzione�affermativa�della�questione�sub 1):�se� l'entrata�in�vigore�con�effetto�retroattivo�del�regolamento�2744/98�abbia�leso� i�principi�della�certezza�del�diritto�e�della�tutela�del�legittimo�affidamento;� RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 3. �se la disciplina risultante dall'art. 5, n. 8 della direttiva 69/169/ CEE ovvero delle relative disposizioni di esecuzione nazionali di cui al par. 30 VSFBEFRVO e di cui alla VST-VOBGBI.II, n. 326/1997 sia in contrasto con l'obiettivo dell'armonizzazione dell'IVA e delle imposte di consumo negli Stati membri, della liberalizzazione ovvero agevolazione del traffico dei viaggiatori con gli Stati terzi e della realizzazione di uniformita� fra le franchigie fiscali e doganali nel traffico dei viaggiatori. Cause C-261/03 e C-262/03 (domande di pronuncia pregiudiziale) ^Quote latte ^Definizione di �consegna� ^Artt. 1, 2 e 9 lett. g) regolamento 92/3950/CEE e artt. 1, 2 e 3 regolamento 93/536/CEE ^Ordinanze del Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna, sezione di Parma, del 6 maggio 2003, notificata il 6 agosto 2003 (ct. 29299/03, avv. dello Stato O. Fiumara). IL fattO E I quesitI Il Tribunale chiede alla Corte di Giustizia delle Comunita� Europee di pronunciarsi, in base all'art. 234 CE, sul concetto di �consegna� soggetta al prelievo supplementare nella materia delle cosiddette quote latte. Il giudice a quo chiede se il Regolamento CEE del Consiglio n. 3950/ 1992 [in particolare gli artt. 1, 2, 9 lettera g)] del 28 dicembre 1992 che istitui- sce un prelievo supplementare nel settore del latte e dei prodotti lattiero- caseari ed il Regolamento CEE della Commissione n. 536/1993 (in partico- lare gli artt. 1, 2, 3) del 9 marzo 1993 che stabilisce le modalita� di applica- zione di tale prelievo debbano essere interpretati nel senso che, ai fini della determinazione delle quote latte e dell'applicazione del prelievo supplemen- tare, debba essere qualificato come �consegna� oppure come �vendita diretta� l'affidamento di quantitativi di latte da parte dell'impresa produt- trice, senza cessione di proprieta� terzi, in esecuzione di un contratto d'ap- palto, per la lavorazione del latte prodotto e per la trasformazione in formag- gio, burro e siero, a fronte del pagamento di un corrispettivo per detto servi- zio, al fine della successiva commercializzazione da parte del proprietario. In ambo i casi di specie le ricorrenti (nella prima causa Allevamenti Associati S.r.l., nella seconda Latteria Sociale Modena S.c.a.r.l.) impugnano la decisione del Servizio Provinciale Agricoltura di Reggio Emilia che dispo- neva di qualificare come consegne le dichiarazioni di vendita diretta del latte prodotto da Allevamenti Associati nelle annate 1998/1999 e 1999/2000, lavo- rato e trasformato dalla Latteria Sociale Modena in forza di due contratti in conto lavorazione, prevedendo di conseguenza che si provvedesse alla trat- tenuta del prelievo supplementare da parte di quest'ultima; le ricorrentiinvo- cano, invece, l'applicazione del regime delle vendite dirette (per cui il prelievo sarebbe l'esito delle compensazioni nazionali effettuate relativamente alle stesse), lamentando la violazione, attraverso la decisione impugnata, dei regolamenti di cui al quesito. LA posizionE assuntA daL GovernO italianO �Il Governo italiano ritiene che la risposta debba essere nel senso che le operazioni poste in essere vanno qualificate come �consegne� ai sensi e per gli effetti dei regolamenti citati. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE ^I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 111 La�Corte�con�sentenza 16 novembre 1995, nella causa C-196/1994, Schiltz^Thilmann, in�Racc. I,�3991,�ha�precisato�che�la�ratio del�prelievo�sup- plementaresullattebovino�(laproblematicadellec.d.�quote-latte)�sifondasulla� distinzionefra�iquantitativi�di�riferimentoper�le�vendite�dirette�di�latte�al�consu- matoreequelliperconsegnedilattefatteadunacquirente.�Ilproduttore^ha� ancora�precisato�la�Corte�con�sentenza 15 gennaio 1991, nella causa C-341/ 89, Ballmann, in�Racc., I,�25�^e�colui�che�vende�latte�o�altri�prodotti�lattiero- caseari�direttamente�al�consumatore�e/o�che�effettua�consegne�all'acquirente.� Sulla�base�di�queste�premesse�la�Corte,�prima,�sotto�il�vigore�del�regola- mento�857/84/CEE,�con�sentenza�23�novembre�1995,�nella�causa�C^285/93,� Domenikanerinnen-Kloster Altenhohenau, in�Racc., I,�4069,�ha�dichiarato� che�vi�e�vendita diretta�al�consumo�ogniqualvolta�il�latte�sia�venduto�dalprodut- tore�a�terzi�senza passare attraverso un'impresa dedita al trattamento o alla trasformazione del latte; e�poi,�sotto�il�vigore�del�regolamento�3950/92/CEE� (sulpunto�avente�lo�stesso�contenuto�dispositivo),�con�sentenza 29 aprile 1999, nella causa C-288/97, Consorzio fra i caseifici dell'altopiano di Asiago, ha� dichiarato�che��la�nozione�di�acquirente�ai�sensi�degli�artt.�2,�n.�2,�e�9,�lett.�e),� del�regolamento�(CEE)�del�Consiglio�28�dicembre�1992,�n.�3950,�che�istituisce� un�prelievo�supplementare�nel�settore�del�latte�e�dei�prodotti�lattiero-caseari,� deve�essere�interpretata�nel�senso�che�rientra�in�essa�ogni�impresa�intermediaria� cheproceda�all'acquisto�dilattepresso�unproduttorenell'ambito�diunrapporto� contrattuale,�quali�che�siano�le�modalita�di�remunerazione�di�quest'ultimo,�allo� scopoditrattarlooditrasformarloessastessa,�oppuredicederloadun'impresa� di�trattamento�o�di�trasformazione,�e�che,�nell'ipotesi�in�cui�una�tale�impresa� raggruppi�cooperative�che�siano�anch'esse�acquirenti,�effettuiper�conto�di�queste� ultime�le�operazioni�di�gestione�amministrativa�e�contabile�necessarie�al�versa- mentodelprelievo,inparticolarequelledicuiall'art.�7delregolamento(CEE)� della�Commissione�9�marzo�1993,�n.�536,�che�stabilisce�le�modalita�di�applica- zione�del�prelievo�supplementare�nel�settore�del�latte�e�dei�prodotti�lattiero- caseari�.� Ein�effetti�come�nella�nozione�di�vendita diretta al consumo rientrano�non� solo�le�operazioni�effettuate�a�titolo�oneroso�note�in�diritto�civile�come�vendite,� ma�anche�le�cessioni�a�titolo�gratuito��senza passare attraverso un'impresa dedita al trattamento o alla trasformazione del latte o di altri prodotti lat tiero caseari� ^secondo�l'espressa�precisazione�dell'art.�9�lett.�h)�del�reg.� 3950/1992�^cos|�nell'ipotesi�alternativa�e�residuale�di��consegna ad un acqui rente� (che�non�sia�cioe�vendita�diretta�al�consumo�nel�senso�sopradetto)�rientra� qualsiasialtra�operazionedipassaggio�dellatte�dalproduttore�adaltrichenon� sia�un�consumatore�finale,�a�qualsiasi�titolo,�sia�esso�di�vendita�propriamente� dettaodimerautilizzazioneperlatrasformazione.�Inquestoquadrononsem- bra�avere�alcun�rilievo�che�ilprodottofinale�trasformato�non�sia�commercializ- zato�dal�trasformatore�ma�ritorni�alproduttore�del�latteper�essere�dalmedesimo� immesso�al�consumo.� Ecos|�l'art.�1�del�regolamento�di�esecuzione�536/1993�della�Commissione� haespressamenteprecisato�(eorailnuovoregolamento1393/01/CE,�sulpunto� esattamente�identico,�precisa�ancora),�in�piena�aderenza�alle�disposizioni�del� regolamento�del�Consiglio,�che��per�quantitativi�di�latte�o�di�equivalentelatte� commercializzati�in�un�dato�Stato�membro...�si�intende�qualunque�quantitativo� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� di�latte�o�di�equivalente�latte�che�esca�da�una�qualsiasi�azienda�situata�nel�terri- torio�di�tale�Stato�membro��e�che��i�quantitativi�forniti�da�un�produttore�per� essere�trattati�e�trasformati�in�base�a�un�contratto�di�lavorazione�sono�da�consi- derarsi�come�consegne�.�E�i�servizi�della�Commissione,�rispondendo�ad�un� apposito�quesito�posto�dalle�autorita�italiane,�con�nota�15�ottobre�1993� n.�034002�ebbero�a�precisare�che��in�ordine�ai�quantitativi�di�latte�che�i�produt- torifanno�trattare�o�trasformare�nel�quadro�di�un�contratto�di�lavorazione�per� conto�terzi,�l'articolo�1,�punto�1,�secondo�comma�del�regolamento�(CEE)� n.�536/1993�dispone�che�tali�quantitativi�sono�da�considerarsi�come�consegne�:� tale�e�stato,�pertanto,�l'orientamento�fornito�dall'Amministrazione�italianaagli� operatori�del�settore�e�tale�e�stato�anche�l'orientamento�giurisprudenziale�nazio- nale�(cfr.�Cassazione�30�gennaio�2002�n.�1236,�che,�in�aderenza�alle�enuncia- zioni�della�Corte�comunitaria,�ha�ritenuto��consegne��i�conferimenti�di�latte� dalproduttoreadunacooperativadiproduttori,�attuatoattraversounrapporto� diverso�dalla�compravendita�vera�e�propria)�(omissis)�^Roma,�30�settembre� 2003�^Avv.�O.�Fiumara�.� Causa�C-268/03�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Regime�fiscale�delle� plusvalenze�azionarie�(c.d.��capitai gains�)�^Imputabilita�fiscale�alla�cond izione�che�siano�realizzate�in�occasione�della�cessione�di�titoli�azionari�a� societa�o�enti�stabiliti�in�tale�Stato�^Sentenza�del��Rechbank�van�Verste� Aanleg�te�Antwerpen��(Tribunale�di�primo�grado�di�Anversa�-Belgio)� del�13�luglio�2003,�notificata�il�17�luglio�2003�(avv.�dello�Stato�G.� Fiengo).� IL fattO Secondo�l'Amministrazione�il�ricorrente,�nel�vendere�a�una�societa�fran cese�azioni�di�societa�belghe�appartenenti�al�gruppo��Antverpia�,�avendo�la� sua�famiglia�una�notevole�partecipazione�nelle�societa�del�gruppo,�avrebbe� realizzato�plusvalenze�imponibili.� IL quesitO Se�gli�artt.�43,�46,�48,�56�e�58�CE�ostino�ad�una�normativa�nazionale� belga,�quale�prevista�negli�artt.�67,�n.�8�e�67-ter�del�WIB64,�ai�sensi�del�quale� le�plusvalenze�che�siano�state�realizzate�in�occasione�della�cessione�a�titolo� oneroso,�al�di�fuori�dell'esercizio�di�un'attivita�professionale,�di�azioni�o�di� quote�rappresentative�di�societa�,�associazioni,�enti�o�istituzioni�belghe,�sono� imponibili,�qualora�la�cessione�avvenga�a�favore�di�una�societa�,�associazione,� ente�o�istituzione�stranieri,�mentre�nella�stessa�situazione�tali�plusvalenze� non�sono�imponibili,�qualora�la�cessione�avvenga�a�favore�di�una�societa�,� associazione,�ente�o�istituzione�belga.� NotA �Trattasi�di�una�controversia�che�concerne�una�normativa�fiscale�avente� unafinalita�protezionistica,�cioe�evitarecheleazionidisocieta�belghevengano� vendute�ad�operatori�non�belgi.�Pone�il�problema�della�interpretazione�del- l'art.�56CE,chevietatuttelerestrizioniaimovimentidicapitalitraStatimem- bri,�nonche�tra�Stati�membri�e�Paesi�terzi.�Nel�caso�sipongono�le�medesimepro- blematiche�della�causa�pregiudiziale�C-242/03�.� Ilcontenzioso nazionale Ilcontenzioso nazionale Il rapporto tra Stato e Regioni nella disciplina delle fondazioni bancarie (Corte Costituzionale, sentenza 29 settembre 2003, n. 300) Con�la�sentenza�n.�300/2003�la�Corte�costituzionale�ha�fornito�un�signi- ficativo�contributo�alla�definizione�della�cornice�costituzionale�entro�la�quale� il�legislatore�statale�e�quello�regionale�possono�legiferare�in�materia�di�fonda- zioni�di�origine�bancaria,�e�nei�diversi�settori�di�attivita�nei�quali�queste�isti- tuzioni�operano,�secondo�le�previsioni�dei�loro�statuti.� La�questione�di�costituzionalita�sottoposta�all'esame�del�giudice�delle� leggi�aveva�ad�oggetto�l'art.�11�della�legge�n.�448/2001�(legge�finanziaria� 2002),�con�cui�e�stata�modificata,�sotto�vari�aspetti,�la�disciplina�delle�fonda- zioni�di�origine�bancaria�dettata�dal�decreto�legislativo�n.�153/1992.� Due�i�parametri�di�costituzionalita�invocati�dalle�Regioni�ricorrenti:� l'art.�117,�terzo�comma�Cost.��che,�secondo�la�prospettazione�delle�ricor- renti�sarebbe�stato�violato�dalla�legge�statale�impugnata,�per�esser�state� immesse�nell'ordinamento�norme�di�dettaglio�in�materia�di��casse�di�rispar- mio,�casse�rurali,�aziende�di�credito�a�carattere�regionale�,�oggetto�della� potesta�legislativa�concorrente�delle�Regioni��,�nonche�l'art.�117,�sesto� comma,�Cost.,�che�riserva�alle�Regioni�la�potesta�regolamentare�nelle�mate- rie�in�cui�lo�Stato�non�dispone�di�competenza�legislativa�esclusiva,�violato� dai�commi�1�e�14�del�denunciato�art.�11�che�attribuiscono�all'Autorita�di�vigi- lanza�una�potesta�regolamentare�in�materia�di�fondazioni�di�origine�banca- ria.�L'illegittimita�costituzionale�della�legge�impugnata,�alla�stregua�del- l'art.�117,�terzo�comma,�della�Costituzione�e�stata�prospettata�anche�in�consi- derazione�del�fatto�che�tali�fondazioni�sono�chiamate�ad�operare�in�settori� materiali�affidati�alla�cura�della�legislazione�regionale,�concorrente,�o�addirit- tura,�esclusiva,�secondo�la�Regione�Toscana.� Le�argomentazioni�svolte�dalle�Regioni�ricorrenti�apparivano�confor- tate�dalle�sentenze�nn.�341�e�342/2001�della�Corte�costituzionale.�In�queste� decisioni�si�era�ritenuto�che��nelle�more�del�processo�di�ristrutturazione� bancaria,�contemplato�dall'art.�25�del�decreto�legislativo�n.�153/1999,�al- l'esito�del�quale�gli�enti�conferenti�aziende�bancarie�a�societa�per�azioni� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� avrebbero�dovuto�dismettere�la�partecipazione�rilevante�nelle�societa�confe- ritarie�nonche�qualsiasi�altra�partecipazione�non�piu�consentita��gli�enti� conferenti�conservavano�la�qualificazione�di�ente�creditizio�proprio�in� ragione�del�perdurante�vincolo�genetico�e�funzionale�tra�tali�enti�e�societa� conferitarie.� Da�tale�premessa�si�traeva�la�conclusione�che�le�disposizioni�statutarie,� di�contenuto�analogo�a�quello�dell'art.�117,�terzo�comma�Cost.,�che�attribui- scono�alle�Regioni�ad�autonomia�speciale�competenze�in�materia�di�enti�cre- ditizi�di�interesse�regionale,�tra�le�quali�figura�il�potere�di�vigilanza�su�tali� enti,�dovessero�ritenersi�applicabili�alle�fondazioni�di�origine�bancaria.� La�sentenza�annotata�perviene�ad�escludere�la�possibilita�di�continuare� ad�includere�gli�enti�conferenti�nel�sistema�del�credito�e�del�risparmio,�pro- prio�in�considerazione�del�fatto�che�il�quadriennio,�decorrente�dall'entrata�in� vigore�del�d.lgs.�n.�153/1999,�previsto�dall'art.�25,�assegnato�dal�legislatore� agli�enti�conferenti�per�la�loro�ristrutturazione,�si�e�ormai�concluso.� Ai�fini�della�loro�qualificazione�giuridica�assume�valore�dirimente�il� disposto�dell'art.�2,�primo�comma,�del�d.lgs.�n.153/1999,�che�configura�gli� enti�in�questione�quali�persone�giuridiche�di�diritto�privato,�assoggettate,�in� quanto�tali,�alla�disciplina�del�codice�civile.� Ne�consegue�che�la�regolamentazione�giuridica�delle�fondazioni�di�ori- gine�bancaria,�inerendo�all'ordinamento�civile,�rientra�nella�sfera�della�pote- sta�legislativa�esclusiva�assegnata�allo�Stato,�ex�art.�117,�secondo�comma,�let- tera�l)�Cost.� Merita�piena�e�convinta�adesione�la�considerazione�della�Corte�costitu- zionale�secondo�la�quale�e�giuridicamente�irrilevante�al�fine�di�stabilire�quale� sia�la�natura�giuridica�da�attribuire�oggi�alle�fondazioni�di�origine�bancaria� se,�in�fatto,�si�sia�completato�il�processo�di�ristrutturazione�degli�enti�confe- rentidisciplinatodall'art.�25deld.lgs.n.153/1999,�lapienaoperativita�dell'ef- fetto�innovativo�avuto�di�mira�dal�legislatore,�incidente,�tra�l'altro,�sul�riparto� di�competenze�legislative�tra�Stato�e�Regioni�disegnato�dal�vigente�testo�del- l'art.�117�della�Cost.,�non�potendo�essere�condizionata�all'effettivo�rispetto� delle�prescrizioni�legislative�da�parte�degli�enti�conferenti.� Correttamente�la�Corte�ha�ricondotto�le�attivita�delle�fondazioni�di�ori- gine�bancaria�dirette�al�perseguimento�degli�scopi�di�utilita�sociale�statutaria- mente�previsti�al�principio�di�sussidiarieta�ex�art.�118,�quarto�comma�Cost.,� respingendo�qualsiasi�suggestione�ad�inquadrare�tali�enti�in�una�nozione�lata� di�Pubblica�Amministrazione�in�senso�soggettivo�od�oggettivo.� A�tal�proposito�giova�richiamare�l'insegnamento�di�quella�dottrina�che�ha� giustamente�messo�in�rilievo�come�l'autonomia�privata,�tradizionalmentecon- cepita�esclusivamente�in�correlazione�con�l'ambito�dell'iniziativa�economica�e� con�la�sfera�dei�rapporti�patrimoniali,�per�effetto�dell'irruzione�nell'ordina- mento�giuridico�del�principio�di�sussidiarieta�,�sia�venuta�ad�assumere�priorita� anche�nei�settori,�prima�riservati�all'apparato�amministrativo,�delle�attivita� �...volte�a�realizzare�i�bisogni�dei�singoli�in�quanto�persona�e�non�in�quanto� centro�autonomo�di�interessi��(cfr.�VarronE C., Le�fondazioni�bancarie�alla� luce�del�principio�di�sussidiarieta�orizzontale,�in�Riforma�costituzionale�e�nuova� disciplina�dellefondazioni�di�origini�bancarie,�101,�Maggioli�Editore,�2003).� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� Questa�prospettiva�consente�di�salvaguardare�l'autonomia�di�tali�sog- getti,�quali�espressioni�del�pluralismo�della�societa��civile,�costituzionalmente� garantito�in�quanto��luogo��in�cui�si�svolge�la�personalita��umana�(art.�2� Cost.),�pur�nel�riconoscimento�della�competenza�legislativa,�se�del�caso�regio- nale,�nei�diversi�settori�dell'attivita��nei�quali�queste�istituzioni�operano,�in� conformita��ai�propri�statuti.� Avv. Massimo Giannuzzi Memoria dell'Avvocatura dello Stato (ct.�8167/03,�Avv.�dello�Stato�F.�Favara).� �La�presente�memoria�integra�con�alcune�argomentazioni�l'atto�di�intervento�31�marzo� 2003�per�il�Presidente�del�Consiglio;�cio��con�intento�di�sollecita�collaborazione�alla�tratta- zione�di�complessa�controversia.� Altra�memoria�potra��essere�presentata�in�prossimita��dell'udienza.� Preliminarmente�si�sottolinea�il�dubbio�di�inammissibilita��delle�questioni�gia��sollevate�a� pag.�3�dell'atto�di�intervento�anzidetto:�nella�ordinanza�di�rimessione�non�si�rinviene�una� effettiva�motivazione�sul�punto�della�legittimazione�delle�fondazioni�e�della�A.C.R.I.�a�ricor- rere;�nell'ordinanza�si�legge�soltanto�``nessun�dubbio�circa�la�sussistenza�della�legittimazione� attiva;�basta�(!)�all'uopo�osservare�che�l'elenco�dei�ricorrenti�si�apre�con�la�A.C.R.I.....``.� Senonche��,�osservato�che�la�legittimazione�attiva�della�A.C.R.I.�e��estremamente�dubbia�e� comunque�^ove�fosse�ravvisabile�^sarebbe�un�riflesso�di�quella�eventualmente�riconosciuta� alle�fondazioni,�per�queste�(fondazioni)�molti�e�consistenti�dubbi�il�remittente�avrebbe� dovuto�porsi,�affrontare�e�superare�almeno per�cio��che�concerne�gli�``scopi''�ad�esse�assegnati� ela�``governance''�di�esse;�tematiche�queste�che�logicamente�precedono�e�sono�nettamente� separate�da�quelle�che�riguardano�l'attivita��delle�fondazioni�e�l'espletamento�dei�compiti�affi- dati�alle�persone�fisiche�``pro-tempore''�amministratori.�Come�gia��osservato,�spetta�solo�al� fondatore,�nella�specie�al�legislatore,�individuare�gli�``scopi''�e�definire�la�``governance''.�E� non�pare�che�^da�un�lato�^l'assenza�di�un�fondatore�privato,�erogatore�di�cespiti�e�portatore� di�propri�interessi�e�di�una�propria�legittimazione,�e�^d'altro�lato�^le�piu��elastiche�regole� sulla�legittimazione�attiva�nei�giudizi�dinanzi�ai�T.A.R.,�congiuntamente�producano�la�devo- luzione�agli�amministratori�``pro-tempore''�di�interessi�(e�di�una�legittimazione)�che�in�fonda- zioni�normali�non�sarebbero�giuridicamente�attribuite�ne�alle�fondazioni�ne�agli�amministra- tori�di�esse.� La�``premessa''�dell'atto�di�intervento�in�questo�giudizio�presentato�per�le�fondazioni� ricerca�il�fondamento�(anche)�della�legittimazione�a�ricorrere�in�un�``pluralismo�sociale�e�isti- tuzionale''�raffigurato�come�antagonista�del�legislatore�statale�e�come�dato�``di�natura''�pree- sistente�alla�legge.�Una�raffigurazione�palesemente�artificiosa�ed�erronea:�le�fondazioni�in� questione�sono�``figlie''�delle�leggi�che�le�hanno�generate�e�che�le�disciplinano.Ede��arbitrario� assimilarle�alle�``formazioni�sociali''�(ad�esempio,�alle�comunita��familiarioreligiose,�aipar- titi�politici,�alle�associazioni�sindacali);�conseguentemente�arbitrario�e��porre�tale�assimila- zione�a�presupposto�per�l'ammissibilita��di�una�contrapposizione�in�giudizio�sostanzialmente� contro�il�legislatore.�Le�fondazioni�bancarie�sono soltanto ``universitates''patrimoniali,per�di� piu��non�accumulate�da�un�fondatore�e�percio��,�in�passato�ed�ancora�oggi,�nella�sostanza�``ade- spoti''.� Altro�equivoco�che�giova�eliminare�subito�e��quello�che�fa�capo�alla�espressione�``societa�� civile'';�espressione�giornalistica,�e�pero��utilizzata�nella�ordinanza�di�remissione,�con�la�quale� si�vorrebbe�indicare�qualcosa�di�contrapposto�alle�comunita��politicamente�organizzate.� La�nostra�Costituzione�(come�qualsiasi�altra�carta�costituzionale)�non�consente�di�raffi- gurare�due�tipologie�di�``societates'',�quelle�che�sono�organizzate�e�si�esprimono�sulla�base� della�Costituzione�a�partire�dall'art.�1,�comma�secondo�della�stessa,�e�quella�delle�persone� (in�pratica,�qualificate�dalle�attivita��che�esercitano�od�altrimenti�notabili)�le�quali,�per�varie� motivazioni�individuali,�preferiscono�non�aderire�esplicitamente�a�formazioni�politiche�o� sociali,�e�farsi�eventualmente�candidare�da�associazioni�minime,�non�di�rado�neppur�demo- RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� cratiche�al�loro�interno.�Comunque,�il�riferimento�alla�``societa�civile''�puo�valere�soltanto�ai� fini�della�``provvista''�delle�singole�persone�cui�affidare�compiti�di�amministrazione�o�di�revi- sione�contabile,�non�certo�anche�come�fondamento�per�cos|�dire�costituzionale�dell'autonomia� dellefondazioni.� In�conclusione,�i�curatori�``pro-tempore''�di�fondazioni�bancarie�che�tanta�resistenza� hanno�opposto�e�continuano�ad�opporre�a�qualsiasi�piu�razionale�assetto�del�settore�ed�a� qualsiasi�modifica�legislativa�o�regolamentare�non�coerente�con�il�loro�intento�di�conservare� il�controllo�di�fatto�sulle�``universitates''�patrimoniali�erette�in�fondazioni,�rappresentano� soprattutto�se�stessi,�posto�che�le�fondazioni�amministrate�per�definizione�sono�inanimati� ``oggetti�soggettivizzati''.� Deve�quindi�dubitarsi�della�legittimazione�dei�soggetti�che�hanno�ricorsoalTAR�Lazio� (un�solo�amministratore�ha�avvertito�la�necessita�morale�e�giuridica�di�ricorrere�in�proprio).� Della�A.C.R.I.�si�tornera�a�trattare�in�altra�memoria.� Quanto�sin�qui�osservato�con�riguardo�alla�preliminare�di�rilevanza�delle�questioni�puo� in�qualche�misura�valere�anche�per�esaminare�la�pertinenza�di�due�dei�parametri�costituzio- nali�evocati�dal�remittente,�e�precisamente�dell'art.�118,�quarto�comma�e�dell'art.�18�Cost.� Salvo�errore,�per�la�prima�volta�e�sollecitata�l'autorevole�interpretazione�di�codesta� Corte�sull'art.�118,�quarto�comma�Cost.�Senonche�,�ad�avviso�di�questa�difesa,�detto�parame- tro�^se�correttamente�analizzato,�e�non�assunto�a�slogan�enfatico�ed�approssimativo�^non� puo�essere�utilizzato�per�la�pronuncia�sulle�disposizioni�legislative�in�esame.� Anzitutto,�esso�(quarto�comma)�nonpone�un�limitepreclusivo�ailegislatori�statali�e�regio- nali,�non�vieta�cioe�a�tali�legislatori�di�prevedere�interventi�amministrativi�(o�in�genere�pub- blici)�ogniqualvolta�sia,�con�acclaramento�in�fatto,�constatata�la�presenza�di�una�``autonoma� iniziativa�dei�cittadini,�singoli�e�associati'';�il�precetto�costituzionale�solo�indica�ai�legislatori� ordinari�un�orientamento�(``favoriscono''),�li�autorizza�ed�incita�a�favorire,�con�linguaggio�a� ridotta�cogenza�simile�a�quello�rinvenibile�nell'art.�31,�comma�secondo�e�nell'art.�47,�comma� secondo�Cost.� Inoltre,�il�quarto�comma�``de�quo''�considera�``l'autonoma�iniziativa�di�cittadini'',�ad� esempio�aderenti�ad�associazioni�di�volontariato,�``per�lo�svolgimento�di�attivita�di�interesse� generale'',�pone�al�centro�della�previsione�costituzionale�la�prestazione�di�queste�``attivita�di� interesse�generale'',�attivita�omogenee�per�tipologia�a�quelle�che�potrebbero�essere�fornite� da�apparati�pubblici,�e�pero�idonee�a�costituire�un�surrogato�di�queste�e�quindi�una�alterna- tiva�ad�esse.�La�``autonoma�iniziativa''�ex�art.�118,�quarto�comma�si�distingue�dunque�netta- mente�e�persino�si�contrappone�alla�``libera''�(in�linea�di�massima)�``iniziativa�economica�pri- vata''�di�cui�all'art.�41�Cost.,�con�impiego�di�risorse�finanziarie�proprie�e�con�organizzazione� e�remunerazione�di�altri�fattori�della�produzione,�per�lo�svolgimento�di�attivita�economiche� lucrative�di�interesse�immediato�non�``generale''�(ovviamente�senza�denegare�il�contributo� di�queste�ultime�attivita�al�benessere�della�collettivita�).� Il�principio�di�sussidiarieta�,�nella�sua�versione�cosiddetta�orizzontale,�e�menzionato�alla� fine�del�quarto�comma�per�inquadrare�concettualmente�e�chiarire�il�precetto�costituzionale,� e�non�certo�per�esprimere�una�regola�di�portata�indefinita,�assorbente,�ed�idonea�a�vanificare� le�precedenti�parole�del�comma�stesso.�Impropriamente�il�parere�del�Consiglio�di�Stato,� Sez.�atti�normativi,�1.�luglio�2002�esibito�dalla�difesa�del�Monte�dei�Paschi�di�Siena�^un� parere�molto�accurato�dal�punto�di�vista�tecnico,�e�pero�molto�sensibilizzato,�nei�paragrafi� introduttivi,�dalle�opinioni�degli�amministratori�in�carica�delle�fondazioni�^ha�enfatizzato� l'art.�118,�comma�quarto�Cost.,�ad�esso�attribuendo�una�eccessiva�e�non�neutrale�carica�ideo- logica�di�stampo�anti-pubblico�(farebbe�``assumere�una�posizione�prioritaria�al�privato� rispetto�al�pubblico�anche�in�settori�sinora�riservati�alla�competenza�esclusiva�degli�apparati� amministrativi''),�ed�ha�precostituito�i�dubbi�riproposti�dal�remittente.�In�particolare,�la� anzidetta�carica�ideologica�e�trasfusa�nella�ordinanza�di�rimessione�laddove�essa�recita� ``invertire�il�rapporto�sancito,�dalla�recente�riforma�dell'art.�118,�comma�quarto''.� In�conclusione,�il�parametro�in�esame�non�ha�introdotto�un�ulteriore�ordine�di�autonomie,� esso�pure�costituzionalmente�garantito�in�aggiunta�alle�autonomie�governate�dalla�sovranita� popolare�ed�alle�autonomie�dei�privati�(per�ovvie�esigenze�di�concisione�sono�state�lasciate� da�parte�altre�autonomie�per�cos|�dire�non�direttamente�riferibili�al�mondo�del- l'economia,�quale�ad�esempio�l'autonomia�della�attivita�culturale,�scientifica�e�artistica);�il� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� parametro�in�esame�non�ha�costituzionalizzato�uno�spontaneismo�potenzialmente�conflig- gente�con�il�``pubblici�poteri''�democraticamente�formati,�e�che�^quando�sorretto�da�cospi- cue�risorse�finanziarie�^potrebbe�persino�degenerare�in�eversivo.� Appare�a�questo�punto�palese�che�gli�amministratori�di�fondazioni�bancarie�non�sono� riconducibili�alla�figura�dei�``cittadini�singoli�o�associati'';�che�``a fortiori''�a�tale�figura�non� sono�riconducibili�neppure�le�persone�giuridiche�fondazioni,�le�quali,�oltretutto,�non�sono� ``cittadini'';�e�che�comunque�la�legislazione�incontestabilmente�``favorisce'',�e�molto,�sul� piano�tributario�l'iniziativa�(anche�quella�non-benefica,�tutt'altro�che�marginale)�delle�fonda- zioni�bancarie.�Del�resto,�le�disposizioni�``subjudice''�sono�state�criticate�dal�remittente�non� perche�non�``favoriscono''�le�iniziative�ma�perche�``stravolgerebbero''�(sic,�con�drammatizza- zione�eccessiva)�la�nozione�di�autonomia�privata.� Neppure�l'art.�18,�comma�primo�Cost.�e�pertinente�rispetto�alle�questioni�in�esame.�Il� ``diritto''�^non�soltanto�la�liberta�^dei�``cittadini''�(e�degli�stranieri)�di�``associarsi''�e�palese- mente�estraneo�alla�materia�controversa:�non�si�discute�di�cittadini�che�intendano�associarsi� o�gestire�una�associazione�da�loro�costituita.�La�garanzia�costituzionale�offerta�dall'art.�18� non�pare�estendersi�fino�a�raffigurare�un�diritto�a�costituire�fondazioni�od�altre�persone�giu- ridiche;�tuttavia,�su�questo�argomento�non�occorre�soffermarsi,�posto�che�le�odierne�fonda- zioni�bancarie�sono�state�costituite�dalla�legge�e�non�``cittadini-fondatori''.� A�questo�punto�occorre�iniziare�a�considerare�le�fondazioni�denominate�``di�origine� associativa'',�con�riguardo�alla�remota�vicenda�costitutiva�dell'ente�pubblico�cassa�di�rispar- mio�(vicenda�per�solito�risalente�a�circa�due�secoli�fa).�Come�noto,�prima�degli�``scorpori''� inizio�anni�Novanta�una�parte�delle�casse�era�governata�da�assemblea�di�associati;�peraltro,� la�qualita�di�associato�era�personale�ed�intrasmissibile,�era�non�``res''�commerciabile�ma� ``munus publicum''.�Sicche�,�la�distinzione�tra�casse�di�risparmio�di�origine�storica�associativa� ed�altre�casse�di�risparmio�riguardava�soltanto�un�aspetto�dell'organizzazione�del�singolo� ente�pubblico,�e�non�determinava�diversita�ontologica.� Attualmente�la�struttura�organizzativa�delle�fondazioni�associative,�disciplinata�negli� statuti,�si�caratterizza�solo�per�la�presenza�dell'assemblea�dei�soci,�senza�altre�differenze� sostanziali�rispetto�alle�c.d.�fondazioni�istituzionali.�Infatti�dalla�stessa�dottrina�e�ritenuta� impropria�la�ripartizione�tra�fondazioni�istituzionali�e�associative�in�quanto�in�entrambi�i� casi�prevale�l'elemento�istituzionale:�la�presenza�di�un�fondo�di�dotazione�a�composizione� non�associativa;�e�la�stessa�assemblea�quando�esiste�e�composta�da�soci�cooptati�che�non� rappresentano�il�capitale.� La�presenza�``ab antiquo''�di�una�assemblea�di�associati�e�stata�tenuta�in�ogni�considera- zione�dalle�norme�legislative�e�regolamentari�degli�anni�tra�il�1990�ed�il�2002.�Da�ultimo,� l'art.�4,�comma�1�lettera�d) del�d.lgs.�17�maggio�1999,�n.�153,�lettera�non�modificata�nel� 2001-ad�opera�dell'art.�11,�comma�5�^(salva�l'eliminazione�di�un�inciso�concernente�la�coop- tazione)�e�confermata�dall'art.�3,�comma�6�del�regolamento�2�agosto�2002,�n.217,�reca� norma�non�sottoposta�a�sindacato�di�legittimita�costituzionale�e�percio�estranea�alla�materia� controversa,�in�questo�giudizio,�come�espressamente�riconosciuto�nella�ordinanza�di�rimes- sione.� Sull'argomento�qui�sommariamente�accennato�si�tornera�in�altra�memoria.� Premesso�che�neppure�per�le�fondazioni�``di�origine�associativa''�appare�congruo�invo- care�l'art.�18�Cost.,�``afortiori''�il�parametro�non�e�utilizzabile�per�altre�fondazioni,�generate� per�trasformazione�di�Casse�di�risparmio�di�origine�istituzionale.� Non�condivisibile�e�il�brano�del�citato�parere�1.�luglio�2002�nel�quale�e�espresso,�non�e� chiaro�con�quale�investitura,�(posto�che�la�Sezione�consultiva�non�e�giudice�delle�leggi),� l'auspicio�per�``una�lettura�evolutiva�dell'art.�18�Cost.''�attraverso�la�saldatura�di�detto�para- metro�con�l'art.�118,�comma�quarto�Cost.�``per�l'affermazione�dei�valori�collettivi''�dei�quali� formazioni�sociali�organizzate�si�farebbero�portatrici.�Questo�brano�reca�in�se�una�sorta�di� ``manifesto''�del�fai-da-te�spontaneistico,�privo�di�garanzie�di�democraticita�,echepuo�essere� reso�concretamente�efficace�dalla�disponibilita�di�cospicue�risorse.� La�non�riconducibilita�delle�fondazioni�bancarie�in�un�unico�indistinto�aggregato�con� linguaggio�giornalistico�denominato�``terzo�settore''�e�esplicitamente�esclusa�dall'art.�10� comma�10�del�d.�lgs.�4�dicembre�1997,�n.�460,�comma�che�recita�``non�si�considerano�in�ogni� caso�ONLUS�...gli�enti�conferenti�(si�noti,�si�parla�di�enti,�e�non�di�fondazioni)�di�cui�alla� legge�30�luglio�1990,�n.�218''.�L'origine�e�l'evoluzione�storica�degli�entipubbliciconferenti� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� ora�tramutati�in�fondazioni,�la�ingente�consistenza�dei�loro�patrimoni,�il�diverso�e�peculiare� regime�della�vigilanza,�e�soprattutto�la�radicalmente�diversa�disciplina�della�``destinazione� del�reddito''�(cfr.�art.�8,�lettera�C,�D�ed�E�del�d.�lgs.�17�maggio�1999,�n.�153)�ne�fanno�soggetti� del�tutto�distinti�e�differenti�dalle�ONLUS,�ancorche�anche�per�queste�ultime�il�legislatore� usi�l'espressione�``settori''�di�attivita�,�e�ne�preveda�una�elencazione.�E�appena�il�caso�di� aggiungere�che�il�mondo�delle�ONLUS�sta�conoscendo�problematiche�tutt'altro�che�risolte.� Accostamenti�tra�fondazione�bancarie�ed�ONLUS�creerebbero�incertezze�delle�quali�proprio� non�si�avverte�l'utilita�.� Il�remittente�ha�menzionato�anche�altri�parametri�costituzionali.�A�pag.�7�dell'atto�di� intervento�si�e�gia�rilevata�l'estraneita�dell'art.�41,�Cost.�alla�materia�qui�controversa.� Le�fondazioni�bancarie�sono�esplicitamente�qualificate�``enti�non�commerciali'',�per�di� piu�^una�volta�a�regime�^``enti�il�cui�fine�e�equiparato�per�legge�ai�fini�di�beneficenza''� (art.�9,�comma�4�e�art.�12,�commi�1�e�2�del�d.�lgs.�17�maggio�1999,�n.�153),�e�``persone�giuridi- che�private�senza�fine�di�lucro'',�sottoposte�a�regime�giuridico�``speciale'',�per�il�che�le�norme� civilistiche�sono�esplicitamente�dichiarate�applicabili�``solo�in�via�residuale''�e�sussidiaria�``ed� in�quanto�compatibili''�(art.�2,�comma�1�e�art.�29�del�predetto�d.�lgs.,�e�periodo�aggiunto�dalla� legge�15�giugno�2002,�n.�112�all'art.�5,�comma�1�del�d.l.�15�aprile�2002,�n.�63).�Le�fondazioni� bancarie�dunque�non�sono�imprese,�non�desiderano�farsi�qualificare�come�tali�(anche�per� beneficiare�di�agevolazioni�fiscali),�e�quindi�non�svolgono,�non�possono�svolgere�e�neppur� ambiscono�svolgere�``iniziativa�economica�privata''.� Il�remittente�asserisce�che�l'art.�41�Cost.�``tutela�l'autonomia�privata''.�L'asserzione�e� inesatta:�l'art.�41�Cost.�non�ha�riguardo�a�qualsivoglia�contratto�(art.�1322�cod.�civ.)�od�atto�o� comunque�manifestazione�(persino�non�commerciale)�dell'autonomia�privata.�Come�univoca- mente�emerge�anche�dai�suoi�Commi�secondo�e�terzo�e�della�sua�collocazione�sul�titolo�III� della�parte�prima�della�Costituzione,�esso�garantisce�non�qualsivoglia�attivita�dei�privati,�ma� specificatamente�la�``iniziativa�economica''�ossia�l'organizzazione�dei�fattori�della�produzione� e�le�attivita�rivolte�a�risultati�di�lucro,�inbreve�l'imprenditorialita�.� Con�riguardo�soltanto�ai�primi�quattro�commi�ed�al�comma�14�dell'art.�11�in�esame,�il� remittente�menziona�l'art.�117�Cost;�i�commi�terzo�e�quarto�e�sesto�di�esso�sono�evocati�pure� in�tre�ricorsi�``diretti''�proposti�da�Regioni�del�Centro�Italia�avverso�(anche)�l'art.�11�in� esame.�Il�remittente�osserva�che�``alcuni�dei�settori�indicati�nell'art.�11,�comma�1�rientrano� nell'ambito�delle�materie�che�la�norma�costituzionale�assegna�alla�potesta�legislativa�concor- rente�.....o,�addirittura,�a�quella�esclusiva�delle�regioni�....''.�Significativamente,�nell'atto�di� intervento�per�l'A.C.R.I.�e�le�ottanta�fondazioni�l'art.�117�Cost.�e�dimenticato:�deve�desumersi� che,�per�ovvie�ragioni,�le�fondazioni�non�desiderano�che�competenza�legislativa�sia�ricono- sciuta�ai�legislatori�regionali,�e�che�^su�questo�punto�^la�linea�delle�fondazioni�si�discosta� dalla�opinione�del�remittente.� In�effetti,�l'art.�117�Cost.�e�stato�erroneamente�menzionato.�Le�disposizioni�dell'art.�11� in�esame�concernono�il�regime�delle�fondazioni�intese�come�``soggetti'',�e�non�la�disciplina� dei�``settori''�nei�quali�esse�possono�operare.� Ovviamente,�nel�porre�in�essere�i�loro�interventi,�le�fondazioni�dovranno�in�futuro�tener� conto�di�leggi�prodotte�dalle�Regioni�nelle�materie�di�loro�competenza�(o,�se�si�preferisce,� non�riservate�allo�Stato);�da�questa�circostanza�pero�non�puo�desumersi�che�i�legislatori� regionali�siano�competenti�ad�imporre�a�tali�soggetti�comportamenti�o�scelte�per�quanto� attiene�sia�alla�dislocazione�dei�loro�investimenti�sia�alla�destinazione�delle�loro�erogazioni� ``altruiste''�sia�al�rapporto�tra�accantonamenti�ed�erogazioni.� Nella�passata�legislatura,�il�Parlamento�nazionale,�con�disegno�istituzionale�coerente- mente�mirante�a�realizzare�equilibri�``bilanciati'',�da�un�lato�ha�conferito�alle�Regioni�piu� ampie�competenze�legislative,�e�d'altro�lato�ha�accresciuto�il�novero�e�la�consistenza�delle� autonomie�di�diritto�pubblico�(si�pensi�alle�istituzioni�scolastiche�ed�anche�agli�enti�locali)� ed�ha�attuato�il�passaggio�di�soggetti�gia�pubblici�(quali�gli�enti�conferenti)�nell'area�discipli- nata�dal�diritto�privato,�seppur�con�previsione�di�un�regime�``speciale''.�Le�marginali�corre- zioni�apportate�nella�legislatura�in�corso�alla�normativa�sulle�fondazioni�non�hanno�ribaltato� ``in�parte�qua''�quel�disegno�istituzionale,�tracciato�prima�della�riforma�del�Titolo�quinto� della�Costituzione�ed�in�vista�di�essa.�Queste�marginali�correzioni�rimangono�nella�scia�della� riforma�del�1998�^1999,�che�ha�collocato�le�fondazioni�bancarie�nell'ambito�dell'``ordina- mento�civile''�(art.�117,�comma�secondo�lettera�L�Cost.)�sia�pure�con�peculiari�connotati� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�119 ``speciali''.�Con�formula�forse�un�po��brutale,�potrebbe�dirsi�che�gli�enti�conferenti�sono�stati� trasformati�in�fondazione�avendo�presente�anche�il�dibattito�all'epoca�in�corso�sul�riparto� delle�competenze�legislative.�Sembra�superfluo�aggiungere�che�una�legislazione�esclusiva� dello�Stato�potrebbe�essere�ravvisata�anche�con�riguardo�all'art.�117,�comma�secondo�let- tera�E,�considerato�che�le�``universitates''�patrimoniali�delle�fondazioni�sono�``risparmio''� (non�privato)�accumulato.� Non�pare�che�il�remittente�abbia�evocato�l'art.�117�Cost.�anche�per�porre�la�questione�p ur�ipotizzabile�^di�legittimita��costituzionale�dell'inciso�``diversi�dallo�Stato''�contenuto� nella�novellata�lettera�C dell'art.�4,�comma�1�del�d.lgs.�n.�153�del�1999.� Poche�parole�sono�sufficienti�ad�escludere�che�la�materia�di�legislazione�concorrente� ``casse�di�risparmio,�casse�rurali,�aziende�di�credito�a�carattere�regionale''�(art.�117,�comma� terzo�Cost.)�possa�assumere�rilevanza�per�quanto�qui�interessa.�Le�fondazioni�bancarie�sono� entita��ormai�nettamente�separate�e�distinte�dalle�s.p.a.�casse�di�risparmio�conferitarie,�e�che� ulteriormente�da�queste�si�distaccheranno�nel�prossimo�futuro.�Inoltre,�la�specificazione�``a� carattere�regionale''�nella�previsione�della�anzidetta�materia�univocamente�indica�che�per�le� aziende�di�credito�a�carattere�nazionale�od�interregionale�e��rimasta�una�competenza�legisla- tiva�esclusiva�dello�Stato.�Come�notorio,�dopo�le�aggregazioni�e�fusioni�avvenute�nel�sistema� bancario�durante�gli�ultimi�dieci�anni�la�maggior�parte�delle�aziende�di�credito�ha�assunto� carattere�e�dimensioni�operative�superiori�all'ambito�territoriale�di�una�Regione;�e�di�riflesso� molte�delle�fondazioni�bancarie�sono�divenute�socie,�sovente�importanti,�delle�neo�^forma- tesi�aziende�di�credito�a�carattere�nazionale�(talvolta�piu��fondazioni�sono�divenute�socie�della� stessa�banca).�Cio��ha�prodotto�in�alcuni�casi�un�aumento�della�``influenza''�(art.�2359�cod.� civ.)�delle�fondazioni�^socie�sul�sistema�bancario�nazionale;�un�risultato�non�desiderato�dal� legislatore�del�1998�^1999,�e�che�anche�l'art.�11,�comma�7�e�10�in�esame�mira�a�contrastare.� In�relazione�alla�questione�di�legittimita��costituzionale�dei�commi�4�(ultimo�periodo)�e�7� dell'art.�11�in�esame�e��menzionato�anche�l'art.�22�Cost.,�palesemente�non�pertinente�alla� materia�qui�controversa.� Questo�parametro�e��evocato,�congiuntamente�al�solo�introduttivo�art.�2,�Cost.,�al� punto�7�della�ordinanza�di�rimessione�adducendosi�che�il�predetto�comma�7�comporterebbe� una�``eccessiva�comprensione�della�capacita��delle�persone'',�ed�al�successivo�punto�8�ove�pure� si�accenna�a�``limitazioni�della�capacita��delle�persone''.�Il�remittente�non�considera�che�il� testo�costituzionale�e��incentrato�sulle�parole�``per motivi politici'',�e�quindi�omette�del�tutto� di�addurre�argomenti�e/o�elementi�di�fatto�a�sostegno�dell'essere�le�disposizioni�criticate�state� poste�per�gli�anzidetti�motivi�e�con�l'intento�persecutorio.�Come�evidente,�dei�due�commi� dianzi�menzionati,�l'uno�^il�comma�4�ultimo�periodo�^attiene�alla�individuazione�dei�``sog- getti�(non�si�tratta�di�persone�fisiche)�cui�e��attribuito�il�potere�di�designare'',�e�l'altro�il� comma�7�^prevede�alcune�incompatibilita��per�``i�soggetti�(persone�fisiche)�che�svolgono�fun- zioni�di�indirizzo,�amministrazione,�direzione�o�controllo''.�Nessuno�dei�due�commi�concerne� la�capacita��delle�persone;�entrambi�mirano�a�prevenire�i�piu��vistosi�conflitti�di�interesse,�e� comunque�certamente�non�sono�stati�prodotti�``per�motivi�politici''.�Ne�puo��seriamente� sostenersi�che�al�legislatore�ordinario�sia�dall'art.�22�Cost.�inibito�di�modellare�poteri�ed� incompatibilita��secondo�discrezionali�sue�valutazioni.� In�conclusione,�unico�parametro�costituzionale�forse�invocabile,�per�quanto�concreta- mente�utilizzabile,�in�questo�giudizio�costituzionale�rimane�il�generale�principio�di�egua- glianza,�che�peraltro�``nel�merito''�non appare�violato�da�alcune�delle�disposizioni�in�esame.� L'intero�impianto�dell'ordinanza�si�rivela�artificioso�e�privo�di�qualsivoglia�fondamento;�il� remittente�ha�solo�``girato''�a�codesta�Corte�dubbi�inconsistenti,�e�pero��istillati�(con�qualche� esorbitare�dall'attivita��consultiva)�nel�citato�parere�1.�luglio�2002.� Occorre�sottolineare�che�nessuna questione�di�legittimita��costituzionale�e��stata�prospet- tata�per�il�citato�periodo�aggiunto�dalla�legge�di�conversione�all'art.�5.�comma�1�del�d.l.� 15�aprile�2002,�n.�63.�Il�remittente�ha�in�proposito�scritto�che�tale�periodo�``non�ha�alcun� effetto�novativo�della�disciplina�in�vigore''�(affermazione�parzialmente�condivisibile),�e�pero�� ha�omesso�di�evidenziare�le�parole�piu��significative�di�quella�disposizione,�e�cioe��``le�norme� del�codice�civile�si�applicano�alle�fondazioni�bancarie�solo�in�via�residuale�ed�in�quanto�com- patibile.�Questo�periodo�ed�il�``criterio''�fondamentale�teste��riportato�sono�dunque�fuori� discussione�e�del�resto�erano�gia��nell'art.�29�del�d.�lgs.�n.�153�del�1999;�cio��non�e��affatto�irri- levante�in�questa�sede,�ove�seppur�infondatamente si�ipotizza�la�demolizione�di�alcune�indivi- RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� duatedisposizionilegislative.Adesempio,unapronunciademolitoriadell'art.�11,comma10� sarebbe�preliminarmente�impedita�dal�``criterio''�enunciato�dal�citato�art.�5.�Quanto�disposto� da�tale�articolo�non�puo�essere�in�questa�sede�``disapplicato''�(fermo�restando�il�potere�di� codesta�Corte�di�sollevare�ulteriore�questione�dinanzi�a�se�stessa).....� In�realta�,�il�periodo�qui�considerato�ha�integrato�e�modificato�quell'art.�2,�comma�1del� d.lgs.�17�maggio�1999,�n.�153�che�il�remittente�(sottovalutando�il�successivo�citato�art.�29)� ha�di�fatto�(ed�erroneamente)�elevato�a�parametro�costituzionale,�facendo�leva�su�esso�per� evocare�l'art.�3�Cost.� In�effetti,�se�l'art.�2,�comma�1�citato�e�letto�congiuntamente�all'art.�5,�comma�1�pure� citato,�viene�meno�la�possibilita�di�invocare�l'art.�3�Cost.�``sub specie dell'irrazionalita�legisla- tiva''�(cos|�recita�la�ordinanza�di�remissione),�viene�meno�la�possibilita�di�attribuire�all'art.�2,� comma�1�``rango�di�norma�di�principio'',�e�l'opinione�relativa�allo�``stravolgimento''�espressa� del�remittente�rimane�solo�una�opinione�(pervero�non�solo�erronea,�ma�preclusa�a�quel�giu- dice�perche�,�nella�sostanza,�valutazione�politica).� Ad�integrazione�di�quanto�scritto�nell'ultimo�periodo�(a�pag.�10)�dell'atto�di�intervento� per�il�Presidente�del�Consiglio,�si�segnalano�a�titolo�esemplificativo,�gli�artt.�109�e�122�del� d.lgs.�24�febbraio�1998,�n.�58.�L'art.�122�recita�``patti�in�qualunque�formastipulati'',e� l'art.�109�recita�``aderenti�ad�un�patto,�anche�nullo,�previsto�dall'art.�122''.� L'art.�11�in�esame,�ai�commi�1,�2�e�3,�ha�integrato�l'art.�1�(inserendo�la�lettera�Cbis,e� modificando�la�lettera�D) ed�ha�sostituito�l'art.�2,�comma�2�del�d.lgs�17�maggio�1999,� n.�153.�In�ordine�al�secondo�periodo�della�citata�lettera�Cbis (``i�settori�indicati�possono� essere�modificati..'')�si�rileva,�in�via�preliminare,�che�la�questione�a�tale�periodo�relativa�e� palesemente�non�rilevante�ai�fini�del�decidere�``a quo''.�Il�regolamento�2�agosto�2002�oggetto� di�quel�giudizio,�all'art.�1,�recita:�``Le�definizioni�utilizzate�nel�presente�regolamento�corri- spondono�a�quelle�dell'art.�1�``del�citato�d.�lgs.;�dunque�i�settori�ammessi�elencati�nella�let- tera�C bis non sono stati modificati dal regolamento.�Per�il�momento�non�occorre�soffermarsi� sull'art.�37�bis,�comma�2,�periodo�secondo,�della�legge�Merloni�11�febbraio�1994,�n.�109,� come�modificata�da�ultimo�dalla�legge�1.�agosto�2002,�n.�166,�la�quale�ha�``ope legis''�inte- grato�l'anzidetta�lettera�Cbis.� Quanto�teste�osservato�rende�evidente�che�il�TAR�Lazio�avrebbe�dovuto�semplicemente� dichiarare�inammissibile�``in parte qua''�il�terzo�motivo�del�ricorso�propostogli,�quanto�meno� per�assenza�di�interesse�attuale�a�ricorrere.�La�legittimita�costituzionale�dell'ultimo�periodo� della�lettera�Cbis potra�essere�sottoposta�a�scrutinio�di�codesta�Corte�solo�se�e�quando�di� quel�periodo�sara�fatta�applicazione.� Solo�per�dovere�di�completezza�si�osserva�che�la�questione�relativa�a�detto�ultimo� periodo�e�,�oltre�che�inammissibile�per�le�molteplici�ragioni�esposte,�anche�infondata.�Pre- messo�che�una�vera�e�propria�``riserva�di�legge''�non�e�prevista,�per�la�materia�di�che�trattasi,� dalla�Costituzione,�il�remittente�ha�ritenuto�che,�trattandosi�di�``una�forma�di�delegifica- zione'',�avrebbe�dovuto�prevedersi�un�regolamento�governativo�ex art.�17,�commi�1�e�2�della� legge�23�agosto�1988,�n.�400,�anziche�un�regolamento�ministeriale�ex art.�17,�comma�3�stessa� legge,�ed�inoltre�che�insufficiente�sarebbe�l'indicazione�delle�``norme�generali''�da�osservarsi� in�sede�di�produzione�del�regolamento�``de quo''.�Quest'ultima�critica�appare�inconsistente,� posto�che�i�criteri�generali�sono�agevolmente�desumibili�dagli�artt.�1�e�2�(come�integrati�e� modificati)�del�d.�lgs.�n.�153�del�1999.�L'altra�critica�ha�invece�qualche�consistenza�(non�pero� perche�si�abbia�un�caso�di�delegificazione);�essa�tuttavia�non�considera�che�l'art.�17�della� legge�n.�400�del�1988�non e�dotato�di�forza�superiore�alla�disposizione�legislativa�qui�in� esamecomunquenon�puo�essere�evocato�come�parametro�costituzionale.�Ne�l'art.�70�Cost.� puo�essere�invocato�per�indirettamente�costruire�una�sorta�di�``riserva�relativa�di�legge''� non�prevista,�come�si�e�detto);�in�Costituzione,�o�per�pervenire�alla�eliminazione�dell'inciso� ``comma�3''�dal�periodo�di�che�trattasi.� La�lettera�Cbis,�come�integrata�dalla�legge�1.�agosto�2002,�n.�166,�reca�una�elencazione� di�venti�``settori�ammessi''�raggruppati�in�categorie�(in�tal�senso�l'interpretazione�datane�dal� menzionato�parere�1.�luglio�2002,�implicitamente�condivisa�dall'art.�2�del�regolamento).�Il� remittete�muove�critica�soprattutto�per�l'inclusione�di�quattro�settori�^``prevenzione�della� criminalita�e�sicurezza�pubblica'',�``sicurezza�alimentare�e�agricoltura�di�qualita�'',�``edilizia� popolare�locale'',�e�``realizzazione�di�lavori�pubblici�o�di�pubblica�utilita�''�(va�specificato�la� fondazione�partecipando�come�soggetto�finanziatore�associato�o�consorziato�nella�promo- IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� zione�di�iniziativa�in�regime�di�``projectfinancing'')�^a�suo�dire�``avulsi�dalla�tradizione�ope- rativa�delle�fondazioni�bancarie''�(rectius,�degli�enti�pubblici�conferenti,�che�le�neonate�fon- dazioni�non�hanno�tradizione),�ed�invece�ricompresi�``nell'ambito�dei�compiti�appartenenti� ai�pubblici�poteri''.�Premesso�che�ovviamente�nessuno�pensa�che�le�fondazioni�possano� (men�che�mai�debbano)�sostituire�la�polizia,�l'ispettorato�frodi,�ed�altri�similari�apparati,� non�si�vede�quale�mai�parametro�costituzionale�osti�a�che,�ad�esempio,�le�fondazioni�si�ren- dano�per�filantropia�acquirenti�o�committenti�di�alloggi�da�locare�a�canone�contenuto�a� famiglie�non�abbienti,�o�si�impegnino�a�sostegno�del�volontariato�in�progetti�a�favore�di� minori�devianti�o�di�ex�detenuti�per�prevenirne�la�caduta�o�la�ricaduta�nel�crimine;�attivita��,� queste�e�similari,�neppure�estranee�a�quanto�in�passato�praticato�dagli�enti�Casse�di�rispar- mio.Edilremittentenonsie��avvedutodellacontraddizione..al'enfasi..luipostaalprinci- pio�di�sussidiarieta��la�riserva,�pure�da�lui�posta�dei�compiti�rappresentanti�ai�pubblici� poteri''.� Comunque,�ogni�discussione�sulla�elencazione�dei�``settori�ammessi''�appare�ininfluente,� posto�che�e��lasciato�a�ciascuna�fondazione�il�potere�di�scegliere�a�quali�settori�dedicarsi;�se� reputera��di�non�farsi�coinvolgere�ad�esempio�nella�edilizia�popolare�locale�od�in�iniziative� in�``project�financing'',�ciascuna�fondazione�potra��semplicemente�non�includere�tali�settori� tra�i�``rilevanti''�e�tra�quelli�nei�quali�intervenire�in�via�non�prevalente,�e�scegliere�altri�settori� ``rilevanti''�o�di�intervento.�Semmai,�alle�disposizioni�in�esame�potrebbe�essere�mossa�una� critica�(non�giuridico-costituzionale)�di�dubbia�utilita��ed�effettivita��rispetto�alle�finalita�� perseguite�dal�legislatore;�l'accenno�alla�``preferenza�ai�settori�di�maggiore�rilevanza�sociale''� e��vago�e�poco�incisivo.�Un�correttivo,�esso�pure�flebile,�e��stato�introdotto�dall'art.�2,� comma�4�periodo�secondo�del�regolamento�2�agosto�2002;�periodo�che�parrebbe�limitativo� dei�compiti�elencati�nell'art.�10,�comma�3�del�d.lgs.�n.�153�del�1999,�considerato�che�la�segna- lazione�e�il�richiamo�dell'attenzione�ivi�previsti�possono�rimanere�``lettera�morta''.� Anche�il�limite�numerico�^``non�superiore�a�tre''�(quindi�anche�uno�solo,�come�nel� previgente�art.�1,�lettera�D)�^dei�settori�rilevanti,�limite�fissato�prima�dell'interpretazione� data�dal�Consiglio�di�Stato�dalla�lettera�Cbis,�in�assenza�di�un�obbligo�di�individuare�i�set- tori�rilevanti�in�tre�categorie�diverse,�puo��rivelarsi�di�dubbia�incisivita��rispetto�alle�anzidette� finalita��.�Ad�esempio,�sarebbe�ben�difficile�raffigurare�come�``ente�strumentale''(cos|��si�legge� nell'ordinanza�di�rimessione)�di�amministrazioni�pubbliche�territoriali�una�fondazione�la� quale�scegliesse�come�``rilevanti''�il�primo�ed�il�quinto�dei�settori�dellacategoria�1.� Le�considerazioni�che�precedono,�e�le�molte�altre�che�potrebbero�essere�esposte,� rendono�evidente�che�le�critiche�mosse�dal�remittente�in�realta��attengono�alla�opportunita�� politica,�e�non�sono�neppur�qualificabili�come�ammissibili�dubbi�circa�la�legittimita�costituzio- nale�dei�commi�1,�2�e�3�dell'art.�11�in�esame;�e�comunque�che�nessuna�seria�``compressione''� dell'autonomia�delle�fondazioni�deriva�dalla�griglia�dei�settori�ammessi�e�dei�settori�rilevanti.� Del�resto,�lo�stesso�(poco�minimalista)�remittente�in�ordine�all'obbligo�di�operare�esclusiva- mente�nei�settori�ammessi�non�riesce�ad�indicare�un�settore�per�cos|��dire�dimenticato,�ed�e�� costretto�a�scrivere�che�la�questione�va�impostata�``in�astratto'';�ed�in�ordine�all'obbligo�di� individuare�``il�o�i�settori�rilevanti''�osserva�soltanto�che�la�fondazione�sarebbe�costretta�ad� operare�nell'ambito�dei�settori�ammessi�e�``nel�solco�tracciato�in�via�eteronoma'',�(ossia�dal� Parlamento),�senza�addurre�ulteriore�specifici�argomenti.� E�non�pare�possa�addirittura�indicarsi�come�incostituzionale�``l'intenzione�del�legislatore� del�2001''�di�coordinare�``in�una�prospettiva�unitaria�le�potenzialita��espresse''�dalle�fonda- zioni�bancarie.�Una�siffatta�intenzione,�qualora�ravvisabile�e�qualora�effettivamente�realizza- bile�mediante�i�timidi�strumenti�normativi�predisposti,�sarebbe�persino�costituzionalmente� doverosa�ai�sensi�di�piu��parametri�costituzionale,�a�cominciare�dal�sovente�trascurato�art.�3,� comma�secondo�Cost.� Il�remittente�critica�l'art.�11,�comma�4�in�esame�(alias�la�novellata�lettera�C�dell'art.�4,� comma�1�del�d.�lgs.�n.�153�del�1999,�travasato�nell'art.�3,�comma�1�e�nell'art.5,�comma�2� del�regolamento�2�agosto�2002,�n.�217,�perche�mentre�per�i�designati�dagli�enti�territoriali� usa�la�parola�``qualificata'',�per�le�personalita��altrimenti�designate�richiede�``professionalita��,� competenza�ed�esperienza''.�In�sostanza,�il�remittente�ipotizza�che�persone�di�fatto�poco� ``qualificate'',�e�percio��non�sufficientemente�idonee,�siano�designate�solo�per�``appartenenza''� a�partiti�o�sindacati.�Questa�critica�suppone�che�le�norme�anzidette�siano�destinate�a�rima- nere�inosservate�(il�che�e��indimostrato),�e�non�considera�che�il�personale�``latu�sensu''�politico� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� subisce�una�dura�selezione�e�sviluppa�qualita��e�sensibilita��di�grande�utilita��anche�per�le�fon- dazioni.�Comunque,�la�critica�teste��riferita,�oltre�che�inammissibile�concretandosi�essa�in� opinabili�apprezzamenti�di�opportunita��,�non�e��idonea�ne�a�condurre�a�demolizione�della� disposizione�ne�ad�una�pronuncia�additiva�(ad�esempio,�per�aggiunta�dell'avverbio�``profes- sionalmente''�prima�della�parola�``qualificata'').�La�disposizione�``de qua''�e��suscettibile�di� molteplici�interpretazioni,�ed�anche�di�essere�letta�in�coerenza�con�il�principio�di�egua- glianza:�con�pronuncia�intepretativa�di�infondatezza,potrebbe�essere�chiarito�che�i�requisiti� di�``professionalita��,�competenza�ed�esperienza�devono�essere�egualmente�presenti�per�tutti�i� designati,�cioe��anche�per�quelli�espressi�dalle�autonomie�territoriali;�il�che�del�resto�e��gia�� desumibile�dall'art.�4�del�regolamento�citato.� Inammissibili�ed�inconsistenti�appaiono�i�dubbi�del�remittente�in�ordine�al�secondo� periodo�della�lettera�C in�esame,�ed�al�``salvo�quanto�previsto�al�periodo�precedente''�che� ne�costituisce�lo�``incipit''.� In�seguito�al�menzionato�parere�del�Consiglio�di�Stato,�questo�secondo�periodo�e��stato� trasfuso�nell'art.�5,�comma�2�del�regolamento�anzidetto,�dopo�essere�stato�puntualizzato�nel� secondo�periodo�di�detto�comma�2.� La�disposizione�concerne�non�i�componenti�degli�organi�delle�fondazioni�ma�``i�soggetti� ai�quali�e��attribuito�il�potere�di�designare''�taluno�di�detti�componenti;�quindi�contro�di�essa� (disposizione)�qualche�doglianza�avrebbe�potuto�emergere�in�futuro,�nel�contesto�di�altra� controversia,�per�iniziativa�non�delle�fondazioni�(o�loro�amministratori)�ma�di�un�diverso� ``soggetto''�cui�fosse�stato�denegato�il�predetto�``potere�di�designare''.�Il�che�avrebbe�dovuto,� in�via�preliminare,�indicare�al�remittente�la�carenza�``in parte qua''�di�interesse�a�ricorrere�in� capo�alle�fondazioni�ricorrenti�e�conseguentemente�la�preliminare�non�^rilevanza�della�que- stione�qui�prospettata.� Sul�merito�di�essa�si�osserva�che�il�remittente�ha�ravvisato�due�diversi�dubbi�di�legitti- mita��costituzionale:�per�disuguaglianza�(art.�3�Cost.)�a�suo�dire�``ingiustificata''�tra�``sog- getti''�ammessi�a�designare,�e�per�``irrazionalita��intrinseca�della�precisione�legislativa''�stante� ^se�ben�si�e��compreso�^la�insussistenza�di�un�vincolo�di�mandato.�Il�primo�di�tali�dubbi�e�� palesemente�inconsistente:�gli�enti�territoriali�sono�``ope legis''�qualificati�a�designare,�mentre� e��semplicemente�impensabile�una�pari�qualificazione�per�altri�``soggetti''�la�cui�individua- zione�e��rimessa�allo�statuto�di�ciascuna�fondazione;�inoltre�gli�enti�territoriali�sono�soggetti� democraticamente�governati�e�``portatori�di�interessi''�non�settoriali�e�che�non�possono�dirsi� particolari�se�non�per�la�dimensione�dell'elemento�``territorio''.�Peraltro,�proprio�il�territorio� connota�anche�la�comunita��dalla�quale�la�cassa�di�risparmio�ha,�nel�corso�dei�decenni,�tratto� linfa,�e�che�e��quindi�alla�base�dell'accumulazione�patrimoniale.�Quindi�l'art.�3�Cost.�sarebbe� stato�violato�se�situazioni�differenti�avessero�ricevuto�disciplina�non�differenziata.� Il�secondo�dubbio,�che�invece�concerne�le�persone�componenti�gli�organi�delle�fonda- zioni,�puo��essere�agevolmente�fugato�in�via�interpretativa:�e��evidente�che�tutti�i�componenti,� quale�che�sia�stato�il�soggetto�designante,�sono�egualmente�esenti�da�vincolidimandato�ed� egualmente�devono�perseguire�imparzialmente�gli�``scopi''�della�fondazione,�e�non�curare� ``interessi''�alieni.� Il�``salvo�quanto�previsto�al�periodo�precedente''�riguarda�solo�i�soggetti�designati,�non� le�persone�chiamate�a�far�parte�degli�organi�della�fondazione.�Cio��precisato,�la�disposizione� sottoposta�a�scrutinio,�lungi�dal�tracciare�una�linea�di�``netta�distinzione�di�natura�delle�due� componenti�in�seno�all'organo�di�indirizzo'',�come�erroneamente�scritto�dal�remittente,� risulta�opportuna�perche�concorre�a�prevenire�deviazioni�dagli�``scopi''�(potrebbe�dirsi� eccessi�di�potere)�e�conflitti�di�interesse.�A�ben�vedere,�anzi,�anche�questo�secondo�dubbio� risulta�inammissibile:�il�remittente�nell'esprimere�una�sua�(in�realta��erronea)�opinione�circa� una�vaga�(e�non�correlata�a�parametro�costituzionale)�``irrazionalita��intrinseca''�della�dispo- sizione�ed�una�sua�(pervero�immotivata)�preferenza�per�le�regole�poste�dall'art.�2391�cod.� civ.�^queste�notoriamente�tra�le�regole�maggiormente�criticate�del�diritto�societario,�per�la� loro�scarsa�incisivita��e�per�la�conseguente�loro�scarsissima�effettivita��-,�chiede�a�codesta� Corte�di�rendere�una�pronuncia�estranea�al�sindacato�di�legittimita��costituzionale.�Il�remit- tente�erra�vistosamente�quando�suppone�che�il�legislatore�ordinario�non�possa�graduare�i� rimedi�contro�i�conflitti�di�interessi�secondo�sue�valutazioni�discrezionali,�di�volta�in�volta� adeguati�al�settore�cui�la�normativa�e��indirizzata�(in�argomento,�anche�quanto�gia��scritto,� con�riguardo�all'art.�11,�comma�7�in�esame,�a�pag.�7�dell'atto�di�intervento).� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� A�giustificazione�del�dubbio�di�legittimita�costituzionale�dell'ultimo�periodo�dell'art.�11� comma�14,�il�remittente�non�adduce�considerazioni�autonome�ed�ulteriori�rispetto�a�quelle� esposte�riguardo�^parrebbe�^ai�commi�4�e�7�dello�stesso�articolo,�ed�ipotizza�una�pronuncia� ``quale�diretta�conseguenza''�di�una�declaratoria�di�fondatezza�di�altre�questioni.�Senonche� il�citato�ultimo�periodo�parrebbe�recare�due�disposizioni�non ``consequenziali'':�con�la�prima� e�prevista�la�``ricostituzione�degli�organi''�in�seguito�allo�``adeguamento�dei�propri�statuti'';� con�la�seconda�e�prevista�una�limitazione�temporanea�``all'ordinaria�amministrazione''�(salvo� deroghe�autorizzate)�dell'attivita�delle�fondazioni.�Quindi,�a�rigore,�la�questione�relativa� all'ultimo�periodo�``de quo''�sarebbe�inammissibile�di�ipotizzata�incostituzionalita�.Ne�le�fon- dazioni�appaiono�legittimate�a�dolersi�del�``vulnus che�^a�detta�del�remittente�^deriva�ai� soggetti�(persone�fisiche)�attualmente�componenti''.� Comunque,�l'applicazione�del�periodo�in�esame�e�stata�sospesa;�si�fa�riserva�di�tornare� sull'argomento.� f.to Avv. Franco Favara�.� Corte Costituzionale, sentenza 29 settembre 2003, n. 300 ^Presidente R.�Chieppa�^Redat- tore G.�Zagrebelsky.� �(omissis) nei�giudizi�di�legittimita�costituzionale�degli�articoli�11;�17,�comma�2;�19,� commi�1�e�14;�22,�commi�3�e�4;�24,�commi�2,�3,�4,�9�e�13;�25,�commi�1,�5�e�10;�27,�comma� 13;�28,�commi�1,�5,�6,�8�e�11;�29;�30;�33;�35;�41;�52,�commi�10,�14,�17,�20,�39�e�83;�54;�55;�59;� 60,comma1,letterad);64;�66;�67;70e71�dellalegge28�dicembre2001,n.�448�[Disposizioni� per�la�formazione�del�bilancio�annuale�e�pluriennale�dello�Stato�(legge�finanziaria�2002)],� promossi�con�ricorsi�delle�Regioni�Marche,�Toscana,�Emilia-Romagna�e�Umbria,�notificati� il�22�(primo�e�secondo�ricorso),�il�27�e�il�26�febbraio�2002,�depositati�in�cancelleria�il�28�feb- braio,�il�1.�e�l'8�marzo�(terzo�e�quarto�ricorso)�2002�e�iscritti�ai�nn.�10,�12,�23�e�24�del�registro� ricorsi�2002�(omissis).� Considerato in diritto 1.�^Le�regioni�Marche,�Toscana,�Emilia-Romagna�e�Umbria,�nel- l'impugnare�numerose�disposizioni�della�legge�28�dicembre�2001,�n.�448�[Disposizioni�per�la� formazione�del�bilancio�annuale�e�pluriennale�dello�Stato�(legge�finanziaria�2002)],�conte- stano�tra�l'altro�l'art.�11�di�tale�legge�(Modifiche�al�decreto�legislativo�17�maggio�1999,� n.�153,�in�materia�di�fondazioni).�Per�ragioni�di�omogeneita�di�materia,�la�trattazione�della� questione�di�costituzionalita�indicata�viene�separata�da�quella�delle�altre,�sollevate�con�i� medesimi�ricorsi,�oggetto�di�distinte�decisioni.� 2.�^l'articolo�di�legge�in�questione�incide�su�numerosi�aspetti�della�disciplina�delle�fon- dazioni�di�origine�bancaria,�in�particolare�in�tema�di:�campi�materiali�di�intervento�(i�settori� �ammessi��e��rilevanti�);�regole�di�composizione�dell'organo�di�indirizzo;�cause�di�incompa- tibilita�;�modalita�di�gestione�e�destinazione�del�patrimonio;�definizione�della�nozione�di� �controllo��di�una�societa�bancaria�da�parte�di�una�fondazione;��periodo�transitorio�,�in� relazione�alle�prescritte�dismissioni�delle�partecipazioni�di�controlloinsocieta�bancarie;� poteri�di�vigilanza;�adeguamento�degli�statuti�alle�nuove�disposizioni�legislative�e�ricostitu- zione�degli�organi�delle�fondazioni�conseguenti�alle�modifiche�statutarie.� Con�argomenti�sostanzialmente�analoghi,�tutte�le�Regioni�ricorrenti�sostengono�che�le� disposizioni�della�legge�statale�impugnata�intervengono�con�norme�di�dettaglio�in�una�mate- ria�^quella�delle��casse�di�risparmio,�casse�rurali,�aziende�di�credito�a�carattere�regionale�� ^che�l'art.�117,�terzo�comma,�della�Costituzione�assegna�alla�legislazione�concorrente�regio- nale.�La�competenza�legislativa�regionale�in�materia�di�fondazioni�di�origine�bancaria,�ad� avviso�delle�ricorrenti,�discenderebbe�altres|�dalla�circostanza�che�tali�fondazioni�sono�chia- mate�dalla�legge�a�operare�in�settori�materiali�affidati�costituzionalmente�alla�cura�della�legi- slazione�regionale�(concorrente,�o,�per�la�sola�Regione�Toscana,�esclusiva,�secondo�l'art.�117,� quarto�comma,�della�Costituzione).� Unaparticolarecensurae�poirivoltaaicommi1e14deldenunciatoart.�11,iqualirico- noscono�all'Autorita�di�vigilanza�^attualmente�il�Ministro�dell'economia�e�delle�finanze� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� una�potesta�regolamentare�che,�operando,�in�ipotesi,�in�materia�di�legislazione�regionale,� violerebbe�la�riserva�di�potesta�regolamentare�disposta�dall'art.�117,�sesto�comma,�della� Costituzione�a�favore�delle�Regioni�in�tutte�le�materie�non�di�competenza�legislativa�esclu- siva�dello�Stato.� 3.�^Data�la�loro�sostanziale�identita�,�i�quattro�ricorsi,�per�la�parte�attinente�all'art.�11� della�legge�n.�448�del�2001,�possono�riunirsi�per�essere�trattati�congiuntamente�e�decisi�con� unica�sentenza.� 4.�^I�ricorsi�in�esame�non�sono�fondati.� 5.�^Tutte�le�censure�si�basano�sul�presupposto�che�le�fondazioni�di�origine�bancaria� siano�tuttora�soggetti�caratterizzati�dall'appartenenza�all'organizzazione�del�credito�e�del� risparmio.�Tale�presupposto�non�e�oggi�piu�sostenibile,�tenuto�conto�degli�sviluppi�della�legi- slazione�in�materia�a�partire�dal�1990.� La�legge�30�luglio�1990,�n.�218�(Disposizioni�in�materia�di�ristrutturazioneeintegra- zione�patrimoniale�degli�istituti�di�credito�di�diritto�pubblico),�e�il�successivo�decreto�legisla- tivo�20�novembre�1990,�n.�356�(Disposizioni�per�la�ristrutturazione�e�per�la�disciplina�del� gruppo�creditizio),�hanno�dato�avvio�a�una�profonda�trasformazione�e�riorganizzazione�del� settore�bancario,�anche�attraverso�la�trasformazione�delle�banche�pubbliche�in�societa�per� azioni.�Nelle�sue�linee�generali,�il�procedimento�giuridico�previsto�si�e�basato�(a) sul�cosid- detto��scorporo��della�azienda�bancaria�dagli�originari�enti�creditizi;�(b) sulla�scissione�di� questi�ultimi�in�due�soggetti:�gli��enti�conferenti��e�le��societa�per�azioni�conferitarie��e� (c) sul��conferimento��dell'azienda�bancaria�alla�societa�per�azioni�conferitaria�da�parte� dell'ente�conferente.�A�quest'ultimo,�una�volta�operato�il�conferimento,era�affidata�(1)�la� gestione�del�pacchetto�azionario,�da�esso�detenuto�nella�societa�conferitaria,�oltre�(2)�all'a- zione�^tradizionale�per�le�Casse�di�risparmio�^nel�campo�della�promozione�dello�sviluppo� sociale,�culturale�ed�economico.� Questa�procedura,�che�ha�attivato�una�fase�di�trasformazione�degli�enti�pubblici�creditizi� condotta�essenzialmente�dall'interno�di�essi,�senza�intromissioni�nel�capitale�prima�degli�enti� bancari�e�poi�delle�societa�bancarie,�ha�comportato,�in�un�primo�momento,�uno�stretto� legame�sostanziale�tra��soggetti�conferenti��e��soggetti�conferitari�,�pur�distinti�giuridica- mente.�Sebbene�gli�enti�conferenti�dovessero�soprattutto�per�la�caratterizzazione�ricevuta� con�l'art.�12�del�decreto�legislativo�n.�356�del�1990�concentrare�le�proprie�risorse�nel�perse- guimento�dei�fini�di�interesse�pubblico�e�utilita�sociale�stabiliti�nei�loro�statuti,�e�non�potes- sero�esercitare�direttamente�l'impresa�bancaria,�essi�erano�principalmente�i�titolari�del�capi- tale�della�societa�per�azioni�conferitaria,�potendo�mantenere�la�partecipazione�di�controllo,� in�vista�peraltro�delle�operazioni�di�ristrutturazione�del�capitale�e�di�dismissione�di�parteci- pazioni,�attraverso�le�procedure�degli�articoli�1-7�del�decreto�legislativo.�Era�prevista,�sia� pure�transitoriamente,�una��continuita�operativa��tra�i�due�soggetti�[art.�12,�comma�1,�let- tera�c)],�assicurata�dalla�previsione�nello�statuto�dell'ente�conferente�della�nomina�di�membri� del�suo�comitato�di�gestione�(o�equivalente)�nel�consiglio�di�amministrazione�della�societa� conferitaria�e�di�componenti�l'organo�di�controllo�nel�collegio�sindacale�della�societa�stessa.� Agli�enti�conferenti,�aventi�capacita�di�diritto�pubblico�e�di�diritto�privato,�si�continuavano� ad�applicare�le�disposizioni�di�legge�relative�alle�procedure�di�nomina�degli�organi�ammini- strativi�e�di�controllo�(in�particolare,�la�nomina�governativa�del�presidente�e�del�vicepresi- dente).�Su�tali�enti�veniva�mantenuta�la�preesistente�vigilanza�del�Ministro�del�tesoro,�previ- sta�per�gli�enti�pubblici�creditizi.�Al�Ministro,�inoltre,�dovevano�essere�sottoposte,�per�l'ap- provazione,�le�modifiche�degli�statuti.�Riassuntivamente�e�coerentemente,�il�Titolo�III�del� decreto�legislativo�n.�356�poteva�essere�intestato�agli��enti�pubblici�conferenti��che,�come� questa�Corte�ha�riconosciuto�con�la�sentenza�n.�163�del�1995,�potevano�considerarsi�quali� elementi�costitutivi�del�sistema�creditizio�allora�esistente.� Al�processo�di�separazione�fu�dato�impulso�con�norme�dettate�e�prescrizioni�impartite� nel�1994,�volte�a�promuovere�le�procedure�di�dismissione�di�partecipazioni�degli�enti�pubblici� conferenti�nelle�societa�per�azioni�conferitarie:�il�decreto-legge�31�maggio�1994,�n.�332� (Norme�per�l'accelerazione�delle�procedure�di�dismissione�di�partecipazioni�dello�Stato�e� degli�enti�pubblici�in�societa�per�azioni),�convertito�con�modificazioni�dalla�legge�30�luglio� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� 1994,�n.�474,�e�la�direttiva�del�Ministro�del�Tesoro�del�18�novembre�1994�(Criteri�e�procedure� per�le�dismissioni�delle�partecipazioni�deliberate�dagli�enti�conferenti�di�cui�all'art.�11�del� decreto�legislativo�20�novembre�1990,�n.�356,�nonche�per�la�diversificazione�del�rischio�degli� investimenti�effettuati�dagli�stessi�enti).�Quest'ultimo�provvedimento�in�particolare,�adottato� nell'ambito�del�potere�di�vigilanza�governativa�sugli�enti�conferenti,�mirava�al�duplice�e�con- nesso�scopo�di�concentrarne�l'attivita�nel�perseguimento�delle�finalita�a�essi�assegnate�nei�set- tori�di�intervento�di�interesse�e�utilita�sociale�e,�correlativamente,�restando�esclusa�la� gestione�della�societa�conferitaria,�di�ridurre�progressivamente�la�partecipazione�detenuta� in�quest'ultima,�tramite�dismissioni�destinate�a�ridurne�la�consistenza�a�non�piu�del�cin- quanta�per�cento�del�proprio�patrimonio,�nei�cinque�anni�successivi.� Con�la�legge�di�delega�23�dicembre�1998,�n.�461�(Delega�al�Governo�per�il�riordino�della� disciplina�civilistica�e�fiscale�degli�enti�conferenti,�di�cui�all'art.�11,�comma�1,�del�decreto� legislativo�20�novembre�1990,�n.�356,�e�della�disciplina�fiscale�delle�operazioni�di�ristruttura- zione�bancaria),�e�il�conseguente�decreto�legislativo�17�maggio�1999,�n.�153�(Disciplina�civili- stica�e�fiscale�degli�enti�conferenti�di�cui�all'art.�11,�comma�1,�del�decreto�legislativo� 20�novembre�1990,�n.�356,�e�disciplina�fiscale�delle�operazioni�di�ristrutturazione�bancaria,� a�norma�dell'art.�1�della�legge�23�dicembre�1998,�n.�461),�la�trasformazione�della�natura�giu- ridica�degli�originari�enti�conferenti�puo�dirsi�normativamente�realizzata.�Essi�quali�enti� pubblici�gestori�della�partecipazione�al�capitale�delle�societa�conferitarie�^cessano�di�esistere� come�tali,�dal�momento�dell'approvazione,�entro�centoottanta�giorni�dall'entrata�in�vigore� del�d.�lgs.�n.�153�[art.�2,�comma�1,�lettera�l),�della�legge�n.�461],�delle�modifiche�statutarie� rese�necessarie�per�l'adeguamento�alle�nuove�disposizioni�e�vengono�trasformati�in��fonda- zioni�,��persone�giuridiche�private�senza�fine�di�lucro,�dotate�di�piena�autonomia�statutaria� e�gestionale��che��perseguono�esclusivamente�scopi�di�utilita�sociale�e�di�promozione�dello� sviluppo�economico�secondo�quanto�previsto�dai�rispettivi�statuti��(art.�2�del�d.lgs.�n.�153� del�1999).�Il�patrimonio�delle�fondazioni�e�espressamente�vincolato�agli�scopi�statutari� (art.�5,�comma�1,�dello�stesso�decreto).� A�tali�soggetti,�costituiti�in�fondazioni�disciplinate�da�norme�specifiche,�e�espressamente� precluso�l'esercizio�di�funzioni�creditizie�ed�e�altres|�esclusa�qualsiasi�forma�di�finanzia- mento,�di�erogazione�o�di�sovvenzione,�diretti�o�indiretti,�a�enti�con�fini�di�lucro�o�in�favore� di�imprese�di�qualsiasi�natura,�con�l'eccezione�delle�imprese�strumentali�ai�propri�fini�statu- tari�(oltre�che�delle�cooperative�sociali�di�cui�alla�legge�n.�381�del�1991)�(art.�3,�comma�2).� Salvo�quindi�che�in�enti�e�societa�che�abbiano�per�oggetto�esclusivo�l'esercizio�di�imprese� strumentali,�in�tutte�le�altre�ipotesi,�comprendenti�dunque�anche�le�societa�bancarie�conferi- tarie,�sono�vietate�le�partecipazioni�di�controllo�(art.�6,�comma�1).�Pertanto,�le�fondazioni,� a�partire�dall'entrata�in�vigore�del�decreto�legislativo�n.�153,�non�possono�acquisire�nuove� partecipazioni�di�controllo�in�societa�diverse�da�quelle�anzidette,�ne�conservarle,�ove�gia� detenute�nelle�societa�stesse�(art.�6,�comma�4).�Quanto�alla�detenzione�delle�partecipazioni� di�controllo�nelle�societa�bancarie�conferitarie,�l'art.�25,�con�norma�transitoria�stabilita��ai� fini�della�loro�dismissione�,�prevedeva�peraltro�un�periodo�di�tolleranza�di�quattro�anni�dalla� entrata�in�vigore�del�decreto�legislativo.�Ove�il�quadriennio�fosse�decorso�inutilmente,�il�men- zionato�art.�25�disponeva�che�le�dismissioni,�comunque�obbligatorie,�potessero�avvenire�in� un�ulteriore�periodo�di�non�oltre�due�anni,�con�la�perdita,�tuttavia,�delle�agevolazioni�fiscali,� secondo�quanto�previsto�dall'art.�12,�comma�3.� Alla�suddetta�trasformazione�giuridica�della�natura�dell'ente,�alla�destinazione�delle�sue� attivita�a�scopi�esclusivi�di�utilita�sociale�e�di�promozione�dello�sviluppo�economico,�con�la� totale�separazione�funzionale�dall'attivita�creditizia,�e�al�divieto�di�partecipazioni�di�con- trollo�nel�capitale�di�societa�esercenti�l'attivita�bancaria,�si�accompagna�infine�un�rigoroso� regime�di�incompatibilita�tra�cariche,�rispettivamente,�nella�fondazione�e�nella�societa�banca- ria�conferitaria�[art.�4,�comma�1,�lettera�g),�e�comma�3].� 6.1.�^Il�quadro�normativo�teste�delineato�mostra�con�evidenza�che�le�fondazioni�sorte� dalla�trasformazione�degli�originari�enti�pubblici�conferenti�(solo�impropriamente�indicate,� nel�linguaggio�comune�e�non�in�quello�del�legislatore,�con�l'espressione��fondazioni�banca- rie�),�secondo�la�legislazione�vigente,�non�sono�piu�^a�differenza�degli�originari��enti�pub- RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� blici�conferenti��^elementi�costitutivi�dell'ordinamento�del�credito�e�del�risparmio,�al�quale�e� riconducibile�la�competenza�legislativa�che�l'art.�117,�terzo�comma,�della�Costituzione�rico- nosce�alle�Regioni�in�materia�di��casse�di�risparmio,�casse�rurali,�aziende�di�credito�a�carat- tere�regionale�.�L'evoluzione�legislativa�ha�spezzato�quel��vincolo�genetico�e�funzionale�,� di�cui�parlano�le�sentenze�n.�341�e�n.�342�del�2001�di�questa�Corte,�vincolo�chein�origine� legava�l'ente�pubblico�conferente�e�la�societa�bancaria,�e�ha�trasformato�la�natura�giuridica� del�primo�in�quella�di�persona�giuridica�privata�senza�fine�di�lucro�(art.�2,�comma�1,�del� d.lgs.�n.�153)�della�cui�natura�il�controllo�della�societa�bancaria,�o�anche�solo�la�partecipa- zione�al�suo�capitale,�non�e�piu�elemento�caratterizzante.�Con�questa�trasformazione,�muta� la�collocazione�nel�riparto�materiale�delle�competenze�legislative�tracciato�dall'art.�117�della� Costituzione.�Ne�le�disposizioni�legislative�impugnate,�che�pure�modificano�per�aspetti�rile- vanti�il�decreto�legislativo�n.�153�del�1999,�sono�tali�da�ricondurre�le�fondazioni�all'ordina- mento�al�quale�appartenevano�gli�enti�pubblici�conferenti.� Tanto�basta�per�escludere�la�fondatezza�della�pretesa�delle�quattro�Regioni�ricorrenti,�di� vedere�annullate�le�impugnate�disposizioni�della�legge�dello�Stato�in�materia�di�fondazioni� di�origine�bancaria,�in�conseguenza�della�competenza�legislativa�concorrente�loro�ricono- sciuta�relativamente�alle��casse�di�risparmio,�casse�rurali,�aziende�di�credito�a�carattere� regionale�.�L'art.�11�della�legge�n.�448�del�2001�opera�infatti�non�in�questa�materia�ma�in� quella�dell'�ordinamento�civile�,�comprendente�la�disciplina�delle�persone�giuridiche�di� diritto�privato�che�l'art.�117,�secondo�comma,�della�Costituzione�assegna�alla�competenza� legislativa�esclusiva�dello�Stato.� 6.2.�^Da�questa�considerazione�discende�altres|�l'infondatezza�della�censura�mossa� specificamente�ai�commi�1�e�14�del�denunciato�art.�11,�nella�parte�in�cui�riconoscono�potesta� regolamentare�all'Autorita�di�vigilanza.�Una�volta�ricondotta�la�disciplina�in�esame�a�una� materia�compresa�nel�secondo�comma�dell'art.�117,�cade�la�possibilita�per�le�Regioni�di�argo- mentare�la�propria�competenza�regolamentare,�esistente,�secondo�il�sesto�comma�dello� stessoart.�117,nellemateriediversedaquelleassegnateallacompetenzalegislativaesclusiva� dello�Stato.�Con�il�medesimo�ordine�di�considerazioni,�il�Consiglio�di�Stato�(Sezione�consul- tiva�per�gli�atti�normativi,�1.�luglio�2002),�del�resto,�ha�riconosciuto�la�legittimita�e�definito� i�limiti�del�potere�regolamentare�previsto�dall'impugnato�comma�14�dell'art.�11�della�legge� n.�448�del�2001.� 6.3.�^E�bens|�vero�che�questa�Corte,�chiamata�a�pronunciarsi�sul�potere�di�vigilanza� sugli�enti�che�avevano�effettuato�il�conferimento�dell'azienda�bancaria�alla�societa�per�azioni,� in�giudizi�promossi�da�Regioni�ad�autonomia�speciale�anche�in�base�a�norme�statutarie�cor- rispondenti�a�quella�costituzionale�invocata�nel�presente�giudizio,�con�le�gia�ricordate�sen- tenze�n.�341�e�n.�342�del�2001�ha�riconosciuto,�in�relazione�al�momento�in�cui�esse�sono�state� pronunciate,�la�perdurante�qualificazione�quali�enti�creditizi�di�tali�soggetti.�Le�Regioni� ricorrenti�non�mancano�percio�di�appoggiare�le�proprie�argomentazioni�su�queste�recenti� pronunce�costituzionali.� Nel�periodo�transitorio�delle�operazioni�di�ristrutturazione�bancaria,�secondo�le�citate� pronunce,�la�qualificazione�di�ente�creditizio�e�stata�ritenuta�plausibile,�in�base�al�mancato� venir�meno,�in�concreto,�del�vincolo�genetico�e�funzionale�tra�enti�conferenti�e�societa�banca- rie�conferitarie,�vincolo�nel�quale�si�e�ritenuto�trovare�giustificazione�la�vigilanza�transitoria- mente�attribuita�dalla�legge�[fino�alla�istituzione�della�autorita�di�controllo�sulle�persone�giu- ridiche�e�anche�successivamente,�finche�perduri�la�partecipazione�di�controllo�in�societa�ban- carie,�secondo�la�previsione�dell'art.�2,�comma�1,�lettera�i),�della�legge�n.�461�del�1998]�al� Ministro�del�tesoro.�La�Corte�ha�ritenuto�che�la�perdita�di�tale�qualificazione�fosse�destinata� a�verificarsi�solo�al�compimento�della�trasformazione,�con�la�dismissione�della�partecipa- zione�rilevante�nella�societa�bancaria�conferitaria�e�delle�altre�partecipazioni�non�piu�consen- tite�[oltre�che�^si�aggiungeva�in�quella�circostanza�^con�l'adeguamento�degli�statuti�e�la� relativa�approvazione,�gia�realizzatisi�nella�generalita�dei�casi,�a�norma�della�lettera�l) del� comma�1�dell'art.�2�della�legge�n.�461�del�1998],�con�la�conseguenza�che�il�potere�di�vigilanza,� in�forza�delle�disposizioni�statutarie�che�attribuiscono�alle�Regioni�ad�autonomia�speciale� competenza�in�materia�di�enti�creditizi,�dovesse�essere�riconosciuto�alle�Regioni�stesse.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� Senonche�il�valore�di�queste�considerazioni,�dettate�in�relazione�alla�spettanza�del� potere�di�vigilanza,�non�puo�proiettarsi�oltre�la�fase�ordinaria�di�ristrutturazione�degli�enti� conferenti�^fondazioni�di�origine�bancaria.�Le�sentenze�n.�341�e�n.�342�del�2001�cadono�nel� mezzo�del�quadriennio�previsto�dall'art.�25�del�d.lgs.�n.�153�come�periodo�normale�per�l'ade- guamento,�cui�poteva�seguire�un�biennio�supplementare,�nel�caso�di�mancata�dismissione� delle�partecipazioni�nel�periodo�ordinario,�peraltro�sanzionata,�come�gia�rilevato,�dalla�per- dita�dei�benefici�tributari�previsti�viceversa�per�gli�enti�che�avessero�operato�tempestiva- mente.� Nel�momento�presente,�in�cui�il�quadriennio�si�e�compiuto,�non�c'e�ragione�per�ritenere� ulteriormente�perdurante�l'originaria�qualificazione�degli�enti�conferenti,�quali�elementi�del� sistema�del�credito�e�del�risparmio,�anche�perche�,�a�ritenere�il�contrario,�si�determinerebbe� la�conseguenza�di�rimettere�ad�adempimenti�concreti�dei�singoli�enti�la�piena�e�generale�ope- rativita�della�riforma�realizzata�dalla�legge;�con�l'assurdo�ulteriore�effetto�che�la�competenza� legislativa�dello�Stato�e�delle�Regioni�verrebbe�a�determinarsi�non�in�generale,�ma�in�rela- zione�all'effettivo�rapporto�di�partecipazione�al�capitale�della�societa�bancaria�in�cui�ogni� ente�si�trovasse�e�finirebbe�per�dipendere�non�dalla�legge�ma�dagli�adempimenti�concreti,� attuativi�della�legge,�rimessi�all'iniziativa�degli�enti�stessi.� Nella�specie,�si�e�di�fronte�a�una�fase�di�transizione�il�cui�completamento�e�rimesso� all'attuazione�delle�prescrizioni�legislative�che�e�demandata�all'attivita�degli�entidiorigine� bancaria,�sotto�la�vigilanza�ministeriale.�Ma�a�questa�Corte�spetta�il�giudizio�di�legittimita� costituzionale�della�legge,�indipendentemente�dagli�atti�concreti�di�applicazione�della�legge� medesima.�Essa�non�puo�trascurare�la�circostanza�che�il�termine�previsto�per�l'adeguamento� e�ormai�decorso�(e,�si�puo�aggiungere,�da�quanto�risulta�in�fatto,�rispettato�da�parte�della� grande�maggioranza�degli�enti�interessati).� A�differenza�di�quanto�ebbe�a�decidere�nel�2001,�la�Corte�oggi�non�puo�dunque�non�dare� rilievo�alla�conclusione�del�periodo�ordinario�assegnato�agli�enti�per�gli�adempimenti�conse- guenti�alla�decisione�legislativa�di�separare�gli�enti�medesimi�dal�sistema�creditizio,�ancorche� il�legislatore�stesso�abbia�previsto�proroghe�per�far�fronte�a�situazioni�particolari�(si�vedano� il�comma�1-bis dell'art.�25�del�d.lgs.�n.�153,�introdotto�dal�comma�13�dell'art.�11�della�legge� n.�448del2001;ilcomma3-bis del�medesimo�articolo,�introdotto�dall'art.�80,�comma�20,�let- tera�b),�della�legge�n.�289�del�2002;�e,�da�ultimo,�le�modifiche�apportate�ai�commi�1�e3-bis dello�stesso�art.�25,�a�opera�del�decreto-legge�24�giugno�2003,�n.�143,�convertito,�con�modifi- cazioni,�dalla�legge�1.�agosto�2003,�n.�212).� Cio�che�conta�ormai,�in�definitiva,�ai�fini�della�determinazione�della�portatada�asse- gnare�al�riparto�delle�competenze�legislative�delineato�nell'art.�117,�secondo�e�terzo�comma,� della�Costituzione,�e�la�qualificazione�degli�enti�in�questione�quali�fondazioni-persone�giuri- diche�private,�data�dall'art.�2,�comma�1,�del�d.lgs.�n.�153�del�1999,�piu�volte�citato,�indipen- dentemente�dall'eventuale�perdurare�di�loro�coinvolgimenti�in�partecipazioni�bancarie�che� la�legge�ancora�consenta�per�ragioni�particolari,�accanto�all'esercizio�prioritario�delle�pro- prie�funzioni�finalizzate�al�perseguimento�degli�scopi�di�utilita�sociale�e�di�sviluppo�econo- mico,�secondo�le�previsioni�dei�loro�statuti.� 7.�^Le�Regioni�Toscana,�Emilia-Romagna�e�Umbria�fanno�altres|�valere,�a�favore� della�propria�competenza�legislativa,�l'indiscutibile�circostanza�che�le�fondazioni�di�origine� bancaria,�a�norma�dell'art.�2,�comma�2,�del�d.lgs.�n.�153,�tanto�nella�versione�originaria� quanto�in�quella�modificata�dal�comma�3�dell'art.�11�della�legge�n.�448�del�2001,�operano� per�scopi�di�utilita�sociale�in�materie,�relativamente�a�molte�delle�quali�esiste�competenza� legislativa�regionale,�alla�stregua�del�terzo�e�del�quarto�comma�dell'art.�117.�Da�questa�con- statazione�viene�tratta�la�conseguenza�che�al�legislatore�statale�sarebbe�precluso�organizzare� le�modalita�di�esercizio�delle�funzioni�in�questione.�Le�fondazioni,�che�vengono�cos|�ritenute� essere�modalita�organizzative�di�esercizio�di�queste�ultime,�rientrerebbero�percio�nell'ambito� della�competenza�delle�leggi�regionali,�almeno�per�le�materie�che�a�tale�competenza�sono� riconducibili.� Questo�modo�di�ragionare�presuppone�che�le�fondazioni�di�origine�bancaria�ele�loro� attivita�rientrino�in�una�nozione,�per�quanto�lata�sia,�di�pubblica�amministrazionein�senso� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� soggettivo�e�oggettivo.�Dopo�il�d.lgs.�n.�153,�questo�presupposto�non�e�piu�sostenibile.�La� loro�definizione�quali�persone�giuridiche�private,�dotate�di�piena�autonomia�statutaria�e� gestionale;�il�riconoscimento�del�carattere�dell'utilita�sociale�agli�scopi�da�esse�perseguiti;�la� precisazione,�contenuta�nell'art.�2,�comma�1,�lettera�a),�della�legge�n.�461�del�1998,�che,�quali� che�siano�le�attivita�effettivamente�svolte�dalle�fondazioni,��restano�fermi�compiti�e�funzioni� attribuiti�dalla�legge�ad�altre�istituzioni�,�innanzitutto�agli�enti�pubblici,�collocano�^anche� in�considerazione�di�quanto�dispone�ora�l'art.�118,�quarto�comma,�della�Costituzione�^le� fondazioni�di�origine�bancaria�tra�i�soggetti�dell'organizzazione�delle��liberta�sociali��(sen- tenza�n.�50�del�1998),�non�delle�funzioni�pubbliche,�ancorche�entro�limiti�e�controlli�compati- bili�con�tale�loro�carattere.�Non�e�dunque�possibile�invocare�le�funzioni�attribuite�alla�com- petenza�delle�Regioni�per�rivendicare�a�esse�il�potere�di�ingerenza�nell'organizzazione�di�sog- getti�che�appartengono�a�un�ambito�diverso�da�quello�pubblicistico�che�e�il�loro.� Cio�non�toglie,�naturalmente,�che�nei�confronti�dell'attivita�delle�fondazioni�di�origine� bancaria,�come�di�quella�di�qualunque�altro�soggetto�dell'�ordinamento�civile�,�valgano� anche�le�norme�regionali,�emanate�nell'ambito�delle�proprie�competenze�per�disciplinare�i� diversi�settori�dell'attivita�nei�quali�queste�istituzioni,�secondo�i�propri�statuti,�operano.� 8.�^Per�queste�considerazioni,�tutte�le�censure�mosse�all'art.�11�della�legge�n.�448�del� 2001�dalle�Regioni�Marche,�Toscana,�Emilia-Romagna�e�Umbria�con�i�ricorsi�in�epigrafe� devono�essere�dichiarate�non�fondate.� Per�questi�motivi:�la�Corte�costituzionale�riservata�ogni�decisione�sulle�restanti�questioni� di�legittimita�costituzionale�della�legge�28�dicembre�2001,�n.�448�[Disposizioni�per�la�forma- zione�del�bilancio�annuale�e�pluriennale�dello�Stato�(legge�finanziaria�2002)],�sollevate�dalle� Regioni�Marche,�Toscana,�Emilia-Romagna�e�Umbria�con�i�ricorsi�indicati�in�epigrafe;�riu- nitiigiudizi,�dichiara�non�fondate�le�questioni�di�legittimita�costituzionale�dell'art.�11�della� legge�28�dicembre�2001,�n.�448�[Disposizioni�per�la�formazione�del�bilancio�annuale�e�plu- riennale�dello�Stato�(legge�finanziaria�2002)],�sollevate,�in�riferimento�all'art.�117,�terzo,� quarto�e�sesto�comma,�della�Costituzione,�dalle�Regioni�Marche,�Toscana,�Emilia-Romagna� e�Umbria,�con�i�ricorsi�in�epigrafe.� Cos|�deciso�in�Roma,�nella�sede�della�Corte�costituzionale,�Palazzo�della�Consulta,�il� 24�settembre�2003�.� La ricostruzione sistematica del settore (Note�d'udienza�^sentenza�29�settembre�2003,�n.�300).� �Ambiguita�che�caratterizza�il��settore��ed�i��soggetti��in�esso�operanti.� Tutta�la�vicenda�normativa�delle�fondazioni�bancarie�si�e�svolta�all'insegna� dell'ambiguita��che�concerne�sia�la�collocazione�del�settore�sia�la�natura� dei�soggetti�in�esso�operanti.� Si�oscilla�tra�una�concezione�per�cos|�dire�privatistica�ed�una�concezione� che�pone�nel�massimo�rilievo�la�matrice�pubblicistica�e�l'interesse�pubblico� che�ne�costituisce�il�fondamento,�in�correlazione�con�i�noti�rilevantissimi�inte- ressi�economico-sociali�che�fanno�capo�ai��soggetti��che�sono�il�punto�di�rife- rimento�dell'attivita�ed�ai�soggetti�conferitari.� Attualmente�e�senz'altro�questa�concezione�pubblicistica�quella�domi- nante�che�ha�condotto�sia�la�giurisprudenza�che�la�dottrina�a�definire�le�fon- dazioni�bancarie�come�enti�creditizi�in�quanto�esercitano�indirettamente�l'im- presa�bancaria��non�piu�abilitati�all'esercizio�del�credito��ma�non�ancora� enti�noprofit�di�dirittoprivato�(una�sorta�di�tertium�genus�in�via�di�evoluzione).� Tale�ambiguita�trova�conferma�nell'oggetto�dei�giudizi�sottoposti�oggi� alla�valutazione�della�Corte�e�nell'opposta�natura�dei�soggetti�in�essi�coinvolti� e�degli�interessi�di�cui�gli�stessi�sono�portatori.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� Da�un�lato�le�Fondazioni�Casse�di�Risparmio�che�ai�loro�fini�invocano� la��tutela�dell'autonomia�privata��senza�riferimenti�all'art.�117�Cost.;�dall'al- tro�le�Regioni�che�invocano�la�tutela�della�loro�potesta��concorrente�o�esclu- siva��(in�modo�confuso)�di�legiferare�in�materia�ai�sensi�dell'art.�117,�terzo�o� quarto�comma.� Regioni�che�nelle�loro�difese�prendono�nettamente�posizione�per�la�qua- lificazione�come��organismi�di�diritto�pubblico��delle�fondazioni�bancarie� con�riferimento�alla�normativa�comunitaria�in�materia�di�appalti�pubblicie� afferma�che��per�le�modalita�della�loro�nascita,�per�l'origine�del�loro�patri- monio�e�per�il�regime�complessivo�di�cui�al�d.lgs.�153/1999,�anche�dopo�l'ac- quisizione�della�formale�personalita�di�diritto�privato�non�costituiscono�veri� soggetti�di�autonomia�privata,�ma�continuano�a�presentare�aifini�della�indivi- duazionedeilimitidellapotesta�legislativacaratteristichemarcatamentepubbli- cistiche�.� Infondatezza.�Vero�e�che�qualunque�dei�due�indirizzi�(privatistico�o�pubblici- stico)�si�ritenga�di�seguire,�nulla�muta�per�quel�che�riguarda�l'infondatezza� dei�ricorsi.� 1.��Infatti,�se�si�ritiene�di�dover�seguire�la�linea�privatistica�si�dovra� riconoscere�che�l'art.�11�ha�collocato�le�fondazioni�come�persone�giuridiche� nate�da�una�legge�dello�stato�(legge�218/1990,��legge�Amato�)�con�caratteri- stiche�del�tutto�peculiari,�non�assimilabili�alle�banche�e�quindi�estranee�alle� materie�di�competenza�regionale,�nell'ambito�dell'ordinamento�civile�e�che� pertanto,�la�norma�sulla�strada�di�un�disegno�istituzionale,�correlato�alle� politiche�di�privatizzazione,�tracciato�ben�prima�della�riforma�del�Titolo�V,� adeguando�la�disciplina�alle�modifiche�costituzionali�e�recependo�taluni� aspetti�della�giurisprudenza�costituzionale�(richiamo�agli�artt.�117-118�e�raf- forzamento�della�rappresentanza�degli�enti�locali�negli�organi�di�indirizzo� delle�fondazioni)�ha�inteso�disciplinare�le�fondazioni�come��soggetti�,�piutto- sto�che�disciplinare�i��settori��in�cui�possono�operare.� Da�cio�discende�che��ferma�l'esigenza�che�le�fondazioni�in�futuro�ten- gano�conto�delle�leggi�regionali�nelle�materie�riservate�alle�regioni��queste� non�possono�imporre�ai�soggetti�comportamenti�per�quel�che�riguarda�la� scelta�per�gli�investimenti,�la�destinazione�delle�erogazioni�e�il�rapporto�tra� accantonamenti�ed�erogazioni.� Da�tale�configurazione�della�norma�come�riguardante�materia�che� rientra�nell'�ordinamento�civile��(art.�117,�lettera�l)�deriverebbe�che�legit- timamente�lo�Stato�ha�disciplinato�in�forza�del�potere�esclusivo�le�fonda- zioni�come��soggetti��in�relazione�ai�quali�non�esiste�competenza�regio- nale.� Al�riguardo�si�sottolinea�che�anche�sotto�l'aspetto�soggettivo�nessuna� valenza�puo�essere�attribuita�alle�origini�bancarie�delle�fondazioni.�E�infatti� improprio�ricondurre�le�fondazioni,�che�hanno�ereditato�dalle�casse�di�rispar- mio�originarie�solo�la�funzione�di�erogazione�degli�utili�a�scopi�pubblici�di� utilita�sociale,�alle�stesse�casse.�Al�contrario�eredi�delle�casse,�quali�imprese� RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO bancarie, sono le s.p.a. che esercitano l'impresa bancaria: le fondazioni sono solo azioniste delle banche e come tali non soggette alla vigilanza della Banca d'Italia. Inoltre, proprio l'art. 11 (comma 13) prevedendo che, in alternativa alla dismissione, le fondazioni possano per un ulteriore periodo affidare le pro- prie azioni ad una societa� di gestione del risparmio indipendente, assicura la definitiva separazione alle fondazioni dalle banche conferitarie anche per quanto concerne i poteri derivanti dall'essere azionista di maggioranza. 2. �Se si privilegia, invece, l'aspetto pubblicistico della materia [tesi che parrebbe essere ritenuta preferibile alla luce di quanto ritenuto dalla Corte nelle sentenze 341 e 342/2001, ove si afferma la permanenza della qua- lificazione di ente creditizio delle fondazioni fino al compimento della tra- sformazione sia con la dismissione della partecipazione rilevante nella societa� bancaria conferitaria e delle altre partecipazioni non piu� consentite, sia con l'adeguamento degli statuti e la relativa approvazione degli Statuti (fonda- zioni non persone giuridiche private senza fini di lucro argomentando dal combinato disposto degli artt. 2 e 28, comma secondo, d.lgs. 153/1999) e si afferma che solo dopo le modifiche statutarie si porra� il problema del coordi- namento con il nuovo regime delle persone giuridiche private e delle trasfor- mate istituzioni pubbliche di assistenza in associazioni e fondazioni con per- sonalita� di diritto privato senza fine di lucro, anche in relazione agli scopi ed ai settori di attivita� previsti per la fondazione (ex bancaria) ed alle materie di competenza (esclusiva o concorrente) regionale (o provinciale)], la materia rientrerebbe comunque nell'ambito della legislazione esclusiva dello Stato ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera e) che affida allo Stato la �tutela del risparmio�. Che si debba seguire piuttosto questa seconda via appare coerente: a) oltre che con quanto ritenuto dalla Corte costituzionale nelle piu� recenti sentenze sopra citate (341, 342/2001 e in sentenza 163/1995) ove si evidenzia anche che e� la qualificazione di ente creditizio che giustifica nel periodo transitorio delle operazioni di ristrutturazione bancaria l'attribuzione dei poteri di vigilanza sulle fondazioni al Ministero del Tesoro e si ribadisce la permanenza di un vincolo genetico e funzionale tra enti conferenti e societa� bancarie conferitarie; b) con la disciplina della �tutela del risparmio� in via generale che, e� opportuno sottolineare, trova nella Costituzione un riferimento specifico nella stessa parte prima: Titolo III, art. 47, primo e secondo comma: �la Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l'esercizio del credito. Favorisce l'accesso del risparmio popolare alla proprieta� dell'abitazione...�. Tale norma che fa riferimento alla Repubblica (da intendersi, in questo caso come in molti altri articoli della prima parte della Costituzione, con riferimento allo Stato centrale, concernendo �le funzioni nella norma previ- sta �funzioni ritenute fondamentali in guisa da non poter che essere uni- formi su tutto il territorio nazionale) deve essere interpretata e correlata a IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� quanto�dettato�dall'art.�117,�secondo�comma,�lettera�e) che�ne�costituisce�la� trasposizione�nel�Titolo�V�ed�e�,�come�tale,�la�conferma�della�tesi�sempre�rece- pita�dalla�Corte,�secondo�la�quale�la�tutela�del�risparmio�(anche prima del- l'entrata�in�vigore�della�modifica�del�Titolo�V�della�Costituzione)�non�poteva� e�non�puo�che�essere�riservata�allo�Stato.� Sarebbe�erroneo,�pertanto,�correlare�ai�fini�interpretativi�tale�norma� all'art.�114�Cost.�che,�se�pone�lo�Stato�in�posizione�paritaria�rispetto�agli�altri� Enti,�non�toglie�che�lo�Stato�(come�e�dimostrato�dal�fatto�che�nel�secondo� comma�art.�114�esso�non�e�citato�per�quel�che�riguarda�la�sua�autonomia�e� l'aggancio�di�questa�alla�Costituzione)�debba�essere�riconosciuto�come�svol- gente�un�ruolo�centrale�nel�promuovere�l'�interesse�nazionale�.� Concetto�questo�che,�pur�non�essendo�esplicitato�nel�Titolo�V,�permane� anche�nella�nuova�disciplina�come��limite�implicito��all'ambito�di�azione� degli�altri�enti�e�come�espressione�della�stessa�unita�della�Repubblica.� A�ben�vedere�l'�interesse�nazionale��(che�ha�una�sua�elasticita�e�variabi- lita�sostanziale�e�di�cui�puo�essere�custode�e�interprete�solo�lo�Stato�come� rappresentante�degli�interessi�unitari�della�Repubblica)�nel�Titolo�V�trova� un�punto�di�riferimento�e�di�emersione�specifico�(oltre�che�nell'eccezionale� potere�sostitutivo�di�cui�all'art.�120,�secondo�comma)�proprio�nella�previsione� di�un�potere�esclusivo�di�legiferare�(art.�117,�secondo�comma)�che�costituisce� nell'enunciazione�delle�materie�una�esplicitazione�di�tutto�quanto�secondo�il� legislatore�costituzionale�deve�essere�ricompreso�nei�poteri�riservati�al�ruolo� centrale�dello�Stato�a�tutela�della�unitarieta�della�Repubblica;� c) occorre�aggiungere�che�appare�del�tutto�infondato�il�riferimento� delle�difese�delle�Regioni�all'art.�117,�comma�terzo,�per�quel�che�concernele� materie�di�legislazione�concorrente�(casse�di�risparmio,�casse�rurali,�aziende� di�credito�di�interesse�regionale).� Non�e�dubbio,�infatti,�che�le�fondazioni�bancarie:� 1) sono�entita�ormai�distinte�e�separate�dalle�S.p.a.�Casse�di�Rispar- mio�conferitarie�e�ulteriormente�si�distingueranno�da�queste�in�futuro;� 2) hanno�carattere�nazionale�o�interregionale�con�riferimento�ad�un� ambito�territoriale�che�va�bel�oltre�quello�di�una�singola�regione.� Cio�e�comprovato�dall'ampiezza�e�varieta�dei�``settori'',�cui�fa�riferi- mento�l'art.�11,�che�hanno�per�natura�dimensioni�che�vanno�oltre�quelle�del- l'Ente�Regione�e,�ancor�piu�,�dall'enorme�influenza�che�una�massa�di�denaro� calcolabile�in�60�milioni�di�euro�ha�sull'intero�sistema�economico�nazionale.� Tali�dimensioni�ed�influenza�sono�cos|�grandi�che�potrebbero�rendere� invocabile�il�potere�di�legislazione�esclusiva�che�in�materia�allo�Stato,�nella� attuale�fase�transitoria,�potrebbe�essere�riconosciuto�oltre�che�sotto�il�profilo� della�lettera�l) del�secondo�comma�dell'art.�117,�sotto�il�profilo�della�let- tera�g) della�medesima�norma,�ove�si�ritenga�che�attualmente�le�fondazioni� bancarie�possano�essere�ricomprese�tra�gli�enti�pubblici�nazionali.� Da�quanto�sopra�conclusivamente�deriva�che,�nello�stadio�attuale�della� disciplina�delle�fondazioni�bancarie,�spostare�l'asse�verso�un�versante�esclusi- vamente�privatistico�o�verso�una�linea�esclusivamente�regionalistica�avrebbe� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� (ed�e�questo�che�il�legislatore�ha�inteso�contrastare)�effetti�comunque�negativi� sulla�tutela�del�patrimonio�delle�fondazioni�che�occorre�preservare�come� patrimonio�di�tutti�i�cittadini�e�collocare�coerentemente�nell'ambito�di�quel� �risparmio��che�la�Costituzione�negli�art.�47�e�117,�secondo�comma,�lett.�e) pone�come�bene�comune,�che�deve�in�ogni�caso�essere�disciplinato�uniforme- mente�per�salvaguardare�in�modo�univoco�lo�stesso�interesse�della�comunita� nazionale.� Avv. Massimo Mari�� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� Sulla�potesta�regolamentare�dello�Stato� in�regime�di�legislazione�concorrente� (Corte Costituzionale, sentenza l ottobre 2003 n. 302) La�decisione�della�Corte�Costituzionale�ribadisce�(vedi�anche�la�sentenza� n.�376�del�2002)�un�effetto�cui�i��delegificatori��della�Riforma�Bassanini�forse� non�avevano�pensato:�se�la�semplificazione�delle�procedure,�e,�in�generale,�la� deregolation avvengono�con�la�semplice�sostituzione�di�regolamenti�(fonti� subprimarie)�alle�leggi�primarie,�il�meccanismo�e�destinato�inevitabilmente� ad�incepparsi�rispetto�alla�previsione�di�una�legislazione�concorrente�regio- nale.�La�fonte�regolamentare�non�basta�piu�e,�soprattutto,�finisce�per�incidere� in�un'area�(quella�della�normativa�di�dettaglio)�riservata�alla�potesta�legisla- tiva�regionale.�Il�caso�di�specie�riguarda�le�modifiche�introdotte�dal�Governo� al�regolamento�25�gennaio�2000�n.�34�sulla�qualificazione�delle�imprese�nei� lavori�pubblici.� La�consapevolezza�di�questo�effetto�frenante�alla�operativita�dei�regola- menti��delegati��si�ritrova�anche�nel�parere�della�Sezione�Normativa�Consul- tiva�del�Consiglio�di�Stato�n.�1794�del�26�agosto�2002,�che,�a�seguito�dell'en- trata�in�vigore�del�nuovo�Titolo�quinto�della�Costituzione,�ha�ritenuto�non� piu�praticabile�l'adozione�di�regolamenti�ministeriali�per�disciplinare,�ai�sensi� dell'art.�10�del�decreto�legislativo�20�ottobre�1998,�n.�368,�la�gestione�e�la� valorizzazione�dei�beni�culturali�attraverso�associazioni�e�societa�miste.� G.�F.� Corte�Costituzionale,�sentenza�1.�ottobre�2003,�n.�302�^Presidente R.�Chieppa�^Redattore A.�Fionocchiaro�^Giudice V.�Onida.� �(Omissis)�nei�giudizi�per�conflitti�di�attribuzione�promossi�con�ricorsi�della�provincia�di� Trento,�della�Regione�Valle�d'Aosta,�della�provincia�di�Bolzano,�della�Regione�Emilia�Roma- gna,�della�provincia�di�Trento�e�della�provincia�di�Bolzano�sorti�a�seguito�del�d.P.R.�25�gen- naio�2000,�n.�34,�concernente��Regolamento�recante�istituzione�del�sistema�di�qualificazione� per�gli�esecutori�di�lavori�pubblici,�ai�sensi�dell'art.�8�della�legge�11�febbraio�1994,�n.�109,�e� successive�modificazioni��e�degli�artt.�1,�comma�2�e�3,�188,�comma�8,�9�e�10,�del�d.P.R.� 21�dicembre�1999,�n.�544,�recante��Regolamento�di�attuazione�della�legge�quadro�in�materia� di�lavori�pubblici�11�febbraio�1994,�n.�109,�e�successive�modificazioni��notificati�il�28,�il�27,� il�29�aprile,�il�26�e�il�27�giugno�2000,�depositati�in�Cancelleria�il�5,�il�9,�il�18�maggioedil� 6�luglio�successivi�ed�iscritti�ai�nn.�18,�19,�23,�30,�31�e�32�del�registro�conflitti�2000�(omissis).� Considerato in diritto.�1.��I�sei�ricorsi,�promossi�rispettivamente�dalla�provincia�di� Trento�(reg.�confl.�n.�18�del�2000),�dalla�provincia�di�Bolzano�(reg.�confl.�n.�23�del�2000)�e� dalla�Regione�Valle�d'Aosta�(reg.�confl.�n.�19�del�2000)�nei�confronti�del�Presidente�del�Con- siglio�dei�ministri,�con�riferimento�al�decreto�del�Presidente�della�Repubblica�25�gennaio� 2000,�n.�34�(Regolamento�recante�istituzione�del�sistema�di�qualificazione�per�gli�esecutori� di�lavori�pubblici,�ai�sensi�dell'articolo�8�della�legge�11�febbraio�1994,�n.�109,�e�successive� modificazioni),�nonche�dalla�Regione�Emilia�Romagna�(reg.�confl.�n.�30�del�2000),�dalla�pro- vincia�di�Trento�(reg.�confl.�n.�31�del�2000)�e�dalla�provincia�di�Bolzano�(reg.�confl.�n.�32� del�2000)�nei�confronti�del�Presidente�del�Consiglio�dei�Ministri,�con�riferimento�al�decreto� del�Presidente�della�Repubblica�21�dicembre�1999,�n.�554�(Regolamento�di�attuazione�della� legge�quadro�in�attuazione�della�legge�quadro�in�materia�di�lavori�pubblici�11�febbraio� 1994,�n.�109,�e�successive�modificazioni),�sollevano�questioni�di�legittimita�costituzionale� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� parzialmente�coincidenti,�in�quanto�dirette�a�sostenere�l'inapplicabilita��nei�loro�confronti�dei� regolamenti�di�delegificazione�impugnati.�I�giudizi,�evidentemente�connessi,�possono�dunque� essere�riuniti�per�essere�decisi�con�unica�pronuncia.� 2.��Con�i�primi�tre�ricorsi,�proposti�dalla�provincia�di�Trento,�dalla�provincia�di�Bol- zano�e�dalla�Regione�Valle�d'Aosta,�si�chiede�l'annullamento�del�decreto�del�Presidente�della� Repubblica�25�gennaio�2000,�n.�34,�nella�parte�in�cui�disciplina�il�sistema�di�qualificazione� per�gli�esecutori�di�lavori�pubblici�di�interesse�provinciale�e�regionale�ed�in�particolare�(in� subordine�la�regione�Valle�d'Aosta)�degli�artt.�1,�comma�2;�2,�comma�1,�lettera�b);5,� comma�1,�lettera�h) ed�8,�comma�1.� Le�ricorrenti�contestano�l'applicabilita��del�regolamento��che�disciplina�il�sistema�di� qualificazione�per�gli�esecutori�di�lavori�pubblici�sulla�base�del�potere�conferito�dall'art.�8� della�legge�n.�109�del�1994��ai�lavori�pubblici�di�interesse�provinciale�e�regionale.� In�particolare:�la�disposizione�che�estende�la�qualificazione�prevista�dal�regolamento� agli�esecutori�dei�lavori�pubblici,�di�importo�superiore�a�150.000�euro,�affidati�dalle�regioni� e�dalle�province�ad�autonomia�differenziata�(art.�1,�comma�2);�quella�che�include�tra�le��sta- zioni�appaltanti��del�regolamento,�oltre�ai�soggetti�di�cui�all'art.�2,�comma�2,�della�legge,� anche�le�regioni�e�le�province�ad�autonomia�differenziata�[art.�2,�comma�1,�lett.�b)];�quella� che�include�due�rappresentanti�delle�regioni�e�delle�province�autonome��designati�dalla� conferenza�dei�presidenti�delle�regioni�e�delle�province�autonome��nella�commissione�con- sultiva�[art.�5,�comma�1,�lett.�h)],�istituita�presso�l'Autorita��per�la�vigilanza�sui�lavori�pub- blici�per�esprimere�pareri�nel�corso�del�procedimento�di�autorizzazione,�da�parte�di�quest'ul- tima,�degli�organismi�di�diritto�privato�che�attuano�il�sistema�di�qualificazione�(Societa��orga- nismi�di�attestazione,�SOA);�quella�che�include�tra�i�soggetti�che�non�possono�detenere� partecipazioni�al�capitale�di�una�SOA�anche�le�regioni�e�le�province�autonome�(art.�8,� comma�1).� Tutte�le�ricorrenti,�premesso�di�disporre�in�materia�di�lavori�pubblici�di�interesse�provin- ciale�(o�regionale)�della�potesta��legislativa�primaria�e�delle�relative�potesta��amministrative,� peraltro�gia��esercitate,�deducono�l'invasione�della�propria�sfera�di�competenza�in�materia�di� lavori�pubblici,�mediante�la�violazione�dei�principi�costituzionali�relativi�all'esercizio�del� potere�regolamentare�e�del�principio�di�legalita��.� 3.��La�regione�Emilia�Romagna�ha�proposto�ricorso�per�conflitto�di�attribuzione�nei� confronti�dello�Stato,�avverso�il�decreto�del�Presidente�della�Repubblica�21�dicembre�1999,� n.�554�(Regolamento�di�attuazione�della�legge�quadro�in�materia�di�lavori�pubblici�11�feb- braio�1994,�n.�109,�e�successive�modificazioni)��emanato�sulla�base�dell'art.�3�della�legge� n.�109�del�1994��chiedendone�l'annullamento�nella�parte�in�cui�intende�disciplinare�i�lavori� pubblici�di�interesse�regionale�e�segnatamente�dell'art.�1,�commi�2�e�3,�e�dell'art.�188,� commi�8,�9�e�10.�La�provincia�di�Trento�e�la�provincia�di�Bolzano�hanno�proposto�analoghi� ricorsi,�chiedendo�l'annullamento�dello�stesso�regolamento�nella�parte�in�cui�intende�discipli- nare�i�lavori�pubblici�di�interesse�provinciale�e�segnatamente�dell'art.�1,�commi2e3,edel- l'art.�188,�commi�8,�9�e�10.� Le�ricorrenti�contestano�l'applicabilita��del�regolamento�ai�lavori�pubblici�di�interesse� regionale�e�provinciale�in�via�suppletiva,�sino�all'adeguamento�della�propria�legislazione�ai� principi�desumibili�dalla�legge�quadro�(art.�1,�comma�3);�l'applicabilita��,�in�via�permanente,� del�medesimo�regolamento�ai�lavori�pubblici�di�interesse�regionale�e�provinciale�finanziati� in�misura�prevalente�con�fondi�provenienti�dallo�Stato,�ai�lavori�realizzati�nell'ambito�di�fun- zioni�delegate,�nonche�nelle�materie�non�oggetto�di�potesta��legislativa�a�norma�dell'art.�117� della�Costituzione�(art.�1,�comma�2);�l'obbligo�di�istituire�elenchi�di�collaudatori�e�di�curarne� la�tenuta�mediante�apposite�commissioni�(art.�188,�commi�8,�9�e�10).� Le�ricorrenti,�premesso�di�disporre�in�materia�di�lavori�pubblici�di�interesse�provinciale� (o�regionale)�della�potesta��legislativa�primaria�(o�concorrente)�e�delle�relative�potesta��ammi- nistrative,�peraltro�gia��esercitate,�deducono�l'invasione�della�propria�sfera�di�competenza�in� materia�di�lavori�pubblici,�mediante�la�violazione�dei�principi�costituzionali�relativi�all'eserci- zio�del�potere�regolamentare�e�del�principio�di�legalita��.� Tutte�sostengono�l'inidoneita��della�norma�regolamentare�ad�intervenire�nelle�materie�di� competenza�regionale�e�provinciale,�tanto�piu��se�di�competenza�esclusiva,�richiamando�la� giurisprudenza�della�Corte.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� Inoltre,�quanto�al�fondamento�di�tale�applicabilita�nell'art.�10,�legge�10�febbraio�1953,� n.�62,�richiamato�espressamente�dalla�norma�impugnata,�in�generale�ne�sottolineano�l'inido- neita�perche�relativo�al�rapporto�di�incompatibilita�tra�legge�statale�e�legge�regionale�da� valutare�in�concreto�(regione�Emilia�Romagna),�ed�in�particolare�l'erroneita�rispetto�alle� province�autonome,�per�le�quali�l'adeguamento�e�specificamente�disciplinato�da�norme�di� attuazione�statutaria�(art.�2,�d.lgs.�16�marzo�1992,�n.�266),�che�prevedono�un�apposito�giudi- zio�di�costituzionalita�.� La�provincia�di�Bolzano,�infine,�sostiene�che�il�regolamento�impugnato�e�privo�di�base� legale�perche�,�ai�sensi�dell'art.�2,�comma�2,�legge�n.�109�del�1994,�come�interpretato�dalla� sent.�n.�482�del�1995,�le�regioni�e�le�province�non�sono�comprese�tra�i�destinatari�del�regola- mento.� 4.��Va�premesso�che,�come�di�recente�affermato�da�questa�Corte�(sentenze�nn.39�e�13� del�2003�e�507�del�2002),�tutti�i�ricorsi�devono�essere�scrutinati�alla�luce�delle�disposizioni� costituzionali�sulla�competenza�vigenti�nel�momento�in�cui�i�decreti�impugnati�sono�stati� adottati,�a�nulla�rilevando�il�successivo�mutamento�dei�parametri�conseguenti�all'entrata�in� vigore�del�nuovo�titolo�V�della�Parte�seconda�della�Costituzione.� 4.1.��I�primi�tre�ricorsi�sono�fondati�sulla�base�delle�considerazioni�che�seguono.� I�decreti�del�Presidente�della�Repubblica�n.�34�del�2000,�e�n.�594�del�1999�trovano�il�loro� fondamento,�rispettivamente,�negli�artt.�8�e�3�della�legge�n.�109�del�1994.� Con�il�primo�di�tali�articoli�e�stato�previsto�che,�con�apposito�regolamento,�da�emanare� ai�sensi�dell'art.�17,�comma�2,�della�legge�23�agosto�1988,�n.�400,�e�istituito,�tenuto�conto� della�normativa�vigente�in�materia,�un�sistema�di�qualificazione,�unico�per�tutti�gli�esecutori� a�qualsiasi�titolo�di�lavori�pubblici�di�cui�all'articolo�2,�comma�1�(della�legge�n.�109�del� 1994),�di�importo�superiore�a�150.000�euro,�articolato�in�rapporto�alle�tipologie�ed�all'im- porto�dei�lavori�stessi�(art.�8,�comma�2).� Con�il�secondo�dei�suddetti�articoli�e�stata�demandata�alla�potesta�regolamentare�del� Governo,�ai�sensi�dell'art.�17,�comma�2,�della�legge�23�agosto�1988,�n.�400,�con�le�modalita� di�cui�al�presente�articolo�e�secondo�le�norme�della�legge�n.�109�del�1994�la�materia�dei�lavori� pubblici�con�riferimento:�a) alla�programmazione,�alla�progettazione,�alla�direzione�dei� lavori,�al�collaudo�e�alle�attivita�di�supporto�tecnico-amministrativo�con�le�annesse�norma- tive�tecniche;�b) alle�procedure�di�affidamento�degli�appalti�e�delle�concessioni�di�lavori�pub- blici,�nonche�degli�incarichi�di�progettazione;�c) alle�forme�di�pubblicita�e�di�conoscibilita� degli�atti�procedimentali,�anche�mediante�informazione�televisiva�o�trasmissione�telematica,� nonche�alle�procedure�di�accesso�agli�atti;�d) ai�rapporti�funzionali�tra�i�soggetti�che�concor- rono�alla�realizzazione�dei�lavori�e�alle�relative�competenze.� Subito�dopo�l'emanazione�delle�suddette�norme,�questa�Corte�ha�esaminato�la�questione� di�legittimita�costituzionale�dell'art.�3�della�legge�n.�109�del�1994�sollevata�da�alcune�regioni� e,�con�la�sentenza�n.�482�del�1995,�l'ha�dichiarata�infondata�rilevando,�fra�l'altro,�l'inesat- tezza�del�presupposto�interpretativo�da�cui�le�ricorrenti�muovevano,�e�cos|�testualmente� motivando:��I�regolamenti�governativi,�compresi�quelli�delegati,�non�sono�legittimati�a�disci- plinare�materie�di�competenza�regionale�o�provinciale�(sentenza�n.�333�del�1995).�Ne�lo�stru- mento�della�delegificazione�previsto�dall'art.�17�della�legge�n.�400�del�1988�puo�operare�per� fonti�di�diversa�natura,�tra�le�quali�vi�e�un�rapporto�di�competenza�e�non�di�gerarchia.�Nel� caso�in�esame�la�disposizione�denunciata�prevede�esclusivamente�la�delegificazione�statale,� rispettando�l'attribuzione�alla�legge�della�disciplina�dei�rapporti�con�le�regioni�e�le�province� autonome.�Difatti�queste�ultime�non�sono�comprese�tra�le�amministrazioni�e�gli�enti�destina- tari�del�regolamento,�secondo�l'espressa�previsione�ed�elencazione�che�nefal'art.�2,� comma�2,�lettera�a),�della�legge�n.�109�del�1994.�Solo�la�diretta�incompatibilita�delle�norme� regionali�con�i�sopravvenuti�principi�e�norme�fondamentali�della�legge�statale�puo�determi- nare,�ai�sensi�dell'art.�10,�primo�comma,�della�legge�10�febbraio�1953,�n.�62,�l'abrogazione� delle�prime�(sentenze�nn.�153�del�1995,�498�e�497�del�1993,�50�del�1991,�151�del�1974).�La� disposizione�denunciata�non�trova�quindi�applicazione�alle�ricorrenti,�che�non�hanno�per- tanto�interesse�a�far�valere�gli�ulteriori�vizi�prospettati,�mancando�la�lesione�dell'autonomia� costituzionalmente�garantita�alle�regioni�e�alle�province�autonome�(sentenze�nn.�314�del� 1990�e�961�del�1988).�Esclusa�l'applicabilita�alle�regioni�dell'emanando�regolamento,�ogni� dubbio�di�legittimita�costituzionale�riferito�ai�suoi�contenuti�(in�particolare,�per�il�rinvio�ad� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� esso�operato�dall'art.�8,�comma�2,�della�legge�n.�109�del�1994,�secondo�quanto�prospettano�le� province�autonome�di�Bolzano�e�di�Trento�e�la�Regione�Sardegna)�non�ha�ragione�di�essere�.� Sulla�base�di�tali�considerazioni�il�d.P.R.�n.�34�del�2000��e�particolarmente�le�norme� dello�stesso�impugnate��e�incostituzionale�nella�parte�in�cui�dispone�la�propria�applicabi- lita�alle�regioni,�anche�a�statuto�speciale,�e�alle�province�autonome�per�non�essere�le�stesse� comprese�fra�i�destinatari�del�regolamento.� Ne�si�puo�convenire�con�l'eccezione�della�difesa�erariale�secondo�cui�la�sentenza�della� Corte�n.�482�del�1995,�non�ha�riguardato�l'art.�8�della�legge�n.�109�del�1994,�relativo�al� sistema�unitario�di�qualificazione,�essendo�infatti�sufficiente�rilevare,�da�un�lato,�che,�come� risulta�dalla�motivazione�della�pronuncia�di�questa�Corte,�vi�e�espresso�richiamo�all'articolo� citato�e,�dall'altro�che�l'art.�8�della�legge�abilitante,�rinvia,�per�i�lavori�pubblici�assoggettati,� all'art.�2,�comma�1,�che,�a�sua�volta,�per�i�soggetti�affidatari,�richiama�l'art.�2,�comma�2,� dove�non�sono�comprese�regioni�e�province�autonome.� Quanto�enunciato�trova�del�resto�conferma�nella�sentenza�di�questa�Corte�n.�376�del� 2002�che,�nell'affrontare�il�problema�dei�regolamenti�di�delegificazione�emanati�ai�sensi�del- l'art.�17,�comma�2,�della�legge�n.�400�del�1988,�afferma�espressamente�che�la�delegificazione� cioe�la�sostituzione�di�una�disciplina�di�livello�regolamentare�ad�una�preesistente�di�livello� legislativo�riguarda�solo�la�legislazione�statale�preesistente�e�che�la�delegificazione�e�lo�stru- mento�adottato�dal�legislatore�statale�per�realizzare�l'obiettivo�della�semplificazione�dei�pro- cedimenti�nell'ambito�di�cio�che�era�gia�disciplinato�dalle�leggi�statali�precedentemente�in� vigore.�La�sostituzione�in parte qua con�norme�regolamentari�riguarda�esclusivamente�le� preesistenti�disposizioni�di�leggi�statali.� 4.2.��Concludendo�sui�primi�tre�ricorsi,�va�dichiarato�che�non�spetta�allo�Stato�adot- tare,�con�il�decreto�del�Presidente�della�Repubblica�25�gennaio�2000,�n.�34�(Regolamento� recante�istituzione�del�sistema�di�qualificazione�per�gli�esecutori�di�lavori�pubblici,�ai�sensi� dell'articolo�8�della�legge�11�febbraio�1994,�n.�109,�e�successive�modificazioni)�norme�applica- bili�nei�confronti�delle�regioni,�anche�a�statuto�speciale,�e�delle�province�autonome�di�Trento� e�di�Bolzano�e,�conseguentemente,�va�pronunciato�l'annullamento�degli�artt.�1,�comma�2,�2,� comma�1,�lettera�b),�5,�comma�1,�lettera�h) ed�8,�comma�1,�del�predetto�d.P.R.�25�gennaio� 2000,�n.�34,�nella�parte�in�cui,�rispettivamente,�(a) individuano�fra�i�destinatari�del�sistema� unico�di�qualificazione,�gli�esecutori�dei�lavori�pubblici,�di�importo�superiore�a�150.000�euro,� affidati�dalle�regioni�anche�a�statuto�speciale�e�dalle�province�autonome�di�Trento�e�Bolzano� (art.�1,�comma�2);�(b) definiscono��stazioni�appaltanti�,�fra�le�altre,�le�regioni�anche�a�sta- tuto�speciale�e�le�province�autonome�di�Trento�e�Bolzano�(art.�2,�comma�1,�lett.�b);�(c) inclu- dono�nella�commissione�consultiva�due�rappresentanti�delle�regioni�e�delle�province�auto- nome�(art.�5,�comma�1,�lett.�h),�espressione�da�intendersi�comprensiva�anche�delle�regioni� ad�autonomia�differenziata);�(d) includono�anche�le�regioni�e�le�province�autonome�tra�i�sog- getti�che�non�possono�detenere�partecipazioni�al�capitale�di�una�SOA�(art.�8,�comma�1,� espressione�comprensiva�anche�delle�regioni�a�statuto�speciale).� 5.��Passando�all'esame�degli�altri�tre�ricorsi�proposti�dalla�regione�Emilia�Romagna,� dalla�provincia�di�Trento�e�dalla�provincia�di�Bolzano�deve�rilevarsi,�preliminarmente,�l'in- fondatezza�dell'eccezione�di�inammissibilita�sollevata�dalla�difesa�erariale�ed�argomentata� sulla�circostanza�che�l'atto�impugnato�ha�solo�la�forma�del�regolamento�ma�sostanza�e�forza� di�legge,�come�tale�inidoneo�ad�essere�oggetto�di�conflitto�di�attribuzione,�potendosi�nei�suoi� confronti�proporre�solo�ricorso�in�via�principale�nei�diversi�termini�previsti;�con�la�conse- guenza�che,�anche�a�volerli�considerare,�in�via�di�conversione,�quale�impugnativa�diretta,� sarebbero�palesemente�tardivi.� L'atto�impugnato�non�ha�valore�di�legge�e,�quindi,�non�e�soggetto�al�procedimento�di� impugnazione�gia�previsto�dall'art.�2�della�legge�costituzionale�del�1948�e�ora�previsto�(con� termine�modificato)�dall'art.�127,�comma�2,�della�Costituzione.� Correttamente,�pertanto,�le�ricorrenti�hanno�proposto�il�conflitto�di�attribuzione�ed�i� relativi�ricorsi,�notificati�nel�termine�di�sessanta�giorni�dalla�pubblicazione�dell'atto�impu- gnato,�ai�sensi�dell'art.�39,�comma�2,�della�legge�n.�87�del�1953�sono�ammissibili,�per�essere� stati�tempestivamente�proposti.� 5.1��Passando�all'esame�delle�singole�questioni,�sono�fondate�le�censure�relative�agli� artt.�1,�comma�2,�e�188,�commi�8,�9�e�10�del�d.P.R.�n.�554�del�1999,�per�le�stesse�ragioni�enun- ciate�nel�precedente�paragrafo�n.�4.1,�dal�momento�che�tale�disciplina�estende,�con�norma� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� regolamentare,�le�disposizioni�predette�a�soggetti�esclusi�dall'applicazione�delle�stesse,�sulla� base�della�legge�n.�109�del�1994.�Pertanto,�va�dichiarato�che�non�spetta�allo�Stato�adottare� con�il�decreto�del�Presidente�della�Repubblica�21�dicembre�1999,�n.�554�(Regolamento�di� attuazione�della�legge�quadro�in�materia�di�lavori�pubblici�11�febbraio�1994,�n.�109,�e�succes- sive�modificazioni)�norme�applicabili�nei�confronti�delle�regioni,�anche�a�statuto�speciale,�e� delle�province�autonome�di�Trento�e�di�Bolzano�e,�conseguentemente�va�pronunciato�l'annul- lamento�degli�artt.�1,�comma�2,�e�188,�commi�8,�9�e�10�del�citato�d.P.R.�n.�554�del�1999,�nella� parte�in�cui�estendono,�rispettivamente,�l'applicabilita�del�regolamento�ai�lavori�pubblici�di� interesse�regionale�e�provinciale�finanziati�in�misura�prevalente�con�fondi�provenienti�dallo� Stato,�ai�lavori�realizzati�nell'ambito�di�funzioni�delegate�e�nell'ambito�delle�materie�non� oggettodipotesta�legislativaanormadell'art.�117dellaCostituzione(art.�1,comma2),non- che�estendono�l'obbligo�di�istituire�elenchi�di�collaudatori�e�di�curarne�la�tenuta�mediante� apposite�commissioni�(art.�188,�commi�8,�9�e�10).� Il�prevalente�finanziamento�statale�e�l'afferenza�a�funzioni�delegate�o�a�materie�estranee� al�vecchio�art.�117�della�Costituzione�non�giustificano�infatti�l'applicabilita�del�regolamento� che,�in�via�generale,�non�si�applica�alle�regioni�e�si�deve�escludere�che�il�criterio�del�finanzia- mento�prevalente�sia�suscettibile�di�trasferire�un'opera�pubblica�dalla�sfera�di�competenza� regionale�a�quella�statale.� Quanto�all'altra�censura�e�sufficiente�osservare�che�lavori�pubblici�di�competenza�regio- nale�non�sono�solo�quelli�attinenti�ad�altre�materie�di�competenza�regionale�previste�dal�vec- chio�art.�117,�in�quanto�l'ambito�della�materia��lavori�pubblici��di�competenza�regionale� era�definito�da�norme�di�attuazione�degli�statuti�speciali�e,�per�le�regioni�ordinarie,�dal� d.P.R.�24�luglio�1977,�n.�616�(Attuazione�della�delega�di�cui�all'art.�1�della�legge�22�luglio� 1975,�n.�382).� 5.2.��Con�riferimento�alla�censura�relativa�dell'art.�1,�comma�3,�del�d.P.R.�n.�544�del� 1999,�secondo�cui,�ai�sensi�dell'art.�10�della�legge�n.�62�del�1953,�le�regioni,�anche�a�statuto� speciale�e�le�province�autonome�di�Trento�e�di�Bolzano�applicano�le�disposizioni�del�regola- mento�fino�a�quando�non�avranno�adeguato�la�propria�legislazione�ai�principi�desumibili� dalla�legge,�occorre�distinguere�fra�regioni�ordinarie�e�province�di�Trento�e�Bolzano�(acco- munate,�per�quel�che�interessa,�alla�regione�Trentino-Alto�Adige).� Nei�confronti�delle�prime�la�norma�impugnata�non�e�illegittima,�perche�ad�esse�si� applica�il�meccanismo�dell'art.�10�della�legge�n.�62�del�1953,�esplicitamente�richiamata.� La�disposizione�denunciata�va�intesa�nel�senso�che�il�regolamento�si�applica�ove�la�pree- sistente�legislazione�regionale�risulti�in�concreto�abrogata�per�effetto�del�suo�contrasto�con� i�principi�fondamentali�recati�dalla�legge�n.�109�del�1994,�oltre�che�la�dove�non�vi�sia�mai� stata�legislazione�regionale�(e�dunque�la�disciplina�statale�previgente�e�ora��delegificata�� continui�ad�applicarsi�in�forza�del�principio�di�continuita�).� Stabilire�se�le�leggi�regionali�preesistenti�sono�o�non�sono�in�contrasto�con�i�nuovi�prin- cipi�fondamentali�e,�quindi,�sono�o�non�sono�abrogate,�e�compito�dei�giudici�nei�casi�con- creti;�il�regolamento�statale�non�puo�fare�presumere�che�sia�cos|�,�a�priori,�per�tutte�le�leggi� regionali�preesistenti.� Sulla�base�di�questa�interpretazione,�la�questione,�relativa�alle�regioni�ordinarie,�e�infon- data.� Diverso�e�il�discorso�per�le�province�di�Trento�e�Bolzano.(che�godono�di�una�disciplina� comune,�per�quanto�di�interesse,�alla�regione�Trentino-Alto�Adige).� A�loro�non�si�applica�l'art.�10�della�legge�n.�62�del�1953,�ma�l'art.�2�del�d.lgs.�16�marzo� 1992,�n.�266�(Norme�di�attuazione�dello�statuto�speciale�per�il�Trentino-Alto�Adige�concer- nenti�il�rapporto�tra�atti�legislativi�statali�e�leggi�regionali�e�provinciali,�nonche�la�potesta� statale�di�indirizzo�e�coordinamento),�secondo�cui�il�sopravvenire�di�nuove�norme�statali� comportanti�vincoli�di�adeguamento�della�legislazione�provinciale�non�produce�abrogazione� delle�leggi�provinciali�preesistenti�in�contrasto�con�i�nuovi�vincoli,�ma�solo�un�obbligo�di� adeguamento,�la�cui�mancata�realizzazione�puo�essere�fatta�valere�dal�Governo�con�apposito� ricorso�contro�le�leggi�provinciali�non�adeguate.� Nei�confronti,�quindi,�delle�due�province�autonome�non�puo�trovare�applicazione�il� regolamento�statale�in�base�all'art.�10�della�legge�n.�62�del�1953.� Pertanto�va�dichiarato�che�non�spetta�allo�Stato�e�per�esso�al�Presidente�del�Consiglio� dei�ministri�adottare,�con�il�decreto�del�Presidente�della�Repubblica�21�dicembre�1999,� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� n.�554�(Regolamento�di�attuazione�della�legge�quadro�in�materia�di�lavori�pubblici�11�febb raio�1994,�n.�109,�e�successive�modificazioni)�norme�applicabili�in�via�suppletiva�nei�conf ronti�delle�province�autonome�di�Trento�e�di�Bolzano,�e,�conseguentemente�va�pronunciato l'annullamento�dell'art.�1,�comma�3,�del�predetto�d.P.R.�21�dicembre�1999,�n.�554,�nella�parte in�cui�si�riferisce�alle�province�autonome�di�Trento�e�di�Bolzano. Per questi motivi la Corte costituzionale riuniti�i�giudizi; a) dichiara che�non�spetta�allo�Stato�e�per�esso�al�Presidente�del�Consiglio�dei�ministri,� adottare,�con�il�decreto�del�Presidente�della�Repubblica�25�gennaio�2000,�n.�34�(Regola- mento�recante�istituzione�del�sistema�di�qualificazione�per�gli�esecutori�di�lavori�pubblici,�ai� sensi�dell'articolo�8�della�legge�11�febbraio�1994,�n.�109,�e�successive�modificazioni)�e�con�il� decreto�del�Presidente�della�Repubblica�21�dicembre�1999,�n.�554�(Regolamento�di�attua- zione�della�legge�quadro�in�materia�di�lavori�pubblici�11�febbraio�1994,�n.�109,�e�successive� modificazioni)�norme�applicabili�nei�confronti�delle�Regioni,�anche�a�statuto�speciale,�e�delle� province�autonome�di�Trento�e�di�Bolzano,�e,�conseguentemente,�annulla�gli�artt.�1,� comma�2,�2,�comma�1,�lettera�b),�5,�comma�1,�lettera�h) e�8,�comma�1,�del�d.P.R.�25�gennaio� 2000,�n.�34,�nonche�gli�artt.�1,�commi�2�e�188,�commi�8,�9�e�10�del�d.P.R.�21�dicembre�1999,� n.�554,�nella�parte�in�cui�si�riferiscono�alle�Regioni,�anche�a�statuto�speciale,�e�alle�province� autonome�di�Trento�e�di�Bolzano;� b) dichiara che�non�spetta�allo�Stato�e�per�esso�al�Presidente�del�Consiglio�dei�ministri� adottare,�con�il�decreto�del�Presidente�della�Repubblica�21�dicembre�1999,�n.�554�(Regola- mento�di�attuazione�della�legge�quadro�in�materia�di�lavori�pubblici�11�febbraio�1994,� n.�109,�e�successive�modificazioni)�norme�applicabili�nei�confronti�delle�province�autonome� di�Trento�e�di�Bolzano,�e,�conseguentemente�annulla�l'art.�1,�comma�3,�del�predetto�d.P.R.� 21�dicembre�1999,�n.�554,�nella�parte�in�cui�si�riferisce�alle�province�autonome�di�Trento�e� di�Bolzano;� c) rigetta,�per�il�resto,�il�ricorso�per�conflitto�di�attribuzioni�proposto�dalla�regione�Emi- lia�Romagna�avverso�l'art.�1,�comma�3,�del�decreto�del�Presidente�della�Repubblica� 21�dicembre�1999,�n.�554�(Regolamento�di�attuazione�della�legge�quadro�in�materia�di�lavori� pubblici�11�febbraio�1994,�n.�109,�e�successive�modificazioni),�con�il�ricorso�indicato�in�pre- messa.� Cos|�deciso�in�Roma,�nella�sede�della�Corte�costituzionale,�Palazzo�della�Consulta,�il� 23�settembre�2003�(omissis)�.� Memoria dell'Avvocatura Generale dello Stato per il Presidente del Consiglio dei Ministri (ct� 22779/00,�Avv.�dello�Stato�P.�Cosentino).� �Con�ricorso�notificato�in�data�27�giugno�2000�la�Provincia�Autonoma�di�Bolzano�ha� sollevato�innanzi�a�codesta�Corte�conflitto�di�attribuzioni�nei�confronti�dello�Stato,�chie- dendo�che�venga�dichiarato�che�non spetta allo Stato di�disciplinare�con�regolamento�ed�in� modo�direttamente�vincolante�i�lavori�pubblici�di�interesse�provinciale�di�competenza�della� ricorrente�Provincia�Autonoma,�e conseguentemente annullare il�decreto�del�Presidente�della� Repubblica�21�dicembre�1999�n.�554,�concernente��Regolamento�di�attuazione�della�legge-- quadro�in�materia�di�lavori�pubblici�11�febbraio�1994�n.�109�e�successive�modificazioni�,� nella�parte�in�cui�esso�intende�disciplinare�lavori�pubblici�di�interesse�provinciale,�e�segnata- mente�negli�articoli�1,�commi�2�e�3,�e�188,�comma�8,�per�violazione�di�principi�e�norme�costi- tuzionali�statutari�e�attuativi.� Si�e�costituito�per�resistere�il�Presidente�del�Consiglio�dei�Ministri,�concludendo�perche� la�Corte�dichiari�inammissibile�o�comunque�respinga�il�ricorso.� A) Il�ricorso�per�conflitto�di�attribuzioni�parrebbe�in�primo�luogo�non�ammissibile,�e� cio�in�quanto�l'atto�impugnato�(il�d.P.R.�21�dicembre�1999�n.�554)�siccome�invasivo�della� sfera�di�competenza�provinciale�ha�soltanto�la�forma,�o�la�veste,�di�regolamento,�ma�possiede� la�sostanza,�e�la�forza,�di�legge�(generale�e�astratta),�in�quanto�trattasi�di�regolamento�c.d.� delegificato,�cui�tali�forza�e�sostanza�sono�stati�attribuiti�dall'art.�3,�comma�1,�della�legge- quadro�11�febbraio�1994�n.�109�(con�riferimento�all'ipotesi�di�cui�all'art.�17,�comma�2,�della� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� legge�23�agosto�1988�n.�400�per�la�disciplina�di�materie�non�coperte�da�riserva�assoluta�di� legge).�Pertanto,�nei�riguardi�di�un�atto�dello�Stato�dotato�di�tale�forza�(di�legge)�non�sembra� possa�instaurarsi�conflitto�di�attribuzioni,�bens|��impugnativa�diretta�dell'atto�avente�forza� di�legge�ai�sensi�dell'art.�2�della�legge�cost.�9�febbraio�1948,�n.�1�nonche�art.�32�legge� 11�marzo�1953�n.�87,�peraltro�entro�il�termine�(in�vigore�prima della�modifica�dell'art.�127� Cost,�introdotto�con�l'art.�8�della�legge�cost.�18�ottobre�2001,�n.�3)�di�30�giorni dalla pubbli- cazione della�legge�(nella�specie�avvenuta�in�Gazzetta Ufficiale 28�aprile�2000�n.�98,�S.O.� n.�66/2),�anziche�quello�di�60�giorni�previsto�per�i�conflitti�di�attribuzione�ai�sensi�del- l'art.�39,�comma�2,�della�legge�11�marzo�1953�n.�87.�Il�ricorso�de quo agitur,�notificato�il� 26�giugno�2000,�risulta�pertanto�inammissibile�e�comunque�anche�a�volerlo�considerare,�in� via�di�conversione�dell'atto�processuale,�quale�impugnativa�diretta,�palesemente�tardivo� (rispetto�alla�disciplina�decadenziale�vigente�all'epoca�della�sua�proposizione).� B) Il�ricorso�risulta�comunque�del�tutto�infondato�nel�merito.�Con�esso�la�Provincia� Autonoma�di�Bolzano�lamenta�la�violazione�delle�proprie�attribuzioni�di�cui�agli�artt.�8,� n.�17,�e�16�dello�statuto�speciale�(in�particolare,�art.�2�del�d.lgs�16�marzo�1992�n.�266)�nonche� dell'art.�107�dello�statuto.�Tale�violazione�graverebbe�sui�principi�costituzionali�relativi�ai� rapporti�tra�fonti�statali�e�regionali;�viene,�inoltre,�lamentata�la�violazione�del�principio�di� legalita��.� Ad�avviso�della�ricorrente,�infatti,�il�regolamento�impugnato�sarebbe�privo�di�fonda- mento�legale�in�quanto�la�legge�n.�109/1994�aveva�stabilito�che�il�regolamento�governativo� non�dovesse�riguardare�anche�regioni�e�province�autonome.� La�ricorrente,�pertanto,�chiede�alla�Corte�Costituzionale�la�dichiarazione�di�non�spet- tanza�allo�Stato�del�potere�di�disciplinare,�con�il�decreto�del�Presidente�della�Repubblica� 21�dicembre�1999,�n.�554,�i�lavori�pubblici�di�interesse�regionale�di�competenza�della�ricor- rente�Provincia�Autonoma�e�chiede,�per�l'effetto,�l'annullamento�delle�disposizioni�di�cui� all'art.�1,�commi�2�e�3,�e�dell'art.�188,�commi�8-10,�del�presente�regolamento.� Le�censure�devono�essere�respinte.� In�primo�luogo,�infatti,�per�quanto�riguarda�il�criterio�della�prevalenza�del�finanzia- mento�statale�(art.�1,�comma�2,�del�decreto�del�Presidente�della�Repubblica�n.�554/1999)�ai� fini�dell'applicabilita��delle�norme�del�regolamento�alle�Regioni,�occorre�rilevare�che�esso� attiene�ad�un�aspetto�connesso�a�valutazioni discrezionali di allocazione di ingenti risorse finanziarie,�con�conseguente�sottrazione�di�fondi�da�destinare�ad�altre�possibili�finalita��sicu- ramente�di�interesse�dello�Stato;�l'interesse��regionale��-che�ovviamente�non�puo��essere� legato�a�parametri�fissi�e�predeterminabili,�quale�ad�esempio�quello�meramente�territoriale� -diventa�in�tal�modo�recessivo�nell'ambito�della�qualificazione�da�darsi�all'interesse�ai�sensi� dell'art.�117�della�Costituzione.� Per�quanto�concerne�poi�il�riferimento�alle��materie�non�oggetto�di�potesta��legislativa�a� norma�dell'articolo�117�della�Costituzione�,�deve�evidenziarsi�che�la�vastita��degli�ambiti� oggetto�del�regolamento�postula�certamente�la�regolamentazione�di�materie che non atten- gono alla legislazione regionale dei lavori pubblici rigidamente�intesa�(quali,�ad�esempio,�la� disciplina�delle�societa��di�ingegneria,�quella�relativa�alla�definizione�delle�controversie,�non- che�alle�garanzie)�.� Va�inoltre�osservato�che�la�riforma�operata�dal�legislatore�nel�settore�dei�lavori�pubblici� si�fonda�essenzialmente�sulla�stretta�connessione�tra�le�norme�contenute�nella�legge�quadro� e�quelle�del�regolamento�delegificante,�tale�da�non�poter�essere�considerati�operanti�i�principi� contenuti�nella�legge,�se�non�tradotti�nella�disciplina�contenuta�nel�decreto�in�questione,� ove�naturalmente�non�trasposti�nelle�leggi�regionali,�come�previsto�al�comma�3�dell'arti- colo�1�del�decreto�del�Presidente�della�Repubblica�n.�554/1999.� Occorre�aggiungere,�infine,�che�laddove�il�riferimento�all'art.�10�della�legge�n.�62�del� 1953�sembra�escludere�le�Regioni�a�statuto�speciale�e�le�province�autonome�dall'obbligo�di� adeguare�la�propria�legislazione�ai�nuovi�principi�recati�dalla�legge�quadro�e�dal�regola- mento,�tale�obbligo�deriva�direttamente�dall'articolo�1,�comma�2,�della�legge�n.�109/1994,� attraverso�il�richiamo�espresso�ai�principi�di�riforma�economica�sociale.� Per�le�suesposte�considerazioni,�il�Presidente�del�Consiglio�dei�Ministri�insiste�nelle�con- clusioni�di�inammissibilita��e�comunque�di�rigetto�gia��formulate�nell'atto�di�costituzione.� Roma,�22�febbraio�2003�^Avv. Paolo Cosentino�.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Sussidiarieta�e�leale�collaborazione�nel�sistema� delle�infrastrutture�e�degli�insediamenti� produttivi�strategici� (Corte Costituzionale, sentenza 25 settembre -10 ottobre 2003 n.303) Nel�contesto�delle�decisioni�della�Corte�Costituzionale�merita�una�parti- colare�attenzione�la�sentenza�n.�303�del�1.�ottobre�2003,�pronunciata�nel�giu- dizio�di�costituzionalita�,�promosso�dalle�Regioni,�sulla�delega�al�governo�in� materia�di�infrastrutture�ed�insediamenti�produttivi�strategici�di�cui�alla�legge� n.�443/2001,�sulle�modificazioni�a�tale�disciplina�introdotte�dalla�leggen.� 166�del�2002�e�sulla�relativa�legislazione�delegata.�L'importanza�della�deci- sione�e�nella�circostanza�che�la�Corte�Costituzionale�individua�un�limite�fun- zionale�all'operativita�del�criterio�della�competenza�legislativa�residuale�delle� Regioni�di�cui�all'art.�117�del�nuovo�Titolo�V,�nei�principi�di�sussidiarieta�e� di�necessaria�collaborazione.� La�sussidiarieta�opera�^secondo�la�Corte�Costituzionale�^come�criterio� di�allocazione�al�livello�piu�adeguato�delle�funzioni,�anche�legislative,�col�solo� limite�che�i�presupposti�per�tale�modificazione�funzionale�della�competenza� siano�concretamente�saggiati�in�un�rapporto�di�concreta�collaborazione�con� le�Regioni�e�gli�altri�soggetti�incisi.� Il�principio�cos|�introdotto�apre�un�varco�di�ragionevolezza�nel�quadro� interpretativo�del�nuovo�Titolo�V�e�sembra�essere�stato�adottato�in�prospet- tiva�dalla�Corte�Costituzionale�come�misura�concreta�per�valutare�gli�even- tuali�sconfinamenti�statali�nell'area�della�legislazione�riservata�alle�Regioni.� G.F.� Corte�Costituzionale,�sentenza�25�settembre�-1.�ottobre�2003�n.�303�^Presidente R.�Chieppa� ^Redattore C.�Mezzanotte�^Giudice G.�Zagrebelsky�(ct.�41387/02�ed�altri,�Avv.�dello� Stato�P.�Cosentino).� �(omissis)�Considerato in diritto 1.��Le�Regioni�Marche,�Toscana,�Umbria�ed�Emilia- Romagna�e�la�Provincia�autonoma�di�Trento�(reg.�ric.�nn.�9,�11,�13-15�del�2002)�denunciano� la�legge�21�dicembre�2001,�n.�443�(Delega�al�Governo�in�materia�di�infrastrutture�ed�insedia- menti�produttivi�strategici�ed�altri�interventi�per�il�rilancio�delle�attivita�produttive),�cosid- detta��legge�obiettivo�,�il�cui�unico�articolo�e�impugnato�in�piu�commi�e,�segnatamente,�nei� commi�da�1�a�12�e�nel�comma�14,�censurati�per�asserito�contrasto�con�gli�articoli�117,�118�e� 119�della�Costituzione.� La�Regione�Toscana�(reg.�ric.�n.�68�del�2002)�impugna,�per�contrasto�con�gli�artt.�117,� 118�e�119�Cost.,�anche�l'art.�13,�commi�1,�3,�4,�5,�6�e�11,�della�legge�1.�agosto�2002,�n.�166� (Disposizioni�in�materia�di�infrastrutture�e�trasporti),�che�reca�alcune�modifiche�alla�legge� n.