ANNO 
LV 
-N. 
2 
-3 
APRILE-SETTEMBRE 
2003 



PUBBLICAZIONE 
TRIMESTRALE 
DI 
SERVIZIO 


ISTITUTO 
POLIGRAFICO 
E 
ZECCA 
DELLO 
STATO 
S.p.A. 
ROMA 
2003 



ComitatO 
scientifico: 
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Mazzella. 
Componenti:�Franco 
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HannO 
collaboratO 
inoltrE 
aL 
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numero: 
Massimo 
Bachetti 
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Marzia 
Ciafrino 
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Ettore 
Figliolia 
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ITALIA�ESTERO�
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della�prevista�periodicita�annuale.�

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Autorizzazione�Tribunale�di�Roma�^Decreto�n.�11089�del�13�luglio�1966�

(6999999/32)�Roma,�2003��Istituto�Poligrafico�e�Zecca�dello�Stato�S.p.A.�^S.�


INDICE^SOMMARIO 


Temi.istituzionali.
Il 
procedimento 
di 
formazione 
dei 
pareri 
dell'Avvocatura 
dello 
Stato, 
diOscar 
FiumaraedEttoreFigliolia 
.................................. 
Pag. 
1 
L'Avvocatura 
dello 
Stato 
e 
iprocessiper 
reati 
ministeriali, 
diRobertodeFelice 
� 
8 
Il.contenzioso.comunitario.ed.internazionale.
Attivita� 
dell'Ufficio 
dell'Agente 
del 
Governo 
italiano 
nei 
procedimenti 
dinanzi 
alla 
Corte 
di 
Giustizia 
delle 
Comunita� 
europee, 
diSimonaPrunali 
....... 
� 
25 
1.�Le 
decisioni: 
Il 
principio 
del 
ne 
bis 
in 
idem 
nell'Accordo 
di 
Schengen, 
Plenum,11febbraio 
2003,C-187eC-385/01,acuradellaDirezioneGeneraleperl'integraz
ioneeuropeadelMinisterodegliEsteri 
....................... 
� 
28 
La 
tutela 
dei 
prodotti 
alimentari 
di 
qualita� 
dinanzi 
ai 
giudici 
comunitari: 
le 
operazioni 
in 
loco 
di 
affettamento 
del 
Prosciutto 
di 
Parma 
e 
di 
grattugia 
del 
Grana 
Padano, 
Plenum,20maggio2003,C-108/01eC-112/00,di 
OscarFiumara 
� 
34 
Un 
blocco 
autostradale 
per 
motivi 
ambientali: 
liberta� 
di 
riunione 
e 
liberta� 
di 
traffico, 
Plenum,12giugno2003,C-112/00,diOscarFiumara 
....... 
� 
45 
2.�Igiudizi 
in 
corso 
alla 
Corte 
di 
Giustizia 
CE 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
� 
56 
Il.contenzioso.nazionale.
MassimoGiannuzzi,Il 
rapporto 
tra 
Stato 
e 
Regioni 
nella 
disciplina 
dellefondaz
ioni 
bancarie 
(CorteCost.,sent.29settembre2003,n.300); 
� 
113 
MassimoMari,La 
ricostruzione 
sistematica 
del 
settore 
(CorteCost.,sent.29 
settembre2003,n.300)...................................... 
� 
128 
GiuseppeFiengo,Sulla 
potesta� 
regolamentare 
dello 
Stato 
in 
regime 
di 
legislaz
ione 
concorrente 
(CorteCost.,sent.1.ottobre2003,n.302)........... 
� 
133 
GiuseppeFiengo,Sussidiarieta� 
e 
leale 
collaborazione 
nel 
sistema 
delle 
infras
trutture 
e 
degli 
insediamenti 
produttivi 
strategici 
(CorteCost.,sent.25set-
tembre-1.ottobre2003,n.303)................................ 
� 
140 
NoemiGennari,Sul 
riparto 
di 
competenza 
legislativa 
tra 
Stato 
e 
Regioni 
in 
tema 
di 
infrastrutture 
di 
telecomunicazione 
e 
tutela 
dai 
campi 
elettromagnet
ici,(CorteCost.,sent.1-7ottobre2003,n.307e25ottobre-7novembre 
2003,n.331;TARVeneto,sent.2ottobre2002,n.6118;TARToscana, 
sent.16gennaio2003,n.12).................................. 
� 
167 
MassimoMari,Sull'autonomiafinanziaria 
degli 
Enti 
locali. 
L'unita� 
del 
sistema 
(CorteCost.,sent.2-15ottobre2003,n.311) 
...................... 
� 
205 
AntonioPalatiello,Il 
termine 
ragionevole 
delprocesso: 
la 
memoria 
dell'Avvocat
ura 
dello 
Stato 
alle 
Sezioni 
Unite 
.............................. 
� 
209 
MariaVittoriaLumetti,SandroTizzi,La 
responsabilita� 
ex 
art. 
2051 
c.c. 
dell'is
tituto 
scolastico 
durante 
l'occupazione 
studentesca 
(Trib.Firenze,2.sez. 
civ.,21novembre2002n.762) 
................................ 
� 
230 
Ipareridel.comitatoconsultivo....� 
239 
Contributi.di.dottrina.
MassimoBachetti,Delitto 
di 
alto 
tradimento 
e 
responsabilita� 
civile 
dello 
Stato 
� 
255 
MariaVittoriaLumetti,Il 
risarcimento 
del 
danno 
alla 
persona: 
inquinamento 
elettromagnetico 
e 
organismi 
geneticamente 
modificati 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
� 
267 
AndreaValletti,Annullamento 
dell'aggiudicazione 
e 
contratto. 
Riflessioni 
sull
'opportunita� 
di 
uscire 
dal 
�circolo 
vizioso� 
della 
nullita� 
-annullabilita� 
-caducaz
ione 
.. 
.. 
.. 
... 
.. 
.. 
... 
.. 
.. 
... 
.. 
.. 
... 
.. 
.. 
... 
.. 
.. 
... 
. 
. 
. 
. 
... 
.. 
� 
301 
MariaVittoriaLumetti,Gli 
strumenti 
della 
semplificazione 
normativa 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
� 
323 



RASSEGNAAVVOCATURADELLOSTATO 
ServizI 
informaticI 
E 
statisticI 
FrancescaFarinelli,LadisciplinagiuridicadiInternet.................. 
IndicI 
sistematicI 
............................................ 
� 
� 
345 
387 



TemiIstituzionaliTemiIstituzionali
Il 
procedimento 
di 
formazione 
dei 
pareri 
dell'Avvocatura 
dello 
Stato 


(Tribunale 
di 
Roma, 
G.I.P., 
5-7 
luglio 
2001; 
Corte 
d'Appello 
di 
Roma, 
sezionesecondapenale, 
18 
dicembre2002-14gennaio2003). 


Nei�capi�di�imputazione�si�ipotizzavano�reati�di�falso�ideolo-
gico,�abuso�d'ufficio�e�peculato�a�carico�di�Vice�Avvocato�Gene-
rale�dell'epoca�dei�fatti,�che�aveva�sottoscritto�un�parere,�redatto�
da�altro�Avvocato�dello�Stato�assegnatario�dell'affare,�con�il�
quale�si�era�espresso�l'avviso�che�fossero�applicabili�le�piu�restrit-
tive�disposizioni�normative�in�materia�di�revisione�prezzi,�intro-
dotte�dalla�legge�28�febbraio�1986,�n.�41,�legittimando�cos|�una�
revisione�prezzi�che�avrebbe�portato�un�notevole�vantaggio�eco-
nomico�all'impresa�incaricata�dei�lavori.�

Il�Giudice�per�le�indagini�preliminari,�in�sede�di�giudizio�
abbreviato,�ha�assolto�il�Vice�Avvocato�Generale�con�formula�
piena��perche�il�fatto�non�sussiste�;�la�Corte�d'appello�ha�confer-
mato�la�formula�assolutoria�espressamente�richiesta�dalla�difesa�
dell'imputato,�malgrado�la�sopravvenuta�morte�del�medesimo.�

La�difesa�dell'imputato,�assunta�dall'Avvocatura�stessa�ai�
sensi�dell'art.�44�r.d.�30�ottobre�1933�n.�1611,�aveva�innanzi�tutto�
richiamato�l'attenzione�dei�giudicanti�sul�procedimento�di�forma-
zione�dei�pareri�resi�dall'Avvocatura�dello�Stato,�nell'ambito�del�
quale,�all'epoca�(anno�1986),�si�era�formato�ed�era�stato�esternato�
il�parere�oggetto�della�contestazione.�

�All'Avvocatura�dello�Stato�^si�era�detto�^spettano�la�rap-
presentanza,�il�patrocinio�e�l'assistenza�in�giudizio�delle�Ammini-
strazioni�dello�Stato�(art.�1,�co.�1,�r.d.�30�ottobre�1933,�n.�1611).�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Essa�``provvede�alla�tutela�legale�dei�diritti�e�degli�interessi�dello�
Stato;�alle�consultazioni�legali�richieste�dalle�Amministrazioni�...''�
(art.�13).�

�Gli�affari�di�cui�si�occupa�l'Avvocatura�dello�Stato�si�divi-
dono�in�``contenziosi''�e�``consultivi''.�Essi�vengono�assegnati�
(limitando�qui�il�discorso�agli�uffici�dell'Avvocatura�generale�
dello�Stato�di�Roma:�per�le�Avvocature�distrettuali�dello�Stato,�
operanti�nei�distretti�di�Corte�d'Appello�diversi�da�quello�
romano,�valgono�le�stesse�regole�mutatis 
mutandis)�dall'Avvocato�
Generale�(art.�15)�secondo�criteri�di�competenza�ed�anzianita�.�

�Con�riferimento�agli�affari�``consultivi'',�cioe�ai�pareri�da�
rendere�alle�Amministrazioni�che�ne�fanno�richiesta,�l'avvocato�
dello�Stato�assegnatario�dell'affare�predispone�il�parere�in�linea�
legale�secondo�la�sua�valutazione�della�vicenda�e�invia�la�lettera�
cos|�predisposta�alla�firma�dei�Vice�Avvocati�Generali�compe-
tenti�per�materia�(il�potere�di�firma�dei�pareri�e�di�ogni�corri-
spondenza�e�esercitato�dall'Avvocato�Generale�o�dal�Vice�Avvo-
cato�Generale�incaricato�per�materia,�secondo�criteri�prefissati�
dal�primo).�Prima�di�pervenire�alla�firma,�lo�schema�di�parere�e�
preso�in�visione,�di�norma,�da�una�struttura�di�supporto�del-
l'Avvocato�Generale,�formata�secondo�i�tempi�da�due�o�tre�avvo-
cati�dello�Stato�^che�per�brevita�e�comprensione�chiamiamo�
``coordinamento''�^che�ha�un�compito�di�filtro,�segnalando�agli�
assegnatari�eventuali�divergenze�con�linee�interpretative�seguite�
dall'Istituto�ovvero�la�ritenuta�necessita�di�modifiche�o�integra-
zioni,�che�l'assegnatario�puo�condividere�o�meno.�La�lettera�cos|�
predisposta�passa�alla�firma�dell'Avvocato�Generale�o�di�un�suo�
Vice,�i�quali�possono�o�meno�condividere�quanto�predisposto�
dall'assegnatario�e/o�quanto�segnalato�dal�``coordinamento''.�
Ove�non�si�raggiunga�un�accordo�fra�la�dirigenza�e�l'assegnatario,�
l'affare�passa�all'esame�del�Comitato�consultivo�dell'Avvocatura,�
che�ha,�fra�gli�altri�compiti,�quello�di�``dirimere,�sentiti�gli�interes-
sati,�le�divergenze�di�opinione�che�insorgono�nella�trattazione�
degli�affari�contenziosi�e�consultivi�fra�avvocati,�che�esercitano�
funzioni�direttive,�ed�avvocati,�cui�sono�assegnati�gli�affari�stessi''�
(art.�26�legge�3�aprile�1979,�n.�103:�il�Comitato�si�esprime�anche�
sui�pareri�che�riguardano�questioni�di�massima�o�di�particolare�
rilevanza).�L'Avvocato�Generale�e�i�suoi�Vice�firmano,�quindi,�


TEMI�ISTITUZIONALI�

l'atto�predisposto�dall'assegnatario�o�modificato�con�il�suo�con-
senso�(ovvero�approvato�dal�comitato�consultivo),�ma�non�pos-
sono�modificare�unilateralmente�il�parere�senza�il�consenso�del-
l'assegnatario.�

�Per�gli�affari�``contenziosi''�la�prassi�e�formalmente�diversa�
ma�sostanzialmente�nello�stesso�senso.�Gli�atti�difensivi,�anche�
per�ragioni�di�speditezza�e�di�individualizzazione�del�concreto�
difensore,�sono�sottoscritti�dall'assegnatario�dell'affare,�ma�sono�
anch'essi�inviati�al�``visto''�della�dirigenza,�secondo�la�procedura�
sopradescritta�per�gli�affari�consultivi.�La�corrispondenza,�anche�
per�gli�affari�contenziosi,�segue�la�stessa�trafila�dei�pareri�negli�
affari�consultivi.�

�Da�quanto�sopra�si�evince�che�un'Amministrazione�dello�
Stato,�allorche�richiede�un�parere,�si�rivolge�all'Avvocatura�dello�
Stato�e�non�ad�un�singolo�Avvocato�dello�Stato,�e�che�il�parere�
viene�reso�all'Amministrazione�richiedente�non�dal�singolo�Avvo-
cato�dello�Stato�che�lo�redige�o�dall'Avvocato�Generale�o�Vice�
Avvocato�Generale�che�lo�sottoscrive,�ma�dall'Avvocatura�dello�
Stato,�previo�esperimento�di�un�procedimento�complesso�che�
passa�attraverso�fasi�specifiche�di�competenza�funzionale�di�piu�
organi�interni�distinti�l'uno�dall'altro:�assegnazione�^redazione�
^esame�di�coordinamento�^(eventuale�intervento�del�comitato�
consultivo)�^sottoscrizione.�

�Con�queste�precisazioni,�ovviamente�^si�era�aggiunto�l
'imputato�non�intende�certo�sottrarsi�alle�sue�responsabilita�di�
firmatario�dell'atto,�rivendicando�anzi�con�fermezza�ed�orgoglio�
la�sua�funzione�(allora�svolta),�ma�intende�solo�avvertire�che�
l'opinione�espressa�nel�parere�e�che�si�assume�``falsa''�e�frutto�di�
una�sinergia�professionale�formatasi�nell'ambito�dell'Avvocatura,�
le�cui�conclusioni�possono�essere�opinabili�finche�si�vuole,�ma�
sono�l'espressione�di�una�interpretazione�condivisa�a�tutti�i�livelli�
e�riferibile�all'Avvocatura�quale�organo�istituzionale�di�consu-
lenza�legale�delle�Amministrazioni�dello�Stato.�

�Ovviamente�^si�era�infine�detto�^l'esame�del�Vice�Avvo-
cato�Generale�riguarda�essenzialmente�l'interpretazione�data�ad�
una�certa�normativa�riguardo�ad�una�fattispecie�quale�descritta�
nella�lettera�di�richiesta�dell'Amministrazione.�Il�parere�e�in�ogni�
caso�reso�secondo�parametri�di�diritto,�sulla�base�delle�indica-


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

zioni�di�fatto�fornite�dall'Amministrazione�richiedente�(cliente�
assistito)�che�sono�necessariamente�assunte�a�presupposto�del-
l'opinione�giuridica�espressa�ove�non�emergano�elementi�di�con-
trasto�o�contraddizioni�nella�stessa�richiesta�di�parere�.�

Queste�considerazioni,�espresse�tenendo�conto�dell'organiz-
zazione�dell'Avvocatura�all'epoca�dei�fatti,�sono�state�pienamente�
condivise�dagli�organi�giudicanti�(cfr.�anche,�in�caso�similare,�
Corte�d'Appello�di�Roma,�sezione�quarta�penale,�11�gennaio�
2000,�n.�2/00,�con�la�quale�e�stato�sottolineato�che�i�pareri�del-
l'Avvocatura,�di�natura�non�vincolante�per�l'Amministrazione�
richiedente,�sono�da�essa�resi�nella�sua�funzione�di�``organo�desi-
gnato�a�dare�pareri�di�natura�legale'').�Esse�conservano�valore�
anche�nell'attuale�organizzazione,�introdotta�con�la�comunica-
zione�di�servizio�21�gennaio�2002�n.�16�bis 
(in�questa 
Rassegna,�
2001,�pag.�XVII):�la�costituzione�di�sezioni�fra�le�quali�sono�
distribuiti�per�materia�gli�affari,�l'affidamento�di�ciascuna�di�esse�
alla�direzione�di�un�Vice�Avvocato�Generale,�la�designazione�per�
ciascuna�di�un�avvocato�con�compiti�di�coordinamento,�la�firma�
congiunta�del�Vice�Avvocato�Generale�e�dell'avvocato�estensore�
del�parere,�ferme�in�ogni�caso�le�competenze�dell'Avvocato�Gene-
rale�e�del�Comitato�consultivo,�rendono�ancor�piu�trasparente�
l'azione�dell'Avvocatura�dello�Stato�(in�sede�centrale�e,�mutatis 
mutandis,�in�sede�periferica)�.�

Nel�merito�l'assoluta�inconsistenza�dell'ipotesi�accusatoria�e�
stata�rilevata�non�solo�in�primo�grado�^in�vita�dell'imputato�^,�
ma�anche�in�fase�d'appello�allorche�,�invece�di�pronunciarsi�per�
l'estinzione�del�reato�per�morte�del�reo,�che�avrebbe�potuto�
lasciare�l'ombra�di�un�dubbio�che�di�per�se�sola�appariva�infa-
mante,�la�Corte�d'appello,�in�accoglimento�della�richiesta�della�
difesa�svolta�dall'Avvocatura,�tesa�a�salvaguardare�l'onore�e�la�
rettitudine�dell'accusato�ed�il�prestigio�dell'Istituzione�cui�appar-
teneva,�ha�confermato�la�pronuncia�pienamente�assolutoria�
emessa�nel�giudizio�abbreviato.�Sulla�possibilita�di�applicare�
l'art.�129,�secondo�comma,�cod.proc.pen.�anche�in�caso�di�
sopravvenuta�estinzione�del�reato�per�morte�del�reo,�cfr.�Cassa-

zione,�sezione�sesta�penale,�3�novembre�-23�dicembre�1999�
n.�14631,�RV�216322.�
Avv.ti 
Oscar 
Fiumara 
ed 
Ettore 
Figliolia 



TEMI�ISTITUZIONALI�

Tribunale 
di 
Roma, 
Giudice 
per 
le 
indagini 
preliminari, 
5 
luglio 
2001 
(7 
luglio 
2001), 
nel�pro-
cedimento�penale�contro�il�Vice�Avvocato�Generale�dello�Stato�G.A.�(Avv.ti�dello�Stato�

O.�Fiumara�e�E.�Figliolia).�
Ilparere�redatto�negliuf
fficidell'Avvocatura�dello�Stato,�nelmomento�in�cuiviene�comuni-

cato�all'Amministrazione�richiedente,�deve�ritenersi�reso�dall'Avvocatura�dello�Stato�quale�

organo�istituzionale�deputato�a�svolgere�la�funzione�consultiva,�sicche�un�reato�ipotizzato�dal�

pubblico�ministero�nei�confronti�del�Vice�Avvocato�Generale�che�ha�firmato�il�parere�avrebbe�

richiesto�il�concorso�necessario�dei�vari�avvocati�dello�Stato�che�parteciparono�alprocedimento�

per�la�suaformazione.�

Nella�specie�ilfatto�non�sussiste.�

(r.d.�30�ottobre�1933,�n.�1611;�legge�3�aprile�1979,�n.�103). 
�(omissis)�L'Avvocato�dello�Stato�G.A.�e�accusato�di�aver�dato�al�Ministero�delle�Poste 
un�parere�erroneo,�in�tal�modo�fornendo�un�sostegno�giuridico�alle�attivita�criminose�degli�

imputati.�
Nel�capo�d'imputazione�non�sono�indicati�altri�elementi,�oltre�al�suddetto�parere,�per�

ritenere�che�il�G.A.�avesse�deliberatamente�fatto�valutazioni�giuridiche�non�coerenti�con�gli�

elementi�contrattuali,�ne�dagli�atti�processuali�risulta�che�egli�avesse�volutamente�interpre-

tato�la�legge�in�modo�erroneo�o�capzioso.�
Deve�essere�rilevato�anzitutto�che�l'imputato�ha�sottoscritto�il�parere�nella�sua�attivita�

istituzionale.�
In�proposito�la�difesa�ha�rilevato�che,�secondo�l'ordinamento�dell'Avvocatura�di�Stato,�

per�l'espletamento�dell'attivita�consultiva�l'Avvocato�Generale�dello�Stato�provvede�ad�asse-

gnare�i�singoli�affari�ai�vari�Avvocati�i�quali�predispongono�il�parere�secondo�le�proprie�valu-

tazioni.�Quindi�il�parere�viene�inviato�all'Avvocato�Generale�o�ad�uno�dei�suoi�Vice�(secondo

criteri�prefissati�di�ripartizione�di�competenza�per�materia),�i�quali�sono�coadiuvati�da�un�

ufficio�composto�da�due�o�tre�Avvocati�dello�Stato�i�quali�assicurano�l'uniformita�interpreta-

tiva�dell'Avvocatura.�Per�le�situazioni�in�cui�dovessero�sorgere�divergenze�tra�l'Avvocato�

che�ha�espresso�il�parere�e�la�struttura�di�``coordinamento''�e�previsto�l'intervento�del�Comi-

tato�consultivo�dell'Avvocatura.�Si�deve�quindi�escludere�che�l'Avvocato�Generale�o�uno�dei�

suoi�Vice�possano�modificare�unilateralmente�il�parere�redatto�dall'�assegnatario.�
Per�le�considerazioni�esposte�e�per�la�natura�stessa�dell'Avvocatura�generale�dello�Stato�

(il�cui�ordinamento�e�regolato�dalla�legge�3�aprile�1979,�n.�103)�l'atto�consultivo,�nel�

momento�in�cui�viene�comunicato�all'Amministrazione�richiedente,�deve�ritenersi�reso�dal-

l'Avvocatura�generale�dello�Stato�quale�organo�istituzionale�deputato�a�svolgere�la�funzione�

consultiva.�
Pertanto�il�reato�ipotizzato�dal�pubblico�ministero�non�sarebbe�stato�commesso�dal�

Vice�Avvocato�Generale�G.A.,�che�ha�firmato�il�parere,�ma�avrebbe�richiesto�il�concorso�

necessario�dei�vari�Avvocati�dello�Stato�che�parteciparono�al�procedimento�della�sua�forma-

zione.�
A�parte�tale�preliminare�rilievo,�va�pure�considerato,�sempre�in�via�preliminare,�che�il�

parere,�condiviso�e�sottoscritto�dall'Avvocato�G.A.,�e�stato�reso�sulla�base�delle�indicazioni�

di�fatto�fornite�dall'Amministrazione�richiedente�(nota�di�richiesta�con�allegata�la�conven-

zione�normativa�in�data�8�giugno�1985).�
Il�dubbio�interpretativo�in�merito�all'applicazione�dell'art.�33�della�legge�n.�41�del�

28�febbraio�1986�era�sorto�a�brevissima�distanza�di�tempo�dall'entrata�in�vigore�della�legge�

stessa.�
Nel�parere�si�esclude�l'applicabilita�dell'art.�33�(che�non�si�riferisce�alle�concessioni�gia�

in�atto�al�momento�della�sua�entrata�in�vigore),�sulla�base�della�considerazione�che�la�con-

venzione�era�stata�stipulata�in�data�anteriore.�E�cio�in�quanto�essa�conteneva�la�disciplina�

della�vendita�delle�aree�e�delle�concessioni�di�costruzione,�individuava�le�aree�da�cedere�e�

gli�esatti�corrispettivi�sulla�base�di�un�progetto�preliminare,�e�prevedeva�i�corrispettivi��a�

misura��applicabili�per�remunerare�la�costruzione�con�la�puntuale�previsione�che�tali�prezzi�

erano�soggetti�a�revisione�a�partire�dalla�data�della�convenzione�stessa.�
Sulla�base�di�tali�elementi�sembra�ragionevole�concludere,�cos|�come�e�detto�nel�parere,�

che�si�era�fra�le�parti�gia�formato�l'accordo�sul�contenuto�della�concessione�ed�in�particolare�

sui�corrispettivi,�previsti�a�misura�secondo�i�prezzari�del�1984,�riservandosi�ai�successivi�

disciplinari�soltanto�la�determinazione�del�compenso�globale�sulla�base�dei�progetti�esecutivi�

ancora�da�redigere.�Essendo�stati�gia�stabiliti�i�criteri�per�la�determinazione�del�compenso�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

globale,�e�quindi�convenuti�i�prezzi,�la�volonta��contrattuale�doveva�ritenersi�gia��formata�

come�confermato�dalla�clausola�di�cui�all'art.�12�che�prevedeva�la�facolta��di�recedere�dal�

contratto�che�pertanto�le�parti�ritenevano�come�gia��concluso.�

Peraltro�individuazione�della�normativa�applicabile�alla�fattispecie�era�corretta,�come�

successivamente�ritenuto�da�sentenze�del�Consiglio�di�Stato�(sez.�IV�n.�350/1998�e�n.�147/�

1999).�

Cio��premesso,�va�rilevato�che�e��stato�contestato�all'imputato�di�aver�artatamente�fornito�

un�sostegno�tecnico-giuridico�al�Consiglio�d'Amministrazione�nell'approvare�gli�schemi�

disciplinari�contenenti�disposizioni�in�contrasto�con�l'art.�33�legge�41/1986.�Ma�basta�osser-

vare�che�l'Avvocato�G.A.,�sulla�base�dei�dati�di�fatto�forniti�dall'Amministrazione,�si�limito��

a�esprimere�un�parere�e�a�sostenere�una�tesi�giuridica�esatta.�

Peraltro�neppure�e��contestato�un�qualche�suo�comportamento�dal�quale�poter�dedurre

che�egli�avesse�agito�in�accordo�con�altri�imputati�allo�scopo�di�far�stipulare�all'Amministra-

zione�contratti�illegittimi.�

Deve�concludersi�che�l'Avvocato�G.A.�espresse�un�parere�libero�e�motivato,comeera�

nel�suo�dovere�istituzionale,�peraltro�in�linea�con�il�convincimento�in�precedenza�espresso�

dal�Capo�dell'ufficio�legislativo�del�Ministero�e�dallo�stesso�Ministro,�al�fine�unico�di�acqui-

sire�certezza�in�ordine�alla�questione�giuridica�sottoposta�al�suo�esame�e�non�certo�al�fine�

di�favorire�qualcuno.�Non�sussiste�in�conseguenza�alcuno�dei�tre�reati�che�gli�sono�stati�con-

testati�unicamente�sulla�base�del�parere�e�senza�alcun�altro�specifico�addebito.

Conseguentemente�l'imputato�deve�essere�assolto�perche�il�fatto�non�sussiste�(omissis)�.�

Corte 
d'Appello 
di 
Roma, 
sezione 
seconda 
penale, 
18 
dicembre 
2002 
(14 
gennaio 
2003), 
nel�
processo�penale�contro�il�Vice�Avvocato�Generale�dello�Stato�G.A.�(Avv.ti�dello�Stato�

O.�Fiumara�e�E.�Figliolia).�
Il 
decesso 
dell'imputato 
nel 
corso 
del 
procedimento 
non 
impedisce, 
a 
norma 
dell'artp 
129 


comma 
secondo 
cod.proc.pen., 
la 
pronuncia 
nel 
merito 
se 
dagli 
atti 
risulta 
evidente 
(come 
nel 


caso 
di 
specie) 
che 
ilfatto 
non 
sussistep 


(cod.�proc.�pen.,�art.�129). 
�(omissis)E�preliminare�ad�ogni�altra�considerazione�la�valutazione�del�punto�di�diritto 


concernente�la�possibilita��di�pervenire�ad�una�pronuncia�``nel�merito''�favorevole�all'impu-
tato�quando,�come�nel�caso,�sia�sopravvenuta�una�causa�estintiva�del�reato,�qui�costituita�
dalla�morte�dell'imputato.�Vigente�l'articolo�152,�comma�2,�c.p.p.�del�1930,�il�cui�tenore�e��
sostanzialmente�riprodotto�dall'articolo�129,�comma�2,�c.p.p.�del�1988,�la�giurisprudenza�
delle�sezioni�unite�(Cass.,�S.U.,�sentenza�6682�del�4�giugno�1992)�ha�avuto�modo�di�osservare�
che�il�principio�espresso�dal�secondo�comma�di�quell'articolo�``sottolinea�come�il�fatto�della�
sopravvenienza�di�una�causa�estintiva�del�reato,�operativa�(ex 
nunc),�non�puo��porre�nel�nulla�
la�realta��acquisita�nel�procedimento�che�il�fatto�ascritto�all'imputato�non�sussiste�o�non�e��
previsto�dalla�legge�come�reato�o�non�e��stato�commesso�dall'imputato�stesso.�Una�siffatta�
realta��deve�prevalere�anche�nel�caso�in�cui�la�causa�estintiva�del�reato�sia�quella�della�soprav-
venuta�morte�del�reo;�cio��sia�per�la�rilevanza�sostanziale�del�riconoscimento�dell'innocenza�
di�una�persona�accusata,�che�non�cessa�per�effetto�della�sua�morte,�residuando�l'interesse�
dei�congiunti�e�degli�eredi�alla�tutela�della�memoria,�sia�perche��,�permanendo�talune�conse-
guenze�non�indifferenti�nonostante�l'estinzione�del�reato�(la�morte�del�reo�non�estingue�
infatti�le�obbligazioni�civili�derivanti�dal�reato�e�quelle�concernenti�le�spese�processuali�ed,�
eventualmente�di�mantenimento�in�carcere),�non�v'e��ragione�^in�virtu��del�principio�di�egua-
glianza�e�per�considerazioni�di�economia�processuale�^che�i�congiunti�e�gli�eredi�del�defunto�
ne�debbano�subire�il�peso�solo�per�la�casualita��della�sopravvenienza�della�morte�del�loro�
dante�causa,�rispetto�alla�miglior�sorte�dell'imputato�vivente,�che�avrebbe�viceversa�il�van-
taggio�di�vedere�riconosciuta�la�propria�innocenza,�sia,�infine,�perche�la�surricordata�norma�
non�fa�distinzione�tra�le�cause�estintive�ed�il�suo�senso�piu��pregnante�e��quello�della�tutela�del-
l'innocenza�della�persona�vivente�al�momento�in�cui�e��stata�promossa�l'azione�penale''.�Gli�
argomenti�che�hanno�sostenuto�la�decisione�delle�sezioni�unite�della�cassazione�sembrano�
tanto�piu��convincenti�in�un�contesto,�quale�quello�verificabile�nel�presente�procedimento,�in�
cui�la�vicenda�processuale�vede�il�sopravvenire�della�causa�di�estinzione�costituita�dal�
decesso�dell'imputato�dopo�il�riconoscimento,�in�primo�grado,�che�i�fatti�a�lui�riferiti�non�
sussistono.�Cio��induce,�peraltro,�ad�interrogarsi�sulla�nozione�di�evidenza�cui�ha�acceduto�il�


TEMI�ISTITUZIONALI�

codificatore�sia�del�1930�che�del�1988�dettando�rispettivamente�gli�articoli�152,�comma�2,�e�
129,�comma�2.�Conformemente�alla�giurisprudenza�affermatasi�vigente�la�prima�delle�dispo-
sizioni�citate,�ritiene�questa�Corte�che�la�``evidenza''�della�prova�che�impone�l'assoluzione�
nel�merito�non�riguardi�il�mezzo�di�prova,�considerato�di�per�se�,�ma�piuttosto�la�conclusione�
logico-giuridica�cui�conduce�l'uso�dello�stesso�mezzo.�Come�ha�precisato�il�giudice�di�legitti-
mita�(Cass.,�Sez.�4,�sentenza�16839�del�21�dicembre�1990�in�CedpRv.p186073),��non�e�necessa-
rio�che�la�prova,�valutata�``primafacie'',�dia�immediatamente�la�certezza�della�innocenza�del-
l'imputato,�ma�basta�che�sia�``estremamente�sicuro''�il�giudizio�al�quale�si�perviene�attraverso�
l'adeguata�valutazione�degli�elementi�probatori�gia�acquisiti�agli�atti.�In�definitiva�la�pronta�
individuabilita�e�la�preesistenza�in�atti�della�prova�dell'incolpevolezza,�impongono,�nel�caso�
in�esame,�una�pronuncia�di�merito�favorevole�all'imputato�pur�in�presenza�di�causa�di�estin-
zione�del�reato.�A�tale�impostazione,�peraltro,�sembra�implicitamente�aderire,�sotto�il�profilo�
che�ora�si�considera,�il�rappresentante�della�Procura�generale�rassegnando,�all'odierna�
udienza,�conclusioni�che�richiedono�l'assoluzione�nel�merito�dal�reato�sub�c).�

Nello�scrutinare�l'imputazione�di�cui�al�capo�a)�(art.�479�c.p.�^falsita�ideologica�com-
messa�da�pubblico�ufficiale�in�atto�pubblico^),�un�primo�profilo�deve�essere�affrontato�circa�
la�stessa�riconducibilita�di�quanto�contestato�al�paradigma�normativo�del�falso�in�atto�pub-
blico,�e�cio�anche�ammesso�che�la�volonta�del�pubblico�ufficiale�si�fosse�determinata�nel�
senso�di�rendere�un�parere�infedele.�Non�vi�e�dubbio�che�il�parere�formulato�abbia�implicato�
un�esercizio�di�valutazioni�tecnico�giuridiche,�laddove,�invece,�il�paradigma�della�norma�
incriminatrice�porta�a�ritenere�integrare�gli�estremi�della�falsita�ideologica�soltanto�le�false�
attestazioni�del�pubblico�ufficiale�che�abbiano�ad�oggetto�fatti�da�lui�compiuti�o�caduti�sotto�
la�sua�diretta�e�personale�percezione.�Restano,�pertanto,�al�di�fuori�della�fattispecie�crimi-
nosa�di�cui�all'articolo�479�c.p.�tutte�le�manifestazioni�di�giudizio,�con�l'unico�limite�^che�
nel�caso�non�si�coglie�^costituito�da�quelle�manifestazioni�di�giudizio�che�sottendano,�anche�
implicitamente,�attivita�che�si�assumano�falsamente�compiute�dal�pubblico�ufficiale�(cfr�
Cass.,�Sez.�sesta,�sentenza�20�maggio�1992�nr.�6018,�in�CEDpRv.p190482).�Orbene�nel�parere�
per�cui�e�processo�non�vi�e�traccia�di�attestazione�di�un�fatto�dal�pubblico�ufficiale�compiuto�

o�avvenuto�alla�sua�presenza.�Infine,�la�stessa�natura�del�``parere''�e�tale�da�escludere�che�
ad�esso�possa�riconnettersi�quella�fede�privilegiata�che�la�norma�incriminatrice�tutela.�

Il�PM�appellante,�con�argomento�non�privo�di�suggestione,�sembra,�come�detto,�indivi-
duare�il�fatto�falsamente�attestato�nell'aver�dato�atto�che�si�fosse�pervenuto�alla�``aggiudica-
zione''�gia�con�la�stipula�della�``convenzione�normativa''.�A�tale�argomento,�pero�,�non�puo�
non�replicarsi�che�l'individuazione�del�momento�della�``aggiudicazione''�costituisce�momento�
centrale,�se�non�l'inpse�,�di�quella�valutazione�che�al�pubblico�ufficiale�era�stata�richiesta,�deri-
vando,�poi,�dall'individuazione�del�momento�dell'aggiudicazione�conseguenze�inevitabili,�
sul�piano�logico,�in�punto�di�individuazione�della�normativa�applicabile�tra�quelle�succedu-
tesi�nel�tempo.�Non�puo�essere,�infine,�sottaciuto,�anche,�e�soprattutto,�per�assumere�le�
dovute�determinazioni�in�ordine�ai�capi�b)�e�c),�che�il�parere�espresso�dall'imputato,�all'epoca�
in�assenza�di�precedenti,�si�e�rivelato�in�linea�con�le�successive�determinazioni�giurispruden-
ziali�che�hanno�negato�la�possibilita�di�far�ricorso�alla�``revisione�prezzi''�solo�in�presenza�
di�intese�del�tutto�``autonome''�rispetto�ad�accordi�intervenuti�prima�dell'entrata�in�vigore�
della�norma�che�ha�abolito�l'istituto�della�revisione�prezzi�(cfr.�Consiglio�di�Stato,�Sezione�
quarta,�sentenza�nr.�350�del�27�febbraio�1998).�

Quanto�ai�fatti�di�cui�ai�capi�b)�e�c),�occorre�evidenziare�che�i�correlativi�reati�contestati�
sarebbero�stati,�per�cio�che�concerne�l'Avvocato�G.A.,�commessi�col�porre�in�essere�la�con-
dotta�sub�a);�in�tale�condotta�risiederebbe�l'apporto�causale�fornito�sia�per�il�reato�di�abuso�
in�atti�di�ufficio�che�per�quello�di�peculato.�L'insussistenza�del�fatto�sub�a),�dunque,�non�
puo�non�travolgere�la�stessa�possibilita�di�provare�gli�altri�reati�contestati.�Ed�infatti,�in�
assenza�di�qualsivoglia�ulteriore�elemento,�rimane�esclusivamente�il�dato�costituito�dalla�
mera�sintonicita�del�parere�espresso�rispetto�agli�interessi�della�societa�M.�Ma�cio�,inassenza�
di�dati�ulteriori�da�cui�desumere�una�qualche�cointeressenza�tra�l'Avvocato�G.A.�e�gli�espo-
nenti�della�societa�citata,�non�fornisce�prova�alcuna�dei�fatti�specificamente�attribuiti�al-
l'Avvocato�dello�Stato.�Tutto�cio�,�peraltro,�al�di�la�della�tecnica�impiegata�per�la�redazione�
delle�imputazioni,�che�cumula�in�un�solo�capo�condotte�eterogenee�riferibili�a�diverse�per-
sone,�non�pregiudica�la�valutazione�delle�condotte�degli�altri�coimputati,�condotte�qui�nean-
che�incidentalmente�scrutinate�(omissis)�.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

L'Avvocatura 
dello 
Stato 
e 
i 
processi 
per 
reati 
ministeriali 


(Corte 
Costituzionale, 
sentenze 
11-24 
aprile 
2002, 
n. 
134; 
23-25 
maggio 
1990, 
n. 
265. 
Corted'appellodiRoma,sezionesecondapenale,sentenza16giugno2003,n. 
4759). 


La��giustizia�politica��e�il�punto�cruciale�di�ogni�ordina-
mento�costituzionale�perche�riflette�lo�stato�dei�rapporti�tra�
poteri�dello�Stato,�da�una�parte�e,�dall'altra,�il�grado�di�responsa-
bilita�o�immunita�dei�titolari�del�potere.�

L'originario�disegno�costituzionale�rimetteva�alla�Corte�
Costituzionale�i�giudizi�sui�reati�ministeriali,�ritenendosi�tale�
altissima�sede�quella�opportuna�per�l'importanza�della�materia�
trattata�e,�soprattutto,�per�la�dignita�delle�persone�coinvolte.�Ma�
l'accesso�alla�Corte�(che,�come�si�ricordera�,�era�integrata�da�giu-
dici�estratti�da�un�elenco�di�45,�eletti�dalle�Camere�in�seduta�
comune,�e�presso�la�quale�fungeva�da�P.M.�un�collegio�di�tre�
commissari�d'accusa)�era�subordinato�a�un'istruttoria�rimessa�
alla�c.d.�Commissione�(bicamerale)�inquirente�che,�in�particolare,�
venne�contestata�per�la�tendenza�alla�archiviazione�delle�denunce�
contro�i�ministri,�tutti�appartenenti�allo�stesso�schieramento�poli-
tico,�rimasto�immoto�tra�il�1946�e�il�1994.�Nel�primo�processo�
(la�Commissione�poteva�proporre�la�messa�in�stato�di�accusa,�
che�era�deliberata�dal�Parlamento�in�S.C.)�contro�due�ministri,�il�

c.d.�affare 
Lockheed,�il�sistema�dimostro�,�all'atto�pratico,�di�non�
tenere,�paralizzando�per�anni�l'attivita�della�Corte�i�cui�giudici,�
peraltro,�mantenevano�(trattandosi�di�giudice�speciale�ed�organo�
straordinario)�tale�veste�anche�dopo 
la�naturale�scadenza�del�loro�
mandato�(art.�26,�u.c.,�legge�20/62).�Prevalse,�alfine,�l'idea�che�la�
Corte�non�fosse�l'organo�adatto.�La�legge�costituzionale�1/1989,�
lasciata�alla�Corte�l'improbabile�funzione�di�giudicare�il�Capo�
dello�Stato,�rimette,�in�linea�generale,�all'A.G.�ordinaria�(ed�in�
particolare�al�Tribunale,�in�composizione�collegiale,�del�capo-
luogo�del�distretto�cui�appartiene�il�giudice�competente�secondo�
le�norme�ordinarie)�la�giurisdizione�sui�reati�ministeriali.
E�prevista,�per�l'esame�delle�notizie�di�reato,�l'istituzione�di�
un�Collegio�di�magistrati�estratti�a�sorte,�cui�il�P.M.,�omessa 
ogni 
indagine 
(si�tratta�di�un�divieto�di�indagare,�con�conseguente�inu-
tilizzabilita�),�rimette�quanto�pervenutogli.�Nelle�indagini�il�Colle-


TEMI�ISTITUZIONALI�

gio�cumula�le�funzioni�di�P.M.�e�G.I.P.�e,�ove�non�archivi,�investe�
la�Camera�di�appartenenza�dell'indagato�(o�il�Senato,�se�questi�
non�e�parlamentare)�della�questione.�La�Camera�autorizza�(o�
meno)�l'esercizio�dell'azione�penale;�puo�negarlo�(art.�9,�Legge�
cost.�1/89)�solo�se�ritenga,�con 
valutazione 
insindacabile,�che�l'in-
quisito�abbia�agito�per�la�tutela�di�un�interesse�costituzional-
mente�rilevante�o�per�il�perseguimento�di�un�preminente�interesse�
pubblico.�

Fin�qui,�il�sistema.�Ora,�i�dettagli.�Se�l'autorizzazione�inter-
viene,�l'Assemblea�(art.�9,�u.c.,�Legge�cost.�1/89)�rimette�gli�atti�
al�Collegio��perche�continui�il�procedimento�secondo�le�norme�
vigenti�.�

L'art.�3�della�legge�(di�attuazione�della�Legge�cost.�1/89)�
219/89�aggiunge�che,�avvenuta�la�rimessione 
al�Collegio,��il�pro-
cedimento�continua 
secondo�le�norme�ordinarie�vigenti��e�che�
(co.�2)�il�Collegio�trasmette�gli�atti�al�P.M.�

Ora,�ad�interpretare�il��continua��in�senso�transitivo 
(sog-
getto:�il�Collegio�continua)e�lo�speciale�Organo�a�dover�conclu-
dere�il�procedimento,�unendo�le�funzioni�di�P.M. 
e�G.I.P.;�nel�
senso�intransitivo�(soggetto:�il�procedimento)�si�puo�(ma�non�
necessariamente�si 
deve)�argomentare�che�invece�a�proseguire�e�
il�P.M.�(e�il�G.I.P.).�

La�Magistratura�ha�responsabilmente�investito�la�Corte�
Costituzionale.�

Invero�in�un�primo�caso�in�cui�gli�atti,�in�un�momento�di�
transizione�fra�il�vecchio�ed�il�nuovo�codice�di�procedura�penale,�
erano�stati�restituiti�dalla�camera�dei�deputati�al�collegio�per�i�
reati�ministeriali�con�la�concessa�autorizzazione�a�procedere,�il�
Collegio�stesso�aveva�rimesso�gli�atti�al�P.M.,�il�quale�a�sua�volta�
aveva�sollevato�conflitto�di�competenza.�La�Corte�di�Cassazione,�
investita�del�conflitto,�aveva�sollevato�questione�di�incostituziona-
lita�dell'art.�3�della�legge�219/89.�La�Corte�Costituzionale�con�sen-
tenza�23-25�maggio�1990,�n.�265,�aveva�dichiarato�non�fondata�la�
questione�proposta,�risolvendosi�questa�in�un�mero�problema�di�
interpretazione,�problema�che�trovava�la�sua�soluzione�nel�fatto�
che�il�suddetto�articolo�3�andava�inteso�nel�senso�che�la�trasmis-
sione�degli�atti�dal�Collegio�al�P.M.�era�avvenuta�non�perche�que-
st'ultimo�provvedesse�allo�svolgimento�di�tutta�l'attivita�conse-


1O 
RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

guente�alla�concessa�autorizzazione�ma�soltanto�perche�parteci-
passe�all'attivita�spettante�al�Collegio�esercitando�i�suoi�poteri.�
La�Corte�di�Cassazione�con�sentenza�26�giugno�10�luglio�1990,�

n.�1817,�si�conformava�alla�pronuncia�della�Consulta�e�nella�specie�
il�Collegio�per�i�reati�ministeriali�provvedeva�esso�stesso�con�ordi-
nanza�2-18�marzo�1991�al�rinvio�a�giudizio�degli�imputati.�
Questa�soluzione�non�parve�all'Avvocatura�dello�Stato�sicura�
ed�inconfutabile,�dopo�il�consolidarsi�del�passaggio�al�nuovo�codice�
di�procedura�penale.�Sollevato�nuovamente�conflitto�di�compe-
tenza,�l'Avvocatura,�nell'auspicare�un�definitivo�intervento�chiarifi-
catore�della�Corte�suprema,�prospetto�nel�lontano�anno�1993,�la�
tesi,�pur�non�nascondendone�l'opinabilita�,�che,�entrato�in�vigore�il�
nuovo�codice,�coerenza�avrebbe�voluto�che�la�competenza�del�Col-
legio�per�i�reati�ministeriali�dovesse�intendersi�limitata�alla�fase�
relativa�alla�concessione�o�al�diniego�dell'autorizzazione�a�proce-
dere.�Ma�la�tesi�non�fu�condivisa�dalla�Corte�di�Cassazione�la�
quale,�con�sentenza�sez.�1�del�4�marzo-21�aprile�1994�n.�1099�(in�
questa 
Rassegna,�1994,I,�171,�connotadi�FiumarA 
e�in�calce�la�tra-
scrizione�della�memoria�dell'Avvocatura�dello�Stato)�statu|�che�
�nel�procedimento�penale�per�i�reati�ministeriali�la�competenza�
allo�svolgimento�di�specifici�atti�istruttori,�successivi�alla�conces-
sione�dell'autorizzazione�a�procedere�ed�alla�decisione�sulla�richie-
sta�di�rinvio�a�giudizio,�spetta�al�Collegio�per�i�reati�ministeriali�.�
La�Corte�ritenne�la��conservazione��del�Collegio�anche�successiva-
mente�alla�concessione�dell'autorizzazione�a�procedere,�precisando�
che�nella�fase�ad�essa�successiva�il�Collegio��svolga�le�funzioni�che�
erano�proprie�del�G.I.,�con�applicazione�delle�norme�procedimen-
tali�del�previgente�codice�del�1930,�giacche�soltanto�queste�si�con-
formano�alla�sua�struttura�e�consentono�l'esplicazione�della�fun-
zione,�per�la�quale�e�stato�creato�dalla�volonta�legislativa�costitu-
zionale�.�La�Corte,�pero�,non�manco�di�sottolineare�che��le�non�
poche�perplessita�che�sorgono�dalla�soluzione�scelta�e�i�non�lievi�
problemi�processuali�che�dalla�stessa�potranno�scaturire�rendono�
auspicabile�un�ulteriore�intervento�chiarificatore�del�legislatore�
che,�alla�luce�anche�delle�esperienze�sopravvenute�alla�pratica�
applicazione�delle�disposizioni�del�nuovo�codice�di�rito,�fissi�in�
modo�organico�e�preciso�la�disciplina�delle�attribuzioni�del�Colle-
gio�nelle�due�fasi�delle�indagini�.�


TEMI�ISTITUZIONALI�

L'auspicato�intervento�legislativo,�pero�,�non�venne�e�l'indi-
rizzo�segnato�dalla�Corte�Suprema�si�consolido�con�numerose�
successive�sentenze�della�Corte�medesima�(citate�nella�memoria�
dell'Avvocatura�che�qui�di�seguito�viene�trascritta).�

Molti�anni�dopo,�e�con�svariati�processi�ministeriali�in�corso,�
costati�anni�di�dibattimento,�la�Consulta�(disattendendo�le�argo-
mentazioni�dell'Avvocatura�intervenuta�in�rappresentanza�della�
Presidenza�del�Consiglio,�a�difesa�del��diritto�vivente��quale�
risultante�dalla�interpretazione�giurisprudenziale�ormai�consoli-
data)�ha�riconsiderato�il�problema�ed�e�pervenuta�alla�soluzione�
opposta�valorizzando�l'argomento�che,�se�fosse�accolta�l'opinione�
corrente,�funzioni�di�G.U.P.�e�funzioni�di�P.M.�(nella�specie:�di�
indagine)�sarebbero�incentrate�nello�stesso�organo,�con�pregiudi-
zio�dei�valori�di�terzieta�che�oggi�l'art.�111�Cost.�esige,�con�conse-
guenze�incostituzionali.�

La�decisione�(n.�134/02,�in�calce�riportata)�e�stata�presa�a�
spunto�in�tutti 
i�processi�ministeriali�gia�talvolta�conclusi�in�un�
grado,�per�eccepire�la�nullita�del�decreto�di�citazione�a�giudizio.�

Anche�nel�caso�qui�in�esame�cio�e�avvenuto.�

Ci�sono�alcune�considerazioni�da�fare�(come�nota�critica�
valga�la�memoria�di�seguito�pubblicata).�

La�sentenza�della�Corte�d'appello�di�Roma�non�e�originale,�
�non�puo�non�applicare��la�134/02�(mentre�le��interpretative��
non�si�applicano,�forse:�persuadono).�E�accettabile�la�sconfitta,�
ma�non�l'assenza�di�un�confronto�che,�ci�sia�consentito,�lo�scritto�
difensivo�sottoesteso�forse�meritava.�L'Avvocatura�^spesso�criti-
cata,�e�anzi�addotta�ad�esempio�da�taluni�polemisti�a�cosa�
potrebbe�divenire�il�P.M.�se,�putacaso,�diventasse�un'Agenzia�
sotto�il�controllo�dell'Esecutivo�^ha�ancora�una�volta�dato�prova�
di�assoluta�indipendenza�perche�,�con�l'accoglimento�della�que-
stione�di�nullita�,�tutti�gli�imputati,�per�reati�per�lo�piu�prescrivi-
bili�in�15�anni,�vengono�a�lucrare�una�sostanziale�amnistia,che�
non�appare�certo�la�soluzione�migliore.�

La�Corte�d'Appello�non�considera�che�il�c.d.�G.U.P.�(distinto�
dal�G.I.P.�e�destinato�alla�sola 
udienza�preliminare)�e�nato�nel�
1998�e�non 
poteva 
figurare�in�motivazione,�perche�nel�1997�era�s
emmai�^il�G.I.P.,�organo�plurifunzionale,�a�dover�provvedere.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Quanto�alla�Consulta,�essa�non�ha�ritenuto�che�il�nuovo�
testo�dell'art.�111�Cost.�avesse�abrogato 
l'art.�9,�co.�4,�Legge�cost.�
1/89,�nella�parte�in�cui�disponeva�che�il�Parlamento�rimettesse�
gli�atti�al�Collegio�(che�non�e�un�passacarte�e�che,�se�lo�deve�rice-
vere,�continua 
il�procedimento)�anziche�al�P.M.�Tale�soluzione�
avrebbe�avuto�il�vantaggio�di�salvare 
questo,�come�altri�processi�
con�rinvio�a�giudizio�ante 
art.�111�Cost.�nuova�versione.�

In�conclusione�e�spettato�all'Avvocatura�dello�Stato�assu-
mere�in�questi�giudizi�la�funzione�di��parte�imparziale�,�
coprendo�un'area�d'interessi�generali�che�la�vicenda,�nella�sua�
oggettivita�,�ha�relegato�in�secondo�piano.�

Avv. 
Roberto 
de 
Felice 


Corte�Costituzionale,�sentenza�11�^24�aprile�2002�n.�134�^Presidente: 
C.�Ruperto�^Redat-
tore: 
Zagrebelsky�^F.D.L.�(G.�Pansini�e�C.�F.�Grosso)�c/�Presidente�del�Consigliodei�
Ministri�(Avv.�dello�Stato�P.�Cosentino)�^Questione�di�legittimita�costituzionale�in�via�
incidentale.�

Spetta 
al 
P.M. 
svolgere 
le 
indaginipreliminari 
eformulare 
le 
richieste 
relative 
all'azione 


penale, 
neiprocedimentiperireatiministeriali, 
dopol'autorizzazionedella 
Cameracompetente, 


espettanoalG.I.P. 
o 
(G.U.P.) 
enonalCollegioperiReatiMinisteriali,lerispettivefunzioni, 


previste 
dal 
rito 
penale, 
durante 
e 
dopo 
le 
indagini 
preliminari 
svolte 
in 
seguito 
alla 
predetta 


autorizzazione. 
Non 
e�
pertanto, 
fondata 
la 
questione 
di 
legittimita� 
costituzionale 


dell'art. 
3, 
co.4, 
legge219/1989, 
laddove^adavvisodelremittente^disponecheilprocedimento 


prosegua 
(dopo 
l'autorizzazione 
parlamentare 
a 
procedere) 
avanti 
il 
medesimo 
Collegio 
per 
i 


Reati 
Ministeriali, 
che 
cumula 
lefunzioni 
di 
P.M. 
e 
di 
G.I.P. 


(Art.�90�Cost.;�L.�Cost.�16�gennaio�1989�n.�1,�art.�9,�co.4;�L.�5�giugno�1989�n.�219,�
art.�3).�

�(omissis) 
1.��Il�Collegio�per�i�procedimenti�relativi�ai�reati�previsti�dall'art.�96�della�
Costituzione�istituito�presso�il�Tribunale�di�Napoli�solleva�questione�di�legittimita�costituzio-
nale,�in�relazione�agli�artt.�3,�27,�secondo�comma,�e�111�della�Costituzione,�della�legge�5�giu-
gno�1989,�n.�219�(Nuove�norme�in�tema�di�reati�ministeriali�e�di�reati�previsti�dall'articolo�
90�della�Costituzione),�il�cui�art.�3�stabilisce�che,�quando�gli�atti�del�procedimento�a�carico�
di�ministri�siano�stati�rimessi�al�collegio�a�seguito�della�concessione�dell'autorizzazione�a�
procedere�(art.�9,�comma�4,�della�legge�costituzionale�16�gennaio�1989,�n.�1),��il�procedi-
mento�continua�secondo�le�norme�ordinarie�vigenti�al�momento�della�rimessione�.�

Il�giudice�rimettente�ritiene�che�la�norma�dell'art.�3�della�legge�n.�219�del�1989�ora�indi-
cata�comporti�che�l'ulteriore�corso�del�procedimento�abbia�luogo�innanzi�al�collegio,�anziche�
davanti�agli�organi�giudiziari�ordinariamente�competenti�secondo�il�codice�di�procedura�
penale,�e�che�quindi�il�giudice�dell'udienza�preliminare�sia�il�medesimo�collegio�che,�nella�
fase�precedente,�ha�esercitato�le�funzioni�di�pubblico�ministero.�Cio�determinerebbe�per�l'im-
putato�un�irragionevole�affievolimento�di�quelle�garanzie�che�si�compendiano�nell'espres-
sione��giusto�processo��(art.�111,�primo�comma,�della�Costituzione),�comprendenti�innanzi-
tutto�il�contraddittorio�tra�le�parti,�in�condizioni�di�parita�,�davanti�a�giudice�terzo�e�impar-
ziale�(art.�111,�secondo�comma,�della�Costituzione).�

2.��La�legge�costituzionale�16�gennaio�1989,�n.�1�(Modifiche�degli�articoli96,�134e�
135�della�Costituzione�e�della�legge�costituzionale�11�marzo�1953,�n.�1,�e�norme�in�materia�
di�procedimenti�per�i�reati�di�cui�all'articolo�96�della�Costituzione),�ha�riformato�il�prece-
dente�sistema�di��giustizia�penale�costituzionale��facente�capo�alla�giurisdizione�della�Corte�

TEMI�ISTITUZIONALI�

costituzionale�prevista�dagli�originari�artt.�96,�134�e�135�della�Costituzione,�nel�dichiarato�
intento�di�ricondurre�all'ambito�dell'ordinario�diritto�processuale�penale�il�processo�a�carico�
del�Presidente�del�Consiglio�dei�ministri�e�dei�Ministri�per�i�reati�commessi�nell'esercizio�
delle�loro�funzioni.�

Il�nuovo�art.�96�della�Costituzione�(art.�1�della�legge�costituzionale�n.�1�del�1989)�
dispone�che��il�Presidente�del�Consiglio�dei�Ministri�ed�i�Ministri,�anche�se�cessati�dalla�
carica,�sono�sottoposti,�per�i�reati�commessi�nell'esercizio�delle�loro�funzioni,�alla�giurisdi-
zione�ordinaria�.�L'assimilazione�di�quella�che�un�tempo�si�denominava�la�giustizia�politica�
alla�giustizia�comune�e�peraltro�avvenuta�con�due�particolarita�.�Lo�stesso�nuovo�art.�96�della�
Costituzione�prevede�la�previa�autorizzazione�del�Senato�della�Repubblica�o�della�Camera�
dei�deputati,�secondo�le�norme�stabilite�con�legge�costituzionale�e�gli�artt.�7�e�8�della�legge�
costituzionale�n.�1�del�1989�istituiscono,�presso�il�tribunale�del�capoluogo�del�distretto�di�
corte�d'appello�competente�per�territorio,�un�collegio�di�tre�magistrati�per�il�compimento�di�
indagini�preliminari�al�quale,�nell'ipotesi�che�non�si�debba�disporre�l'archiviazione�della�noti-
zia�di�reato,�spetta�richiedere�la�predetta�autorizzazione�parlamentare.�

L'Assemblea�parlamentare�competente�svolge�le�sue�valutazioni�e�prende�le�sue�determi-
nazioni�secondo�le�disposizioni�dell'art.�9,�commi�da�1�a�3,�della�legge�costituzionale�n.�1�
del�1989�e,�ove�conceda�l'autorizzazione,��rimette�gli�atti�al�collegio�di�cui�all'articolo�7�per-
che�continui�il�procedimento�secondo�le�norme�vigenti��(comma�4�dello�stesso�art.�9).�A�
sua�volta,�l'impugnato�art.�3�della�legge�ordinaria�di�attuazione�(n.�219�del�1989)�stabilisce�
che��quando�gli�atti�siano�stati�rimessi�ai�sensi�del�comma�4�dell'articolo�9�della�legge�costi-
tuzionale�16�gennaio�1989,�n.�1,�al�collegio�ivi�indicato,�il�procedimento�continua�secondo�le�
norme�ordinarie�vigenti�al�momento�della�rimessione�.�

Il�giudice�rimettente�in�questo�giudizio�di�costituzionalita�e�per�l'appunto�il�collegio�il�
quale,�essendo�stati�rimessigli�gli�atti�dalla�Assemblea�parlamentare�a�seguito�della�conces-
sione�dell'autorizzazione�a�procedere�nei�confronti�di�un�ex�ministro�della�Repubblica,�si�
trova�a�celebrare�l'udienza�preliminare.�Dalla�constatazione�della�propria�doppia�funzione�
^quella�gia�svolta,�quale�organo�delle�indagini�preliminari�che�richiede�l'autorizzazione�a�
procedere�dopo�avere�esclusa�l'archiviazione;�quella�da�svolgere,�quale�giudice�dell'udienza�
preliminare�cui,�sulla�base�degli�atti�d'indagine�compiuti�(ed�eventualmente�delle�integrazioni�
d'indagine�e�probatorie�ora�consentite�dagli�artt.�421-bis 
e�422�cod.�proc.�pen.,�secondo�cio�
che�e�disposto�dalla�legge�16�dicembre�1999,�n.�479),�spetta�decidere�il�non�luogoaprocedere�
ovvero�disporre�il�giudizio�(art.�424�cod.�proc.�pen.)�^la�censura�di�incostituzionalita�sotto-
posta�all'esame�della�Corte�costituzionale.�

3.��Il�Presidente�del�Consiglio�dei�ministri,�tramite�l'Avvocatura�generale�dello�Stato,�
eccepisce�preliminarmente�l'inammissibilita�della�questione,�sulla�base�di�due�considerazioni:�
la�ritenuta�genericita�dell'ordinanza�di�rimessione,�dalla�quale�risulterebbe�l'impugnazione�
dell'intera�legge�n.�219�del�1989;�il�carattere�sostanzialmente�legislativo�dell'intervento�che�
si�richiede�alla�Corte�costituzionale,�la�quale�sarebbe�indotta�sul�terreno�delle�scelte�norma-
tive�riservate�al�legislatore.�L'eccezione,�sotto�entrambi�i�profili,�none�fondata.�Dal�tenore�
della�pur�sintetica�ordinanza�di�rimessione�e,�in�particolare,�dall'esposizione�delle�circostanze�
che�hanno�dato�luogo�al�dubbio�di�costituzionalita�,�si�evince�con�chiarezza�che�denunciata�
e�la�disciplina�della�fase�processuale�seguente�la�concessione�dell'autorizzazione�parlamen-
tare,�per�quanto�riguarda�l'organo�giudiziario�competente�a�condurla,�cioe�il�gia�ricordato�
art.�3,�comma�1,�della�legge�n.�219�del�1989.�Quanto�al�secondo�profilo�di�inammissibilita�,�
la�sua�inconsistenza�risultera�dal�seguito�della�motivazione.�
4.��Nel�merito,�la�questione�non�e�fondata.�
4.1.��Il�dubbio�di�costituzionalita�prospettato�riguarda�la�sovrapposizione�nel�mede-
simo�organo�giudiziario�(il�collegio�istituito�dall'art.�7�della�legge�costituzionale�n.�1�del�
1989)�della�funzione�di�giudice�dell'udienza�preliminare�con�quella�di�organo�delle�indagini�
preliminari,�competente�a�disporre�l'archiviazione�e,�in�mancanza,�a�richiedere�all'Assemblea�
parlamentare�l'autorizzazione�a�procedere.�Tale�sovrapposizione�deriva�da�un'interpreta-
zione�delle�norme�vigenti�in�materia�che�trova�conforto�nella�giurisprudenza�della�Corte�di�
cassazione�(che�ha�altres|�respinto�come�manifestamente�infondate�le�questioni�di�legittimita�
sollevate�in�proposito)�e�di�alcuni�Collegi�per�i�reati�ministeriali.�Ma,�quel�che�piu�conta�in�
questa�sede,�tale�interpretazione�e�stata�accolta�dalla�Corte�costituzionale�nella�sentenza�
n.�265�del�1990.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

In�questa�decisione�si�affermava�che�la�predetta�interpretazione�si�ricava��con�certezza��
dalla�lettera�della�disposizione�della�legge�costituzionale,�la�dove�essa�afferma�che�il�collegio�
competente�nella�prima�fase�del�procedimento�lo�continua�secondo�le�norme�vigenti.�A�que-
sta�osservazione,�si�faceva�seguire,�a�conferma,�il�rilievo�che�l'originaria�formulazione�della�
legge�costituzionale�(la�rimessione�degli�atti�al�Procuratore�della�Repubblica��perche�[avesse]�
corso�il�procedimento�secondo�le�norme�vigenti�)�era�stata�dalla�Camera�dei�deputati�modi-
ficata�in�quella�attuale�mediante�un�apposito�emendamento�e�che�il�tentativo�operato�dal�
Senato�di�ripristinare�il�testo�originario�non�aveva�avuto�successo.�

4.2.��L'orientamento�predetto�non�puo�essere�confermato,�prima�che�per�le�sue�ipotiz-
zate�conseguenze�incostituzionali,�perche�cos|�impone�l'interpretazione�sistematica�dell'ordi-
namento,�quale�e�venuto�a�configurarsi�progressivamente�nel�tempo,�un'interpretazione�alla�
quale�non�si�oppone�^come�si�vedra�^ne�la�lettera�della�legge,�ne�la�cosiddetta�volonta�del�
legislatore.�
Dall'epoca�in�cui�la�responsabilita�penale�costituzionale�dei�ministri�e�stata�riformata�e�
la�prima�sentenza�della�Corte�costituzionale�su�di�essa�pronunciata,�il�quadro�normativo,�
relativamente�all'eventualita�che�funzioni�decisorie�possano�essere�svolte�da�magistrati�che�
abbiano�promosso�l'azione�penale�o�esercitato�poteri�d'indagine,�e�profondamente�mutato;�
anzi,�e�stato�capovolto.�Al�momento�dell'approvazione�della�riforma�era�ancora�invigore�il�
precedente�codice�di�procedura�penale,�il�quale�conosceva�quella�commistione�di�funzioni,�
tanto�nel�caso�del�processo�pretorile�quanto�nell'istruzione�formale�condotta�dal�giudice�
istruttore.�Il�processo�penale�rinnovato�dal�codice�del�1988�si�e�ispirato�all'opposto�principio�
della�separazione�dei�due�tipi�di�funzioni,�separazione�imposta�al�legislatore�delegato�dal-
l'art.�2,�numero�67,�della�legge�16�febbraio�1987,�n.�81�(Delega�legislativa�al�Governo�della�
Repubblica�per�l'emanazione�del�nuovo�codice�di�procedura�penale),�nonche�dall'art.�6�
(Diritto�ad�un�processo�equo)�della�Convenzione�europea�per�la�salvaguardia�dei�diritti�del-
l'uomo�e�delle�liberta�fondamentali�(secondo�l'interpretazione�della�Corte�europea�dei�diritti�
dell'uomo),�richiamata�dalla�stessa�legge-delega�nella�prima�proposizione�dell'art.�2.�Da�que-
sta�esigenza�deriva�la�soppressione�da�parte�del�nuovo�codice�tanto�del�precedente�tipo�di�
processo�pretorile�quanto�della�figura�del�giudice�istruttore,�in�conseguenza�della�scelta�di�
modelli�processuali�di�tipo�accusatorio.�Con�riferimento�ai�riti�previsti�dal�nuovo�codice,�
poi,�l'art.�34�cod.�proc.�pen.,�al�comma�3,�tra�i�vari�casi�di�incompatibilita�all'ufficio�di�giu-
dice,�prevede�quello�di�chi�ha�esercitato�nel�medesimo�procedimento�funzionidipubblico�
ministero.�

L'anzidetto�sviluppo�della�legislazione�processuale�penale�circa�il�rapporto�tra�funzioni�
di�pubblico�ministero�e�funzioni�di�giudice�non�e�indipendente�dal�parallelo�rafforzamento�
del�principio�di��terzieta���del�giudice�sul�piano�costituzionale,�manifestatosi�di�pari�passo�
negli�orientamenti�degli�studiosi�e�tradottosi�nella�giurisprudenza�e�nella�legislazione�costitu-
zionali.�Donde�la�difficolta�di�separare�con�nettezza�il�piano�delle�norme�poste�dal�legisla-
tore,�nell'esercizio�del�suo�potere�discrezionale,�da�quello�del�principio�costituzionale�presup-
posto,�che�esso�e�tenuto�a�svolgere.�

Dopo�una�prima�fase�di�acquiescenza�di�fronte�alla�confusione�funzionale�che,�per�vari�
aspetti,�segnava�il�codice�processuale�abrogato�(sentenze�n.�61�del�1967,�n.�123�del�1970,�

n.�101�del�1973,�in�tema�di�procedimento�penale�pretorile),�la�giurisprudenza�della�Corte�
costituzionale�si�e�decisamente�orientata�nel�senso�di�ritenere�la�separazione�funzionale�coes-
senziale�alla�struttura�stessa�del�processo�penale,�secondo�i�principi�di�parita�fra�accusa�e�
difesa�e�di��terzieta���del�giudice�rispetto�all'una�e�all'altra�(sentenze�n.�268�del�1986�e�n.�172�
del�1987,�anch'esse�in�tema�di�processo�penale�pretorile,�nonche�,�in�generale,�sentenze�
n.�330�del�1997�e�n.�292�del�1992).�Con�la�sentenza�n.�131�del�1996,�i�medesimi�principi�assur-
gono�a�elementi�costitutivi�del��giusto�processo�,�espressione�che�compendia�la�disciplina�
che�la�Costituzione�detta�circa�i�caratteri�della�giurisdizione�e�i�diritti�di�azione�e�difesa�in�
giudizio.�Il�processo�puo�dirsi�giusto�in�quanto,�tra�l'altro,�sia�assicurata�l'esigenza�di�impar-
zialita�del�giudice:�imparzialita�che�non�e�che�un�aspetto�di�quel�carattere�di��terzieta��che�
connota�nell'essenziale�tanto�la�funzione�giurisdizionale�quanto�la�posizione�del�giudice,�
distinguendola�da�quella�degli�altri�soggetti�pubblici,�e�condiziona�l'effettivita�del�diritto�di�
azione�e�difesa�in�giudizio.�Il�medesimo�ordine�di�esigenze�costituzionalie�alla�base,�poi,�
della�giurisprudenza�di�questa�Corte�in�tema�di�incompatibilita�al�giudizio,�ex 
art.�34�cod.�
proc.�pen.�(a�partire�dalla�sentenza�n.�432�del�1995),�e�di�astensione�e�ricusazione�(sentenza�

TEMI�ISTITUZIONALI�

n.�283�del�2000),�per�possibile�pre-giudizio�del�giudice.�Questi�sviluppi�hanno�da�ultimo�tro-
vato�la�loro�sanzione�costituzionale�formale�nel�nuovo�testo�dell'art.�111�della�Costituzione,�
posto�con�l'art.�1�della�legge�costituzionale�23�novembre�1999,�n.�2:��La�giurisdizione�si�
attua�mediante�il�giusto�processo�regolato�dalla�legge��(primo�comma);��Ogni�processo�si�
svolge�nel�contraddittorio�tra�le�parti,�in�condizioni�di�parita�,�davanti�a�giudice�terzo�e�
imparziale��(secondo�comma).�
4.3.��Di�fronte�al�quadro�ordinamentale�cos|�venutosi�a�configurare,�il�rapporto�tra�il�
procedimento�a�carico�dei�ministri�per�i�reati�commessi�nell'esercizio�delle�loro�funzioni�e�il�
diritto�processuale�comune�che�si�determinerebbe�in�base�all'interpretazione�adottata�a�suo�
tempo�dell'art.�9,�comma�4,�della�legge�costituzionale�n.�1�del�1989�e,�ora,�fatta�propria�dal�
giudice�rimettente,�comporterebbe�conseguenze�assolutamente�singolari.�Non�lo�erano�al�
tempo�dell'approvazione�di�tale�legge,�quando�la�commistione�delle�funzioni�di�pubblico�
ministero�e�di�giudice�non�era�stata�ancora�superata�dal�nuovo�codice,�il�quale�versava�allora�
in�regime�di�vacatio 
legis.�Il�principio�della�anzidetta�distinzione�incontrerebbe�invece,�oggi,�
in�base�a�quell'interpretazione,�una�rottura�evidente,�in�quanto�l'organo�che�ha�compiuto�le�
indagini�preliminari�e�ha�richiesto�l'autorizzazione�parlamentare�avendo�escluso�la�possibi-
lita�di�procedere�all'archiviazione�della�notizia�di�reato�sarebbe�investito�della�celebrazione�
dell'udienza�preliminare:�dovrebbe�cioe�,�sulla�base�delle�risultanze�delle�indagini�da�esso�
stesso�condotte,�adottare�la�sentenza�di�non�luogo�a�procedere�o�il�decreto�che�dispone�il�giu-
dizio�(art.�424�cod.�proc.�pen.),�nonche�celebrare,�quando�ne�ricorrano�le�condizioni,�il�giudi-
zio�abbreviato�a�norma�dell'art.�438�cod.�proc.�pen.,�ovvero�applicare�la�pena�su�richiesta�a�
norma�dell'art.�444�cod.�proc.�pen.�
Una�simile�conseguenza�^salva�comunque�la�possibilita�di�una�sua�valutazione�alla�luce�
dei�principi�supremi�della�Costituzione�(sentenza�n.�1146�del�1988)�^dovrebbe�accettarsi�solo�
se�fosse�disposta�esplicitamente�e�inconfutabilmente�da�una�norma�di�revisione�della�Costitu-
zione,�il�che�non�e�.�

4.4.��In�primo�luogo,�come�indicazione�generale,�deve�considerarsi�che,�per�quanto�
riguarda�la�responsabilita�penale�dei�ministri,�la�legge�costituzionale�n.�1�del�1989�^con�l'e-
sclusione�degli�artt.�1�e�2�^non�e�legge�di�revisione�della�Costituzione�ma�contiene�norme�
per�l'attuazione�dell'art.�96�riformato.�Cio�,gia�di�per�se�,�induce�a�ricercare�l'interpretazione�
che�ne�permetta�il�piu�facile�e�armonico�inserimento�nel�quadro�costituzionale�vigente,�tanto�
piu�in�presenza�dell'intento�normativo,�esplicito�nel�nuovo�art.�96�della�Costituzione�(intro-
dotto�dall'art.�1�della�legge�costituzionale�in�questione),�di�valorizzare�in�materia�il�diritto�
processuale�comune.�
La�norma�dell'art.�9,�comma�4,�^�L'assemblea,�ove�conceda�l'autorizzazione,�rimette�
gli�atti�al�collegio�di�cui�all'articolo�7�perche�continui�il�procedimento�secondo�le�norme�
vigenti��^deriva�dall'approvazione�da�parte�della�Camera�dei�deputati�(Atti 
parlamentari, 
Cameradeideputati,Xlegislatura,discussioni,sedutadel12�maggio1988)diunemendamento�
sostitutivodellacorrispondentenormaapprovatadalSenatodellaRepubblica:��L'assemblea,�
ove�conceda�l'autorizzazione,�rimette�gli�atti�al�procuratore�della�Repubblica�perche�abbia�
corso�il�procedimento�secondo�le�norme�vigenti�.�L'innovazione,�della�cui�ratio 
i�promotori�
non�dettero�spiegazione,�consiste�in�questo:�la�rimessione�degli�atti�al�collegio,�anziche�al�pro-
curatore�della�Repubblica;�la��continuazione�del�procedimento��anziche��l'avercorso�del�pro-
cedimento�.�

Nella�seconda��lettura��del�Senato,�si�levarono�voci�contrarie�all'innovazione�apportata�
dalla�Camera�dei�deputati�(Atti 
parlamentari 
^Senato 
della 
Repubblica 
^X�legislatura,�132a�
seduta,�Assemblea,�1.�luglio�1988),�che�riprendevano�una�critica,�gia�emersa�nell'altra�
Camera,�rivolta�alla�possibilita�che�alla�stregua�della�lettera�della�norma�il�collegio��continui�
il�procedimento�,�secondo�le�norme�vigenti.�In�tal�modo,�si�disse,�si�veniva�a�contraddire�il�
significato�generale�della�riforma,�impostata�su�una�deroga�al�diritto�comune�solo�fino�al�e�
non�oltre�il�momento�della�concessione�dell'autorizzazione�a�procedere�da�parte�della�
Camera�competente.�Nello�stesso�ordine�di�idee�si�espresse�il�relatore�il�quale,�peraltro,�
ritenne�che�la�criticata�espressione�introdotta�dalla�Camera�dei�deputati�^�perche�continui�
il�procedimento��^potesse�e�dovesse�leggersi:��perche�il�procedimento�continui�.�In�tal�
modo,�sulla�base�della�sola�lettura�testuale,�si�veniva�a�sostituire�il�soggetto�della�proposi-
zione�(�il�procedimento��in�luogo�de��il�collegio�)�e�a�intendere�in�senso�intransitivo�il�signi-
ficato�del�verbo��continuare�,�consentendo�l'ingresso�nel�procedimento�acarico�dei�ministri�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

delle�norme�processuali�penali�comuni�(�secondo�le�norme�vigenti�)�gia�dal�momento�imme-

diatamente�successivo�alla�rimessione�degli�atti�da�parte�della�Assemblea�parlamentare.�L'a-

pertura�di�questa�possibilita�interpretativa�nel�dibattito�parlamentare�al�Senato�fu�fatta�

valere�per�superare�le�ragioni�che�avrebbero�militato�per�il�ripristino�del�testo�originario,�

approvato�in�prima�lettura�dal�Senato�stesso,�cio�che�avrebbe�peraltro�comportato�un�

rischio,�con�il�ritorno�all'altra�Camera,�per�l'approvazione�come�tale�o,�comunque,�per�l'ap-

provazione�tempestiva�della�legge�costituzionale.�
Da�cio�risulta�dunque�che�la�lettera�della�disposizione�dell'art.�9,�comma�4,�della�legge�
costituzionale�non�e�risolutiva.�E,�quanto�all'intenzione�del�legislatore�costituzionale,�al�
non�espresso�intento�della�Camera�dei�deputati�che�ha�introdotto�l'emendamento�da�cui�tale�
disposizione�e�derivata,�puo�contrapporsi�l'opposto�intendimento�espresso,�senza�incontrare�
dissensi,�da�parte�del�Senato�della�Repubblica�e�dal�relatore�della�legge�inparticolare.�Ne�
puo�attribuirsi�^come�fatto�nella�sentenza�n.�265�del�1990�di�questa�Corte�^peso�eccessivo�
alla�circostanza�che�il�Senato,�nella�seduta�predetta,�ebbe�a�respingere�senza�esplicite�motiva-
zioni�un�emendamento�volto�a�ripristinare�l'originario�art.�9,�comma�4:�la�spiegazione�di�tale�
rigetto�puo�ragionevolmente�trovarsi�in�quella�stessa�esigenza�di�conclusivita�del�procedi-
mento�legislativo�che�aveva�indotto�ad�approvare�comunque�il�testo�che�proveniva�dalla�
Camera�dei�deputati.�

4.5.��L'obiettiva�incertezza�derivante�dalla�lettera�della�legge�e�dall'intenzione�del�legi-
slatore�induce�allora�a�far�prevalere�le�ragioni�sistematiche�che�sopra�si�sono�dette�e�a�rite-
nere�conclusivamente�che,�una�volta�concessa�l'autorizzazione�dall'Assemblea�parlamentare,�
nella�forma�prevista�dal�comma�3�dello�stesso�art.�9,�gli�atti�siano�restituiti�al�collegio�che�a�
essa�li�aveva�inviati,�affinche�il�procedimento�prosegua�secondo�le�forme�ordinarie,�vale�a�
dire�per�impulso�del�pubblico�ministero�e�davanti�agli�ordinari�organi�giudicanti�competenti.�
Cio�e�per�l'appunto�quanto�risulta�pianamente�dall'impugnato�art.�3�della�leggen.�219�del�
1989,�la�cui�compatibilita�con�l'interpretazione�fino�a�ora�data�alla�corrispondente�norma�
della�legge�costituzionale�non�risulterebbe�invece�evidente.�Tale�art.�3,�commi�1�e�2,�infatti,�
stabilisce�che��quando�gli�atti�siano�stati�rimessi�ai�sensi�del�comma�4�dell'articolo�9�della�
legge�costituzionale�16�gennaio�1989,�n.�1,�al�collegio�ivi�indicato,�il�procedimento�continua�
secondo�le�norme�ordinarie�vigenti�al�momento�della�rimessione��e�aggiungeche,�in�tal�caso,�
�il�collegio�provvede�senza�ritardo�a�trasmettere�gli�atti�al�procuratore�della�Repubblica�
presso�il�tribunale�indicato�nell'articolo�11�della�legge�costituzionale�16�gennaio�1989,�n.�1�.�
5.�Cos|�ricostruito�il�sistema�e,�in�esso,�cos|�precisata�la�portata�della�norma�impugnata,�
la�questione�di�legittimita�costituzionale�sollevata�dal�Collegio�per�i�procedimenti�relativi�ai�
reati�previsti�dall'art.�96�della�Costituzione�istituito�presso�il�Tribunale�di�Napoli�deve�essere�
dichiarata�non�fondata�per�l'erroneita�del�presupposto�interpretativo�dal�quale�il�giudice�
rimettente�e�partito.(omissis)�.�

Il�primo��caso�,�di�opposta�soluzione. 
Corte 
Costituzionale, 
sentenza 
23 
^25 
maggio 
1990 
n. 
265 
^Presidente:�G.�Conso�Redattore: 


F.�Greco�
Nel�procedimento�per�i�reati�ministeriali�previsto�dalla�Legge�costituzionale�1/89�e�dalla�

legge�219/1989,�competente�alla�prosecuzione�delle�indagini�preliminari,�dopo�l'autorizzazione�

parlamentare�a�procedere,�e�lo�stesso�collegio�previsto�dall'art.�7�legge�Costituzionale�1/89.�

�(omissis)�1.��Si�dubita�che�l'art.�3,�secondo�comma,�della�legge�5�giugno�1989,�n.�219�
^stabilendo�che�il�collegio�di�cui�all'art.�7�della�legge�costituzionale�16�gennaio�1989,�n.�1,�
dopo�la�concessione�della�autorizzazione�a�procedere�ex�art.�9�della�stessa�legge�costituzio-
nale�e�la�conseguente�trasmissione�degli�atti�ad�esso,�debba�provvedere,�a�sua�volta,�alla�tra-
smissione�degli�stessi�senza�ritardo�al�Procuratore�della�Repubblica�competente�per�l'ulte-
riore�corso�del�procedimento�^violi�il�disposto�del�citato�art.�9,�quarto�comma,�della�legge�
costituzionale�n.�1�del�1989,�il�quale�prevede,�invece,�che�detta�competenza�spetta�al�collegio.�

2.��Non�si�puo�non�condividere�la�interpretazione�del�quarto�comma�dell'art.�9�della�
legge�costituzionale�16�gennaio�1989,�n.�1,�accolta�dalla�Corte�di�cassazione�nel�senso�che�
�L'Assemblea,�ove�conceda�l'autorizzazione,�rimette�gli�atti�al�collegio�perche�continui�il�
procedimento�secondo�le�norme�vigenti�.�Si�tratta�dello�stesso�collegio�speciale�previsto�dal-

TEMI�ISTITUZIONALI�

l'art.�7�della�stessa�legge,�il�quale�ha�gia�compiuto�le�indagini�preliminari�che�hanno,�poi,�
dato�luogo�al�procedimento�svoltosi�dinanzi�all'Assemblea�della�Camera�competente�per�la�
concessione�o�meno�dell'autorizzazione�a�procedere.�

La�suddetta�interpretazione�si�ricava�con�certezza�dalla�lettera�della�disposizione�in�
esame,�la�dove�e�detto�testualmente�che�lo�stesso�collegio�competente�nella�prima�fase�del�
procedimento�lo�continua�secondo�le�norme�vigenti.�Il�significato�letterale�non�cambia�anche�
se�il�verbo��continui��si�ritenga�riferito�al�procedimento,�in�quanto�e�sempre�chiara�la�desi-
gnazione�a�compiere�l'istruttoria�del�collegio�al�quale�sono�stati�rimessi�gli�atti�dall'Assem-
blea.�

Il�testo�originario�stabiliva��che�l'Assemblea,�ove�conceda�l'autorizzazione,�rimette�gli�
atti�al�Procuratore�della�Repubblica�perche�abbia�corso�il�procedimento�secondo�le�norme�
vigenti�.�

La�disposizione�e�stata�radicalmente�modificata�in�quella�attuale�a�seguito�dell'approva-
zione�di�un�apposito�emendamento�da�parte�della�Camera�dei�deputati.�

In�sede�di�seconda�lettura�al�Senato,�vi�e�stato�il�tentativo�di�ripristinare�il�testo�origina-
rio,�ma�e�stato�confermato�quello�emendato.�

Pertanto,�in�aderenza�alla�disposizione�costituzionale,�il�secondo�comma�dell'art.�3�della�
legge�5�giugno�1989,�n.�219,�il�quale�statuisce�che,�in�caso�di�concessione�dell'autorizzazione�
a�procedere,��il�collegio,�provvede,�senza�ritardo,�a�trasmettere�gli�atti�al�Procuratore�della�
Repubblica�presso�il�Tribunale�,�va�interpretato�nel�senso�che�tale�trasmissione�degli�atti�
dal�collegio�al�pubblico�ministero�avviene�non�perche�questi�provveda��allo�svolgimento�di�
tutta�l'attivita�conseguente�alla�concessa�autorizzazione�,�ma�perche�partecipi�all'attivita�
spettante�al�collegio�esercitando�i�suoi�poteri.(omissis)�.�

Corte 
di 
Appello 
di 
Roma, 
sezione 
seconda 
penale 
^Memoria 
dell'Avvocatura 
Generale 
dello 
Stato 
^Anas�e�Ministero�delle�Infrastrutture�(Avv.�dello�Stato�R.�de�Felice,�cont.�
19458/1997)�c/�P.�ed�altri�e�nei�confronti�del�Procuratore�generale�presso�la�Corte�d'Ap-
pello�di�Roma�(Sost.�P.G.�Cons.�Salvatore�Cantaro).�

�Diritto:�Si�allega,�ex 
adverso,la�sentenza�interpretativa 
di 
rigetto 
della�Corte�Costituzio-
nale�del�24�aprile�2002,�n.�134,�in�base�alla�quale�gli�imputati�asseriscono�la�nullita�del�
decreto�che�dispose�il�presente�giudizio�e�degli�atti�successivi,�perche�adottati�da�Organo�
supposto�incompetente.�

Il�rispetto�delle�Istituzioni,�e�ancor�piu�quello�del�Popolo,�fanno�s|�che�sia�compito�dei�
Giudici�di�questo�processo�disattendere�le�indicazioni�e�le�doglianze�degli�imputati.�

Queste�ultime�inducono�a�svolgere�almeno�un�triplice�ordine�di�considerazioni:�il�primo�
di�natura�squisitamente�giuridico-costituzionale,�gli�altri�due�inerenti�problematiche�di�
natura�sistematica,�strettamente�connesse�con�il�merito�del�presente�processo.�

In�primo�luogo,�come�gia�rilevato,�il�provvedimento�della�Corte�Costituzionale�ex 
adverso 
invocato�ha�natura�di�sentenza�interpretativa�di�rigetto.�E�noto�come�questo�tipo�di�
intervento�non�conferisca�al�pronunciato�costituzionale�valore�vincolante�erga 
omnes 
(cfr.,�
ex 
plurimis,�T. 
Martines,�Diritto 
costituzionale,�IX�ed.,�Milano,�1997,�636�e�637),�anche�per-
che�,se�cos|�fosse,�la�Corte�si�sostituirebbe�indebitamente�al�legislatore�ordinario�con�una�
sorta�di�interpretazione�autentica�del�testo�legislativo�(cfr.�sent.�n.�40�del�1979).�

Tali�rilievi�sono�destinati�ad�avere�un�peso�ancora�piu�decisivo�considerato�che�sono�
condivisi�dallo�stesso�Giudice�redattore�della�sentenza,�Prof.�Zagrebelsky:�cfr.�G. 
Zagrebel-
sky,�La 
giustizia 
costituzionale,�III�ed.,�Il�Mulino,�1977,�256;�G. 
Zagrebelsky,�voce�Processo 
costituzionale,in�Enc. 
dir.,�vol.�XXXVI,�Milano,�1987,�652�e�653.�

Per�completezza�espositiva,�giova�rilevare�come,�oltretutto,�non�sia�pacifico�nemmeno�il�
valore�da�attribuire�a�tale�tipologia�di�sentenza�nei�confronti�dello�stesso�Giudice�remittente.�
Rispetto�alla�(minoritaria)�tesi�(cfr.�Elia,�Sentenze 
�interpretative� 
di 
norme 
costituzionali 
e 
vincolo 
dei 
giudici,in�Giur. 
cost. 
1966,�1715�ss.)�del�c.d.�vincolo�positivo,�secondo�la�quale�il�
Giudice�e�tenuto�ad�applicare�la�norma�quale�la�Corte�l'ha�individuata,�e�,�infatti,�prevalente�
quella�di�chi�(cfr.�Esposito,�Diritto 
vivente, 
legge 
e 
regolamento 
di 
esecuzione, 
in�Giur. 
cost. 
1962,�605�ss.)�ritiene�che�il�vincolo�sia�soltanto�negativo,�giacche�la�sentenza�vieterebbe�al�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Giudice�di�interpretare�il�testo�nel�senso�disatteso�dalla�Corte,�ma�lo�lascerebbe�libero�di�dar-
gli�qualsiasi�altra�interpretazione�(purche�ritenga�manifestamente�infondata�ogni�questione�
di�legittimita�costituzionale�rispetto�alla�norma�da�lui�tratta�dal�testo).�

Quanto�al�secondo�ordine�di�considerazioni�cui�prima�si�faceva�cenno,�esso�prende�le�
mosse�dall'esplicito�riconoscimento,�effettuato�piu�volte�dalla�stessa�Corte�Costituzionale�
(cfr.,�ad�esempio,�sentenze�n.�167�del�1976,�n.�88�del�1977�e�34�del�1979),�a�mente�del�quale�
il�potere�di�reinterpretare�il�testo�si�arresta�innanzi�alla�costante�esegesi�giurisprudenziale�
che�attribuisce�al�precetto�legislativo�un�determinato�significato�(c.d.�diritto�vivente:�cfr.�

L. 
Paladin, 
Diritto�costituzionale,�III�ed.,�Padova,�1998,�778).�Al�riguardo,�infatti,�la�Corte�
ha�rilevato�che�essa,��pur�nella�sua�piena�autonomia�di�giudizio,�non�puo�non�tenere�il�
debito�conto�di�una�costante�interpretazione�giurisprudenziale�che�conferisce�al�precetto�
legislativo�il�suo�effettivo�valore�nella�vita�giuridica�se�e�vero,�come�e�vero,�che�le�norme�sono�
non�quali�proposte�in�astratto�ma�quali�sono�applicate�nella�quotidiana�opera�del�giudice,�
intesa�a�renderle�concrete�ed�efficaci��(sent.�n.�88�del�1977);�con�cio�privilegiando�gli�orienta-
menti�della�Corte�di�Cassazione�(v.,�ad�esempio,�la�sent.�n.�254�del�1992).�
All'uopo�giova�rilevare�come�l'interpretazione�giurisprudenziale�dell'art.�3,�comma�I,�
della�legge�5�giugno�1989,�n.�219,�in�uno�con�quella�dell'art.�9,�comma�quarto,�della�legge�
Cost.�16�gennaio�1989,�n.�1�dal�quale�deriva,�sia�stata�sempre�univoca�nel�ritenere�che�al�Tri-
bunale��ministeriale��competesse�anche�la�celebrazione�dell'udienza�preliminare:�cfr.�Cass.,�
sez.�I�pen.,�4�marzo�1994,�in�Giust.pen.�1994,�III,�301;�Cass.,�sez.�I�pen.,�2�luglio�1996;�Cass.,�
sez.�VI�pen.,�10�ottobre�1997,�Grandini;�Cass.,�sez.�VI�pen.,�15�giugno�1998,�Buda;�Cass.,�
sez.VIpen.,�17�febbraio�1999,�DeLorenzo;�Cass.,�sez.VIpen.,�14�giugno2001,�DeLorenzo.�

L'interpretazione�del�Giudice�di�legittimita�(piu�rispondente�alla�ratio�legis�e�anche�piu�
garantista,�come�si�esporra�in�seguito)�trova�giustificazione�in�base�a�due�argomenti�princi-
pali,�tra�loro�collegati.�Da�un�lato,�trattandosi�di�disciplina�di�rango�costituzionale�(attuativa�
della�legge�di�revisione�dell'art.�96�Cost.),�non�sono�ad�essa�applicabili�le�regole�del�procedi-
mento�penale�ordinario,�ove�non�espressamente�richiamate;�sicche�,�al�procedimento�per�i�
reati�ministeriali�non�puo�estendersi�la�regola�di�incompatibilita�di�cui�all'art.�34,�comma�
III,�c.p.p.�Dall'altro�lato,�e�proprio�l'art.�9,�comma�IV,�legge�Cost.�1/1989�a�statuire�letteral-
mente�che,�una�volta�autorizzata�la�procedibilita�,�il�Parlamento�rimette�gli�atti�al�collegio�
perche�questo��continui�il�procedimento�secondo�le�norme�vigenti�,�dovendo,�quindi,�gestire�
esso�stesso�anche�la�fase�successiva�alla�chiusura�delle�indagini.�

Sul�punto�giova,�inoltre,�richiamare�le�considerazioni�di�cui�alla�sentenza�22�ottobre�
1997,�n.�311�della�Corte�Costituzionale�(il�cui�redattore�e�stato�lo�stesso�Giudice�Zagrebel-
sky),�resa�a�mente�della�pregressa�disciplina�dell'art.�34�c.p.p.,�nel�vigore�del�quale�e�stato�
instaurato�il�presente�giudizio.�La�pronunzia�da�ultimo�richiamata�ha�affermato�che��puo�
farsi�questione�d'incompatibilita�del�giudice�in�conseguenza�di�precedenti�decisioni�prese�
nel�corso�del�procedimento�solo�in�quanto�egli�sia�chiamato�a�rendere�un�giudizio�sul�merito�
dell'accusa�.�Sulla�base�di�tale�presupposto�il�Giudice�delle�Leggi�ha�concluso�che�all'attivita�
cui�il�giudice�e�chiamato�nell'udienza�preliminare�debba�riconoscersi�(anche�dopo�la�modi-
fica�dell'art.�425�cod.�proc.�pen.�operata�dalla�legge�8�aprile�1993,�n.�105:�v.�sentenza�n.�71�
del�1996),�una�funzione�essenzialmente�processuale,�in�quanto�controllo�sulla�legittimita�
della�domanda�di�giudizio�avanzata�dal�pubblico�ministero�e�non�quale�giudizio�anticipato�
rispetto�a�quello�dibattimentale�(cfr.�sentenza�n.�82�del�1993).�Pertanto�non�e�ad�esso�estensi-
bile�la�regola�dell'incompatibilita�prevista�nel�comma�II�dell'art.�34�c.p.p.,�vecchia�formula-
zione�(cfr.�sentenza�n.�64�del�1991;�ordinanze�nn.�24,�232,�279,�333�e�410�del�1996,�e�n.�97�
del�1997).�Risultaevidentecome�tale�ragionamento�valga,�mutatismutandis,�ancheperilproce-
dimento�per�i�reati�ministeriali,�di�cui�in�parola.�

A�conferma�di�cio�,�per�quel�che�concerne�le�affermazioni�che�precedono�circa�la�natura�
di�alcune�delle�decisioni�che�il�giudice�dell'udienza�preliminare�e�chiamato�a�prendere,�il�rife-
rimento�piu�pertinente�e�alla�sentenza�n.�155�del�1996�della�Corte�Costituzionale,�con�la�
quale�e�stato�affermato�che�la�precedente�pronuncia�in�ordine�a�una�misura�cautelare�perso-
nale�nei�confronti�dell'imputato�determina�un�pregiudizio�dell'imparzialita�del�giudice,�qua-
lora�lo�stesso�venga�chiamato�nell'udienza�preliminare,�su�iniziativa�delle�parti,�a�pronun-
ciarsi�in�sede�di�giudizio�abbreviato�(art.�438�ss.�c.p.p.),�ovvero�a�disporre�l'applicazione�della�
pena�su�richiesta�(art.�444�ss.�c.p.p.).�Pur�nella�diversita�delle�situazioni,�il�punto�comune�e�
rappresentato�da�pronunce�terminative�del�giudizio�che�contengono�o�presuppongono�l'affer-


TEMI�ISTITUZIONALI�

mazione�di�responsabilita�dell'imputato.�La�possibilita�di�tali�pronunce�priva�l'udienza�preli-
minare�della�sua�funzione�naturaliter 
processuale�e�dimostra�(nelle�due�ipotesi�considerate)�
l'esistenza�di�un�giudizio,�la�cui�partecipazione�e�inibita,�per�esigenze�di�imparzialita�,al�giu-
dice�che�in�precedenza�si�sia�pronunciato�in�ordine�a�una�misura�cautelare�personale�nei�con-
fronti�del�medesimo�imputato.�

Al�contrario,�la�Corte�Costituzionale�(sempre�nella�citata�sentenza�n.�311del�1997),�ha�
affermato�che�nel�processo�penale�minorile�l'udienza�preliminare�si�presenta�con�caratteristi-
che�tali�da�escludere�la�riferibilita�ad�essa�delle�considerazioni�svolte�per�il�processo�penale�
comune.�Rileva,�infatti,�la�Corte�come�nel�processo�penale�a�carico�dei�minori,�il�giudice�del-
l'udienza�preliminare�^costituito�da�un�collegio�composto�da�un�magistrato�e�da�due�giudici�
onorari,�a�norma�dell'art.�50-bis,�comma�2,�del�r.d.�30�gennaio�1941,�n.�12�(inserito�dal-
l'art.�14�delle��Norme�per�l'adeguamento�dell'ordinamento�giudiziario�al�nuovo�processo�
penale�ed�a�quello�a�carico�degli�imputati�minorenni�,�in�allegato�al�d.P.R.22�settembre�
1988,�n.�449)�^sia�chiamato�a�prendere�decisioni�che�non�trovano�riscontro�nell'udienza�pre-
liminare�del�giudizio�penale�comune.�In�particolare,�oltre�a�poter�pronunciare�d'ufficio�sen-
tenza�di�non�luogo�a�procedere�per�irrilevanza�del�fatto�(artt.�27�e�32�del�d.P.R.�n.�448�del�
1988),�puo�sospendere�il�processo�e�mettere�alla�prova�l'imputato�e,�dopo�non�oltre�tre�anni�

o�un�anno�a�seconda�dei�casi,�dichiarare�l'estinzione�del�reato,�prendendo�provvedimenti�
conseguenti�circa�l'affidamento�del�minorenne�ai�servizi�minorili�dell'amministrazione�della�
giustizia�e�impartendo�prescrizioni�dirette�alla�riparazione�delle�conseguenze�del�reato�e�alla�
conciliazione�del�minorenne�con�la�persona�offesa�dal�reato�(artt.�28�e�29);puo�pronunciare�
sentenza�di�non�luogo�a�procedere�per�concessione�del�perdono�giudiziale�(art.�32,�comma�I)�
o�(in�conseguenza�del�rinvio�operato�dall'art.�32,�comma�I,�all'art.�425�c.p.p.)�per�difetto�di�
imputabilita�(v.�sentenza�n.�41�del�1993),�nonche�sentenza�di�condanna�a�sola�pena�pecunia-
ria�o�a�sanzione�sostitutiva�(art.�32,�comma�II).�Questa�piu�ampia�gamma�di�esiti�dell'u-
dienza�preliminare�nel�processo�penale�minorile,�che�e�giustificata�dalla�necessita�di�evitare�
fin�dove�e�possibile�la�celebrazione�del�giudizio�dibattimentale,�in�considerazione�delle�spe-
ciali�esigenze�di�protezione�della�personalita�dei�minori�coinvolti,�fa�s|�che�la�funzione�di�tale�
udienza�non�possa�ritenersi�di�natura�analoga�a�quella�dell'udienza�preliminare�nel�giudizio�
penale�comune,�cioe�esclusivamente�processuale.�Non�potrebbe�ritenersi�che�il�giudice�dell'u-
dienza�preliminare�minorile�sia�chiamato�a�svolgere�essenzialmente�un'attivita�di�controllo�
sull'azione�del�pubblico�ministero�al�fine�di�aprire�o�chiudere�la�possibilita�dello�svolgimento�
del�processo�nella�sede�propria�del�dibattimento:�la�sua�e�infatti�una�funzione�di�giudizio�
che�include�la�possibilita�di�adottare�pronunce�altrimenti�riservate�all'organo�del�dibatti-
mento�e�che�puo�perfino�sfociare�in�una�sentenza�di�condanna�o�in�una�sentenza�che�presup-
pone�comunque�l'accertamento�della�responsabilita�(v.sentenzan.�77del�1993).�Risulta 
evi-
dente 
come 
nessuna 
delle 
suesposte 
considerazioni 
possa 
essere 
riferita 
al 
procedimento 
per 
i 
reati 
ministeriali.�

All'uopo�giova�rammentare�come�queste�considerazioni�siano�state�avallate�dalla�stessa�
Corte�Costituzionale�(cfr.�sent.�25�maggio�1990,�n.�265,�in�Foro 
it. 
1990,�I,�c.�3362�ss.),�che�
ha�dichiarato�la�manifesta�infondatezza�della�questione�di�legittimita�costituzionale�del-
l'art.�3,�comma�II,�della�legge�219/1989.�Peraltro,�la�sentenza�134/2002,�ex 
adverso 
allegata,�

non 
disconosce 
in 
alcun 
modo 
quanto 
statuito 
nella 
precedente 
pronunzia 
richiamata.�Semplice-

mente�si�limita�ad�affermare�che�i�mutamenti�legislativi�nel�frattempo�intervenuti�(�Il�quadro�
normativo...e�profondamentemutato;�anzi,e�statocapovolto�)nonconsentonopiu�unatale�
interpretazione,�allora�tuttavia�pienamente�giustificata.�

E�proprio�da�questa�asserzione�che�doverosamente�scaturisce�il�terzo�ordinedi�conside-
razioni�cui�prima�si�faceva�riferimento.�La�sentenza�motiva�affermando�che�l'interpretazione�
sostenuta�dai�Giudici�di�legittimita�e�dalla�stessa�pronunzia�della�Corte�Costituzionale�
dianzi�citata�fosse�in�linea�con�i�principi�generali�dell'ordinamento�nel�1989,�anno�della�vaca-
tio 
(sino�al�24�ottobre)�del�Codice�Vassalli,�quando�ancora�^si�afferma�^era�diffusa�la�cul-
tura�della�commistione�tra�accusatore,�giudice�e�inquirente.�Tuttavia,�l'unica�prova�addotta�
a�sostegno�di�tale�asserzione�e�costituita�dalla�permanenza�del�vecchio�rito�pretorile.�

L'affermazione�e�quantomeno�apodittica.�Il�Codice�Rocco,�nell'istruzione�(formale�e�
sommaria)�del�Pubblico�Ministero�(nel�prosieguo,�P.M)�prevedeva�una�netta�distinzione�di�
ruoli,�riservando�al�P.M.�la�funzione�di�promuovere�dell'azione�penale,�al�Giudice�Istruttore�
(nel�prosieguo,�G.I.)�o�al�P.M.�quella�di�indagare,�e�al�Tribunale�quella�di�giudicare.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Benche�sia�vero�che�il�rito�pretorile�facesse�in�un�certo�qual�modo�eccezione�a�tale�regola�
(solo�in�dibattimento�esisteva�un�P.M.,�peraltro�precario),�cio��,�tuttavia,�si�giustificava�in�
virtu��delle�competenze�bagatellari�attribuite�al�Pretore�(gia��nell'Ordinamento�Grandi�inqua-
drato�in�un�ruolo��minore��della�Magistratura�^quello�dei�pretori�e�primi�pretori�^poi�con-
fluito�in�quello�dei�magistrati�di�Tribunale)�e�per�ragioni�di�speditezza.�Specularmente,�oggi,�
in�virtu��delle�medesime�esigenze�(celerita��del�giudizio�e�competenza�bagatellare)�e��il�rito�del�
Giudice�di�Pace�in�materia�penale�(D.Lgs.�28�agosto�2000,�n.�274)�per�piu��versi�derogatorio�
rispetto�ai�principi�generali�del�c.p.p.:�si�pensi�all'archiviazione�per�particolare�tenuita��del�
fatto�(ex�art.�34�del�D.�Lgs.�274/2000)�o�alla�citazione�diretta�a�giudizio�da�parte�della�per-
sona�offesa�in�caso�di�reato�perseguibile�a�querela�(ex�art.�21�del�D.�Lgs.�274/2000).�

Tuttavia,�nessuno�di�coloro�che�(giustamente)�hanno�rilevato�tali�discrepanze�ha�mai�
sostenuto�che�per�cio��solo�fossimo�di�fronte�ad�un�sovvertimento�del�principio�dell'obbligato-
rieta��dell'azione�penale�da�parte�del�P.M.,�nell'un�caso,�o�ad�un'evoluzione�a�vantaggio�dell'a-
zione�penale�privata,�nell'altro.�

Alla�luce�dei�rilievi�formulati,�non�vi�e��dubbio�che�il�rito�pretorile�costituisse�un'ecce-
zione�al�sistema:�per�di�piu��,�un'eccezione�unanimemente�criticata�dalla�dottrina.�

Se�solo�si�considera�che�il�24�ottobre�1988�era�stato�promulgato�il�Codice�Vassalli,�e�che�
nell'anno�di�vacatio�molte�sue�norme�erano�state�estese�al�processo�pretorile�(tra�cui�quella�
dell'obbligo�di�contestare�il�fatto-reato�prima�di�emettere�il�decreto�di�citazione�a�giudizio),�
e��semplicistico�e�assurdo�ritenere�che�un�legislatore,�che�si�accingeva�a�mutare�ad�semper�la�
Costituzione�(la�legge�costituzionale��incriminata��e��del�1989),�fosse�influenzato�da�remini-
scenze�puramente�inquisitorie.�

Il�quadro�dei�principi�generali�era,�dunque,�ben�diverso�da�quello�descritto�dalla�sen-
tenza�della�Corte�Costituzionale�ex�adverso�allegata,�venendo�praticamente�a�coincidere�
con�quello�attuale.�Sicche�l'argomento�prospettato�con�tanta�enfasi�nella�pronunzia�de�qua�
si�appalesa�meramente�impressionistico�e,�peraltro,�non�logico.�

Ne�e��dimaggiorpregioilrilievoconcernentelariformadell'art.�111Cost.,che,peraltro,�
data�dal�1999�(legge�Cost.�23�novembre�1999,�n.�2),�giacche�essa�e�successiva�al�decreto�che�
dispone�il�giudizio�oggi�oltraggiato�(si�ricordi�come�la�stessa�sentenza�134/2002�della�Corte�
Costituzionale�metta�in�discussione�l'interpretazione�di�cui�alla�sent.�265/1990�solo�dal�
momento�in�cui�sarebbe�intervenuto�il�preteso�mutamento�nel�quadro�dei�principi�generali)�
e�soprattutto�perche�,come�si�vedra��,�essa�non�incide�minimamente�sulla�sostanza�del�
discorso.�

Il�primo�comma�dell'art.�111�Cost.�e��un�proclama�di�political�correctness,in�quanto�un�
processo�e��giusto�se�in�esso�sono�rispettate�le�regole�^giuridiche�^che�lo�governano;�se�e��
ingiusto�per�ragioni�morali�o�politiche,�cio��non�spiega�rilevanza�ai�fini�processuali.�

I�conditores�di�tale�articolo�vollero�impropriamente�tradurre�l'espressione,�mutuatadal�
diritto�angloamericano,�di�due�process�to�the�law�ignorando,�inesperti�quali�erano,�che�la�
parola�due�significa�dovuto.�Precisamente�si�tratta�di�un�vocabolo�superstite�di�quel�Ley�
French�o�francese�legale�(in�realta��anglonormanno)�oggi�parlato�nelle�isole�del�Canale�e,�sino�
al�1700,nelle�Cortidi�Westminster.�

Esso�e��,e��sattamente,�il�participio�passato�del�verbo�devoir,�rimasto�incastonato�nella�lin-
gua�inglese�come�un�antico�gioiello,�e�nella�grafia�del�tempo.�In�poche�parole,�il�brocardo�
inglese,�tradotto�e�non�tradito,�significa�che�nessuno�puo��essere�condannato�senza�il�processo�
dovuto�secondo�la�legge.�Un'aspirazione�piu��modesta�dei�proclami�di�giustizia,�che�esprime�
il�carattere�di�necessarieta��e�conformita��alla�legge�del�processo�penale.�

Il�novellato�secondo�comma�dell'art.�111�Cost.�esige�che�il�Giudice�sia�imparziale�e�
terzo:�requisiti�che�non�aggiungono�molto�alla�definizione�di�Giudice.�

La�sentenza�in�esame�non�considera,�inprimis,�che�l'imputazione,�anche�nel�rito�ministe-
riale,�e��atto�del�P.M.,�e�che�quindi�il�Collegio�cumula�solo�le�funzioni�di�investigatore�(non�
raccogliendo,�col�rito�Vassalli,�prove,�come�una�volta)�e�di�Giudice�per�le�indagini�prelimi-
nari�(nel�prosieguo,�G.I.P.).�Orbene�questo�non�lo�rende�parziale.�A�prescindere�dalle�scarse�
attribuzioni�del�G.I.P.�(nell'udienza�preliminare�egli�puo��solo�assolvere,�ma�non�condannare:�
si�tratta�di�una�quasi�giurisdizione,�e�non�di�una�giurisdizione�piena),�tutti�i�giudici�dibatti-
mentalisvolgono�un'attivita�diaccessoalfatto�edicognizionedelleprove�(che�e��la�stessa�di�
chi�indaga,�a�ben�vedere)�ed�essipossonoprocedere�d'ufficio�a�tali�indagini,�come�nel�caso�del-
l'art.�507�c.p.p.,�senza�divenire�meno�terzi.�


TEMI�ISTITUZIONALI�

La�sentenza�134�del�2002�allude,�poi,�alla�giurisprudenza�della�Corte�Costituzionale�
sulle�varie�incompatibilita�dei�giudici�pregiudicati�dalla�previa�conoscenza�di�atti.�In�primis,�
non�e�persuasivo�il�rilievo�secondo�cui,�se�un�Organo,�che�non�e�immutabile�nelle�persone,�
ha�indagato,�non�puo�poi�ricoprire�il�ruolo�di�G.I.P.�e�quindi�tale�ruolo�deve�essere�ricoperto�
da�un�altro�Organo.�Il�problema�e�nelle�persone.�E�non�risulta�che�vi�siano�state�istanze�di�
ricusazione�accolte.�Al�contrario�la�Cassazione�ha�respinto,�nel�processoinesame,�una�simile�
questione.�Ergo,�il�problema�non�si�pone.�

In�secundis,�il�rito�ministeriale�e�un�sottosistema�con�suoi�principi,�che�va�indagato�come�
tale.�Si�passa,�com'e�noto,�dalla�Commissione�Inquirente,�e�dall'accusa�politica�avanti�le�
Camere�riunite,�con�giudizio�della�Corte�Costituzionale,�alla�competenza�dell'�Autorita�giu-
diziaria�ordinaria.�Tuttavia,�per�norma�costituzionale,�e�posta�una�preclusione�al�P.M.:�egli�
non�puo�indagare.�Le�investigazioni�sono,�infatti,�svolte�da�un�Collegio�di�Magistrati,�che�
cumula�le�funzioni�di�indagine�e�di�G.I.P.�(eccetto�quella�di�promozione�della�azione�penale,�
che�spetta�al�P.M.).�

Il�Collegio�puo�archiviare�o�richiedere�alla�Camera�competente�l'autorizzazione�a�pro-
cedere.�Nella�seconda�ipotesi,�una�volta�ottenuta�tale�autorizzazione,�gli�atti�ritornano�al�
Collegio�stesso.�

Non�occorre�certo�lunga�esperienza�in�materia�penale�per�sapere�che,�al�ritorno�degli�
atti,�le�indagini�proseguono�e�possono�scoprirsi�ulteriori�reati.�Se�e�il�Collegio�a�proseguire,�
potra�indagare�e�richiedere�ulteriori�autorizzazioni.�Al�contrario,�se�e�il�P.M.�ordinario,�
come�ritiene�la�sentenza�134/2002,�si�verifica�una�situazione�di�stallo�completo.�Egli,�infatti,�
non�puo�indagare�sulle�nuove�notizie�di�reato�ministeriali,�ma�deve�nuovamente�interessare�
il�Collegio.�Dunque,�il�procedimento�si�blocca�sino�a�nuova�autorizzazione�della�Camera,�e�
tutto�cio�che�il�P.M.�ha�raccolto�e�inutilizzabile�per�le�nuove�contestazioni.�

Alla�luce�di�queste�considerazioni,�ex�art.�97�Cost.,�e�sicuramente�piu�costituzional-
mente�orientata�un'interpretazione�che�vede�nel�Collegio�l'unico�organo�di�indagine.�Soprat-
tutto,�considerato�che�il�Collegio,�e�non�il�paventato�(ma�esistente)�P.M.�d'assalto,�e�un�
organo�che�assicura�maggiori�garanzie�alla�natura�degli�interessi�coinvolti�e�agli�stessi�impu-
tati.�

Tale�e�la�ratio�delsottosistemadellaleggeCost.�1/1989edellaleggeattuativa219/1989.�
E�in�tale�sottosistema�e�expressis�verbis�consentito�all'Organo�cumulare�le�funzioni�di�P.M.�
e�di�G.I.P.�Sicche�e�vano�menare�scandalo�perche�tale�cumulo�prosegue�anche�dopo�la�auto-
rizzazione�a�procedere.�

Conclusivamente,�l'avversata�tesi,�da�riprovare�per�le�sue�aberranti�conseguenze,�va�
respinta,�non�essendo�razionale�configurare�un�Organo�diverso�per�il�procedimento�succes-
sivo�alla�autorizzazione�a�procedere,�essendo�consentito,�in�tale�sottosistema�normativo,�il�
cumulo�di�funzioni,�che,�peraltro,�non�rende�il�Collegio�meno�terzo,�visto�che�e�gia�trino,�
ed�essendo�irrilevanti�i�richiami�al�nuovo�(e�posteriore�ai�fatti)�111�Cost.,�oalbarbaro�e�
inquisitorio�clima�processuale�del�1989,�certo�non�tale�perche�esisteva�il�povero�Pretore�e�il�
relativo�rito,�eccezionale�e�riprovato�da�decenni.�Infine,�ogni�problema�d'incompatibilita�si�
risolve�con�l'astensione.�Meritano,�al�contrario,�considerazione�le�argomentazioni�della�pre-
cedente�decisione�265/1990�della�Consulta,�laddove�si�rileva�che�la�disposizione�di�cui�al�
quarto�comma�dell'art.�9�della�legge�Cost.�1/1989�non�puo�non�essere�interpretata�nel�senso�
per�cui�e�lo�stesso�Collegio�speciale�previsto�dall'art.�7�della�stessa�legge,�che�hagia�com-
piuto�le�indagini�preliminari,�che�deve�continuare�il�procedimento,�una�volta�concessa�l'auto-
rizzazione�a�procedere.�La�Corte�precisa,�infatti,�che��la�suddetta�interpretazione�si�ricava�
con�certezza�dalla�lettera�della�disposizione�in�esame,�la�dove�e�detto�testualmente�che�lo�
stesso�collegio�competente�nella�prima�fase�del�procedimento�lo�continua�secondo�le�norme�
vigenti�.�Aggiunge,�poi,�che��il�significato�letterale�non�cambia�anche�se�il�verbo��continui��
si�ritenga�riferito�al�procedimento,�in�quanto�e�sempre�chiara�la�designazione�a�compiere�l'i-
struttoria�del�collegio�al�quale�sono�stati�rimessi�gli�atti�dall'assemblea.�

Tale�interpretazione�e�suffragata�^come�rileva�la�stessa�Consulta�nella�sentenza�
265/1990�^dai�lavori�preparatori,�laddove�danno�rilievo�alla�significativa�modifica�appor-
tata�al�testo�originario�dell'art.�9,�comma�quarto,�legge�Cost.�1/1989.�Tale�testo�prevedeva�
�che�l'assemblea,�ove�conceda�l'autorizzazione,�rimette�gli�atti�al�procuratore�della�repub-
blica�perche�abbia�corso�il�procedimento�secondo�le�norme�vigenti�.�La�disposizione�e�stata�
radicalmente�modificata�in�quella�attuale�(�l'assemblea,�ove�conceda�l'autorizzazione,�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

rimette�gli�atti�al�collegio�perche�continui�il�procedimento�secondo�le�norme�vigenti�)�a�
seguito�dell'approvazione�di�un�apposito�emendamento�da�parte�della�Camera�dei�deputati.�
In�sede�di�seconda�lettura�al�Senato,�vi�fu�il�tentativo�di�ripristinare�il�testo�originario,�ma�
fu�confermato�quello�emendato.�

Infine�militano�a�favore�di�detta�ricostruzione�una�serie�di�motivazioni�di�carattere�
logico-sistematico.�In�primo�luogo,�come�gia�rilevato,�trattandosi�di�disciplina�di�rango�
costituzionale�(attuativa�della�legge�di�revisione�dell'art.�96�Cost.),�non�sono�ad�essa�applica-
bili�le�regole�del�procedimento�penale�ordinario,�ove�non�espressamente�richiamate.�

Inoltre,�il�rito�ministeriale�e�uno�speciale�sottosistema�da�indagare�secondo�i�suoi�speci-
fici�principi.�E�posta,�per�norma�costituzionale,�una�preclusione�al�P.M.:�egli�non�puo�inda-
gare.�L'attivita�investigativa�e�,�infatti,�svolta�da�un�Collegio�di�Magistrati,�che�cumula�le�fun-
zioni�di�indagine�e�di�G.I.P.�(eccetto�quella�di�promozione�della�azione�penale,�che�spetta�al�
P.M.).�Sul�punto�giova�ribadire�come,�qualora,�una�volta�ottenuta�l'autorizzazione�a�proce-
dere,�fosse�il�P.M.�a�proseguire�le�indagini�(come�argomenta�la�sentenza�n.�134�del�2002),�egli�
non�potrebbe�indagare�autonomamente�su�eventuali�nuove�notizie�di�reati�ministeriali,�ma�
dovrebbe�interessare�il�Collegio,�determinandosi�cos|�un�deleterio�immobilismo.�Il�procedi-
mento�sarebbe,�infatti,�sospeso�sino�a�nuova�autorizzazione�della�Camera;�mentre�quanto�
raccolto�dal�P.M.�sarebbe�inutilizzabile�per�le�nuove�contestazioni.�Al�contrario,�se�e�il�Col-
legio�a�proseguire�(come�ritenuto�dall'orientamento�pacifico�della�giurisprudenza�di�legitti-
mita�in�precedenza�richiamato�e�dalla�stessa�Corte�Costituzionale�nel�1990),�potra�indagare�
e�richiedere�ulteriori�autorizzazioni,�con�notevole�celerita�e�benefici�per�il�procedimento.�

Dalle�suesposte�considerazioni�si�evince,�pertanto,�come�un'interpretazione�realmente�
costituzionalmente�orientata�(specie�in�relazione�ai�parametri�di�cui�all'art.�97�Cost.)�del�sot-
tosistema�della�legge�Cost.�1/1989�e�della�legge�attuativa�219/1989�non�possa�che�vedere�nel�
Collegio�l'unico�organo�di�indagine,�al�quale�e�expressis�verbis�consentito�cumulare�le�fun-
zioni�di�P.M.�e�di�G.I.P.�

Roma,�1�giugno�2003�

Avv.�Roberto�de�Felice��

Si�aggiunge,�per�completezza,�l'esito�definitivo�della�vicenda. 
Corte 
d'Appello 
di 
Roma, 
sezione 
seconda 
penale, 
sentenza 
16 
giugno 
2003 
n. 
4759 
^Presi


dente�G.Tavolaro�-Relatore�M.�Michelozzi.�

Non�puo�essere�disattesa�la�sentenza�interpretativa�di�rigetto�134/02�della�Corte�costituzio-

nale�e,�di�conseguenza,�il�decreto�che�dispone�il�giudizio�a�carico�di�un�ministro,�emesso�dal�col-

legiodeiReatiMinisterialiinluogo�delG.U.P.�e�nullo,�econessolasentenzasuccessivadelTri-

bunale.�Gli�atti�vanno�rimessi�al�P.M.�

�(omissis).�Il�giorno�16�del�mese�di�giugno�dell'anno�2003�la�Corte�d'Appello�di�Roma,�
Seconda�Sezione�Penale,�composta�dai�seguenti�magistrati:�dott.�Giuseppe�Tavolaro,�Presi-
dente;�dott.�Massimo�Michelozzi,�Consigliere;�dott.�Piero�De�Crescenzo,�Consigliere;�Rela-
tore�dott.�Massimo�Michelozzi,�con�l'intervento�del�Pubblico�Ministero�inpersona�delSosti-
tuto�Procuratore�dott.�Salvatore�Cantaro�(...)�ha�pronunciato�in�pubblica�udienza�la�
seguente�sentenza�(omissis).�

Motivazione�contestuale.��Gli�imputati�P.�e�B.�hanno�riproposto�nei�rispettivi�gravami�
eccezione�di�nullita�del�decreto�che�dispone�il�giudizio�sotto�il�profilo�dell'incompetenza�fun-
zionale�del�Collegio�per�i�reati�ministeriali�a�svolgere�le�funzioni�di�giudice�dell'udienza�pre-
liminare,�prospettando,�tra�l'altro,�l'erroneita�dell'interpretazione,�pur�consolidata,�offerta�
dalla�giurisprudenza�costituzionale�e�di�legittimita�delle�norme�regolatrici�del�giudizio�a�
carico�dei�Ministri�per�i�reati�commessi�nell'esercizio�delle�loro�funzioni,�ed�il�contrasto�di�
tali�norme,�nella�anzidetta�interpretazione,�con�numerosi�principi�costituzionali.�

Con�sentenza�n.�134�in�data�11-14�aprile�2002�la�Corte�Costituzionale,�decidendo�nel�
giudizio�di�legittimita�costituzionale�dell'art.�3,�primo�comma,�legge�219/1989�promosso�da�
Collegio�per�i�reati�ministeriali�presso�il�Tribunale�di�Napoli,�ha�osservato�che�l'interpreta-
zione�fino�ad�allora�fornita�delle�norme�regolatrici�di�detto�giudizio,�secondo�la�quale�al�Col-
legio�per�i�reati�ministeriali�competerebbe�sia�la�funzione�inquirente�che�quella�di�giudice�
dell'udienza�preliminare,�risulta�incompatibile�con��lo�sviluppo�della�legislazione�proces-


TEMI�ISTITUZIONALI�

suale�penale�circa�il�rapporto�tra�funzioni�di�pubblico�ministero�e�funzioni�di�giudice��non-
che�con�il�constatato��rafforzamento�del�principio�di�terzieta�del�giudice�sul�piano�costituzio-
nale�da�ultimo�nel�nuovo�testo�dell'art.�111�Costituzione�.�

Con�la�citata�sentenza�la�Corte�Costituzionale,�dopo�aver�rilevato�l'obiettiva�incertezza�
derivante�dalla�lettera�della�legge�e�dall'intenzione�del�legislatore�e�lanecessita�di�far�preva-
lere�ragioni�sistematiche,�ha�cos|�ritenuto�che�la�nuova�norma,�per�non�incorrere�nella�decla-
ratoria�certa�di�illegittimita�costituzionale,�debba�essere�interpretata�nel�senso�che,��una�
volta�concessa�l'autorizzazione�dall'Assemblea�parlamentare,�gli�atti�siano�restituiti�al�Colle-
gio�che�ad�essa�li�aveva�inviati,�affinche�il�procedimento�prosegua�secondo�le�forme�ordina-
rie,�vale�a�dire�per�impulso�del�pubblico�ministero�e�davanti�agli�ordinari�organi�giudicanti�
competenti�.�

Tale�sentenza�interpretativa�di�rigetto�non�puo�essere�disattesa,�risultando�dal�contesto�
della�sua�motivazione�che�la�soluzione�adottata�e�l'unica�compatibile�con�i�parametri�costitu-
zionali�invocati.�

Deve�pertanto�ritenersi�che�il�decreto�che�dispone�il�giudizio,�emesso�dal�Collegio�per�i�
reati�ministeriali�in�luogo�del�G.U.P.�ordinario,�sia�affetto�da�nullita�assoluta�per�incompe-
tenza�funzionale�e�che�conseguentemente�sia�nulla�anche�la�sentenza�emessa�dal�Tribunale.�

Gli�atti�devono�essere�restituiti,�per�quanto�di�competenza,�al�pubblico�ministero�-

(omissis)�.�


Ilcontenzioso
comunitario
edinternazionale
Ilcontenzioso
comunitario
edinternazionale
Attivita� 
dell'Ufficio 
dell'Agente 
del 
Governo 
italiano 
nei 
procedimenti 
dinanzi 
alla 
Corte 
di 
Giustizia 
delle 
Comunita� 
europee. 


Relativamente�al�contenzioso�comunitario,�il�Servizio�del�
Contenzioso�Diplomatico�^Ufficio 
dell'Agente 
del 
Governo 
ita-
liano 
^espletando�le�competenze�previste�dall'art.�20�del�D.M.�
18�febbraio�2003�(G.U.�28�aprile�2003,�n.�97)�cura,�di�concerto�
con�l'Ufficio�VI�della�Direzione�Generale�per�l'Integrazione�
Europea,�l'attivita�istruttoria�necessaria�per�la�preparazione�delle�
cause�ed�il�coordinamento�con�le�altre�Amministrazioni,�ai�fini�
della�difesa�in�giudizio�dello�Stato�e�dei�suoi�interessi.�

Per�quanto�riguarda�i�rinvii�pregiudiziali�(di�cui�all'art.�234�
CE)�appare�utile�ricordare�che�le�sentenze�interpretative�della�
Corte�di�Giustizia�sono�vincolanti�all'interno�degli�ordinamenti�
degli�Stati�membri�della�Comunita�europea,�e�che,�pertanto,�l'in-
tervento�in�tali�procedimenti,�anche�se�non�proposti�da�giudici�
italiani,�costituisce�un�fondamentale�strumento�attraverso�cui�e�
possibile�prospettare�al�giudice�comunitario�istanze�in�difesa�
degli�interessi�nazionali.�

Per�questo�motivo�l'Ufficio�dell'Agente�svolge�un'azione�di�
sensibilizzazione�nei�confronti�delle�Amministrazioni�italiane�al�
fine�di�promuovere�una�sempre�maggiore�partecipazione�del�
governo�italiano�anche�nelle�questioni�sollevate�dai�giudici�di�
altri�Paesi.�

Al�fine�di�rendere�piu�incisiva�ed�efficace�la�propria�azione�
istituzionale,�gia�da�qualche�anno�l'Ufficio�dell'Agente�del�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Governo�italiano�organizza,�di�concerto�con�l'Ufficio�VI�della�
Direzione�Generale�per�l'Integrazione�Europea,�con�il�Diparti-
mento�delle�Politiche�Comunitarie�della�Presidenza�del�Consiglio�
e�con�l'Avvocatura�Generale�dello�Stato,�delle��riunioni�pac-
chetto��sul�contenzioso�comunitario,�invitando�gli�Uffici�Legisla-
tivi�delle�Amministrazioni�coinvolte�nella�trattazione�dei�ricorsi�
e�dei�rinvii�pregiudiziali�pendenti�dinanzi�alla�Corte�di�giustizia�
a�riunioni�periodiche�finalizzate�all'�individuazione�della�migliore�
linea�di�difesa�nei�ricorsi�per�inadempimento�nonche�dell'inte-
resse�del�Governo�italiano�ad�intervenire�con�osservazioni�scritte�
od�orali�nelle�cause�pregiudiziali.�

Simona 
Prunali 



IL 
CONTENZIOSO 
COMUNITARIO 
ED 
INTERNAZIONALE 


Si 
riportano 
di 
seguito, 
in 
tabelle 
sintetiche, 
i 
dati 
relativi 
ai 
ricorsi 
ed 
ai 
rinvii 
pregiudiziali 
trattati 
negli 
ultimi 
5 
anni 
dall'Ufficio 
dell'Agente 
del 
Governo 
italiano. 


RICORSI 
DIRETTI 
EX 
ARTT. 
226 
E 
228 
DEL 
TRATTATO 
CE 
(Commissione 
contro 
Stati 
Membri 
per 
infrazione 
al 
diritto 
comunitario) 


Anno 
Numero 
di 
ricorsi 
trattati 
Di 
cui 
interventi 
italiani 
in 
ricorsi 
promossi 
contro 
altri 
Stati 
membri 
1999 
29 
�
2000 
22 
�
2001 
21 
�
2002 
27 
2 
2003 
* 
17 
1 


* 
dati 
al 
31 
ottobre 
2003. 
RICORSI 
EX 
ART. 
230 
DEL 
TRATTATO 
CE 
(Stato 
italiano 
contro 
Commissione 
o 
interventi 
a 
favore 
di 
altro 
Stato 
membro, 
della 
Commissione 
ovvero 
nell'interesse 
di 
un 
privato) 


Anno 
Numero 
di 
ricorsi 
trattati 
Di 
cui 
interventi 
italiani 
in 
ricorsi 
promossi 
da 
altri 
Stati 
membri 
o 
da 
privati 
1999 
14 
1 
2000 
12 
8 
2001 
4 
1 
2002 
12 
5 
2003 
* 
12 
2 


* 
dati 
al 
31 
ottobre 
2003. 
RINVII 
PREGIUDIZIALI 
EX 
ART 
234 
DEL 
TRATTATO 
CE 
(questioni 
pregiudiziali 
sottoposte 
alla 
Corte 
dai 
giudici 
nazionali) 


Anno 
Numero 
rinvii 
pregiudiziali 
trattati 
Numero 
rinvii 
pregiudiziali 
originati 
in 
Italia 
Interventi 
del 
Governo 
italiano 
1999 
205 
24 
19 
2000 
191 
28 
33 
2001 
202 
30 
45 
2002 
189 
22 
25 
2003 
* 
124 
23 
15 


* 
dati 
al 
31 
ottobre 
2003. 

LEDECISIONILEDECISIONI
Il 
principio 
del 
ne 
bis 
in 
idem 
nell'Accordo 
di 
Schengen 


(Corte�di�Giustizia�delle�Comunita�europee,�Plenum,�11febbraio�2003,�

nelle�cause�riunite�C-187/01�e�C-385/01)�

1.��Con�la�suddetta�sentenza,�la�Corte�si�e�pronunciata�per�la�prima�
volta,�ai�sensi�dell'art.�35�del�TUE,�sull'interpretazione�di�uno�strumento�di�
�terzo�pilastro�,�ed�in�particolare�dell'art.�54�della�Convenzione�di�applica-
zione�del1'Accordo�di�Schengen�del�1985,�firmata�il�19�giugno�1990,�che�
sancisce�l'applicazione�transfrontaliera,�fra�gli�Stati�membri�firmatari�di�tale�
accordo,�del�principio�del�ne�bis�in�idem.�In�base�a�tale�articolo��una�persona�
che�sia�stata�giudicata�con�sentenza�definitiva�in�una�Parte�contraente�non�
puo�essere�sottoposta�ad�un�procedimento�penale�per�i�medesimi�fatti�in�un'al-
tra�Parte�contraente�a�condizione�che,�in�caso�di�condanna,�la�pena�sia�stata�
eseguita�o�sia�effettivamente�in�corso�di�esecuzione�attualmente�o,�secondo�la�
legge�dello�Stato�contraente�di�condanna,�non�possa�piu�essere�eseguita�.�
Nel�caso�di�specie,�le�questioni�pregiudiziali�vertenti�sull'applicazione�del�
summenzionato�articolo�erano�state�sollevate�dalla�Corte�d'appello�di�Colo-
nia�e�dal�Tribunale�di�primo�grado�di�Furnes�(Belgio)�nell'ambito�di�procedi-
menti�penali�promossi�per�reati�commessi�rispettivamente�nei�Paesi�Bassi�e�
in�Belgio,�rispetto�ai�quali�si�era�verificata�l'estinzione�dell'azione�penale�a�
seguito�di�procedura�transattiva�promossa�dal�pubblico�ministero,�dopo�il�
versamento�di�una�somma�di�denaro.�

In�particolare,�i�giudici�del�rinvio�chiedevano�alla�Corte�di�pronunciarsi�
in�merito�all'applicabilita�al�caso�in�questione�del�summenzionato�art.�54,�
con�conseguente�impossibilita�di�avviare�un�procedimento�penale�per�i�mede-
simi�fatti�e�nei�confronti�degli�stessi�soggetti,�sebbene�la�procedura�di�estin-
zione�dell'azione�penale�avesse�avuto�luogo�in�assenza�di�una�sentenza�
pronunciata�da�un�giudice.�

La�Corte�di�giustizia,�pronunciandosi�sulle�questioni�sottopostele,�ha�
dichiarato�che�il�principio�del�ne�bis�in�idem�sancito�dall'art.�54�della�Conven-
zione�applicativa�dell'Accordo�di�Schengen,��si�applica�anche�nell'ambito�di�
procedure�di�estinzione�dell'azione�penale,�quali�quelle�di�cui�trattasi�nelle�
cause�principali,�in�forza�delle�quali�il�pubblico�ministero�di�uno�Stato�mem-
bro�chiude,�senza�l'intervento�di�un�giudice,�un�procedimento�penale�
promosso�in�questo�Stato�dopo�che�l'imputato�ha�soddisfatto�certi�obblighi�
e,�in�particolare,�ha�versato�una�determinata�somma�di�denaro,�stabilita�dal�
pubblico�ministero�.�

2.��La�pronuncia�della�Corte�si�inserisce�nel�quadro�degli�obiettivi�sta-
biliti�dal�Trattato�di�Amsterdam�e�dal�Consiglio�europeo�di�Tampere�in�
materia�di�cooperazione�giudiziaria�penale,�ed�in�particolare�dall'art.�31�del�
TUE,�che�prevede,�fra�l'altro,�la�facilitazione�della�cooperazione�fra�autorita�
degli�Stati�membri�in�relazione�ai�procedimenti�penali�e�all'esecuzione�delle�
decisioni.�

IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni�

Il�suddetto�principio�e�inoltre�espressamente�richiamato�dal�piano�
d'azione�del�Consiglio�e�della�Commissione�adottato�a�Vienna�nel�dicembre�
1998,�che,�al�punto�49,�prevede�l'adozione,�entro�cinque�anni�dall'entratain�
vigore�del�trattato�di�Amsterdam,�di�misure��per�il�coordinamento�delle�
indagini�giudiziarie�e�dei�procedimenti�in�corso�negli�Stati�membri,�al�fine�
di�evitare�sovrapposizioni�e�decisioni�contraddittorie�e�tenendo�conto�di�una�
migliore�utilizzazione�del�principio�ne 
bis 
in 
idem.�

Il�principio�in�questione�e�altres|�incluso�fra�le�priorita�del�programma�
di�misure�per�l'attuazione�del�principio�del�reciproco�riconoscimento�delle�
decisioni�penali�del�gennaio�2001,�che�prevede�un�riesame�degli�articoli�da�
54�a�57�della�Convenzione�applicativa�dell'Accordo�di�Schengen,�nella�pro-
spettiva�di�una�piena�applicazione�del�principio�del�mutuo�riconoscimento.�

La�Presidenza�greca,�nel�quadro�delle�priorita�stabilite�per�il�primo�
semestre�del�2003�in�materia�di�cooperazione�giudiziaria�penale,�ha�presen-
tato�una�proposta�di�decisione�quadro�sull'applicazione�del�principio�del�ne 
bis 
in 
idem.�

3.��La�sentenza�in�esame�deve�altres|�essere�segnalata�in�quanto�offre�
un'interpretazione�degli�effetti�che,�sul�territorio�comunitario,�possono�deri-
vare�dalle�pronunce�di�estinzione�della�pena�emesse�in�via�transattiva.�Il�rico-
noscimento�della�necessita�che�a�decisioni�siffatte�si�applichi�il�menzionato�
principio�ne 
bis 
in 
idem 
pone�una�nuova�luce�sull'istituto�del�patteggiamento�
della�pena,�la�cui�esatta�natura�giuridica,�in�Italia,�risulta�ancora�oggetto�di�
qualche�disputa�dottrinaria�(ma�anche�giurisprudenziale,�si�veda�ex 
multis 
TAR�Friuli�Venezia�Giulia�30�agosto�2001�n.�563).�
Infine,�oltre�agli�aspetti�di��merito��sopra�indicati,�la�sentenza�ha�una�
grande�rilevanza�in�quanto,�per�la�prima�volta�nella�storia�dell'ordinamento�
comunitario,�la�Corte�di�giustizia�delle�Comunita�europee�adotta�una�deci-
sione�concernente�il�settore�del�diritto�penale.�

Come�gia�accennato,�ai�sensi�dell'art.�35�TUE,�introdotto�dal�Trattato�di�
Amsterdam,�alla�Corte�di�giustizia�e�stata�riconosciuta�una�specifica�compe-
tenza�interpretativa�nelle�materie�contemplate�dal�Titolo�VI�TUE�e�con�
riguardo�agli�strumenti�di�diritto�derivato�previsti�in�tale�medesimo�Titolo�
(decisioni,�decisioni-quadro,�convenzioni).�Tale�competenza�e�stata�espressa-
mente�conferita�alla�Corte�a�norma�del�combinato�disposto�dell'art.�35�par.2�
e�par.�3�lett.�b)�TUE,�tramite�dichiarazione�all'atto�della�firma�del�Trattato�di�
Amsterdam�con�la�quale�alcuni�Stati�membri�(in�particolare,�ad�oggi,�Belgio,�
Germania,�Grecia,�Italia,�Lussemburgo,�Paesi�Bassi,�Austria,�Portogallo,�Fin-
landia�e�Svezia)�hanno�ammesso�che�qualunque�giurisdizione�interna�possa�
chiedere�alla�Corte�di�pronunciarsi�in�ordine�all'interpretazione�o�alla�validita�
di�uno�degli�atti�sopra�indicati.�La�Spagna�ha�rimesso�invece�una�dichiarazione�
ai�sensi�dell'art.�35�par.�3�lett.�a),�che�prevede�la�stessa�possibilita�,�ma�per�le�
sole�giurisdizioni�nazionali�avverso�le�cui�decisioni�non�e�ammesso�ricorso.�

L'art.�35�TUE�prevede,�in�pratica,�un�mezzo�che�trasferisce�nel�settore�
materiale�sopra�richiamato�alcune�competenze�attualmente�esercitate�dalla�
Corte�di�Lussemburgo�nel�primo�pilastro,�conformemente�agli�artt.�230�e�
234�TCE.�Al�fine�di�completare�il�quadro�di�competenze�della�Corte�di�giusti-
zia�si�deve�segnalare�anche�il�disposto�dell'art.�46�TUE.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Il�quadro�giuridico�sopra�solamente�accennato�consente�di�cogliere�
l'indubbia�rilevanza�della�pronuncia�che�si�segnala.�Si�tratta,�in�buona�sintesi,�
del�primo�caso�in�cui�il�processo�di�integrazione�comunitario�riguardante�il�
settore�della�giustizia�penale�manifesta�in�pieno�i�suoi�concreti�effetti,�indivi-
duandosi�nella�Corte�di�giustizia�CE�l'organo�giurisdizionale�supremo�del-
l'ordinamento�giuridico�creato�dalle�norme�contenute�nel�terzo�pilastro.�

Si�ricorda�infine�che,�ai�sensi�dell'art.�6�TUE,�nel�contesto�di�norme�e�
regole�sopra�richiamate�la�Corte�di�giustizia�operera�nel�pieno�rispetto�dei�
principi�dello�stato�di�diritto�nonche�dei�diritti�fondamentali�come�gia�garan-
titi�dalle�tradizioni�costituzionali�comuni�degli�Stati�membri�e�dalle�pertinenti�
disposizioni�della�Convenzione�per�la�salvaguardia�dei�diritti�umani�(chenoto-
riamente�la�Corte�comunitaria�fa�proprie�riconducendole�nell'alveo�dei�prin-
cipi�generali�del�diritto�di�cui�la�stessa�ha�sino�ad�oggi�garantito�l'osservanza).�

(a 
cura 
dellaDirezione 
Generaleper 
l'Integrazione 


Europea 
del 
Ministero 
degli 
Esteri) 


Corte 
di 
Giustizia 
delle 
Comunita� 
Europee, 
Plenum, 
11 
febbraio 
2003, 
nelle 
cause 
riunite 
C-187/01 
e 
C-385/01 
^Presidente 
Rodr|�guez�Iglesias�^Relatore 
Schintgen�^Avv. 
Gen. 
Ruiz�Jarabo�Colomer�^Domande�di�pronuncia�pregiudiziale�dell'Oberlandesgericht�
di�Ko��ln�(Germania)�e�del�Rechtbank�van�eerste�aanlegte�di�Veurne�(Belgio)�nei�proce-
dimenti�penali�contro�Go��tu��tok�e�Bru�gge�^Interv.:�Governi�belga,�francese,�italiano�
(Avv.�dello�Stato�G.�Aiello),�olandese�e�tedesco,�nonche�Commissione�delle�Comunita�
europee.�

(Convenzione�19�giugno�1990�per�l'applicazione�dell'accordo�di�Schengen�14�giugno�1985,�art.�54).�
Il 
principio 
del 
ne�bis�in�idem, 
sancito 
dall'art. 
54 
della 
Convenzione 
di 
applicazione 
del-

l'AccordodiSchengen14giugno1985, 
traigovernidegliStatidell'UnioneeconomicaBenelux, 


della 
Repubblicafederale 
di 
Germania 
e 
della 
Repubblicafrancese 
relativo 
all'eliminazionegra-

dualedeicontrolliallefrontierecomuni,firmataa 
Schengen 
il19giugno 
1990, 
siapplicaanche 


nell'ambito 
di 
procedure 
di 
estinzione 
dell'azione 
penale, 
quali 
quelle 
di 
cui 
trattasi 
nelle 
cause 


principali, 
inforza 
delle 
quali 
ilpubblico 
ministero 
di 
uno 
Stato 
membro 
chiude, 
senza 
l'inter-

vento 
di 
un 
giudice, 
un 
procedimento 
penale 
promosso 
in 
questo 
Stato 
dopo 
che 
l'imputato 
ha 


soddisfattocertiobblighie, 
inparticolare,haversatounadeterminatasommadidenaro,stabi-

lita 
dalpubblico 
ministero. 


�(Omissis)�25.��Con�le�loro�questioni,�che�e�opportuno�esaminare�congiuntamente,�i�
giudici�del�rinvio�chiedono�in�sostanza�se�il�principio�del�ne 
bis 
in 
idem,�sancito�dall'art.�54�
della�CAAS,�si�applichi�anche�nell'ambito�di�procedure�di�estinzione�dell'azione�penale,�quali�
quelle�di�cui�trattasi�nelle�cause�principali.�

26.��Dal�dettato�stesso�dell'art.�54�della�CAAS�discende�che�nessuno�puo�essere�sotto-
posto�a�procedimento�penale�in�uno�Stato�membro�per�i�medesimi�fatti�per�i�quali�e�stato�
gia��giudicat[o]�con�sentenza�definitiva��in�un�altro�Stato�membro.�
27.��Orbene,�una�procedura�di�estinzione�dell'azione�penale,�del�tipo�di�quelle�in�essere�
nelle�cause�principali,�e�una�procedura�mediante�la�quale�il�pubblico�ministero,�legittimato�
a�tal�fine�dall'ordinamento�giuridico�nazionale�competente,�decide�di�chiudere�i�procedimenti�
penali�a�carico�dell'imputato�dopo�che�quest'ultimo�ha�soddisfatto�certi�obblighi�e,�in�parti-
colare,�ha�versato�una�determinata�somma�di�denaro,�stabilita�dal�detto�pubblico�ministero.�
28.��Di�conseguenza,�occorre�in�primo�luogo�rilevare�che,�nell'ambito�di�una�siffatta�
procedura,�l'azione�penale�si�estingue�mediante�una�decisione�emessa�da�un'autorita�incari-
cata�di�amministrare�la�giustizia�penale�nell'ordinamento�giuridico�nazionale�interessato.�
29.��In�secondo�luogo,�e�importante�rilevare�che�una�procedura�di�tale�tipo,�i�cui�
effetti,�quali�previsti�dalla�legge�nazionale�applicabile,�sono�subordinati�all'impegno�del-
l'imputato�di�eseguire�determinati�obblighi�prescritti�dal�pubblico�ministero,�colpisce�il�
comportamento�illecito�contestato�all'imputato.�

IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni�

30.��Alla�luce�di�cio�,e�giocoforza�concludere�che�quando,�a�seguito�di�un�procedi-
mento�del�tipo�di�quelli�di�cui�trattasi�nella�causa�principale,�l'azione�penale�si�estingue�defi-
nitivamente,�l'interessato�dev'essere�considerato��giudicat[o]�con�sentenza�definitiva�,�ai�
sensi�dell'art.�54�della�CAAS,�per�i�fatti�al�medesimo�contestati.�Inoltre,�una�volta�eseguiti�
gli�obblighi�a�carico�dell'imputato,�la�pena�collegata�alla�procedura�di�estinzione�dell'azione�
penale�dev'essere�considerata��eseguita�,�ai�sensi�della�medesima�disposizione.�
31.��Il�fatto�che�nessun�giudice�intervenga�nel�corso�di�una�siffatta�procedura�e�che�la�
decisione�presa�al�termine�di�quest'ultima�non�assuma�le�forme�di�una�sentenza�non�e�tale�
da�inficiare�questa�interpretazione,�in�quanto�siffatti�elementi�di�procedura�e�di�forma�non�
possono�avere�la�benche�minima�incidenza�sugli�effetti�di�questa�procedura,�descritti�nei�
punti�28�e�29�della�presente�sentenza,�i�quali,�in�assenza�di�un'espressa�indicazione�contraria�
nell'art.�54�della�CAAS,�devono�essere�considerati�sufficienti�a�consentire�l'applicazione�del�
principio�del�ne 
bis 
in 
idem,�previsto�da�questa�disposizione.�
32.��Peraltro,�e�importante�rilevare�che�nessuna�disposizione�del�titolo�VI�del�Trattato�
sull'Unione�europea,�sulla�cooperazione�di�polizia�e�giudiziaria�in�materia�penale,�i�cui�
artt.�34�e�31�sono�stati�indicati�come�fondamento�normativo�degli�artt.�54-58�della�CAAS,�
ne�dell'Accordo�di�Schengen�o�della�stessa�CAAS�assoggetta�l'applicazione�dell'art.�54�di�
quest'ultima�all'armonizzazione�o,�quanto�meno,�al�ravvicinamento�delle�legislazioni�penali�
degli�Stati�membri�nel�settore�delle�procedure�di�estinzione�dell'azione�penale.�
33.��Alla�luce�di�cio�,�il�principio�del�ne 
bis 
in 
idem,�sancito�nell'art.�54�della�CAAS,�a�
prescindere�dal�fatto�che�sia�applicato�nell'ambito�di�procedure�di�estinzione�dell'azione�
penale�che�necessitino�o�meno�dell'intervento�di�un�giudice�o�di�pronunce�giudiziali,�implica�
necessariamente�che�esiste�una�fiducia�reciproca�degli�Stati�membri�nei�confronti�dei�loro�
rispettivi�sistemi�di�giustizia�penale�e�che�ciascuno�di�questi�ultimi�accetta�l'applicazione�del�
diritto�penale�vigente�negli�altri�Stati�membri,�anche�quando�il�ricorso�al�proprio�diritto�
nazionale�condurrebbe�a�soluzioni�diverse.�
34.��Per�i�medesimi�motivi�l'applicazione�da�parte�di�uno�Stato�membro�del�principio�
del�ne 
bis 
in 
idem,�quale�enunciato�nell'art.�54�della�CAAS,�a�procedimenti�di�estinzione�del-
l'azione�penale�svoltisi�in�un�altro�Stato�membro�senza�l'intervento�di�un�giudice�non�puo�
essere�subordinato�alla�condizione�che�nemmeno�l'ordinamento�giuridico�del�primo�Stato�
richieda�un�simile�intervento�giurisdizionale.�

35.��Questa�interpretazione�dell'art.�54�della�CAAS�acquista�ancor�piu�valore�in�
quanto�e�la�sola�a�far�prevalere�l'oggetto�e�lo�scopo�di�questa�disposizione�su�aspetti�proce-
durali�o�meramente�formali,�che�variano�del�resto�secondo�gli�Stati�membri�interessati,�e�a�
garantire�una�proficua�applicazione�di�detto�principio.�
36.��A�tale�proposito,�da�un�lato,�occorre�rilevare�che,�come�risulta�dall'art.�2,�primo�
comma,�quarto�trattino,�UE,�con�il�Trattato�di�Amsterdam�l'Unione�europea�si�e�prefissa�
lo�scopo�di�conservare�e�sviluppare�quest'ultima�quale�spazio�di�liberta�,�sicurezza�e�giustizia�
in�cui�sia�assicurata�la�libera�circolazione�delle�persone.�
37.��Inoltre,�come�si�desume�dal�primo�capoverso�del�preambolo�del�protocollo,�
l'attuazione�nell'ambito�dell'Unione�europea�dell'acquis 
di�Schengen,�di�cui�fa�parte�l'art.�54�
della�CAAS,�mira�a�promuovere�l'integrazione�europea�e,�in�particolare,�a�consentire�al-
l'Unione�di�trasformarsi�piu�rapidamente�in�uno�spazio�di�liberta�,�di�sicurezza�e�di�giustizia,�
che�quest'ultima�ha�lo�scopo�di�conservare�e�sviluppare.�
38.��Orbene,�l'art.�54�della�CAAS,�che�ha�lo�scopo�di�evitare�che�una�persona,per�il�
fatto�di�esercitare�il�suo�diritto�alla�libera�circolazione,�sia�sottoposta�a�procedimento�penale�
per�i�medesimi�fatti�sul�territorio�di�piu�Stati�membri,�puo�validamente�contribuire�alla�
realizzazione�compiuta�di�questo�scopo�solo�se�applicabile�anche�a�decisioni�che�chiudono�
definitivamente�i�procedimenti�penali�in�uno�Stato�membro,�benche�siano�adottate�senza�
l'intervento�di�un�giudice�e�non�assumano�le�forme�di�una�sentenza.�
39.��D'altronde,�gli�ordinamenti�giuridici�nazionali�che�prevedono�il�ricorso�a�proce-
dure�di�estinzione�dell'azione�penale,�quali�quelle�di�cui�trattasi�nelle�cause�principali,�lo�
fanno�solo�in�determinate�circostanze�o�per�determinati�reati�tassativamente�elencati�o�indi-
viduati,�i�quali,�in�linea�generale,�non�sono�tra�i�piu�gravi�e�sono�punibili�solo�con�sanzioni�
di�limitata�severita�.�
40.��Alla�luce�di�cio�,�la�limitazione�dell'applicazione�dell'art.�54�della�CAAS�alle�sole�
decisioni�di�archiviazione�dell'azione�penale�adottate�da�un�giudice�o�emanate�sotto�forma�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

di�sentenza�avrebbe�il�risultato�di�far�beneficiare�del�principio�del�ne 
bis 
in 
idem 
previsto�da�
questa�disposizione,�e�pertanto�della�libera�circolazione�che�quest'ultima�mira�ad�agevolare,�
i�soli�imputati�colpevoli�di�reati�per�i�quali,�a�causa�della�loro�gravita�o�delle�sanzioni�per�essi�
applicabili,�e�impossibile�far�ricorso�alla�definizione�semplificata�di�certi�procedimenti�
penali,�in�cui�consiste�una�procedura�di�estinzione�dell'azione�penale�del�tipo�di�quelle�di�
cui�trattasi�nelle�cause�principali.�

41.��I�governi�tedesco,�belga�e�francese�obiettano�tuttavia�che�non�solo�il�disposto�del-
l'art.�54�della�CAAS,�ma�anche�la�ratio 
di�questa�disposizione�e,�in�particolare,�i�suoi�rap-
porti�con�gli�artt.�55�e�58�della�detta�convenzione,�nonche�la�volonta�delle�parti�contraenti�
di�quest'ultima�e�certi�altri�atti�internazionali�aventi�un�oggetto�analogo�ostano�a�che�il�detto�
art.�54�sia�interpretato�nel�senso�di�una�sua�applicabilita�nell'ambito�di�procedure�di�estin-
zione�dell'azione�penale,�che�non�prevedano�l'intervento�di�alcun�giudice.�Il�governo�belga�
aggiunge�che,�ai�fini�dell'applicazione�di�quest'ultima�disposizione,�una�decisione�presa�al�
termine�di�un�procedimento,�quale�quello�di�cui�trattasi�nella�causa�Bru�gge,�sarebbe�assimila-
bile�ad�una�sentenza�definitiva�solo�qualora,�in�via�preliminare,�i�diritti�della�vittima�siano�
stati�debitamente�tutelati.�
42.��Per�quanto�concerne,�in�primo�luogo,�il�disposto�dell'art.�54�della�CAAS,�occorre�
ricordare,�come�risulta�dai�punti�26-38�della�presente�sentenza,�che,�in�considerazione�del-
l'oggetto�e�della�finalita�di�questa�disposizione,�l'uso�dei�termini�``giudicata�con�sentenza�
definitiva''�non�osta�a�che�quest'ultima�sia�interpretata�nel�senso�che�essa�e�parimenti�appli-
cabile�nell'ambito�di�procedure�di�estinzione�dell'azione�penale,�quali�quelle�di�cui�trattasi�
nelle�cause�principali,�che�non�prevedono�l'intervento�di�nessun�giudice.�
43.��In�secondo�luogo,�lungi�dall'imporre�che�l'art.�54�della�CAAS�sia�applicabile�uni-
camente�nell'ambito�di�sentenze�o�di�procedure�di�estinzione�dell'azione�penale�che�preve-
dano�l'intervento�di�un�giudice,�gli�artt.�55�e�58�della�CAAS�sono�compatibili�con�l'interpre-
tazione�di�tale�disposizione�quale�formulata�nei�punti�26-38�della�presente�sentenza.�
44.��Infatti�da�un�lato,�l'art.�55�della�CAAS,�poiche�consente�agli�Stati�membri�di�
derogare�all'applicazione�del�principio�del�ne 
bis 
in 
idem 
per�taluni�fatti�tassativamente�elen-
cati,�oggetto�di�sentenze�straniere,�deve�logicamente�vertere�sui�medesimi�atti�e�procedure�
di�quelli�mediante�i�quali,�per�i�detti�fatti,�una�persona�puo�essere�``giudicata�con�sentenza�
definitiva''�ai�sensi�dell'art.�54�della�CAAS.�Questa�conclusione�appare�tanto�piu�valida�se�
si�tiene�presente�che�gli�artt.�54�e�55�della�CAAS�utilizzano,�nella�maggior�parte�delle�ver-
sioni�linguistiche,�i�medesimi�termini�per�designare�tali�atti�e�procedure.�
45.��Dall'altro,�l'applicazione�dell'art.�54�della�CAAS�nell'ambito�di�procedure�di�
estinzione�dell'azione�penale�quali�quelle�di�cui�trattasi�nelle�cause�principali�non�e�tale�da�
privare�l'art.�58�della�CAAS�della�sua�efficacia�pratica.�Secondo�il�suo�dettato,�infatti,�questa�
disposizione�consente�agli�Stati�membri�di�applicare�norme�nazionali�di�portata�piu�ampia�
di�quelle�contenute�non�solo�nell'art.�54�della�CAAS,�ma�anche�in�tutte�le�disposizioni�di�
quest'ultima�relative�all'applicazione�del�principio�del�ne 
bis 
in 
idem.�Inoltre,�essa�non�con-
sente�loro�soltanto�di�applicare�quest'ultimo�a�decisioni�giudiziali�diverse�da�quelle�rientranti�
nel�campo�di�applicazione�del�detto�art.�54,�bens|�riconosce�loro,�a�livello�generale,�il�diritto�
di�applicare�disposizioni�nazionali�che�diano�a�questo�principio�una�portata�piu�ampia�o�
assoggettino�la�sua�applicazione�a�condizioni�meno�restrittive,�senza�nessun�rapporto�con�
la�natura�delle�decisioni�straniere�in�questione.�
46.��Per�quanto�concerne,�in�terzo�luogo,�la�volonta�delle�parti�contraenti,�quale�
sarebbe�desumibile�da�taluni�lavori�parlamentari�nazionali�riguardanti�la�ratifica�della�
CAAS�o�della�convenzione�tra�gli�Stati�membri�delle�Comunita�europee�25�maggio�1987,�
relativa�all'applicazione�del�principio�``ne 
bis 
in 
idem'',�che�contiene�nel�suo�art.�1�una�dispo-
sizione�sostanzialmente�identica�a�quella�dell'art.�54�della�CAAS,�basti�rilevare�che�questi�
lavori�sono�anteriori�all'integrazione�dell'acquis 
di�Schengen�nell'ambito�dell'Unione�euro-
pea,�operata�mediante�il�Trattato�di�Amsterdam.�
47.��In�ultimo,�per�quanto�concerne�la�tesi�del�governo�belga�secondo�la�quale�l'appli-
cazione�dell'art.�54�della�CAAS�a�transazioni�penali�rischierebbe�di�ledere�i�diritti�della�
vittima�di�un�reato,�e�importante�rilevare�che�il�principio�del�ne 
bis 
in 
idem,�quale�enunciato�
da�questa�disposizione,�ha�l'unico�effetto�di�evitare�che�una�persona�giudicata�con�sentenza�
definitiva�in�uno�Stato�membro�possa�essere�sottoposta�a�nuovi�procedimenti�penali�per�i�

IL 
CONTENZIOSO 
COMUNITARIO 
ED 
INTERNAZIONALE 
^le 
decisioni 


medesimi 
fatti 
in 
un 
altro 
Stato 
membro. 
Il 
detto 
principio 
non 
vieta 
alla 
vittima 
o 
a 
chiun-
que 
altro 
sia 
stato 
danneggiato 
dal 
comportamento 
dell'imputato 
di 
promuovere 
o 
di 
conti-
nuare 
un'azione 
civile 
diretta 
ad 
ottenere 
un 
risarcimento 
per 
il 
danno 
sofferto. 


48. 
�Alla 
luce 
di 
tutte 
le 
precedenti 
considerazioni 
occorre 
rispondere 
alle 
questioni 
proposte 
dichiarando 
che 
il 
principio 
del 
ne 
bis 
in 
idem, 
sancito 
dall'art. 
54 
della 
CAAS, 
si 
applica 
anche 
nell'ambito 
di 
procedure 
di 
estinzione 
dell'azione 
penale, 
quali 
quelle 
di 
cui 
trattasi 
nelle 
cause 
principali, 
in 
forza 
delle 
quali 
il 
pubblico 
ministero 
di 
uno 
Stato 
membro 
chiude 
senza 
l'intervento 
di 
un 
giudice, 
un 
procedimento 
penale 
promosso 
in 
questo 
Stato 
dopo 
che 
l'imputato 
ha 
soddisfatto 
certi 
obblighi 
e, 
in 
particolare, 
ha 
versato 
una 
determi-
nata 
somma 
di 
denaro, 
stabilita 
dal 
pubblico 
ministero 
(omissis)�. 

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

La�tutela�dei�prodotti�alimentari�di�qualita�dinanzi�ai�
giudici�comunitari:�le�operazioni�in 
loco 
di�affetta-
mento�del�Prosciutto�di�Parma�e�di�grattugia�del�
Grana�padano.�

(Corte�di�Giustizia�delle�Comunita�Europee,�Plenum,�20�maggio�2003,�

nelle�cause�C-108/01�e�C-469/00).�

La�Corte�di�Cassazione�francese�e�la�House�of�Lords�del�Regno�Unito�
avevano�posto�alcuni�quesiti�al�giudice�comunitario�per�sapere�se�fossero�
legittime�e�opponibili�agli�operatori�stranieri�le�prescrizioni�contenute�nei�
disciplinari�italiani�richiamati�nella�normativa�comunitaria�a�tutela�dei�pro-
dotti�con�denominazione�di�origine�protetta�(dop).�Queste�impongono,�per�
la�commercializzazione�di�confezione�dei�prodotti�con�le�denominazioni�
�Grana�Padano�grattugiato�fresco�e�Prosciutto�di�Parma�affettato�,�che�le�
operazioni�di�grattugia�e�di�affettamento�siano�eseguite�nel�luogo�italiano�di�
produzione.�

Le�controversie�si�sono�inserite�in�un�contesto�che�vede�alcuni�Paesi�del�
Sud�Europa,�che�intendono�tutelare�i�numerosi�prodotti�di�qualita��,�in�contra-
sto�con�altri�Paesi�del�Nord�Europa,�che�tendenzialmente�vedrebbero�invece�
con�favore�una�disciplina�meno�rigida�e�piu��permissiva.�Il�rischio�di�un�
depauperamento�di�prodotti�prestigiosi,�fortemente�apprezzati�dai�consuma-
tori,�e�il�conseguente�danno�per�la�bilancia�commerciale�dell'Italia,�che�vanta�
numerosissimi�prodotti�da�proteggere,�hanno�indotto�il�Governo�italiano�a�
sostenere�dinanzi�alla�Corte�in�Lussemburgo�con�fermezza�la�necessita��di�
una�piena�e�accurata�tutela�dei�prodotti�di�qualita��.�

Si�e��rilevato�in�particolare�che�le�prescrizioni�contenute�nei�disciplinari�
rispondono�a�precise�esigenze�di�garantire�la�qualita��del�prodotto.�Non�basta�

affatto,�perche�il�prodotto�sia�affettato�o�grattugiato�a�regola�d'arte,�che�esso�

sia�un�autentico��Grana�padano��o�un�autentico��Prosciutto�di�Parma�.�Le�

operazioni�di�grattugia�o�di�affettamento�sono�molto�delicate�e�debbono�

riguardare�un�prodotto�assolutamente�integro�e�con�particolari�caratteristi-

che�che�lo�rendano�idoneo�a�un�procedimento�di�elaborazione�che�non�ne�

alteri�le�caratteristiche�con�l'inevitabile�trascorrere�del�tempo�sia�pur�breve�

fra�l'elaborazione�stessa�e�la�vendita�al�pubblico.�Il�rispetto�di�tutte�le�caratte-

ristiche�e�di�tutti�i�passaggi�e��garantito�dal�controllo�in�loco�ad�opera�del-

l'organismo�appositamente�abilitato�secondo�la�normativa�comunitaria,�che�

richiama�le�prescrizioni�nazionali.�Non�e��assolutamente�sufficiente�dimo-

strare�che�il�formaggio�altrove�grattugiato�o�il�prosciutto�altrove�affettato�

provengono�da�forme�autentiche�di�Grana�padano�o�di�Prosciutto�di�Parma.�

Innanzitutto�cio��e��ben�difficile�da�verificare�in�concreto,�perche�e��ben�facile�

una�aggiunta,�sia�pure�in�bassa�percentuale,�di�prodotto�diverso,�difficilmente�

distinguibile.�Ma,�soprattutto,�non�e��assolutamente�possibile�garantire�che�

sia�stato�usato�un�prodotto�che�all'atto�dell'elaborazione�abbia�avuto�o�abbia�

conservato�le�caratteristiche�peculiari�richieste�per�la�maggior�appetibilita��di�

esso.�E�possibile�che�per�una�impropria�utilizzazione�del�prodotto�o�un�ine-

satto�svolgimento�dell'operazione,�senza�l'esperienza�e�i�controlli�della�zona�


IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni�

di�produzione,�il�prodotto�subisca�una�caduta�percentuale�di�qualita�,�piu�o�
meno�vistosa,�che�puo�,�a�lungo�andare,�compromettere�il�suo�buon�nome�
nel�mercato�(che,�per�tali�prodotti,�e�di�pura�e�alta�qualita�),�fino�ad�arrivare,�
addirittura,�ad�una�possibile�revoca�della�denominazione�protetta.�

La�tesi�del�Governo�italiano,�in�armonia�con�la�difesa�dei�Consorzi�dei�
prodotti�interessati,�e�stata�condivisa�e�sostenuta�in�giudizio�anche�dalla�
Commissione�delle�Comunita�europee�e�dai�Governi�francese�e�spagnolo,�
intervenuti�in�causa.�Di�segno�opposto�sono�state�invece�le�osservazioni�del�
Governo�britannico�e�le�conclusioni�assunte�dall'avvocato�generale�della�
Corte�S.�Alber,�il�quale�ultimo�ha�osservato�che�il�divieto�posto�dai�discipli-
nari�relativamente�al�luogo�di�confezionamento�del�prodotto�grattugiato�o�
affettato�si�porrebbe�in�contrasto�con�i�principi�comunitari�in�materia�di�
libera�circolazione�delle�merci,�donde�l'invalidita�parziale�della�regolamenta-
zione�comunitaria�che�tale�divieto�consentisse.�

La�Corte,�nella�scia�dell'indirizzo�gia�delineato�con�la�sua�sentenza�
16�maggio�2000,�nella�causa�C-388/1995,�Belgio�c.�Spagna,�relativamente�
all'imbottigliamento�del�vino�spagnolo�Rioja�nella�zona�di�origine�(in�questa�
Rassegna,�2000,�I,�162,�con�nota�di�Braguglia,�La�tutela�di�vini�di�qualita�
in�una�regione�determinata:�l'imbottigliamento�nella�zona�di�produzione),�ha�
aderito�alla�tesi�italiana,�dichiarando�che�sono�pienamente�compatibili�con�
la�normativa�comunitaria�le�prescrizioni�contenute�nei�disciplinari�italiani�
(opponibili,�pero�,�agli�operatori�economici�solo�se�portati�a�loro�conoscenza�
mediante�una�pubblicita�adeguata).�

E�una�grande�vittoria�per�l'Italia�e�per�i�prodotti�di�qualita�,�che�si�
affianca�a�quella�ottenuta�sulla�protezione�della�denominazione��parmi-
giano-reggiano��insidiato�dal�ben�diverso��parmesan��prodotto�in�altri�paesi�
(sentenza�25�giugno�2002,�nella�causa�C-66/00,�in�questa�Rassegna,�2002,�I,�
58,�con�nota�di�Fiumara,�La�tutela�comunitaria�delparmigiano�reggiano).�E�
un�riconoscimento�che�va�ben�oltre�il�caso�dei�due�prodotti�in�questione,�per-
che�segna�un�orientamento�di�quella�piu�rigorosa�tutela�di�tutti�i�prodotti�
tipici,�auspicata�in�particolare�dall'Italia,�a�difesa�della�forte�e�non�sempre�
leale�concorrenza�di�altri�prodotti�similari�molto�meno�pregiati.�

Quasi�contemporaneamente�alla�sentenza�della�Corte�e�intervenuto�il�
regolamento�CE�n.�692/2003�del�Consiglio�dell'8�aprile�2003,�che�ha�modifi-
cato�il�regolamento�2081/1992,�rafforzando�la�tutela�dei�prodotti�tipici�nel�
senso�auspicato�e�sostenuto�dall'Italia,�prescrivendo�che�i�disciplinari�dei�pro-
dotti�possono�contenere�la�descrizione�dei�metodi�di�condizionamento�da�ese-
guirsi�nella�zona�geografica�delimitata,�ritenuti�necessari�per�preservare�le�
caratteristiche�tipiche�dei�prodotti�ovvero�assicurarne�la�rintracciabilita�oil�
controllo.�In�tal�modo�viene�ad�essere�eliminato�anche�il�problema�della�ade-
guata�conoscenza�di�disciplinari�da�parte�degli�operatori�economici,�che�non�
potranno�piu�sottrarsi�al�loro�rispetto.�

Di�seguito�si�riporta�solo�la�motivazione�della�sentenza�sul�prosciutto�di�
Parma,�in�quanto�quella�sul�grana�padano,�oltre�a�risolvere�una�problematica�
temporale�ormai�esaurita�e�di�modesto�rilievo,�e�dello�stesso�tenore�mutatis�
mutandis.�

Avv.�Oscar�Fiumara�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Corte�di�Giustizia�delle�Comunita�Europee,�Plenum, 
20�maggio�2003,�nella�causa�C-108/01�^

Presidente�Rodr|�guez�Iglesias�^Relatore�Gulmann�^Avvocato�Generale�Alber�^
Domanda�di�pronuncia�pregiudiziale�proposta�dalla�House�of�Lords�(Regno�Unito)�
nella�causa�Consorzio�Prosciutto�di�Parma�e�Salumificio�S.�Rita�c.�Asda�Stores�Ltd�e�
Hygrade�Foods�Ltd�^Interv.:�Governi�del�Regno�Unito,�spagnolo,�francese�e�italiano�
(Avv.�dello�Stato�O.�Fiumara)�e�Commissione�delle�C.E.�(ag.�Iglesias�Buhigues).�

(Trattato�CE,�artt.�29�e�30;�regolamento�CEE�del�Consiglio�14�luglio�1992,�n.�2081;�art.�17,�regola-
mento�CE�della�Commissione�12�giugno�1996�n.�1107;�legge�13�febbraio�1990�n.�26;�decreto�mini-
steriale�15�febbraio�1993�n.�253).�

Il�regolamento�(CEE)�del�Consiglio�14�luglio�1992,�n.�2081,�relativo�alla�protezione�delle�

indicazionigeograficheedelledenominazionid'originedeiprodottiagricoliedalimentari,�modi-

ficato�dall'Atto�relativo�alle�condizioni�di�adesione�della�Repubblica�d'Austria,�della�Repubblica�

di�Finlandia�e�del�Regno�di�Svezia�e�agli�adattamenti�dei�Trattati�sui�quali�si�fonda�l'Unione�

europea,�dev'essere�interpretato�nel�senso�che�non�si�oppone�a�che�l'uso�di�una�denominazione�

di�origine�protetta�sia�subordinato�a�una�condizione�di�realizzazione,�nella�zona�di�produzione�

di�operazioni�quali�l'affettamento�e�il�confezionamento�delprodotto,�qualora�una�tale�condizione�

sia�prevista�nel�disciplinare.�
Ilfatto�disubordinare�l'uso�della�denominazionediorigineprotetta��prosciutto�diParma��

per�il�prosciutto�commercializzato�a�fette�alla�condizione�che�le�operazioni�di�affettamento�e�di�

confezionamento�siano�effettuate�nella�zona�diproduzione�costituisce�una�misura�di�effetto�equi-

valente�a�una�restrizione�quantitativa�all'esportazione�ai�sensi�dell'art.�29�CE,�ma�puo�essere�

considerato�giustificato�e�quindi�compatibile�con�quest'ultima�disposizione.�
Tuttavia,�la�condizione�di�cui�trattasi�non�e�opponibile�agli�operatori�economici,�se�non�e�

stata�portata�a�loro�conoscenza�mediante�una�pubblicita�adeguata�nella�normativa�comunitaria.�

Corte�di�Giustizia�delle�Comunita�Europee,�Plenum,�20�maggio�2003,�nella�causa�C-469/00�^

Presidente�Rodr|�guez�Iglesias�^Relatore�Gulmann�^Avvocato�Generale�Alber�^
Domanda�di�pronuncia�pregiudiziale�proposta�dalla�Cour�de�Cassation�(Francia)�nella�
causa�Ravil�contro�Bellon�e�Biraghi�^Interv.:�Governi�francese,�spagnolo�e�italiano�
(Avv.�dello�Stato�O.�Fiumara)�e�Commissione�della�C.E.�(ag.�Van�Lier).�

(Trattato�CE,�artt.�29�e�30;�regolamento�CEE�del�Consiglio�14�luglio�1992,�n.�2081,�art.�17;�regola-
mento�CE�della�Commissione�12�giugno�1996,�n.�1107;�legge�10�aprile�1954,�n.�125;�d.P.R.�30�otto-
bre�1955,�n.�1269).�

Per�quanto�riguarda�il�periodo�precedente�l'entrata�in�vigore�del�regolamento�(CE)�della�

Commissione�12�giugno�1996,�n.�1107,�relativo�alla�registrazione�delle�indicazioni�geografiche�

edelledenominazionidioriginenelquadrodellaproceduradicuiall'articolo�17delregolamento�

(CEE)�n.�2081/1992�del�Consiglio,�l'art.�29�CE�deve�essere�interpretato�nel�senso�che�non�si�

oppone�a�che�una�convenzione�conclusa�fra�due�Stati�membri�A�e�B,�quale�la�convenzione�tra�

laRepubblicafranceseelaRepubblica�italianaperlaprotezionedelledenominazionidiorigine,�

delle�indicazioni�di�provenienza�e�delle�denominazioni�di�alcuni�prodotti,�sottoscritta�a�Roma�il�

28�aprile�1964,�renda�applicabile�nello�Stato�membro�A�una�normativa�nazionale�dello�Stato�

membro�B,�come�quella�cui�si�riferisce�il�giudice�nazionale,�in�forza�della�quale�la�denomina-

zione�di�origine�di�un�formaggio,�protetta�nello�Stato�membro�B,�e�riservata,�per�il�formaggio�

commercializzato�grattugiato,�a�quello�grattugiato�e�confezionato�nella�zona�di�produzione.�
Il�regolamento�(CEE)�del�Consiglio�14�luglio�1992,�n.�2081,�relativo�alla�protezione�delle�

indicazionigeograficheedelledenominazionid'originedeiprodottiagricoliedalimentari,�modi-

ficato�dall'Atto�relativo�alle�condizioni�di�adesione�della�Repubblica�d'Austria,�della�Repubblica�

di�Finlandia�e�del�Regno�di�Svezia�e�agli�adattamenti�dei�Trattati�sui�quali�si�fonda�l'Unione�

europea,�deve�essere�interpretato�nel�senso�che�non�si�oppone�a�che�l'uso�di�una�denominazione�

di�origine�protetta�sia�subordinato�a�una�condizione�di�realizzazione,�nella�zona�di�produzione,�

di�operazioni�quali�la�grattugiatura�e�il�confezionamento�del�prodotto,�qualora�una�tale�condi-

zione�sia�prevista�nel�disciplinare.�
Ilfatto�disubordinarel'uso�dellaDOP�GranaPadano�perilformaggio�commercializzato�

grattugiato�alla�condizione�che�le�operazioni�di�grattugiatura�e�di�confezionamento�siano�effet-


IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni�

tuate�nella�zona�di�produzione�costituisce�una�misura�di�effetto�equivalente�a�una�restrizione�

quantitativa�all'esportazione�ai�sensi�dell'art.�29�CE,�ma�puo�essere�considerato�giustificato�e�

quindi�compatibile�con�quest'ultima�disposizione.�

Tuttavia�la�condizione�di�cui�trattasi�non�e�opponibile�agli�operatori�economici,�se�non�e�

stata�portata�a�loro�conoscenza�mediante�una�pubblicita�adeguata�nella�normativa�comunitaria.�

Nondimeno,�ilprincipio�di�certezza�del�diritto�non�esclude�che�questa�condizione�sia�considerata�

dalgiudice�nazionale�opponibileadoperatoricheabbiano�avviato�un'attivita�digrattugiatura�e�

di�confezionamento�del�prodotto�nel�corso�del�periodo�precedente�l'entrata�in�vigore�del�regola-

mento�n.�1107/1996,�qualora�questo�giudice�ritenga�che,�nel�corso�di�tale�periodo,�il�decreto�

4�novembre�1991�fosse�applicabile�in�forza�della�convenzione�tra�la�Repubblica�francese�e�la�

Repubblica�italiana,�dicuisopra,�edopponibileaisoggettiinteressatiinforzadellenormenazio-

nali�in�materia�dipubblicita�.�
�(Omissis)�La�causa�principale�

22.��L'Asda�gestisce�una�catena�di�supermercati�nel�Regno�Unito.�In�essi�vende,�in�
particolare,�prosciutto�recante�la�denominazione�``prosciutto�di�Parma'',�acquistato�gia�affet-
tato�presso�la�Hygrade,�che�acquista�essa�stessa�il�prosciutto�disossato�ma�non�affettato�
presso�un�produttore�italiano�membro�del�Consorzio.�Il�prosciutto�viene�affettato�e�confezio-
nato�ermeticamente�dalla�Hygrade�in�confezioni�contenenti�ciascuna�cinque�fette.�
23.��Le�confezioni�riportano�la�seguente�scritta:�``ASDA�A�taste�ofItaly�PARMA�HAM�
Genuine�Italian�Parma�Ham''�(``ASDA�Il�sapore�dell'Italia�PROSCIUTTO�DI�PARMA�
autentico�prosciutto�di�Parma�italiano'').�
24.��Sul�retro�delle�confezioni�si�legge�``PARMA�HAM�All�authentic�Asda�continental�
meats�are�made�by�traditional�methods�to�guarantee�their�authentic�flavour�and�quality''�
(``PROSCIUTTO�DI�PARMA.�Tutte�le�carni�genuine�Asda�che�provengono�dall'Europa�
continentale�sono�preparate�secondo�metodi�tradizionali�per�garantire�il�loro�sapore�auten-
tico�e�la�loro�autentica�qualita�'')�e�``Produced�in�Italy,packed�in�the�UICfor�Asda�Stores�Limi-
ted''�(``Prodotto�in�Italia,�confezionato�nel�Regno�Unito�per�la�Asda�Stores�Limited'').�
25.��Il�14�novembre�1997,�il�Consorzio�ha�avviato�nel�Regno�Unito�un�procedimento�
giudiziario�contro�la�Asda�e�la�Hygrade�affinche�fossero�emanate,�contro�queste�ultime,�
diverse�ingiunzioni�intese�essenzialmente�a�che�esse�cessassero�la�loro�attivita�,�poiche�
quest'ultima�sarebbe�incompatibile�con�i�regolamenti�vigenti�per�il�prosciutto�di�Parma.�
26.��Il�17�novembre�1997�esso�ha�chiesto�che�fossero�pronunciate�nei�confronti�di�que-
ste�societa�con�provvedimenti�d'urgenza�le�ingiunzioni�richieste�nella�sua�domanda�princi-
pale�e�nell'atto�di�citazione.�
27.��La�Asda�e�la�Hygrade�hanno�chiesto�il�rigetto�delle�domande�sostenendo,in�
particolare,�che�il�regolamento�n.�2081/1992�e/o�il�regolamento�n.�1107/1996�non�conferi-
vano�al�Consorzio�i�diritti�da�esso�fatti�valere.�
28.��Le�domande�sono�state�respinte.�
29.��Il�Consorzio�ha�interposto�appello�dinanzi�alla�Court�of�Appeal�(England�&�
Wales)�(Regno�Unito).�Il�Salumificio�e�stato�ammesso�ad�intervenire�in�questo�procedi-
mento.�L'appello�e�stato�respinto�il�1.�dicembre�1998.�
30.��Il�Consorzio�e�il�Salumificio�hanno�allora�adito�la�House�of�Lords.�
31.��Ritenendo�che�la�soluzione�della�controversia�dipendesse�dall'interpretazione�dei�
regolamentinn.�2081/1992e�1107/1996,�laHouse�ofLordshadecisodisospendereilproce-
dimento�e�di�sottoporre�alla�Corte�la�seguente�questione�pregiudiziale:�
``Se,�dal�punto�di�vista�del�diritto�delle�Comunita�europee,�il�regolamento�(CEE)�del�
Consiglio�n.�2081/1992,�letto�in�combinato�disposto�con�il�regolamento�(CE)�della�Commis-
sione�n.�1107/1996�e�con�il�disciplinare�relativo�al��Prosciutto�di�Parma��DOP,�attribuisca�
un�diritto�comunitario�valido,�che�puo�essere�fatto�valere�direttamente�dinanzi�al�giudice�di�
uno�Stato�membro,�alla�limitazione�della�vendita�al�dettaglio�come��prosciutto�di�Parma��
di�prosciutto�affettato�e�confezionato,�derivato�da�prosciutti�debitamente�esportati�da�Parma�
in�conformita�ai�requisiti�posti�dalla�DOP,�ma�che�non�e�stato�poi�affettato,�confezionato�
ed�etichettato�conformemente�al�disciplinare''.�
Sulla�questione�pregiudiziale.�

32.��In�via�preliminare,�occorre�constatare�che�il�disciplinare�in�base�al�quale�la�DOP�
``prosciutto�di�Parma''�e�stata�registrata�con�il�regolamento�n.�1107/1996�menziona�esplicita-
mente�il�requisito�di�un�affettamento�e�di�un�confezionamento�del�prodotto�nellazonadi�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

produzione�per�il�prosciutto�commercializzato�a�fette,�e�fa�riferimento�alla�legge�13�febbraio�
1990�nonche�al�decreto�15�febbraio�1993�relativamente�alle�condizioni�da�rispettare�in�forza�
di�disposizioni�nazionali,�ai�sensi�dell'art.�4,�n.�2,�lett.�i),�del�regolamento�n.�2081/1992.�

33.��Sempre�in�via�preliminare,�occorre�rilevare�che,�nella�causa�principale,�sono�in�
discussione�operazioni�di�affettamento�e�di�confezionamento�effettuate�in�una�fase�diversa�
rispetto�a�quelle�della�vendita�al�dettaglio�e�della�ristorazione,�per�le�quali�non�e�contestato�
il�fatto�che�non�si�applica�la�condizione�relativa�alla�realizzazione�di�dette�operazioni�nella�
zona�di�produzione.�
34.��Pertanto,�allorche�si�fara�riferimento,�nel�seguito�della�presente�sentenza,�alla�
condizione�di�affettamento�e�di�confezionamento�nella�zona�di�produzione,�saranno�conside-
rate�solo�le�operazioni�di�affettamento�e�di�confezionamento�effettuate�in�una�fase�diversa�
da�quelle�della�vendita�al�dettaglio�e�della�ristorazione.�
35.��Alla�luce�di�queste�osservazioni,�la�questione�pregiudiziale�comprende�in�sostanza�
quattro�elementi.�
36.�Ilprimoelementoriguardal'esameintesoadaccertareseilregolamenton.�2081/�
1992�debba�essere�interpretato�nel�senso�che�si�oppone�a�che�l'uso�di�una�DOP�sia�subordi-
nato�a�una�condizione�di�realizzazione,�nella�zona�di�produzione,�di�operazioni�quali�l'affet-
tamento�e�il�confezionamento�del�prodotto.�
37.��Il�secondo�elemento�riguarda�l'esame�inteso�ad�accertare�se�il�fatto�di�subordinare�
a�una�tale�condizione�l'uso�della�DOP�``prosciutto�di�Parma''�per�il�prosciutto�commercializ-
zato�a�fette�costituisca�una�misura�di�effetto�equivalente�a�una�restrizione�quantitativa�al-
l'esportazione�ai�sensi�dell'art.�29�CE.�
38.��Il�terzo�elemento�riguarda�l'esame�inteso�ad�accertare�se,�in�caso�affermativo,�la�
condizione�di�cui�trattasi�possa�essere�considerata�giustificata�e�quindi�compatibile�con�
quest'ultima�disposizione.�
39.��Infine,�il�quarto�elemento�riguarda�la�questione�se�questa�condizione�possa�essere�
fatta�valere�nei�confronti�degli�operatori�economici,�allorche�non�e�stata�portata�a�loro�cono-
scenza.�
Sullapossibilita�disubordinarel'usodiunaDOPaunacondizionedirealizzazione,�nellazonadi�

produzione,�di�operazioni�quali�l'affettamento�e�il�confezionamento�delprodotto.�

40.��Il�Consorzio,�il�Salumificio,�i�governi�spagnolo,�francese�e�italiano�nonche�la�
Commissioneritengonoinsostanzacheilregolamenton.�2081/1992consenta,inviadiprin-
cipio,�a�taluni�produttori�di�ottenere�che�l'uso�della�DOP�sia�subordinato�a�una�condizione�
di�realizzazione,�nella�zona�di�produzione,�di�operazioni�quali�l'affettamento�e�il�confeziona-
mento�del�prodotto.�
41.��L'Asda�e�la�Hygrade�nutrono�dubbi�sul�fatto�che�una�tale�condizione�possa�rien-
trare,�in�un�modo�qualsiasi,�nella�normativa�comunitaria.�Il�governo�del�Regno�Unito�ritiene�
che�il�regolamento�n.�2081/1992�non�conferisca�ai�produttori�il�diritto�di�vietare�la�vendita�
con�la�DOP�di�un�prodotto�affettato�e�confezionato�al�di�fuori�della�zona�di�produzione.�
42.��A�tal�riguardo,�occorre�constatare�che�sia�dalla�formulazione�sia�dalla�struttura�
del�regolamento�n.�2081/1992�risulta�che�il�disciplinare�costituisce�lo�strumento�che�deter-
mina�l'ampiezza�della�tutela�uniforme�che�questo�regolamento�introduce�nella�Comunita�.�
43.��Infatti,�l'art.�4,�n.�1,�del�regolamento�n.�2081/1992�subordina�il�beneficio�di�una�
DOP�alla�conformita�del�prodotto�a�un�disciplinare.�L'art.�8�dello�stesso�regolamento�subor-
dina�l'apposizione�della�menzione��DOP��su�un�prodotto�alla�conformita�di�quest'ultimo�al�
detto�regolamento�e�quindi�al�disciplinare,�mentre�l'art.�13�determina�poi�il�contenuto�della�
tutela�uniforme�conferita�alla�denominazione�registrata.�L'art.�10,�n.�1,�precisa�che�il�com-
pito�della�struttura�di�controllo�istituita�in�ogni�Stato�membro�e�quello�di�assicurare�che�i�
prodotti�recanti�una�DOP�rispondano�ai�requisiti�del�disciplinare.�
44.��Ai�sensi�dell'art.�4,�n.�2,�del�regolamento�n.�2081/1992,�il�disciplinare�comprende�
almeno�gli�elementi�elencati,�in�maniera�non�esaustiva,�in�questa�disposizione.�
45.��Esso�contiene�quindi,�in�particolare,�quelli�indicati�nella�detta�disposizione�sub�
b),�d),�e),�h)�e�i),�ossia:�
la�descrizione�del�prodotto,�delle�sue�principali�caratteristiche�fisiche,�chimiche,�
microbiologiche�e/o�organolettiche;�
gli�elementi�che�comprovano�che�il�prodotto�e�originario�di�una�zona�geografica�
delimitata;�


IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni�

la�descrizione�del�metodo�di�ottenimento�del�prodotto�e,�se�del�caso,�i�metodi�locali,�
leali�e�costanti;�

gli�elementi�specifici�dell'etichettatura�connessi�alla�dicitura��DOP�;�

le�eventuali�condizioni�da�rispettare�in�forza�di�disposizioni�comunitarie�e/o�nazionali.�

46.��Il�disciplinare�contiene�quindi�la�definizione�dettagliata�del�prodotto�protetto,�
stabilita�dai�produttori�interessati,�sotto�il�controllo�dello�Stato�membro�che�lo�trasmette,�
quindi�della�Commissione�che�registra�la�DOP,�nell'ambito�o�della�procedura�normale�di�
cui�agli�artt.�5-7,�o�della�procedura�semplificata�di�cui�all'art.�17�del�regolamento�n.�2081/�
1992.�

47.��Questa�definizione�determina�al�tempo�stesso�l'estensione�degli�obblighi�da�rispet-
tare�ai�fini�dell'uso�della�DOP�e,�come�suo�corollario,�l'ampiezza�del�diritto�protetto�nei�con-
fronti�dei�terzi�per�effetto�della�registrazione�della�DOP,�che�sancisce�a�livello�comunitario�
norme�enunciate�o�cui�si�fa�riferimento�nel�disciplinare.�

48.��A�tal�riguardo,�si�deve�constatare�che�la�formulazione�dell'art.�4�del�regolamento�
n.�2081/1992�non�esclude�affatto�che�siano�adottate�regole�tecniche�particolari�che�si�appli-
cano�alle�operazioni�che�portano�a�diverse�presentazioni�sul�mercato�di�uno�stesso�prodotto,�
affinche�quest'ultimo,�da�un�lato,�soddisfi,�per�ciascuna�di�queste�presentazioni,�il�criterio�
di�qualita�che�i�consumatori,�secondo�il�terzo�``considerando''�di�questo�regolamento,�hanno�
tendenza�a�privilegiare�da�diversi�anni�e,�dall'altro,�offra�la�garanzia�di�un'origine�geografica�
certa,�sempre�piu�ricercata�secondo�lo�stesso�``considerando''.�

49.��In�considerazione�di�questi�due�obiettivi,�regole�tecniche�particolari�possono�
essere�di�conseguenza�adottate�per�operazioni�quali�l'affettamento�e�il�confezionamento�del�
prodotto.�

50.��Occorre�quindi�concludere�che�il�regolamento�n.�2081/1992�dev'essere�interpre-
tato�nel�senso�che�non�si�oppone�a�che�l'uso�di�una�DOP�sia�subordinato�a�una�condizione�
di�realizzazione,�nella�zona�di�produzione,�di�operazioni�quali�l'affettamento�e�il�confeziona-
mento�del�prodotto,�qualora�una�tale�condizione�sia�prevista�nel�disciplinare.�
Sulla 
natura 
della 
misura 
di 
effetto 
equivalente 
a 
una 
restrizione 
quantitativa 
all'esportazione 


della 
condizione 
di 
affettamento 
e 
di 
confezionamento 
del 
prodotto 
nella 
zona 
di 
produ-

zioneperlaDOP 
``prosciutto 
diParma''. 


51.��La�Asda�e�la�Hygrade�sostengono�che�condizioni�relative�al�confezionamento�di�
un�prodotto�possono�costituire�restrizioni�ai�sensi�degli�artt.�28�CE�e�29�CE.�In�particolare,�
l'applicazione�nel�Regno�Unito�di�una�norma�in�forza�della�quale�il�prosciutto�di�Parma�
commercializzato�a�fette�potrebbe�beneficiare�della�DOP�solo�se�e�stato�affettato�e�confezio-
nato�nella�zona�di�produzione�potrebbe�manifestamente�ostacolare�direttamente�o�indiretta-
mente,�in�atto�o�in�potenza,�il�commercio�intracomunitario.�

52.��Il�governo�del�Regno�Unito�ritiene�che�la�condizione�di�cui�trattasi�nella�causa�
principale�costituisca�una�restrizione�quantitativa�all'esportazione.�
53.��A�tal�riguardo,�si�deve�ricordare�che,�secondo�una�giurisprudenza�costante,�il�
divieto�di�restrizioni�quantitative�nonche�di�misure�di�effetto�equivalente�vale�non�solo�per�i�
provvedimenti�nazionali,�ma�del�pari�per�quelli�adottati�dalle�istituzioni�comunitarie�(v.,�in�
particolare,�sentenze�25�giugno�1997,�causa�C-114/1996,�Kieffer�e�Thill,�Racc.,�I-3629,�punto�
27,�e�13�settembre�2001,�causa�C-169/1999,�Schwarzkopf,�Racc.,�I-5901,�punto�37).�

54.��L'art.�29�CE�vieta�tutti�i�provvedimenti�che�hanno�l'oggetto�o�l'effetto�di�restrin-
gere�specificamente�le�correnti�d'esportazione�e�di�costituire�in�tal�modo�una�differenza�di�
trattamento�fra�il�commercio�interno�di�uno�Stato�membro�ed�il�suo�commerciod'esporta-
zione,�cos|�da�assicurare�un�vantaggio�particolare�alla�produzione�nazionale�o�al�mercato�
interno�dello�Stato�interessato�(v.,�in�particolare,�a�proposito�di�misure�nazionali,�sentenza�
23�maggio�2000,�causa�C-209/1998,�Sydhavnens�Steh�&�Grus,�Racc.,�I-3743,�punto�34).�
55.��Come�e�stato�constatato�al�punto�32�della�presente�sentenza,�il�disciplinare�della�
DOP�``prosciutto�di�Parma''�menziona�esplicitamente�il�requisito�di�un�affettamento�e�di�un�
confezionamento�del�prodotto�nella�zona�di�produzione�per�il�prosciutto�commercializzato�
a�fette�e�fa�riferimento�alla�legge�13�febbraio�1990,�nonche�al�decreto�15�febbraio�1993�relati-
vamente�alle�condizioni�da�rispettare�in�forza�di�disposizioni�nazionali,�ai�sensi�dell'art.�4,�
n.�2,�lett.�i)�del�regolamento�n.�2081/1992.�In�quanto�registra�la�DOP��prosciutto�di�Parma�,�
il�regolamento�n.�1107/1996�fa�cos|�dell'affettamento�e�del�confezionamento�nella�zona�di�
produzione�una�condizione�di�utilizzo�della�DOP�``prosciutto�di�Parma''�per�il�prosciutto�
commercializzato�a�fette.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

56.��Questa�condizione�ha�come�conseguenza�che�prosciutto�prodotto�nella�zona�di�
produzione,�che�soddisfa�le�altre�condizioni�richieste�per�poter�beneficiare�della�DOP�``pro-
sciutto�di�Parma''�non�puo��essere�affettato�al�di�fuori�di�tale�zona,�salvo�essere�privato�di�
questa�denominazione.�
57.��Per�contro,�il�prosciutto�di�Parma�trasportato�all'interno�della�zona�di�produzione�
conserva�il�suo�diritto�alla�DOP�allorche�e��ivi�affettato�e�confezionato�conformemente�alle�
norme�cui�fa�riferimento�il�disciplinare.�
58.��Queste�norme�hanno�quindi�per�effetto�di�restringere�specificamente�le�correnti�di�
esportazione�del�prosciutto�che�puo��recare�la�DOP�``prosciutto�di�Parma''�e�di�creare�cos|��
una�disparita��di�trattamento�tra�il�commercio�interno�di�uno�Stato�membro�e�il�suo�commer-
cio�di�esportazione.�Pertanto,�esse�comportano�restrizioni�quantitative�all'esportazione�ai�
sensi�dell'art.�29�CE�(v.,�nello�stesso�senso,�sentenza�16�maggio�2000,�causa�C-388/1995,�Bel-
gio/Spagna,�Racc.,�I-3123,�punti�38�e�40-42).�

59.��Si�deve�quindi�concludere�che�il�fatto�di�subordinare�l'uso�della�DOP�``prosciutto�
di�Parma''�per�il�prosciutto�commercializzato�a�fette�alla�condizione�che�le�operazioni�di�
affettamento�e�di�confezionamento�siano�effettuate�nella�zona�di�produzione�costituisce�una�
misura�di�effetto�equivalente�a�una�restrizione�quantitativa�all'esportazione�ai�sensi�del-
l'art.�29�CE.�
Sulla 
giustificazione 
della 
condizione 
di 
af
ffettamento 
e 
di 
confezionamento 
del 
prodotto 
nella 


zona 
diproduzione. 


60.��Il�Consorzio,�il�Salumificio,�i�governi�spagnolo�e�italiano�nonche�la�Commissione�
fanno�valere�che,�nella�citata�sentenza�Belgio/Spagna,�la�Corte�ha�dichiarato�che�una�misura�
di�effetto�equivalente�a�una�restrizione�quantitativa�all'esportazione,�costituita�dall'obbligo�
di�imbottigliare�un�vino,�cui�e��attribuita�una�denominazione�di�origine,�nella�sua�zona�di�pro-
duzione�per�poter�utilizzare�la�denominazione�di�origine,�era�giustificata�in�quanto�era�intesa�
a�preservare�la�reputazione�della�denominazione�garantendo,�oltre�all'autenticita��del�
prodotto,�il�mantenimento�delle�sue�qualita��e�delle�sue�caratteristiche.�Essi�ritengono�che�la�
giurisprudenza�che�deriva�da�questa�sentenza�possa�essere�trasferita�alla�condizione�di�affet-
tamento�e�di�confezionamento�del�prosciutto�di�Parma�nella�zona�di�produzione,�in�quanto�
questa�condizione�e��giustificata�ai�fini�della�garanzia�dell'autenticita��e�della�qualita��del�
prodotto.�Il�governo�francese�sottolinea�che�questa�condizione�consente�di�garantire�che�il�
prodotto�sia�originario�dell'area�geografica.�
61.��La�Asda,�la�Hygrade�e�il�governo�del�Regno�Unito�affermano�che�le�operazioni�di�
affettamento�e�di�confezionamento�non�incidono�sulla�qualita��del�prosciutto�di�Parma�e�
non�pregiudicano�la�sua�autenticita��.�Basandosi�su�questa�premessa,�il�governo�del�Regno�
Unito�ritiene�che�l'iter�logico�seguito�nella�citata�sentenza�Belgio/Spagna,�che�si�dovrebbe�
in�effetti�seguire�nella�presente�causa,�debba�portare�a�una�soluzione�contraria�rispetto�a�
quella�adottata�in�tale�sentenza.�
62.��In�via�preliminare,�occorre�ricordare�che,�conformemente�all'art.�30�CE,�l'art.�29�
CE�lascia�impregiudicati�i�divieti�o�restrizioni�all'esportazione�giustificati�da�motivi,�in�parti-
colare,�di�tutela�della�proprieta��industriale�e�commerciale.�
63.��Occorre�rilevare�che�la�normativa�comunitaria�manifesta�una�tendenzagenerale�
alla�valorizzazione�della�qualita��dei�prodotti�nell'ambito�della�politica�agricola�comune,�al�
fine�di�promuoverne�la�reputazione�grazie,�in�particolare,�all'uso�di�denominazioni�di�origine�
oggetto�di�una�tutela�particolare�(v.�sentenza�Belgio/Spagna,�cit.,�punto�53).�Tale�tendenza�
si�e��concretata�nel�settore�dei�vini�di�qualita��con�l'adozione�del�regolamento�(CEE)�del�Con-
siglio�16�marzo�1987,�n.�823,�che�stabilisce�disposizioni�particolari�per�i�vini�di�qualita��
prodotti�in�regioni�determinate�(Gazzetta 
Uf
fficiale 
L�84,�pag.�59),�abrogato�e�sostituito�dal�
regolamento�(CE)�del�Consiglio�17�maggio�1999,�n.�1493,�relativo�all'organizzazione�comune�
del�mercato�vitivinicolo�(Gazzetta 
Ufficiale 
L�179,�pag.�1).�Essa�si�e��manifestata�anche,�relati-
vamenteadaltriprodottiagricoli,conl'adozionedelregolamenton.�2081/1992,ilquale,alla�
luce�dei�suoi�``considerando'',�mira�in�particolare�a�soddisfare�l'attesa�dei�consumatori�in�
materia�di�prodotti�di�qualita��e�di�un'origine�geografica�certa�nonche�a�facilitare�il�consegui-
mento�da�parte�dei�produttori,�in�condizioni�di�concorrenza�uguali,�di�miglioriredditiin�
contropartita�di�uno�sforzo�qualitativo�reale.�

64.��Le�denominazioni�di�origine�rientrano�nei�diritti�di�proprieta��industriale�e�com-
merciale.�La�normativa�pertinente�tutela�i�beneficiari�contro�l'uso�illegittimo�delle�dette�

IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni�

denominazioni�da�parte�di�terzi�che�intendano�profittare�della�reputazione�da�esse�acquisita.�
Tali�denominazioni�sono�dirette�a�garantire�che�il�prodotto�cui�sono�attribuite�provenga�da�
una�zona�geografica�determinata�e�possieda�talune�caratteristiche�particolari.�Esse�possono�
godere�di�una�grande�reputazione�presso�i�consumatori�e�costituire�per�i�produttori�che�sod-
disfano�le�condizioni�per�usarle�un�mezzo�essenziale�per�costituirsi�una�clientela.�La�reputa-
zione�delle�denominazioni�di�origine�dipende�dall'immagine�di�cui�queste�godono�presso�i�
consumatori.�A�sua�volta�tale�immagine�dipende,�essenzialmente,�dalle�caratteristiche�parti-
colari�e,�in�generale,�dalla�qualita�del�prodotto.�E�quest'ultima,�in�definitiva,�che�costituisce�
il�fondamento�della�reputazione�del�prodotto�(v.�sentenza�Belgio/Spagna,�cit.,�punti�54-56).�
Nella�percezione�del�consumatore,�il�nesso�tra�la�reputazione�dei�produttori�e�la�qualita�dei�
prodotti�dipende,�inoltre,�dalla�sua�convinzione�che�i�prodotti�venduti�con�la�denominazione�
di�origine�sono�autentici.�

65.��Il�disciplinare�della�DOP�``prosciutto�di�Parma'',�imponendo�che�l'affettamento�e�
il�confezionamento�avvengano�nella�zona�di�produzione,�mira�a�consentire�ai�beneficiari�
della�DOP�di�conservare�il�controllo�di�una�delle�presentazioni�del�prodotto�sul�mercato.�
La�condizione�che�esso�pone�ha�come�fine�di�meglio�salvaguardare�la�qualita�e�l'autenticita�
del�prodotto�nonche�,�di�conseguenza,�la�reputazione�della�DOP,�di�cui�i�beneficiari�si�assu-
mono,�pienamente�e�collettivamente,�la�responsabilita�.�
66.��Pertanto,�una�condizione�quale�quella�di�cui�e�causa,�malgrado�i�suoi�effetti�
restrittivi�sugli�scambi,�dev'essere�considerata�conforme�al�diritto�comunitario�se�e�dimo-
strato�che�costituisce�un�mezzo�necessario�e�proporzionato�idoneo�a�preservare�la�reputa-
zione�della�DOP�``prosciutto�di�Parma''�(v.,�nello�stesso�senso,�sentenza�Belgio/Spagna,�cit.,�
punti�58�e�59).�
67.��A�tal�riguardo,�occorre�constatare�che�il�``prosciutto�di�Parma''�viene�consumato�
principalmente�a�fette�e�che�tutte�le�operazioni�che�portano�a�questa�presentazione�sono�con-
cepite�per�ottenere,�in�particolare,�un�sapore,�un�colore�e�una�struttura�determinati,�che�
saranno�apprezzati�dal�consumatore.�
68.��L'affettamento�e�il�confezionamento�del�prosciutto�costituiscono�quindi�opera-
zioni�importanti,�che�possono�nuocere�alla�qualita�e,�di�conseguenza,�alla�reputazione�della�
DOP�se�vengono�effettuate�in�condizioni�che�portano�a�un�prodotto�non�conforme�alle�
qualita�organolettiche�associate�a�quest'ultimo.�Queste�operazioni�possono�anche�compro-
mettere�la�garanzia�di�autenticita�del�prodotto,�poiche�hanno�necessariamente�come�conse-
guenza�l'eliminazione�della�marchiatura�di�origine�dalle�cosce�intere�utilizzate.�
69.��Il�disciplinare�della�DOP�``prosciutto�di�Parma'',�mediante�le�regole�che�prevede�e�
mediante�i�requisiti�che�devono�essere�rispettati�in�forza�delle�disposizioni�nazionali�alle�
quali�fa�riferimento,�istituisce�un�dispositivo�che�disciplina�in�maniera�dettagliata�e�rigorosa�
le�tre�fasi�che�portano�all'immissione�sul�mercato�di�prosciutto�preconfezionato�a�fette.�La�
prima�fase�comporta�il�disossamento�del�prosciutto,�la�preparazione�dei�pezzi,�la�refrigera-
zione�e�il�congelamento�di�questi�ai�fini�delle�operazioni�di�affettamento.�La�seconda�fase�
corrisponde�alle�operazioni�di�affettamento.�La�terza�consiste�nel�confezionamento�del�
prosciutto�affettato,�sotto�vuoto�o�in�atmosfera�protetta.�
70.��Tre�regole�principali�devono�essere�rispettate�nel�corso�del�processo�industriale.�
71.��In�primo�luogo,�dopo�un�controllo�dell'autenticita�delle�cosce�di�maiale�utilizzate,�
deve�essere�operata�una�selezione�tra�queste.�Solo�le�cosce�che�soddisfano�talune�condizioni�
aggiuntive�piu�restrittive,�relative�in�particolare�al�peso,�alla�durata�d'invecchiamento,�al�
contenuto�di�acqua,�al�tasso�di�umidita�interno,�all'assenza�di�difetti�visibili,�possono�essere�
affettate�e�confezionate.�La�selezione�continua�nelle�varie�fasi�del�processo,�allorche�
appaiono�anomalie�del�prodotto,�come�macchie�che�derivano�da�microemorragie,�zone�bian-
che�nei�muscoli,�o�ancora�la�presenza�di�grasso�intramuscolare�eccessivo,�che�non�potevano�
essere�scoperte�prima�del�disossamento�o�dell'affettamento.�
72.��In�secondo�luogo,�tutti�gli�operatori�della�zona�di�produzione�che�hanno�l'inten-
zione�di�affettare�e�confezionare�prosciutto�di�Parma�devono�essere�autorizzati�dalla�strut-
tura�di�controllo,�che�autorizza�anche�i�fornitori�di�confezioni.�
73.��In�terzo�luogo,�rappresentanti�della�struttura�di�controllo�devono�essere�presenti�
in�ciascuna�delle�tre�fasi�del�processo.�Essi�controllano�permanentemente�che�siano�rispettate�
tutte�le�prescrizioni�del�disciplinare,�ivi�compresa�la�marchiatura�del�prodotto�in�ciascuna�
fase.�A�conclusione�delle�operazioni,�essi�certificano�il�numero�di�confezioni�prodotte.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

74.��Le�differenti�fasi�danno�luogo�a�interventi�tecnici�e�di�controllo�molto�precisi,�che�
vertono�sull'autenticita�,�la�qualita�,�l'igiene�e�l'etichettatura.�Talune�richiedono�valutazioni�
specializzate,�in�particolare�nel�corso�delle�fasi�di�refrigerazione�e�di�congelamento�dei�pezzi.�
75.��In�tale�contesto,�si�deve�ammettere�che�i�controlli�effettuati�al�di�fuori�della�zona�
di�produzione�fornirebbero�meno�garanzie�in�merito�alla�qualita�e�all'autenticita�del�
prodotto�rispetto�a�quelli�effettuati�nella�zona�di�produzione�nel�rispetto�della�procedura�
prevista�dal�disciplinare�(v.,�nello�stesso�senso,�sentenza�Belgio/Spagna,�cit.,punto�67).�
Infatti,�da�un�lato,�i�controlli�effettuati�secondo�quest'ultima�procedura�presentano�un�carat-
tere�approfondito�e�sistematico�e�sono�effettuati�da�professionisti�che�hanno�una�conoscenza�
specializzata�delle�caratteristiche�del�prosciutto�di�Parma.�Dall'altro,�sarebbe�difficilmente�
concepibile�che�i�rappresentanti�dei�beneficiari�della�DOP�possano�instaurare,�efficacemente�
tali�controlli�negli�altri�Stati�membri.�
76.��Il�rischio�per�la�qualita�e�l'autenticita�del�prodotto�infine�offerto�al�consumo�e�,di�
conseguenza,�piu�rilevante�allorche�esso�e�stato�affettato�e�confezionato�al�di�fuori�della�zona�
di�produzione�che�non�nel�caso�in�cui�esso�e�stato�affettato�e�confezionato�all'interno�della�
detta�zona�(v.,�nello�stesso�senso,�sentenza�Belgio/Spagna,�cit.,�punto�74).�
77.��Questa�constatazione�non�e�inficiata�dalla�circostanza,�sottolineata�nella�presente�
causa,�secondo�cui�l'affettamento�del�prosciutto�puo�essere�effettuato,�quanto�meno�a�talune�
condizioni,�dadettagliantie�ristoratori�al�difuoridellazonadiproduzione.�Infatti,�quest'opera-
zione�deve�essere�effettuata,�in�via�di�principio,�dinanzi�al�consumatore,o,quanto�meno,�
quest'ultimo�puo�richiedere�che�questo�avvenga�al�fine,�in�particolare,�di�verificare�la�presenza�
del�marchio�di�origine�sulla�coscia�utilizzata.�In�particolare,�operazioni�di�affettamento�e�di�
confezionamento�effettuate�a�monte�della�fase�del�commercio�al�dettaglio�o�della�ristorazione�
costituiscono,�a�causa�dei�quantitativi�di�prodotti�interessati,�un�rischio�digranlunga�piu�con-
creto�per�la�reputazione�di�una�DOP,�in�caso�di�controllo�insufficiente�dell'autenticita�del�pro-
dotto�e�della�sua�qualita�,�rispetto�ad�operazioni�effettuate�da�dettaglianti�o�da�ristoratori.�
78.��Pertanto,�la�condizione�di�affettamento�e�di�confezionamento�nella�zona�di�pro-
duzione,�la�quale�e�diretta�a�preservare�la�reputazione�del�prosciutto�di�Parma�potenziando�
il�controllo�delle�sue�caratteristiche�particolari�e�della�sua�qualita�,puo�essere�considerata�
giustificata�come�misura�di�tutela�della�DOP�di�cui�beneficia�la�collettivita�degli�operatori�
interessati�e�che�riveste�per�questi�ultimi�un'importanza�decisiva�(v.,�nello�stesso�senso,�sen-
tenza�Belgio/Spagna,�cit.,�punto�75).�
79.��La�restrizione�che�ne�deriva�puo�essere�considerata�necessaria�per�la�realizzazione�
dell'obiettivo�perseguito,�nel�senso�che�non�esistono�misure�alternative�meno�restrittive�e�ido-
nee�a�conseguirlo.�
80.��A�tale�riguardo,�la�DOP��prosciutto�di�Parma��non�sarebbe�tutelata�in�modo�
comparabile�da�un�obbligo,�imposto�agli�operatori�stabiliti�al�di�fuori�della�zona�di�produ-
zione,�di�informare�i�consumatori,�mediante�un'adeguata�etichettatura,�del�fatto�che�l'affetta-
mento�e�il�confezionamento�sono�avvenuti�al�di�fuori�di�tale�zona.�Infatti,�un�pregiudizio�alla�
qualita�o�all'autenticita�di�un�prosciutto�affettato�e�confezionato�al�di�fuori�della�zona�di�
produzione,�dovuto�al�realizzarsi�dei�rischi�connessi�alle�operazioni�di�affettamento�e�di�
confezionamento,�potrebbe�nuocere�alla�reputazione�di�tutto�il�prosciutto�smerciato�con�la�
DOP�``prosciutto�di�Parma'',�compreso�quello�affettato�e�confezionato�nella�zona�di�produ-
zione�sotto�il�controllo�della�collettivita�beneficiaria�della�DOP�(v.,�nello�stesso�senso,�sen-
tenza�Belgio/Spagna,�cit.,�punti�76�e�77).�
81.��Occorre�quindi�concludere�che�il�fatto�di�subordinare�l'uso�della�DOP�``prosciutto�
di�Parma''�per�il�prosciutto�commercializzato�a�fette�alla�condizione�che�le�operazioni�di�
affettamento�e�di�confezionamento�siano�effettuate�nella�zona�di�produzione�puo�essere�con-
siderata�giustificata�e,�pertanto,�compatibile�con�l'art.�29�CE.�
Sull'opponibilita�aglioperatorieconomicidellacondizionediaffettamento�ediconfezionamento�

nella�zona�di�produzione.�

Osservazionipresentate�alla�Corte.�

82.��Il�Consorzio�e�il�Salumificio�ritengono�che�la�condizione�di�affettamento�e�di�con-
fezionamento�nella�zona�di�produzione,�prevista�dal�disciplinare�della�DOP�``prosciutto�di�
Parma'',�possa�essere�fatta�valere�dinanzi�ai�giudici�nazionali.�A�loro�parere,�un�operatore�
potrebbe�far�valere�la�sua�ignoranza�di�questa�condizione�derivante�da�atti�e�disposizioni�ai�
quali�non�ha�accesso�solo�nel�caso�in�cui�fosse�richiesta�nei�suoi�confronti�l'applicazione�di�

IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni�

una�sanzione.�Analogamente�al�governo�italiano,�essi�ritengono�che�l'operatore�non�puo�per�
contro�far�valere�la�sua�ignoranza�della�condizione�allorche�,�come�nella�causa�principale,�
gli�e�richiesto�solo�di�porre�fine,�per�il�futuro,�alla�vendita�di�prosciutto�di�Parma�affettato�
e�confezionato�al�di�fuori�della�zona�di�produzione.�Essi�aggiungono�che,�inognicaso,�la�
Asda�e�la�Hygrade�non�hanno�incontrato�alcuna�difficolta�nella�causa�principale�per�ottenere�
e�utilizzare�liberamente�e�legittimamente�tutte�le�informazioni�e�tutti�i�documenti�necessari,�
in�particolare�una�versione�in�lingua�inglese�del�disciplinare,�disponibile�dal�1997.�

83.��Il�governo�francese�sostiene�che,�in�applicazione�dell'art.�249�CE,�ogni�soggetto�
puo�far�valere�direttamente�un�regolamento�comunitario�dinanzi�a�un�giudice�nazionale�nel-
l'ambito�di�un�procedimento�civile.�
84.��La�Commissione�afferma�che�la�mancata�pubblicazione�del�disciplinarerisulta�
dalla�struttura�del�regolamento�n.�2081/1992�e�dalla�procedura�di�registrazione�specifica�
attuata.�A�suo�parere,�la�questione�pregiudiziale�posta�tocca�l'essenza�stessa�della�normativa�
e�mette�in�discussione�tutta�la�procedura�di�registrazione�prevista�dal�regolamento�n.�2081/�
1992.�La�mancata�pubblicazione�del�disciplinare�deriverebbe�da�una�scelta�deliberata�del�
legislatore�comunitario�nell'ambito�della�procedura�semplificata.�Questa�procedura�avrebbe�
raggruppato�tutte�le�denominazioni�gia�protette�dalle�normative�nazionali.�Le�denomina-
zioni�registrate�nell'ambito�della�sua�applicazione�sarebbero�state�gia�ben�conosciute�non�
solo�dal�pubblico,�ma,�verosimilmente,�anche�dagli�operatori�economici,�che�fossero�impor-
tatori,�distributori�o�venditori�al�dettaglio.�Si�dovrebbe�anche�supporre�che�questi�operatori�
commercializzavano�i�prodotti�di�cui�trattasi�prima�della�registrazione�della�DOP.�L'intento�
perseguito�dal�legislatore�comunitario�sarebbe�stato�unicamente�quello�di�concedere�alle�
denominazioni�gia�protette�a�livello�nazionale�il�beneficio�della�protezione�comunitaria�dopo�
la�verifica,�da�parte�della�Commissione,�della�loro�conformita�con�i�termini�e�le�condizioni�
degli�artt.�2�e�4�del�regolamento�n.�2081/1992.�
85.��La�Asda�e�la�Hygrade�sostengono�che�un�provvedimento�non�pubblicato�nella�
Gazzetta�Ufficiale�delle�Comunita�europee�non�puo�essere�attuato�nei�confronti�di�un�singolo�
allorche�,�come�nella�causa�principale,�quest'ultimo�non�e�legittimato�ad�ottenere�una�copia�
di�questo�provvedimento,�che�sia�nella�sua�lingua�o�in�un'altra�lingua.�Nonostante�il�princi-
pio�dell'efficacia�diretta�dei�regolamenti,�previsto�all'art.�249�CE,�un�provvedimento�comuni-
tario�potrebbe�far�sorgere�diritti�individuali�solo�se�e�sufficientemente�chiaro,�preciso�e�
incondizionato.�La�portata�e�l'efficacia�di�una�normativa�comunitaria�dovrebbero�essere�
chiare�e�prevedibili�dai�singoli,�sotto�pena�di�violazione�del�principio�di�certezza�del.�diritto�
e�di�quello�di�trasparenza.�Le�norme�adottate�dovrebbero�consentire�agli�interessati�di�cono-
scere�con�precisione�la�portata�degli�obblighi�che�ad�essi�incombono.�La�mancata�pubblica-
zione�di�un�atto�osterebbe�a�che�obblighi�stabiliti�da�questo�atto�siano�imposti�a�un�singolo.�
Inoltre,�un�obbligo�imposto�dal�diritto�comunitario�dovrebbe�essere�facilmente�accessibile�
nella�lingua�dello�Stato�membro�dove�deve�essere�applicato.�In�mancanza�di�una�traduzione�
ufficiale,�un�provvedimento�comunitario�non�potrebbe�far�venir�meno�i�diritti�di�singoli�sia�
nell'ambito�di�procedimenti�civili�sia�in�quello�di�procedimenti�penali.�Se�il�Consorzio�fosse�
autorizzato�a�far�rispettare,�dinanzi�a�un�giudice�nazionale,�un�disciplinare�non�pubblicato,�
i�principi�di�certezza�del�diritto�e�di�trasparenza�sarebbero�violati.�Di�conseguenza,�le�dispo-
sizioni�relative�a�questo�disciplinare�non�potrebbero�avere�efficacia�diretta.�

86.��Il�governo�del�Regno�Unito�rileva�che�il�regolamento�n.�1107/1996�indica�solo�che�
la�denominazione��prosciutto�di�Parma��e�una�DOP.�Nulla�in�questa�DOP�indicherebbe�
che�un�operatore�che�ha�acquistato�prosciutto�di�Parma�non�possa�affettarlo�e�confezionarlo�
ai�fini�della�sua�vendita�al�consumatore.�Nulla�nella�natura�delle�operazioni�attirerebbe�l'at-
tenzione�dell'operatore�sul�fatto�che�la�DOP�``prosciutto�di�Parma''�non�puo�essere�utilizzata�
per�le�fette�tagliate�al�di�fuori�della�zona�di�produzione�da�un�prosciutto�che�recava�legittima-
mente�la�DOP.�Qualsiasi�divieto�di�utilizzare�la�DOP�``prosciutto�di�Parma''�dovrebbe�essere�
trasparente�e�facilmente�accessibile.�I�principi�di�trasparenza�e�di�accessibilita�verrebbero�
rispettati�solo�se�la�restrizione�puo�facilmente�essere�determinata�sulla�base�di�pubblicazioni�
ufficiali�della�Comunita�.�
Giudizio�della�Corte�

87.��Occorre�ricordare�che,�in�applicazione�dell'art.�249,�secondo�comma,�CE,�il�rego-
lamento,�atto�di�portata�generale,�e�obbligatorio�in�tutti�i�suoi�elementi�e�direttamente�appli-
cabile�in�ciascuno�degli�Stati�membri.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

88.��A�tale�titolo,�esso�non�solo�diritti,�ma�anche�obblighi�di�cui�i�singoli�possono�esi-
gere�il�rispetto�da�parte�di�altri�singoli�agendo�dinanzi�ai�giudici�nazionali.�
89.��Tuttavia,�l'imperativo�della�certezza�del�diritto�richiede�che�una�normativa�comu-
nitaria�consenta�agli�interessati�di�riconoscere�con�esattezza�l'estensione�degli�obblighi�
ch'essa�impone�loro�(v.�sentenza�1.�ottobre�1998,�causa�C-209/1996,�Regno�Unito/Commis-
sione,�Racc.,I-5655,�punto35).�
90.��Il�regolamento�n.�2081/1992�enuncia,�nel�dodicesimo�``considerando'',�che�per�
usufruire�della�protezione�in�ciascuno�degli�Stati�membri,�le�denominazioni�d'origine�devono�
essere�registrate�a�livello�comunitario�e�che�l'iscrizione�in�un�registro�consente�altres|�di�
garantire�l'informazione�degli�operatori�del�settore�e�dei�consumatori.�
91.��Tuttavia,�esso�non�prevede�la�pubblicazione�del�disciplinare�o�di�elementi�di�
quest'ultimo�nell'ambito�della�procedura�semplificata.�
92.��Il�regolamento�n.�1107/1996�si�limita�a�prevedere�che�la�denominazione�``pro-
sciutto�di�Parma''�e�registrata�in�quanto�DOP�ai�sensi�dell'art.�17�del�regolamento�n.�2081/�
1992.�
93.��In�quanto�opera�questa�registrazione,�esso�sancisce�a�livello�comunitario�le�condi-
zioni�enunciate�o�cui�si�fa�riferimento�nel�disciplinare�e,�in�particolare,�quella�che�impone�la�
realizzazione�delle�operazioni�di�affettamento�e�di�confezionamento�nella�zona�di�produ-
zione.�Questa�condizione�comporta�per�i�terzi�un�obbligo�di�non�fare,�che�puo�essere�sanzio-
nato�civilmente,�e�perfino�penalmente.�
94.��Ora,�come�hanno�ammesso�nel�corso�del�procedimento�tutti�gli�intervenienti�che�
si�sono�espressi�al�riguardo,�la�tutela�conferita�da�una�DOP�non�si�estende�di�solito�ad�
operazioni�quali�l'affettamento�e�il�confezionamento�del�prodotto.�Queste�operazioni�sono�
vietate�ai�terzi�al�di�fuori�della�zona�di�produzione�solo�se�una�condizione�in�tal�senso�e�pre-
vista�espressamente�nel�disciplinare.�
95.��In�tale�contesto,�il�principio�di�certezza�del�diritto�richiedeva�che�la�condizione�di�
cui�trattasi�fosse�portata�a�conoscenza�dei�terzi�mediante�una�pubblicita�adeguata�nella�nor-
mativa�comunitaria,�pubblicita�che�avrebbe�potuto�essere�realizzata�mediante�la�menzione�
di�questa�condizione�nel�regolamento�n.�1107/1996.�
96.��Non�essendo�stata�portata�a�conoscenza�dei�terzi,�la�detta�condizione�non�puo�
essere�fatta�valere�nei�loro�confronti�dinanzi�a�un�giudice�nazionale,�che�sia�aifini�diuna�
sanzione�penale�o�nell'ambito�di�un�procedimento�civile.�
97.��Non�si�puo�utilmente�sostenere�che�la�pubblicazione�delle�condizioni�contenute�
nel�disciplinare�non�fosse�necessaria 
nell'ambito�della�procedura�semplificata�di�cui�all'art.�17�
del�regolamento�n.�2081/1992,�per�il�fatto�che�le�denominazioni�registrateerano�gia�ben�
conosciute�dal�pubblico�e�dagli�operatori�economici�e�l'intento�perseguito�dal�legislatore�
comunitario�era�unicamente�quello�di�estendere�a�livello�comunitario�una�protezione�gia�
esistente�a�livello�nazionale.�
98.��Infatti,�prima�dell'adozione�del�regolamento�n.�2081/1992,�le�denominazioni�di�
origine�erano�protette�da�disposizioni�nazionali�pubblicate�e�applicabili,�in�via�di�principio,�
sul�solo�territorio�dello�Stato�membro�che�le�aveva�adottate,�con�riserva�di�convenzioni�inter-
nazionali�che�estendevano�la�protezione�al�territorio�di�altri�Stati�membri,�di�comune�
accordo�tra�i�contraenti.�Ora,�con�quest'ultima�riserva,�non�si�puo�presumere�che,�in�conse-
guenza�di�una�tale�situazione,�le�condizioni�relative�alle�dette�denominazioni�di�origine�fos-
sero�necessariamente�conosciute�dal�pubblico�e�dagli�operatori�economici�di�tutta�la�Comu-
nita�,�ivi�comprese�quelle�relative�all'esatta�estensione�della�protezione,�determinata�da�disci-
plinari�e�da�disposizioni�nazionali�di�contenuto�tecnico,�redatte�nella�lingua�nazionale�dello�
Stato�membro�interessato.�
99.��Occorre�quindi�concludere�che�la�condizione�di�affettamento�e�di�confeziona-
mento�del�prodotto�nella�zona�di�produzione�non�e�opponibile�agli�operatori�economici,�se�
non�e�stata�portata�a�loro�conoscenza�mediante�una�pubblicita�adeguata�nella�normativa�
comunitaria�(omissis)�.�

IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni�

Un�blocco�autostradale�per�motivi�ambientali:�
liberta�di�riunione�e�liberta�di�traffico�

(Corte 
di 
Giustizia 
delle 
Comunita� 
Europee, 
Plenum, 
12 
giugno 
2003, 
nella 
causa 
C-112/00) 
La�Corte�ha�condiviso�in�pieno�il�punto�di�vista�del�governo�italiano,�

che,�nel�corso�della�discussione�orale,�richiamate�e�condensate�le�osservazioni�

scritte�precedentemente�depositate,�aveva�rilevato�quanto�segue.�
L'autostrada�del�Brennero�(A13)�collega�Innsbruck,�in�Austria,�alla�fron-

tiera�con�l'Italia,�al�valico�del�Brennero.�Essa�rappresenta�una�delle�principali�

vie�di�collegamento�rapido�per�l'interscambio�fra�il�Nord�Europa�(in�partico-

lare�la�Germania)�e�l'Italia.�Le�problematiche�connesse�alla�intensita�del�traf-

fico�interfrontaliero�hanno�indotto�ad�una�regolamentazione�comunitaria�

limitativa�fondata�sul�sistema�dei�c.d.��ecopunti�.�
E�fin�troppo�evidente�l'interesse�che�possono�avere�gli�operatori�da�e�per�

l'Italia,�nonche�l'intera�economia�italiana,�acche�nessuno�ponga�ostacoli�al�

libero�traffico�su�questa�importantissima�via�di�comunicazione.�
Ed�e�altres|�fin�troppo�evidente�che�un�qualsiasi�indebito�impedimento,�

anche�solo�temporaneo,�al�libero�traffico�costituisce�in�linea�di�principio�una�

misura�suscettibile�di�ostacolare�direttamente�o�indirettamente,�attualmente�o�

potenzialmente,�il�commercio�intracomunitario;�misura�vietata,�in�via�dimas-

sima,�dall'art.�28�del�Trattato.�E�gli�Stati�membri�debbono�assicurare,�ai�sensi�

dell'art.�10�del�Trattato,�le�liberta�fondamentali�indicate�dal�Trattato�stesso.�
Le�considerazioni�che�precedono�non�possono�pero�sviare�il�Governo�

italiano�dal�suo�impegno�di�leale�cooperazione�con�la�Corte,�cui�si�onora�di�

portare�il�proprio�contributo�all'interpretazione�della�normativa�comunitaria,�

nonche�con�la�Commissione�e�con�gli�altri�Stati�membri.�
E�in�questa�prospettiva�il�Governo�italiano�ribadisce�in�questa�sede�il�

punto�di�vista�gia�espresso�nelle�proprie�osservazioni�scritte,�pur�auspicando�

che,�nel�rispetto�dei�principi�sulla�tutela�da�un�lato�dei�diritti�fondamentali�

di�cui�alla�Convenzione�sulla�salvaguardia�dei�diritti�dell'uomo�e�dall'altro�

delle�liberta�fondamentali�del�Trattato�CE�e�nell'equo�contemperamento�

degli�interessi�che�possono�talvolta�contrapporsi,�ogni�Stato�membro�assicuri�

il�massimo�impegno�a�garantire�seriamente�quella�liberta�di�traffico�che�ora,�

nella�presente�circostanza,�e�oggetto�della�vertenza.�
E�certamente�vero�^ripetiamo�^che�per�il�combinato�disposto�degli�

art.�10�e�28�del�Trattato�la�liberta�di�traffico�garantisce�la�libera�circolazione�

delle�merci;�ed�ogni�ostacolo�ad�essa�frapposto�e�da�ritenersi�in�via�di�princi-

pio�vietato.�
Nel�caso�di�specie,�pero�,�l'ostacolo�proviene�dall'esercizio�di�un�diritto�

fondamentale�da�parte�di�un�gruppo�di�cittadini.�Ovviamente�non�e�questa�

la�sede�per�verificare�se�essi�hanno�o�non�hanno�ragione�di�dolersi�della�situa-

zione.�Quel�che�e�indubitabile�e�che�essi�hanno�esercitato�un�diritto�di�liberta�

fondamentale�espressamente�garantito�dall'art.�11�della�citata�Convenzione�

sui�diritti�dell'uomo.�
Tale�art.�11�stabilisce�che�il�diritto�alla�liberta�di�riunione��non�puo�

essere�oggetto�di�altre�limitazioni�oltre�quelle�previste�dalla�legge�e�che�costi-

tuiscono�misure�necessarie,�in�una�societa�democratica,�per�la�sicurezza�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

nazionale,�per�la�sicurezza�pubblica,�per�la�difesa�dell'ordine�e�per�la�preven-
zione�dei�delitti,�per�la�protezione�della�salute�o�della�morale�o�per�la�prote-
zione�dei�diritti�e�della�liberta�degli�altri�.�

Il�rispetto�dei�diritti�fondamentali�quali�garantiti�dalla�suddetta�Conven-
zione�e�espressamente�previsto�dal�paragrafo�2�del�vecchio�art.�F�del�Trattato�
sull'Unione�europea�e�dal�paragrafo�2�del�nuovo�art.�6,�il�quale,�anzi,�al�para-
grafo�1,�precisa�che��l'Unione�si�fonda�(anche)�sul�rispetto�dei�diritti�del-
l'uomo�e�delle�liberta�fondamentali�.�

I�diritti�dell'uomo�e�le�liberta�fondamentali�garantite�dalla�Convenzione�
di�salvaguardia�prevalgono�sulle�quattro�liberta�del�Trattato�CE,�fra�cui�la�
liberta�di�circolazione�delle�merci�e�la�connessa�liberta�di�traffico?�Noi�rite-
niamo�di�s|�,�perche�l'Unione�non�solo�garantisce�il�rispetto�delle�liberta�fon-
damentali�ma�addirittura�su�esso�si�fonda.�Ma,�in�definitiva,�non�e�neanche�
necessario�stabilire�una�gerarchia�delle�fonti,�perche�il�problema�del�bilancia-
mento�fra�le�liberta�fondamentali�e�le�liberta�del�Trattato�CE�si�puo�risolvere�
mediante�un�raccordo�fra�le�stesse�norme�comunitarie.�

Infatti�da�un�lato�puo�dirsi�che�l'art.�11�della�Convenzione�consente�una�
limitazione�delle�liberta�fondamentali,�purche�il�limite�sia�fissato�dalla�legge�
e�sia�necessario�per�garantire,�fra�l'altro,�i�diritti�e�le�liberta�degli�altri:�e�po-
trebbe�dirsi�che,�appunto,�l'art.�28�del�Trattato�CE�pone�un�limite�perche�esso�
intende�tutelare�anche�i�diritti�e�le�liberta�degli�altri.�Ma�da�un�altro�lato�
ben�puo�rilevarsi�che�a�fronte�della�liberta�dell'art.�28�del�Trattato�CE�v'e�
anche�la�liberta�fondamentale�di�riunione�prevista�nella�Convenzione,�il�cui�
rispetto�e�richiamato�dal�Trattato�dell'Unione.�Quindi,�al�piu�,�potrebbe�par-
larsi�di�una�concorrenza�di�norme�di�pari�rango,�che�impone�un�reciproco�
rispetto�e�dunque,�in�caso�di�contrasto,�un�equo�contemperamento�degli�inte-
ressi�in�giuoco:�cioe�in�tanto�la�liberta�di�riunione�va�rispettata,�in�quanto�
non�pregiudichi�eccessivamente�la�liberta�di�traffico;�e�viceversa.�Ma�in�defi-
nitiva,�quand'anche�vi�fosse�una�gerarchia�fra�le�fonti,�con�una�supremazia�
dei�diritti�fondamentali�della�Convenzione�rispetto�alle�liberta�del�Trattato�
CE,�pur�sempre�vi�dovrebbe�essere�una�valutazione�della�ragionevolezza�del�
sacrificio�della�liberta�sottordinata�a�garanzia�del�rispetto�della�liberta�
sovraordinata.�

In�ogni�caso,�quindi,�si�pone�un�problema�di�chi�deve�effettuare�la�valu-
tazione�e�la�comparazione�degli�interessi�in�giuoco,�per�assicurare�un�equili-
brio�nella�situazione�concreta.�

Orbene�e�chiaro�che,�di�norma,�la�liberta�di�riunione�in�ben�pochi�casi�
puo�collidere�con�la�liberta�di�traffico,�sicche�in�generale�non�si�pongono�pro-
blemi.�Allorche�una�possibilita�di�conflitto�sorge,�essa�non�puo�che�impingere�
nel�settore�dell'ordine�pubblico�e�della�pubblica�sicurezza:�in�effetti�^come�
del�resto�e�accaduto�nel�caso�di�specie�^in�tanto�puo�prospettarsi�un�impedi-
mento�al�traffico�in�quanto�la�riunione�assuma�l'aspetto�di�una�manifesta-
zione�pubblica,�con�la�partecipazione�di�un�gruppo�piu�o�meno�vasto,�ma�cer-
tamente�numeroso,�di�persone�(si�pensi�non�solo�a�manifestazioni�di�protesta�
locali,�ma�alle�grandi�manifestazioni�sindacali,�locali�e�nazionali,�agli�scio-
peri,�che�possono�coinvolgere�blocchi�del�traffico�stradale,�ferroviario,�
navale,�aereo).�E�appunto�nel�caso�di�specie�si�tratta�di�una�manifestazione�


IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni�

pubblica�che,�per�il�raggiungimento�del�suo�scopo�e�della�sua�visibilita�,si�
svolge�proprio�con�un�blocco�stradale,�cioe�un�blocco�di�quel�traffico�che�essa�
intende�contestare.�

Orbene�e�proprio�l'art.�30�del�Trattato�CE�che�prevede�che��le�disposi-
zioni�degli�artt.�28�e�29�lasciano�impregiudicati�i�divieti�o�restrizioni...�al�
transito�giustificati�da�motivi...�di�ordine�pubblico�(e)�di�pubblica�sicu-
rezza...�.�La�valutazione�di�questa�incidenza�delle�ragioni�di�ordine�pubblico�
e�di�pubblica�sicurezza�rientra�indubbiamente�nei�poteri�delle�autorita�nazio-
nali�preposte�alla�loro�tutela�nell'ambito�territoriale�di�loro�esclusiva�compe-
tenza.�

In�quasi�tutte�le�osservazioni�scritte�(e�nel�corso�della�discussione�orale)�
e�stata�richiamata�la�sentenza�della�Corte�9�dicembre�1997,�nella�causa�
C-265/1995,�Commissione�c.�Francia,�nel�caso�delle�fragole�spagnole.�Ivi�la�
Corte�ha�appunto�precisato�(punto�33)�che��gli�Stati�membri,�che�restano�i�
soli�competenti�quanto�al�mantenimento�dell'ordine�pubblico�e�alla�salva-
guardia�della�sicurezza�interna,�fruiscono�di�una�discrezionalita�per�stabilire�
quali�siano,�in�una�determinata�situazione,�i�provvedimenti�piu�atti�ad�elimi-
nare�gli�ostacoli�all'importazione�dei�prodotti�.�E�chiaro�che�lo�stesso�princi-
pio�vale�a�maggior�ragione�allorche�si�tratta�non�di�adottare�misure�per�eli-
minare�ostacoli�posti�da�terzi�privati,�ma�di�adottare�un�provvedimento�
(esplicito�o�implicito)�che�consente�l'esercizio�di�un�diritto�fondamentale,�
quale�la�liberta�di�riunione,�sia�pur�con�il�sacrificio�di�un'altra�liberta�,che�
pero�certamente�non�e�sovraordinata.�

Ma�la�Corte�^si�e�obiettato�^ha�pur�precisato�(punto�35)�che�ad�essa�
spetta,��tenendo�conto�dei�poteri�discrezionali�sopramenzionati,�accertare,�
nei�casi�in�cui�e�investita,�se�lo�Stato�membro�considerato�abbia�adottato�
misure�idonee�a�garantire�la�libera�circolazione�delle�merci�.�Questo�e�veris-
simo�e�giustissimo.�Ma�la�verifica�della�Corte�e�una�verifica�del�rispetto�da�
parte�dello�Stato�membro�dei�suoi�obblighi�comunitari�e�quindi�va�condotta�
nell'ambito�e�a�conclusione�di�un�procedimento�che�l'abbia�investita�ex 
art.�226�del�Trattato�(ex 
art.�169),�come�e�avvenuto�nel�caso�francese.�

Ivi�la�Corte�ha�constatato�l'inadempimento�dello�Stato�riconoscendo�la�
fondatezza�delle�contestazioni�mosse,�ai�sensi�della�norma�sopracitata,�dalla�
Commissione;�essa�ha�infatti�precisato�(punto�65)�che��nella�specie�il�
Governo�francese�ha�omesso,�manifestamente 
e 
costantemente,�di�adottare�
provvedimenti�sufficienti�ed�adeguati�per�far�cessare�gli�atti�vandalici�che�
compromettono�sul�suo�territorio�la�libera�circolazione�di�taluni�prodotti�
agricoli�originari�di�altri�Stati�membri�e�per�impedire�il�reiterarsi�di�tali�atti�.�

Nel�nostro�caso�non�v'e�stato�alcun�procedimento�di�infrazione;�allo�
Stato�membro�non�e�stata�mossa�alcuna�contestazione;�nella�vicenda�si�
discute�di�un�solo�blocco�stradale�ad�opera�di�manifestanti�autorizzati�
(espressamente�o�implicitamente)�alla�riunione,�durato�per�un�breve�periodo.�
Certamente�la�Commissione,�nell'ambito�delle�sue�specifiche�competenze,�
vigila�e�dovra�sempre�vigilare�sul�comportamento�degli�Stati,�intervenendo�
tutte�le�volte�che�anche�un�mero�eccesso�di�potere�da�parte�delle�autorita�
nazionali�sia�tale�da�costituire�violazione�di�un�obbligo�comunitario.�Confi-
diamo�che�le�autorita�austriache�esercitino�sempre�legittimamente�e�razional-


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

mente�i�loro�poteri,�a�garanzia�certamente�dei�diritti�fondamentali�dei�citta-
dini,�ma�anche�nel�rispetto�delle�liberta�altrui,�fondamento�e�ragione�della�
stessa�esistenza�della�nostra�Comunita�,�che�noi�auspichiamo�essere�sempre�
piu�coesa.�

Avv. 
Oscar 
Fiumara 


Corte 
di 
Giustizia 
delle 
Comunita' 
Europee, 
Plenum,�12 
giugno 
2003, 
nella 
causa 
C-112/00 
-
Presidente 
Rodr|�guez�Iglesias�-Relatore 
Schintgen�^Avvocato 
Gen.�Jacobs�^Domanda�
di�pronuncia�pregiudiziale�proposta�dall'Oberlandesgericht�di�Innsbruck�nella�causa�
civile�Schimidberger�c.�Rep.�Austria�^Interv.:�Governi�austriaco,�greco,�olandese,�fin-
landese�ed�italiano�(Avv.�dello�Stato�O.�Fiumara)�e�Commissione�delle�Comunita�euro-
pee�(ag.�Schieterer�e�Grunwald).�

(Trattato�CE,�artt.�10,�28,�29�e�30;�Convenzione�europea�per�la�salvaguardia�dei�diritti�dell'uomo�e�
delle�liberta�fondamentali,�4�novembre�1950,�art.�11).�

Ilfatto 
che 
le 
autorita� 
competenti 
di 
uno 
Stato 
membro 
non 
abbiano 
vietato 
una 
manifesta-

zione 
nelle 
circostanze 
di 
cui 
alla 
causa 
principale 
(un 
blocco 
stradale 
di 
circa 
30 
ore 
dell'auto-

strada 
del 
Brennero 
promosso 
da 
un'associazione 
con 
finalita� 
essenzialmente 
ambientali 
per 


protestare 
contro 
la 
densita� 
del 
traffico 
dei 
veicoli 
commerciali) 
non 
e� 
incompatibile 
con 
gli 


artt. 
30 
e 
44 
del 
Trattato 
CE(divenuti, 
in 
seguito 
a 
modifica, 
artt. 
28 
CE 
e 
30 
CE), 
letti 
in 
com-

binato 
disposto 
con 
l'art. 
5 
del 
Trattato 
CE 
(divenuto 
art. 
10 
CE). 


�(omissis)�1.��Con�ordinanza�1.�febbraio�2000,�giunta�in�cancelleria�il�24�marzo�suc-
cessivo,�l'Oberlandesgericht�Innsbruck�ha�sottoposto�alla�Corte,�ai�sensi�dell'art.�234�CE,�
sei�questioni�pregiudiziali�vertenti�sull'interpretazione�degli�artt.�30,�34�e�36�del�Trattato�
CE�(divenuti,�in�seguito�a�modifica,�artt.�28�CE,�29�CE�e�30�CE),�letti�in�combinato�disposto�
con�l'art.�5�del�Trattato�CE�(divenuto�art.�10�CE),�nonche�sui�presupposti�della�responsabi-
lita�di�uno�Stato�membro�per�danni�cagionati�ai�privati�in�ragione�delle�violazioni�del�diritto�
comunitario.�

2.��Tali�questioni�sono�state�sollevate�nell'ambito�di�una�controversia�che�oppone�la�
Eugen�Schmidberger,�Internationale�Transporte�und�Planzu��ge�(in�prosieguo:�la��Schmidber-
ger�)�alla�Republik�O�sterreich�(in�prosieguo:�la��Repubblica�d'Austria�),�avente�ad�oggetto�
l'autorizzazione�implicitamente�accordata�dalle�autorita�competenti�di�quest'ultima�a�un'as-
sociazione�con�finalita�essenzialmente�ambientali�ad�organizzare�una�manifestazione�sull'au-
tostrada�del�Brennero�che�ha�comportato�il�blocco�completo�della�circolazione�sull'auto-
strada�stessa�per�quasi�trenta�ore�(omissis).�
Causaprincipale 
e 
questionipregiudiziali 
10.��Risulta�dal�fascicolo�della�causa�principale�che�il�15�maggio�1998�l'associazione�
Transitforum�Austria�Tirol,�il�cui�obiettivo�e�la��tutela�dello�spazio�vitale�nella�regione�
alpina�,�ha�informato�la�Bezirkshauptmannschaft�Innsbruk,�ai�sensi�degli�artt.�2�della�VslG�
e�86�della�StVO,�che�si�sarebbe�tenuta�una�manifestazione�sull'autostrada�del�Brennero�
(A13)�dal�venerd|�12�giugno�1998,�alle�ore�11,�al�sabato�13�giugno�1998,�alle�ore�15,�la�quale�
avrebbe�comportato,�per�tutto�il�periodo�indicato,�la�chiusura�totale�della�circolazione�in�tale�
autostrada�sul�tratto�tra�l'area�di�sosta�dell'Europabru�cke�ed�il�casello�di�Scho��nberg�
(Austria).�
11.��Il�giorno�stesso,�il�presidente�dell'associazione�citata�ha�tenuto�una�conferenza�
stampa,�a�seguito�della�quale�i�media�austriaci�e�tedeschi�hanno�diffuso�informazioni�in�
ordine�alla�chiusura�dell'autostrada�del�Brennero.�Anche�i�clubs 
automobilistici�austriaci�e�
tedeschi,�essendo�stati�previamente�informati,�hanno�fornito�indicazioni�pratiche�ai�viaggia-
tori,�precisando�in�particolare�che�tale�autostrada�doveva�essere�evitata�nel�periodoinque-
stione.�
12.��In�data�21�maggio�1998,�la�Bezirkshauptmannschaft�ha�chiesto�alla�Sicherheit-
sdirektion�fu��r�Tirol�istruzioni�in�merito�all'annunciata�manifestazione.�In�data�3�giugno�
1998,�il�Sicherheitsdirektor�ha�dato�ordine�di�non�vietarla.�Il�10�giugno�1998�si�e�tenuta�una�
riunione�dei�rappresentanti�delle�varie�autorita�locali�allo�scopo�di�garantire�il�regolare�svol-
gimento�della�manifestazione�stessa.�

IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni�

13.��Ritenendo�tale�manifestazione�lecita�ai�sensi�del�diritto�austriaco,la�Bezirks-
hauptmannschaft�ha�deciso�di�non�vietarla,�senza�tuttavia�verificare�se�la�sua�decisione�
potesse�violare�il�diritto�comunitario.�
14.��Tale�manifestazione�e��stata�effettivamente�organizzata�nel�luogo�e�alla�data�indi-
cati.�Di�conseguenza,�venerd|��12�giugno�1998,�a�partire�dalle�ore�9,�gli�automezzi�pesanti�
che�avrebbero�dovuto�attraversare�l'autostrada�del�Brennero�sono�stati�bloccati.�L'auto-
strada�e��stata�riaperta�alla�circolazione�sabato�13�giugno�1998�verso�le�ore�15�e�30,�salvi�i�
divieti�di�circolazione�applicabili,�ai�sensi�della�normativa�austriaca,�agli�automezzi�pesanti�
superiori�a�7,5�t�in�talune�fasce�orarie�il�sabato�e�la�domenica.�
15.��La�Schmidberger�e��un'impresa�di�trasporti�internazionali�avente�sede�a�Rot�an�
der�Rot�(Germania),�che�dispone�di�sei�automezzi�pesanti��silenziosi�e�non�inquinanti��con�
rimorchio.�L'attivita��principale�dell'impresa�consiste�nell'effettuare�trasporti�di�legname�dalla�
Germania�verso�l'Italia�e�trasporti�d'acciaio�dall'Italia�verso�la�Germania.�A�tal�fine,�i�suoi�
automezzi�utilizzano�essenzialmente�l'autostrada�del�Brennero.�
16.��La�Schmidberger�ha�presentato�ricorso�dinanzi�al�Landesgericht�Innsbruck�
(Austria)�al�fine�di�ottenere�la�condanna�dell'Austria�al�pagamento�in�suo�favore�della�
somma�di�140�000�ATS�a�titolo�di�danni,�in�quanto�a�cinque�dei�suoi�automezzi�era�stato�
impossibile�attraversare�l'autostrada�del�Brennero�per�quattro�giorni�consecutivi,�conside-
rando�che,�da�un�lato,�gioved|��11�giugno�1998�era�un�giorno�festivo�in�Austria,�mentre�il�13�
e�il�14�giugno�seguenti�erano�un�sabato�una�domenica,�e�che�d'altro�lato,�la�normativa�
austriaca�prevede�un�divieto�di�circolazione�degli�automezzi�pesanti�superiori�a�7,5�t�durante�
la�maggior�parte�dei�fine�settimana�nonche�dei�giorni�festivi.�Tale�autostrada�rappresente-
rebbe�l'unico�itinerario�percorribile�dai�suoi�veicoli�tra�la�Germania�e�l'Italia.�Il�mancato�
divieto�della�manifestazione�e�il�mancato�intervento�delle�autorita��austriache�per�impedire�
il�blocco�di�tale�asse�stradale�rappresenterebbero�un�'ostacolo�alla�libera�circolazione�delle�
merci.�Poiche�tale�ostacolo�non�sarebbe�giustificato�alla�luce�dei�diritti�alla�liberta��d'espres-
sione�ed�alla�liberta��di�riunione�dei�manifestanti,�esso�rappresenterebbe�una�violazione�del�
diritto�comunitario�e�farebbe�quindi�sorgere�la�responsabilita��dello�Stato�membro�interes-
sato.�Nella�fattispecie,�il�danno�subito�dalla�Schmidberger�deriverebbe�dalla�immobilizza-
zione�dei�suoi�automezzi�pesanti�(50�000�ATS),�dalle�spese�fisse�per�gli�autisti�(5�000�ATS)�
e�da�un�mancato�guadagno�risultante�dagli�sconti�concessi�ai�clienti�a�causa�dei�rilevanti�
ritardi�nel�trasporto�delle�merci,�nonche�dalla�mancata�esecuzione�di�sei�trasporti�tra�la�Ger-
mania�e�l'Italia�(85�000�ATS).�
17.��La�Repubblica�d'Austria�ha�chiesto�il�rigetto�di�tale�ricorso,�poiche�la�decisione�
di�non�vietare�la�manifestazione�preannunciata�sarebbe�stata�assunta�a�seguito�di�un�esame�
minuzioso�della�situazione�di�fatto,�poiche�in�Austria,�in�Germania�nonche�in�Italia�erano�
state�preliminarmente�diffuse�informazioni�sulla�data�della�chiusura�dell'autostrada�del�
Brennero�e�poiche�tale�manifestazione�non�avrebbe�dato�luogo�a�intasamenti�rilevanti�ne�
ad�altri�incidenti.�L'ostacolo�alla�libera�circolazione�derivante�da�una�manifestazione�sarebbe�
consentito�quando�l'ostacolo�che�essa�genera�non�ha�carattere�permanente�e�serio.�Il�bilan-
ciamento�di�interessi�in�causa�dovrebbe�favorire�le�liberta��d'espressione�e�di�riunione,�in�
quanto�i�diritti�fondamentali�sarebbero�intangibili�all'interno�di�una�societa��democratica.�
18.��Dopo�aver�preso�atto�che�non�era�stato�dimostrato�che�gli�autocarri�della�
Schmidberger�avrebbero�dovuto�attraversare�l'autostrada�del�Brennero�il12�e�il�13�giugno�
1998,�ne�che�non�vi�fosse�stata�la�possibilita��,�dopo�che�l'impresa�interessata�aveva�avuto�noti-
zia�dell'organizzazione�della�manifestazione,�di�modificare�gli�itinerarial�finedievitare�un�
danno,�con�sentenza�23�settembre�1999�il�Landesgericht�Innsbruck�ha�respintoilricorso,in�
quanto�tale�societa��di�trasporto,�da�un�lato,�non�avrebbe�adempiuto�agli�oneri�di�allegazione�
e�di�prova�ad�essa�incombenti�in�base�al�diritto�sostanziale�austriaco�relativi�al�presunto�
danno�economico�e,�d'altro�lato,�non�avrebbe,�ottemperato�all'obbligo,�su�di�essa�gravante�
ai�sensi�del�diritto�procedurale�austriaco,�di�esporre�tutti�i�fatti�su�cui�si�fonda�la�domanda�
e�che�sono�necessari�ai�fini�della�risoluzione�della�controversia.�
19.��La�Schmidberger�ha�quindi�interposto�appello�avverso�tale�sentenza�di�fronte�
all'Oberlandesgericht�Innsbruck,�il�quale�ritiene�necessario�tener�conto�delle�disposizioni�
del�diritto�comunitario�quando�si�tratti,�come�nel�caso�di�specie,�di�diritti�che�sono�fondati,�
almeno�in�parte,�su�quest'ultimo.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

20.��A�tal�proposito�sarebbe�necessario�stabilire,�in�primo�luogo,�se�il�principio�della�
libera�circolazione�delle�merci,�eventualmente�in�combinato�disposto�con�l'art.�5�del�Trattato,�
imponga�a�uno�Stato�membro�di�garantire�il�libero�accesso�alle�principali�vie�di�comunica-
zione�e�se�tale�obbligo�prevalga�sui�diritti�fondamentali,�quali�la�liberta�di�espressione�e�la�
liberta�di�riunione,�garantiti�dagli�artt.�10�e�11�della�Convenzione�europea�per�la�salvaguar-
dia�dei�diritti�dell'uomo�e�delle�liberta�fondamentali�(in�prosieguo:�la��CEDU�).�
21.��In�caso�di�risposta�affermativa,�il�giudice�di�rinvio�chiede,�in�secondo�luogo,�se�la�
violazione�del�diritto�comunitario�cos|�accertata�sia�sufficientemente�caratterizzata�da�far�
sorgere�la�responsabilita�dello�Stato.�Talune�questioni�interpretative�si�porrebbero,�in�parti-
colare,�per�quanto�concerne�la�determinazione�del�grado�di�precisione�e�di�chiarezza�degli�
artt.�5,�30,�34�e�36�del�Trattato.�
22.��Nella�fattispecie,�la�responsabilita�dello�Stato�potrebbe�sorgere�in�forza�di�un�
atto�normativo�erroneo�in�quanto�il�legislatore�austriaco�avrebbe�omesso�di�adeguare�la�
disciplina�relativa�alla�liberta�di�riunione�agli�obblighi�derivanti�dal�diritto�comunitario�e,�
in�particolare,�al�principio�della�libera�circolazione�delle�merci,�ovvero�sulla�base�di�una�vio-
lazione�amministrativa�in�quanto�le�autorita�nazionali�competenti�sarebbero�state�tenute,�in�
conformita�all'obbligo�di�cooperazione�e�di�lealta�di�cui�all'art.�5�del�Trattato,�a�interpretare�
il�diritto�interno�in�conformita�alle�disposizioni�del�Trattato�stesso�in�materia�di�libera�circo-
lazione�delle�merci,�per�quanto�tali�obblighi�derivanti�dal�diritto�comunitario�sono�diretta-
mente�applicabili.�
23.��Il�giudice�a 
quo 
si�interroga,�in�terzo�luogo,�sulla�natura�e�sull'importo�del�diritto�
al�risarcimento�del�danno�derivante�dalla�responsabilita�dello�Stato.�Esso�si�chiede�quanto�
rigorosa�debba�essere�la�prova�della�causa�e�dell'entita�del�danno�arrecato�da�una�violazione�
del�diritto�comunitario�di�carattere�legislativo�o�amministrativo�e�intende�sapere,inpartico-
lare,�se�sussista�un�diritto�al�risarcimento�anche�quando�l'importo�del�danno�possa�essere�
determinato�solamente�in�base�a�valutazioni�forfettarie.�
24.�Infine,�ilgiudice�a 
quo 
esprime�dubbi�in�ordine�alle�condizioni�nazionali�di�
attuazione�del�diritto�al�risarcimento�del�danno�derivante�dalla�responsabilita�dello�Stato.�
Esso�si�chiede�se�le�norme�austriache�relative�all'onere�di�allegazione�e�di�prova�di�un�diritto,�
nonche��all'obbligo�di�esporre�tutti�i�fatti�necessari�alla�soluzione�della�controversia�rispettino�
il�principio�giurisprudenziale�di�effettivita�,�in�quanto�i�diritti�che�derivano�dalla�normativa�
comunitaria�non�sempre�risulterebbero�definiti�integralmente�sin�dall'inizio,�nonche��in�
quanto�il�ricorrente,�incontrerebbe�serie�difficolta�nell'esporre�con�precisione�tutti�gli�ele-
menti�di�fatto�richiesti�dalla�disciplina�austriaca.�Cos|�,�nel�caso�di�specie,�il�contenuto�del�
diritto�al�risarcimento�non�risulterebbe�definito�ne��quanto�al�suo�fondamento,�ne��quanto�al�
suo�importo,�sicche��risulterebbe�necessario�un�rinvio�pregiudiziale.�Orbene,�il�ragionamento�
del�giudice�di�primo�grado�sarebbe�tale�da�frustrare�taluni�diritti�basati�sul�diritto�comunita-
rio,�respingendo�la�domanda�sulla�base�di�principi�del�diritto�nazionale�edaggirando,per�
motivi�puramente�formali,�le�questioni�rilevanti�di�diritto�comunitario�(omissis).�

Sulle 
questionipregiudiziali 


46.��Si�deve�preliminarmente�rilevare�che�le�questioni�formulate�dal�giudice�del�rinvio�
sollevano�due�problemi�certo�tra�loro�collegati,�ma�tuttavia�distinti.�
47.��Per�un�verso,�infatti,�il�giudice�del�rinvio�chiede�alla�Corte�se�il�blocco�totale�del-
l'autostrada�del�Brennero�per�quasi�30�ore�ininterrotte,�intervenuto�nelle�circostanze�di�cui�
alla�causa�principale,�costituisca�un�ostacolo�incompatibile�con�la�libera�circolazione�delle�
merci�e�debba�quindi�essere�considerato�una�violazione�del�diritto�comunitario.�Per�altro�
verso,�le�questioni�hanno�piu�specificamente�ad�oggetto�le�condizioni�in�cui�puo�essere�invo-
cata�la�responsabilita�di�uno�Stato�membro�per�danni�cagionati�ai�privati�in�ragione�di�una�
violazione�del�diritto�comunitario.�
48.��Quanto�a�quest'ultimo�aspetto,�il�giudice�del�rinvio�chiede�in�particolare�se,�ed,�
eventualmente,�in�che�misura�la�violazione�del�diritto�comunitario��supponendola�dimo-
strata��nelle�circostanze�di�cui�alla�causa�sottoposta�al�suo�esame�sia�sufficientemente�
manifesta�e�grave�da�far�sorgere�la�responsabilita�dello�Stato�membro�interessato.�Esso�inter-
roga�inoltre�la�Corte�in�ordine�alla�natura�e�alla�prova�del�danno�risarcibile.�
49.��Posto�che,�logicamente,�tale�seconda�serie�di�quesiti�dev'essere�esaminata�sola-
mente�qualora�si�dia�una�risposta�affermativa�alla�prima�questione,�come�definita�nella�

IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni�

prima�frase�del�punto�47�di�questa�sentenza,�la�Corte�deve�preliminarmente�pronunciarsi�sui�
diversi�aspetti�sollevati�nell'ambito�di�tale�questione,�oggetto�in�sostanza�del�primo�e�del�
quarto�quesito.�

50.��Alla�luce�degli�elementi�che�emergono�dal�fascicolo�della�causa�principale�tra-
smesso�dal�giudice�del�rinvio,�nonche�dalle�osservazioni�scritte�e�orali�formulate�dinanzi�alla�
Corte,�tali�quesiti�devono�essere�intesi�nel�senso�che�essi�mirano�a�chiarire�se�il�fatto�che�le�
autorita�competenti�di�uno�Stato�membro�non�abbiano�vietato�una�manifestazione�avente�
finalita�essenzialmente�ambientale,�che�ha�comportato�il�blocco�completo,�per�quasi�30�ore�
ininterrotte,�di�una�via�di�comunicazione�importante�quale�l'autostrada�del�Brennero,�costi-
tuisca�un�ostacolo�ingiustificato�al�principio�fondamentale�della�libera�circolazione�delle�
merci�sancito�dagli�artt.�30�e�34�del�Trattato,�eventualmente�letti�in�combinato�disposto�con�
l'art.�5�dello�stesso.�
Sull'esistenza 
di 
un 
ostacolo 
alla 
libera 
circolazione 
delle 
merci 


51.��A�tal�proposito,�si�deve�ricordare�innanzitutto�che�la�libera�circolazione�delle�
merci�costituisce�uno�dei�principi�fondamentali�della�Comunita�.�
52.��Cos|�,�l'art.�3�del�Trattato�CE�(divenuto,�in�seguito�a�modifica,�art.�3�CE),�inse-
rito�nella�prima�parte�dello�stesso,�dal�titolo��Principi�,�dispone,�alla�lett.�c),�che,�ai�fini�
enunciati�dall'art.�2�del�Trattato�stesso,�l'azione�della�Comunita�comporta�un�mercato�
interno�caratterizzato�dall'eliminazione,�fra�gli�Stati�membri,�degli�ostacoli,�in�particolare,�
alla�libera�circolazione�delle�merci.�
53.��L'art.�7�A�del�Trattato�CE�(divenuto�in�seguito�a�modifica,�art.�14�CE)�prevede,�
al�suo�secondo�comma,�che�il�mercato�interno�comporta�uno�spazio�senza�frontiere�interne�
nel�quale�e�garantita�in�particolare�la�libera�circolazione�delle�merci,�secondo�le�disposizioni�
del�detto�Trattato.�
54.��Tale�principio�fondamentale�e�attuato�segnatamente�dagli�artt.�30�e�34�del�
Trattato.�
55.��In�particolare,�l'art.�30�stabilisce�che�sono�vietate�fra�gli�Stati�membri�le�restri-
zioni�quantitative�all'importazione�nonche�qualsiasi�misura�di�effetto�equivalente.�Del�pari,�
l'art.�34�vieta�tra�questi�ultimi�le�restrizioni�quantitative�all'esportazione�e�qualsiasi�misura�
di�effetto�equivalente.�
56.��Risulta�da�giurisprudenza�costante,�a�partire�dalla�sentenza�11�luglio�1974,�
causa�8/1974,�Dassonville�(Racc.,�837,�punto�5),�che�tali�disposizioni,�inserite�nel�loro�conte-
sto,�devono�essere�intese�nel�senso�che�esse�mirano�ad�eliminare�qualsiasi�ostacolo,�diretto�
o�indiretto,�attuale�o�in�potenza,�alle�correnti�di�scambi�nel�commercio�intracomunitario�
(v.,�in�tal�senso,�sentenza�9�dicembre�1997,�causa�C265/1995,�Commissione/Francia,�Racc.,�
I-6959,�punto�29).�
57.��Cos|�,�la�Corte�ha�stabilito�in�particolare�che,�in�quanto�mezzo�indispensabile�per�
la�realizzazione�del�mercato�senza�frontiere�interne,�l'art.�30�del�Trattato�non�soltanto�vieta�
i�provvedimenti�di�origine�statale�che,�di�per�se�,�creano�restrizioni�al�commercio�fra�gli�Stati�
membri,�ma�puo�anche�applicarsi�qualora�uno�Stato�membro�abbia�omesso�di�adottare�i�
provvedimenti�necessari�per�far�fronte�a�ostacoli�alla�libera�circolazione�delle�merci�dovuti�
a�cause�non�imputabili�allo�Stato�(sentenza�Commissione/Francia,�cit.,�punto�30).�
58.��Infatti,�l'omissione�da�parte�di�uno�Stato�membro�di�agire�o,�se�del�caso,�di�adot-
tare�i�provvedimenti�sufficienti�a�impedire�ostacoli�alla�libera�circolazione�delle�merci,�creati�
in�particolare�da�atti�di�privati�sul�suo�territorio�contro�prodotti�originari�di�altri�Stati�mem-
bri,�puo�ostacolare�gli�scambi�intracomunitari�al�pari�di�un��facere��(sentenza�
Commissione/Francia,�cit.,�punto�31).�
59.��Di�conseguenza,�gli�artt.�30�e�34�del�Trattato�impongono�agli�Stati�membri�non�
solo�di�non�adottare�direttamente�atti�o�comportamenti�tali�da�costituire�un�ostacolo�agli�
scambi,�ma�anche,�in�combinato�disposto�con�l'art.�5�del�Trattato,�di�adottare�qualsiasi�prov-
vedimento�necessario�e�adeguato�per,�garantire�sul�loro�territorio�il�rispetto�di�detta�liberta�
fondamentale�(sentenza�Commissione/Francia,�cit.,�punto�32).�Infatti,�ai�sensi�del�citato�
art.�5,�gli�Stati�membri�devono�adottare�tutte�le�misure�di�carattere�generale�o�particolare�
atte�ad�assicurare�l'esecuzione�degli�obblighi�derivanti�dal�Trattato�ed�astenersi�da�qualsiasi�
misura�che�rischi�di�compromettere�la�realizzazione�degli�scopi�del�Trattato.�

60.��Considerato�il�ruolo�fondamentale�attribuito�alla�libera�circolazione�delle�merci�
nel�sistema�comunitario�e,�in�particolare,�al�fine�di�permettere�il�buon�funzionamento�del�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

mercato�interno,�l'obbligo�di�ciascuno�Stato�membro�di�garantire�la�libera�circolazione�dei�
prodotti�sul�suo�territorio�adottando�le�misure�necessarie�ed�appropriate�per�eliminare�qual-
siasi�ostacolo�derivante�da�atti�di�privati�si�impone�senza�doversi�distinguere�se�simili�atti�
compromettano,�i�flussi�di�importazione�o�di�esportazione,�ovvero�il�semplice�transito��delle�
merci.�

61.��Emerge�infatti�dal�punto�53�della�sentenza�Commissione/Francia,�cit.,�che�la�
causa�che�ha�dato�origine�a�tale�sentenza�riguardava�non�solo�l'importazione,�ma�altres|��il�
transito�in�Francia�di�prodotti�provenienti�da�altri�Stati�membri.�
62.��Ne�discende�che�quando�in�una�situazione�quale�quella�di�cui�alla�causa�princi-
pale�le�competenti�autorita��nazionali�si�devono�confrontare�con�ostacoli�all'effettivo�esercizio�
di�una�liberta��fondamentale�sancita�dal�Trattato,�quale�la�libera�circolazione�delle�merci,�
derivanti�da�azioni�condotte�da�soggetti�privati,�esse�sono�tenute�ad�adottare�i�provvedimenti�
adeguati�al�fine�di�garantire�tale�liberta��nello�Stato�membro�interessato,�anche�se,�come�nella�
causa�principale,�tali�merci�sono�semplicemente�in�transito�attraverso�l'Austria�per�essere�
trasportate�in�Italia�o�in�Germania.�
63.��Va�aggiunto�che�tale�obbligo�degli�Stati�membri�e��ancor�piu��essenziale�quando�si�
tratta�di�un�asse�stradale�di�primaria�importanza,�quale�l'autostrada�del�Brennero,�che�rap-
presenta�una�delle�principali�vie�di�comunicazione�terrestri�per�gli�scambi�tra�l'Europa�set-
tentrionale�ed�il�nord�dell'Italia.�
64.��Risulta�da�quanto�precede�che�il�fatto�che�le�autorita��competenti�di�uno�Stato�
membro�non�abbiano�vietato�una�manifestazione�che�ha�comportato�il�blocco�totale,�per�
quasi�30�ore�ininterrotte,�di�una�via�di�comunicazione�importante,�quale�l'autostrada�del�
Brennero,�e��tale�da�limitare�il�commercio�intracomunitario�delle�merci�e�deve�pertantoessere�
considerato�una�misura�di�effetto�equivalente�a�restrizioni�quantitative,�incompatibile�in�
linea�di�principio�con�gli�obblighi�del�diritto�comunitario�risultanti�dagli�artt.�30�e�34�del�
Trattato,�letti�in�combinato�disposto�con�l'art.�5�dello�stesso,�a�meno�che�tale�mancato�
divieto�possa�risultare�obiettivamente�giustificato.�
Sull'eventuale 
giustificazione 
dell'ostacolo 


65.��Con�il�suo�quarto�quesito,�il�giudice�del�rinvio�chiede�in�sostanza�se�l'obiettivo�
della�manifestazione�del�12�e�13�giugno�1998��nel�corso�della�quale�i�manifestanti�intende-
vano�richiamare�l'attenzione�del�pubblico�sulla�minaccia�per�l'ambiente�e�la�salute�pubblica�
costituita�dall'aumento�costante�della�circolazione�degli�automezzi�pesanti�sull'autostrada�
del�Brennero,�nonche�sollecitare�le�autorita��competenti�a�rinforzare�i�provvedimenti�atti�a�
ridurre�tale�traffico�nonche�l'inquinamento�che�ne�risulta�nella�regione,�fortemente�sensibile,�
delle�Alpi��sia�tale�da�prevalere�sugli�obblighi�derivanti�dal�diritto�comunitario�in�materia�
di�libera�circolazione�delle�merci.�
66.��Tuttavia,�anche�se�la�tutela�dell'ambiente�e�della�salute�pubblica,�segnatamente�
in�tale�regione,�puo��,�a�talune�condizioni,�rappresentare�un�legittimo�obiettivo�di�interesse�
generale�tale�da�giustificare�una�limitazione�alle�liberta��fondamentali�garantite�dal�Trattato,�
tra�cui�la�libera�circolazione�delle�merci,�va�rilevato,�come�ha�fatto�l'avvocato�generale�al�
punto�54�delle�sue�conclusioni,�che�gli�obiettivi�specifici�di�tale�manifestazione�non�sono,�in�
quanto�tali,�determinanti�nell'ambito�di�un'azione�giurisdizionale�quale�quella�intentata�dalla�
Schmidberger,�che�mira�a�invocare�la�responsabilita��di�uno�Stato�membro�per�l'asserita�vio-
lazione�del�diritto�comunitario,�quest'ultima�dedotta�dal�fatto�che�le�autorita��nazionali�non�
hanno�impedito�che�si�ostacolasse�il�traffico,�sull'autostrada�del�Brennero.�
67.��Infatti,�al�fine�di�determinare�le�condizioni�in�cui�puo��essere�invocata�la�respon-
sabilita��di�uno�Stato�membro�e,�in�particolare,�al�fine�di�accertare�se�quest'ultimo�sia�incorso�
in�una�violazione�del�diritto�comunitario,�devono�essere�prese�in�considerazione�solamente�
l'azione�o�l'omissione�imputabili�al�citato�Stato�membro.�
68.��Nella�fattispecie,�si�deve�quindi�tener�conto�unicamente�dell'obiettivo�perseguito�
dalle�autorita��nazionali�nel�momento�in�cui�hanno�deciso�di�autorizzare�implicitamente�
ovvero�di�non�vietare�tale�manifestazione.�
69.��Orbene,�a�tal�proposito�emerge�dal�fascicolo�della�causa�principale�che�le�auto-
rita��austriache�sono�state�mosse�da�considerazioni�relative�al�rispetto�dei�diritti�fondamentali�
dei�manifestanti�in�materia�di�liberta��di�espressione�e�di�liberta��di�riunione,�enunciati�e�
garantiti�dalla�CEDU�nonche�dalla�Costituzione�austriaca.�

IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni�

70.��Nella�sua�ordinanza�di�rinvio,�il�giudice�nazionale�solleva�inoltre�la�questione�se�
il�principio�della�libera�circolazione�delle�merci,�garantito�dal�Trattato,�prevalga�sui�citati�
diritti�fondamentali.�
71.��Occorre�ricordare�in�proposito�che,�secondo�una�costante�giurisprudenza,�i�
diritti�fondamentali�fanno�parte�integrante�dei�principi�generali�del�diritto�dei�quali�la�Corte�
garantisce�l'osservanza�e�che,�a�tal�fine,�quest'ultima�si�ispira�alle�tradizioni�costituzionali�
comuni�agli�Stati�membri�e�alle�indicazioni�fornite�dai�trattati�internazionali�relativi�alla�
tutela�dei�diritti�dell'uomo�a�cui�gli�Stati�membri�hanno�cooperato�o�aderito.�La�CEDU�rive-
ste,�a�questo�proposito,�un�particolare�significato�(v.,�segnatamente,�sentenze�18�giugno�
1991,�causa�C-260/1989,�ERT,�Racc.,�I-2925,�punto�41;�6�marzo�2001,�causa�C-274/1999�P,�
Connolly/Commissione,�Racc.,�I-1611,�punto�37,�e�22�ottobre�2002,�causa�C-94/00,�Roquette�
Fre��res,�Racc.,�I-9011,�punto�25).�
72.��I�principi�sviluppati�da�tale�giurisprudenza�sono�stati�riaffermati�dal�preambolo�
dell'Atto�unico�europeo,�poi�dall'art.�F,�n.�2,�del�Trattato�sull'Unione�europea�(sentenza�
Bosman,�cit.,�punto�79).�Ai�sensi�di�tale�disposizione,��l'Unione�rispetta�i�diritti�fondamen-
tali,�quali�sono�garantiti�dalla�Convenzione�europea�per�la�salvaguardia�dei�diritti�dell'uomo�
e�delle�liberta��fondamentali,�firmata�a�Roma�il�4�novembre�1950,�e�quali�risultano�dalle�tra-
dizioni�costituzionali�comuni�degli�Stati�membri,�in�quanto�principi�generali�del�diritto�
comunitario�.�
73.��Ne�deriva�che�nella�Comunita��non�possono�essere�consentite�misure�incompati-
bili�con�il�rispetto�dei�diritti�dell'uomo�in�tal�modo�riconosciuti�(v.,�in�particolare,�sentenze�
ERT,�cit.,�punto�41,�e�29�maggio�1997,�causa�C-299/1995,�Kremzow,�Racc.,�I-2629,�
punto�14).�

74.��Poiche�il�rispetto�dei�diritti�fondamentali�si�impone,�in�tal�modo,�sia�alla�Comu-
nita��che�ai�suoi�Stati�membri,�la�tutela�di�tali�diritti�rappresenta�un�legittimo�interesse�che�
giustifica,�in�linea�di�principio,�una�limitazione�degli�obblighi�imposti�dal�diritto�comunita-
rio,�ancorche�derivanti�da�una�liberta��fondamentale�garantita�dal�Trattato,�quale�la�libera�
circolazione�delle�merci.�
75.��Cos|�,risultadagiurisprudenzacostanteche,dalmomentoche,comenellacausa�
principale,�una�situazione�nazionale�rientra�nell'ambito�di�applicazione�del�diritto�comunita-
rio,�la�Corte,�adita�in�via�pregiudiziale,�deve�fornire�ai�giudici�nazionali�tutti�gli�elementi�di�
interpretazione�necessari�per�la�valutazione�della�conformita��di�tale�situazione�con�i�diritti�
fondamentali�di�cui�la�Corte�assicura�il�rispetto,�quali�essi�risultano,�inparticolare,dalla�
CEDU�(v.�in�tal�senso,�segnatamente,�sentenza�30�settembre�1987,�causa�12/1986,�Demirel,�
Racc.,�3719,�punto�28).�
76.��Nella�fattispecie,�le�autorita��nazionali�si�sono�basate�sulla�necessita��di�rispettare�
i�diritti�fondamentali�garantiti�dalla�CEDU�e�dalla�Costituzione�dello�Stato�membro�interes-
sato�per�consentire�che�fosse�limitata�una�delle�liberta��fondamentali�sancite�dal�Trattato.�
77.��La�presente�causa�solleva�cos|��il�problema�della�necessaria�conciliazione�tra�le�
esigenze�di�tutela�dei�diritti�fondamentali�nella�Comunita��con�quelle�derivanti�da�una�liberta��
fondamentale�sancita�dal�Trattato�e,�in�particolare,�il�problema�della�portata�rispettiva�delle�
liberta��di�espressione�e�di�riunione,�garantite�dagli�artt.�10�e�11�della�CEDU,�e�della�libera�
circolazione�delle�merci,�quando�le�prime�sono�invocate�quali�giustificazioni�per�una�limita-
zione�della�seconda.�
78.��A�tal�proposito,�si�deve�osservare�che,�da�un�lato,�la�libera�circolazione�delle�
merci�rappresenta�certamente�uno�dei�principi�fondamentali�nel�sistema�del�Trattato;�tutta-
via,�a�talune�condizioni,�essa�puo��subire�restrizioni�per�le�ragioni�di�cui�all'art.�36�del�Trat-
tato�stesso,�oppure�per�i�motivi�imperativi�di�interesse�generale�riconosciutiaisensi�di�una�
costante�giurisprudenza�della�Corte�a�partire�dalla�sentenza�20�febbraio�1979,�causa�
120/1978,�Rewe-Zentral,�detta��Cassis�de�Dijon�(Racc. 
pag.�649).�
79.��D'altro�lato,�se�i�diritti�fondamentali�di�cui�si�tratta�nella�causa�principale�sono�
espressamente�riconosciuti�dalla�CEDU�e�rappresentano�fondamenti�essenzialidiuna�
societa��democratica,�risulta�tuttavia�dalla�formulazione�stessa�del�n.�2�degli�artt.�10�e�11�di�
tale�convenzione�che�le�liberta��di�espressione�e�di�riunione�sono�anch'esse�soggette�a�talune�
limitazioni�giustificate�da�obiettivi�di�interesse�generale,�se�tali�deroghe�sono�previste�dalla�
legge,�dettate�da�uno�o�piu��scopi�legittimi�ai�sensi�delle�disposizioni�citate�e�necessarie�in�
una�societa��democratica,�cioe��giustificate�da�un�bisogno�sociale�imperativo�e,�in�particolare,�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

proporzionate�al�fine�legittimo�perseguito�(v.,�in�tal�senso,�sentenze�26�giugno�1997,�causa�
C-386/1995,�Familiapress,�Racc.,�1-3689,�punto�26,�e�11�luglio�2002,�causa�C-60/00,�Carpen-
ter,�Racc.,�1-6279,�punto�42,�nonche�Corte�europea�dei�diritti�dell'uomo,�sentenza�23�settem-
bre�1998,�Steel�e�a.�c.�Regno�Unito,�Recueil�des�arre�ts�et�de�cisions�1998-VII,���101).�

80.��Cos|�,�neppure�i�diritti�alla�liberta��d'espressione�e�alla�liberta��di�riunione�pacifica�
garantiti�dalla�CEDU��contrariamente�ad�altri�diritti�fondamentali�sanciti�dalla�medesima�
convenzione,�quali�il�diritto�di�ciascuno�alla�vita�ovvero�il�divieto�della�tortura,�nonche�delle�
pene�o�di�trattamenti�inumani�o�degradanti,�che�non�tollerano�alcuna�restrizione�a
ppaiono�come�prerogative�assolute,�ma�vanno�considerati�alla�luce�della�loro�funzione�
sociale.�Ne�consegue�che�possono�essere�apportate�restrizioni�all'esercizio�di�tali�diritti,�a�
condizione�che�tali�restrizioni�rispondano�effettivamente�ad�obiettivi�di�interesse�generale�e�
non�costituiscano,�rispetto�allo�scopo�perseguito�da�tali�restrizioni,�un�intervento�spropor-
zionato�e�inaccettabile�tale�da�ledere�la�sostanza�stessa�dei�diritti�tutelati�(v.,�in�tal�senso,�
sentenze�8�aprile�1992,�causa�C-62/1990,�Commissione/Germania,�Racc.,�I-2757,�punto�
23,�e�5�ottobre�1994,�causa�C-404/1992�P,�X/�Commissione,�Racc.,�I-4737,�punto�18).�
81.��In�tali�circostanze,�deve�effettuarsi�un�bilanciamento�tra�gli�interessi�di�cui�si�
tratta�e�deve�accertarsi,�con�riferimento�a�tutte�le�circostanze�di�ciascuna�fattispecie,�se�sia�
stato�osservato�un�giusto�equilibrio�tra�tali�interessi.�
82.��A�tal�proposito,�le�autorita��competenti�dispongono�di�un�ampio�potere�discre-
zionale.�Si�deve�tuttavia�verificare�se�le�restrizioni�imposte�agli�scambi�intracomunitari�siano�
proporzionate�con�riferimento�al�legittimo�obiettivo�perseguito,�ossia�nella�fattispecie�la�
tutela�dei�diritti�fondamentali.�
83.��Per�quanto�riguarda�la�causa�principale,�si�deve�sottolineare�innanzitutto�che�le�
circostanze�che�la�caratterizzano�si�distinguono�nettamente�dalla�situazione�che�si�presentava�
nella�causa�che�ha�dato�origine�alla�sentenza�Commissione/Francia,�cit.,�richiamata�dalla�
Schmidberger�quale�precedente�rilevante�nel�contesto�dell'azione�giurisdizionale�da�essa�
intentata�in�Austria.�
84.��Infatti,�rispetto�agli�elementi�di�fatto�considerati�dalla�Corte�ai�punti�38-53�della�
sentenza�Commissione/Francia,�citata,�si�deve�rilevare,�in�primo�luogo,�che�la�manifesta-
zione�di�cui�alla�causa�principale�ha�avuto�luogo�a�seguito�di�una�domanda�di�autorizzazione�
presentata�sulla�base�del�diritto�nazionale�e�dopo�che�le�autorita��competenti�hanno�deciso�
di�non�vietare�la�manifestazione�stessa.�
85.��In�secondo�luogo,�la�presenza�di�manifestanti�sull'autostrada�del�Brennero�ha�
comportato�il�blocco�della�circolazione�stradale�su�un�solo�itinerario,�in�un'unica�occasione�
e�per�una�durata�di�quasi�trenta�ore.�Inoltre,�l'ostacolo�alla�libera�circolazione�delle�merci�
causato�da�tale�manifestazione�ha�avuto�una�portata�limitata�rispetto�sia�all'ampiezza�geo-
grafica�che�alla�gravita��intrinseca�dei�disordini�di�cui�si�trattava�nella�causa�che�ha�dato�ori-
gine�alla�sentenza�Commissione/Francia,�cit. 
86.��In�terzo�luogo,�non�e��contestato�che�mediante�la�citata�manifestazione�taluni�cit-
tadini�hanno�esercitato�i�loro�diritti�fondamentali�esprimendo�pubblicamente�un'opinione�
da�loro�ritenuta�importante�nella�vita�della�collettivita��;e��pacifico�inoltre�che�tale�manifesta-
zione�pubblica�non�mirava�ad�impedire�gli�scambi�di�merci�aventi�una�natura�o�un'origine�
particolari.�Invece,�nella�causa�Commissione/Francia,�cit.,�l'obiettivo�perseguito�dai�manife-
stanti�era�chiaramente�quello�di�impedire�la�circolazione�di�determinati�prodotti�provenienti�
da�Stati�membri�diversi�dalla�Repubblica�francese,�non�solo�mediante�l'apposizione�di�osta-
coli�al�trasporto�delle�merci�in�questione,�ma�altres|��mediante�la�distruzione�delle�stesse�in�
fase�di�spedizione�ovvero�di�transito�attraverso�la�Francia,�o�addirittura�quando�esse�si�tro-
vavano�gia��esposte�nei�negozi�dello�Stato�membro�interessato.�
87.��In�quarto�luogo,�va�ricordato�che,�nella�fattispecie,�le�autorita��competenti�ave-
vano�adottato�varie�misure�di�assistenza�e�di�accompagnamento�al�fine�di�limitare,�per�
quanto�possibile,�le�perturbazioni�della�circolazione�stradale.�Cos|�,�in�particolare,�le�citate�
autorita��,�le�forze�di�polizia,�gli�organizzatori�della�manifestazione�e�diverse�associazioni�
automobilistiche�hanno�collaborato�al�fine�di�garantire�il�buono�svolgimento�della�manife-
stazione.�Ben�prima�della�data�in�cui�quest'ultima�doveva�aver�luogo,�un'ampia�campagna�
informativa�era�stata�condotta�dai�media�nonche�dai�clubs 
automobilistici,�sia�in�Austria�
che�nei�paesi�limitrofi,�ed�erano�stati�previsti�diversi�itinerari�alternativi,�sicche�gli�operatori�
economici�interessati�erano�debitamente�informati�sulle�restrizioni�della�circolazione�che�

IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni�

sarebbero�state�applicate�alla�data�e�nel�luogo�della�manifestazione�prevista�ed�erano�in�
grado�di�assumere�per�tempo�tutti�i�provvedimenti�utili�per�ovviare�a�tali�restrizioni.�Inoltre,�
nel�luogo�stesso�in�cui�doveva�tenersi�la�manifestazione�era�stato�realizzato�un�servizio�
d'ordine.�

88.��Peraltro,�e�pacifico�che�l'azione�isolata�di�cui�si�tratta�non�ha�prodotto�un�clima�
generale�di�insicurezza�che�abbia�avuto�un�effetto�dissuasivo�sulle�correnti�di�scambi�intraco-
munitari�nel�loro�complesso,�a�differenza�delle�perturbazioni�gravi�e�ripetute�all'ordine�pub-
blico�di�cui�si�trattava�nella�causa�che�ha�dato�origine�alla�sentenza�Commissione/Francia,�
citata.�
89.��Infine,�con�riferimento�ad�altre�possibilita�considerate�dalla�Schmidberger�con�
riferimento�alla�manifestazione�citata,�tenuto�conto�dell'ampio�potere�discrezionale�di�cui�
dispongono�gli�Stati�membri,�si�deve�rilevare�che,�nelle�circostanze�di�cui�alla�fattispecie,�le�
competenti�autorita�nazionali�hanno�potuto�ritenere�che�un�divieto�puro�e�semplice�della�
manifestazione�stessa�avrebbe�rappresentato�un'inaccettabile�interferenza�nei�diritti�fonda-
mentali�dei�manifestanti�di�riunirsi�e�di�esprimere�pacificamente�la�loro�opinione�in�pubblico.�
90.��Quanto�all'imposizione�di�condizioni�piu�rigide�per�quanto�concerne�sia�il�luogo�
�ad�esempio�sul�bordo�dell'autostrada�del�Brennero��sia�la�durata��limitata�solamente�
a�qualche�ora��della�manifestazione�in�oggetto,�essa�avrebbe�potuto�essere�percepita�come�
una�restrizione�eccessiva�tale�da�privare�l'azione�di�una�parte�sostanziale�della�sua�portata.�
Se�le�autorita�nazionali�competenti�devono�tentare�d|�limitare,�per�quanto�possibile,�gli�
effetti�che�una�manifestazione�sulla�pubblica�via�necessariamente�esercita�sulla�liberta�di�cir-
colazione,�e�altres|�vero�che�esse�sono�tenute�a�bilanciare�tale�interesse�con�quello�dei�mani-
festanti,�i�quali�mirano�ad�attirare�l'attenzione�dell'opinione�pubblica,�sugli�obiettivi�della�
loro�azione.�
91.��E�vero�che�un'azione�di�questo�tipo�comporta�normalmente�taluni�inconvenienti�
per�le�persone�che�non�vi�partecipano,�in�particolare�per�quanto�concerne�la�liberta�di�circo-
lazione,�tuttavia�essi�possono�essere�in�linea�di�principio�tollerati,�dal�momento�che�l'obiet-
tivo�perseguito�e�essenzialmente�quello�di�esprimere�pubblicamente�un'opinione�in�confor-
mita�alla�legge.�
92.��A�tale�proposito,�e�senza�essere�contraddetta�su�tale�punto,�l'Austria�precisa�che,�
in�ogni�modo,�tutte�le�soluzioni�alternative�che�potevano�essere�considerate�avrebbero�com-
portato�il�rischio�di�reazioni�difficili�da�controllare�e�idonee�a�suscitare�perturbazioni�molto�
piu�gravi�degli�scambi�intracomunitari�nonche�dell'ordine�pubblico,�che�avrebbero�potuto�
concretizzarsi�in�forma�di�dimostrazioni��selvagge�,�di�confronti�fra�sostenitori�ed�avversari�
del�movimento.�di�rivendicazione�interessato�ovvero�in�atti�violenti�da�parte�di�manifestanti�
che�si�fossero�ritenuti�lesi�nell'esercizio�dei�loro�diritti�fondamentali.�
93.��Di�conseguenza,�tenuto�conto�dell'ampio�potere�discrezionale�che�dev'essere�
riconosciuto�alle�autorita�nazionali�in�questa�materia,�queste�ultime�hanno�ragionevolmente�
potuto�ritenere�che�l'obiettivo�legittimamente�perseguito�da�tale�manifestazione�non�poteva�
essere�raggiunto,�nel�caso�di�specie,�mediante�misure�meno�restrittive�degli�scambi�intraco-
munitari.�
94.��Alla�luce�di�quanto�precede,�la�prima�e�la�quarta�questione�devono�quindi�essere�
risolte�nel�senso�che�il�fatto�che�le�autorita�competenti�di�uno�Stato�membro�non�abbiano�
vietato�una�manifestazione�nelle�circostanze�di�cui�alla�causa�principalenon�e�incompatibile�
con�gli�artt.�30�e�34�del�Trattato,�letti�in�combinato�disposto�con�l'art.�5�dello�stesso.�
Suipresupposti�di�responsabilita�dello�Stato�membro�

95.��Risulta�dalla�soluzione�data�alla�prima�e�alla�quarta�questione�che,�considerato�
l'insieme�delle�circostanze�della�causa�pendente�dinanzi�al�giudice�del�rinvio,�non�puo�essere�
rimproverata�alle�autorita�nazionali�competenti�alcuna�violazione�del�diritto�comunitario�
tale�da�far�sorgere�la�responsabilita�dello�Stato�membro�interessato.�
96.��In�queste�circostanze,�non�vi�e�necessita�di�statuire�in�ordine�alle�altre�questioni�
relative�a�talune�delle�condizioni�che�fanno�sorgere�la�responsabilita�di�uno�Stato�membro�
per�i�danni�cagionati�ai�privati�a�seguito�di�una�violazione,�da�parte�di�quest'ultimo,�del�
diritto�comunitario�(omissis)�.�

IGIUDIZIINCORSO
ALLACORTEDIGIUSTIZIACE
IGIUDIZIINCORSO
ALLACORTEDIGIUSTIZIACE
Causa 
4/03 
(domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale) 
^Brevetti 
^Competenza 
giurisdizionale 
^Esecuzione 
delle 
decisioni 
^Art.�16,�n.�4�Convenzione�
di�Bruxelles�^Ordinanza�del��Oberlandesgericht��(Germania)�emessa�il�
5�dicembre�2002,�notificata�il�20�febbraio�2003�(cs�4833/03,�avv.�dello�
stato�O.�Fiumara).�

IL 
fattO 


La�societa�Gat�ha�proposto�azione�dinanzi�al�Tribunale�di�Dusseldorf,�

competente�in�materia�di�contraffazione�di�brevetti,�al�fine�di�far�accertare�

la�mancanza�di�titoli�di�rivendicazione�in�capo�alla�societa�Luk.�Quest'ul-

tima,�titolare�di�due�brevetti�francesi�registrati,�rivendicava�diritti�di�priorita�

tedeschi�e�sosteneva�che�la�societa�concorrente�Gat,�nel�presentare�una�

domanda�per�l'aggiudicazione�di�una�commessa,�aveva�violato�i�propri�bre-

vetti.�
Il�Tribunale�di�Dusseldorf,�ritenendo�di�avere�la�competenza�internazio-

nale�per�decidere�sulla�violazione�di�brevetti�francesi,�respingeva�l'azione�di�

accertamento�per�infondatezza,�dichiarando�che�le�rivendicazioni�del�brevetto�

rispondevano�ai�requisiti�per�ottenere�la�protezione�brevettuale.�La�societa�

Gat�proponeva,�allora,�appello�avverso�tale�pronuncia,�eccependo�la�man-

canza�di�competenza�internazionale�dei�giudici�della�Repubblica�federale�

tedesca.�

La�competenza,�il�riconoscimento�e�l'esecuzione�delle�decisioni�in�mate-

ria�civile�e�commerciale�sono�stati�regolati�dalla�Convenzione�di�Bruxelles�

del�27�settembre�1968,�che�vincolava�tutti�gli�Stati�membri�della�Comunita�.�

Il�suo�regime�venne�esteso�agli�Stati�membri�dell'EFTA�e,�in�seguito,�alla�

Polonia�con�la�Convenzione�di�Lugano�del�16�settembre�1988,�contenente�

quasi�le�stesse�disposizioni.�Nel�suo�preambolo�vi�era�enunciato�il�fine�della�

stessa,�ovvero�la�facilitazione�del�riconoscimento�e�l'esecuzione�delle�decisioni�

giudiziarie,�conformemente�all'art.�293�CE,�e�il�potenziamento�nella�Comu-

nita�della�tutela�giuridica�delle�persone�residenti�sul�suo�territorio.�Nel�suo�

�considerando��si�dichiarava�che�a�tal�fine�era�necessario�determinare�la�

competenza�degli�organi�giurisdizionali�degli�Stati�contraenti�nell'ordina-

mento�internazionale.�
La�Convenzione�di�Bruxelles�e�stata,�poi,�sostituita�dal�regolamento�

(CE)�n.�44/2001�del�Consiglio�detto��Bruxelles�I��che�ha�lo�stesso�campo�

d'applicazione�e�che�e�entrato�in�vigore�il�1.�marzo�2002.�L'art.�1�di�tale�

Regolamento�delinea�il�proprio�campo�di�applicazione�prevedendo�che�esso�

�... 
si 
applica 
in 
materia 
civile 
e 
commerciale, 
indipendentemente 
dalla 
natura 


dell'organogiurisdizionale.Essononconcerne, 
inparticolare, 
lamateriafiscale, 


doganaleedamministrativa 
(omissis)�. 


Nel�caso�di�specie,�tuttavia,�tale�regolamento�non�trova�applicazione,�in�

quanto�ai�sensi�dell'art.�66,�primo�comma�dello�stesso,�esso�si�applica�solo�

alle�azioni�proposte�dopo�la�sua�entrata�in�vigore,�mentre�l'azione�di�accerta-

mento�e�stata�proposta�nel�2000.�


IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�57 


Ai�sensi�dell'art.�16,�n.�4,�della�Convenzione�di�Bruxelles�^applicabile,�
quindi,�al�caso�di�specie�^indipendentemente�dal�domicilio�hanno�compe-
tenza�esclusiva�in�materia�di�registrazione�o�di�validita��di�brevetti�i�giudici�
dello�Stato�contraente�nel�cui�territorio�il�deposito�o�la�registrazione�sono�
stati�richiesti,�sono�stati�effettuati�o�sono�reputati�essere�stati�effettuati�a�
norma�di�una�convenzione�internazionale.�

IL 
quesitO 


E�stato�chiesto�alla�Corte�di�chiarire�in�che�modo�debba�essere�interpre-
tato�l'art.�16,�n.�4,�della�Convenzione�di�Bruxelles�concernente�la�competenza�
giurisdizionale�e�l'esecuzione�delle�decisioni�in�materia�civile�e�commerciale.�

Se,�cioe��,�debba�essere�interpretato�nel�senso�che�la�competenza�esclusiva�
^fondata�su�tale�norma�^dei�giudici�dello�Stato�contraente�nel�cui�territorio�
il�deposito�o�la�registrazione�di�un�brevetto�sono�stati�richiesti,�effettuati�o�
reputati�essere�stati�effettuati�a�norma�di�una�convenzione�internazionale,�

sussista�solo�quando�viene�proposta�un'azione�(con�efficacia�erga 
omnes)�di�annullamento�del�brevetto;�ovvero�

sussista,�nel�caso�di�azione�sulla�validita��dei�brevetti,�quando�il�conve-
nuto�in�un�procedimento�per�contraffazione�di�brevetto,�^oppure�l'attore�in�
un�procedimento�diretto�ad�accertare�che�non�c'e��stata�contraffazione�del�
brevetto�^sollevi�l'eccezione�che�il�brevetto�non�sarebbe�valido�o�sarebbe�
nullo�e�non�si�configurerebbe�alcuna�contraffazione�del�brevetto�(a�prescin-
dere�dal�fatto�che�il�giudice�adito�ritenga�fondata�o�meno�l'eccezione;�a�pre-
scindere�da�quando,�nel�corso�del�procedimento,�sia�stata�sollevata�l'ecce-
zione).�

Causa 
C-6/03 
(domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale 
) 
^Discarica 
di 
rifiuti 
^
Rifiuti 
biodegradabili 
^Direttiva�99/31/CE�^Art.�176�CE�^Ordinanza�
del��Verwaltungsgericht��(Germania)�emessa�il�4�dicembre�2002�e�notifi-
cata�il�27�febbraio�2003�(cs.�5680/03,�avv.�dello�Stato�G.�Fiengo).�

IquesitI 


Con�la�predetta�ordinanza�e��stato�chiesto�alla�Corte�di�Giustizia�delle�
Comunita��Europee�di�pronunciarsi�in�via�pregiudiziale,�ai�sensi�dell'art.�234�
CE,�in�merito�all'interpretazione�della�direttiva�del�Consiglio�26�aprile�1999,�
99/31/CE�relativa�alle�discariche�di�rifiuti,�in�combinato�disposto�con�
l'art.�176�CE,�al�fine�di�chiarire:�

1.��Se�l'art.�5,�n.�1�della�direttiva�relativa�alle�discariche�di�rifiuti,�con�
gli�obiettivi�strategici�di�riduzione�di�determinati�rifiuti�biodegradabili�desti-
nati�all'interramento,�debba�essere�interpretato�nel�senso�che,�nell'ambito�del-
l'art.�176�CE�e�discostandosi�dalle�misure�menzionate�dall'art.�5,�n.�2�della�
direttiva�(ovvero�la�riduzione�quantitativa�dei�rifiuti�urbani�biodegradabili�
ad�una�data�percentuale�del�peso�della�quantita��complessiva�di�rifiuti�urbani�
biodegradabili�con�riferimento�ad�un�determinato�anno�solare)�tali�misure�
possano�essere�rafforzate�con�una�disposizione�nazionale�di�trasposizione�
dei�detti�obiettivi�comunitari�che�subordina�il�deposito�dei�rifiuti�urbani�e�
dei�rifiuti�che�possono�essere�smaltiti�come�i�rifiuti�urbani�al�rispetto�del�cri-

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

terio�di�ripartizione�chiamato��quota�organica�del�residuo�secco�della�
sostanza�originale��(definita�in�termini�di�perdita�per�agnizione�o�in�termini�
di�TOC).�

Nel�caso�di�soluzione�affermativa�del�precedente�quesito:�

2.a) 
�se�gli�obiettivi�comunitari�riportati�all'art.�5,�n.�2�della�direttiva,�
debbano�essere�interpretati�nel�senso�che�per�il�rispetto�dei�requisiti�citati�
sia�sufficiente,�alla�luce�del�principio�comunitario�di�proporzionalita�,�una�
normativa�nazionale,�come�quella�tedesca,�che�prevede�stati�di�attuazionee�
parametri�quali�quelli�indicati�nell'ordinanza�allegata,�cui�si�fa�rinvio;�

2.b) 
�in�sede�di�valutazione�delle�conseguenze�in�caso�di�copertura�di�
rifiuti�non�pretrattati�con�rifiuti�pretrattati�con�processi�termici�o�meccanico�
biologici,�se�il�principio�comunitario�di�proporzionalita�consenta�un�margine�
discrezionale�ampio�o�restrittivo;�se�dal�principio�di�proporzionalita�si�possa�
dedurre�la�possibilita�di�compensare�i�rischi�derivanti�da�rifiuti�pretrattati�
solo�meccanicamente�con�diverse�misure�di�sicurezza.�

La�ricorrente,�che�gestisce�una�discarica�centrale�di�Eiterkopfe,�richie-
deva,�nel�procedimento�in�esame,�che�la�convenuta�venisse�obbligata�a�rila-
sciarle�un'�autorizzazione�di�proroga�sino�al�dicembre�2013�nella�quale�le�
venisse�consentita�l'occupazione�delle�aree�di�discarica�n.�5�e�n.�6�(con�rifiuti�
preparati�solo�meccanicamente),�in�deroga�a�quanto�stabilito�ai�n.�2,�3,�4.03�
dell'allegato�B�alla�circolare�tecnica�sui�rifiuti�urbani�(AbfAblV).�

Tale�richiesta�e�stata�rigettata,�in�quanto�si�ritenne�che�essa�non�poteva�
basarsi�sul�n.�2.4�della�TA�SiedlAbf,�bens|�doveva�basarsi�sul���6,�n.�2�del�
nuovo�regolamento�sul�deposito�ecocompatibile�dei�rifiuti�urbani�(AbfAblV).�

La�ricorrente,�a�sostegno�dell'applicazione�della�vecchia�normativa,�
eccepiva�l'atipicita�del�caso�in�esame�e�soprattutto�il�contrasto�della�nuova�
normativa�con�il�principio�di�legittimo�affidamento�di�proporzionalita�edi�
irretroattivita�.�Eccepiva�la�violazione�della�direttiva�99/3�l/C�sostenendo�che�
l'AbfAblV�fissava�criteri�diversi�e�piu�severi�rispetto�a�questa,�prevedendo�
una�protezione�maggiore�e�configurando�cos|�una�misura�ad�effetto�equiva-
lente�ad�una�restrizione�quantitativa�all'importazione�in�violazione�all'art.�28�
CE.�Sostanzialmente,�tale�normativa�nazionale�estende�la�nozione�di�rifiuti�
urbani�biodegradabili�prevista�dalla�direttiva�(arrivando�ad�includervi�tutte�
le�sostanze�organiche)�e�disciplina�anche�i�rifiuti�analoghi�agli�urbani,�
ponendo�maggiori�restrizioni�rispetto�la�normativa�Comunitaria.�

Il�convenuto�sostiene�l'infondatezza�di�tali�argomentazioni,�rilevando�la�
conformita�con�il�diritto�comunitario�del�quale�l'AbfAblV�ne�costituisce�un�
rafforzamento,�in�applicazione�dei�medesimi�principi�e�finalita�,�ed�in�confor-
mita�all'art.�176�CE.�

La�Direttiva�del�Consiglio�6�aprile�1999,�99/31/CE�relativa�alle�discari-
che�di�rifiuti,�mira�a�prevenire,�o�a�ridurre�le�ripercussioni�negative�sull'am-
biente,�in�particolare�sulle�acque�superficiali,�sulle�acque�freatiche,�sul�suolo,�
sull'atmosfera�e�sulla�salute�umana,�risultanti�dal�discariche�di�rifiuti�e�cio�
attraverso�un'azione�di�prevenzione�e�di�controllo�delle�discariche�di�rifiuti�
nella�Comunita�allo�scopo�di�instaurare�un�livello�elevato�di�prevenzione�del-
l'ambiente.�


IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�59 


Come�si�sottolinea�nei��considerando�,�emerge�la�volonta�da�parte�
delle�istituzioni�europee�di�creare�un�strategia�comunitaria�mediante�criteri�
e�norme�comuni�per�lo�smaltimento�dei�rifiuti�nell'intento,�per�il�futuro,�
di�realizzare�nella�Comunita�solo�attivita�di�discarica�sicure�e�controllate�
in�modo�da�prevenire�o�ridurre�i�potenziali�effetti�negativi�sull'ambiente�
nonche�i�rischi�per�la�salute�umana.�A�tal�fine,�risulta�necessario�adottare�
misure�adeguate�per�evitare�l'abbandono,�lo�scarico�e�lo�smaltimento�
incontrollato�dei�rifiuti�ed�e�,�altres|�,�necessario�che�le�discariche�possano�
essere�controllate�per�quanto�riguarda�le�sostanze�contenute�nei�rifiuti�ivi�
depositati.�

La�direttiva�in�questione�prescrive�che�gli�Stati�membri�elaborino�una�
strategia�nazionale�finalizzata�alla�riduzione�dei�rifiuti�biodegradabili�da�col-
locare�a�discarica�e�che�la�notifichino�alla�Commissione�che�dovra�,�poi,�pre-
sentare�al�Parlamento�europeo�ed�al�Consiglio�una�apposita�relazione.�Ven-
gono,�inoltre�indicate�le�tappe�temporali�attraverso�cui�addivenire�agli�obiet-
tivi�prefissati.�

Secondo�quanto�previsto�all'art.�176�CE,��I�provvedimenti�di�protezione�
adottati�in�virtu�dell'articolo�15�non�impediscono�ai�singoli�Stati�membri�di�
mantenere�e�di�prendere�provvedimenti�per�una�protezione�ancora�maggiore.�
Tali�provvedimenti�devono�essere�compatibili�con�il�presente�trattato.�Essi�
sono�notificati�alla�Commissione�.�

Il�quadro�normativo�nazionale�cui�si�fa�riferimento�e�costituito�dal�
Decreto�Legislativo�13�gennaio�2003,�n.�3�che�recepisce�la�direttiva�
1999/31/CE.�La�mancata�attuazione�della�suddetta�direttiva�entro�il�termine�
stabilito�ha�dato�luogo�ad�un�ricorso�per�inadempimento�a�carico�della�
Repubblica�italiana�(Causa�C-374/02)�che�ha�concluso�la�sua�fase�scritta�
con�la�rinuncia�alla�replica�da�parte�della�Commissione.�

L'art.�1�del�decreto�dispone�che��Per�conseguire�le�finalita�di�cui�
all'art.�2�del�d.l.�5�febbraio�1997,�n.�22�(Decreto�Ronchi)�il�presente�decreto�
stabilisce�i�requisiti�operativi�e�tecnici�per�i�rifiuti�e�le�discariche,�misure,�pro-
cedure�e�orientamenti�tesi�a�prevenire�o�a�ridurre�il�piu�possibile�le�ripercus-
sioni�negative�sull'ambiente,�in�particolare�l'inquinamento�delle�acque�super-
ficiali,�delle�acque�sotterranee,�del�suolo�e�dell'atmosfera,�e�sull'ambiente�glo-
bale,�compreso�l'effetto�serra,�nonche�i�rischi�per�la�salute�umana�risultanti�
dalle�discariche�di�rifiuti,�durante�l'intero�ciclo�di�vita�della�discarica�.�

Causa 
C-11/03 
(domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale) 
^Prodotti 
farmaceutici 
^
Commercio 
^Prezzo 
imposto 
^Art.�2,�n.�2,�direttiva�89/105/CEE�^
Ordinanza�del�Raad�Van�State�Afdelung�Administratie�(Belgio)�del�
9�dicembre�2002�^Iscritta�il�13�gennaio�2003�(avv.�dello�Stato�M.�Fio-
rilli).�

IL 
fattO 


La�NV�Boss�Pharma�ha�impugnato�la�decisione�del�Ministero�dell'Eco-
nomia�1.�giugno�1999�sulla�sua�domanda�di�fissazione�del�prezzo�del�pro-
dotto�farmaceutico�Bossaten.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

La�controversia�attiene�alla�trasparenza�delle�misure�che�regolano�la�fis-
sazione�dei�prezzi�delle�specialita�medicinali�per�uso�umano�e�la�loro�inclu-
sione�nei�regimi�nazionali�di�assicurazione�malattia.�

IL 
quesitO 


Se�l'art.�2,�n.�2,�della�direttiva�del�Consiglio�21�dicembre�1988,�89/105/�
CEE�riguardante�la�trasparenza�delle�misure�che�regolano�la�fissazione�dei�
prezzi�delle�specialita�medicinali�per�uso�umano�e�la�loro�inclusione�nei�
regimi�nazionali�di�assicurazione�malattia,�in�base�al�quale�una�decisione�
con�cui�le�autorita�nazionali�competenti�decidono�di�non�permettere�la�com-
mercializzazione�di�una�specialita�medicinale�al�prezzo�proposto�dal�richie-
dente�debba�contenere�un�esposto�dei�motivi��basato�su�criteri�obiettivi�e�
verificabili�,�debba�essere�inteso�nel�senso�che�l'autorita�competente�in�base�
alla�normativa�nazionale�belga�debba,�mediante�una�disposizione�di�portata�
generale,�stabilire�in�anticipo�quali�criteri�l'autorita�che�decide�sulla�singola�
domanda�debba�prendere�in�considerazione�o�nel�senso�che�all'autorita�deci-
dente�sia�consentito,�in�ogni�singola�decisione,�dichiarare�quali�criteri�obiet-
tivi�e�verificabili�abbia�in�tal�caso�applicato�per�non�accogliere�la�domanda,�

o�nel�senso�che�e�sufficiente�che�l'autorita�motivi�formalmente�la�sua�deci-
sione�individuale�basandosi�su�dati�concreti�del�fascicolo,�nel�qual�caso�spetta�
al�giudice�decidere�se�tali�dati�rispondono�ad�un�criterio�obiettivo�e�verifica-
bile.�
Causa 
C-16/03 
(domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale) 
^Marchi 
^Immissione 


di 
merce 
sul 
mercato 
comunitario 
^Art.�7,�n.�1�della�prima�direttiva�del�

Consiglio�21�dicembre�1988,�90/104/CEE�^Decisione�del��Hovra�tten�

o�ver�Ska�ne�och�Blekinge��(Svezia)�emessa�il�19�dicembre�2002,�notificata�
il�20�febbraio�2003�(cs.�4718/03,�avv.�dello�Stato�O.�Fiumara).�
IL 
fattO 


La�Peak�Holding�AB�e�titolare�dei�marchi�PeaK 
Performance, 
Peak, 
R&D, 
ReD 
Oak,�registrati�in�Svezia�e�nell'Unione�europea.�La�Handelskom-
pani�effettuava�la�vendita�diretta,�attraverso�negozi�in�Svezia,�di�abiti�e�altri�
prodotti,�in�gran�parte�contrassegnati�da�marchi�che�erano�stati�acquistati�
attraverso�importazioni�parallele,�reimportazioni,�o�in�altri�modi�non�rien-
tranti�nei�normali�canali�di�distribuzione�del�titolare�del�marchio.�Il�27�set-
tembre�2000�la�Handelskompani�vendeva�una�partita�di�25.000�capi�di�abbi-
gliamento�della�Peak�Performance�a�meta�prezzo;�la�merce�proveniva�da�col-
lezioni�degli�anni�1996-98�ed�era�stata�prodotta�fuori�dall'Europa�per�conto�
della�Peak�Performance�Production�AB�e�successivamente�importata�in�
Europa�per�essere�messa�in�vendita,�come�normale�assortimento�della�Peak�
Performance�Production�AB.�La�Peak�Holding�AB�ha�sostenuto,�in�tale�
occasione,�di�aver�disposto�che�la�partita�di�merce�non�fosse�riveduta�in�altri�
Stati�europei�al�di�fuori�della�Russia�e�della�Slovenia�mentre�la�Handelskom-
pani�ha�negato�tale�limitazione.�La�Handelskompani�ha�sostenuto,�in�primo�
luogo,�che�i�prodotti�erano�stati�immessi�sul�mercato�in�quanto�la�Peak�Per-
formance�Production�AB�aveva�consentito�all'importazione�nel�mercato�


IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�61 


interno�e�allo�sdoganamento�di�merci�allo�scopo�di�venderle�e,�difatti,�tali�
merci�sono�state�vendute�nei�negozi�di�proprieta�della�Peak�Performance�Pro-
duction�AB.�La�Peak�Holding�AB�confuta,�invece,�che�le�merci�siano�state�
immesse�sul�mercato�dalla�societa�o�con�il�suo�consenso.�

Nella�causa�sono�sorte�questioni�attinenti�l'interpretazione�dell'espres-
sione��immersi�in�commercio��di�cui�all'art.�7,�n.�1�della�prima�direttiva�del�
Consiglio�del�21�dicembre�1988�n.�89/104/CEE,�sul�ravvicinamento�delle�
legislazioni�degli�Stati�membri�in�materia�di�marchi�d'impresa.�L'articolo�in�
questione�stabilisce�che��il�diritto�conferito�dal�marchio�di�impresa�non�per-

mettealtitolaredellostesso�divietare�l'uso�delmarchio�diimpresaperprodotti�

immessi�in�commercio�nella�Comunita�con�detto�marchio�dal�titolare�stesso�o�

con�il�suo�consenso�.�

IquesitI 


Si�chiede�alla�Corte�di�chiarire:�

1.��se�debba�ritenersi�che�una�merce�sia�stata�immessa�sul�mercato�
per�il�fatto�che�essa�sia�stata:�
a)�importata�nel�mercato�comune�e�sdoganata�dal�titolare�del�mar-
chio�allo�scopo�di�venderla;�
b)�messa�in�vendita�dal�titolare�del�marchio�in�negozi�di�sua�proprieta�

o�in�quelli�di�una�societa�collegata�all'interno�del�mercato�comune,�senza�
che�la�merce�sia�stata�ceduta;�
2.��se�il�titolare�del�marchio�possa�^qualora�una�merce�sia�stata�
immessa�in�commercio�in�uno�dei�due�modi�precedentemente�esposti�e�si�sia�
verificato�percio�l'esaurimento�del�diritto�del�marchio�senza�che�la�merce�sia�
stata�ceduta�^far�venir�meno�l'esaurimento�del�marchio�riportando�la�merce�
in�deposito;�
3.��se�una�merce�debba�essere�considerata�immessa�in�commercio�per�
il�fatto�che�essa�sia�stata�ceduta�dal�titolare�del�marchio�ad�un'altra�societa�
nel�mercato�interno�anche�qualora�il�titolare�del�marchio,�al�momento�della�
cessione,�abbia�posto�all'acquirente�la�condizione�di�non�rivendere�ulterior-
mente�la�merce�sul�mercato�comune;�
4.��se�sulla�risposta�alla�precedente�questione�influisca�la�circostanza�
che�il�titolare�del�marchio�nella�cessione�della�partita�in�cui�rientra�la�merce�
abbia�dato�all'acquirente�l'autorizzazione�di�rivendere�una�piccola�quantita�
di�merce�all'interno�del�mercato�comune.�
Causa 
C^20/03 
(domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale) 
^Attivita� 
di 
ambulante 
^
Autorizzazione 
all'esercizio 
dell'attivita� 
libera 
circolazione 
di 
merci, 
per-
sone 
e 
servizi 
^Articoli�30-37,�articoli�48�e�segg.�ed�articoli�59�e�segg.�
TCE�^Ordinanza�del��Rechtbank��(Belgio)�emessa�il�16�gennaio�2003,�
notificata�il�27�febbraio�2003�(cs.�5683/03,�avv.�dello�Stato�A.�Cingolo).�

IL 
fattO 


Gli�opponenti,�cittadini�dei�Paesi�Bassi�e�ivi�residenti,�nella�causa�
avviata�d'ufficio�dal�Pubblico�Ministero�belga�si�oppongono�all'esecuzione�
della�pena�di�una�condanna�in�contumacia�pronunciata�a�loro�carico�dalla�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

sedicesima�sezione�del�Tribunale�di�primo�Grado�di�Bruges��sezione�sup-
plente�durante�le�vacanze�giudiziarie��per�la�violazione�della�legge�belga�
relativa�all'esercizio�dell'attivita��di�ambulante�e�all'organizzazione�dei�mercati�
all'aperto.�Il�Tribunale,�ritenuta�ricevibile�l'opposizione,�ha�annullato�la�sen-
tenza�impugnata�che�condannava�gli�opponenti�ad�un'ammenda�o�alla�pena�
detentiva�alternativa.�

L'articolo�3�della�legge�25�giugno�1993�prevede�che�l'esercizio�dell'atti-

vita��di�ambulante�nel�territorio�del�Regno�sia�soggetta�a�previa�autorizza-

zione�del�Ministro�o�di�un�funzionario�di�primo�livello�da�esso�delegato�e�

che�la�predetta�autorizzazione�e��temporanea,�personale�e�non�trasferibile.�

L'articolo�5,�n.�3�prevede,�inoltre,�che�le�disposizioni�della�medesima�legge�

non�si�applicano�alla�vendita�di�quotidiani�e�riviste,�nonche�alla�vendita�di�

abbonamenti�a�quotidiani��qualora�si�tratti�di�un�servizio�fornito�regolar-

mente�ad�una�clientela�abituale�e�locale��agli�ordini�per�corrispondenza�

ed�alla�vendita�a�mezzo�di�distributori�automatici.�
Da�cio��deriva�che:�la 
vendita 
di 
quotidiani 
e 
riviste 
non�e��mai�soggetta�ad�

autorizzazione;�la 
vendita 
di 
abbonamenti 
a 
quotidiani 
non�e��soggetta�ad�auto-

rizzazione�qualora�si�tratti�di�un�servizio�fornito�regolarmente�ad�una�clien-

tela�abituale�e�locale�o�di�ordini�per�corrispondenza�e�di�vendita�a�mezzo�di�

distributori�automatici;�la 
vendita 
di 
abbonamenti 
a 
riviste 
�come�nel�caso�

di�specie��e��,�invece,�sempre�soggetta�al�rilascio�di�un'autorizzazione.�

IquesitI 


1.��Se�gli�articoli�della�legge�belga�25�giugno�2003,�relativa�all'eserci-
zio�dell'attivita��di�ambulante�e�all'organizzazione�dei�mercati�all'aperto,�inter-

pretati�nel�senso�che�assoggettano�a�previa�autorizzazione�la�vendita��quale�

attivita��di�ambulante��di�abbonamenti�a�riviste�nel�territorio�belga,�tanto�

per�i�cittadini�belgi�quanto�per�gli�stranieri�cittadini�dell'Unione�Europea,�

disponendo�che�la�violazione�a�tale�prescrizione�sia�penalmente�perseguibile,�

violino�i�predetti�articoli�del�Trattato�CE.�

2.��Se�sia�rilevante�ai�fini�della�soluzione�della�predetta�questione�il�
fatto�che�ai�sensi�della�legge�25�giugno�2002,�la�vendita�di�quotidiani,�riviste�

e�la�vendita�di�abbonamenti�a�quotidiani�non�sia�in�alcun�modo�soggetta�a�

previa�autorizzazione.�

Cause�riunite�C^21/03�e�C^34/03�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^
Appalti�pubblici�di�servizi,�forniture�e�lavori�^Soggetti�legittimati�a�parte-
cipare�^Incompatibilita�di�soggetti�che�abbiano�partecipato�a�fasi�prepa-
ratorie�dell'appalto�^Ordinanze�del��Conseil�d'Etat��(Belgio)�emesse�in�
data�27�dicembre�2002�e�notificate�il�25�marzo�2003�(cs.�7473/03,�avv.�

dello�Stato�G.�Fiengo).�

IL 
fattO 


La�Societe�Anonime�Fabricom�presentava�due�ricorsi�separati�formu-

lando�richiesta�di�annullamento�dell'art.�26�e�dell'art.�32�del�Regio�decreto�

25�marzo�1999�il�quale�modificava�il�Regio�decreto�8�gennaio�1996�relativo�

agli�appalti�pubblici�di�lavori,�forniture,�servizi�e�concessioni�di�lavori�pub-

blici.�


IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�63 


La�normativa�in�oggetto�prevede�l'obbligo�di�astenersi�dalla�presenta-
zione�di�domanda�di�partecipazione��ovvero�a�formulare�un'offerta��nei�
confronti�di�chi�sia�stato�incaricato�della�ricerca,�della�sperimentazione,�dello�
studio�o�dello�sviluppo�di�lavori,�forniture�o�servizi.�La�ricorrente�contesta�
tale�disposizione,�rilevando�come�conformemente�all'oggetto�principale�del�
proprio�atto�costitutivo��ove�e�indicato��lo�svolgimento�di�tutti�i�tipi�di�
lavori�nel�settore�di�trasporti�di�energie�e�di�fluidi���essa�sia�indotta�a�pre-
sentare�regolarmente�offerte�relative�ad�appalti�pubblici;�tuttavia,�tale�pre-
sunta�incompatibilita��consistente�nella�partecipazione�o�svolgimento�di�
una�fase�preparatoria�dell'appalto��non�puo�essere�ritenuta�di�per�se�
motivo�valido�e�sufficiente�di�esclusione,�dovendo�l'autorita�aggiudicatrice�
dimostrare�l'esistenza�di�un�vantaggio�tale�da�falsare�il�normale�gioco�della�
concorrenza.�Tale�discriminazione�comporta�la�violazione�del�principio�di�
uguaglianza�(che�deve�sussistere�tra�gli�offerenti),�della�liberta�del�commercio�
e�dell'industria,�nonche�l'inosservanza�dell'obbligo�di�una�corretta�trasposi-
zione�delle�direttive�comunitarie�nel�diritto�belga.�
Iquesiti(due 
ordinanze) 
Ordinanza 
n. 
114.150 
del 
27 
dicembre 
2002 
(causa 
C-21/03) 


1.��Se�la�direttiva�del�Consiglio�14�giugno�1993,�93/38/CEE,�che�
coordina�le�procedure�di�appalto�degli�enti�erogatori�di�acqua�e�di�energia,�
degli�enti�che�forniscono�servizi�di�trasporto�nonche�degli�enti�che�operano�
nel�settore�delle�telecomunicazioni,�segnatamente�il�suo�articolo�4,�n.�2,�non-
che�la�direttiva�del�Parlamento�europeo�e�del�Consiglio�16�febbraio�1998,�
98/4/CE�che�modifica�la�direttiva�93/38/CEE,�citata,�in�combinato�disposto�
con�il�principio�di�proporzionalita�,�con�la�liberta�di�commercio�e�di�industria�
e�con�riferimento�al�diritto�di�proprieta�,�garantito�segnatamente�dal�proto-
collo�20�marzo�1952,�addizionale�alla�Convenzione�per�la�salvaguardia�dei�
diritti�dell'uomo�e�delle�liberta�fondamentali,�ostino�a�che�non�sia�ammesso�
a�presentare�una�domanda�di�partecipazione,�ovvero�a�formulare�un'offerta�
per�un�appalto�pubblico�di�lavori,�di�forniture�o�di�servizi,�chi�sia�stato�inca-
ricato�della�ricerca,�della�sperimentazione,�dello�studio�o�dello�sviluppo�di�
tali�lavori,�forniture�o�servizi,�senza�che�si�conceda�a�questa�persona�la�possi-
bilita�di�dar�prova�che,�nelle�circostanze�del�caso�di�specie,�l'esperienza�da�
essa�acquisita�non�ha�potuto�falsare�la�concorrenza.�
2.��Se�la�risposta�alla�questione�che�precede�sarebbe�diversa�qualora�
le�direttive�citate,�lette�in�combinato�disposto�con�i�medesimi�principi,�liberta�
e�diritti,�fossero�interpretate�nel�senso�che�esse�hanno�ad�oggetto�solamente�
le�imprese�private,�ovvero�quelle�che�abbiano�effettuato�prestazioni�al�titolo�
oneroso.�
3.��Se�la�direttiva�del�Consiglio�25�febbraio�1992,�92/13/CEE,�che�
coordina�le�disposizioni�legislative,�regolamentari�e�amministrative�relative�
all'applicazione�delle�norme�comunitarie�in�materia�di�procedure�di�appalto�
degli�enti�erogatori�di�acqua�e�di�energia�e�degli�enti�che�forniscono�servizi�
di�trasporto�nonche�degli�enti�che�operano�nel�settore�delle�telecomunica-
zioni,�segnatamente�ai�suoi�artt.�1�e�2,�possa�essere�interpretata�nel�senso�
che,�sino�alla�conclusione�della�procedura�di�esame�delle�offerte,�l'autorita�

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 


aggiudicatrice 
puo� 
rifiutare 
la 
partecipazione 
alla 
procedura, 
ovvero 
la 
pre-
sentazione 
di 
un'offerta, 
da 
parte 
dell'impresa 
che 
sia 
vincolata 
ad 
un 
sog-
getto 
che 
sia 
stato 
incaricato 
della 
ricerca, 
della 
sperimentazione, 
dello 
studio 


o 
dello 
sviluppo 
di 
lavori, 
forniture 
o 
servizi, 
quando 
tale 
impresa, 
interro-
gata 
in 
tal 
senso 
dall'autorita� 
aggiudicatrice, 
affermi 
che 
essa 
non 
beneficia 
per 
questa 
ragione 
di 
un 
vantaggio 
ingiustificato 
tale 
da 
falsare 
le 
normali 
condizioni 
concorrenziali. 
Ordinanza 
n. 
114.149 
del 
27 
dicembre 
2002 
(causa 
C-34/03) 


1. 
�Se 
la 
direttiva 
del 
Consiglio 
18 
giugno 
1992, 
92/50/CEE, 
che 
coordina 
le 
procedure 
di 
aggiudicazione 
degli 
appalti 
pubblici 
di 
servizi, 
con 
particolare 
riferimento 
al 
suo 
art. 
3, 
n. 
2, 
la 
direttiva 
del 
Consiglio 
14 
giugno 
1993, 
93/36/CEE, 
che 
coordina 
le 
procedure 
di 
aggiudicazione 
degli 
appalti 
pubblici 
di 
forniture, 
con 
particolare 
riferimento 
al 
suo 
art. 
5, 
n. 
7, 
la 
diret-
tiva 
del 
Consiglio 
14 
giugno 
1993, 
93/37/CEE, 
che 
coordina 
le 
procedure 
di 
aggiudicazione 
degli 
appalti 
pubblici 
di 
lavori, 
con 
particolare 
riferimento 
al 
suo 
art. 
6, 
n. 
6, 
e 
la 
direttiva 
del 
Parlamento 
Europeo 
e 
del 
Consiglio 
13 
otto-
bre 
1991, 
97/52/CE, 
che 
modifica 
le 
direttive 
92/50/CEE, 
93/36/CEE 
e 
93/37/CEE 
relative 
al 
coordinamento 
delle 
procedure 
di 
aggiudicazione 
rispettivamente 
degli 
appalti 
pubblici 
di 
servizi, 
degli 
appalti 
pubblici 
di 
for-
niture 
e 
degli 
appalti 
pubblici 
di 
lavori, 
con 
particolare 
riferimento 
ai 
suoi 
artt. 
2, 
n. 
1, 
lett. 
b) 
e 
3, 
n. 
1, 
lett. 
b), 
in 
combinato 
disposto 
con 
il 
principio 
di 
proporzionalita�
con 
la 
liberta� 
di 
commercio 
e 
di 
industria 
e 
con 
riferi-
mento 
al 
diritto 
di 
proprieta� 
, 
garantito 
segnatamente 
dal 
protocollo 
20 
marzo 
1952, 
addizionale 
alla 
Convenzione 
per 
la 
salvaguardia 
dei 
diritti 
dell'uomo 
e 
delle 
liberta� 
fondamentali, 
ostino 
a 
che 
non 
sia 
ammesso 
a 
pre-
sentare 
una 
domanda 
di 
partecipazione, 
ovvero 
a 
formulare 
un'offerta 
per 
un 
appalto 
pubblico 
di 
lavori, 
di 
forniture 
o 
di 
servizi, 
chi 
sia 
stato 
incaricato 
della 
ricerca, 
della 
sperimentazione, 
dello 
studio 
o 
dello 
sviluppo 
di 
tali 
lavori, 
forniture 
o 
servizi, 
senza 
che 
si 
conceda 
a 
questa 
persona 
la 
possibilita� 
di 
dar 
prova 
che, 
nelle 
circostanze 
del 
caso 
di 
specie, 
l'esperienza 
da 
essa 
acquisita 
non 
ha 
potuto 
falsare 
la 
concorrenza. 
2. 
�Se 
la 
risposta 
alla 
questione 
che 
precede 
sarebbe 
diversa 
qualora 
le 
direttive 
citate, 
lette 
in 
combinato 
disposto 
con 
i 
medesimi 
principi, 
liberta� 
e 
diritti, 
fossero 
interpretate 
nel 
senso 
che 
esse 
hanno 
ad 
oggetto 
solamente 
le 
imprese 
private, 
ovvero 
quelle 
che 
abbiano 
effettuato 
prestazioni 
al 
titolo 
oneroso; 
3. 
�Se 
la 
direttiva 
del 
Consiglio 
21 
dicembre 
1989, 
89/665/CEE, 
che 
coordina 
le 
disposizioni 
legislative, 
regolamentari 
e 
amministrative 
relative 
all'applicazione 
delle 
procedure 
di 
ricorso 
in 
materia 
di 
aggiudicazionedegli 
appalti 
pubblici 
di 
forniture 
e 
di 
lavori, 
con 
particolare 
riferimento 
ai 
suoi 
artt. 
2, 
n. 
1, 
lett. 
a), 
e 
5, 
possa 
essere 
interpretata 
nel 
senso 
che, 
sino 
alla 
conclusione 
della 
procedura 
di 
esame 
delle 
offerte, 
l'autorita� 
aggiudicatrice 
puo� 
rifiutare 
la 
partecipazione 
alla 
procedura, 
ovvero 
la 
presentazione 
di 
un'offerta, 
da 
parte 
dell'impresa 
che 
sia 
vincolata 
ad 
un 
soggetto 
che 
sia 
stato 
incaricato 
della 
ricerca, 
della 
sperimentazione, 
dello 
studio 
o 
dello 
svi-
luppo 
di 
lavori, 
forniture 
o 
servizi, 
quando 
tale 
impresa, 
interrogata 
in 
tal 

IL 
CONTENZIOSO 
COMUNITARIO 
ED 
INTERNAZIONALE 
^I 
giudizi 
in 
corso 
alla 
Corte 
di 
Giustizia 
CE 
65 


senso 
dall'autorita� 
aggiudicatrice, 
affermi 
che 
essa 
non 
beneficia 
per 
questa 
ragione 
di 
un 
vantaggio 
ingiustificato 
tale 
da 
falsare 
le 
normali 
condizioni 
concorrenziali. 


C-25/03 
(domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale) 
^Appalti 
pubblici 
di 
servizi, 
forniture 
e 
lavori 
^Contratto 
in 
proprio 
esente 
da 
gara 
di 
appalto 
^

Applicabilita� 
della 
direttiva 
89/665/CEE 
^Ordinanza 
del 
�Oberlande-
sgericht� 
(Germania) 
emessa 
in 
data 
8 
gennaio 
2003, 
notificata 
il 
3 
aprile 
2003 
(cs. 
7357/03, 
avv. 
dello 
Stato 
G. 
Fiengo). 


IL 
fattO 


La 
ricorrente 
(costituita 
da 
tre 
societa� 
aventi 
per 
oggetto 
sociale 
la 
gestione 
di 
impianti 
di 
riciclaggio 
e 
di 
smaltimento 
dei 
rifiuti) 
ha 
presentato 
ricorso 
all'autorita� 
giudiziaria 
competente 
al 
fine 
di 
obbligare 
la 
resistente 
�un 
ente 
territoriale 
in 
qualita� 
di 
ente 
aggiudicatore 
�a 
bandire 
la 
proce-
dura 
di 
appalto 
aperta 
per 
il 
conferimento 
dell'incarico 
di 
smaltimento 
della 
quantita� 
di 
rifiuti 
che 
verranno 
a 
prodursi 
nel 
territorio 
a 
partire 
dal 
mese 
di 
giugno 
2005. 
In 
tale 
ricorso 
e� 
stata 
eccepita 
una 
violazione 
della 
norma-
tiva 
sugli 
appalti 
in 
quanto, 
in 
mancanza 
dei 
presupposti 
per 
la 
qualifica 
di 
�contratto 
interno�, 
non 
e� 
stata 
indetta 
alcuna 
gara 
d'appalto. 
Risulta 
per-
tanto 
necessario 
stabilire, 
ai 
fini 
della 
fondatezza 
del 
ricorso, 
se 
la 
fattispecie 
posta 
in 
essere 
possa 
configurarsi 
quale 
contratto 
in 
proprio 
esente 
da 
gara 
di 
appalto. 
A 
tal 
fine, 
occorre 
chiarire 
se 
la 
societa� 
di 
partecipazione 
in 
mano 
pubblica 
(nella 
quale 
pertanto 
vi 
sia 
una 
partecipazione 
societaria 
privata) 
possa 
o 
meno 
essere 
riconosciuta 
quale 
azienda 
interna 
dell'autorita� 
aggiudi-
catrice 
determinando 
in 
tal 
modo 
la 
non 
applicabilita� 
della 
normativa 
in 
materia 
di 
appalti. 