�443�del�2001.� La�Regione�Toscana,�la�Provincia�autonoma�di�Bolzano,�la�Regione�Marche�e�la�Pro- vincia�autonoma�di�Trento�(reg.�ric.�nn.�79-81�e�83�del�2002)�denunciano�altres|�numerosi� articoli�del�decreto�legislativo�20�agosto�2002,�n.�190�(Attuazione�della�legge�21�dicembre� 2001,�n.�443,�per�la�realizzazione�delle�infrastrutture�e�degli�insediamenti�produttivi�strategici� e�di�interesse�nazionale),�in�riferimento�agli�artt.�76,�117,�118�e�120�Cost.,�nonche�allo�statuto� speciale�per�il�Trentino-Alto�Adige,�nel�testo�approvato�con�d.P.R.�31�agosto�1972,�n.�670� (Approvazione�del�testo�unico�delle�leggi�costituzionali�concernenti�lo�statuto�speciale�per�il� Trentino-Alto�Adige).� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� Infine,�le�Regioni�Campania,�Toscana,�Marche,�Basilicata,�Emilia-Romagna,�Umbria�e� Lombardia�ed�il�comune�di�Vercelli�(reg.�ric.�nn.�84-91�del�2002)�impugnano�sia�l'intero�testo� del�decreto�legislativo�4�settembre�2002,�n.�198�(Disposizioni�volte�ad�accelerare�la�realizza- zione�delle�infrastrutture�di�telecomunicazioni�strategiche�per�la�modernizzazione�e�lo�svi- luppo�del�Paese,�a�norma�dell'art.�1,�comma�2,�della�legge�21�dicembre�2001,�n.�443),�sia,� specificamente,�numerosi�articoli�del�medesimo�decreto�legislativo,�lamentando�la�violazione� degli�artt.�3,�9,�32,�41,�42,�44,�70,�76,�77,�97,�114,�117,�118�e�119�Cost.,�nonche�dell'art.�174� del�trattato�istitutivo�della�Comunita�europea.� 1.1.��La�stretta�connessione�per�oggetto�e�per�titolo�delle�norme�denunciate,�tutte� contenute�nella�legge�di�delega�n.�443�del�2001�e�nei�decreti�legislativi�n.�190�e�n.�198�del� 2002�che�se�ne�proclamano�attuativi,�nonche�la�sostanziale�analogia�delle�censure�prospet- tate�dalle�ricorrenti,�rendono�opportuna�la�trattazione�congiunta�dei�ricorsi,�che�vanno� quindi�decisi�con�un'unica�sentenza.� 2.��Prima�di�affrontare�nel�merito�le�censure�proposte�dalle�ricorrenti�e�opportuno�sof- fermarsi�sul�contenuto�della�legge�n.�443�del�2001.�Si�tratta�di�una�disciplina�che�definisce�il� procedimento�da�seguire�per�l'individuazione,�la�localizzazione�e�la�realizzazione�delle�infra- strutture�pubbliche�e�private�e�degli�insediamenti�produttivi�strategicidipreminente�interesse� nazionale�da�realizzare�per�la�modernizzazione�e�lo�sviluppo�del�Paese.�Il�procedimento�si� articola�secondo�queste�cadenze:�il�compito�di�individuare�le�suddette�opere,�da�assolversi� �nel�rispetto�delle�attribuzioni�costituzionali�delle�Regioni�,�e�conferito�al�Governo� (comma�1).�Nella�sua�originaria�versione�la�disposizione�stabiliva�che�l'individuazione�avve- nisse,�sentita�la�Conferenza�unificata�di�cui�all'art.�8�del�decreto�legislativo�28�agosto�1997,� n.�281,�a�mezzo�di�un�programma��formulato�su�proposta�dei�Ministri�competenti,�sentite� le�Regioni�interessate,�ovvero�su�proposta�delle�Regioni,�sentiti�i�Ministri�competenti�.�Il� programma�doveva�tener�conto�del�piano�generale�dei�trasporti�e�doveva�essere�inserito�nel� Documento�di�programmazione�economico-finanziaria�(DPEF),�con�indicazione�degli�stan- ziamenti�necessari�per�la�realizzazione�delle�opere.�Nell'individuare�le�infrastrutture�e�gli� insediamenti�strategici�il�Governo�era�tenuto�a�procedere��secondo�finalita�di�riequilibrio� socio-economico�fra�le�aree�del�territorio�nazionale��e�ad�indicare�nel�disegno�di�legge�finan- ziaria��le�risorse�necessarie,�che�integrano�i�finanziamenti�pubblici,�comunitari�e�privati�allo� scopo�disponibili�.�L'originario�comma�1�prevedeva,�infine,�che��in�sede�di�prima�applica- zione�della�presente�legge�il�programma�e�approvato�dal�Comitato�interministeriale�per�la� programmazione�economica�(CIPE)�entro�il�31�dicembre�2001�.� Il�comma�1�dell'art.�1�della�legge�n.�443�del�2001�e�stato�modificato�dall'art.�13,� comma�3,�della�legge�1.�agosto�2002,�n.�166,�che�ha�mantenuto�in�capo�al�Governo�l'indivi- duazione�delle�infrastrutture�e�degli�insediamenti�strategici�e�di�preminente�interesse�nazio- nale,�ma�ha�elevato�il�livello�di�coinvolgimento�delle�Regioni�e�delle�Province�autonome,� introducendo�espressamente�un'intesa:�in�base�all'art.�1,�comma�1,�attualmente�vigente,�l'in- dividuazione�delle�opere�si�definisce�a�mezzo�di�un�programma�che�e�predisposto�dal�Mini- stro�delle�infrastrutture�e�dei�trasporti��d'intesa�con�i�Ministri�competenti�e�le�Regioni�o�Pro- vince�autonome�interessate�.�Tale�programma�deve�essere�inserito�sempre�nel�DPEF�ma�pre- vio�parere�del�CIPE�e��previa�intesa�della�Conferenza�unificata�,�e�gli�interventi�in�esso� previsti��sono�automaticamente�inseriti�nelle�intese�istituzionali�di�programma�e�negli� accordi�di�programma�quadro�nei�comparti�idrici�ed�ambientali�[...]�e�sono�compresi�in� un'intesa�generale�quadro�avente�validita�pluriennale�tra�il�Governo�e�ogni�singola�Regione� o�Provincia�autonoma,�al�fine�del�congiunto�coordinamento�e�realizzazione�delle�opere�.� Anche�nella�sua�attuale�versione�la�norma�ribadisce�tuttavia�che��in�sede�di�prima�applica- zione�della�presente�legge�il�programma�e�approvato�dal�CIPE�entro�il�31�dicembre�2001�.� Regolata�la�fase�di�individuazione�delle�infrastrutture�e�degli�insediamenti�produttivi� strategici�e�di�preminente�interesse�nazionale,�la�legge�n.�443�del�2001,�al�comma�2,�conferi- sce�al�Governo�la�delega�ad�emanare,�entro�12�mesi�dall'entrata�in�vigore�della�legge,�uno�o� piu�decreti�legislativi��volti�a�definire�un�quadro�normativo�finalizzato�alla�celere�realizza- zione�delle�infrastrutture�e�degli�insediamenti�individuati�ai�sensi�del�comma�1�,�dettando,� alle�lettere�da�a) ad�o) del�medesimo�comma�2,�i�principi�e�i�criteri�direttivi�per�l'esercizio� del�potere�legislativo�delegato.�Questi�ultimi�investono�molteplici�aspetti�di�carattere�proce- dimentale:�sono�fissati�i�moduli�procedurali�per�addivenire�all'approvazione�dei�progetti,�pre- liminari�e�definitivi,�delle�opere�[lettere�b) e�c)],�dovendo�risultare,�quelli�preliminari,��com- RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� prensivi�di�quanto�necessario�per�la�localizzazione�dell'opera�d'intesa�con�la�Regione�o�la� Provincia�autonoma�competente,�che,�a�tal�fine,�provvede�a�sentire�preventivamente�i� comuni�interessati��[lettera�b)];�sono�individuati�i�modelli�di�finanziamento�[tecnica�di� finanza�di�progetto:�lettera�a)],�di�affidamento�[contraente�generale�o�concessionario:�in�par- ticolare�lettere�e) edf)]�e�di�aggiudicazione�[lettere�g) e�h)],�ed�e�predisposta�la�relativa�disci- plina,�anche�in�deroga�alla�legge�11�febbraio�1994,�n.�109,�ma�nella�prescritta�osservanza� della�normativa�comunitaria.� L'assetto�procedimentale�cos|�sinteticamente�descritto��che�trova�ulteriore�svolgi- mento�in�numerose�altre�disposizioni�della�legge�n.�443�del�2001,�tra�le�quali�quelle�sulla� disciplina�edilizia�(commi�da�6�a�12�e�comma�14),�anch'esse�impugnate��si�completa�con�il� comma�3-bis,�introdotto�dal�comma�6�dell'art.�13�della�legge�n.�166�del�2002,�il�quale�prevede� una�procedura�di�approvazione�dei�progetti�definitivi��alternativa��a�quella�stabilita�dal�pre- cedente�comma�2,�demandata�ad�un�decreto�del�Presidente�del�Consiglio�dei�ministri�previa� deliberazione�del�CIPE�integrato�dai�Presidenti�delle�Regioni�e�Province�autonome�interes- sate,�sentita�la�Conferenza�unificata�e�previo�parere�delle�competenti�commissioni�parlamen- tari.� 2.1.��Questa�Corte�non�e�chiamata,�nella�odierna�sede,�a�giudicare�se�le�singole�opere� inserite�nel�programma�meritino�di�essere�considerate�strategiche,�se�siacorrettalaloro�defi- nizione�come�interventi�di�preminente�interesse�nazionale�o�se�con�tali�qualificazioni�siano� lese�competenze�legislative�delle�Regioni.�Simili�interrogativi�potranno�eventualmente�porsi� nel�caso�di�impugnazione�della�deliberazione�approvativa�del�programma,�che�non�ha�natura� legislativa.�In�questa�sede�si�tratta�solo�di�accertare�se�il�complesso�iter procedimentale�pre- figurato�dal�legislatore�statale�sia�ex se invasivo�delle�attribuzioni�regionali;�si�deve�cioe� appurare�se�il�legislatore�nazionale�abbia�titolo�per�assumere�e�regolare�l'esercizio�di�funzioni� amministrative�su�materie�in�relazione�alle�quali�esso�non�vanti�una�potesta�legislativa�esclu- siva,�ma�solo�una�potesta�concorrente.� Il�nuovo�art.�117�Cost.�distribuisce�le�competenze�legislative�in�base�ad�uno�schema� imperniato�sulla�enumerazione�delle�competenze�statali;�con�un�rovesciamento�completo� della�previgente�tecnica�del�riparto�sono�ora�affidate�alle�Regioni,�oltre�alle�funzioni�concor- renti,�le�funzioni�legislative�residuali.� In�questo�quadro,�limitare�l'attivita�unificante�dello�Stato�alle�sole�materie�espressa- mente�attribuitegli�in�potesta�esclusiva�o�alla�determinazione�dei�principi�nelle�materie�di� potesta�concorrente,�come�postulano�le�ricorrenti,�significherebbe�bens|�circondare�le�com- petenze�legislative�delle�Regioni�di�garanzie�ferree,�ma�vorrebbe�anche�dire�svalutare�oltre- misura�istanze�unitarie�che�pure�in�assetti�costituzionali�fortemente�pervasi�da�pluralismo� istituzionale�giustificano,�a�determinate�condizioni,�una�deroga�alla�normale�ripartizione�di� competenze�[basti�pensare�al�riguardo�alla�legislazione�concorrente�dell'ordinamento�costitu- zionale�tedesco�(konkurrierende Gesetzgebung)o�alla�clausola di supremazia nel�sistema�fede- rale�statunitense�(Supremacy Clause)].�Anche�nel�nostro�sistema�costituzionale�sono�presenti� congegni�volti�a�rendere�piu�flessibile�un�disegno�che,�in�ambiti�nei�quali�coesistono,�intrec- ciate,�attribuzioni�e�funzioni�diverse,�rischierebbe�di�vanificare,�per�l'ampia�articolazione� delle�competenze,�istanze�di�unificazione�presenti�nei�piu�svariati�contesti�di�vita,�le�quali,� sul�piano�dei�principi�giuridici,�trovano�sostegno�nella�proclamazione�di�unita�e�indivisibilita� della�Repubblica.�Un�elemento�di�flessibilita�e�indubbiamente�contenuto�nell'art.�118,�primo� comma,�Cost.,�il�quale�si�riferisce�esplicitamente�alle�funzioni�amministrative,�ma�introduce� per�queste�un�meccanismo�dinamico�che�finisce�col�rendere�meno�rigida,�comesichiarira� subito�appresso,�la�stessa�distribuzione�delle�competenze�legislative,�la�dove�prevede�che�le� funzioni�amministrative,�generalmente�attribuite�ai�comuni,�possano�essere�allocate�ad�un� livello�di�governo�diverso�per�assicurarne�l'esercizio�unitario,�sulla�base�dei�principi�di�sussi- diarieta�,�differenziazione�ed�adeguatezza.�E�del�resto�coerente�con�la�matrice�teorica�e�con� il�significato�pratico�della�sussidiarieta�che�essa�agisca�come�subsidium quando�un�livello�di� governo�sia�inadeguato�alle�finalita�che�si�intenda�raggiungere;�ma�se�ne�e�comprovata� un'attitudine�ascensionale�deve�allora�concludersi�che,�quando�l'istanza�di�esercizio�unitario� trascende�anche�l'ambito�regionale,�la�funzione�amministrativa�puo�essere�esercitata�dallo� Stato.�Cio�non�puo�restare�senza�conseguenze�sull'esercizio�della�funzione�legislativa,�giacche� il�principio�di�legalita�,�il�quale�impone�che�anche�le�funzioni�assunte�per�sussidiarieta�siano� organizzate�e�regolate�dalla�legge,�conduce�logicamente�ad�escludere�che�le�singole�Regioni,� IL CONTENZIOSO NAZIONALE con discipline differenziate, possano organizzare e regolare funzioni amministrative attratte a livello nazionale e ad affermare che solo la legge statale possa attendere a un compito sif- fatto. 2.2. �Una volta stabilito che, nelle materie di competenza statale esclusiva o concor- rente, in virtu� dell'art. 118, primo comma, la legge puo� attribuire allo Stato funzioni ammini- strative e riconosciuto che, in ossequio ai canoni fondanti dello Stato di diritto, essa e� anche abilitata a organizzarle e regolarle, al fine di renderne l'esercizio permanentemente raffron- tabile a un parametro legale, resta da chiarire che i principi di sussidiarieta� e di adeguatezza convivono con il normale riparto di competenze legislative contenuto nel Titolo V e possono giustificarne una deroga solo se la valutazione dell'interesse pubblico sottostante all'assun- zione di funzioni regionali da parte dello Stato sia proporzionata, non risulti affetta da irra- gionevolezza alla stregua di uno scrutinio stretto di costituzionalita� , e sia oggetto di un accordo stipulato con la Regione interessata. Che dal congiunto disposto degli artt. 117 e 118, primo comma, sia desumibile anche il principio dell'intesa consegue alla peculiare fun- zione attribuita alla sussidiarieta� , che si discosta in parte da quella gia� conosciuta nel nostro diritto di fonte legale. Enunciato nella legge 15 marzo 1997, n. 59, come criterio ispiratore della distribuzione legale delle funzioni amministrative fra lo Stato e gli altri enti territoriali equindigia� operante nella sua dimensione meramente statica, come fondamento di un ordine prestabilito di competenze, quel principio, con la sua incorporazione nel testo della Costituzione, ha visto mutare il proprio significato. Accanto alla primitiva dimensione sta- tica, che si fa evidente nella tendenziale attribuzione della generalita� delle funzioni ammini- strative ai comuni, e� resa, infatti, attiva una vocazione dinamica della sussidiarieta� ,che con- senteadessadioperare nonpiu� come ratio ispiratrice e fondamento di un ordine di attribu- zioni stabilite e predeterminate, ma come fattore di flessibilita� di quell'ordine in vista del soddisfacimento di esigenze unitarie. Ecco dunque dove si fonda una concezione procedimentale e consensuale della sussidia- rieta� e dell'adeguatezza. Si comprende infatti come tali principi non possano operare quali mere formule verbali capaci con la loro sola evocazione di modificare a vantaggio della legge nazionale il riparto costituzionalmente stabilito, perche� cio� equivarrebbe a negare la stessa rigidita� della Costituzione. E si comprende anche come essi non possano assumere la fun- zione che aveva un tempo l'interesse nazionale, la cui sola allegazione none� ora sufficiente a giustificare l'esercizio da parte dello Stato di una funzione di cui non sia titolare in base all'art. 117 Cost. Nel nuovo Titolo V l'equazione elementare interesse nazionale = compe- tenza statale, che nella prassi legislativa previgente sorreggeva l'erosione delle funzioni amministrative e delle parallele funzioni legislative delle Regioni, e� divenuta priva di ogni valore deontico, giacche� l'interesse nazionale non costituisce piu� un limite, ne� di legittimita� ne� di merito, alla competenza legislativa regionale. Cio� impone di annettere ai principi di sussidiarieta� e adeguatezza una valenza squisita- mente procedimentale, poiche� l'esigenza di esercizio unitario che consente di attrarre, insieme alla funzione amministrativa, anche quella legislativa, puo� aspirare a superare il vaglio di legittimita� costituzionale solo in presenza di una disciplina che prefiguri un iter in cui assumano il dovuto risalto le attivita� concertative e di coordinamento orizzontale, ovve- rosia le intese, che devono essere condotte in base al principio di lealta� . 2.3. �La disciplina contenuta nella legge n. 443 del 2001, come quella recata dal decreto legislativo n. 190 del 2002, investe solo materie di potesta� statale esclusiva o concor- rente ed e� quindi estranea alla materia del contendere la questione se i principi di sussidia- rieta� e adeguatezza permettano di attrarre allo Stato anche competenze legislative residuali delle Regioni. Ed e� opportuno chiarire fin d'ora, anche per rendere piu� agevole il successivo argomentare della presente sentenza, che la mancata inclusione dei �lavori pubblici� nella elencazione dell'art. 117 Cost., diversamente da quanto sostenuto in numerosi ricorsi, non implica che essi siano oggetto di potesta� legislativa residuale delle Regioni. Al contrario, si tratta di ambiti di legislazione che non integrano una vera e propria materia, ma si qualifi- cano a seconda dell'oggetto al quale afferiscono e pertanto possono essere ascritti di volta in volta a potesta� legislative esclusive dello Stato ovvero a potesta� legislative concorrenti. 3. �Alla stregua dei paradigmi individuati nei paragrafi che precedono, devono essere saggiate le censure che si appuntano sullalegge n. 443 del 2001, nella suaversione originaria ed in quella modificata dalla legge n. 166 del 2002. RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� 3.1.��Per�primo�deve�essere�esaminato�il�ricorso�della�Provincia�autonoma�di�Trento,� nel�quale�vengono�censurati�i�commi�da�1�a�4�dell'art.�1�della�legge�n.�443�del�2001�sul�para- metro�dell'art.�117�Cost.�Il�ricorso�e�proposto�sulla�premessa�che�le�competenze�Provinciali� fondate�sullo�statuto�speciale�non�siano�scalfite;�sarebbero�invece�lese�le�attribuzioni�spet- tanti�alla�Provincia�ai�sensi�dell'art.�117�Cost.,�in�virtu�della�clausola�di�favore�contenuta�nel- l'art.�10�della�legge�costituzionale�18�ottobre�2001,�n.�3,�secondo�la�quale�alle�Regioni�spe- ciali�e�alle�Province�autonome,�fino�all'adeguamento�dei�rispettivi�statuti,�si�applica�la�disci- plina�del�nuovo�Titolo�V�nella�parte�in�cui�assicura�forme�di�autonomia�piu�ampie�rispetto� a�quelle�previste�dagli�statuti�stessi.�In�particolare,�il�comma�5�del�denunciato�art.�1,�nel�fare� salve�le�competenze�delle�Regioni�a�statuto�speciale�e�delle�Province�autonome,�di�cui�agli� statuti�speciali�e�alle�relative�norme�di�attuazione,�lascerebbe�indenni�le�attribuzioni�di�cui� al�d.P.R.�22�marzo�1974,�n.�381,�per�il�quale,�per�gli�interventi�concernenti�le�autostrade� (art.�19),�la�viabilita�,�le�linee�ferroviarie�e�gli�aerodromi�(art.�20),�lo�Stato�deve�ottenere�la� previa�intesa�della�Provincia.�Del�pari�la�posizione�della�Provincia�risulterebbe�garantita� dal�decreto�legislativo�16�marzo�1992,�n.�266,�e�segnatamente�dall'art.�4,�che�le�riserva��la� gestione�amministrativa�di�ogni�opera�che�lo�statuto�non�assegni�alla�competenza�statale�.� La�Provincia,�ponendo�a�base�del�proprio�ricorso�la�violazione�di�competenze�piu�ampie� rispetto�a�quelle�statutarie,�che�assume�derivanti�dall'art.�117�Cost.,�aveva�l'onere�di�indivi- duarle�nel�raffronto�con�le�competenze�statutarie,�che,�per�sua�stessa�ammissione,�sono�fatte� salve�dalla�legge�oggetto�di�impugnazione.�Ai�fini�di�una�corretta�instaurazione�del�giudizio� di�legittimita�costituzionale�la�ricorrente�non�poteva�quindi�limitarsi�al�mero�richiamo� all'art.�117�Cost.� Il�ricorso�e�pertanto�inammissibile.� 3.2.��In�via�preliminare�va�dichiarato�inammissibile�il�congiunto�intervento�ad adiu- vandum dell'Associazione�Italia�Nostra-Onlus,�di�Legambiente-Onlus,�dell'Associazione�ita- liana�per�il�World Wide Fund For Nature (WWF)-Onlus,�nel�giudizio�instaurato�con�il�ricorso� della�Regione�Toscana�avverso�la�legge�n.�166�del�2002.�Va�qui�ribadito�l'orientamento�con- solidato�di�questa�Corte�secondo�il�quale�nei�giudizi�di�legittimita�costituzionale�in�via�di� azione�non�e�ammessa�la�presenza�di�soggetti�diversi�dalla�parte�ricorrente�e�dal�titolare� della�potesta�legislativa�il�cui�esercizio�e�oggetto�di�contestazione�(cfr.,�da�ultimo,�sentenze� n.�49�del�2003,�n.�533�e�n.�510�del�2002,�n.�382�del�1999).� 4.��Le�Regioni�Marche,�Toscana,�Umbria�ed�Emilia-Romagna�denunciano�il�comma�1� nella�sua�prima�formulazione,�lamentando�anzitutto�la�violazione�dell'art.�117�Cost.,�perche� la�relativa�disciplina�non�sarebbe�ascrivibile�ad�alcuna�delle�materie�di�competenza�legisla- tiva�esclusiva�statale;�e�del�resto,�argomentano�le�ricorrenti,�non�essendo�piu�contemplata� dall'art.�117�Cost.�la�materia�dei��lavori�pubblici�di�interesse�nazionale�,�non�sarebbe�possi- bile�far�riferimento�alla�dimensione�nazionale�dell'interesse�al�fine�di�escludere�la�potesta� legislativa�regionale�o�Provinciale.� Le�predette�ricorrenti�sostengono�poi�che�l'individuazione�delle�grandi�opere�potrebbe,� in�parte,�rientrare�in�uno�degli�ambiti�materiali�individuati�dall'art.�117,�terzo�comma,�Cost.� (quali�porti�e�aeroporti�civili;�grandi�reti�di�trasporto�e�di�navigazione;�produzione,�trasporto� e�distribuzione�nazionale�dell'energia),�ma�la�disposizione�censurata,�da�un�lato,�detterebbe� una�disciplina�di�dettaglio�e�non�di�principio�e�quindi�sarebbe�comunque�lesiva�dell'autono- mia�legislativa�regionale;�dall'altro,�escluderebbe�le�Regioni�dal�processo��codecisionale�,� che�dovrebbe�essere�garantito�attraverso�lo�strumento�dell'intesa.� La�Regione�Marche�denuncia�inoltre�il�medesimo�comma�1�per�contrasto�con�gli� artt.�118�e�119�Cost.,�sul�rilievo�che�non�sarebbero�stati�rispettati�i�principi�di�sussidiarieta�,� differenziazione�ed�adeguatezza�e�che�sarebbe�stata�lesa�l'autonomia�finanziaria�regionale� con�l'attribuzione�al�Governo�del�compito�di�reperire�tutti�i�finanziamenti.� La�Regione�Toscana,�con�distinto�e�successivo�ricorso,�impugna�il�comma�1�anche�nella� formulazione�modificata�dall'art.�13,�comma�3,�della�legge�n.�166�del�2002,�ribadendo�che� la�disposizione�violerebbe�l'art.�117�Cost.,�in�quanto�non�troverebbe�fondamento�nella�com- petenza�legislativa�statale�esclusiva�o�concorrente;�e�in�ogni�caso,�in�quanto�detterebbe�una� disciplina�compiuta,�dettagliata�e�minuziosa�che�precluderebbe�alla�Regione�ogni�possibilita� di�scelta.�La�ricorrente�deduce�altres|�la�violazione�dell'art.�118,�primo�comma,�Cost.,�assu- mendo�che,�da�un�lato,�non�sarebbero�stati�rispettati�i�criteri�di�sussidiarieta�,�differenziazione� ed�adeguatezza;�dall'altro,�le�esigenze�di�esercizio�unitario�di�cui�parla�l'art.�118�Cost.,�non� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� autorizzerebbero�una�deroga�al�riparto�della�potesta��legislativa�posto�dall'art.�117�Cost.� Infine,�sempre�ad�avviso�della�Regione�Toscana,�l'introduzione�di�un'intesa�con�le�Regioni� interessate�e�con�la�Conferenza�unificata�ai�fini�dell'individuazione�delle�grandi�opere�non� consentirebbe�di�eliminare�i�prospettati�dubbi�di�incostituzionalita��,giacche�l'intesa�non� garantirebbe�una�reale�forma�di�coordinamento�paritario,�in�assenza�di�meccanismi�atti�ad� impedire�che�essa�sia�recessiva�dinanzi�al�preminente�potere�dello�Stato,�che�potrebbe�proce- dere�anche�a�fronte�del�motivato�dissenso�regionale.� 4.1.��Vanno�scrutinate�nel�merito�le�censure�che�le�Regioni�sollevano�avverso�il� comma�1,�dell'art.�1�della�legge�n.�443�del�2001,�anche�quelle�che�ne�investono�l'originaria� versione,�dovendosi�escludere�che�le�sopravvenute�modifiche�recate�dall'art.�13,�comma�3,� della�legge�n.�166�del�2002,�abbiano�determinato�sul�punto�una�cessazione�della�materie�del� contendere.�Cio��in�quanto�proprio�in�base�alla�disposizione�originaria�e��stato�approvato�il� programma�delle�infrastrutture�e�degli�insediamenti�produttivi�da�parte�del�CIPE�(con�deli- bera�n.�121�del�21�dicembre�2001)�ed�e��a�tale�programma�che�fa�riferimento�anche�il� comma�1�nel�testo�novellato�dall'art.�13�della�legge�n.�166�del�2002,�come�puo��desumersi� chiaramente�dal�fatto�che�la�norma,�riprendendo�in�parte�la�disposizione�anteriore,�stabilisce� che��in�sede�di�prima�applicazione�della�presente�legge�il�programma�e��approvato�dal�CIPE� entro�il�31�dicembre�2001�.� Tutte�le�censure�sono�infondate�e�per�dar�conto�di�cio��e��bene�esaminare�preliminarmente� l'impugnazione�proposta�dalla�sola�RegioneToscana�avverso�il�comma�1,�nel�testo�sostituito� dalla�legge�1.�agosto�2002,�n.�166.� Quando�si�intendano�attrarre�allo�Stato�funzioni�amministrative�in�sussidiarieta��,di� regola�il�titolo�del�legiferare�deve�essere�reso�evidente�in�maniera�esplicita�perche�la�sussidia- rieta��deroga�al�normale�riparto�delle�competenze�stabilito�nell'art.�117�Cost.�Tuttavia,�nel� caso�presente,�l'assenza�di�un�richiamo�espresso�all'art.�118,�primo�comma,�non�fa�sorgere� alcun�dubbio�circa�l'oggettivo�significato�costituzionale�dell'operazione�compiuta�dal�legisla- tore:�non�di�lesione�di�competenza�delle�Regioni�si�tratta,�ma�di�applicazione�dei�principi�di� sussidiarieta��e�adeguatezza,�che�soli�possono�consentire�quella�attrazione�di�cui�si�e��detto.� Predisporre�un�programma�di�infrastrutture�pubbliche�e�private�e�di�insediamenti�produttivi� e��attivita��che�non�mette�capo�ad�attribuzioni�legislative�esclusive�dello�Stato,�ma�che�puo�� coinvolgere�anche�potesta��legislative�concorrenti�(governo�del�territorio,�porti�e�aeroporti,� grandi�reti�di�trasporto,�distribuzione�nazionale�dell'energia,�ecc.).�Per�giudicare�se�una�legge� statale�che�occupi�questo�spazio�sia�invasiva�delle�attribuzioni�regionali�o�non�costituisca� invece�applicazione�dei�principi�di�sussidiarieta��e�adeguatezza�diviene�elemento�valutativo� essenziale�la�previsione�di�un'intesa�fra�lo�Stato�e�le�Regioni�interessate,�alla�quale�sia�subor- dinata�l'operativita��della�disciplina.�Nella�specie�l'intesa�e��prevista�e�ad�essa�e��da�ritenersi� che�il�legislatore�abbia�voluto�subordinare�l'efficacia�stessa�della�regolamentazione�delle� infrastrutture�e�degli�insediamenti�contenuta�nel�programma�di�cui�all'impugnato�comma�1� dell'art.�1.�Nel�congegno�sottostante�all'art.�118,�l'attrazione�allo�Stato�di�funzioni�ammini- strative�da�regolare�con�legge�non�e��giustificabile�solo�invocando�l'interesse�a�un�esercizio� centralizzato�di�esse,�ma�e��necessario�un�procedimento�attraverso�il�quale�l'istanza�unitaria� venga�saggiata�nella�sua�reale�consistenza�e�quindi�commisurata�all'esigenza�di�coinvolgere� i�soggetti�titolari�delle�attribuzioni�attratte,�salvaguardandone�la�posizione�costituzionale.� Ben�puo��darsi,�infatti,�che�nell'articolarsi�del�procedimento,�al�riscontro�concreto�delle�carat- teristiche�oggettive�dell'opera�e�dell'organizzazione�di�persone�e�mezzi�che�essa�richiede�per� essere�realizzata,�la�pretesa�statale�di�attrarre�in�sussidiarieta��le�funzioni�amministrative�ad� essa�relative�risulti�vanificata,�perche�l'interesse�sottostante,�quale�che�ne�sia�la�dimensione,� possa�essere�interamente�soddisfatto�dalla�Regione,�la�quale,�nel�contraddittorio,�ispirato�al� canone�di�leale�collaborazione,�che�deve�instaurarsi�con�lo�Stato,�non�soloalleghi,�maargo- menti�e�dimostri�la�propria�adeguatezza�e�la�propria�capacita��di�svolgere�in�tutto�o�in�parte� la�funzione.� L'esigenza�costituzionale�che�la�sussidiarieta��non�operi�come�aprioristica�modificazione� delle�competenze�regionali�in�astratto,�ma�come�metodo�per�l'allocazione�di�funzioni�a�livello� piu��adeguato,�risulta�dunque�appagata�dalla�disposizione�impugnata�nella�sua�attuale�formu- lazione.� Chiarito�che�la�Costituzione�impone,�a�salvaguardia�delle�competenze�regionali,�che�una� intesa�vi�sia,�va�altres|��soggiunto�che�non�e��rilevante�se�essa�preceda�l'individuazione�delle� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� infrastrutture�ovvero�sia�successiva�ad�una�unilaterale�attivita�del�Governo.�Se�dunque�tale� attivita�sia�stata�gia�posta�in�essere,�essa�non�vincola�la�Regione�fin�quando�l'intesa�non� venga�raggiunta.� In�questo�senso�sono�quindi�da�respingere�anche�le�censure�che�le�ricorrenti�indirizzano� contro�il�comma�1�dell'art.�1�della�legge�n.�443�del�2001,�nella�versione�anteriore�alla�modi- fica�recata�dalla�legge�n.�166�del�2002,�per�il�fatto�che�in�essa�era�previsto�che�le�Regioni�fos- sero�solo�sentite�singolarmente�ed�in�Conferenza�unificata�e�non�veniva�invece�esplicitamente� sancito�il�principio�dell'intesa.�L'interpretazione�coerente�con�il�sistema�dei�rapporti�Stato- Regioni�affermato�nel�nuovo�Titolo�V�impone�infatti�di�negare�efficacia�vincolante�a�quel� programma�su�cui�le�Regioni�interessate�non�abbiano�raggiunto�un'intesa�per�la�parte�che� le�riguarda,�come�nel�caso�della�deliberazione�CIPE�del�21�dicembre�2001,�n.121.� 5.�TutteleRegioniricorrentiimpugnanoilcomma2dell'art.�1,chedetta�dallalet- tera�a) alla�lettera�o) �i�principi�ed�i�criteri�direttivi�in�base�ai�quali�il�Governo�e�chiamato� ad�emanare,�entro�12�mesi�dall'entrata�in�vigore�della�legge,�uno�o�piu�decreti�legislativi� �volti�a�definire�un�quadro�normativo�finalizzato�alla�celere�realizzazione�delle�infrastrutture� e�degli�insediamenti�individuati�ai�sensi�del�comma�1�.� Con�analoghe�censure,�che�evocano�il�contrasto�con�l'art.�117�Cost.,�e,�per�la�Regione� Marche,�anche�gli�artt.�118�e�119�Cost.,�si�deduce�anzitutto�che�la�prevista�normativa�deroga- toria�della�legge�quadro�sui�lavori�pubblici�n.�109�del�1994�violerebbe�la�potesta�legislativa� esclusiva�delle�Regioni�in�materia�di�appalti�e�lavori�pubblici.� Si�sostiene�inoltre�che�le�competenze�regionali�sarebbero�ugualmente�violate�anchesesi� ricadesse�nell'ambito�della�potesta�legislativa�concorrente,�perche�il�denunciato�comma�2,� detterebbe�una�disciplina�compiuta�e�di�dettaglio,�non�cedevole�rispetto�ad�una�eventuale� futura�legislazione�regionale.� Le�censure�sono�genericamente�formulate�e�quindi�inammissibili.�Per�comprenderlo�e� sufficiente�la�ricognizione�del�contenuto�delle�disposizioni�denunciate.� Il�comma�2�dell'art.�1�della�legge�n.�443�del�2001,�ha�ad�oggetto�la�delega�ad�emanare� uno�o�piu�decreti�legislativi�volti�a�definire�il�quadro�normativo�finalizzato�alla�celere�realiz- zazione�delle�infrastrutture�e�degli�insediamenti�produttivi�individuati�ai�sensi�del�comma�1.� Nell'esercizio�della�delega�il�Governo,�autorizzato�a�riformare�le�procedure�per�la�valuta- zione�di�impatto�ambientale�(VIA)�e�l'autorizzazione�integrata�ambientale,�nel�rispetto�del- l'art.�2�della�direttiva�85/337/CEE,�come�modificata�dalla�direttiva�97/11/CE,�e�ad�intro- durre�un�regime�speciale�anche�derogatorio�di�numerose�disposizioni�della�legge�11�febbraio� 1994,�n.�109,�che�non�siano�necessaria�ed�immediata�applicazione�delle�direttive�comunitarie,� e�tenuto�a�rispettare�i�principi�e�criteri�direttivi�fissati�nelle�lettere�da�a) ad�o) del�medesimo� comma�2.� Come�gia�detto�in�precedenza,�l'indirizzo�imposto�al�legislatore�delegato�investe�una� molteplicita�di�aspetti�a�carattere�procedimentale�e�muove�dal�modello�di�finanziamento� delle�opere,�con�il�concorso�del�capitale�privato,�attraverso�la�disciplina�della�tecnica�di� finanza�di�progetto�[lettera�a)]�per�finanziare�e�realizzare�le�infrastrutture�e�gli�insediamenti� di�cuialcomma�1.� La�delega�autorizza�poi�il�Governo�a�definire�i�moduli�procedurali�sostitutivi�di�quelli� previsti�per�il�rilascio�dei�provvedimenti�concessori�o�autorizzatori�di�ogni�specie,�avuto� riguardo�anche�alla�durata�delle�procedure�per�l'approvazione�dei�progetti�preliminari,� �comprensivi�di�quanto�necessario�per�la�localizzazione�dell'opera�d'intesa�con�la�Regione� o�la�Provincia�autonoma�competente,�che,�a�tal�fine,�provvede�a�sentire�preventivamente�i� comuni�interessati,�e,�ove�prevista,�della�VIA�,�nonche�a�prefigurare�le�procedure�necessarie� per�la�dichiarazione�di�pubblica�utilita�,�indifferibilita�ed�urgenza�e�per�l'approvazione�del� progetto�definitivo,�con�previsione�di�termini�perentori�per�la�risoluzione�delle�interferenze� con�servizi�pubblici�e�privati�e�di�responsabilita�patrimonialiincasodi�mancata�tempestiva� risoluzione�[lettera�b)].� Viene�quindi�impartita�al�Governo�la�direttiva�di�attribuire�al�CIPE,�integrato�dai�Presi- denti�delle�Regioni�interessate,�il�compito�di�valutare�le�proposte�dei�promotori,�di�appro- vare�il�progetto�preliminare�e�quello�definitivo,�di�vigilare�sull'esecuzione�dei�progetti�appro- vati,�adottando�i�provvedimenti�concessori�ed�autorizzatori�necessari,�comprensivi�della� localizzazione�dell'opera�e,�ove�prevista,�della�VIA�istruita�dal�competente�Ministero.�Si�pre- scrive�inoltre�che�vengano�affidati�al�Ministero�delle�infrastrutture�e�dei�trasporti�compiti� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� di�istruttoria�e�di�formulazione�di�proposte�e�quello�di�assicurare�il�supporto�necessario�per� l'attivita�del�CIPE,�eventualmente�tramite�un'apposita�struttura�tecnica�di�advisor e�di�com- missari�straordinari�[lettera�c)].� La�delega�prosegue�autorizzando�la�modificazione�della�disciplina�in�materia�di�confe- renza�di�servizi�e�dettando�i�criteri�ispiratori�per�il�suo�funzionamento�[lettera�d)].� Vengono�quindi�individuati�i�modelli�di�affidamento�e�di�aggiudicazione�concernenti�la� realizzazione�delle�opere�di�cui�al�comma�1,�e�prefigurata�la�cornice�della�rispettiva�disci- plina,�anche�in�deroga�alla�legge�n.�109�del�1994,�ma�si�impone�al�Governo�il�rispetto�della� normativa�comunitaria.� Si�prevede�inoltre�che�il�legislatore�delegato�affidi�la�realizzazione�delle�infrastrutture� strategiche�ad�un�unico�soggetto�contraente�generale�o�concessionario�[lettera�e)]�e�si�dettano� i�criteri�che�devono�presiedere�alla�disciplina�dell'affidamento�a�contraente�generale,�con� riferimento�all'art.�1�della�direttiva�93/37/CEE�[letteraf)].� Quanto�poi�al�soggetto�aggiudicatore,�si�stabilisce�l'obbligo,�nel�caso�in�cui�l'opera�sia� realizzata�prevalentemente�con�fondi�pubblici,�di�rispettare�la�normativa�europea�in�tema� di�evidenza�pubblica�e�di�scelta�dei�fornitori�di�beni�o�servizi,��ma�con�soggezione�ad�un� regime�derogatorio�rispetto�alla�citata�legge�n.�109�del�1994�per�tutti�gli�aspettidiessanon� aventi�necessaria�rilevanza�comunitaria��[lettera�g)].�Al�tempo�stesso�si�autorizza,�nel� rispetto�della�normativa�comunitaria�ed�al�fine�di�favorire�il�contenimento�dei�tempi�e�la� massima�flessibilita�degli�strumenti�giuridici,�l'introduzione�di�specifiche�deroghe�alla� vigente�disciplina�in�materia�di�aggiudicazione�di�lavori�pubblici�e�di�realizzazione�degli� stessi,�indicando�i�criteri�per�regolamentare�l'attivita�del�contraente�generale�e�la�costituzione� di�societa�di�progetto�[lettera�h)].� La�delega�investe�ancora�i�profili�concernenti�l'individuazione�di�misure�adeguate�per� valutare�il�regolare�assolvimento�degli�obblighi�assunti�dal�contraente�generale�[lettera�i)],� la�previsione,�nel�caso�di�concessione�di�opera�pubblica�unita�a�gestione�della�stessa,�di�appo- siti�meccanismi�di�corresponsione�del�prezzo�al�concessionario,�nonche��di�fissazione�della� durata�della�concessione�medesima�[lettera�l)],�con�il�rispetto�dei�relativi�piani�finanziari�[let- tera�m)].� La�delega�detta�criteri�anche�in�ordine�alle�forme�di�tutela�risarcitoria�susseguente�alla� stipula�dei�contratti�di�progettazione,�appalto,�concessione�o�affidamento�a�contraente�gene- rale,�prescrivendo�che�debba�essere�esclusa�la�reintegrazione�in�forma�specifica�e�ristretta�la� tutela�cautelare,�per�tutti�gli�interessi�patrimoniali,��al�pagamento�di�una�provvisionale��[let- tera�n)].�Infine�si�stabilisce�che�il�Governo�debba�prevedere,�per�le�procedure�di�collaudo� delle�opere,��termini�perentori�che�consentano,�ove�richiesto�da�specifiche�esigenze�tecniche,� il�ricorso�anche�a�strutture�tecniche�esterne�di�supporto�alle�commissioni�di�collaudo��[let- tera�o)].� Si�e�dunque�in�presenza�di�una�disciplina�particolarmente�complessa�che�insiste�su�una� pluralita�di�materie,�tra�loro�intrecciate,�ascrivibili�non�solo�alla�potesta�legislativa�concor- rente�ma�anche�a�quella�esclusiva�dello�Stato�(ad�esempio�la�tutela�dell'ambiente�e�dell'ecosi- stema).�In�un�quadro�normativo�siffatto,�le�censure�mosse�dalle�ricorrenti�non�raggiungono� il�livello�di�specificita�che�si�richiede�ai�fini�di�uno�scrutinio�di�merito�(in�tal�senso�v.�sentenza� n.�384�del�1999),�poiche��nei�motivi�di�ricorso�non�vi�e�neppure�una�sintetica�esposizione�delle� ragioni�per�cui�le�disposizioni�contenute�nel�comma�2�denunciato,�singolarmente�conside- rate,�determinino�una�lesione�delle�attribuzioni�regionali.� 6.��Sono�invece�sufficientemente�circostanziate�le�questioni�che�le�Regioni�Umbria�ed� Emilia-Romagna�sollevano�sulle�lettere�g) ed�n),�del�comma�2,�sostenendone�il�contrasto� con�il��diritto�europeo�.�In�particolare�la�lettera�g),�nella�parte�in�cui�circoscrive�l'obbligo� per�il�soggetto�aggiudicatore�di�rispettare�la�normativa�europea�in�tema�di�evidenza�pubblica� solo��nel�caso�in�cui�l'opera�sia�realizzata�prevalentemente�con�fondi�pubblici�,�violerebbe� la�direttiva�93/37/CEE,�alla�quale�non�sarebbe�conforme�neppure�nel�caso�del�ricorso�al- l'istituto�della�concessione�di�lavori�pubblici�(art.�3���l)�o�all'affidamento�ad�unico�soggetto� contraente�generale.� La�questione�deve�essere�scrutinata�nel�merito,�nel�senso�della�non�fondatezza,�a�pre- scindere�dal�problema�piu�generale,�che�investe�ora�l'interpretazione�dell'art.�117,�primo� comma,�Cost.,�se�ed�entro�quali�limiti�l'ipotesi�di�contrasto�di�una�norma�interna�con�l'ordi- namento�comunitario�sia�idonea�a�radicare�la�competenza�del�giudice�delle�leggi.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Nei�giudizi�di�impugnazione�deve�essere�tenuto�fermo�l'orientamento�gia��espresso�da� questa�Corte�(sentenze�n.�85�del�1999,�n.�94�del�1995�e�n.�384�del�1994),�secondo�il�quale�il� valore�costituzionale�della�certezza�e�della�chiarezza�normativa�deve�fare�aggio�su�ogni�altra� considerazione�soprattutto�quando�una�esplicita�clausola�legislativa�di�salvaguardia�del� diritto�comunitario�renda,�come�nella�specie,�manifestamente�insussistente�il�denunciato� contrasto.� La�lettera�g) dell'art.�2,�infatti,�contiene�una�delega�al�Governo�perche�siano�adottate� procedure�di�aggiudicazione�anche�derogatorie�rispetto�alla�legge�n.�109�del�1994�quando� non�si�tratti�di�opere�realizzate�prevalentemente�con�fondi�pubblici,�ma�non�autorizza�il� Governo�a�violare�il�diritto�comunitario:�al�contrario�si�prevede�che�la�deroga�non�debba� riguardare�gli�aspetti�aventi�necessaria�rilevanza�comunitaria.�Anche�la�disciplina�dell'aggiu- dicazione�in�appalto�di�opere�realizzate�con�prevalenti�fondi�privati�dovra��quindi�rispettare� il�diritto�comunitario,�qualunque�ne�sia�il�contenuto.� 6.1��La�lettera�n),�seconda�frase,�a�sua�volta,�nella�parte�in�cui�restringe,�per�tutti�gli� �interessi�patrimoniali�,�la�tutela�cautelare�al��pagamento�di�una�provvisionale�,�disattende- rebbe�la�direttiva�89/665/CEE�(c.d.�direttiva�ricorsi),�giacche�ridurrebbe��le�possibilita��di� tutela�piena�per�i�concorrenti�che�lamentino�violazioni�delle�norme�comunitarie�in�materia� di�appalti�.� Anche�in�questo�caso�si�puo��prescindere�dal�problema�appena�richiamato�dei�rapporti� tra�il�diritto�comunitario�e�il�diritto�interno�e�dei�limiti�entro�i�quali�di�questi�rapporti�possa� conoscere�la�Corte�Costituzionale.�La�questione�e��infatti�inammissibile�per�difetto�di�inte- resse�sotto�un�duplice�profilo:�in�primo�luogo,�essa�evoca�un�contrasto�col�diritto�comunita- rio�senza�pero��dedurre�l'esistenza�di�una�lesione�delle�attribuzioni�regionali;�inoltre�la�dispo- sizione�denunciata�investe�la�tutela�giurisdizionale�di�terzi�e�non�riguarda�quindi�materie�di� competenza�legislativa�delle�Regioni.� 6.2��La�Regione�Toscana�denuncia�infine�la�lettera�c) del�medesimo�comma�2,�come� sostituito�dall'art.�13,�comma�5,�della�legge�n.�166�del�2002,�deducendo�il�contrasto�con�gli� artt.�117�e�118�Cost.�Essa�non�garantirebbe�il�rispetto�delle�attribuzioni�delle�Regioni,�rele- gate�ad�un�ruolo�meramente�consultivo�nell'approvazione�dei�progetti,�demandata�al�CIPE,� integrato�dai�Presidenti�delle�Regioni�interessate.�Inoltre�la�ricorrente,�premesso�che�il� comma�3�dell'art.�13,�nel�sostituire�il�comma�1�dell'art.�1�della�legge�n.�443,�dispone�che� anche�le�strutture�concernenti�la�nautica�da�diporto�possono�essere�inserite�nel�programma� delle�infrastrutture�strategiche,�rileva�che�la�previsione�secondo�cui�la�valutazione�di�impatto� ambientale�sulle�stesse�debba�essere�effettuata�dal�Ministro�competente�e�non�dalle�Regioni� violerebbe�le�attribuzioni�di�queste�ultime�in�materia�di�porti�e�valorizzazione�dei�beni� ambientali.� La�questione�non�e��fondata.� Contrariamente�a�quanto�dedotto�dalla�ricorrente,�la�disposizione�impugnata,�nell'attri- buire�al�CIPE,�integrato�dai�Presidenti�delle�Regioni�e�delle�Province�autonome�interessate,� il�compito�di�approvare�i�progetti�preliminari�e�definitivi�delle�opere�individuate�nel�pro- gramma�di�cui�al�comma�1,�non�circoscrive�affatto�il�ruolo�delle�Regioni�(o�delle�Province� autonome)�a�quello�meramente�consultivo,�giacche�queste,�attraverso�i�propri�rappresen- tanti,�sono�a�pieno�titolo�componenti�dell'organo�e�partecipano�direttamente�alla�forma- zione�della�sua�volonta��deliberativa,�potendo�quindi�far�valere�efficacemente�il�proprio�punto� di�vista.�Occorre�inoltre�considerare�che�l'approvazione�dei�progetti�deve�essere�comprensiva� anche�della�localizzazione�dell'opera,�sulla�quale,�come�gia��per�la�relativa�individuazione,�ai� sensi�del�comma�1�dell'art.�1,�e��prevista�l'intesa�con�la�Regione�o�la�Provincia�autonoma�inte- ressata�[lettera�b) del�medesimo�comma�2].� Ne�infine�puo��dirsi�che�la�disposizione�denunciata,�come�sostenuto�dalla�ricorrente,� affidi�al�Ministro�competente�l'effettuazione�della�valutazione�di�impatto�ambientale�sulle� opere�inserite�nel�programma,�considerato�che�dalla�piana�lettura�della�norma�risulta�che� una�siffatta�valutazione�e��affidata�al�CIPE�in�composizione�allargata�ai�rappresentanti�regio- nali�e�Provinciali,�mentre�al�Ministro�e��lasciata�unicamente�la�relativa�fase�istruttoria.� 7.��E�fondata�la�questione�di�legittimita��costituzionale��sollevata�da�tutte�le�ricor- renti��che�investe�l'art.�1,�comma�3,�della�legge�n.�443,�nella�parte�in�cui�autorizza�il� Governo�a�integrare�e�modificare�il�regolamento�di�cui�al�d.P.R.�21�dicembre�1999,�n.�554,� per�renderlo�conforme�a�quest'ultima�legge�e�ai�decreti�legislativi�di�cui�al�comma�2.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� Che�ai�regolamenti�governativi�adottati�in�delegificazione�fosse�inibito�disciplinare� materie�di�competenza�regionale�era�gia�stato�affermato�da�questa�Corte�avendo�riguardo� al�quadro�costituzionale�anteriore�all'entrata�in�vigore�della�riforma�del�Titolo�V�della�Parte� II�della�Costituzione.�Nelle�sentenze�n.�333�e�n.�482�del�1995�e�nella�piu�recente�sentenza� n.�302�del�2003�l'argomento�su�cui�e�incentrata�la�ratio decidendi e�che�lo�strumento�della� delegificazione�non�puo�operare�in�presenza�di�fonti�tra�le�quali�non�vi�siano�rapporti�di� gerarchia,�ma�di�separazione�di�competenze.�Solo�la�diretta�incompatibilita�delle�norme� regionali�con�sopravvenuti�principi�o�norme�fondamentali�della�legge�statale�puo�infatti� determinare�l'abrogazione�delle�prime.�La�ragione�giustificativa�di�taleorientamentosie�,se� possibile,�rafforzata�con�la�nuova�formulazione�dell'art.�117,�sesto�comma,Cost.,secondoil� quale�la�potesta�regolamentare�e�dello�Stato,�salva�delega�alle�Regioni,�nelle�materie�di�legi- slazione�esclusiva,�mentre�in�ogni�altra�materia�e�delle�Regioni.�In�un�riparto�cos|�rigida- mente�strutturato,�alla�fonte�secondaria�statale�e�inibita�in�radice�la�possibilita�di�vincolare� l'esercizio�della�potesta�legislativa�regionale�o�di�incidere�su�disposizioni�regionali�preesi- stenti�(sentenza�n.�22�del�2003);�e�neppure�i�principi�di�sussidiarieta�e�adeguatezza�possono� conferire�ai�regolamenti�statali�una�capacita�che�e�estranea�al�loro�valore,�quella�cioe�di� modificare�gli�ordinamenti�regionali�a�livello�primario.�Quei�principi,�lo�si�e�gia�rilevato,� non�privano�di�contenuto�precettivo�l'art.�117�Cost.,�pur�se,�alle�condizioni�e�nei�casi�sopra� evidenziati,�introducono�in�esso�elementi�di�dinamicita�intesi�ad�attenuare�la�rigidita�nel� riparto�di�funzioni�legislative�ivi�delineato.�Non�puo�quindi�essere�loro�riconosciuta�l'attitu- dine�a�vanificare�la�collocazione�sistematica�delle�fonti�conferendo�primarieta�ad�atti�che� possiedono�lo�statuto�giuridico�di�fonti�secondarie�e�a�degradare�le�fonti�regionali�a�fonti� subordinate�ai�regolamenti�statali�o�comunque�a�questi�condizionate.�Se�quindi,�come�gia� chiarito,�alla�legge�statale�e�consentita�l'organizzazione�e�la�disciplina�delle�funzioni�ammini- strative�assunte�in�sussidiarieta�,�va�precisato�che�la�legge�stessa�non�puo�spogliarsi�della�fun- zione�regolativa�affidandola�a�fonti�subordinate,�neppure�predeterminando�i�principi�che� orientino�l'esercizio�della�potesta�regolamentare,�circoscrivendone�la�discrezionalita�.� 8.��E�fondata�pure�la�questione�di�legittimita�costituzionale�dell'art.�1,�comma�3-bis,� della�legge�n.�443�del�2001,�introdotto�dall'art.�13,�comma�6,�della�legge�n.�166�del�2002,�pro- posta�dalla�Regione�Toscana�lamentando�la�violazione�degli�artt.�117�e�118�Cost.,�per�il�fatto� che�alle�Regioni�sarebbe�stato�riservato�un�ruolo�meramente�consultivo�nella�fase�di�appro- vazione�dei�progetti�definitivi�delle�opere�individuate�nel�programma�governativo.� La�disposizione�denunciata�consente�che�tale�approvazione,�in�alternativa�alle�proce- dure�di�cui�al�comma�2,�avvenga�con�decreto�del�Presidente�del�Consiglio�dei�ministri.�Per� questa�procedura�alternativa�e�previsto�che�il�decreto�del�Presidente�del�Consiglio�sia�adot- tato�previa�deliberazione�del�CIPE�integrato�dai�Presidenti�delle�Regioni�o�delle�Province� autonome�interessate,�sentita�la�Conferenza�unificata�e�previo�parere�delle�competenti�com- missioni�parlamentari.� Dalla�degradazione�della�posizione�del�CIPE�da�organo�di�amministrazione�attiva�(nel� procedimento�ordinario)�ad�organo�che�svolge�funzioni�preparatorie�(nel�procedimento� �alternativo�)�discende�che�la�partecipazione�in�esso�delle�Regioni�interessate�non�costituisce� piu�una�garanzia�sufficiente,�tanto�piu�se�si�considera�che�non�e�previsto,�nel�procedimento� alternativo,�alcun�ruolo�delle�Regioni�interessate�nella�fase�preordinata�al�superamento�del� loro�eventuale�dissenso.� 9.��Tutte�le�Regioni�impugnano�il�comma�4�dell'art.�1,�in�riferimento�all'art.�117�e,� limitatamente�al�ricorso�della�Regione�Marche,�anche�agli�artt.�118�e�119�Cost.� La�disposizione�contiene�una�delega�al�Governo�ad�emanare,�nel�rispetto�deiprincipi�e� dei�criteri�direttivi�di�cui�al�comma�2,�previo�parere�favorevole�del�CIPE,�integrato�dai�Presi- denti�delle�Regioni�interessate,�sentite�la�Conferenza�unificata�di�cui�all'art.�8�del�decreto� legislativo�28�agosto�1997,�n.�281,�e�le�competenti�commissioni�parlamentari,�uno�o�piu� decreti�legislativi�recanti�l'approvazione�definitiva�di�specifici�progetti�di�infrastrutture�stra- tegiche�individuate�secondo�quanto�previsto�al�comma�1.� Le�impugnazioni�delle�ricorrenti�sono�svolte�molto�succintamente�e�si�limitano�ad�ope- rare�un�mero�rinvio�agli�argomenti�sviluppati�in�relazione�a�disposizioni�di�diverso�contenuto� senza�ulteriori�precisazioni,�se�non�quella�che�si�verserebbe�in�materia�di�potesta�legislativa� residuale�sulla�quale�lo�Stato�sarebbe�radicalmente�privo�di�competenza.�Anche�il�denun- ciato�comma�4�dell'art.�1,�come�le�precedenti�disposizioni,�riguarda�pero�materie�di�compe- RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� tenza�concorrente�o�esclusiva�dello�Stato�e�non�investe�potesta�residuali.�Ne�tra�queste� ultime,�per�le�ragioni�gia�esposte,�possono�ritenersi�compresi�i�lavori�pubblici.�Le�impugna- zioni�vanno�pertanto�rigettate.� 10.��Il�motivo�di�ricorso�proposto�dalla�Regione�Marche�contro�l'art.�1,�comma�5,� della�legge�n.�443�del�2001,�a�mente�del�quale,�ai�fini�della�presente�legge,��sono�fatte�salve� le�competenze�delle�Regioni�a�statuto�speciale�e�delle�Province�autonome�,�non�ha�una�sua� autonoma�consistenza�ma�deve�essere�interpretato�come�argomento�teso�a�corroborare�le� censure�svolte�negli�altri�motivi�di�ricorso,�sulle�quali�si�e�appena�deciso.� 11.��Le�Regioni�Toscana,�Umbria�ed�Emilia-Romagna�denunciano�i�commi�da�6�a�12� eilcomma�14�dell'art.�1,che�disciplinano,nel�loro�complesso,ilregime�degli�interventi�edi- lizi�con�disposizioni�il�cui�contenuto�conviene�subito�illustrare.� Il�comma�6�prevede�che,�per�determinati�interventi,�in�alternativa�a�concessioni�ed�auto- rizzazioni�edilizie,�l'interessato�possa�avvalersi�della�denuncia�di�inizio�attivita�(DIA).�L'al- ternativa�riguarda�in�particolare:�a) gli�interventi�edilizi�minori,�di�cui�all'art.�4,�comma�7,� del�decreto-legge�n.�398�del�1993�(convertito�nella�legge�n.�493�del�1993);�b) le�ristruttura- zioni�edilizie,�comprensive�della�demolizione�e�ricostruzione�con�la�stessa�volumetria�e� sagoma;�c) gli�interventi�ora�sottoposti�a�concessione,�se�sono�specificamente�disciplinati� da�piani�attuativi�che�contengano�precise�disposizioni�plano-volumetriche,�tipologiche,�for- mali�e�costruttive,�la�cui�sussistenza�sia�stata�esplicitamente�dichiarata�dal�consiglio�comu- nale�in�sede�di�approvazione�degli�stessi�piani�o�di�ricognizione�di�quelli�vigenti;�d) i�sopralzi,� le�addizioni,�gli�ampliamenti�e�le�nuove�edificazioni�in�diretta�esecuzione�di�idonei�strumenti� urbanistici�diversi�da�quelli�indicati�alla�lettera�c),�ma�recanti�analoghe�previsioni�di�detta- glio.�Rimane�ferma�la�disciplina�previgente�quanto�all'obbligo�di�versare�il�contributo�com- misurato�agli�oneri�di�urbanizzazione�ed�al�costo�di�costruzione�(comma�7).� Il�comma�8�stabilisce�che�la�tutela�storico-artistica�o�paesaggistico-ambientale�per�la� realizzazione�degli�interventi�di�cui�al�comma�6�sia�subordinata�al�preventivo�rilascio�del� parere�o�dell'autorizzazione�richiesti�dalle�disposizioni�di�legge�vigenti�e�in�particolare�dal� testo�unico�delle�disposizioni�legislative�in�materia�di�beni�culturali�e�ambientali,�di�cui�al� decreto�legislativo�29�ottobre�1999,�n.�490.� Il�comma�9�e�il�comma�10�contengono�la�disciplina�relativa�al�caso�in�cui�le�opere�da� realizzare�riguardino�immobili�soggetti�a�un�vincolo�la�cui�tutela�competa,�anche�in�via�di� delega,�all'amministrazione�comunale�(comma�9)�ovvero�soggetti�a�un�vincolo�la�cui�tutela� spetti�ad�amministrazioni�diverse�da�quella�comunale�(comma�10).�Nel�primocasoe�previsto� che�il�termine�per�la�presentazione�della�denuncia�di�inizio�attivita�,�di�cui�all'art.�4,� comma�11,�del�decreto-legge�5�ottobre�1993,�n.�398,�decorre�dal�rilascio�del�relativo�atto�di� assenso.�Nel�secondo�caso�si�prevede�che,�ove�il�parere�favorevole�del�soggetto�preposto�alla� tutela�non�sia�allegato�alla�denuncia,�il�competente�ufficio�comunale�convoca�una�confe- renza�di�servizi�ai�sensi�degli�artt.�14,�14-bis,14-ter e14-quater della�legge�7�agosto�1990,� n.�241,�e�il�termine�di�venti�giorni�per�la�presentazione�della�denuncia�di�inizio�dell'attivita� decorre�dall'esito�della�conferenza.�Tanto�nel�caso�in�cui�l'atto�dell'autorita�comunale�prepo- sta�alla�tutela�del�vincolo�non�sia�favorevole,�quanto�nel�caso�di�esito�non�favorevole�della� conferenza,�la�denuncia�di�inizio�attivita�e�priva�di�effetti.� Ilcomma11,asuavolta,abrogailcomma8dell'art.�4deldecreto-leggen.�398del1993,� il�quale�prevedeva�la�possibilita�di�procedere�ad�attivita�edilizie�minori�sulla�base�di�denuncia� inizio�attivita�a�condizione�che�gli�immobili�non�fossero�assoggettati�alle�disposizioni�di�cui� alla�legge�n.�1089�del�1939,�alla�legge�n.�1497�del�1939,�alla�legge�n.�394�del�1991,�ovvero�a� disposizioni�immediatamente�operative�dei�piani�aventi�la�valenza�di�cui�all'art.�1-bis del� decreto-legge�n.�312�del�1985,�convertito�nella�legge�n.�431�del�1985,�o�dalla�legge�n.�183�del� 1989,�o�che�non�fossero�comunque�assoggettati�dagli�strumenti�urbanistici�a�discipline� espressamente�volte�alla�tutela�delle�loro�caratteristiche�paesaggistiche,�ambientali,�stori- co-archeologiche,�storico�artistiche,�storico�architettoniche�e�storico�testimoniali.� In�base�al�comma�12�le�disposizioni�di�cui�al�comma�6��si�applicano�nelle�Regioni�a�sta- tuto�ordinario�a�decorrere�dal�novantesimo�giorno�dalla�data�di�entrata�in�vigore�della�pre- sente�legge��e��le�Regioni�a�statuto�ordinario,�con�legge,�possono�individuare�quali�degli� interventi�indicati�al�comma�6�sono�assoggettati�a�concessione�edilizia�o�ad�autorizzazione� edilizia�.�Con�il�comma�14�viene�delegato�il�Governo�ad�emanare,�entro�il�30�giugno�2003,� un�decreto�legislativo�volto�a�introdurre�nel�testo�unico�delle�disposizioni�legislative�e�regola- IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�151 mentari�in�materia�edilizia,�di�cui�all'art.�7�della�legge�n.�50�del�1999,�e�successive�modifica- zioni,�le�modifiche�strettamente�necessarie�per�adeguarlo�alle�disposizioni�di�cui�ai�commi� da�6�a�13�(quest'ultima�disposizione,�non�denunciata,�fa�salva�la�potesta�legislativa�esclusiva� delle�Regioni�a�statuto�speciale�e�delle�Province�autonome�di�Trento�e�di�Bolzano). E�importante�rilevare�che�il�comma�12�e�stato�modificato�dall'art.�13,�comma�7,�della� legge�n.�166�del�2002,�il�quale�ha�aggiunto�alla�versione�originaria�le�seguenti�disposizioni:� �salvo�che�le�leggi�regionali�pubblicate�prima�della�data�di�entrata�in�vigore�della�presente� legge�siano�gia�conformi�a�quanto�previsto�dalle�lettere�a),�b),�c) e�d) del�medesimo� comma�6,�anche�disponendo�eventuali�categorie�aggiuntive�e�differenti�presupposti�urbani- stici.�Le�Regioni�a�statuto�ordinario�possono�ampliare�o�ridurre�l'ambito�applicativo�delle� disposizioni�di�cui�al�periodo�precedente�.� Tutte�le�disposizioni�il�cui�contenuto�si�e�ora�esposto�hanno�portata�generale�e�prescin- dono�dalla�disciplina�procedimentale�concernente�le�infrastrutture�e�gli�insediamenti�produt- tivi�strategici�e�di�preminente�interesse�nazionale,�della�quale�non�costituiscono�ulteriore� svolgimento.� Contro�di�esse�si�orientano�le�censure�delle�ricorrenti,�le�quali�assumono�che�lo�Stato� avrebbe�violato�la�competenza�residuale�delle�Regioni�in�materia�edilizia�e,�subordinata- mente,�avrebbe�leso,�con�una�disciplina�di�dettaglio,�la�competenza�regionale�concorrente� in�materia�di�governo�del�territorio.� Nelle�memorie�presentate�in�prossimita�dell'udienza,�la�Regione�Toscana,�in�considera- zione�della�sopravvenuta�modifica�del�comma�12,�ha�espressamente�dichiarato�di�rinunciare� ai�motivi�di�ricorso�concernenti�i�commi�da�6�a�12�ed�il�comma�14.�Insistono�invece�nelle�cen- sure�le�Regioni�Umbria�ed�Emilia-Romagna,�sicche�questa�Corte�deve�pronunciarsi�su�di� esse.� 11.1.��E�innanzitutto�da�escludersi�che�la�materia�regolata�dalle�disposizioni�censurate� sia�oggi�da�ricondurre�alle�competenze�residuali�delle�Regioni,�ai�sensi�dell'art.�117,�quarto� comma,�Cost.�La�materia�dei�titoli�abilitativi�ad�edificare�appartiene�storicamente�all'urba- nistica�che,�in�base�all'art.�117�Cost.,�nel�testo�previgente,�formava�oggetto�di�competenza� concorrente.�La�parola��urbanistica��non�compare�nel�nuovo�testo�dell'art.�117,�ma�cio�non� autorizza�a�ritenere�che�la�relativa�materia�non�sia�piu�ricompresa�nell'elenco�del�terzo� comma:�essa�fa�parte�del��governo�del�territorio�.�Se�si�considera�che�altre�materie�o�fun- zioni�di�competenza�concorrente,�quali�porti�e�aeroporti�civili,�grandi�reti�di�trasporto�e�di� navigazione,�produzione,�trasporto�e�distribuzione�nazionale�dell'energia,�sono�specifica- mente�individuati�nello�stesso�terzo�comma�dell'art.�117�Cost.�e�non�rientrano�quindi�nel� �governo�del�territorio�,�appare�del�tutto�implausibile�che�dalla�competenza�statale�di�prin- cipio�su�questa�materia�siano�stati�estromessi�aspetti�cos|�rilevanti,�quali�quelli�connessi� all'urbanistica,�e�che�il��governo�del�territorio��sia�stato�ridotto�a�pocopiu�di�un�guscio� vuoto.� 11.2.��Chiarito�che�si�versa�in�materia�di�competenza�concorrente,�resta�da�chiedersi� se�nelle�disposizioni�denunciate�vi�siano�aspetti�eccedenti�la�formulazione�di�un�principio�di� legislazione.�Un�accurato�esame�della�disciplina�poc'anzi�richiamata�conduce�a�una�risposta� negativa.�Non�vi�e�nulla�in�essa�che�non�sia�riconducibile�ad�una�enunciazione�di�principio� e�che�possa�essere�qualificato�normativa�di�dettaglio.� Giova�premettere�che�i�principi�della�legislazione�statale�in�materia�di�titoli�abilitativi� per�gli�interventi�edilizi�non�sono�rimasti,�nel�tempo,�immutati,�ma�hanno�subito�sensibili� evoluzioni.� Dal�generale�e�indifferenziato�onere�della�concessione�edilizia�(legge�n.�10�del�1977)�si�e� passati�all'autorizzazione�per�gli�interventi�di�manutenzione�straordinaria�e�fra�questi�al� silenzio-assenso�quando�non�siano�coinvolti�edifici�soggetti�a�disciplina�vincolistica�(legge� n.�457�del�1978).�Il�silenzio-assenso�e�stato�successivamente�ampliato�ed�esteso�e�fatto� oggetto�di�specifiche�previsioni�procedurali�(legge�n.�94�del�1982,�che�ha�convertito�il� decreto-legge�n.�9�del�1982).�Alle�Regioni�e�stato�poi�attribuito�(legge�n.�47�del�1985)�il�potere� di�semplificare�le�procedure�ed�accelerare�l'esame�delle�domande�di�concessione�e�di�autoriz- zazione�edilizia�e�di�consentire,�per�le�sole�opere�interne�agli�edifici,�l'asseverazione�del� rispetto�delle�norme�di�sicurezza�e�delle�norme�igienico-sanitarie�vigenti,�secondo�un�modello� che,�in�qualche�modo,�anticipa�l'istituto�della�denuncia�di�inizio�attivita�.Edancora� (decreto-legge�n.�398�del�1993,�convertito�nella�legge�n.�493�del�1993)�sono�state�nuovamente� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� regolate�le�procedure�per�il�rilascio�della�concessione�edilizia,�eliminando�il�silenzio-assenso� e�prevedendo�in�sua�vece�la�nomina�di�un�commissario�regionale�ad acta con�il�compito�di� adottare�il�provvedimento�nei�casi�di�inerzia�del�comune.�Si�e��giunti�quindi�alla�disciplina� sostanziale�e�procedurale�della�denuncia�di�inizio�attivita��(DIA)�per�taluni�enumerati�inter- venti�edilizi,�imponendo�alle�Regioni�l'obbligo�di�adeguare�la�propria�legislazione�ai�nuovi� principi�(legge�n.�662�del�1996).� E�dunque�lungo�questa�direttrice,�in�cui�lo�Stato�ha�mantenuto�la�disciplina�dei�titoli� abilitativi�come�appartenente�alla�potesta��di�dettare�i�principi�della�materia,�che�si�muovono� le�disposizioni�impugnate.�Le�fattispecie�nelle�quali,�in�alternativa�alle�concessioni�o�autoriz- zazioni�edilizie,�si�puo��procedere�alla�realizzazione�delle�opere�con�denuncia�di�inizio�attivita�� a�scelta�dell'interessato�integrano�il�proprium del�nuovo�principio�dell'urbanistica:�si�tratta� infatti,�come�agevolmente�si�evince�dal�comma�6,�di�interventi�edilizi�di�non�rilevante�entita�� o,�comunque,�di�attivita��che�si�conformano�a�dettagliate�previsioni�degli�strumenti�urbani- stici.�In�definitiva,�le�norme�impugnate�perseguono�il�fine,�che�costituisce�un�principio�del- l'urbanistica,�che�la�legislazione�regionale�e�le�funzioni�amministrative�in�materia�non�risul- tino�inutilmente�gravose�per�gli�amministrati�e�siano�dirette�a�semplificare�le�procedure�e� ad�evitare�la�duplicazione�di�valutazioni�sostanzialmente�gia��effettuate�dalla�pubblica�ammi- nistrazione.� Ne�puo��dirsi�che�le�modificazioni�introdotte�nell'ultimo�periodo�del�comma�12�del- l'art.�1,�e�cioe��l'attribuzione�alle�Regioni�del�potere�di�ampliare�o�ridurre�le�categorie�di�opere� per�le�quali�e��prevista�in�principio�la�dichiarazione�di�inizio�attivita��,�abbiano�comportato,� nella�disciplina�contenuta�nel�comma�6,�un�mutamento�di�natura�e�l'abbiano�trasformata�in� normativa�di�dettaglio.�Vi�e��solo�una�maggiore�flessibilita��del�principio�della�legislazione�sta- tale�quanto�alle�categorie�di�opere�a�cui�la�denuncia�di�inizio�attivita��puo��applicarsi.�Resta� come�principio�la�necessaria�compresenza�nella�legislazione�di�titoli�abilitativi�preventivi�ed� espressi�(la�concessione�o�l'autorizzazione,�ed�oggi,�nel�nuovo�testo�unico�n.�380�del�2001,�il� permesso�di�costruire)�e�taciti,�quale�e��la�DIA,�considerata�procedura�di�semplificazione� che�non�puo��mancare,�libero�il�legislatore�regionale�di�ampliarne�o�ridurne�l'ambito�applica- tivo.� La�materia�del�contendere�in�relazione�ai�commi�6�e�12�non�e��dunque�cessata,�come� invece�vorrebbe�l'Avvocatura�generale�dello�Stato,�ma�le�censure�che�le�Regioni�Umbria�ed� Emilia-Romagna�hanno�tenute�ferme�nei�confronti�di�queste�disposizioni�non�possono�essere� accolte,�giacche�,�anche�dopo�le�sopravvenute�modificazioni�del�comma�12,�le�disposizioni� impugnate�si�limitano�a�porre�principi�e�non�costituiscono�norme�di�dettaglio.� 11.3.��Del�pari�va�respinta�la�censura�relativa�al�comma�7,�il�quale,�senza�avere�il�con- tenuto�di�norma�di�dettaglio,�si�limita�a�reiterare�l'obbligo�dell'interessato�di�versare�gli�oneri� di�urbanizzazione�commisurati�al�costo�di�costruzione�anche�quando�il�titolo�abilitativo�con- sista�nella�denuncia�di�inizio�attivita��.�L'onerosita��del�titolo�abilitativo�riguarda�infatti�un� principio�della�disciplina�un�tempo�urbanistica�e�oggi�ricompresa�fra�le�funzioni�legislative� concorrenti�sotto�la�rubrica��governo�del�territorio�.� 11.4.��Non�sono�fondate�le�questioni�concernenti�i�commi�da�8�a�11�dell'art.�1,�per�le� quali�sono�svolti�motivi�di�censura�analoghi�a�quelli�appena�esaminati.� Seppure,�infatti,�non�si�fosse�in�presenza�di�una�legislazione�statale�rientrante�nel- l'art.�117,�secondo�comma,�lettera�s),�Cost.,�che�attribuisce�allo�Stato�la�competenza�esclu- siva�in�materia�di�tutela�dell'ambiente,�ecosistema�e�beni�culturali,�le�disposizioni�censurate� non�eccederebbero�l'ambito�della�potesta��legislativa�statale�nelle�materie�di�competenza�con- corrente,�e�in�particolare�nella�materia��governo�del�territorio�.�In�effetti�esse,�lungi�dal� porre�una�disciplina�di�dettaglio,�costituiscono�espressione�di�un�principio�della�legislazione� statale�diverso�da�quello�previgente,�contenuto�nell'art.�4,�comma�8,�del�decreto-legge� n.�398�del�1993�(che�viene�espressamente�abrogato),�secondo�il�quale�puo��procedersi�con� denuncia�di�inizio�attivita��anche�alla�realizzazione�degli�interventi�edilizi�di�cui�al�comma�6� dell'art.�1�della�legge�n.�443�del�2001�che�riguardino�aree�o�immobili�sottoposti�a�vincolo.�Il� legislatore,�stabilito�tale�nuovo�principio,�ha�coordinato�l'istituto�della�denuncia�di�inizio� attivita��con�le�vigenti�disposizioni�che�pongono�vincoli,�a�tal�fine�ribadendo�la�indispensabi- lita��che�l'amministrazione�preposta�alla�loro�tutela�esprima�il�proprio�parere,�la�cui�assenza� priva�di�effetti�la�denuncia�di�inizio�attivita��.�In�definitiva�le�disposizioni�censurate�si�limitano� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� a�far�salva�la�previgente�normativa�vincolistica,�senza�alterare�il�preesistente�quadro�delle� relative�competenze,�anche�delegate�alle�amministrazioni�comunali,�e�senza�attrarre�allo� Stato�ulteriori�competenze.�Le�attribuzioni�regionali�non�sono�pertanto�lese.� 11.5.��Le�considerazioni�svolte�nei�precedenti�paragrafi�inducono�a�ritenere�priva�di� fondamento�la�censura�che�le�ricorrenti�muovono�al�comma�14,�contenente�la�delega�al� Governo�ad�emanare�un�decreto�legislativo�volto�ad�introdurre�nel�testo�unico�delle�disposi- zioni�legislative�e�regolamentari�in�materia�edilizia�di�cui�all'art.�7�della�legge�8�marzo�1999,� n.�50,�le�modifiche�strettamente�necessarie�per�adeguarlo�alle�disposizioni�dei�commi�da�6� a�13.�Si�sostiene�dalle�ricorrenti�che�la�disposizione�sia�illegittima�in�quanto�sarebbe��il�con- cetto�stesso�di�testo�unico�che�ripugna�al�riparto�costituzionale�delle�competenze��e�cio�non� soltanto�per�le�materie�residuali�regionali,�ma�anche�per�le�materie�di�competenza�concor- rente,�nelle�quali�sulle�Regioni�grava�soltanto�il�vincolo�di�conformarsi�ai�principi�della�legi- slazione�statale.� Le�disposizioni�impugnate��lo�si�e�appena�visto��non�sono�tuttavia�ascrivibili�a�com- petenze�residuali�e�hanno�il�contenuto�di�principi�che�le�Regioni�possono�svolgere�con�pro- prie�norme�legislative.�Inserire�quei�principi�in�un�testo�unico�gia�vigente�e�dunque�opera- zione�che�non�lede�alcuna�attribuzione�regionale.� 12.�LaRegioneToscanahaimpugnatoancheicommi1,4e11dell'art.�13dellalegge� n.�166�del�2002.� 12.1.��Il�comma�4�inserisce,�dopo�il�comma�1�dell'art.�1�della�legge�n.�443�del�2001,�il� �comma�1-bis�,�il�quale�detta�le�indicazioni�che�deve�contenere�il�programma�delle�infra- strutture�e�degli�insediamenti�produttivi�strategici�e�di�preminente�interesse�nazionale�da� inserire�nel�documento�di�programmazione�economico-finanziaria.�La�ricorrente�assume� che�la�disposizione�violerebbe�gli�artt.�117�e�118,�primo�comma,�Cost.�per�le�stesse�identiche� ragioni�gia�poste�a�fondamento�della�censura�svolta�avverso�il�comma�3�dell'art.�13�della� legge�n.�166�del�2002,�che�ha�sostituito�il�comma�1�della�citata�legge�n.�443.� Il�motivo�di�ricorso�e�da�respingersi�sulla�base�delle�stesse�argomentazioni�che�hanno� condotto�a�ritenere�infondate�le�censure�avverso�il�menzionato�comma�1�dell'art.�1�nella�ver- sione�vigente:�la�doglianza�in�esame�non�assume�infatti�alcuna�autonomia�rispetto�a�quella� gia�scrutinata,�con�la�quale,�del�resto,�e�prospettata�congiuntamente.� 12.2.��Nei�commi�1�e�11�dell'art.�13�della�legge�n.�166,�sono�individuati�ed�autorizzati�i� limiti�di�impegno�di�spesa�quindicennali�per�la�progettazione�e�realizzazione�delle�opere�stra- tegiche�e�di�preminente�interesse�nazionale��individuate�in�apposito�programma�approvato�� dal�CIPE,�prevedendo,�tra�l'altro,�che�le�risorse�autorizzate��integrano�i�finanziamenti�pub- blici,�comunitari�e�privati�allo�scopo�disponibili�.�Il�successivo�comma�11�dispone�i�necessari� stanziamenti�di�bilancio.� In�ordine�a�tali�disposizioni�la�Regione�Toscana�sostiene�che�esse,�nel�prevedere�specifici� stanziamenti�per�la�progettazione�e�la�realizzazione�delle�opere�strategiche�approvate�dal� CIPE,�contrasterebbero�sia�con�gli�artt.�117�e�118�Cost.,�in�quanto�si�riferirebbero�al�pro- gramma�predisposto�dal�CIPE�che�si�assume�elaborato��in�spregio�alle�competenze�regio- nali�;�sia�con�l'art.�119�Cost.,�perche�inciderebbero�sull'autonomia�finanziaria�delle�Regioni� garantita�dalla�Costituzione�anche�in�relazione�al�reperimento�delle�risorse�per�la�realizza- zione�delle�infrastrutture�di�competenza�regionale.� La�censura�va�respinta�per�considerazioni�analoghe�a�quelle�gia�svolte�nel�punto�4.1.� della�presente�pronuncia:�in�assenza�dell'intesa�con�la�Regione�interessata�i�programmi�sono� inefficaci.�Ne�consegue�che�anche�questa�disposizione�deve�essere�interpretata�nel�senso�che� i�finanziamenti�concernenti�le�infrastrutture�e�gli�insediamenti�produttivi�individuati�nel�pro- gramma�approvato�dal�CIPE�potranno�essere�utilizzati�per�la�realizzazione�di�quelle�sole� opere�che�siano�state�individuate�mediante�intesa�tra�Stato�e�Regioni�o�Province�autonome� interessate.� Quanto�all'evocato�parametro�dell'art.�119�Cost.,�e�sufficiente�osservare�che�si�tratta�di� finanziamenti�statali�individuati�e�stanziati�in�vista�della�realizzazione�di�un�programma�di� opere�che�lo�Stato�assume,�nei�termini�gia�chiariti,�in�base�ai�principi�di�sussidiarieta�ed�ade- guatezza�anche�in�considerazione�degli�oneri�finanziari�che�esso�comporta�e�non�e�pensabile� che�lo�Stato�possa�esimersi�dal�reperire�le�risorse.�Non�e�pertanto�apprezzabile�alcuna� lesione�dell'autonomia�finanziaria�delle�Regioni.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� 13.��Si�tratta�ora�di�esaminare�i�ricorsi�proposti�dalle�Regioni�Toscana�e�Marche�e� dalle�Province�autonome�di�Bolzano�e�di�Trento,�in�riferimento�agli�artt.�76,�117,�118�e�120� della�Costituzione,�nonche�agli�artt.�8,�primo�comma,�numeri�5,�6,�9,�11,�14,�16,�17,�18,�19,� 21,22e24;9,primocomma,numeri8,9,e10;�16dellostatutospecialeperilTrentino-Alto� Adige,�e�relative�norme�di�attuazione,�avverso�numerosi�articoli�del�decreto�legislativo� 20�agosto�2002,�n.�190,�attuativo�della�delega�contenuta�nell'art.�1,�comma�2,�della�legge� 21�dicembre�2001,�n.�443.� SpecificamentelaToscanaimpugnagliartt.�1-11;13;�15e16,commi1,2,3,6e7;�17-20;� la�Provincia�autonoma�di�Bolzano�gli�artt.�1,�commi�1�e�7;�2,�commi�1,�2,�3,�4,�5�e7;3,� commi4,5,6e9;�13,comma5;�15;laRegioneMarchegliartt.�1-11;�13e15-20;laProvincia� autonoma�di�Trento�gli�artt.�1,�2,�3,�4,�13�e�15.� 14.��Il�ricorso�della�Provincia�autonoma�di�Trento�e�stato�depositato�presso�la�cancel- leria�della�Corte�Costituzionale�oltre�il�termine�previsto�dall'art.�32,�terzo�comma,�della� legge�11�marzo�1953,�n.�87.�La�Provincia,�con�apposita�istanza,�pur�non�disconoscendo�il� carattere�perentorio�del�termine�per�il�deposito,�ritiene�che�possa�trovare�applicazione�alla� fattispecie�la�disciplina�dell'errore�scusabile,�che,�per�il�processo�costituzionale,�non�e�espres- samente�previsto.�Si�chiede�pertanto�di�considerare�scusabile,�e�dunque�tempestivo,�il�depo- sito�effettuato�dalla�Provincia�autonoma�il�5�novembre�2002.�In�subordine,�la�Provincia�sol- lecita�questa�Corte�a�sollevare�dinanzi�a�se�stessa�la�questione�di�legittimita�costituzionale� degli�artt.�31,�terzo�comma,�e�32,�terzo�comma,�della�legge�n.�87�del�1953,�nella�parte�in�cui� precludono�l'applicazione�di�tale�istituto,�per�violazione�dell'art.�24,�primo�comma,�Cost.�e� del�principio�di�ragionevolezza.� Entrambe�le�richieste�non�possono�essere�accolte.�Nei�giudizi�in�via�di�azione�va�senz'al- tro�esclusa�l'applicabilita�della�disciplina�dell'errore�scusabile,�cos|�come�e�da�escludersi�che� la�Corte�possa�ritenere�non�manifestamente�infondata�una�questione�di�legittimita�proprio� su�quelle�norme�legislative�che,�regolando�il�processo�costituzionale,�sono�intese�a�conferire� ad�esso�il�massimo�di�certezza�e�ad�assicurare�alle�parti�il�corretto�svolgimento�del�giudizio.� Il�ricorso�della�Provincia�autonoma�di�Trento�deve�essere�pertanto�dichiarato�inammis- sibile.� 15.��L'art.�1,�comma�1,�che�regola�la�progettazione,�l'approvazione�e�realizzazione� delle�infrastrutture�strategiche�e�degli�insediamenti�produttivi�di�preminente�interesse�nazio- nale,�individuati�dall'apposito�programma,�e�impugnato�dalla�Provincia�autonoma�di�Bol- zano.�Preliminarmente�la�ricorrente�lamenta�che�la�disposizione�sarebbe�rivolta�a�salvaguar- dare�unicamente�le�competenze�riconosciutele�dallo�statuto�speciale�e�dalle�norme�di�attua- zione,�senza�alcun�riferimento�alle�nuove�e�maggiori�competenze�derivanti�dagli�artt.�117�e� 118,�applicabili�alle�Regioni�ad�autonomia�differenziata�in�virtu�della�clausola�di�estensione� contenuta�nell'art.�10�della�legge�costituzionale�18�ottobre�2001,�n.�3,�e�comunque�che�viole- rebbe�l'art.�2�del�decreto�legislativo�n.�266�del�1992.�Tale�disposizione�definisce�le�condizioni� dell'adeguamento�(sei�mesi)�della�legislazione�Provinciale�ai�principi�della�legislazione�sta- tale,�tenendo�ferma��l'immediata�applicabilita�nel�territorio�regionale�(...)�degli�atti�legisla- tivi�dello�Stato�nelle�materie�nelle�quali�alla�Regione�o�alla�Provincia�autonoma�e�attribuita� delega�di�funzioni�statali�.� La�pretesa�avanzata�dalla�Provincia�di�Bolzano�e�quella�di�rimanere�indenne�dal- l'obbligo�di�applicazione�immediata�nel�proprio�territorio�della�disciplina�contenuta�nella� disposizione�impugnata.�Un'applicazione�immediata,�tuttavia,�e�esclusa�dallo�stesso�art.�1,� il�quale,�per�un�verso,�fa�salve�le�competenze�delle�Province�autonome�e�delle�Regioni�a�sta- tuto�speciale;�per�altro�verso�subordina�l'applicazione�della�disciplina�a�una�previa�intesa,� alla�quale�la�stessa�Provincia�autonoma,�proprio�perche�titolare�di�competenze�statutarie� che�le�sono�fatte�salve,�puo�sottrarsi.�In�questi�termini�la�censura�e�infondata.� Anche�competenze�ulteriori�rispetto�a�quelle�statutariamente�previste,�che�possano�deri- vare�alla�Provincia�di�Bolzano�dalla�clausola�contenuta�nell'art.�10�della�legge�costituzionale� n.�3�del�2001,�soggiacciono�ai�medesimi�limiti�propri�delle�funzioni�corrispondenti�delle� Regioni�ordinarie;�e�se�per�queste�e�l'intesa,�quale�limite�immanente�all'operare�del�principio� di�sussidiarieta�,�ad�assicurare�la�salvaguardia�delle�relative�attribuzioni,�un�identico�modulo� collaborativo�deve�agire�anche�nei�confronti�della�Provincia�di�Bolzano.� Per�le�stesse�ragioni�va�respinta�la�censura�svolta�dalla�Provincia�di�Bolzano,�sempre�in� riferimento�al�parametro�dell'art.�2�del�decreto�legislativo�n.�266�del�1992,�nei�confronti�del- IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� l'art.�13,�comma�5,�il�quale�stabilisce�che�l'approvazione�del�CIPE,�adottata�a�maggioranza� dei�componenti�con�l'intesa�dei�presidenti�delle�Regioni,�sostituisce,�anche�a�fini�urbanistici� ed�edilizi,�ogni�altra�autorizzazione,�approvazione,�parere�e�nulla�osta�comunque�denomi- nato,�costituisce�dichiarazione�di�pubblica�utilita��,�indifferibilita��e�urgenza�delle�opere�e�con- sente�la�realizzazione�e�l'esercizio�delle�infrastrutture�strategiche�per�l'approvvigionamento� energetico�e�di�tutte�le�attivita��previste�nel�progetto�approvato.� 16.��Le�Regioni�Marche�e�Toscana�impugnano�l'art.�1,�comma�5,�secondo�il�quale�le� Regioni,�le�Province,�i�comuni,�le�citta��metropolitane�applicano,�per�le�proprie�attivita��con- trattuali�ed�organizzative�relative�alla�realizzazione�delle�infrastrutture�e�diverse�dall'appro- vazione�dei�progetti�(comma�2)�e�dalla�aggiudicazione�delle�infrastrutture�(comma�3),�le� norme�del�presente�decreto�legislativo��fino�alla�entrata�in�vigore�di�una�diversa�norma� regionale,�(...)�per�tutte�le�materie�di�legislazione�concorrente�.�Si�denuncia�la�lesione�del- l'art.�117�della�Costituzione�poiche�in�materie�di�competenza�concorrente�sarebbe�posta�una� normativa�cedevole�di�dettaglio.� Non�puo��negarsi�che�l'inversione�della�tecnica�di�riparto�delle�potesta��legislative�e�l'enu- merazione�tassativa�delle�competenze�dello�Stato�dovrebbe�portare�ad�escludere�la�possibi- lita��di�dettare�norme�suppletive�statali�in�materie�di�legislazione�concorrente,�e�tuttavia�una� simile�lettura�dell'art.�117�svaluterebbe�la�portata�precettiva�dell'art.�118,�comma�primo,�che� consente�l'attrazione�allo�Stato,�per�sussidiarieta��e�adeguatezza,�delle�funzioni�amministra- tive�e�delle�correlative�funzioni�legislative,�come�si�e��gia��avuto�modo�di�precisare.�La�disci- plina�statale�di�dettaglio�a�carattere�suppletivo�determina�una�temporanea�compressione� della�competenza�legislativa�regionale�che�deve�ritenersi�non�irragionevole,�finalizzata�com'e�� ad�assicurare�l'immediato�svolgersi�di�funzioni�amministrative�che�lo�Stato�ha�attratto�per� soddisfare�esigenze�unitarie�e�che�non�possono�essere�esposte�al�rischio�della�ineffettivita��.� Del�resto�il�principio�di�cedevolezza�affermato�dall'impugnato�art.�1,�comma�5,�opera�a� condizione�che�tra�lo�Stato,�le�Regioni�e�le�Povince�autonome�interessate�sia�stata�raggiunta� l'intesa�di�cui�al�comma�1,�nella�quale�si�siano�concordemente�qualificate�le�opere�in�cui�l'in- teresse�regionale�concorre�con�il�preminente�interesse�nazionale�e�si�sia�stabilito�in�che� terminiesecondoquali�modalita��le�Regioni�e�le�Province�autonome�partecipano�alle�attivita�� di�progettazione,�affidamento�dei�lavori�e�monitoraggio.�Si�aggiunga�che,�a�ulteriore�raffor- zamento�delle�garanzie�poste�a�favore�delle�Regioni,�l'intesa�non�puo��essere�in�contrasto� con�le�normative�vigenti,�anche�regionali,�o�con�le�eventuali�leggi�regionali�emanate�allo� scopo.� 17.��L'art.�1,�comma�7,�lettera�e),�definisce�opere�per�le�quali�l'interesse�regionale�con- corre�con�il�preminente�interesse�nazionale��le�infrastrutture�(...)�non�aventi�carattere�inter- regionale�o�internazionale�per�le�quali�sia�prevista,�nelle�intese�generali�quadro�di�cui�al� comma�1,�una�particolare�partecipazione�delle�Regioni�o�Province�autonome�alle�procedure� attuative��e�opere�di�carattere�interregionale�o�internazionale��le�opereda�realizzare�sul�ter- ritoriodipiu��Regioni�o�Stati,�ovvero�collegate�funzionalmente�ad�una�rete�interregionale�o� internazionale�.�La�Regione�Toscana�lamenta�la�violazione�dell'art.�76�Cost.,�giacche�la� legge�n.�443�del�2001�non�autorizzerebbe�il�Governo�a�porre�un�regime�derogatorio�anche� per�le�opere�di�interesse�regionale.� In�realta��l'art.�1�del�decreto�legislativo�n.�190,�fa�riferimento�a�infrastrutture�pubbliche�e� private�e�insediamenti�produttivi�strategici�e��di�preminente�interesse�nazionale��e�non�parla� mai�di�opere�di�interesse�regionale,�ma�solo�di�opere�nelle�quali�con�il��preminente�interesse� nazionale�,�che�permane�in�posizione�di�prevalenza,�concorre�l'interesse�della�Regione.� Opere�di�interesse�esclusivamente�regionale,�in�altri�termini,�non�sono�oggetto�della�disci- plina�impugnata.� Non�e��pertanto�ravvisabile�nella�disposizione�denunciata�alcun�eccesso�di�delega.� 17.1��La�stessa�Regione�Toscana,�la�Regione�Marche�e�la�Provincia�di�Bolzanoassu- mono�poi�che�l'art.�1�comma�7,�lettera�e),�violerebbe�gli�artt.�117,�commi�terzo,�quarto�e� sesto,�e�118�Cost.,�poiche�la�disposizione�escluderebbe�la�concorrenza�dell'interesse�regionale� con�il�preminente�interesse�nazionale�in�relazione�ad�opere�aventi�carattere�interregionale�o� internazionale,�mentre�il�solo�fatto�della�localizzazione�di�una�parte�dell'opera�sul�territorio� di�una�Regione�implicherebbe�il�coinvolgimento�di�un�interesse�regionale�e�la�conseguente� legittimazione�della�Regione�interessata�all'esercizio�nel�proprio�territorio�delle�competenze� legislative,�regolamentari�e�amministrative�ad�essa�riconosciute�dalla�Costituzione.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Anche�questa�censura�deve�essere�respinta.� Le�ricorrenti�muovono�dalla�erronea�premessa�che�per�le�opere�di�interesse�interregio- nale�sia�esclusa�ogni�forma�di�coinvolgimento�delle�Regioni�interessate.�Al�contrario�deve� essere�chiarito�che�l'intesa�generale�di�cui�al�primo�comma�dell'art.�1�del�decreto�legislativo� ha�ad�oggetto,�fra�l'altro,�la�qualificazione�delle�opere�e�dunque�la�stessa�classificazione�della� infrastruttura�come�opera�di�interesse�interregionale�deve�ottenere�l'assenso�regionale.� Chiarito�che�il�decreto�legislativo�n.�190,�non�autorizza�una�qualificazione�unilaterale� del�livello�di�interesse�dell'opera�e�ribadito�che�anche�la�classificazione�della�stessa�deve�for- mare�oggetto�di�un'intesa,�non�puo�dirsi�scalfita�la�peculiare�garanzia�riconosciuta�alla�Pro- vincia�di�Bolzano�dalle�norme�di�attuazione�dello�statuto�speciale�per�il�Trentino-Alto�Adige� recate�dal�d.P.R.�n.�381�del�1974,�le�quali�richiedono�appunto�un'intesa�fra�Ministro�dei� lavori�pubblici�e�presidenti�delle�Province�autonome�di�Trento�e�Bolzano�per��i�piani�plu- riennali�di�viabilita�e�i�piani�triennali�per�la�gestione�e�l'incremento�della�rete�stradale�� (art.�19);�e�stabiliscono�che��gli�interventi�di�spettanza�dello�Stato�in�materia�di�viabilita�,� linee�ferroviarie�e�aerodromi,�anche�se�realizzati�a�mezzo�di�aziende�autonome,�sono�effet- tuati�previa�intesa�con�la�Provincia�interessata��(art.�20).� 18.��L'art.�2,�comma�1,�stabilisce�che�il�Ministero�delle�infrastrutture�e�dei�trasporti� �promuove�le�attivita�tecniche�ed�amministrative�occorrenti�ai�fini�della�sollecita�progetta- zione�ed�approvazione�delle�infrastrutture�e�degli�insediamenti�produttivi�ed�effettua,�con�la� collaborazione�delle�Regioni�e�delle�Province�autonome�interessate�con�oneri�a�proprio� carico,�le�attivita�di�supporto�necessarie�per�la�vigilanza,�da�parte�del�CIPE,�sulla�realizza- zione�delle�infrastrutture�.� Secondo�la�prospettazione�della�Provincia�autonoma�di�Bolzano�questa�disposizione� violerebbe�l'art.�16�dello�statuto�speciale�per�il�Trentino-Alto�Adige,�il�quale�pone�il�principio� del�parallelismo�tra�funzioni�legislative�e�amministrative,�nonche�l'art.�4,�comma�1,�del� decreto�legislativo�n.�266�del�1992,�il�quale�dispone�che��nelle�materie�di�competenza�propria� della�Regione�o�delle�Province�autonome�la�legge�non�puo�attribuire�agli�organi�statali�fun- zioni�amministrative�(...)�diverse�da�quelle�spettanti�allo�Stato�secondo�lo�statuto�speciale�e� le�norme�di�attuazione,�salvi�gli�interventi�richiesti�ai�sensi�dell'art.�22�dello�statuto�.� La�ricorrente�presuppone�che�alcune�delle�materie�su�cui�insistono�i�compiti�tecnici�e� amministrativi�conferiti�al�Ministero�sarebbero�di�competenza�legislativa�(e�quindi�ammini- strativa)�Provinciale,�ma�omette�di�considerare�che�tra�gli�oggetti�riconducibili�alla�propria� competenza�rientrano�solo�opere�o�lavori�pubblici�di�interesse�Provinciale,�ai�quali�il�decreto� legislativo�n.�190�non�e�applicabile.�Quando�invece�l'opera�trascende�l'ambito�di�interesse� della�Provincia,�allora�si�e�al�di�fuori�delle�garanzie�statutarie�e�le�eventuali�ulteriori�compe- tenze�normative�che�essa�intendesse�trarre�dall'art.�10�della�legge�costituzionale�n.�3�del� 2001,�in�relazione�alle�infrastrutture�di�cui�al�decreto�legislativo�impugnato�non�potrebbero� sottrarsi�ai�limiti�che�si�fanno�valere�nei�confronti�delle�Regioni�ordinarie,�ossia,�nella�specie,� alla�possibilita�,�per�lo�Stato,�di�far�agire�il�principio�di�sussidiarieta�attraendo�e�regolando� funzioni�amministrative.�Il�parallelismo�invocato�dalla�ricorrente�opera,�pertanto,�unica- mente�nell'ambito�Provinciale�e�con�riferimento�alle�competenze�statutarie,�essendo�superato� dall'applicabilita�del�principio�di�sussidiarieta�per�le�competenze�ulteriori.� 18.1.��Per�i�motivi�appena�illustrati�devono�essere�respinte�anche�tutte�le�censure�che� la�Provincia�di�Bolzano�prospetta,�sempre�sul�parametro�dell'art.�4,�comma�1,�del�decreto� legislativo�n.�266�del�1992,�con�argomentazioni�analoghe�e�che�hanno�ad�oggetto�gli�artt.�1,� commi�1�e�7;�2,�commi�1,�2,�3,�4,�5,�e�7;�3,�commi�4,�5,�6,�9;�13,�comma�5;�e�15,�i�quali�preve- dono�procedimenti�di�approvazione�che�comportano�l'automatica�variazione�degli�strumenti� urbanistici,�determinano�l'accertamento�della�compatibilita�ambientale�e�sostituiscono�ogni� altra�autorizzazione,�approvazione�e�parere.� 19.��La�Provincia�autonoma�di�Bolzano�impugna�l'art.�2,�commi�2,�3,�4�e�5,�i�quali,�nel� riservare�al�Ministero�delle�infrastrutture�e�trasporti�la�promozione�dell'attivita�di�progetta- zione,�direzione�ed�esecuzione�delle�infrastrutture�e�il�potere�di�assegnare�le�risorse�integra- tive�necessarie�alle�attivita�progettuali,�violerebbero�l'art.�16�dello�statuto�speciale�per�il� Trentino-Alto�Adige�e�l'art.�4�del�decreto�legislativo�n.�266�del�1992.�Quest'ultimo,�nel�terzo� comma,�prevede�che��fermo�restando�quanto�disposto�dallo�statuto�speciale�e�dalle�relative� norme�di�attuazione,�nelle�materie�di�competenza�propria�della�Provincia,�le�amministra- zioni�statali,�comprese�quelle�autonome,�e�gli�enti�dipendenti�dallo�Stato�non�possono� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� disporre�spese�ne�concedere,�direttamente�o�indirettamente,�finanziamenti�o�contributi�per� attivita�nell'ambito�del�territorio�regionale�o�Provinciale�.�Tale�disposizione,�secondo�la� ricorrente�imporrebbe�la�diretta�assegnazione�dei�fondi�alle�Province�autonome�di�Trento�e� Bolzano�e�non�ai�soggetti�aggiudicatori.� Il�motivo�di�ricorso�va�respinto�per�ragioni�analoghe�a�quelle�poc'anzi�esposte,�giacche� alle�Province�autonome�non�spetta�in�materia�alcuna�competenza�statutaria,�se�non�con� riguardo�alle�opere�di�interesse�Provinciale.�Non�si�applicano�dunque�i�parametri�che�la� ricorrente�invoca.� 20.��Le�Regioni�Toscana�e�Marche�impugnano�l'art.�2,�comma�5,�il�quale�prevede�che� per�la�nomina�di�commissari�straordinari�incaricati�di�seguire�l'andamento�delle�opere�aventi� carattere�interregionale�o�internazionale�debbano�essere�sentiti�i�presidenti�delle�Regioni� interessate.�Le�ricorrenti�lamentano�la�violazione�degli�artt.�117�e�118�Cost.�e�del�principio� di�leale�collaborazione,�che,�a�loro�giudizio,�imporrebbe�il�coinvolgimento�della�Regione� nella�forma�dell'intesa.� La�questione�non�e�fondata.� La�disposizione�impugnata,�infatti,�prevede�una�forma�di�vigilanza�sull'esercizio�di�fun- zioni�che,�in�quanto�assunte�per�sussidiarieta�,�sono�qualificabili�come�statali,�e�non�vi�e� alcuna�prescrizione�costituzionale�dalla�quale�possa�desumersi�che�il�livello�di�collaborazione� regionale�debba�consistere�in�una�vera�e�propria�intesa,�anziche�,comee�previsto�per�le�opere� interregionali�e�internazionali,�nella�audizione�dei�presidenti�delle�Regioni�e�delle�Province� autonome�in�sede�di�nomina�del�commissario�straordinario.� 21.��Le�Regioni�Toscana�e�Marche�impugnano�l'art.�2,�comma�7,�nella�parte�in�cui� consente�al�Presidente�del�Consiglio�dei�ministri,�su�proposta�del�Ministro�delle�infrastrut- ture�e�trasporti,�sentiti,�per�le�infrastrutture�di�competenza�dei�soggetti�aggiudicatori�regio- nali,�i�presidenti�delle�Regioni�e�delle�Province�autonome,�di�abilitare�i�Commissari�straordi- nari�ad�adottare,�con�poteri�derogatori�della�normativa�vigente�e�con�le�modalita�e�i�poteri� di�cui�all'art.�13�del�decreto-legge�25�marzo�1997,�n.�67,�convertito,�con�modificazioni,�nella� legge�23�maggio�1997,�n.�135,�i�provvedimenti�e�gli�atti�di�qualsiasi�natura�necessari�alla�sol- lecita�progettazione,�istruttoria,�affidamento�e�realizzazione�delle�infrastrutture�e�degli�inse- diamenti�produttivi,�in�sostituzione�dei�soggetti�competenti.�Se�ne�denuncia�il�contrasto�con� gli�artt.�117,�118�e�120�della�Costituzione.� Va�innanzitutto�premesso�che�le�infrastrutture�di�competenza�dei�soggetti�aggiudicatori� regionali�sono�quelle�in�relazione�alle�quali,�nelle�intese�previste�dal�comma�1�dell'art.�1�del� decreto�legislativo�n.�190,�si�e�riconosciuto�che�l'interesse�regionale�concorre�con�un�interesse� statale�preminente�ed�e�proprio�questo�riconoscimento�a�giustificare�l'esercizio�della�fun- zione�amministrativa�da�parte�dello�Stato.�Ad�evitare�che�le�esigenze�unitarie�sottostanti�alla� realizzazione�di�tali�opere�possano�restare�insoddisfatte�a�causa�dell'inerzia�del�soggetto� aggiudicatore�regionale,�allo�Stato�sono�conferiti�poteri�sollecitatori�che�peraltro�devono� essere�esercitati�seguendo�un�percorso�procedimentale�che�non�priva�Regioni�e�Province� autonome�delle�garanzie�connesse�alla�titolarita�di�un�interesse�concorrente�con�quello�sta- tale.�E�infatti�previsto�che�i�commissari�straordinari�agiscano�con�le�modalita�e�i�poteri�di� cui�al�citato�art.�13�del�decreto-legge�n.�67�del�1997,�e�il�comma�4�di�tale�articolo,�che�deve� essere�ritenuto�applicabile�alla�fattispecie,�attribuisce�al�Presidente�della�Regione�(e,�in�que- sto�caso,�per�opere�ricadenti�nell'ambito�della�Provincia�autonoma,�al�Presidente�della�Pro- vincia)�il�potere�di�sospendere�i�provvedimenti�adottati�dal�commissario�straordinario�e� anche�di�provvedere�diversamente,�entro�15�giorni�dalla�loro�comunicazione.� In�questi�termini,�la�censura�e�da�respingere.� Non�puo�essere�condivisa�neppure�la�prospettazione�della�Regione�Toscana,�secondo�la� quale�alle�ipotesi�di�inerzia�regionale�dovrebbe�ovviarsi�ai�sensi�dell'art.�120�Cost.,�per�la� cui�applicazione�mancherebbero,�nella�specie,�i�presupposti.�Occorre�qui�tenere�ben�distinte� le�funzioni�amministrative�che�lo�Stato,�per�ragioni�di�sussidiarieta�e�adeguatezza,�puo�assu- mere�e�al�tempo�stesso�organizzare�e�regolare�con�legge,�dalle�funzioni�che�spettano�alle� Regioni�e�per�le�quali�lo�Stato,�non�ricorrendo�i�presupposti�per�la�loro�assunzione�in�sussi- diarieta�,�eserciti�poteri�in�via�sostitutiva.�Nel�primo�caso,�quando�si�applichi�il�principio�di� sussidiarieta�di�cui�all'art.�118�Cost.,�quelle�stesse�esigenze�unitarie�che�giustificano�l'attra- zione�della�funzione�amministrativa�per�sussidiarieta�consentono�di�conservare�in�capo�allo� Stato�poteri�acceleratori�da�esercitare�nei�confronti�degli�organi�della�Regione�che�restino� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� inerti.In�breve,la�gia�avvenuta�assunzione�di�una�funzione�amministrativa�in�via�sussidiaria� legittima�l'intervento�sollecitatorio�diretto�a�vincere�l'inerzia�regionale.�Nella�fattispecie�di� cui�all'art.�120�Cost.,�invece,�l'inerzia�della�Regione�e�il�presupposto�che�legittima�la�sostitu- zione�statale�nell'esercizio�di�una�competenza�che�e�e�resta�propria�dell'ente�sostituito.� 22.��Le�Regioni�ricorrenti�censurano�nella�sua�interezza�l'art.�3,�che�disciplina�la�pro- cedura�di�approvazione�del�progetto�preliminare�delle�infrastrutture,�le�procedure�di�valuta- zione�di�impatto�ambientale�(VIA)�e�localizzazione,�denunciandone�il�contrasto�con�l'art.�117� Cost.,�giacche�detterebbe�una�disciplina�di�minuto�dettaglio�in�relazione�ad�oggetti�ricadenti� nella�competenza�regionale�in�materia�di�governo�del�territorio.� La�censura�e�inammissibile,�in�quanto�formulata�in�termini�generici,�senza�specificare� quali�parti�della�disposizione�censurata�eccederebbero�la�potesta�regolativa�che�pure�non�si� disconosce�allo�Stato�in�materia.� 23.��L'art.�3,�comma�5,�il�quale�affida�al�CIPE�l'approvazione�del�progetto�preliminare� delle�infrastrutture�coinvolgendo�le�Regioni�interessate�ai�fini�dell'intesa�sulla�localizzazione� dell'opera,�ma�prevedendo�che�il�medesimo�progetto�non�sia�sottoposto�a�conferenza�di�ser- vizi,�secondo�la�Regione�Toscana�sarebbe�in�contrasto�con�l'art.�76�Cost.,�poiche�non� sarebbe�conforme�all'art.�1,�comma�2,�lettera�d),�della�legge�n.�443�del�2001,�il�quale�autoriz- zava�solo�a�modificare�la�disciplina�della�conferenza�dei�servizi�e�non�a�sopprimerla.� La�censura�non�e�fondata.� Il�Governo,�ai�sensi�dell'art.�1,�comma�2,�lettera�d),�era�delegato�a�riformare�le�proce- dure�per�la�valutazione�di�impatto�ambientale�e�l'autorizzazione�integrata�ambientale,�nel- l'osservanza�di�un�principio-criterio�direttivo�molto�circostanziato�e�cos|�formulato:�modifi- cazione�della�disciplina�in�materia�di�conferenza�di�servizi�con�la�previsione�della�facolta�,� da�parte�di�tutte�le�amministrazioni�competenti�a�rilasciare�permessi�e�autorizzazioni� comunque�denominati,�di�proporre,�in�detta�conferenza,�nel�termine�perentorio�di�novanta� giorni,�prescrizioni�e�varianti�migliorative�che�non�modificano�la�localizzazione�e�le�caratte- ristiche�essenziali�delle�opere.�Tale�criterio,�diversamente�da�quanto�assume�la�ricorrente,� era�dettato�con�riferimento�all'approvazione�del�progetto�definitivo,�non�gia�di�quello�preli- minare.�Attuativo�della�lettera�d),�dunque,�non�e�l'art.�3,�comma�5,�bens|�l'art.�4,�comma�3,� del�decreto�legislativo�n.�190,�relativo�all'approvazione�del�progetto�definitivo,�che�in�effetti� prevede�la�conferenza�di�servizi�e�risulta�pertanto,�sotto�il�profilo�denunciato,�conforme�alla� delega.� 24.��Le�Regioni�ricorrenti�denunciano�i�commi�6�e�9�dell'art.�3,�i�quali,�nel�prevedere� che�lo�Stato�possa�procedere�comunque�all'approvazione�del�progetto�preliminare�relativo� alle�infrastrutture�di�carattere�interregionale�e�internazionale�superando�il�motivato�dissenso� delle�Regioni,�violerebbero�gli�artt.�114,�commi�primo�e�secondo;�117,�commi�terzo,�quarto� e�sesto,�e�118,�commi�primo�e�secondo,�Cost.�Le�Regioni,�si�osserva�nei�ricorsi,�sarebbero� relegate�in�posizione�di�destinatarie�passive�di�provvedimenti�assunti�a�livello�statale�in� materie�che�sono�riconducibili�alla�potesta�legislativa�concorrente.� La�questione�non�merita�accoglimento. Le�procedure�di�superamento�del�dissenso�regionale�sono�diversificate. In�una�prima�ipotesi�[art.�3,�comma�6,�lettera�a)]�il�dissenso�puo�essere�manifestato�sul progetto�preliminare�di�un'opera�che,�in�virtu�di�un'intesa�fra�lo�Stato�e�la�Regione�o�Provin- cia�autonoma,�e�stata�qualificata�di�carattere�interregionale�o�internazionale.�In�questo�caso� il�progetto�preliminare�e�sottoposto�al�consiglio�superiore�dei�lavori�pubblici,�alla�cui�attivita� istruttoria�partecipano�i�rappresentanti�delle�Regioni.�A�tale�fine�il�consiglio�valuta�i�motivi� del�dissenso�e�la�eventuale�proposta�alternativa�che,�nel�rispetto�della�funzionalita�dell'opera,� la�Regione�o�Provincia�autonoma�dissenziente�avessero�formulato�all'atto�del�dissenso.�Il� parere�del�consiglio�superiore�dei�lavori�pubblici�e�rimesso�al�CIPE�che,�in�forza�dell'art.�1,� comma�2,�del�decreto�legislativo�n.�190,�applicabile�nella�specie,�e�integrato�dai�presidenti� delle�Regioni�e�Province�autonome�interessate.�Se�il�dissenso�regionale�perdura�anche�in�sede� CIPE,�il�progetto�e�approvato�con�decreto�del�Presidente�della�Repubblica,�previa�delibera- zione�del�Consiglio�dei�ministri,�sentita�la�Commissione�parlamentare�per�le�questioni�regio- nali.�Va�in�primo�luogo�rilevato�che�non�si�tratta�qui�di�approvazione�del�progetto�definitivo,� ma�solo�di�quello�preliminare,�e�che�le�opere�coinvolte�non�sono�qualificate�di�carattere� regionale.�Risponde�quindi�allo�statuto�del�principio�di�sussidiarieta�e�all'istanza�unitaria� che�lo�sorregge,�che�possano�essere�definite�procedure�di�superamento�del�dissenso�regionale,� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� le�quali�dovranno�comunque�come�avviene�nella�specie�informarsi�al�principio�di�leale�colla- borazione,�onde�offrire�alle�Regioni�la�possibilita�di�rappresentare�il�loro�punto�di�vista�e�di� motivare�la�loro�valutazione�negativa�sul�progetto.�Nessuna�censura,�in�definitiva,�puo�essere� rivolta�alla�disciplina�legislativa,�salva�la�possibilita�per�la�Regione�dissenziente�di�impu- gnare�la�determinazione�finale�resa�con�decreto�del�Presidente�della�Repubblica�ove�essa�leda� il�principio�di�leale�collaborazione,�sul�quale�deve�essere�modellato�l'intero�procedimento.� Nella�seconda�ipotesi�[art.�3,�comma�6,�lettera�b)]�il�dissenso�si�manifesta�sul�progetto� preliminare�relativo�a�infrastrutture�strategiche�classificate�nell'intesa�fra�Stato�e�Regione� come�di�preminente�interesse�nazionale�o�ad�opere�nelle�quali�il�preminente�interesse�statale� concorre�con�quello�regionale.�Il�procedimento�di�superamento�del�dissenso�delle�Regioni�e� diversamente�articolato:�si�provvede�in�questi�casi�a�mezzo�di�un�collegio�tecnico�costituito� d'intesa�fra�il�Ministero�e�la�Regione�interessata�a�una�nuova�valutazione�del�progetto�preli- minare.�Ove�permanga�il�dissenso,�il�Ministro�delle�infrastrutture�e�trasporti�propone�al� CIPE,�sempre�d'intesa�con�la�Regione,�la�sospensione�dell'infrastruttura,�in�attesa�di�una� nuova�valutazione�in�sede�di�aggiornamento�del�programma�oppure��l'avvio�della�procedura� prevista�in�caso�di�dissenso�sulle�infrastrutture�o�insediamenti�produttivi�di�carattere�interre- gionale�o�internazionale�.�Il�tenore�letterale�della�disposizione�porta�a�concludere�che�la� necessita�dell'intesa�con�la�Regione�si�riferisca�non�solo�alla�proposta�di�sospensione�del�pro- cedimento,�ma�anche�alla�proposta�di�avvio�della�procedura�di�cui�alla�lettera�a) dell'articolo� in�esame.�Si�consentirebbe�insomma�alla�Regione,�nel�caso�di�opere�di�interesse�regionale� concorrente�con�quello�statale,�di��bloccare��l'approvazione�del�progetto�ad�esse�relativo,� in�attesa�di�una�nuova�valutazione�in�sede�di�aggiornamento�del�programma.� In�questi�termini,�il�motivo�di�ricorso�in�esame�deve�essere�rigettato.� 24.1��Per�le�ragioni�appena�esposte�anche�le�censure�relative�agli�artt.�4,�comma�5,� e�13,�comma�5,�che�alla�procedura�dell'art.�3,�comma�6,�fanno�espresso�rinvio,�devono�essere� respinte,�cos|�come�deve�essere�rigettata�la�censura�rivolta�dalle�Regioni�Toscana�e�Marche� nei�confronti�dell'art.�13,�che�disciplina�le�procedure�per�la�localizzazione,�l'approvazione� dei�progetti,�la�VIA�degli�insediamenti�produttivi�e�delle�infrastrutture�private�strategiche� per�l'approvvigionamento�energetico,�richiamando�le�procedure�previste�negli�artt.�3�e�4�del� decreto.� 25.��Devono�essere�dichiarate�inammissibili�le�censure�che�le�Regioni�Toscana�e�Mar- che�svolgono�nei�confronti�degli�artt.�4,�5,�6,�7,�8,�9,�10�e�11,�che,�in�relazione�alle�infrastrut- ture�e�agli�insediamenti�produttivi�qualificati�come�strategici,�contengono�un�complesso� insieme�di�innovazioni�in�materia�di�appalti�e�di�concessioni�di�lavori�pubblici.�Se�ne�denun- cia�il�contrasto�con�l'art.�117�Cost.� Ancor�prima�di�esaminare�nel�merito�la�censura,�che�procede�peraltro�dalla�erronea�pre- messa�che�i�lavori�pubblici�costituiscano�una�materia�di�esclusiva�competenza�regionale,�si� deve�rilevare�che�essa�e�formulata�in�termini�cos|�generici�da�non�consentire�un�corretto�scru- tinio�di�legittimita�costituzionale�sulle�singole�disposizioni.�Nella�congerie�di�norme�conte- nute�negli�articoli�impugnati,�fatte�simultaneamente�e�indistintamente�oggetto�di�censura,� discernere�o�selezionare�i�profili�di�competenza�statale�potenzialmente�interferenti�con�la� disciplina�regionale�non�e�onere�che�possa�essere�addossato�alla�Corte,�ma�attiene�al�dovere� di�allegazione�del�ricorrente.�Vero�in�ipotesi�che�sussistano�profili�di�disciplina�inerenti�a� competenze�residuali,�e�infatti�indubitabile�la�potenziale�interferenza�con�esse�di�funzioni�e� compiti�statali�riconducibili�alla�potesta�legislativa�esclusiva�o�concorrente,�quali�la�tutela� dell'ambiente�e�dell'ecosistema,�la�tutela�della�concorrenza,�il�governo�del�territorio.� 26.��L'art.�4,�comma�5,�e�impugnato�dalla�Regione�Toscana�per�la�parte�in�cui�prevede� che�l'approvazione�del�progetto�definitivo,�adottata�con�il�voto�favorevole�della�maggioranza� dei�componenti�il�CIPE,��sostituisce�ogni�altra�autorizzazione,�approvazioneeparere� comunque�denominato�e�consente�la�realizzazione�e,�per�gli�insediamenti�produttivi�strate- gici,�l'esercizio�di�tutte�le�opere,�prestazioni�e�attivita�previste�nel�progetto�approvato�.�La� ricorrente�lamenta�la�violazione�dell'art.�76�della�Costituzione,�per�il�contrasto�con�l'art.�1,� comma�3-bis,�della�legge�di�delega�n.�443�del�2001,�come�modificata�dalla�legge�n.�166�del� 2002,�il�quale�porrebbe�quale�momento�indefettibile�del�procedimento�di�approvazione�del� progetto�definitivo�il�parere�obbligatorio�della�Conferenza�unificata�di�cui�all'art.�8�del� decreto�legislativo�n.�281�del�1997.� La�censura�e�infondata.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� A�prescindere�dal�rilievo�che�l'art.�1,�comma�3-bis,�della�legge�n.�443�del�2001,�intro- dotto�dalla�legge�n.�166�del�2002,�non�figura�espressamente�tra�i�criteri�e�principi�direttivi� per�l'esercizio�della�delega,�e�che�e�stato�dichiarato�costituzionalmente�illegittimo�con�la�pre- sente�pronuncia�(v.���8),�deve�osservarsi�che�l'art.�4,�comma�5,�costituisce�attuazione�del�cri- terio�di�cui�all'art.�1,�comma�2,�lettera�c),�della�citata�legge�n.�443�del�2001,�come�modificato� dall'art.�13,�comma�6,�della�legge�n.�166�del�2002,�del�quale�si�e�in�precedenza�escluso�il� dedotto�profilo�di�lesione�delle�competenze�regionali�(punto�6.2.).�Il�suindicato�criterio�pre- vedeva�infatti�che�venisse�affidata�al�CIPE,�integrato�dai�presidenti�delle�Regioni�o�Province� autonome�interessate,�l'approvazione�del�progetto�preliminare�e�di�quello�definitivo.�E�che� l'operativita�della�disposizione�impugnata�presupponga�che�l'approvazione�del�progetto�defi- nitivo�sia�effettuata�dal�CIPE�in�composizione�allargata�si�ricava�dall'art.�1,�comma�2,�dello� stesso�decreto�legislativo�n.�190,�il�quale�chiarisce�che��l'approvazione�dei�progetti�delle� infrastrutture��(quindi�del�progetto�preliminare�come�di�quello�definitivo)��avviene�d'intesa� tra�lo�Stato�e�le�Regioni�nell'ambito�del�CIPE�allargato�ai�presidenti�delle�Regioni�e�delle� Province�autonome�interessate�.� 27.��La�Regione�Toscana�ha�impugnato�l'art.�8,�nella�parte�in�cui�prevede�cheil�Mini- stero�delle�infrastrutture�e�trasporti�pubblichi�sul�proprio�sito�informatico�e,�una�volta�isti- tuito,�sul�sito�informatico�individuato�dal�Presidente�del�Consiglio�dei�ministri�ai�sensi�del- l'art.�24�della�legge�24�novembre�2000,�n.�340,�nonche�nelle�Gazzette Ufficiali italiana�e� comunitaria,�la�lista�delle�infrastrutture�per�le�quali�il�soggetto�aggiudicatore�ritiene�di�solle- citare�la�presentazione�di�proposte�da�parte�di�promotori,�precisando,�per�ciascuna�infra- struttura,�il�termine�(non�inferiore�a�4�mesi)�entro�il�quale�i�promotori�possono�presentare� le�proposte�e,�se�la�proposta�e�presentata,�stabilisce�che�il�soggetto�aggiudicatore,�valutata� la�stessa�come�di�pubblico�interesse,�promuova�la�procedura�di�VIA�e�se�necessario�la�proce- dura�di�localizzazione�urbanistica.� La�ricorrente�lo�censura�per�eccesso�di�delega,�in�quanto�esso�non�chiarirebbe�se�le� infrastrutture�inserite�nella�lista�per�sollecitare�le�proposte�dei�promotori�siano�da�indivi- duare�tra�quelle�gia�ricomprese�nel�programma�di�opere�strategiche�formato�d'intesa�con�le� Regioni�ai�sensi�dell'art.�1,�comma�1,�della�legge�di�delega�n.�443�del�2001�o�se�al�contrario� si�debba�consentire�la�presentazione�di�proposte�dei�promotori�anche�per�opere�non�facenti� parte�del�programma,�e�sulle�quali�nessuna�intesa�e�stata�raggiunta�con�le�Regioni�interes- sate.� L'interpretazione�piu�piana�e�lineare�della�disposizione�censurata�e�che�debba�trattarsi� delle�opere�inserite�nel�programma�di�cui�al�comma�1,�e�sulle�quali�si�sia�raggiunta�l'intesa.� Non�e�quindi�fondata�la�censura�di�violazione�dell'art.�76�Cost.�e�neppure�sussiste�la�viola- zione�dell'art.�117,�poiche�il�principio�di�sussidiarieta�,comesie�visto�nel�paragrafo�2.1,� postula�che�allo�Stato,�una�volta�assunta�la�funzione�amministrativa,�competa�anche�di�rego- larla�onde�renderne�l'esercizio�raffrontabile�a�un�parametro�legale�unitario.� 28.��Le�Regioni�Toscana,�Marche�e�la�Provincia�autonoma�di�Bolzano,�propongono� questione�di�legittimita�costituzionale,�in�riferimento�all'art.�117,�sesto�comma,�Cost.,�anche� dell'art.�15�del�decreto�legislativo�n.�190.� La�questione�e�fondata.� Il�comma�1�di�tale�articolo�attribuisce�al�Governo�la�potesta�di�integrare�tutti�i�regola- menti�emanati�in�base�alla�legge�n.�109�del�1994,��assumendo�come�norme�regolatrici�il�pre- sente�decreto�legislativo,�la�legge�di�delega�e�le�normative�comunitarie�in�materia�di�appalti� di�lavori��e�stabilisce�che�le�norme�regolamentari�si�applichino�alle�Regioni�solo��limitata- mente�alle�procedure�di�intesa�per�l'approvazione�dei�progetti�e�di�aggiudicazione�delle�infra- strutture��e,�per�quanto�non�pertinente�a�queste�procedure,�si�applichino�a�titolo�suppletivo,� �sino�alla�entrata�in�vigore�di�diversa�normativa�regionale�.�Il�comma�2�del�predetto�articolo� autorizza�i�regolamenti�emanati�nell'esercizio�della�potesta�di�cui�al�comma�1�ad�abrogare�o� derogare,�dalla�loro�entrata�in�vigore,�le�norme�di�diverso�contenuto�precedentemente�vigenti� nella�materia;�il�comma�3�puntualizza�gli�oggetti�del�regolamento�autorizzato;�il�comma�4� stabilisce�che,�fino�alla�entrata�in�vigore�dei�regolamenti�integrativi�dicui�al�comma�1,si� applica�il�d.P.R.�n.�554�del�1999�in�materia�di�lavori�pubblici�adottato�dallo�Stato�ai�sensi� dell'art.�3�della�legge�n.�109�del�1994,�in�quanto�compatibile�con�le�norme�della�legge�di� delega�e�del�decreto�legislativo�n.�190;�e�prosegue�disponendo�che�i�requisitidiqualificazione� sono�individuati�e�regolati�dal�bando�e�dagli�atti�di�gara,�nel�rispetto�delle�previsioni�del� decreto�legislativo�n.�158�del�1995.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� Dalle�argomentazioni�che�sostengono�il�motivo�di�ricorso�si�evince�che�essoinveste�i� primi�quattro�commi�dell'art.�15,�che�riguardano�appunto�i�regolamenti�governativi�autoriz- zati;�ne�e�escluso�invece�il�comma�5,�che�ha�un�oggetto�diverso�ed�affatto�autonomo,�poiche� concerne�l'attivita�di�monitoraggio�tesa�a�prevenire�e�reprimere�tentativi�di�infiltrazione� mafiosa.�Cos|�accertata�la�portata�delle�censure,�esse�devono�essere�accolte,�per�le�ragioni� che�sono�state�gia�esposte�nel�precedente�paragrafo�7,�dove�si�sono�illustrati�i�motivi�della� pronuncia�di�accoglimento�della�questione�riguardante�l'art.�1,�comma�3,�della�legge�n.�443� del�2001,�di�cui�l'impugnato�art.�15�e�attuativo.� 29.��Con�un'unica,�laconica�censura�la�Regione�Toscana�impugna,�con�richiamo�agli� stessi�motivi�gia�svolti,�l'art.�16,�il�quale�contiene�una�pluralita�di�norme�transitorie,�diverse� a�seconda�dello�stadio�di�realizzazione�dell'opera�al�momento�di�entrata�in�vigore�del�decreto� legislativo�n.�190.�La�regolamentazione�e�infatti�differenziata�a�seconda�che�sia�stato�appro- vato�il�progetto�definitivo�o�esecutivo�(comma�1);�abbia�avuto�luogo�la�valutazione�di� impatto�ambientale�sulla�base�di�norme�vigenti�statali�o�regionali�(comma�2);�non�si�sia� svolta�alcuna�attivita�e�si�versi�in�fase�di�prima�applicazione�della�disciplina�(comma�3);�o� ancora�si�tratti�di�procedimenti�relativi�agli�insediamenti�produttivi�e�alle�infrastrutture�stra- tegiche�per�l'approvvigionamento�energetico�in�corso�(comma�7,�che�regolaanche�il�regime� degli�atti�gia�compiuti).�Ciascuna�di�queste�ipotesi�e�assoggettata�a�una�disciplina�particolare� e�pertanto�non�e�possibile�indirizzare�nei�loro�confronti�una�censura�unitaria�fondata�su�un� solo�motivo,�per�di�piu�argomentato�per relationem con�riferimento�ai��motivi�sopra�espo- sti�,�alcuni�dei�quali,�a�loro�volta,�vengono�dichiarati�inammissibili�per�genericita�con�la�pre- sente�pronuncia.� La�censura�e�pertanto�inammissibile�per�la�sua�genericita�.� 30.��Le�Regioni�Marche�e�Toscana�denunciano,�in�riferimento�all'art.�117�Cost.,�gli� artt.�17,�18,�19�e�20�nella�parte�in�cui�dettano�una�disciplina�della�procedura�di�valutazione� di�impatto�ambientale�di�opere�e�infrastrutture�che�derogherebbe�a�quella�regionale,�cui� dovrebbe�riconoscersi�la�competenza�a�regolare�gli�strumenti�attuativi�della�tutela�dell'am- biente.� La�censura�non�merita�accoglimento.� Le�ricorrenti�muovono�dalla�premessa�che�la�valutazione�di�impatto�ambientale�regolata� dalle�disposizioni�censurate�trovi�applicazione�anche�nei�confronti�delle�opere�di�esclusivo� interesse�regionale,�ma�cos|�non�e�,�poiche�la�sfera�di�applicazione�del�decreto�legislativo� n.�190,�e�limitata�alle�opere�che,�con�intesa�fra�lo�Stato�e�la�Regione,�vengono�qualificate� come�di�preminente�interesse�nazionale,�con�il�quale�concorre�un�interesse�regionale.� Per�le�infrastrutture�ed�insediamenti�produttivi�di�preminente�interesse�nazionale,� invece,�non�vi�e�ragione�di�negare�allo�Stato�l'esercizio�della�sua�competenza,�tanto�piu�che� la�tutela�dell'ambiente�e�dell'ecosistema�forma�oggetto�di�una�potesta�esclusiva,�ai�sensi�del- l'art.�117,�secondo�comma,�lettera�s),�che�e�bens|�interferente�con�una�molteplicita�di�attribu- zioni�regionali,�come�questa�Corte�ha�riconosciuto�nelle�sentenze�n.�536�e�n.�407�del�2002,� ma�che�non�puo�essere�ristretta�al�punto�di�conferire�alle�Regioni,�anziche�allo�Stato,�ogni� determinazione�al�riguardo.� Quando�sia�riconosciuto�in�sede�di�intesa�un�concorrente�interesse�regionale,�la�Regione� puo�esprimere�il�suo�punto�di�vista�e�compiere�una�sua�previa�valutazione�di�impatto� ambientale,�ai�sensi�dell'art.�17,�comma�4,�ma�il�provvedimento�di�compatibilita�ambientale� e�adottato�dal�CIPE,�il�quale,�secondo�una�retta�interpretazione,�conforme�ai�criteri�della� delega�[art.�1,�comma�2,�lettera�c),�della�legge�n.�443�del�2001,�come�sostituito�dalla�legge� n.�166�del�2002],�deve�essere�integrato�dai�Presidenti�delle�Regioni�e�delle�Province�autonome� interessate.�L'insieme�di�queste�previsioni�appresta�garanzie�adeguate�a�tutelare�le�interfe- renti�competenze�regionali.� 31.��Oggetto�di�censura�e�pure�l'art.�19,�comma�2,�il�quale�demanda�la�valutazione�di� impatto�ambientale�a�una�Commissione�speciale�istituita�con�decreto�del�Presidente�del�Con- siglio�dei�ministri,�su�proposta�del�Ministro�dell'ambiente.�Le�Regioni�Toscana�e�Marche� lamentano�una�lesione�degli�artt.�9,�32,�117�e�118�Cost.�per�la�mancata�previsione�di�una�par- tecipazione�regionale�in�tale�Commissione.� Premesso�che�la�disposizione�deve�essere�interpretata�nel�senso�che�la�Commissione�spe- ciale�opera�con�riferimento�alle�sole�opere�qualificate�in�sede�di�intesa�come�di�interesse� nazionale,�interregionale�o�internazionale,�essa�e�invece�illegittima�nella�parte�in�cui,�per�le� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� infrastrutture�e�gli�insediamenti�produttivi�strategici�per�i�quali�sia�stato�riconosciuto,�in�sede� di�intesa,�un�concorrente�interesse�regionale,�non�prevede�che�la�Commissione�speciale�VIA� sia�integrata�da�componenti�designati�dalle�Regioni�o�Province�autonome�interessate.� 32.��Le�Regioni�Campania,�Toscana,�Marche,�Basilicata,�Emilia-Romagna,�Umbria�e� Lombardia�hanno�proposto�questione�di�legittimita�costituzionale�in�via�principale,�in�riferi- mento�agli�artt.�3,�9,�32,�41,�42,�44,�70,�76,�77,�97,�114,�117,�118�e�119�Cost.,�nonche�all'art.�174� del�trattato�istitutivo�della�Comunita�europea,�dell'intero�decreto�legislativo�4�settembre� 2002,�n.�198,�recante��Disposizioni�volte�ad�accelerare�la�realizzazione�delle�infrastrutture� di�telecomunicazioni�strategiche�per�la�modernizzazione�e�lo�sviluppo�del�Paese,�a�norma� dell'art.�1,�comma�2,�della�legge�21�dicembre�2001,�n.�443�,�e�in�particolare�degli�artt.�1,�3,� 4,�5,6,�7,�8,�9,�10,�11�e�12.� 33.��Avverso�il�medesimo�decreto�legislativo�ha�proposto�ricorso,��per�sollevare�que- stione�di�legittimita�costituzionale�e�conflitto�di�attribuzione�,�anche�il�comune�di�Vercelli.� Il�ricorrente�ritiene�che�la�propria�legittimazione�ad�impugnare�discenda�dal�fatto�che�la�revi- sione�del�Titolo�V�della�Parte�II�della�Costituzione�ha�attribuito�direttamente�ai�comuni� potesta�amministrative�e�normative�che�dovrebbero�poter�essere�difese�nel�giudizio�di�legitti- mita�costituzionale�in�via�di�azione�e�nel�giudizio�per�conflitto�di�attribuzione.� A�prescindere�dalla�qualificazione�dell'atto�e�dal�problema�se�con�esso�il�comune�abbia� sollevato�una�questione�di�legittimita�costituzionale�o�abbia�introdotto�un�conflitto�di�attri- buzione,�il�ricorso�deve�essere�dichiarato�inammissibile.� L'art.�127�Cost.�prevede�che��La�Regione,�quando�ritenga�che�una�legge�o�un�atto� avente�valore�di�legge�dello�Stato�o�di�un'altra�Regione�leda�la�sua�sfera�di�competenza,� puo�promuovere�la�questione�di�legittimita�costituzionale�dinanzi�alla�Corte�Costituzionale� entro�sessanta�giorni�dalla�pubblicazione�della�legge�o�dell'atto�avente�valore�di�legge�.� Con�formulazione�dal�tenore�inequivoco,�la�titolarita�del�potere�di�impugnazione�di�leggi� statali�e�dunque�affidata�in�via�esclusiva�alla�Regione,�ne�e�sufficiente�l'argomento�sistema- tico�invocato�dal�ricorrente�per�estendere�tale�potere�in�via�interpretativa�ai�diversi�enti�terri- toriali.� Analogo�discorso�deve�ripetersi�per�il�potere�di�proporre�ricorso�per�conflitto�di�attribu- zione.�Nessun�elemento�letterale�o�sistematico�consente�infatti�di�superare�la�limitazione�sog- gettiva�che�si�ricava�dagli�art.�134�della�Costituzione�e�39,�terzo�comma,�della�legge�11�marzo� 1953,�n.�87�e,�comunque,�sotto�il�profilo�oggettivo,�resta�ferma,�anche�dopo�la�revisione� costituzionale�del�2001,�la�diversita�fra�i�giudizi�in�via�di�azione�sulle�leggi�e�i�conflitti�di� attribuzione�fra�Stato�e�Regioni,�i�quali�ultimi�non�possono�riguardare�atti�legislativi.� 34.��Gli�interventi�spiegati�dalle�societa�H3G�S.p.a.,�T.I.M.�S.p.a.�Telecom�Italia� Mobile,�Vodafone�Omnitel�N.V.�(gia�Vodafone�Omnitel�S.p.a.),�Wind�Telecomunicazioni� S.p.a.�e�quelli�proposti,�peraltro�tardivamente,�dai�comuni�di�Pontecurone,�Monte�Porzio� Catone,�Roma,�Polignano�a�Mare,�Mantova�e�del�Coordinamento�delle�associazioni�consu- matori�(CODACONS),�devono�essere�dichiarati�inammissibili,�per�le�stesse�ragioni�esposte� nel�paragrafo�3.2�della�presente�sentenza.� 35.��L'intero�decreto�legislativo�n.�198�del�2002,�e�impugnato�in�tutti�i�ricorsi�per� eccesso�di�delega,�sul�rilievo�che�la�legge�n.�443�del�2002,�nell'art.�1,�comma�1,�autorizzava� l'adozione�di�una�normativa�specifica�per�le�sole�infrastrutture�puntualmente�individuate� anno�per�anno,�a�mezzo�di�un�programma�approvato�dal�CIPE,�mentre�nel�caso�di�specie� non�vi�sarebbe�stata�tale�individuazione,�ma�esclusivamente�una��sintesi�del�piano�degli� interventi�nel�comparto�delle�comunicazioni�.�Inoltre,�si�aggiunge�nei�ricorsi�delle�Regioni� Emilia-Romagna�e�Umbria,�la�delega�sarebbe�stata�conferita�per�la�realizzazione�di��grandi� opere�,�mentre�tralicci,�pali,�antenne,�impianti�radiotrasmittenti,�ripetitori,�che�il�decreto� legislativo�n.�198�disciplina,�costituirebbero�solo�una�molteplicita�di�piccole�opere;�infine�si� lamenta�nei�ricorsi�delle�Regioni�Emilia-Romagna,�Umbria�e�Lombardia�lungi�dall'unifor- marsi�ai�principi�e�criteri�direttivi�della�delega,�il�decreto�impugnato,�nell'art.�1,�porrebbe�a� se�medesimo�i�principi�che�informano�le�disposizioni�successive.� Secondo�la�giurisprudenza�di�questa�Corte,�nel�giudizio�promosso�in�via�principale�il� vizio�di�eccesso�di�delega�puo�essere�addotto�solo�quando�la�violazione�denunciata�sia�poten- zialmente�idonea�a�determinare�una�vulnerazione�delle�attribuzioni�costituzionali�delle� Regioni�o�Province�autonome�ricorrenti�(sentenze�n.�353�del�2001,�n.�503�del�2000,�n.�408� del�1998,�n.�87�del�1996).�Nella�specie�non�puo�negarsi�che�la�disciplina�delle�infrastrutture� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� di�telecomunicazioni�strategiche,�che�si�assume�in�contrasto�con�la�legge�di�delega�n.�443�del� 2001,�comprima�le�attribuzioni�regionali�sotto�piu�profili.Ilpiu�evidente�tra�essi�emerge� dalla�lettura�dell'art.�3,�comma�2,�secondo�il�quale�tali�infrastrutture�sono�compatibili�con� qualsiasi�destinazione�urbanistica�e�sono�realizzabili�in�ogni�parte�del�territorio�comunale� anche�in�deroga�agli�strumenti�urbanistici�e�ad�ogni�altra�disposizione�di�legge�o�di�regola- mento.�In�questi�casi�la�Regione�e�legittimata�a�far�valere�le�proprie�attribuzioni�anche�alle- gando�il�vizio�formale�di�eccesso�di�delega�del�decreto�legislativo�nel�quale�tale�disciplina�e� contenuta.� Nella�specie�l'eccesso�di�delega�e�evidente,�a�nulla�rilevando,�in�questo�giudizio,�la� sopravvenuta�entrata�in�vigore�del�decreto�legislativo�1.�agosto�2003,�n.�259,�recante�il� Codice�delle�comunicazioni�elettroniche,�che�riguarda�in�parte�la�stessa�materia.� L'art.�1,�comma�2,�della�legge�n.�443�del�2001,�che�figura�nel�titolo�del�decreto�legisla- tivo�impugnato�ed�e�richiamata�nel�preambolo,�ha�conferito�al�Governo�il�potere�di�indivi- duare�infrastrutture�pubbliche�e�private�e�insediamenti�produttivi�strategici�di�interesse� nazionale�a�mezzo�di�un�programma�formulato�su�proposta�dei�Ministri�competenti,�sentite� le�Regioni�interessate�ovvero�su�proposta�delle�Regioni�sentiti�i�Ministri�competenti.�I�criteri� della�delega,�contenuti�nell'art.�2,�confermano�che�i�decreti�legislativi�dovevano�essere�intesi� a�definire�un�quadro�normativo�finalizzato�alla�celere�realizzazione�delle�infrastrutture�e� degli�insediamenti�individuati�a�mezzo�di�un�programma.� Di�tale�programma�non�vi�e�alcuna�menzione�nel�decreto�impugnato,�il�quale�al�contra- rio�prevede�che�i�soggetti�interessati�alla�installazione�delle�infrastrutture�sono�abilitati�ad� agire�in�assenza�di�un�atto�che�identifichi�previamente,�con�il�concorso�regionale,�le�opere� da�realizzare�e�sulla�scorta�di�un�mero�piano�di�investimenti�delle�diverse�societa�concessio- narie.�Ogni�considerazione�sulla�rilevanza�degli�interessi�sottesi�alla�disciplina�impugnata� non�puo�avere�ingresso�in�questa�sede,�posto�che�tale�disciplina�non�corrisponde�alla�delega� conferita�al�Governo�e�non�puo�essere�considerata�di�questa�attuativa.� L'illegittimita�dell'intero�atto�esime�questa�Corte�dal�soffermarsi�sulle�singole�disposi- zioni�oggetto�di�ulteriori�censure,�che�restano�pertanto�assorbite.� Per questi motivi la Corte Costituzionale,�riuniti�i�giudizi:� 1)�dichiara la�illegittimita�costituzionale�dell'articolo�1,�comma�3,�ultimo�periodo,� della�legge�21�dicembre�2001,�n.�443�(Delega�al�Governo�in�materia�di�infrastrutture�ed�inse- diamenti�produttivi�strategici�ed�altri�interventi�per�il�rilancio�delle�attivita�produttive);� 2)�dichiara la�illegittimita�costituzionale�dell'articolo�1,�comma�3-bis,della�medesima� legge,�introdotto�dall'articolo�13,�comma�6,�della�legge�1.�agosto�2002,�n.�166�(Disposizioni� in�materia�di�infrastrutture�e�trasporti);� 3)�dichiara inammissibili�le�questioni�di�legittimita�costituzionale�dell'articolo�1,� commi�1,�2,�3�e�4,�della�legge�21�dicembre�2001,�n.�443,�sollevate,�in�riferimento�all'arti- colo�10�della�legge�costituzionale�18�ottobre�2001,�n.�3,�e�agli�articoli�117�e�118�della�Costitu- zione,�dalla�Provincia�autonoma�di�Trento,�con�il�ricorso�indicato�in�epigrafe;� 4)�dichiara non�fondate,�nei�sensi�di�cui�in�motivazione,�le�questioni�di�legittimita� costituzionale�dell'articolo�1,�comma�1,�della�legge�21�dicembre�2001,�n.�443,�sollevate,�in� riferimento�agli�articoli�117,�118�e�119�della�Costituzione�dalla�Regione�Marche�e,�in�riferi- mento�all'articolo�117�della�Costituzione,�dalle�Regioni�Toscana,�Umbria�ed�Emilia-Roma- gna,�con�i�ricorsi�indicati�in�epigrafe;� 5)�dichiara non�fondata�la�questione�di�legittimita�costituzionale�dell'articolo�1,� comma�1,�della�legge�21�dicembre�2001,�n.�443,�come�sostituito�dall'articolo�13,�comma�3,� della�legge�1.�agosto�2002,�n.�166,�sollevata,�in�riferimento�agli�articoli117,�118�e�119�della� Costituzione,�dalla�Regione�Toscana,�con�il�ricorso�indicato�in�epigrafe;� 6)�dichiara inammissibili�le�questioni�di�legittimita�costituzionale�dell'articolo�1,� comma�2,�lettere�a),�b),�c),�d),�e),�f),�g),�h),�i),�l),�m),�n) e�o),�della�legge�21�dicembre� 2001,�n.�443,�sollevate,�in�riferimento�agli�articoli�117,�118�e�119�della�Costituzione,�dalla� Regione�Marche�e,�in�riferimento�all'articolo�117�della�Costituzione,�dalle�Regioni�Toscana,� Umbria�ed�Emilia-Romagna,�con�i�ricorsi�indicati�in�epigrafe;� 7)�dichiara non�fondata�la�questione�di�legittimita�costituzionale�dell'articolo�1,� comma�2,�lettera�g),�della�legge�21�dicembre�2001,�n.�443,�sollevata,�in�riferimento�all'arti- colo�117,�primo�comma,�della�Costituzione,�dalle�Regioni�Umbria�ed�Emilia-Romagna,�con� i�ricorsi�indicati�in�epigrafe;� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� 8)�dichiara inammissibile�la�questione�di�legittimita�costituzionale�dell'articolo�1,� comma�2,�lettera�n),�della�legge�21�dicembre�2001,�n.�443,�sollevata,�in�riferimento�all'arti- colo�117,�primo�comma,�della�Costituzione,�dalle�Regioni�Umbria�ed�Emilia-Romagna,�con� i�ricorsi�indicati�in�epigrafe;� 9)�dichiara non�fondata�la�questione�di�legittimita�costituzionale�dell'articolo�1,� comma�2,�lettera�c),�della�legge�21�dicembre�2001,�n.�443,�come�sostituito�dall'articolo�13,� comma�5,�della�legge�1.�agosto�2002,�n.�166,�sollevata,�in�riferimento�agli�articoli�117�e�118� della�Costituzione,�dalla�Regione�Toscana,�con�il�ricorso�indicato�in�epigrafe;� 10)�dichiara non�fondate�le�questioni�di�legittimita�costituzionale�dell'articolo�1,� comma�4,�della�legge�21�dicembre�2001,�n.�443,�sollevate,�in�riferimento�agli�articoli�117,� 118�e�119�della�Costituzione,�dalla�Regione�Marche�e,�in�riferimento�all'articolo�117�della� Costituzione,�dalle�Regioni�Toscana,�Umbria�ed�Emilia-Romagna,�con�i�ricorsi�indicati�in� epigrafe;� 11)�dichiara non�fondata�la�questione�di�legittimita�costituzionale�dell'articolo�1,� comma�5,�della�legge�21�dicembre�2001,�n.�443,�sollevata,�in�riferimento�agli�articoli�117,� 118�e�119�della�Costituzione,�dalla�Regione�Marche,�con�il�ricorso�indicatoinepigrafe;� 12)�dichiara non�fondate�le�questioni�di�legittimita�costituzionale�dell'articolo�1,� commi6,7,8,9,10,11,12e14,dellalegge21�dicembre2001,n.443,sollevate,inriferimento� all'articolo�117�della�Costituzione,�dalle�Regioni�Toscana,�Umbria�ed�Emilia-Romagna,�con� i�ricorsi�indicati�in�epigrafe;� 13)�dichiara non�fondata�la�questione�di�legittimita�costituzionale�dell'articolo�1,� comma�1-bis,�della�legge�21�dicembre�2001,�n.�443,�introdotto�dall'articolo�13,�comma�4,� della�legge�1.�agosto�2002,�n.�166,�sollevata,�in�riferimento�agli�articoli117,�118�e�119�della� Costituzione,�dalla�Regione�Toscana,�con�il�ricorso�indicato�in�epigrafe;� 14)�dichiara non�fondata,�nei�sensi�di�cui�in�motivazione,�la�questione�di�legittimita� costituzionale�dell'articolo�13,�commi�1�e�11,�della�legge�1.�agosto�2002,�n.�166,�sollevata,�in� riferimento�agli�articoli�117,�118�e�119�della�Costituzione,�dalla�Regione�Toscana,�con�il� ricorso�indicato�in�epigrafe;� 15)�dichiara la�illegittimita�costituzionale�dell'articolo�15,�commi�1,�2,�3�e�4,�del� decreto�legislativo�20�agosto�2002,�n.�190�(Attuazione�della�legge�21�dicembre�2001,�n.�443,� per�la�realizzazione�delle�infrastrutture�e�degli�insediamenti�produttivi�strategici�e�di�inte- resse�nazionale);� 16)�dichiara la�illegittimita�costituzionale�dell'articolo�19,�comma�2,�del�decreto�legi- slativo�20�agosto�2002,�n.�190,�nella�parte�in�cui,�per�le�infrastrutture�e�gli�insediamenti�pro- duttivi�strategici,�per�i�quali�sia�stato�riconosciuto,�in�sede�di�intesa,�un�concorrente�interesse� regionale,�non�prevede�che�la�commissione�speciale�per�la�valutazione�di�impatto�ambientale� (VIA)�sia�integrata�da�componenti�designati�dalle�Regioni�o�Province�autonome�interessate;� 17)�dichiara inammissibililequestionidilegittimita�costituzionaledegliarticoli1,2,�3,� 4,�13�e�15�del�decreto�legislativo�20�agosto�2002,�n.�190,�sollevate,�in�riferimento�agli�articoli� 76,�117,�118�e�120�della�Costituzione�e�agli�articoli�8,�primo�comma,�numeri�5,�6,�9,�11,�14,� 16,�17,�18,�19,�21,�22,�e�24;�9,�primo�comma,�numeri�8,�9�e�10;�e�16�del�d.P.R.�31�agosto� 1972,�n.�670,�agli�articoli�19,�20�e�21�del�d.P.R.�22�marzo�1974,�n.�381�e�all'articolo�4�del� decreto�legislativo�16�marzo�1992,�n.�266,�dalla�Provincia�autonoma�di�Trento,�con�il�ricorso� indicato�in�epigrafe;� 18)�dichiara non�fondata,�nei�sensi�di�cui�in�motivazione,�la�questione�di�legittimita� costituzionale�dell'articolo�1,�comma�1,�del�decreto�legislativo�20�agosto�2002,�n.�190,�solle- vata,�in�riferimento�agli�articoli�117�e�118�della�Costituzione,�all'articolo�10�della�legge�costi- tuzionale�18�ottobre�2001,�n.�3,�e�all'articolo�2�del�decreto�legislativo�16marzo�1992,�n.�266,� dalla�Provincia�autonoma�di�Bolzano,�con�il�ricorso�indicato�in�epigrafe;� 19)�dichiara non�fondata,�nei�sensi�di�cui�in�motivazione,�la�questione�di�legittimita� costituzionale�dell'articolo�13,�comma�5,�del�decreto�legislativo�20�agosto�2002,�n.�190,�solle- vata,�in�riferimento�agli�articoli�8,�primo�comma,�numeri�5,�6,�9,�11,�14,�16,17,�18,�19,�21,� 22,�e�24;�9,�primo�comma,�numeri�8,�9�e�10;�e�16�del�d.P.R.�31�agosto�1972,�n.�670,�e�all'arti- colo�2�del�decreto�legislativo�16�marzo�1992,�n.�266,�dalla�Provincia�autonoma�di�Bolzano,� con�il�ricorso�indicato�in�epigrafe;� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� 20)�dichiara non�fondata�la�questione�di�legittimita�costituzionale�dell'articolo�1,� comma�5,�del�decreto�legislativo�20�agosto�2002,�n.�190,�sollevata,�in�riferimento�all'articolo� 117�della�Costituzione,�dalle�Regioni�Marche�e�Toscana,�con�i�ricorsi�indicati�in�epigrafe;� 21)�dichiara non�fondate�le�questioni�di�legittimita�costituzionale�dell'articolo�1,� comma�7,�lettera�e),�del�decreto�legislativo�20�agosto�2002,�n.�190,�sollevate,�in�riferimento� agli�articoli�76,�117,�commi�terzo,�quarto�e�sesto,�e�118�della�Costituzione,�dalla�Regione� Toscana,�in�riferimento�agli�articoli�117,�commi�terzo�quarto�e�sesto,�e�118�della�Costitu- zione,�dalla�Regione�Marche,�in�riferimento�agli�articoli�8,�primo�comma,�numeri�5,�6,�9,� 11,�14,�16,�17,�18,�19,�21,�22,�e�24;�9,�primo�comma,�numeri�8,�9�e�10;�e�16�del�d.P.R.�31�agosto� 1972,�n.�670,�e�agli�articoli�19�e�20�del�d.P.R.�22�marzo�1974,�n.�381,�dalla�Provincia�auto- noma�di�Bolzano,�con�i�ricorsi�indicati�in�epigrafe;� 22)�dichiara non�fondate�le�questioni�di�legittimita�costituzionale�degli�articoli�2,� commi�1,�2,�3,�4,�5�e�7;3,�commi�4,�5,�6,�e�9;e�13,�commi5�e�15,�del�decreto�legislativo� 20�agosto�2002,�n.�190,�sollevate,�in�riferimento�agli�articoli�117�e�118�della�Costituzione,� all'articolo�10dellaleggecostituzionale�18�ottobre2001,n.�3,eagliarticoli8,primocomma,� numeri�5,�6,�9,�11,�14,�16,�17,�18,�19,�21,�22,�e�24;�9,�primo�comma,�numeri�8,�9�e�10;�e�16�del� d.P.R.�31�agosto�1972,�n.�670,�e�all'articolo�4,�comma�1,�del�decreto�legislativo�16�marzo� 1992,�n.�266,�dalla�Provincia�autonoma�di�Bolzano,�con�il�ricorso�indicato�in�epigrafe;� 23)�dichiara non�fondate�le�questioni�di�legittimita�costituzionale�degli�articoli�2,� commi�2,�3,�4�e�5,�sollevate,�in�riferimento�agli�articoli�8,�primo�comma,�numeri�5,�6,�9,�11,� 14,�16,�17,�18,�19,�21,�22,�e�24;�9,�primo�comma,�numeri�8,�9�e�10;�e�16�del�d.P.R.�31�agosto� 1972,�n.�670,�e�all'articolo�4,�comma�3,�del�decreto�legislativo�16�marzo�1992,�n.�266,�dalla� Provincia�autonoma�di�Bolzano,�con�il�ricorso�indicato�in�epigrafe;� 24)�dichiara non�fondate�le�questioni�di�legittimita�costituzionale�dell'articolo�2,� comma�5,�del�decreto�legislativo�20�agosto�2002,�n.�190,�sollevate,�in�riferimento�agli�articoli� 117�e�118�della�Costituzione,�dalle�Regioni�Toscana�e�Marche,�con�i�ricorsi�indicati�in�epi- grafe;� 25)�dichiara non�fondate�le�questioni�di�legittimita�costituzionale�dell'articolo�2,� comma�7,�del�decreto�legislativo�20�agosto�2002,�n.�190,�sollevate,�in�riferimento�agli�articoli� 117,�118�e�120�della�Costituzione,�dalla�Regione�Toscana,�e,�in�riferimentoagliarticoli�117�e� 118�della�Costituzione,�dalla�Regione�Marche,�con�i�ricorsi�indicati�in�epigrafe;� 26)�dichiara inammissibili�le�questioni�di�legittimita�costituzionale�dell'articolo�3�del� decreto�legislativo�20�agosto�2002,�n.�190,�sollevate,�in�riferimento�agli�articoli�117�della� Costituzione,�dalle�Regioni�Toscana�e�Marche,�con�i�ricorsi�indicati�in�epigrafe;� 27)�dichiara non�fondata�la�questione�di�legittimita�costituzionale�dell'articolo�3,� comma�5,�del�decreto�legislativo�20�agosto�2002,�n.�190,�sollevata,�in�riferimento�all'articolo� 76�della�Costituzione,�in�relazione�all'articolo�1,�comma�2,�lettera�d),�della�legge�21�dicembre� 2001,�n.�443,�dalla�Regione�Toscana,�con�il�ricorso�indicato�in�epigrafe;� 28)�dichiara non�fondate,�nei�sensi�di�cui�in�motivazione,�le�questioni�di�legittimita� costituzionale�dell'articolo�3,�commi�6�e�9,�del�decreto�legislativo�20�agosto�2002,�n.�190,�sol- levate,�in�riferimento�agli�articoli�114,�commi�primo�e�secondo,�117,�commi�terzo,�quarto�e� sesto,�e�118,�commi�primo�e�secondo,�della�Costituzione,�dalle�Regioni�Toscana�e�Marche,� con�i�ricorsi�indicati�in�epigrafe;� 29)�dichiara non�fondate,�nei�sensi�di�cui�in�motivazione,�le�questioni�di�legittimita� costituzionale�degli�articoli�4,�comma�5,�e�13�del�decreto�legislativo�20�agosto�2002,�n.�190,� sollevate,�in�riferimento�agli�articoli�114,�commi�primo�e�secondo,�117,�commi�terzo,�quarto� e�sesto,�e�118,�commi�primo�e�secondo,�della�Costituzione,�dalle�Regioni�Toscana�e�Marche,� con�i�ricorsi�indicati�in�epigrafe;� 30)�dichiara inammissibili�le�questioni�di�legittimita�costituzionale�degli�articoli�4,�5,�6,�7,� 8,�9,�10�e�11�del�decreto�legislativo�20�agosto�2002,�n.�190,�sollevate,�in�riferimento�all'articolo� 117�della�Costituzione,�dalle�Regioni�Toscana�e�Marche,�con�i�ricorsi�indicati�in�epigrafe;� 31)�dichiara non�fondata�la�questione�di�legittimita�costituzionale�dell'articolo�4,� comma�5,�del�decreto�legislativo�20�agosto�2002,�n.�190,�sollevata,�in�riferimento�all'articolo� 76�della�Costituzione,�dalla�Regione�Toscana,�con�il�ricorso�indicato�in�epigrafe;� 32)�dichiara non�fondata�la�questione�di�legittimita�costituzionale�dell'articolo�8�del� decreto�legislativo�20�agosto�2002,�n.�190,�sollevata,�in�riferimento�agli�articoli�76�e�117�della� Costituzione,�dalla�Regione�Toscana,�con�il�ricorso�indicato�in�epigrafe;� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� 33)�dichiara inammissibile�la�questione�di�legittimita�costituzionale�dell'articolo�16�del� decreto�legislativo�20�agosto�2002,�n.�190,�sollevata,�in�riferimento�agliarticoli�117�e�118� della�Costituzione,�dalla�Regione�Toscana,�con�il�ricorso�indicato�in�epigrafe;� 34)�dichiara non�fondate�le�questioni�di�legittimita�costituzionale�degli�articoli�17,�18,� 19,�commi�1�e�3,�e�20�del�decreto�legislativo�19�agosto�2002,�n.�190,�sollevate,�in�riferimento� all'articolo�117�della�Costituzione,�dalle�Regioni�Toscana�e�Marche,�con�i�ricorsi�indicati�in� epigrafe;� 35)�dichiara la�illegittimita�costituzionale�del�decreto�legislativo�4�settembre�2002,� n.�198�(Disposizioni�volte�ad�accelerare�la�realizzazione�delle�infrastrutture�di�telecomunica- zioni�strategiche�per�la�modernizzazione�e�lo�sviluppo�del�Paese,�a�norma�dell'articolo�1,� comma�2,�della�legge�21�dicembre�2001,�n.�443);� 36)�dichiara inammissibile�il�ricorso�proposto�dal�comune�di�Vercelli��per�sollevare� questione�di�legittimita�costituzionale�e�conflitto�di�attribuzione��avverso�il�decreto�legisla- tivo�4�settembre�2002,�n.�198.� Cos|�deciso�in�Roma,�nella�sede�della�Corte�costituzionale,�Palazzo�della�Consulta,�il� 25�settembre�2003�(omissis)�.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� Sul riparto di competenza legislativa tra Stato e Regioni in tema di infrastrutture di telecomunicazione e tutela dai campi elettromagnetici. (Corte Costituzionale, sentenza 1 -7 ottobre 2003 n. 307 e 27 ottobre -7 novembre 2003 n. 331). Con�due�significative�pronunce�-le�sentenze�1.�ottobre�2003,�n.�303�(*)�e� 7�ottobre�2003,�n.�307�-la�Corte�Costituzionale�e�intervenuta�di�recente�a� dettare�fondamentali�affermazioni�di�principio�in�tema�di�riparto�di�compe- tenza�legislativa�tra�Stato�e�Regioni�dopo�la�nota�revisione�operata�dalla� legge�costituzionale�18�ottobre�2001,�n.�3.� L'occasione�e�stata�fornita,�nel�primo�caso�(sent.�n.�303),�dal�ricorso�al� giudice�delle�leggi�da�parte�di�una�pluralita�di�Regioni�in�ordine�alla�legitti- mita�costituzionale�della�legge�21�dicembre�2001,�n.�443�(la�cosiddetta��legge� obiettivo�,�sulle�infrastrutture�strategiche�di�interesse�nazionale)�e�dei�relativi� decreti�legislativi�delegati�di�attuazione.� Parallelamente�e�stata�la�volta�dell'impugnativa�da�parte�dello�Stato�di� diverse�leggi�regionali�riguardanti�l'attivita�di�prevenzione�e�la�tutela�ambien- tale�e�sanitaria�dall'inquinamento�elettromagnetico�prodotto�da�impianti�fissi� di�telecomunicazione�o�radiotelevisivi�e�per�il�trasporto�di�energia,�che�ha� portato�alla�quasi�coeva�sentenza�n.�307.� Si�ritiene�utile�illustrare�dapprima�quest'ultima�pronuncia,�che�appare� meglio�conferente�all'argomento�del�riparto�di�competenze�tra�Stato�e� Regioni�in�materia.� L'iniziativa�dello�Stato,�e�per�esso�della�Presidenza�del�Consiglio�dei� Ministri,�ha�infatti�consentito�di�focalizzare�meglio�quella�sofferta�linea�di� confine�fra�la�competenza�legislativa�statale�e�quella�regionale,�come�dedotta� dal�novellato�disposto�del�titolo�V�della�seconda�parte�della�Costituzione.� In�merito�al�sistema�di�riparto�delle�competenze�tra�Stato�e�regioni� occorre�preventivamente�soffermarsi�sui�contenuti�dell'art.�117�Cost.� In�particolare,�si�rammenta�che�il�secondo�comma�disciplina�in�modo� tassativo�le�materie�nelle�quali�lo�Stato�esercita�la�sua�potesta�legislativa� esclusiva,�mentre�il�terzo�comma�stabilisce�e�definisce�le�materie�di�legisla- zione�concorrente,�per�le�quali�la�potesta�legislativa�spetta�alle�Regioni,�salvo� che�per�la�determinazione�dei�principi�fondamentali�riservati�ancora�allo� Stato.�Infine,�al�quarto�comma�del�medesimo�articolo�viene�specificato�che� spetta�alle�Regioni�la�potesta�legislativa�riferita�ad�ogni�altra�materia�non� espressamente�riservata�allo�Stato.� Risulta�cos|�cristallizzato�il�principio�della�sussidiarieta�della�legislazione� statale�rispetto�a�quella�regionale,�con�la�conseguenza�che�alla�Regione�e� (*)�Vedi�retro,�pag.�140;�Sulla�questione�dell'elettrosmog vedi�anche�MariA VittoriA Lumetti,�Il risarcimento del danno alla persona: inquinamento elettromagnetico e organismi geneticamente modificati, in�questa Rassegna,�267.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� riconosciuto�un�generale�potere�legislativo,�rimanendo�una�residuale�potesta� normativa�statale�per�le�sole�materie�espressamente�e�tassativamente�indi- cate.� Appare�chiaro�allora,�anche�alla�lettura�del�nuovo�art.�117�Cost.,�che�il� principio�distintivo�tra�competenza�regionale�e�statale�e�ancora�incardinato� nell'oggetto�della�disciplina�normativa.� Il�criterio�distintivo�delle�competenze�risiede�pertanto�nella��materia�� secondo�una�ratio che�si�e�sostanzialmente�consolidata.� Invero�pero�tale�criterio�non�appare�esaustivo�o�comunque�soddisfa- cente,�in�particolare�laddove�viene�assunto�con�valenza�immediata,�avuto� riguardo�soprattutto�alla�possibilita�di�una�sovrapposizione�di�molteplici� materie,�attribuite�alle�diverse�potesta�,�e�compresenti�nell'ambito�di�una� stessa�normativa,�la�quale�si�propone�di�disciplinare�specifici�compiti�finaliz- zati�ad�obiettivi�definiti.� Nel�caso�specifico�la�Corte�Costituzionale,�con�la�sentenza�n.�307�del� 2003,�ha�inteso�riaffermare�che�l'ambito�d'intervento�del�legislatore�concer- nente�la��tutela�dell'ambiente��non�rappresenta�una�materia in�senso�stretto,� bens|�un�compito,�nell'esercizio�del�quale�lo�Stato�conserva�il�potere�di�fissare� standard di�protezione�uniformi�validi�in�tutte�le�Regioni�e�mai�derogabili� da�queste,�nemmeno�in�senso�piu�restrittivo.� Le�materie�di�cui�alle�leggi�regionali�impugnate,�coinvolgendo�gli�aspetti� attinenti�alla��tutela�della�salute�,�assoggettata�alle�insidie�del�cosiddetto� elettrosmog,�ma�anche��l'ordinamento�della�comunicazione�,��la�produzione,� trasporto�e�distribuzione�nazionale�dell'energia�,�nonche�in�via�generale�la� materia�del��governo�del�territorio�,�rientrano�tra�quelle�per�cui�la�Costitu- zione,�al�nuovo�articolo�117,�comma�3,�ha�previsto�una�potesta�legislativa� concorrente�fra�Stato�e�Regioni,�nella�quale�queste�ultime�fissano�la�disci- plina,�ma�nel�rispetto�dei�principi�fondamentali�stabiliti�dallo�Stato.� Peraltro�non�e�affatto�escluso,�come�del�resto�gia�emerge�da�diverse� pronunce�della�stessa�Corte�Costituzionale,�che�le�leggi�regionali,�emanate� sulla�base�della�potesta�concorrente�o�residuale�prevista�dall'art.�117�Cost.,� comma�3�e�4,�possano�assumere�come�scopo�anche�finalita�di�tutela�am- bientale.� E�stato�sostenuto�dallo�Stato�parte�ricorrente�che�i�gia�richiamati�prin- cipi�fondamentali�erano�stati�individuati�mediante�la��legge�quadro�sullapro- tezione�dall'esposizione�a�campi�elettrici,�magnetici�ed�elettromagnetici�� (22�febbraio�2001,�n.�36)�e�che�l'iniziativa�regionale�avesse�violato�i�ripetuti� principi�ivi�contenuti.� La�Corte�Costituzionale�si�e�conseguentemente�richiamata�proprio�a�tale� normativa,�utilizzandola�nell'argomentare�la�sentenza�al�fine�di�verificare�se� le�Regioni,�nel�deliberare�le�leggi�impugnate,�si�siano�attenute�ai�limiti�fissati� per�l'esercizio�della�loro�potesta�legislativa.� La�legge�n.�36�del�2001,�che�si�applica�a�tutti�gli�impianti�che�possono� comportare�l'esposizione�a�campi�elettrici,�magnetici�ed�elettromagnetici�con� frequenza�compresa�tra�0�Hz�e�300�GHz,�stabilisce�le�funzioni�di�pertinenza� dello�Stato�e�le�competenze�spettanti�alle�regioni�e�agli�enti�locali.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� In�particolare�gli�standard�di�protezione�dall'inquinamento�elettroma- gnetico�si�distinguono,�nella�normativa,�in:� �limiti�di�esposizione�,�determinati�dallo�Stato,�definiti�come�valori� che�non�devono�essere�superati�in�alcuna�condizione�di�esposizione�da�parte� della�popolazione�e�dei�lavoratori�al�fine�di�assicurare�loro�una�confacente� tutela�della�salute;� �valori�d'attenzione�,�sempre�determinati�dallo�Stato,�intesi�come� valori�di�campo�da�non�superare,�a�titolo�di�cautela,�rispetto�ai�possibili� effetti�a�lungo�termine,�negli�ambienti�abitativi�e�scolastici�e�nei�luoghi�adibiti� a�permanenze�prolungate;� �obiettivi�di�qualita��,�riconducibili�a�due�categorie,�di�cui�la�prima� facente�riferimento�ancora�una�volta�a�valori�di�campo�e�la�seconda�riguar- dante�invece��criteri�localizzativi�,��standard�urbanistici�,��prescrizioni��e� �incentivazioni�per�l'utilizzo�delle�migliori�tecnologie�disponibili�;�la�prima� categoria�e�di�pertinenza�dello�Stato,�mentre�la�seconda�e�attribuita�alla�com- petenza�regionale.� In�sostanza�la�legge�quadro�assegna�la�fissazione�delle��soglie��di�esposi- zione�allo�Stato,�mentre�lascia�alle�Regioni�l'autonoma�disciplina�per�l'uso� del�territorio�in�rapporto�alla�localizzazione�degli�impianti�e�per�ogni�altra� prescrizione�volta�a�ridurre�l'impatto�negativo�degli�impianti�medesimi�sul� territorio�amministrato.� Si�tratta�quindi�di�un�ambito�in�cui�lo�Stato�e�le�Regioni�possono�e� devono�cooperare�al�fine�di�garantire�una�tutela�migliore�dell'ambiente.� Le�conclusioni�cui�e�pervenuta�ora�la�Consulta�si�possono�sintetizzare� nell'assunto�che�spetta�allo�Stato�fissare�i�valori�limite�d'esposizione�della� popolazione�ai�campi�elettromagnetici�e�che�in�pari�tempo�non�possono�le� Regioni�stabilire,�per�il�territorio�di�competenza,�valori�diversi,�ancorche� piu�restrittivi�seppur�finalizzati�alla�tutela�della�salute�dei�cittadini.� Cio�non�di�meno,�alle�Regioni�viene�confermata�l'attribuzione�della� competenza�legislativa�concernente�la�localizzazione�degli�impianti.� Cio�stante,�l'aspetto�essenziale�che�si�puo�cogliere�nella�decisione�della� Corte�Costituzionale�appare�essere�quello�della�definizione�di�una�logicadi� principio�secondo�la�quale�la�tutela�della�salute�dei�cittadini�va�affermata�e� confermata�senza�pero�che�trovi�pres|�di�esorbitanti,�dovendosi�al�tempo� stesso�tener�conto�della�necessaria�presenza,�attivazione�e�pianificazione�delle� reti�nazionali�per�le�telecomunicazioni�e�dei�grandi�impianti�per�la�produ- zione�dell'energia,�componenti�irrinunciabili�del�processo�di�mantenimento�e� sviluppo�di�adeguati�livelli�di�benessere�della�societa�nel�suo�complesso.� Emerge�quindi�che,�giustapposte�alle�palmari�evidenze�della�protezione� della�salute�dei�cittadini,�la�Corte�Costituzionale�ha�voluto�recuperare�quei� rilevanti��interessi�nazionali��sottesi�alla�efficiente�realizzazione�degli� impianti,�interessi�che�con�l'essere�stabilmente�sottintesi,�potevano�rischiare� di�essere�irragionevolmente�sottovalutati�o�ignorati.� I�giudici�della�Consulta�hanno�pertanto�significativamente�concluso�che� la�determinazione�a�livello�nazionale�di��valori-soglia��non�derogabili�dalle� Regioni�deve�essere�considerata��come�il�punto�di�equilibrio�tra�le�esigenze� contrapposte�di�evitare�al�massimo�l'impatto�delle�emissioni�elettromagnetiche� e�di�realizzare�impianti�necessari�al�Paese�.� RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Si e� realizzato cos|� quel necessario contemperamento fra esigenze di diverso orientamento, ma in definitiva non contrapposte, atteso che le fina- lita� del legislatore, quali che siano, sono sempre e comunque di valenza positiva. Del resto, a contrario non possono sottacersi gli evidenti rischi connessi ad arbitrarie ed ingiustificate diversificazioni e frammentazioni sul territorio nazionale delle possibili varie legislazioni regionali, con ricadute oltretutto a danno della necessaria disciplina unitaria della �tutela della concorrenza� nello specifico rilevante settore delle telecomunicazioni. Coerentemente, pertanto, con specifico riferimento all'attribuzione delle discipline localizzative e territoriali, la Corte riconosce alle Regionieagli enti locali una piena autonomia, con l'unico (necessario) presidio che le norme poste non costituiscano un impedimento ed un ostacolo, laddove prive di ragionevole giustificazione, all'insediamento stesso degli impianti. Come accennato in apertura, la Corte Costituzionale aveva avuto modo, gia� prima della sentenza n. 307 illustrata, di affrontare giudizi diversi di legit- timita� costituzionale con la sentenza n. 303 del 2003. Tale decisione rileva, in questa sede, per i principi generali d'interpreta- zione del riparto delle competenze legislative che sono stati enunciati appunto dalla Corte per la lettura corretta del modificato titolo V della parte seconda della Costituzione. Nella circostanza, e con espresso riferimento alla problematica delle competenze legislative qui argomentate, la Corte ha dichiarato l'illegittimita� costituzionale del D.lgs. 4 settembre 2002, n. 198 recante �Disposizioni volte ad accelerare la realizzazione di telecomunicazioni strategiche per la moder- nizzazione e lo sviluppo del Paese�, avendo riscontrato il vizio di eccessodi delega. Tale declaratoria sottolinea la rilevata assenza, all'interno del D.lgs. n. 198/2002, di un programma di individuazione delle infrastrutture, redatto d'intesa con le Regioni e le province autonome interessate. Siffatta carenza realizza una espansione indebita delle competenze sta- tali e una conseguente compressione indebita dell'autonomia regionale. L'intento della pronuncia della Consulta, del tutto esplicito, e� quello di realizzare un'efficace coordinamento fra poteri secondo lo spirito che per- vade tutta la Carta Costituzionale e che e� stato, come si e� visto, successiva- mente confermato e ribadito nella sentenza n. 307 del 2003. A ben vedere, in definitiva, le due decisioni della Consulta si rivelano solo apparentemente divergenti, risultando al contrario fra loro coordinate e sapientemente mirate, ove si consideri l'intrinseca difficolta� del processo d'attuazione del nuovo titolo V della Costituzione e l'obiettivo di realizzare una costante intesa fra lo Stato e le Regioni. Ma di certo alla Corte Costituzionale non mancheranno presto ulteriori opportunita� di intervento nella delicata e complessa materia del nuovo riparto di competenze tra Stato e Regioni. Dott.ssa Noemi Gennari IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� Corte Costituzionale, sentenza 1 -7 ottobre 2003, n. 307 -Presidente R.�Chieppa�^Redattore V.�Onida�^Giudice G.�Zagrebelsky�(ctt.�2034/02�ed�altri,�Avv.ti�dello�Stato�G.�Nori�e� I.�M.�Braguglia).� �(omissis)Considerato in diritto ^1.��Con�quattro�distinti�ricorsi�il�Presidente�del�Con- siglio�ha�impugnato�diverse�disposizioni�di�quattro�leggi�regionali:�si�tratta,�precisamente,� della�legge�regionale�delle�Marche�13�novembre�2001,�n.�25,�recante�``Disciplina�regionale� in�materia�di�impianti�fissi�di�radiocomunicazione�al�fine�della�tutela�ambientale�e�sanitaria� della�popolazione''�(ricorso�iscritto�al�n.�4�del�registro�dei�ricorsi�del�2002);�della�legge�regio- nale�della�Campania�24�novembre�2001,�n.�13,�recante�``Prevenzione�dei�danni�derivanti�dai� campi� elettromagnetici�generati�da�elettrodotti''�(ricorso�iscritto�al�n.�5�del�registro�dei�ricorsi�del� 2002);�della�legge�regionale�della�Puglia�8�marzo�2002,�n.�5,�recante�``Norme�transitorie�per� la�tutela�dall'inquinamento�elettromagnetico�prodotto�da�sistemi�di�telecomunicazioni�e� radiotelevisivi�operanti�nell'intervallo�di�frequenza�fra�0�Hz�e�300�GHz''�(ricorso�iscritto�al� n.�35�del�registro�dei�ricorsi�del�2002);�e�della�legge�regionale�dell'Umbria�14�giugno�2002,� n.�9,�recante�``Tutela�sanitaria�e�ambientale�dall'esposizione�ai�campi�elettrici,�magnetici�ed� elettromagnetici''�(ricorso�iscritto�al�n.�52�del�registro�dei�ricorsi�del2002).Secondoilricor- rente�le�disposizioni�impugnate�fuoriescono�dall'ambito�della�competenza�regionale�o�vio- lano�i�principi�fondamentali�stabiliti�dalle�leggi�dello�Stato.� 2.��Attesa�l'oggettiva�comunanza�della�materia�trattata�nei�ricorsi�(tutte�le�leggi�impu- gnate�riguardano�la�tutela�dal�cosiddetto�``elettrosmog'',�cioe�dall'inquinamento�elettroma- gnetico�prodotto�da�impianti�fissi�di�telecomunicazione�o�radiotelevisivi�e�di�trasporto�di� energia,�benche�due�leggi�-Marche�e�Puglia�-concernano�solo�gli�impianti�di�telecomunica- zione�o�radiotelevisivi,�una�-Campania�-solo�gli�elettrodotti,�e�una�-Umbria�-entrambi�i� tipi�di�impianti),�e�opportuno�riunire�i�giudizi�perche�siano�decisi�con�unica�pronunzia.� 3.��Devono�essere�preliminarmente�dichiarate�inammissibili�la�costituzione�della� Regione�Campania�nel�giudizio�introdotto�col�ricorso�iscritto�al�n.�5�del�registro�dei�ricorsi� del�2002�e�quella�della�Regione�Puglia�nel�giudizio�rubricato�col�n.�35�del�registro�dei�ricorsi� del�2002,�avvenute�entrambe�oltre�il�termine�prescritto�dall'articolo�23,�terzo�comma,�delle� Norme�integrative�per�i�giudizi�davanti�alla�Corte�Costituzionale.� La�Regione�Campania�argomenta�l'ammissibilita�della�costituzione�tardiva.�Tuttavia�la� Corte�non�ritiene�di�discostarsi�dalla�propria�giurisprudenza�consolidata�(cfr.,�tra�le�molte,� sentenze�n.�71�del�1982�e�n.�417�del�2000),�che�considera�perentori�i�termini�previsti�per�la� costituzione�delle�parti�nei�giudizi�in�via�principale.� 4.��Devono�altres|�essere�dichiarati�inammissibili�gli�interventi�spiegati,�nel�giudizio� avverso�la�legge�della�Regione�Campania�(reg.�ric.�n.�5�del�2002),�dal�Gestore�della�Rete�di� Trasmissione�Nazionale�S.p.a.,�dalle�societa�ENEL�S.p.a.,�ENEL�Distribuzione�S.p.a.,� TERNA�-Trasmissione�Elettricita�Rete�Nazionale�S.p.a.,�e�dal�Comune�di�Lacco�Ameno,� nella�persona�del�Sindaco,�nonche�da�quest'ultimo�quale�Ufficiale�di�Governo;�nel�giudizio� avverso�la�legge�regionale�della�Puglia�(reg.�ric.�n.�35�del�2002),�dalla�Societa�Wind�Teleco- municazioni�S.p.a.;�e,�nel�giudizio�avverso�la�legge�regionale�dell'Umbria�(reg.�ric.�n.�52�del� 2002),�dalla�S.p.a.�Vodafone�Omnitel.� Si�tratta�di�un�Comune�e,�negli�altri�casi,�di�soggetti�imprenditoriali�interessati�alla� disciplina�recata�dalle�leggi�impugnate;�ma,�in�conformita�alla�costante�giurisprudenza�di� questa�Corte�(cfr.�da�ultimo�sentenze�n.�35�del�1995�e�n.�382�del�1999),�e�inammissibile� l'intervento,�nei�giudizi�promossi�in�via�principale�nei�confronti�di�leggi�regionali�o�statali,� di�soggetti�diversi�da�quelli�titolari�delle�potesta�legislative�della�cui�delimitazione�si�discute,� ancorche�destinatari�attuali�o�potenziali�delle�discipline�normative�recate�dalle�leggi�impu- gnate.� 5.��Tutte�le�leggi�regionali�impugnate�sono�state�emanate�nel�vigore�del�nuovo�titolo�V� della�parte�seconda�della�Costituzione,�come�risultante�dalla�legge�costituzionale�18�ottobre� 2001,�n.�3,�e�fanno�seguito�altres|�alla�legge�statale�22�febbraio�2001,�n.�36�(``Legge�quadro� sulla�protezione�dalle�esposizioni�a�campi�elettrici,�magnetici�ed�elettromagnetici'':�d'ora�in� poi�indicata�come�legge�quadro).� RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Quanto alle censure sollevate nei ricorsi, e� opportuno anzitutto sgomberare il campo da un assunto di carattere generale, che il ricorrente sostiene, in modo piu� esplicito nel ricorso contro la legge dell'Umbria, invocando la competenza legislativa esclusiva attribuita allo Stato dall'art. 117, secondo comma, lettera s, della Costituzione, in tema di ``tutela dell'am- biente, dell'ecosistema e dei beni culturali'', per escludere qualsiasi competenza delle Regioni a legiferare in vista di finalita� di tutela dell'ambiente. Tale assunto non e� fondato. Questa Corte ha gia� chiarito che la ``tutela dell'ambiente'', piu� che una ``materia'' in senso stretto, rappresenta un compito nell'esercizio del quale lo Stato conserva il potere di dettare standard di protezione uniformi validi in tutte le Regioni e non derogabili da queste; e che cio� non esclude affatto la possibilita� che leggi regionali, emanate nell'esercizio della potesta� concorrente di cui all'art. 117, terzo comma, della Costi- tuzione, o di quella ``residuale'' di cui all'art. 117, quarto comma, possano assumere fra i pro- pri scopi anche finalita� di tutela ambientale (cfr. sentenze n. 407 del 2002 e n. 222 del 2003). Nel caso delle discipline regionali impugnate, esse attengono essenzialmente agli ambiti materiali -richiamati del resto anche dal ricorrente -della ``tutela della salute'', minacciata dall'inquinamento elettromagnetico, dell'``ordinamento della comunicazione'' (per quanto riguarda gli impianti di telecomunicazione o radiotelevisivi), della ``produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia'' (per quanto riguarda gli elettrodotti), oltre che, piu� in generale, del ``governo del territorio'' (che comprende, in linea di principio, tutto cio� che attiene all'uso del territorio e allalocalizzazione diimpianti o attivita�): tutti ambiti rientranti nella sfera della potesta� legislativa ``concorrente'' delle Regioni a statuto ordinario, ai sensi dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione, e pertanto caratterizzati dal vincolo al rispetto dei (soli) principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato. 6. �Assume dunque essenziale rilievo la disciplina di principio stabilita dalla legge quadro, ai fini di verificare se le Regioni, nel deliberare le leggi impugnate, si siano attenute ai limiti fissati per l'esercizio della loro potesta� legislativa. Tale legge, che si applica a tutti gli impianti che possono comportare l'esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici con frequenze comprese tra 0 Hz e 300 GHz, e in particolare sia agli elettrodotti, sia agli impianti radioelettrici (art. 2, comma 1), stabili- sce distintamente le funzioni spettanti allo Stato (artt. 4 e 5) e le competenze delle Regioni e degli enti locali (art. 8), e disciplina specificamente i piani di risanamento (art. 9), i con- trolli (art. 14), le sanzioni (art. 15) e il regime transitorio applicabile in attesa dell'emana- zione del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri sulle soglie di esposizione per la popolazione, previsto dall'art. 4, comma 2 (art. 16: cfr. oggi d.P.C.m. 8 luglio 2003). In particolare, nel sistema della legge, gli standard di protezione dall'inquinamento elet- tromagnetico si distinguono (art. 3) in ``limiti di esposizione'', definiticome valoridi campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico che non devono essere superati in alcuna condi- zione di esposizione della popolazione e dei lavoratori per assicurare la tutela della salute; ``valori di attenzione'', intesi come valori di campo da non superare, a titolo di cautela rispetto ai possibili effetti a lungo termine, negli ambienti abitativi e scolastici e nei luoghi adibiti a permanenze prolungate; e ``obiettivi di qualita� ''. Questi ultimi sono distinti in due categorie, di cui una consiste ancora in valori di campo definiti ``ai fini della progressiva minimizzazione dell'esposizione'' (art. 3, comma 1, lettera d, n. 2), l'altra invece del tutto ete- rogenea consiste nei ``criteri localizzativi, (...) standard urbanistici, (...) prescrizioni e (...) incentivazioni per l'utilizzo delle migliori tecnologie disponibili'' (art. 3, comma 1, lettera d, n. 1). La legge attribuisce allo Stato la determinazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione edegliobiettividiqualita�delprimodeidue tipiindicati, cioe�deivaloridicampo defi- nitiaifinidellaulterioreprogressiva``minimizzazione''dell'esposizione(art. 4,comma1,let- tera a), mentre attribuisce allacompetenza delle Regionilaindicazione degli obiettivi diqualita� del secondo deitipiindicati, consistentiincriterilocalizzativi, standardurbanistici, prescrizioni e incentivazioni (art. 3, comma 1, lettera d,n. 1,eart.8,comma1,lettera e). Al di la� della discutibile terminologia, la logica della legge e� quella di affidare allo Stato la fissazione delle ``soglie'' di esposizione, graduate nel modo che si e� detto, alle Regioni la disciplina dell'uso del territorio in funzione della localizzazione degli impianti, cioe� le ulte- riori misure e prescrizioni dirette a ridurre il piu� possibile l'impatto negativo degli impianti IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� sul�territorio�(anche�se�poi�alcune�scelte�localizzative�sono�a�loro�volta�riservate�allo�Stato:�e�� il�caso�dei�tracciati�degli�elettrodotti�con�tensione�superiore�a�150�kV:�art.�4,�comma�1,�let- tera�g),�oltre�che�la�disciplina�dei�procedimenti�autorizzativi�(cfr.�art.�8,�comma�1,�let- tera�c):cio��,�in�coerenza�con�il�ruolo�riconosciuto�alle�Regioni�per�quanto�attiene�al�governo� e�all'uso�del�loro�territorio.� E�vero�che�la�stessa�legge�prevede�poi�l'emanazione�di�un�regolamento�stataledestinato� a�contenere�anche�misure�relative�alla�localizzazione�degli�impianti�e�altre�misure�dirette� ad�``evitare�danni�ai�valori�ambientali�e�paesaggistici''�e�a�tutelare�gli�``interessi�storici,�arti- stici,�architettonici,�archeologici,�paesaggistici�e�ambientali'',�nonche�una�disciplina�dei� ``principi''�relativi�ai�procedimenti�autorizzativi�(art.�5�e�art.�8,�comma�1,�lettera�a).�Ma,�a� prescindere�da�ogni�considerazione�circa�la�sorte�che�potra��riservarsi�a�tale�potesta��regola- mentare�a�seguito�della�entrata�in�vigore�del�nuovo�art.�117,�sesto�comma,�della�Costitu- zione,�che�limita�la�potesta��regolamentare�dello�Stato�alle�sole�materie�di�competenza�sta- tale�esclusiva,�la�circostanza�che�il�regolamento�previsto�non�e��stato�emanato,�in�assenza� inoltre�di�qualsiasi�disciplina�legislativa�transitoria�su�questi�temi,�rende�superflua�ogni� ulterioredisaminainargomento,restandofermo�chele�leggi�regionaliimpugnate�devono� essere�valutate�in�relazione�alla�loro�conformita��omenoaisoliprincipifondamentali�conte- nuti�nella�legge�quadro.� 7.��L'esame�di�alcune�delle�censure�proposte�nei�ricorsi�presuppone�che�si�risponda� all'interrogativo�se�i�valori-soglia�(limiti�di�esposizione,�valori�di�attenzione,�obiettivi�di�qua- lita��definiti�come�valori�di�campo),�la�cui�fissazione�e��rimessa�allo�Stato,�possano�essere� modificati�dalla�Regione,�fissando�valori-soglia�piu��bassi,�o�regole�piu��rigorose�o�tempi�piu�� ravvicinati�per�la�loro�adozione.� La�risposta�richiede�che�si�chiarisca�la�ratio di�tale�fissazione.�Se�essa�consistesse�esclusi- vamente�nella�tutela�della�salute�dai�rischi�dell'inquinamento�elettromagnetico,�potrebbe� invero�essere�lecito�considerare�ammissibile�un�intervento�delle�Regioni�che�stabilisse�limiti� piu��rigorosi�rispetto�a�quelli�fissati�dallo�Stato,�in�coerenza�con�il�principio,�proprio�anche� del�diritto�comunitario,�che�ammette�deroghe�alla�disciplina�comune,�in�specifici�territori,� con�effetti�di�maggiore�protezione�dei�valori�tutelati�(cfr.�sentenze�n.�382�del�1999�e�n.�407� del�2002).� Ma�in�realta��,�nella�specie,�la�fissazione�di�valori-soglia�risponde�ad�una�ratio piu��com- plessa�e�articolata.�Da�un�lato,�infatti,�si�tratta�effettivamente�di�proteggere�la�salute�della� popolazione�dagli�effetti�negativi�delle�emissioni�elettromagnetiche�(e�da�questo�punto�di� vista�la�determinazione�delle�soglie�deve�risultare�fondata�sulle�conoscenze�scientifiche�ed� essere�tale�da�non�pregiudicare�il�valore�protetto);�dall'altro,�si�tratta�di�consentire,�anche� attraverso�la�fissazione�di�soglie�diverse�in�relazione�ai�tipi�di�esposizione,�ma�uniformi�sul� territorio�nazionale,�e�la�graduazione�nel�tempo�degli�obiettivi�di�qualita��espressi�come�valori� di�campo,�la�realizzazione�degli�impianti�e�delle�reti�rispondenti�a�rilevanti�interessi�nazio- nali,�sottesi�alle�competenze�concorrenti�di�cui�all'art.�117,�terzo�comma,�della�Costituzione,� come�quelli�che�fanno�capo�alla�distribuzione�dell'energia�e�allo�sviluppodei�sistemiditele- comunicazione.�Tali�interessi,�ancorche�non�resi�espliciti�nel�dettato�della�legge�quadro�in� esame,�sono�indubbiamente�sottesi�alla�considerazione�del�``preminente�interesse�nazionale� alla�definizione�di�criteri�unitari�e�di�normative�omogenee''�che,�secondol'art.�4,comma�1,� lettera�a,�della�legge�quadro,�fonda�l'attribuzione�allo�Stato�della�funzione�di�determinare� detti�valori-soglia.�In�sostanza,�la�fissazione�a�livello�nazionale�dei�valori-soglia,�non�deroga- bili�dalle�Regioni�nemmeno�in�senso�piu��restrittivo,�rappresenta�il�punto�di�equilibrio�fra�le� esigenze�contrapposte�di�evitare�al�massimo�l'impatto�delle�emissioni�elettromagnetiche,�e� di�realizzare�impianti�necessari�al�paese,�nella�logica�per�cui�la�competenza�delle�Regioni�in� materia�di�trasporto�dell'energia�e�di�ordinamento�della�comunicazione�e��di�tipo�concor- rente,�vincolata�ai�principi�fondamentali�stabiliti�dalle�leggi�dello�Stato.� Tutt'altro�discorso�e��a�farsi�circa�le�discipline�localizzative�e�territoriali.�A�questo�pro- posito�e��logico�che�riprenda�pieno�vigore�l'autonoma�capacita��delle�Regioni�e�degli�enti� locali�di�regolare�l'uso�del�proprio�territorio,�purche�,�ovviamente,�criteri�localizzativi�e�stan- dard urbanistici�rispettino�le�esigenze�della�pianificazione�nazionale�degli�impianti�e�non� siano,�nel�merito,�tali�da�impedire�od�ostacolare�ingiustificatamente�l'insediamento�degli� stessi.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� 8.��Alla�luce�di�queste�premesse�possono�ora�essere�esaminate�le�specifiche�censure� mosse�nei�ricorsi�alle�disposizioni�delle�leggi�regionali�impugnate.� L'art.�3,�comma�3,�della�legge�della�Regione�Marche�prevede�che�l'installazione�degli� impianti�sia�sottoposta�``ad�opportune�procedure�di�valutazione�di�impatto�ambientale�cos|� come�previsto�dall'articolo�2-bis della�legge�1.�luglio�1997,�n.�189''.�Il�successivo�comma�4� demanda�ad�un�atto�della�Giunta�la�determinazione�delle�modalita�di�attuazione.�Le�due� disposizioni�sono�impugnate�dal�Presidente�del�Consiglio�sul�presupposto�che�esse�eccedano� la�competenza�regionale,�poiche�la�competenza�resterebbe�riservata�allo�Stato�in�funzione� della�tutela�dell'ambiente.� La�questione�e�infondata�per�quanto�riguarda�il�comma�3:�infatti�la�sottoposizione�a� valutazione�di�impatto�ambientale�della�installazione�degli�impianti�in�questione,�anche�a� prescindere�dalla�previsione�analoga�contenuta�nella�legge�statale�(poi�abrogata�dall'art.�12� del�d.�lgs.�n.�198�del�2002,�a�sua�volta�pero�caducato�dalla�sentenza�n.�303�del�2003�di�questa� Corte),�afferisce�alla�disciplina�dell'uso�del�territorio,�e�non�contrasta�con�alcun�principio� fondamentale�della�legislazione�statale.� Nonvaleincontrarioilrichiamoagliarticoli�1,comma6,lettera�a,n.�2,e2,�comma6,� della�legge�31�luglio�1997,�n.�249,�e�all'art.�2,�comma�1,�del�decreto�legge�23�gennaio�2001,� n.�5,�convertito�con�la�legge�20�marzo�2001,�n.�66,�che�si�riferiscono�alla�elaborazione�dei� piani�di�assegnazione�delle�frequenze�da�parte�dell'Autorita�per�le�garanzie�nelle�comunica- zioni.�Tali�piani�comportano�bens|�la�necessita�di�prevedere�in�via�generale�l'ubicazione�degli� impianti�sul�territorio,�ma�non�esauriscono�le�decisioni�di�concreta�localizzazione�degli� stessi,�che�restano�nella�sfera�della�competenza�regionale�e�locale,�come�confermano�sia� l'art.�8,�comma�1,�lettera�a,�della�legge�quadro,�sia,�per�la�fase�transitoria,�l'art.�2,�commi�1� e1-bis,�del�decreto�legge�n.�5�del�2001.� 9.��Fondata�e�invece�la�questione�relativamente�al�comma�4,�per�l'assoluta�indetermi- natezza�del�potere�demandato�alla�Giunta.�Una�procedura�di�valutazione�di�impatto�puo�di� fatto�tradursi�in�un�ostacolo�ingiustificato�alla�realizzazione�di�impianti�che�sono�oggetto�di� una�programmazione�nazionale,�a�seconda�del�modo�in�cui�venga�disciplinata�e�degli�effetti� attribuiti�alle�determinazioni�assunte�nell'ambito�della�stessa.�La�totale�liberta�attribuita�alla� Giunta�nel�dettare�tale�disciplina,�senza�l'indicazione�di�alcun�criteriodaparte�dellalegge,� viola�il�principio�di�legalita�sostanziale,�oltre�che�consentire�l'emanazione�di�discipline�regio- nali�eccedenti�l'ambito�dei�poteri�della�Regione�o�contrastanti�con�i�principi�fondamentali� desumibili�dalla�legislazione�statale:�e�determina�pertanto�l'illegittimita�costituzionale�della� disposizione�impugnata.� 10.��L'art.�3,�comma�6,�della�legge�marchigiana�impone,�sia�pure�in�via�transitoria,�e� cioe�fino�all'adozione�``dei�decreti�e�regolamenti�previsti�dall'articolo�4''�della�legge�statale� n.�36�del�2001,�che�la�progettazione,�la�realizzazione�e�la�modifica�degli�impianti�siano� attuate�in�modo�da�ottenere�``quale�obiettivo�di�qualita�'',�in�corrispondenza�di�edifici�adibiti� a�permanenze�non�inferiori�a�quattro�ore,�valori�di�campo�elettrico�non�superiori�a�3�Volt/- metro.� Il�ricorrente�censura�tale�disposizione�in�quanto�essa�invaderebbe�l'attribuzione,�riser- vata�allo�Stato�dall'art.�4,�comma�1,�lettera�a,�della�legge�n.�36�del�2001,�di�determinare�i� limiti�di�esposizione,�i�valori�di�attenzione�e�gli�obiettivi�di�qualita�in�termini�di�valori�di� campo.� La�questione�e�fondata.� Come�si�e�detto,�la�legge�quadro�distingue�nettamente�fra�gli�``obiettivi�di�qualita�''�in�ter- mini�di�valori�di�campo,�ai�fini�della�``progressiva�minimizzazione�dell'esposizione''�-definiti� dallo�Stato�-e�gli�``obiettivi�di�qualita�''�in�termini�di�criteri�localizzativi,�standard urbanistici,� prescrizioni�e�incentivazioni�per�l'utilizzo�delle�migliori�tecnologie�disponibili,�indicati�dalle� leggi�regionali.�Nel�caso�della�disposizione�impugnata,�si�tratta�all'evidenza�di�un�obiettivo� del�primo�tipo,�la�cui�definizione�e�rimessa�allo�Stato:�onde�essa�eccede�l'ambito�della�com- petenza�regionale.� 11.��L'art.�7,�comma�3,�della�legge�delle�Marche�stabilisce�che�con�atto�della�Giunta� regionale�sono�determinate�le�distanze�minime,�da�rispettare�nell'installazione�degli� impianti,�dal�perimetro�esterno�di�edifici�``destinati�ad�abitazioni,�a�luoghidilavoro�o�ad� attivita�diverse�da�quelle�specificamente�connesse�all'esercizio�degli�impianti�stessi'',�di�ospe- IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� dali,�case�di�cura�e�di�riposo,�edifici�adibiti�al�culto,�scuole�ed�asili�nido,�nonche�di�immobili� vincolati�ai�sensi�della�legislazione�sui�beni�storico-artistici�o�individuati�come�edifici�di�pre- gio�storico-architettonico,�di�parchi�pubblici,�parchi�gioco,�aree�verdi�attrezzate�ed�impianti� sportivi.� Il�Presidente�del�Consiglio�censura�tale�disposizione�in�quanto�essa�introduce�un�para- metro,�quello�della�distanza,�diverso�da�quelli�``di�attenzione''�la�cui�determinazione�e�riser- vata�allo�Stato�ai�sensi�dell'art.�4,�comma�1,�lettera�a,�della�legge�quadro.� La�questione�e�fondata.� La�totale�liberta�attribuita�alla�Giunta�ai�fini�della�determinazione�delle�distanze� minime,�e�la�genericita�ed�eterogeneita�delle�categorie�di�aree�e�di�edifici�rispetto�a�cui�il�vin- colo�di�distanza�minima�viene�previsto,�configurano�non�gia�un�quadro�di�prescrizioni�o� standard urbanistici,�bens|�un�potere�amministrativo�in�contrasto�con�il�principio�di�legalita� sostanziale�e�tale�da�poter�pregiudicare�l'interesse,�protetto�dalla�legislazione�nazionale,�alla� realizzazione�delle�reti�di�telecomunicazione.�La�norma�impugnata�eccede�pertanto�i�limiti� della�competenza�regionale.� 12.��Della�legge�regionale�della�Campania�e�impugnato�in�primo�luogo�l'art.�1,� comma�2,�in�cui�si�enuncia�che�``per�i�fini�di�cui�al�comma�1''�-vale�a�dire�per�la�tutela�della� salute�e�per�la�salvaguardia�dell'ambiente�dall'inquinamento�elettromagnetico�-la�legge� ``detta�norme�per�la�localizzazione�degli�elettrodotti''.� Secondo�il�ricorrente,�il�rinvio�a�finalita�di�``tutela�dell'ambiente''�violerebbe�la�compe- tenza�esclusiva�dello�Stato�in�questa�materia.� La�generica�censura�e�infondata�per�le�ragioni�gia�esposte�sopra,�al�n.�5.� 13.��L'art.�2�della�stessa�legge�stabilisce�che�i�Comuni�devono�indicare�nei�loro�stru- menti�urbanistici�gli�elettrodotti�esistenti�e�i�corridoi�aerei�o�interrati�per�la�localizzazione� delle�linee�elettriche�di�voltaggio�superiore�a�30.000�volt�(comma�1);�che�l'ampiezza�dei�corri- doi�e�definita�``con�direttiva�della�Regione''�(comma�2);�che�gli�strumenti�urbanistici�devono� assicurare�il�rispetto�di�un�valore�limite�di�induzione�magnetica�difforme�da�quello�definito� dallo�Stato,�in�prossimita�di�edifici�adibiti�a�permanenze�prolungate�(comma�3).� Dette�norme�sono�censurate�per�contrasto�con�i�principi�della�legge�statale.� La�questione�e�infondata�relativamente�al�comma�1,�che�si�limita�a�prevedere�la�indica- zione�obbligatoria�negli�strumenti�urbanistici�degli�elettrodotti�e�dei�corridoi�per�la�loro� localizzazione�(che�dovra�,�evidentemente,�essere�conforme�alla�specifica�normativa�e�alla� pianificazione�statale),�nonche�relativamente�al�comma�2,�che�si�limita�a�prevedere�una�diret- tiva�regionale�sull'ampiezza�dei�corridoi,�che�e�altra�cosa�rispetto�alla�definizione�di�vincoli� nelle�fasce�di�rispetto.� 14.��E�invece�fondata,�per�le�ragioni�esposte�sopra�al�n.�7,�la�questione�relativamente� al�comma�3�dell'art.�2,�che�introduce�un�valore�limite�di�induzione�magnetica�in�prossimita� di�determinati�edifici�ed�aree,�il�quale�si�sovrappone�ai�limiti�di�esposizione�fissati�dallo� Stato�[cfr.�art.�4�del�d.P.C.m.�23�aprile�1992,�recante�``Limiti�massimi�di�esposizione�ai� campi�elettrico�e�magnetico�generati�alla�frequenza�industriale�nominale(50�Hz)�negli� ambienti�abitativi�e�nell'ambiente�esterno'',�richiamato�in�via�transitoria�dall'art.�16�della� legge�quadro].� 15.��L'art.�3�della�legge�regionale�della�Campania�stabilisce,�al�comma�1,�che�i� Comuni,�con�le�procedure�previste�per�la�localizzazione�delle�opere�pubbliche,�adeguano�la� pianificazione�urbanistica�individuando�gli�elettrodotti�in�esercizio�che�non�rispettano�il� valore�limite�di�induzione�magnetica�di�cui�all'art.�2,�comma�3,�e�che�sono�oggetto�di�inter- venti�prioritari�di�risanamento;�al�comma�2,�che�le�imprese�distributrici�di�energia�elettrica� con�elettrodotti�di�tensione�fino�a�150�kV�presentano�alla�Regione�un�piano�di�risanamento� con�le�modalita�e�i�tempi�degli�interventi�da�realizzare,�piano�che�e�approvato,�ai�sensi�del� comma�3,�dalla�Regione�sentiti�il�Comune�interessato�e�l'Agenzia�regionale�per�la�protezione� dell'ambiente;�infine�il�comma�4�prevede�che�``per�le�finalita�di�cuialcomma�1''le�imprese� distributrici�di�energia�elettrica�per�le�reti�di�tensione�superiore�a�150�kV�attivano�la�proce- dura�di�risanamento�con�le�modalita�previste�dal�d.P.C.m.�23�aprile�1992�(erroneamente�indi- cato�con�la�data�del�23�aprile�1993).� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Il�ricorrente�censura�tutta�la�disposizione�perche�non�avrebbe�tenuto�conto�della�riserva� allo�Stato�della�competenza�a�stabilire�i�criteri�di�elaborazione�dei�pianidirisanamento,� anche�con�riferimento�alle�modalita�di�coordinamento�delle�attivita�riguardanti�piu�Regioni.� La�questione�e�fondata�per�quanto�riguarda�il�comma�1,�che�fa�riferimento�ai�valori- limite�di�cui�all'art.�2,�comma�3,�in�conseguenza�della�illegittimita�di�quest'ultimo;�nonche�,� per�le�stesse�ragioni,�per�quanto�riguarda�il�rinvio�alle�finalita�del�comma�1�contenuto�nel� comma�4�dello�stesso�art.�2.� 16.��Non�e�invece�fondata�la�medesima�questione�per�quanto�riguarda�i�commi�2�e�3,� che�fanno�riferimento�alla�competenza�alla�approvazione�dei�piani�di�risanamento�degli� elettrodotti�di�tensione�fino�a�150�kV,�competenza�riconosciuta�alla�Regione�dall'art.�9,� comma�3,�secondo�periodo,�della�legge�quadro.�Ne�puo�sostenersi�che�la�Regione�debba� attendere�la�statuizione�da�parte�dello�Stato�dei�criteri�di�elaborazione�edelle�modalita�di� coordinamento�interregionale�dei�piani�(ai�sensi�dell'art.�4,�comma�1,�lettera�d,�della�legge� quadro),�che�non�condizionano,�anche�ai�sensi�del�citato�art.�9�della�legge�statale,�la�predi- sposizione�dei�piani,�ma�semmai,�eventualmente,�ne�potranno�comportare�l'adeguamento� una�volta�che�lo�Stato�abbia�provveduto.� Parimenti�non�fondata�e�la�questione�con�riguardo�al�comma�4,�escluso�l'inciso�iniziale:� per�gli�elettrodotti�di�tensione�superiore�a�150�kV�si�fa�infatti�rinvio�alle�procedure�stabilite� dall'atto�statale�(sia�pure�erroneamente�indicato�quanto�alla�data). 17.��E�censurato�anche�l'art.�7�della�legge�della�Regione�Campania,�che�stabilisce�le� sanzioni�per�il�superamento�dei�limiti�fissati�dalla�stessa�legge�e�per�la�mancata�presenta- zione�dei�piani�di�risanamento.�Il�ricorrente�lamenta�che�sia�fissato�un�regime�sanzionatorio� autonomo�senza�tener�conto�di�quello�previsto�dall'art.�15�della�legge�quadro.� La�questione�e�fondata.� La�competenza�a�disciplinare�le�sanzioni�per�il�superamento�dei�valori-limite�non�puo� che�seguire�la�competenza�a�fissare�gli�stessi�valori,�e�quindi�nella�specie�spetta�allo�Stato� (cfr.�infatti�l'art.�15�della�legge�quadro).�Quanto�agli�effetti�della�mancata�presentazione�dei� piani�di�risanamento,�o�del�mancato�rispetto�delle�prescrizioni�dei�piani,�provvede�l'art.�9� della�legge�quadro,�ai�cui�sensi�la�Regione�e�abilitata�a�sostituirsi�ai�gestori�adottando�il� piano�per�gli�elettrodotti�minori�(comma�3,�terzo�periodo),�mentre�il�mancato�risanamento� comporta,�a�titolo�di�sanzione,�che�non�si�riconosca�al�gestore�inadempiente�il�canone�per� l'utilizzo�della�linea�non�risanata,�nonche�la�disattivazione�temporanea�degli�impianti,�con� provvedimento�del�Ministro�per�gli�elettrodotti�maggiori,�della�Regione�per�quelli�minori� (comma�6).� La�disciplina�impugnata�e�dunque�costituzionalmente�illegittima�in�quanto�si�sovrap- pone�a�quella�statale�recata�dalla�legge�quadro.� 18.��Infine�il�ricorrente�impugna�l'art.�8�della�legge�campana,�che�impone�l'adegua- mento�degli�elettrodotti�gia�autorizzati�ma�non�ancora�in�esercizio�al�valore-limite�di�indu- zione�magnetica�fissato�dall'art.�2,�comma�3,�disponendo�la�sospensione�della�autorizza- zione�fino�alla�pronuncia�della�Regione:�secondo�il�Presidente�del�Consiglio�la�normativa� transitoria�della�legge�regionale�si�sovrapporrebbe�a�quella�recata�dall'art.�16�della�legge� quadro.� La�questione�e�fondata,�in�conseguenza�del�riconoscimento�della�illegittimita�costituzio- nale�del�richiamato�art.�2,�comma�3.� 19.��La�prima�disposizione�impugnata�della�legge�della�Regione�Puglia�e�l'art.�3,� comma�1,�lettera�m,�che�definisce�``aree�sensibili''�le�``aree�per�le�quali�le�amministrazioni� comunali,�su�regolamentazione�regionale,�possono�prescrivere�localizzazioni�alternative� degli�impianti,�in�considerazione�della�particolare�densita�abitativa,�della�presenza�di�infra- strutture�e/o�servizi�a�elevata�intensita�d'uso,�nonche�dello�specifico�interesse�storico-archi- tettonico�e�paesaggistico-ambientale''.�Il�successivo�art.�4,�comma�1,�stabilisce�che�la� Regione,�``nel�rispetto�dei�limiti�previsti�dal�d.m.�n.�381/1998''�(contenente�la�disciplina,�cui� rimanda,�in�via�transitoria,�l'art.�16�della�legge�quadro,�sui�limiti�di�esposizione,�le�misure� di�cautela�e�gli�obiettivi�di�qualita�relativamente�ai�sistemi�fissi�delle�telecomunicazioni�e� radiotelevisivi),�e�``tenendo�conto�degli�strumenti�della�pianificazione�territoriale,�paesaggi- stica�e�ambientale,�a�livello�regionale�e�locale'',�``detta�i�criteri�generali�per�la�localizzazione� degli�impianti,�nonche�i�criteri�inerenti�l'identificazione�delle�`aree�sensibili'�e�la�relativa�peri- metrazione''.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� Secondo�il�ricorrente,�tale�disciplina�eccederebbe�dalla�competenza�regionale:�definendo� le�``aree�sensibili''�e�prevedendo�i�criteri�per�la�loro�identificazione�e�perimetrazione,�intro- durrebbe�nozioni�estranee�alla�legislazione�statale�di�principio�e�si�porrebbe�in�contrasto� con�essa.� La�questione�non�e�fondata.� Le�``aree�sensibili''�sono�definite�dalla�legge�regionale�con�riguardo�a�situazioni�e�inte- ressi�(tutela�della�popolazione�nelle�aree�densamente�abitate�o�frequentate,�interesse�sto- rico-artistico�o�paesistico�dell'area)�di�cui�la�Regione�ha�certamente�titolo�per�occuparsi�in� sede�di�regolazione�dell'uso�del�proprio�territorio.�Soprattutto,�poi,�la�definizione�e�la�peri- metrazione�di�tali�aree,�nel�sistema�della�legge�regionale,�hanno�l'unico�scopo�di�fondare�la� previsione�di�``localizzazioni�alternative'',�cioe�un�tipo�di�misura�che,�fermo�restando�il�neces- sario�rispetto�dei�vincoli�della�programmazione�nazionale�delle�reti�e�della�pianificazione� del�territorio,�rientra�appieno�nella�competenza�regionale�in�tema�di�governo�del�territorio,� e�specificamente�nella�competenza�regionale,�riconosciuta�dalla�legge�quadro�(art.�8,�comma� 1,�lettera�a),�per�la�``individuazione�dei�siti�di�trasmissione�e�degli�impianti�per�telefonia� mobile,�degli�impianti�radioelettrici�e�degli�impianti�per�radiodiffusione''.�Essa�non�prelude� dunque�alla�fissazione�di�valori-soglia�diversi�e�contrastanti�con�quelli�fissati�dallo�Stato,� ma�attiene�e�puo�attenere�solo�alla�indicazione�di�obiettivi�di�qualita�non�consistenti�in�valori� di�campo,�ma�in�criteri�di�localizzazione,�standard urbanistici,�prescrizioni�e�incentivazioni� all'utilizzo�della�miglior�tecnologia�disponibile,�o�alla�cura�dell'interesse�regionale�e�locale� all'uso�piu�congruo�del�territorio,�sia�pure�nel�quadro�dei�vincoli�che�derivano�dalla�pianifi- cazione�nazionale�delle�reti�e�dai�relativi�parametri�tecnici,�nonche��dai�valori-soglia�stabiliti� dallo�Stato.� 20.��E�poi�impugnato�l'art.�10,�comma�1,�della�legge�pugliese,�ai�cui�sensi�e�vietata� l'installazione�di�sistemi�radianti�relativi�agli�impianti�di�emittenza�radiotelevisiva�e�di� stazioni�radio�base�per�telefonia�mobile�su�``ospedali,�case�di�cura�e�di�riposo,�scuole�e�asili� nido''.�Secondo�il�ricorrente�tale�divieto�assoluto�avrebbe�un�contenuto�diverso�ed�eccedente� rispetto�all'unico�parametro�del�valore�di�campo�elettromagnetico�prescritto�dal�d.m.�n.�381� del�1998,�cui�rinvia�la�norma�transitoria�dell'art.�16�della�legge�quadro.� La�questione�e�infondata.�Il�divieto�in�questione,�riferito�a�specifici�edifici,�non�eccede� l'ambito�di�un�``criterio�di�localizzazione'',�in�negativo,�degli�impianti,�e�dunque�l'ambito� degli�``obiettivi�di�qualita�''�consistenti�in�criteri�localizzativi,�la�cui�definizione�e�rimessa�alle� Regioni�dall'art.�3,�comma�1,�lettera�d,�e�dall'art.�8,�comma�1,�lettera�e,�della�legge�quadro;� ne��di�per�se��e�suscettibile�di�pregiudicare�la�realizzazione�delle�reti.� 21.��Diversa�e�la�conclusione�quanto�all'art.�10,�comma�2,�della�stessa�legge,�che� estende�il�divieto�di�localizzazione�degli�impianti�alle�aree�vincolate�ai�sensi�della�legge�sta- tale�sui�beni�culturali�e�ambientali,�alle�aree�classificate�di�interesse�storico-architettonico,� alle�aree�``di�pregio�storico,�culturale�e�testimoniale'',�e�alle�fasce�di�rispetto,�perimetrate� secondo�una�delibera�della�Giunta�regionale,�degli�immobili�``protetti''di�cui�al�comma�1� (ospedali,�case�di�cura�e�di�riposo,�scuole�e�asili�nido):�disposizione�al�cui�proposito�il�ricor- rente�rileva�che�essa�invaderebbe�la�competenza�esclusiva�dello�Stato�in�materia�ambientale� e�contrasterebbe�con�l'art.�5�della�legge�quadro,�che�riserverebbe�ad�un�regolamento�statale� l'adozione�di�misure�specifiche�finalizzate�alla�tutela�dell'ambiente�e�del�paesaggio.� Tale�questione�e�fondata.�In�questo�caso�infatti�l'ampiezza�e�la�eterogeneita�delle�catego- rie�di�aree�contemplate,�l'indeterminatezza�di�alcune�definizioni�(come�quella�di�aree�``di�pre- gio�testimoniale'')�e�la�assoluta�discrezionalita�attribuita�alla�Giunta�nel�perimetrare�le�fasce� di�rispetto�relative�agli�immobili�di�cui�al�comma�1,�fanno�del�divieto�legislativo�analoga- mente�a�quanto�si�e�osservato�sopra,�al�n.�11,�a�proposito�di�una�simile�disposizione�della� legge�delle�Marche�un�vincolo�in�grado,�nella�sua�assolutezza,�di�pregiudicare�l'interesse,� protetto�dalla�legislazione�nazionale,�alla�realizzazione�delle�reti�di�telecomunicazione,�non- che��lesivo,�per�cio�che�attiene�alla�determinazione�delle�fasce�di�rispetto,�del�principio�di� legalita�sostanziale.� 22.�Dellaleggeregionaleumbrae�impugnatoanzituttol'art.�1,comma1,perche�,nel- l'enunciare�le�finalita�della�legge,�afferma�che�le�sue�norme�sono�dettate,�oltre�che�``a�tutela� della�salute�e�della�popolazione�dagli�effetti�della�esposizione�ai�campi�elettrici,�magnetici� ed�elettromagnetici'',�anche�``a�salvaguardia�dell'ambiente�e�del�paesaggio'':�la�tutela�dell'am- biente�sarebbe�infatti�attribuita�alla�legislazione�esclusiva�dello�Stato.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� La�questione�e��infondata�per�le�ragioni�gia��esposte�sopra�al�n.�5.� 23.��E�impugnato�anche�il�comma�2�dell'art.�1,�ai�cui�sensi�``i�fini�di�cui�al�comma�1� sono�conseguiti�disciplinando�la�localizzazione,�la�costruzione,�la�modificazione�ed�il�risana- mento�degli�impianti�che�producono''�le�emissioni�in�questione,�nonche�``mediante�l'indivi- duazione,�in�coerenza�con�le�previsioni�contenute�nella�legge�n.�36/2001,�di�adeguati�limiti� di�esposizione''.� Secondo�il�ricorrente�l'art.�5,�comma�1,�della�legge�quadro�riserverebbe�allo�Stato�le� ``misure�specifiche�relative�alle�caratteristiche�tecniche�degli�impianti�e�alla�localizzazione� dei�tracciati�per�la�progettazione,�la�costruzione�e�la�modifica�degli�elettrodotti�e�di�impianti� per�telefonia�mobile�e�radiodiffusione'',�e�``le�particolari�misure�atte�ad�evitare�danni�ai� valori�ambientali�e�paesaggistici'':�onde�si�sarebbe�nel�campo�della�legislazione�esclusiva� dello�Stato�per�la�tutela�dell'ambiente.�Sempre�secondo�il�ricorrente,�anchesela�legge�regio- nale�si�definisce�volta�alla�tutela�sanitaria,�non�sarebbe�ammissibile�che�la�legislazione� concorrente�regionale�prevalga�su�quella�esclusiva�dello�Stato.�In�ogni�caso,�pur�se�si�rite- nesse�ammissibile�una�legislazione�regionale�concorrente,�nella�specie,�fra�i�principi�fonda- mentali�da�osservare�vi�sarebbero�quelli�che�assicurano�la�realizzazione�del�principio�di� uguaglianza,�che�sarebbe�violato�se�si�ammettesse�una�tutela�differenziata�per�Regioni�attra- verso�un�livello�di�protezione�contro�le�radiazioni�elettromagnetiche�diverso�(e�sia�pure�mag- giore)�per�una�Regione�rispetto�ad�altre.� La�questione�e��infondata�con�riguardo�alla�prima�parte�della�disposizione,�per�le�ragioni� gia��esposte�sopra,�al�n.�5.�Del�resto,�che�vi�possa�e�vi�debba�essere�una�disciplina�regionale� della�localizzazione,�della�costruzione,�della�modificazione�e�del�risanamento�degli�impianti� risulta�espressamente�dalla�stessa�legge�quadro,�che�attribuisce�alle�Regioni�competenza,� fra�l'altro,�in�tema�di�localizzazione�degli�impianti�(art.�8,�comma�1,�lettere�a�e�b),�di�rilascio� delle�autorizzazioni�alla�installazione�degli�impianti�(art.�8,�comma�1,�lettera�c),�di�adozione� o�approvazione�di�piani�di�risanamento�(art.�9).� 24.��La�questione�e��invece�fondata�con�riguardo�alla�seconda�parte�della�disposizione,� che�si�riferisce�alla�individuazione�(sia�pure�``in�coerenza''�con�le�previsioni�della�legge�qua- dro:�ma�non�e��chiaro�come�si�misurerebbe�tale�coerenza)�di�``adeguati�limiti�di�esposizione''.� Non�puo��condividersi�l'assunto�del�ricorrente,�secondo�cui�di�per�se�una�differenziazione� in melius dei�livelli�di�tutela�sanitaria�sarebbe�in�contrasto�con�il�principio�di�eguaglianza:� in�linea�di�principio�possono�infatti,�come�si�e��detto,�ammettersi�interventi�regionali�di�mag- giore�tutela.�Ma,�per�le�ragioni�esposte�sopra,�al�n.�7,�i�limiti�di�esposizione�in�materia�di� inquinamento�elettromagnetico,�fissati�dallo�Stato,�debbono�ritenersi�inderogabili�dalle� Regioni�anche�in melius,�esprimendo�essi�(ove�se�ne�postuli�l'adeguatezza�in�assoluto�a� proteggere�la�salute,�cio��che,�nella�specie,�non�e��oggetto�di�contestazione)�il�punto�di�equili- brio�fra�l'esigenza�di�tutela�della�salute�e�dell'ambiente�e�quella�di�consentire�la�realizzazione� di�impianti�di�interesse�nazionale.� L'art.�1,�comma�2,�della�legge�umbra�e��dunque�costituzionalmente�illegittimo�limitata- mente�alla�parte�in�cui�prevede�l'individuazione�da�parte�della�Regione�di�limiti�di�esposi- zione.� 25.��E�impugnato�l'art.�2�della�legge,�che,�sotto�la�rubrica�``Principio�di�giustifica- zione'',�stabilisce�che�nella�pianificazione�della�localizzazione�di�nuovi�impianti�e�in�sede�di� rilascio�delle�autorizzazioni�i�gestori�e�i�concessionari�(salvo�che�per�gli�``impianti�di�compe- tenza�del�Piano�di�assegnazione�delle�frequenze�di�cui�alla�legge�31�luglio�1997,�n.�249'')�sono� ``tenuti�a�dimostrare�le�ragioni�obiettive�della�indispensabilita��degli�impianti�stessi�ai�fini�del- l'operativita��del�servizio''.�Ad�avviso�del�ricorrente�non�si�potrebbero�attribuire�alla�Regioni� valutazioni�come�quelle�sulla�indispensabilita��degli�impianti�che�atterrebbero�alla�responsa- bilita��dei�gestori,�senza�alterare�le�condizioni�del�mercato�concorrenziale,�cos|��sconfinando� anche�nell'ambito�della�competenza�esclusiva�dello�Stato�in�materia�di�tutela�della�concor- renza�(art.�117,�secondo�comma,�lettera�e,�della�Costituzione).� La�questione�e��fondata,�non�perche�possa�ritenersi�tale�disciplina�attinente�alla�``tutela� della�concorrenza''�di�competenza�statale�(trattandosi�qui�solo�del�rapporto�pubblicistico� fra�gestore�ed�ente�pubblico�cui�spettano�i�poteri�di�pianificazione,�autorizzazione�e�vigi- lanza),�ma�perche�richiedere�una�condizione�ulteriore�di�tenore�generico,�come�la�dimostra- zione�della�``indispensabilita��''�dell'impianto�ai�fini�della�operativita��del�servizio,�significa� attribuire�all'amministrazione�autorizzante�un�largo�e�indeterminato�potere�discrezionale� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� che�puo�finire�per�configurarsi�come�arbitrio.�Il�che�non�toglie,�naturalmente,�che�il�rilascio� delle�autorizzazioni�debba�rispondere�anche�a�criteri�di�funzionalita�delle�reti�e�dei�servizi,� trattandosi�comunque�di�impianti�che�gravano�con�un�impatto�negativo�sull'ambiente�in�ter- mini�di�emissioni�oltre�che�in�termini�di�``consumo''�o�alterazione�di�risorse�territoriali�e� ambientali.� 26.��L'art.�4,�comma�1,�lettera�b,�della�legge�dell'Umbria�prevede�che�in�determinate� aree�definite�``sensibili'',�individuate�dai�Comuni�d'intesa�con�le�Province�in�riferimento�a� zone�ad�alta�densita�abitativa�o�caratterizzate�dalla�presenza�di�strutture�di�tipo�assistenziale,� sanitario�o�educativo,�le�amministrazioni�comunali�``possono�prescrivere�modifiche,�adegua- menti�o�la�delocalizzazione�di�elettrodotti�con�tensione�nominale�superiore�a�venti�kV�e�di� impianti�radioelettrici'',�esistenti�o�di�nuova�realizzazione,�``al�fine�di�garantire�la�massima� tutela�ambientale�dell'area�stessa''.� Il�ricorrente�censura�la�disposizione�in�quanto�in�materia�di�risanamento�una�differenza� di�discipline�fra�diversi�territori�non�sarebbe�ammissibile,�perche�non�assicurerebbe�il� rispetto�del�principio�di�eguaglianza.� La�questione�e�infondata.� Mentre�e�improprio,�per�le�ragioni�gia�viste,�invocare�il�principio�di�eguaglianza,�l'attri- buzioneaiComunidipoterilimitatiinordineallalocalizzazioneeallecaratteristiche�degli� impianti�nelle�aree�``sensibili''�non�eccede�i�poteri�del�legislatore�regionale�in�relazione�agli� ``obiettivi�di�qualita�''�che�la�Regione�puo�legittimamente�indicare�ai�sensi�dell'art.�3,�com- ma�1,�lettera�d,�n.�1,�e�all'art.�8,�comma�1,�lettera�e,�della�legge�quadro.�In�particolare,� l'ultima�delle�disposizioni�citate�attribuisce�espressamente�alla�competenza�delle�Regioni� la�``individuazione�degli�strumenti�e�delle�azioni�per�il�raggiungimento�degli�obiettivi�di�qua- lita�''�consistenti,�ai�sensi�della�prima�delle�citate�disposizioni,�in�criteri�localizzativi,�stan- dard urbanistici,�prescrizioni�e�incentivazioni�per�l'utilizzo�delle�migliori�tecnologie�dispo- nibili.� 27.��L'art.�5,�comma�1,�lettera�c,�della�legge�prevede�che�la�Giunta�regionale�con�pro- prio�regolamento�``fissa�i�criteri�per�l'elaborazione�e�l'attuazione�dei�piani�di�risanamento� degli�impianti�radioelettrici,�di�telefonia�mobile�e�di�radiodiffusione''.� Il�ricorrente�censura�la�disposizione�affermando�la�inammissibilita�di�una�differenzia- zione�per�Regioni�della�disciplina�in�materia�di�risanamento.� Anche�questa�questione�e�infondata.�Premesso�che�non�e�contestata�ne�in�questo�caso�ne� a�proposito�di�altre�analoghe�disposizioni�pure�impugnate�nei�presenti�giudizi�la�legittimita� del�ricorso�allo�strumento�regolamentare�ne�la�competenza�della�Giunta�ad�adottarlo,�basta� qui�osservare�che�l'art.�9,�comma�1,�della�legge�quadro�espressamente�attribuisce�alla� Regione�il�compito�di�adottare�i�piani�di�risanamento�per�gli�impianti�radioelettrici,�senza� nemmeno�prevedere�in�proposito�come�invece�prevede�per�gli�elettrodotti�l'art.�4,�comma�1,� lettera�d,�e�comma�4,�della�stessa�legge�criteri�statali�di�elaborazione�dei�piani.� 28.��Il�comma�2�dello�stesso�art.�5�prevede�che�la�Giunta�regionale,�sentite�le�Pro- vince,�proponga�al�Ministero�dell'ambiente�il�piano�di�risanamento�degli�elettrodotti�con�ten- sione�superiore�a�150�kv�``in�caso�di�inerzia�o�inadempienza�dei�gestori''.� Il�Presidente�del�Consiglio�sostiene,�da�un�lato,�che�si�tratterebbe�di�materia�di�esclusiva� competenza�statale,�dall'altro�che,�attribuendosi�un�potere�di�proposta�dei�piani,�la�Regione� porrebbe�dei�limiti�ai�poteri�deliberativi�dello�Stato,�``salvo�che�la�norma�non�vada�interpre- tata�nel�senso�che�la�proposta�in�questo�caso�costituisce�solo�una�sollecitazione�per�il�Mini- stero�che�potra�deliberare�un�piano�del�tutto�diverso�da�quello�proposto''.� La�questione�e�infondata.� L'art.�9,�comma�3,�primo�periodo,�della�legge�quadro�prevede�che�per�gli�elettrodotti�in� questione�la�proposta�di�piano�sia�presentata�dai�gestori�al�Ministero�dell'ambiente,�nulla� disponendosi�per�il�caso�di�mancata�presentazione�(salve�le�sanzioni�previste�dal�comma�6� per�l'ipotesi�di�mancato�risanamento�dovuto�a�inerzia�o�inadempimento�di�coloro�che�hanno� la�disponibilita�dell'elettrodotto).�La�disposizione�regionale�contestata�non�avoca�alla� Regione�il�potere�di�approvare�i�piani,�espressamente�riservato�al�Ministero,�ma�si�limita�a� prevedere�che�la�Regione�possa�proporre�al�Ministero�stesso�il�piano�se�il�gestore�omette�di� farlo.�Resta�evidentemente�salvo�il�potere�del�Ministero�di�approvare�il�piano,�o�di�non� approvarlo�(e�di�procedere�alla�elaborazione�in�proprio�di�un�piano�alternativo),�ovvero�di� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� introdurvi�``modifiche,�integrazioni�e�prescrizioni'',�ai�sensi�del�citato�art.�9,�comma�3,�primo� periodo,�senza�che�la�proposta�regionale�risulti�dunque�vincolante�per�il�Ministero�mede- simo.� Onde�la�previsione�regionale�si�riduce�alla�introduzione�di�un�rimedio�all'inerzia�dei� gestori,�attraverso�una�facolta��di�proposta�rispetto�alla�quale�l'organo�centrale�conserva� tutta�la�propria�liberta��di�determinazione.� 29.��E�impugnato�altres|��l'art.�12,�comma�1,�della�legge�umbra,�che�dispone�la�sottopo- sizione�degli�impianti�di�telefonia�mobile�alla�procedura�di�verifica�prevista�dall'art.�4�della� legge�regionale�9�aprile�1998,�n.�11�(Norme�in�materia�di�impatto�ambientale)�-attraverso� cui�la�Giunta�regionale�dichiara�la�necessita��di�sottoporre�il�progetto�alla�procedura�di�valu- tazione�di�impatto�ambientale�ovvero�la�esclusione�dello�stesso�da�tale�procedura�dettando� eventuali�prescrizioni�-,�ovvero�alla�procedura�di�valutazione�di�impatto�ambientale�discipli- nata�dall'art.�5�della�stessa�legge�regionale�n.�11�del�1998,�nei�casi�previsti�dal�regolamento� regionale.� Secondo�il�ricorrente�sarebbe�violata�la�normativa�statale�e�comunitaria�in�materia�di� valutazione�d'impatto�ambientale,�e�andrebbe�assicurata�la�parita��di�trattamento�che�incide- rebbe�anche�sotto�il�profilo�della�concorrenza.� La�questione�e��fondata.� La�disposizione�impugnata�rimette�alla�Giunta,�senza�indicazione�alcuna�di�criteri�(cfr.� art.�5,�comma�1,�letteraf,cuifarinviol'art.�12,comma1,dellaleggeimpugnata),ladetermi- nazione�dei�casi�in�cui�e��imposta�la�valutazione�di�impatto�ambientale;�e�anche�fuori�di�tali� casi�prevede�che�sia�la�Giunta,�nell'ambito�della�procedura�cosiddetta�di�``verifica'',�a�stabi- lire�se�il�progetto�debba�essere�sottoposto�alla�procedura�di�valutazione.� L'art.�4,�comma�2,�della�legge�regionale�n.�11�del�1998,�cui�fa�rinvio�la�disposizione� denunciata,�coordinato�con�l'art.�3,�comma�3,�della�stessa�legge,�demanda�alla�Giunta�la� dichiarazione�della�necessita��di�sottoporre�a�valutazione�d'impatto�progetti�rientranti�in� categorie�contemplate�dalla�normativa�statale�di�cui�al�d.P.R.�12�aprile�1996�(Atto�di�indi- rizzo�e�coordinamento�per�l'attuazione�dell'art.�40,�comma�1,�della�legge�22�febbraio�1994,� n.�146,�concernente�disposizioni�in�materia�di�valutazione�di�impatto�ambientale),�che� prevede�appunto,�all'art.�1,�comma�6,�e�all'art.�10,�una�procedura�di�verifica�ad�opera�del- l'autorita��competente�per�i�progetti�elencati�nell'allegato�B non�ricadenti�nell'ambito�di�aree� naturali�protette,�sulla�base�di�elementi�indicati�nell'allegato�D dello�stesso�decreto.�Ma,�nel� caso�degli�impianti�qui�in�discussione,�che�non�sono�contemplati�dalla�normativa�statale� citata,�nessun�criterio�e��dato�ricavare,�dalla�legislazione�regionale�richiamata,�in�ordine�al� contenuto�della�verifica�prevista�e�alla�scelta�demandata�alla�Giunta.� Onde,�in�definitiva,�la�legge�attribuisce�alla�Giunta�la�possibilita��di�imporre�discrezio- nalmente,�senza�base�in�criteri�legislativi�ragionevolmente�delimitati�e�dunque�in�violazione� del�principio�di�legalita��sostanziale,�una�procedura�-come�quella�di�valutazione�di�impatto� ambientale�-che�puo��tradursi�in�un�ostacolo�effettivo�alla�realizzazione�di�reti�e�impianti�di� interesse�nazionale.�Per�questa�ragione�la�disposizione�impugnata�e��costituzionalmente� illegittima.� 30.��L'art.�13�della�legge�dell'Umbria�stabilisce�che�``le�modalita��,�i�criteri�ed�i�procedi- menti�amministrativi�preordinati�alla�localizzazione,�al�risanamento�ed�alrilasciodi�autoriz- zazione�per�la�realizzazione�e�la�modifica�degli�impianti�sono�definiti�dalla�Giunta�regionale,� nel�rispetto�delle�norme�in�materia�di�procedimento�amministrativo�e�del�d.P.R.�20�ottobre� 1998,�n.�447�e�successive�modificazioni�ed�integrazioni''.� Il�ricorrente�ritiene�che�la�illegittimita��costituzionale�di�tale�disposizione�consegua�a� quella�delle�altre�norme�impugnate�in�quanto�``una�volta�esclusa�la�competenza�regionale,� cade�anche�la�disciplina�del�procedimento,�che�da��per�presupposta�quella�competenza''.� Lamenta�inoltre�che�la�legge�regionale�rimetta�alla�Giunta�regionale�la�disciplina,�oltre�che� dei�procedimenti,�dei�criteri�per�la�localizzazione�e�il�risanamento�degli�impianti,�senza�la�fis- sazione�di�``limiti�o�orientamenti�legislativi''.�Circa�poi�il�procedimento,�sarebbe�violato� l'art.�9�della�legge�quadro.� La�questione�e��fondata.� Non�puo��condividersi,�per�le�ragioni�gia��viste,�l'assunto�secondo�cui�la�materia�esule- rebbe�dalla�competenza�regionale;�e�nessuno�specifico�contrasto�e��dato�di�rilevare�con�l'art.�9� della�legge�quadro�in�tema�di�piani�di�risanamento.�Resta�pero��il�fatto�che�la�disposizione� IL CONTENZIOSO NAZIONALE impugnata configura una totale discrezionalita� della Giunta, non delimitata da alcuna deter- minazione legislativa, non solo per la definizione dei procedimenti (in relazione ai quali soltanto vale, peraltro, il richiamo alle norme generali sul procedimento amministrativo e alle norme statali in materia, fra l'altro, di procedimenti di autorizzazione per la realizza- zione di impianti produttivi, contenute nel d.P.R. 20 ottobre 1998, n. 447), ma anche per la definizione dei ``criteri'' preordinati alla localizzazione, al risanamento e all'autorizzazione degli impianti. Tale discrezionalita� , nella sua assolutezza, viola il principio di legalita� sostan- ziale e non e� compatibile con l'esigenza di non ostacolare ingiustificatamente la realizza- zione degli impianti. 31. �Infine il Presidente del Consiglio impugna l'art. 16 della legge dell'Umbria, ai cui sensi ``la Giunta regionale con norme regolamentari definisce'', ``in via transitoria fino all'approvazione dei decreti di cui all'articolo 4 della legge n. 36/2001, le disposizioni di prima applicazione della presente legge, idonee a conseguire le finalita� di cui all'articolo 1''. Il ricorrente osserva che la disposizione contrasta con l'art. 16 della legge quadro, che ha posto la disciplina transitoria. La questione e� fondata. Ancorche� la norma regionale impugnata non precisi in che cosa possano consistere le ``disposizioni di prima applicazione'' cui si riferisce, essa oggettivamente assume la portata di consentire una disciplina, sia pure transitoria, anche e specificamente della materia dei valori-soglia, spettante alla competenza statale: come emerge dal richiamo all'attesa del- l'emanazione dei decreti previsti dall'art. 4 della legge quadro, diretti, fra l'altro, a stabilire (comma 2) i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualita� di compe- tenza statale, nonche� dal generico richiamo alla idoneita� a ``conseguire le finalita�'' della legge. Il regime transitorio e� invece definito dalla legge quadro, all'art. 16, con il richiamo dei preesistenti atti statali che fissano i valorisoglia in tema di esposizione all'inquinamento elettromagnetico; e la Regione non puo� , nemmeno nella fase transitoria, sostituire proprie determinazioni a quelle dettate dallo Stato. Per questi motivi la Corte Costituzionale, riuniti i giudizi, a) dichiara inammissibili gli interventi spiegati, nel giudizio introdotto con il ricorso iscritto al n. 5 del registro ricorsi 2002, dal Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale S.p.a., dalle societa� ENEL S.p.a., ENEL Distribuzione S.p.a., TERNA-Trasmissione Elettri- cita� Rete Nazionale S.p.a., e dal Comune di Lacco Ameno; nel giudizio introdottocon il ricorso iscritto al n. 35 del registro ricorsi 2002, dalla Societa� Wind Telecomunicazioni S.p.a.; e, nel giudizio introdotto con il ricorso iscritto al n. 52 del registro ricorsi 2002, dalla Vodafone Omnitel S.p.a.; b) dichiara l'illegittimita� costituzionale degli articoli 3, commi 4 e 6, e 7, comma 3, della legge regionale delle Marche 13 novembre 2001, n. 25 (Disciplina regionalein materia di impianti fissi di radiocomunicazione al fine della tutela ambientale e sanitaria della popola- zione); c) dichiara non fondata la questione di legittimita� costituzionale dell'articolo 3, com- ma 3, della predetta legge regionale delle Marche n. 25 del 2001, sollevata, in riferimento all'articolo 117, secondo comma, lettera s, e terzo comma, della Costituzione, e in relazione agli articoli 1, comma 6, lettera a, numero 2, e 2, comma 6, della legge 31 luglio 1997, n. 249, e all'articolo 2, comma 1, del decreto legge 23 gennaio 2001, n. 5, convertito con legge 20 marzo 2001, n. 66, col ricorso iscritto al n. 4 del registro dei ricorsi del 2002; d) dichiara l'illegittimita� costituzionale degli articoli 2, comma 3, 3, comma 1, 7 e 8 della legge regionale della Campania 24 novembre 2001, n. 13 (Prevenzione dei danni derivanti dai campi elettromagnetici generati da elettrodotti); e) dichiara l'illegittimita� costituzionale dell'articolo 3, comma 4, della predetta legge regionale della Campania n. 13 del 2001 limitatamente alle parole ``Per le finalita� di cui al comma 1''; f) dichiara non fondate le questioni di legittimita� costituzionale degli articoli 1, com- ma 2, 2, commi 1 e 2, e 3, commi 2, 3 e 4 (salvo quanto disposto nel precedente capo e), della predetta legge regionale della Campania, sollevate, in riferimento all'articolo 117, secondo comma, lettera s, e terzo comma, della Costituzione, e in relazione alla legge 22 febbraio 2001, n. 36, col ricorso iscritto al n. 5 del registro dei ricorsi del 2002; RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� g) dichiara l'illegittimita�costituzionale�dell'articolo�10,�comma�2,�della�legge�regionale� della�Puglia�8�marzo�2002,�n.�5�(Norme�transitorie�per�la�tutela�dall'inquinamento�elettro- magnetico�prodotto�da�sistemi�di�telecomunicazioni�e�radiotelevisivi�operanti�nell'intervallo� di�frequenza�fra�0�Hz�e�300�GHz);� h) dichiara non�fondate�le�questioni�di�legittimita�costituzionale�degli�articoli�3,�com- ma�1,�lettera�m,�4,�comma�1,�e�10,�comma�1,�della�predetta�legge�regionale�della�Puglia�n.�5� del�2002,�sollevate,�in�riferimento�agli�articoli�117,�secondo�comma,�lettera�s,eterzo�comma,� della�Costituzione,�e�in�relazione�alla�legge�22�febbraio�2001,�n.�36,�col�ricorso�iscritto�al� n.�35�del�registro�dei�ricorsi�del�2002;� i) dichiara l'illegittimita�costituzionale�dell'articolo�1,�comma�2,�della�legge�regionale� dell'Umbria�14�giugno�2002,�n.�9�(Tutela�sanitaria�e�ambientale�dall'esposizione�ai�campi� elettrici,�magnetici�ed�elettromagnetici),�limitatamente�alle�parole�``nonche�mediante�l'indivi- duazione,�in�coerenza�con�le�previsioni�contenute�nella�legge�n.�36/2001,�di�adeguati�limiti� di�esposizione'';� l) dichiara l'illegittimita�costituzionale�degli�articoli�2,�12,�comma�1,�13�e�16�della�pre- detta�legge�regionale�dell'Umbria�n.�9�del�2002;� m) dichiara non�fondate�le�questioni�di�legittimita�costituzionale�degli�articoli�1,�com- ma�1,�4,�comma�1,�lettera�b,�5,�comma�1,�lettera�c,�e�comma�2,�della�predetta�legge�regionale� dell'Umbria�n.�9�del�2002,�sollevate,�in�riferimento�agli�articoli�3�e�117,�secondo�comma,�let- tere�e e�s,�e�terzo�comma,�della�Costituzione,�e�in�relazione�alla�legge�22�febbraio�2001,� n.�36,�col�ricorso�iscritto�al�n.�52�del�registro�dei�ricorsi�del�2002.� Cos|�deciso�in�Roma,�nella�sede�della�Corte�costituzionale,�Palazzo�della�Consulta,� 1.�ottobre�2003�(omissis)�.� Corte Costituzionale, sentenza 27 ottobre -7 novembre 2003, n. 331 ^Presidente R.�Chieppa� ^Redattore G.�Zagrebelsky.� �(omissis) Considerato in diritto:�1.1.��Con�un�primo�ricorso�(reg.�ricorsi�n.�34�del� 2002),�il�Presidente�del�Consiglio�dei�ministri�solleva�questione�di�legittimita�costituzionale� dell'art.�3,�comma�12,�lettera�a),�della�legge�della�Regione�Lombardia�6�marzo�2002,�n.�4� (Norme�per�l'attuazione�della�programmazione�regionale�e�per�la�modifica�e�l'integrazione� di�disposizioni�legislative),�che�sostituisce�il�comma�8�dell'art.�4�della�legge�regionale�11�mag- gio�2001,�n.�11�(Norme�sulla�protezione�ambientale�dall'esposizione�a�campi�elettromagnetici� indotti�da�impianti�fissi�per�le�telecomunicazioni�e�per�la�radiotelevisione).�La�disposizione� impugnata�stabilisce�un�generale�divieto�di�installazione�di�impianti�per�le�telecomunicazioni� e�per�la�radiotelevisione�entro�il�limite�inderogabile�di�75�metri�di�distanza�dal�perimetro�di� proprieta�di�asili,�edifici�scolastici,�nonche�strutture�di�accoglienza�socio-assistenziali,�ospe- dali,�carceri,�oratori,�parchi�gioco,�case�di�cura,�residenze�per�anziani,�orfanotrofi�e�strutture� similari,�e�relative�pertinenze.�Ritiene�il�ricorrente�che�questa�normativa�regionale�violi�la� competenza�dello�Stato�in�materia�di�tutela�dell'ambiente,�prevista�dall'art.�117,�secondo� comma,�lettera�s),�della�Costituzione�ed�esercitata�con�la�legge�quadro�22�febbraio�2001,� n.�36�(legge�quadro�sulla�protezione�dalle�esposizioni�a�campi�elettrici,�magnetici�ed�elettro- magnetici),�introducendo�un�``parametro�di�attenzione''�non�previsto�dalla�normativa�statale,� quale�la�distanza�degli�impianti�da�luoghi�particolari.� Con�il�medesimo�ricorso,�sono�state�sollevate�ulteriori�questioni�su�altre�disposizioni� della�stessa�legge�regionale�n.�4�del�2002:�una�legge�priva�di�unitarieta�,�che�interviene�sulle� piu�disparate�materie.�Per�ragioni�di�chiarezza�e�omogeneita�di�decisione,�la�questione�di� legittimita�costituzionale�dell'art.�3,�comma�12,�della�citata�legge�regionale�viene�trattata� separatamente�dalle�altre,�sollevate�rispettivamente�sull'art.�1,�comma�3,�lettera�b) in�tema� difunzioniattribuitealCorpoforestaleregionale^,esull'art.�1,comma4^intemadicause� di�incompatibilita�con�la�carica�di�consigliere�regionale�^,�e�decise�con�le�sentenze�n. 313 e� n. 201 del�2003�di�questa�Corte.� 1.2.��Con�altro�ricorso�(reg.�ricorsi�n.�49�del�2002),�il�Presidente�del�Consiglio�dei� ministri�propone�questione�di�legittimita�costituzionale�della�legge�della�Regione�Lombardia� 10�giugno�2002,�n.�12�[Differimento�dell'applicazione�di�disposizioni�in�materia�di�installa- zione�di�impianti�di�telecomunicazioni�e�radiotelevisione�di�cui�all'art.�3,�comma�12,�let- IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� tera�a),�della�legge�regionale�6�marzo�2002,�n.�4],�il�quale�sposta�al�1.�gennaio�2003ilter- mine�per�l'applicazione�della�norma�oggetto�del�precedente�ricorso,�dettando�una�disciplina� interinale�che�fa�divieto�di�installazione�degli�impianti�per�le�telecomunicazioni�e�per�la� radiotelevisione�``in�corrispondenza''�degli�edifici�suddetti.�Anche�in�questo�caso,�il�ricor- rente�ritiene�violata�la�competenza�dello�Stato�prevista�dall'art.�117,�secondo�comma,�let- tera�s),�della�Costituzione,�esercitata�con�la�legge�quadro�n.�36�del�2001.� 2.��Preliminarmente,�deve�essere�dichiarata�inammissibile�la�costituzione�della� Regione�Lombardia�nel�giudizio�sul�ricorso�n.�34�del�2002,�perche�avvenuta�con�atto�deposi- tato�oltre�il�termine�di�carattere�perentorio�(per�tutte,�da�ultimo,�sentenza�n.�307�del�2003)d i�venti�giorni�dal�deposito�del�ricorso�stabilito�dall'art.�23,�terzo�comma,�delle�norme�inte- grative�per�i�giudizi�davanti�alla�Corte�costituzionale.� 3.��Stante�l'identita�della�materia�e�dei�parametri�costituzionali�invocati,�le�due�que- stioni�di�legittimita�costituzionale,�concernenti�la�collocazione�sul�territorio�di�impianti�per� le�telecomunicazioni�e�la�radiotelevisione,�possono�essere�trattate�congiuntamente,�per�essere� decise�con�unica�sentenza.� 4.��Il�problema�posto�dai�ricorsi�in�esame�consiste�nello�stabilire�il�rapporto�esistente� tra�queste�disposizioni�di�legislazione�regionale�e�i�compiti�che,�in�materia�di�protezione�dalle� esposizioni�a�campi�elettrici,�magnetici�ed�elettromagnetici,�indubbiamente�spettano�allo� Stato�in�forza�delle�sue�competenze�in�materia�di�tutela�dell'ambiente,�a�norma�della�let- tera�s)�del�secondo�comma�dell'art.�117�della�Costituzione,�e�in�materia�di�tutela�della�salute,� a�norma�del�terzo�comma�del�medesimo�art.�117.�Su�tali�competenze�si�basa�la�legge�quadro� n.�36�del�2001.�Essa�contiene�``principi�fondamentali�diretti�a:�a)�assicurare�la�tutela�della� salute�dei�lavoratori,�delle�lavoratrici�e�della�popolazione�dagli�effetti�dell'esposizione�a� determinati�livelli�di�campi�elettrici,�magnetici�ed�elettromagnetici�ai�sensi�e�nel�rispetto�del- l'articolo�32�della�Costituzione;�b)�[...]�attivare�misure�di�cautela�da�adottare�in�applicazione� del�principio�di�precauzione�di�cui�all'articolo�174,�paragrafo�2,�del�trattato�istitutivo�del- l'Unione�europea'',�e�``c)�assicurare�la�tutela�dell'ambiente�e�del�paesaggio�[...]''�(art.�1).� Nell'ambito�di�tali�finalita�,�la�legge�quadro�affronta�specificamente�il�problema�della� protezione�speciale�degli�ambienti�abitativi,�degli�ambienti�scolastici�e�dei�luoghi�adibiti�a� permanenze�prolungate,�in�vista�delle�finalita�di�cui�all'art.�1,�lettere�b)�e�c),�della�legge� medesima,�prevedendo�speciali�valori�di�attenzione�[art.�3,�comma�1,�lettera�c)���^piu�rigo- rosi�dei�generali�limiti�di�esposizione�posti�a�salvaguardia�della�salute�della�popolazione�in� generale�[art.�3,�comma�1,�lettera�b)].�Tali�valori�di�attenzione�sono�i�valori�di�campo�elet- trico,�magnetico�ed�elettromagnetico,�considerati�come�valori�di�immissione,�che�non�devono� essere�superati�nei�luoghi�suddetti.� La�normativa�in�questione,�tuttavia,�indiscutibilmente�incide�anche�sulla�funzione�di� governo�del�territorio�la�cui�disciplina�legislativa,�in�base�al�terzo�comma�dell'art.�117�della� Costituzione,�spetta�alle�Regioni.�Conseguentemente,�il�numero�1)�della�lettera�d)�dell'art.�3,� prevedendo�(dopo�i�limiti�di�esposizione�e�i�valori�di�attenzione)�gli�obiettivi�di�qualita�cui� deve�tendere�il�dispiegamento�sul�territorio�della�rete�di�impianti�di�telecomunicazioni,�tra� questi�comprendendo�i�``criteri�localizzativi'',�ne�affida�la�determinazione�alle�leggi�regionali,� secondo�quanto�previsto�dall'art.�8�della�legge�n.�36�stessa.� 5.1.��Alla�stregua�del�contesto�normativo�risultante�dalle�anzidette�disposizioni�della� legge�quadro�n.�36�del�2001,�la�questione�di�legittimita�costituzionale�dell'art.�3,�comma�12,� lettera�a),�della�legge�della�Regione�Lombardia�n.�4�del�2002,�e�fondata.� Per�far�fronte�alle�esigenze�di�protezione�ambientale�e�sanitaria�dall'esposizione�a�campi� elettromagnetici,�il�legislatore�statale,�con�le�anzidette�norme�fondamentali�di�principio,�ha� prescelto�un�criterio�basato�esclusivamente�su�limiti�di�immissione�delle�irradiazioni�nei�luo- ghi�particolarmente�protetti,�un�criterio�che�e�essenzialmente�diverso�da�quello�stabilito�(sia� pure�non�in�alternativa,�ma�in�aggiunta)�dalla�legge�regionale,�basato�sulla�distanza�tra�luo- ghi�di�emissione�e�luoghi�di�immissione.� Ne�,�a�giustificare�il�tipo�di�intervento�della�legge�lombarda,�e�sufficiente�il�richiamo�alla� competenza�regionale�in�materia�di�governo�del�territorio,�che�la�legge�quadro,�al�numero�1)� della�lettera�d)�dell'art.�3,�riconosce�quanto�a�determinazione�dei�``criteri�localizzativi''.�A� tale�concetto�non�possono�infatti�ricondursi�divieti�come�quello�in�esame,�un�divieto�che,�in� particolari�condizioni�di�concentrazione�urbanistica�di�luoghi�specialmente�protetti,� potrebbe�addirittura�rendere�impossibile�la�realizzazione�di�una�rete�completa�di�infrastrut- RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� ture�per�le�telecomunicazioni,�trasformandosi�cos|�da�``criteri�di�localizzazione''�in�``limita- zioni�alla�localizzazione'',�dunque�in�prescrizioni�aventi�natura�diversa�da�quella�consentita� dalla�citata�norma�della�legge�n.�36.�Questa�interpretazione,�d'altra�parte,�non�e�senza�una� ragione�di�ordine�generale,�corrispondendo�a�impegni�di�origine�europea�e�all'evidente�nesso� di�strumentalita�tra�impianti�di�ripetizione�e�diritti�costituzionali�di�comunicazione,�attivi�e� passivi.� 5.2.��La�difesa�della�Regione�Lombardia�evoca,�a�difesa�della�disposizione�impugnata,� la�sentenza�di�questa�Corte�n. 382 del 1999,�che�ha�escluso�l'illegittimita�costituzionale�di� una�legge�regionale�che�prescriveva,�per�la�collocazione�sul�territorio�di�linee�elettriche,� distanze�di�rispetto�da�aree�edificabili�con�particolari�destinazioni,�maggiori�di�quelle�stabi- lite�dalla�legge�dello�Stato.�Ma�da�questa�pronuncia,�a�parte�la�non�puntuale�coincidenza�di� materia,�non�puo�trarsi�in�generale�il�principio�della�derogabilita�in melius (rispetto�alla� tutela�dei�valori�ambientali),�da�parte�delle�Regioni,�degli�standard posti�dallo�Stato.�La�que- stione�allora�decisa�non�si�collocava�entro�un'organica�disciplina�statale�di�principio,�mentre� ora�esiste�una�legge�quadro�statale�che�detta�una�disciplina�esaustiva�della�materia,�attra- verso�la�quale�si�persegue�un�equilibrio�tra�esigenze�plurime,�necessariamente�correlate�le� une�alle�altre,�attinenti�alla�protezione�ambientale,�alla�tutela�della�salute,�al�governo�del�ter- ritorio�e�alla�diffusione�sull'intero�territorio�nazionale�della�rete�per�le�telecomunicazioni� (cfr.�lasentenzadi�questaCorte�n. 307 del 2003,�punto�7�del�``considerato�in�diritto'').�In�que- sto�contesto,�interventi�regionali�del�tipo�di�quello�ritenuto�dalla�sentenza�del�1999�non�inco- stituzionale,�in�quanto�aggiuntivo,�devono�ritenersi�ora�incostituzionali,�perche�l'aggiunta�si� traduce�in�una�alterazione,�quindi�in�una�violazione,�dell'equilibrio�tracciato�dalla�legge�sta- tale�di�principio.� 6.��La�questione�di�legittimita�costituzionale�della�legge�della�Regione�Lombardia� n.�12�del�2002,�invece,�non�e�fondata.� La�disciplina�impugnata,�vietando�l'installazione�di�impianti�per�le�telecomunicazioni�e� per�la�radiotelevisione�``in�corrispondenza''�delle�aree�``sensibili''�che�si�sono�in�precedenza� dette,�non�si�discosta�sostanzialmente,�sotto�il�profilo�che�qui�interessa,�da�altra�disposizione� regionale�che�vieta�l'installazione�dei�medesimi�impianti�``su�ospedali,casedicuraedi� riposo,�scuole�e�asili�nido'',�ritenuta�da�questa�Corte,�con�la�gia�citata�sentenza�n. 307 del 2003 (v.�il�punto�20�del�``considerato�in�diritto''),�compatibile�con�la�legge�quadro�n.�36�del� 2001.�Il�divieto�ora�in�questione,�come�quello�esaminato�in�questa�sentenza,�non�eccede�l'am- bito�di�un�``criterio�di�localizzazione'',�sia�pure�formulato�in�negativo,�la�cui�determinazione,� a�norma�dell'art.�3,�comma�1,�lettera�d),�numero�1),�e�dell'art.�8,�comma�1,�lettera�e),della� legge�quadro,�spetta�alle�Regioni.�Esso,�infatti,�a�differenza�di�quello�contenuto�nell'art.�3,� comma�12,�lettera�a),�della�legge�regionale�n.�4�del�2002,�precedentemente�esaminato,�com- portalanecessita�di�una�sempre�possibile�localizzazione�alternativa,�ma�non�e�tale�da�poter� determinare�l'impossibilita�della�localizzazione�stessa.� Per questi motivi la�Corte�Costituzionale,�riuniti�i�giudizi, 1)�dichiara l'illegittimita�costituzionale�dell'art.�3,�comma�12,�lettera�a),�della�legge�della Regione�Lombardia�6�marzo�2002,�n.�4�(Norme�per�l'attuazione�della�programmazione� regionale�e�per�la�modifica�e�l'integrazione�di�disposizioni�legislative);� 2)�dichiara non�fondata�la�questione�di�legittimita�costituzionale�della�legge�della� Regione�Lombardia�10�giugno�2002,�n.�12�[Differimento�dell'applicazione�di�disposizioni�in� materia�di�installazione�di�impianti�di�telecomunicazioni�e�radiotelevisione�di�cui�all'art.�3,� comma�12,�lettera�a),�della�legge�regionale�6�marzo�2002,�n.�4],�sollevata,�in�riferimento� all'art.�117,�secondo�comma,�lettera�s),�della�Costituzione,�dal�Presidente�del�Consiglio�dei� Ministri�con�il�ricorso�indicato�in�epigrafe.� Cos|�deciso�in�Roma,�nella�sede�della�Corte�costituzionale,�Palazzo�della�Consulta,�il� 27�ottobre�2003�.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� Memoria dell'Avvocatura Generale dello Stato per il Presidente del Consiglio dei Ministri (ct.�41387/02,�Avv.�dello�Stato�P.�Cosentino).�Questa�memoria�e�stata�redatta�nel�giudi- zio�di�legittimita�costituzionale�del�decreto�legislativo�4�settembre�2002�n.�198,�recante� �Disposizioni�volte�ad�accelerare�la�realizzazione�delle�infrastrutture�di�telecomunica- zioni�strategiche�per�la�modernizzazione�e�lo�sviluppo�del�Paese�a�norma�dell'art.�1,� comma�2,�della�legge�21�dicembre�2001�m.-443�,�promosso�dalla�Regione�Lombardia.� Il�giudizio�si�e�concluso�con�la�sentenza�n.�303/03,�ma�viene�pubblicato�a�corredo�della� sentenza�n.�307/03�per�evidente�connessione�della�materia.� �1.��L'atto�avente�forza�di�legge�impugnato�in�questa�sede�dalla�Regione�ricorrente,�e� cioe�il�decreto�legislativo�n.�198/2002�che�inerisce,�nel�senso�osservato�anche�dalle�Commis- sioni�parlamentari�nei�pareri�resi�in�relazione�al�decreto�stesso,�alla�materia�della�tutela�del- l'ambiente,�rimessa�ex art.�117,�comma�3,�della�Costituzione�alla�competenza�esclusiva�dello� Stato�^e�stato�emanato�per�garantire,�in modo uniforme su tutto il territorio nazionale,l'osser- vanza�dei�limiti�di�esposizione,�dei�valori�di�attenzione�e�degli�obiettividiqualita�di�cui�alla� legge�n.�36/2001�ed�ai�relativi�provvedimenti�attuativi.� Il�decreto�ha�fissato�le�procedure�per�realizzare�le�infrastrutture�strategiche�di�telecomu- nicazioni�prevedendo�in�particolare,�all'art.�3,�comma�1,�che�le�categorie�di�infrastrutture�di� telecomunicazioni,consideratestrategicheaisensidell'art.1,comma1,dellalegge21�dicem- bre�2001,�n.�443�(Delega�al�Governo�in�materia�di�infrastrutture�ed�insediamenti�produttivi� strategici�ed�altri�interventi�per�il�rilancio�delle�attivita�produttive)�sono�opere�di�interesse� nazionale�realizzabili�esclusivamente�sulla�base�delle�procedure�definite�dal�decreto�stesso,� anche�in�deroga�alle�disposizioni�di�cui�all'art.�8,�comma�1,�lettera�c) della�legge�22�febbraio� 2001,�n.�36�(legge�quadro�sulla�protezione�dalle�esposizioni�a�campi�elettrici,�magnetici�ed� elettromagnetici).� Il�decreto,�fermi�restando�i�vincoli�previsti�dalla�normativa�vigente�a�tutela�della�salute,� dell'ambiente�e�del�patrimonio�culturale,�storico�ed�artistico,�nonche�il�potere�autorizzatorio� dei�Comuni�alle�installazioni�ed�il�potere�di�definire,�ai�sensi�della�legge�n.�36/2001,�i�luoghi� e�le�aree�di�minimizzazione�delle�emissioni,�all'art.�3,�comma�2,�stabilisce�che�le�infrastrut- ture�strategiche,�ad�esclusione�delle�torri�e�dei�tralicci�relativi�alle�reti�di�televisione�digitale� terrestre,�sono�compatibili�con�qualsiasi�destinazione�urbanistica�e�sono�realizzabili�in�ogni� parte�del�territorio�comunale,�anche�in�deroga�agli�strumenti�urbanistici�e�ad�ogni�altra� disposizione�di�legge�o�regolamento.�Cio�al�fine�di�garantire�la�disponibilita�del�servizio�lad- dove�ve�ne�sia�maggiore�necessita�,�ossia�nei�centri�urbani.� Il�decreto�non�sottrae�alcuna�competenza�alle�Regioni,�alle�quali�si�dirigecomenorma- tiva�di�principio,�ne�alcuna�prerogativa�ai�Comuni�in�materia�di�pianificazione�del�territorio� o�di�ordinamento�degli�enti�locali,�in�quanto�interviene�solo�sulle�fasi�procedimentali�relative� al�rilascio�delle�autorizzazioni�con�l'obiettivo�dichiarato,�comune�ad�altri�settori�dell'ordina- mento,�di�semplificazione�e�snellimento�amministrativo.� In�conseguenza�di�detta�semplificazione�dell'azione�amministrativa,�permangono�i� poteri-doveri�dei�Comuni�in�ordine�all'accertamento�delle�emissioni�elettromagnetiche�pro- dotte�dalle�infrastrutture�da�realizzare�ed,�in�generale,�non�e�venuto�meno�il�potere-dovere� degli�enti�locali�di�accertare�la�sussistenza�dei�presupposti�e�dei�requisiti�di�legge�prescritti� per�l'installazione.� I�Comuni,�quindi,�sono�i�titolari�di�ogni�potere�decisorio�in�ordine�al�rilascio�o�al� diniego�dell'autorizzazione�alla�installazione�delle�infrastrutture�di�telecomunicazione,�nel� rispetto�del�regime�dei�controlli,�preventivi�e�successivi,�in�materia�di�inquinamento�elettro- magnetico�che,�in�tal�modo,�risultano�rafforzati�e�resi�piu�stringenti.� L'intera�procedura�autorizzatoria�e�preordinata�al�rigoroso�rispetto�dei�limiti�attual- mente�fissati�dal�decreto�interministeriale�10�settembre�1998,�n.�381�(Regolamento�recante� norme�per�la�determinazione�dei�tetti�di�radiofrequenza�compatibili�con�la�salute�umana)� ed�in�via�di�nuova�definizione�ad�opera�degli�emanandi�decreti�del�Presidente�del�Consiglio� dei�Ministri�previsti�dall'art.�4�della�legge�n.�36/2001,�che�sono�in�corso�di�approvazione� definitiva.� 2.��Cio�posto,�priva�di�pregio�e�in�primo�luogo�la�censura�di�violazione�dell'art.�76� Cost.,�in�quanto�il�d.lgs.�n.�198/02�non�avrebbe�rispettato�la�delega�conferita�dalla�legge� n.�443/01.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� E�appena�il�caso�di�ribadire,�al�riguardo,�che�la�legge�n.�443/01�(legge�obiettivo)�^con- cernente��le�infrastrutture�pubbliche�e�private�e�gli�insediamenti�produttivi�strategici�e�di� preminente�interesse�nazionale�da�realizzare�per�la�modernizzazione�e�lo�sviluppo�del�Paese�� ^all'art.�1,�comma�2�prevede�quale�oggetto�di�delega��l'emanazione�di�uno�o�piu�decreti�legi- slativi�volti�a�definire�un�quadro�normativo�finalizzato�alla�celere�realizzazione�delle�infra- strutture�e�degli�insediamenti�individuati�ai�sensi�del�comma�1��(secondo�il�programma� approvato,�in�prima�applicazione,�con�la�delibera�CIPE�n.�121�del�21�dicembre�2001),�ed� annovera�tra�i�fini�prioritari�dell'attivita�di�Governo�nella�individuazione�delle�infrastrutture� di�carattere�strategico�e�di�preminente�interesse�nazionale�proprio�quello�dell'�adeguamento� della�strategia�nazionale�a�quella�comunitaria�delle�infrastrutture�.� Il�decreto�legislativo�n.�198/02,�pertanto,�rientra�pienamente�nell'ambito�della�delega� contenuta�nella�legge�obiettivo,�in�conformita�alle�direttive�comunitarie�in�materia.� 3.��Ma�la�censura�tradisce,�invero,�l'erronea�impostazione�concettuale�di�fondo�di� tutti�i�ricorsi,�che�si�riverbera�altres|�su�tutte�le�altre�censure�di�pretesa�incostituzionalita� del�decreto�in�questione:�ovvero�la�totale�svalutazione�(se�non�rimozione)��sotto�il�profilo� tecnico�e�nei�riflessi�giuridici��della�nozione�di��rete�,�che�invece�assume�decisivo�rilievo� per�quanto�attiene�alle�infrastrutture�di�telecomunicazione.� E�di�tutta�evidenza,�infatti,�che�ontologicamente�un�impianto�di�telecomunicazione� (ancor�piu�con�riferimento�alla�telefonia�mobile)�non�ha�valore�in�se�,�ma�quanto�elemento� funzionale�di�una�complessa�struttura�reticolare/cellulare�dislocata�coerentemente�sul�terri- torio.�In�altri�termini,�considerata�la�natura�dell'opera�(infrastrutture�di�rete)�e�del�tutto� priva�di�senso,�sul�piano�tecnico�ancor�prima�che�giuridico,�la�visione�atomistica�e�parcelliz- zata�dell'impianto�di�telecomunicazione�sottesa�alle�censure�di�incostituzionalita�prospettate.� Ma�se�cos|�e�(senza�poter�negare�l'evidenza�intrinseca�alla��natura�della�cosa�)�ne� discende,�nel�momento�in�cui�si�va�a�disciplinare�la�realizzazione�funzionale�delle�infrastrut- ture�di�rete,�la�assoluta�esigenza�di�poter�(dover)�fissare��su�base�nazionale,�nel�rispetto� delle�reciproche�competenze��limiti�e�criteri�omogenei,�uniformi�e�non�discriminanti,in� assenza�dei�quali�la��rete��stessa...�non�potrebbe�neppure�sussistere.� Sotto�tale�profilo�e�di�assoluto�conforto�la�posizione,�lineare�e�coerente,�assunta�dalla� giurisprudenza�amministrativa�in�tema�di�contenzioso�insorto�tra�gli�operatori�di�telefonia� e�gli�enti�locali�per�l'autorizzazione�all'installazione�degli�impianti.� Valga�per�tutte,�tra�le�molte,�la�recentissima�decisione�del�Consiglio�di�Stato,�Sez.�VI,� n.�673�del�10�febbraio�2003�che,�nel�dichiarare�non�consentite�l'adozione�dimisure�(quanto� ai�limiti�di�esposizione)�di�generalizzato�divieto�di�installazione�delle�stazioni�radio�base�per� la�telefonia�cellulare�in�tutte�le�zone�territoriali�omogenee�a�destinazione�residenziale,�ha� puntualizzato�con�chiarezza�esemplare�che��la�collocazione�di�tali�impianti�deve�ritenersi�con- sentita�sull'intero�territorio�comunale,�non�assumendo�carattere�ostativo�le�specifiche�destina- zioni�di�zona�(residenziale,�verde,�agricola�ecc.)�rispetto�ad�impianti�di�interesse�generale,� quali�quelli�di�telefonia�mobile,�che�presuppongono�la�realizzazione�di�una�rete�che�dia�uniforme� copertura�al�territorio�(la�localizzazione�degli�impianti�nelle�sole�zone,�in�cui�cio�e�espressa- mente�consentito,�si�porrebbe�in�contrasto�proprio�con�l'esigenza�di�permettere�la�copertura�del� servizio�sull'intero�territorio)�.� La�completezza�e�funzionalita�delle�reti�e�l'efficiente�espletamento�del�servizio�univer- sale��che�costituiscono�obblighi�comunitari��non�possono�essere�dunque�compromessi� in�assenza�di�obiettive�ragionevoli�giustificazioni�e�di�essenziali�interessi�meritevoli�di�tutela� dall'ordinamento.� 4.��Sotto�tale�ultimo�profilo�deve�ribadirsi�che�e�proprio�sul�piano�dei�principi�costitu- zionali�e�del�vigente�riparto�di�competenze�che�le�suesposte�osservazioni�trovano�conferma� ed�anzi,�a�ben�considerare,�risultano�rafforzate.� In�primo�luogo��quanto�alla�supposta�violazione�della�competenza�legislativa�concor- rente�delle�Regioni�ai�sensi�dell'art.�117,�terzo�comma,�della�Costituzione��la�materia,�cui� inerisce�il�decreto�legislativo�n.�198/02�deve�considerarsi�quella�della��tutela�dell'ambiente�,� rimessa��ex�art.�117�Costituzione�-alla�competenza�legislativa�esclusiva�dello�Stato.� Il��governo�del�territorio�,�l'�ordinamento�della�comunicazione�,�la��tutela�della� salute��non�possono�essere�invocati�a�sostegno�della�competenza�legislativa�regionale,�ove� si�consideri�che�il�principale�interesse�cui�e�preordinata�la�procedura�di�autorizzazione�e� quello�al�rispetto�dei�limiti�alle�emissioni�elettromagnetiche�per�la�tutela�dell'ambiente,�che� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� non�e�affatto�vulnerato,�anzi�e�ribadito,�dal�d.lgs.�n.�198/2002.�In�ogni�caso,�non�puo�sotto- valutarsi�il�fatto�che�il�decreto�contiene�principi�fondamentali�e�quindi,�anche�sotto�il�profilo� considerato,�non�oltrepassa�i�limiti�della�competenza�legislativa�statale.� Ma�e�opportuno�osservare�che��anche�accedendo�alla�concezione�dell'ambiente�come� valore�a�tutela��trasversale��ovvero�ponendo�l'accento�sulle�materie�di�competenza�legisla- tiva�concorrente�(governo�del�territorio,�tutela�della�salute�ecc.)��nellafattispecie�(realizza- zione�di��infrastrutture�di�rete�)�non�puo�negarsi�aprioristicamente�l'esigenza,�immanente� all'ordinamento�costituzionale�stesso,�di�fissare�principi�e�criteri�uniformi,�per�l'intero�terri- torio,�da�parte�del�legislatore�nazionale,�proprio�ad�evitare�distorsionied�impedimenti�ingiu- stificati�e�abnormi��tra�Regioni�e�Stato�e�tra�le�Regioni��che�arrecherebbero�un�vulnus� irrecuperabile�all'esistenza�stessa�della�rete�unitaria.� Del�resto,�la�Corte�Costituzionale�nella�sentenza�20�dicembre�2002�n.�536�haavuto� modo�di�affermare�che�l'art.�117,�secondo�comma,�lettera�s),�della�Costituzione,�introdotto� dalla�legge�cost.�n.�3/2001,�esprime�una�esigenza�unitaria�per�cio�che�concerne�la�tutela�del- l'ambiente�e�dell'ecosistema,�ponendo�un�limite�agli�interventi�a�livello�regionale�che�possano� pregiudicare�gli�equilibri�ambientali.� Se�e�vero�che�la�tutela�dell'ambiente�non�puo�ritenersi�propriamente�una��materia��e ssendo�invece�l'ambiente�da�considerarsi�come�un��valore��costituzionalmente�protetto� che�non�esclude�la�titolarita�in�capo�alle�Regioni�di�competenze�legislative�su�materie� (governo�del�territorio,�tutela�della�salute,�ecc.),�per�le�quali�quel�valore�costituzionale� assume�rilievo�(Corte�Cost.,�sentenza�26�luglio�2002�n.�407)��e�altres|�innegabile�che,� in�funzione�di�quel�valore,�lo�Stato�puo�dettare�standards�di�tutela�uniformi�sull'intero�terri- torio�nazionale�anche�incidenti�sulle�competenze�legislative�regionali�ex�art.�117�della�Costi- tuzione.� Sempre�secondo�il�giudice�delle�leggi,�la�disciplina�statale�rivolta�alla�tutela�dell'am- biente�e�dell'ecosistema�puo�incidere�sulla�materia�(caccia),�pur�riservata�alla�potesta�legisla- tiva�regionale,�ove�l'intervento�statale�sia�rivolto�a�garantire�standards�minimi�e�uniformi�di� tutela,�trattandosi�di�limiti�unificanti�che�rispondono�a�esigenze�riconducibili�ad�ambiti�riser- vati�alla�competenza�esclusiva�dello�Stato;�entro�questi�limiti,�la�disciplina�statale�va�appli- cata�alle�regioni,�anche�se�esse�(come�nella�specie�la�Regione�Sardegna)�dispongano�in�mate- ria�di�competenza�legislativa�esclusiva.� Al�di�la�della�diversita�della�fattispecie,�deve�rimarcarsi�la�sussistenza,�costituzional- mente�affermata,�in�capo�allo�Stato�di�potesta�legislativa�anche�in�presenza�di�competenza� legislativa�concorrente�(o�addirittura�esclusiva),�qualora�vi�sia�l'esigenza�di�garantire�livelli� minimali�e�uniformi�di�tutela�sull'intero�territorio�nazionale,�come�e�certamente�nella�fatti- specie,�senza�che�la�regione�possa�derogare�a�tali�standards,�invocando�la�violazione�delle� proprie�attribuzioni.� 5.��E�ovvio,�poi,�che�con�riferimento�al�decreto�legislativo�in�questione�e�alla�materia� delle�telecomunicazioni,�entrano�in�gioco�ulteriori�livelli�di�tutela�costituzionale�che�impon- gono,�piu�che�consentono,�l'esplicarsi�di�una�corretta�potesta�legislativa�statuale�nei�con- fronti�delle�regioni.� Un�limite�alla�legislazione�regionale,�invero,�e�quello�che�si�desume�dai�diritti�fondamen- tali�costituzionalmente�protetti�(diritti�di�comunicazione�e�di�circolazione,�artt.�15�e�16� Cost.),�laddove�l'art.�120,�comma�1,�della�Costituzione�statuisce�espressamente�che�le�regioni� non�possono��adottare�provvedimenti�che�ostacolino�in�qualsiasi�modo�la�libera�circolazione� delle�persone�e�delle�cose�tra�le�Regioni�.� E�evidente,�infatti,�che�l'esigenza�di�efficace�funzionamento�della�rete�di�telecomunica- zione�sull'intero�territorio�nazionale�esige�che�lo�Stato�possa�legittimamente�fissare�disposi- zioni�minimali�ed�uniformi�che�consentano,�ed�anzi�agevolino�in�ossequio�agli�obblighi� comunitari,�l'espletamento�ottimale�del�servizio�per�tutti�i�cittadini;�e�a�contrario�che�le� Regioni�non�possano�frapporre�ostacoli�arbitrari�che,�di�fatto,�ostacolano�la�configurazione� funzionale�della�rete�di�comunicazione�e�la�connessa�circolazione�degli�apparati�di�telefonia� mobile.� Cos|�come�per�altro�verso�una�disciplina�irragionevolmente�differenziata�tra�le�Regioni� della�rete�di�telecomunicazione�verrebbe�ad�incidere�alla�radice�la�tutela��dell'unita�econo- mica�e�in�particolare�dei�livelli�essenziali�delle�prestazioni�concernenti�i�diritti�civili�e�sociali,� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� prescindendo�dai�confini�territoriali�dei�governi�locali�,�prevista�dall'art.�120,�comma�2,� della�Costituzione�(sulla�cui�determinazione,�tra�l'altro,�sussiste�la�competenza�legislativa� esclusiva�dello�Stato�ex art.�117,�comma�2,�lett.�m).� Vi�e�infine�un�altro�sicuro�principio�di�rango�costituzionale�che�il�d.lgs.�n.�198/2002,�nel� dettare�disposizioni�uniformi�di�semplificazione�e�snellimento,�ha�inteso�salvaguardare�e�alla� luce�del�quale�non�possono�che�essere�considerate�e�valutate�tutte�le�censure�di�incostituzio- nalita�formulate�dalle�Regioni:�si�tratta�della��tutela�della�concorrenza�,�riservata�anch'essa� alla�competenza�esclusiva�statale�dall'art.�117,�comma�2,�lett.�e) Cost.� E�appena�il�caso�di�rilevare,�infatti,�che�in�assenza�di�procedure�certe�ed�uniformi�sull'in- tero�territorio�nazionale,�pur�nel�rispetto�delle�competenze�costituzionali�delle�Regioni,�in� ordine�alla�celere�realizzazione�delle�infrastrutture�di�telecomunicazione��quali�quelle�sta- bilite�con�il�d.lgs.�n.�198/2002��oltre�a�violare�gli�obblighi�comunitari�e�nazionali,�si�ver- rebbe�a�creare�una�distorsione�anomala�di�tutto�il�mercato�sia�a�livello�internazionale,�sia� nell'ambito�interno�tra�le�Regioni�(basti�riflettere,�del�resto,�che�solo�sette�Regioni�hanno� inteso�impugnare�il�decreto�legislativo�n.�198/2002).� 6.��Quanto,�infine,�alla�supposta�violazione�dell'art.�118,�primo�comma,�della�Costi- tuzione�che�determina�i�principi�di�sussidiarieta�ed�adeguatezza�che�devono�presiedere�alla� distribuzione�delle�funzioni�amministrative�ma�non�disciplina�quale�sia�la�fonte�cui�e�rimessa� tale�distribuzione,�si�fa�presente,�nel�senso�gia�segnalato,�che�il�d.lgs.�n.�198/2002�e�da�ricon- durre�all'esercizio�di�una�potesta�legislativa�esclusiva�dello�Stato.� Si�osserva,�peraltro,�che�e�ancora�aperto�in�dottrina�il�dibattito�circa�la�applicabilita�alla� legislazione�concorrente�regionale�dei�principi�di�sussidiarieta�e�di�adeguatezza.�Vi�e�infatti� chi�sostiene�che�proprio�in�virtu�dei�cennati�principi�le�potesta�regionali�devono�conformarsi� agli�interessi�della�comunita�regionale,�mentre�tutte�le�attivita�che�coinvolgono�interessi� sovraregionali�esigono�una�disciplina�unitaria�a�livello�statale;�cio�anche�per�le�materie�che� ricadano�nella�competenza�concorrente.� In�aggiunta�alle�considerazioni�di�indole�strettamente�giuridica�piu�sopra�svolte,�ed�a� quelle�gia�dedotte�nell'atto�di�costituzione�in�giudizio,�questa�difesa�reputa�non�inopportuno� sottoporre�all'attenzione�della�Corte�ulteriori�elementi�di�valutazione�di�natura�tecnica�ed� economica,�con�richiamo�altres|�agli�obblighi�che�derivano�dalla�disciplina�comunitaria�nel� settore�delle�telecomunicazioni�a�carico�della�Repubblica�italiana,�unitariamente�conside- rata.� E�necessario�porre�in�evidenza,�infatti,�che�il�denegato�accoglimento�dei�ricorsi,�oltre�ad� essere�privo�di�giuridico�fondamento,�arrecherebbe�un�serio�pregiudizio�al�disegno�strategico� di�interesse�nazionale�di�un�coerente�armonico�sviluppo�delle�telecomunicazioni�nel�nostro� Paese,�in�adempimento�del�resto�a�quanto�puntualmente�dettato�a�livello�europeo.� 1.��Al�riguardo�si�rileva�in�primo�luogo�che,�a�seguito�della�gara�indetta�dalMini- stero�delle�comunicazioni�per�il�rilascio�delle�licenze�di�telefonia�mobile�di�terza�generazione,� lo�Stato�ha�realizzato�un introito complessivo di13.815 milionidieuroper ilrilascio dicinque licenze agli operatori TIM, WIND, OMNITEL, H3G, IPSE.� Tali�licenze,�della�durata�di�venti�anni,�prevedono�determinati�obblighi�di�copertura�sul� territorio,�entro�i�termini�indicati,�meglio�specificati�nelle�delibere�dell'Autorita�per�le�garan- zie�nelle�comunicazioni�(v.�delibere�di�rilascio�delle�licenze�individuali�10�gennaio�2001� nn.�2-3-4-5-6/01/CONS,�nonche�il�regolamento�relativo�alla�procedura�di�autorizzazione� n.�410/1999�del�22�dicembre�1999). E�unanimemente�riconosciuto�che�il�ritardo�del�lancio�dei�servizi�UMTS�e�dovuto,�tra� l'altro,�agli�ostacoli��giuridici��dovuti�a�incoerenze�da�Regione�a�Regione�delle�norme�sulla� valutazione�di�impatto�ambientale,�su�divieti�di�zonizzazione�e�localizzazioni�diverse�da� Regioni�a�Regioni�e�da�comune�a�comune,�che�hanno�ritardato��se�non�addirittura�impe- dito��le�attivita�degli�operatori�volte�al�dispiego�delle�infrastrutture�di�rete,�con�riflessi� sulla�stessa�possibilita�di�concludere�accordi�di�condivisione�di�impianti�e�frequenze�o�di�roa- ming,�previsti�dalla�delibera�dell'Autorita�n.�388/00/CONS�del�21�giugno�2000�quali�misure� afavoredella�concorrenza�(in�particolare,�articoli�da4a7).� Va�anche�aggiunto�che,�mentre�nelle�gare�per�il�rilascio�delle�licenze�di�telefonia�mobile� di�prima�e�seconda�generazione�(GSM),�che�sono�state�svolte�con�il�sistema�del�beauty con- test,�non�vi�erano�obblighi�di�copertura�se�non�quelli�volontariamente�assunti�dagli�operatori� per�dar�luogo�a�punteggio,�nella�gara�UMTS�tali�obblighi�sono�imposti�per�regolamento.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� In�tale�contesto,�l'impossibilita�di�installare�la�rete�e�pertanto�il�mancato�rispetto�dei�ter- mini�di�gara,�potrebbe�dare�luogo�a�gravose�richieste�risarcitorie�da�parte�degli�operatori� del�prezzo�versato�per�l'aggiudicazione�della�gara�stessa.� Gli�operatori�che,�da�un�lato,�hanno�ottenuto�le�licenze�individuali,�con�conseguente� obbligo�di�assicurare�il�servizio�universale�per�la�generalita�dell'utenza�a�prescindere�dalla� localizzazione�e�a�condizione�di�prezzo�accessibili,�e�d'altro�lato�si�vedono�senza�giustifica- zione�e�ragionevolezza�fortemente�penalizzati�nell'installazione�degli�impianti�e�nell'ottimale� espletamento�del�servizio�potrebbero�rivalersi�nei�confronti�dello�Stato,�per�aver�fatto�legitti- mamente�affidamento�sul�regolare�svolgimento�e�sviluppo�della�loro�attivita�,�con�conse- guenze�economiche�di�rilevante�entita�.� 2.��Dei�preoccupanti�aspetti�di�ritardo�nel�lancio�dei�servizi�UMTS�si�occupa�anche� la�comunicazione�della�Commissione�europea�al�Consiglio�del�2002,�nella�quale�viene�fornito� un�quadro�generale�europeo�della�situazione�attuale�dello�sviluppo�dei�sistemimobili�diterza� generazione�e�vengono�esaminati�aspetti�di�armonizzazione�delle�procedure�a�livello�euro- peo.� In�tale�comunicazione�la�Commissione�espone�che��Le amministrazioni possono facili- tare l'installazione fisica delle reti armonizzando le condizioni ed accelerando le procedure. A� piu�lungo�termine�l'armonizzazione�delle�condizioni�di�rilascio�delle�licenze�in�tutta�l'UE�evi- tera�distorsioni�del�mercato�e�incertezza�nel�settore�.� Il�paragrafo�3.2�e�dedicato�alle�misure�a�sostegno�dell'introduzione�delle�comunicazioni� 3G�e�agli�ostacoli�all'installazione�fisica�delle�reti.� Deve�constatarsi�purtroppo�che�gli�operatori�incontrano�notevoli�difficolta�nell'installa- zione�delle�reti,�la�quale�al�momento�costituisce�l'obiettivo�prioritario.�Ottenere�l'autorizza- zione�ad�installare�le�stazioni�radio�base�e�diventato�molto�difficile�in�alcuni�Stati�membri�e� tali�impedimenti�rischiano�di�condizionare�il�calendario�di�installazione�e�di�causare�un� imprevisto�aumento�dei�costi.� Tali�difficolta�sono�dovute�alle�presunte�conseguenze�sulla�salute�delle�emissioni�elettro- magnetiche�delle�stazioni�base�ed�a�preoccupazioni�di�carattere�ambientale�legate�alla�neces- sita�di�installare�numerose�antenne�3G�che�non�appaiono�invero�ragionevoli�e�giustificate� alla�luce�delle�acquisizioni�tecnico-scientifiche�disponibili�e�della�normativa�di�riferimento� (che�per�l'Italia,�tra�l'altro,�e�particolarmente�rigida�e�cautelativa,�avendo�innalzato�notevol- mente�i�livelli�di�tutela�rispetto�agli�standards europei).� Le�regole�applicate�a�livello�regionale�e�locale�variano�notevolmente,�come�pure�le�rego- lamentazioni�nazionali�in�materia�di�emissioni,�che�non�sono�armonizzate�a�livello�europeo.� Il�nuovo�quadro�normativo�derivante�dal�pacchetto�delle�nuove�direttive�europee�esorta� le�pubbliche�autorita�ad�adottare�misure�che�facilitino�l'installazione�(come�la�coubicazione� e�la�condivisione�delle�strutture)�e�ad�adottare�soluzioni�di�armonizzazione�che�servano,�nel� contempo,�all'interesse�dell'ambiente�e�dello�sviluppo�della�societa�dell'informazione,�e� soprattutto,�a�rendere�piu�trasparente�l'azione�dei�responsabili�locali�nel�rilascio�delle�auto- rizzazioni.�La�mancata�armonizzazione�penalizza�non�solo�il�settore�delle�telecomunicazioni� nel�suo�sviluppo,�ma�anche�il�cittadino�che,�confrontando�la�diversita�delle�situazioni,�non� si�sente�sicuro�e�tutelato.� La�Commissione,�dunque,�raccomanda�una�armonizzazione�a�livello�europeo,�armoniz- zazione�che�tanto�piu�dovrebbe�essere�raggiunta�all'interno�di�ogni�singolo�Stato�membro.� Tale�principio�di�armonizzazione�viene�sancito�anche�dalle�nuove�direttive�europee�in� via�di�recepimento,�in�particolare�nella�direttiva�2002/21/CE�(cd.�direttiva��quadro�)�che� all'art.�11�prevede�che:� �Gli�Stati�membri�assicurano�che,�nell'esaminare�una�domanda�per�la�concessione�del� diritto�di�installare�strutture�su�proprieta�pubbliche�o�private�a�un'impresa�autorizzata�a�for- nire�reti�pubbliche�di�comunicazione,�l'autorita�competente:� agisca�in�base�a�procedure�trasparenti�e�pubbliche�applicate�senza�discriminazioni�e� senza�ritardi;� rispetti�i�principi�di�trasparenza�e�non�discriminazione�nel�prevedere�condizioni�per� l'esercizio�di�tali�diritti.�� Alla�direttiva�quadro�si�vanno�ad�aggiungere�le�altre�tre�direttive��rispettivamente� n.�2002/19/CE�(cd.�direttiva��accesso�),�n.�2002/20/CE�(cd.�direttiva��autorizzazioni�),�e� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� n.�2002/22/CE�(cd.�direttiva��servizio�universale�)�nonche�la�Decisione�n.�676/2002/CE,� che�insieme�costituiscono�una�organica�disciplina�per�lo�sviluppo�del�settore�secondo�principi� ritenuti�fondamentali�a�livello�comunitario.� 3.��Quanto�all'impatto�economico�sul�sistema�delle�telecomunicazioni,�si�sottopon- gono�i�seguenti�elementi�di�valutazione.� Il�settore�delle�telecomunicazioni�e��caratterizzato�da�significativi�investimenti.�Essi�sono� imposti�dalla�necessita��di�adeguare�l'insieme�delle�infrastrutture�esistenti�ad�una�domanda� di�capacita��sempre�piu��elevata,�ma�anche�dal�continuo�progresso�tecnologico,�che�va�sfrut- tato�al�meglio�nella�implementazione�delle�strategie�competitive.�Tali�investimenti�riguar- dano�sia�il�mercato�della�telefonia�mobile,�dove�gli�operatori�investono�per�il�mantenimento� e�l'allargamento�della�propria�base�clienti,�adeguando�la�capacita��e�la�qualita��della�rete�ad� una�domanda�in�forte�crescita,�sia�il�mercato�della�telefonia�fissa,�concentrato�prevalente- mente�nella�rete�e�indirizzato�alle�nuove�tecnologie�emergenti�di�trasmissionedatiadalta� velocita��mediante�le�linee�ISDN,�ADSL�e�fibra�ottica.� A�differenza�del�mercato�della�telefonia�fissa,�che�non�e��condizionato�dalla�disponibilita�� di�risorse�frequenziali�scarse,�il�mercato�delle�reti�radio-mobili�presenta�alcune�significative� caratteristiche:� �barriere�all'entrata�derivanti�dalla�scarsita��delle�risorse�radio,�che�costituisce�un� limite�al�numero�di�operatori�sul�mercato;� �numerosita��degli�operatori�limitata�dalla�disponibilita��dello�spettro,�ma�crescente� nel�tempo,�in�quanto�lo�Stato�disciplina�di�volta�in�volta�la�allocazione�di�nuovo�spettro�in� relazione�ad�esigenze�legate�allo�sviluppo�delle�comunicazioni�(si�pensi�al�passaggio�dalla� tecnologia�TACS�a�quelle�GSM�e�UMTS);� �elevati�investimenti�e�costi�per�la�realizzazione,�l'operativita��elosviluppodei� sistemi�di�rete;� �rapido�sviluppo�del�numero�di�utenti�di�telefonia�mobile�a�partire�dalla�seconda� meta��degli�anni�novanta,�su�cui�ha�inciso�la�commercializzazione�del�servizio�pre-pagato;� �concentrazione�degli�operatori�leader a�livello�europeo�e�maggiori�economie�di� scala�con�la�rottura�dei�confini�nazionali.� In�Italia,�com'e��noto,�attualmente�sono�operativi�i�sistemi�TACS�e�GSM�ed�e��in�fase�di� lancio�il�sistema�UMTS�a�seguito�del�rilascio,�come�gia��ricordato,�delle�relative�licenze�a�cin- que�operatori�nel�2001.� Il�mercato�della�telefonia�mobile�in�Italia�e��anche�caratterizzato�da�determinati�elementi� che�lo�differenziano�dal�resto�dei�Paesi�europei.� Una�prima�differenza�e��data�dai�tassi�di�crescita�che�hanno�subito�un�forte�incremento� dal�1995�al�1999�(dal�6,9%�del�1995�al�52,6%�del�1999),�maggiore�rispetto�agli�altri�Paesi.� Una�seconda�differenza�e��data�dalla�data�di�ingresso�del�terzo�e�del�quarto�gestore,�che� in�Italia�e��avvenuta�con�ritardo�rispetto�agli�altri�Paesi�(simile�all'Italia�e��il�caso�della�Spa- gna,�dove�il�terzo�gestore�ha�avviato�l'operativita��a�partire�dal�1999).� Una�terza�caratteristica�e��che�il�nostro�Paese�ha�assegnato�una�porzione�inferiore�di� banda�al�sistema�GSM�rispetto�agli�altri�Paesi�campione,�limite�ancor�piu��penalizzante�se� si�considera�il�numero�di�clienti�mobili�in�Italia,�maggiore�degli�altri�Stati.� Una�quarta�differenza�si�riscontra�nella�concentrazione�del�mercato�sui�primi�due�ope- ratori�radiomobili,�soprattutto�a�motivo�dei�diversi�tempi�degli�altri�entranti.� La�quinta�differenza,�di�natura�regolamentare,�e��data�dall'obbligo�di�roaming per�un� periodo�transitorio,�che�deve�essere�concesso�dagli�operatori�esistenti�agli�operatori�nuovi� entranti.�La�finalita��di�tale�misura�pro-concorrenziale�e��quella�di�favorire�l'accelerazione� della�concorrenza�attraverso�una�regola�asimmetrica�valida�per�un�periodo�transitorio�e�con- dizionata�alla�copertura�per�fasi�del�territorio�e/o�della�popolazione�con�l'infrastruttura�di� rete�proprietaria.� In�sintesi,�il�mercato�delle�reti�e�dei�servizi�radiomobili�di�seconda�e�terza�generazione� presenta�in�Italia�le�seguenti�caratteristiche:� �alta�penetrazione�dei�servizi�di�telefonia�mobile;� �ingresso�recente�del�terzo�operatore�GSM;� �ingresso�di�due�nuovi�operatori�UMTS,�ancora�non�attivi;� �frequenze�allocate�al�TACS�e�al�GSM�inferiori�alla�media�UE;� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� �concentrazione�delle�quote�di�mercato�sui�primi�due�operatori�e�progressivo� aumento�della�concorrenza�solo�con�l'entrata�del�terzo�e�del�quarto�operatore;� �regolamentazione�finalizzata�ad�accompagnare�le�misure�di�roaming pro-concor- renziali�e�transitorie�con�la�realizzazione�di�proprie�infrastrutture�sul�territorio.� In�presenza�di�siffatta�situazione�del�mercato�radiomobile,�l'avvio�della�telefonia�mobile� di�terza�generazione�persegue�i�seguenti�obiettivi:� a) promuovere�una�concorrenza�efficace�sul�mercato�delle�infrastrutture�che�non� risulta�ancora�pienamente�sviluppato,�attraverso�la�capacita�di�ciascun�operatore�di�servirsi� delle�proprie�reti�senza�ricorrere�per�troppo�tempo�alla�misura�transitoria�del�roaming;� b) consentire�agli�operatori�di�rete�nuovi�entranti�nel�mercato�della�terza�generazione� di�ridurre�i�livelli�di�incertezza�e�i�rischi�connessi�al�recupero�dei�rilevanti�investimenti�di� entrata;� c) garantire�migliori�condizioni�per�gli�utenti�in�termini�di�prezzo,�qualita�e�innova- zione�dei�servizi,�in�dipendenza�del�maggior�grado�di�concorrenza.� L'analisi�del�mercato�dei�sistemi�radiomobili�mette�in�luce�come�in�Italia�il�mercato�delle� infrastrutture�mobili�di�seconda�generazione�non�risulti�ampiamente�sviluppato�sotto�il�pro- filo�infrastrutturale,�condizione�che,�come�ravvisato�dall'Autorita�per�le�garanzie�nelle�comu- nicazioni,�puo�ostacolare�e�non�promuovere�la�concorrenza�sui�servizi.�Una�vera�concor- renza�sulle�reti,�infatti,�costituisce�una�condizione�prioritaria�per�la�concorrenza�anche�sui� servizi.�A�tal�fine�di�recente�e�stato�modificato�il�decreto�del�Presidente�della�Repubblica� n.�318�del�1997,�prevedendo�l'allungamento�delle�licenze�a�venti�anni,�al�fine�di�consentire� un�piu�lungo�orizzonte�temporale�agli�operatori�per�programmare�con�maggiore�respiro�gli� investimenti�nelle�infrastrutture�e�realizzare�cos|�le�reti�alternative�a�quelle�dei�maggiori� gestori.� In�tal�modo�la�misura�di�roaming assume�il�ruolo�di�regola�pro-concorrenziale�transito- ria�limitata�al�periodo�necessario�a�consentire�la�realizzazione�di�infrastrutture�alternative�e� viene�limitato�il�rischio�di�aumentare�il�potere�di�mercato�e�la�capacita�contrattuale�degli� operatori�incumbents dotati�di�proprie�infrastrutture�gia�sviluppate.� Dall'analisi�svolta�dall'Autorita�per�le�garanzie�nelle�comunicazioni�sul�modello�econo- mico�di�un�operatore�nuovo�entrante�nella�terza�generazione,�e�emerso�che�il�recupero�degli� investimenti�per�tali�sistemi�e�pari�a�8-10�anni�dal�rilascio�della�licenza�e�7-9�anni�dall'avvio� delle�attivita�commerciali�(delibera�n.�544/00/CONS,�pubblicata�in�Gazzetta Ufficiale n.�183�del�7�agosto�2000).� L'analisi�conferma�che�la�realizzazione�e�lo�sviluppo�di�una�rete�di�terza�generazione� richiede�investimenti�cospicui�non�solo�per�l'implementazione�di�una�efficace�copertura�ini- ziale�del�territorio,�ma�anche�per�lo�sviluppo�delle�piattaforme�di�erogazione�dei�nuovi�ser- vizi.� La�stima�del�tempo�ritenuto�ragionevole�per�il�recupero�degli�investimenti�di�un�opera- tore�nuovo�entrante�della�terza�generazione�sconta,�altres|�,�incertezze�e�difficolta�sia�per�la� valutazione�dei�ricavi�attesi�dai�nuovi�servizi�(la�cui�domanda,�ad�oggi,�e�fortemente�incerta),� sia�per�la�difficolta�di�stima�del�valore�degli�investimenti�industriali�complessivi.� 4.��In�tale�contesto�non�va�sottovalutata�la�difficolta�nell'installazione�delle�nuove� reti�radiomobili�dovuta�alla�problematica�dell'inquinamento�elettromagnetico�e�alla�disomo- geneita�delle�procedure�autorizzatorie�degli�enti�locali�nel�concedere�i�permessi�edilizi�per� l'installazione�delle�nuove�antenne.�Problematica,�questa,�che�interessa�non�solo�le�nuove�reti� di�terza�generazione,�ma�anche�quelle�del�terzo�e�del�quarto�operatore�del�sistema�di�seconda� generazione,�che�non�hanno�ancora�completato�la�realizzazione�degli�investimenti�nelle� infrastrutture.� Anche�a�tale�logica�risponde,�pertanto,�il�decreto�legislativo�n.�198�del�2002,�per�assicu- rare�un�uso�efficiente�delle�frequenze�radio�e�meglio�consentire�l'installazione,�da�parte�degli� operatori�licenziatari,�delle�infrastrutture�proprietarie�al�fine�del�completamento�del�servizio� anche�nelle�zone�isolate,�periferiche�e�senza�sbocchi.�Esso�ha�riflessi�positivi�anche�sul�conte- nimento�delle�tariffe,�perche�promuovendo�la�concorrenza�tra�le�reti,�instaura�un�maggior� grado�di�concorrenza�sui�servizi,�contribuendo�a�creare�le�condizioni�per�lo�sviluppo�della� societa�dell'informazione.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� 5.��Da�quanto�sopra�rappresentato�emerge�l'intima�ratio elacoerenzadi�fondo�sot- tese�alla�disciplina�di�cui�al�decreto�legislativo�n.�198�del�2002,�e�la�conseguente�manifesta� infondatezza�delle�censure�di�costituzionalita�sostanzialmente�riproposte,�con�marginali� diversita�,�in�tutti�i�ricorsi�presentati.� Per�quanto�sopra�esposto,�il�Presidente�del�Consiglio�dei�Ministri�insiste�per�il�rigetto� del�ricorso.� Roma,�11�marzo�2003�-f.to�Avv. Paolo Cosentino�.� Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, sezione terza, sentenza 28 ottobre 2002, n. 6118 ^Presidente relatore U.�Zuballi�^sul�ricorso�n.�1822/01�della�ENEL�Distribu- zione�S.p.A.,�(avvocati�G.�de�Vergottini,�C.�Caturani�e�C.�Funes),�c/�Regione�Veneto� (Avvocati�R.�Morra�e�E.�Zanon);�e nei confronti dell'ARPAV,�Agenzia�regionale�per�la� prevenzione�e�protezione�dell'ambiente�per�il�Veneto,�(avvocati�G.�Parolin�e�I.�Andreasi� Bassi);�per l'annullamento della�nota�del�Presidente�della�Regione�Veneto�prot.� 5384/46/04�del�7�maggio�2001�avente�ad�oggetto�la�richiesta�di�intervento�per�adegua- mento�alla�normativa�vigente.� �(omissis).�Diritto �Va�innanzi�tutto�rilevato�che�la�nota�impugnata��contrariamente� alla�tesi�regionale��risulta�direttamente�lesiva,�in�quanto�con�la�stessa�il�presidente�della� regione�ha��imposto��alla�societa�ricorrente�di��adottare�tutti�gli�accorgimenti�e�le�misure� atte�a�risolvere�le�suddette�problematiche�e�di�presentare�alla�Regione�del�Veneto�un�idoneo� programma�di�risanamento�e�di�adeguamento�delle�esistenti�fonti�di�elettrosmog alle�norme� dettate�dalla�vigente�normativa�regionale,�con�particolare�riferimento�ai�siti�sensibili.�� Si�tratta�in�sostanza�di�un�provvedimento�amministrativo�che�impone�in�via�immediata� una�determinata�attivita�alla�ditta�destinataria,�e�non�gia�di�un�atto�meramente�sollecitato- rio.� La�questione�giuridica�cardinale�riguarda�quindi�la�potesta�della�Regione�Veneto�in� materia.� Per�risolvere�questa�fondamentale�questione,�necessita�esaminare�brevemente�la�norma- tiva�che�regola�la�materia.� Viene�in�rilievo�innanzi�tutto�il�decreto�del�Presidente�del�Consiglio�dei�Ministri� 23�aprile�1992,�che�ha�ad�oggetto��limiti�massimi�di�esposizione�ai�campi�elettrici�e�magnetici� generati�alla�frequenza�industriale�nominale�(50�hz)�negli�ambienti�abitativi�e�negli�ambienti� esterni�.�Tali�norme,�tuttavia,�erano�e�sono�tutt'ora�concepite�esclusivamente�per�la�prote- zione�dagli�effetti�acuti,�che�derivano�dall'interazione�con�il�campo�elettromagnetico�a�bassa� frequenza�(si�veda�sul�punto�la�fondamentale�sentenza�del�TAR�Veneto,�sezione�II,�13�feb- braio�2001�n.�236).� I�limiti�massimi�fissati�dal�ripetuto�decreto�del�Presidente�del�Consiglio�dei�Ministri�del� 1992�(campo�elettrico�5�kv/m�ed�induzione�magnetica�100�microtesla)�sono,�infatti,�assai�ele- vati,�proprio�perche�riferiti�alle�esposizioni�istantanee;�dunque�si�tratta�di�limiti�che�non� garantiscono�alcuna�sicurezza�nel�caso�di�esposizioni�prolungate�e�quindi�inidonei�a�far� fronte�agli�effetti�a�lungo�termine.� Nello�stesso�decreto�del�Presidente�del�Consiglio�dei�Ministri�venivano�delineati�-ma� non�definiti�^anche�gli�obiettivi�di�protezione�dalle�esposizioni�a�lungo�periodo�mediante� la�previsione�del�rispetto�di�distanze�tra�elettrodotti�ed�edifici�destinati�alla�residenza�tali� da�ridurre�i�limiti�di�esposizione�da�50�a�200�volte�rispetto�a�quelli�fissati�dall'art.�4.� Conviene�ora�esaminare�la�legge�regionale�veneta�n.�27�del�1993.� In�particolare,�il�legislatore�veneto�ha�introdotto�una�disciplina,�caratterizzata�da�espli- cite�finalita�cautelari,�che,�proprio�con�riguardo�agli�effetti�a�lungo�termine�dell'esposizione� al�campo�elettrico,�prevede�limiti�di�emissione�di�distanze�di�rispetto�tra�le�linee�elettriche� ad�alto�voltaggio�ed�abitazioni�assai�superiori�a�quelle�fissate�dal�decreto�del�Presidente�del� Consiglio�dei�Ministri�del�1992;�uno�di�questi�e�il�limite�di�campo�magnetico�che�non�puo� essere�superiore�a�0,2�microtesla.� Va�ricordato�che,�sulla�legittimita�costituzionale�della�citata�legge�regionale,�ebbe�a�pro- nunciarsi�la�Corte�Costituzionale,�la�quale�dichiaro�inammissibile�la�questione�sollevata,�in� riferimento�all'art.�117�cost.,�per�il�fatto�che,�prevedendo�valori�di�campo�elettrico�e�magne- IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� tico�di�gran�lunga�inferiori�a�quelli�introdotti�dal�decreto�del�Presidente�del�Consiglio�dei� Ministri�23�aprile�1992,�invaderebbe�la�competenza�legislativa�spettante�allo�Stato,�in�mate- ria�di�limiti�massimi�uniformi�di�accettabilita�delle�concentrazioni�e�dell'esposizione�alle�fonti� inquinanti.� Infatti,�secondo�la�Corte,�la�Regione�si�e�mantenuta�nell'ambito�di�attribuzioni�sue�pro- prie�ed�in�particolare�nell'ambito�di�competenze�che�attengono�alla�disciplina�del�territorio� comprensiva�di�tutti�gli�aspetti�conoscitivi,�normativi�e�gestionali�riguardanti�le�operazioni� di�salvaguardia�e�di�trasformazione�del�suolo�nonche�la�protezione�dell'ambiente�(art.�80� decreto-legge�n.�616�del�1977)�(Corte�Costituzionale�7�ottobre�1999,�n.�382).� Peraltro,�come�rilevato�in�ricorso,�la�legge�regionale�27�del�1993,�si�occupa�degli�elettro- dotti�nuovi,�e�non�gia�di�quelli�preesistenti,�come�quello�in�discussione.�Ne�discende�che�il� limite�di�0,2�microtesla�non�puo�risultare�cogente�per�il�Comune,�anche�se�puo�valere�come� parametro�di�valutazione,�accanto�alle�altre�indicazioni�tecniche�provenienti�dalla�Regione� dall'ARPAV�e�dalla�Unita�sanitaria.� Sempre�riguardo�alla�legge�regionale�n.�27�del�1993,�la�ditta�ricorrente�osserva�come� essa,�riguardando�la�materia�urbanistica,�non�potrebbe�dettare�disposizioni�cogenti�in�mate- ria�ambientale.� Sul�punto,�a�parte�che�la�stessa�Corte�Costituzionale�ha�indirettamente�risolto�la�que- stione,�va�rilevato�che�la�prospettazione�di�parte�ricorrente,�ancorche�suggestiva,�risulta� frutto�di�un�equivoco.�Invero,�sulla�base�di�una�piu�che�decennale�giurisprudenza,�si�puo�sen- z'altro�affermare�che�tutela�paesistica�e�disciplina�urbanistica�appaiono�governati�nel�nostro� ordinamento�da�una�reciproca�autonomia.� Gia�la�Corte�costituzionale,�con�numerose�pronunce�(tra�cui�ricordiamo�la�n.�359�del� 21�dicembre�1985)�afferma�che�la�nozione�del�paesaggio,�cos|�come�delineata�dall'art.�9�della� Costituzione,�non�appare�riconducibile�a�quella�di�urbanistica�la�quale,�pur�nella�lata�acce- zione�di�cui�all'art.�80�del�decreto�del�Presidente�della�Repubblica�n.�616�del�1977,�non� esclude�la�configurabilita�in�ordine�allo�stesso�territorio�di�altre�valutazioni�e�discipline.� In�altri�termini,�la�materia�urbanistica�non�puo�,�per�sua�stessa�natura,�essere�assimilata� ad�una�delle�tante�materie�oggetto�dell'usuale�riparto�di�competenze�tra�Stato,�Regioni,� Comuni�e�cos|�via.� Ad�avviso�di�questo�Tribunale,�con�riferimento�alla�materia�urbanistica,�non�possono� valere�quindi�gli�usuali�canoni�di�definizione�delle�materie,�sulla�base�dei�dati�normativi,�e� di�conseguente�attribuzione�di�ogni�singolo�oggetto�ad�una�specifica�materia,�al�fine�di�chia- rire�la�spettanza�del�relativo�potere.� L'equivoco,�culturale�ancor�prima�che�giuridico,�si�e�palesato�in�modo�significativo�in� occasione�dell'entrata�in�vigore�del�decreto�del�Presidente�della�Repubblica�n.�616�del�1977,� che�come�noto�tento�una�definizione�delle�materie�trasferite�alle�Regioni.�In�particolare,� per�quanto�concerne�l'urbanistica,�all'art.�80�si�definisce�la�materia�come�la�disciplina�del- l'uso�del�territorio,�comprensiva�della�protezione�dell'ambiente.� Non�si�tratto�,�come�venne�talvolta�equivocato,�dell'inclusione�della�materia�ambientale� in�quella�urbanistica,�ma�dell'enunciazione,�sia�pure�esemplificativa,�di�un�dato�indiscutibile,� che�sul�territorio�insistono�piu�interessi,�tra�cui�quello�ambientale.� Ad�avviso�di�questo�Collegio,�tentare�di�chiarire�i�riparti�di�competenze�usando�per�l'ur- banistica�lo�stesso�metro�adottato�per�le�altre�discipline�o�meglio�materie,�denota�quindi�un� approccio�che�ne�ignora�le�peculiarita�,in�primis quella�di�essere�una�specie�di��contenitore�� nel�cui�ambito�e�dato�ritrovare�i�piu�vari�beni�tutelabili�dall'ordinamento.� L'urbanistica�infatti,�intesa�come�assetto�del�territorio,�risulta,�nella�sua�stessa�essenza,� una�disciplina�che�interferisce�con�tutti�gli�interessi�particolari�che�sul�territorio�stesso�neces- sariamente�si�localizzano,�come�quelli�concernenti�la�difesa�nazionale,�quelli�commerciali,� industriali,�via�via�fino�ai�vari�interessi�privati.�Naturalmente�tra�questi�interessi�vi�e�anche� la�tutela�dell'ambiente.� In�altri�termini,�l'urbanistica�va�considerata�non�tanto�di�per�se�,�quanto�come�sistema�di� organizzazione�dei�vari�valori�od�interessi�presenti�nel�territorio.�Essa�va�intesa�come�mezzo,� come�strumento�di�razionalizzazione�ed�organizzazione�di�altri�beni.� Non�ha�quindi�molto�senso�chiedersi�se�l'ambiente�come�materia�sia�stato�incluso�nel- l'urbanistica�dalla�normativa�vigente;�e�evidente�infatti�che�con�lo�strumento�urbanistico�si� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� possa�e�debba�tutelare�anche�il�bene�ambiente�o�paesaggio�(i�due�termini�ormai,�dopo�una� decennale�evoluzione�normativa�e�giurisprudenziale,�possono�considerarsi�pressoche�equiva- lenti).� Conclusivamente�sul�punto,�la�legge�regionale�veneta�n.�27�del�1993�puo�legittimamente� dettare�norme�in�materia�ambientale.� Il�quadro�normativo�e�stato�recentemente�innovato�tramite�la�legge�sulla�protezione� dalla�esposizione�ai�campi�elettrici,�magnetici�ed�elettromagnetici�22�febbraio�2001,�n.�36� pubblicata�nella�Gazzetta Uf fficiale, serie�generale,�n.�55�del�7�marzo�2001.� Tale�legge��al�fine�di��assicurare�la�tutela�della�salute�...�e�di�promuovere�la�ricerca� scientifica�per�la�valutazione�degli�effetti�a�lungo�termine�e�attivare�misure�di�cautela�da� adottare�in�applicazione�del�principio�di�precauzione�...�(art.�1)�attribuisce�alla�competenza� statale�(art.�3)�la�fissazione�dei�limiti�di�esposizione,�dei�valori�di�attenzione�e�degli�obiettivi� di�qualita�(si�tratta�cioe�dei�parametri�che�dovranno�aggiungersi�e/o�integrarsi�con�i�100� microtesla�dell'art.�4�del�decreto�del�Presidente�del�Consiglio�dei�Ministri�23�aprile�1992)� secondo�la�definizione�degli�stessi�data�al�precedente�art.�3.� In�particolare�l'art.�3,�1�comma,�lett.�b),�definisce�limite�di�esposizione��il�valore�di� campo�elettrico,�magnetico�ed�elettromagnetico,�considerato�come�valore�di�immissione,� definito�ai�fini�della�tutela�della�salute�da�effetti�acuti,�che�non�deve�essere�superato�in�alcuna� condizione�di�esposizione�della�popolazione�e�dei�lavoratori�per�le�finalita�di�cui�all'art.�1,� comma�1,�lett.�a)�.� La�successiva�lett.�c) definisce�valore�di�attenzione��il�valore�di�campo�elettrico,�magne- tico�ed�elettromagnetico,�considerato�come�valore�di�immissione,�che�non�deve�essere�supe- rato�negli�ambienti�abitativi,�scolastici�e�nei�luoghi�adibiti�a�permanenze�prolungate�per�le� finalita�di�cui�all'art.�1,�comma�1,�lett.�b) e�c).�Esso�costituisce�misura�di�cautela�ai�fini�della� protezione�da�possibili�effetti�a�lungo�termine�e�deve�essere�raggiunto�nei�tempi�e�nei�modi� previsti�dalla�legge�.� Infine,�a�termini�della�lett.�d),�sono�obiettivi�di�qualita�:� �1)�i�criteri�localizzativi,�gli�standard urbanistici,�le�prescrizioni�e�le�incentivazioni�per� l'utilizzo�delle�migliori�tecnologie�disponibili,�indicati�dalle�leggi�regionali�secondo�le�compe- tenze�definite�dall'art.�8;� 2)�i�valori�di�campo�elettrico,�magnetico�ed�elettromagnetico,�definiti�dallo�Stato� secondo�le�previsioni�di�cui�all'art.�4,�comma�1,�lett.�a) ai�fini�della�progressiva�minimizza- zione�della�esposizione�ai�campi�medesimi�.� Come�visto,�la�legge�n.�36�del�2001�non�fissa�direttamente�i�parametri,�i�quali,�a�termini� dell'art.�4,�dovranno�essere�determinati�con�decreto�del�Presidente�del�Consiglio�dei�Ministri� e�dovranno�valere�su�tutto�il�territorio�nazionale,�nel�rispetto�cioe�del�principio�di�uniformita� della�tutela.�Cio�viene�confermato�dall'art.�4,�comma�5,�a�mente�del�quale�le�regioni�ade- guano�la�propria�legislazione�ai�limiti�di�esposizione,�ai�valori�di�attenzione�e,�limitatamente� alla�definizione�di�cui�all'art.�3,�comma�1,�lett.�d),�numero�2),�agli�obiettivi�di�qualita�previsti� nei�decreti�di�cui�al�comma�2�del�medesimo�articolo.� Procedendo�nell'esame�della�legge�quadro�si�rileva�che�il�regime�transitorio�e�discipli- nato�dall'art.�16�della�stessa.�Detta�norma�stabilisce�che,�sino�all'entrata�in�vigore�del�sopra� ricordato�decreto�di�attuazione,�si�continuino�ad�applicare�le�disposizioni�del�sopra�ricordato� decreto�del�Presidente�del�Consiglio�dei�Ministri�23�aprile�1992.� Va�in�particolare�osservato�che�l'art.�4,�comma�1,�lett.�d),�della�ripetuta�legge�n.�36�del� 2001�stabilisce�che�lo�Stato�esercita�le�funzioni�relative��alla�determinazione�dei�criteri�di�elabo- razione�dei�piani�di�risanamento�di�cui�all'art.�9,�comma�2�(cioe�quelli�che�riguardano�gli�elet- trodotti),�con�particolare�riferimento�alle�priorita�di�intervento,�ai�tempi�di�attuazione�ed�alle� modalita�di�coordinamento�delle�attivita�riguardanti�piu�regioni�nonche�alle�migliori�tecnolo- gie�disponibili�per�quanto�attiene�alle�implicazioni�di�carattere�economico�ed�impiantistico�.� Inoltre,�il�successivo�quarto�comma�del�medesimo�art.�4�stabilisce�che�alladetermina- zione�dei�criteri�di�elaborazione�dei�piani�di�risanamento�degli�elettrodotti�si�provveda�con� decreto�del�Presidente�del�Consiglio�dei�Ministri�da�emanarsi�entro�centoventigiornidalla� data�di�entrata�in�vigore�della�legge;�il�procedimento�che�dovra�condurre�alla�adozione�dei� pianidirisanamento�e�poi�disciplinato�dal�successivo�art.�9�che�prevede�la�presentazione� da�parte�dei�gestori�degli�impianti�di�una�proposta�di�piano�entro�il�termine�di�dodici�mesi� dalla�data�di�entrata�in�vigore�del�suindicato�decreto;�proposta�da�presentarsi�rispettiva- IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� mente�al�Ministero�dell'Ambiente�(per�gli�elettrodotti�con�tensione�superiore�a�150�kV)� oppure�alla�Regione�(per�quelli�con�tensione�inferiore)�e�che�deve�indicareilprogramma� cronologico�di�attuazione�e�le�relative�priorita�.�Successivamente�il�piano�dovra�essere� approvato,�con�eventuali�modifiche,�integrazioni�e�prescrizioni�dalle�autorita�cui�e�stato� presentato.� Il�comma�4�dello�stesso�art.�9�stabilisce�infine�che�il�risanamento�degli�elettrodotti�deve� essere�completato�entro�dieci�anni�dalla�data�di�entrata�in�vigore�della�legge.� Entro�le�date�del�31�dicembre�2004�e�31�dicembre�2008�deve�comunque�essere�comple- tato�il�risanamento�degli�elettrodotti�che�non�risultano�conformi,�rispettivamente,�ai�limiti� di�cui�all'art.�4�ed�alle�condizioni�di�cui�all'art.�5�del�decreto�del�Presidente�del�Consiglio� dei�Ministri�23�aprile�1992.� Per�completezza�va�aggiunto�che�il�novellato�Titolo�V�della�Costituzione�affida�allo� Stato�la�competenza�esclusiva�in�materia�di�tutela�dell'ambiente.� Ad�avviso�di�questo�Collegio,�da�quanto�fin�qui�esposto�emerge�che,�sulla�base�della� normativa�vigente,�compresa�la�legge�n.�36�del�2001,�non�esistono�parametri�normativa- mente�fissati�relativi�alle�esposizioni�a�lungo�termine.� Infatti,�quelli�fissati�dal�decreto�del�Presidente�del�Consiglio�dei�Ministri�riguardano�le� emissioni�a�breve�termine,�quelli�della�legge�regionale�n.�27�del�1997�riguardano�gli�elettro- dotti�costruendi�e�non�quelli�esistenti,�e�infine�la�legge�statale�n.�36�del�2001�rimanda�da�un� lato�ad�un�futuro�decreto�attuativo�la�fissazione�dei�parametri�e�d'altro�lato�codifica�transito- riamente�i�parametri�del�decreto�del�Presidente�del�Consiglio�dei�Ministri(che,�come�visto,� non�concernono�l'esposizione�a�lungo�termine).� Per�tutte�le�su�esposte�ragioni�il�provvedimento�regionale�impugnato�risulta�privo�di� alcun�supporto�normativo�e�in�sostanza�va�considerato�come�emanato�in�assenza�di�potere;� il�vizio�si�riverbera�anche�nella�motivazione,�che�si�appalesa�come�incongrua�e�carente.� Il�ricorso�va�quindi�accolto�e�il�provvedimento�impugnato�va�annullato.� Le�spese�di�giudizio�possono�essere�compensate�nei�confronti�dell'�ARPAV,�che�si�e�limi- tata�a�fornire�un�supporto�tecnico,�mentre�per�il�rimanente,�secondo�la�regola�generale,� seguono�la�soccombenza,�fanno�carico�alla�Regione�Veneto�e�vengono�liquidate�in�disposi- tivo.� P.Q.M. Il�Tribunale�Amministrativo�Regionale�per�il�Veneto,�Terza�Sezione,�respinta� ogni�contraria�istanza�ed�eccezione,�definitivamente�pronunciando�sul�ricorso�in�premessa,� lo�accoglie�e�per�l'effetto�annulla�l'impugnato�provvedimento�(omissis).� Cos|�deciso�in�Venezia,�in�camera�di�consiglio,�il�2�ottobre�2002.�.� Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, sezione prima, sentenza 16 gennaio 2003 n. 12 ^ Presidente G.�Vacirca�^Consigliere estensore M.�Nicolosi�(*).� �(omissis)�Diritto 1.��Gli�otto�ricorsi�sopra�indicati,�congiuntamente�trattati�alla� medesima�udienza�pubblica,�vanno�riuniti�per�evidenti�ragioni�di�connessione�oggettiva�e� soggettiva,�per�essere�decisi�con�un'unica�sentenza.� 2.��Il�contenzioso�promosso�con�i�rubricati�ricorsi,�attiene�ad�una�serie�di�provvedi- menti�attraverso�i�quali�la�Regione�Toscana�ed�i�comuni�di�Firenze,�Massa�Marittima�e�Pisa� hanno�disciplinato�la�localizzazione�ed�i�tetti�di�radiofrequenza�degli�impianti�di�telefonia� mobile�nell'ambito�territoriale�(regionale�e�comunale)�di�competenza,�provvedendo�anche� alla�sospensione�dei�procedimenti�riguardanti�le�pratiche�edilizie�d'autorizzazione�all'instal- lazione�od�al�potenziamento�di�stazioni�radio�base�(in�seguito�S.R.B.).� (*)�La�stessa�delibera�del�Consiglio�regionale�della�Toscana�del�16�gennaio�2002,�n.�12,�e� stata�annullata�dal�TAR�Toscana�con�le�sentenze�n.�10�e�11�del�2002,�emesse�nella�stessa� data.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� 3.��La�complessita�della�controversia�richiede�una�sintetica�ricognizione�del�quadro� normativo�vigente�in�materia.�Quadro�al�quale,�seppure�in�un'ottica�di��supplenza��come�si� argomentera�,�hanno�inteso�riferirsi�le�Amministrazioni�resistenti�negli�atti�regolamentari� impugnati.� 3.1.��Tale�ricognizione,�sotto�l'aspetto�della�successione�delle�norme�nel�tempo,�deve� registrare�due�eventi�principali.� Il�primo�evento,�e�quello�dell'entrata�in�vigore�della�legge-quadro�dello�Stato�22�febbraio� 2001�n.�36�(in�seguito�legge-quadro),�sulla�protezione�dalle�esposizioni�a�campi�elettrici,� magnetici�ed�elettromagnetici,�che�viene�ad��interporsi��fra�la�legge�regionale�54,�contenente� la�disciplina�in�materia�di�radiocomunicazioni,�e�la�delibera�del�consiglio�regionale�della� Toscana�16�gennaio�2002�n.�12�(in�seguito�d.c.r.�12),�adottata�in�attuazione�dell'art.�4,�comma� uno,�della�predetta�l.r.�54�(si�veda�preambolo�e�primo�punto�dispositivo)�cioe�:�per�definire�i� criteri�generali�per�la�localizzazione�degli�impianti�e�l'identificazione�delle�aree�sensibili.� Il�secondo�evento,�e�dato�dall'entrata�in�vigore�della�legge�costituzionale�18�ottobre�2001� n.�3�(modifiche�al�titolo�V�della�parte�seconda�della�Costituzione),�che�-a�sua�volta�-viene� ad��interporsi��fra�la�precedente�disciplina�legislativa�e�la�d.c.r.�12�impugnata.� La�difesa�della�TIM�ha�sollevato�dubbi�sulla�costituzionalita�della�legge�regionale�54,� mentre�daglienti�territoriali�intimatisie�fatto�esplicito�richiamo�al�mutato�quadro�costituz ionale,�quasi�in�contrapposizione�alla�prevedibile�questione�di�costituzionalita�sollevata�in� giudizio.� 3.2.��Poste�queste�premesse,�va�ricordato�che�la�prima�regolamentazione�statale�in� materia�di�tetti�di�radiofrequenza�compatibili�con�la�salute�umana�e�data�dal�decreto�minis teriale�10�settembre�1998�n.