IquesitI 


a)�Con�riferimento�all'interpretazione�dell'art.�1�n.�1�della�direttiva�

89/665/CEE�cos|�come�integrata�dall'art.�41�della�direttiva�92/50/CEE:�

1. 
�Se 
tale 
articolo 
imponga 
agli 
Stati 
membri 
di 
garantire 
un 
ricorso 
efficace 
e 
quanto 
piu� 
rapido 
possibile 
avverso 
la 
decisione 
dall'autorita� 
aggiu-
dicatrice 
di 
non 
aggiudicare 
un 
appalto 
pubblico 
mediante 
un 
procedimento 
conforme 
alle 
disposizioni 
delle 
direttive 
in 
materia 
di 
aggiudicazione 
degli 
appalti 
pubblici. 
2. 
�Se 
tale 
articolo 
imponga, 
altres|�
agli 
Stati 
membri 
di 
garantire 
un 
ricorso 
efficace 
e 
quanto 
piu� 
rapido 
possibile 
avverso 
le 
decisioni 
assunte 
dalle 
autorita� 
aggiudicatrici 
prima 
della 
formale 
indizione 
della 
gara 
d'ap-
palto, 
in 
particolare 
avverso 
la 
decisione 
relativa 
alla 
questione, 
di 
carattere 
preliminare, 
se 
un 
determinato 
procedimento 
di 
acquisizione 
rientri 
o 
meno 
nell'ambito 
d'applicazione 
soggettivo 
o 
oggettivo 
delle 
direttive 
in 
materia 
di 
aggiudicazione 
degli 
appalti 
pubblici, 
ovvero 
se 
in 
via 
di 
eccezione 
sussista 
una 
deroga 
alla 
normativa 
sugli 
appalti. 
3. 
�In 
caso 
di 
risposta 
positiva 
sulla 
questione 
pregiudiziale 
sub 
1 
e 
di 
risposta 
negativa 
alla 
questione 
pregiudiziale 
sub 
2, 
se 
uno 
Stato 
membro 
adempia 
all'obbligo 
di 
cui 
al 
precitato 
art. 
1, 
n. 
1, 
nel 
caso 
in 
cui 
l'accesso 

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

alla�procedura�di�ricorso�venga�concesso�solamente�con�il�raggiungimento�di�
una�fase�formale�determinata�del�procedimento�di�acquisizione,�ad�esempio�
a�partire�all'avvio�delle�trattative�scritte�o�orali�con�un�terzo.�

b) 
Con 
riferimento 
all'interpretazione 
dell'art. 
1, 
lett. 
a), 
della 
direttiva 


92/50/CEE, 
tenuto 
conto 
della 
modifica 
apportata 
dal 
direttiva 
97/52/CE: 


1.��Presupponendo�che�un'amministrazione�aggiudicatrice,�quale�un�
ente�territoriale,�intenda�stipulare�con�un�ente�formalmente�distinto�da�essa�
un�contratto�scritto�a�titolo�oneroso�avente�ad�oggetto�servizi,�quale�rientri�
nell'ambito�d'applicazione�della�direttiva�di�coordinamento�dei�servizi:�pre-
supponendo�inoltre�che�tale�contratto�non�rappresenti,�in�via�di�eccezione,�
un�appalto�pubblico�di�servizi�ai�sensi�dell'art.�1,�lett.�a),�della�direttiva�di�
coordinamento�dei�servizi,�in�quanto�l'ente�con�cui�si�stipula�il�contratto�sia�
riconducibile�alla�pubblica�amministrazione�ovvero�sia�qualificabile�come�
impresa�dell'amministrazione�aggiudicatrice,�se�la�qualificazione�di�un�tale�
contratto�come�contratto�in�proprio�esente�da�gara�d'appalto�debba�sempre�
escludersi�qualora�vi�sia�la�semplice�partecipazione�societaria�di�un'impresa�
privata�nell'ente�con�cui�si�stipula�il�contratto.�
2.��Nel�caso�di�risposta�negativa�alla�precedente�questione�pregiudi-
ziale,�a�quali�condizioni�un�ente�in�cui�vi�sia�la�partecipazione�societariadi�
privati�sia�riconducibile�alla�pubblica�amministrazione�ovvero�se�sia�qualifi-
cabile�come�impresa�dell'amministrazione�aggiudicatrice.�In�particolare:�
2.1��se,�per�poter�qualificare�una�societa�di�partecipazione�pubblica�
come�impresa�dell'amministrazione�aggiudicatrice�con�riferimento�all'am-
piezza�e�all'intensita�del�controllo,�sia�sufficiente�che�l'amministrazione�
aggiudicatrice�eserciti�sulla�societa�stessa�la�sua��influenza�dominante��ai�
sensi�degli�artt.�1,�n.�2,�e�13,�n.�1,�della�direttiva�93/38/CEE�(che�coordina�le�
procedure�di�appalto�degli�enti�erogatori�di�acqua�e�di�energia,�degli�enti�
che�forniscono�servizi�di�trasporto�nonche�degli�enti�che�operano�nel�settore�
delle�telecomunicazioni);�
2.2��se�l'influenza,�giuridicamente�prevista,�che�puo�esercitare�il�
socio�privato�della�societa�di�partecipazione�pubblica�quanto�all'individua-
zione�degli�obiettivi�dell'ente�con�cui�si�stipula�il�contratto�e/o�quanto�alle�
singole�decisioni�relative�alla�conduzione�dell'impresa,�escluda�la�qualifica-
zione�di�quest'ultima�come�impresa�dell'amministrazione�aggiudicatrice;�
2.3��se,�per�poter�qualificare�una�societa�di�partecipazione�pubblica�
come�impresa�dell'amministrazione�aggiudicatrice,�con�riferimento�al�criterio�
dell'ampiezza�e�all'intensita�del�controllo,�sia�sufficiente�un�ampio�potere�
direttivo�in�ordine�alle�decisioni�relative�alla�stipulazione�del�contratto�e�alla�
fornitura�dei�servizi�nella�concreta�procedura�di�acquisizione;�
2.4��se,�per�poter�qualificare�una�societa�di�partecipazione�pubblica�
come�impresa�dell'amministrazione�aggiudicatrice,�con�riferimento�al�criterio�
dello�svolgimento�della�parte�piu�importante�della�sua�attivita�in�favore�del-
l'autorita�aggiudicatrice,�sia�sufficiente�che�almeno�l'80%�della�cifra�d'affari�
media�realizzata�nella�Comunita�dalla�societa�in�questione�negli�ultimi�tre�
anni�in�materia�di�servizi�derivi�dalla�fornitura�di�detti�servizi�all'autorita�
aggiudicatrice�ovvero�alle�imprese�ad�essa�collegate�o�ad�essa�riconducibili,�

IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�67 


ovvero,�qualora�la�societa�mista�non�abbia�ancora�maturato�un'attivita�trien-
nale,�sia�sufficiente�che�possa�prevedersi�il�rispetto�della�citata��norma�
dell'80%�.�

C-28/03 
(domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale) 
^Assicurazione 
diretta 
diversa 
dall'assicurazione 
sulla 
vita 
^Privilegio 
sull'accantonamento 
cautelare 
dei 
crediti 
d'impresa 
d'assicurazione 
^Art.�15�e�16�della�direttiva�
73/239/CE�e�art.�17�e�18�della�direttiva�79/267/CE�^Ordinanza�del�
�Sinvoulio�Tim�Epicrateias��(Grecia)�emessa�il�23�ottobre�2002�e�notifi-
cata�il�19�marzo�2003�(cs.�7472/03,�avv.�dello�Stato�G.�Fiengo).�

IL 
fattO 


Il�ricorrente�e�una�persona�giuridica�di�diritto�privato,�che�si�occupa�del�
pagamento�del�risarcimento�derivante�da�responsabilita�civile�per�infortuni�
automobilistici�e�che,�una�volta�versato�il�risarcimento,�si�surroga�definitiva-
mente�nei�diritti�del�danneggiato�derivanti�dall'incidente�stradale�nei�con-
fronti�dell'obbligato�al�risarcimento�o�del�suo�assicuratore.�

A�seguito�di�revoca�definitiva�dell'autorizzazione�alla�costituzione�ed�al�
funzionamento�di�una�societa�di�assicurazione�(Intercontinental�A.E.)�si�
disponeva�il�sequestro,�a�titolo�di�provvedimento�cautelare,�del�patrimonio�
mobiliare�ed�immobiliare�della�stessa�e,�successivamente,�si�procedeva�al�dis-
sequestro�di�parte�dei�predetti�beni�patrimoniali�per�la�copertura�in�via�privi-
legiata�dei�crediti�da�lavoro�dipendente.�Il�ricorrente�chiedeva,�quindi,�l'an-
nullamento�di�tale�ultimo�provvedimento�argomentando�che,�versando�gli�
importi�dovuti�a�titolo�di�risarcimento�da�una�societa�d'assicurazione�in�liqui-
dazione,�con�il�dissequestro�dell'accantonamento�cautelare�di�tale�impresa,�
per�la�copertura�in�via�privilegiata�dei�crediti�da�lavoro�di�quest'ultima,si�
riduce�il�patrimonio�sul�quale�potranno�soddisfarsi�i�propri�crediti�nei�con-
fronti�di�tale�societa�d'assicurazione.�

Secondo�l'interpretazione�delle�direttive�comunitarie,�proposta�dal�ricor-
rente,�la�previsione�per�le�imprese�di�assicurazione�di�un�obbligo�di�costituire�
�riserve�tecniche�,�di�mettere�a�disposizione�attivi�patrimoniali�a�copertura�
di�queste�ultime,�e�di�predisporre�un��margine�di�solvibili�dei�crediti,�suggeri-
rebbe�l'esistenza�di�un�privilegio�degli�assicurati�(nonche�dei�loro�aventi�
causa)�rispetto�a�tali�accantonamenti.�

Tuttavia,�secondo�il�Ministero�dello�Sviluppo,�in�base�all'art.�35,�n.�9,�
della�legge�greca�2496/1997,�il�privilegio�di�cui�godono�sull'accantonamento�
cautelare�i�dipendenti�di�un�impresa�di�assicurazione�per�crediti�derivanti�
dal�loro�rapporto�di�lavoro�prevale�sul�privilegio�cui�godono�sullo�stesso�
accantonamento�gli�assicurati�(nonche�i�loro�aventi�causa).�

IL 
quesitO 


Alla�luce�di�quanto�disposto�in�particolare,�agli�artt.�15�e�16�della�prima�
direttiva�del�Consiglio�73/239/CE,�recante�coordinamento�delle�disposizioni�
legislative,�regolamentari�ed�amministrative�in�materia�di�accesso�e�di�eserci-
zio�dell'assicurazione�diretta�diversa�dell'assicurazione�sulla�vita�come�com-
pletata�e�modificata�dalla�seconda�direttiva�del�Consiglio�88/357/CE�nonche�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

dalla�terza�direttiva�del�Consiglio�92/49/CE�nonche�agli�artt.�17�e�18�della�
prima�direttiva�del�Consiglio�79/267/CE,�recante�coordinamento�delle�dispo-
sizioni�legislative,�regolamentari�ed�amministrative�riguardanti�l'accesso�
all'attivita�dell'assicurazione�diretta�sulla�vita�ed�il�suo�esercizio,�come�modi-
ficata�e�completata�dalla�seconda�direttiva�del�Consiglio�90/619/CE�nonche�
dalla�terza�direttiva�del�Consiglio�92/96/CE,�se�il�legislatore�nazionale�possa�
disporre�che,�nel�caso�in�cui�un'impresa�di�assicurazione�fallisca,�sia�posta�
in�liquidazione�o�venga�a�trovarsi�in�una�analoga�situazione�di�insolvenza,i�
crediti�derivanti�da�rapporto�di�lavoro�dipendente�con�questa�ultima�siano�
soddisfatti�in�via�privilegiata�sugli�attivi�compresi�nelle�riserve�tecniche,�
rispetto�ai�crediti�dei�beneficiari�di�un'assicurazione�nonche�dei�loro�aventi�
causa�a�titolo�universale�o�particolare.�

LA 
posizionE 
deL 
GovernO 
italianO 


Il�Ministero�della�giustizia�ha�fatto�pervenire�le�seguenti�osservazioni:�

�Questo�Ufficio,�per�quanto�di�competenza,�non�rinviene�alcun�interesse�da�

parte�del�Governo�italiano�ad�intervenire�nella�causa�in�oggetto,�in�quanto�esiste�

gia�unadirettiva�chegarantisce�lapossibilita�dellascelta�diqualicreditiprivile-

giare.�
Infatti�la�direttiva�n.�2001/17/CE,�garantendo�la�tutela�degli�assicurati,�dei�

contraentidiunapolizza,�deibeneficiariediognipartelesachegodadeldiritto�

di�azione�diretta�nei�confronti�dell'impresa�di�assicurazione�su�un�credito�risul-

tantedaoperazionidiassicurazione,�stabiliscechegliStatimembripossanosce-

gliere�se�concedere�ai�crediti�di�assicurazione�il�privilegio�assoluto�su�ogni�altro�

credito�o�unparticolareprivilegio�sulqualepossanoprevalere�soltanto�icrediti�

lavorativi,�previdenziali,fiscalie�idirittireali.�Dunque,�nulla�vietaaduno�Stato�

membro�di�stabilire�una�gerarchia�fra�varie�categorie�di�crediti�(senza,�pero�,�

alcunadiscriminazionetracreditori,�basatasunazionalita�oresidenza)�.�

Causa 
C-31/03 
(domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale) 
^Medicinali 
per 
uso 
umano 
e 
medicinali 
veterinari 
^Certificato 
protettivo 
complementare 
^
Art.�19,�n.�1�Regolamento�92/1768/CEE�^Ordinanza�del�Bundesge-

richtshof�(Germania)�emessa�il�17�dicembre�2002�-Registrata�il�27�gen-

naio�2003�(avv.�dello�Stato�M.�Fiorilli).�

IL 
fattO 


In�data�15�giugno�1994�nella�Repubblica�Federale�di�Germania,�veniva�

autorizzato�il�medicinale��Dostinex��per�uso�umano.�Nell'autorizzazione�

veniva�menzionata�la��Cabergolina��quale�componente�attiva�del�medicinale.�

Questo�principio�attivo�e�stato�autorizzato,�in�quanto�medicinale�per�uso�

umano,�per�la�prima�volta�all'interno�della�Comunita�Europea�il�21�ottobre�

1992�nei�Paesi�Bassi.�
L'autorizzazione�del��Dostinex��e�stata�la�prima�autorizzazione�di�

immissione�in�commercio�di�tale�prodotto�protetto�in�quanto�medicinale�

all'interno�del�paese.�
Tuttavia�il�7�gennaio�1987�era�gia�stata�rilasciata�in�Italia�un'autorizza-

zione�riferita�ad�un�medicinale,�il��Galastop�,�per�uso�veterinario,�che�con-

tiene�anch'esso�il�principio�attivo��Cabergolina�.�


IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�69 


La�richiedente�ha�presentato�una�domanda�di�rilascio�di�un�certificato�
protettivo�complementare�il�13�dicembre�1994.�Il�certificato�e��stato�richiesto�
in�via�principale�per�il�principio�attivo��Cabergolina��in�forma�di�base�libera�

o�di�sale,�farmaceuticamente�ammissibile�ottenuto�per�addizione�di�acidi;in�
subordine�per�il�principio�attivo�del�medicinale��Dostinex��in�tutte�le�forme�
coperte�dalla�protezione�del�brevetto�di�base.�
La�ricorrente�nel�procedimento�a�quo,�titolare�di�un�brevetto�tedesco,�
richiesto�il�31�marzo�1981�ed�estintosi�nel�frattempo�per�decorrenza�di�ter-
mine,�avente�ad�oggetto�una�analoga�combinazione�di�principi�attivi�ritiene�
che�l'autorizzazione�del�medicinale�veterinario��Galastop��non�debba�essere�
presa�in�considerazione�nel�caso�di�specie�poiche�nel�regolamento�sul�certifi-
cato�protettivo�verrebbe�operata�una�distinzione�sostanziale�tra�medicinali�
per�uso�umano�e�veterinari�i�quali�vengono�esaminati�ed�autorizzati�con�
procedure�amministrative�di�autorizzazione�diverse�ed�indipendenti�le�une�
dalle�altre.�La�richiesta�e��stata�respinta�dal�Deutsches�Patent-und�Marke-
namt�(Ufficio�tedesco�dei�brevetti�e�marchi)�riguardo�sia�alla�domanda�prin-
cipale�sia�a�quella�in�subordine.�Questi�ha�ritenuto�che�sia�prima�autorizza-
zione�ai�sensi�dell'art.�19�n.�1�del�Regolamento�sul�certificato�protettivo,�
l'autorizzazione�rilasciata�in�Italia�il�7�gennaio�1987.�Cio��e��valido�a�prescin-
dere�dal�fatto�che�l'autorizzazione�italiana�si�riferisca�ad�un�medicinale�veteri-
nario,�mentre�la�domanda�di�rilascio�del�richiedente�riguarda�l'autorizzazione�
di�un�medicinale�per�uso�umano.�

IL 
quesitO 


Se�al�rilascio�di�un�certificato�protettivo�complementare�in�uno�Stato�
membro�della�Comunita��sulla�base�di�un�medicinale�per�uso�umano�autoriz-
zato�nel�detto�Stato�membro�osti�la�circostanza�che,�prima�della�data�stabi-
lita�dall'art.�19�n.�1,�del�Regolamento�sul�certificato�protettivo,�in�un�altro�
Stato�membro�della�Comunita��sia�stata�rilasciata�un'autorizzazione�di�immis-
sione�in�commercio�dello�stesso�prodotto�in�quanto�medicinale�veterinario,�
ovvero�rilevi�unicamente�la�data�in�cui�il�prodotto�e��stato�autorizzato�in�
quanto�medicinale�per�uso�umano�nella�Comunita��.�

NotA 


La�rilevanza�della�questione�deriva�dalla�necessita�di�interpretare�in�modo�

certo�la�normativa�relativa�al�rilascio�di�un�certificato�protettivo.�Questa�si�pre-

figge�di�rafforzare,�nel�campo�della�ricercafarmaceutica,�la�tutela�commerciale�

delbrevettorelativoaiprincipiattivideimedicinali.�Lanormativadiriferimento�

nel�caso�in�specie�e�il�Regolamento�(CEE)�del�18�giugno�1992,�n.�1768,�piu�in�

particolare�alla�base�della�tesi�della�richiedente�vengono�posti�l'art.�2,art.�3�

lett.�b)�e�d),�art.�8�n.�1�lett.�b)�e�art.�14�lett.�d).�Dall'analisi�di�queste�norme�

emergerebbe�una�evidente�distinzione�tra�i�medicinali�ad�uso�umano�e�quelliad�

uso�veterinario,�per�i�quali,�infatti,�il�legislatore�avrebbe�volontariamente�richia-

mato�normative�^relative�a�procedure�di�autorizzazione�per�l'immissione�in�

commercio�(di�seguito�A.I.C.)�^differenti�ossia�rispettivamente�la�Dir.�65/65/�

CE�e�la�Dir.�81/851/CE.�Inteso�in�questi�termini�il�richiamo�alle�normative,ne�

conseguirebbe�una�interpretazione�dell'articolo�19�n.�1�del�Regolamento�tale�da�

considerare�esistenti�i�requisiti�in�virtu�dei�quali�sarebbe�possibile�concederle�un�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

certificato�protettivo�complementare.�Infatti�l'art.�19�prevede�come�requisito�

fondamentale�^oltre�alla�titolarita�di�un�brevetto�in�vigore�^il�rilascio�di�una�

prima�autorizzazione�all'immissione�in�commercio�nella�Comunita�o�nel�rispet-

tivo�territorio;�questa,�secondo�tale�prospettiva,�sarebbe�da�ritenere�quella�rila-

sciata�alla�richiedente,�relativamente�al�medicinale�da�essa�prodotto�per�utilizzo�

umano.�
Contrariamente�e�possibile�ritenere,�pero�,�che�partendo�dal�termine��medi-

cinale�,�alla�luce�della�stessa�normativa,�non�si�possa�ravvisare�alcuna�differen-

ziazione�nell'utilizzo�che�il�legislatorefa�dei�termini��umane��ed��animali�,�i�

quali�vengono�richiamati�esclusivamente�come�modalita�di�utilizzo�di�un�deter-

minato�principio�attivo�(art.�1�lett.�a),�infatti�si�intende�per�medicinale�ogni

sostanza�o�composizione�presentate�come�avente�proprieta�curative�o�profilatti-

�

che�delle�malattie�umane�o�animali�[...]�;�inoltre,�sempre�secondo�l'art.�1�

lett.�b),�si�deve�intendere�ilprodotto�come��principio�attivo�o�la�composizione�

di�principi�attivi�di�un�medicinale�.�Conseguentemente�alla�luce�di�tali�defini-

zioni�il�certificato�e�rilasciato�se�i)�il��prodotto��(inteso�come�principio�attivo�

o�composizionediquesti)�siaprotetto�dabrevetto�invigore,�se�ii)perilprodotto�
�in�quanto�medicinale��sia�rilasciata�un�A.I.C.�secondo�le�direttive�di�cuisopra�

eseiii)�questaautorizzazionesialaprimadel�prodottoinquantomedicinale�.�

Anche�l'art.�4.del�Regolamento�individua,�come�oggetto�della�protezione�del�

certificato,�il�prodotto�inquantomedicinale.Irichiamifatti,dallegislatore,�

al��medicinale��in�senso�piu�ampio,�escluderebbero�che�si�possa�interpretare�la�

normativa�in�modo�da�ravvisarvi�un�rinvio�alle�normative�determinate�dai�diffe-

renti�usi,�quello�umano�e�veterinario.�Le�procedure�per�le�A.I.C.�di�un�medici-

nale�per�uso�umano�o�veterinario�sono�differenti,�soprattutto�relativamente�alla�

presentazionedelleprovefarmacologichee�tossicologiche,�manonsembrache�

il�legislatore�si�sia�voluto�riferire,�nel�Regolamento�n.�1768/1992,�al�tipo�di�uso�

di�utilizzo�della�sostanza�brevettata.�La�conseguenza�di�tutto�cio�comporterebbe�

chel'art.�19n.�1possaessereinterpretatonelsensodiconsiderarecomeprima�

autorizzazione�per�l'immissione�in�commercio�quella�rilasciata�al��Galastop��

inItalianel1987seppurperuso�veterinario.�
Anche�la�giurisprudenza,�seppur�scarsa�sulla�tematica,�si�e�orientata�nel�

considerare,�aifini�di�una�A.I.C.,�il��medicinale��senza�alcuna�differenziazione�

relativamente�al�tipo�di�utilizzo�che�ne�viene�fatto�(Causa�110/95,�sent.�del�12�

giugno�1997,�Yamanouchi�Pharmaceutical�Co�Ltd�c.�Comptroller-General�of�

Patents,�Designs�and�Trade�Marks).�

Causa�C-32/03�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^IVA�^Detrazione�^
Contratto�di�locazione�^Esercizio�di�attivita�economica�indipendente�^

Art.�4,�nn.�1-3,�direttiva�77/388/CEE�^Ordinanza�del��Hojesteret��

(Danimarca)�emessa�il�22�gennaio�2003,�notificata�il�19�marzo�2003�

(cs.�5931/03,�avv.�dello�Stato�A.�Cingolo).�

IL 
fattO 


La�societa�in�nome�collettivo�appellante�afferma�in�via�principale�il�

diritto�di�detrarre�l'IVA�riguardante�la�locazione�di�locali�conclusa�per�l'eser


cizio�di�un'attivita�economica�di�ristorazione,�anche�successivamente�alla�


IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�71 


chiusura�del�ristorante,�adducendo,�a�sostegno�della�sua�posizione,�la�circo-
stanza�che�il�contratto�di�locazione�professionale�e�stato�concluso�con�un�
divieto�di�recesso�della�durata�di�dieci�anni�per�entrambe�le�parti.�Di�conse-
guenza,�il�contratto�di�locazione�professionale�concluso�dalla�societa�come�
elemento�di�un'attivita�economica�professionale�di�ristorazione,�secondo�le�
normali�condizioni�di�esercizio�di�quest'ultima,�di�per�se�realizzerebbe�un'atti-
vita�economica�indipendente�tale�da�consentire�la�detrazione�dell'IVA�
(art.�37�della�legge�sull'IVA�e�l'art.�4�della�direttiva�IVA).�

Il�Ministero�delle�Finanze,�invece,�sostiene�che�la�sola�circostanza�che�la�
societa�sia�stata�in�possesso�di�un�contratto�di�locazione,�non�e�influente�ai�
fini�di�stabilire�se�essa�abbia�effettivamente�svolto�un'attivita�economica�indi-
pendente�ai�sensi�della�sesta�direttiva�IVA,�tenuto�conto�anche�del�fatto�che�
la�societa�non�avrebbe�attivamente�cercato�di�conseguire�introiti�di�una�certa�
stabilita�.�Al�contrario,�la�societa�avrebbe�cessato�l'attivita�di�ristorazione�per�
il�cui�esercizio�era�registrata,�facendo�in�tal�modo�venire�meno�il�collega-
mento�diretto�ed�immediato�tra�operazioni�effettuate�a�monte�ed�operazioni�
effettuate�a�valle.�

IquesitI 


1.��Se�possa�ritenersi�che�una�persona�eserciti�un'attivita�economica�
indipendente�ai�sensi�dell'art.�4,�nn.�1�e�3,�della�sesta�direttiva�IVA,�in�una�
situazione�in�cui�l'interessato�ha�concluso�volontariamente�un�contrattodi�
locazione�come�elemento�di�un'attivita�economica�indipendente,�in�cui�l'effet-
tiva�attivita�e�attualmente�cessata,�ma�il�contratto�di�locazione�ha�continuato�
ad�esistere�per�un�certo�periodo�per�una�clausola�di�divieto�di�recesso�ed�in�
cui,�dopo�che�l'attivita�effettiva�e�cessata,�nel�godimento�del�contratto�di�
locazione�non�vengono�effettuate�operazioni�soggette�ad�IVA�allo�scopo�di�
procurarsi�introiti�di�una�certa�stabilita�.�
2.��Se�per�la�risposta�alla�questione�non�abbia�qualche�rilevanza�il�
fatto�che�l'interessato,�per�la�durata�residuale�del�periodo�in�cui�vige�il�divieto�
di�recesso,�cerchi�attivamente�o�di�sfruttare�l'esistenza�della�locazioneper�
effettuare�operazioni�soggette�ad�IVA�allo�scopo�di�procurarsi�introiti�di�
una�certa�abilita�o�di�cedere�la�locazione,�e�se�sia�di�un�qualche�rilievo�la�
durata�del�periodo�in�cui�vige�il�divieto�di�recesso�o�della�parte�residuale�di�
esso.�
Causa 
C-36/03 
(domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale) 
^Commercio 
di 
medicin
ali 
^Esonero 
dall'obbligo 
di 
presentare 
le 
prove 
cliniche 
^Art.�10,�n.�1,�
lett.�a),�iii)�Direttiva�2001/83/CE�^Ordinanza�High�Court�of�Justice�
(Regno�Unito)�del�23�dicembre�2002�^Iscritta�il�3�febbraio�2003�(avv.�
dello�Stato�M.�Fiorilli).�

IL 
fattO 


La�domanda�di�pronuncia�pregiudiziale�viene�sollevata�nell'ambito�di�un�
procedimento�avente�ad�oggetto�la�corretta�interpretazione�dell'art.�10,n.�1,�
della�direttiva�2001/83/CE.�In�particolare,�il�procedimento�riguarda�le�
circostanze�in�cui�colui�che�richiede�un'autorizzazione�all'immissione�in�com-


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

mercio�per�un�prodotto�medicinale�possa�essere�esonerato�dall'obbligo�di�
presentare�i�risultati�di�taluni�esami�e�prove�cliniche�e�possa�invece�far�riferi-
mento�ai�dati�presentati�da�un�diverso�richiedente�in�relazione�ad�un�altro�
prodotto,�qualora�tale�prodotto�sia�stato�autorizzato�da�meno�di�dieci/sei�
anni,�ma�sia�collegato�a�(o�costituisca�una��estensione�della�gamma��di)�un�
prodotto�originale�che�e�stato�autorizzato�da�piu�di�sei/dieci�anni.�

IquesitI 


Se�una�domanda�di�autorizzazione�all'immissione�in�commercio�per�un�
prodotto�medicinale�C�possa�essere�validamente�presentata�in�base�all'art.�10,�

n.�1,�lett.�a),�iii),�primo�comma,�della�direttiva�2001/83/CE�qualora�con�la�
domanda�si�cerchi�di�dimostrare�che�il�prodotto�C�e�essenzialmente�analogo�
a�un�altro�prodotto,�il�prodotto�B,�in�circostanze�in�cui:�
1.��il�prodotto�B�e�collegato�a�un�prodotto�medicinale�originale�A,�
in�quanto�il�prodotto�B�e�stato�autorizzato�come�una��estensione�della�
gamma��del�prodotto�A,�ma�ha�una�forma�farmaceutica�diversa�rispetto�al�
prodotto�A�o�non�e�altrimenti��essenzialmente�analogo��al�prodotto�A�ai�
sensi�dell'art.�10,�n.�1,�lett.�a),�iii);�e�
2.��il�prodotto�A�e�stato�autorizzato�per�l'immissione�in�commercio�
nella�Comunita�da�piu�del�periodo�di�sei/dieci�anni�previsto�nell'art.�10,�
n.�1,�lett.�a),�iii);�e�
3.��il�prodotto�B�e�stato�autorizzato�per�l'immissione�in�commercio�
da�meno�del�periodo�di�sei/dieci�anni�previsto�nell'art.�10,�n.�1,�lett.�a),�iii).�
NotA 


Il�procedimento�in�questione�riguarda�la�richiesta�di�autorizzazione�al-

l'immissione�in�commercio�per�un�prodotto�medicinale�e�l'esonero,�per�il�richie-

dente,�dall'obbligo�di�presentazione�dei�risultati�di�taluni�esami.�Il�richiedente,�

infatti,�rimandavaairisultatidelleproveclinichepresentatedaundiversorichie-

dente�in�relazione�ad�un�altro�prodotto�autorizzato�da�meno�di�dieci/sei�anni�

ma��essenzialmente�analogo��ad�un�prodotto�originale�autorizzato�da�piu�di�

dieci/sei�anni.�

L'art.�10,�n.�1,�lett.�a),�iii),�della�Direttiva�2001/19831CE�dispone:��Il�
richiedente�non�e�tenuto�a�fornire�i�risultati�delle�prove�tossicologiche�e�far-
macologiche,�o�i�risultati�delle�prove�cliniche,�se�puo�dimostrare�[...]�che�il�
medicinale�e�essenzialmente�analogo�ad�un�medicinale�autorizzato�secondo�
le�disposizioni�comunitarie�in�vigore�da�almeno�sei�anni�nella�Comunita�ein�
commercio�nello�Stato�membro�cui�si�riferisce�la�domanda;�questo�periodo�
e�di�dieci�anni�quando�si�tratta�di�un�medicinale�di�alta�tecnologia�autoriz-
zato�in�virtu�della�procedura�istituita�dall'art.�2,�par.�5,�della�Direttiva�87/�
22/CE�del�Consiglio;�inoltre,�uno�Stato�membro�puo�altres|�estendere�questo�
periodo�a�dieci�anni�con�decisione�unica�concernente�tutti�i�medicinali�
immessi�in�commercio�nel�suo�territorio�se�ritiene�che�le�esigenze�della�salute�
pubblica�lo�richiedano.�Gli�Stati�membri�possono�non�applicare�il�periodo�
di�sei�anni�oltre�la�data�di�scadenza�di�un�brevetto�che�protegge�il�medicinale�
originale�.�

La�nozione�di�prodotto��essenzialmente�analogo��^di�cui�all'art.�10,�n.�1,�

lett.�a),�iii)�^e�stato�esaminato�dalla�Corte�di�Giustizia�nella�Sentenza�3�dicem-


IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�73 


bre�1998,�causa�C-368/1996,�Generics,�in�cui�si�afferma:��[...]�i�criteri�utilizza-
bili�per�delimitare�la�nozione�di�similarita�essenziale�tra�specialita�medicinali�
sono�dati�dalla�medesima�composizione�qualitativa�e�quantitativa�in�termini�
di�principi�attivi,�dalla�medesima�forma�farmaceutica�e,�se�del�caso,�dalla�
bioequivalenza�tra�i�due�medicinali�accertata�con�studi�appropriati�di�biodi-
sponibilita��.�La�Corte�ha�poi�aggiunto�che�una�specialita�medicinale�e�essen-
zialmente�simile�a�una�specialita�originale�quando�soddisfa�i�criteri�dell'identita�
della�composizionequalitativaequantitativa�inprincipiattivi,�dell'identita�della�
formafarmaceutica�e�della�bioequivalenza,�a�condizione�che�non�appaia�chela�
specialita�presenta�differenze�significative�rispetto�alla�specialita�originale�per�

quanto�riguarda�la�sicurezza�o�l'efficacia.�

Causa 
C-43/03 
(Commissione 
c/ 
Repubblica 
italiana) 
^Ricorso 
per 
inadempi-
mento 
^Organizzazione 
dei 
controlli 
ufficiali 
nel 
settore 
dell'alimenta-
zione 
animale 
^Direttiva�2000/77/CE�che�modifica�la�direttiva�
95/53/CE�(cs.�9200/03,�avv.�dello�Stato�A.�Cingolo).�

IL 
fattO 


La�Commissione�delle�Comunita�Europee�ha�proposto�ricorso,�a�termini�
dell'art.�226�CE,�diretto�a�far�constatare�che�la�Repubblica�italiana,�non�
avendo�adottato�le�disposizioni�legislative,�regolamentari�e�amministrative�
necessarie�per�conformarsi�alla�direttiva�2000/77/CE�del�Parlamento�euro-
peo�e�del�Consiglio,�del�14�dicembre�2000,�recante�modifica�della�direttiva�
95/53/CE�del�Consiglio�che�fissa�i�principi�relativi�all'organizzazione�dei�con-
trolli�ufficiali�nel�settore�dell'alimentazione�animale,�o,�in�ogni�caso,�non�
avendole�comunicate�alla�Commissione,�e�venuta�meno�agli�obblighi�che�le�
incombono�in�virtu�dell'art.�2,�n.�1�di�tale�direttiva�e�del�Trattato.�

LA 
posizionE 
deL 
GovernO 
italianO 


�(Omissis).�Si�costituisce�in�giudizio�con�ilpresente�atto�il�Governo�della�

Repubblica�italiana,�per�resistere�al�ricorso�della�Commissione�CE,�in�ragione�
delle�seguenti�considerazioni.�

L'asserito�inadempimento�dell'obbligo�di�attuazione�della�direttiva�di�cui�si�
tratta�non�sussiste.�
Infatti,�come�risulta�dall'allegata�documentazione,�la�direttiva�2000/�

77/CE,�concernente�l'organizzazione�dei�controlli�ufficiali�nel�settore�dell'ali-

mentazione�animale,�e�stata�inserita�nell'allegato�B�della�legge�1.�marzo�2002,�

n.�39�(cd.�legge�comunitaria�2001).�
In�attuazione�della�delega�legislativa�di�cui�all'art.�1�di�detta�legge�n.�39del�
2002,�e�stato�predisposto,�nel�luglio�2002,�dal�Ministero�della�Sanita�lo�schema�

di�decreto�legislativo�di�recepimento�della�direttiva�de�qua,�che�ha�poi�costituito�

oggettodiapprofonditoesamedapartedituttiiMinisteriinteressati,�attraverso�
apposite�riunioni�di�coordinamento.�

Il�testo�iniziale�e�stato�quindi�modificato�per�consentire�l'accoglimento�di�
talune�proposte�avanzate�in�dette�riunioni�e�deve�ora�essere�esaminato�nella�

Conferenza�Stato-Regioni�prevista�per�il�20�marzo�2003.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Puo�pertanto�affermarsi�che�la�sua�definitiva�approvazione�e�ormai�immi-
nente.�

Sin�d'ora,�pero�,�va�precisato�che�alla�stregua�di�quanto�dianzi�esposto,�non�
puo�certo�parlarsi�di�inadempimento�in�senso�tecnico,�atteso�che�la�direttiva�e�
stata�inserita�nella�legge�comunitaria�2001�e�che�il�decreto�legislativo�di�defini-
tivo�recepimento�e�in�itinere,�ormai�infase�assai�avanzata�di�ultimazione.�

Potendosi�pertanto�ritenere�venuta�meno,�nella�sostanza,�la�materia�del�
contendere,�il�Governo�italiano�invita�la�Commissione�a�rinunciare�al�proposto�
ricorso,�nel�consueto�spirito�di�collaborazione.�

In�diversa�ipotesi�conclude�chiedendo�che�il�ricorso�stesso�sia�respinto,�per-
che�nonfondato.�(Omissis)�.�

Causa 
C-50/03 
(domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale) 
^Appalti 
pubblici 
di 
forn
itura 
^Successivi 
accordi 
di 
modifica 
^Nave 
da 
ricerca 
^Artt.�1,�lett.�a)�
e�5,�n.�1,�lett.�a)�direttiva�93/36�CE�^Ordinanza�del��Oberlandesgericht�
Rostock��(Germania)�emessa�il�5�febbraio�2003,�notificata�il�22�aprile�
2003�(cs.�8244/03,�avv.�dello�Stato�O.�Fiumara).�

IL 
fattO 
E 
I 
quesitI 


E�stato�chiesto�alla�Corte�di�Giustizia�delle�Comunita�Europee�di�pro-
nunciarsi�in�via�pregiudiziale,�ai�sensi�dell'art.�234�CE,�in�merito�all'interpre-
tazione�della�direttiva�93/36/CE�del�Consiglio,�del�14�giugno�1993,�che�coor-
dina�le�procedure�di�aggiudicazione�degli�appalti,�al�fine�di�chiarire�se:�

un�accordo�di�modifica�di�un�appalto�pubblico�di�forniture�concluso�
(fornitura�di�beni�diversi�da�quelli�originariamente�previsti)�rappresenti�un�
appalto�pubblico�di�forniture�soggetto�a�bando�di�gara�ai�sensi�dell'art.�1,�
lett.�a),�della�direttiva�93/36/CE,�qualora:�

1.��il�valore�dei�beni�interessati�dall'accordo�di�modifica�superi�la�
soglia�di�cui�all'art.�5,�n.�1,�lett.�a)�della�direttiva�93/36/CE�e�
2.��per�i�beni�interessati�dall'accordo�di�modifica�venga�effettuata�la�
sostituzione�del�fornitore�e�al�contempo�venga�notevolmente�modificata�la�
specifica�di�tali�beni.�
La�resistente�ha�indetto�una�gara�d'appalto�con�procedura�aperta�per�la�
costruzione�di�una�nave�da�ricerca�idonea�a�superfici�ghiacciate�dotata�di�
sistema�idroacustico.�Tale�gara�e�stata�vinta�dal�candidato�che�ha�presentato�
l'offerta�piu�economica.�

A�seguito�di�una�riunione�del�Gruppo�di�esperti�in�scandagli�del�comi-
tato�di�settore�tecnico�scientifico�e�stato�raccomandato�all'ente�aggiudicatore�
l'installazione�del�sistema�di�scandaglio�idroacustico�L3/Atlas.�

La�ricorrente�ha�pertanto�chiesto�l'avvio�di�un�procedimento�di�verifica�
alla�commissione�di�controllo�dell'aggiudicazione�degli�appalti,�in�quanto�
ritiene�che�la�fornitura�di�un�nuovo�sistema�idroacustico�costituisca�una�
modifica�del�contratto�rilevante�ai�sensi�del�diritto�in�materia�di�appalti,�tale�
da�costituire��nuovo�appalto��e�comportare�necessariamente�ininstaurazione�
di�una�nuova�procedura�di�aggiudicazione.�A�supporto�di�tale�tesi,�viene�


IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�75 


eccepito�il�carattere�non�irrilevante�della�modifica�del�contratto�e�l'aumento�
del�prezzo�che�ne�deriverebbe,�tale�da�superare�la�soglia�degli�appalti�pubblici�
di�forniture.�

C-51/03 
(domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale) 
^Visti 
d'ingresso 
^Soggiorno 
non 
superiore 
a 
tre 
mesi 
^Cittadini 
rumeni 
non 
autorizzati 
^Artt.�1�

n.�2�e�8�n.�2�regolamento�539/2001/CE�^Art.�249�CE�^Ordinanza�del�
�Amtsgericht��(Germania)�emessa�il�21�ottobre�2001�e�notificata�il�
3�aprile�2003�(cs.�7359/03,�avv.�dello�Stato�G.�Fiengo).�
IL 
fattO 


L'imputata,�al�momento�de1�suo�ingresso,�vigendo�il�regolamento�
539/01,�necessitava�di�un�visto�per�l'ingresso�e�per�il�soggiorno�nel�territorio�
federale.�Il�suo�comportamento�ha,�pertanto,�integrato�gli�estremi�di�un�ille-
cito.�Opinabile�e�pero�la�punibilita�di�detto�illecito,�giacche�ai�sensi�dell'art.�2,�

n.�3,�del�codice�penale�tedesco,��se�la�legge�del�tempo�in�cui�il�commesso�il�
reato�viene�modificata�prima�della�decisione,�si�applica�la�legge�le�cui�disposi-
zioni�sono�piu�favorevoli�al�reo�.�
Ebbene�al�regolamento�CE�n.�539/2001�e�subentrato�il�regolamento�
2414/2001�con�il�quale�il�Consiglio�ha�modificato�gli�artt.�1�e�8�del�regola-
mento�n.�539/2001�consentendo�anche�a�cittadini�rumeni�un�soggiorno�fino�
a�tre�mesi�negli�Stati�membri�dell'Unione�europea�senza�essere�in�possesso�
del�visto,�a�far�data�dal�1.�gennaio�2002.�

IL 
quesitO 


Se�il�combinato�disposto�dell'art.�1,�n.�2,�e�dell'art.�8,�n.�2�nonche�del-
l'allegato�II�del�menzionato�regolamento�vada�interpretato�nel�senso�che�i�
cittadini�rumeni�a�decorrere�dall'entrata�in�vigore�del�menzionato�regola-
mento�necessitino�ancora�solo�per�un�periodo�determinato�di�un�visto�al-
l'ingresso�e�per�un�soggiorno�non�superiore�a�tre�mesi�negli�Stati�membri�del-
l'Unione�europea.�

Causa 
C-53/03 
(domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale) 
^Farmaci 
^Abuso 
della 
posizione 
dominante 
^Esercizio 
di 
commercio 
parallelo 
^Art.�82�Ce^
Ordinanza�del��Epitropi�Antagonismou��(Grecia)�emessa�il�22�genaio�
2003,�notificata�l'8�aprile�2003�(cs.�7356/03,�avv.�dello�Stato�O.�Fiu-
mara).�

IL 
fattO 


La�Commissione�per�la�Concorrenza�(C.C.)�^Autorita�indipendente�isti-
tuita�nell'ambito�della�legge�greca�703/1977�relativa�al��controllo�dei�mono-
poli�e�degli�oligopoli�ed�alla�protezione�della�libera�concorrenza��^e�stata�
chiamata�ad�esaminare�vari�ricorsi�proposti�contro�la�societa�farmaceutica�
per�azioni�Glaxosmithkline�AEBE�(Glaxo),�riuniti�a�causa�della�connessione,�
congiuntamente�alla�domanda�della�societa�convenuta�che�richiede�una�atte-
stazione�negativa�della�violazione�dell'art.�82�CE.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Oggetto�dei�ricorsi�in�esame�e�il�fatto�che�la�societa�convenuta�avrebbe�
posto�in�essere,�in�violazione�dell'art.�82.�CE,�uno�sfruttamento�della�posi-
zione�dominante�detenuta�sul�mercato�greco�rifiutandosi�di�soddisfare�inte-
gralmente�gli�ordinativi�dei�grossisti�di�farmaci�al�fine�di�impedire�le�attivita�
di�esportazione�di�questi�ultimi�dalla�Grecia�in�altri�Stati�membri.�

In�particolare,�i�ricorrenti�chiedono�che�la�Glaxo�ottemperi�all'obbligo�
derivante�dalla�legge�di�rifornire�regolarmente�il�mercato�nazionale�dei�suoi�
farmaci�brevettati�e�di�mantenere�una�riserva�di�sicurezza�degli�stessi�perun�
periodo�di�tre�anni�(vedi�L.D.�96/1973,�art.�8�n.�4,�legge�1316/1983,�art.�29,�

n.�2).�
La�convenuta�afferma�tuttavia�che�la�politica�da�lei�praticata�quanto�alla�
distribuzione�e�disponibilita�dei�farmaci�sul�mercato�greco�in�nessun�
momento�ha�violato�tale�obbligo�e�che�l'esercizio�di�un�commercio�parallelo�
senza�restrizioni�da�parte�dei�grossisti�di�farmaci�greci�sarebbe�la�causa�della�
situazione�di�penuria�nel�mercato�nazionale�lamentata�e�avrebbe,�altres|�,pro-
vocato�alla�stessa�un�danno�economico�ed�organizzativo.�Il�danno�economico�
deriva�dal�fatto�che�un�gran�numero�di�rivenditori�nei�Paesi�di�destinazione�
delle�riesportazioni�sono�stati�riforniti�dei�prodotti�in�discussione�non�dalla�
rete�di�vendita�ufficiale�nei�Paesi�in�questione�ed�ad�un�prezzo�molto�piu�alto,�
che�la�convenuta�contava�di�incassare,�ma�dagli�esportatori�paralleli�greci�e�
da�eventuali�intermediari.�

La�C.C.,�pur�avendo�accertato�che�la�Glaxo�detiene,�quanto�alla�distri-
buzione�e�disponibilita�di�farmaci�sul�mercato�greco,�una�situazione�di�quasi�
monopolio,�ritiene�che�l'applicazione�dell'art.�82�CE�alla�stessa�nella�fattispe-
cie�dipenda�dalla�caratterizzazione�del�comportamento�della�stessa�come�
�abusivo�.�

Secondo�la�C.C.��la�circostanza�che�un'impresa�disponga�di�una�posi-
zione�dominante�sul�mercato�non�impedisce�a�quest'ultima�di�proteggere�i�
suoi�legittimi�interessi�commerciali�.��Cio�significa�che,�malgrado�la�posi-
zione�che�hanno�all'interno�del�mercato�greco�ed�indipendentemente�dalla�
questione�se�ed�in�quale�misura�nel�mercato�vi�sia�penuria�dei�farmaci�in�
discussione,�la�societa�convenuta,�visti�i�pregiudizi�subiti�dal�commercio�
parallelo�dei�farmaci,�ha�diritto�di�adottare�misure�di�tutela�dei�suoi�legittimi�
interessi�commerciali,�quando�essi�vengono�minacciati�dalle�esportazioni�
massicce�in�questione�verso�altri�Stati�membri�dell'Unione�europea�.�

Pertanto,�la�C.C.�si�chiede�se�la�limitazione�delle�forniture�ai�grossisti�di�
farmaci�avente�lo�scopo�di�limitare�le�loro�esportazioni,�costituisca�un�abuso�
e�sia�pertanto�contraria�al�divieto�dell'art.�82,�lett.�b),�CE,�in�quanto�ostacola�
l'attivita�economica�dei�grossisti,�anche�se�ha�lo�scopo�di�proteggere�interessi�
commerciali�legittimi�dei�fornitori�ed�a�dispetto�del�fatto�che�il�commercio�
parallelo�favorisce�direttamente�gli�importatori�paralleli�e�secondariamente�
le�casse�previdenziali,�ma�non�il�consumatore�finale�oppure�il�rifiuto�parziale�
di�vendere�ai�grossisti�deve,�alla�luce�di�quanto�precedentemente�posto,�consi-
derarsi�in�linea�di�principio�giustificato.�Se�il�rifiuto�parziale�di�vendita�e�
primafacie 
giustificato�nel�quadro�di�una�ponderazione�di�interessi�ed�in�base�
al�principio�di�proporzionalita�,�allora�si�pone�un�problema�per�quanto�
riguarda�i�fattori�che�determineranno�tale�ponderazione.�


IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�77 


IquesitI 


Sono�state�sottoposte�alla�Corte�di�Giustizia�delle�Comunita��europee,�ai�
sensi�dell'art.�234�del�Trattato�CE,�le�seguenti�questioni:�

1.��Se�il�rifiuto�di�un'impresa�in�posizione�dominante�di�soddisfare�
integralmente�gli�ordinativi�che�vengono�inoltrati�dai�grossisti�di�prodotti�far-
maceutici,�quando�sia�diretto�a�restringere�le�attivita��di�esportazione�di�questi�
ultimi�ed�a�limitare�in�tal�modo�il�danno�causato�dal�commercio�parallelo,�
costituisca�di�per�se�un�comportamento�abusivo;�
�a) 
se,�eventualmente,�influisca�il�fatto�che�il�commercio�parallelo�sia�
molto�proficuo�per�i�grossisti�in�ragione�delle�differenze�di�prezzo�causate,�
in�un�determinato�Paese,�da�un�grado�elevato�di�intervento�da�parte�dello�
Stato;�

�b) 
Se�sia�compito�di�un'autorita��nazionale�competente�in�materia�di�
concorrenza�applicare�le�regole�comunitarie�di�concorrenza�in�modo�indiffe-
renziato�ai�mercati�che�funzionano�in�modo�concorrenziale�ed�a�quelli�in�
cui�la�concorrenza�non�viene�falsata�dall'intervento�statale;�

2.��Come�valutare�l'eventuale�carattere�abusivo�nel�caso�in�cui�la�
Corte�giudichi�che�la�restrizione�del�commercio�parallelo�non�costituisce�
sempre�una�pratica�abusiva�quando�e��posta�in�essere�da�un'impresa�in�posi-
zione�dominante,�precisando�quale�sia�il�criterio�appropriato�da�usare�in�tale�
valutazione:�
a) 
se�il�criterio�della�percentuale�di�superamento�del�normale�con-
sumo�nazionale�e/o�quello�del�danno�che�l'impresa�in�posizione�dominante�
ha�subito�in�termini�di�fatturato�complessivo�e�del�profitto�complessivo,�ed�
in�caso�di�risposta�affermativa�come�si�debba�determinare�tale�percentuale;�

b) 
se�il�criterio�della�ponderazione�degli�interessi�e,�in�caso�di�risposta�
affermativa,�quali�siano�gli�interessi�che�devono�rientrare�in�tale�pondera-
zione:�

b1) 
se�sulla�risposta�inerisca�il�fatto�che�il�consumatore�finale�riceve�
un�vantaggio�economico�limitato�dal�commercio�parallelo,�b2) 
se�debbano�
essere�presi�in�considerazione�ed�in�quale�misura,�gli�interessi�degli�organi-
smi�socio-previdenziali�ad�ottenere�farmaci�meno�cari;�

e) 
se�altri�criteri.�

Causa 
C-54/03 
(domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale) 
^Commercio 
di 
medici-
nali 
^Fissazione 
prezzo 
^Prodotti 
inclusi 
nel 
regime 
nazionale 
di 
assicu-
razione 
malattia 
^Art.�6�n.�2�della�direttiva�89/105/CEE�Landesgericht,�
Wien�(Austria)�del�29�gennaio�2003�Iscritta�l'11�febbraio�2003�(avv.�dello�
Stato�M.�Fiorilli).�

IquesitI 


1.��Se�la�direttiva�del�Consiglio�n.�89/105/CEE,�riguardante�la�traspa-
renza�delle�misure�che�regolano�la�fissazione�dei�prezzi�delle�specialita��per�
uso�umano�e�la�loro�inclusione�nei�regimi�nazionali�di�assicurazione�malattia,�
debba�interpretarsi�nel�senso�che�con�la�stessa�confliggano�norme�nazionali�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

(quali�l'art.�31,�n.�3,�punto�12,�dell'ASVG;�artt.�2�della�VOHMV)�relative�alla�
registrazione�delle�specialita�medicinali�e�alla�pubblicazione�del�registro�di�
medicinali;�

2.��in�caso�di�soluzione�affermativa�al�primo�quesito,�se�la�Direttiva�
n.�89/105/CEE�sia�talmente�chiara,�esatta�e�specifica�da�non�lasciare�alcun�
potere�discrezionale�al�legislatore�nazionale�nel�recepimento�della�direttiva�
stessa;�
3.��in�caso�di�soluzione�affermativa�al�secondo�quesito,�se�la�precitata�
Direttiva�miri�a�conferire�un�diritto�soggettivo�al�ricorrente�della�causain�
questione;�
4.��in�caso�di�soluzione�negativa�al�secondo�quesito,�se�la�Corte�di�
Giustizia�disponga�di�tutte�le�informazioni�necessarie�per�stabilire�se�le�
norme�sopracitate�rimangano�nei�limiti�del�potere�discrezionale�attribuito�al�
legislatore�nazionale�dalla�Direttiva�89/105/CEE,�o�se�rimetta�al�giudice�
nazionale�la�responsabilita�di�risolvere�la�questione.�
NotA 


La�Corte�di�Giustizia,�nella�sentenza�27�novembre�2001,�causa�C-424/99,�
Commissione/Austria,�dopo�aver�qualificato�il�registro�austriaco�un��elenco�
positivo��rientrante�nell'ambito�di�applicazione�dell'art.�6�della�Direttiva�89/�
105/CEE,sie�poisoffermatasull'interpretazionedell'art.6n.2)�dellaDirettiva�
stessa�che�cos|�dispone:��Qualsiasi�decisione�di�non�includere�una�specialita�
medicinale�nell'elenco�dei�prodotti�coperti�dal�regime�di�assicurazione�malat-
tia�contiene�un�esposto�dei�motivi�basato�su�criteri�obiettivi�e�verificabili,�
compresi�qualsiasi�eventuale�parere�o�raccomandazione�degli�esperti�su�cui�
la�decisione�sia�fondata.�Il�richiedente�e�inoltre�informato�dei�mezzi�di�
ricorso�di�cui�dispone�in�virtu�delle�leggi�in�vigore�e�dei�termini�entro�cui�deve�
introdurre�detto�ricorso�.�La�Cortehaaffermatocheiricorsipropostidinanzi�
adespertiindipendenti,�controledecisionisullerichiestediinclusionedispecia-
lita�medicinali�nel�registro,�non�possono�essere�equiparati�ai�ricorsi�giurisdizio-
nali�cuifa�riferimento�la�direttiva,�non�garantendo�lo�stesso�livello�di�tutela.�

Causa 
C-58/03 
(Domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale) 
^Cittadini 
bulgari 
^

Accordo 
di 
associazione 
^Ingresso 
^Domanda 
di 
permesso 
di 
soggiorno 


^Lavoro 
autonomo 
di 
prostituta 
^Art. 
59, 
n. 
1 
accordo 
CE/Bulgaria. 
^

Ordinanza�del��Rechtbank��(Paesi�bassi)�emessa�il�4�febbraio�2003�e�
notificata�il�3�aprile�2003�(cs.�7298/03,�avv.�dello�Stato�G.�Fiengo).�

IL 
fattO 


La�questione�pregiudiziale�viene�sollevata�nell'ambito�di�un�processo�
instaurato�a�seguito�della�rigetto�della�richiesta�di�una�cittadina�bulgara�di�
ottenere�un�regolare�permesso�di�soggiorno�a�tempo�determinato,�motivato�
dallo�svolgimento�di�lavoro�autonomo�di�prostituta,�nei�Paesi�Bassi.�

Sul�piano�giuridico�rilevano�le�disposizioni�contenute�nell'accordo�del�
19�dicembre�1994,�in�forza�del�quale�veniva�costituita�una�associazione�tra�
la�Comunita�europea�e�i�suoi�Stati�membri�da�un�lato�e�la�Bulgaria�dall'altro,�
accordo�entrato�in�vigore�il�1�febbraio�1995.�Ai�sensi�dell'art.�4�del�citato�


IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�79 


accordo��ciascuno�Stato�membro�accorda�un�trattamento�non�menofavorevole�

di�quello�accordato�alleproprie�societa�e�aipropri�cittadiniper�lo�stabilimento�

di�societa�e�cittadini�bulgari�eper�le�attivita�di�societa�e�cittadini�bulgari�stabiliti�

sul�suo�territorio�(...)��Lo�stesso�accordo�chiarisce�inoltre�che�per��stabili-
mento��si�intende��il�diritto�di�intraprendere�e�svolgere�attivita�economiche�
in�qualita�di�lavoratori�autonomi��e�che�le��attivita�economiche��compren-
dono�in�particolare�le�attivita�di�tipo�industriale,�commerciale,�artigianale�e�
professionale.�All'art.�59,�primo�comma,�viene�inoltre�specificato�che�ai�citta-
dini�bulgari,�che�intendono�svolgere�attivita�lavorative�autonome�nei�Paesi�
Bassi,�viene�richiesta,�come�precondizione�per�presentare�domanda�di�per-
messo�di�soggiorno,�un'autorizzazione�di�soggiorno�temporaneo,�che�non�
puo�essere�richiesta�in�loco�bens|�deve�essere�presentata�presso�le�rappresen-
tanze�diplomatiche�o�consolari�dei�Paesi�Bassi�dal�Paese�di�provenienza�o�di�
stabile�dimora.�

IquesitI 


1.��Se�l'art.�59,�n.�1,�dell'accordo�europeo�tra�le�Comunita�europee�e�i�
loro�Stati�membri,�da�un�lato,�e�la�Bulgaria,�dall'altro,�debba�essere�interpre-
tato�nel�senso�che�la�detta�disposizione�osti�a�che�venga�respinta�una�
domanda�presentata�nei�Paesi�Bassi�per�la�concessione�di�un�regolare�per-
messo�di�soggiorno�allo�scopo�di�svolgere��lavoro�autonomo��per�il�fatto�
che�lo�straniero�interessato,�che�e�cittadino�della�Bulgaria,�non�abbia�richie-
sto�per�tale�scopo�il�rilascio�di�un'autorizzazione�di�soggiorno�temporaneo�
nel�suo�detto�paese�o�nel�paese�di�stabile�dimora,�non�abbia�ivi�atteso�la�rela-
tiva�decisione�prima�di�fare�ingesso�nei�Paesi�Bassi�e�non�abbia�cos|�integrato�
la�condizione�posta�dall'art.�3.71.�primo�comma�del�Vb�2000.�
2.��Se�ai�fini�della�soluzione�della�questione�sub�1),�sia�rilevante�che�lo�
straniero,�a�differenza�di�quanto�era�il�caso�nella�sentenza�della�Corte�di�giu-
stizia�delle�Comunita�europee�27�settembre�2001�nella�causa�C-257/99,�gia�
quando�si�era�trasferito�dalla�Bulgaria�nei�Paesi�Bassi�aveva�l'intenzionedi�
svolgere�nei�Paesi�Bassi�attivita�lavorativa�autonoma�e�abbia�omesso�di�chie-
dere�in�Bulgaria�una�siffatta�autorizzazione,�pur�sussistendone�le�possibilita�.�
C-60/03 
(domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale) 
^Libera 
prestazione 
di 
serv
izi 
^Imprenditori 
edili 
^Subappalto 
dei 
lavori 
^Obblighi 
nei 
confronti 
di 
lavoratori 
dipendenti 
^Art.�49�Trattato�CE�^Ordinanza�del��Bunde-
sarbeitsgericht��(Germania)�emessa�il�6�novembre�2002�e�notificata�il�
3�aprile�2003�(cs.�7581/03,�avv.�dello�Stato�G.�Fiengo).�

IL 
fattO 


L'attore,�con�ricorso�del�4�settembre�2000�al�Tribunale�del�lavoro�di�Ber-
lino,�ha�chiesto�alle�convenute�^societa�portoghese�che�lo�ha�distaccato�in�
Germania�e�societa�tedesca�presso�la�quale�e�stato�distaccato�^come�debitrici�
in�solido�il�pagamento�delle�retribuzioni�arretrate.�L'attore�ritiene�che�la�con-
venuta�^societa�portoghese�^sia�tenuta�al�pagamento�del�salario�come�
datrice�di�lavoro,�mentre�la�societa�tedesca�risponderebbe,�ai�sensi�della�legge�
tedesca�sul�distacco�dei�lavoratori,�quale�garante�per�i�crediti�salarialifatti�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

valere.�La�legge�sul�distacco�dei�lavoratori�e�stata�modificata�dalla�legge�rela-
tiva�alla�previdenza�sociale�e�alla�tutela�dei�lavoratori�ed�al���1a 
e�sancito�
che�un�imprenditore�che�affidi�ad�un�altro�imprenditore�l'esecuzione�di�lavori�
edili,�ai�sensi�del�codice�previdenziale�tedesco,�risponda�per�le�obbligazioni�
di�questo�imprenditore�e�al�pagamento�del�salario�minimo�ad�un�lavoratore�
od�al�pagamento�dei�contributi�ad�un�ente�comune�alle�parti�del�contratto�
collettivo,�come�un�garante�che�ha�rinunciato�al�beneficio�della�previa�escus-
sione.�Il�salario�minimo�comprende�l'importo�che�deve�essere�pagato�al�lavo-
ratore�dopo�la�detrazione�delle�imposte�e�dei�contributi�previdenziali�e�di�
sostegno�del�lavoro�o�dei�corrispondenti�oneri�per�la�sicurezza�sociale.�

La�responsabilita�oggettiva�dell'imprenditore�edile�deve�indurre�quest'ul-
timo�a�prestare�attenzione�a�che�i�subappaltatori�rispettino�le�condizionidi�
lavoro�vincolanti�di�cui�alla�legge�sul�distacco�dei�lavoratori�e�tra�queste�rien-
trano�le�disposizioni�sui�salari�minimi�vincolanti�che�valgono�anche�per�le�
imprese�straniere�che�distaccano�lavoratori�in�Germania.�

IL 
quesitO 


1.��Sel'art.�49�CE(ex 
art.�59�Trattato�CE)�si�opponga�ad�una�norma-
tiva�nazionale�secondo�la�quale�un�imprenditore�edile,�che�affida�ad�un�altro�
imprenditore�l'esecuzione�di�lavori�edili,�risponde,�per�le�obbligazioni�di�que-
sto�imprenditore�o�di�un�sub-appaltatore�al�pagamento�del�salario�minimo�
ad�un�lavoratore�o�al�pagamento�di�contributi�ad�un�ente�comune�alle�parti�
del�contratto�collettivo,�come�un�garante�che�ha�rinunciato�al�beneficio�
d'escussione,�quando�il�salario�minimo�ricomprende�l'importo�che�deve�
essere�pagato�al�lavoratore�dopo�la�detrazione�delle�imposte�e�dei�contributi�
previdenziali�e�di�sostegno�del�lavoro�o�dei�corrispondenti�oneri�per�l'assicu-
razione�sociale�(salario�netto),�se�la�tutela�del�salario�del�lavoratore�non�e�
uno�scopo�primario�della�legge�o�solo�secondario.�
Causa 
C-67/03 
^(Commissione 
c/Repubblica 
italiana) 
^Ricorso 
per 
inademp
imento 
^Protezione 
dei 
lavoratori 
contro 
i 
rischi 
derivanti 
da 
esposizione 
ad 
agenti 
chimici 
sul 
luogo 
di 
lavoro 
^Messa 
a 
punto 
di 
un 
primo 
elenco 
di 
valori 
limite 
^Direttiva�2000/39/CE�^Direttiva�1998/24/CEE�
(cs.�10312/03,�avv.�dello�Stato�A.�Cingolo).�

IL 
fattO 


La�Commissione�delle�Comunita�europee�ha�proposto�ricorso,�a�termini�
dell'art.�226�CE,�diretto�a�far�constatare�che�la�Repubblica�italiana,�non�
avendo�adottato�le�disposizioni�legislative,�regolamentari�e�amministrative�
necessarie�per�conformarsi�alla�direttiva�2000/39/CE�della�Commissione,�
dell'8�giugno�2000,�relativa�alla�messa�a�punto�di�un�primo�elenco�di�valori�
limite�indicativi�in�applicazione�della�direttiva�98/24/CE�del�Consiglio�sulla�
protezione�dei�lavoratori�contro�i�rischi�derivanti�dall'esposizione�ad�agenti�
chimici�sul�luogo�di�lavoro,�o,�in�ogni�caso,�non�avendo�comunicato�dette�
disposizioni�alla�Commissione,�e�venuta�meno�agli�obblighi�che�le�incom-
bono�in�virtu�dell'art.�3,�paragrafo�1�di�tale�direttiva.�


IL 
CONTENZIOSO 
COMUNITARIO 
ED 
INTERNAZIONALE 
^I 
giudizi 
in 
corso 
alla 
Corte 
di 
Giustizia 
CE 
81 


LA 
posizionE 
deL 
GovernO 
italianO 


�L'asserito�inadempimentodell'obbligodiattuazionedelladirettivadicuisi�

tratta�non�sussiste.�
Infatti,�come�risulta�dall'allegata�documentazione,�con�decreto�legislativo�

2febbraio�2002,�n.�25,�pubblicato�nel�supplemento�ordinario�della�

Gazzetta 
Ufficiale 
della�Repubblica�italiana�dell'8�marzo�2002,�n.�57,�e�stata�

data�attuazione�alla�direttiva�98/24/CE�sulla�protezione�della�salute�e�della�

sicurezza�dei�lavoratori�contro�i�rischi�derivanti�da�agenti�chimici�durante�il�

lavoro.�
Tale�decreto�legislativo�ha�recepito�nell'ordinamento�italiano�la�disciplina�

della�direttiva�98/24/CE,�inserendo�un�nuovo�Titolo�VII-bis,�articoli�da�72-bis 


a72-terdecies,�al�decreto�legislativo�19�settembre�1994,�n.�626.�
In�particolare,�l'art.�72-terdecies,�comma�2,�del�nuovo�Titolo�VII-bis,�per�il�

recepimento�dei�valori�di�esposizione�professionale�e�biologici�obbligatori�predi-

sposti�dalla�Commissione�europea�e�per�la�determinazione�dei�valori�nazionali,�

tenuto�conto�dei�valori�limite�predisposti�dalla�Commissione,�tra�i�quali�ricadono�

quellidicuialladirettivan.�2000/39,haprevistol'adozionediunoopiu�decreti�

dei�Ministro�del�lavoro�e�delle�politiche�sociali�e�della�salute.�
Aifini�dell'approvazione�di�tali�decreti�e�stata�dettata�una�articolataproce-

dura:�si�prevede�infatti�che�venga�acquisita�l'intesa�con�la�Conferenza�perma-

nente�per�i�rapporti�tra�lo�Stato,�le�regioni�e�le�province�autonome�e�che�siano�

sentitiilMinisteroperleattivita�produttive,�lepartisocialiedilcomitatocon-

sultivo�per�la�determinazione�e�l'aggiornamento�dei�valori�limite�di�esposizione�

professionale�e�dei�valori�limite�biologici�relativi�agli�agenti�chimici,�da�istituirsi�

aisensidelcomma1delmedesimoart.�72-terdecies.Pertanto,�perlapredisposi-

zionedelprovvedimento�diattuazione�in�concreto�delladirettivasie�preliminar-

mente�provveduto,�in�data�11�novembre�2002�(all'esito�di�una�complessa�fase�

necessaria�per�l'acquisizione�delle�designazioni),�a�costituire�il�detto�comitato�

consultivo,�composto�da�esperti�di�chiarafama�in�materia�tossicologica�e�sanita-

ria.�
Di�recente�il�comitato�consultivo�ha�reso�il�proprio�parere�in�merito�ai�

valori�limite�di�cui�si�tratta,�cosicche�il�Ministero�del�lavoro�e�delle�politiche�

sociali�ha�potuto�provvedere�a�predisporre�uno�schema�di�decreto,�trasmesso�il�

12�marzo�2003�aiMinisteridellasalute�edelle�attivita�produttiveper�le�valuta-

zioni�di�rispettiva�competenza.�
L'iter�di�adozione�del�decreto�ministeriale�finale�e�dunque�in�stato�assai�

avanzato,�sicche�puo�prevedersenea�breve�ildefinitivo�completamento.�
Tantopuntualizzatoinlineadifatto,�deveperaltrosind'oraprecisarsiche�

�allastregua�diquanto�dianziesposto��nonpuo�certoparlarsidiinadempi-

mento�in�senso�tecnico,�atteso�che�la�direttiva�di�cui�trattasi�e�stata�sostanzial-

mente�recepita�mediante�l'inserimento,�nel�decreto�legislativo�n.�626�del�1994�

del�citato�nuovo�Titolo�VII-bis,�in�base�al�quale�ha�avuto�corso�la�procedura�

per�l'adozione�delprovvedimento�ministeriale�di�determinazione�dei�valorinazio-

nali�in�conformita�agli�indirizziforniti�dalla�direttiva�n.�2000/39�della�Commis-

sione:procedurache,�comesie�dianzirilevato,sitrovaormaiinfaseassaiavan-

zata�e�prossima�ad�ultimazione.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Potendosi�pertanto�ritenere�venuta�meno,�nella�sostanza,�la�materia�del�

contendere,�il�Governo�italiano�invita�la�Commissione�a�rinunciare�al�proposto�

ricorso,�nel�consueto�spirito�di�collaborazione.�

In�diversa�ipotesi�conclude�chiedendo�che�il�ricorso�stesso�sia�respinto,�per-
che�nonfondato.�(omissis).�

Roma,�25�marzo�2003�(f.to�Avv.�Antonio�Cingolo)�.�

Causa 
C-72/03 
(domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale) 
^Tassa 
marmi 
del 
Comune 
di 
Carrara 
^Artt.�23,�81,�85�e�86�CE�^Ordinanza�della�Com-
missione�Tributaria�Provinciale�di�Massa�Carrara�dell'11�dicembre�2002�
^Registrato�il�19�febbraio�2003�(avv.�dello�Stato�M.�Fiorilli).�

IL 
fattO 


La�Carbonati�Apuani�s.r.l.�impugna�innanzi�alla�Commissione�Tributa-
ria�Provinciale�di�Massa�Carrara�l'avviso�di�liquidazione�del�Comune�di�Car-
rara�relativo�alla�c.d.��tassa�Marmi��relativa�al�mese�di�maggio�2001.�

La�tassa�e�stata�istituita�con�legge�15�luglio�1911,�n.�749�a�favore�del�
Comune�di�Carrara�e�viene�applicata,�sulla�base�di�una�tariffa�deliberata�
anno�per�anno,�al�marmo�escavato�nel�suo�territorio�e�trasportato�fuori�dal�
medesimo.�

Da�detta�tassa�sono�esenti�i�marmi�che�vengono�utilizzati�nell'ambito�del�
territorio�comunale�e�possono�essere�esentati�totalmente�o�parzialmente�i�
marmi�che�vengono�utilizzati�o�lavorati�nei�Comuni�vicini.�

La�ricorrente�prospetta�che�la��tassa�marmi��sia�in�contrasto�con�gli�
articoli�da�23�a�31�del�Trattato�C.E.,�dato�che�essa�costituisce�un�peso�impo-
sto�sopra�un�prodotto�in�quanto�estratto�in�un�determinato�territorio�ed�
esportato�fuori�di�esso.�Poiche��non�risulta�che�il�marmo�estratto�in�altri�terri-
tori�della�Comunita�Europea�sia�colpito�da�tributi�analoghi�^per�il�fatto�in�
se��dell'estrazione�o�per�il�transito�fuori�del�luogo�di�origine�^si�assume�che�
la��tassa��e�idonea�a�ledere�il�principio�della�libera�circolazione�delle�merci�
e�della�libera�concorrenza�nella�formazione�del�prezzo.�

IL 
quesitO 


Se�le�leggi�15�luglio�1911,�n.�749;�23�dicembre�1997,�n.�449;�Decreto�legge�
26�gennaio�1999,�n.�8,�come�convertito�con�modificazioni�nella�legge�75/�
1999�^Istituzione�della�tassa�marmi�nel�Comune�di�Carrara�^siano�con-
formi�agli�articoli�23,�81,�85�e�86�del�Trattato�CE�nel�testo�vigente�a�seguito�
del�Trattato�di�Amsterdam,�ratificato�in�Italia�con�legge�n.�209/1998.�

NotA 


Con�legge�15�luglio�1911�n.�749�tale�diritto�di�transito�venne�sostituito�da�

una��tassa�marmi�.�L'articolo�unico�di�detta�legge�stabilisce:��E�istituita�a�

favore�del�Comune�di�Carrara�una�tassa�sui�marmi�escavati�nel�suo�territorioe�

trasportatifuori�di�esso.�Detta�tassa�e�applicata�e�riscossa�dal�Comune�all'uscita�

dei�marmi�dai�suoi�confini�in�base�ad�apposito�regolamento,�da�deliberarsi�dal�

Consiglio�Comunale�e�da�approvarsi�con�Regio�Decreto�in�conformita�al-

l'annessa�tariffa.�Ogni�anno�il�Consiglio�Comunale,�nel�deliberare�il�bilancio�

preventivo�del�Comune,�stabilira�,�entro�i�limiti�massimi�della�tariffa�medesima,�


IL 
CONTENZIOSO 
COMUNITARIO 
ED 
INTERNAZIONALE 
^I 
giudizi 
in 
corso 
alla 
Corte 
di 
Giustizia 
CE 
83 


la 
misura 
in 
cui 
la 
tassa 
dovra� 
esserepercetta 
per 
l'anno 
successivo, 
mantenendo 


sempre 
le 
proporzioni 
stabilite 
nella 
tariffa 
fra 
le 
varie 
categorie. 
Tuttavia, 


quando 
il 
Comune 
dovesse 
assumere 
impegnicontinuatividafronteggiarsioda 


garantirsi 
col 
gettito 
della 
tassa, 
il 
Consiglio 
Comunale 
potra� 
in 
anticipazione 


fissareperpiu� 
annilamisuraminimadellatassastessa.Potra� 
ilComune,con 


deliberazione 
consiliare, 
secondo 
le 
forme 
della 
legge 
comunale 
e 
provinciale 
e 


da 
approvarsi 
dalla 
Giunta 
provinciale 
amministrativa, 
disporre 
che 
una 
parte 


del 
provento 
della 
tassa 
sia 
erogata 
a 
far 
fronte 
alle 
spese 
o 
agli 
impegni 
da 


incontrarsiperla 
costruzioneedeserciziodelportodiMarinadi 
Carraraaccor-

dandosil'eventualeapplicazionedellalegge12febbraio1903n. 
50;edunaparte 


in 
contributi 
all'iscrizione 
degli 
operai 
dell'industria 
marmifera 
alla 
Cassa 


nazionale 
di 
previdenza 
per 
gli 
operai. 
Dalla 
data 
di 
entrata 
in 
vigore 
della 
pre-

senteleggee� 
abrogatoilRegiodecreto19settembre1860perlaprovvisoriaisti-

tuzione 
di 
un 
diritto 
di 
pedaggio 
sui 
marmi 
a 
favore 
del 
Comune 
di 
Carrara�. 


4. 
�La 
tariffa 
allegata 
alla 
legge 
n. 
749 
del 
1911 
prevedeva 
le 
seguenti 
misure 
della 
tassa 
marmi: 
a) 
marmistatuariepaonazzitanto 
in 
blocchiriquadratiquanto 
informi, 
limite 
massimo 
per 
tonnellata 
lire 
8; 
b) 
marmi 
greggi 
ordinari, 
venati, 
bardigli 
idem 
lire 
5; 
c) 
marmi 
segati 
in 
tavole 
e 
lastre 
idem 
lire 
2; 
d) 
marmi 
lavorati, 
quadrette, 
mortai 
e 
granulati 
idem 
lire 
1. 


I 
lastroni 
eccedenti 
lo 
spessore 
di 
cm. 
12 
e 
mezzo 
saranno 
tassati 
come 
i 
marmi 
greggi. 


5. 
�Con 
l'art. 
55, 
comma 
18, 
della 
legge 
27 
dicembre 
1997 
n. 
449 
sono 
state 
apportate 
alla 
norma 
sopra 
indicata 
le 
seguenti 
modifiche: 
e� 
stata 
soppressa 
la 
frase 
�da 
approvarsi 
con 
regio 
decreto� 
mentre 
e� 
stato 
disposto 
che 
la 
delibera 
istitutiva 
della 
tariffa 
debba 
essere 
preceduta 
dalla 


consultazione 
delle 
parti 
sociali�; 


sono 
statesoppresse 
leparole 
�entro 
i 
limitimassimidella 
tariffamede-
sima� 
e 
le 
parole 
�mantenendo 
sempre 
le 
proporzioni 
stabilite 
dalla 
tariffa 
tra 
le 
varie 
categorie�; 


al 
secondo 
comma 
e� 
soppressa 
la 
parola 
�minima�. 


6. 
�Con 
l'art. 
2, 
comma 
2 
ter, 
del 
decreto 
legge 
26 
gennaio 
1999, 
n. 
8 
convertito 
con 
modificazioni 
nella 
legge 
n. 
75/1999, 
e� 
stato 
disposto 
che 
la 
nor-
mativa 
sopra 
detta 
�si 
interpreta 
nel 
senso 
che 
la 
tassa... 
e� 
applicata 
ai 
marmi 
e 
loro 
derivati 
ed 
e� 
determinata 
in 
relazione 
alle 
esigenze 
della 
spesa 
comunale 


inerente 
direttamente 
o 
indirettamente 
alle 
attivita� 
del 
settore 
marmifero 
locale�. 


7. 
�Dal 
testo 
della 
legge 
italiana 
si 
ricava 
dunque 
che 
il 
Comune 
di 
Car-
rara 
e� 
abilitato 
a 
deliberare 
anno 
per 
anno 
le 
tariffe 
di 
una 
tassa 
la 
quale 
colpi-
sce 
il 
marmo 
escavato 
nel 
suo 
territorio 
e 
trasportatofuori 
di 
detto 
territorio. 
I 
proventi 
della 
predetta 
tassa 
marmi 
sono 
destinati 
alle 
spese 
che 
il 
Comunedi 
Carrara 
incontra, 
direttamente 
o 
indirettamente, 
per 
le 
attivita� 
del 
settore 
mar-
mifero. 
Tali 
sono, 
ad 
esempio, 
le 
spese 
per 
il 
mantenimento 
delle 
strade 
di 
accessoallecave, 
diquelleperl'accessoalmare,perlamanutenzionedelporto 
marittimo 
di 
Marina 
di 
Carrara. 



RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

8.��In�concreto,�con�il�regolamento�per�la�gestione�e�riscossione�della�
tassa�sui�marmi�approvato�con�delibera�23�marzo�1999,�il�Comune�di�Carrara�

ha�stabilito�che�l'accertamento�e�la�riscossione�della�tassa�inparola�avvengano�

direttamente.�La�tariffa�e�deliberata�dal�Consiglio�Comunale,�anche�tenuto�

conto�del�danno�ambientale�causato�dall'industria�marmifera.�Possono�essere�

stabilite�esenzioni�o�agevolazioni�infavore�di�marmi�destinati�adessere�utilizzati�

o�lavorati�nei�Comuni�vicini:�Ortonovo,�Massa,�Montignoso,�Serravezza,�Pietra-
santa,�Massarosa,�Stazzema,�Fivizzano�e�Castelnuovo�Magra.�L'ufficio�di�

accertamento�e�istituito�a�valle�dei�bacini�marmiferi�ed�a�monte�del�centro�abi-

tatodelcomune�(nonquindialconfineesternodelcomune).�Ivisipesailmarmo�

e�si�liquida�la�tassa.�Quando�il�marmo�e�destinato�ad�essere�utilizzato�nel�

Comune�di�Carrara,�l'interessato�ne�fa�apposita�dichiarazione�e�puo�essere�

tenuto�a�prestare�garanzia;�egli�ha�novanta�giorni�di�tempo�per�dimostrare�che�

il�marmo�e�stato�impiegato�nel�territorio�del�comune.�Sono�consentite�agevola-

zioni�nel�pagamento�per�gli�operatori�abituali,�sulla�base�di�una�liquidazione�

mensile.�

9.��La�tariffa�deliberata�e�la�seguente:�
blocchiinformilit.�8.000per�tonnellata;�
blocchi�lavorati�e�segati�nel�territorio�comunale�lit.�0�per�tonnellata;�
scaglieperpolveriegranulatilit.�5.500per�tonnellata;�
scaglie�per�edilizia,�cementerie�e�conglomerati�lit.�5.500�per�tonnellata;�
terre,��tout�venant��edinertiperriempimentilit.�1.500per�tonnellata;�
scaglie�per�edilizia,�cementerie�e�conglomerati,�terre,��tout�venant��ed�
inerti�per�riempimento�utilizzati�nel�territorio�comune�(di�Carrara)�lit.�0�per�

tonnellata.�
Il�Governo�italiano�si�e�riservato�di�intervenire�nellafase�orale.�
E�cio�,�in�quanto,�ad�un�primo�esame�non�sembra�che�la�tassa�possa�essere�

paragonata�ad�una�restrizione�quantitativa�alla�circolazione�del�marmo�locale,�

ne��che�comporti�una�discriminazione�tra�escavatori�e�operatori�commerciali,�

ma�tende�solo�ad�agevolare�l'utilizzazione�locale�del�materiale.�
Se�l'applicazione�delle��tasse��comportasse�il�contenimento�della�estra-

zione,�l'eventosarebbeprivodirilevanzasulpianodellaconcorrenza.�

Causa 
C-74/03 
(domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale) 
^Farmaci 
^Prodotti 
essenzialmente 
simili 
^Autorizzazione 
all'immissione 
in 
commercio 
^Proc
edura 
semplificata 
^Art.�4,�comma�3,�punto�8,�lett.�a)�sub�iii)�direttiva�
65/65�e�relative�modifiche�^Ordinanza�del�Ostre�Landsret�(Danimarca)�
del�14�febbraio�2003�^Iscritta�il�19�febbraio�2003�(avv.�dello�Stato�M.�
Fiorilli).�

IL 
fattO 


La�ricorrente�^una�societa�farmaceutica�che�produce�il�medicinale�Sero-
xat,�regolarmente�immesso�in�commercio�^ha�impugnato�la�decisione�del-
l'autorita�danese�competente�in�materia�di�medicinali�con�la�quale�venivano�
approvati�due�nuovi�farmaci.�Le�domande�di�autorizzazione�per�l'immissione�
in�commercio�di�questi�venivano�presentate�secondo�la�procedura�di�


IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�85 


domanda�abbreviata,�ritenendo�tali�prodotti��essenzialmente�analoghi��al�
medicinale�Seroxat.�La�ricorrente�eccepisce�la�non�correttezza�di�tale�valuta-
zione,�in�quanto�sostiene�che�la�sostituzione�della�forma�salina�determinila�
modificazione�del�principio�attivo,�facendo�cos|�venir�meno�la�similarita�dei�
prodotti,�condizione�essenziale�per�la�procedura�di�domanda�abbreviata.�

IquesitI 


1.��Se�sia�compatibile�con�l'art.�4,�terzo�comma,�punto�8,�lett.�a),�sub�
iii),�della�prima�direttiva�sui�medicinali�(65/65/CEE�e�relative�modifiche),�
che�un�prodotto�sia�autorizzato�secondo�la�procedura�di�domanda�abbreviata�
quando�una�forma�di�sale�del�principio�attivo�del�prodotto�e�sostituita�
rispetto�alla�forma�di�sale�utilizzata�nel�prodotto�di�riferimento.�
2.��Se�la�procedura�di�domanda�abbreviata�possa�applicarsi�se�un�
richiedente,�di�propria�iniziativa�o�su�invito�dell'autorita�sanitaria�nazionale,�
produce�una�documentazione�supplementare�sotto�forma�di�determinate�
prove�farmacologiche,�tossicologiche�o�cliniche�al�fine�di�dimostrare�cheil�
prodotto�e��essenzialmente�simile��al�prodotto�di�riferimento.�
NotA 


La�normativa�comunitaria�in�materia�e�costituita�dallaprima�direttivasui�

medicinali�^direttiva�65/65/CEE�^e�dalle�relative�modifiche�^direttiva�75/�

318/CEE,�direttiva�87/21/CEE,�direttiva�91/507/CEE,�nonche�dai�regolamenti�

n.�141/2000,�n.�847/2000�e�n.�2309/1993.�
In�considerazione�della�necessita�,�da�un�lato�di�disciplinare�l'immissione�in�
commerciodeiprodottimedicinalinell'interessedellasanita�pubblica,�dall'altro�

di�ridurre�gli�ostacoli�alla�libera�circolazione�di�tali�prodotti�nella�Comunita�

che�potrebbero�risultare�da�differenze�tra�i�sistemi�nazionali�di�controllo,�le�isti-

tuzioni�comunitarie�hanno�adottato�una�normativafinalizzata�ad�armonizzare�i�

controllisull'immissione�in�commercio�deiprodottimedicinali.�
Comepreannunciatonelpreambolodelladirettivabase,�ogniregolamenta-

zione�in�materia�di�produzione�e�di�distribuzione�delle�specialita�medicinali�deve�

avere�come�obiettivo�essenziale�la�tutela�della�sanita�pubblica,�tuttavia�questa�

finalita�deve�essere�raggiunta�avvalendosi�di�mezzi�che�non�ostacolino�lo�svi-

luppo�dell'industriafarmaceutica�e�gli�scambi�deiprodotti�medicinali�all'interno�

della�Comunita�.�
Aisensidell'art.3delladirettiva65/65,�nessunaspecialita�medicinalepuo�

essere�immessaincommercioinuno�Statomembrosenzaun'autorizzazionepre-

ventiva�rilasciata�dall'autorita�competente�dello�Stato�membro�o�concessa�in�

conformita�al�regolamento�(CEE)�del�Consiglio�22�luglio�1993,�n.�2309;�in�base�

a�quanto�previsto�dall'art.�4,�il�responsabile�dell'immissione�in�commercio�di�

una�specialita�medicinale�devepresentare�una�domanda�all'autorita�competente�

dello�Stato�membro,�corredata�da�una�serie�di�informazioni�e�documenti,�allo�

scopo�di�ottenere�l'autorizzazione�alla�immissione�in�commercio.�Tuttavia,�al�

punto�8(a)�e�prevista�la�possibilita�di�avvalersi,�in�determinate�circostanze,�di�

unadomandaabbreviata�oprocedurasemplificata,�qualora�laspecialita�medici-

nale�sia�essenzialmente�analoga�ad�un�prodotto�autorizzato�secondo�le�disposi-

zioni�comunitarie�in�vigore�da�almeno�6�anni�nella�Comunita�e�commercializ-

zato�nello�Stato�membro�interessato�dalla�domanda�(punto�iii).�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Per 
la 
normativa 
italiana 
sifa 
rinvio 
al 
decreto 
legge 
n. 
178 
del 
29 
maggio 


1991, 
che 
dispone 
il 
recepimento 
delle 
direttive 
della 
Comunita� 
economica 
euro-

pea 
in 
materia 
di 
specialita� 
medicinali 
^tra 
cui 
le 
direttive 
sulle 
specialita� 
medi-

cinali 
n. 
65/65/CEE, 
n. 
75/319/CEE, 
n. 
83/570/CEE, 
n. 
87/21/CEE 
^ed 
al 


decretoleggen. 
44del18febbraio1997cheattualadirettiva93/39/CEE, 
che 


modifica 
le 
direttive 
65/65/CEE, 
75/318/CEE 
e 
75/319/CEE 
relative 
ai 
medici-

nali. 


Causa 
C-82/03 
(Commissione 
c/ 
Repubblica 
italiana) 
^Ricorso 
per 
inadempi-
mento 
^Requisiti 
minimi 
di 
sicurezza 
e 
di 
salute 
per 
l'uso 
delle 
attrezza-
ture 
di 
lavoro 
^Art.�10�CE�^Direttiva�98/655/CEE�(cs.�10019/03,�avv.�
dello�Stato�A.�Cingolo).�

IL 
fattO 


La�Commissione�delle�Comunita�Europee�ha�proposto�ricorso,�a�termini�
dell'art.�226�CE,�diretto�a�far�constatare�che�la�Repubblica�italiana,�avendo�
trascurato�di�cooperare�in�modo�leale�con�la�Commissione�in�un�caso�riguar-
dante�la�salute�e�la�sicurezza�dei�lavoratori,�e�venuta�meno�agli�obblighi�ad�
essa�incombenti�in�virtu�dell'art.�10�CE.�

Espone�la�Commissione�di�aver�ricevuto,�nel�corso�del�2000,�una�denun-
cia�di�un�operatore�economico�riguardante�un�caso�di�(presunta)�cattiva�
applicazione�nell'ordinamento�giuridico�italiano�della�direttiva�89/655/CEE�
del�Consiglio�del�30�novembre�1989,�relativa�ai�requisiti�minimi�di�sicurezza�
e�di�salute�per�l'uso�delle�attrezzature�di�lavoro�da�parte�dei�lavoratori�
durante�il�lavoro�(seconda�direttiva�particolare�ai�sensi�dell'art.�16,�para-
grafo�1,�della�direttiva�89/391/CEE).�

LA 
posizionE 
deL 
GovernO 
italianO 


�(Omissis). 
L'asserito 
inadempimento 
dell'obbligo 
di 
leale 
cooperazione 
(al 


finedifacilitarelaCommissionenell'adempimentodeipropricompiti) 
nonsus-

siste. 
Anzitutto, 
e� 
pacifico 
che 
l'addebito 
mosso 
dalla 
Commissione 
non 
riguarda 


l'obbligostabilitodallostessoart. 
10CEdiadottare�tuttelemisuredicarattere 


generale 
e 
particolare 
atte 
ad 
assicurare 
l'esecuzione 
degli 
obblighi 
derivanti 


dalpresente 
Trattato 
ovvero 
determinatidagliattidelle 
istituzionidella 
Comu-

nita� 
�. 
Infatti 
le 
misure 
stabilite 
dalla 
direttiva 
89/391/CEE 
sono 
state 
integral-

mente 
attuate 
con 
le 
norme 
di 
cui 
al 
Titolo 
Idel 
decreto 
legislativo 
19 
settembre 


1994, 
n. 
626, 
mentre 
quelle 
di 
cui 
alla 
direttiva 
89/655/CEE 
sono 
state 
attuate 


con 
gli 
articoli 
da 
34 
a 
38 
del 
medesimo 
decreto 
legislativo 
n. 
626 
del 
1994. 
Inoltre, 
con 
specifico 
riferimento 
ai 
punti 
dell'allegato 
I 
alla 
direttiva 


89/655/CEE, 
richiamati 
nelparagrafo 
9 
delparere 
motivato 
emesso 
dalla 
Com-

missione, 
deve 
rilevarsi 
che 
essi 
risultano 
puntualmente 
trasposti 
o 
comunque 


presentinell'ordinamento 
italianopermezzo 
delleseguentidisposizioni: 
Allegato�I,�punto�2.5:�art. 
75deldecretodelPresidentedellaRepubblica 


n. 
547 
del 
1955 
(come 
successivamente 
modificato) 
ed 
art. 
36 
del 
decreto 
legi-
slativo 
n. 
626 
del 
1994; 



IL 
CONTENZIOSO 
COMUNITARIO 
ED 
INTERNAZIONALE 
^I 
giudizi 
in 
corso 
alla 
Corte 
di 
Giustizia 
CE 
87 


Allegato 
I, 
punto 
2.8: 
articoli�da�41�a�44�e�da�55�a�73�del�decreto�del�
PresidentedellaRepubblican.�547del1955,oltreadulterioridisposizionispeci-
fiche�per�determinati�tipi�di�attrezzature;�

Allegato 
I, 
punto 
2.14: 
articoli�da�76�a�81�del�decreto�del�Presidente�
della�Repubblica�n.�547�del�1955;�
Allegato 
I, 
punto 
2.16: 
articoli8,�11,�12eda15a21deldecreto�delPre-
sidente�della�Repubblica�n.�547�del�1955;�
Allegato 
I, 
punto 
2.19: 
articoli�da�267�a�271�del�decreto�del�Presidente�
della�Repubblica�n.�547�del�1955�e�legge�n.�186�del�1968.�
Acio��siaggiungache,alfinediadeguarelarichiamatadisciplinaallapro-
gressiva�innovazione�delle�tecniche�di�prevenzione,�e��stata�adottata�una�norma�

di�chiusura�(art.�374,�secondo�comma,�del�decreto�del�Presidente�della�Repub-
blica�n.�547�del�1955)�ai�sensi�della�quale��gli�apprestamenti�di�difesa��


ovveroqualsiasistrumento�tecnico�attoallaprotezionedairischiperilavoratori�
��devono�possedere�in�relazione�alle�necessita��della�sicurezza�sul�lavoro�i�
necessari�requisiti�di�resistenza�e�idoneita���.�

Non�a�caso,�del�resto,�per�taluni�tra�i�destinatari�di�siffatte�norme��e�cioe��
in�particolare�per�i�datori�di�lavoro��sono�previste�numerose,�corrispondenti�
sanzionipenali�in�caso�diaccertate�violazioni�di�ciascuno�degliobblighisanciti�

dalle�disposizioni�medesime.�

Tanto�premesso,�e�chiarito�che�la�Repubblica�italiana�ha�scrupolosamente�
datopienaecompletaattuazionealledirettive�inmateria�(equindinonha�certo�
ostacolato�l'azione�della�Commissione),�l'oggetto�del�ricorso�della�Commissione�
concerne,dunque,�esclusivamenteilmancatoriscontroadunarichiestadispeci-
fica�informazione�a�proposito�di�una�isolata�denuncia�proveniente�da��un�opera-
tore�economico�e�riguardante�unsingolo�impiantopresso�ilquale�lanormativa�
de 
qua,�seppure�certamente�esistente�ed�operativa,�non�sarebbe�stata�in�concreto�
applicata�(perpresumibileinottemperanzadeldatoredilavoroagliobblighisu�
di�se�gravanti).�

Preliminarmente,�deveeccepirsiche�ilricorsononcontienel'esposizionedel�
contestofattualeminimo,�indispensabileaifinidellarelativadifesaedellacon-
seguente�decisione�giudiziale.�

Infatti,�ne�dal�ricorso,�ne�da�taluno�dei�documenti�allegati�al�medesimo�e��
dato�desumere�alcun�dato�informativo�circa�la�denominazione�e�l'ubicazione�del-
l'impianto�oggetto�della�denuncia.�

Cio��ha�comportato�una�oggettiva�difficolta�perle�Autorita�ministerialiita-
liane�nell'individuare�i�competenti�organi�di�vigilanza�in�materia�diprotezione�

deilavoratori,�alfinedipoterattivareprontamentemiraticontrolli.�
Cio��tuttora�comporta�una�altrettanto�oggettiva�difficolta��anche�aifini�del-
l'esercizio,�in�concreto,�del�diritto�di�difesa.�
Peraltro,�stando�alle�singole�inadempienze�segnalate�nel�parere�motivatoe�

relative�al�detto�(ma�non�identificato)�impianto�di�depurazione,�deve�precisarsi�
che�solo�le�prime�due�appaiono�riconducibili�al�mancato�rispetto�(beninteso,�in�
sede�meramente�applicativa)�delle�prescrizioni�di�cui�alla�direttiva�
89/655/CEE,�concernente�i�requisiti�di�sicurezza�delle�attrezzature�di�lavoro;�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

mentre�tutte�le�altre�afferiscono,�per�converso,�allo�stato�dei�luoghi�di�lavoro�

ovvero�ad�altrifattori�di�rischio,�come�ad�esempio�l'eccessivo�rumore�nell'am-
biente�di�lavoro.�

Orbene,�le�misure�di�prevenzione�e�sicurezza�concernenti�tali�ultimi�aspetti�
sono�disciplinate�da�altre�direttive�non�richiamate�nel�parere�motivato�della�
Commissione�(e�comunque�anch'esse�gia��integralmente�recepite�nell'ordina-
mento�italiano).�

In�ogni�caso��pur�ritenendosi�non�sussistente�alcuna�responsabilita��per�
mancata�collaborazioneepursottolineandosil'assairistrettarilevanzadellafat-

tispecie�dedotta�in�giudizio�(gia��l'ordinamento�nazionale�appresta�efficaci�rimedi�
a�tutela�delle�inadempienze�nella�subiecta�materia,�dando�addirittura�rilevanza�
penale�alle�medesime)��si�assume�impegno�ad�effettuare�ogni�ulteriore�e�speci-
fico�accertamento�su�quanto�occorso�e�su�eventuali�omissioni�poste�in�essere�
dai�soggetti�tenuti�all'applicazione�della�legge�a�tutela�della�sicurezza�nei�luoghi�

dilavoro,�alfinediacquisireefornirealla�Commissione�anchenellapresente�
sede�giudiziale�e�nel�consueto�spirito�di�collaborazione��ogni�elemento�utile�
ad�una�bonaria�composizione�della�controversia.�

Allo�stato�e�salvo�ogni�successivo�sviluppo�della�vicenda�all'esito�degli�
accertamenti�che�risultera��ulteriormente�possibile�esperire,�il�Governo�italiano�

conclude�chiedendo�che�il�ricorso�della�Commissione�sia�dichiarato�inammissi-
bile,�ovverosia�respintoperche�nonfondato.�
Roma,�8�marzo�2003�^f.to�Avv.�Antonio�Cingolo�.�

Causa 
C-85/03 
(domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale) 
^Nozione 
di 
agente 
comm
erciale 
^Art.�1n.2direttiva86/653/CEE^OrdinanzadelProtodikeio�
(Grecia)�emessa�il�27�aprile�2003�(ct.�24780/03,�avv.�dello�Stato�O.�Fiu-
mara).�

IL 
fattO 
E 
I 
quesitI 


Il�Tribunale�greco�ha�chiesto�alla�Corte�di�pronunciarsi�sull'interpreta-
zione�dell'art.�1�n.�2�della�direttiva�86/653/CEE�(relativa�al�coordinamento�
della�legislazione�degli�Stati�membri�concernenti�gli�agenti�commerciali�indi-
pendenti)�per�chiarire�se�(primo�quesito)�debba�essere�considerata��agente�
commerciale��anche�la�persona�che,�in�qualita�di�intermediario�indipendente,�
acquista�a�nome�proprio�merci�presso�il�preponente,�detraendo�dal�prezzo�le�
proprie�provvigioni,�e�successivamente�venda�tali�merci�a�terzi,�agendo�per�
conto�del�preponente;�in�caso�di�risposta�negativa�a�questa�domanda,�prose-
gue�il�giudice�remittente,�la�Corte�dovrebbe�precisare�(quesiti�secondo,�terzo�
e�quarto)�se�si�e�in�presenza�di�una�lacuna�della�direttiva,�eventualmente�col-
mabile�dal�legislatore�nazionale�in�via�analogica.�

LA 
posizionE 
deL 
GovernO 
italianO 


�Il�Governo�italiano�ha�proposto�alla�Corte�di�rispondere�in�senso�positivo�
alprimoquesito,�restandoquindiassorbitiglialtriquesiti.�
Ai�sensi�dell'art.�1�n.�2�della�direttiva�^e��stato�osservato�^�per�agente�
commerciale�si�intende�la�persona�che,�in�qualita��di�intermediario�indipendente,�


IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�89 


e�incaricata�inmanierapermanenteditrattareperun'altrapersona�la�venditao�

l'acquisto�di�merci,�ovvero�di�trattare�e�di�concludere�dette�operazioni�in�nome�

e�per�conto�del�preponente��(in�modo�del�tutto�analogo�dispongono�l'art.�1742�

del�codice�civile�italiano,�nonche�l'art.�1�della�legge�3�maggio�1985,�n.�204�rela-

tiva�alla�disciplina�dell'attivita�di�agente�e�rappresentante�di�commercio).�
Tale�normativa�prevede�come�requisito�indispensabile�della�figura�del-

l'agente�commerciale�(a�parte�l'esclusiva,�che�nel�caso�di�specie�non�sembra�rile-

vare)�il�caratterepermanente�o�stabile�dell'attivita�di�trattazione�o�conclusione�

di�contratti�per�conto�di�un'altra�persona.�Una�volta,�dunque,�che�la�persona�

compia,�su�incarico�stabile�di�un�preponente,�operazioni�che�importano�il�pas-

saggio�di�una�merce�dal�preponente�stesso�ad�una�terza�persona�per�conto�del�

preponente�stesso,�non�sembra�che�sia�rilevante�il�modo�in�cui�questo�passaggio�

avvenga,�attraverso�cioe�una�vendita�dal�preponente�al�terzo�ovvero�attraverso�

una�doppia�vendita�dalpreponente�all'intermediario�e�da�questi�al�terzo,�sempre�

che�tale�secondo�passaggio�avvenga�per�conto�del�preponente�stesso,�cioe�nel�

senso�che�il�terzo�abbia�la�rappresentazione�del�ruolo�di�intermediario�della�

persona�che�si�e�frappostafra�lui�e�ilpreponente:�in�entrambi�i�casi�sembra�che�

l'intermediario�assumalafiguradell'agente�commercialeaisensieperglieffetti�

della�direttiva�comunitaria�(e�della�normativa�italiana�conforme)�(avv.�Oscar�

Fiumara)�.�

Causa 
C-103/03 
(domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale) 
�Conti 
annuali 
e 
conti 
consolidati 
^Pubblicita� 
dei 
bilanci 
�Direttiva�90/605/CEE��Art.�47�
direttiva�78/660/CEE�^Art.�44�C�^Ordinanza�del��Landgericht��(Ger-
mania)�emessa�l'11�febbraio�2003,�notificata�l'8�aprile�2003�(cs.�8243/03,�
avv.�dello�Stato�O.�Fiumara).�

IL 
fattO 
E 
I 
quesitI 


E�stato�chiesto�alla�Corte�di�Giustizia�delle�Comunita�Europee�di�pro-
nunciarsi,�ai�sensi�dell'articolo�234�del�Trattato,�in�ordine�all'interpretazione�
della�Direttiva�90/605/CEE,�al�fine�di�chiarire�se�la�suddetta�Direttiva�sia�
incompatibile�con�il�diritto�comunitario�primario,�segnatamente�con�l'arti-
colo�44�del�Trattato�CE.�

In�particolare,�si�chiede�alla�Corte�di�chiarire�se:�

1.�^ai�fini�dell'adozione�de1la�direttiva�del�Consiglio�8�novembre�
1990,�90/605/CEE�(che�modifica�le�direttive�78/660/CEE�e�83/349/CEE�
relative�rispettivamente�ai�conti�annuali�e�ai�conti�consolidati�per�quanto�
riguarda�il�loro�campo�d'applicazione)�la�Comunita�europea�potesse�assu-
mere�a�fondamento�l'art.�44,�nn.�1�e,�in�combinato�disposto,�3,�lett.�g),�del�
Trattato�CE,�sebbene�la�detta�direttiva�conferisca�diritti�di�accesso�anche�a�
terzi�che�non�necessitano�di�tutela;�
2.�^se�la�direttiva�90/605/CEE,�in�combinazione�con�l'art.�47�della�
direttiva�78/660/CEE,�sia�compatibile�con�il�diritto�fondamentale�al�libero�
esercizio�delle�attivita�lavorative�riconosciuto�dall'ordinamento�comunitario,�
nella�misura�in�cui,�per�effetto�della�normativa�predetta,�le�societa�in�acco-
mandita�semplice�in�cui�il�socio�personalmente�responsabile�sia�una�societa�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

a�responsabilita�limitata�vengono�obbligate�a�rendere�pubblico�il�bilancio�
annuale�e�la�relazione�sulla�gestione,�e�cio�in�particolare�senza�alcuna�limita-
zione�della�cerchia�dei�soggetti�titolari�di�un�diritto�di�accesso�a�tali�docu-
menti;�

3.�^se�la�direttiva�90/605/CEE,�in�combinazione�con�l'art.�47�della�
direttiva�78/660/CEE,�sia�compatibile�con�i�diritti�fondamentali�alla�liberta�
di�stampa�e�di�diffusione�radiotelevisiva�riconosciuti�dall'ordinamento�comu-
nitario,�nella�misura�in�cui,�per�effetto�della�normativa�predetta,�le�societa�
in�accomandita�semplice�nelle�quali�il�socio�personalmente�responsabile�sia�
una�societa�a�responsabilita�limitata�e�che�operino�nel�settore�della�stampa�
e�dell'editoria�e/o�nel�settore�dell'emittenza�radiotelevisiva�vengono�obbligate�
a�rendere�pubblico�il�bilancio�annuale�e�la�relazione�sulla�gestione,�e�cio�in�
particolare�senza�alcuna�limitazione�della�cerchia�dei�soggetti�titolaridiun�
diritto�di�accesso�a�tali�documenti;�
4.�^se�la�direttiva�90/605/CEE�sia�compatibile�con�il�principio�gene-
rale�di�uguaglianza,�nella�misura�in�cui�essa�porta�a�trattare�in�modo�meno�
favorevole�le�societa�in�accomandita�semplice�il�cui�socio�accomandatario�
sia�una�societa�a�responsabilita�limitata�rispetto�alle�societa�in�accomandita�
semplice�il�cui�socio�accomandatario�sia�una�persona�fisica,�sebbene�i�credi-
tori�di�una�societa�a�responsabilita�limitata,�in�virtu�degli�obblighi�di�pubbli-
cazione�incombenti�alle�s.r.l.,�siano�tutelati�meglio�dei�creditori�di�una�societa�
in�accomandita�semplice,�il�cui�socio�accomandatario,�in�quanto�persona�
fisica,�non�soggiace�ad�alcun�obbligo�di�pubblicazione.�
Nel�caso�di�specie,�in�data�6�febbraio�2002�una�societa�tedesca�ha�chie-
sto�di�prendere�visione�del�bilancio�annuale�di�una�societa�il�cui�socio�acco-
mandatario�e�una�societa�a�responsabilita�limitata�e�il�cui�socio�accoman-
dante�e�,�fra�gli�altri,�una�societa�a�responsabilita�limitata.�

Causa 
C-112/03 
(domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale) 
^Convenzione 
di 
Bru-
xelles 
del 
27 
novembre 
1968 
^Competenza 
speciale 
in 
materia 
di 
assicu-
razioni 
^Articoli�10,�n.�1�e�12,�sub�3�^Ordinanza�della��Cour�d'appel��
(Francia)�del�20�febbraio�2003,�notificata�il�22�aprile�2003�(cs.�9487/03,�
avv.�dello�Stato�G.�Fiengo).�

IL 
fattO 


La�S.A.�Etablissements�Bernard�Laiterie�du�Chatelard�aveva�commissio-
nato�la�realizzazione�di�lavori�di�isolamento�di�locali�mediante�l'apposizione�
di�particolari�pannelli.�A�seguito�della�mancata�corretta�realizzazione�del-
l'opera�nonche�di�difetti�rilevati�nei�pannelli�a�seguito�di�perizia,�la�societa�
francese�ha�proposto�azione�di�risarcimento�del�danno�contro�la�Societa�che�
ha�eseguito�i�lavori�e�contro�la�societa�produttrice�dei�pannelli�nonche�,�infine,�
contro�le�rispettive�societa�assicuratrici.�

Tra�i�convenuti,�la�S.F.I.P.�^beneficiaria�della�Polizza�Gruppo�sotto-
scritta�dalla�societa�madre�(belga)�con�un�gruppo�di�assicuratori�belgi�c
hiama�in�garanzia�tali�coassicuratori�belgi�sulla�base�dell'art.�10�primo�


IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�91 


comma�della�Convenzione�di�Bruxelles�ritenendo�possibile�adire�il�giudice�
presso�cui�e�stata�proposta�l'azione�esercitata�dalla�persona�lesa�contro�l'assi-
curato.�

Gli�assicuratori�belgi�hanno,�invece,�eccepito�l'incompetenza�territoriale�

di�tale�giudice,�in�considerazione�di�una�clausola�derogatoria�della�Conven-

zione,�ed�inserita�nel�contratto�di�polizza�assicurativa,�nella�quale�le�parti�

hanno�stabilito�che,�in�caso�di�controversia,�la�compagnia�assicuratrice�si�

sarebbe�assoggettata�alla�giurisdizione�del�foro�del�domicilio�del�sottoscrit-

tore�(la�societa�madre�belga),�ovvero�il�Tribunal�de�Premie�re�Instance�de�Bru-

xelles.�

IL 
quesitO 


Se�l'assicurato�beneficiario�di�un�contratto�d'assicurazione�per�conto�(di�

chi�spetta),�concluso�tra�un�contraente�dell'assicurazione�(sottoscrittore)�e�

un�assicuratore�aventi�entrambi�domicilio�nello�stesso�Stato�membro,�possa�

essere�vincolato�dalla�clausola�che�attribuisce�competenza�alle�autorita�giuri-

sdizionali�di�detto�Stato,�quando�l'assicurato�non�abbia�personalmente�

approvato�tale�clausola,�il�danno�si�sia�verificato�in�un�altro�Stato�membro,�

e�l'assicurato�abbia�altres|�citato,�dinanzi�ad�un'autorita�giurisdizionale�di�

quest'ultimo�Stato,�assicuratori�aventi�domicilio�nello�stesso.�

Causa 
C-117/03 
(domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale) 
^Selezione 
dei 
siti 
di 
interesse 
comunitario 
^Siti 
su 
cui 
insistono 
habitat 
e 
specie 
comunitarie 
di 
tipo 
prioritario 
^Eccezione 
al 
procedimento 
in 
due 
fasi 
^Art.�4,�
paragrafo�5;�art.�6,�comma�3,�e�art.�21�della�direttiva�92/44/CEE�^

Ordinanza�del�Consiglio�di�Stato,�Sezione�sesta�(Italia),�del�17�dicembre�

2002�^Registrata�il�18�marzo�2003�(avv.�dello�Stato�M.�Fiorilli).�

IL 
fattO 


La�ricorrente�ha�partecipato,�in�associazione�temporanea�con�altre�

imprese,�in�epigrafe�specificate,�alla�licitazione�privata�per�l'affidamento�di�

lavori,�consistenti�nell'escavazione�di�fondali�fino�alla�quota�di�12,5�mt.�e�

nello�scarico�dei�relativi�sedimenti�in�cassa�di�colmata,�di�dragaggio�nel�porto�

di�Monfalcone,�indetta�dall'amministrazione�statale�intimata�e�ne�e�risultata�

aggiudicataria,�con�verbale.�n.�1041�del�14�maggio�2001.�
Nonostante�che�lo�scarico�nella�cassa�di�colmata�fosse�autorizzato�dal�

Ministero�dell'Ambiente,�che�aveva�altres|�comunicato�che�i�lavori�non�erano�

soggetti�alla�procedura�di�VIA,�opinione�condivisa�dalla�Direzione�dell'am-

biente�dell'intimata�regione,�l'amministrazione�appaltante�non�ha�provveduto�

all'approvazione�degli�atti�di�gara,�fino�a�determinarsi�quattro�mesi�dopo,�

negativamente.�
Ha�infatti�provveduto�con�il�decreto�del�dirigente�responsabile�del�proce-

dimento�di�accordo�di�programma�dell'Ufficio�del�Genio�civile�per�le�opere�

marittime�di�Trieste�prot.�n.�2960�del�28�settembre�2001�di�non�approvazione�

dei�verbali�di�licitazione�privata�e�di�annullamento�della�gara�per�i�lavoridi�

dragaggio�ed�approfondimento�dei�fondali�del�porto�di�Monfalcone,�costi-

tuente�il�primo�atto�impugnato�con�il�ricorso�di�primo�grado,�all'annulla-

mento�dell'intera�procedura�di�gara,�sulla�base�delle�considerazioni�svolte�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

dalla�Regione,�con�la�nota�del�Direttore�regionale�dell'Ambiente�

prot.�AMB/1908/01�del�27�luglio�2001,�che�segnala�la�qualificazione�della�

cassa�di�colmata,�destinata�a�raccogliere�il�materiale�scavato�a�seguito�dei�

lavori�suddetti,�come�sito�di�interesse�comunitario,�da�sottoporre�a�valuta-

zione�di�incidenza�ai�sensi�dell'art.�5�del�d.P.R.�8�settembre�1997�n.�357�di�

impossibile�esito�positivo.�
Assume�la�ricorrente�che�il�procedimento�per�la�classificazione�di�parte�

della�cassa�di�colmata�per�i�progettati�lavori�di�dragaggio�fra�i�siti�di�impor-

tanza�comunitaria�(nella�specie�in�quello�denominato��foce�del�Timavo�)�

non�sarebbe�ancora�completato,�essendo�stata�formulata�la�relativa�proposta�

dalle�autorita�nazionali�e�non�essendo�ad�essa�ancora�seguita�l'inclusione�nel-

l'elenco�dei�sopradetti�siti�ad�opera�della�Commissione�Europea�ai�sensi�del-

l'art.�4�paragrafo�5�della�direttiva�94/43�CE,�onde�non�sarebbero�ancora�in�

vigore,�a�suo�riguardo,�le�necessarie�misure�di�conservazione�e�l'obbligo�della�

valutazione�preventiva�sui�progetti�che�abbiano,�su�detto�sito,�incidenza�signi-

ficativa�ai�sensi�del�successivo�art.�6�paragrafi�1,�2,�3�e�4.�
Ne�seguirebbe�l'erroneita�del�presupposto�su�cui�si�fonda�la�decisione�di�

annullamento�della�gara.�

Gliarticoli1lett. 
b) 
e6paragrafo4delladirettiva93/43/CE. 


Le�disposizioni�comunitarie�consentirebbero�un�esito�diverso�della�valu-

tazione�di�incidenza,�considerata�la�definizione�di�habitat 
come�zona�distinta�

per�caratteristiche�naturali�o�seminaturali,�non�riscontrabili�in�una�cassa�di�

colmata,�opera�artificiale�dell'uomo;�e�anche�per�la�possibilita�di�autorizzare,�

comunque,�la�realizzazione�del�progetto�per�motivi�imperativi�di�interesse�

pubblico,�inclusi�motivi�di�natura�sociale�ed�economica,�previa�adozione�di�

misure�compensative�autorizzate�dalla�Commissione�Europea.�
Il�T.A.R.�Friuli�ha�ritenuto�necessaria�la��valutazione�di�incidenza��in�

una�situazione�in�cui�sia�stato�rinvenuto�in�un�sito�interessato�da�un�progetto�

di�lavori�pubblici,�oggetto�di�appalto,�un�habitat 
prioritario�ossia�un�habitat 


che�rischia�di�scomparire�nel�territorio�dell'Unione�europea.�
Si�rileva�in�sentenza�che�sia�la�direttiva�(art.�4),�sia�il�d.P.R.�n.�357/1997�

(art.�3,�comma�1.�ed�art.�4),�delineano�un�procedimento�in�due�fasi:�la�propo-

sta,�che�e�di�competenza�dello�Stato�membro,�e�la�decisione�circa�l'inclusione�

o�meno�nell'elenco�dei�siti�di�importanza�comunitaria,�che�e�di�competenza�
della�Commissione�europea,�dalla�quale�ultima�soltanto�derivano�obblighi�

di�protezione�ambientale.�
Il�procedimento�sarebbe�diverso�e�piu�rapido�in�presenza�di�habitat 
prio-

ritari�previsti�dall'art.�1�paragrafo�2�lettera�d)�ossia�habitat 
che�sono�in�peri-

colo�di�scomparsa,�e�la�cui�tutela�deve�essere�per�quanto�possibile�rapida,�

come�nella�fattispecie�a�giudizio.�
L'allegato�III�dell'atto�comunitario,�disciplinando�i�criteri�di�selezione�

dei�siti�atti�ad�essere�individuati�quali�siti�di�importanza�comunitaria,�prevede�

un�procedimento�articolato�in�una�Fase�I�che�regola�la�valutazione�dell'im-

portanza�comunitaria�dei�siti�proposti�a�livello�nazionale,�la�cui�conclusione�

e�la�formazione�di�un�elenco�nazionale�e�la�Fase�II,�che�regola�la�valutazione�

a�livello�comunitario�dei�siti�compresi�negli�elenchi�nazionali�e�le�determina-

zioni�finali�che�ne�conseguono,�con�l'indicazione�dei�relativi�criteri.�


IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�93 


Detto�allegato�^secondo�il�giudice�di�primo�grado�^prevede�una�signifi-
cativa�eccezione�nel�procedimento�alla�Fase�II�disponendo�che�tutti�i�siti�indi-
viduati�dagli�Stati�membri�nella�Fase�I,�che�ospitano�tipi�di�habitat 
naturali�

o�specie�prioritari,�sono�considerati�siti�di�importanza�comunitaria.�
In�sostanza�quando�uno�Stato�membro�ha,�come�nel�caso�di�specie,�indi-
viduato�un�sito�in�cui�si�rinviene�un�habitat 
prioritario,�in�quanto�non�solo�
di�interesse�comunitario�ma�altres|�in�pericolo,�e�lo�ha�incluso�nell'elenco�
inviato�alla�Comunita�Europea�^secondo�la�decisione�di�primo�grado�^eo 
ipso 
detto�sito�e�considerato�di�importanza�comunitaria�ed�assoggettato�alle�
misure�di�salvaguardia,�di�cui�all'art.�6�paragrafi�2,�3�e�4�della�direttiva,a�
norma�dell'art.�4�paragrafo�5,�nonche�alla�prescritta�valutazione�di�incidenza,�
contrariamente�a�quanto�assumono�i�ricorrenti.�

Ne�di�ostacolo�sarebbe�la�previsione�ai�sensi�dell'art.�4�paragrafi�2�e�3�
della�direttiva�di�una�procedura�di�valutazione,�da�parte�della�Commissione,�
anche�dei�siti�di�importanza�comunitaria�in�cui�sono�presenti�habitat 
o�specie�
prioritari.�

Detto�procedimento�avviene,�come�specificato�dall'indicato�paragrafo�2,�
primo�periodo,��in�base�ai�criteri�di�cui�all'allegato�III��(Fase�II),�fra�i�quali�
e�compreso�quello�della�considerazione,�quali�siti�di�interesse�comunitario,�
di�tutti�i�siti�proposti�dagli�Stati�membri�ove�si�rinvengano�habitat 
o�specie�
prioritari.�

L'ulteriore�intervento�della�Commissione�CE,�in�questo�caso,�come�
risulta�dal�comma�2�del�citato�paragrafo�2�dell'art.�4,�sarebbe�necessario�per�
la�facolta�,�concessa�agli�Stati�membri,�in�cui�detti�habitat 
e�siti�siano�presenti�
in�misura�superiore�al�5%�del�territorio�nazionale,�di�chiedere�che�i�criteri,�
in�base�ai�quali�e�avvenuta�la�loro�identificazione,��siano�applicati�in�maniera�
piu�flessibile�per�la�selezione�dell'insieme�dei�siti�di�importanza�comunitaria�
nel�loro�territorio��con�conseguente�richiesta�ai�sensi�dell'art.�21�della�diret-
tiva,�di�un�parere�della�Commissione�ad�un�apposito�Comitato,�rappresenta-
tivo�degli�Stati�membri,�cui�segue�l'adeguamento�della�Commissione�al�
parere�o�la�rimessione�dell'affare�al�Consiglio�dell'Unione�europea.�

Si�tratta�quindi,�nel�caso�di�siti�in�cui�insistono�habitat 
e�specie�comuni-
tarie�di�tipo�prioritario,�di�eventuale�revisione�di�decisioni�gia�prese,�in�
quanto�la�loro�inclusione�nei�siti�di�importanza�comunitaria�e�gia�prevista�
dall'Allegato�III�^Fase�II�della�direttiva,�con�conseguente�applicazione�
immediata�delle�misure�di�salvaguardia�e�della�valutazione�di�incidenza�di�
cui�all'art�6.�

IL 
quesitO 


Se�l'art.�4�paragrafo�5�della�direttiva�21�maggio�1992�n.�92/43�debba�
interpretarsi�nel�senso�che�le�misure�di�cui�all'art.�6�ed�in�particolare�quella�
di�cui�all'art.�6,�comma�3,�della�stessa�direttiva�siano�obbligatorie�per�gli�Stati�
membri�solo�dopo�la�definitiva�approvazione�in�sede�comunitaria�dell'elenco�
dei�siti�ai�sensi�dell'art.�21,�o�se,�diversamente,�al�di�la�dell'individuazione�
del�momento�di�decorrenza�ordinaria�delle�misure�di�conservazione,�occorra�
distinguere�fra�iscrizioni�dichiarative�e�costitutive�(includendo�fra�le�prime�


RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 


quelle 
relative 
a 
siti 
prioritari) 
ed 
al 
fine 
di 
salvaguardare 
l'effetto 
utile 
della 
direttiva 
mirante 
alla 
conservazione 
degli 
habitat, 
nel 
solo 
caso 
di 
individua-
zione 
da 
parte 
di 
uno 
Stato 
membro 
di 
un 
sito 
di 
importanza 
comunitaria 
ospitante 
tipi 
di 
habitat 
naturali 
o 
specie 
prioritari, 
non 
debba 
ritenersi 
che 
sussista 
un 
obbligo 
di 
sottoposizione 
a 
valutazione 
di 
piani 
e 
progetti 
signifi-
cativamente 
incidenti 
sul 
sito, 
anche 
prima 
della 
formazione 
da 
parte 
della 
Commissione 
del 
progetto 
di 
elenco 
dei 
siti 
o 
della 
adozione 
definitiva 
di 
detto 
elenco 
ai 
sensi 
dell'art. 
21 
della 
direttiva 
ed 
in 
sostanza 
a 
partire 
dalla 
formulazione 
dell'elenco 
nazionale. 


NotA 


Come 
emerge 
dai 
�Considerando� 
della 
Direttiva 
92/43/CEE, 
lo 
scopo 
che 
si 
vuole 
perseguire 
e� 
il 
mantenimento 
e 
la 
conservazione 
della 
biodiversita� 
e 
garantirne 
lo 
sviluppo 
durevole. 
Per 
assicurare 
il 
ripristino 
o 
il 
mantenimento 
degli 
habitat 
naturali 
e 
delle 
specie 
di 
interesse 
comunitario 
in 
uno 
stato 
di 
con-
servazione 
soddisfacente, 
si 
ritiene 
necessario 
designare 
zone 
speciali 
di 
conser-
vazione 
^alfine 
di 
realizzare 
una 
rete 
ecologica 
europea 
^ovvero 
habitat 
natu-
rali, 
cioe� 
zone 
terrestri 
o 
acquatiche 
che 
si 
distinguono 
per 
le 
loro 
caratteristiche 
geografiche, 
abiotiche 
e 
biotiche, 
interamente 
naturali 
o 
seminaturali. 


All'art. 
4 
par. 
5 
della 
direttiva, 
e� 
infatti 
previsto 
che 
�Non 
appena 
un 
sito 
e� 
iscritto 
nell'elenco 
di 
cui 
alparagrafo 
2, 
terzo 
comma, 
esso 
e� 
soggetto 
alle 
dispo-
sizioni 
dell'articolo 
6, 
paragrafi 
2, 
3 
e 
4�. 


All'art. 
6, 
comma3,e�previstoche�Qualsiasipianooprogettonondiretta-
mente 
connesso 
e 
necessario 
alla 
gestione 
del 
sito 
ma 
che 
possa 
avere 
incidenze 
significative 
su 
tale 
sito, 
singolarmente 
o 
congiuntamente 
ad 
altri 
piani 
e 
pro-
getti,formaoggetto 
diuna 
opportuna 
valutazionedell'incidenza 
chehasulsito, 
tenendo 
contodegliobiettividiconservazionedelmedesimo. 
Alla 
lucedelle 
con-
clusioni 
della 
valutazione 
dell'incidenza 
sul 
sito 
e 
fatto 
salvo 
il 
paragrafo 
4, 
le 
autorita� 
nazionalicompetentidannoilloroaccordosutalepianooprogettosol-
tanto 
dopo 
averavuto 
la 
certezza 
che 
essononpregiudichera� 
l'integrita� 
delsito 
in 
causae, 
se 
delcaso,previopareredell'opinionepubblica�. 


L'art. 
21 
della 
direttiva 
dispone 
che 
�Il 
rappresentante 
della 
Commissione 
sottoponealcomitatounprogettodellemisuredaadottare. 
Ilcomitatoformula 
ilsuoparere 
sulprogetto 
entro 
un 
termine 
che 
ilpresidentepuo� 
fissare 
infun-

zione 
dell'urgenza 
della 
questione 
in 
esame. 
Ilparere 
e� 
formulato 
dalla 
maggio-
ranza 
prevista 
dall'articolo 
148, 
paragrafo 
2, 
del 
Trattato 
per 
l'adozione 
delle 
decisioni 
che 
il 
Consiglio 
deve 
prendere 
su 
proposta 
della 
Commissione. 
Nelle 
votazioni 
al 
comitato 
viene 
attribuita 
ai 
voti 
dei 
rappresentanti 
degli 
Stati 
mem-
brilaponderazionedefinitaall'articoloprecitato. 
Ilpresidentenonpartecipa 
alla 
votazione. 


La 
Commissioneadottalemisureprevistequalorasiano 
conformialparere 
del 
comitato. 
Se 
le 
misure 
previste 
non 
sono 
conformi 
al 
parere 
del 
comitato, 
o 
in 
man-
canza 
di 
parere, 
la 
Commissione 
sottopone 
senza 
indugio 
al 
Consiglio 
una 
pro-

posta 
in 
merito 
alle 
misure 
da 
prendere. 
Il 
Consiglio 
delibera 
a 
maggioranza 
qualificata. 



IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�95 


Se�il�Consiglio�non�ha�deliberato�entro�tre�mesi�a�decorrere�dalla�data�in�

cui�gli�e�stata�sottoposta�la�proposta,�la�Commissione�adotta�le�misure�propo-
ste�.�

Tale�normativa�comunitaria�e�stata�recepita�attraverso�il�d.P.R.�n.�357�
dell'8�settembre�1997,�il�quale�opera�una�fedele�trasposizione�della�direttiva�

habitat,�relativa�alla�conservazione�degli�habitat�naturali�e�seminaturali,�nonche�

dellaflora�e�dellafauna�selvatiche.�

Causa 
C-124/03 
(domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale) 
^Concetto 
di 
�latte 
destinato 
alla 
fabbricazione 
di 
prodotti, 
a 
base 
di 
latte� 
^Direttiva�
92/46/CEE�Art.�2,�capoverso�sub�2)�^Ordinanza�del��College�van�
Beroep�voor�het�bedrijfsleven��(Olanda)�emessa�l'11�marzo�2003,�notifi-
cata�il�13�maggio�2003�(cs.�11312/03,�avv.�dello�Stato�O.�Fiumara).�

IL 
fattO 
E 
I 
quesitI 


E�stato�chiesto�alla�Corte�di�Giustizia�delle�Comunita�Europee�di�pro-
nunciarsi�in�via�pregiudiziale,�ai�sensi�dell'art.�234�CE,�in�merito�all'�interpre-
tazione�del�Direttiva�92/46/CEE�del�Consiglio,�del�16�giugno�1992,�che�stabi-
lisce�le�norme�sanitarie�per�la�produzione�e�la�commercializzazione�di�latte�
crudo,�di�latte�trattato�termicamente�e�di�prodotti�a�base�di�latte,�al�fine�di�
chiarire�se:�

1.a)�il�concetto��latte�destinato�alla�fabbricazione�di�prodotti�a�base�di�
latte��di�cui�all'art.�2,�capoverso,�sub�2),�della�direttiva�92/46/CEE,�debba�
essere�interpretato�nel�senso�che�comprende�(anche)�costituenti�di�prodotti�
lattiero-caseari�di�un�prodotto�comprendente�anche�componenti�di�diversa�
natura,�cioe�prodotti�non�lattiero-caseari,�e�dove�il�costituente�di�prodotto�
lattiero-caseario�non�puo�essere�separato�dai�componenti�diversi�dai�costi-
tuenti�lattiero-caseari:�

1.b)�in�caso�di�soluzione�affermativa�della�prima�questione,�l'art.�22�
della�direttiva�92/46/CEE,�debba�essere�interpretato�nel�senso�che,�in�caso�
d'importazione�da�paesi�terzi,�tale�direttiva�e�applicabile�solo�su�tale�costi-
tuente�del�latte�di�un�prodotto�e�pertanto�non�e�applicabile�sul�corrispon-
dente�prodotto�nella�cui�composizione�esso�rientra;�

2�a)�il�concetto�di��prodotto�a�base�di�latte��di�cui�all'art.�2,�capo-
verso�sub�4,�della�direttiva�92/46/CEE�riguardi�esclusivamente�prodotti�finiti�

o�anche�prodotti�semifiniti,�che�debbano�essere�ancora�sottoposti�a�una�lavo-
razione�prima�di�essere�venduti�al�consumatore;�
2�b)�qualora�l'art.�2,�capoverso,�sub�4),�della�direttiva�92/46/CEE,�
contempli�anche�prodotti�semifiniti,�in�applicazione�di�quali�criteri�possa�sta-
bilirsi�se�il�latte�o�un�prodotto�lattiero-caseario�sia�costituente�essenziale�di�
un�prodotto:�per�la�sua�quantita�ovvero�per�il�fatto�che�il�suo�effetto�caratte-
rizza�il�prodotto,�secondo�l'accezione�dell'art.�2,�capoverso�sub�4),�della�diret-
tiva�92/46/CEE.�

A�seguito�dell'esito�dei�controlli�doganali�effettuati�tramite�prelievo�a�
campione�da�container�provenienti�da�Aruba,�veniva�negata�l'importazione�
nell'Unione�europea�dei�prodotti�lattiero-cascari�ivi�contenuti.�Le�autorita�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

olandesi�rilevando�la�presenza�di�una�percentuale�animale�nella�composi-
zione�del�prodotto,�disponevano�l'espletamento�di�controlli�veterinari;si�
accertava�in�tale�sede,�sia�la�mancanza�del�certificato�veterinario�necessario�
ai�fini�dell'attraversamento�delle�frontiere,�che�la�provenienza�da�uno�stabili-
mento�non�riconosciuto�dalla�Commissione.�

Causa 
C-130/03 
^Ricorso 
per 
inadempimento 
^Regolamento 
(CE) 
n. 
40/1994 
del 
Consiglio 
del 
20 
dicembre 
1993 
sul 
marchio 
comunitario 
^Istituzione 
dei 
tribunali 
dei 
marchi 
comunitari 
^Ricorso�della�Commissione�delle�
Comunita�europee�iscritto�il�24�marzo�2003�(ct.�13915/03,�avv.�dello�
Stato�O.�Fiumara).�

LA 
materiA 
deL 
contenderE 


La�Commissione�ha�chiesto�alla�Corte�di�dichiarare�che�la�Repubblica�
italiana,�avendo�omesso�di�designare�tribunali�dei�marchi�comunitari�di�
prima�e�seconda�istanza,�o�comunque�non�avendo�comunicato�alla�Commis-
sione,�entro�il�termine�stabilito,�un�elenco�di�tali�tribunali�con�indicazione�
della�loro�denominazione�e�competenza�territoriale,�e�venuta�meno�agli�
obblighi�ad�essa�incombenti�ai�sensi�dell'art.�91�del�reg.�CE�n.�40/1994.�

LA 
posizionE 
deL 
GovernO 
italianO 


Il�Governo�italiano�ha�precisato�in�causa�che,�in�forza�della�delega�conte-

nuta�nell'art.�16�della�legge�12�dicembre�2002�n.�273,�contenente��misure�per�

favorire�l'iniziativa�privata�e�lo�sviluppo�della�concorrenza��e�stato�emanato�il�

decreto�legislativo�27�giugno�2003�n.�168�concernente�la��istituzione�di�sezioni�

specializzate�in�materia�di�proprieta�industriale�ed�intellettuale�.�Tale�decreto�

prevede�appunto,�in�piena�attuazione�del�regolamento�del�Consiglio�sopra�citato,�

la�immediata�istituzione,�presso�i�tribunali�e�le�corti�d'appello�di�dodicicitta�ita-

liane,�di�altrettante�sezioni�specializzate�in�materia�di�proprieta�industriale�ed�

intellettuale�(art.�1),�precisandone�la�composizione�(art.�2)�e�la�competenza�

(artt.3�e�segg.)�
Essendo�venuta�a�cessare�nella�sostanza�la�materia�del�contendere,�e�stato�

chiesto�alla�Commissione�di�rinunciare�al�ricorso�proposto.�

Causa 
C-132/03 
(domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale) 
^Alimenti 
a 
base 
di 
cereali 
e 
altri 
elementi 
destinati 
a 
lattanti 
e 
bambini 
^Direttive�96/5/CE�
e98/36/CE^ContaminazioneaccidentalediO.G.M.�^Obbligodiindi-
cazione�sulla�confezione�^Direttiva�79/112/CEE�relativa�al�ravvicina-
mento�delle�legislazioni�degli�Stati�membri�sulla�etichettatura�e�la�pre-
sentazione�dei�prodotti�alimentari�destinati�al�consumatore�finale�^
Regolamento�(CE)�49/2000�^Ordinanza�del�Consiglio�di�Stato,�sezione�
quarta�(Italia),�del�28�gennaio�2003�^Iscritto�il�25�marzo�2003�(avv.�
dello�Stato�M.�Fiorilli).�

IL 
fattO 
Il�CodaconS 
impugna�il�decreto�ministeriale�Sanita�31�maggio�2001�

n.�371�nella�parte�in�cui�modifica�l'articolo�4,�comma�1.,�ultimo�periodo�del�

IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�97 


decreto�ministeriale�Sanita�6�aprile�1994�n.�500�disponendo��Escluso,�in�ogni�
caso,�l'uso�di�materiale�derivato�da�organismi�geneticamente�modificati,�
salva�la�tolleranza�prevista�dal�regolamento�(CE)�n.�49/2000�.�

Il�giudice�di�primo�grado�ha�annullato�il�decreto�ministeriale�Sanita�
limitatamente�alla�previsione�della�esenzione�dall'indicazione�delle�tracce�di�

O.G.M.�nella�etichettatura�degli�alimenti�per�lattanti�e�negli�alimenti�dipros
eguimento.�
IL 
quesitO 


Se�la�disposizione�di�cui�all'articolo�2,�paragrafo�2,�lettera�b),�del�regolam
ento�(CE)�n.�1139/1998,�come�sostituito�dall'articolo�1,�del�regolamento�
(CE)�n.�49/2000,�debba�essere�applicata�anche�ai�prodotti�alimentari�per�latt
anti�e�per�bambini�fino�a�tre�anni�cioe�,�specificamente,�se,�in�relazione�a�tali�
prodotti,�la�contaminazione�accidentale�di�materiale�derivato�da�organismi�
geneticamente�modificati,�in�proporzione�non�superiore�all'1%�debba,�o�
meno,�essere�indicata�nella�etichettatura.�

Causa�C-133/03�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Falso�in�bilancio�^

Ordinanza�del�Tribunale�di�Torino�^G.I.P.�del�25�febbraio�2003�
(ct�18848/03,�avv.�dello�Stato�O.�Fiumara).�

La�causa�ripropone�il�quesito�gia�posto�nelle�cause�riunite�C-387/02,�
C-391/02�e�C-403/02,�per�le�quali�cfr.�questa�Rassegna,�luglio-dicembre�
2002,�244.�

La�Corte�ha�sospeso�la�procedura�in�attesa�della�sua�pronuncia�nelle�
suddette�cause.�

Causa�C-134/03�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Mercato�comune�^
Imposta�sulla�pubblicita�e�diritto�sulle�pubbliche�affissioni�^Art.�87�e�
seguenti�Trattato�CE�^Conferimento�ad�un'impresa�pubblica�(comune)�
della�gestione�di�un'imposta�^Ordinanza�del�Giudice�di�Pace�di�Genova�
^Voltri�10�marzo�2003�(ct.�27858/03,�avv.�dello�Stato�O.�Fiumara).�

IL 
fattO 
E 
I 
quesitI 


Davanti�al�giudice�remittente�pende�una�causa�promossa�da�un�soggetto,�
la�Viacom�Outdoor�s.r.l.,�contro�un�altro�soggetto,�la�Giotto�Immobilier�
s.a.r.l.,�per�il�pagamento�del�corrispettivo�di�alcuni�servizi�di�esposizione�di�
manifesti�pubblicitari,�corrispettivo�che�include�^cos|�afferma�il�giudice��
l'imposta�comunale�sulla�pubblicita�ed�altri�oneri�pagati�al�Comune�di�
Genova�:�la�Giotto�contesta�la�richiesta�di�pagamento�dell'imposta�e�degli�
oneri�aggiuntivi.�

Il�giudice�italiano�dubita�della�compatibilita�con�la�normativa�comunitar
ia�della�regolamentazione�italiana�sull'imposta�comunale�sulla�pubblicita�e�
sul�diritto�sulle�pubbliche�affissioni�(decreto�legislativo�15�novembre�1993�

n.�507,�e�successive�modificazioni)�e�sottopone�alla�Corte�i�seguenti�quesiti:�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

1.^Se�il�conferimento�ad�un'impresa�pubblica�(Comuni)�della�gestione�
di�un'imposta�e�di�diritti�quali�quelli�considerati�in�premessa,�e�relativiad�
un�mercato�che�costituisce�parte�sostanziale�del�mercato�comune�e�nel�quale�
la�stessa�impresa�pubblica�opera�in�posizione�dominante�osti:�

a) 
all'applicazione�dell'art.�86�CE�in�combinato�disposto�con�
l'art.�82�CE;�
b) 
all'applicazione�dell'art.�86�CE�in�combinato�disposto�con�
l'art.�49�CE.�

2.�^Se�la�devoluzione�alla�detta�impresa�pubblica�del�gettito�derivante�
dall'imposta�e�dai�diritti�in�questione�osti:�
a) 
all'applicazione�dell'art.�86�CE�in�combinato�disposto�con�
l'art.�82�CE;�
b) 
all'applicazione�degli�art.�87�CE�e�88�CE,�costituendo�un�aiuto�di�
Stato�illegittimo�(non�notificato),�nonche�incompatibile�con�il�mercato�
comune.�

LA 
posizionE 
deL 
GovernO 
italianO 


�(omissis)4.-Unacosae� 
l'impostasullapubblicita� 
ealtracosae� 
ildiritto 
sullepubbliche 
affissioni 
(purse 
comprensivo 
dell'impostasullapubblicita�). 


L'impostasullapubblicita� 
e� 
dovutaperqualsivogliadiffusioneesternadiun 
messaggio 
pubblicitario 
e 
prescinde 
completamente 
da 
qualsiasi 
servizioreso: 


trattasidiun'imposta 
checolpiscelamerapropagazionepubblicadiunmessag-

gio 
pubblicitario 
di 
qualsiasi 
natura, 
da 
chiunque 
e 
comunque 
trasmesso 
(salvo 


estensionioriduzioniperparticolariesigenze) 
edhaperpresuppostol'invasione 
della 
sfera 
di 
godimento 
comune 
dei 
beni. 


Cosa 
del 
tutto 
diversa 
e� 
il 
diritto 
sulle 
pubbliche 
affissioni. 
Il 
legislatore 
ha 
previsto 
unservizio 
comunaledipubblico 
interesse,perladiffusionedimanifesti 


contenenti 
comunicazioni 
aventi 
finalita� 
istituzionali, 
sociali 
o 
comunque 
prive 


di 
rilevanza 
economica, 
da 
effettuarsi 
in 
appositi 
impianti 
di 
spettanza 
comu-

nale, 
salvo 
una 
riserva 
di 
spazio 
anche 
per 
messaggi 
diffusi 
nell'esercizio 
di 
atti-

vita� 
economiche, 
anche 
in 
tal 
caso, 
evidentemente, 
per 
l'opportunita� 
di 
offrire 
a 


chiunque, 
magari 
sfornito 
di 
una 
specifica 
organizzazione, 
un 
minimo 
di 
spazio. 


Per 
tale 
pubblicita� 
e� 
chiaro 
che 
e� 
dovuto, 
oltre 
all'imposta 
sulla 
pubblicita� 
, 


anche 
il 
corrispettivo 
(comprensivo 
del 
costo 
e 
dell'utilizzo 
dell'impianto 
comu-

nale) 
del 
servizio 
(cos|� 
come, 
ad 
esempio, 
nel 
caso 
di 
occupazione 
di 
spazi 
o 


aree 
pubbliche 
per 
pubblicita� 
da 
parte 
di 
privati, 
l'art. 
9 
comma 
7 
prevede 
il 


pagamento, 
oltre 
che 
dell'imposta 
sulla 
pubblicita� 
, 
anche 
della 
tassa 
per 
l'occu-

pazione): 
ilcomplesso 
delcorrispettivo 
delservizio 
edella 
impostasullapubbli-

cita� 
vieneacostituireildirittosullepubblicheaffissioni,unammontareforfettiz-

zato 
e� 
graduato 
anche 
qui 
a 
seconda 
dellefinalita� 
del 
messaggio. 


5. 
^Venendooraaiquesitipostidalgiudicenazionale,nonv'e� 
alcundubbio 
che 
la 
nozione 
di 
impresa 
pubblica 
nel 
diritto 
comunitario 
comprende, 
in 
senso 


ampio,qualsiasisoggettocheesercitiun'attivita� 
economica,aprescinderedallo 


status�giuridico 
di 
tale 
entita� 
(sentenza 
della 
Corte 
nella 
causa 
C-41/1990, 


Hoeffuer): 
e� 
dunque 
certamentepossibile 
che 
un 
Comunepossa 
essere 
conside-

rato, 
atalunieffettienell'eserciziodiunacertaattivita�
un'impresapubblica. 



IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�99 


Certamente,pero�
talepossibileequiparazionenelcasodispecienone�per-

tinente. 
Invero 
noi 
non 
sappiamo, 
perche� 
il 
giudice 
nazionale 
non 
ce 
lo 
spiega 


sufficientemente 
(donde 
il 
dubbio 
di 
ricevibilita� 
della 
sua 
domandapregiudiziale 


formulato 
nel 
paragrafo 
2 
del 
presente 
scritto), 
se 
nel 
caso 
di 
specie 
la 
parte 


attrice 
nella 
causaprincipale 
abbiafornito 
direttamente 
o 
attraverso 
altropri-

vato 
ilserviziopubblicitario,perilquale 
ilComuneavrebberichiesto 
ilpaga-

mentodell'impostasullapubblicita�
ovveroessaabbiachiestoalComuneilser-

vizio 
di 
pubblica 
affissione, 
per 
il 
quale 
il 
Comune 
avrebbe 
richiesto 
il 
paga-

mento 
del 
diritto 
sulla 
pubblica 
affissione, 
comprensivo 
dell'imposta 
sulla 


pubblicita� 
. 
Il 
giudice 
nazionale 
parla 
di 
�imposta�sulla�pubblicita�ed�altri�

oneri�, 
ma 
non 
chiarisce 
quali 
siano 
stati 
tali 
oneri 
aggiuntivi. 


Comunque, 
se 
ilgiudicenazionaleavesse 
inteso 
chiederese 
l'impostasulla 


pubblicita� 
possa 
essere 
considerata 
di 
per 
se� 
un 
diritto 
speciale 
o 
esclusivo 
vie-

tato 
ex�art. 
86CE, 
larispostanonpotrebbecheesserenegativa.L'impostasulla 


pubblicita� 
non 
costituisce 
certo 
un 
diritto 
speciale 
o 
esclusivo 
a 
favore 
del 


Comune 
per 
favorire 
la 
sua 
attivita� 
di 
impresa 
pubblica 
in 
concorrenza 
con 


imprese 
private. 
L'imposta 
colpisce 
in 
uguale 
misura 
(con 
le 
graduazioni 
del 


caso) 
qualsiasimessaggiopubblicitarioeffettuatoattraversoformedicomunica-

zionevisiveoacustiche,perilsolofattocheilmessaggiostessosia 
effettuato; 


e 
nello 
stesso 
modo 
l'imposta 
opera 
allorche� 
essa 
e� 
incorporata 
nel 
diritto 
sulle 


pubbliche 
affissioni. 
La 
sua 
influenza 
e� 
dunque 
del 
tutto 
neutra 
nei 
rapporti 
con-

correnziali 
e 
il 
suo 
gettito, 
afavore 
del 
bilancio 
comunale, 
e� 
giustificato 
dall'in-

vasione 
che 
ilmessaggiofanell'area 
dipercezionepubblica. 


Se 
viceversa 
il 
giudice 
nazionale 
avesse 
inteso 
riferirsi 
al 
diritto 
sulle 
pub-

blicheaffissioni, 
nonpotrebbeneanche 
in 
talcasoparlarsidiun 
dirittospeciale 


oesclusivo. 
Unavoltadepuratoildirittodell'importodellaimpostasullapubbli-
cita� 
in 
esso 
incorporata 
(comunque 
dovuta) 
per 
quanto 
detto 
sopra, 
resterebbe 


il 
mero 
corrispettivo 
del 
servizio 
effettivamente 
reso, 
in 
particolare 
per 
l'uso 
del-

l'impianto 
diproprieta� 
comunale 
utilizzato: 
e 
non 
v'e� 
alcun 
elemento 
che 
indichi 


o 
lascipresumere 
che 
questo 
�corrispettivo� 
non 
corrisponda 
all'effettivita� 
del 
servizio. 
Ne� 
v'e� 
alcun 
elemento 
che 
possa 
definirsi 
sintomatico 
dell'esistenza 
in 


concreto 
di 
un'alterazione 
della 
concorrenza, 
non 
sussistendo 
alcuna 
condizione 


difavoreperilcomune, 
cui, 
insostanza, 
vieneattribuitasololagestionedibeni 


di 
sua 
proprieta� 
. 


Se 
infine 
il 
giudice 
nazionale 
avesse 
inteso 
dubitare 
della 
legittimita� 
del-

l'imposta 
sulla 
pubblicita� 
solo 
nel 
senso 
che 
il 
suo 
gettito 
consentirebbe 
al 


Comune 
di 
assumere 
una 
posizione 
dominante 
nella 
gestione 
dei 
servizi 
di 
pub-

blica 
affissione, 
la 
risposta 
dovrebbe 
essere 
ugualmente 
negativa. 
Non 
solo, 
per 


evidenti 
ragioni, 
il 
servizio 
di 
pubblica 
affissione 
e� 
di 
importanza 
relativamente 


marginale 
rispetto 
a 
quello 
che 
puo� 
essere 
il 
vastissimo 
campo 
pubblicitario, 


ma 
mancherebbe, 
pur 
anche 
per 
tale 
ipotesi, 
l'indicazione 
di 
un 
qualsiasi 
ele-

mento 
che 
lasci 
anche 
solo 
presumere 
una 
distorsione 
della 
concorrenza. 


6. 
^Per 
queste 
ragioni 
il 
Governo 
italiano 
propone 
di 
rispondere 
ai 
quesiti 
posti, 
ove 
la 
Corte 
ritenesse 
ricevibile 
la 
domanda 
pregiudiziale, 
nel 
senso 
che 


un 
sistema 
quale 
quello 
previsto 
dal 
decreto 
legislativo 
italiano 
n. 
570/ 
1993 
e 


succ. 
mod. 
che 
prevede 
il 
conferimento 
al 
Comune 
del 
gettito 
dell'imposta 
sulla 


pubblicita� 
e/o 
dei 
diritti 
sulle 
pubbliche 
affissioni 
non 
contrasta 
con 
alcuna 


norma 
del 
Trattato 
(avv. 
Oscar 
Fiumara)�. 



RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Causa�C-136/03�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Provvedimenti�di�
espulsione�o�divieto�di�soggiorno�^Motivi�di�ordine�pubblico�^Parere�
autorita�competente�^Cittadini�UE�e�cittadini�turchi�^Artt.�8�e�9�dirett
iva�64/221/CEE�^Artt.�8�e�9�decisione�1/1980�Associazione�CEE-
Turchia�^Ordinanza�del��Verwaltungsgerichtshof��(Austria),�emessa�il�
18�marzo�2003,�notificata�il�13�maggio�2003�(cs�10263/03,�avv.�dello�
Stato�A.�Cingolo).�

IL 
fattO 


La�vicenda�in�questione�riguarda�due�reclami�amministrativi�proposti�

dinanzi�al�Tribunale�amministrativo�di�appello�^riuniti�ai�fini�della�discus-

sione�in�camera�di�Consiglio�e�della�decisione�^avverso�due�provvedimenti�

che�impongono�rispettivamente:�

a) 
un�divieto�di�soggiorno�della�durata�di�10�anni�a�carico�di�un�citta-

dino�tedesco,�coniugato,�che�lavora�e�vive�in�Austria�con�la�sua�famiglia,�e�

che�e�stato�condannato�per�truffa�aggravata�a�18�mesi�di�pena�detentiva,�di�

cui�12�con�beneficio�di�sospensione�condizionale;�

b) 
l'espulsione�di�un�cittadino�turco,�che�da�molti�anni�vive�e�lavora�in�

Austria,�e�che�ha�subito�due�condanne�penali�(pene�pecuniarie).�

La�normativa�nazionale�austriaca�sugli�stranieri�prevede,�fra�i�motivi�per�

i�quali�uno�straniero��possa��essere�espulso�o�colpito�da�un�provvedimento�

di�divieto�di�soggiorno,�il�pericolo�per�l'ordine�e�la�sicurezza�pubblica;�com-

petente�a�decidere�sul�divieto�di�soggiorno�e�l'autorita�amministrativa�a�

livello�di�polizia�federale�con�provvedimento�adottato�in�via�gerarchica�in�

due�gradi;�il�reclamo�non�produce�effetto�sospensivo�che�puo�,�invece,�essere�

deciso�dal�tribunale�d'appello�nell'ambito�del�controllo�di�merito�esercitato�

nel�verificare�l'apprezzamento�operato�dall'autorita�interessata�rispetto�alla�

sua�conclusione�o,�se�del�caso,�dalla�Corte�Costituzionale�la�quale,�pero�,�

limita�la�sua�verifica�alla�violazione�di�diritti�costituzionalmente�garantiti.�

Nel�caso�di�specie�il�giudice�a 
quo,�anche�alla�luce�della�giurisprudenza�

comunitaria,�deduce�che�chiunque�sia�colpito�da�un�provvedimento�della�por-

tata�di�quelli�qui�in�esame�debba�poter�esperire�gli�stessi�ricorsi�consentiti�ai�

cittadini�nazionali�contro�gli�atti�amministrativi�o,�almeno,�possa�far�valere�

le�sue�ragioni�dinanzi�ad�una�autorita�competente�diversa�da�quella�che�ha�

adottato�il�provvedimento�restrittivo�e�che,�quindi,�nel�caso�in�cui�sia�consen-

tito�il�ricorso�giurisdizionale�il�provvedimento�di�espulsione�non�possa�dive-

nire�e�esecutivo�prima�che�l'interessato�sia�posto�in�grado�di�proporre�il�

ricorso�stesso.�

IquesitI 


Si�chiede,�in�particolare,�alla�Corte�di�chiarire:�

1.�^Se�gli�artt.�8�e�9�della�predetta�direttiva�debbano�essere�interpretati�
nel�senso�che,�tranne�casi�di�urgenza,�le�autorita�amministrative�^a�prescin-

dere�dall'esistenza�di�un�ricorso�gerarchico�interno�^non�debbano�adottare�

la�decisione�relativa�all'allontanamento�dal�territorio�nazionale�senzaaver�

sentito�il�parere�di�un'autorita�competente�ai�sensi�dell'art.�9,�n.�1,�della�diret-

tiva,�qualora�avverso�la�loro�decisione�sia�solo�consentito�adire�con�un�

reclamo�i�Tribunali�di�diritto�pubblico�entro�i�seguenti�limiti:�a�tale�reclamo�

non�si�ricollega�un�automatico�effetto�sospensivo�e�i�Tribunali�non�possono�


IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�101 


emettere�una�decisione�di�opportunita�,�ma�solo�rimuovere�la�decisione�impu-

gnata.�Ed�ancora�il�giudice�d'appello,�nell'ambito�dell'accertamento�di�

merito,�e�vincolato�ad�una�verifica�della�consequenzialita�ed�il�giudice�costi-

tuzionale�(eventualmente�adito)�limita�la�sua�verifica�alla�violazione�dei�

diritti�costituzionalmente�garantiti.�

2.�^Se�le�garanzie�di�tutela�giurisdizionale�dei�diritti�di�cui�agli�artt.�8�e�
9�della�direttiva�sopra�indicata�si�applicano�ai�cittadini�turchi,�che�fruiscono�

della�posizione�derivante�loro�ai�sensi�dell'art.�6�o�7�della�decisione�del�Consi-

glio,�19�settembre�1980,�n.�1/1980�relativa�all'accordo�di�associazione�CEE--

Turchia.�

Causa 
C 
^153/03 
(domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale) 
^Prestazioni 
familiari 
^Stato 
di 
impiego 
^Stato 
di 
residenza 
dei 
familiari 
^Art.�76�regola-
mento�1408/1971�^Ordinanzadella�CourdeCassation�(Lussemburgo)�
emessa�il�6�marzo�2003,�notificata�il�20�maggio�2003�(cs.10691/03,�avv.�
dello�Stato�A.�Cingolo).�

IL 
fattO 


Nel�caso�di�specie�la�ricorrente�(Caisse 
nationale 
desprestationsfamiliales) 


impugna�la�sentenza�dei�Conseil 
Superieur 
des 
assurances 
sociales 
con�cui�

viene�riconosciuto�alla�convenuta�il�diritto�al�versamento�integrale�dell'inden-

nita�di�educazione�prevista�dalla�legge�lussemburghese,�modificata�dal�

10�agosto�1988,�che�istituisce�detta�prestazione.�
Pur�riconoscendo�il�diritto�della�convenuta�alla�concessione�della�pre-

detta�indennita�,�a�norma�dell'art.�73�del�regolamento�1408/1971,�la�ricorrente�

sostiene�che�nel�caso�di�specie�trovi�applicazione�l'art.�76�dello�stesso�regola-

mento�in�quanto�l'indennita�di�educazione�non�ha�il�suo�fondamento�nella�

legge�nazionale�tedesca�(dove�si�ritiene�risiedano�i�familiari�della�convenuta�

che,�peraltro,�non�vi�ha�mai�lavorato�ne'�versato�contributi)�ma�in�principi�

di�diritto�comunitario�che�si�impongono�alle�autorita�nazionali�anche�se�le�

condizioni�poste�dalla�legge�nazionale�non�vengono�soddisfatte.�

IquesitI 


Si�chiede�alla�Corte�di�chiarire:�

1.�^se�l'art.�76�del�predetto�regolamento�vada�interpretato�nel�senso�
che�prende�unicamente�in�considerazione�l'ipotesi�in�cui�il�lavoratore�

migrante�ha�diritto�a�prestazioni�familiari�a�norma�della�legislazione�dello�

Stato�di�impiego�ed�a�norma�della�legislazione�dello�Stato�di�residenza�dei�

suoi�familiari;�

2.�^in�caso�di�soluzione�affermativa,�se�gli�enti�dello�Stato�di�impiego�
possano�procedere�alla�sospensione�del�diritto�alle�prestazioni�familiari�qua-

lora�ritengano�che�il�rifiuto�d|�accordare�prestazioni�familiari�nello�Stato�di�

residenza�non�sia�conforme�al�diritto�comunitario;�

3.�^nell'ipotesi�di�soluzione�negativa,�invece,�se�il�citato�art.�76�per-
metta�allo�Stato�di�impiego�di�applicare�la�regola�del�non�cumulo�delle�pre-

stazioni�nel�caso�in�cui�il�coniuge�del�lavoratore�migrante�percepisce�o�ha�

diritto,�a�norma�della�legge�dello�Stato�di�residenza�dei�familiari,�a�presta-

zioni�familiari�della�stessa�natura.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Causa 
C-162-03 
(domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale) 
^Quote 
latte 
^Ordi-

nanza�21�febbraio�2003�del�Tribunale�di�Milano,�sez.�distaccata�di�Cas-

sano�d'Adda�(cs.�12284/03,�avv.�dello�Stato�O.Fiumara).�

La�causa�ripropone�il�quesito�gia�posto�nelle�cause�da�C-177/02�a�
C-180/02,�per�le�quali�cfr.�questa 
Rassegna,�luglio-dicembre�2002,�121.�

La�Corte�ha�sospeso�la�procedura�in�attesa�della�sua�pronuncia�nelle�
suddette�cause.�

Causa 
C 
^169/03 
(domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale) 
^Imposta 
speciale 
sui 
redditi 
di 
persone 
residenti 
all'estero 
^Libera 
circolazione 
dei 
lavoratori 


^Art.�39�CE�^Ordinanza�del��Regeringsratten��(Svezia)�emessa�in�data�

10�aprile�2003,�notificata�il�30�maggio�2003�(cs�12554/03,�avv.�dello�

Stato�A.Cingolo).�

IL 
fattO 


Un�cittadino�tedesco,�residente�in�Germania�^dove�completa�i�suo�studi�
grazie�ad�un�aiuto�finanziario�mensile�dei�suoi�genitori,�nonche�una�borsa�
di�studio�dello�stato�tedesco�per�vitto�ed�alloggio�^svolge�un'attivita�retri-
buita�in�Svezia�nel�luglio�1996.�Per�tale�attivita�egli�chiede�all'Autorita�fiscale�
svedese�un'esenzione�fiscale�o,�in�subordine,�uno�sconto�fiscale�asserendo�
che�quanto�percepito�in�Germania�non�costituisce�reddito�imponibile�
secondo�la�normativa�tedesca.�Tale�richiesta�viene�dapprima�respinta�dal-
l'Autorita�fiscale�secondo�la�quale�il�reddito�maturato�in�Svezia�deve�essere�
sottoposto�all'imposta�speciale�sui�redditi�di�persone�residenti�all'estero�(rite-
nuta�alla�fonte�riscossa�dallo�Stato)�e,�successivamente,�accolta�a�seguito�di�
un�ricorso�presentato�dall'interessato�al�Tribunale�amministrativo�regionale.�

Tale�sentenza�viene�impugnata�dall'Autorita�fiscale�dinanzi�alla�Corte�
d'appello�amministrativa�che�accoglie�il�ricorso�e,�annullando�la�sentenza�

del�Tribunale�amministrativo�regionale,�conferma�la�decisione�dell'Autorita�

fiscale.�L'interessato�presenta,�quindi,�appello�dinanzi�alla�Corte�amministra-

tiva�suprema�lamentando�un�trattamento�discriminatorio�non�consentito�dal�

Trattato�CE.�

IquesitI 


Si�chiede�alla�Corte�di�chiarire�se�l'art.�39�del�Trattato�CE�debba�essere�

interpretato�nel�senso�che�osta�a�una�normativa�di�uno�Stato�membro�

secondo�la�quale�le�persone�fisiche,�che�a�fini�fiscali�non�sono�considerate�

residenti�nel�paese,�ma�che�hanno�percepito�un�reddito�da�lavoro�nel�paese�

stesso�(assoggettamento�limitato�all'imposta)�siano�tassate�con�un�imposta�

alla�fonte�di�natura�tale�che�la�deduzione�di�base�o�le�altre�deduzioni�relative�

a�circostanze�personali�non�vengono�concesse,�mentre�le�persone�residenti�

nel�paese�hanno�diritto�a�tali�deduzioni�nell'ambito�dell'imposizione�ordina-

ria�riguardante�l'imposta�su�qualsiasi�reddito�percepito�nello�Stato�membro�

o�all'estero�(assoggettamento�illimitato�all'imposta),�ma�nella�quale�la�man-
canza�del�diritto�alla�deduzione�di�base�e�altre�deduzioni�della�prima�catego-

ria�di�persone�menzionata,�viene�presa�in�considerazione�attraverso�un'ali-

quota�ridotta�rispetto�a�quella�che�si�applica�ai�contribuenti�residenti�nel�

paese.�


IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�103 


Causa�C-173/03�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Settore�carni�bovine�^
Premio�per�macellazione�precoce�di�vitelli�^Proporzionalita�^Art.�3,�

n.�2�prima�frase�e�lett.�c)�regolamento�(CE,�EURATOM)�1182/1971�^
Art.�50-bis 
regolamento�(CEE)�3886/1992�^Ordinanza�del��College�
van�Beroep��(Paesi�Bassi)�emessa�il�2�aprile�2003,�notificata�il�10�giugno�
2003�(cs.�13087/03,�avv.�dello�Stato�O.�Fiumara).�
IL 
fattO 
E 
I 
quesitI 


Si�chiede�alla�Corte�di�Giustizia�delle�Comunita�europee�di�pronunciarsi�
in�via�pregiudiziale,�ai�sensi�dell'art.�234�del�Trattato�CE,�in�relazione�all'in-
terpretazione�dei�seguenti�regolamenti�comunitari�con�riferimento�al�regime�
di�premi�previsti�dal�regolamento�(CEE)�n.�805/68,�relativo�all'organizza-
zione�comune�dei�mercati�nel�settore�delle�carni�bovine:�regolamento�(CEE�
Euratom)�del�Consiglio�3�giugno�1971,�1182,�che�stabilisce�le�norme�applica-
bili�ai�periodi�di�tempo,�alle�date�ed�ai�termini�e�il�regolamento�(CEE)�della�
Commissione�23�dicembre�1992,�n.�3886,�che�stabilisce�le�modalita�di�appli-
cazione�dei�regimi�previsti�dal�regolamento�(CEE)�n.�805/68.�

Il�giudice�a 
quo 
chiede�alla�Corte�di�Giustizia�delle�Comunita�europee�di�
chiarire:�

1.a 
^se�l'art.�3,�n.�2,�prima�frase�e�lett.�e),�del�regolamento�(CEE,�
Euratom)�n.�1182/1971�debba�essere�interpretato�nel�senso�che�un�termine�
definito�in�settimane,�come�quello�previsto�dall'art.�50-bis 
del�regolamento�
(CEE)�n.�3886/1992,�scade�alla�fine�del�giorno�che�nell'ultima�settimana�reca�
lo�stesso�nome�del�giorno�seguente�al�giorno�in�cui�ha�avuto�luogo�la�macel-
lazione;�
1.b 
^se�uno�Stato�membro�nell'applicare�l'art.�50-bis 
del�regolamento�
(CEE)�n.�3886/1992�sia�libero�di�determinare�la�data�di�presentazione�della�
domanda�di�premio�facendo�ricorso�alle�norme�procedurali�nazionali�vigenti�
nel�suo�ordinamento�giuridico�interno�per�analoghi�termini�nazionali�in�
materia�di�presentazione�delle�domande;�
1.e 
^in�caso�di�soluzione�negativa,�se�l'art.�50-bis 
del�regolamento�
(CEE)�n.�3886/1992�debba�essere�interpretato�nel�senso�che�una�domanda�
di�premio�e��presentata��nei�termini�anche�nel�caso�in�cui�sia�dimostrabile�
che�essa�e�stata�inviata�per�posta�prima�della�scadenza�del�termine�di�tre�set-
timane�ed�e�pervenuta�oltre�il�detto�termine�all'autorita�competente�in�una�
data�tale�che�l'autorita�stessa�ha�potuto�comunicare�alla�Commissione�i�rela-
tivi�dati�lo�stesso�giorno�in�cui�li�avrebbe�comunicati�qualora�la�domanda�di�
premio�fosse�stata�ricevuta�dalla�autorita�competente�entro�il�termine;�
2.�^se�l'art.�50-bis,�n.�1,�del�regolamento�(CEE)�n.�3886/1992�sia�
valido�nei�limiti�in�cui�esclude�integralmente�dal�premio�le�domande�per�
qualsiasi�superamento�del�termine�nella�presentazione�delle�stesse,�indipen-
dentemente�dalla�natura�della�portata�del�ritardo.�
La�questione�trae�origine�da�una�vicenda�che�coinvolge�due�allevatori�di�
bovini�(appellanti)�che,�avendo�richiesto�al�convenuto�l'attribuzione�diun�
premio�per�la�macellazione�precoce�di�vitelli,�si�sono�visti�respingere�le�loro�
domande�per�non�averle�presentate�entro�il�previsto�termine�di�tre�settimane.�


RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 


Causa�C-174/03�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Appalti�pubblici�di�
servizi�nell'ambito�dei�c.d.��settori�esclusi��^Applicabilita�della�pertinente�
normativa�comunitaria�ad�una�societa�di�navigazione�che�opera�sia�in�
regime�di�monopolio�che�in�regime�di�libera�concorrenza�^Direttiva 
93/38/CEE 
^Ordinanza 
del 
Tribunale 
amministrativo 
regionale 
per 
la 
Sardegna 
del 
1o 
aprile 
2003 
(ct 
28199/03, 
avv. 
dello 
Stato 
O. 
Fiumara). 


IL 
fattO 
E 
I 
quesitI 


Il 
giudice 
di 
rinvio 
chiede 
alla 
Corte 
di 
pronunziarsi 
su 
due 
questioni 
relative 
all'applicabilita� 
della 
pertinente 
normativa 
comunitaria 
in 
materia 
di 
appalti 
pubblici 
di 
servizi, 
nell'ambito 
dei 
c.d. 
�settori 
esclusi�, 
ad 
una 
societa� 
di 
navigazione 
^la 
Tirrenia 
di 
Navigazione 
S.p.A. 
^che 
esercita 
le 
proprie 
rotte 
marittime 
(trasporto 
di 
passeggeri, 
veicoli 
e 
merci) 
sia 
^in 
alcuni 
casi 
^in 
regime 
di 
monopolio 
di 
fatto, 
che 
^in 
altri 
casi 
^in 
regime 
di 
libera 
concorrenza. 


Nel 
caso 
di 
specie, 
alla 
base 
del 
contenzioso 
che 
ha 
innescato 
la 
causa 
pregiudiziale 
pendente 
dinanzi 
alla 
Corte 
di 
Giustizia 
si 
colloca 
una 
richiesta 
presentata 
dall'Impresa 
portuale 
di 
Cagliari 
S.r.l., 
di 
annullamento 
della 
determinazione 
con 
la 
quale 
la 
societa� 
Tirrenia 
ha 
affidato 
alla 
C.T.O. 
(Com-
bined 
Terminals 
Operators 
S.r.l.), 
mediante 
trattativa 
privata, 
il 
servizio 
rela-
tivo 
alle 
operazioni 
portuali 
da 
svolgersi 
nell'ambito 
del 
porto 
di 
Cagliari 
connesse 
al 
carico, 
scarico, 
trasbordo, 
deposito 
e 
movimentazione 
delle 
merci 
e 
dei 
veicoli 
imbarcati 
su 
e 
da 
navi 
di 
proprieta� 
della 
detta 
Tirrenia. 
L'im-
presa 
portuale 
di 
Cagliari 
pretende 
che 
la 
Tirrenia 
sia 
tenuta 
al 
rispetto 
della 
normativa 
comunitaria 
in 
tema 
di 
appalti 
di 
servizio, 
ossia 
in 
prima 
battuta 
della 
direttiva 
93/38/CE 
(come 
modificata 
dalla 
direttiva 
98/4/CE) 
sui 
c.d. 
�settori 
esclusi�, 
ed 
in 
seconda 
battuta 
della 
direttiva 
92/50/CEE 
(come 
modificata 
dalla 
direttiva 
97/52/CE 
) 
sugli 
appalti 
di 
servizi. 
La 
Tirrenia, 
invece, 
replica 
di 
non 
esservi 
tenuta. 


Causa�C-194/03�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Quote�latte�^Latte�
e�prodotti�lattiero�caseari�^Organizzazione�comune�dei�mercati�^Quantit
ativo�di�riferimento�provvisorio�^Cessazione�di�produzione�^Ripresa�di�
produzione�con�mezzi�non�propri�^Quantitativo 
di 
riferimento 
ex 
regola-
mento 
(CEE) 
857/84 
^Ordinanza 
del 
�Finanzgericht� 
(Germania) 
emessa 
il 
29 
aprile 
2003, 
notificata 
il 
27 
giugno 
2003 
(cs 
14570/03, 
avv. 
dello 
Stato 
O. 
Fiumara). 


IquesitI 


Le 
questioni 
pregiudiziali 
poste 
sono 
le 
seguenti: 


1. 
^Se 
l'art. 
3-bis, 
n. 
1, 
secondo 
cpv., 
lett. 
b), 
del 
regolamento 
857/84/CEE, 
debba 
essere 
interpretato 
nel 
senso 
che 
consenta 
l'attribuzione 
di 
un 
quantitativo 
di 
riferimento 
specifico 
provvisorio 
ad 
un'azienda 
che 
abbia 
precedentemente 
cessato 
la 
commercializzazione 
e 
che, 
a 
seguito 
della 
riconversione 
della 
produzione 
su 
altri 
prodotti 
agricoli 
medio 
tempore 
effet-
tuata, 
possa 
produrre 
il 
quantitativo 
di 
riferimento 
richiesto 
al 
momento 

IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�105 


della�presentazione�della�domanda�solamente�con�l'ausilio�di�mezzi�di�produ-
zione�presi�in�affitto�a�tale�scopo�(terreni�di�pascolo,�mucche�e�altri�mezzi�
produzione).�

2.�^Se�l'art.�3-bis,�n.�4,�secondo�cpv.,�secondo�periodo�dello�stesso�
debba�essere�interpretato�nel�senso�che�il�quantitativo�di�riferimento�specifico�
definitivamente�attribuito�debba�ritornare�alla�riserva�nazionale�anche�nei�
casi�in�cui�l'azienda�precedentemente�impegnatasi�a�non�commercializzare�
abbia�ottenuto,�come�precisato�sopra�sub 
1,�ed�abbia�potuto�fornire�il�quanti-
tativo�di�riferimento�specifico�provvisorio�solamente�grazie�a�mezzi�di�produ-
zione�(terreni�di�pascolo,�mucche�e�altri�mezzi�di�produzione)�presi�in�affitto�
a�tale�scopo,�ponendo�termine�all'affitto�e�restituendo�i�detti�mezzi�di�produ-
zione�alla�rispettiva�dante�causa�anteriormente�al�1.�luglio�1994.�
3.�^Nel�caso�di�soluzione�negativa�alla�questione�sub 
2:�
Se�l'art.�3-bis,�n.�4,�secondo�cpv.,�dello�stesso�debba�essere�interpre-
tato�nel�senso�che�il�quantitativo�di�riferimento�specifico�definitivo�debba�
ritornare�alla�riserva�statale�anche�nei�casi�in�cui�l'azienda,�precedentemente�
impegnatasi�a�non�commercializzare,�abbia�definitivamente�rinunciato,�ante-
riormente�al�1.�luglio�1994,�alla�possibilita�di�utilizzazione�dei�mezzi�di�pro-
duzione�necessari�alla�realizzazione�del�quantitativo�di�riferimento�specifico.�

4.�^In�caso�di�soluzione�affermativa�alla�questione�sub 
3:�
Se�una�rinuncia�definitiva,�nel�senso�precisato�sopra�sub 
3,�possa�
essere�ravvisata�nel�fatto�che�l'azienda,�precedentemente�impegnatasi�a�non�
commercializzare,�abbia�provveduto�a�restituire�al�rispettivo�dante�causa,�
anteriormente�al�1.�luglio�1994,�i�mezzi�di�produzione�presi�in�affitto�e�neces-
sari�alla�realizzazione�del�quantitativo�di�riferimento�specifico,�interrom-
pendo�la�produzione�di�latte�e�riprendendola�solamente�quattro�mesi�dopo�p
eraltro�sempre�anteriormente�al�1.�luglio�1994�^con�altri�mezzi�di�produ-
zione�sia�propri�sia�presi�in�affitto.�

Causa 
C-207/03 
(domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale) 
^Farmaci 
^Certificato 
di 
Protezione 
Complementare 
^Data 
da 
prendere 
in 
considerazione 
per 
il 
calcolo 
della 
durata 
di 
un 
CPC 
^Immissione 
in 
ambito 
SEE 
^Prima 
immissione 
in 
Svizzera 
e 
Liechtenstein 
^Art.�13�regolamento�
92/1768/CEE^Ordinanzadella�HighCourtofJustice��(RegnoUnito)�
emessa�il�6�maggio�2003,�notificata�il�27�giugno�2003�(cs�14527/03,�avv.�
dello�Stato�O.�Fiumara).�

IL 
fattO 


Viene�in�esame�il�problema�della�durata,�e�quindi�della�data�di�scadenza,�
di�due�certificati�protettivi�complementari�(CPC)�di�cui�sono�titolari�gli�
appellanti;�i�medicinali�di�cui�trattasi�hanno�ottenuto�l'autorizzazione�all'im-
missione�in�commercio�in�Svizzera�e,�in�un�secondo�momento,�quella�per�
l'immissione�in�commercio�nello�SEE.�Secondo�le�disposizioni�dell'unione�
doganale�vigente�tra�la�Svizzera�ed�il�Liechtenstein,�e�conformemente�al�
sistema�di�commerciabilita�parallela�dei�medicinali,�le�autorizzazioni�svizzere�
al�commercio�sono�state�automaticamente�riconosciute�nel�Liechtenstein�ai�


RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 


sensi 
del 
diritto 
di 
tale 
Stato. 
Le 
autorizzazioni 
svizzere, 
quindi, 
costituivano 
le 
sole 
autorizzazioni 
al 
commercio 
per 
il 
territorio 
del 
Liechtenstein 
per 
i 
medicinali 
di 
cui 
trattasi. 


Secondo 
l'Ufficio 
brevetti 
inglese 
la 
durata 
del 
CPC 
deve 
essere 
calco-
lata 
sulla 
base 
delle 
date 
dell'autorizzazione 
svizzera, 
mentre 
per 
gli 
appel-
lanti 
essa 
deve 
essere 
calcolata 
con 
riferimento 
alla 
data 
di 
concessione 
della 
prima 
autorizzazione 
all'immissione 
in 
commercio 
nello 
SEE. 


IquesitI 


1. 
^Se 
la 
data 
del 
rilascio 
di 
un'autorizzazione 
all'immissione 
in 
com-
mercio 
in 
Svizzera, 
automaticamente 
riconosciuta 
nel 
Liechtenstein, 
debba 
essere 
considerata 
la 
prima 
autorizzazione 
di 
immissione 
in 
commercio 
ai 
fini 
del 
calcolo 
della 
durata 
di 
un 
certificato 
protettivo 
complementare 
dispo-
sto 
dall'art. 
13 
del 
regolamento 
n. 
1768/1992 
(come 
modificato 
dall'accordo 
SEE). 
2. 
^Se 
un'autorita� 
competente 
all'interno 
dello 
SEE 
sia 
obbligata 
a 
retti-
ficare 
i 
termini 
di 
tutti 
i 
certificati 
prote� 
ttivi 
complementari 
esistenti 
la 
cui 
durata 
sia 
stata 
erroneamente 
calcolata. 
Causa 
C-210/03 
(domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale) 
^Tabacco 
per 
uso 
orale 
^Fornitura 
^Commercializzazione 
^Art. 
8direttiva01/37/CE^Validita� 
^Fondamento 
giuridico 
^Artt. 
28-30, 
95, 
133 
e 
253 
CE 
^Ordinanza 
della 
�High 
Court 
of 
Justice� 
(Regno 
Unito) 
emessa 
in 
data 
17 
aprile 
2003, 
notificata 
il 
1o 
luglio 
2003 
(cs. 
14524/03, 
avv. 
dello 
Stato 
A. 
Cin-
golo). 


IL 
fattO 


La 
prima 
ricorrente 
e� 
un'impresa 
svedese 
che 
produce 
e 
distribuisce 
un 
prodotto 
costituito 
da 
tabacchi 
per 
uso 
orale 
denominato 
�Snus�. 
La 
seconda 
ricorrente 
vende 
all'ingrosso 
e 
al 
dettaglio 
prodotti 
del 
tabacco 
nel 
Regno 
Unito. 
La 
domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale 
verte 
sul 
divieto 
di 
commercializzazione 
dello 
Snus 
nell'Unione 
europea 
e 
nel 
Regno 
Unito. 
Il 
divieto 
e� 
contenuto 
in 
una 
serie 
di 
atti 
normativi 
comunitari 
e 
del 
Regno 
Unito. 


IquesitI 


Si 
chiede 
alla 
Corte 
di 
chiarire 
se: 


1. 
�gli 
artt. 
28-30 
CE 
^applicati 
in 
conformita� 
ai 
principi 
generali 
di 
proporzionalita� 
, 
non 
discriminazione 
e 
tutela 
dei 
diritti 
fondamentali 
(con 
particolare 
riferimento 
al 
diritto 
di 
proprieta� 
) 
^debbano 
essere 
interpretati 
nel 
senso 
che 
ostano 
ad 
una 
normativa 
nazionale 
che 
vieta 
a 
chiunque 
di 
for-
nire, 
offrire 
o 
consentire 
che 
sia 
fornito, 
esporre 
per 
la 
fornitura 
o 
possedere 
al 
fine 
di 
fornire, 
qualunque 
prodotto 
costituito 
interamente 
o 
parzialmente 
da 
tabacco 
^presentato 
sotto 
forma 
di 
polvere 
o 
di 
particelle 
fini, 
ovvero 
qualsiasi 
combinazione 
di 
queste 
due 
presentazioni, 
oppure 
sotto 
una 
forma 
che 
richiama 
un 
prodotto 
commestibile 
^che 
sia 
destinato 
ad 
un 
uso 
orale, 
eccettuati 
i 
prodotti 
da 
fumare 
o 
masticare; 

IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�107 


2.��l'art.�8�della�direttiva�2001/37/CE�sia�invalido,�in�tutto�o�in�
parte�per:�violazione�del�principio�di�non�discriminazione;�violazione�del-
l'art.�28�e/o�29�CE;�violazione�del�principio�di�proporzionalita�;�inadegua-
tezza�dell'art.�95�CE�e/o�dell'art.�133�CE�come�fondamento�normativo;�
violazione�dell'art.�95,�n.�3;�sviamento�di�potere;�violazione�dell'art.�253�
CE�e/o�dell'obbligo�di�motivazione;�violazione�del�diritto�fondamentale�di�
proprieta�;�
3.��i�principi�di�cui�sopra�debbano�essere�interpretati�nel�senso�che�
ostano�ad�un�provvedimento�nazionale�di�attuazione�dell'art.�8-bis�della�
direttiva�89/622/CE�che�sia�stato�adottato�in�forza�di,�poteri�attribuiti�dal�
diritto�nazionale�che�non�dipendono�dall'esistenza�di�un�obbligo�di�attuare�
la�direttiva,�in�considerazione�anche�che�la�direttiva�89/622/CE�(come�modi-
ficata�dall'Atto�di�adesione�dell'Austria,�della�Finlandia�e�della�Svezia)�e�stata�
abrogata�e�sostituita�dalla�direttiva�2001/37/CE�^il�cui�art.�8�ribadisce�il�
contenuto�dell'art.�8-bis�della�direttiva�89/622/CEE�^e�che�l'art.�8�della�
direttiva�2001/37/CE�e�invalido�alla�luce�dei�principi�menzionati�nella�que-
stione�sub�2),�lett.�A),�c)�o�h).�
Causa�C-215/03�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Identificazione�di�
cittadino�comunitario�^Documento�di�identita�^Obbligo�di�esibizione�^
Diritto�di�soggiorno�^Nozione�di�destinatario�di�servizi�^Principio�di�
proporzionalita�^Direttiva�73/148/CEE�^Sentenza�del��Rechtbank�te�
Gravenhage��(Paesi�Bassi),�emessa�in�data�12�maggio�2003,�notificata�il�
1.�luglio�2003�(cs.�14525/03,�avv.�dello�Stato�A.�Cingolo).�

IL 
fattO 


Con�due�ricorsi�un�cittadino�francese�ha�chiesto�il�risarcimento�dei�danni�
subiti�per�essere�stato�sottoposto,�in�due�diverse�occasioni,�in�Olanda,�
a�custodia�cautelarefinalizzata�all'espulsione�ex�art.�59�VW�2000�dopo�essere�
stato�arrestato�a�titolo�di�vigilanza�interna�sugli�stranieri�ex�art.�50,�n.�1,�
della�stessa;�cio�era�avvenuto�subito�dopo�il�rilascio�seguito�al�suo�arresto�
perche�sospettato�di�tentato�furto�la�prima�volta,�perche�trovato�in�una�zona�
non�accessibile�della�stazione�la�seconda;�di�tali�episodi�di�custodia�cautelare�
egli�ha�lamentato�l'illegittimita�in�quanto�turistafrancese.�

Il�resistente,�invece,�ritiene�il�primo�caso�di�privazione�della�liberta�
secondo�la�normativa�generale�sugli�stranieri�legittimo�per�quanto�riguarda�
il�periodo�in�cui�l'interessato�non�ha�dato�prova,�attraverso�l'esibizione�di�una�
valida�carta�d'identita�,�della�sua�appartenenza�ad�uno�Stato�membro.�Per�
quanto�riguarda�poi�la�seconda�occasione,�in�cui�l'interessato�non�aveva�for-
nito�alcun�documento,�aggiunge�il�fatto�che�la�mera�copia�di�una�carta�
d'identita�(presente�nel�fascicolo�relativo�alla�precedente�detenzione)�non�vale�
ne�ai�sensi�del�regolamento�olandese�sugli�stranieri�(allegato�2�del�Vreemde-
lingen�Voorschrift�2000)�ne�delle�direttive�68/360/CEE�e�73/148,�nonche�il�
fatto�che�l'interessato�non�aveva�invocato�il�suo�diritto�alla�libera�circolazione�
e�che�in�ogni�caso�sia�discutibile�la�sussumibilita�della�fattispecie�concreta�
all'immagine�legale�del�turista�secondo�il�diritto�comunitario.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

IquesitI 


Inmerito 
alprimoprocedimento 
sichiede: 


1.��Se,�venuti�meno�i�controlli�doganali�alle�frontiere�interne,�l'art.�4�
n.�2�c.�3�della�Direttiva�73/148/CEE�relativa�alla�soppressione�delle�restri-
zioni�al�trasferimento�e�al�soggiorno�dei�cittadini�degli�Stati�membri�al-
l'interno�della�Comunita�in�materia�di�stabilimento�e�di�prestazione�di�servizi�
debba�essere�interpretato�nel�senso�che�il�sancito�diritto�di�soggiorno�debba�
essere�riconosciuto�dalle�autorita�dello�Stato�membro�solo�e�soltanto�nel�
momento�in�cui�la�persona�che�lo�invoca�riesca�a�dimostrare�di�possedere�la�
cittadinanza�di�uno�Stato�membro�in�forza�di�una�valida�carta�d'identita�o�
di�un�valido�passaporto;�
2.��in�tal�caso�se�allo�stato�attuale�il�diritto�comunitario,�in�partico-
lare�con�riferimento�al�divieto�di�discriminazione�e�al�principio�della�libera�
circolazione�dei�servizi,�esiga�che�tali�autorita�debbano�porre�la�persona�in�
condizioni�di�poter�esibire�tale�documento;�
3.��se�ai�fini�di�quest'ultima�statuizione�sia�rilevante�la�circostanza�
che�il�diritto�nazionale�dello�Stato�in�questione�non�imponga�in�generale�ai�
propri�cittadini�alcun�obbligo�di�fornire�le�generalita�;�
4.��qualora�la�questione�n.�2�vada�risolta�in�senso�positivo,�se�il�
diritto�comunitario�imponga�requisiti�di�durata�al�periodo�per�cui�lo�Stato�
deve�porre�l'interessato�in�condizione�di�esibire�il�documento�prima�che�gli�
venga�inflitta�una�sanzione�di�diritto�amministrativo�nelle�forme�di�un�prov-
vedimento�per�presunto�soggiorno�irregolare;�
5.��se�una�sanzione�di�tal�genere�e�consistente�in�una�misura�di�
custodia�cautelare�finalizzata�all'espulsione�ex 
art.�59�del�Vreemdelingen 
Wet 
del�2000�(legge�olandese�sugli�stranieri�^in�seguito�VW�2000)�prima�che�sia�
scaduto�un�tale�termine�costituisca�un'eccessiva�restrizione�della�libera�circo-
lazione�dei�servizi;�
6.��se,�nel�caso�in�cui�la�prima�questione�vada�risolta�in�senso�nega-
tivo,�alla�luce�del�diritto�comunitario�si�possa�parlare�di�ostacolo�alla�libera�
circolazione�dei�servizi�qualora�a�carico�di�una�persona�che�si�proclami�citta-
dina�di�un�altro�Stato�membro�e�turista,�fintantoche�non�dimostri�il�suo�
diritto�la�soggiorno�mediante�esibizione�di�uno�dei�predetti�documenti,�venga�
applicato�un�provvedimento�di�custodia�cautelare�finalizzata�all'espulsione�
ex 
art.�59�WV�per�ragioni�di�ordine�pubblico,�anche�in�assenza�di�una�minac-
cia�seria�ed�attuale�per�lo�stesso;�
7.��se�in�tal�caso,�per�valutare�se�tale�misura�sia�giustificata,�sia�rile-
vante�la�durata�del�periodo�durante�il�quale�uno�Stato�membro�ponga�l'inte-
ressato�in�condizione�di�esibire�il�documento�richiesto;�
8.��se�allo�stesso�fine�rilevi�la�circostanza�che�tale�Stato�non�ricono-
sca�alcun�diritto�al�risarcimento�per�il�periodo�di�custodia�cautelare�durante�
il�quale�la�cittadinanza�non�sia�stata�provata,�come�e�prassi�per�le�custodie�
cautelari�illegittime�riguardanti�gli�stranieri;�
9.��se,�nel�caso�in�cui�lo�Stato�non�preveda�in�generale�alcun�obbligo�
di�fornire�le�proprie�generalita�,�il�diritto�comunitario�si�opponga,�soprattutto�
dal�punto�di�vista�del�divieto�di�discriminazione,�a�che�tale�Stato,�nell'ambito�
della�vigilanza�interna�sugli�stranieri,�possa�giungere,�nei�confronti�di�una�

IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�109 


persona�che�si�dichiara�turista,�all'emanazione�di�un�provvedimento�qualela�
custodia�cautelare�per�gli�stranieri�finalizzata�all'espulsione�ex 
art.�59�WV�
fintantoche�l'interessato�non�provi�l'asserito�diritto�al�soggiorno�mediante�
l'esibizione�dei�documenti�di�cui�sopra.�

Aifinidelsecondoprocedimentosichiede 
invece: 


1.��se�il�diritto�comunitario�si�opponga�a�che,�finche�il�cittadino�di�
uno�Stato�membro�non�invochi�egli�stesso�il�diritto�al�soggiorno�in�quanto�
destinatario�di�servizi,�egli�non�venga�considerato�come�cittadino�comunita-
rio�tutelato�in�forza�del�diritto�di�soggiorno�emanante�dall'ordinamento�
comunitario;�
2.��se�la�nozione�di�destinatario�di�servizi�che�viene�in�questione�
debba�essere�intesa�nel�senso�che,�anche�quando�qualcuno�si�trattenga�in�un�
altro�Stato�membro�per�un�periodo�abbastanza�lungo,�eventualmente�per�
piu�di�sei�mesi,�ivi�sia�arrestato�per�un�reato,�non�indichi�una�fissa�residenza�
o�dimora�e�inoltre�non�disponga�ne�di�denaro�ne�di�bagagli,�il�soggiorno�
costituisca�motivo�sufficiente�per�presumere�che�si�fruisca�di�servizi�turistici�
o�di�altri�servizi�collegati�ad�un�breve�soggiorno�quali,�ad�esempio,�l'alloggio�
ed�il�consumo�di�pasti.�
Causa 
C-216/03 
(domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale) 
^Franchigie 
doganali 
^
Unione 
doganale 
^Regolamenti�918/83,�2744/98,�3316/94�e�2744/98�^
Direttiva�69/169/CEE�^Ordinanza�emessa�in�data�30�settembre�2002�
dal��Landesgeriobt�Zivilrechtssachen��d'Austria,�notificata�il�7�luglio�
2003�(cs.�15076/03,�avv.�dello�Stato�A.�Cingolo).�

IL 
fattO 


La�DLD�Trading�Company�Import-Export�con�sede�a�Brno�(Repubblica�
Ceca)�vende�nei�pressi�della�frontiera�austriaca,�nei�suoi�locali�commerciali,�
prodotti�destinati�al�consumo�quotidiano�di�fatto�esclusivamente�ai�viaggia-
tori,�i�quali�importano�tali�merci�in�Austria�nel�bagaglio�personale�e�per�
proprio�consumo.�Le�merci�importate�dai�viaggiatori�riguardano�tabacchi,�
profumi,�prodotti�alcolici�ed�altri�oggetti�di�uso�comune.�

A�seguito�di�restrizioni�messe�in�atto�dall'Austria,�la�societa�DLD�Tra-
ding�ha�subito�dei�danni�per�effetto�di�mancati�introiti.�La�societa�ceca�attri-
buisce�allo�stato�austriaco�la�responsabilita�di�mancati�introiti.�

Secondo�la�ricorrente,�le�disposizioni�austriache�sulle�franchigie�nell'am-
bito�del�traffico�viaggiatori�sono,�in�particolare,�in�contrasto�con�la�tariffa�
doganale�comune�e�col�regime�comunitario�delle�franchigie�doganali.�

IquesitI 


Si�chiede�alla�Corte�di�chiarire:�

1.��se�la�disciplina�risultante�dai�regolamenti�(CE)�n.�3316/94�e�
n.�2744/98�sia�conforme�alla�normativa�sulle�franchigie�doganali,�in�partico-
lare�al�regolamento�n.�918/83,�nonche�al�principio�dell'Unione�doganale;�
2.��in�caso�di�soluzione�affermativa�della�questione�sub 
1):�se�
l'entrata�in�vigore�con�effetto�retroattivo�del�regolamento�2744/98�abbia�leso�
i�principi�della�certezza�del�diritto�e�della�tutela�del�legittimo�affidamento;�

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 


3. 
�se 
la 
disciplina 
risultante 
dall'art. 
5, 
n. 
8 
della 
direttiva 
69/169/ 
CEE 
ovvero 
delle 
relative 
disposizioni 
di 
esecuzione 
nazionali 
di 
cui 
al 


par. 
30 
VSFBEFRVO 
e 
di 
cui 
alla 
VST-VOBGBI.II, 
n. 
326/1997 
sia 
in 


contrasto 
con 
l'obiettivo 
dell'armonizzazione 
dell'IVA 
e 
delle 
imposte 
di 


consumo 
negli 
Stati 
membri, 
della 
liberalizzazione 
ovvero 
agevolazione 
del 


traffico 
dei 
viaggiatori 
con 
gli 
Stati 
terzi 
e 
della 
realizzazione 
di 
uniformita� 


fra 
le 
franchigie 
fiscali 
e 
doganali 
nel 
traffico 
dei 
viaggiatori. 


Cause 
C-261/03 
e 
C-262/03 
(domande 
di 
pronuncia 
pregiudiziale) 
^Quote 
latte 
^Definizione 
di 
�consegna� 
^Artt. 
1, 
2 
e 
9 
lett. 
g) 
regolamento 
92/3950/CEE 
e 
artt. 
1, 
2 
e 
3 
regolamento 
93/536/CEE 
^Ordinanze 
del 
Tribunale 
Amministrativo 
Regionale 
per 
l'Emilia 
Romagna, 
sezione 
di 
Parma, 
del 
6 
maggio 
2003, 
notificata 
il 
6 
agosto 
2003 
(ct. 
29299/03, 
avv. 
dello 
Stato 
O. 
Fiumara). 


IL 
fattO 
E 
I 
quesitI 


Il 
Tribunale 
chiede 
alla 
Corte 
di 
Giustizia 
delle 
Comunita� 
Europee 
di 


pronunciarsi, 
in 
base 
all'art. 
234 
CE, 
sul 
concetto 
di 
�consegna� 
soggetta 
al 


prelievo 
supplementare 
nella 
materia 
delle 
cosiddette 
quote 
latte. 
Il 
giudice 
a 
quo 
chiede 
se 
il 
Regolamento 
CEE 
del 
Consiglio 
n. 
3950/ 


1992 
[in 
particolare 
gli 
artt. 
1, 
2, 
9 
lettera 
g)] 
del 
28 
dicembre 
1992 
che 
istitui-

sce 
un 
prelievo 
supplementare 
nel 
settore 
del 
latte 
e 
dei 
prodotti 
lattiero-

caseari 
ed 
il 
Regolamento 
CEE 
della 
Commissione 
n. 
536/1993 
(in 
partico-

lare 
gli 
artt. 
1, 
2, 
3) 
del 
9 
marzo 
1993 
che 
stabilisce 
le 
modalita� 
di 
applica-

zione 
di 
tale 
prelievo 
debbano 
essere 
interpretati 
nel 
senso 
che, 
ai 
fini 
della 


determinazione 
delle 
quote 
latte 
e 
dell'applicazione 
del 
prelievo 
supplemen-

tare, 
debba 
essere 
qualificato 
come 
�consegna� 
oppure 
come 
�vendita 


diretta� 
l'affidamento 
di 
quantitativi 
di 
latte 
da 
parte 
dell'impresa 
produt-

trice, 
senza 
cessione 
di 
proprieta�
terzi, 
in 
esecuzione 
di 
un 
contratto 
d'ap-

palto, 
per 
la 
lavorazione 
del 
latte 
prodotto 
e 
per 
la 
trasformazione 
in 
formag-

gio, 
burro 
e 
siero, 
a 
fronte 
del 
pagamento 
di 
un 
corrispettivo 
per 
detto 
servi-

zio, 
al 
fine 
della 
successiva 
commercializzazione 
da 
parte 
del 
proprietario. 
In 
ambo 
i 
casi 
di 
specie 
le 
ricorrenti 
(nella 
prima 
causa 
Allevamenti 


Associati 
S.r.l., 
nella 
seconda 
Latteria 
Sociale 
Modena 
S.c.a.r.l.) 
impugnano 


la 
decisione 
del 
Servizio 
Provinciale 
Agricoltura 
di 
Reggio 
Emilia 
che 
dispo-

neva 
di 
qualificare 
come 
consegne 
le 
dichiarazioni 
di 
vendita 
diretta 
del 
latte 


prodotto 
da 
Allevamenti 
Associati 
nelle 
annate 
1998/1999 
e 
1999/2000, 
lavo-

rato 
e 
trasformato 
dalla 
Latteria 
Sociale 
Modena 
in 
forza 
di 
due 
contratti 


in 
conto 
lavorazione, 
prevedendo 
di 
conseguenza 
che 
si 
provvedesse 
alla 
trat-

tenuta 
del 
prelievo 
supplementare 
da 
parte 
di 
quest'ultima; 
le 
ricorrentiinvo-

cano, 
invece, 
l'applicazione 
del 
regime 
delle 
vendite 
dirette 
(per 
cui 
il 
prelievo 


sarebbe 
l'esito 
delle 
compensazioni 
nazionali 
effettuate 
relativamente 
alle 


stesse), 
lamentando 
la 
violazione, 
attraverso 
la 
decisione 
impugnata, 
dei 


regolamenti 
di 
cui 
al 
quesito. 


LA 
posizionE 
assuntA 
daL 
GovernO 
italianO 


�Il 
Governo 
italiano 
ritiene 
che 
la 
risposta 
debba 
essere 
nel 
senso 
che 
le 


operazioni 
poste 
in 
essere 
vanno 
qualificate 
come 
�consegne� 
ai 
sensi 
e 
per 
gli 


effetti 
dei 
regolamenti 
citati. 



IL 
CONTENZIOSO 
COMUNITARIO 
ED 
INTERNAZIONALE 
^I 
giudizi 
in 
corso 
alla 
Corte 
di 
Giustizia 
CE 
111 


La�Corte�con�sentenza 
16 
novembre 
1995, 
nella 
causa 
C-196/1994, 


Schiltz^Thilmann, 
in�Racc. 
I,�3991,�ha�precisato�che�la�ratio 
del�prelievo�sup-

plementaresullattebovino�(laproblematicadellec.d.�quote-latte)�sifondasulla�

distinzionefra�iquantitativi�di�riferimentoper�le�vendite�dirette�di�latte�al�consu-

matoreequelliperconsegnedilattefatteadunacquirente.�Ilproduttore^ha�

ancora�precisato�la�Corte�con�sentenza 
15 
gennaio 
1991, 
nella 
causa 
C-341/ 


89, 
Ballmann, 
in�Racc., 
I,�25�^e�colui�che�vende�latte�o�altri�prodotti�lattiero-

caseari�direttamente�al�consumatore�e/o�che�effettua�consegne�all'acquirente.�

Sulla�base�di�queste�premesse�la�Corte,�prima,�sotto�il�vigore�del�regola-

mento�857/84/CEE,�con�sentenza�23�novembre�1995,�nella�causa�C^285/93,�

Domenikanerinnen-Kloster 
Altenhohenau, 
in�Racc., 
I,�4069,�ha�dichiarato�

che�vi�e�vendita 
diretta�al�consumo�ogniqualvolta�il�latte�sia�venduto�dalprodut-

tore�a�terzi�senza 
passare 
attraverso 
un'impresa 
dedita 
al 
trattamento 
o 
alla 


trasformazione 
del 
latte; 
e�poi,�sotto�il�vigore�del�regolamento�3950/92/CEE�

(sulpunto�avente�lo�stesso�contenuto�dispositivo),�con�sentenza 
29 
aprile 
1999, 


nella 
causa 
C-288/97, 
Consorzio 
fra 
i 
caseifici 
dell'altopiano 
di 
Asiago, 
ha�

dichiarato�che��la�nozione�di�acquirente�ai�sensi�degli�artt.�2,�n.�2,�e�9,�lett.�e),�

del�regolamento�(CEE)�del�Consiglio�28�dicembre�1992,�n.�3950,�che�istituisce�

un�prelievo�supplementare�nel�settore�del�latte�e�dei�prodotti�lattiero-caseari,�

deve�essere�interpretata�nel�senso�che�rientra�in�essa�ogni�impresa�intermediaria�

cheproceda�all'acquisto�dilattepresso�unproduttorenell'ambito�diunrapporto�

contrattuale,�quali�che�siano�le�modalita�di�remunerazione�di�quest'ultimo,�allo�

scopoditrattarlooditrasformarloessastessa,�oppuredicederloadun'impresa�

di�trattamento�o�di�trasformazione,�e�che,�nell'ipotesi�in�cui�una�tale�impresa�

raggruppi�cooperative�che�siano�anch'esse�acquirenti,�effettuiper�conto�di�queste�

ultime�le�operazioni�di�gestione�amministrativa�e�contabile�necessarie�al�versa-

mentodelprelievo,inparticolarequelledicuiall'art.�7delregolamento(CEE)�

della�Commissione�9�marzo�1993,�n.�536,�che�stabilisce�le�modalita�di�applica-

zione�del�prelievo�supplementare�nel�settore�del�latte�e�dei�prodotti�lattiero-

caseari�.�

Ein�effetti�come�nella�nozione�di�vendita 
diretta 
al 
consumo 
rientrano�non�

solo�le�operazioni�effettuate�a�titolo�oneroso�note�in�diritto�civile�come�vendite,�

ma�anche�le�cessioni�a�titolo�gratuito��senza 
passare 
attraverso 
un'impresa 


dedita 
al 
trattamento 
o 
alla 
trasformazione 
del 
latte 
o 
di 
altri 
prodotti 
lat


tiero 
caseari� 
^secondo�l'espressa�precisazione�dell'art.�9�lett.�h)�del�reg.�

3950/1992�^cos|�nell'ipotesi�alternativa�e�residuale�di��consegna 
ad 
un 
acqui


rente� 
(che�non�sia�cioe�vendita�diretta�al�consumo�nel�senso�sopradetto)�rientra�

qualsiasialtra�operazionedipassaggio�dellatte�dalproduttore�adaltrichenon�

sia�un�consumatore�finale,�a�qualsiasi�titolo,�sia�esso�di�vendita�propriamente�

dettaodimerautilizzazioneperlatrasformazione.�Inquestoquadrononsem-

bra�avere�alcun�rilievo�che�ilprodottofinale�trasformato�non�sia�commercializ-

zato�dal�trasformatore�ma�ritorni�alproduttore�del�latteper�essere�dalmedesimo�

immesso�al�consumo.�

Ecos|�l'art.�1�del�regolamento�di�esecuzione�536/1993�della�Commissione�

haespressamenteprecisato�(eorailnuovoregolamento1393/01/CE,�sulpunto�

esattamente�identico,�precisa�ancora),�in�piena�aderenza�alle�disposizioni�del�

regolamento�del�Consiglio,�che��per�quantitativi�di�latte�o�di�equivalentelatte�

commercializzati�in�un�dato�Stato�membro...�si�intende�qualunque�quantitativo�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

di�latte�o�di�equivalente�latte�che�esca�da�una�qualsiasi�azienda�situata�nel�terri-

torio�di�tale�Stato�membro��e�che��i�quantitativi�forniti�da�un�produttore�per�

essere�trattati�e�trasformati�in�base�a�un�contratto�di�lavorazione�sono�da�consi-

derarsi�come�consegne�.�E�i�servizi�della�Commissione,�rispondendo�ad�un�

apposito�quesito�posto�dalle�autorita�italiane,�con�nota�15�ottobre�1993�

n.�034002�ebbero�a�precisare�che��in�ordine�ai�quantitativi�di�latte�che�i�produt-
torifanno�trattare�o�trasformare�nel�quadro�di�un�contratto�di�lavorazione�per�

conto�terzi,�l'articolo�1,�punto�1,�secondo�comma�del�regolamento�(CEE)�

n.�536/1993�dispone�che�tali�quantitativi�sono�da�considerarsi�come�consegne�:�
tale�e�stato,�pertanto,�l'orientamento�fornito�dall'Amministrazione�italianaagli�

operatori�del�settore�e�tale�e�stato�anche�l'orientamento�giurisprudenziale�nazio-

nale�(cfr.�Cassazione�30�gennaio�2002�n.�1236,�che,�in�aderenza�alle�enuncia-

zioni�della�Corte�comunitaria,�ha�ritenuto��consegne��i�conferimenti�di�latte�

dalproduttoreadunacooperativadiproduttori,�attuatoattraversounrapporto�

diverso�dalla�compravendita�vera�e�propria)�(omissis)�^Roma,�30�settembre�

2003�^Avv.�O.�Fiumara�.�

Causa�C-268/03�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Regime�fiscale�delle�
plusvalenze�azionarie�(c.d.��capitai 
gains�)�^Imputabilita�fiscale�alla�cond
izione�che�siano�realizzate�in�occasione�della�cessione�di�titoli�azionari�a�
societa�o�enti�stabiliti�in�tale�Stato�^Sentenza�del��Rechbank�van�Verste�
Aanleg�te�Antwerpen��(Tribunale�di�primo�grado�di�Anversa�-Belgio)�
del�13�luglio�2003,�notificata�il�17�luglio�2003�(avv.�dello�Stato�G.�
Fiengo).�

IL 
fattO 


Secondo�l'Amministrazione�il�ricorrente,�nel�vendere�a�una�societa�fran


cese�azioni�di�societa�belghe�appartenenti�al�gruppo��Antverpia�,�avendo�la�

sua�famiglia�una�notevole�partecipazione�nelle�societa�del�gruppo,�avrebbe�

realizzato�plusvalenze�imponibili.�

IL 
quesitO 


Se�gli�artt.�43,�46,�48,�56�e�58�CE�ostino�ad�una�normativa�nazionale�

belga,�quale�prevista�negli�artt.�67,�n.�8�e�67-ter�del�WIB64,�ai�sensi�del�quale�

le�plusvalenze�che�siano�state�realizzate�in�occasione�della�cessione�a�titolo�

oneroso,�al�di�fuori�dell'esercizio�di�un'attivita�professionale,�di�azioni�o�di�

quote�rappresentative�di�societa�,�associazioni,�enti�o�istituzioni�belghe,�sono�

imponibili,�qualora�la�cessione�avvenga�a�favore�di�una�societa�,�associazione,�

ente�o�istituzione�stranieri,�mentre�nella�stessa�situazione�tali�plusvalenze�

non�sono�imponibili,�qualora�la�cessione�avvenga�a�favore�di�una�societa�,�

associazione,�ente�o�istituzione�belga.�

NotA 


�Trattasi�di�una�controversia�che�concerne�una�normativa�fiscale�avente�

unafinalita�protezionistica,�cioe�evitarecheleazionidisocieta�belghevengano�

vendute�ad�operatori�non�belgi.�Pone�il�problema�della�interpretazione�del-

l'art.�56CE,chevietatuttelerestrizioniaimovimentidicapitalitraStatimem-

bri,�nonche�tra�Stati�membri�e�Paesi�terzi.�Nel�caso�sipongono�le�medesimepro-

blematiche�della�causa�pregiudiziale�C-242/03�.�


Ilcontenzioso
nazionale
Ilcontenzioso
nazionale
Il 
rapporto 
tra 
Stato 
e 
Regioni 
nella 
disciplina 
delle 
fondazioni 
bancarie 


(Corte 
Costituzionale, 
sentenza 
29 
settembre 
2003, 
n. 
300) 


Con�la�sentenza�n.�300/2003�la�Corte�costituzionale�ha�fornito�un�signi-
ficativo�contributo�alla�definizione�della�cornice�costituzionale�entro�la�quale�
il�legislatore�statale�e�quello�regionale�possono�legiferare�in�materia�di�fonda-
zioni�di�origine�bancaria,�e�nei�diversi�settori�di�attivita�nei�quali�queste�isti-
tuzioni�operano,�secondo�le�previsioni�dei�loro�statuti.�

La�questione�di�costituzionalita�sottoposta�all'esame�del�giudice�delle�
leggi�aveva�ad�oggetto�l'art.�11�della�legge�n.�448/2001�(legge�finanziaria�
2002),�con�cui�e�stata�modificata,�sotto�vari�aspetti,�la�disciplina�delle�fonda-
zioni�di�origine�bancaria�dettata�dal�decreto�legislativo�n.�153/1992.�

Due�i�parametri�di�costituzionalita�invocati�dalle�Regioni�ricorrenti:�
l'art.�117,�terzo�comma�Cost.��che,�secondo�la�prospettazione�delle�ricor-
renti�sarebbe�stato�violato�dalla�legge�statale�impugnata,�per�esser�state�
immesse�nell'ordinamento�norme�di�dettaglio�in�materia�di��casse�di�rispar-
mio,�casse�rurali,�aziende�di�credito�a�carattere�regionale�,�oggetto�della�
potesta�legislativa�concorrente�delle�Regioni��,�nonche�l'art.�117,�sesto�
comma,�Cost.,�che�riserva�alle�Regioni�la�potesta�regolamentare�nelle�mate-
rie�in�cui�lo�Stato�non�dispone�di�competenza�legislativa�esclusiva,�violato�
dai�commi�1�e�14�del�denunciato�art.�11�che�attribuiscono�all'Autorita�di�vigi-
lanza�una�potesta�regolamentare�in�materia�di�fondazioni�di�origine�banca-
ria.�L'illegittimita�costituzionale�della�legge�impugnata,�alla�stregua�del-
l'art.�117,�terzo�comma,�della�Costituzione�e�stata�prospettata�anche�in�consi-
derazione�del�fatto�che�tali�fondazioni�sono�chiamate�ad�operare�in�settori�
materiali�affidati�alla�cura�della�legislazione�regionale,�concorrente,�o�addirit-
tura,�esclusiva,�secondo�la�Regione�Toscana.�

Le�argomentazioni�svolte�dalle�Regioni�ricorrenti�apparivano�confor-
tate�dalle�sentenze�nn.�341�e�342/2001�della�Corte�costituzionale.�In�queste�
decisioni�si�era�ritenuto�che��nelle�more�del�processo�di�ristrutturazione�
bancaria,�contemplato�dall'art.�25�del�decreto�legislativo�n.�153/1999,�al-
l'esito�del�quale�gli�enti�conferenti�aziende�bancarie�a�societa�per�azioni�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

avrebbero�dovuto�dismettere�la�partecipazione�rilevante�nelle�societa�confe-
ritarie�nonche�qualsiasi�altra�partecipazione�non�piu�consentita��gli�enti�
conferenti�conservavano�la�qualificazione�di�ente�creditizio�proprio�in�
ragione�del�perdurante�vincolo�genetico�e�funzionale�tra�tali�enti�e�societa�
conferitarie.�

Da�tale�premessa�si�traeva�la�conclusione�che�le�disposizioni�statutarie,�
di�contenuto�analogo�a�quello�dell'art.�117,�terzo�comma�Cost.,�che�attribui-
scono�alle�Regioni�ad�autonomia�speciale�competenze�in�materia�di�enti�cre-
ditizi�di�interesse�regionale,�tra�le�quali�figura�il�potere�di�vigilanza�su�tali�
enti,�dovessero�ritenersi�applicabili�alle�fondazioni�di�origine�bancaria.�

La�sentenza�annotata�perviene�ad�escludere�la�possibilita�di�continuare�
ad�includere�gli�enti�conferenti�nel�sistema�del�credito�e�del�risparmio,�pro-
prio�in�considerazione�del�fatto�che�il�quadriennio,�decorrente�dall'entrata�in�
vigore�del�d.lgs.�n.�153/1999,�previsto�dall'art.�25,�assegnato�dal�legislatore�
agli�enti�conferenti�per�la�loro�ristrutturazione,�si�e�ormai�concluso.�

Ai�fini�della�loro�qualificazione�giuridica�assume�valore�dirimente�il�
disposto�dell'art.�2,�primo�comma,�del�d.lgs.�n.153/1999,�che�configura�gli�
enti�in�questione�quali�persone�giuridiche�di�diritto�privato,�assoggettate,�in�
quanto�tali,�alla�disciplina�del�codice�civile.�

Ne�consegue�che�la�regolamentazione�giuridica�delle�fondazioni�di�ori-
gine�bancaria,�inerendo�all'ordinamento�civile,�rientra�nella�sfera�della�pote-
sta�legislativa�esclusiva�assegnata�allo�Stato,�ex�art.�117,�secondo�comma,�let-
tera�l)�Cost.�

Merita�piena�e�convinta�adesione�la�considerazione�della�Corte�costitu-
zionale�secondo�la�quale�e�giuridicamente�irrilevante�al�fine�di�stabilire�quale�
sia�la�natura�giuridica�da�attribuire�oggi�alle�fondazioni�di�origine�bancaria�
se,�in�fatto,�si�sia�completato�il�processo�di�ristrutturazione�degli�enti�confe-
rentidisciplinatodall'art.�25deld.lgs.n.153/1999,�lapienaoperativita�dell'ef-
fetto�innovativo�avuto�di�mira�dal�legislatore,�incidente,�tra�l'altro,�sul�riparto�
di�competenze�legislative�tra�Stato�e�Regioni�disegnato�dal�vigente�testo�del-
l'art.�117�della�Cost.,�non�potendo�essere�condizionata�all'effettivo�rispetto�
delle�prescrizioni�legislative�da�parte�degli�enti�conferenti.�

Correttamente�la�Corte�ha�ricondotto�le�attivita�delle�fondazioni�di�ori-
gine�bancaria�dirette�al�perseguimento�degli�scopi�di�utilita�sociale�statutaria-
mente�previsti�al�principio�di�sussidiarieta�ex�art.�118,�quarto�comma�Cost.,�
respingendo�qualsiasi�suggestione�ad�inquadrare�tali�enti�in�una�nozione�lata�
di�Pubblica�Amministrazione�in�senso�soggettivo�od�oggettivo.�

A�tal�proposito�giova�richiamare�l'insegnamento�di�quella�dottrina�che�ha�
giustamente�messo�in�rilievo�come�l'autonomia�privata,�tradizionalmentecon-
cepita�esclusivamente�in�correlazione�con�l'ambito�dell'iniziativa�economica�e�
con�la�sfera�dei�rapporti�patrimoniali,�per�effetto�dell'irruzione�nell'ordina-
mento�giuridico�del�principio�di�sussidiarieta�,�sia�venuta�ad�assumere�priorita�
anche�nei�settori,�prima�riservati�all'apparato�amministrativo,�delle�attivita�
�...volte�a�realizzare�i�bisogni�dei�singoli�in�quanto�persona�e�non�in�quanto�
centro�autonomo�di�interessi��(cfr.�VarronE 
C., 
Le�fondazioni�bancarie�alla�
luce�del�principio�di�sussidiarieta�orizzontale,�in�Riforma�costituzionale�e�nuova�
disciplina�dellefondazioni�di�origini�bancarie,�101,�Maggioli�Editore,�2003).�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

Questa�prospettiva�consente�di�salvaguardare�l'autonomia�di�tali�sog-
getti,�quali�espressioni�del�pluralismo�della�societa��civile,�costituzionalmente�
garantito�in�quanto��luogo��in�cui�si�svolge�la�personalita��umana�(art.�2�
Cost.),�pur�nel�riconoscimento�della�competenza�legislativa,�se�del�caso�regio-
nale,�nei�diversi�settori�dell'attivita��nei�quali�queste�istituzioni�operano,�in�
conformita��ai�propri�statuti.�

Avv. 
Massimo 
Giannuzzi 


Memoria 
dell'Avvocatura 
dello 
Stato 
(ct.�8167/03,�Avv.�dello�Stato�F.�Favara).�

�La�presente�memoria�integra�con�alcune�argomentazioni�l'atto�di�intervento�31�marzo�
2003�per�il�Presidente�del�Consiglio;�cio��con�intento�di�sollecita�collaborazione�alla�tratta-
zione�di�complessa�controversia.�

Altra�memoria�potra��essere�presentata�in�prossimita��dell'udienza.�

Preliminarmente�si�sottolinea�il�dubbio�di�inammissibilita��delle�questioni�gia��sollevate�a�
pag.�3�dell'atto�di�intervento�anzidetto:�nella�ordinanza�di�rimessione�non�si�rinviene�una�
effettiva�motivazione�sul�punto�della�legittimazione�delle�fondazioni�e�della�A.C.R.I.�a�ricor-
rere;�nell'ordinanza�si�legge�soltanto�``nessun�dubbio�circa�la�sussistenza�della�legittimazione�
attiva;�basta�(!)�all'uopo�osservare�che�l'elenco�dei�ricorrenti�si�apre�con�la�A.C.R.I.....``.�

Senonche��,�osservato�che�la�legittimazione�attiva�della�A.C.R.I.�e��estremamente�dubbia�e�
comunque�^ove�fosse�ravvisabile�^sarebbe�un�riflesso�di�quella�eventualmente�riconosciuta�
alle�fondazioni,�per�queste�(fondazioni)�molti�e�consistenti�dubbi�il�remittente�avrebbe�
dovuto�porsi,�affrontare�e�superare�almeno 
per�cio��che�concerne�gli�``scopi''�ad�esse�assegnati�
ela�``governance''�di�esse;�tematiche�queste�che�logicamente�precedono�e�sono�nettamente�
separate�da�quelle�che�riguardano�l'attivita��delle�fondazioni�e�l'espletamento�dei�compiti�affi-
dati�alle�persone�fisiche�``pro-tempore''�amministratori.�Come�gia��osservato,�spetta�solo�al�
fondatore,�nella�specie�al�legislatore,�individuare�gli�``scopi''�e�definire�la�``governance''.�E�
non�pare�che�^da�un�lato�^l'assenza�di�un�fondatore�privato,�erogatore�di�cespiti�e�portatore�
di�propri�interessi�e�di�una�propria�legittimazione,�e�^d'altro�lato�^le�piu��elastiche�regole�
sulla�legittimazione�attiva�nei�giudizi�dinanzi�ai�T.A.R.,�congiuntamente�producano�la�devo-
luzione�agli�amministratori�``pro-tempore''�di�interessi�(e�di�una�legittimazione)�che�in�fonda-
zioni�normali�non�sarebbero�giuridicamente�attribuite�ne�alle�fondazioni�ne�agli�amministra-
tori�di�esse.�

La�``premessa''�dell'atto�di�intervento�in�questo�giudizio�presentato�per�le�fondazioni�
ricerca�il�fondamento�(anche)�della�legittimazione�a�ricorrere�in�un�``pluralismo�sociale�e�isti-
tuzionale''�raffigurato�come�antagonista�del�legislatore�statale�e�come�dato�``di�natura''�pree-
sistente�alla�legge.�Una�raffigurazione�palesemente�artificiosa�ed�erronea:�le�fondazioni�in�
questione�sono�``figlie''�delle�leggi�che�le�hanno�generate�e�che�le�disciplinano.Ede��arbitrario�
assimilarle�alle�``formazioni�sociali''�(ad�esempio,�alle�comunita��familiarioreligiose,�aipar-
titi�politici,�alle�associazioni�sindacali);�conseguentemente�arbitrario�e��porre�tale�assimila-
zione�a�presupposto�per�l'ammissibilita��di�una�contrapposizione�in�giudizio�sostanzialmente�
contro�il�legislatore.�Le�fondazioni�bancarie�sono 
soltanto 
``universitates''patrimoniali,per�di�
piu��non�accumulate�da�un�fondatore�e�percio��,�in�passato�ed�ancora�oggi,�nella�sostanza�``ade-
spoti''.�

Altro�equivoco�che�giova�eliminare�subito�e��quello�che�fa�capo�alla�espressione�``societa��
civile'';�espressione�giornalistica,�e�pero��utilizzata�nella�ordinanza�di�remissione,�con�la�quale�
si�vorrebbe�indicare�qualcosa�di�contrapposto�alle�comunita��politicamente�organizzate.�

La�nostra�Costituzione�(come�qualsiasi�altra�carta�costituzionale)�non�consente�di�raffi-
gurare�due�tipologie�di�``societates'',�quelle�che�sono�organizzate�e�si�esprimono�sulla�base�
della�Costituzione�a�partire�dall'art.�1,�comma�secondo�della�stessa,�e�quella�delle�persone�
(in�pratica,�qualificate�dalle�attivita��che�esercitano�od�altrimenti�notabili)�le�quali,�per�varie�
motivazioni�individuali,�preferiscono�non�aderire�esplicitamente�a�formazioni�politiche�o�
sociali,�e�farsi�eventualmente�candidare�da�associazioni�minime,�non�di�rado�neppur�demo-


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

cratiche�al�loro�interno.�Comunque,�il�riferimento�alla�``societa�civile''�puo�valere�soltanto�ai�
fini�della�``provvista''�delle�singole�persone�cui�affidare�compiti�di�amministrazione�o�di�revi-
sione�contabile,�non�certo�anche�come�fondamento�per�cos|�dire�costituzionale�dell'autonomia�
dellefondazioni.�

In�conclusione,�i�curatori�``pro-tempore''�di�fondazioni�bancarie�che�tanta�resistenza�
hanno�opposto�e�continuano�ad�opporre�a�qualsiasi�piu�razionale�assetto�del�settore�ed�a�
qualsiasi�modifica�legislativa�o�regolamentare�non�coerente�con�il�loro�intento�di�conservare�
il�controllo�di�fatto�sulle�``universitates''�patrimoniali�erette�in�fondazioni,�rappresentano�
soprattutto�se�stessi,�posto�che�le�fondazioni�amministrate�per�definizione�sono�inanimati�
``oggetti�soggettivizzati''.�

Deve�quindi�dubitarsi�della�legittimazione�dei�soggetti�che�hanno�ricorsoalTAR�Lazio�
(un�solo�amministratore�ha�avvertito�la�necessita�morale�e�giuridica�di�ricorrere�in�proprio).�
Della�A.C.R.I.�si�tornera�a�trattare�in�altra�memoria.�

Quanto�sin�qui�osservato�con�riguardo�alla�preliminare�di�rilevanza�delle�questioni�puo�
in�qualche�misura�valere�anche�per�esaminare�la�pertinenza�di�due�dei�parametri�costituzio-
nali�evocati�dal�remittente,�e�precisamente�dell'art.�118,�quarto�comma�e�dell'art.�18�Cost.�

Salvo�errore,�per�la�prima�volta�e�sollecitata�l'autorevole�interpretazione�di�codesta�
Corte�sull'art.�118,�quarto�comma�Cost.�Senonche�,�ad�avviso�di�questa�difesa,�detto�parame-
tro�^se�correttamente�analizzato,�e�non�assunto�a�slogan�enfatico�ed�approssimativo�^non�
puo�essere�utilizzato�per�la�pronuncia�sulle�disposizioni�legislative�in�esame.�

Anzitutto,�esso�(quarto�comma)�nonpone�un�limitepreclusivo�ailegislatori�statali�e�regio-
nali,�non�vieta�cioe�a�tali�legislatori�di�prevedere�interventi�amministrativi�(o�in�genere�pub-
blici)�ogniqualvolta�sia,�con�acclaramento�in�fatto,�constatata�la�presenza�di�una�``autonoma�
iniziativa�dei�cittadini,�singoli�e�associati'';�il�precetto�costituzionale�solo�indica�ai�legislatori�
ordinari�un�orientamento�(``favoriscono''),�li�autorizza�ed�incita�a�favorire,�con�linguaggio�a�
ridotta�cogenza�simile�a�quello�rinvenibile�nell'art.�31,�comma�secondo�e�nell'art.�47,�comma�
secondo�Cost.�

Inoltre,�il�quarto�comma�``de�quo''�considera�``l'autonoma�iniziativa�di�cittadini'',�ad�
esempio�aderenti�ad�associazioni�di�volontariato,�``per�lo�svolgimento�di�attivita�di�interesse�
generale'',�pone�al�centro�della�previsione�costituzionale�la�prestazione�di�queste�``attivita�di�
interesse�generale'',�attivita�omogenee�per�tipologia�a�quelle�che�potrebbero�essere�fornite�
da�apparati�pubblici,�e�pero�idonee�a�costituire�un�surrogato�di�queste�e�quindi�una�alterna-
tiva�ad�esse.�La�``autonoma�iniziativa''�ex�art.�118,�quarto�comma�si�distingue�dunque�netta-
mente�e�persino�si�contrappone�alla�``libera''�(in�linea�di�massima)�``iniziativa�economica�pri-
vata''�di�cui�all'art.�41�Cost.,�con�impiego�di�risorse�finanziarie�proprie�e�con�organizzazione�
e�remunerazione�di�altri�fattori�della�produzione,�per�lo�svolgimento�di�attivita�economiche�
lucrative�di�interesse�immediato�non�``generale''�(ovviamente�senza�denegare�il�contributo�
di�queste�ultime�attivita�al�benessere�della�collettivita�).�

Il�principio�di�sussidiarieta�,�nella�sua�versione�cosiddetta�orizzontale,�e�menzionato�alla�
fine�del�quarto�comma�per�inquadrare�concettualmente�e�chiarire�il�precetto�costituzionale,�
e�non�certo�per�esprimere�una�regola�di�portata�indefinita,�assorbente,�ed�idonea�a�vanificare�
le�precedenti�parole�del�comma�stesso.�Impropriamente�il�parere�del�Consiglio�di�Stato,�
Sez.�atti�normativi,�1.�luglio�2002�esibito�dalla�difesa�del�Monte�dei�Paschi�di�Siena�^un�
parere�molto�accurato�dal�punto�di�vista�tecnico,�e�pero�molto�sensibilizzato,�nei�paragrafi�
introduttivi,�dalle�opinioni�degli�amministratori�in�carica�delle�fondazioni�^ha�enfatizzato�
l'art.�118,�comma�quarto�Cost.,�ad�esso�attribuendo�una�eccessiva�e�non�neutrale�carica�ideo-
logica�di�stampo�anti-pubblico�(farebbe�``assumere�una�posizione�prioritaria�al�privato�
rispetto�al�pubblico�anche�in�settori�sinora�riservati�alla�competenza�esclusiva�degli�apparati�
amministrativi''),�ed�ha�precostituito�i�dubbi�riproposti�dal�remittente.�In�particolare,�la�
anzidetta�carica�ideologica�e�trasfusa�nella�ordinanza�di�rimessione�laddove�essa�recita�
``invertire�il�rapporto�sancito,�dalla�recente�riforma�dell'art.�118,�comma�quarto''.�

In�conclusione,�il�parametro�in�esame�non�ha�introdotto�un�ulteriore�ordine�di�autonomie,�
esso�pure�costituzionalmente�garantito�in�aggiunta�alle�autonomie�governate�dalla�sovranita�
popolare�ed�alle�autonomie�dei�privati�(per�ovvie�esigenze�di�concisione�sono�state�lasciate�
da�parte�altre�autonomie�per�cos|�dire�non�direttamente�riferibili�al�mondo�del-
l'economia,�quale�ad�esempio�l'autonomia�della�attivita�culturale,�scientifica�e�artistica);�il�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

parametro�in�esame�non�ha�costituzionalizzato�uno�spontaneismo�potenzialmente�conflig-
gente�con�il�``pubblici�poteri''�democraticamente�formati,�e�che�^quando�sorretto�da�cospi-
cue�risorse�finanziarie�^potrebbe�persino�degenerare�in�eversivo.�

Appare�a�questo�punto�palese�che�gli�amministratori�di�fondazioni�bancarie�non�sono�
riconducibili�alla�figura�dei�``cittadini�singoli�o�associati'';�che�``a 
fortiori''�a�tale�figura�non�
sono�riconducibili�neppure�le�persone�giuridiche�fondazioni,�le�quali,�oltretutto,�non�sono�
``cittadini'';�e�che�comunque�la�legislazione�incontestabilmente�``favorisce'',�e�molto,�sul�
piano�tributario�l'iniziativa�(anche�quella�non-benefica,�tutt'altro�che�marginale)�delle�fonda-
zioni�bancarie.�Del�resto,�le�disposizioni�``subjudice''�sono�state�criticate�dal�remittente�non�
perche�non�``favoriscono''�le�iniziative�ma�perche�``stravolgerebbero''�(sic,�con�drammatizza-
zione�eccessiva)�la�nozione�di�autonomia�privata.�

Neppure�l'art.�18,�comma�primo�Cost.�e�pertinente�rispetto�alle�questioni�in�esame.�Il�
``diritto''�^non�soltanto�la�liberta�^dei�``cittadini''�(e�degli�stranieri)�di�``associarsi''�e�palese-
mente�estraneo�alla�materia�controversa:�non�si�discute�di�cittadini�che�intendano�associarsi�

o�gestire�una�associazione�da�loro�costituita.�La�garanzia�costituzionale�offerta�dall'art.�18�
non�pare�estendersi�fino�a�raffigurare�un�diritto�a�costituire�fondazioni�od�altre�persone�giu-
ridiche;�tuttavia,�su�questo�argomento�non�occorre�soffermarsi,�posto�che�le�odierne�fonda-
zioni�bancarie�sono�state�costituite�dalla�legge�e�non�``cittadini-fondatori''.�
A�questo�punto�occorre�iniziare�a�considerare�le�fondazioni�denominate�``di�origine�
associativa'',�con�riguardo�alla�remota�vicenda�costitutiva�dell'ente�pubblico�cassa�di�rispar-
mio�(vicenda�per�solito�risalente�a�circa�due�secoli�fa).�Come�noto,�prima�degli�``scorpori''�
inizio�anni�Novanta�una�parte�delle�casse�era�governata�da�assemblea�di�associati;�peraltro,�
la�qualita�di�associato�era�personale�ed�intrasmissibile,�era�non�``res''�commerciabile�ma�
``munus 
publicum''.�Sicche�,�la�distinzione�tra�casse�di�risparmio�di�origine�storica�associativa�
ed�altre�casse�di�risparmio�riguardava�soltanto�un�aspetto�dell'organizzazione�del�singolo�
ente�pubblico,�e�non�determinava�diversita�ontologica.�

Attualmente�la�struttura�organizzativa�delle�fondazioni�associative,�disciplinata�negli�
statuti,�si�caratterizza�solo�per�la�presenza�dell'assemblea�dei�soci,�senza�altre�differenze�
sostanziali�rispetto�alle�c.d.�fondazioni�istituzionali.�Infatti�dalla�stessa�dottrina�e�ritenuta�
impropria�la�ripartizione�tra�fondazioni�istituzionali�e�associative�in�quanto�in�entrambi�i�
casi�prevale�l'elemento�istituzionale:�la�presenza�di�un�fondo�di�dotazione�a�composizione�
non�associativa;�e�la�stessa�assemblea�quando�esiste�e�composta�da�soci�cooptati�che�non�
rappresentano�il�capitale.�

La�presenza�``ab 
antiquo''�di�una�assemblea�di�associati�e�stata�tenuta�in�ogni�considera-
zione�dalle�norme�legislative�e�regolamentari�degli�anni�tra�il�1990�ed�il�2002.�Da�ultimo,�
l'art.�4,�comma�1�lettera�d) 
del�d.lgs.�17�maggio�1999,�n.�153,�lettera�non�modificata�nel�
2001-ad�opera�dell'art.�11,�comma�5�^(salva�l'eliminazione�di�un�inciso�concernente�la�coop-
tazione)�e�confermata�dall'art.�3,�comma�6�del�regolamento�2�agosto�2002,�n.217,�reca�
norma�non�sottoposta�a�sindacato�di�legittimita�costituzionale�e�percio�estranea�alla�materia�
controversa,�in�questo�giudizio,�come�espressamente�riconosciuto�nella�ordinanza�di�rimes-
sione.�

Sull'argomento�qui�sommariamente�accennato�si�tornera�in�altra�memoria.�

Premesso�che�neppure�per�le�fondazioni�``di�origine�associativa''�appare�congruo�invo-
care�l'art.�18�Cost.,�``afortiori''�il�parametro�non�e�utilizzabile�per�altre�fondazioni,�generate�
per�trasformazione�di�Casse�di�risparmio�di�origine�istituzionale.�

Non�condivisibile�e�il�brano�del�citato�parere�1.�luglio�2002�nel�quale�e�espresso,�non�e�
chiaro�con�quale�investitura,�(posto�che�la�Sezione�consultiva�non�e�giudice�delle�leggi),�
l'auspicio�per�``una�lettura�evolutiva�dell'art.�18�Cost.''�attraverso�la�saldatura�di�detto�para-
metro�con�l'art.�118,�comma�quarto�Cost.�``per�l'affermazione�dei�valori�collettivi''�dei�quali�
formazioni�sociali�organizzate�si�farebbero�portatrici.�Questo�brano�reca�in�se�una�sorta�di�
``manifesto''�del�fai-da-te�spontaneistico,�privo�di�garanzie�di�democraticita�,echepuo�essere�
reso�concretamente�efficace�dalla�disponibilita�di�cospicue�risorse.�

La�non�riconducibilita�delle�fondazioni�bancarie�in�un�unico�indistinto�aggregato�con�
linguaggio�giornalistico�denominato�``terzo�settore''�e�esplicitamente�esclusa�dall'art.�10�
comma�10�del�d.�lgs.�4�dicembre�1997,�n.�460,�comma�che�recita�``non�si�considerano�in�ogni�
caso�ONLUS�...gli�enti�conferenti�(si�noti,�si�parla�di�enti,�e�non�di�fondazioni)�di�cui�alla�
legge�30�luglio�1990,�n.�218''.�L'origine�e�l'evoluzione�storica�degli�entipubbliciconferenti�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

ora�tramutati�in�fondazioni,�la�ingente�consistenza�dei�loro�patrimoni,�il�diverso�e�peculiare�
regime�della�vigilanza,�e�soprattutto�la�radicalmente�diversa�disciplina�della�``destinazione�
del�reddito''�(cfr.�art.�8,�lettera�C,�D�ed�E�del�d.�lgs.�17�maggio�1999,�n.�153)�ne�fanno�soggetti�
del�tutto�distinti�e�differenti�dalle�ONLUS,�ancorche�anche�per�queste�ultime�il�legislatore�
usi�l'espressione�``settori''�di�attivita�,�e�ne�preveda�una�elencazione.�E�appena�il�caso�di�
aggiungere�che�il�mondo�delle�ONLUS�sta�conoscendo�problematiche�tutt'altro�che�risolte.�
Accostamenti�tra�fondazione�bancarie�ed�ONLUS�creerebbero�incertezze�delle�quali�proprio�
non�si�avverte�l'utilita�.�

Il�remittente�ha�menzionato�anche�altri�parametri�costituzionali.�A�pag.�7�dell'atto�di�
intervento�si�e�gia�rilevata�l'estraneita�dell'art.�41,�Cost.�alla�materia�qui�controversa.�

Le�fondazioni�bancarie�sono�esplicitamente�qualificate�``enti�non�commerciali'',�per�di�
piu�^una�volta�a�regime�^``enti�il�cui�fine�e�equiparato�per�legge�ai�fini�di�beneficenza''�
(art.�9,�comma�4�e�art.�12,�commi�1�e�2�del�d.�lgs.�17�maggio�1999,�n.�153),�e�``persone�giuridi-
che�private�senza�fine�di�lucro'',�sottoposte�a�regime�giuridico�``speciale'',�per�il�che�le�norme�
civilistiche�sono�esplicitamente�dichiarate�applicabili�``solo�in�via�residuale''�e�sussidiaria�``ed�
in�quanto�compatibili''�(art.�2,�comma�1�e�art.�29�del�predetto�d.�lgs.,�e�periodo�aggiunto�dalla�
legge�15�giugno�2002,�n.�112�all'art.�5,�comma�1�del�d.l.�15�aprile�2002,�n.�63).�Le�fondazioni�
bancarie�dunque�non�sono�imprese,�non�desiderano�farsi�qualificare�come�tali�(anche�per�
beneficiare�di�agevolazioni�fiscali),�e�quindi�non�svolgono,�non�possono�svolgere�e�neppur�
ambiscono�svolgere�``iniziativa�economica�privata''.�

Il�remittente�asserisce�che�l'art.�41�Cost.�``tutela�l'autonomia�privata''.�L'asserzione�e�
inesatta:�l'art.�41�Cost.�non�ha�riguardo�a�qualsivoglia�contratto�(art.�1322�cod.�civ.)�od�atto�o�
comunque�manifestazione�(persino�non�commerciale)�dell'autonomia�privata.�Come�univoca-
mente�emerge�anche�dai�suoi�Commi�secondo�e�terzo�e�della�sua�collocazione�sul�titolo�III�
della�parte�prima�della�Costituzione,�esso�garantisce�non�qualsivoglia�attivita�dei�privati,�ma�
specificatamente�la�``iniziativa�economica''�ossia�l'organizzazione�dei�fattori�della�produzione�
e�le�attivita�rivolte�a�risultati�di�lucro,�inbreve�l'imprenditorialita�.�

Con�riguardo�soltanto�ai�primi�quattro�commi�ed�al�comma�14�dell'art.�11�in�esame,�il�
remittente�menziona�l'art.�117�Cost;�i�commi�terzo�e�quarto�e�sesto�di�esso�sono�evocati�pure�
in�tre�ricorsi�``diretti''�proposti�da�Regioni�del�Centro�Italia�avverso�(anche)�l'art.�11�in�
esame.�Il�remittente�osserva�che�``alcuni�dei�settori�indicati�nell'art.�11,�comma�1�rientrano�
nell'ambito�delle�materie�che�la�norma�costituzionale�assegna�alla�potesta�legislativa�concor-
rente�.....o,�addirittura,�a�quella�esclusiva�delle�regioni�....''.�Significativamente,�nell'atto�di�
intervento�per�l'A.C.R.I.�e�le�ottanta�fondazioni�l'art.�117�Cost.�e�dimenticato:�deve�desumersi�
che,�per�ovvie�ragioni,�le�fondazioni�non�desiderano�che�competenza�legislativa�sia�ricono-
sciuta�ai�legislatori�regionali,�e�che�^su�questo�punto�^la�linea�delle�fondazioni�si�discosta�
dalla�opinione�del�remittente.�

In�effetti,�l'art.�117�Cost.�e�stato�erroneamente�menzionato.�Le�disposizioni�dell'art.�11�
in�esame�concernono�il�regime�delle�fondazioni�intese�come�``soggetti'',�e�non�la�disciplina�
dei�``settori''�nei�quali�esse�possono�operare.�

Ovviamente,�nel�porre�in�essere�i�loro�interventi,�le�fondazioni�dovranno�in�futuro�tener�
conto�di�leggi�prodotte�dalle�Regioni�nelle�materie�di�loro�competenza�(o,�se�si�preferisce,�
non�riservate�allo�Stato);�da�questa�circostanza�pero�non�puo�desumersi�che�i�legislatori�
regionali�siano�competenti�ad�imporre�a�tali�soggetti�comportamenti�o�scelte�per�quanto�
attiene�sia�alla�dislocazione�dei�loro�investimenti�sia�alla�destinazione�delle�loro�erogazioni�
``altruiste''�sia�al�rapporto�tra�accantonamenti�ed�erogazioni.�

Nella�passata�legislatura,�il�Parlamento�nazionale,�con�disegno�istituzionale�coerente-
mente�mirante�a�realizzare�equilibri�``bilanciati'',�da�un�lato�ha�conferito�alle�Regioni�piu�
ampie�competenze�legislative,�e�d'altro�lato�ha�accresciuto�il�novero�e�la�consistenza�delle�
autonomie�di�diritto�pubblico�(si�pensi�alle�istituzioni�scolastiche�ed�anche�agli�enti�locali)�
ed�ha�attuato�il�passaggio�di�soggetti�gia�pubblici�(quali�gli�enti�conferenti)�nell'area�discipli-
nata�dal�diritto�privato,�seppur�con�previsione�di�un�regime�``speciale''.�Le�marginali�corre-
zioni�apportate�nella�legislatura�in�corso�alla�normativa�sulle�fondazioni�non�hanno�ribaltato�
``in�parte�qua''�quel�disegno�istituzionale,�tracciato�prima�della�riforma�del�Titolo�quinto�
della�Costituzione�ed�in�vista�di�essa.�Queste�marginali�correzioni�rimangono�nella�scia�della�
riforma�del�1998�^1999,�che�ha�collocato�le�fondazioni�bancarie�nell'ambito�dell'``ordina-
mento�civile''�(art.�117,�comma�secondo�lettera�L�Cost.)�sia�pure�con�peculiari�connotati�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�119 


``speciali''.�Con�formula�forse�un�po��brutale,�potrebbe�dirsi�che�gli�enti�conferenti�sono�stati�
trasformati�in�fondazione�avendo�presente�anche�il�dibattito�all'epoca�in�corso�sul�riparto�
delle�competenze�legislative.�Sembra�superfluo�aggiungere�che�una�legislazione�esclusiva�
dello�Stato�potrebbe�essere�ravvisata�anche�con�riguardo�all'art.�117,�comma�secondo�let-
tera�E,�considerato�che�le�``universitates''�patrimoniali�delle�fondazioni�sono�``risparmio''�
(non�privato)�accumulato.�

Non�pare�che�il�remittente�abbia�evocato�l'art.�117�Cost.�anche�per�porre�la�questione�p
ur�ipotizzabile�^di�legittimita��costituzionale�dell'inciso�``diversi�dallo�Stato''�contenuto�
nella�novellata�lettera�C 
dell'art.�4,�comma�1�del�d.lgs.�n.�153�del�1999.�

Poche�parole�sono�sufficienti�ad�escludere�che�la�materia�di�legislazione�concorrente�
``casse�di�risparmio,�casse�rurali,�aziende�di�credito�a�carattere�regionale''�(art.�117,�comma�
terzo�Cost.)�possa�assumere�rilevanza�per�quanto�qui�interessa.�Le�fondazioni�bancarie�sono�
entita��ormai�nettamente�separate�e�distinte�dalle�s.p.a.�casse�di�risparmio�conferitarie,�e�che�
ulteriormente�da�queste�si�distaccheranno�nel�prossimo�futuro.�Inoltre,�la�specificazione�``a�
carattere�regionale''�nella�previsione�della�anzidetta�materia�univocamente�indica�che�per�le�
aziende�di�credito�a�carattere�nazionale�od�interregionale�e��rimasta�una�competenza�legisla-
tiva�esclusiva�dello�Stato.�Come�notorio,�dopo�le�aggregazioni�e�fusioni�avvenute�nel�sistema�
bancario�durante�gli�ultimi�dieci�anni�la�maggior�parte�delle�aziende�di�credito�ha�assunto�
carattere�e�dimensioni�operative�superiori�all'ambito�territoriale�di�una�Regione;�e�di�riflesso�
molte�delle�fondazioni�bancarie�sono�divenute�socie,�sovente�importanti,�delle�neo�^forma-
tesi�aziende�di�credito�a�carattere�nazionale�(talvolta�piu��fondazioni�sono�divenute�socie�della�
stessa�banca).�Cio��ha�prodotto�in�alcuni�casi�un�aumento�della�``influenza''�(art.�2359�cod.�
civ.)�delle�fondazioni�^socie�sul�sistema�bancario�nazionale;�un�risultato�non�desiderato�dal�
legislatore�del�1998�^1999,�e�che�anche�l'art.�11,�comma�7�e�10�in�esame�mira�a�contrastare.�

In�relazione�alla�questione�di�legittimita��costituzionale�dei�commi�4�(ultimo�periodo)�e�7�
dell'art.�11�in�esame�e��menzionato�anche�l'art.�22�Cost.,�palesemente�non�pertinente�alla�
materia�qui�controversa.�

Questo�parametro�e��evocato,�congiuntamente�al�solo�introduttivo�art.�2,�Cost.,�al�
punto�7�della�ordinanza�di�rimessione�adducendosi�che�il�predetto�comma�7�comporterebbe�
una�``eccessiva�comprensione�della�capacita��delle�persone'',�ed�al�successivo�punto�8�ove�pure�
si�accenna�a�``limitazioni�della�capacita��delle�persone''.�Il�remittente�non�considera�che�il�
testo�costituzionale�e��incentrato�sulle�parole�``per 
motivi 
politici'',�e�quindi�omette�del�tutto�
di�addurre�argomenti�e/o�elementi�di�fatto�a�sostegno�dell'essere�le�disposizioni�criticate�state�
poste�per�gli�anzidetti�motivi�e�con�l'intento�persecutorio.�Come�evidente,�dei�due�commi�
dianzi�menzionati,�l'uno�^il�comma�4�ultimo�periodo�^attiene�alla�individuazione�dei�``sog-
getti�(non�si�tratta�di�persone�fisiche)�cui�e��attribuito�il�potere�di�designare'',�e�l'altro�il�
comma�7�^prevede�alcune�incompatibilita��per�``i�soggetti�(persone�fisiche)�che�svolgono�fun-
zioni�di�indirizzo,�amministrazione,�direzione�o�controllo''.�Nessuno�dei�due�commi�concerne�
la�capacita��delle�persone;�entrambi�mirano�a�prevenire�i�piu��vistosi�conflitti�di�interesse,�e�
comunque�certamente�non�sono�stati�prodotti�``per�motivi�politici''.�Ne�puo��seriamente�
sostenersi�che�al�legislatore�ordinario�sia�dall'art.�22�Cost.�inibito�di�modellare�poteri�ed�
incompatibilita��secondo�discrezionali�sue�valutazioni.�

In�conclusione,�unico�parametro�costituzionale�forse�invocabile,�per�quanto�concreta-
mente�utilizzabile,�in�questo�giudizio�costituzionale�rimane�il�generale�principio�di�egua-
glianza,�che�peraltro�``nel�merito''�non 
appare�violato�da�alcune�delle�disposizioni�in�esame.�
L'intero�impianto�dell'ordinanza�si�rivela�artificioso�e�privo�di�qualsivoglia�fondamento;�il�
remittente�ha�solo�``girato''�a�codesta�Corte�dubbi�inconsistenti,�e�pero��istillati�(con�qualche�
esorbitare�dall'attivita��consultiva)�nel�citato�parere�1.�luglio�2002.�

Occorre�sottolineare�che�nessuna 
questione�di�legittimita��costituzionale�e��stata�prospet-
tata�per�il�citato�periodo�aggiunto�dalla�legge�di�conversione�all'art.�5.�comma�1�del�d.l.�
15�aprile�2002,�n.�63.�Il�remittente�ha�in�proposito�scritto�che�tale�periodo�``non�ha�alcun�
effetto�novativo�della�disciplina�in�vigore''�(affermazione�parzialmente�condivisibile),�e�pero��
ha�omesso�di�evidenziare�le�parole�piu��significative�di�quella�disposizione,�e�cioe��``le�norme�
del�codice�civile�si�applicano�alle�fondazioni�bancarie�solo�in�via�residuale�ed�in�quanto�com-
patibile.�Questo�periodo�ed�il�``criterio''�fondamentale�teste��riportato�sono�dunque�fuori�
discussione�e�del�resto�erano�gia��nell'art.�29�del�d.�lgs.�n.�153�del�1999;�cio��non�e��affatto�irri-
levante�in�questa�sede,�ove�seppur�infondatamente 
si�ipotizza�la�demolizione�di�alcune�indivi-


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

duatedisposizionilegislative.Adesempio,unapronunciademolitoriadell'art.�11,comma10�
sarebbe�preliminarmente�impedita�dal�``criterio''�enunciato�dal�citato�art.�5.�Quanto�disposto�
da�tale�articolo�non�puo�essere�in�questa�sede�``disapplicato''�(fermo�restando�il�potere�di�
codesta�Corte�di�sollevare�ulteriore�questione�dinanzi�a�se�stessa).....�

In�realta�,�il�periodo�qui�considerato�ha�integrato�e�modificato�quell'art.�2,�comma�1del�
d.lgs.�17�maggio�1999,�n.�153�che�il�remittente�(sottovalutando�il�successivo�citato�art.�29)�
ha�di�fatto�(ed�erroneamente)�elevato�a�parametro�costituzionale,�facendo�leva�su�esso�per�
evocare�l'art.�3�Cost.�

In�effetti,�se�l'art.�2,�comma�1�citato�e�letto�congiuntamente�all'art.�5,�comma�1�pure�
citato,�viene�meno�la�possibilita�di�invocare�l'art.�3�Cost.�``sub 
specie 
dell'irrazionalita�legisla-
tiva''�(cos|�recita�la�ordinanza�di�remissione),�viene�meno�la�possibilita�di�attribuire�all'art.�2,�
comma�1�``rango�di�norma�di�principio'',�e�l'opinione�relativa�allo�``stravolgimento''�espressa�
del�remittente�rimane�solo�una�opinione�(pervero�non�solo�erronea,�ma�preclusa�a�quel�giu-
dice�perche�,�nella�sostanza,�valutazione�politica).�

Ad�integrazione�di�quanto�scritto�nell'ultimo�periodo�(a�pag.�10)�dell'atto�di�intervento�
per�il�Presidente�del�Consiglio,�si�segnalano�a�titolo�esemplificativo,�gli�artt.�109�e�122�del�
d.lgs.�24�febbraio�1998,�n.�58.�L'art.�122�recita�``patti�in�qualunque�formastipulati'',e�
l'art.�109�recita�``aderenti�ad�un�patto,�anche�nullo,�previsto�dall'art.�122''.�

L'art.�11�in�esame,�ai�commi�1,�2�e�3,�ha�integrato�l'art.�1�(inserendo�la�lettera�Cbis,e�
modificando�la�lettera�D) 
ed�ha�sostituito�l'art.�2,�comma�2�del�d.lgs�17�maggio�1999,�

n.�153.�In�ordine�al�secondo�periodo�della�citata�lettera�Cbis 
(``i�settori�indicati�possono�
essere�modificati..'')�si�rileva,�in�via�preliminare,�che�la�questione�a�tale�periodo�relativa�e�
palesemente�non�rilevante�ai�fini�del�decidere�``a 
quo''.�Il�regolamento�2�agosto�2002�oggetto�
di�quel�giudizio,�all'art.�1,�recita:�``Le�definizioni�utilizzate�nel�presente�regolamento�corri-
spondono�a�quelle�dell'art.�1�``del�citato�d.�lgs.;�dunque�i�settori�ammessi�elencati�nella�let-
tera�C 
bis 
non 
sono 
stati 
modificati 
dal 
regolamento.�Per�il�momento�non�occorre�soffermarsi�
sull'art.�37�bis,�comma�2,�periodo�secondo,�della�legge�Merloni�11�febbraio�1994,�n.�109,�
come�modificata�da�ultimo�dalla�legge�1.�agosto�2002,�n.�166,�la�quale�ha�``ope 
legis''�inte-
grato�l'anzidetta�lettera�Cbis.�
Quanto�teste�osservato�rende�evidente�che�il�TAR�Lazio�avrebbe�dovuto�semplicemente�
dichiarare�inammissibile�``in 
parte 
qua''�il�terzo�motivo�del�ricorso�propostogli,�quanto�meno�
per�assenza�di�interesse�attuale�a�ricorrere.�La�legittimita�costituzionale�dell'ultimo�periodo�
della�lettera�Cbis 
potra�essere�sottoposta�a�scrutinio�di�codesta�Corte�solo�se�e�quando�di�
quel�periodo�sara�fatta�applicazione.�

Solo�per�dovere�di�completezza�si�osserva�che�la�questione�relativa�a�detto�ultimo�
periodo�e�,�oltre�che�inammissibile�per�le�molteplici�ragioni�esposte,�anche�infondata.�Pre-
messo�che�una�vera�e�propria�``riserva�di�legge''�non�e�prevista,�per�la�materia�di�che�trattasi,�
dalla�Costituzione,�il�remittente�ha�ritenuto�che,�trattandosi�di�``una�forma�di�delegifica-
zione'',�avrebbe�dovuto�prevedersi�un�regolamento�governativo�ex 
art.�17,�commi�1�e�2�della�
legge�23�agosto�1988,�n.�400,�anziche�un�regolamento�ministeriale�ex 
art.�17,�comma�3�stessa�
legge,�ed�inoltre�che�insufficiente�sarebbe�l'indicazione�delle�``norme�generali''�da�osservarsi�
in�sede�di�produzione�del�regolamento�``de 
quo''.�Quest'ultima�critica�appare�inconsistente,�
posto�che�i�criteri�generali�sono�agevolmente�desumibili�dagli�artt.�1�e�2�(come�integrati�e�
modificati)�del�d.�lgs.�n.�153�del�1999.�L'altra�critica�ha�invece�qualche�consistenza�(non�pero�
perche�si�abbia�un�caso�di�delegificazione);�essa�tuttavia�non�considera�che�l'art.�17�della�
legge�n.�400�del�1988�non 
e�dotato�di�forza�superiore�alla�disposizione�legislativa�qui�in�
esamecomunquenon�puo�essere�evocato�come�parametro�costituzionale.�Ne�l'art.�70�Cost.�
puo�essere�invocato�per�indirettamente�costruire�una�sorta�di�``riserva�relativa�di�legge''�
non�prevista,�come�si�e�detto);�in�Costituzione,�o�per�pervenire�alla�eliminazione�dell'inciso�
``comma�3''�dal�periodo�di�che�trattasi.�

La�lettera�Cbis,�come�integrata�dalla�legge�1.�agosto�2002,�n.�166,�reca�una�elencazione�
di�venti�``settori�ammessi''�raggruppati�in�categorie�(in�tal�senso�l'interpretazione�datane�dal�
menzionato�parere�1.�luglio�2002,�implicitamente�condivisa�dall'art.�2�del�regolamento).�Il�
remittete�muove�critica�soprattutto�per�l'inclusione�di�quattro�settori�^``prevenzione�della�
criminalita�e�sicurezza�pubblica'',�``sicurezza�alimentare�e�agricoltura�di�qualita�'',�``edilizia�
popolare�locale'',�e�``realizzazione�di�lavori�pubblici�o�di�pubblica�utilita�''�(va�specificato�la�
fondazione�partecipando�come�soggetto�finanziatore�associato�o�consorziato�nella�promo-


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

zione�di�iniziativa�in�regime�di�``projectfinancing'')�^a�suo�dire�``avulsi�dalla�tradizione�ope-
rativa�delle�fondazioni�bancarie''�(rectius,�degli�enti�pubblici�conferenti,�che�le�neonate�fon-
dazioni�non�hanno�tradizione),�ed�invece�ricompresi�``nell'ambito�dei�compiti�appartenenti�
ai�pubblici�poteri''.�Premesso�che�ovviamente�nessuno�pensa�che�le�fondazioni�possano�
(men�che�mai�debbano)�sostituire�la�polizia,�l'ispettorato�frodi,�ed�altri�similari�apparati,�
non�si�vede�quale�mai�parametro�costituzionale�osti�a�che,�ad�esempio,�le�fondazioni�si�ren-
dano�per�filantropia�acquirenti�o�committenti�di�alloggi�da�locare�a�canone�contenuto�a�
famiglie�non�abbienti,�o�si�impegnino�a�sostegno�del�volontariato�in�progetti�a�favore�di�
minori�devianti�o�di�ex�detenuti�per�prevenirne�la�caduta�o�la�ricaduta�nel�crimine;�attivita��,�
queste�e�similari,�neppure�estranee�a�quanto�in�passato�praticato�dagli�enti�Casse�di�rispar-
mio.Edilremittentenonsie��avvedutodellacontraddizione..al'enfasi..luipostaalprinci-
pio�di�sussidiarieta��la�riserva,�pure�da�lui�posta�dei�compiti�rappresentanti�ai�pubblici�
poteri''.�

Comunque,�ogni�discussione�sulla�elencazione�dei�``settori�ammessi''�appare�ininfluente,�
posto�che�e��lasciato�a�ciascuna�fondazione�il�potere�di�scegliere�a�quali�settori�dedicarsi;�se�
reputera��di�non�farsi�coinvolgere�ad�esempio�nella�edilizia�popolare�locale�od�in�iniziative�
in�``project�financing'',�ciascuna�fondazione�potra��semplicemente�non�includere�tali�settori�
tra�i�``rilevanti''�e�tra�quelli�nei�quali�intervenire�in�via�non�prevalente,�e�scegliere�altri�settori�
``rilevanti''�o�di�intervento.�Semmai,�alle�disposizioni�in�esame�potrebbe�essere�mossa�una�
critica�(non�giuridico-costituzionale)�di�dubbia�utilita��ed�effettivita��rispetto�alle�finalita��
perseguite�dal�legislatore;�l'accenno�alla�``preferenza�ai�settori�di�maggiore�rilevanza�sociale''�
e��vago�e�poco�incisivo.�Un�correttivo,�esso�pure�flebile,�e��stato�introdotto�dall'art.�2,�
comma�4�periodo�secondo�del�regolamento�2�agosto�2002;�periodo�che�parrebbe�limitativo�
dei�compiti�elencati�nell'art.�10,�comma�3�del�d.lgs.�n.�153�del�1999,�considerato�che�la�segna-
lazione�e�il�richiamo�dell'attenzione�ivi�previsti�possono�rimanere�``lettera�morta''.�

Anche�il�limite�numerico�^``non�superiore�a�tre''�(quindi�anche�uno�solo,�come�nel�
previgente�art.�1,�lettera�D)�^dei�settori�rilevanti,�limite�fissato�prima�dell'interpretazione�
data�dal�Consiglio�di�Stato�dalla�lettera�Cbis,�in�assenza�di�un�obbligo�di�individuare�i�set-
tori�rilevanti�in�tre�categorie�diverse,�puo��rivelarsi�di�dubbia�incisivita��rispetto�alle�anzidette�
finalita��.�Ad�esempio,�sarebbe�ben�difficile�raffigurare�come�``ente�strumentale''(cos|��si�legge�
nell'ordinanza�di�rimessione)�di�amministrazioni�pubbliche�territoriali�una�fondazione�la�
quale�scegliesse�come�``rilevanti''�il�primo�ed�il�quinto�dei�settori�dellacategoria�1.�

Le�considerazioni�che�precedono,�e�le�molte�altre�che�potrebbero�essere�esposte,�
rendono�evidente�che�le�critiche�mosse�dal�remittente�in�realta��attengono�alla�opportunita��
politica,�e�non�sono�neppur�qualificabili�come�ammissibili�dubbi�circa�la�legittimita�costituzio-
nale�dei�commi�1,�2�e�3�dell'art.�11�in�esame;�e�comunque�che�nessuna�seria�``compressione''�
dell'autonomia�delle�fondazioni�deriva�dalla�griglia�dei�settori�ammessi�e�dei�settori�rilevanti.�
Del�resto,�lo�stesso�(poco�minimalista)�remittente�in�ordine�all'obbligo�di�operare�esclusiva-
mente�nei�settori�ammessi�non�riesce�ad�indicare�un�settore�per�cos|��dire�dimenticato,�ed�e��
costretto�a�scrivere�che�la�questione�va�impostata�``in�astratto'';�ed�in�ordine�all'obbligo�di�
individuare�``il�o�i�settori�rilevanti''�osserva�soltanto�che�la�fondazione�sarebbe�costretta�ad�
operare�nell'ambito�dei�settori�ammessi�e�``nel�solco�tracciato�in�via�eteronoma'',�(ossia�dal�
Parlamento),�senza�addurre�ulteriore�specifici�argomenti.�

E�non�pare�possa�addirittura�indicarsi�come�incostituzionale�``l'intenzione�del�legislatore�
del�2001''�di�coordinare�``in�una�prospettiva�unitaria�le�potenzialita��espresse''�dalle�fonda-
zioni�bancarie.�Una�siffatta�intenzione,�qualora�ravvisabile�e�qualora�effettivamente�realizza-
bile�mediante�i�timidi�strumenti�normativi�predisposti,�sarebbe�persino�costituzionalmente�
doverosa�ai�sensi�di�piu��parametri�costituzionale,�a�cominciare�dal�sovente�trascurato�art.�3,�
comma�secondo�Cost.�

Il�remittente�critica�l'art.�11,�comma�4�in�esame�(alias�la�novellata�lettera�C�dell'art.�4,�
comma�1�del�d.�lgs.�n.�153�del�1999,�travasato�nell'art.�3,�comma�1�e�nell'art.5,�comma�2�
del�regolamento�2�agosto�2002,�n.�217,�perche�mentre�per�i�designati�dagli�enti�territoriali�
usa�la�parola�``qualificata'',�per�le�personalita��altrimenti�designate�richiede�``professionalita��,�
competenza�ed�esperienza''.�In�sostanza,�il�remittente�ipotizza�che�persone�di�fatto�poco�
``qualificate'',�e�percio��non�sufficientemente�idonee,�siano�designate�solo�per�``appartenenza''�
a�partiti�o�sindacati.�Questa�critica�suppone�che�le�norme�anzidette�siano�destinate�a�rima-
nere�inosservate�(il�che�e��indimostrato),�e�non�considera�che�il�personale�``latu�sensu''�politico�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

subisce�una�dura�selezione�e�sviluppa�qualita��e�sensibilita��di�grande�utilita��anche�per�le�fon-
dazioni.�Comunque,�la�critica�teste��riferita,�oltre�che�inammissibile�concretandosi�essa�in�
opinabili�apprezzamenti�di�opportunita��,�non�e��idonea�ne�a�condurre�a�demolizione�della�
disposizione�ne�ad�una�pronuncia�additiva�(ad�esempio,�per�aggiunta�dell'avverbio�``profes-
sionalmente''�prima�della�parola�``qualificata'').�La�disposizione�``de 
qua''�e��suscettibile�di�
molteplici�interpretazioni,�ed�anche�di�essere�letta�in�coerenza�con�il�principio�di�egua-
glianza:�con�pronuncia�intepretativa�di�infondatezza,potrebbe�essere�chiarito�che�i�requisiti�
di�``professionalita��,�competenza�ed�esperienza�devono�essere�egualmente�presenti�per�tutti�i�
designati,�cioe��anche�per�quelli�espressi�dalle�autonomie�territoriali;�il�che�del�resto�e��gia��
desumibile�dall'art.�4�del�regolamento�citato.�

Inammissibili�ed�inconsistenti�appaiono�i�dubbi�del�remittente�in�ordine�al�secondo�
periodo�della�lettera�C 
in�esame,�ed�al�``salvo�quanto�previsto�al�periodo�precedente''�che�
ne�costituisce�lo�``incipit''.�

In�seguito�al�menzionato�parere�del�Consiglio�di�Stato,�questo�secondo�periodo�e��stato�
trasfuso�nell'art.�5,�comma�2�del�regolamento�anzidetto,�dopo�essere�stato�puntualizzato�nel�
secondo�periodo�di�detto�comma�2.�

La�disposizione�concerne�non�i�componenti�degli�organi�delle�fondazioni�ma�``i�soggetti�
ai�quali�e��attribuito�il�potere�di�designare''�taluno�di�detti�componenti;�quindi�contro�di�essa�
(disposizione)�qualche�doglianza�avrebbe�potuto�emergere�in�futuro,�nel�contesto�di�altra�
controversia,�per�iniziativa�non�delle�fondazioni�(o�loro�amministratori)�ma�di�un�diverso�
``soggetto''�cui�fosse�stato�denegato�il�predetto�``potere�di�designare''.�Il�che�avrebbe�dovuto,�
in�via�preliminare,�indicare�al�remittente�la�carenza�``in 
parte 
qua''�di�interesse�a�ricorrere�in�
capo�alle�fondazioni�ricorrenti�e�conseguentemente�la�preliminare�non�^rilevanza�della�que-
stione�qui�prospettata.�

Sul�merito�di�essa�si�osserva�che�il�remittente�ha�ravvisato�due�diversi�dubbi�di�legitti-
mita��costituzionale:�per�disuguaglianza�(art.�3�Cost.)�a�suo�dire�``ingiustificata''�tra�``sog-
getti''�ammessi�a�designare,�e�per�``irrazionalita��intrinseca�della�precisione�legislativa''�stante�
^se�ben�si�e��compreso�^la�insussistenza�di�un�vincolo�di�mandato.�Il�primo�di�tali�dubbi�e��
palesemente�inconsistente:�gli�enti�territoriali�sono�``ope 
legis''�qualificati�a�designare,�mentre�
e��semplicemente�impensabile�una�pari�qualificazione�per�altri�``soggetti''�la�cui�individua-
zione�e��rimessa�allo�statuto�di�ciascuna�fondazione;�inoltre�gli�enti�territoriali�sono�soggetti�
democraticamente�governati�e�``portatori�di�interessi''�non�settoriali�e�che�non�possono�dirsi�
particolari�se�non�per�la�dimensione�dell'elemento�``territorio''.�Peraltro,�proprio�il�territorio�
connota�anche�la�comunita��dalla�quale�la�cassa�di�risparmio�ha,�nel�corso�dei�decenni,�tratto�
linfa,�e�che�e��quindi�alla�base�dell'accumulazione�patrimoniale.�Quindi�l'art.�3�Cost.�sarebbe�
stato�violato�se�situazioni�differenti�avessero�ricevuto�disciplina�non�differenziata.�

Il�secondo�dubbio,�che�invece�concerne�le�persone�componenti�gli�organi�delle�fonda-
zioni,�puo��essere�agevolmente�fugato�in�via�interpretativa:�e��evidente�che�tutti�i�componenti,�
quale�che�sia�stato�il�soggetto�designante,�sono�egualmente�esenti�da�vincolidimandato�ed�
egualmente�devono�perseguire�imparzialmente�gli�``scopi''�della�fondazione,�e�non�curare�
``interessi''�alieni.�

Il�``salvo�quanto�previsto�al�periodo�precedente''�riguarda�solo�i�soggetti�designati,�non�
le�persone�chiamate�a�far�parte�degli�organi�della�fondazione.�Cio��precisato,�la�disposizione�
sottoposta�a�scrutinio,�lungi�dal�tracciare�una�linea�di�``netta�distinzione�di�natura�delle�due�
componenti�in�seno�all'organo�di�indirizzo'',�come�erroneamente�scritto�dal�remittente,�
risulta�opportuna�perche�concorre�a�prevenire�deviazioni�dagli�``scopi''�(potrebbe�dirsi�
eccessi�di�potere)�e�conflitti�di�interesse.�A�ben�vedere,�anzi,�anche�questo�secondo�dubbio�
risulta�inammissibile:�il�remittente�nell'esprimere�una�sua�(in�realta��erronea)�opinione�circa�
una�vaga�(e�non�correlata�a�parametro�costituzionale)�``irrazionalita��intrinseca''�della�dispo-
sizione�ed�una�sua�(pervero�immotivata)�preferenza�per�le�regole�poste�dall'art.�2391�cod.�

civ.�^queste�notoriamente�tra�le�regole�maggiormente�criticate�del�diritto�societario,�per�la�
loro�scarsa�incisivita��e�per�la�conseguente�loro�scarsissima�effettivita��-,�chiede�a�codesta�
Corte�di�rendere�una�pronuncia�estranea�al�sindacato�di�legittimita��costituzionale.�Il�remit-
tente�erra�vistosamente�quando�suppone�che�il�legislatore�ordinario�non�possa�graduare�i�
rimedi�contro�i�conflitti�di�interessi�secondo�sue�valutazioni�discrezionali,�di�volta�in�volta�
adeguati�al�settore�cui�la�normativa�e��indirizzata�(in�argomento,�anche�quanto�gia��scritto,�
con�riguardo�all'art.�11,�comma�7�in�esame,�a�pag.�7�dell'atto�di�intervento).�

IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

A�giustificazione�del�dubbio�di�legittimita�costituzionale�dell'ultimo�periodo�dell'art.�11�
comma�14,�il�remittente�non�adduce�considerazioni�autonome�ed�ulteriori�rispetto�a�quelle�
esposte�riguardo�^parrebbe�^ai�commi�4�e�7�dello�stesso�articolo,�ed�ipotizza�una�pronuncia�
``quale�diretta�conseguenza''�di�una�declaratoria�di�fondatezza�di�altre�questioni.�Senonche�
il�citato�ultimo�periodo�parrebbe�recare�due�disposizioni�non 
``consequenziali'':�con�la�prima�
e�prevista�la�``ricostituzione�degli�organi''�in�seguito�allo�``adeguamento�dei�propri�statuti'';�
con�la�seconda�e�prevista�una�limitazione�temporanea�``all'ordinaria�amministrazione''�(salvo�
deroghe�autorizzate)�dell'attivita�delle�fondazioni.�Quindi,�a�rigore,�la�questione�relativa�
all'ultimo�periodo�``de 
quo''�sarebbe�inammissibile�di�ipotizzata�incostituzionalita�.Ne�le�fon-
dazioni�appaiono�legittimate�a�dolersi�del�``vulnus 
che�^a�detta�del�remittente�^deriva�ai�
soggetti�(persone�fisiche)�attualmente�componenti''.�

Comunque,�l'applicazione�del�periodo�in�esame�e�stata�sospesa;�si�fa�riserva�di�tornare�
sull'argomento.�
f.to 
Avv. 
Franco 
Favara�.�

Corte 
Costituzionale, 
sentenza 
29 
settembre 
2003, 
n. 
300 
^Presidente 
R.�Chieppa�^Redat-
tore 
G.�Zagrebelsky.�

�(omissis) 
nei�giudizi�di�legittimita�costituzionale�degli�articoli�11;�17,�comma�2;�19,�
commi�1�e�14;�22,�commi�3�e�4;�24,�commi�2,�3,�4,�9�e�13;�25,�commi�1,�5�e�10;�27,�comma�
13;�28,�commi�1,�5,�6,�8�e�11;�29;�30;�33;�35;�41;�52,�commi�10,�14,�17,�20,�39�e�83;�54;�55;�59;�
60,comma1,letterad);64;�66;�67;70e71�dellalegge28�dicembre2001,n.�448�[Disposizioni�
per�la�formazione�del�bilancio�annuale�e�pluriennale�dello�Stato�(legge�finanziaria�2002)],�
promossi�con�ricorsi�delle�Regioni�Marche,�Toscana,�Emilia-Romagna�e�Umbria,�notificati�
il�22�(primo�e�secondo�ricorso),�il�27�e�il�26�febbraio�2002,�depositati�in�cancelleria�il�28�feb-
braio,�il�1.�e�l'8�marzo�(terzo�e�quarto�ricorso)�2002�e�iscritti�ai�nn.�10,�12,�23�e�24�del�registro�
ricorsi�2002�(omissis).�

Considerato 
in 
diritto 
1.�^Le�regioni�Marche,�Toscana,�Emilia-Romagna�e�Umbria,�nel-
l'impugnare�numerose�disposizioni�della�legge�28�dicembre�2001,�n.�448�[Disposizioni�per�la�
formazione�del�bilancio�annuale�e�pluriennale�dello�Stato�(legge�finanziaria�2002)],�conte-
stano�tra�l'altro�l'art.�11�di�tale�legge�(Modifiche�al�decreto�legislativo�17�maggio�1999,�

n.�153,�in�materia�di�fondazioni).�Per�ragioni�di�omogeneita�di�materia,�la�trattazione�della�
questione�di�costituzionalita�indicata�viene�separata�da�quella�delle�altre,�sollevate�con�i�
medesimi�ricorsi,�oggetto�di�distinte�decisioni.�
2.�^l'articolo�di�legge�in�questione�incide�su�numerosi�aspetti�della�disciplina�delle�fon-
dazioni�di�origine�bancaria,�in�particolare�in�tema�di:�campi�materiali�di�intervento�(i�settori�
�ammessi��e��rilevanti�);�regole�di�composizione�dell'organo�di�indirizzo;�cause�di�incompa-
tibilita�;�modalita�di�gestione�e�destinazione�del�patrimonio;�definizione�della�nozione�di�
�controllo��di�una�societa�bancaria�da�parte�di�una�fondazione;��periodo�transitorio�,�in�
relazione�alle�prescritte�dismissioni�delle�partecipazioni�di�controlloinsocieta�bancarie;�
poteri�di�vigilanza;�adeguamento�degli�statuti�alle�nuove�disposizioni�legislative�e�ricostitu-
zione�degli�organi�delle�fondazioni�conseguenti�alle�modifiche�statutarie.�
Con�argomenti�sostanzialmente�analoghi,�tutte�le�Regioni�ricorrenti�sostengono�che�le�
disposizioni�della�legge�statale�impugnata�intervengono�con�norme�di�dettaglio�in�una�mate-
ria�^quella�delle��casse�di�risparmio,�casse�rurali,�aziende�di�credito�a�carattere�regionale��
^che�l'art.�117,�terzo�comma,�della�Costituzione�assegna�alla�legislazione�concorrente�regio-
nale.�La�competenza�legislativa�regionale�in�materia�di�fondazioni�di�origine�bancaria,�ad�
avviso�delle�ricorrenti,�discenderebbe�altres|�dalla�circostanza�che�tali�fondazioni�sono�chia-
mate�dalla�legge�a�operare�in�settori�materiali�affidati�costituzionalmente�alla�cura�della�legi-
slazione�regionale�(concorrente,�o,�per�la�sola�Regione�Toscana,�esclusiva,�secondo�l'art.�117,�
quarto�comma,�della�Costituzione).�

Unaparticolarecensurae�poirivoltaaicommi1e14deldenunciatoart.�11,iqualirico-
noscono�all'Autorita�di�vigilanza�^attualmente�il�Ministro�dell'economia�e�delle�finanze�



RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

una�potesta�regolamentare�che,�operando,�in�ipotesi,�in�materia�di�legislazione�regionale,�
violerebbe�la�riserva�di�potesta�regolamentare�disposta�dall'art.�117,�sesto�comma,�della�
Costituzione�a�favore�delle�Regioni�in�tutte�le�materie�non�di�competenza�legislativa�esclu-
siva�dello�Stato.�

3.�^Data�la�loro�sostanziale�identita�,�i�quattro�ricorsi,�per�la�parte�attinente�all'art.�11�
della�legge�n.�448�del�2001,�possono�riunirsi�per�essere�trattati�congiuntamente�e�decisi�con�
unica�sentenza.�
4.�^I�ricorsi�in�esame�non�sono�fondati.�
5.�^Tutte�le�censure�si�basano�sul�presupposto�che�le�fondazioni�di�origine�bancaria�
siano�tuttora�soggetti�caratterizzati�dall'appartenenza�all'organizzazione�del�credito�e�del�
risparmio.�Tale�presupposto�non�e�oggi�piu�sostenibile,�tenuto�conto�degli�sviluppi�della�legi-
slazione�in�materia�a�partire�dal�1990.�
La�legge�30�luglio�1990,�n.�218�(Disposizioni�in�materia�di�ristrutturazioneeintegra-
zione�patrimoniale�degli�istituti�di�credito�di�diritto�pubblico),�e�il�successivo�decreto�legisla-
tivo�20�novembre�1990,�n.�356�(Disposizioni�per�la�ristrutturazione�e�per�la�disciplina�del�
gruppo�creditizio),�hanno�dato�avvio�a�una�profonda�trasformazione�e�riorganizzazione�del�
settore�bancario,�anche�attraverso�la�trasformazione�delle�banche�pubbliche�in�societa�per�
azioni.�Nelle�sue�linee�generali,�il�procedimento�giuridico�previsto�si�e�basato�(a) 
sul�cosid-
detto��scorporo��della�azienda�bancaria�dagli�originari�enti�creditizi;�(b) 
sulla�scissione�di�
questi�ultimi�in�due�soggetti:�gli��enti�conferenti��e�le��societa�per�azioni�conferitarie��e�

(c) 
sul��conferimento��dell'azienda�bancaria�alla�societa�per�azioni�conferitaria�da�parte�
dell'ente�conferente.�A�quest'ultimo,�una�volta�operato�il�conferimento,era�affidata�(1)�la�
gestione�del�pacchetto�azionario,�da�esso�detenuto�nella�societa�conferitaria,�oltre�(2)�all'a-
zione�^tradizionale�per�le�Casse�di�risparmio�^nel�campo�della�promozione�dello�sviluppo�
sociale,�culturale�ed�economico.�
Questa�procedura,�che�ha�attivato�una�fase�di�trasformazione�degli�enti�pubblici�creditizi�
condotta�essenzialmente�dall'interno�di�essi,�senza�intromissioni�nel�capitale�prima�degli�enti�
bancari�e�poi�delle�societa�bancarie,�ha�comportato,�in�un�primo�momento,�uno�stretto�
legame�sostanziale�tra��soggetti�conferenti��e��soggetti�conferitari�,�pur�distinti�giuridica-
mente.�Sebbene�gli�enti�conferenti�dovessero�soprattutto�per�la�caratterizzazione�ricevuta�
con�l'art.�12�del�decreto�legislativo�n.�356�del�1990�concentrare�le�proprie�risorse�nel�perse-
guimento�dei�fini�di�interesse�pubblico�e�utilita�sociale�stabiliti�nei�loro�statuti,�e�non�potes-
sero�esercitare�direttamente�l'impresa�bancaria,�essi�erano�principalmente�i�titolari�del�capi-
tale�della�societa�per�azioni�conferitaria,�potendo�mantenere�la�partecipazione�di�controllo,�
in�vista�peraltro�delle�operazioni�di�ristrutturazione�del�capitale�e�di�dismissione�di�parteci-
pazioni,�attraverso�le�procedure�degli�articoli�1-7�del�decreto�legislativo.�Era�prevista,�sia�
pure�transitoriamente,�una��continuita�operativa��tra�i�due�soggetti�[art.�12,�comma�1,�let-
tera�c)],�assicurata�dalla�previsione�nello�statuto�dell'ente�conferente�della�nomina�di�membri�
del�suo�comitato�di�gestione�(o�equivalente)�nel�consiglio�di�amministrazione�della�societa�
conferitaria�e�di�componenti�l'organo�di�controllo�nel�collegio�sindacale�della�societa�stessa.�
Agli�enti�conferenti,�aventi�capacita�di�diritto�pubblico�e�di�diritto�privato,�si�continuavano�
ad�applicare�le�disposizioni�di�legge�relative�alle�procedure�di�nomina�degli�organi�ammini-
strativi�e�di�controllo�(in�particolare,�la�nomina�governativa�del�presidente�e�del�vicepresi-
dente).�Su�tali�enti�veniva�mantenuta�la�preesistente�vigilanza�del�Ministro�del�tesoro,�previ-
sta�per�gli�enti�pubblici�creditizi.�Al�Ministro,�inoltre,�dovevano�essere�sottoposte,�per�l'ap-
provazione,�le�modifiche�degli�statuti.�Riassuntivamente�e�coerentemente,�il�Titolo�III�del�
decreto�legislativo�n.�356�poteva�essere�intestato�agli��enti�pubblici�conferenti��che,�come�
questa�Corte�ha�riconosciuto�con�la�sentenza�n.�163�del�1995,�potevano�considerarsi�quali�
elementi�costitutivi�del�sistema�creditizio�allora�esistente.�

Al�processo�di�separazione�fu�dato�impulso�con�norme�dettate�e�prescrizioni�impartite�
nel�1994,�volte�a�promuovere�le�procedure�di�dismissione�di�partecipazioni�degli�enti�pubblici�
conferenti�nelle�societa�per�azioni�conferitarie:�il�decreto-legge�31�maggio�1994,�n.�332�
(Norme�per�l'accelerazione�delle�procedure�di�dismissione�di�partecipazioni�dello�Stato�e�
degli�enti�pubblici�in�societa�per�azioni),�convertito�con�modificazioni�dalla�legge�30�luglio�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

1994,�n.�474,�e�la�direttiva�del�Ministro�del�Tesoro�del�18�novembre�1994�(Criteri�e�procedure�
per�le�dismissioni�delle�partecipazioni�deliberate�dagli�enti�conferenti�di�cui�all'art.�11�del�
decreto�legislativo�20�novembre�1990,�n.�356,�nonche�per�la�diversificazione�del�rischio�degli�
investimenti�effettuati�dagli�stessi�enti).�Quest'ultimo�provvedimento�in�particolare,�adottato�
nell'ambito�del�potere�di�vigilanza�governativa�sugli�enti�conferenti,�mirava�al�duplice�e�con-
nesso�scopo�di�concentrarne�l'attivita�nel�perseguimento�delle�finalita�a�essi�assegnate�nei�set-
tori�di�intervento�di�interesse�e�utilita�sociale�e,�correlativamente,�restando�esclusa�la�
gestione�della�societa�conferitaria,�di�ridurre�progressivamente�la�partecipazione�detenuta�
in�quest'ultima,�tramite�dismissioni�destinate�a�ridurne�la�consistenza�a�non�piu�del�cin-
quanta�per�cento�del�proprio�patrimonio,�nei�cinque�anni�successivi.�

Con�la�legge�di�delega�23�dicembre�1998,�n.�461�(Delega�al�Governo�per�il�riordino�della�
disciplina�civilistica�e�fiscale�degli�enti�conferenti,�di�cui�all'art.�11,�comma�1,�del�decreto�
legislativo�20�novembre�1990,�n.�356,�e�della�disciplina�fiscale�delle�operazioni�di�ristruttura-
zione�bancaria),�e�il�conseguente�decreto�legislativo�17�maggio�1999,�n.�153�(Disciplina�civili-
stica�e�fiscale�degli�enti�conferenti�di�cui�all'art.�11,�comma�1,�del�decreto�legislativo�
20�novembre�1990,�n.�356,�e�disciplina�fiscale�delle�operazioni�di�ristrutturazione�bancaria,�
a�norma�dell'art.�1�della�legge�23�dicembre�1998,�n.�461),�la�trasformazione�della�natura�giu-
ridica�degli�originari�enti�conferenti�puo�dirsi�normativamente�realizzata.�Essi�quali�enti�
pubblici�gestori�della�partecipazione�al�capitale�delle�societa�conferitarie�^cessano�di�esistere�
come�tali,�dal�momento�dell'approvazione,�entro�centoottanta�giorni�dall'entrata�in�vigore�
del�d.�lgs.�n.�153�[art.�2,�comma�1,�lettera�l),�della�legge�n.�461],�delle�modifiche�statutarie�
rese�necessarie�per�l'adeguamento�alle�nuove�disposizioni�e�vengono�trasformati�in��fonda-
zioni�,��persone�giuridiche�private�senza�fine�di�lucro,�dotate�di�piena�autonomia�statutaria�
e�gestionale��che��perseguono�esclusivamente�scopi�di�utilita�sociale�e�di�promozione�dello�
sviluppo�economico�secondo�quanto�previsto�dai�rispettivi�statuti��(art.�2�del�d.lgs.�n.�153�
del�1999).�Il�patrimonio�delle�fondazioni�e�espressamente�vincolato�agli�scopi�statutari�
(art.�5,�comma�1,�dello�stesso�decreto).�

A�tali�soggetti,�costituiti�in�fondazioni�disciplinate�da�norme�specifiche,�e�espressamente�
precluso�l'esercizio�di�funzioni�creditizie�ed�e�altres|�esclusa�qualsiasi�forma�di�finanzia-
mento,�di�erogazione�o�di�sovvenzione,�diretti�o�indiretti,�a�enti�con�fini�di�lucro�o�in�favore�
di�imprese�di�qualsiasi�natura,�con�l'eccezione�delle�imprese�strumentali�ai�propri�fini�statu-
tari�(oltre�che�delle�cooperative�sociali�di�cui�alla�legge�n.�381�del�1991)�(art.�3,�comma�2).�
Salvo�quindi�che�in�enti�e�societa�che�abbiano�per�oggetto�esclusivo�l'esercizio�di�imprese�
strumentali,�in�tutte�le�altre�ipotesi,�comprendenti�dunque�anche�le�societa�bancarie�conferi-
tarie,�sono�vietate�le�partecipazioni�di�controllo�(art.�6,�comma�1).�Pertanto,�le�fondazioni,�
a�partire�dall'entrata�in�vigore�del�decreto�legislativo�n.�153,�non�possono�acquisire�nuove�
partecipazioni�di�controllo�in�societa�diverse�da�quelle�anzidette,�ne�conservarle,�ove�gia�
detenute�nelle�societa�stesse�(art.�6,�comma�4).�Quanto�alla�detenzione�delle�partecipazioni�
di�controllo�nelle�societa�bancarie�conferitarie,�l'art.�25,�con�norma�transitoria�stabilita��ai�
fini�della�loro�dismissione�,�prevedeva�peraltro�un�periodo�di�tolleranza�di�quattro�anni�dalla�
entrata�in�vigore�del�decreto�legislativo.�Ove�il�quadriennio�fosse�decorso�inutilmente,�il�men-
zionato�art.�25�disponeva�che�le�dismissioni,�comunque�obbligatorie,�potessero�avvenire�in�
un�ulteriore�periodo�di�non�oltre�due�anni,�con�la�perdita,�tuttavia,�delle�agevolazioni�fiscali,�
secondo�quanto�previsto�dall'art.�12,�comma�3.�

Alla�suddetta�trasformazione�giuridica�della�natura�dell'ente,�alla�destinazione�delle�sue�
attivita�a�scopi�esclusivi�di�utilita�sociale�e�di�promozione�dello�sviluppo�economico,�con�la�
totale�separazione�funzionale�dall'attivita�creditizia,�e�al�divieto�di�partecipazioni�di�con-
trollo�nel�capitale�di�societa�esercenti�l'attivita�bancaria,�si�accompagna�infine�un�rigoroso�
regime�di�incompatibilita�tra�cariche,�rispettivamente,�nella�fondazione�e�nella�societa�banca-
ria�conferitaria�[art.�4,�comma�1,�lettera�g),�e�comma�3].�

6.1.�^Il�quadro�normativo�teste�delineato�mostra�con�evidenza�che�le�fondazioni�sorte�
dalla�trasformazione�degli�originari�enti�pubblici�conferenti�(solo�impropriamente�indicate,�
nel�linguaggio�comune�e�non�in�quello�del�legislatore,�con�l'espressione��fondazioni�banca-
rie�),�secondo�la�legislazione�vigente,�non�sono�piu�^a�differenza�degli�originari��enti�pub-

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

blici�conferenti��^elementi�costitutivi�dell'ordinamento�del�credito�e�del�risparmio,�al�quale�e�
riconducibile�la�competenza�legislativa�che�l'art.�117,�terzo�comma,�della�Costituzione�rico-
nosce�alle�Regioni�in�materia�di��casse�di�risparmio,�casse�rurali,�aziende�di�credito�a�carat-
tere�regionale�.�L'evoluzione�legislativa�ha�spezzato�quel��vincolo�genetico�e�funzionale�,�
di�cui�parlano�le�sentenze�n.�341�e�n.�342�del�2001�di�questa�Corte,�vincolo�chein�origine�
legava�l'ente�pubblico�conferente�e�la�societa�bancaria,�e�ha�trasformato�la�natura�giuridica�
del�primo�in�quella�di�persona�giuridica�privata�senza�fine�di�lucro�(art.�2,�comma�1,�del�
d.lgs.�n.�153)�della�cui�natura�il�controllo�della�societa�bancaria,�o�anche�solo�la�partecipa-
zione�al�suo�capitale,�non�e�piu�elemento�caratterizzante.�Con�questa�trasformazione,�muta�
la�collocazione�nel�riparto�materiale�delle�competenze�legislative�tracciato�dall'art.�117�della�
Costituzione.�Ne�le�disposizioni�legislative�impugnate,�che�pure�modificano�per�aspetti�rile-
vanti�il�decreto�legislativo�n.�153�del�1999,�sono�tali�da�ricondurre�le�fondazioni�all'ordina-
mento�al�quale�appartenevano�gli�enti�pubblici�conferenti.�

Tanto�basta�per�escludere�la�fondatezza�della�pretesa�delle�quattro�Regioni�ricorrenti,�di�
vedere�annullate�le�impugnate�disposizioni�della�legge�dello�Stato�in�materia�di�fondazioni�
di�origine�bancaria,�in�conseguenza�della�competenza�legislativa�concorrente�loro�ricono-
sciuta�relativamente�alle��casse�di�risparmio,�casse�rurali,�aziende�di�credito�a�carattere�
regionale�.�L'art.�11�della�legge�n.�448�del�2001�opera�infatti�non�in�questa�materia�ma�in�
quella�dell'�ordinamento�civile�,�comprendente�la�disciplina�delle�persone�giuridiche�di�
diritto�privato�che�l'art.�117,�secondo�comma,�della�Costituzione�assegna�alla�competenza�
legislativa�esclusiva�dello�Stato.�

6.2.�^Da�questa�considerazione�discende�altres|�l'infondatezza�della�censura�mossa�
specificamente�ai�commi�1�e�14�del�denunciato�art.�11,�nella�parte�in�cui�riconoscono�potesta�
regolamentare�all'Autorita�di�vigilanza.�Una�volta�ricondotta�la�disciplina�in�esame�a�una�
materia�compresa�nel�secondo�comma�dell'art.�117,�cade�la�possibilita�per�le�Regioni�di�argo-
mentare�la�propria�competenza�regolamentare,�esistente,�secondo�il�sesto�comma�dello�
stessoart.�117,nellemateriediversedaquelleassegnateallacompetenzalegislativaesclusiva�
dello�Stato.�Con�il�medesimo�ordine�di�considerazioni,�il�Consiglio�di�Stato�(Sezione�consul-
tiva�per�gli�atti�normativi,�1.�luglio�2002),�del�resto,�ha�riconosciuto�la�legittimita�e�definito�
i�limiti�del�potere�regolamentare�previsto�dall'impugnato�comma�14�dell'art.�11�della�legge�
n.�448�del�2001.�
6.3.�^E�bens|�vero�che�questa�Corte,�chiamata�a�pronunciarsi�sul�potere�di�vigilanza�
sugli�enti�che�avevano�effettuato�il�conferimento�dell'azienda�bancaria�alla�societa�per�azioni,�
in�giudizi�promossi�da�Regioni�ad�autonomia�speciale�anche�in�base�a�norme�statutarie�cor-
rispondenti�a�quella�costituzionale�invocata�nel�presente�giudizio,�con�le�gia�ricordate�sen-
tenze�n.�341�e�n.�342�del�2001�ha�riconosciuto,�in�relazione�al�momento�in�cui�esse�sono�state�
pronunciate,�la�perdurante�qualificazione�quali�enti�creditizi�di�tali�soggetti.�Le�Regioni�
ricorrenti�non�mancano�percio�di�appoggiare�le�proprie�argomentazioni�su�queste�recenti�
pronunce�costituzionali.�
Nel�periodo�transitorio�delle�operazioni�di�ristrutturazione�bancaria,�secondo�le�citate�
pronunce,�la�qualificazione�di�ente�creditizio�e�stata�ritenuta�plausibile,�in�base�al�mancato�
venir�meno,�in�concreto,�del�vincolo�genetico�e�funzionale�tra�enti�conferenti�e�societa�banca-
rie�conferitarie,�vincolo�nel�quale�si�e�ritenuto�trovare�giustificazione�la�vigilanza�transitoria-
mente�attribuita�dalla�legge�[fino�alla�istituzione�della�autorita�di�controllo�sulle�persone�giu-
ridiche�e�anche�successivamente,�finche�perduri�la�partecipazione�di�controllo�in�societa�ban-
carie,�secondo�la�previsione�dell'art.�2,�comma�1,�lettera�i),�della�legge�n.�461�del�1998]�al�
Ministro�del�tesoro.�La�Corte�ha�ritenuto�che�la�perdita�di�tale�qualificazione�fosse�destinata�
a�verificarsi�solo�al�compimento�della�trasformazione,�con�la�dismissione�della�partecipa-
zione�rilevante�nella�societa�bancaria�conferitaria�e�delle�altre�partecipazioni�non�piu�consen-
tite�[oltre�che�^si�aggiungeva�in�quella�circostanza�^con�l'adeguamento�degli�statuti�e�la�
relativa�approvazione,�gia�realizzatisi�nella�generalita�dei�casi,�a�norma�della�lettera�l) 
del�
comma�1�dell'art.�2�della�legge�n.�461�del�1998],�con�la�conseguenza�che�il�potere�di�vigilanza,�
in�forza�delle�disposizioni�statutarie�che�attribuiscono�alle�Regioni�ad�autonomia�speciale�
competenza�in�materia�di�enti�creditizi,�dovesse�essere�riconosciuto�alle�Regioni�stesse.�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

Senonche�il�valore�di�queste�considerazioni,�dettate�in�relazione�alla�spettanza�del�
potere�di�vigilanza,�non�puo�proiettarsi�oltre�la�fase�ordinaria�di�ristrutturazione�degli�enti�
conferenti�^fondazioni�di�origine�bancaria.�Le�sentenze�n.�341�e�n.�342�del�2001�cadono�nel�
mezzo�del�quadriennio�previsto�dall'art.�25�del�d.lgs.�n.�153�come�periodo�normale�per�l'ade-
guamento,�cui�poteva�seguire�un�biennio�supplementare,�nel�caso�di�mancata�dismissione�
delle�partecipazioni�nel�periodo�ordinario,�peraltro�sanzionata,�come�gia�rilevato,�dalla�per-
dita�dei�benefici�tributari�previsti�viceversa�per�gli�enti�che�avessero�operato�tempestiva-
mente.�

Nel�momento�presente,�in�cui�il�quadriennio�si�e�compiuto,�non�c'e�ragione�per�ritenere�
ulteriormente�perdurante�l'originaria�qualificazione�degli�enti�conferenti,�quali�elementi�del�
sistema�del�credito�e�del�risparmio,�anche�perche�,�a�ritenere�il�contrario,�si�determinerebbe�
la�conseguenza�di�rimettere�ad�adempimenti�concreti�dei�singoli�enti�la�piena�e�generale�ope-
rativita�della�riforma�realizzata�dalla�legge;�con�l'assurdo�ulteriore�effetto�che�la�competenza�
legislativa�dello�Stato�e�delle�Regioni�verrebbe�a�determinarsi�non�in�generale,�ma�in�rela-
zione�all'effettivo�rapporto�di�partecipazione�al�capitale�della�societa�bancaria�in�cui�ogni�
ente�si�trovasse�e�finirebbe�per�dipendere�non�dalla�legge�ma�dagli�adempimenti�concreti,�
attuativi�della�legge,�rimessi�all'iniziativa�degli�enti�stessi.�

Nella�specie,�si�e�di�fronte�a�una�fase�di�transizione�il�cui�completamento�e�rimesso�
all'attuazione�delle�prescrizioni�legislative�che�e�demandata�all'attivita�degli�entidiorigine�
bancaria,�sotto�la�vigilanza�ministeriale.�Ma�a�questa�Corte�spetta�il�giudizio�di�legittimita�
costituzionale�della�legge,�indipendentemente�dagli�atti�concreti�di�applicazione�della�legge�
medesima.�Essa�non�puo�trascurare�la�circostanza�che�il�termine�previsto�per�l'adeguamento�
e�ormai�decorso�(e,�si�puo�aggiungere,�da�quanto�risulta�in�fatto,�rispettato�da�parte�della�
grande�maggioranza�degli�enti�interessati).�

A�differenza�di�quanto�ebbe�a�decidere�nel�2001,�la�Corte�oggi�non�puo�dunque�non�dare�
rilievo�alla�conclusione�del�periodo�ordinario�assegnato�agli�enti�per�gli�adempimenti�conse-
guenti�alla�decisione�legislativa�di�separare�gli�enti�medesimi�dal�sistema�creditizio,�ancorche�
il�legislatore�stesso�abbia�previsto�proroghe�per�far�fronte�a�situazioni�particolari�(si�vedano�
il�comma�1-bis 
dell'art.�25�del�d.lgs.�n.�153,�introdotto�dal�comma�13�dell'art.�11�della�legge�

n.�448del2001;ilcomma3-bis 
del�medesimo�articolo,�introdotto�dall'art.�80,�comma�20,�let-
tera�b),�della�legge�n.�289�del�2002;�e,�da�ultimo,�le�modifiche�apportate�ai�commi�1�e3-bis 
dello�stesso�art.�25,�a�opera�del�decreto-legge�24�giugno�2003,�n.�143,�convertito,�con�modifi-
cazioni,�dalla�legge�1.�agosto�2003,�n.�212).�
Cio�che�conta�ormai,�in�definitiva,�ai�fini�della�determinazione�della�portatada�asse-
gnare�al�riparto�delle�competenze�legislative�delineato�nell'art.�117,�secondo�e�terzo�comma,�
della�Costituzione,�e�la�qualificazione�degli�enti�in�questione�quali�fondazioni-persone�giuri-
diche�private,�data�dall'art.�2,�comma�1,�del�d.lgs.�n.�153�del�1999,�piu�volte�citato,�indipen-
dentemente�dall'eventuale�perdurare�di�loro�coinvolgimenti�in�partecipazioni�bancarie�che�
la�legge�ancora�consenta�per�ragioni�particolari,�accanto�all'esercizio�prioritario�delle�pro-
prie�funzioni�finalizzate�al�perseguimento�degli�scopi�di�utilita�sociale�e�di�sviluppo�econo-
mico,�secondo�le�previsioni�dei�loro�statuti.�

7.�^Le�Regioni�Toscana,�Emilia-Romagna�e�Umbria�fanno�altres|�valere,�a�favore�
della�propria�competenza�legislativa,�l'indiscutibile�circostanza�che�le�fondazioni�di�origine�
bancaria,�a�norma�dell'art.�2,�comma�2,�del�d.lgs.�n.�153,�tanto�nella�versione�originaria�
quanto�in�quella�modificata�dal�comma�3�dell'art.�11�della�legge�n.�448�del�2001,�operano�
per�scopi�di�utilita�sociale�in�materie,�relativamente�a�molte�delle�quali�esiste�competenza�
legislativa�regionale,�alla�stregua�del�terzo�e�del�quarto�comma�dell'art.�117.�Da�questa�con-
statazione�viene�tratta�la�conseguenza�che�al�legislatore�statale�sarebbe�precluso�organizzare�
le�modalita�di�esercizio�delle�funzioni�in�questione.�Le�fondazioni,�che�vengono�cos|�ritenute�
essere�modalita�organizzative�di�esercizio�di�queste�ultime,�rientrerebbero�percio�nell'ambito�
della�competenza�delle�leggi�regionali,�almeno�per�le�materie�che�a�tale�competenza�sono�
riconducibili.�
Questo�modo�di�ragionare�presuppone�che�le�fondazioni�di�origine�bancaria�ele�loro�
attivita�rientrino�in�una�nozione,�per�quanto�lata�sia,�di�pubblica�amministrazionein�senso�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

soggettivo�e�oggettivo.�Dopo�il�d.lgs.�n.�153,�questo�presupposto�non�e�piu�sostenibile.�La�
loro�definizione�quali�persone�giuridiche�private,�dotate�di�piena�autonomia�statutaria�e�
gestionale;�il�riconoscimento�del�carattere�dell'utilita�sociale�agli�scopi�da�esse�perseguiti;�la�
precisazione,�contenuta�nell'art.�2,�comma�1,�lettera�a),�della�legge�n.�461�del�1998,�che,�quali�
che�siano�le�attivita�effettivamente�svolte�dalle�fondazioni,��restano�fermi�compiti�e�funzioni�
attribuiti�dalla�legge�ad�altre�istituzioni�,�innanzitutto�agli�enti�pubblici,�collocano�^anche�
in�considerazione�di�quanto�dispone�ora�l'art.�118,�quarto�comma,�della�Costituzione�^le�
fondazioni�di�origine�bancaria�tra�i�soggetti�dell'organizzazione�delle��liberta�sociali��(sen-
tenza�n.�50�del�1998),�non�delle�funzioni�pubbliche,�ancorche�entro�limiti�e�controlli�compati-
bili�con�tale�loro�carattere.�Non�e�dunque�possibile�invocare�le�funzioni�attribuite�alla�com-
petenza�delle�Regioni�per�rivendicare�a�esse�il�potere�di�ingerenza�nell'organizzazione�di�sog-
getti�che�appartengono�a�un�ambito�diverso�da�quello�pubblicistico�che�e�il�loro.�

Cio�non�toglie,�naturalmente,�che�nei�confronti�dell'attivita�delle�fondazioni�di�origine�
bancaria,�come�di�quella�di�qualunque�altro�soggetto�dell'�ordinamento�civile�,�valgano�
anche�le�norme�regionali,�emanate�nell'ambito�delle�proprie�competenze�per�disciplinare�i�
diversi�settori�dell'attivita�nei�quali�queste�istituzioni,�secondo�i�propri�statuti,�operano.�

8.�^Per�queste�considerazioni,�tutte�le�censure�mosse�all'art.�11�della�legge�n.�448�del�
2001�dalle�Regioni�Marche,�Toscana,�Emilia-Romagna�e�Umbria�con�i�ricorsi�in�epigrafe�
devono�essere�dichiarate�non�fondate.�
Per�questi�motivi:�la�Corte�costituzionale�riservata�ogni�decisione�sulle�restanti�questioni�
di�legittimita�costituzionale�della�legge�28�dicembre�2001,�n.�448�[Disposizioni�per�la�forma-
zione�del�bilancio�annuale�e�pluriennale�dello�Stato�(legge�finanziaria�2002)],�sollevate�dalle�
Regioni�Marche,�Toscana,�Emilia-Romagna�e�Umbria�con�i�ricorsi�indicati�in�epigrafe;�riu-
nitiigiudizi,�dichiara�non�fondate�le�questioni�di�legittimita�costituzionale�dell'art.�11�della�
legge�28�dicembre�2001,�n.�448�[Disposizioni�per�la�formazione�del�bilancio�annuale�e�plu-
riennale�dello�Stato�(legge�finanziaria�2002)],�sollevate,�in�riferimento�all'art.�117,�terzo,�
quarto�e�sesto�comma,�della�Costituzione,�dalle�Regioni�Marche,�Toscana,�Emilia-Romagna�
e�Umbria,�con�i�ricorsi�in�epigrafe.�

Cos|�deciso�in�Roma,�nella�sede�della�Corte�costituzionale,�Palazzo�della�Consulta,�il�
24�settembre�2003�.�

La 
ricostruzione 
sistematica 
del 
settore 


(Note�d'udienza�^sentenza�29�settembre�2003,�n.�300).�

�Ambiguita�che�caratterizza�il��settore��ed�i��soggetti��in�esso�operanti.�
Tutta�la�vicenda�normativa�delle�fondazioni�bancarie�si�e�svolta�all'insegna�
dell'ambiguita��che�concerne�sia�la�collocazione�del�settore�sia�la�natura�
dei�soggetti�in�esso�operanti.�

Si�oscilla�tra�una�concezione�per�cos|�dire�privatistica�ed�una�concezione�
che�pone�nel�massimo�rilievo�la�matrice�pubblicistica�e�l'interesse�pubblico�
che�ne�costituisce�il�fondamento,�in�correlazione�con�i�noti�rilevantissimi�inte-
ressi�economico-sociali�che�fanno�capo�ai��soggetti��che�sono�il�punto�di�rife-
rimento�dell'attivita�ed�ai�soggetti�conferitari.�

Attualmente�e�senz'altro�questa�concezione�pubblicistica�quella�domi-
nante�che�ha�condotto�sia�la�giurisprudenza�che�la�dottrina�a�definire�le�fon-
dazioni�bancarie�come�enti�creditizi�in�quanto�esercitano�indirettamente�l'im-
presa�bancaria��non�piu�abilitati�all'esercizio�del�credito��ma�non�ancora�
enti�noprofit�di�dirittoprivato�(una�sorta�di�tertium�genus�in�via�di�evoluzione).�

Tale�ambiguita�trova�conferma�nell'oggetto�dei�giudizi�sottoposti�oggi�
alla�valutazione�della�Corte�e�nell'opposta�natura�dei�soggetti�in�essi�coinvolti�
e�degli�interessi�di�cui�gli�stessi�sono�portatori.�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

Da�un�lato�le�Fondazioni�Casse�di�Risparmio�che�ai�loro�fini�invocano�
la��tutela�dell'autonomia�privata��senza�riferimenti�all'art.�117�Cost.;�dall'al-
tro�le�Regioni�che�invocano�la�tutela�della�loro�potesta��concorrente�o�esclu-
siva��(in�modo�confuso)�di�legiferare�in�materia�ai�sensi�dell'art.�117,�terzo�o�
quarto�comma.�

Regioni�che�nelle�loro�difese�prendono�nettamente�posizione�per�la�qua-
lificazione�come��organismi�di�diritto�pubblico��delle�fondazioni�bancarie�
con�riferimento�alla�normativa�comunitaria�in�materia�di�appalti�pubblicie�
afferma�che��per�le�modalita�della�loro�nascita,�per�l'origine�del�loro�patri-
monio�e�per�il�regime�complessivo�di�cui�al�d.lgs.�153/1999,�anche�dopo�l'ac-
quisizione�della�formale�personalita�di�diritto�privato�non�costituiscono�veri�
soggetti�di�autonomia�privata,�ma�continuano�a�presentare�aifini�della�indivi-
duazionedeilimitidellapotesta�legislativacaratteristichemarcatamentepubbli-
cistiche�.�

Infondatezza.�Vero�e�che�qualunque�dei�due�indirizzi�(privatistico�o�pubblici-
stico)�si�ritenga�di�seguire,�nulla�muta�per�quel�che�riguarda�l'infondatezza�
dei�ricorsi.�

1.��Infatti,�se�si�ritiene�di�dover�seguire�la�linea�privatistica�si�dovra�
riconoscere�che�l'art.�11�ha�collocato�le�fondazioni�come�persone�giuridiche�
nate�da�una�legge�dello�stato�(legge�218/1990,��legge�Amato�)�con�caratteri-
stiche�del�tutto�peculiari,�non�assimilabili�alle�banche�e�quindi�estranee�alle�
materie�di�competenza�regionale,�nell'ambito�dell'ordinamento�civile�e�che�
pertanto,�la�norma�sulla�strada�di�un�disegno�istituzionale,�correlato�alle�
politiche�di�privatizzazione,�tracciato�ben�prima�della�riforma�del�Titolo�V,�
adeguando�la�disciplina�alle�modifiche�costituzionali�e�recependo�taluni�
aspetti�della�giurisprudenza�costituzionale�(richiamo�agli�artt.�117-118�e�raf-
forzamento�della�rappresentanza�degli�enti�locali�negli�organi�di�indirizzo�
delle�fondazioni)�ha�inteso�disciplinare�le�fondazioni�come��soggetti�,�piutto-
sto�che�disciplinare�i��settori��in�cui�possono�operare.�
Da�cio�discende�che��ferma�l'esigenza�che�le�fondazioni�in�futuro�ten-
gano�conto�delle�leggi�regionali�nelle�materie�riservate�alle�regioni��queste�
non�possono�imporre�ai�soggetti�comportamenti�per�quel�che�riguarda�la�
scelta�per�gli�investimenti,�la�destinazione�delle�erogazioni�e�il�rapporto�tra�
accantonamenti�ed�erogazioni.�

Da�tale�configurazione�della�norma�come�riguardante�materia�che�
rientra�nell'�ordinamento�civile��(art.�117,�lettera�l)�deriverebbe�che�legit-
timamente�lo�Stato�ha�disciplinato�in�forza�del�potere�esclusivo�le�fonda-
zioni�come��soggetti��in�relazione�ai�quali�non�esiste�competenza�regio-
nale.�

Al�riguardo�si�sottolinea�che�anche�sotto�l'aspetto�soggettivo�nessuna�
valenza�puo�essere�attribuita�alle�origini�bancarie�delle�fondazioni.�E�infatti�
improprio�ricondurre�le�fondazioni,�che�hanno�ereditato�dalle�casse�di�rispar-
mio�originarie�solo�la�funzione�di�erogazione�degli�utili�a�scopi�pubblici�di�
utilita�sociale,�alle�stesse�casse.�Al�contrario�eredi�delle�casse,�quali�imprese�


RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 


bancarie, 
sono 
le 
s.p.a. 
che 
esercitano 
l'impresa 
bancaria: 
le 
fondazioni 
sono 
solo 
azioniste 
delle 
banche 
e 
come 
tali 
non 
soggette 
alla 
vigilanza 
della 
Banca 
d'Italia. 


Inoltre, 
proprio 
l'art. 
11 
(comma 
13) 
prevedendo 
che, 
in 
alternativa 
alla 
dismissione, 
le 
fondazioni 
possano 
per 
un 
ulteriore 
periodo 
affidare 
le 
pro-
prie 
azioni 
ad 
una 
societa� 
di 
gestione 
del 
risparmio 
indipendente, 
assicura 
la 
definitiva 
separazione 
alle 
fondazioni 
dalle 
banche 
conferitarie 
anche 
per 
quanto 
concerne 
i 
poteri 
derivanti 
dall'essere 
azionista 
di 
maggioranza. 


2. 
�Se 
si 
privilegia, 
invece, 
l'aspetto 
pubblicistico 
della 
materia 
[tesi 
che 
parrebbe 
essere 
ritenuta 
preferibile 
alla 
luce 
di 
quanto 
ritenuto 
dalla 
Corte 
nelle 
sentenze 
341 
e 
342/2001, 
ove 
si 
afferma 
la 
permanenza 
della 
qua-
lificazione 
di 
ente 
creditizio 
delle 
fondazioni 
fino 
al 
compimento 
della 
tra-
sformazione 
sia 
con 
la 
dismissione 
della 
partecipazione 
rilevante 
nella 
societa� 
bancaria 
conferitaria 
e 
delle 
altre 
partecipazioni 
non 
piu� 
consentite, 
sia 
con 
l'adeguamento 
degli 
statuti 
e 
la 
relativa 
approvazione 
degli 
Statuti 
(fonda-
zioni 
non 
persone 
giuridiche 
private 
senza 
fini 
di 
lucro 
argomentando 
dal 
combinato 
disposto 
degli 
artt. 
2 
e 
28, 
comma 
secondo, 
d.lgs. 
153/1999) 
e 
si 
afferma 
che 
solo 
dopo 
le 
modifiche 
statutarie 
si 
porra� 
il 
problema 
del 
coordi-
namento 
con 
il 
nuovo 
regime 
delle 
persone 
giuridiche 
private 
e 
delle 
trasfor-
mate 
istituzioni 
pubbliche 
di 
assistenza 
in 
associazioni 
e 
fondazioni 
con 
per-
sonalita� 
di 
diritto 
privato 
senza 
fine 
di 
lucro, 
anche 
in 
relazione 
agli 
scopi 
ed 
ai 
settori 
di 
attivita� 
previsti 
per 
la 
fondazione 
(ex 
bancaria) 
ed 
alle 
materie 
di 
competenza 
(esclusiva 
o 
concorrente) 
regionale 
(o 
provinciale)], 
la 
materia 
rientrerebbe 
comunque 
nell'ambito 
della 
legislazione 
esclusiva 
dello 
Stato 
ai 
sensi 
dell'art. 
117, 
secondo 
comma, 
lettera 
e) 
che 
affida 
allo 
Stato 
la 
�tutela 
del 
risparmio�. 
Che 
si 
debba 
seguire 
piuttosto 
questa 
seconda 
via 
appare 
coerente: 
a) 
oltre 
che 
con 
quanto 
ritenuto 
dalla 
Corte 
costituzionale 
nelle 
piu� 
recenti 
sentenze 
sopra 
citate 
(341, 
342/2001 
e 
in 
sentenza 
163/1995) 
ove 
si 
evidenzia 
anche 
che 
e� 
la 
qualificazione 
di 
ente 
creditizio 
che 
giustifica 
nel 
periodo 
transitorio 
delle 
operazioni 
di 
ristrutturazione 
bancaria 
l'attribuzione 
dei 
poteri 
di 
vigilanza 
sulle 
fondazioni 
al 
Ministero 
del 
Tesoro 
e 
si 
ribadisce 
la 
permanenza 
di 
un 
vincolo 
genetico 
e 
funzionale 
tra 
enti 
conferenti 
e 
societa� 
bancarie 
conferitarie; 


b) 
con 
la 
disciplina 
della 
�tutela 
del 
risparmio� 
in 
via 
generale 
che, 
e� 
opportuno 
sottolineare, 
trova 
nella 
Costituzione 
un 
riferimento 
specifico 
nella 
stessa 
parte 
prima: 
Titolo 
III, 
art. 
47, 
primo 
e 
secondo 
comma: 
�la 
Repubblica 
incoraggia 
e 
tutela 
il 
risparmio 
in 
tutte 
le 
sue 
forme; 
disciplina, 
coordina 
e 
controlla 
l'esercizio 
del 
credito. 
Favorisce 
l'accesso 
del 
risparmio 
popolare 
alla 
proprieta� 
dell'abitazione...�. 


Tale 
norma 
che 
fa 
riferimento 
alla 
Repubblica 
(da 
intendersi, 
in 
questo 
caso 
come 
in 
molti 
altri 
articoli 
della 
prima 
parte 
della 
Costituzione, 
con 
riferimento 
allo 
Stato 
centrale, 
concernendo 
�le 
funzioni 
nella 
norma 
previ-
sta 
�funzioni 
ritenute 
fondamentali 
in 
guisa 
da 
non 
poter 
che 
essere 
uni-
formi 
su 
tutto 
il 
territorio 
nazionale) 
deve 
essere 
interpretata 
e 
correlata 
a 



IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

quanto�dettato�dall'art.�117,�secondo�comma,�lettera�e) 
che�ne�costituisce�la�
trasposizione�nel�Titolo�V�ed�e�,�come�tale,�la�conferma�della�tesi�sempre�rece-
pita�dalla�Corte,�secondo�la�quale�la�tutela�del�risparmio�(anche 
prima 
del-
l'entrata�in�vigore�della�modifica�del�Titolo�V�della�Costituzione)�non�poteva�
e�non�puo�che�essere�riservata�allo�Stato.�

Sarebbe�erroneo,�pertanto,�correlare�ai�fini�interpretativi�tale�norma�
all'art.�114�Cost.�che,�se�pone�lo�Stato�in�posizione�paritaria�rispetto�agli�altri�
Enti,�non�toglie�che�lo�Stato�(come�e�dimostrato�dal�fatto�che�nel�secondo�
comma�art.�114�esso�non�e�citato�per�quel�che�riguarda�la�sua�autonomia�e�
l'aggancio�di�questa�alla�Costituzione)�debba�essere�riconosciuto�come�svol-
gente�un�ruolo�centrale�nel�promuovere�l'�interesse�nazionale�.�

Concetto�questo�che,�pur�non�essendo�esplicitato�nel�Titolo�V,�permane�
anche�nella�nuova�disciplina�come��limite�implicito��all'ambito�di�azione�
degli�altri�enti�e�come�espressione�della�stessa�unita�della�Repubblica.�

A�ben�vedere�l'�interesse�nazionale��(che�ha�una�sua�elasticita�e�variabi-
lita�sostanziale�e�di�cui�puo�essere�custode�e�interprete�solo�lo�Stato�come�
rappresentante�degli�interessi�unitari�della�Repubblica)�nel�Titolo�V�trova�
un�punto�di�riferimento�e�di�emersione�specifico�(oltre�che�nell'eccezionale�
potere�sostitutivo�di�cui�all'art.�120,�secondo�comma)�proprio�nella�previsione�
di�un�potere�esclusivo�di�legiferare�(art.�117,�secondo�comma)�che�costituisce�
nell'enunciazione�delle�materie�una�esplicitazione�di�tutto�quanto�secondo�il�
legislatore�costituzionale�deve�essere�ricompreso�nei�poteri�riservati�al�ruolo�
centrale�dello�Stato�a�tutela�della�unitarieta�della�Repubblica;�

c) 
occorre�aggiungere�che�appare�del�tutto�infondato�il�riferimento�
delle�difese�delle�Regioni�all'art.�117,�comma�terzo,�per�quel�che�concernele�
materie�di�legislazione�concorrente�(casse�di�risparmio,�casse�rurali,�aziende�
di�credito�di�interesse�regionale).�

Non�e�dubbio,�infatti,�che�le�fondazioni�bancarie:�
1) 
sono�entita�ormai�distinte�e�separate�dalle�S.p.a.�Casse�di�Rispar-
mio�conferitarie�e�ulteriormente�si�distingueranno�da�queste�in�futuro;�
2) 
hanno�carattere�nazionale�o�interregionale�con�riferimento�ad�un�
ambito�territoriale�che�va�bel�oltre�quello�di�una�singola�regione.�

Cio�e�comprovato�dall'ampiezza�e�varieta�dei�``settori'',�cui�fa�riferi-
mento�l'art.�11,�che�hanno�per�natura�dimensioni�che�vanno�oltre�quelle�del-
l'Ente�Regione�e,�ancor�piu�,�dall'enorme�influenza�che�una�massa�di�denaro�
calcolabile�in�60�milioni�di�euro�ha�sull'intero�sistema�economico�nazionale.�

Tali�dimensioni�ed�influenza�sono�cos|�grandi�che�potrebbero�rendere�
invocabile�il�potere�di�legislazione�esclusiva�che�in�materia�allo�Stato,�nella�
attuale�fase�transitoria,�potrebbe�essere�riconosciuto�oltre�che�sotto�il�profilo�
della�lettera�l) 
del�secondo�comma�dell'art.�117,�sotto�il�profilo�della�let-
tera�g) 
della�medesima�norma,�ove�si�ritenga�che�attualmente�le�fondazioni�
bancarie�possano�essere�ricomprese�tra�gli�enti�pubblici�nazionali.�

Da�quanto�sopra�conclusivamente�deriva�che,�nello�stadio�attuale�della�
disciplina�delle�fondazioni�bancarie,�spostare�l'asse�verso�un�versante�esclusi-
vamente�privatistico�o�verso�una�linea�esclusivamente�regionalistica�avrebbe�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

(ed�e�questo�che�il�legislatore�ha�inteso�contrastare)�effetti�comunque�negativi�
sulla�tutela�del�patrimonio�delle�fondazioni�che�occorre�preservare�come�
patrimonio�di�tutti�i�cittadini�e�collocare�coerentemente�nell'ambito�di�quel�
�risparmio��che�la�Costituzione�negli�art.�47�e�117,�secondo�comma,�lett.�e) 
pone�come�bene�comune,�che�deve�in�ogni�caso�essere�disciplinato�uniforme-
mente�per�salvaguardare�in�modo�univoco�lo�stesso�interesse�della�comunita�
nazionale.�

Avv. 
Massimo 
Mari��


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

Sulla�potesta�regolamentare�dello�Stato�
in�regime�di�legislazione�concorrente�

(Corte 
Costituzionale, 
sentenza 
l 
ottobre 
2003 
n. 
302) 


La�decisione�della�Corte�Costituzionale�ribadisce�(vedi�anche�la�sentenza�

n.�376�del�2002)�un�effetto�cui�i��delegificatori��della�Riforma�Bassanini�forse�
non�avevano�pensato:�se�la�semplificazione�delle�procedure,�e,�in�generale,�la�
deregolation 
avvengono�con�la�semplice�sostituzione�di�regolamenti�(fonti�
subprimarie)�alle�leggi�primarie,�il�meccanismo�e�destinato�inevitabilmente�
ad�incepparsi�rispetto�alla�previsione�di�una�legislazione�concorrente�regio-
nale.�La�fonte�regolamentare�non�basta�piu�e,�soprattutto,�finisce�per�incidere�
in�un'area�(quella�della�normativa�di�dettaglio)�riservata�alla�potesta�legisla-
tiva�regionale.�Il�caso�di�specie�riguarda�le�modifiche�introdotte�dal�Governo�
al�regolamento�25�gennaio�2000�n.�34�sulla�qualificazione�delle�imprese�nei�
lavori�pubblici.�
La�consapevolezza�di�questo�effetto�frenante�alla�operativita�dei�regola-
menti��delegati��si�ritrova�anche�nel�parere�della�Sezione�Normativa�Consul-
tiva�del�Consiglio�di�Stato�n.�1794�del�26�agosto�2002,�che,�a�seguito�dell'en-
trata�in�vigore�del�nuovo�Titolo�quinto�della�Costituzione,�ha�ritenuto�non�
piu�praticabile�l'adozione�di�regolamenti�ministeriali�per�disciplinare,�ai�sensi�
dell'art.�10�del�decreto�legislativo�20�ottobre�1998,�n.�368,�la�gestione�e�la�
valorizzazione�dei�beni�culturali�attraverso�associazioni�e�societa�miste.�

G.�F.�
Corte�Costituzionale,�sentenza�1.�ottobre�2003,�n.�302�^Presidente 
R.�Chieppa�^Redattore 


A.�Fionocchiaro�^Giudice 
V.�Onida.�
�(Omissis)�nei�giudizi�per�conflitti�di�attribuzione�promossi�con�ricorsi�della�provincia�di�
Trento,�della�Regione�Valle�d'Aosta,�della�provincia�di�Bolzano,�della�Regione�Emilia�Roma-
gna,�della�provincia�di�Trento�e�della�provincia�di�Bolzano�sorti�a�seguito�del�d.P.R.�25�gen-
naio�2000,�n.�34,�concernente��Regolamento�recante�istituzione�del�sistema�di�qualificazione�
per�gli�esecutori�di�lavori�pubblici,�ai�sensi�dell'art.�8�della�legge�11�febbraio�1994,�n.�109,�e�
successive�modificazioni��e�degli�artt.�1,�comma�2�e�3,�188,�comma�8,�9�e�10,�del�d.P.R.�
21�dicembre�1999,�n.�544,�recante��Regolamento�di�attuazione�della�legge�quadro�in�materia�
di�lavori�pubblici�11�febbraio�1994,�n.�109,�e�successive�modificazioni��notificati�il�28,�il�27,�
il�29�aprile,�il�26�e�il�27�giugno�2000,�depositati�in�Cancelleria�il�5,�il�9,�il�18�maggioedil�
6�luglio�successivi�ed�iscritti�ai�nn.�18,�19,�23,�30,�31�e�32�del�registro�conflitti�2000�(omissis).�

Considerato 
in 
diritto.�1.��I�sei�ricorsi,�promossi�rispettivamente�dalla�provincia�di�
Trento�(reg.�confl.�n.�18�del�2000),�dalla�provincia�di�Bolzano�(reg.�confl.�n.�23�del�2000)�e�
dalla�Regione�Valle�d'Aosta�(reg.�confl.�n.�19�del�2000)�nei�confronti�del�Presidente�del�Con-
siglio�dei�ministri,�con�riferimento�al�decreto�del�Presidente�della�Repubblica�25�gennaio�
2000,�n.�34�(Regolamento�recante�istituzione�del�sistema�di�qualificazione�per�gli�esecutori�
di�lavori�pubblici,�ai�sensi�dell'articolo�8�della�legge�11�febbraio�1994,�n.�109,�e�successive�
modificazioni),�nonche�dalla�Regione�Emilia�Romagna�(reg.�confl.�n.�30�del�2000),�dalla�pro-
vincia�di�Trento�(reg.�confl.�n.�31�del�2000)�e�dalla�provincia�di�Bolzano�(reg.�confl.�n.�32�
del�2000)�nei�confronti�del�Presidente�del�Consiglio�dei�Ministri,�con�riferimento�al�decreto�
del�Presidente�della�Repubblica�21�dicembre�1999,�n.�554�(Regolamento�di�attuazione�della�
legge�quadro�in�attuazione�della�legge�quadro�in�materia�di�lavori�pubblici�11�febbraio�
1994,�n.�109,�e�successive�modificazioni),�sollevano�questioni�di�legittimita�costituzionale�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

parzialmente�coincidenti,�in�quanto�dirette�a�sostenere�l'inapplicabilita��nei�loro�confronti�dei�
regolamenti�di�delegificazione�impugnati.�I�giudizi,�evidentemente�connessi,�possono�dunque�
essere�riuniti�per�essere�decisi�con�unica�pronuncia.�

2.��Con�i�primi�tre�ricorsi,�proposti�dalla�provincia�di�Trento,�dalla�provincia�di�Bol-
zano�e�dalla�Regione�Valle�d'Aosta,�si�chiede�l'annullamento�del�decreto�del�Presidente�della�
Repubblica�25�gennaio�2000,�n.�34,�nella�parte�in�cui�disciplina�il�sistema�di�qualificazione�
per�gli�esecutori�di�lavori�pubblici�di�interesse�provinciale�e�regionale�ed�in�particolare�(in�
subordine�la�regione�Valle�d'Aosta)�degli�artt.�1,�comma�2;�2,�comma�1,�lettera�b);5,�
comma�1,�lettera�h) 
ed�8,�comma�1.�
Le�ricorrenti�contestano�l'applicabilita��del�regolamento��che�disciplina�il�sistema�di�
qualificazione�per�gli�esecutori�di�lavori�pubblici�sulla�base�del�potere�conferito�dall'art.�8�
della�legge�n.�109�del�1994��ai�lavori�pubblici�di�interesse�provinciale�e�regionale.�

In�particolare:�la�disposizione�che�estende�la�qualificazione�prevista�dal�regolamento�
agli�esecutori�dei�lavori�pubblici,�di�importo�superiore�a�150.000�euro,�affidati�dalle�regioni�
e�dalle�province�ad�autonomia�differenziata�(art.�1,�comma�2);�quella�che�include�tra�le��sta-
zioni�appaltanti��del�regolamento,�oltre�ai�soggetti�di�cui�all'art.�2,�comma�2,�della�legge,�
anche�le�regioni�e�le�province�ad�autonomia�differenziata�[art.�2,�comma�1,�lett.�b)];�quella�
che�include�due�rappresentanti�delle�regioni�e�delle�province�autonome��designati�dalla�
conferenza�dei�presidenti�delle�regioni�e�delle�province�autonome��nella�commissione�con-
sultiva�[art.�5,�comma�1,�lett.�h)],�istituita�presso�l'Autorita��per�la�vigilanza�sui�lavori�pub-
blici�per�esprimere�pareri�nel�corso�del�procedimento�di�autorizzazione,�da�parte�di�quest'ul-
tima,�degli�organismi�di�diritto�privato�che�attuano�il�sistema�di�qualificazione�(Societa��orga-
nismi�di�attestazione,�SOA);�quella�che�include�tra�i�soggetti�che�non�possono�detenere�
partecipazioni�al�capitale�di�una�SOA�anche�le�regioni�e�le�province�autonome�(art.�8,�
comma�1).�

Tutte�le�ricorrenti,�premesso�di�disporre�in�materia�di�lavori�pubblici�di�interesse�provin-
ciale�(o�regionale)�della�potesta��legislativa�primaria�e�delle�relative�potesta��amministrative,�
peraltro�gia��esercitate,�deducono�l'invasione�della�propria�sfera�di�competenza�in�materia�di�
lavori�pubblici,�mediante�la�violazione�dei�principi�costituzionali�relativi�all'esercizio�del�
potere�regolamentare�e�del�principio�di�legalita��.�

3.��La�regione�Emilia�Romagna�ha�proposto�ricorso�per�conflitto�di�attribuzione�nei�
confronti�dello�Stato,�avverso�il�decreto�del�Presidente�della�Repubblica�21�dicembre�1999,�
n.�554�(Regolamento�di�attuazione�della�legge�quadro�in�materia�di�lavori�pubblici�11�feb-
braio�1994,�n.�109,�e�successive�modificazioni)��emanato�sulla�base�dell'art.�3�della�legge�
n.�109�del�1994��chiedendone�l'annullamento�nella�parte�in�cui�intende�disciplinare�i�lavori�
pubblici�di�interesse�regionale�e�segnatamente�dell'art.�1,�commi�2�e�3,�e�dell'art.�188,�
commi�8,�9�e�10.�La�provincia�di�Trento�e�la�provincia�di�Bolzano�hanno�proposto�analoghi�
ricorsi,�chiedendo�l'annullamento�dello�stesso�regolamento�nella�parte�in�cui�intende�discipli-
nare�i�lavori�pubblici�di�interesse�provinciale�e�segnatamente�dell'art.�1,�commi2e3,edel-
l'art.�188,�commi�8,�9�e�10.�
Le�ricorrenti�contestano�l'applicabilita��del�regolamento�ai�lavori�pubblici�di�interesse�
regionale�e�provinciale�in�via�suppletiva,�sino�all'adeguamento�della�propria�legislazione�ai�
principi�desumibili�dalla�legge�quadro�(art.�1,�comma�3);�l'applicabilita��,�in�via�permanente,�
del�medesimo�regolamento�ai�lavori�pubblici�di�interesse�regionale�e�provinciale�finanziati�
in�misura�prevalente�con�fondi�provenienti�dallo�Stato,�ai�lavori�realizzati�nell'ambito�di�fun-
zioni�delegate,�nonche�nelle�materie�non�oggetto�di�potesta��legislativa�a�norma�dell'art.�117�
della�Costituzione�(art.�1,�comma�2);�l'obbligo�di�istituire�elenchi�di�collaudatori�e�di�curarne�
la�tenuta�mediante�apposite�commissioni�(art.�188,�commi�8,�9�e�10).�

Le�ricorrenti,�premesso�di�disporre�in�materia�di�lavori�pubblici�di�interesse�provinciale�
(o�regionale)�della�potesta��legislativa�primaria�(o�concorrente)�e�delle�relative�potesta��ammi-
nistrative,�peraltro�gia��esercitate,�deducono�l'invasione�della�propria�sfera�di�competenza�in�
materia�di�lavori�pubblici,�mediante�la�violazione�dei�principi�costituzionali�relativi�all'eserci-
zio�del�potere�regolamentare�e�del�principio�di�legalita��.�

Tutte�sostengono�l'inidoneita��della�norma�regolamentare�ad�intervenire�nelle�materie�di�
competenza�regionale�e�provinciale,�tanto�piu��se�di�competenza�esclusiva,�richiamando�la�
giurisprudenza�della�Corte.�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

Inoltre,�quanto�al�fondamento�di�tale�applicabilita�nell'art.�10,�legge�10�febbraio�1953,�

n.�62,�richiamato�espressamente�dalla�norma�impugnata,�in�generale�ne�sottolineano�l'inido-
neita�perche�relativo�al�rapporto�di�incompatibilita�tra�legge�statale�e�legge�regionale�da�
valutare�in�concreto�(regione�Emilia�Romagna),�ed�in�particolare�l'erroneita�rispetto�alle�
province�autonome,�per�le�quali�l'adeguamento�e�specificamente�disciplinato�da�norme�di�
attuazione�statutaria�(art.�2,�d.lgs.�16�marzo�1992,�n.�266),�che�prevedono�un�apposito�giudi-
zio�di�costituzionalita�.�
La�provincia�di�Bolzano,�infine,�sostiene�che�il�regolamento�impugnato�e�privo�di�base�
legale�perche�,�ai�sensi�dell'art.�2,�comma�2,�legge�n.�109�del�1994,�come�interpretato�dalla�
sent.�n.�482�del�1995,�le�regioni�e�le�province�non�sono�comprese�tra�i�destinatari�del�regola-
mento.�

4.��Va�premesso�che,�come�di�recente�affermato�da�questa�Corte�(sentenze�nn.39�e�13�
del�2003�e�507�del�2002),�tutti�i�ricorsi�devono�essere�scrutinati�alla�luce�delle�disposizioni�
costituzionali�sulla�competenza�vigenti�nel�momento�in�cui�i�decreti�impugnati�sono�stati�
adottati,�a�nulla�rilevando�il�successivo�mutamento�dei�parametri�conseguenti�all'entrata�in�
vigore�del�nuovo�titolo�V�della�Parte�seconda�della�Costituzione.�
4.1.��I�primi�tre�ricorsi�sono�fondati�sulla�base�delle�considerazioni�che�seguono.�
I�decreti�del�Presidente�della�Repubblica�n.�34�del�2000,�e�n.�594�del�1999�trovano�il�loro�
fondamento,�rispettivamente,�negli�artt.�8�e�3�della�legge�n.�109�del�1994.�
Con�il�primo�di�tali�articoli�e�stato�previsto�che,�con�apposito�regolamento,�da�emanare�
ai�sensi�dell'art.�17,�comma�2,�della�legge�23�agosto�1988,�n.�400,�e�istituito,�tenuto�conto�
della�normativa�vigente�in�materia,�un�sistema�di�qualificazione,�unico�per�tutti�gli�esecutori�
a�qualsiasi�titolo�di�lavori�pubblici�di�cui�all'articolo�2,�comma�1�(della�legge�n.�109�del�
1994),�di�importo�superiore�a�150.000�euro,�articolato�in�rapporto�alle�tipologie�ed�all'im-
porto�dei�lavori�stessi�(art.�8,�comma�2).�
Con�il�secondo�dei�suddetti�articoli�e�stata�demandata�alla�potesta�regolamentare�del�
Governo,�ai�sensi�dell'art.�17,�comma�2,�della�legge�23�agosto�1988,�n.�400,�con�le�modalita�
di�cui�al�presente�articolo�e�secondo�le�norme�della�legge�n.�109�del�1994�la�materia�dei�lavori�
pubblici�con�riferimento:�a) 
alla�programmazione,�alla�progettazione,�alla�direzione�dei�
lavori,�al�collaudo�e�alle�attivita�di�supporto�tecnico-amministrativo�con�le�annesse�norma-
tive�tecniche;�b) 
alle�procedure�di�affidamento�degli�appalti�e�delle�concessioni�di�lavori�pub-
blici,�nonche�degli�incarichi�di�progettazione;�c) 
alle�forme�di�pubblicita�e�di�conoscibilita�
degli�atti�procedimentali,�anche�mediante�informazione�televisiva�o�trasmissione�telematica,�
nonche�alle�procedure�di�accesso�agli�atti;�d) 
ai�rapporti�funzionali�tra�i�soggetti�che�concor-
rono�alla�realizzazione�dei�lavori�e�alle�relative�competenze.�
Subito�dopo�l'emanazione�delle�suddette�norme,�questa�Corte�ha�esaminato�la�questione�
di�legittimita�costituzionale�dell'art.�3�della�legge�n.�109�del�1994�sollevata�da�alcune�regioni�
e,�con�la�sentenza�n.�482�del�1995,�l'ha�dichiarata�infondata�rilevando,�fra�l'altro,�l'inesat-
tezza�del�presupposto�interpretativo�da�cui�le�ricorrenti�muovevano,�e�cos|�testualmente�
motivando:��I�regolamenti�governativi,�compresi�quelli�delegati,�non�sono�legittimati�a�disci-
plinare�materie�di�competenza�regionale�o�provinciale�(sentenza�n.�333�del�1995).�Ne�lo�stru-
mento�della�delegificazione�previsto�dall'art.�17�della�legge�n.�400�del�1988�puo�operare�per�
fonti�di�diversa�natura,�tra�le�quali�vi�e�un�rapporto�di�competenza�e�non�di�gerarchia.�Nel�
caso�in�esame�la�disposizione�denunciata�prevede�esclusivamente�la�delegificazione�statale,�
rispettando�l'attribuzione�alla�legge�della�disciplina�dei�rapporti�con�le�regioni�e�le�province�
autonome.�Difatti�queste�ultime�non�sono�comprese�tra�le�amministrazioni�e�gli�enti�destina-
tari�del�regolamento,�secondo�l'espressa�previsione�ed�elencazione�che�nefal'art.�2,�
comma�2,�lettera�a),�della�legge�n.�109�del�1994.�Solo�la�diretta�incompatibilita�delle�norme�
regionali�con�i�sopravvenuti�principi�e�norme�fondamentali�della�legge�statale�puo�determi-
nare,�ai�sensi�dell'art.�10,�primo�comma,�della�legge�10�febbraio�1953,�n.�62,�l'abrogazione�
delle�prime�(sentenze�nn.�153�del�1995,�498�e�497�del�1993,�50�del�1991,�151�del�1974).�La�
disposizione�denunciata�non�trova�quindi�applicazione�alle�ricorrenti,�che�non�hanno�per-
tanto�interesse�a�far�valere�gli�ulteriori�vizi�prospettati,�mancando�la�lesione�dell'autonomia�
costituzionalmente�garantita�alle�regioni�e�alle�province�autonome�(sentenze�nn.�314�del�
1990�e�961�del�1988).�Esclusa�l'applicabilita�alle�regioni�dell'emanando�regolamento,�ogni�
dubbio�di�legittimita�costituzionale�riferito�ai�suoi�contenuti�(in�particolare,�per�il�rinvio�ad�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

esso�operato�dall'art.�8,�comma�2,�della�legge�n.�109�del�1994,�secondo�quanto�prospettano�le�
province�autonome�di�Bolzano�e�di�Trento�e�la�Regione�Sardegna)�non�ha�ragione�di�essere�.�

Sulla�base�di�tali�considerazioni�il�d.P.R.�n.�34�del�2000��e�particolarmente�le�norme�
dello�stesso�impugnate��e�incostituzionale�nella�parte�in�cui�dispone�la�propria�applicabi-
lita�alle�regioni,�anche�a�statuto�speciale,�e�alle�province�autonome�per�non�essere�le�stesse�
comprese�fra�i�destinatari�del�regolamento.�

Ne�si�puo�convenire�con�l'eccezione�della�difesa�erariale�secondo�cui�la�sentenza�della�
Corte�n.�482�del�1995,�non�ha�riguardato�l'art.�8�della�legge�n.�109�del�1994,�relativo�al�
sistema�unitario�di�qualificazione,�essendo�infatti�sufficiente�rilevare,�da�un�lato,�che,�come�
risulta�dalla�motivazione�della�pronuncia�di�questa�Corte,�vi�e�espresso�richiamo�all'articolo�
citato�e,�dall'altro�che�l'art.�8�della�legge�abilitante,�rinvia,�per�i�lavori�pubblici�assoggettati,�
all'art.�2,�comma�1,�che,�a�sua�volta,�per�i�soggetti�affidatari,�richiama�l'art.�2,�comma�2,�
dove�non�sono�comprese�regioni�e�province�autonome.�

Quanto�enunciato�trova�del�resto�conferma�nella�sentenza�di�questa�Corte�n.�376�del�
2002�che,�nell'affrontare�il�problema�dei�regolamenti�di�delegificazione�emanati�ai�sensi�del-
l'art.�17,�comma�2,�della�legge�n.�400�del�1988,�afferma�espressamente�che�la�delegificazione�
cioe�la�sostituzione�di�una�disciplina�di�livello�regolamentare�ad�una�preesistente�di�livello�
legislativo�riguarda�solo�la�legislazione�statale�preesistente�e�che�la�delegificazione�e�lo�stru-
mento�adottato�dal�legislatore�statale�per�realizzare�l'obiettivo�della�semplificazione�dei�pro-
cedimenti�nell'ambito�di�cio�che�era�gia�disciplinato�dalle�leggi�statali�precedentemente�in�
vigore.�La�sostituzione�in 
parte 
qua 
con�norme�regolamentari�riguarda�esclusivamente�le�
preesistenti�disposizioni�di�leggi�statali.�

4.2.��Concludendo�sui�primi�tre�ricorsi,�va�dichiarato�che�non�spetta�allo�Stato�adot-
tare,�con�il�decreto�del�Presidente�della�Repubblica�25�gennaio�2000,�n.�34�(Regolamento�
recante�istituzione�del�sistema�di�qualificazione�per�gli�esecutori�di�lavori�pubblici,�ai�sensi�
dell'articolo�8�della�legge�11�febbraio�1994,�n.�109,�e�successive�modificazioni)�norme�applica-
bili�nei�confronti�delle�regioni,�anche�a�statuto�speciale,�e�delle�province�autonome�di�Trento�
e�di�Bolzano�e,�conseguentemente,�va�pronunciato�l'annullamento�degli�artt.�1,�comma�2,�2,�
comma�1,�lettera�b),�5,�comma�1,�lettera�h) 
ed�8,�comma�1,�del�predetto�d.P.R.�25�gennaio�
2000,�n.�34,�nella�parte�in�cui,�rispettivamente,�(a) 
individuano�fra�i�destinatari�del�sistema�
unico�di�qualificazione,�gli�esecutori�dei�lavori�pubblici,�di�importo�superiore�a�150.000�euro,�
affidati�dalle�regioni�anche�a�statuto�speciale�e�dalle�province�autonome�di�Trento�e�Bolzano�
(art.�1,�comma�2);�(b) 
definiscono��stazioni�appaltanti�,�fra�le�altre,�le�regioni�anche�a�sta-
tuto�speciale�e�le�province�autonome�di�Trento�e�Bolzano�(art.�2,�comma�1,�lett.�b);�(c) 
inclu-
dono�nella�commissione�consultiva�due�rappresentanti�delle�regioni�e�delle�province�auto-
nome�(art.�5,�comma�1,�lett.�h),�espressione�da�intendersi�comprensiva�anche�delle�regioni�
ad�autonomia�differenziata);�(d) 
includono�anche�le�regioni�e�le�province�autonome�tra�i�sog-
getti�che�non�possono�detenere�partecipazioni�al�capitale�di�una�SOA�(art.�8,�comma�1,�
espressione�comprensiva�anche�delle�regioni�a�statuto�speciale).�
5.��Passando�all'esame�degli�altri�tre�ricorsi�proposti�dalla�regione�Emilia�Romagna,�
dalla�provincia�di�Trento�e�dalla�provincia�di�Bolzano�deve�rilevarsi,�preliminarmente,�l'in-
fondatezza�dell'eccezione�di�inammissibilita�sollevata�dalla�difesa�erariale�ed�argomentata�
sulla�circostanza�che�l'atto�impugnato�ha�solo�la�forma�del�regolamento�ma�sostanza�e�forza�
di�legge,�come�tale�inidoneo�ad�essere�oggetto�di�conflitto�di�attribuzione,�potendosi�nei�suoi�
confronti�proporre�solo�ricorso�in�via�principale�nei�diversi�termini�previsti;�con�la�conse-
guenza�che,�anche�a�volerli�considerare,�in�via�di�conversione,�quale�impugnativa�diretta,�
sarebbero�palesemente�tardivi.�
L'atto�impugnato�non�ha�valore�di�legge�e,�quindi,�non�e�soggetto�al�procedimento�di�
impugnazione�gia�previsto�dall'art.�2�della�legge�costituzionale�del�1948�e�ora�previsto�(con�
termine�modificato)�dall'art.�127,�comma�2,�della�Costituzione.�

Correttamente,�pertanto,�le�ricorrenti�hanno�proposto�il�conflitto�di�attribuzione�ed�i�
relativi�ricorsi,�notificati�nel�termine�di�sessanta�giorni�dalla�pubblicazione�dell'atto�impu-
gnato,�ai�sensi�dell'art.�39,�comma�2,�della�legge�n.�87�del�1953�sono�ammissibili,�per�essere�
stati�tempestivamente�proposti.�

5.1��Passando�all'esame�delle�singole�questioni,�sono�fondate�le�censure�relative�agli�
artt.�1,�comma�2,�e�188,�commi�8,�9�e�10�del�d.P.R.�n.�554�del�1999,�per�le�stesse�ragioni�enun-
ciate�nel�precedente�paragrafo�n.�4.1,�dal�momento�che�tale�disciplina�estende,�con�norma�

IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

regolamentare,�le�disposizioni�predette�a�soggetti�esclusi�dall'applicazione�delle�stesse,�sulla�
base�della�legge�n.�109�del�1994.�Pertanto,�va�dichiarato�che�non�spetta�allo�Stato�adottare�
con�il�decreto�del�Presidente�della�Repubblica�21�dicembre�1999,�n.�554�(Regolamento�di�
attuazione�della�legge�quadro�in�materia�di�lavori�pubblici�11�febbraio�1994,�n.�109,�e�succes-
sive�modificazioni)�norme�applicabili�nei�confronti�delle�regioni,�anche�a�statuto�speciale,�e�
delle�province�autonome�di�Trento�e�di�Bolzano�e,�conseguentemente�va�pronunciato�l'annul-
lamento�degli�artt.�1,�comma�2,�e�188,�commi�8,�9�e�10�del�citato�d.P.R.�n.�554�del�1999,�nella�
parte�in�cui�estendono,�rispettivamente,�l'applicabilita�del�regolamento�ai�lavori�pubblici�di�
interesse�regionale�e�provinciale�finanziati�in�misura�prevalente�con�fondi�provenienti�dallo�
Stato,�ai�lavori�realizzati�nell'ambito�di�funzioni�delegate�e�nell'ambito�delle�materie�non�
oggettodipotesta�legislativaanormadell'art.�117dellaCostituzione(art.�1,comma2),non-
che�estendono�l'obbligo�di�istituire�elenchi�di�collaudatori�e�di�curarne�la�tenuta�mediante�
apposite�commissioni�(art.�188,�commi�8,�9�e�10).�

Il�prevalente�finanziamento�statale�e�l'afferenza�a�funzioni�delegate�o�a�materie�estranee�
al�vecchio�art.�117�della�Costituzione�non�giustificano�infatti�l'applicabilita�del�regolamento�
che,�in�via�generale,�non�si�applica�alle�regioni�e�si�deve�escludere�che�il�criterio�del�finanzia-
mento�prevalente�sia�suscettibile�di�trasferire�un'opera�pubblica�dalla�sfera�di�competenza�
regionale�a�quella�statale.�

Quanto�all'altra�censura�e�sufficiente�osservare�che�lavori�pubblici�di�competenza�regio-
nale�non�sono�solo�quelli�attinenti�ad�altre�materie�di�competenza�regionale�previste�dal�vec-
chio�art.�117,�in�quanto�l'ambito�della�materia��lavori�pubblici��di�competenza�regionale�
era�definito�da�norme�di�attuazione�degli�statuti�speciali�e,�per�le�regioni�ordinarie,�dal�

d.P.R.�24�luglio�1977,�n.�616�(Attuazione�della�delega�di�cui�all'art.�1�della�legge�22�luglio�
1975,�n.�382).�
5.2.��Con�riferimento�alla�censura�relativa�dell'art.�1,�comma�3,�del�d.P.R.�n.�544�del�
1999,�secondo�cui,�ai�sensi�dell'art.�10�della�legge�n.�62�del�1953,�le�regioni,�anche�a�statuto�
speciale�e�le�province�autonome�di�Trento�e�di�Bolzano�applicano�le�disposizioni�del�regola-
mento�fino�a�quando�non�avranno�adeguato�la�propria�legislazione�ai�principi�desumibili�
dalla�legge,�occorre�distinguere�fra�regioni�ordinarie�e�province�di�Trento�e�Bolzano�(acco-
munate,�per�quel�che�interessa,�alla�regione�Trentino-Alto�Adige).�
Nei�confronti�delle�prime�la�norma�impugnata�non�e�illegittima,�perche�ad�esse�si�
applica�il�meccanismo�dell'art.�10�della�legge�n.�62�del�1953,�esplicitamente�richiamata.�

La�disposizione�denunciata�va�intesa�nel�senso�che�il�regolamento�si�applica�ove�la�pree-
sistente�legislazione�regionale�risulti�in�concreto�abrogata�per�effetto�del�suo�contrasto�con�
i�principi�fondamentali�recati�dalla�legge�n.�109�del�1994,�oltre�che�la�dove�non�vi�sia�mai�
stata�legislazione�regionale�(e�dunque�la�disciplina�statale�previgente�e�ora��delegificata��
continui�ad�applicarsi�in�forza�del�principio�di�continuita�).�

Stabilire�se�le�leggi�regionali�preesistenti�sono�o�non�sono�in�contrasto�con�i�nuovi�prin-
cipi�fondamentali�e,�quindi,�sono�o�non�sono�abrogate,�e�compito�dei�giudici�nei�casi�con-
creti;�il�regolamento�statale�non�puo�fare�presumere�che�sia�cos|�,�a�priori,�per�tutte�le�leggi�
regionali�preesistenti.�

Sulla�base�di�questa�interpretazione,�la�questione,�relativa�alle�regioni�ordinarie,�e�infon-
data.�

Diverso�e�il�discorso�per�le�province�di�Trento�e�Bolzano.(che�godono�di�una�disciplina�
comune,�per�quanto�di�interesse,�alla�regione�Trentino-Alto�Adige).�

A�loro�non�si�applica�l'art.�10�della�legge�n.�62�del�1953,�ma�l'art.�2�del�d.lgs.�16�marzo�
1992,�n.�266�(Norme�di�attuazione�dello�statuto�speciale�per�il�Trentino-Alto�Adige�concer-
nenti�il�rapporto�tra�atti�legislativi�statali�e�leggi�regionali�e�provinciali,�nonche�la�potesta�
statale�di�indirizzo�e�coordinamento),�secondo�cui�il�sopravvenire�di�nuove�norme�statali�
comportanti�vincoli�di�adeguamento�della�legislazione�provinciale�non�produce�abrogazione�
delle�leggi�provinciali�preesistenti�in�contrasto�con�i�nuovi�vincoli,�ma�solo�un�obbligo�di�
adeguamento,�la�cui�mancata�realizzazione�puo�essere�fatta�valere�dal�Governo�con�apposito�
ricorso�contro�le�leggi�provinciali�non�adeguate.�

Nei�confronti,�quindi,�delle�due�province�autonome�non�puo�trovare�applicazione�il�
regolamento�statale�in�base�all'art.�10�della�legge�n.�62�del�1953.�
Pertanto�va�dichiarato�che�non�spetta�allo�Stato�e�per�esso�al�Presidente�del�Consiglio�
dei�ministri�adottare,�con�il�decreto�del�Presidente�della�Repubblica�21�dicembre�1999,�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

n.�554�(Regolamento�di�attuazione�della�legge�quadro�in�materia�di�lavori�pubblici�11�febb
raio�1994,�n.�109,�e�successive�modificazioni)�norme�applicabili�in�via�suppletiva�nei�conf
ronti�delle�province�autonome�di�Trento�e�di�Bolzano,�e,�conseguentemente�va�pronunciato 
l'annullamento�dell'art.�1,�comma�3,�del�predetto�d.P.R.�21�dicembre�1999,�n.�554,�nella�parte 
in�cui�si�riferisce�alle�province�autonome�di�Trento�e�di�Bolzano. 
Per 
questi 
motivi 
la 
Corte 
costituzionale 
riuniti�i�giudizi; 
a) 
dichiara 
che�non�spetta�allo�Stato�e�per�esso�al�Presidente�del�Consiglio�dei�ministri,�
adottare,�con�il�decreto�del�Presidente�della�Repubblica�25�gennaio�2000,�n.�34�(Regola-
mento�recante�istituzione�del�sistema�di�qualificazione�per�gli�esecutori�di�lavori�pubblici,�ai�
sensi�dell'articolo�8�della�legge�11�febbraio�1994,�n.�109,�e�successive�modificazioni)�e�con�il�
decreto�del�Presidente�della�Repubblica�21�dicembre�1999,�n.�554�(Regolamento�di�attua-
zione�della�legge�quadro�in�materia�di�lavori�pubblici�11�febbraio�1994,�n.�109,�e�successive�
modificazioni)�norme�applicabili�nei�confronti�delle�Regioni,�anche�a�statuto�speciale,�e�delle�
province�autonome�di�Trento�e�di�Bolzano,�e,�conseguentemente,�annulla�gli�artt.�1,�
comma�2,�2,�comma�1,�lettera�b),�5,�comma�1,�lettera�h) 
e�8,�comma�1,�del�d.P.R.�25�gennaio�
2000,�n.�34,�nonche�gli�artt.�1,�commi�2�e�188,�commi�8,�9�e�10�del�d.P.R.�21�dicembre�1999,�

n.�554,�nella�parte�in�cui�si�riferiscono�alle�Regioni,�anche�a�statuto�speciale,�e�alle�province�
autonome�di�Trento�e�di�Bolzano;�
b) 
dichiara 
che�non�spetta�allo�Stato�e�per�esso�al�Presidente�del�Consiglio�dei�ministri�
adottare,�con�il�decreto�del�Presidente�della�Repubblica�21�dicembre�1999,�n.�554�(Regola-
mento�di�attuazione�della�legge�quadro�in�materia�di�lavori�pubblici�11�febbraio�1994,�

n.�109,�e�successive�modificazioni)�norme�applicabili�nei�confronti�delle�province�autonome�
di�Trento�e�di�Bolzano,�e,�conseguentemente�annulla�l'art.�1,�comma�3,�del�predetto�d.P.R.�
21�dicembre�1999,�n.�554,�nella�parte�in�cui�si�riferisce�alle�province�autonome�di�Trento�e�
di�Bolzano;�
c) 
rigetta,�per�il�resto,�il�ricorso�per�conflitto�di�attribuzioni�proposto�dalla�regione�Emi-
lia�Romagna�avverso�l'art.�1,�comma�3,�del�decreto�del�Presidente�della�Repubblica�
21�dicembre�1999,�n.�554�(Regolamento�di�attuazione�della�legge�quadro�in�materia�di�lavori�
pubblici�11�febbraio�1994,�n.�109,�e�successive�modificazioni),�con�il�ricorso�indicato�in�pre-
messa.�

Cos|�deciso�in�Roma,�nella�sede�della�Corte�costituzionale,�Palazzo�della�Consulta,�il�
23�settembre�2003�(omissis)�.�

Memoria 
dell'Avvocatura 
Generale 
dello 
Stato 
per 
il 
Presidente 
del 
Consiglio 
dei 
Ministri 
(ct�
22779/00,�Avv.�dello�Stato�P.�Cosentino).�

�Con�ricorso�notificato�in�data�27�giugno�2000�la�Provincia�Autonoma�di�Bolzano�ha�
sollevato�innanzi�a�codesta�Corte�conflitto�di�attribuzioni�nei�confronti�dello�Stato,�chie-
dendo�che�venga�dichiarato�che�non 
spetta 
allo 
Stato 
di�disciplinare�con�regolamento�ed�in�
modo�direttamente�vincolante�i�lavori�pubblici�di�interesse�provinciale�di�competenza�della�
ricorrente�Provincia�Autonoma,�e 
conseguentemente 
annullare 
il�decreto�del�Presidente�della�
Repubblica�21�dicembre�1999�n.�554,�concernente��Regolamento�di�attuazione�della�legge--
quadro�in�materia�di�lavori�pubblici�11�febbraio�1994�n.�109�e�successive�modificazioni�,�
nella�parte�in�cui�esso�intende�disciplinare�lavori�pubblici�di�interesse�provinciale,�e�segnata-
mente�negli�articoli�1,�commi�2�e�3,�e�188,�comma�8,�per�violazione�di�principi�e�norme�costi-
tuzionali�statutari�e�attuativi.�

Si�e�costituito�per�resistere�il�Presidente�del�Consiglio�dei�Ministri,�concludendo�perche�
la�Corte�dichiari�inammissibile�o�comunque�respinga�il�ricorso.�

A) 
Il�ricorso�per�conflitto�di�attribuzioni�parrebbe�in�primo�luogo�non�ammissibile,�e�
cio�in�quanto�l'atto�impugnato�(il�d.P.R.�21�dicembre�1999�n.�554)�siccome�invasivo�della�
sfera�di�competenza�provinciale�ha�soltanto�la�forma,�o�la�veste,�di�regolamento,�ma�possiede�
la�sostanza,�e�la�forza,�di�legge�(generale�e�astratta),�in�quanto�trattasi�di�regolamento�c.d.�
delegificato,�cui�tali�forza�e�sostanza�sono�stati�attribuiti�dall'art.�3,�comma�1,�della�legge-
quadro�11�febbraio�1994�n.�109�(con�riferimento�all'ipotesi�di�cui�all'art.�17,�comma�2,�della�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

legge�23�agosto�1988�n.�400�per�la�disciplina�di�materie�non�coperte�da�riserva�assoluta�di�
legge).�Pertanto,�nei�riguardi�di�un�atto�dello�Stato�dotato�di�tale�forza�(di�legge)�non�sembra�
possa�instaurarsi�conflitto�di�attribuzioni,�bens|��impugnativa�diretta�dell'atto�avente�forza�
di�legge�ai�sensi�dell'art.�2�della�legge�cost.�9�febbraio�1948,�n.�1�nonche�art.�32�legge�
11�marzo�1953�n.�87,�peraltro�entro�il�termine�(in�vigore�prima 
della�modifica�dell'art.�127�
Cost,�introdotto�con�l'art.�8�della�legge�cost.�18�ottobre�2001,�n.�3)�di�30�giorni 
dalla 
pubbli-
cazione 
della�legge�(nella�specie�avvenuta�in�Gazzetta 
Ufficiale 
28�aprile�2000�n.�98,�S.O.�

n.�66/2),�anziche�quello�di�60�giorni�previsto�per�i�conflitti�di�attribuzione�ai�sensi�del-
l'art.�39,�comma�2,�della�legge�11�marzo�1953�n.�87.�Il�ricorso�de 
quo 
agitur,�notificato�il�
26�giugno�2000,�risulta�pertanto�inammissibile�e�comunque�anche�a�volerlo�considerare,�in�
via�di�conversione�dell'atto�processuale,�quale�impugnativa�diretta,�palesemente�tardivo�
(rispetto�alla�disciplina�decadenziale�vigente�all'epoca�della�sua�proposizione).�
B) 
Il�ricorso�risulta�comunque�del�tutto�infondato�nel�merito.�Con�esso�la�Provincia�
Autonoma�di�Bolzano�lamenta�la�violazione�delle�proprie�attribuzioni�di�cui�agli�artt.�8,�

n.�17,�e�16�dello�statuto�speciale�(in�particolare,�art.�2�del�d.lgs�16�marzo�1992�n.�266)�nonche�
dell'art.�107�dello�statuto.�Tale�violazione�graverebbe�sui�principi�costituzionali�relativi�ai�
rapporti�tra�fonti�statali�e�regionali;�viene,�inoltre,�lamentata�la�violazione�del�principio�di�
legalita��.�
Ad�avviso�della�ricorrente,�infatti,�il�regolamento�impugnato�sarebbe�privo�di�fonda-
mento�legale�in�quanto�la�legge�n.�109/1994�aveva�stabilito�che�il�regolamento�governativo�
non�dovesse�riguardare�anche�regioni�e�province�autonome.�

La�ricorrente,�pertanto,�chiede�alla�Corte�Costituzionale�la�dichiarazione�di�non�spet-
tanza�allo�Stato�del�potere�di�disciplinare,�con�il�decreto�del�Presidente�della�Repubblica�
21�dicembre�1999,�n.�554,�i�lavori�pubblici�di�interesse�regionale�di�competenza�della�ricor-
rente�Provincia�Autonoma�e�chiede,�per�l'effetto,�l'annullamento�delle�disposizioni�di�cui�
all'art.�1,�commi�2�e�3,�e�dell'art.�188,�commi�8-10,�del�presente�regolamento.�

Le�censure�devono�essere�respinte.�

In�primo�luogo,�infatti,�per�quanto�riguarda�il�criterio�della�prevalenza�del�finanzia-
mento�statale�(art.�1,�comma�2,�del�decreto�del�Presidente�della�Repubblica�n.�554/1999)�ai�
fini�dell'applicabilita��delle�norme�del�regolamento�alle�Regioni,�occorre�rilevare�che�esso�
attiene�ad�un�aspetto�connesso�a�valutazioni 
discrezionali 
di 
allocazione 
di 
ingenti 
risorse 
finanziarie,�con�conseguente�sottrazione�di�fondi�da�destinare�ad�altre�possibili�finalita��sicu-
ramente�di�interesse�dello�Stato;�l'interesse��regionale��-che�ovviamente�non�puo��essere�
legato�a�parametri�fissi�e�predeterminabili,�quale�ad�esempio�quello�meramente�territoriale�
-diventa�in�tal�modo�recessivo�nell'ambito�della�qualificazione�da�darsi�all'interesse�ai�sensi�
dell'art.�117�della�Costituzione.�

Per�quanto�concerne�poi�il�riferimento�alle��materie�non�oggetto�di�potesta��legislativa�a�
norma�dell'articolo�117�della�Costituzione�,�deve�evidenziarsi�che�la�vastita��degli�ambiti�
oggetto�del�regolamento�postula�certamente�la�regolamentazione�di�materie 
che 
non 
atten-
gono 
alla 
legislazione 
regionale 
dei 
lavori 
pubblici 
rigidamente�intesa�(quali,�ad�esempio,�la�

disciplina�delle�societa��di�ingegneria,�quella�relativa�alla�definizione�delle�controversie,�non-
che�alle�garanzie)�.�

Va�inoltre�osservato�che�la�riforma�operata�dal�legislatore�nel�settore�dei�lavori�pubblici�
si�fonda�essenzialmente�sulla�stretta�connessione�tra�le�norme�contenute�nella�legge�quadro�
e�quelle�del�regolamento�delegificante,�tale�da�non�poter�essere�considerati�operanti�i�principi�
contenuti�nella�legge,�se�non�tradotti�nella�disciplina�contenuta�nel�decreto�in�questione,�
ove�naturalmente�non�trasposti�nelle�leggi�regionali,�come�previsto�al�comma�3�dell'arti-
colo�1�del�decreto�del�Presidente�della�Repubblica�n.�554/1999.�

Occorre�aggiungere,�infine,�che�laddove�il�riferimento�all'art.�10�della�legge�n.�62�del�
1953�sembra�escludere�le�Regioni�a�statuto�speciale�e�le�province�autonome�dall'obbligo�di�
adeguare�la�propria�legislazione�ai�nuovi�principi�recati�dalla�legge�quadro�e�dal�regola-
mento,�tale�obbligo�deriva�direttamente�dall'articolo�1,�comma�2,�della�legge�n.�109/1994,�
attraverso�il�richiamo�espresso�ai�principi�di�riforma�economica�sociale.�

Per�le�suesposte�considerazioni,�il�Presidente�del�Consiglio�dei�Ministri�insiste�nelle�con-
clusioni�di�inammissibilita��e�comunque�di�rigetto�gia��formulate�nell'atto�di�costituzione.�
Roma,�22�febbraio�2003�^Avv. 
Paolo 
Cosentino�.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Sussidiarieta�e�leale�collaborazione�nel�sistema�
delle�infrastrutture�e�degli�insediamenti�
produttivi�strategici�

(Corte 
Costituzionale, 
sentenza 
25 
settembre 
-10 
ottobre 
2003 
n.303) 


Nel�contesto�delle�decisioni�della�Corte�Costituzionale�merita�una�parti-
colare�attenzione�la�sentenza�n.�303�del�1.�ottobre�2003,�pronunciata�nel�giu-
dizio�di�costituzionalita�,�promosso�dalle�Regioni,�sulla�delega�al�governo�in�
materia�di�infrastrutture�ed�insediamenti�produttivi�strategici�di�cui�alla�legge�

n.�443/2001,�sulle�modificazioni�a�tale�disciplina�introdotte�dalla�leggen.�
166�del�2002�e�sulla�relativa�legislazione�delegata.�L'importanza�della�deci-
sione�e�nella�circostanza�che�la�Corte�Costituzionale�individua�un�limite�fun-
zionale�all'operativita�del�criterio�della�competenza�legislativa�residuale�delle�
Regioni�di�cui�all'art.�117�del�nuovo�Titolo�V,�nei�principi�di�sussidiarieta�e�
di�necessaria�collaborazione.�
La�sussidiarieta�opera�^secondo�la�Corte�Costituzionale�^come�criterio�
di�allocazione�al�livello�piu�adeguato�delle�funzioni,�anche�legislative,�col�solo�
limite�che�i�presupposti�per�tale�modificazione�funzionale�della�competenza�
siano�concretamente�saggiati�in�un�rapporto�di�concreta�collaborazione�con�
le�Regioni�e�gli�altri�soggetti�incisi.�

Il�principio�cos|�introdotto�apre�un�varco�di�ragionevolezza�nel�quadro�
interpretativo�del�nuovo�Titolo�V�e�sembra�essere�stato�adottato�in�prospet-
tiva�dalla�Corte�Costituzionale�come�misura�concreta�per�valutare�gli�even-
tuali�sconfinamenti�statali�nell'area�della�legislazione�riservata�alle�Regioni.�

G.F.�
Corte�Costituzionale,�sentenza�25�settembre�-1.�ottobre�2003�n.�303�^Presidente 
R.�Chieppa�

^Redattore 
C.�Mezzanotte�^Giudice 
G.�Zagrebelsky�(ct.�41387/02�ed�altri,�Avv.�dello�

Stato�P.�Cosentino).�

�(omissis)�Considerato 
in 
diritto 
1.��Le�Regioni�Marche,�Toscana,�Umbria�ed�Emilia-
Romagna�e�la�Provincia�autonoma�di�Trento�(reg.�ric.�nn.�9,�11,�13-15�del�2002)�denunciano�
la�legge�21�dicembre�2001,�n.�443�(Delega�al�Governo�in�materia�di�infrastrutture�ed�insedia-
menti�produttivi�strategici�ed�altri�interventi�per�il�rilancio�delle�attivita�produttive),�cosid-
detta��legge�obiettivo�,�il�cui�unico�articolo�e�impugnato�in�piu�commi�e,�segnatamente,�nei�
commi�da�1�a�12�e�nel�comma�14,�censurati�per�asserito�contrasto�con�gli�articoli�117,�118�e�
119�della�Costituzione.�

La�Regione�Toscana�(reg.�ric.�n.�68�del�2002)�impugna,�per�contrasto�con�gli�artt.�117,�
118�e�119�Cost.,�anche�l'art.�13,�commi�1,�3,�4,�5,�6�e�11,�della�legge�1.�agosto�2002,�n.�166�
(Disposizioni�in�materia�di�infrastrutture�e�trasporti),�che�reca�alcune�modifiche�alla�legge�

n.�443�del�2001.�
La�Regione�Toscana,�la�Provincia�autonoma�di�Bolzano,�la�Regione�Marche�e�la�Pro-
vincia�autonoma�di�Trento�(reg.�ric.�nn.�79-81�e�83�del�2002)�denunciano�altres|�numerosi�
articoli�del�decreto�legislativo�20�agosto�2002,�n.�190�(Attuazione�della�legge�21�dicembre�
2001,�n.�443,�per�la�realizzazione�delle�infrastrutture�e�degli�insediamenti�produttivi�strategici�
e�di�interesse�nazionale),�in�riferimento�agli�artt.�76,�117,�118�e�120�Cost.,�nonche�allo�statuto�
speciale�per�il�Trentino-Alto�Adige,�nel�testo�approvato�con�d.P.R.�31�agosto�1972,�n.�670�
(Approvazione�del�testo�unico�delle�leggi�costituzionali�concernenti�lo�statuto�speciale�per�il�
Trentino-Alto�Adige).�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

Infine,�le�Regioni�Campania,�Toscana,�Marche,�Basilicata,�Emilia-Romagna,�Umbria�e�
Lombardia�ed�il�comune�di�Vercelli�(reg.�ric.�nn.�84-91�del�2002)�impugnano�sia�l'intero�testo�
del�decreto�legislativo�4�settembre�2002,�n.�198�(Disposizioni�volte�ad�accelerare�la�realizza-
zione�delle�infrastrutture�di�telecomunicazioni�strategiche�per�la�modernizzazione�e�lo�svi-
luppo�del�Paese,�a�norma�dell'art.�1,�comma�2,�della�legge�21�dicembre�2001,�n.�443),�sia,�
specificamente,�numerosi�articoli�del�medesimo�decreto�legislativo,�lamentando�la�violazione�
degli�artt.�3,�9,�32,�41,�42,�44,�70,�76,�77,�97,�114,�117,�118�e�119�Cost.,�nonche�dell'art.�174�
del�trattato�istitutivo�della�Comunita�europea.�

1.1.��La�stretta�connessione�per�oggetto�e�per�titolo�delle�norme�denunciate,�tutte�
contenute�nella�legge�di�delega�n.�443�del�2001�e�nei�decreti�legislativi�n.�190�e�n.�198�del�
2002�che�se�ne�proclamano�attuativi,�nonche�la�sostanziale�analogia�delle�censure�prospet-
tate�dalle�ricorrenti,�rendono�opportuna�la�trattazione�congiunta�dei�ricorsi,�che�vanno�
quindi�decisi�con�un'unica�sentenza.�
2.��Prima�di�affrontare�nel�merito�le�censure�proposte�dalle�ricorrenti�e�opportuno�sof-
fermarsi�sul�contenuto�della�legge�n.�443�del�2001.�Si�tratta�di�una�disciplina�che�definisce�il�
procedimento�da�seguire�per�l'individuazione,�la�localizzazione�e�la�realizzazione�delle�infra-
strutture�pubbliche�e�private�e�degli�insediamenti�produttivi�strategicidipreminente�interesse�
nazionale�da�realizzare�per�la�modernizzazione�e�lo�sviluppo�del�Paese.�Il�procedimento�si�
articola�secondo�queste�cadenze:�il�compito�di�individuare�le�suddette�opere,�da�assolversi�
�nel�rispetto�delle�attribuzioni�costituzionali�delle�Regioni�,�e�conferito�al�Governo�
(comma�1).�Nella�sua�originaria�versione�la�disposizione�stabiliva�che�l'individuazione�avve-
nisse,�sentita�la�Conferenza�unificata�di�cui�all'art.�8�del�decreto�legislativo�28�agosto�1997,�
n.�281,�a�mezzo�di�un�programma��formulato�su�proposta�dei�Ministri�competenti,�sentite�
le�Regioni�interessate,�ovvero�su�proposta�delle�Regioni,�sentiti�i�Ministri�competenti�.�Il�
programma�doveva�tener�conto�del�piano�generale�dei�trasporti�e�doveva�essere�inserito�nel�
Documento�di�programmazione�economico-finanziaria�(DPEF),�con�indicazione�degli�stan-
ziamenti�necessari�per�la�realizzazione�delle�opere.�Nell'individuare�le�infrastrutture�e�gli�
insediamenti�strategici�il�Governo�era�tenuto�a�procedere��secondo�finalita�di�riequilibrio�
socio-economico�fra�le�aree�del�territorio�nazionale��e�ad�indicare�nel�disegno�di�legge�finan-
ziaria��le�risorse�necessarie,�che�integrano�i�finanziamenti�pubblici,�comunitari�e�privati�allo�
scopo�disponibili�.�L'originario�comma�1�prevedeva,�infine,�che��in�sede�di�prima�applica-
zione�della�presente�legge�il�programma�e�approvato�dal�Comitato�interministeriale�per�la�
programmazione�economica�(CIPE)�entro�il�31�dicembre�2001�.�
Il�comma�1�dell'art.�1�della�legge�n.�443�del�2001�e�stato�modificato�dall'art.�13,�
comma�3,�della�legge�1.�agosto�2002,�n.�166,�che�ha�mantenuto�in�capo�al�Governo�l'indivi-
duazione�delle�infrastrutture�e�degli�insediamenti�strategici�e�di�preminente�interesse�nazio-
nale,�ma�ha�elevato�il�livello�di�coinvolgimento�delle�Regioni�e�delle�Province�autonome,�
introducendo�espressamente�un'intesa:�in�base�all'art.�1,�comma�1,�attualmente�vigente,�l'in-
dividuazione�delle�opere�si�definisce�a�mezzo�di�un�programma�che�e�predisposto�dal�Mini-
stro�delle�infrastrutture�e�dei�trasporti��d'intesa�con�i�Ministri�competenti�e�le�Regioni�o�Pro-
vince�autonome�interessate�.�Tale�programma�deve�essere�inserito�sempre�nel�DPEF�ma�pre-
vio�parere�del�CIPE�e��previa�intesa�della�Conferenza�unificata�,�e�gli�interventi�in�esso�
previsti��sono�automaticamente�inseriti�nelle�intese�istituzionali�di�programma�e�negli�
accordi�di�programma�quadro�nei�comparti�idrici�ed�ambientali�[...]�e�sono�compresi�in�
un'intesa�generale�quadro�avente�validita�pluriennale�tra�il�Governo�e�ogni�singola�Regione�

o�Provincia�autonoma,�al�fine�del�congiunto�coordinamento�e�realizzazione�delle�opere�.�
Anche�nella�sua�attuale�versione�la�norma�ribadisce�tuttavia�che��in�sede�di�prima�applica-
zione�della�presente�legge�il�programma�e�approvato�dal�CIPE�entro�il�31�dicembre�2001�.�
Regolata�la�fase�di�individuazione�delle�infrastrutture�e�degli�insediamenti�produttivi�
strategici�e�di�preminente�interesse�nazionale,�la�legge�n.�443�del�2001,�al�comma�2,�conferi-
sce�al�Governo�la�delega�ad�emanare,�entro�12�mesi�dall'entrata�in�vigore�della�legge,�uno�o�
piu�decreti�legislativi��volti�a�definire�un�quadro�normativo�finalizzato�alla�celere�realizza-
zione�delle�infrastrutture�e�degli�insediamenti�individuati�ai�sensi�del�comma�1�,�dettando,�
alle�lettere�da�a) 
ad�o) 
del�medesimo�comma�2,�i�principi�e�i�criteri�direttivi�per�l'esercizio�
del�potere�legislativo�delegato.�Questi�ultimi�investono�molteplici�aspetti�di�carattere�proce-
dimentale:�sono�fissati�i�moduli�procedurali�per�addivenire�all'approvazione�dei�progetti,�pre-
liminari�e�definitivi,�delle�opere�[lettere�b) 
e�c)],�dovendo�risultare,�quelli�preliminari,��com-


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

prensivi�di�quanto�necessario�per�la�localizzazione�dell'opera�d'intesa�con�la�Regione�o�la�
Provincia�autonoma�competente,�che,�a�tal�fine,�provvede�a�sentire�preventivamente�i�
comuni�interessati��[lettera�b)];�sono�individuati�i�modelli�di�finanziamento�[tecnica�di�
finanza�di�progetto:�lettera�a)],�di�affidamento�[contraente�generale�o�concessionario:�in�par-
ticolare�lettere�e) 
edf)]�e�di�aggiudicazione�[lettere�g) 
e�h)],�ed�e�predisposta�la�relativa�disci-
plina,�anche�in�deroga�alla�legge�11�febbraio�1994,�n.�109,�ma�nella�prescritta�osservanza�
della�normativa�comunitaria.�

L'assetto�procedimentale�cos|�sinteticamente�descritto��che�trova�ulteriore�svolgi-
mento�in�numerose�altre�disposizioni�della�legge�n.�443�del�2001,�tra�le�quali�quelle�sulla�
disciplina�edilizia�(commi�da�6�a�12�e�comma�14),�anch'esse�impugnate��si�completa�con�il�
comma�3-bis,�introdotto�dal�comma�6�dell'art.�13�della�legge�n.�166�del�2002,�il�quale�prevede�
una�procedura�di�approvazione�dei�progetti�definitivi��alternativa��a�quella�stabilita�dal�pre-
cedente�comma�2,�demandata�ad�un�decreto�del�Presidente�del�Consiglio�dei�ministri�previa�
deliberazione�del�CIPE�integrato�dai�Presidenti�delle�Regioni�e�Province�autonome�interes-
sate,�sentita�la�Conferenza�unificata�e�previo�parere�delle�competenti�commissioni�parlamen-
tari.�

2.1.��Questa�Corte�non�e�chiamata,�nella�odierna�sede,�a�giudicare�se�le�singole�opere�
inserite�nel�programma�meritino�di�essere�considerate�strategiche,�se�siacorrettalaloro�defi-
nizione�come�interventi�di�preminente�interesse�nazionale�o�se�con�tali�qualificazioni�siano�
lese�competenze�legislative�delle�Regioni.�Simili�interrogativi�potranno�eventualmente�porsi�
nel�caso�di�impugnazione�della�deliberazione�approvativa�del�programma,�che�non�ha�natura�
legislativa.�In�questa�sede�si�tratta�solo�di�accertare�se�il�complesso�iter 
procedimentale�pre-
figurato�dal�legislatore�statale�sia�ex 
se 
invasivo�delle�attribuzioni�regionali;�si�deve�cioe�
appurare�se�il�legislatore�nazionale�abbia�titolo�per�assumere�e�regolare�l'esercizio�di�funzioni�
amministrative�su�materie�in�relazione�alle�quali�esso�non�vanti�una�potesta�legislativa�esclu-
siva,�ma�solo�una�potesta�concorrente.�

Il�nuovo�art.�117�Cost.�distribuisce�le�competenze�legislative�in�base�ad�uno�schema�
imperniato�sulla�enumerazione�delle�competenze�statali;�con�un�rovesciamento�completo�
della�previgente�tecnica�del�riparto�sono�ora�affidate�alle�Regioni,�oltre�alle�funzioni�concor-
renti,�le�funzioni�legislative�residuali.�

In�questo�quadro,�limitare�l'attivita�unificante�dello�Stato�alle�sole�materie�espressa-
mente�attribuitegli�in�potesta�esclusiva�o�alla�determinazione�dei�principi�nelle�materie�di�
potesta�concorrente,�come�postulano�le�ricorrenti,�significherebbe�bens|�circondare�le�com-
petenze�legislative�delle�Regioni�di�garanzie�ferree,�ma�vorrebbe�anche�dire�svalutare�oltre-
misura�istanze�unitarie�che�pure�in�assetti�costituzionali�fortemente�pervasi�da�pluralismo�
istituzionale�giustificano,�a�determinate�condizioni,�una�deroga�alla�normale�ripartizione�di�
competenze�[basti�pensare�al�riguardo�alla�legislazione�concorrente�dell'ordinamento�costitu-
zionale�tedesco�(konkurrierende 
Gesetzgebung)o�alla�clausola 
di 
supremazia 
nel�sistema�fede-
rale�statunitense�(Supremacy 
Clause)].�Anche�nel�nostro�sistema�costituzionale�sono�presenti�
congegni�volti�a�rendere�piu�flessibile�un�disegno�che,�in�ambiti�nei�quali�coesistono,�intrec-
ciate,�attribuzioni�e�funzioni�diverse,�rischierebbe�di�vanificare,�per�l'ampia�articolazione�
delle�competenze,�istanze�di�unificazione�presenti�nei�piu�svariati�contesti�di�vita,�le�quali,�
sul�piano�dei�principi�giuridici,�trovano�sostegno�nella�proclamazione�di�unita�e�indivisibilita�
della�Repubblica.�Un�elemento�di�flessibilita�e�indubbiamente�contenuto�nell'art.�118,�primo�
comma,�Cost.,�il�quale�si�riferisce�esplicitamente�alle�funzioni�amministrative,�ma�introduce�
per�queste�un�meccanismo�dinamico�che�finisce�col�rendere�meno�rigida,�comesichiarira�
subito�appresso,�la�stessa�distribuzione�delle�competenze�legislative,�la�dove�prevede�che�le�
funzioni�amministrative,�generalmente�attribuite�ai�comuni,�possano�essere�allocate�ad�un�
livello�di�governo�diverso�per�assicurarne�l'esercizio�unitario,�sulla�base�dei�principi�di�sussi-
diarieta�,�differenziazione�ed�adeguatezza.�E�del�resto�coerente�con�la�matrice�teorica�e�con�
il�significato�pratico�della�sussidiarieta�che�essa�agisca�come�subsidium 
quando�un�livello�di�
governo�sia�inadeguato�alle�finalita�che�si�intenda�raggiungere;�ma�se�ne�e�comprovata�
un'attitudine�ascensionale�deve�allora�concludersi�che,�quando�l'istanza�di�esercizio�unitario�
trascende�anche�l'ambito�regionale,�la�funzione�amministrativa�puo�essere�esercitata�dallo�
Stato.�Cio�non�puo�restare�senza�conseguenze�sull'esercizio�della�funzione�legislativa,�giacche�
il�principio�di�legalita�,�il�quale�impone�che�anche�le�funzioni�assunte�per�sussidiarieta�siano�
organizzate�e�regolate�dalla�legge,�conduce�logicamente�ad�escludere�che�le�singole�Regioni,�


IL 
CONTENZIOSO 
NAZIONALE 


con 
discipline 
differenziate, 
possano 
organizzare 
e 
regolare 
funzioni 
amministrative 
attratte 
a 
livello 
nazionale 
e 
ad 
affermare 
che 
solo 
la 
legge 
statale 
possa 
attendere 
a 
un 
compito 
sif-
fatto. 