�381�(in�seguito�decreto�ministeriale�381)�emanato�in�attuazione� dell'art.�1,�comma�6,�lett.�a),�n.�15,�della�legge�31�luglio�1997�n.�249.�Tale�decreto�ministeriale� 381��al�quale�tutti�gli�atti�impugnati�fanno�riferimento�a�diverso�titolo��ha�stabilito�in� via�cautelativa,�per�le�esposizioni�a�campi�elettromagnetici�per�tempi�prolungati�da�parte�di� recettori�sensibili�non�esposti�per�ragioni�professionali,�che�in�corrispondenza�di�edifici�adib iti�a�permanenze�non�inferiori�a�quattro�ore�non�devono�essere�superati,�indipendentemente� dalla�frequenza,�i�seguenti�valori�mediati�su�un'area�equivalente�alla�sezione�verticale�del� corpo�umano�e�su�qualsiasi�intervallo�di�sei�minuti:�6�V/m�per�il�campo�elettrico,� 0,016�A/m�per�il�campo�magnetico,�intesi�come�valori�efficaci�e,�per�frequenze�comprese� tra�3�Mhz�e�300�GHz,�0,10�W/m2�per�la�densita�di�potenza�dell'onda�piana�equivalente� (art.�4,�comma�2).� Lo�stesso�decreto�ministeriale�381�(art.�4,�comma�tre),�ha�attribuito�alle�Regioni�ed�alle� Province�autonome�di�Trento�e�Bolzano�il�compito�di�definire�la�disciplina�per�l'installazione� e�la�modifica�degli�impianti�di�radiocomunicazione�e�le�azioni�di�risanamento,�al�fine�di� garantire�il�rispetto�dei�limiti�sopra�indicati�ed�il�raggiungimento�di�eventuali�obiettivi�di� qualita�.�Nessuna�competenza�in�materia�era�stata�assegnata�ai�comuni�e�tale�principio�e� stato�affermato�chiaramente�nelle�diverse�pronunce�dei�giudici�amministrativi�che�hanno� annullato�la�difforme�regolamentazione�dettata�da�taluni�enti�comunali�(cfr.�TAR�Toscana,� sez.�1,�26�luglio�2001,�n.�1266;�idem,�30�gennaio�2002,�n.�65;�TAR�Veneto,�sez.�2,�2�febbraio� 2002,�n.�347;�Consiglio�di�Stato,�sez.�VI,�3�giugno�2002,�n.�3095).� Va�ricordato�in�proposito�che�il�decreto�ministeriale�381�e�intervenuto�quando�gia�era� stato�avviato�il�c.d.�federalismo�amministrativo�con�il�varo�della�legge�15�marzo�1997,�n.�59� (modificata�dalla�legge�16�giugno�1998,�n.�191�del�1998),�che�riserva(va)�allo�Stato,�tra�l'altro,� la�tutela�dei�beni�culturali�e�le�comunicazioni�(art.�1,�comma�terzo,�lett.�d) ed�n) ed�i�compiti� di�rilievo�nazionale�per�la�tutela�dell'ambiente�e�della�salute�(comma�quarto,�lett.�c).�Il� decreto�legislativo�31�marzo�1998,�n.�112,�emanato�in�attuazione�della�legge�59�del�1997,� avrebbe�individuato,�poi,�all'art.�69,�comma�uno�lett.�e),�come�compiti�di�rilievo�nazionale� per�la�tutela�dell'ambiente,�la�determinazione�di�valori�limite,�standard,�obiettivi�di�qualita� e�sicurezza�e�norme�tecniche�necessari�al�raggiungimento�di�un�livello�adeguato�di�tutela�dell 'ambiente�sul�territorio�nazionale;�e�all'art.�83,�comma�uno,�una�serie�di�compiti�di�rilievo� nazionale�riguardanti�emissioni�nell'atmosfera�e�fissazione�dei�valori�limite�e�guida�della� qualita�dell'aria.� In�attuazione�del�decreto�ministeriale�381,�la�Regione�Toscana�ha�promulgato�la�legge� regionale�54,�nel�corpo�della�quale�piu�volte�viene�affermato�che�e�fatto�salvo�il�rispetto�dei� limiti�e�dei�valori�contenuti�nel�decreto�ministeriale�381�medesimo.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� Di�rilievo,�ai�fini�della�decisione�del�contenzioso,�e�la�disciplina�data�all'art.�4�(funzioni� regionali),�all'art.�6�(funzioni�comunali)�ed�all'art.�8�(azioni�di�risanamento).� Infatti,�con�l'art.�4�si�stabilisce�che�la�Regione,�al�fine�del�raggiungimento�degli�obiettivi� di�qualita�,detti:� con�deliberazione�del�consiglio�regionale,�i�criteri�generali�per�la�localizzazione�degli� impianti�e�per�l'identificazione�delle��aree�sensibili��come�definite�dall'art.�3�(particolare� densita�abitativa,�presenza�di�infrastrutture�e�servizi,�specifici�interessi�paesaggistico- ambientale�e�storico-architettonico);� con�delibera�di�giunta,�entro�120�giorni�dall'entrata�in�vigore�della�leggestessa,�le� modalita�del�rilascio�delle�autorizzazioni�comunali,�i�criteri�tecnici�per�al�gestione�del�catasto� regionale�degli�impianti�e�per�l'attuazione�delle�azioni�di�risanamento,�le�modalita�tecniche� e�procedurali�per�lo�svolgimento�dei�controlli,�le�modalita�relative�alla�presentazione,�da� parte�dei�titolari�degli�impianti,�delle�dichiarazioni�inerenti�gli�impianti�installati�e�dei�rela- tivi�programmi�di�sviluppo.� Con�gli�artt.�6�ed�8,�stabilisce�che�i�comuni�provvedono�al�rilascio�delle�autorizzazioni� all'installazione�o�alla�modifica�degli�impianti�di�telefonia�mobile�e�di�quelli�radiotelevisivi;� all'attuazione�delle�misure�di�risanamento;�all'esercizio�della�funzione�di�vigilanza�e�di�con- trollo;�allo�svolgimento�dei�compiti�di�educazione�ambientale�e�di�informazione�delle�popo- lazioni�interessate.� 3.3.��Questo�era�l'assetto�normativo�vigente�alla�data�d'entrata�in�vigore�della�legge- quadro.� Tale�legge,�oltre�all'enunciazione�dello�scopo�di�dettare�principi�fondamentali�diretti�alle� finalita�elencate�nelle�lettere�a),�b),e�c) dell'art.�1,�del�suo�ambito�di�applicazione�e�delle� definizioni�(tra�le�quali�riveste�importanza�quella�relativa�agli�obiettivi�di�qualita�:art.�3,� comma�uno,�lett.�d),�indica�quali�sono�le�funzioni�dello�Stato,�e�le�competenze�delle�Regioni� e�dei�comuni.� L'art.�4�stabilisce�che�lo�Stato�esercita�le�funzioni�relative:� a) alla�determinazione�dei�limiti�d'esposizione,�dei�valori�di�attenzione�e�degli�obiet- tivi�di�qualita�,�in�quanto�valori�di�campo�come�definiti�dall'art.�3,�comma�1,�lettera�d),� numero�2),�in�considerazione�del�preminente�interesse�nazionale�alla�definizione�di�criteri� unitari�e�di�normative�omogenee�in�relazione�alle�finalita�di�cui�ai�principi�generali�indicati� nell'art.�1;� d) alla�determinazione�dei�criteri�di�elaborazione�dei�piani�di�risanamento�di�cui� all'art.�9,�comma�2;� e) all'individuazione�delle�tecniche�di�misurazione�e�di�rilevamento�dell'inquina- mento�elettromagnetico;� f) alla�realizzazione�di�accordi�di�programma�con�i�gestori�(...)�esercenti�diimpianti� di�telefonia�mobile,�al�fine�di�promuovere�tecnologie�e�tecniche�di�costruzione�degli�impianti� che�consentano�di�minimizzare�le�emissioni�nell'ambiente�e�di�tutelare�il�paesaggio.� In�base�al�secondo�comma�dell'art.�4,�i�limiti�d'esposizione,�i�valori�di�attenzioneegli� obiettivi�di�qualita�,�le�tecniche�di�misurazione�e�di�rilevamento�dell'inquinamento�elettroma- gnetico�ed�i�parametri�per�la�previsione�di�fasce�di�rispetto�per�gli�elettrodotti,�sono�stabiliti� per�la�popolazione�da�un�apposito�decreto�del�Presidente�del�Consiglio�dei�Ministri�da�ema- nare�entro�60�giorni�dalla�data�di�entrata�in�vigore�della�legge;�mentre�alla�determinazione� dei�criteri�di�elaborazione�dei�piani�di�risanamento,�si�provvede�con�decreto�del�Presidente� del�Consiglio�dei�Ministri�da�emanare�entro�120�giorni�dalla�medesima�data.�In�proposito� l'art.�16�della�legge�stabilisce�che�fino�alla�data�di�entrata�in�vigore�del�decreto�di�cui� all'art.�4,�comma�2,�lett.�a),�si�applicano�le�disposizioni�del�decreto�ministeriale�381.� L'art.�8,�nel�disciplinare�i�compiti�delle�Regioni,�prevede�che�tra�l'altrosono�di�compe- tenza�delle�stesse,�nel�rispetto�dei�limiti�di�esposizione,�dei�valori�di�attenzione�e�degli�obiet- tivi�di�qualita�,�nonche�delle�modalita�fissati�dallo�Stato,�fatte�salve�le�competenze�dello�Stato� e�delle�autorita�indipendenti:� a) l'esercizio�delle�funzioni�relative�all'individuazione�dei�siti�di�trasmissione�e�degli� impianti�di�telefonia�mobile,�degli�impianti�radioelettrici�e�di�radiodiffusione,�ai�sensi�della� legge�249�del�1997,�e�nel�rispetto�del�decreto�di�cui�all'art.�4,�comma�2,�lett.�a);� c) le�modalita�di�rilascio�delle�autorizzazioni�all'installazione�degli�impianti;� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� e) l'individuazione�degli�strumenti�e�delle�azioni�per�il�raggiungimento�degli�obiettivi� di�qualita�di�cui�all'art.�3,�comma�1,�lett.�d),�n.�1:�ossia�la�definizione�dei�criteri�adeguati� per�tale�individuazione�(combinato�delle�due�disposizioni).� Relativamente�ai�comuni,�l'ultimo�comma�dell'art.�8�da�agli�stessi�la�possibilita�di�ema- nare�un�regolamento�per�assicurare�il�corretto�insediamento�urbano�e�territoriale�degli� impianti�e�minimizzare�l'esposizione�della�popolazione�ai�campi�elettromagnetici.� L'art.�9�infine,�stabilisce�che�entro�dodici�mesi�dall'entrata�in�vigore�del�decreto�di�cui� all'art.�4,�comma�2,�lett.�a),�la�regione�adotta,�su�proposta�dei�soggetti�gestori�e�sentiti�i� comuni�interessati,�un�piano�di�risanamento�al�fine�di�adeguare,�in�modo�graduale,�e�comun- que�entro�il�termine�di�ventiquattro�mesi,�gli�impianti�radioelettrici�gia�esistenti�ai�limiti�di� esposizione,�ai�valori�di�attenzione�ed�agli�obiettivi�di�qualita�stabiliti�secondo�le�norme�della� stessa�legge.� 3.4.��In�tale�contesto�normativo�e�entrata�in�vigore�la�riforma�del�titolo�V�della�Costi- tuzione�varata�con�la�legge�costituzionale�18�ottobre�2001,�n.�3.� I�punti�salienti�di�tale�riforma,�sempre�ai�fini�della�decisione,�sono:� l'art.�117,�secondo�comma,�lett.�s),�che�affida�alla�competenza�esclusiva�dello�Stato� l'ambiente,�l'ecosistema�ed�i�beni�culturali;� l'art.�117,�terzo�comma,�che�affida�alla�competenza�concorrente�la�tutela�della�salute,� l'ordinamento�della�comunicazione�e�la�valorizzazione�dei�beni�culturali�ed�ambientali,�stabi- lendo�all'ultima�parte�che�nelle�materie�di�legislazione�concorrente�spetta�alle�Regioni�la� potesta�legislativa,�salvo�che�per�la�determinazione�dei�principi�fondamentali,�riservata�alla� legislazione�dello�Stato;� l'art.�118,�che�stabilisce�il�principio�che�le�funzioni�amministrative�sono�attribuite�ai� comuni,�salvo�che,�per�assicurarne�l'esercizio�unitario,�esse�siano�conferite�ad�enti�maggiori� secondo�il�principio�di�sussidiarieta�,�differenziazione�ed�adeguatezza;� l'art.�120,�che�prevede�l'esercizio�del�potere�sostitutivo�del�Governo�secondo�proce- dure�stabilite�dalla�legge�nei�casi�indicati�dal�secondo�comma.� 3.5.��Questa�la�ricostruzione�del�quadro�normativo�complessivo�alla�data�di�adozione� della�d.c.r.�12.� 4.��Entrando�nel�merito�delle�questioni,�occorre�subito�sgombrare�il�campo�dalla� questione�di�costituzionalita�che�e�stata�adombrata�(in�prospettiva)�da�talune�Amministra- zioni�resistenti�con�riferimento�alla�recente�entrata�in�vigore�del�decreto�legislativo�4�settem- bre�2002,�n.�198,�recante�disposizioni�volte�ad�accelerare�la�realizzazione�delle�infrastrutture� di�telecomunicazioni�strategiche,�in�attuazione�della�delega�contenuta�nell'art.�1,�comma�2,� della�legge�21�dicembre�2001,�n.�443.� Piu�precisamente�dalla�Regione�e�dal�comune�di�Pisa�ne�e�stata�prospettata,�in�via� subordinata,�l'incostituzionalita�sotto�vari�profili�o�la�difformita�con�il�principio�di�precau- zione�contenuto�nella�normativa�europea;�dalla�difesa�del�gestore�TIM�e�stato�invece�pro- spettato�il�superamento�della�difforme�regolamentazione�introdotta�con�i�provvedimenti� impugnati.� Ritiene�il�Collegio�che�la�controversia�debba�essere�risolta�sulla�base�delle�norme�vigenti� al�momento�dell'emanazione�degli�atti�oggetto�di�ricorso�(principio�del��tempus regit actum�)� dal�momento�che�il�decreto�198�del�2002�e�intervenuto�quando�si�erano�gia�concretizzate�s ui�soggetti�gestori��le�ricadute�della�contestata�disciplina�restrittiva�in�materia�di�impianti� di�telefonia�mobile.�Si�tratta�di�ricadute�potenzialmente�idonee�a�determinare�effetti�(ritardo� nell'attuazione�delle�programmate�nuove�installazioni�e�blocco�dei�progetti�gia�presentati)� che�permangono�ad�oggi�con�possibili�contraccolpi�economici�suscettibili�di�valutazione�ai� fini�del�risarcimento�dei�danni�anche�con�separata�azione�giurisdizionale.�Donde,�l'interesse� all'annullamento�degli�atti�impugnati�e�l'irrilevanza�delle�questioni�di�costituzionalita�econ- formita�alla�normativa�europea�sollevate�in�ordine�al�decreto�198�del�2002.�Tale�normativa� potra�essere�di�rilievo�per�il�futuro�quando�avranno�inizio�i�procedimenti�che�comporteranno� la�sua�concreta�applicazione.� Allo�stesso�modo�irrilevante�e�,�ai�fini�della�decisione,�la�pendenza�del�conflitto�d'attribu- zione�sollevato�dallo�Stato�riguardo�alla�delibera�regionale�12�del�2002�(vedi�ricorso�alla� Cortecostituzionalein�Gazzetta Uf fficiale �1.�serie�speciale,�n.�25�del�26�giugno�2002).� Infatti,�il�conflitto�d'attribuzione�opera�sotto�il�diverso�profilo�della�rivendicazione�dell'eser- cizio�delle�competenze�secondo�la�distribuzione�delle�materie�contenuta�nella�Carta�costitu- IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� zionale�e�riguarda�un�atto�amministrativo�non�soggetto�direttamente,�in�via�incidentale�(o� principale),�a�giudizio�di�costituzionalita��.�Questo,�semmai,�riguarderebbe�la�legge�richiamata� nella�delibera�regionale�impugnata.�Inoltre,�sono�dedotti�in�questo�giudizio�profili�di�censura� che�prescindono�da�un�rapporto�diretto�con�la�questione�oggetto�del�conflitto�di�attribuzione� pendente.� Ne�consegue�che�non�ricorre,�a�termini�dell'art.�295�del�codice�di�procedura�civile,� alcuna�ipotesi�di�pregiudizialita��necessaria�che�imponga�di�sospendere�le�cause�in�esame�in� attesa�della�definizione�del�giudizio�pendente�dinanzi�alla�Corte�Costituzionale.� 5.��Tornando,�quindi,�alla�d.c.r.�12,�va�evidenziato�che�essa,�benche�richiami�nelle� premesse�la�legge-quadro,�interviene�in�primo�luogo��come�si�e��gia��ricordato��in�attua- zione�della�legge�regionale�54.� Al�di�la��della�questione,�che�non�rileva�ai�fini�della�decisione,�del�contenuto�(regolamen- tare�od�amministrativo�generale)�dell'atto�regionale�(l'art.�21�dello�statuto�della�Regione� Toscana�stabilisce�una�procedura�non�osservata�nella�pubblicazione�della�d.c.r.�12,�mentre� l'ultima�parte�del�dispositivo�della�delibera�stessa�richiama�la�legge�regionale�toscana�9�del� 1995�sul�procedimento�amministrativo�che�all'art.�41�indica�fra�gli�atti�soggetti�a�pubbli- cita��/conoscenza�gli�atti�amministrativi�generali),�va�rilevato�lo�scostamento�della�delibera� in�questione�dalla�legge�regionale�54�richiamata.�Infatti,�il�consiglio�regionale,aldifuori� della�sede�legislativa,�supera�la�disciplina�normativa�sostanziale,�per�esercitare�una�funzione� suppletiva�a�causa�del�mancato�intervento�del�decreto�presidenziale�previsto�dalla�legge�sta- tale�vigente,�richiamata�nella�legge�regionale�che�afferma�di�volere�attuare.�Cio��,appareevi- dente�dal�secondo��Considerato��del�preambolo,�dove�si�fa�riferimento�all'art.�16�della�legge- quadro�(che�fa�salve�le�disposizioni�del�decreto�ministeriale�381�fino�alla�data�di�entrata�in� vigore�del�decreto�di�cui�all'art.�4,�comma�2,�lett.�a),�e�dal�successivo��Preso�atto�che�il�sud- detto�decreto�a�tutt'oggi�non�e��stato�emanato�.� Le�disposizioni�suppletive,�in�assenza�del�previsto�decreto�statale,�traggono�il�loro�con- tenuto�dalla��Valutazione��espressa�in�data�5�marzo�2001�dall'Agenzia�Regionale�di�Sanita�� e�dalla��Mozione�per�l'emanazione�immediata�di�un�regolamento�contro�l'inquinamento�elet- tromagnetico��del�consiglio�regionale�del�10�aprile�2001,�n.�196.� 5.1.��La�funzione�della�d.c.r.�12�e��poi�chiarita�dall'ultimo��Considerato��nel�quale�si� precisa�che�ai�sensi�dell'art.�4,�comma�1,�della�legge�regionale�54,�il�consiglio�regionale�defi- nisce�i�criteri�generali�per�la�localizzazione�degli�impianti�ed�i�criteri�inerenti�l'identificazione� delle�aree�sensibili:�ossia�quei�criteri�che�avrebbero�dovuto�essere�dati�ai�sensi�dell'ultimo� comma�dell'art.�4�del�decreto�ministeriale�381.� Dalla�delibera�regionale�e�dai�richiamati�documenti�e��possibile�desumere�che�il�consiglio� della�Regione�Toscana�ha�inteso�muoversi,�cogliendo�l'opportunita��offerta�dall'attuazione� della�legge�regionale�54,�nella�logica�del�principio�di��precauzione��oggetto�delle�raccoman- dazioni�espresse�nel�parere�dall'Agenzia�Regionale�di�Sanita��(all.�3�alla�delibera).� Concretamente,�quanto�ai�criteri�generali�per�la�localizzazione�degli�impianti�(all.�1),�la� delibera�regionale:� �ha�fissato�il�principio�che�gli�impianti�di�diffusione�radiofonica�e�televisiva,�non- che�gli�impianti�per�telefonia�cellulare�possano�essere�installati�esclusivamente�all'interno� delle�aree�identificate�come�compatibili�dal�comune,�previa�verifica�della�conciliabilita��con� altri�vincoli�eventualmente�esistenti,�in�funzione�della�potenza�della�sorgente�da�installare�e� del�contesto�insediativo,�nel�rispetto�di�quanto�prescritto�per�le�aree�sensibili�(entro�120� giorni�dalla�pubblicazione�della�delibera�i�comuni�avrebbero�dovuto,�con�l'ausilio�dell'AR- PAT�e�delle�ASL,�identificare�le�aree);� �ha�identificato�le�aree�sensibili�distinguendole�in�due�tipi:� a) aree�di�interesse�storico-architettonico�e�paesaggistico-ambientale�(dove�devono� evitarsi�impatti�di�tipo�visivo);� b) aree�comprese�entro�il�perimetro�di�50�metri�da�asili,�scuole,�ospedali,�case�di� cura,�aree�verdi�attrezzate,�aree�destinate�all'infanzia,�aree�di�particolare�densita��abitativa� (da�identificare�dai�comuni�sempre�entro�i�120�giorni).� Quanto�agli�obiettivi�di�qualita��inerenti�le�aree�sensibili�(all.�2):� �ha�fissato�il�valore�di�0,5V/m�per�i�campi�elettrici�generati�da�impianti�fissi�per� telefonia�cellulare�e�di�3V/m�per�quelli�generati�da�tutte�le�sorgenti�inquinanti�rientranti�nel� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� campo�d'applicazione�della�legge�regionale�54,�misurati�secondo�le�disposizioni�contenute� nell'art.�4,�comma�2,�del�decreto�ministeriale�381,�come�obiettivi�di�qualita�da�raggiungere� nelle�aree�sensibili�come�identificate�prima;� �ha�fissato�in�un�anno�ed�in�tre�anni�(sempre�dalla�pubblicazione�della�delibera)�il� termine�per�il�raggiungimento�rispettivamente�del�valore�di�3V/m�e�di�0,5V/m�per�i�campi� elettrici�generati�da�impianti�di�telefonia�cellulare,�ed�in�tre�anni�il�termine�per�il�raggiungi- mento�del�valore�di�3V/m�per�i�campi�elettrici�generati�da�tutte�le�altre�sorgenti�rientranti� nel�campo�di�applicazione�della�legge�regionale�54;� �ha�stabilito�che�i�comuni�provvedono,�secondo�le�modalita�del�regolamento�di�cui� all'art.�4,�comma�2,�della�legge�regionale�medesima,�alle�azioni�di�risanamento�sugli�impianti� esistenti�ed�alla�loro�rilocalizzazione�nel�caso�che�sia�impossibile�per�motivi�tecnici�il�rag- giungimento�dell'obiettivo�di�qualita�di�cui�sopra.�Tale�rilocalizzazione�e�obbligatoria�qua- lora�si�tratti�di�aree�sensibili�di�tipo�b);� �ha,�infine,�stabilito�che�i�nuovi�impianti�da�installare�eventualmente�all'interno� delle�aree�sensibili�di�tipo�b) debbano�conformarsi�con�decorrenza�immediata�al�rispetto� del�valore�di�3V/m�per�i�campi�elettrici�generati�da�impianti�fissi�per�telefonia�cellulare�e�rag- giungere�l'obiettivo�di�qualita�di�0,5V/m�entro�due�anni�dal�rilascio�dell'autorizzazione� comunale�e�comunque�non�oltre�tre�anni�dalla�pubblicazione�della�delibera�(l'adeguamento� immediato�al�valore�di�3V/m�e�invece�stabilito�per�i�campi�elettrici�generati�da�tutte�le�altre� sorgenti�inquinanti�rientranti�nel�campo�di�applicazione�della�legge).� 5.2.��Dall'esame�delle�prescrizioni�su�riportate�si�rileva,�innanzi�tutto,�che�da�un�lato,� si�dimezzano�(inasprendoli)�i�valori�di�campo�fissati�dal�decreto�ministeriale�381�che�la� d.c.r.�12�avrebbe�dovuto�attuare�nel�rispetto�della�legge�regionale�54;�dall'altro�si�rinvia� all'art.�4,�comma�due,�ed�agli�allegati�B�e�C�dello�stesso�decreto�per�le�misurazioni�dei�campi� elettrici.�Tuttavia�dall'insieme�del�quadro�normativo�richiamato�e�dalle�considerazioni�sopra� svolte�e�da�escludere,�anche�alla�luce�del�nuovo�assetto�costituzionale,�alcun�contrasto�della� legge�regionale�54�con�la�normativa�statale:�tale�strumento�legislativo�appare�al�Collegio� sostanzialmente�conforme�ai�principi�contenuti�nelle�norme�statali.�Anche�in�ordine�alle� norme�che�prevedono�la�definizione�di�criteri�generali�in�materia�di�localizzazione�degli� impianti�e�di�identificazione�delle�aree�sensibili,�il�legislatore�regionale�ha�operato�in�coe- renza�con�l'ultimo�comma�dell'art.�4�del�decreto�ministeriale�381�e�comunque,�la�sopravve- nuta�legge�quadro�da�conferma�della�competenza�regionale�in�materia�di�definizione�dei�cri- teri�stessi�(art.�3,�primo�comma�lett.�d) e�art.�8,�primo�comma,�lett.�e).� 5.3.��Sono�fondate,�invece,�le�censure�con�le�quali�si�deduce�il�contrasto�fra�l'allegato� 2�della�d.c.r.�12�e�la�normativa�statale�prima�richiamata.�Nell'intento�di�perseguire�il�rag- giungimento�di�un�obiettivo�di�qualita��si�ripete�in�attuazione�del�decreto�ministeriale�381� �,�il�consiglio�regionale�ha�modificato�(inasprendoli)�i�limiti�di�campo�elettromagnetico�fis- sati�per�gli�impianti�di�telefonia�mobile�in�sede�nazionale�e,�contraddicendo�la�stessa�legge� regionale�che�doveva�attuare,�ha�esercitato�un�potere�che�ha�intaccato�l'assetto�unitario�ed� omogeneo�della�disciplina�statale�in�materia�di�limiti�di�esposizione�ai�campi�elettrici,� magnetici�ed�elettromagnetici�a�protezione�della�popolazione,�determinando�una�disarmonia� nella�disciplina�stessa,�negativamente�incidente�sul�corretto�esercizio�del�servizio�di�telefonia� mobile,�soggetto�tra�l'altro�alla�vigilanza�dell'Autorita�Garante�per�le�comunicazioni.� 5.4.��E�fondata,�anche,�la�doglianza�che�deduce�la�genericita�dei�criteri�di�localizza- zione�ed�identificativi�delle�aree�sensibili�contenuti�nell'allegato�1,�in�specie�quelle�di�tipo�b),� nelle�quali�sono�accomunate,�in�un�limite�di�distanza�di�cui�non�si�comprende�il�criterio�di� individuazione,�situazioni�differenziate,�quanto�ai�parametri�dati�ed�al�tempo�di�permanenza� e�(questo�si�indefinito)�alla�densita�abitativa,�lasciandosi�alla�discrezionalita�dei�comuni�l'ap- plicazione�di�locuzioni�generiche�e�l'individuazione�di�aree�idonee�o�compatibili;�come�pure� l'esclusione�delle�aree�sensibili�da�ogni�localizzazione.� Tale�vaghezza�e�genericita�concreta�un�vizio�di�legittimita�della�d.c.r.�12�impugnata,�in� quanto�i�parametri�suddetti,�insieme�alla�riduzione�dei�valori�di�campo�elettrico,�danno�la� misura�della�rilevante�incidenza�che�le�nuove�disposizioni,�sotto�la�motivazione�del�persegui- mento�del�principio�di�precauzione�a�tutela�della�salute,�hanno�sullo�svolgimento�del�servizio� di�telefonia�da�parte�dei�gestori�legittimati�dall'Autorita�Garante�e�quindi�sugli�ambiti�tra- sversali�delle�competenze�dello�Stato�in�altri�settori�di�materie.� Deve�osservarsi�al�riguardo�che�la�Regione,�nell'esercitare�il�suo�compito�di�dettare�i�cri- teri�generali,�deve�fornire�agli�enti�comunali�le�necessarie�linee�guida�che�consentano�un�coe- IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� rente�esercizio�del�potere�regolamentare�di�completamento�agli�stessi�attribuito,�onde�evitare� che�la�medesima�(regolamentazione)�finisca�per�esplicarsi�quasi�nell'ambito�di�una�delega�in� bianco�con�i�conseguenti�risvolti�negativi�di�una�disciplina�disomogenea��se�non�contra- stante��a�livello�comunale,�regionale�e�nazionale.� Del�resto,�lo�stesso�parere�contenuto�nell'allegato�3,�espresso�dall'Agenzia�regionale�di� Sanita��,concludeche��i�risultatidella�ricercascientifica,edin�particolare�degli�studi�epide- miologici,�non�sono�al�momento�attuale�adeguati�(e�non�possono�esserlo)�ne�per�affermare� ne�per�escludere�in�assoluto�possibili�effetti�dannosi�per�la�salute�dalle�emissioni�in�questione,� purche�queste�non�raggiungano�la�intensita��sufficiente�per�determinare�un�innalzamento� della�temperatura�negli�organismi�degli�esposti�.�Ora�non�si�desume�dagli�atti�impugnati�in� base�a�quale�studio�o�ricerca�scientifica�la�Regione�abbia�ritenuto�ragionevole�l'imposizione� di�un�perimetro�di�cinquanta�metri�di�distanza�rispetto�ai�rischi�di�esposizione,�quando�il� decreto�ministeriale�381�all'art.�4�collega�le�misure�di�cautela�ai�valori�di�esposizione�fissati� nel�secondo�comma.�Il�principio�di�precauzione�richiede�sempre�un�riferimento�a�dati�scien- tifici�attendibili,�specie�laddove�interferisce�con�i�limiti�dei�valori�di�campo�definiti�a�livello� nazionale.� 5.5.��Ne�rileva�sulla�questione�in�esame�l'entrata�in�vigore�della�modifica�del�titolo�V� della�Costituzione�che,�invertendo�il�precedente�criterio�contenuto�nell'originario�testo�del- l'art.�117,�ha�riconosciuto�alle�Regioni�competenza�legislativa�esclusiva�in�tutte�le�materie� non�riservate�alla�competenza�esclusiva�dello�Stato�e�la�competenza�concorrente�in�materia� di�tutela�della�salute.�Ed�invero,�come�emerge�dalla�ricostruzione�del�quadro�normativo,�la� riforma,�pur�ampliando�indubbiamente�l'ambito�delle�competenze�regionali�specie�in�impor- tanti�materie�a�legislazione�concorrente,�ha�mantenuto�ferma�la�riserva�della�legislazione� dello�Stato�quanto�alla�determinazione�dei�principi�fondamentali.�E�cio��vuol�dire�che�le� regioni�devono�adeguarsi,�nell'esercizio�della�loro�potesta��legislativa,�ai�principi�medesimi,� specialmente�laddove�l'intervento�in�un�ambito�di�materia�finisce�per�interferire�con�compe- tenze�dello�Stato,�coinvolgendo�trasversalmente�altre�materie�soggette�a�competenza�esclu- siva�(ambiente)�e�concorrente�(ordinamento�della�comunicazione�e�governo�del�territorio).� Ora,�anche�dopo�l'entrata�in�vigore�della�riforma�costituzionale�la�legge-quadro�detta�i�prin- cipi�fondamentali�in�materia�di�protezione�dalle�esposizioni�a�campi�magnetici,�elettrici�ed� elettromagnetici�e�l'esercizio�della�competenza�concorrente�da�parte�delle�regioni,�sarebbe� comunque�subordinata�all'emanazione�di�un'apposita�legge:�la�Corte�Costituzionale�ha,�in� proposito,�affermato�che�nella�fase�di�transizione�dal�vecchio�al�nuovo�sistema�di�riparto�di� competenze,�la�legislazione�regionale�concorrente�dovra��svolgersi�nel�rispetto�dei�principi� fondamentali�comunque�risultanti�dalla�legislazione�statale�gia��vigente�(sentenza�26�giugno� 2002,�n.�282).�Donde�sotto�tale�ulteriore�aspetto�l'illegittimita��della�disciplina�dettata�dal- l'impugnata�d.c.r.�12.� 5.6.��La�mancata�emanazione�del�decreto�presidenziale�previsto�dalla�legge-quadro� non�giustifica,�poi,�l'adozione�della�delibera�regionale�stessa,�in�quanto�l'art.�16�della�legge- quadro�ha�espressamente�mantenuto�ferme,�in�via�transitoria�le�disposizioni�del�decreto� ministeriale�381�fino�alla�data�di�entrata�in�vigore�del�decreto�presidenziale�di�cui�all'art.�4� secondo�comma,�lett.�a),�e�non�fino�alla�scadenza�del�termine�ordinatorio�per�la�sua�ado- zione.�Non�e��,�quindi,�contemplato�e�consentito�l'intervento�suppletivo�delle�Regioniallasca- denza�del�termine�suddetto.� 5.7.��In�concreto,�non�con�la�legge,�ma�con�un�atto�amministrativo�la�regione� Toscana�ha�superato�i�limiti�fissati�dalla�normazione�statale�in�materia�di�protezione�dalle� esposizioni�ai�campi�elettrici,�magnetici�ed�elettromagnetici.� Cio��comporta,�da�un�lato,�la�manifesta�infondatezza�della�questione�di�costituzionalita�� sollevata;�dall'altro�l'illegittimita��della�d.c.r.�12,�sia�nella�parte�in�cui�si�discosta�dai�limiti�di� esposizione�indicati�dal�decreto�ministeriale�381,�stabilendo�i�tempi�dell'adeguamento�dei� nuovi�impianti�e�del�risanamento�di�quelli�esistenti,�sia�nella�parte�in�cui�detta�in�modo� impreciso�e�generico�i�criteri�di�localizzazione�degli�impianti�e�di�individuazione�delle�aree� sensibili.�Ed�infatti,�anche�in�riferimento�ai�limitati�compiti�di�pianificazione�territoriale,� che�l'ultimo�comma�dell'art.�8�della�legge-quadro�assegna�ai�comuni,�tali�criteri�lasciano� troppi�ed�ampi�spazi�all'autonomia�regolamentare�dei�comuni�in�materia�di�localizzazione�e� risanamento�degli�impianti,�contraddicendo�l'obiettivo�dell'unitarieta��di�indirizzo�a�cui� dovrebbero�tendere�i�criteri�generali.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� 5.8.��L'opinione�del�Collegio�trova�conforto�nelle�stesse�pronunce�della�Corte�Costi- tuzionale�richiamate�dalla�difesa�della�Regione,�nelle�quali�il�potere�degli�enti�regionali�di� determinare�limiti�piu�severi�di�quelli�fissati�dallo�Stato�a�maggior�tutela�della�protezione� della�salute�e�stato�riconosciuto�nell'ambito�delle�distanze�e�non�dei�limiti�massimi�d'esposi- zione.�In�proposito�e�utile�richiamare�la�disciplina�regionale�in�materia�di�impianti�elettrici� dove�la�legge�regionale�toscana�n.�51�del�1999�e�intervenuta�nel�rispetto�dei�limiti�di�esposi- zione�fissati�dalla�normativa�statale�(art.�16),�operando�sui�valori�di�qualita�dei�progetti�e� sulle�distanze�dai�conduttori,�coerentemente�con�la�normativa�statale�che�in�proposito�fissa� tetti�minimi�invalicabili�a�tutela�della�salute,�con�la�possibilita�,�quindi,�per�le�regioni�di�stabi- lire�distanze�maggiori�dagli�impianti.� 6.��In�definitiva,�la�d.c.r.�12�e�illegittima�insieme�alle�disposizioni�contenute�negli� allegati��1��e��2�,�sotto�i�profili�assorbenti�della�violazione�degli�artt.�4,5,�8,9�e�16�della� legge-quadro;�del�decreto�ministeriale�381;�della�legge�regionale�54;�nonche�per�difetto�dei� presupposti.� 7.��L'illegittimita�della�delibera�regionale�rende�viziati,�per�illegittimita�derivata,�tutti� gli�impugnati�atti�normativi�e�provvedimenti,�adottati�dai�comuni�di�Firenze,�Pisa�e�Massa� Marittima�in�attuazione�o�nel�presupposto�dei�criteri�dettati�dalla�d.c.r.12.� 8.��Tali�provvedimenti�sono,�peraltro,�impugnati�anche�per�vizi�autonomi.� 8.1.��Fondate�sono�le�censure�che�imputano�all'ordinanza�714�del�2002�del�sindaco�di� Firenze�ed�all'ordinanza�31�del�2002�del�sindaco�di�Massa�Marittima�di�avere�adottato�una� misura�di�salvaguardia�non�prevista�da�alcuna�disposizione�di�legge�e�l'illegittimo�ricorso� all'ordinanza�contingibile�ed�urgente.� Infatti,�ne�la�legge-quadro,�ne�la�legge�regionale�54,�ne�ancora�la�stessa�d.c.r.�12�conten- gono�disposizioni�che�legittimano�la�sospensione�delle�pratiche�di�autorizzazione�(sul�punto� si�possono�richiamare�le�motivazioni�contenute�nella�sentenza�30�gennaio�2002�n.�65�di�que- sta�Sezione).�Non�ricorrevano,�peraltro,�le�condizioni�per�l'esercizio�di�poteri�straordinari.� L'adeguamento�ai�nuovi�limiti�d'esposizione��indipendentemente�dalla�rilevata�illegittimita� degli�stessi��non�concreta�una�situazione�imprevista�ed�urgente�di�allarme�sanitario�a�cui� non�sia�possibile�fare�fronte�in�via�ordinaria,�bens|�un�adempimento,�in�tutto�disciplinato� da�norme�di�rango�superiore,�al�quale�i�comuni�devono�provvedere�secondo�i�tempi�e�le� modalita�fissate�dalla�normativa�statale�e�regionale�vigente.�E�cio�senza�dire�dell'inesistenza� di�situazioni�di�rischio�immediato�e�concreto�(accertate�sulla�base�di�rilievi�tecnici�degli� organi�sanitari:�si�ricorda�che�gli�atti�impugnati�si�fondano�solo�sul�criterio�di�precauzione)� per�la�salute�pubblica;�tale�non�potendo�configurarsi�la�necessita�di�provvedere�all'identifica- zione�delle�aree�sensibili�(anche�per�tale�profilo�si�puo�richiamare�la�sentenza�65/2002�cit.).� La�fondatezza�di�tali�doglianze�consente�al�Collegio�di�dichiarare�assorbitelealtre�cen- sure�dedotte�avverso�le�ordinanze�comunali�e�comporta,�a�sua�volta,�l'illegittimita�in�via� derivata�di�tutti�gli�impugnati�provvedimenti�con�i�quali�il�comune�di�Firenze�ha�sospeso�l'e- same�delle�pratiche�di�autorizzazione�in�esecuzione�dell'ordinanza�714�del�2000.� 8.2.��Quanto�al�regolamento�approvato�dal�comune�di�Pisa�con�delibera�31�del�2002,� la�sua�illegittimita�in�via�derivata�e�stata�dedotta�fondatamente�dall'illegittimita�dalla�d.c.r.� 12�per�le�norme�che�stabiliscono�nell'ambito�del�territorio�comunale�limiti�di�esposizione� per�la�popolazione�piu�restrittivi�rispetto�a�quelli�fissati�dal�decreto�ministeriale�381�(art.�15� ed�11,ultimocomma);individuanolec.d.�areesensibili(art.�5);�dettanoleregoleperleloca- lizzazioni�degli�impianti�nelle�c.d.�aree�sensibili,�come�genericamente�indicate,�e�sulla�base� dei�limiti�di�esposizione�di�cui�sopra�(art.�4,�commi�primo,�secondo,�quinto�e�sesto,�art.�5);� dispongono�in�ordine�agli�interventi�di�risanamento�nelle�aree�sensibili�sulla�base�di�valori� difformi�dal�decreto�ministeriale�381�(art.�17).�Peraltro�la�societa�ricorrente�a�ragione�si� duole�del�superamento�degli�ambiti�di�competenza�individuati�dall'art.�8�ultimo�comma�della� legge-quadro,�che�non�consentono�agli�enti�territoriali�di�stabilire�autonomamente�una� disciplina�regolamentare�che�si�discosti�dalla�normativa�statale�(sul�principio,�l'orientamento� giurisprudenziale�e�pacifico:�in�ultimo�Cons.�Stato,�sez.�VI,�3�giugno�2002,�n.�3095).� Del�resto,�lo�specifico�riferimento,�nell'ultimo�comma�dell'art.�8�della�legge-quadro� riguardante�la�competenza�dei�comuni,�ai�compiti�di�corretto�insediamento�urbanistico�terri- toriale�degli�impianti�e�di�minimizzazione�dell'esposizione�della�popolazione�ai�campi�elet- tromagnetici,�chiarisce�da�un�lato,�il�limite�proprio�dell'esercizio�di�una�funzione�normativa� di�programmazione�e�controllo�urbanistico�territoriale,�coerente�(e�non�in�contrasto)�con�la� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� disciplina�statale�di�rango�superiore;�dall'altro,�l'approntamento�di�uno�strumento�normativo� attuativo,�nell'ambito�territoriale�di�competenza�dell'ente�comunale,�dei�criteri�generali�come� correttamente�definiti�dalla�regione�ai�sensi�delle�disposizioni�del�medesimo�art.�8,�coniugan- dosi�appunto�l'ottimizzazione�degli�obiettivi�di�qualita��nel�territorio,�indicati�dalla�normativa� statale�e�regionale,�con�un�corretto�ed�adeguato�insediamento�urbanistico-territoriale�degli� impianti.�Donde,�sotto�tale�ulteriore�profilo,�l'inconfigurabilita��di�una�qualsiasi�potesta��rego- lamentare�dei�comuni�in�ordine,�non�solo�alla�determinazione�dei�limiti�d'esposizione,�ma� anche�all'autonoma�individuazione�delle�aree�sensibili�e�degli�obiettividi�qualita��,�in�genere,� cui�rapportare�l'attivita��di�localizzazione�e�risanamento�degli�impianti�(cfr.�Cons.�Stato,�VI,� 3�giugno�2002,�n.�3095).� I�profili�esaminati�sarebbero,�per�la�loro�prevalenza,�assorbenti�di�ogni�altro�profilo�di� censura.� 8.3.��Il�Collegio,�tuttavia,�per�ragioni�di�completezza,�ritiene�di�dovere�rilevare�ulte- riormente�quanto�segue�in�ordine�alle�altre�doglianze�che�si�appuntano�in�via�autonoma�sul� regolamento�comunale:� �l'art.�4,�commi�primo�e�secondo,�del�regolamento�si�pone�in�contrasto�con�la� stessa�normativa�regionale�nella�parte�in�cui�non�ammette�la�localizzazione�di�impianti� all'interno�delle�aree�sensibili�di�tipo�b) imponendo�di�fatto�un�divieto�di�installazione�di� impianti�di�telefonia�mobile�in�tutte�le�aree�urbanizzate�del�territorio�comunale.�Infatti,�la� normativa�regionale�non�pone�divieti�assoluti,�ma�impone�ai�comuni�di�valutare,�insieme�ai� competenti�organismi�tecnici,�quali�l'ARPAT�e�l'ASL,�le�particolari�situazioni�nelle�quali� sia�manifesta�od�apprezzabile�l'esigenza�di�prescrivere�localizzazioni�alternative;� �l'art.�4,�ultimo�comma,�e�17�del�regolamento�e�la�conferenza�dei�servizi�indetta�per� la�prima�applicazione�delle�disposizioni�regolamentari�medesime�non�sono�conformi�alle� disposizioni�della�d.c.r.�12�(all.�1)�che�indicano�come�necessaria�per�la�rilocalizzazione�e/o�il� risanamento�degli�impianti�la�partecipazione�dei�soggetti�gestori�ai�quali,�invece,�e��stata� imposta�la�nuova�disciplina�restrittiva.�L'esercizio�del�potere�di�regolamentazione�della�loca- lizzazione�degli�impianti,�intervenendo�a�modifica�della�disciplina�urbanistico-edilizia�indivi- duata�dagli�appositi�strumenti�comunali�ed�in�particolare�dal�regolamento�edilizio,�impone� all'amministrazione�comunale�di�garantire�le�necessarie�procedure�di�partecipazione�(Cons.� Stato,�VI,�30956/2002�cit.);� �i�comuni�non�hanno�competenza�in�materia�di�inserimento�degli�impianti�di�tele- fonia�mobile�fra�le�opere�o�gli�interventi�da�sottoporre�alla�procedura�di�V.I.A.�(valutazione� impatto�ambientale).�Ogni�competenza�in�materia�spetta�allo�Stato�ed�alle�Regioni.�Peraltro,� ne�il�decreto�del�Presidente�del�Consiglio�dei�Ministri�n.�377�dell'11�agosto�1988,�ne�la�legge� regionale�3�novembre�1998�n.�79�includono�tali�impianti�fra�quelli�per�i�quali�e��obbligatoria� od�e��possibile�tale�procedura.�In�definitiva�l'unica�valutazione�ammissibile�per�tali�impianti� e��quella�connessa�la�rispetto�dei�limiti�fissati�dal�decreto�ministeriale�381.�In�tal�senso�e��ille- gittimo�l'art.�8�del�regolamento�comunale;� �le�disposizioni�degli�artt.11�e�12�che�stabiliscono�le�modalita��per�il�rilascio�delle� autorizzazioni�sono�illegittime�perche�emanate�in�assenza�delle�norme�tecniche�per�lo�svolgi- mento�delle�funzioni�sugli�impianti�che�la�legge�regionale�54�demanda�all'apposita�delibera� di�giunta�regionale�prevista�dall'art.�4,�comma�due,�della�legge�medesima.�L'imposizione� delle�modalita��relative�agli�adempimenti�inclusi�nell'ambito�delle�norme�tecniche�da�emanare� ai�sensi�dell'art.�4,�comma�due,�della�legge�regionale�54�presuppone�l'emanazione�dell'appo- sita�delibera�della�giunta�regionale�contenete�i�relativi�criteri,�non�potendo�bastare�la�sola� delibera�prevista�dal�comma�uno�del�medesimo�articolo,�di�competenza�del�consiglio�regio- nale,�ne�potendo�il�comune�interporre�una�normativa�suppletiva;� �la�previsione�della�sanzione�di�5000�euro�prevista�dal�comma�14�dell'art.�19�del� regolamento�e��illegittima�in�quanto�riferita�ad�impianti�di�potenza�inferiore�a�5�watt�che� sono�esclusi�dall'applicazione�della�legge�regionale�54.� 8.4.��Vanno�invece�respinte�le�censure�che�si�appuntano�sugli�artt.�4,�terzo�e�quarto� comma,�9,�13�e�18,�del�regolamento�impugnato.� 8.4.1.��Ferma�restando�l'illegittimita��della�riduzione�dei�campi�di�esposizione�e�del- l'individuazione�delle�aree�sensibili,�i�criteri�normativi�che�privilegiano�la�concentrazione� degli�impianti�in�un'unica�struttura�e�la�scelta�della�migliore�tecnologia,�sono�compresi,�ad� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� avviso�del�Collegio,�nel�potere�regolamentare�previsto�dall'art.�8,�ultimo�comma,�della�legge- quadro,�in�quanto�espressione�del�potere�di�pianificazione�territoriale�finalizzato�anche�a� minimizzare�l'esposizione�della�popolazione�ai�campi�elettromagnetici.� 8.4.2.��Il�coordinamento�tramite�sportello�unico�dello�sviluppo�delle�reti�attiene�ad� una�funzione�programmatoria�del�tutto�giustificabile�e�propria�delle�attribuzioni�degli�enti� territoriali.�Non�si�vede�quale�particolare�aggravio�possa�derivare�alla�societa�TIM�da�tale� disposizione.� 8.4.3.��L'obbligo�di�indicare�in�sede�di�progettazione�l'eventuale�esistenza�di�impianti� di�diffusione�radiotelevisiva,�che�siano�nel�raggio�di�3�km,�concerne�una�previsione�atta�al� completamento�delle�informazioni�tecniche�sulle�possibili�interferenze�o�concentrazioni�di� cui�i�soggetti�gestori�devono�comunque�tenere�conto�ai�fini�della�progettazione�dei�loro� impianti.� 8.4.4.��Il�controllo,�con�cadenza�trimestrale,�sugli�impianti�esistenti,�non�contrasta� con�l'art.�9,�comma�tre,�della�legge�regionale�54,�che�nello�stabilire�un�controllo�almeno� annuale�non�impedisce�che�i�comuni,�proprio�nell'esercizio�del�loro�potere�regolamentare� (riaffermato�dall'art.�8,�ultimo�comma,�della�legge-quadro)�stabiliscono�controlli�piu�fre- quenti�come�mezzo�al�fine�di�garantire�l'effettivo�rispetto�dei�limiti�d'esposizione�della�popo- lazione�ai�campi�elettromagnetici.� 9.��La�fondatezza�del�ricorso�non�consente,�pero�,�di�accogliere�la�domanda�di�risarci- mento�danni�proposta�sul�ricorso�1031/2002,�non�esistendo�agli�atti�di�causa�di�parte�ricor- rente�elementi�che�consentano�di�valutare�il�concreto�pregiudizio�economico�subito�per� effetto�dei�provvedimenti�impugnati.� 10.��In�conclusione,�assorbito�quant'altro,�i�ricorsi�vanno�accolti�nei�sensi�e�nei�limiti� di�cui�in�motivazione,�con�il�conseguente�annullamento:� �della�delibera�del�consiglio�regionale�n.�12�del�16�gennaio�2002�e�delle�disposizioni� contenute�negli�allegati��1��e��2��della�delibera�stessa;� �dell'ordinanza�n.�714�del�6�febbraio�2002�del�comune�di�Firenze;� �di�tutti�i�provvedimenti�di�sospensione�delle�pratiche�di�autorizzazioneemessidal� comune�di�Firenze�ed�impugnati�nei�ricorsi�1030,�1430,�1432,�1631�e�1764/2002;� �dell'ordinanza�n.�31�del�26�febbraio�2002�del�comune�di�Massa�Marittima;� �della�nota�n.�2528�del�14�febbraio�2002�del�sindaco�di�Massa�Marittima;� �degli�artt.�4,�commi�primo,�secondo,�quinto�e�sesto,�5,�8,�11,�12,�15,�17�e�19,comma� quattordici,�del�regolamento�approvato�con�la�delibera�31�del�6�giugno�2002�del�comune�di� Pisa;� �del�provvedimento�n.�307�del�28�giugno�2002�del�comune�di�Pisa.� Sussistono�giusti�motivi,�data�la�novita�degli�argomenti�trattati,�per�la�compensazione� integrale�delle�spese�di�giudizio.� P.Q.M. Il�Tribunale�Amministrativo�Regionale�per�la�Toscana,�Sezione�I.,�riunitii� ricorsi�in�epigrafe�indicati,�definitivamente�pronunciando,�li�accoglie�nei�sensi�di�cui�in�moti- vazione�e,�per�l'effetto,�annulla�gli�atti�impugnati�in�motivazione�indicati�(omissis).� Cos|�deciso�in�Firenze,�il�giorno�11�dicembre�2002�(omissis)�.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� Sull'autonomia finanziaria degli Enti locali. L'unita' del sistema (Note�d'udienza�-Corte�Costituzionale,�sentenza�2�-15�ottobre�2003,�n.�311).� Premessa.�La�questione�sollevata,�pur�essendo�apparentemente�di�scarso� rilievo,�assume�notevole�importanza�in�quanto�si�e�in�presenza,�per�quel�che� consta,�di�uno�dei�primi�casi�in�cui�viene�in�considerazione�la�valenza�del- l'art.�119�quale�nuovo�parametro�secondo�il�quale�giudicare�l'autonomia� finanziaria�degli�Enti�locali�(primo�comma)�ed�i�suoi�limiti�(secondo�comma):� armonia�con�la�Costituzione�e�principi�di�coordinamento�della�finanza�pub- blica�e�del�sistema�tributario.� Cio�premesso,�non�pare�esser�dubbio�che�la�proroga�del�termine�per�la� riscossione�del�tributo�(attinente�all'applicazione�del�tributo�della�quale�la� riscossione�e�momento�essenziale�e�conclusivo)�si�ponga�in�contrasto�con�i� limiti�di�cui�al�secondo�comma�art.�119�(armonizzazione�con�la�Costituzione� e�principi�di�coordinamento�della�finanza�pubblica�e�del�sistema�tributario)� che�tutti�rientrano�nell'ambito�di�quei�principi�fondamentali�che�il�legislatore� prevede�in�materia�di�legislazione�concorrente�(nell'ambito�della�quale�rientra� quella�relativa�alla�materia�tributaria�riguardante�gli�enti�locali),�principi� che�il�legislatore�costituzionale�riserva�allo�Stato�a�salvaguardia�dell'unita� del�sistema�e�della�sua�conformita�alla�Costituzione.� Art.�120,�secondo�comma.�Nella�stessa�ottica�si�pone�quanto�previsto�dal- l'art.�120,�secondo�comma�(norma�di�chiusura�e�garanzia�dell'intero�sistema� dettato�dal�nuovo�Titolo�V)�che�fa�appunto�riferimento�al�fine�dell'esercizio� del�potere�sostitutivo�del�Governo�(da�intendersi�qui�come�attuabile�attra- verso�atti�legislativi)�alla�tutela�dell'unita�giuridica�(ed�economica)�nell'ambito� della�quale�rientra�come�genus�l'uniforme�applicazione�dei�tributi�anche�region ali,�in�modo�da�garantire�a�livello�sia�centrale�che�locale�il�rispetto�di�quei� criteri�di��coordinamento�della�finanza�pubblica�e�del�sistema�tributario�� indispensabili�per�consentire�allo�Stato�di�adempiere�ai�suoi�obblighi�anche� a�livello�comunitario.� Stessa�valenza�(artt.�119�secondo�comma,�117�terzo�comma).�La�fissazione� di�un�termine�generale�e�uniforme�per�la�riscossione�di�una�qualsiasi�entrata� anche�regionale�costituisce�quindi�(in�conclusione)�un�principio�di�identica� valenza�rispetto�a�quelli�che�l'art.�117�comma�terzo�riserva�allo�stato�in�mate- ria�di�legislazione�concorrente�(principi�fondamentali).� Esiste�un�perfetto�parallelismo�tra�gli�articoli�119,�secondo�comma,�e�117,� terzo�comma,�in�quanto�il�119�prevede�inparte�qua�principi�fondamentali�spe- cifici�ai�fini�della�materia�tributaria�riguardante�gli�enti�locali.� Esigenza�comune�alle�due�norme�(119,�secondo�comma�e�117,�terzo� comma)�e�quell'unita�giuridica�del�sistema�che�viene�a�coincidere�con�l'inte- resse�nazionale�la�cui�tutela�non�puo�che�essere�rimessa�allo�Stato�come�sua� prerogativa�funzionale�rispetto�agli�altri�enti�locali�equiordinati�su�un�piano� formale�dall'art.�114�Cost.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Prescrizione�art.�117,�secondo�comma,�lettera�l).�Considerazione�sistema- tica�delle�norme�(117,�commi�secondo�e�terzo,�119�comma�secondo,�120�comma� secondo).�Ilprincipio�diunita�giuridicadaprincipiofondamentaleaprincipio� costituzionale�fondamentale�(art.�5).�Nella�memoria�si�e�messo�in�evidenza� che�nel�caso�in�esame�occorre�por�mente�anche�alla�potesta�legislativa�esclu- siva�dello�Stato�in�materia�di�istituti�civilistici�tra�i�quali�rientra�la�prescri- zione�anche�per�quel�che�concerne�le�entrate�pubbliche.� Come�si�e�detto,�l'art.�117�secondo�comma�costituisce,�ogni�qualvolta�ci� si�imbatta�in�una�delle�materie�riservate�alla�legislazione�esclusiva�dello� Stato,�un�criterio�di�interpretazione�alla�luce�del�quale�valutare�se�occorra�o� meno�ricondurre�i�casi�dubbi�nell'ambito�della�potesta�statuale.� E�cio�vale�anche�per�le�norme�costituzionali�da�interpretare�ai�fini�della� controversia�specifica.� L'art.�117�lettera�l)�dimostra�che�ogni�disciplina�inerente�ai�termini�pre- scrizionali�si�pone�su�un�livello�costituzionale�piu�elevato�e�deve�essere�collo- cata�nell'alveo�esclusivo�della�legislazione�nazionale.� Il�117�lettera�l)�costituisce�una�sorta�di�riprova�della�valenza�di�quanto� dettato�dagli�artt.�119�comma�secondo�e�117�comma�terzo�e�del�contenuto� del�coordinamento�previsto�per�le�norme�tributarie�dall'art.�119�comma� secondo,�in�modo�piu�specifico.� Giova,�infine,�evidenziare�che�tutta�la�normativa�di�cui�al�Titolo�V�che� viene�in�considerazione�(art.�119,�comma�secondo;�117,�comma�terzo;�120� comma�secondo;�117,�comma�secondo�lettera�l))�nel�suo�insieme�deve�essere� esaminata�e�interpretata�in�base�a�quel�principio�di�unita�che�in�primis�e�con- templato�nello�stesso�art.�5�Cost.� Norma�che�non�puo�non�riflettersi�sulla�effettiva�portata�di�tutte�le� norme�della�Costituzione�che�in�qualche�modo�facciano�riferimento�all'esi- genza�di�unitarieta�del�sistema.� Il�principio�di�cui�all'art.�5�e�tale�da�far�rientrare�l'unita�e�il�coordina- mento�(che�ne�e�espressione)�tra�i�principi�dei�principi�alla�stregua�dei�quali� devono�essere�individuati�e�valutati�sia�i�criteri�di�coordinamento�(119� comma�secondo)�e�i�principi�fondamentali�(117,�comma�terzo)�(che�apparten- gono�allo�stesso�genus)�sia�l'unita�giuridica�(120,�comma�secondo)�sia�la� causa�prima�della�stessa�individuazione�delle�materie�riservate�alla�legisla- zione�esclusiva�dello�Stato�(117,�comma�secondo,�lettera�l)).� Tutti�trovano�la�loro�fonte�e�ragion�d'essere�nella�unita�della�Repubblica� di�cui�all'art.�5,�che�circoscrive�la�potenzialita�espansiva�delle�autonomie� locali�entro�il�limite�dell'unita�della�Repubblica�considerata�come�un�tutto� inscindibile�ogni�qualvolta�venga�in�considerazione�l'interesse�della�Nazione.� L'unita�(e�il�coordinamento�che�ne�e�esplicazione)�quindi,�per�tale�via,�da� principio�fondamentale�assume�alla�dignita�di�principio�costituzionale�fonda- mentale;�sottratto,�oltre�che�alla�revisione,�a�qualsiasi�forma�di�elusione;�prin- cipio�che�nessuna�disposizione,�anche�di�carattere�marginale,�ispirata�ad�una� piu�accentuata�autonomia,�puo�eliminare�o�anche�solo�ledere.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� E�si�pone�sullo�stesso�piano�del�principio�di�solidarieta�di�cui�all'art.�2� Cost.,�del�principio�di�eguaglianza�(art.�3�Cost.)�e,�nella�materia�di�cui�trat- tasi,�dello�stesso�principio�di�progressivita�del�sistema�fiscale.� Avv. Massimo Mari Corte Costituzionale, sentenza 2 -15 ottobre 2003 n. 311 ^Presidente R.Chieppa�^Redattore P.�A.�Capotosti�^Presidente�del�Consiglio�dei�Ministri�(ct.�35117/02,�Avv.�dello�Stato� M.�Mari)�c/�Regione�Campania�(Avvocato�V.Cocozza).� (Artt.24,�comma�2,�e�49,�comma1,�letteraf),�legge�Regione�Campania�26�luglio�2002,�n.�16�^recte,� n.�15�^Legge�finanziaria�regionale�per�l'anno�2002).� �Considerato in diritto 1.��Il�giudizio�in�via�principale�promosso,�con�il�ricorso�in�epi- grafe,�dal�Presidente�del�Consiglio�dei�Ministri�nei�confronti�della�Regione�Campania�ha� ad�oggetto�gli�artt.�24,�comma�2,�e�49�comma�1,�letteraf) della�legge�della�Regione�Campa- nia�26�luglio�2002,�n.�16�(recte,�n.�15)�(legge�finanziaria�regionale�per�l'anno�2002)��pubbli- cata�nel�Bollettino�Ufficiale�della�Regione�Campania�del�7�agosto�2002,�n.�38��in�riferi- mento�agli�artt.�3,�117,�secondo�comma,�lettere�l) ed�e),(recte:�s)�e�119,�secondo�comma,� della�Costituzione.� La�prima�delle�due�norme�impugnate�(art.�24,�comma�2),�stabilendo�che��il�termine�sca- dente�il�31�dicembre�2002�per�il�recupero�delle�tasse�automobilistiche�dovute�alla�Regione� Campania�per�l'anno�1999�e�prorogato�al�31�dicembre�2003�,�secondo�la�difesa�erariale,�vio- lerebbe�i�parametri�costituzionali�sopra�indicati,�in�quanto�realizzerebbe�una�discriminazione� dei�cittadini�residenti�nella�Regione�Campania�rispetto�alla�totalita�dei�contribuenti,�in�con- trasto�con�i�principi�di�coordinamento�del�sistema�tributario.�Inoltre,�modificando�il�codice� civile�ed�interferendo�nella�disciplina�della�prescrizione,�lederebbe�la�competenza�legislativa� esclusiva�dello�Stato�in�materia�di�ordinamento�civile.� La�seconda�delle�due�norme�impugnate�(art.�49,�comma�1,�lettera�f) ha�modificato� l'art.�16,�comma�1,�lettera�b) della�legge�della�Regione�Campania�10�aprile�1996,�n.�8� (Norme�per�la�protezione�della�fauna�selvatica�e�disciplina�dell'attivita�venatoria�in�Campa- nia)�nella�parte�in�cui�identifica�le�specie�cacciabili�dalla�terza�domenica�di�settembre�al� 31�gennaio�,�disponendo�che�``si�sostituiscono�le�parole�`al�31�gennaio'�con�le�parole�`al� 28�febbraio'�''.� Secondo�il�ricorrente,�questa�disposizione,�modificando�il�periodo�entro�il�quale�le�spe- cie�contemplate�dall'�art.�16,�comma�1,�lettera�b) sono�cacciabili,�violerebbe�l'art.�16�(recte,� art.�18)�della�legge�11�febbraio�1992,�n.�157,�che�recepisce�le�norme�comunitarie�che�discipli- nano�la�materia�della�caccia,�ponendosi�altres|�in�contrasto�con�il�principio�primario�d esumibile�da�quest'ultima�legge��della�protezione�della�fauna�e�realizzando�una�lesione� della�tutela�dell'ambiente�e�dell'ecosistema,�attribuita�dall'art.�117,secondocomma,lettera� s),�della�Costituzione�alla�competenza�esclusiva�dello�Stato.� 2.��In�via�preliminare�va�osservato�che�l'indicazione�della�legge�recante�le�norme� impugnate�come�legge�della�Regione�Campania��n.�16/2002��appare�un�mero�errore�mate- riale��commesso�in�occasione�della�pubblicazione�nel�Bollettino�Ufficiale�della�Regione� Campania,�peraltro�successivamente�corretto��risultando�inequivoco�che�la�legge�impu- gnata�e�la�n.�15�del�2002,�come�ha�precisato�la�stessa�parte�ricorrente,�rendendo�peraltro� palese�che�tale�errore�non�ha�influito�sulla�corretta�identificazione�della�legge�e�sul�diritto� di�difesa�della�resistente.� 3.��Entrambe�le�questioni�sono�fondate.� 3.�1.��La�prima�questione�concerne�l'art.�24,�comma�2,�della�legge�impugnata,�il�quale� dispone�la�proroga�al�31�dicembre�2003�del�termine�scadente�il�31�dicembre�2002�per�il�recu- pero�delle�tasse�automobilistiche�dovute�alla�Regione�Campania�per�l'anno�1999.� In�proposito,�va�ricordato�che�questa�Corte�ha�dichiarato�fondata�con�le�sentenze�n.�296� e�297�del�2003�una�questione�di�legittimita�costituzionale�del�tutto�analoga�relativa�a�norme� sostanzialmente�identiche�della�Regione�Piemonte�e�della�Regione�Veneto,�osservando�che� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� il�legislatore�statale,�pur�attribuendo�alle�regioni�ad�autonomia�ordinaria�il�gettito�della�tassa� unitamente�ad�un�limitato�potere�di�variazione�dell'importo�originariamente�stabilito,�non- che�l'attivita�amministrativa�relativa�alla�riscossione�ed�al�recupero�della�tassa�stessa,�non� ha�tuttavia�fino�ad�ora�sostanzialmente�mutato�gli�altri�elementi�costitutivi�della�disciplina� del�tributo.�In�questo�quadro�normativo�quindi�la�tassa�automobilistica�non�puo�oggi�defi- nirsi�come��tributo�proprio�della�regione��ai�sensi�dell'�art.�119,�secondocomma,della�Costi- tuzione,�dal�momento�che�la�tassa�stessa�e�stata��attribuita��alle�regioni,�ma�non��istituita�� dalle�regioni.� Si�deve�quindi�ribadire�che,�allo�stato�della�vigente�legislazione,�la�disciplina�delle�tasse� automobilistiche�rientra�nell'ambito�della�competenza�esclusiva�dello�Stato�in�materia�di�tri- buti�erariali.�Pertanto,�la�norma�regionale�impugnata,�che�modifica�la�decorrenza�dei�ter- mini�fissati�dalla�legislazione�statale�per�il�recupero�delle�tasse�automobilistiche,�incidendo� su�un�profilo�che�attiene�alla�certezza�del�rapporto�tra�cittadino�e�amministrazione�finanzia- ria,�viola�la�indicata�competenza�esclusiva�dello�Stato.� 3.�2.��Fondata�e�anche�la�questione�relativa�all'art.�49,�comma�1,�letteraf) della�stessa� legge�regionale�impugnata,�nella�parte�in�cui�proroga�al��28�febbraio��l'originario�termine� del��31�gennaio��per�l'esercizio�della�caccia�di�diverse�specie.� In�proposito�questa�Corte�ha�piu�volte�ribadito,�con�riferimento�sia�alle�regioni�ad�auto- nomia�ordinaria�sia�alle�regioni�(e�province)�ad�autonomia�speciale�(sentenze�n.�536�del� 2002�e�n.�226�del�2003),�che�la�delimitazione�temporale�del�prelievo�venatorio�disposta�dal- l'�art.�18�della�legge�n.�157�del�1992�e�da�considerare�come�rivolta�ad�assicurare�la�sopravvi- venza�e�la�riproduzione�delle�specie�cacciabili,�corrispondendo�quindi,�sotto�questo�aspetto,� all'esigenza�di�tutela�dell'ambiente�e�dell'ecosistema�il�cui�soddisfacimento�l'art.�117,�secondo� comma,�lettera�s),�della�Costituzione�attribuisce�alla�competenza�esclusiva�dello�Stato,�in� particolare�mediante�la�predisposizione�di�standard minimi�di�tutela�della�fauna.� In�questo�quadro�prorogare�la�stagione�venatoria�oltre�i�termini�previsti�dalla�legge�sta- tale�equivale�ad�incidere�sul�nucleo�minimo��comprensivo�anche�delle�modalita�di�caccia� �di�salvaguardia�della�fauna�selvatica,�violando�cos|�uno�standard di�tutela�uniforme�valido� per�l'intero�territorio�nazionale�e�pertanto�riservato�alla�competenza�esclusiva�dello�Stato.� P.Q.M. La�Corte�Costituzionale� dichiara�l'illegittimita�costituzionale�dell'art.�24,�comma�2,�della�legge�della�Regione� Campania�26�luglio�2002,�n.�15�(legge�finanziaria�regionale�per�l'anno�2002);� dichiara�l'illegittimita�costituzionale�dell'�art.�49,�comma�1,�lettera�f),�della�medesima� legge�della�Regione�Campania�26�luglio�2002,�n.�15.� Cos|�deciso�in�Roma,�nella�sede�della�Corte�Costituzionale,�Palazzo�della�Consulta,�il� 2�ottobre�2003�.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� Il termine ragionevole del processo: la memoria dell'Avvocatura dello Stato alle Sezioni Unite (*) (Ecc.ma�CorteSupremadiCassazione^Sezioni�Unite�Civili�^Udienza27novembre2003� ^Memoria�per�il�Ministero�della�Giustizia,�rappresentato�e�difeso�come�in�atti�^controricor- rente^controB.O.,conl'avv.�GiovanniRomano^ricorrenteinric.n.22603/01+27271/01,� contro�L.A.,�con�l'avv.�Giovanni�Romano�^ricorrente�in�ric.�n.�14869/02�e�inric.�14870/02).� Sommario: 1.��La�sentenza�CEDU�19�maggio�2003�in�affare�Scordino;� 2.��La�genesi�della�legge�24�marzo�2001,�n.�89;�3.��L'art.�111�Cost.;� 4.��La�diretta�azionabilita�in�Italia�del�diritto�convenzionale�alla�ragione- vole�durata�del�processo;�5.��Le�norme�convenzionali�self�executing;� 6.��La�necessita�della�legge�interna;�7.��La�durata�del�processo�e� l'art.�24�Cost.;�8.��L'interpretazione�giurisprudenziale�dell'art.�2�della� legge�n.�89/01;�9.��Il�monito�della�CEDU;�10.��Non�e�possibile�una� diversa�interpretazione�dell'art.�2�della�legge�n.�89/01;�la�giurisprudenza� CEDUneglianniOttantaeNovanta;11.��Dannoeventoedannoconse- guenza:�la�scelta�del�danno�conseguenza�fu�voluta�dalla�legge�n.�89/01;� 12.��La�giurisprudenza�CEDU�degli�ultimi�anni:�l'ipostatizzazione�del� diritto�alla�durata�ragionevole�del�processo;�13.��La�nozione�di�diritto� fondamentale�nella�giurisprudenza�CEDU;�14.��La�nozione�di�dirittofon- damentale�nel�nostro�ordinamento;�15.��Dirittifondamentali��oppositivi�� e��pretensivi�;�16.��Anche�nel�nostro�ordinamento�il�diritto�alla�ragione- vole�durata�del�processo�e�fondamentale;�17.��La�lesione�del�diritto�in� esame�e�il�danno�risarcibile;�la�rilevanza�della��posta�in�gioco��dimostra� che�il�danno�non�puo�essere�in�re�ipsa;�la�giurisprudenza�CEDU�sulla� �posta�in�gioco�;�18.��Schema�conclusivo.� �1.��La�sentenza�CEDU�19�maggio�2003�in�affare�Scordino.�Dopo�che� la�giurisprudenza�della�I.�Sezione�Civile�di�codesta�Ecc.ma�Corte,�senza� incertezze,�si�era�consolidata�nel�senso�che�l'art.�2�della�legge�24�marzo� 2001,�n.�89,�non�assegna�un'automatica�riparazione�a�chi�sia�stato�parte�di� un�processo�di�non�ragionevole�durata,�ma�accorda,�testualmente,�il�dovuto� indennizzo�a�chi�abbia�``sub|�to�un�danno�patrimoniale�o�non�patrimoniale� per�effetto''�del�mancato�rispetto�del�termine�ragionevole,�la�Corte�Europea� dei�Diritti�dell'Uomo�ha�lamentato,�nella�sentenza�19�maggio�2003,�in�affare� Scordino,�che�tale�lettura�della�norma�non�e�coerente�con�gli�impegni�assunti� dall'Italia�nel�sottoscrivere�la�``Convenzione�per�la�salvaguardia�dei�diritti� dell'uomo�e�delle�liberta�fondamentali'',�firmata�il�4�novembre�1950�e�ratifi- cata�con�legge�4�agosto�1955,�n.�848.�Osserva�la�CEDU�che,�con�quella�Con- venzione,�le�Alte�Parti�``riconoscono�ad�ogni�persona�sottoposta�alla�loro� giurisdizione�i�diritti�e�le�liberta�indicate�nel�Titolo�I'',�tra�le�quali�vi�e�``il� (*)�Vedi�questa�Rassegna,�n.�1/2003,�200.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� diritto''�di�``ogni�persona''�``che�la�sua�causa�sia�esaminata�imparzialmente,� pubblicamente�e�in�un�tempo�ragionevole,�da�parte�di�un�tribunale�indipen- dente�ed�imparziale...''�(art.�6).�Questo�``diritto�alla�ragionevole�durata�del� processo'',�osserva�la�CEDU,�e�``fondamentale'';�la�legge�n.�89/01�(c.d.�legge� Pinto),�come�interpretata�dalla�Corte�di�Cassazione,�non�sarebbe�coerente� con�la�Convenzione;�nel�concreto,�la�lesione�del�diritto�alla�ragionevole� durata�del�processo,�in�quanto�diritto�fondamentale,�deve�dar�luogo�di�per� se�ad�una�equa�riparazione�(cd.�danno�evento�o�danno�in�re�ipsa)�a�prescin- dere�dalle�ricadute�sul�patrimonio�morale�o�economico�del�soggetto�leso,�le� qualipossono�esservi�o�non�esservi�e,�se�provate,�vanno�indennizzate�a�parte.� E�stato�subito�osservato�da�autorevole�fonte�che�``la�decisione...�impone� una�serena�riflessione...,�tesa,�da�un�lato,�ad�accertare�le�cause�della�grave� situazione�di�incomunicabilita�che�si�e�venuta�a�determinare�tra�i�giudici�ita- liani�e�quelli�di�Strasburgo�in�tema�di�valutazione�del�danno�risarcibile�per� la�non�giustificata�lunghezza�dei�procedimenti�interni�e,�dall'altro,�ad�indivi- duare�le�misure�da�adottare�per�instaurare�un�dialogo�costruttivo,�salvaguar- dando�l'immagine�della�Corte�suprema�di�Cassazione�e,�piu�in�generale,�della� giurisdizione�italiana.�Alla�luce�della�decisione�della�Corte�e�tenuto�conto� delle�gravi�conseguenze�che�essa�comporta�non�sembra,�invero,�piu�discuti- bile�che�l'obbligo�di�risultato,�che�lo�Stato�italiano�con�la�notifica�della�Con- venzione�si�e�impegnato�a�soddisfare,�debba,�senza�ulteriore�ritardo�o�sterili� polemiche,�essere�adempiuto�dai�giudici�nazionali�conformando�la�loro�giuri- sprudenza�a�quella�della�Corte�europea�e�agli�standars�che�dalla�stessa�sono� stati�fissati�in�materia,�e�che,�sia�pure�nel�riconoscimento�di�un�margine�di� apprezzamento�nazionale,�devono�essere�rispettati�da�tutti�i�Paesi�aderenti� alla�Convenzione''�(cos|�l'Avvocato�Generale�della�Repubblica�Vitaliano� Esposito�nel�documento�a�sua�firma�inviato�dalla�``Procura�Generale�della� Repubblica�presso�la�Corte�Suprema�di�Cassazione�^Ufficio�Relazioni�inter- nazionali.�Il�Dirigente''�in�data�4�ottobre�2003�a�vari�destinatari,�tra�cui,� forse�impropriamente,�la�Corte�Suprema�di�Cassazione�e�il�C.S.M.).� La�questione�della�natura�e�del�significato�del�diritto�alla�ragionevole� durata�del�processo�e,�piu�in�generale,�dei�rapporti�tra�la�Convenzione�Euro- pea�dei�diritti�dell'uomo�e�l'ordinamento�interno�viene,�cos|�,�all'esame�di� codeste�Ecc.me�Sezioni�Unite�come�questione�di�particolare�importanza;�e� l'auspicio�di�chi�indica�la�necessita�di�evitare�situazioni�di�incomunicabilita� con�la�CEDU�non�puo�non�essere�condiviso.�Andrebbe�invece�con�ogni�fer- mezza�respinto�qualsiasi�auspicio�di�chi�chiedesse�una�conformazione�della� giurisprudenza�italiana�a�quella�europea�per�cio�solo�che�la�CEDU�lo�abbia� voluto:�il�principio�supremo�del�nostro�ordinamento,�di�cui�all'art.�101�Cost.,� impedirebbe�comunque�di�percorrere�tale�strada�che,�ovviamente,�non�puo� neppure�essere�indicata�o�prospettata�ai�nostri�giudici.� Il�problema�e�,�dunque,�soltanto�di�diritto�positivo:�si�tratta�di�stabilire�se� l'interpretazione�della�legge�finora�seguita�dalla�Corte�di�Cassazione�vada� confermata�o�meno;�se�tale�interpretazione�va�confermata�perche�corretta,� allora�l'eventuale�contrasto�con�le�esigenze�della�Convenzione�non�potra�che� essere�eliminato�dal�legislatore�(sempreche�il�contrasto�esista�realmente:�altri- IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� menti�gli�eminenti�giuristi�italiani,�che�a�vario�titolo�partecipano�alla�forma- zione�della�giurisprudenza�CEDU,�dovranno�assumersi�l'onere�di�fornire�ai� colleghi�degli�altri�Paesi�le�spiegazioni�del�caso).� I�cennati�temi�sostanziali�di�fondo,�cui�e�dedicata�la�presente�memoria,� postulano�necessariamente�una�premessa,�rivolta�ad�individuare�le�``coordi- nate''�di�lettura�e�di�interpretazione�della�legge�in�esame,�la�quale�per�genesi,� ratio e�testuali�richiami�sembra�introdurre�nozioni�non�del�tutto�i�riconduci- bili�a�quelle�tradizionali�di�stretto�diritto�civile.� 2.��La genesi della legge 24 marzo 2001, n. 89. Come�tutti�sanno,�la� legge�24�marzo�2001,�n.�89,�trova�le�sue�premesse�storiche�e�le�sue�radici�logi- che�nella�Convenzione�europea�per�la�salvaguardia�dei�diritti�dell'uomo�e� delle�liberta�fondamentali�firmata�a�Roma�il�4�novembre�1950,�e�ratificata� con�legge�4�agosto�1955,�n.�848.�Tra�i�molti�diritti�o�liberta�che�la�Conven- zione�tutela�e�quello�di�cui�all'art.�6,�prg.1,�secondo�cui�``ogni�persona�ha� diritto�a�che�la�sua�causa�sia�esaminata�equamente,�pubblicamente�ed�entro un termine ragionevole...''.�In�caso�di�violazione�di�quel�diritto,�viene�accor- data,�dalla�Corte�Europea,�``se�del�caso�un'equa�soddisfazione�alla�parte�lesa''� (art.�41�Convenzione).� Non�furono�molti�i�ricorsi�presentati�alla�CEDU�fino�agli�anni�Novanta,� ne�tutti�ebbero�il�riconoscimento�di�equa�soddisfazione�monetaria;�fino�a� quell'epoca,�infatti,�era�relativamente�frequente�che�l'equa�soddisfazione�con- sistesse�in�una�condanna�morale�dello�Stato�di�appartenenza,�che�veniva� dichiarato�inadempiente�con�qualche�forma�di�pubblicita�.� Il�numero�delle�domande�di�riparazione�contro�l'Italia�per�l'irragione- vole�durata�del�processo�aumento�a�dismisura�agli�inizi�degli�anni�Novanta;� le�ragioni�dell'esponenziale�incremento�appartengono�ancora�alla�cronaca,�e� poco�importano�nella�odierna�sede;�fatto�sta�che�la�Corte�Europea�manifesto� la�propria�preoccupazione�(anche�per�il�paradosso�nel�quale�rischiava�di� restare�coinvolta:�ritardo�irragionevole�nelle�cause�di�equa�soddisfazione�per� il�ritardo�irragionevole);�ed�in�vario�modo,�anche�attraverso�la�Commissione,� furono�fatte�pressioni�sull'Italia�per�il�superamento�del�problema�della�durata� dei�processi.�Il�nostro�legislatore,�aderendo�alla�giusta�indicazione�della� Commissione,�opero�in�due�direzioni:�avvio�subito�una�lunga�teoria�di�misure� acceleratorie�interne�(che�poi�divennero,�ad�esempio,�legge�21�novembre� 1991,�n.�374,�dl.�18�ottobre�1995,�n.�432,�conv.�in�legge�20�dicembre�1995,� n.�534,�d.lgvo�19�febbraio�1998,�n.�51,�legge�n.�205/2000)�e�contemporanea- mente�mise�allo�studio�un�``rimedio�interno''�che�nei�meccanismi�della�Con- venzione�avrebbe�permesso�di�alleggerire�il�giudice�europeo�(cfr.�art.�35� Conv.)�e�al�contempo�di�dare�soddisfazione�reale�e�rapida�alla�parte�danneg- giata.� Il�Ministro�di�Grazia�e�Giustizia�costitu|�,�con�d.m.�27�agosto�1993,� un'apposita�Commissione,�con�il�compito�di�procedere�allo�studio�ed�alla�ela- borazione�di�soluzioni�concrete�``che�consentano�agli�interessati�di�far�valere� nell'ordinamento�interno�l'eventuale�violazione�dell'art.�6,�par.�1,�della�Con- venzione�per�la�salvaguardia�dei�diritti�dell'uomo�e�delle�liberta�fondamen- tali''.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� I�rimedi�che�la�Commissione�di�studio�era�chiamata�a�proporre,�``anche� attraverso�la�predisposizione�di�uno�o�piu�schemi�di�provvedimenti�norma- tivi''�(art.�1�d.m.�cit.),�erano,�in�particolare,�destinati�a�completare�l'opera� legislativa�di�rimozione�delle�cause�delle�lungaggini�processuali,�gia�avviata� attraverso�l'adozione�di�misure�incidenti�sull'organizzazione�giudiziaria�(legge� 1.�febbraio�1989,�n.�30,�istitutiva�della�pretura�circondariale�e�delle�sezioni� distaccate�di�pretura),�sull'ordinamento�giudiziario�(legge�21�novembre1991,� n.�374,�istitutiva�del�giudice�di�pace),�sul�processo�civile�stesso�(legge� 21�novembre�1990,�n.�353)�nonche�sul�processo�penale�(attraverso�i�noti�isti- tuti�del�``patteggiamento'',�del�rito�abbreviato,�etc.).� I�risultati�dei�lavori�della�Commissione�di�studio,�la�quale�propose,�da� un�lato,�misure�acceleratorie�dei�vari�processi�e,�dall'altro,�l'introduzione�di� un�meccanismo�``riparatorio''�in�favore�di�chi�si�fosse�visto�disconoscereil� ``diritto�al�giudizio...�in�tempo�ragionevole'',�vennero�recepiti�in�apposito�dise- gno�di�legge�approvato�dal�Consiglio�dei�Ministri�il�29�dicembre�1993:�tale� disegno�di�legge�che,�secondo�la�valutazione�del�Presidente�della�Commis- sione�Europea�dei�diritti�dell'uomo,�``contiene�una�disciplina�precisa�ed�esau- riente�in�quanto�investe�i�due�aspetti,�preventivo�e�riparatorio,�dei�problemi� derivanti�da�un'eccessiva�durata�delle�procedure�di�fronte�ai�tribunali�ita- liani''�(lettera�7�luglio�1994�al�Ministro�di�Grazia�e�Giustizia)�non�ebbe� seguito�per�l'anticipata�fine�della�legislatura;�venne�successivamente�ripropo- sto,�fino�a�diventare�la�legge�n.�89/01.� La�soluzione�che�la�Commissione�Europea�trovo�soddisfacente�e�molto� diversa�da�quella�di�altre�Nazioni,�come�la�Spagna�e�la�Svezia,�che�costrui- scono�il�diritto�al�processo�di�durata�ragionevole�come�diritto�costituzionale� (rispettivamente,�in�art.�24,�2.�comma,�della�costituzione�del�27�dicembre� 1978,�e�in�art.�9,�14�comma,�della�costituzione�del�27�febbraio�1974)�o,�per� converso,�come�diritto�limitato�al�caso�di�privazione�delle�liberta�personali� (art.�15,�3.�comma,�delle�costituzioni�dei�Paesi�Bassi).�Ed�il�giudizio�favore- vole�e�stato�confermato�dalla�sentenza�della�medesima�Corte�Europea�6�set- tembre�2001�(caso�Brusca�c/�Italia):�e�stato�infatti�dichiarato�irricevibile�il� ricorso�dell'interessato�il�quale�aveva�rifiutato�di�esperire�la�via�del�ricorso� ex lege n.�89/01,�perche�da�lui�ritenuto�non�soddisfacente;�la�Corte�Europea� ha�osservato�che�quel�rifiuto�era�pretestuoso,�perche�il�rimedio�interno�ita- liano�e�``efficace�e�reale''.� 3.��L'art. 111 Cost. Il�legislatore�volle�opportunamente,�e�con�saggia� lungimiranza,�che�il�rimedio�interno�fosse�preceduto�da�una�solenne�afferma- zione�di�principio,�che�oggi�leggiamo�nell'art.�111�Cost.,�novellato�dalla�legge� costituzionale�23�novembre�1999,�n.�2,�secondo�cui,�per�quanto�ora�interessa� ``ogni�processo�si�svolge�nel�contraddittorio�tra�le�parti,�in�condizioni�di� parita�,�davanti�a�giudice�terzo�e�imparziale.�La legge ne assicura la ragione- vole durata''. E�dunque�la�legge�24�marzo�2001,�n.�89,�(c.d.�legge�Pinto)�trova,�per�cos|� dire,�``radici�domestiche'':�non�sfugg|�alla�sensibilita�del�nostro�legislatore�c he�gia�nel�1950�con�la�firma�della�Convenzione�aveva�voluto�dare�il�massimo� riconoscimento�agli�altissimi�valori�di�liberta�e�di�civilta�che�in�quel�docu- mento�sono�contenuti�^l'esigenza�che�l'introduzione�di�un�rimedio�riparato- IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� rio�del�singolo�caso�di�durata�irragionevole�fosse�preceduta�da�un'afferma- zione�di�principio�che�rendesse�per�cos|��dire�``nostro''�e�``voluto''�il�rimedio,� che�in�tal�modo�si�radicava�nel�quadro�ordinamentale�italiano.�Ed�infatti,� nella�relazione�al�disegno�di�legge�comunicato�alla�Presidenza�del�Senato�il� 16�febbraio�1999,�n.�3813,�si�dichiara�che�triplice�e��l'obiettivo�perseguito:�a)� dare�concreta�attuazione�all'impegno�assunto�con�la�Convenzione;�b)� approntare�una�riparazione�in�caso�di�mancato�rispetto�dei�tempi�ragionevoli� del�processo;�c)�apprestare�``un'efficace�tutela�dell'ordinamento�giuridico�ita- liano...�(giacche�)�spetta�in�primo�luogo�ai�singoli�Stati�garantire�i�diritti�e�la� liberta�da�essi�sottoscritti�con�la�Convenzione'',�con�il�chiarimento�che�``il� meccanismo�di�controllo�europeo�riveste�al�riguardo�solo�carattere�sussidia- rio''.�Ed�e��interessante�notare�che�il�relatore,�dopo�aver�dato�conto�delle�solu- zioni�adottate�dagli�altri�Paesi�firmatari�della�Convenzione,�sottolineava�che� la�soluzione�proposta�era�stata�elaborata�``in�linea�con�la�nostra�tradizione� giuridica''.�Forse�appartiene�alla�cronaca�o�alla�sociologia�giuridica�rilevare� quello�che�emerse,�sul�punto,�nel�dibattito�parlamentare;�certamente�e��un� fatto�di�grande�interesse�che�tutti�gli�interventori�critici�ed�in�ispecie�quelli� dell'opposizione�ebbero�da�muovere�riserve�proprio�sulle�parti�del�provvedi- mento�che�sembravano�loro�non�in�linea�con�la�tradizione�giuridica�della� nostra�Nazione�(si�vedano,�in�particolare,�gli�interventi�critici�di�Caruso�e� Buccino�al�Senato�e�di�Marotta�alla�Camera,�A.C.�7327,�pag.�10�e�segg.).� E�dunque�l'art.�111�Cost.�novellato�che�costituisce�il�punto�di�riferimento� principale�della�legge�oggi�all'esame.�Ed�e��abbastanza�facile�osservare�che� delle�due�affermazioni�di�principio�che�rappresentano�l'incipit�della�riforma� (``la�giurisdizione�si�attua�mediante�il�giusto�processo''�e�``ogni�processo�si� svolge�nel�contraddittorio�tra�le�parti,�in�condizioni�di�parita��,�davanti�a�giu- dice�terzo�e�imparziale'')�nessuna�e��``sostanziale''�o�``nuova'':�un�``processo� non�giusto''�e�``un�giudice�non�terzo�o�non�imparziale''�cessano�di�essere� ``processo''�e�``giudice''�e�diventano�tragici�ossimori;�ed�a�vietare�qualunque� tentazione�di�atroci�connubi�gia��bastavano�altre�norme�della�nostra�Costitu- zione�(gli�artt.�24�e�101,�ad�esempio).� La�novita��della�Novella�sta,�invece,�proprio�nel�riferire�l'elemento�della� ragionevole�durata�all'in�se�del�processo:�come�dire�che�una�giustizia�ammini- strata�senza�prontezza�e��un�po'�meno�``giusta'';�un�processo�per�essere�giusto� non�soltanto�deve�svolgersi�ad�armi�pari,�davanti�al�giudice�terzo�ed�impar- ziale,�ma�deve�anche�essere�di�ragionevole�durata.� ``La�legge�assicura''�la�pronta�risposta�alla�domanda�di�giustizia�in� ragione�della�tutela�giurisdizionale�dei�diritti,�gia��garantita�dall'art.�24:� l'art.�111�costituisce,�cos|�,�il�momento�organizzatorio�e�dinamico�della�giuri- sdizione,�nel�cui�quadro�l'aspettativa�dell'uomo�ad�una�risposta�in�tempi� ragionevoli�non�e��situazione�fine�a�se�stessa,�ma�all'evidenza�e��momento�stru- mentale�per�la�fruizione�serena�e�pacifica�dei�diritti�sostanziali�che�il�processo� coinvolge.� Il�problema�che�si�pose�al�legislatore�fu,�insieme,�di�tecnica�normativa�e� di�valenza�politica;�occorreva�infatti�stabilire�in�che�modo�ed�eventualmente� con�quali�adattamenti�la�giuridica�possibilita��finora�concessa�al�cittadino�di� dolersi�davanti�alla�Commissione�europea�per�il�comportamento�dello�Stato� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� di�appartenenza�al�fine�di�ottenere�``s'il�y�a�lieu...�une�satisfaction�e�quitable''� (art.�50�della�Convenzione�originaria),�dovesse�farsi�vero�e�proprio�diritto,� direttamente�azionabile�davanti�al�giudice�nazionale;�fino�a�quel�momento,� la�posizione�del�cittadino�italiano�in�ordine�alla�tutela�dei�diritti�riconosciuti� dalla�Convenzione�era�stata,�sostanzialmente,�quella�del�terzo�a�favore�del� quale�e�stipulato�un�contratto:�e�lo�Stato�che�risponde�dell'inadempimento� nei�confronti�delle�altre�parti�contraenti,�sul�piano�del�diritto�internazionale;� ma�quegli�obblighi�il�singolo�soggetto�puo�far�valere�in�proprio�favore�al�fine� di�ottenere,�oltre�alla�condanna�dello�Stato�sul�piano�internazionale,�anche,� ``se�del�caso'',�un'equa�riparazione.� Il�problema�della�rilevanza�dell'inadempimento�statuale�alla�Conven- zione,�dal�punto�di�vista�del�soggetto�che�da�tale�inadempimento�riportava� un�``danno'',�si�poneva,�in�concreto,�forse�soltanto�per�il�``de�lai�raisonable'':� tutti�gli�altri�diritti�o�liberta�che�la�Convenzione�salvaguarda�erano�ben�noti� al�nostro�sistema�ordinamentale�per�consolidata�tradizione;�e�tutti�quei�diritti� o�liberta�avevano�gia�ricevuto�la�diretta�protezione�o�della�Costituzione� repubblicana�o�delle�leggi�ordinarie.�Mancava,�nel�novero�dei�diritti�piena- mente�tutelati�dalla�legge,�il�diritto�al�``termine�ragionevole''�di�durata�del� processo;�e�dopo�la�Novella�costituzionale�non�poteva�piu�rinviarsene�la� disciplina�sul�piano�della�effettivita�e,�in�particolare,�su�quello�delle�conse- guenze�in�caso�di�violazione.� Scelta�la�strada�della�rivendicazione�dell'autonomia�e�dell'autosuffi- cienza�del�nostro�ordinamento�che�non�ha�bisogno�di�eteronormazione,�sia� pure�essa�europea,�per�garantire�ai�suoi�cittadini�un�processo�degno�e�per� intervenire�con�strumenti�di�riparazione�in�caso�di�dannosa�violazione�di� quella�garanzia,�e�stato�inevitabile�costruire�il�sistema�dell'equa�riparazione� attraverso�l'adattamento�di�istituti�gia�noti;�e�l'innesto�tra�il�``nuovo''�(la� nozione�costituzionale�della�ragionevole�durata�quale�elemento�coessenziale� al�processo,�ovvero�aspetto�irrinunciabile�dell'organizzazione�della�funzione� giurisdizionale)�ed�il�``consueto''�(le�norme�codicistiche,�sostanziali�e�proces- suali)�e�avvenuto,�per�la�disciplina�sostanziale,�attraverso�i�canali�del- l'art.�2056�cod.�civ.,�che�a�sua�volta�richiama�gli�artt.�1223,�1226�e�1227,�non- che�della�struttura�della�fattispecie�in�termini�di�fatto,�causalita�,�evento�(giu- sta�gli�schemi�dell'obbligazione�ex�lege),�e,�per�la�disciplina�procedimentale,� attraverso�l'utilizzo�del�procedimento�camerale�di�per�se�assai�rapido.�Vi�e�,� certamente,�un�ampio�riferimento�alla�Convenzione:�e�esplicito,�in�tal�senso,� l'art.�2,�comma�1.,�della�legge,�dove�si�chiarisce�che�il�termine�ragionevole�di� cui�si�parla�e�quello�di�cui�all'art.�6,���1,�della�Convenzione;�e�c'e�la�norma� di�raccordo�per�quella�sorta�di�passaggio�della�domanda,�dalla�CEDU�alla� Corte�d'appello�italiana,�di�cui�parla�l'art.�6.�Ma�quello�che�sicuramente�non� c'e�nella�legge�in�esame�^ne�poteva�esserci,�date�le�premesse�cui�si�e�fatto� cenno�ed�il�voluto�innesto�del�``nuovo''�nel�solido�``antico''�dello�Stato�di� diritto�^e�il�trascinamento�o�recepimento�in�blocco,�nel�nostro�ordinamento,� della�giurisprudenza�europea,�delle�scelte�della�CEDU,�delle�sue�regole�di� sostanza�e�di�forma.� Si�e�,�invece,�e�ben�diversamente,�operato�con�il�sistema�del�rinvio�mate- riale,�quando�si�e�voluto�recepire�qualche�elemento�della�giurisprudenza�della� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� CEDU;�lo�si�e�fatto,�ad�esempio,�nel�comma�2.�dell'art.�2,�quando�si�indicano� gli�aspetti�che�il�giudice�deve�considerare�nell'accertare�la�violazione�(com- plessita�del�caso,�comportamento�delle�parti�e�del�giudice�etc.),�o�nell'art.�4,� che�ricalca�analoga�norma�della�Convenzione:�ma�in�tal�modo�la�regola� legale�di�sostanza�e�di�forma�e�tutta�e�solo�italiana,�e�va�applicata�secondo� gli�schemi�logici�e�gli�strumenti�interpretativi�che�il�nostro�ordinamento� conosce.� 4.��La�diretta�azionabilita�in�Italia�del�diritto�convenzionale�alla�ragione- vole�durata�del�processo.�La�``legge�Pinto''�vuole�dare�compimento�e�concre- tezza�al�riconoscimento�del�diritto�alla�ragionevole�durata�del�processo.La� solenne�affermazione�di�principio,�che�si�legge�nell'art.�1�della�Convenzione� (``le�altre�parti...�riconoscono�i�diritti�e�le�liberta�indicate�nel�Titolo�1�...''�si� noti:�``riconoscono'',�e�non�``si�impegnano�a�riconoscere'')�non�era�stata�suffi- ciente�per�accordare�direttamente�nel�diritto�interno�il�ristoro�per�la�viola- zione�del�diritto�al�termine�ragionevole;�era,�peraltro,�assolutamente�pacifica� tale�osservazione�nella�giurisprudenza�CEDU,�dove�la�doglianza�relativa�alla� violazione�del�termine�ragionevole�era�considerata�direttamente�ammissibile� per�l'indubbia�inesistenza�del�rimedio�interno:�per�la�prima�volta,�come�sie� gia�ricordato,�la�CEDU�affermo�l'esistenza�di�un�rimedio�interno�efficace�ed� effettivo,�da�sperimentare�previamente�come�condizione�dell'azionabilita�a� Strasburgo�della�pretesa�riparatoria,�nella�decisione�6�settembre�2001,�Bru- sca,�che,�appunto,�indica�quel�rimedio�nel�ricorso�finalmente�introdotto�in� Italia�dalla�legge�n.�89/2001.�Dal�canto�suo,�la�giurisprudenza�della�Suprema� Corte�di�Cassazione,�chiamata�a�pronunciarsi�sulla�diretta�azionabilita�in�Ita- lia�del�diritto�alla�ragionevole�durata�del�processo,�piu�volte�ebbe�occasione� in�perfetta�concordanza,�anche�sul�piano�degli�effetti,�con�la�giurisprudenza� CEDU�^di�sottolineare�che�``la�Convenzione�...nella�parte�in�cui�fissa�l'esi- genza�di�celerita�del�processo,�introduce�un�mero�principio�di�comporta- mento�per�il�legislatore�nazionale,�senza�prefissione�di�termini�o�sanzioni�...''� (Cass.�S.U.�25�gennaio�1985,�n.�365);�in�particolare,�``giusta�consolidato�indi- rizzo�(cui)�ritiene�questa�Corte�di�prestare�adesione�...�le�pretese�violazioni� della�Convenzione�Europea�ed�in�particolare�...�dell'art.�6�(sul�diritto�di�ogni� persona�ad�un�processo�equo)�in�ragione�dell'obiettiva�genericita�o�aspecifi- cita�di�dette�norme�di�riferimento,�debbono�necessariamente�far�capo�alla� normativa�interna�vigente�al�momento�delle�violazioni�medesime,�onde�l'e- ventuale,�mancata�conformita�di�tale�normativa�ai�principi�della�Conven- zione�non�puo�comportare�una�responsabilita�immediata�per�lo�Stato�alla� stregua�del�diritto�interno�ex�art.�2043�c.c.,�sebbene�solo�la�deferibilita�dello� Stato�stesso�agli�organismi�di�controllo�politico�e�giurisdizionale�contemplati� dalla�Convenzione�ed�all'unico�fine�della�responsabilita�internazionale�patti- ziamente�assunta�e�con�le�conseguenze�stabilite�dalla�Convenzione�stessa,� come,�ad�esempio,�l'equa�soddisfazione�della�parte�lesa�prevista�dall'art.�50''� (Cass.�14�giugno�2002,�n.�8503,�che�richiama,�quali�precedenti�in�termini,� Cass.�12�gennaio�1999,�n.�254�e�Cass.�1�ottobre�1986,�n.�5827).� 5.��Le�norme�convenzionali�selfexecuting.�La�giurisprudenza�di�codesta� Corte�Ecc.ma,�con�la�citata�sentenza�n.�8503/2002,�ribad|�il�remoto�e� costante�insegnamento�circa�la�differenza�che�intercorre�tra�le�norme�pattizie� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� self executing,�e�quelle�che,�per�la�loro�genericita�,�hanno�bisogno�di�essere� calate�nella�realta�dell'ordinamento�interno�attraverso�apposito�provvedi- mento�di�disciplina�concreta�(si�veda�anche�la�sentenza�delle�Sezioni�Unite� Penali�8�maggio�1989,�n.�15,�che�confermo�la�distinzione�tra�i�due�tipi�di�pre- cetti�convenzionali;�in�termini,�Cass.�Pen.�20�maggio�1991,�n.�2823;�id 29�maggio�1992,�n.�2;�id 28�maggio�1996,�n.�2549;�si�veda�anche�Cass.�S.U.� 1.�ottobre�1986,�n.�5827,�per�la�``pubblicita�''�dell'udienza�quale�mero�principio� di�comportamento�per�il�legislatore�nazionale,�senza�immediate�conseguenze� per�il�relativo�diritto�riconosciuto�nel�medesimo�art.�6�della�Convenzione;�e� Cass.�12�gennaio�1999,�n.�254,�per�un�caso�di�arresto�che�si�lamentava�colpe- volmente�errato:�il�diritto�all'indennizzo,�espressamente�previsto�dall'art.�5,� c.5,�della�Convenzione,�in�favore�della�``vittima�di�un�arresto�o�di�una�deten- zione�eseguiti�in�violazione�delle�disposizioni�di�questo�articolo'',�non�fu�suffi- ciente�per�accordare,�in�Italia,�il�richiesto�indennizzo,�perche�mancava�il� ``modello�di�atto�interno�completo�nei�suoi�elementi�essenziali'').� Non�diversamente�si�pronuncio�la�Corte�Costituzionale�che,�mante- nendo�fermo�il�tradizionale�dualismo�tra�diritto�internazionale�e�diritto� interno�(dualismo,�peraltro,�espressamente�indicato�dalla�Costituzione�negli� articoli�72,�u.c.,�75,�2.�c.,�80,�e�chiaramente�presupposto�nella�logica�degli� artt.�10�e�11)�ebbe�modo�in�piu�occasioni�di�affermare�che�la�Convenzione� Europea�dei�Diritti�dell'Uomo�e�una�legge�ordinaria,�mai�parametro�di�ecce- zioni�di�incostituzionalita�,�pur�se�dotata�di�una�specifica�forza�di�resistenza� nel�momento�dell'abrogazione�ad�opera�di�legge�ordinaria;�la�Convenzione� pero�non�ottiene�la�protezione�di�cui�all'art.�10�Cost.�perche�questo�si�riferisce� alle�sole�norme�consuetudinarie�(ex multis,�Corte�Cost.�18�luglio�1997,� n.�288,�id. 15�giugno�1979,�n.�54B;�id. 14�gennaio�1982,�n.�15;�id. 18�dicembre� 1981,�n.�496,�proprio�con�riguardo�all'art.�6�della�Convenzione�che�``fuoriesce� dall'ambito�di�operativita�dell'art.�10�della�Costituzione�che�puo�avere�ad� oggetto�soltanto�norme�di�carattere�consuetudinario'';�si�tratta�di�afferma- zioni�consolidate).�Piuttosto,�e�utile�notare,�per�quanto�ora�interessa,�che�la� Corte�Costituzionale�ha�sempre�dato�per�pacifico�che�i�diritti�riconosciuti� nella�Convenzione�non�sono�di�per�se�entrati�nel�nostro�ordinamento�per� effetto�della�ratifica�legislativa:�cos|�,�a�proposito�della�riparazione�dell'ingiu- sta�detenzione,�la�Corte�Costituzionale�non�ritenne�bastevole�l'art.�5�della� Convenzione�(cfr.�sentenza�24�marzo�1999,�n.�109);�a�proposito�del�diritto�al� matrimonio,�non�fu�sufficiente�il�riconoscimento�di�cui�all'art.�12�della�Con- venzione�per�superare�le�limitative�disposizioni�ordinarie�di�cui�alla�legge� 29�gennaio�1942,�n.�64�(cfr.�sentenza�25�settembre�2002,�n.�445);�ne�il�diritto� alla�vita,�in�una�con�il�divieto�di�estradizione�del�condannato�a�morte,�ha� determinato�``l'abrogazione�di�norme�di�convenzioni�bilaterali�che,�anche� per�i�reati�puniti�con�la�pena�di�morte,�consentono�l'estradizione�(cfr.�sen- tenza�15�giugno�1979,�n.�54);�ne�l'art.�5�ha�potuto�impedire�le�leggi�di�prolun- gamento�della�carcerazione�preventiva�(cfr.�sentenza�14�gennaio�1982,�n.�15).� A�maggior�ragione�non�sarebbe�stata�sufficiente�la�legge�ordinaria�di�ratifica� per�ampliare�il�catalogo�dei�diritti�costituzionali,�come�ad�esempio�quelli�di� cui�all'art.�2�Cost..� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� 6.��La�necessita�della�legge�interna.�Alla�vigilia�della�Novella�costitu- zionale�che�ha�introdotto�nell'art.�111�il�riferimento�al�``giusto�processo''�e�alla� ``durata�ragionevole''�che�``la�legge�assicura''�era�certamente�estranea�all'ordi- namento�positivo�la�qualificazione�dell'aspettativa�ad�un�processo�dai�tempi� ragionevoli�in�termini�di�diritto�soggettivo�direttamente�azionabile�al�di�fuori� delle�ipotesi�del�fatto�illecito.� Quel�diritto,�formalmente�introdotto�nel�nostro�ordinamento�attraverso� la�ratifica�della�Convenzione�come�affermazione�di�principio,�gia�riceveva� piena�tutela�risarcitoria�indiretta�solo�quando�la�lesione�veniva�da�fattoille- cito:�la�denegata�giustizia�e�l'omissione�di�atti�d'ufficio,�ad�esempio,�erano� certamente�dei�comportamenti�sanzionati�pur�quando�si�risolvevano�in�una� irragionevole�durata�del�processo,�e�la�tutela�accordata�era,�in�tali�casi,� quella�risarcitoria,�con�il�ristoro�pieno�di�tutti�i�danni,�anche�imprevisti�al� momento�del�fatto.�Si�trattava�ora,�dopo�la�Novella�costituzionale,�non� certo�di�ridurre�la�tutela�a�fronte�del�fatto�illecito,�ma�di�estendere�la�rea- zione�dell'ordinamento�e�dunque�attribuire�un�ristoro�anche�nelle�ipotesiin� cui�l'irragionevole�durata�del�processo�non�fosse�dipesa�da�doloso�o�colpe- vole�comportamento�soggettivo.�Questo�tipo�di�ulteriore�e�piu�estesa�tutela� aveva�bisogno�di�una�legge�che�la�introducesse:�non�bastava�la�ratifica�della� Convenzione,�perche�nella�Convenzione�non�c'e�il�benche�minimo�cenno�alle� conseguenze�dirette�della�violazione�di�quel�diritto�sul�piano�dell'ordina- mento�interno.� 7.��La�durata�del�processo�e�l'art.�24�Cost.�Certo,�a�ben�leggere,�``den- tro''�l'art.�24�Cost.�poteva�anche�scorgersi,�in�filigrana,�un�qualche�implicito� riferimento�al�tempo�ragionevole;�ma�chi�aveva�tentato�questa�strada�si�era� subito�accorto�di�due�cose:�della�pratica�inutilita�dell'indagine,�che�avrebbe� al�massimo�comportato�l'affermazione�di�un�``dovere''�dello�Stato�alla�cor- retta�amministrazione�della�giustizia,�a�fronte�del�quale�il�singolo�non� avrebbe�vantato�se�non�uno�di�quegli�interessi�che�vengono�detti�di�mero� fatto�e�che�non�sono�giustiziabili;�della�recessivita�dello�stesso�interesse�e�del� generico�dovere�a�fronte�di�situazioni�soggettive�direttamente�tutelate�dalla� legge.� Il�tentativo,�molto�interessante,�compiuto�dalla�giurisprudenza�della� Corte�Costituzionale�(si�veda,�ad�esempio,�la�sentenza�n.�388/1999,�sopra� ricordata)�di�ricondurre�il�nucleo�essenziale�della�tutela�costituzionale�del� diritto�al�giudizio�alla�effettivita�del�processo�che�``implica�una�ragionevole� durata''�rimase�affermazione�di�principio�perche�la�stessa�Corte�non�pote� negare�che�quel�diritto�al�processo�effettivo�``trova�la�concreta�applicazione� nella�disciplina�(della)�molteplicita�di�istituti�destinati�a�rendere�effettiva� quella�garanzia''�(Corte�Cost.,�ivi);�era�infatti�consolidato�l'insegnamento� nel�senso�che�ne�l'art.�24�Cost.�ne�l'art.�6�della�Convenzione�per�la�salvaguar- dia�dei�diritti�dell'uomo�e�delle�liberta�fondamentali�impongono�``l'adozione� di�un�modello�processuale�unico�e�infungibile:�per�far�s|�che�il�loro�sistema� giudiziario�sia�in�armonia�con�il�principio�del�giusto�processo�gli�Stati�con- traenti,�come�la�Corte�Europea�non�nega,�godono�della�piu�ampia�liberta� nella�scelta�dei�mezzi�idonei''�(Corte�Cost.,�sent.�399/1998:�si�noti�la�pacifica� affermazione�circa�la�non�diretta�ed�immediata�applicazione,�in�Italia,�della� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Convenzione,�in�perfetta�sintonia�con�l'opinione�della�CEDU).�E�pur� quando,�al�fondo�dell'art.�24�Cost.,�si�intravide�l'interesse,�di�per�se�non�giu- stiziabile,�alla�ragionevole�durata�del�processo,�si�sottolineo�che�il�diritto� inviolabile�di�difesa�andava�necessariamente�coordinato�con�altri�fondamen- tali�valori,�quali�``l'interesse�alla�realizzazione�della�giustizia''�(sent.� n.�114/68),�o�``l'ordinata�amministrazione�della�giustizia''�(sent.�n.�111/1970)� o�``l'esigenza�di�certezza�delle�situazioni�giuridiche,�(sent.�n.�112/1976�e� 136/1972)�tutti,�a�ben�vedere,�non�necessariamente�compatibili�con�l'aspetta- tiva�alla�celerita�delle�decisioni�(cfr.�Corte�Cost.�n.�345/1987�sul�contempera- mento�dei�vari�interessi).� Alla�vigilia,�dunque,�della�Novella�costituzionale�il�``diritto''�di�``ogni� persona''�a�che�``la�sua�causa�sia�esaminata�...�in�un�tempo�ragionevole''�di� cui�all'art.�6�della�Convenzione�non era�un�diritto�azionabile�in�Italia:�non�lo� era�ex lege n.�848/55,�che,�come�si�e�visto,�ha�introdotto�nell'ordinamento� con�effetto�immediato�ed�operativo�le�sole�disposizioni�convenzionali�suffi- cientemente�determinate�(quelle�self executing,�cioe�);�non�lo�era�nel�preesi- stente�sistema�codicistico,�all'evidenza�del�tutto�silente�sul�punto;�ne�lo�era� per�effetto�di�norma�costituzionale,�perche�nessun�precetto�prevedeva�o�rico- nosceva�quel�diritto,�il�quale�non�atteneva�direttamente�alla�persona�o�ad� uno�dei�diritti�o�liberta�della�persona�che�la�Costituzione�riconosce�e�tutela� e�che�danno�sostanza�al�catalogo�dell'art.�2;�come�si�e�prima�ricordato,�dal- l'art.�24�Cost.�era,�al�piu�,�possibile�ricavare�una�disposizione�programmatica� (e�forse�analoga�disposizione�poteva�trarsi�anche�dall'art.�97)�che�impegnava� il�Parlamento�all'adozione�di�misure�organizzative�idonee�a�permettere�una� piu�celere�risposta�alla�domanda�di�giustizia:�ma�e�stato�proprio�l'art.�111� novellato�a�dimostrare�di�per�se�che�l'aspettativa�alla�ragionevole�durata�del� processo�non�stava�gia�nell'art.�24,�se�non�``in nuce''�o�in�potenza;�l'art.�111� trae,�dall'art.�24,�il�``principio''�e�lo�trasporta�nell'in�se�della�funzione,�affi- dando�alla�legge�ordinaria�il�compito�di�trasformarlo�in�diritto�soggettivo� azionabile.� 8.��L'interpretazione giurisprudenziale dell'art. 2 della legge n. 89/01. Intervenuta�la�legge�n.�89/2001,�la�Corte�di�Cassazione�ha�subito�fissato�i� seguenti�principi�interpretativi�(rimasti�ben�saldi,�senza�il�minimo�ripensa- mento,�ad�oggi):� a) l'obbligazione�avente�ad�oggetto�l'equa�riparazione�per�la�non� ragionevole�durata�del�processo�non�si�configura�come�obbligazione�ex delicto,�ma�come�obbligazione�ex lege riconducibile,�in�base�all'art.�1173�cod.� civ.,�ad�ogni�altro�atto�o�fatto�idoneo�a�costituire�fonte�di�obbligazione�in� conformita�dell'ordinamento�giuridico�(Cass.�26�luglio�2002,�n.�11046,�e�suc- cessive);� b) il�giudice�italiano,�chiamato�ad�attribuire�l'equa�riparazione�ex art.�2�della�legge�n.�89/2001,�non�e�vincolato�alle�pronunce�della�Corte�Euro- pea,�diversamente�da�quanto�stabilito�dall'art.�189�del�Trattato�istitutivo�della� CEE�per�le�sentenze�della�Corte�di�Giustizia�(Cass.�2�agosto�2002,�n.�11592,� e�successive)�pur�dovendosi�riconoscere�alla�giurisprudenza�della�Corte�di� Strasburgo�valore�di�precedente�ai�fini�dell'interpretazione�dell'art.�2�della� legge�n.�89/01�(Cass.�8�agosto�2002,�n.�11987,�e�successive).� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� c) il�danno�derivato�dalla�violazione�del�diritto�alla�ragionevole� durata�del�processo�non�e�in re ipsa,�pur�trattandosi�di�obbligazione�ex lege perche�l'inviolabilita�di�quel�diritto�non�e�garantita�da�norme�costituzionali� immediatamente�precettive�quale�diritto�fondamentale�della�persona�(Cass.� 8�agosto�2002,�n.�11987,�e�successive);�il�danno,�patrimoniale�e�non,�va� dunque�dimostrato�da�chi�lo�allega,�essendo,�naturalmente,�possibile�anche� nella�fattispecie�in�esame�procedere�per�presunzioni�e�utilizzare�il�notorio� (Cass.�12�novembre�2002,�n.�15852:�anche�tale�affermazione�e�del�tutto� pacifica).� La�sintesi�delle�soluzioni�fornite�dalla�Corte�di�Cassazione�sui�temi�che� oggi�interessano�e�contenuta�nelle�piu�recenti�sentenze;�vale�la�pena�di�ricor- darne�una�per�tutte:� ``Giova�premettere�che,�alla�stregua�dei�principi�interpretativi�elaborati� in�materia�da�questa�Corte,�il�diritto�previsto�dall'art.�2�della�legge�24�marzo� 2001,�n.�89,�per�il�caso�di�violazione�del�termine�di�durata�ragionevole�del� processo�non�ha�natura�risarcitoria,�ma�indennitaria.�L'obbligazione�relativa� si�riconnette�infatti�ad�una�forma�di�responsabilita�da�attivita�lecita,�quale�e� indubbiamente�l'attivita�di�amministrazione�della�giustizia,�che�non�diventa� illecita�per�il�solo�fatto�dell'eccessiva�durata�dei�processi.�Si�tratta,�dunque,� di�un'obbligazione�non�``ex delicto'',�ma�``ex lege''�riconducibile�^nel�quadro� delle�fonti�di�cui�all'art.�1173�cod.�civ.�^agli�altri�atti�o�fatti�idonei�a�produrla� secondo�le�previsioni�dell'ordinamento�giuridico�(cfr.,�tra�le�altre,�Cass.� 22�gennaio�2003;�n.�920;�Cass.�8�agosto�2002,�n.�11987).� La�natura�indennitaria�dell'equa�riparazione�non�comporta�tuttavia�l'au- tomatica�attribuzione�in�favore�del�soggetto�che�lamenti�la�violazione�del� diritto�alla�ragionevole�durata�del�processo.�La�nozione�di�danno�^evento,� risarcibile�di�per�se�,�puo�essere�riferita,�infatti,�solo�ai�diritti�fondamentali,� l'inviolabilita�dei�quali�sia�garantita�da�norme�costituzionali�immediatamente� precettive�e�la�cui�violazione�non�puo�restare�senza�la�sanzione�minima�risar- citoria;�essa,�invece,�non�e�suscettibile�di�estensione�al�diritto�all'equa�ripara- zione�per�irragionevole�durata�del�processo,�diritto�assicurato�dalla�legge� ordinaria�e�non�dalla�Costituzione,�il�cui�art.�111�^ove�e�previsto�un�canone� oggettivo�di�disciplina�della�funzione�legislativa�e�non�direttamente�una� garanzia�del�singolo�strutturata�in�termini�di�diritto�soggettivo�^affida� appunto�alla�legge�il�compito�di�dare�attuazione�al�principio�della�ragione- vole�durata�(cos|�,�tra�le�altre,�Cass.�13�settembre�2002,�n.�13422;�Cass.�8�ago- sto�2002,�n.�11987,�cit.;�Cass.�2�agosto�2002,�n.�11600).� Poiche�alla�violazione�del�diritto�alla�ragionevole�durata�del�processo�la� legge�non�ricollega�l'applicazione�di�una�pena�privata�o�di�una�sanzione�nei� confronti�dell'amministrazione,�ma�un'equa�riparazione�in�favore�del�sog- getto�che,�per�effetto�della�eccessiva�durata�del�giudizio,�abbia�subito�un� danno,�patrimoniale�o�non�patrimoniale,�tale�danno�deve�essere�dimostrato� dalla�parte�legittimata�a�chiederne�il�ristoro�(Cass.�22�gennaio�2003,�n.�920,� cit.;�Cass.�28�novembre�2002,�n.�16879).�Cio�vale�anche�con�riferimento�al� danno�non�patrimoniale�che�si�affermi�di�aver�subito�a�causa�della�durata� non�ragionevole�del�processo,�danno�che�se�puo�indubbiamente�sostanziarsi� anche�in�uno�stato�d'ansia�e�di�turbamento�deve�essere�nondimeno�provato� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� nella�sua�esistenza�ed�ammontare�dal�richiedente�(Cass.�19�dicembre�2002,� n.�18130),�anche�se�la�prova�del�danno�non�patrimoniale�o�morale�puo�essere� in�concreto�agevolata�dal�ricorso�a�presunzioni�e�a�ragionamenti�inferenziali,� che�trovano�fondamento�nella�conoscenza,�in�base�ad�elementari�e�comuni� nozioni�di�psicologia,�degli�effetti�che�la�pendenza�di�un�processo�civile,� penale�o�amministrativo�provoca�nell'uomo�medio�(Cass.�8�agosto�2002,� n.�11987,�cit.)''�(Cass.�29�agosto�2003,�n.�12695).� 9.��Ilmonito della CEDUo In�tale�contesto�di�pacifico�e�fermo�insegna- mento�giurisprudenziale�si�inserisce�la�sentenza�della�Corte�Europea�dei� Diritti�dell'Uomo�27�marzo-20�maggio�2003,�Sez.�I,�in�affare�Scordino.�Con� tale�sentenza�la�Corte�ha�ritenuto�direttamente�ammissibile�il�ricorso�degli� interessati,�che�si�dolevano�dell'irragionevole�durata�del�processo�di�cui�erano� stati�parte,�senza�il�previo�esperimento�del�ricorso�interno�ex art.�35�della� Convenzione,�perche�la�giurisprudenza�delle�Corti�italiane�ed�in�particolare� della�Corte�di�Cassazione�in�tema�di�equa�riparazione�per�la�violazione�del� diritto�ad�un�processo�in�tempi�ragionevoli�non�sarebbe�coerente�con�i�prin- cipi�della�Convenzione,�nella�parte�in�cui�nega�la�natura�di�diritto�fondamen- tale�dell'uomo�al�diritto�in�questione,�l'applicazione�diretta�della�Conven- zione�e�della�giurisprudenza�di�Strasburgo�in�materia�di�equa�soddisfazione,� accorda�riparazioni�pecuniarie�insufficienti.� Appartiene�alla�cronaca�l'osservazione�che�e�stato�proprio�lo�``strepitus''� suscitato�da�tale�arresto�a�provocare�la�remissione�alle�Sezioni�Unite�Civili� della�Cassazione�degli�odierni�ricorsi�del�tutto�simili�ai�molti�pacificamente� ed�uniformemente�decisi�in�applicazione�della�legge�n.�89/01.�Ed�appartiene� alla�cronaca�ricordare�che�era�stata�la�Rappresentanza�permanente�d'Italia� presso�il�Consiglio�d'Europa�a�``lanciare�l'allarme'',�gia�con�telespresso� 14�marzo�2003�inviato,�oltre�che�ai�Ministeri�degli�Affari�Esteri�e�della�Giu- stizia,�anche�alla�Corte�Suprema�di�Cassazione;�l'allarme�era�stato�immedia- tamente�raccolto�dalla�Procura�Generale,�che,�con�nota�del�3�maggio�2003� dell'Ufficio�Relazioni�Internazionali,�aveva�segnalato�``la�grave�situazione� che�puo�determinarsi�nel�contenzioso�in�tema�di�non�ragionevole�durata�dei� procedimenti�in�conseguenza�dell'esame,�da�parte�della�Corte�Europea�dei� diritti�dell'uomo,�dei�ricorsi�Scordino�(n.36813)�e�C.�e�C.�(n.35360/00)''.�La� nota�della�Procura�Generale,�illustrando�puntualmente�quelli�che�sarebbero� poi�stati�i�contenuti�della�sentenza�``Scordino'',�cos|�concludeva:�``L'evidente� situazione�di�disagio�sembra�imporre�una�attenta�riflessione,�con�ricercadi� misure�idonee�ad�individuare�le�cause�della�crisi�ed�a�progressivamente�elimi- nare�l'attuale�condizione�di�sostanziale�contrasto.�Tra�tali�misure�possono� essere�suggerite,�ad�esempio,�l'esame�urgente�delle�modifiche�gia�dal�Governo� ritenute�necessarie�per�la�legge�Pinto�(e�per�le�quali�era�stato�presentato�un� decreto-legge);�l'ulteriore�formazione�dei�magistrati�in�materia�con�visite�di� studio�a�Strasburgo;�la�rimessione�delle�piu�rilevanti�questioni�alle�Sezioni� Unite�della�Corte''.� E�probabile�che�la�decisione�``Scordino''�dica�assai�di�meno�di�quello�che� i�primi�preoccupati�lettori�vi�hanno�intravisto.�Intanto,�il�monito�che�essa� reca�non�si�rivolge�ai�nostri�giudici,�ai�quali,�anzi,�con�corretta�sensibilita�,la� Corte�Europea�da�atto�di�dover�``interpretare�ed�applicare�il�diritto�interno'',� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� perche�``gli�Stati�contraenti�non�hanno�l'obbligazione�formale�di�recepire�la� Convenzione�nel�sistema�giuridico�interno'';�l'interpretazione�e�l'applicazione� del�diritto�interno�vanno�fatte,�``per�quanto�possibile�...�in�modo�conforme� alla�Convenzione''.� E�infatti�la�nostra�Corte�di�Cassazione,�come�si�e�ricordato,�fin�dalle� prime�sentenze�in�argomento,�ha�sempre�ribadito�che�della�giurisprudenza� CEDU�va�tenuto�conto�nei�limiti,�ovviamente,�consentiti�dal�diritto�vigente� in�Italia,�che�il�giudice�italiano�non�puo�non�applicare�(ad�es.,�Cass.�26�luglio� 2002,�n.�11046;�id.�2�agosto�2002,�n.�11592).� Afferma,�poi,�la�CEDU�che�in�Italia�``manca�il�riconoscimento�del� diritto�ad�un�processo�in�tempi�ragionevoli�quale�diritto�fondamentale�del- l'uomo''�la�cui�lesione�dia�luogo�ad�una�riparazione�per�cio�solo�che�la� lesione�sia�avvenuta�(c.d.�danno�evento,�o�danno�in�re�ipsa)�e�sottolinea�che� ``pur�nel�rispetto�del�margine�di�discrezionalita�di�cui�dispongono�i�giudici� nazionali�essi�si�debbono�conformare�alla�giurisprudenza�della�Corte�anche� concedendo�un�risarcimento�adeguato''.� Come�vedremo�oltre,�queste�considerazioni�non�sono�corrette�e�si�fon- dano�su�equivoci�verbali:�ma�il�punto�che�interessa�nella�odierna�sede�non�e� tanto�di�stabilire�se�la�CEDU�abbia�``ragione''�o�``torto''�a�dolersi�dei�compor- tamenti�italiani,�quanto�di�sottolineare�a�tutte�lettere�che�se�avesse�ragione� toccherebbe�al�legislatore�modificare�la�legge�e�non�certo�alla�Corte�di�Cassa- zione�di�disapplicarla.� 10.��Non�e�possibile�una�diversa�interpretazione�dell'art.�2�della�legge� n.�89/01;�la�giurisprudenza�CEDU�negli�anni�Ottanta�e�Novanta.�Dunque�il� punto�che�oggi�interessa�e�quello�di�stabilire�se,�stante�la�vigenza�della�legge� n.�89/2001,�sia�possibile�interpretare�l'art.�2�nel�senso�auspicato�dalla�CEDU� e�cioe�che�il�diritto�in�esame�sia�fondamentale�nel�senso,�e�comunque�con�la� conseguenza,�che�il�danno�prodotto�dalla�sua�violazione�sia�in�re�ipsa�(cd.� danno�evento).�Non�e�possibile�(stante�il�principio�supremo�di�cui�all'art.�101� Cost.)�che�la�giurisprudenza�adotti�simile�soluzione�per�ottenere�la�quale� occorre�l'intervento�del�legislatore,�che�sta�cercando�di�provvedere�(con�ini- ziative�prese�ancor�prima�della�sentenza�``Scordino'',�quando�le�prime�avvisa- glie�dell'insoddisfazione�della�CEDU,�preoccupata�anche�per�il�carico�dei� propri�ruoli,�cominciarono�a�pervenire).� Si�dice�che�a�volte�il�``diritto�nasce�vecchio'';�e�la�legge�Pinto�e�nata�``vec- chia''�perche�il�lungo�lasso�di�tempo�che�intercorse�dal�momento�degli�studi� preparatori�dell'apposita�Commissione�(primi�anni�Novanta)�all'atto�della� sua�approvazione�definitiva�permise�alla�giurisprudenza�CEDU�di�evolversi� in�direzione�ben�diversa�da�quella�degli�anni�Ottanta�e�Novanta.�In�quegli� anni,�infatti,�la�CEDU�non�affermava�affatto�che�il�danno�dalla�violazione� del�diritto�in�esame�fosse�in�re�ipsa,�o�che�la�lesione�dovesse�essere�necessaria- mente�riparata�con�un�ristoro�patrimoniale:�era�necessaria�la�prova�dell'esi- stenza�del�danno�non�patrimoniale,�raggiunta�anche�con�l'uso�della�presun- zione�e�del�notorio:�ma�quella�prova�occorreva.�Il�``prolungato�stato�di�ansieta� in�cui�(il�ricorrente)�era�vissuto�per�oltre�sei�anni''�fu,�ad�esempio,�il�``danno� conseguenza''�derivato�dalla�violazione�del�termine�ragionevole�nel�caso� Manzoni�(sentenza�19�febbraio�1991);�per�presunzioni�si�ricavo�il�patema�d'a- RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� nimo,�oggetto�di�riparazione,�nel�caso�Frau�di�cui�alla�sentenza�19�febbraio� 1991�(nella�quale�l'avverbio�``innegabilmente''�adoperato�per�motivare�il� ristoro�non�e�altro�che�la�morale�certezza�dell'esistenza�di�un�danno- conseguenza);�al�danno�morale�e�professionale�subito�si�riferisce�la�decisione� coeva�nel�caso�Ferraro;�alle�concrete�vicende�che�avevano�segnato�la�vita�di� tale�Triggiani�si�riferisce�la�CEDU�quando�gli�accorda�l'equa�riparazione� (accerta�la�Corte�che�la�moglie�del�ricorrente�aveva�chiesto�il�divorzio�peri� sospetti�su�di�lui�gravanti�e�per�l'impossibilita�di�provvedere�al�mantenimento� della�famiglia);�l'accertamento�dello�``stato�di�incertezza�ed�ansieta�patito� per�non�essere�riuscito�ad�ottenere,�a�causa�delle�lungaggini�del�giudizio,� una�piena�assoluzione�evitando�la�prescrizione''�e�il�danno-conseguenza�sof- ferto�da�tale�Mori�e�risarcito�dalla�CEDU;�nell'affare�Pugliese,�di�cui�alla� sentenza�24�maggio�1991,�la�Corte�ha�dato�atto�della�violazione�del�termine� ragionevole,�ma�ha�negato�il�risarcimento�chiesto�non�ravvisando�che�il�pro- lungamento�della�procedura�avesse�causato�di�per�se�un�danno�tale�da�giusti- ficare�un'equa�soddisfazione.� 11.��Danno evento e danno conseguenza: la scelta del danno conseguenza fu voluta dalla legge n. 89/01. Fu�dunque�voluta dalla�legge�n.�89/01�la�disci- plina�dell'istituto�in�termini�di�danno�conseguenza,�che�appariva�coerente� con�la�giurisprudenza�CEDU,�con�la�logica�di�un�diritto�fondamentale,�si,� ma�non�direttamente�tutelato�dalla�Costituzione�e�con�i�principi�che�gia�nei� primi�anni�Novanta�si�andavano�affermando�sulla�nozione�del�danno-evento,� cui�avevano�gia�prestato�attenzione�la�dottrina�e�la�giurisprudenza�specie� sulla�scorta�della�storica�sentenza�della�Corte�Costituzionale�30�giugno� 1986,�n.�184,�in�tema�di�danno�biologico.�Come�e�a�tutti�noto,�la�Corte�Costi- tuzionale,�nel�ricostruire�la�categoria�del�danno�biologico�distinto�dal�danno� morale�subiettivo�e�dal�danno�patrimoniale,�aveva�sottolineato�che�con� riguardo�ai�diritti�inviolabili�costituzionalmente�``vale�distinguere�(nell'ille- cito)�l'evento�materiale,�naturalistico�che,�pur�essendo�conseguenza�del�com- portamento,�e�momento�o�aspetto�costitutivo�del�fatto,�dalle�conseguenze� dannose�in�senso�proprio�di�quest'ultimo,�legate�all'intero�fatto�illecito�(e� quindi�anche�all'evento)�da�un�ulteriore�nesso�di�causalita�.�Non�esiste�com- portamento�senza�evento:�il�primo�e�il�momento�dinamico�ed�il�secondo�e�il� momento�statico�del�fatto�costitutivo�dell'illecito.�Da�quest'ultimo�vanno�net- tamente�distinte�le�conseguenze,�in�senso�proprio,�del�fatto,�dell'intero�fatto� illecito,�causalmente�connesse�al�medesimo�da�un�secondo�nesso�di�causalita� ...�La�menomazione�dell'integrita�psico-fisica�dell'offesa�...�costituisce�l'evento� (da�provare�in�ogni�caso)�interno�al�fatto�illecito,�legato�...�alla�eventuale� componente�esterna,�danno�morale�subiettivo�o�danno�patrimoniale�da�...� rapporto�di�causalita�materiale�...�La�vigente�Costituzione,�garantendo�prin- cipalmente�valori�personali,�svela�che�l'art.�2043�c.c.�va�posto�soprattutto�in� correlazione�agli�articoli�della�Carta�fondamentale�che�tutelano�i�predetti� valori�e�che,�pertanto,�va�letto�in�modo�idealmente�idoneo�a�compensare�il� sacrificio�che�gli�stessi�valori�subiscono�a�causa�dell'illecito''.�La�sentenza� rappresenta�il�punto�di�arrivo�delle�istanze�di�giustizia�avvertite�in�dottrina� (che�auspicava�il�riconoscimento,�nell'art.�2043�c.c.,�della�``Generalklausal''� dei�giuristi�tedeschi)�e�di�certo�non�ignorate�dalla�giurisprudenza�(interessanti� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� spunti,�nella�giurisprudenza�precedente�alla�sentenza�della�Corte�Costituzio- nale�sul�danno�biologico,�si�trovano�gia�in�Cass.�S.U.�6�maggio�1971,� n.�1282,�per�il�``diritto�primario�all'integrita�fisica'',�o�in�Sez.�L.�9�novembre� 1981,�n.�5924,�dove�si�parla�di�tutela�di�diritti�che�trovano�un�substrato�etico� giuridico�nella�strutturazione�basilare�dello�Stato�italiano�quali�valori�asso- luti�e�intangibili).� Dunque�all'epoca�della�redazione�del�testo�che�poi�divenne�la�``legge� Pinto''�si�aveva�ben�chiara�la�teoria�del�``danno�evento'';�e�non si volle che�la� violazione�della�durata�ragionevole�del�processo�desse�luogo�a�danno-evento� (o�danno�in re ipsa):�sono�chiarissima�volonta�in�tal�senso�la�formulazione�let- terale�usata�(``chi�ha�subito�un�danno�...�per�effetto�di�violazione�...''),�il�rinvio� espresso�all'art.�2056�del�codice,�il�quale,�nel�rinviare�all'art.�1223,�richiama� il�danno�conseguenza�(``...�conseguenza�immediata�e�diretta''�del�fatto),la� riconduzione�della�fattispecie�negli�schemi�non�dell'art.�2043�cod.�civ.�(in� relazione�al�quale�e�stata�elaborata�la�teoria�del�danno-evento�e�della�viola- zione�dei�diritti�fondamentali�dell'uomo�tutelati�dalla�Costituzione,�la�quale� non�puo�rimanere�senza�ristoro:�ad�es.,�Cass.�7�giugno�2000,�n.�7715),�ma del- l'art.�1173�(obbligazione�ex lege,�che�prescinde�dalla�colpa�psicologica,�la� quale�e�,�come�tutti�sanno,�elemento�costitutivo�dell'illecito).�E�tale�imposta- zione�di�fondo�non�solo�non�divenne�obsoleta�nel�corso�dei�lavori�parlamen- tari,�ma�trovo�anzi�sicura�conferma�nell'art.�111�Cost.�novellato,�che�anno- vera�il�diritto�in�esame�non�nel�catalogo�dell'art.�2�o�tra�i�diritti�e�liberta�di� cui�agli�artt.�13-54,�ma�tra�le�``norme�sulla�giurisdizione'',�con�conseguente,� logico�affidamento�alla�legge�ordinaria�del�compito�di�``assicurare''�il�diritto� alla�ragionevole�durata�del�processo:�e�come�si�e�visto,�la�nascita�del�diritto� azionabile�in�Italia�e�da�tutti�(anche�dalla�CEDU)�indicato�nella�legge� n.�89/01.� 12.��La giurisprudenza CEDU degli ultimi anni: l'ipostatizzazione del diritto alla durata ragionevole delprocesso. E�vero�che,�durante�la�lunga�e�fati- cosa�gestazione�della�legge�Pinto,�la�giurisprudenza�della�CEDU�sub|�un� mutamento�radicale:�il�diritto�alla�ragionevole�durata�del�processo�sembro� ipostatizzarsi�e�divenire�un�``assoluto''�di�per�se�riferito�alla�persona�umana� cos|�che�la�sua�lesione�sembro�dar�luogo�di�per�se�ad�un�risarcimento,�da� liquidarsi�secondo�equita�.� Vedremo�subito�il�senso�dell'ipostatizzazione�di�quel�diritto,�in�realta� costruito�dall'art.�6�della�Convenzione�come�una�``qualita�''�del�processo�``giu- sto'',�e�cioe�come�una�sorta�di�trincea�avanzata�per�la�migliore�tutela�dei� diritti�sostanziali,�e�se�davvero�si�sia�voluto�un�cambiamento�radicale�di�giu- risprudenza�(il�riferimento�alla�``posta�in�gioco''�nelle�decisioni�degli�ultimi� anni�farebbe�pensare�alla�logica�possibilita�di�distinguere�da�caso�a�caso�pur� a�parita�di�violazione:�ma�allora�non�e�piu�vero�che�il�danno�sia�in re ipsa;� un�danno�in re ipsa non�puo�che�essere�eguale�per�tutti�gli�uomini:�la�diffe- renza�sta�nei�danni�conseguenza,�come�e�palese,�ad�esempio,�per�la�lesione� del�diritto�alla�salute).� Come�si�e�gia�sottolineato,�stante la legge vigente non�e�possibile�aderire� alle�indicazioni�della�CEDU;�se�la�legge�vigente�fosse�davvero�incoerente� con�gli�impegni�convenzionali,�toccherebbe�al�Parlamento�intervenire.�E�in� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� verita�il�Parlamento�si�sta�occupando�del�problema:�a�seguito�della�mancata� conversione�in�legge�del�decreto�legge�11�settembre�2002,�n.�201,�per�la�parte� riguardante�la�transazione�delle�pretese�di�equa�riparazione�per�la�durata� irragionevole�dei�processi,�ci�sono�state�iniziative�parlamentari�per�la�modi- fica�della�legge�24�marzo�2001,�n.�89;�una�di�queste�ha�dato�luogo�al�progetto� presentato�alla�Camera�dei�Deputati�dagli�on.li�Giancarlo�Piattelli�ed�altri� (atti�Camera�3018).�Con�esso�si�prevede�un�tentativo�di�conciliazione�presso� i�consigli�di�presidenza�o�il�consiglio�giudiziario,�con�la�rappresentanza�del� Governo�affidata�all'Avvocatura�dello�Stato;�e�previsto�un�``tetto''�alla�liqui- dazione�della�riparazione�di�500.000�euro;�il�danno�non�patrimoniale�e�rico- nosciuto�senza�necessita�di�prova,�per�il�semplice�fatto�della�violazione�del� termine�ragionevole,�salvo�i�casi�in�cui�l'interessato�abbia�causato�egli�stesso� la�violazione�per�dolo�o�per�colpa�grave.� 13.��La nozione di dirittofondamentale nella giurisprudenza CEDU. La� CEDU�lamenta,�dunque,�che�la�nostra�giurisprudenza�avrebbe�negato�la� qualita�di�diritto�fondamentale�dell'uomo�al�diritto�oggi�in�esame.�Evidente- mente�la�CEDU�non�intende,�con�l'espressione�``diritto�fondamentale�del- l'uomo�alla�ragionevole�durata�del�giudizio'',�un�``bene''�o�un'aspettativa�coes- senziale�al�processo,�perche�altrimenti�non�avrebbe�senso�la�decisione�della� stessa�CEDU�12�luglio�2001,�Ferrazzini�c.�Italia,�dove�si�nega�che�nel�pro- cesso�tributario�valga�il�principio�della�durata�ragionevole�(eppure�anche� quello�tributario�e�un�processo,�dove,�infatti,�il�giudice�deve�essere�terzo,� imparziale,�precostituito�e�la�difesa�deve�essere�piena�ed�effettiva).�Diritto� fondamentale,�nella�logica�della�CEDU,�e�quello�che,�affermato�dalla�Con- venzione,�non�puo�non�essere�concretamente�tutelato�dai�singoli�Stati� secondo�il�sistema�di�produzione�normativa�di�ciascuno;�ed�infatti�la�CEDU� non�dubito�mai�che�in�Italia�occorresse�una�legge�per�rendere�azionabile�quel� diritto;�e�si�e�gia�ricordato�che�fu�salutata�con�favore�dalla�stessa�CEDU�la� legge�24�marzo�2001,�n.�89,�come�quella�che�per�prima�ha�reso�``efficace�a� livello�interno�il�principio�della�ragionevole�durata�inserita�nella�Costituzione� italiana�dopo�la�riforma�dell'art.�111''�(sent.�in�ric.�69789/01,�Brusca�c/�Ita- lia).� 14.��La nozione di diritto fondamentale nel nostro ordinamento. Negli� ordinamenti,�come�il�nostro,�fondati�sul�``diritto�scritto''�non�e�possibile� immaginare�delle�situazioni�soggettive�che�esistano�di�per�se�,�a�prescindere� dalla�legge;�in�natura�non�vi�sono�``diritti'';�in�natura�esiste,�ben�diversa- mente,�l'uomo�con�le�sue�emozioni�e�i�suoi�bisogni,�ed�esistono�le�cose�di� cui�egli�si�serve.�Certamente�l'ordinamento�giuridico�riconosce�come�diritti� alcune�situazioni�``naturali''�fondamentali,�ed�altre�situazioni�fondamentali� crea:�potrebbe�dirsi�che�alcuni�diritti�siano�fondamentali�o�inviolabili�perche� ``bona in se''�e�che�altri�lo�divengano�``quia data'';�certo�e�che�la�netta� impronta�giusnaturalistica�che�la�terminologia�(diritti�fondamentali,�diritti� inviolabili)�evoca�perde�molto�del�suo�significato�quando�venga�calata�nella� realta�del�nostro�ordinamento,�nel�quale�ogni�diritto�soggettivo�(``dato''�o� ``riconosciuto'')�e�``fondamentale''�perche�va�rispettato�da�tutti�in�quanto�tale� e,�necessariamente�appartenendo�ad�una�persona,�non�puo�non�contribuire� a�determinarne�la�qualita�della�vita:�sono�piuttosto�la�natura�e�la�misura� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� della�reazione�in�caso�di�violazione�^dunque,�un�dato�legale�^a�dimostrare� la�quantita�di�importanza�o�di�attenzione�che�l'ordinamento�riserva�a�ciascun� diritto�soggettivo.� A�questo�punto�la�classificazione�dei�diritti�e�essa�stessa�di�diritto�posi- tivo;�infatti�la�dottrina�e�la�giurisprudenza�non�senza�incertezze�terminologi- che�e�spesso�usando�come�sinonimi�i�termini�``inviolabile'',�``assoluto'',�``fon- damentale'',�``umano'',�``della�persona'',�hanno�elaborato�le�categorie�distin- tive�dell'importanza�dei�diritti�con�riguardo�al�dato�positivo,�cioe�alla�fonte� di�produzione�e�alla�natura�della�sanzione.� Si�e�venuta�cos|�enucleando�una�sorta�di�gerarchia�dei�diritti�che�vede�al� ``primo�posto''�quelli�``riconosciuti''�dall'art.�2�Cost.�(cui�la�norma�stessa� riserva�la�qualifica�di�inviolabili)�e�che�sono�enumerati�nel�concreto�dalle� norme�della�Costituzione�che�direttamente�vi�apprestano�tutela;�vengono� poi�i�diritti�costituzionali�solo�``nominati'',�quelli�previsti,�cioe�,�con�afferma- zioni�di�principio�che�tocca�al�legislatore�attuare�e�che,�precettivamente,�val- gono�come�limite�negativo�all'attivita�di�produzione�giuridica;�vi�sono,�infine,� i�diritti�costituiti�e�disciplinati�dalla�legge�ordinaria.� 15.��Diritti fondamentali �oppositivi� e �pretensivi�. La�terminologia� tradizionale�riserva�la�qualifica�di�``fondamentali''�ai�diritti�previsti�dalla� Costituzione,�siano�essi�tutelati�direttamente�oppure�con�rinvio�alla�legge;� essi�non�riguardano�solo�i�beni�immateriali�della�persona;�nel�sistema�posi- tivo�e�certamente�fondamentale�il�diritto�al�lavoro,�alla�retribuzione�suffi- ciente,�all'iniziativa�economica,�etc. E�ricorrente�l'affermazione�giurisprudenziale�che�i�diritti�fondamentali,� ``i�quali�trovano�un�substrato�etico-giuridico�nella�strutturazione�basilare� dello�Stato�italiano''�(Cass.�9�novembre�1981,�n.�5924)�sono�diritti�``primari''� (Cass.�S.U.�6�maggio�1971,�n.�1282)�tra�i�quali�rientrano�sicuramente,�accanto� ai�diritti�di�opinione,�di�critica�e�di�cronaca�(Cass.�5�aprile�1978,�n.�1557),� all'istituto�matrimoniale�(Cass.�28�gennaio�1983,�n.�770),�all'integrita�fisica,� (Cass.�S.U.�6�maggio�1971,�n.�1282)�anche�il�posto�di�lavoro�(Cass.�16�dicem- bre�1992,�n.�13299),�la�``dimensione�patrimoniale''�della�vita�professionale�e� di�relazione�(Cass.�6�novembre�2000,�n.�14443),�la�previdenza�ed�assistenza� (Cass.�3�aprile�1999,�n.�3233).� Dunque�e�certo�che�tra�i�diritti�primari�o�fondamentali,�il�cui�riconosci- mento�da�luogo�ai�principi�supremi�del�nostro�ordinamento,�e�possibile� distinguere�quelli�che�trovano�soddisfazione�nella�mera�astensione�(il�diritto� alla�salute�richiede�che�nessuno�attenti�all'integrita�psicofisica)�e�quelli�che� trovano�soddisfazione�solo�attraverso�la�cooperazione�dell'ordinamento(�o� di�soggetto�dall'ordinamento�individuato).� Anche�tra�i�diritti�fondamentali,�pertanto,�esistono�situazioni�oppositive� e�situazioni�pretensive;�a�quelle�oppositive�si�riferisce�l'art.�2�della�Costitu- zione,�come�e�fatto�palese�dalla�lettura�della�norma�(la�Repubblica�riconosce e garantisce quello�che�nel�suo�substrato�naturalistico�gia�esiste)�e�dalla�consi- derazione�del�diritto�vivente�dato�dalla�giurisprudenza�della�Corte�Costitu- zionale,�che�legge�l'art.�2�sempre�con�riferimento�a�quei�diritti�che�``trovano� espressione�e�garanzia�nella�Costituzione�non�solo�per�il�valore�da�attribuire� al�generale�riconoscimento�dei�diritti�inviolabili�dell'uomo�fatto�dall'art.�2� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� della�Costituzione,�sempre�piu�avvertiti�dalla�coscienza�contemporanea�come� coessenziali�alla�dignita�della�persona�...�ma�anche�perche�al�di�la�della�coin- cidenza�dei�cataloghi�di�taluni�diritti�le�diverse�formule�che�li�esprimonosi� integrano,�completandosi�reciprocamente�nell'interpretazione''.�(Corte�Cost.� n.�388/1999;�in�termini,�sulle�affermazioni�di�principio,�si�vedano�in�partico- lare�le�sentenze�della�medesima�Corte�n.�399/1988,�167/1999,�345/1987).� Piu�direttamente�riferito�alla�persona�e�il�concetto�di�diritto�inviolabile� (o�primario�o�assoluto)�nella�giurisprudenza�di�codesta�Corte�Ecc.ma:�la� quale,�sulla�scorta�del�proprio�insegnamento�remoto�e�costante,�ancora�di� recente�ha�affermato�che�l'ingiusta�lesione�di�``valori�inerenti�alla�persona� costituzionalmente�garantiti''�da�luogo�al�danno�non�patrimoniale,�il�quale� va�risarcito�anche�oltre�il�danno�morale�e�quello�patrimoniale�(Cass.�31�mag- gio�2003,�n.�8827,�ed�altre�coeve;�id.�19�agosto�2003,�n.�12124)�perche�``il�rico- noscimento,�nella�Costituzione,�dei�diritti�inviolabili�inerenti�alla�persona� non�aventi�natura�economica,�implicitamente,�ma�necessariamente,�ne�esige� la�tutela,�ed�in�tal�modo�configura�un�caso�determinato�dalla�legge,�al�mas- simo�livello,�di�riparazione�del�danno�non�patrimoniale''�(Cass.� n.�8828/2003).� I�diritti�inviolabili�o�fondamentali,�direttamente�tutelati�dalla�Costitu- zione,�``impongono�allo�Stato�il�dovere�di�non�porre�norme�che�(li)�escludano� o�che�tali�liberta�rinneghino�direttamente�o�indirettamente,�ma�non�anche� l'impossibilita�,�per�il�legislatore�ordinario,�di�dettare�disposizioni�che�specifi- chino�limiti�e�condizioni�inerenti�all'esercizio�del�diritto''�(Cass.�S.U.�8�otto- bre�1974,�n.�2658):�e�affermazione�ricorrente�della�Suprema�Corte�di�Cassa- zione�nel�senso�che�anche�i�diritti�inviolabili�possano�e�debbano�essere�disci- plinati�(in�particolare,�per�la�disciplina�dell'inviolabile�diritto�alla�difesa�si� veda�Cass.�S.U.�30�marzo�2000,�n.�63;�id.�S.U.�23�aprile�2001,�n.�170;�per�l'in- violabile�diritto�alla�previdenza�e�all'assistenza,�cfr.�Cass.�20�marzo�1972,� n.�865;�per�l'inviolabile�diritto�del�minore�a�svilupparsi�in�seno�ad�una�fami- glia,�cfr.�Cass.�8�novembre�1974,�n.�3420).� 16.��Anche�nel�nostro�ordinamento�il�diritto�alla�ragionevole�durata�del� processo�e�fondamentale.�In�tale�quadro�di�riferimento�dire�che�il�diritto�alla� ragionevole�durata�del�processo�non�abbia�la�sua�disciplina�positiva�nella� Costituzione�non�significa�escludere�che�sia�fondamentale:�non�tutti�i�diritti,� pur�nominati�dalla�Costituzione,�trovano�disciplina�positiva�ed�esaustiva�in� essa;�perfino�in�diritti�inviolabili�di�cui�all'art.�2�sono,�in�qualche�misura�per� i�contenuti�oppositivi�e�per�tutto�il�loro�aspetto�pretensivo,�disciplinati�dalla� legge�ordinaria.�Dunque�diritto�fondamentale�non�significa�diritto�diretta- mente�disciplinato�dalla�Costituzione;�vuol�dire�solo�diritto�contemplato�in� essa,�o�tale�considerato�dalla�legge�ordinaria�che�nel�concreto�lo�disciplina.� In�conclusione,�la�formula�giurisprudenziale�del�diritto�alla�ragionevole� durata�del�processo�come�diritto�non�direttamente�disciplinato�dalla�Costitu- zione�e�formula�non�solo�esatta�ma�anche�per�nulla�limitativa�dell'impor- tanza�di�quel�diritto:�il�quale�e�fondamentale�nel�senso�che:� a)�e�riconosciuto�dalla�Convenzione; b)�e�``assicurato''dall'art.�111�Cost.; IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� c)�oggi�e�tutelato�dalla�legge�ordinaria,�anche�sul�piano�della�reazione� alla�violazione�con�un�meccanismo�che�ne�sottolinea�la�rilevanza�^e�dunque� ne�mette�in�rilievo�una�sorta�di�superiorita�attraverso�^il�ristoro�del�danno� non�patrimoniale�e�dell'indifferenza�della�colpa�psicologica�nel�momento� della�violazione�(tutela,�dunque,�superiore�a�quella�mediamente�riservata�alla� violazione�dei�diritti�``comuni'').� 17.��La�lesione�del�diritto�in�esame�e�il�danno�risarcibile;�la�rilevanza� della��posta�in�gioco��dimostra�che�il�danno�non�puo�essere�in�re�ipsa;�la�giuri- sprudenza�CEDU�sulla��posta�in�gioco�.�Nella�giurisprudenza�di�codesta� Corte�Ecc.ma�il�danno�non�patrimoniale�che�la�legge�n.�89/01�intende�risar- cire�e�quello�che�``in�natura''�la�lesione�del�diritto�in�esame�produce:�quel� danno�sta,�per�la�persona�fisica,�nella�``sofferenza�morale,�o�costo�emotivo� ovvero�patema�d'animo�dovuti�ad�un'ansia�prolungata�e�angosciata''�(Cass.,� 5�novembre�2002,�n.�15449),�o,�piu�in�dettaglio,�nel�``danno�morale,�consi- stente�in�sofferenze,�turbamenti,�menomazioni�dell'equilibrio�psichico� (ovvero�in�quel)�danno�che,�pur�non�coinvolgendo�la�sfera�dei�sentimenti,� degli�affetti�e�della�psiche,�ne�comportando�un�nocumento�riscontrabile�in� termini�monetari,�si�evidenzi�come�compromissione�di�posizioni�soggettive,� parimenti�tutelate,�quali�sono�i�diritti�immateriali�della�personalita�(Cass.� 2�agosto�2002,�n.�11573,�e�altre�coeve);�per�la�persona�giuridica,�o�comunque� per�l'ente�diverso�dalla�persona�fisica,�il�danno�non�patrimoniale,�derivante� dalla�irragionevole�durata�del�processo,�``puo�essere�ravvisato�solo�se�risulti� un�effettivo�rifluire�del�fattore�tempo�a�scapito�dei�diritti�della�personalita�,� ove�compatibili�con�l'assenza�della�fisicita�,�e,�quindi,�dei�diritti�all'esistenza,� all'identita�,�al�nome,�all'immagine�ed�alla�reputazione�...�.�Si�deve�affermare� che�l'irragionevole�durata�del�processo�puo�produrre�un�danno�non�patrimo- niale�alla�persona�giuridica�alla�condizione�che�il�tema�del�dibattito�coin- volga,�direttamente�o�indirettamente,�gli�indicati�diritti�della�personalita�,�pre- giudicandoli�per�effetto�del�perdurare�della�ripetizione�di�incertezza�connessa� alla�pendenza�della�causa''�(giurisprudenza�costante,�fin�dalla�prima�sentenza� in�argomento:�Cass.�2�agosto�2002,�n.�11573).� Si�e�gia�osservato�che�il�diritto�vigente�non�permette�diversa�lettura:� peraltro�la�legge�n.�89/01�copre�un'area�(quella�della�disciplina,�in�concreto,� del�ristoro�per�la�violazione�del�diritto�in�esame)�che�pacificamente�la�Con- venzione�lascia�alla�normazione�interna.� Quello�che�ora�interessa�notare�e�che�la�ricordata�lettura�giurispruden- ziale�e�del�tutto�coerente�con�la�giurisprudenza�CEDU.�Si�e�ricordato,�prima,� il�fenomeno�dell'ipostatizzazione�del�diritto�alla�ragionevole�durata�del�pro- cesso�negli�arresti�della�Corte�europea;�in�parallelo�a�quel�fenomeno�si�e� posta�l'elaborazione�della�figura�della�``posta�in�gioco''�che�e�diventata� momento�essenziale�nel�percorso�motivazionale�delle�decisioni�degli�ultimi� anni.� Non�puo�sfuggire�che�se�si�ammette�che,�a�parita�di�lesione,�vi�possa� essere,�ceteris�paribus,�una�diversita�di�indennizzo,�vuol�dire�che�la�nozione� di�diritto�fondamentale�adoperata�dalla�CEDU�non�coincide�con�quella�di� RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO diritto inviolabile dell'uomo ex art. 2 Cost.: il danno biologico, per esempio, e� eguale per tutti a parita� di lesione perche� la salute e� un diritto inviolabile (possono ovviamente essere diverse le ricadute soggettive e sul patrimonio). Avere riguardo alla ``posta in gioco'' significa sottolineare che la lesione del diritto alla ragionevole durata del processo non procura a tutti lo stesso danno-evento o danno in se� La CEDU da� invero, rilievo all'importanza che la causa riveste per il soggetto, avendo ben chiaro che altro e� una contro- versia su diritti primari altro e� la richiesta di una piccola somma: spesso si legge che quando la lite ha ad oggetto beni primari sono questi stessi che fini- scono con l'essere compromessi dalla durata eccessiva del processo (la rica- duta sul diritto inviolabile alla vita familiare e� alla base della sentenza 18 feb- braio 1999 in affare Laino cl Italia; la ricaduta sul diritto di vedere i propri figli e� alla base della sentenza 19 febbraio 1988 in affare Poulsen-Medalen e Svensson cl Svezia; analogamente in sentenza 7 agosto 1996, in affare Johan- sen cl Norvegia). Ma se cos|� e� , la nozione di diritto fondamentale, cui la CEDU si riferi- sce, nel caso della durata del processo non e� quella del diritto la cui lesione procura di per se� un danno, quanto piuttosto quella di situazione soggettiva, riferita alla qualita� della vita e cioe� posta a ``presidio avanzato'' dei diritti umani sostanziali la cui lesione deve essere risarcita quando incida sui beni ``presidiati'' e quindi sulla qualita� della vita. La lesione di quel diritto non ricade sulla persona in modo sempre eguale; un po' come il diritto di pro- prieta� : anche questo e� fondamentale, ma e� innegabile che, nel momento della lesione, altro e� un graffio al paraurti dell'autovettura utilitaria nel traffico cit- tadino, altro e� l'uccisione dell'animale da compagnia di una persona sola: se si guarda alla ricaduta della lesione della proprieta� nei due esempi, si dovra� ammettere che, per l'uomo medio, nel primo caso la sofferenza e� insignifi- cante mentre e� profondissimo il dolore nel secondo. Parimenti nessun formalismo giuridico riuscira� ad equiparare l'angoscia che l'eccessiva durata del processo provoca quando e� in gioco un'accusa penale di un reato infamante con l'atteggiamento che l'uomo normale vive quando si tratta di ottenere il pagamento di pochi euro per un piccolo danno materiale; e se il danno non patrimoniale di cui parlano tanto la legge n. 89/01 quanto la giurisprudenza CEDU e� il turbamento della qualita� della vita che la durata eccessiva del processo determina, bisogna ammettere che quel turbamento non e� affatto necessario. Ne� puo� trascurarsi la circostanza che il diritto in questione e� comunque disponibile da parte del titolare: come puo� essere disponibile uno dei ``diritti inviolabili'' dell'art. 2 Cost.? L'irragionevole durata del processo ha certamente una ricaduta sulla persona (e a volte sul patrimonio) a seconda della ``posta in gioco'': indivi- duata ed indennizzata tale ricaduta non c'e� altro da ristorare, perche� altro nocumento non esiste. Lo schema del ``diritto inviolabile'' ^sintagma che sta ad indicare il diritto alla conservazione di un bene che in natura gia� si possiede, come la vita, la salute, la proprieta� ^non si attaglia al diritto pur fondamentale in esame, la cui violazione avra� maggiore o minore o nessuna IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� ricaduta�sull'esistenza�della�persona�a�seconda�delle�singole�fattispecie,�rica- duta�che�va�dimostrata�da�chi�la�allega,�anche�per�mezzo�del�notorio�e�delle� presunzioni.� 18.��Schema conclusivo. Le�conclusioni�dell'esposizione�che�precede� possono�essere�riassunte�nel�seguente�schema:�premesso�che�la�Convenzione� europea�per�la�salvaguardia�dei�diritti�dell'uomo�e�delle�liberta�fondamentali� e�momento�di�altissima�civilta�giuridica�tanto�che�l'Italia�ne�fu�una�delle� Nazioni�fondatrici,�ed�altres|�premesso�che�l'interesse�dell'Amministrazione� nelle�presenti�cause�e�esattamente�coincidente�con�l'interesse�generale�al� rispetto�di�quel�fondamentale�documento,�in�una�con�i�principi�supremi�della� nostra�Costituzione,�si�chiede�alla�Corte�Ecc.ma�di�affermare�che:� a) il�diritto�in�questione�e�fondamentale�pur�se�non�direttamente�disci- plinato�dalla�Costituzione�che�tuttavia�lo�``assicura''�attraverso�la�legge�ordi- naria;�questa�lo�ha�introdotto�nel�nostro�ordinamento�con�una�valenza� diversa�e�superiore�a�quella�dei�diritti�soggettivi�``comuni'';�la�sua�ricondu- zione�negli�schemi�dell'art.�111�Cost.�ne�disvela�il�significato�in�terminidi� situazione�strumentale�a�presidio�avanzato�dei�diritti�sostanziali�considerati� nel�loro�momento�processuale;� b) la�violazione�del�diritto�alla�ragionevole�durata�del�processo� riguarda,�sempre�e�necessariamente,�la�dimensione�soggettiva della�``posta�in� gioco'':�l'interesse�che�la�persona�ha�per�quest'ultima�da�la�misura�del�turba- mento�dell'attesa;� c) la�ricaduta�del�ritardo�sulla�``posta�in�gioco''�o�sulla�qualita�della� vita�o�sul�patrimonio,�essendo�personale,�puo�anche�mancare�o�essere�irrile- vante:�va�dunque�precisata�e�dimostrata�da�chi�la�allega�e�solo�se�provata� nel�concreto�va�indennizzata;�l'equa�riparazione�non�e�una�pena�privata�ne� tollera�automatismi�o�sistemi�di�calcolo�predeterminato�nell'accertamento�e� nella�quantificazione;� d) quando�vi�fosse�da�adeguare�il�diritto�interno�alla�Convenzione� europea�occorrerebbe�l'intervento�del�legislatore,�non�essendo�possibili�ne�la� disapplicazione�della�legge�ne�l'ingresso�diretto�ed�immediato�della�norma- tiva�europea�nel�nostro�ordinamento.� Al�sogno�degli�europeisti�non�si�puo�oggi�dare�di�piu�,�ma�di�meno�non� deve�concedersi:�ancora�una�volta�la�Corte�di�Cassazione�e�chiamata�a�far� suo�l'antico�e�saggio�avvertimento�``...�nec tardum opperior nec praecedentibus insto''.� Roma,�18�novembre�2003� Avv. Antonio Palatiello�. RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� La�responsabilita�ex art.�2051�c.c.�dell'istituto� scolastico�durante�l'occupazione�studentesca� (Tribunale di Firenze, seconda sezione civile, sentenza 21 novembre 2002 n. 762) La�sentenza�del�Tribunale�di�Firenze�che�si�commenta,�si�pronuncia� sulla�richiesta�di�risarcimento�del�danno�proposta�da�uno�studente�infortuna- tosi�a�causa�della�rottura�di�un�manufatto�in�vetro�della�struttura�scolastica,� durante�una�occupazione�studentesca.� Nel�corso�di�una�agitazione�studentesca,�culminata�con�l'autogestione� dell'istituto�scolastico�uno�studente,�che�non�risultava�essere�presente�alle� lezioni,�spingendo�la�porta�a�vetri�della�serra�annessa�all'istituto,�si�feriva� con�il�vetro�della�porta�stessa�che�gli�procurava�delle�lesioni�di�grave�entita�.� Lo�studente,�pertanto,�citava�in�giudizio�l'Istituto�scolastico�al�fine�di� sentirlo�condannare�al�risarcimento�dei�danni�subiti,�in�applicazione�del� disposto�dell'art.�2051�c.c�(danno�cagionato�da�cose�in�custodia:-�Ciascuno� e�responsabile�del�danno�cagionato�dalle�cose�che�ha�in�custodia,�salvo�che� provi�il�caso�fortuito�).� Il�Tribunale�di�Firenze,�dopo�aver�esperito�le�prove�testimoniali�indicate� dalla�parte�attrice�e�nominato�un�C.T.U.�al�fine�di�valutare�il�danno�biolo- gico,�tratteneva�la�causa�in�decisione.� Il�Giudice�condannava�l'Istituto�Scolastico�al�risarcimento�dei�danni� subiti�dal�ricorrente.� Obblighidicustodiaedinterruzionedelnesso causale. Il�Tribunale�ha�rite- nuto�di�rinvenire�la�responsabilita�dell'Istituto�scolastico�nel�disposto�del- l'art.�2051�c.c.�in�forza�del�quale,�trovandosi�la�res con�cui�il�N.�si�e�ferito� sotto�la�custodia�dell'Istituto,�quest'ultimo�e�chiamato�a�risarcire�i�danni� cagionati�dalla�stessa.� L'Organo�Giudicante�ha�ritenuto,�altres|�,�di�rinvenire�nel�caso�de quo l'esistenza�del�nesso�causale�tra�la�res e�l'evento�dannoso,�riconoscendo�que- st'ultimo�come�conseguenza�normale�della�particolare�condizione�posseduta� dall'immobile�nella�sua�globalita�.� In�realta�,�almeno�tre�eventi�dovevano�essere�tenuti�presenti�ai�fini�del- l'interruzione�del�nesso�causale:�l'uso�improprio�della�cosa�da�parte�dello�stu- dente,�l'occupazione�studentesca�dell'istituto�verificatasi�quel�giorno,�il� divieto�di�accedere�al�manufatto.� L'autogestione,�od�occupazione,�dell'Istituto�scolastico�deve�considerarsi� necessariamente�una�circostanza�imprevedibile�rispetto�allo�svolgimento�del- l'attivita�scolastico-educativa�cui�l'Amministrazione�e�preposta.� Inoltre�essa�integra�il�reato�di�cui�all'art.�633�c.p.� Il�sinistro�e�stato�causato�da�una�res che�il�custode�materialmente�e�giu- ridicamente�non�avrebbe�potuto�controllare.� Non�solo:�e�molto�importante�precisare�che�il�Preside�aveva�interdetto� l'uso�del�suddetto�immobile�a�seguito�dei�danni�strutturali�riportati�dallo� stesso�durante�alcuni�lavori�di�sistemazione�dell'area�su�cui�insiste�il�manu- fatto.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� L'impossibilita�per�i�docenti�di�controllare�gli�spostamenti�degli�alunni� all'interno�dell'istituto�non�ha�permesso�in�alcun�modo�di�far�rispettare�tale� interdizione,�comunicata�tempestivamente�dal�dirigente�scolastico�al�corpo� docente,�agli�alunni�stessi�ed�al�proprietario�del�bene.� L'organo�giudicante�ha�ritenuto�che�l'occupazione�da�parte�degli�stu- denti�dell'istituto�non�sia�di�per�se�idonea�ad�escludere�la�costanza�del�rap- porto�di�custodia�rispetto�alla�res danneggiante.� Una�tale�considerazione�si�espone�a�numerose�critiche�in�merito�alla� dimostrazione�di�un�efficace�nesso�causale�tra�res ed�evento,�tenuto�anche� conto�del�divieto�posto�dal�Preside�in�ordine�all'uso�del�manufatto.� Occorre�distinguere�il�caso�de quo dal�caso�del�danno�cagionato�dall'esi- stenza�di�un'insidia�o�trabocchetto,�concetti�propri�della�diversa�responsabi- lita�ex art.�2043�c.c.� Pur�ammettendo�che�il�pannello�di�vetro�della�porta�presentasse�incrina- ture�sommariamente�riparate�con�dello�scotch,�nonche�problemi�di�chiusura,� il�nesso�causale�rispetto�al�danno�si�interrompe�nel�momento�in�cui�il�sog- getto�danneggiato,�con�colpa,�agisce�in�maniera�impropria.� Nel�caso�de quo,�atteso�che�quelle�sommariamente�descritte�sopra�siano� state�le�condizioni�del�manufatto,�il�N.�ha�esercitato,�come�risulta�dalle�depo- sizioni,�una�pressione�impropria�con�ambedue�le�mani�su�di�una�lastra�di� vetro�danneggiata�in�modo�da�cagionare,�per�sua�colpa,�il�frantumarsi�dello� stesso.� Risulta,�infatti,�incontestata�la�dinamica�del�sinistro�da�cui�si�evince�che� il�danneggiato�non�abbia�tentato�di�chiudere�la�porta�tramite�la�maniglia� ma�tramite�la�pressione�a�due�mani�su�di�una�lastra�di�vetro�palesemente� danneggiata.� Non�vi�sono�stati,�in�questo�caso,�trabocchetti�o�situazioni�di�pericolo� occulto�della�cosa,�come,�d'altro�lato,�non�si�puo�escludere�la�colpa�del�ricor- rente.� E�opinabile�che,�come�afferma�il�Tribunale,�il�danno�si�sia�prodotto�a� seguito�dell'uso�ordinario�della�cosa�in�custodia,�ossia�la�porta,�poiche�non� risponde�ad�alcuna�logica�di�prudenza�e�di�diligenza�il�tentativo�di�chiudere� il�manufatto�mediante�la�pressione�inconsulta�su�di�una�sua�parte�estrema- mente�fragile,�invece�che�tramite�la�maniglia�o�la�pressione�sul�telaio�della� stessa.� Peraltro,�agli�studenti�era�stato�interdetto�di�accedere�attraverso�quella� porta�proprio�a�scopo�precauzionale.� Come�afferma�la�Suprema�Corte,�nelle�fattispecie�che�presentino�questa� dinamica�deve�parlarsi�di�caso�fortuito�accidentale,�idoneo�ad�interrompere� il�collegamento�causale�tra�la�cosa�in�custodia�ed�il�danno.� Il�giudizio�sull'autonoma�idoneita�causale�del�fattore�esterno�deve�essere� adeguato�alla�natura�della�cosa�ed�alla�sua�pericolosita�.� Infatti,�tanto�meno�la�cosa�e�per�sua�natura�pericolosa,�quanto�piu�la� situazione�di�possibile�pericolo�e�suscettibile�di�essere�prevista�e�superata�da� parte�del�danneggiato�attraverso�l'utilizzo�delle�normali�cautele,�e�tanto�piu� incidente�e�rilevante�deve�considerarsi�l'efficienza�causale�del�comportamento� imprudente�del�medesimo�nel�dinamismo�della�creazione�del�danno.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� L'incremento�di�tale�efficienza�causale�conduce�all'interruzione�del�nesso� eziologico�tra�cosa�e�danno�e�ad�escludere�la�responsabilita��del�custode�ex art.�2051�c.c.�(1).� Obblighi di custodia ed uso improprio della cosao Nel�caso�de quo appare� evidente�che,�per�quanto�il�danno�si�sia�cagionato�a�seguito�di�un�utilizzo,� giova�ribadirlo,�illegittimo,�di�una�porta,�esso�sia�riferibile�ad�un�uso�impro- prio�della�stessa.� Il�Tribunale�ha�ritenuto�non�sussistesse�un�tale�uso�improprio,�valutando� solo�ed�unicamente�la�funzione��normale��del�manufatto,�apertura�e�chiu- sura,�ma�non�valutando�che�l'uso�improprio�prescinde�dal�risultato�ed�attiene� alle�modalita��di�attivazione�della�cosa.� In�altre�parole,l'uso�improprio�non�e��legato�solo�al�fatto�che�il�N.�abbia� utilizzato�la�porta�per�transitare�dalla�serra�piccola�all'altro�fabbricato,�senza� avere�il�permesso,�ma�al�fatto�che�ha�esercitato�una�pressione�su�di�una�parte� palesemente�pericolosa�e�danneggiata,�procurandosi�un�danno�che�mediante� l'utilizzo�normale�a�mezzo�di�maniglia�non�si�sarebbe�procurato. E�opportuno,�inoltre,�fare�un'altra�considerazione.� Quand'anche�si�debba�ritenere�di�qualificare�la�responsabilita��per�le�cose� in�custodia�come�una�responsabilita��di�natura�oggettiva,�cio��non�deve�con- durre�l'interprete�a�ritenere�che�in�presenza�di�un�comportamento�casual- mente�idoneo�ad�interrompere�il�nesso�eziologico�fra�danno�e�res,�il�custode� sia�comunque�tenuto�al�risarcimento�del�danno.� Nel�caso�de quo il�nesso�eziologico�potrebbe�addirittura�ritenersi�inter- rotto�dalla�commissione�ad�opera�del�danneggiato�di�un�illecito�penale�che� avrebbe�potuto�dar�luogo�ad�una�pretesa�risarcitoria�dell'Amministrazione� in�seguito�al�danneggiamento�di�beni�in�custodia�(v.�oltre).� A�prescindere�da�un�tale�ordine�di�considerazioni,�ed�argomentando�a contrariis in�ordine�all'interruzione�del�nesso�eziologico,�se�e��vero�che�a� carico�del�custode�della�res rimane�la�responsabilita��per�fatto�ignoto�(2),�e�� pur�vero�che�la�presunzione�iuris tantum di�responsabilita��deve�ritenersi�supe- rata�dalla�condotta�imprudente�del�danneggiato.� La�Suprema�Corte,�infatti,�ritiene�che�debba�valutarsi�la�conoscenza�che� il�terzo�che�utilizzi�la�cosa�in�custodia�abbia�del�difetto�strutturale�o�funzio- nale�della�cosa�medesima�e,�quindi,�della�pericolosita��dell'uso�in�relazione�al� suo�stato,�anche�non�apparente,�al�fine�di�stabilire�se�la�mancata�adozione� di�tutele�sia�da�addebitarsi�al�danneggiato�ed�in�grado�di�eliminare�il�nesso� eziologico�rispetto�al�danno.� Anche�qualora�non�si�possa�giungere�alla�eliminazione�di�tale�nesso,�il� grado�della�colpa�deve�necessariamente�essere�valutato,�contribuendo�questo� a�diminuire�comparativamente�la�responsabilita��del�custode�ai�sensi�degli� artt.�2056�e�1227,�primo�comma�c.c.� (1)�Cfr.�ex multis Cass.�civ.,�Sez.�III,�17�gennaio�2001,�n.�584,�in�Nuova Giuro Civ.,�2002,� I,�174,�con�nota�di�Venchiarutti.�Conforme�Cass.�civ.,�Sez.III,�20�luglio�2002,�10641.� (2)�Cass.�civ.,�14�marzo�1983,�n.�1897,�in�Masso Giuro It.,�1983.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� Di�piu��,�occorre�sottolineare�che�la�pericolosita��del�manufatto�era�quanto� meno�nota�agli�alunni,�i�quali�non�potevano�accedere�alla�serra�nemmeno� sotto�la�vigilanza�dei�docenti�e�degli�ausiliari�tecnici,�per�cui�il�fatto�di�essersi� introdotto�all'interno,�oltre�ai�profili�penali,�evidenzia�un�grado�della�colpa� preminente�del�N.�tale,�in�concorso�con�le�inconsulte�modalita��di�utilizzo� della�porta,�da�interrompere�il�nesso�fra�danno�e�custode.� Occorre,�altres|�,�sottolineare,�che�la�giurisprudenza�ritiene�come�necessa- rio,�per�il�sorgere�della�responsabilita��del�custode�ex art.�2051�c.c.,�che�il�dan- neggiato�abbia�un�titolo�idoneo�ad�entrare�in�legittima�relazione�con�la�res. Pertanto,�qualora�taluno�accedendo�nell'altrui�proprieta��si�procuri�dei� danni,�non�sorge�una�responsabilita��qualificata�del�custode�ai�sensi�del- l'art.�2051�c.c.�(3).� E�giurisprudenza�costante�Corte,�infatti,�che�il�caso�fortuito�idoneo�a� superare�la�presunzione�di�responsabilita��del�custode�puo��anche�consistere� nel�comportamento�del�danneggiato,�quando�questo�costituisca�la�causa� unica�ed�efficiente�dell'evento�dannoso�(vedi�ex multis Cass.�civ.,�10�maggio� 1999,�n.�4616,�citata�in�sentenza).� Nel�citare�questa�stessa�giurisprudenza�il�Tribunale�e��incorso�ulterior- mente�in�un�vizio�di�illogicita��.� L'Organo�Giudicante,�atteso�che�il�nesso�eziologico�si�interrompa� innanzi�ad�una�responsabilita��esclusiva�del�danneggiato,�ha�ritenuto�di�non� dover,�ad�ogni�buon�conto,�valutare�il�grado�della�colpa�del�N.� Autogestione come caso fortuito e come reato di invasione di edifici ex� art. 633, C.P. Quanto�sopra�a�testimoniare�che,�pur�ammettendo,�in�ipotesi,� un�concorso�di�colpa,�il�Tribunale�abbia�illogicamente�valutato�i�dati�costitu- tivi�della�fattispecie�a�grave�danno�dell'odierno�appellante.� Il�Tribunale�di�Firenze�esamina,�in�primo�luogo,�la�natura�della�viola- zione�dell'obbligo�di�vigilanza�di�cui�all'art.�2051�c.c.�esponendo�in�maniera� assai�chiara�quali�siano�gli�obblighi�di�prova�a�carico�del�danneggiato�che�si� estrinsecano�nella�necessita��,�da�parte�di�quest'ultimo,�di�provare�l'idoneita�� della��cosa��alla�produzione�del�nocumento,�l'esistenza�di�un�rapporto�di� custodia�fra�il�proprietario�della�stessa�e�la��cosa��stessa,�nonche�che�il� danno�derivi�dalla�cosa�in�se��considerata.� Il�Tribunale�da��per�certa�l'esistenza�del�rapporto�di�custodia�affermando� che�l'onere�era�sicuramente�da�rintracciarsi�a�carico�dell'Istituto�scolastico� che�aveva�la�disponibilita��del�bene.� In�realta��,�la�difesa�erariale�obiettava�sul�punto�che�l'occupazione�del- l'Istituto,�la�quale�per�una�parte�della�giurisprudenza�integra�il�reato�d'inva- sione�di�edifici�ex art.�633�c.p.,�interrompeva�il�nesso�di�custodia.� Premesso�che�sia�la�dottrina�sia�la�giurisprudenza�hanno�avuto�modo,� occupandosi�dell'argomento,�di�evidenziare�e�chiarire�che�la�responsabilita�� del�custode�non�sorge�da�un�suo�comportamento,�sia�esso�attivo�od�omissivo,� (3)�Cass.�civ.,�n.�8997�del�1999,�in�La Nuova Giurisprudenza Civile Commentata,�2000,� parte�prima,�352.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� ma�semplicemente�dalla�relazione�intercorrente�fra�quest'ultimo�e�la�cosa� dannosa,�occorre,�nell'analisi�del�caso�de quo,�evidenziare�che�la�sussistenza� di�tale�rapporto�in�realta�,e�tutt'altro�che�pacifica.� (In�tema�di�responsabilita�per�il�danno�cagionato�da�cose�in�custodia,�la� responsabilita�del�custode�sussiste�nei�limiti�in�cui�il�terzo�danneggiato�abbia� un�titolo�per�entrare�in�legittima�relazione�con�la�cosa�e�tale�titolo�non�puo� essere�rappresentato�da�un�preteso��diritto�di�accesso�alla�natura�,�che�si� vuole�consistere�nella�liberta�di�accedere,�senza�recare�danni�alle�colture�esi- stenti,�nel�fondo�altrui�che�non�sia�chiuso,�al�fine�di�svolgervi�attivita�escur- sionistiche,�ricreative�o�simili,�Trib.�S.�Remo,�30�settembre�2002,�Gius,�2003,� 2,�234).� Alla�luce�dell'evento�accidentale�dell'occupazione�dell'istituto�scolastico,� occorre�valutare�se�la�commissione�di�un�reato�da�parte�del�danneggiato� non�sia�di�per�se�idonea�ad�interrompere�il�nesso�causale�necessario�per�l'at- tribuzione�del�danno�alla�responsabilita�del�custode�della�res danneggiante.� Occorre�premettere�che�la�giurisprudenza�negli�ultimi�anni�ha�operato� un�notevole�ampliamento�dell'ambito�applicativo�dell'art.�2051�c.c.�finoad� ammettere�che�il�dinamismo�della�cosa�idoneo�alla�produzione�del�danno� sia�semplicemente�da�rintracciarsi�nella�capacita�della�res di�porsi,�per�le�sue� caratteristiche�morfologiche,�quale�causa�del�danno�(4).� La�sufficienza�della�morfologia�della�res ai�fini�della�creazione�dell'e- vento�dannoso�rende�estremamente�facile�rinvenire�una�responsabilita�in�pre- senza�di�evento�dannoso�cagionato�da�una�res che�si�trovi�sotto�la�custodia� di�un�soggetto�che�e�chiamato�a�rispondere�del�danno.� Fondamentale,�dunque,�si�configura�capire�cosa�la�norma�richieda�ai�fini� della�configurazione�della�responsabilita�in�tema�di�custodia.� La�sentenza�ritiene�certa�l'esistenza�del�rapporto�giuridico�di�custodia� fra�dirigente�dell'Istituto�scolastico�e�porta�che�ha�provocato�il�danneggia- mento�al�minore.� Il�fatto�che�nelle�ore�in�cui�si�e�prodotto�il�danno�la�scuola�fosse��occu- pata��interrompe�il�rapporto�di�custodia�fra�Istituto�e�res danneggiante?� La�giurisprudenza�maggioritaria�ritiene�che,�perche�si�possa�parlare�di� custodia,�occorre�che�il�bene�si�trovi�nella�fisica�disponibilita�del�custode,�in� modo�che�non�si�configuri�una�responsabilita�oggettiva�bens|�,incapoal� custode,�una�responsabilita�per�omessa�vigilanza�del�bene�potenzialmente� pericoloso�(5).� Si�inserisce,�a�questo�punto,�nel�nesso�causale,�l'evento�dell'autogestione.� Solo�se�il�custode�riesce�a�dimostrare�l'insorgere�di�un�evento�assoluta- mente�fortuito,�la�giurisprudenza�ritiene�che�il�nesso�causale�venga�a�manca- re�(6).� (4)�Ex multis C.C.�1999/3041,�con�nota�di�Visintini,in�G.I.,�2000,�733.� (5)�Molte�le�pronunce�che�ribadiscono�questo�punto;�fra�le�tante,�C.C.,�Sez.�III,�17�mag- gio�2001,�n.�6767.� (6)�Ex multis C.C.,�Sez.�III,�26�marzo�2002,�n.�4308.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� Infatti,�l'art.�2051�c.c.�si�riferisce�esclusivamente�al�danno�cagionato� dalla�cosa,�indipendentemente�dal�comportamento�volontario�di�colui�che�se� ne�serve�e�per�converso,�non�e�configurabile�nei�casi�in�cui�il�danno�derivi� da�un�intervento�positivo�dell'uomo.� Nel�caso�de quo,�l'esistenza�di�una�situazione�che�obiettivamente�deve� ritenersi�eccezionale,�avrebbe�dovuto�spingere�il�Tribunale�a�valutare,�ancor� prima�dell'esistenza�degli�altri�presupposti�per�l'applicazione�della�norma,�l'e- sistenza�del�rapporto�di�custodia.�Il�rapporto�in�oggetto�che�si�qualifica�per� la�caratteristica�prima�dell'attualita�del�controllo�espressa�dalla�dizione� �fisica�disponibilita���deve�essere�rinvenuto,�prima�ancora�che�in�diritto,�in� fatto.� Questo�argomento,�di�cui�si�e�avvalsa�la�difesa�dell'Avvocatura�dello� Stato,�e�stato�disatteso�dal�Giudice�il�quale�ha�ritenuto�che�l'occupazione� come�forma�di�agitazione�studentesca�non�possa�ritenersi,�all'interno�dell'atti- vita�didattica,�un�evento�eccezionale�tale�da�escludere�il�rapporto�di�custodia.� Pur�non�concordando�con�una�visione�che�lega�una�responsabilita�fon- data�sulla�disponibilita�materiale�del�bene�danneggiante�all'ipotesi�risarcito- ria,�occorre,�comunque,�tener�conto�della�progressiva�oggettivizzazione�della� figura�stessa�operata�nel�corso�degli�ultimi�anni�dalla�giurisprudenza�di� merito.� Ammesso�che�la�res presenti�per�le�sue�condizioni�di�manutenzione�una� sua�idoneita�a�procurare�il�danno,�risulta�francamente�fuor�di�dubbio�che�le� modalita�di�entrata�in�contatto�del�soggetto�danneggiato�con�la�res rivestano� comunque�un'importanza�fondamentale�nella�configurazione�della�figura� risarcitoria.� In�altri�termini,�l'efficienza�causale�della�res di�per�se�,�non�puo�da�sola� costituire�la�ragione�ultima�di�ricostruzione�del�titolo�di�responsabilita�in� capo�al�custode.� Non�sfugge�ad�un'analisi�attenta�che�tenga�conto�della�struttura�del- l'art.�2051�c.c.�che�qualora�il�controllo,�o�quanto�meno,�la�possibilita�di�con- trollo,�sulla�res viene�meno,�il�danno�che�si�ingenera�non�puo�esser�ricondotto� al�titolo�in�esame.� In�particolare,�se�e�vero�come�ha�avuto�modo�di�affermare�la�Suprema� Corte,�che�il�profilo�del�comportamento�del�custode�e�estraneo�alla�fattispe- cie�normativa�(7),�e�pur�vero�che�quando�la�res svolge�il�ruolo�di�occasione� dell'evento�dannoso�che�e�integrato�dal�comportamento�del�danneggiato� stesso,�si�sviluppa�la�figura�del�fortuito�incidentale,�che�di�per�se�e�idoneo� ad�interrompere�il�nesso�causale�fra�res e�danno�(8).� A�maggior�ragione�nei�casi�in�cui�il�contatto�da�cui�si�ingenera�l'occa- sione�del�danno�non�e�assistito�dalla�preesistenza,�anzi�dalla�contempora- neita�,�di�un�rapporto�qualificabile�come�di�custodia,�allora�la�figura�ex art.�2051�c.c.�non�puo�ricostruirsi�quale�titolo�abilitante�al�risarcimento.� (7)�Ex multis C.C.,�Sez.�III,�20�luglio�2002,�n.�10641.� (8)�Cfr.�C.C.,�Sez.III,�17�gennaio�2001,�n.�584.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� La�Cassazione�ha�avuto�modo�di�ribadire�in�piu�occasioni�che,�pur�nel- l'estraneita�della�fattispecie�rispetto�al�comportamento�del�custode,�il�fonda- mento�della�responsabilita�ex art.�2051�c.c.�deve�rinvenirsi�nella�violazione� di�un�obbligo�di�sorveglianza,�il�quale�sussiste�solo�ed�unicamente,�a�carico� del�custode,�qualora�il�soggetto,�che�risulti�danneggiato,�abbia�un�titolo�ido- neo�per�entrare�in�legittima�relazione�con�la�cosa�che�rappresenta� l'occasione-mezzo�del�danno�(9).� Nel�caso�che�si�utilizza�da�spunto�per�questa�breve�riflessione,�la�confi- gurabilita�di�un'ipotesi�astratta�di�reato�a�carico�del�soggetto�che�lamenta�il� danno�dovrebbe�quanto�meno�condurre�ad�un�particolare�approfondimento� dei�dati�fattuali�e�giuridici�della�fattispecie.� Ritenere�non�sussistente,�da�parte�del�Tribunale,�il�caso�fortuito�per�il� solo�fatto�dell'occupazione�studentesca,�non�esaurisce�il�problema�della� �legittima�entrata�in�contatto��del�danneggiato�rispetto�alla�res. Infatti,�e�doveroso�evidenziare�che,�qualora�si�ritenga�opportuno�fornire� ristoro�ad�una�fattispecie�come�quella�in�oggetto,�sarebbe�opportuno�agire� in�applicazione�del�disposto�dell'art.�2043�c.c.� Entrare�in�contatto�con�beni�di�cui�non�si�ha�la�disponibilita�in�modo� contrajus,�in�caso�di�danneggiamento,�non�puo�far�insorgere�una�responsabi- lita�qualificata�come�e�quella�prevista�all'art.�2051�c.c.�a�carico�del�custode,� ma�caso�mai,�ricorrendone�gli�estremi,�una�responsabilita�aquiliana(10).� La�figura�normativa�ex art.�2051�c.c.�si�pone,�pertanto,�come�ipotesi� risarcitoria�che�necessita�il�ricorrere�dell'elemento�fondamentale�della�custo- dia,�mancando�la�quale�il�danno,�che�la�cosa�nel�suo�essere�ha�potuto�cagio- nare,�e�risarcibile�solo�ed�unicamente�in�applicazione�del�disposto�del- l'art.�2043�c.c.� Il�vantaggio�per�l'attore�di�adire�il�Giudice�in�applicazione�dell'art.�2051� c.c.�e�assolutamente�evidente�e�risiede�nella�diversa�distribuzione�dell'onere� della�prova.�Nella�realta�dei�fatti�per�quanto�concerne�il�caso�che�ha�dato� luogo�alla�decisione�de quo,�occorre�evidenziare�che�il�comportamento�stesso� del�danneggiato�lascia�abbastanza�perplessi�in�merito�alla�possibilita�per�il� Tribunale�di�ricostruire,�quanto�meno,�un�concorso�di�colpa.� Conclusioni. La�dottrina�e�la�giurisprudenza�sono�pacifiche�nell'affer- mare�che�l'art.�2051�c.c.�non�interviene�a�derogare�i�principi�del�rapporto�di� causalita�e�di�concorso�di�cause.�Il�comportamento�colposo�del�danneggiato� interviene�a�diminuire�la�responsabilita�del�custode�ai�sensi�e�per�gli�effetti� degli�art.�2056�e�1227,�1�comma�c.c.�(11).� Qualora�il�comportamento�del�danneggiato�non�sia�in�grado�di�configu- rare�di�per�se�un�fortuito�accidentale�tale�da�interrompere�il�nesso�causale� fra�res ed�evento,�il�comportamento�comunque�non�consono�conduce,�o� (9)�Ex multis C.C.,�Sez.�III,�27�agosto�1999,�n.�8997.� (10)�Su�questo�punto�specifica�C.C.,�Sez.�III,�27�agosto�1999,�n.�8997.� (11)�C.C.,�Sez.�III,�16�febbraio�2001,�n.�2331�in�Danno e Resp.,�2001,�con�nota�di�Breda.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� almeno�dovrebbe�condurre,�a�valutare�la�responsabilita�del�custode�alla�luce� di�comportamenti�che�si�palesano�idonei�all'utilizzo�o,�comunque,�all'entrata� in�contatto�con�la�res�da�parte�del�danneggiato.� Nella�decisione�che�si�commenta�nulla�di�tutto�cio�.� In�realta�cio�che�crea�il�maggior�dubbio�nell'analisi�della�predetta�deci- sione�e�la�mancata�valutazione�del�fortuito�accidentale�e�la�ricostruzione�del� rapporto�di�custodia�in�assenza�dell'elemento�fondamentale�del�controllo� caratterizzato,�invece,�dalla�presenza�di�un�soggetto�danneggiato�che�stava� commettendo�reato.� Avv.�Maria�Vittoria�Lumetti� Dott.�Sandro�Tizzi� Tribunale di Firenze, seconda sezione civile, sentenza 21 novembre 2002, n. 762-N.�c/�Istituto� Tecnico�Agrario�Statale�di�Firenze�(Avv.�dello�Stato�M.�V.�Lumetti,�contenzioso�n.� 3366/97).� La�verificazione�di�un�infortunio�durante�l'occupazione�studentesca�non�e�circostanza�suffi- ciente�ed�idonea�ad�assurgere�a�casofortuito�e�tale�da�escludere�il�nesso�causale�tra�la�res�el'e- vento�dannoso.� �(Omissis)�Con�atto�di�citazione�notificato�il�13�novembre�1997�il�sig.�N.�ha�convenuto� dinanzi�l'intestata�Autorita�l'Istituto�tecnico�agrario�statale�di�Firenze,�in�persona�del�Pre- side,�di�cui�era�alunno,�esponendo�che�in�data�6�dicembre�1995�verso�le�ore�10,00�si�trovava� nelle�serre�dell'istituto�per�svolgere�attivita�didattica�quando,�mentre�prestava�aiuto�a�due� compagni�di�classe�della�Seconda�A,�nel�trasportare�alcune�piante�da�una�serra�ad�un'altra,� urtava�contro�il�vetro,�gia�rotto�in�piu�punti,�di�una�porta�per�cui�si�tagliava�il�polso�della� mano�sinistra;�che�subiva�lesioni�personali�diagnosticate�in��lesioni�complesse�polso�sini- stro��con�prognosi�iniziale�di�trenta�giorni;�che�si�e�dovuto�sottoporre�ad�un�intervento�chi- rurgico�di�ricostruzione�dei�flessori�e�del�nervo�ulnare;�per�tali�lesioni�agisce�in�giudizio�per� il�risarcimento,�essendo�stati�vani�i�tentativi�di�una�composizione�stragiudiziale�della�que- stione�(omissis).� E�preliminare�esaminare�il�profilo�di�responsabilita�derivante�dalla�asserita�violazione� dell'obbligo�di�custodia�ex�art.�2051�C.C.�da�parte�del�convenuto�e�posto�a�fondamento�della� domanda�attrice.� Nella�fattispecie�il�danneggiato�deve�primariamente�provare:�1)�l'idoneita�della�'cosa'�al� nocumento,�quale�idoneita�a�produrre�lesioni;�2)�che�i1�danno�derivi�dalla�cosa�in�se�conside- rata;�3)�1'�esistenza�di�un�rapporto�di�custodia�tra�il�proprietario�della�cosa�e�quest'�ultima� che�lo�obblighi�a�vigilare�e�a�tenerla�sotto�controllo.� Cio�premesso,�mentre�sono�indubbie�nel�caso�di�specie�sia�la�sussistenza�di�tale�ultimo� elemento�che�l'esistenza�di�una�intrinseca�pericolosita�della�cosa�in�se�,�l'onere�di�dimostrare� l'esistenza�di�uno�specifico�nesso�causale�tra�la�res�e�l'evento�puo�essere�assolto,�come�nel� caso�concreto,�nel�rilevare�che�l'evento�si�e�prodotto�come�conseguenza�normale�della�parti- colare�condizione,�anche�potenzialmente�lesiva,�posseduta�o�successivamente�assunta�dalla� cosa�considerata�nella�sua�globalita�.� In�ordine�al�tipo�di�responsabilita�e�in�ossequio�al�vecchio�dogma��nessuna�responsabi- lita�senza�colpa�,�il�tradizionale�orientamento�giurisprudenziale�riteneva�che�la�fattispecie�in� discorso�fosse�governata�dal�generale�principio�della�colpa:�il�dovere�di�vigilare�la�res,il� dovere�di�adottare�tutte�le�cautele�necessarie�ad�evitare�che�dalla�cosa�possano�derivare�pre- giudizi�ai�terzi,�qualora�violati,�danno�luogo�alla�responsabilita�colposa�di�cui�all'art.�2051� c.c.,�che�opera�in�via�presuntiva.� La�presunzione�iuris�tantum�di�colpa�a�carico�di�colui�che�ha�il�dovere�di�custodia�veniva� elisa�solo�qualora�tale�soggetto�dimostrasse�la�causa�ignota�o�il�caso�fortuito,�cioe�desse� prova�dell'assenza�di�colpa.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Tuttavia�a�tal�riguardo�si�registra�in�tempi�recenti�un�diverso�orientamento�della�giuri- sprudenza�della�Suprema�Corte:�la�responsabilita�in�esame�non�viene�piu�inscritta�tra�le�fat- tispecie�governate�dal�principio�della�colpa,�ma�viene�fatta�rientrare�nel�novero�delle�figure� di�responsabilita�oggettiva.� Essa�si�basa�sulla�sola�relazione�di�custodia�che�intercorre�tra�il�soggettoe�la�cosa�esul� nessodicausalita�tra�la�res�e�il�danno�(cfr.�Cass.,�sez.�III,�20�maggio�1998�n.�5031;�Cass.,� sez.�III,�12�maggio�1999�n.�4689).� Nella�struttura�della�norma�non�vi�e�piu�spazio�per�una�valutazione�del�comportamento� del�custode�che�si�potra�liberare�solo�con�la�prova�del�caso�fortuito�inteso�come�fattore� esterno,�dotato�dei�caratteri�dell'eccezionalita�e�dell'imprevedibilita�,�idoneo�ad�interrompere� il�nesso�eziologico.� Si�deve�ritenere�che,�in�tema�di�ripartizione�dell'onere�della�prova,�all'attore�compete� provare�l'esistenza�del�rapporto�eziologico�tra�la�cosa�e�l'evento�lesivo,�mentre�il�convenuto� per�liberarsi�dovra�provare�l'esistenza�di�un�fattore,�estraneo�alla�sua�sfera�soggettiva,�idoneo� ad�interrompere�quel�nesso�causale�e,�cioe�,�un�fattore�esterno�(che�puo�essere�anche�il�fatto� di�un�terzo�o�del�danneggiato)�che�presenti�i�caratteri�del�fortuito�e,�quindi,�dell'imprevedibi- lita�e�della�assoluta�eccezionalita�.� Si�parla�di��rischio��piuttosto�che�di��colpa��di�custodia�(cfr.�Cass.,�S.U.,�11�novembre� 1991�n.�12019,�in�Foro�It.�1993,�I,�c.�922).� Cio�rilevato,�la�verificazione�del�sinistro�durante�la�svolgimento�di�un�attivita�didattica� autogestita�ma�condotta�e�diretta�dal�Prof.�C.�perche�inerente�alle�materie�di�studio�dell'isti- tuto�scolastico�(preparazione�di�talee�di�piantine)�non�e�circostanza�sufficiente�ed�idonea� per�assurgere�a�caso�fortuito�e�per�escludere�il�nesso�causale�tra�la�res�e�l'evento�dannoso.� Cio�in�quanto�lo�stato�di�carente�manutenzione�in�cui�si�trovava�la�porta�^arrugginita,� non�funzionante�e�con�diversi�riquadri�di�vetro�gia�incrinati�(v.�teste�Z.)�-poteva�causare,�in� qualsiasi�momento,�dei�sinistri�e�in�danno�di�qualsiasi�avventore�della�serra;�non�da�ultimo� non�puo�essere�sottaciuta�la�circostanza�che�gia�nel�1994�il�convenuto�aveva�ritenuto�necessa- rio�provvedere�a�consolidare�e�manutenere�la�serra�medesima�(v.�doc.�n.�16�fasc.�convenuto� ove�si�legge��...che�e�interdetto�l'accessoall'aziendaannessaall'I.P.A.S.�..�perche�esistonofat- toridirischio�edipericolosita�sull'edificio�inmuraturaadibito�aserraperlegravilesioniripor- tate�a�seguito�dei�lavori�in�corso�n.�b.�svolti�dall'impresa�M.�per�la�committenza�del�comune�di� Firenze).� Ne�,�ancora,�puo�rappresentare��caso�fortuito��l'aver�l'attore�cercato�di�chiudere�con�due� mani�la�porta�a�vetri,�che�gia�non�si�chiudeva�bene:�difatti,�sebbene�in�tema�di�responsabilita� per�danni�da�cosa�in�custodia�il�caso�fortuito�idoneo�a�superare�la�presunzione�di�responsa- bilita�del�custode�puo�anche�consistere�nel�comportamento�del�danneggiato,�quest'ultimo� deve�essere�stato�la�causa�esclusiva�dell'evento�dannoso�(v.�Cass.�civ.,�sez.�III,�10�maggio� 1999�n.�4616).� Nel�caso�in�esame�non�e�stato�posto�in�contestazione�che�la�porta�a�vetri�fosse�rotta� prima�dell'incidente�e�che�parte�degli�stessi�fossero�tenuti�insieme�da�dello�``scotch''�(omis- sis)�.� Ipareri delcomitato consultivo Ipareri delcomitato consultivo A.G.S. ^Parere del 22 maggio 2003 ^Tasse su concessioni governative. Seperimpedireladecadenzafissataperilrimborso ditassediconcessione governativa sia sufficiente la spedizione della richiesta od occorra la ricezione della stessa da parte delle amministrazioni (consultivo�n.�6166/03,�avvocato� F.M.�Patierno).� �Con�la�sentenza�n.�1470/03�pronunciata�nel�giudizio�di�cui�all'oggetto�e� stata�accolta�la�domanda�di�controparte�a�seguito�dell'applicazione�del� recente�orientamento�della�Suprema�Corte�secondo�il�quale��per�impedire�la� decadenza�sia�sufficiente�la�spedizione�della�domanda�di�rimborso�e�non�il� suo�arrivo�a�destinazione�nel�termine�predetto��(Cassazione�Civile,�l�Sezione,� n.�1691�del�15�febbraio�2002),�conforme�a�Cass.,�Sez.�V,�n.�10373/00,� n.�11362/01,�n.�11463/01.� L'�Avvocatura�Distrettuale�di�Napoli�chiede�se�si�possa�desistere�dal�col- tivare�l'eccezione�di�decadenza�nelle�ipotesi�de quibus ovvero�si�insista�rite- nendo�che�la�questione�vada�riproposta�nuovamente�innanzi�alla�Suprema� Corte.� La�tematica�posta�riguarda�il�problema�che�sorge�dall'applicazione�del- l'art.�13�d.P.R.�641/1972�nei�casi�nei�quali�^per�impedire�il�maturare�della� decadenza�^la�spedizione�della�domanda�di�rimborso�della�tassa�di�conces- sione�governativa�sia�stata�effettuata�a�mezzo�posta�con�raccomandata�in� data�anteriore�alla�scadenza�del�predetto�termine�ma�la�stessa�domanda�sia� pervenuta�alla�P.A.�a�termine�scaduto.� La�Scrivente�ha�ritenuto�che�in�tali�casi�l'istanza�di�rimborso,�pervenuta� a�termine�triennale�scaduto,�non�sarebbe�stata�idonea�ad�impedire�il�matu- rare�della�decadenza�dell'art.�13�sebbene�l'istanza�di�rimborso�fosse�stata�spe- dita�prima�della�scadenza�triennale.� La�Cassazione,�al�riguardo,�ha�assunto�una�posizione�del�tutto�antitetica� a�quella�di�questa�Difesa�Erariale.� Il�piu�recente�indirizzo�della�Suprema�Corte�ritiene�che�per�impedire�la� decadenza�sia�sufficiente�la�spedizione�della�domanda�di�rimborso�e�non�il� suo�arrivo�a�destinazione.�Invero,��l'istanza�di�rimborso�della�tassa�di�con- cessione�governativa�per�l'iscrizione�delle�societa�nel�registro�delle�imprese� deve�considerarsi�tempestiva�qualora�venga�presentata�per�la�spedizione�agli� uffici�postali�entro�il�termine�di�cui�all'articolo�13�del�d.P.R.�641�del�1972�� (Cass.:�Cov.,�Sez.�1,�15�febbraio�2000,�n.�1691).� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Infatti,��poiche�gli�atti�impeditivi�della�decadenza�vengono�in�considera- zione�per�le�conseguenze�che�determinano�a�carico�del�diritto�che�deve�essere� esercitato,�per�legge�o�contratto,�entro�un�dato�termine,�il�verificarsi�di�tale� effetto�non�puo�essere�subordinato�alla�ricezione�di�tali�atti�da�parte�del� destinatario,�neppure�quando�questi�sia�determinato,�non�integrando�i�mede- simi�degli�atti�ricettizi,�per�essere�tale�qualificazione�correlata�ad�esigenze�di� tutela�del�destinatario�che,�nel�caso�della�decadenza,�non�sussistono;�tale� principio��che�in�tema�di�rapporti�con�la�P.A.�si�armonizza�con�l'altro� secondo�cui�i�termini�stabiliti�per�la�presentazione�di�ricorsi,�istanze,� domande�da�parte�di�privati�sono�osservati�quando�sono�spedite�in�tempo� utile�a�mezzo�raccomandata�con�avviso�di�ricevimento��trova�applicazione� anche�in�relazione�alla�richiesta�di�rimborso�della�tassa�di�concessione�gover- nativa�per�l'iscrizione�annuale�nel�registro�delle�imprese�corrisposta�in�appli- cazione�di�norme�incompatibili�col�diritto�comunitario,�da�effettuarsi�nel�ter- mine�di�decadenza�di�tre�anni�decorrenti�dal�giorno�del�pagamento��(Cass.� Civ.,�sez.�1,�15�ottobre�1999,�n.�11625).� Pertanto,��ai�fini�della�verifica�della�tempestivita�della�presentazione� della�domanda�di�rimborso�devesi�avere�riguardo�alla�data�di�spedizione�e� non�a�quella�di�ricezione�della�domanda�stessa�da�parte�dell'amministrazione� finanziaria�(Cass.�civ.,�Sez.�1,�25�ottobre�1999,�n.�11973)�.� In�tale�ottica�andrebbe,�quindi,�affermata�la�tempestivita�delle�domande� di�rimborso�spedite�prima�della�scadenza�del�termine�triennale�di�decadenza� ma�pervenute�alla�P.A.�in�data�successiva�al�termine�di�scadenza.� In�relazione�alla�posizione�della�Cassazione�pare�alla�Scrivente�che�sia� preferibile�prestare�acquiescenza�alle�sentenze�che�hanno�fatto�proprio�l'o- rientamento�contrario�alla�P.A.�assunto�ormai�dalla�S.C.� Resta�confermato�l'avviso�gia�espresso�dalla�Scrivente�con�note� n.�103703�e�103704�del�4�ottobre�2002�relative�ai�ct.�24960/1999�e�ct.� 21914/1999�.� A.G.S. ^Parere del 9 luglio 2003 n. 78223. Ambito�e�modalita�di�applicazione�della�legge�n.�166/2002,�art.�2�(consul- tivo�n.�5070/03,�avvocato�A.�Linguiti).� �Con�il�foglio�in�riscontro�codesta�Gestione�commissariale�ha�chiesto:�1)� se�la�disciplina�acceleratoria�della�definizione�delle�controversie�in�materia� dei�lavori�pubblici�di�cui�all'art.�2�legge�166/2002�sia�applicabile�anche�alle� controversie�che�interessano�le�opere�affidate�alla�Gestione�commissariale� ex�Agensud�incardinata�presso�il�Ministero�delle�Politiche�Agricole,�nono- stante�il�fatto�che�il�riferimento�contenuto�in�detto�articolo�riguardi�diretta- mente�solo�le�opere�ex�Agensud�attribuite�alla�competenza�del�Ministero�dei� Lavori�Pubblici�(ora�Infrastrutture�e�Trasporti);�2)�se�il�limite�del�25%�delle� pretese�di�maggiori�compensi�vada�calcolato�depurando�le�pretese�di�quelle� intempestive�o�palesemente�infondate�perche�contrastate�in�modo�evidente� da�gia�acquisite�risultanze�di�fatti;�3)�se�il�parere�dell'Avvocatura�dello�Stato� reso�ora�facoltativo�dall'art.�2�legge�166/2002�sulle�transazioni�in�discorso� I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO� possa�ritenersi�non�riguardare�comunque�e�gia��prima�di�detta�disposizione�i� rapporti�intercorrenti�tra�l'ex�Agensud�(ora�Gestione�commissariale)�ed�i� concessionari�della�realizzazione�delle�opere,�atteso�il�fatto�che�tali�rapporti� sono�riconducibili�normalmente�(e�salvi�i�casi�di�gestione�c.d.�diretta)�alla� funzione�di�finanziamento�dei�costi�delle�opere,�sicche�la�valutazione�dell'ex� Agensud�si�limita�in�tali�casi�alla�accollabilita��a�sensi�del�disciplinare�di�con- cessione�degli�oneri�transattivi�assunti�dai�concessionari�a�definizione�delle�- maggiori�pretese�avanzate�dagli�appaltatori.� Ritiene�questa�Avvocatura,�con�riferimento�al�primo�quesito,�che�la� norma�acceleratoria�di�cui�all'art.�2�legge�166/2002�sia�applicabile�ancheper� la�definizione�delle�controversie�relative�ad�opere�gia��di�competenza�dell'ex� Agensud�ed�ora�affidata�alla�Gestione�commissariale�istituita�presso�il�Mini- stero�delle�Politiche�Agricole�e�Forestali.�Tale�opinione�e��sorretta�in�primo� luogo�dal�dato�formale�offerto�^come�ricorda�codesta�Gestione�^dal�comma� 5�dell'art.�19�del�decreto�legge�32/1995�convertito�in�legge�104/1995�secondo� il�quale�il�Commissario�ad acta della�Gestione�commissariale�ex�Agensud� Politiche�Agricole�e�Forestali��esercita�i�poteri�e�osserva�le�procedure�di�cui� all'art.�9�del�D.�Leg.vo�96/1993�e�successive�modificazioni�ed�integrazioni�.� In�secondo�luogo�e,�sempre�sotto�il�profilo�formale,�lo�stesso�richiamo� contenuto�nell'art.�9/I�comma�del�D.�Leg.vo�96/1993�alle��altre�opere��ben� puo��ritenersi�essere�stato�voluto�proprio�per�riservare�alle�opere�ex�Agensud� attribuite�alla�competenza�dell'ora�Ministero�delle�Politiche�Agricole�e�Fore- stali�attraverso�l'apposito�Commissario�ad acta le�stesse�modalita��di�gestione� e�definizione�dei�relativi�rapporti.� Sotto�il�profilo�funzionale,�poi,�non�puo��non�convenirsi�con�codesta� Gestione�sulla�irrazionalita��cui�si�perverrebbe�dando�ad�una�materia�di�iden- tica�matrice�e�disciplina�fino�alla�soppressione�dell'ex�Agensud�difformita��di� trattamento�con�riguardo�alla�definizione�delle�controversie�ad�essa�relative� ed�ancora�pendenti.� Quanto�al�secondo�quesito�sembra�opportuno,�nonostante�la�dichiarata� volonta��acceleratoria�posta�a�fondamento�della�norma�in�esame,�che�la�base� di�calcolo�per�la�individuazione�del�limite�del�25%�delle�maggiori�pretese� vada�depurata�preliminarmente�soltanto�delle�pretese�palesemente�intempe- stive�o�assolutamente�infondate,�ovvero�temerarie.� Sembra�invece�che,�fermo�che�le�maggiori�pretese�vanno�prese�in�consi- derazione�nel�loro�assieme�e�senza�preliminari�depurazioni,�possa�indivi- duarsi,�entro�il�limite�massimo�del�25%�(o�del�50%�di�quanto�riconosciuto� da�lodo�o�sentenza�non�definitiva)�del�loro�importo�un�diverso�e�piu��modesto� limite�di�definizione�proprio�per�consentire�di�tener�conto�delle�maggiorio� minori�prospettive�di�fondatezza�delle�pretese�in�questione,�che�potrebbero� anche�essere�ritenute�assolutamente�inaccoglibili�in�quanto�del�tutto�infon- date.� E�su�tale�considerazione�che�appare�fondarsi�la�riconosciuta�facolta��di� chiedere�il�parere�dell'Avvocatura�dello�Stato�sui�termini�dello�schema�di� transazione,�che�non�avrebbe�altrimenti�ragione�d'essere.� Al�riguardo�pertanto�si�ritiene�che�le�innovazioni�apportate�dalla�norma- tiva�in�esame�siano�rappresentate�1)�dalla�facoltativita��della�richiesta�di� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� parere�dell'Avvocatura�contro�la�precedente�obbligatorieta��;�2)�dal�meccani- smo�del�silenzio�assenso�ove�detto�parere�se�richiesto,�non�intervenga�entro� 6�mesi�dalla�richiesta;�3)�dalla�determinazione�nella�misura�forfettaria�del� 5%�annuo�degli�accessori�per�interessi�e�rivalutazione,�con�la�decorrenza� che,�non�essendo�stata�indicata�nella�norma,�resta�quella�propria�di�ciascuna� ragione�di�credito;�4)�dall'obbligo�di�corrispondere�quanto�transattivamente� definito�entro�2�mesi�dall'acquisizione�del�parere�dell'Avvocatura�Generale� dello�Stato�(o�^si�deve�ritenere�^entro�2�mesi�dalla�scadenza�dei�6�mesi�dalla� richiesta�senza�risposta).� Per�quanto�attiene�invece�alla�valutazione�della�fondatezza�delle�mag- giori�pretese�restano�ferme�le�procedure�fin�qui�praticate�tenendo�presente� pero��che�l'offerta�transattiva�non�potra��superare�i�limiti�massimi�del�25%�o� del�50%�sopraindicato�a�seconda�dello�stato�della�vertenza.� Quanto�al�terzo�quesito,�legato�alla�natura�di�mero�finanziamento�del� rapporto�intercorrente�tra�l'ex�Agensud�ed�i�concessionari�per�la�realizza- zione�degli�interventi�ed�alla�conseguente�estraneita��dell'ex�Agensud�alle�defi- nizioni�transattive�delle�vertenze�tra�concessionari�ed�appaltatori�per�le�mag- giori�pretese�da�questi�avanzate,�sicche�le�valutazioni�dell'ex�Agensud�sareb- bero�limitate�alla�accollabilita��a�suo�carico�degli�oneri�transattivi�assunti�dai� concessionari�verso�i�propri�appaltatori�creditori,�si�ritiene�che�quante�volte� venga�dimostrato�dal�concessionario�che�gli�oneri�non�sono�imputabili�a� scelte�o�comportamenti�del�concessionario�nel�rapporto�con�gli�appaltatori�e� finalizzati�alla�realizzazione�dell'intervento�essi�vadano�coperti�dal�finanzia- mento�dell'ex�Agensud.�Pertanto,�non�rappresentando�direttamente�oneri� transattivi�e�non�essendo�conseguenza�del�puro�accollo�della�transazione,� non�sembra�che�codesta�Gestione�dovesse�obbligatoriamente,�come�e��previ- sto�per�i�negozi�transattivi,�munirsi�del�parere�dell'Avvocatura�dello�Stato,� che�ovviamente�potra��ancora�richiedere�all'attualita��quando�lo�ritenga�oppor- tuno�.� A.G.S. ^Parere del 22 luglio 2003, n. 81240 ^Accesso ai documenti ammini- strativi. Possibilita�di�accesso�ai�curricula�di�candidati�ad�un�concorso�^Limiti�per� la�tutela�della�riservatezza�(consultivo�n.�7910/03,�avvocato�G.�Mangia).� �Con�la�nota�che�si�riscontra,�codesto�Istituto�ha�sottoposto�a�questo� Gazzetta�Ufficiale�il�seguente�quesito.� Conclusosi�un�concorso�interno�per�soli�titoli�ad�un�posto�di�primo� livello�professionale,�profilo�di�dirigente�di�ricerca,�bandito�in�data� 13�novembre�2002,�ai�sensi�dall'art.�64�C.C.N.L.�21�febbraio�2002,�uno�dei� concorrenti,�idoneo�ma�non�vincitore,�ha�chiesto�di�prendere�visione�degli� atti�attinenti�il�procedimento�concorsuale;�codesto�Istituto�ha�gia��provveduto� a�consegnare�all'interessato�copia�dei�verbali�delle�riunioni�della�Commis- sione,�con�allegate�le�schede�di�valutazione�dei�titoli�relativi�a�ciascun�concor- rente,�e�chiede�a�questa�Avvocatura�se�sia�possibile,�nel�rispetto�della�legge� I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO� 31�dicembre�1996�n.�675,�consentire�l'accesso�anche�ai��curricula��dei�candi- dati�al�concorso,��curricula��che�rappresentano�uno�degli�elementi�su�cui�si� e�basata�la�valutazione.� La�risposta�al�quesito�e�nel�senso�che�e�consentita,�ai�sensi�della�legge� 7�agosto�1990�n.�241,�al�concorrente,�idoneo�ma�non�vincitore,�richiedente� l'accesso,�la�visione�dei��curricula��dei�partecipanti�al�concorso�senza�che� risultino�in�qualche�modo�compromessi�i�principi�legati�al�rispetto�della��pri- vacy��di�cui�alla�suddetta�legge�n.�675�del�1996.� La�giurisprudenza�amministrativa�ha�piu�volte�chiarito�che,�nel�necessa- rio�equilibrio�e�contemperamento�del�diritto�di�accesso�ai�documenti�ammini- strativi,�ai�sensi�dell'art.�22�1egge�7�agosto�1990�n.�241,�e�del�diritto�alla�riser- vatezza�dei�dati�provenienti�da�terzi�ed�acquisiti�dalla�P.A.,�prevale,�in�linea� generale,�il�primo,�ogniqualvolta�i�dati�medesimi�siano�utili�all'interessato� per�la�protezione�di�un�interesse�che�egli�puo�tutelare�in�via�diretta,�come� quando�il�richiedente�l'accesso�ed�i�terzi�siano�coinvolti�nel�medesimo�proce- dimento.� Infatti,�nel�conflitto�tra�diritto�di�accesso�e�diritto�alla�riservatezza,�pre- vale�il�primo�ogni�qualvolta�l'accesso�viene�in�rilievo�per�la�cura�e�la�difesa� di�propri�interessi�giuridici�(C.�Stato,�sez.�IV,�27�agosto�1998,�n.�1131;� C.�Stato,�ad.�plen.,�4�febbraio�1997,�n.�5).� Nella�fattispecie�in�esame�non�puo�essere�disconosciuta�all'istante�una� posizione�giuridicamente�tutelata�alla�conoscenza�anche�dei��curricula��degli� altri�concorrenti,�sia�perche�i�curricula��stessi�costituiscono�elementi�su�cui� si�e�basata�la�valutazione,�sia�per�la�natura�del�concorso,�il�quale�prevede� come�unico�parametro�valutativo�i�titoli�posseduti�dai�candidati.� Neppure�puo�essere�di�ostacolo�l'assunto�per�cui�sulla�trasparenza�pre- varrebbe�l'esigenza�di�tutelare�la�riservatezza�degli�altri�candidati.� I�curricula�,�infatti,�per�loro�natura,�sono�destinati�al�confronto�con� quelli�di�altri�candidati,�in�un�necessario�giudizio�di�relazione�comparata�.� A.G.S. ^Parere del 22 luglio 2003 n. 81247. Legge22dicembre1999n.�512^IstituzionedelFondodirotazioneperla� solidarieta�alle�vittime�dei�reati�di�tipo�mafioso�^Notifica�ex�art.�5�atto�di�cita- zione�(consultivo�n.�18678/02,�avvocato�S.�Sabelli).� �1.��Con�la�nota�emarginata�codesta�Avvocatura,�in�relazione�al�con- tenzioso�instaurato�con�l'atto�di�citazione�in�oggetto,�ha�richiamato�il�quesito� di�carattere�generale,�gia�rivolto�a�questo�G.U.�dalla�Consorella�di�Caltanis- setta,�con�nota�dell'11�ottobre�2002,�prot.�4887,�in�merito�all'opportunita�di� intervenire�nell'interesse�dell'Amministrazione�nel�giudizio�civile�promosso� dalle�vittime�dei�reati�di�tipo�mafioso�nei�confronti�dei�soggetti�condannati� dal�giudice�penale�in�quanto�responsabili�dei�reati�ascritti.�L'esigenza�di�un� parere�di�massima�sull'argomento�e�avvertita�anche�da�codesto�Ministero,�il� quale,�interpellato�dalla�Scrivente,�con�la�nota�del�12�novembre�2002,�prot.� 02643/N/8/7�che�si�riscontra,�ha�posto�l'attenzione�sul�tendenziale�espan- dersi�di�tale�tipo�di�contenzioso�instaurato�con�citazioni�notificate�al�Fondo,� ai�sensi�dell'art.�5�della�legge�n.�512/1999,�specificando�che,�allo�stato,�oltre� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� ai�tre�giudizi�intervenuti�dinanzi�ai�Tribunali�di�Palermo�e�Caltanissetta�^cui� si�riferiscono�le�richieste�di�parere�in�oggetto�^altri�sette�processi�risultano� pendenti�(cinque�dinanzi�allo�stesso�Tribunale�civile�di�Palermo,�uno�dinanzi� al�Tribunale�di�Ragusa�e�uno�dinanzi�a�quello�di�Milano).� Con�piu�recente�nota�del�7�gennaio�2003�il�Ministero�dell'Interno�ha�tra- smesso�all'Avvocatura�Distrettuale�di�Napoli�analogo�atto�di�citazione�conte- nente�domande�di�risarcimento�danni�dinanzi�al�Tribunale�di�Benevento.� Infine,�il�predetto�Ministero,�con�la�nota�in�riferimento�ha�trasmesso�alla� Scrivente�copia�della�nota�in�data�15�maggio�2003�dell'Avvocatura�Distret- tuale�di�Catania,�che�in�relazione�ad�analogo�atto�di�citazione�dinanzi�al�Tri- bunale�di�Catania�(omissis),�ha�espresso�parere�negativo�in�merito�all'utilita� di�partecipare�al�giudizio�intrapreso,�in�quanto�tale�partecipazione�non� potrebbe�produrre�effetti�sostanziali�ne�processuali.� 2.��Esaminati�gli�atti�e�la�normativa�introdotta�con�la�legge�22�dicem- bre�1999,�n.�512,�che�ha�istituito�il�Fondo�di�rotazione�per�la�solidarieta�alle� vittime�dei�reati�di�tipo�mafioso�e�con�il�relativo�regolamento�di�attuazione,� emanato�con�d.P.R.�28�maggio�2001�n.�284,�si�condivide,�in�primo�luogo,� l'avviso�espresso�dall'Avvocatura�di�di�Caltanissetta�in�merito�alla�portata� degli�effetti�prodotti�nei�confronti�del�Fondo�di�rotazione,�dalle�liquidazioni� operate�dal�giudice�civile�in�accoglimento�delle�pretese�risarcitorie�azionate� contro�soggetti�giudicati�in�sede�penale�quali�responsabili�di�reati�di�tipo� mafioso.� Tanto�con�riferimento�all'azione�esercitata�in�sede�penale�quanto�a� quella�esercitata�dinanzi�al�giudice�civile,�infatti,�il�disposto�della�legge� n.�512/1999�comporta�che�nei�confronti�del�Fondo�di�rotazione,�al�quale�a� norma�del�comma�terzo�sia�stato�notificato�l'atto�di�citazione�a�cura�dell'at- tore�(ovvero�notificato�l'avviso�relativo�alla�richiesta�di�rinvio�a�giudizio),�fac- cia�stato�la�sentenza�di�condanna�passata�in�giudicato,�nonche�quella�emessa� a�titolo�di�provvisionale�o�comunque�la�sentenza�civile�di�liquidazione�del� danno�(art.�5�della�legge�n.�512/1999��Domanda�per�l'accesso�al�Fondo�).� La�presentazione�di�copia�autentica�degli�estratti�di�tali�provvedimenti�auto- rizza�il�creditore�a�richiedere�il�pagamento�direttamente�al�Fondo�(v.�anche� artt.8�e�s.s.�del�d.P.R.�28�maggio�2001,�n.�284).� L'applicazione�delle�disposizioni�di�legge�e�di�regolamento�citate�com- porta,�altres|�,�che�non�sia�possibile�al�Fondo�contestare�le�statuizioni�e,�in� particolare,�le�liquidazioni�emesse�dal�giudice�civile�all'esito,�o�nel�corso,�del� giudizio�al�quale�lo�stesso�Fondo�non�abbia�preso�parte�nonostante�l'avve- nuta�notifica�dell'atto�introduttivo.� Dai�cenni�che�precedono�consegue,�in�linea�di�principio,�l'esigenza�di� partecipare�al�giudizio,�e�quindi,�l'interesse�ad�intervenire�nel�medesimo,�allo� scopo�di�evitare�che�provvedimenti�giurisdizionali�scaturiti�da�una�non�cor- retta�interpretazione�della�legge,�o�comunque�in�qualche�modo�o�misura�cen- surabili,�possano�essere�posti�in�esecuzione�nei�confronti�del�Fondo�di�rota- zione.� La�necessita�e�l'utilita�dell'intervento�in�giudizio,�inoltre,�dovranno� essere�valutate�in�concreto�in�relazione�all'importanza�del�caso�e�alla�portata� economica�del�risarcimento�richiesto,�considerando,�tra�l'altro,�i�costi�finan- I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO� ziari�e�i�possibili�rischi�giuridici�che�potrebbero�scaturire�dall'intervento,� quale�ad�esempio�quello�di�dover�impugnare�una�decisione�che�palesemente� si�discostasse�da�una�corretta�interpretazione�della�legge�e�l'impossibilita�,in� questo�caso,�di�sottrarsi�illimitatamente�al�giudicato�nell'ipotesi�di�non�impu- gnazione.� Con�maggior�cautela,�e�sempre�in�base�a�valutazioni�da�compiersi�caso� per�caso,�si�potra�assicurare�la�partecipazione�dell'Avvocatura�dello�Stato� nell'interesse�del�Fondo�di�rotazione�anche�nei�processi�penali.� 3.��Da�un�punto�di�vista�processuale�la�partecipazione�nel�giudizio� civile�la�cui�citazione�introduttiva�sia�stata�notificata�al�Fondo�sembra�pre- sentarsi�con�caratteristiche�particolari�che,�al�di�la�di�quanto�osservato�dal� Ministero�con�la�nota�del�12�novembre�2002�sopra�richiamata,�non�consen- tono�di�identificare�la�fattispecie�in�esame�con�alcuno�dei�vari�tipi�di�inter- vento�disciplinati�dagli�artt.�105�e�ss.�c.p.c.,�specie�perche�la�notifica�della� citazione�avviene�ad�istanza�dello�stesso�attore.� E�proprio�tale�notifica,�a�parere�di�questo�G.U.,�che�rende�la�sentenza�di� risarcimento�opponibile�al�Fondo�che,�attraverso�l'estensione�del�contraddit- torio,�acquisisce�la�qualita�di�parte�nel�giudizio�e�in�quanto�tale,�e�legittimato� a�svolgere�le�proprie�difese,�atteso�che�la�sentenza�che�chiudera�il�processo� sara�efficace�anche�nei�suoi�confronti.� In�caso�di�mancata�notifica�si�ritiene,�infatti,�che�la�decisione�di�risarci- mento�potra�valere�nei�soli�confronti�del�convenuto,�autore�del�reato,�ma� non�sara�opponibile�nei�confronti�del�Fondo,�ne�potra�costituire�il�legittimo� presupposto�per�attivare�la�domanda�di�accesso�ai�sensi�della�legge� n.�512/1999�e�del�relativo�regolamento�di�attuazione.� In�tale�ipotesi�l'intervento�avra�natura�particolare�che�trova�diretto�fon- damento�nella�legge�e�la�sua�ratio giustificatrice�nell'esigenza�di�sostenere� l'interesse�alla�corretta�applicazione�della�normativa�in�parola.� 4.��La�presenza�in�giudizio�dell'Amministrazione�^che�dovra�natural- mente�esprimersi�nel�rispetto�dell'intento�di�solidarieta�perseguito�dalla�legge,� intervenuta�con�disciplina�speciale�ed�apposita�per�alleviare�le�sofferenze�e�i� danni�patiti�dalle�vittime�dei�reati�in�questione�^sara�,�dunque,�rivolta�essen- zialmente�allo�scopo�di�richiamare�l'attenzione�degli�organi�giudicanti�sulle� condizioni�ed�i�limiti�previsti�dalla�legge�perche�possa�sorgere�l'obbligazione� posta�a�carico�del�Fondo.� 5.��Quanto�ai�possibili�contenuti�di�tale�intervento�si�ritiene�che�n onostante�la�verifica�delle�condizioni�previste�dall'art.�4�quali�requisiti�sog- gettivi�del�diritto�di�accesso�al�Fondo,�formi�oggetto�anche�della�successiva� fase�amministrativa�di�accesso�al�Fondo�disciplinata�dall'art.�5�della�legge� n.�512/1999�^possa�mettersi�in�evidenza,�fin�dalla�fase�giudiziaria,�l'even- tuale�assenza�dei�requisiti�di�cui�sopra,�dando�specifico�risalto�alla�verifica� della�sussistenza�delle�cause�di�esclusione�dell'obbligazione�del�Fondo�indi- cate�nel�terzo�comma�dell'articolo�4,�e�di�quelle�ostative�all'esercizio�del� diritto,�previste�dal�quarto�comma.� 6.��Per�quanto�concerne,�inoltre,�la�determinazione�dell'ammontare� delle�liquidazioni�che�potranno�essere�effettuate�in�accoglimento�delle� domande�risarcitorie,�pur�nel�rispetto�dell'intento�solidaristico�della�legge,� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� non�si�potra�mancare�di�opporsi�a�richieste�risarcitorie�manifestamente�inam- missibili�ovvero�infondate�alla�stregua�della�comune�interpretazione�del- l'art.�2043�c.c.� Tale�sembra�essere�il�caso�della�richiesta�di�risarcimento�formulata�dagli� eredi�B.�innanzi�al�Tribunale�di�Palermo,�nella�parte�volta�ad�ottenere�la� liquidazione�non�solo�dei�danni�derivanti�dalla�grave�perdita�subita�(e�dun- que�ammissibili)�ma�anche�di�quelli�consistenti�nelle�sofferenze�morali�patite� ancor�prima�dell'evento�dannoso�a�causa�del��pericolo costante di attentati da parte dei convenuti�,�e�quindi�nella��paura di essere ucciso da un momento all'altro�,�che�era�divenuta��moltopiu� forte dopo l'assassino delfraterno amico, il dotto Giovanni Falcone�.�In�tal�caso,�infatti,�all'evidenza,�il�nesso�di�causa- lita�tra�l'evento�e�i�danni�da�esso�derivanti.� 7.��Ai�fini�dell'effettiva�realizzazione�della�funzione�di�garanzia�perse- guita�dal�Legislatore,�non�potra�,�infine,�non�tenersi�conto�dei�limiti�indicati� dalla�legge�citata�e�dal�regolamento�di�attuazione�(azionato�con�d.P.R.� 28�maggio�2001,�n.�284),�entro�i�quali�contenere�lo�stanziamento�complessivo� dei�relativi�oneri.� L'art.�8�della�legge�specifica,�infatti,�che�alla�copertura�finanziaria�di�tali� oneri,�quantificati�in�lire�20�miliardi�annue�a�decorrere�dall'anno�1999,��si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, aifini del bilancio triennale 1999-2001, nell'ambito dell'unita� previsionale di base di parte corrente �Fondo Speciale dello Stato di previsione del Ministero del Tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l'anno 1999�,�allo� scopo,�parzialmente�utilizzando�l'accantonamento�relativo�al�Ministero� medesimo.�L'art.�14�del�regolamento,�inoltre,�specifica�che�il�Comitato�di� solidarieta�,�in�caso�di�disponibilita�finanziarie�insufficienti�nell'anno�di�riferi- mento,�delibera�l'accesso�al�Fondo�in�quota�proporzionale�nella�misura�per- centuale�determinata�all'inizio�dell'anno�dal�Comitato�medesimo,�che�entro� il�biennio�successivo�all'anno�di�riferimento,�sulla�base�delle�effettive�risul- tanze,�provvede�alla�liquidazione�definitiva,�senza�aggravi�di�spesa�derivanti� da�interessi,�rivalutazioni�ed�oneri�aggiuntivi.� Si�ritiene�opportuno,�pertanto,�richiamare�l'attenzione�dell'Organo�Giu- dicante�anche�su�tali�aspetti.� Nel�rimanere�a�disposizione�per�eventuali�ed�ulteriori�chiarimenti�che� dovessero�rendersi�necessari�in�relazione�a�singoli�casi,�allo�stato,�si�rendono� le�carte�.� A.G.S. ^Parere del 1 ottobre 2003, n. 105547 ^Rimborsi e termine di prescri- zione. (consultivo�n.�13863/02,�avvocato�L.�Criscuoli)� �Con�la�nota�suindicata�codesta�Direzione�Centrale�ha�chiesto�di�cono- scere�il�parere�della�scrivente�sulla�materia�indicata�in�oggetto,�al�riguardo� proponendo�i�seguenti�tre�quesiti:� 1.�quale�debba�intendersi�la�data�della�decorrenza�del�termine�della� prescrizione�in�materia�di�rimborsi�delle�imposte�dirette�e�dell'I.V.A.;� I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO� 2.�se�il�termine�medesimo�possa�essere�validamente�interrotto;� 3.�se�sia�legittimo�ricorrere�all'istituto�dell'autotutela�per�effettuare� rimborsi�di�somme�indebitamente�percepite�allorche�in�capo�al�contribuente� sia�maturata�la�prescrizione�del�diritto�al�rimborso.� In�ordine�alla�data�da�prendere�in�considerazione�per�la�decorrenza�del� termine�di�prescrizione�codesta�Agenzia,�dapprima,�ricorda�l'orientamento� dell'Amministrazione�finanziaria�espresso�nella�circolare�17�dicembre�1987,� n.�17,�nella�quale�si�affermava�che�la�pretesa�creditoria�puo�essere�avanzata� immediatamente�dal�contribuente,�di�tal�che�la�mancata�richiesta�configure- rebbe�inerzia�utile�al�decorso�della�prescrizione�che�inizierebbe�a�decorrere� dal�giorno�del�versamento�dell'indebito,�laddove�con�precedente�circolare� (n.�14�del�1984),�relativamente�ai�rimborsi�collegati�ad�una�dichiarazione,�si� era�espresso�l'avviso�che�il�termine�prescrizionale�non�inizia�a�decorrere�dalla� data�della�presentazione�della�dichiarazione�bens|�dalla�data�della�liquida- zione�(ovvero�da�quella�in�cui�scade�il�termine�stabilito�per�la�liquidazione)� delle�imposte�dovute�ai�sensi�dell'art.�36�bis�del�d.P.R.�n.�600/1973�e�succ.� modif.;�quindi,�evidenzia�che�con�recente�pronuncia�la�sezione�tributaria� della�Suprema�Corte�(Cass.,�sez.�V,�5�settembre�2001,�n.�11416)�ha�statuito� che�il�termine�in�questione,�per�i�rimborsi�collegati�a�dichiarazione,�decorre� dalla�data�di�presentazione�della�dichiarazione,�momento�questo�al�quale� deve�intendersi�ancorata�la�nascita�della�pretesa�al�rimborso.� Per�esigenza�di�completezza,�nel�panorama�giurisprudenziale�formatosi� sulla�materia�in�discussione,�devono�essere�ricordate�la�sentenza�7�settembre� 2001,�n.�11511,�dal�contenuto�conforme�alla�n.�11416,�e�la�sentenza�6�agosto� 2002,�n.�11830�che,�invece,�andando�in�difforme�avviso�da�quelle�che�l'ave- vano�preceduta,�statuisce�che��in�tema�di�imposte�sui�redditi,�qualora�il�con- tribuente�abbia�evidenziato�nella�dichiarazione�un�credito�d'imposta,�non� occorre,�da�parte�sua,�al�fine�di�ottenerne�il�rimborso,�alcun�altro�adempi- mento�(quale,�in�particolare,�l'istanza�ex art.�38�del�d.P.R.�29�settembre� 1973,�n.�602,�estranea�alla�fattispecie�anzidetta),�ma�deve�solo�attendereche� l'amministrazione�finanziaria�eserciti,�sui�dati�esposti�in�dichiarazione,�il� potere�^dovere�di�controllo�secondo�la�procedura�di�liquidazione�delle�impo- ste,�prevista�dall'art.�36�bis�del�d.P.R.�29�settembre�1973,�n.�600,�ovvero,� ricorrendone�i�presupposti,�secondo�lo�strumento�della�rettifica�della�dichia- razione.�Una�volta�che�il�credito�si�sia�consolidato�^attraverso�un�riconosci- mento�esplicito�in�sede�di�liquidazione,�ovvero�per�effetto�di�un�riconosci- mento�implicito�derivante�dal�mancato�esercizio�nei�termini�del�potere�di�ret- tifica�^l'amministrazione�e�tenuta�ad�eseguire�il�rimborso�e�il�relativo� credito�del�contribuente�e�soggetto�alla�ordinaria�prescrizione�decennale,� decorrente�dal�riconoscimento�del�credito�stesso�.�Con�particolare�riferi- mento�al�punto�della�decorrenza�dell'ordinaria�prescrizione�decennale,�la� Suprema�Corte�nulla�di�particolare�ha�affermato�nell'occasione;�appare�evi- dente�che�il�giudice�della�legittimita�,�questa�volta�ha�dato�per�scontato�che� nel�periodo�di�tempo�intercorrente�tra�la�presentazione�della�dichiarazione�e� l'esercizio�del�potere�di�controllo�dell'amministrazione�finanziaria�il�diritto� al�rimborso�non�puo�essere�fatto�valere�dal�contribuente,�sicche�il�termine�di� prescrizione�non�decorre.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Al�riguardo�la�scrivente,�che�nel�difendere�gli�interessi�dell'Amministra- zione�nei�relativi�giudizi�aveva�assunto�una�posizione�conforme�a�quella� espressa�dalle�prime�sentenze�citate,�pur�nutrendo�alcune�perplessita��al� riguardo,�visto�che�in�ogni�caso�la�tesi�espressa�nella�sentenza�n.�11830/2002� (che�richiama�l'orientamento�in�precedenza�fatto�proprio�dall'Amministra- zione)�merita�considerazione,�ritiene�che,�per�stabilire�la�data�in�cui�inizia�a� decorrere�per�il�contribuente�creditore�il�termine�di�prescrizione,�sia�oppor- tuno�guardare�a�quella�della�presentazione�della�dichiarazione�che�esponga� un'imposta�a�credito.�Invero,�in�base�alla�vigente�normativa,�ben�puo��rite- nersi�(fermo�restando�che,�allo�stato�della�giurisprudenza�della�Sezione�tribu- taria�della�Corte�di�Cassazione,�non�pare�opportuno�discostarsi�dall'orienta- mento�piu��favorevole�manifestato�dal�Supremo�Collegio�sul�punto)�che� quello�sia�il�momento�genetico�del�diritto�di�credito�del�contribuente�e�della� corrispettiva�obbligazione�restitutoria,�ovverosia�che�in�quel�momento�nasca� la�pretesa�alla�restituzione,�pretesa�che,�come�messo�in�rilievo�dal�giudice� della�legittimita��per�il�caso�di�rimborso�collegato�alla�presentazione�di�una� dichiarazione,�al�di�la��del�tempo�spettante�all'Amministrazione�per�esercitare� il�proprio�potere�di�controllo�e�quello�connesso�di�liquidazione�(c.d.�spatium deliberandi),�non�conosce�impedimenti�e�puo��subito�essere�efficacemente�fatta� valere�dal�contribuente,�quanto�meno�al�fine�di�interrompere�il�decorso�del� termine�di�prescrizione,�laddove�l'inerzia�del�creditore�sin�dal�momento�in� cui�ha�provveduto�a�presentare�la�dichiarazione�che�espone�l'imposta�a�cre- dito�(e,�quindi,�manifesta�la�pretesa�di�rimborso)�fa�decorrere�la�prescrizione.� Tale�orientamento�e�tali�conclusioni�possono�considerarsi�validi�anche�in� materia�di�I.V.A.,�posto�che�il�diverso�meccanismo�del�tributo�non�va�ad�inci- dere�nella�materia�dei�rimborsi�dell'imposta�versata�in�eccesso�perche�non� dovuta�e�dei�crediti�d'imposta�e�della�prescrizione�dei�relativi�diritti,�restando� accantonata,�in�quanto�non�specificamente�affrontata�nella�richiesta�di� parere,�la�questione�della�rilevanza�del�termine�di�tre�mesi�previsto�dal- l'art.�38-bis per�il�caso�dei�rimborsi�c.d.�accelerati.� B)�Come�pacificamente�ammesso�da�codesta�Agenzia�nell'introdurre� l'argomento�in�trattazione,��nel�vigente�ordinamento�tributario�non�si�rin- viene�alcuna�disposizione�che�deroghi�ai�principi�generali�in�materia�di�cer- tezza�dei�rapporti�giuridici�.�Da�cio��deriva�necessariamente�che�il�corso�della� prescrizione�del�diritto�al�rimborso,�proprio�in�base�ai�richiamati�principi� generali�non�derogati�in�materia�di�rimborsi�di�imposta,�possa�essere�inter- rotto�sia�in�base�a�comportamenti�del�contribuente�(creditore)�che�a�seguito� di�comportamenti�dell'Amministrazione�finanziaria�(debitrice)�a�cui�l'ordina- mento�attribuisce�valida�efficacia�interruttiva�(un'istanza�o�un�sollecito�di� pagamento�del�credito�vantato�presentati�dal�contribuente,�ovvero�una�pro- posta�di�rimborso�dell'Amministrazione�cui�possa�attribuirsi�valore�ricogni- tivo).�Non�troverebbe�invero�alcuna�valida�giustificazione�e�spazio�nell'ordi- namento�una�prescrizione�in�materia�tributaria�il�decorso�del�cui�termine� non�possa�subire�valide�interruzioni.� C)�Per�quel�che�attiene,�infine,�alla�possibilita��di�effettuare�in�via�di�auto- tutela�il�rimborso�di�somme�indebite�anche�nel�caso�in�cui�si�sia�maturata�la� prescrizione�del�relativo�diritto,�sul�presupposto�che�in�linea�generale�l'attivita�� I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO� di�autotutela�amministrativa�possa�essere�esercitata�anche�in�materia�di�rim- borsi,�codesta�Agenzia,�ricordato�che�anche�il�giudicato�formatosi�su�que- stioni�di�rito,�quali�l'irricevibilita�o�l'inammissibilita�o�l'improcedibilita�del� ricorso�giurisdizionale�ovvero�le�questioni�di�competenza�e�di�giurisdizione,� non�costituisce�ostacolo�all'esercizio�del�potere�di�autotutela,�esprime�l'avviso� che�tale�potere�possa�essere�esercitato�anche�per�eseguire�rimborsi�di�somme� corrisposte�indebitamente�all'erario�relativamente�ai�quali�il�diritto�del�con- tribuente�sia�caduto�in�prescrizione.� Questa�Avvocatura�non�concorda�con�la�tesi�espressa�da�codesta�Dire- zione�Centrale�e�con�le�argomentazioni�che�la�sostengono.� Al�di�la�ed�a�monte�di�serie�questioni�che�pure�si�potrebbero�porre�in� discussione�sia�in�punto�di�diritto�(problemi�dei�limiti�della�coesistenza�del� potere�di�autotutela�della�pubblica�amministrazione�e�dell'esigenza�di�rispetto� dalle�legittimita�che�esso�sottende,�da�un�lato,�e�dell'esigenza�della�certezza� dei�rapporti�di�diritto�che�e�a�base�della�stessa�ratio della�prescrizione,�dall'al- tro)�che�in�termini�di�opportunita�dell'azione�amministrativa�(necessita�di�tra- sparenza�assoluta,�onde�evitare�la�disparita�di�trattamento�in�considerazione� dell'ampia�discrezionalita�amministrativa�che�caratterizza�l'autotutela�ammi- nistrativa�e�conseguentemente�la�necessita�di�un'elaborazione�preventiva�di� criteri�generali�particolarmente�capillari�ai�quali�attenersi�e�di�un'esaustiva� motivazione�del�provvedimento),�quel�che�alla�scrivente�pare�difficilmente� superabile�e�una�sorta�di�incompatibilita�di�fondo�tra�il�concetto�dell'autotu- tela�amministrativa�e�quello�della�prescrizione�che�non�sembra�possa�essere� negata.� Al�riguardo�si�rappresenta�quanto�segue.� Solo�di�recente,�a�seguito�di�interventi�legislativi,�si�sono�dissolti�definiti- vamente�i�dubbi�che�parte�cospicua�della�dottrina�nutriva�in�ordine�alla�pos- sibilita�che�il�generale�potere�di�autotutela�della�pubblica�amministrazione� fosse�esplicabile�anche�nel�campo�tributario.�Infatti,�solo�con�il�d.P.R.� n.�287/1992,�recante�il�Regolamento�degli�uffici�e�del�personale�del�Ministero� delle�Finanze,�si�e�espressamente�stabilito�(art.�68,�successivamente�abrogato� dall'art.�23�del�d.P.R.�n.�107/2001)�che��salvo�che�sia�intervenuto�giudicato,� gli�uffici�dell'amministrazione�finanziaria�possono�procedere�all'annulla- mento�totale�o�parziale�dei�propri�atti�riconosciuti�illegittimi�o�infondati�con� provvedimento�motivato�comunicato�al�destinatario�dell'atto�.�In�seguito,� l'art.�2�quater�del�d.l.�n.�564/1994,�convertito�nella�legge�n.�656/1994,�ha�pre- visto�che�con�decreto�del�Ministro�delle�Finanze�fossero�indicati��gli�organi� dell'amministrazione�finanziaria�competenti�per�l'esercizio�del�poteredi� annullamento�d'ufficio�o�di�revoca,�anche�in�pendenza�di�giudizio�o�in�caso� di�non�impugnabilita�,�degli�atti�illegittimi�e�infondati�.�Sulla�base�di�tale� norma�e�stato�emanato�il�d.m.�11�febbraio�1997,�n.�37,�con�il�quale�si�e�prov- veduto�ad�integrare�la�assai�scarna�disciplina�contenuta�nei�richiamati� artt.�68�e�2�quater;�nel�relativo�regolamento.� Al�riguardo�va�anche�ricordato�che�l'autotutela�amministrativa,�che�a� fronte�di�interessi�legittimi�opera�sul�piano�di�poteri�autoritativi,�si�risolve�in� via�generale�in�un�potere�ampiamente�discrezionale�della�pubblica�ammini- RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� strazione�i�cui�presupposti�indefettibili�sono�la�presenza�di�un�vizio�di�legitti- mita�nell'atto�che�la�pubblica�amministrazione�intende�annullare�d'ufficio�e� la�sussistenza�di�un�interesse�pubblico�specifico�all'annullamento�(e�non�sol- tanto�l'interesse�rispondente�a�quello�generico�di�mero�ripristino�della�legalita� violata;�dunque,�un�interesse�che,�in�via�di�normalita�,�la�giurisprudenza�del� giudice�amministrativo�ha�identificato�in�quello�sostanziale�dell'amministra- zione�al�cui�soddisfacimento�e�preordinato�il�potere�del�quale�l'atto�illegit- timo,�da�annullare,�costituisce�concreto�esercizio).�Orbene,�in�tale�contesto,� in�capo�al�soggetto�che�beneficerebbe�dell'annullamento�d'ufficio�(cui� potrebbe�attribuirsi�la�figura�del�cointeressato)�puo�riconoscersi�soltanto�un� mero�interesse�di�fatto�e,�dunque,�non�una�situazione�di�interesse�giuridica- mente�protetto.� Cio�premesso�e�venendo�al�campo�del�diritto�tributario,�e�agevole� notare�che,�a�differenza�di�cio�che�generalmente�avviene�nel�diritto�ammini- strativo,�in�cui�si�opera�per�lo�piu�sul�terreno�dei�poteri�autoritativi�e�quindi� degli�interessi�legittimi,�l'amministrazione�finanziaria�opera�incidendo�su� posizioni�di�diritto�soggettivo�quali�innegabilmente�sono�quelle�che�costitui- scono�i�rapporti�obbligatori�d'imposta,�venendo�meno�la�figura�del�terzo� soggetto�del�rapporto�(vale�a�dire�quella�del�controinteressato,�ossia�delsog- getto�destinatario�degli�effetti�vantaggiosi�provocati�dal�provvedimento�rico- nosciuto�illegittimo�e�da�annullare,�figura�che�normalmente,�e�presente�nel� diritto�amministrativo�quale�titolare�di�un�interesse�legittimo�contrario� all'autoannullamento�e,�quindi,�del�diritto�di�impugnare�l'atto�di�ritiro).�Sus- sistono,�dunque,�tali�non�trascurabili�differenze�che�rendono�assolutamente� diversi�nella�stessa�natura�e�nella�ratio il�potere�di�autotutela�previsto�per�il� diritto�tributario�da�quello�di�autotutela�amministrativa�per�gli�interessi� legittimi.� Dal�quadro�normativo�dianzi�delineato�puo�trarsi�la�convinzione�che�il� potere�di�autotutela�riconosciuto�all'Amministrazione�finanziaria�dal�legisla- tore�tributario�appartenga�ad�un�diverso�genere�rispetto�a�quello�proprio� del�consueto�potere�di�autotutela�amministrativa�e�sia�piu�assimilabile�al� potere�di�autotutela�esercitato�dall'amministrazione�nell'ambito�del�diritto� amministrativo��comune��quando�sono�coinvolte�situazioni�giuridiche�di� diritto�soggettivo.� Se�cos|�e�,�e�non�sembra�alla�scrivente�che�sussistano�ragioni�valide�per� dubitarne,�e�agevole�osservare�che�in�materia�di�rimborsi�di�imposta�caduti� in�prescrizione�non�sussistano�i�presupposti�per�una�legittima�esplicazione� del�potere�di�autotutela�previsto�dalla�legge�da�parte�dell'amministrazione� finanziaria�(oggi,�Agenzia�delle�Entrate).� In�primo�luogo�non�deve�dimenticarsi�che�ci�si�muove�nell'ambito�di� diritti�indisponibili,�laddove�non�puo�negarsi�che�rinunciare�ad�avvalersi� della�prescrizione�di�un�credito�d'imposta�maturata�a�favore�dell'Amministra- zione�costituirebbe�un�atto�di�disposizione�non�consentito.� Peraltro,�e�la�considerazione�appare�assorbente,�nel�momento�in�cui�si� provveda�al�rimborso�di�un�credito�d'imposta�caduto�in�prescrizione,�non�si� rinviene�una�situazione�di�illegittimita�da�rimuovere,�atteso�che�il�maturare� della�prescrizione,�nelle�more�verificatosi,�ha�portato�all'estinzione�del�diritto� I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO� di�credito�in�capo�al�contribuente,�fatto�questo�che�fa�venire�meno�qualsiasi� situazione�di�illegittimita�.�Verrebbe,�quindi,�meno�uno�dei�presupposti�inde- fettibili�per�aversi�un�corretto�esercizio�del�potere�di�autotutela.� Ove,�infatti,�si�consideri,�da�un�lato,�che�la�prescrizione�si�verifica�sol- tanto�in�seguito�ad�un�comportamento�gravemente�inerte�dell'avente�diritto� (dieci�anni�di�inerzia,�appunto)�e�non�deriva�da�un�comportamento�attivo�ed� illegittimo,�della�pubblica�amministrazione,�e,�dall'altro,�che�la�scadenza�del� termine�di�prescrizione,�estinguendo�il�diritto�al�rimborso,�ha�eliminato�dal� mondo�giuridico�qualsiasi�situazione�giuridica�che�possa�ritenersi�lesa�eche� sia�meritevole�di�tutela,�non�pare�utilmente�spendibile,�a�favore�della�tesi� contraria,�neppure�l'argomentazione�secondo�la�quale�l'uso�del�potere�di� autotutela�finirebbe�col�condurre�ad�una�corretta�applicazione�del�principio� di�capacita�contributiva�costituzionalmente�garantito�(art.�53�Cost.)�a�cui�si� e�richiamata�codesta�Agenzia.� Conclusivamente�e�sulla�base�di�tali�considerazioni,�la�scrivente�ritiene,� che�nel�caso�di�un�diritto�al�rimborso�di�un�credito�d'imposta�prescrittosi,la� tesi�dell'esplicabilita�del�potere�di�autotutela�dell'Amministrazione�si�appalesi� antinomica�e�non�praticabile�e�che�l'intervento�della�prescrizione�estintiva� del�diritto�al�rimborso�costituisca�ostacolo�non�superabile�all'esplicazione� del�potere�di�autotutela�in�favore�del�contribuente�.� A.G.S. ^Parere del 22 settembre 2003, n. 102641 Convenzione transattiva evolutiva tra il Ministero dell'Interno -Diparti- mento della Pubblica Sicurezza e Telecom S.p.a. ^Rapporti con disciplina Con- sip S.p.A. (consultivo�n.�9325/02,�avvocato�G.�Fiengo).� �In�relazione�alla�richiesta�di�chiarimenti,�formulata�da�codesta�Ammi- nistrazione�con�la�nota�in�epigrafe�indicata,�circa�la�possibile�interferenza� della�convenzione�transattiva�stipulata�tra�il�Dipartimento�di�P.S.�e�Telecom� Italia�S.p.a.�in�data�26�febbraio�2003�con�la�vigente�disciplina�delle�forniture� e�dei�servizi�tipo�per�le�amministrazioni�centrali�dello�Stato�(il�cosiddetto� �sistema�Consip�S.p.a.�),�si�svolgono�le�seguenti�osservazioni.� Va�premesso�che�il�sistema�Consip�e�incentrato�su�una�serie�di�disposi- zioni�legislative�succedutesi�nel�corso�degli�ultimi�anni,�finalizzate�alla�realiz- zazione�dell'obiettivo�di�centralizzare�gli�acquisti�di�beni�e�servizi�per�tutte�le� amministrazioni�centrali�e�periferiche�dello�Stato,�nonche�delle�altre�pubbli- che�amministrazioni,�anche�locali,�in�un'ottica�di�contenimento�della�spesa� pubblica.�Il�meccanismo�individuato�originariamente�dal�legislatore�del�1999� (ex�art.�26�legge�n.�488/1999,�cui�sono�succeduti�gli�artt.�59�legge�n.�388/00,� 2.�comma,�1�d.l.�n.�347/01,�conv.�in�legge�n.�405/01,�24�e�32�legge�n.�448/01,� oltre�al�recente�art.�24�legge�n.�289/02)�prevede�l'obbligo�di�adesione�per�le� pubbliche�amministrazioni�centrali,�per�le�altre�considerate�nella�tabella�C� allegata�alla�stessa�legge�finanziaria�2003�(che�individua�i�soggetti�destinatari� degli�stanziamenti�nel�bilancio�dei�ministeri)�e,�comunque,�per�gli�enti�pub- blici�istituzionali,�alle�convenzioni�stipulate�da�Consip�con�fornitori�prescelti� all'esito�di�gare�pubbliche�per�le�differenti�categorie�di�servizi�e�beni.�Il�dovere� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� di�avvalersi�delle�convenzioni-quadro�e�stato�recentemente�rafforzato�dal� citato�art.�24�della�legge�n.�289/02,�il�quale�ha�previsto,�al�comma�4,�che�la� violazione�di�tale�obbligo�(cos|�come�di�quelli�derivanti�dalla�normativa� nazionale�e�comunitaria�sui�pubblici�appalti)�comporta�non�soltanto�la�nul- lita�del�contratto�d'appalto�comunque�stipulato,�ma�altres|�la�responsabilita� del�dipendente�che�lo�ha�sottoscritto,�sia�sotto�il�profilo�amministrativoche� per�quanto�riguarda�le�obbligazioni�assunte�in�nome�dell'�amministrazione� contraente.� In�tale�contesto,�nonostante�la�transazione�in�esame�sia�stata�trattata�e� conclusa�in�una�fase�(precedente�al�dicembre�2002),�nella�quale�la�nuova� disciplina�legislativa�non�risultava�ancora�stabilizzata,�nondimeno�una�serie� di�riferimenti�nel�testo�dell'accordo�transattivo�(in�particolare�l'art.�1�punto� 3)�al�sistema�tariffario�Consip�e�la�disciplina�dei�nuovi�ordinativi�di�cui� all'art.�10,�fanno�ritenere�che�le�parti�hanno�tenuto�presente�l'eventuale�limite� legislativo,�prevedendo�l'obbligo�di�adeguamento�automatico�delle�tariffe�nel� caso�in�cui�la�prestazione�(�o�parte�di�essa)�fosse�divenuta�oggetto�di�specifi- cazione�in�base�ad�un�contratto�di�fornitura�e/o�di�servizio�stipulato�dalla� Consip�S.p.a..�Va�anche�tenuto�presente�che�il�problema,�almeno�fino�al� 2006,�non�si�pone�per�la�telefonia�dal�momento�che�il�vincitore�della�gara� indetta�dalla�Consip�S.p.a.�e�risultata�comunque�Telecom�Italia�S.p.a.� Va�tuttavia�considerato�che,�da�quanto�accertato�dall'Amministrazione� in�sede�tecnica,�non�esisterebbe�alcuna�identita�tra�le�prestazioni�oggetto� della�Convenzione�transattiva�per�la�disciplina�e�lo�sviluppo�dei�servizi�di� telecomunicazione�del�26�febbraio�2003,�finalizzata�alla�realizzazione�della� rete�dati�VPN-IP,�e�quelle�disciplinate�dalla�corrispondente�Convenzione� Consip�S.p.a.�Le�tipologie�di�accesso�in�prevalenza�adottate�nell'accordo� transattivo�con�Telecom�S.p.a.�non�hanno�alcun�corrispondente�con�i�profili� previsti�in�Convenzione�Consip�S.p.a.�ed�in�ogni�caso�risultano�del�tutto�dif- ferenziate�le�modalita�di�tariffazione,flat nel�caso�della�VPN-IP�e�a�consumo� nel�caso�Consip�S.p.a..�Se,�come�e�facilmente�verificabile,�tali�basi�tecniche� risultano�confermate,�appare�consequenziale�che,�con�la�stipula�della�transa- zione�del�26�febbraio�2003,�non�e�stato�eluso�alcun�obbligo�di�adesione�dal� momento�che�non�v'e�alcuna�identita�tra�i�servizi�oggetto�della�Convenzione� transattiva�e�quelli�disciplinati�nella�corrispondente�Convenzione�quadro� Consip�S.p.a.� Si�sottolinea�al�riguardo�che�particolare�cura�e�stata�posta�nella�conven- zione�nella�definizione�degli�oneri�economici�associati�alla�soluzione�adottata� per�la�VPN-IP,�che�possono�ritenersi,�in�rapporto�al�profilo,�di�entita�con- frontabile�se�paragonati�con�quelli�della�Convenzione�Consip�S.p.a.�Al� riguardo�l'art.�1,�punto�3,�della�Convenzione�transattiva�tra�il�Ministeroe� Telecom�Italia�S.p.a.�individua�tra�le�finalita�dell'accordo�quella�di��regolare� le�procedure�per�l'acquisizione�da�Telecom�dei�servizi�aggiuntivi�non�previsti� dalla�presente�Convenzione�sulla�base�della�tariffe�Consip�in�conformita�della� normativa�vigente�in�materia�di�servizi�e�forniture�pubbliche�.�Come�ben�si� vede,�quindi,�pur�prevedendo�la�facolta�di�estendere�l'oggetto�della�fornitura,� la�Convenzione�transattiva�ha�espressamente�sancito�la�prevalenza�dei�vincoli� derivanti�dalla�Convenzione�Consip�S.p.a.�tutte�le�volte�in�cui�le�nuove�pre- I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO� stazioni�richieste�possano�in�qualche�modo�rientrare�tra�quelle�oggetto�della� corrispondente�Convenzione�Consip�S.p.a.�A�conferma�di�cio�,�l'art.�10�della� Convenzione�transattiva�(nuovi�ordinativi),�nel�definire�le�modalita�di�acqui- sizione�dei�servizi�aggiuntivi,�precisa�che��la�procedura�di�cui�sopra�sara�,� ove possibile,�rispettata�anche�in�relazione�a�nuove�forniture�e�servizi�per�i� quali�l'Amministrazione�procedera�ai sensi delle vigenti norme in materia di forniture e servizi pubblici�. Va�infine�considerato�che�gran�parte�delle�prestazioni�dedotte�nella�con- venzione�del�26�febbraio�2003�necessitano�di�particolari�modalita�di�acquisi- zione,�che�le�differenziano�comunque�rispetto�all'ordinario�regime�di�approv- vigionamento�di�beni�e�servizi�delle�pubbliche�amministrazioni.�Le�linee�tele- foniche�e�di�trasmissione�dei�dati�della�Polizia�di�Stato�necessitano�di� specifici�apparati�di�sicurezza�e�di�interconnessione�che�non�si�rinvengono� nelle�convenzioni�tipo�e�che�non�possono�essere�di�comune�divulgazione.� Anche�questo�e�un�aspetto�che�legittimamente�viene�in�considerazione�nel� momento�in�cui�si�procede�alla�comparazione�tra�le�prestazioni�richieste�dalla� Polizia�di�Stato�e�quelle�rinvenibili�nel�sistema�delle�convenzioni�quadro.� A�conclusione�dei�chiarimenti�richiesti�si�rammenta�quanto�gia�messo�in� luce�nel�parere�reso,�su�conforme�avviso�del�comitato�consultivo,�in�data� 31�gennaio�2003,�prot.�9965�(1).�In�tale�sede�veniva�sottolineata�la�specialita� di�un�contratto�transattivo�che,�senza�aggravio�di�spesa,�trasformava�presta- zioni�gia�richieste�e�pattuite�fino�all'anno�2009�in�un�sistema�organico�e� razionale�di�prestazioni�e�pagamenti,�coerenti�con�le�esigenze�sopravvenute� dell'amministrazione�committente.�Dal�momento�che�il�contenuto�sostanziale� dell'accordo�copre�unitariamente�^e�non�puo�essere�altrimenti�^anche�le� prestazioni�successive�al�gennaio�2003,�il�richiamo�alla�normativa�Consip� S.p.a.�appare�al�riguardo�del�tutto�inconferente�.� (1)�Pubblicato�in�questa Rassegna,�n.�1/03,�288.� dottrinadottrina Delitto�di�alto�tradimento e�responsabilita�civile�dello�Stato di Massimo Bachetti La�Corte�d'Assise�di�Roma,�sezione�terza,�ha�respinto�la�richiesta�di� estromissione�dal�giudizio�formulata�dall'Avvocatura�Generale�dello�Stato� nell'interesse�del�Ministero�della�Difesa.� L'ordinanza�e�cos|�motivata:��Invero�e�noto�che,�in�base�al�principio�det- tato�dall'art.�28�della�Costituzione�ed�in�applicazione�della�teoria�organica� costantemente�accolta�dalla�Corte�di�Cassazione,�lo�Stato�e�gli�Enti�Pubblici� sono�considerati�direttamente�responsabili�degli�atti�compiuti�dai�propri� dipendenti�in�violazione�dei�diritti.�A�tal�fine�sono�necessari�un�rapportodi� causalita�obiettiva�tra�l'atto�od�il�comportamento�e�l'evento�dannoso�e�la�rife- ribilita�alla�Pubblica�Amministrazione�di�tale�atto�o�comportamento.�Sotto� quest'ultimo�profilo�puo�essere�ritenuta�riferibile�alla�Pubblica�Amministra- zione�l'attivita�del�dipendente�che�si�manifesta�come�esplicazione�dell'attivita� della�P.A.�in�quanto�diretta�al�conseguimento�dei�suoi�fini�istituzionali,�men- tre�non�sono�riferibili�all'amministrazione�le�attivita�dettate�da�fini�assoluta- mente�estranei�ovvero�neppure�legate�ad�un�rapporto�di�occasionalita�neces- saria�con�i�compiti�che�al�dipendente�sono�affidati.�Tale�collegamento�sussiste� allorquando�l'operato�dell'agente��ancorche�deviato�per�violazione�di� norme�regolamentari�od�eccesso�di�potere��sia�comunque�preordinato�alla� realizzazione�dei�fini�istituzionali.�In�termini�piu�specifici,�mentre�in�presenza� di�tale�collegamento�l'Amministrazione�risponde�anche�dell'illecito�commesso� dal�dipendente�con�dolo�rivolto�al�perseguimento�di�un�fine�privato�(in�tal� senso�Cassazione,�sezione�prima,�2�luglio�1982�^21�gennaio�1983,�Leanza),� non�e�stato�ad�esempio�ritenuto�sufficiente�ad�affermare�un�rapporto�di�occa- sionalita�necessaria�il�rilievo�che�l'incombenza�disimpegnata�rendeva�possi- bile�o�agevolava�il�fatto�illecito�(Cassazione,�sezione�quinta,�2�febbraio9 �dicembre�1998�n.�1386,�S.�ed�altri,�in�una�fattispecie�relativa�ad�omicidi�e� rapine�commessi�da�Polizia).� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Se,�alla�luce�dei�principi�generali�ribaditi�dalla�Corte�di�Cassazione�e� pienamente�condivisibili,�si�procede�all'esame�della�fattispecie�concreta,�non� puo��non�rilevarsi�come�la�stessa�presenti�profili�oggettivi�nettamente�distinti� da�quelli�valutati�dalla�Suprema�Corte�nell'ultima�decisione�citata.�E�infatti� indiscutibile�che�secondo�prospettazione�accusatoria�la�condotta�ascritta�agli� imputati�si�verificava�nel�contesto�delle�delicate�funzioni�loro�affidate�e,�sia� pure�in�maniera�logicamente�anomala�per�l'abuso�di�funzioni�che�e��stato�con- figurato,�era�comunque�l'espressione�dell'esplicazione�dell'attivita��istituzio- nale�dell'Amministrazione,�per�cui�non�appare�fondatamente�contestabilel'e- sistenza�del�dedotto�rapporto�di�occasionalita��necessaria.� P.Q.M.: rigetta�la�richiesta�di�estromissione�presentata�dal�responsabile� civile�Ministero�della�Difesa�.� La�decisione�della�Corte�d'Assise�e��datata�26�ottobre�2000,�ma�la�que- stione�rimane�comunque�attualissima�perche�sara��oggetto�della�discussione� del�processo.�L'impostazione�della�difesa�dell'Amministrazione�nella�posi- zione�di�responsabile�civile�non�potra��che�partire�dalla�motivazione�della� citata�ordinanza.� La�vicenda�processuale�puo��essere�cos|��sintetizzata.� Il�Ministero�della�Difesa�e��stato�citato�quale�responsabile�civile�nel�pro- cedimento�penale�a�carico�di�quattro�generali�dell'Aeronautica�militare�impu- tati�di�attentato�agli�organi�costituzionali�dello�Stato�(289�c.p.)�e�alto�tradi- mento�(art.�77�c.p.).�Essi�sono�accusati�di�avere�^avvalendosi�dei�poteri�del� loro�ufficio�^impedito,�compromesso�o�comunque�ritardato�informazioni� sulle�cause�della�sciagura�relativa�alla�caduta�del�DC9�nei�pressi�di�Ustica� avvenuta�nel�giugno�del�1980.�La�loro�condotta�ha�ostacolato�il�libero�ed� imperturbato�esercizio�delle�prerogative�del�Governo�(art.�289�c.p.),�pregiudi- cando�in�tal�modo�anche�gli�interessi�morali�e�patrimoniali�dei�parenti�delle� vittime.�L'art.�289�c.p.�punisce�con�la�pena�della�reclusione�non�inferiorea� dieci�anni,�qualora�non�si�tratti�di�un�piu��grave�delitto,�chiunque�commette� un�fatto�diretto�ad�impedire�in�tutto�od�in�parte�anche�temporaneamente�l'e- sercizio�di�attribuzione�di�organi�costituzionali;�l'art.�77�del�codice�penale� militare�di�Pace�sanziona�la�condotta�del�militare�che�commette�alcuno�dei� delitti�contro�la�Personalita��dello�Stato�fra�i�quali�il�289�c.p.�con�l'aumento� di�un�terzo�della�pena�della�reclusione�rispetto�a�quanto�previsto�dal�codice� penale.�E�evidente�che�il�reato�previsto�dall'art.�77�cod.�pen.�militare�costitui- sce�reato�esclusivo�dei�militari�ed�assorbe�le�fattispecie�criminose�dei�delitti� contro�la�Personalita��dello�Stato�del�codice�penale�ordinario�rispetto�ai�quali� ha�il�quid pluris della�c.d.�proprieta��del�reato.�Da�cio��deriva�come�logico� corollario�che,�in�forza�del�principio�di�specialita��,�ai�quattro�generali�dell'Ae- ronautica�militare�puo��essere�contestato�solo�il�reato�di�cui�all'art.�77�codice� penale�militare�di�alto�tradimento.�Nel�procedimento�e��stata�ammessa�anche� la�costituzione�di�parte�civile�della�Presidenza�del�Consiglio�dei�Ministri�e� del�Ministero�della�Difesa�per�la�lesione�delle�prerogative�degli�organi�costi- tuzionali,�dell'immagine�interna�ed�internazionale�in�considerazione�del�ruolo� primario�ricoperto�dagli�imputati�e�della�rilevanza�che�la�vicenda�ha�assunto� a�livello�internazionale,�sia�delle�conseguenze�patrimoniali�potenzialmente� riferibili�all'attivita��amministrativa�rese�necessarie�dalle�condotte�poste�in� essere�in�violazione�dei�doveri�istituzionali.� DOTTRINA�257 La�Corte�d'Assise�di�Roma,�nel�respingere�l'istanza�di�estromissione,� recepisce�un�consolidato�orientamento�giurisprudenziale�sulla�responsabilita� della�Pubblica�Amministrazione�per�illeciti�commessi�dai�dipendenti.�Il�prin- cipio�enunciato�dalla�Corte�di�Cassazione�puo�essere�cos|�riassunto:��la� responsabilita�dello�Stato�per�il�fatto�dei�propri�dipendenti�non�puo�essere� che�diretta:�la�Pubblica�Amministrazione�risponde��con�responsabilita�soli- dale��per�il�fatto�che�le�sono�direttamente�riferibili�degli�atti�dei�dipendenti� compiuti,�in�forza�del�c.d.�rapporto�di�dipendenza�organica�per�il�raggiungi- mento�delle�finalita�istituzionali�sue�proprie,�nell'ambito�dello�svolgimento� del�servizio�demandato.�La�diretta�responsabilita�viene�compendiata�nell'u- nico�rapporto�tra��mansioni�espletate�e�danno�prodotto�,�in�termini�di� �occasionalita�necessaria��(Cassazione,�sezione�sesta,�1269/00,�in questa Rassegna,�2000,�344,�che�riguarda�il�caso�della�Uno�Bianca�per�omicidi�e� rapine�commessi�da�agenti�di�Polizia�al�di�fuori�del�servizio.)� Pertanto�la�responsabilita�dell'Amministrazione�sussiste,�in�presenza�di� collegamento�necessario�fra�competenze�del�dipendente�e�danno�prodotto,� anche�in�caso�di�condotta�dolosa.�Sul�punto�la�Corte�d'Assise�richiama�la� sentenza�Cassazione,�sezione�prima,�del�2�luglio�1982��21�gennaio�1983,� Leanza.�Tale�sentenza�si�pone�nel�solco�di�un�orientamento�pacifico�della� Corte�di�Cassazione�che�ha�stabilito�il�principio�che�la�responsabilita�diretta� della�Pubblica�Amministrazione�comporta�che�ad�essa�venga�riferito�ogni� atto�del�dipendente�se�compiuto�nella�veste�di�organo�dell'Amministrazione� medesima,�nell'esplicazione�delle�funzioni�a�lui�demandate�come�conseguenza� del�rapporto�organico�che�lega�il�funzionario�all'Ente�quale�che�sia�la�man- sione�espletata�dal�dipendente��di�concetto,�d'ordine�intellettuale�o�mate- riale�(Cassazione,�Sezioni�Unite,�2700/1970,�in�Giustizia civile 1971,�I,�748;� Cassazione,�12�luglio�1974�n.�2107,�in�Giurisprudenza Italiana,�Mass. 1974,� 581).�Piu�recentemente�tale�interpretazione�e�ribadita�da�Cassazione,�sezione� terza,�9260/1997,�4232/1997,�12�agosto�2000�n.�10803).� La�Corte�d'Assise�nell'ordinanza�precisa�anche�i�casi�in�cui�e�esclusa�la� responsabilita�dell'Amministrazione,�qualora�l'incombenza�disimpegnata�che� renda�possibile�od�agevoli�il�fatto�illecito�si�inserisca�in�un�rapporto�di�stru- mentalita�necessaria�con�le�mansioni�di�competenza�dell'agente�sebbene�lo� status del�medesimo�gli�agevoli�la�commissione�dell'illecito:�la�Corte�sul� punto�richiama�la�sentenza�Cassazione,�sezione�quinta,�febbraio�1997�9 �dicembre�1998,�n.�1386,�S.�ed�altri,�in�una�fattispecie�relativa�ad�omicidie� rapine�commessi�da�agente�di�Polizia.�Anche�sotto�tale�profilo�il�principio� giurisprudenziale�statuito�dalla�Corte�di�Cassazione�e�coerente�con�un�indi- rizzo�consolidato,�secondo�il�quale�per�accertare�il�nesso�organico�e�la�conse- guente�riferibilita�all'Amministrazione�dell'evento�dannoso�occorre�stabilire� se�l'attivita�del�dipendente�sia�estranea�o�rientri�nell'ambito�delle�pubbliche� funzioni�(Cassazione,�sezione�terza,�3�dicembre�1991�n.�12960�e� n.�9260/1997).�In�precedenza�la�giurisprudenza�aveva�dilatato�la�responsabi- lita�della�P.A.�ritenendola�sussistente�addirittura�nell'ipotesi�di�omicidio�col- poso�commesso�da�una�sentinella�nel�periodo�di�tempo�in�cui�aveva�momen- taneamente�abbandonato�il�posto,�riconoscendo�in�tale�caso�la�necessaria� occasionalita�del�servizio�reso�dall'imputato�(Cassazione,�sezione�quarta,� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� 878/1981,�in�questa�Rassegna,�1981,�432�con�nota�critica�di�Paolo�di�Tarsia�di� Belmonte).�L'attuale�posizione�giurisprudenziale�e�piu�di�recente�ribadita�da� Cassazione,�sezione�sesta,�1269/00,�cit.� Tale�interpretazione�giurisprudenziale,�per�quanto�riguarda�l'esclusione� di�responsabilita�della�P.A.�per�atti�posti�in�essere�al�di�fuori�delle�mansioni� d'ufficio,�e�condivisa�anche�in�dottrina�(Passerone, Il�requisito�della�riferibi- lita�alla�P.A.�del�comportamento�illecito�del�pubblico�dipendente�nell'accerta- mento�della�responsabilita�civile�della�P.A.,�in�Responsabilita�Civile�e�Previ- denza,�1996,�620).� Erronea�interpretazione�della�giurisprudenza.� L'interpretazione�da�parte�della�Corte�d'Assise�della�giurisprudenza� della�Suprema�Corte�non�e�corretta.�Il�Collegio�d'Assise�infatti�ha�escluso� tout�court�l'interruzione�del�nesso�organico�ove�sussista�un�rapporto�di�occa- sionalita�necessaria�fra�le�mansioni�d'ufficio�e�la�condotta�delittuosa.�La�tesi� non�e�in�linea�con�i�principi�affermati�in�materia�dalla�Cassazione�che�ha�sta- tuito�che�il�nesso�di�occasionalita�va�valutato�in�riferimento�all'attivita�termi- nale�cui�tende�la�condotta�illecita.�Allorche�il�comportamento�si�innesti�nel� meccanismo�di�una�attivita�complessiva�ed�avuto�riguardo�alla�finalita�termi- nale,�non�estranea�rispetto�agli�interessi�ed�alle�esigenze�pubblicistiche�del- l'Amministrazione,�quel�comportamento�va�imputato�alla�P.A.;�se�invece�la� condotta�del�dipendente�esula�dalle�finalita�dell'ufficio,�il�relativo�atto�non� puo�essere�ad�alcun�titolo�attribuito�all'Amministrazione�(Cassazione,� 14�maggio�1997�n.�4232,�in�Foro�Italiano,�Repertorio�1998,�voce�citata�n.�224,� confermata�in�Cassazione,�12�agosto�2000�n.�10803,�Corte�di�Cassazione,� sezione�terza�civile�in�Foro�It.�2001,�I,�3290).�Peraltro�il�principio�secondo� cui�deve�aversi�riguardo�allo�scopo�ultimo�perseguito�dal�dipendente�costitui- sce�ormai�jus�receptum�in�giurisprudenza�(Cassazione,�3�dicembre�1991� n.�12960,�Repertorio�Foro�Italiano�1993,�n.�112,�Cassazione,�13�dicembre� 1995�n.�12786,�6�dicembre�1996�n.�10896,�Cassazione,�24�novembre�2000� n.�15192�in�Foro�It.,�I,�967).�Nel�caso�di�specie�la�condotta�contestata�agli� imputati�era�diretta�ad�attentare�alle�prerogative�degli�organi�costituzionali,� quindi�ontologicamente�estranea�alle�finalita�amministrative�dell'Aeronautica� Militare.�Inoltre�l'alto�tradimento�costituisce�ex�se�elemento�di�rottura�del� meccanismo�istituzionale,�costituendo�violazione�del�giuramento�di�fedelta� previsto�dall'art.�54�comma�II�della�Costituzione�che�assume�particolare� rilievo�per�agli�appartenenti�alla�Forze�Armate.�Il�militare�che�commette�tale� reato�si�pone�al�di�fuori�del�sistema�istituzionale.� Pertanto�l'ipotesi�della�attribuibilita�all'Amministrazione�della�condotta� illecita�contestata�ai�Generali�sembra�configurabile�non�come�forma�di� responsabilita�diretta�ma�indiretta�ed�oggettiva.�Lo�Stato�in�tal�modo�assume� il�rischio�conseguente�all'attivita�dei�propri�dipendenti�e�ne�garantisce�la�col- lettivita�.�Cio�costituisce�un�intervento�solidaristico�che�non�ha�nulla�a�che� vedere�con�l'illecito�aquiliano�nella�condotta�di�reato.� L'ordinanza�citata�della�Corte�d'Assise�inoltre�determina�effetti�parados- sali,�contraddittori�ed�incongrui.� DOTTRINA�259 Peculiarita�della�personalita�giuridica�dello�Stato.� Riflessi�sulle�posizioniprocessuali�di�responsabile�civile�e�parte�civile.� Lo�Stato�nel�processo�figura�sia�nella�posizione�di�responsabile�civile�che� in�quella�di�parte�civile.�La�Presidenza�del�Consiglio�ed�il�Ministero�della� Difesa�sono�costituiti�parte�civile;�il�Ministero�della�Difesa�figura�anche� come�responsabile�civile.�La�Presidenza�del�Consiglio�ha�azionato�la�pretesa� risarcitoria�per�ottenere�la�reintegrazione�della�lesione�alle�prerogative�degli� organi�costituzionali,�il�Ministero�della�Difesa�per�il�pregiudizio�conseguente� al�coinvolgimento�dei�vertici�dell'Aeronautica�in�condotte�contrarie�alle�fina- lita�delle�Istituzioni.�La�posizione�di�responsabile�civile�del�Ministero�della� Difesa�deriva�dalla�connessione�con�le�funzioni�d'ufficio�della�condotta�di� reato�contestata�ai�quattro�generali�dell'Aeronautica.�Sia�la�persona�fisica� che�quella�persona�giuridica�non�possono�nel�medesimo�processo�rivestire�la� qualita�di�soggetto�attivo�e�passivo.�La�posizione�processuale�deve�essere� unica.�La�personalita�giuridica�dello�Stato�e�del�tutto�peculiare.�La�formula- zione�piu�compiuta�della�teoria�dell'organo�si�ha�all'interno�della�costruzione� dello�Stato�di�diritto�e�di�quel�particolare�metodo�di�elaborazione�dei�concetti� giuridici�che�segno�il�passaggio,�specialmente�in�Germania�ed�in�Italia,�verso� una�vera�e�propria�scienza�giuridica�del�diritto�pubblico�(1).�L'elemento�con- cettuale�dominante�dell'organicismo�e�l'idea�della�persona�collettiva�come� organismo�vivente(2).�Tale�impostazione�ha�portato�ad�una�identificazione� della�figura�dell'organo�con�la�persona�fisica�del�funzionario�agente.�Il�pas- saggio�verso�la�costruzione�dell'organo�come�ufficio�si�iscrive�con�assoluta� evidenza�nel�tentativo�di�superare�tale�difficolta�.�Tuttavia�l'ufficio�inteso� come�sfera�astratta�di�competenze�non�acquisisce�una�autonomia�concettuale� sul�piano�della�produzione�giuridica�in�quanto�l'intervento�della�persona� fisica�funzionario�agente�rimane�indispensabile.�Un�primo�superamento�effet- tivo�degli�aspetti�antropomorfici�della�teoria�dell'organo�si�ha�con�la�visione� istituzionalistica�di�Santi�Romano�(3).�Secondo�questa�teoria�l'organo�va� inteso�come�Istituzione.�L'azione�comunque�rimane�imputabile�all'Ente,�l'or- gano�non�ha�dignita�propria�se�non�come�strumento�che�fa�agire�l'Ente.�Di� fatto�si�tratta�di�una�trasposizione�in�termini�oggettivi�di�una�dottrina�gia� conosciuta�in�termini�soggettivi.�L'effettivo�superamento�della�configurazione� tradizionale�del�diritto�pubblico�e�individuabile�nella�teoria�kelseniana�(4).� Essa�depotenzia�la�centralita�della�persona�giuridica�come�strumento�di�uni- ficazione�dell'autorita�statale�in�favore�di�ipotesi�ricostruttive�che�fanno� perno�sull'ordinamento�giuridico�come�organizzazione�del�comportamento� (1)�Laband, Das�Staatsrecht�des�deutschen�Reiches,�Tubingen�1876;�Jellinek, Sistema�dei� dirittipubblici�soggettivi,�trad.�it.�Milano�1912.� (2)�RanellettI O., Principi�di�diritto�amministrativo,�Napoli�1912.� (3)�L'ordinamento�giuridico,�Firenze�1951;�importante�in�tal�senso�anche�il�contributo�di�DE ValleS A., Teoria�giuridica�dell'organizzazione�dello�Stato,�II,�Padova�1931.� (4)�Kelsen, La�dottrina�pura�del�diritto,�trad.�it.,�Torino,�1966;�Teoria�generale�del�diritto�e� dello�stato,�trad.�it.,�Milano�1959.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� umano�che�si�svolge�entro�la�comunita�statale.�L'azione�viene�considerata� parte�di�un�sistema�nel�quale�ogni�comportamento�individuale�acquistava� senso�nel�suo�rapportarsi�ad�altro�comportamento�individuale.� Lo�Stato�non�si�presenta�come�persona�giuridica�unitaria,�bens|�nei�suoi� diversi�organi.�I�rapporti�di�diritto�amministrativo�e�privato�intercorrono�fra� gli�organi�ed�altri�soggetti,�la�responsabilita�civile�grava�sugli�organi�che� hanno�posto�in�essere�gli�atti�illeciti,�nei�rapporti�processuali�stanno�in�giudi- zio�sempre�gli�organi�(5).�Ai�fini�processuali�non�va�considerato�lo�Stato� come�figura�unitaria�bens|�i�singoli�organi.�Fra�tutti�gli�organi�esiste�un�ele- mento�unificatore:�la�concorrenza�all'attuazione�dell'ordinamento.�Pertanto� non�possono�perseguire�fini�contrapposti.�Nel�caso�di�specie,�la�Presidenza� del�Consiglio�sta�in�giudizio�come�parte�civile�per�difendere�l'interesse�al� regolare�funzionamento�degli�organi�costituzionali.�Il�Ministero�della�Difesa� si�e�costituito�in�giudizio�per�salvaguardare�l'interesse�a�che�i�suoi�vertici�mili- tari�non�agiscano�contro�l'interesse�delle�Istituzioni.�Gli�interessi�di�cui�sono� portatori�i�due�citati�organi�statali�sono�differenti,�ma�entrambi�caratterizzati� da�un�elemento�unificatore:�l'attuazione�dell'ordinamento�attraverso�il�cor- retto�funzionamento�delle�Istituzioni.� In�questo�contesto�la�duplicita�delle�posizioni�di�responsabile�e�parte� civile�non�e�in�sintonia�con�la�finalita�ultima,che�e�l'attuazione�dell'ordina- mento.�Ne�puo�sostenersi�in�senso�contrario�che�l'azione�contro�il�responsa- bile�civile�non�riguarda�lo�Stato�ma�le�altre�parti�civili�private.�Al�fine�di�sta- bilire�le�finalita�della�presenza�in�giudizio�delle�parti�private�che�sono�in�rap- presentanza�dei�familiari�delle�vittime,�e�opportuno�un�richiamo�preliminare� al�capo�d'imputazione.�Nel�processo�viene�contestato�a�quattro�generali�del- l'Areonautica�militare�di�aver�posto�in�essere�una�condotta�di�attentato�agli� organi�costituzionali�e�di�alto�tradimento,�non�facendo�conoscere�alle�auto- rita�politiche�l'esistenza�di�elementi�che�inducevano�il�sospetto�che�la�caduta� del�DC9�presso�Ustica�il�27�giugno�1980�fosse�stata�provocata�dalla�colli- sione�con�un�velivolo�militare�americano�o�da�un�missile.�I�parenti�delle�vit- time�intervengono�nel�giudizio�per�sostenere�l'interesse�all'accertamento�della� verita�.�Tale�interesse�e�estraneo�al�processo�se�con�esso�si�intende�verificare� la�reale�dinamica�dei�fatti�sulla�caduta�del�DC9;�invece�l'intervento�nel�giudi- zio�puo�essere�limitato�solo�all'accertamento�della�condotta�di�alto�tradi- mento�o�di�attentato�agli�organi�costituzionali.�In�tal�senso�l'interesse�di�cui� sono�portatori�i�parenti�delle�vittime�e�il�medesimo�rappresentato�dalle�parti� civili�pubbliche�ed�anche�dal�Pubblico�Ministero:�cioe�quello�dello�Stato� comunita�a�conoscere�se�vi�siano�responsabilita�nel�mancato�accertamento� della�verita�sulla�strage�di�Ustica�che�ha�impedito�agli�organi�costituzionali� di�adottare�i�provvedimenti�di�competenza.�La�posizione�dei�parenti�delle�vit- time�sotto�tale�profilo�e�da�ritenersi�parte�di�quello�di�tutta�la�comunita�dei� (5)�AscarellI T., Personalita�giuridica�e�problemi�della�societa�,�in�Problemi�Giuridici,� Milano,�199;�FalzeA A., Il�soggetto�nel�sistema�dei�fenomeni�giuridici,�Milano�1939;�Falzea, Capacita�,�Teoria�Generale,�in�Enciclopedia�del�Diritto.� DOTTRINA�261 cittadini�italiani.�Pertanto�se�le�parti�civili�pubbliche�rappresentano�il�mede- simo�interesse�di�quelle�private,�come�possono�queste�ultime�agire�contro�il� Ministero�della�Difesa�citandolo�come�responsabile�civile?�Inoltre�va�osser- vato�che�la�costituzione�di�parte�civile�di�organi�statuali�costituisce�espres- sione�evidente�della�volonta�dei�medesimi�di�non�considerare�la�condotta� contestata�agli�imputati�come�manifestazione�di�determinazioni�imputabili� alla�Pubblica�Amministrazione.�La�legittimazione�passiva�come�responsabile� civile�puo�aver�luogo�solo�ove�lo�Stato�riconosca�come�atto�proprio�la�con- dotta�contestata�agli�imputati,�quando�invece�si�costituisca�in�giudizio�chie- dendo�agli�stessi�il�risarcimento�del�danno�la�sua�qualificazione�come�respon- sabile�civile�appare�illogica�ed�irragionevole.� Ciononostante,�a�prescindere�dalla�specificita�del�caso�in�esame,�non� puo�negarsi�che�in�generale�sotto�il�profilo�processuale�il�problema�esiste.�Se� la�P.A.�costituita�parte�civile�viene�citata�come�responsabile�civile�da�altre� parti�civili�private,�dal�punto�di�vista�processual�penalistico�non�puo�negarsi� in�astratto�la�legittimazione�passiva.�Sicuramente�cio�costituisce�un�elemento� di�irrazionalita�del�sistema.�Allora�va�posta�la�domanda�su�quali�possano� essere�le�possibili�soluzioni�per�ovviare�al�problema.� Ma�quali�possono�essere�gli�interventi�legislativi�per�eliminare�tali�incon- gruenze?�Innanzitutto�si�potrebbe�ipotizzare�di�affidare�alla�figura�del�P.M.� l'esercizio�dell'azione�risarcitoria.�L'esigenza�di�una�tale�soluzione�e�partico- larmente�evidente�nel�processo�in�argomento.�Le�Amministrazioni�statali� costituite�rappresentano�l'interesse�complessivo�dell'ordinamento�giuridico� al�rispetto�delle�prerogative�degli�organi�costituzionali.�L'azione�del�P.M.�di� repressione�del�reato�di�attentato�agli�organi�costituzionali�e�volta�a�salva- guardare�il�medesimo�bene�giuridico�delle�parti�civili�statali:�il�P.M.�lo�ottiene� attraverso�le�sanzioni�penali,�le�parti�civili�statali�con�la�reintegrazione�patri- moniale.�Di�conseguenza�la�preclusione�dell'azione�civile�al�P.M.�non�ha�piu� alcuna�ragione�di�essere.� Inoltre�va�osservato�che�la�difficile�e�complessa�situazione�in�cui,�sul� piano�istituzionale�oltre�che�su�quello�politico,�e�venuto�a�trovarsi�lo�Stato� centrale,�non�solo�in�relazione�alla�sua�riforma�in�senso�federalistico�ed�alla� prospettiva�di�un�processo�sempre�piu�avanzato�e�rapido�di�integrazione� europea,�ma�anche�per�effetto�dell'introduzione�nell'assetto�istituzionale�di� Autorita�Indipendenti�(Garanti)�e�di�strutture�privatizzate�a�capitale�pub- blico,�impone�la�necessita�di�considerare�sotto�nuova�luce�la�stessa�colloca- zione�dell'Istituto�dell'Avvocatura�dello�Stato�nell'Ordinamento�complessivo.� Dal�suo�compito�originariamente�previsto,�di�difensore�dello�Stato-persona,� per�effetto�di�leggi�o�di�interpretazione�estensiva�di�quelle�preesistenti,�si�e� vista�trasformata�in�organo�di�difesa�e�di�consulenza�non�solo�dello�Stato- Amministrazione�ma�della�Presidenza�della�Repubblica,�dei�due�rami�del� Parlamento�(Senato�e�Camera�dei�Deputati),�delle�Corti�e�delle�Magistrature� nonche�dei�loro�organi�di�autogoverno��ove�esistenti��,�del�Consiglio� Nazionale�dell'Economia�e�del�Lavoro�e�delle�Autorita�indipendenti.� Quindi�la�distinzione�fra�Avvocatura�come�rappresentante�dello�Stato- Persona�e�P.M.�espressione�dello�Stato-ordinamento�non�rispecchia�l'attuale� quadro�normativo.�Ovviamente�nel�processo�penale�possono�ipotizzarsi� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� anche�lesioni�di�interessi�meramente�patrimoniali�di�singoli�organi�dell'Am- ministrazione�statale�(ad�esempio�nel�caso�in�cui�lo�Stato�si�costituisca�parte� civile�per�ottenere�rimborso�di�somme�indebitamente�corrisposte�a�seguito� di�fatto-reato).�In�tali�eventualita�appare�difficilmente�ipotizzabile�la�attribu- zione�dell'azione�civile�al�Pubblico�Ministero.�Allora�la�soluzione�potrebbe� essere�quella�di�eliminare�la�facolta�dello�Stato�di�costituirsi�parte�civile.�In� tal�senso�si�e�precisato�che�tale�intervento�legislativo�riporterebbe�il�sistema� in�sintonia�con�l'art.�111�della�Costituzione,�ripristinando�la�parita�fra�accusa� e�difesa�compromessa�dalla�presenza�di�due�parti�pubbliche�nel�processo� penale.�In�realta�il�vero�profilo�da�esaminare�per�stabilire�la�necessita�della� presenza�di�una�parte�civile�pubblica�in�sede�penale�riguarda�la�natura�di�tale� intervento�e�l'effettivo�interesse�che�rappresenta.�La�parte�civile�pubblica�e� portatrice�solo�di�un�interesse�patrimoniale�o�la�sua�azione�e�volta�anche� all'accertamento�della�verita�?�L'interesse�della�persona�offesa�o�del�danneg- giato�a�sostenere�l'accusa��altera�la�natura�privatistica�dell'azione�e�fa�spesso� del�titolare�dell'azione�civile�un�fiancheggiatore�del�Pubblico�Ministero.�In� un�sistema�in�cui�la�possibilita�di�intervento�della�parte�civile�e�stata�dilatata� fino�a�comprendere�le�associazioni�costituite�a�tutela�dell'interesse�diffuso�o� dei�sindacati�in�procedimenti�per�reati�in�danno�dei�lavoratori�con�una�nor- mativa�del�codice�di�rito�che�estende�ad�essi�tale�possibilita�(artt.�91�e�93� c.p.p.)�con�indirizzi�giurisprudenziali�che�tendono�ad�ammettere�la�costitu- zione�di�parte�civile�in�situazioni�nelle�quali�potrebbe�dubitarsi�non�solo�della� legittimazione�ad�agire,�ma�altres|�dell'esistenza�di�un�danno�riferibile�al�sog- getto�che�si�pretende�leso��(6).� Questo�profilo�di�interesse�pubblicistico�alla�verita�dei�fatti�assume�par- ticolare�consistenza�se�nel�processo�penale�la�parte�civile�e�organo�dello� Stato.� Cio�snatura�il�processo�penale�trasformandolo�in�contesa�politica�anzi- che�giudiziaria.� La�presenza�di�piu�parti�civili�costituisce�un�ulteriore�fattore�di�dilata- zione�dei�tempi�del�processo.�La�eccessiva�durata�dei�procedimenti�in�Italia� e�stata�piu�volte�stigmatizzata�dalla�Corte�Europea�dei�diritti�dell'Uomo.� Nel�2001�e�stata�introdotta,�in�ottemperanza�a�direttive�dell'Unione�Euro- pea,�la�c.d.�legge�Pinto�n.�89/2001�che�stabilisce�un�indennizzo�per�le�lungag- gini�del�processo.�Quindi�la�eventuale�limitazione�legislativa�delle�costituzioni� di�parte�civile�sarebbe�in�linea�con�i�principi�stabiliti�dalle�Istituzioni�comu- nitarie.� Infine�va�osservato�che,�caduta�con�il�codice�del�1988�la�c.d.�pregiudizia- lita�penale,�la�costituzione�di�parte�civile�non�risponde�piu�alla�necessita�di� evitare�l'attesa�della�definizione�del�processo�penale�per�promuovere�azione� (6)�PaolO dI TarsiA dI Belmonte, intervento�alla�tavola�rotonda�su�La costituzione di parte civile nelprocessopenale, svoltasi�presso�l'Avvocatura�generale�dello�Stato�in�data�7�giugno� 2002,�in�questa Rassegna, Gennaio-Marzo�2002,�n.�1,12.� DOTTRINA�263 civile;�ne�di�impedire�la�contraddittorieta�dei�giudicati�perche�essa�puo�deter- minarsi�in�caso�di�promozione�di�giudizio�civile�autonomo�anche�in�pendenza� di�azione�penale.� Antistituzionalita�della�condotta�edinterruzionedelnesso�organico.� L'imputazione�e�di�attentato�agli�organi�costituzionali�dello�Stato.�La� lesione�contestata�consiste�nell'aver�sottratto�al�potere�politico�l'esercizio� delle�sue�prerogative.�Pertanto�la�condotta�attiene�proprio�all'impedimento� arrecato�allo�svolgimento�della�normale�attivita�istituzionale.�L'attribuzione� della�responsabilita�diretta�alla�P.A.�per�illeciti�commessi�dai�suoi�dipendenti� si�fonda�proprio�sul�perseguimento�delle�finalita�istituzionali.�Una�medesima� condotta�non�puo�essere�ritenuta�nel�contempo�istituzionale�ed�antistituzio- nale�perche�in�tale�eventualita�si�incorrerebbe�in�una�insanabile�contraddi- zione.�Inoltre�e�assolutamente�paradossale�definire�istituzionale�il�comporta- mento�di�chi�venga�accusato�di�attentato�agli�organi�costituzionali�e�di�alto� tradimento.�Si�tratta�infatti�di�antistituzionalita�per�eccellenza,�che�non�puo� non�considerarsi�fattore�interruttivo�del�nesso�organico�fra�l'agente�e�la�P.A.� Non�imputabilita�alla�P.A�della�condotta�di�attentato�dei�soggetti�agenti�per� carenza�assoluta�di�potere.� Dall'ordinanza�della�Corte�d'Assise�in�commento�deriva�come�logico� corollario�che�la�responsabilita�alla�P.A.�per�illeciti�dei�dipendenti�nell'eserci- zio�delle�proprie�competenze�presuppone�l'esistenza�di�un�rapporto�di�imme- desimazione�organica�in�forza�del�quale�l'atto�del�funzionario�si�imputa� all'ente�a�prescindere�dalle�intenzioni�dell'agente.�Cio�implica�che�gli�atti� necessariamente�collegati�all'esercizio�delle�mansioni�d'ufficio�siano�da�quali- ficarsi�ontologicamente�istituzionali.�Nel�caso�in�commento�appare�evidente� il�contrasto�fra�la�connessione�con�il�servizio�della�condotta�contestata�agli� imputati�perche�posta�in�essere�nell'esercizio�delle�mansioni�d'ufficio�e�l'�anti- stituzionalita�degli�effetti�prodotti�di�impedimento�agli�organi�costituzionali� di�esercitare�le�proprie�prerogative.�Pertanto�vi�e�un�evidente�contrasto�fra� due�profili�oggettivi�dell'atto�amministrativo:�quello�attinente�all'esercizio� della�funzione�e�quello�relativo�agli�effetti�prodotti�nel�contesto�istituzionale.� Il�conflitto�si�puo�dirimere�se�si�analizza�il�fenomeno�sotto�il�profilo�del�rap- porto�fra�sfera�giuridica�del�potere�amministrativo�e�quella�stabilita�dall'ordi- namento�per�gli�organi�politici.�Da�tale�prospettiva�balza�subito�all'atten- zione�che�la�condotta�dei�Generali�dell'Aeronautica�ha�determinato�una�esor- bitanza�di�organi�amministrativi�in�attribuzioni�che�l'ordinamento�riserva�al� Governo.�Al�suddetto�organo,�secondo�la�tesi�dell'imputazione,�e�stato�sot- tratto�l'esercizio�di�poteri�costituzionali.�Tale�situazione�configura�un�vizio� di�incompetenza�assoluta�negli�atti�posti�in�essere�dai�quattro�generali�nel� non�fornire�al�Governo�le�informazioni�dovute�in�ragione�dei�loro�doveri� d'ufficio,�sostituendosi�alle�Autorita�Politiche�nella�valutazione�in�ordine� all'opportunita�di�adottare�iniziative�presso�le�Autorita�Americane�per�accet- tare�la�fondatezza�della�notizia�della�collisione�con�un�aereo�americano�o� della�esplosione�del�velivolo�a�causa�di�un�missile.�Siffatta�incompetenzae� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� causa�di�inesistenza�dell'atto�che�va�quindi�considerato�tamquam non esset ed� in�alcun�modo�imputabile�alla�Pubblica�Amministrazione.�Il�vizio�assume� particolare�rilevo�in�considerazione�dei�recenti�sviluppi�legislativi.� Negli�ultimi�anni�il�legislatore�ha�introdotto�un�numero�sempre�cre- scente�di�previsioni�dirette�a�sanzionare�gli�atti�della�Pubblica�Amministra- zione�con�la�nullita�,�addossando,�contemporaneamente,�la�responsabilita�da� atto�nullo�ai�dirigenti,�o�ai�funzionari,�che�hanno�dato�luogo�alla�fattispecie� invalida.� Innanzitutto,�tra�le�norme�meno�recenti,�devono�essere�richiamate�una� serie�di�disposizioni,�sia�di�ordine�generale�che�di�carattere�settoriale,�le�quali,� da�un�lato,��colpiscono��con�la�nullita�gli�atti�di�assunzione�nel�pubblico� impiego�adottati�in�violazione�di�norme�imperative�e,�dall'altro,�imputano�la� relativa�responsabilita�ai�funzionari�che�hanno�dato�luogo�agli�atti�nulli.�Ci� si�riferisce�all'art.�3,�sesto�comma,�t.u.�imp.�Civ.�St.,�che�cos|�dispone:��Salve� le�eccezioni�previste�dal�presente�decreto,�l'assunzione�agli�impieghi�senza�il� concorso�prescritto�per�le�singole�carriere�e�nulla�di�diritto�e�non�produce� alcun�effetto�a�carico�dell'Amministrazione,�ferma�restando�la�responsabilita� dell'impiegato�che�vi�ha�provveduto�.� All'art.�14,�settimo�e�ottavo�comma,�legge�20�maggio�1985,�n.�207� (Disciplina�transitoria�per�l'inquadramento�diretto�nei�ruoli�nominativi�regio- nali�del�personale�non�di�ruolo�delle�unita�sanitarie�locali),�che�cos|�dispone:� �Dalla�data�di�entrata�in�vigore�della�presente�legge�e�fatto�divieto�di�confe- rire�incarichi,�supplenze�o�rapporti�libero-professionali�anche�mediante�con- venzioni�o�comunque�di�utilizzare�a�qualsiasi�titolo�personale�in�deroga�alle� vigenti�disposizioni�di�legge.� Tutti�gli�atti�ed�i�provvedimenti�relativi�adottati�in�violazione�del�divieto� di�cui�al�precedente�comma�sono�nulli�ed�impegnano�la�responsabilita�perso- nale�e�diretta�dei�componenti�degli�organi�di�amministrazione�che�li�dispon- gono�.� La�stessa�tecnica�e�stata,�poi,�utilizzata�dalla�legge�15�luglio�1994,�n.�444� (di�conversione�del�decreto�-legge�16�maggio�1994,�n.�293)�sulla�prorogatio degli�organi�amministrativi,�la�quale,�qualificando�come�nulli�gli�atti�privi� dei�requisiti�previsti�dalla�norma,�imputa�le�conseguenze�dannose�derivanti� dalla�nullita�ai�soggetti�responsabili�della�ricostituzione�degli�organi�scaduti.� Infine,�vi�e�stato�il�recente�d.Lgs.�31�marzo�1998,�n.�80�(attuativo�della� legge�n.�59/1997�c.d.�Bassanini�I)�da�cui�emergono�ben�due�ipotesi�di�respon- sabilita�dirigenziale�da�atto�nullo.�In�primo�luogo�vi�e�l'art.�56,�quinto� comma,�d.Lgs.�n.�29/1993�(cos|�come�modificato�dall'art.�25,�d.Lgs.� n.�80/1998),�il�quale,�per�un�verso,�sanziona�con�la�nullita�l'attribuzione�delle� mansioni�superiori�al�di�fuori�dei�casi�previsti�dalla�legge,�e,�per�l'altro,� accolla�al�dirigente�responsabile,�che�abbia�agito�con�dolo�o�colpa�grave,� il�maggior�onere�conseguente.�In�secondo�luogo�vi�e�l'art.�36,�ottavo�comma,� del�d.Lgs.�29/1993�(nella�novella�introdotta�dall'art.�22,�d.Lgs.�n.�80/1998),� il�quale,�introducendo�una�ipotesi�patente�di�nullita�virtuale�(ovvero�quella� nullita�che,�se�anche�non�espressamente�prevista,�deriva�dalla�violazione�di� norme�imperative),�stabilisce�che�le�assunzioni�effettuate�in�contrasto�con� DOTTRINA�265 disposizioni�imperative�impediscono�la�valida�costituzione�del�rapportoa� tempo�indeterminato,�con�la�conseguente�imputazione�della�responsabilita� per�danni�ai�dirigenti�autori�dell'infrazione.� Orbene,�da�questo�quadro�di�diritto�positivo�emerge�chiaramente�una� tendenza�legislativa�diretta�ad�introdurre�una�tecnica�di�invalidita�edi� responsabilita�speciale�rispetto�allo�schema�ordinario.�Piu�in�particolare,� nel�nostro�sistema�di�diritto�amministrativo�il�regime�dell'invalidita�degli� atti�e�della�conseguente�responsabilita�per�la�loro�adozione,�si�caratterizza,� come�e�noto,�per�colpire�con�l'annullabilita�(e�piu�raramente�con�la�disappli- cazione)�gli�atti�invalidi,�imputando�eccezionalmente�la�relativa�responsabi- lita�all'amministrazione�(ed�in�via�di�regresso�al�funzionario�autore�dell'atto,� per�le�sole�ipotesi�di�dolo�e�colpa�grave,�cos|�come�previsto�dall'art.�3,�legge� n.�639/1996).�Con�le�disposizioni�sopra�richiamate,�invece,�tale�schema� si�incrina,�in�quanto,�da�un�lato,�viene�prevista�come�forma�d'invalidita�la� nullita�e,�dall'altro,�si�imputa�la�responsabilita�direttamente�all'autore� dell'atto.� Anche�a�livello�dottrinario�(7)�e�giurisprudenziale(8)�e�stata�sostenuta�la� non�imputabilita�all'Amministrazione�degli�atti�nulli�perche�da�considerarsi� tamquam�non�esset.� (7)�Si�veda�in�sede�di�teoria�generale�B. DE Giovanni, La�nullita�nella�logica�del�diritto,� Napoli,�1964,�69�ss.;�C. Esposito, La�validita�delle�leggi:�studio�sui�limiti�della�potesta�legislativa,� i�vizi�degli�atti�legislativi�e�il�controllo�giurisdizionale,�Milano,�1964,�rist.�inalterata�dell'ed.�1934,� 235�ss.;�A. Fedele, La�invalidita�del�negozio�giuridico�di�diritto�privato,�Torino,�1943,�32�ss.;�per�il� diritto�amministrativo�si�veda:�R. Caranta, L'inesistenza�dell'atto�amministrativo,�Torino,�1990,� passim,�89�ss.;�M.S. Giannini, Diritto�amministrativo,�Milano,�1993,�II,�310�ss.;�A.M. Sandulli, Manuale�di�diritto�amministrativo,�Napoli,�1984,�648�ss.;�A.M. Sandulli, op.�cit.,�1116,�il�quale� ritiene��che�non�sono�riferibili�all'amministrazione�(...)�gli�atti�viziati�da�incompetenza�assoluta� (straripamento�di�potere)�e�M. Caldarera, Retribuzione�delle�prestazioni�di�fatto,�cit.,�117,� secondo�cui�l'attribuzione�al�funzionario�della�responsabilita�da�atto�nullo�manifesta�l'intenzione� del�legislatore�di�evitare�una�diretta�responsabilita�dello�Stato�e�degli�enti�pubblici�per�i�danni� derivanti�dalla�dichiarata�nullita�dei�rapporti�illecitamente�costituiti.�B. Cavallo, Provvedimenti� eattiamministrativi,�cit.,�298�ss.�secondo�il�quale��e�ben�vero�che,�in�via�meramente�astratta,�l'ine- sistenza�coglie�la�situazione�dell'atto�che�non�acquista�rilevanza�giuridica�come�tale�per�l'ordina- mento,�mentre�la�nullita�appare�quale�reazione�sanzionatoria�dello�stesso�ad�uno�stato�invalidante� il�provvedimento,�che�si�contrappone,�quasi�in�termini�bipolari�alla�minore�e�meno�grave�misura� di�reazione�dell'annullabilita�.Da�cio�e�possibile�inferire�che�la�reazione�prevista�nei�pretesi�casi� di�inesistenza,�cioe�la�carenza�di�potere�e�la�cd.�incompetenza�assoluta,�consiste�nella�nullita�del� provvedimento�assunto�come�inesistente.�Ne�deriverebbe�che�il�provvedimento�inesistente�e�da� considerarsi�giuridicamente�nullo,�e�non�viceversa�.�In�senso�analogo�si�leggano�inoltre:�A. Piras, Invalidita�(dir.�amm.),�in�Enc.�dir.,�XXII,�Milano,�1972,�602�ss.;�R. Villata, L'atto�amministrativo,� in�Mazzaroli,�Pericu,�A.�Romano,�Roversi�Monaco,�Scoca,�(a�cura�di),�Diritto�amministrativo,� Bologna,�1998,�II,�1456�ss..� Come�teoria�generale�G. Filanti, Inesistenza�e�nullita�del�negozio�giuridico,�Napoli,�1983,pas- sim,�ma�in�particolare�91�ss.;�H. Kelsen, Teoria�generale�del�diritto�e�dello�Stato,�Milano,�1952,� 162�ss.;�R. Sacco, Nullita�ed�annullabilita�(diritto�civile),�in�Nss.�Dig.�it.,�Torino,�1965,�856�ss.� (8)�In�senso�analogo�in�giurisprudenza�cfr.�Tar�Campania,�Sez.�IV,�30�aprile�1993,�n.�64,�in� Foro�amm.,�1993,�1640�ss.�(con�nota�di�V. Tenore, Note�in�calce�ad�una�innovativa�sentenza�in�tema� di�esercizio�di�mansioni�superiori�nelpubblico�impiego�sanitario).� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Secondo�tale�orientamento,�accolto�dalla�prevalente�giurisprudenza� amministrativa,�l'atto�nullo�e�giuridicamente�inesistente.�Si�tratta�cioe�di�un� atto�irrilevante�ed�inefficace,��morto�prima�di�nascere�,�che�non�puo�essere� imputato�all'amministrazione,�in�quanto�non�e�mai�venuto�ad�esistere.�Corol- lario�di�tale�impostazione�e�che,�non�essendo�configurabile�in�caso�di�attivita� nulla�un�rapporto�organico,�gli�illeciti,�posti�in�essere�a�seguito�dell'atto�inesi- stente,�vengono�imputati�al�funzionario�responsabile.�In�definitiva,�responsa- bilita�civile�del�dirigente�(ed�in�genere�del�funzionario)�derivante�da�atto� nullo,�sarebbe�un�caso�di�responsabilita�diretta�e�personale.� DOTTRINA 267 Il risarcimento del danno alla persona: inquinamento elettromagnetico ed organismi geneticamente modificati (*) di Maria Vittoria Lumetti �Il�diritto�applicato�alla�lettera,�puo�generare� ingiustizia:�accanto�allo�ius�deve�trovare�posto� l'equitas,�l'equita�,�il�senso�di�umanita�el'equili- brio�del�giudizio�morale�.� CiceronE Sommario:�1.��IL dannO dA esposizionE allE ondE elettromagneti- che: A)�Concetti�generali�sull'elettromagnetismo.�Rischio�reale�e�rischio� percepito;�B)�Il�diritto�che�domina�la�scienza,�la�scienza�che�domina�il� diritto.�Leperplessita�dellascienzaelesceltedeldiritto:�traansiee�tran- quillizzanti��incertezze;�C)�Inquinamento�elettromagnetico�e�valori�costitu- zionali;�D)�Iprincipi�del�diritto�ambientale�come�guida�per�le�scelte�degli� operatori:�principio�di�precauzione,�sviluppo�sostenibile,�l'informazione;� E)�Idocumenti�delle�organizzazioni�governative�e�non�(Oms,�Cenelec,�Cei,� Iss�e�Ispesel);�F)�Le�strade�per�l'equilibrio:�la�sinergia�tra�gli�organi�istitu- zionali:�^soluzioni�giurisprudenziali�(tutela�civile,�amministrativa,�penale,� cautelare);�^soluzioni�amministrative�(in�Italia�e�nell'Unione�Europea);� ^soluzioni�normative�(la�normativa�internazionale,�comunitaria,�statale,� rapporto�tra�normativa�statale�e�regionale�e�ilprincipio�di�omogeneita�della� disciplina�normativa,�poteri�di�comuni�e�diprovince);�G)�Le�onde�elettro- magnetiche�e�il�danno�esistenziale.� 2.��IL dannO causatO daglI organismI geneticamentE modificati: A)�Lanormativainmateria.�Iprincipidiprecauzioneeprevenzione;�B)�Il� danno�alla�salute�e�l'art.�2050�c.c.;�C)�Il�d.P.R.�n.�224�del�1998�e�il�danno� daprodotto�difettoso;�D)�L'alterazione�degli�equilibri�naturali.� 3.��Conclusioni. 1.��IL dannO dA esposizionE allE ondE elettromagnetiche. A) Concetti�generali�sull'elettromagnetismo.� Televisione,�radio,�computer,�telefoni�cellulari,�forni�a�microonde,�elet- trodomestici�casalinghi,�phon,�sistemi�di�allarme,�radar�ed�apparati�per�uso� industriale,�medico�e�commerciale,�la�costruzione�di�nuovi�elettrodotti�el'e- sercizio�di�quelli�esistenti,�le�linee�ferroviarie�ad�alta�velocita�,�il�diffondersi� (*)�Testo�della�relazione�tenuta�in�occasione�del�Convegno�su��Il�ricarcimento�del�danno� nel�processo�civile,�amministrativo,�contabile,�penale�e�tributario:�fondamenti�e�nodi�problema- tici�che�si�e�tenuto�a�Roma�presso�l'Avvocatura�dello�Stato�il�19�giugno�2003.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� di�antenne�radio�trasmittenti:�tutte�queste�tecnologie�hanno�reso�la�nostra� vita�piu�ricca�e�piu�facile,�al�punto�da�renderle�irrinunciabili�nella�societa� moderna.� Nello�stesso�tempo,�tuttavia,�hanno�portato�con�se�preoccupazioni�per�i� possibili�rischi�connessi�al�loro�uso�e�per�la�supposta�pericolosita�delle�onde� elettromagnetiche�emesse�da�queste�installazioni.� Preoccupazioni�di�questo�tipo�sono�state�espresse,�ad�esempio,�per�la� sicurezza�dei�telefoni�cellulari�o�degli�elettrodotti,�soprattutto�in�considera- zioni�della�loro�diffusione.� Attualmente�infatti�si�calcola�che�vi�siano�circa�50.000�antenne�collocate� in�5.000�siti�emananti�onde�in�radiofrequenza�e�circa�1�milione�di�km�di�linee� elettriche�che�diffondono�invece�onde�di�bassa�frequenza.� Campi�elettromagnetici�a�bassissima�frequenza�vengono�generati� intorno�a�elettrodotti,�a�media�e/o�alta�frequenza,�attorno�ad�antenne�e�ripe- titori�radiotelevisivi�e�per�la�telefonia�cellulare,�ponti�radio�a�microonde�e� radar�per�la�navigazione�marittima�ed�aerea.� Tutti�questi�fenomeni�vengono�riassunti�in�una�sola�parola:�elettrosmog. Con�l'espressione�elettrosmog si�intende�il�ben�noto�fenomeno�legato�alla� massiccia�presenza�di�una�complessa�miscela�di�campi�elettromagnetici� (CEM)�di�diverse�frequenze,�che�permeano�il�nostro�ambiente.� Le�esposizioni�a�CEM�stanno�aumentando�significativamente�di�pari� passo�con�il�progresso�tecnologico�e�con�l'individuazione�di�nuove�applica- zioni�di�tali�onde(1).� Negli�anni�recenti�si�e�assistito�ad�un�incremento�senza�precedenti,�per� numero�e�varieta�,�di�sorgenti�di�campi�elettrici�e�magnetici�per�usi�indivi- duali,�industriali�e�commerciali.� Studi�epidemiologici�che�affermano,�tra�smentite�e�conferme,�un�rap- porto�di�causa�ed�effetto�tra�le�radiazioni�prodotte�dall'inquinamento�elettro- magnetico�e�leucemie�infantili,�allarmano�i�cittadini,�che�si�costituiscono�in� comitati�e�chiedono�lo�spostamento�o�la�rimozione�di�linee�elettriche�e� antenne.� Quella�che�era�una�problematica�conosciuta�da�pochi,�ora�e�una�tra�le� piu�discusse.� Le�radiazioni�sono�forme�di�propagazione�dell'energia�elettromagnetica.� Si�distinguono�in�radiazioni�ionizzanti�in�grado�di�spostare�elettroni� dagli�atomi�e�di�trasferirli�ad�altri�atomi,�creando�coppie�di�ioni�(raggi�x,� raggi�y�e�le�particelle�radioattive,�usati�soprattutto�in�campo�medico)�e�non� ionizzanti.� (1)�Notizie�tratte�da��Il Corriere della sera��del�31�luglio�2000,��Il Sole 24 Ore�del� 13�novembre�2000�e�dal�Promemoria�n.�193�dell'Organizzazione�mondiale�della�sanita�in�sito� Web�http://www.who.int/peh-emf/publications/facts-press/ifact/it�G. Grosso,�Campi elettroma- gnetici e tutela collettiva, tra ansie diffuse e permanenti incertezze,in�Rass. giur. Energia Elettrica,� 2002,�31�ss.� DOTTRINA�269 Queste�ultime�sono�le�radiazioni�che�non�hanno�energia�sufficiente�per� produrre�come�effetto�la�ionizzazione�(elettrodomestici�casalinghi,�telefoni� cellulari,�ecc.)�(2).� Gli�effetti�delle�radiazioni�ionizzanti�sono�note�e�sono�conosciute�le� soglie�oltre�le�quali�essi�si�sviluppano:�producono�serie�alterazioni�sulla�strut- tura�genetica�cellulare�e�sono�responsabili�di�gravi�patologie.� Le�radiazioni�emesse�dall'energia�elettrica�non�ionizzanti,�invece,�non� sono�in�grado�di�alterare�il�DNA�nelle�cellule.� Tra�le�onde�elettromagnetiche�non�ionizzanti�quelle�che�destano�mag- giore�interesse�sono�i�campo�elettromagnetici�(CEM)�a�frequenza�estrema- mente�bassa�(ELF.:�extremely low frequency),�le�radiofrequenze�e�le� microonde.� Non�esistono�a�tutt'oggi�prove�sperimentali�riproducibili�nell'animale� che�possano�dare�una�misura�certa�degli�effetti�biologici�a�livello�cellulare� dei�campi�elettromagnetici:�tutto�quello�che�sappiamo�lo�dobbiamo�alla� ricerca�epidemiologica�(3).� Allo�stato,�dunque,�gli�attuali�strumenti�di�indagine�scientifica�sono� insufficienti�(4).� In�campo�penalistico�si�registra�un�vuoto�di�tutela,�anche�se�da�tempo�si� ricorre�all'art.�674�c.p.�(5).� Nel�1998�la�Commissione�Internazionale�per�la�Protezione�dalle�Radia- zioni�Non�Ionizzanti�(ICNIRP),�un'organizzazione�non�governativa�formal- mente�accreditata�dall'OMS,�ha�emanato�alcune�linee�guida�per�la�limita- zione�dell'esposizione�umana�ai�campi�elettromagnetici�fino�alla�frequenza� di�300�GHz,�sia�in�ambiente�di�vita�che�di�lavoro.� (2)�Per�notizie�al�riguardo�cfr.�www.liceolabriola.it/Rubbia/frontpage.htm e�http://tempome- dico.it/edit01/edit702.htm. (3)�Nel�1979�Vertimer�e�Riper�notarono�per�la�prima�volta�che�nei�bambini�che�avevano� contratto�leucemie�linfatiche�acute�c'era�stata�una�maggiore�esposizione�ai�campi�elettromagnetici.� Alcune�indagini�successive�hanno�confermato�questo�dato�e�altre�lo�hanno�invece�smentito.� Gli�studiosi�affermano�che�l'unica�certezza�che�possiamo�trarre�dagli�studi�e�che�i�campi�elettro- magnetici,�se�pur�in�grado�di�provocare�un�aumento�dell'incidenza�di�leucemia�linfatica�acuta� infantile,�ricoprono�un�ruolo�complessivamente�molto�modesto�nell'epidemiologia�di�questa� malattia,�cfr.�G.�Squarci,�Tranquillizzanti incertezze, in�Toscana Qui,�4,�1999,�76.�Sui�dati� medico-legalicfr.L.�Marino,�Dati di interesse medico-legale sul danno alla salute causato da inqui- namento ambientale da onde elettromagnetiche non ionizzanti, in�Danno e resp.,�1999,�856�ss.�Sul� concetto�di�energia�elettrica�cfr.�R.�Albano, Energia elettrica: profili generali, in�Enc. giur.,1e� voce�Energia elettrica: impianti, in�Enc. giur.,1.� (4)�Cfr.�L.�Matarese,�Danno alla salute e onde elettromagnetiche, in�Danno e resp.,�1999,� 838.� (5)�Sul�punto�cfr.oltre,�in�particolare�Cass.�pen.,�Sez.�I,�14�ottobre�1999,�n.�5626,�in�Cass. pen.,�2001,�I,�146,�con�nota�di�G.�DE Falco,�Una nuova stagioneper l'art. 674 c.p.: strumento di tutela contro l'inquinamento elettromagnetico, nonche�Cass. pen.,�Sez.�I,�13�ottobre�1999,�n.�5592,� 2001,�VII-VIII,�2090,�con�nota�di�G.�Equizi,�Aspettipenalistici dell'inquinamento da campi elettro- magnetici: un vuoto di tutela. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Le normative interne successivamente emanate dalle nazioni piu� avan- zate, hanno spesso fatto esplicito riferimento a tali linee, considerandole quali condizioni minime di sicurezza. Inoltre l'organizzazione mondiale della sanita� (OMS), nel maggio del 1996, ha avviato un progetto internazionale per valutare gli effetti sanitari ed ambientali dell'esposizione ai campi elettrici e magnetici. Esso si propone di dare risposte alle preoccupazioni legate ai campi elet- tromagnetici attraverso un complesso programma di studio e monitoraggio, destinato a concludersi tra qualche anno, che dovra� mettere assieme le cono- scenze attuali e le risorse disponibili delle principali organizzazioni ed istitu- zioni scientifiche internazionali e nazionali, allo scopo di arrivare a racco- mandazioni scientificamente fondate per la definizione dei rischi sanitari del- l'esposizione a CEM. Si tratta di un progetto concepito per fornire revisioni critiche, autore- voli ed indipendenti, della letteratura scientifica, identificandone e colman- done le lacune, con la finalita� precipua di meglio definire protocolli di ricerca con metodologie tra loro compatibili e confrontabili, che possano condurre a migliori valutazioni dei rischi in parola. In un documento del 2002(6), l'OMS ha ammesso che la valutazione dei potenziali rischi dei campi elettromagnetici e� ancora affetta da parecchie incertezze. Su questa tematica forti sono gli scontri in quanto da una parte c'e� il timore degli effetti negativi sui quali non c'e� sicurezza scientifica e dall'altra parte ci sono forti interessi economici (quelli dei produttori di energia elet- trica, delle societa� di telecomunicazioni, dei gestori del servizio ferroviario e, anche se limitatamente, dei produttori delle apparecchiature elettriche). A questi si devono sommare anche le esigenze di tipo militare, visto che tra la strumentazione utilizzata ricopre importanza il radar, che rappresenta fonte di inquinamento elettromagnetico. L'inquinamento elettromagnetico e� stato ritenuto dall'Organizzazione Mondiale della Sanita� come una delle quattro problematiche ambientali che continueranno a riguardare il pianeta nei prossimi anni. L'attenzione dell'opinione pubblica negli ultimi periodi e� aumentata insieme ad una richiesta di intervento dei pubblici poteri. I primi portano a sostegno di un'azione concreta i risultati di alcune indagini epidemiologiche che sostengono l'esistenza di un nesso tra le sor- genti e alcune forme tumorali (in particolare per quanto riguarda gli impianti che formano onde a bassa frequenza, come gli elettrodotti). I secondi sostengono la tesi che le numerose normative emanate nel set- tore impediscono lo svolgersi dell'attivita� imprenditoriale, a fronte dell'inesi- stenza di un danno certo. (6) Campi elettromagnetici e salutepubblica, Promemoria OMS del marzo 2000, in sito web citato. DOTTRINA�271 Rischio�realee�rischiopercepito.� Lo�stesso�concetto�di�rischio�ha�assunto�dimensioni�prima�sconosciute.� Accanto�al�rischio�reale�si�sta�delineando�il�rischio�cd.�percepito:�il�signi- ficativo�progresso�delle�tecnologie�della�comunicazione�contribuisce�a�raffor- zare�la�sensibilita�dell'opinione�pubblica�nei�confronti�di�nuove�ipotesi�di� rischio�ancor�prima�che�la�ricerca�scientifica�sia�in�grado�di�fornire�spiega- zioni�definitive�e�certe�sulla�effettiva�pericolosita�dell'attivita�sotto�esame.� Tutto�cio�si�e�tradotto�in�una�forte�istanza�di�anticipazione�della�tutela� ambientale�e�della�salute�che�trova�la�sua�massima�espressione�nel�principio� di�precauzione�(v.�oltre).� B)�Il�diritto�che�domina�la�scienza,�la�scienza�che�domina�il�diritto.� Le�perplessita�della�scienza�e�le�scelte�del�diritto:�tra�ansie�e��tranquilliz- zanti��incertezze.� La�tematica�dell'inquinamento�elettromagnetico�presenta�caratteristiche� sui�generis:�provoca�il�confronto�dinamico�tra�giuristi,�filosofi�e�scienziati,� volto�ad�individuare�i�nodi�problematici�del�rapporto�scienza-diritto�e�del� rapporto�esperto-legislatore,�giudice,�amministratore.� Il�confronto�si�traduce�nell'analisi�del�rapporto�intercorrente�tra�alcuni� aspetti�di�fondamentale�rilievo�per�l'epistemologia�giudiziaria(7)�e�le�corri- spondenti�problematiche,�dibattute�nell'ambito�della�piu�generale�riflessione� epistemologica�e�scientifica�contemporanea.� Il�concetto�scientifico�si�scontra�con�il�concetto�giuridico�di�probabilita�,� diventando�la�sintesi�del�grado�di�certezza�da�raggiungere�nel�giudizio�sul� fatto�nel�processo�civile�e�in�quello�penale.�E�necessario,�dunque,�un�ade- guato�approfondimento�dei�presupposti�culturali�e�delle�opzioni�metodologi- che�occorrenti�per�il�controllo,�da�parte�del�legislatore�e�del�giudice,�sul� sapere�specialistico�riversato�nel�processo�attraverso�la�consulenza�tecnica.� (7)�L'epistemologia�scientifica�si�confronta�con�l'epistemologia�giudiziaria�e�si�riverbera�sul� metodo�del�contraddittorio�nella�formazione�della�prova,�sul�grado�di�certezza�da�raggiungere� nel�giudizio�sul�fatto,�sull'accertamento�del�nesso�di�causalita�(che�si�avvale�delle�valutazioni�giuri- diche�e�della�evoluzione�delle�conoscenze�scientifiche)�e,�dunque,�sul�risultato�conoscitivo�del�pro- cesso.�Su�questi�punti�fondamentali�cfr.�C.�Pizzi,�Oggettivita�e�relativismo�nella�ricostruzione�del� fatto:�riflessioni�logico-filosofiche,in�La�conoscenza�delfatto�nelprocessopenale,�a�cura�di�G.�Uber- tis,�Giuffre�,�195,�C.�Pizzi,�Fatti,�coerenza,�informazione,in�Diritto�pen.�e�processo,�1996,�245,�M.� Taruffo,�Elementiper�un'analisi�delgiudizio�difatto,in�Riv.�trim.�dir.proc.�civ.,�1995,�785,�A.�Giu- liani,�Ordine�isonomico�ed�ordine�asimmetrico:��nuova�retorica��e�teoria�delprocesso,in�Soc.�dir.,� 1986,�2,�81,�N.�Bobbio,�Sul�ragionamento�dei�giuristi,in�L'analisi�del�ragionamento�giuridico,a�cura� di�Comanducci-Guastini,�Giappichelli,�A.�Arnio,�La�Teoria�dell'argomentazione�e�oltre,in�L'ana- lisi�del�ragionamento�giuridico,�a�cura�di�Comanducci-Guastini,�Giappichelli,�211,�N.�MaC Cor- mick,�La�congruenza�nella�giustificazione�giuridica,in�L'analisi�del�ragionamento�cit,�243,�G.F.� Ricci,�Nuovi�rilievi�sul�problema�della�specificita�della�prova�giuridica,in�Riv.�trim.dir.�proc.civ.,� 2000,�1129,�J.�Wroblewski,�Il�ragionamento�giuridico�nell'interpretazione�del�diritto,in�L'analisi�...� cit.,�267,�F.M.�Catalano,�Prova�indiziaria,�probabilistic�evidence�e�modelli�matematici�di�valuta- zione,�in�Riv.�Dir.�proc.,�1996,�514,�V.�Denti,�Scientificita�della�prova�e�libera�valutazione�del�giu- dice,in�Riv.�dir.�proc.,�1972,�414,�L.G.�Lombardo, Appuntisulle�origini�e�sulleprospettive�dellibero� convincimento,in�Dir.�e�giurisprudenza,�1992,�17.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Non�solo�perche�,�pur�configurandosi�come�problema�ambientale�(il�ter- mine�inquinamento�e�sintomatico),�in�realta�e�un�problema�che�concerne�la� salute,�ma�anche�perche�interessa�una�molteplicita�di�discipline,�da�quelle� scientifiche,�(ingegneria,�fisica,�medicina),�a�quelle�sociali�(il�diritto,�la�filoso- fia�nei�termini�del�rapporto�tra�etica,�scienza�e�diritto,�le�tecniche�della�comu- nicazione)�a�quelle�economiche.� La�problematica,�dunque,�anche�giuridica,�necessita�di�una�rivisitazione� dei�concetti�della�fisica.� L'esigenza�e�quella�di�ridurre�le��distanze�culturali��tra�il�mondo�istitu- zionale�e�giudiziario�e�il�mondo�scientifico,�considerato�che�sempre�piu�la� cultura�della�scienza�fonda�quella�del�diritto�e�viceversa�e�che�il�sodalizio�di� diritto�e�scienza�produce�il�sapere�sociale�sotteso�alle�dinamiche�processuali,� sia�nei�paesi�di�tradizione�giuridica��continentale��sia�in�quelli�di�common law.� Da�piu�parti�viene�sottolineata�la�necessita�di�porre�delle�misure�cautela- tive�in�considerazione�dei�rischi�che�si�corrono.� L'incertezza�non�puo�essere�motivo�di�non�intervento�giuridico,�anche� perche�la�scienza�non�raggiunge�mai�risultati�che�si�possono�definire�certi,� in�quanto�ogni�verita�scientifica�e�sottoponibile�a�confutazione.� A�livello�scientifico,�in�quasi�tutti�i�settori,�ma�in�particolar�modo�in� quelli�scientifico-tecnologici,�la�scienza�ospita�una�pluralita�di�previsioni�e� asserzioni�e�in�alcuni�casi�opposte�tra�loro.� Anche�le�ricerche�su�possibili�danni�provocati�dagli�elettrodotti�non�sono� univoche�e�le�metodologie�usate�diverse�(8).� Da�qui�emerge�il�problema�di�come�il�diritto�possa�disciplinare�una� situazione�che�presenti�margini�di�incertezza�sulla�riscontrabilita�degli�effetti.� Accanto�a�questo�sorge�anche�il�problema�dei�metodi�da�usare�al�fine�di� garantire�la�reale�applicabilita�della�norma.� L'inquinamento�elettromagnetico�evidenzia�il�problema�della�societa� attuale�di�trovare�un�punto�di�equilibrio�tra�lo�sviluppo,�momento�fondamen- tale�per�la�vita�della�comunita�,�e�un�ambiente�vivibile,�protetto�da�alterazioni.� Rispondere�alla�domanda�se�il�diritto�debba�intervenire�nell'ambito�del- l'inquinamento�elettromagnetico,�significa�rispondere�prima�al�quesitose�il� diritto�debba�disciplinare�ambiti�in�cui�vi�sia�l'incertezza�scientifica,e� secondo�quali�canoni�il�diritto�deve�agire�in�presenza�di�incertezza�scientifi- che�(9).� (8)�Uno�studio�dettagliato�e�completo�in�merito�e�stato�presentato�dalla�dottoressa�M.�Tal- lachinI al�convegno�su��Ambiente e diritto��svoltosi�a�Firenze�nei�giorni�11�e�12�giugno�1998.,� M.�Tallachini,�Diritto per la natura�,�in�Ambiente e diritto,�S.�Grassi,�M.�Cecchetti,�S.�Olschki,� Firenze,�73.� (9)��Puo�dirsi�che�il�dialogo�tra�comunita�scientifica�e�diritto�si�e�rivelato�proficuo�a�comin- ciare�dalla�normativa�introdotta�per�i�campi�elettrici�e�magnetici�generati�dalla�frequenza�indu- striale�(soprattutto�da�elettrodotti)�con�il�d.p.c.