2.2. 
�Una 
volta 
stabilito 
che, 
nelle 
materie 
di 
competenza 
statale 
esclusiva 
o 
concor-
rente, 
in 
virtu� 
dell'art. 
118, 
primo 
comma, 
la 
legge 
puo� 
attribuire 
allo 
Stato 
funzioni 
ammini-
strative 
e 
riconosciuto 
che, 
in 
ossequio 
ai 
canoni 
fondanti 
dello 
Stato 
di 
diritto, 
essa 
e� 
anche 
abilitata 
a 
organizzarle 
e 
regolarle, 
al 
fine 
di 
renderne 
l'esercizio 
permanentemente 
raffron-
tabile 
a 
un 
parametro 
legale, 
resta 
da 
chiarire 
che 
i 
principi 
di 
sussidiarieta� 
e 
di 
adeguatezza 
convivono 
con 
il 
normale 
riparto 
di 
competenze 
legislative 
contenuto 
nel 
Titolo 
V 
e 
possono 
giustificarne 
una 
deroga 
solo 
se 
la 
valutazione 
dell'interesse 
pubblico 
sottostante 
all'assun-
zione 
di 
funzioni 
regionali 
da 
parte 
dello 
Stato 
sia 
proporzionata, 
non 
risulti 
affetta 
da 
irra-
gionevolezza 
alla 
stregua 
di 
uno 
scrutinio 
stretto 
di 
costituzionalita� 
, 
e 
sia 
oggetto 
di 
un 
accordo 
stipulato 
con 
la 
Regione 
interessata. 
Che 
dal 
congiunto 
disposto 
degli 
artt. 
117 
e 
118, 
primo 
comma, 
sia 
desumibile 
anche 
il 
principio 
dell'intesa 
consegue 
alla 
peculiare 
fun-
zione 
attribuita 
alla 
sussidiarieta� 
, 
che 
si 
discosta 
in 
parte 
da 
quella 
gia� 
conosciuta 
nel 
nostro 
diritto 
di 
fonte 
legale. 
Enunciato 
nella 
legge 
15 
marzo 
1997, 
n. 
59, 
come 
criterio 
ispiratore 
della 
distribuzione 
legale 
delle 
funzioni 
amministrative 
fra 
lo 
Stato 
e 
gli 
altri 
enti 
territoriali 
equindigia� 
operante 
nella 
sua 
dimensione 
meramente 
statica, 
come 
fondamento 
di 
un 
ordine 
prestabilito 
di 
competenze, 
quel 
principio, 
con 
la 
sua 
incorporazione 
nel 
testo 
della 
Costituzione, 
ha 
visto 
mutare 
il 
proprio 
significato. 
Accanto 
alla 
primitiva 
dimensione 
sta-
tica, 
che 
si 
fa 
evidente 
nella 
tendenziale 
attribuzione 
della 
generalita� 
delle 
funzioni 
ammini-
strative 
ai 
comuni, 
e� 
resa, 
infatti, 
attiva 
una 
vocazione 
dinamica 
della 
sussidiarieta� 
,che 
con-
senteadessadioperare 
nonpiu� 
come 
ratio 
ispiratrice 
e 
fondamento 
di 
un 
ordine 
di 
attribu-
zioni 
stabilite 
e 
predeterminate, 
ma 
come 
fattore 
di 
flessibilita� 
di 
quell'ordine 
in 
vista 
del 
soddisfacimento 
di 
esigenze 
unitarie. 
Ecco 
dunque 
dove 
si 
fonda 
una 
concezione 
procedimentale 
e 
consensuale 
della 
sussidia-
rieta� 
e 
dell'adeguatezza. 
Si 
comprende 
infatti 
come 
tali 
principi 
non 
possano 
operare 
quali 
mere 
formule 
verbali 
capaci 
con 
la 
loro 
sola 
evocazione 
di 
modificare 
a 
vantaggio 
della 
legge 
nazionale 
il 
riparto 
costituzionalmente 
stabilito, 
perche� 
cio� 
equivarrebbe 
a 
negare 
la 
stessa 
rigidita� 
della 
Costituzione. 
E 
si 
comprende 
anche 
come 
essi 
non 
possano 
assumere 
la 
fun-
zione 
che 
aveva 
un 
tempo 
l'interesse 
nazionale, 
la 
cui 
sola 
allegazione 
none� 
ora 
sufficiente 
a 
giustificare 
l'esercizio 
da 
parte 
dello 
Stato 
di 
una 
funzione 
di 
cui 
non 
sia 
titolare 
in 
base 
all'art. 
117 
Cost. 
Nel 
nuovo 
Titolo 
V 
l'equazione 
elementare 
interesse 
nazionale 
= 
compe-
tenza 
statale, 
che 
nella 
prassi 
legislativa 
previgente 
sorreggeva 
l'erosione 
delle 
funzioni 
amministrative 
e 
delle 
parallele 
funzioni 
legislative 
delle 
Regioni, 
e� 
divenuta 
priva 
di 
ogni 
valore 
deontico, 
giacche� 
l'interesse 
nazionale 
non 
costituisce 
piu� 
un 
limite, 
ne� 
di 
legittimita�
ne� 
di 
merito, 
alla 
competenza 
legislativa 
regionale. 


Cio� 
impone 
di 
annettere 
ai 
principi 
di 
sussidiarieta� 
e 
adeguatezza 
una 
valenza 
squisita-
mente 
procedimentale, 
poiche� 
l'esigenza 
di 
esercizio 
unitario 
che 
consente 
di 
attrarre, 
insieme 
alla 
funzione 
amministrativa, 
anche 
quella 
legislativa, 
puo� 
aspirare 
a 
superare 
il 
vaglio 
di 
legittimita� 
costituzionale 
solo 
in 
presenza 
di 
una 
disciplina 
che 
prefiguri 
un 
iter 
in 
cui 
assumano 
il 
dovuto 
risalto 
le 
attivita� 
concertative 
e 
di 
coordinamento 
orizzontale, 
ovve-
rosia 
le 
intese, 
che 
devono 
essere 
condotte 
in 
base 
al 
principio 
di 
lealta� 
. 


2.3. 
�La 
disciplina 
contenuta 
nella 
legge 
n. 
443 
del 
2001, 
come 
quella 
recata 
dal 
decreto 
legislativo 
n. 
190 
del 
2002, 
investe 
solo 
materie 
di 
potesta� 
statale 
esclusiva 
o 
concor-
rente 
ed 
e� 
quindi 
estranea 
alla 
materia 
del 
contendere 
la 
questione 
se 
i 
principi 
di 
sussidia-
rieta� 
e 
adeguatezza 
permettano 
di 
attrarre 
allo 
Stato 
anche 
competenze 
legislative 
residuali 
delle 
Regioni. 
Ed 
e� 
opportuno 
chiarire 
fin 
d'ora, 
anche 
per 
rendere 
piu� 
agevole 
il 
successivo 
argomentare 
della 
presente 
sentenza, 
che 
la 
mancata 
inclusione 
dei 
�lavori 
pubblici� 
nella 
elencazione 
dell'art. 
117 
Cost., 
diversamente 
da 
quanto 
sostenuto 
in 
numerosi 
ricorsi, 
non 
implica 
che 
essi 
siano 
oggetto 
di 
potesta� 
legislativa 
residuale 
delle 
Regioni. 
Al 
contrario, 
si 
tratta 
di 
ambiti 
di 
legislazione 
che 
non 
integrano 
una 
vera 
e 
propria 
materia, 
ma 
si 
qualifi-
cano 
a 
seconda 
dell'oggetto 
al 
quale 
afferiscono 
e 
pertanto 
possono 
essere 
ascritti 
di 
volta 
in 
volta 
a 
potesta� 
legislative 
esclusive 
dello 
Stato 
ovvero 
a 
potesta� 
legislative 
concorrenti. 
3. 
�Alla 
stregua 
dei 
paradigmi 
individuati 
nei 
paragrafi 
che 
precedono, 
devono 
essere 
saggiate 
le 
censure 
che 
si 
appuntano 
sullalegge 
n. 
443 
del 
2001, 
nella 
suaversione 
originaria 
ed 
in 
quella 
modificata 
dalla 
legge 
n. 
166 
del 
2002. 

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

3.1.��Per�primo�deve�essere�esaminato�il�ricorso�della�Provincia�autonoma�di�Trento,�
nel�quale�vengono�censurati�i�commi�da�1�a�4�dell'art.�1�della�legge�n.�443�del�2001�sul�para-
metro�dell'art.�117�Cost.�Il�ricorso�e�proposto�sulla�premessa�che�le�competenze�Provinciali�
fondate�sullo�statuto�speciale�non�siano�scalfite;�sarebbero�invece�lese�le�attribuzioni�spet-
tanti�alla�Provincia�ai�sensi�dell'art.�117�Cost.,�in�virtu�della�clausola�di�favore�contenuta�nel-
l'art.�10�della�legge�costituzionale�18�ottobre�2001,�n.�3,�secondo�la�quale�alle�Regioni�spe-
ciali�e�alle�Province�autonome,�fino�all'adeguamento�dei�rispettivi�statuti,�si�applica�la�disci-
plina�del�nuovo�Titolo�V�nella�parte�in�cui�assicura�forme�di�autonomia�piu�ampie�rispetto�
a�quelle�previste�dagli�statuti�stessi.�In�particolare,�il�comma�5�del�denunciato�art.�1,�nel�fare�
salve�le�competenze�delle�Regioni�a�statuto�speciale�e�delle�Province�autonome,�di�cui�agli�
statuti�speciali�e�alle�relative�norme�di�attuazione,�lascerebbe�indenni�le�attribuzioni�di�cui�
al�d.P.R.�22�marzo�1974,�n.�381,�per�il�quale,�per�gli�interventi�concernenti�le�autostrade�
(art.�19),�la�viabilita�,�le�linee�ferroviarie�e�gli�aerodromi�(art.�20),�lo�Stato�deve�ottenere�la�
previa�intesa�della�Provincia.�Del�pari�la�posizione�della�Provincia�risulterebbe�garantita�
dal�decreto�legislativo�16�marzo�1992,�n.�266,�e�segnatamente�dall'art.�4,�che�le�riserva��la�
gestione�amministrativa�di�ogni�opera�che�lo�statuto�non�assegni�alla�competenza�statale�.�
La�Provincia,�ponendo�a�base�del�proprio�ricorso�la�violazione�di�competenze�piu�ampie�
rispetto�a�quelle�statutarie,�che�assume�derivanti�dall'art.�117�Cost.,�aveva�l'onere�di�indivi-
duarle�nel�raffronto�con�le�competenze�statutarie,�che,�per�sua�stessa�ammissione,�sono�fatte�
salve�dalla�legge�oggetto�di�impugnazione.�Ai�fini�di�una�corretta�instaurazione�del�giudizio�
di�legittimita�costituzionale�la�ricorrente�non�poteva�quindi�limitarsi�al�mero�richiamo�
all'art.�117�Cost.�

Il�ricorso�e�pertanto�inammissibile.�

3.2.��In�via�preliminare�va�dichiarato�inammissibile�il�congiunto�intervento�ad 
adiu-
vandum 
dell'Associazione�Italia�Nostra-Onlus,�di�Legambiente-Onlus,�dell'Associazione�ita-
liana�per�il�World 
Wide 
Fund 
For 
Nature 
(WWF)-Onlus,�nel�giudizio�instaurato�con�il�ricorso�
della�Regione�Toscana�avverso�la�legge�n.�166�del�2002.�Va�qui�ribadito�l'orientamento�con-
solidato�di�questa�Corte�secondo�il�quale�nei�giudizi�di�legittimita�costituzionale�in�via�di�
azione�non�e�ammessa�la�presenza�di�soggetti�diversi�dalla�parte�ricorrente�e�dal�titolare�
della�potesta�legislativa�il�cui�esercizio�e�oggetto�di�contestazione�(cfr.,�da�ultimo,�sentenze�
n.�49�del�2003,�n.�533�e�n.�510�del�2002,�n.�382�del�1999).�
4.��Le�Regioni�Marche,�Toscana,�Umbria�ed�Emilia-Romagna�denunciano�il�comma�1�
nella�sua�prima�formulazione,�lamentando�anzitutto�la�violazione�dell'art.�117�Cost.,�perche�
la�relativa�disciplina�non�sarebbe�ascrivibile�ad�alcuna�delle�materie�di�competenza�legisla-
tiva�esclusiva�statale;�e�del�resto,�argomentano�le�ricorrenti,�non�essendo�piu�contemplata�
dall'art.�117�Cost.�la�materia�dei��lavori�pubblici�di�interesse�nazionale�,�non�sarebbe�possi-
bile�far�riferimento�alla�dimensione�nazionale�dell'interesse�al�fine�di�escludere�la�potesta�
legislativa�regionale�o�Provinciale.�
Le�predette�ricorrenti�sostengono�poi�che�l'individuazione�delle�grandi�opere�potrebbe,�
in�parte,�rientrare�in�uno�degli�ambiti�materiali�individuati�dall'art.�117,�terzo�comma,�Cost.�
(quali�porti�e�aeroporti�civili;�grandi�reti�di�trasporto�e�di�navigazione;�produzione,�trasporto�
e�distribuzione�nazionale�dell'energia),�ma�la�disposizione�censurata,�da�un�lato,�detterebbe�
una�disciplina�di�dettaglio�e�non�di�principio�e�quindi�sarebbe�comunque�lesiva�dell'autono-
mia�legislativa�regionale;�dall'altro,�escluderebbe�le�Regioni�dal�processo��codecisionale�,�
che�dovrebbe�essere�garantito�attraverso�lo�strumento�dell'intesa.�

La�Regione�Marche�denuncia�inoltre�il�medesimo�comma�1�per�contrasto�con�gli�
artt.�118�e�119�Cost.,�sul�rilievo�che�non�sarebbero�stati�rispettati�i�principi�di�sussidiarieta�,�
differenziazione�ed�adeguatezza�e�che�sarebbe�stata�lesa�l'autonomia�finanziaria�regionale�
con�l'attribuzione�al�Governo�del�compito�di�reperire�tutti�i�finanziamenti.�

La�Regione�Toscana,�con�distinto�e�successivo�ricorso,�impugna�il�comma�1�anche�nella�
formulazione�modificata�dall'art.�13,�comma�3,�della�legge�n.�166�del�2002,�ribadendo�che�
la�disposizione�violerebbe�l'art.�117�Cost.,�in�quanto�non�troverebbe�fondamento�nella�com-
petenza�legislativa�statale�esclusiva�o�concorrente;�e�in�ogni�caso,�in�quanto�detterebbe�una�
disciplina�compiuta,�dettagliata�e�minuziosa�che�precluderebbe�alla�Regione�ogni�possibilita�
di�scelta.�La�ricorrente�deduce�altres|�la�violazione�dell'art.�118,�primo�comma,�Cost.,�assu-
mendo�che,�da�un�lato,�non�sarebbero�stati�rispettati�i�criteri�di�sussidiarieta�,�differenziazione�
ed�adeguatezza;�dall'altro,�le�esigenze�di�esercizio�unitario�di�cui�parla�l'art.�118�Cost.,�non�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

autorizzerebbero�una�deroga�al�riparto�della�potesta��legislativa�posto�dall'art.�117�Cost.�
Infine,�sempre�ad�avviso�della�Regione�Toscana,�l'introduzione�di�un'intesa�con�le�Regioni�
interessate�e�con�la�Conferenza�unificata�ai�fini�dell'individuazione�delle�grandi�opere�non�
consentirebbe�di�eliminare�i�prospettati�dubbi�di�incostituzionalita��,giacche�l'intesa�non�
garantirebbe�una�reale�forma�di�coordinamento�paritario,�in�assenza�di�meccanismi�atti�ad�
impedire�che�essa�sia�recessiva�dinanzi�al�preminente�potere�dello�Stato,�che�potrebbe�proce-
dere�anche�a�fronte�del�motivato�dissenso�regionale.�

4.1.��Vanno�scrutinate�nel�merito�le�censure�che�le�Regioni�sollevano�avverso�il�
comma�1,�dell'art.�1�della�legge�n.�443�del�2001,�anche�quelle�che�ne�investono�l'originaria�
versione,�dovendosi�escludere�che�le�sopravvenute�modifiche�recate�dall'art.�13,�comma�3,�
della�legge�n.�166�del�2002,�abbiano�determinato�sul�punto�una�cessazione�della�materie�del�
contendere.�Cio��in�quanto�proprio�in�base�alla�disposizione�originaria�e��stato�approvato�il�
programma�delle�infrastrutture�e�degli�insediamenti�produttivi�da�parte�del�CIPE�(con�deli-
bera�n.�121�del�21�dicembre�2001)�ed�e��a�tale�programma�che�fa�riferimento�anche�il�
comma�1�nel�testo�novellato�dall'art.�13�della�legge�n.�166�del�2002,�come�puo��desumersi�
chiaramente�dal�fatto�che�la�norma,�riprendendo�in�parte�la�disposizione�anteriore,�stabilisce�
che��in�sede�di�prima�applicazione�della�presente�legge�il�programma�e��approvato�dal�CIPE�
entro�il�31�dicembre�2001�.�
Tutte�le�censure�sono�infondate�e�per�dar�conto�di�cio��e��bene�esaminare�preliminarmente�
l'impugnazione�proposta�dalla�sola�RegioneToscana�avverso�il�comma�1,�nel�testo�sostituito�
dalla�legge�1.�agosto�2002,�n.�166.�

Quando�si�intendano�attrarre�allo�Stato�funzioni�amministrative�in�sussidiarieta��,di�
regola�il�titolo�del�legiferare�deve�essere�reso�evidente�in�maniera�esplicita�perche�la�sussidia-
rieta��deroga�al�normale�riparto�delle�competenze�stabilito�nell'art.�117�Cost.�Tuttavia,�nel�
caso�presente,�l'assenza�di�un�richiamo�espresso�all'art.�118,�primo�comma,�non�fa�sorgere�
alcun�dubbio�circa�l'oggettivo�significato�costituzionale�dell'operazione�compiuta�dal�legisla-
tore:�non�di�lesione�di�competenza�delle�Regioni�si�tratta,�ma�di�applicazione�dei�principi�di�
sussidiarieta��e�adeguatezza,�che�soli�possono�consentire�quella�attrazione�di�cui�si�e��detto.�
Predisporre�un�programma�di�infrastrutture�pubbliche�e�private�e�di�insediamenti�produttivi�
e��attivita��che�non�mette�capo�ad�attribuzioni�legislative�esclusive�dello�Stato,�ma�che�puo��
coinvolgere�anche�potesta��legislative�concorrenti�(governo�del�territorio,�porti�e�aeroporti,�
grandi�reti�di�trasporto,�distribuzione�nazionale�dell'energia,�ecc.).�Per�giudicare�se�una�legge�
statale�che�occupi�questo�spazio�sia�invasiva�delle�attribuzioni�regionali�o�non�costituisca�
invece�applicazione�dei�principi�di�sussidiarieta��e�adeguatezza�diviene�elemento�valutativo�
essenziale�la�previsione�di�un'intesa�fra�lo�Stato�e�le�Regioni�interessate,�alla�quale�sia�subor-
dinata�l'operativita��della�disciplina.�Nella�specie�l'intesa�e��prevista�e�ad�essa�e��da�ritenersi�
che�il�legislatore�abbia�voluto�subordinare�l'efficacia�stessa�della�regolamentazione�delle�
infrastrutture�e�degli�insediamenti�contenuta�nel�programma�di�cui�all'impugnato�comma�1�
dell'art.�1.�Nel�congegno�sottostante�all'art.�118,�l'attrazione�allo�Stato�di�funzioni�ammini-
strative�da�regolare�con�legge�non�e��giustificabile�solo�invocando�l'interesse�a�un�esercizio�
centralizzato�di�esse,�ma�e��necessario�un�procedimento�attraverso�il�quale�l'istanza�unitaria�
venga�saggiata�nella�sua�reale�consistenza�e�quindi�commisurata�all'esigenza�di�coinvolgere�
i�soggetti�titolari�delle�attribuzioni�attratte,�salvaguardandone�la�posizione�costituzionale.�
Ben�puo��darsi,�infatti,�che�nell'articolarsi�del�procedimento,�al�riscontro�concreto�delle�carat-
teristiche�oggettive�dell'opera�e�dell'organizzazione�di�persone�e�mezzi�che�essa�richiede�per�
essere�realizzata,�la�pretesa�statale�di�attrarre�in�sussidiarieta��le�funzioni�amministrative�ad�
essa�relative�risulti�vanificata,�perche�l'interesse�sottostante,�quale�che�ne�sia�la�dimensione,�
possa�essere�interamente�soddisfatto�dalla�Regione,�la�quale,�nel�contraddittorio,�ispirato�al�
canone�di�leale�collaborazione,�che�deve�instaurarsi�con�lo�Stato,�non�soloalleghi,�maargo-
menti�e�dimostri�la�propria�adeguatezza�e�la�propria�capacita��di�svolgere�in�tutto�o�in�parte�
la�funzione.�

L'esigenza�costituzionale�che�la�sussidiarieta��non�operi�come�aprioristica�modificazione�
delle�competenze�regionali�in�astratto,�ma�come�metodo�per�l'allocazione�di�funzioni�a�livello�
piu��adeguato,�risulta�dunque�appagata�dalla�disposizione�impugnata�nella�sua�attuale�formu-
lazione.�

Chiarito�che�la�Costituzione�impone,�a�salvaguardia�delle�competenze�regionali,�che�una�
intesa�vi�sia,�va�altres|��soggiunto�che�non�e��rilevante�se�essa�preceda�l'individuazione�delle�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

infrastrutture�ovvero�sia�successiva�ad�una�unilaterale�attivita�del�Governo.�Se�dunque�tale�
attivita�sia�stata�gia�posta�in�essere,�essa�non�vincola�la�Regione�fin�quando�l'intesa�non�
venga�raggiunta.�

In�questo�senso�sono�quindi�da�respingere�anche�le�censure�che�le�ricorrenti�indirizzano�
contro�il�comma�1�dell'art.�1�della�legge�n.�443�del�2001,�nella�versione�anteriore�alla�modi-
fica�recata�dalla�legge�n.�166�del�2002,�per�il�fatto�che�in�essa�era�previsto�che�le�Regioni�fos-
sero�solo�sentite�singolarmente�ed�in�Conferenza�unificata�e�non�veniva�invece�esplicitamente�
sancito�il�principio�dell'intesa.�L'interpretazione�coerente�con�il�sistema�dei�rapporti�Stato-
Regioni�affermato�nel�nuovo�Titolo�V�impone�infatti�di�negare�efficacia�vincolante�a�quel�
programma�su�cui�le�Regioni�interessate�non�abbiano�raggiunto�un'intesa�per�la�parte�che�
le�riguarda,�come�nel�caso�della�deliberazione�CIPE�del�21�dicembre�2001,�n.121.�

5.�TutteleRegioniricorrentiimpugnanoilcomma2dell'art.�1,chedetta�dallalet-
tera�a) 
alla�lettera�o) 
�i�principi�ed�i�criteri�direttivi�in�base�ai�quali�il�Governo�e�chiamato�
ad�emanare,�entro�12�mesi�dall'entrata�in�vigore�della�legge,�uno�o�piu�decreti�legislativi�
�volti�a�definire�un�quadro�normativo�finalizzato�alla�celere�realizzazione�delle�infrastrutture�
e�degli�insediamenti�individuati�ai�sensi�del�comma�1�.�
Con�analoghe�censure,�che�evocano�il�contrasto�con�l'art.�117�Cost.,�e,�per�la�Regione�
Marche,�anche�gli�artt.�118�e�119�Cost.,�si�deduce�anzitutto�che�la�prevista�normativa�deroga-
toria�della�legge�quadro�sui�lavori�pubblici�n.�109�del�1994�violerebbe�la�potesta�legislativa�
esclusiva�delle�Regioni�in�materia�di�appalti�e�lavori�pubblici.�

Si�sostiene�inoltre�che�le�competenze�regionali�sarebbero�ugualmente�violate�anchesesi�
ricadesse�nell'ambito�della�potesta�legislativa�concorrente,�perche�il�denunciato�comma�2,�
detterebbe�una�disciplina�compiuta�e�di�dettaglio,�non�cedevole�rispetto�ad�una�eventuale�
futura�legislazione�regionale.�

Le�censure�sono�genericamente�formulate�e�quindi�inammissibili.�Per�comprenderlo�e�
sufficiente�la�ricognizione�del�contenuto�delle�disposizioni�denunciate.�

Il�comma�2�dell'art.�1�della�legge�n.�443�del�2001,�ha�ad�oggetto�la�delega�ad�emanare�
uno�o�piu�decreti�legislativi�volti�a�definire�il�quadro�normativo�finalizzato�alla�celere�realiz-
zazione�delle�infrastrutture�e�degli�insediamenti�produttivi�individuati�ai�sensi�del�comma�1.�
Nell'esercizio�della�delega�il�Governo,�autorizzato�a�riformare�le�procedure�per�la�valuta-
zione�di�impatto�ambientale�(VIA)�e�l'autorizzazione�integrata�ambientale,�nel�rispetto�del-
l'art.�2�della�direttiva�85/337/CEE,�come�modificata�dalla�direttiva�97/11/CE,�e�ad�intro-
durre�un�regime�speciale�anche�derogatorio�di�numerose�disposizioni�della�legge�11�febbraio�
1994,�n.�109,�che�non�siano�necessaria�ed�immediata�applicazione�delle�direttive�comunitarie,�
e�tenuto�a�rispettare�i�principi�e�criteri�direttivi�fissati�nelle�lettere�da�a) 
ad�o) 
del�medesimo�
comma�2.�

Come�gia�detto�in�precedenza,�l'indirizzo�imposto�al�legislatore�delegato�investe�una�
molteplicita�di�aspetti�a�carattere�procedimentale�e�muove�dal�modello�di�finanziamento�
delle�opere,�con�il�concorso�del�capitale�privato,�attraverso�la�disciplina�della�tecnica�di�
finanza�di�progetto�[lettera�a)]�per�finanziare�e�realizzare�le�infrastrutture�e�gli�insediamenti�
di�cuialcomma�1.�

La�delega�autorizza�poi�il�Governo�a�definire�i�moduli�procedurali�sostitutivi�di�quelli�
previsti�per�il�rilascio�dei�provvedimenti�concessori�o�autorizzatori�di�ogni�specie,�avuto�
riguardo�anche�alla�durata�delle�procedure�per�l'approvazione�dei�progetti�preliminari,�
�comprensivi�di�quanto�necessario�per�la�localizzazione�dell'opera�d'intesa�con�la�Regione�

o�la�Provincia�autonoma�competente,�che,�a�tal�fine,�provvede�a�sentire�preventivamente�i�
comuni�interessati,�e,�ove�prevista,�della�VIA�,�nonche�a�prefigurare�le�procedure�necessarie�
per�la�dichiarazione�di�pubblica�utilita�,�indifferibilita�ed�urgenza�e�per�l'approvazione�del�
progetto�definitivo,�con�previsione�di�termini�perentori�per�la�risoluzione�delle�interferenze�
con�servizi�pubblici�e�privati�e�di�responsabilita�patrimonialiincasodi�mancata�tempestiva�
risoluzione�[lettera�b)].�
Viene�quindi�impartita�al�Governo�la�direttiva�di�attribuire�al�CIPE,�integrato�dai�Presi-
denti�delle�Regioni�interessate,�il�compito�di�valutare�le�proposte�dei�promotori,�di�appro-
vare�il�progetto�preliminare�e�quello�definitivo,�di�vigilare�sull'esecuzione�dei�progetti�appro-
vati,�adottando�i�provvedimenti�concessori�ed�autorizzatori�necessari,�comprensivi�della�
localizzazione�dell'opera�e,�ove�prevista,�della�VIA�istruita�dal�competente�Ministero.�Si�pre-
scrive�inoltre�che�vengano�affidati�al�Ministero�delle�infrastrutture�e�dei�trasporti�compiti�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

di�istruttoria�e�di�formulazione�di�proposte�e�quello�di�assicurare�il�supporto�necessario�per�
l'attivita�del�CIPE,�eventualmente�tramite�un'apposita�struttura�tecnica�di�advisor 
e�di�com-
missari�straordinari�[lettera�c)].�

La�delega�prosegue�autorizzando�la�modificazione�della�disciplina�in�materia�di�confe-
renza�di�servizi�e�dettando�i�criteri�ispiratori�per�il�suo�funzionamento�[lettera�d)].�

Vengono�quindi�individuati�i�modelli�di�affidamento�e�di�aggiudicazione�concernenti�la�
realizzazione�delle�opere�di�cui�al�comma�1,�e�prefigurata�la�cornice�della�rispettiva�disci-
plina,�anche�in�deroga�alla�legge�n.�109�del�1994,�ma�si�impone�al�Governo�il�rispetto�della�
normativa�comunitaria.�

Si�prevede�inoltre�che�il�legislatore�delegato�affidi�la�realizzazione�delle�infrastrutture�
strategiche�ad�un�unico�soggetto�contraente�generale�o�concessionario�[lettera�e)]�e�si�dettano�
i�criteri�che�devono�presiedere�alla�disciplina�dell'affidamento�a�contraente�generale,�con�
riferimento�all'art.�1�della�direttiva�93/37/CEE�[letteraf)].�

Quanto�poi�al�soggetto�aggiudicatore,�si�stabilisce�l'obbligo,�nel�caso�in�cui�l'opera�sia�
realizzata�prevalentemente�con�fondi�pubblici,�di�rispettare�la�normativa�europea�in�tema�
di�evidenza�pubblica�e�di�scelta�dei�fornitori�di�beni�o�servizi,��ma�con�soggezione�ad�un�
regime�derogatorio�rispetto�alla�citata�legge�n.�109�del�1994�per�tutti�gli�aspettidiessanon�
aventi�necessaria�rilevanza�comunitaria��[lettera�g)].�Al�tempo�stesso�si�autorizza,�nel�
rispetto�della�normativa�comunitaria�ed�al�fine�di�favorire�il�contenimento�dei�tempi�e�la�
massima�flessibilita�degli�strumenti�giuridici,�l'introduzione�di�specifiche�deroghe�alla�
vigente�disciplina�in�materia�di�aggiudicazione�di�lavori�pubblici�e�di�realizzazione�degli�
stessi,�indicando�i�criteri�per�regolamentare�l'attivita�del�contraente�generale�e�la�costituzione�
di�societa�di�progetto�[lettera�h)].�

La�delega�investe�ancora�i�profili�concernenti�l'individuazione�di�misure�adeguate�per�
valutare�il�regolare�assolvimento�degli�obblighi�assunti�dal�contraente�generale�[lettera�i)],�
la�previsione,�nel�caso�di�concessione�di�opera�pubblica�unita�a�gestione�della�stessa,�di�appo-
siti�meccanismi�di�corresponsione�del�prezzo�al�concessionario,�nonche��di�fissazione�della�
durata�della�concessione�medesima�[lettera�l)],�con�il�rispetto�dei�relativi�piani�finanziari�[let-
tera�m)].�

La�delega�detta�criteri�anche�in�ordine�alle�forme�di�tutela�risarcitoria�susseguente�alla�
stipula�dei�contratti�di�progettazione,�appalto,�concessione�o�affidamento�a�contraente�gene-
rale,�prescrivendo�che�debba�essere�esclusa�la�reintegrazione�in�forma�specifica�e�ristretta�la�
tutela�cautelare,�per�tutti�gli�interessi�patrimoniali,��al�pagamento�di�una�provvisionale��[let-
tera�n)].�Infine�si�stabilisce�che�il�Governo�debba�prevedere,�per�le�procedure�di�collaudo�
delle�opere,��termini�perentori�che�consentano,�ove�richiesto�da�specifiche�esigenze�tecniche,�
il�ricorso�anche�a�strutture�tecniche�esterne�di�supporto�alle�commissioni�di�collaudo��[let-
tera�o)].�

Si�e�dunque�in�presenza�di�una�disciplina�particolarmente�complessa�che�insiste�su�una�
pluralita�di�materie,�tra�loro�intrecciate,�ascrivibili�non�solo�alla�potesta�legislativa�concor-
rente�ma�anche�a�quella�esclusiva�dello�Stato�(ad�esempio�la�tutela�dell'ambiente�e�dell'ecosi-
stema).�In�un�quadro�normativo�siffatto,�le�censure�mosse�dalle�ricorrenti�non�raggiungono�
il�livello�di�specificita�che�si�richiede�ai�fini�di�uno�scrutinio�di�merito�(in�tal�senso�v.�sentenza�

n.�384�del�1999),�poiche��nei�motivi�di�ricorso�non�vi�e�neppure�una�sintetica�esposizione�delle�
ragioni�per�cui�le�disposizioni�contenute�nel�comma�2�denunciato,�singolarmente�conside-
rate,�determinino�una�lesione�delle�attribuzioni�regionali.�
6.��Sono�invece�sufficientemente�circostanziate�le�questioni�che�le�Regioni�Umbria�ed�
Emilia-Romagna�sollevano�sulle�lettere�g) 
ed�n),�del�comma�2,�sostenendone�il�contrasto�
con�il��diritto�europeo�.�In�particolare�la�lettera�g),�nella�parte�in�cui�circoscrive�l'obbligo�
per�il�soggetto�aggiudicatore�di�rispettare�la�normativa�europea�in�tema�di�evidenza�pubblica�
solo��nel�caso�in�cui�l'opera�sia�realizzata�prevalentemente�con�fondi�pubblici�,�violerebbe�
la�direttiva�93/37/CEE,�alla�quale�non�sarebbe�conforme�neppure�nel�caso�del�ricorso�al-
l'istituto�della�concessione�di�lavori�pubblici�(art.�3���l)�o�all'affidamento�ad�unico�soggetto�
contraente�generale.�
La�questione�deve�essere�scrutinata�nel�merito,�nel�senso�della�non�fondatezza,�a�pre-
scindere�dal�problema�piu�generale,�che�investe�ora�l'interpretazione�dell'art.�117,�primo�
comma,�Cost.,�se�ed�entro�quali�limiti�l'ipotesi�di�contrasto�di�una�norma�interna�con�l'ordi-
namento�comunitario�sia�idonea�a�radicare�la�competenza�del�giudice�delle�leggi.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Nei�giudizi�di�impugnazione�deve�essere�tenuto�fermo�l'orientamento�gia��espresso�da�
questa�Corte�(sentenze�n.�85�del�1999,�n.�94�del�1995�e�n.�384�del�1994),�secondo�il�quale�il�
valore�costituzionale�della�certezza�e�della�chiarezza�normativa�deve�fare�aggio�su�ogni�altra�
considerazione�soprattutto�quando�una�esplicita�clausola�legislativa�di�salvaguardia�del�
diritto�comunitario�renda,�come�nella�specie,�manifestamente�insussistente�il�denunciato�
contrasto.�

La�lettera�g) 
dell'art.�2,�infatti,�contiene�una�delega�al�Governo�perche�siano�adottate�
procedure�di�aggiudicazione�anche�derogatorie�rispetto�alla�legge�n.�109�del�1994�quando�
non�si�tratti�di�opere�realizzate�prevalentemente�con�fondi�pubblici,�ma�non�autorizza�il�
Governo�a�violare�il�diritto�comunitario:�al�contrario�si�prevede�che�la�deroga�non�debba�
riguardare�gli�aspetti�aventi�necessaria�rilevanza�comunitaria.�Anche�la�disciplina�dell'aggiu-
dicazione�in�appalto�di�opere�realizzate�con�prevalenti�fondi�privati�dovra��quindi�rispettare�
il�diritto�comunitario,�qualunque�ne�sia�il�contenuto.�

6.1��La�lettera�n),�seconda�frase,�a�sua�volta,�nella�parte�in�cui�restringe,�per�tutti�gli�
�interessi�patrimoniali�,�la�tutela�cautelare�al��pagamento�di�una�provvisionale�,�disattende-
rebbe�la�direttiva�89/665/CEE�(c.d.�direttiva�ricorsi),�giacche�ridurrebbe��le�possibilita��di�
tutela�piena�per�i�concorrenti�che�lamentino�violazioni�delle�norme�comunitarie�in�materia�
di�appalti�.�
Anche�in�questo�caso�si�puo��prescindere�dal�problema�appena�richiamato�dei�rapporti�
tra�il�diritto�comunitario�e�il�diritto�interno�e�dei�limiti�entro�i�quali�di�questi�rapporti�possa�
conoscere�la�Corte�Costituzionale.�La�questione�e��infatti�inammissibile�per�difetto�di�inte-
resse�sotto�un�duplice�profilo:�in�primo�luogo,�essa�evoca�un�contrasto�col�diritto�comunita-
rio�senza�pero��dedurre�l'esistenza�di�una�lesione�delle�attribuzioni�regionali;�inoltre�la�dispo-
sizione�denunciata�investe�la�tutela�giurisdizionale�di�terzi�e�non�riguarda�quindi�materie�di�
competenza�legislativa�delle�Regioni.�

6.2��La�Regione�Toscana�denuncia�infine�la�lettera�c) 
del�medesimo�comma�2,�come�
sostituito�dall'art.�13,�comma�5,�della�legge�n.�166�del�2002,�deducendo�il�contrasto�con�gli�
artt.�117�e�118�Cost.�Essa�non�garantirebbe�il�rispetto�delle�attribuzioni�delle�Regioni,�rele-
gate�ad�un�ruolo�meramente�consultivo�nell'approvazione�dei�progetti,�demandata�al�CIPE,�
integrato�dai�Presidenti�delle�Regioni�interessate.�Inoltre�la�ricorrente,�premesso�che�il�
comma�3�dell'art.�13,�nel�sostituire�il�comma�1�dell'art.�1�della�legge�n.�443,�dispone�che�
anche�le�strutture�concernenti�la�nautica�da�diporto�possono�essere�inserite�nel�programma�
delle�infrastrutture�strategiche,�rileva�che�la�previsione�secondo�cui�la�valutazione�di�impatto�
ambientale�sulle�stesse�debba�essere�effettuata�dal�Ministro�competente�e�non�dalle�Regioni�
violerebbe�le�attribuzioni�di�queste�ultime�in�materia�di�porti�e�valorizzazione�dei�beni�
ambientali.�
La�questione�non�e��fondata.�

Contrariamente�a�quanto�dedotto�dalla�ricorrente,�la�disposizione�impugnata,�nell'attri-
buire�al�CIPE,�integrato�dai�Presidenti�delle�Regioni�e�delle�Province�autonome�interessate,�
il�compito�di�approvare�i�progetti�preliminari�e�definitivi�delle�opere�individuate�nel�pro-
gramma�di�cui�al�comma�1,�non�circoscrive�affatto�il�ruolo�delle�Regioni�(o�delle�Province�
autonome)�a�quello�meramente�consultivo,�giacche�queste,�attraverso�i�propri�rappresen-
tanti,�sono�a�pieno�titolo�componenti�dell'organo�e�partecipano�direttamente�alla�forma-
zione�della�sua�volonta��deliberativa,�potendo�quindi�far�valere�efficacemente�il�proprio�punto�
di�vista.�Occorre�inoltre�considerare�che�l'approvazione�dei�progetti�deve�essere�comprensiva�
anche�della�localizzazione�dell'opera,�sulla�quale,�come�gia��per�la�relativa�individuazione,�ai�
sensi�del�comma�1�dell'art.�1,�e��prevista�l'intesa�con�la�Regione�o�la�Provincia�autonoma�inte-
ressata�[lettera�b) 
del�medesimo�comma�2].�

Ne�infine�puo��dirsi�che�la�disposizione�denunciata,�come�sostenuto�dalla�ricorrente,�
affidi�al�Ministro�competente�l'effettuazione�della�valutazione�di�impatto�ambientale�sulle�
opere�inserite�nel�programma,�considerato�che�dalla�piana�lettura�della�norma�risulta�che�
una�siffatta�valutazione�e��affidata�al�CIPE�in�composizione�allargata�ai�rappresentanti�regio-
nali�e�Provinciali,�mentre�al�Ministro�e��lasciata�unicamente�la�relativa�fase�istruttoria.�

7.��E�fondata�la�questione�di�legittimita��costituzionale��sollevata�da�tutte�le�ricor-
renti��che�investe�l'art.�1,�comma�3,�della�legge�n.�443,�nella�parte�in�cui�autorizza�il�
Governo�a�integrare�e�modificare�il�regolamento�di�cui�al�d.P.R.�21�dicembre�1999,�n.�554,�
per�renderlo�conforme�a�quest'ultima�legge�e�ai�decreti�legislativi�di�cui�al�comma�2.�

IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

Che�ai�regolamenti�governativi�adottati�in�delegificazione�fosse�inibito�disciplinare�
materie�di�competenza�regionale�era�gia�stato�affermato�da�questa�Corte�avendo�riguardo�
al�quadro�costituzionale�anteriore�all'entrata�in�vigore�della�riforma�del�Titolo�V�della�Parte�
II�della�Costituzione.�Nelle�sentenze�n.�333�e�n.�482�del�1995�e�nella�piu�recente�sentenza�

n.�302�del�2003�l'argomento�su�cui�e�incentrata�la�ratio 
decidendi 
e�che�lo�strumento�della�
delegificazione�non�puo�operare�in�presenza�di�fonti�tra�le�quali�non�vi�siano�rapporti�di�
gerarchia,�ma�di�separazione�di�competenze.�Solo�la�diretta�incompatibilita�delle�norme�
regionali�con�sopravvenuti�principi�o�norme�fondamentali�della�legge�statale�puo�infatti�
determinare�l'abrogazione�delle�prime.�La�ragione�giustificativa�di�taleorientamentosie�,se�
possibile,�rafforzata�con�la�nuova�formulazione�dell'art.�117,�sesto�comma,Cost.,secondoil�
quale�la�potesta�regolamentare�e�dello�Stato,�salva�delega�alle�Regioni,�nelle�materie�di�legi-
slazione�esclusiva,�mentre�in�ogni�altra�materia�e�delle�Regioni.�In�un�riparto�cos|�rigida-
mente�strutturato,�alla�fonte�secondaria�statale�e�inibita�in�radice�la�possibilita�di�vincolare�
l'esercizio�della�potesta�legislativa�regionale�o�di�incidere�su�disposizioni�regionali�preesi-
stenti�(sentenza�n.�22�del�2003);�e�neppure�i�principi�di�sussidiarieta�e�adeguatezza�possono�
conferire�ai�regolamenti�statali�una�capacita�che�e�estranea�al�loro�valore,�quella�cioe�di�
modificare�gli�ordinamenti�regionali�a�livello�primario.�Quei�principi,�lo�si�e�gia�rilevato,�
non�privano�di�contenuto�precettivo�l'art.�117�Cost.,�pur�se,�alle�condizioni�e�nei�casi�sopra�
evidenziati,�introducono�in�esso�elementi�di�dinamicita�intesi�ad�attenuare�la�rigidita�nel�
riparto�di�funzioni�legislative�ivi�delineato.�Non�puo�quindi�essere�loro�riconosciuta�l'attitu-
dine�a�vanificare�la�collocazione�sistematica�delle�fonti�conferendo�primarieta�ad�atti�che�
possiedono�lo�statuto�giuridico�di�fonti�secondarie�e�a�degradare�le�fonti�regionali�a�fonti�
subordinate�ai�regolamenti�statali�o�comunque�a�questi�condizionate.�Se�quindi,�come�gia�
chiarito,�alla�legge�statale�e�consentita�l'organizzazione�e�la�disciplina�delle�funzioni�ammini-
strative�assunte�in�sussidiarieta�,�va�precisato�che�la�legge�stessa�non�puo�spogliarsi�della�fun-
zione�regolativa�affidandola�a�fonti�subordinate,�neppure�predeterminando�i�principi�che�
orientino�l'esercizio�della�potesta�regolamentare,�circoscrivendone�la�discrezionalita�.�
8.��E�fondata�pure�la�questione�di�legittimita�costituzionale�dell'art.�1,�comma�3-bis,�
della�legge�n.�443�del�2001,�introdotto�dall'art.�13,�comma�6,�della�legge�n.�166�del�2002,�pro-
posta�dalla�Regione�Toscana�lamentando�la�violazione�degli�artt.�117�e�118�Cost.,�per�il�fatto�
che�alle�Regioni�sarebbe�stato�riservato�un�ruolo�meramente�consultivo�nella�fase�di�appro-
vazione�dei�progetti�definitivi�delle�opere�individuate�nel�programma�governativo.�
La�disposizione�denunciata�consente�che�tale�approvazione,�in�alternativa�alle�proce-
dure�di�cui�al�comma�2,�avvenga�con�decreto�del�Presidente�del�Consiglio�dei�ministri.�Per�
questa�procedura�alternativa�e�previsto�che�il�decreto�del�Presidente�del�Consiglio�sia�adot-
tato�previa�deliberazione�del�CIPE�integrato�dai�Presidenti�delle�Regioni�o�delle�Province�
autonome�interessate,�sentita�la�Conferenza�unificata�e�previo�parere�delle�competenti�com-
missioni�parlamentari.�

Dalla�degradazione�della�posizione�del�CIPE�da�organo�di�amministrazione�attiva�(nel�
procedimento�ordinario)�ad�organo�che�svolge�funzioni�preparatorie�(nel�procedimento�
�alternativo�)�discende�che�la�partecipazione�in�esso�delle�Regioni�interessate�non�costituisce�
piu�una�garanzia�sufficiente,�tanto�piu�se�si�considera�che�non�e�previsto,�nel�procedimento�
alternativo,�alcun�ruolo�delle�Regioni�interessate�nella�fase�preordinata�al�superamento�del�
loro�eventuale�dissenso.�

9.��Tutte�le�Regioni�impugnano�il�comma�4�dell'art.�1,�in�riferimento�all'art.�117�e,�
limitatamente�al�ricorso�della�Regione�Marche,�anche�agli�artt.�118�e�119�Cost.�
La�disposizione�contiene�una�delega�al�Governo�ad�emanare,�nel�rispetto�deiprincipi�e�
dei�criteri�direttivi�di�cui�al�comma�2,�previo�parere�favorevole�del�CIPE,�integrato�dai�Presi-
denti�delle�Regioni�interessate,�sentite�la�Conferenza�unificata�di�cui�all'art.�8�del�decreto�
legislativo�28�agosto�1997,�n.�281,�e�le�competenti�commissioni�parlamentari,�uno�o�piu�
decreti�legislativi�recanti�l'approvazione�definitiva�di�specifici�progetti�di�infrastrutture�stra-
tegiche�individuate�secondo�quanto�previsto�al�comma�1.�

Le�impugnazioni�delle�ricorrenti�sono�svolte�molto�succintamente�e�si�limitano�ad�ope-
rare�un�mero�rinvio�agli�argomenti�sviluppati�in�relazione�a�disposizioni�di�diverso�contenuto�
senza�ulteriori�precisazioni,�se�non�quella�che�si�verserebbe�in�materia�di�potesta�legislativa�
residuale�sulla�quale�lo�Stato�sarebbe�radicalmente�privo�di�competenza.�Anche�il�denun-
ciato�comma�4�dell'art.�1,�come�le�precedenti�disposizioni,�riguarda�pero�materie�di�compe-


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

tenza�concorrente�o�esclusiva�dello�Stato�e�non�investe�potesta�residuali.�Ne�tra�queste�
ultime,�per�le�ragioni�gia�esposte,�possono�ritenersi�compresi�i�lavori�pubblici.�Le�impugna-
zioni�vanno�pertanto�rigettate.�

10.��Il�motivo�di�ricorso�proposto�dalla�Regione�Marche�contro�l'art.�1,�comma�5,�
della�legge�n.�443�del�2001,�a�mente�del�quale,�ai�fini�della�presente�legge,��sono�fatte�salve�
le�competenze�delle�Regioni�a�statuto�speciale�e�delle�Province�autonome�,�non�ha�una�sua�
autonoma�consistenza�ma�deve�essere�interpretato�come�argomento�teso�a�corroborare�le�
censure�svolte�negli�altri�motivi�di�ricorso,�sulle�quali�si�e�appena�deciso.�
11.��Le�Regioni�Toscana,�Umbria�ed�Emilia-Romagna�denunciano�i�commi�da�6�a�12�
eilcomma�14�dell'art.�1,che�disciplinano,nel�loro�complesso,ilregime�degli�interventi�edi-
lizi�con�disposizioni�il�cui�contenuto�conviene�subito�illustrare.�
Il�comma�6�prevede�che,�per�determinati�interventi,�in�alternativa�a�concessioni�ed�auto-
rizzazioni�edilizie,�l'interessato�possa�avvalersi�della�denuncia�di�inizio�attivita�(DIA).�L'al-
ternativa�riguarda�in�particolare:�a) 
gli�interventi�edilizi�minori,�di�cui�all'art.�4,�comma�7,�
del�decreto-legge�n.�398�del�1993�(convertito�nella�legge�n.�493�del�1993);�b) 
le�ristruttura-
zioni�edilizie,�comprensive�della�demolizione�e�ricostruzione�con�la�stessa�volumetria�e�
sagoma;�c) 
gli�interventi�ora�sottoposti�a�concessione,�se�sono�specificamente�disciplinati�
da�piani�attuativi�che�contengano�precise�disposizioni�plano-volumetriche,�tipologiche,�for-
mali�e�costruttive,�la�cui�sussistenza�sia�stata�esplicitamente�dichiarata�dal�consiglio�comu-
nale�in�sede�di�approvazione�degli�stessi�piani�o�di�ricognizione�di�quelli�vigenti;�d) 
i�sopralzi,�
le�addizioni,�gli�ampliamenti�e�le�nuove�edificazioni�in�diretta�esecuzione�di�idonei�strumenti�
urbanistici�diversi�da�quelli�indicati�alla�lettera�c),�ma�recanti�analoghe�previsioni�di�detta-
glio.�Rimane�ferma�la�disciplina�previgente�quanto�all'obbligo�di�versare�il�contributo�com-
misurato�agli�oneri�di�urbanizzazione�ed�al�costo�di�costruzione�(comma�7).�

Il�comma�8�stabilisce�che�la�tutela�storico-artistica�o�paesaggistico-ambientale�per�la�
realizzazione�degli�interventi�di�cui�al�comma�6�sia�subordinata�al�preventivo�rilascio�del�
parere�o�dell'autorizzazione�richiesti�dalle�disposizioni�di�legge�vigenti�e�in�particolare�dal�
testo�unico�delle�disposizioni�legislative�in�materia�di�beni�culturali�e�ambientali,�di�cui�al�
decreto�legislativo�29�ottobre�1999,�n.�490.�

Il�comma�9�e�il�comma�10�contengono�la�disciplina�relativa�al�caso�in�cui�le�opere�da�
realizzare�riguardino�immobili�soggetti�a�un�vincolo�la�cui�tutela�competa,�anche�in�via�di�
delega,�all'amministrazione�comunale�(comma�9)�ovvero�soggetti�a�un�vincolo�la�cui�tutela�
spetti�ad�amministrazioni�diverse�da�quella�comunale�(comma�10).�Nel�primocasoe�previsto�
che�il�termine�per�la�presentazione�della�denuncia�di�inizio�attivita�,�di�cui�all'art.�4,�
comma�11,�del�decreto-legge�5�ottobre�1993,�n.�398,�decorre�dal�rilascio�del�relativo�atto�di�
assenso.�Nel�secondo�caso�si�prevede�che,�ove�il�parere�favorevole�del�soggetto�preposto�alla�
tutela�non�sia�allegato�alla�denuncia,�il�competente�ufficio�comunale�convoca�una�confe-
renza�di�servizi�ai�sensi�degli�artt.�14,�14-bis,14-ter 
e14-quater 
della�legge�7�agosto�1990,�

n.�241,�e�il�termine�di�venti�giorni�per�la�presentazione�della�denuncia�di�inizio�dell'attivita�
decorre�dall'esito�della�conferenza.�Tanto�nel�caso�in�cui�l'atto�dell'autorita�comunale�prepo-
sta�alla�tutela�del�vincolo�non�sia�favorevole,�quanto�nel�caso�di�esito�non�favorevole�della�
conferenza,�la�denuncia�di�inizio�attivita�e�priva�di�effetti.�
Ilcomma11,asuavolta,abrogailcomma8dell'art.�4deldecreto-leggen.�398del1993,�
il�quale�prevedeva�la�possibilita�di�procedere�ad�attivita�edilizie�minori�sulla�base�di�denuncia�
inizio�attivita�a�condizione�che�gli�immobili�non�fossero�assoggettati�alle�disposizioni�di�cui�
alla�legge�n.�1089�del�1939,�alla�legge�n.�1497�del�1939,�alla�legge�n.�394�del�1991,�ovvero�a�
disposizioni�immediatamente�operative�dei�piani�aventi�la�valenza�di�cui�all'art.�1-bis 
del�
decreto-legge�n.�312�del�1985,�convertito�nella�legge�n.�431�del�1985,�o�dalla�legge�n.�183�del�
1989,�o�che�non�fossero�comunque�assoggettati�dagli�strumenti�urbanistici�a�discipline�
espressamente�volte�alla�tutela�delle�loro�caratteristiche�paesaggistiche,�ambientali,�stori-
co-archeologiche,�storico�artistiche,�storico�architettoniche�e�storico�testimoniali.�

In�base�al�comma�12�le�disposizioni�di�cui�al�comma�6��si�applicano�nelle�Regioni�a�sta-
tuto�ordinario�a�decorrere�dal�novantesimo�giorno�dalla�data�di�entrata�in�vigore�della�pre-
sente�legge��e��le�Regioni�a�statuto�ordinario,�con�legge,�possono�individuare�quali�degli�
interventi�indicati�al�comma�6�sono�assoggettati�a�concessione�edilizia�o�ad�autorizzazione�
edilizia�.�Con�il�comma�14�viene�delegato�il�Governo�ad�emanare,�entro�il�30�giugno�2003,�
un�decreto�legislativo�volto�a�introdurre�nel�testo�unico�delle�disposizioni�legislative�e�regola-


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�151 


mentari�in�materia�edilizia,�di�cui�all'art.�7�della�legge�n.�50�del�1999,�e�successive�modifica-
zioni,�le�modifiche�strettamente�necessarie�per�adeguarlo�alle�disposizioni�di�cui�ai�commi�
da�6�a�13�(quest'ultima�disposizione,�non�denunciata,�fa�salva�la�potesta�legislativa�esclusiva�
delle�Regioni�a�statuto�speciale�e�delle�Province�autonome�di�Trento�e�di�Bolzano).

E�importante�rilevare�che�il�comma�12�e�stato�modificato�dall'art.�13,�comma�7,�della�
legge�n.�166�del�2002,�il�quale�ha�aggiunto�alla�versione�originaria�le�seguenti�disposizioni:�
�salvo�che�le�leggi�regionali�pubblicate�prima�della�data�di�entrata�in�vigore�della�presente�
legge�siano�gia�conformi�a�quanto�previsto�dalle�lettere�a),�b),�c) 
e�d) 
del�medesimo�
comma�6,�anche�disponendo�eventuali�categorie�aggiuntive�e�differenti�presupposti�urbani-
stici.�Le�Regioni�a�statuto�ordinario�possono�ampliare�o�ridurre�l'ambito�applicativo�delle�
disposizioni�di�cui�al�periodo�precedente�.�

Tutte�le�disposizioni�il�cui�contenuto�si�e�ora�esposto�hanno�portata�generale�e�prescin-
dono�dalla�disciplina�procedimentale�concernente�le�infrastrutture�e�gli�insediamenti�produt-
tivi�strategici�e�di�preminente�interesse�nazionale,�della�quale�non�costituiscono�ulteriore�
svolgimento.�

Contro�di�esse�si�orientano�le�censure�delle�ricorrenti,�le�quali�assumono�che�lo�Stato�
avrebbe�violato�la�competenza�residuale�delle�Regioni�in�materia�edilizia�e,�subordinata-
mente,�avrebbe�leso,�con�una�disciplina�di�dettaglio,�la�competenza�regionale�concorrente�
in�materia�di�governo�del�territorio.�

Nelle�memorie�presentate�in�prossimita�dell'udienza,�la�Regione�Toscana,�in�considera-
zione�della�sopravvenuta�modifica�del�comma�12,�ha�espressamente�dichiarato�di�rinunciare�
ai�motivi�di�ricorso�concernenti�i�commi�da�6�a�12�ed�il�comma�14.�Insistono�invece�nelle�cen-
sure�le�Regioni�Umbria�ed�Emilia-Romagna,�sicche�questa�Corte�deve�pronunciarsi�su�di�
esse.�

11.1.��E�innanzitutto�da�escludersi�che�la�materia�regolata�dalle�disposizioni�censurate�
sia�oggi�da�ricondurre�alle�competenze�residuali�delle�Regioni,�ai�sensi�dell'art.�117,�quarto�
comma,�Cost.�La�materia�dei�titoli�abilitativi�ad�edificare�appartiene�storicamente�all'urba-
nistica�che,�in�base�all'art.�117�Cost.,�nel�testo�previgente,�formava�oggetto�di�competenza�
concorrente.�La�parola��urbanistica��non�compare�nel�nuovo�testo�dell'art.�117,�ma�cio�non�
autorizza�a�ritenere�che�la�relativa�materia�non�sia�piu�ricompresa�nell'elenco�del�terzo�
comma:�essa�fa�parte�del��governo�del�territorio�.�Se�si�considera�che�altre�materie�o�fun-
zioni�di�competenza�concorrente,�quali�porti�e�aeroporti�civili,�grandi�reti�di�trasporto�e�di�
navigazione,�produzione,�trasporto�e�distribuzione�nazionale�dell'energia,�sono�specifica-
mente�individuati�nello�stesso�terzo�comma�dell'art.�117�Cost.�e�non�rientrano�quindi�nel�
�governo�del�territorio�,�appare�del�tutto�implausibile�che�dalla�competenza�statale�di�prin-
cipio�su�questa�materia�siano�stati�estromessi�aspetti�cos|�rilevanti,�quali�quelli�connessi�
all'urbanistica,�e�che�il��governo�del�territorio��sia�stato�ridotto�a�pocopiu�di�un�guscio�
vuoto.�
11.2.��Chiarito�che�si�versa�in�materia�di�competenza�concorrente,�resta�da�chiedersi�
se�nelle�disposizioni�denunciate�vi�siano�aspetti�eccedenti�la�formulazione�di�un�principio�di�
legislazione.�Un�accurato�esame�della�disciplina�poc'anzi�richiamata�conduce�a�una�risposta�
negativa.�Non�vi�e�nulla�in�essa�che�non�sia�riconducibile�ad�una�enunciazione�di�principio�
e�che�possa�essere�qualificato�normativa�di�dettaglio.�
Giova�premettere�che�i�principi�della�legislazione�statale�in�materia�di�titoli�abilitativi�
per�gli�interventi�edilizi�non�sono�rimasti,�nel�tempo,�immutati,�ma�hanno�subito�sensibili�
evoluzioni.�

Dal�generale�e�indifferenziato�onere�della�concessione�edilizia�(legge�n.�10�del�1977)�si�e�
passati�all'autorizzazione�per�gli�interventi�di�manutenzione�straordinaria�e�fra�questi�al�
silenzio-assenso�quando�non�siano�coinvolti�edifici�soggetti�a�disciplina�vincolistica�(legge�

n.�457�del�1978).�Il�silenzio-assenso�e�stato�successivamente�ampliato�ed�esteso�e�fatto�
oggetto�di�specifiche�previsioni�procedurali�(legge�n.�94�del�1982,�che�ha�convertito�il�
decreto-legge�n.�9�del�1982).�Alle�Regioni�e�stato�poi�attribuito�(legge�n.�47�del�1985)�il�potere�
di�semplificare�le�procedure�ed�accelerare�l'esame�delle�domande�di�concessione�e�di�autoriz-
zazione�edilizia�e�di�consentire,�per�le�sole�opere�interne�agli�edifici,�l'asseverazione�del�
rispetto�delle�norme�di�sicurezza�e�delle�norme�igienico-sanitarie�vigenti,�secondo�un�modello�
che,�in�qualche�modo,�anticipa�l'istituto�della�denuncia�di�inizio�attivita�.Edancora�
(decreto-legge�n.�398�del�1993,�convertito�nella�legge�n.�493�del�1993)�sono�state�nuovamente�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

regolate�le�procedure�per�il�rilascio�della�concessione�edilizia,�eliminando�il�silenzio-assenso�
e�prevedendo�in�sua�vece�la�nomina�di�un�commissario�regionale�ad 
acta 
con�il�compito�di�
adottare�il�provvedimento�nei�casi�di�inerzia�del�comune.�Si�e��giunti�quindi�alla�disciplina�
sostanziale�e�procedurale�della�denuncia�di�inizio�attivita��(DIA)�per�taluni�enumerati�inter-
venti�edilizi,�imponendo�alle�Regioni�l'obbligo�di�adeguare�la�propria�legislazione�ai�nuovi�
principi�(legge�n.�662�del�1996).�

E�dunque�lungo�questa�direttrice,�in�cui�lo�Stato�ha�mantenuto�la�disciplina�dei�titoli�
abilitativi�come�appartenente�alla�potesta��di�dettare�i�principi�della�materia,�che�si�muovono�
le�disposizioni�impugnate.�Le�fattispecie�nelle�quali,�in�alternativa�alle�concessioni�o�autoriz-
zazioni�edilizie,�si�puo��procedere�alla�realizzazione�delle�opere�con�denuncia�di�inizio�attivita��
a�scelta�dell'interessato�integrano�il�proprium 
del�nuovo�principio�dell'urbanistica:�si�tratta�
infatti,�come�agevolmente�si�evince�dal�comma�6,�di�interventi�edilizi�di�non�rilevante�entita��
o,�comunque,�di�attivita��che�si�conformano�a�dettagliate�previsioni�degli�strumenti�urbani-
stici.�In�definitiva,�le�norme�impugnate�perseguono�il�fine,�che�costituisce�un�principio�del-
l'urbanistica,�che�la�legislazione�regionale�e�le�funzioni�amministrative�in�materia�non�risul-
tino�inutilmente�gravose�per�gli�amministrati�e�siano�dirette�a�semplificare�le�procedure�e�
ad�evitare�la�duplicazione�di�valutazioni�sostanzialmente�gia��effettuate�dalla�pubblica�ammi-
nistrazione.�

Ne�puo��dirsi�che�le�modificazioni�introdotte�nell'ultimo�periodo�del�comma�12�del-
l'art.�1,�e�cioe��l'attribuzione�alle�Regioni�del�potere�di�ampliare�o�ridurre�le�categorie�di�opere�
per�le�quali�e��prevista�in�principio�la�dichiarazione�di�inizio�attivita��,�abbiano�comportato,�
nella�disciplina�contenuta�nel�comma�6,�un�mutamento�di�natura�e�l'abbiano�trasformata�in�
normativa�di�dettaglio.�Vi�e��solo�una�maggiore�flessibilita��del�principio�della�legislazione�sta-
tale�quanto�alle�categorie�di�opere�a�cui�la�denuncia�di�inizio�attivita��puo��applicarsi.�Resta�
come�principio�la�necessaria�compresenza�nella�legislazione�di�titoli�abilitativi�preventivi�ed�
espressi�(la�concessione�o�l'autorizzazione,�ed�oggi,�nel�nuovo�testo�unico�n.�380�del�2001,�il�
permesso�di�costruire)�e�taciti,�quale�e��la�DIA,�considerata�procedura�di�semplificazione�
che�non�puo��mancare,�libero�il�legislatore�regionale�di�ampliarne�o�ridurne�l'ambito�applica-
tivo.�

La�materia�del�contendere�in�relazione�ai�commi�6�e�12�non�e��dunque�cessata,�come�
invece�vorrebbe�l'Avvocatura�generale�dello�Stato,�ma�le�censure�che�le�Regioni�Umbria�ed�
Emilia-Romagna�hanno�tenute�ferme�nei�confronti�di�queste�disposizioni�non�possono�essere�
accolte,�giacche�,�anche�dopo�le�sopravvenute�modificazioni�del�comma�12,�le�disposizioni�
impugnate�si�limitano�a�porre�principi�e�non�costituiscono�norme�di�dettaglio.�

11.3.��Del�pari�va�respinta�la�censura�relativa�al�comma�7,�il�quale,�senza�avere�il�con-
tenuto�di�norma�di�dettaglio,�si�limita�a�reiterare�l'obbligo�dell'interessato�di�versare�gli�oneri�
di�urbanizzazione�commisurati�al�costo�di�costruzione�anche�quando�il�titolo�abilitativo�con-
sista�nella�denuncia�di�inizio�attivita��.�L'onerosita��del�titolo�abilitativo�riguarda�infatti�un�
principio�della�disciplina�un�tempo�urbanistica�e�oggi�ricompresa�fra�le�funzioni�legislative�
concorrenti�sotto�la�rubrica��governo�del�territorio�.�
11.4.��Non�sono�fondate�le�questioni�concernenti�i�commi�da�8�a�11�dell'art.�1,�per�le�
quali�sono�svolti�motivi�di�censura�analoghi�a�quelli�appena�esaminati.�
Seppure,�infatti,�non�si�fosse�in�presenza�di�una�legislazione�statale�rientrante�nel-
l'art.�117,�secondo�comma,�lettera�s),�Cost.,�che�attribuisce�allo�Stato�la�competenza�esclu-
siva�in�materia�di�tutela�dell'ambiente,�ecosistema�e�beni�culturali,�le�disposizioni�censurate�
non�eccederebbero�l'ambito�della�potesta��legislativa�statale�nelle�materie�di�competenza�con-
corrente,�e�in�particolare�nella�materia��governo�del�territorio�.�In�effetti�esse,�lungi�dal�
porre�una�disciplina�di�dettaglio,�costituiscono�espressione�di�un�principio�della�legislazione�
statale�diverso�da�quello�previgente,�contenuto�nell'art.�4,�comma�8,�del�decreto-legge�

n.�398�del�1993�(che�viene�espressamente�abrogato),�secondo�il�quale�puo��procedersi�con�
denuncia�di�inizio�attivita��anche�alla�realizzazione�degli�interventi�edilizi�di�cui�al�comma�6�
dell'art.�1�della�legge�n.�443�del�2001�che�riguardino�aree�o�immobili�sottoposti�a�vincolo.�Il�
legislatore,�stabilito�tale�nuovo�principio,�ha�coordinato�l'istituto�della�denuncia�di�inizio�
attivita��con�le�vigenti�disposizioni�che�pongono�vincoli,�a�tal�fine�ribadendo�la�indispensabi-
lita��che�l'amministrazione�preposta�alla�loro�tutela�esprima�il�proprio�parere,�la�cui�assenza�
priva�di�effetti�la�denuncia�di�inizio�attivita��.�In�definitiva�le�disposizioni�censurate�si�limitano�

IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

a�far�salva�la�previgente�normativa�vincolistica,�senza�alterare�il�preesistente�quadro�delle�
relative�competenze,�anche�delegate�alle�amministrazioni�comunali,�e�senza�attrarre�allo�
Stato�ulteriori�competenze.�Le�attribuzioni�regionali�non�sono�pertanto�lese.�

11.5.��Le�considerazioni�svolte�nei�precedenti�paragrafi�inducono�a�ritenere�priva�di�
fondamento�la�censura�che�le�ricorrenti�muovono�al�comma�14,�contenente�la�delega�al�
Governo�ad�emanare�un�decreto�legislativo�volto�ad�introdurre�nel�testo�unico�delle�disposi-
zioni�legislative�e�regolamentari�in�materia�edilizia�di�cui�all'art.�7�della�legge�8�marzo�1999,�
n.�50,�le�modifiche�strettamente�necessarie�per�adeguarlo�alle�disposizioni�dei�commi�da�6�
a�13.�Si�sostiene�dalle�ricorrenti�che�la�disposizione�sia�illegittima�in�quanto�sarebbe��il�con-
cetto�stesso�di�testo�unico�che�ripugna�al�riparto�costituzionale�delle�competenze��e�cio�non�
soltanto�per�le�materie�residuali�regionali,�ma�anche�per�le�materie�di�competenza�concor-
rente,�nelle�quali�sulle�Regioni�grava�soltanto�il�vincolo�di�conformarsi�ai�principi�della�legi-
slazione�statale.�
Le�disposizioni�impugnate��lo�si�e�appena�visto��non�sono�tuttavia�ascrivibili�a�com-
petenze�residuali�e�hanno�il�contenuto�di�principi�che�le�Regioni�possono�svolgere�con�pro-
prie�norme�legislative.�Inserire�quei�principi�in�un�testo�unico�gia�vigente�e�dunque�opera-
zione�che�non�lede�alcuna�attribuzione�regionale.�

12.�LaRegioneToscanahaimpugnatoancheicommi1,4e11dell'art.�13dellalegge�
n.�166�del�2002.�
12.1.��Il�comma�4�inserisce,�dopo�il�comma�1�dell'art.�1�della�legge�n.�443�del�2001,�il�
�comma�1-bis�,�il�quale�detta�le�indicazioni�che�deve�contenere�il�programma�delle�infra-
strutture�e�degli�insediamenti�produttivi�strategici�e�di�preminente�interesse�nazionale�da�
inserire�nel�documento�di�programmazione�economico-finanziaria.�La�ricorrente�assume�
che�la�disposizione�violerebbe�gli�artt.�117�e�118,�primo�comma,�Cost.�per�le�stesse�identiche�
ragioni�gia�poste�a�fondamento�della�censura�svolta�avverso�il�comma�3�dell'art.�13�della�
legge�n.�166�del�2002,�che�ha�sostituito�il�comma�1�della�citata�legge�n.�443.�
Il�motivo�di�ricorso�e�da�respingersi�sulla�base�delle�stesse�argomentazioni�che�hanno�
condotto�a�ritenere�infondate�le�censure�avverso�il�menzionato�comma�1�dell'art.�1�nella�ver-
sione�vigente:�la�doglianza�in�esame�non�assume�infatti�alcuna�autonomia�rispetto�a�quella�
gia�scrutinata,�con�la�quale,�del�resto,�e�prospettata�congiuntamente.�

12.2.��Nei�commi�1�e�11�dell'art.�13�della�legge�n.�166,�sono�individuati�ed�autorizzati�i�
limiti�di�impegno�di�spesa�quindicennali�per�la�progettazione�e�realizzazione�delle�opere�stra-
tegiche�e�di�preminente�interesse�nazionale��individuate�in�apposito�programma�approvato��
dal�CIPE,�prevedendo,�tra�l'altro,�che�le�risorse�autorizzate��integrano�i�finanziamenti�pub-
blici,�comunitari�e�privati�allo�scopo�disponibili�.�Il�successivo�comma�11�dispone�i�necessari�
stanziamenti�di�bilancio.�
In�ordine�a�tali�disposizioni�la�Regione�Toscana�sostiene�che�esse,�nel�prevedere�specifici�
stanziamenti�per�la�progettazione�e�la�realizzazione�delle�opere�strategiche�approvate�dal�
CIPE,�contrasterebbero�sia�con�gli�artt.�117�e�118�Cost.,�in�quanto�si�riferirebbero�al�pro-
gramma�predisposto�dal�CIPE�che�si�assume�elaborato��in�spregio�alle�competenze�regio-
nali�;�sia�con�l'art.�119�Cost.,�perche�inciderebbero�sull'autonomia�finanziaria�delle�Regioni�
garantita�dalla�Costituzione�anche�in�relazione�al�reperimento�delle�risorse�per�la�realizza-
zione�delle�infrastrutture�di�competenza�regionale.�

La�censura�va�respinta�per�considerazioni�analoghe�a�quelle�gia�svolte�nel�punto�4.1.�
della�presente�pronuncia:�in�assenza�dell'intesa�con�la�Regione�interessata�i�programmi�sono�
inefficaci.�Ne�consegue�che�anche�questa�disposizione�deve�essere�interpretata�nel�senso�che�
i�finanziamenti�concernenti�le�infrastrutture�e�gli�insediamenti�produttivi�individuati�nel�pro-
gramma�approvato�dal�CIPE�potranno�essere�utilizzati�per�la�realizzazione�di�quelle�sole�
opere�che�siano�state�individuate�mediante�intesa�tra�Stato�e�Regioni�o�Province�autonome�
interessate.�

Quanto�all'evocato�parametro�dell'art.�119�Cost.,�e�sufficiente�osservare�che�si�tratta�di�
finanziamenti�statali�individuati�e�stanziati�in�vista�della�realizzazione�di�un�programma�di�
opere�che�lo�Stato�assume,�nei�termini�gia�chiariti,�in�base�ai�principi�di�sussidiarieta�ed�ade-
guatezza�anche�in�considerazione�degli�oneri�finanziari�che�esso�comporta�e�non�e�pensabile�
che�lo�Stato�possa�esimersi�dal�reperire�le�risorse.�Non�e�pertanto�apprezzabile�alcuna�
lesione�dell'autonomia�finanziaria�delle�Regioni.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

13.��Si�tratta�ora�di�esaminare�i�ricorsi�proposti�dalle�Regioni�Toscana�e�Marche�e�
dalle�Province�autonome�di�Bolzano�e�di�Trento,�in�riferimento�agli�artt.�76,�117,�118�e�120�
della�Costituzione,�nonche�agli�artt.�8,�primo�comma,�numeri�5,�6,�9,�11,�14,�16,�17,�18,�19,�
21,22e24;9,primocomma,numeri8,9,e10;�16dellostatutospecialeperilTrentino-Alto�
Adige,�e�relative�norme�di�attuazione,�avverso�numerosi�articoli�del�decreto�legislativo�
20�agosto�2002,�n.�190,�attuativo�della�delega�contenuta�nell'art.�1,�comma�2,�della�legge�
21�dicembre�2001,�n.�443.�
SpecificamentelaToscanaimpugnagliartt.�1-11;13;�15e16,commi1,2,3,6e7;�17-20;�
la�Provincia�autonoma�di�Bolzano�gli�artt.�1,�commi�1�e�7;�2,�commi�1,�2,�3,�4,�5�e7;3,�
commi4,5,6e9;�13,comma5;�15;laRegioneMarchegliartt.�1-11;�13e15-20;laProvincia�
autonoma�di�Trento�gli�artt.�1,�2,�3,�4,�13�e�15.�

14.��Il�ricorso�della�Provincia�autonoma�di�Trento�e�stato�depositato�presso�la�cancel-
leria�della�Corte�Costituzionale�oltre�il�termine�previsto�dall'art.�32,�terzo�comma,�della�
legge�11�marzo�1953,�n.�87.�La�Provincia,�con�apposita�istanza,�pur�non�disconoscendo�il�
carattere�perentorio�del�termine�per�il�deposito,�ritiene�che�possa�trovare�applicazione�alla�
fattispecie�la�disciplina�dell'errore�scusabile,�che,�per�il�processo�costituzionale,�non�e�espres-
samente�previsto.�Si�chiede�pertanto�di�considerare�scusabile,�e�dunque�tempestivo,�il�depo-
sito�effettuato�dalla�Provincia�autonoma�il�5�novembre�2002.�In�subordine,�la�Provincia�sol-
lecita�questa�Corte�a�sollevare�dinanzi�a�se�stessa�la�questione�di�legittimita�costituzionale�
degli�artt.�31,�terzo�comma,�e�32,�terzo�comma,�della�legge�n.�87�del�1953,�nella�parte�in�cui�
precludono�l'applicazione�di�tale�istituto,�per�violazione�dell'art.�24,�primo�comma,�Cost.�e�
del�principio�di�ragionevolezza.�
Entrambe�le�richieste�non�possono�essere�accolte.�Nei�giudizi�in�via�di�azione�va�senz'al-
tro�esclusa�l'applicabilita�della�disciplina�dell'errore�scusabile,�cos|�come�e�da�escludersi�che�
la�Corte�possa�ritenere�non�manifestamente�infondata�una�questione�di�legittimita�proprio�
su�quelle�norme�legislative�che,�regolando�il�processo�costituzionale,�sono�intese�a�conferire�
ad�esso�il�massimo�di�certezza�e�ad�assicurare�alle�parti�il�corretto�svolgimento�del�giudizio.�

Il�ricorso�della�Provincia�autonoma�di�Trento�deve�essere�pertanto�dichiarato�inammis-
sibile.�

15.��L'art.�1,�comma�1,�che�regola�la�progettazione,�l'approvazione�e�realizzazione�
delle�infrastrutture�strategiche�e�degli�insediamenti�produttivi�di�preminente�interesse�nazio-
nale,�individuati�dall'apposito�programma,�e�impugnato�dalla�Provincia�autonoma�di�Bol-
zano.�Preliminarmente�la�ricorrente�lamenta�che�la�disposizione�sarebbe�rivolta�a�salvaguar-
dare�unicamente�le�competenze�riconosciutele�dallo�statuto�speciale�e�dalle�norme�di�attua-
zione,�senza�alcun�riferimento�alle�nuove�e�maggiori�competenze�derivanti�dagli�artt.�117�e�
118,�applicabili�alle�Regioni�ad�autonomia�differenziata�in�virtu�della�clausola�di�estensione�
contenuta�nell'art.�10�della�legge�costituzionale�18�ottobre�2001,�n.�3,�e�comunque�che�viole-
rebbe�l'art.�2�del�decreto�legislativo�n.�266�del�1992.�Tale�disposizione�definisce�le�condizioni�
dell'adeguamento�(sei�mesi)�della�legislazione�Provinciale�ai�principi�della�legislazione�sta-
tale,�tenendo�ferma��l'immediata�applicabilita�nel�territorio�regionale�(...)�degli�atti�legisla-
tivi�dello�Stato�nelle�materie�nelle�quali�alla�Regione�o�alla�Provincia�autonoma�e�attribuita�
delega�di�funzioni�statali�.�
La�pretesa�avanzata�dalla�Provincia�di�Bolzano�e�quella�di�rimanere�indenne�dal-
l'obbligo�di�applicazione�immediata�nel�proprio�territorio�della�disciplina�contenuta�nella�
disposizione�impugnata.�Un'applicazione�immediata,�tuttavia,�e�esclusa�dallo�stesso�art.�1,�
il�quale,�per�un�verso,�fa�salve�le�competenze�delle�Province�autonome�e�delle�Regioni�a�sta-
tuto�speciale;�per�altro�verso�subordina�l'applicazione�della�disciplina�a�una�previa�intesa,�
alla�quale�la�stessa�Provincia�autonoma,�proprio�perche�titolare�di�competenze�statutarie�
che�le�sono�fatte�salve,�puo�sottrarsi.�In�questi�termini�la�censura�e�infondata.�

Anche�competenze�ulteriori�rispetto�a�quelle�statutariamente�previste,�che�possano�deri-
vare�alla�Provincia�di�Bolzano�dalla�clausola�contenuta�nell'art.�10�della�legge�costituzionale�

n.�3�del�2001,�soggiacciono�ai�medesimi�limiti�propri�delle�funzioni�corrispondenti�delle�
Regioni�ordinarie;�e�se�per�queste�e�l'intesa,�quale�limite�immanente�all'operare�del�principio�
di�sussidiarieta�,�ad�assicurare�la�salvaguardia�delle�relative�attribuzioni,�un�identico�modulo�
collaborativo�deve�agire�anche�nei�confronti�della�Provincia�di�Bolzano.�
Per�le�stesse�ragioni�va�respinta�la�censura�svolta�dalla�Provincia�di�Bolzano,�sempre�in�
riferimento�al�parametro�dell'art.�2�del�decreto�legislativo�n.�266�del�1992,�nei�confronti�del-


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

l'art.�13,�comma�5,�il�quale�stabilisce�che�l'approvazione�del�CIPE,�adottata�a�maggioranza�
dei�componenti�con�l'intesa�dei�presidenti�delle�Regioni,�sostituisce,�anche�a�fini�urbanistici�
ed�edilizi,�ogni�altra�autorizzazione,�approvazione,�parere�e�nulla�osta�comunque�denomi-
nato,�costituisce�dichiarazione�di�pubblica�utilita��,�indifferibilita��e�urgenza�delle�opere�e�con-
sente�la�realizzazione�e�l'esercizio�delle�infrastrutture�strategiche�per�l'approvvigionamento�
energetico�e�di�tutte�le�attivita��previste�nel�progetto�approvato.�

16.��Le�Regioni�Marche�e�Toscana�impugnano�l'art.�1,�comma�5,�secondo�il�quale�le�
Regioni,�le�Province,�i�comuni,�le�citta��metropolitane�applicano,�per�le�proprie�attivita��con-
trattuali�ed�organizzative�relative�alla�realizzazione�delle�infrastrutture�e�diverse�dall'appro-
vazione�dei�progetti�(comma�2)�e�dalla�aggiudicazione�delle�infrastrutture�(comma�3),�le�
norme�del�presente�decreto�legislativo��fino�alla�entrata�in�vigore�di�una�diversa�norma�
regionale,�(...)�per�tutte�le�materie�di�legislazione�concorrente�.�Si�denuncia�la�lesione�del-
l'art.�117�della�Costituzione�poiche�in�materie�di�competenza�concorrente�sarebbe�posta�una�
normativa�cedevole�di�dettaglio.�
Non�puo��negarsi�che�l'inversione�della�tecnica�di�riparto�delle�potesta��legislative�e�l'enu-
merazione�tassativa�delle�competenze�dello�Stato�dovrebbe�portare�ad�escludere�la�possibi-
lita��di�dettare�norme�suppletive�statali�in�materie�di�legislazione�concorrente,�e�tuttavia�una�
simile�lettura�dell'art.�117�svaluterebbe�la�portata�precettiva�dell'art.�118,�comma�primo,�che�
consente�l'attrazione�allo�Stato,�per�sussidiarieta��e�adeguatezza,�delle�funzioni�amministra-
tive�e�delle�correlative�funzioni�legislative,�come�si�e��gia��avuto�modo�di�precisare.�La�disci-
plina�statale�di�dettaglio�a�carattere�suppletivo�determina�una�temporanea�compressione�
della�competenza�legislativa�regionale�che�deve�ritenersi�non�irragionevole,�finalizzata�com'e��
ad�assicurare�l'immediato�svolgersi�di�funzioni�amministrative�che�lo�Stato�ha�attratto�per�
soddisfare�esigenze�unitarie�e�che�non�possono�essere�esposte�al�rischio�della�ineffettivita��.�

Del�resto�il�principio�di�cedevolezza�affermato�dall'impugnato�art.�1,�comma�5,�opera�a�
condizione�che�tra�lo�Stato,�le�Regioni�e�le�Povince�autonome�interessate�sia�stata�raggiunta�
l'intesa�di�cui�al�comma�1,�nella�quale�si�siano�concordemente�qualificate�le�opere�in�cui�l'in-
teresse�regionale�concorre�con�il�preminente�interesse�nazionale�e�si�sia�stabilito�in�che�
terminiesecondoquali�modalita��le�Regioni�e�le�Province�autonome�partecipano�alle�attivita��
di�progettazione,�affidamento�dei�lavori�e�monitoraggio.�Si�aggiunga�che,�a�ulteriore�raffor-
zamento�delle�garanzie�poste�a�favore�delle�Regioni,�l'intesa�non�puo��essere�in�contrasto�
con�le�normative�vigenti,�anche�regionali,�o�con�le�eventuali�leggi�regionali�emanate�allo�
scopo.�

17.��L'art.�1,�comma�7,�lettera�e),�definisce�opere�per�le�quali�l'interesse�regionale�con-
corre�con�il�preminente�interesse�nazionale��le�infrastrutture�(...)�non�aventi�carattere�inter-
regionale�o�internazionale�per�le�quali�sia�prevista,�nelle�intese�generali�quadro�di�cui�al�
comma�1,�una�particolare�partecipazione�delle�Regioni�o�Province�autonome�alle�procedure�
attuative��e�opere�di�carattere�interregionale�o�internazionale��le�opereda�realizzare�sul�ter-
ritoriodipiu��Regioni�o�Stati,�ovvero�collegate�funzionalmente�ad�una�rete�interregionale�o�
internazionale�.�La�Regione�Toscana�lamenta�la�violazione�dell'art.�76�Cost.,�giacche�la�
legge�n.�443�del�2001�non�autorizzerebbe�il�Governo�a�porre�un�regime�derogatorio�anche�
per�le�opere�di�interesse�regionale.�
In�realta��l'art.�1�del�decreto�legislativo�n.�190,�fa�riferimento�a�infrastrutture�pubbliche�e�
private�e�insediamenti�produttivi�strategici�e��di�preminente�interesse�nazionale��e�non�parla�
mai�di�opere�di�interesse�regionale,�ma�solo�di�opere�nelle�quali�con�il��preminente�interesse�
nazionale�,�che�permane�in�posizione�di�prevalenza,�concorre�l'interesse�della�Regione.�
Opere�di�interesse�esclusivamente�regionale,�in�altri�termini,�non�sono�oggetto�della�disci-
plina�impugnata.�

Non�e��pertanto�ravvisabile�nella�disposizione�denunciata�alcun�eccesso�di�delega.�

17.1��La�stessa�Regione�Toscana,�la�Regione�Marche�e�la�Provincia�di�Bolzanoassu-
mono�poi�che�l'art.�1�comma�7,�lettera�e),�violerebbe�gli�artt.�117,�commi�terzo,�quarto�e�
sesto,�e�118�Cost.,�poiche�la�disposizione�escluderebbe�la�concorrenza�dell'interesse�regionale�
con�il�preminente�interesse�nazionale�in�relazione�ad�opere�aventi�carattere�interregionale�o�
internazionale,�mentre�il�solo�fatto�della�localizzazione�di�una�parte�dell'opera�sul�territorio�
di�una�Regione�implicherebbe�il�coinvolgimento�di�un�interesse�regionale�e�la�conseguente�
legittimazione�della�Regione�interessata�all'esercizio�nel�proprio�territorio�delle�competenze�
legislative,�regolamentari�e�amministrative�ad�essa�riconosciute�dalla�Costituzione.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Anche�questa�censura�deve�essere�respinta.�

Le�ricorrenti�muovono�dalla�erronea�premessa�che�per�le�opere�di�interesse�interregio-
nale�sia�esclusa�ogni�forma�di�coinvolgimento�delle�Regioni�interessate.�Al�contrario�deve�
essere�chiarito�che�l'intesa�generale�di�cui�al�primo�comma�dell'art.�1�del�decreto�legislativo�
ha�ad�oggetto,�fra�l'altro,�la�qualificazione�delle�opere�e�dunque�la�stessa�classificazione�della�
infrastruttura�come�opera�di�interesse�interregionale�deve�ottenere�l'assenso�regionale.�

Chiarito�che�il�decreto�legislativo�n.�190,�non�autorizza�una�qualificazione�unilaterale�
del�livello�di�interesse�dell'opera�e�ribadito�che�anche�la�classificazione�della�stessa�deve�for-
mare�oggetto�di�un'intesa,�non�puo�dirsi�scalfita�la�peculiare�garanzia�riconosciuta�alla�Pro-
vincia�di�Bolzano�dalle�norme�di�attuazione�dello�statuto�speciale�per�il�Trentino-Alto�Adige�
recate�dal�d.P.R.�n.�381�del�1974,�le�quali�richiedono�appunto�un'intesa�fra�Ministro�dei�
lavori�pubblici�e�presidenti�delle�Province�autonome�di�Trento�e�Bolzano�per��i�piani�plu-
riennali�di�viabilita�e�i�piani�triennali�per�la�gestione�e�l'incremento�della�rete�stradale��
(art.�19);�e�stabiliscono�che��gli�interventi�di�spettanza�dello�Stato�in�materia�di�viabilita�,�
linee�ferroviarie�e�aerodromi,�anche�se�realizzati�a�mezzo�di�aziende�autonome,�sono�effet-
tuati�previa�intesa�con�la�Provincia�interessata��(art.�20).�

18.��L'art.�2,�comma�1,�stabilisce�che�il�Ministero�delle�infrastrutture�e�dei�trasporti�
�promuove�le�attivita�tecniche�ed�amministrative�occorrenti�ai�fini�della�sollecita�progetta-
zione�ed�approvazione�delle�infrastrutture�e�degli�insediamenti�produttivi�ed�effettua,�con�la�
collaborazione�delle�Regioni�e�delle�Province�autonome�interessate�con�oneri�a�proprio�
carico,�le�attivita�di�supporto�necessarie�per�la�vigilanza,�da�parte�del�CIPE,�sulla�realizza-
zione�delle�infrastrutture�.�
Secondo�la�prospettazione�della�Provincia�autonoma�di�Bolzano�questa�disposizione�
violerebbe�l'art.�16�dello�statuto�speciale�per�il�Trentino-Alto�Adige,�il�quale�pone�il�principio�
del�parallelismo�tra�funzioni�legislative�e�amministrative,�nonche�l'art.�4,�comma�1,�del�
decreto�legislativo�n.�266�del�1992,�il�quale�dispone�che��nelle�materie�di�competenza�propria�
della�Regione�o�delle�Province�autonome�la�legge�non�puo�attribuire�agli�organi�statali�fun-
zioni�amministrative�(...)�diverse�da�quelle�spettanti�allo�Stato�secondo�lo�statuto�speciale�e�
le�norme�di�attuazione,�salvi�gli�interventi�richiesti�ai�sensi�dell'art.�22�dello�statuto�.�

La�ricorrente�presuppone�che�alcune�delle�materie�su�cui�insistono�i�compiti�tecnici�e�
amministrativi�conferiti�al�Ministero�sarebbero�di�competenza�legislativa�(e�quindi�ammini-
strativa)�Provinciale,�ma�omette�di�considerare�che�tra�gli�oggetti�riconducibili�alla�propria�
competenza�rientrano�solo�opere�o�lavori�pubblici�di�interesse�Provinciale,�ai�quali�il�decreto�
legislativo�n.�190�non�e�applicabile.�Quando�invece�l'opera�trascende�l'ambito�di�interesse�
della�Provincia,�allora�si�e�al�di�fuori�delle�garanzie�statutarie�e�le�eventuali�ulteriori�compe-
tenze�normative�che�essa�intendesse�trarre�dall'art.�10�della�legge�costituzionale�n.�3�del�
2001,�in�relazione�alle�infrastrutture�di�cui�al�decreto�legislativo�impugnato�non�potrebbero�
sottrarsi�ai�limiti�che�si�fanno�valere�nei�confronti�delle�Regioni�ordinarie,�ossia,�nella�specie,�
alla�possibilita�,�per�lo�Stato,�di�far�agire�il�principio�di�sussidiarieta�attraendo�e�regolando�
funzioni�amministrative.�Il�parallelismo�invocato�dalla�ricorrente�opera,�pertanto,�unica-
mente�nell'ambito�Provinciale�e�con�riferimento�alle�competenze�statutarie,�essendo�superato�
dall'applicabilita�del�principio�di�sussidiarieta�per�le�competenze�ulteriori.�

18.1.��Per�i�motivi�appena�illustrati�devono�essere�respinte�anche�tutte�le�censure�che�
la�Provincia�di�Bolzano�prospetta,�sempre�sul�parametro�dell'art.�4,�comma�1,�del�decreto�
legislativo�n.�266�del�1992,�con�argomentazioni�analoghe�e�che�hanno�ad�oggetto�gli�artt.�1,�
commi�1�e�7;�2,�commi�1,�2,�3,�4,�5,�e�7;�3,�commi�4,�5,�6,�9;�13,�comma�5;�e�15,�i�quali�preve-
dono�procedimenti�di�approvazione�che�comportano�l'automatica�variazione�degli�strumenti�
urbanistici,�determinano�l'accertamento�della�compatibilita�ambientale�e�sostituiscono�ogni�
altra�autorizzazione,�approvazione�e�parere.�
19.��La�Provincia�autonoma�di�Bolzano�impugna�l'art.�2,�commi�2,�3,�4�e�5,�i�quali,�nel�
riservare�al�Ministero�delle�infrastrutture�e�trasporti�la�promozione�dell'attivita�di�progetta-
zione,�direzione�ed�esecuzione�delle�infrastrutture�e�il�potere�di�assegnare�le�risorse�integra-
tive�necessarie�alle�attivita�progettuali,�violerebbero�l'art.�16�dello�statuto�speciale�per�il�
Trentino-Alto�Adige�e�l'art.�4�del�decreto�legislativo�n.�266�del�1992.�Quest'ultimo,�nel�terzo�
comma,�prevede�che��fermo�restando�quanto�disposto�dallo�statuto�speciale�e�dalle�relative�
norme�di�attuazione,�nelle�materie�di�competenza�propria�della�Provincia,�le�amministra-
zioni�statali,�comprese�quelle�autonome,�e�gli�enti�dipendenti�dallo�Stato�non�possono�

IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

disporre�spese�ne�concedere,�direttamente�o�indirettamente,�finanziamenti�o�contributi�per�
attivita�nell'ambito�del�territorio�regionale�o�Provinciale�.�Tale�disposizione,�secondo�la�
ricorrente�imporrebbe�la�diretta�assegnazione�dei�fondi�alle�Province�autonome�di�Trento�e�
Bolzano�e�non�ai�soggetti�aggiudicatori.�

Il�motivo�di�ricorso�va�respinto�per�ragioni�analoghe�a�quelle�poc'anzi�esposte,�giacche�
alle�Province�autonome�non�spetta�in�materia�alcuna�competenza�statutaria,�se�non�con�
riguardo�alle�opere�di�interesse�Provinciale.�Non�si�applicano�dunque�i�parametri�che�la�
ricorrente�invoca.�

20.��Le�Regioni�Toscana�e�Marche�impugnano�l'art.�2,�comma�5,�il�quale�prevede�che�
per�la�nomina�di�commissari�straordinari�incaricati�di�seguire�l'andamento�delle�opere�aventi�
carattere�interregionale�o�internazionale�debbano�essere�sentiti�i�presidenti�delle�Regioni�
interessate.�Le�ricorrenti�lamentano�la�violazione�degli�artt.�117�e�118�Cost.�e�del�principio�
di�leale�collaborazione,�che,�a�loro�giudizio,�imporrebbe�il�coinvolgimento�della�Regione�
nella�forma�dell'intesa.�
La�questione�non�e�fondata.�

La�disposizione�impugnata,�infatti,�prevede�una�forma�di�vigilanza�sull'esercizio�di�fun-
zioni�che,�in�quanto�assunte�per�sussidiarieta�,�sono�qualificabili�come�statali,�e�non�vi�e�
alcuna�prescrizione�costituzionale�dalla�quale�possa�desumersi�che�il�livello�di�collaborazione�
regionale�debba�consistere�in�una�vera�e�propria�intesa,�anziche�,comee�previsto�per�le�opere�
interregionali�e�internazionali,�nella�audizione�dei�presidenti�delle�Regioni�e�delle�Province�
autonome�in�sede�di�nomina�del�commissario�straordinario.�

21.��Le�Regioni�Toscana�e�Marche�impugnano�l'art.�2,�comma�7,�nella�parte�in�cui�
consente�al�Presidente�del�Consiglio�dei�ministri,�su�proposta�del�Ministro�delle�infrastrut-
ture�e�trasporti,�sentiti,�per�le�infrastrutture�di�competenza�dei�soggetti�aggiudicatori�regio-
nali,�i�presidenti�delle�Regioni�e�delle�Province�autonome,�di�abilitare�i�Commissari�straordi-
nari�ad�adottare,�con�poteri�derogatori�della�normativa�vigente�e�con�le�modalita�e�i�poteri�
di�cui�all'art.�13�del�decreto-legge�25�marzo�1997,�n.�67,�convertito,�con�modificazioni,�nella�
legge�23�maggio�1997,�n.�135,�i�provvedimenti�e�gli�atti�di�qualsiasi�natura�necessari�alla�sol-
lecita�progettazione,�istruttoria,�affidamento�e�realizzazione�delle�infrastrutture�e�degli�inse-
diamenti�produttivi,�in�sostituzione�dei�soggetti�competenti.�Se�ne�denuncia�il�contrasto�con�
gli�artt.�117,�118�e�120�della�Costituzione.�
Va�innanzitutto�premesso�che�le�infrastrutture�di�competenza�dei�soggetti�aggiudicatori�
regionali�sono�quelle�in�relazione�alle�quali,�nelle�intese�previste�dal�comma�1�dell'art.�1�del�
decreto�legislativo�n.�190,�si�e�riconosciuto�che�l'interesse�regionale�concorre�con�un�interesse�
statale�preminente�ed�e�proprio�questo�riconoscimento�a�giustificare�l'esercizio�della�fun-
zione�amministrativa�da�parte�dello�Stato.�Ad�evitare�che�le�esigenze�unitarie�sottostanti�alla�
realizzazione�di�tali�opere�possano�restare�insoddisfatte�a�causa�dell'inerzia�del�soggetto�
aggiudicatore�regionale,�allo�Stato�sono�conferiti�poteri�sollecitatori�che�peraltro�devono�
essere�esercitati�seguendo�un�percorso�procedimentale�che�non�priva�Regioni�e�Province�
autonome�delle�garanzie�connesse�alla�titolarita�di�un�interesse�concorrente�con�quello�sta-
tale.�E�infatti�previsto�che�i�commissari�straordinari�agiscano�con�le�modalita�e�i�poteri�di�
cui�al�citato�art.�13�del�decreto-legge�n.�67�del�1997,�e�il�comma�4�di�tale�articolo,�che�deve�
essere�ritenuto�applicabile�alla�fattispecie,�attribuisce�al�Presidente�della�Regione�(e,�in�que-
sto�caso,�per�opere�ricadenti�nell'ambito�della�Provincia�autonoma,�al�Presidente�della�Pro-
vincia)�il�potere�di�sospendere�i�provvedimenti�adottati�dal�commissario�straordinario�e�
anche�di�provvedere�diversamente,�entro�15�giorni�dalla�loro�comunicazione.�

In�questi�termini,�la�censura�e�da�respingere.�

Non�puo�essere�condivisa�neppure�la�prospettazione�della�Regione�Toscana,�secondo�la�
quale�alle�ipotesi�di�inerzia�regionale�dovrebbe�ovviarsi�ai�sensi�dell'art.�120�Cost.,�per�la�
cui�applicazione�mancherebbero,�nella�specie,�i�presupposti.�Occorre�qui�tenere�ben�distinte�
le�funzioni�amministrative�che�lo�Stato,�per�ragioni�di�sussidiarieta�e�adeguatezza,�puo�assu-
mere�e�al�tempo�stesso�organizzare�e�regolare�con�legge,�dalle�funzioni�che�spettano�alle�
Regioni�e�per�le�quali�lo�Stato,�non�ricorrendo�i�presupposti�per�la�loro�assunzione�in�sussi-
diarieta�,�eserciti�poteri�in�via�sostitutiva.�Nel�primo�caso,�quando�si�applichi�il�principio�di�
sussidiarieta�di�cui�all'art.�118�Cost.,�quelle�stesse�esigenze�unitarie�che�giustificano�l'attra-
zione�della�funzione�amministrativa�per�sussidiarieta�consentono�di�conservare�in�capo�allo�
Stato�poteri�acceleratori�da�esercitare�nei�confronti�degli�organi�della�Regione�che�restino�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

inerti.In�breve,la�gia�avvenuta�assunzione�di�una�funzione�amministrativa�in�via�sussidiaria�
legittima�l'intervento�sollecitatorio�diretto�a�vincere�l'inerzia�regionale.�Nella�fattispecie�di�
cui�all'art.�120�Cost.,�invece,�l'inerzia�della�Regione�e�il�presupposto�che�legittima�la�sostitu-
zione�statale�nell'esercizio�di�una�competenza�che�e�e�resta�propria�dell'ente�sostituito.�

22.��Le�Regioni�ricorrenti�censurano�nella�sua�interezza�l'art.�3,�che�disciplina�la�pro-
cedura�di�approvazione�del�progetto�preliminare�delle�infrastrutture,�le�procedure�di�valuta-
zione�di�impatto�ambientale�(VIA)�e�localizzazione,�denunciandone�il�contrasto�con�l'art.�117�
Cost.,�giacche�detterebbe�una�disciplina�di�minuto�dettaglio�in�relazione�ad�oggetti�ricadenti�
nella�competenza�regionale�in�materia�di�governo�del�territorio.�
La�censura�e�inammissibile,�in�quanto�formulata�in�termini�generici,�senza�specificare�
quali�parti�della�disposizione�censurata�eccederebbero�la�potesta�regolativa�che�pure�non�si�
disconosce�allo�Stato�in�materia.�

23.��L'art.�3,�comma�5,�il�quale�affida�al�CIPE�l'approvazione�del�progetto�preliminare�
delle�infrastrutture�coinvolgendo�le�Regioni�interessate�ai�fini�dell'intesa�sulla�localizzazione�
dell'opera,�ma�prevedendo�che�il�medesimo�progetto�non�sia�sottoposto�a�conferenza�di�ser-
vizi,�secondo�la�Regione�Toscana�sarebbe�in�contrasto�con�l'art.�76�Cost.,�poiche�non�
sarebbe�conforme�all'art.�1,�comma�2,�lettera�d),�della�legge�n.�443�del�2001,�il�quale�autoriz-
zava�solo�a�modificare�la�disciplina�della�conferenza�dei�servizi�e�non�a�sopprimerla.�
La�censura�non�e�fondata.�

Il�Governo,�ai�sensi�dell'art.�1,�comma�2,�lettera�d),�era�delegato�a�riformare�le�proce-
dure�per�la�valutazione�di�impatto�ambientale�e�l'autorizzazione�integrata�ambientale,�nel-
l'osservanza�di�un�principio-criterio�direttivo�molto�circostanziato�e�cos|�formulato:�modifi-
cazione�della�disciplina�in�materia�di�conferenza�di�servizi�con�la�previsione�della�facolta�,�
da�parte�di�tutte�le�amministrazioni�competenti�a�rilasciare�permessi�e�autorizzazioni�
comunque�denominati,�di�proporre,�in�detta�conferenza,�nel�termine�perentorio�di�novanta�
giorni,�prescrizioni�e�varianti�migliorative�che�non�modificano�la�localizzazione�e�le�caratte-
ristiche�essenziali�delle�opere.�Tale�criterio,�diversamente�da�quanto�assume�la�ricorrente,�
era�dettato�con�riferimento�all'approvazione�del�progetto�definitivo,�non�gia�di�quello�preli-
minare.�Attuativo�della�lettera�d),�dunque,�non�e�l'art.�3,�comma�5,�bens|�l'art.�4,�comma�3,�
del�decreto�legislativo�n.�190,�relativo�all'approvazione�del�progetto�definitivo,�che�in�effetti�
prevede�la�conferenza�di�servizi�e�risulta�pertanto,�sotto�il�profilo�denunciato,�conforme�alla�
delega.�

24.��Le�Regioni�ricorrenti�denunciano�i�commi�6�e�9�dell'art.�3,�i�quali,�nel�prevedere�
che�lo�Stato�possa�procedere�comunque�all'approvazione�del�progetto�preliminare�relativo�
alle�infrastrutture�di�carattere�interregionale�e�internazionale�superando�il�motivato�dissenso�
delle�Regioni,�violerebbero�gli�artt.�114,�commi�primo�e�secondo;�117,�commi�terzo,�quarto�
e�sesto,�e�118,�commi�primo�e�secondo,�Cost.�Le�Regioni,�si�osserva�nei�ricorsi,�sarebbero�
relegate�in�posizione�di�destinatarie�passive�di�provvedimenti�assunti�a�livello�statale�in�
materie�che�sono�riconducibili�alla�potesta�legislativa�concorrente.�
La�questione�non�merita�accoglimento. 
Le�procedure�di�superamento�del�dissenso�regionale�sono�diversificate. 
In�una�prima�ipotesi�[art.�3,�comma�6,�lettera�a)]�il�dissenso�puo�essere�manifestato�sul 


progetto�preliminare�di�un'opera�che,�in�virtu�di�un'intesa�fra�lo�Stato�e�la�Regione�o�Provin-
cia�autonoma,�e�stata�qualificata�di�carattere�interregionale�o�internazionale.�In�questo�caso�
il�progetto�preliminare�e�sottoposto�al�consiglio�superiore�dei�lavori�pubblici,�alla�cui�attivita�
istruttoria�partecipano�i�rappresentanti�delle�Regioni.�A�tale�fine�il�consiglio�valuta�i�motivi�
del�dissenso�e�la�eventuale�proposta�alternativa�che,�nel�rispetto�della�funzionalita�dell'opera,�
la�Regione�o�Provincia�autonoma�dissenziente�avessero�formulato�all'atto�del�dissenso.�Il�
parere�del�consiglio�superiore�dei�lavori�pubblici�e�rimesso�al�CIPE�che,�in�forza�dell'art.�1,�
comma�2,�del�decreto�legislativo�n.�190,�applicabile�nella�specie,�e�integrato�dai�presidenti�
delle�Regioni�e�Province�autonome�interessate.�Se�il�dissenso�regionale�perdura�anche�in�sede�
CIPE,�il�progetto�e�approvato�con�decreto�del�Presidente�della�Repubblica,�previa�delibera-
zione�del�Consiglio�dei�ministri,�sentita�la�Commissione�parlamentare�per�le�questioni�regio-
nali.�Va�in�primo�luogo�rilevato�che�non�si�tratta�qui�di�approvazione�del�progetto�definitivo,�
ma�solo�di�quello�preliminare,�e�che�le�opere�coinvolte�non�sono�qualificate�di�carattere�
regionale.�Risponde�quindi�allo�statuto�del�principio�di�sussidiarieta�e�all'istanza�unitaria�
che�lo�sorregge,�che�possano�essere�definite�procedure�di�superamento�del�dissenso�regionale,�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

le�quali�dovranno�comunque�come�avviene�nella�specie�informarsi�al�principio�di�leale�colla-
borazione,�onde�offrire�alle�Regioni�la�possibilita�di�rappresentare�il�loro�punto�di�vista�e�di�
motivare�la�loro�valutazione�negativa�sul�progetto.�Nessuna�censura,�in�definitiva,�puo�essere�
rivolta�alla�disciplina�legislativa,�salva�la�possibilita�per�la�Regione�dissenziente�di�impu-
gnare�la�determinazione�finale�resa�con�decreto�del�Presidente�della�Repubblica�ove�essa�leda�
il�principio�di�leale�collaborazione,�sul�quale�deve�essere�modellato�l'intero�procedimento.�

Nella�seconda�ipotesi�[art.�3,�comma�6,�lettera�b)]�il�dissenso�si�manifesta�sul�progetto�
preliminare�relativo�a�infrastrutture�strategiche�classificate�nell'intesa�fra�Stato�e�Regione�
come�di�preminente�interesse�nazionale�o�ad�opere�nelle�quali�il�preminente�interesse�statale�
concorre�con�quello�regionale.�Il�procedimento�di�superamento�del�dissenso�delle�Regioni�e�
diversamente�articolato:�si�provvede�in�questi�casi�a�mezzo�di�un�collegio�tecnico�costituito�
d'intesa�fra�il�Ministero�e�la�Regione�interessata�a�una�nuova�valutazione�del�progetto�preli-
minare.�Ove�permanga�il�dissenso,�il�Ministro�delle�infrastrutture�e�trasporti�propone�al�
CIPE,�sempre�d'intesa�con�la�Regione,�la�sospensione�dell'infrastruttura,�in�attesa�di�una�
nuova�valutazione�in�sede�di�aggiornamento�del�programma�oppure��l'avvio�della�procedura�
prevista�in�caso�di�dissenso�sulle�infrastrutture�o�insediamenti�produttivi�di�carattere�interre-
gionale�o�internazionale�.�Il�tenore�letterale�della�disposizione�porta�a�concludere�che�la�
necessita�dell'intesa�con�la�Regione�si�riferisca�non�solo�alla�proposta�di�sospensione�del�pro-
cedimento,�ma�anche�alla�proposta�di�avvio�della�procedura�di�cui�alla�lettera�a) 
dell'articolo�
in�esame.�Si�consentirebbe�insomma�alla�Regione,�nel�caso�di�opere�di�interesse�regionale�
concorrente�con�quello�statale,�di��bloccare��l'approvazione�del�progetto�ad�esse�relativo,�
in�attesa�di�una�nuova�valutazione�in�sede�di�aggiornamento�del�programma.�

In�questi�termini,�il�motivo�di�ricorso�in�esame�deve�essere�rigettato.�

24.1��Per�le�ragioni�appena�esposte�anche�le�censure�relative�agli�artt.�4,�comma�5,�
e�13,�comma�5,�che�alla�procedura�dell'art.�3,�comma�6,�fanno�espresso�rinvio,�devono�essere�
respinte,�cos|�come�deve�essere�rigettata�la�censura�rivolta�dalle�Regioni�Toscana�e�Marche�
nei�confronti�dell'art.�13,�che�disciplina�le�procedure�per�la�localizzazione,�l'approvazione�
dei�progetti,�la�VIA�degli�insediamenti�produttivi�e�delle�infrastrutture�private�strategiche�
per�l'approvvigionamento�energetico,�richiamando�le�procedure�previste�negli�artt.�3�e�4�del�
decreto.�
25.��Devono�essere�dichiarate�inammissibili�le�censure�che�le�Regioni�Toscana�e�Mar-
che�svolgono�nei�confronti�degli�artt.�4,�5,�6,�7,�8,�9,�10�e�11,�che,�in�relazione�alle�infrastrut-
ture�e�agli�insediamenti�produttivi�qualificati�come�strategici,�contengono�un�complesso�
insieme�di�innovazioni�in�materia�di�appalti�e�di�concessioni�di�lavori�pubblici.�Se�ne�denun-
cia�il�contrasto�con�l'art.�117�Cost.�
Ancor�prima�di�esaminare�nel�merito�la�censura,�che�procede�peraltro�dalla�erronea�pre-
messa�che�i�lavori�pubblici�costituiscano�una�materia�di�esclusiva�competenza�regionale,�si�
deve�rilevare�che�essa�e�formulata�in�termini�cos|�generici�da�non�consentire�un�corretto�scru-
tinio�di�legittimita�costituzionale�sulle�singole�disposizioni.�Nella�congerie�di�norme�conte-
nute�negli�articoli�impugnati,�fatte�simultaneamente�e�indistintamente�oggetto�di�censura,�
discernere�o�selezionare�i�profili�di�competenza�statale�potenzialmente�interferenti�con�la�
disciplina�regionale�non�e�onere�che�possa�essere�addossato�alla�Corte,�ma�attiene�al�dovere�
di�allegazione�del�ricorrente.�Vero�in�ipotesi�che�sussistano�profili�di�disciplina�inerenti�a�
competenze�residuali,�e�infatti�indubitabile�la�potenziale�interferenza�con�esse�di�funzioni�e�
compiti�statali�riconducibili�alla�potesta�legislativa�esclusiva�o�concorrente,�quali�la�tutela�
dell'ambiente�e�dell'ecosistema,�la�tutela�della�concorrenza,�il�governo�del�territorio.�

26.��L'art.�4,�comma�5,�e�impugnato�dalla�Regione�Toscana�per�la�parte�in�cui�prevede�
che�l'approvazione�del�progetto�definitivo,�adottata�con�il�voto�favorevole�della�maggioranza�
dei�componenti�il�CIPE,��sostituisce�ogni�altra�autorizzazione,�approvazioneeparere�
comunque�denominato�e�consente�la�realizzazione�e,�per�gli�insediamenti�produttivi�strate-
gici,�l'esercizio�di�tutte�le�opere,�prestazioni�e�attivita�previste�nel�progetto�approvato�.�La�
ricorrente�lamenta�la�violazione�dell'art.�76�della�Costituzione,�per�il�contrasto�con�l'art.�1,�
comma�3-bis,�della�legge�di�delega�n.�443�del�2001,�come�modificata�dalla�legge�n.�166�del�
2002,�il�quale�porrebbe�quale�momento�indefettibile�del�procedimento�di�approvazione�del�
progetto�definitivo�il�parere�obbligatorio�della�Conferenza�unificata�di�cui�all'art.�8�del�
decreto�legislativo�n.�281�del�1997.�
La�censura�e�infondata.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

A�prescindere�dal�rilievo�che�l'art.�1,�comma�3-bis,�della�legge�n.�443�del�2001,�intro-
dotto�dalla�legge�n.�166�del�2002,�non�figura�espressamente�tra�i�criteri�e�principi�direttivi�
per�l'esercizio�della�delega,�e�che�e�stato�dichiarato�costituzionalmente�illegittimo�con�la�pre-
sente�pronuncia�(v.���8),�deve�osservarsi�che�l'art.�4,�comma�5,�costituisce�attuazione�del�cri-
terio�di�cui�all'art.�1,�comma�2,�lettera�c),�della�citata�legge�n.�443�del�2001,�come�modificato�
dall'art.�13,�comma�6,�della�legge�n.�166�del�2002,�del�quale�si�e�in�precedenza�escluso�il�
dedotto�profilo�di�lesione�delle�competenze�regionali�(punto�6.2.).�Il�suindicato�criterio�pre-
vedeva�infatti�che�venisse�affidata�al�CIPE,�integrato�dai�presidenti�delle�Regioni�o�Province�
autonome�interessate,�l'approvazione�del�progetto�preliminare�e�di�quello�definitivo.�E�che�
l'operativita�della�disposizione�impugnata�presupponga�che�l'approvazione�del�progetto�defi-
nitivo�sia�effettuata�dal�CIPE�in�composizione�allargata�si�ricava�dall'art.�1,�comma�2,�dello�
stesso�decreto�legislativo�n.�190,�il�quale�chiarisce�che��l'approvazione�dei�progetti�delle�
infrastrutture��(quindi�del�progetto�preliminare�come�di�quello�definitivo)��avviene�d'intesa�
tra�lo�Stato�e�le�Regioni�nell'ambito�del�CIPE�allargato�ai�presidenti�delle�Regioni�e�delle�
Province�autonome�interessate�.�

27.��La�Regione�Toscana�ha�impugnato�l'art.�8,�nella�parte�in�cui�prevede�cheil�Mini-
stero�delle�infrastrutture�e�trasporti�pubblichi�sul�proprio�sito�informatico�e,�una�volta�isti-
tuito,�sul�sito�informatico�individuato�dal�Presidente�del�Consiglio�dei�ministri�ai�sensi�del-
l'art.�24�della�legge�24�novembre�2000,�n.�340,�nonche�nelle�Gazzette 
Ufficiali 
italiana�e�
comunitaria,�la�lista�delle�infrastrutture�per�le�quali�il�soggetto�aggiudicatore�ritiene�di�solle-
citare�la�presentazione�di�proposte�da�parte�di�promotori,�precisando,�per�ciascuna�infra-
struttura,�il�termine�(non�inferiore�a�4�mesi)�entro�il�quale�i�promotori�possono�presentare�
le�proposte�e,�se�la�proposta�e�presentata,�stabilisce�che�il�soggetto�aggiudicatore,�valutata�
la�stessa�come�di�pubblico�interesse,�promuova�la�procedura�di�VIA�e�se�necessario�la�proce-
dura�di�localizzazione�urbanistica.�

La�ricorrente�lo�censura�per�eccesso�di�delega,�in�quanto�esso�non�chiarirebbe�se�le�
infrastrutture�inserite�nella�lista�per�sollecitare�le�proposte�dei�promotori�siano�da�indivi-
duare�tra�quelle�gia�ricomprese�nel�programma�di�opere�strategiche�formato�d'intesa�con�le�
Regioni�ai�sensi�dell'art.�1,�comma�1,�della�legge�di�delega�n.�443�del�2001�o�se�al�contrario�
si�debba�consentire�la�presentazione�di�proposte�dei�promotori�anche�per�opere�non�facenti�
parte�del�programma,�e�sulle�quali�nessuna�intesa�e�stata�raggiunta�con�le�Regioni�interes-
sate.�

L'interpretazione�piu�piana�e�lineare�della�disposizione�censurata�e�che�debba�trattarsi�
delle�opere�inserite�nel�programma�di�cui�al�comma�1,�e�sulle�quali�si�sia�raggiunta�l'intesa.�
Non�e�quindi�fondata�la�censura�di�violazione�dell'art.�76�Cost.�e�neppure�sussiste�la�viola-
zione�dell'art.�117,�poiche�il�principio�di�sussidiarieta�,comesie�visto�nel�paragrafo�2.1,�
postula�che�allo�Stato,�una�volta�assunta�la�funzione�amministrativa,�competa�anche�di�rego-
larla�onde�renderne�l'esercizio�raffrontabile�a�un�parametro�legale�unitario.�

28.��Le�Regioni�Toscana,�Marche�e�la�Provincia�autonoma�di�Bolzano,�propongono�
questione�di�legittimita�costituzionale,�in�riferimento�all'art.�117,�sesto�comma,�Cost.,�anche�
dell'art.�15�del�decreto�legislativo�n.�190.�

La�questione�e�fondata.�

Il�comma�1�di�tale�articolo�attribuisce�al�Governo�la�potesta�di�integrare�tutti�i�regola-
menti�emanati�in�base�alla�legge�n.�109�del�1994,��assumendo�come�norme�regolatrici�il�pre-
sente�decreto�legislativo,�la�legge�di�delega�e�le�normative�comunitarie�in�materia�di�appalti�
di�lavori��e�stabilisce�che�le�norme�regolamentari�si�applichino�alle�Regioni�solo��limitata-
mente�alle�procedure�di�intesa�per�l'approvazione�dei�progetti�e�di�aggiudicazione�delle�infra-
strutture��e,�per�quanto�non�pertinente�a�queste�procedure,�si�applichino�a�titolo�suppletivo,�
�sino�alla�entrata�in�vigore�di�diversa�normativa�regionale�.�Il�comma�2�del�predetto�articolo�
autorizza�i�regolamenti�emanati�nell'esercizio�della�potesta�di�cui�al�comma�1�ad�abrogare�o�
derogare,�dalla�loro�entrata�in�vigore,�le�norme�di�diverso�contenuto�precedentemente�vigenti�
nella�materia;�il�comma�3�puntualizza�gli�oggetti�del�regolamento�autorizzato;�il�comma�4�
stabilisce�che,�fino�alla�entrata�in�vigore�dei�regolamenti�integrativi�dicui�al�comma�1,si�
applica�il�d.P.R.�n.�554�del�1999�in�materia�di�lavori�pubblici�adottato�dallo�Stato�ai�sensi�
dell'art.�3�della�legge�n.�109�del�1994,�in�quanto�compatibile�con�le�norme�della�legge�di�
delega�e�del�decreto�legislativo�n.�190;�e�prosegue�disponendo�che�i�requisitidiqualificazione�
sono�individuati�e�regolati�dal�bando�e�dagli�atti�di�gara,�nel�rispetto�delle�previsioni�del�
decreto�legislativo�n.�158�del�1995.�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

Dalle�argomentazioni�che�sostengono�il�motivo�di�ricorso�si�evince�che�essoinveste�i�
primi�quattro�commi�dell'art.�15,�che�riguardano�appunto�i�regolamenti�governativi�autoriz-
zati;�ne�e�escluso�invece�il�comma�5,�che�ha�un�oggetto�diverso�ed�affatto�autonomo,�poiche�
concerne�l'attivita�di�monitoraggio�tesa�a�prevenire�e�reprimere�tentativi�di�infiltrazione�
mafiosa.�Cos|�accertata�la�portata�delle�censure,�esse�devono�essere�accolte,�per�le�ragioni�
che�sono�state�gia�esposte�nel�precedente�paragrafo�7,�dove�si�sono�illustrati�i�motivi�della�
pronuncia�di�accoglimento�della�questione�riguardante�l'art.�1,�comma�3,�della�legge�n.�443�
del�2001,�di�cui�l'impugnato�art.�15�e�attuativo.�

29.��Con�un'unica,�laconica�censura�la�Regione�Toscana�impugna,�con�richiamo�agli�
stessi�motivi�gia�svolti,�l'art.�16,�il�quale�contiene�una�pluralita�di�norme�transitorie,�diverse�
a�seconda�dello�stadio�di�realizzazione�dell'opera�al�momento�di�entrata�in�vigore�del�decreto�
legislativo�n.�190.�La�regolamentazione�e�infatti�differenziata�a�seconda�che�sia�stato�appro-
vato�il�progetto�definitivo�o�esecutivo�(comma�1);�abbia�avuto�luogo�la�valutazione�di�
impatto�ambientale�sulla�base�di�norme�vigenti�statali�o�regionali�(comma�2);�non�si�sia�
svolta�alcuna�attivita�e�si�versi�in�fase�di�prima�applicazione�della�disciplina�(comma�3);�o�
ancora�si�tratti�di�procedimenti�relativi�agli�insediamenti�produttivi�e�alle�infrastrutture�stra-
tegiche�per�l'approvvigionamento�energetico�in�corso�(comma�7,�che�regolaanche�il�regime�
degli�atti�gia�compiuti).�Ciascuna�di�queste�ipotesi�e�assoggettata�a�una�disciplina�particolare�
e�pertanto�non�e�possibile�indirizzare�nei�loro�confronti�una�censura�unitaria�fondata�su�un�
solo�motivo,�per�di�piu�argomentato�per 
relationem 
con�riferimento�ai��motivi�sopra�espo-
sti�,�alcuni�dei�quali,�a�loro�volta,�vengono�dichiarati�inammissibili�per�genericita�con�la�pre-
sente�pronuncia.�
La�censura�e�pertanto�inammissibile�per�la�sua�genericita�.�

30.��Le�Regioni�Marche�e�Toscana�denunciano,�in�riferimento�all'art.�117�Cost.,�gli�
artt.�17,�18,�19�e�20�nella�parte�in�cui�dettano�una�disciplina�della�procedura�di�valutazione�
di�impatto�ambientale�di�opere�e�infrastrutture�che�derogherebbe�a�quella�regionale,�cui�
dovrebbe�riconoscersi�la�competenza�a�regolare�gli�strumenti�attuativi�della�tutela�dell'am-
biente.�
La�censura�non�merita�accoglimento.�

Le�ricorrenti�muovono�dalla�premessa�che�la�valutazione�di�impatto�ambientale�regolata�
dalle�disposizioni�censurate�trovi�applicazione�anche�nei�confronti�delle�opere�di�esclusivo�
interesse�regionale,�ma�cos|�non�e�,�poiche�la�sfera�di�applicazione�del�decreto�legislativo�

n.�190,�e�limitata�alle�opere�che,�con�intesa�fra�lo�Stato�e�la�Regione,�vengono�qualificate�
come�di�preminente�interesse�nazionale,�con�il�quale�concorre�un�interesse�regionale.�
Per�le�infrastrutture�ed�insediamenti�produttivi�di�preminente�interesse�nazionale,�
invece,�non�vi�e�ragione�di�negare�allo�Stato�l'esercizio�della�sua�competenza,�tanto�piu�che�
la�tutela�dell'ambiente�e�dell'ecosistema�forma�oggetto�di�una�potesta�esclusiva,�ai�sensi�del-
l'art.�117,�secondo�comma,�lettera�s),�che�e�bens|�interferente�con�una�molteplicita�di�attribu-
zioni�regionali,�come�questa�Corte�ha�riconosciuto�nelle�sentenze�n.�536�e�n.�407�del�2002,�
ma�che�non�puo�essere�ristretta�al�punto�di�conferire�alle�Regioni,�anziche�allo�Stato,�ogni�
determinazione�al�riguardo.�

Quando�sia�riconosciuto�in�sede�di�intesa�un�concorrente�interesse�regionale,�la�Regione�
puo�esprimere�il�suo�punto�di�vista�e�compiere�una�sua�previa�valutazione�di�impatto�
ambientale,�ai�sensi�dell'art.�17,�comma�4,�ma�il�provvedimento�di�compatibilita�ambientale�
e�adottato�dal�CIPE,�il�quale,�secondo�una�retta�interpretazione,�conforme�ai�criteri�della�
delega�[art.�1,�comma�2,�lettera�c),�della�legge�n.�443�del�2001,�come�sostituito�dalla�legge�

n.�166�del�2002],�deve�essere�integrato�dai�Presidenti�delle�Regioni�e�delle�Province�autonome�
interessate.�L'insieme�di�queste�previsioni�appresta�garanzie�adeguate�a�tutelare�le�interfe-
renti�competenze�regionali.�
31.��Oggetto�di�censura�e�pure�l'art.�19,�comma�2,�il�quale�demanda�la�valutazione�di�
impatto�ambientale�a�una�Commissione�speciale�istituita�con�decreto�del�Presidente�del�Con-
siglio�dei�ministri,�su�proposta�del�Ministro�dell'ambiente.�Le�Regioni�Toscana�e�Marche�
lamentano�una�lesione�degli�artt.�9,�32,�117�e�118�Cost.�per�la�mancata�previsione�di�una�par-
tecipazione�regionale�in�tale�Commissione.�
Premesso�che�la�disposizione�deve�essere�interpretata�nel�senso�che�la�Commissione�spe-
ciale�opera�con�riferimento�alle�sole�opere�qualificate�in�sede�di�intesa�come�di�interesse�
nazionale,�interregionale�o�internazionale,�essa�e�invece�illegittima�nella�parte�in�cui,�per�le�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

infrastrutture�e�gli�insediamenti�produttivi�strategici�per�i�quali�sia�stato�riconosciuto,�in�sede�
di�intesa,�un�concorrente�interesse�regionale,�non�prevede�che�la�Commissione�speciale�VIA�
sia�integrata�da�componenti�designati�dalle�Regioni�o�Province�autonome�interessate.�

32.��Le�Regioni�Campania,�Toscana,�Marche,�Basilicata,�Emilia-Romagna,�Umbria�e�
Lombardia�hanno�proposto�questione�di�legittimita�costituzionale�in�via�principale,�in�riferi-
mento�agli�artt.�3,�9,�32,�41,�42,�44,�70,�76,�77,�97,�114,�117,�118�e�119�Cost.,�nonche�all'art.�174�
del�trattato�istitutivo�della�Comunita�europea,�dell'intero�decreto�legislativo�4�settembre�
2002,�n.�198,�recante��Disposizioni�volte�ad�accelerare�la�realizzazione�delle�infrastrutture�
di�telecomunicazioni�strategiche�per�la�modernizzazione�e�lo�sviluppo�del�Paese,�a�norma�
dell'art.�1,�comma�2,�della�legge�21�dicembre�2001,�n.�443�,�e�in�particolare�degli�artt.�1,�3,�
4,�5,6,�7,�8,�9,�10,�11�e�12.�
33.��Avverso�il�medesimo�decreto�legislativo�ha�proposto�ricorso,��per�sollevare�que-
stione�di�legittimita�costituzionale�e�conflitto�di�attribuzione�,�anche�il�comune�di�Vercelli.�
Il�ricorrente�ritiene�che�la�propria�legittimazione�ad�impugnare�discenda�dal�fatto�che�la�revi-
sione�del�Titolo�V�della�Parte�II�della�Costituzione�ha�attribuito�direttamente�ai�comuni�
potesta�amministrative�e�normative�che�dovrebbero�poter�essere�difese�nel�giudizio�di�legitti-
mita�costituzionale�in�via�di�azione�e�nel�giudizio�per�conflitto�di�attribuzione.�
A�prescindere�dalla�qualificazione�dell'atto�e�dal�problema�se�con�esso�il�comune�abbia�
sollevato�una�questione�di�legittimita�costituzionale�o�abbia�introdotto�un�conflitto�di�attri-
buzione,�il�ricorso�deve�essere�dichiarato�inammissibile.�

L'art.�127�Cost.�prevede�che��La�Regione,�quando�ritenga�che�una�legge�o�un�atto�
avente�valore�di�legge�dello�Stato�o�di�un'altra�Regione�leda�la�sua�sfera�di�competenza,�
puo�promuovere�la�questione�di�legittimita�costituzionale�dinanzi�alla�Corte�Costituzionale�
entro�sessanta�giorni�dalla�pubblicazione�della�legge�o�dell'atto�avente�valore�di�legge�.�
Con�formulazione�dal�tenore�inequivoco,�la�titolarita�del�potere�di�impugnazione�di�leggi�
statali�e�dunque�affidata�in�via�esclusiva�alla�Regione,�ne�e�sufficiente�l'argomento�sistema-
tico�invocato�dal�ricorrente�per�estendere�tale�potere�in�via�interpretativa�ai�diversi�enti�terri-
toriali.�

Analogo�discorso�deve�ripetersi�per�il�potere�di�proporre�ricorso�per�conflitto�di�attribu-
zione.�Nessun�elemento�letterale�o�sistematico�consente�infatti�di�superare�la�limitazione�sog-
gettiva�che�si�ricava�dagli�art.�134�della�Costituzione�e�39,�terzo�comma,�della�legge�11�marzo�
1953,�n.�87�e,�comunque,�sotto�il�profilo�oggettivo,�resta�ferma,�anche�dopo�la�revisione�
costituzionale�del�2001,�la�diversita�fra�i�giudizi�in�via�di�azione�sulle�leggi�e�i�conflitti�di�
attribuzione�fra�Stato�e�Regioni,�i�quali�ultimi�non�possono�riguardare�atti�legislativi.�

34.��Gli�interventi�spiegati�dalle�societa�H3G�S.p.a.,�T.I.M.�S.p.a.�Telecom�Italia�
Mobile,�Vodafone�Omnitel�N.V.�(gia�Vodafone�Omnitel�S.p.a.),�Wind�Telecomunicazioni�
S.p.a.�e�quelli�proposti,�peraltro�tardivamente,�dai�comuni�di�Pontecurone,�Monte�Porzio�
Catone,�Roma,�Polignano�a�Mare,�Mantova�e�del�Coordinamento�delle�associazioni�consu-
matori�(CODACONS),�devono�essere�dichiarati�inammissibili,�per�le�stesse�ragioni�esposte�
nel�paragrafo�3.2�della�presente�sentenza.�
35.��L'intero�decreto�legislativo�n.�198�del�2002,�e�impugnato�in�tutti�i�ricorsi�per�
eccesso�di�delega,�sul�rilievo�che�la�legge�n.�443�del�2002,�nell'art.�1,�comma�1,�autorizzava�
l'adozione�di�una�normativa�specifica�per�le�sole�infrastrutture�puntualmente�individuate�
anno�per�anno,�a�mezzo�di�un�programma�approvato�dal�CIPE,�mentre�nel�caso�di�specie�
non�vi�sarebbe�stata�tale�individuazione,�ma�esclusivamente�una��sintesi�del�piano�degli�
interventi�nel�comparto�delle�comunicazioni�.�Inoltre,�si�aggiunge�nei�ricorsi�delle�Regioni�
Emilia-Romagna�e�Umbria,�la�delega�sarebbe�stata�conferita�per�la�realizzazione�di��grandi�
opere�,�mentre�tralicci,�pali,�antenne,�impianti�radiotrasmittenti,�ripetitori,�che�il�decreto�
legislativo�n.�198�disciplina,�costituirebbero�solo�una�molteplicita�di�piccole�opere;�infine�si�
lamenta�nei�ricorsi�delle�Regioni�Emilia-Romagna,�Umbria�e�Lombardia�lungi�dall'unifor-
marsi�ai�principi�e�criteri�direttivi�della�delega,�il�decreto�impugnato,�nell'art.�1,�porrebbe�a�
se�medesimo�i�principi�che�informano�le�disposizioni�successive.�
Secondo�la�giurisprudenza�di�questa�Corte,�nel�giudizio�promosso�in�via�principale�il�
vizio�di�eccesso�di�delega�puo�essere�addotto�solo�quando�la�violazione�denunciata�sia�poten-
zialmente�idonea�a�determinare�una�vulnerazione�delle�attribuzioni�costituzionali�delle�
Regioni�o�Province�autonome�ricorrenti�(sentenze�n.�353�del�2001,�n.�503�del�2000,�n.�408�
del�1998,�n.�87�del�1996).�Nella�specie�non�puo�negarsi�che�la�disciplina�delle�infrastrutture�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

di�telecomunicazioni�strategiche,�che�si�assume�in�contrasto�con�la�legge�di�delega�n.�443�del�
2001,�comprima�le�attribuzioni�regionali�sotto�piu�profili.Ilpiu�evidente�tra�essi�emerge�
dalla�lettura�dell'art.�3,�comma�2,�secondo�il�quale�tali�infrastrutture�sono�compatibili�con�
qualsiasi�destinazione�urbanistica�e�sono�realizzabili�in�ogni�parte�del�territorio�comunale�
anche�in�deroga�agli�strumenti�urbanistici�e�ad�ogni�altra�disposizione�di�legge�o�di�regola-
mento.�In�questi�casi�la�Regione�e�legittimata�a�far�valere�le�proprie�attribuzioni�anche�alle-
gando�il�vizio�formale�di�eccesso�di�delega�del�decreto�legislativo�nel�quale�tale�disciplina�e�
contenuta.�

Nella�specie�l'eccesso�di�delega�e�evidente,�a�nulla�rilevando,�in�questo�giudizio,�la�
sopravvenuta�entrata�in�vigore�del�decreto�legislativo�1.�agosto�2003,�n.�259,�recante�il�
Codice�delle�comunicazioni�elettroniche,�che�riguarda�in�parte�la�stessa�materia.�

L'art.�1,�comma�2,�della�legge�n.�443�del�2001,�che�figura�nel�titolo�del�decreto�legisla-
tivo�impugnato�ed�e�richiamata�nel�preambolo,�ha�conferito�al�Governo�il�potere�di�indivi-
duare�infrastrutture�pubbliche�e�private�e�insediamenti�produttivi�strategici�di�interesse�
nazionale�a�mezzo�di�un�programma�formulato�su�proposta�dei�Ministri�competenti,�sentite�
le�Regioni�interessate�ovvero�su�proposta�delle�Regioni�sentiti�i�Ministri�competenti.�I�criteri�
della�delega,�contenuti�nell'art.�2,�confermano�che�i�decreti�legislativi�dovevano�essere�intesi�
a�definire�un�quadro�normativo�finalizzato�alla�celere�realizzazione�delle�infrastrutture�e�
degli�insediamenti�individuati�a�mezzo�di�un�programma.�

Di�tale�programma�non�vi�e�alcuna�menzione�nel�decreto�impugnato,�il�quale�al�contra-
rio�prevede�che�i�soggetti�interessati�alla�installazione�delle�infrastrutture�sono�abilitati�ad�
agire�in�assenza�di�un�atto�che�identifichi�previamente,�con�il�concorso�regionale,�le�opere�
da�realizzare�e�sulla�scorta�di�un�mero�piano�di�investimenti�delle�diverse�societa�concessio-
narie.�Ogni�considerazione�sulla�rilevanza�degli�interessi�sottesi�alla�disciplina�impugnata�
non�puo�avere�ingresso�in�questa�sede,�posto�che�tale�disciplina�non�corrisponde�alla�delega�
conferita�al�Governo�e�non�puo�essere�considerata�di�questa�attuativa.�

L'illegittimita�dell'intero�atto�esime�questa�Corte�dal�soffermarsi�sulle�singole�disposi-
zioni�oggetto�di�ulteriori�censure,�che�restano�pertanto�assorbite.�

Per 
questi 
motivi 
la 
Corte 
Costituzionale,�riuniti�i�giudizi:�

1)�dichiara 
la�illegittimita�costituzionale�dell'articolo�1,�comma�3,�ultimo�periodo,�
della�legge�21�dicembre�2001,�n.�443�(Delega�al�Governo�in�materia�di�infrastrutture�ed�inse-
diamenti�produttivi�strategici�ed�altri�interventi�per�il�rilancio�delle�attivita�produttive);�

2)�dichiara 
la�illegittimita�costituzionale�dell'articolo�1,�comma�3-bis,della�medesima�
legge,�introdotto�dall'articolo�13,�comma�6,�della�legge�1.�agosto�2002,�n.�166�(Disposizioni�
in�materia�di�infrastrutture�e�trasporti);�

3)�dichiara 
inammissibili�le�questioni�di�legittimita�costituzionale�dell'articolo�1,�
commi�1,�2,�3�e�4,�della�legge�21�dicembre�2001,�n.�443,�sollevate,�in�riferimento�all'arti-
colo�10�della�legge�costituzionale�18�ottobre�2001,�n.�3,�e�agli�articoli�117�e�118�della�Costitu-
zione,�dalla�Provincia�autonoma�di�Trento,�con�il�ricorso�indicato�in�epigrafe;�

4)�dichiara 
non�fondate,�nei�sensi�di�cui�in�motivazione,�le�questioni�di�legittimita�
costituzionale�dell'articolo�1,�comma�1,�della�legge�21�dicembre�2001,�n.�443,�sollevate,�in�
riferimento�agli�articoli�117,�118�e�119�della�Costituzione�dalla�Regione�Marche�e,�in�riferi-
mento�all'articolo�117�della�Costituzione,�dalle�Regioni�Toscana,�Umbria�ed�Emilia-Roma-
gna,�con�i�ricorsi�indicati�in�epigrafe;�

5)�dichiara 
non�fondata�la�questione�di�legittimita�costituzionale�dell'articolo�1,�
comma�1,�della�legge�21�dicembre�2001,�n.�443,�come�sostituito�dall'articolo�13,�comma�3,�
della�legge�1.�agosto�2002,�n.�166,�sollevata,�in�riferimento�agli�articoli117,�118�e�119�della�
Costituzione,�dalla�Regione�Toscana,�con�il�ricorso�indicato�in�epigrafe;�

6)�dichiara 
inammissibili�le�questioni�di�legittimita�costituzionale�dell'articolo�1,�
comma�2,�lettere�a),�b),�c),�d),�e),�f),�g),�h),�i),�l),�m),�n) 
e�o),�della�legge�21�dicembre�
2001,�n.�443,�sollevate,�in�riferimento�agli�articoli�117,�118�e�119�della�Costituzione,�dalla�
Regione�Marche�e,�in�riferimento�all'articolo�117�della�Costituzione,�dalle�Regioni�Toscana,�
Umbria�ed�Emilia-Romagna,�con�i�ricorsi�indicati�in�epigrafe;�

7)�dichiara 
non�fondata�la�questione�di�legittimita�costituzionale�dell'articolo�1,�
comma�2,�lettera�g),�della�legge�21�dicembre�2001,�n.�443,�sollevata,�in�riferimento�all'arti-
colo�117,�primo�comma,�della�Costituzione,�dalle�Regioni�Umbria�ed�Emilia-Romagna,�con�
i�ricorsi�indicati�in�epigrafe;�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

8)�dichiara 
inammissibile�la�questione�di�legittimita�costituzionale�dell'articolo�1,�
comma�2,�lettera�n),�della�legge�21�dicembre�2001,�n.�443,�sollevata,�in�riferimento�all'arti-
colo�117,�primo�comma,�della�Costituzione,�dalle�Regioni�Umbria�ed�Emilia-Romagna,�con�
i�ricorsi�indicati�in�epigrafe;�

9)�dichiara 
non�fondata�la�questione�di�legittimita�costituzionale�dell'articolo�1,�
comma�2,�lettera�c),�della�legge�21�dicembre�2001,�n.�443,�come�sostituito�dall'articolo�13,�
comma�5,�della�legge�1.�agosto�2002,�n.�166,�sollevata,�in�riferimento�agli�articoli�117�e�118�
della�Costituzione,�dalla�Regione�Toscana,�con�il�ricorso�indicato�in�epigrafe;�

10)�dichiara 
non�fondate�le�questioni�di�legittimita�costituzionale�dell'articolo�1,�
comma�4,�della�legge�21�dicembre�2001,�n.�443,�sollevate,�in�riferimento�agli�articoli�117,�
118�e�119�della�Costituzione,�dalla�Regione�Marche�e,�in�riferimento�all'articolo�117�della�
Costituzione,�dalle�Regioni�Toscana,�Umbria�ed�Emilia-Romagna,�con�i�ricorsi�indicati�in�
epigrafe;�

11)�dichiara 
non�fondata�la�questione�di�legittimita�costituzionale�dell'articolo�1,�
comma�5,�della�legge�21�dicembre�2001,�n.�443,�sollevata,�in�riferimento�agli�articoli�117,�
118�e�119�della�Costituzione,�dalla�Regione�Marche,�con�il�ricorso�indicatoinepigrafe;�

12)�dichiara 
non�fondate�le�questioni�di�legittimita�costituzionale�dell'articolo�1,�
commi6,7,8,9,10,11,12e14,dellalegge21�dicembre2001,n.443,sollevate,inriferimento�
all'articolo�117�della�Costituzione,�dalle�Regioni�Toscana,�Umbria�ed�Emilia-Romagna,�con�
i�ricorsi�indicati�in�epigrafe;�

13)�dichiara 
non�fondata�la�questione�di�legittimita�costituzionale�dell'articolo�1,�
comma�1-bis,�della�legge�21�dicembre�2001,�n.�443,�introdotto�dall'articolo�13,�comma�4,�
della�legge�1.�agosto�2002,�n.�166,�sollevata,�in�riferimento�agli�articoli117,�118�e�119�della�
Costituzione,�dalla�Regione�Toscana,�con�il�ricorso�indicato�in�epigrafe;�

14)�dichiara 
non�fondata,�nei�sensi�di�cui�in�motivazione,�la�questione�di�legittimita�
costituzionale�dell'articolo�13,�commi�1�e�11,�della�legge�1.�agosto�2002,�n.�166,�sollevata,�in�
riferimento�agli�articoli�117,�118�e�119�della�Costituzione,�dalla�Regione�Toscana,�con�il�
ricorso�indicato�in�epigrafe;�

15)�dichiara 
la�illegittimita�costituzionale�dell'articolo�15,�commi�1,�2,�3�e�4,�del�
decreto�legislativo�20�agosto�2002,�n.�190�(Attuazione�della�legge�21�dicembre�2001,�n.�443,�
per�la�realizzazione�delle�infrastrutture�e�degli�insediamenti�produttivi�strategici�e�di�inte-
resse�nazionale);�

16)�dichiara 
la�illegittimita�costituzionale�dell'articolo�19,�comma�2,�del�decreto�legi-
slativo�20�agosto�2002,�n.�190,�nella�parte�in�cui,�per�le�infrastrutture�e�gli�insediamenti�pro-
duttivi�strategici,�per�i�quali�sia�stato�riconosciuto,�in�sede�di�intesa,�un�concorrente�interesse�
regionale,�non�prevede�che�la�commissione�speciale�per�la�valutazione�di�impatto�ambientale�
(VIA)�sia�integrata�da�componenti�designati�dalle�Regioni�o�Province�autonome�interessate;�

17)�dichiara 
inammissibililequestionidilegittimita�costituzionaledegliarticoli1,2,�3,�
4,�13�e�15�del�decreto�legislativo�20�agosto�2002,�n.�190,�sollevate,�in�riferimento�agli�articoli�
76,�117,�118�e�120�della�Costituzione�e�agli�articoli�8,�primo�comma,�numeri�5,�6,�9,�11,�14,�
16,�17,�18,�19,�21,�22,�e�24;�9,�primo�comma,�numeri�8,�9�e�10;�e�16�del�d.P.R.�31�agosto�
1972,�n.�670,�agli�articoli�19,�20�e�21�del�d.P.R.�22�marzo�1974,�n.�381�e�all'articolo�4�del�
decreto�legislativo�16�marzo�1992,�n.�266,�dalla�Provincia�autonoma�di�Trento,�con�il�ricorso�
indicato�in�epigrafe;�

18)�dichiara 
non�fondata,�nei�sensi�di�cui�in�motivazione,�la�questione�di�legittimita�
costituzionale�dell'articolo�1,�comma�1,�del�decreto�legislativo�20�agosto�2002,�n.�190,�solle-
vata,�in�riferimento�agli�articoli�117�e�118�della�Costituzione,�all'articolo�10�della�legge�costi-
tuzionale�18�ottobre�2001,�n.�3,�e�all'articolo�2�del�decreto�legislativo�16marzo�1992,�n.�266,�
dalla�Provincia�autonoma�di�Bolzano,�con�il�ricorso�indicato�in�epigrafe;�

19)�dichiara 
non�fondata,�nei�sensi�di�cui�in�motivazione,�la�questione�di�legittimita�
costituzionale�dell'articolo�13,�comma�5,�del�decreto�legislativo�20�agosto�2002,�n.�190,�solle-
vata,�in�riferimento�agli�articoli�8,�primo�comma,�numeri�5,�6,�9,�11,�14,�16,17,�18,�19,�21,�
22,�e�24;�9,�primo�comma,�numeri�8,�9�e�10;�e�16�del�d.P.R.�31�agosto�1972,�n.�670,�e�all'arti-
colo�2�del�decreto�legislativo�16�marzo�1992,�n.�266,�dalla�Provincia�autonoma�di�Bolzano,�
con�il�ricorso�indicato�in�epigrafe;�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

20)�dichiara 
non�fondata�la�questione�di�legittimita�costituzionale�dell'articolo�1,�
comma�5,�del�decreto�legislativo�20�agosto�2002,�n.�190,�sollevata,�in�riferimento�all'articolo�
117�della�Costituzione,�dalle�Regioni�Marche�e�Toscana,�con�i�ricorsi�indicati�in�epigrafe;�

21)�dichiara 
non�fondate�le�questioni�di�legittimita�costituzionale�dell'articolo�1,�
comma�7,�lettera�e),�del�decreto�legislativo�20�agosto�2002,�n.�190,�sollevate,�in�riferimento�
agli�articoli�76,�117,�commi�terzo,�quarto�e�sesto,�e�118�della�Costituzione,�dalla�Regione�
Toscana,�in�riferimento�agli�articoli�117,�commi�terzo�quarto�e�sesto,�e�118�della�Costitu-
zione,�dalla�Regione�Marche,�in�riferimento�agli�articoli�8,�primo�comma,�numeri�5,�6,�9,�
11,�14,�16,�17,�18,�19,�21,�22,�e�24;�9,�primo�comma,�numeri�8,�9�e�10;�e�16�del�d.P.R.�31�agosto�
1972,�n.�670,�e�agli�articoli�19�e�20�del�d.P.R.�22�marzo�1974,�n.�381,�dalla�Provincia�auto-
noma�di�Bolzano,�con�i�ricorsi�indicati�in�epigrafe;�

22)�dichiara 
non�fondate�le�questioni�di�legittimita�costituzionale�degli�articoli�2,�
commi�1,�2,�3,�4,�5�e�7;3,�commi�4,�5,�6,�e�9;e�13,�commi5�e�15,�del�decreto�legislativo�
20�agosto�2002,�n.�190,�sollevate,�in�riferimento�agli�articoli�117�e�118�della�Costituzione,�
all'articolo�10dellaleggecostituzionale�18�ottobre2001,n.�3,eagliarticoli8,primocomma,�
numeri�5,�6,�9,�11,�14,�16,�17,�18,�19,�21,�22,�e�24;�9,�primo�comma,�numeri�8,�9�e�10;�e�16�del�

d.P.R.�31�agosto�1972,�n.�670,�e�all'articolo�4,�comma�1,�del�decreto�legislativo�16�marzo�
1992,�n.�266,�dalla�Provincia�autonoma�di�Bolzano,�con�il�ricorso�indicato�in�epigrafe;�
23)�dichiara 
non�fondate�le�questioni�di�legittimita�costituzionale�degli�articoli�2,�
commi�2,�3,�4�e�5,�sollevate,�in�riferimento�agli�articoli�8,�primo�comma,�numeri�5,�6,�9,�11,�
14,�16,�17,�18,�19,�21,�22,�e�24;�9,�primo�comma,�numeri�8,�9�e�10;�e�16�del�d.P.R.�31�agosto�
1972,�n.�670,�e�all'articolo�4,�comma�3,�del�decreto�legislativo�16�marzo�1992,�n.�266,�dalla�
Provincia�autonoma�di�Bolzano,�con�il�ricorso�indicato�in�epigrafe;�

24)�dichiara 
non�fondate�le�questioni�di�legittimita�costituzionale�dell'articolo�2,�
comma�5,�del�decreto�legislativo�20�agosto�2002,�n.�190,�sollevate,�in�riferimento�agli�articoli�
117�e�118�della�Costituzione,�dalle�Regioni�Toscana�e�Marche,�con�i�ricorsi�indicati�in�epi-
grafe;�

25)�dichiara 
non�fondate�le�questioni�di�legittimita�costituzionale�dell'articolo�2,�
comma�7,�del�decreto�legislativo�20�agosto�2002,�n.�190,�sollevate,�in�riferimento�agli�articoli�
117,�118�e�120�della�Costituzione,�dalla�Regione�Toscana,�e,�in�riferimentoagliarticoli�117�e�
118�della�Costituzione,�dalla�Regione�Marche,�con�i�ricorsi�indicati�in�epigrafe;�

26)�dichiara 
inammissibili�le�questioni�di�legittimita�costituzionale�dell'articolo�3�del�
decreto�legislativo�20�agosto�2002,�n.�190,�sollevate,�in�riferimento�agli�articoli�117�della�
Costituzione,�dalle�Regioni�Toscana�e�Marche,�con�i�ricorsi�indicati�in�epigrafe;�

27)�dichiara 
non�fondata�la�questione�di�legittimita�costituzionale�dell'articolo�3,�
comma�5,�del�decreto�legislativo�20�agosto�2002,�n.�190,�sollevata,�in�riferimento�all'articolo�
76�della�Costituzione,�in�relazione�all'articolo�1,�comma�2,�lettera�d),�della�legge�21�dicembre�
2001,�n.�443,�dalla�Regione�Toscana,�con�il�ricorso�indicato�in�epigrafe;�

28)�dichiara 
non�fondate,�nei�sensi�di�cui�in�motivazione,�le�questioni�di�legittimita�
costituzionale�dell'articolo�3,�commi�6�e�9,�del�decreto�legislativo�20�agosto�2002,�n.�190,�sol-
levate,�in�riferimento�agli�articoli�114,�commi�primo�e�secondo,�117,�commi�terzo,�quarto�e�
sesto,�e�118,�commi�primo�e�secondo,�della�Costituzione,�dalle�Regioni�Toscana�e�Marche,�
con�i�ricorsi�indicati�in�epigrafe;�

29)�dichiara 
non�fondate,�nei�sensi�di�cui�in�motivazione,�le�questioni�di�legittimita�
costituzionale�degli�articoli�4,�comma�5,�e�13�del�decreto�legislativo�20�agosto�2002,�n.�190,�
sollevate,�in�riferimento�agli�articoli�114,�commi�primo�e�secondo,�117,�commi�terzo,�quarto�
e�sesto,�e�118,�commi�primo�e�secondo,�della�Costituzione,�dalle�Regioni�Toscana�e�Marche,�
con�i�ricorsi�indicati�in�epigrafe;�

30)�dichiara 
inammissibili�le�questioni�di�legittimita�costituzionale�degli�articoli�4,�5,�6,�7,�
8,�9,�10�e�11�del�decreto�legislativo�20�agosto�2002,�n.�190,�sollevate,�in�riferimento�all'articolo�
117�della�Costituzione,�dalle�Regioni�Toscana�e�Marche,�con�i�ricorsi�indicati�in�epigrafe;�

31)�dichiara 
non�fondata�la�questione�di�legittimita�costituzionale�dell'articolo�4,�
comma�5,�del�decreto�legislativo�20�agosto�2002,�n.�190,�sollevata,�in�riferimento�all'articolo�
76�della�Costituzione,�dalla�Regione�Toscana,�con�il�ricorso�indicato�in�epigrafe;�

32)�dichiara 
non�fondata�la�questione�di�legittimita�costituzionale�dell'articolo�8�del�
decreto�legislativo�20�agosto�2002,�n.�190,�sollevata,�in�riferimento�agli�articoli�76�e�117�della�
Costituzione,�dalla�Regione�Toscana,�con�il�ricorso�indicato�in�epigrafe;�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

33)�dichiara 
inammissibile�la�questione�di�legittimita�costituzionale�dell'articolo�16�del�
decreto�legislativo�20�agosto�2002,�n.�190,�sollevata,�in�riferimento�agliarticoli�117�e�118�
della�Costituzione,�dalla�Regione�Toscana,�con�il�ricorso�indicato�in�epigrafe;�

34)�dichiara 
non�fondate�le�questioni�di�legittimita�costituzionale�degli�articoli�17,�18,�
19,�commi�1�e�3,�e�20�del�decreto�legislativo�19�agosto�2002,�n.�190,�sollevate,�in�riferimento�
all'articolo�117�della�Costituzione,�dalle�Regioni�Toscana�e�Marche,�con�i�ricorsi�indicati�in�
epigrafe;�

35)�dichiara 
la�illegittimita�costituzionale�del�decreto�legislativo�4�settembre�2002,�

n.�198�(Disposizioni�volte�ad�accelerare�la�realizzazione�delle�infrastrutture�di�telecomunica-
zioni�strategiche�per�la�modernizzazione�e�lo�sviluppo�del�Paese,�a�norma�dell'articolo�1,�
comma�2,�della�legge�21�dicembre�2001,�n.�443);�
36)�dichiara 
inammissibile�il�ricorso�proposto�dal�comune�di�Vercelli��per�sollevare�
questione�di�legittimita�costituzionale�e�conflitto�di�attribuzione��avverso�il�decreto�legisla-
tivo�4�settembre�2002,�n.�198.�

Cos|�deciso�in�Roma,�nella�sede�della�Corte�costituzionale,�Palazzo�della�Consulta,�il�
25�settembre�2003�(omissis)�.�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

Sul 
riparto 
di 
competenza 
legislativa 
tra 
Stato 
e 
Regioni 


in 
tema 
di 
infrastrutture 
di 
telecomunicazione 
e 
tutela 


dai 
campi 
elettromagnetici. 