�23�aprile�1992�che�ha�previsto�limiti�di�esposizione� DOTTRINA�273 A�cio�si�aggiunge�lo��scontro��tra�principi�costituzionali�e,�come� vedremo,�anche�tra�gli�articoli�stessi�del�Trattato�europeo�(artt.�95�e�174).� C)�Inquinamento elettromagnetico e valori costituzionali. L'inquinamento�elettromagnetico�e�un�problema�che�coinvolge�il�rispetto� e�il�coordinamento�dei�valori�tutelati�dalla�Costituzione.� L'analisi�degli�effetti�giuridici�posti�da�questo�tipo�di�inquinamento�non� puo�prescindere�dall'esame�dei�due�articoli�costituzionali�che�rappresentano� i�referenti�dei�due�interessi�apparentemente�in�conflitto:�l'art.�32�e�43,�l'uno� tutela�la�salute,�l'altro�conferisce�rilevanza�all'energia�come�fattore�di�svi- luppo.� Se,�in�primo�luogo,�risalta�l'art.�32�in�quanto�tutela�il�diritto�alla�salute,� rilievo�assume�anche�l'art.�9,�il�quale�prevede�la�tutela�del�paesaggio�e�del- l'ambiente�in�generale�(anche�in�seguito�ad�una�interpretazione�evolutiva� dello�stesso�articolo),�nonche�l'art.�41,�sulla�liberta�di�iniziativa�economica�e� l'art.�43�sull'energia.� Pertanto,�il�diritto�alla�salute�e�il�bene�energia�costituiscono�gli�aspetti� dominanti�nel�dibattito�sull'inquinamento�elettromagnetico.� L'esame�delle�due�norme�(art.�32�e�art.�43)�ha�evidenziato�come�nel� nostro�ordinamento�il�valore�salute,�inteso�in�senso�ampio,�e�l'energia,�siano� importanti�per�garantire�giuste�condizioni�di�vita:�entrambe�mirano�a�questo� scopo,�ma�con�prospettive�diverse,�per�non�dire�opposte.� La�salute,�diritto�fondamentale,�inalienabile,�intrasmissibile,�indisponi- bile�e�irrinunciabile,�riguarda�sia�l'individuo,�sia�la�collettivita�esie�arric- chita,�nel�corso�del�tempo,�di�ulteriori�sfumature�terminologiche�(diritto� all'integrita�psico-fisica,�diritto�all'ambiente�salubre�ecc).� La�salute�per�la�sua�stessa�intima�essenza�non�puo�prestarsi�ad�una� degradazione�in�vista�del�raggiungimento�di�un�obiettivo�economico.� Lo�stesso�art.�41�si�riferisce�ad�attivita�economica�che��deve�svolgersi�in� modo�da�non�recare�danno�alla�sicurezza,�alla�liberta�,�alla�dignita�umana�.� Nell'ipotesi�di�possibili�conflitti�tra�opposti�valori�costituzionali,�questi� devono�essere�ordinati�secondo�una�scala�gerarchica,�favorendo�quello�che� sembra�essere�di�maggior�rilievo�e�di�grado�piu�elevato.� In�un�ipotetico�conflitto�tra�la�liberta�economica�e�la�salute,�quest'ultima� sarebbe�privilegiata,�perche�la�salute�e�un�diritto�assoluto�e�primario,�quindi� inviolabile.� L'art.�41,�al�contrario,�non�prevede�una�situazione�giuridica�soggettiva� connotata�dai�caratteri�dell'assolutezza.� (art.�49),�distanze�di�rispetto�(art.�5)�e�azioni�di�risanamento�(art.�7),�in�linea�con�i�piu�attendibili� standards protezionistici�diffusi�a�livello�internazionale,�in�particolare�dall'Irpa�(International Commission On Non Ionizing Radiaction Committee),�con�studi�pubblicati�nel�gennaio�1990�e�suc- cessivamente�confermati�dall'Icirp�(International Commission On Non Ionizing Radiaction Protec- tion)�nel�maggio�1993�,�G.D.�Comporti, Amministrazioni e giudici sull'onda dell'elettrosmog,in� Foro Amm.,�2001,�IX,�2455.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� L'ottica�e�quella�di�una�funzionalizzazione�e�per�tale�motivo�l'attivita� economica�e�sottoposta�anche�al�controllo�conformativo�dei�pubblici� poteri.� Per�questo�il�diritto�alla�salute,�nel�caso�in�cui�sia�in�conflitto�con�diritti� soggettivi�connessi�all'esercizio�dell'attivita�d'impresa,�non�puo�essere�sacrifi- cato�ne�limitato�dal�confronto�con�situazioni�di�vantaggio�anche�se�costitu- zionalmete�riconosciute�e�tutelate(10).� Lo�sviluppo�economico�e�l'efficienza�produttiva�non�sono,�infatti,�valori� in�se�,�bens|�strumenti�per�realizzare�valori�costituzionali�autentici:�la�rela- zione�che�corre�e�quella�di�una��Funzionalizzazione�unidirezionale�,�nel� senso�che�c'e�un�rapporto�di�mezzo-fine�per�cui�sara�sempre�il�secondo�a�pre- valere.� In�ogni�caso�questo�deve�avvenire�nel�segno�della�ragionevolezza�e�con- gruita�(11).� Vi�sono�diversi�livelli�di�pregiudizio�alla�salute�e�livelli�diversi�di�tutela� della�stessa.� Si�e�sostenuto�che�per�un'opera�pubblica�di�grande�importanza�e�di�vasta� utilita�si�possono�accettare�anche�modesti�sacrifici�alla�salute�e�la�garanzia� di�cui�all'art.�32�rimane�in�ombra.�Decisivo�apparirebbe,�in�questo�caso,�il� ruolo�dell'amministratore�pubblico�perche�ha�il�compito�di�assicurarsi�che�le� iniziative�e�le�opere�di�cui�si�e�decisa�la�realizzazione�non�incidano�in�maniera� grave�sulla�salute�dei�cittadini,�mentre�non�puo�farsi�carico�di�tutti�i�possibili� riflessi�minori(12).� La�sinergia�tra�gli�organi�istituzionali�consentira�di�attuare�un'appro- priata�protezione�alla�salute.� D) Iprincipi�del�diritto�dell'ambiente�come�guida�per�le�scelte�degli�operatori:� principioprecauzionale,svilupposostenibile,�l'informazione.� La�direttiva�n.�90/270/CEE�del�Consiglio�del�29�maggio�1990�attuata� con�d.lgs.�n.�626/1994�ha�emanato�prescrizioni�minime�in�materia�di�sicu- rezza�e�salute�nelle�attivita�di�lavoro�compiute�su�videoterminali.� La�direttiva�n.�92/85/CEE�del�Consiglio�del�19�ottobre�1992,�attuata� con�d.lgs.�n.�645/1996�tutela�la�sicurezza�e�la�salute�sul�lavoro�delle�lavora- trici�gestanti,�puerpere�o�in�periodo�di�allattamento�nei�confronti�del�rischio� all'esposizione�ai�CEM.� Nel�1992�e�entrato�in�vigore�il�decreto�del�Presidente�del�Consiglio�dei� Ministri�23�aprile�1992,�il�quale�ha�stabilito�i�limiti�massimi�di�accettabilita� delle�esposizioni�delle�onde�elettromagnetiche�e�le�relative�distanze�di� rispetto,�con�particolare�riferimento�agli�elettrodotti.� (10)�Voce�Salute,in�Digesto,�526.� (11)�M.�Lucani, Localizzazionedellecentralielettriche.�Problemigiuspubblicistici,�in�Riv.�giur.� dell'ambiente,�1990,�161.� (12)�A.�Bardusco,�Diritto�alla�salute�e�decisioni,in�Sanita�Pubblica,�1983,�427.� DOTTRINA�275 Il�Parlamento�europeo,�nella�risoluzione�del�5�maggio�1994�contro�gli� effetti�nocivi�delle�radiazioni�non�ionizzanti,�elaborava,�in�virtu�del�mancato� accertamento,�allo�stato�attuale,�dei�meccanismi�d'induzione�dei�danni�biolo- gici,�i�principi�di�precauzione�e�prevenzione,�che�la�normativa�di�ciascun� Stato�membro�avrebbe�dovuto�osservare.� Il�principio�di�precauzione(13)�prevede�che,�in�caso�di�dubbio�sul�livello� del�rischio,�si�deve�adottare�l'opzione�piu��conservativa��per�minimizzare�il� rischio,�ricorrendo,�se�necessario,�in�caso�di�non�conoscenza�di�livelli�minimi� di�sicurezza,�anche�alla�cosiddetta�opzione�zero.� Nella�valutazione�dell'opera�o�del�progetto�si�devono�prendere�in�esame� tutte�le�soluzioni�possibili,�per�poi�scegliere�quella�che�si�presenta�dal�punto� di�vista�ambientale�come�compatibile�e�non�si�esclude�l'ipotesi�che�il�procedi- mento�si�concluda�con�il�divieto�di�intervenire�o�di�realizzare�l'opera:�si�tratta� di�quella�che�viene�definita��l'opzione�zero�.� Cio�consente�di�adottare�anche�soluzioni�radicali�nei�casi�piu�dubbi�(14).� Al�fine,�tuttavia,�di�evitare�applicazioni�eccessivamente�rigide,�il�prin- cipio�di�precauzione�e�stato�temperato�da�quello�di�prevenzione:�non�qual- siasi�ipotesi�di�danno�scientificamente�incerto�e�idoneo�a�far�scattare�l'op- zione�zero,�ma�solo�quella�del�danno�grave�ed�irreversibile�(art.�130R/� attuale�174�del�Trattato�CE:�il�comma�2�di�tale�articolo�stabilisce�che�la� politica�della�Comunita�europea�in�materia�ambientale�mira�ad�un�elevato� livello�di�tutela).� Successivamente,�e�intervenuta�la�legge�n.�249/1997�che�ha�individuato� in�capo�all'Autorita�per�le�garanzie�nelle�telecomunicazioni�il�potere�di�vigi- lanza�sui�tetti�massimi�delle�radiofrequenze�compatibili�con�la�salute�umana� e�di�verificarne�l'osservanza�(art.�1,�co.�6,�lett.�a,�n.�15)�(15).� E�stato,�inoltre,�precisato�che�il�rispetto�dei�suddetti�limiti�costituisce� condizione�obbligatoria�per�il�rilascio�delle�licenze�e�concessioni�per�l'instal- lazione�di�apparati�che�emettono�onde�elettromagnetiche.� In�attuazione�della�suddetta�legge�e�stato�emesso�il�d.m.�10�settembre� 1998,�n.�381�(decreto�Ronchi):�in�esso�vengono�fissati�i�limiti�di�esposizione� alle�radiofrequenze�e�microonde�emesse�da�antenne�per�telecomunicazioni� radio�televisive(16).� I�limiti�di�esposizione�fissati�dal�decreto�sono�recepiti�da�quelli�fissati� dall'IRPA�e�sono�finalizzati�a�tutelare�la�salute�dagli�effetti�cronici�provocati� dai�campi�CEM.� (13)�F.�Acerboni,�Contributo allo studio del principio di precauzione: dall'origine nel diritto internazionale a principio generale dell'ordinamento,in�Il diritto della regione -regione Veneto,� 2000,�246.� (14)�F.�Salvia, Ambiente e sviluppo sostenibile,in�Riv. giur. ambiente,�1998,�n.�2,�241.� (15)�L.�Matarese,�Danno alla salute e onde elettromagnetiche, in�Danno e resp.,�1999,�849.� (16)�F.�Amendola,�Inquinamento elettromagnetico, d.m. 381/98 e art. 674 c.p., in�Foro it.,� 2001,�II,�30.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� I�suddetti�limiti�risultano,�tuttavia�piu�alti�e,�dunque,�meno�permissivi,� di�quelli�previsti�invece�dalla�racc.�n.�99/519/CE�del�12�luglio�1999.� Infine,�la�recente�legge�quadro�n.�36�del�12�febbraio�2001�ha�dettato�i� principi�fondamentali�diretti�ad�assicurare�la�tutela�della�salute�dei�lavoratori� e�della�popolazione�dagli�effetti�dell'esposizione�a�determinati�livelli�di�campi� elettrici,�magnetici,�ed�elettromagnetici.� La�suddetta�legge�conferma,�per�un�periodo�transitorio,�i�limiti�previsti� nel�decreto�del�Presidente�del�Consiglio�dei�Ministri�27�aprile�1992(17).� Nulla�esclude�che�in�un�prossimo�futuro�lo�Stato,�verificando�il�progre- dire�degli�studi�scientifici�sull'argomento,�recepisca�con�appositi�atti�regola- mentari�il�risultato�degli�studi�stessi,�prevedendo�limiti�piu�ristretti�di�quelli� del�citato�decreto�del�Presidente�del�Consiglio�dei�Ministri(18).� �Tuttavia,�a�fronte�di�un�panorama�scientifico�cos|�complesso,�non�si� puo�che�ribadire�che�e�esclusivo�compito�del�legislatore�la�individuazione,� eventualmente�a�livello�cautelativo,�di�una�soglia�di�tutela�dalle�emissioni,� diversa�da�quella�prevista�e�adottata�a�livello�internazionale�(19).� Si�persegue,�infatti,�lo�scopo�di�realizzare�il�principio�dello�sviluppo� sostenibile.� Il�problema�diventa�quello�di�stabilire�se,�di�fronte�a�questi�opposti�inte- ressi,�sia�giusto�intervenire,�in�ragione�di�quali�principi�e�quali�strumenti� adottare�per�cercare�di�considerare�entrambi�gli�aspetti.� Si�evidenzia,�altres|�,che�e�stato�trasmesso�alla�Camera�dei�Deputati�per� la�definitiva�approvazione�il�disegno�di�legge,�n.�1753�approvato�il�14�maggio� 2003�dal�Senato,�contenente�la�delega�al�Governo�per�il�riordino,�il�coordina- mento�e�l'integrazione�della�legislazione�in�materia�ambientale�e�misure�di� diretta�applicazione,�in�cui�all'art.�8,�1.�fsi�ribadisce�l'intenzione�di��afferma- (17)�Cfr.�T.A.R.�per�il�Veneto,�28�novembre�2001,�il�quale�afferma�che�tramite�la�legge�qua- dro�il�D.P.C.M.�del�1992�e�stato�eretto�a�norma�di�legge.� (18)�Sintomatico�e�come�il�principio�di�precauzione�sia�stato�esteso�ed�applicato�anche�ad� altri�settori,�sempre�connessi�con�la�tutela�salute.� L'O.M.�22�novembre�2000�dell'allora�Ministero�della�Sanita�(GU 24�novembre�2000,�n.�275),� stabilisce,�in�materia�trasfusionale,�che��considerata�la�situazione�di�potenziale�pericolosita�per� la�salute�pubblica�determinatasi�nei�Paesi�dell'Unione�europea�in�relazione�ai�casi�di�encefalopatia� spongiforme�bovina,�considerato�che,�ancorche�non�sia�stata�accertata�alcuna�diretta�correlazione� fra�donazione�di�sangue�ed�infezione�da�agenti�infettanti�connessi�alla�nuova�variante�di�malattia� di�Creutzfeldt-Jakob�(CJD),�in�alcuni�paesi�dell'Unione�sono�state�adottate,�in�via�prudenziale,� iniziative�volte�ad�escludere�dalla�donazione�di�sangue�o�di�emocomponenti�coloro�che�negli�anni� dal�1980�al�1996�hanno�soggiornato�nel�Regno�Unito�per�un�periodo�superiore�a�sei�mesi�...�rite- nuta�l'opportunita�di�dichiarare,�in�via�meramente�cautelativa�ed�in�attesa�delle�decisioni�che�assu- meranno�in�materia�gli�organi�dell'Unione�...�ordina:�coloro�che�hanno�soggiornato�nel�Regno� Unito�negli�anni�dal�1980�al�1996�...�sono�da�considerare�non�idonei�alla�donazione�di�sangue�o� di�emocomponenti�.� (19)�M.�Fadel,�Campi elettronici-Giurisprudenza,in�www.forumambiente.it/id 26.htm;�cfr.� inoltre�Trib.�Monza,�24�febbraio�2001.�Sull'esigenza�di�una�normativa�che�regoli�la�prevalenza� del�diritto�ad�una�esistenza�sana,�libera�e�dignitosa�v.�L. Matarese,�Danno alla salute e onde elett romagnetiche, in�Danno e resp.,�1999,�840.� DOTTRINA�277 zione�dei�principi�comunitari�di�prevenzione,�di�precauzione,�di�correzione�e� riduzione�degli�inquinamenti�e�dei�danni�ambientali�e�del�principio��chi� inquina�paga�.� Viene�espressa,�dunque,�la�convinzione�che�i�suddetti�principi�siano� idonei�a�garantire�elevati�livelli�di�tutela�dell'ambiente�e,�nel�contempo,�a� contribuire�alla�competitivita��dei�sistemi�territoriali�e�delle�imprese� (art.�8,�1.�e)(20).� E)�Idocumenti�delle�organizzazionigovernative�e�non.� Il�problema�dell'inquinamento�elettromagnetico�e��stato�percepito�da� varie�organizzazioni�governative�e�non�governative.� OMS.�Come�si�e��gia��accennato,�l'Organizzazione�mondiale�della�Sanita��ha� adottato�nel�1996�un�progetto�sugli�effetti�prodotti�dai�campi�elettromagnetici� (EMF�PROJECT)(21).� Gli�effetti�sembrano�dipendere�dalla�durata�e�dal�tipo�di�esposizione,� anche�se�in�merito�l'OMS�ritiene�che�sia�necessaria�una�chiarificazione�scien- tifica,�anche�perche�,si�e��osservato,�l'esposizione�ai�CEM�colpisce�a�vari�gradi� tutte�le�popolazioni�del�mondo�e�i�livelli�continueranno�ad�aumentare�con�l'a- vanzare�delle�tecnologie.� L'OMS�sostiene�di�voler�evitare�il�ripetersi�degli�errori�commessi�con�il� fumo�della�sigaretta�e�con�le�radiazioni�ionizzanti,�prima�sottovalutati�in� quanto�ritenuti�in�piccola�parte�responsabili�di�effetti�alla�salute,�poi�accertati� come�agenti�dannosi(22).�La�posizione�attuale�dell'OMS�sembrerebbe�ispi- rata�al�principio�della�cautela�(23).� La�durata�del�progetto�e��stata�stabilita�fino�al�2005,�anno�in�cui�gli� organi�previsti�dallo�stesso�dovranno�presentare�le�loro�conclusioni.�Il�pro- getto�si�fonda�su�un�procedere�logico�di�attivita��e�di�produzioni�al�fine�di� migliorare�gli�accertamenti�sui�rischi�alla�salute.�La�somma�finanziaria�per� ogni�anno�e��di�60.000�dollari.� (20)�Il�disegno�di�legge�e��pubblicato�in�www.giust.it.� (21)�Si�legge�nell'introduzione�che�si�sono��intravisti��a�causa�di�questi�campi�magnetici�degli� ipotetici�effetti�quali:�cancro�perdita�della�memoria,�malattie�di�Alzheimer,�Parkinson,�e�anche� un�aumento�di�suicidi,�OMS,�Summary�Project,�in�http://www.who.int/peh-emf/summary.htm,� April,�2000.� (22)�OMS,�Summary�Project,�op.�cit.� (23)�Si�afferma,�infatti,�che��dal�momento�che�le�attuali�conoscenze�scientifiche�suggeriscono� deboli�associazioni�e�non�stabiliscono�che�l'esposizione�a�campi�magnetici�di�bassa�frequenza�ai� livelli�normalmente�incontrati�nell'ambiente�domestico�possa�causare�effetti�nocivi�per�la�salute,� non�c'e��alcune�necessita��di�adottare�specifiche�misure�protezionistiche�,�allo�stesso�tempo,�tutta- via,�raccomanda�che�in�attesa�di�risultati�scientifici�certi�e�concorsi�tra�loro,�ci�sia��una�stretta� aderenza�alle�norme�nazionali�ed�internazionali�,�S.�Celozzi,�L'esposizione�a�lungo�termine�a� campo�magnetico�di�bassa�frequenza�e�debole�intensita�,in�Gazzetta�Ambiente,�n.�4,�luglio-agosto,� I.P.Z.S.,�1999,�37.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� La�struttura�organizzativa�si�compone�di�un�organo�consultivo,�il�Comi- tato�Internazionale�Consultivo�(IAC)�e�di�uno�scientifico.�Lo�IAC�e�compo- sto�dai�rappresentanti�dei�governi�che�hanno�finanziato�il�progetto,�tra�cui� rientra�l'Italia.� CENELEC e CEI. Il�Cenelec�(European�Commette�For�Electrotechnical� Standardazation),�e�una�organizzazione�a�livello�europeo�che�emette�docu- menti�di�armonizzazione�sulla�tecnologia�elettronica.� Le�regole�tecnico-scietifiche,�infatti,�devono�essere�adattate�nella�norma- tiva�dell'Unione�Europea,�per�poi�essere�a�loro�volta�tradotte�ed�inserite�nelle� disposizioni�nazionali.� In�Italia�l'ente�deputato�a�cio�(cosiddetto�ente�normalizzatore)�e�il�CEI� (Centro�Elettronico�Italiano).� Tramite�il�Comitato�tecnico�111��Human expousure to electromagneticn- fields��il�CENELEC�ha�redatto�una�pre-norma�per�la�protezione�del�pub- blico�e�dei�lavoratori�dall'influenza�diretta�e�indiretta�dei�campi�elettrici,� magnetici�ed�elettromagnetici�prodotti�nella�gamma�di�frequenza�da�0�a�300� GHz.�Nella�prima�parte�si�trovano�le�indicazioni�relative�ai�campi�elettrici�e� magnetici�a�bassa�frequenza�(24).� ISS E ISPESEL. L'ISS�(Istituto�Superiore�di�Sanita�)�e�l'ISPESEL�(Istituto� per�la�prevenzione�e�sicurezza�sul�lavoro),�entrambe�organizzazioni�governa- tive,�hanno�adottato�il�29�gennaio�1998�un�documento�congiunto��Sulla�pro- blematica�della�protezione�dei�lavoratori�e�della�popolazione�dalle�esposizioni� a�campi�elettrici�e�magnetici�ed�a�campi�elettromagnetici�a�frequenze�com- prese�tra�0Hz�e�300�GHz�.� Nella�parte�introduttiva�e�precisato�che�il�documento�viene�adottato� congiuntamente�dai�due�istituti�come�frutto�di�un�necessario�confronto� mirante�a�chiarire�le�rispettive�posizioni�ed�individuare�le�linee�di�azioni� comuni�nell'interesse�generale�dei�cittadini,�nonche�in�vista�della�delicata�atti- vita�di�consulenza�scientifica�che�i�suddetti�istituti�prestano�al�gruppo�di� lavoro�interministeriale�per�la�legge�quadro�(25).� (24)�I�limiti�previsti�sono�di�50�Hz,�per�gli�impianti�di�trasmissione�e�distribuzione�di�energia� elettrica�e�di�utilizzazione�dell'energia�nelle�sue�molteplici�applicazioni,�quelli�a�frequenza�diversa� generati�da�sorgenti�diffuse�quali�i�sistemi�di�trazione�in�corrente�continua�ed�alternata�o�apparec- chiature�utilizzate�a�livello�industriale�(es.�riscaldamento�dei�materiali).�I�limiti�sono�previsti�per� quanto�concerne�le�basse�frequenze:�per�il�campo�elettrico,�per�quello�magnetico�e�per�la�densita� di�corrente.�Inoltre�i�valori�sono�diversi�per�la�popolazione�e�i�lavoratori.�Tali�limiti�sono�abba- stanza�alti,�basti�pensare�che�il�campo�magnetico�per�la�popolazione�non�deve�essere�oltre�i�0,6� mT�e�per�i�lavoratori�di�1�,6�mT:�i�suddetti�limiti�sono�efficaci�per�una�tutela�dagli�effetti�a�breve� termine,�ma�non�a�lungo,�CNR,�CEI,�Norma�Europea�Sperimentale,�in�Dossier Inquinamento elet- tromagnetico,�Legambiente,�Roma,�1999,�parte�quinta.� (25)�ISS-ISPESEL,��Documento�congiunto�dell'Istituto�Superiore�per�la�Prevenzione�e�la� Sicurezza�del�Lavoro�e�dell'istituto�Superiore�di�Sanita�sulla�problematica�della�protezione�dei� DOTTRINA�279 F)�Le strade per l'equilibrio: la sinergia tra gli organi istituzionali. Analizziamo�ora�quali�possono�essere�gli�strumenti�che�consentono� all'operatore�del�diritto�e�all'amministratore�di�intervenire�e�di�trovare�la� soluzione�piu�equilibrata�che,�forse,�non�assicurera�la�piena�soddisfazione� degli�interessati�ma�potra�,�almeno,�evitare�l'eccessivo�acuirsi�dei�conflitti�a� livello�politico-istituzionale.� Le�soluzioni�possibili�sono�state�esplorate�con�riferimento�precipuo�ai� classici�strumenti�dell'ordinamento�giuridico:�quello�amministrativo,�giurisdi- zionale�e�infine�legislativo.� Soluzioni giurisprudenziali Gli�organi�giurisdizionali�sono�stati�i�primi�a�livello�istituzionale�ad� occuparsi�del�problema�elettrosmog. I�cittadini,�i�comitati,�le�associazioni�ambientalistiche�e�protezionistiche� hanno�pensato�di�rivolgersi�agli�organi�giudiziari�per�tutelarsi�dai�pericoli�e� dai�rischi�di�cui�parlava�una�certa�letteratura�scientifica.�Come�sempre� accade�per�un�nuovo�problema,�si�registra�un'evoluzione,�un�cambiamento� che�va�nella�direzione�di�un�rafforzamento�della�tutela.� Le�prime�sentenze�risalgono�agli�anni�ottanta,�ma�sara�soprattutto�negli� anni�novanta�che�aumenteranno�le�cause�con�tale�oggetto.� Quella�che�prima�era�una�problematica�conosciuta�da�pochi,�oggi�e�una� delle�piu�discusse.� I�giudici,�sia�amministrativi�sia�ordinari,�sono�stati�chiamati,�a�partire� dalla�meta�degli�anni�novanta,�ad�affrontare�numerose�questioni�in�ordine� al�problema�dei�campi�elettromagnetici,�assumendo,�in�materia,�contrastanti� posizioni.� A�livello�giurisdizionale�partendo�dall'analisi�dei�casi�giurisprudenziali� relativi�all'inquinamento�elettromagnetico,�l'ordinamento�offre�delle�possibi- lita�:�da�quello�civile,�a�quello�penale�e�amministrativo,�art.�674�c.p.� E�opportuno�fare�un�distinguo�tra�cause�civili,�amministrative�e�penali.� Giurisprudenza civile e tutela cautelare La�generica�pericolosita�delle�onde�elettromagnetiche�era�gia�nota�nel� 1979�alla�Corte�di�Cassazione,�la�quale�inseriva,�tra�le�immissioni�suscettibili� di�divieto�ai�sensi�dell'art.�844�c.c.,�le�correnti�elettriche�e�le�onde�elettroma- gnetiche,�in�quanto�idonee�ad�incidere�sull'organismo�umano�(26).� lavoratori�e�della�popolazione�dalle�esposizioni�a�campi�elettrici�e�magnetici�ed�a�campi�elettroma- gnetici�a�frequenze�comprese�tra�0Hz�e�300GHz,�in�Dossier Inquinamento Elettromagnetico,� Legambiente,�Roma,�1999.� (26)�Cass.�6�marzo�1979,�n.�1404.�In�termini�di�inquinamento�da�onde�elettromagnetiche�si� esprimeva�anche�il�T.A.R.�Veneto,�18�novembre�1982,�n.�878,�in�T.A.R.,�1983,�I,�187�e,�di�recente,� il�Trib.�Como,�22�gennaio�2002,�n.�1146�e,�piu�di�recente,�T.A.R.�Veneto,�Sez.�II,�13�febbraio� 2001,�n.�236,�in�Giur. di merito,�2001,�III,�749,�con�nota�di�F.�Patruno,�Considerazioni sull'inquina- mento elettromagnetico e sulla recente legge-quadro.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Alla�prima�categoria�sono�rapportabili�la�maggior�parte�delle�prime� ordinanze�emesse,�ovvero�quelle�che�vanno�dall'inizio�anni�novanta�fino�alla� meta�,�mentre�notevole�e�stato�il�ricorso�alla�giurisdizione�amministrativa�nel� periodo�successivo.� Oggi�molte�controversie�svolgono�anche�davanti�al�giudice�penale.� Il�primo�caso�che�ando�in�un'aula�giudiziaria�fu�la�costruzione�di�un�elet- trodotto�ad�altissima�tensione,�380�kv,�da�realizzarsi�nei�Comuni�della�Versi- lia,�nelle�province�di�Lucca�e�Pisa.� Iniziarono�davanti�allo�stesso�Pretore�due�procedimenti,�uno�penale�e� uno�civile.� Il�pretore�emise�l'ordinanza�di�non�attivazione�accogliendo�le�richieste� degli�attori�(rappresentante�locale�del�WWF�e�proprietari�terrieri�su�cui�l'elet- trodotto�sarebbe�dovuto�passare).�L'ordinanza�della�Pretura�fece�scuola�eda� allora�numerose�sono�state�le�cause�intraprese.� La�tutela�cautelare�rappresenta�lo�strumento�giurisdizionale�maggior- mente�utilizzato�ai�fini�dell'intervento�nelle�controversie�riguardanti�la�peri- colosita�dei�campi�elettromagnetici.� La�maggior�parte�delle�decisioni�in�materia�e�di�tipo�cautelare,�proprio� per�il�carattere�preventivo�che�connota�tale�forma�di�tutela.� Lo�scopo�da�raggiungere�a�livello�giurisdizionale,�per�che�lamenta�la� lesione�del�diritto�alla�salute,�e�ottenere�un�provvedimento�che�garantisca�la� cessazione�della�situazione�pericolosa.� I�tempi�del�processo�sono�lunghi:�e�importante�agire�il�prima�possibile,� prima�che�il�danno�si�sia�verificato.� Naturalmente,�tra�le�azioni�cautelari�previste�dal�codice�di�rito,�quella� utilizzata�dai�ricorrenti�e�l'azione�cautelare�atipica�prevista�dall'art.�700� c.p.c.�(27).� Nei�primi�anni�novanta�si�registra�una�tendenza�dei�giudici�a�respingere� le�richieste�di�una�tutela�cautelare�ex art.�700�c.p.c.�al�fine�di�intervenire�sugli� elettrodotti�costruiti�o�in�fase�di�costruzione.� Se�non�erano�le�Preture�a�respingere�le�richieste,�le�ordinanze�venivano� revocate�dai�Tribunali.� La�giurisprudenza,�tuttavia,�e�,�in�genere,�poco�propensa�ad�accordare�la� tutela�cautelare�ex art.�700�c.p.c.�chiesta�al�fine�di�rimuovere�apparecchiature� idonee�a�produrre�onde�elettromagnetiche,�sul�presupposto�della�non�suffi- cienza�di�un�rischio�generico�(28).� (27)�La�funzione�dell'art.�700�e�proprio�quella�di�munire�di�tutela�sommaria�urgente�tutti�i� diritti�riconosciuti�dall'ordinamento,�indipendente�dalla�norma�che�attribuisca�il�diritto�di�azione� in�merito�al�singolo�diritto�e�a�ciascuna�violazione,�A.�Protopisani, Lezioni di diritto Processuale Civile,�Jovene,�Napoli,�1996,�691.� (28)�Trib.�di�Lucca,�5�marzo�1990,�in�Rass. giur. energia elettrica,�1990,�523.� DOTTRINA�281 Un�orientamento�giurisprudenziale,�minoritario,�ha�ritenuto�di�disappli- care�l'applicazione�dei�valori-limite�attualmente�vigenti,�a�livello�nazionale,� per�espressa�previsione�della�legge�7�febbraio�2001,�n.�36�e�ha�imposto�lo� spostamento�dell'elettrodotto�o�la�limitazione�dei�valori�di�corrente�che�tran- sitano�sulle�linee�elettriche�(29).� L'inosservanza�dei�limiti�previsti�a�livello�legislativo�scaturisce�dall'esi- genza�di�garantire�quanto�piu�possibile�la�salute�dei�cittadini.� Il�Tribunale�di�Padova,�con�pronuncia�del�17�novembre�1998,�n.�465�(30),� ha�imposto�la�limitazione�a�100A�del�valore�della�corrente�che�percorre�un� impianto�a�132�kV,�nel�presupposto�che�a�tale�valore�il�campo�elettromagne- tico,�pur�eccedendo�di�poco�gli�0,2�mt,�non�produca�effetti�nocivi�per�gli� esposti.� Il�suddetto�orientamento�ritiene�non�vincolanti�i�limiti�legislativi�in� quanto�non�astrattamente�preclusivi�di�indagini�sulla�causalita�specifica.� Il�Tribunale�di�Milano�ha�ammesso�la�tutela�cautelare��allo�scopo�di� prevenire�danni�provocati�dall'esposizione�a�campi�elettromagnetici�,�eper� tutelare�il�diritto�fondamentale�della�salute�che�lo�stadio�attuale�delle�ricerche� scientifiche�ritiene,�seppure�in�maniera�non�sicura,�essere�gravemente�minac- ciato�da�tale�esposizione�(31).� Si�deve�segnalare�la�sentenza�della�Cassazione�n.�9893�del�2000�(32)�che,� sul�presupposto�della�supposta�notorieta�delle�onde�elettromagnetici�(gene- rate,�nel�caso�specifico,�da�un�elettrodotto)�ha�ritenuto�ammissibile�l'emis- sione�di�una�pronuncia�inibitoria�qualora,�anche�prima�che�l'opera�pubblica� sia�messa�in�esercizio,�sia�possibile�accertare�che�e�insito�un�pericolo�(e�non� gia�un�pregiudizio�attuale)�per�la�salute�umana.� Altra�parte�della�giurisprudenza,�maggioritaria,�ha�ritenuto�invece�che,� rispettate�le�prescrizioni�del�citato�decreto�del�Presidente�del�Consiglio�dei� Ministri�del�1992�nonche�delle�Raccomandazioni�espresse�in�materia�dai�vari� Organismi�internazionali,�e�in�assenza�di�prove�scientifiche�certe�circa�il�rap- porto�di�causalita�tra�esposizione�ai�campi�elettromagnetici�ed�effetti�a�lungo� (29)�Cfr.�Trib.�Reggio�Calabria,�30�gennaio�2001,�in�Rass. giur. energia elettrica,�2001,�279:�ha� ritenuto�ammissibile�la�domanda�cautelare�di�sospensione�dei�lavori�di�realizzazione�di�una�cabina� elettrica,�in�quanto�finalizzata�alla�tutela�del�personalissimo�e�costituzionalmente�garantito�diritto� alla�salute�individuale�che�si�assume�minacciato�da�immissioni�pregiudizievoli�di�onde�elettroma- gnetiche.� (30)�Trib.�Padova,�17�novembre�1998,�in�Guida al diritto,�1999,�n.�38,�14.� (31)�Trib.�Milano,�7�ottobre�1999,�in�Foro it.,�2001,�141.�Cfr.�sul�punto�G.D.�Comporti,� Amministrazioni e giudici sull'onda dell'elettrosmog, in�Foro Amm., 2001,�IX,�2455.� (32)�Cass.�27�luglio�2000,�n.�9893,�in�Foro it.,2001,�I,�141�e�in�Corr. giur.,�2001,�200,�in�Danno e resp.,�2001,�38,�con�nota�di�G.�DE Marzo,�Inquinamento elettromagnetico e tutela inibitoria ein� Urb. e app.,�2001,�162,�con�nota�di�G. Manfredi,�L'�irresistibile� diritto alla salute e la tutela dal- l'inquinamento elettromagnetico.�Sui�profili�causalistici�cfr.�cap.4�pr.�XII.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� termine�dell'esposizione�stessa,�non�sia,�allo�stato,�ipotizzabile�la�violazione� del�diritto�alla�salute�(33).� In�particolare,�il�Tribunale�di�Milano�ha�osservato�che,�essendo�interve- nuta�la�legge�n.�36�del�2001�recante�norme�di�tutela�dalle�onde�elettromagne- tiche,�non�sia�consentito�al�giudice,�che�ravvisi�una�possibile�lesione�alla� salute�per�effetto�dei�campi�elettromagnetici�generati�da�tali�onde,�procedere� alla�disapplicazione�dei�limiti�esistenti�(transitoriamente�quelli�stessi�di�cui� al�decreto�del�Presidente�del�Consiglio�dei�Ministri�23�aprile�1992)�ormai� costituenti�norma�primaria�(34).� Giurisprudenza�amministrativa� In�via�di�principio�nella�materia�dell'inquinamento�elettromagnetico� oggetto�della�tutela�risulta�essere�il�bene�salute�previsto�e�riconosciuto�dalla� nostra�Costituzione.� Si�tratta�di�un�diritto�soggettivo,�fondamentale�e�irrinunciabile:�la�giuri- sdizione�spetta�al�giudice�ordinario.� Cio�non�significa�che�anche�il�giudice�amministrativo�non�possa�accor- dare�tutela:�in�proposito�sono,�naturalmente,�diversi�i�presupposti�e�i�motivi� che�consentono�di�radicare�l'azione�innanzi�a�tale�giudice.� Lo�Stato�e�gli�enti�territoriali�sono�deputati�a�svolgere�un�ruolo�impor- tante:�concedere�autorizzazioni�alla�costruzione�e�all'attivazione�di�elettro- dotti,�di�impianti�di�telefonia�mobile,�ecc.� Il�ricorso�alla�giustizia�amministrativa�si�legittima�in�virtu�della�viola- zione�di�un�interesse�legittimo�ed�e�caratterizzato�dalla�richiesta�di�annulla- mento,�revoca�o�modifica�di�un�atto�amministrativo.� Il�ricorso�e�proponibile�nel�caso,�ad�esempio,�di�inquinamento�elettro- magnetico�prodotto�da�un�elettrodotto�o�da�un�impianto�di�telefonia� mobile,�in�quanto�e�necessario�il�compimento�di�un�procedimento�ammini- strativo�ai�fini�della�autorizzazione�alla�costruzione�e�messa�in�opera�del- l'impianto.� La�sfera�del�giudice�amministrativo,�dunque,�riguarda�la�parte�procedu- rale�prevista�da�un�complesso�di�leggi�a�garanzia�di�una�serie�di�interessi�pub- blici:�la�salute�e�non�solo�un�diritto�garantito,�ma�anche�un�interesse�che�l'or- (33)�Trib.�Parma,�22�luglio�2000�e�Trib.�Barcellona�Pozzo�di�Gotto,�29�giugno�2000,�in�Danno� e�resp.,�2001,�408,�con�nota�di�R.�DI Legami,�Antenne�per�telefonia�cellulare,�elettrosmog�e�danno� alla�salute.�La�sentenza�del�Tribunale�di�Parma�stabilisce�che�l'osservanza�dei�limiti�di�esposizione� alle�onde�elettromagnetiche�previsti�dal�d.m.�10�settembre�1998,�n.�381,�fa�venir�meno�l'elemento� del�periculum�in�mora�necessario�per�l'emanazione�di�un�provvedimento�cautelare�richiesto�ex�art.� 700�c.p.c.�al�fine�di�far�rimuovere�o�per�lo�meno�disattivare�una�stazione�radio-base�per�telefonia� cellulare.�Cfr.�anche�T.�DallA Massara,�Due�pronunce�in�tema�di�elettrosmog:�ovvero�dei�ragione- voli�limiti�di�un�approccio�generalizzante�di�fronte�alla�specificita�del�caso�concreto,�in�Giur.�It.,� 2001,�2063.� (34)�Trib.�Milano,�28�luglio�2001,�in�Rass.�giur.�energia�elettrica,�2001,�269,�con�nota�di� Nobili.� DOTTRINA|283 dinamento|ha|il|dovere|di|perseguire.Tutte|le|sentenze|dei|TAR,|in|merito,| hanno|avuto|quale|oggetto|del|processo|un|atto|della|P.A.|riguardante|il|pro- cedimento|per|l'autorizzazione.| Si|sono|fatti|valere|vizi|di|legittimita�|per|raggiungere|lo|stesso|scopo|di| un|provvedimento|giurisdizionale|emesso|dal|giudice|civile:|la|non|edificabi- lita�|,|la|non|attivazione|dell'elettrodotto|o|l'inibizione|dall'esercizio|(35).| Il|giudice|amministrativo|puo�|,|dunque,|in|sede|di|verifica,|valutare|che| interessi|ambientali|e|il|bene|salute|siano|considerati(36).| Una|delle|problematiche|affrontate|dai|TAR|nelle|suddette|controversie| riguarda|innanzi|tutto|il|potere|del|giudice|amministrativo|ed|i|suoi|limiti.| Il|G.A.,|infatti,|non|puo�|sostituirsi|alla|P.A.,|esercitare|il|potere|di|deter- minazione|di|cui|essa|e�|titolare|e,|conseguentemente,|non|puo�|modificare|gli| atti|da|questa|posti|in|essere|o|eseguire|compiti|spettanti|alla|medesima:|il| suo|ruolo|consiste|in|un|controllo|di|legittimita�|e|talvolta|di|merito|sugli|atti.| La|giurisprudenza|in|relazione|a|questo|profilo|e|agli|elettrodotti|e�|stata| ferma|nello|specificare|che|il|potere|del|giudice|non|potra�|mai|essere|quello| di|stabilire|la|validita�|del|tracciato.|Le|scelte|progettuali|sono|esplicazione| di|potesta�|tecnico-amministrativa-discrezionale,|non|censurabile|in|sede|di| giudizio|di|legittimita�|,|se|non|per|illogicita�|e|manifesta|irrazionalita�|delle| scelte|(37).| Il|giudice|non|puo�|giudicare|la|scelta|fatta|nel|merito,|in|quanto|con|cio�| eserciterebbe|una|funzione|amministrativa(38):|puo�|solo|rilevare|se|le|scelte| sono|state|fatte|con|ragionevolezza.| Altra|ipotesi|in|cui|il|G.A.|puo�|intervenire,|oltre|che|nei|casi|di|eccesso| di|potere|e|di|incompetenza,|e�|la|violazione|di|legge:|in|un|procedimento|cos|�| scadenzato|e|complesso|non|e�|difficile|rinvenire|ipotesi|che|integrano|tale| vizio.| (35)|L'autorizzazione|per|la|costruzione|di|un|elettrodotto|e�|solo|l'atto|finale|di|un|procedi- mento|complesso|costituito|da|una|serie|di|subprocedimenti.|Accanto|al|procedimento|di|autoriz- zazione|e�|stata|inserita|la|procedura|di|impatto|ambientale.|Le|competenze|sono|ritagliate|tra|lo| Stato|e|gli|enti|territoriali,|chiamati|a|partecipare|al|fine|di|garantire|il|rispetto|dei|diversi|interessi| pubblici.|cfr.|A.G.,|Rischi�(potenziali)�da�elettrosmog�e�proprieta�condominiale,in|Diritto�e�Giusti- zia,|2002,|6,|8.| (36)|Cfr.|Tar|Veneto,|sez.|II,|13|febbraio|2001,|n.|236,|e|U.|Russo,|Inquinamento�elettroma- gnetico�eprincipio�diprecauzione,in|Resp.�civ.�e�prev.,|2001,|1267.| (37)|F.|Patrono,|Considerazioni�sull'inquinamento�elettromagnetico�e�sulla�recente�legge-qua- dro,in|Giur.�di�Merito,|2001,|III,|749;|TAR|Veneto,|Sez.|II,|13|febbraio|2001,|n.|236,|in|Riv.�Giur.� ambiente,|2000,|119|ss,|con|nota|di|Ceruti, Inquinamento�elettromagnetico�e�salute�umana:�ilpro- blema�dellasindacabilita�giudizialedellenorme�tecnichesullabase�delprincipioprecauzionaleaval- lato�da�Cons.�St.,�ord.�28�settembre�1999,�n.�1737.� (38)|Sintomatica|la|sentenza|del|TAR|Veneto,|18|maggio|1994,|n.|550,|in|Rass.�Giur.�dell'En.� Elettrica.,|1995,|245:|�La|soluzione|del|tracciato|prescelta|dall'ENEL|non|puo�|formare|oggetto| di|censura,|dato|che|una|tale|scelta|si|rapporta|all'esplicazione|di|potesta�|tecnico|amministrativa,| sindacabile|dal|giudice|amministrativo|solo|in|ipotesi|di|manifesta|irrazionalita��.|Stessa|argomen- tazione|e�|adottata|dal|TAR|Lombardia,|14|maggio|1994,|n.|302,|in|Rass.�giur.�dell'En.�Elettrica,| 1994,|247.| RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Il�controllo�del�rispetto�delle�norme�istruttorie�offre�occasione�al�giudice� di�verificare�se�effettivamente�sono�stati�presi�in�considerazione�tutti�gli� aspetti.� Il�momento�istruttorio,�nella�procedura�ricopre�una�rilevanza�partico- lare,�considerato�che�e�in�questa�sede�che�vengono�in�rilievo�tutte�le�compo- nenti�relative�alla�costruzione�dell'impianto,�all'impatto�sull'ambiente�e�sul� territorio,�e�alla�sua�collocazione�urbanistica.� Inoltre,�attraverso�il�controllo�della�motivazione�ed�il�suo�eventuale�vizio� il�giudice�ha�la�facolta�di�valutare�se�l'Amministrazione�nel�decidere�abbia� tenuto�conto�della�reale�necessita�di�costruire�un�elettrodotto�in�quella�zona,� se�erano�presenti�i�presupposti�richiesti�dalla�normativa�vigente,�se�la�scelta� e�stata�coerente�con�le�risultanze�istruttorie.� A�cio�si�aggiunga�che�la�tutela�della�salute,�oltre�ad�essere�prevista�a� livello�costituzionale,�e�parte�integrante�dell'ordinamento�giuridico.�Basti� pensare�che�la�legge�23�dicembre�1978�n.�833�prevede�tra�i�fini�dello�Stato� quello�di�garantire�condizioni�uniformi�di�salute�su�tutto�il�territorio�nazio- nale.� La�salute,�dunque,�e�non�solo�un�diritto�garantito,�ma�anche�un�interesse� che�l'ordinamento�ha�il�dovere�di�perseguire:�cio�consente�che�possa�essere� parametro�di�valutazione�e�di�giudizio�anche�nel�procedimento�amministra- tivo�e�successivamente�in�sede�processuale�(39).� L'aspetto�salute�e�venuto�in�rilievo�in�modo�esplicito�nella�normativa� sugli�elettrodotti�con�il�d.p.c.m.�del�23�aprile�1992:�da�allora�e�opinione�giuri- sprudenziale�che�tale�normativa�rientri�tra�quella�che�deve�essere�rispettata� nella�procedura�di�autorizzazione�alla�costruzione�degli�impianti�(40).� Tra�gli�elementi�di�legittimita�dell'atto�autorizzatorio�e�necessario,�per- tanto,�verificare�anche�il�rispetto�della�normativa�apposita�dettata�in�materia� di�esposizioni�alle�radiazioni�non�ionizzanti,�vale�a�dire�il�d.p.c.m.�23�aprile� 1992�e�il�d.p.c.m.�1995�per�le�azioni�di�risanamento�e,�naturalmente,�la� (39)�TAR�Lombardia,�3�novembre�1994,�n.�618,�in�Rass. Giur. En. Elettrica:��La�salute�costi- tuisce�un�diritto�inviolabile�dei�cittadini�direttamente�ed�un�interesse�fondamentale�della�colletti- vita�come�sancito�dall'art.�32�della�Costituzione�e�dalla�legge�833�del�1978,�pertanto,�ne�e�indispen- sabile�assicurare�la�tutela�anche�in�sede�di�realizzazioni�degli�impianti�elettrici�.� (40)�C'e�,�tuttavia,�perplessita�in�dottrina�circa�il�ricorso�smodato�al�giudice:��...�il�giudice� finira�per�operare�piu�come�fattore�di�compensazione�di�incertezze�sociali�e�culturali,�che�come� organo�di�composizione�di�liti�e�delle�relative�incertezze�giuridiche,�facendosi�cos|�carico�di�una� non�meglio�definita�funzione�di�supervisione�tecnica�degli�approdi�teorici�della�comunita�scienti- fica�e�della�funzione�di�valutazione�e�selezione�degli�interessi�meritevoli�di�tutela,�che�sono�estra- nee�al�proprio�bagaglio�culturale�ed�al�proprio�mandato�...���In�definitiva,�se�i�giudici�rivendicano� un�ruolo�forte�di�mediatori�e�garanti�di�ultima�istanza�dei�valori�in�gioco,�ed�operano�cos|�quali� moltiplicatori�del�contenzioso,�le�amministrazioni�tendono�a�rinunciare�alle�proprie�prerogative�e� contribuiscono�a�loro�volta�alla�inflazione�delle�regole�e�dei�vincoli�esistenti,�ingenerando�cos|� ulteriore�incertezza�e�contenzioso�,�G.D.�Comporti, Amministrazioni e giudici sull'onda dell'elet- trosmog,in�Foro Amm.,�2001,�IX,�2455.� DOTTRINA�285 recente�legge�quadro.�Di�recente�il�Tar�Toscana�e�il�C.d.S.�hanno�affrontatoil� problema�(41).� Giurisprudenza�penale� La�tutela�penale�e�,�tra�le�forme�apprestate�dall'ordinamento�giuridico,� quella�che�consente�meno�spazio�d'azione�in�merito�alla�tutela�della� salute.� La�difficolta�e�dovuta�alle�peculiarita�della�norma�penale,�caratterizzata� dal�principio�di�tassativita�e�di�legalita�:�non�e�facile�individuare�i�soggetti� responsabili,�in�quanto�gli�effetti�sono�prodotti�dagli�impianti,�che�vengono� costruiti�a�seguito�di�un�complesso�iter�procedurale�con�competenze�asse- gnate�a�diversi�soggetti.� Le�norme�penali�per�poter�essere�applicate�richiedono�che�sussistano�nel� concreto�tutti�gli�elementi�della�fattispecie,�sia�quelli�soggettivi�che�quelli� oggettivi.� Le�ipotesi�di�reato�prospettate,�fino�ad�ora,�interessano�gli�artt.�650�c.p.� (diretto�a�garantire�il�rispetto�dei�provvedimenti�dell'Autorita�pubblica),�323� (abuso�d'ufficio),�328�(omissione�di�atti�d'ufficio),�590�(lesioni�colpose),�674� (getto�pericoloso�di�cose),�675�(collocamento�pericoloso�di�cose)(42),�591� c.p.�(lesioni�con�decesso)�(43).� Il�ricorso�alla�sanzione�penale�non�costituisce�lo�strumento�in�grado�di� risolvere�il�problema�nel�campo�ambientale.� La�norma�penale�puo�aiutare,�ma�a�monte�l'ordinamento�giuridico� dovrebbe�apprestare�un'accurata�disciplina.� Soluzioni�amministrative� Vediamo�ora�come�il�principio�di�precauzione�e�di�prudenza�viene�adat- tato�all'attivita�amministrativa.� A�livello�amministrativo�e�stato�fatto�riferimento�alla�centralita�della� valutazione�di�impatto�ambientale�come�luogo�di�incontro�e�di�sintesi�degli� interessi�emergenti;�accanto�a�questa�si�e�prospettata�l'ipotesi�di�un�approccio� (41)�A.�Contaldo,�Ancora�in�tema�di�elettrosmog�da�antenneper�la�telefonia�mobile�(nota�a� Tar�Toscana,�sez.�I,�15�gennaio�2001),�in�Dir.�Informazione�e�informatica,�2001,�249.� (42)�Cass.�29�novembre�1999,�sez.�I,�in�http:www.Diritto�e�Ambiente.it.;�L.�Ramacci,�Tutela� penale�contro�l'inquinamento�da�campi�elettromagnetici,in�Nuovo�diritto,1997,�119.� (43)�F.�Forzati,�La�tutela�penale�del��diritto�alla�salute�,�fra�evoluzione�tecnologica�e�nuovi� modelli�di�responsabilita�:�riflessioni�ai�margini�del�recente�dibattito�in�materia�di��elettrosmog�,�in� Legalita�e�giustizia,�1999,�296,�S.�Maglia,�Ilpuntonormativo�egiurisprudenzialesulc.d.�elettro- smog�da�radiotrasmissione�e�telefonia�cellulare,�in�Riv.�Pen.,�1999,�231,�C.�Flik,�Elettrosmog.�L'e- missionedicampielettromagneticinonpuo�configurare��gettopericoloso�dicose��(rif.�a�Cass.,�sez.� I�pen.,�30�gennaio�2002�(ud.);�27�febbraio�2002�(dep.)�n.�353),�in�Rass.�Giur.�Ener.�Elettrica,�2002,� 145.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� negoziale,�di�una�concertazione�ambientale�come�fase�preliminare�o�sostitu- tiva�dellaVIA�per�i�casi�in�cui�questa�non�e�prevista(44).� In�Italia�e�nell'unione�Europea� A�livello�amministrativo�la�via�percorribile�e�il�procedimento�ammini- strativo,�luogo�deputato�a�divenire�luogo�di�confronto�dei�vari�interessi�in� gioco.� La�legge�del�7�agosto�1990,�n.�241,�assegna�al�procedimento�tale�ruolo� e,�in�particolare�prevede�che�nelle�procedure�attivate�per�la�tutela�ambien- tale,�paesaggistico-territoriale�e�della�salute�dei�cittadini,�non�sia�possibile� utilizzare�le�forme�e�gli�strumenti�della�semplificazione�amministra- tiva(45).� Si�evince�l'importanza�di�questi�aspetti,�tali�da�non�poter�essere�trattati� con�procedure�semplificate,�in�quanto�il�pericolo�sarebbe�quello�di�non� garantire�una�reale�valutazione�degli�interessi�e�quindi�una�decisione�il�piu� possibile�adeguata�alle�esigenze�e�alla�realta�concreta.� Se�la�legge�del�1990�evidenzia�la�rilevanza�dell'interesse�ambientale�e� della�salute�durante�le�valutazioni�che�l'amministrazione�e�chiamata�a�fare,� la�direttiva�del�27�giugno�1985,�n.�85/337�ha�previsto�un�procedimento�tipico� (44)�Come�ha�precisato�la�Cassazione�(Cass.�civ.�sez.�I,�9�aprile�1992,�n.�4362,�in�Mass.�Giur.� it.,�1992)�l'ambiente�costituisce�un�insieme�che�pur�comprendendo�vari�beni�o�valori�(flora,�fauna,� suolo,�le�acque),�si�distingue�ontologicamente�da�questi�e�si�identifica�con�una�realta�priva�di�con- sistenza�materiale,�ma�espressiva�di�un�autonomo�valore�collettivo.�Si�tratta,�dunque,�di�una� nozione�unitaria�che�trascende�i�singoli�beni�che�lo�compongono. E�un�bene�immateriale�ma�giuridicamente�riconosciuto�e�tutelato�nella�sua�unitarieta�(Cass.� civ.,�sez.�un.,�25�gennaio�1989,�n.�440,�in�Giust.�civ.,�1989,�I,�560,�con�nota�di�Postiglione,�in�Cor- riere�Giur.,�1989,�505,�con�nota�di�Giampietro�e�in�Foro�It.,�1990,�I,�232).� Anche�la�Corte�costituzionale,�con�sentenza�n.�641�del�1987�(Corte�cost.,�30�dicembre�1987,�n.� 641,�in�Giur.�It.,�1988,�I,�1,�1456),�ha�precisato�che�l'ambiente�presenta�la�caratteristica�di�bene�uni- tario,�appartenente�alla�categoria�dei�cosiddetti�beni�liberi,�fruibili�dalla�collettivita�e�dai�singoli,� non�suscettibili�di�appropriazione.� Il�danno�consiste�in�una�compromissione�dell'ambiente�che�puo�manifestarsi�in�una�altera- zione,�deterioramento,�distruzione�totale�o�solo�parziale�(art.�18�legge�n.�349/1986).�Con�la�disci- plina�della�responsabilita�per�danno�ambientale�prevista�dall'art.�18,�riconducibile�al�genere�di� responsabilita�aquiliana�ex�art.�2043�c.c.,�il�legislatore�ha�inteso�soprattutto�tener�conto�della� lesione�in�se�del�bene�ambientale.� Il�danno�all'ambiente�cos|�come�previsto�dall'art.�18�legge�349/1989�e�definito�come�compro- missione�dell'ambiente,�ma�anche�come�contestuale�offesa�alla�persona�umana�nella�sua�dimen- sione�individuale�e�sociale.� E�questo�il�motivo�per�cui�anche�il�singolo�puo�intervenire�nel�processo�penale�e�costituirsi� parte�civile�in�quanto�fruitore�dell'ambiente,�al�cui�godimento�vanta�un�diritto�soggettivo�ineludi- bile.� Infatti�la�lesione�all'ambiente�puo�determinare,�con�effetti�istantanei�e�differenti�nel�tempo,�la� lesione�di�altri�beni�di�carattere�personale�o�patrimoniale,�che�formano�oggetto�di�diritti�di�natura� diversa,�appartenenti�a�singoli�privati�o�agli�stessi�enti�territoriali.� (45)�R.�Ferrara,�Note�minime�sulla�valutazione�di�impatto�ambientale�nell'ordinamento�ita- liano,�in�Sanita�pubblica,1997,�487.� DOTTRINA�287 conformato�allo�scopo�di�pervenire�alla�decisione�piu�equilibrata�possibile,� che�prende�il�nome�di�Valutazione�di�Impatto�Ambientale�(VIA).� La�VIA,�sorta�negli�Stati�Uniti,�individua,�descrive�e�valuta�conforme- mente�agli�articoli�da�quattro�a�11,�gli�effetti�diretti�di�un�progetto�sui� seguenti�fattori:�l'uomo,�la�fauna�e�la�flora,�il�suolo,�l'acqua,�l'aria,�il�clima� e�il�paesaggio;�l'interazione�tra�i�suddetti�fattori,�i�beni�materiali�e�il�patrimo- nio�culturale.� La�VIA�e�lo�strumento�che�consente�di�verificare�preventivamente�l'im- patto�globale�di�un'opera�o�di�una�certa�attivita�sull'ambiente.� Tale�strumento�costituisce�la�positivizzazione�di�uno�dei�modi�in�cui�il� criterio�di�prudenza�si�esplica�a�livello�di�diritto;�esso�traduce�l'esigenza�di� rappresentare�preventivamente�eventi�potenzialmente�dannosi�(...)�per�la�cor- rispondenza�dell'irreversibilita�di�alcuni�danni�(46).� Dall'esame�dei�considerando�posti�nella�direttiva�emergono�i�principi� che�hanno�ispirato�il�VIA,�tra�i�quali�si�rinvengono�la�protezione�della�salute� umana�nonche�il�miglioramento�dell'ambiente�e�della�vita.� La�VIA,�nella�sua�struttura,�dunque,�svolge�funzione�di�protezione�sani- taria�e�di�tutela�dell'ambientale,�di�consentire�la�partecipazione�dei�cittadini,� di�cooperazione�e�coordinamento,�al�fine�di�consentire�l'integrazione�dell'in- teresse�ambientale�nei�processi�decisori�ed�infine�quella�di�garanzia�ed�effi- cienza�dell'attivita�della�P.A.�(47).� Il�ruolo�che�la�VIA�puo�ricoprire�e�strettamente�correlato�al�concetto�di� progresso�e�sviluppo�che�si�riscontra�a�livello�culturale�e�giuridico:�in�un�con- testo�che�considera�il�progresso�e�lo�sviluppo�come�illimitato,�la�VIA�ha�la� funzione�precipua�di�mitigare�i�danni�e�i�costi�ambientali,�fungendo�da�ele- mento�di�equilibrio�e�contribuendo�a�fornire�una�nozione�di�progresso�inteso� come�sviluppo�sostenibile�e�coordinato�al�principio�di�prevenzione�e�di�pre- cauzione�(48).� Come�gia�accennato,�nella�valutazione�dell'opera�o�del�progetto�si� devono�prendere�in�esame�tutte�le�soluzioni�possibili,�per�poi�scegliere�quella� che�si�presenta�dal�punto�di�vista�ambientale�come�compatibile�e�non�si� esclude�l'ipotesi�che�il�procedimento�si�concluda�con�il�divieto�di�intervenire� o�di�realizzare�l'opera:�si�tratta�di�quella�che�viene�definita��l'opzione�zero�.� Cio�consente�di�adottare�anche�soluzioni�radicali�nei�casi�piu�dubbi.� (46)�A.�Caliguri, S. Gotti,�La localizzazione di impianti energetici e la tutela dell'ambiente e della salute,in�Rass. Giur. dell'Energia elettrica,�1987,�927.� (47)�Idem.�La�molteplicita�di�funzioni�seguite�in�tale�procedura�dimostra�l'importanza�di�que- sto�strumento�quando�necessiti�un�approccio�integrato,�in�grado�di�operare�una�sintesi�rispetto�ai� molteplici�interessi,�cercando�di�realizzare�un�coordinamento�tra�di�essi.� (48)�F.�Salvia, Ambiente e sviluppo sostenibile,in�Riv. giur. ambiente,�1998,�n.�2,�241.�Nella� valutazione�dell'opera�o�del�progetto�si�devono�prendere�in�esame�tutte�le�soluzioni�possibili,�per� poi�scegliere�quella�che�si�presenta�dal�punto�di�vista�ambientale�come�compatibile�e�non�si� esclude�l'ipotesi�che�il�procedimento�si�concluda�con�il�divieto�di�intervenire�o�di�realizzare�l'opera:� si�tratta�di�quella�che�viene�definita��l'opzione�zero�.�Cio�consente�di�adottare�anche�soluzioni� radicali�nei�casi�piu�dubbi.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� La�direttiva�85/337�si�propone�anche�l'obiettivo�di�completare�e�coordi- nare�piu��efficacemente�le�procedure�autorizzatorie:��la�valutazione�di�impatto� ambientale�puo��essere�integrata�nelle�procedure�esistenti�di�autorizzazione� dei�progetti�negli�stati�membri�ovvero,�in�mancanza�di�queste�in�altre�proce- dure��(art.�2).� Tale�previsione�consente�allo�Stato�di�scegliere�tra�una�procedura�di�VIA� autonoma�o�come�fase�endoprocedimentale�di�un�procedimento�ordinario� previsto�per�la�realizzazione�di�un'opera�per�altri�scopi.� Lo�Stato�italiano�ha�optato�per�l'inserimento�della�VIA�nei�procedimenti� gia��previsti�nell'atto�di�indirizzo�e�coordinamento�del�12�aprile�1996.� L'art.�40�recita:��qualora per un medesimo procedimento, oltre alla valuta- zione di impatto ambientalesiaprevisto ilrilascio dialtriprovvedimentirealiz- zatori, si procede ll'unificazione ed all'integrazione dei relativi procedimenti�.� L'opportunita��di�inserire�la�VIA�in�un�procedimento�autorizzatorio�del- l'opera�e��stato�interpretato�da�una�parte�della�dottrina�come�l'occasione�per� operare�una�razionalizzazione�dei�procedimenti�autorizzatori�vigenti�nel�set- tore�energetico�ambientale(49).� La�direttiva�comunitaria�e��stata�recepita�in�un�primo�momento�somma- riamente�nella�legge�sull'istituzione�del�Ministero�dell'Ambiente,�poi�in�una� serie�di�decreti�del�Presidente�del�Consiglio�dei�Ministri:�decreto�del�Presi- dente�del�Consiglio�dei�Ministri�del�10�agosto�1988�e�decreto�del�Presidente� del�Consiglio�dei�Ministri�del�27�dicembre�1988.�E�stato,�poi,�emanato�un� Atto�di�indirizzo�e�coordinamento�con�il�d.P.R.�del�22�aprile�1996�(50).� Il�D.P.C.M.�del�27�dicembre�1988,�che�emana�le�norme�tecniche�della� VIA,�dispone�nell'allegato�III�un�coordinamento�con�il�piano�energetico� nazionale�e�con�gli�altri�strumenti�di�pianificazione�adiacenti.�Si�realizza�cos|�� una�valutazione�complessiva�dell'impianto�dell'opera�in�quanto�l'esame�non� limita�all'impatto�che�la�centrale�ha�sull'ambiente,�ma�l'analizza�anche�alla� luce�di�altri�interessi�considerati�nell'ordinamento.� Soluzioni normative La normativa comunitaria. La�dir.�n.�90/270/CEE�del�Consiglio�del�29�magg io�1990�attuata�con�d.lgs.�n.�626/1994�ha�emanato�prescrizioni�minime�in materia�di�sicurezza�e�salute�nelle�attivita��di�lavoro�compiute�su�videotermin ali.�La�direttiva�n.�92/85/CEE�del�Consiglio�del�19�ottobre�1992,�attuata con�d.lgs.�n.�645/1996�tutela�la�sicurezza�e�la�salute�sul�lavoro�delle�lavorat rici�gestanti,�puerpere�o�in�periodo�di�allattamento�nei�confronti�del�rischio all'esposizione�ai�CEM. (49)�P.�Dell'Anno,�Funzioni e competenze nella vicenda energetico-ambientale e loro coordina- mento,in�Rassegna giur. dell'energia elettrica,�1987,�624.� (50)�Tra�le�opere�assoggettata�alla�VIA�dal�D.P.C.M.�del�27�dicembre�1988�ci�sono�le�centrali� elettriche,�ma�non�gli�elettrodotti.� DOTTRINA�289 Nel�1992�e�entrato�in�vigore�il�decreto�del�Presidente�del�Consiglio�dei� Ministri�23�aprile�1992,�il�quale�ha�stabilito�i�limiti�massimi�di�accettabilita� delle�esposizioni�delle�onde�elettromagnetiche�e�le�relative�distanze�di� rispetto,�con�particolare�riferimento�agli�elettrodotti.� Il�Parlamento�europeo,�nella�risoluzione�del�5�maggio�1994�contro�gli� effetti�nocivi�delle�radiazioni�non�ionizzanti,�elaborava,�in�virtu�del�mancato� accertamento,�allo�stato�attuale,�dei�meccanismi�d'induzione�dei�danni�biolo- gici,�i�principi�di�precauzione�e�prevenzione,�che�la�normativa�di�ciascun� Stato�membro�avrebbe�dovuto�osservare.� La�normativa�statale.�La�prima�regolamentazione�statale�in�materia�di�tetti�di� radiofrequenza�compatibili�con�la�salute�umana�e�data�dal�d.m.�10�settembre� 1998,�n.�381�(decreto�Ronchi)�emanato�in�attuazione�dell'art.�1,�comma�6,� lett.�a)�n.�15�della�legge�31�luglio�1997,�n.�249,�che�ha�introdotto�l'Autorita� per�il�garante.� La�legge�22�febbraio�2001,�n.�36,�legge�quadro�tra�le�proprie�finalita�pre- vede�la�tutela�della�salute,�dell'ambiente�e�del�paesaggio,�nonche�la�promo- zione�della�ricerca�scientifica�per�la�valutazione�a�lungo�termine�e�l'attiva- zione�di�misure�di�cautela�da�adottare�in�applicazione�del�principio�di�pre- cauzione�di�cui�all'art.�174,�paragrafo�2,�del�Trattato�U.E.�(51).� La�suddetta�legge�aderisce�ad�un��concetto�unitario�di�emissione�elettro- magnetica�(52),�riordinando�un�settore�normativo�precedentemente�scissoin� diversi�rami,�a�seconda�del�tipo�di�emissione�.� La�legge�prevede,�infatti,�la�necessita�che�sia�garantita�una�disciplina� omogenea�in�tutto�il�territorio�nazionale.� Adotta,�infatti,�un�sistema�binario�di�limiti�di�esposizione:�un�limite�di� esposizione,�definito�ai�fini�della�tutela�della�salute�da�effetti�acuti,�eun� valore�di�attenzione,�che�costituisce�una�misura�di�cautela�piu�intensa�ai�fini� della�protezione�da�possibili�effetti�a�lungo�termine(53).� La�legge�quadro�e�una�risposta�abbastanza�puntuale�ai�problemi�che� l'inquinamento�elettromagnetico�origina�nella�societa�odierna.� Quasi�tutti�gli�aspetti�sono�affrontati�e�regolati.� Il�carattere�emergente�e�la�tendenziale�omnicomprensivita�del�testo,�il� quale�spazia�dall'individuazione�delle�tre�categorie�di�valori�limite�all'educa- zione�ambientale,�dalla�definizione�di�elettrodotto�alle�previsioni�di�fattispe- cie�sanzionatorie.� (51)�G. Manfredi,�La�legge�quadro�sull'elettrosmog�(comm.�a�legge�22febbraio�2001,�n.�36),� in�Urbanistica�e�app.,�2001,�714.� (52)�U.�Russo,�Inquinamento�elettromagnetico�eprincipio�diprecauzione,in�Resp.civ.e�prev.,� 2001,�1267.� (53)�Tale�differenziazione�e�determinata�dall'attuale�panorama�scientifico�nel�quale�si�cono- scono�con�sufficiente�certezza�gli�effetti�sanitari�acuti�o�a�breve�termine�delle�radiazioni�non�ioniz- zanti,�quali�le�scosse�o�le�ustioni,�ma�ancora�incerti�sono�i�rischi�per�la�salute�umana�dovuti�all'e- sposizione�a�lungo�termine,�i�c.d.�effetti�cronici,�cfr.�al�riguardo�il�rapporto�ministeriale�sull'espo- sizione�a�radiofrequenze�e�leucemie�infantili,�in�www.ministerosanita�.it.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Lo�strumento�normativo�esalta�l'importanza�dell'atto�legislativo,�ma� anche�il�ruolo�decisivo�di�predisporre�una�normazione�secondaria�idonea�ad� affrontare�per�un�problema�fortemente�tecnico�e�in�continua�evoluzione.� Si�tratta�di�una�legge�che�si�vuole�di�lunga�durata,�non�precaria,�che� possa�essere�applicata�anche�in�presenza�di�nuove�acquisizioni�scientifiche�e� scoperte�tecnologiche.� Il�che�non�e�facile�a�realizzarsi,�tanto�piu�in�un�settore�come�questo� caratterizzato�dall'incertezza�scientifica�e�dove�le�nuove�conoscenze�si�acqui- siscono�lentamente�(54). E�fondamentale�che�una�legge�in�questo�settore�sia�in�grado�di�instau- rare�un�proficuo�rapporto�tra�la�scienza�e�il�diritto.� La�scienza�diventa�funzionale�al�diritto�perche�il�diritto�da�questa� attinge�le�conoscenze�su�cui�costruire�una�disciplina�adeguata�cercando�di� dare�certezza�giuridica�a�situazioni�incerte,�contribuendo�cos|�a�risolvere� anche�i�conflitti�che�si�creano�(55).� Nel�testo�di�legge�e�riconosciuta�un'importanza�notevole�alla�ricerca� scientifica�e�all'applicazione�delle�migliori�tecnologie�disponibili:�entrambi� possono�fornire�gli�strumenti�idonei�per�raggiungere�un�punto�di�incontro� nel�contrasto�tra�salute�ed�esistenza�energetica.� La�scelta�stessa�di�non�definire�nel�testo�di�legge�i�limiti�che�devono� essere�osservati�e�espressione�della�volonta�del�legislatore�di�garantire�un� costante�adeguamento�della�normativa�alle�future�acquisizioni�scientifiche� tecnologiche�(56).� Il�testo�originario,�infatti,�presentato�dal�Governo,�prevedeva�i�valori�da� rispettare,�invece�il�Parlamento�ha�ritenuto�che�questi�debbano�essere�posti� nei�decreti�governativi:�ha�tuttavia�inteso�stabilire�i�punti�di�riferimento�fon- damentali�specificando�cosa�si�intende�per�limiti�di�esposizione,�valore�di� attenzione�e�obiettivi�di�qualita�indicandone�gli�effetti�corrispondenti�(57).� Un�testo�di�legge�in�questa�materia�deve�ricomprendere�e�racchiudere�in� se�i�molteplici�aspetti�che�una�legge�ambientale�deve�soddisfare:�enunciare� (54)�R.Chieppa,�L'inquinamento�elettromagnetico�traprincipio�dicautela�e�cautela�nell'attuare� la�legge�quadro�n.�36/2001,�in�Urb.�e�app.,�5,�2002.� (55)�Il�senatore�Giovanelli�rispondendo�alla�domanda�sul�perche�l'Italia�precedendo�altri� paesi�dell'Unione�Europea,�abbia�deciso�di�adottare�una�disciplina�in�merito�(e�per�di�piu�conte- nuta�in�una�legge�quadro)�ha�risposto�che�sono�stati�i�cittadini�a�chiederla.� L'affermazione�e�la�spiegazione�ottimale�che�un�legislatore�possa�dare�quando�e�chiamato�a� spiegare�il�suo�agire�ed�e�la�prova�evidente�di�quanto�il�problema�oggi�sia�all'attenzione�di�una� pare�della�popolazione.� (56)�Ceruti,�Inquinamento�elettromagnetico�e�salute�umana:�il�problema�della�sindacabilita� giudizialedellenormetecnichesullabasedelprincipioprecauzionaleavallatoda�Cons.�St.,�ord.�28� settembre�1999,�n.�1737,in�Riv.�Giur.�ambiente,�2000,�119�ss.� (57)�Per�quanto�riguarda�il�procedimento�da�seguire�e�previsto�che�venga�emanato�un�decreto� del�Presidente�del�Consiglio�dei�Ministri�nel�quale�siano�fissati�i�criteri�di�elaborazione�dei�piani.� I�criteri�dovranno�essere�approntati�in�modo�che�venga�dato�rilievo�alle�priorita�di�intervento,�ai� tempi�di�attuazione,�alle�modalita�di�coordinamento�delle�attivita�riguardanti�piu�regioni�e�alle� tecniche�disponibili�relativamente�al�carattere�economico�e�a�quello�impiantistico.� DOTTRINA�291 norme�di�principio,�allo�stesso�tempo�prevedere�una�normazione�secondaria,� tutelare�l'ambiente�e�la�salute�non�in�modo�radicale,�ma�tenendo�conto�delle� esigenze�produttive,�realizzare,�insomma,�quello�che�viene�definito�lo�svi- luppo�sostenibile.� Il�rilievo�accordato�al�momento�informativo�specificato�nella�gestione�e� nella�raccolta�dei�dati,�come�la�traduzione�del�principio�precauzionale�in� una�serie�di�norme�fanno�di�questo�un�testo�avanzato�nel�quale�trovano�col- locazione�i�principi�fondamentali�dell'ambiente.� Anche�l'aspetto�informativo�vede�un�ruolo�preponderante�del�livello�cen- trale�di�governo:�spetta�allo�Stato�la�individuazione�delle�tecniche�di�misura- zione�e�rilevamento�dell'inquinamento�elettromagnetico�e�delle�modalita�di� inserimento�dei�dati�che�nel�caso�specifico�sono�definiti�dal�Ministero�del- l'ambiente�di�concerto�con�quello�dell'industria,�del�commercio�e�dell'artigia- nato.� Presso�il�catasto�nazionale�e�regionale�sono�indicati�i�siti�degli�elettro- dotti�esistenti�al�fine�di�giungere�alla�conformita�dei�valori�dei�campi�elettrici,� magnetici�elettromagnetici�a�quelli�stabiliti�dal�decreto.� C'e�la�necessita�di�una�sintesi�dei�diversi�interessi�esistenti�in�materia�pri- vilegiando�la�salute,�come�e�giusto�che�sia,�e�individuando�gli�strumenti� appropriati�per�fronteggiare�concretamente�questo�nuovo�tipo�di�inquina- mento.� In�tale�contesto�normativo�e�entrata�in�vigore�la�riforma�del�titolo�V� della�Costituzione�varata�con�la�legge�costituzionale�18�ottobre�2001,� n.�3.� Da�ultimo�e�entrato�in�vigore�il�decreto�legislativo�4�settembre�2002,� n.�198,�contenente��Disposizioni�volte�ad�accelerare�la�realizzazione�delle� infrastrutture�di�telecomunicazioni�strategiche�per�la�modernizzazioneelo� sviluppo�del�Paese�,�a�norma�dell'articolo�1,�comma�2,�della�legge�21�dicem- bre�2001,�n.�443,�pubblicato�nella�Gazzetta Ufficiale n.�215�del�13�settembre� 2002.� Contro�il�suddetto�decreto�e�stato�proposto�ricorso�contro�il�Presidente� del�Consiglio�dei�Ministri,�per�la�dichiarazione�di�illegittimita�costituzionale� per�violazione�degli�artt.�3,�9,�32,�70,�76,�117�e�118�della�Costituzione�e�del- l'art.�174�del�Trattato�istitutivo�della�Comunita�europea,�principalmente�per� difetto�assoluto�di�delega�e�violazione�dei�principi�criteri�direttivi�stabiliti� dalla�legge�delega�(58).� (58)�Cfr.�Cons.�St.,�sez.�VI,�20�dicembre�2002,�n.�7274:�per�effetto�del�decreto�legislativo�risul- tano�abrogate�(art.�12)�le�disposizioni�di�cui�all'art.�2�bis�della�legge�1�luglio�1997,�n.�189�e�intera- mente�ridisegnato�il�quadro�delle�procedure�di�assenso�all'installazione�degli�impianti,�definiti�di� �interesse�nazionale�,�compatibili�con�qualsiasi�destinazione�urbanistica���realizzabili�in�ogni� parte�del�territorio�comunale,�anche�in�deroga�agli�strumenti�urbanistici�ed�ad�ogni�altra�disposi- zione�di�legge�o�di�regolamento��e�assimilate�ad�ogni�effetto�alle�opere�di�urbanizzazione�primaria� di�cui�all'art.�16,�comma�7,�del�decreto�del�Presidente�della�Repubblica�6�giugno�2001,�n.�380,� pur�restando�di�proprieta�dei�rispettivi�autori.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Il�Consiglio�dei�Ministri�in�data�21�febbraio�2003�ha�approvato�i�decreti� attuativi�che�fissano�i�limiti�di�campo�elettromagnetico�emesso�dagli�elettro- dotti�e�dagli�impianti�ad�alta�frequenza�(stazioni�di�telefonia�mobile,�radio�e� televisive).� Rapporti tra normativa statale e regionale e il principio di omogeneita� della disciplina normativa. Altro�problema�che�e�stato�affrontato�e�quello�relativo� al�rapporto�tra�normativa�statale�e�regionale.� La�sentenza�del�Consiglio�di�Stato,�sez.�VI,�n.�3098�del�3�giugno�2002� affronta,�per�la�prima�volta,�la�normativa�della�legge�quadro�in�relazione�alle� nuove�disposizioni�dell'art.�117�cost.,�come�novellato�dalla�legge�costituzio- nale�18�ottobre�2001,�n.�3,�(contenente�modifiche�al�titolo�V�della�parte� seconda�della�Costituzione,�entrata�in�vigore�a�seguito�del�favorevole�voto� referendario�del�7�ottobre�2001,�a�far�data�dall'8�novembre�2001).� Il�Consiglio�di�Stato�evidenzia�come�la�legge�n.�36�del�2001�prevede,� all'art.�4,�che�sia�lo�Stato�a�fissare�i�parametri�per�la�tutela�della�salute�o� per�finalita�precauzionali�o�ambientali�(limiti�di�esposizione,�valori�di�atten- zione;�obiettivi�di�qualita�,�in�quanto�valori�di�campo).� La�stessa�legge�sottolinea�che�la�suddetta�riserva�legislativa�statale�e�giu- stificata�in�considerazione�del�preminente�interesse�nazionale�alla�definizione� di�criteri�unitari�e�di�normativa�omogenea�in�relazione�alle�finalita�di�tutela� della�salute�della�legge�medesima�(59).� D'altronde,�la�riserva�statale�prevista�risulta�del�tutto�in�linea�con� l'art.�117,�1�comma,�lett.�s�della�Costituzione,�in�materia�di�principi�fonda- mentali�dell'ordinamento�(60).� Anche�una�recente�sentenza�del�Tar�Toscana�riconosce�fondate�le�cen- sure�con�le�quali�si�deduce�il�contrasto�fra�l'allegato�2�della�delibera�del�Con- siglio�regionale�della�Toscana�e�la�normativa�statale:��nell'intento�di�perse- guire�il�raggiungimento�di�un�obiettivo�di�qualita�in�attuazione�del�d.m.�381,� il�consiglio�regionale�ha�modificato�(inasprendoli)�i�limiti�di�campo�elettro- magnetico�fissati�per�gli�impianti�di�telefonia�mobile�in�sede�nazionale�e,�con- traddicendo�la�stessa�legge�regionale�che�doveva�attuare,�ha�esercitato�un� (59)�La�sentenza�del�Consiglio�di�Stato�conferma�quella�del�TAR�Lazio,�sez.�II,�n.�6405�del� 2001,�la�quale�aveva�precisato�che�la�legge�n.�36�del�2001�(art.�1,�lett.�a)�si�pone�in�attuazione�del� principio�costituzionale�del�diritto�alla�salute�(art.�32�Cost.),��in�armonia�con�un�principio�giuri- sprudenziale�ormai�pacifico,�in�ordine�alla�necessita�di�una�concentrata�attribuzione�statale�a� tutela�della�salute�dalle�emissioni�elettromagnetiche�.�Cfr.�su�questi�punti�M.�OrO Nobili,�Elet- trosmog: per il Consiglio di Stato, la riserva allo stato della determinazione dei limiti di esposizione edeiparametriperlatuteladellasalute (art. 4dellaleggen. 36del2001) costituisceprincipiofonda- mentale ai sensi del novellato art. 117 Cost.,�in�Riv. giur. dell'edilizia,�1,�2003,�606.� (60)�Il�Consiglio�di�Stato�e�in�linea�con�le�tesi�sostenute�dal�Governo�nel�ricorso�proposto� davanti�alla�Corte�Costituzionale,�ai�sensi�del�novellato�art.�127�Cost.,�nei�confronti�di�una�legge� regionale�contrastante�con�la�riserva�statale�predetta,�Nobili,�Elettrosmog: il Governo impugna alla Corte costituzionale le disposizioni regionali contrastanti con la Legge Quadro n. 36 del 2001,� in�Rass. giur. en. elettrica,�2002,�239.� DOTTRINA�293 potere�che�ha�intaccato�l'assetto�unitario�ed�omogeneo�della�disciplina�statale� in�materia�di�limiti�di�esposizione�ai�campi�elettrici,�magnetici�ed�elettroma- gnetici�a�protezione�della�popolazione,�determinando�una�disarmonia�nella� disciplina�stessa,�negativamente�incidente�sul�corretto�esercizio�del�servizio� di�telefonia�mobile,�soggetto�tra�l'altro�alla�vigilanza�dell'Autorita�Garante� per�le�comunicazioni��(61).� �Non�si�desume�dagli�atti�impugnati�in�base�a�quale�studio�o�ricerca� scientifica�la�Regione�abbia�ritenuto�ragionevole�l'imposizione�di�un�perime- tro�di�cinquanta�metri�di�distanza�rispetto�ai�rischi�di�esposizione,�quando�il� d.m.�381�all'art.�4�collega�le�misure�di�cautela�ai�valori�di�esposizione�fissati� nel�secondo�comma.� Il�principio�di�precauzione�richiede�sempre�un�riferimento�a�dati�scienti- fici�attendibili,�specie�laddove�interferisce�con�i�limiti�dei�valori�di�campo� definiti�a�livello�nazionale�.� Poteri di comuni e province. Lo�stesso�principio�di�omogeneita�si�rinviene� anche�nei�rapporti�tra�Regioni,�Comuni�e�Province.� La�legge�quadro�sui�campi�elettromagnetici�pare�riservare�al�potere� regolamentare�dello�Stato�ogni�compito�di�determinazione�di�limiti�di�esposi- zione,�fasce�di�rispetto�ecc.� Tuttavia,�la�stessa�legge�non�fa�venir�meno�ogni�competenza�comunale� in�materia,�considerato�che�l'art.�8�della�legge�prevede�che��i�comuni�possono� adottare�un�regolamento�per�assicurare�il�corretto�insediamento�urbanistico� e�territoriale�degli�impianti�e�minimizzare�l'esposizione�della�popolazione�ai� campi�elettromagnetici�.� Comunque�sia,�il�ruolo�comunale�risulta�ridimensionato,�in�quanto�l'e- ventuale�esercizio�di�tale�competenza�non�puo�tradursi�in�alcun�modo�nella� previsione�di�limiti�generalizzati�di�esposizione�diversi�da�quelli�previsti�dallo� Stato�ne�in�una�deroga�generalizzata�o�quasi�a�tali�limiti�(62).� Ne�e�riprova�la�sentenza�del�Consiglio�di�Stato,�sez.�VI�(63),�la�quale�ha� dichiarato�che�esula�dai�poteri�comunali�la�fissazione�di�limiti�di�distanza�e� di�emissione�degli�impianti�che�producono�emissioni�elettromagnetiche,�in� quanto�e�riservata�alla�competenza�statale�dalla�legge�n.�36�del�2002.� (61)�Sentenza�pubblicata�in�www. ambientediritto.it. Il�contenzioso�promosso�con�otto�ricorsi� attiene�ad�una�serie�di�provvedimenti�attraverso�i�quali�la�regione�Toscana�ed�i�comuni�di�Firenze,� Massa�Marittima�e�Pisa�hanno�disciplinato�la�localizzazione�ed�i�tetti�di�radiofrequenza�degli� impianti�di�telefonia�mobile�nell'ambito�territoriale�(regionale�e�comunale)�di�competenza,�provve- dendo�anche�alla�sospensione�dei�procedimenti�riguardanti�le�pratiche�edilizie�d'autorizzazione� all'installazione�od�al�potenziamento�di�stazioni�radio�base.� (62)�R.�Chieppa,�L'inquinamento elettromagnetico traprincipio dicautela e cautela nell'attuare la legge quadro 36/ 2001,in�Urb. e app.,�5,�2002,�577�ss.;�G. Manfredi,�Le competenze comunali in tema di tutela dalle emissioni elettromagnetiche,in�Urb. e app.,�10,�2002,�1177.� (63)�Cons.�di�Stato,�sez.�VI,�in�Urb. e app.,�10,�2002,�1171.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Ai�sensi�del�n.�6�dell'art.�8�della�legge�36,�che�fissa�le�competenze�dei� comuni,�i�comuni�possono�adottare�regolamenti�per�il�corretto�insediamento� urbanistico�e�territoriale�degli�impianti,�nel�cui�ambito�regolamentare�puo� essere�minimizzata�l'esposizione�della�popolazione�ai�campi�elettromagnetici.� Tutto�deve�essere�stabilito�nel�ritaglio�delle�competenze�urbanistiche�e� nel�rispetto�dei�principi�generali�che�le�governano,�senza�che�possano�adot- tarsi�decisioni�che�vadano�al�invadere�competenze�dello�Stato�o�delle� Regioni,�introducendo�surrettiziamente�norme�che�appaiono�di�profilo�urba- nistico�e�invece�tendano�a�determinare�diversamente�quei�limiti�che�la�legge� stessa�riserva�alla�competenza�statale.� Anche�il�Tar�Toscana,�sez.�I,�con�sentenza�n.�12�del�16�gennaio�2003,� pronunciandosi�in�merito,�ha�stabilito�che��La�Regione,�nell'esercitare�il�suo� compito�di�dettare�i�criteri�generali,�deve�fornire�agli�enti�comunali�le�neces- sarie�linee�guida�che�consentono�un�coerente�esercizio�del�potere�regolamen- tare�di�completamento�agli�stessi�attribuito,�onde�evitare�che�la�medesima� regolamentazione�finisca�per�esplicarsi�quasi�nell'ambito�di�una�delega�in� bianco�con�i�conseguenti�risvolti�negativi�di�una�disciplina�disomogenea,se� non�contrastante,�a�livello�comunale,�regionale�e�nazionale��(64).� Il�d.m.�10�settembre�1998,�n.�381�(decreto�Ronchi)�emanato�in�attua- zione�dell'art.�1,�comma�6,�lett.�a)�n.�15�della�legge�31�luglio�1997,�n.�249,� che�ha�introdotto�l'Autorita�per�il�garante,�all'art.�4,�comma�3�ha�attribuito� alle�regioni�ed�alle�province�autonome�di�Trento�e�Bolzano�il�compito�di�defi- nire�la�disciplina�per�l'installazione�e�la�modifica�degli�impianti�di�radioco- municazione�e�le�azioni�di�risanamento,�al�fine�di�garantire�il�rispetto�dei� limiti�sopra�indicati�ed�il�raggiungimento�di�eventuali�obiettivi�di�qualita�.� Nessuna�competenza�in�materia�era�stata�assegnata�ai�comuni.� Tale�principio�e�stato�affermato�piu�volte�nelle�diverse�pronunce�dei�giu- dici�amministrativi�che�hanno�annullato�la�difforme�regolamentazione�det- tata�da�taluni�enti�comunali(65).� G)�Le onde elettromagnetiche e il danno esistenziale Ci�si�chiede�se�sia�possibile,�in�tale�materia,�ipotizzare�il�danno�esisten- ziale,�ossia�il�danno�arrecato�alla�sfera�della�personalita�.� Attesa�l'incertezza�della�nocivita�delle�onde�elettromagnetiche,�il�risarci- mento�del�danno�esistenziale�rappresenta,�forse,�l'unica�strada�percorribile,� in�quanto�ha�la�funzione�di�risarcire�il�timore�del�contagio�nonche�le�riper- cussioni�sulla�vita�di�relazione�della�persona.� Naturalmente,�il�presupposto�per�configurare�tale�ipotesi�risarcitoria�e� l'accertamento�del�superamento�del�limite�di�tollerabilita�.� Un�precedente�si�rinviene�nelle�corti�nordamericane,�ed�in�particolare�in� una�pronuncia�della�Corte�di�Appello�di�New�York�del�1993,�che�ha�accor- (64)�TAR�Toscana,�sez.�I,�16�gennaio�2003,�n.�12,�in�www.ambientediritto.it.� (65)�Tar�Toscana,�sez.�I,�26�luglio�2001,�n.�1266;�Tar�Toscana,�sez.�I,�30�gennaio�2002,�n.�65;� Tar�Veneto,�sez.�II,�2�febbraio�2002,�n.�347,�Consiglio�di�Stato,�sez.�VI,�3�giugno�2002,�n.�3095.� DOTTRINA 295 dato�il�risarcimento�del�danno�al�proprietario�di�un�immobile�che�lamentava� la�diminuzione�di�valore�del�proprio�fondo�adiacente�ad�una�servitu�di�elet- trodotto�di�cavi�ad�alta�tensione,�a�causa�del�timore�della�popolazione�che�i� campi�elettromagnetici�generati�dalla�linea�elettrica�potessero�provocare� patologie�gravi.� E�da�evidenziare,�tuttavia,�che�la�condanna�e�giustificata�anche�dalla� caratteristica�strutturale�della�American Tort Law,�la�quale�prevede�oltre�al� risarcimento�di�tutti�i�danni�per�lucro�cessante,�anche�quello�per�danni�(puni- tive o exemplerary damages)�concessi�non�tanto�per�finalita�riparatorie,� quanto�per�porre�in�essere�un'azione�di�deterrenza�di�punizione�volta�a�preve- nire�o�evitare�la�commissione�nel�futuro�di�nuovi�atti�illeciti.� La�Corte�ha�affermato�che�l'attore�doveva�dimostrare�solo�l'esistenza�di� quel�timore�e�che�esso�aveva�causato�oggettivamente�la�perdita�di�valore�del� bene�ma�non�la�ragionevolezza�del�comportamento�del�pubblico�(66).� Anche�nel�nostro�ordinamento�la�Cassazione�ha�ravvisato�l'esistenza�di� un�fatto�illecito�perfetto�pur�in�mancanza�di�un�danno�accertato�alla�salute,� configurando�l'evento�dannoso�nel�pericolo�di�contagio�dell'�Hiv�e�nelle�riper- cussioni�alla�vita�di�relazione�e�alla�sfera�esistenziale�della�persona(67).� La�giurisprudenza�di�merito,�sulla�base�di�questo�principio,�ha�accolto,� in�via�cautelare,�la�domanda�di�alcuni�condomini�al�fine�di�ottenere�la� sospensione,�ai�sensi�dell'art.�1171�c.c.,�dei�lavori,�non�autorizzati�dal�condo- minio,�di�installazione�di�una�stazione�radio�base�per�telefoni�cellulari,�intra- presi�su�una�porzione�di�lastrico�solare�di�proprieta�esclusiva�di�un�altro�con- dominio,�in�considerazione�del�deprezzamento�dell'edificio�(e�delle�singole� proprieta�)�conseguente�all'attuale�situazione�di�incertezza�scientifica�circa�gli� effetti�a�lungo�termine�sulla�salute�delle�onde�elettromagnetiche�irradiate�da� impianti�del�genere,�nonche�all'invasivita�e�al�non�organico�inserimento�del- l'opera�nel�contesto�architettonico�(68).� 2. �IL dannO causatO daglI organismI geneticamentE modificatI Gli�organismi�geneticamente�modificati�(OGM)�sono�il�risultato�di� ricombinazioni�artificiali�di�materiale�genetico�ottenuto�mediante�il�trasferi- mento,�non�possibile�in�natura,�di�frammenti�di�DNA,�da�un�organismo� donatore�ad�un�altro�organismo,�allo�scopo�di�migliorarne�le�caratteristiche� (aumentarne�la�produttivita�,�la�resistenza�agli�agenti�patogeni,�agli�stress� ambientali�ecc.)�(69).� Si�discute�degli�OGM�sotto�il�profilo�dei�rischi�per�la�salute�(consumo� dei�prodotti�alimentari�vegetali)�e�per�l'ambiente,�oltre�per�ragioni�di�natura� etica�riguardanti�la�loro�brevettabilita�:�la�scienza,�infatti,�ancora�non�e�in� (66)�Iasanoff,76.� (67)�Cass.�civ.,�Sez.�I,�29�maggio�1999,�n.�5265,�in�Mass. Giur. it.,�1999.� (68)�Pret.�Bologna,�12�aprile�1999,�in�Foro it.,�1999,�I,�3414.� (69)�La�definizione�di�OGM�e�contenuta�nell'art.�3,�co.1,�lett.a,�del�lgs.�n.�92�del�1993,�in� attuazione�della�direttiva�CE�n.�220/1990.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� grado�di�fornire�una�risposta�univoca,�soprattutto�riguardo�al�rischio�chela� diffusione�dei�geni�delle�piante�transgeniche�con�resistenza�agli�antibiotici� possa�renderli�sempre�meno�efficaci�(70).� A)�Ilprincipio diprecauzione eprevenzione espresso dalla normativa comunita- ria e nazionale La�direttiva�CE�90/220,�recepita�in�Italia�con�d.lgs.�n.�92�del�1993,�pre- vede�norme�atte�a�garantire�un�adeguato�livello�di�protezione�e�impone�agli� Stati�membri�di�adottare�tutti�i�provvedimenti�idonei�ad�evitare�effetti�nega- tivi�sulla�salute�umana�e�sull'ambiente.�Gli�OGM�immessi�nell'ambiente�per� scopi�sperimentali�e�commerciali,�a�differenza�degli�inquinanti�chimici,�pos- sono�riprodursi�e�diffondersi�oltre�le�frontiere�nazionali�con�effetti�irreversibi- li�(71).� Tale�direttiva�e�finalizzata�ad�assicurare�una�tutela�adeguata�dei�consu- matori�e�dell'ambiente�nonche�di�garantire,�nel�contempo,�la�commercializza- zione�senza�intralci,�in�tutta�l'area�comunitaria,�del�prodotto�contenente� OGM.� L'art.�16�della�dir.�90/220�stabilisce�il�principio�che�l'emissione�nell'am- biente�o�l'immissione�sul�mercato�di�OGM�deve�essere�preceduta�da�una� valutazione�positiva�circa�l'assenza�di�rischi�da�parte�delle�autorita�nazionali� mediante�un�assenso�emesso�dal�Ministero�della�Salute�e,�nell'ipotesi�di� immissione�sul�mercato,�anche�dalla�commissione�CE.� Sono�previste,�altres|�,�disposizioni�sanzionatorie,�sia�amministrative�sia� penali�a�carico�del�responsabile�dell'emissione,�del�fabbricante�ed�importatore� dell'OGM�nonche�degli�utenti�del�prodotto�che�non�rispettano�le�condizioni� specifiche�d'uso,�l'ambiente�ecc.,�oppure,�nell'ipotesi�di�emissione�deliberata� od�immissione�di�OGM�senza�il�conforme�assenso,�o�ancora�nel�caso�di� informazioni�inesatte�od�incomplete�fornite�alle�autorita�competenti.�Si�tratta� di�reati�di�pericolo�presunto�in�quanto�riguardano�la�violazione�di�obblighi� formali�previsti�dalla�legge.� E�invece�configurata,�all'art.�24,�una�fattispecie�di�pericolo�concreto�nei� confronti�di��chi,�nell'effettuazione�di�un'emissione�deliberata�nell'ambiente� di�un�OGM�cagiona�un�pericolo�per�la�salute�pubblica�o�un�pericolo�di� degradazione�rilevante�e�persistente�delle�risorse�naturali�e�bioetiche�(72).� (70)�Secondo�l'Organizzazione�Mondiale�della�Sanita�questo�rappresenta�uno�dei�rischi�piu� gravi�emergenti.�Cfr.�sull'argomento�M.�Buiatti, Le biotecnologie,�Il�Mulino,�Bologna,�2001,�52� ss.� (71)�Per�un�commento�della�direttiva�CE�cfr.�L.�PratI eF.�Massimino,�Organismi genetica- mente modificati, danno alla salute e danno ambientale,in�Danno e resp.,�2001,�338.� (72)�Tra�le�fonti�normative�rilevanti�si�segnalano:�la�dir.�CE�n.�219/1990,�attuata�con�d.�lgs.� n.91/1993�(e�modificata�dalla�dir.�CE�98/81�attuata�con�d.�lgs.�n.�206/2001)�che�riguarda�l'impiego� confinato�di�OGM��in�laboratorio��e�disciplina�la�prevenzione�dei�rischi�(anche�per�i�lavoratori)� nel�caso�di�accidentale�emissione�di�OGM�nell'ambiente�mediante�l'uso�di�barriere�a�seconda�della� tipologia�di�microrganismi;�il�reg.�CE�della�Commissione�del�10�gennaio�2000,�n.�50,�in�merito� all'�etichettatura�dei�prodotti�ed�ingredienti�alimentari�contenenti�additivi�e�aromi�geneticamente� DOTTRINA�297 La�Corte�di�Giustizia�della�Comunita�europea,�con�pronuncia�del� 21�marzo�2000,�n.�6�su�ricorso�del�Consiglio�di�Stato�francese,�ha�stabilito�il� principio�che,�al�termine�dell'iter�previsto�dalla�direttiva�n.�90/220/CE,�nes- sun�paese�membro�puo�opporsi�alla�commercializzazione�del�prodotto.� Il�sistema�descritto�nella�direttiva�impedisce�che�una�decisione�unilaterale� statale�possa�intralciare�gli�effetti�della�liberalizzazione�ottenuta�a�livello� comunitario:�in�caso�di�rifiuto�unilaterale�qualsiasi�stato�membro�sarebbe� legittimato�ad�avviare�una�nuova�procedura�per�lo�stesso�prodotto�ed�ottenere� dalla�Commissione�una�decisione�vincolante�per�tutta�l'area�comunitaria(73).� Infine,�con�l'adozione�della�direttiva�n.�2001/18/CE�il�Parlamento�Euro- peo�ha�regolato�l'emissione�deliberata�nell'ambiente�di�organismi�genetica- mente�modificati.� La�direttiva�e�stata�adottata�sul�fondamento�dell'art.�95�(gia�100�A)�CE,� la�disposizione�del�Trattato�preposta�alla�realizzazione�del�mercato�comune.� L'intento�primario�del�legislatore�europeo�e�,�infatti,�quello�di�favorire�la� liberta�di�circolazione�degli�organismi�transgenici,�seppur�nel�rispetto�degli� elevati�standard�di�tutela�ambientale�e�sanitaria�prescritti�dal�Trattato.� Anche�in�questo�caso�si�riscontra,�non�a�livello�costituzionale�ma�a� livello�di�norme�previste�nel�Trattato,�un�presumibile�contrasto�tra�due� norme�fondamentali:�l'art.�95�e�l'art.�174�ss�dedicato�alle�politiche�ambien- tali�(74).� B)�Il�danno�alla�salute�e�l'art.�2050�c.c.� Appare�arduo�provare,�a�causa�delle�incertezze�della�comunita�scienti- fica,�l'esistenza�di�un�danno�all'integrita�psico�fisica�subita�a�seguito�dell'e- missione�nell'ambiente�o�del�consumo�di�OGM.� modificati�o�derivati�da�organismi�geneticamente�modificati�.�Cfr.�sul�d.lgs.�n.�91/1993�F.�Giam- pietro,�Ild.lg.�3marzo�1993,�n.�91sugliorganismigeneticamentemodificati:�lanuovafrontieradella� tutela�ambientale,in�Foro�ammm.,�1993,�2270.� (73)�Corte�di�giust.�CE,�21�marzo�2000,�n.�6,�in�Giust.�civ.,�2001,�IV,�872,�con�nota�di�R.� Giuffrida,�Sull'immissione�in�commercio�di�organismi�geneticamente�modificati.Cfr.altres|�R.� Giuffrida,�L'evoluzione�della�politica�ambientale�comunitaria,in�Il�dirittoprivato�dell'Unione�euro- pea�a�cura�di�A.�Tizzano,�Torino,�2000,�226�ss.�Una�proposta�di�direttiva�che�modifica�la�n.�90/� 220/CE�e�stata�gia�adottata�dal�Parlamento�europeo�il�13�febbraio�2001�che�ha�approvato�il�com- promesso�raggiunto�nel�comitato�di�conciliazione.�Sulla�proposta�cfr.�R.�Giuffrida,�Sull'immis- sione�op.�cit.,�874�nota�1,�ove�si�illustra�l'ampio�spazio�dedicato�all'applicazione�delprincipio�pre- cauzionale�e�agli�obblighi�di�trasparenza�imposti�nei�confronti�del�pubblico�interessato.�In�partico- lare�alla�Commissione�e�fatto�obbligo�di�valutare�sempre�il�rischio�ambientale,�soprattutto�nel� medio,�lungo�periodo,�prima�di�ogni�nuova�immissione.�Dovra�inoltre�essere�istituito�un�pubblico� registro�sulla�localizzazione�degli�organismi�geneticamente�modificati�coltivati,�rendendo�le�rela- tive�informazioni�disponibili�ai�cittadini.� (74)��I�due�articoli�sembrano�ispirarsi�a�filosofie�diverse,�se�non�addirittura�opposte��L.� Gradoni,�La�nuova�direttiva�comunitaria�sugli�organismi�geneticamente�modificati,in�Diritto�comu- nitario�e�degli�scambi�intern.,�2001,�760.�Cfr.�anche�A.�Sacchettini,�La�politica�comunitaria�del- l'ambiente�tra�cultura�e�mercato,�in�Il�diritto�della�regione,�1999,�238�ss.�e�N.DE Sadeleer,�Le�basi� giuridichedegliattidellaComunita�europeainmateriadiprotezioneambientale:�impossibilelaconci- liazione�tra�il�mercato�interno�e�la�protezione�dell'ambiente?,in�Riv.�giur.�dell'ambiente,�1994,�9,�346.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� In�ogni�caso�la�tutela�risarcitoria�del�danneggiato�sembra�incardinarsi� sull'art.�2050�c.c.,�anche�se,�allo�stato�attuale,�i�rischi�di�tale�attivita�perico- losa�risultano�sconosciuti�(75). E�evidente,�tuttavia,�come�il�responsabile�e�legittimato�ad�escludere�la� propria�responsabilita�provando�di�avere�svolto�l'attivita�pericolosa�(emis- sione�ed�immissione�di�OGM)�con�l'osservanza�di�tutte�le�prescrizioni�nor- mative�stabilite�dalla�normativa�(in�particolare�dal�d.�lgs.�n.�92/1993)�e�con� l'autorizzazione�del�Ministero�della�Salute�e�della�commissione�delle�Comu- nita�europee.� In�tal�caso�risultera�provata�l'adozione�di�tutte�le�misure�idonee�ad�evi- tare�il�danno:�non�possono�pretendersi,�infatti,�dal�presunto�responsabile,� conoscenze�maggiori�degli�organi�di�vigilanza.�Semmai�e�possibile�configu- rare�il�concorso�di�responsabilita�con�le�autorita�statali�(76).� C)�Ild.P.R.n. 224del1998eildannodaprodottodifettoso L'OGM�e�da�definirsi�come�un�prodotto�ai�sensi�dell'art.�2�del�d.P.R.� n.�224�del�1998:�se�il�danneggiato�e�in�grado�di�dimostrare�l'esistenza�del� nesso�causale�tra�il�danno�e�il�prodotto�transgenico,�la�responsabilita�presup- pone�che�si�possa�definire�quel�prodotto�come�difettoso,�nel�senso�che�non� offre�la�sicurezza�che�ci�si�puo�legittimamente�attendere�(anche�se�cio�dipende� dall'osservanza�delle�condizioni�previste�dalla�legge).� Si�potrebbe�obiettare�che�lo�stato�delle�conoscenze�scientifiche�e�tecniche� al�momento�in�cui�e�stato�messo�in�circolazione�il�prodotto,�non�permetteva� ancora�di�considerare�il�prodotto�come�difettoso,�ai�sensi�dell'art.�6,�lett.�E.� Tuttavia,�il�presupposto�della�suddetta�causa�di�esclusione�di�responsabi- lita�e�l'assoluta�assenza�di�notizie�in�ordine�alla�pericolosita�del�prodotto:� cio�non�sarebbe�configurabile�in�ordine�agli�O.G.M.,�a�causa�della�grande� incertezza�che�regna�nella�scienza�(77).� D)�L'alterazione degli equilibri naturali La�disciplina�sul�danno�da�prodotti�difettosi�non�copre�i�danni�all'am- biente,�anche�se�non�si�possono�escludere�sovrapposizioni�tra�i�due�regimi�di� responsabilita�nel�campo�del�danno�tradizionale.� In�tal�senso�si�e�espressa�la�Commissione�nel�Libro�Bianco�sulla�respon- sabilita�ambientale,�pubblicato�il�9�febbraio�2000.�L'emissione�di�OGM�puo� produrre�alterazioni�degli�equilibri�naturali�(come�la�perdita�della�biodiver- sita�ad�esempio)�e,�quindi,�danni�agli�ecosistemi.� La�ricostruzione�della�responsabilita�per�il�danno�ambientale�connesso� all'emissione�nell'ambiente�di�OGM�si�presenta,�tuttavia,�oltremodo�com- plessa.� (75)�Parte�della�dottrina�concorda�sull'applicabilita�dell'art.�2050�c.c.,�L.PratI eF.�Massi- mino,�Organismigeneticamentemodificati,op. cit., 341.� (76)�Ivi,�343.� (77)�Idem. DOTTRINA�299 L'art.�18�della�legge�n.�349/1986�prevede�che��qualunque�fatto�doloso�o� colposo�in�violazione�di�disposizioni�di�legge�o�di�provvedimenti�adottatiin� base�a�legge,�che�comprometta�l'ambiente,�ad�esso�arrecando�danno,�alteran- dolo,�deteriorandolo�o�distruggendolo�in�tutto�o�in�parte,�obbliga�l'autore� del�fatto�al�risarcimento�nei�confronti�dello�Stato��(cfr.�pr.�successivo).� Nell'ipotesi�che�l'emissione�di�OGM�non�sia�autorizzata�o�non�sia�rispet- tosa�delle�condizioni�previste�nell'autorizzazione�dell'Autorita�,e�indubbio� che�la�suddetta�attivita�sia�da�considerare�non iure e�il�danno�ingiusto�ai�sensi� dell'art.�18�cit. Discutibile�appare�invece�l'ipotesi�in�cui�l'emissione�sia�rispettosa�delle� suddette�condizioni,�in�quanto�la�disciplina�del�risarcimento�del�danno� ambientale�si�fonda�sul�sistema�della�tipicita�dell'illecito,�a�differenza�di� quello�di�cui�all'art.�2043�c.c.,�che�e�basato�sul�sistema�di�atipicita�dell'illecito� e,�dunque,�sulla�prevalente�rilevanza�del�danno�ingiusto.� Pertanto,�il�danno�ambientale�e�ravvisabile�solo�quando�la�condotta�si� ponga�in�contrasto�con�disposizioni�di�legge�o�provvedimenti�adottati�sulla� base�di�questa.� Cassazione�stessa�ha�precisato�con�pronuncia�n.�1087�del�1998�(78)�che� �in�tema�di�danno�ambientale�non�e�sufficiente�la�modificazione,�alterazione� o�distruzione�dell'ambiente�naturale�considerata�da�un�punto�di�vista�obiet- tivo,�nella�sua�materialita�,�ma�occorre�l'elemento�soggettivo�intenzionale�.� La�condotta,�dunque,�deve�configurarsi�dolosa�o�colposa�e�risultare�qua- lificata�dalla�violazione�di�legge�o�dei�provvedimenti�adottati�in�base�alla� legge:�in�caso�contrario�vige�la�causa�esimente�dell'esercizio�legittimo�di�un� diritto.� Con�un'altra�pronuncia,�invece,�la�Cassazione�(79)�ha�ammesso�la�possi- bilita�di�fondare�l'azione�risarcitoria�da�danno�ambientale�anche�in�man- canza�della�violazione�di�una�norma�specifica�diretta�alla�tutela�dell'am- biente,�considerando�sufficiente�l'applicazione�degli�artt.�2043�c.c.�o�2050� c.c.,�essendo�queste�le�norme�poste�a�protezione�di�interessi�ambientali�dif- fusi.� La�sentenza�n.�5650�del�19�giugno�1996�(80)�ha�addirittura�escluso�che�il� fondamento�giuridico�della�risarcibilita�del�danno�all'ambiente�possa�essere� rinvenuto�nella�legge�n.�349/1986�ma�direttamente�nelle�norme�costituzionali� di�cui�agli�artt.�2,3,9,41�e�42�tramite�il�collegamento�con�l'art.�2043�c.c.� La�suddetta�pronuncia�ritiene,�infatti,�che�la�legge�n.�349/1986�sia�esclu- sivamente�deputata�alla�ripartizione�delle�competenze�a�tutela�dell'ambiente� tra�lo�Stato,�gli�enti�territoriali�e�le�associazioni�protezionistiche.� In�dottrina�si�auspica�l'intervento�di�un�regime�ad hoc per�il�danno� ambientale�da�emissione�di�OGM,�a�causa�dell'assenza�di�meccanismi�risarci- (78)�Cass.�3�febbraio�1998,�n.�1087,�in�Danno e resp.,1998,�1116.� (79)�Cass.�1.�settembre�1995,�n.�9211,�in�Corr. giur.,�1995,�1146.� (80)�Cass.�19�giugno�1996,�n.�5650,�in�Riv. giur. amb.,1997,�679.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� tori�realmente�dissuasivi,�ed�in�particolare�un�regime�di�stretta�responsabilita� oggettiva,�sul�modello�di�quanto�previsto�nell'art.�17�del�d.lgs�22/1997,�rego- lante�la�responsabilita�per�la�bonifica�dei�siti�contaminati.� �Un�tale�regime�sarebbe�assai�piu�rispondente�alla�necessita�di�assicu- rare,�da�un�lato,�un�valido�deterrente�a�condotte�che,�seppure�consentite,�pos- sono�contenere�una�componente�di�azzardo,�e�dall'altro�la�corretta�alloca- zione�dei�costi�sociali�connessi�ad�una�tipica�attivita�industriale�di�possibile� natura�pericolosa�quale�e�quella�da�cui�trae�origine�la�creazione�e�la�diffu- sione�degli�OGM��(81).� La�Commissione�Europea�nel�libro�bianco�sui�danni�all'ambiente�pub- blicato�il�9�febbraio�2000�ha�auspicato�un�regime�europeo�di�responsabilita� per�danni�ambientali�che�preveda�la�responsabilita�oggettiva�dell'inquinatore� ogni�volta�che�il�danno�sia�conseguente�ad�attivita�pericolose.� 3.�ConclusionI �Il�diritto�positivo�non�e�l'incarnazione�di�un'idea�eterna�e�metafisica:� esso�deve�fare�quotidianamente�i�conti�con�le�scienze�e�la�loro�evoluzione,� sia�perche��il�suo�contenuto�e�condizionato�dallo�stadio�di�evoluzione�scienti- fica�che�caratterizza�la�cultura�in�cui�si�manifesta�quel�diritto,�sia�perche��l'e- voluzione�scientifica�condiziona�la�forma�e�la�diffusione�del�diritto�positi- vo��(82).� L'augurio�e�nel�senso�dell'�estensibilita�delle�soluzioni�adottate�anche�ad� altre�ipotesi�astrattamente�configurabili,�nonche��all'acquisizione�di�ulteriori� elementi�scientifici�e,�perche��no,�alla�realizzazione�di�una�sintesi�rispetto�ai� molteplici�interessi�in�gioco,�ad�un�coordinamento�e�ad�una�ottimizzazione� degli�stessi.� Ripercorrendo�le�tappe�argomentative�svolte�dal�diritto�e�dalla�scienza,� quelle�dell'uno�e�dell'�altra�sono�presenti,�inevitabilmente�ed�in�buona� misura,�nella�normativa�e�nelle�sentenze�che�si�e�citate�e�in�tante�altre�ancora,� senza�in�verita�che�esse�facciano�velo�al�tecnicismo�della�soluzione�adottata.� Il�suo�esame�critico,�la�sua�scepsi�giuridica,�non�puo�,�piu�modestamente� per�noi�giuristi,�prescindere�dall'analitico�svolgimento�del�thema�disputandum� nonche��dal�ragionamento�strettamente�logico-giuridico.� �Allapreliminare�domanda,�che�cosa�e�il�diritto,� si�puo�rispondere�solo�per�approssimazioni�suc- cessive.�Lo�si�puo�definire,�in�prima�approssima- zione,�come�un�sistema�di�regole�per�la�soluzione� di�conflitti�fra�gli�uomini;�se�ne�puo�identificare� la�ragion�d'essere�nel�carattere�di�perenne�con- tesa�che�assume�la�convivenza�umana...�� F. Galgano,�Diritto�privato,�1994,�1.� (81)�L.�PratI eF.�Massimino,�Organismigeneticamentemodificati,�op.cit.,�348.� (82)�M.G.Losano,�I�grandi�sistemi�giuridici,�Diritti�positivi�e�scoperte�scientifiche,�Torino,�II� ed.,�1988,�11.� DOTTRINA 301 Annullamento�dell'aggiudicazione�e�contratto.� Riflessioni�sull'opportunita�di�uscire�dal��circolo�vizioso�� della�nullita�-annullabilita�-caducazione�(*)� diAndrea Valletti Sommario: 1. �Premessa. 2. �I�nodi da sciogliere�. 3. �Aggiudicazione e stipula contrattuale. 4. �Annullamento dell'aggiudicazione in sede ammi- nistrativaeinsedegiurisdizionale: differenze. 4.1. �Unadifficilefigura: l'annullamentopervizidimerito^critica. 4.2. �I�confini�dell'annulla- mento in sede di autotutela e giurisdizionale. 5. �Gli effetti dell'annulla- mento dell'aggiudicazione sul contratto stipulato. 5.1. �La tesi dell'annul- labilita� 5.2. �Latesidell'inefficaciaperdifettodipotererappresentativo exart. 1398c.c. 5.3. �Latesidellanullita� 5.4. �Lacaducazioneauto- maticadelcontratto:latesiprevalente. 5.5. ��Variante�allatesidella caducazioneautomatica: lasalvezzadeiterzidibuonafede. 5.6. �Unatesi intermedia: nullita�-annullabilita� 6. �Ilimitieimeritideivariorientamenti. 6.1. �Latesidell'annullabilita� relativa:laP.A. qualedominadellesortidel contratto. 6.2. �L'affacciarsi di uno �spettro�: simulazione relativa? 6.3. �Latesidellanullita�:lapiu� �duraamorire�.6.3.1.�Untentativodi salvare la teorica della nullita� : la nullita� relativa. 6.4. �La tesi dell'ineffica- ciaexart. 1398c.c.: ilfalsusprocurator. 6.5. �Latesidellacaducazione automatica.7. �Conclusioni. 1. �Premessa. Un�nota�querelle che�affanna�ormai�da�tempo�i�giudici�di�Palazzo�Spada� riguarda�i�difficili�rapporti�tra�le�categorie�civilistiche�e�i�vizi�della�procedura� ad�evidenza�pubblica�e�in�particolar�modo:�le�sorti�del�contratto�di�appalto (a�prestazioni�gia�eseguite�o�in�corso�di�esecuzione)�nel�caso�in�cui�l'aggiudi- cazione�(provvedimento�legittimante�la�stipula�del�contratto�stesso)�venga� annullata�in�sede�amministrativa�o�giurisdizionale�(1).� Si�tratta�di�una�questione�di�natura�non�soltanto�dottrinaria�in�quanto,� riuscendo�a�condurre�nell'alveo�dell'una�o�dell'altra�categoria�patologica� civilistica�le��sorti��del�contratto�stipulato,�si�tutelano�diversamente�i�soggetti� che�hanno�posto�in�essere�atti�in�esecuzione�del�contratto�medesimo.� 2.��I �nodI dA sciogliere�. Al�fine�di�analizzare�correttamente�i�termini�della�questione�appare� opportuno�procedere�alla�preventiva�disamina�dei�temi�che�potremmo�defi- nire��caldi��del�mondo�degli�appalti�pubblici�che�risultano�essere:� a) il�valore�giuridico�dell'aggiudicazione�rispetto�alla�stipula�del� contratto;� (*)�Sull'argomento�vedi�anche�M.A.�Scino,�Contratti della P.A. ed invalidita� procedimentali (Premio Sandulli 6 dicembre 2002), in�questa Rassegna n.�1/2003,�317.� (1)�Cfr.�in�tempi�recenti�Cons.�Stato,�sez.�IV,�27�ottobre�2003,�n.�6666,�in�www.lexitalia.it RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� b)�le�differenti�(se�lo�sono)�ripercussioni�dell'annullamento�dell'aggiudi- cazione�^ove�disposto�in�sede�di�amministrativa�o�giurisdizionale�^sul� contratto�stipulato;� c)�i�difficili�rapporti�tra�procedura�ad�evidenza�pubblica�e�la�stipula/ese- cuzione�del�contratto;� d)�la�tutela�dei�terzi�che�in�buona�fede�hanno�posto�in�essere�atti�in� esecuzione�del�contratto�in�realta�dimostratosi�poi,�a�seguito�di�annullamento� dell'aggiudicazione,�inefficace/nullo/annullabile.� 3.��AggiudicazionE E stipulA contrattuale. Il�primo�tema,�come�sopra�evidenziato�sub�a),�riguarda�il�valore�dell'ag- giudicazione�rispetto�al�perfezionarsi�del�vincolo�contrattuale.� Al�riguardo�occorre�premettere�che�con�il�termine�aggiudicazione(2)�si� allude�all'atto�terminale�del�procedimento�di�scelta�del�contraente�privato� che�abbia�dato�esito�positivo�(3).� La�dottrina�tradizionale�(4)�aggiunge�poi�che�l'atto�(aggiudicazione),� oltre�ad�essere�tale�dal�punto�di�vista�amministrativo�(5),�costituisce�inoltre� la�specifica�manifestazione�della�volonta�pubblica�di�contrarre�con�un�certo� soggetto,�la�quale,�incontrandosi�con�la�proposta�formulata�dall'imprenditore� in�sede�di�offerta,�e�normalmente�idonea�a�segnare,�sul�versante�civilistico,� la�definitiva�conclusione�dell'accordo�negoziale.�(6)� L'analisi�del�valore�dell'aggiudicazione�risulta�fondamentale�in�quantosi� tratta�di�un�aspetto�che�si�atteggia�quale�prius�logico�^giuridico�per�inqua- drare�correttamente�ogni�tipo�di�disquisizione�dottrinaria�avente�ad�oggetto� i�rapporti�tra�aggiudicazione�e�contratto,�al�fine�soprattutto�di�delineare�la� responsabilita�in�cui�puo�incorrere�la�stazione�appaltante.� (2)�Cfr.�Mele,�Icontratti�delle�pubbliche�amministrazioni,�Milano,�1998,�215.� (3)�Evidentemente,�in�caso�di�esito�negativo�della�procedura�selettiva,�viene�redatto�un�ver- bale�di��diserzione�,�dandosi�atto�delle�operazioni�compiute�e�delle�offerte�pervenute�e�non�rite- nute�valide.�Cfr.�in�tal�senso�Santoro,�Manuale�dei�contrattipubblici,�Rimini,�1999,�392.� (4)�Cfr.�AA.VV. (Lipari),�L'appalto�di�operepubbliche,�Padova,�2001,�456.� (5)�Contra�vedi�CianflonE E Giovannini,�L'appalto�di�opere�pubbliche,�Milano,�1999,�492� secondo�i�quali��...�l'aggiudicazione�comprende�pertanto�due�atti:�un�atto�amministrativo�ed�uno� negoziale�(di�diritto�privato)�pur�documentalmente�indistinti�.�Al�riguardo�si�osserva�pero�in�dot- trina�(AA.VV. [Lipari],�op.�cit.,�467)�che�la�separazione�concettuale�tra�i�due�diversi�contenuti�del- l'atto�di�aggiudicazione�non�e�esente�da�implicazioni�in�quanto�comporta�rilevanti�conseguenze� in�tema�di�definizione�delle�posizioni�giuridiche�soggettive�della�parte�privata�(e�degli�altri�parteci- panti�alla�procedura�selettiva),�con�ulteriori�riflessi�sul�piano�della�tutela�processuale�e�del�riparto� di�giurisdizione.� (6)�Secondo�una�parte�della�dottrina�non�si�tratterebbe�di�una�manifestazione�di�volonta�nel� senso�tipicamente�civilista,�che�si�rinviene�nell'atto�di�aggiudicazione�solo�in�presenza�di�alcuni� specifici�elementi,�ma�di�una�dichiarazione�collegata�alla�definitivita�della�scelta�del�contraente� privato�(cfr.�Mele,�op.�cit.,�215).� DOTTRINA�303 Se�infatti�il�vincolo�contrattuale�si�intendera��sorto�tra�le�parti�con�la� mera�aggiudicazione,�da�quel�momento�la�responsabilita��della�stazione� appaltante�sara��di�natura�contrattuale(7)�con�tutte�le�conseguenze�che�ne� deriveranno,�altrimenti�si�trattera��di�una�responsabilita��precontrattuale(8)� (la�cui�applicabilita��alle�pubbliche�amministrazioni,�in�materia�di�procedure� di�scelta�del�contraente,�e��tuttora�discussa)(9).� Per�mera�completezza�si�evidenzia�come�in�giurisprudenza�si�stia� facendo�largo�un�ulteriore�tipo�di�responsabilita��,un�quartum genus (che�si� affiancherebbe�alle�responsabilita��precontrattuale,�contrattuale�ed�extracon- trattuale),�la�responsabilita��cd.��da�contatto�sociale�(10).� Fermo�quanto�sopra,�in�buona�sostanza�si�vuole�affermare�che�se�il�con- tratto�si�intendera��concluso�con�la�comunicazione�dell'aggiudicazione�(even- (7)�Cfr.�Cons.�Stato,�Sez.�V,�9�settembre�1985,�n.�285,�in�Giur. it.,�1986,�III,�1,�87, Cons.�Stato,� Sez.�V,�21�maggio�1982,�n.�419,�in�Cons. Stato,�1982,�I,�664.� (8)�Cfr.�T.A.R.�Campania,�26�marzo�1991,�n.�74,�in�Trib. Amm. Reg., 1991,�I,�1931,�il�quale,� sebbene�favorevole�alla�configurabilita��della�responsabilita��precontrattuale�di�cui�all'art.�1337� c.c.,�non�esita�ad�affermare:��Dopo�l'espletamento�della�gara�d'appalto�e�la�conseguente�aggiudi- cazione,�e�prima�della�stipulazione�e�dell'approvazione�del�contratto,�l'amministrazione�conserva� ancora�tutti�i�poteri�che�le�competono�come�autorita��,�ivi�compreso�quello�di�procedere�(motivata- mente)�all'annullamento�o�revoca�degli�atti�amministrativi�precedentemente�posti�in�essere,�senza� incidere,�con�cio��,�su�posizioni�di�diritto�soggettivo�.�A�favore�della�responsabilita��precontrattuale� in�giurisprudenza�cfr.�per�tutti�Cons.�Stato,�Sez.�IV,�19�marzo�2003,�n.�1457,�in�www.lexitalia.it (9)�Cfr.�Casetta,�Manuale di diritto amministrativo,�Milano,�2001,�561�che�evidenzia�come� nell'ambito�del�procedimento�amministrativo�strumentale�alla�scelta�del�contraente�(c.d.�evidenza� pubblica),�l'aspirante�alla�stipulazione�del�contratto�ha�esclusivamente�un�interesse�al�corretto� esercizio�del�potere�di�scelta,�per�cui�difettano�le�condizioni�per�la�configurabilita��di�trattative�tra� due�soggetti�e�di�un�diritto�soggettivo�reciproco�all'osservanza�delle�regole�della�buona�fede.�In� tal�senso�cfr.�anche�Cass.�SS.UU.,�6�ottobre�1993,�n.�9892,�in�Corriere giur.,�1994,208:�Una� responsabilita��precontrattuale�della�p.a.,�per�violazione�del�dovere�di�correttezza�di�cui�all'art.� 1337�c.c.�non�e��configurabile�con�riguardo�allo�svolgimento�del�procedimento�amministrativo�stru- mentale�alla�scelta�del�contraente,�nell'ambito�del�quale�l'aspirante�alla�stipulazione�del�contratto� e��titolare�esclusivamente�di�un�interesse�legittimo�al�corretto�esercizio�del�potere�di�scelta,�onde� difettano�le�condizioni�strutturali�per�la�configurabilita��di�``trattative''�fra�due�soggetti�e�quindi� di�un�diritto�soggettivo�dell'uno�verso�l'altro�all'osservanza�delle�regole�della�buona�fede,�come� stabilito�dalla�citata�norma�.� (10)�Cfr.�T.A.R.�Veneto,�20�novembre�2003,�n.�5778,�in�www.lexitalia.it (sebbene�in�altro,�par- zialmente�diverso,�contesto);�T.A.R.�Lazio,�sez.�I�bis,�7�luglio�2003,�n.�5991,�in�www.lexitalia.it e� Cons.�Gius.�Amm.�Sic.,�ordinanza�8�maggio�2003,�n.�267,�in�www.lexitalia.it, secondo�cui�nel�caso� di�lesione�di�interesse�legittimo�(come�potrebbe�essere�il�caso�di�annullamento�amministrativo�del- l'aggiudicazione)�non�sussiste�un�preesistente�contratto�o�un�rapporto�obbligatorio�in�senso�civili- stico�tra�amministrazione�e�privato,�ma�deve�ritenersi�l'esistenza�di�un��rapporto�amministrativo�� che�da��luogo�ad�ipotesi�di��contatto�sociale��tra�l'amministrazione�e�l'amministrato�da�cui�scaturi- sce�un�affidamento�di�consistenza�maggiore�rispetto�alle�aspettative�di�mero�fatto�poiche�l'inte- resse�legittimo,�a�differenza�di�quello�di�fatto,�rappresenta�pur�sempre�una�posizione�gia��indivi- duata�e�differenziata�dall'ordinamento.�In�forza�di�esso�l'amministrato�puo��pretendere�che�l'ammi- nistrazione�adegui�nei�propri�confronti�il�suo�comportamento�alle�norme�che�ne�disciplinano� l'attivita��ecio��sia�che�si�tratti�di�procedimento�di�ufficio�che�su�istanza�di�parte.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� tualita�che�molte�stazioni�appaltanti�prevedono�nei�propri�bandi�di�gara� soprattutto�in�tema�di�appalti�di�servizi�e�forniture),�l'annullamento�di�que- st'ultima�travolgera�il�contratto�stesso�che�non�avra�una�propria�autonomia� ma�si�atteggera�a�mera�ripetizione(11)�del�negozio�gia�perfetto.� Quindi,�aderendo�a�tale�impostazione,�ne�deriverebbe�come�logico�corol- lario�che�l'annullamento�dell'aggiudicazione�determinera�l'annullamento�del� contratto.� Diverso�e�invece�il�caso�in�cui�la�P.A.�non�attribuisca�valore�meramente� riproduttivo�alla�successiva�stipula�del�contratto�che�assume�invece�le�vesti� di�una�vera�e�propria�rinnovazione(12)�di�un�consenso�non�ancora�valida- mente�o�compiutamente�formato.� Tale�eventualita�,�salvo�il�caso�in�cui�sia�l'Amministrazione�appaltante�a� prevedere�diversamente�nella�lex specialis della�gara,�e�attualmente�la�regola� nell'ambito�degli�appalti�di�lavori�pubblici�dove�la�cd.�legge�Merloni�(legge� n.�109/1994)�e�il�relativo�regolamento�(d.P.R.�n.�554/1999)�imperant.� Su�tale�aspetto�ha�avuto�modo�di�esprimersi�in�maniera�autorevole�l'Au- torita�per�la�Vigilanza�sui�Lavori�Pubblici�che,�con�la�determinazione�n.�24� del�2�ottobre�2002,�sembra�aver�finalmente�posto�un�punto�fermo�sul�valore� dell'aggiudicazione�nell'ambito�degli�appalti�di�Lavori�Pubblici,�affermando�a� chiare�lettere:��... la stipulazione del contratto d'appalto, e non il solo verbale di aggiudicazionedefinitiva, instaurailvincolocontrattualedelleparti... l'ammini- strazione ha l'obbligo di determinarsi in ordine alla stipula del contratto entro i termini fissati dal legislatore nell'art. 109 comma 1 (13)�del d.P.R. 554/1999�. Trattasi�di�una�determinazione�condivisibile�e�condivisa(14)�soprattutto� alla�luce�dell'art.�10�comma�1�quater(15)�della�legge�109/1994�che�procrastina� il�sorgere�del�vincolo�contrattuale�alla�stipula�del�contratto,�previa�verifica� (11)�Sulla�distinzione�dottrinaria�tra��ripetizione�e�rinnovazione��del�negozio�cfr.�Gaz- zoni, Manuale didirittoprivato, 2000,�902.�Mentre�con�la��ripetizione��le�parti�si�vincolano�a�ripe- tere�in�altra�forma�un�contratto�comunque�gia�concluso,�con�la��rinnovazione��le�parti�intendono� porre�nuovamente�in�essere�un�contratto�in�origine�nullo�(ad�esempio�una�donazione�conclusa� per�scrittura�privata).� (12)�Cfr.�Guccione,�Il regolamento della legge sui lavoripubblici, Le nuove leggi amministra- tive, Milano,�2000,�437.� (13)�Art.�109,�comma�1,�d.P.R.�554/99:��La�stipulazione�del�contratto�di�appalto�deve�aver� luogo�entro�sessanta�giorni�dalla�aggiudicazione�nel�caso�di�pubblico�incanto,�licitazione�privata� ed�appalto-concorso�ed�entro�trenta�giorni�dalla�comunicazione�di�accettazione�dell'offerta�nel� caso�di�trattativa�privata�e�di�cottimo�fiduciario�.� (14)�Cfr.�T.A.R.�Lazio,�sez.�I�bis,�13�dicembre�2002,�n.�2246,�in�www.lexitalia.it che�afferma:� �Aisensidell'articolo16, commaquarto, delr.d. 18novembre1923n. 2440, deveescludersicheilver- bale di aggiudicazione equivalga a contratto e che, mediante esso, sorga il vincolo contrattuale fra l'impresa migliore offerente e l'Amministrazione�. (15)�Art.�10,�comma�1,�quater: �I�soggetti�di�cui�all'articolo�2,�comma�2,�prima�di�procedere� all'apertura�delle�buste�delle�offerte�presentate,�richiedono�ad�un�numero�di�offerenti�non�inferiore� al�10�per�cento�delle�offerte�presentate,�arrotondato�all'unita�superiore,�scelti�con�sorteggio�pub- blico,�di�comprovare,�entro�dieci�giorni�dalla�data�della�richiesta�medesima,�il�possesso�dei�requi- siti�di�capacita�economico-finanziaria�e�tecnico-organizzativa,�eventualmente�richiesti�nel�bando� DOTTRINA�305 documentale�da�parte�della�stazione�appaltante,�che�potrebbe�dare�in�astratto� anche�esito�negativo,�senza�che�per�questo�possa�considerarsi�sorto�il�vincolo� contrattuale.� In�altri�termini�si�vuole�affermare�che�se�e�vero�che�sotto�l'egida�del- l'art.�16,�comma�4(16),�r.d.�18�novembre�1923�n.�2440�si�poteva�ritenere� fondatamente�che�l'aggiudicazione�determinasse�il�sorgere�del�vincolo�con- trattuale,�e�altrettanto�vero�che�alla�luce�dei�vigenti�art.�10�quater�della� legge�Merloni�(legge�n.�109/1994)�e�art.�109�del�relativo�Regolamento� (d.P.R.�n.�554/1999),�allo�stato�attuale�non�sembrano�sussistere�dubbi�nella� direzione�opposta,�con�la�logica�conseguenza�che�il�contratto�che�si�andra� a�stipulare�non�sara�una�mera�ripetizione�di�un�negozio�in�realta�mai� sorto.� E�in�questo�contesto�che�si�inserisce�il�delicato�tema�della�sorte�del�con- tratto�a�seguito�dell'annullamento�dell'aggiudicazione,�in�quanto�se�il�con- tratto�effettivamente�ha�una�propria�autonomia�(nel�senso�di�essere�un�atto� diverso�sebbene�collegato�all'aggiudicazione)�ne�deriva,�sotto�il�profilo�giuri- sdizionale,�che�sara�compito�dell'autorita�giudiziaria�ordinaria�sindacarne�la� validita�,�con�la�logica�conseguenza�che�l'annullamento�dell'aggiudicazione�in� sede�amministrativa�sara�soltanto�pregiudiziale�al�successivo�(ma�necessario)� giudizio�dinanzi�al�giudice�ordinario.� A�tal�proposito�appare�tuttavia�lecito�chiedersi�come�possa�l'annulla- mento�di�un�atto�in�sede�amministrativa�o�giurisdizionale�(l'aggiudicazione� nel�caso�di�specie)�comportare�ex�se�il�travolgimento�di�un�atto�(in�teoria)� valido�e�sindacabile�solo�in�sede�di�giurisdizione�ordinaria�(il�contratto).� di�gara,�presentando�la�documentazione�indicata�in�detto�bando�o�nella�lettera�di�invito.�Quando� tale�prova�non�sia�fornita,�ovvero�non�confermi�le�dichiarazioni�contenute�nella�domanda�di�par- tecipazione�o�nell'offerta,�i�soggetti�aggiudicatori�procedono�all'esclusione�del�concorrente�dalla� gara,�alla�escussione�della�relativa�cauzione�provvisoria�e�alla�segnalazione�del�fatto�all'Autorita� per�i�provvedimenti�di�cui�all'articolo�4,�comma�7,�nonche�per�l'applicazione�delle�misure�sanzio- natorie�di�cui�all'articolo�8,�comma�7.�La�suddetta�richiesta�e�,altres|�,�inoltrata,�entro�dieci�giorni� dalla�conclusione�delle�operazioni�di�gara,�anche�all'aggiudicatario�e�al�concorrente�che�segue�in� graduatoria,�qualora�gli�stessi�non�siano�compresi�fra�i�concorrenti�sorteggiati,�e�nel�caso�in�cui�essi� nonforniscano�laprova�o�non�confermino�le�loro�dichiarazionisiapplicano�lesuddettesanzioniesi� procedealla�determinazionedellanuovasogliadianomaliadell'offertaedalla�conseguenteeventuale� nuova�aggiudicazione�.� (16)�Art.16,comma4,r.d.18novembre1923,n.2440:�...iprocessiverbalidiaggiudicazione� definitiva,�in�seguito�ad�incanti�pubblici�o�a�private�licitazione,�equivalgono�per�ogni�effetto�legale� al�contratto�.�Sulla�natura�dispositiva�di�tale�norma�si�sono�pronunciate�le�Sezioni�Unite�della� Corte�di�Cassazione�(sentenza�n.�5807�del�1998,�in�Appalti�urbanistica�edilizia,1999,�478)�offrendo� �il�destro��al�successivo�intervento�-gia�nell'aria�tra�gli�operatori�di�settore�-dell'Autorita�per�la� vigilanza�sui�lavori�pubblici�(determinazione�n.�24/2002).�Affermare�la�natura�dispositiva�della� norma�de�qua�ha�avuto�come�successivo�sviluppo,�come�si�puo�leggere�nella�sentenza�delle�SS.UU.� in�parola,�quello�di�affermare�che�compete�alla�Pubblica�Amministrazione,e�quindi�rimessa�alla� sua�discrezionalita�,�valutare�l'interesse�pubblico�ed�eventualmente�rinviare�la�costituzione�del�vin- colo�contrattuale�al�momento�della�stipulazione�del�contratto,�fino�al�quale�non�sussiste�il�diritto� soggettivo�dell'aggiudicatario�all'esecuzione�dello�stesso.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� 4.��AnnullamentO dell'aggiudicazionE iN sedE amministrativA E iN sedE giurisdizionale: differenze. Al�fine�di�affrontare�il�tema�sub b) ^(vedi�supra al�punto�2)�^appare� forse�utile�distinguere�il�caso�in�cui�l'annullamento�dell'aggiudicazione�sia� avvenuto�in�sede�amministrativa�(generalmente�autotutela�decisoria)�(17)�dal� diverso�caso�in�cui�il�predetto�annullamento�sia�avvenuto�in�sede�giurisdizio- nale.� Quando�si�ragiona�di�annullamento�in�sede�amministrativa�si�vuole�allu- dere�generalmente�al�caso�in�cui�la�stazione�appaltante,�nell'ambito�di�un� procedimento�di�riesame,�provvede�ad�annullare�l'aggiudicazione.� Sul�concetto�di�annullamento�in�sede�di�autotutela�e�soprattutto�sulle� tipologie�di�provvedimenti�riconducibili�nel�relativo�alveo,�tuttavia�non�sussi- ste�una�univocita�di�vedute�in�dottrina(18).�Si�tratta�di�un�procedimento� generalmente�di�secondo�grado�ad�opera,�nel�caso�di�specie,�dell'organo� deputato�all'approvazione.�Tuttavia�cio�non�esclude�che,�stante�il�principio� del�contrarius actus,�la�stessa�Commissione�di�gara�possa�effettuare�il�riesame� del�procedimento�di�aggiudicazione�(soprattutto�nel�caso�in�cui�questa�sia� ancora�provvisoria),�sia�pure�sollecitata�dall'organo�amministrativo�di� seconda�istanza�a�sua�volta�mossosi�d'ufficio�o�ad�istanza�di�terzo�(19).� Risulta�infatti�pacifico�in�giurisprudenza(20)�che�finche�gli�atti�di�gara� soggiacciono�al�dominio�finalistico�della�commissione�di�gara�quest'ultima� ben�puo�procedere�ad�un�riesame,�attesa�la�posizione�di�mero�interesse�legit- timo�vantabile�dal�soggetto�aggiudicatario�(provvisorio).� Il�caso�tuttavia�che�maggiormente�interessa�in�questa�sede,�riguarda�il� riesame�avvenuto�in�seconda�istanza�(cd.�annullamento�gerarchico).�In�tale� contesto�l'annullamento�assume�le�vesti�di�un�provvedimento�amministrativo� (17)�L'annullamento�dell'aggiudicazione�in�sede�di�autotutela�e�ammesso�pacificamente�in� giurisprudenza�valorizzandone�la�portata�autoritativa�ed�amministrativa.�Cfr.�Cons.�Stato,�Sez.� V,�9�settembre�1985,�n.�285,�in�Foro amm., 1985,�1614:��L'aggiudicazione�di�un�contratto�della� P.A.�a�seguito�di�una�pubblica�gara�ha�natura�di�provvedimento�amministrativo�e,�in�quanto�tale,� e�suscettibile�di�annullamento,�indipendentemente�dalla�stipulazione�di�un�autonomo�contratto�o� dall'esito�del�procedimento�di�controllo�.� (18)�Cfr.�CaringellA -DelpinO -deL Giudice,�Diritto Amministrativo, Napoli,�2003,�569.� (19)�In�questo�caso�in�dottrina�si�ragiona�generalmente�di��autoannullamento��in�quanto� compiuto�dalla�stessa�autorita�che�ha�posto�in�essere�il�provvedimento�illegittimo.�Si�caratterizza� quale�procedimento�di�amministrazione�attiva,�espressione�di�autotutela�e,�come�tale,�non�sog- getto�a�termini�per�il�suo�esercizio.�Cfr.�in�tal�senso�Sandulli,�Manuale di diritto Amministrativo, Napoli,�1989,�740.� (20)�Vedi�per�tutti�Cons.�Stato,�sez.�V,�24�maggio�2002,�n.�2863,�in�www.lexitalia.it,��...�La� Commissione�giudicatrice,�fino�a�quando�non�perde�la�disponibilita�degli�atti�di�gara�a�seguito� della�loro�trasmissione�all'organo�competente�ad�approvarli,�puo�rivedere�il�proprio�operato�cor- reggendo�gli�errori�in�cui�sia�eventualmente�incorsa.�Detta�facolta�,�che�sotto�lo�speculare�profilo� del�buon�andamento�dell'azione�amministrativa�e�configurabile�altres|�come�dovere,�e�espressione� del�potere�di�autotutela�spettante�alla�pubblica�Amministrazione�ed�a�ciascuno�dei�suoi�organi,� compresi�quelli�straordinari,�quali,�appunto,�le�commissioni�preposte�alle�procedure�di�evidenza� pubblica�.� DOTTRINA�307 di�secondo�grado,�con�il�quale�viene��ritirato�,�con�efficacia�retroattiva� (ex tunc),�ossia�dalla�data�della�sua�emanazione,�un�atto�amministrativo�ille- gittimo,�per�la�presenza�di�vizi�di�legittimita�originari�dell'atto.� Come�e�noto�infatti�l'annullamento�in�sede�di��revisione��e�espressione� del�potere�di�autotutela�della�P.A.�in�ordine�agli�atti�di�gara�(e�all'aggiudica- zione),�del�cd.�iuspoenitendi e�trova�fondamento�nel�principio�del�buon�anda- mento�di�cui�all'art.�97�Cost.,�che�obbliga�la�P.A.�ad�adottare�atti�il�piu�pos- sibile�rispondenti�ai�fini�da�conseguire�e�autorizza�quindi�(per�ovvi�principi,� riconducibili�all'economia�dell'azione�amministrativa)�anche�alla�revisione� degli�atti�adottati�(21).� 4.1.��Una difficilefigura: �l'annullamentopervizidimerito� critica. A�fronte�della�predetta�tipologia�di�annullamento,�comminabile�soltanto� in�presenza�di�almeno�uno�dei�tre�vizi��capitali��di�legittimita�dell'atto�ammi- nistrativo,�parte�della�dottrina�(22)�ne�annovera�un�altro�tipo�maggiormente� problematico:�il�cd.�annullamento�per�vizi�di�merito�(23).� Cio�che�caratterizza�tale�tipologia�di�annullamento,�e�la�possibilita� �offerta��alla�P.A.�di�sindacare�gli�atti�amministrativi�sotto�ovviamenteil� profilo�del�merito�(24),�in�particolare�dell'��opportunita���stessa�degli�atti,�alla� luce�quindi�della�loro�conformita�al�principio�di�buona�amministrazione�san- cito�costituzionalmente�dall'art.�97.� Tale�figura�di�annullamento�tuttavia,�ferma�restando�la�difficolta�di� individuare�il�discrimen con�l'attiguo�istituto�della�revoca�(25),�pone�problemi� di�difficile�soluzione�in�quanto�espone�il�terzo�alla�merce�dell'amministra- zione�che�sotto�lo�stendardo�della��tutela�dell'interesse�pubblico��potrebbe� in�qualsiasi�momento�ledere�i�suoi��diritti��paventando�una�discutibile��inop- portunita��,�anche�originaria,�dell'atto.� 4.2.��I �confini� dell'annullamento in sede di autotutela e giurisdizionale. Cio�posto,�appare�opportuno,�ripercorrendo�gli�ordinari��binari��della� dottrina�che�ammette�il�solo�annullamento�per�vizi�di�legittimita�,�analizzare� la�posizione�del�terzo�in�caso�di�esercizio�del�potere�di�autotutela�e�in�caso� di�annullamento�disposto�in�sede�giurisdizionale.� (21)�Cfr.�in�tal�senso�Cons.�Stato,�Sez.�V,�14�maggio�2003�n.�2585,�in�www.lexitalia.it. (22)�Cfr.�Sandulli, Manuale di diritto Amministrativo, Napoli,�1989,�740.� (23)�Un�avallo�in�tal�senso,�peraltro�discutibile,�si�e�ritenuto�di�rinvenire�in�Cons.�Stato,�sez.� V,�21�maggio�1982,�n.�419,�Cons. Stato,�1982,�I,�664:��L'aggiudicazione�del�contratto�della�P.A.�a� seguito�di�una�pubblica�gara�ha�natura�di�provvedimento�amministrativo�e,�in�quanto�tale,�e� suscettibile�di�annullamento,�per�vizi�di�legittimita�o�di�merito,�indipendentemente�dall'esito�del� procedimento�di�controllo�� (24)�Cfr.�in�tal�senso�Galli, Corso di diritto amministrativo, Padova,�2001,�832.� (25)�Cfr.�Galli,�op. cit.,�731.�La��revoca��infatti�un�provvedimento�motivato�di�secondo� grado,�con�cui�la�P.A.�ritira,�con�efficacia�non�retroattiva�(ex nunc),�un�atto�inficiato�da�vizi�di� merito�in�base�ad�una�nuova�valutazione�degli�interessi�(vedi�per�tutti�Virga,�Diritto amministrat ivo -Atti e ricorsi -, Milano,�2001,�133).� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Al�riguardo�si�evidenzia�come�l'annullamento�in�sede�di�autotutela� assuma�dei�connotati�differenti�rispetto�a�quello�disposto�in�sede�giurisdizio- nale�che�risulta�invece�caratterizzato�dalla�soggezione�a�rigidi�termini�di� decadenza.�In�buona�sostanza�si�vuole�affermare�che�in�teoria,�l'annulla- mento�in�sede�di�autotutela,�non�saggiacendo�ai�predetti�termini�di�deca- denza,�puo�essere�disposto�in�qualsiasi�momento�(utile)�(26),�con�la�logica� conseguenza�che�il�terzo�potrebbe�trovarsi�costantemente�sottoposto�alla� �spada�di�Damocle��costituita�dalla�possibilita�di�esercizio�del�potere�di� autotutela�da�parte�della�P.A.�ad libitum.� Tuttavia,�corre�l'obbligo�di�sottolineare�come�l'annullamento�in�sede�di� autotutela,�potenzialmente��devastante��le�posizioni�soggettive�del�terzo,�in� realta�presenti�dei�limiti�che�non�possono�e�non�devono�essere�sottaciuti.� a) In�primo�luogo,�l'efficacia�retroattiva�dell'annullamento�non�sempre� puo�travolgere�gli�effetti�prodotti�dall'atto�viziato�(factum infectumfierinequi- t)�(27);� b) In�secondo�luogo�se,�come�correttamente�si�ragiona�in�dottrina�(28)� l'esercizio�del�potere�di�autotutela�non�incontra�limiti�temporali,�contestual- mente�deve�essere�contemperato�con�la�tutela�delle�posizioni�giuridiche�van- tabili�dai�terzi,�che�non�possono�essere�travolte�sic et simpliciter (vedi�infra),� soprattutto�nei�casi�in�cui:� i. Il�contraente�ha�gia�avviato�l'esecuzione�del�contratto,�su�richiesta�del� committente;� ii. Si�e�provveduto�alla�stipulazione�del�contratto;� iii. Il�ritardo�nell'approvazione�del�contratto�e�dipeso�da�comportamenti� colpevolmente�imputabili�all'Amministrazione;� iv. Altre�circostanze�univoche�evidenziano�il�consolidarsi�di�posizioni�di� affidamento�in�capo�al�privato�(29).� c) In�terzo�luogo,�ed�e�forse�questo�il�vero�punctum dolens dell'annulla- mento�disposto�in�sede�di�autotutela,�un�ulteriore��limite��e�costituito�dalla� necessita�che�la�P.A.�fornisca�un'adeguata�motivazione�del�provvedimento�di� annullamento.� Sul�punto�in�realta�si�registrano�in�giurisprudenza�orientamenti�contra- stanti.�Alla�tesi�della�non�necessarieta�di�una�diffusa�motivazione�sull'inte- (26)�Cfr.�Cons.�Stato,�sez.�VI,�19�dicembre�1986,�n.�937,�in�Cons. Stato,�1986,�I,�1948�(m):��In� materia�di�esercizio�dei�compiti�di�autotutela�non�esistono�termini�perentori�che�circoscrivano� nel�tempo�il�potere�dell'amministrazione,�essendo�soltanto�sufficiente�che�tali�compiti�siano�eserci- tati�in�ragionevole�collegamento�logico�e�causale�con�la�situazione�illegittima�da�rimuovere�e�con� l'interesse�pubblico�alla�sua�eliminazione�.� (27)�Ad�esempio�(in�altro�contesto)�l'annullamento�della�nomina�di�un�impiegato�non�puo�eli- minare�la�prestazione�da�esso�resa�in�esecuzione�dell'atto�di�nomina�annullato�e�quindi�va�ricono- sciuto�il�diritto�di�detto�impiegato�a�trattenere�quanto�riscosso�per�il�servizio�effettivamente�pre- stato�(art.�2126�c.c.).� (28)�Cfr.�CaringellA -DelpinO -deL Giudice,�Diritto Amministrativo,Napoli,�2003,573.� (29)�Mucio,�Mancata aggiudicazione e autotutela della P.A., in�Urbanistica e Appalti,�1999,� 512.� DOTTRINA�309 resse�pubblico�attuale�che�dovrebbe�accompagnare�l'esercizio�del�potere�di� annullamento,�ritenendosi,�al�contrario,�sufficiente�il�mero�richiamo�all'esi- genza�di�ripristinare�la�legalita�violata�e�la�par condicio tra�le�imprese�(30),� se�ne�contrappone�un'altra,�condivisa�da�buona�parte�della�dottrina(31),�piu� garantista�dell'interesse�vantabile�dai�terzi,�volta�a�ritenere�imprescindibile� la�presenza�di�un'adeguata�motivazione,�con�richiamo�ad�un�preciso�e�con- creto�interesse�pubblico�(32).� Tesi��intermedia��sembra�essere�quella�avanzata�da�taluna�giurispru- denza�(33)�che�afferma�la�non�necessita�di�una�specifica�motivazione�del�prov- vedimento�di�annullamento�soltanto�nel�caso�in�cui�tra�il�provvedimento�di� aggiudicazione�e�quello�di�annullamento�sia�decorso�un��brevissimo��tempo� tale�che�non�si�possa�configurare�l'insorgere�di�posizioni�consolidate(34);� d) In�quarto�luogo,�trattandosi�di�un�procedimento�amministrativo�a�tutti� gli�effetti,�non�puo�disconoscersi�l'applicabilita�delle�garanzie�dettate�espressa- mente�dalla�legge�7�agosto�1990,�n.�241�(rispetto�delle�regole�del�contraddittorio� procedimentale,�adeguata�istruttoria�e�obbligo�motivazionale�^vedi�supra).� Ad�avviso�di�chi�scrive,�se�in�astratto�non�si�puo�disconoscere�il��sacrificio�� del�diritto�dei�terzi�in�presenza�di�un�interesse�pubblico�al�ripristino�della�legalita� violata�(da�valutarsi�in�concreto�come�interesse�pubblico�puntuale�da�tutelare),� appare�nelcontempo�necessario�^sempreecomunque^chela�P.A.nedia�con- tezza�attraverso�una�motivazione�congrua�ed�adeguata�del�provvedimento�di� annullamento�che�espliciti�la�comparazione�degli��interessi�in�gioco�(35).� (30)�Cons.�Stato,�sez.�V,�13�maggio�1995,�n.�761,�in�Cons. Stato,�1995,�I,�717:��L'erronea� ammissione�di�una�impresa�ad�una�gara�d'appalto�(ovvero�l'erronea�valutazione�della�sua�offerta),� qualora�essa�ne�sia�risultata�vincitrice�e�non�sia�stato�stipulato�ancora�il�contratto�d'appalto,�ben� consente�l'esercizio�del�potere�di�autotutela�e�di�disporre�l'annullamento�dell'atto�di�valutazione� del�progetto�dell'impresa�difforme�dalle�previsioni�del�bando,�nonche�dell'atto�che�ha�disposto�in� suo�favore�l'aggiudicazione,�ne�in�tal�caso�occorre�una�diffusa�motivazione�sull'interesse�pubblico� attuale,�in�quanto�essa�puo�considerarsi�sufficiente�col�richiamo�all'esigenza�di�ripristinare�la�lega- lita�violata�e�la�par�condicio�tra�le�imprese�.� (31)�Cfr.�AA.VV. (Lipari),�L'appalto di operepubbliche, Padova,�2001,�495.� (32)�Cons.�Stato,�sez.�VI,�29�marzo�1996,�n.�518,�in�Appalti urbanistica edilizia,�1996,�1097;� Cons.�Stato,�sez.�VI,�30�aprile�1994,�n.�652,�in�Cons. Stato,�1994,�I,�633.� (33)�Cfr.�Pifferi,�Annullamento di ufficio di un atto illegittimo da breve tempo adottato, in� Amm. It., 1994,�1011.� (34)�Cfr.�Cons.�Stato,�sez.�VI,�19�dicembre�1986,�n.�937,�in�Cons. Stato,�1986,�I,�1948�(m):� �L'annullamento�d'ufficio�e�in�linea�di�massima�un'attivita�doverosa�per�l'amministrazione,�mentre� l'obbligo�della�motivazione�sull'interesse�pubblico�(diverso�dal�ripristino�della�legalita�)e�posto�a� garanzia�dell'avvenuta�ponderazione�delle�posizioni�soggettive�nel�frattempo�consolidatesi�a� seguito�dell'atto�illegittimo;�ne�consegue�che�nessun�obbligo�di�specifica�motivazione�sussiste�allor- che�tali�posizioni�soggettive�non�si�siano�ancora�consolidate�.� (35)�Nel�senso�di�ritenere�doveroso l'annullamento�di�un�atto�illegittimo�al�fine�di�ripristinare� la�legalita�violata�ma�nel�contempo�di�non�pregiudicare�l'interesse�di�chi�sugli�effetti�di�quell'atto� abbia�fatto�affidamento�senza�una�opportuna�ponderazione,�cfr.�Cons.�Stato,�sez.�VI,�13�gennaio� 1983,�n.�2,�in�Riv. amm.,�1983,�138,�n.�IARIA;�Cons.�Stato,�24�dicembre�1982,�n.�721,�in�Cons. Stato,�1982,�I,�1610.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� 5. �GlI effettI dell'annullamentO dell'aggiudicazionE suL contrattO stipulato. Cio�posto�ed�evidenziate�le�diversita�tra�annullamento�avvenuto�in�sede� amministrativa�e�annullamento�in�sede�giurisdizionale,�si�puo�passare�ad�esa- minare�gli�effetti�prodotti�sul�contratto�stipulato�in�conseguenza�di�un�atto� di�aggiudicazione�successivamente�annullato�(il�tema�subc�^cfr.�supra�punto�2).� Al�riguardo�occorre�rappresentare,�come�gia�detto�in�premessa,�che�la� riconducibilita�nell'alveo�della�nullita�o�dell'annullabilita�della�patologia�della� quale�risulterebbe�affetto�il�contratto�stipulato,�e�tuttora�oggetto�di�una�que relle�mai�sopita�e�probabilmente�destinata�a�rimanere�tale�in�quanto,�come�e� stato�affermato,�correttamente�ad�avviso�di�chi�scrive,��...�si�annida�in�quello� spazio�grigio�che�congiungefaseprocedimentale�amministrativa�efase�negoziale� privatistica�e�tocca�il�confine�che�separa�la�giurisdizione�di�annullamento�dalla� realta�del�contratto�e�quindi�dalla�giurisdizione�civile�(36)�e�presta�il�fianco�a� difficili�inquadramenti�dottrinari�e�giurisprudenziali.� Senza�pretese�di�completezza�e�cercando�nel�contempo�di�delineare�un� quadro�riepilogativo�delle�teoriche�che�si�contendono�attualmente�il�campo,� si�rappresentano�le�seguenti�tesi.� 5.1.��La�tesi�dell'annullabilita�.� Una�prima�tesi�ragiona�nei�termini�di�annullabilita� relativA del� contratto�stipulato�ex�art.�1441�c.c.,�sulla�base�della�considerazione�che�la� serie�degli�atti�di�evidenza�pubblica�non�si�sostituisce�al�procedimento�priva- tistico�di�formazione�della�volonta�ma�solamente�si�affianca�ad�esso.� In�tale�logica�ne�deriva�che�il�consenso�espresso�dall'amministrazione,� nonostante�il�vizio�della�procedura�di�evidenza�pubblica,�sussiste�e�continua� a�produrre�i�suoi�effetti�fino�a�quando�non�venga:� a)�travolto�da�una�specifica�azione�di�annullamento�alla�quale�pero�,ai� sensi�dell'art.�1441�c.c.,�risulta�legittimata�solo�l'amministrazione;� b)�dedotto�in�via�di�eccezione�dalla�stessa�P.A.� Si�tratta�della�tesi�avvalorata�prevalentemente�dalla�giurisprudenza�delgiu- dice�civile�(37)�ma�che,�soprattutto�negli�ultimi�tempi,�sembra�aver�trovato�eco� anche�presso�il�giudice�amministrativo�(38)�oltre�che�l'avallo�della�dottrina�(39).� (36)�Cintioli,�Annullamento�dell'aggiudicazione,�buonafede�e�metodo�giuridico,�in�www.giustiz ia-amministrativa.it� (37)�Cfr.,�ex�multis,�Cass.�8�maggio�1996,�n.�4269,�in�Contratti,�1997,�128�ss.,�con�nota�di� Mucio,�I�contratti�di�diritto�privato�della�pubblica�amministrazione;�Cass.�28�marzo�1996,�n.�2842,� in�Foro�it.,�1996,�I,�2054.� (38)�V.�Cons.�Stato,�sez.�VI,�1�febbraio�2002,�n.�570,�in�Cons.�Stato,�I,�256;�T.A.R.�Puglia,�28� febbraio�2001,�n.�746,�in�Tribunali�Amministrativi�Regionali,�2001,�1451;�T.A.R.�Lombardia,�9�mag- gio�2002,�n.�823,�in�www.giustizia-amministrativa.it;�T.A.R.�Lombardia,�29�novembre�1999,�n.� 4070,�in�Tribunali�Amministrativi�Regionali,�2000,�112;�T.A.R.�Lombardia,�23�dicembre�1999,�n.� 5049,�in�www.giustizia-amministrativa.it;�T.A.R.�Lombardia,�11�dicembre�2000,�n.�7702,�in� www.giustizia-amministrativa.it;�T.A.R.�Campania,�20�ottobre�2000,�n.�3890,�in�www.giustiziaa mministrativa.it.� (39)�Cfr.�AA.VV. (Lipari),�L'appalto�dioperepubbliche,�Padova,�2001,�472;�Giannini,�Diritto� amministrativo,�II,�Milano,�1993,�847�ss.;�Anelli,�Pubblico�e�privato�in�materia�di�contratti�dello� Stato�e�degli�entipubblici,in�Cons.�Stato,�1966,�333.� DOTTRINA�311 Tale�teorica�affonda�le�proprie�radici�nella�considerazione�che�il�procedi- mento�ad�evidenza�pubblica�ha�la�funzione�di�salvaguardare�la�corretta� formazione�del�consenso�da�parte�della�P.A.,�garantendo�in�buona�sostanza� che�la�medesima�scelga�il�contraente��migliore��fra�coloro�i�quali�partecipano� alla�procedura.�In�tale�ambito�apparirebbe�evidente�che�le�norme�disciplinanti� la�procedura�ad�evidenza�pubblica�sono�da�ritenersi�dettate�nell'esclusivo�inte- resse�della�P.A.,�unica�legittimata�a�chiedere�l'annullamento�ex�art.�1441�c.c.� 5.1.1.��Questa�tesi,�ferma�la�matrice�comune,�presenta�delle�proprie� variabili�interne�considerandosi�talvolta�il�vizio�incidente�sulla�capacita�gene- rale�di�agire�(art.�1425�c.c.)(40),�nel�caso�in�cui�sia�caducata�la�deliberazione� a�contrarre.� 5.1.2.�Talaltra�sul�consenso�alla�stregua�di�errore�di�diritto�o�sull'identita�o� qualita�dell'altro�contraente�(41)�(art.�1427�cod.�civ.).� 5.1.3.�Altra�ancora,�sulla�legittimazione�a�contrarre�(42)�ove�si�consideri� l'evidenza�pubblica�una�condicio�sine�qua�non�per�stipulare�il�contratto.�Tale� variante�poggia�il�presupposto�sul�rilievo�che�gli�atti�della�serie�pubblicistica� sarebbero�esterni�alla�formazione�della�volonta��contrattuale�e�fornirebbero� solo�la�legittimazione�all'organo�stipulante,�con�la�conseguenza�che�il�loro� annullamento�provocherebbe�una�mera�annullabilita��relativa�del�contratto� (che�puo��essere�fatta�valere,�come�gia��detto,�solo�dall'amministrazione� innanzi�al�giudice�ordinario)�ma�non�comporterebbe�mai�di�per�se�la�caduca- zione�del�contratto.� 5.2.��LA tesI dell'inefficaciA peR difettO dI poterE rappresentativO eX art. 1398�c.c. Una�seconda�tesi,�proposta�in�realta��soltanto�in�ambito�dottrinario�(43),� configura�il�contratto�stipulato�come�negozio�posto�in�essere�dal�cd.�falsus� procurator,�quindi�in�difetto�di�potere�rappresentativo�ex�art.�1398�cod.�civ..� Alla�luce�di�tale�teorica�i�vizi�della�procedura�di�evidenza�pubblica�si� rifletterebbero�in�difetto�di�potere�rappresentativo,�con�conseguente�ineffica- cia�del�negozio,�in�quanto�l'organo�della�P.A.�sarebbe�assimilabile�appunto� ad�un�falsus�procurator�con�possibilita��di�ratifica�retroattiva�da�parte�della� P.A.�(44)�come�avverrebbe�ad�es.�nell'ipotesi�di�riadozione�dell'atto�di�aggiu- dicazione�da�parte�dell'organo�incompetente.� (40)�Cass.�sez.�I,�28�marzo�1996,�n.�2842,�in�Foro�it.,�1996,�I,�2054;�Cass.�sez.�II,�21�febbraio� 1995,�n.�1885,�in�Appalti�urbanistica�edilizia,�1996,�235;�Cass.�sez.�I,�13�ottobre�1985,�n.�5712,�in� Corriere�giur.,�1986,�289,�n.�GIACALONE.� (41)�Monteduro,�Illegittimita�delprocedimento�adevidenzapubblica�e�nullita�delcontratto�d'ap- palto�ex�art.�1418�comma�1�c.c.;�una�radicale�svolta�della�giurisprudenza�tra�luci�ed�ombre,�in�Foro� amm.,�2002,�2594.� (42)�Greco,�Argomenti�di�diritto�amministrativo,�Milano,�2000,�161.� (43)�Sandulli, Deliberazionedinegoziareenegozio�didirittoprivato�dellaP.A.,�in�Riv.�Trim.� dir.�Proc.�Civ.,�1965,�pag.�3.� (44)�Cfr.�Sandulli,�Spunti�sul�regime�dei�contratti�di�diritto�privato�dell'amministrazione,in� Foro�It.,�1953,�149�e�ss.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Occorre�precisare�come�vi�sia�tuttavia�incertezza�in�dottrina�riguardo� alla��patologia��di�cui�sarebbe��affetto��il�contratto�stipulato�dal�falsus�pro- curator�tale�da�determinarne�l'inefficacia.�Secondo�alcuni�(45)�si�tratterebbe� di�inefficacia��pura�e�semplice��per�mancanza�di�un�requisito�di�efficacia� integrabile�in�via�di�ratifica,�secondo�altri�(46)�di�una�vera�e�propria�nullita��.� Secondo�la�giurisprudenza�(47)�maggioritaria�invece�il�negozio�compiuto�dal� falsus�procurator�non�e��invalido,�ma�soltanto�in�itinere,�ovvero�a�formazione� successiva,�sicche�il�dominus�puo��ratificare�e�fare�propri�gli�effetti�del�negozio� concluso�in�suo�nome�con�effetti�retroattivi.� 5.3.��La�tesi�della�nullita�.� Un�ulteriore�orientamento�giurisprudenziale�(48)�configura�il�contratto� stipulato�a�seguito�di�aggiudicazione�poi�annullata�come�affetto�dalla�piu�� grave�patologia:�la�nullita�assoluta.� Tale�teorica�prende�le�mosse�dal�presupposto�della�natura�costitutiva� degli�atti�di�evidenza�pubblica�e�della�natura�superindividuale�e�non�disponi- bile�degli�interessi�tutelati�dalla�serie�procedimentale�degli�atti�di�gara.� All'interno�di�tale�impostazione�possiamo�distinguere�alcune�varianti:� 5.3.1.�Alcuni�ritengono�che�la�nullita��sia�tale�per�difetto�assoluto�del� consenso�(49)�(artt.�1418�comma�2�cod.�civ.�e�1325�n.�1,�cod.�civ.).�Tale�contra- rieta��risiederebbe�nel�rilievo�che�le�norme�sull'evidenza�pubblica�sono�finaliz- zate�alla�formazione�del�consenso�della�P.A.�che,�mancando,�determina� l'assenza�dell'idem�consensus�(l'accordo),�elemento�essenziale�del�negozio�ai� sensi�dell'art.�1325�c.c.�Il�vizio�radicale�del�consenso,�nel�senso�del�suo�difetto� genetico�originario,�produrrebbe�quindi�la�nullita��del�contratto�e�non�la� sempliceannullabilita�,aisensidell'art.�1418comma2c.c..� 5.3.2.�Altri�sostengono�invece�che�la�nullita��derivi�dalla�mancanza�della� causa�(50)�con�riguardo�al�venir�meno�della�ragione�del�negozio�a�seguito�del- l'annullamento�della�delibera�a�contrarre�(artt.�1418�e�1325,�n.�2,�cod.�civ.)�a d�esempio�nel�caso�di�sopravvenuta�mancanza�di�copertura�finanziaria.� Una�sorta�di�tertium�genus�di�causa�invalidante:�il�difetto�genetico�della� presupposizione,�al�quale�conseguirebbe�la�nullita��del�contratto�per�man- canza�della�causa(51).�Tale�species�di�nullita��ricorrerebbe�allorquando�le� parti,�nella�conclusione�del�contratto,�abbiano�tenuto�conto�di�situazioni�di� (45)�Bianca,�Diritto�civile,�vol.�3,�Il�contratto,�Milano,�2000,�pag.�108.� (46)�Mirabelli, Dei�contratti�in�generale,�Torino,�1980,�pag.�396.� (47)�Cass.,�sez.�III,�16�febbraio�2000,�n.�1708,�in�Mass.,�2000,�Cass.,�sez.�II,�11�ottobre�1999,�n.� 11396,�in�Mass.,�1999.� (48)�Cons.�Stato�sez.�V,�5�marzo�2003,�n.�1218,�in�www.lexitalia.it� (49)�Cfr.�in�dottrina�Nigro,�Deliberazione�amministrativa,�voce�in�Enc.�Dir.,IV,�1009,� Milano,�1962�e�T.A.R.�Puglia,�sez.�I.,�28�gennaio�2003,�n.�394,�in�www.lexitalia.it,con�nota�di�V. Fox,�Annullamento�degli�atti�di�gara�ed�invalidita�del�contratto.� (50)�Moscarini,�Profili�civilistici�del�contratto�di�diritto�pubblico,�Milano,�1988,�211.� (51)�Cfr.�D'Argento,�Appalto�pubblico�ed�annullamento�giurisdizionale�dell'aggiudicazione,�in� www.filodiritto.com� DOTTRINA�313 fatto�o�diritto�(non�specificate�nel�contratto)�desumibili�dall'analisi�del�con- tratto,�a�esse�comuni�(oppure�proprie�di�una�parte�soltanto,�ma�note�o�cono- scibili�all'altra)�e�da�esse�indipendenti�(non�essendo�rimesse�alla�loro�volonta�),� determinanti�per�l'operazione�economico-giuridica�dalle�stesse�posta�in� essere.�L'insussistenza�delle�circostanze�presupposte�al�momento�della�stipu- lazione�inciderebbe�sulla�causa�genetica�del�contratto�comportandone�la� mancanza.� 5.3.3.�In�ultimo�secondo�altri�la�nullita�deriverebbe�da�contrarieta�del� contratto�a�norme�imperative(52)�(art.�1418,�comma�1,�cod.�civ.),�nelle�sole� ipotesi�in�cui�i�vizi�della�serie�procedimentale�ad�evidenza�pubblica�siano�tali� da�determinare�l'inidoneita�del�contratto�a�perseguire�il�vincolo�di�scopo� espressamente�assegnato�all'amministrazione(53).� 5.3.4.�Secondo�altri�ancora�la�nullita�deriverebbe�dalla�mancanza�dell'og- getto�del�contratto�(ex�art.�1346�c.c.)�che,�ai�sensi�del�successivo�art.�1418,� comma�2,�c.c.,�determinerebbe�appunto�la�nullita�(54).� In�tale�chiave�di�lettura�soltanto�il�rispetto�delle�norme�che�disciplinano� la�fase�pubblicistica�della�fattispecie�procedimentale/contrattuale�contribui- rebbe�a�definire�e�rendere��lecito��ovvero��giuridicamente�possibile��perla� Pubblica�Amministrazione�l'oggetto�del�contratto.� 5.4.��La�caducazione�automatica�delcontratto:�la�tesiprevalente.� Una�ulteriore�prospettazione(55),�ad�oggi�la�prevalente,�spiega�il�feno- meno�nei�termini�della�caducazione�automatica(56)�del�contratto.� (52)�Cfr.Cons.Stato,sez.�V,13novembre2002,n.6281,in�www.lexitalia.it;T.A.R.Campania,� 29�maggio�2002,�n.�3177,�in�www.lexitalia.it;�T.A.R.�Puglia,�23�ottobre�2002,�n.�394,�in�www.lexita- lia.it,�ove�si�e�affermato�che�tale�qualificazione�della�patologia�si�fonda�sulla�constatazione� secondo�cui��la�procedimentalizzazione�della�scelta�del�contraente�ed�il�suo�coordinamento�a�pro- fili�di�interesse�pubblico�in�ordine�all'acquisizione�della�migliore�offerta�contrattuale,�configurano� una�fattispecie�complessa,�nella�quale�convergono�meri�atti,�operazioni�materiali,�provvedimenti,� dichiarazioni�di�volonta�del�privato,�e�del�quale�la�stipulazione�del�contratto�rappresenta�l'effetto� finale.�Ne�consegue�che�l'invalidita�di�atti�della�serie�procedimentale�che�incidano�sulla�legittimita� dell'aggiudicazione�non�consentono�alla�suddetta�fattispecie�di�conseguire�il�proprio�perfeziona- mento�giuridico,�ed�in�primo�luogo�di�determinare�l'idem�consensus�(ovvero�l'accordo)�che�costitui- sce�elemento�essenziale�di�ogni�contratto.�E'�noto�che�il�vizio�radicale�del�consenso,�nel�senso�del� suo�difetto�genetico�originario,�produce�la�nullita�del�contratto�e�non�la�semplice�annullabilita�,ai� sensi�dell'art.�1418�comma�2�c.c�.� (53)�Dugato,�Atipicita�efunzionalizzazionenell'attivita�amministrativaper�contratti,�Milano,� 1996,�65�ss.� (54)�Cfr.�Forlenza,�La�decadenza�immediata�dell'accordo�sottoscritto�evita�la�necessita�di� ricorrere�al�giudice�ordinario,�in�Guida�al�diritto,�n.�22/2003,�pag.�81.� (55)�Cfr.�Cons.�Stato,�sez.�VI,�30�maggio�2003,�n.�2992,�in�www.giustizia-amministrativa.it;� Cons.�Stato,�Sez.�V,�25�maggio�1998,�n.�677,�in�Cons.�Stato,�1998,�I,�891�(in�un�caso�di�autoannulla- mento�in�autotutela�dell'aggiudicazione);�Cons.�Stato,�sez.�VI,�14�gennaio�2000,�n.�244,�in�Foro� Amm.,�2000,�108;�Cons.�Stato,�sez.�V,�30�marzo�1993,�n.�435,�in�Giur.�it.,�1994,�III,�1,�18.� (56)�Cfr.�Fantini,�Gli�effetti�sul�contratto�dell'annullamento�dell'aggiudicazione:�profili�di�effet- tivita�della�tutela�giurisdizionale,�in�Urbanistica�e�Appalti,�2003,�751.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� In�tale�contesto�la�vicenda�viene�ricostruita�in�chiave�giuspubblicistica,� tenendo�conto�della�stretta�consequenzialita�esistente�fra�annullamento�degli� atti�di�gara�e�contratto.� Tale�impostazione�si�basa�sul�rilievo�che�l'annullamento�in�sede�giurisdi- zionale�del�provvedimento�di�aggiudicazione�comporta�non�gia�la�nullita�o� l'annullabilita�del�contratto�stipulato�dall'Amministrazione,�ma�la�sua�ineffi- cacia;�infatti�nei�contratti�ad�evidenza�pubblica�gli�atti�della�serie�pubblici- stica�e�quelli�della�serie�privatistica�sono�indipendenti�quanto�alla�validita�;i� primi�condizionano,�pero�,�l'efficacia�dei�secondi,�di�modo�che�il�contratto� diviene�ab origine inefficace�se�uno�degli�atti�del�procedimento�viene�meno� per�una�qualsiasi�causa�(57).� 5.5.���Variante� alla tesi della caducazione automatica: la salvezza dei terzi di buonafede. L'orientamento�invece,�paventato�dapprima�da�taluna�giurisprudenza�(58),� eseguitointempirecentidalConsessodiPalazzo�Spada(59),�sostieneil�travol- gimento delcontrattocon salvezza deidirittideiterzidibuonafede (60)�in�applica- zione�analogica�degli�artt.�23,�comma�2,�e�25,�comma�2,�del�cod.�civ.�ponendosi� il�problema,�non�di�poco�momento,�dell'incidenza�delle�tecniche�di�annulla- mento�caducanti�e�determinanti�inefficacia�sopravvenuta�del�contratto�in� chiave�giuspubblicistica,�sulla�sicurezza�del�traffico�giuridico�e�sul�principio�di� buona�fede.� Il�Consiglio�di�Stato�con�la�sentenza�n.�6666�del�27�ottobre�2003�ha� infatti�affermato�a�chiare�lettere,�fissando�forse�un�punto�fermo,�che:��La caducazione, in sede giurisdizionale o amministrativa, di atti della fase della formazione, attraverso i quali si e� formata in concreto la volonta� contrattuale dell'Amministrazione, da� luogo alla conseguenza di privare l'Amministrazione stessa, con efficacia ex�tunc, della legittimazione a negoziare con conseguente inefficacia del contratto successivamente stipulato... (omissis)... Per quanto, piu� in particolare, riguarda la tutela dei soggetti che abbiano ottenuto ragione dinanzi al giudice amministrativo tramite l'annullamento dell'atto di aggiudica- zione, nei casi in cui il contratto sia gia� stato concluso, l'annullamento della deli- berazioneformativadellavolonta� contrattualedell'ente�nonpregiudicaidiritti acquistati dai terzi di buona fede in base ad atti compiuti in esecuzione della deliberazionemedesima (art. 23e25c.c.)�. 5.6.��Una�tesi�intermedia:�nullita�-annullabilita�.� Un'ulteriore�teorica�avanzata�in�dottrina,�volta�a�tutelare�i�terzi�soprat- tutto�in�caso�di�inizio�di�esecuzione�del�contratto,�sostiene�che��... la soluzione dell'annullabilita� dovrebbeaffermarsisoloincasodicontratticuisiainiziatal'e- (57)�Cfr.�Cons.�Stato,�sez.�VI,�27�ottobre�2003�n.�6666,�in�www.lexitalia.it,ma�gia�in�passato� Cass.�5�aprile�1976,�n.�1197,�citata�dalla�sentenza.� (58)�T.A.R.�Lecce,�Sez.�II,�7�febbraio�2001,�n.�28,�in�www.giustizia-amministrativa.it (59)�Cfr.�Cons.�Stato,�sez.�IV,�27�ottobre�2003,�n.�6666,�in�www.lexitalia.it (60)�In�senso�conforme�cfr.�Cons.�Stato,�Sez.�VI,�30�maggio�2003�n.�2992,�in�www.giustizia- amministrativa.it DOTTRINA�315 secuzione,�con�conseguente�creazione�di�un�affidamento�a�favore�del�terzo� privato�contraente,�mentre�negli�altri�casi�l'annullamento�dell'aggiudicazione� comporterebbe�la�caducazione�del�contratto�(61).� Al�fine�di�comprendere�quale�delle�suesposte�prospettazioni�possa�essere� condivisa,�appare�opportuno�analizzare�criticamente�le�singole�teoriche� evidenziandone�i�meriti�e�i�limiti.� 6.��I limitI E I meritI deI varI orientamenti. 6.1.��La�tesi�dell'annullabilita�relativa:�la�P.A.�quale�domina�delle�sorti�del� contratto.� Prendendo�le�mosse�dalla�teorica�cd.�dell'annullabilita�relativa�ex� art.�1441�c.c.,�occorre�evidenziare�come�indubbiamente�il�merito�piu�grande� di�tale�prospettazione�sia�quello�di�garantire�la�certezza�nei�rapporti�giuridici� e�di�tutelare�l'affidamento�ingenerato�nei�terzi�con�la�stipulazione�del�con- tratto.�Appare�infatti�evidente�che,�salvo�il�caso�in�cui�sia�la�stessa�P.A.�ad� annullare�in�sede�di�autotutela�(vedi�supra�4.3)�l'aggiudicazione,�il�decorso� del�termine�d'impugnazione�rende��saldi��i�diritti�dei�terzi(62).� Cio�posto�tuttavia�non�puo�sottacersi�che,�ai�sensi�dell'art.�1441�c.c..�l'u- nico�soggetto�legittimato�a�chiedere�l'annullamento�dell'aggiudicazione�e� proprio�la�P.A.�nell'interesse�della�quale�e�previsto.� Cos|�ragionando�appare�evidente�come�le�sorti�del�contratto�stipulato� siano�nelle�mani�di�un�unico�soggetto�(la�P.A.)�con�conseguente�possibile� affievolimento�delle�posizioni�soggettive�vantate�dal�terzo�in�caso�non�venisse� richiesto�dalla�P.A.�l'annullamento�dell'aggiudicazione.� Un'impostazione,�ad�avviso�di�chi�scrive,�pressoche�paradossale�in� quanto��riserva��l'iniziativa�per�l'annullamento�proprio�al�soggetto�cheha� commesso�l'illegittimita�,�che�ha�generato�quindi�la�causa��riflessa��dell'inva- lidita�del�contratto�(63).� Si�vuole�in�buona�sostanza�evidenziare�come�la�tesi�dell'annullabilita� attribuisca�un�ingiustificato�privilegio�in�capo�alla�P.A.,�risultando��com- pressi��in�tal�modo,�sia�l'interesse�pubblico�al�ripristino�della�legalita�violata� (61)�Cfr.�Caruso,�L'esistenza�della�nullita�del�negozio�giuridico�puo�essere�rilevata�d'ufficio�dal� giudice,�in�Guida�al�diritto,�2003�(n.�3),�pag.�100.� (62)�Cfr.�AA.VV. (Lipari),�L'appalto�di�opere�pubbliche,�Padova,�2001,�476�che�evidenzia� come�la�tesi�dell'annullabilita�oltre�a�garantire�una�ragionevole�stabilita�del�rapporto�contrattuale� non�lo�espone�piu��...�alle�sorprese�di�un�giudizio�civile�di�invalidita�,�una�volta�scaduto�il�termine� di�decadenza�per�l'impugnazione�dell'atto�di�aggiudicazione�in�sede�amministrativa�.� (63)�Cfr.�Cons.�Stato,�sez.�VI,�5�maggio�2003,�n.�2332,�in�www.lexitalia.it,�dove�si�puo�leggere:� �...�sul�piano�dell'equita�sostanziale�e,�soprattutto,�dell'effettivita�della�tutela�giurisdizionale� appare�addirittura�originale�che�l'amministrazione�sia�l'unico�soggetto�legittimato�a�lamentare�la� violazione�delle�norme�di�evidenza�pubblica�per�ottenere�la�caducazione�del�contratto�quando�le� illegittimita�accertate�nel�procedimento�di�evidenza�pubblica,�bene�diversamente�da�quanto�accade� nella�logica�civilistica�dei�vizi�della�volonta�causativi�dell'annullabilita�del�negozio,�di�regola�non� sono�subite�dalla�amministrazione,�ma�sono�da�questa�provocate�.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� nel�rispetto�della�concorrenza�tra�le�Imprese,�sia�l'interesse�del�concorrente� che�sia�riuscito�ad�ottenere�l'annullamento�dell'intera�sequenza�procedimen- tale.� I�limiti�dogmatici�della�tesi�dell'annullabilita��divengono�ancora�piu��mar- cati�nel�caso�in�cui�all'avvenuta�stipula�del�contratto�si�sia�accompagnatoun� principio�di�esecuzione�(tematica�sub d vedi�punto�2).�In�tal�caso�infatti�si� puo��giungere�all'ulteriore�paradosso�di�ottenere�l'annullamento�della�gara� illegittima�e�nel�contempo�non�riuscire�a��subentrare��nel�contratto�stipulato,� non�ottenendo�cos|��proprio�il�bene�della�vita�al�quale�si�anelava.�Il�semplice� risarcimento�del�danno�infatti�non�sempre�appare�satisfattivo.� Il�vero�punctum dolens consiste�nel�fatto�che�la�teorica�dell'annullabilita�� risulta�in�realta��basata�su�un��pilastro��difficilmente�condivisibile:�che�la� disciplina�sull'evidenza�pubblica�e��posta�nell'esclusivo�interesse�della�stazione� appaltante�e�concerne�il�modo�della�formazione�del�suo�consenso�negoziale,� finendo�per�rimettere�l'esecuzione�della�sentenza�e�il�soddisfacimento�del� �diritto�all'affidamento��dell'impresa�vittoriosa�dinanzi�al�giudice�ammini- strativo�alla�discrezionale�scelta�della�P.A.�di�agire�o�non�dinanzi�al�giudice� ordinario�per�chiedere�l'annullamento�del�contratto�per�il�vizio�del�proprio� consenso�(64).� Tale�impostazione,�secondo�parte�della�dottrina�(65),�non�troverebbe� applicazione�nelle�ipotesi�in�cui�sia�ravvisabile�non�una�mera�incompetenza� od�un�altro�vizio�riguardante�la�formazione�della�volonta��dell'amministra- zione,�ma�un�vizio�di��straripamento�di�potere�,�nel�qual�caso�il�contratto�e�� nullo�(66).� Non�va�inoltre�sottaciuto�che�anche�in�presenza�di�una�sentenza�di� annullamento�ottenuta�(si�rammenta�su�iniziativa�sempre�e�comunque�della� P.A.),�l'Amministrazione�non�essendo�tenuta�all'esecuzione,�per�ragionidi� �convenienza��(soprattutto�nel�caso�di�esecuzione�contrattuale�avanzata)� potrebbe�non�adeguarsi�al�giudicato�amministrativo�e�rispettare�il�contratto� stipulato.� (64)�Cfr.�Carpentieri,�Aggiudicazione e contratto,in�www.giustizia-amministrativa.it (65)�Cfr.�AA.VV. (Lipari),�L'appalto di operepubbliche,�Padova,�2001,�473.� (66)�Cfr.�in�giurisprudenza�Cass.�29�novembre�1983�n.�7151,�in�Mass. 1983,:��Quando�la�p.�a.,� per�la�realizzazione�delle�sue�finalita��,�ricorra�agli�strumenti�giuridici�che�sono�ordinariamente�pro- pri�dei�soggetti�privati,�l'attivita��negoziale,�per�tutto�quel�che�riguarda�la�disciplina�dei�rapporti� che�dalla�stessa�scaturiscono,�rimane�assoggettata�ai�principi�ed�alle�regole�del�diritto�comune,� salve�le�eventuali�interferenze�di�norme�di�diritto�pubblico�integrative�o�modificative,�e�solo� restando�operanti�le�regole�della�disciplina�amministrativa�attinenti�all'organizzazione�della�p.�a.� ed�alla�formazione�ed�estrinsecazione�delle�sue�determinazioni;�in�particolare�nel�contratto�di� appalto�di�oo.�pp.,�pur�essendo�riservata�all'amministrazione�una�posizione�preminente�e�direttiva,� non�viene�alterata�la�corrispettivita��delle�prestazioni,�ne�viene�mutata�la�funzione�essenzialmente� privatistica�di�conseguire�un�opus definitum benche�l'opera�appaltata�sia�destinata�alla�realizza- zione�di�fini�pubblici;�di�conseguenza,�anche�in�tale�contratto�puo��avere�rilevanza�la�simulazione,� poiche�anch'esso,�nella�fase�della�negoziazione�e�della�stipulazione,�che�segue�alla�fase�preparato- ria�ed�a�quella�di�approvazione,�meramente�interne�e�propedeutiche�alla�stipulazione,�resta�assog- gettato�al�diritto�comune�per�quanto�riguarda�la�manifestazione�di�volonta��dell'organo�che�rappre- senta�la�p.�a.�e�l'accettazione�della�controparte�.� DOTTRINA�317 In�altri�termini�si�vuole�affermare�che�se�le�norme�sull'evidenza�pubblica� mirano�ad�evitare�artificiosi�e�fraudolenti�piani�collusivi�tra�esponenti�della� P.A.�appaltante�ed�imprenditori�privati,�che�senso�avrebbe�considerare�valido� il�contratto�ove�non�fosse�stata�impugnata�l'aggiudicazione�o�fosse�stata� dichiarata�illegittima�in�sede�giurisdizionale�ma�la�P.A.�non�esegue�la� sentenza?� 6.2.��L'affacciarsi�di�uno��spettro�:�simulazione�relativa?� Al�riguardo�taluna�dottrina�(67)�accenna�in�questo�caso�all'istituto�civili- stico�della�simulazione�relativa�in�quanto�l'ipotesi�predetta�ben�potrebbe� costituire�il�risultato�del�pactum�sceleris�sotteso�all'aggiudicazione�in�favore� del�concorrente�ritenuto��gradito�.�Ferme�restando�le�conseguenze�dal�punto� di�vista�penale,�lo��spettro��della�simulazione�potrebbe�inoltre�affacciarsi� ogni�qual�volta�la�P.A.��ad�arte��fissa�una�griglia�di�requisiti�di�partecipa- zione�tale�da��mascherare��sotto�le�mentite�spoglie�di�una�procedura�aperta� una�vera�e�propria�procedura�negoziata�(quando�non�una�trattativa�privata� singola).� 6.3.��La�tesidellanullita�:�lapiu��duraamorire�.� All'impostazione�che�vorrebbe�considerare�le�norme�sull'evidenza� pubblica�dettate�nell'esclusivo�interesse�della�P.A.�e�stato�obiettato�che�a�ben� guardare,�l'intera�disciplina�sull'evidenza�pubblica�assolve�ad�una�funzione� di�ordine�pubblico�generale�e�da�luogo�a�norme�imperative,�la�cui�violazione� non�puo�che�comportare�la�nullita�del�contratto�sindacabile�soltanto�dal� giudice�ordinario.� Secondo�taluna�giurisprudenza�(68)�invece�si�dovrebbe�ragionare�nei� termini�della�nullita�,�non�sulla�base�dell'interesse�sotteso�alle�norme�sull'evi- denza�pubblica�ma�in�quanto�l'Amministrazione�eserciterebbe�la�propria� funzione�non�mediante�l'adozione�di�provvedimenti�autoritativi�ma�mediante� atti�di�natura�paritetica�pur�sempre�ricadenti�nell'ambito�dei�suoi�poteri� pubblicistici�(es.�accordi).�In�questi�casi,�l'esercizio�della�funzione�ammini- strativa�in�contrasto�con�norme�imperative:��...�non�da�luogo�alla�semplice� annullabilita�del�provvedimento,�prevista�espressamente�dalla�legge�per�i�soli� casidiattoe/oprovvedimentoditipoautoritativo,�bens|�allanullita�dell'assetto� di�interessi�posto�in�essere�con�l'assenso�del�privato�interessato�(art.�11,�legge� 7�agosto�1990�n.�241)��(69).� Un�primo�(invalicabile)�limite(70)��dogmatico��si�sostanzia�nel�contra- sto�tra�il�principio�di�presunzione�di�legittimita�degli�atti�amministrativi�e�la� nullita�del�contratto,�senza�il�previo�annullamento�dell'aggiudicazione,�ope- (67)�Cfr.�D'Argento,�Appalto�pubblico�ed�annullamento�giurisdizionale�dell'aggiudicazione,�in� www.filodiritto.com� (68)�Cons.�Stato,�sez.�V,�13�novembre�2002�n.�6281,�in�www.lexitalia.it� (69)�Cfr.�nota�precedente.� (70)�Cfr.�Monteduro,�Illegittimita�del�procedimento�ad�evidenza�pubblica�e�nullita�del�con- trattod'appaltoexart.�1418comma1c.c.;�unaradicalesvoltadellagiurisprudenza�traluciedombre,� in�Foro�amm.,�2002,�2601.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� rante�con�efficacia�costitutiva�ex�tunc.�Da�tali�premesse�ne�discenderebbe�che� la�non�tempestiva�impugnazione�negli�ordinari�termini�decadenziali�degliatti� amministrativi�presupposti,�determinerebbe�il�definitivo�consolidamento�del� provvedimento�di�aggiudicazione,�con�conseguente�inoppugnabilita�del�rela- tivo�contratto.� In�tale�ottica�la�tutela�del�terzo�rimane�affievolita,�come�nel�caso�che�si� avvalorasse�la�teorica�dell'annullabilita�,�in�quanto�soggetta�ai�termini�deca- denziali�di�impugnativa�dell'aggiudicazione.� A�ben�guardare�tale��variante�,�sotto�l'etichetta�della��nullita��,�cela�una� scorretta�utilizzazione�della�categoria�medesima,�in�quanto�la�nullita�,� secondo�gli�schemi�del�diritto�civile,�si�sostanzia�in�un�vizio�genetico�del�con- tratto�che�lo�inficia�ab�origine,�mentre�nel�caso�di�illegittimita�degli�atti�della� procedura�ad�evidenza�pubblica,�si�e�in�presenza�di�un�vizio�che�investe�la� procedura�amministrativa�a��monte�,�riverberando�le�proprie�conseguenze� sul�contratto�a��valle��(71).� Un�contemperamento�dogmatico�a�tale�prospettazione,�e�un�avallo�alla� tesi�della�nullita�,�puo�essere�rinvenuto�nel�caso�in�cui�non�sia�in�discussione� la�legittimita�del�procedimento�amministrativo�di�scelta�del�contraente�ma� la�conformita�delle�clausole�con�la�disciplina�inderogabile�in�concreto�appli- cabile�al�rapporto�negoziale�(72).�In�tal�caso�pero�,�il�contrasto�e�tra�il�conte- nuto�del�contratto�e�le�norme�che�ne�disciplinano�il�contenuto,�non�risul- tando�in�tale�contesto,�agevolmente�disconoscibile�la�validita�di�tale�imposta- zione.� In�buona�sostanza�la�teorica�della�nullita�,�sebbene�risulti�sicuramente�la� piu�garantista�del�principio�della�concorrenza�tra�gli��aspiranti�contraenti�� della�P.A.�nel�contempo�presenta�il�grave�limite�di�non�garantire�la�certezza� giuridica�in�quanto,�infatti,�ove�si�considera�il�contratto�sin�dalla�stipulazione� tamquam�non�esset,�la�relativa�azione�di�accertamento�potrebbe�essere�fatta� valere�da�qualunque�cittadino�senza�alcun�termine�di�prescrizione.� 6.3.1.��Un�tentativo�di�salvare�la�teorica�della�nullita�:�la�nullita�relativa.� Al�fine�proprio�di�sopperire�all'azionabilita�da�parte�di�qualsiasi� soggetto�interessato�e�garantire,�almeno�parzialmente,�la�certezza�giuridica� (71)�Cfr.�Cons.�Stato,�sez.�VI,�5�maggio�2003�n.�2332,�in�www.lexitalia.it,�:��...�e�allora�concet- tualmente�chiara�l'atecnicita�del�richiamo�della�categoria�della�nullita�del�contratto,�che�di�per�se� evocherebbe�una�sua�inefficacia�originaria�stigmatizzabile�da�subito�con�un'azione�dichiarativa,� mentre�nella�specie�e�pacifico�che�l'inefficacia�del�contratto�e�una�vicenda�sopravvenuta�al�neces- sario�annullamento�giurisdizionale�della�procedura�amministrativa�.� (72)�Cfr.�Cass.�Civ.,�Sez.�I,�17�giugno�1985�n.�3642,�in�Nuova�giur.�civ.,�1986,�I,�283,�n.� MINEO:��In�tema�di�edilizia�economica�e�popolare,�le�norme�del�procedimento�amministrativo� che�individuano�il�soggetto�a�favore�del�quale�deve�avvenire�l'assegnazione�in�proprieta�dell'allog- gio,�essendo�preordinate�a�soddisfare�l'interesse�pubblico�di�graduare�il�bisogno�abitativo�fra�piu� aspiranti�all'assegnazione,�hanno�natura�imperativa;�ne�consegue�che�sono�nulli�ai�sensi�dell'art.� 1418,�1.�comma,�c.c.,�i�contratti�di�futura�vendita�e�di�cessione�definitiva�in�proprieta�stipulati� dalla�Gescal�sulla�base�di�un�illegittimo�provvedimento�di�designazione�della�persona�dell'acqui- rente,�successivamente�annullato�in�sede�amministrativa�.� DOTTRINA�319 dei�rapporti,�taluno�ha�preferito�ragionare,�in�relazione�alla�patologia�della� quale�risulterebbe�affetto�il�contratto,�in�termini�di�nullita�relativa�(73).�La� relativita�sarebbe�afferente�all'azionabilita�da�parte�del�solo�soggetto�legitti- mato�all'impugnativa�giurisdizionale�dell'aggiudicazione�medesima,�determi- nata�dalla�violazione�della�normativa�imperativa�posta�a�tutela�del�mercato,� dell'imparzialita�e�del�buon�andamento�della�P.A.,�nonche�di�difetto�(soprav- venuto)�del�titolo�a�contrarre�in�capo�al�soggetto�illegittimamente�sele- zionato�(74).� Secondo�l'Autore�il�carattere�relativo�della�nullita�risulterebbe�corrobo- rato�dalla��...�necessita�delfiltro�dell'impugnativa�tempestiva�dell'aggiudica- zione,�nel�meccanismo�della�pregiudizialita�amministrativa,�nonche�dall'inci- denza�costitutiva�della�nullita�rivestita�dal�contenuto�di�accertamento�della�spet- tanza�dell'aggiudicazione�al�ricorrente�vittorioso,�contenuta�nella�sentenza�di� annullamento�dell'aggiudicazione�.� Il�vero�punctum�dolens�risulta�essere�quello�che�qualsiasi��variante��della� nullita�si�voglia�avvalorare�rimarrebbe�l'imprescrittibilita�dell'azione�come� �spada�di�Damocle��su�ogni�contratto�stipulato�(a�seguito�di�procedimento� ad�evidenza�pubblica)�da�parte�della�P.A.� 6.4.��Latesidell'inefficaciaexart.�1398c.c.:ilfalsusprocurator.� Non�appare�inoltre�neanche�condivisibile�quella�teorica�avanzata�in�dot- trina�(vedi�supra)�del�contratto�stipulato�in�difetto�di�potere�rappresentativo� ex�art.�1398�c.c.,�secondo�la�quale�i�vizi�della�procedura�di�evidenza�pubblica� si�rifletterebbero�in�difetto�di�potere�rappresentativo,�con�conseguente�ineffi- cacia�del�negozio�in�quanto�l'organo�della�P.A.�sarebbe�assimilabile�ad�un� falsus�procurator.�Tale�prospettazione�infatti�ammetterebbe�una�generalizzata� sanatoria�o�ratifica�degli�atti�che�sebbene�sia�principio�cardine�nel�diritto�pri- vato,�non�trova�un�avallo�cos|�generale�in�chiave�giuspubblicistica�dove�la� sanatoria�e�ammessa�soltanto�in�alcuni�casi�(75).� 6.5.��La�tesi�della�caducazione�automatica.� Nel�delineato�contesto�ben�si�comprende�come,�soprattutto�l'ultima�giu- risprudenza(76),�si�sia�mossa�nella�direzione�di�ricercare�un'impostazione� atta�effettivamente�a��giustificare��in�chiave�giuspubblicisistica�i�rapporti� tra�annullamento�dell'aggiudicazione�e�sorti�del�contratto.�Proprio�in�tale� direzione�si�e�spinto�di�recente�il�Consesso�di�Palazzo�Spada�(77)�affermando:� (73)�Carpentieri,�Aggiudicazione�e�contratto,in�www.giustizia-amministrativa.it� (74)�Nel�senso�di�ritenere�la�nullita�di�carattere�relativo�cfr.�T.A.R.�Calabria,�18�dicembre� 2002,�n.�2030,�in�Guida�al�diritto�2003�(n.�3),�pag.�95�che�sembrerebbe�sostenere�la�natura�sui�gene- ris�di�tale�nullita�non�rilevabile�ex�officio�dal�giudice�amministrativo.� (75)�Virga,�Diritto�amministrativo�-Atti�e�ricorsi�-,�Milano,�2001,�146.� (76)�Cfr.�Cons.�Stato,�sez.�VI,�30�maggio�2003,�n.�2993,�in�www.giustizia-amministrativa.it;� Cons.�Stato,�Sez.�V,�25�maggio�1998,�n.�677,�in�Cons.�Stato,�1998,�I,�891�(in�un�caso�di�autoannulla- mento�in�autotutela�dell'aggiudicazione);�Cons.�Stato,�sez.�VI,�14�gennaio�2000,�n.�244,�in�Foro� Amm.,�2000,�108;�Cons.�Stato,�sez.�V,�30�marzo�1993,�n.�435,�in�Giur.�it.,�1994,�III,�1,�18.dsds� (77)�Cons.�Stato,�sez.�VI,�27�ottobre�2003,�n.�6666,�in�www.lexitalia.it� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� �...�La�caducazione,�in�sede�giurisdizionale�o�amministrativa,�di�atti�dellafase� dellaformazione,�attraversoiqualisie�formatainconcretolavolonta�contrat- tuale�dell'Amministrazione,�da�luogo�alla�conseguenza�diprivare�l'Amministra- zione�stessa,�con�efficacia�ex�tunc,�della�legittimazione�a�negoziare�con�conse- guente�inefficacia�del�contratto�successivamente�stipulato�.� Si�tratta,�ad�avviso�di�chi�scrive,�forse�di�un�modo�piu�che�di�risolvere�il� problema�di��aggirarlo�,�in�quanto�non�viene�affrontato�in�chiave�patologica� ma�considerando�che�la�caducazione�del��piedistallo��del�contratto�(l'aggiu- dicazione),�secondo�la�logica�dell'effetto�caducante,�determina�la�caducazione� automatica�del�contratto�senza�necessita�di�promuovere�apposita�azione�giudi- ziaria�costitutiva.� Inoltre�non�sembra�affatto�che�la�giurisprudenza�amministrativa�abbia� in�tal�modo�spiegato�la�vicenda�in�chiave�prettamente�giuspubblicisistica.� A�ben�guardare�non�sembra�disconoscibile�che�siamo�nell'alveo�del�bro- cardo�civilistico�simul�stabunt�simul�cadent,�come�infatti�avviene�nel�diritto� civile�in�presenza�di�due�contratti�collegati,�nel�caso�in�cui�uno�venga�meno� (nullo,�annullabile�ecc.),�e�chiaro�che�si�innesca�un�fenomeno�di�perdita�di� efficacia�di�una�fattispecie�complessa�che�non�puo�sopravvivere��orfana�delle� altre�tessere�del�mosaico�negoziale�.� La��decantata��autonomia�della�procedura�ad�evidenza�pubblica� rispetto�al�contratto�lascia�quindi�il�posto�ad�una��...fattispecie�mista�di�colle- gamento�traprovvedimento�amministrativo�e�contratto�didirittoprivatopiutto- sto�che�l'ipotesiparadigmatica�dicorrelazione�traattiamministrativi�(78).� La�predetta�impostazione�sembra�essere�da�ultimo�avvalorata�dal- l'art.�14,�del�D.�Lgs.�n.�190/2002,�nella�parte�in�cui�statuisce�per�le��grandi� opere��che�la�caducazione�dell'aggiudicazione�risolve�il�contratto,�offrendo�il� destro�per�ritenere�che�l'annullamento�della�gara�non�produce�l'invalidita� del�contratto�ma�la�semplice�risoluzione�(79).� Il�piu�grande�merito�di�tale�impostazione�risulta�evidente�sul�piano�della� giurisdizione�in�quanto,�impostando�il�problema�non�in�termini�di�invalidita� ma�di�caducazione�del�contratto,�la�giurisdizione�sull'effetto�caducante� dovrebbe�spettare�al�giudice�competente�a�sindacare�la�legittimita�della�pro- cedura�amministrativa,�ossia�il�giudice�amministrativo�in�sede�di�giurisdi- zione�esclusiva.� 7.��Conclusioni. Il�Consesso�di�Palazzo�Spada,�con�le�sentenze�degli�ultimi�tempi�(80),�si� spinge�oltre�affermando:��Perquanto,piu�inparticolare,�riguardalatuteladei� soggettiche�abbiano�ottenuto�ragionedinanzialgiudice�amministrativo�tramite� l'annullamento�dell'atto�di�aggiudicazione,�nei�casi�in�cui�il�contratto�sia�gia� (78)�Cfr.�Cons.�Stato,�sez.�VI,�5�maggio�2003�n.�2332,�in�Guida�al�diritto,�n.�22/2003,�pag.�79.� (79)�Cfr.�T.A.R.�Catania,�sez.�I,�25�novembre�2002�n.�852,�in�www.lexitalia.it.� (80)�Cfr.�Cons.�Stato,�sez.�VI,�5�maggio�2003�n.�2332,�in�Guida�al�diritto,�n.�22/2003,�pag.�77�e� Cons.�Stato,�sez.�VI,�27�ottobre�2003,�n.�6666,�in�www.lexitalia.it� DOTTRINA�321 stato�concluso,�l'annullamento�della�deliberazioneformativa�della�volonta�con- trattuale�dell'entenonpregiudica�idirittiacquistatidaiterzidibuonafede�inbase� ad�atti�compiuti�in�esecuzione�della�deliberazione�medesima�art.�23�e�25�c.c.�.� Si�tratta�di�statuizioni�accolte�con�entusiasmo�dalla�dottrina(81)�in� quanto�delineano�un��temperamento...�che�va�accolto�a�tutela�della�stessa� logica�di�mercato�e�di�favor�della�concorrenza�che�ispira�le�regole�in�tema�di� gare�pubbliche�.�Tale�temperamento�consisterebbe�nel�riconoscimento�della� tutela�della�buona�fede�e�della�salvezza�dei�diritti�acquisiti�in�buona�fede.�In� tal�modo�si�darebbe�il�giusto�spazio��...�non�solo�alprincipio�consensualistico,� maancheaidiversiprincipidella�tuteladeiterzi,�dell'apparenzadeldiritto,�della� rilevanza�della�buonafede,�delformalismo�giuridico,�della�certezza�del�diritto� pure�essenziali�per�il�correttofunzionamento�del�mercato�(82).� Il�Consiglio�di�Stato�rinviene�il�fondamento�positivo�delle�proprie�affer- mazioni�nell'art.�23,�comma�2,�c.c.�e�aggiunge�che�comunque��...�terzi�di� buonafede�dinorma�nonpotranno�essere�isoggetti�chehannopartecipato�al� giudizio�amministrativo�di�annullamento�(salvo�i�casi�in�cui�il�contratto�sia�stato� stipulato�prima�dell'innesco�del�giudizio�di�annullamento)�poiche�in�tal�caso�i� soggetti�coinvolti�nel�giudizio�non�potevano�confidare�nel�consolidamento�della� loro�posizione�contrattuale�.� Il�fondamento�dell'applicabilita�dell'art.�23�c.c.�all'amministrazione�pub- blica,�ad�avviso�del�Consesso�di�Palazzo�Spada,�va�rinvenuto�nella�circo- stanza�che�la�P.A.�e�pur�sempre,�ai�sensi�dell'art.�11�c.c.,�una�persona�giuri- dica�e�pertanto�soggetta�a�quelle�norme�civilistiche�che�disciplinano�le�per- sone�giuridiche,�oltre�chiaramente�a�quelle�di�stretto�diritto�pubblico.� Tuttavia�anche�tale�prospettazione,�da�salutarsi�sicuramente�con�un� plauso,�ad�avviso�di�chi�scrive,�non�risulta�esente�da�censure.� Difatti�nel�caso�in�cui�il�contratto�fosse�stato�gia�stipulato�e�le�presta- zioni�almeno�parzialmente�eseguite�il�controinteressato�terzo�escluso�che� avesse�ottenuto�l'annullamento�dell'aggiudicazione�potrebbe�dunque�giovarsi� della�caducazione�del�contratto�solo�in�caso�di�malafede�del�contraente� aggiudicatario�(ove�il�suo�interesse�fosse�solo�quello�all'esecuzione�del�con- tratto�e�non�ad�ottenere�un�semplice�risarcimento�del�danno�non�sempre�sati- sfattivo�magari�negli�opinabili�termini�della�cd.�perdita�di�chance).� In�secondo�luogo�il�meccanismo�dell'annullamento�automatico�dell'intero� contratto,�senza�l'intervento�del�giudice�ordinario,�a�seguito�dell'annullamento� da�parte�del�giudice�amministrativo�dell'aggiudicazione�^o�di�altri�atti�della�serie� procedimentale�^non�trova�riscontri�nella�lettera�della�legge�e�contrastacon�il� principio�della�soggezione�del�contratto�alla�disciplia�del�diritto�comune�(83).� (81)�Cintioli,�Annullamento�dell'aggiudicazione,�buonafede�e�metodo�giuridico,�in�www.giusti- zia-amministrativa.it,� (82)�Cfr.�Cons.�Stato,�sez.�VI,�30�maggio�2003,�n.�2992,�in�www.giustizia-amministrativa.it� (83)�In�senso�parzialmente�conforme�cfr.�Casetta,�Manuale�di�diritto�amministrativo,�Milano,� 2001,�565,� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� In�terzo�luogo,�ma�non�certo�per�importanza,�rimane�il�rilievo�che�il�tra- volgimento�del�contratto�rimane�sempre�e�comunque�sotto�l'egida�del�tra- scorrere�dei�termini�decadenziali�per�impugnare�l'aggiudicazione,�il�cui�spi- rare�non�puo�che�comportare�la��solidita���dei�rapporti�giuridici.� Forse�e�proprio�questo,�unitamente�alla�riconducibilita�nell'alveo�di� un'unica�giurisdizione�(quella�del�G.A.�in�sede�di�giurisdizione�esclusiva)� il�maggior�merito�di�tale�impostazione�che,�probabilmente�presenta�minori� margini�di�opinabilita�e�di�vuoti�di�tutela�rispetto�alle�altre�teoriche.� Conclusivamente�si�osserva�che,�attesa�l'(eccessiva)�eterogeneita�degli� orientamenti�che�si�contendono�il�campo,�la�questione�dei�difficili�rapporti� tra�annullamento�dell'aggiudicazione�e�contratto�e�lungi�dall'essere�risolta�e� proprio�quando�sembra�essere�destinata�ad��assopirsi�,�cambia��volto��(oggi� �caducazione�),�lasciando�l'operatore�del�settore�(soprattutto�della�P.A.)� timoroso�e�speranzoso�che�non�venga��mai��impugnata�(o�annullata�in�sede� di�autotutela)�l'aggiudicazione�vista�sempre�piu�come�la��palude�stigia��di� ogni�procedura�ad�evidenza�pubblica.� DOTTRINA 323 Gli strumenti della semplificazione normativa di Maria Vittoria Lumetti Sommario: 1. �Il principio della semplificazione legislativa. 2. �Strumenti di attuazione: delegificazione, testo unico, codificazione. 3. �Il circolo vizioso burocratico e la moltiplicazione delle leggi. 4. �Il cambiamento organizzativodellaP.A.: lasemplificazionecomecausaefinedelleriforme. 5. �Il modello aziendalistico della P.A. 6. �La legge n. 241/1990. 7. �Le leggi Bassanini. 8. �Il testo unico. 9. �Caratteristica dei recenti testi unici: testo unico come testo normativo differenziato e come fonte del diritto. 10. �Il nuovo modello della semplificazione: dalla delegi- ficazione alla codificazione. L'esempio del testo unico dell'espropriazione. 11. �La semplificazione del linguaggio. 1. �IL principiO dellA semplificazionE legislativa. Il�termine�semplificazione�e�stato�utilizzato�per�indicare�obiettivi�diversi,� ma�tutti�riconducibili�allo�scopo�di�creare�un'Amministrazione�pubblica�piu� efficiente.�(1)� Il�termine�semplificazione�viene�utilizzato,�nel�linguaggio�corrente,�quale sinonimo�di�altri�termini,�come�liberalizzazione,�deregolazione,�delegifica- zione,�snellimento,�ammodernamento,�razionalizzazione,�sburocratizzazione,� innovazione,�miglioramento,�termini�tutti�riconducibili�alla�necessita�di�rifor- mare�la�pubblica�amministrazione�alleggerendo�cittadini�ed�imprese�dal� carico�burocratico.� Il�processo�di�semplificazione�ha�avuto�un'accelerazione�negli�anni� novanta,�quale�corollario�del�piu�ampio�processo�di�riforma�del�settore� pubblico,�anche�nell'ambito�delle�iniziative�degli�ordinamenti�europei�e� dell'Unione�europea.� Esso�si�pone�nell'ottica�dell'esecuzione�del�programma�di�semplifica- zione,�delegificazione�e�razionalizzazione�in�testi�unici�delineato�dalle�c.d.� leggi�Bassanini�ed,�in�particolare,�dall'art.�20�legge�n.�59/1997�e�dagli� artt.�7-8�legge�n.�50/1999.� La�riforma,�dunque,�si�inserisce�nel�processo�di�razionalizzazione�del� sistema�normativo�introdotto�dalla�riforma�Bassanini,�e�si�propone�di�codifi- care�settori�normativi�disomogenei,�perseguendo�anche�lo�scopo�di�armoniz- zare�il�diritto�interno�al�diritto�internazionale.� 2.��StrumentI dI attuazione: delegificazione, testO unicO E codifi- cazione. La�semplificazione�normativa�si�attua�principalmente�con�la�delegifica- zione�(art.�20�legge�n.�59�del�1997)�e�con�la�redazione�di�testi�unici�(artt.�7�e� 8�della�legge�n.�50�del�1999).�(2)� (1)�G.Bacciardi,�Politiche e strumenti della delegificazione, Prime�note,�Livorno,�2002,�7ss.� (2)�Nota�30�giugno�2000�del�Ministero�per�la�Funzione�Pubblica�richiamata�dal�parere�del- l'Adunanza�Generale�del�Consiglio�di�Stato�del�29�marzo�2001�(Prot.�Norm.�n.�124/2000);�V. DI Ciolo, Ilriordino e ilconsolidamento dellalegislazioneitaliananellaXIIIlegislatura. Noteprelimi- nari, in�Studiparlamentari e dipolitica costituzionale, 2001,�fasc.�134�(dicembre)�39�ss.� RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO La delegificazione, rispetto alla fonte originaria legislativa, consiste nell'emanazione di regolamenti di semplificazione dei procedimenti ammini- strativi, ed e� prevista al fine di evitare la paralisi dell'Amministrazione causata da una eccessiva legiferazione. Il riordino della complessa materia relativa all'espropriazione, ad esem- pio, si e� concretizzato proprio con la redazione di un testo unico, con il quale e� stato possibile provvedere ad una �codificazione per settori delle disposi- zioni, anche di rango diverso, stratificatesi nel corso degli anni�.(3) La fonte di legittimazione del testo unico scaturisce, dunque, dall'eserci- zio di un potere normativo delegato, previsto prima dalla legge Bassanini n. 59/1997, poi dalla Bassanini-quater n. 50/1999. La regolamentazione persegue due obiettivi fondamentali: ristrutturare in modo organico le norme in materia di settori succedutesi nell'arco degli anni e restituire efficienza, efficacia e legalita� a settori nel quale l'assenza di regole univoche puo� aver determinato incertezze interpretative ed appli- cative. Cio� non esclude che la normativa di carattere generale si basi, comun- que, su alcuni punti fermi, che gia� costituiscono principi generali e consoli- dati nell'attuale legislazione. Il testo unico coniuga efficacemente l'obiettivo della semplificazione con quello della risistemazione razionale della materia.(4) Proprio l'ultima legge Bassanini, la n. 50 dell'8 marzo 1999, ha comple- tato il progetto di riforma amministrativa volto ad avviare il processo di semplificazione legislativa e amministrativa.(5) 3. �IL circolO viziosO burocraticO E lA moltiplicazionE dellE leggi. La Pubblica Amministrazione, a causa della sua organizzazione molto complessa, si configura come strumento destinato al perseguimento di interessi che mutano insieme alle situazioni della realta� la sua fisionomia e� sottoposta a continue modificazioni (se si vuole soddisfare un interesse,la prima misura e� la istituzione di un apparato che di esso si occupi). Ne consegue che, tale complessita� da un lato e l'esigenza di continuo adeguamento alla realta� dall'altra, hanno contribuito ad appesantire la mac- china burocratica. (3) Nota 30 giugno 2000 del Ministero per la Funzione Pubblica richiamata dal parere del- l'Adunanza Generale del Consiglio di Stato del 29 marzo 2001 (Prot. Norm. n. 124/2000). (4) Ad esempio, il Testo unico sull'espropriazione si caratterizza per alcuni snodi fondamen- tali: la collocazione in via generale, nella fase di approvazione del piano urbanistico generale, del- l'apposizione del vincolo preordinato all'esproprio: l'istituzione di elenchi destinati a rappresen- tare strumenti di monitoraggio dell'azione amministrativa; la soppressione del procedimento di occupazione d'urgenza in vista della realizzazione delle opere urgenti ed indifferibili; la previsione che il decreto di esproprio si esegua mediante l'immissione in possesso, con la conseguenza che sino a quel momento non e� efficace il passaggio del diritto di proprieta� . (5) Per quanto riguarda la codificazione pr. 10. DOTTRINA 325 La semplificazione normativa, come gia� detto, persegue proprio la fina- lita� di eliminare dai procedimenti ogni vincolo normativo, ogni attivita� che ostacoli la crescita del valore e della qualita� del prodotto o del servizio, in un'ottica di efficienza del sistema (6). �Alla disattuazione delle leggi, il potere politico reagisce dettando norme sempre piu� dettagliate e accentuando il controllo parlamentare sulla loro attuazione. Basti pensare alle leggi che impongono alla pubblica amministrazione di presentare relazioni al Parlamento: il loro numero e� tal- mente elevato che lo stesso Parlamento ne ha perso il conto e, d'altronde, le poche relazioni effettivamente presentate cadono nella quasi generale indifferenza. La produzione legislativa a getto continuo e la minuziosita� delle norme genera l'aumento della vischiosita� e della lentezza delle procedure, riducendo ulteriormente la discrezionalita� amministrativa. A complicare il quadro, si aggiungono i giudici: l'incerta formulazione di molte leggi da� luogo ad una elevata litigiosita� processi durano a lungo, gli amministratori, nell'attesa di interpretazioni definitive, trovano una ragione in piu� per non decidere (7). L'atteggiamento passivo e legalistico della burocrazia ne risultano rafforzati�. La moltiplicazione delle leggi, in molti settori, ha creato un circolo vizioso burocratico. La semplificazione prevista dalla legge n. 59 del 15 marzo 1997 ha previ- sto, dunque, uno strumento normativo, innovativo, cosiddetto a formazione vincolata, e la legge n. 50 del 1999 vi ha dato attuazione. La legge a formazione vincolata si pone lo scopo precipuo di attuare la semplificazione dei procedimenti amministrativi, sia attraverso il loro snelli- mento, sia attraverso la loro soppressione (8). Lo strumento della semplificazione era stato gia� utilizzato in passato dal legislatore per attuare la riforma amministrativa. (6) Di recente cfr. la legge 16 gennaio 2003, n. 3, �Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione) (collegato alla Finanziaria), in G.U.�20 gennaio 2003, n. 15, Supp.ord. Sul punto A. Natalizi, Il�collegato�alla�Finanziaria�in�materia�di�pubblica�amministrazione,in Giornale�di�diritto�amministrativo,2003, 444. (7) S.�Cassese, Il�sistema�amministrativo�italiano, Il Mulino, 76. (8) F. Petricone, Le�leggi�di�semplificazione�della�riforma�amministrativa,in Giur.�it.,n. 3, 2000, 673. S. Tatti, Osservazioni�sulla�legge�di�semplificazione�annuale�per�il�1999,in Riv.�amm.� della�Rep.�it., 2001, fasc. 4, 349ss. A. Bartolini,�A.�Di�Francesco, La�semplificazione�e�lapartecipazione�nell'attivita�ammini- strativa�nel�settore�sanitario.�la�partecipazione�nella�legislazione�regionale,�l'esperienza�della�Regione� Emilia-Romagna,�i�comitati�consultivi�misti�(Parte�V),in Sanita�pubblica, 2000, fasc. 11-12, 1433 ss. Sulla semplificazione e la riforma del sistema fiscale cfr. R. Fanelli,�L'obiettivo�della�semplifi- cazione,in Il�Corriere�tributario, 2002, fasc. 14, 397. Cfr. anche, in materia di societa� e associa- zioni, G. Marasa� Riflessi�delle�novelle�in�materia�di�semplificazione�sulla�disciplina�dei�controlli� associativi,in Studium�iuris, 2002, fasc. 9, 1053 ss e, in materia di bilancio, G. Napoletano, L'atti- vita�normativa�del�Governo�nelperiodo�giugno-agosto�2001,in Riv.�trim.�dir.�pubblico, 2002, fasc.7, 83 ss. RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Ad�esempio,�nella�legge�n.�537�del�24�dicembre�1993�l'elenco�n.�4� allegato,�in�attuazione�dell'art.�2,�settimo�comma,�conteneva�l'indicazione�di� 123�provvedimenti�amministrativi�la�cui�semplificazione�era�delegata�al� governo�anche�per�l'eliminazione�di�duplicazioni,�in�modo�da�assicurare� tempi�certi�e�omogenei�per�la�conclusione�dei�procedimenti�amministrativi.� Nella�suddetta�legge�appaiono�per�la�prima�volta�termini�come�raziona- lizzazione�e�soppressione�di�agevolazioni.� I�principi�della�trasparenza�nelle�relazioni�con�il�pubblico,�della�motiva- zione�necessaria�del�provvedimento�amministrativo,�dell'accesso�agli�atti� amministrativi,�previsti�dalla�legge�sul�procedimento�amministrativo,�nonche� l'arricchimento�del�sistema�di�comunicazione�e�l'introduzione�della��buona�� informatica�(9),�denunciano,�infatti,�una�radicale�modifica�di�impostazione.� 4.��IL cambiamentO organizzativO dellA P.A.: lA semplificazionE comE causA E finE dellE riforme. L'utente,�il�cittadino,�diventa�il�referente�principale�dell'azione�ammini- strativa,�laddove�fino�al�1990�la�pubblica�amministrazione�aveva�piu�potere� in�ordine�alla�realizzazione�dello�stesso�pubblico�interesse. E�innegabile�che�le�recenti�leggi�abbiano�seguito�i�principi�della�semplifi- cazione:�oltre�alla�legge�n.�241�del�1990,�il�decreto�legislativo�n.�29�del�3�feb- braio�1993,�la�legge�delega�n.�421�del�23�ottobre�1992,�la�legge�di�riforma�del� bilancio�dello�Stato,�art.�5,�primo�comma�legge�n.�94�del�3�aprile�1997�e,� naturalmente�la�legge�Bassanini�quater,�la�n.�50�del�1999,�nonche�i�principi� fissati�dal�decreto�delegato�n.�279�del�7�agosto�1997.� A�tal�fine,�si�e�tenuto�conto�dell'analisi�dei�principali�problemi�economici� del�presente�e,�quindi,�dello�studio�della�macroeconomia�e�dell'andamento� del�sistema�economico�nel�suo�insieme,�delle�fasi�di�espansione�e�di�reces- sione�della�produzione�globale�di�beni�e�servizi�e�della�crescita�della�produ- zione,�dei�tassi�di�inflazione�e�di�disoccupazione,�della�bilancia�dei�pagamenti� e�dei�tassi�di�cambio.� Da�un�decennio�a�questa�parte�si�e�affermato�con�forza�il�principio�uni- formatore�della�semplificazione�amministrativa,�oltre�che�della�efficienza,� efficacia,�trasparenza,�responsabilita�,�imparzialita�:�tali�principi�vengono�giu- ridicizzati�in�criteri�e�regole�cui�gli�organi�amministrativi�devono�uniformar- si�(10).� 5.��IL modellO aziendalisticO dellA P.A. Parallelamente�si�e�sviluppata�la�radicale�riforma�del�modello�operativo� dell'Amministrazione.� (9)�Cfr.�per�l'aggiornamento�generale�sulla�normativa�di�tutela�e�sui�procedimenti�ammini- strativi�connessi,�il�d.P.R.�490/99.� (10)�A�cio�si�aggiunga�il�dibattito,�sempre�fecondo�sull'esigenza�di�certezza�del�diritto,�S.�Ber- tea,�La certezza del diritto nel dibattito teorico-giuridico contemporaneo,in�Materialiper una storia della cultura giuridica,�2001,�fasc.9,�131,�con�accenni�ai�caratteri�generali�e�le�principali�trasforma- zioni�concettuali�della�nozione�nel�dibattito�giusfilosofico�contemporaneo�internazionale;�V.�Sil- vestre,�La certezza del diritto,in�Riv. della Guardia di Fin.,�2000,�9,�199.� DOTTRINA�327 I�provvedimenti�legislativi�succedutisi�dal�1990�ad�oggi�hanno�indivi- duato�nel�modello�aziendalistico�la�soluzione�organizzativa�della�nuova� Amministrazione�(d.lgs.�29/1993,�d.lgs�80/1998,�d.lgs�165/2001,�legge� n.�145/2002)(11).� Il�modello�aziendalistico�persegue�lo�scopo�di�agevolare�il�momento� della�produzione�di�beni�o�servizi,�e�in�questo�si�differenzia�dal�fine�specifico� dell'imprenditore,�in�quanto�l'azienda�si�caratterizza�per�essere�un�istituto� economico�complesso�e�destinato�a�perdurare�nel�tempo�avente�lo�scopo�di� soddisfare�i�bisogni�umani�attraverso�il�coordinamento�della�produzione,� dell'acquisizione�e�del�consumo�della�ricchezza.� Gli�elementi�essenziali�dell'azienda�sono�costituiti,�infatti�da�un�insieme� di�persone,�da�mezzi�patrimoniali,�dal�fine,�dalle�operazioni�di�gestione,�ossia� da�componenti�ben�presenti�anche�nell'organizzazione�della�P.A.� In�maniera�molto�significativa�l'art.�3�d.lgs�n.�23/1993�ha�introdotto�il� principio�generale�della�separazione�delle�competenze�fra�organi�del� Governo,�che�esercitano�le�funzioni�di�indirizzo�politico-amministrativo�(12)� e�dirigenza,�cui�e�attribuita�la�competenza�gestionale,�mediante�autonomi� poteri�di�spesa�e�di�organizzazione�delle�risorse�umane�e�strumentali.� Tale�attivita�consiste�nella�pianificazione,�definizione�degli�obiettivi�e�dei� programmi�da�attuare,�poteri�di�direzione�politica�e�di�controllo�strategico� dei�risultati�conseguiti,�sulla�base�dei�parametri�predisposti�annualmente�da� organi�tecnici,�come�i�nuclei�di�valutazione�o�i�servizi�di�controllo�interno.� Il�nuovo�modello�divide�l'azione�amministrativa�in�tre�livelli:�al�verticevi� sono�gli�organi�politici�che�definiscono�gli�indirizzi�e�le�direttive�da�seguire,� poi�i�dirigenti�generali�che�devono�concretizzare�i�suddetti�indirizzi�in�pro- grammi�ed�obiettivi�da�conseguire,�infine�i�dirigenti,�che�hanno�il�compito� di�darvi�attuazione�concreta(13).� Al�fine�di�adeguare�l'azione�amministrativa�alle�effettive�esigenze�e�al� piu�intenso�soddisfacimento�dei�mutevoli�interessi�pubblici,�e�al�fine�di� (11)�Cfr.�H.�Mintzberg, La�progettazione�dell'organizzazione�aziendale,�Il�Mulino,�Bologna,� 259�ss.� (12)�Cfr.�al�riguardo�P.�Tremante,�Dirigentipubblici,�gestione�manageriale,in�Diritto�e�Giusti- zia,�n.�9,�2003,�94�e�M.�Minniti, Sanzioni�disciplinari�e�pubblico�impiego,in�Diritto�e�Giustizia,� n.9,�2003,�98.�Sui�nuclei�operativi�cfr.�H.�Mintzberg, op.�cit.,�258�ss.� (13)�Cfr.�sui�nuovo�modelli�operativi�M.G.�Garofano,�La�dirigenza�pubblica�rivisitata,in�Il� lavoro�nellepubbliche�amministrazioni,�V,�2002,�873;�C.�Colapietro,�La�controriforma�del�rapporto� di�lavoro�della�dirigenza�pubblica,in�NLCC,�n.�4-5,�2002,�639;�F.�Carinci,�Osservazioni�sulla� riforma�del�titolo�V�della�Costituzione,in�F.�Carinci, MiscionE (a�cura�di),�Il�diritto�del�lavoro� dal��Libro�Bianco��al�disegno�di�legge�delega�2002,�Ipsoa,�Milano,�2002,�11;�L.�Zoppoli,�La� riforma�del�titolo�V�della�Costituzione�e�la�regolazione�del�lavoro�nelle�pubbliche�amministrazioni:� come�ricomporre�i��pezzi��di�un�difficile�puzzle?,in�Il�lavoro�nellepubbliche�amministrazioni,�2002,� suppl.�al�fasc.1,�158.�L.�Roberto, Ilprincipio�dellaseparazionedellapoliticadall'Amministrazione:� alla�ricerca�del�confine�tra�realta�e�utopia,in�IlForoamm.�T.A.R.,�2002,�fasc.�4,�1223.� In�tal�modo�non�solo�si�controllano�i�risultati�con�gli�obiettivi,�ma�gli�organi�politici,�in�base�a� tali�informazioni,�adeguano�le�loro�scelte�che�vanno�ad�incidere�a�cascata�su�tutto�il�sistema�(diri- genti�generali�e�dirigenti).� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� correggere�disfunzioni�e�inefficienze,�e��stato�predisposto�un�sistema� informativo-statistico,�deputato�a�raccogliere�i�dati�relativi�ai�costi,�ai�bene- fici�e�ai�risultati�ottenuti,�ed�a�elaborarli�al�fine�di�individuare�i�criteri�e�gli� standards cui�l'azione�amministrativa�deve�adeguarsi.� Il�d.lgs�29/93�ha�poi�dato�impulso�al�processo�di�avvicinamento�del�pub- blico�impiego�ai�rapporti�di�lavoro�privati,�inaugurato�con�la�riforma�del� 1983.� E�evidente�che�la�legge�n.�50�del�1999�ha�continuato�a�seguire�la�linea� politica�tracciata�dal�legislatore�a�partire�dalla�241�del�1990,�nel�solco�delle� cosiddette�altre�leggi�Bassanini,�la�n.�59�e�n.�127�del�15�maggio�1997�e�n.�191� del�16�giugno�1998,�accentuando,�tuttavia,�proprio�le�istanze�riformatrici� della�semplificazione�normativa,�attraverso�un'azione�congiunta�tra�Governo� e�Parlamento�nella�fase�dell'istruttoria�legislativa.� Inoltre,�il�decreto-legge�n.�303�del�30�luglio�1999,�all'art.�6�ha�previsto� l'istituzione�del�DAGL�(Dipartimento�per�gli�affari�giuridici�e�legislativi)�e� ha�richiamato�il�Nucleo�per�la�semplificazione,�istituito�dalla�legge�Bassanini� quater,�ribadendo�che�rientrano�nei�compiti�di�questo�e,�dunque,�del� Governo,�la�valutazione�di�impatto�della�regolazione,�la�semplificazione�dei� procedimenti,�la�qualita��del�linguaggio�normativo,�l'applicabilita��dell'innova- zione�normativa(14).� In�attuazione�della�delega�conferita�dalla�legge�15�marzo�1997,�n.�59,�il� d.lgs.�303/99�ha�riformato�l'organizzazione�e�i�compiti�della�Presidenza�del� Consiglio.� Il�modello�prescelto�e��stato�quello�della��struttura�strumentale��alle�fun- zioni�proprie�del�primo�ministro,�con�tendenziale�esclusione�delle�attivita�� gestionali�dirette,�ponendo�in�primo�piano,�tra�le�attribuzioni�del�capo�dell'e- secutivo,�le�attivita��di�direzione�e�coordinamento.� Gia��nella�legge�400/88�si�era�registrato�un�primo�tentativo�in�questa� direzione,�ma�il�risultato�era�stato�solo�in�parte�soddisfacente.� Con�il�d.lgs.�303/99�il�ruolo�di�indirizzo�e�coordinamento�del�Presidente� del�Consiglio�e�dell'apparato�amministrativo�della�Presidenza�viene�forte- mente�valorizzato,�portando�almeno�in�parte�a�compimento�un�processo�ini- ziato�oltre�un�cinquantennio�addietro,�con�l'art.�95�della�Costituzione.� I�quadri�di�riferimento�complessivi�riguardano:�i�processi�organizzativi� fondamentali�dell'Amministrazione�con�i�relativi�elementi�quantitativi:�tempi,� qualita�,�risorse;�le�modifiche�normative�suggerite�dai�diversi�uffici�in�rela- zione�alle�diverse�tipologie�operative�e�ai�diversi�processi;�gli�archivi�e�le�rela- tive�specifiche�funzionali�di�accesso�e�di�utilizzazione,�cos|��come�sono�stati� richiesti�dai�diversi�uffici.� Particolare�attenzione�e��rivolta�alle�unita��organizzative�responsabili� dell'input o�destinatarie�dell'output,�agli�indicatori�di�qualita��di�prodotto�e�di� (14)�C.�MancinO eG.�Savini, Le strutture di coordinamento della Presidenza del Consiglio: il dipartimento per gli affari giuridici e legislativi (DAGL) ed il dipartimento per il coordinamento amministrativo (DI.C.A.),in�http://www.amministrazioneincammino.luiss.it/riforma/index.htm.� DOTTRINA�329 servizio�con�i�quali�gli�interessati�ritengono�di�rappresentare�il�livello�delle� proprie�prestazioni,�alla�situazione�dei�diversi�uffici�dell'Amministrazione� con�la�relativa�missione,�descrizione�funzionale,�variazioni�delle�risorse� umane,�dell'utilizzazione�della�professionalita�e�dei�carichi�di�lavoro.� Il�cambiamento�organizzativo�nella�P.A.�riguarda�anche�il�nuovo� sistema�dei�controlli,�controlli�esterni�(Corte�dei�Conti-Uffici�Centrali�per�il� Bilancio),�controllo�interno�(strategico,�di�gestione,�valutazione�dei�dirigenti).� 6.��LA leggE 241/1990.� E�opportuno�ricordare�che�la�riforma�della�pubblica�amministrazione�e� iniziata�con�la�legge�n.�241�del�7�agosto�1990,�che�ha�modificato�il�procedi- mento�amministrativo,�fino�allora�ispirato�ancora�in�parte�al�principio�di� autoritarieta�della�decisione�amministrativa:�si�tratta�del�primo�tentativo�di� semplificare�l'attivita�amministrativa�(il�capo�IV�della�legge�241�del�1990�si� intitola�per�l'appunto��Semplificazione�dell'azione�amministrativa�).� La�semplificazione�assurge�a�principio�cui�deve�tendere�l'attivita�ammi- nistrativa�e�si�pone�come�corollario�dei�principi�generali�di�efficacia,�econo- micita�sanciti�dall'art.�1�della�legge�241�del�1990�(15).� Il�concetto�di�semplificazione�che�scaturisce�dalla�lettura�della�sud- detta�legge�appare�strettamente�collegato�con�il�concetto�di�tempestivita�:� le�pubbliche�amministrazioni�non�possono�aggravare�il�procedimento�se� non�per�straordinarie�e�motivate�esigenze�imposte�dallo�svolgimento�dell'i- struttoria�(art.�1,�comma�2).�A�tale�principio�sono�state�previste�eccezioni,� come�nei�procedimenti�in�cui�sono�coinvolti�interessi�di�forte�impatto� ambientale.� Un�intero�capo�viene�dedicato�alla�semplificazione�dell'azione�ammini- strativa�con�l'introduzione�di�strumenti�che�hanno�lo�scopo�di�rendere�piu� celere�l'operato�della�P.A.:�conferenza�di�servizi,�accordo�tra�amministra- zioni,�denuncia�di�inizio�attivita�,�silenzio�assenso,�tempi�certi�per�rilascio�di� pareri.� Non�a�torto�la�legge�7�agosto�1990,�n.�241�e�considerata�la�pietra�ango- lare�della�riforma�dell'attivita�amministrativa.� (15)�TravI A.,�Legge�7�agosto�1990,�n.�241,�nuove�norme�in�materia�di�procedimento�ammini- strativo�e�di�diritto�di�accesso�ai�documenti�amministrativi,in�Nuove�leggi�civili�commentate,1995,� I;�TravI A.,�Nuovifermentineldirittoamministrativoversolafinedeglianni�'90,in�Foro�it.,�1997,� IV,�168;�OcchienA M.,�Prime�riflessioni�sugli�interessi�procedimentali�dopo�la�legge�sul�procedi- mento�amministrativo,in�Dir.�Proc.�Amm.�1997,�718�ss.;�CaringellA F.,�CrisafullI A., DE MarzO G., RomanO F.,�Ilnuovo�voltodellapubblicaamministrazionetrafederalismo�esemplifica- zione,�Napoli,�1997,�272,�ss;�CorpacI A.,�Spunti�critici�sulla�giurisprudenza�applicativa�della�legge� sul�procedimento�amministrativo,in�Dir.�Pubbl.,�1995,�199�ss.;�PedacI V.,�Alcune�notazioni�sulla� nuova�disciplinadella�conferenza�diservizitra�velocizzazionedeiprocessidecisionalieponderazione� degli�interessi�coinvolti,�nella�legge�n.�340�del�2000,�in�L'amministrazione�italiana,�2001,�833�ss.;�D'A- gostinO F.,�Manuale�di�diritto�amministrativo,�Giuffre�,�2000;�FerrarE R.,�Le��complicazioni�� della�semplificazione�amministrativa:�verso�un'amministrazione�senza�qualita�?,�in�Dir.�Proc.�Amm.,� 1999,�323�ss.;�CassesE S.,�La�semplificazione�amministrativa�e�l'orologio�di�Taylor,in�Riv.�Trime- strale�di�diritto�Pubblico,�1998,�698�ss.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Ulteriore�momento�di�verifica�si�colloca�negli�anni�1993-1994�(Governo� Ciampi�e�Ministro�della�funzione�pubblica�S.�Cassese):�l'atto�piu�importante� e�la�legge�24�dicembre�1993,�n.�537�(di�accompagnamento�alla�legge�finanzia- ria�per�il�1994),�che�ha�una�grande�valenza�semplificativa,�cui�abbiamo�gia� fatto�cenno�(16).� 7.��LE leggI BassaninI E lE leggI dI semplificazionE annuali. Dopo�la�241�del�1990,�con�le�leggi�15�marzo�1997,�n.�59�e�15�maggio� 1997�n.�127,�inizia�un�imponente�processo�di�trasformazione�del�sistema� amministrativo�in�base�al�quale�la�necessita�di�semplificazione�diventa�causa� e�fine�delle�riforme.� La�legge�n.�59�del�1997�(prima�legge�Bassanini)�individua�direttamente� 112�procedimenti�amministrativi�attraverso�i�quali�deve�attuarsi�la�semplifica- zione�mediante�disciplina�regolamentare.� E�inoltre�previsto,�all'art.�20,�che�il�Governo,�entro�il�31�gennaio�di�ogni� anno,�presenti�al�Parlamento�un�disegno�di�legge�per�la�delegificazione�e�la� semplificazione�di�norme�concernenti�i�procedimenti�amministrativi.� L'attivita�di�semplificazione�continua�con�la�legge�15�maggio�1997,� n.�127�(seconda�legge�Bassanini)�e�si�rivolge�alle�norme�sulla�documentazione� amministrativa,�alla�conferenza�di�servizi,�all'eliminazione�o�semplificazione� dell'attivita�consultiva�ecc.� La�legge�16�giugno�1998,�n.�191�(cd.�Bassanini�ter)�apporta�modifiche� alle�leggi�15�marzo�1997,�n.�59�e�15�maggio�1997,�n.�127.� Con�la�legge�8�marzo�1999,�n.�50�(Bassanini�quater)�viene�emanata�la� prima�legge�di�semplificazione�annuale,�che si concentraprevalentemente sulla semplificazione normativa e�individua�57�provvedimenti�da�semplificare�e�pre- vede�un�programma�di�riordino�delle�norme�legislative�e�regolamentari�nelle� materie�espressamente�indicate�dalla�legge�di�semplificazione�e�l'emanazione� di�testi�unici.� Nel�2000�viene�emanata�la�seconda�legge�di�semplificazione�annuale,�la� legge�24�novembre�2000,�n.�340�(legge�di�semplificazione�per�il�1999).� (16)�La�legge�del�7�agosto�1990,�n.�241,�assegna�al�procedimento�tale�ruolo�e,�in�particolare� prevede�che�nelle�procedure�attivate�per�la�tutela�ambientale,�paesaggistico-territoriale�e�della� salute�dei�cittadini,�non�sia�possibile�utilizzare�le�forme�e�gli�strumenti�della�semplificazione� amministrativa.� Si�evince�l'importanza�di�questi�aspetti,�tali�da�non�poter�essere�trattati�con�procedure�sempli- ficate,�in�quanto�il�pericolo�sarebbe�quello�di�non�garantire�una�reale�valutazione�degli�interessi�e� quindi�una�decisione�il�piu�possibile�adeguata�alle�esigenze�e�alla�realta�concreta.�Se�la�legge�del� 1990�evidenzia�la�rilevanza�dell'interesse�ambientale�e�della�salute�durante�le�valutazioni�che�l'am- ministrazione�e�chiamata�a�fare,�la�direttiva�del�27�giugno�1985,�n.�85/337�ha�previsto�un�procedi- mento�tipico�conformato�allo�scopo�di�pervenire�alla�decisione�piu�equilibrata�possibile,�che� prende�il�nome�di�Valutazione�di�Impatto�Ambientale�(VIA).�LaVIA,�sorta�negli�Stati�Uniti,�indi- vidua,�descrive�e�valuta�conformemente�agli�articoli�da�quattro�a�undici,�gli�effetti�diretti�di�un� progetto�sui�seguenti�fattori:�l'uomo,�la�fauna�e�la�flora,�il�suolo,�l'acqua,�l'aria,�il�clima�e�il�pae- saggio;�l'interazione�tra�i�suddetti�fattori,�i�beni�materiali�e�il�patrimonio�culturale.� La�VIA�e�lo�strumento�che�consente�di�verificare�preventivamente�l'impatto�globale�di�un'o- pera�o�di�una�certa�attivita�sull'ambiente.� DOTTRINA�331 Il�programma�di�semplificazione�riguarda�anche�la�legislazione�regionale� (L.R.�Friuli-Venezia�Giulia,�n.�17�del�28�agosto�2001,�L.R.�Puglia�n.�25�del� 4�settembre�2001�ecc.).� In�particolare,�la�legge�Bassanini�quater�stabilisce�che�i�Testi�unici�predi- sposti�dal�Governo,�anche�sulla�base�degli�indirizzi�indicati�dal�Parlamento,� devono�riordinare�e�semplificare�i�settori�normativi�disciplinati�attraverso�la� delegificazione�delle�norme�concernenti�aspetti�organizzativi�e�procedimen- tali,�l'esplicita�indicazione�delle�norme�vigenti�e�di�quelle�abrogate,�la�previ- sione�di�tutte�le�modifiche�di�coordinamento�formale�necessarie�(cfr.�la� recente�legge�5�giugno�2003,�n.�131).� 8.��IL testO unico. Il�testo�unico�in�generale�e�considerato�uno�strumento�della�semplifica- zione�normativa�in�quanto�in�grado�di�formalizzare�in�una�fonte�normativa� primaria�il��complesso�processo�di�sintesi�politico-normativo�tra�Governo�e� Parlamento�nella�fase�dell'istruttoria�legislativa��(17).� Ad�esempio,�il�Testo�Unico�introdotto�con�il�d.P.R.�8�giugno�2001,� n.�237,�il�quale�obbedisce�a�questa�ottica,�prevede�una�organica�riforma�della� materia�relativa�all'espropriazione(18).� L'articolato�si�caratterizza,�infatti,�come�continuazione�ideale�delle�inno- vazioni�introdotte�nel�procedimento�e�nel�processo�amministrativo,�nonche� delle�pronunce�emesse�a�livello�internazionale,�anche�nell'ottica�dell'evolu- zione�della�disciplina�della�funzione�statale�di�indirizzo�e�coordinamento.� E�fondamentale,�infatti,�che�il�procedimento�espropriativo�sia�coordi- nato�con�la�normativa�della�programmazione,�del�finanziamento�e�della�rea- lizzazione�delle�opere�pubbliche�(art.�14�legge�n.�109�del�1994�e�successive� modificazioni,�che�mira�a�razionalizzare�le�spese�e�evitare�l'episodicita�delle� scelte).� Il�testo�unico�sull'espropriazione,�ad�esempio,�ha�la�caratteristica�di� essere�misto,�in�quanto�risulta�composto�da�leggi�e�regolamenti,�e�questo� proprio�al�fine�di�perseguire�lo�scopo�di�rendere�intelleggibile�l'ordinamento� attraverso�un�riordino�per�settori�che�consenta�anche�un'ampia�delegifica- zione.� (17)�F.�Petricone,�cit.,�672.� (18)�G.�Montedoro,in�L'occupazione�appropriativa�dopo�il�D.Lgs�8�giugno�2001�n.�327,in� Urb.�e�appalti,�n.�11/2001,�1179.�Sul�modello�originario�dell'istituto�espropriativo�disciplinato�dalla� legge�25�giugno�1865,�n.�2359�v.�D. Sorace,�voce�espropriazione�per�pubblica�utilita�,in�Nov.�Dig.� disc.�pubbl.,�UTET,�186�ss.�Cfr.�anche�per�la�nozione�di�espropriazione...�D.�Sorace,�voce�Espro- priazione...189:��La�locuzione�``espropriazione�per�pubblica�utilita�''�e�tradizionalmente�e�-ormai� si�deve�dire�-convenzionalmente�usata�nel�diritto�amministrativo�per�indicare�un�istituto�com- plesso�identificato�da�uno�specifico�procedimento�amministrativo,�da�atti�di�amministrazioni�pub- bliche�e�di�soggetti�privati�aventi�determinati�effetti�giuridici,�da�un�insieme�di�posizioni�di�diritto� e�di�obbligo,�di�interesse�legittimo�e,�di�potere�previsti�e�disciplinati�originariamente�da�una�delle� leggi�di�unificazione�amministrativa�emanata�negli�anni�sessanta�del�secolo�scorso:�la�legge�25�giu- gno�1865,�n.�2359�.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� L'art.�7�della�legge�Bassanini�quater stabilisce�che�i�Testi�unici�predispo- sti�dal�Governo,�anche�sulla�base�degli�indirizzi�indicati�dal�Parlamento,� devono�riordinare�e�semplificare�i�settori�normativi�disciplinati�attraverso�la� delegificazione�delle�norme�concernenti�aspetti�organizzativi�e�procedimen- tali,�l'esplicita�indicazione�delle�norme�vigenti�e�di�quelle�abrogate,�la�previ- sione�di�tutte�le�modifiche�di�coordinamento�formale�necessarie.� Non�si�tratta,�pertanto,�di�testi�unici�meramente�ricognitori�della�mate- ria,�ma�di�testi�unici�che,�oltre�che�al�carattere�misto,�legislativo�e�regolamen- tare,�come�appena�detto,�sono�anche�innovativi�dell'ordinamento�giuridico.� Quest'ultima�e�,�peraltro,�la�struttura�che�e�dato�riscontrare�nelle�recente� produzione�di�testi�unici(19).� D'altronde,�fino�all'emanazione�della�legge�15�marzo�1997,�n.�59�i�testi� unici�sono�stati�emanati�senza�un�programma�preciso.� La�scelta�dello�strumento�del�testo�unico,�giustificata�dall'idoneita�di� quest'ultimo�di�coniugare�efficacemente�l'esigenza�della�semplificazione�delle� procedure�con�quella�del�riordino�del�sistema normativo�(20),�non�e�una� novita�nel�nostro�ordinamento.� La�legge�delega�18�marzo�1968,�n.�249,�modificata�con�legge�28�ottobre� 1970,�n.�775,�in�base�alla�quale�e�stato�emanato�il�d.P.R.�30�giugno�1972,� n.�748,�aveva�delegato�il�Governo�non�solo�a�raccogliere�in�testi�unici�le� disposizioni�in�vigore�concernenti�le�singole�materie,�ma�anche�il�riassetto� del�trattamento�economico�dei�dipendenti�statali�in�attivita�di�servizio�ed�in� quiescenza�ed�a�stabilire�il�trattamento�economico�degli�stessi�con�riguardo� alle�funzioni�da�questi�esercitate.� Il�legislatore�delegato�(d.P.R.�30�giugno�1972,�n.�748),�nel�conferire�un� nuovo�status,si�e�attenuto�ai�limiti�del�potere�delegatogli�di�modificare�il� relativo�trattamento�economico,�comprensivo�di�quello�previdenziale�ed�assi- stenziale,�abrogando�le�norme�in�contrasto�(legge�25�luglio�1971,�n.�557)�con� la�nuova�disciplina�della�materia�(21).� Si�tratta,�infatti,�di�una�tecnica�legislativa�molto�seguita�anche�nel�pas- sato�(testo�unico�approvato�con�il�r.d.�n.�383�del�1934�in�materia�di�esproprio;� testo�unico�degli�Enti�locali�approvato�col�regio�decreto�3�marzo�1934,� n.�383,�il�cui�art.�5�disciplina,�per�la�prima�volta,�l'istituto�del�silenziosu� ricorso�gerarchico;�testo�unico�n.�1092�del�1973�in�materia�pensionistica,�testo� unico�delle�disposizioni�sulle�acque�e�sugli�impianti�elettrici,�approvato�con� r.d.�11�dicembre�1933,�n.�1775,�in�parte�abrogato�dal�n.�59�dell'art.�58).� Di�recente�si�segnala,�il�testo�unico�delle�leggi�sull'ordinamento�degli�enti� locali�art.�123�comma�3,�d.lg.�18�agosto�2000,�n.�267,�il�testo�unico�delle� (19)�Cfr.�ad�esempio�il�Testo�unico�delle�disposizioni�legislative�in�materia�di�beni�culturali�ed� ambientali,�contenuto�nell'art.�151�d.lg.�29�ottobre�1999,�n.�490.� (20)�Nota�30�giugno�2000�del�Ministero�per�la�Funzione�Pubblica�richiamata�dal�parere�del- l'Adunanza�Generale�del�Consiglio�di�Stato�del�29�marzo�2001(Prot.�Norm.�n.124/2000).� (21)�Cfr.�sul�punto�Cons.�di�Stato,�Sez.�VI,�11�maggio�1982,�n.�259,�in�Cons. Stato,�1982,�I,� 697.� DOTTRINA�333 disposizioni�legislative�in�materia�di�beni�culturali�ed�ambientali�(art.151� d.lgs.�29�ottobre�1999,�n.�490);�nonche�il�testo�unico�delle�disposizioni�legisla- tive�e�regolamentari�in�materia�edilizia�(�d.P.R.�380�del�2001).� Tali�interventi�normativi�si�pongono,�dunque,�in�armonia�con�l'art.�7� comma�2�della�legge�8�marzo�1999,�n.�50,�come�modificato�dall'art.�22� comma�6�lett.�e della�legge�24�novembre�2000,�n.�340�secondo�cui��ciascun� testo�unico,�aggiornato�in�base�alle�leggi�di�semplificazione�annuali,�com- prende�le�disposizioni�contenute�in�un�decreto�legislativo�e�in�un�regolamento� che�il�governo�emana�ai�sensi�dell'art.�14�e�dell'art.�17,�comma�2,�della�legge� 23�agosto�1988,�n.�400�.� 9.��CaratteristicA deI recentI testI unici: testO unicO comE testO normativO differenziatO E comE fontE deL diritto. Il�Testo�Unico�puo�creare�regole�nuove.�Come�si�e�prima�precisato,�l'im- pianto�del�testo�unico�dell'espropriazione�e�costituito�da�un�corpo�di�norme� raggruppanti�le�disposizioni�legislative�e�regolamentari�della�materia,�con�la� previsione�dell'abrogazione�delle�previgenti�norme,�cos|�come�previsto� dall'art.�7�comma�2�della�legge�8�marzo�1999,�n.�50,�modificato�dall'art.�1,� comma�6�lett.�e della�legge�2000,�n.�340.� In�realta�,�dal�punto�di�vista�strutturale,�il�testo�unico�sull'esproprio� riflette�la�particolare�tecnica�di�redazione�dei�piu�recenti�testi�unici,�proprio� perche�caratterizzato�da�un�unico�testo�riassuntivo�(testo�A),�in�cui�conflui- scono�disposizioni�sia�legislative�sia�regolamentari,�che�si�compone�di�due� atti�normativi:�un�d.lgs.�(testo�B)�relativo�alle�disposizioni�legislative,�contras- segnate�dalla�lettera�L,�e�da�un�d.P.R.�(testo�C),�relativo�alle�sole�disposizioni� regolamentari,�contraddistinte�dalla�lettera�R.� Fino�ad�ora�solo�tre�testi�unici,�compreso�quello�sull'espropriazione,� sono�stati�redatti�in�base�a�questa�struttura:�il�d.lgs.�n.�443�e�i�d.P.R.� nn.�444�e�445�del�28�dicembre�2000�(recanti�il�t.u.�delle�disposizioni�in�mate- ria�di�documentazione�amministrativa)�e�il�d.P.R.�6�giugno�2001�n.�380�(testo� unico�in�materia�di�edilizia)�(22).� Tale�esigenza�e�sottolineata�anche�dalla�relazione�del�Consiglio�di�Sta- to�(23).� (22)�Cfr.�al�riguardo,�V.�Carbone,�Il nuovo testo unico delle disposizioni legislative e regola- mentari sull'edilizia,in�Corro Giur.,�2002,�7;�V.�Carbone,�Il nuovo testo unico in materia di espro- priazione: scompare l'occupazione appropriativa,in�Corro Giur.,�2001,�1265;�V.�Carbone, La delegi- ficazione nel nuovo regolamento sui lavori pubblici,in�Corro Giur.,�2000,�845;�V.�Carbone,�Il testo unico sull'edilizia �rivisitato� dal d.lgso 27 dicembre 2002 no 301,in�Corro Giur.,�2003,�690.� (23)�Il�Testo�Unico�sull'espropriazione�presenta�una�novita�assoluta�nel�nostro�ordinamento� giuridico:�e�stato�predisposto�e�redatto�dal�Consiglio�di�Stato.� Cio�in�attuazione�della�direttiva�di�cui�alla�legge�8�marzo�1999,�n.�50.� L'art.�7,�comma�5�prevede,�infatti,�la�possibilita�che�il�governo�demandi�la�redazione�degli� schemi�di�testi�unici�(ai�sensi�dell'art.�14,�2�comma,�del�testo�unico�delle�leggi�sul�Consiglio�di� Stato,�approvato�con�regio�decreto�26�giugno�1924,�n.�1054),�al�Consiglio�di�Stato,�a�causa�della� complessita�e�tecnicita�della�materia.� Quest'ultimo�ha�la�facolta�,�peraltro,�di�avvalersi�di�esperti�in�discipline�non�giuridiche,�in� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� La�natura�giuridica�dei�testi�unici�riguarda�prevalentemente�la�proble- matica�dell'inquadramento�del�testo�unico�nell'ambito�delle�fonti�del�diritto.� Generalmente�si�e�sempre�ritenuto�che�non�costituiscano�fonte�normativa�a� se�stante.� La�fonte�delle�norme�del�testo�unico�ed�il�grado�che�verranno�ad� assumere�e�quello�del�provvedimento�(legge,�decreto,�regolamento)�che� approva�il�t.u.�Si�distingue,�in�realta�,�tra�testi�unici�ricognitivi�e�testi�unici� fonte.� Vi�sono�testi�unici�privati�che�non�hanno�alcuna�ufficialita�e�che�man- cano�di�forza�innovatrice�dell'ordinamento�giuridico,�ma�sono�utili,�specie� nelle�fasi�storiche�caratterizzate�dalla�frammentazione�legislativa:�di�compila- zioni�private�e�stato�pieno�il�medioevo�e�sembra�che�la�post�modernita�cono- sca�esigenze�analoghe.� I�testi�unici�ufficiali,�invece,�scaturiscono�dalla�difficolta�del�legislatore� che,�non�riuscendo�ad�organizzare�una�codificazione,�si�limita�ad�una� paziente�opera�di�riordino.� Ma�il�riordino�puo�avere�valenze�diverse:�e�cos|�i�testi�unici�si�dividono� in�compilativi�o�ricognitivi,�ossia�a�diritto�invariato�(24)�od�innovativi,�che� determinano�una�rinnovazione�delle�fonti�su�cui�incidono,�indipendentemente� dalla�volonta�di�modificarle.� E�questo�il�motivo�per�cui�l'autorita�che�li�adotta�deve�essere�dotata�di� una�potesta�normativa�nelle�materie�racchiuse�nel�t.u.�o�deve�essere�autoriz- zata�o�delegata�all'uopo.�Con�la�creazione�del�t.u.�fonte,�le�norme�in�esso� contenute�vengono�sostituite,�anche�se�non�necessariamente�modificate(25).� Esistono�altres|�testi�unici�autorizzati�e�testi�unici�delegati:�dei�primi�e� controverso�il�carattere�di�fonte.� numero�non�superiore�a�cinque,�scelti�anche�tra�quelli�di�cui�al�comma�1�dell'art.�3�della�presente� legge.� E'�proprio�nell'ambito�dell'ottica�di�riordino�della�legislazione�vigente�avviata�con�la�riforma� Bassanini,�che�il�Consiglio�dei�Ministri,�delegato�ad�adottare�dei�testi�unici�di�semplificazione� (sul�modello�delle�compilationes giustinianee),�ha�demandato�la�redazione�del�T.U.�ad�un�organo� altamente�specializzato.� L'articolato,�che�e�stato,�dunque,�predisposto�direttamente�dal�Consiglio�di�Stato,�riguarda� solo�ed�esclusivamente�la�materia�espropriativa,�in�quanto�il�Governo�(Consiglio�dei�Ministri)�si� e�avvalso�dell'art.�7,�comma�5�solo�in�relazione�a�quest'ultima.� Resta,�conseguentemente,�esclusa�la�normale�attivita�consultiva�del�Consiglio�di�Stato�stesso,� prevista�in�via�generale�dall'art.�16,�comma�1,�n.�3,�del�r.d.�n.�1054�del�1924,�nonche�dall'art.�17,� comma�25,�della�legge�n.�127�del�1997,�e�dal�comma�4�dello�stesso�art.�7�della�legge�n.�50�del�1999.� Semmai,�il�suddetto�parere�e�richiesto�solo�in�caso�di�modifiche�apportate�in�sede�di�approvazione.� Il�Consiglio�di�Stato�ha�provveduto�a�redigere�anche�la�prescritta�relazione�esplicativa,�la�quale� funge�da�chiave�di�lettura�del�testo�unico�stesso,�nonostante�che�in�sede�governativa�siano�state� poste�in�essere�modifiche�marginali,�senza�l'acquisizione�dell'ulteriore�attivita�consultiva�del�mede- simo�Consiglio.� (24)�Sono�testi�unici�compilativi�quelli�in�materia�di�autonomie�locali,�documentazione� amministrativa,�di�beni�ambientali�e�culturali,�di�edilizia�privata.� (25)�R.�Galli,�Corso di diritto amministrativo,�Cedam,�50.� DOTTRINA�335 I�Testi�unici�hanno�spesso�contenuto�misto�ed�ad�efficacia�variabile:�con- tengono�norme�legislative�e�regolamentari,�che�conservano�la�loro�diversa� efficacia�formale.�I�testi�unici,�compilativi�o�innovativi,�producono�un�effetto� di�consolidamento�e�possono�definirsi�quali�opere�di�codification�formelle�o� a�droit�costant.� La�Corte�costituzionale,�ribadendo�la�distinzione�tra�testi�unici�di�mera� compilazione�e�testi�unici�di�emanazione�del�potere�legislativo,�sostieneche� nel�primo�caso�la�forza�di�legge�delle�singole�norme�derivi�sempre�dalla�legge� ordinaria�dalla�quale�esse�sono�state�tratte�(26).� La�disposizione�di�decreto�delegato�riproduttiva�di�previgente�disposi- zione�pone�una�norma�nuova;�un�testo�unico,�emanato�in�forza�di�delega,�e� testo�legislativo�e�ha�efficacia�abrogante�(27).� La�particolarita�dei�testi�unici,�dunque,�rispetto�alle�altre�tipologie�di� leggi�consiste�proprio�nel�fatto�che�essi�si�sostanziano�in�atti�di�consolida- mento�del�diritto�in�un�settore�dell'ordinamento�(28).� La�finalita�precipua�dei�testi�unici�della�Bassanini-quater�e�quella�di�ren- dere�leggibile�l'ordinamento�attraverso�un�riordino�per�settori�che�consente� anche�un'ampia�delegificazione.� Si�tratta,�dunque,�di�testi�unici�ufficiali,�innovativi,�nei�limiti�delle�esi- genze�di�coordinamento�e�semplificazione�e�quindi�destinati�a�regolare,�pre- valentemente,�gli�aspetti�procedimentali�piuttosto�che�quelli�sostanziali.� La�stessa�Adunanza�generale�del�Consiglio�di�Stato�ha�precisato�che� l'art.�7�comma�2�della�legge�n.�50/1999�ha�previsto�la�redazione�di�un�testo� unico��innovativo�,�come�si�desume�dai�principi�e�criteri�direttivi�da�esso�fis- sati,�dalla�previsione�di�un�termine�finale�per�la�sua�emanazione,�dalla�predi- sposizione�di�una�procedura�articolata�di�consultazione�e�raccordo�fra� Governo�e�Parlamento.� Proprio�questo�raccordo�dimostra�che�sarebbe�stato�superfluo�in�rela- zione�ad�un�testo�unico�meramente�compilativo.� Il�tasso�di�innovativita�consentito,�precisa�l'adunanza�generale,�e�mag- giore�per�gli�aspetti�procedimentali�ed�organizzativi�della�materia,�mentre,� relativamente�agli�aspetti�sostanziali�il�testo�unico�puo�operare�la�selezione� e�la�riorganizzazione�del�vigente�quadro�normativo�(29).� Il�coordinamento�delle�disposizioni�puo�consentire�un�piu�incisivo�inter- vento�sul�contenuto�sostanziale�delle�disposizioni�preesistenti�quando�si� (26)�Corte�cost.,�17�aprile�1957,�n.�54,�in�Giur.�it.,�1958,�I,�1,�161;�Corte�cost.,�10�giugno�1982,� n.�110,�in�Rass.�Avv.�Stato,�1982,�I,�481.�V.�inoltre�Corte�cost.,�nn.�,�24/1961,�32/1962,�57/1964,� riportate�da�M.�Malo,�voce�Testo�unico,in�Dig.�disc.�pubbl.,�UTET,�307.� (27)�Corte�cost.,�17�aprile�1957,�n.�54,�in�Giur.�it.,�1958,�I,�1,�161;�Corte�cost.,�10�giugno�1982,� n.�110,�in�Rass.�Avv.�Stato,�1982,�I,�481.�V.�inoltre�Corte�cost.,�nn.�,�24/1961,�32/1962,�57/1964,� riportate�da�,�M.�Malo,�voce�Testo�unico,in�Dig.�disc.�pubbl.,�UTET,�307.� (28)�A. Saturno,�Oggetto�ed�ambito�di�applicazione�del�testo�unico,in�L'espropriazione�per� pubblica�utilita�,Cedam, 2.� (29)�G.�Montedoro,in�L'occupazione�appropriativa�dopo�il�D.Lgs�8�giugno�2001�n.�327,in� Urb.�e�appalti,n.�11/2001,�1172.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� tratta�di�assicurare�la�coerenza�dell'ordinamento�nel�suo�complesso,�ma� anche�in�sintonia�con�l'evolversi�dei�principi�generali,�con�la�cultura�giuridica,� con�il�diritto�vivente�creato�dalla�giurisprudenza�costituzionale�e�di�legitti- mita�.� Il�limite�di�coordinamento�si�rinviene�proprio�nello�stesso�diritto�vivente,� che�va�considerato,�modificato,�innovato,�ma�non�stravolto�(30).� 10.��IL nuovO modellO dellA semplificazione: dallA delegifica- zionE allA codificazione. L'esempiO deL t.u. dell'espropria- zione. Il�testo�unico�per�le�espropriazioni,�cos|�come�gli�altri�due�che�si�sono� menzionati,�si�configura�come�un�vero�e�proprio�codice.�Infatti,�per�le�rile- vanti�novita�che�introduce�si�presenta�come�un�testo�innovativo,�di�modifica� del�diritto�vigente:�con�esso�il�legislatore�ha�posto�in�essere�una�vera�e�propria� attivita�di�codificazione,�e�non�di�semplice�raccolta�normativa(31).� La�codificazione�della�normativa�primaria�e�stata�prevista�dal�legislatore� piu�recente�(interventi�in�materia�di�qualita�della�regolazione,�riassetto�nor- mativo�e�codificazione-legge�di�semplificazione�2001�che�ha�riscritto�l'art.�20� della�legge�15�marzo�1997,�n.�59),�in�quanto�permette�un�intervento�innova- tivo�sulle�varie�materie,�assai�piu�incisivo�di�quello�previsto�dal�comma�11� dell'art.�20�della�legge�15�marzo�1997,�n.�59�(testo�attuale)�e�dall'art.�7�della� legge�8�marzo�1999,�n.�50.� Il�testo�unico�ha�in�parte�innovato�la�materia,�per�quanto�riguarda�i�pro- fili�organizzatori�e�procedimentali,�per�i�quali,�peraltro,�era�prevista�la�delegi- ficazione.� Ha�inoltre,�per�la�gran�parte,�coordinato�la�congerie�di�norme�preesi- stenti�e�stratificatesi�in�piu�di�un�secolo�di�legislazione,�chiarendo�dubbi�inter- pretativi,�dando�veste�normativa�ai�principi�elaborati�dalla�giurisprudenza�e� dalla�Corte�costituzionale,�definendo�abrogazioni�tacite�ed�ambito�di�applica- zione�di�norme�residue(32).� (30)�Sul�drafting,�il�principio�di�ragionevolezza�ed�i�limiti�del�coordinamento�legislativo�nella� redazione�dei�testi�unici,�anche�con�riferimento�all'esigenza�di�chiarezza�delle�leggi�nei�rapporti� tra�diritto�interno�e�diritto�comunitario,�cfr.�V.�Caianiello,�Il�drafting�delle�leggi�nella�giurispru- denza,in�Studi�parlamentari�e�di�politica�costituzionale,�2001,�fasc.�132-133,�7�ss.�Cfr.�anche�R.� Dickmann, Le�nuove�regole�e�raccomandazioni�per�la�formulazione�tecnica�dei�testi�legislativi,in� Riv.�trim.�dir.�pubblico,�2001,�fasc.�3,�723�e�T.�E.�Frosini,�Il�drafting�legislativo�in�Italia�e�altrove,� in�Studi�parlamentari�e�di�politica�costituzionale,�2001,�fasc.�132-133,�anche�con�riferimento�al� modello�del�Codice�napoleonico�e�alla�tecnica�della�legislazione�in�Gran�Bretagna�dall'Ottocento� al�Novecento.� (31)�A.�Saturno,�Oggetto�ed�ambito�di�applicazione�del�testo�unico,in�L'espropriazione�per� pubblica�utilita�,Cedam, 2.� (32)�G.�Albenzio,�Il�Testo�Unico�delle�disposizioni�legislative�e�regolamentari�in�materia�di� espropriazione�per�pubblica�utilita�.�Presentazione,in�Rass.�Avv.�Stato,�2002,�I,�94.��Che�ci�sia�oggi� un�guazzabuglio�continuo�nell'applicazione�della�legge�lo�sappiamo,�anzi�credo�che�nessuno�lo� sappia�meglio�dell'Avvocatura�dello�Stato�che�conosce�gli�infiniti�casi�che�l'applicazione�di�certe� leggi�ha�provocato�per�una�cattiva�prassi�,�AlbertO Predieri, L'Avvocatura�dello�Stato�nel�con- tenzioso�sulla�difesa�dell'ambiente,in�Atti�del�Primo�Congresso�Nazionale�degli�Avvocati�e�Procura- DOTTRINA�337 Il�testo�unico�nella�prima�parte�affronta�la�tematica�da�un�punto�di�vista� generale,�per�poi�passare�ad�analizzare�le�norme�specifiche,�evidenziando�gli� aspetti�di�maggiore�novita�rispetto�alla�disciplina�normativa�vigente.�Una� delle�novita�piu�rilevanti�riguarda�l'abolizione�dell'istituto�dell'occupazione� appropriativa,�nonche�il�fatto�che�la�competenza�venga�affidata�interamente� all'ente�pubblico�che�realizza�l'opera,�senza�piu�la�necessita�dell'intervento� del�tribunale�o�delle�autorita�prefettizie.� La�particolarita�del�testo�unico�riguarda�il�fatto�che�esso�non�riproduce� il�contenuto�di�tutte�le�norme�succedutesi�dal�1865�in�poi:�manca,�infatti,� la�cosiddetta��tavola�delle�corrispondenze��presente�in�tutti�gli�altri�testi� unici.� Il�testo�unico�attua,�infatti,�una�tabula�rasa�delle�disposizioni�previgenti,� e�rappresenta,�anche�per�questo�un�vero�e�proprio��codice�dell'espropriazio- ne��(33).�Tuttavia,�anche�il�concetto�di�tabula�rasa�deve�essere�letto�ed�inter- pretato�nel�senso�che,�in�una�materia�di�cos|�delicata�compresenza�di�interessi� pubblici�e�privati,�l'intervento�del�legislatore�non�puo�mai�essere�risolutivo:�i� futuri�interventi�di�dottrina�e�giurisprudenza�apporteranno�l'insostituibile� contributo�con�l'ausilio�del�materiale�gia�elaborato�a�partire�dal�1983�e�dai� fondamentali�interventi�giurisprudenziali�(34).� toridello�Stato,�L'AvvocaturadelloStato�verso�il2000nelsolco�della�tradizione,�Firenze,�2-4�giugno� 1989,�132.�Cfr.�anche�G.�Freddi,�Scienza�dell'Amministrazione�epolitichepubbliche,�a�cura�di�G.� Freddi,�27.� (33)�F.�Caso,�Lanuovadisciplinadelleespropriazioniperpubblica�utilita�,in�http://www.sspa- l.it/HTML/sezioni/grassi/caso2.htm.�Ai�sensi�del�comma�3�dell'art.�1,�le�norme�del�testo�unico� non�possono�essere�derogate,�modificate�o�abrogate�se�non�per�dichiarazione�espressa,�con�riferi- mento�specifico�a�singole�disposizioni.� La�disposizione�riproduce�il�contenuto�dell'art.�7,�comma�6,�della�legge�50/99,�in�base�al�quale� �le�disposizioni�dei�testi�unici�non�possono�essere�abrogate,�derogate,�sospese�o�comunque�modifi- cate�se�non�in�modo�esplicito,�mediante�l'indicazione�delle�fonti�da�abrogare,�derogare,�sospendere� o�modificare�.� In�tale�espressione�e�stata�riconosciuta�una�particolare�forza�di�resistenza�dei�testi�unici�stessi.� In�realta�,�essa�non�puo�essere�considerata�previsione�rafforzativa�dell'efficacia�delle�norme�del� testo�unico,�come�cioe�una�effettiva�limitazione�al�legislatore�successivo,�ma�solo�ed�esclusiva- mente�un�meccanismo�volto�a�evitare�modificazioni�o�abrogazioni�tacite,�imponendo�al�legislatore� piena�consapevolezza�nell'abrogare�o�modificare�le�norme�del�testo�unico.�La�disposizione�di�cui� all'ultimo�comma�dell'art.�1�riprende�le�direttive�e�i�criteri�generali�stabiliti�in�materia�di�semplifi- cazione.� Il�punto�3,�l.�m�della�circolare�del�20�aprile�2001�del�Presidente�del�Senato�sulle�regole�e�rac- comandazioni�per�la�formulazione�tecnica�dei�testi�legislativi�prevede�che�la�modifica�a�norme�di� testi�unici��misti��previsti�dall'articolo�7�della�legge�n.�50�del�1999�e�fatta�unicamente�al�decreto� del�Presidente�della�Repubblica�(cosiddetto�testo�A)�contenente�sia�le�disposizioni�legislative�sia� quelle�regolamentari.�In�caso�di�sostituzione�o�aggiunta�di�articoli�o�commi�e�necessario�precisare,� apponendo�la�lettere�L�o�R,�il�rango�della�disposizione�oggetto�di�modifica.� (34)�G.�Montedoro,in�L'occupazione�appropriativa�cit.,�1171.�I�giudici�di�Strasburgo�hanno� ritenuto�che�la�sottrazione�del�possesso�consentita�dall'istituto�dell'accessione�invertita�creato� dalla�Cassazione,�non�e�conforme�ai�principi�della�Convenzione�Europea�in�quanto�contrastante� con�il�principio�della�legalita�,�considerato�che�il�diritto�di�proprieta�ossia�il�diritto�di�godere�paci- ficamente�dei�propri�beni�(peacefulenjoment�ofhispossession)e�un�principio�generale.�La�Corte� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� L'articolato�e�stato�redatto�seguendo�la�distinzione�tra�norme�procedi- mentali�e�disposizioni�sostanziali�e�fa�propri�gli�assunti�e�i�principi�raggiunti� dalla�legislazione�e�dalla�giurisprudenza.� I�suddetti�principi,�d'altronde,�costituiscono�il�precipitato�logico�giuri- dico�dei�punti�fermi�di�carattere�generale�gia�consolidatisi�nel�corso�del� tempo�ancor�prima�della�redazione�del�testo�unico,�come�gia�si�era�verificato� con�la�legge�205�del�2000.� I�lavori�del�testo�unico�sono�stati,�peraltro,�fortemente�influenzati�dalla� sentenza�30�maggio�2000�della�Sezione�II�della�Corte�Europea�dei�diritti�del- l'uomo,�che�ha�dichiarato�che�l'occupazione�appropriativa�si�pone�in�contra- sto�con�l'art.�1�del�protocollo�n.�1�della�Convenzione�europea�dei�diritti� dell'uomo�(35).� L'art.�43�del�testo�unico,�infatti,�e�finalizzato�ad�eliminare�la�figura� dell'occupazione�appropriativa,�o�accessione�invertita�o�espropriazione� sostanziale,�nonche�quella�della�occupazione�usurpativa,�alla�quale�per�la� piu�recente�giurisprudenza�non�si�applicano�le�disposizioni�vigente�del- l'art.�5-bis�della�legge�n.�359/1992�sulla�riduzione�del�quantum�dovuta�a�titolo� di�risarcimento�dei�danni.� E�,�dunque,�evidente�che�i�tempi�erano�maturi�per�questa�riforma(36)�e� dopo�un'epoca�incentrata�in�massima�parte�sulla�decodificazione,�era�tempo� di�ritornare�alle�discipline�codificate,�che�esprimono�principi�e�che�assumono� una�portata�decisamente�generale,�a�differenza�di�quelle�speciali�che�svuo- tano,�invece,�di�contenuto�la�disciplina�codificata. E�,�infatti,�innegabile,�che�il�problema�della�riforma�investa,�oggi,�preva- lentemente�le�leggi�speciali�che�specificano�o�regolano�nelle�sue�parti�la�mate- ria,�o�meglio�gli�interventi�di�carattere�parziale�che�hanno�operato�su�un�tes- richiede�infatti�che�la�sottrazione�della�proprieta�debba�essere�attuata�nel�pubblico�interesse,�con� un�equo�bilanciamento�tra�interessi�generali�ed�individuali:�la�disposizione�nazionale�deve�essere� accessibile,�precisa,�chiara�e�rispettosa�del�diritto�dominicale�del�cittadino.� (35)�Sentenza�30�maggio�2000�della�Sezione�II�della�Corte�Europea�dei�diritti�dell'uomo,�ric.� 31524/96,�in�www.lexlab.it/giursprudenza/cedu_belvedere.htm.� (36)�V.�DI Ciolo,�Il�riordino�e�il�consolidamento�della�legislazione�italiana�nella�XIII�legisla- tura.�Notepreliminari,�in�studiparlamentari�e�dipolitica�costituzionale,�2001,�fasc.�134,�39;�A.�Rug- geri,�Linee�emergentieprospettive�dirazionalizzazione�in�tema�dinormesullanormazione,in�Rasse- gna�parlamentare,�2000,�fasc.�2,�379;�F.�Guizzi,�Scipione�Maffei�e�Gian�Vincenzo�Gravina:�un� monito�per�una�ordinata�legislazione,in�Riv.�dir.�pubblico,�2000,�fasc.�3,�341,�che�analizza�la�fuga� dal�codice�ma�anche�la�fuga�dall'�ordinamento�ordinante��a�causa�del�moltiplicarsi�delle�fonti� normative;�F.�PatronI Griffi,�La�fabbrica�delle�leggi�e�la�qualita�della�normazione�in�Italia,in� Diritto�amministrativo,�2000,�fasc�3,�97,�in�merito�alla�riforma�della�regolazione�nell'Unione�euro- pea�e�nei�paesi�aderenti�all'OCSE;�M.�Ruotolo, Laprogettazionelegislativa.�Un'esigenzadirilievo� costituzionale?,�in�Giur.�it.,�2000,�fasc.�12,�2440;�E.�Midena, Analisi�di�impatto�della�regolamenta- zione�e�analisi�tecnico-normativa,in�Giornale�di�dir.�amm.,�2001,�fasc.3,�88.� �Le�grandi�riforme�si�debbono�preparare�quando�i�tempi�sono�maturi�-Gli�uomini�di�governo� non�debbono�essere�dei�precursori,�debbono�essere�uomini�che�capiscono�il�tempo�nel�quale� vivono,�che�sentono�le�condizioni�del�paese�e�che�le�secondano�efficacemente�,�L. Salvatorelli,� Giolitti,�Milano,�ed.�Risorgimento,�1920,�80.� DOTTRINA�339 suto�sociale�che�non�e�certo�il�medesimo�nel�corso�di�questi�centotrenta� anni�(37).�La�legge�fondamentale�dell'espropriazione,�nonostante�l'apparente� formulazione�perentoria�(�L'espropriazione�dei�beni�immobili�o�di�diritti� relativi�ad�immobili�per�l'esecuzione�di�opere�di�pubblica�utilita�non�puo�aver� luogo�che�con�l'osservanza�delle�forme�stabilite�dalla�presente�legge�),�ha� subito�numerosissime�deroghe�introdotte�da�leggi�speciali�relative�a�categorie� piu�o�meno�vaste�di�opere�e�di�interventi.� Ormai�era�applicata�solo�in�ipotesi�marginali,�pur�non�potendosi�consi- derarla�abrogata�e�conservando�anzi�pieno�e�attuale�interesse�sotto�molteplici� aspetti,�tra�cui,�non�di�poco�conto,�la�ricostruzione�dei�principi�generali�della� materia.� Tra�le�principali�deroghe�apportate�e�da�segnalarsi�l'esigenza�di�semplifi- cazione�della�fase�relativa�alla�dichiarazione�di�pubblica�utilita�ed�alla�scelta� delle�aree�da�espropriare,�anche�mediante�l'attribuzione�del�valore�di�dichia- razione�di�pubblica�utilita�all'approvazione�di�progetti�o�piani�di�cui�gia�negli� anni�venti�si�sentiva�l'esigenza,�attuata�con�r.d.�8�febbraio�1923,�n.�422,�per� le�opere�statali�in�genere.�Ed�ancora,�la�legge�22�ottobre�1971,�n.�865�per�l'e- dilizia�residenziale�pubblica,�le�opere�di�urbanizzazione,�per�il�risanamento,� anche�conservativo�degli�agglomerati�urbani,�per�i�parchi�nazionali�e�altro;� la�legge�3�gennaio�1978,�n.�1,�per�la�generalita�delle�opere�pubbliche�statali,� regionali�e�degli�enti�locali�e�tante�altre�leggi�speciali�ancora. E�interessante�notare�come�da�una�legge�fondamentale�in�materia�di� esproprio�si�sia�arrivati,�dopo�una�produzione�normativa�alluvionale�e�spe- cialistica�durata�piu�di�un�secolo,�alla�redazione�di�un�testo�unico�che,�per� certi�aspetti,�ripropone�le�medesime�istanze�di�sistematizzazione�e�di�riordino� della�materia.� Lo�stesso�destino�e�toccato�al�codice�civile�del�1865�e�a�quello�attual- mente�in�vigore,�laddove�relativamente�al�metodo�riformistico�sono�stati� scritti�fiumi�d'inchiostro:�la�diatriba��riforma�totale-riforma�parziale��e�sorta� con�la�codificazione�stessa�e�continua�nei�tempi�moderni�(38).� (37)��Al�giurista�non�e�concessa�la�consolazione�della�nostalgia,�ne�la�serena�tristezza�di�chi� scruta�il�tramonto:�egli�ha�l'ineludibile�dovere�di�capire,�e�di�ricomporre,�tra�le�rovine�del�passato� ed�i�labili�o�incerti�segni�del�futuro,�la�logica�del�proprio�tempo�,�N. Irti,�L'eta�della�decodifica- zione,�Milano,�Giuffre�,�1986,�87ss.� (38)�Neppure�al�codice�civile�puo�piu�riconoscersi,�come�nel�secolo�precedente,�il�valore�di� diritto�generale,�di�sede�dei�principi�universali:�ha�perduto�il�carattere�di�centralita�nel�sistema� delle�fonti,�non�e�piu�sede�di�garanzie�dell'individuo�ormai�assunte�e�svolte�dalla�Costituzione,� non�e�piu�sede�di�principi�generali,�ormai�espressi,�per�singole�categorie�di�beni�o�classi�di�soggetti� dalle�leggi�esterne.�Assistiamo�ad�una�quotidiana�e�penetrante�conquista�di�territori�da�parte�di� leggi�speciali,�ma�con�una�importante�inversione�di�tendenza,�anche�qui,�negli�ultimi�anni:�alcune� recenti�e�importanti�riforme,�anche�al�fine�di�adeguamento�al�diritto�internazionale�ed�europeo,� sono�state�attuate�direttamente�nell'impianto�codicistico�(basti�pensare�alla�riforma�del�settore� dei�contratti�del�consumatore,�che�ha�introdotto�nel�corpo�del�codice�civile�gli�articoli�1469�bis�ss).� Lo�stesso�accade�nel�campo�delle�riforme�di�diritto�amministrativo,�non�da�ultimo�quelle�in� materia�di�esproprio.� Cfr.�in�ordine�al�problema�della�riforma�del�codice�civile�nel�primo�quindicennio�del�secolo,� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� La�lenta�e�progressiva�legislazione�speciale�ha�gradualmente�sottratto� intere�materie�o�gruppi�di�rapporti,�alla�disciplina�generale,�costituendo� microsistemi�di�norme,�con�proprie�e�autonome�logiche.�Le�leggi�speciali� svuotano,�infatti,�di�contenuto�la�disciplina�codificata�ed�esprimono�principi� che�assumono�una�portata�decisamente�generale.� Si�era,�infatti,�giunti�al�paradosso�che�il�problema�della�riforma�del�set- tore�relativo�all'esproprio�investiva�non�solo�la�legge�fondamentale�origina- ria,�bens|�anche�e�soprattutto�le�leggi�speciali�che�la�specificavano�o�la�com- pletavano:�si�e�trattato,�peraltro,�di�riforme�di�carattere�parziale�che�hanno� operato�su�un�tessuto�normativo�che�non�e�piu�lo�stesso�di�quello�del�secolo� scorso.� Siamo�ora�passati�da�una�tecnica�di�riforma�legislativa�incentrata�su� modifiche�di�carattere�parziale�o�su�aggiunte�e�svolgimenti�sviluppati�dalle� leggi�speciali,�all'esigenza�di�una�visione�normativa�unitaria�esemplificata.� D'altronde,�l'immagine�della�specialita�non�offre�una�completa�e�rigorosa� rappresentazione�dell'esperienza�legislativa�del�nostro�tempo.� La�relazione�tra�diritto�generale�e�diritto�speciale�nasce�proprio�dal�raf- fronto�tra�due�norme�giuridiche,�che�hanno�l'elemento�di�fatto�in�comune,� in�quanto�la�norma�piu�ampia�comprende�nel�suo�contenuto�l'elemento�di� fatto�della�meno�ampia,�e�questa�vi�aggiunge�soltanto�un�momento�proprio.� Da�tempo�risalente�la�dottrina�(39)�considera�le�leggi�speciali�come�uno� sviluppo�della�disciplina�codificata,�che�conserverebbe�natura�e�funzione�di� diritto�generale.�Sarebbe�percio�ammissibile�l'analogia�legis�nei�confronti� della�legge�speciale,�ma�necessario,�per�l'analogia�juris,�il�ricorso�al�testo� generale,�in�quanto�i�principi�generali�e�l'interpretazione�che�contribuiscono� a�colmare�le�lacune�della�legge,�dovrebbero�sempre�attingersi�da�questo.� �Il�mondo�della�sicurezza�e�il�mondo�dei�codici,�in�quanto�il�diritto�si� risolve�nelle�leggi�dello�Stato�e�le�leggi�dello�Stato�si�chiudono�nelle�strutture� fisse�e�durevoli�dei�codici�che�traducono,�in�ordinate�sequenze�di�articoli,�i� valori�correnti.�E�comprensibile,�quindi,�cogliere�il�significato�costituzionale� dei�codici,�in�quanto�essi�non�si�limitano�a�disciplinare�semplici�congegni�tec- nici�piu�o�meno�perfetti�e�completi,�ma�fissano�la�filosofia�del�momen- to��(40).� N.�Stolfi,�Il�nuovo�codice�civile�commentato,�vol.�I,�Napoli,�Jovene,�1914,�VII:�R.�Universita�degli� studi�di�Messina,�Sul�progetto�di�riforma�del�primo�libro�del�codice�civile,�Messina,�La�Sicilia,� 1932,�3;�V.�Scialoja,�Diritto�pratico�e�diritto�teorico,in�Riv.�dir.�com.,�1904,�I,�520;�F.�SantorO Passarelli,�Dai�codici�preunitari�al�codice�civile�del�1865,in�Studi�in�memoria�di�Andrea�Torrente,� Vol.�II,�Milano,�Giuffre�,�1968;�M.�Roberti,�I�tentativi�per�una�codificazione�italiana�nel�periodo� napoleonico�(1796-1810),�in�Jus,�vol.�III,�Milano,�ed�Vita�e�Pensiero,�1943,�197�ss.� (39)�F.�Ferrara, Trattato�di�diritto�civile�italiano,�vol.�I,�Roma,�Athenaeum,�1921,�83.� (40)�F.�SantorO Passarelli,�Dai�codicipreunitari�alcodice�civile�del1865,in�Studi�in�memor ia�di�Andrea�Torrente,�Vol.�II,�Milano,�Giuffre�,�1968,�1033.,�A.�Manzella,�Dopo�Nizza:�la�Carta� dei�diritti��proclamata�,�in�Carta�dei�dirittifondamentali�e�costituzione�dell'unione�europea,�a�cura� di�L.�S.�Rossi,�Giuffre�,�2002,�241;�G.�Jellinek,�La�dichiarazione�deidirittidell'uomo�e�delcittadino,� Giuffre�,�95;�M.�Magri,�La�legalita�costituzionale�dell'amministrazione,Giuffre�,�2002,�381�ss;�A.� SirottI Gaudenzi,�Iricorsi�alla�corte�dei�diritti�dell'uomo,�Maggioli,�2001,�36�ss.� DOTTRINA�341 E�in�questo�senso�che�evolve�la�legislazione�attuale:�l'art.�1�del�disegno�di� legge�A.C.�2579�relativo�alla�legge�di�semplificazione�2001�(Interventi�in� materia�di�qualita�della�regolazione,�riassetto�normativo�e�codificazione,� legge�di�semplificazione),�riscrive�completamente�l'art.�20�della�legge� 15�marzo�1997,�n.�59.� Il�disegno�di�legge�modifica�sostanzialmente�la�logica�della�semplifica- zione,�atteso�che�passa�dalla�semplificazione�delle�procedure�attraversola� delegificazione�alla�semplificazione�attraverso�il�riassetto�normativoe�la� codificazione.� 11.��LA semplificazionE deL linguaggiO amministrativO E lA riformA dell'amministrazionE pubblica. La�legge�7�agosto�1990,�n.�241�annovera�fra�i�suoi�principi�ispiratori�la� pubblicita�o�conoscibilita�dell'azione�amministrativa�ed�il�diritto�di�accesso,� entrambi�di�grande�rilievo�per�la�qualita�dei�rapporti�tra�pubbliche�ammini- strazioni�e�cittadini.� Importante�si�configura�la�valutazione�e�l'impatto�dell'introduzione�di� norme�comunitarie�sull'ordinamento�interno:�e�la�stessa�adesione�all'unione� europea�che�impone�tale�adeguamento.�L'Unione�europea�e�l'OCSE�sanci- scono�l'importanza�del�controllo�della�qualita�e�dunque�della�quantita�,�delle� leggi�comunitarie�e�nazionali�per�migliorare�il�sistema�normativo�(41).� �Non�si�tratta�di�assecondare�un'esigenza�formalistica,�ma�di�rivalutare� un'istanza�sostanziale.�Dal�sistema�economico,�dalle�imprese�che�pungolano� i�legislatori�di�tutti�i�paesi�europei�per�uno�snellimento�e�una�semplificazione� delle�procedure�amministrative,�arriva�direttamente�l'affermazione�di�questi� principi�,� In�particolare�si�evidenzia�la�necessita�di�sottoporre�a�valutazione�ogni� nuova�norma,�singolarmente,�compliance-cost�assessment,�e�cumulativa- mente,�regolatory�budget,�in�modo�da�non�imporre�oneri�inutili�sia�singolar- mente,�sia�in�combinazione�con�norme�precedenti.� Il�testo�unico�in�generale,�non�si�limita�a�valutare�l'impatto�delle�nuove� norme,�ma�prende�in�considerazione�anche�l'impatto�regolatorio�di�quelle�esi- stenti�(42),�introducendo�le�modifiche�necessarie�per�garantire�la�coerenza� logica�e�sistematica�nonche�la�semplificazione�della�terminologia,�come�spe- cifica�lo�stesso�parere�del�Consiglio�di�Stato�relativo�al�testo�unico�dell'espro- priazione.�E�stato�questo�lo�schema�che�e�stato�seguito�nella�redazione�del� testo�unico.� (41)�F.�Petricone, Recentissime�dal�Parlamento,in�Giur.it.,�1999,�171;�F.�Petricone, Le�leggi� di�semplificazione�della�riforma�amministrativa,in�Giur.�it.,�n.�3,�2000,�673.� (42)�Cfr.�L'Italia�da�semplificare:I.�Le�istituzioni,�a�cura�di�S.�CassesE eG.�Galli,�Bologna,� 1998,�L'Italia�da�semplificare:II.�Le�regole�e�le�procedure,�a�cura�di�G.�de�Caprariis�e�G.�Vesperini,� Bologna,�1998,�e�L'Italia�da�semplificare:�III.�Procedimenti�amministrativi�di�interesse�delle�imprese,� a�cura�di�M.�G.�Coronas�e�P.�De�Luca,�Bologna,�1998.�Sul�rapporto�tra�testo�unico�e�legge�delega� cfr.�Corte�cost.�4�marzo�1999,�n.�49,�in�Giust.�civ.,�1999,�I,�1248�e�in�Giur.�cost.,�1999,�647,�in�Danno� e�responsabilita�,�1999,�407,�in�Riv.�it.dir.�pubb.�Com.,�1999,�909�e�in�Banca,�borsa�e�titoli�cred.,� 1999,�II,�633.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Dopo�piu�di�un�secolo�di�normativa�in�tema�di�espropriazioni,�infatti,�la� materia�e�ora�riordinata�in�un�provvedimento�che�conta�59�articoli.� L'obiettivo�principale�e�stato�quello�di�semplificare�la�procedura�di� esproprio�creando�un�sistema�applicabile�in�ogni�caso,�ristrutturando�in� modo�organico�le�norme�succedutesi�nel�tempo�e�garantendo�efficienza,�effi- cacia�e�legalita�a�questo�particolare�settore.� Importante,�dunque,�si�pone�l'esegesi�delle�norme,�l'analisi�nei�dettagli� dei�contenuti�della�nuova�legislazione,�la�critica�approfondita,�al�fine�di�iden- tificare�le�tecniche�piu�idonee�per�realizzare�le�finalita�del�d.P.R.�327/2001:� proprio�perche�solo�in�un�mondo�ideale,�con�strutture�pubbliche�perfette,�si� potrebbe�pensare�ad�una�corrispondenza�automatica�tra�input�normativo�ed� impatto�finale�capace�di�risolvere�il�problema�di�partenza�affrontato�dal�legi- slatore.� Questo�anche�in�quanto�inevitabili�si�pongono,�gia�a�partire�da�una�pre- comprensione�del�testo,�i�condizionamenti�dell'interprete�scaturenti�dalla� propria�cultura�in�materia�e�dalle�esperienze�personali�(43).� Al�fine�di�chiarire�e�rendere�meglio�intelleggibile�un'�atto�legislativo,�la� circolare�del�20�aprile�2001�del�Presidente�del�Senato�sulle�regole�e�racco- mandazioni�per�la�formulazione�tecnica�dei�testi�legislativi�(44)�prevede�che,� qualora�l'atto�legislativo�contenga�una�disciplina�organica�di�una�determinata� materia,�l'ordine�delle�disposizioni�contenute�nell'atto�osservi�la�seguente� sequenza:�a)�parte�introduttiva,�contenente�disposizioni�generali...;�b)�parte� principale,�contenente�disposizioni�sostanziali�e�procedurali�relative�alla�materia� disciplinata...;�c)�partefinale,�contenete�disposizioni�di�coordinamento�norma- tivo�(volte�a�chiarire�anche�l'ambito�di�applicazioni�delle�nuove�disposizioni�rela- tivamente�ad�altre�gia�vigenti);�disposizioni�abrogative;�disposizioni�transitorie;� d)�disposizioni�sull'entrata�in�vigore�dell'atto�e�sulla�decorrenza�(o�scadenza)�di� efficacia�di�singole�disposizioni.� Occorre�distinguere�le�finalita�dagli�elementi�delle�fattispecie�da�discipli- nare.� E�opportuno�non�inserire�in�ogni�disposizione�le�finalita�,�raggruppan- dole�nella�parte�introduttiva.� Naturalmente�in�ogni�testo�esiste�un�livello�non�dichiarato�e�magari�non� consapevole,�che�condiziona�il�testo�senza�trasparire�mai�del�tutto.� L'art.�3,�comma�primo�della�legge�5�giugno�2003,�n.�131�(Disposizioni� per�l'adeguamento�dell'ordinamento�della�Repubblica�alla�legge�costituzio- nale�18�ottobre�2001,�n.�3)�stabilisce�che��Il�Governo�e�delegato�ad�adottare,� entro�un�anno�data�di�entrata�in�vigore�dei�decreti�legislativi�di�cui�all'art.�1,� uno�o�piu�decreti�legislativi�al�fine�di�raccogliere�in�testi�unici�meramente� (43)��E�mi�e�capitata�una�cosa�strana�ma�vera,�e�cioe�di�giungere�non�tanto�alla�compren- sione�e�alla�conoscenza�dei�fatti�attraverso�le�parole,�bens|�piuttosto�ad�intendere�le�parole�attra- verso�la�familiarita�che�in�un�modo�o�nell'altro�gia�avevo�coi�fatti�,�Plutarco,�Vite�parallele,�II,� Demostene�e�Cicerone,�Mondadori,�Milano,�582.� (44)�Pubblicata�in�G.�Bacciardi, Politiche�e�strumenti�della�semplificazione,Prime�note,� Livorno,�2002,�79.� DOTTRINA�343 compilativi�le�disposizioni�legislative�residue,�per�ambiti�omogenei�nelle� materie�di�legislazione�concorrente,�apportandovi�le�sole�modifiche,�di�carat- tere�esclusivamente�formale,�necessarie�ad�assicurare�il�coordinamento�non- che�la�coerenza�terminologica.� ServiziInformatici eStatistici ServiziInformatici eStatistici La disciplina giuridica di Internet di Francesca Farinelli Premessa. La�Rete�delle�reti�o��Internet��viene�oggi�utilizzata�giornalmente�da� milioni�di�persone.� Internet�e�il�piu�rapido�veicolo�di�comunicazione�esistente,�in�quanto�elim ina�qualsiasi�tipo�di�distanza,�geografica�o�temporale.�E�per�questo�che�e� fondamentale�averne�l'accesso.� Il�Sistema�dei�Nomi�di�Dominio(1)�(Domain Name System o�DNS)�e�la� risorsa�strategica�per�l'accesso�ad�Internet�perche�consente�ad�ogni�individuo �������� (1)�Come�nella�rete�telefonica�ciascuna�linea�terminale�e�contraddistinta�da�un�numero�ident ificativo�(il�numero�di�telefono),�cos|�in�Internet�ogni�macchina�ha�un�numero�univoco�che�la� identifica:�l'indirizzo�IP�(Internet Protocol).� Durante�glianni�'70,�quandolaReteeraunapiccolacomunita�dialcunecentinaiadinodi,latabella� che�consentiva�di�tradurre�ogni�nome�di�macchina�nel�rispettivo�indirizzo�IP�numerico�era�contenuta�in� un�unico�file,�host.txt,�che�veniva�costantemente�aggiornato�ogni�volta�che�qualcuno�entrava�nella�rete.� Con�la�crescita�degli�utenti�fu�studiato�un�nuovo�sistema,�il�Domain Name System (DNS),� sviluppato�da�Paul�Mockpetris�nel�1984�negli�Stati�Uniti�d'America.� Il�DNS�consiste�in�un�database contenente�una�lista�di�indirizzi�IP�con�accanto�il�nome�letter ale�(nome�di�dominio)�utilizzato�anch'esso�per�identificare�la�macchina.�L'insieme�di�tutti�i�nomi� di�dominio�esistenti�viene�detto�Domain Name Space (in�tutta�Internet ne�esiste�uno,�ad�essi� appartengono�tutti�i�nomi�di�dominio).� Alcuni�esempi�di�nomi�di�dominio�sono�www.altavista.com, www.harvard.edu, www. unian.it ecc.� Si�distingue�il�dominio�di�primo�livello�(Top Leve! Domain o�TLD),��com�,��edu��o��it��dal� dominio�di�secondo�livello�(Second Leve! Domain o�SLD),��altavista�,��harvard��o��unian�.� I�TLD�possono�essere�generici�(generic TLD�o�gTLD)�ovvero�geografici�o�nazionali�(country code TLD�o�ccTLD).� I�gTLD�sono�attualmente�quattordici:� .com�-per�le�societa�commerciali,�ma�e�stato�utilizzato�per�l'intero�settore�privato�e�per�i� siti�americani;� .net�-per�le�reti�telematiche;� .org�-per�le�organizzazioni�no-profit;� .edu�-per�le�istituzioni�universitarie�e�di�istruzione�americane;� .int�-per�le�organizzazioni�internazionali�riconosciute�dai�trattati;� .gov�-per�le�istituzioni�governative�degli�Stati�Uniti;� .mil�-per�gli�enti�dell'amministrazione�militare�statunitense.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� od�organizzazione�di�essere�presente�nel�World Wide Web (WWW):�se�non�si� accede�a�tale�sistema�(cioe�se�non�si�possiede�un�proprio�nome�di�dominio)� semplicemente�non�si�esiste,�almeno�non�su�Internet(2).� Su�queste�premesse�e�sorta�la�curiosita�di�andare�a�vedere�la�normativa� che�disciplina�un�sistema�cos|�complesso�e�di�importanza�vitale�per�il�com- mercio�internazionale.� Procedendo�nella�ricerca�si�e�avuta�una�sorpresa:�non�esisteva�una�nor- mativa�complessiva.�Solo�alcune�fasi�erano�soggette�a�discipline,�prevalente- mente�contrattuali,�mentre,�in�pratica,�non�c'erano�norme�per�altre�fasi,�cer- tamente�non�meno�importanti.� Le�difficolta�della�ricerca�sono�documentate�dal�gran�numero�di�siti che� si�sono�dovuti�visitare.� Si�e�avuta,�poi,�una�sorpresa�ulteriore:�e�risultato�che,�mentre�esisteva� una�letteratura�ricchissima�a�proposito�della�disciplina�dei�rapporti�chesi� instaurano�e�si�realizzano�tramite�Internet,�nessuno�aveva�studiato�la�rete�di� per�se�,�andando�a�ricercare�le�discipline�delle�singole�fasi�con�le�loro�fonti� relative.� E�questa�la�ragione�dell'apparato�di�note�che�si�e�dovuto�predisporre.� L'obiettivo�pratico�di�questo�lavoro�e�soprattutto�questo:�di�dare�indica- zioni�utili�a�chi�si�trovasse�nella�necessita�di�individuare�le�discipline�di�singoli� fasi,�di�singoli�aspetti�del�fenomeno�Internet.� Si�e�potuto�appurare,�e�se�ne�e�fatta�menzione�nel�lavoro,�che�alcune� questioni�in�proposito�sono�gia�sorte.� Non�saranno�molti�quelli�che�avranno�interesse�a�documentarsi�sul�feno- meno�Internet,�nel�suo�complesso�ed�in�tutte�le�sue�fasi.� Ma�per�dare�utili�indicazioni�a�chi�fosse�interessato�solo�ad�alcuni� aspetti�non�c'era�altra�via�che�indagare�sul�tutto.� 1. DaArpanetadInternet. La�rete�Internet�si�e�sviluppata�negli�Stati�Uniti�d'America,�grazie�prin- cipalmente�al�lavoro�dei�ricercatori�delle�Universita�e�centri�di�ricerca�statu- nitensi,�finanziati�dal�Governo�americano(3). �������� A�questi,�sono�stati�aggiunti�nel�2001�sette�nuovi�domini�generici:� .aero�-riservato�ai�trasporti�aerei;� .biz�-dedicato�a�raccogliere�siti�commerciali;� .coop�-proposto�dalla�NCBA�(National Cooperative Business Association)�che�registrera� sotto�questo�dominio�gli�appartenenti�alla�propria�associazione�di�cooperative;� .info�-per�i�servizi�di�informazione;� .name�-del�Global Name Registry,�un�consorzio�europeo.�Il�dominio�sara�assegnato�a�chi� volesse�registrare�il�propriocognome�(tipo�rossi.name e�dunque�lucia.rossi.name ecos|�via);� .museum-registrera�domini�di�musei;� .pro�-dedicato�ai�domini�professionali�(tipo�lucia.rossi.medico.pro).� I�ccTLD�furono�invece�creati�per�individuare�l'origine�geografica�dei�domini.�Per�esempio��.it�� perl'Italia,�.us��pergliStatiUnitiecos|�via.Idominigeograficisonoattualmente244.� (2)�Cfr.�M.�HOLITSCHER,��GlobalInternet Governance andthe Rise ofPrivate Sector�,�Swiss Political Science Review,�in�www.ib.ethz.ch/spsr/debates/debat_net/index.html� (3)�Il�finanziamento�avveniva�attraverso�la�stipula�di�contratti�tra�l'universita�oil�centrodi� ricerca�e�il�Governo�statunitense,�rappresentato�da�proprie�agenzie.�Data�l'impossibilita�di�reperire� tali�contratti,�se�ne�ignora�il�contenuto�e�la�natura.� SERVIZI�INFORMATICI�E�STATISTICI� Nel�1958�il�Dipartimento�della�Difesa�degli�Stati�Uniti�istitu|�l'Advanced� Research�Project�Agency�(ARPA)�(4),�un�ente�la�cui�funzione�consisteva�nel� coordinamento�e�finanziamento�delle�attivita�di�ricerca�a�livello�nazionale� allo�scopo�di�creare�hardware�e�software�per�la�costruzione�di�una�piccola�rete� sperimentale�a�commutazione�di�pacchetto�(5).� Nacque�cos|�ARPANET.� La�tabella�che�consentiva�di�tradurre�ogni�nome�di�macchina�nel�rispet- tivo�indirizzo�IP�numerico�era�contenuta�in�un�unico�file,�host.txt,�che�veniva� costantemente�aggiornato�ogni�volta�che�qualcuno�entrava�nella�rete(6).� Questo,�nel�1972,�era�gestito�dallo�Stanford�Research�Institute�(SRI),�organiz- zazione�senza�scopo�di�lucro�statunitense,�con�sede�a�Menlo�Park,�in�Califor- nia�(7).�L'istituto�di�ricerca�svolgeva�le�funzioni�di�NIC(8)�(Network�Informa- tion�Center)�(9).� MentreSRINIC(10)avevailcompitodiaggiornareil�database,ilcompito�di� coordinarelemodifichenegli�standardenellepolitichefudataaJonPostel(11), �������� (4)�Il�23�marzo�1972,�una�direttiva�del�Dipartimento�della�Difesa�(DoD)�cambio�il�nome� ARPA�in�Defence�Advanced�Research�Project�Agency�(DARPA),�che�fu�istituita�come�agenzia� separata�della�Difesa,�facente�capo�all'ufficio�del�Segretario�della�Difesa.�Dal�sito�www.darpa.mil.� In�base�al�Codice�degli�Stati�Uniti,�le�agenzie�della�Difesa�possono�svolgere�attivita�di�ricerca� attraverso�DARPA�o�ogni�altro�organo�del�DoD�che�il�Segretario�puo�designare�(10�U.S.C.���2371).� Il�Codice�degli�Stati�Uniti�(UnitedStatesCode�o�U.S.C.)�e�ilcodice�statunitense�cheraccoglie�tutti� gli�atti�legislativi�emessi�dal�Congresso.�E�possibile�consultarlo�all'indirizzo�www.law.cornell.edu� (5)�Nella�commutazione�di�pacchetto�il�flusso�di�traffico�consiste�in�messaggi�elettronici�ripar- titi�in�una�serie�di�pacchetti�di�dati�discreti,�ciascuno�dei�quali�viaggia�separatamente�attraverso�il� sistema.�Poiche�ogni�pacchetto�di�dati�contiene�delle�informazioni�di�instradamento�che�permettono� ai�dispositivi�di�commutazione�attraverso�cui�esso�passa�di�conoscerne�la�destinazione�finale,� ognuno�di�essi�puo�giungere�all'obiettivo�per�vie�e�centrali�di�commutazione�differenti,�in�funzione� del�carico�esistente�in�quel�momento�sulle�linee.�I�pacchetti�sono�ricostruiti�al�loro�arrivo�presso�il� destinatario�(cioe�un�altro�terminale�di�computer�situato�in�un�altro�punto�di�Internet)�in�modo� che�il�messaggio�possa�essere�letto�dall'utilizzatore�di�quel�terminale.�Cfr.�M.R.�GUELFI,�M.� MASONI,��Internet�e�i�suoi�servizi�,�in�www.dfc.unifi.it/MMM-project/internet/;�vedi�lo�speciale� �Come�e�organizzata�Internet�,�inhttp://puntonet.netfirms.com/tu/ittu.htm.� (6)�Dan's�Domain�site,�Structure�of�DNS:�introduction�,�all'indirizzo�http://� domains.dantobias.com/structure/intro.html.� (7)�Vedi�il�sito�dello�StanfordResearch�InstituteInternational,�www.sri.com.� L'istituto�di�ricerca�agiva�sullabase�di�uncontratto�stipulato�conla�Defense�AdvancedResearch� Project�Agency�(DARPA),�agenzia�del�Dipartimento�della�Difesa.� (8)�E�il�centro�informativo�che�svolgeva�il�servizio�di�registrazione�dell'indirizzo�IP�nel�file� host.txt.� (9)�Il�contratto�tra�SRI,�organizzazione�statunitense�senza�scopo�di�lucro,�e�la�DARPA,�agen- zia�del�Dipartimento�della�Difesa�americana,�e�regolamentato�dalle�leggi�statunitensi.� (10)�E�il�NIC�gestito�dallo�Stanford�Research�Institute,�in�conformita�al�contratto�con� DARPA,�agenzia�del�Dipartimento�della�Difesa.� (11)�E�all'UniversityofCaliforniainLosAngeles(UCLA)cheJ.Postel(1943-1998),conside- rato�uno�dei�padri�fondatori�di�Internet,�si�laureo�in�Computer�Science�nel�1974.�Cfr.�D.KRIEGER,� �An�interview�with�Jon�Postel�,�in�www.icel-3.org/publications/networker/96-97/summer_97/- innerview-postel.html.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� presso�la�University�of�California�in�Los�Angeles�(UCLA)(12),�in�cui�lavo- rava�come�ricercatore(13).� Jon�Postel�si�e��occupato�anche�del�mantenimento�di�una�lista�di�docu- menti�preparati�dai�ricercatori�di�ARPANET,�chiamati�Requestfor Comment (RFC),�documenti�non�vincolanti,�ma�di�enorme�influenza�in�quanto�consi- derati�critici�per�la�standardizzazione�di�Internet(14).� Nel�1977,�Postel�e��stato�assunto�dall'Information Science Institut (ISI)� della�University�of�Southern�California�(USC),�dove�continua�a�svolgere�que- ste�funzioni(15).� E�all'ISI�che�Paul�Mockepetris(16)�ha�sviluppato�il�Domain Name System,�in�collaborazione�con�Postel;�era�quest'ultimo�che�decideva�quali� gTLD�e�ccTLD�dovessero�essere�creati�e�chi�dovesse�gestirli(17),�documen- tando�le�procedure�nelle�RFC.� Nel�1985�(18),�la�Defense Information Systems Agency (DISA),�agenzia� del�Dipartimento�della�Difesa,�ha�stipulato�un�contratto�con�la�University� of�Southern�California(19),�con�cui�quest'ultima�ha�assunto�formalmente�la� responsabilita��per�gestire�l'espansione�dello�spazio�dei�nomi(20). �������� (12)�In�quanto�il�primo�nodo�di�ARPANET�fu�installato�in�questa�universita��.�Cfr.� PERETTI,��L'economia di Internet. Analisi delle imprese, delle istituzioni e dei mercati�,�Milano,� 2000,�pag.�25.� (13)�Cfr.�D.�KRIEGER,��An interview with Jon Postel�,�op.cit. Postel�ha�agito�in�base�ad�un�contratto�che�il�Dipartimento�della�Difesa�ha�stipulato�con�l'UC LA.�Vedi�U.S.�Department�of�Commerce,��ManagementofInternetNamesandAddresses��(c.d.� White Paper),�5�giugno�1998,�all'indirizzo�www.ntia.doc.gov/ntiahome/domainname/6�5�98.htm.� (14)�Ibidem. (15)�VediU.S.DepartmentofCommerce,�ManagementofInternetNamesandAddresses�,�op. cit. (16)�Tra�il�1983�e�il�1984,�Mockapetris�ha�scritto�la�RFC�882��Domain Name Concepts and Facilities��elaRFC883�Domain Name Implementation andSpecification�.� Va�precisato�che�il�DNS�non�e��stata�considerata�un'invenzione,�e�non�ne�esiste�il�brevetto.�Tale� sistema�e��nato�dalla�continua�collaborazione�tra�i�ricercatori�americani�(e�non�solo),�lo�scopo�dei� quali�era�quello�di�migliorare�e�facilitare�la�trasmissione�delle�informazioni.� Cfr.�ROSS�WM.�RADER,��The History of DNS�,�in�www.whmag.com/content/0601/- dns.htm.� Vedi,�piu��in�generale,�VINT�CERF,��A BriefHistory oftheInternetandRelatedNetworks�,� Internet�Society,�Luglio�1995,�(documenta�la�creazione�e�la�crescita�di�Internet)�in�http://- www.isoc.org/internet-history/cerf.html�;�BARRY�M.�LEINER,��A BriefHistory ofthe Internet�,� Internet�Society,�inhttp://www.isoc.org/internet-history/brief.html.� (17)�A.M.�FROOMKIN,��Wrong turn in cyberspace: using ICANN to route around the APA and the Constitution�,�2000,�pag.�53,�in�www.law.duke.edu/journals/dlj/articles/- dlj50p17.htm#H2N8.� (18)�E�in�questo�anno�che�avvengono�le�prime�registrazioni�di�nomi�di�dominio.� (19)�Il�contratto�tra�la�DISA,�agenzia�del�Dipartimento�della�Difesa�Americana�e�l'USC,�uni- versita��americana,�e��soggetto�al�diritto�statunitense.� (20)�Vedi�ROBERT�H.�ZAKON,�Hobbes' Internet Timeline v 5.1,����1981,�1985,�Internet� Society,�inhttp://www.isoc.org/guest/zakon/Internet/History/HIT.html� SERVIZI�INFORMATICI�E�STATISTICI� E�nel�1988�che�per�la�prima�volta�Postel,�nelle�RFC,�fa�riferimento� alla�propria�attivita��con�il�termine�di�IANA,�Internet Assigned Numbers Authority (21).� 2. Il Cooperative Agreement NCR-9218742. All'inizio�degli�anni�Ottanta,�l'accesso�ad�ARPANET�era�limitato�ai� dipartimenti�di�informatica�delle�maggiori�universita��finanziati�da�ARPA�o� ai�centri�di�ricerca�finanziati�da�enti�federali,�quali�il�Dipartimento�della� Difesa,�il�Dipartimento�dell'Energia�e�la�NASA.�Soltanto�una�parte�della� comunita��universitaria�e�di�ricerca�era�a�conoscenza�di�tale�infrastruttura�e� la�utilizzava.� Per�ridurre�tale�divario,�la�National Science Foundation (NSF)�(22),�agen- zia�governativa�americana�indipendente,�decise�nel�1981�di�finanziare�il�pro- getto�di�rete�denominata�CSNET,�in�grado�di�connettere�i�dipartimenti�di� informatica�degli�Stati�Uniti�(23). �������� (21)�Nella�RFC�1591�(in�http://www.ietf.org/rfc/rfc1591.txt�)�del�1994,��Domain Name System Structure and Delegation�,�che�descrive�le�politiche�e�le�procedure�per�l'assegnazione�dei� nomi�di�dominio,�si�riferisce�a�IANA�come��theoverallauthorityfortheIPaddress, theDNS andmanyotherparametres,usedintheInternet. (.....)IANAisresponsiblefortheoverallcoordina tionandmanagementoftheDNS, andespeciallythedelegationofportionsofthenamespacecalled top-level domain�.� La�consuetudine�(le�RFC)�e�accordi�informali�portarono�alla�convinzione�daparte�della� comunita��Internet�che�IANA�fosse�un�ente�a�se�,�portatore�di�precisi�interessi�e�titolare�di�diritti� e�doveri,�quando�essa�e��il�termine�associato�alle�funzioni�di�gestione�di�Internet,�assegnate�da� DARPA�all'ISI�della�USC�attraverso�un�contratto�tra�l'agenzia�e�l'universita��.Vedi�J.�HOR- VATH,��Cone ofsilence�,�12�Maggio�1999,�in�www.heise.de/tp/english/inhalt/te/2837/1.html�e� cfr.�ISOC�archivedpress releases,�The role ofthe IANA��in�www.isoc.org/isoc/media/releases/- iana.shtml.� (22)�LaNSF,istituitadalCongressoconil�NationalScience Foundation Act del�1950,�e��respon- sabile�della�promozione�della�scienza�e�della�tecnica�attraverso�programmi�che�investono�oltre�tre� miliardi�di�dollari�ogni�anno�in�almeno�ventimila�progetti�di�ricerca.�Vediilsito�della�National Science Foundation in�www.nsf.gov.� Tra�le�attivita��previste�dalla�legge�(Vedi�il�National Science Foundation Act,�42�U.S.C.�1861�et� seq)�vi�sono:� -Initiateandsupport, throughgrantsandcontracts,scientificandengineeringresearchandpro gramstostrengthenscientificandengineeringresearchpotential, andeducationprogramsatalllevels, andappraise the impact ofresearch upon industrialdevelopment andthe generalwelfare; -Awardgraduatefellowships in thesciencesandin engineering; -Foster the interchange ofscientific information among scientists and engineers in the United States andforeign countries; -Foster and support the development and use ofcomputers and other scientific methods and technologies,primarilyfor research andeducation in the sciences; -Initiate and support specific scientific and engineering activities in connection with matters relating to international cooperation, national security, and the effects ofscientific and technological applications upon society; -Initiate and support scientific and engineering research, including applied research, at acade micandothernonprofitinstitutionsand, atthedirectionofthePresident, supportappliedresearchat other organizations; -Recommendandencourage thepursuitofnationalpoliciesfor thepromotion ofbasic research andeducation in the sciences andengineering; -Strengthen research andeducation innovation in the sciences andengineering, including inde pendent research by individuals, throughout the UnitedStates. (23)�F.�PERETTI,�op.cit,�pag.�35.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Nel�1984,�la�NSF�si�e�dotata�di�una�propria�rete,�la�NSFNET,�che�grazie� all'applicazione�del�protocollo�TCP/IP(24),��svolge�una�funzione�di�catalizza- tore�nei�confronti�delle�altre�reti,�aumentandone�la�connessione�reciproca��(25).� Nel�1992,�il�Congresso�permise,�attraverso�lo�Scientific�and�Advanced- Tecnology�Act(26),�l'attivita�commerciale�sulla�rete�di�NSF,�che�assunse�la� responsabilita�per�il�coordinamento,�il�finanziamento�e�la�gestione�della�parte� non�militare�dell'infrastruttura�di�Internet(27).� Per�mantenere�separate�le�due�tipologie�di�traffico,�all'inizio�del�1992�la� NSF�decise�di�costruire�una�nuova�dorsale�esclusivamente�destinata�alla� ricerca�e�di�consentire�l'accesso�al�traffico�commerciale�su�quella�esistente� cedendone�la�gestione�ad�operatori�privati(28).� Nel�marzo�dello�stesso�anno,�NSF�indisse�una�gara�d'appalto�per�la�for- nitura�di�vari�servizi�commerciali(29). �������� (24)�Per�inviare�dati�attraverso�una�rete,�occorre�un�protocollo,�ovvero�un�insieme�di�metodi� concordati�in�anticipo�che�i�computer�utilizzeranno�per�scambiare�i�dati�e�i�segnali�attinenti�alle� operazioni�che�stanno�compiendo�(un�esempio�puo�essere�il�codice�Morse):�quello�utilizzato�da� Internet�e�il�protocollo�TCP/IP�(Transfer�Control�Protocol/Internet�Protocol).�Ovviamente�all'in- terno�di�una�rete�i�dati�possono�essere�trasmessi�sulla�base�di�un�protocollo�locale,�ma�tutte�le� comunicazioni�Internet�con�reti�esterne�hanno�bisogno�del�formato�TCP/IP.Vedi�lo�speciale� �Come�e�organizzata�Internet�,�in�http://puntonet.netfirms.com/tu/ittu.htm.� (25)��L'architettura�di�NSFNET�fu�basata�fin�da�subito,�a�differenza�di�ARPANET,�su�due� livelli:�una�rete�centrale�(backbone�o�dorsale)�e�altre�reti�ad�essa�collegate.�NSFNET�nasce�quindi� come�una�rete�delle�reti�(Internet).� Ameta�del�1987�il�traffico�sulla�dorsale�era�a�tal�punto�aumentato�da�raggiungere�il�punto�di� saturazione�e�indurre�la�NSF�ad�indire�una�gara�d'appalto�per�la�costruzione�e�gestione�di�una� nuova�rete,�in�grado�di�sostenere�l'aumento�di�traffico.� Vi�era�inoltre�un�altro�fenomeno�che�aveva�destato�l'attenzione�della�NSF:�la�crescita�del�traf- fico�commerciale�presso�gli�operatori�di�rete�intermedi�o�regionali.�Si�trattava�del�traffico�esterno� alle�attivita�di�ricerca�ed�educazione�e�riconducibile�ad�imprese�ed�organizzazioni�private.�Le�reti� intermedie�avevano�iniziato�ad�attrarre�fonti�di�entrata�aggiuntive�con�cui�finanziare�la�ricerca�e� recuperare�gli�investimenti�sostenuti�per�la�costruzione�delle�reti.�Questo�si�scontrava�pero�con�la� politica�della�NSF�che,�in�quanto�organismo�pubblico�destinato�alla�promozione�della�ricerca�e�del- l'educazione,�non�permetteva�l'utilizzo�della�propria�dorsale�per�scopi�che�non�rientrassero�nelle� proprie�finalita�istituzionali�.�Vedi�F.�PERETTI,�op.cit.,�pag�40.� (26)�InbaseataleleggesiriconosceaNSFilcompitodi�promuovere�e�supportarelo�sviluppo�e� l'uso�deicomputer�e�dialtretecnologieper�la�ricerca�el'educazione�nelle�scienze��[42�U.S.C.���1862�(g)].� Cfr.�GENERAL�ACCOUNTING�OFFICE�(GAO)�toSen.�JuddGregg,Chairman,�UnitedSta- tes�Senate�Subcommittee�on�Commerce,�subject��Department�of�Commerce:�relationship�with�the� Internet�Corporation�for�Assigned�Names�and�Numbers�,�7�Luglio�2000,�nota�6,�pag.�6,�in� www.gao.gov/archive/2000/og00033r.pdf.� Il�GAO,�General�Accounting�Office,e�un�ente�governativo�che�lavora�per�il�Congresso�ed�ha� il�compito�di�studiare�i�programmi�e�le�spese�del�governo�federale�(vedi�il�sito�del�GAO� www.gao.gov).� (27)�Cfr.�United�States�Court�of�Appeals�for�the�District�of�Columbia�Circuit,�Thomas� William�v.�Network�Solutions,�decided�May�14,�1999,�in�http://laws.findlaw.com/dc/� 985502a.html.� (28)�Cfr.�documento�99/287/CE:�Decisione�della�Commissione,�dell'8�luglio�1998,�che� dichiara�la�compatibilita�di�una�concentrazione�con�il�mercato�comune�e�con�il�funzionamento�del- l'accordo�SEE�(Caso�IV/M.1069�-WorldCom/MCI).�In�http://europa.eu.int/eur-lex/lif/1999/- it_399D0287.htm� (29)�Vedi�ROSS�WM.�RADER,��The�History�of�DNS�,�op.cit.�e�U.S.�Department�ofCom- merce,�ManagementofInternetNamesandAddresses�,�op.cit.� SERVIZI�INFORMATICI�E�STATISTICI� Il�31�dicembre�1992,�NSF,�agenzia�governativa�statunitense,�concluse�il� Cooperative�Agreement�NCR-9218742(30)�con�Network Solutions Inc. (NSI),�societa�privata�americana�che�aveva�vinto�la�gara�d'appalto(31). �������� Il�procedimento�di�acquisizione�pubblica�di�beni�o�servizi�da�parte�delle�amministrazioni�oper ative�americane�avviene�attraverso�la�gara,�rivolta�alle�specifiche�organizzazioni�destinate�all'attiv ita�contrattuale�di�governo.� �Il�metodo�della�gara�e�quello�preferito�dalla�legislazione�statunitense,�come�quello�che� meglio�permette�di�soddisfare�le�esigenze�di�unafree andfair competition fra�tutti�gli�aspiranti�cont raenti�dello�Stato�.� Cfr.�F.P.�PUGLIESE,��Icontratti delle amministrazionifederali negli Stati Uniti d'America�,� 1974,�Padova,�pag.�92.� (30)�La�legge�che�disciplina�l'impiego�dei�contratti�in�esame�e�il�FederalGrant andCooperative Agreement Act (31�U.S.C.���6301-6305).� Nella�sezione�prima,�si�indica�lo�scopo�degli�strumenti�in�esame:� promuovereunamigliorecomprensione�delle�spese�daparte�del�Governo�degli�Stati�Uniti�ed� aiutare�ad�eliminare�inutili�requisiti�amministrativi�in�capo�ai�riceventi,�chiarendo�la�relazione�tra� le�agenzie�governative�ed�i�contraenti�relativamente�all'acquisizione�di�proprieta�e�servizi�[...];� prescrivere�criteri�per�la�scelta�dei�corretti�strumenti�legislativi�da�parte�delle�Agenzie�dell'es ecutivo�a�fine�di�ottenere:�a)�uniformita�nell'uso�di�tali�strumenti�da�parte�delle�agenzie�amminis trative;�b)�una�chiara�definizione�delle�relazioni�che�riflettono;�c)�una�migliore�comprensione�delle� responsabilita�delle�parti;� promuovere�una�migliore�disciplina�nella�selezione�e�nell'utilizzo�dei�(...)�cooperative agreem ents,�(...)�incoraggiandolacompetizionenel�impiego�dei�(...)�cooperative agreements.� Lo�scopo�principale�del�rapporto�che�si�instaura�tra�il�governo�statunitense�e�uno�Stato,�un� governo�locale�o�altro�ricevente�(per��altri riceventi��si�intende��unapersonaodun riceventeautoriz zatoadottenereassistenzadalGovernodegliStati Uniti[...] -31�USC���6302�-Definitions),�e�quello� di�trasferire�una�cosa�di�valore�(�thing ofvalue�)�allo�Stato,�governo�locale�o�altro�ricevente�al�fine� di�perseguire�uno�scopo�pubblico�autorizzato�dalla�legge�degli�Stati�Uniti�(d'America)�invece�di� acquisire�la�proprieta�o�il�servizio,�per�il�diretto�beneficio�o�uso�del�governo�degli�Stati�Uniti�(31� U.S.C.���6305).� �In�cambio�di�tale�prestazione�viene�concesso�da�parte�dell'agenzia�il�sostegno�economico� necessario.�Tal�fine�deve�essere�individuato�da�una�legge�Federale.�Nel�caso�in�esame,�lo�scopo�e� individuabile�nella�promozione�della�ricerca�scientifica,�cos|�come�indicato�dal�National Science Foundation Act�.�(Vedi�S.�BACCAGLINI,��Il Cooperative Agreement NCR-9218742��maggio� 2002,�in�www.interlex.it).� Data�la�finalita�pubblica,�l'adozione�comporta�pero�per�l'agenzia�esecutiva�un�controllo�ed�un� coinvolgimento�sostanziale�relativamente�alla�attivita�del�contraente.� E�stato�notato�che�l'impiego�del�cooperative agreement da�parte�delle�agenzie�governative,� soprattutto�nel�contesto�della�ricerca,�richiede�una�revisione�di�tale�strumento�soprattutto�nell'amb ito�delle�utilita�che�da�tali�ricerche�possono�derivare.�Sarebbe�quindi�necessaria�nell'impiego�dei� cooperative agreement una�corretta�definizione�delle�eventuali�proprieta�derivanti�dall'attivita�di� ricerca.��Thegovernment must expect that commercialpartners willattempt to make commercialuse ofanygovernment-fundedresearch��(J.P.�KEASAN,�R.C.�SHAH,��Whatwecanlearnfrom theprivat ization ofthe internet backbone network andthe domain name system�,�op. cit.,�pag�126).� �E�necessarioquindichevengano�espressamenteindicati,nellastesuradei�cooperativeagreement,� i�diritti�dell'Agenzia�agente�e�del�ricevente,�e�le�responsabilita�derivanti�da�tale�rapporto,�come�pres criveil�Codice�degli�Stati�Uniti:�Eachcontractorotherarrangmentexecuted[...]which relatestoscient ificorengineeringresearch shallcontainprovisionsgoverningthedispositionproducedthereunder ina mannercalculatedtoprotectthepublicinterestandtheequitiesoftheindividualororganizationwithwhich the contract or other arrangements is executed��(42�USC���1871)�.�(Vedi�S.�BACCAGLINI,�op. cit).� I�problemi�successivi�alla�stipula�del�Cooperative Agreement NCR-9218742�derivano�proprio� dalla�incerta�definizione�delle�condizioni�di�contratto.� La�mancanza�di�precise�indicazioni�ha�comportato�fino�ad�oggi�una�situazione�di�monopolio� globale�nel�contesto�delle�registrazioni�dei�nomi�di�dominio.� Il�Cooperative Agreement NCR-9218742�originario�tra�NSF�e�NSI�puo�leggersi�all'indirizzo� www.cavebear.com/nsf-dns/nsf_nsi_agreement.html� (31)�Vedi�ROSS�WM.�RADER,��The History ofDNS�,�op.cit.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Con�tale�contratto,�a�NSI��viene�delegato�il�compito�di�registrare�i� Second Level Domain Name (SLDN)�nell'ambito�dei�gTLD��(32)�per�un� periodo�di�cinque�anni.�NSI�ha�assunto�anche�il�compito�di�aggiornare�il�root chiave,�il�c.d.�root server �A�(33),�ma�quello�di�decidere�riguardo�al�suo�con- tenuto�rimane�a�Postel�e�IANA(34):�e��Postel�che�decide�se�un�nuovo�TLD� puo��essere�aggiunto�e�quale�soggetto�sara��responsabile�dell'amministrazione� dello�stesso�(35). �������� (32)�L.�MARINI,��Reti di telecomunicazione elettronica e servizi collegati nel diritto comu- nitario: il caso dei nomi di dominio Internet�,�in�Diritto del Commercio Internazionale,2001,� pag.�13.� Nei�cooperative agreements si�presume�un�contratto�stipulato�tra�agenzia�e�ricevente�in�cui�la� concorrenza�tra�piu��soggetti�non�e��presente,�e�si�intende�quindi�massimizzarla�proprio�attraverso� l'utilizzo�di�tali�strumenti.�Essendo�Network Solutions Inc.�l'unica�societa��delegata�al�servizio�di� registrazione�dei�nomi�di�dominio,�l'utilizzo�del�cooperative agreement da�parte�della�National Science Foundation era�quindi�finalizzato�a�introdurre,�in�un�momento�successivo,�la�concorrenza� nel�contesto�della�registrazione�dei�domini.�Cfr.�J.P.�KEASAN,�R.C.�SHAH,��What we can learn from the privatization of the internet backbone network and the domain name system�,�Febbraio� 2001,�in�www.ssrn.com�e�S.�BACCAGLINI,�op. cit. (33)�Il�processo�di�conversione�di�un�nome�di�dominio�in�indirizzo�IP�inizia�con�il�root ser- ver A,�anche�chiamato��root zonefile�,�che�e��il�piu��alto�livello�del�DNS.�Utilizzando�la�parte� finale�del�nome�di�dominio�(e�cioe��il�dominio�di�primo�livello�o�TLD)�esso�e��in�grado�di�capire� aquale�authoritative name server (server che�contiene�le�informazioni�riguardanti�i�nomi�e�i�cor- rispondenti�indirizzi�IP�in�un�determinato�TLD)�il�server locale�deve�rivolgersi�per�risolvere�il� nome.� Il�sistema�dei�root server (o�root server system)e��costituito�da�tredici�elaboratori,�denominati� con�lettere�dalla�A�alla�M.�Solo�quello�denominato�con�la�lettera�A�contiene�ilfile con�le�corrispon- denze�tra�indirizzi�numerici�e�letterali�per�tutti�i�TLD�esistenti;�e��da�esso�che�gli�altri�dodici�scari- cano�giornalmente�le�informazioni�necessarie�per�risolvere�i�nomi.� �Chi�controlla�il�root server A�ha�il�potere�di�determinare�quali�TLD�saranno�accessibili�all'in- tera�Internet�e�quali�database di�registro�saranno�considerati�autorevoli�fonti�d'informazione�per� quei�TLD�.�Vedi�A.M.�FROOMKIN�&�M.A.�LEMLEY,��ICANNand Antitrust�,�2001,�pag.�5,�in� http://personal.law.miami.edu/froomkin/articles/icann-antitrust.pdf.� (34)�Postel�agisce�in�forza�del�contratto�tra�DISA,�agenzia�del�Dipartimento�della�Difesa�e�la� Univerity�of�Southern�California.� (35)�J.�WEINBERG,��ICANN and the problem of legitimacy�,�2000,�pag.�199,�in� www.law.duke.edu/journals/dlj/articles/dlj50p187.htm#H2N7.� Originariamente,�NSI�avrebbe�dovuto�percepire�un�milione�di�dollari�all'anno�per�il�servizio� di�registrazione,�ma�la�crescita�esponenziale�della�domanda�che�faceva�presumere�un�business molto�profittevole,�porto��la�societa��privata�a�chiedere�al�Governo�americano�di�poter�applicare� un�canone�annuo,�richiesta�che�venne�accolta�(Amendment 4al�Cooperative Agreement NCR- 9218742,�in�www.base.com/gordoni/thoughts/dns-control/rs.internic.net/agreement/amen� dment4_dg.html).�Dal�Giugno�1995,�i�nomi�di�dominio�sotto�i�TLD�.com,�.org,�.net�venivano� assegnati�ad�un�prezzo�annuo�di�50$.�Vedi�M.�MUELLER,��ICANN and Internet Governance sorting through the debris of 'selfregulation'�,�dicembre�1999,�pag.�5,�in�www.icannwatch.org/� archive/muell.pdf.� SERVIZI�INFORMATICI�E�STATISTICI� 3. Ilprogetto americano di liberalizzare la Rete. Il�1.�luglio�1997,�il�Presidente�Clinton�emise�un�executive order(36),� �Presidential Directive on Electronic Commerce: memorandum for the heads of executive departments and agencies�(37),�indirizzato�alle�singole�ammini- strazioni�governative. �������� (36)�In�base�alla�Costituzione�degli�Stati�Uniti,�il�Congresso�incarna�il�potere�legislativo� (art.�1)�ed�il�presidente�elettivo�il�potere�esecutivo�(art.�2).� La�Costituzione�americana�non�giunge�pero�a�dettare�una�disciplina�di�dettaglio,�se�non�con� riguardo�ai�sistemi�di�elezione�e�di�investitura,�con�norme�cioe�di�carattere�procedimentale,�ed�ai� rapporti�di�reciproca�interferenza�e�controllo�tra�i�vari�poteri.� Il�risultato�e�che�lo�stesso�termine��Executive Power��ha�un�contenuto�incerto;�di�esso�si�sa�che� ne�e�titolare�il�presidente,�ma�non�se�ne�conoscono�con�precisione�ne�il�contenuto�funzionale,�ne�la� sua�connotazione�strutturale.� Sonostatequindiinterpretateconunacertaelasticita�unaseriediclausolecontenutenell'art.�2� della�Costituzione�americana.�Una�di�queste�e�la�c.d.��take care clause�,�invirtu�dellaqualeilPresi- dente�deve�aver�cura�che�le�leggi�siano�fedelmente�eseguite,�nonche�di�informare��di�tanto�in�tanto�� il�Congresso�circa�lo��Stato�dell'Unione�.� Questa�clausola,�oltre�che�per�qualificare�il�rapporto�di�supremazia�tra�il�vertice�dell'Esecutivo� e�la�struttura�sottostante�dell'Amministrazione�(in�quanto�si�e�dedotto�dal�testo�costituzionale�un� ruolodisupervisione�ecoordinazione�globalechederivaalpresidentedallasuaposizionedirespon- sabile�generale�dell'esecuzione�delle�leggi),�e�servita�a�giustificare�sul�piano�costituzionale�il�princi- palestrumentodirealizzazionedi�questaposizionedisupremaziapresidenziale,�ecioe�gli�executive orders�.� Il�potere�di�emanare�direttive�vincolanti�o�anche�di�istituire�procedimenti�a�cui�l'Amministra- zione�deve�attenersi,�in�funzione�di�controllo�ed�orientamento�del�proprio�operato,�ha�accresciuto� notevolmente�il�suo�peso,�al�punto�che�non�e�chiaro�quali�siano�il�limite�della�sua�legittimita�el'effi- cacia�vincolante�degli�ordini�medesimi.� Nell'ordinamento�statunitense�manca�una�previsione�corrispondente�all'art.�97�della�nostra� Costituzione,�contenente�una�specifica�riserva�di�legge,�poi�compiutamente�attuata�nel�D.lgs.�n.�29� del�1993.� Di�fatto,�molti�executive orders appaiono�travalicare�una�mera�funzione�direttiva�circa�le� modalita�di�attuazione�di�una�determinata�legge�preesistente,�e�sono�stati�utilizzati�per�creare�uffici� amministrativi,�per�istituire�meccanismi�di�controllo�dei�salari�e�dei�prezzi,�e�per�introdurre�innova- zioni�urgenti�nel�campo�della�tutela�dei�diritti�civili.� Vedi�L.