(Corte 
Costituzionale, 
sentenza 
1 
-7 
ottobre 
2003 
n. 
307 
e 
27 
ottobre 
-7 
novembre 
2003 
n. 
331). 


Con�due�significative�pronunce�-le�sentenze�1.�ottobre�2003,�n.�303�(*)�e�
7�ottobre�2003,�n.�307�-la�Corte�Costituzionale�e�intervenuta�di�recente�a�
dettare�fondamentali�affermazioni�di�principio�in�tema�di�riparto�di�compe-
tenza�legislativa�tra�Stato�e�Regioni�dopo�la�nota�revisione�operata�dalla�
legge�costituzionale�18�ottobre�2001,�n.�3.�

L'occasione�e�stata�fornita,�nel�primo�caso�(sent.�n.�303),�dal�ricorso�al�
giudice�delle�leggi�da�parte�di�una�pluralita�di�Regioni�in�ordine�alla�legitti-
mita�costituzionale�della�legge�21�dicembre�2001,�n.�443�(la�cosiddetta��legge�
obiettivo�,�sulle�infrastrutture�strategiche�di�interesse�nazionale)�e�dei�relativi�
decreti�legislativi�delegati�di�attuazione.�

Parallelamente�e�stata�la�volta�dell'impugnativa�da�parte�dello�Stato�di�
diverse�leggi�regionali�riguardanti�l'attivita�di�prevenzione�e�la�tutela�ambien-
tale�e�sanitaria�dall'inquinamento�elettromagnetico�prodotto�da�impianti�fissi�
di�telecomunicazione�o�radiotelevisivi�e�per�il�trasporto�di�energia,�che�ha�
portato�alla�quasi�coeva�sentenza�n.�307.�

Si�ritiene�utile�illustrare�dapprima�quest'ultima�pronuncia,�che�appare�
meglio�conferente�all'argomento�del�riparto�di�competenze�tra�Stato�e�
Regioni�in�materia.�

L'iniziativa�dello�Stato,�e�per�esso�della�Presidenza�del�Consiglio�dei�
Ministri,�ha�infatti�consentito�di�focalizzare�meglio�quella�sofferta�linea�di�
confine�fra�la�competenza�legislativa�statale�e�quella�regionale,�come�dedotta�
dal�novellato�disposto�del�titolo�V�della�seconda�parte�della�Costituzione.�

In�merito�al�sistema�di�riparto�delle�competenze�tra�Stato�e�regioni�
occorre�preventivamente�soffermarsi�sui�contenuti�dell'art.�117�Cost.�

In�particolare,�si�rammenta�che�il�secondo�comma�disciplina�in�modo�
tassativo�le�materie�nelle�quali�lo�Stato�esercita�la�sua�potesta�legislativa�
esclusiva,�mentre�il�terzo�comma�stabilisce�e�definisce�le�materie�di�legisla-
zione�concorrente,�per�le�quali�la�potesta�legislativa�spetta�alle�Regioni,�salvo�
che�per�la�determinazione�dei�principi�fondamentali�riservati�ancora�allo�
Stato.�Infine,�al�quarto�comma�del�medesimo�articolo�viene�specificato�che�
spetta�alle�Regioni�la�potesta�legislativa�riferita�ad�ogni�altra�materia�non�
espressamente�riservata�allo�Stato.�

Risulta�cos|�cristallizzato�il�principio�della�sussidiarieta�della�legislazione�
statale�rispetto�a�quella�regionale,�con�la�conseguenza�che�alla�Regione�e�

(*)�Vedi�retro,�pag.�140;�Sulla�questione�dell'elettrosmog 
vedi�anche�MariA 
VittoriA 
Lumetti,�Il 
risarcimento 
del 
danno 
alla 
persona: 
inquinamento 
elettromagnetico 
e 
organismi 
geneticamente 
modificati, 
in�questa 
Rassegna,�267.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

riconosciuto�un�generale�potere�legislativo,�rimanendo�una�residuale�potesta�
normativa�statale�per�le�sole�materie�espressamente�e�tassativamente�indi-
cate.�

Appare�chiaro�allora,�anche�alla�lettura�del�nuovo�art.�117�Cost.,�che�il�
principio�distintivo�tra�competenza�regionale�e�statale�e�ancora�incardinato�
nell'oggetto�della�disciplina�normativa.�

Il�criterio�distintivo�delle�competenze�risiede�pertanto�nella��materia��
secondo�una�ratio 
che�si�e�sostanzialmente�consolidata.�

Invero�pero�tale�criterio�non�appare�esaustivo�o�comunque�soddisfa-
cente,�in�particolare�laddove�viene�assunto�con�valenza�immediata,�avuto�
riguardo�soprattutto�alla�possibilita�di�una�sovrapposizione�di�molteplici�
materie,�attribuite�alle�diverse�potesta�,�e�compresenti�nell'ambito�di�una�
stessa�normativa,�la�quale�si�propone�di�disciplinare�specifici�compiti�finaliz-
zati�ad�obiettivi�definiti.�

Nel�caso�specifico�la�Corte�Costituzionale,�con�la�sentenza�n.�307�del�
2003,�ha�inteso�riaffermare�che�l'ambito�d'intervento�del�legislatore�concer-
nente�la��tutela�dell'ambiente��non�rappresenta�una�materia 
in�senso�stretto,�
bens|�un�compito,�nell'esercizio�del�quale�lo�Stato�conserva�il�potere�di�fissare�
standard 
di�protezione�uniformi�validi�in�tutte�le�Regioni�e�mai�derogabili�
da�queste,�nemmeno�in�senso�piu�restrittivo.�

Le�materie�di�cui�alle�leggi�regionali�impugnate,�coinvolgendo�gli�aspetti�
attinenti�alla��tutela�della�salute�,�assoggettata�alle�insidie�del�cosiddetto�
elettrosmog,�ma�anche��l'ordinamento�della�comunicazione�,��la�produzione,�
trasporto�e�distribuzione�nazionale�dell'energia�,�nonche�in�via�generale�la�
materia�del��governo�del�territorio�,�rientrano�tra�quelle�per�cui�la�Costitu-
zione,�al�nuovo�articolo�117,�comma�3,�ha�previsto�una�potesta�legislativa�
concorrente�fra�Stato�e�Regioni,�nella�quale�queste�ultime�fissano�la�disci-
plina,�ma�nel�rispetto�dei�principi�fondamentali�stabiliti�dallo�Stato.�

Peraltro�non�e�affatto�escluso,�come�del�resto�gia�emerge�da�diverse�
pronunce�della�stessa�Corte�Costituzionale,�che�le�leggi�regionali,�emanate�
sulla�base�della�potesta�concorrente�o�residuale�prevista�dall'art.�117�Cost.,�
comma�3�e�4,�possano�assumere�come�scopo�anche�finalita�di�tutela�am-
bientale.�

E�stato�sostenuto�dallo�Stato�parte�ricorrente�che�i�gia�richiamati�prin-
cipi�fondamentali�erano�stati�individuati�mediante�la��legge�quadro�sullapro-
tezione�dall'esposizione�a�campi�elettrici,�magnetici�ed�elettromagnetici��
(22�febbraio�2001,�n.�36)�e�che�l'iniziativa�regionale�avesse�violato�i�ripetuti�
principi�ivi�contenuti.�

La�Corte�Costituzionale�si�e�conseguentemente�richiamata�proprio�a�tale�
normativa,�utilizzandola�nell'argomentare�la�sentenza�al�fine�di�verificare�se�
le�Regioni,�nel�deliberare�le�leggi�impugnate,�si�siano�attenute�ai�limiti�fissati�
per�l'esercizio�della�loro�potesta�legislativa.�

La�legge�n.�36�del�2001,�che�si�applica�a�tutti�gli�impianti�che�possono�
comportare�l'esposizione�a�campi�elettrici,�magnetici�ed�elettromagnetici�con�
frequenza�compresa�tra�0�Hz�e�300�GHz,�stabilisce�le�funzioni�di�pertinenza�
dello�Stato�e�le�competenze�spettanti�alle�regioni�e�agli�enti�locali.�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

In�particolare�gli�standard�di�protezione�dall'inquinamento�elettroma-

gnetico�si�distinguono,�nella�normativa,�in:�

�limiti�di�esposizione�,�determinati�dallo�Stato,�definiti�come�valori�

che�non�devono�essere�superati�in�alcuna�condizione�di�esposizione�da�parte�

della�popolazione�e�dei�lavoratori�al�fine�di�assicurare�loro�una�confacente�

tutela�della�salute;�
�valori�d'attenzione�,�sempre�determinati�dallo�Stato,�intesi�come�

valori�di�campo�da�non�superare,�a�titolo�di�cautela,�rispetto�ai�possibili�

effetti�a�lungo�termine,�negli�ambienti�abitativi�e�scolastici�e�nei�luoghi�adibiti�

a�permanenze�prolungate;�
�obiettivi�di�qualita��,�riconducibili�a�due�categorie,�di�cui�la�prima�

facente�riferimento�ancora�una�volta�a�valori�di�campo�e�la�seconda�riguar-

dante�invece��criteri�localizzativi�,��standard�urbanistici�,��prescrizioni��e�

�incentivazioni�per�l'utilizzo�delle�migliori�tecnologie�disponibili�;�la�prima�

categoria�e�di�pertinenza�dello�Stato,�mentre�la�seconda�e�attribuita�alla�com-

petenza�regionale.�

In�sostanza�la�legge�quadro�assegna�la�fissazione�delle��soglie��di�esposi-

zione�allo�Stato,�mentre�lascia�alle�Regioni�l'autonoma�disciplina�per�l'uso�

del�territorio�in�rapporto�alla�localizzazione�degli�impianti�e�per�ogni�altra�

prescrizione�volta�a�ridurre�l'impatto�negativo�degli�impianti�medesimi�sul�

territorio�amministrato.�
Si�tratta�quindi�di�un�ambito�in�cui�lo�Stato�e�le�Regioni�possono�e�

devono�cooperare�al�fine�di�garantire�una�tutela�migliore�dell'ambiente.�
Le�conclusioni�cui�e�pervenuta�ora�la�Consulta�si�possono�sintetizzare�

nell'assunto�che�spetta�allo�Stato�fissare�i�valori�limite�d'esposizione�della�

popolazione�ai�campi�elettromagnetici�e�che�in�pari�tempo�non�possono�le�

Regioni�stabilire,�per�il�territorio�di�competenza,�valori�diversi,�ancorche�

piu�restrittivi�seppur�finalizzati�alla�tutela�della�salute�dei�cittadini.�
Cio�non�di�meno,�alle�Regioni�viene�confermata�l'attribuzione�della�

competenza�legislativa�concernente�la�localizzazione�degli�impianti.�
Cio�stante,�l'aspetto�essenziale�che�si�puo�cogliere�nella�decisione�della�

Corte�Costituzionale�appare�essere�quello�della�definizione�di�una�logicadi�

principio�secondo�la�quale�la�tutela�della�salute�dei�cittadini�va�affermata�e�

confermata�senza�pero�che�trovi�pres|�di�esorbitanti,�dovendosi�al�tempo�

stesso�tener�conto�della�necessaria�presenza,�attivazione�e�pianificazione�delle�

reti�nazionali�per�le�telecomunicazioni�e�dei�grandi�impianti�per�la�produ-

zione�dell'energia,�componenti�irrinunciabili�del�processo�di�mantenimento�e�

sviluppo�di�adeguati�livelli�di�benessere�della�societa�nel�suo�complesso.�
Emerge�quindi�che,�giustapposte�alle�palmari�evidenze�della�protezione�

della�salute�dei�cittadini,�la�Corte�Costituzionale�ha�voluto�recuperare�quei�

rilevanti��interessi�nazionali��sottesi�alla�efficiente�realizzazione�degli�

impianti,�interessi�che�con�l'essere�stabilmente�sottintesi,�potevano�rischiare�

di�essere�irragionevolmente�sottovalutati�o�ignorati.�

I�giudici�della�Consulta�hanno�pertanto�significativamente�concluso�che�

la�determinazione�a�livello�nazionale�di��valori-soglia��non�derogabili�dalle�

Regioni�deve�essere�considerata��come�il�punto�di�equilibrio�tra�le�esigenze�

contrapposte�di�evitare�al�massimo�l'impatto�delle�emissioni�elettromagnetiche�

e�di�realizzare�impianti�necessari�al�Paese�.�


RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 


Si 
e� 
realizzato 
cos|� 
quel 
necessario 
contemperamento 
fra 
esigenze 
di 
diverso 
orientamento, 
ma 
in 
definitiva 
non 
contrapposte, 
atteso 
che 
le 
fina-
lita� 
del 
legislatore, 
quali 
che 
siano, 
sono 
sempre 
e 
comunque 
di 
valenza 
positiva. 


Del 
resto, 
a 
contrario 
non 
possono 
sottacersi 
gli 
evidenti 
rischi 
connessi 
ad 
arbitrarie 
ed 
ingiustificate 
diversificazioni 
e 
frammentazioni 
sul 
territorio 
nazionale 
delle 
possibili 
varie 
legislazioni 
regionali, 
con 
ricadute 
oltretutto 
a 
danno 
della 
necessaria 
disciplina 
unitaria 
della 
�tutela 
della 
concorrenza� 
nello 
specifico 
rilevante 
settore 
delle 
telecomunicazioni. 


Coerentemente, 
pertanto, 
con 
specifico 
riferimento 
all'attribuzione 
delle 
discipline 
localizzative 
e 
territoriali, 
la 
Corte 
riconosce 
alle 
Regionieagli 
enti 
locali 
una 
piena 
autonomia, 
con 
l'unico 
(necessario) 
presidio 
che 
le 
norme 
poste 
non 
costituiscano 
un 
impedimento 
ed 
un 
ostacolo, 
laddove 
prive 
di 
ragionevole 
giustificazione, 
all'insediamento 
stesso 
degli 
impianti. 


Come 
accennato 
in 
apertura, 
la 
Corte 
Costituzionale 
aveva 
avuto 
modo, 
gia� 
prima 
della 
sentenza 
n. 
307 
illustrata, 
di 
affrontare 
giudizi 
diversi 
di 
legit-
timita� 
costituzionale 
con 
la 
sentenza 
n. 
303 
del 
2003. 


Tale 
decisione 
rileva, 
in 
questa 
sede, 
per 
i 
principi 
generali 
d'interpreta-
zione 
del 
riparto 
delle 
competenze 
legislative 
che 
sono 
stati 
enunciati 
appunto 
dalla 
Corte 
per 
la 
lettura 
corretta 
del 
modificato 
titolo 
V 
della 
parte 
seconda 
della 
Costituzione. 


Nella 
circostanza, 
e 
con 
espresso 
riferimento 
alla 
problematica 
delle 
competenze 
legislative 
qui 
argomentate, 
la 
Corte 
ha 
dichiarato 
l'illegittimita� 
costituzionale 
del 
D.lgs. 
4 
settembre 
2002, 
n. 
198 
recante 
�Disposizioni 
volte 
ad 
accelerare 
la 
realizzazione 
di 
telecomunicazioni 
strategiche 
per 
la 
moder-
nizzazione 
e 
lo 
sviluppo 
del 
Paese�, 
avendo 
riscontrato 
il 
vizio 
di 
eccessodi 
delega. 


Tale 
declaratoria 
sottolinea 
la 
rilevata 
assenza, 
all'interno 
del 
D.lgs. 


n. 
198/2002, 
di 
un 
programma 
di 
individuazione 
delle 
infrastrutture, 
redatto 
d'intesa 
con 
le 
Regioni 
e 
le 
province 
autonome 
interessate. 
Siffatta 
carenza 
realizza 
una 
espansione 
indebita 
delle 
competenze 
sta-
tali 
e 
una 
conseguente 
compressione 
indebita 
dell'autonomia 
regionale. 
L'intento 
della 
pronuncia 
della 
Consulta, 
del 
tutto 
esplicito, 
e� 
quello 
di 
realizzare 
un'efficace 
coordinamento 
fra 
poteri 
secondo 
lo 
spirito 
che 
per-
vade 
tutta 
la 
Carta 
Costituzionale 
e 
che 
e� 
stato, 
come 
si 
e� 
visto, 
successiva-
mente 
confermato 
e 
ribadito 
nella 
sentenza 
n. 
307 
del 
2003. 


A 
ben 
vedere, 
in 
definitiva, 
le 
due 
decisioni 
della 
Consulta 
si 
rivelano 
solo 
apparentemente 
divergenti, 
risultando 
al 
contrario 
fra 
loro 
coordinate 
e 
sapientemente 
mirate, 
ove 
si 
consideri 
l'intrinseca 
difficolta� 
del 
processo 
d'attuazione 
del 
nuovo 
titolo 
V 
della 
Costituzione 
e 
l'obiettivo 
di 
realizzare 
una 
costante 
intesa 
fra 
lo 
Stato 
e 
le 
Regioni. 


Ma 
di 
certo 
alla 
Corte 
Costituzionale 
non 
mancheranno 
presto 
ulteriori 
opportunita� 
di 
intervento 
nella 
delicata 
e 
complessa 
materia 
del 
nuovo 
riparto 
di 
competenze 
tra 
Stato 
e 
Regioni. 


Dott.ssa 
Noemi 
Gennari 



IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

Corte 
Costituzionale, 
sentenza 
1 
-7 
ottobre 
2003, 
n. 
307 
-Presidente 
R.�Chieppa�^Redattore 


V.�Onida�^Giudice 
G.�Zagrebelsky�(ctt.�2034/02�ed�altri,�Avv.ti�dello�Stato�G.�Nori�e�
I.�M.�Braguglia).�
�(omissis)Considerato 
in 
diritto 
^1.��Con�quattro�distinti�ricorsi�il�Presidente�del�Con-
siglio�ha�impugnato�diverse�disposizioni�di�quattro�leggi�regionali:�si�tratta,�precisamente,�
della�legge�regionale�delle�Marche�13�novembre�2001,�n.�25,�recante�``Disciplina�regionale�
in�materia�di�impianti�fissi�di�radiocomunicazione�al�fine�della�tutela�ambientale�e�sanitaria�
della�popolazione''�(ricorso�iscritto�al�n.�4�del�registro�dei�ricorsi�del�2002);�della�legge�regio-
nale�della�Campania�24�novembre�2001,�n.�13,�recante�``Prevenzione�dei�danni�derivanti�dai�
campi�
elettromagnetici�generati�da�elettrodotti''�(ricorso�iscritto�al�n.�5�del�registro�dei�ricorsi�del�
2002);�della�legge�regionale�della�Puglia�8�marzo�2002,�n.�5,�recante�``Norme�transitorie�per�
la�tutela�dall'inquinamento�elettromagnetico�prodotto�da�sistemi�di�telecomunicazioni�e�
radiotelevisivi�operanti�nell'intervallo�di�frequenza�fra�0�Hz�e�300�GHz''�(ricorso�iscritto�al�

n.�35�del�registro�dei�ricorsi�del�2002);�e�della�legge�regionale�dell'Umbria�14�giugno�2002,�
n.�9,�recante�``Tutela�sanitaria�e�ambientale�dall'esposizione�ai�campi�elettrici,�magnetici�ed�
elettromagnetici''�(ricorso�iscritto�al�n.�52�del�registro�dei�ricorsi�del2002).Secondoilricor-
rente�le�disposizioni�impugnate�fuoriescono�dall'ambito�della�competenza�regionale�o�vio-
lano�i�principi�fondamentali�stabiliti�dalle�leggi�dello�Stato.�
2.��Attesa�l'oggettiva�comunanza�della�materia�trattata�nei�ricorsi�(tutte�le�leggi�impu-
gnate�riguardano�la�tutela�dal�cosiddetto�``elettrosmog'',�cioe�dall'inquinamento�elettroma-
gnetico�prodotto�da�impianti�fissi�di�telecomunicazione�o�radiotelevisivi�e�di�trasporto�di�
energia,�benche�due�leggi�-Marche�e�Puglia�-concernano�solo�gli�impianti�di�telecomunica-
zione�o�radiotelevisivi,�una�-Campania�-solo�gli�elettrodotti,�e�una�-Umbria�-entrambi�i�
tipi�di�impianti),�e�opportuno�riunire�i�giudizi�perche�siano�decisi�con�unica�pronunzia.�
3.��Devono�essere�preliminarmente�dichiarate�inammissibili�la�costituzione�della�
Regione�Campania�nel�giudizio�introdotto�col�ricorso�iscritto�al�n.�5�del�registro�dei�ricorsi�
del�2002�e�quella�della�Regione�Puglia�nel�giudizio�rubricato�col�n.�35�del�registro�dei�ricorsi�
del�2002,�avvenute�entrambe�oltre�il�termine�prescritto�dall'articolo�23,�terzo�comma,�delle�
Norme�integrative�per�i�giudizi�davanti�alla�Corte�Costituzionale.�
La�Regione�Campania�argomenta�l'ammissibilita�della�costituzione�tardiva.�Tuttavia�la�
Corte�non�ritiene�di�discostarsi�dalla�propria�giurisprudenza�consolidata�(cfr.,�tra�le�molte,�
sentenze�n.�71�del�1982�e�n.�417�del�2000),�che�considera�perentori�i�termini�previsti�per�la�
costituzione�delle�parti�nei�giudizi�in�via�principale.�

4.��Devono�altres|�essere�dichiarati�inammissibili�gli�interventi�spiegati,�nel�giudizio�
avverso�la�legge�della�Regione�Campania�(reg.�ric.�n.�5�del�2002),�dal�Gestore�della�Rete�di�
Trasmissione�Nazionale�S.p.a.,�dalle�societa�ENEL�S.p.a.,�ENEL�Distribuzione�S.p.a.,�
TERNA�-Trasmissione�Elettricita�Rete�Nazionale�S.p.a.,�e�dal�Comune�di�Lacco�Ameno,�
nella�persona�del�Sindaco,�nonche�da�quest'ultimo�quale�Ufficiale�di�Governo;�nel�giudizio�
avverso�la�legge�regionale�della�Puglia�(reg.�ric.�n.�35�del�2002),�dalla�Societa�Wind�Teleco-
municazioni�S.p.a.;�e,�nel�giudizio�avverso�la�legge�regionale�dell'Umbria�(reg.�ric.�n.�52�del�
2002),�dalla�S.p.a.�Vodafone�Omnitel.�
Si�tratta�di�un�Comune�e,�negli�altri�casi,�di�soggetti�imprenditoriali�interessati�alla�
disciplina�recata�dalle�leggi�impugnate;�ma,�in�conformita�alla�costante�giurisprudenza�di�
questa�Corte�(cfr.�da�ultimo�sentenze�n.�35�del�1995�e�n.�382�del�1999),�e�inammissibile�
l'intervento,�nei�giudizi�promossi�in�via�principale�nei�confronti�di�leggi�regionali�o�statali,�
di�soggetti�diversi�da�quelli�titolari�delle�potesta�legislative�della�cui�delimitazione�si�discute,�
ancorche�destinatari�attuali�o�potenziali�delle�discipline�normative�recate�dalle�leggi�impu-
gnate.�

5.��Tutte�le�leggi�regionali�impugnate�sono�state�emanate�nel�vigore�del�nuovo�titolo�V�
della�parte�seconda�della�Costituzione,�come�risultante�dalla�legge�costituzionale�18�ottobre�
2001,�n.�3,�e�fanno�seguito�altres|�alla�legge�statale�22�febbraio�2001,�n.�36�(``Legge�quadro�
sulla�protezione�dalle�esposizioni�a�campi�elettrici,�magnetici�ed�elettromagnetici'':�d'ora�in�
poi�indicata�come�legge�quadro).�

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 


Quanto 
alle 
censure 
sollevate 
nei 
ricorsi, 
e� 
opportuno 
anzitutto 
sgomberare 
il 
campo 
da 
un 
assunto 
di 
carattere 
generale, 
che 
il 
ricorrente 
sostiene, 
in 
modo 
piu� 
esplicito 
nel 
ricorso 
contro 
la 
legge 
dell'Umbria, 
invocando 
la 
competenza 
legislativa 
esclusiva 
attribuita 
allo 
Stato 
dall'art. 
117, 
secondo 
comma, 
lettera 
s, 
della 
Costituzione, 
in 
tema 
di 
``tutela 
dell'am-
biente, 
dell'ecosistema 
e 
dei 
beni 
culturali'', 
per 
escludere 
qualsiasi 
competenza 
delle 
Regioni 
a 
legiferare 
in 
vista 
di 
finalita� 
di 
tutela 
dell'ambiente. 


Tale 
assunto 
non 
e� 
fondato. 
Questa 
Corte 
ha 
gia� 
chiarito 
che 
la 
``tutela 
dell'ambiente'', 
piu� 
che 
una 
``materia'' 
in 
senso 
stretto, 
rappresenta 
un 
compito 
nell'esercizio 
del 
quale 
lo 
Stato 
conserva 
il 
potere 
di 
dettare 
standard 
di 
protezione 
uniformi 
validi 
in 
tutte 
le 
Regioni 
e 
non 
derogabili 
da 
queste; 
e 
che 
cio� 
non 
esclude 
affatto 
la 
possibilita� 
che 
leggi 
regionali, 
emanate 
nell'esercizio 
della 
potesta� 
concorrente 
di 
cui 
all'art. 
117, 
terzo 
comma, 
della 
Costi-
tuzione, 
o 
di 
quella 
``residuale'' 
di 
cui 
all'art. 
117, 
quarto 
comma, 
possano 
assumere 
fra 
i 
pro-
pri 
scopi 
anche 
finalita� 
di 
tutela 
ambientale 
(cfr. 
sentenze 
n. 
407 
del 
2002 
e 
n. 
222 
del 
2003). 


Nel 
caso 
delle 
discipline 
regionali 
impugnate, 
esse 
attengono 
essenzialmente 
agli 
ambiti 
materiali 
-richiamati 
del 
resto 
anche 
dal 
ricorrente 
-della 
``tutela 
della 
salute'', 
minacciata 
dall'inquinamento 
elettromagnetico, 
dell'``ordinamento 
della 
comunicazione'' 
(per 
quanto 
riguarda 
gli 
impianti 
di 
telecomunicazione 
o 
radiotelevisivi), 
della 
``produzione, 
trasporto 
e 
distribuzione 
nazionale 
dell'energia'' 
(per 
quanto 
riguarda 
gli 
elettrodotti), 
oltre 
che, 
piu� 
in 
generale, 
del 
``governo 
del 
territorio'' 
(che 
comprende, 
in 
linea 
di 
principio, 
tutto 
cio� 
che 
attiene 
all'uso 
del 
territorio 
e 
allalocalizzazione 
diimpianti 
o 
attivita�): 
tutti 
ambiti 
rientranti 
nella 
sfera 
della 
potesta� 
legislativa 
``concorrente'' 
delle 
Regioni 
a 
statuto 
ordinario, 
ai 
sensi 
dell'art. 
117, 
terzo 
comma, 
della 
Costituzione, 
e 
pertanto 
caratterizzati 
dal 
vincolo 
al 
rispetto 
dei 
(soli) 
principi 
fondamentali 
stabiliti 
dalle 
leggi 
dello 
Stato. 


6. 
�Assume 
dunque 
essenziale 
rilievo 
la 
disciplina 
di 
principio 
stabilita 
dalla 
legge 
quadro, 
ai 
fini 
di 
verificare 
se 
le 
Regioni, 
nel 
deliberare 
le 
leggi 
impugnate, 
si 
siano 
attenute 
ai 
limiti 
fissati 
per 
l'esercizio 
della 
loro 
potesta� 
legislativa. 
Tale 
legge, 
che 
si 
applica 
a 
tutti 
gli 
impianti 
che 
possono 
comportare 
l'esposizione 
a 
campi 
elettrici, 
magnetici 
ed 
elettromagnetici 
con 
frequenze 
comprese 
tra 
0 
Hz 
e 
300 
GHz, 
e 
in 
particolare 
sia 
agli 
elettrodotti, 
sia 
agli 
impianti 
radioelettrici 
(art. 
2, 
comma 
1), 
stabili-
sce 
distintamente 
le 
funzioni 
spettanti 
allo 
Stato 
(artt. 
4 
e 
5) 
e 
le 
competenze 
delle 
Regioni 
e 
degli 
enti 
locali 
(art. 
8), 
e 
disciplina 
specificamente 
i 
piani 
di 
risanamento 
(art. 
9), 
i 
con-
trolli 
(art. 
14), 
le 
sanzioni 
(art. 
15) 
e 
il 
regime 
transitorio 
applicabile 
in 
attesa 
dell'emana-
zione 
del 
decreto 
del 
Presidente 
del 
Consiglio 
dei 
Ministri 
sulle 
soglie 
di 
esposizione 
per 
la 
popolazione, 
previsto 
dall'art. 
4, 
comma 
2 
(art. 
16: 
cfr. 
oggi 
d.P.C.m. 
8 
luglio 
2003). 


In 
particolare, 
nel 
sistema 
della 
legge, 
gli 
standard 
di 
protezione 
dall'inquinamento 
elet-
tromagnetico 
si 
distinguono 
(art. 
3) 
in 
``limiti 
di 
esposizione'', 
definiticome 
valoridi 
campo 
elettrico, 
magnetico 
ed 
elettromagnetico 
che 
non 
devono 
essere 
superati 
in 
alcuna 
condi-
zione 
di 
esposizione 
della 
popolazione 
e 
dei 
lavoratori 
per 
assicurare 
la 
tutela 
della 
salute; 
``valori 
di 
attenzione'', 
intesi 
come 
valori 
di 
campo 
da 
non 
superare, 
a 
titolo 
di 
cautela 
rispetto 
ai 
possibili 
effetti 
a 
lungo 
termine, 
negli 
ambienti 
abitativi 
e 
scolastici 
e 
nei 
luoghi 
adibiti 
a 
permanenze 
prolungate; 
e 
``obiettivi 
di 
qualita� 
''. 
Questi 
ultimi 
sono 
distinti 
in 
due 
categorie, 
di 
cui 
una 
consiste 
ancora 
in 
valori 
di 
campo 
definiti 
``ai 
fini 
della 
progressiva 
minimizzazione 
dell'esposizione'' 
(art. 
3, 
comma 
1, 
lettera 
d, 
n. 
2), 
l'altra 
invece 
del 
tutto 
ete-
rogenea 
consiste 
nei 
``criteri 
localizzativi, 
(...) 
standard 
urbanistici, 
(...) 
prescrizioni 
e 
(...) 
incentivazioni 
per 
l'utilizzo 
delle 
migliori 
tecnologie 
disponibili'' 
(art. 
3, 
comma 
1, 
lettera 
d, 


n. 
1). 
La 
legge 
attribuisce 
allo 
Stato 
la 
determinazione 
dei 
limiti 
di 
esposizione, 
dei 
valori 
di 
attenzione 
edegliobiettividiqualita�delprimodeidue 
tipiindicati, 
cioe�deivaloridicampo 
defi-
nitiaifinidellaulterioreprogressiva``minimizzazione''dell'esposizione(art. 
4,comma1,let-
tera 
a), 
mentre 
attribuisce 
allacompetenza 
delle 
Regionilaindicazione 
degli 
obiettivi 
diqualita� 
del 
secondo 
deitipiindicati, 
consistentiincriterilocalizzativi, 
standardurbanistici, 
prescrizioni 
e 
incentivazioni 
(art. 
3, 
comma 
1, 
lettera 
d,n. 
1,eart.8,comma1,lettera 
e). 


Al 
di 
la� 
della 
discutibile 
terminologia, 
la 
logica 
della 
legge 
e� 
quella 
di 
affidare 
allo 
Stato 
la 
fissazione 
delle 
``soglie'' 
di 
esposizione, 
graduate 
nel 
modo 
che 
si 
e� 
detto, 
alle 
Regioni 
la 
disciplina 
dell'uso 
del 
territorio 
in 
funzione 
della 
localizzazione 
degli 
impianti, 
cioe� 
le 
ulte-
riori 
misure 
e 
prescrizioni 
dirette 
a 
ridurre 
il 
piu� 
possibile 
l'impatto 
negativo 
degli 
impianti 



IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

sul�territorio�(anche�se�poi�alcune�scelte�localizzative�sono�a�loro�volta�riservate�allo�Stato:�e��
il�caso�dei�tracciati�degli�elettrodotti�con�tensione�superiore�a�150�kV:�art.�4,�comma�1,�let-
tera�g),�oltre�che�la�disciplina�dei�procedimenti�autorizzativi�(cfr.�art.�8,�comma�1,�let-
tera�c):cio��,�in�coerenza�con�il�ruolo�riconosciuto�alle�Regioni�per�quanto�attiene�al�governo�
e�all'uso�del�loro�territorio.�

E�vero�che�la�stessa�legge�prevede�poi�l'emanazione�di�un�regolamento�stataledestinato�
a�contenere�anche�misure�relative�alla�localizzazione�degli�impianti�e�altre�misure�dirette�
ad�``evitare�danni�ai�valori�ambientali�e�paesaggistici''�e�a�tutelare�gli�``interessi�storici,�arti-
stici,�architettonici,�archeologici,�paesaggistici�e�ambientali'',�nonche�una�disciplina�dei�
``principi''�relativi�ai�procedimenti�autorizzativi�(art.�5�e�art.�8,�comma�1,�lettera�a).�Ma,�a�
prescindere�da�ogni�considerazione�circa�la�sorte�che�potra��riservarsi�a�tale�potesta��regola-
mentare�a�seguito�della�entrata�in�vigore�del�nuovo�art.�117,�sesto�comma,�della�Costitu-
zione,�che�limita�la�potesta��regolamentare�dello�Stato�alle�sole�materie�di�competenza�sta-
tale�esclusiva,�la�circostanza�che�il�regolamento�previsto�non�e��stato�emanato,�in�assenza�
inoltre�di�qualsiasi�disciplina�legislativa�transitoria�su�questi�temi,�rende�superflua�ogni�
ulterioredisaminainargomento,restandofermo�chele�leggi�regionaliimpugnate�devono�
essere�valutate�in�relazione�alla�loro�conformita��omenoaisoliprincipifondamentali�conte-
nuti�nella�legge�quadro.�

7.��L'esame�di�alcune�delle�censure�proposte�nei�ricorsi�presuppone�che�si�risponda�
all'interrogativo�se�i�valori-soglia�(limiti�di�esposizione,�valori�di�attenzione,�obiettivi�di�qua-
lita��definiti�come�valori�di�campo),�la�cui�fissazione�e��rimessa�allo�Stato,�possano�essere�
modificati�dalla�Regione,�fissando�valori-soglia�piu��bassi,�o�regole�piu��rigorose�o�tempi�piu��
ravvicinati�per�la�loro�adozione.�
La�risposta�richiede�che�si�chiarisca�la�ratio 
di�tale�fissazione.�Se�essa�consistesse�esclusi-
vamente�nella�tutela�della�salute�dai�rischi�dell'inquinamento�elettromagnetico,�potrebbe�
invero�essere�lecito�considerare�ammissibile�un�intervento�delle�Regioni�che�stabilisse�limiti�
piu��rigorosi�rispetto�a�quelli�fissati�dallo�Stato,�in�coerenza�con�il�principio,�proprio�anche�
del�diritto�comunitario,�che�ammette�deroghe�alla�disciplina�comune,�in�specifici�territori,�
con�effetti�di�maggiore�protezione�dei�valori�tutelati�(cfr.�sentenze�n.�382�del�1999�e�n.�407�
del�2002).�

Ma�in�realta��,�nella�specie,�la�fissazione�di�valori-soglia�risponde�ad�una�ratio 
piu��com-
plessa�e�articolata.�Da�un�lato,�infatti,�si�tratta�effettivamente�di�proteggere�la�salute�della�
popolazione�dagli�effetti�negativi�delle�emissioni�elettromagnetiche�(e�da�questo�punto�di�
vista�la�determinazione�delle�soglie�deve�risultare�fondata�sulle�conoscenze�scientifiche�ed�
essere�tale�da�non�pregiudicare�il�valore�protetto);�dall'altro,�si�tratta�di�consentire,�anche�
attraverso�la�fissazione�di�soglie�diverse�in�relazione�ai�tipi�di�esposizione,�ma�uniformi�sul�
territorio�nazionale,�e�la�graduazione�nel�tempo�degli�obiettivi�di�qualita��espressi�come�valori�
di�campo,�la�realizzazione�degli�impianti�e�delle�reti�rispondenti�a�rilevanti�interessi�nazio-
nali,�sottesi�alle�competenze�concorrenti�di�cui�all'art.�117,�terzo�comma,�della�Costituzione,�
come�quelli�che�fanno�capo�alla�distribuzione�dell'energia�e�allo�sviluppodei�sistemiditele-
comunicazione.�Tali�interessi,�ancorche�non�resi�espliciti�nel�dettato�della�legge�quadro�in�
esame,�sono�indubbiamente�sottesi�alla�considerazione�del�``preminente�interesse�nazionale�
alla�definizione�di�criteri�unitari�e�di�normative�omogenee''�che,�secondol'art.�4,comma�1,�
lettera�a,�della�legge�quadro,�fonda�l'attribuzione�allo�Stato�della�funzione�di�determinare�
detti�valori-soglia.�In�sostanza,�la�fissazione�a�livello�nazionale�dei�valori-soglia,�non�deroga-
bili�dalle�Regioni�nemmeno�in�senso�piu��restrittivo,�rappresenta�il�punto�di�equilibrio�fra�le�
esigenze�contrapposte�di�evitare�al�massimo�l'impatto�delle�emissioni�elettromagnetiche,�e�
di�realizzare�impianti�necessari�al�paese,�nella�logica�per�cui�la�competenza�delle�Regioni�in�
materia�di�trasporto�dell'energia�e�di�ordinamento�della�comunicazione�e��di�tipo�concor-
rente,�vincolata�ai�principi�fondamentali�stabiliti�dalle�leggi�dello�Stato.�

Tutt'altro�discorso�e��a�farsi�circa�le�discipline�localizzative�e�territoriali.�A�questo�pro-
posito�e��logico�che�riprenda�pieno�vigore�l'autonoma�capacita��delle�Regioni�e�degli�enti�
locali�di�regolare�l'uso�del�proprio�territorio,�purche�,�ovviamente,�criteri�localizzativi�e�stan-
dard 
urbanistici�rispettino�le�esigenze�della�pianificazione�nazionale�degli�impianti�e�non�
siano,�nel�merito,�tali�da�impedire�od�ostacolare�ingiustificatamente�l'insediamento�degli�
stessi.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

8.��Alla�luce�di�queste�premesse�possono�ora�essere�esaminate�le�specifiche�censure�
mosse�nei�ricorsi�alle�disposizioni�delle�leggi�regionali�impugnate.�
L'art.�3,�comma�3,�della�legge�della�Regione�Marche�prevede�che�l'installazione�degli�
impianti�sia�sottoposta�``ad�opportune�procedure�di�valutazione�di�impatto�ambientale�cos|�
come�previsto�dall'articolo�2-bis 
della�legge�1.�luglio�1997,�n.�189''.�Il�successivo�comma�4�
demanda�ad�un�atto�della�Giunta�la�determinazione�delle�modalita�di�attuazione.�Le�due�
disposizioni�sono�impugnate�dal�Presidente�del�Consiglio�sul�presupposto�che�esse�eccedano�
la�competenza�regionale,�poiche�la�competenza�resterebbe�riservata�allo�Stato�in�funzione�
della�tutela�dell'ambiente.�

La�questione�e�infondata�per�quanto�riguarda�il�comma�3:�infatti�la�sottoposizione�a�
valutazione�di�impatto�ambientale�della�installazione�degli�impianti�in�questione,�anche�a�
prescindere�dalla�previsione�analoga�contenuta�nella�legge�statale�(poi�abrogata�dall'art.�12�
del�d.�lgs.�n.�198�del�2002,�a�sua�volta�pero�caducato�dalla�sentenza�n.�303�del�2003�di�questa�
Corte),�afferisce�alla�disciplina�dell'uso�del�territorio,�e�non�contrasta�con�alcun�principio�
fondamentale�della�legislazione�statale.�

Nonvaleincontrarioilrichiamoagliarticoli�1,comma6,lettera�a,n.�2,e2,�comma6,�
della�legge�31�luglio�1997,�n.�249,�e�all'art.�2,�comma�1,�del�decreto�legge�23�gennaio�2001,�

n.�5,�convertito�con�la�legge�20�marzo�2001,�n.�66,�che�si�riferiscono�alla�elaborazione�dei�
piani�di�assegnazione�delle�frequenze�da�parte�dell'Autorita�per�le�garanzie�nelle�comunica-
zioni.�Tali�piani�comportano�bens|�la�necessita�di�prevedere�in�via�generale�l'ubicazione�degli�
impianti�sul�territorio,�ma�non�esauriscono�le�decisioni�di�concreta�localizzazione�degli�
stessi,�che�restano�nella�sfera�della�competenza�regionale�e�locale,�come�confermano�sia�
l'art.�8,�comma�1,�lettera�a,�della�legge�quadro,�sia,�per�la�fase�transitoria,�l'art.�2,�commi�1�
e1-bis,�del�decreto�legge�n.�5�del�2001.�
9.��Fondata�e�invece�la�questione�relativamente�al�comma�4,�per�l'assoluta�indetermi-
natezza�del�potere�demandato�alla�Giunta.�Una�procedura�di�valutazione�di�impatto�puo�di�
fatto�tradursi�in�un�ostacolo�ingiustificato�alla�realizzazione�di�impianti�che�sono�oggetto�di�
una�programmazione�nazionale,�a�seconda�del�modo�in�cui�venga�disciplinata�e�degli�effetti�
attribuiti�alle�determinazioni�assunte�nell'ambito�della�stessa.�La�totale�liberta�attribuita�alla�
Giunta�nel�dettare�tale�disciplina,�senza�l'indicazione�di�alcun�criteriodaparte�dellalegge,�
viola�il�principio�di�legalita�sostanziale,�oltre�che�consentire�l'emanazione�di�discipline�regio-
nali�eccedenti�l'ambito�dei�poteri�della�Regione�o�contrastanti�con�i�principi�fondamentali�
desumibili�dalla�legislazione�statale:�e�determina�pertanto�l'illegittimita�costituzionale�della�
disposizione�impugnata.�
10.��L'art.�3,�comma�6,�della�legge�marchigiana�impone,�sia�pure�in�via�transitoria,�e�
cioe�fino�all'adozione�``dei�decreti�e�regolamenti�previsti�dall'articolo�4''�della�legge�statale�
n.�36�del�2001,�che�la�progettazione,�la�realizzazione�e�la�modifica�degli�impianti�siano�
attuate�in�modo�da�ottenere�``quale�obiettivo�di�qualita�'',�in�corrispondenza�di�edifici�adibiti�
a�permanenze�non�inferiori�a�quattro�ore,�valori�di�campo�elettrico�non�superiori�a�3�Volt/-
metro.�
Il�ricorrente�censura�tale�disposizione�in�quanto�essa�invaderebbe�l'attribuzione,�riser-
vata�allo�Stato�dall'art.�4,�comma�1,�lettera�a,�della�legge�n.�36�del�2001,�di�determinare�i�
limiti�di�esposizione,�i�valori�di�attenzione�e�gli�obiettivi�di�qualita�in�termini�di�valori�di�
campo.�

La�questione�e�fondata.�

Come�si�e�detto,�la�legge�quadro�distingue�nettamente�fra�gli�``obiettivi�di�qualita�''�in�ter-
mini�di�valori�di�campo,�ai�fini�della�``progressiva�minimizzazione�dell'esposizione''�-definiti�
dallo�Stato�-e�gli�``obiettivi�di�qualita�''�in�termini�di�criteri�localizzativi,�standard 
urbanistici,�
prescrizioni�e�incentivazioni�per�l'utilizzo�delle�migliori�tecnologie�disponibili,�indicati�dalle�
leggi�regionali.�Nel�caso�della�disposizione�impugnata,�si�tratta�all'evidenza�di�un�obiettivo�
del�primo�tipo,�la�cui�definizione�e�rimessa�allo�Stato:�onde�essa�eccede�l'ambito�della�com-
petenza�regionale.�

11.��L'art.�7,�comma�3,�della�legge�delle�Marche�stabilisce�che�con�atto�della�Giunta�
regionale�sono�determinate�le�distanze�minime,�da�rispettare�nell'installazione�degli�
impianti,�dal�perimetro�esterno�di�edifici�``destinati�ad�abitazioni,�a�luoghidilavoro�o�ad�
attivita�diverse�da�quelle�specificamente�connesse�all'esercizio�degli�impianti�stessi'',�di�ospe-

IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

dali,�case�di�cura�e�di�riposo,�edifici�adibiti�al�culto,�scuole�ed�asili�nido,�nonche�di�immobili�
vincolati�ai�sensi�della�legislazione�sui�beni�storico-artistici�o�individuati�come�edifici�di�pre-
gio�storico-architettonico,�di�parchi�pubblici,�parchi�gioco,�aree�verdi�attrezzate�ed�impianti�
sportivi.�

Il�Presidente�del�Consiglio�censura�tale�disposizione�in�quanto�essa�introduce�un�para-
metro,�quello�della�distanza,�diverso�da�quelli�``di�attenzione''�la�cui�determinazione�e�riser-
vata�allo�Stato�ai�sensi�dell'art.�4,�comma�1,�lettera�a,�della�legge�quadro.�

La�questione�e�fondata.�

La�totale�liberta�attribuita�alla�Giunta�ai�fini�della�determinazione�delle�distanze�
minime,�e�la�genericita�ed�eterogeneita�delle�categorie�di�aree�e�di�edifici�rispetto�a�cui�il�vin-
colo�di�distanza�minima�viene�previsto,�configurano�non�gia�un�quadro�di�prescrizioni�o�
standard 
urbanistici,�bens|�un�potere�amministrativo�in�contrasto�con�il�principio�di�legalita�
sostanziale�e�tale�da�poter�pregiudicare�l'interesse,�protetto�dalla�legislazione�nazionale,�alla�
realizzazione�delle�reti�di�telecomunicazione.�La�norma�impugnata�eccede�pertanto�i�limiti�
della�competenza�regionale.�

12.��Della�legge�regionale�della�Campania�e�impugnato�in�primo�luogo�l'art.�1,�
comma�2,�in�cui�si�enuncia�che�``per�i�fini�di�cui�al�comma�1''�-vale�a�dire�per�la�tutela�della�
salute�e�per�la�salvaguardia�dell'ambiente�dall'inquinamento�elettromagnetico�-la�legge�
``detta�norme�per�la�localizzazione�degli�elettrodotti''.�
Secondo�il�ricorrente,�il�rinvio�a�finalita�di�``tutela�dell'ambiente''�violerebbe�la�compe-
tenza�esclusiva�dello�Stato�in�questa�materia.�
La�generica�censura�e�infondata�per�le�ragioni�gia�esposte�sopra,�al�n.�5.�

13.��L'art.�2�della�stessa�legge�stabilisce�che�i�Comuni�devono�indicare�nei�loro�stru-
menti�urbanistici�gli�elettrodotti�esistenti�e�i�corridoi�aerei�o�interrati�per�la�localizzazione�
delle�linee�elettriche�di�voltaggio�superiore�a�30.000�volt�(comma�1);�che�l'ampiezza�dei�corri-
doi�e�definita�``con�direttiva�della�Regione''�(comma�2);�che�gli�strumenti�urbanistici�devono�
assicurare�il�rispetto�di�un�valore�limite�di�induzione�magnetica�difforme�da�quello�definito�
dallo�Stato,�in�prossimita�di�edifici�adibiti�a�permanenze�prolungate�(comma�3).�
Dette�norme�sono�censurate�per�contrasto�con�i�principi�della�legge�statale.�
La�questione�e�infondata�relativamente�al�comma�1,�che�si�limita�a�prevedere�la�indica-
zione�obbligatoria�negli�strumenti�urbanistici�degli�elettrodotti�e�dei�corridoi�per�la�loro�
localizzazione�(che�dovra�,�evidentemente,�essere�conforme�alla�specifica�normativa�e�alla�
pianificazione�statale),�nonche�relativamente�al�comma�2,�che�si�limita�a�prevedere�una�diret-
tiva�regionale�sull'ampiezza�dei�corridoi,�che�e�altra�cosa�rispetto�alla�definizione�di�vincoli�
nelle�fasce�di�rispetto.�

14.��E�invece�fondata,�per�le�ragioni�esposte�sopra�al�n.�7,�la�questione�relativamente�
al�comma�3�dell'art.�2,�che�introduce�un�valore�limite�di�induzione�magnetica�in�prossimita�
di�determinati�edifici�ed�aree,�il�quale�si�sovrappone�ai�limiti�di�esposizione�fissati�dallo�
Stato�[cfr.�art.�4�del�d.P.C.m.�23�aprile�1992,�recante�``Limiti�massimi�di�esposizione�ai�
campi�elettrico�e�magnetico�generati�alla�frequenza�industriale�nominale(50�Hz)�negli�
ambienti�abitativi�e�nell'ambiente�esterno'',�richiamato�in�via�transitoria�dall'art.�16�della�
legge�quadro].�
15.��L'art.�3�della�legge�regionale�della�Campania�stabilisce,�al�comma�1,�che�i�
Comuni,�con�le�procedure�previste�per�la�localizzazione�delle�opere�pubbliche,�adeguano�la�
pianificazione�urbanistica�individuando�gli�elettrodotti�in�esercizio�che�non�rispettano�il�
valore�limite�di�induzione�magnetica�di�cui�all'art.�2,�comma�3,�e�che�sono�oggetto�di�inter-
venti�prioritari�di�risanamento;�al�comma�2,�che�le�imprese�distributrici�di�energia�elettrica�
con�elettrodotti�di�tensione�fino�a�150�kV�presentano�alla�Regione�un�piano�di�risanamento�
con�le�modalita�e�i�tempi�degli�interventi�da�realizzare,�piano�che�e�approvato,�ai�sensi�del�
comma�3,�dalla�Regione�sentiti�il�Comune�interessato�e�l'Agenzia�regionale�per�la�protezione�
dell'ambiente;�infine�il�comma�4�prevede�che�``per�le�finalita�di�cuialcomma�1''le�imprese�
distributrici�di�energia�elettrica�per�le�reti�di�tensione�superiore�a�150�kV�attivano�la�proce-
dura�di�risanamento�con�le�modalita�previste�dal�d.P.C.m.�23�aprile�1992�(erroneamente�indi-
cato�con�la�data�del�23�aprile�1993).�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Il�ricorrente�censura�tutta�la�disposizione�perche�non�avrebbe�tenuto�conto�della�riserva�
allo�Stato�della�competenza�a�stabilire�i�criteri�di�elaborazione�dei�pianidirisanamento,�
anche�con�riferimento�alle�modalita�di�coordinamento�delle�attivita�riguardanti�piu�Regioni.�

La�questione�e�fondata�per�quanto�riguarda�il�comma�1,�che�fa�riferimento�ai�valori-
limite�di�cui�all'art.�2,�comma�3,�in�conseguenza�della�illegittimita�di�quest'ultimo;�nonche�,�
per�le�stesse�ragioni,�per�quanto�riguarda�il�rinvio�alle�finalita�del�comma�1�contenuto�nel�
comma�4�dello�stesso�art.�2.�

16.��Non�e�invece�fondata�la�medesima�questione�per�quanto�riguarda�i�commi�2�e�3,�
che�fanno�riferimento�alla�competenza�alla�approvazione�dei�piani�di�risanamento�degli�
elettrodotti�di�tensione�fino�a�150�kV,�competenza�riconosciuta�alla�Regione�dall'art.�9,�
comma�3,�secondo�periodo,�della�legge�quadro.�Ne�puo�sostenersi�che�la�Regione�debba�
attendere�la�statuizione�da�parte�dello�Stato�dei�criteri�di�elaborazione�edelle�modalita�di�
coordinamento�interregionale�dei�piani�(ai�sensi�dell'art.�4,�comma�1,�lettera�d,�della�legge�
quadro),�che�non�condizionano,�anche�ai�sensi�del�citato�art.�9�della�legge�statale,�la�predi-
sposizione�dei�piani,�ma�semmai,�eventualmente,�ne�potranno�comportare�l'adeguamento�
una�volta�che�lo�Stato�abbia�provveduto.�
Parimenti�non�fondata�e�la�questione�con�riguardo�al�comma�4,�escluso�l'inciso�iniziale:�
per�gli�elettrodotti�di�tensione�superiore�a�150�kV�si�fa�infatti�rinvio�alle�procedure�stabilite�
dall'atto�statale�(sia�pure�erroneamente�indicato�quanto�alla�data).

17.��E�censurato�anche�l'art.�7�della�legge�della�Regione�Campania,�che�stabilisce�le�
sanzioni�per�il�superamento�dei�limiti�fissati�dalla�stessa�legge�e�per�la�mancata�presenta-
zione�dei�piani�di�risanamento.�Il�ricorrente�lamenta�che�sia�fissato�un�regime�sanzionatorio�
autonomo�senza�tener�conto�di�quello�previsto�dall'art.�15�della�legge�quadro.�
La�questione�e�fondata.�

La�competenza�a�disciplinare�le�sanzioni�per�il�superamento�dei�valori-limite�non�puo�
che�seguire�la�competenza�a�fissare�gli�stessi�valori,�e�quindi�nella�specie�spetta�allo�Stato�
(cfr.�infatti�l'art.�15�della�legge�quadro).�Quanto�agli�effetti�della�mancata�presentazione�dei�
piani�di�risanamento,�o�del�mancato�rispetto�delle�prescrizioni�dei�piani,�provvede�l'art.�9�
della�legge�quadro,�ai�cui�sensi�la�Regione�e�abilitata�a�sostituirsi�ai�gestori�adottando�il�
piano�per�gli�elettrodotti�minori�(comma�3,�terzo�periodo),�mentre�il�mancato�risanamento�
comporta,�a�titolo�di�sanzione,�che�non�si�riconosca�al�gestore�inadempiente�il�canone�per�
l'utilizzo�della�linea�non�risanata,�nonche�la�disattivazione�temporanea�degli�impianti,�con�
provvedimento�del�Ministro�per�gli�elettrodotti�maggiori,�della�Regione�per�quelli�minori�
(comma�6).�

La�disciplina�impugnata�e�dunque�costituzionalmente�illegittima�in�quanto�si�sovrap-
pone�a�quella�statale�recata�dalla�legge�quadro.�

18.��Infine�il�ricorrente�impugna�l'art.�8�della�legge�campana,�che�impone�l'adegua-
mento�degli�elettrodotti�gia�autorizzati�ma�non�ancora�in�esercizio�al�valore-limite�di�indu-
zione�magnetica�fissato�dall'art.�2,�comma�3,�disponendo�la�sospensione�della�autorizza-
zione�fino�alla�pronuncia�della�Regione:�secondo�il�Presidente�del�Consiglio�la�normativa�
transitoria�della�legge�regionale�si�sovrapporrebbe�a�quella�recata�dall'art.�16�della�legge�
quadro.�
La�questione�e�fondata,�in�conseguenza�del�riconoscimento�della�illegittimita�costituzio-
nale�del�richiamato�art.�2,�comma�3.�

19.��La�prima�disposizione�impugnata�della�legge�della�Regione�Puglia�e�l'art.�3,�
comma�1,�lettera�m,�che�definisce�``aree�sensibili''�le�``aree�per�le�quali�le�amministrazioni�
comunali,�su�regolamentazione�regionale,�possono�prescrivere�localizzazioni�alternative�
degli�impianti,�in�considerazione�della�particolare�densita�abitativa,�della�presenza�di�infra-
strutture�e/o�servizi�a�elevata�intensita�d'uso,�nonche�dello�specifico�interesse�storico-archi-
tettonico�e�paesaggistico-ambientale''.�Il�successivo�art.�4,�comma�1,�stabilisce�che�la�
Regione,�``nel�rispetto�dei�limiti�previsti�dal�d.m.�n.�381/1998''�(contenente�la�disciplina,�cui�
rimanda,�in�via�transitoria,�l'art.�16�della�legge�quadro,�sui�limiti�di�esposizione,�le�misure�
di�cautela�e�gli�obiettivi�di�qualita�relativamente�ai�sistemi�fissi�delle�telecomunicazioni�e�
radiotelevisivi),�e�``tenendo�conto�degli�strumenti�della�pianificazione�territoriale,�paesaggi-
stica�e�ambientale,�a�livello�regionale�e�locale'',�``detta�i�criteri�generali�per�la�localizzazione�
degli�impianti,�nonche�i�criteri�inerenti�l'identificazione�delle�`aree�sensibili'�e�la�relativa�peri-
metrazione''.�

IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

Secondo�il�ricorrente,�tale�disciplina�eccederebbe�dalla�competenza�regionale:�definendo�
le�``aree�sensibili''�e�prevedendo�i�criteri�per�la�loro�identificazione�e�perimetrazione,�intro-
durrebbe�nozioni�estranee�alla�legislazione�statale�di�principio�e�si�porrebbe�in�contrasto�
con�essa.�

La�questione�non�e�fondata.�

Le�``aree�sensibili''�sono�definite�dalla�legge�regionale�con�riguardo�a�situazioni�e�inte-
ressi�(tutela�della�popolazione�nelle�aree�densamente�abitate�o�frequentate,�interesse�sto-
rico-artistico�o�paesistico�dell'area)�di�cui�la�Regione�ha�certamente�titolo�per�occuparsi�in�
sede�di�regolazione�dell'uso�del�proprio�territorio.�Soprattutto,�poi,�la�definizione�e�la�peri-
metrazione�di�tali�aree,�nel�sistema�della�legge�regionale,�hanno�l'unico�scopo�di�fondare�la�
previsione�di�``localizzazioni�alternative'',�cioe�un�tipo�di�misura�che,�fermo�restando�il�neces-
sario�rispetto�dei�vincoli�della�programmazione�nazionale�delle�reti�e�della�pianificazione�
del�territorio,�rientra�appieno�nella�competenza�regionale�in�tema�di�governo�del�territorio,�
e�specificamente�nella�competenza�regionale,�riconosciuta�dalla�legge�quadro�(art.�8,�comma�
1,�lettera�a),�per�la�``individuazione�dei�siti�di�trasmissione�e�degli�impianti�per�telefonia�
mobile,�degli�impianti�radioelettrici�e�degli�impianti�per�radiodiffusione''.�Essa�non�prelude�
dunque�alla�fissazione�di�valori-soglia�diversi�e�contrastanti�con�quelli�fissati�dallo�Stato,�
ma�attiene�e�puo�attenere�solo�alla�indicazione�di�obiettivi�di�qualita�non�consistenti�in�valori�
di�campo,�ma�in�criteri�di�localizzazione,�standard 
urbanistici,�prescrizioni�e�incentivazioni�
all'utilizzo�della�miglior�tecnologia�disponibile,�o�alla�cura�dell'interesse�regionale�e�locale�
all'uso�piu�congruo�del�territorio,�sia�pure�nel�quadro�dei�vincoli�che�derivano�dalla�pianifi-
cazione�nazionale�delle�reti�e�dai�relativi�parametri�tecnici,�nonche��dai�valori-soglia�stabiliti�
dallo�Stato.�

20.��E�poi�impugnato�l'art.�10,�comma�1,�della�legge�pugliese,�ai�cui�sensi�e�vietata�
l'installazione�di�sistemi�radianti�relativi�agli�impianti�di�emittenza�radiotelevisiva�e�di�
stazioni�radio�base�per�telefonia�mobile�su�``ospedali,�case�di�cura�e�di�riposo,�scuole�e�asili�
nido''.�Secondo�il�ricorrente�tale�divieto�assoluto�avrebbe�un�contenuto�diverso�ed�eccedente�
rispetto�all'unico�parametro�del�valore�di�campo�elettromagnetico�prescritto�dal�d.m.�n.�381�
del�1998,�cui�rinvia�la�norma�transitoria�dell'art.�16�della�legge�quadro.�

La�questione�e�infondata.�Il�divieto�in�questione,�riferito�a�specifici�edifici,�non�eccede�
l'ambito�di�un�``criterio�di�localizzazione'',�in�negativo,�degli�impianti,�e�dunque�l'ambito�
degli�``obiettivi�di�qualita�''�consistenti�in�criteri�localizzativi,�la�cui�definizione�e�rimessa�alle�
Regioni�dall'art.�3,�comma�1,�lettera�d,�e�dall'art.�8,�comma�1,�lettera�e,�della�legge�quadro;�
ne��di�per�se��e�suscettibile�di�pregiudicare�la�realizzazione�delle�reti.�

21.��Diversa�e�la�conclusione�quanto�all'art.�10,�comma�2,�della�stessa�legge,�che�
estende�il�divieto�di�localizzazione�degli�impianti�alle�aree�vincolate�ai�sensi�della�legge�sta-
tale�sui�beni�culturali�e�ambientali,�alle�aree�classificate�di�interesse�storico-architettonico,�
alle�aree�``di�pregio�storico,�culturale�e�testimoniale'',�e�alle�fasce�di�rispetto,�perimetrate�
secondo�una�delibera�della�Giunta�regionale,�degli�immobili�``protetti''di�cui�al�comma�1�
(ospedali,�case�di�cura�e�di�riposo,�scuole�e�asili�nido):�disposizione�al�cui�proposito�il�ricor-
rente�rileva�che�essa�invaderebbe�la�competenza�esclusiva�dello�Stato�in�materia�ambientale�
e�contrasterebbe�con�l'art.�5�della�legge�quadro,�che�riserverebbe�ad�un�regolamento�statale�
l'adozione�di�misure�specifiche�finalizzate�alla�tutela�dell'ambiente�e�del�paesaggio.�
Tale�questione�e�fondata.�In�questo�caso�infatti�l'ampiezza�e�la�eterogeneita�delle�catego-
rie�di�aree�contemplate,�l'indeterminatezza�di�alcune�definizioni�(come�quella�di�aree�``di�pre-
gio�testimoniale'')�e�la�assoluta�discrezionalita�attribuita�alla�Giunta�nel�perimetrare�le�fasce�
di�rispetto�relative�agli�immobili�di�cui�al�comma�1,�fanno�del�divieto�legislativo�analoga-
mente�a�quanto�si�e�osservato�sopra,�al�n.�11,�a�proposito�di�una�simile�disposizione�della�
legge�delle�Marche�un�vincolo�in�grado,�nella�sua�assolutezza,�di�pregiudicare�l'interesse,�
protetto�dalla�legislazione�nazionale,�alla�realizzazione�delle�reti�di�telecomunicazione,�non-
che��lesivo,�per�cio�che�attiene�alla�determinazione�delle�fasce�di�rispetto,�del�principio�di�
legalita�sostanziale.�

22.�Dellaleggeregionaleumbrae�impugnatoanzituttol'art.�1,comma1,perche�,nel-
l'enunciare�le�finalita�della�legge,�afferma�che�le�sue�norme�sono�dettate,�oltre�che�``a�tutela�
della�salute�e�della�popolazione�dagli�effetti�della�esposizione�ai�campi�elettrici,�magnetici�
ed�elettromagnetici'',�anche�``a�salvaguardia�dell'ambiente�e�del�paesaggio'':�la�tutela�dell'am-
biente�sarebbe�infatti�attribuita�alla�legislazione�esclusiva�dello�Stato.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

La�questione�e��infondata�per�le�ragioni�gia��esposte�sopra�al�n.�5.�

23.��E�impugnato�anche�il�comma�2�dell'art.�1,�ai�cui�sensi�``i�fini�di�cui�al�comma�1�
sono�conseguiti�disciplinando�la�localizzazione,�la�costruzione,�la�modificazione�ed�il�risana-
mento�degli�impianti�che�producono''�le�emissioni�in�questione,�nonche�``mediante�l'indivi-
duazione,�in�coerenza�con�le�previsioni�contenute�nella�legge�n.�36/2001,�di�adeguati�limiti�
di�esposizione''.�
Secondo�il�ricorrente�l'art.�5,�comma�1,�della�legge�quadro�riserverebbe�allo�Stato�le�
``misure�specifiche�relative�alle�caratteristiche�tecniche�degli�impianti�e�alla�localizzazione�
dei�tracciati�per�la�progettazione,�la�costruzione�e�la�modifica�degli�elettrodotti�e�di�impianti�
per�telefonia�mobile�e�radiodiffusione'',�e�``le�particolari�misure�atte�ad�evitare�danni�ai�
valori�ambientali�e�paesaggistici'':�onde�si�sarebbe�nel�campo�della�legislazione�esclusiva�
dello�Stato�per�la�tutela�dell'ambiente.�Sempre�secondo�il�ricorrente,�anchesela�legge�regio-
nale�si�definisce�volta�alla�tutela�sanitaria,�non�sarebbe�ammissibile�che�la�legislazione�
concorrente�regionale�prevalga�su�quella�esclusiva�dello�Stato.�In�ogni�caso,�pur�se�si�rite-
nesse�ammissibile�una�legislazione�regionale�concorrente,�nella�specie,�fra�i�principi�fonda-
mentali�da�osservare�vi�sarebbero�quelli�che�assicurano�la�realizzazione�del�principio�di�
uguaglianza,�che�sarebbe�violato�se�si�ammettesse�una�tutela�differenziata�per�Regioni�attra-
verso�un�livello�di�protezione�contro�le�radiazioni�elettromagnetiche�diverso�(e�sia�pure�mag-
giore)�per�una�Regione�rispetto�ad�altre.�

La�questione�e��infondata�con�riguardo�alla�prima�parte�della�disposizione,�per�le�ragioni�
gia��esposte�sopra,�al�n.�5.�Del�resto,�che�vi�possa�e�vi�debba�essere�una�disciplina�regionale�
della�localizzazione,�della�costruzione,�della�modificazione�e�del�risanamento�degli�impianti�
risulta�espressamente�dalla�stessa�legge�quadro,�che�attribuisce�alle�Regioni�competenza,�
fra�l'altro,�in�tema�di�localizzazione�degli�impianti�(art.�8,�comma�1,�lettere�a�e�b),�di�rilascio�
delle�autorizzazioni�alla�installazione�degli�impianti�(art.�8,�comma�1,�lettera�c),�di�adozione�

o�approvazione�di�piani�di�risanamento�(art.�9).�
24.��La�questione�e��invece�fondata�con�riguardo�alla�seconda�parte�della�disposizione,�
che�si�riferisce�alla�individuazione�(sia�pure�``in�coerenza''�con�le�previsioni�della�legge�qua-
dro:�ma�non�e��chiaro�come�si�misurerebbe�tale�coerenza)�di�``adeguati�limiti�di�esposizione''.�
Non�puo��condividersi�l'assunto�del�ricorrente,�secondo�cui�di�per�se�una�differenziazione�
in 
melius 
dei�livelli�di�tutela�sanitaria�sarebbe�in�contrasto�con�il�principio�di�eguaglianza:�
in�linea�di�principio�possono�infatti,�come�si�e��detto,�ammettersi�interventi�regionali�di�mag-
giore�tutela.�Ma,�per�le�ragioni�esposte�sopra,�al�n.�7,�i�limiti�di�esposizione�in�materia�di�
inquinamento�elettromagnetico,�fissati�dallo�Stato,�debbono�ritenersi�inderogabili�dalle�
Regioni�anche�in 
melius,�esprimendo�essi�(ove�se�ne�postuli�l'adeguatezza�in�assoluto�a�
proteggere�la�salute,�cio��che,�nella�specie,�non�e��oggetto�di�contestazione)�il�punto�di�equili-
brio�fra�l'esigenza�di�tutela�della�salute�e�dell'ambiente�e�quella�di�consentire�la�realizzazione�
di�impianti�di�interesse�nazionale.�

L'art.�1,�comma�2,�della�legge�umbra�e��dunque�costituzionalmente�illegittimo�limitata-
mente�alla�parte�in�cui�prevede�l'individuazione�da�parte�della�Regione�di�limiti�di�esposi-
zione.�

25.��E�impugnato�l'art.�2�della�legge,�che,�sotto�la�rubrica�``Principio�di�giustifica-
zione'',�stabilisce�che�nella�pianificazione�della�localizzazione�di�nuovi�impianti�e�in�sede�di�
rilascio�delle�autorizzazioni�i�gestori�e�i�concessionari�(salvo�che�per�gli�``impianti�di�compe-
tenza�del�Piano�di�assegnazione�delle�frequenze�di�cui�alla�legge�31�luglio�1997,�n.�249'')�sono�
``tenuti�a�dimostrare�le�ragioni�obiettive�della�indispensabilita��degli�impianti�stessi�ai�fini�del-
l'operativita��del�servizio''.�Ad�avviso�del�ricorrente�non�si�potrebbero�attribuire�alla�Regioni�
valutazioni�come�quelle�sulla�indispensabilita��degli�impianti�che�atterrebbero�alla�responsa-
bilita��dei�gestori,�senza�alterare�le�condizioni�del�mercato�concorrenziale,�cos|��sconfinando�
anche�nell'ambito�della�competenza�esclusiva�dello�Stato�in�materia�di�tutela�della�concor-
renza�(art.�117,�secondo�comma,�lettera�e,�della�Costituzione).�
La�questione�e��fondata,�non�perche�possa�ritenersi�tale�disciplina�attinente�alla�``tutela�
della�concorrenza''�di�competenza�statale�(trattandosi�qui�solo�del�rapporto�pubblicistico�
fra�gestore�ed�ente�pubblico�cui�spettano�i�poteri�di�pianificazione,�autorizzazione�e�vigi-
lanza),�ma�perche�richiedere�una�condizione�ulteriore�di�tenore�generico,�come�la�dimostra-
zione�della�``indispensabilita��''�dell'impianto�ai�fini�della�operativita��del�servizio,�significa�
attribuire�all'amministrazione�autorizzante�un�largo�e�indeterminato�potere�discrezionale�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

che�puo�finire�per�configurarsi�come�arbitrio.�Il�che�non�toglie,�naturalmente,�che�il�rilascio�
delle�autorizzazioni�debba�rispondere�anche�a�criteri�di�funzionalita�delle�reti�e�dei�servizi,�
trattandosi�comunque�di�impianti�che�gravano�con�un�impatto�negativo�sull'ambiente�in�ter-
mini�di�emissioni�oltre�che�in�termini�di�``consumo''�o�alterazione�di�risorse�territoriali�e�
ambientali.�

26.��L'art.�4,�comma�1,�lettera�b,�della�legge�dell'Umbria�prevede�che�in�determinate�
aree�definite�``sensibili'',�individuate�dai�Comuni�d'intesa�con�le�Province�in�riferimento�a�
zone�ad�alta�densita�abitativa�o�caratterizzate�dalla�presenza�di�strutture�di�tipo�assistenziale,�
sanitario�o�educativo,�le�amministrazioni�comunali�``possono�prescrivere�modifiche,�adegua-
menti�o�la�delocalizzazione�di�elettrodotti�con�tensione�nominale�superiore�a�venti�kV�e�di�
impianti�radioelettrici'',�esistenti�o�di�nuova�realizzazione,�``al�fine�di�garantire�la�massima�
tutela�ambientale�dell'area�stessa''.�
Il�ricorrente�censura�la�disposizione�in�quanto�in�materia�di�risanamento�una�differenza�
di�discipline�fra�diversi�territori�non�sarebbe�ammissibile,�perche�non�assicurerebbe�il�
rispetto�del�principio�di�eguaglianza.�

La�questione�e�infondata.�
Mentre�e�improprio,�per�le�ragioni�gia�viste,�invocare�il�principio�di�eguaglianza,�l'attri-
buzioneaiComunidipoterilimitatiinordineallalocalizzazioneeallecaratteristiche�degli�
impianti�nelle�aree�``sensibili''�non�eccede�i�poteri�del�legislatore�regionale�in�relazione�agli�
``obiettivi�di�qualita�''�che�la�Regione�puo�legittimamente�indicare�ai�sensi�dell'art.�3,�com-
ma�1,�lettera�d,�n.�1,�e�all'art.�8,�comma�1,�lettera�e,�della�legge�quadro.�In�particolare,�
l'ultima�delle�disposizioni�citate�attribuisce�espressamente�alla�competenza�delle�Regioni�
la�``individuazione�degli�strumenti�e�delle�azioni�per�il�raggiungimento�degli�obiettivi�di�qua-
lita�''�consistenti,�ai�sensi�della�prima�delle�citate�disposizioni,�in�criteri�localizzativi,�stan-
dard 
urbanistici,�prescrizioni�e�incentivazioni�per�l'utilizzo�delle�migliori�tecnologie�dispo-
nibili.�

27.��L'art.�5,�comma�1,�lettera�c,�della�legge�prevede�che�la�Giunta�regionale�con�pro-
prio�regolamento�``fissa�i�criteri�per�l'elaborazione�e�l'attuazione�dei�piani�di�risanamento�
degli�impianti�radioelettrici,�di�telefonia�mobile�e�di�radiodiffusione''.�
Il�ricorrente�censura�la�disposizione�affermando�la�inammissibilita�di�una�differenzia-
zione�per�Regioni�della�disciplina�in�materia�di�risanamento.�

Anche�questa�questione�e�infondata.�Premesso�che�non�e�contestata�ne�in�questo�caso�ne�
a�proposito�di�altre�analoghe�disposizioni�pure�impugnate�nei�presenti�giudizi�la�legittimita�
del�ricorso�allo�strumento�regolamentare�ne�la�competenza�della�Giunta�ad�adottarlo,�basta�
qui�osservare�che�l'art.�9,�comma�1,�della�legge�quadro�espressamente�attribuisce�alla�
Regione�il�compito�di�adottare�i�piani�di�risanamento�per�gli�impianti�radioelettrici,�senza�
nemmeno�prevedere�in�proposito�come�invece�prevede�per�gli�elettrodotti�l'art.�4,�comma�1,�
lettera�d,�e�comma�4,�della�stessa�legge�criteri�statali�di�elaborazione�dei�piani.�

28.��Il�comma�2�dello�stesso�art.�5�prevede�che�la�Giunta�regionale,�sentite�le�Pro-
vince,�proponga�al�Ministero�dell'ambiente�il�piano�di�risanamento�degli�elettrodotti�con�ten-
sione�superiore�a�150�kv�``in�caso�di�inerzia�o�inadempienza�dei�gestori''.�
Il�Presidente�del�Consiglio�sostiene,�da�un�lato,�che�si�tratterebbe�di�materia�di�esclusiva�
competenza�statale,�dall'altro�che,�attribuendosi�un�potere�di�proposta�dei�piani,�la�Regione�
porrebbe�dei�limiti�ai�poteri�deliberativi�dello�Stato,�``salvo�che�la�norma�non�vada�interpre-
tata�nel�senso�che�la�proposta�in�questo�caso�costituisce�solo�una�sollecitazione�per�il�Mini-
stero�che�potra�deliberare�un�piano�del�tutto�diverso�da�quello�proposto''.�

La�questione�e�infondata.�
L'art.�9,�comma�3,�primo�periodo,�della�legge�quadro�prevede�che�per�gli�elettrodotti�in�
questione�la�proposta�di�piano�sia�presentata�dai�gestori�al�Ministero�dell'ambiente,�nulla�
disponendosi�per�il�caso�di�mancata�presentazione�(salve�le�sanzioni�previste�dal�comma�6�
per�l'ipotesi�di�mancato�risanamento�dovuto�a�inerzia�o�inadempimento�di�coloro�che�hanno�
la�disponibilita�dell'elettrodotto).�La�disposizione�regionale�contestata�non�avoca�alla�
Regione�il�potere�di�approvare�i�piani,�espressamente�riservato�al�Ministero,�ma�si�limita�a�
prevedere�che�la�Regione�possa�proporre�al�Ministero�stesso�il�piano�se�il�gestore�omette�di�
farlo.�Resta�evidentemente�salvo�il�potere�del�Ministero�di�approvare�il�piano,�o�di�non�
approvarlo�(e�di�procedere�alla�elaborazione�in�proprio�di�un�piano�alternativo),�ovvero�di�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

introdurvi�``modifiche,�integrazioni�e�prescrizioni'',�ai�sensi�del�citato�art.�9,�comma�3,�primo�
periodo,�senza�che�la�proposta�regionale�risulti�dunque�vincolante�per�il�Ministero�mede-
simo.�

Onde�la�previsione�regionale�si�riduce�alla�introduzione�di�un�rimedio�all'inerzia�dei�
gestori,�attraverso�una�facolta��di�proposta�rispetto�alla�quale�l'organo�centrale�conserva�
tutta�la�propria�liberta��di�determinazione.�

29.��E�impugnato�altres|��l'art.�12,�comma�1,�della�legge�umbra,�che�dispone�la�sottopo-
sizione�degli�impianti�di�telefonia�mobile�alla�procedura�di�verifica�prevista�dall'art.�4�della�
legge�regionale�9�aprile�1998,�n.�11�(Norme�in�materia�di�impatto�ambientale)�-attraverso�
cui�la�Giunta�regionale�dichiara�la�necessita��di�sottoporre�il�progetto�alla�procedura�di�valu-
tazione�di�impatto�ambientale�ovvero�la�esclusione�dello�stesso�da�tale�procedura�dettando�
eventuali�prescrizioni�-,�ovvero�alla�procedura�di�valutazione�di�impatto�ambientale�discipli-
nata�dall'art.�5�della�stessa�legge�regionale�n.�11�del�1998,�nei�casi�previsti�dal�regolamento�
regionale.�
Secondo�il�ricorrente�sarebbe�violata�la�normativa�statale�e�comunitaria�in�materia�di�
valutazione�d'impatto�ambientale,�e�andrebbe�assicurata�la�parita��di�trattamento�che�incide-
rebbe�anche�sotto�il�profilo�della�concorrenza.�

La�questione�e��fondata.�

La�disposizione�impugnata�rimette�alla�Giunta,�senza�indicazione�alcuna�di�criteri�(cfr.�
art.�5,�comma�1,�letteraf,cuifarinviol'art.�12,comma1,dellaleggeimpugnata),ladetermi-
nazione�dei�casi�in�cui�e��imposta�la�valutazione�di�impatto�ambientale;�e�anche�fuori�di�tali�
casi�prevede�che�sia�la�Giunta,�nell'ambito�della�procedura�cosiddetta�di�``verifica'',�a�stabi-
lire�se�il�progetto�debba�essere�sottoposto�alla�procedura�di�valutazione.�

L'art.�4,�comma�2,�della�legge�regionale�n.�11�del�1998,�cui�fa�rinvio�la�disposizione�
denunciata,�coordinato�con�l'art.�3,�comma�3,�della�stessa�legge,�demanda�alla�Giunta�la�
dichiarazione�della�necessita��di�sottoporre�a�valutazione�d'impatto�progetti�rientranti�in�
categorie�contemplate�dalla�normativa�statale�di�cui�al�d.P.R.�12�aprile�1996�(Atto�di�indi-
rizzo�e�coordinamento�per�l'attuazione�dell'art.�40,�comma�1,�della�legge�22�febbraio�1994,�

n.�146,�concernente�disposizioni�in�materia�di�valutazione�di�impatto�ambientale),�che�
prevede�appunto,�all'art.�1,�comma�6,�e�all'art.�10,�una�procedura�di�verifica�ad�opera�del-
l'autorita��competente�per�i�progetti�elencati�nell'allegato�B 
non�ricadenti�nell'ambito�di�aree�
naturali�protette,�sulla�base�di�elementi�indicati�nell'allegato�D 
dello�stesso�decreto.�Ma,�nel�
caso�degli�impianti�qui�in�discussione,�che�non�sono�contemplati�dalla�normativa�statale�
citata,�nessun�criterio�e��dato�ricavare,�dalla�legislazione�regionale�richiamata,�in�ordine�al�
contenuto�della�verifica�prevista�e�alla�scelta�demandata�alla�Giunta.�
Onde,�in�definitiva,�la�legge�attribuisce�alla�Giunta�la�possibilita��di�imporre�discrezio-
nalmente,�senza�base�in�criteri�legislativi�ragionevolmente�delimitati�e�dunque�in�violazione�
del�principio�di�legalita��sostanziale,�una�procedura�-come�quella�di�valutazione�di�impatto�
ambientale�-che�puo��tradursi�in�un�ostacolo�effettivo�alla�realizzazione�di�reti�e�impianti�di�
interesse�nazionale.�Per�questa�ragione�la�disposizione�impugnata�e��costituzionalmente�
illegittima.�

30.��L'art.�13�della�legge�dell'Umbria�stabilisce�che�``le�modalita��,�i�criteri�ed�i�procedi-
menti�amministrativi�preordinati�alla�localizzazione,�al�risanamento�ed�alrilasciodi�autoriz-
zazione�per�la�realizzazione�e�la�modifica�degli�impianti�sono�definiti�dalla�Giunta�regionale,�
nel�rispetto�delle�norme�in�materia�di�procedimento�amministrativo�e�del�d.P.R.�20�ottobre�
1998,�n.�447�e�successive�modificazioni�ed�integrazioni''.�
Il�ricorrente�ritiene�che�la�illegittimita��costituzionale�di�tale�disposizione�consegua�a�
quella�delle�altre�norme�impugnate�in�quanto�``una�volta�esclusa�la�competenza�regionale,�
cade�anche�la�disciplina�del�procedimento,�che�da��per�presupposta�quella�competenza''.�
Lamenta�inoltre�che�la�legge�regionale�rimetta�alla�Giunta�regionale�la�disciplina,�oltre�che�
dei�procedimenti,�dei�criteri�per�la�localizzazione�e�il�risanamento�degli�impianti,�senza�la�fis-
sazione�di�``limiti�o�orientamenti�legislativi''.�Circa�poi�il�procedimento,�sarebbe�violato�
l'art.�9�della�legge�quadro.�

La�questione�e��fondata.�

Non�puo��condividersi,�per�le�ragioni�gia��viste,�l'assunto�secondo�cui�la�materia�esule-
rebbe�dalla�competenza�regionale;�e�nessuno�specifico�contrasto�e��dato�di�rilevare�con�l'art.�9�
della�legge�quadro�in�tema�di�piani�di�risanamento.�Resta�pero��il�fatto�che�la�disposizione�


IL 
CONTENZIOSO 
NAZIONALE 


impugnata 
configura 
una 
totale 
discrezionalita� 
della 
Giunta, 
non 
delimitata 
da 
alcuna 
deter-
minazione 
legislativa, 
non 
solo 
per 
la 
definizione 
dei 
procedimenti 
(in 
relazione 
ai 
quali 
soltanto 
vale, 
peraltro, 
il 
richiamo 
alle 
norme 
generali 
sul 
procedimento 
amministrativo 
e 
alle 
norme 
statali 
in 
materia, 
fra 
l'altro, 
di 
procedimenti 
di 
autorizzazione 
per 
la 
realizza-
zione 
di 
impianti 
produttivi, 
contenute 
nel 
d.P.R. 
20 
ottobre 
1998, 
n. 
447), 
ma 
anche 
per 
la 
definizione 
dei 
``criteri'' 
preordinati 
alla 
localizzazione, 
al 
risanamento 
e 
all'autorizzazione 
degli 
impianti. 
Tale 
discrezionalita� 
, 
nella 
sua 
assolutezza, 
viola 
il 
principio 
di 
legalita� 
sostan-
ziale 
e 
non 
e� 
compatibile 
con 
l'esigenza 
di 
non 
ostacolare 
ingiustificatamente 
la 
realizza-
zione 
degli 
impianti. 


31. 
�Infine 
il 
Presidente 
del 
Consiglio 
impugna 
l'art. 
16 
della 
legge 
dell'Umbria, 
ai 
cui 
sensi 
``la 
Giunta 
regionale 
con 
norme 
regolamentari 
definisce'', 
``in 
via 
transitoria 
fino 
all'approvazione 
dei 
decreti 
di 
cui 
all'articolo 
4 
della 
legge 
n. 
36/2001, 
le 
disposizioni 
di 
prima 
applicazione 
della 
presente 
legge, 
idonee 
a 
conseguire 
le 
finalita� 
di 
cui 
all'articolo 
1''. 
Il 
ricorrente 
osserva 
che 
la 
disposizione 
contrasta 
con 
l'art. 
16 
della 
legge 
quadro, 
che 
ha 
posto 
la 
disciplina 
transitoria. 


La 
questione 
e� 
fondata. 


Ancorche� 
la 
norma 
regionale 
impugnata 
non 
precisi 
in 
che 
cosa 
possano 
consistere 
le 
``disposizioni 
di 
prima 
applicazione'' 
cui 
si 
riferisce, 
essa 
oggettivamente 
assume 
la 
portata 
di 
consentire 
una 
disciplina, 
sia 
pure 
transitoria, 
anche 
e 
specificamente 
della 
materia 
dei 
valori-soglia, 
spettante 
alla 
competenza 
statale: 
come 
emerge 
dal 
richiamo 
all'attesa 
del-
l'emanazione 
dei 
decreti 
previsti 
dall'art. 
4 
della 
legge 
quadro, 
diretti, 
fra 
l'altro, 
a 
stabilire 
(comma 
2) 
i 
limiti 
di 
esposizione, 
i 
valori 
di 
attenzione 
e 
gli 
obiettivi 
di 
qualita� 
di 
compe-
tenza 
statale, 
nonche� 
dal 
generico 
richiamo 
alla 
idoneita� 
a 
``conseguire 
le 
finalita�'' 
della 
legge. 
Il 
regime 
transitorio 
e� 
invece 
definito 
dalla 
legge 
quadro, 
all'art. 
16, 
con 
il 
richiamo 
dei 
preesistenti 
atti 
statali 
che 
fissano 
i 
valorisoglia 
in 
tema 
di 
esposizione 
all'inquinamento 
elettromagnetico; 
e 
la 
Regione 
non 
puo� 
, 
nemmeno 
nella 
fase 
transitoria, 
sostituire 
proprie 
determinazioni 
a 
quelle 
dettate 
dallo 
Stato. 


Per 
questi 
motivi 
la 
Corte 
Costituzionale, 
riuniti 
i 
giudizi, 


a) 
dichiara 
inammissibili 
gli 
interventi 
spiegati, 
nel 
giudizio 
introdotto 
con 
il 
ricorso 
iscritto 
al 
n. 
5 
del 
registro 
ricorsi 
2002, 
dal 
Gestore 
della 
Rete 
di 
Trasmissione 
Nazionale 
S.p.a., 
dalle 
societa� 
ENEL 
S.p.a., 
ENEL 
Distribuzione 
S.p.a., 
TERNA-Trasmissione 
Elettri-
cita� 
Rete 
Nazionale 
S.p.a., 
e 
dal 
Comune 
di 
Lacco 
Ameno; 
nel 
giudizio 
introdottocon 
il 
ricorso 
iscritto 
al 
n. 
35 
del 
registro 
ricorsi 
2002, 
dalla 
Societa� 
Wind 
Telecomunicazioni 
S.p.a.; 
e, 
nel 
giudizio 
introdotto 
con 
il 
ricorso 
iscritto 
al 
n. 
52 
del 
registro 
ricorsi 
2002, 
dalla 
Vodafone 
Omnitel 
S.p.a.; 


b) 
dichiara 
l'illegittimita� 
costituzionale 
degli 
articoli 
3, 
commi 
4 
e 
6, 
e 
7, 
comma 
3, 
della 
legge 
regionale 
delle 
Marche 
13 
novembre 
2001, 
n. 
25 
(Disciplina 
regionalein 
materia 
di 
impianti 
fissi 
di 
radiocomunicazione 
al 
fine 
della 
tutela 
ambientale 
e 
sanitaria 
della 
popola-
zione); 


c) 
dichiara 
non 
fondata 
la 
questione 
di 
legittimita� 
costituzionale 
dell'articolo 
3, 
com-
ma 
3, 
della 
predetta 
legge 
regionale 
delle 
Marche 
n. 
25 
del 
2001, 
sollevata, 
in 
riferimento 
all'articolo 
117, 
secondo 
comma, 
lettera 
s, 
e 
terzo 
comma, 
della 
Costituzione, 
e 
in 
relazione 
agli 
articoli 
1, 
comma 
6, 
lettera 
a, 
numero 
2, 
e 
2, 
comma 
6, 
della 
legge 
31 
luglio 
1997, 


n. 
249, 
e 
all'articolo 
2, 
comma 
1, 
del 
decreto 
legge 
23 
gennaio 
2001, 
n. 
5, 
convertito 
con 
legge 
20 
marzo 
2001, 
n. 
66, 
col 
ricorso 
iscritto 
al 
n. 
4 
del 
registro 
dei 
ricorsi 
del 
2002; 
d) 
dichiara 
l'illegittimita� 
costituzionale 
degli 
articoli 
2, 
comma 
3, 
3, 
comma 
1, 
7 
e 
8 
della 
legge 
regionale 
della 
Campania 
24 
novembre 
2001, 
n. 
13 
(Prevenzione 
dei 
danni 
derivanti 
dai 
campi 
elettromagnetici 
generati 
da 
elettrodotti); 


e) 
dichiara 
l'illegittimita� 
costituzionale 
dell'articolo 
3, 
comma 
4, 
della 
predetta 
legge 
regionale 
della 
Campania 
n. 
13 
del 
2001 
limitatamente 
alle 
parole 
``Per 
le 
finalita� 
di 
cui 
al 
comma 
1''; 


f) 
dichiara 
non 
fondate 
le 
questioni 
di 
legittimita� 
costituzionale 
degli 
articoli 
1, 
com-
ma 
2, 
2, 
commi 
1 
e 
2, 
e 
3, 
commi 
2, 
3 
e 
4 
(salvo 
quanto 
disposto 
nel 
precedente 
capo 
e), 
della 
predetta 
legge 
regionale 
della 
Campania, 
sollevate, 
in 
riferimento 
all'articolo 
117, 
secondo 
comma, 
lettera 
s, 
e 
terzo 
comma, 
della 
Costituzione, 
e 
in 
relazione 
alla 
legge 
22 
febbraio 
2001, 
n. 
36, 
col 
ricorso 
iscritto 
al 
n. 
5 
del 
registro 
dei 
ricorsi 
del 
2002; 



RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

g) 
dichiara 
l'illegittimita�costituzionale�dell'articolo�10,�comma�2,�della�legge�regionale�
della�Puglia�8�marzo�2002,�n.�5�(Norme�transitorie�per�la�tutela�dall'inquinamento�elettro-
magnetico�prodotto�da�sistemi�di�telecomunicazioni�e�radiotelevisivi�operanti�nell'intervallo�
di�frequenza�fra�0�Hz�e�300�GHz);�

h) 
dichiara 
non�fondate�le�questioni�di�legittimita�costituzionale�degli�articoli�3,�com-
ma�1,�lettera�m,�4,�comma�1,�e�10,�comma�1,�della�predetta�legge�regionale�della�Puglia�n.�5�
del�2002,�sollevate,�in�riferimento�agli�articoli�117,�secondo�comma,�lettera�s,eterzo�comma,�
della�Costituzione,�e�in�relazione�alla�legge�22�febbraio�2001,�n.�36,�col�ricorso�iscritto�al�

n.�35�del�registro�dei�ricorsi�del�2002;�
i) 
dichiara 
l'illegittimita�costituzionale�dell'articolo�1,�comma�2,�della�legge�regionale�
dell'Umbria�14�giugno�2002,�n.�9�(Tutela�sanitaria�e�ambientale�dall'esposizione�ai�campi�
elettrici,�magnetici�ed�elettromagnetici),�limitatamente�alle�parole�``nonche�mediante�l'indivi-
duazione,�in�coerenza�con�le�previsioni�contenute�nella�legge�n.�36/2001,�di�adeguati�limiti�
di�esposizione'';�

l) 
dichiara 
l'illegittimita�costituzionale�degli�articoli�2,�12,�comma�1,�13�e�16�della�pre-
detta�legge�regionale�dell'Umbria�n.�9�del�2002;�
m) 
dichiara 
non�fondate�le�questioni�di�legittimita�costituzionale�degli�articoli�1,�com-

ma�1,�4,�comma�1,�lettera�b,�5,�comma�1,�lettera�c,�e�comma�2,�della�predetta�legge�regionale�
dell'Umbria�n.�9�del�2002,�sollevate,�in�riferimento�agli�articoli�3�e�117,�secondo�comma,�let-
tere�e 
e�s,�e�terzo�comma,�della�Costituzione,�e�in�relazione�alla�legge�22�febbraio�2001,�

n.�36,�col�ricorso�iscritto�al�n.�52�del�registro�dei�ricorsi�del�2002.�
Cos|�deciso�in�Roma,�nella�sede�della�Corte�costituzionale,�Palazzo�della�Consulta,�
1.�ottobre�2003�(omissis)�.�

Corte 
Costituzionale, 
sentenza 
27 
ottobre 
-7 
novembre 
2003, 
n. 
331 
^Presidente 
R.�Chieppa�
^Redattore 
G.�Zagrebelsky.�

�(omissis) 
Considerato 
in 
diritto:�1.1.��Con�un�primo�ricorso�(reg.�ricorsi�n.�34�del�
2002),�il�Presidente�del�Consiglio�dei�ministri�solleva�questione�di�legittimita�costituzionale�
dell'art.�3,�comma�12,�lettera�a),�della�legge�della�Regione�Lombardia�6�marzo�2002,�n.�4�
(Norme�per�l'attuazione�della�programmazione�regionale�e�per�la�modifica�e�l'integrazione�
di�disposizioni�legislative),�che�sostituisce�il�comma�8�dell'art.�4�della�legge�regionale�11�mag-
gio�2001,�n.�11�(Norme�sulla�protezione�ambientale�dall'esposizione�a�campi�elettromagnetici�
indotti�da�impianti�fissi�per�le�telecomunicazioni�e�per�la�radiotelevisione).�La�disposizione�
impugnata�stabilisce�un�generale�divieto�di�installazione�di�impianti�per�le�telecomunicazioni�
e�per�la�radiotelevisione�entro�il�limite�inderogabile�di�75�metri�di�distanza�dal�perimetro�di�
proprieta�di�asili,�edifici�scolastici,�nonche�strutture�di�accoglienza�socio-assistenziali,�ospe-
dali,�carceri,�oratori,�parchi�gioco,�case�di�cura,�residenze�per�anziani,�orfanotrofi�e�strutture�
similari,�e�relative�pertinenze.�Ritiene�il�ricorrente�che�questa�normativa�regionale�violi�la�
competenza�dello�Stato�in�materia�di�tutela�dell'ambiente,�prevista�dall'art.�117,�secondo�
comma,�lettera�s),�della�Costituzione�ed�esercitata�con�la�legge�quadro�22�febbraio�2001,�

n.�36�(legge�quadro�sulla�protezione�dalle�esposizioni�a�campi�elettrici,�magnetici�ed�elettro-
magnetici),�introducendo�un�``parametro�di�attenzione''�non�previsto�dalla�normativa�statale,�
quale�la�distanza�degli�impianti�da�luoghi�particolari.�
Con�il�medesimo�ricorso,�sono�state�sollevate�ulteriori�questioni�su�altre�disposizioni�
della�stessa�legge�regionale�n.�4�del�2002:�una�legge�priva�di�unitarieta�,�che�interviene�sulle�
piu�disparate�materie.�Per�ragioni�di�chiarezza�e�omogeneita�di�decisione,�la�questione�di�
legittimita�costituzionale�dell'art.�3,�comma�12,�della�citata�legge�regionale�viene�trattata�
separatamente�dalle�altre,�sollevate�rispettivamente�sull'art.�1,�comma�3,�lettera�b) 
in�tema�
difunzioniattribuitealCorpoforestaleregionale^,esull'art.�1,comma4^intemadicause�
di�incompatibilita�con�la�carica�di�consigliere�regionale�^,�e�decise�con�le�sentenze�n. 
313 
e�

n. 
201 
del�2003�di�questa�Corte.�
1.2.��Con�altro�ricorso�(reg.�ricorsi�n.�49�del�2002),�il�Presidente�del�Consiglio�dei�
ministri�propone�questione�di�legittimita�costituzionale�della�legge�della�Regione�Lombardia�
10�giugno�2002,�n.�12�[Differimento�dell'applicazione�di�disposizioni�in�materia�di�installa-
zione�di�impianti�di�telecomunicazioni�e�radiotelevisione�di�cui�all'art.�3,�comma�12,�let-

IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

tera�a),�della�legge�regionale�6�marzo�2002,�n.�4],�il�quale�sposta�al�1.�gennaio�2003ilter-
mine�per�l'applicazione�della�norma�oggetto�del�precedente�ricorso,�dettando�una�disciplina�
interinale�che�fa�divieto�di�installazione�degli�impianti�per�le�telecomunicazioni�e�per�la�
radiotelevisione�``in�corrispondenza''�degli�edifici�suddetti.�Anche�in�questo�caso,�il�ricor-
rente�ritiene�violata�la�competenza�dello�Stato�prevista�dall'art.�117,�secondo�comma,�let-
tera�s),�della�Costituzione,�esercitata�con�la�legge�quadro�n.�36�del�2001.�

2.��Preliminarmente,�deve�essere�dichiarata�inammissibile�la�costituzione�della�
Regione�Lombardia�nel�giudizio�sul�ricorso�n.�34�del�2002,�perche�avvenuta�con�atto�deposi-
tato�oltre�il�termine�di�carattere�perentorio�(per�tutte,�da�ultimo,�sentenza�n.�307�del�2003)d
i�venti�giorni�dal�deposito�del�ricorso�stabilito�dall'art.�23,�terzo�comma,�delle�norme�inte-
grative�per�i�giudizi�davanti�alla�Corte�costituzionale.�
3.��Stante�l'identita�della�materia�e�dei�parametri�costituzionali�invocati,�le�due�que-
stioni�di�legittimita�costituzionale,�concernenti�la�collocazione�sul�territorio�di�impianti�per�
le�telecomunicazioni�e�la�radiotelevisione,�possono�essere�trattate�congiuntamente,�per�essere�
decise�con�unica�sentenza.�
4.��Il�problema�posto�dai�ricorsi�in�esame�consiste�nello�stabilire�il�rapporto�esistente�
tra�queste�disposizioni�di�legislazione�regionale�e�i�compiti�che,�in�materia�di�protezione�dalle�
esposizioni�a�campi�elettrici,�magnetici�ed�elettromagnetici,�indubbiamente�spettano�allo�
Stato�in�forza�delle�sue�competenze�in�materia�di�tutela�dell'ambiente,�a�norma�della�let-
tera�s)�del�secondo�comma�dell'art.�117�della�Costituzione,�e�in�materia�di�tutela�della�salute,�
a�norma�del�terzo�comma�del�medesimo�art.�117.�Su�tali�competenze�si�basa�la�legge�quadro�
n.�36�del�2001.�Essa�contiene�``principi�fondamentali�diretti�a:�a)�assicurare�la�tutela�della�
salute�dei�lavoratori,�delle�lavoratrici�e�della�popolazione�dagli�effetti�dell'esposizione�a�
determinati�livelli�di�campi�elettrici,�magnetici�ed�elettromagnetici�ai�sensi�e�nel�rispetto�del-
l'articolo�32�della�Costituzione;�b)�[...]�attivare�misure�di�cautela�da�adottare�in�applicazione�
del�principio�di�precauzione�di�cui�all'articolo�174,�paragrafo�2,�del�trattato�istitutivo�del-
l'Unione�europea'',�e�``c)�assicurare�la�tutela�dell'ambiente�e�del�paesaggio�[...]''�(art.�1).�
Nell'ambito�di�tali�finalita�,�la�legge�quadro�affronta�specificamente�il�problema�della�
protezione�speciale�degli�ambienti�abitativi,�degli�ambienti�scolastici�e�dei�luoghi�adibiti�a�
permanenze�prolungate,�in�vista�delle�finalita�di�cui�all'art.�1,�lettere�b)�e�c),�della�legge�
medesima,�prevedendo�speciali�valori�di�attenzione�[art.�3,�comma�1,�lettera�c)���^piu�rigo-
rosi�dei�generali�limiti�di�esposizione�posti�a�salvaguardia�della�salute�della�popolazione�in�
generale�[art.�3,�comma�1,�lettera�b)].�Tali�valori�di�attenzione�sono�i�valori�di�campo�elet-
trico,�magnetico�ed�elettromagnetico,�considerati�come�valori�di�immissione,�che�non�devono�
essere�superati�nei�luoghi�suddetti.�

La�normativa�in�questione,�tuttavia,�indiscutibilmente�incide�anche�sulla�funzione�di�
governo�del�territorio�la�cui�disciplina�legislativa,�in�base�al�terzo�comma�dell'art.�117�della�
Costituzione,�spetta�alle�Regioni.�Conseguentemente,�il�numero�1)�della�lettera�d)�dell'art.�3,�
prevedendo�(dopo�i�limiti�di�esposizione�e�i�valori�di�attenzione)�gli�obiettivi�di�qualita�cui�
deve�tendere�il�dispiegamento�sul�territorio�della�rete�di�impianti�di�telecomunicazioni,�tra�
questi�comprendendo�i�``criteri�localizzativi'',�ne�affida�la�determinazione�alle�leggi�regionali,�
secondo�quanto�previsto�dall'art.�8�della�legge�n.�36�stessa.�

5.1.��Alla�stregua�del�contesto�normativo�risultante�dalle�anzidette�disposizioni�della�
legge�quadro�n.�36�del�2001,�la�questione�di�legittimita�costituzionale�dell'art.�3,�comma�12,�
lettera�a),�della�legge�della�Regione�Lombardia�n.�4�del�2002,�e�fondata.�
Per�far�fronte�alle�esigenze�di�protezione�ambientale�e�sanitaria�dall'esposizione�a�campi�
elettromagnetici,�il�legislatore�statale,�con�le�anzidette�norme�fondamentali�di�principio,�ha�
prescelto�un�criterio�basato�esclusivamente�su�limiti�di�immissione�delle�irradiazioni�nei�luo-
ghi�particolarmente�protetti,�un�criterio�che�e�essenzialmente�diverso�da�quello�stabilito�(sia�
pure�non�in�alternativa,�ma�in�aggiunta)�dalla�legge�regionale,�basato�sulla�distanza�tra�luo-
ghi�di�emissione�e�luoghi�di�immissione.�

Ne�,�a�giustificare�il�tipo�di�intervento�della�legge�lombarda,�e�sufficiente�il�richiamo�alla�
competenza�regionale�in�materia�di�governo�del�territorio,�che�la�legge�quadro,�al�numero�1)�
della�lettera�d)�dell'art.�3,�riconosce�quanto�a�determinazione�dei�``criteri�localizzativi''.�A�
tale�concetto�non�possono�infatti�ricondursi�divieti�come�quello�in�esame,�un�divieto�che,�in�
particolari�condizioni�di�concentrazione�urbanistica�di�luoghi�specialmente�protetti,�
potrebbe�addirittura�rendere�impossibile�la�realizzazione�di�una�rete�completa�di�infrastrut-


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

ture�per�le�telecomunicazioni,�trasformandosi�cos|�da�``criteri�di�localizzazione''�in�``limita-
zioni�alla�localizzazione'',�dunque�in�prescrizioni�aventi�natura�diversa�da�quella�consentita�
dalla�citata�norma�della�legge�n.�36.�Questa�interpretazione,�d'altra�parte,�non�e�senza�una�
ragione�di�ordine�generale,�corrispondendo�a�impegni�di�origine�europea�e�all'evidente�nesso�
di�strumentalita�tra�impianti�di�ripetizione�e�diritti�costituzionali�di�comunicazione,�attivi�e�
passivi.�

5.2.��La�difesa�della�Regione�Lombardia�evoca,�a�difesa�della�disposizione�impugnata,�
la�sentenza�di�questa�Corte�n. 
382 
del 
1999,�che�ha�escluso�l'illegittimita�costituzionale�di�
una�legge�regionale�che�prescriveva,�per�la�collocazione�sul�territorio�di�linee�elettriche,�
distanze�di�rispetto�da�aree�edificabili�con�particolari�destinazioni,�maggiori�di�quelle�stabi-
lite�dalla�legge�dello�Stato.�Ma�da�questa�pronuncia,�a�parte�la�non�puntuale�coincidenza�di�
materia,�non�puo�trarsi�in�generale�il�principio�della�derogabilita�in 
melius 
(rispetto�alla�
tutela�dei�valori�ambientali),�da�parte�delle�Regioni,�degli�standard 
posti�dallo�Stato.�La�que-
stione�allora�decisa�non�si�collocava�entro�un'organica�disciplina�statale�di�principio,�mentre�
ora�esiste�una�legge�quadro�statale�che�detta�una�disciplina�esaustiva�della�materia,�attra-
verso�la�quale�si�persegue�un�equilibrio�tra�esigenze�plurime,�necessariamente�correlate�le�
une�alle�altre,�attinenti�alla�protezione�ambientale,�alla�tutela�della�salute,�al�governo�del�ter-
ritorio�e�alla�diffusione�sull'intero�territorio�nazionale�della�rete�per�le�telecomunicazioni�
(cfr.�lasentenzadi�questaCorte�n. 
307 
del 
2003,�punto�7�del�``considerato�in�diritto'').�In�que-
sto�contesto,�interventi�regionali�del�tipo�di�quello�ritenuto�dalla�sentenza�del�1999�non�inco-
stituzionale,�in�quanto�aggiuntivo,�devono�ritenersi�ora�incostituzionali,�perche�l'aggiunta�si�
traduce�in�una�alterazione,�quindi�in�una�violazione,�dell'equilibrio�tracciato�dalla�legge�sta-
tale�di�principio.�

6.��La�questione�di�legittimita�costituzionale�della�legge�della�Regione�Lombardia�
n.�12�del�2002,�invece,�non�e�fondata.�
La�disciplina�impugnata,�vietando�l'installazione�di�impianti�per�le�telecomunicazioni�e�
per�la�radiotelevisione�``in�corrispondenza''�delle�aree�``sensibili''�che�si�sono�in�precedenza�
dette,�non�si�discosta�sostanzialmente,�sotto�il�profilo�che�qui�interessa,�da�altra�disposizione�
regionale�che�vieta�l'installazione�dei�medesimi�impianti�``su�ospedali,casedicuraedi�
riposo,�scuole�e�asili�nido'',�ritenuta�da�questa�Corte,�con�la�gia�citata�sentenza�n. 
307 
del 
2003 
(v.�il�punto�20�del�``considerato�in�diritto''),�compatibile�con�la�legge�quadro�n.�36�del�
2001.�Il�divieto�ora�in�questione,�come�quello�esaminato�in�questa�sentenza,�non�eccede�l'am-
bito�di�un�``criterio�di�localizzazione'',�sia�pure�formulato�in�negativo,�la�cui�determinazione,�
a�norma�dell'art.�3,�comma�1,�lettera�d),�numero�1),�e�dell'art.�8,�comma�1,�lettera�e),della�
legge�quadro,�spetta�alle�Regioni.�Esso,�infatti,�a�differenza�di�quello�contenuto�nell'art.�3,�
comma�12,�lettera�a),�della�legge�regionale�n.�4�del�2002,�precedentemente�esaminato,�com-
portalanecessita�di�una�sempre�possibile�localizzazione�alternativa,�ma�non�e�tale�da�poter�
determinare�l'impossibilita�della�localizzazione�stessa.�

Per 
questi 
motivi 
la�Corte�Costituzionale,�riuniti�i�giudizi, 
1)�dichiara 
l'illegittimita�costituzionale�dell'art.�3,�comma�12,�lettera�a),�della�legge�della 


Regione�Lombardia�6�marzo�2002,�n.�4�(Norme�per�l'attuazione�della�programmazione�
regionale�e�per�la�modifica�e�l'integrazione�di�disposizioni�legislative);�

2)�dichiara 
non�fondata�la�questione�di�legittimita�costituzionale�della�legge�della�
Regione�Lombardia�10�giugno�2002,�n.�12�[Differimento�dell'applicazione�di�disposizioni�in�
materia�di�installazione�di�impianti�di�telecomunicazioni�e�radiotelevisione�di�cui�all'art.�3,�
comma�12,�lettera�a),�della�legge�regionale�6�marzo�2002,�n.�4],�sollevata,�in�riferimento�
all'art.�117,�secondo�comma,�lettera�s),�della�Costituzione,�dal�Presidente�del�Consiglio�dei�
Ministri�con�il�ricorso�indicato�in�epigrafe.�

Cos|�deciso�in�Roma,�nella�sede�della�Corte�costituzionale,�Palazzo�della�Consulta,�il�
27�ottobre�2003�.�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

Memoria 
dell'Avvocatura 
Generale 
dello 
Stato 
per 
il 
Presidente 
del 
Consiglio 
dei 
Ministri 


(ct.�41387/02,�Avv.�dello�Stato�P.�Cosentino).�Questa�memoria�e�stata�redatta�nel�giudi-
zio�di�legittimita�costituzionale�del�decreto�legislativo�4�settembre�2002�n.�198,�recante�
�Disposizioni�volte�ad�accelerare�la�realizzazione�delle�infrastrutture�di�telecomunica-
zioni�strategiche�per�la�modernizzazione�e�lo�sviluppo�del�Paese�a�norma�dell'art.�1,�
comma�2,�della�legge�21�dicembre�2001�m.-443�,�promosso�dalla�Regione�Lombardia.�
Il�giudizio�si�e�concluso�con�la�sentenza�n.�303/03,�ma�viene�pubblicato�a�corredo�della�
sentenza�n.�307/03�per�evidente�connessione�della�materia.�

�1.��L'atto�avente�forza�di�legge�impugnato�in�questa�sede�dalla�Regione�ricorrente,�e�
cioe�il�decreto�legislativo�n.�198/2002�che�inerisce,�nel�senso�osservato�anche�dalle�Commis-
sioni�parlamentari�nei�pareri�resi�in�relazione�al�decreto�stesso,�alla�materia�della�tutela�del-
l'ambiente,�rimessa�ex 
art.�117,�comma�3,�della�Costituzione�alla�competenza�esclusiva�dello�
Stato�^e�stato�emanato�per�garantire,�in 
modo 
uniforme 
su 
tutto 
il 
territorio 
nazionale,l'osser-
vanza�dei�limiti�di�esposizione,�dei�valori�di�attenzione�e�degli�obiettividiqualita�di�cui�alla�
legge�n.�36/2001�ed�ai�relativi�provvedimenti�attuativi.�

Il�decreto�ha�fissato�le�procedure�per�realizzare�le�infrastrutture�strategiche�di�telecomu-
nicazioni�prevedendo�in�particolare,�all'art.�3,�comma�1,�che�le�categorie�di�infrastrutture�di�
telecomunicazioni,consideratestrategicheaisensidell'art.1,comma1,dellalegge21�dicem-
bre�2001,�n.�443�(Delega�al�Governo�in�materia�di�infrastrutture�ed�insediamenti�produttivi�
strategici�ed�altri�interventi�per�il�rilancio�delle�attivita�produttive)�sono�opere�di�interesse�
nazionale�realizzabili�esclusivamente�sulla�base�delle�procedure�definite�dal�decreto�stesso,�
anche�in�deroga�alle�disposizioni�di�cui�all'art.�8,�comma�1,�lettera�c) 
della�legge�22�febbraio�
2001,�n.�36�(legge�quadro�sulla�protezione�dalle�esposizioni�a�campi�elettrici,�magnetici�ed�
elettromagnetici).�

Il�decreto,�fermi�restando�i�vincoli�previsti�dalla�normativa�vigente�a�tutela�della�salute,�
dell'ambiente�e�del�patrimonio�culturale,�storico�ed�artistico,�nonche�il�potere�autorizzatorio�
dei�Comuni�alle�installazioni�ed�il�potere�di�definire,�ai�sensi�della�legge�n.�36/2001,�i�luoghi�
e�le�aree�di�minimizzazione�delle�emissioni,�all'art.�3,�comma�2,�stabilisce�che�le�infrastrut-
ture�strategiche,�ad�esclusione�delle�torri�e�dei�tralicci�relativi�alle�reti�di�televisione�digitale�
terrestre,�sono�compatibili�con�qualsiasi�destinazione�urbanistica�e�sono�realizzabili�in�ogni�
parte�del�territorio�comunale,�anche�in�deroga�agli�strumenti�urbanistici�e�ad�ogni�altra�
disposizione�di�legge�o�regolamento.�Cio�al�fine�di�garantire�la�disponibilita�del�servizio�lad-
dove�ve�ne�sia�maggiore�necessita�,�ossia�nei�centri�urbani.�

Il�decreto�non�sottrae�alcuna�competenza�alle�Regioni,�alle�quali�si�dirigecomenorma-
tiva�di�principio,�ne�alcuna�prerogativa�ai�Comuni�in�materia�di�pianificazione�del�territorio�

o�di�ordinamento�degli�enti�locali,�in�quanto�interviene�solo�sulle�fasi�procedimentali�relative�
al�rilascio�delle�autorizzazioni�con�l'obiettivo�dichiarato,�comune�ad�altri�settori�dell'ordina-
mento,�di�semplificazione�e�snellimento�amministrativo.�
In�conseguenza�di�detta�semplificazione�dell'azione�amministrativa,�permangono�i�
poteri-doveri�dei�Comuni�in�ordine�all'accertamento�delle�emissioni�elettromagnetiche�pro-
dotte�dalle�infrastrutture�da�realizzare�ed,�in�generale,�non�e�venuto�meno�il�potere-dovere�
degli�enti�locali�di�accertare�la�sussistenza�dei�presupposti�e�dei�requisiti�di�legge�prescritti�
per�l'installazione.�

I�Comuni,�quindi,�sono�i�titolari�di�ogni�potere�decisorio�in�ordine�al�rilascio�o�al�
diniego�dell'autorizzazione�alla�installazione�delle�infrastrutture�di�telecomunicazione,�nel�
rispetto�del�regime�dei�controlli,�preventivi�e�successivi,�in�materia�di�inquinamento�elettro-
magnetico�che,�in�tal�modo,�risultano�rafforzati�e�resi�piu�stringenti.�

L'intera�procedura�autorizzatoria�e�preordinata�al�rigoroso�rispetto�dei�limiti�attual-
mente�fissati�dal�decreto�interministeriale�10�settembre�1998,�n.�381�(Regolamento�recante�
norme�per�la�determinazione�dei�tetti�di�radiofrequenza�compatibili�con�la�salute�umana)�
ed�in�via�di�nuova�definizione�ad�opera�degli�emanandi�decreti�del�Presidente�del�Consiglio�
dei�Ministri�previsti�dall'art.�4�della�legge�n.�36/2001,�che�sono�in�corso�di�approvazione�
definitiva.�

2.��Cio�posto,�priva�di�pregio�e�in�primo�luogo�la�censura�di�violazione�dell'art.�76�
Cost.,�in�quanto�il�d.lgs.�n.�198/02�non�avrebbe�rispettato�la�delega�conferita�dalla�legge�
n.�443/01.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

E�appena�il�caso�di�ribadire,�al�riguardo,�che�la�legge�n.�443/01�(legge�obiettivo)�^con-
cernente��le�infrastrutture�pubbliche�e�private�e�gli�insediamenti�produttivi�strategici�e�di�
preminente�interesse�nazionale�da�realizzare�per�la�modernizzazione�e�lo�sviluppo�del�Paese��
^all'art.�1,�comma�2�prevede�quale�oggetto�di�delega��l'emanazione�di�uno�o�piu�decreti�legi-
slativi�volti�a�definire�un�quadro�normativo�finalizzato�alla�celere�realizzazione�delle�infra-
strutture�e�degli�insediamenti�individuati�ai�sensi�del�comma�1��(secondo�il�programma�
approvato,�in�prima�applicazione,�con�la�delibera�CIPE�n.�121�del�21�dicembre�2001),�ed�
annovera�tra�i�fini�prioritari�dell'attivita�di�Governo�nella�individuazione�delle�infrastrutture�
di�carattere�strategico�e�di�preminente�interesse�nazionale�proprio�quello�dell'�adeguamento�
della�strategia�nazionale�a�quella�comunitaria�delle�infrastrutture�.�

Il�decreto�legislativo�n.�198/02,�pertanto,�rientra�pienamente�nell'ambito�della�delega�
contenuta�nella�legge�obiettivo,�in�conformita�alle�direttive�comunitarie�in�materia.�

3.��Ma�la�censura�tradisce,�invero,�l'erronea�impostazione�concettuale�di�fondo�di�
tutti�i�ricorsi,�che�si�riverbera�altres|�su�tutte�le�altre�censure�di�pretesa�incostituzionalita�
del�decreto�in�questione:�ovvero�la�totale�svalutazione�(se�non�rimozione)��sotto�il�profilo�
tecnico�e�nei�riflessi�giuridici��della�nozione�di��rete�,�che�invece�assume�decisivo�rilievo�
per�quanto�attiene�alle�infrastrutture�di�telecomunicazione.�
E�di�tutta�evidenza,�infatti,�che�ontologicamente�un�impianto�di�telecomunicazione�
(ancor�piu�con�riferimento�alla�telefonia�mobile)�non�ha�valore�in�se�,�ma�quanto�elemento�
funzionale�di�una�complessa�struttura�reticolare/cellulare�dislocata�coerentemente�sul�terri-
torio.�In�altri�termini,�considerata�la�natura�dell'opera�(infrastrutture�di�rete)�e�del�tutto�
priva�di�senso,�sul�piano�tecnico�ancor�prima�che�giuridico,�la�visione�atomistica�e�parcelliz-
zata�dell'impianto�di�telecomunicazione�sottesa�alle�censure�di�incostituzionalita�prospettate.�

Ma�se�cos|�e�(senza�poter�negare�l'evidenza�intrinseca�alla��natura�della�cosa�)�ne�
discende,�nel�momento�in�cui�si�va�a�disciplinare�la�realizzazione�funzionale�delle�infrastrut-
ture�di�rete,�la�assoluta�esigenza�di�poter�(dover)�fissare��su�base�nazionale,�nel�rispetto�
delle�reciproche�competenze��limiti�e�criteri�omogenei,�uniformi�e�non�discriminanti,in�
assenza�dei�quali�la��rete��stessa...�non�potrebbe�neppure�sussistere.�

Sotto�tale�profilo�e�di�assoluto�conforto�la�posizione,�lineare�e�coerente,�assunta�dalla�
giurisprudenza�amministrativa�in�tema�di�contenzioso�insorto�tra�gli�operatori�di�telefonia�
e�gli�enti�locali�per�l'autorizzazione�all'installazione�degli�impianti.�

Valga�per�tutte,�tra�le�molte,�la�recentissima�decisione�del�Consiglio�di�Stato,�Sez.�VI,�

n.�673�del�10�febbraio�2003�che,�nel�dichiarare�non�consentite�l'adozione�dimisure�(quanto�
ai�limiti�di�esposizione)�di�generalizzato�divieto�di�installazione�delle�stazioni�radio�base�per�
la�telefonia�cellulare�in�tutte�le�zone�territoriali�omogenee�a�destinazione�residenziale,�ha�
puntualizzato�con�chiarezza�esemplare�che��la�collocazione�di�tali�impianti�deve�ritenersi�con-
sentita�sull'intero�territorio�comunale,�non�assumendo�carattere�ostativo�le�specifiche�destina-
zioni�di�zona�(residenziale,�verde,�agricola�ecc.)�rispetto�ad�impianti�di�interesse�generale,�
quali�quelli�di�telefonia�mobile,�che�presuppongono�la�realizzazione�di�una�rete�che�dia�uniforme�
copertura�al�territorio�(la�localizzazione�degli�impianti�nelle�sole�zone,�in�cui�cio�e�espressa-
mente�consentito,�si�porrebbe�in�contrasto�proprio�con�l'esigenza�di�permettere�la�copertura�del�
servizio�sull'intero�territorio)�.�

La�completezza�e�funzionalita�delle�reti�e�l'efficiente�espletamento�del�servizio�univer-
sale��che�costituiscono�obblighi�comunitari��non�possono�essere�dunque�compromessi�
in�assenza�di�obiettive�ragionevoli�giustificazioni�e�di�essenziali�interessi�meritevoli�di�tutela�
dall'ordinamento.�

4.��Sotto�tale�ultimo�profilo�deve�ribadirsi�che�e�proprio�sul�piano�dei�principi�costitu-
zionali�e�del�vigente�riparto�di�competenze�che�le�suesposte�osservazioni�trovano�conferma�
ed�anzi,�a�ben�considerare,�risultano�rafforzate.�
In�primo�luogo��quanto�alla�supposta�violazione�della�competenza�legislativa�concor-
rente�delle�Regioni�ai�sensi�dell'art.�117,�terzo�comma,�della�Costituzione��la�materia,�cui�
inerisce�il�decreto�legislativo�n.�198/02�deve�considerarsi�quella�della��tutela�dell'ambiente�,�
rimessa��ex�art.�117�Costituzione�-alla�competenza�legislativa�esclusiva�dello�Stato.�

Il��governo�del�territorio�,�l'�ordinamento�della�comunicazione�,�la��tutela�della�
salute��non�possono�essere�invocati�a�sostegno�della�competenza�legislativa�regionale,�ove�
si�consideri�che�il�principale�interesse�cui�e�preordinata�la�procedura�di�autorizzazione�e�
quello�al�rispetto�dei�limiti�alle�emissioni�elettromagnetiche�per�la�tutela�dell'ambiente,�che�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

non�e�affatto�vulnerato,�anzi�e�ribadito,�dal�d.lgs.�n.�198/2002.�In�ogni�caso,�non�puo�sotto-
valutarsi�il�fatto�che�il�decreto�contiene�principi�fondamentali�e�quindi,�anche�sotto�il�profilo�
considerato,�non�oltrepassa�i�limiti�della�competenza�legislativa�statale.�

Ma�e�opportuno�osservare�che��anche�accedendo�alla�concezione�dell'ambiente�come�
valore�a�tutela��trasversale��ovvero�ponendo�l'accento�sulle�materie�di�competenza�legisla-
tiva�concorrente�(governo�del�territorio,�tutela�della�salute�ecc.)��nellafattispecie�(realizza-
zione�di��infrastrutture�di�rete�)�non�puo�negarsi�aprioristicamente�l'esigenza,�immanente�
all'ordinamento�costituzionale�stesso,�di�fissare�principi�e�criteri�uniformi,�per�l'intero�terri-
torio,�da�parte�del�legislatore�nazionale,�proprio�ad�evitare�distorsionied�impedimenti�ingiu-
stificati�e�abnormi��tra�Regioni�e�Stato�e�tra�le�Regioni��che�arrecherebbero�un�vulnus�
irrecuperabile�all'esistenza�stessa�della�rete�unitaria.�

Del�resto,�la�Corte�Costituzionale�nella�sentenza�20�dicembre�2002�n.�536�haavuto�
modo�di�affermare�che�l'art.�117,�secondo�comma,�lettera�s),�della�Costituzione,�introdotto�
dalla�legge�cost.�n.�3/2001,�esprime�una�esigenza�unitaria�per�cio�che�concerne�la�tutela�del-
l'ambiente�e�dell'ecosistema,�ponendo�un�limite�agli�interventi�a�livello�regionale�che�possano�
pregiudicare�gli�equilibri�ambientali.�

Se�e�vero�che�la�tutela�dell'ambiente�non�puo�ritenersi�propriamente�una��materia��e
ssendo�invece�l'ambiente�da�considerarsi�come�un��valore��costituzionalmente�protetto�
che�non�esclude�la�titolarita�in�capo�alle�Regioni�di�competenze�legislative�su�materie�
(governo�del�territorio,�tutela�della�salute,�ecc.),�per�le�quali�quel�valore�costituzionale�
assume�rilievo�(Corte�Cost.,�sentenza�26�luglio�2002�n.�407)��e�altres|�innegabile�che,�
in�funzione�di�quel�valore,�lo�Stato�puo�dettare�standards�di�tutela�uniformi�sull'intero�terri-
torio�nazionale�anche�incidenti�sulle�competenze�legislative�regionali�ex�art.�117�della�Costi-
tuzione.�

Sempre�secondo�il�giudice�delle�leggi,�la�disciplina�statale�rivolta�alla�tutela�dell'am-
biente�e�dell'ecosistema�puo�incidere�sulla�materia�(caccia),�pur�riservata�alla�potesta�legisla-
tiva�regionale,�ove�l'intervento�statale�sia�rivolto�a�garantire�standards�minimi�e�uniformi�di�
tutela,�trattandosi�di�limiti�unificanti�che�rispondono�a�esigenze�riconducibili�ad�ambiti�riser-
vati�alla�competenza�esclusiva�dello�Stato;�entro�questi�limiti,�la�disciplina�statale�va�appli-
cata�alle�regioni,�anche�se�esse�(come�nella�specie�la�Regione�Sardegna)�dispongano�in�mate-
ria�di�competenza�legislativa�esclusiva.�

Al�di�la�della�diversita�della�fattispecie,�deve�rimarcarsi�la�sussistenza,�costituzional-
mente�affermata,�in�capo�allo�Stato�di�potesta�legislativa�anche�in�presenza�di�competenza�
legislativa�concorrente�(o�addirittura�esclusiva),�qualora�vi�sia�l'esigenza�di�garantire�livelli�
minimali�e�uniformi�di�tutela�sull'intero�territorio�nazionale,�come�e�certamente�nella�fatti-
specie,�senza�che�la�regione�possa�derogare�a�tali�standards,�invocando�la�violazione�delle�
proprie�attribuzioni.�

5.��E�ovvio,�poi,�che�con�riferimento�al�decreto�legislativo�in�questione�e�alla�materia�
delle�telecomunicazioni,�entrano�in�gioco�ulteriori�livelli�di�tutela�costituzionale�che�impon-
gono,�piu�che�consentono,�l'esplicarsi�di�una�corretta�potesta�legislativa�statuale�nei�con-
fronti�delle�regioni.�
Un�limite�alla�legislazione�regionale,�invero,�e�quello�che�si�desume�dai�diritti�fondamen-
tali�costituzionalmente�protetti�(diritti�di�comunicazione�e�di�circolazione,�artt.�15�e�16�
Cost.),�laddove�l'art.�120,�comma�1,�della�Costituzione�statuisce�espressamente�che�le�regioni�
non�possono��adottare�provvedimenti�che�ostacolino�in�qualsiasi�modo�la�libera�circolazione�
delle�persone�e�delle�cose�tra�le�Regioni�.�

E�evidente,�infatti,�che�l'esigenza�di�efficace�funzionamento�della�rete�di�telecomunica-
zione�sull'intero�territorio�nazionale�esige�che�lo�Stato�possa�legittimamente�fissare�disposi-
zioni�minimali�ed�uniformi�che�consentano,�ed�anzi�agevolino�in�ossequio�agli�obblighi�
comunitari,�l'espletamento�ottimale�del�servizio�per�tutti�i�cittadini;�e�a�contrario�che�le�
Regioni�non�possano�frapporre�ostacoli�arbitrari�che,�di�fatto,�ostacolano�la�configurazione�
funzionale�della�rete�di�comunicazione�e�la�connessa�circolazione�degli�apparati�di�telefonia�
mobile.�

Cos|�come�per�altro�verso�una�disciplina�irragionevolmente�differenziata�tra�le�Regioni�
della�rete�di�telecomunicazione�verrebbe�ad�incidere�alla�radice�la�tutela��dell'unita�econo-
mica�e�in�particolare�dei�livelli�essenziali�delle�prestazioni�concernenti�i�diritti�civili�e�sociali,�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

prescindendo�dai�confini�territoriali�dei�governi�locali�,�prevista�dall'art.�120,�comma�2,�
della�Costituzione�(sulla�cui�determinazione,�tra�l'altro,�sussiste�la�competenza�legislativa�
esclusiva�dello�Stato�ex 
art.�117,�comma�2,�lett.�m).�

Vi�e�infine�un�altro�sicuro�principio�di�rango�costituzionale�che�il�d.lgs.�n.�198/2002,�nel�
dettare�disposizioni�uniformi�di�semplificazione�e�snellimento,�ha�inteso�salvaguardare�e�alla�
luce�del�quale�non�possono�che�essere�considerate�e�valutate�tutte�le�censure�di�incostituzio-
nalita�formulate�dalle�Regioni:�si�tratta�della��tutela�della�concorrenza�,�riservata�anch'essa�
alla�competenza�esclusiva�statale�dall'art.�117,�comma�2,�lett.�e) 
Cost.�

E�appena�il�caso�di�rilevare,�infatti,�che�in�assenza�di�procedure�certe�ed�uniformi�sull'in-
tero�territorio�nazionale,�pur�nel�rispetto�delle�competenze�costituzionali�delle�Regioni,�in�
ordine�alla�celere�realizzazione�delle�infrastrutture�di�telecomunicazione��quali�quelle�sta-
bilite�con�il�d.lgs.�n.�198/2002��oltre�a�violare�gli�obblighi�comunitari�e�nazionali,�si�ver-
rebbe�a�creare�una�distorsione�anomala�di�tutto�il�mercato�sia�a�livello�internazionale,�sia�
nell'ambito�interno�tra�le�Regioni�(basti�riflettere,�del�resto,�che�solo�sette�Regioni�hanno�
inteso�impugnare�il�decreto�legislativo�n.�198/2002).�

6.��Quanto,�infine,�alla�supposta�violazione�dell'art.�118,�primo�comma,�della�Costi-
tuzione�che�determina�i�principi�di�sussidiarieta�ed�adeguatezza�che�devono�presiedere�alla�
distribuzione�delle�funzioni�amministrative�ma�non�disciplina�quale�sia�la�fonte�cui�e�rimessa�
tale�distribuzione,�si�fa�presente,�nel�senso�gia�segnalato,�che�il�d.lgs.�n.�198/2002�e�da�ricon-
durre�all'esercizio�di�una�potesta�legislativa�esclusiva�dello�Stato.�
Si�osserva,�peraltro,�che�e�ancora�aperto�in�dottrina�il�dibattito�circa�la�applicabilita�alla�
legislazione�concorrente�regionale�dei�principi�di�sussidiarieta�e�di�adeguatezza.�Vi�e�infatti�
chi�sostiene�che�proprio�in�virtu�dei�cennati�principi�le�potesta�regionali�devono�conformarsi�
agli�interessi�della�comunita�regionale,�mentre�tutte�le�attivita�che�coinvolgono�interessi�
sovraregionali�esigono�una�disciplina�unitaria�a�livello�statale;�cio�anche�per�le�materie�che�
ricadano�nella�competenza�concorrente.�

In�aggiunta�alle�considerazioni�di�indole�strettamente�giuridica�piu�sopra�svolte,�ed�a�
quelle�gia�dedotte�nell'atto�di�costituzione�in�giudizio,�questa�difesa�reputa�non�inopportuno�
sottoporre�all'attenzione�della�Corte�ulteriori�elementi�di�valutazione�di�natura�tecnica�ed�
economica,�con�richiamo�altres|�agli�obblighi�che�derivano�dalla�disciplina�comunitaria�nel�
settore�delle�telecomunicazioni�a�carico�della�Repubblica�italiana,�unitariamente�conside-
rata.�

E�necessario�porre�in�evidenza,�infatti,�che�il�denegato�accoglimento�dei�ricorsi,�oltre�ad�
essere�privo�di�giuridico�fondamento,�arrecherebbe�un�serio�pregiudizio�al�disegno�strategico�
di�interesse�nazionale�di�un�coerente�armonico�sviluppo�delle�telecomunicazioni�nel�nostro�
Paese,�in�adempimento�del�resto�a�quanto�puntualmente�dettato�a�livello�europeo.�

1.��Al�riguardo�si�rileva�in�primo�luogo�che,�a�seguito�della�gara�indetta�dalMini-
stero�delle�comunicazioni�per�il�rilascio�delle�licenze�di�telefonia�mobile�di�terza�generazione,�
lo�Stato�ha�realizzato�un 
introito 
complessivo 
di13.815 
milionidieuroper 
ilrilascio 
dicinque 
licenze 
agli 
operatori 
TIM, 
WIND, 
OMNITEL, 
H3G, 
IPSE.�

Tali�licenze,�della�durata�di�venti�anni,�prevedono�determinati�obblighi�di�copertura�sul�
territorio,�entro�i�termini�indicati,�meglio�specificati�nelle�delibere�dell'Autorita�per�le�garan-
zie�nelle�comunicazioni�(v.�delibere�di�rilascio�delle�licenze�individuali�10�gennaio�2001�
nn.�2-3-4-5-6/01/CONS,�nonche�il�regolamento�relativo�alla�procedura�di�autorizzazione�

n.�410/1999�del�22�dicembre�1999).
E�unanimemente�riconosciuto�che�il�ritardo�del�lancio�dei�servizi�UMTS�e�dovuto,�tra�
l'altro,�agli�ostacoli��giuridici��dovuti�a�incoerenze�da�Regione�a�Regione�delle�norme�sulla�
valutazione�di�impatto�ambientale,�su�divieti�di�zonizzazione�e�localizzazioni�diverse�da�
Regioni�a�Regioni�e�da�comune�a�comune,�che�hanno�ritardato��se�non�addirittura�impe-
dito��le�attivita�degli�operatori�volte�al�dispiego�delle�infrastrutture�di�rete,�con�riflessi�
sulla�stessa�possibilita�di�concludere�accordi�di�condivisione�di�impianti�e�frequenze�o�di�roa-
ming,�previsti�dalla�delibera�dell'Autorita�n.�388/00/CONS�del�21�giugno�2000�quali�misure�
afavoredella�concorrenza�(in�particolare,�articoli�da4a7).�

Va�anche�aggiunto�che,�mentre�nelle�gare�per�il�rilascio�delle�licenze�di�telefonia�mobile�
di�prima�e�seconda�generazione�(GSM),�che�sono�state�svolte�con�il�sistema�del�beauty 
con-
test,�non�vi�erano�obblighi�di�copertura�se�non�quelli�volontariamente�assunti�dagli�operatori�
per�dar�luogo�a�punteggio,�nella�gara�UMTS�tali�obblighi�sono�imposti�per�regolamento.�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

In�tale�contesto,�l'impossibilita�di�installare�la�rete�e�pertanto�il�mancato�rispetto�dei�ter-
mini�di�gara,�potrebbe�dare�luogo�a�gravose�richieste�risarcitorie�da�parte�degli�operatori�
del�prezzo�versato�per�l'aggiudicazione�della�gara�stessa.�

Gli�operatori�che,�da�un�lato,�hanno�ottenuto�le�licenze�individuali,�con�conseguente�
obbligo�di�assicurare�il�servizio�universale�per�la�generalita�dell'utenza�a�prescindere�dalla�
localizzazione�e�a�condizione�di�prezzo�accessibili,�e�d'altro�lato�si�vedono�senza�giustifica-
zione�e�ragionevolezza�fortemente�penalizzati�nell'installazione�degli�impianti�e�nell'ottimale�
espletamento�del�servizio�potrebbero�rivalersi�nei�confronti�dello�Stato,�per�aver�fatto�legitti-
mamente�affidamento�sul�regolare�svolgimento�e�sviluppo�della�loro�attivita�,�con�conse-
guenze�economiche�di�rilevante�entita�.�

2.��Dei�preoccupanti�aspetti�di�ritardo�nel�lancio�dei�servizi�UMTS�si�occupa�anche�
la�comunicazione�della�Commissione�europea�al�Consiglio�del�2002,�nella�quale�viene�fornito�
un�quadro�generale�europeo�della�situazione�attuale�dello�sviluppo�dei�sistemimobili�diterza�
generazione�e�vengono�esaminati�aspetti�di�armonizzazione�delle�procedure�a�livello�euro-
peo.�
In�tale�comunicazione�la�Commissione�espone�che��Le 
amministrazioni 
possono 
facili-

tare 
l'installazione 
fisica 
delle 
reti 
armonizzando 
le 
condizioni 
ed 
accelerando 
le 
procedure. 
A�

piu�lungo�termine�l'armonizzazione�delle�condizioni�di�rilascio�delle�licenze�in�tutta�l'UE�evi-
tera�distorsioni�del�mercato�e�incertezza�nel�settore�.�

Il�paragrafo�3.2�e�dedicato�alle�misure�a�sostegno�dell'introduzione�delle�comunicazioni�
3G�e�agli�ostacoli�all'installazione�fisica�delle�reti.�

Deve�constatarsi�purtroppo�che�gli�operatori�incontrano�notevoli�difficolta�nell'installa-
zione�delle�reti,�la�quale�al�momento�costituisce�l'obiettivo�prioritario.�Ottenere�l'autorizza-
zione�ad�installare�le�stazioni�radio�base�e�diventato�molto�difficile�in�alcuni�Stati�membri�e�
tali�impedimenti�rischiano�di�condizionare�il�calendario�di�installazione�e�di�causare�un�
imprevisto�aumento�dei�costi.�

Tali�difficolta�sono�dovute�alle�presunte�conseguenze�sulla�salute�delle�emissioni�elettro-
magnetiche�delle�stazioni�base�ed�a�preoccupazioni�di�carattere�ambientale�legate�alla�neces-
sita�di�installare�numerose�antenne�3G�che�non�appaiono�invero�ragionevoli�e�giustificate�
alla�luce�delle�acquisizioni�tecnico-scientifiche�disponibili�e�della�normativa�di�riferimento�
(che�per�l'Italia,�tra�l'altro,�e�particolarmente�rigida�e�cautelativa,�avendo�innalzato�notevol-
mente�i�livelli�di�tutela�rispetto�agli�standards 
europei).�

Le�regole�applicate�a�livello�regionale�e�locale�variano�notevolmente,�come�pure�le�rego-
lamentazioni�nazionali�in�materia�di�emissioni,�che�non�sono�armonizzate�a�livello�europeo.�

Il�nuovo�quadro�normativo�derivante�dal�pacchetto�delle�nuove�direttive�europee�esorta�
le�pubbliche�autorita�ad�adottare�misure�che�facilitino�l'installazione�(come�la�coubicazione�
e�la�condivisione�delle�strutture)�e�ad�adottare�soluzioni�di�armonizzazione�che�servano,�nel�
contempo,�all'interesse�dell'ambiente�e�dello�sviluppo�della�societa�dell'informazione,�e�
soprattutto,�a�rendere�piu�trasparente�l'azione�dei�responsabili�locali�nel�rilascio�delle�auto-
rizzazioni.�La�mancata�armonizzazione�penalizza�non�solo�il�settore�delle�telecomunicazioni�
nel�suo�sviluppo,�ma�anche�il�cittadino�che,�confrontando�la�diversita�delle�situazioni,�non�
si�sente�sicuro�e�tutelato.�

La�Commissione,�dunque,�raccomanda�una�armonizzazione�a�livello�europeo,�armoniz-
zazione�che�tanto�piu�dovrebbe�essere�raggiunta�all'interno�di�ogni�singolo�Stato�membro.�

Tale�principio�di�armonizzazione�viene�sancito�anche�dalle�nuove�direttive�europee�in�
via�di�recepimento,�in�particolare�nella�direttiva�2002/21/CE�(cd.�direttiva��quadro�)�che�
all'art.�11�prevede�che:�

�Gli�Stati�membri�assicurano�che,�nell'esaminare�una�domanda�per�la�concessione�del�
diritto�di�installare�strutture�su�proprieta�pubbliche�o�private�a�un'impresa�autorizzata�a�for-
nire�reti�pubbliche�di�comunicazione,�l'autorita�competente:�

agisca�in�base�a�procedure�trasparenti�e�pubbliche�applicate�senza�discriminazioni�e�
senza�ritardi;�
rispetti�i�principi�di�trasparenza�e�non�discriminazione�nel�prevedere�condizioni�per�
l'esercizio�di�tali�diritti.��
Alla�direttiva�quadro�si�vanno�ad�aggiungere�le�altre�tre�direttive��rispettivamente�

n.�2002/19/CE�(cd.�direttiva��accesso�),�n.�2002/20/CE�(cd.�direttiva��autorizzazioni�),�e�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

n.�2002/22/CE�(cd.�direttiva��servizio�universale�)�nonche�la�Decisione�n.�676/2002/CE,�
che�insieme�costituiscono�una�organica�disciplina�per�lo�sviluppo�del�settore�secondo�principi�
ritenuti�fondamentali�a�livello�comunitario.�
3.��Quanto�all'impatto�economico�sul�sistema�delle�telecomunicazioni,�si�sottopon-
gono�i�seguenti�elementi�di�valutazione.�
Il�settore�delle�telecomunicazioni�e��caratterizzato�da�significativi�investimenti.�Essi�sono�
imposti�dalla�necessita��di�adeguare�l'insieme�delle�infrastrutture�esistenti�ad�una�domanda�
di�capacita��sempre�piu��elevata,�ma�anche�dal�continuo�progresso�tecnologico,�che�va�sfrut-
tato�al�meglio�nella�implementazione�delle�strategie�competitive.�Tali�investimenti�riguar-
dano�sia�il�mercato�della�telefonia�mobile,�dove�gli�operatori�investono�per�il�mantenimento�
e�l'allargamento�della�propria�base�clienti,�adeguando�la�capacita��e�la�qualita��della�rete�ad�
una�domanda�in�forte�crescita,�sia�il�mercato�della�telefonia�fissa,�concentrato�prevalente-
mente�nella�rete�e�indirizzato�alle�nuove�tecnologie�emergenti�di�trasmissionedatiadalta�
velocita��mediante�le�linee�ISDN,�ADSL�e�fibra�ottica.�

A�differenza�del�mercato�della�telefonia�fissa,�che�non�e��condizionato�dalla�disponibilita��
di�risorse�frequenziali�scarse,�il�mercato�delle�reti�radio-mobili�presenta�alcune�significative�
caratteristiche:�

�barriere�all'entrata�derivanti�dalla�scarsita��delle�risorse�radio,�che�costituisce�un�
limite�al�numero�di�operatori�sul�mercato;�

�numerosita��degli�operatori�limitata�dalla�disponibilita��dello�spettro,�ma�crescente�
nel�tempo,�in�quanto�lo�Stato�disciplina�di�volta�in�volta�la�allocazione�di�nuovo�spettro�in�
relazione�ad�esigenze�legate�allo�sviluppo�delle�comunicazioni�(si�pensi�al�passaggio�dalla�
tecnologia�TACS�a�quelle�GSM�e�UMTS);�

�elevati�investimenti�e�costi�per�la�realizzazione,�l'operativita��elosviluppodei�
sistemi�di�rete;�

�rapido�sviluppo�del�numero�di�utenti�di�telefonia�mobile�a�partire�dalla�seconda�
meta��degli�anni�novanta,�su�cui�ha�inciso�la�commercializzazione�del�servizio�pre-pagato;�

�concentrazione�degli�operatori�leader 
a�livello�europeo�e�maggiori�economie�di�
scala�con�la�rottura�dei�confini�nazionali.�

In�Italia,�com'e��noto,�attualmente�sono�operativi�i�sistemi�TACS�e�GSM�ed�e��in�fase�di�
lancio�il�sistema�UMTS�a�seguito�del�rilascio,�come�gia��ricordato,�delle�relative�licenze�a�cin-
que�operatori�nel�2001.�

Il�mercato�della�telefonia�mobile�in�Italia�e��anche�caratterizzato�da�determinati�elementi�
che�lo�differenziano�dal�resto�dei�Paesi�europei.�

Una�prima�differenza�e��data�dai�tassi�di�crescita�che�hanno�subito�un�forte�incremento�
dal�1995�al�1999�(dal�6,9%�del�1995�al�52,6%�del�1999),�maggiore�rispetto�agli�altri�Paesi.�

Una�seconda�differenza�e��data�dalla�data�di�ingresso�del�terzo�e�del�quarto�gestore,�che�
in�Italia�e��avvenuta�con�ritardo�rispetto�agli�altri�Paesi�(simile�all'Italia�e��il�caso�della�Spa-
gna,�dove�il�terzo�gestore�ha�avviato�l'operativita��a�partire�dal�1999).�

Una�terza�caratteristica�e��che�il�nostro�Paese�ha�assegnato�una�porzione�inferiore�di�
banda�al�sistema�GSM�rispetto�agli�altri�Paesi�campione,�limite�ancor�piu��penalizzante�se�
si�considera�il�numero�di�clienti�mobili�in�Italia,�maggiore�degli�altri�Stati.�

Una�quarta�differenza�si�riscontra�nella�concentrazione�del�mercato�sui�primi�due�ope-
ratori�radiomobili,�soprattutto�a�motivo�dei�diversi�tempi�degli�altri�entranti.�

La�quinta�differenza,�di�natura�regolamentare,�e��data�dall'obbligo�di�roaming 
per�un�
periodo�transitorio,�che�deve�essere�concesso�dagli�operatori�esistenti�agli�operatori�nuovi�
entranti.�La�finalita��di�tale�misura�pro-concorrenziale�e��quella�di�favorire�l'accelerazione�
della�concorrenza�attraverso�una�regola�asimmetrica�valida�per�un�periodo�transitorio�e�con-
dizionata�alla�copertura�per�fasi�del�territorio�e/o�della�popolazione�con�l'infrastruttura�di�
rete�proprietaria.�

In�sintesi,�il�mercato�delle�reti�e�dei�servizi�radiomobili�di�seconda�e�terza�generazione�

presenta�in�Italia�le�seguenti�caratteristiche:�
�alta�penetrazione�dei�servizi�di�telefonia�mobile;�
�ingresso�recente�del�terzo�operatore�GSM;�
�ingresso�di�due�nuovi�operatori�UMTS,�ancora�non�attivi;�
�frequenze�allocate�al�TACS�e�al�GSM�inferiori�alla�media�UE;�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

�concentrazione�delle�quote�di�mercato�sui�primi�due�operatori�e�progressivo�
aumento�della�concorrenza�solo�con�l'entrata�del�terzo�e�del�quarto�operatore;�

�regolamentazione�finalizzata�ad�accompagnare�le�misure�di�roaming 
pro-concor-

renziali�e�transitorie�con�la�realizzazione�di�proprie�infrastrutture�sul�territorio.�
In�presenza�di�siffatta�situazione�del�mercato�radiomobile,�l'avvio�della�telefonia�mobile�
di�terza�generazione�persegue�i�seguenti�obiettivi:�
a) 
promuovere�una�concorrenza�efficace�sul�mercato�delle�infrastrutture�che�non�

risulta�ancora�pienamente�sviluppato,�attraverso�la�capacita�di�ciascun�operatore�di�servirsi�
delle�proprie�reti�senza�ricorrere�per�troppo�tempo�alla�misura�transitoria�del�roaming;�

b) 
consentire�agli�operatori�di�rete�nuovi�entranti�nel�mercato�della�terza�generazione�
di�ridurre�i�livelli�di�incertezza�e�i�rischi�connessi�al�recupero�dei�rilevanti�investimenti�di�
entrata;�

c) 
garantire�migliori�condizioni�per�gli�utenti�in�termini�di�prezzo,�qualita�e�innova-
zione�dei�servizi,�in�dipendenza�del�maggior�grado�di�concorrenza.�

L'analisi�del�mercato�dei�sistemi�radiomobili�mette�in�luce�come�in�Italia�il�mercato�delle�
infrastrutture�mobili�di�seconda�generazione�non�risulti�ampiamente�sviluppato�sotto�il�pro-
filo�infrastrutturale,�condizione�che,�come�ravvisato�dall'Autorita�per�le�garanzie�nelle�comu-
nicazioni,�puo�ostacolare�e�non�promuovere�la�concorrenza�sui�servizi.�Una�vera�concor-
renza�sulle�reti,�infatti,�costituisce�una�condizione�prioritaria�per�la�concorrenza�anche�sui�
servizi.�A�tal�fine�di�recente�e�stato�modificato�il�decreto�del�Presidente�della�Repubblica�

n.�318�del�1997,�prevedendo�l'allungamento�delle�licenze�a�venti�anni,�al�fine�di�consentire�
un�piu�lungo�orizzonte�temporale�agli�operatori�per�programmare�con�maggiore�respiro�gli�
investimenti�nelle�infrastrutture�e�realizzare�cos|�le�reti�alternative�a�quelle�dei�maggiori�
gestori.�
In�tal�modo�la�misura�di�roaming 
assume�il�ruolo�di�regola�pro-concorrenziale�transito-
ria�limitata�al�periodo�necessario�a�consentire�la�realizzazione�di�infrastrutture�alternative�e�
viene�limitato�il�rischio�di�aumentare�il�potere�di�mercato�e�la�capacita�contrattuale�degli�
operatori�incumbents 
dotati�di�proprie�infrastrutture�gia�sviluppate.�

Dall'analisi�svolta�dall'Autorita�per�le�garanzie�nelle�comunicazioni�sul�modello�econo-
mico�di�un�operatore�nuovo�entrante�nella�terza�generazione,�e�emerso�che�il�recupero�degli�
investimenti�per�tali�sistemi�e�pari�a�8-10�anni�dal�rilascio�della�licenza�e�7-9�anni�dall'avvio�
delle�attivita�commerciali�(delibera�n.�544/00/CONS,�pubblicata�in�Gazzetta 
Ufficiale 


n.�183�del�7�agosto�2000).�
L'analisi�conferma�che�la�realizzazione�e�lo�sviluppo�di�una�rete�di�terza�generazione�
richiede�investimenti�cospicui�non�solo�per�l'implementazione�di�una�efficace�copertura�ini-
ziale�del�territorio,�ma�anche�per�lo�sviluppo�delle�piattaforme�di�erogazione�dei�nuovi�ser-
vizi.�
La�stima�del�tempo�ritenuto�ragionevole�per�il�recupero�degli�investimenti�di�un�opera-
tore�nuovo�entrante�della�terza�generazione�sconta,�altres|�,�incertezze�e�difficolta�sia�per�la�
valutazione�dei�ricavi�attesi�dai�nuovi�servizi�(la�cui�domanda,�ad�oggi,�e�fortemente�incerta),�
sia�per�la�difficolta�di�stima�del�valore�degli�investimenti�industriali�complessivi.�

4.��In�tale�contesto�non�va�sottovalutata�la�difficolta�nell'installazione�delle�nuove�
reti�radiomobili�dovuta�alla�problematica�dell'inquinamento�elettromagnetico�e�alla�disomo-
geneita�delle�procedure�autorizzatorie�degli�enti�locali�nel�concedere�i�permessi�edilizi�per�
l'installazione�delle�nuove�antenne.�Problematica,�questa,�che�interessa�non�solo�le�nuove�reti�
di�terza�generazione,�ma�anche�quelle�del�terzo�e�del�quarto�operatore�del�sistema�di�seconda�
generazione,�che�non�hanno�ancora�completato�la�realizzazione�degli�investimenti�nelle�
infrastrutture.�
Anche�a�tale�logica�risponde,�pertanto,�il�decreto�legislativo�n.�198�del�2002,�per�assicu-
rare�un�uso�efficiente�delle�frequenze�radio�e�meglio�consentire�l'installazione,�da�parte�degli�
operatori�licenziatari,�delle�infrastrutture�proprietarie�al�fine�del�completamento�del�servizio�
anche�nelle�zone�isolate,�periferiche�e�senza�sbocchi.�Esso�ha�riflessi�positivi�anche�sul�conte-
nimento�delle�tariffe,�perche�promuovendo�la�concorrenza�tra�le�reti,�instaura�un�maggior�
grado�di�concorrenza�sui�servizi,�contribuendo�a�creare�le�condizioni�per�lo�sviluppo�della�
societa�dell'informazione.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

5.��Da�quanto�sopra�rappresentato�emerge�l'intima�ratio 
elacoerenzadi�fondo�sot-
tese�alla�disciplina�di�cui�al�decreto�legislativo�n.�198�del�2002,�e�la�conseguente�manifesta�
infondatezza�delle�censure�di�costituzionalita�sostanzialmente�riproposte,�con�marginali�
diversita�,�in�tutti�i�ricorsi�presentati.�
Per�quanto�sopra�esposto,�il�Presidente�del�Consiglio�dei�Ministri�insiste�per�il�rigetto�
del�ricorso.�
Roma,�11�marzo�2003�-f.to�Avv. 
Paolo 
Cosentino�.�

Tribunale 
Amministrativo 
Regionale 
per 
il 
Veneto, 
sezione 
terza, 
sentenza 
28 
ottobre 
2002, 


n. 
6118 
^Presidente 
relatore 
U.�Zuballi�^sul�ricorso�n.�1822/01�della�ENEL�Distribu-
zione�S.p.A.,�(avvocati�G.�de�Vergottini,�C.�Caturani�e�C.�Funes),�c/�Regione�Veneto�
(Avvocati�R.�Morra�e�E.�Zanon);�e 
nei 
confronti 
dell'ARPAV,�Agenzia�regionale�per�la�
prevenzione�e�protezione�dell'ambiente�per�il�Veneto,�(avvocati�G.�Parolin�e�I.�Andreasi�
Bassi);�per 
l'annullamento 
della�nota�del�Presidente�della�Regione�Veneto�prot.�
5384/46/04�del�7�maggio�2001�avente�ad�oggetto�la�richiesta�di�intervento�per�adegua-
mento�alla�normativa�vigente.�
�(omissis).�Diritto 
�Va�innanzi�tutto�rilevato�che�la�nota�impugnata��contrariamente�
alla�tesi�regionale��risulta�direttamente�lesiva,�in�quanto�con�la�stessa�il�presidente�della�
regione�ha��imposto��alla�societa�ricorrente�di��adottare�tutti�gli�accorgimenti�e�le�misure�
atte�a�risolvere�le�suddette�problematiche�e�di�presentare�alla�Regione�del�Veneto�un�idoneo�
programma�di�risanamento�e�di�adeguamento�delle�esistenti�fonti�di�elettrosmog 
alle�norme�
dettate�dalla�vigente�normativa�regionale,�con�particolare�riferimento�ai�siti�sensibili.��

Si�tratta�in�sostanza�di�un�provvedimento�amministrativo�che�impone�in�via�immediata�
una�determinata�attivita�alla�ditta�destinataria,�e�non�gia�di�un�atto�meramente�sollecitato-
rio.�

La�questione�giuridica�cardinale�riguarda�quindi�la�potesta�della�Regione�Veneto�in�
materia.�

Per�risolvere�questa�fondamentale�questione,�necessita�esaminare�brevemente�la�norma-
tiva�che�regola�la�materia.�

Viene�in�rilievo�innanzi�tutto�il�decreto�del�Presidente�del�Consiglio�dei�Ministri�
23�aprile�1992,�che�ha�ad�oggetto��limiti�massimi�di�esposizione�ai�campi�elettrici�e�magnetici�
generati�alla�frequenza�industriale�nominale�(50�hz)�negli�ambienti�abitativi�e�negli�ambienti�
esterni�.�Tali�norme,�tuttavia,�erano�e�sono�tutt'ora�concepite�esclusivamente�per�la�prote-
zione�dagli�effetti�acuti,�che�derivano�dall'interazione�con�il�campo�elettromagnetico�a�bassa�
frequenza�(si�veda�sul�punto�la�fondamentale�sentenza�del�TAR�Veneto,�sezione�II,�13�feb-
braio�2001�n.�236).�

I�limiti�massimi�fissati�dal�ripetuto�decreto�del�Presidente�del�Consiglio�dei�Ministri�del�
1992�(campo�elettrico�5�kv/m�ed�induzione�magnetica�100�microtesla)�sono,�infatti,�assai�ele-
vati,�proprio�perche�riferiti�alle�esposizioni�istantanee;�dunque�si�tratta�di�limiti�che�non�
garantiscono�alcuna�sicurezza�nel�caso�di�esposizioni�prolungate�e�quindi�inidonei�a�far�
fronte�agli�effetti�a�lungo�termine.�

Nello�stesso�decreto�del�Presidente�del�Consiglio�dei�Ministri�venivano�delineati�-ma�
non�definiti�^anche�gli�obiettivi�di�protezione�dalle�esposizioni�a�lungo�periodo�mediante�
la�previsione�del�rispetto�di�distanze�tra�elettrodotti�ed�edifici�destinati�alla�residenza�tali�
da�ridurre�i�limiti�di�esposizione�da�50�a�200�volte�rispetto�a�quelli�fissati�dall'art.�4.�

Conviene�ora�esaminare�la�legge�regionale�veneta�n.�27�del�1993.�

In�particolare,�il�legislatore�veneto�ha�introdotto�una�disciplina,�caratterizzata�da�espli-
cite�finalita�cautelari,�che,�proprio�con�riguardo�agli�effetti�a�lungo�termine�dell'esposizione�
al�campo�elettrico,�prevede�limiti�di�emissione�di�distanze�di�rispetto�tra�le�linee�elettriche�
ad�alto�voltaggio�ed�abitazioni�assai�superiori�a�quelle�fissate�dal�decreto�del�Presidente�del�
Consiglio�dei�Ministri�del�1992;�uno�di�questi�e�il�limite�di�campo�magnetico�che�non�puo�
essere�superiore�a�0,2�microtesla.�

Va�ricordato�che,�sulla�legittimita�costituzionale�della�citata�legge�regionale,�ebbe�a�pro-
nunciarsi�la�Corte�Costituzionale,�la�quale�dichiaro�inammissibile�la�questione�sollevata,�in�
riferimento�all'art.�117�cost.,�per�il�fatto�che,�prevedendo�valori�di�campo�elettrico�e�magne-


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

tico�di�gran�lunga�inferiori�a�quelli�introdotti�dal�decreto�del�Presidente�del�Consiglio�dei�
Ministri�23�aprile�1992,�invaderebbe�la�competenza�legislativa�spettante�allo�Stato,�in�mate-
ria�di�limiti�massimi�uniformi�di�accettabilita�delle�concentrazioni�e�dell'esposizione�alle�fonti�
inquinanti.�

Infatti,�secondo�la�Corte,�la�Regione�si�e�mantenuta�nell'ambito�di�attribuzioni�sue�pro-
prie�ed�in�particolare�nell'ambito�di�competenze�che�attengono�alla�disciplina�del�territorio�
comprensiva�di�tutti�gli�aspetti�conoscitivi,�normativi�e�gestionali�riguardanti�le�operazioni�
di�salvaguardia�e�di�trasformazione�del�suolo�nonche�la�protezione�dell'ambiente�(art.�80�
decreto-legge�n.�616�del�1977)�(Corte�Costituzionale�7�ottobre�1999,�n.�382).�

Peraltro,�come�rilevato�in�ricorso,�la�legge�regionale�27�del�1993,�si�occupa�degli�elettro-
dotti�nuovi,�e�non�gia�di�quelli�preesistenti,�come�quello�in�discussione.�Ne�discende�che�il�
limite�di�0,2�microtesla�non�puo�risultare�cogente�per�il�Comune,�anche�se�puo�valere�come�
parametro�di�valutazione,�accanto�alle�altre�indicazioni�tecniche�provenienti�dalla�Regione�
dall'ARPAV�e�dalla�Unita�sanitaria.�

Sempre�riguardo�alla�legge�regionale�n.�27�del�1993,�la�ditta�ricorrente�osserva�come�
essa,�riguardando�la�materia�urbanistica,�non�potrebbe�dettare�disposizioni�cogenti�in�mate-
ria�ambientale.�

Sul�punto,�a�parte�che�la�stessa�Corte�Costituzionale�ha�indirettamente�risolto�la�que-
stione,�va�rilevato�che�la�prospettazione�di�parte�ricorrente,�ancorche�suggestiva,�risulta�
frutto�di�un�equivoco.�Invero,�sulla�base�di�una�piu�che�decennale�giurisprudenza,�si�puo�sen-
z'altro�affermare�che�tutela�paesistica�e�disciplina�urbanistica�appaiono�governati�nel�nostro�
ordinamento�da�una�reciproca�autonomia.�

Gia�la�Corte�costituzionale,�con�numerose�pronunce�(tra�cui�ricordiamo�la�n.�359�del�
21�dicembre�1985)�afferma�che�la�nozione�del�paesaggio,�cos|�come�delineata�dall'art.�9�della�
Costituzione,�non�appare�riconducibile�a�quella�di�urbanistica�la�quale,�pur�nella�lata�acce-
zione�di�cui�all'art.�80�del�decreto�del�Presidente�della�Repubblica�n.�616�del�1977,�non�
esclude�la�configurabilita�in�ordine�allo�stesso�territorio�di�altre�valutazioni�e�discipline.�

In�altri�termini,�la�materia�urbanistica�non�puo�,�per�sua�stessa�natura,�essere�assimilata�
ad�una�delle�tante�materie�oggetto�dell'usuale�riparto�di�competenze�tra�Stato,�Regioni,�
Comuni�e�cos|�via.�

Ad�avviso�di�questo�Tribunale,�con�riferimento�alla�materia�urbanistica,�non�possono�
valere�quindi�gli�usuali�canoni�di�definizione�delle�materie,�sulla�base�dei�dati�normativi,�e�
di�conseguente�attribuzione�di�ogni�singolo�oggetto�ad�una�specifica�materia,�al�fine�di�chia-
rire�la�spettanza�del�relativo�potere.�

L'equivoco,�culturale�ancor�prima�che�giuridico,�si�e�palesato�in�modo�significativo�in�
occasione�dell'entrata�in�vigore�del�decreto�del�Presidente�della�Repubblica�n.�616�del�1977,�
che�come�noto�tento�una�definizione�delle�materie�trasferite�alle�Regioni.�In�particolare,�
per�quanto�concerne�l'urbanistica,�all'art.�80�si�definisce�la�materia�come�la�disciplina�del-
l'uso�del�territorio,�comprensiva�della�protezione�dell'ambiente.�

Non�si�tratto�,�come�venne�talvolta�equivocato,�dell'inclusione�della�materia�ambientale�
in�quella�urbanistica,�ma�dell'enunciazione,�sia�pure�esemplificativa,�di�un�dato�indiscutibile,�
che�sul�territorio�insistono�piu�interessi,�tra�cui�quello�ambientale.�

Ad�avviso�di�questo�Collegio,�tentare�di�chiarire�i�riparti�di�competenze�usando�per�l'ur-
banistica�lo�stesso�metro�adottato�per�le�altre�discipline�o�meglio�materie,�denota�quindi�un�
approccio�che�ne�ignora�le�peculiarita�,in�primis 
quella�di�essere�una�specie�di��contenitore��
nel�cui�ambito�e�dato�ritrovare�i�piu�vari�beni�tutelabili�dall'ordinamento.�

L'urbanistica�infatti,�intesa�come�assetto�del�territorio,�risulta,�nella�sua�stessa�essenza,�
una�disciplina�che�interferisce�con�tutti�gli�interessi�particolari�che�sul�territorio�stesso�neces-
sariamente�si�localizzano,�come�quelli�concernenti�la�difesa�nazionale,�quelli�commerciali,�
industriali,�via�via�fino�ai�vari�interessi�privati.�Naturalmente�tra�questi�interessi�vi�e�anche�
la�tutela�dell'ambiente.�

In�altri�termini,�l'urbanistica�va�considerata�non�tanto�di�per�se�,�quanto�come�sistema�di�
organizzazione�dei�vari�valori�od�interessi�presenti�nel�territorio.�Essa�va�intesa�come�mezzo,�
come�strumento�di�razionalizzazione�ed�organizzazione�di�altri�beni.�

Non�ha�quindi�molto�senso�chiedersi�se�l'ambiente�come�materia�sia�stato�incluso�nel-
l'urbanistica�dalla�normativa�vigente;�e�evidente�infatti�che�con�lo�strumento�urbanistico�si�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

possa�e�debba�tutelare�anche�il�bene�ambiente�o�paesaggio�(i�due�termini�ormai,�dopo�una�
decennale�evoluzione�normativa�e�giurisprudenziale,�possono�considerarsi�pressoche�equiva-
lenti).�

Conclusivamente�sul�punto,�la�legge�regionale�veneta�n.�27�del�1993�puo�legittimamente�
dettare�norme�in�materia�ambientale.�

Il�quadro�normativo�e�stato�recentemente�innovato�tramite�la�legge�sulla�protezione�
dalla�esposizione�ai�campi�elettrici,�magnetici�ed�elettromagnetici�22�febbraio�2001,�n.�36�
pubblicata�nella�Gazzetta 
Uf
fficiale, 
serie�generale,�n.�55�del�7�marzo�2001.�

Tale�legge��al�fine�di��assicurare�la�tutela�della�salute�...�e�di�promuovere�la�ricerca�
scientifica�per�la�valutazione�degli�effetti�a�lungo�termine�e�attivare�misure�di�cautela�da�
adottare�in�applicazione�del�principio�di�precauzione�...�(art.�1)�attribuisce�alla�competenza�
statale�(art.�3)�la�fissazione�dei�limiti�di�esposizione,�dei�valori�di�attenzione�e�degli�obiettivi�
di�qualita�(si�tratta�cioe�dei�parametri�che�dovranno�aggiungersi�e/o�integrarsi�con�i�100�
microtesla�dell'art.�4�del�decreto�del�Presidente�del�Consiglio�dei�Ministri�23�aprile�1992)�
secondo�la�definizione�degli�stessi�data�al�precedente�art.�3.�

In�particolare�l'art.�3,�1�comma,�lett.�b),�definisce�limite�di�esposizione��il�valore�di�
campo�elettrico,�magnetico�ed�elettromagnetico,�considerato�come�valore�di�immissione,�
definito�ai�fini�della�tutela�della�salute�da�effetti�acuti,�che�non�deve�essere�superato�in�alcuna�
condizione�di�esposizione�della�popolazione�e�dei�lavoratori�per�le�finalita�di�cui�all'art.�1,�
comma�1,�lett.�a)�.�

La�successiva�lett.�c) 
definisce�valore�di�attenzione��il�valore�di�campo�elettrico,�magne-
tico�ed�elettromagnetico,�considerato�come�valore�di�immissione,�che�non�deve�essere�supe-
rato�negli�ambienti�abitativi,�scolastici�e�nei�luoghi�adibiti�a�permanenze�prolungate�per�le�
finalita�di�cui�all'art.�1,�comma�1,�lett.�b) 
e�c).�Esso�costituisce�misura�di�cautela�ai�fini�della�
protezione�da�possibili�effetti�a�lungo�termine�e�deve�essere�raggiunto�nei�tempi�e�nei�modi�
previsti�dalla�legge�.�

Infine,�a�termini�della�lett.�d),�sono�obiettivi�di�qualita�:�

�1)�i�criteri�localizzativi,�gli�standard 
urbanistici,�le�prescrizioni�e�le�incentivazioni�per�
l'utilizzo�delle�migliori�tecnologie�disponibili,�indicati�dalle�leggi�regionali�secondo�le�compe-
tenze�definite�dall'art.�8;�

2)�i�valori�di�campo�elettrico,�magnetico�ed�elettromagnetico,�definiti�dallo�Stato�
secondo�le�previsioni�di�cui�all'art.�4,�comma�1,�lett.�a) 
ai�fini�della�progressiva�minimizza-
zione�della�esposizione�ai�campi�medesimi�.�

Come�visto,�la�legge�n.�36�del�2001�non�fissa�direttamente�i�parametri,�i�quali,�a�termini�
dell'art.�4,�dovranno�essere�determinati�con�decreto�del�Presidente�del�Consiglio�dei�Ministri�
e�dovranno�valere�su�tutto�il�territorio�nazionale,�nel�rispetto�cioe�del�principio�di�uniformita�
della�tutela.�Cio�viene�confermato�dall'art.�4,�comma�5,�a�mente�del�quale�le�regioni�ade-
guano�la�propria�legislazione�ai�limiti�di�esposizione,�ai�valori�di�attenzione�e,�limitatamente�
alla�definizione�di�cui�all'art.�3,�comma�1,�lett.�d),�numero�2),�agli�obiettivi�di�qualita�previsti�
nei�decreti�di�cui�al�comma�2�del�medesimo�articolo.�

Procedendo�nell'esame�della�legge�quadro�si�rileva�che�il�regime�transitorio�e�discipli-
nato�dall'art.�16�della�stessa.�Detta�norma�stabilisce�che,�sino�all'entrata�in�vigore�del�sopra�
ricordato�decreto�di�attuazione,�si�continuino�ad�applicare�le�disposizioni�del�sopra�ricordato�
decreto�del�Presidente�del�Consiglio�dei�Ministri�23�aprile�1992.�

Va�in�particolare�osservato�che�l'art.�4,�comma�1,�lett.�d),�della�ripetuta�legge�n.�36�del�
2001�stabilisce�che�lo�Stato�esercita�le�funzioni�relative��alla�determinazione�dei�criteri�di�elabo-
razione�dei�piani�di�risanamento�di�cui�all'art.�9,�comma�2�(cioe�quelli�che�riguardano�gli�elet-
trodotti),�con�particolare�riferimento�alle�priorita�di�intervento,�ai�tempi�di�attuazione�ed�alle�
modalita�di�coordinamento�delle�attivita�riguardanti�piu�regioni�nonche�alle�migliori�tecnolo-
gie�disponibili�per�quanto�attiene�alle�implicazioni�di�carattere�economico�ed�impiantistico�.�

Inoltre,�il�successivo�quarto�comma�del�medesimo�art.�4�stabilisce�che�alladetermina-
zione�dei�criteri�di�elaborazione�dei�piani�di�risanamento�degli�elettrodotti�si�provveda�con�
decreto�del�Presidente�del�Consiglio�dei�Ministri�da�emanarsi�entro�centoventigiornidalla�
data�di�entrata�in�vigore�della�legge;�il�procedimento�che�dovra�condurre�alla�adozione�dei�
pianidirisanamento�e�poi�disciplinato�dal�successivo�art.�9�che�prevede�la�presentazione�
da�parte�dei�gestori�degli�impianti�di�una�proposta�di�piano�entro�il�termine�di�dodici�mesi�
dalla�data�di�entrata�in�vigore�del�suindicato�decreto;�proposta�da�presentarsi�rispettiva-


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

mente�al�Ministero�dell'Ambiente�(per�gli�elettrodotti�con�tensione�superiore�a�150�kV)�
oppure�alla�Regione�(per�quelli�con�tensione�inferiore)�e�che�deve�indicareilprogramma�
cronologico�di�attuazione�e�le�relative�priorita�.�Successivamente�il�piano�dovra�essere�
approvato,�con�eventuali�modifiche,�integrazioni�e�prescrizioni�dalle�autorita�cui�e�stato�
presentato.�

Il�comma�4�dello�stesso�art.�9�stabilisce�infine�che�il�risanamento�degli�elettrodotti�deve�
essere�completato�entro�dieci�anni�dalla�data�di�entrata�in�vigore�della�legge.�

Entro�le�date�del�31�dicembre�2004�e�31�dicembre�2008�deve�comunque�essere�comple-
tato�il�risanamento�degli�elettrodotti�che�non�risultano�conformi,�rispettivamente,�ai�limiti�
di�cui�all'art.�4�ed�alle�condizioni�di�cui�all'art.�5�del�decreto�del�Presidente�del�Consiglio�
dei�Ministri�23�aprile�1992.�

Per�completezza�va�aggiunto�che�il�novellato�Titolo�V�della�Costituzione�affida�allo�
Stato�la�competenza�esclusiva�in�materia�di�tutela�dell'ambiente.�

Ad�avviso�di�questo�Collegio,�da�quanto�fin�qui�esposto�emerge�che,�sulla�base�della�
normativa�vigente,�compresa�la�legge�n.�36�del�2001,�non�esistono�parametri�normativa-
mente�fissati�relativi�alle�esposizioni�a�lungo�termine.�

Infatti,�quelli�fissati�dal�decreto�del�Presidente�del�Consiglio�dei�Ministri�riguardano�le�
emissioni�a�breve�termine,�quelli�della�legge�regionale�n.�27�del�1997�riguardano�gli�elettro-
dotti�costruendi�e�non�quelli�esistenti,�e�infine�la�legge�statale�n.�36�del�2001�rimanda�da�un�
lato�ad�un�futuro�decreto�attuativo�la�fissazione�dei�parametri�e�d'altro�lato�codifica�transito-
riamente�i�parametri�del�decreto�del�Presidente�del�Consiglio�dei�Ministri(che,�come�visto,�
non�concernono�l'esposizione�a�lungo�termine).�

Per�tutte�le�su�esposte�ragioni�il�provvedimento�regionale�impugnato�risulta�privo�di�
alcun�supporto�normativo�e�in�sostanza�va�considerato�come�emanato�in�assenza�di�potere;�
il�vizio�si�riverbera�anche�nella�motivazione,�che�si�appalesa�come�incongrua�e�carente.�

Il�ricorso�va�quindi�accolto�e�il�provvedimento�impugnato�va�annullato.�

Le�spese�di�giudizio�possono�essere�compensate�nei�confronti�dell'�ARPAV,�che�si�e�limi-
tata�a�fornire�un�supporto�tecnico,�mentre�per�il�rimanente,�secondo�la�regola�generale,�
seguono�la�soccombenza,�fanno�carico�alla�Regione�Veneto�e�vengono�liquidate�in�disposi-
tivo.�

P.Q.M. 
Il�Tribunale�Amministrativo�Regionale�per�il�Veneto,�Terza�Sezione,�respinta�
ogni�contraria�istanza�ed�eccezione,�definitivamente�pronunciando�sul�ricorso�in�premessa,�
lo�accoglie�e�per�l'effetto�annulla�l'impugnato�provvedimento�(omissis).�
Cos|�deciso�in�Venezia,�in�camera�di�consiglio,�il�2�ottobre�2002.�.�

Tribunale 
Amministrativo 
Regionale 
per 
la 
Toscana, 
sezione 
prima, 
sentenza 
16 
gennaio 
2003 
n. 
12 
^
Presidente 
G.�Vacirca�^Consigliere 
estensore 
M.�Nicolosi�(*).�

�(omissis)�Diritto 
1.��Gli�otto�ricorsi�sopra�indicati,�congiuntamente�trattati�alla�
medesima�udienza�pubblica,�vanno�riuniti�per�evidenti�ragioni�di�connessione�oggettiva�e�
soggettiva,�per�essere�decisi�con�un'unica�sentenza.�

2.��Il�contenzioso�promosso�con�i�rubricati�ricorsi,�attiene�ad�una�serie�di�provvedi-
menti�attraverso�i�quali�la�Regione�Toscana�ed�i�comuni�di�Firenze,�Massa�Marittima�e�Pisa�
hanno�disciplinato�la�localizzazione�ed�i�tetti�di�radiofrequenza�degli�impianti�di�telefonia�
mobile�nell'ambito�territoriale�(regionale�e�comunale)�di�competenza,�provvedendo�anche�
alla�sospensione�dei�procedimenti�riguardanti�le�pratiche�edilizie�d'autorizzazione�all'instal-
lazione�od�al�potenziamento�di�stazioni�radio�base�(in�seguito�S.R.B.).�
(*)�La�stessa�delibera�del�Consiglio�regionale�della�Toscana�del�16�gennaio�2002,�n.�12,�e�
stata�annullata�dal�TAR�Toscana�con�le�sentenze�n.�10�e�11�del�2002,�emesse�nella�stessa�
data.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

3.��La�complessita�della�controversia�richiede�una�sintetica�ricognizione�del�quadro�
normativo�vigente�in�materia.�Quadro�al�quale,�seppure�in�un'ottica�di��supplenza��come�si�
argomentera�,�hanno�inteso�riferirsi�le�Amministrazioni�resistenti�negli�atti�regolamentari�
impugnati.�
3.1.��Tale�ricognizione,�sotto�l'aspetto�della�successione�delle�norme�nel�tempo,�deve�
registrare�due�eventi�principali.�
Il�primo�evento,�e�quello�dell'entrata�in�vigore�della�legge-quadro�dello�Stato�22�febbraio�
2001�n.�36�(in�seguito�legge-quadro),�sulla�protezione�dalle�esposizioni�a�campi�elettrici,�
magnetici�ed�elettromagnetici,�che�viene�ad��interporsi��fra�la�legge�regionale�54,�contenente�
la�disciplina�in�materia�di�radiocomunicazioni,�e�la�delibera�del�consiglio�regionale�della�
Toscana�16�gennaio�2002�n.�12�(in�seguito�d.c.r.�12),�adottata�in�attuazione�dell'art.�4,�comma�
uno,�della�predetta�l.r.�54�(si�veda�preambolo�e�primo�punto�dispositivo)�cioe�:�per�definire�i�
criteri�generali�per�la�localizzazione�degli�impianti�e�l'identificazione�delle�aree�sensibili.�

Il�secondo�evento,�e�dato�dall'entrata�in�vigore�della�legge�costituzionale�18�ottobre�2001�

n.�3�(modifiche�al�titolo�V�della�parte�seconda�della�Costituzione),�che�-a�sua�volta�-viene�
ad��interporsi��fra�la�precedente�disciplina�legislativa�e�la�d.c.r.�12�impugnata.�
La�difesa�della�TIM�ha�sollevato�dubbi�sulla�costituzionalita�della�legge�regionale�54,�
mentre�daglienti�territoriali�intimatisie�fatto�esplicito�richiamo�al�mutato�quadro�costituz
ionale,�quasi�in�contrapposizione�alla�prevedibile�questione�di�costituzionalita�sollevata�in�
giudizio.�

3.2.��Poste�queste�premesse,�va�ricordato�che�la�prima�regolamentazione�statale�in�
materia�di�tetti�di�radiofrequenza�compatibili�con�la�salute�umana�e�data�dal�decreto�minis
teriale�10�settembre�1998�n.�381�(in�seguito�decreto�ministeriale�381)�emanato�in�attuazione�
dell'art.�1,�comma�6,�lett.�a),�n.�15,�della�legge�31�luglio�1997�n.�249.�Tale�decreto�ministeriale�
381��al�quale�tutti�gli�atti�impugnati�fanno�riferimento�a�diverso�titolo��ha�stabilito�in�
via�cautelativa,�per�le�esposizioni�a�campi�elettromagnetici�per�tempi�prolungati�da�parte�di�
recettori�sensibili�non�esposti�per�ragioni�professionali,�che�in�corrispondenza�di�edifici�adib
iti�a�permanenze�non�inferiori�a�quattro�ore�non�devono�essere�superati,�indipendentemente�
dalla�frequenza,�i�seguenti�valori�mediati�su�un'area�equivalente�alla�sezione�verticale�del�
corpo�umano�e�su�qualsiasi�intervallo�di�sei�minuti:�6�V/m�per�il�campo�elettrico,�
0,016�A/m�per�il�campo�magnetico,�intesi�come�valori�efficaci�e,�per�frequenze�comprese�
tra�3�Mhz�e�300�GHz,�0,10�W/m2�per�la�densita�di�potenza�dell'onda�piana�equivalente�
(art.�4,�comma�2).�
Lo�stesso�decreto�ministeriale�381�(art.�4,�comma�tre),�ha�attribuito�alle�Regioni�ed�alle�
Province�autonome�di�Trento�e�Bolzano�il�compito�di�definire�la�disciplina�per�l'installazione�
e�la�modifica�degli�impianti�di�radiocomunicazione�e�le�azioni�di�risanamento,�al�fine�di�
garantire�il�rispetto�dei�limiti�sopra�indicati�ed�il�raggiungimento�di�eventuali�obiettivi�di�
qualita�.�Nessuna�competenza�in�materia�era�stata�assegnata�ai�comuni�e�tale�principio�e�
stato�affermato�chiaramente�nelle�diverse�pronunce�dei�giudici�amministrativi�che�hanno�
annullato�la�difforme�regolamentazione�dettata�da�taluni�enti�comunali�(cfr.�TAR�Toscana,�
sez.�1,�26�luglio�2001,�n.�1266;�idem,�30�gennaio�2002,�n.�65;�TAR�Veneto,�sez.�2,�2�febbraio�
2002,�n.�347;�Consiglio�di�Stato,�sez.�VI,�3�giugno�2002,�n.�3095).�

Va�ricordato�in�proposito�che�il�decreto�ministeriale�381�e�intervenuto�quando�gia�era�
stato�avviato�il�c.d.�federalismo�amministrativo�con�il�varo�della�legge�15�marzo�1997,�n.�59�
(modificata�dalla�legge�16�giugno�1998,�n.�191�del�1998),�che�riserva(va)�allo�Stato,�tra�l'altro,�
la�tutela�dei�beni�culturali�e�le�comunicazioni�(art.�1,�comma�terzo,�lett.�d) 
ed�n) 
ed�i�compiti�
di�rilievo�nazionale�per�la�tutela�dell'ambiente�e�della�salute�(comma�quarto,�lett.�c).�Il�
decreto�legislativo�31�marzo�1998,�n.�112,�emanato�in�attuazione�della�legge�59�del�1997,�
avrebbe�individuato,�poi,�all'art.�69,�comma�uno�lett.�e),�come�compiti�di�rilievo�nazionale�
per�la�tutela�dell'ambiente,�la�determinazione�di�valori�limite,�standard,�obiettivi�di�qualita�
e�sicurezza�e�norme�tecniche�necessari�al�raggiungimento�di�un�livello�adeguato�di�tutela�dell
'ambiente�sul�territorio�nazionale;�e�all'art.�83,�comma�uno,�una�serie�di�compiti�di�rilievo�
nazionale�riguardanti�emissioni�nell'atmosfera�e�fissazione�dei�valori�limite�e�guida�della�
qualita�dell'aria.�

In�attuazione�del�decreto�ministeriale�381,�la�Regione�Toscana�ha�promulgato�la�legge�
regionale�54,�nel�corpo�della�quale�piu�volte�viene�affermato�che�e�fatto�salvo�il�rispetto�dei�
limiti�e�dei�valori�contenuti�nel�decreto�ministeriale�381�medesimo.�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

Di�rilievo,�ai�fini�della�decisione�del�contenzioso,�e�la�disciplina�data�all'art.�4�(funzioni�
regionali),�all'art.�6�(funzioni�comunali)�ed�all'art.�8�(azioni�di�risanamento).�

Infatti,�con�l'art.�4�si�stabilisce�che�la�Regione,�al�fine�del�raggiungimento�degli�obiettivi�
di�qualita�,detti:�

con�deliberazione�del�consiglio�regionale,�i�criteri�generali�per�la�localizzazione�degli�
impianti�e�per�l'identificazione�delle��aree�sensibili��come�definite�dall'art.�3�(particolare�
densita�abitativa,�presenza�di�infrastrutture�e�servizi,�specifici�interessi�paesaggistico-
ambientale�e�storico-architettonico);�

con�delibera�di�giunta,�entro�120�giorni�dall'entrata�in�vigore�della�leggestessa,�le�
modalita�del�rilascio�delle�autorizzazioni�comunali,�i�criteri�tecnici�per�al�gestione�del�catasto�
regionale�degli�impianti�e�per�l'attuazione�delle�azioni�di�risanamento,�le�modalita�tecniche�
e�procedurali�per�lo�svolgimento�dei�controlli,�le�modalita�relative�alla�presentazione,�da�
parte�dei�titolari�degli�impianti,�delle�dichiarazioni�inerenti�gli�impianti�installati�e�dei�rela-
tivi�programmi�di�sviluppo.�

Con�gli�artt.�6�ed�8,�stabilisce�che�i�comuni�provvedono�al�rilascio�delle�autorizzazioni�
all'installazione�o�alla�modifica�degli�impianti�di�telefonia�mobile�e�di�quelli�radiotelevisivi;�
all'attuazione�delle�misure�di�risanamento;�all'esercizio�della�funzione�di�vigilanza�e�di�con-
trollo;�allo�svolgimento�dei�compiti�di�educazione�ambientale�e�di�informazione�delle�popo-
lazioni�interessate.�

3.3.��Questo�era�l'assetto�normativo�vigente�alla�data�d'entrata�in�vigore�della�legge-
quadro.�
Tale�legge,�oltre�all'enunciazione�dello�scopo�di�dettare�principi�fondamentali�diretti�alle�
finalita�elencate�nelle�lettere�a),�b),e�c) 
dell'art.�1,�del�suo�ambito�di�applicazione�e�delle�
definizioni�(tra�le�quali�riveste�importanza�quella�relativa�agli�obiettivi�di�qualita�:art.�3,�
comma�uno,�lett.�d),�indica�quali�sono�le�funzioni�dello�Stato,�e�le�competenze�delle�Regioni�
e�dei�comuni.�

L'art.�4�stabilisce�che�lo�Stato�esercita�le�funzioni�relative:�

a) 
alla�determinazione�dei�limiti�d'esposizione,�dei�valori�di�attenzione�e�degli�obiet-
tivi�di�qualita�,�in�quanto�valori�di�campo�come�definiti�dall'art.�3,�comma�1,�lettera�d),�
numero�2),�in�considerazione�del�preminente�interesse�nazionale�alla�definizione�di�criteri�
unitari�e�di�normative�omogenee�in�relazione�alle�finalita�di�cui�ai�principi�generali�indicati�
nell'art.�1;�

d) 
alla�determinazione�dei�criteri�di�elaborazione�dei�piani�di�risanamento�di�cui�
all'art.�9,�comma�2;�

e) 
all'individuazione�delle�tecniche�di�misurazione�e�di�rilevamento�dell'inquina-
mento�elettromagnetico;�

f) 
alla�realizzazione�di�accordi�di�programma�con�i�gestori�(...)�esercenti�diimpianti�
di�telefonia�mobile,�al�fine�di�promuovere�tecnologie�e�tecniche�di�costruzione�degli�impianti�
che�consentano�di�minimizzare�le�emissioni�nell'ambiente�e�di�tutelare�il�paesaggio.�

In�base�al�secondo�comma�dell'art.�4,�i�limiti�d'esposizione,�i�valori�di�attenzioneegli�
obiettivi�di�qualita�,�le�tecniche�di�misurazione�e�di�rilevamento�dell'inquinamento�elettroma-
gnetico�ed�i�parametri�per�la�previsione�di�fasce�di�rispetto�per�gli�elettrodotti,�sono�stabiliti�
per�la�popolazione�da�un�apposito�decreto�del�Presidente�del�Consiglio�dei�Ministri�da�ema-
nare�entro�60�giorni�dalla�data�di�entrata�in�vigore�della�legge;�mentre�alla�determinazione�
dei�criteri�di�elaborazione�dei�piani�di�risanamento,�si�provvede�con�decreto�del�Presidente�
del�Consiglio�dei�Ministri�da�emanare�entro�120�giorni�dalla�medesima�data.�In�proposito�
l'art.�16�della�legge�stabilisce�che�fino�alla�data�di�entrata�in�vigore�del�decreto�di�cui�
all'art.�4,�comma�2,�lett.�a),�si�applicano�le�disposizioni�del�decreto�ministeriale�381.�

L'art.�8,�nel�disciplinare�i�compiti�delle�Regioni,�prevede�che�tra�l'altrosono�di�compe-
tenza�delle�stesse,�nel�rispetto�dei�limiti�di�esposizione,�dei�valori�di�attenzione�e�degli�obiet-
tivi�di�qualita�,�nonche�delle�modalita�fissati�dallo�Stato,�fatte�salve�le�competenze�dello�Stato�
e�delle�autorita�indipendenti:�

a) 
l'esercizio�delle�funzioni�relative�all'individuazione�dei�siti�di�trasmissione�e�degli�
impianti�di�telefonia�mobile,�degli�impianti�radioelettrici�e�di�radiodiffusione,�ai�sensi�della�
legge�249�del�1997,�e�nel�rispetto�del�decreto�di�cui�all'art.�4,�comma�2,�lett.�a);�

c) 
le�modalita�di�rilascio�delle�autorizzazioni�all'installazione�degli�impianti;�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

e) 
l'individuazione�degli�strumenti�e�delle�azioni�per�il�raggiungimento�degli�obiettivi�
di�qualita�di�cui�all'art.�3,�comma�1,�lett.�d),�n.�1:�ossia�la�definizione�dei�criteri�adeguati�
per�tale�individuazione�(combinato�delle�due�disposizioni).�

Relativamente�ai�comuni,�l'ultimo�comma�dell'art.�8�da�agli�stessi�la�possibilita�di�ema-
nare�un�regolamento�per�assicurare�il�corretto�insediamento�urbano�e�territoriale�degli�
impianti�e�minimizzare�l'esposizione�della�popolazione�ai�campi�elettromagnetici.�

L'art.�9�infine,�stabilisce�che�entro�dodici�mesi�dall'entrata�in�vigore�del�decreto�di�cui�
all'art.�4,�comma�2,�lett.�a),�la�regione�adotta,�su�proposta�dei�soggetti�gestori�e�sentiti�i�
comuni�interessati,�un�piano�di�risanamento�al�fine�di�adeguare,�in�modo�graduale,�e�comun-
que�entro�il�termine�di�ventiquattro�mesi,�gli�impianti�radioelettrici�gia�esistenti�ai�limiti�di�
esposizione,�ai�valori�di�attenzione�ed�agli�obiettivi�di�qualita�stabiliti�secondo�le�norme�della�
stessa�legge.�

3.4.��In�tale�contesto�normativo�e�entrata�in�vigore�la�riforma�del�titolo�V�della�Costi-
tuzione�varata�con�la�legge�costituzionale�18�ottobre�2001,�n.�3.�
I�punti�salienti�di�tale�riforma,�sempre�ai�fini�della�decisione,�sono:�
l'art.�117,�secondo�comma,�lett.�s),�che�affida�alla�competenza�esclusiva�dello�Stato�
l'ambiente,�l'ecosistema�ed�i�beni�culturali;�
l'art.�117,�terzo�comma,�che�affida�alla�competenza�concorrente�la�tutela�della�salute,�
l'ordinamento�della�comunicazione�e�la�valorizzazione�dei�beni�culturali�ed�ambientali,�stabi-
lendo�all'ultima�parte�che�nelle�materie�di�legislazione�concorrente�spetta�alle�Regioni�la�
potesta�legislativa,�salvo�che�per�la�determinazione�dei�principi�fondamentali,�riservata�alla�
legislazione�dello�Stato;�

l'art.�118,�che�stabilisce�il�principio�che�le�funzioni�amministrative�sono�attribuite�ai�
comuni,�salvo�che,�per�assicurarne�l'esercizio�unitario,�esse�siano�conferite�ad�enti�maggiori�
secondo�il�principio�di�sussidiarieta�,�differenziazione�ed�adeguatezza;�

l'art.�120,�che�prevede�l'esercizio�del�potere�sostitutivo�del�Governo�secondo�proce-
dure�stabilite�dalla�legge�nei�casi�indicati�dal�secondo�comma.�

3.5.��Questa�la�ricostruzione�del�quadro�normativo�complessivo�alla�data�di�adozione�
della�d.c.r.�12.�
4.��Entrando�nel�merito�delle�questioni,�occorre�subito�sgombrare�il�campo�dalla�
questione�di�costituzionalita�che�e�stata�adombrata�(in�prospettiva)�da�talune�Amministra-
zioni�resistenti�con�riferimento�alla�recente�entrata�in�vigore�del�decreto�legislativo�4�settem-
bre�2002,�n.�198,�recante�disposizioni�volte�ad�accelerare�la�realizzazione�delle�infrastrutture�
di�telecomunicazioni�strategiche,�in�attuazione�della�delega�contenuta�nell'art.�1,�comma�2,�
della�legge�21�dicembre�2001,�n.�443.�
Piu�precisamente�dalla�Regione�e�dal�comune�di�Pisa�ne�e�stata�prospettata,�in�via�
subordinata,�l'incostituzionalita�sotto�vari�profili�o�la�difformita�con�il�principio�di�precau-
zione�contenuto�nella�normativa�europea;�dalla�difesa�del�gestore�TIM�e�stato�invece�pro-
spettato�il�superamento�della�difforme�regolamentazione�introdotta�con�i�provvedimenti�
impugnati.�

Ritiene�il�Collegio�che�la�controversia�debba�essere�risolta�sulla�base�delle�norme�vigenti�
al�momento�dell'emanazione�degli�atti�oggetto�di�ricorso�(principio�del��tempus 
regit 
actum�)�
dal�momento�che�il�decreto�198�del�2002�e�intervenuto�quando�si�erano�gia�concretizzate�s
ui�soggetti�gestori��le�ricadute�della�contestata�disciplina�restrittiva�in�materia�di�impianti�
di�telefonia�mobile.�Si�tratta�di�ricadute�potenzialmente�idonee�a�determinare�effetti�(ritardo�
nell'attuazione�delle�programmate�nuove�installazioni�e�blocco�dei�progetti�gia�presentati)�
che�permangono�ad�oggi�con�possibili�contraccolpi�economici�suscettibili�di�valutazione�ai�
fini�del�risarcimento�dei�danni�anche�con�separata�azione�giurisdizionale.�Donde,�l'interesse�
all'annullamento�degli�atti�impugnati�e�l'irrilevanza�delle�questioni�di�costituzionalita�econ-
formita�alla�normativa�europea�sollevate�in�ordine�al�decreto�198�del�2002.�Tale�normativa�
potra�essere�di�rilievo�per�il�futuro�quando�avranno�inizio�i�procedimenti�che�comporteranno�
la�sua�concreta�applicazione.�

Allo�stesso�modo�irrilevante�e�,�ai�fini�della�decisione,�la�pendenza�del�conflitto�d'attribu-
zione�sollevato�dallo�Stato�riguardo�alla�delibera�regionale�12�del�2002�(vedi�ricorso�alla�
Cortecostituzionalein�Gazzetta 
Uf
fficiale 
�1.�serie�speciale,�n.�25�del�26�giugno�2002).�
Infatti,�il�conflitto�d'attribuzione�opera�sotto�il�diverso�profilo�della�rivendicazione�dell'eser-
cizio�delle�competenze�secondo�la�distribuzione�delle�materie�contenuta�nella�Carta�costitu-


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

zionale�e�riguarda�un�atto�amministrativo�non�soggetto�direttamente,�in�via�incidentale�(o�
principale),�a�giudizio�di�costituzionalita��.�Questo,�semmai,�riguarderebbe�la�legge�richiamata�
nella�delibera�regionale�impugnata.�Inoltre,�sono�dedotti�in�questo�giudizio�profili�di�censura�
che�prescindono�da�un�rapporto�diretto�con�la�questione�oggetto�del�conflitto�di�attribuzione�
pendente.�

Ne�consegue�che�non�ricorre,�a�termini�dell'art.�295�del�codice�di�procedura�civile,�
alcuna�ipotesi�di�pregiudizialita��necessaria�che�imponga�di�sospendere�le�cause�in�esame�in�
attesa�della�definizione�del�giudizio�pendente�dinanzi�alla�Corte�Costituzionale.�

5.��Tornando,�quindi,�alla�d.c.r.�12,�va�evidenziato�che�essa,�benche�richiami�nelle�
premesse�la�legge-quadro,�interviene�in�primo�luogo��come�si�e��gia��ricordato��in�attua-
zione�della�legge�regionale�54.�
Al�di�la��della�questione,�che�non�rileva�ai�fini�della�decisione,�del�contenuto�(regolamen-
tare�od�amministrativo�generale)�dell'atto�regionale�(l'art.�21�dello�statuto�della�Regione�
Toscana�stabilisce�una�procedura�non�osservata�nella�pubblicazione�della�d.c.r.�12,�mentre�
l'ultima�parte�del�dispositivo�della�delibera�stessa�richiama�la�legge�regionale�toscana�9�del�
1995�sul�procedimento�amministrativo�che�all'art.�41�indica�fra�gli�atti�soggetti�a�pubbli-
cita��/conoscenza�gli�atti�amministrativi�generali),�va�rilevato�lo�scostamento�della�delibera�
in�questione�dalla�legge�regionale�54�richiamata.�Infatti,�il�consiglio�regionale,aldifuori�
della�sede�legislativa,�supera�la�disciplina�normativa�sostanziale,�per�esercitare�una�funzione�
suppletiva�a�causa�del�mancato�intervento�del�decreto�presidenziale�previsto�dalla�legge�sta-
tale�vigente,�richiamata�nella�legge�regionale�che�afferma�di�volere�attuare.�Cio��,appareevi-
dente�dal�secondo��Considerato��del�preambolo,�dove�si�fa�riferimento�all'art.�16�della�legge-
quadro�(che�fa�salve�le�disposizioni�del�decreto�ministeriale�381�fino�alla�data�di�entrata�in�
vigore�del�decreto�di�cui�all'art.�4,�comma�2,�lett.�a),�e�dal�successivo��Preso�atto�che�il�sud-
detto�decreto�a�tutt'oggi�non�e��stato�emanato�.�

Le�disposizioni�suppletive,�in�assenza�del�previsto�decreto�statale,�traggono�il�loro�con-
tenuto�dalla��Valutazione��espressa�in�data�5�marzo�2001�dall'Agenzia�Regionale�di�Sanita��
e�dalla��Mozione�per�l'emanazione�immediata�di�un�regolamento�contro�l'inquinamento�elet-
tromagnetico��del�consiglio�regionale�del�10�aprile�2001,�n.�196.�

5.1.��La�funzione�della�d.c.r.�12�e��poi�chiarita�dall'ultimo��Considerato��nel�quale�si�
precisa�che�ai�sensi�dell'art.�4,�comma�1,�della�legge�regionale�54,�il�consiglio�regionale�defi-
nisce�i�criteri�generali�per�la�localizzazione�degli�impianti�ed�i�criteri�inerenti�l'identificazione�
delle�aree�sensibili:�ossia�quei�criteri�che�avrebbero�dovuto�essere�dati�ai�sensi�dell'ultimo�
comma�dell'art.�4�del�decreto�ministeriale�381.�
Dalla�delibera�regionale�e�dai�richiamati�documenti�e��possibile�desumere�che�il�consiglio�
della�Regione�Toscana�ha�inteso�muoversi,�cogliendo�l'opportunita��offerta�dall'attuazione�
della�legge�regionale�54,�nella�logica�del�principio�di��precauzione��oggetto�delle�raccoman-
dazioni�espresse�nel�parere�dall'Agenzia�Regionale�di�Sanita��(all.�3�alla�delibera).�

Concretamente,�quanto�ai�criteri�generali�per�la�localizzazione�degli�impianti�(all.�1),�la�
delibera�regionale:�

�ha�fissato�il�principio�che�gli�impianti�di�diffusione�radiofonica�e�televisiva,�non-
che�gli�impianti�per�telefonia�cellulare�possano�essere�installati�esclusivamente�all'interno�
delle�aree�identificate�come�compatibili�dal�comune,�previa�verifica�della�conciliabilita��con�
altri�vincoli�eventualmente�esistenti,�in�funzione�della�potenza�della�sorgente�da�installare�e�
del�contesto�insediativo,�nel�rispetto�di�quanto�prescritto�per�le�aree�sensibili�(entro�120�
giorni�dalla�pubblicazione�della�delibera�i�comuni�avrebbero�dovuto,�con�l'ausilio�dell'AR-
PAT�e�delle�ASL,�identificare�le�aree);�

�ha�identificato�le�aree�sensibili�distinguendole�in�due�tipi:�
a) 
aree�di�interesse�storico-architettonico�e�paesaggistico-ambientale�(dove�devono�
evitarsi�impatti�di�tipo�visivo);�

b) 
aree�comprese�entro�il�perimetro�di�50�metri�da�asili,�scuole,�ospedali,�case�di�
cura,�aree�verdi�attrezzate,�aree�destinate�all'infanzia,�aree�di�particolare�densita��abitativa�
(da�identificare�dai�comuni�sempre�entro�i�120�giorni).�

Quanto�agli�obiettivi�di�qualita��inerenti�le�aree�sensibili�(all.�2):�
�ha�fissato�il�valore�di�0,5V/m�per�i�campi�elettrici�generati�da�impianti�fissi�per�
telefonia�cellulare�e�di�3V/m�per�quelli�generati�da�tutte�le�sorgenti�inquinanti�rientranti�nel�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

campo�d'applicazione�della�legge�regionale�54,�misurati�secondo�le�disposizioni�contenute�
nell'art.�4,�comma�2,�del�decreto�ministeriale�381,�come�obiettivi�di�qualita�da�raggiungere�
nelle�aree�sensibili�come�identificate�prima;�

�ha�fissato�in�un�anno�ed�in�tre�anni�(sempre�dalla�pubblicazione�della�delibera)�il�
termine�per�il�raggiungimento�rispettivamente�del�valore�di�3V/m�e�di�0,5V/m�per�i�campi�
elettrici�generati�da�impianti�di�telefonia�cellulare,�ed�in�tre�anni�il�termine�per�il�raggiungi-
mento�del�valore�di�3V/m�per�i�campi�elettrici�generati�da�tutte�le�altre�sorgenti�rientranti�
nel�campo�di�applicazione�della�legge�regionale�54;�

�ha�stabilito�che�i�comuni�provvedono,�secondo�le�modalita�del�regolamento�di�cui�
all'art.�4,�comma�2,�della�legge�regionale�medesima,�alle�azioni�di�risanamento�sugli�impianti�

esistenti�ed�alla�loro�rilocalizzazione�nel�caso�che�sia�impossibile�per�motivi�tecnici�il�rag-
giungimento�dell'obiettivo�di�qualita�di�cui�sopra.�Tale�rilocalizzazione�e�obbligatoria�qua-
lora�si�tratti�di�aree�sensibili�di�tipo�b);�

�ha,�infine,�stabilito�che�i�nuovi�impianti�da�installare�eventualmente�all'interno�
delle�aree�sensibili�di�tipo�b) 
debbano�conformarsi�con�decorrenza�immediata�al�rispetto�
del�valore�di�3V/m�per�i�campi�elettrici�generati�da�impianti�fissi�per�telefonia�cellulare�e�rag-
giungere�l'obiettivo�di�qualita�di�0,5V/m�entro�due�anni�dal�rilascio�dell'autorizzazione�
comunale�e�comunque�non�oltre�tre�anni�dalla�pubblicazione�della�delibera�(l'adeguamento�
immediato�al�valore�di�3V/m�e�invece�stabilito�per�i�campi�elettrici�generati�da�tutte�le�altre�

sorgenti�inquinanti�rientranti�nel�campo�di�applicazione�della�legge).�

5.2.��Dall'esame�delle�prescrizioni�su�riportate�si�rileva,�innanzi�tutto,�che�da�un�lato,�
si�dimezzano�(inasprendoli)�i�valori�di�campo�fissati�dal�decreto�ministeriale�381�che�la�
d.c.r.�12�avrebbe�dovuto�attuare�nel�rispetto�della�legge�regionale�54;�dall'altro�si�rinvia�
all'art.�4,�comma�due,�ed�agli�allegati�B�e�C�dello�stesso�decreto�per�le�misurazioni�dei�campi�
elettrici.�Tuttavia�dall'insieme�del�quadro�normativo�richiamato�e�dalle�considerazioni�sopra�
svolte�e�da�escludere,�anche�alla�luce�del�nuovo�assetto�costituzionale,�alcun�contrasto�della�
legge�regionale�54�con�la�normativa�statale:�tale�strumento�legislativo�appare�al�Collegio�
sostanzialmente�conforme�ai�principi�contenuti�nelle�norme�statali.�Anche�in�ordine�alle�
norme�che�prevedono�la�definizione�di�criteri�generali�in�materia�di�localizzazione�degli�
impianti�e�di�identificazione�delle�aree�sensibili,�il�legislatore�regionale�ha�operato�in�coe-
renza�con�l'ultimo�comma�dell'art.�4�del�decreto�ministeriale�381�e�comunque,�la�sopravve-
nuta�legge�quadro�da�conferma�della�competenza�regionale�in�materia�di�definizione�dei�cri-
teri�stessi�(art.�3,�primo�comma�lett.�d) 
e�art.�8,�primo�comma,�lett.�e).�

5.3.��Sono�fondate,�invece,�le�censure�con�le�quali�si�deduce�il�contrasto�fra�l'allegato�
2�della�d.c.r.�12�e�la�normativa�statale�prima�richiamata.�Nell'intento�di�perseguire�il�rag-
giungimento�di�un�obiettivo�di�qualita��si�ripete�in�attuazione�del�decreto�ministeriale�381�
�,�il�consiglio�regionale�ha�modificato�(inasprendoli)�i�limiti�di�campo�elettromagnetico�fis-
sati�per�gli�impianti�di�telefonia�mobile�in�sede�nazionale�e,�contraddicendo�la�stessa�legge�
regionale�che�doveva�attuare,�ha�esercitato�un�potere�che�ha�intaccato�l'assetto�unitario�ed�
omogeneo�della�disciplina�statale�in�materia�di�limiti�di�esposizione�ai�campi�elettrici,�
magnetici�ed�elettromagnetici�a�protezione�della�popolazione,�determinando�una�disarmonia�
nella�disciplina�stessa,�negativamente�incidente�sul�corretto�esercizio�del�servizio�di�telefonia�
mobile,�soggetto�tra�l'altro�alla�vigilanza�dell'Autorita�Garante�per�le�comunicazioni.�

5.4.��E�fondata,�anche,�la�doglianza�che�deduce�la�genericita�dei�criteri�di�localizza-
zione�ed�identificativi�delle�aree�sensibili�contenuti�nell'allegato�1,�in�specie�quelle�di�tipo�b),�
nelle�quali�sono�accomunate,�in�un�limite�di�distanza�di�cui�non�si�comprende�il�criterio�di�
individuazione,�situazioni�differenziate,�quanto�ai�parametri�dati�ed�al�tempo�di�permanenza�
e�(questo�si�indefinito)�alla�densita�abitativa,�lasciandosi�alla�discrezionalita�dei�comuni�l'ap-
plicazione�di�locuzioni�generiche�e�l'individuazione�di�aree�idonee�o�compatibili;�come�pure�
l'esclusione�delle�aree�sensibili�da�ogni�localizzazione.�

Tale�vaghezza�e�genericita�concreta�un�vizio�di�legittimita�della�d.c.r.�12�impugnata,�in�
quanto�i�parametri�suddetti,�insieme�alla�riduzione�dei�valori�di�campo�elettrico,�danno�la�
misura�della�rilevante�incidenza�che�le�nuove�disposizioni,�sotto�la�motivazione�del�persegui-
mento�del�principio�di�precauzione�a�tutela�della�salute,�hanno�sullo�svolgimento�del�servizio�
di�telefonia�da�parte�dei�gestori�legittimati�dall'Autorita�Garante�e�quindi�sugli�ambiti�tra-
sversali�delle�competenze�dello�Stato�in�altri�settori�di�materie.�

Deve�osservarsi�al�riguardo�che�la�Regione,�nell'esercitare�il�suo�compito�di�dettare�i�cri-
teri�generali,�deve�fornire�agli�enti�comunali�le�necessarie�linee�guida�che�consentano�un�coe-


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

rente�esercizio�del�potere�regolamentare�di�completamento�agli�stessi�attribuito,�onde�evitare�
che�la�medesima�(regolamentazione)�finisca�per�esplicarsi�quasi�nell'ambito�di�una�delega�in�
bianco�con�i�conseguenti�risvolti�negativi�di�una�disciplina�disomogenea��se�non�contra-
stante��a�livello�comunale,�regionale�e�nazionale.�

Del�resto,�lo�stesso�parere�contenuto�nell'allegato�3,�espresso�dall'Agenzia�regionale�di�
Sanita��,concludeche��i�risultatidella�ricercascientifica,edin�particolare�degli�studi�epide-
miologici,�non�sono�al�momento�attuale�adeguati�(e�non�possono�esserlo)�ne�per�affermare�
ne�per�escludere�in�assoluto�possibili�effetti�dannosi�per�la�salute�dalle�emissioni�in�questione,�
purche�queste�non�raggiungano�la�intensita��sufficiente�per�determinare�un�innalzamento�
della�temperatura�negli�organismi�degli�esposti�.�Ora�non�si�desume�dagli�atti�impugnati�in�
base�a�quale�studio�o�ricerca�scientifica�la�Regione�abbia�ritenuto�ragionevole�l'imposizione�
di�un�perimetro�di�cinquanta�metri�di�distanza�rispetto�ai�rischi�di�esposizione,�quando�il�
decreto�ministeriale�381�all'art.�4�collega�le�misure�di�cautela�ai�valori�di�esposizione�fissati�
nel�secondo�comma.�Il�principio�di�precauzione�richiede�sempre�un�riferimento�a�dati�scien-
tifici�attendibili,�specie�laddove�interferisce�con�i�limiti�dei�valori�di�campo�definiti�a�livello�
nazionale.�

5.5.��Ne�rileva�sulla�questione�in�esame�l'entrata�in�vigore�della�modifica�del�titolo�V�
della�Costituzione�che,�invertendo�il�precedente�criterio�contenuto�nell'originario�testo�del-
l'art.�117,�ha�riconosciuto�alle�Regioni�competenza�legislativa�esclusiva�in�tutte�le�materie�
non�riservate�alla�competenza�esclusiva�dello�Stato�e�la�competenza�concorrente�in�materia�
di�tutela�della�salute.�Ed�invero,�come�emerge�dalla�ricostruzione�del�quadro�normativo,�la�
riforma,�pur�ampliando�indubbiamente�l'ambito�delle�competenze�regionali�specie�in�impor-
tanti�materie�a�legislazione�concorrente,�ha�mantenuto�ferma�la�riserva�della�legislazione�
dello�Stato�quanto�alla�determinazione�dei�principi�fondamentali.�E�cio��vuol�dire�che�le�
regioni�devono�adeguarsi,�nell'esercizio�della�loro�potesta��legislativa,�ai�principi�medesimi,�
specialmente�laddove�l'intervento�in�un�ambito�di�materia�finisce�per�interferire�con�compe-
tenze�dello�Stato,�coinvolgendo�trasversalmente�altre�materie�soggette�a�competenza�esclu-
siva�(ambiente)�e�concorrente�(ordinamento�della�comunicazione�e�governo�del�territorio).�
Ora,�anche�dopo�l'entrata�in�vigore�della�riforma�costituzionale�la�legge-quadro�detta�i�prin-
cipi�fondamentali�in�materia�di�protezione�dalle�esposizioni�a�campi�magnetici,�elettrici�ed�
elettromagnetici�e�l'esercizio�della�competenza�concorrente�da�parte�delle�regioni,�sarebbe�
comunque�subordinata�all'emanazione�di�un'apposita�legge:�la�Corte�Costituzionale�ha,�in�
proposito,�affermato�che�nella�fase�di�transizione�dal�vecchio�al�nuovo�sistema�di�riparto�di�
competenze,�la�legislazione�regionale�concorrente�dovra��svolgersi�nel�rispetto�dei�principi�
fondamentali�comunque�risultanti�dalla�legislazione�statale�gia��vigente�(sentenza�26�giugno�
2002,�n.�282).�Donde�sotto�tale�ulteriore�aspetto�l'illegittimita��della�disciplina�dettata�dal-
l'impugnata�d.c.r.�12.�
5.6.��La�mancata�emanazione�del�decreto�presidenziale�previsto�dalla�legge-quadro�
non�giustifica,�poi,�l'adozione�della�delibera�regionale�stessa,�in�quanto�l'art.�16�della�legge-
quadro�ha�espressamente�mantenuto�ferme,�in�via�transitoria�le�disposizioni�del�decreto�
ministeriale�381�fino�alla�data�di�entrata�in�vigore�del�decreto�presidenziale�di�cui�all'art.�4�
secondo�comma,�lett.�a),�e�non�fino�alla�scadenza�del�termine�ordinatorio�per�la�sua�ado-
zione.�Non�e��,�quindi,�contemplato�e�consentito�l'intervento�suppletivo�delle�Regioniallasca-
denza�del�termine�suddetto.�
5.7.��In�concreto,�non�con�la�legge,�ma�con�un�atto�amministrativo�la�regione�
Toscana�ha�superato�i�limiti�fissati�dalla�normazione�statale�in�materia�di�protezione�dalle�
esposizioni�ai�campi�elettrici,�magnetici�ed�elettromagnetici.�
Cio��comporta,�da�un�lato,�la�manifesta�infondatezza�della�questione�di�costituzionalita��
sollevata;�dall'altro�l'illegittimita��della�d.c.r.�12,�sia�nella�parte�in�cui�si�discosta�dai�limiti�di�
esposizione�indicati�dal�decreto�ministeriale�381,�stabilendo�i�tempi�dell'adeguamento�dei�
nuovi�impianti�e�del�risanamento�di�quelli�esistenti,�sia�nella�parte�in�cui�detta�in�modo�
impreciso�e�generico�i�criteri�di�localizzazione�degli�impianti�e�di�individuazione�delle�aree�
sensibili.�Ed�infatti,�anche�in�riferimento�ai�limitati�compiti�di�pianificazione�territoriale,�
che�l'ultimo�comma�dell'art.�8�della�legge-quadro�assegna�ai�comuni,�tali�criteri�lasciano�
troppi�ed�ampi�spazi�all'autonomia�regolamentare�dei�comuni�in�materia�di�localizzazione�e�
risanamento�degli�impianti,�contraddicendo�l'obiettivo�dell'unitarieta��di�indirizzo�a�cui�
dovrebbero�tendere�i�criteri�generali.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

5.8.��L'opinione�del�Collegio�trova�conforto�nelle�stesse�pronunce�della�Corte�Costi-
tuzionale�richiamate�dalla�difesa�della�Regione,�nelle�quali�il�potere�degli�enti�regionali�di�
determinare�limiti�piu�severi�di�quelli�fissati�dallo�Stato�a�maggior�tutela�della�protezione�
della�salute�e�stato�riconosciuto�nell'ambito�delle�distanze�e�non�dei�limiti�massimi�d'esposi-
zione.�In�proposito�e�utile�richiamare�la�disciplina�regionale�in�materia�di�impianti�elettrici�
dove�la�legge�regionale�toscana�n.�51�del�1999�e�intervenuta�nel�rispetto�dei�limiti�di�esposi-
zione�fissati�dalla�normativa�statale�(art.�16),�operando�sui�valori�di�qualita�dei�progetti�e�
sulle�distanze�dai�conduttori,�coerentemente�con�la�normativa�statale�che�in�proposito�fissa�
tetti�minimi�invalicabili�a�tutela�della�salute,�con�la�possibilita�,�quindi,�per�le�regioni�di�stabi-
lire�distanze�maggiori�dagli�impianti.�
6.��In�definitiva,�la�d.c.r.�12�e�illegittima�insieme�alle�disposizioni�contenute�negli�
allegati��1��e��2�,�sotto�i�profili�assorbenti�della�violazione�degli�artt.�4,5,�8,9�e�16�della�
legge-quadro;�del�decreto�ministeriale�381;�della�legge�regionale�54;�nonche�per�difetto�dei�
presupposti.�
7.��L'illegittimita�della�delibera�regionale�rende�viziati,�per�illegittimita�derivata,�tutti�
gli�impugnati�atti�normativi�e�provvedimenti,�adottati�dai�comuni�di�Firenze,�Pisa�e�Massa�
Marittima�in�attuazione�o�nel�presupposto�dei�criteri�dettati�dalla�d.c.r.12.�
8.��Tali�provvedimenti�sono,�peraltro,�impugnati�anche�per�vizi�autonomi.�
8.1.��Fondate�sono�le�censure�che�imputano�all'ordinanza�714�del�2002�del�sindaco�di�
Firenze�ed�all'ordinanza�31�del�2002�del�sindaco�di�Massa�Marittima�di�avere�adottato�una�
misura�di�salvaguardia�non�prevista�da�alcuna�disposizione�di�legge�e�l'illegittimo�ricorso�
all'ordinanza�contingibile�ed�urgente.�
Infatti,�ne�la�legge-quadro,�ne�la�legge�regionale�54,�ne�ancora�la�stessa�d.c.r.�12�conten-
gono�disposizioni�che�legittimano�la�sospensione�delle�pratiche�di�autorizzazione�(sul�punto�
si�possono�richiamare�le�motivazioni�contenute�nella�sentenza�30�gennaio�2002�n.�65�di�que-
sta�Sezione).�Non�ricorrevano,�peraltro,�le�condizioni�per�l'esercizio�di�poteri�straordinari.�
L'adeguamento�ai�nuovi�limiti�d'esposizione��indipendentemente�dalla�rilevata�illegittimita�
degli�stessi��non�concreta�una�situazione�imprevista�ed�urgente�di�allarme�sanitario�a�cui�
non�sia�possibile�fare�fronte�in�via�ordinaria,�bens|�un�adempimento,�in�tutto�disciplinato�
da�norme�di�rango�superiore,�al�quale�i�comuni�devono�provvedere�secondo�i�tempi�e�le�
modalita�fissate�dalla�normativa�statale�e�regionale�vigente.�E�cio�senza�dire�dell'inesistenza�
di�situazioni�di�rischio�immediato�e�concreto�(accertate�sulla�base�di�rilievi�tecnici�degli�
organi�sanitari:�si�ricorda�che�gli�atti�impugnati�si�fondano�solo�sul�criterio�di�precauzione)�
per�la�salute�pubblica;�tale�non�potendo�configurarsi�la�necessita�di�provvedere�all'identifica-
zione�delle�aree�sensibili�(anche�per�tale�profilo�si�puo�richiamare�la�sentenza�65/2002�cit.).�

La�fondatezza�di�tali�doglianze�consente�al�Collegio�di�dichiarare�assorbitelealtre�cen-
sure�dedotte�avverso�le�ordinanze�comunali�e�comporta,�a�sua�volta,�l'illegittimita�in�via�
derivata�di�tutti�gli�impugnati�provvedimenti�con�i�quali�il�comune�di�Firenze�ha�sospeso�l'e-
same�delle�pratiche�di�autorizzazione�in�esecuzione�dell'ordinanza�714�del�2000.�

8.2.��Quanto�al�regolamento�approvato�dal�comune�di�Pisa�con�delibera�31�del�2002,�
la�sua�illegittimita�in�via�derivata�e�stata�dedotta�fondatamente�dall'illegittimita�dalla�d.c.r.�
12�per�le�norme�che�stabiliscono�nell'ambito�del�territorio�comunale�limiti�di�esposizione�
per�la�popolazione�piu�restrittivi�rispetto�a�quelli�fissati�dal�decreto�ministeriale�381�(art.�15�
ed�11,ultimocomma);individuanolec.d.�areesensibili(art.�5);�dettanoleregoleperleloca-
lizzazioni�degli�impianti�nelle�c.d.�aree�sensibili,�come�genericamente�indicate,�e�sulla�base�
dei�limiti�di�esposizione�di�cui�sopra�(art.�4,�commi�primo,�secondo,�quinto�e�sesto,�art.�5);�
dispongono�in�ordine�agli�interventi�di�risanamento�nelle�aree�sensibili�sulla�base�di�valori�
difformi�dal�decreto�ministeriale�381�(art.�17).�Peraltro�la�societa�ricorrente�a�ragione�si�
duole�del�superamento�degli�ambiti�di�competenza�individuati�dall'art.�8�ultimo�comma�della�
legge-quadro,�che�non�consentono�agli�enti�territoriali�di�stabilire�autonomamente�una�
disciplina�regolamentare�che�si�discosti�dalla�normativa�statale�(sul�principio,�l'orientamento�
giurisprudenziale�e�pacifico:�in�ultimo�Cons.�Stato,�sez.�VI,�3�giugno�2002,�n.�3095).�
Del�resto,�lo�specifico�riferimento,�nell'ultimo�comma�dell'art.�8�della�legge-quadro�
riguardante�la�competenza�dei�comuni,�ai�compiti�di�corretto�insediamento�urbanistico�terri-
toriale�degli�impianti�e�di�minimizzazione�dell'esposizione�della�popolazione�ai�campi�elet-
tromagnetici,�chiarisce�da�un�lato,�il�limite�proprio�dell'esercizio�di�una�funzione�normativa�
di�programmazione�e�controllo�urbanistico�territoriale,�coerente�(e�non�in�contrasto)�con�la�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

disciplina�statale�di�rango�superiore;�dall'altro,�l'approntamento�di�uno�strumento�normativo�
attuativo,�nell'ambito�territoriale�di�competenza�dell'ente�comunale,�dei�criteri�generali�come�
correttamente�definiti�dalla�regione�ai�sensi�delle�disposizioni�del�medesimo�art.�8,�coniugan-
dosi�appunto�l'ottimizzazione�degli�obiettivi�di�qualita��nel�territorio,�indicati�dalla�normativa�
statale�e�regionale,�con�un�corretto�ed�adeguato�insediamento�urbanistico-territoriale�degli�
impianti.�Donde,�sotto�tale�ulteriore�profilo,�l'inconfigurabilita��di�una�qualsiasi�potesta��rego-
lamentare�dei�comuni�in�ordine,�non�solo�alla�determinazione�dei�limiti�d'esposizione,�ma�
anche�all'autonoma�individuazione�delle�aree�sensibili�e�degli�obiettividi�qualita��,�in�genere,�
cui�rapportare�l'attivita��di�localizzazione�e�risanamento�degli�impianti�(cfr.�Cons.�Stato,�VI,�
3�giugno�2002,�n.�3095).�

I�profili�esaminati�sarebbero,�per�la�loro�prevalenza,�assorbenti�di�ogni�altro�profilo�di�
censura.�

8.3.��Il�Collegio,�tuttavia,�per�ragioni�di�completezza,�ritiene�di�dovere�rilevare�ulte-
riormente�quanto�segue�in�ordine�alle�altre�doglianze�che�si�appuntano�in�via�autonoma�sul�
regolamento�comunale:�
�l'art.�4,�commi�primo�e�secondo,�del�regolamento�si�pone�in�contrasto�con�la�
stessa�normativa�regionale�nella�parte�in�cui�non�ammette�la�localizzazione�di�impianti�
all'interno�delle�aree�sensibili�di�tipo�b) 
imponendo�di�fatto�un�divieto�di�installazione�di�
impianti�di�telefonia�mobile�in�tutte�le�aree�urbanizzate�del�territorio�comunale.�Infatti,�la�
normativa�regionale�non�pone�divieti�assoluti,�ma�impone�ai�comuni�di�valutare,�insieme�ai�
competenti�organismi�tecnici,�quali�l'ARPAT�e�l'ASL,�le�particolari�situazioni�nelle�quali�
sia�manifesta�od�apprezzabile�l'esigenza�di�prescrivere�localizzazioni�alternative;�

�l'art.�4,�ultimo�comma,�e�17�del�regolamento�e�la�conferenza�dei�servizi�indetta�per�
la�prima�applicazione�delle�disposizioni�regolamentari�medesime�non�sono�conformi�alle�
disposizioni�della�d.c.r.�12�(all.�1)�che�indicano�come�necessaria�per�la�rilocalizzazione�e/o�il�
risanamento�degli�impianti�la�partecipazione�dei�soggetti�gestori�ai�quali,�invece,�e��stata�
imposta�la�nuova�disciplina�restrittiva.�L'esercizio�del�potere�di�regolamentazione�della�loca-
lizzazione�degli�impianti,�intervenendo�a�modifica�della�disciplina�urbanistico-edilizia�indivi-
duata�dagli�appositi�strumenti�comunali�ed�in�particolare�dal�regolamento�edilizio,�impone�
all'amministrazione�comunale�di�garantire�le�necessarie�procedure�di�partecipazione�(Cons.�
Stato,�VI,�30956/2002�cit.);�

�i�comuni�non�hanno�competenza�in�materia�di�inserimento�degli�impianti�di�tele-
fonia�mobile�fra�le�opere�o�gli�interventi�da�sottoporre�alla�procedura�di�V.I.A.�(valutazione�
impatto�ambientale).�Ogni�competenza�in�materia�spetta�allo�Stato�ed�alle�Regioni.�Peraltro,�
ne�il�decreto�del�Presidente�del�Consiglio�dei�Ministri�n.�377�dell'11�agosto�1988,�ne�la�legge�
regionale�3�novembre�1998�n.�79�includono�tali�impianti�fra�quelli�per�i�quali�e��obbligatoria�
od�e��possibile�tale�procedura.�In�definitiva�l'unica�valutazione�ammissibile�per�tali�impianti�
e��quella�connessa�la�rispetto�dei�limiti�fissati�dal�decreto�ministeriale�381.�In�tal�senso�e��ille-
gittimo�l'art.�8�del�regolamento�comunale;�

�le�disposizioni�degli�artt.11�e�12�che�stabiliscono�le�modalita��per�il�rilascio�delle�
autorizzazioni�sono�illegittime�perche�emanate�in�assenza�delle�norme�tecniche�per�lo�svolgi-
mento�delle�funzioni�sugli�impianti�che�la�legge�regionale�54�demanda�all'apposita�delibera�
di�giunta�regionale�prevista�dall'art.�4,�comma�due,�della�legge�medesima.�L'imposizione�
delle�modalita��relative�agli�adempimenti�inclusi�nell'ambito�delle�norme�tecniche�da�emanare�
ai�sensi�dell'art.�4,�comma�due,�della�legge�regionale�54�presuppone�l'emanazione�dell'appo-
sita�delibera�della�giunta�regionale�contenete�i�relativi�criteri,�non�potendo�bastare�la�sola�
delibera�prevista�dal�comma�uno�del�medesimo�articolo,�di�competenza�del�consiglio�regio-
nale,�ne�potendo�il�comune�interporre�una�normativa�suppletiva;�

�la�previsione�della�sanzione�di�5000�euro�prevista�dal�comma�14�dell'art.�19�del�
regolamento�e��illegittima�in�quanto�riferita�ad�impianti�di�potenza�inferiore�a�5�watt�che�
sono�esclusi�dall'applicazione�della�legge�regionale�54.�

8.4.��Vanno�invece�respinte�le�censure�che�si�appuntano�sugli�artt.�4,�terzo�e�quarto�
comma,�9,�13�e�18,�del�regolamento�impugnato.�
8.4.1.��Ferma�restando�l'illegittimita��della�riduzione�dei�campi�di�esposizione�e�del-
l'individuazione�delle�aree�sensibili,�i�criteri�normativi�che�privilegiano�la�concentrazione�
degli�impianti�in�un'unica�struttura�e�la�scelta�della�migliore�tecnologia,�sono�compresi,�ad�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

avviso�del�Collegio,�nel�potere�regolamentare�previsto�dall'art.�8,�ultimo�comma,�della�legge-
quadro,�in�quanto�espressione�del�potere�di�pianificazione�territoriale�finalizzato�anche�a�
minimizzare�l'esposizione�della�popolazione�ai�campi�elettromagnetici.�

8.4.2.��Il�coordinamento�tramite�sportello�unico�dello�sviluppo�delle�reti�attiene�ad�
una�funzione�programmatoria�del�tutto�giustificabile�e�propria�delle�attribuzioni�degli�enti�
territoriali.�Non�si�vede�quale�particolare�aggravio�possa�derivare�alla�societa�TIM�da�tale�
disposizione.�
8.4.3.��L'obbligo�di�indicare�in�sede�di�progettazione�l'eventuale�esistenza�di�impianti�
di�diffusione�radiotelevisiva,�che�siano�nel�raggio�di�3�km,�concerne�una�previsione�atta�al�
completamento�delle�informazioni�tecniche�sulle�possibili�interferenze�o�concentrazioni�di�
cui�i�soggetti�gestori�devono�comunque�tenere�conto�ai�fini�della�progettazione�dei�loro�
impianti.�
8.4.4.��Il�controllo,�con�cadenza�trimestrale,�sugli�impianti�esistenti,�non�contrasta�
con�l'art.�9,�comma�tre,�della�legge�regionale�54,�che�nello�stabilire�un�controllo�almeno�
annuale�non�impedisce�che�i�comuni,�proprio�nell'esercizio�del�loro�potere�regolamentare�
(riaffermato�dall'art.�8,�ultimo�comma,�della�legge-quadro)�stabiliscono�controlli�piu�fre-
quenti�come�mezzo�al�fine�di�garantire�l'effettivo�rispetto�dei�limiti�d'esposizione�della�popo-
lazione�ai�campi�elettromagnetici.�
9.��La�fondatezza�del�ricorso�non�consente,�pero�,�di�accogliere�la�domanda�di�risarci-
mento�danni�proposta�sul�ricorso�1031/2002,�non�esistendo�agli�atti�di�causa�di�parte�ricor-
rente�elementi�che�consentano�di�valutare�il�concreto�pregiudizio�economico�subito�per�
effetto�dei�provvedimenti�impugnati.�
10.��In�conclusione,�assorbito�quant'altro,�i�ricorsi�vanno�accolti�nei�sensi�e�nei�limiti�
di�cui�in�motivazione,�con�il�conseguente�annullamento:�
�della�delibera�del�consiglio�regionale�n.�12�del�16�gennaio�2002�e�delle�disposizioni�
contenute�negli�allegati��1��e��2��della�delibera�stessa;�

�dell'ordinanza�n.�714�del�6�febbraio�2002�del�comune�di�Firenze;�

�di�tutti�i�provvedimenti�di�sospensione�delle�pratiche�di�autorizzazioneemessidal�
comune�di�Firenze�ed�impugnati�nei�ricorsi�1030,�1430,�1432,�1631�e�1764/2002;�

�dell'ordinanza�n.�31�del�26�febbraio�2002�del�comune�di�Massa�Marittima;�

�della�nota�n.�2528�del�14�febbraio�2002�del�sindaco�di�Massa�Marittima;�

�degli�artt.�4,�commi�primo,�secondo,�quinto�e�sesto,�5,�8,�11,�12,�15,�17�e�19,comma�

quattordici,�del�regolamento�approvato�con�la�delibera�31�del�6�giugno�2002�del�comune�di�
Pisa;�
�del�provvedimento�n.�307�del�28�giugno�2002�del�comune�di�Pisa.�
Sussistono�giusti�motivi,�data�la�novita�degli�argomenti�trattati,�per�la�compensazione�
integrale�delle�spese�di�giudizio.�

P.Q.M. 
Il�Tribunale�Amministrativo�Regionale�per�la�Toscana,�Sezione�I.,�riunitii�
ricorsi�in�epigrafe�indicati,�definitivamente�pronunciando,�li�accoglie�nei�sensi�di�cui�in�moti-
vazione�e,�per�l'effetto,�annulla�gli�atti�impugnati�in�motivazione�indicati�(omissis).�
Cos|�deciso�in�Firenze,�il�giorno�11�dicembre�2002�(omissis)�.�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

Sull'autonomia 
finanziaria 
degli 
Enti 
locali. 
L'unita' 
del 
sistema 


(Note�d'udienza�-Corte�Costituzionale,�sentenza�2�-15�ottobre�2003,�n.�311).�

Premessa.�La�questione�sollevata,�pur�essendo�apparentemente�di�scarso�
rilievo,�assume�notevole�importanza�in�quanto�si�e�in�presenza,�per�quel�che�
consta,�di�uno�dei�primi�casi�in�cui�viene�in�considerazione�la�valenza�del-
l'art.�119�quale�nuovo�parametro�secondo�il�quale�giudicare�l'autonomia�
finanziaria�degli�Enti�locali�(primo�comma)�ed�i�suoi�limiti�(secondo�comma):�
armonia�con�la�Costituzione�e�principi�di�coordinamento�della�finanza�pub-
blica�e�del�sistema�tributario.�

Cio�premesso,�non�pare�esser�dubbio�che�la�proroga�del�termine�per�la�
riscossione�del�tributo�(attinente�all'applicazione�del�tributo�della�quale�la�
riscossione�e�momento�essenziale�e�conclusivo)�si�ponga�in�contrasto�con�i�
limiti�di�cui�al�secondo�comma�art.�119�(armonizzazione�con�la�Costituzione�
e�principi�di�coordinamento�della�finanza�pubblica�e�del�sistema�tributario)�
che�tutti�rientrano�nell'ambito�di�quei�principi�fondamentali�che�il�legislatore�
prevede�in�materia�di�legislazione�concorrente�(nell'ambito�della�quale�rientra�
quella�relativa�alla�materia�tributaria�riguardante�gli�enti�locali),�principi�
che�il�legislatore�costituzionale�riserva�allo�Stato�a�salvaguardia�dell'unita�
del�sistema�e�della�sua�conformita�alla�Costituzione.�

Art.�120,�secondo�comma.�Nella�stessa�ottica�si�pone�quanto�previsto�dal-
l'art.�120,�secondo�comma�(norma�di�chiusura�e�garanzia�dell'intero�sistema�
dettato�dal�nuovo�Titolo�V)�che�fa�appunto�riferimento�al�fine�dell'esercizio�
del�potere�sostitutivo�del�Governo�(da�intendersi�qui�come�attuabile�attra-
verso�atti�legislativi)�alla�tutela�dell'unita�giuridica�(ed�economica)�nell'ambito�
della�quale�rientra�come�genus�l'uniforme�applicazione�dei�tributi�anche�region
ali,�in�modo�da�garantire�a�livello�sia�centrale�che�locale�il�rispetto�di�quei�
criteri�di��coordinamento�della�finanza�pubblica�e�del�sistema�tributario��
indispensabili�per�consentire�allo�Stato�di�adempiere�ai�suoi�obblighi�anche�
a�livello�comunitario.�

Stessa�valenza�(artt.�119�secondo�comma,�117�terzo�comma).�La�fissazione�
di�un�termine�generale�e�uniforme�per�la�riscossione�di�una�qualsiasi�entrata�
anche�regionale�costituisce�quindi�(in�conclusione)�un�principio�di�identica�
valenza�rispetto�a�quelli�che�l'art.�117�comma�terzo�riserva�allo�stato�in�mate-
ria�di�legislazione�concorrente�(principi�fondamentali).�

Esiste�un�perfetto�parallelismo�tra�gli�articoli�119,�secondo�comma,�e�117,�
terzo�comma,�in�quanto�il�119�prevede�inparte�qua�principi�fondamentali�spe-
cifici�ai�fini�della�materia�tributaria�riguardante�gli�enti�locali.�

Esigenza�comune�alle�due�norme�(119,�secondo�comma�e�117,�terzo�
comma)�e�quell'unita�giuridica�del�sistema�che�viene�a�coincidere�con�l'inte-
resse�nazionale�la�cui�tutela�non�puo�che�essere�rimessa�allo�Stato�come�sua�
prerogativa�funzionale�rispetto�agli�altri�enti�locali�equiordinati�su�un�piano�
formale�dall'art.�114�Cost.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Prescrizione�art.�117,�secondo�comma,�lettera�l).�Considerazione�sistema-
tica�delle�norme�(117,�commi�secondo�e�terzo,�119�comma�secondo,�120�comma�
secondo).�Ilprincipio�diunita�giuridicadaprincipiofondamentaleaprincipio�
costituzionale�fondamentale�(art.�5).�Nella�memoria�si�e�messo�in�evidenza�
che�nel�caso�in�esame�occorre�por�mente�anche�alla�potesta�legislativa�esclu-
siva�dello�Stato�in�materia�di�istituti�civilistici�tra�i�quali�rientra�la�prescri-
zione�anche�per�quel�che�concerne�le�entrate�pubbliche.�

Come�si�e�detto,�l'art.�117�secondo�comma�costituisce,�ogni�qualvolta�ci�
si�imbatta�in�una�delle�materie�riservate�alla�legislazione�esclusiva�dello�
Stato,�un�criterio�di�interpretazione�alla�luce�del�quale�valutare�se�occorra�o�
meno�ricondurre�i�casi�dubbi�nell'ambito�della�potesta�statuale.�

E�cio�vale�anche�per�le�norme�costituzionali�da�interpretare�ai�fini�della�
controversia�specifica.�

L'art.�117�lettera�l)�dimostra�che�ogni�disciplina�inerente�ai�termini�pre-
scrizionali�si�pone�su�un�livello�costituzionale�piu�elevato�e�deve�essere�collo-
cata�nell'alveo�esclusivo�della�legislazione�nazionale.�

Il�117�lettera�l)�costituisce�una�sorta�di�riprova�della�valenza�di�quanto�
dettato�dagli�artt.�119�comma�secondo�e�117�comma�terzo�e�del�contenuto�
del�coordinamento�previsto�per�le�norme�tributarie�dall'art.�119�comma�
secondo,�in�modo�piu�specifico.�

Giova,�infine,�evidenziare�che�tutta�la�normativa�di�cui�al�Titolo�V�che�
viene�in�considerazione�(art.�119,�comma�secondo;�117,�comma�terzo;�120�
comma�secondo;�117,�comma�secondo�lettera�l))�nel�suo�insieme�deve�essere�
esaminata�e�interpretata�in�base�a�quel�principio�di�unita�che�in�primis�e�con-
templato�nello�stesso�art.�5�Cost.�

Norma�che�non�puo�non�riflettersi�sulla�effettiva�portata�di�tutte�le�
norme�della�Costituzione�che�in�qualche�modo�facciano�riferimento�all'esi-
genza�di�unitarieta�del�sistema.�

Il�principio�di�cui�all'art.�5�e�tale�da�far�rientrare�l'unita�e�il�coordina-
mento�(che�ne�e�espressione)�tra�i�principi�dei�principi�alla�stregua�dei�quali�
devono�essere�individuati�e�valutati�sia�i�criteri�di�coordinamento�(119�
comma�secondo)�e�i�principi�fondamentali�(117,�comma�terzo)�(che�apparten-
gono�allo�stesso�genus)�sia�l'unita�giuridica�(120,�comma�secondo)�sia�la�
causa�prima�della�stessa�individuazione�delle�materie�riservate�alla�legisla-
zione�esclusiva�dello�Stato�(117,�comma�secondo,�lettera�l)).�

Tutti�trovano�la�loro�fonte�e�ragion�d'essere�nella�unita�della�Repubblica�
di�cui�all'art.�5,�che�circoscrive�la�potenzialita�espansiva�delle�autonomie�
locali�entro�il�limite�dell'unita�della�Repubblica�considerata�come�un�tutto�
inscindibile�ogni�qualvolta�venga�in�considerazione�l'interesse�della�Nazione.�

L'unita�(e�il�coordinamento�che�ne�e�esplicazione)�quindi,�per�tale�via,�da�
principio�fondamentale�assume�alla�dignita�di�principio�costituzionale�fonda-
mentale;�sottratto,�oltre�che�alla�revisione,�a�qualsiasi�forma�di�elusione;�prin-
cipio�che�nessuna�disposizione,�anche�di�carattere�marginale,�ispirata�ad�una�
piu�accentuata�autonomia,�puo�eliminare�o�anche�solo�ledere.�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

E�si�pone�sullo�stesso�piano�del�principio�di�solidarieta�di�cui�all'art.�2�
Cost.,�del�principio�di�eguaglianza�(art.�3�Cost.)�e,�nella�materia�di�cui�trat-
tasi,�dello�stesso�principio�di�progressivita�del�sistema�fiscale.�

Avv. 
Massimo 
Mari 


Corte 
Costituzionale, 
sentenza 
2 
-15 
ottobre 
2003 
n. 
311 
^Presidente 
R.Chieppa�^Redattore 


P.�A.�Capotosti�^Presidente�del�Consiglio�dei�Ministri�(ct.�35117/02,�Avv.�dello�Stato�
M.�Mari)�c/�Regione�Campania�(Avvocato�V.Cocozza).�
(Artt.24,�comma�2,�e�49,�comma1,�letteraf),�legge�Regione�Campania�26�luglio�2002,�n.�16�^recte,�
n.�15�^Legge�finanziaria�regionale�per�l'anno�2002).�
�Considerato 
in 
diritto 
1.��Il�giudizio�in�via�principale�promosso,�con�il�ricorso�in�epi-
grafe,�dal�Presidente�del�Consiglio�dei�Ministri�nei�confronti�della�Regione�Campania�ha�
ad�oggetto�gli�artt.�24,�comma�2,�e�49�comma�1,�letteraf) 
della�legge�della�Regione�Campa-
nia�26�luglio�2002,�n.�16�(recte,�n.�15)�(legge�finanziaria�regionale�per�l'anno�2002)��pubbli-
cata�nel�Bollettino�Ufficiale�della�Regione�Campania�del�7�agosto�2002,�n.�38��in�riferi-
mento�agli�artt.�3,�117,�secondo�comma,�lettere�l) 
ed�e),(recte:�s)�e�119,�secondo�comma,�
della�Costituzione.�

La�prima�delle�due�norme�impugnate�(art.�24,�comma�2),�stabilendo�che��il�termine�sca-
dente�il�31�dicembre�2002�per�il�recupero�delle�tasse�automobilistiche�dovute�alla�Regione�
Campania�per�l'anno�1999�e�prorogato�al�31�dicembre�2003�,�secondo�la�difesa�erariale,�vio-
lerebbe�i�parametri�costituzionali�sopra�indicati,�in�quanto�realizzerebbe�una�discriminazione�
dei�cittadini�residenti�nella�Regione�Campania�rispetto�alla�totalita�dei�contribuenti,�in�con-
trasto�con�i�principi�di�coordinamento�del�sistema�tributario.�Inoltre,�modificando�il�codice�
civile�ed�interferendo�nella�disciplina�della�prescrizione,�lederebbe�la�competenza�legislativa�
esclusiva�dello�Stato�in�materia�di�ordinamento�civile.�

La�seconda�delle�due�norme�impugnate�(art.�49,�comma�1,�lettera�f) 
ha�modificato�
l'art.�16,�comma�1,�lettera�b) 
della�legge�della�Regione�Campania�10�aprile�1996,�n.�8�
(Norme�per�la�protezione�della�fauna�selvatica�e�disciplina�dell'attivita�venatoria�in�Campa-
nia)�nella�parte�in�cui�identifica�le�specie�cacciabili�dalla�terza�domenica�di�settembre�al�
31�gennaio�,�disponendo�che�``si�sostituiscono�le�parole�`al�31�gennaio'�con�le�parole�`al�
28�febbraio'�''.�

Secondo�il�ricorrente,�questa�disposizione,�modificando�il�periodo�entro�il�quale�le�spe-
cie�contemplate�dall'�art.�16,�comma�1,�lettera�b) 
sono�cacciabili,�violerebbe�l'art.�16�(recte,�
art.�18)�della�legge�11�febbraio�1992,�n.�157,�che�recepisce�le�norme�comunitarie�che�discipli-
nano�la�materia�della�caccia,�ponendosi�altres|�in�contrasto�con�il�principio�primario�d
esumibile�da�quest'ultima�legge��della�protezione�della�fauna�e�realizzando�una�lesione�
della�tutela�dell'ambiente�e�dell'ecosistema,�attribuita�dall'art.�117,secondocomma,lettera�
s),�della�Costituzione�alla�competenza�esclusiva�dello�Stato.�

2.��In�via�preliminare�va�osservato�che�l'indicazione�della�legge�recante�le�norme�
impugnate�come�legge�della�Regione�Campania��n.�16/2002��appare�un�mero�errore�mate-
riale��commesso�in�occasione�della�pubblicazione�nel�Bollettino�Ufficiale�della�Regione�
Campania,�peraltro�successivamente�corretto��risultando�inequivoco�che�la�legge�impu-
gnata�e�la�n.�15�del�2002,�come�ha�precisato�la�stessa�parte�ricorrente,�rendendo�peraltro�
palese�che�tale�errore�non�ha�influito�sulla�corretta�identificazione�della�legge�e�sul�diritto�
di�difesa�della�resistente.�
3.��Entrambe�le�questioni�sono�fondate.�
3.�1.��La�prima�questione�concerne�l'art.�24,�comma�2,�della�legge�impugnata,�il�quale�
dispone�la�proroga�al�31�dicembre�2003�del�termine�scadente�il�31�dicembre�2002�per�il�recu-
pero�delle�tasse�automobilistiche�dovute�alla�Regione�Campania�per�l'anno�1999.�
In�proposito,�va�ricordato�che�questa�Corte�ha�dichiarato�fondata�con�le�sentenze�n.�296�
e�297�del�2003�una�questione�di�legittimita�costituzionale�del�tutto�analoga�relativa�a�norme�
sostanzialmente�identiche�della�Regione�Piemonte�e�della�Regione�Veneto,�osservando�che�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

il�legislatore�statale,�pur�attribuendo�alle�regioni�ad�autonomia�ordinaria�il�gettito�della�tassa�
unitamente�ad�un�limitato�potere�di�variazione�dell'importo�originariamente�stabilito,�non-
che�l'attivita�amministrativa�relativa�alla�riscossione�ed�al�recupero�della�tassa�stessa,�non�
ha�tuttavia�fino�ad�ora�sostanzialmente�mutato�gli�altri�elementi�costitutivi�della�disciplina�
del�tributo.�In�questo�quadro�normativo�quindi�la�tassa�automobilistica�non�puo�oggi�defi-
nirsi�come��tributo�proprio�della�regione��ai�sensi�dell'�art.�119,�secondocomma,della�Costi-
tuzione,�dal�momento�che�la�tassa�stessa�e�stata��attribuita��alle�regioni,�ma�non��istituita��
dalle�regioni.�

Si�deve�quindi�ribadire�che,�allo�stato�della�vigente�legislazione,�la�disciplina�delle�tasse�
automobilistiche�rientra�nell'ambito�della�competenza�esclusiva�dello�Stato�in�materia�di�tri-
buti�erariali.�Pertanto,�la�norma�regionale�impugnata,�che�modifica�la�decorrenza�dei�ter-
mini�fissati�dalla�legislazione�statale�per�il�recupero�delle�tasse�automobilistiche,�incidendo�
su�un�profilo�che�attiene�alla�certezza�del�rapporto�tra�cittadino�e�amministrazione�finanzia-
ria,�viola�la�indicata�competenza�esclusiva�dello�Stato.�

3.�2.��Fondata�e�anche�la�questione�relativa�all'art.�49,�comma�1,�letteraf) 
della�stessa�
legge�regionale�impugnata,�nella�parte�in�cui�proroga�al��28�febbraio��l'originario�termine�
del��31�gennaio��per�l'esercizio�della�caccia�di�diverse�specie.�
In�proposito�questa�Corte�ha�piu�volte�ribadito,�con�riferimento�sia�alle�regioni�ad�auto-
nomia�ordinaria�sia�alle�regioni�(e�province)�ad�autonomia�speciale�(sentenze�n.�536�del�
2002�e�n.�226�del�2003),�che�la�delimitazione�temporale�del�prelievo�venatorio�disposta�dal-
l'�art.�18�della�legge�n.�157�del�1992�e�da�considerare�come�rivolta�ad�assicurare�la�sopravvi-
venza�e�la�riproduzione�delle�specie�cacciabili,�corrispondendo�quindi,�sotto�questo�aspetto,�
all'esigenza�di�tutela�dell'ambiente�e�dell'ecosistema�il�cui�soddisfacimento�l'art.�117,�secondo�
comma,�lettera�s),�della�Costituzione�attribuisce�alla�competenza�esclusiva�dello�Stato,�in�
particolare�mediante�la�predisposizione�di�standard 
minimi�di�tutela�della�fauna.�

In�questo�quadro�prorogare�la�stagione�venatoria�oltre�i�termini�previsti�dalla�legge�sta-
tale�equivale�ad�incidere�sul�nucleo�minimo��comprensivo�anche�delle�modalita�di�caccia�
�di�salvaguardia�della�fauna�selvatica,�violando�cos|�uno�standard 
di�tutela�uniforme�valido�
per�l'intero�territorio�nazionale�e�pertanto�riservato�alla�competenza�esclusiva�dello�Stato.�

P.Q.M. 
La�Corte�Costituzionale�
dichiara�l'illegittimita�costituzionale�dell'art.�24,�comma�2,�della�legge�della�Regione�
Campania�26�luglio�2002,�n.�15�(legge�finanziaria�regionale�per�l'anno�2002);�
dichiara�l'illegittimita�costituzionale�dell'�art.�49,�comma�1,�lettera�f),�della�medesima�
legge�della�Regione�Campania�26�luglio�2002,�n.�15.�
Cos|�deciso�in�Roma,�nella�sede�della�Corte�Costituzionale,�Palazzo�della�Consulta,�il�
2�ottobre�2003�.�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

Il 
termine 
ragionevole 
del 
processo: 
la 
memoria 
dell'Avvocatura 
dello 
Stato 
alle 
Sezioni 
Unite 
(*) 


(Ecc.ma�CorteSupremadiCassazione^Sezioni�Unite�Civili�^Udienza27novembre2003�

^Memoria�per�il�Ministero�della�Giustizia,�rappresentato�e�difeso�come�in�atti�^controricor-

rente^controB.O.,conl'avv.�GiovanniRomano^ricorrenteinric.n.22603/01+27271/01,�

contro�L.A.,�con�l'avv.�Giovanni�Romano�^ricorrente�in�ric.�n.�14869/02�e�inric.�14870/02).�

Sommario: 
1.��La�sentenza�CEDU�19�maggio�2003�in�affare�Scordino;�

2.��La�genesi�della�legge�24�marzo�2001,�n.�89;�3.��L'art.�111�Cost.;�
4.��La�diretta�azionabilita�in�Italia�del�diritto�convenzionale�alla�ragione-
vole�durata�del�processo;�5.��Le�norme�convenzionali�self�executing;�

6.��La�necessita�della�legge�interna;�7.��La�durata�del�processo�e�
l'art.�24�Cost.;�8.��L'interpretazione�giurisprudenziale�dell'art.�2�della�

legge�n.�89/01;�9.��Il�monito�della�CEDU;�10.��Non�e�possibile�una�

diversa�interpretazione�dell'art.�2�della�legge�n.�89/01;�la�giurisprudenza�

CEDUneglianniOttantaeNovanta;11.��Dannoeventoedannoconse-

guenza:�la�scelta�del�danno�conseguenza�fu�voluta�dalla�legge�n.�89/01;�

12.��La�giurisprudenza�CEDU�degli�ultimi�anni:�l'ipostatizzazione�del�
diritto�alla�durata�ragionevole�del�processo;�13.��La�nozione�di�diritto�

fondamentale�nella�giurisprudenza�CEDU;�14.��La�nozione�di�dirittofon-

damentale�nel�nostro�ordinamento;�15.��Dirittifondamentali��oppositivi��

e��pretensivi�;�16.��Anche�nel�nostro�ordinamento�il�diritto�alla�ragione-

vole�durata�del�processo�e�fondamentale;�17.��La�lesione�del�diritto�in�

esame�e�il�danno�risarcibile;�la�rilevanza�della��posta�in�gioco��dimostra�

che�il�danno�non�puo�essere�in�re�ipsa;�la�giurisprudenza�CEDU�sulla�

�posta�in�gioco�;�18.��Schema�conclusivo.�

�1.��La�sentenza�CEDU�19�maggio�2003�in�affare�Scordino.�Dopo�che�
la�giurisprudenza�della�I.�Sezione�Civile�di�codesta�Ecc.ma�Corte,�senza�
incertezze,�si�era�consolidata�nel�senso�che�l'art.�2�della�legge�24�marzo�
2001,�n.�89,�non�assegna�un'automatica�riparazione�a�chi�sia�stato�parte�di�
un�processo�di�non�ragionevole�durata,�ma�accorda,�testualmente,�il�dovuto�
indennizzo�a�chi�abbia�``sub|�to�un�danno�patrimoniale�o�non�patrimoniale�
per�effetto''�del�mancato�rispetto�del�termine�ragionevole,�la�Corte�Europea�
dei�Diritti�dell'Uomo�ha�lamentato,�nella�sentenza�19�maggio�2003,�in�affare�
Scordino,�che�tale�lettura�della�norma�non�e�coerente�con�gli�impegni�assunti�
dall'Italia�nel�sottoscrivere�la�``Convenzione�per�la�salvaguardia�dei�diritti�
dell'uomo�e�delle�liberta�fondamentali'',�firmata�il�4�novembre�1950�e�ratifi-
cata�con�legge�4�agosto�1955,�n.�848.�Osserva�la�CEDU�che,�con�quella�Con-
venzione,�le�Alte�Parti�``riconoscono�ad�ogni�persona�sottoposta�alla�loro�
giurisdizione�i�diritti�e�le�liberta�indicate�nel�Titolo�I'',�tra�le�quali�vi�e�``il�
(*)�Vedi�questa�Rassegna,�n.�1/2003,�200.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

diritto''�di�``ogni�persona''�``che�la�sua�causa�sia�esaminata�imparzialmente,�
pubblicamente�e�in�un�tempo�ragionevole,�da�parte�di�un�tribunale�indipen-
dente�ed�imparziale...''�(art.�6).�Questo�``diritto�alla�ragionevole�durata�del�
processo'',�osserva�la�CEDU,�e�``fondamentale'';�la�legge�n.�89/01�(c.d.�legge�
Pinto),�come�interpretata�dalla�Corte�di�Cassazione,�non�sarebbe�coerente�
con�la�Convenzione;�nel�concreto,�la�lesione�del�diritto�alla�ragionevole�
durata�del�processo,�in�quanto�diritto�fondamentale,�deve�dar�luogo�di�per�
se�ad�una�equa�riparazione�(cd.�danno�evento�o�danno�in�re�ipsa)�a�prescin-
dere�dalle�ricadute�sul�patrimonio�morale�o�economico�del�soggetto�leso,�le�
qualipossono�esservi�o�non�esservi�e,�se�provate,�vanno�indennizzate�a�parte.�

E�stato�subito�osservato�da�autorevole�fonte�che�``la�decisione...�impone�
una�serena�riflessione...,�tesa,�da�un�lato,�ad�accertare�le�cause�della�grave�
situazione�di�incomunicabilita�che�si�e�venuta�a�determinare�tra�i�giudici�ita-
liani�e�quelli�di�Strasburgo�in�tema�di�valutazione�del�danno�risarcibile�per�
la�non�giustificata�lunghezza�dei�procedimenti�interni�e,�dall'altro,�ad�indivi-
duare�le�misure�da�adottare�per�instaurare�un�dialogo�costruttivo,�salvaguar-
dando�l'immagine�della�Corte�suprema�di�Cassazione�e,�piu�in�generale,�della�
giurisdizione�italiana.�Alla�luce�della�decisione�della�Corte�e�tenuto�conto�
delle�gravi�conseguenze�che�essa�comporta�non�sembra,�invero,�piu�discuti-
bile�che�l'obbligo�di�risultato,�che�lo�Stato�italiano�con�la�notifica�della�Con-
venzione�si�e�impegnato�a�soddisfare,�debba,�senza�ulteriore�ritardo�o�sterili�
polemiche,�essere�adempiuto�dai�giudici�nazionali�conformando�la�loro�giuri-
sprudenza�a�quella�della�Corte�europea�e�agli�standars�che�dalla�stessa�sono�
stati�fissati�in�materia,�e�che,�sia�pure�nel�riconoscimento�di�un�margine�di�
apprezzamento�nazionale,�devono�essere�rispettati�da�tutti�i�Paesi�aderenti�
alla�Convenzione''�(cos|�l'Avvocato�Generale�della�Repubblica�Vitaliano�
Esposito�nel�documento�a�sua�firma�inviato�dalla�``Procura�Generale�della�
Repubblica�presso�la�Corte�Suprema�di�Cassazione�^Ufficio�Relazioni�inter-
nazionali.�Il�Dirigente''�in�data�4�ottobre�2003�a�vari�destinatari,�tra�cui,�
forse�impropriamente,�la�Corte�Suprema�di�Cassazione�e�il�C.S.M.).�

La�questione�della�natura�e�del�significato�del�diritto�alla�ragionevole�
durata�del�processo�e,�piu�in�generale,�dei�rapporti�tra�la�Convenzione�Euro-
pea�dei�diritti�dell'uomo�e�l'ordinamento�interno�viene,�cos|�,�all'esame�di�
codeste�Ecc.me�Sezioni�Unite�come�questione�di�particolare�importanza;�e�
l'auspicio�di�chi�indica�la�necessita�di�evitare�situazioni�di�incomunicabilita�
con�la�CEDU�non�puo�non�essere�condiviso.�Andrebbe�invece�con�ogni�fer-
mezza�respinto�qualsiasi�auspicio�di�chi�chiedesse�una�conformazione�della�
giurisprudenza�italiana�a�quella�europea�per�cio�solo�che�la�CEDU�lo�abbia�
voluto:�il�principio�supremo�del�nostro�ordinamento,�di�cui�all'art.�101�Cost.,�
impedirebbe�comunque�di�percorrere�tale�strada�che,�ovviamente,�non�puo�
neppure�essere�indicata�o�prospettata�ai�nostri�giudici.�

Il�problema�e�,�dunque,�soltanto�di�diritto�positivo:�si�tratta�di�stabilire�se�
l'interpretazione�della�legge�finora�seguita�dalla�Corte�di�Cassazione�vada�
confermata�o�meno;�se�tale�interpretazione�va�confermata�perche�corretta,�
allora�l'eventuale�contrasto�con�le�esigenze�della�Convenzione�non�potra�che�
essere�eliminato�dal�legislatore�(sempreche�il�contrasto�esista�realmente:�altri-


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

menti�gli�eminenti�giuristi�italiani,�che�a�vario�titolo�partecipano�alla�forma-
zione�della�giurisprudenza�CEDU,�dovranno�assumersi�l'onere�di�fornire�ai�
colleghi�degli�altri�Paesi�le�spiegazioni�del�caso).�

I�cennati�temi�sostanziali�di�fondo,�cui�e�dedicata�la�presente�memoria,�
postulano�necessariamente�una�premessa,�rivolta�ad�individuare�le�``coordi-
nate''�di�lettura�e�di�interpretazione�della�legge�in�esame,�la�quale�per�genesi,�
ratio 
e�testuali�richiami�sembra�introdurre�nozioni�non�del�tutto�i�riconduci-
bili�a�quelle�tradizionali�di�stretto�diritto�civile.�

2.��La 
genesi 
della 
legge 
24 
marzo 
2001, 
n. 
89. 
Come�tutti�sanno,�la�
legge�24�marzo�2001,�n.�89,�trova�le�sue�premesse�storiche�e�le�sue�radici�logi-
che�nella�Convenzione�europea�per�la�salvaguardia�dei�diritti�dell'uomo�e�
delle�liberta�fondamentali�firmata�a�Roma�il�4�novembre�1950,�e�ratificata�
con�legge�4�agosto�1955,�n.�848.�Tra�i�molti�diritti�o�liberta�che�la�Conven-
zione�tutela�e�quello�di�cui�all'art.�6,�prg.1,�secondo�cui�``ogni�persona�ha�
diritto�a�che�la�sua�causa�sia�esaminata�equamente,�pubblicamente�ed�entro 
un 
termine 
ragionevole...''.�In�caso�di�violazione�di�quel�diritto,�viene�accor-
data,�dalla�Corte�Europea,�``se�del�caso�un'equa�soddisfazione�alla�parte�lesa''�
(art.�41�Convenzione).�
Non�furono�molti�i�ricorsi�presentati�alla�CEDU�fino�agli�anni�Novanta,�
ne�tutti�ebbero�il�riconoscimento�di�equa�soddisfazione�monetaria;�fino�a�
quell'epoca,�infatti,�era�relativamente�frequente�che�l'equa�soddisfazione�con-
sistesse�in�una�condanna�morale�dello�Stato�di�appartenenza,�che�veniva�
dichiarato�inadempiente�con�qualche�forma�di�pubblicita�.�

Il�numero�delle�domande�di�riparazione�contro�l'Italia�per�l'irragione-
vole�durata�del�processo�aumento�a�dismisura�agli�inizi�degli�anni�Novanta;�
le�ragioni�dell'esponenziale�incremento�appartengono�ancora�alla�cronaca,�e�
poco�importano�nella�odierna�sede;�fatto�sta�che�la�Corte�Europea�manifesto�
la�propria�preoccupazione�(anche�per�il�paradosso�nel�quale�rischiava�di�
restare�coinvolta:�ritardo�irragionevole�nelle�cause�di�equa�soddisfazione�per�
il�ritardo�irragionevole);�ed�in�vario�modo,�anche�attraverso�la�Commissione,�
furono�fatte�pressioni�sull'Italia�per�il�superamento�del�problema�della�durata�
dei�processi.�Il�nostro�legislatore,�aderendo�alla�giusta�indicazione�della�
Commissione,�opero�in�due�direzioni:�avvio�subito�una�lunga�teoria�di�misure�
acceleratorie�interne�(che�poi�divennero,�ad�esempio,�legge�21�novembre�
1991,�n.�374,�dl.�18�ottobre�1995,�n.�432,�conv.�in�legge�20�dicembre�1995,�

n.�534,�d.lgvo�19�febbraio�1998,�n.�51,�legge�n.�205/2000)�e�contemporanea-
mente�mise�allo�studio�un�``rimedio�interno''�che�nei�meccanismi�della�Con-
venzione�avrebbe�permesso�di�alleggerire�il�giudice�europeo�(cfr.�art.�35�
Conv.)�e�al�contempo�di�dare�soddisfazione�reale�e�rapida�alla�parte�danneg-
giata.�
Il�Ministro�di�Grazia�e�Giustizia�costitu|�,�con�d.m.�27�agosto�1993,�
un'apposita�Commissione,�con�il�compito�di�procedere�allo�studio�ed�alla�ela-
borazione�di�soluzioni�concrete�``che�consentano�agli�interessati�di�far�valere�
nell'ordinamento�interno�l'eventuale�violazione�dell'art.�6,�par.�1,�della�Con-
venzione�per�la�salvaguardia�dei�diritti�dell'uomo�e�delle�liberta�fondamen-
tali''.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

I�rimedi�che�la�Commissione�di�studio�era�chiamata�a�proporre,�``anche�
attraverso�la�predisposizione�di�uno�o�piu�schemi�di�provvedimenti�norma-
tivi''�(art.�1�d.m.�cit.),�erano,�in�particolare,�destinati�a�completare�l'opera�
legislativa�di�rimozione�delle�cause�delle�lungaggini�processuali,�gia�avviata�
attraverso�l'adozione�di�misure�incidenti�sull'organizzazione�giudiziaria�(legge�
1.�febbraio�1989,�n.�30,�istitutiva�della�pretura�circondariale�e�delle�sezioni�
distaccate�di�pretura),�sull'ordinamento�giudiziario�(legge�21�novembre1991,�

n.�374,�istitutiva�del�giudice�di�pace),�sul�processo�civile�stesso�(legge�
21�novembre�1990,�n.�353)�nonche�sul�processo�penale�(attraverso�i�noti�isti-
tuti�del�``patteggiamento'',�del�rito�abbreviato,�etc.).�
I�risultati�dei�lavori�della�Commissione�di�studio,�la�quale�propose,�da�
un�lato,�misure�acceleratorie�dei�vari�processi�e,�dall'altro,�l'introduzione�di�
un�meccanismo�``riparatorio''�in�favore�di�chi�si�fosse�visto�disconoscereil�
``diritto�al�giudizio...�in�tempo�ragionevole'',�vennero�recepiti�in�apposito�dise-
gno�di�legge�approvato�dal�Consiglio�dei�Ministri�il�29�dicembre�1993:�tale�
disegno�di�legge�che,�secondo�la�valutazione�del�Presidente�della�Commis-
sione�Europea�dei�diritti�dell'uomo,�``contiene�una�disciplina�precisa�ed�esau-
riente�in�quanto�investe�i�due�aspetti,�preventivo�e�riparatorio,�dei�problemi�
derivanti�da�un'eccessiva�durata�delle�procedure�di�fronte�ai�tribunali�ita-
liani''�(lettera�7�luglio�1994�al�Ministro�di�Grazia�e�Giustizia)�non�ebbe�
seguito�per�l'anticipata�fine�della�legislatura;�venne�successivamente�ripropo-
sto,�fino�a�diventare�la�legge�n.�89/01.�

La�soluzione�che�la�Commissione�Europea�trovo�soddisfacente�e�molto�
diversa�da�quella�di�altre�Nazioni,�come�la�Spagna�e�la�Svezia,�che�costrui-
scono�il�diritto�al�processo�di�durata�ragionevole�come�diritto�costituzionale�
(rispettivamente,�in�art.�24,�2.�comma,�della�costituzione�del�27�dicembre�
1978,�e�in�art.�9,�14�comma,�della�costituzione�del�27�febbraio�1974)�o,�per�
converso,�come�diritto�limitato�al�caso�di�privazione�delle�liberta�personali�
(art.�15,�3.�comma,�delle�costituzioni�dei�Paesi�Bassi).�Ed�il�giudizio�favore-
vole�e�stato�confermato�dalla�sentenza�della�medesima�Corte�Europea�6�set-
tembre�2001�(caso�Brusca�c/�Italia):�e�stato�infatti�dichiarato�irricevibile�il�
ricorso�dell'interessato�il�quale�aveva�rifiutato�di�esperire�la�via�del�ricorso�
ex 
lege 
n.�89/01,�perche�da�lui�ritenuto�non�soddisfacente;�la�Corte�Europea�
ha�osservato�che�quel�rifiuto�era�pretestuoso,�perche�il�rimedio�interno�ita-
liano�e�``efficace�e�reale''.�

3.��L'art. 
111 
Cost. 
Il�legislatore�volle�opportunamente,�e�con�saggia�
lungimiranza,�che�il�rimedio�interno�fosse�preceduto�da�una�solenne�afferma-
zione�di�principio,�che�oggi�leggiamo�nell'art.�111�Cost.,�novellato�dalla�legge�
costituzionale�23�novembre�1999,�n.�2,�secondo�cui,�per�quanto�ora�interessa�
``ogni�processo�si�svolge�nel�contraddittorio�tra�le�parti,�in�condizioni�di�
parita�,�davanti�a�giudice�terzo�e�imparziale.�La 
legge 
ne 
assicura 
la 
ragione-
vole 
durata''. 


E�dunque�la�legge�24�marzo�2001,�n.�89,�(c.d.�legge�Pinto)�trova,�per�cos|�
dire,�``radici�domestiche'':�non�sfugg|�alla�sensibilita�del�nostro�legislatore�c
he�gia�nel�1950�con�la�firma�della�Convenzione�aveva�voluto�dare�il�massimo�
riconoscimento�agli�altissimi�valori�di�liberta�e�di�civilta�che�in�quel�docu-
mento�sono�contenuti�^l'esigenza�che�l'introduzione�di�un�rimedio�riparato-


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

rio�del�singolo�caso�di�durata�irragionevole�fosse�preceduta�da�un'afferma-
zione�di�principio�che�rendesse�per�cos|��dire�``nostro''�e�``voluto''�il�rimedio,�
che�in�tal�modo�si�radicava�nel�quadro�ordinamentale�italiano.�Ed�infatti,�
nella�relazione�al�disegno�di�legge�comunicato�alla�Presidenza�del�Senato�il�
16�febbraio�1999,�n.�3813,�si�dichiara�che�triplice�e��l'obiettivo�perseguito:�a)�
dare�concreta�attuazione�all'impegno�assunto�con�la�Convenzione;�b)�
approntare�una�riparazione�in�caso�di�mancato�rispetto�dei�tempi�ragionevoli�
del�processo;�c)�apprestare�``un'efficace�tutela�dell'ordinamento�giuridico�ita-
liano...�(giacche�)�spetta�in�primo�luogo�ai�singoli�Stati�garantire�i�diritti�e�la�
liberta�da�essi�sottoscritti�con�la�Convenzione'',�con�il�chiarimento�che�``il�
meccanismo�di�controllo�europeo�riveste�al�riguardo�solo�carattere�sussidia-
rio''.�Ed�e��interessante�notare�che�il�relatore,�dopo�aver�dato�conto�delle�solu-
zioni�adottate�dagli�altri�Paesi�firmatari�della�Convenzione,�sottolineava�che�
la�soluzione�proposta�era�stata�elaborata�``in�linea�con�la�nostra�tradizione�
giuridica''.�Forse�appartiene�alla�cronaca�o�alla�sociologia�giuridica�rilevare�
quello�che�emerse,�sul�punto,�nel�dibattito�parlamentare;�certamente�e��un�
fatto�di�grande�interesse�che�tutti�gli�interventori�critici�ed�in�ispecie�quelli�
dell'opposizione�ebbero�da�muovere�riserve�proprio�sulle�parti�del�provvedi-
mento�che�sembravano�loro�non�in�linea�con�la�tradizione�giuridica�della�
nostra�Nazione�(si�vedano,�in�particolare,�gli�interventi�critici�di�Caruso�e�
Buccino�al�Senato�e�di�Marotta�alla�Camera,�A.C.�7327,�pag.�10�e�segg.).�

E�dunque�l'art.�111�Cost.�novellato�che�costituisce�il�punto�di�riferimento�
principale�della�legge�oggi�all'esame.�Ed�e��abbastanza�facile�osservare�che�
delle�due�affermazioni�di�principio�che�rappresentano�l'incipit�della�riforma�
(``la�giurisdizione�si�attua�mediante�il�giusto�processo''�e�``ogni�processo�si�
svolge�nel�contraddittorio�tra�le�parti,�in�condizioni�di�parita��,�davanti�a�giu-
dice�terzo�e�imparziale'')�nessuna�e��``sostanziale''�o�``nuova'':�un�``processo�
non�giusto''�e�``un�giudice�non�terzo�o�non�imparziale''�cessano�di�essere�
``processo''�e�``giudice''�e�diventano�tragici�ossimori;�ed�a�vietare�qualunque�
tentazione�di�atroci�connubi�gia��bastavano�altre�norme�della�nostra�Costitu-
zione�(gli�artt.�24�e�101,�ad�esempio).�

La�novita��della�Novella�sta,�invece,�proprio�nel�riferire�l'elemento�della�
ragionevole�durata�all'in�se�del�processo:�come�dire�che�una�giustizia�ammini-
strata�senza�prontezza�e��un�po'�meno�``giusta'';�un�processo�per�essere�giusto�
non�soltanto�deve�svolgersi�ad�armi�pari,�davanti�al�giudice�terzo�ed�impar-
ziale,�ma�deve�anche�essere�di�ragionevole�durata.�

``La�legge�assicura''�la�pronta�risposta�alla�domanda�di�giustizia�in�
ragione�della�tutela�giurisdizionale�dei�diritti,�gia��garantita�dall'art.�24:�
l'art.�111�costituisce,�cos|�,�il�momento�organizzatorio�e�dinamico�della�giuri-
sdizione,�nel�cui�quadro�l'aspettativa�dell'uomo�ad�una�risposta�in�tempi�
ragionevoli�non�e��situazione�fine�a�se�stessa,�ma�all'evidenza�e��momento�stru-
mentale�per�la�fruizione�serena�e�pacifica�dei�diritti�sostanziali�che�il�processo�
coinvolge.�

Il�problema�che�si�pose�al�legislatore�fu,�insieme,�di�tecnica�normativa�e�
di�valenza�politica;�occorreva�infatti�stabilire�in�che�modo�ed�eventualmente�
con�quali�adattamenti�la�giuridica�possibilita��finora�concessa�al�cittadino�di�
dolersi�davanti�alla�Commissione�europea�per�il�comportamento�dello�Stato�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

di�appartenenza�al�fine�di�ottenere�``s'il�y�a�lieu...�une�satisfaction�e�quitable''�
(art.�50�della�Convenzione�originaria),�dovesse�farsi�vero�e�proprio�diritto,�
direttamente�azionabile�davanti�al�giudice�nazionale;�fino�a�quel�momento,�
la�posizione�del�cittadino�italiano�in�ordine�alla�tutela�dei�diritti�riconosciuti�
dalla�Convenzione�era�stata,�sostanzialmente,�quella�del�terzo�a�favore�del�
quale�e�stipulato�un�contratto:�e�lo�Stato�che�risponde�dell'inadempimento�
nei�confronti�delle�altre�parti�contraenti,�sul�piano�del�diritto�internazionale;�
ma�quegli�obblighi�il�singolo�soggetto�puo�far�valere�in�proprio�favore�al�fine�
di�ottenere,�oltre�alla�condanna�dello�Stato�sul�piano�internazionale,�anche,�
``se�del�caso'',�un'equa�riparazione.�

Il�problema�della�rilevanza�dell'inadempimento�statuale�alla�Conven-
zione,�dal�punto�di�vista�del�soggetto�che�da�tale�inadempimento�riportava�
un�``danno'',�si�poneva,�in�concreto,�forse�soltanto�per�il�``de�lai�raisonable'':�
tutti�gli�altri�diritti�o�liberta�che�la�Convenzione�salvaguarda�erano�ben�noti�
al�nostro�sistema�ordinamentale�per�consolidata�tradizione;�e�tutti�quei�diritti�

o�liberta�avevano�gia�ricevuto�la�diretta�protezione�o�della�Costituzione�
repubblicana�o�delle�leggi�ordinarie.�Mancava,�nel�novero�dei�diritti�piena-
mente�tutelati�dalla�legge,�il�diritto�al�``termine�ragionevole''�di�durata�del�
processo;�e�dopo�la�Novella�costituzionale�non�poteva�piu�rinviarsene�la�
disciplina�sul�piano�della�effettivita�e,�in�particolare,�su�quello�delle�conse-
guenze�in�caso�di�violazione.�
Scelta�la�strada�della�rivendicazione�dell'autonomia�e�dell'autosuffi-
cienza�del�nostro�ordinamento�che�non�ha�bisogno�di�eteronormazione,�sia�
pure�essa�europea,�per�garantire�ai�suoi�cittadini�un�processo�degno�e�per�
intervenire�con�strumenti�di�riparazione�in�caso�di�dannosa�violazione�di�
quella�garanzia,�e�stato�inevitabile�costruire�il�sistema�dell'equa�riparazione�
attraverso�l'adattamento�di�istituti�gia�noti;�e�l'innesto�tra�il�``nuovo''�(la�
nozione�costituzionale�della�ragionevole�durata�quale�elemento�coessenziale�
al�processo,�ovvero�aspetto�irrinunciabile�dell'organizzazione�della�funzione�
giurisdizionale)�ed�il�``consueto''�(le�norme�codicistiche,�sostanziali�e�proces-
suali)�e�avvenuto,�per�la�disciplina�sostanziale,�attraverso�i�canali�del-
l'art.�2056�cod.�civ.,�che�a�sua�volta�richiama�gli�artt.�1223,�1226�e�1227,�non-
che�della�struttura�della�fattispecie�in�termini�di�fatto,�causalita�,�evento�(giu-
sta�gli�schemi�dell'obbligazione�ex�lege),�e,�per�la�disciplina�procedimentale,�
attraverso�l'utilizzo�del�procedimento�camerale�di�per�se�assai�rapido.�Vi�e�,�
certamente,�un�ampio�riferimento�alla�Convenzione:�e�esplicito,�in�tal�senso,�
l'art.�2,�comma�1.,�della�legge,�dove�si�chiarisce�che�il�termine�ragionevole�di�
cui�si�parla�e�quello�di�cui�all'art.�6,���1,�della�Convenzione;�e�c'e�la�norma�
di�raccordo�per�quella�sorta�di�passaggio�della�domanda,�dalla�CEDU�alla�
Corte�d'appello�italiana,�di�cui�parla�l'art.�6.�Ma�quello�che�sicuramente�non�
c'e�nella�legge�in�esame�^ne�poteva�esserci,�date�le�premesse�cui�si�e�fatto�
cenno�ed�il�voluto�innesto�del�``nuovo''�nel�solido�``antico''�dello�Stato�di�
diritto�^e�il�trascinamento�o�recepimento�in�blocco,�nel�nostro�ordinamento,�
della�giurisprudenza�europea,�delle�scelte�della�CEDU,�delle�sue�regole�di�
sostanza�e�di�forma.�

Si�e�,�invece,�e�ben�diversamente,�operato�con�il�sistema�del�rinvio�mate-
riale,�quando�si�e�voluto�recepire�qualche�elemento�della�giurisprudenza�della�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

CEDU;�lo�si�e�fatto,�ad�esempio,�nel�comma�2.�dell'art.�2,�quando�si�indicano�
gli�aspetti�che�il�giudice�deve�considerare�nell'accertare�la�violazione�(com-
plessita�del�caso,�comportamento�delle�parti�e�del�giudice�etc.),�o�nell'art.�4,�
che�ricalca�analoga�norma�della�Convenzione:�ma�in�tal�modo�la�regola�
legale�di�sostanza�e�di�forma�e�tutta�e�solo�italiana,�e�va�applicata�secondo�
gli�schemi�logici�e�gli�strumenti�interpretativi�che�il�nostro�ordinamento�
conosce.�

4.��La�diretta�azionabilita�in�Italia�del�diritto�convenzionale�alla�ragione-
vole�durata�del�processo.�La�``legge�Pinto''�vuole�dare�compimento�e�concre-
tezza�al�riconoscimento�del�diritto�alla�ragionevole�durata�del�processo.La�
solenne�affermazione�di�principio,�che�si�legge�nell'art.�1�della�Convenzione�
(``le�altre�parti...�riconoscono�i�diritti�e�le�liberta�indicate�nel�Titolo�1�...''�si�
noti:�``riconoscono'',�e�non�``si�impegnano�a�riconoscere'')�non�era�stata�suffi-
ciente�per�accordare�direttamente�nel�diritto�interno�il�ristoro�per�la�viola-
zione�del�diritto�al�termine�ragionevole;�era,�peraltro,�assolutamente�pacifica�
tale�osservazione�nella�giurisprudenza�CEDU,�dove�la�doglianza�relativa�alla�
violazione�del�termine�ragionevole�era�considerata�direttamente�ammissibile�
per�l'indubbia�inesistenza�del�rimedio�interno:�per�la�prima�volta,�come�sie�
gia�ricordato,�la�CEDU�affermo�l'esistenza�di�un�rimedio�interno�efficace�ed�
effettivo,�da�sperimentare�previamente�come�condizione�dell'azionabilita�a�
Strasburgo�della�pretesa�riparatoria,�nella�decisione�6�settembre�2001,�Bru-
sca,�che,�appunto,�indica�quel�rimedio�nel�ricorso�finalmente�introdotto�in�
Italia�dalla�legge�n.�89/2001.�Dal�canto�suo,�la�giurisprudenza�della�Suprema�
Corte�di�Cassazione,�chiamata�a�pronunciarsi�sulla�diretta�azionabilita�in�Ita-
lia�del�diritto�alla�ragionevole�durata�del�processo,�piu�volte�ebbe�occasione�
in�perfetta�concordanza,�anche�sul�piano�degli�effetti,�con�la�giurisprudenza�
CEDU�^di�sottolineare�che�``la�Convenzione�...nella�parte�in�cui�fissa�l'esi-
genza�di�celerita�del�processo,�introduce�un�mero�principio�di�comporta-
mento�per�il�legislatore�nazionale,�senza�prefissione�di�termini�o�sanzioni�...''�
(Cass.�S.U.�25�gennaio�1985,�n.�365);�in�particolare,�``giusta�consolidato�indi-
rizzo�(cui)�ritiene�questa�Corte�di�prestare�adesione�...�le�pretese�violazioni�
della�Convenzione�Europea�ed�in�particolare�...�dell'art.�6�(sul�diritto�di�ogni�
persona�ad�un�processo�equo)�in�ragione�dell'obiettiva�genericita�o�aspecifi-
cita�di�dette�norme�di�riferimento,�debbono�necessariamente�far�capo�alla�
normativa�interna�vigente�al�momento�delle�violazioni�medesime,�onde�l'e-
ventuale,�mancata�conformita�di�tale�normativa�ai�principi�della�Conven-
zione�non�puo�comportare�una�responsabilita�immediata�per�lo�Stato�alla�
stregua�del�diritto�interno�ex�art.�2043�c.c.,�sebbene�solo�la�deferibilita�dello�
Stato�stesso�agli�organismi�di�controllo�politico�e�giurisdizionale�contemplati�
dalla�Convenzione�ed�all'unico�fine�della�responsabilita�internazionale�patti-
ziamente�assunta�e�con�le�conseguenze�stabilite�dalla�Convenzione�stessa,�
come,�ad�esempio,�l'equa�soddisfazione�della�parte�lesa�prevista�dall'art.�50''�
(Cass.�14�giugno�2002,�n.�8503,�che�richiama,�quali�precedenti�in�termini,�
Cass.�12�gennaio�1999,�n.�254�e�Cass.�1�ottobre�1986,�n.�5827).�

5.��Le�norme�convenzionali�selfexecuting.�La�giurisprudenza�di�codesta�
Corte�Ecc.ma,�con�la�citata�sentenza�n.�8503/2002,�ribad|�il�remoto�e�
costante�insegnamento�circa�la�differenza�che�intercorre�tra�le�norme�pattizie�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

self 
executing,�e�quelle�che,�per�la�loro�genericita�,�hanno�bisogno�di�essere�
calate�nella�realta�dell'ordinamento�interno�attraverso�apposito�provvedi-
mento�di�disciplina�concreta�(si�veda�anche�la�sentenza�delle�Sezioni�Unite�
Penali�8�maggio�1989,�n.�15,�che�confermo�la�distinzione�tra�i�due�tipi�di�pre-
cetti�convenzionali;�in�termini,�Cass.�Pen.�20�maggio�1991,�n.�2823;�id 
29�maggio�1992,�n.�2;�id 
28�maggio�1996,�n.�2549;�si�veda�anche�Cass.�S.U.�
1.�ottobre�1986,�n.�5827,�per�la�``pubblicita�''�dell'udienza�quale�mero�principio�
di�comportamento�per�il�legislatore�nazionale,�senza�immediate�conseguenze�
per�il�relativo�diritto�riconosciuto�nel�medesimo�art.�6�della�Convenzione;�e�
Cass.�12�gennaio�1999,�n.�254,�per�un�caso�di�arresto�che�si�lamentava�colpe-
volmente�errato:�il�diritto�all'indennizzo,�espressamente�previsto�dall'art.�5,�
c.5,�della�Convenzione,�in�favore�della�``vittima�di�un�arresto�o�di�una�deten-
zione�eseguiti�in�violazione�delle�disposizioni�di�questo�articolo'',�non�fu�suffi-
ciente�per�accordare,�in�Italia,�il�richiesto�indennizzo,�perche�mancava�il�
``modello�di�atto�interno�completo�nei�suoi�elementi�essenziali'').�

Non�diversamente�si�pronuncio�la�Corte�Costituzionale�che,�mante-
nendo�fermo�il�tradizionale�dualismo�tra�diritto�internazionale�e�diritto�
interno�(dualismo,�peraltro,�espressamente�indicato�dalla�Costituzione�negli�
articoli�72,�u.c.,�75,�2.�c.,�80,�e�chiaramente�presupposto�nella�logica�degli�
artt.�10�e�11)�ebbe�modo�in�piu�occasioni�di�affermare�che�la�Convenzione�
Europea�dei�Diritti�dell'Uomo�e�una�legge�ordinaria,�mai�parametro�di�ecce-
zioni�di�incostituzionalita�,�pur�se�dotata�di�una�specifica�forza�di�resistenza�
nel�momento�dell'abrogazione�ad�opera�di�legge�ordinaria;�la�Convenzione�
pero�non�ottiene�la�protezione�di�cui�all'art.�10�Cost.�perche�questo�si�riferisce�
alle�sole�norme�consuetudinarie�(ex 
multis,�Corte�Cost.�18�luglio�1997,�

n.�288,�id. 
15�giugno�1979,�n.�54B;�id. 
14�gennaio�1982,�n.�15;�id. 
18�dicembre�
1981,�n.�496,�proprio�con�riguardo�all'art.�6�della�Convenzione�che�``fuoriesce�
dall'ambito�di�operativita�dell'art.�10�della�Costituzione�che�puo�avere�ad�
oggetto�soltanto�norme�di�carattere�consuetudinario'';�si�tratta�di�afferma-
zioni�consolidate).�Piuttosto,�e�utile�notare,�per�quanto�ora�interessa,�che�la�
Corte�Costituzionale�ha�sempre�dato�per�pacifico�che�i�diritti�riconosciuti�
nella�Convenzione�non�sono�di�per�se�entrati�nel�nostro�ordinamento�per�
effetto�della�ratifica�legislativa:�cos|�,�a�proposito�della�riparazione�dell'ingiu-
sta�detenzione,�la�Corte�Costituzionale�non�ritenne�bastevole�l'art.�5�della�
Convenzione�(cfr.�sentenza�24�marzo�1999,�n.�109);�a�proposito�del�diritto�al�
matrimonio,�non�fu�sufficiente�il�riconoscimento�di�cui�all'art.�12�della�Con-
venzione�per�superare�le�limitative�disposizioni�ordinarie�di�cui�alla�legge�
29�gennaio�1942,�n.�64�(cfr.�sentenza�25�settembre�2002,�n.�445);�ne�il�diritto�
alla�vita,�in�una�con�il�divieto�di�estradizione�del�condannato�a�morte,�ha�
determinato�``l'abrogazione�di�norme�di�convenzioni�bilaterali�che,�anche�
per�i�reati�puniti�con�la�pena�di�morte,�consentono�l'estradizione�(cfr.�sen-
tenza�15�giugno�1979,�n.�54);�ne�l'art.�5�ha�potuto�impedire�le�leggi�di�prolun-
gamento�della�carcerazione�preventiva�(cfr.�sentenza�14�gennaio�1982,�n.�15).�
A�maggior�ragione�non�sarebbe�stata�sufficiente�la�legge�ordinaria�di�ratifica�
per�ampliare�il�catalogo�dei�diritti�costituzionali,�come�ad�esempio�quelli�di�
cui�all'art.�2�Cost..�

IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

6.��La�necessita�della�legge�interna.�Alla�vigilia�della�Novella�costitu-
zionale�che�ha�introdotto�nell'art.�111�il�riferimento�al�``giusto�processo''�e�alla�
``durata�ragionevole''�che�``la�legge�assicura''�era�certamente�estranea�all'ordi-
namento�positivo�la�qualificazione�dell'aspettativa�ad�un�processo�dai�tempi�
ragionevoli�in�termini�di�diritto�soggettivo�direttamente�azionabile�al�di�fuori�
delle�ipotesi�del�fatto�illecito.�
Quel�diritto,�formalmente�introdotto�nel�nostro�ordinamento�attraverso�
la�ratifica�della�Convenzione�come�affermazione�di�principio,�gia�riceveva�
piena�tutela�risarcitoria�indiretta�solo�quando�la�lesione�veniva�da�fattoille-
cito:�la�denegata�giustizia�e�l'omissione�di�atti�d'ufficio,�ad�esempio,�erano�
certamente�dei�comportamenti�sanzionati�pur�quando�si�risolvevano�in�una�
irragionevole�durata�del�processo,�e�la�tutela�accordata�era,�in�tali�casi,�
quella�risarcitoria,�con�il�ristoro�pieno�di�tutti�i�danni,�anche�imprevisti�al�
momento�del�fatto.�Si�trattava�ora,�dopo�la�Novella�costituzionale,�non�
certo�di�ridurre�la�tutela�a�fronte�del�fatto�illecito,�ma�di�estendere�la�rea-
zione�dell'ordinamento�e�dunque�attribuire�un�ristoro�anche�nelle�ipotesiin�
cui�l'irragionevole�durata�del�processo�non�fosse�dipesa�da�doloso�o�colpe-
vole�comportamento�soggettivo.�Questo�tipo�di�ulteriore�e�piu�estesa�tutela�
aveva�bisogno�di�una�legge�che�la�introducesse:�non�bastava�la�ratifica�della�
Convenzione,�perche�nella�Convenzione�non�c'e�il�benche�minimo�cenno�alle�
conseguenze�dirette�della�violazione�di�quel�diritto�sul�piano�dell'ordina-
mento�interno.�

7.��La�durata�del�processo�e�l'art.�24�Cost.�Certo,�a�ben�leggere,�``den-
tro''�l'art.�24�Cost.�poteva�anche�scorgersi,�in�filigrana,�un�qualche�implicito�
riferimento�al�tempo�ragionevole;�ma�chi�aveva�tentato�questa�strada�si�era�
subito�accorto�di�due�cose:�della�pratica�inutilita�dell'indagine,�che�avrebbe�
al�massimo�comportato�l'affermazione�di�un�``dovere''�dello�Stato�alla�cor-
retta�amministrazione�della�giustizia,�a�fronte�del�quale�il�singolo�non�
avrebbe�vantato�se�non�uno�di�quegli�interessi�che�vengono�detti�di�mero�
fatto�e�che�non�sono�giustiziabili;�della�recessivita�dello�stesso�interesse�e�del�
generico�dovere�a�fronte�di�situazioni�soggettive�direttamente�tutelate�dalla�
legge.�

Il�tentativo,�molto�interessante,�compiuto�dalla�giurisprudenza�della�
Corte�Costituzionale�(si�veda,�ad�esempio,�la�sentenza�n.�388/1999,�sopra�
ricordata)�di�ricondurre�il�nucleo�essenziale�della�tutela�costituzionale�del�
diritto�al�giudizio�alla�effettivita�del�processo�che�``implica�una�ragionevole�
durata''�rimase�affermazione�di�principio�perche�la�stessa�Corte�non�pote�
negare�che�quel�diritto�al�processo�effettivo�``trova�la�concreta�applicazione�
nella�disciplina�(della)�molteplicita�di�istituti�destinati�a�rendere�effettiva�
quella�garanzia''�(Corte�Cost.,�ivi);�era�infatti�consolidato�l'insegnamento�
nel�senso�che�ne�l'art.�24�Cost.�ne�l'art.�6�della�Convenzione�per�la�salvaguar-
dia�dei�diritti�dell'uomo�e�delle�liberta�fondamentali�impongono�``l'adozione�
di�un�modello�processuale�unico�e�infungibile:�per�far�s|�che�il�loro�sistema�
giudiziario�sia�in�armonia�con�il�principio�del�giusto�processo�gli�Stati�con-
traenti,�come�la�Corte�Europea�non�nega,�godono�della�piu�ampia�liberta�
nella�scelta�dei�mezzi�idonei''�(Corte�Cost.,�sent.�399/1998:�si�noti�la�pacifica�
affermazione�circa�la�non�diretta�ed�immediata�applicazione,�in�Italia,�della�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Convenzione,�in�perfetta�sintonia�con�l'opinione�della�CEDU).�E�pur�
quando,�al�fondo�dell'art.�24�Cost.,�si�intravide�l'interesse,�di�per�se�non�giu-
stiziabile,�alla�ragionevole�durata�del�processo,�si�sottolineo�che�il�diritto�
inviolabile�di�difesa�andava�necessariamente�coordinato�con�altri�fondamen-
tali�valori,�quali�``l'interesse�alla�realizzazione�della�giustizia''�(sent.�

n.�114/68),�o�``l'ordinata�amministrazione�della�giustizia''�(sent.�n.�111/1970)�
o�``l'esigenza�di�certezza�delle�situazioni�giuridiche,�(sent.�n.�112/1976�e�
136/1972)�tutti,�a�ben�vedere,�non�necessariamente�compatibili�con�l'aspetta-
tiva�alla�celerita�delle�decisioni�(cfr.�Corte�Cost.�n.�345/1987�sul�contempera-
mento�dei�vari�interessi).�
Alla�vigilia,�dunque,�della�Novella�costituzionale�il�``diritto''�di�``ogni�
persona''�a�che�``la�sua�causa�sia�esaminata�...�in�un�tempo�ragionevole''�di�
cui�all'art.�6�della�Convenzione�non 
era�un�diritto�azionabile�in�Italia:�non�lo�
era�ex 
lege 
n.�848/55,�che,�come�si�e�visto,�ha�introdotto�nell'ordinamento�
con�effetto�immediato�ed�operativo�le�sole�disposizioni�convenzionali�suffi-
cientemente�determinate�(quelle�self 
executing,�cioe�);�non�lo�era�nel�preesi-
stente�sistema�codicistico,�all'evidenza�del�tutto�silente�sul�punto;�ne�lo�era�
per�effetto�di�norma�costituzionale,�perche�nessun�precetto�prevedeva�o�rico-
nosceva�quel�diritto,�il�quale�non�atteneva�direttamente�alla�persona�o�ad�
uno�dei�diritti�o�liberta�della�persona�che�la�Costituzione�riconosce�e�tutela�
e�che�danno�sostanza�al�catalogo�dell'art.�2;�come�si�e�prima�ricordato,�dal-
l'art.�24�Cost.�era,�al�piu�,�possibile�ricavare�una�disposizione�programmatica�
(e�forse�analoga�disposizione�poteva�trarsi�anche�dall'art.�97)�che�impegnava�
il�Parlamento�all'adozione�di�misure�organizzative�idonee�a�permettere�una�
piu�celere�risposta�alla�domanda�di�giustizia:�ma�e�stato�proprio�l'art.�111�
novellato�a�dimostrare�di�per�se�che�l'aspettativa�alla�ragionevole�durata�del�
processo�non�stava�gia�nell'art.�24,�se�non�``in 
nuce''�o�in�potenza;�l'art.�111�
trae,�dall'art.�24,�il�``principio''�e�lo�trasporta�nell'in�se�della�funzione,�affi-
dando�alla�legge�ordinaria�il�compito�di�trasformarlo�in�diritto�soggettivo�
azionabile.�

8.��L'interpretazione 
giurisprudenziale 
dell'art. 
2 
della 
legge 
n. 
89/01. 
Intervenuta�la�legge�n.�89/2001,�la�Corte�di�Cassazione�ha�subito�fissato�i�
seguenti�principi�interpretativi�(rimasti�ben�saldi,�senza�il�minimo�ripensa-
mento,�ad�oggi):�

a) 
l'obbligazione�avente�ad�oggetto�l'equa�riparazione�per�la�non�
ragionevole�durata�del�processo�non�si�configura�come�obbligazione�ex 
delicto,�ma�come�obbligazione�ex 
lege 
riconducibile,�in�base�all'art.�1173�cod.�
civ.,�ad�ogni�altro�atto�o�fatto�idoneo�a�costituire�fonte�di�obbligazione�in�
conformita�dell'ordinamento�giuridico�(Cass.�26�luglio�2002,�n.�11046,�e�suc-
cessive);�

b) 
il�giudice�italiano,�chiamato�ad�attribuire�l'equa�riparazione�ex 
art.�2�della�legge�n.�89/2001,�non�e�vincolato�alle�pronunce�della�Corte�Euro-
pea,�diversamente�da�quanto�stabilito�dall'art.�189�del�Trattato�istitutivo�della�
CEE�per�le�sentenze�della�Corte�di�Giustizia�(Cass.�2�agosto�2002,�n.�11592,�
e�successive)�pur�dovendosi�riconoscere�alla�giurisprudenza�della�Corte�di�
Strasburgo�valore�di�precedente�ai�fini�dell'interpretazione�dell'art.�2�della�
legge�n.�89/01�(Cass.�8�agosto�2002,�n.�11987,�e�successive).�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

c) 
il�danno�derivato�dalla�violazione�del�diritto�alla�ragionevole�
durata�del�processo�non�e�in 
re 
ipsa,�pur�trattandosi�di�obbligazione�ex 
lege 
perche�l'inviolabilita�di�quel�diritto�non�e�garantita�da�norme�costituzionali�
immediatamente�precettive�quale�diritto�fondamentale�della�persona�(Cass.�
8�agosto�2002,�n.�11987,�e�successive);�il�danno,�patrimoniale�e�non,�va�
dunque�dimostrato�da�chi�lo�allega,�essendo,�naturalmente,�possibile�anche�
nella�fattispecie�in�esame�procedere�per�presunzioni�e�utilizzare�il�notorio�
(Cass.�12�novembre�2002,�n.�15852:�anche�tale�affermazione�e�del�tutto�
pacifica).�

La�sintesi�delle�soluzioni�fornite�dalla�Corte�di�Cassazione�sui�temi�che�
oggi�interessano�e�contenuta�nelle�piu�recenti�sentenze;�vale�la�pena�di�ricor-
darne�una�per�tutte:�

``Giova�premettere�che,�alla�stregua�dei�principi�interpretativi�elaborati�
in�materia�da�questa�Corte,�il�diritto�previsto�dall'art.�2�della�legge�24�marzo�
2001,�n.�89,�per�il�caso�di�violazione�del�termine�di�durata�ragionevole�del�
processo�non�ha�natura�risarcitoria,�ma�indennitaria.�L'obbligazione�relativa�
si�riconnette�infatti�ad�una�forma�di�responsabilita�da�attivita�lecita,�quale�e�
indubbiamente�l'attivita�di�amministrazione�della�giustizia,�che�non�diventa�
illecita�per�il�solo�fatto�dell'eccessiva�durata�dei�processi.�Si�tratta,�dunque,�
di�un'obbligazione�non�``ex 
delicto'',�ma�``ex 
lege''�riconducibile�^nel�quadro�
delle�fonti�di�cui�all'art.�1173�cod.�civ.�^agli�altri�atti�o�fatti�idonei�a�produrla�
secondo�le�previsioni�dell'ordinamento�giuridico�(cfr.,�tra�le�altre,�Cass.�
22�gennaio�2003;�n.�920;�Cass.�8�agosto�2002,�n.�11987).�

La�natura�indennitaria�dell'equa�riparazione�non�comporta�tuttavia�l'au-
tomatica�attribuzione�in�favore�del�soggetto�che�lamenti�la�violazione�del�
diritto�alla�ragionevole�durata�del�processo.�La�nozione�di�danno�^evento,�
risarcibile�di�per�se�,�puo�essere�riferita,�infatti,�solo�ai�diritti�fondamentali,�
l'inviolabilita�dei�quali�sia�garantita�da�norme�costituzionali�immediatamente�
precettive�e�la�cui�violazione�non�puo�restare�senza�la�sanzione�minima�risar-
citoria;�essa,�invece,�non�e�suscettibile�di�estensione�al�diritto�all'equa�ripara-
zione�per�irragionevole�durata�del�processo,�diritto�assicurato�dalla�legge�
ordinaria�e�non�dalla�Costituzione,�il�cui�art.�111�^ove�e�previsto�un�canone�
oggettivo�di�disciplina�della�funzione�legislativa�e�non�direttamente�una�
garanzia�del�singolo�strutturata�in�termini�di�diritto�soggettivo�^affida�
appunto�alla�legge�il�compito�di�dare�attuazione�al�principio�della�ragione-
vole�durata�(cos|�,�tra�le�altre,�Cass.�13�settembre�2002,�n.�13422;�Cass.�8�ago-
sto�2002,�n.�11987,�cit.;�Cass.�2�agosto�2002,�n.�11600).�

Poiche�alla�violazione�del�diritto�alla�ragionevole�durata�del�processo�la�
legge�non�ricollega�l'applicazione�di�una�pena�privata�o�di�una�sanzione�nei�
confronti�dell'amministrazione,�ma�un'equa�riparazione�in�favore�del�sog-
getto�che,�per�effetto�della�eccessiva�durata�del�giudizio,�abbia�subito�un�
danno,�patrimoniale�o�non�patrimoniale,�tale�danno�deve�essere�dimostrato�
dalla�parte�legittimata�a�chiederne�il�ristoro�(Cass.�22�gennaio�2003,�n.�920,�
cit.;�Cass.�28�novembre�2002,�n.�16879).�Cio�vale�anche�con�riferimento�al�
danno�non�patrimoniale�che�si�affermi�di�aver�subito�a�causa�della�durata�
non�ragionevole�del�processo,�danno�che�se�puo�indubbiamente�sostanziarsi�
anche�in�uno�stato�d'ansia�e�di�turbamento�deve�essere�nondimeno�provato�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

nella�sua�esistenza�ed�ammontare�dal�richiedente�(Cass.�19�dicembre�2002,�

n.�18130),�anche�se�la�prova�del�danno�non�patrimoniale�o�morale�puo�essere�
in�concreto�agevolata�dal�ricorso�a�presunzioni�e�a�ragionamenti�inferenziali,�
che�trovano�fondamento�nella�conoscenza,�in�base�ad�elementari�e�comuni�
nozioni�di�psicologia,�degli�effetti�che�la�pendenza�di�un�processo�civile,�
penale�o�amministrativo�provoca�nell'uomo�medio�(Cass.�8�agosto�2002,�
n.�11987,�cit.)''�(Cass.�29�agosto�2003,�n.�12695).�
9.��Ilmonito 
della 
CEDUo 
In�tale�contesto�di�pacifico�e�fermo�insegna-
mento�giurisprudenziale�si�inserisce�la�sentenza�della�Corte�Europea�dei�
Diritti�dell'Uomo�27�marzo-20�maggio�2003,�Sez.�I,�in�affare�Scordino.�Con�
tale�sentenza�la�Corte�ha�ritenuto�direttamente�ammissibile�il�ricorso�degli�
interessati,�che�si�dolevano�dell'irragionevole�durata�del�processo�di�cui�erano�
stati�parte,�senza�il�previo�esperimento�del�ricorso�interno�ex 
art.�35�della�
Convenzione,�perche�la�giurisprudenza�delle�Corti�italiane�ed�in�particolare�
della�Corte�di�Cassazione�in�tema�di�equa�riparazione�per�la�violazione�del�
diritto�ad�un�processo�in�tempi�ragionevoli�non�sarebbe�coerente�con�i�prin-
cipi�della�Convenzione,�nella�parte�in�cui�nega�la�natura�di�diritto�fondamen-
tale�dell'uomo�al�diritto�in�questione,�l'applicazione�diretta�della�Conven-
zione�e�della�giurisprudenza�di�Strasburgo�in�materia�di�equa�soddisfazione,�
accorda�riparazioni�pecuniarie�insufficienti.�
Appartiene�alla�cronaca�l'osservazione�che�e�stato�proprio�lo�``strepitus''�
suscitato�da�tale�arresto�a�provocare�la�remissione�alle�Sezioni�Unite�Civili�
della�Cassazione�degli�odierni�ricorsi�del�tutto�simili�ai�molti�pacificamente�
ed�uniformemente�decisi�in�applicazione�della�legge�n.�89/01.�Ed�appartiene�
alla�cronaca�ricordare�che�era�stata�la�Rappresentanza�permanente�d'Italia�
presso�il�Consiglio�d'Europa�a�``lanciare�l'allarme'',�gia�con�telespresso�
14�marzo�2003�inviato,�oltre�che�ai�Ministeri�degli�Affari�Esteri�e�della�Giu-
stizia,�anche�alla�Corte�Suprema�di�Cassazione;�l'allarme�era�stato�immedia-
tamente�raccolto�dalla�Procura�Generale,�che,�con�nota�del�3�maggio�2003�
dell'Ufficio�Relazioni�Internazionali,�aveva�segnalato�``la�grave�situazione�
che�puo�determinarsi�nel�contenzioso�in�tema�di�non�ragionevole�durata�dei�
procedimenti�in�conseguenza�dell'esame,�da�parte�della�Corte�Europea�dei�
diritti�dell'uomo,�dei�ricorsi�Scordino�(n.36813)�e�C.�e�C.�(n.35360/00)''.�La�
nota�della�Procura�Generale,�illustrando�puntualmente�quelli�che�sarebbero�
poi�stati�i�contenuti�della�sentenza�``Scordino'',�cos|�concludeva:�``L'evidente�
situazione�di�disagio�sembra�imporre�una�attenta�riflessione,�con�ricercadi�
misure�idonee�ad�individuare�le�cause�della�crisi�ed�a�progressivamente�elimi-
nare�l'attuale�condizione�di�sostanziale�contrasto.�Tra�tali�misure�possono�
essere�suggerite,�ad�esempio,�l'esame�urgente�delle�modifiche�gia�dal�Governo�
ritenute�necessarie�per�la�legge�Pinto�(e�per�le�quali�era�stato�presentato�un�
decreto-legge);�l'ulteriore�formazione�dei�magistrati�in�materia�con�visite�di�
studio�a�Strasburgo;�la�rimessione�delle�piu�rilevanti�questioni�alle�Sezioni�
Unite�della�Corte''.�

E�probabile�che�la�decisione�``Scordino''�dica�assai�di�meno�di�quello�che�
i�primi�preoccupati�lettori�vi�hanno�intravisto.�Intanto,�il�monito�che�essa�
reca�non�si�rivolge�ai�nostri�giudici,�ai�quali,�anzi,�con�corretta�sensibilita�,la�
Corte�Europea�da�atto�di�dover�``interpretare�ed�applicare�il�diritto�interno'',�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

perche�``gli�Stati�contraenti�non�hanno�l'obbligazione�formale�di�recepire�la�
Convenzione�nel�sistema�giuridico�interno'';�l'interpretazione�e�l'applicazione�
del�diritto�interno�vanno�fatte,�``per�quanto�possibile�...�in�modo�conforme�
alla�Convenzione''.�

E�infatti�la�nostra�Corte�di�Cassazione,�come�si�e�ricordato,�fin�dalle�
prime�sentenze�in�argomento,�ha�sempre�ribadito�che�della�giurisprudenza�
CEDU�va�tenuto�conto�nei�limiti,�ovviamente,�consentiti�dal�diritto�vigente�
in�Italia,�che�il�giudice�italiano�non�puo�non�applicare�(ad�es.,�Cass.�26�luglio�
2002,�n.�11046;�id.�2�agosto�2002,�n.�11592).�

Afferma,�poi,�la�CEDU�che�in�Italia�``manca�il�riconoscimento�del�
diritto�ad�un�processo�in�tempi�ragionevoli�quale�diritto�fondamentale�del-
l'uomo''�la�cui�lesione�dia�luogo�ad�una�riparazione�per�cio�solo�che�la�
lesione�sia�avvenuta�(c.d.�danno�evento,�o�danno�in�re�ipsa)�e�sottolinea�che�
``pur�nel�rispetto�del�margine�di�discrezionalita�di�cui�dispongono�i�giudici�
nazionali�essi�si�debbono�conformare�alla�giurisprudenza�della�Corte�anche�
concedendo�un�risarcimento�adeguato''.�

Come�vedremo�oltre,�queste�considerazioni�non�sono�corrette�e�si�fon-
dano�su�equivoci�verbali:�ma�il�punto�che�interessa�nella�odierna�sede�non�e�
tanto�di�stabilire�se�la�CEDU�abbia�``ragione''�o�``torto''�a�dolersi�dei�compor-
tamenti�italiani,�quanto�di�sottolineare�a�tutte�lettere�che�se�avesse�ragione�
toccherebbe�al�legislatore�modificare�la�legge�e�non�certo�alla�Corte�di�Cassa-
zione�di�disapplicarla.�

10.��Non�e�possibile�una�diversa�interpretazione�dell'art.�2�della�legge�
n.�89/01;�la�giurisprudenza�CEDU�negli�anni�Ottanta�e�Novanta.�Dunque�il�
punto�che�oggi�interessa�e�quello�di�stabilire�se,�stante�la�vigenza�della�legge�

n.�89/2001,�sia�possibile�interpretare�l'art.�2�nel�senso�auspicato�dalla�CEDU�
e�cioe�che�il�diritto�in�esame�sia�fondamentale�nel�senso,�e�comunque�con�la�
conseguenza,�che�il�danno�prodotto�dalla�sua�violazione�sia�in�re�ipsa�(cd.�
danno�evento).�Non�e�possibile�(stante�il�principio�supremo�di�cui�all'art.�101�
Cost.)�che�la�giurisprudenza�adotti�simile�soluzione�per�ottenere�la�quale�
occorre�l'intervento�del�legislatore,�che�sta�cercando�di�provvedere�(con�ini-
ziative�prese�ancor�prima�della�sentenza�``Scordino'',�quando�le�prime�avvisa-
glie�dell'insoddisfazione�della�CEDU,�preoccupata�anche�per�il�carico�dei�
propri�ruoli,�cominciarono�a�pervenire).�
Si�dice�che�a�volte�il�``diritto�nasce�vecchio'';�e�la�legge�Pinto�e�nata�``vec-
chia''�perche�il�lungo�lasso�di�tempo�che�intercorse�dal�momento�degli�studi�
preparatori�dell'apposita�Commissione�(primi�anni�Novanta)�all'atto�della�
sua�approvazione�definitiva�permise�alla�giurisprudenza�CEDU�di�evolversi�
in�direzione�ben�diversa�da�quella�degli�anni�Ottanta�e�Novanta.�In�quegli�
anni,�infatti,�la�CEDU�non�affermava�affatto�che�il�danno�dalla�violazione�
del�diritto�in�esame�fosse�in�re�ipsa,�o�che�la�lesione�dovesse�essere�necessaria-
mente�riparata�con�un�ristoro�patrimoniale:�era�necessaria�la�prova�dell'esi-
stenza�del�danno�non�patrimoniale,�raggiunta�anche�con�l'uso�della�presun-
zione�e�del�notorio:�ma�quella�prova�occorreva.�Il�``prolungato�stato�di�ansieta�
in�cui�(il�ricorrente)�era�vissuto�per�oltre�sei�anni''�fu,�ad�esempio,�il�``danno�
conseguenza''�derivato�dalla�violazione�del�termine�ragionevole�nel�caso�
Manzoni�(sentenza�19�febbraio�1991);�per�presunzioni�si�ricavo�il�patema�d'a-


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

nimo,�oggetto�di�riparazione,�nel�caso�Frau�di�cui�alla�sentenza�19�febbraio�
1991�(nella�quale�l'avverbio�``innegabilmente''�adoperato�per�motivare�il�
ristoro�non�e�altro�che�la�morale�certezza�dell'esistenza�di�un�danno-
conseguenza);�al�danno�morale�e�professionale�subito�si�riferisce�la�decisione�
coeva�nel�caso�Ferraro;�alle�concrete�vicende�che�avevano�segnato�la�vita�di�
tale�Triggiani�si�riferisce�la�CEDU�quando�gli�accorda�l'equa�riparazione�
(accerta�la�Corte�che�la�moglie�del�ricorrente�aveva�chiesto�il�divorzio�peri�
sospetti�su�di�lui�gravanti�e�per�l'impossibilita�di�provvedere�al�mantenimento�
della�famiglia);�l'accertamento�dello�``stato�di�incertezza�ed�ansieta�patito�
per�non�essere�riuscito�ad�ottenere,�a�causa�delle�lungaggini�del�giudizio,�
una�piena�assoluzione�evitando�la�prescrizione''�e�il�danno-conseguenza�sof-
ferto�da�tale�Mori�e�risarcito�dalla�CEDU;�nell'affare�Pugliese,�di�cui�alla�
sentenza�24�maggio�1991,�la�Corte�ha�dato�atto�della�violazione�del�termine�
ragionevole,�ma�ha�negato�il�risarcimento�chiesto�non�ravvisando�che�il�pro-
lungamento�della�procedura�avesse�causato�di�per�se�un�danno�tale�da�giusti-
ficare�un'equa�soddisfazione.�

11.��Danno 
evento 
e 
danno 
conseguenza: 
la 
scelta 
del 
danno 
conseguenza 
fu 
voluta 
dalla 
legge 
n. 
89/01. 
Fu�dunque�voluta 
dalla�legge�n.�89/01�la�disci-
plina�dell'istituto�in�termini�di�danno�conseguenza,�che�appariva�coerente�
con�la�giurisprudenza�CEDU,�con�la�logica�di�un�diritto�fondamentale,�si,�
ma�non�direttamente�tutelato�dalla�Costituzione�e�con�i�principi�che�gia�nei�
primi�anni�Novanta�si�andavano�affermando�sulla�nozione�del�danno-evento,�
cui�avevano�gia�prestato�attenzione�la�dottrina�e�la�giurisprudenza�specie�
sulla�scorta�della�storica�sentenza�della�Corte�Costituzionale�30�giugno�
1986,�n.�184,�in�tema�di�danno�biologico.�Come�e�a�tutti�noto,�la�Corte�Costi-
tuzionale,�nel�ricostruire�la�categoria�del�danno�biologico�distinto�dal�danno�
morale�subiettivo�e�dal�danno�patrimoniale,�aveva�sottolineato�che�con�
riguardo�ai�diritti�inviolabili�costituzionalmente�``vale�distinguere�(nell'ille-
cito)�l'evento�materiale,�naturalistico�che,�pur�essendo�conseguenza�del�com-
portamento,�e�momento�o�aspetto�costitutivo�del�fatto,�dalle�conseguenze�
dannose�in�senso�proprio�di�quest'ultimo,�legate�all'intero�fatto�illecito�(e�
quindi�anche�all'evento)�da�un�ulteriore�nesso�di�causalita�.�Non�esiste�com-
portamento�senza�evento:�il�primo�e�il�momento�dinamico�ed�il�secondo�e�il�
momento�statico�del�fatto�costitutivo�dell'illecito.�Da�quest'ultimo�vanno�net-
tamente�distinte�le�conseguenze,�in�senso�proprio,�del�fatto,�dell'intero�fatto�
illecito,�causalmente�connesse�al�medesimo�da�un�secondo�nesso�di�causalita�
...�La�menomazione�dell'integrita�psico-fisica�dell'offesa�...�costituisce�l'evento�
(da�provare�in�ogni�caso)�interno�al�fatto�illecito,�legato�...�alla�eventuale�
componente�esterna,�danno�morale�subiettivo�o�danno�patrimoniale�da�...�
rapporto�di�causalita�materiale�...�La�vigente�Costituzione,�garantendo�prin-
cipalmente�valori�personali,�svela�che�l'art.�2043�c.c.�va�posto�soprattutto�in�
correlazione�agli�articoli�della�Carta�fondamentale�che�tutelano�i�predetti�
valori�e�che,�pertanto,�va�letto�in�modo�idealmente�idoneo�a�compensare�il�
sacrificio�che�gli�stessi�valori�subiscono�a�causa�dell'illecito''.�La�sentenza�
rappresenta�il�punto�di�arrivo�delle�istanze�di�giustizia�avvertite�in�dottrina�
(che�auspicava�il�riconoscimento,�nell'art.�2043�c.c.,�della�``Generalklausal''�
dei�giuristi�tedeschi)�e�di�certo�non�ignorate�dalla�giurisprudenza�(interessanti�

IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

spunti,�nella�giurisprudenza�precedente�alla�sentenza�della�Corte�Costituzio-
nale�sul�danno�biologico,�si�trovano�gia�in�Cass.�S.U.�6�maggio�1971,�

n.�1282,�per�il�``diritto�primario�all'integrita�fisica'',�o�in�Sez.�L.�9�novembre�
1981,�n.�5924,�dove�si�parla�di�tutela�di�diritti�che�trovano�un�substrato�etico�
giuridico�nella�strutturazione�basilare�dello�Stato�italiano�quali�valori�asso-
luti�e�intangibili).�
Dunque�all'epoca�della�redazione�del�testo�che�poi�divenne�la�``legge�
Pinto''�si�aveva�ben�chiara�la�teoria�del�``danno�evento'';�e�non 
si 
volle 
che�la�
violazione�della�durata�ragionevole�del�processo�desse�luogo�a�danno-evento�
(o�danno�in 
re 
ipsa):�sono�chiarissima�volonta�in�tal�senso�la�formulazione�let-
terale�usata�(``chi�ha�subito�un�danno�...�per�effetto�di�violazione�...''),�il�rinvio�
espresso�all'art.�2056�del�codice,�il�quale,�nel�rinviare�all'art.�1223,�richiama�
il�danno�conseguenza�(``...�conseguenza�immediata�e�diretta''�del�fatto),la�
riconduzione�della�fattispecie�negli�schemi�non�dell'art.�2043�cod.�civ.�(in�
relazione�al�quale�e�stata�elaborata�la�teoria�del�danno-evento�e�della�viola-
zione�dei�diritti�fondamentali�dell'uomo�tutelati�dalla�Costituzione,�la�quale�
non�puo�rimanere�senza�ristoro:�ad�es.,�Cass.�7�giugno�2000,�n.�7715),�ma 
del-
l'art.�1173�(obbligazione�ex 
lege,�che�prescinde�dalla�colpa�psicologica,�la�
quale�e�,�come�tutti�sanno,�elemento�costitutivo�dell'illecito).�E�tale�imposta-
zione�di�fondo�non�solo�non�divenne�obsoleta�nel�corso�dei�lavori�parlamen-
tari,�ma�trovo�anzi�sicura�conferma�nell'art.�111�Cost.�novellato,�che�anno-
vera�il�diritto�in�esame�non�nel�catalogo�dell'art.�2�o�tra�i�diritti�e�liberta�di�
cui�agli�artt.�13-54,�ma�tra�le�``norme�sulla�giurisdizione'',�con�conseguente,�
logico�affidamento�alla�legge�ordinaria�del�compito�di�``assicurare''�il�diritto�
alla�ragionevole�durata�del�processo:�e�come�si�e�visto,�la�nascita�del�diritto�
azionabile�in�Italia�e�da�tutti�(anche�dalla�CEDU)�indicato�nella�legge�

n.�89/01.�
12.��La 
giurisprudenza 
CEDU 
degli 
ultimi 
anni: 
l'ipostatizzazione 
del 
diritto 
alla 
durata 
ragionevole 
delprocesso. 
E�vero�che,�durante�la�lunga�e�fati-
cosa�gestazione�della�legge�Pinto,�la�giurisprudenza�della�CEDU�sub|�un�
mutamento�radicale:�il�diritto�alla�ragionevole�durata�del�processo�sembro�
ipostatizzarsi�e�divenire�un�``assoluto''�di�per�se�riferito�alla�persona�umana�
cos|�che�la�sua�lesione�sembro�dar�luogo�di�per�se�ad�un�risarcimento,�da�
liquidarsi�secondo�equita�.�

Vedremo�subito�il�senso�dell'ipostatizzazione�di�quel�diritto,�in�realta�
costruito�dall'art.�6�della�Convenzione�come�una�``qualita�''�del�processo�``giu-
sto'',�e�cioe�come�una�sorta�di�trincea�avanzata�per�la�migliore�tutela�dei�
diritti�sostanziali,�e�se�davvero�si�sia�voluto�un�cambiamento�radicale�di�giu-
risprudenza�(il�riferimento�alla�``posta�in�gioco''�nelle�decisioni�degli�ultimi�
anni�farebbe�pensare�alla�logica�possibilita�di�distinguere�da�caso�a�caso�pur�
a�parita�di�violazione:�ma�allora�non�e�piu�vero�che�il�danno�sia�in 
re 
ipsa;�
un�danno�in 
re 
ipsa 
non�puo�che�essere�eguale�per�tutti�gli�uomini:�la�diffe-
renza�sta�nei�danni�conseguenza,�come�e�palese,�ad�esempio,�per�la�lesione�
del�diritto�alla�salute).�

Come�si�e�gia�sottolineato,�stante 
la 
legge 
vigente 
non�e�possibile�aderire�
alle�indicazioni�della�CEDU;�se�la�legge�vigente�fosse�davvero�incoerente�
con�gli�impegni�convenzionali,�toccherebbe�al�Parlamento�intervenire.�E�in�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

verita�il�Parlamento�si�sta�occupando�del�problema:�a�seguito�della�mancata�
conversione�in�legge�del�decreto�legge�11�settembre�2002,�n.�201,�per�la�parte�
riguardante�la�transazione�delle�pretese�di�equa�riparazione�per�la�durata�
irragionevole�dei�processi,�ci�sono�state�iniziative�parlamentari�per�la�modi-
fica�della�legge�24�marzo�2001,�n.�89;�una�di�queste�ha�dato�luogo�al�progetto�
presentato�alla�Camera�dei�Deputati�dagli�on.li�Giancarlo�Piattelli�ed�altri�
(atti�Camera�3018).�Con�esso�si�prevede�un�tentativo�di�conciliazione�presso�
i�consigli�di�presidenza�o�il�consiglio�giudiziario,�con�la�rappresentanza�del�
Governo�affidata�all'Avvocatura�dello�Stato;�e�previsto�un�``tetto''�alla�liqui-
dazione�della�riparazione�di�500.000�euro;�il�danno�non�patrimoniale�e�rico-
nosciuto�senza�necessita�di�prova,�per�il�semplice�fatto�della�violazione�del�
termine�ragionevole,�salvo�i�casi�in�cui�l'interessato�abbia�causato�egli�stesso�
la�violazione�per�dolo�o�per�colpa�grave.�

13.��La 
nozione 
di 
dirittofondamentale 
nella 
giurisprudenza 
CEDU. 
La�
CEDU�lamenta,�dunque,�che�la�nostra�giurisprudenza�avrebbe�negato�la�
qualita�di�diritto�fondamentale�dell'uomo�al�diritto�oggi�in�esame.�Evidente-
mente�la�CEDU�non�intende,�con�l'espressione�``diritto�fondamentale�del-
l'uomo�alla�ragionevole�durata�del�giudizio'',�un�``bene''�o�un'aspettativa�coes-
senziale�al�processo,�perche�altrimenti�non�avrebbe�senso�la�decisione�della�
stessa�CEDU�12�luglio�2001,�Ferrazzini�c.�Italia,�dove�si�nega�che�nel�pro-
cesso�tributario�valga�il�principio�della�durata�ragionevole�(eppure�anche�
quello�tributario�e�un�processo,�dove,�infatti,�il�giudice�deve�essere�terzo,�
imparziale,�precostituito�e�la�difesa�deve�essere�piena�ed�effettiva).�Diritto�
fondamentale,�nella�logica�della�CEDU,�e�quello�che,�affermato�dalla�Con-
venzione,�non�puo�non�essere�concretamente�tutelato�dai�singoli�Stati�
secondo�il�sistema�di�produzione�normativa�di�ciascuno;�ed�infatti�la�CEDU�
non�dubito�mai�che�in�Italia�occorresse�una�legge�per�rendere�azionabile�quel�
diritto;�e�si�e�gia�ricordato�che�fu�salutata�con�favore�dalla�stessa�CEDU�la�
legge�24�marzo�2001,�n.�89,�come�quella�che�per�prima�ha�reso�``efficace�a�
livello�interno�il�principio�della�ragionevole�durata�inserita�nella�Costituzione�
italiana�dopo�la�riforma�dell'art.�111''�(sent.�in�ric.�69789/01,�Brusca�c/�Ita-
lia).�
14.��La 
nozione 
di 
diritto 
fondamentale 
nel 
nostro 
ordinamento. 
Negli�
ordinamenti,�come�il�nostro,�fondati�sul�``diritto�scritto''�non�e�possibile�
immaginare�delle�situazioni�soggettive�che�esistano�di�per�se�,�a�prescindere�
dalla�legge;�in�natura�non�vi�sono�``diritti'';�in�natura�esiste,�ben�diversa-
mente,�l'uomo�con�le�sue�emozioni�e�i�suoi�bisogni,�ed�esistono�le�cose�di�
cui�egli�si�serve.�Certamente�l'ordinamento�giuridico�riconosce�come�diritti�
alcune�situazioni�``naturali''�fondamentali,�ed�altre�situazioni�fondamentali�
crea:�potrebbe�dirsi�che�alcuni�diritti�siano�fondamentali�o�inviolabili�perche�
``bona 
in 
se''�e�che�altri�lo�divengano�``quia 
data'';�certo�e�che�la�netta�
impronta�giusnaturalistica�che�la�terminologia�(diritti�fondamentali,�diritti�
inviolabili)�evoca�perde�molto�del�suo�significato�quando�venga�calata�nella�
realta�del�nostro�ordinamento,�nel�quale�ogni�diritto�soggettivo�(``dato''�o�
``riconosciuto'')�e�``fondamentale''�perche�va�rispettato�da�tutti�in�quanto�tale�
e,�necessariamente�appartenendo�ad�una�persona,�non�puo�non�contribuire�
a�determinarne�la�qualita�della�vita:�sono�piuttosto�la�natura�e�la�misura�

IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

della�reazione�in�caso�di�violazione�^dunque,�un�dato�legale�^a�dimostrare�
la�quantita�di�importanza�o�di�attenzione�che�l'ordinamento�riserva�a�ciascun�
diritto�soggettivo.�

A�questo�punto�la�classificazione�dei�diritti�e�essa�stessa�di�diritto�posi-
tivo;�infatti�la�dottrina�e�la�giurisprudenza�non�senza�incertezze�terminologi-
che�e�spesso�usando�come�sinonimi�i�termini�``inviolabile'',�``assoluto'',�``fon-
damentale'',�``umano'',�``della�persona'',�hanno�elaborato�le�categorie�distin-
tive�dell'importanza�dei�diritti�con�riguardo�al�dato�positivo,�cioe�alla�fonte�
di�produzione�e�alla�natura�della�sanzione.�

Si�e�venuta�cos|�enucleando�una�sorta�di�gerarchia�dei�diritti�che�vede�al�
``primo�posto''�quelli�``riconosciuti''�dall'art.�2�Cost.�(cui�la�norma�stessa�
riserva�la�qualifica�di�inviolabili)�e�che�sono�enumerati�nel�concreto�dalle�
norme�della�Costituzione�che�direttamente�vi�apprestano�tutela;�vengono�
poi�i�diritti�costituzionali�solo�``nominati'',�quelli�previsti,�cioe�,�con�afferma-
zioni�di�principio�che�tocca�al�legislatore�attuare�e�che,�precettivamente,�val-
gono�come�limite�negativo�all'attivita�di�produzione�giuridica;�vi�sono,�infine,�
i�diritti�costituiti�e�disciplinati�dalla�legge�ordinaria.�

15.��Diritti 
fondamentali 
�oppositivi� 
e 
�pretensivi�. 
La�terminologia�
tradizionale�riserva�la�qualifica�di�``fondamentali''�ai�diritti�previsti�dalla�
Costituzione,�siano�essi�tutelati�direttamente�oppure�con�rinvio�alla�legge;�
essi�non�riguardano�solo�i�beni�immateriali�della�persona;�nel�sistema�posi-
tivo�e�certamente�fondamentale�il�diritto�al�lavoro,�alla�retribuzione�suffi-
ciente,�all'iniziativa�economica,�etc.

E�ricorrente�l'affermazione�giurisprudenziale�che�i�diritti�fondamentali,�
``i�quali�trovano�un�substrato�etico-giuridico�nella�strutturazione�basilare�
dello�Stato�italiano''�(Cass.�9�novembre�1981,�n.�5924)�sono�diritti�``primari''�
(Cass.�S.U.�6�maggio�1971,�n.�1282)�tra�i�quali�rientrano�sicuramente,�accanto�
ai�diritti�di�opinione,�di�critica�e�di�cronaca�(Cass.�5�aprile�1978,�n.�1557),�
all'istituto�matrimoniale�(Cass.�28�gennaio�1983,�n.�770),�all'integrita�fisica,�
(Cass.�S.U.�6�maggio�1971,�n.�1282)�anche�il�posto�di�lavoro�(Cass.�16�dicem-
bre�1992,�n.�13299),�la�``dimensione�patrimoniale''�della�vita�professionale�e�
di�relazione�(Cass.�6�novembre�2000,�n.�14443),�la�previdenza�ed�assistenza�
(Cass.�3�aprile�1999,�n.�3233).�

Dunque�e�certo�che�tra�i�diritti�primari�o�fondamentali,�il�cui�riconosci-
mento�da�luogo�ai�principi�supremi�del�nostro�ordinamento,�e�possibile�
distinguere�quelli�che�trovano�soddisfazione�nella�mera�astensione�(il�diritto�
alla�salute�richiede�che�nessuno�attenti�all'integrita�psicofisica)�e�quelli�che�
trovano�soddisfazione�solo�attraverso�la�cooperazione�dell'ordinamento(�o�
di�soggetto�dall'ordinamento�individuato).�

Anche�tra�i�diritti�fondamentali,�pertanto,�esistono�situazioni�oppositive�
e�situazioni�pretensive;�a�quelle�oppositive�si�riferisce�l'art.�2�della�Costitu-
zione,�come�e�fatto�palese�dalla�lettura�della�norma�(la�Repubblica�riconosce 
e 
garantisce 
quello�che�nel�suo�substrato�naturalistico�gia�esiste)�e�dalla�consi-
derazione�del�diritto�vivente�dato�dalla�giurisprudenza�della�Corte�Costitu-
zionale,�che�legge�l'art.�2�sempre�con�riferimento�a�quei�diritti�che�``trovano�
espressione�e�garanzia�nella�Costituzione�non�solo�per�il�valore�da�attribuire�
al�generale�riconoscimento�dei�diritti�inviolabili�dell'uomo�fatto�dall'art.�2�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

della�Costituzione,�sempre�piu�avvertiti�dalla�coscienza�contemporanea�come�
coessenziali�alla�dignita�della�persona�...�ma�anche�perche�al�di�la�della�coin-
cidenza�dei�cataloghi�di�taluni�diritti�le�diverse�formule�che�li�esprimonosi�
integrano,�completandosi�reciprocamente�nell'interpretazione''.�(Corte�Cost.�

n.�388/1999;�in�termini,�sulle�affermazioni�di�principio,�si�vedano�in�partico-
lare�le�sentenze�della�medesima�Corte�n.�399/1988,�167/1999,�345/1987).�
Piu�direttamente�riferito�alla�persona�e�il�concetto�di�diritto�inviolabile�
(o�primario�o�assoluto)�nella�giurisprudenza�di�codesta�Corte�Ecc.ma:�la�
quale,�sulla�scorta�del�proprio�insegnamento�remoto�e�costante,�ancora�di�
recente�ha�affermato�che�l'ingiusta�lesione�di�``valori�inerenti�alla�persona�
costituzionalmente�garantiti''�da�luogo�al�danno�non�patrimoniale,�il�quale�
va�risarcito�anche�oltre�il�danno�morale�e�quello�patrimoniale�(Cass.�31�mag-
gio�2003,�n.�8827,�ed�altre�coeve;�id.�19�agosto�2003,�n.�12124)�perche�``il�rico-
noscimento,�nella�Costituzione,�dei�diritti�inviolabili�inerenti�alla�persona�
non�aventi�natura�economica,�implicitamente,�ma�necessariamente,�ne�esige�
la�tutela,�ed�in�tal�modo�configura�un�caso�determinato�dalla�legge,�al�mas-
simo�livello,�di�riparazione�del�danno�non�patrimoniale''�(Cass.�

n.�8828/2003).�
I�diritti�inviolabili�o�fondamentali,�direttamente�tutelati�dalla�Costitu-
zione,�``impongono�allo�Stato�il�dovere�di�non�porre�norme�che�(li)�escludano�

o�che�tali�liberta�rinneghino�direttamente�o�indirettamente,�ma�non�anche�
l'impossibilita�,�per�il�legislatore�ordinario,�di�dettare�disposizioni�che�specifi-
chino�limiti�e�condizioni�inerenti�all'esercizio�del�diritto''�(Cass.�S.U.�8�otto-
bre�1974,�n.�2658):�e�affermazione�ricorrente�della�Suprema�Corte�di�Cassa-
zione�nel�senso�che�anche�i�diritti�inviolabili�possano�e�debbano�essere�disci-
plinati�(in�particolare,�per�la�disciplina�dell'inviolabile�diritto�alla�difesa�si�
veda�Cass.�S.U.�30�marzo�2000,�n.�63;�id.�S.U.�23�aprile�2001,�n.�170;�per�l'in-
violabile�diritto�alla�previdenza�e�all'assistenza,�cfr.�Cass.�20�marzo�1972,�
n.�865;�per�l'inviolabile�diritto�del�minore�a�svilupparsi�in�seno�ad�una�fami-
glia,�cfr.�Cass.�8�novembre�1974,�n.�3420).�
16.��Anche�nel�nostro�ordinamento�il�diritto�alla�ragionevole�durata�del�
processo�e�fondamentale.�In�tale�quadro�di�riferimento�dire�che�il�diritto�alla�
ragionevole�durata�del�processo�non�abbia�la�sua�disciplina�positiva�nella�
Costituzione�non�significa�escludere�che�sia�fondamentale:�non�tutti�i�diritti,�
pur�nominati�dalla�Costituzione,�trovano�disciplina�positiva�ed�esaustiva�in�
essa;�perfino�in�diritti�inviolabili�di�cui�all'art.�2�sono,�in�qualche�misura�per�
i�contenuti�oppositivi�e�per�tutto�il�loro�aspetto�pretensivo,�disciplinati�dalla�
legge�ordinaria.�Dunque�diritto�fondamentale�non�significa�diritto�diretta-
mente�disciplinato�dalla�Costituzione;�vuol�dire�solo�diritto�contemplato�in�
essa,�o�tale�considerato�dalla�legge�ordinaria�che�nel�concreto�lo�disciplina.�
In�conclusione,�la�formula�giurisprudenziale�del�diritto�alla�ragionevole�
durata�del�processo�come�diritto�non�direttamente�disciplinato�dalla�Costitu-
zione�e�formula�non�solo�esatta�ma�anche�per�nulla�limitativa�dell'impor-
tanza�di�quel�diritto:�il�quale�e�fondamentale�nel�senso�che:�
a)�e�riconosciuto�dalla�Convenzione; 
b)�e�``assicurato''dall'art.�111�Cost.; 



IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

c)�oggi�e�tutelato�dalla�legge�ordinaria,�anche�sul�piano�della�reazione�
alla�violazione�con�un�meccanismo�che�ne�sottolinea�la�rilevanza�^e�dunque�
ne�mette�in�rilievo�una�sorta�di�superiorita�attraverso�^il�ristoro�del�danno�
non�patrimoniale�e�dell'indifferenza�della�colpa�psicologica�nel�momento�
della�violazione�(tutela,�dunque,�superiore�a�quella�mediamente�riservata�alla�
violazione�dei�diritti�``comuni'').�

17.��La�lesione�del�diritto�in�esame�e�il�danno�risarcibile;�la�rilevanza�
della��posta�in�gioco��dimostra�che�il�danno�non�puo�essere�in�re�ipsa;�la�giuri-
sprudenza�CEDU�sulla��posta�in�gioco�.�Nella�giurisprudenza�di�codesta�
Corte�Ecc.ma�il�danno�non�patrimoniale�che�la�legge�n.�89/01�intende�risar-
cire�e�quello�che�``in�natura''�la�lesione�del�diritto�in�esame�produce:�quel�
danno�sta,�per�la�persona�fisica,�nella�``sofferenza�morale,�o�costo�emotivo�
ovvero�patema�d'animo�dovuti�ad�un'ansia�prolungata�e�angosciata''�(Cass.,�
5�novembre�2002,�n.�15449),�o,�piu�in�dettaglio,�nel�``danno�morale,�consi-
stente�in�sofferenze,�turbamenti,�menomazioni�dell'equilibrio�psichico�
(ovvero�in�quel)�danno�che,�pur�non�coinvolgendo�la�sfera�dei�sentimenti,�
degli�affetti�e�della�psiche,�ne�comportando�un�nocumento�riscontrabile�in�
termini�monetari,�si�evidenzi�come�compromissione�di�posizioni�soggettive,�
parimenti�tutelate,�quali�sono�i�diritti�immateriali�della�personalita�(Cass.�
2�agosto�2002,�n.�11573,�e�altre�coeve);�per�la�persona�giuridica,�o�comunque�
per�l'ente�diverso�dalla�persona�fisica,�il�danno�non�patrimoniale,�derivante�
dalla�irragionevole�durata�del�processo,�``puo�essere�ravvisato�solo�se�risulti�
un�effettivo�rifluire�del�fattore�tempo�a�scapito�dei�diritti�della�personalita�,�
ove�compatibili�con�l'assenza�della�fisicita�,�e,�quindi,�dei�diritti�all'esistenza,�
all'identita�,�al�nome,�all'immagine�ed�alla�reputazione�...�.�Si�deve�affermare�
che�l'irragionevole�durata�del�processo�puo�produrre�un�danno�non�patrimo-
niale�alla�persona�giuridica�alla�condizione�che�il�tema�del�dibattito�coin-
volga,�direttamente�o�indirettamente,�gli�indicati�diritti�della�personalita�,�pre-
giudicandoli�per�effetto�del�perdurare�della�ripetizione�di�incertezza�connessa�
alla�pendenza�della�causa''�(giurisprudenza�costante,�fin�dalla�prima�sentenza�
in�argomento:�Cass.�2�agosto�2002,�n.�11573).�
Si�e�gia�osservato�che�il�diritto�vigente�non�permette�diversa�lettura:�
peraltro�la�legge�n.�89/01�copre�un'area�(quella�della�disciplina,�in�concreto,�
del�ristoro�per�la�violazione�del�diritto�in�esame)�che�pacificamente�la�Con-
venzione�lascia�alla�normazione�interna.�

Quello�che�ora�interessa�notare�e�che�la�ricordata�lettura�giurispruden-
ziale�e�del�tutto�coerente�con�la�giurisprudenza�CEDU.�Si�e�ricordato,�prima,�
il�fenomeno�dell'ipostatizzazione�del�diritto�alla�ragionevole�durata�del�pro-
cesso�negli�arresti�della�Corte�europea;�in�parallelo�a�quel�fenomeno�si�e�
posta�l'elaborazione�della�figura�della�``posta�in�gioco''�che�e�diventata�
momento�essenziale�nel�percorso�motivazionale�delle�decisioni�degli�ultimi�
anni.�

Non�puo�sfuggire�che�se�si�ammette�che,�a�parita�di�lesione,�vi�possa�
essere,�ceteris�paribus,�una�diversita�di�indennizzo,�vuol�dire�che�la�nozione�
di�diritto�fondamentale�adoperata�dalla�CEDU�non�coincide�con�quella�di�


RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 


diritto 
inviolabile 
dell'uomo 
ex 
art. 
2 
Cost.: 
il 
danno 
biologico, 
per 
esempio, 
e� 
eguale 
per 
tutti 
a 
parita� 
di 
lesione 
perche� 
la 
salute 
e� 
un 
diritto 
inviolabile 
(possono 
ovviamente 
essere 
diverse 
le 
ricadute 
soggettive 
e 
sul 
patrimonio). 