�BARRA�CARACCIOLO,��Funzione amministrativa e amministrazione neutralenell'or- dinamento USA. Profili comparativi con l'esperienza italiana�,�1997,�Giappichelli�Editore,�Torino.� (37)�La�direttiva�presidenziale�puo�leggersi�all'indirizzo�www.ecommerce.gov/presiden.htm�.� �Si�tratta�principalmente�di�un�testo�introduttivo�al�piu�ampio��A Frameworkfor GlobalElec- tronic Commerce�,�incui�sonobenevidenziatiiprincipi�ele�direttive�allabase�dellapoliticadelPre- sidente�Clintonperla�Rete:�selfregulation, (...)minimalgovernmentinvolvment[...].�Nel�documento� si�legge:��TheFederalGovernmentshouldrecognize theuniquequalitiesoftheInternet including its decentralized nature and its tradition ofbottom-up governance�:�viene�quindi�riconosciuta�alla�Rete� una�sostanziale�differenza�rispetto�al�contesto�gestionale�di�ogni�governo:�la�bottom-up governance,� cioe�una�regolamentazione�della�rete�che�promana�direttamente�dagli�utenti�Internet�e�dal�mercato� elettronico,concezione�digovernochedeve�esserecontestualizzatanell'ambitoamericano�edinpar- ticolare�nei�concetti�di�autoregolamentazione del�mercato�e�di�non intervento del�governo�.�Cos|�sul- l'argomento�S.�BACCAGLINI,��Il Dipartimento del Commercio ed il governo della Rete�,�gennaio� 2002,�in�www.interlex.it� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Il�Presidente�ha�incaricato�il�Dipartimento�del�Commercio�americano� �di�supportare�gli�sviluppi�e�gli�impegni�necessari�per�rendere�il�governo�del� Sistema�dei�Nomi�di�Dominio�privato�e�competitivo��(38).� L'ufficializzazione�del�passaggio�di�funzioni�dalla�NSF�al�Dipartim ento�del�Commercio�e�avvenuta�l'8�Settembre�1998,�data�in�cui�i�due� enti�governativi�hanno�firmato�un��Memorandum of Agreement�,� mediante�il�quale��NSF�ha�trasferito�la�responsabilita�per�l'amministraz ione�del�Cooperative Agreement NCR-9218742�con�NSI�al�Dipartimento� del�Commercio��(39).� L'Amendment 10(40)�al�Cooperative�Agreement�NCR-9218742(41)�ha� formalizzato�il�trasferimento�delle�competenze:�il�responsabile�della�gestione� del�contratto�con�la�NSI�non�e�piu�un�funzionario�di�NSF,�ma�Beckwith� Burr,�Acting Associate Administratorfor InternationalAffairs presso�la�Natio- nal Telecommunications and Information Administration (NTIA),�agenzia�del� Dipartimento�del�Commercio. �������� �Presidential Directive on Electronic Commerce: memorandum for the heads of executive departments and agencies�,�1.�luglio�1997,�op. cit.� Cfr.�A.M.�FROOMKIN,��Wrongturn incyberspace: usingICANNto routearoundtheAPAand the Constitution�,�2000,�op. cit.,�nota�164.�Secondo�Froomkin,�e�nel�Department ofVeteran Affairs andHousingandUrbanDevelopment, andIndependentAgenciesAppropriationsActforfiscalyear 1999,�che�sussisterebbe�una�probabile�relazione�con�il�passaggio�di�competenza�tra�la�NSF�e�il� Dipartimento�del�Commercio�(DoC):�con�tale�atto,�il�Congresso�ha�proibito�a�NSF�di�spendere� fondi��per�stipulare�o�estendere�[...]�un�cooperative agreement al�fine�di�supportare�l'amministraz ione�del�sistema�di�numerazione�e�dei�nomi�di�dominio�Internet�.�Vedi�GAO�Report del�7�luglio� 2000,�op. cit.,�nota�11.� Precedentemente,�nel�febbraio�1997,�un�testo�ufficiale�dell'Office�of�Inspector�General�(il�cui� ruolo�e�quello�di�supervisore�dell'attivita�dell'agenzia�indipendente,�al�fine�di�prevenire�frodi,� danni,�abusi�o�cattiva�gestione)�della�NSF�ha�individuato�le�possibili�soluzioni�da�attuare�allo�scad ere�del�Cooperative Agreement NCR-9218742,�sempre�sotto�la�sorveglianza�governativa:�1)� Amministrazione�attraverso�una�tradizionale�agenzia�amministrativa;�2)�Amministrazione� mediante�un�ente�a�partecipazione�mista;�3)�Amministrazione�mediante�la�creazione�da�parte�del� Congresso�di�una�Commissione�Indipendente.�Cfr.�Office ofInspector General Report,�TheAdmi- nistration ofInternet Addresses�,�7�Febbraio�1997,inwww.ais.org/�ronda/new.papers/gao-icann/o ig-nsf.txt.� In�risposta�al�documento,�W.�Bordogna,�Acting Deputy Director di�NSF�ha�affermato�nell'ap rile�1997:��Siccome�le�attivita�coperte�dal�Cooperative Agreement [NCR-9218742]�non�richiedono� piu�un�supporto�finanziario�della�NSF�e�gli�obiettivi�del�Cooperative Agreement [NCR-9218742]� sono�stati�raggiunti,�noi�crediamo�sia�giunto�il�momento�in�cui�la�NSF�sposti�la�propria�attenzione� esclusivamente�sulle�attivita�future�di�puro�sviluppo�in�questo�ambito�.�Cfr�W.�BORDOGNA,� �Agencyresponseto OIGReporton theAdministrationofInternetAddresses�,�17�aprile�1997,�all'indir izzo�www.ais.org/�ronda/new.papers/gao-icann/� oig-nsf.txt.� (40)�Vedi�Amendment 10�al�Cooperative Agreement NCR-9218742�in�www.ntia.doc.gov/n tiahome/domainame/amends/amend10.htm.� (41)�Il�Cooperative Agreement NCR-9218742�tra�il�Dipartimento�del�Commercio�americano� (sostituitosinel�1998�allaNSF,�agenziagovernativastatunitense)eNSI,societa�privatastatunitense,� e�regolamentato�dalle�leggi�statunitensi.� SERVIZI�INFORMATICI�E�STATISTICI� Il�2�luglio�1997,�successivamente�alla�Direttiva�sul�commercio�elettro- nico�(42)�emessa�dal�Presidente�Clinton,�il�Dipartimento�del�Commercio�nelle� vesti�della�NTIA,�ha�emesso�una�Notice ofInquiry(43).��Con�tale��avviso�,� mentre�ha�rivendicato�la�propria�autorita��sul�Legacy Root,�allo�stesso�tempo� ha�evidenziato�la�volonta��di��rinunciarvi��a�favore�di�una�struttura�interna- zionale,�da�costituire,�in�grado�di�portare�a�termine�il�process of transition(44)� e�di�meglio�rappresentare�gli�interessi�dei�privati��(45).� Per�attuare�tale�obiettivo�il�Dipartimento�del�Commercio�emano��due� testi�fondamentali.� Nel�gennaio�del�1998,�la�National�Telecommunications�and�Information� Administrations�(NTIA)�pubblico��una�proposta�di�legge,��AProposaltoImprove TechnicalManagementofInternetNames andAddresses�(c.d.�Green Paper)�(46). �������� (42)��PresidentialDirective on Electronic Commerce: memorandumfor theheads ofexecutive departments and agencies�,�1.�Luglio�1997,�op. cit.� (43)�U.S.�DoC,�NTIA,��RequestforCommentsontheregistrationandadministrationofInternet domain names�,�2�Luglio�1997,�in�www.ntia.doc.gov/ntiahome/domainname/DN5NOTIC.htm.� (44)�Processo�di�transizione�verso�una�completa�privatizzazione�della�gestione�di�Internet.� (45)�S.�BACCAGLINI,��ICANN:pocastoria, moltiproblemi -Processoftransition: laprivatiz- zazione di Internet�,21�Giugno2001,inwww.interlex.it.� (46)�Il�Green Paper si�puo��leggere�all'indirizzo�www.ntia.doc.gov/ntiahome/domainname/- dnsdrft.htm.� In�base�alla��delegation doctrine�,�le�agenzie�amministrative�americane�hanno�il�potere�di�det- tare�regole�giuridiche�nei�rispettivi�settori�di�competenza�(rulemaking).� Mentre�nel�nostro�ordinamento�esiste�una�esplicita�previsione�costituzionale�(art.�87�Cost.)� riguardante�la�facolta��,�riservata�alla�legge,�di�affidare�parte�della�disciplina�di�una�materia�alla�for- mulazione�del�potere�esecutivo,�la�delega�del�potere�normativo,�nel�diritto�statunitense,�nasce�invece� da�una�costruzione�logica,�da�una�deduzione�per�principi:�il�dato�di�partenza�e��costituito�dall'art.�1,� par.�8,�Cost.,�per�il�quale:��Il�Congresso�avra��il�potere�di�fare�tutte�le�leggi�che�saranno�necessarie� ed�appropriate�per�portare�ad�esecuzione�i�propri�compiti�.�L'interpretazione�che�ha�prevalso�nei� fatti�e��che�la�disposizione�puo��essere�letta�nel�senso�di�consentire�una�delega�del�potere�legislativo.� Il�consolidarsi�della�delegation doctrine ha�significato�la�codificazione�giurisprudenziale�di�un� principio�di�Costituzione�materiale�che�ammette�che��il�potere�di�un'agenzia�di�gestire�un�programma� affidatole�dal�Congresso,�richiede�necessariamente�la�formulazione�di�una�policy e�la�creazione�di� regole�.� Lastrutturaessenzialedel�rulemaking�,sicompone�diunavviso(�notice�),�della�fase�di�commento,� e�di�quella�di�pubblicazione�delle�regole�nella�loro�stesura�finale.�Cfr.�BARRA�CARACCIOLO,�op.cit.� Cfr.�L.�BARRA�CARACCIOLO,��Funzione amministrativa e amministrazione neutrale nell'or- dinamento USA. Profili comparativi con l'esperienza italiana�,�op. cit.� Il�Green Paper �A Proposalto ImproveTechnicalManagementofInternet Names andAddresses�� elenca�cinque�fonti�di�diritto,�da�cui�deriva�il�potere�del�Dipartimento�del�Commercio�a�rulemaking:� la�sua�generale�missione�di��favorire,�promuovere�e�sviluppare�il�commercio�estero�e� interno��(15�U.S.C.���1512);� il�potere�di�NTIA�di��coordinare�le�attivita��relative�alle�telecomunicazioni�e�di�assistere�nella� formulazione�delle�politiche��[47�U.S.C.���902(b)(2)(H)];� il�potere�di�NTIA�di��sviluppare�politiche�relative�alle�telecomunicazioni��[47�U.S.C.��� 902(b)(2)(I)];� il�potere�di�NTIA�di��condurre�studi�e�fare�raccomandazioni�riguardanti�l'impatto�della� convergenza�tra�computer�e�tecnologia�delle�comunicazioni��[47�U.S.C.���902(b)(2)(M)];� il�potere�di�NTIA�di��emanare�le�norme�necessarie�per�svolgere�le�proprie�funzioni��[47� U.S.C.���904(c)(1)];� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� In�tale�documento,�veniva�proposta�la�creazione�di�una�nuova�organiz- zazione�senza�scopo�di�lucro,�con�sede�negli�Stati�Uniti�e�operante�come�sog- getto�privato�per�il�beneficio�di�Internet,�per�gestire�i�nomi�di�dominio,�gli� indirizzi�IP�e�il�sistema�dei�root�server.� L'organo�direttivo�doveva�essere�legittimato�dalla�stessa�comunita�Inter- net:�avrebbe�incluso�sia�rappresentanti�delle�organizzazioni�che�si�occupa- vano�della�gestione�tecnica�di�Internet,�sia�quelli�degli�utenti�(individui,� societa�,�organizzazioni�senza�scopo�di�lucro).� In�seguito�alle�forti�reazioni�che�il�documento�suscito�,�soprattutto�a� livello�internazionale,�quattro�mesi�dopo�il�Governo�americano�pubblico�il� White�Paper,�che�incontro�il�consenso�della�comunita�internazionale.� Il�White�Paper��Management�ofInternet�Names�andAddresses��(47)�con- tiene�le�modalita�per�attuare�la�dismissione�delle�funzioni�facenti�capo�al� Governo�americano�in�favore�della�liberalizzazione�della�rete:�la�creazione� di�una��new�corporation�(NewCo),�organizzazione�privata�senza�scopo�di� lucro�che�assicuri�una�gestione�del�DNS�basata�sui�principi�di�(48):� Stabilita�:�durante�il�periodo�di�transizione,�la�stabilita�della�Rete�deve� avere�priorita�assoluta;� Concorrenza:�dove�possibile,�devono�essere�introdotti�nella�gestione� della�rete�meccanismi�di�mercato�che�favoriscano�la�concorrenza�e�la�possibi- lita�di�scelta�dei�consumatori�s|�da�rendere�possibili�obiettivi�quali�la�ridu- zione�dei�costi�e�la�promozione�dell'innovazione;� Coordinamento�dal�basso�(bottom-up):�la�rapidita�della�gestione�di� Internet�puo�essere�meglio�assicurata�da�un�apparato�privato�rispetto�ad� uno�governativo,�in�modo�da�riflettere�quel��governo�dal�basso��che�fino�ad� oggi�ha�caratterizzato�lo�sviluppo�di�Internet;� Rappresentativita�:�le�strutture�di�management�devono�riflettere�le� diversita�funzionali�e�geografiche�di�Internet�e�dei�suoi�utilizzatori.�Devono� essere�predisposti�strumenti�idonei�a�garantire�la�partecipazione�internazio- nale�nelle�decisioni.� Il�White�Paper�costituisce�la�semplice�enunciazione�della�politica�che�il� Governo,�abbandonata�l'idea�di�un�proprio�intervento�diretto,�avrebbe� seguito�nell'amministrazione�del�DNS.� La�nuova�organizzazione�(NewCo),�con�sede�negli�Stati�Uniti,�sarebbe� stata�creata�dal�settore�privato.�Il�Governo�era�pronto�a�riconoscerla,�conclu- dendo�degli�accordi�con�la�stessa,�e�ad�assicurarle�un�accesso�adeguato�al� database�eal�software�di�NSI�(49). �������� (47)�Questo�documento,��Statement�ofpolicy�,�e�stato�emesso�da�NTIA,�agenzia�del�Diparti- mento�del�Commercio�americano,�sulla�base�delle�stesse�fonti�di�diritto�del�Green�Paper.� (48)�G.�PASCUZZI,��DaIANA�aICANN:�un�nuovo�regimeperl'attribuzionedeinomididomi- nio�su�Internet�,�in�Foro�Italiano,Parte�IV,�1999,IV,�pag�418.� (49)�Va�ricordato�che�NSI,�societa�privata�statunitense,�gestisce�in�base�al�Cooperative�Agree- ment�NCR-9218742�il�root�server�A.�Vedi�infra�nota�33.� SERVIZI�INFORMATICI�E�STATISTICI� Sebbene�il�Governo�considerasse�improbabile�riuscire�a�costituire�un� Comitato�direttivo�che�potesse�soddisfare�tutte�le�parti�interessate,�esso� avrebbe�dovuto�includere�rappresentanti�dei�registri�regionali,�ingegneri�e� scienziati�esperti�della�Rete,�registri�e�registrars (50),�utenti�commerciali�e� non,�Internet Service Providers,�proprietari�di�marchi�di�tutto�il�mondo(51).� La�gestione�doveva�essere�trasparente,�in�modo�da�evitare�l'influenza�di� particolari�gruppi�di�potere,�le�decisioni�aperte�ai�commenti�della�comunita� internazionale.�La�struttura�dell'organizzazione�poteva�includere�ulteriori� organi�con�funzione�consultiva�(52).� Varie�furono�la�proposte�di�NewCo presentate(53),�ma�quella�scelta�fu� ICANN�(Internet CorporationforAssignedNamesandNumbers),�che��confor- memente�all'atto�costitutivo,�e�una�societa�di�utilita�pubblica�senza�fini�di�lucro� che�non�e�intesa�a�garantire�il�profitto�di�alcun�singolo�individuo,�ai�sensi�della� legge�della�California�sulle�societa�di�utilita�pubblica�senza�fini�di�lucro�(54).� L'atto�costitutivo�specifica�che��riconoscendo�cheInternete�una�rete�di�reti� internazionale,�che�non�appartiene�a�nessuna�singola�nazione,�individuo�oorga- nizzazione,�ICANN�perseguira�gli�obiettivi�filantropici�e�di�interesse�generale,� al�fine�di�diminuire�gli�oneri�della�gestione�che�incombono�ai�governi�e�di�pro- muovere�l'interesse�pubblico�mondiale�per�la�stabilita�operativa�di�Internet:� coordinando�l'assegnazione�dei�parametri�tecnici�di�Internet�necessari� a�garantire�la�connettivita�universale�su�Internet;� attuando�e�controllando�le�funzioni�connesse�al�coordinamento�degli� spazi�di�indirizzo�del�protocollo�Internet�(�IP�);� attuando�e�controllando�le�funzioni�connesse�al�coordinamento�del� sistema�dei�nomi�di�dominio�di�Internet�(�DNS�),�compresa�l'elaborazione� di�politiche�per�stabilire�le�circostanze�in�cui�nuovi�domini�di�primo�livello� siano�aggiunti�al�sistema�di�root del�DNS;� controllando�il�funzionamento�del�sistema�di�root server DNS�di�auto- rita�di�Internet��(55). �������� (50)�Il�registro�e�la�societa�o�organizzazione�che�gestisce�il�database relativo�ad�un�dato�TLD,� il�registrar e�la�societa�o�organizzazione�che�si�occupa�delle�registrazioni�dei�nomi�di�dominio� richiesti�dai�singoli�utenti.� (51)�U.S.�Department of Commerce,�Management of Internet Names and Addresses�(c.d.� White Paper),�5�giugno�1998,�all'indirizzo�www.ntia.doc.gov/ntiahome/domainname/6_5_98.htm� (52)�Ibidem. (53)�Vedi�il�sito�di�NTIA�relativo�alla�gestione�dei�nomi�di�dominio,�www.ntia.doc.gov/- ntiahome/domainname/background.htm.� (54)�ICANN,�fondata�da�Postel,�e�costituita�ai�sensi�della�California Non-profit Public Benefit CorporationLawfor CharitableandPublicPurposes (le�organizzazioni�no profit sono�organizzate� sotto�la�legge�dello�Stato�in�cui�hanno�la�sede�legale).� Vedi�Articles of Incorporation of ICANN,�in�www.icann.org/general/articles.htm,�e� COM(2000)202def.�dell'11�Aprile�2000,�Comunicazione�dellaCommissione�al�Consiglio�ealParla- mento�Europeo,��L'organizzazione di Internet -Aspetti di politica internazionale ed europea 1998-2000�,�inhttp://europa.eu.int/eur-lex/it/com/cnc/2000/com2000_0202it01.pdf.� (55)�COM(2000)202�def.�I�compiti�di�ICANN�sono�stabiliti�nel�Memorandum ofUnderstanding (allaletteraB)�stipulatoil�25Novembre1998�traICANNeil�Dipartimento�del�Commercio�americano.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Il�25�Novembre�1998,�il�Governo�americano�(56)�e�ICANN�conclu- sero�un�Memorandum of Understanding(57)�(MoU)(58).�Le�due�parti�si� sono�impegnate�a��progettare,�sviluppare�e�testare�i�meccanismi,�i�metodi� ele�procedure�per�trasferirela�gestionedel�DNS�dall'ambito�governativo� al�settore�privato��(59). �������� Organo�principale�di�decisione�di�ICANN�e��il�Comitato�direttivo�(BoardofDirectors),�compo- sto�da�diciotto�membri�eletti�e�dal�Presidente�e�ChiefExecutive Officer (CEO).�Dei�diciotto�direttori,� nove�sono�eletti�dalla�At Large Membership (le�elezioni�At Large sono�un�sistema�per�procedere�alla� selezione�di�meta��del�direttivo�su�una�base�di�consenso�mondiale),�nove�sono�eletti�dalle�Organizza- zioni�di�Supporto�di�ICANN,�previste�dall'atto�costitutivo.��Per�quanto�l'atto�istitutivo�dell'ICANN� sia�rivolto�espressamente�ad�assicurare�la�rappresentativita��internazionale�del�Board ofDirectors del�nuovo�organismo,�quest'ultimo�si�configura�come�un�ente�di�diritto�privato�soggetto�esclusiva- mente�alla�giurisdizione�delle�autorita��statunitensi�.�L.�MARINI,��Reti di comunicazione elettronica e servizi collegati nel diritto comunitario: il caso dei nomi di dominio Internet�,�2001,�op.cit.,�pag.14.� (56)�Nel�Memorandum ofUnderstanding del�25�Novembre�1998�tra�ICANN�e�il�Dipartimento� del�Commercio�si�legge:��DOC has authority to participate in the DNS Project with ICANN under thefollowing authorities:� (1) 15 U.S.C. �1525, theDOC'sJointProjectAuthority, whichprovidesthattheDOCmay enter intojointprojects with nonprofit, research, orpublic organizations on matters of mutualinterest, thecost ofwhichisequitablyapportioned; (2)�15�U.S.C.���1512,�theDOC'sauthoritytofoster,promote, anddevelopforeignanddomestic commerce; (3)47U.S.C. �902, whichspecificallyauthorizestheNationalTelecommunicationsandInforma- tion Administration (NTIA) to coordinate thetelecommunications activities ofthe Executive Branch and assistintheformulationofpoliciesandstandardsforthoseactivitiesincluding, butnotlimitedto, conside- rationsofinteroperability,privacy, security, spectrumuse, andemergencyreadiness; (4) Presidential Memorandum on Electronic Commerce, (July 1, 1997), which directs the Secretary ofCommerce to transition DNSmanagement to theprivatesector; and (5)StatementofPolicy,ManagementofInternetNamesandAddresses,whichdescribesthemanner inwhichtheDepartmentofCommercewilltransitionDNSmanagementtotheprivatesector�. (57)�Il�MoU�in�questione�e��uno�strumento�giuridico�scritto�che�documenta�un�rapporto�tra�il� Governo�degli�Stati�Uniti�ed�un'universita��,�un�istituto�o�un'organizzazione�di�ricerca,�agenzie�od� organizzazioni�private�o�qualsiasi�altra�controparte�per�sviluppare�un�progetto�di�mutuo�interesse.� (�What is a Memorandum ofUnderstanding�,�in�www.ba.usda.gov/techt/whatmou.htm).� La�firma�di�un�memorandum rappresenta�un�pubblico�impegno�a�rispettare�certi�principi�e�a� lavorare�per�il�raggiungimento�di�traguardi�specifici�in�specifiche�aree�di�interesse.� In�termini�giuridici�il�memorandum ofunderstanding in�esame�e��un�contratto�definitojointpro- ject agreement.�In�particolare,�le�disposizioni�normative�volte�a�regolare�tale�tipologia�di�contratto� sono�rinvenibili�nel�Codice�degli�Stati�Uniti,�15�(Commerce and Trade)�U.S.C.���1525�(1994):��[...] Jointprojects.``In the case of nonprofit organizations, research organizations, orpublic organizations oragencies,theSecretarymayengageinjointproject,orperformservices,onthematters ofmutual interest, thecost ofwhichshallbeapportionedequitably[...]''�. ICANN,�quale�societa��senza�scopo�di�lucro,�e��quindi�legittimata�a�concludere�tale�contratto� con�il�Dipartimento�del�Commercio�americano.� Loscopoe��quellodiassicurarecheilsettoreprivatoabbialecapacita��elerisorseperassumerela� gestionetecnicadelDNSnelmomentoincuiessoverra��trasferitodalgoverno[almomentodellasti- pula�del�Memorandum�of�Understanding,�il�DNS�era�gestito�da�universita��(USC)�od�organizzazioni� senza�scopo�di�lucro�(SRI)�attraverso�contratti�che�enti�governativi�avevano�stipulato�con�le�stesse].� (58)�L'accordo�stipulato�tra�il�Dipartimento�del�Commercio�e�ICANN,�organizzazione�senza� scopo�di�lucro�statunitense,�e��regolamentato�dalle�leggi�statunitensi.�In�www.icann.org/general/- icann-mou-25nov98.htm.� (59)�S.�BACCAGLINI,��ICANN:poca storia, moltiprobemi -Process oftransition: laprivatiz- zazione di Internet�,21�Giugno2001,inwww.interlex.it.� SERVIZI�INFORMATICI�E�STATISTICI� Nell'Ottobre�1998,�con�l'Amendment 11�al�Cooperative�Agreement� NCR-9218742(60),�venne�introdotto�lo�Shared Registration System (SRS),�che� avrebbe��favorito�l'introduzione�di�meccanismi�concorrenziali�nel�mercato�dei� servizi�di�registrazione�dei�nomi�di�dominio�(61),�in�quanto�consentiva�diregi- strare�nomi�di�dominio�.com,�.org,�.net�a�societa�in�concorrenza�con�NSI(62).� Il�passo�successivo�porto�ad�un�conflitto�tra�il�DoC�e�ICANN�da�una� parte,�e�NSI�dall'altra.�Quello�che�ci�si�aspettava�era�che�anche�NSI�firmasse� un�contratto�di�accreditamento�e�diventasse�uno�dei�tanti�registrar tra�un� numero�potenzialmente�illimitato�(63).� Il�DoC�aveva�programmato�di�trasferire�il�rootserver �A�adICANN(64):� tutti�i�registri,�compresa�NSI,�avrebbero�ottenuto�una�licenza�da�ICANN(65).� Il�forte�potere�contrattuale�che�la�societa�Network�Solution�Inc.�ha�avuto�nel� momento�incui�il�governo�americano�decise�di�privatizzarelaRetederivadalfatto� che�non�e�chiaro�se�il�Dipartimento�del�Commercio�americano�abbia�o�meno�l'au- torita�di�trasferire�l'authoritative root server ad�altri�soggetti(66):�il�DNS�non�era� stato�definito�giuridicamente�(ne�lo�e�tuttora)��risorsa�pubblica��per�essere�gestito� dalGoverno,ne�tantomenolaregistrazione�deinomididominio�poteva�essere� considerata�un��governamentalservice�.�Per�quanto�i�cooperative agreement siano� impiegati�per�lo�svolgimento�di�attivita�con�finalita�pubbliche,�cio�non�e�sufficiente� a�definireilservizio�diregistrazione�deinomididominio�come�funzione�governa- tiva�pubblica�,�ed�in�tal�senso�si�e�espressa�la�giurisprudenza�americana. �������� (60)�Amendment 11�del�6�Ottobre�1998�al�Cooperative Agreement NCR-9218742,�in� www.ntia.doc.gov/ntiahome/domainname/docnsi100698.htm.� Il�Cooperative�Agreement�NCR-9218742�tra�il�Dipartimento�del�Commercio�americano� (sostituitosi�nel�1998�alla�NSF,�agenzia�governativa�statunitense)�e�NSI,societa�privata�statuni- tense,�e�regolamentato�dalle�leggi�statunitensi.� (61)�L.�MARINI,��Reti di comunicazione elettronica e servizi collegati nel diritto comunitario: il caso dei nomi di dominio Internet�,�2001,�op.cit.,�pag.15.� (62)�Nell'Amendment�11�del�6�ottobre�1998�al�Cooperative�Agreement�NCR-9218742�si�legge:� �In order to create an environment conducive to the development ofrobust competition among domain name registrars, NSI will, either directly or by contract, develop a protocol and associated software supportingasystem thatpermitsmultipleregistrarstoprovideregistrationserviceswithinthegTLDs for which NSI now acts as a registry (Shared Registration System)�.� Fino�a�questo�momento,�NSI�e�unico�registro�e�unico�registrar per�i�gTLD�.com,�.org�e�.net.� Iprimi�registrars ammessi�allo�SRS�furono�AOL,�Melbourne�IT,�France�Telecom,�Register.- com,�CORE.�Il�periodo�di�prova�era�di�due�mesi�(dal�26�Aprile�1999�al�25�Giugno�1999),�poi�esteso� fino�a�Novembre�1999,�dopo�di�che�sarebbero�entrati�sul�mercato�altri�registrars accreditati.�I�rap- porti�tra�NSI�e�i�registrars concorrenti�furono�regolati�con�l'Amendment 13�del�12�aprile�1999�al� Cooperative Agreement NCR-9218742.�Cfr.�M.�MUELLER,�op. cit.,pag.�14.� (63)�M.�MUELLER,�op. cit.,�pag�17.� Nell'Amendment 11�al�Cooperative Agreement NCR-9218742�si�legge:��This agreement extends the Cooperative Agreement through September 30, 2000; provided, however, that as the USG [United States Government] transitions DNS responsibilities to NewCo, corresponding obligations under the Cooperative Agreement [NCR-9218742] as amended will be terminated and, as appropriate, covered ina contractbetweenNSIandNewCo�.� (64)�Nell'Amendment 11�al�Cooperative Agreement NCR-9218742�si�legge:��NSIagrees to cont inue tofunctionas theadministratorfor theprimary rootserverfor the rootserversystem andasa rootzoneadministratoruntilsuchtimeasthe USGinstructsNSIinwritingtotransfereitherorboth ofthesefunctions to NewCo oraspecifiedalternateentity�.� (65)�M.�MUELLER,�op. cit.,�pag�17.� (66)�GAO�Report��DepartmentofCommerce: relationship with theInternet Corporationfor Assigned Names and Numbers�,�7�Luglio�2000,�op. cit.,�pag�25.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Nella�causa�Name.Space Inc. v. Network Solutions Inc. and National Science Foundation(67),�la�sentenza�poneva�dubbi�circa�l'autorita��della�NSF� su�NSI:�nonostante�il�National Science Foundation Act(68),�affermi�che�NSF� e��istituita�per��promuovere e supportare lo sviluppo e l'uso dei computer �������� (67)�Causa�Name.Space Inc. v. Network Solutions Inc. and National Science Foundation, on Appealfrom United States District Courtfor the Southern District ofNewYork, Brieffor Appellants,� 21�giugno�1999,�in�www.name-space.com/law/appeal.htm.� Name.Space�Inc.�e��una�societa��statunitense�che�offre�il�servizio�di�registrazione�di�nomi�di� dominio�in�concorrenza�con�NSI.�Cercando�di�immettere�nel�mercato�nuovi�TLD,�nel�1996�aveva� costituito�una�propria�rete�di�tredici�name server e�lanciato�un�nuovo�servizio,�accettando�registra- zioni�sotto�oltre�500�nuove�estensioni.�La�societa��chiese�a�NSI�di�includere�i�nuovi�domini�nel�file usato�per�dirigere�e�instradare�il�traffico�Internet:�senza�questa�operazione�sarebbe�stato�impossibile� ai�navigatori�trovare�gli�indirizzi�muovendosi�sulla�rete�ufficiale�(Esiste�una�rete�alternativa�che� puo��essere�visitata�e�navigata�solo�dopo�aver�fatto�un�aggiornamento�al�proprio�computer).� I�server di�Name.Space�sono�conformi�agli�standard�e�ai�protocolli�Internet,�ma�i�nomi�di� dominio�registrati�sotto�i�propri�gTLD�non�sono�risolvibili�a�livello�mondiale�perche�,�non�essendo� presenti�nel�rootfile gestito�da�NSI,�non�sono�riconosciuti�dagli�altri�root server.� L'11�Marzo�1997,�Name.Space�scrisse�a�NSI�chiedendole�di�aggiungere�al�File�di�Configura- zione�(database del�root server A)�i�nomi�di�dominio�che�aveva�registrato.� Il�12�Marzo,�NSI�respingeva�la�richiesta,�affermando�che,�conformemente�al�Cooperative Agreement NCR-9218742,�essa��agiva�sotto�l'autorita��dell'Internet Assigned Numbers Authority (IANA),�situata�presso�la�University�of�Southern�California�(USC)�.�Tale�affermazione�si�basa�sul� Cooperative Agreement NCR-9218742,�art.�3:��NSI�deve�agire�in�conformita��della�RFC1174��(V.� CERF,�RFC�1174,��IABrecommendedpolicyondistributingInternet identifierassignmentandIAB recommendedpolicy change to Internetconnectedstatus�,�Internet Engineering Task Force,�Agosto� 1990,in�http://www.ietf.org/rfc/rfc1174.txt)equindiinbasealledirettivediIANA.� Il�20�Marzo�1997,�Name.Space�cito��in�giudizio�NSI�per�violazione�dello�Sherman Act,in� quanto�l'effetto�del�rifiuto�di�NSI�era�quello�di�erigere�barriere�all'entrata�nel�mercato�della�registra- zione�dei�nomi�di�dominio.� Il�27�Marzo�1997,�NSI�scrisse�a�Postel,�direttore�di�IANA�per�chiedere�se�la�risposta�data�a� Name.Space�fosse�stata�corretta�e�cioe��se��NSI maintains the information on that root-server under theauthorityandatthedirectionoftheIANAandNSIcanonlymakechangestothe ConfigurationFile at the direction ofIANA�.� LarispostavennedalConsigliogeneraledell'USC:��Thestatement madeinyourletterconcerning therelationshipbetweentheInternetAssignedNumbersAuthority (�IANA�) andNetworkSolutions, Inc.(�NSI�)isnotcorrect.WeareawareofnocontractorotheragreementthatgivesIANAauthorityover your client's operations. The IANA has no authority to establish a generic top level domain (�gTLD�) withoutanInternetcommunityconsensusarrivedatthrough committeereviewandampleopportunityfor publicimpact.Instead,therestrictioninexpansionofgTLDshasthusfarbeenduetoconsensuswhichyour clienthaschosentoacceptinrefusingrequestsfrompotentialregistrars ofnewgTLDs�.� Vista�la�riluttanza�o�incapacita��di�IANA�di�accettare�qualsiasi�responsabilita��,�NSI�si�rivolse�a� NSF,�la�quale�le�vieto��di�creare�o�aggiungere�TLD�al�rootfile,�fino�a�che�quest'ultima,�in�consulta- zione�con�altre�agenzie�governative�americane,�non�avesse�completato�uno�studio�su�tale�area�e�svi- luppato�una�politica�federale.� La�corte�non�accoglieva�la�richiesta�di�Name.Space,�applicando�la�dottrina�c.d.��federalinstrum entality�,�che�prevede�l'immunita��all'antitrust�alle�parti�private�quando�queste�agiscono�in�base� ad�un�contratto�con�un'agenzia�governativa�per�attuare�una�politica�governativa�con�l'autorizza- zione�o�l'approvazione�dell'agenzia�stessa.� La�corte�giudico��che�sotto�il�Cooperative Agreement NCR-9218742�tra�NSI�e�NSF,�NSI�stava� agendo�in�conformita��a�politiche�o�programmi�governativi�formulati�chiaramente�e�che�quindi�era� immune�da�qualsiasi�responsabilita��derivante�dalla�disciplina�antitrust�alla�stessa�maniera�dell'ente� governativo.� (68)�Il�National Foundation Science Act e��la�legge�con�cui�il�Congresso�ha�istituito�nel�1950�la� NationalScience Foundation.� SERVIZI�INFORMATICI�E�STATISTICI� e�di�altre�tecnologie�per�la�ricerca�e�l'educazione�nelle�scienze��(69),�il�giudice� non�ha�ritenuto�che�da�tale�disposizione�derivasse�un�mandato�per�NSF�a� disciplinare�l'attivita�di�NSI�in�particolare�o�la�registrazione�dei�nomi�di� dominio�in�generale.� Tale�conclusione�era�dovuta�alla�mancanza�di�una�qualificazione�giuri- dica�del�DNS,�del�root file o�del�servizio�di�registrazione�dei�nomi�di�domi- nio:��Nothing about the Domain Name System or the registration ofdomain names isapublicgovernmentalfunction�(70).� In�precedenza,�nella�causa�Thomas William v. NSI(71),�la�Corte�aveva� dichiarato�che�il�Congresso�non�aveva�esplicitamente�richiesto�a�NSF�o�ad� altra�agenzia�del�governo�federale�di�registrare�nomi�di�dominio;�di�conse- guenza��simply because NSF might have been able to perform domain name registrationservicesdoesnottransform thisactivityintoagovernmentalservice or thing of value (72).�A recent and novelfunction such as domain name regi- stration hardly strikes us as a ``quintessential'' government service�(73).� Nella�sentenza�Name.Space Inc. v. Network Solutions Inc. and National Science Foundation,�si�legge:��theauthorizationforNSFcontrolover theInter- net root server in Amendment 1I to the Cooperative Agreement(74) is not dispositive. Despite NSF's arguments, the district court did notfind thatthe agency had contractual authority to issue theformer [NSI]�(75). La�posizione�di�NSI�(76)�riguardo�il�trasferimento�dell'authoritative root server ad�altri�soggetti�fu�molto�chiara:�ICANN�non�aveva�alcuna�autorita� per�obbligare�la�societa�a�cessare�le�registrazioni�nei�gTLD�.com,�.org�e�.net,� in�quanto�tale�servizio�era�espletato�in�conformita�al�contratto�(Cooperative Agreement NCR-9218742)�con�il�DoC.�Inoltre�riteneva�che�il�suo�obbligo �������� (69)�42�U.S.C.��1862�(g).� (70)�GAO�Report��Department of Commerce: relationship with the Internet Corporation for Assigned Names and Numbers�,�7�luglio�2000,�op. cit.,�pag�25.� (71)�Nella�causa�Thomas William v. NSI,�i�querelanti�denunciano�l'illegale�monopolio�di�NSI� sull'attivita�di�registrazione�dei�nomi�di�dominio�e�l'incostituzionale�imposizione�delcanone�ai�regi- stranti.� (72)�Vedi�infra nota�30.� (73)�UnitedStates CourtofAppeal,for theDistrictofColumbia Circuit,�Thomas William v. Net- work Solutions Inc.,�decided May 14,�1999,inhttp://laws.findlaw.com/dc/985502a.html.� La�Corte�riprende�una�sentenza�della�Corte�Suprema�del�1987�(Causa�San Francisco Arts & Athletics, Inc v. UnitedStates Olimpic Comm),�in�base�alla�quale��aprivatepartyperforms afunction which serves thepublic doesnotmake itsactsgovernmental�.� (74)�Il�Cooperative Agreement NCR-9218742�tra�NSF,�agenzia�governativa�statunitense�(dal� 1998,�il�Dipartimento�del�Commercio�americano�si�e�sostituito�ad�essa)�e�NSI,�societa�privata�statu- nitense,�e�regolamentato�dalle�leggi�statunitensi.� (75)�Caso�Name.Space Inc. v. Network Solutions Inc. and National Science Foundation,�on Appealfrom United States District Courtfor the Southern District ofNew York, Brieffor Appellants,� 21�giugno�1999,�in�www.name-space.com/law/appeal.htm� (76)�Il�timore�di�NSI�era�che,�appena�firmato�il�contratto�di�accreditamento,�avrebbe�perso�il� suo�potere�contrattuale�sul�processo�di�transizione.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� era�solo�quello�di�consegnare�al�DoC�una�copia�del�database(77),�non�soggetto� a�copyright(78),�per�cui�NSI�avrebbe�potuto�continuare�a�gestire�i�gTLD�senza� la�sorveglianza�e�la�supervisione�del�Governo�americano,�scegliendo�il�canone� di�registrazione�desiderato,�non�accettando�piu�le�registrazioni�dei�registrar conc orrenti�e�decidendo�unilateralmente�la�gestione�globale�dei�TLD(79).� Il�DoC�ed�ICANN,�ritenendo�che�il�registro�dovesse�essere�affidato� attraverso�una�procedura�chiara�e�trasparente,�contestarono�tale�posiz ione�(80),�fino�ad�una�situazione�che�minacciava�di�destabilizzare�il�DNS.� Il�vuoto�normativo�spinse�il�Governo�americano�ad�evitare�un�conflitto� diretto�con�NSI,�e�il�4�Novembre�1999�una�serie�di�accordi�vennero�presi�tra� le�parti.�Essi�deviavano�in�maniera�significativa�dal�progetto�del�DoC:�NSI� continuava�a�gestire�il�root server �A�,�ma�in�cambio,�acconsentiva�a�ricono scere�ICANN�come�la��NewCo��dell'Amendment�11�(81)�al�Cooperative� Agreement�NCR-9218742�(82)�ed�a�stipulare�un�contratto�di�registro�per�la� gestione�dei�gTLD�.com,�.org,�.net. �������� (77)�Nell'Amendment 11�al�Cooperative Agreement NCR-9218742�si�legge:��Not later than 30 daysafterthedateofthisagreement,NSIshallsubmittothe USGanelectroniccopyofallsoftware and data generated under the Cooperative Agreement through September 30, 1998�.� (78)��SebbeneilDoCcontrollichiaramenteilcontenutodelfileinbaseall'Amendment11del� 6�Ottobre�1998�al�Cooperative Agreement NCR-9218742�[WhileNSIcontinues to operate theprimary rootserver, itshallrequestwrittendirectionfromanauthorizedUSGofficialbeforemakingorrejecting any modifications, additions or deletions to the root zonefile]�,�il�potere�del�governo�[americano]�sul� root sembra�derivare�dal�contratto�piuttosto�che�da�un�effettivo�diritto�di�proprieta�:e�difficile�dire� se�in�capo�al�governo�americano�ci�sia�un�diritto�di�proprieta�su�un�bene�mobile�da�quando�e�NSI� che�possiede�la�macchina�in�cui�il�file e�fisicamente,�ne�e�facile�caratterizzare�l'interesse�del�DoC� come�diritto�di�proprieta�intellettuale.�[...]�Il�rootfile e�l'insieme�di�tutti�i�nomi�di�dominio�esistenti,� ognuno�dei�quali�oggi�e�oggetto�di�tutela,�ma�nell'insieme�esso�manca�della�necessaria�originalita� per�essere�tutelato�dal�diritto�d'autore:�anche�se�appartenesse�al�governo,�per�il�fatto�che�esso�e�cont inuamente�aggiornato�ed�ogni�aggiornamento�e�pubblico,�non�e�soggetto�a�copyright in�base�al� Copyright Act del�1976�(17�U.S.C.���105.)�.�Vedi�A.M.�FROOMKIN,��Wrong turn in cyberspace: using ICANNto route aroundthe APA andthe Constitution�,�2000,�op. cit.,�pag.45.� (79)�Cfr.�Lettera�di�A.J.�PINCUS,�GeneralCounsel, USDepartmentofCommerce,�a�Tom�Blil ey,�ChairmanofCommitteeonCommerce, USHouseofRapresentatives,�8�luglio�1999.� In�www.ogc.gov/ogc/legreg/testimon/106f/pincus0722.htm� (80)�Sitemevalacreazionediun�alternative root server system�,�senza�alcun�controllo�da�parte� del�Governo�Americano.�Sui�root alternativi,�si�veda�S.�BACCAGLINI,��ICANN:poca storia, molti problemi La balcanizzazione della Rete�,�21�Giugno�2001,�in�www.interlex.it�;�Dan's Domain Site,� �Structure: Alternate Roots�,�in�www.dantobias.com�;�K.CRISPIN,��Alt-Roots, Alt-TLDs�,�maggio� 2001,�in�www.icann.org/stockolm/draft-crispin-alt-roots-tlds-00.txt�;�documento�di�ICANN,� �ICP-3: A unique, authoritative rootfor the DNS�,�9�luglio�2001,�in�www.icann.org/icp/icp-3.htm�(in� risposta,��ICANN's Lynn on alternative roots�,�in�www.icannwatch.org�);�DNSO�Name�Council,� �ICANNandAlterate Roots�,�8�maggio�2001,�in�www.dnso.org/clubpublic/ga-full/Arc07/doc00002.� (81)�Nell'Amendment 11�al�Cooperative Agreement NCR-9218742�del�6�Ottobre�1998�si�legge:� �Following the finalization ofthe agreement [il successivo Memorandum of Understanding del 25 Novembre 1998J between the USG [United States GovernmentJ and NewCo, NSI will recognize NewCopursuant to a contractbetween NSIandNewCo�.� (82)�Amendment del�26�Febbraio�1999�al�Cooperative Agreement NCR-9218742�tra�il�Dipartim ento�del�Commercio�americano�(sostituitosi�nel�1998�alla�NSF,�agenzia�governativa�statunitense)� ela�societa�statunitense�NSI.� Nell'Amendment si�legge:��ICANNshallbeconsideredas theNewCo identifiedinAmendment11 ofthe CooperativeAgreementfor thepurposeofcarryingoutthefunctionsandactivitiesascribedto �NewCo� in thatAmendment�.�In�www.ntia.doc.gov/ntiahome/domainname/icannnewco.htm� SERVIZI�INFORMATICI�E�STATISTICI� NSI�accetto��di�riconoscere�il�diritto�della�comunita��Internet�di�stabilire� politiche�di�consenso�attraverso�ICANN�e�di�rispettarle.� Il�18�maggio�2001,�il�Dipartimento�del�Commercio�ha�approvato�la�revis ione(83)�degli�accordi�stipulati�nel�Novembre�1999.�Uno�degli�scopi�di� ICANN�e��stato�quello�di�ridurre�le�differenze�tra�gli�accordi�con�NSI�(oggi� Verisign�Inc.(84))�e�quelli�con�i�registri�dei�sette�gTLD�introdotti�recentem ente(85),�differenze�che�segnano�un�trattamento�speciale�e�unico,�basato� sulla�sua�attivita��di�registro�prima�della�costituzione�di�ICANN.� I�nuovi�contratti�sono�stati�firmati�da�VeriSign�Inc.,�societa��statunitense,�e� ICANN,organizzazionesenzascopodilucrostatunitense,il25Maggio2001(86). �������� (83)�L'Amendment 1�del�28�Settembre�1999�al�Memorandum ofUnderstanding del�Novembre� 1998�tra�il�DoC�e�ICANN�prevede�che:� 1. TheAgreemententitled�RegistryAgreement�betweenICANNandNetworkSolutions, Inc. (NSI) dated______ ________andrelatingtotheprovisionofregistryservicesforthe.com, .netand .orgTLDsis herebyapprovedbytheDOC. ICANNwillnotenterintoanyamendmentof, orsubstitutefor, said agreement, norwillsaidagreementbeassignedbyICANN, withoutthepriorapprovalofDOC.; 2.�ICANN�shall not enter into any agreement with any successor registry to NSIfor the .com,� .net.�and�.org�TLDs without thepriorapprovalbyDOCofthesuccessor registryandtheprovisions of theagreementbetween the registryandICANN.� In�www.icann.org/general/amend1-jpamou-04nov99.htm� (84)�Network Solutions Inc.e��stata�recentemente�acquistata�da�VeriSign�Inc,�societa��statunit ense�operante�sul�mercato�della�certificazione�digitale.�Vedi�L.�MARINI,�Reti di comunicazione elettronica e servizi collegati nel diritto comunitario: il caso dei nomi di dominio Internet�,�2001,� op.cit.,�nota�47,�pag.15.� (85)�I�nuovi�gTLD�selezionati�sono�di�due�tipi:�quattro�(.biz,�.info,�.name,�.pro)�sono��unspon- sored��e�gli�altri�tre�(.aero,�.coop,�.museum)�sono��sponsored�.� Approssimativamente,�un�TLD��unsponsored��opera�in�base�a�politiche�stabilite�dalla�comun ita��Internet�globale�attraverso�ICANN,�mentre�un�TLD��sponsored�e��un�TLD�specializzato�che� ha�una��sponsoring organization��rappresentante�la�comunita��piu��vicina�e�piu��interessata�al�TLD.� Alla�sponsoring organization e��delegato�il�compito�di�formulare�politiche�su�quel�determinato�TLD.� Cfr.�S.�BACCAGLINI,��ICANN:pocastoria, moltiproblemiIlcontrollosuinomiadominio�,� 21�giugno�2001,�in�www.interlex.it� (86)�Sono�stati�stipulati�tre�contratti�di�registro�tra�ICANN�e�VeriSign (NSI),�uno�per�ogni� gTLD�gestito.� Per�quanto�riguarda�il�TLD�.org�(vedi�contratto�in�www.icann.org/tlds/agreements/verisign/r egistry-agmt-org-25may01.htm),�il�31�Dicembre�2002�(anziche�2003,�come�previsto�dal�precedente� contratto),�VeriSign ha�cessato�di�essere�il�gestore�del�registro�.org.�Il�nuovo�gestore�e��un'organizzaz ione�senza�scopo�di�lucro�statunitense,�il�Public Interest Registry.� VeriSign ha�donato�5�milioni�di�dollari�e�lascera��disponibili�i�name server per�un�anno�a�costo� zero�e�successivamente�ad�un�prezzo�da�determinare.� Per�quanto�riguarda�il�TLD�.net�(vedi�contratto�in�www.icann.org/tlds/agreements/verisign/r egistry-agmt-net-25may01.htm),�VeriSign continuera��la�gestione�fino�al�primo�Gennaio�2006,�dopo� dichepartecipera��adunaproceduraapertaeimparzialeperlanuovaassegnazionedelregistro.Essa� avra��la�possibilita��di�ricorrere�ad�arbitrato�(non�piu��al�giudice�come�previsto�dal�precedente� accordo)�per�rivedere�la�decisione�di�ICANN�in�merito�all'operatore�selezionato.� Per�quanto�riguarda�il�TLD�.com�(vedi�contratto�inwww.icann.org/tlds/agreements/verisign/r egistry-agmt-com-25may01.htm),�a�differenza�dei�TLD�.org�e�.net,�il�contratto�si�discosta�dalla� forma�di�contratto�prevista�per�gli�unsposoredgTLD,�dando�al�monopolista�VeriSign un�sostanziale� vantaggio�sui�nuovi�entranti.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� 4. IrapportiformaliedinformalitraICANNedilDipartimentodelCom- mercio americano Alcuni�autori�si�riferiscono�ad�ICANN�come�a�quella��organizzazione� senza�scopo�di�lucro�che�ha�assunto�la�responsabilita�per�le�funzioni�che�prec edentemente�erano�garantite�dal�Governo�americano��(87)�o�a�cui��l'ammin istrazione�americana�ha�trasferito�l'autorita�sul�DNS��(88).� �La�presunta�democraticita�e�autonomia�di�ICANN�e�stata�messa�fortem ente�in�discussione.�Cio�che�da�piu�parti�si�rimprovera�e�la�mancanza�di� trasparenza�sia�nella�realizzazione�della�sua�struttura,�sia�nell'impianto�decis ionale�attuale.�Di�completa�privatizzazione�si�potra�parlare�solo�dopo�il� totale�trasferimento�a�vantaggio�di�ICANN�delle�funzioni�ancora�detenute� dal�governo�americano,�dismissione�che�e�stata�posticipata�piu�volte��(89).� �ICANN�e�formalmente�indipendente�dal�Governo�americano��(90).� Sebbene�il�governo�americano�abbia�supportato�e�finanziato�lo�sviluppo� del�DNS,�esso�non�ha�sviluppato�una�legislazione�in�materia,�ne�ha�designato� un�ente�responsabile�per�essa(91),�per�cui�si�sono�posti�dubbi�circa�il�potere� del�DoC�di�concludere�accordi�con�ICANN.� Il�Dipartimento�del�Commercio�ha�identificato�tre�fonti�di�diritto:� -Il�DoC�ha�il�potere�di�favorire,�promuovere�e�sviluppare�il�commercio� estero�e�interno�(92);� -Il�DoC�ha�il�potere�di�concludere�accordi�con�organizzazioni�senza� scopo�di�lucro�per�realizzare�progetti�comuni�su�materie�di�pubblico�inter esse�(93);� -La�National Telecommunications and Information Administrations (NTIA),�ente�governativo�all'interno�del�Dipartimento�del�Commercio,�ha�il� potere�di�provvedere�al�coordinamento�delle�attivita�di�telecomunicazioni� del�ramo�esecutivo�(94). �������� Per�un'analisi�critica�del�contratto�di�registro�per�il�.com,�si�veda�il�commento�del�DNSO,� Organizzazione�di�Supporto�di�ICANN,��DNSO Input on Proposed VeriSign Agreement Revi- sions�,�28�Marzo�2001,�in�www.icann.org/melbourne/dnso-input-verisign-revisions-28mar01.htm.� Vedi�anche�lettera�del�15�Maggio�2001�di�J.D.�DINGELL,�Committee on Energy and Commerce,� e�E.J.�MARKEY,�Subcommittee on Telecommunications andthe Internet,�indirizzata�a�D.L.�Evans,� Secretary of Department of Commerce,�in�www.house.gov/commerce-democrats/press/107l tr53.html� (87)�R.WERLEeV.LEIB,�The Internet Societyanditsstruggleforrecognitionandinfluence�,� workingpaper�99/12,�Novembre�1999,�inwww.mpi-fg-koeln.mpg.de/publikation/working_papers/w p99-12/index.htm� (88)�M.�HOLITSCHER,��Global Internet Governance and the Rise of Private Sector�,�Swiss� Political�Science�Review,�in�www.ib.ethz.ch/spsr/debates/debat_net/index.html� (89)�S.�BACCAGLINI,��ICANN:pocastoria, moltiproblemi -Processoftransition: laprivatiz- zazione di Internet�,�21�Giugno�2001,�in�www.interlex.it� (90)�A.M.�FROOMKIN�&�M.A.�LEMLEY,��ICANN and Antitrust�,�2001,�op. cit.,pag.�7.� (91)�GAO�Report�del�7�luglio�2000,�op. cit.,�pag.�8.� (92)�15�U.S.C.���1512.� (93)�15�U.S.C.���1525.� (94)�47�U.S.C.���902.� SERVIZI�INFORMATICI�E�STATISTICI� I�rapporti�tra�il�Dipartimento�del�Commercio�ed�ICANN�sono�di�natura� contrattuale:�un�Memorandum of Understanding(95)�(MoU)�stipulato�il�25� Novembre�1998,�un�Cooperative Research And Development Agreement (CRADA)�e�un�purchase order contract per�svolgere�le�funzioni�IANA(96).� Il�Memorandum of Understanding (MoU)�appare�autorizzare�non�altro� che�uno�studio�su�come�il�DNS�dovrebbe�essere�privatizzato,�ma�un'analisi� piu�approfondita�mostra�come,�attraverso�di�esso,�il�Dipartimento�del�Com- mercio�si�sia�garantito�il�controllo�sull'operato�dell'organizzazione�privata.� Con�l'Amendment�1�del�4�Novembre�1999�al�MoU�tra�il�Dipartimento�del� Commercio�ed�ICANN,�il�primo�si�assicura�anche�la�supervisione�dei�contratti� di�registro�stipulati�tra�ICANN�e�NSI�:��ICANNshallnotenterintoanyagree mentwithanysuccessorregistrytoNSIforthe.com, .net. and.orgTLDswithout theprior approval by DOC ofthe successor registry and theprovisions ofthe agreement between the registry and ICANN�(97),�ma�e�ancora�piu�importante� rilevare�che��ifDoCwithdraws its recognition ofICANNor anysuccessor entity byterminatingthisMoU, ICANNagreesthatitwillassigntoDoCanyrights that ICANN has in all existing contracts with registries and registrars�(98).� La�responsabilita�di�ICANN�e�quella�di�agire�come�l'organizzazione� senza�scopo�di�lucro�contemplata�nel�White Paper:�ogni�anno�essa�deve�pre- sentare�al�DoC�un�rapporto�in�cui�vengono�illustrati�gli�obiettivi�raggiunti�e� le�azioni�che�sono�ancora�necessarie�per�una�completa�privatizzazione�nella� gestione�del�Sistema�dei�Nomi�di�Dominio.� Nel�Giugno�del�1999,�il�DoC�e�ICANN�hanno�stipulato�un�contratto,� un�Cooperative Research And Development Agreement(99)�(CRADA),�per �������� (95)�La�scadenza�del�Memorandum of Understanding e�attualmente�il�30�settembre�2003� (Amendment 5,�in�www.icann.org/general/amend5-ipamou-19sep02.htm).� (96)�Le�funzioni�IANA�includono�il�coordinamento�dell'assegnazione�dei�parametri�tecnici,� l'allocazione�degli�spazi�di�indirizzo�del�protocollo�Internet�e�le�funzioni�amministrative�associate� con�la�gestione�del�root. (97)�Amendment 1�del�4�Novembre�1999�al�MoU�tra�il�Dipartimento�del�Commercio�ed� ICANN.�In�www.icann.org/nsi/amend1-jpamou-04nov99.htm� (98)�Ibidem. (99)�Il�Cooperative Research And Development Agreement e�disciplinato�dal�Codice�degli�Stati� Uniti,�che�lo�definisce�come��any agreement between oneor moreFederallaboratories andoneor more non-FederalpartiesunderwhichtheGovernment, throughitslaboratories,providespersonnel,services, facilities, equipment, intellectualproperty, or other resources with or without reimbursement (but not fundstonon-Federalparties) andthenon-Federalpartiesprovidefunds,personnel, services,facilities, equipment, intellectualproperty, orotherresourcestowardtheconductofspecifiedresearchordevelop ment efforts which are consistent with the missions ofthe laboratory��(15�U.S.C.���3710a.�(d),�Defini- tion.).� Attraverso�di�esso,�quindi,�il�governo�federale�e�il�partner�possono�ottimizzare�le�proprie� risorse,�dividendo�i�costi�della�ricerca.�Il�privato�fornisce�fondi,�personale,�servizi,�attrezzature�e� altre�risorse�necessarie,�mentre�il�governo�fornisce�risorse�simili,�ma�non�fondi.� La�controparte�dell'agenzia�federale�puo�essere�un'altra�agenzia�o�un�governo�locale,�organiz- zazioni�industriali�(incluse�societa�,�partnership,�organizzazioni�di�sviluppo�industriale),�fondazioni� private�o�pubbliche,�organizzazioni�senza�scopo�di�lucro�(incluse�universita�)�o�altrepersone(15� U.S.C.���3710a(a)�).� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� determinare�la�futura�gestione�del�root�server�A�e�dell'intero�sistema�dei�root server(100).�Le�parti,�nella�fattispecie�in�esame,�sono�l'istituto�del�Dipartim ento�del�Commercio�americano,�il�National Institute ofStandard andTech- nology(101)�(NIST)�e,�appunto,�l'organizzazione�statunitense�ICANN,�in�part icolare�il�Comitato�interno�consultivo�DNS Root Server System Advisory Committee(102).� Lo�scopo�e�studiare�un�modo�piu�sicuro�e�piu�stabile�per�gestire�il� sistema�dei�root server. La�ricerca�intende�(103):� -determinare�i�requisiti�operativi�del�root server system, -esaminare�la�sicurezza�dello�stesso�e�rivedere�l'ubicazione�e�la�distribu zione�dei�root server,� -sviluppare�procedure�per�il�root system, inclusa�la�formalizzazione�delle� relazioni�contrattuali�in�base�alle�quali�i�root server operano�in�tutto�il� mondo(104).� L'ultimo�contratto�che�lega�ICANN�al�Dipartimento�del�Commercio� (rappresentato�da�NTIA)�e�il�purchase order(105)�contract(106)�a�costo�zero,� per�un�periodo�prorogabile�attualmente�fino�al�30�Settembre�2006�(107). �������� Ogni�informazione�rivelata�dal�privato�in�conseguenza�dell'accordo�viene�protetta�dal� governo�(15�U.S.C.���3710a(c)(7)�):�si�viene�cos|�a�creare�una�vera�opportunita�di�collaborazione,� in�quanto�le�parti�possono�scambiare�idee�e�conoscenze�mantenendo�i�segreti�societari.�Le�parti� possono�inoltre�decidere�di�non�rivelare�i�risultati�della�ricerca�per�un�periodo�di�cinque�anni.�Poss ono�decidere�di�dividere�i�diritti�di�proprieta�intellettuale�derivanti�dai�risultati�(15�U.S.C.��� 3710a(b)�).� (100)�Il�contratto�puo�leggersi�all'indirizzo�www.icann.org/committees/dns-root/crada.htm� (101)�Fondatanel�1901,NISTe�un'agenziafederaleall'internodella�Tecnology Administration del�Dipartimento�del�Commercio�americano.�La�sua�missione�e�sviluppare�e�promuovere�standard� e�tecnologieche�aumentinolaproduttivita�,�facilitinoilcommercio�emigliorinolaqualita�dellavita.� Vedi�il�sito�del�NIST�al�www.nist.gov.� (102)�Lo�statuto�di�ICANN�prevede�che�il�Comitato�Direttivo�possa�creare�delle�Commissioni� di�studio.�Sono�tre�le�commissioni�gia�operative:�la�DNS�Root Server System Advisory Committee,� la�AtLargeMembershipStudy Committee,la�Governmental Advisory Committee.� (103)�Cfr.�GAO�Report del�7�Luglio�2000,�op. cit.,�pag.�17.� (104)�Il�CRADA�non�ha�ancora�portato�a�risultati�concreti.�Difficile�ipotizzare�i�possibili�svil uppi,�soprattutto�per�la�difficolta�incontrata�nel�comprendere�le�relazioni�passate�e�presenti�tra�i� gestori�dei�root server e�Jon�Postel,�prima,�e�ICANN,�dopo.� (105)�Un�purchase order rappresenta�un�accordo�formale�tra�due�soggetti�per�la�fornitura�di� beni�o�servizi.� Esso�identifica:� ^il��vendor�,�ossia�l'individuo�o�l'organizzazione�che�fornisce�i�beni�o�servizi;� ^i�beni�o�servizi�forniti;� ^la�quantita�;� ^il�prezzo;� ^la�data�e�i�termini�di�consegna;� ^i�termini�di�pagamento.� (106)�Il�contratto�puo�leggersi�all'indirizzo�www.icann.org/general/iana-contract-17m ar03.htm� (107)�Section B.2�delpurchaseorder contract tra�NTIA,�agenzia�del�Dipartimento�del�Commerc io,�e�ICANN�per�il�trasferimento�ad�ICANN�delle�funzioni�IANA.� SERVIZI�INFORMATICI�E�STATISTICI� Oggetto�del�contratto�e�lo�svolgimento,�da�parte�di�ICANN�(108),�delle� funzioni�IANA(109)�precedentemente�svolte�dall'Information�Science�Insti- tute�(ISI)�della�University�of�Southern�California�(USC),�in�base�al�contratto� (denominato��Teranode Network Technology contract�o�TNT contract�)� che�quest'ultima�aveva�stipulato�con�DARPA�(Defence�Advanced�Research� ProjectAgency),�agenziadelDipartimento�dellaDifesa(110).� In�base�al�TNTcontract,�ISI�svolgeva�le�funzioni�IANA�come�parte�del� progetto�di�ricerca�denominato��Teranode Network Technology�(111).�Il� Codice�degli�Stati�Uniti�prevede�infatti�che�il�Dipartimento�della�Difesa� possastipulareaccordiperportareaterminedeiprogettidiricerca(112):�in� questo�modo�DARPA(113)�e�autorizzata�a�finanziare�l'USC�per�lo�svolgi- mento�delle�funzioni�IANA.� Le�agenzie�dell'Esecutivo�devono�seguire�determinate�procedure�nella� stipula�dei�contratti,�(114),�ma�in�alcuni�casi�previsti�dalla�legge,�esse�possono� derogarvi.�Una�specifica�eccezione�e�prevista�nel�Competition in Contracting Act: �an executive agencymay useprocedures other than competitiveprocedu- res only when the property or services needed by the executive agency are avai- lablefrom onlyoneresponsiblesourceandno other typeofpropertyorservices will satisfy the needs ofthe executive agency��(115).� Il�Governo�americano�ha�dichiarato�che�il�contratto�per�lo�svolgimento� delle�funzioni�IANA�e�stato�stipulato�con�ICANN�proprio�in�base�a�tale �������� (108)�Le�funzioni�IANA,�prima�della�stipula�del�purchase order contract,�sono�state�oggetto�di� un�contratto,�approvato�dal�Dipartimento�del�Commercio,�tra�la�University ofSouthern California e�ICANN:�con�il�transition agreement,�la�prima�trasferiva�alla�seconda�alcuni�compiti,�responsabi- lita�,�attivita�e�personale�associati�all'adempimento�delle�funzioni�IANA.�Vedi�in�www.icann.org/- general/usc-icann-transition-agreement.htm�.� Con�riferimento�al�purchase order contract,�ICANN�e�quindi�il�vendor,�ossia�il�contraente�che� fornisce�il�servizio�(lo�svolgimento�delle�funzioni�IANA)�al�Governo�americano.�Il�costo�gravante� sul�Governo�(prezzo�del�servizio)�e�zero.� (109)�Si�tratta�delle�funzioni�originariamente�svolte�da�Postel,�presso�l'ISI�della�University of Southern California.� (110)�Cfr�Section C.1�(Background)�del.purchase order contract traNTIA,�agenziadelDiparti- mento�del�Commercio,�e�ICANN�per�il�trasferimento�ad�ICANN�delle�funzioni�IANA.� (111)�Ibidem. (112)�10�U.S.C.���2371�(a):��The Secretary ofDefenseandthe Secretary ofeach military depart- ment may enter into transactions (other than contracts, cooperative agreements, and grants) under theauthorityofthissubsectionincarryingoutbasic,applied,andadvancedresearchprojects. The authority under thissubsection is inaddition to theauthorityprovidedin section 2358ofthis title to usecontracts,cooperativeagreements, (...)incarryingoutsuchprojects�.� (113)�Inbase�alCodice�degli�StatiUniti�(10U.S.C.��2371�(b)),�il�Dipartimento�della�Difesa� (DoD),�per�le�attivita�di�cui�al�10�U.S.C.���2371(a)�(vedi�nota�precedente)�agira�attraverso�DARPA� o�ogni�altro�elemento�del�DoD,�che�il�Segretario�puo�designare�.� (114)�Procedure�definite�nella�Federal Acquisition Regulation (FAR),alfine�disoddisfare�il� consumatore�in�termini�di�costo,�qualita�e�disponibilita�tempestiva�del�prodotto�o�del�servizio�attra- verso�l'uso�di�prodotti�o�servizi�commerciali,�oppure�usando�contraenti�che�hanno�gia�dimostrato� in�passato�di�avere�i�requisiti�adatti,�oppure�stimolando�la�concorrenza.�Cfr.�F.A.R.,�1.102��State- mentofguidingprinciplesfor theFederalAcquisition System�� (115)�41�U.S.C.�253�(c)(1)� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� specifica�eccezione�(116):�la�scelta�nasce�dalla�forte�convinzione�che�ICANN� sia�la�sola�entita�che�possa�svolgere�l'attivita�in�maniera�da�assicurare�stabi- lita�,�sicurezza�e�credibilita�ad�Internet�durante�il�periodo�di�transizione�verso� una�completa�privatizzazione.� Per�quanto�le�funzioni�IANA�vengano�giudicate�fondamentali�per�una� completa�privatizzazione�della�Rete�(processo�iniziato�con�il�White Paper �Management of Internet Names and Addresses�),�va�rilevato�che�ad�essa� non�viene�trasferito�il�potere�di�decidere�delle�deleghe�a�terzi�della�gestione� dei�TLD,�incarico�svolto�nel�passato�da�Postel�(117),�il�quale�ha�determinato� l'attuale�sistema�di�competenze�nel�DNS�a�livello�mondiale.� �Le�funzioni�amministrative�associate�alla�gestione�del�root includono�il� ricevimento�delle�richieste�di�delega�e�riassegnazione�della�delega�di�TLD,�l'in- vestigazione�delle�circostanze�pertinenti�tali�richieste�e�la�preparazione�di�rap- porti�su�di�esse.�Questa�funzione,�tuttavia,�non�comprende�l'autorizzazione�a� modifiche,�aggiunte,�o�cancellazioni�al�root zonefile o�informazioni�associate,� che�costituiscono�delega�o�nuova�delega�di�TLD.�Il�contratto�non�altera�le� responsabilita�relative�al�root system definite�dall'Amendment�11�(118)�del� Cooperative�Agreement(119)��(120). E�il�Dipartimento�del�Commercio�che,�dopo�aver�esaminato�i�rapporti�di� ICANN,�agisce�sulle�richieste�di�delega�e�riassegnazione�delle�deleghe�dando� l'approvazione�alle�modifiche�nel�root zonefile(121).� Inoltre��il�Governo�si�riserva�il�diritto�di�porre�termine�al�contratto�per� sua�unica�convenienza.�In�questo�caso,�il�contraente�[ICANN]�interrompera� l'attivita�svolta�in�virtu�del�presente�atto�e�indurra�tutti�i�suoi�fornitori�e�i� suoi�contraenti�a�cessarla��(122). �������� (116)�Cfr.�Notice of intent,�Maintenance of the operation ofthe Internet by performance of Internet Assigned Numbers Authority (IANA) functions�,�17�Gennaio�2001,�in�www.govnoc.net/- opportunities/CBD/2001/01/17/aau.cbd.htm� (117)�Postel�agiva�sotto�contratto�tra�DARPA,�agenzia�governativa�che�fa�capo�al�Diparti- mento�della�Difesa�americana,�e�la�University ofSouthern California,�universita�statunitense� (118)�Amendment 11�del�7�Ottobre�1998�al�Cooperative Agreement NCR-9218742�tra�NSI�(oggi� VeriSign)�e�il�DoC.� �WhileNSIcontinuestooperatetheprimaryrootserver, itshallrequestwrittendirectionfroman authorizedUSGofficialbeforemakingorrejectinganymodifications, additionsordeletions to theroot zonefile. Suchdirectionwillbeprovidedwithinten (10) workingdaysanditmayinstructNSItopro- cess anysuch changes directedby NewCo [ICANN] whensubmittedto NSIin conformity with written procedures establishedby NewCo [ICANN] andrecognizedby the USG.�� (119)�Cooperative Agreement NCR-9218742�tra�il�Dipartimento�del�Commercio�americano�e� NSI�(oggi�VeriSign),�societa�commerciale�statunitense,�e�regolamentato�dal�diritto�statunitense.� (120)�Punto�C.4.2�del�purchase order contract tra�NTIA,�agenzia�del�Dipartimento�del�Com- mercio,�e�ICANN�per�il�trasferimento�ad�ICANN�delle�funzioni�IANA.� (121)�Punto�E.2�del�purchase order contract tra�NTIA,�agenzia�del�Dipartimento�del�Commer- cio,�e�ICANN�per�il�trasferimento�ad�ICANN�delle�funzioni�IANA.� (122)�Section Idelpurchase ordercontract tra�NTIA,�agenzia�del�Dipartimento�del�Commercio� e�ICANN�per�il�trasferimento�ad�ICANN�delle�funzioni�IANA.� La�clausola�contrattuale�c.d.��terminationfor convenience��attribuisce�al�contraente�pubblico�il� potere�di�risoluzione�unilaterale�del�contratto,�anche�senza�default (inadempimento)�del�contraente,� quando�la�risoluzione�sia�effettuata�nell'interesse�pubblico.�Cfr.�F.P.�PUGLIESE,��I contratti delle amministrazionifederali negli Stati Uniti d'America�,�1974,�CEDAM,�Padova.� SERVIZI�INFORMATICI�E�STATISTICI� A�questi�rapporti�formali,�si�aggiunge�una�generale�supervisione�(i�cui� limiti�sono�difficilmente�definibili)�sull'azione�di�ICANN�da�parte�del� DoC(123).� Il�fatto�che�non�siano�formalmente�definite�le�procedure�con�cui�il�DoC� revisiona�le�decisioni�di�ICANN(124),�o�che�il�primo�non�pubblichi�le�pro- prie�decisioni�riguardanti�l'attivita��di�ICANN,�fa�sorgere�dubbi�circa�l'auto- nomia�decisionale�dell'organizzazione(125).� Tutto�cio��ha�implicazioni�a�livello�internazionale,�in�quanto�l'entrata�nel� rootfile�e��condizione�imprescindibile�per�una�visibilita��mondiale�anche�per�i� domini�nazionali.� 5.�La�gestione�dei�domini�nazionali� I�domini�nazionali�o�country�code�Top�Level�Domains�(ccTLDs)�sono� dipendenti�dalla�localizzazione�geografica�e�la�loro�gestione�e��effettuata�da� soggetti�incaricati�nel�passato�direttamente�da�IANA�(Internet�Assigned� Numbers�Authority)�(126),�tipicsamente,�ma�non�sempre,�localizzati�nei�paesi� a�cui�il�country-code�(codice�di�paese)�si�riferisce,�senza�che�vi�sia�stato�un� successivo�riconoscimento�governativo�(127).�Questo�perche��al�momento� della�delega,�diversi�anni�fa,�Internet�non�aveva�un�impatto�sulla�comunita�� nazionale�tale�da�giustificare�un�intervento�del�Governo(128). �������� (123)�Un�funzionario�del�Dipartimento�del�Commercio�ha�affermato:��the�Department's�gene- raloversight�under�thejointproject�is�limitedto�ensuring�thatICANN'sactivitiesare�inaccordance� with�the�joint�project�MoU�[Memorandum�of�Understanding�tra�Doc�e�ICANN�del�28�Novembre� 1998],�which�inturnrequiresICANNtoperform�itsMoUtasks�inaccordancewith�the�WhitePaper�.� Cfr.�FROOMKIN�A.M.,��Wrong�turn�in�cyberspace:�using�ICANN�to�route�around�the�APA�and� the�Constitution�,�2000,�in�www.law.duke.edu/journals/dlj/articles/dlj50p17.htm#H2N8.� (124)�I�funzionari�del�DoC�affermano�che�la�supervisione�sulle�attivita��di�ICANN�relative�al� MoU�del�Novembre�1998�(supervisione�necessaria�per�verificare�che�il�settore�privato�abbia�le� risorse�e�le�capacita��per�gestire�il�DNS)�avviene�attraverso�continue�discussioni�informali�con�i�diri- genti�di�ICANN.�Non�ci�sono�relazioni�scritte�di�queste�discussioni.� Cfr.GAO,�Internetmanagement-Limitedprogress�onprivatizationprojectmakes�outcome� uncertain�,�testimony�ofPeter�Guerrero,�DirectorofPhysicalInfrastructureIssuesbeforetheSubcom- mittee�on�Science,�Technology�and�Space,�Committee�on�Commerce,�Science�and�Transportation,� U.S.�Senate,�12�Giugno�2002,�in�www.gao.gov/new.items/d02805t.pdf� (125)�Cfr.�FROOMKIN�A.M.,��Wrong�turn�in�cyberspace:�using�ICANN�to�route�around�the� APA�andthe�Constitution�,�op.�cit.� (126)�IANAindicalefunzionisvoltedaJonPostel,inbasealcontrattotrala�University�ofSou- thern�California,�universita��statunitense,�e�il�Dipartimento�della�Difesa�americano.�Col�tempo,�la� comunita��Internet�inizio��a�riferirsi�a�IANA,�considerandola�un�ente�a�se�,�di�cui�Postel�era�direttore.� (127)�IANA�ben�esprime�l'importanza�dei�TLD�geografici:��i�ccTLD�sono�stati�stabiliti�per� facilitare�e�promuovere�la�diffusione�della�Rete�nel�mondo.�Essi�consentono�al�manager�designato� della�gestione�di�adattare,�nel�migliore�dei�modi,�le�operazioni�relative�ai�ccTLD�alle�condizioni�eco- nomiche,�culturali�e�linguistiche�della�nazione�o�del�territorio�coinvolto�.�Vedi�il�rapporto�di�IANA� del�giorno�11�Febbraio2000sullarichiestadiriassegnazione�delladelegadelccTLD�.pn��dell'Isola� di�Pitcairn,�in�www.iana.org/reports/pn-report-11feb00.htm� (128)�Cfr.��Rapporto�informativosulleattivita�svoltedel31Marzo2000��del�Comitato�di�Esperti� Internet�(COESIN),�in�www.coesin.cnr.it/attivita/documenti/relcomint.pdf.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� La�delega�dei�domini�di�primo�livello�si�basa�su�accordi�informali�con� IANA�(e�precisamente�Jon�Postel�(129))�e�sulla�consuetudine�(�in�particolare� la�RFC1591��Domain Name System Structure and Delegation��(130),�docu- mento�non�vincolante,�redatto�da�Postel�nel�1994)(131).�Essa,��dal�punto�di� vista�tecnico,�e�determinata�dall'entrata�nel�rootfile�(132).� Lo�sforzo�attuale�e�quello�di�formalizzare�i�rapporti�tra�i�vari�soggetti� coinvolti�nella�gestione�dei�domini�nazionali.� Le�parti�del�contratto�ancora�in�fase�di�studio,�sono�ICANN,��ente�di� diritto�privato�soggetto�esclusivamente�alla�giurisdizione�delle�autorita�statu- nitensi�(133),�ed�il�gestore�del�ccTLD,�in�genere�di�nazionalita�del�paese�in� causa.�Si�tratta�di�contratti�internazionali,�assimilabili�a�quelli�a�formazione� progressiva�o�continuata,��caratterizzati�da�una�lunga�e�articolata�fase�di� trattative�che�induce�le�parti�a�documentare�in�qualche�modo�i�momenti�piu� �������� (129)�Postel�agiva�in�base�al�contratto�tra�la�University ofSouthern California,�universita�sta- tunitense,�e�il�Dipartimento�statunitense�della�Difesa.� (130)�J.�POSTEL,�RFC�1591,�DomainNameSystem StructureandDelegation, InternetEnginee- ringTask Force,�Marzo�1994,�in�http://www.ietf.org/rfc/rfc1591.txt.� Postel,�oltre�a�descrivere�la�struttura�del�sistema�dei�nomi�di�dominio�(distinzione�tra�gTLD�e� ccTLD),�pone�i�principi�base�per�l'allocazione�e�l'amministrazione�dei�domini.� (131)��Sebbene�molti�di�questi�domini�furono�distribuiti�in�consultazione�con�i�governi�nazio- nali,�il�controllo�ultimo�su�chi�dovesse�essere�il�delegato�alla�loro�gestione�restava�sempre�nelle�mani� di�Jon�Postel:�le�decisioni�finali�venivano�prese�in�base�a�quale�fosse�il�meglio�per�lo�sviluppo�di� Internet�e�per�la�comunita�internazionale�.�Tratto�dall'articolo�di�J.�CLAUSING,��New Internet BoardCouldShake Up Country Domains�,�27�Novembre�1998,�in�www.nytimes.com.� �In�passato,�la�designazione�dei�registri�nazionali�era�alquanto�casuale�e�veniva�connessa�alla� presenza�del�nucleo�delle�reti�nazionali�di�ricerca�e�sviluppo;�quest'ultime�sono�spesso�situate�all'in- terno�del�Ministero�nazionale�della�ricerca�tecnologica�o�di�un�dipartimento�universitario�con�inte- ressi�nel�settore�informatico�e�della�ricerca�e�sviluppo�.�Cfr.�Documento�COM(2000)153�definitivo� del�2�Febbraio�2000,��CreazionedelnomedidominioInternetdiprimolivello (TLD) .EU�,�pag.�7.� Anchese�ainostri�giorni�e�inqualchemodosuperatoinvirtu�dell'espansione�edelladiversifica- zione�di�Internet,�tale�modello�serve�comunque�a�spiegare�la�designazione�ereditata�dal�registro� dei�ccTLD�in�diversi�Stati.� Nelcasoitaliano,�versoil1985,nelmomentoincuifuronointrodottiidominiInternetnazionali,� fu�comunicato�alla�IANA�che�la�comunita�Internet�in�Italia,�al�momento�molto�ristretta,�avrebbe� accettato�senza�problemi�la�gestione�dei�nomi�sotto�il�ccTLD��.it��da�parte�dell'Istituto�CNUCE�del� CNR�(Consiglio�Nazionale�delle�Ricerche),�per�conto�della�rete�per�la�ricerca�scientifica�GARR.�[...]� Il�CNUCE�era�stato�pioniere�nell'introduzione�dei�protocolli�TCP/IP�nel�nostro�paese�ed�aveva�atti- vato�il�collegamento�con�gli�Stati�Uniti,�pertanto�gli�altri�partner�al�momento�interessati�ad�Internet� in�Italia�furono�d'accordo�che�ricoprisse�questo�ruolo.�Dal�1998�lo�IAT�(Istituto�per�le�Applicazioni� Telematiche),ilnuovoistitutodel�CNR,�haassorbitoleattivita�delrepartoApplicazioniTelematiche� delCNUCEstesso.�[...]Nessunaltrotipodiformalita�e�statoprevistonelpassato,quindinonesistono� documentiformali,�diversidallaregistrazioneneldatabasedellaradice(rootfile),�che�attestino�l'inca- ricoricevutodalloIATperquantoriguardalagestionedelTLD.it�.Cfr.�S.TRUMPY,��Internet:ecco iveriproblemi�,Giugno�1999,inwww.idg.it/networking/nwi2000/IW069901.htm� (132)�Dichiarazione�resa�il�giorno�11�Novembre�2000�da�L.�TOUTON,�vice�presidente�di� ICANN,�davanti�alla�corte�del�Missouri,�nella�causa�Economic Solution, Inc v. ICANN. In� www.geocities.com/gooda14/icann/Touton.htm� (133)�L.�MARINI,��Reti di telecomunicazione elettronica e servizi collegatineldiritto comunita- rio: ilcaso deinomididominioInternet�,�in��Diritto del Commercio Internazionale�,�2001,�pag.�14.� SERVIZI�INFORMATICI�E�STATISTICI� significativi�dei�negoziati��(134):�al�contratto�sono�allegate�le�comunicazioni� intercorse�tra�ICANN,�il�manager�del�ccTLD�e�il�governo�o�autorita��in�causa� prima�della�stipula�del�contratto�(135).� Il�governo�o�la�pubblica�autorita��in�causa�deve�formalmente�comunicare� ad�ICANN,�la�propria�designazione�del�manager�del�ccTLD�tramite�lettera,� in�cui�dichiara�anche�il�proprio�impegno�ad�assicurare�che�gli�interessi�locali� e�le�politiche�pubbliche�siano�tutelate�e�riconosce�la�responsabilita��di�ICANN� nel�coordinare�il�DNS�in�maniera�da�assicurare�la�stabilita��e�l'interoperabilita�� di�tutta�Internet.� Sebbene�il�contratto�sia�stato�presentato�come�strumento�per�la�forma- lizzazione�delle�deleghe(136),�gli�obblighi�derivanti�da�esso�sono�di�natura� tecnica,�inerenti�alla�gestione�dei�server e�del�registro�e�di�natura�finanziaria,� riguardanti�il�finanziamento�di�ICANN�da�parte�del�gestore�del�ccTLD.� Il�potere�di�delega�di�Jon�Postel�traeva�origine�dalle�funzioni�da�lui� svolte�in�base�al�contratto�tra�l'USC�e�DARPA.�Oggi,�tali�funzioni�sono� oggetto�del�purchase order contract tra�NTIA,�agenzia�del�Dipartimento�del� Commercio�americano�e�ICANN,�societa��senza�scopo�di�lucro�statunitense.� Tale�contratto�non�prevede�un'alterazione�delle�responsabilita��definite� nell'Amendment�11�al�Cooperative�Agreement�NCR-9218742:�NSI��shall request written directions from and authorized USG [United States Govern- mentJ official before making or rejecting any modification, additions or dele- tions to the root zonefile�.� In�breve,�ICANN�non�ha�attualmente�la�legittimazione�per�autorizzare� modifiche�al�rootfile,ne�per�decidere�delle�deleghe.�Essa,�una�volta�ricevute� le�richieste�di�delega,�investiga�sulla�idoneita��del�richiedente�a�gestire�il� TLD,�riassumendo�le�sue�conclusioni�in�un�rapporto,�che�sara��alla�base�della� decisione�del�Dipartimento�del�Commercio�per�autorizzare�o�meno�NSI�a� modificare�il�rootfile(137).� 6. Diritto di marchio su un dominio di primo livello (gTLD) In�passato,�e��stato�rivendicato�un�diritto�di�marchio�sui�domini�di�primo� livello.� Le�controversie�sono�sorte�negli�Stati�Uniti,�ove�legislativamente,�la� materia�dei�nomi�di�dominio�e��stata�ricondotta�sotto�la�disciplina�del�mar- chio�(138). �������� (134)�Cfr��Fonti e tipi del contratto internazionale�,�contributi�raccolti�da�U.�DRAETTA�e�C.� VACCA�,�Edizione�EGEA,�Milano,�1991,�pag.�11.� (135)�Esse�non�sono�parte�del�contratto�ma�sono�condizionanti�per�la�stipula�dello�stesso.� (136)�Cfr.��ICANN Montevideo Meeting Topic: Update on ccTLD Agreements�,�Settembre� 2001,�In�www.icann.org/montevideo/cctld-update-topic.htm� (137)�Dichiarazione�resa�il�giorno�11�Novembre�2000�da�L.�TOUTON,�vice�presidente�di� ICANN,�davanti�alla�corte�del�Missouri,�nella�causa�Economic Solution, Inc v. ICANN.�Dichiara- zione�di�Touton,�punto�14.� (138)��Nel1999ilCongressostatunitensehaulteriormenterafforzatoilriferimentodellamate- ria�a�tale�disciplina,�aggiungendo�alla�legge�[Trademark Act del�1986]�una�sezione�denominata�Anti- cybersquatting Act�.�P.�VARI�,�La natura giuridica dei nomi di dominio�,�2001,�Padova.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Lo�United`States`Patent`and`Trademark`Office`(PTO),�Ufficio�del�Dipar- timento�del�Commercio�responsabile�dell'esame�dei�reclami�per�eventuali�vio- lazioni�dei�diritti�di�marchio�negli�Stati�Uniti,�ha�emanato�delle�Linee�guida,� Examination`Guide`No.`2-99`(139).� Nella�sezione�intitolata��Marks`Comprised`Solely`of`TLDs`for`Domain` Name`Registry`Services��si�afferma:��ifa`mark`is`composed`solely`ofa`TLD` for'domainnameregistryservices'(e.g.,`theservicescurrentlyprovidedbyNet- work`Solutions,`Inc.`ofregistering`.com`domain`names),`registration`should`be` refused`under`Trademark`Act`(140)�(...)`onthegroundthattheTLDwouldnot` be`perceived`as`a`mark�.� Inbase�a�tali�Linee�guida,�il�giudiceha�deciso�la�causa�ImageOnlineDesign,` Inc.v.CORE(141),�nellaqualeera�statacitataingiudiziol'organizzazionesenza� scopo�di�lucro,�con�sede�a�Ginevra,�in�Svizzera,�Council`ofRegistrars`(CORE)� per�concorrenza�sleale,�in�quanto�nel�progetto�di�privatizzazionedellaRete�pen- sato�dalla�stessa�Comunita��Internet(142),�il�comitato�IAHC�(Internet`Ad`Hoc` Committee)�aveva�proposto�l'introduzione�di�sette�nuovi�gTLD,�tra�cui�il�.web.` Imagine`Online`Design`Inc.,�societa��privata�statunitense,�sosteneva�diritti�di� marchio�sul�nome��web�,�in�quanto�da�essa�applicato�al�servizio�di�registra- zione�di�domini�comeTLD�sulla�rete�non�ufficiale(143).� Secondo�la�giurisprudenza�statunitense,�funzione�del�marchio,�che�si� esplica�in�un��diritto�di�proprieta��su�una�particolare�parola,�frase�o�sim- bolo�(144)�e��quella�di�aiutare�nella��identificazione�del�produttore�di�un� bene�o�del�fornitore�di�un�servizio�(145). �������� (139)�Si�possono�leggere�all'indirizzo�www.uspto.gov/web/office/tac/notices/guide299.htm� (140)�Legge�sui�marchi�approvata�dal�Congresso�nel�1986.� (141)�U.S.DistrictCourt,`CentralDistrictofCalifornia,Memorandumofdecision`in�Imagine` Online`Design,`Inc`v.`CORE,�22�Giugno�2000,�in�www.icann.org/tlds/correspondence/iod-v-- core-22jun00.htm� (142)�A�partire�dal�1994,�prima�dell'intervento�del�governo�americano,�numerosi�furono�gli� sforzi�internazionali�per�liberalizzare�la�Rete.� Nell'Ottobre�del�1996,�IANA�e�ISOC�(Internet`Society)�costituirono�l'InternetAdHoc`Commit- tee`(IAHC)perconsiderarel'introduzione�di�nuovi�gTLD.�Il�Comitato�eracostituita�da�11�membri,� tra�cui�rappresentanti�dell'ITU�(International`Communications`Union),�INTA�(InternationalTrade- mark`Association),�WIPO�(World`Intellectual`Property`Organization),�NSF�e�cinque�membri�dello� IEFT/ISOC,�scelti�da�Postel.� Vennero�proposti�sette�nuovi�domini.�Partendo�da�una�concezione�del�nome�di�dominio�come� risorsa�pubblica,�il�piano�prevedeva�che�la�funzione�di�registrazione�fosse�affidata�a�societa��private� con�scopo�di�lucro,�in�competizione�tra�loro�(i�consumatori�sarebbero�stati�protetti�da�un�mercato� altamente�concorrenziale).�Il�registro�sarebbe�stato�gestito�dagli�stessi�registrars,�riuniti�in�una�orga- nizzazione�senza�scopo�di�lucro,�con�sede�a�Ginevra,�in�Svizzera,�e�sotto�la�giurisdizione�svizzera:� il�Council`ofRegistrars`o�CORE.�La�struttura�prevedeva�un'altra�organizzazione�non�governativa� e�senza�scopo�di�lucro,�la�Policy`Oversight`Committee`(POC),�con�sede�a�Delaware�(Ohio,�USA),�la� quale�si�sarebbe�occupata�di�determinare�le�politiche�del�nuovo�sistema,�e�il�Policy`Advisory`Board` (PAB),�un�organo�consultivo.� Cfr.�M.�MUELLER,��ICANNandInternetGovernancesortingthroughthedebrisof`selfregula- tion'�,`Dicembre`1999,`op.`cit.,`pag.�6.� (143)�Esiste�una�Rete�alternativa�che�puo��essere�visitata�solo�dopo�aver�fatto�un�aggiorna- mento�al�proprio�computer.� (144)�New`Kids`on`the`Block`v.`News`America`Publishing,`Inc.,�971�F.2d�306�(9th�Cir.�1992).� (145)�NewKidsontheBlockv.`NewsAmericaPublishing,`Inc.,�971�F.2d�302,�305�(9th�Cir.�1992)� SERVIZI�INFORMATICI�E�STATISTICI� Se�il�.web�e��un�marchio�di�servizio,�esso�deve�indicare�al�consumatore�il� fornitore�del�servizio.�Vanno�presi�in�considerazione�due�tipi�di�utenti�poten- ziali:�l'utente�che�vuole�registrare�il�proprio�nome�di�dominio�sotto�il�TLD� .web�ed�il�visitatore�della�Rete�che�tenta�di�ottenere�l'accesso�al�sito�Internet� con�estensione�.web.� In�base�all'attuale�sistema�di�registrazione,�un�utente�puo��ottenere�un�nome� di�dominio�sotto�i�vari�gTLD�da�differenti�registrar.�Dato�che�tutti�i�registrar' possono�registrare�nomi�di�dominio�per�tutti�i�gTLD,�questi�ultimi�sono�inutili� allo�scopo�di�indicare�l'origine�del�registro�(fornitore�primo�del�servizio)�(146).� Un�dominio�di�primo�livello�non�indica�il�fornitore�del�servizio,�ma�la� natura�del�sito�web�(ad�esempio��.com��per�i�siti�commerciali�o��.org��per� le�organizzazioni�senza�scopo�di�lucro)�(147).� La�corte�dichiaro��che�al�querelante�non�derivavano�diritti�di�marchio�sul� nome��web��basati�sul�suo�uso�con�riferimento�alla�fornitura�del�servizio�di� registrazione�sotto�il�dominio�.web:��In'sum,'Plaintiff's'use'ofthe'mark'.web' in'connection'with'domain'namepreregistration'services'does'not'confer'trade- markprotection.'AsagTLD,'.webdoesnotindicatethesourceoftheservices;' instead,'itindicatesthetypeofservices.'TheCourtfindsthat'.web,asusedhere,' fallsoutoftheambitoftrademarkcategorization.'Further,'even'ifitcouldbe' categorized,'.web'is'simply'a'generic'term'for'websites'related'to'the'World' Wide'Web.Accordingly,'themarkisnotprotectable�.' Un�secondo�caso�riguarda�invece�un�dominio�nazionale:�il�codice�di�paese� che�identifica�il�paese�del�Belize�e���bz�,�delegato�da�IANA�nel�1991�alla�Uni- versityCollegeofBelize(148).�Conuncontrattostipulatoil�19Giugno�1999� tra�il�Governo�del�Belize�e�la�societa��statunitense�Economic�Solutions,�Inc� (ESI),�il�primo�trasferiva�ad�ESI�il�diritto�di�esercitare�tutti�i�poteri�necessari� per�svolgere�le�funzioni�inerenti�la�commercializzazione�del�.bz�(149).� Nel�2000,�ICANN�propose�l'introduzione�di�sette�nuovi�gTLD�per� ampliare�lo�spazio�dei�nomi.�Tra�di�essi�figurava�anche�il�TLD��.biz�(business).� ESI�lamento��il�fatto�che�i�consumatori�avrebbero�potuto�confondersi�per� la�somiglianza�dei�due�domini,�con�conseguenti�danni�alla�sua�attivita��;la� societa��rivendico��un�diritto�al�marchio�sul�.bz�e�un�diritto�esclusivo�ad�intro- durre�sul�mercato�tale�dominio,�ottenuto�tramite�contratto�con�il�governo� del�Belize��(150). �������� (146)�U.S.'District'Court,'Central'District'ofCalifornia,'Memorandum'ofdecision'in�Imagine' Online'Design,'Inc'v.'CORE,�22�Giugno�2000.� (147)�Ibidem.' (148)�Vedi�il�sito�www.iana.org/root-whois/bz.htm� (149)�Lettera�del�26�Settembre�2000,�inviata�da�ANTHONY�R.�KINNEY,�legale�di�ESI�a� Louis�Touton,�vice�presidente�di�ICANN,�in�www.icann.org/tlds/correspondence/bz-letter- 26sep00.htm� (150)�Ibidem.� ESI�presento��una�mozione�per�un�temporary'restraining'order'(�TRO�),�un�ordine�giudiziale�di� interruzione�temporanea�dell'attivita��di�ICANN�con�riguardo�allo�stabilimento�dei�sette�nuovi� TLD.�Il�giudice�ha�negato�la�richiesta.� Vedi�United'States'District'Court,'Eastern'District'ofMissouri,'Eastern'Division,'Order'in�Eco- nomic'Solutions,'Inc.'v.'ICANN,�13�Novembre�2000,�in�www.icann.org/tlds/correspondence/esi-v- icann-13nov00.htm� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� ICANNpuntualizzo�che��il�.bzera�stato�stabilito�per�servire�ibisogni�della� comunita�Internet�nel�paese�del�Belize��(151)�e�che��.bz�e�l'abbreviazione�di� Belize�e�non�era�mai�stato�diretto�a�rappresentare�il�termine��business�(152).� Riprendendo�il�caso�Image Online Design, Inc. v. CORE,�ICANN�faceva� notare�che�se�non�c'erano�diritti�di�marchio�su�un�TLD�basati�sulla�fornitura� del�servizio�di�registrazione�di�uno�stesso�TLD,�era�evidente�che�non�ci�potes- sero�essere�diritti�di�marchio�basati�sulla�fornitura�del�servizio�di�registra- zione�di�differenti�TLD�(.biz�e�.bz)(153).� Quest'ultima�controversia�dimostra�come�i�desideri�del�governo�del� paese�cui�il�ccTLD�si�riferisce�non�siano�vincolanti�per�decidere�della�delega:� nessun�governo�estero��ha�la�proprieta�(owns)��del�proprio�ccTLD�o�puo� ordinare�ad�ICANN�o�al�Dipartimento�del�Commercio�di�agire�riguardo�un� dato�ccTLD�o�di�modificare�il�modo�in�cui�questo�e�gestito.�Infatti,�in�base� all'attuale�politica,�i�ccTLD�non�sono��posseduti�(owned)��in�alcun�senso;�essi� sono�resi�disponibili�per�il�beneficio�dell'intera�comunita�Internet��(154).� Il�fatto�che�il�Sistema�dei�Nomi�di�Dominio�si�sia�sviluppato�senza�una� precisa�regolamentazione,�ha�comportato�una�distorsione�nella�percezione� delle�singole�responsabilita�ed�autorita�:�il�ccTLD�viene�ormai�considerato� emblema�nazionale,�al�pari�di�una�bandiera;�quest'ultima�e�unica�e,�pren- dendo�a�riferimento�l'Italia,�e�la�stessa�Costituzione�che�ne�fissa�i�caratteri� (art.�12�Cost.)�e�norme�penali�provvedono�alla�sua�tutela(155).�Anche�il� ccTLD�e�unico�e,�sebbene�in�passato�i�domini�nazionali�abbiano�avuto�una� funzione�puramente�commerciale(156),�e��gestito�in�maniera�tale�da�confor- marsi�alle�caratteristiche�culturali�e�linguistiche�del�paese�o�del�territorio�inte- ressato��(157).�La�stessa�Unione�Europea�considera�il�.eu�come��la�possibilita� di�garantire�a�tutte�le�imprese�in�Europa�un'identita�europea�uniforme��(158).� Nate�come�codici�postali,�le�due�lettere�assumono�una�valenza�total- mente�diversa�nel�cyberspazio:�in�un�luogo�in�cui�non�esistono�confini�fisici,� l'unico�punto�di�riferimento�per�il�viaggiatore�puo�essere�dato�proprio�da� quelle�due�lettere;�non�a�caso�e�nei�sottodomini�di�un�ccTLD�che�si�trova�il� sito�delle�istituzioni�del�paese�cui�quel�ccTLD�si�riferisce. �������� (151)�Lettera�del�23�Ottobre�2000,�inviata�da�L.�TOUTON,�vice�presidente�di�ICANN�a� Anthony�R.�Kinney,�legale�di�ESI,�in�www.icann.org/tlds/correspondence/bz-response-23oct.htm� (152)�Ibidem.� (153)�Ibidem.� (154)�Dichiarazione�resa�il�giorno�10�Novembre�2000�da�L.�TOUTON,�vice�presidente�di� ICANN,�davanti�alla�corte�del�Missouri,�nella�causa�Economie Solution, Ine v. ICANN.�Dichiara- zione�di�Touton,�punto�14.�In�www.icann.org/legal/esi-v-icann/touton-decl-10nov00.htm� (155)�Artt.�292-299�c.p.� (156)�E�normale�trovare�siti�registrati�sotto�domini�che�nulla�hanno�a�che�fare�con�la�loro�area� di�origine:�molto�diffuso�e�il�ccTLD�delle�isole�Tuvalu,�e�cioe�.tv,�per�la�coincidenza�con�la�sigla� che�indica�la�televisione,�ed�e�quindi�usato�da�enti�che�operano�nel�mercato�televisivo.� (157)�Cfr.��ICANNMontevideoMeetingTopic: UpdateonccTLDAgreements�,�Settembre�2001.� In�www.icann.org/montevideo/cctld-update-topic.htm� (158)�COM�(2000)�153�def.�del�2�Febbraio�2000,��Creazione del nome di dominio Internet di primo livello (TLD).EU�,�documentodilavoro�dellaCommissione,�inhttp://europa.eu.int/ISPO/- eif/InternetPoliciesSite/DotEU/WorkDocIT.html� SERVIZI�INFORMATICI�E�STATISTICI� La�natura�globale�della�rete�Internet�rende�pero�impossibile�pensare�che� in�ogni�paese�i�governi�possano�esercitare�autonomamente�la�loro�autorita� su�quella�parte�della�rete�che�e�localizzata�nel�loro�territorio�senza�che�questo� abbia�un�impatto�sull'intera�comunita�(159),�o�che�un�singolo�paese�(gli�Stati� Uniti)�possano�decidere�della�gestione�di�Internet�a�livello�mondiale.� 7.�La�gestione�dell'infrastruttura�di�Internet� Ci�sono�tredici�root�server(160)�in�tutto�il�mondo,�dieci�negli�Stati�Uniti,� due�in�Europa�ed�uno�in�Giappone;�di�questi�solo�uno�possiede�la�radice� dello�spazio�dei�nomi�Internet�(il�root�zonefile,�cioe�il�database�con�tutti�i� nomi�di�dominio�esistenti).� Il�rootzonefile�e�reso�disponibile�ai�dodici�serversecondari�da�quello�prima- rio�(�a.root-servers.net�,�cioe�il�root�server�A),�gestito�da�VeriSign�Inc.(161),� societa�statunitense,�conformemente�al�Cooperative�Agreement�NCR-9218742,� stipulato�tra�questa�e�il�Dipartimento�del�Commercio�americano.� E�bene�innanzitutto�sottolineare�come�la�creazione�dell'infrastruttura� alla�base�della�Rete�abbia�seguito�lo�sviluppo�progressivo�di�quest'ultima:� man�mano�che�cresceva�il�ruolo�di�Internet�quale�mezzo�fondamentale�per� gli�scambi�internazionali,�venivano�predisposte�nuove�strutture�fisiche�di�sup- porto.� Il�sistema�e�gestito�su�base�volontaria:�non�esistono�rapporti�contrattuali� tra�i�vari�amministratori�di�root�server,ne�tra�questi�ultimi�e�le�organizzazioni� che�a�vario�titolo�sono�coinvolte�nel�governo�della�Rete.� Mentre�i�rootserveramericani�sono�direttamente�o�indirettamentecontrol- latidalGoverno�statunitense(162),�complicatae�lasituazionediquellieuropei. �������� (159)�Cfr.��Rapporto�informativo�sulle�attivita�svolte�del�31�Marzo�2000��del�Comitato�di� Esperti�Internet�(COESIN),�in�www.coesin.cnr.it/attivita/documenti/relcomint.pdf�.� (160)�Ciascun�computer�collegato�ad�Internet�e�identificato�tramite�un�doppio�indirizzo�uni- voco:�uno�numerico�ed�uno�letterale,�ma�solo�quello�numerico�e�riconosciuto�dal�protocollo�di� comunicazione�TCP/IP.� Sarebbe�impossibile�per�qualsiasi�computer�tenere�localmente�una�lista�aggiornata�dei�nomi�di� dominio�e�degli�indirizzi�IP�di�tutte�le�macchine�connesse�ad�Internet.�Questa�funzione�e�assolta� dal�name�server,�un�database�che�contiene�appunto�un�elenco�di�corrispondenze�DN�-indirizzo�IP� per�un�sottoinsieme�di�host�connessi�ad�Internet.� Ogni�ISP�(Internet�Service�Provider),�universita�osocieta�ha�un�name�server�locale.� Quando�vogliamo�collegarci�ad�un�determinato�sito�dando�il�nome�di�dominio,il�browser�per� prima�cosa�interroga�un�server�locale�per�conoscere�l'indirizzo�numerico�corrispondente.�Se�questo� non�e�in�grado�di�rispondere�(perche�non�ha�il�nome�richiesto�nel�proprio�database),�inoltra�la� richiesta�ad�un�root�name�server:�esso�non�ha�l'elenco�di�tutti�i�siti�del�mondo,�ma�utilizza�la�parte� finale�del�dominio�per�capire�a�chi�il�server�locale�deve�rivolgersi�per��risolvere��il�nome:�un�autho- ritative�name�server,un�server�che�costituisce�una��autorita���per�alcune�parti�dello�spazio�dei�nomi� (perche�contiene�tutte�le�informazioni�relative�agli�host�all'interno�di�quello�spazio).� Una�volta�che�il�server�locale�ha�ottenuto�l'informazione�desiderata�(l'indirizzo�IP),�essa�torna� indietro�fino�al�nostro�browser,�che�si�colleghera�al�sito�richiesto.� (161)�Vedi�infra�nota�84.� (162)�I�root�server�americani�sono�infatti�gestiti�dalla�DISA,�dalla�NASA�e�dall'Army�Research� Laboratory,�enti�del�Diapartimento�della�Difesa,�e�da�universita�statunitensi,�sempre�tramite�con- tratti�con�agenzie�dell'Esecutivo.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Il�root server �I�,�il�primo�al�di�fuori�degli�Stati�Uniti�(163),�e�situato�a� Stoccolma,�in�Svezia,�presso�il�Network�Operation�Centre�(NOC)�del�Kun- gliga�Tekniske�Ho�gskolan(164)�(KTH)(165),�che�lo�gestisce�tramite�con- tratto�(166)�con�NORDUnet,�societa�danese�a�responsabilita�limitata(167).� Il�root server �K��e�situato�a�Londra,�presso�la�struttura�del�LINX(168)� (London�Internet�Exchange),�associazione�senza�scopo�di�lucro�inglese(169),� ma�e�gestito�dal�RIPE�NCC�(Rese�aux�IP�Europe�ens�Network�Coordination� Centre)(170),�associazione�olandese�che�riunisce�gli�Internet�Service�Provi- ders�europei.� Nei�primi�anni�novanta,�la�gestione�della�Rete�e�caratterizzata�dalla� figura�autorevole�di�Jon�Postel,�riconosciuto�in�tutto�il�mondo�come�uno�dei �������� (163)��What is NORDUnet?�,�in�www.nordu.net.htm� (164)�Vedi�il�sito�di�NORDUnet,�in�www.nordu.net/members.html� (165)�E�il�centro�operativo�di�SUNET,�Swedish University Computer Network.� (166)�Cfr.�P.�VILLEMOES,�General Manager di�NORDUnet,��NORDUnet^Asuccessfulcol- laboration�,�Novembre�1996,�in�www.nordu.net/articles/article1/text.html� (167)�Vedi�il�sito�di�TERENA,�in�www.terena.nl/compendium/Nordunet01.html�.� NORDUnet�interconnette�le�reti�nazionali�per�la�ricerca�e�l'educazione�dei�Paesi�Nordici� (Danimarca,�Finlandia,�Islanda,�Norvegia�e�Svezia)�e�connette�queste�al�resto�del�mondo,�offrendo� anche�servizi�di�rete�basati�solo�sul�protocollo�Internet.�Essa�e�il�risultato�di�un�progetto�finanziato� nella�seconda�meta�degli�anni�'80�dal�Consiglio�dei�Ministri�dei�Paesi�Nordici,�istituito�nel�1962� con�il�Trattato�di�Helsinki��per�sviluppare�una�ulteriore�cooperazione�tra�i�paesi�nordici�nei�campo� legale,�culturale,�sociale�ed�economico,�come�in�quello�dei�trasporti�e�delle�telecomunicazioni�e�pro- tezione�dell'ambiente��(art.�1).� Gliazionisti�diNORDUnetsonoiministriperl'educazioneelaricercadeiPaesiNordicioisti- tuzioni�ad�essi�appartenenti.� (168)�Il�LINX�fornisce�al�root server le�strutture�ed�il�supporto�gestionale�sul�posto�ed�attra- verso�la�connettivita�dei�suoi�membri.�Vedi�www.linx.net/press/release/005.thtml� (169)�Nel�1995�viene�costituita�come��Company limitedby guarantee��di�diritto�inglese.� �In a company limitedbyguaranteeeverymemberofthecompany undertakes to contribute to the assetsofthecompanyintheeventofitsbeingwoundupwhileheisamember, orwithinoneyearafter- wards,forpaymentofthedebtsandliabilities ofthe companycontractedbeforeheceases to beamem- ber, andthe costs charges andexpenses ofwinding up, andfortheadjustment ofthe rights ofthe contri- butoriesamongthemselves, suchamountasmayberequirednotexceeding�10�.TrattodaT.E.�CAIN,� �Company Law�,�1960,�Stevens & Sons Limited,�London.� Lo�scopo�del�LINX�e�,�oltre�quello�di�promuovere�gli�interessi�dei�suoi�membri,�fornire�connet- tivita�per�l'Internet�del�Regno�Unito.� (170)�IlRIPENCCe�ilRegistroInternetRegionaleacuiIANAdelego�l'allocazionedellospazio� di�indirizzi�IP�per�l'Europa,�il�Medio�Oriente,�il�NordAfrica�e�parte�dell'Asia�(IANA�alloca�gli�indirizzi� al�RIPENCCche�asuavoltali�allocaaregistri�Internetlocali,�iqualiliassegnano�agliutentifinali).� Secondo�l'atto�costitutivo,�il�RIPE�NCC�e�costituito�come�associazione,�secondo�la�legislazione� dei�Paesi�Bassi�e�con�sede�ad�Amsterdam�e�si�regge�esclusivamente�sui�finanziamenti�dei�propri�mem- bri,�che�sono�i�3.150�registri�Internet�locali�che�essa�supporta.�Il�RIPE�e�incorporata�da�TERENA� (Trans-European Research and Education Networking Association),�associazione�costituita�anch'essa� sotto�lalegislazione�deiPaesi�Bassi�e�con�sede�adAmsterdam.� IlRIPENCCe�l'unicoresponsabileperlagestione�delrootserverlocalizzatonellastrutturadel� LINX.� I�rapporti�tra�le�due�associazioni,�almeno�fino�al�1998,�erano�basati�su�accordi�verbali�(non�se�ne� conoscono�i�requisiti).�Al�momento�sono�difficilmente�reperibili�le�informazioni�riguardanti�l'attuale� sistema�delle�responsabilita�,�soprattutto�e�difficile�sapere�se�tale�sistema�e�oggetto�di�contratto� SERVIZI�INFORMATICI�E�STATISTICI� padri�fondatori�di�Internet,�e�dallo�scarso�interesse�del�governo�americano,� che�ha�lasciato�al�ricercatore�americano�la�responsabilita�delle�politiche�(171).� Si�parla�di�delega�orale�della�gestione(172),�ma�e�dal�punto�di�vista�tec- nico�che�si�formalizza�l'accordo�verbale,�nel�momento�in�cui�il�nuovo�server� e�messo�in�condizione�di�essere�riconosciuto�di�fatto�dagli�altri�come�root ser- ver.�Difficile�stabilire�quanto�la�delega�possa�incidere�sull'operato�degli� amministratori�europei�di�root server:�la�struttura�e�predisposta,�organizzata� e�finanziata�dal�gestore,�senza�alcun�coinvolgimento�di�IANA�o�di�altra� organizzazione�americana,�ma�se�i�dieci�elaboratori�americani�decidessero�di� non�riconoscerla�piu�,�essa�diverrebbe�inutile.�Allo�stesso�tempo,�l'impossibi- lita�operativa�dei�root server al�di�fuori�degli�Stati�Uniti�renderebbe�l'infra- struttura�di�Internet�meno�efficiente.� Nonostante�ICANN�abbia�assicurato�una�bassa�probabilita�che�l'attuale� sistema�possa�essere�distrutto�(173),�sono�sempre�piu�forti�le�richieste�di�una� formalizzazione�dei�rapporti�tra�questa�ed�i�gestori�dei�root server.� L'Unione�Europea�e�molti�governi�nazionali�hanno�iniziato�ad�esprimere� preoccupazioni�sulla�mancanza�di�accordi�formali�che�coprano�la�gestione� dei�server:�ICANN�ha�infatti�il�compito�di�salvaguardarne�la�sicurezza,�ma� nonostante�cio�,�essa�non�ha�stipulato�contratti�con�le�organizzazioni�che�si� occupano�dei�root server per�stabilire�il�livello�di�servizio�o�gli�standard�di� sicurezza,�ne�finanzia�la�loro�attivita�(174). �������� (171)�Da�ricordare�che�Jon�Postel�agiva�conformemente�al�contratto�stipulato�tra�DARPA�e� la�University ofSouthern California,�per�la�quale�lui�lavora.� (172)�Vedi�il�sito�del�LINX,�www.linx.net� (173)�Per�ogni�elemento�che�compone�il�sistema�dei�root server,�esistono�procedure�atte�ad�assi- curarne�il�funzionamento:�il�root zonefile e�ad�esempio�replicato�inun�sitoincaso�di�disastro,�inoltre� tutti�i�root server sono�localizzati�in�strutture�professionali.� La�diversificazione�nel�tipo�di�organizzazione�che�gestisce�il�sistema�(societa�commerciali,� organizzazioni�senza�scopo�di�lucro,�universita�,�centri�di�ricerca,�NASA,�Difesa�statunitense),�nella� localizzazione�delle�macchine�(Stati�Uniti�d'America,�Regno�Unito,�Svezia,�Giappone)�e�negli� ambienti�operativi�fornisce�un�alto�livello�di�protezione,�rendendo�difficile�attaccare�i�tredici�root server con�un�approccio�uniforme.� Inoltre,�considerando�la�distribuzione�geografica�dei�root server,e�improbabile�che�possano� essere�tutti�contemporaneamente�danneggiati�da�una�catastrofe�o�da�un�attacco�terroristico:��e� stato�stimato�che,�dato�l'ammontare�del�traffico�che�ogni�root server riceve,�il�servizio�puo�funzio- nare�con�il�40%�dei�name server fuori�uso�.�Cfr��ICANN DNS Security Update #1�,�4�Gennaio� 2002,�in�www.icann.org/committees/security/dns-security-update-1.htm� (174)�BBC�News,��Net's servers under scrutiny�,�15�Gennaio�2002,�in�http://news.bbc.co.uk/- hi/english/sci/tech/newsid_1761000-1761362.stm.htm�.� Willie�Black,�ManagingDirector diNominet,l'autorita�chegestisceilccTLDbritannico��.uk��e� Presidente�del�CENTR�(Council�of�European�National�Top-level�domain�Registries),�organizza- zione�che�rappresenta�i�gestori�dei�TLD�europei,�e�dell'opinione�che�la�riluttanza�di�ICANN�nel�for- malizzare�tali�rapporti�sia�imputabile�ad�un�preciso�timore:�in�caso�di�black-out di�un�root server,� le�richieste�di�danni�da�parte�delle�societa�che�hanno�perso�gli�affari�sarebbero�enormi�ed�essa�non� e�in�grado�di�coprirne�il�rischio�(BBC�News,��Net's servers under scrutiny�,�15�Gennaio�2002).�Ma� c'e�anche�chi�sostiene�che�il�vero�problema�non�e�finanziario,�ma�riguarda�il�ruolo�che�ICANN� dovrebbe�avere:�in�molti�chiedono�un�ente�che�sorvegli�i�root server,�si�occupi�del�coordinamento� tecnico�e�guidi�lo�sviluppo�della�Rete.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� I�registri�nazionali�chiedono�garanzie�ad�ICANN�sulla�stabilita�dei�root server in�quanto�miliardi�di�dollari�in�e-commerce dipendono�oggi�da�una� gestione�sicura�di�questi�server chiave�(175).� Nel�Giugno�del�1999,�il�DoC�e�ICANN�hanno�stipulato�un�contratto,�un� CRADA�(Cooperative Research And Development Agreement),�primo�impor- tante�passo�verso�la�creazione�di�rapporti�formali�per�l'amministrazione�del� root server system. 6.1 Il sistema dei root server come infrastruttura critica . La posizione degli Stati Uniti d'America �Le�infrastrutture�critiche�americane�sono�precisamente�individuate� dalla�direttiva�presidenziale�del�1998�PDD-63�(176):�Critical infrastructures are thosephysical and cyber-basedsystems essential to the minimum operations ofthe economy andgovernment��(177).� Tali�infrastrutture�vengono�definite�critiche�in�quanto�la�loro�inutilizza- bilita�o�distruzione�avrebbe�un�impatto�notevole�a�livello�nazionale,�data�la� loro�stretta�interdipendenza(178):�basta�considerare�quanti�servizi�fanno�affi- damento�oggi�sulle�strutture�di�rete�e�di�telecomunicazione�(non�ci�sarebbe� e-commerce senza e-communications). �������� (175)�Ibidem (176)��The Clinton Administration's Policy on Critical Infrastructure Protection�,�Presidential� Decision�Directive�63,�22�Maggio�1998,�in�www.cybercrime.gov/white_pr.htm�.� L'intento�e�quello�di�creare�una�politica�che�assicuri�la�continuita�delle�infrastrutture�critiche�e� quindi�di�prendere�tutte�le�misure�necessarie�per�eliminare�ogni�vulnerabilita�significativa�ad�attac- chi�fisici�o�informatici.� �Mediante�tale�direttiva�presidenziale,�venne�sollecitata�la�creazione�della�Partnership�for�Cri- tical�Infrastructure�Security,��uno��sforzo�collaborativo��guidato�dal�settore�privato,�composto�da� 13�agenzie�del�governo�federale�e�da�70�societa�private�e�associazioni�(Microsoft,�Cisco�System,� BellSouth�...).�Essa�rappresenta,�massimamente,�la�necessita�di�collaborazione�cooperazione�e�par- tecipazione�dei�differenti�settori�privati,�operanti�nel�contesto�delle�infrastrutture,�con�il�settore� pubblico�governativo,�competente�per�le�singole�funzioni�critiche.�Un�ruolo�di�primo�piano,�all'in- terno�della�Partnershipfor CriticalInfrastructureSecurity,e�svolto�dal�Critical Infrastructure Assur ance Office (CIAO),�organo�amministrativo�anch'esso�costituito�con�la�direttiva�del�1998�.�Tratto� da�S.�BACCAGLINI,��Chi difende la Rete dai terroristi?�,�15�Novembre�2001,�in�www.interlex.it� (177)�Esse�comprendono��quelle�industrie,�istituzioni,�reti�di�distribuzione�e�sistemi�che�forni- scono�un�flusso�continuo�di�beni�e�servizi�essenziali�alla�difesa�ed�alla�sicurezza�economica�della� nazione�[USA]�ed�alla�salute,�benessere�e�sicurezza�dei�suoi�cittadini�,�e�quindi��sia�gli�apparati� materiali�e�fisici,�i�cosiddetti�physical systems,�quali,�ad�esempio,�le�infrastrutture�dei�trasporti�e� per�la�distribuzione�di�energia�o�acqua;�sia�i�sistemi�cosiddetti�cyber-based,�quali�l'erogazione�di�ser- vizi�finanziari�e�bancari�attuati�mediante�impianti�di�reti�telematiche,�i�servizi�di�emergenza�inter- connessi�e�gli�apparati�per�le�telecomunicazioni�.�Dalla�Testimonianza�di�J.S.�TRITAK,�Direttore� del�CriticalInfrastructureAssurance Office (CIAO)�nell'indagine�congressuale,�svoltasi�il�4�Ottobre� 2001�presso�il�Senato�degli�Stati�Uniti�d'America,�Committee on Governmental Affairs,�dal�titolo� �Critical Infrastructure Protection: Who's In Charge?�,�in�www.senate.gov/�gov_affairs/100401- tritak.htm�ripresa�da�S.�BACCAGLINI�in��Chidifende la Rete daiterroristi?�,�op.�cit.� (178)�Testimonianza�di�J.S.�TRITAK,�Direttore�del�Critical Infrastructure Assurance Office (CIAO)�nell'indagine�congressuale,�svoltasi�il4�Ottobre�2001�presso�il�Senato�degli�Stati�Uniti�d'A- merica,�CommitteeonGovernmentalAffairs,�dal�titolo��CriticalInfrastructureProtection: Who'sIn Charge?�,�inwww.senate.gov/�gov_affairs/100401tritak.htm� SERVIZI�INFORMATICI�E�STATISTICI� Le�minacce�contro�tali�infrastrutture�possono�concretizzarsi�sia�in�attac- chi�fisici,�sia�in�attacchi�informatici�(179),�che�i�proprietari�e�i�gestori�non�pos- sono�da�soli�affrontare:�cio�che�si�evidenzia�e�la�necessita�di�una�costante�col- laborazione�tra�gli�apparati�governativi�e�il�settore�privato�(180).� L'USA PATRIOTAct, Uniting and Strengthening America by Providing Appropriate Tools Required to Intercept and Obstruct Terrorism, del�26�Otto- bre�2001,�contiene�come�disposizione�conclusiva�una�sezione�titolata��Criti- ca! Infrastructure Protection Act 2001�,�in�cui�si�legge�(181):� �It is the policy of the United States ^(1) that any physica! or virtua! disruption of the operation of the critica! infrastructures of the United States be rare, brief, geographically limited in effect, manageable, and minimally detri- menta! to the economy, human and government services, and nationa! security ofthe UnitedStates;(2) thatactionsnecessarytoachievethepolicystatedin paragraph (1) becarriedoutinapublic-privatepartnershipinvolvingcorporate and non-governmenta! organizations; and (3) to have in place a comprehensive andeffectiveprogram to ensure the continuity ofessentialFedera! Government functions under al! circumstances�. Difficile�pensare�che�tra�le�infrastrutture�critiche,�che�devono�essere� gestite,�in�caso�di��emergenza�,�in�modo�da�subire�il�minimo�impatto� �distruttivo��per�l'economia,�i�servizi�del�Governo�e�la�sicurezza nazionale� degli�Stati�Uniti,�non�sia�contemplato�anche�il�sistema�dei�root server di�com- petenza�di�ICANN(182).� Il�sistema�e�stato�preso�in�considerazione�nell'indagine�congressuale�svol- tasi�il�4�Ottobre�2001�presso�il�Senato�degli�Stati�Uniti�d'America,�Committee on Governmenta! Af ffairs, dal�titolo��Critica! Infrastructure Protection: Who's In Charge?�:�e�stato�sottolineato�come,�paradossalmente,�gli�Stati�Uniti�non� possano�da�soli�assicurare�la�propria�sicurezza�nazionale,�in�quanto�molti� gestori�e�proprietari�dell'infrastruttura�privata�sono�societa�per�azioni�multina- zionali�conuna�fitta�rete�di�rapporti�che�legano�fornitori,�partner�e�clienti(183). �������� (179)�Ibidem.� (180)�Testimonianza�di�J.P.�NACCHIO,�presidente�della�QWEST�Communications Internationa! Inc.,societa�ditelecomunicazionistatunitense,nell'indaginecongressualedel4Ottobre2001��Critica! InfrastructureProtection:Who'sInCharge?�,�inwww.senate.gov/�gov_affairs/100401nacchio.htm� �Negli�USA�la�quasi�totalita�delle�attivita�rientranti�nel�contesto�della�Critica! Infrastructure (acqua,luce,�comunicazioni�...)sonogestiteesclusivamente�dasocieta�private,�sipensiadICANNed� il�sistema�dei�13�root server,�o�piu�semplicemente�alle�compagnie�telefoniche�.�Tratto�da�S.�BACCA- GLINI,��Chidifende la Rete daiterroristi?�,�op. cit.� (181)�In�www.lextext.com� (182)�Cfr.�S.�BACCAGLINI,��Chi difende la Rete dai terroristi?�,�op. cit. (183)�Testimonianza�di�K.C.�WATSON,�Presidente�della�Partnershipfor CriticalInfrastructure Security nell'indagine�congressuale�del�4�Ottobre�2001��CriticalInfrastructureProtection: Who'sIn Charge?�.� Negli�Stati�Uniti�il�principio�secondo�cui�una�distribuzione�del�controllo�conferisce�una�mag- giore�sicurezza�all'infrastruttura�ed�una�maggiore�elasticita�all'architettura�di�rete�rispetto�all'ac- centramento�dello�stesso�ben�si�esplica�nelle�numerose�collaborazioni�che�questa�nazione�ha�instau- rato�con�altri�paesi:�sono�costanti�i�contatti,�ad�esempio,�con�l'Office ofCriticalInfrastructurePro- tection and Emergency Preparedness del�Canada,�con�l'Information Assurance Advisory Counci! del� Regno�Unito�o�con�i�responsabili�del�programma�svizzero�Infosurance.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� . Laposizione�dell'UnioneEuropea� L'Unione�Europea,�riconosciuto�il�ruolo�essenziale�delle�reti�elettroniche� di�comunicazione�per�la�propria�economia,�sta�lavorando�al�fine�di�creare� �una�societa�dell'informazione�piu�sicura�e�uno�spazio�di�liberta�,�sicurezza�e� giustizia��(184).� Il�Consiglio�europeo,�riunito�a�Lisbona�nel�marzo�del�2000,�ha�sottoli- neato�l'importanza�della�transizione�verso�un'economia�competitiva,�dina- mica�e�basata�sulla�conoscenza�ed�ha�invitato�il�Consiglio�e�la�Commissione� ad�elaborare�un�piano�d'azione�globale�per�l'Europa�telematica�(Piano�d'a- zione�eEurope)(185).�Il�suddetto�piano�d'azione,�preparato�dalla�Commis- sione�e�dal�Consiglio,�e�approvato�in�occasione�della�riunione�del�Consiglio� Europeo�a�Feira�nel�giugno�2000,�contempla�azioni�volte�a�promuovere�la� sicurezza�delle�reti�e�l'adozione�di�una�strategia�coordinata�e�coerente�per� far�fronte�alla�criminalita�informatica�entro�la�fine�dell'anno�2002.� La�Commissione�ha�pubblicato,�come�parte�del�suo�contributo�a�questo� impegno�contro�la�criminalita�telematica,�una�comunicazione�intitolata� �Creare�una�societa�dell'informazione�sicura�migliorando�la�sicurezza�delle� infrastrutture�dell'informazione�e�mediante�la�lotta�alla�criminalita�informa- tica�(186).�Tale�comunicazione�proponeva�un�approccio�bilanciato�alla�solu- zione�dei�problemi�di�criminalita�telematica,�tenendo�pieno�conto�delle�opi- nioni�di�tutte�le�parti�interessate,�compresi�gli�organismi�preposti�all'applica- zione�della�legge,�i�prestatori�di�servizi�Internet,�gli�operatori�delle�reti,� gli�altri�gruppi�industriali,�i�rappresentanti�dei�consumatori,�le�autorita� garanti�della�protezione�dei�dati�e�i�gruppi�che�si�occupano�della�tutela�della� vita�privata.� Una�delle�questioni�chiave�affrontate�dalla�comunicazione�era�l'esigenza� di�un'azione�efficace�per�fare�fronte�alle�minacce�contro�l'autenticita�,�l'inte- grita�,�la�riservatezza�e�la�disponibilita�dei�sistemi�e�delle�reti�di�informazione.� A�livello�di�legislazione�comunitaria,�esistono�gia�diverse�misure�legisla- tive�che�comportano�specifiche�implicazioni�per�la�sicurezza�delle�reti�e �������� Agli�inizi�di�Maggio�2002�si�e�svolto�a�Roma�un�incontro�bilaterale�tra�il�Governo�Italiano�ed� il�Governo�degli�Stati�Uniti�sulla�sicurezza�delle�reti.�E�stato�trattato�con�particolare�attenzione� il�problema�della�protezione�delle�infrastrutture�critiche�informatizzate,�avviando�una�collabora- zione�con�le�autorita�americane�sul�tema�della�sicurezza.�Vedi��Iprovider�nelfuturo�di�Internet�,� intervento�del�Ministro�Gasparri�al�Congresso�promosso�presso�il�Ministero�delle�Comunicazioni� il�13�Maggio�2002.�Vedi�in�www.comunicazioni.it/salastampa/intervento_prov.htm� (184)�COM�(2002)�173�def.�del�19�Aprile�2002,�Proposta�di�decisione-quadro�del�Consiglio� relativa�agli�attacchi�contro�i�sistemi�di�informazione,�in�www.ipsoa.it/lalegge/news/sistemiinfor- maticiue.pdf� (185)�Conclusioni�della�presidenza�del�Consiglio�europeo�di�Lisbona�tenuto�il�23�e�24�marzo� 2000,�reperibili�all'indirizzohttp://ue.eu.int/en/Info/eurocouncil/index.htm� (186)�COM(2000)890def.del26Gennaio2001,�Creareunasocieta�dell'informazionesicura� migliorando�la�sicurezza�delle�infrastrutture�dell'informazione�e�mediante�la�lotta�alla�criminalita� informatica�,�comunicazione�della�Commissione�al�Consiglio,�al�Parlamento�Europeo,�al�Comitato� Economico�e�Sociale�e�al�Comitato�delle�Regioni,�in�http://europa.eu.int/eur-lex/it/com/- cnc/2000/com2000_0890it01.pdf� SERVIZI�INFORMATICI�E�STATISTICI� dell'informazione,�come�ad�esempio�le�direttive�95/46/CE(187),� 97/66/CE(188)�e�98/1984/CE(189)�sulla�tutela�giuridica�dei�sistemi�ad� accesso�condizionato�e�dei�sistemi�di�accesso�condizionato.�In�particolare,�il� quadro�europeo�di�protezione�delle�telecomunicazioni�e�dei�dati�(direttive� 95/46/CE�e�97/66/CE�)�contiene�disposizioni�volte�ad�assicurarsi�che�i�forni- tori�di�servizi�di�telecomunicazione�aperti�al�pubblico�adottino�le�misure�tec- niche�ed�organizzative�adeguate�a�preservare�la�sicurezza�e�la�riservatezza� dei�propri�servizi�e�che�tali�misure�garantiscano�un�livello�di�sicurezza�ade- guato�al�rischio�prospettato.� Uno�dei�modi�piu�importanti�ed�efficaci�di�affrontare�questi�problemi�e� costituito�dalla�prevenzione�e�dalla�formazione.�La�COM�(2000)�890�def.�evi- denziava�l'importanza�della�disponibilita�,�dello�sviluppo,�dell'applicazione�e� dell'uso�effettivo�delle�tecnologie�di�prevenzione.�Essa�sottolineava�la�neces- sita�di�innalzare�il�livello�di�consapevolezza�dei�rischi�posti�dalla�criminalita� informatica,�promuovere�le�migliori�pratiche�per�la�sicurezza�informatica� (IT),�sviluppare�strumenti�e�procedure�efficaci�per�contrastare�la�criminalita� informatica�ed�incoraggiare�l'ulteriore�sviluppo�di�meccanismi�di�preallarme� e�di�gestione�di�crisi(190).� Piu�di�recente,�il�Consiglio�europeo�riunito�a�Stoccolma�il�23-24�marzo� 2002�ha�riconosciuto�l'esigenza�di�azioni�ulteriori�nel�settore�della�sicurezza� delle�reti�e�dell'informazione�ed�ha�concluso�che��il�Consiglio�sviluppera� insieme�alla�Commissione�una�strategia�globale�per�la�sicurezza�delle�reti�elet- troniche,�comprensiva�di�azioni�concrete�di�attuazione�(191). �������� (187)�Direttiva�95/46/CE�del�24�Ottobre�1995�sulla�protezione�dei�dati�personali.� �L'instaurazione�e�il�funzionamento�del�mercato�interno,�nel�quale,�conformemente�all'arti- colo�7�A�del�trattato,�e�assicurata�la�libera�circolazione�delle�merci,�delle�persone,�dei�servizie� dei�capitali,�esigono�non�solo�che�i�dati�personali�possano�circolare�liberamente�da�uno�Stato� membro�all'altro,�ma�che�siano�altres|�salvaguardati�i�diritti�fondamentali�della�persona�.� (188)�Direttiva�97/66/CE�del�15�Dicembre�1997�sul�trattamento�dei�dati�personali�e�sulla�tutela� della�vita�privata�nel�settore�delle�telecomunicazioni.� �Le�disposizioni�legislative,�regolamentari�e�tecniche�adottate�dagli�Stati�membri�in�materia�di� tutela�dei�dati�personali�e�della�vita�privata,�nonche�dei�legittimi�interessi�delle�persone�giuridiche� nel�settore�della�telecomunicazione�devono�essere�armonizzate�per�evitare�ostacoli�al�mercato� interno�della�telecomunicazione�in�base�all'obiettivo�di�cui�all'articolo�7�A�del�trattato�.� (189)�Direttiva98/1984/CEdel20Novembre1998sullatutelagiuridicadeisistemiadaccesso� condizionato�e�dei�sistemi�di�accesso�condizionato.� Le�basi�giuridiche�sono�l'articolo�7�A�del�trattato,�secondo�il�quale�il�mercato�interno�comporta� uno�spazio�senza�frontiere�interne,�nel�quale�e�assicurata�la�libera�circolazione�delle�merci�e�dei�ser- vizi;�l'articolo�128,�paragrafo�4,�del�trattato,�secondo�cui�la�Comunita�tiene�conto�degli�aspetti�cultu- rali�nell'azione�che�svolge�ai�sensi�di�altre�disposizioni�del�trattato;�articolo�130,�paragrafo�3,�del� trattato,�secondo�cui�la�Comunita�contribuisce�alla�realizzazione�delle�condizioni�necessarie�alla� competitivita�della�sua�industria�attraverso�politiche�ed�azioni�da�essa�attuate.� (190)�Il�programma�UE�Tecnologie�della�societa�dell'informazione�(TSI)�fornisce�un�quadro� persviluppare�lecapacita�e�tecnologie�necessarie�per�comprendere�ed�affrontare�le�sfide�emergenti� in�materia�di�criminalita�informatica.�Il�programma�TSI�viene�gestito�dalla�Commissione�europea.� Fapartedel�5.Programmaquadro,�chevadal�1998�al�2002.�Maggioriinformazioni�sonodisponibili� sul�sitohttp://www.cordis.lu/ist� (191)�COM�(2002)�173�def.�del�19�Aprile�2002,�proposta�di�decisione-quadro�del�Consiglio�rela- tiva�agli�attacchi�contro�i�sistemi�di�informazione,�in�www.ipsoa.it/lalegge/news/� sistemiinformaticiue.pdf� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� La�Commissione�ha�risposto�a�questo�appello�con�la�sua�comunicazione� �Sicurezza delle reti e sicurezza dell'informazione: proposta di un approccio strategico europeo��(192).�Tale�comunicazione,�che�accenna�solo�ai�root server quali�componenti�dell'infrastruttura�di�supporto�al�sistema�dei�nomi�di�domi- nio,�ha�analizzato�i�problemi�attuali�della�sicurezza�delle�reti�e�ha�delineato� un�progetto�di�azione�strategica�in�questo�settore.� Nella�Comunicazione�la�sicurezza�delle�reti�e�dell'informazione�viene� intesa�come��la�capacita�di�una�rete�o�di�un�sistema�d'informazione�di�resi- stere,�ad�un�determinato�livello�di�riservatezza,�ad�eventi�imprevisti�o�atti� dolosi�che�compromettono�la�disponibilita�,�l'autenticita�,�l'integrita�e�la�riser- vatezza�dei�dati�conservati�o�trasmessi�e�dei�servizi�forniti�o�accessibili�tra- mite�la�suddetta�rete�o�sistema�.� Tra�le�minacce�alla�sicurezza�viene�prevista�anche�la��caduta�della�rete�:� �in�passato,�la�caduta�della�rete�era�spesso�dovuta�ad�una�disfunzione�del� sistema�informatico�che�la�controllava�e�gli�attacchi�erano�rivolti�soprattutto� verso�questi�computer.�Attualmente,�invece,�gli�attacchi�che�causano�le�piu� gravi�interruzioni�sfruttano�le�debolezze�e�le�vulnerabilita�dei�componenti�della� rete�(sistema�operativo,�router,�commutatori,�server di�nomi,�ecc.)��(193).� Gli�attacchi�di�questo�tipo�possono�assumere�diverse�forme,�tra�cui�quelli� rivolti�ai�server dei�nomi�di�dominio:�se�parte�del�DNS�non�funziona�alcuni�siti� web�non�possono�essere�localizzati.��La�corruzione�a�livello�dei�root server del�sistema�del�DNS�o�di�altri�server di�nomi�di�primo�livello�potrebbe�paraliz- zare�la�rete.�All'inizio�di�quest'anno�sono�state�evidenziate�lacune�nel�software� utilizzato�dalla�maggior�parte�dei�server di�nomi�di�dominio��(194).� Cio�che�viene�evidenziato�e�la��una�necessita�urgente�di�ravvicinamento� del�diritto�penale�sostanziale�all'interno�dell'Unione�europea�nel�settore�degli� attacchi�ai�sistemi�di�informazione��(195).� Importante�sottolineare�come�anche�l'Europa,�al�pari�degli�Stati�Uniti,� ritenga�che��la�soluzione�dei�problemi�legati�alla�sicurezza�postuli�necessaria- mente�una�cooperazione�internazionale��(196):�la�Commissione�europea�par- tecipa�gia�ai�lavori�di�organismi�internazionali�quali�il�G8,�l'OCSE�e�le� Nazioni�Unite. �������� (192)�COM�(2001)�298�def.�del�6�giugno�2001,��Sicurezza delle reti e sicurezza dell'informa- zione: proposta di un approccio strategico europeo�,�comunicazione�della�Commissione�al�Consi- glio,�al�Parlamento�Europeo,�al�Comitato�Economico�e�Sociale�e�al�Comitato�delle�Regioni,�in� http://217.56.56.109/documenti/sicurezza_online.pdf� (193)�Ibidem.� (194)�COM(2001)�298�def.�del�6�giugno�2001.�Secondo�la�soluzione�proposta,�per�difendersi� dagli�attacchi�ai�server DNS�basta�in�genere�estendere�i�protocolli�DNS,�ricorrendo�ad�esempio�ad� estensioni�DNS�protette�con�cifratura�a�chiave�pubblica.�Questa�soluzione�richiede�tuttavia�l'instal- lazione�di�nuovo�software sulle�apparecchiature�clienti�e�non�e�stata�utilizzata�molto�spesso.�Inoltre,� l'efficacia�della�procedura�amministrativa�necessaria�per�ampliare�la�fiducia�tra�domini�DNS�deve� essere�migliorata.� (195)�COM�(2002)�173�def.�del�19�Aprile�2002.�Tale�comunicazione�propone�proprio�una�deci- sione�quadro�relativa�al�ravvicinamento�del�diritto�penale�sostanziale�all'interno�dell'Unione�euro- pea�nel�settore�degli�attacchi�ai�sistemi�di�informazione.� (196)�COM�(2001)�298�def.�del�6�giugno�2001.� SERVIZI�INFORMATICI�E�STATISTICI� Conclusioni� Internet�differisce�dalle�altre�reti�per�il�fatto�che�e�realizzata�con�il�con- corso�di�tanti�soggetti�privati�che�forniscono�l'interconnessione�ai�loro�clienti� e�stipulano�accordi�per�l'interconnessione�in�modo�tale�che�tutti�i�nodi�con- nessi�possano�comunicare�tra�loro,�ma�in�nessuno�di�questi�contratti�si�parla� di�responsabilita�(gli�stessi�contratti�alla�base�della�gestione�del�DNS�sono� accordi�di�cooperazione,�di�coordinamento�tecnico�delle�attivita�o�di�sviluppo� di�un�progetto).� Va�sottolineata�la�indivisibilita�ed�l'interdipendenza�che�caratterizzano� Internet.�Per�il�proprio�funzionamento,�essa�fa�affidamento�sui�rootserver,infra- struttura�critica,�ma�anche�sull'intero�sistema�di�telecomunicazioni�mondiale.� Il�settore�delle�telecomunicazioni�(TLC)�ha�carattere�internazionale�per� ragioni�essenzialmente�tecnico-economiche:��le�infrastrutture�di�TLC�hanno� costi�elevati�che�si�ripagano�attraverso�il�traffico;�l'esigenza�e�quella�di��cattu- rarlo��tutto�convogliandolo�per�quanto�possibile�sulla�stessa�infrastrut- tura��(197).�Dunque�e�necessario�raccogliere�anche�il�traffico�internazionale� e�per�questo�occorre�eliminare�gli�ostacoli�tecnici�rappresentati�da�standard� difformi�che�intralciano�l'interoperabilita�delle�reti�e�dei�sistemi.� E�stato�rilevato�come�nessun�paese�possa�da�solo�assicurare�la�propria� sicurezza�nazionale(198),�in�quanto��(...)�ensuring�the�safety�and�stability�of� the�Internet�depends�on�every�member�of�the�Internet�community,�business,�indi- viduals,�andgovernment,�allfulfillingtheirrespectivedutiesontheglobal,�regio- nal�and�national�levels�(199).� E�necessaria�una�cooperazione�internazionale�finalizzata�alla�sicurezza� della�Rete�(e�delle�reti),�per�aumentare�gli�standard�tecnici,�ma�che�si�occupi� anche�di�sviluppare�una��etica�del�sistema,�suscettibile�in�qualche�modo�di� essere�richiamata�come�specificazione�del�generale�dovere�di�buona�fede�e� come�criterio�di��ingiustizia��dei�danni�eventualmente�arrecati�ad�altri�opera- tori�della�rete��(200).� ICANN�non�ha�sicuramente�ne�l'autorita�,ne�l'autorevolezza�per�guidare� un�simile�processo:��fino�a�che�punto�una�organizzazione�senza�scopo�di� lucro�con�sede�negli�USA�ed�autorizzata�ad�operare�in�un�contesto�esclusiva- mente�tecnico,�ma�planetario,�deve�considerarsi�legittimata�a�decidere�su�que- stioni�che�esulano�da�tale�ambito?��(201). �������� (197)�F.�CARDARELLI,�V.�ZENO-ZENCOVICH,��Il�diritto�delle�telecomunicazioni.�Prin- cipi,�normativa�e�giurisprudenza�,�1997,�Edizioni�La�Terza,�Bari,�pag.�8� (198)�Vice�Ministro�giapponese�I.�KOSAKA�del�Ministry�for�Public�Management,�Home� Affairs,�Posts�andTelecommunications,�intervento�al�Meeting�di�ICANN,��ICANNCommunity�Mee- ting�on�Security�and�Stability�ofthe�Internet�Naming�and�Address�Allocation�System�,�Novembre� 2001,�Marina�del�Rey,�California,�in�www.icann.org� (199)�Ibidem.� (200)�S.�MAGNI,�M.S.�SPOLIDORO,��La�responsabilita�degli�operatori�in�Internet:�profili� interni�e�internazionali�,�in�Diritto�dell'Informazione�e�dell'Informatica,�1997,�pag.�61�e�ss.� (201)�S.�BACCAGLINI,��Iprimi�passi�di�ICANN�tra�critiche�e�contrasti�,�in�www.interlex.it� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� L'organizzazione�senza�scopo�di�lucro�statunitense�ha�dimostrato�la�sua� inadeguatezza�a�livello�internazionale,�primo�per�la�difficolta��di�stipulare�i� contratti�con�i�registri�dei�ccTLD(202),�secondo�per�la�sua�incapacita��ad�assic urare�formalmente�il�funzionamento�del�sistema�dei�root server.� ICANN�ha�disatteso�le�aspettative�del�Governo�americano�e�dei�suoi� fondatori:�la�sua�originaria�missione,�quella�di�essere�l'organizzazione�creata� da�settore�privato�per�la�gestione�dei�sistemi�di�indirizzo�e�numerazione�di� Internet,�fu�quantomeno�ambiziosa.�Attualmente�si�sta�discutendo�su�una� sua�possibile�riforma�(203),�che�limiti�l'intervento�di�ICANN�al�solo�ambito� tecnico�ed�amministrativo.� E�possibile�invece�ipotizzare�l'intervento�di�una�organizzazione�riconos ciuta�a�livello�internazionale(204)?� Opinione�generale(205)�e��che�la�partecipazione�di�una�organizzazione� internazionale�nella�gestione�di�Internet�non�possa�essere�adeguata,�in�quanto� la�velocita��con�cui�Internet�si�evolve�richiede�decisioni�rapide�e�tempestive. �������� (202)�Nessun�ccTLD�ha�firmato�il�contratto�con�ICANN,�eccetto�Giappone�ed�Australia.� Si�tratta�di�due�casi�particolari:�per�il��.au�,�con�tale�contratto�ICANN�ha�dato�il�controllo� ad�una�organizzazione�simile�ad�essa,�sponsorizzata�dal�Governo�australiano;�per�il��.jp�,�ora�il� ccTLD�e��controllato�da�Jon�Murai,�membro�dell'ICANN�Board.� Vedi�A.M.�FROOMKIN,��Form and substance in cyberspace�,�Maggio�2002,�in�http://� personal.law.miami.edu/?froomkin/articles/formandsubstance.pdf� (203)�La�discussione�e��incentrata�su�quale�dovrebbe�essere�il�ruolo�di�ICANN�ed�il�suo�campo� d'azione�(vedi�Committee on ICANN Evolution and Reform,�Working Paper on ICANN Mission and Core Values�,�6�Maggio�2002,�in�www.icann.org/committees/evol-reform/working-paper-m ission-06may02.htm�),�su�come�dovrebbe�agire�(vedi�Committee�on�ICANN�Evolution�and� Reform,��Working Paper on The Policy-Development Process�,�7�Maggio�2002�in�www.icann.org/c ommittees/evol-reform/working-paper-process-07may02.htm�)e�su�come�dovrebbe�essere�finanz iata�(vedi�Committee�on�ICANN�Evolution�and�Reform,��WorkingPaper onTheICANNStructure and The nominating Committee Concept�,�9�Maggio�2002�in�www.icann.org/committees/evol-r eform/working-paper-htm� (204)�Sipensiall'ONUchestapromuovendoilc.d.�GlobalCompact�,�un'iniziativa�che�mira�a� sensibilizzare�le�imprese�di�tutto�il�mondo�verso�una�responsabilita��sociale�nei�confronti�dei�diritti� umani�e�della�salvaguardia�dell'ambiente.� Esso�agisce�su�tre�livelli:�internazionale,�regionale�e�nazionale.�A�livello�globale,�le�iniziative� sono�state�promosse�da�organizzazioni�internazionali,�come�l'International Labor Organization (ILO)�e�l'International Monetary Fund(IMF).� Il�risultato�viene�stimolato�a�livello�regionale,�attraverso�la�stipula�diaccordiche�regolano�i� rapporti�tra�singoli�paesi�(ad�esempio,�il�NAFTA,�North American Free Trade Agreement,�tra�Stati� Uniti�d'America,�Canada�e�Messico).� L'OECD�(OrganizationforEconomic CooperationandDevelopment),�organizzazione�che�unisce� Unione�Europea,�Canada�e�Giappone,�hapubblicatodellelinee�guidaperle�impresemultinazionali� �al�fine�di�assicurare�che�le�azioni�di�queste�siano�in�armonia�con�le�politiche�dei�governi,�per�rafforz are�le�basi�di�una�reciproca�fiducia�tra�imprese�e�societa��(societies)incui�operano�(...)�.� A�livello�nazionale,�alcuni�paesi�hanno�sviluppato�propri�sistemi�per�isolare�le�imprese�che�non� si�uniformano�alle�politiche�internazionali:�sia�l'Unione�Europea,�sia�gli�Stati�Uniti�d'America� hanno�imposto�sanzioni�economiche�in�caso�di�violazione�dei�diritti�dei�lavoratori�(e��il�caso�del�Cile� che�e��stato�escluso�dai�programmi�americani�nel�1987�per�le�violazioni�ai�diritti�dei�lavoratori�sotto� il�regime�di�Pinochet).� Vedi�WILLIAM�H.�MEYER,�B.�STEFANOVA,��Human Rights, the UNGlobalCompact, and Global Governance�,�in�Cornell InternationalLaw Journal,numero�3,�2001.� (205)�S.�TRUMPY,�Intervento�nella�tavola�rotonda��ICANN, dovevailgovernomondialedella Rete?�,�Roma,�18�Giugno�2002� SERVIZI�INFORMATICI�E�STATISTICI� Per�quanto�riguarda�l'Unione�Europea,�gli�atti�comunitari�sono�andati� ad�incidere�sui�servizi�di�TLC�ma�non�sulla�Rete:�la�normativa�comunitaria� ha�come�finalita��ultima�l'unificazione�del�mercato�(206).� Il�mercato�e�le�relazioni�all'interno�di�esso�presuppongono�dei�rapporti� contrattuali.�Internet�non�puo��essere�considerato�come�rientrante�nella� nozione�comunitaria�di�mercato�in�quanto�non�esistono�rapporti�contrattuali� tra�gli�utenti�ed�i�gestori�della�Rete.�Si�e��visto�come�vi�siano�difficolta��a�stipu- lare�contratti�tra�gli�stessi�gestori,�dato�che�nessuno�e��in�grado�di�garantire� il�servizio,�poiche�quest'ultimo�dipende�non�gia��da�singoli,�ma�dal�funziona- mento�del�sistema�nel�suo�complesso.� Di�qui�la�necessita��di�interventi�a�livello�globale,�per�grandi�aree�geogra- fiche�al�fine�di�promuovere�una�solidarieta��politica�per�la�sicurezza�della�Rete� ed�una�politica�economica�d'intervento�sulla�gestione,�da�attuarsi�mediante� convenzioni.�La�Rete�non�ha�confini�territoriali,�per�cui�nessuno�Stato�puo�� imporre�le�sue�regole�ed�i�suoi�valori�agli�altri�Stati.�L'efficienza�di�Internet� dipende�da�tutti�coloro�che�da�sempre�vi�sono�impegnati.�In�mancanza�di� un�quadro�chiaro,�e��la�loro�professionalita��che�ne�ha�garantito�e�ne�garantisce� e�ne�garantira��il�funzionamento. �������� (206)�Art.�2�CE:��La�comunita��ha�il�compito�di�promuovere�nell'insieme�della�Comunita��,� mediante�l'instaurazione�di�un�mercato�comune�e�di�un'unione�economica�e�monetaria�e�mediante� l'attuazione�delle�politiche�e�delle�azioni�comuni�di�cui�agli�articoli�3�e�4,�uno�sviluppo�armonioso,� equilibrato�e�sostenibile�delle�attivita��economiche,�un�elevato�livello�di�occupazione�e�di�protezione� sociale,�(...),�un�elevato�grado�di�competitivita��e�di�convergenza�dei�risultati�economici,�(...),�la� coesione�economica�e�sociale�e�la�solidarieta��tra�Stati�membri�.� IndicisistematiciIndicisistematici 1 -ARTICOLI, NOTE, DOTTRINA, RECENSIONI MassimO Bachetti, Delitto di alto tradimento e responsabilita� civile dello Stato pag. 2551 RobertO dE Felice, L'Avvocatura dello Stato e iprocessi per reati ministeriali �8 DirezionE GeneralE peR l'IntegrazionE europeA deL MinisterO deglI EsterI (a1cura1di), Ilprincipio del ne bis in idem nell'Accordo di Schengen �128 FrancescA Farinelli, La disciplina giuridica di Internet .. ... .. .. ... .. . �131451 GiuseppE Fiengo, Sulla potesta� regolamentare dello Stato in regime di legislaz ione concorrente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . �3131 GiuseppE Fiengo, Sussidiarieta� e leale collaborazione nel sistema delle infras trutture e degli insediamentiproduttivi strategici . . . . . . . . . . . . . . . . .. .. �140 OscaR Fiumara, Un blocco autostradale per motivi ambientali: liberta� di riun ioneeliberta� di traffico. . ... .. .. ... .. .. ... .. .. .. ... .. .. ... .. . �1451 OscaR Fiumara, La tutela dei prodotti alimentari di qualita� dinanzi ai giudici comunitari: le operazioni in loco di af ff ettamento del Prosciutto di Parma e di grattugia del Grana Padana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . �13141 OscaR Fiumara, EttorE Figliolia, Il procedimento diformazione dei pareri dell'Avvocatura dello Stato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . �1 NoemI Gennari, Sul riparto di competenza legislativa tra Stato e Regioni in tema di infrastrutture di telecomunicazione e tutela dai campi elettromagnet ici .. .. ... .. .. ... .. .. ... .. .. ... .. .. ... .. .. .. ... .. .. ... .. . �16171 MassimO Giannuzzi, Il rapporto tra Stato e Regioni nella disciplina dellefond azioni bancarie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . �1131 MariA VittoriA Lumetti, Il risarcimento del danno alla persona: inquinam ento elettromagnetico e organismi geneticamente modificati . . . . . . . . . .. �12671 MariA VittoriA Lumetti, Gli strumenti della semplificazione normativa . . . . �13231 MariA VittoriA Lumetti, SandrO Tizzi, La responsabilita� ex art. 2051 c.c. dell'istituto scolastico durante l'occupazione studentesca . . . . . . . . . . . . . . . �12130 388 RASSEGNAAVVOCATURADELLOSTATO� MassimO Mari, Sull'autonomiafinanziaria�degli�Enti�locali.�L'unita�del�sistema�pag.�205� MassimO Mari, Il�rapporto�tra�Stato�e�Regioni�nella�disciplina�dellefondazioni� bancarie.�La�ricostruzione�sistematica�del�settore�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�..���128� AntoniO Palatiello, Il�termine�ragionevole�del�processo:�la�memoria�dell'Avv ocatura�dello�Stato�alle�Sezioni�Unite�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.���209� SimonA Prunali, Attivita�dell'Ufficio�dell'Agente�del�Governo�italiano�nei�proc edimenti�dinanzi�alla�Corte�di�Giustizia�delle�Comunita�europee�.�.�.�.�.�.�.�.�.���25� AndreA Valletti, Annullamento�dell'aggiudicazione�e�contratto.�Riflessioni� sull'opportunita�di�uscire�dal��circolo�vizioso��della�nullita�-annullabilita�- caducazione�..�..�...�..�..�...�..�..�...�..�..�...�..�..�..�...�..�..�...�..�.���301� 2 -INDICE DELLE SENTENZE CORTEDIGIUSTIZIADELLECOMUNITA�EUROPEE� Plenum,11febbraio2003,nellecauseriuniteC-187/01eC-385/01.........pag.� Plenum,20maggio2003,nellacausaC-108/01�......................��� Plenum,20maggio2003,nellacausaC-469/00�......................��� Plenum,12giugno2003,nellacausaC-112/00.......................��� 30� 36� 36� 48� CORTECOSTITUZIONALE� 23-25maggio1990,n.265�.....................................� 11-24aprile2002,n.134.......................................� 29settembre2003,n.300......................................� 1.ottobre2003,n.302........................................� 25settembre-1.ottobre2003,n.303�..............................� 1-7ottobre2003,n.307�.......................................� 2-15ottobre2003,n.311�......................................� 27ottobre-7novembre2003,n.331...............................� �� �� �� �� �� �� �� �� 16� 12� 123� 133� 140� 171� 207� 182� CORTED'APPELLODIROMA� Sez.2.penale,18dicembre2002-14gennaio2003�...................� Sez.2.penale,16giugno2003,n.4759�............................� �� �� 6� 22� TRIBUNALECIVILEDIROMA� G.I.P.,5-7luglio2001�........................................���5� TRIBUNALECIVILEDIFIRENZE� Sez.2.,21novembre2002,n.762�................................���237� TRIBUNALEAMMINISTRATIVOREGIONALEPERLATOSCANA� Sez.1.,16gennaio2003,n.12�..................................���195� TRIBUNALEAMMINISTRATIVOREGIONALEPERILVENETO� Sez.3.,28ottobre2002,n.6118�.................................���192� INDICI�SISTEMATICI�389 3 -INDICE DEGLI ARGOMENTI Avvocatura�dello�Stato�^Pareri�^Formazione�^Natura�giuridica�(Trib. di Roma, GIP, 5-7 luglio 2001; Corte d'appello di Roma, sez. 2.pen., 18 dicemb re2002-14gennaio2003) ....................................... pag. 5,6� Comunita�europee�-Convenzione�di�applicazione�dell'Accordo�di�Schengen�^ Principio�del�ne bis in idem ^Ambito�di�operativita�^Estinzione�dell'azione� penale�a�seguito�di�procedura�transattiva�(Corte di Giustizia CE, Plenum, 11febbraio2003nellecauseriun.C-187/01eC-385/01) ................. ��30� Comunita�europee�^Denominazione�di�origine�protetta�^Reg.�2081/1992�^ Reg.�1107/1996�^Grana�Padano�grattugiato�fresco�^Disciplinare�^Conven- zione�fra�due�Stati�membri�^Condizione�relativa�all'effettuazione�delle�opera- zioni�di�grattugiatura�e�di�confezionamento�del�formaggio�nella�zona�di�pro- duzione�^Artt.�29�e�30�CE�^Giustificazione�^Opponibilita�delle�condizioni� ai�terzi�^Certezza�del�diritto�^Pubblicita�(Corte di Giustizia CE, Plenum, 20maggio2003,nellacausaC-469/00) ............................. ��36� Comunita�europee�^Denominazioni�di�origini�protette�^Reg.�2081/1992�^ Reg.�1107/1996�^Prosciutto�di�Parma�^Disciplina�^Condizione�di�affetta- mento�e�di�confezionamento�del�prosciutto�nella�zona�di�produzione�^Artt.�29� e�30�CE�^Giustificazione�^Opponibilita�della�condizione�ai�terzi�^Certezza� del�diritto�^Pubblicita�(Corte di Giustizia CE, Plenum, 20 maggio 2003, nella causaC-108/01) .............................................. ��36� Comunita�europee�^Libera�circolazione�delle�merci�^Ostacoli�derivanti�da� atti�privati�^Obblighi�degli�Stati�membri�^Decisione�di�non�vietare�una�riu- nione�a�scopo�ambientale�che�ha�comportato�il�blocco�totale�dell'autostrada� del�Brennero�per�quasi�trenta�ore�^Giustificazione�^Diritti�fondamentali^ Liberta�d'espressione�e�liberta�di�riunione�^Principio�di�proporzionalita� (Corte di Giustizia CE, Plenum, 12 giugno 2003, nella causa C-112/00) . . . . .. ��48� Emissioni�elettromagnetiche�^Limiti�^Disciplina�prevista�dalla�legge� 36/01�^Regioni�^Potesta�legislativa�^In�materia�urbanistica�^Ricomprende� anche�quella�di�ambiente�(TAR Veneto, sez. 3., 28 ottobre 2002 n. 6118; TAR Toscana,sez. 1.,16gennaio2003n.12) ............................. ��192,195� Estinzione�del�reato�per�morte�del�reo�^Prova�evidente�che�il�fatto�non� sussiste�(Corte d'appello di Roma, sez. 2" pen., 18 dicembre 2002-14 gennaio 2003) ...................................................... �6 Impianti�fissi�di�radiocomunicazione�^Installazione�^Disciplina�regionale� ^Valutazione�di�impatto�ambientale�^Progettazione�^Distanze�minime�da� edifici�o�aree�determinanti�^Prevenzione�dei�danni�derivanti�dai�campi�elet- tromagnetici�^Indicazione�obbligatoria�negli�strumenti�urbanistici�degli�elet- trodotti�esistenti�e�dei�corridoi�per�la�loro�localizzazione;�direttiva�regionale� sull'ampiezza�dei�corridoi�(Corte Cost., 1-7 ottobre 2003, n. 307 e 27 ottobre7 novembre2003,n.331) ........................................ ��171,182� 390 RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Imposte�e�tasse�^Tasse�automobilistiche�^Attribuzione�alla�Regione�Cam- pania�^Recupero�^Proroga�dei�termini,�fissati�dalla�legge�statale�^Violazione� della�competenza�esclusiva�dello�Stato�in�materia�di�tributi�erariali�(Corte Cost.,2-15ottobre2003,n.311). .................................. pag. 207� Istituti�di�credito�^Fondazioni�bancarie�^Disciplina�statale�sui�settori�di� intervento��ammessi��e��rilevanti�;�sull'organo�di�indirizzo;�sulla�gestione�e� destinazione�del�patrimonio;�sul�controllo�di�una�societa��bancaria;�sulle� dismissioni�delle�partecipazioni�di�controllo�in�societa��bancarie;�sui�poteri�di� vigilanza;�sull'adeguamento�degli�statuti�alle�nuove�disposizioni�legislative�e� sulla�ricostituzione�degli�organi�delle�fondazioni�(Corte Cost., 29 settembre 2003,n.300) ................................................. ��123� Lavori�pubblici�^Grandi�opere�^Infrastrutture�pubbliche�e�private�e�inse- diamenti�produttivi�strategici�di�preminente�interesse�nazionale�^Procedi- mento�per�l'individuazione,�la�localizzazione�e�la�realizzazione�^Programma� del�Governo�inserito�nel�Documento�di�programmazione�economico-- finanziaria�(Corte Cost., 25 settembre -1 ottobre 2003, n. 303) . . . . . . . . . . . . ��140� Lavori�pubblici�^Lavori�di�interesse�provinciale�e�regionale�^Sistema�unita- rio�di�qualificazione�per�gli�esecutori�^Regolamento�statale�^applicabilita��alle� Regioni,�anche�a�statuto�speciale,�e�alle�Province�autonome�(Corte Cost., 1ottobre2003,n.302) .......................................... ��133� Procedimento�penale�^Reati�ministeriali�^Indagini�preliminari�^Compe- tenza�^Dopo�l'autorizzazione�a�procedere�^E�del�P.M.�(Corte Cost., 11- 24 aprile 2002 n. 134; 23-25 maggio 1990, n. 265; Corte d'appello di Roma, sez.2.pen.,16giugno2003n. 4759) . . . ... .. .. ... .. .. .. ... .. .. ... .. . ��12,16,22� Responsabilita�civile�^2051�c.c.�e�obblighi�di�custodia�^Responsabilita��del- l'istituto�scolastico�^Occupazione�studentesca�(Trib. civile di Firenze, sez. 2., 21novembre2002,n.762) ....................................... ��237� 4 -PARERI A.G.S. ^Parere del 22 maggio 2003 ^Tasse su concessioni governative. Se�per�impedire�la�decadenza�fissata�per�il�rimborso�di�tasse�di�concessione� governativa�sia�sufficiente�la�spedizione�della�richiesta�od�occorra�la�rice- zione�della�stessa�da�parte�delle�amministrazioni�(consultivo n. 6166/03, avvocatoF.M.Patierno) ...................................... pag. 239� A.G.S. ^Parere del 9 luglio 2003, n. 78223. Ambito�e�modalita��di�applicazione�della�legge�n.�166/2002,�art.�2�(consultivo n.5070/03,avvocatoA.Linguiti) ............................... ��240 A.G.S. ^Parere del 22 luglio 2003, n. 81240 ^Accesso ai documenti amminis trativi. Possibilita��di�accesso�ai�curricola�di�candidati�ad�un�concorso�^Limiti�per�la� tutela�della�riservatezza�(consultivo n. 7910/03, avvocato G. Mangia) . . . . . ��242� INDICI�SISTEMATICI� A.G.S. ^Parere del 22 luglio 2003, n. 81247. Legge�22�dicembre�1999,�n.�512�^Istituzione�del�Fondo�di�rotazione�per�la�soli- darieta�alle�vittime�dei�reati�di�tipo�mafioso�^Notifica�ex art.�5�atto�di�cita- zione(consultivo n. 18678/02, avvocato S. Sabelli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 243� A.G.S. ^Parere del 1O ottobre 2003, n. 105547 ^Rimborsi e termine di prescriz ione. (consultivo n. 13863/02, avvocato L. Criscuoli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . ��246� A.G.S. ^Parere del 22 settembre 2003, n. 102641. Convenzione�transattiva�evolutiva�tra�il�Ministero�dell'Interno�^Dipartimento� della�Pubblica�Sicurezza�e�Telecom�S.p.a.�^Rapporti�con�disciplina�Consip� S.p.A.�(consultivo n. 9325/02, avvocato G. Fiengo) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ��2�51