Avere 
riguardo 
alla 
``posta 
in 
gioco'' 
significa 
sottolineare 
che 
la 
lesione 
del 
diritto 
alla 
ragionevole 
durata 
del 
processo 
non 
procura 
a 
tutti 
lo 
stesso 
danno-evento 
o 
danno 
in 
se�
La 
CEDU 
da�
invero, 
rilievo 
all'importanza 
che 
la 
causa 
riveste 
per 
il 
soggetto, 
avendo 
ben 
chiaro 
che 
altro 
e� 
una 
contro-
versia 
su 
diritti 
primari 
altro 
e� 
la 
richiesta 
di 
una 
piccola 
somma: 
spesso 
si 
legge 
che 
quando 
la 
lite 
ha 
ad 
oggetto 
beni 
primari 
sono 
questi 
stessi 
che 
fini-
scono 
con 
l'essere 
compromessi 
dalla 
durata 
eccessiva 
del 
processo 
(la 
rica-
duta 
sul 
diritto 
inviolabile 
alla 
vita 
familiare 
e� 
alla 
base 
della 
sentenza 
18 
feb-
braio 
1999 
in 
affare 
Laino 
cl 
Italia; 
la 
ricaduta 
sul 
diritto 
di 
vedere 
i 
propri 
figli 
e� 
alla 
base 
della 
sentenza 
19 
febbraio 
1988 
in 
affare 
Poulsen-Medalen 
e 
Svensson 
cl 
Svezia; 
analogamente 
in 
sentenza 
7 
agosto 
1996, 
in 
affare 
Johan-
sen 
cl 
Norvegia). 


Ma 
se 
cos|� 
e� 
, 
la 
nozione 
di 
diritto 
fondamentale, 
cui 
la 
CEDU 
si 
riferi-
sce, 
nel 
caso 
della 
durata 
del 
processo 
non 
e� 
quella 
del 
diritto 
la 
cui 
lesione 
procura 
di 
per 
se� 
un 
danno, 
quanto 
piuttosto 
quella 
di 
situazione 
soggettiva, 
riferita 
alla 
qualita� 
della 
vita 
e 
cioe� 
posta 
a 
``presidio 
avanzato'' 
dei 
diritti 
umani 
sostanziali 
la 
cui 
lesione 
deve 
essere 
risarcita 
quando 
incida 
sui 
beni 
``presidiati'' 
e 
quindi 
sulla 
qualita� 
della 
vita. 
La 
lesione 
di 
quel 
diritto 
non 
ricade 
sulla 
persona 
in 
modo 
sempre 
eguale; 
un 
po' 
come 
il 
diritto 
di 
pro-
prieta� 
: 
anche 
questo 
e� 
fondamentale, 
ma 
e� 
innegabile 
che, 
nel 
momento 
della 
lesione, 
altro 
e� 
un 
graffio 
al 
paraurti 
dell'autovettura 
utilitaria 
nel 
traffico 
cit-
tadino, 
altro 
e� 
l'uccisione 
dell'animale 
da 
compagnia 
di 
una 
persona 
sola: 
se 
si 
guarda 
alla 
ricaduta 
della 
lesione 
della 
proprieta� 
nei 
due 
esempi, 
si 
dovra� 
ammettere 
che, 
per 
l'uomo 
medio, 
nel 
primo 
caso 
la 
sofferenza 
e� 
insignifi-
cante 
mentre 
e� 
profondissimo 
il 
dolore 
nel 
secondo. 


Parimenti 
nessun 
formalismo 
giuridico 
riuscira� 
ad 
equiparare 
l'angoscia 
che 
l'eccessiva 
durata 
del 
processo 
provoca 
quando 
e� 
in 
gioco 
un'accusa 
penale 
di 
un 
reato 
infamante 
con 
l'atteggiamento 
che 
l'uomo 
normale 
vive 
quando 
si 
tratta 
di 
ottenere 
il 
pagamento 
di 
pochi 
euro 
per 
un 
piccolo 
danno 
materiale; 
e 
se 
il 
danno 
non 
patrimoniale 
di 
cui 
parlano 
tanto 
la 
legge 


n. 
89/01 
quanto 
la 
giurisprudenza 
CEDU 
e� 
il 
turbamento 
della 
qualita� 
della 
vita 
che 
la 
durata 
eccessiva 
del 
processo 
determina, 
bisogna 
ammettere 
che 
quel 
turbamento 
non 
e� 
affatto 
necessario. 
Ne� 
puo� 
trascurarsi 
la 
circostanza 
che 
il 
diritto 
in 
questione 
e� 
comunque 
disponibile 
da 
parte 
del 
titolare: 
come 
puo� 
essere 
disponibile 
uno 
dei 
``diritti 
inviolabili'' 
dell'art. 
2 
Cost.? 
L'irragionevole 
durata 
del 
processo 
ha 
certamente 
una 
ricaduta 
sulla 
persona 
(e 
a 
volte 
sul 
patrimonio) 
a 
seconda 
della 
``posta 
in 
gioco'': 
indivi-
duata 
ed 
indennizzata 
tale 
ricaduta 
non 
c'e� 
altro 
da 
ristorare, 
perche� 
altro 
nocumento 
non 
esiste. 
Lo 
schema 
del 
``diritto 
inviolabile'' 
^sintagma 
che 
sta 
ad 
indicare 
il 
diritto 
alla 
conservazione 
di 
un 
bene 
che 
in 
natura 
gia� 
si 
possiede, 
come 
la 
vita, 
la 
salute, 
la 
proprieta� 
^non 
si 
attaglia 
al 
diritto 
pur 
fondamentale 
in 
esame, 
la 
cui 
violazione 
avra� 
maggiore 
o 
minore 
o 
nessuna 



IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

ricaduta�sull'esistenza�della�persona�a�seconda�delle�singole�fattispecie,�rica-
duta�che�va�dimostrata�da�chi�la�allega,�anche�per�mezzo�del�notorio�e�delle�
presunzioni.�

18.��Schema 
conclusivo. 
Le�conclusioni�dell'esposizione�che�precede�
possono�essere�riassunte�nel�seguente�schema:�premesso�che�la�Convenzione�
europea�per�la�salvaguardia�dei�diritti�dell'uomo�e�delle�liberta�fondamentali�
e�momento�di�altissima�civilta�giuridica�tanto�che�l'Italia�ne�fu�una�delle�
Nazioni�fondatrici,�ed�altres|�premesso�che�l'interesse�dell'Amministrazione�
nelle�presenti�cause�e�esattamente�coincidente�con�l'interesse�generale�al�
rispetto�di�quel�fondamentale�documento,�in�una�con�i�principi�supremi�della�
nostra�Costituzione,�si�chiede�alla�Corte�Ecc.ma�di�affermare�che:�
a) 
il�diritto�in�questione�e�fondamentale�pur�se�non�direttamente�disci-
plinato�dalla�Costituzione�che�tuttavia�lo�``assicura''�attraverso�la�legge�ordi-
naria;�questa�lo�ha�introdotto�nel�nostro�ordinamento�con�una�valenza�
diversa�e�superiore�a�quella�dei�diritti�soggettivi�``comuni'';�la�sua�ricondu-
zione�negli�schemi�dell'art.�111�Cost.�ne�disvela�il�significato�in�terminidi�
situazione�strumentale�a�presidio�avanzato�dei�diritti�sostanziali�considerati�
nel�loro�momento�processuale;�

b) 
la�violazione�del�diritto�alla�ragionevole�durata�del�processo�
riguarda,�sempre�e�necessariamente,�la�dimensione�soggettiva 
della�``posta�in�
gioco'':�l'interesse�che�la�persona�ha�per�quest'ultima�da�la�misura�del�turba-
mento�dell'attesa;�

c) 
la�ricaduta�del�ritardo�sulla�``posta�in�gioco''�o�sulla�qualita�della�
vita�o�sul�patrimonio,�essendo�personale,�puo�anche�mancare�o�essere�irrile-
vante:�va�dunque�precisata�e�dimostrata�da�chi�la�allega�e�solo�se�provata�
nel�concreto�va�indennizzata;�l'equa�riparazione�non�e�una�pena�privata�ne�
tollera�automatismi�o�sistemi�di�calcolo�predeterminato�nell'accertamento�e�
nella�quantificazione;�

d) 
quando�vi�fosse�da�adeguare�il�diritto�interno�alla�Convenzione�
europea�occorrerebbe�l'intervento�del�legislatore,�non�essendo�possibili�ne�la�
disapplicazione�della�legge�ne�l'ingresso�diretto�ed�immediato�della�norma-
tiva�europea�nel�nostro�ordinamento.�

Al�sogno�degli�europeisti�non�si�puo�oggi�dare�di�piu�,�ma�di�meno�non�
deve�concedersi:�ancora�una�volta�la�Corte�di�Cassazione�e�chiamata�a�far�
suo�l'antico�e�saggio�avvertimento�``...�nec 
tardum 
opperior 
nec 
praecedentibus 
insto''.�

Roma,�18�novembre�2003�

Avv. 
Antonio 
Palatiello�. 



RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

La�responsabilita�ex 
art.�2051�c.c.�dell'istituto�
scolastico�durante�l'occupazione�studentesca�

(Tribunale 
di 
Firenze, 
seconda 
sezione 
civile, 
sentenza 
21 
novembre 
2002 
n. 
762) 


La�sentenza�del�Tribunale�di�Firenze�che�si�commenta,�si�pronuncia�
sulla�richiesta�di�risarcimento�del�danno�proposta�da�uno�studente�infortuna-
tosi�a�causa�della�rottura�di�un�manufatto�in�vetro�della�struttura�scolastica,�
durante�una�occupazione�studentesca.�

Nel�corso�di�una�agitazione�studentesca,�culminata�con�l'autogestione�
dell'istituto�scolastico�uno�studente,�che�non�risultava�essere�presente�alle�
lezioni,�spingendo�la�porta�a�vetri�della�serra�annessa�all'istituto,�si�feriva�
con�il�vetro�della�porta�stessa�che�gli�procurava�delle�lesioni�di�grave�entita�.�

Lo�studente,�pertanto,�citava�in�giudizio�l'Istituto�scolastico�al�fine�di�
sentirlo�condannare�al�risarcimento�dei�danni�subiti,�in�applicazione�del�
disposto�dell'art.�2051�c.c�(danno�cagionato�da�cose�in�custodia:-�Ciascuno�
e�responsabile�del�danno�cagionato�dalle�cose�che�ha�in�custodia,�salvo�che�
provi�il�caso�fortuito�).�

Il�Tribunale�di�Firenze,�dopo�aver�esperito�le�prove�testimoniali�indicate�
dalla�parte�attrice�e�nominato�un�C.T.U.�al�fine�di�valutare�il�danno�biolo-
gico,�tratteneva�la�causa�in�decisione.�

Il�Giudice�condannava�l'Istituto�Scolastico�al�risarcimento�dei�danni�
subiti�dal�ricorrente.�

Obblighidicustodiaedinterruzionedelnesso 
causale. 
Il�Tribunale�ha�rite-
nuto�di�rinvenire�la�responsabilita�dell'Istituto�scolastico�nel�disposto�del-
l'art.�2051�c.c.�in�forza�del�quale,�trovandosi�la�res 
con�cui�il�N.�si�e�ferito�
sotto�la�custodia�dell'Istituto,�quest'ultimo�e�chiamato�a�risarcire�i�danni�
cagionati�dalla�stessa.�

L'Organo�Giudicante�ha�ritenuto,�altres|�,�di�rinvenire�nel�caso�de 
quo 
l'esistenza�del�nesso�causale�tra�la�res 
e�l'evento�dannoso,�riconoscendo�que-
st'ultimo�come�conseguenza�normale�della�particolare�condizione�posseduta�
dall'immobile�nella�sua�globalita�.�

In�realta�,�almeno�tre�eventi�dovevano�essere�tenuti�presenti�ai�fini�del-
l'interruzione�del�nesso�causale:�l'uso�improprio�della�cosa�da�parte�dello�stu-
dente,�l'occupazione�studentesca�dell'istituto�verificatasi�quel�giorno,�il�
divieto�di�accedere�al�manufatto.�

L'autogestione,�od�occupazione,�dell'Istituto�scolastico�deve�considerarsi�
necessariamente�una�circostanza�imprevedibile�rispetto�allo�svolgimento�del-
l'attivita�scolastico-educativa�cui�l'Amministrazione�e�preposta.�

Inoltre�essa�integra�il�reato�di�cui�all'art.�633�c.p.�

Il�sinistro�e�stato�causato�da�una�res 
che�il�custode�materialmente�e�giu-
ridicamente�non�avrebbe�potuto�controllare.�

Non�solo:�e�molto�importante�precisare�che�il�Preside�aveva�interdetto�
l'uso�del�suddetto�immobile�a�seguito�dei�danni�strutturali�riportati�dallo�
stesso�durante�alcuni�lavori�di�sistemazione�dell'area�su�cui�insiste�il�manu-
fatto.�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

L'impossibilita�per�i�docenti�di�controllare�gli�spostamenti�degli�alunni�
all'interno�dell'istituto�non�ha�permesso�in�alcun�modo�di�far�rispettare�tale�
interdizione,�comunicata�tempestivamente�dal�dirigente�scolastico�al�corpo�
docente,�agli�alunni�stessi�ed�al�proprietario�del�bene.�

L'organo�giudicante�ha�ritenuto�che�l'occupazione�da�parte�degli�stu-
denti�dell'istituto�non�sia�di�per�se�idonea�ad�escludere�la�costanza�del�rap-
porto�di�custodia�rispetto�alla�res 
danneggiante.�

Una�tale�considerazione�si�espone�a�numerose�critiche�in�merito�alla�
dimostrazione�di�un�efficace�nesso�causale�tra�res 
ed�evento,�tenuto�anche�
conto�del�divieto�posto�dal�Preside�in�ordine�all'uso�del�manufatto.�

Occorre�distinguere�il�caso�de 
quo 
dal�caso�del�danno�cagionato�dall'esi-
stenza�di�un'insidia�o�trabocchetto,�concetti�propri�della�diversa�responsabi-
lita�ex 
art.�2043�c.c.�

Pur�ammettendo�che�il�pannello�di�vetro�della�porta�presentasse�incrina-
ture�sommariamente�riparate�con�dello�scotch,�nonche�problemi�di�chiusura,�
il�nesso�causale�rispetto�al�danno�si�interrompe�nel�momento�in�cui�il�sog-
getto�danneggiato,�con�colpa,�agisce�in�maniera�impropria.�

Nel�caso�de 
quo,�atteso�che�quelle�sommariamente�descritte�sopra�siano�
state�le�condizioni�del�manufatto,�il�N.�ha�esercitato,�come�risulta�dalle�depo-
sizioni,�una�pressione�impropria�con�ambedue�le�mani�su�di�una�lastra�di�
vetro�danneggiata�in�modo�da�cagionare,�per�sua�colpa,�il�frantumarsi�dello�
stesso.�

Risulta,�infatti,�incontestata�la�dinamica�del�sinistro�da�cui�si�evince�che�
il�danneggiato�non�abbia�tentato�di�chiudere�la�porta�tramite�la�maniglia�
ma�tramite�la�pressione�a�due�mani�su�di�una�lastra�di�vetro�palesemente�
danneggiata.�

Non�vi�sono�stati,�in�questo�caso,�trabocchetti�o�situazioni�di�pericolo�
occulto�della�cosa,�come,�d'altro�lato,�non�si�puo�escludere�la�colpa�del�ricor-
rente.�

E�opinabile�che,�come�afferma�il�Tribunale,�il�danno�si�sia�prodotto�a�
seguito�dell'uso�ordinario�della�cosa�in�custodia,�ossia�la�porta,�poiche�non�
risponde�ad�alcuna�logica�di�prudenza�e�di�diligenza�il�tentativo�di�chiudere�
il�manufatto�mediante�la�pressione�inconsulta�su�di�una�sua�parte�estrema-
mente�fragile,�invece�che�tramite�la�maniglia�o�la�pressione�sul�telaio�della�
stessa.�

Peraltro,�agli�studenti�era�stato�interdetto�di�accedere�attraverso�quella�
porta�proprio�a�scopo�precauzionale.�

Come�afferma�la�Suprema�Corte,�nelle�fattispecie�che�presentino�questa�
dinamica�deve�parlarsi�di�caso�fortuito�accidentale,�idoneo�ad�interrompere�
il�collegamento�causale�tra�la�cosa�in�custodia�ed�il�danno.�

Il�giudizio�sull'autonoma�idoneita�causale�del�fattore�esterno�deve�essere�
adeguato�alla�natura�della�cosa�ed�alla�sua�pericolosita�.�

Infatti,�tanto�meno�la�cosa�e�per�sua�natura�pericolosa,�quanto�piu�la�
situazione�di�possibile�pericolo�e�suscettibile�di�essere�prevista�e�superata�da�
parte�del�danneggiato�attraverso�l'utilizzo�delle�normali�cautele,�e�tanto�piu�
incidente�e�rilevante�deve�considerarsi�l'efficienza�causale�del�comportamento�
imprudente�del�medesimo�nel�dinamismo�della�creazione�del�danno.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

L'incremento�di�tale�efficienza�causale�conduce�all'interruzione�del�nesso�
eziologico�tra�cosa�e�danno�e�ad�escludere�la�responsabilita��del�custode�ex 
art.�2051�c.c.�(1).�

Obblighi 
di 
custodia 
ed 
uso 
improprio 
della 
cosao 
Nel�caso�de 
quo 
appare�
evidente�che,�per�quanto�il�danno�si�sia�cagionato�a�seguito�di�un�utilizzo,�
giova�ribadirlo,�illegittimo,�di�una�porta,�esso�sia�riferibile�ad�un�uso�impro-
prio�della�stessa.�

Il�Tribunale�ha�ritenuto�non�sussistesse�un�tale�uso�improprio,�valutando�
solo�ed�unicamente�la�funzione��normale��del�manufatto,�apertura�e�chiu-
sura,�ma�non�valutando�che�l'uso�improprio�prescinde�dal�risultato�ed�attiene�
alle�modalita��di�attivazione�della�cosa.�

In�altre�parole,l'uso�improprio�non�e��legato�solo�al�fatto�che�il�N.�abbia�
utilizzato�la�porta�per�transitare�dalla�serra�piccola�all'altro�fabbricato,�senza�
avere�il�permesso,�ma�al�fatto�che�ha�esercitato�una�pressione�su�di�una�parte�
palesemente�pericolosa�e�danneggiata,�procurandosi�un�danno�che�mediante�
l'utilizzo�normale�a�mezzo�di�maniglia�non�si�sarebbe�procurato.

E�opportuno,�inoltre,�fare�un'altra�considerazione.�

Quand'anche�si�debba�ritenere�di�qualificare�la�responsabilita��per�le�cose�
in�custodia�come�una�responsabilita��di�natura�oggettiva,�cio��non�deve�con-
durre�l'interprete�a�ritenere�che�in�presenza�di�un�comportamento�casual-
mente�idoneo�ad�interrompere�il�nesso�eziologico�fra�danno�e�res,�il�custode�
sia�comunque�tenuto�al�risarcimento�del�danno.�

Nel�caso�de 
quo 
il�nesso�eziologico�potrebbe�addirittura�ritenersi�inter-
rotto�dalla�commissione�ad�opera�del�danneggiato�di�un�illecito�penale�che�
avrebbe�potuto�dar�luogo�ad�una�pretesa�risarcitoria�dell'Amministrazione�
in�seguito�al�danneggiamento�di�beni�in�custodia�(v.�oltre).�

A�prescindere�da�un�tale�ordine�di�considerazioni,�ed�argomentando�a 
contrariis 
in�ordine�all'interruzione�del�nesso�eziologico,�se�e��vero�che�a�
carico�del�custode�della�res 
rimane�la�responsabilita��per�fatto�ignoto�(2),�e��
pur�vero�che�la�presunzione�iuris 
tantum 
di�responsabilita��deve�ritenersi�supe-
rata�dalla�condotta�imprudente�del�danneggiato.�

La�Suprema�Corte,�infatti,�ritiene�che�debba�valutarsi�la�conoscenza�che�
il�terzo�che�utilizzi�la�cosa�in�custodia�abbia�del�difetto�strutturale�o�funzio-
nale�della�cosa�medesima�e,�quindi,�della�pericolosita��dell'uso�in�relazione�al�
suo�stato,�anche�non�apparente,�al�fine�di�stabilire�se�la�mancata�adozione�
di�tutele�sia�da�addebitarsi�al�danneggiato�ed�in�grado�di�eliminare�il�nesso�
eziologico�rispetto�al�danno.�

Anche�qualora�non�si�possa�giungere�alla�eliminazione�di�tale�nesso,�il�
grado�della�colpa�deve�necessariamente�essere�valutato,�contribuendo�questo�
a�diminuire�comparativamente�la�responsabilita��del�custode�ai�sensi�degli�
artt.�2056�e�1227,�primo�comma�c.c.�

(1)�Cfr.�ex 
multis 
Cass.�civ.,�Sez.�III,�17�gennaio�2001,�n.�584,�in�Nuova 
Giuro 
Civ.,�2002,�
I,�174,�con�nota�di�Venchiarutti.�Conforme�Cass.�civ.,�Sez.III,�20�luglio�2002,�10641.�
(2)�Cass.�civ.,�14�marzo�1983,�n.�1897,�in�Masso 
Giuro 
It.,�1983.�

IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

Di�piu��,�occorre�sottolineare�che�la�pericolosita��del�manufatto�era�quanto�
meno�nota�agli�alunni,�i�quali�non�potevano�accedere�alla�serra�nemmeno�
sotto�la�vigilanza�dei�docenti�e�degli�ausiliari�tecnici,�per�cui�il�fatto�di�essersi�
introdotto�all'interno,�oltre�ai�profili�penali,�evidenzia�un�grado�della�colpa�
preminente�del�N.�tale,�in�concorso�con�le�inconsulte�modalita��di�utilizzo�
della�porta,�da�interrompere�il�nesso�fra�danno�e�custode.�

Occorre,�altres|�,�sottolineare,�che�la�giurisprudenza�ritiene�come�necessa-
rio,�per�il�sorgere�della�responsabilita��del�custode�ex 
art.�2051�c.c.,�che�il�dan-
neggiato�abbia�un�titolo�idoneo�ad�entrare�in�legittima�relazione�con�la�res. 


Pertanto,�qualora�taluno�accedendo�nell'altrui�proprieta��si�procuri�dei�
danni,�non�sorge�una�responsabilita��qualificata�del�custode�ai�sensi�del-
l'art.�2051�c.c.�(3).�

E�giurisprudenza�costante�Corte,�infatti,�che�il�caso�fortuito�idoneo�a�
superare�la�presunzione�di�responsabilita��del�custode�puo��anche�consistere�
nel�comportamento�del�danneggiato,�quando�questo�costituisca�la�causa�
unica�ed�efficiente�dell'evento�dannoso�(vedi�ex 
multis 
Cass.�civ.,�10�maggio�
1999,�n.�4616,�citata�in�sentenza).�

Nel�citare�questa�stessa�giurisprudenza�il�Tribunale�e��incorso�ulterior-
mente�in�un�vizio�di�illogicita��.�

L'Organo�Giudicante,�atteso�che�il�nesso�eziologico�si�interrompa�
innanzi�ad�una�responsabilita��esclusiva�del�danneggiato,�ha�ritenuto�di�non�
dover,�ad�ogni�buon�conto,�valutare�il�grado�della�colpa�del�N.�

Autogestione 
come 
caso 
fortuito 
e 
come 
reato 
di 
invasione 
di 
edifici 
ex�
art. 
633, 
C.P. 
Quanto�sopra�a�testimoniare�che,�pur�ammettendo,�in�ipotesi,�
un�concorso�di�colpa,�il�Tribunale�abbia�illogicamente�valutato�i�dati�costitu-
tivi�della�fattispecie�a�grave�danno�dell'odierno�appellante.�

Il�Tribunale�di�Firenze�esamina,�in�primo�luogo,�la�natura�della�viola-
zione�dell'obbligo�di�vigilanza�di�cui�all'art.�2051�c.c.�esponendo�in�maniera�
assai�chiara�quali�siano�gli�obblighi�di�prova�a�carico�del�danneggiato�che�si�
estrinsecano�nella�necessita��,�da�parte�di�quest'ultimo,�di�provare�l'idoneita��
della��cosa��alla�produzione�del�nocumento,�l'esistenza�di�un�rapporto�di�
custodia�fra�il�proprietario�della�stessa�e�la��cosa��stessa,�nonche�che�il�
danno�derivi�dalla�cosa�in�se��considerata.�

Il�Tribunale�da��per�certa�l'esistenza�del�rapporto�di�custodia�affermando�
che�l'onere�era�sicuramente�da�rintracciarsi�a�carico�dell'Istituto�scolastico�
che�aveva�la�disponibilita��del�bene.�

In�realta��,�la�difesa�erariale�obiettava�sul�punto�che�l'occupazione�del-
l'Istituto,�la�quale�per�una�parte�della�giurisprudenza�integra�il�reato�d'inva-
sione�di�edifici�ex 
art.�633�c.p.,�interrompeva�il�nesso�di�custodia.�

Premesso�che�sia�la�dottrina�sia�la�giurisprudenza�hanno�avuto�modo,�
occupandosi�dell'argomento,�di�evidenziare�e�chiarire�che�la�responsabilita��
del�custode�non�sorge�da�un�suo�comportamento,�sia�esso�attivo�od�omissivo,�

(3)�Cass.�civ.,�n.�8997�del�1999,�in�La 
Nuova 
Giurisprudenza 
Civile 
Commentata,�2000,�
parte�prima,�352.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

ma�semplicemente�dalla�relazione�intercorrente�fra�quest'ultimo�e�la�cosa�
dannosa,�occorre,�nell'analisi�del�caso�de 
quo,�evidenziare�che�la�sussistenza�
di�tale�rapporto�in�realta�,e�tutt'altro�che�pacifica.�

(In�tema�di�responsabilita�per�il�danno�cagionato�da�cose�in�custodia,�la�
responsabilita�del�custode�sussiste�nei�limiti�in�cui�il�terzo�danneggiato�abbia�
un�titolo�per�entrare�in�legittima�relazione�con�la�cosa�e�tale�titolo�non�puo�
essere�rappresentato�da�un�preteso��diritto�di�accesso�alla�natura�,�che�si�
vuole�consistere�nella�liberta�di�accedere,�senza�recare�danni�alle�colture�esi-
stenti,�nel�fondo�altrui�che�non�sia�chiuso,�al�fine�di�svolgervi�attivita�escur-
sionistiche,�ricreative�o�simili,�Trib.�S.�Remo,�30�settembre�2002,�Gius,�2003,�
2,�234).�

Alla�luce�dell'evento�accidentale�dell'occupazione�dell'istituto�scolastico,�
occorre�valutare�se�la�commissione�di�un�reato�da�parte�del�danneggiato�
non�sia�di�per�se�idonea�ad�interrompere�il�nesso�causale�necessario�per�l'at-
tribuzione�del�danno�alla�responsabilita�del�custode�della�res 
danneggiante.�

Occorre�premettere�che�la�giurisprudenza�negli�ultimi�anni�ha�operato�
un�notevole�ampliamento�dell'ambito�applicativo�dell'art.�2051�c.c.�finoad�
ammettere�che�il�dinamismo�della�cosa�idoneo�alla�produzione�del�danno�
sia�semplicemente�da�rintracciarsi�nella�capacita�della�res 
di�porsi,�per�le�sue�
caratteristiche�morfologiche,�quale�causa�del�danno�(4).�

La�sufficienza�della�morfologia�della�res 
ai�fini�della�creazione�dell'e-
vento�dannoso�rende�estremamente�facile�rinvenire�una�responsabilita�in�pre-
senza�di�evento�dannoso�cagionato�da�una�res 
che�si�trovi�sotto�la�custodia�
di�un�soggetto�che�e�chiamato�a�rispondere�del�danno.�

Fondamentale,�dunque,�si�configura�capire�cosa�la�norma�richieda�ai�fini�
della�configurazione�della�responsabilita�in�tema�di�custodia.�

La�sentenza�ritiene�certa�l'esistenza�del�rapporto�giuridico�di�custodia�
fra�dirigente�dell'Istituto�scolastico�e�porta�che�ha�provocato�il�danneggia-
mento�al�minore.�

Il�fatto�che�nelle�ore�in�cui�si�e�prodotto�il�danno�la�scuola�fosse��occu-
pata��interrompe�il�rapporto�di�custodia�fra�Istituto�e�res 
danneggiante?�

La�giurisprudenza�maggioritaria�ritiene�che,�perche�si�possa�parlare�di�
custodia,�occorre�che�il�bene�si�trovi�nella�fisica�disponibilita�del�custode,�in�
modo�che�non�si�configuri�una�responsabilita�oggettiva�bens|�,incapoal�
custode,�una�responsabilita�per�omessa�vigilanza�del�bene�potenzialmente�
pericoloso�(5).�

Si�inserisce,�a�questo�punto,�nel�nesso�causale,�l'evento�dell'autogestione.�

Solo�se�il�custode�riesce�a�dimostrare�l'insorgere�di�un�evento�assoluta-
mente�fortuito,�la�giurisprudenza�ritiene�che�il�nesso�causale�venga�a�manca-
re�(6).�

(4)�Ex 
multis 
C.C.�1999/3041,�con�nota�di�Visintini,in�G.I.,�2000,�733.�
(5)�Molte�le�pronunce�che�ribadiscono�questo�punto;�fra�le�tante,�C.C.,�Sez.�III,�17�mag-
gio�2001,�n.�6767.�
(6)�Ex 
multis 
C.C.,�Sez.�III,�26�marzo�2002,�n.�4308.�

IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

Infatti,�l'art.�2051�c.c.�si�riferisce�esclusivamente�al�danno�cagionato�
dalla�cosa,�indipendentemente�dal�comportamento�volontario�di�colui�che�se�
ne�serve�e�per�converso,�non�e�configurabile�nei�casi�in�cui�il�danno�derivi�
da�un�intervento�positivo�dell'uomo.�

Nel�caso�de 
quo,�l'esistenza�di�una�situazione�che�obiettivamente�deve�
ritenersi�eccezionale,�avrebbe�dovuto�spingere�il�Tribunale�a�valutare,�ancor�
prima�dell'esistenza�degli�altri�presupposti�per�l'applicazione�della�norma,�l'e-
sistenza�del�rapporto�di�custodia.�Il�rapporto�in�oggetto�che�si�qualifica�per�
la�caratteristica�prima�dell'attualita�del�controllo�espressa�dalla�dizione�
�fisica�disponibilita���deve�essere�rinvenuto,�prima�ancora�che�in�diritto,�in�
fatto.�

Questo�argomento,�di�cui�si�e�avvalsa�la�difesa�dell'Avvocatura�dello�
Stato,�e�stato�disatteso�dal�Giudice�il�quale�ha�ritenuto�che�l'occupazione�
come�forma�di�agitazione�studentesca�non�possa�ritenersi,�all'interno�dell'atti-
vita�didattica,�un�evento�eccezionale�tale�da�escludere�il�rapporto�di�custodia.�

Pur�non�concordando�con�una�visione�che�lega�una�responsabilita�fon-
data�sulla�disponibilita�materiale�del�bene�danneggiante�all'ipotesi�risarcito-
ria,�occorre,�comunque,�tener�conto�della�progressiva�oggettivizzazione�della�
figura�stessa�operata�nel�corso�degli�ultimi�anni�dalla�giurisprudenza�di�
merito.�

Ammesso�che�la�res 
presenti�per�le�sue�condizioni�di�manutenzione�una�
sua�idoneita�a�procurare�il�danno,�risulta�francamente�fuor�di�dubbio�che�le�
modalita�di�entrata�in�contatto�del�soggetto�danneggiato�con�la�res 
rivestano�
comunque�un'importanza�fondamentale�nella�configurazione�della�figura�
risarcitoria.�

In�altri�termini,�l'efficienza�causale�della�res 
di�per�se�,�non�puo�da�sola�
costituire�la�ragione�ultima�di�ricostruzione�del�titolo�di�responsabilita�in�
capo�al�custode.�

Non�sfugge�ad�un'analisi�attenta�che�tenga�conto�della�struttura�del-
l'art.�2051�c.c.�che�qualora�il�controllo,�o�quanto�meno,�la�possibilita�di�con-
trollo,�sulla�res 
viene�meno,�il�danno�che�si�ingenera�non�puo�esser�ricondotto�
al�titolo�in�esame.�

In�particolare,�se�e�vero�come�ha�avuto�modo�di�affermare�la�Suprema�
Corte,�che�il�profilo�del�comportamento�del�custode�e�estraneo�alla�fattispe-
cie�normativa�(7),�e�pur�vero�che�quando�la�res 
svolge�il�ruolo�di�occasione�
dell'evento�dannoso�che�e�integrato�dal�comportamento�del�danneggiato�
stesso,�si�sviluppa�la�figura�del�fortuito�incidentale,�che�di�per�se�e�idoneo�
ad�interrompere�il�nesso�causale�fra�res 
e�danno�(8).�

A�maggior�ragione�nei�casi�in�cui�il�contatto�da�cui�si�ingenera�l'occa-
sione�del�danno�non�e�assistito�dalla�preesistenza,�anzi�dalla�contempora-
neita�,�di�un�rapporto�qualificabile�come�di�custodia,�allora�la�figura�ex 
art.�2051�c.c.�non�puo�ricostruirsi�quale�titolo�abilitante�al�risarcimento.�

(7)�Ex 
multis 
C.C.,�Sez.�III,�20�luglio�2002,�n.�10641.�
(8)�Cfr.�C.C.,�Sez.III,�17�gennaio�2001,�n.�584.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

La�Cassazione�ha�avuto�modo�di�ribadire�in�piu�occasioni�che,�pur�nel-
l'estraneita�della�fattispecie�rispetto�al�comportamento�del�custode,�il�fonda-
mento�della�responsabilita�ex 
art.�2051�c.c.�deve�rinvenirsi�nella�violazione�
di�un�obbligo�di�sorveglianza,�il�quale�sussiste�solo�ed�unicamente,�a�carico�
del�custode,�qualora�il�soggetto,�che�risulti�danneggiato,�abbia�un�titolo�ido-
neo�per�entrare�in�legittima�relazione�con�la�cosa�che�rappresenta�
l'occasione-mezzo�del�danno�(9).�

Nel�caso�che�si�utilizza�da�spunto�per�questa�breve�riflessione,�la�confi-
gurabilita�di�un'ipotesi�astratta�di�reato�a�carico�del�soggetto�che�lamenta�il�
danno�dovrebbe�quanto�meno�condurre�ad�un�particolare�approfondimento�
dei�dati�fattuali�e�giuridici�della�fattispecie.�

Ritenere�non�sussistente,�da�parte�del�Tribunale,�il�caso�fortuito�per�il�
solo�fatto�dell'occupazione�studentesca,�non�esaurisce�il�problema�della�
�legittima�entrata�in�contatto��del�danneggiato�rispetto�alla�res. 


Infatti,�e�doveroso�evidenziare�che,�qualora�si�ritenga�opportuno�fornire�
ristoro�ad�una�fattispecie�come�quella�in�oggetto,�sarebbe�opportuno�agire�
in�applicazione�del�disposto�dell'art.�2043�c.c.�

Entrare�in�contatto�con�beni�di�cui�non�si�ha�la�disponibilita�in�modo�
contrajus,�in�caso�di�danneggiamento,�non�puo�far�insorgere�una�responsabi-
lita�qualificata�come�e�quella�prevista�all'art.�2051�c.c.�a�carico�del�custode,�
ma�caso�mai,�ricorrendone�gli�estremi,�una�responsabilita�aquiliana(10).�

La�figura�normativa�ex 
art.�2051�c.c.�si�pone,�pertanto,�come�ipotesi�
risarcitoria�che�necessita�il�ricorrere�dell'elemento�fondamentale�della�custo-
dia,�mancando�la�quale�il�danno,�che�la�cosa�nel�suo�essere�ha�potuto�cagio-
nare,�e�risarcibile�solo�ed�unicamente�in�applicazione�del�disposto�del-
l'art.�2043�c.c.�

Il�vantaggio�per�l'attore�di�adire�il�Giudice�in�applicazione�dell'art.�2051�

c.c.�e�assolutamente�evidente�e�risiede�nella�diversa�distribuzione�dell'onere�
della�prova.�Nella�realta�dei�fatti�per�quanto�concerne�il�caso�che�ha�dato�
luogo�alla�decisione�de 
quo,�occorre�evidenziare�che�il�comportamento�stesso�
del�danneggiato�lascia�abbastanza�perplessi�in�merito�alla�possibilita�per�il�
Tribunale�di�ricostruire,�quanto�meno,�un�concorso�di�colpa.�
Conclusioni. 
La�dottrina�e�la�giurisprudenza�sono�pacifiche�nell'affer-
mare�che�l'art.�2051�c.c.�non�interviene�a�derogare�i�principi�del�rapporto�di�
causalita�e�di�concorso�di�cause.�Il�comportamento�colposo�del�danneggiato�
interviene�a�diminuire�la�responsabilita�del�custode�ai�sensi�e�per�gli�effetti�
degli�art.�2056�e�1227,�1�comma�c.c.�(11).�

Qualora�il�comportamento�del�danneggiato�non�sia�in�grado�di�configu-
rare�di�per�se�un�fortuito�accidentale�tale�da�interrompere�il�nesso�causale�
fra�res 
ed�evento,�il�comportamento�comunque�non�consono�conduce,�o�

(9)�Ex 
multis 
C.C.,�Sez.�III,�27�agosto�1999,�n.�8997.�
(10)�Su�questo�punto�specifica�C.C.,�Sez.�III,�27�agosto�1999,�n.�8997.�
(11)�C.C.,�Sez.�III,�16�febbraio�2001,�n.�2331�in�Danno 
e 
Resp.,�2001,�con�nota�di�Breda.�

IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

almeno�dovrebbe�condurre,�a�valutare�la�responsabilita�del�custode�alla�luce�
di�comportamenti�che�si�palesano�idonei�all'utilizzo�o,�comunque,�all'entrata�
in�contatto�con�la�res�da�parte�del�danneggiato.�

Nella�decisione�che�si�commenta�nulla�di�tutto�cio�.�

In�realta�cio�che�crea�il�maggior�dubbio�nell'analisi�della�predetta�deci-
sione�e�la�mancata�valutazione�del�fortuito�accidentale�e�la�ricostruzione�del�
rapporto�di�custodia�in�assenza�dell'elemento�fondamentale�del�controllo�
caratterizzato,�invece,�dalla�presenza�di�un�soggetto�danneggiato�che�stava�
commettendo�reato.�

Avv.�Maria�Vittoria�Lumetti�
Dott.�Sandro�Tizzi�

Tribunale 
di 
Firenze, 
seconda 
sezione 
civile, 
sentenza 
21 
novembre 
2002, 
n. 
762-N.�c/�Istituto�

Tecnico�Agrario�Statale�di�Firenze�(Avv.�dello�Stato�M.�V.�Lumetti,�contenzioso�n.�

3366/97).�

La�verificazione�di�un�infortunio�durante�l'occupazione�studentesca�non�e�circostanza�suffi-

ciente�ed�idonea�ad�assurgere�a�casofortuito�e�tale�da�escludere�il�nesso�causale�tra�la�res�el'e-

vento�dannoso.�

�(Omissis)�Con�atto�di�citazione�notificato�il�13�novembre�1997�il�sig.�N.�ha�convenuto�
dinanzi�l'intestata�Autorita�l'Istituto�tecnico�agrario�statale�di�Firenze,�in�persona�del�Pre-
side,�di�cui�era�alunno,�esponendo�che�in�data�6�dicembre�1995�verso�le�ore�10,00�si�trovava�
nelle�serre�dell'istituto�per�svolgere�attivita�didattica�quando,�mentre�prestava�aiuto�a�due�
compagni�di�classe�della�Seconda�A,�nel�trasportare�alcune�piante�da�una�serra�ad�un'altra,�
urtava�contro�il�vetro,�gia�rotto�in�piu�punti,�di�una�porta�per�cui�si�tagliava�il�polso�della�
mano�sinistra;�che�subiva�lesioni�personali�diagnosticate�in��lesioni�complesse�polso�sini-
stro��con�prognosi�iniziale�di�trenta�giorni;�che�si�e�dovuto�sottoporre�ad�un�intervento�chi-
rurgico�di�ricostruzione�dei�flessori�e�del�nervo�ulnare;�per�tali�lesioni�agisce�in�giudizio�per�
il�risarcimento,�essendo�stati�vani�i�tentativi�di�una�composizione�stragiudiziale�della�que-
stione�(omissis).�

E�preliminare�esaminare�il�profilo�di�responsabilita�derivante�dalla�asserita�violazione�
dell'obbligo�di�custodia�ex�art.�2051�C.C.�da�parte�del�convenuto�e�posto�a�fondamento�della�
domanda�attrice.�

Nella�fattispecie�il�danneggiato�deve�primariamente�provare:�1)�l'idoneita�della�'cosa'�al�
nocumento,�quale�idoneita�a�produrre�lesioni;�2)�che�i1�danno�derivi�dalla�cosa�in�se�conside-
rata;�3)�1'�esistenza�di�un�rapporto�di�custodia�tra�il�proprietario�della�cosa�e�quest'�ultima�
che�lo�obblighi�a�vigilare�e�a�tenerla�sotto�controllo.�

Cio�premesso,�mentre�sono�indubbie�nel�caso�di�specie�sia�la�sussistenza�di�tale�ultimo�
elemento�che�l'esistenza�di�una�intrinseca�pericolosita�della�cosa�in�se�,�l'onere�di�dimostrare�
l'esistenza�di�uno�specifico�nesso�causale�tra�la�res�e�l'evento�puo�essere�assolto,�come�nel�
caso�concreto,�nel�rilevare�che�l'evento�si�e�prodotto�come�conseguenza�normale�della�parti-
colare�condizione,�anche�potenzialmente�lesiva,�posseduta�o�successivamente�assunta�dalla�
cosa�considerata�nella�sua�globalita�.�

In�ordine�al�tipo�di�responsabilita�e�in�ossequio�al�vecchio�dogma��nessuna�responsabi-
lita�senza�colpa�,�il�tradizionale�orientamento�giurisprudenziale�riteneva�che�la�fattispecie�in�
discorso�fosse�governata�dal�generale�principio�della�colpa:�il�dovere�di�vigilare�la�res,il�
dovere�di�adottare�tutte�le�cautele�necessarie�ad�evitare�che�dalla�cosa�possano�derivare�pre-
giudizi�ai�terzi,�qualora�violati,�danno�luogo�alla�responsabilita�colposa�di�cui�all'art.�2051�
c.c.,�che�opera�in�via�presuntiva.�

La�presunzione�iuris�tantum�di�colpa�a�carico�di�colui�che�ha�il�dovere�di�custodia�veniva�
elisa�solo�qualora�tale�soggetto�dimostrasse�la�causa�ignota�o�il�caso�fortuito,�cioe�desse�
prova�dell'assenza�di�colpa.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Tuttavia�a�tal�riguardo�si�registra�in�tempi�recenti�un�diverso�orientamento�della�giuri-
sprudenza�della�Suprema�Corte:�la�responsabilita�in�esame�non�viene�piu�inscritta�tra�le�fat-
tispecie�governate�dal�principio�della�colpa,�ma�viene�fatta�rientrare�nel�novero�delle�figure�
di�responsabilita�oggettiva.�

Essa�si�basa�sulla�sola�relazione�di�custodia�che�intercorre�tra�il�soggettoe�la�cosa�esul�
nessodicausalita�tra�la�res�e�il�danno�(cfr.�Cass.,�sez.�III,�20�maggio�1998�n.�5031;�Cass.,�
sez.�III,�12�maggio�1999�n.�4689).�

Nella�struttura�della�norma�non�vi�e�piu�spazio�per�una�valutazione�del�comportamento�
del�custode�che�si�potra�liberare�solo�con�la�prova�del�caso�fortuito�inteso�come�fattore�
esterno,�dotato�dei�caratteri�dell'eccezionalita�e�dell'imprevedibilita�,�idoneo�ad�interrompere�
il�nesso�eziologico.�

Si�deve�ritenere�che,�in�tema�di�ripartizione�dell'onere�della�prova,�all'attore�compete�
provare�l'esistenza�del�rapporto�eziologico�tra�la�cosa�e�l'evento�lesivo,�mentre�il�convenuto�
per�liberarsi�dovra�provare�l'esistenza�di�un�fattore,�estraneo�alla�sua�sfera�soggettiva,�idoneo�
ad�interrompere�quel�nesso�causale�e,�cioe�,�un�fattore�esterno�(che�puo�essere�anche�il�fatto�
di�un�terzo�o�del�danneggiato)�che�presenti�i�caratteri�del�fortuito�e,�quindi,�dell'imprevedibi-
lita�e�della�assoluta�eccezionalita�.�

Si�parla�di��rischio��piuttosto�che�di��colpa��di�custodia�(cfr.�Cass.,�S.U.,�11�novembre�

1991�n.�12019,�in�Foro�It.�1993,�I,�c.�922).�

Cio�rilevato,�la�verificazione�del�sinistro�durante�la�svolgimento�di�un�attivita�didattica�
autogestita�ma�condotta�e�diretta�dal�Prof.�C.�perche�inerente�alle�materie�di�studio�dell'isti-
tuto�scolastico�(preparazione�di�talee�di�piantine)�non�e�circostanza�sufficiente�ed�idonea�
per�assurgere�a�caso�fortuito�e�per�escludere�il�nesso�causale�tra�la�res�e�l'evento�dannoso.�

Cio�in�quanto�lo�stato�di�carente�manutenzione�in�cui�si�trovava�la�porta�^arrugginita,�
non�funzionante�e�con�diversi�riquadri�di�vetro�gia�incrinati�(v.�teste�Z.)�-poteva�causare,�in�
qualsiasi�momento,�dei�sinistri�e�in�danno�di�qualsiasi�avventore�della�serra;�non�da�ultimo�
non�puo�essere�sottaciuta�la�circostanza�che�gia�nel�1994�il�convenuto�aveva�ritenuto�necessa-
rio�provvedere�a�consolidare�e�manutenere�la�serra�medesima�(v.�doc.�n.�16�fasc.�convenuto�
ove�si�legge��...che�e�interdetto�l'accessoall'aziendaannessaall'I.P.A.S.�..�perche�esistonofat-
toridirischio�edipericolosita�sull'edificio�inmuraturaadibito�aserraperlegravilesioniripor-
tate�a�seguito�dei�lavori�in�corso�n.�b.�svolti�dall'impresa�M.�per�la�committenza�del�comune�di�
Firenze).�

Ne�,�ancora,�puo�rappresentare��caso�fortuito��l'aver�l'attore�cercato�di�chiudere�con�due�
mani�la�porta�a�vetri,�che�gia�non�si�chiudeva�bene:�difatti,�sebbene�in�tema�di�responsabilita�
per�danni�da�cosa�in�custodia�il�caso�fortuito�idoneo�a�superare�la�presunzione�di�responsa-
bilita�del�custode�puo�anche�consistere�nel�comportamento�del�danneggiato,�quest'ultimo�
deve�essere�stato�la�causa�esclusiva�dell'evento�dannoso�(v.�Cass.�civ.,�sez.�III,�10�maggio�
1999�n.�4616).�

Nel�caso�in�esame�non�e�stato�posto�in�contestazione�che�la�porta�a�vetri�fosse�rotta�
prima�dell'incidente�e�che�parte�degli�stessi�fossero�tenuti�insieme�da�dello�``scotch''�(omis-
sis)�.�


Ipareri
delcomitato
consultivo
Ipareri
delcomitato
consultivo
A.G.S. 
^Parere 
del 
22 
maggio 
2003 
^Tasse 
su 
concessioni 
governative. 
Seperimpedireladecadenzafissataperilrimborso 
ditassediconcessione 


governativa 
sia 
sufficiente 
la 
spedizione 
della 
richiesta 
od 
occorra 
la 
ricezione 


della 
stessa 
da 
parte 
delle 
amministrazioni 
(consultivo�n.�6166/03,�avvocato�

F.M.�Patierno).�
�Con�la�sentenza�n.�1470/03�pronunciata�nel�giudizio�di�cui�all'oggetto�e�
stata�accolta�la�domanda�di�controparte�a�seguito�dell'applicazione�del�

recente�orientamento�della�Suprema�Corte�secondo�il�quale��per�impedire�la�

decadenza�sia�sufficiente�la�spedizione�della�domanda�di�rimborso�e�non�il�

suo�arrivo�a�destinazione�nel�termine�predetto��(Cassazione�Civile,�l�Sezione,�

n.�1691�del�15�febbraio�2002),�conforme�a�Cass.,�Sez.�V,�n.�10373/00,�
n.�11362/01,�n.�11463/01.�
L'�Avvocatura�Distrettuale�di�Napoli�chiede�se�si�possa�desistere�dal�col-
tivare�l'eccezione�di�decadenza�nelle�ipotesi�de 
quibus 
ovvero�si�insista�rite-

nendo�che�la�questione�vada�riproposta�nuovamente�innanzi�alla�Suprema�

Corte.�
La�tematica�posta�riguarda�il�problema�che�sorge�dall'applicazione�del-

l'art.�13�d.P.R.�641/1972�nei�casi�nei�quali�^per�impedire�il�maturare�della�

decadenza�^la�spedizione�della�domanda�di�rimborso�della�tassa�di�conces-

sione�governativa�sia�stata�effettuata�a�mezzo�posta�con�raccomandata�in�

data�anteriore�alla�scadenza�del�predetto�termine�ma�la�stessa�domanda�sia�

pervenuta�alla�P.A.�a�termine�scaduto.�
La�Scrivente�ha�ritenuto�che�in�tali�casi�l'istanza�di�rimborso,�pervenuta�

a�termine�triennale�scaduto,�non�sarebbe�stata�idonea�ad�impedire�il�matu-

rare�della�decadenza�dell'art.�13�sebbene�l'istanza�di�rimborso�fosse�stata�spe-

dita�prima�della�scadenza�triennale.�
La�Cassazione,�al�riguardo,�ha�assunto�una�posizione�del�tutto�antitetica�

a�quella�di�questa�Difesa�Erariale.�
Il�piu�recente�indirizzo�della�Suprema�Corte�ritiene�che�per�impedire�la�

decadenza�sia�sufficiente�la�spedizione�della�domanda�di�rimborso�e�non�il�

suo�arrivo�a�destinazione.�Invero,��l'istanza�di�rimborso�della�tassa�di�con-

cessione�governativa�per�l'iscrizione�delle�societa�nel�registro�delle�imprese�

deve�considerarsi�tempestiva�qualora�venga�presentata�per�la�spedizione�agli�

uffici�postali�entro�il�termine�di�cui�all'articolo�13�del�d.P.R.�641�del�1972��

(Cass.:�Cov.,�Sez.�1,�15�febbraio�2000,�n.�1691).�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Infatti,��poiche�gli�atti�impeditivi�della�decadenza�vengono�in�considera-
zione�per�le�conseguenze�che�determinano�a�carico�del�diritto�che�deve�essere�
esercitato,�per�legge�o�contratto,�entro�un�dato�termine,�il�verificarsi�di�tale�
effetto�non�puo�essere�subordinato�alla�ricezione�di�tali�atti�da�parte�del�
destinatario,�neppure�quando�questi�sia�determinato,�non�integrando�i�mede-
simi�degli�atti�ricettizi,�per�essere�tale�qualificazione�correlata�ad�esigenze�di�
tutela�del�destinatario�che,�nel�caso�della�decadenza,�non�sussistono;�tale�
principio��che�in�tema�di�rapporti�con�la�P.A.�si�armonizza�con�l'altro�
secondo�cui�i�termini�stabiliti�per�la�presentazione�di�ricorsi,�istanze,�
domande�da�parte�di�privati�sono�osservati�quando�sono�spedite�in�tempo�
utile�a�mezzo�raccomandata�con�avviso�di�ricevimento��trova�applicazione�
anche�in�relazione�alla�richiesta�di�rimborso�della�tassa�di�concessione�gover-
nativa�per�l'iscrizione�annuale�nel�registro�delle�imprese�corrisposta�in�appli-
cazione�di�norme�incompatibili�col�diritto�comunitario,�da�effettuarsi�nel�ter-
mine�di�decadenza�di�tre�anni�decorrenti�dal�giorno�del�pagamento��(Cass.�
Civ.,�sez.�1,�15�ottobre�1999,�n.�11625).�

Pertanto,��ai�fini�della�verifica�della�tempestivita�della�presentazione�
della�domanda�di�rimborso�devesi�avere�riguardo�alla�data�di�spedizione�e�
non�a�quella�di�ricezione�della�domanda�stessa�da�parte�dell'amministrazione�
finanziaria�(Cass.�civ.,�Sez.�1,�25�ottobre�1999,�n.�11973)�.�

In�tale�ottica�andrebbe,�quindi,�affermata�la�tempestivita�delle�domande�
di�rimborso�spedite�prima�della�scadenza�del�termine�triennale�di�decadenza�
ma�pervenute�alla�P.A.�in�data�successiva�al�termine�di�scadenza.�

In�relazione�alla�posizione�della�Cassazione�pare�alla�Scrivente�che�sia�
preferibile�prestare�acquiescenza�alle�sentenze�che�hanno�fatto�proprio�l'o-
rientamento�contrario�alla�P.A.�assunto�ormai�dalla�S.C.�

Resta�confermato�l'avviso�gia�espresso�dalla�Scrivente�con�note�

n.�103703�e�103704�del�4�ottobre�2002�relative�ai�ct.�24960/1999�e�ct.�
21914/1999�.�
A.G.S. 
^Parere 
del 
9 
luglio 
2003 
n. 
78223. 
Ambito�e�modalita�di�applicazione�della�legge�n.�166/2002,�art.�2�(consul-
tivo�n.�5070/03,�avvocato�A.�Linguiti).�

�Con�il�foglio�in�riscontro�codesta�Gestione�commissariale�ha�chiesto:�1)�
se�la�disciplina�acceleratoria�della�definizione�delle�controversie�in�materia�
dei�lavori�pubblici�di�cui�all'art.�2�legge�166/2002�sia�applicabile�anche�alle�
controversie�che�interessano�le�opere�affidate�alla�Gestione�commissariale�
ex�Agensud�incardinata�presso�il�Ministero�delle�Politiche�Agricole,�nono-
stante�il�fatto�che�il�riferimento�contenuto�in�detto�articolo�riguardi�diretta-
mente�solo�le�opere�ex�Agensud�attribuite�alla�competenza�del�Ministero�dei�
Lavori�Pubblici�(ora�Infrastrutture�e�Trasporti);�2)�se�il�limite�del�25%�delle�
pretese�di�maggiori�compensi�vada�calcolato�depurando�le�pretese�di�quelle�
intempestive�o�palesemente�infondate�perche�contrastate�in�modo�evidente�
da�gia�acquisite�risultanze�di�fatti;�3)�se�il�parere�dell'Avvocatura�dello�Stato�
reso�ora�facoltativo�dall'art.�2�legge�166/2002�sulle�transazioni�in�discorso�


I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO�

possa�ritenersi�non�riguardare�comunque�e�gia��prima�di�detta�disposizione�i�
rapporti�intercorrenti�tra�l'ex�Agensud�(ora�Gestione�commissariale)�ed�i�
concessionari�della�realizzazione�delle�opere,�atteso�il�fatto�che�tali�rapporti�
sono�riconducibili�normalmente�(e�salvi�i�casi�di�gestione�c.d.�diretta)�alla�
funzione�di�finanziamento�dei�costi�delle�opere,�sicche�la�valutazione�dell'ex�
Agensud�si�limita�in�tali�casi�alla�accollabilita��a�sensi�del�disciplinare�di�con-
cessione�degli�oneri�transattivi�assunti�dai�concessionari�a�definizione�delle�-
maggiori�pretese�avanzate�dagli�appaltatori.�

Ritiene�questa�Avvocatura,�con�riferimento�al�primo�quesito,�che�la�
norma�acceleratoria�di�cui�all'art.�2�legge�166/2002�sia�applicabile�ancheper�
la�definizione�delle�controversie�relative�ad�opere�gia��di�competenza�dell'ex�
Agensud�ed�ora�affidata�alla�Gestione�commissariale�istituita�presso�il�Mini-
stero�delle�Politiche�Agricole�e�Forestali.�Tale�opinione�e��sorretta�in�primo�
luogo�dal�dato�formale�offerto�^come�ricorda�codesta�Gestione�^dal�comma�
5�dell'art.�19�del�decreto�legge�32/1995�convertito�in�legge�104/1995�secondo�
il�quale�il�Commissario�ad 
acta 
della�Gestione�commissariale�ex�Agensud�
Politiche�Agricole�e�Forestali��esercita�i�poteri�e�osserva�le�procedure�di�cui�
all'art.�9�del�D.�Leg.vo�96/1993�e�successive�modificazioni�ed�integrazioni�.�

In�secondo�luogo�e,�sempre�sotto�il�profilo�formale,�lo�stesso�richiamo�
contenuto�nell'art.�9/I�comma�del�D.�Leg.vo�96/1993�alle��altre�opere��ben�
puo��ritenersi�essere�stato�voluto�proprio�per�riservare�alle�opere�ex�Agensud�
attribuite�alla�competenza�dell'ora�Ministero�delle�Politiche�Agricole�e�Fore-
stali�attraverso�l'apposito�Commissario�ad 
acta 
le�stesse�modalita��di�gestione�
e�definizione�dei�relativi�rapporti.�

Sotto�il�profilo�funzionale,�poi,�non�puo��non�convenirsi�con�codesta�
Gestione�sulla�irrazionalita��cui�si�perverrebbe�dando�ad�una�materia�di�iden-
tica�matrice�e�disciplina�fino�alla�soppressione�dell'ex�Agensud�difformita��di�
trattamento�con�riguardo�alla�definizione�delle�controversie�ad�essa�relative�
ed�ancora�pendenti.�

Quanto�al�secondo�quesito�sembra�opportuno,�nonostante�la�dichiarata�
volonta��acceleratoria�posta�a�fondamento�della�norma�in�esame,�che�la�base�
di�calcolo�per�la�individuazione�del�limite�del�25%�delle�maggiori�pretese�
vada�depurata�preliminarmente�soltanto�delle�pretese�palesemente�intempe-
stive�o�assolutamente�infondate,�ovvero�temerarie.�

Sembra�invece�che,�fermo�che�le�maggiori�pretese�vanno�prese�in�consi-
derazione�nel�loro�assieme�e�senza�preliminari�depurazioni,�possa�indivi-
duarsi,�entro�il�limite�massimo�del�25%�(o�del�50%�di�quanto�riconosciuto�
da�lodo�o�sentenza�non�definitiva)�del�loro�importo�un�diverso�e�piu��modesto�
limite�di�definizione�proprio�per�consentire�di�tener�conto�delle�maggiorio�
minori�prospettive�di�fondatezza�delle�pretese�in�questione,�che�potrebbero�
anche�essere�ritenute�assolutamente�inaccoglibili�in�quanto�del�tutto�infon-
date.�

E�su�tale�considerazione�che�appare�fondarsi�la�riconosciuta�facolta��di�
chiedere�il�parere�dell'Avvocatura�dello�Stato�sui�termini�dello�schema�di�
transazione,�che�non�avrebbe�altrimenti�ragione�d'essere.�

Al�riguardo�pertanto�si�ritiene�che�le�innovazioni�apportate�dalla�norma-
tiva�in�esame�siano�rappresentate�1)�dalla�facoltativita��della�richiesta�di�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

parere�dell'Avvocatura�contro�la�precedente�obbligatorieta��;�2)�dal�meccani-
smo�del�silenzio�assenso�ove�detto�parere�se�richiesto,�non�intervenga�entro�
6�mesi�dalla�richiesta;�3)�dalla�determinazione�nella�misura�forfettaria�del�
5%�annuo�degli�accessori�per�interessi�e�rivalutazione,�con�la�decorrenza�
che,�non�essendo�stata�indicata�nella�norma,�resta�quella�propria�di�ciascuna�
ragione�di�credito;�4)�dall'obbligo�di�corrispondere�quanto�transattivamente�
definito�entro�2�mesi�dall'acquisizione�del�parere�dell'Avvocatura�Generale�
dello�Stato�(o�^si�deve�ritenere�^entro�2�mesi�dalla�scadenza�dei�6�mesi�dalla�
richiesta�senza�risposta).�

Per�quanto�attiene�invece�alla�valutazione�della�fondatezza�delle�mag-
giori�pretese�restano�ferme�le�procedure�fin�qui�praticate�tenendo�presente�
pero��che�l'offerta�transattiva�non�potra��superare�i�limiti�massimi�del�25%�o�
del�50%�sopraindicato�a�seconda�dello�stato�della�vertenza.�

Quanto�al�terzo�quesito,�legato�alla�natura�di�mero�finanziamento�del�
rapporto�intercorrente�tra�l'ex�Agensud�ed�i�concessionari�per�la�realizza-
zione�degli�interventi�ed�alla�conseguente�estraneita��dell'ex�Agensud�alle�defi-
nizioni�transattive�delle�vertenze�tra�concessionari�ed�appaltatori�per�le�mag-
giori�pretese�da�questi�avanzate,�sicche�le�valutazioni�dell'ex�Agensud�sareb-
bero�limitate�alla�accollabilita��a�suo�carico�degli�oneri�transattivi�assunti�dai�
concessionari�verso�i�propri�appaltatori�creditori,�si�ritiene�che�quante�volte�
venga�dimostrato�dal�concessionario�che�gli�oneri�non�sono�imputabili�a�
scelte�o�comportamenti�del�concessionario�nel�rapporto�con�gli�appaltatori�e�
finalizzati�alla�realizzazione�dell'intervento�essi�vadano�coperti�dal�finanzia-
mento�dell'ex�Agensud.�Pertanto,�non�rappresentando�direttamente�oneri�
transattivi�e�non�essendo�conseguenza�del�puro�accollo�della�transazione,�
non�sembra�che�codesta�Gestione�dovesse�obbligatoriamente,�come�e��previ-
sto�per�i�negozi�transattivi,�munirsi�del�parere�dell'Avvocatura�dello�Stato,�
che�ovviamente�potra��ancora�richiedere�all'attualita��quando�lo�ritenga�oppor-
tuno�.�

A.G.S. 
^Parere 
del 
22 
luglio 
2003, 
n. 
81240 
^Accesso 
ai 
documenti 
ammini-
strativi. 
Possibilita�di�accesso�ai�curricula�di�candidati�ad�un�concorso�^Limiti�per�
la�tutela�della�riservatezza�(consultivo�n.�7910/03,�avvocato�G.�Mangia).�

�Con�la�nota�che�si�riscontra,�codesto�Istituto�ha�sottoposto�a�questo�
Gazzetta�Ufficiale�il�seguente�quesito.�

Conclusosi�un�concorso�interno�per�soli�titoli�ad�un�posto�di�primo�
livello�professionale,�profilo�di�dirigente�di�ricerca,�bandito�in�data�
13�novembre�2002,�ai�sensi�dall'art.�64�C.C.N.L.�21�febbraio�2002,�uno�dei�
concorrenti,�idoneo�ma�non�vincitore,�ha�chiesto�di�prendere�visione�degli�
atti�attinenti�il�procedimento�concorsuale;�codesto�Istituto�ha�gia��provveduto�
a�consegnare�all'interessato�copia�dei�verbali�delle�riunioni�della�Commis-
sione,�con�allegate�le�schede�di�valutazione�dei�titoli�relativi�a�ciascun�concor-
rente,�e�chiede�a�questa�Avvocatura�se�sia�possibile,�nel�rispetto�della�legge�


I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO�

31�dicembre�1996�n.�675,�consentire�l'accesso�anche�ai��curricula��dei�candi-
dati�al�concorso,��curricula��che�rappresentano�uno�degli�elementi�su�cui�si�
e�basata�la�valutazione.�

La�risposta�al�quesito�e�nel�senso�che�e�consentita,�ai�sensi�della�legge�

7�agosto�1990�n.�241,�al�concorrente,�idoneo�ma�non�vincitore,�richiedente�

l'accesso,�la�visione�dei��curricula��dei�partecipanti�al�concorso�senza�che�

risultino�in�qualche�modo�compromessi�i�principi�legati�al�rispetto�della��pri-

vacy��di�cui�alla�suddetta�legge�n.�675�del�1996.�
La�giurisprudenza�amministrativa�ha�piu�volte�chiarito�che,�nel�necessa-

rio�equilibrio�e�contemperamento�del�diritto�di�accesso�ai�documenti�ammini-

strativi,�ai�sensi�dell'art.�22�1egge�7�agosto�1990�n.�241,�e�del�diritto�alla�riser-

vatezza�dei�dati�provenienti�da�terzi�ed�acquisiti�dalla�P.A.,�prevale,�in�linea�

generale,�il�primo,�ogniqualvolta�i�dati�medesimi�siano�utili�all'interessato�

per�la�protezione�di�un�interesse�che�egli�puo�tutelare�in�via�diretta,�come�

quando�il�richiedente�l'accesso�ed�i�terzi�siano�coinvolti�nel�medesimo�proce-

dimento.�

Infatti,�nel�conflitto�tra�diritto�di�accesso�e�diritto�alla�riservatezza,�pre-

vale�il�primo�ogni�qualvolta�l'accesso�viene�in�rilievo�per�la�cura�e�la�difesa�

di�propri�interessi�giuridici�(C.�Stato,�sez.�IV,�27�agosto�1998,�n.�1131;�

C.�Stato,�ad.�plen.,�4�febbraio�1997,�n.�5).�
Nella�fattispecie�in�esame�non�puo�essere�disconosciuta�all'istante�una�

posizione�giuridicamente�tutelata�alla�conoscenza�anche�dei��curricula��degli�

altri�concorrenti,�sia�perche�i�curricula��stessi�costituiscono�elementi�su�cui�

si�e�basata�la�valutazione,�sia�per�la�natura�del�concorso,�il�quale�prevede�

come�unico�parametro�valutativo�i�titoli�posseduti�dai�candidati.�

Neppure�puo�essere�di�ostacolo�l'assunto�per�cui�sulla�trasparenza�pre-

varrebbe�l'esigenza�di�tutelare�la�riservatezza�degli�altri�candidati.�

I�curricula�,�infatti,�per�loro�natura,�sono�destinati�al�confronto�con�

quelli�di�altri�candidati,�in�un�necessario�giudizio�di�relazione�comparata�.�

A.G.S. 
^Parere 
del 
22 
luglio 
2003 
n. 
81247. 
Legge22dicembre1999n.�512^IstituzionedelFondodirotazioneperla�

solidarieta�alle�vittime�dei�reati�di�tipo�mafioso�^Notifica�ex�art.�5�atto�di�cita-

zione�(consultivo�n.�18678/02,�avvocato�S.�Sabelli).�

�1.��Con�la�nota�emarginata�codesta�Avvocatura,�in�relazione�al�con-
tenzioso�instaurato�con�l'atto�di�citazione�in�oggetto,�ha�richiamato�il�quesito�

di�carattere�generale,�gia�rivolto�a�questo�G.U.�dalla�Consorella�di�Caltanis-

setta,�con�nota�dell'11�ottobre�2002,�prot.�4887,�in�merito�all'opportunita�di�

intervenire�nell'interesse�dell'Amministrazione�nel�giudizio�civile�promosso�

dalle�vittime�dei�reati�di�tipo�mafioso�nei�confronti�dei�soggetti�condannati�

dal�giudice�penale�in�quanto�responsabili�dei�reati�ascritti.�L'esigenza�di�un�

parere�di�massima�sull'argomento�e�avvertita�anche�da�codesto�Ministero,�il�

quale,�interpellato�dalla�Scrivente,�con�la�nota�del�12�novembre�2002,�prot.�

02643/N/8/7�che�si�riscontra,�ha�posto�l'attenzione�sul�tendenziale�espan-

dersi�di�tale�tipo�di�contenzioso�instaurato�con�citazioni�notificate�al�Fondo,�

ai�sensi�dell'art.�5�della�legge�n.�512/1999,�specificando�che,�allo�stato,�oltre�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

ai�tre�giudizi�intervenuti�dinanzi�ai�Tribunali�di�Palermo�e�Caltanissetta�^cui�
si�riferiscono�le�richieste�di�parere�in�oggetto�^altri�sette�processi�risultano�
pendenti�(cinque�dinanzi�allo�stesso�Tribunale�civile�di�Palermo,�uno�dinanzi�
al�Tribunale�di�Ragusa�e�uno�dinanzi�a�quello�di�Milano).�

Con�piu�recente�nota�del�7�gennaio�2003�il�Ministero�dell'Interno�ha�tra-
smesso�all'Avvocatura�Distrettuale�di�Napoli�analogo�atto�di�citazione�conte-
nente�domande�di�risarcimento�danni�dinanzi�al�Tribunale�di�Benevento.�

Infine,�il�predetto�Ministero,�con�la�nota�in�riferimento�ha�trasmesso�alla�
Scrivente�copia�della�nota�in�data�15�maggio�2003�dell'Avvocatura�Distret-
tuale�di�Catania,�che�in�relazione�ad�analogo�atto�di�citazione�dinanzi�al�Tri-
bunale�di�Catania�(omissis),�ha�espresso�parere�negativo�in�merito�all'utilita�
di�partecipare�al�giudizio�intrapreso,�in�quanto�tale�partecipazione�non�
potrebbe�produrre�effetti�sostanziali�ne�processuali.�

2.��Esaminati�gli�atti�e�la�normativa�introdotta�con�la�legge�22�dicem-
bre�1999,�n.�512,�che�ha�istituito�il�Fondo�di�rotazione�per�la�solidarieta�alle�
vittime�dei�reati�di�tipo�mafioso�e�con�il�relativo�regolamento�di�attuazione,�
emanato�con�d.P.R.�28�maggio�2001�n.�284,�si�condivide,�in�primo�luogo,�
l'avviso�espresso�dall'Avvocatura�di�di�Caltanissetta�in�merito�alla�portata�
degli�effetti�prodotti�nei�confronti�del�Fondo�di�rotazione,�dalle�liquidazioni�
operate�dal�giudice�civile�in�accoglimento�delle�pretese�risarcitorie�azionate�
contro�soggetti�giudicati�in�sede�penale�quali�responsabili�di�reati�di�tipo�
mafioso.�
Tanto�con�riferimento�all'azione�esercitata�in�sede�penale�quanto�a�
quella�esercitata�dinanzi�al�giudice�civile,�infatti,�il�disposto�della�legge�

n.�512/1999�comporta�che�nei�confronti�del�Fondo�di�rotazione,�al�quale�a�
norma�del�comma�terzo�sia�stato�notificato�l'atto�di�citazione�a�cura�dell'at-
tore�(ovvero�notificato�l'avviso�relativo�alla�richiesta�di�rinvio�a�giudizio),�fac-
cia�stato�la�sentenza�di�condanna�passata�in�giudicato,�nonche�quella�emessa�
a�titolo�di�provvisionale�o�comunque�la�sentenza�civile�di�liquidazione�del�
danno�(art.�5�della�legge�n.�512/1999��Domanda�per�l'accesso�al�Fondo�).�
La�presentazione�di�copia�autentica�degli�estratti�di�tali�provvedimenti�auto-
rizza�il�creditore�a�richiedere�il�pagamento�direttamente�al�Fondo�(v.�anche�
artt.8�e�s.s.�del�d.P.R.�28�maggio�2001,�n.�284).�
L'applicazione�delle�disposizioni�di�legge�e�di�regolamento�citate�com-
porta,�altres|�,�che�non�sia�possibile�al�Fondo�contestare�le�statuizioni�e,�in�
particolare,�le�liquidazioni�emesse�dal�giudice�civile�all'esito,�o�nel�corso,�del�
giudizio�al�quale�lo�stesso�Fondo�non�abbia�preso�parte�nonostante�l'avve-
nuta�notifica�dell'atto�introduttivo.�

Dai�cenni�che�precedono�consegue,�in�linea�di�principio,�l'esigenza�di�
partecipare�al�giudizio,�e�quindi,�l'interesse�ad�intervenire�nel�medesimo,�allo�
scopo�di�evitare�che�provvedimenti�giurisdizionali�scaturiti�da�una�non�cor-
retta�interpretazione�della�legge,�o�comunque�in�qualche�modo�o�misura�cen-
surabili,�possano�essere�posti�in�esecuzione�nei�confronti�del�Fondo�di�rota-
zione.�

La�necessita�e�l'utilita�dell'intervento�in�giudizio,�inoltre,�dovranno�
essere�valutate�in�concreto�in�relazione�all'importanza�del�caso�e�alla�portata�
economica�del�risarcimento�richiesto,�considerando,�tra�l'altro,�i�costi�finan-


I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO�

ziari�e�i�possibili�rischi�giuridici�che�potrebbero�scaturire�dall'intervento,�
quale�ad�esempio�quello�di�dover�impugnare�una�decisione�che�palesemente�
si�discostasse�da�una�corretta�interpretazione�della�legge�e�l'impossibilita�,in�
questo�caso,�di�sottrarsi�illimitatamente�al�giudicato�nell'ipotesi�di�non�impu-
gnazione.�

Con�maggior�cautela,�e�sempre�in�base�a�valutazioni�da�compiersi�caso�
per�caso,�si�potra�assicurare�la�partecipazione�dell'Avvocatura�dello�Stato�
nell'interesse�del�Fondo�di�rotazione�anche�nei�processi�penali.�

3.��Da�un�punto�di�vista�processuale�la�partecipazione�nel�giudizio�
civile�la�cui�citazione�introduttiva�sia�stata�notificata�al�Fondo�sembra�pre-
sentarsi�con�caratteristiche�particolari�che,�al�di�la�di�quanto�osservato�dal�
Ministero�con�la�nota�del�12�novembre�2002�sopra�richiamata,�non�consen-
tono�di�identificare�la�fattispecie�in�esame�con�alcuno�dei�vari�tipi�di�inter-
vento�disciplinati�dagli�artt.�105�e�ss.�c.p.c.,�specie�perche�la�notifica�della�
citazione�avviene�ad�istanza�dello�stesso�attore.�
E�proprio�tale�notifica,�a�parere�di�questo�G.U.,�che�rende�la�sentenza�di�
risarcimento�opponibile�al�Fondo�che,�attraverso�l'estensione�del�contraddit-
torio,�acquisisce�la�qualita�di�parte�nel�giudizio�e�in�quanto�tale,�e�legittimato�
a�svolgere�le�proprie�difese,�atteso�che�la�sentenza�che�chiudera�il�processo�
sara�efficace�anche�nei�suoi�confronti.�

In�caso�di�mancata�notifica�si�ritiene,�infatti,�che�la�decisione�di�risarci-
mento�potra�valere�nei�soli�confronti�del�convenuto,�autore�del�reato,�ma�
non�sara�opponibile�nei�confronti�del�Fondo,�ne�potra�costituire�il�legittimo�
presupposto�per�attivare�la�domanda�di�accesso�ai�sensi�della�legge�

n.�512/1999�e�del�relativo�regolamento�di�attuazione.�
In�tale�ipotesi�l'intervento�avra�natura�particolare�che�trova�diretto�fon-
damento�nella�legge�e�la�sua�ratio 
giustificatrice�nell'esigenza�di�sostenere�
l'interesse�alla�corretta�applicazione�della�normativa�in�parola.�

4.��La�presenza�in�giudizio�dell'Amministrazione�^che�dovra�natural-
mente�esprimersi�nel�rispetto�dell'intento�di�solidarieta�perseguito�dalla�legge,�
intervenuta�con�disciplina�speciale�ed�apposita�per�alleviare�le�sofferenze�e�i�
danni�patiti�dalle�vittime�dei�reati�in�questione�^sara�,�dunque,�rivolta�essen-
zialmente�allo�scopo�di�richiamare�l'attenzione�degli�organi�giudicanti�sulle�
condizioni�ed�i�limiti�previsti�dalla�legge�perche�possa�sorgere�l'obbligazione�
posta�a�carico�del�Fondo.�
5.��Quanto�ai�possibili�contenuti�di�tale�intervento�si�ritiene�che�n
onostante�la�verifica�delle�condizioni�previste�dall'art.�4�quali�requisiti�sog-
gettivi�del�diritto�di�accesso�al�Fondo,�formi�oggetto�anche�della�successiva�
fase�amministrativa�di�accesso�al�Fondo�disciplinata�dall'art.�5�della�legge�
n.�512/1999�^possa�mettersi�in�evidenza,�fin�dalla�fase�giudiziaria,�l'even-
tuale�assenza�dei�requisiti�di�cui�sopra,�dando�specifico�risalto�alla�verifica�
della�sussistenza�delle�cause�di�esclusione�dell'obbligazione�del�Fondo�indi-
cate�nel�terzo�comma�dell'articolo�4,�e�di�quelle�ostative�all'esercizio�del�
diritto,�previste�dal�quarto�comma.�
6.��Per�quanto�concerne,�inoltre,�la�determinazione�dell'ammontare�
delle�liquidazioni�che�potranno�essere�effettuate�in�accoglimento�delle�
domande�risarcitorie,�pur�nel�rispetto�dell'intento�solidaristico�della�legge,�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

non�si�potra�mancare�di�opporsi�a�richieste�risarcitorie�manifestamente�inam-
missibili�ovvero�infondate�alla�stregua�della�comune�interpretazione�del-
l'art.�2043�c.c.�

Tale�sembra�essere�il�caso�della�richiesta�di�risarcimento�formulata�dagli�

eredi�B.�innanzi�al�Tribunale�di�Palermo,�nella�parte�volta�ad�ottenere�la�

liquidazione�non�solo�dei�danni�derivanti�dalla�grave�perdita�subita�(e�dun-

que�ammissibili)�ma�anche�di�quelli�consistenti�nelle�sofferenze�morali�patite�

ancor�prima�dell'evento�dannoso�a�causa�del��pericolo 
costante 
di 
attentati 


da 
parte 
dei 
convenuti�,�e�quindi�nella��paura 
di 
essere 
ucciso 
da 
un 
momento 


all'altro�,�che�era�divenuta��moltopiu� 
forte 
dopo 
l'assassino 
delfraterno 
amico, 


il 
dotto 
Giovanni 
Falcone�.�In�tal�caso,�infatti,�all'evidenza,�il�nesso�di�causa-

lita�tra�l'evento�e�i�danni�da�esso�derivanti.�

7.��Ai�fini�dell'effettiva�realizzazione�della�funzione�di�garanzia�perse-
guita�dal�Legislatore,�non�potra�,�infine,�non�tenersi�conto�dei�limiti�indicati�

dalla�legge�citata�e�dal�regolamento�di�attuazione�(azionato�con�d.P.R.�

28�maggio�2001,�n.�284),�entro�i�quali�contenere�lo�stanziamento�complessivo�

dei�relativi�oneri.�
L'art.�8�della�legge�specifica,�infatti,�che�alla�copertura�finanziaria�di�tali�

oneri,�quantificati�in�lire�20�miliardi�annue�a�decorrere�dall'anno�1999,��si 


provvede 
mediante 
corrispondente 
riduzione 
dello 
stanziamento 
iscritto, 
aifini 


del 
bilancio 
triennale 
1999-2001, 
nell'ambito 
dell'unita� 
previsionale 
di 
base 
di 


parte 
corrente 
�Fondo 
Speciale 
dello 
Stato 
di 
previsione 
del 
Ministero 
del 


Tesoro, 
del 
bilancio 
e 
della 
programmazione 
economica 
per 
l'anno 
1999�,�allo�

scopo,�parzialmente�utilizzando�l'accantonamento�relativo�al�Ministero�

medesimo.�L'art.�14�del�regolamento,�inoltre,�specifica�che�il�Comitato�di�

solidarieta�,�in�caso�di�disponibilita�finanziarie�insufficienti�nell'anno�di�riferi-

mento,�delibera�l'accesso�al�Fondo�in�quota�proporzionale�nella�misura�per-

centuale�determinata�all'inizio�dell'anno�dal�Comitato�medesimo,�che�entro�

il�biennio�successivo�all'anno�di�riferimento,�sulla�base�delle�effettive�risul-

tanze,�provvede�alla�liquidazione�definitiva,�senza�aggravi�di�spesa�derivanti�

da�interessi,�rivalutazioni�ed�oneri�aggiuntivi.�
Si�ritiene�opportuno,�pertanto,�richiamare�l'attenzione�dell'Organo�Giu-

dicante�anche�su�tali�aspetti.�
Nel�rimanere�a�disposizione�per�eventuali�ed�ulteriori�chiarimenti�che�

dovessero�rendersi�necessari�in�relazione�a�singoli�casi,�allo�stato,�si�rendono�

le�carte�.�

A.G.S. 
^Parere 
del 
1 
ottobre 
2003, 
n. 
105547 
^Rimborsi 
e 
termine 
di 
prescri-
zione. 
(consultivo�n.�13863/02,�avvocato�L.�Criscuoli)�
�Con�la�nota�suindicata�codesta�Direzione�Centrale�ha�chiesto�di�cono-

scere�il�parere�della�scrivente�sulla�materia�indicata�in�oggetto,�al�riguardo�

proponendo�i�seguenti�tre�quesiti:�

1.�quale�debba�intendersi�la�data�della�decorrenza�del�termine�della�
prescrizione�in�materia�di�rimborsi�delle�imposte�dirette�e�dell'I.V.A.;�


I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO�

2.�se�il�termine�medesimo�possa�essere�validamente�interrotto;�
3.�se�sia�legittimo�ricorrere�all'istituto�dell'autotutela�per�effettuare�
rimborsi�di�somme�indebitamente�percepite�allorche�in�capo�al�contribuente�
sia�maturata�la�prescrizione�del�diritto�al�rimborso.�
In�ordine�alla�data�da�prendere�in�considerazione�per�la�decorrenza�del�
termine�di�prescrizione�codesta�Agenzia,�dapprima,�ricorda�l'orientamento�
dell'Amministrazione�finanziaria�espresso�nella�circolare�17�dicembre�1987,�

n.�17,�nella�quale�si�affermava�che�la�pretesa�creditoria�puo�essere�avanzata�
immediatamente�dal�contribuente,�di�tal�che�la�mancata�richiesta�configure-
rebbe�inerzia�utile�al�decorso�della�prescrizione�che�inizierebbe�a�decorrere�
dal�giorno�del�versamento�dell'indebito,�laddove�con�precedente�circolare�
(n.�14�del�1984),�relativamente�ai�rimborsi�collegati�ad�una�dichiarazione,�si�
era�espresso�l'avviso�che�il�termine�prescrizionale�non�inizia�a�decorrere�dalla�
data�della�presentazione�della�dichiarazione�bens|�dalla�data�della�liquida-
zione�(ovvero�da�quella�in�cui�scade�il�termine�stabilito�per�la�liquidazione)�
delle�imposte�dovute�ai�sensi�dell'art.�36�bis�del�d.P.R.�n.�600/1973�e�succ.�
modif.;�quindi,�evidenzia�che�con�recente�pronuncia�la�sezione�tributaria�
della�Suprema�Corte�(Cass.,�sez.�V,�5�settembre�2001,�n.�11416)�ha�statuito�
che�il�termine�in�questione,�per�i�rimborsi�collegati�a�dichiarazione,�decorre�
dalla�data�di�presentazione�della�dichiarazione,�momento�questo�al�quale�
deve�intendersi�ancorata�la�nascita�della�pretesa�al�rimborso.�
Per�esigenza�di�completezza,�nel�panorama�giurisprudenziale�formatosi�
sulla�materia�in�discussione,�devono�essere�ricordate�la�sentenza�7�settembre�
2001,�n.�11511,�dal�contenuto�conforme�alla�n.�11416,�e�la�sentenza�6�agosto�
2002,�n.�11830�che,�invece,�andando�in�difforme�avviso�da�quelle�che�l'ave-
vano�preceduta,�statuisce�che��in�tema�di�imposte�sui�redditi,�qualora�il�con-
tribuente�abbia�evidenziato�nella�dichiarazione�un�credito�d'imposta,�non�
occorre,�da�parte�sua,�al�fine�di�ottenerne�il�rimborso,�alcun�altro�adempi-
mento�(quale,�in�particolare,�l'istanza�ex 
art.�38�del�d.P.R.�29�settembre�
1973,�n.�602,�estranea�alla�fattispecie�anzidetta),�ma�deve�solo�attendereche�
l'amministrazione�finanziaria�eserciti,�sui�dati�esposti�in�dichiarazione,�il�
potere�^dovere�di�controllo�secondo�la�procedura�di�liquidazione�delle�impo-
ste,�prevista�dall'art.�36�bis�del�d.P.R.�29�settembre�1973,�n.�600,�ovvero,�
ricorrendone�i�presupposti,�secondo�lo�strumento�della�rettifica�della�dichia-
razione.�Una�volta�che�il�credito�si�sia�consolidato�^attraverso�un�riconosci-
mento�esplicito�in�sede�di�liquidazione,�ovvero�per�effetto�di�un�riconosci-
mento�implicito�derivante�dal�mancato�esercizio�nei�termini�del�potere�di�ret-
tifica�^l'amministrazione�e�tenuta�ad�eseguire�il�rimborso�e�il�relativo�
credito�del�contribuente�e�soggetto�alla�ordinaria�prescrizione�decennale,�
decorrente�dal�riconoscimento�del�credito�stesso�.�Con�particolare�riferi-
mento�al�punto�della�decorrenza�dell'ordinaria�prescrizione�decennale,�la�
Suprema�Corte�nulla�di�particolare�ha�affermato�nell'occasione;�appare�evi-
dente�che�il�giudice�della�legittimita�,�questa�volta�ha�dato�per�scontato�che�
nel�periodo�di�tempo�intercorrente�tra�la�presentazione�della�dichiarazione�e�
l'esercizio�del�potere�di�controllo�dell'amministrazione�finanziaria�il�diritto�
al�rimborso�non�puo�essere�fatto�valere�dal�contribuente,�sicche�il�termine�di�
prescrizione�non�decorre.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Al�riguardo�la�scrivente,�che�nel�difendere�gli�interessi�dell'Amministra-
zione�nei�relativi�giudizi�aveva�assunto�una�posizione�conforme�a�quella�
espressa�dalle�prime�sentenze�citate,�pur�nutrendo�alcune�perplessita��al�
riguardo,�visto�che�in�ogni�caso�la�tesi�espressa�nella�sentenza�n.�11830/2002�
(che�richiama�l'orientamento�in�precedenza�fatto�proprio�dall'Amministra-
zione)�merita�considerazione,�ritiene�che,�per�stabilire�la�data�in�cui�inizia�a�
decorrere�per�il�contribuente�creditore�il�termine�di�prescrizione,�sia�oppor-
tuno�guardare�a�quella�della�presentazione�della�dichiarazione�che�esponga�
un'imposta�a�credito.�Invero,�in�base�alla�vigente�normativa,�ben�puo��rite-
nersi�(fermo�restando�che,�allo�stato�della�giurisprudenza�della�Sezione�tribu-
taria�della�Corte�di�Cassazione,�non�pare�opportuno�discostarsi�dall'orienta-
mento�piu��favorevole�manifestato�dal�Supremo�Collegio�sul�punto)�che�
quello�sia�il�momento�genetico�del�diritto�di�credito�del�contribuente�e�della�
corrispettiva�obbligazione�restitutoria,�ovverosia�che�in�quel�momento�nasca�
la�pretesa�alla�restituzione,�pretesa�che,�come�messo�in�rilievo�dal�giudice�
della�legittimita��per�il�caso�di�rimborso�collegato�alla�presentazione�di�una�
dichiarazione,�al�di�la��del�tempo�spettante�all'Amministrazione�per�esercitare�
il�proprio�potere�di�controllo�e�quello�connesso�di�liquidazione�(c.d.�spatium 
deliberandi),�non�conosce�impedimenti�e�puo��subito�essere�efficacemente�fatta�
valere�dal�contribuente,�quanto�meno�al�fine�di�interrompere�il�decorso�del�
termine�di�prescrizione,�laddove�l'inerzia�del�creditore�sin�dal�momento�in�
cui�ha�provveduto�a�presentare�la�dichiarazione�che�espone�l'imposta�a�cre-
dito�(e,�quindi,�manifesta�la�pretesa�di�rimborso)�fa�decorrere�la�prescrizione.�

Tale�orientamento�e�tali�conclusioni�possono�considerarsi�validi�anche�in�
materia�di�I.V.A.,�posto�che�il�diverso�meccanismo�del�tributo�non�va�ad�inci-
dere�nella�materia�dei�rimborsi�dell'imposta�versata�in�eccesso�perche�non�
dovuta�e�dei�crediti�d'imposta�e�della�prescrizione�dei�relativi�diritti,�restando�
accantonata,�in�quanto�non�specificamente�affrontata�nella�richiesta�di�
parere,�la�questione�della�rilevanza�del�termine�di�tre�mesi�previsto�dal-
l'art.�38-bis 
per�il�caso�dei�rimborsi�c.d.�accelerati.�

B)�Come�pacificamente�ammesso�da�codesta�Agenzia�nell'introdurre�
l'argomento�in�trattazione,��nel�vigente�ordinamento�tributario�non�si�rin-
viene�alcuna�disposizione�che�deroghi�ai�principi�generali�in�materia�di�cer-
tezza�dei�rapporti�giuridici�.�Da�cio��deriva�necessariamente�che�il�corso�della�
prescrizione�del�diritto�al�rimborso,�proprio�in�base�ai�richiamati�principi�
generali�non�derogati�in�materia�di�rimborsi�di�imposta,�possa�essere�inter-
rotto�sia�in�base�a�comportamenti�del�contribuente�(creditore)�che�a�seguito�
di�comportamenti�dell'Amministrazione�finanziaria�(debitrice)�a�cui�l'ordina-
mento�attribuisce�valida�efficacia�interruttiva�(un'istanza�o�un�sollecito�di�
pagamento�del�credito�vantato�presentati�dal�contribuente,�ovvero�una�pro-
posta�di�rimborso�dell'Amministrazione�cui�possa�attribuirsi�valore�ricogni-
tivo).�Non�troverebbe�invero�alcuna�valida�giustificazione�e�spazio�nell'ordi-
namento�una�prescrizione�in�materia�tributaria�il�decorso�del�cui�termine�
non�possa�subire�valide�interruzioni.�

C)�Per�quel�che�attiene,�infine,�alla�possibilita��di�effettuare�in�via�di�auto-
tutela�il�rimborso�di�somme�indebite�anche�nel�caso�in�cui�si�sia�maturata�la�
prescrizione�del�relativo�diritto,�sul�presupposto�che�in�linea�generale�l'attivita��


I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO�

di�autotutela�amministrativa�possa�essere�esercitata�anche�in�materia�di�rim-
borsi,�codesta�Agenzia,�ricordato�che�anche�il�giudicato�formatosi�su�que-
stioni�di�rito,�quali�l'irricevibilita�o�l'inammissibilita�o�l'improcedibilita�del�
ricorso�giurisdizionale�ovvero�le�questioni�di�competenza�e�di�giurisdizione,�
non�costituisce�ostacolo�all'esercizio�del�potere�di�autotutela,�esprime�l'avviso�
che�tale�potere�possa�essere�esercitato�anche�per�eseguire�rimborsi�di�somme�
corrisposte�indebitamente�all'erario�relativamente�ai�quali�il�diritto�del�con-
tribuente�sia�caduto�in�prescrizione.�

Questa�Avvocatura�non�concorda�con�la�tesi�espressa�da�codesta�Dire-
zione�Centrale�e�con�le�argomentazioni�che�la�sostengono.�

Al�di�la�ed�a�monte�di�serie�questioni�che�pure�si�potrebbero�porre�in�
discussione�sia�in�punto�di�diritto�(problemi�dei�limiti�della�coesistenza�del�
potere�di�autotutela�della�pubblica�amministrazione�e�dell'esigenza�di�rispetto�
dalle�legittimita�che�esso�sottende,�da�un�lato,�e�dell'esigenza�della�certezza�
dei�rapporti�di�diritto�che�e�a�base�della�stessa�ratio 
della�prescrizione,�dall'al-
tro)�che�in�termini�di�opportunita�dell'azione�amministrativa�(necessita�di�tra-
sparenza�assoluta,�onde�evitare�la�disparita�di�trattamento�in�considerazione�
dell'ampia�discrezionalita�amministrativa�che�caratterizza�l'autotutela�ammi-
nistrativa�e�conseguentemente�la�necessita�di�un'elaborazione�preventiva�di�
criteri�generali�particolarmente�capillari�ai�quali�attenersi�e�di�un'esaustiva�
motivazione�del�provvedimento),�quel�che�alla�scrivente�pare�difficilmente�
superabile�e�una�sorta�di�incompatibilita�di�fondo�tra�il�concetto�dell'autotu-
tela�amministrativa�e�quello�della�prescrizione�che�non�sembra�possa�essere�
negata.�

Al�riguardo�si�rappresenta�quanto�segue.�

Solo�di�recente,�a�seguito�di�interventi�legislativi,�si�sono�dissolti�definiti-
vamente�i�dubbi�che�parte�cospicua�della�dottrina�nutriva�in�ordine�alla�pos-
sibilita�che�il�generale�potere�di�autotutela�della�pubblica�amministrazione�
fosse�esplicabile�anche�nel�campo�tributario.�Infatti,�solo�con�il�d.P.R.�

n.�287/1992,�recante�il�Regolamento�degli�uffici�e�del�personale�del�Ministero�
delle�Finanze,�si�e�espressamente�stabilito�(art.�68,�successivamente�abrogato�
dall'art.�23�del�d.P.R.�n.�107/2001)�che��salvo�che�sia�intervenuto�giudicato,�
gli�uffici�dell'amministrazione�finanziaria�possono�procedere�all'annulla-
mento�totale�o�parziale�dei�propri�atti�riconosciuti�illegittimi�o�infondati�con�
provvedimento�motivato�comunicato�al�destinatario�dell'atto�.�In�seguito,�
l'art.�2�quater�del�d.l.�n.�564/1994,�convertito�nella�legge�n.�656/1994,�ha�pre-
visto�che�con�decreto�del�Ministro�delle�Finanze�fossero�indicati��gli�organi�
dell'amministrazione�finanziaria�competenti�per�l'esercizio�del�poteredi�
annullamento�d'ufficio�o�di�revoca,�anche�in�pendenza�di�giudizio�o�in�caso�
di�non�impugnabilita�,�degli�atti�illegittimi�e�infondati�.�Sulla�base�di�tale�
norma�e�stato�emanato�il�d.m.�11�febbraio�1997,�n.�37,�con�il�quale�si�e�prov-
veduto�ad�integrare�la�assai�scarna�disciplina�contenuta�nei�richiamati�
artt.�68�e�2�quater;�nel�relativo�regolamento.�
Al�riguardo�va�anche�ricordato�che�l'autotutela�amministrativa,�che�a�
fronte�di�interessi�legittimi�opera�sul�piano�di�poteri�autoritativi,�si�risolve�in�
via�generale�in�un�potere�ampiamente�discrezionale�della�pubblica�ammini-


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

strazione�i�cui�presupposti�indefettibili�sono�la�presenza�di�un�vizio�di�legitti-
mita�nell'atto�che�la�pubblica�amministrazione�intende�annullare�d'ufficio�e�
la�sussistenza�di�un�interesse�pubblico�specifico�all'annullamento�(e�non�sol-
tanto�l'interesse�rispondente�a�quello�generico�di�mero�ripristino�della�legalita�
violata;�dunque,�un�interesse�che,�in�via�di�normalita�,�la�giurisprudenza�del�
giudice�amministrativo�ha�identificato�in�quello�sostanziale�dell'amministra-
zione�al�cui�soddisfacimento�e�preordinato�il�potere�del�quale�l'atto�illegit-
timo,�da�annullare,�costituisce�concreto�esercizio).�Orbene,�in�tale�contesto,�
in�capo�al�soggetto�che�beneficerebbe�dell'annullamento�d'ufficio�(cui�
potrebbe�attribuirsi�la�figura�del�cointeressato)�puo�riconoscersi�soltanto�un�
mero�interesse�di�fatto�e,�dunque,�non�una�situazione�di�interesse�giuridica-
mente�protetto.�

Cio�premesso�e�venendo�al�campo�del�diritto�tributario,�e�agevole�
notare�che,�a�differenza�di�cio�che�generalmente�avviene�nel�diritto�ammini-
strativo,�in�cui�si�opera�per�lo�piu�sul�terreno�dei�poteri�autoritativi�e�quindi�
degli�interessi�legittimi,�l'amministrazione�finanziaria�opera�incidendo�su�
posizioni�di�diritto�soggettivo�quali�innegabilmente�sono�quelle�che�costitui-
scono�i�rapporti�obbligatori�d'imposta,�venendo�meno�la�figura�del�terzo�
soggetto�del�rapporto�(vale�a�dire�quella�del�controinteressato,�ossia�delsog-
getto�destinatario�degli�effetti�vantaggiosi�provocati�dal�provvedimento�rico-
nosciuto�illegittimo�e�da�annullare,�figura�che�normalmente,�e�presente�nel�
diritto�amministrativo�quale�titolare�di�un�interesse�legittimo�contrario�
all'autoannullamento�e,�quindi,�del�diritto�di�impugnare�l'atto�di�ritiro).�Sus-
sistono,�dunque,�tali�non�trascurabili�differenze�che�rendono�assolutamente�
diversi�nella�stessa�natura�e�nella�ratio 
il�potere�di�autotutela�previsto�per�il�
diritto�tributario�da�quello�di�autotutela�amministrativa�per�gli�interessi�
legittimi.�

Dal�quadro�normativo�dianzi�delineato�puo�trarsi�la�convinzione�che�il�
potere�di�autotutela�riconosciuto�all'Amministrazione�finanziaria�dal�legisla-
tore�tributario�appartenga�ad�un�diverso�genere�rispetto�a�quello�proprio�
del�consueto�potere�di�autotutela�amministrativa�e�sia�piu�assimilabile�al�
potere�di�autotutela�esercitato�dall'amministrazione�nell'ambito�del�diritto�
amministrativo��comune��quando�sono�coinvolte�situazioni�giuridiche�di�
diritto�soggettivo.�

Se�cos|�e�,�e�non�sembra�alla�scrivente�che�sussistano�ragioni�valide�per�
dubitarne,�e�agevole�osservare�che�in�materia�di�rimborsi�di�imposta�caduti�
in�prescrizione�non�sussistano�i�presupposti�per�una�legittima�esplicazione�
del�potere�di�autotutela�previsto�dalla�legge�da�parte�dell'amministrazione�
finanziaria�(oggi,�Agenzia�delle�Entrate).�

In�primo�luogo�non�deve�dimenticarsi�che�ci�si�muove�nell'ambito�di�
diritti�indisponibili,�laddove�non�puo�negarsi�che�rinunciare�ad�avvalersi�
della�prescrizione�di�un�credito�d'imposta�maturata�a�favore�dell'Amministra-
zione�costituirebbe�un�atto�di�disposizione�non�consentito.�

Peraltro,�e�la�considerazione�appare�assorbente,�nel�momento�in�cui�si�
provveda�al�rimborso�di�un�credito�d'imposta�caduto�in�prescrizione,�non�si�
rinviene�una�situazione�di�illegittimita�da�rimuovere,�atteso�che�il�maturare�
della�prescrizione,�nelle�more�verificatosi,�ha�portato�all'estinzione�del�diritto�


I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO�

di�credito�in�capo�al�contribuente,�fatto�questo�che�fa�venire�meno�qualsiasi�
situazione�di�illegittimita�.�Verrebbe,�quindi,�meno�uno�dei�presupposti�inde-
fettibili�per�aversi�un�corretto�esercizio�del�potere�di�autotutela.�

Ove,�infatti,�si�consideri,�da�un�lato,�che�la�prescrizione�si�verifica�sol-
tanto�in�seguito�ad�un�comportamento�gravemente�inerte�dell'avente�diritto�
(dieci�anni�di�inerzia,�appunto)�e�non�deriva�da�un�comportamento�attivo�ed�
illegittimo,�della�pubblica�amministrazione,�e,�dall'altro,�che�la�scadenza�del�
termine�di�prescrizione,�estinguendo�il�diritto�al�rimborso,�ha�eliminato�dal�
mondo�giuridico�qualsiasi�situazione�giuridica�che�possa�ritenersi�lesa�eche�
sia�meritevole�di�tutela,�non�pare�utilmente�spendibile,�a�favore�della�tesi�
contraria,�neppure�l'argomentazione�secondo�la�quale�l'uso�del�potere�di�
autotutela�finirebbe�col�condurre�ad�una�corretta�applicazione�del�principio�
di�capacita�contributiva�costituzionalmente�garantito�(art.�53�Cost.)�a�cui�si�
e�richiamata�codesta�Agenzia.�

Conclusivamente�e�sulla�base�di�tali�considerazioni,�la�scrivente�ritiene,�
che�nel�caso�di�un�diritto�al�rimborso�di�un�credito�d'imposta�prescrittosi,la�
tesi�dell'esplicabilita�del�potere�di�autotutela�dell'Amministrazione�si�appalesi�
antinomica�e�non�praticabile�e�che�l'intervento�della�prescrizione�estintiva�
del�diritto�al�rimborso�costituisca�ostacolo�non�superabile�all'esplicazione�
del�potere�di�autotutela�in�favore�del�contribuente�.�

A.G.S. 
^Parere 
del 
22 
settembre 
2003, 
n. 
102641 
Convenzione 
transattiva 
evolutiva 
tra 
il 
Ministero 
dell'Interno 
-Diparti-

mento 
della 
Pubblica 
Sicurezza 
e 
Telecom 
S.p.a. 
^Rapporti 
con 
disciplina 
Con-

sip 
S.p.A. 
(consultivo�n.�9325/02,�avvocato�G.�Fiengo).�

�In�relazione�alla�richiesta�di�chiarimenti,�formulata�da�codesta�Ammi-
nistrazione�con�la�nota�in�epigrafe�indicata,�circa�la�possibile�interferenza�
della�convenzione�transattiva�stipulata�tra�il�Dipartimento�di�P.S.�e�Telecom�
Italia�S.p.a.�in�data�26�febbraio�2003�con�la�vigente�disciplina�delle�forniture�
e�dei�servizi�tipo�per�le�amministrazioni�centrali�dello�Stato�(il�cosiddetto�
�sistema�Consip�S.p.a.�),�si�svolgono�le�seguenti�osservazioni.�

Va�premesso�che�il�sistema�Consip�e�incentrato�su�una�serie�di�disposi-
zioni�legislative�succedutesi�nel�corso�degli�ultimi�anni,�finalizzate�alla�realiz-
zazione�dell'obiettivo�di�centralizzare�gli�acquisti�di�beni�e�servizi�per�tutte�le�
amministrazioni�centrali�e�periferiche�dello�Stato,�nonche�delle�altre�pubbli-
che�amministrazioni,�anche�locali,�in�un'ottica�di�contenimento�della�spesa�
pubblica.�Il�meccanismo�individuato�originariamente�dal�legislatore�del�1999�
(ex�art.�26�legge�n.�488/1999,�cui�sono�succeduti�gli�artt.�59�legge�n.�388/00,�
2.�comma,�1�d.l.�n.�347/01,�conv.�in�legge�n.�405/01,�24�e�32�legge�n.�448/01,�
oltre�al�recente�art.�24�legge�n.�289/02)�prevede�l'obbligo�di�adesione�per�le�
pubbliche�amministrazioni�centrali,�per�le�altre�considerate�nella�tabella�C�
allegata�alla�stessa�legge�finanziaria�2003�(che�individua�i�soggetti�destinatari�
degli�stanziamenti�nel�bilancio�dei�ministeri)�e,�comunque,�per�gli�enti�pub-
blici�istituzionali,�alle�convenzioni�stipulate�da�Consip�con�fornitori�prescelti�
all'esito�di�gare�pubbliche�per�le�differenti�categorie�di�servizi�e�beni.�Il�dovere�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

di�avvalersi�delle�convenzioni-quadro�e�stato�recentemente�rafforzato�dal�
citato�art.�24�della�legge�n.�289/02,�il�quale�ha�previsto,�al�comma�4,�che�la�
violazione�di�tale�obbligo�(cos|�come�di�quelli�derivanti�dalla�normativa�
nazionale�e�comunitaria�sui�pubblici�appalti)�comporta�non�soltanto�la�nul-
lita�del�contratto�d'appalto�comunque�stipulato,�ma�altres|�la�responsabilita�
del�dipendente�che�lo�ha�sottoscritto,�sia�sotto�il�profilo�amministrativoche�
per�quanto�riguarda�le�obbligazioni�assunte�in�nome�dell'�amministrazione�
contraente.�

In�tale�contesto,�nonostante�la�transazione�in�esame�sia�stata�trattata�e�
conclusa�in�una�fase�(precedente�al�dicembre�2002),�nella�quale�la�nuova�
disciplina�legislativa�non�risultava�ancora�stabilizzata,�nondimeno�una�serie�
di�riferimenti�nel�testo�dell'accordo�transattivo�(in�particolare�l'art.�1�punto�
3)�al�sistema�tariffario�Consip�e�la�disciplina�dei�nuovi�ordinativi�di�cui�
all'art.�10,�fanno�ritenere�che�le�parti�hanno�tenuto�presente�l'eventuale�limite�
legislativo,�prevedendo�l'obbligo�di�adeguamento�automatico�delle�tariffe�nel�
caso�in�cui�la�prestazione�(�o�parte�di�essa)�fosse�divenuta�oggetto�di�specifi-
cazione�in�base�ad�un�contratto�di�fornitura�e/o�di�servizio�stipulato�dalla�
Consip�S.p.a..�Va�anche�tenuto�presente�che�il�problema,�almeno�fino�al�
2006,�non�si�pone�per�la�telefonia�dal�momento�che�il�vincitore�della�gara�
indetta�dalla�Consip�S.p.a.�e�risultata�comunque�Telecom�Italia�S.p.a.�

Va�tuttavia�considerato�che,�da�quanto�accertato�dall'Amministrazione�
in�sede�tecnica,�non�esisterebbe�alcuna�identita�tra�le�prestazioni�oggetto�
della�Convenzione�transattiva�per�la�disciplina�e�lo�sviluppo�dei�servizi�di�
telecomunicazione�del�26�febbraio�2003,�finalizzata�alla�realizzazione�della�
rete�dati�VPN-IP,�e�quelle�disciplinate�dalla�corrispondente�Convenzione�
Consip�S.p.a.�Le�tipologie�di�accesso�in�prevalenza�adottate�nell'accordo�
transattivo�con�Telecom�S.p.a.�non�hanno�alcun�corrispondente�con�i�profili�
previsti�in�Convenzione�Consip�S.p.a.�ed�in�ogni�caso�risultano�del�tutto�dif-
ferenziate�le�modalita�di�tariffazione,flat 
nel�caso�della�VPN-IP�e�a�consumo�
nel�caso�Consip�S.p.a..�Se,�come�e�facilmente�verificabile,�tali�basi�tecniche�
risultano�confermate,�appare�consequenziale�che,�con�la�stipula�della�transa-
zione�del�26�febbraio�2003,�non�e�stato�eluso�alcun�obbligo�di�adesione�dal�
momento�che�non�v'e�alcuna�identita�tra�i�servizi�oggetto�della�Convenzione�
transattiva�e�quelli�disciplinati�nella�corrispondente�Convenzione�quadro�
Consip�S.p.a.�

Si�sottolinea�al�riguardo�che�particolare�cura�e�stata�posta�nella�conven-
zione�nella�definizione�degli�oneri�economici�associati�alla�soluzione�adottata�
per�la�VPN-IP,�che�possono�ritenersi,�in�rapporto�al�profilo,�di�entita�con-
frontabile�se�paragonati�con�quelli�della�Convenzione�Consip�S.p.a.�Al�
riguardo�l'art.�1,�punto�3,�della�Convenzione�transattiva�tra�il�Ministeroe�
Telecom�Italia�S.p.a.�individua�tra�le�finalita�dell'accordo�quella�di��regolare�
le�procedure�per�l'acquisizione�da�Telecom�dei�servizi�aggiuntivi�non�previsti�
dalla�presente�Convenzione�sulla�base�della�tariffe�Consip�in�conformita�della�
normativa�vigente�in�materia�di�servizi�e�forniture�pubbliche�.�Come�ben�si�
vede,�quindi,�pur�prevedendo�la�facolta�di�estendere�l'oggetto�della�fornitura,�
la�Convenzione�transattiva�ha�espressamente�sancito�la�prevalenza�dei�vincoli�
derivanti�dalla�Convenzione�Consip�S.p.a.�tutte�le�volte�in�cui�le�nuove�pre-


I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO�

stazioni�richieste�possano�in�qualche�modo�rientrare�tra�quelle�oggetto�della�
corrispondente�Convenzione�Consip�S.p.a.�A�conferma�di�cio�,�l'art.�10�della�
Convenzione�transattiva�(nuovi�ordinativi),�nel�definire�le�modalita�di�acqui-
sizione�dei�servizi�aggiuntivi,�precisa�che��la�procedura�di�cui�sopra�sara�,�
ove 
possibile,�rispettata�anche�in�relazione�a�nuove�forniture�e�servizi�per�i�
quali�l'Amministrazione�procedera�ai 
sensi 
delle 
vigenti 
norme 
in 
materia 
di 


forniture 
e 
servizi 
pubblici�. 


Va�infine�considerato�che�gran�parte�delle�prestazioni�dedotte�nella�con-
venzione�del�26�febbraio�2003�necessitano�di�particolari�modalita�di�acquisi-
zione,�che�le�differenziano�comunque�rispetto�all'ordinario�regime�di�approv-
vigionamento�di�beni�e�servizi�delle�pubbliche�amministrazioni.�Le�linee�tele-
foniche�e�di�trasmissione�dei�dati�della�Polizia�di�Stato�necessitano�di�
specifici�apparati�di�sicurezza�e�di�interconnessione�che�non�si�rinvengono�
nelle�convenzioni�tipo�e�che�non�possono�essere�di�comune�divulgazione.�
Anche�questo�e�un�aspetto�che�legittimamente�viene�in�considerazione�nel�
momento�in�cui�si�procede�alla�comparazione�tra�le�prestazioni�richieste�dalla�
Polizia�di�Stato�e�quelle�rinvenibili�nel�sistema�delle�convenzioni�quadro.�

A�conclusione�dei�chiarimenti�richiesti�si�rammenta�quanto�gia�messo�in�
luce�nel�parere�reso,�su�conforme�avviso�del�comitato�consultivo,�in�data�
31�gennaio�2003,�prot.�9965�(1).�In�tale�sede�veniva�sottolineata�la�specialita�
di�un�contratto�transattivo�che,�senza�aggravio�di�spesa,�trasformava�presta-
zioni�gia�richieste�e�pattuite�fino�all'anno�2009�in�un�sistema�organico�e�
razionale�di�prestazioni�e�pagamenti,�coerenti�con�le�esigenze�sopravvenute�
dell'amministrazione�committente.�Dal�momento�che�il�contenuto�sostanziale�
dell'accordo�copre�unitariamente�^e�non�puo�essere�altrimenti�^anche�le�
prestazioni�successive�al�gennaio�2003,�il�richiamo�alla�normativa�Consip�

S.p.a.�appare�al�riguardo�del�tutto�inconferente�.�
(1)�Pubblicato�in�questa 
Rassegna,�n.�1/03,�288.�

dottrinadottrina
Delitto�di�alto�tradimento 
e�responsabilita�civile�dello�Stato 


di 
Massimo 
Bachetti 


La�Corte�d'Assise�di�Roma,�sezione�terza,�ha�respinto�la�richiesta�di�
estromissione�dal�giudizio�formulata�dall'Avvocatura�Generale�dello�Stato�
nell'interesse�del�Ministero�della�Difesa.�

L'ordinanza�e�cos|�motivata:��Invero�e�noto�che,�in�base�al�principio�det-
tato�dall'art.�28�della�Costituzione�ed�in�applicazione�della�teoria�organica�
costantemente�accolta�dalla�Corte�di�Cassazione,�lo�Stato�e�gli�Enti�Pubblici�
sono�considerati�direttamente�responsabili�degli�atti�compiuti�dai�propri�
dipendenti�in�violazione�dei�diritti.�A�tal�fine�sono�necessari�un�rapportodi�
causalita�obiettiva�tra�l'atto�od�il�comportamento�e�l'evento�dannoso�e�la�rife-
ribilita�alla�Pubblica�Amministrazione�di�tale�atto�o�comportamento.�Sotto�
quest'ultimo�profilo�puo�essere�ritenuta�riferibile�alla�Pubblica�Amministra-
zione�l'attivita�del�dipendente�che�si�manifesta�come�esplicazione�dell'attivita�
della�P.A.�in�quanto�diretta�al�conseguimento�dei�suoi�fini�istituzionali,�men-
tre�non�sono�riferibili�all'amministrazione�le�attivita�dettate�da�fini�assoluta-
mente�estranei�ovvero�neppure�legate�ad�un�rapporto�di�occasionalita�neces-
saria�con�i�compiti�che�al�dipendente�sono�affidati.�Tale�collegamento�sussiste�
allorquando�l'operato�dell'agente��ancorche�deviato�per�violazione�di�
norme�regolamentari�od�eccesso�di�potere��sia�comunque�preordinato�alla�
realizzazione�dei�fini�istituzionali.�In�termini�piu�specifici,�mentre�in�presenza�
di�tale�collegamento�l'Amministrazione�risponde�anche�dell'illecito�commesso�
dal�dipendente�con�dolo�rivolto�al�perseguimento�di�un�fine�privato�(in�tal�
senso�Cassazione,�sezione�prima,�2�luglio�1982�^21�gennaio�1983,�Leanza),�
non�e�stato�ad�esempio�ritenuto�sufficiente�ad�affermare�un�rapporto�di�occa-
sionalita�necessaria�il�rilievo�che�l'incombenza�disimpegnata�rendeva�possi-
bile�o�agevolava�il�fatto�illecito�(Cassazione,�sezione�quinta,�2�febbraio9
�dicembre�1998�n.�1386,�S.�ed�altri,�in�una�fattispecie�relativa�ad�omicidi�e�
rapine�commessi�da�Polizia).�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Se,�alla�luce�dei�principi�generali�ribaditi�dalla�Corte�di�Cassazione�e�

pienamente�condivisibili,�si�procede�all'esame�della�fattispecie�concreta,�non�

puo��non�rilevarsi�come�la�stessa�presenti�profili�oggettivi�nettamente�distinti�

da�quelli�valutati�dalla�Suprema�Corte�nell'ultima�decisione�citata.�E�infatti�

indiscutibile�che�secondo�prospettazione�accusatoria�la�condotta�ascritta�agli�

imputati�si�verificava�nel�contesto�delle�delicate�funzioni�loro�affidate�e,�sia�

pure�in�maniera�logicamente�anomala�per�l'abuso�di�funzioni�che�e��stato�con-

figurato,�era�comunque�l'espressione�dell'esplicazione�dell'attivita��istituzio-

nale�dell'Amministrazione,�per�cui�non�appare�fondatamente�contestabilel'e-

sistenza�del�dedotto�rapporto�di�occasionalita��necessaria.�
P.Q.M.: 
rigetta�la�richiesta�di�estromissione�presentata�dal�responsabile�

civile�Ministero�della�Difesa�.�
La�decisione�della�Corte�d'Assise�e��datata�26�ottobre�2000,�ma�la�que-

stione�rimane�comunque�attualissima�perche�sara��oggetto�della�discussione�

del�processo.�L'impostazione�della�difesa�dell'Amministrazione�nella�posi-

zione�di�responsabile�civile�non�potra��che�partire�dalla�motivazione�della�

citata�ordinanza.�
La�vicenda�processuale�puo��essere�cos|��sintetizzata.�
Il�Ministero�della�Difesa�e��stato�citato�quale�responsabile�civile�nel�pro-

cedimento�penale�a�carico�di�quattro�generali�dell'Aeronautica�militare�impu-

tati�di�attentato�agli�organi�costituzionali�dello�Stato�(289�c.p.)�e�alto�tradi-

mento�(art.�77�c.p.).�Essi�sono�accusati�di�avere�^avvalendosi�dei�poteri�del�

loro�ufficio�^impedito,�compromesso�o�comunque�ritardato�informazioni�

sulle�cause�della�sciagura�relativa�alla�caduta�del�DC9�nei�pressi�di�Ustica�

avvenuta�nel�giugno�del�1980.�La�loro�condotta�ha�ostacolato�il�libero�ed�

imperturbato�esercizio�delle�prerogative�del�Governo�(art.�289�c.p.),�pregiudi-

cando�in�tal�modo�anche�gli�interessi�morali�e�patrimoniali�dei�parenti�delle�

vittime.�L'art.�289�c.p.�punisce�con�la�pena�della�reclusione�non�inferiorea�

dieci�anni,�qualora�non�si�tratti�di�un�piu��grave�delitto,�chiunque�commette�

un�fatto�diretto�ad�impedire�in�tutto�od�in�parte�anche�temporaneamente�l'e-

sercizio�di�attribuzione�di�organi�costituzionali;�l'art.�77�del�codice�penale�

militare�di�Pace�sanziona�la�condotta�del�militare�che�commette�alcuno�dei�

delitti�contro�la�Personalita��dello�Stato�fra�i�quali�il�289�c.p.�con�l'aumento�

di�un�terzo�della�pena�della�reclusione�rispetto�a�quanto�previsto�dal�codice�

penale.�E�evidente�che�il�reato�previsto�dall'art.�77�cod.�pen.�militare�costitui-

sce�reato�esclusivo�dei�militari�ed�assorbe�le�fattispecie�criminose�dei�delitti�

contro�la�Personalita��dello�Stato�del�codice�penale�ordinario�rispetto�ai�quali�

ha�il�quid 
pluris 
della�c.d.�proprieta��del�reato.�Da�cio��deriva�come�logico�

corollario�che,�in�forza�del�principio�di�specialita��,�ai�quattro�generali�dell'Ae-

ronautica�militare�puo��essere�contestato�solo�il�reato�di�cui�all'art.�77�codice�

penale�militare�di�alto�tradimento.�Nel�procedimento�e��stata�ammessa�anche�

la�costituzione�di�parte�civile�della�Presidenza�del�Consiglio�dei�Ministri�e�

del�Ministero�della�Difesa�per�la�lesione�delle�prerogative�degli�organi�costi-

tuzionali,�dell'immagine�interna�ed�internazionale�in�considerazione�del�ruolo�

primario�ricoperto�dagli�imputati�e�della�rilevanza�che�la�vicenda�ha�assunto�

a�livello�internazionale,�sia�delle�conseguenze�patrimoniali�potenzialmente�

riferibili�all'attivita��amministrativa�rese�necessarie�dalle�condotte�poste�in�

essere�in�violazione�dei�doveri�istituzionali.�


DOTTRINA�257 


La�Corte�d'Assise�di�Roma,�nel�respingere�l'istanza�di�estromissione,�
recepisce�un�consolidato�orientamento�giurisprudenziale�sulla�responsabilita�
della�Pubblica�Amministrazione�per�illeciti�commessi�dai�dipendenti.�Il�prin-
cipio�enunciato�dalla�Corte�di�Cassazione�puo�essere�cos|�riassunto:��la�
responsabilita�dello�Stato�per�il�fatto�dei�propri�dipendenti�non�puo�essere�
che�diretta:�la�Pubblica�Amministrazione�risponde��con�responsabilita�soli-
dale��per�il�fatto�che�le�sono�direttamente�riferibili�degli�atti�dei�dipendenti�
compiuti,�in�forza�del�c.d.�rapporto�di�dipendenza�organica�per�il�raggiungi-
mento�delle�finalita�istituzionali�sue�proprie,�nell'ambito�dello�svolgimento�
del�servizio�demandato.�La�diretta�responsabilita�viene�compendiata�nell'u-
nico�rapporto�tra��mansioni�espletate�e�danno�prodotto�,�in�termini�di�
�occasionalita�necessaria��(Cassazione,�sezione�sesta,�1269/00,�in 
questa 
Rassegna,�2000,�344,�che�riguarda�il�caso�della�Uno�Bianca�per�omicidi�e�
rapine�commessi�da�agenti�di�Polizia�al�di�fuori�del�servizio.)�

Pertanto�la�responsabilita�dell'Amministrazione�sussiste,�in�presenza�di�
collegamento�necessario�fra�competenze�del�dipendente�e�danno�prodotto,�
anche�in�caso�di�condotta�dolosa.�Sul�punto�la�Corte�d'Assise�richiama�la�
sentenza�Cassazione,�sezione�prima,�del�2�luglio�1982��21�gennaio�1983,�
Leanza.�Tale�sentenza�si�pone�nel�solco�di�un�orientamento�pacifico�della�
Corte�di�Cassazione�che�ha�stabilito�il�principio�che�la�responsabilita�diretta�
della�Pubblica�Amministrazione�comporta�che�ad�essa�venga�riferito�ogni�
atto�del�dipendente�se�compiuto�nella�veste�di�organo�dell'Amministrazione�
medesima,�nell'esplicazione�delle�funzioni�a�lui�demandate�come�conseguenza�
del�rapporto�organico�che�lega�il�funzionario�all'Ente�quale�che�sia�la�man-
sione�espletata�dal�dipendente��di�concetto,�d'ordine�intellettuale�o�mate-
riale�(Cassazione,�Sezioni�Unite,�2700/1970,�in�Giustizia 
civile 
1971,�I,�748;�
Cassazione,�12�luglio�1974�n.�2107,�in�Giurisprudenza 
Italiana,�Mass. 
1974,�
581).�Piu�recentemente�tale�interpretazione�e�ribadita�da�Cassazione,�sezione�
terza,�9260/1997,�4232/1997,�12�agosto�2000�n.�10803).�

La�Corte�d'Assise�nell'ordinanza�precisa�anche�i�casi�in�cui�e�esclusa�la�
responsabilita�dell'Amministrazione,�qualora�l'incombenza�disimpegnata�che�
renda�possibile�od�agevoli�il�fatto�illecito�si�inserisca�in�un�rapporto�di�stru-
mentalita�necessaria�con�le�mansioni�di�competenza�dell'agente�sebbene�lo�
status 
del�medesimo�gli�agevoli�la�commissione�dell'illecito:�la�Corte�sul�
punto�richiama�la�sentenza�Cassazione,�sezione�quinta,�febbraio�1997�9
�dicembre�1998,�n.�1386,�S.�ed�altri,�in�una�fattispecie�relativa�ad�omicidie�
rapine�commessi�da�agente�di�Polizia.�Anche�sotto�tale�profilo�il�principio�
giurisprudenziale�statuito�dalla�Corte�di�Cassazione�e�coerente�con�un�indi-
rizzo�consolidato,�secondo�il�quale�per�accertare�il�nesso�organico�e�la�conse-
guente�riferibilita�all'Amministrazione�dell'evento�dannoso�occorre�stabilire�
se�l'attivita�del�dipendente�sia�estranea�o�rientri�nell'ambito�delle�pubbliche�
funzioni�(Cassazione,�sezione�terza,�3�dicembre�1991�n.�12960�e�

n.�9260/1997).�In�precedenza�la�giurisprudenza�aveva�dilatato�la�responsabi-
lita�della�P.A.�ritenendola�sussistente�addirittura�nell'ipotesi�di�omicidio�col-
poso�commesso�da�una�sentinella�nel�periodo�di�tempo�in�cui�aveva�momen-
taneamente�abbandonato�il�posto,�riconoscendo�in�tale�caso�la�necessaria�
occasionalita�del�servizio�reso�dall'imputato�(Cassazione,�sezione�quarta,�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

878/1981,�in�questa�Rassegna,�1981,�432�con�nota�critica�di�Paolo�di�Tarsia�di�
Belmonte).�L'attuale�posizione�giurisprudenziale�e�piu�di�recente�ribadita�da�
Cassazione,�sezione�sesta,�1269/00,�cit.�

Tale�interpretazione�giurisprudenziale,�per�quanto�riguarda�l'esclusione�
di�responsabilita�della�P.A.�per�atti�posti�in�essere�al�di�fuori�delle�mansioni�
d'ufficio,�e�condivisa�anche�in�dottrina�(Passerone, 
Il�requisito�della�riferibi-
lita�alla�P.A.�del�comportamento�illecito�del�pubblico�dipendente�nell'accerta-
mento�della�responsabilita�civile�della�P.A.,�in�Responsabilita�Civile�e�Previ-
denza,�1996,�620).�

Erronea�interpretazione�della�giurisprudenza.�

L'interpretazione�da�parte�della�Corte�d'Assise�della�giurisprudenza�
della�Suprema�Corte�non�e�corretta.�Il�Collegio�d'Assise�infatti�ha�escluso�
tout�court�l'interruzione�del�nesso�organico�ove�sussista�un�rapporto�di�occa-
sionalita�necessaria�fra�le�mansioni�d'ufficio�e�la�condotta�delittuosa.�La�tesi�
non�e�in�linea�con�i�principi�affermati�in�materia�dalla�Cassazione�che�ha�sta-
tuito�che�il�nesso�di�occasionalita�va�valutato�in�riferimento�all'attivita�termi-
nale�cui�tende�la�condotta�illecita.�Allorche�il�comportamento�si�innesti�nel�
meccanismo�di�una�attivita�complessiva�ed�avuto�riguardo�alla�finalita�termi-
nale,�non�estranea�rispetto�agli�interessi�ed�alle�esigenze�pubblicistiche�del-
l'Amministrazione,�quel�comportamento�va�imputato�alla�P.A.;�se�invece�la�
condotta�del�dipendente�esula�dalle�finalita�dell'ufficio,�il�relativo�atto�non�
puo�essere�ad�alcun�titolo�attribuito�all'Amministrazione�(Cassazione,�
14�maggio�1997�n.�4232,�in�Foro�Italiano,�Repertorio�1998,�voce�citata�n.�224,�
confermata�in�Cassazione,�12�agosto�2000�n.�10803,�Corte�di�Cassazione,�
sezione�terza�civile�in�Foro�It.�2001,�I,�3290).�Peraltro�il�principio�secondo�
cui�deve�aversi�riguardo�allo�scopo�ultimo�perseguito�dal�dipendente�costitui-
sce�ormai�jus�receptum�in�giurisprudenza�(Cassazione,�3�dicembre�1991�

n.�12960,�Repertorio�Foro�Italiano�1993,�n.�112,�Cassazione,�13�dicembre�
1995�n.�12786,�6�dicembre�1996�n.�10896,�Cassazione,�24�novembre�2000�
n.�15192�in�Foro�It.,�I,�967).�Nel�caso�di�specie�la�condotta�contestata�agli�
imputati�era�diretta�ad�attentare�alle�prerogative�degli�organi�costituzionali,�
quindi�ontologicamente�estranea�alle�finalita�amministrative�dell'Aeronautica�
Militare.�Inoltre�l'alto�tradimento�costituisce�ex�se�elemento�di�rottura�del�
meccanismo�istituzionale,�costituendo�violazione�del�giuramento�di�fedelta�
previsto�dall'art.�54�comma�II�della�Costituzione�che�assume�particolare�
rilievo�per�agli�appartenenti�alla�Forze�Armate.�Il�militare�che�commette�tale�
reato�si�pone�al�di�fuori�del�sistema�istituzionale.�
Pertanto�l'ipotesi�della�attribuibilita�all'Amministrazione�della�condotta�
illecita�contestata�ai�Generali�sembra�configurabile�non�come�forma�di�
responsabilita�diretta�ma�indiretta�ed�oggettiva.�Lo�Stato�in�tal�modo�assume�
il�rischio�conseguente�all'attivita�dei�propri�dipendenti�e�ne�garantisce�la�col-
lettivita�.�Cio�costituisce�un�intervento�solidaristico�che�non�ha�nulla�a�che�
vedere�con�l'illecito�aquiliano�nella�condotta�di�reato.�

L'ordinanza�citata�della�Corte�d'Assise�inoltre�determina�effetti�parados-
sali,�contraddittori�ed�incongrui.�


DOTTRINA�259 


Peculiarita�della�personalita�giuridica�dello�Stato.�

Riflessi�sulle�posizioniprocessuali�di�responsabile�civile�e�parte�civile.�

Lo�Stato�nel�processo�figura�sia�nella�posizione�di�responsabile�civile�che�
in�quella�di�parte�civile.�La�Presidenza�del�Consiglio�ed�il�Ministero�della�
Difesa�sono�costituiti�parte�civile;�il�Ministero�della�Difesa�figura�anche�
come�responsabile�civile.�La�Presidenza�del�Consiglio�ha�azionato�la�pretesa�
risarcitoria�per�ottenere�la�reintegrazione�della�lesione�alle�prerogative�degli�
organi�costituzionali,�il�Ministero�della�Difesa�per�il�pregiudizio�conseguente�
al�coinvolgimento�dei�vertici�dell'Aeronautica�in�condotte�contrarie�alle�fina-
lita�delle�Istituzioni.�La�posizione�di�responsabile�civile�del�Ministero�della�
Difesa�deriva�dalla�connessione�con�le�funzioni�d'ufficio�della�condotta�di�
reato�contestata�ai�quattro�generali�dell'Aeronautica.�Sia�la�persona�fisica�
che�quella�persona�giuridica�non�possono�nel�medesimo�processo�rivestire�la�
qualita�di�soggetto�attivo�e�passivo.�La�posizione�processuale�deve�essere�
unica.�La�personalita�giuridica�dello�Stato�e�del�tutto�peculiare.�La�formula-
zione�piu�compiuta�della�teoria�dell'organo�si�ha�all'interno�della�costruzione�
dello�Stato�di�diritto�e�di�quel�particolare�metodo�di�elaborazione�dei�concetti�
giuridici�che�segno�il�passaggio,�specialmente�in�Germania�ed�in�Italia,�verso�
una�vera�e�propria�scienza�giuridica�del�diritto�pubblico�(1).�L'elemento�con-
cettuale�dominante�dell'organicismo�e�l'idea�della�persona�collettiva�come�
organismo�vivente(2).�Tale�impostazione�ha�portato�ad�una�identificazione�
della�figura�dell'organo�con�la�persona�fisica�del�funzionario�agente.�Il�pas-
saggio�verso�la�costruzione�dell'organo�come�ufficio�si�iscrive�con�assoluta�
evidenza�nel�tentativo�di�superare�tale�difficolta�.�Tuttavia�l'ufficio�inteso�
come�sfera�astratta�di�competenze�non�acquisisce�una�autonomia�concettuale�
sul�piano�della�produzione�giuridica�in�quanto�l'intervento�della�persona�
fisica�funzionario�agente�rimane�indispensabile.�Un�primo�superamento�effet-
tivo�degli�aspetti�antropomorfici�della�teoria�dell'organo�si�ha�con�la�visione�
istituzionalistica�di�Santi�Romano�(3).�Secondo�questa�teoria�l'organo�va�
inteso�come�Istituzione.�L'azione�comunque�rimane�imputabile�all'Ente,�l'or-
gano�non�ha�dignita�propria�se�non�come�strumento�che�fa�agire�l'Ente.�Di�
fatto�si�tratta�di�una�trasposizione�in�termini�oggettivi�di�una�dottrina�gia�
conosciuta�in�termini�soggettivi.�L'effettivo�superamento�della�configurazione�
tradizionale�del�diritto�pubblico�e�individuabile�nella�teoria�kelseniana�(4).�
Essa�depotenzia�la�centralita�della�persona�giuridica�come�strumento�di�uni-
ficazione�dell'autorita�statale�in�favore�di�ipotesi�ricostruttive�che�fanno�
perno�sull'ordinamento�giuridico�come�organizzazione�del�comportamento�

(1)�Laband, 
Das�Staatsrecht�des�deutschen�Reiches,�Tubingen�1876;�Jellinek, 
Sistema�dei�
dirittipubblici�soggettivi,�trad.�it.�Milano�1912.�
(2)�RanellettI 
O., 
Principi�di�diritto�amministrativo,�Napoli�1912.�
(3)�L'ordinamento�giuridico,�Firenze�1951;�importante�in�tal�senso�anche�il�contributo�di�DE 
ValleS 
A., 
Teoria�giuridica�dell'organizzazione�dello�Stato,�II,�Padova�1931.�
(4)�Kelsen, 
La�dottrina�pura�del�diritto,�trad.�it.,�Torino,�1966;�Teoria�generale�del�diritto�e�
dello�stato,�trad.�it.,�Milano�1959.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

umano�che�si�svolge�entro�la�comunita�statale.�L'azione�viene�considerata�
parte�di�un�sistema�nel�quale�ogni�comportamento�individuale�acquistava�
senso�nel�suo�rapportarsi�ad�altro�comportamento�individuale.�

Lo�Stato�non�si�presenta�come�persona�giuridica�unitaria,�bens|�nei�suoi�
diversi�organi.�I�rapporti�di�diritto�amministrativo�e�privato�intercorrono�fra�
gli�organi�ed�altri�soggetti,�la�responsabilita�civile�grava�sugli�organi�che�
hanno�posto�in�essere�gli�atti�illeciti,�nei�rapporti�processuali�stanno�in�giudi-
zio�sempre�gli�organi�(5).�Ai�fini�processuali�non�va�considerato�lo�Stato�
come�figura�unitaria�bens|�i�singoli�organi.�Fra�tutti�gli�organi�esiste�un�ele-
mento�unificatore:�la�concorrenza�all'attuazione�dell'ordinamento.�Pertanto�
non�possono�perseguire�fini�contrapposti.�Nel�caso�di�specie,�la�Presidenza�
del�Consiglio�sta�in�giudizio�come�parte�civile�per�difendere�l'interesse�al�
regolare�funzionamento�degli�organi�costituzionali.�Il�Ministero�della�Difesa�
si�e�costituito�in�giudizio�per�salvaguardare�l'interesse�a�che�i�suoi�vertici�mili-
tari�non�agiscano�contro�l'interesse�delle�Istituzioni.�Gli�interessi�di�cui�sono�
portatori�i�due�citati�organi�statali�sono�differenti,�ma�entrambi�caratterizzati�
da�un�elemento�unificatore:�l'attuazione�dell'ordinamento�attraverso�il�cor-
retto�funzionamento�delle�Istituzioni.�

In�questo�contesto�la�duplicita�delle�posizioni�di�responsabile�e�parte�
civile�non�e�in�sintonia�con�la�finalita�ultima,che�e�l'attuazione�dell'ordina-
mento.�Ne�puo�sostenersi�in�senso�contrario�che�l'azione�contro�il�responsa-
bile�civile�non�riguarda�lo�Stato�ma�le�altre�parti�civili�private.�Al�fine�di�sta-
bilire�le�finalita�della�presenza�in�giudizio�delle�parti�private�che�sono�in�rap-
presentanza�dei�familiari�delle�vittime,�e�opportuno�un�richiamo�preliminare�
al�capo�d'imputazione.�Nel�processo�viene�contestato�a�quattro�generali�del-
l'Areonautica�militare�di�aver�posto�in�essere�una�condotta�di�attentato�agli�
organi�costituzionali�e�di�alto�tradimento,�non�facendo�conoscere�alle�auto-
rita�politiche�l'esistenza�di�elementi�che�inducevano�il�sospetto�che�la�caduta�
del�DC9�presso�Ustica�il�27�giugno�1980�fosse�stata�provocata�dalla�colli-
sione�con�un�velivolo�militare�americano�o�da�un�missile.�I�parenti�delle�vit-
time�intervengono�nel�giudizio�per�sostenere�l'interesse�all'accertamento�della�
verita�.�Tale�interesse�e�estraneo�al�processo�se�con�esso�si�intende�verificare�
la�reale�dinamica�dei�fatti�sulla�caduta�del�DC9;�invece�l'intervento�nel�giudi-
zio�puo�essere�limitato�solo�all'accertamento�della�condotta�di�alto�tradi-
mento�o�di�attentato�agli�organi�costituzionali.�In�tal�senso�l'interesse�di�cui�
sono�portatori�i�parenti�delle�vittime�e�il�medesimo�rappresentato�dalle�parti�
civili�pubbliche�ed�anche�dal�Pubblico�Ministero:�cioe�quello�dello�Stato�
comunita�a�conoscere�se�vi�siano�responsabilita�nel�mancato�accertamento�
della�verita�sulla�strage�di�Ustica�che�ha�impedito�agli�organi�costituzionali�
di�adottare�i�provvedimenti�di�competenza.�La�posizione�dei�parenti�delle�vit-
time�sotto�tale�profilo�e�da�ritenersi�parte�di�quello�di�tutta�la�comunita�dei�

(5)�AscarellI 
T., 
Personalita�giuridica�e�problemi�della�societa�,�in�Problemi�Giuridici,�
Milano,�199;�FalzeA 
A., 
Il�soggetto�nel�sistema�dei�fenomeni�giuridici,�Milano�1939;�Falzea, 
Capacita�,�Teoria�Generale,�in�Enciclopedia�del�Diritto.�

DOTTRINA�261 


cittadini�italiani.�Pertanto�se�le�parti�civili�pubbliche�rappresentano�il�mede-
simo�interesse�di�quelle�private,�come�possono�queste�ultime�agire�contro�il�
Ministero�della�Difesa�citandolo�come�responsabile�civile?�Inoltre�va�osser-
vato�che�la�costituzione�di�parte�civile�di�organi�statuali�costituisce�espres-
sione�evidente�della�volonta�dei�medesimi�di�non�considerare�la�condotta�
contestata�agli�imputati�come�manifestazione�di�determinazioni�imputabili�
alla�Pubblica�Amministrazione.�La�legittimazione�passiva�come�responsabile�
civile�puo�aver�luogo�solo�ove�lo�Stato�riconosca�come�atto�proprio�la�con-
dotta�contestata�agli�imputati,�quando�invece�si�costituisca�in�giudizio�chie-
dendo�agli�stessi�il�risarcimento�del�danno�la�sua�qualificazione�come�respon-
sabile�civile�appare�illogica�ed�irragionevole.�

Ciononostante,�a�prescindere�dalla�specificita�del�caso�in�esame,�non�
puo�negarsi�che�in�generale�sotto�il�profilo�processuale�il�problema�esiste.�Se�
la�P.A.�costituita�parte�civile�viene�citata�come�responsabile�civile�da�altre�
parti�civili�private,�dal�punto�di�vista�processual�penalistico�non�puo�negarsi�
in�astratto�la�legittimazione�passiva.�Sicuramente�cio�costituisce�un�elemento�
di�irrazionalita�del�sistema.�Allora�va�posta�la�domanda�su�quali�possano�
essere�le�possibili�soluzioni�per�ovviare�al�problema.�

Ma�quali�possono�essere�gli�interventi�legislativi�per�eliminare�tali�incon-
gruenze?�Innanzitutto�si�potrebbe�ipotizzare�di�affidare�alla�figura�del�P.M.�
l'esercizio�dell'azione�risarcitoria.�L'esigenza�di�una�tale�soluzione�e�partico-
larmente�evidente�nel�processo�in�argomento.�Le�Amministrazioni�statali�
costituite�rappresentano�l'interesse�complessivo�dell'ordinamento�giuridico�
al�rispetto�delle�prerogative�degli�organi�costituzionali.�L'azione�del�P.M.�di�
repressione�del�reato�di�attentato�agli�organi�costituzionali�e�volta�a�salva-
guardare�il�medesimo�bene�giuridico�delle�parti�civili�statali:�il�P.M.�lo�ottiene�
attraverso�le�sanzioni�penali,�le�parti�civili�statali�con�la�reintegrazione�patri-
moniale.�Di�conseguenza�la�preclusione�dell'azione�civile�al�P.M.�non�ha�piu�
alcuna�ragione�di�essere.�

Inoltre�va�osservato�che�la�difficile�e�complessa�situazione�in�cui,�sul�
piano�istituzionale�oltre�che�su�quello�politico,�e�venuto�a�trovarsi�lo�Stato�
centrale,�non�solo�in�relazione�alla�sua�riforma�in�senso�federalistico�ed�alla�
prospettiva�di�un�processo�sempre�piu�avanzato�e�rapido�di�integrazione�
europea,�ma�anche�per�effetto�dell'introduzione�nell'assetto�istituzionale�di�
Autorita�Indipendenti�(Garanti)�e�di�strutture�privatizzate�a�capitale�pub-
blico,�impone�la�necessita�di�considerare�sotto�nuova�luce�la�stessa�colloca-
zione�dell'Istituto�dell'Avvocatura�dello�Stato�nell'Ordinamento�complessivo.�
Dal�suo�compito�originariamente�previsto,�di�difensore�dello�Stato-persona,�
per�effetto�di�leggi�o�di�interpretazione�estensiva�di�quelle�preesistenti,�si�e�
vista�trasformata�in�organo�di�difesa�e�di�consulenza�non�solo�dello�Stato-
Amministrazione�ma�della�Presidenza�della�Repubblica,�dei�due�rami�del�
Parlamento�(Senato�e�Camera�dei�Deputati),�delle�Corti�e�delle�Magistrature�
nonche�dei�loro�organi�di�autogoverno��ove�esistenti��,�del�Consiglio�
Nazionale�dell'Economia�e�del�Lavoro�e�delle�Autorita�indipendenti.�

Quindi�la�distinzione�fra�Avvocatura�come�rappresentante�dello�Stato-
Persona�e�P.M.�espressione�dello�Stato-ordinamento�non�rispecchia�l'attuale�
quadro�normativo.�Ovviamente�nel�processo�penale�possono�ipotizzarsi�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

anche�lesioni�di�interessi�meramente�patrimoniali�di�singoli�organi�dell'Am-
ministrazione�statale�(ad�esempio�nel�caso�in�cui�lo�Stato�si�costituisca�parte�
civile�per�ottenere�rimborso�di�somme�indebitamente�corrisposte�a�seguito�
di�fatto-reato).�In�tali�eventualita�appare�difficilmente�ipotizzabile�la�attribu-
zione�dell'azione�civile�al�Pubblico�Ministero.�Allora�la�soluzione�potrebbe�
essere�quella�di�eliminare�la�facolta�dello�Stato�di�costituirsi�parte�civile.�In�
tal�senso�si�e�precisato�che�tale�intervento�legislativo�riporterebbe�il�sistema�
in�sintonia�con�l'art.�111�della�Costituzione,�ripristinando�la�parita�fra�accusa�
e�difesa�compromessa�dalla�presenza�di�due�parti�pubbliche�nel�processo�
penale.�In�realta�il�vero�profilo�da�esaminare�per�stabilire�la�necessita�della�
presenza�di�una�parte�civile�pubblica�in�sede�penale�riguarda�la�natura�di�tale�
intervento�e�l'effettivo�interesse�che�rappresenta.�La�parte�civile�pubblica�e�
portatrice�solo�di�un�interesse�patrimoniale�o�la�sua�azione�e�volta�anche�
all'accertamento�della�verita�?�L'interesse�della�persona�offesa�o�del�danneg-
giato�a�sostenere�l'accusa��altera�la�natura�privatistica�dell'azione�e�fa�spesso�
del�titolare�dell'azione�civile�un�fiancheggiatore�del�Pubblico�Ministero.�In�
un�sistema�in�cui�la�possibilita�di�intervento�della�parte�civile�e�stata�dilatata�
fino�a�comprendere�le�associazioni�costituite�a�tutela�dell'interesse�diffuso�o�
dei�sindacati�in�procedimenti�per�reati�in�danno�dei�lavoratori�con�una�nor-
mativa�del�codice�di�rito�che�estende�ad�essi�tale�possibilita�(artt.�91�e�93�
c.p.p.)�con�indirizzi�giurisprudenziali�che�tendono�ad�ammettere�la�costitu-
zione�di�parte�civile�in�situazioni�nelle�quali�potrebbe�dubitarsi�non�solo�della�
legittimazione�ad�agire,�ma�altres|�dell'esistenza�di�un�danno�riferibile�al�sog-
getto�che�si�pretende�leso��(6).�

Questo�profilo�di�interesse�pubblicistico�alla�verita�dei�fatti�assume�par-
ticolare�consistenza�se�nel�processo�penale�la�parte�civile�e�organo�dello�
Stato.�

Cio�snatura�il�processo�penale�trasformandolo�in�contesa�politica�anzi-
che�giudiziaria.�

La�presenza�di�piu�parti�civili�costituisce�un�ulteriore�fattore�di�dilata-
zione�dei�tempi�del�processo.�La�eccessiva�durata�dei�procedimenti�in�Italia�
e�stata�piu�volte�stigmatizzata�dalla�Corte�Europea�dei�diritti�dell'Uomo.�
Nel�2001�e�stata�introdotta,�in�ottemperanza�a�direttive�dell'Unione�Euro-
pea,�la�c.d.�legge�Pinto�n.�89/2001�che�stabilisce�un�indennizzo�per�le�lungag-
gini�del�processo.�Quindi�la�eventuale�limitazione�legislativa�delle�costituzioni�
di�parte�civile�sarebbe�in�linea�con�i�principi�stabiliti�dalle�Istituzioni�comu-
nitarie.�

Infine�va�osservato�che,�caduta�con�il�codice�del�1988�la�c.d.�pregiudizia-
lita�penale,�la�costituzione�di�parte�civile�non�risponde�piu�alla�necessita�di�
evitare�l'attesa�della�definizione�del�processo�penale�per�promuovere�azione�

(6)�PaolO 
dI 
TarsiA 
dI 
Belmonte, 
intervento�alla�tavola�rotonda�su�La 
costituzione 
di 
parte 
civile 
nelprocessopenale, 
svoltasi�presso�l'Avvocatura�generale�dello�Stato�in�data�7�giugno�
2002,�in�questa 
Rassegna, 
Gennaio-Marzo�2002,�n.�1,12.�

DOTTRINA�263 


civile;�ne�di�impedire�la�contraddittorieta�dei�giudicati�perche�essa�puo�deter-
minarsi�in�caso�di�promozione�di�giudizio�civile�autonomo�anche�in�pendenza�
di�azione�penale.�

Antistituzionalita�della�condotta�edinterruzionedelnesso�organico.�

L'imputazione�e�di�attentato�agli�organi�costituzionali�dello�Stato.�La�
lesione�contestata�consiste�nell'aver�sottratto�al�potere�politico�l'esercizio�
delle�sue�prerogative.�Pertanto�la�condotta�attiene�proprio�all'impedimento�
arrecato�allo�svolgimento�della�normale�attivita�istituzionale.�L'attribuzione�
della�responsabilita�diretta�alla�P.A.�per�illeciti�commessi�dai�suoi�dipendenti�
si�fonda�proprio�sul�perseguimento�delle�finalita�istituzionali.�Una�medesima�
condotta�non�puo�essere�ritenuta�nel�contempo�istituzionale�ed�antistituzio-
nale�perche�in�tale�eventualita�si�incorrerebbe�in�una�insanabile�contraddi-
zione.�Inoltre�e�assolutamente�paradossale�definire�istituzionale�il�comporta-
mento�di�chi�venga�accusato�di�attentato�agli�organi�costituzionali�e�di�alto�
tradimento.�Si�tratta�infatti�di�antistituzionalita�per�eccellenza,�che�non�puo�
non�considerarsi�fattore�interruttivo�del�nesso�organico�fra�l'agente�e�la�P.A.�

Non�imputabilita�alla�P.A�della�condotta�di�attentato�dei�soggetti�agenti�per�
carenza�assoluta�di�potere.�

Dall'ordinanza�della�Corte�d'Assise�in�commento�deriva�come�logico�
corollario�che�la�responsabilita�alla�P.A.�per�illeciti�dei�dipendenti�nell'eserci-
zio�delle�proprie�competenze�presuppone�l'esistenza�di�un�rapporto�di�imme-
desimazione�organica�in�forza�del�quale�l'atto�del�funzionario�si�imputa�
all'ente�a�prescindere�dalle�intenzioni�dell'agente.�Cio�implica�che�gli�atti�
necessariamente�collegati�all'esercizio�delle�mansioni�d'ufficio�siano�da�quali-
ficarsi�ontologicamente�istituzionali.�Nel�caso�in�commento�appare�evidente�
il�contrasto�fra�la�connessione�con�il�servizio�della�condotta�contestata�agli�
imputati�perche�posta�in�essere�nell'esercizio�delle�mansioni�d'ufficio�e�l'�anti-
stituzionalita�degli�effetti�prodotti�di�impedimento�agli�organi�costituzionali�
di�esercitare�le�proprie�prerogative.�Pertanto�vi�e�un�evidente�contrasto�fra�
due�profili�oggettivi�dell'atto�amministrativo:�quello�attinente�all'esercizio�
della�funzione�e�quello�relativo�agli�effetti�prodotti�nel�contesto�istituzionale.�
Il�conflitto�si�puo�dirimere�se�si�analizza�il�fenomeno�sotto�il�profilo�del�rap-
porto�fra�sfera�giuridica�del�potere�amministrativo�e�quella�stabilita�dall'ordi-
namento�per�gli�organi�politici.�Da�tale�prospettiva�balza�subito�all'atten-
zione�che�la�condotta�dei�Generali�dell'Aeronautica�ha�determinato�una�esor-
bitanza�di�organi�amministrativi�in�attribuzioni�che�l'ordinamento�riserva�al�
Governo.�Al�suddetto�organo,�secondo�la�tesi�dell'imputazione,�e�stato�sot-
tratto�l'esercizio�di�poteri�costituzionali.�Tale�situazione�configura�un�vizio�
di�incompetenza�assoluta�negli�atti�posti�in�essere�dai�quattro�generali�nel�
non�fornire�al�Governo�le�informazioni�dovute�in�ragione�dei�loro�doveri�
d'ufficio,�sostituendosi�alle�Autorita�Politiche�nella�valutazione�in�ordine�
all'opportunita�di�adottare�iniziative�presso�le�Autorita�Americane�per�accet-
tare�la�fondatezza�della�notizia�della�collisione�con�un�aereo�americano�o�
della�esplosione�del�velivolo�a�causa�di�un�missile.�Siffatta�incompetenzae�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

causa�di�inesistenza�dell'atto�che�va�quindi�considerato�tamquam 
non 
esset 
ed�
in�alcun�modo�imputabile�alla�Pubblica�Amministrazione.�Il�vizio�assume�
particolare�rilevo�in�considerazione�dei�recenti�sviluppi�legislativi.�

Negli�ultimi�anni�il�legislatore�ha�introdotto�un�numero�sempre�cre-
scente�di�previsioni�dirette�a�sanzionare�gli�atti�della�Pubblica�Amministra-
zione�con�la�nullita�,�addossando,�contemporaneamente,�la�responsabilita�da�
atto�nullo�ai�dirigenti,�o�ai�funzionari,�che�hanno�dato�luogo�alla�fattispecie�
invalida.�

Innanzitutto,�tra�le�norme�meno�recenti,�devono�essere�richiamate�una�
serie�di�disposizioni,�sia�di�ordine�generale�che�di�carattere�settoriale,�le�quali,�
da�un�lato,��colpiscono��con�la�nullita�gli�atti�di�assunzione�nel�pubblico�
impiego�adottati�in�violazione�di�norme�imperative�e,�dall'altro,�imputano�la�
relativa�responsabilita�ai�funzionari�che�hanno�dato�luogo�agli�atti�nulli.�Ci�
si�riferisce�all'art.�3,�sesto�comma,�t.u.�imp.�Civ.�St.,�che�cos|�dispone:��Salve�
le�eccezioni�previste�dal�presente�decreto,�l'assunzione�agli�impieghi�senza�il�
concorso�prescritto�per�le�singole�carriere�e�nulla�di�diritto�e�non�produce�
alcun�effetto�a�carico�dell'Amministrazione,�ferma�restando�la�responsabilita�
dell'impiegato�che�vi�ha�provveduto�.�

All'art.�14,�settimo�e�ottavo�comma,�legge�20�maggio�1985,�n.�207�
(Disciplina�transitoria�per�l'inquadramento�diretto�nei�ruoli�nominativi�regio-
nali�del�personale�non�di�ruolo�delle�unita�sanitarie�locali),�che�cos|�dispone:�
�Dalla�data�di�entrata�in�vigore�della�presente�legge�e�fatto�divieto�di�confe-
rire�incarichi,�supplenze�o�rapporti�libero-professionali�anche�mediante�con-
venzioni�o�comunque�di�utilizzare�a�qualsiasi�titolo�personale�in�deroga�alle�
vigenti�disposizioni�di�legge.�

Tutti�gli�atti�ed�i�provvedimenti�relativi�adottati�in�violazione�del�divieto�
di�cui�al�precedente�comma�sono�nulli�ed�impegnano�la�responsabilita�perso-
nale�e�diretta�dei�componenti�degli�organi�di�amministrazione�che�li�dispon-
gono�.�

La�stessa�tecnica�e�stata,�poi,�utilizzata�dalla�legge�15�luglio�1994,�n.�444�
(di�conversione�del�decreto�-legge�16�maggio�1994,�n.�293)�sulla�prorogatio 
degli�organi�amministrativi,�la�quale,�qualificando�come�nulli�gli�atti�privi�
dei�requisiti�previsti�dalla�norma,�imputa�le�conseguenze�dannose�derivanti�
dalla�nullita�ai�soggetti�responsabili�della�ricostituzione�degli�organi�scaduti.�

Infine,�vi�e�stato�il�recente�d.Lgs.�31�marzo�1998,�n.�80�(attuativo�della�
legge�n.�59/1997�c.d.�Bassanini�I)�da�cui�emergono�ben�due�ipotesi�di�respon-
sabilita�dirigenziale�da�atto�nullo.�In�primo�luogo�vi�e�l'art.�56,�quinto�
comma,�d.Lgs.�n.�29/1993�(cos|�come�modificato�dall'art.�25,�d.Lgs.�

n.�80/1998),�il�quale,�per�un�verso,�sanziona�con�la�nullita�l'attribuzione�delle�
mansioni�superiori�al�di�fuori�dei�casi�previsti�dalla�legge,�e,�per�l'altro,�
accolla�al�dirigente�responsabile,�che�abbia�agito�con�dolo�o�colpa�grave,�
il�maggior�onere�conseguente.�In�secondo�luogo�vi�e�l'art.�36,�ottavo�comma,�
del�d.Lgs.�29/1993�(nella�novella�introdotta�dall'art.�22,�d.Lgs.�n.�80/1998),�
il�quale,�introducendo�una�ipotesi�patente�di�nullita�virtuale�(ovvero�quella�
nullita�che,�se�anche�non�espressamente�prevista,�deriva�dalla�violazione�di�
norme�imperative),�stabilisce�che�le�assunzioni�effettuate�in�contrasto�con�

DOTTRINA�265 


disposizioni�imperative�impediscono�la�valida�costituzione�del�rapportoa�
tempo�indeterminato,�con�la�conseguente�imputazione�della�responsabilita�
per�danni�ai�dirigenti�autori�dell'infrazione.�

Orbene,�da�questo�quadro�di�diritto�positivo�emerge�chiaramente�una�
tendenza�legislativa�diretta�ad�introdurre�una�tecnica�di�invalidita�edi�
responsabilita�speciale�rispetto�allo�schema�ordinario.�Piu�in�particolare,�
nel�nostro�sistema�di�diritto�amministrativo�il�regime�dell'invalidita�degli�
atti�e�della�conseguente�responsabilita�per�la�loro�adozione,�si�caratterizza,�
come�e�noto,�per�colpire�con�l'annullabilita�(e�piu�raramente�con�la�disappli-
cazione)�gli�atti�invalidi,�imputando�eccezionalmente�la�relativa�responsabi-
lita�all'amministrazione�(ed�in�via�di�regresso�al�funzionario�autore�dell'atto,�
per�le�sole�ipotesi�di�dolo�e�colpa�grave,�cos|�come�previsto�dall'art.�3,�legge�

n.�639/1996).�Con�le�disposizioni�sopra�richiamate,�invece,�tale�schema�
si�incrina,�in�quanto,�da�un�lato,�viene�prevista�come�forma�d'invalidita�la�
nullita�e,�dall'altro,�si�imputa�la�responsabilita�direttamente�all'autore�
dell'atto.�
Anche�a�livello�dottrinario�(7)�e�giurisprudenziale(8)�e�stata�sostenuta�la�
non�imputabilita�all'Amministrazione�degli�atti�nulli�perche�da�considerarsi�

tamquam�non�esset.�

(7)�Si�veda�in�sede�di�teoria�generale�B. 
DE 
Giovanni, 
La�nullita�nella�logica�del�diritto,�
Napoli,�1964,�69�ss.;�C. 
Esposito, 
La�validita�delle�leggi:�studio�sui�limiti�della�potesta�legislativa,�
i�vizi�degli�atti�legislativi�e�il�controllo�giurisdizionale,�Milano,�1964,�rist.�inalterata�dell'ed.�1934,�
235�ss.;�A. 
Fedele, 
La�invalidita�del�negozio�giuridico�di�diritto�privato,�Torino,�1943,�32�ss.;�per�il�
diritto�amministrativo�si�veda:�R. 
Caranta, 
L'inesistenza�dell'atto�amministrativo,�Torino,�1990,�
passim,�89�ss.;�M.S. 
Giannini, 
Diritto�amministrativo,�Milano,�1993,�II,�310�ss.;�A.M. 
Sandulli, 
Manuale�di�diritto�amministrativo,�Napoli,�1984,�648�ss.;�A.M. 
Sandulli, 
op.�cit.,�1116,�il�quale�
ritiene��che�non�sono�riferibili�all'amministrazione�(...)�gli�atti�viziati�da�incompetenza�assoluta�
(straripamento�di�potere)�e�M. 
Caldarera, 
Retribuzione�delle�prestazioni�di�fatto,�cit.,�117,�
secondo�cui�l'attribuzione�al�funzionario�della�responsabilita�da�atto�nullo�manifesta�l'intenzione�
del�legislatore�di�evitare�una�diretta�responsabilita�dello�Stato�e�degli�enti�pubblici�per�i�danni�
derivanti�dalla�dichiarata�nullita�dei�rapporti�illecitamente�costituiti.�B. 
Cavallo, 
Provvedimenti�
eattiamministrativi,�cit.,�298�ss.�secondo�il�quale��e�ben�vero�che,�in�via�meramente�astratta,�l'ine-
sistenza�coglie�la�situazione�dell'atto�che�non�acquista�rilevanza�giuridica�come�tale�per�l'ordina-
mento,�mentre�la�nullita�appare�quale�reazione�sanzionatoria�dello�stesso�ad�uno�stato�invalidante�
il�provvedimento,�che�si�contrappone,�quasi�in�termini�bipolari�alla�minore�e�meno�grave�misura�
di�reazione�dell'annullabilita�.Da�cio�e�possibile�inferire�che�la�reazione�prevista�nei�pretesi�casi�
di�inesistenza,�cioe�la�carenza�di�potere�e�la�cd.�incompetenza�assoluta,�consiste�nella�nullita�del�
provvedimento�assunto�come�inesistente.�Ne�deriverebbe�che�il�provvedimento�inesistente�e�da�
considerarsi�giuridicamente�nullo,�e�non�viceversa�.�In�senso�analogo�si�leggano�inoltre:�A. 
Piras, 
Invalidita�(dir.�amm.),�in�Enc.�dir.,�XXII,�Milano,�1972,�602�ss.;�R. 
Villata, 
L'atto�amministrativo,�
in�Mazzaroli,�Pericu,�A.�Romano,�Roversi�Monaco,�Scoca,�(a�cura�di),�Diritto�amministrativo,�
Bologna,�1998,�II,�1456�ss..�
Come�teoria�generale�G. 
Filanti, 
Inesistenza�e�nullita�del�negozio�giuridico,�Napoli,�1983,pas-
sim,�ma�in�particolare�91�ss.;�H. 
Kelsen, 
Teoria�generale�del�diritto�e�dello�Stato,�Milano,�1952,�
162�ss.;�R. 
Sacco, 
Nullita�ed�annullabilita�(diritto�civile),�in�Nss.�Dig.�it.,�Torino,�1965,�856�ss.�

(8)�In�senso�analogo�in�giurisprudenza�cfr.�Tar�Campania,�Sez.�IV,�30�aprile�1993,�n.�64,�in�
Foro�amm.,�1993,�1640�ss.�(con�nota�di�V. 
Tenore, 
Note�in�calce�ad�una�innovativa�sentenza�in�tema�
di�esercizio�di�mansioni�superiori�nelpubblico�impiego�sanitario).�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Secondo�tale�orientamento,�accolto�dalla�prevalente�giurisprudenza�
amministrativa,�l'atto�nullo�e�giuridicamente�inesistente.�Si�tratta�cioe�di�un�
atto�irrilevante�ed�inefficace,��morto�prima�di�nascere�,�che�non�puo�essere�
imputato�all'amministrazione,�in�quanto�non�e�mai�venuto�ad�esistere.�Corol-
lario�di�tale�impostazione�e�che,�non�essendo�configurabile�in�caso�di�attivita�
nulla�un�rapporto�organico,�gli�illeciti,�posti�in�essere�a�seguito�dell'atto�inesi-
stente,�vengono�imputati�al�funzionario�responsabile.�In�definitiva,�responsa-
bilita�civile�del�dirigente�(ed�in�genere�del�funzionario)�derivante�da�atto�
nullo,�sarebbe�un�caso�di�responsabilita�diretta�e�personale.�


DOTTRINA 
267 


Il 
risarcimento 
del 
danno 
alla 
persona: 
inquinamento 
elettromagnetico 
ed 
organismi 
geneticamente 
modificati 
(*) 


di 
Maria 
Vittoria 
Lumetti 


�Il�diritto�applicato�alla�lettera,�puo�generare�

ingiustizia:�accanto�allo�ius�deve�trovare�posto�

l'equitas,�l'equita�,�il�senso�di�umanita�el'equili-

brio�del�giudizio�morale�.�

CiceronE 


Sommario:�1.��IL 
dannO 
dA 
esposizionE 
allE 
ondE 
elettromagneti-
che: 
A)�Concetti�generali�sull'elettromagnetismo.�Rischio�reale�e�rischio�
percepito;�B)�Il�diritto�che�domina�la�scienza,�la�scienza�che�domina�il�
diritto.�Leperplessita�dellascienzaelesceltedeldiritto:�traansiee�tran-
quillizzanti��incertezze;�C)�Inquinamento�elettromagnetico�e�valori�costitu-
zionali;�D)�Iprincipi�del�diritto�ambientale�come�guida�per�le�scelte�degli�
operatori:�principio�di�precauzione,�sviluppo�sostenibile,�l'informazione;�
E)�Idocumenti�delle�organizzazioni�governative�e�non�(Oms,�Cenelec,�Cei,�
Iss�e�Ispesel);�F)�Le�strade�per�l'equilibrio:�la�sinergia�tra�gli�organi�istitu-
zionali:�^soluzioni�giurisprudenziali�(tutela�civile,�amministrativa,�penale,�
cautelare);�^soluzioni�amministrative�(in�Italia�e�nell'Unione�Europea);�
^soluzioni�normative�(la�normativa�internazionale,�comunitaria,�statale,�
rapporto�tra�normativa�statale�e�regionale�e�ilprincipio�di�omogeneita�della�
disciplina�normativa,�poteri�di�comuni�e�diprovince);�G)�Le�onde�elettro-
magnetiche�e�il�danno�esistenziale.�

2.��IL 
dannO 
causatO 
daglI 
organismI 
geneticamentE 
modificati: 
A)�Lanormativainmateria.�Iprincipidiprecauzioneeprevenzione;�B)�Il�
danno�alla�salute�e�l'art.�2050�c.c.;�C)�Il�d.P.R.�n.�224�del�1998�e�il�danno�
daprodotto�difettoso;�D)�L'alterazione�degli�equilibri�naturali.�
3.��Conclusioni. 
1.��IL 
dannO 
dA 
esposizionE 
allE 
ondE 
elettromagnetiche. 
A) 
Concetti�generali�sull'elettromagnetismo.�
Televisione,�radio,�computer,�telefoni�cellulari,�forni�a�microonde,�elet-
trodomestici�casalinghi,�phon,�sistemi�di�allarme,�radar�ed�apparati�per�uso�
industriale,�medico�e�commerciale,�la�costruzione�di�nuovi�elettrodotti�el'e-
sercizio�di�quelli�esistenti,�le�linee�ferroviarie�ad�alta�velocita�,�il�diffondersi�

(*)�Testo�della�relazione�tenuta�in�occasione�del�Convegno�su��Il�ricarcimento�del�danno�
nel�processo�civile,�amministrativo,�contabile,�penale�e�tributario:�fondamenti�e�nodi�problema-
tici�che�si�e�tenuto�a�Roma�presso�l'Avvocatura�dello�Stato�il�19�giugno�2003.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

di�antenne�radio�trasmittenti:�tutte�queste�tecnologie�hanno�reso�la�nostra�
vita�piu�ricca�e�piu�facile,�al�punto�da�renderle�irrinunciabili�nella�societa�
moderna.�

Nello�stesso�tempo,�tuttavia,�hanno�portato�con�se�preoccupazioni�per�i�
possibili�rischi�connessi�al�loro�uso�e�per�la�supposta�pericolosita�delle�onde�
elettromagnetiche�emesse�da�queste�installazioni.�

Preoccupazioni�di�questo�tipo�sono�state�espresse,�ad�esempio,�per�la�
sicurezza�dei�telefoni�cellulari�o�degli�elettrodotti,�soprattutto�in�considera-
zioni�della�loro�diffusione.�

Attualmente�infatti�si�calcola�che�vi�siano�circa�50.000�antenne�collocate�
in�5.000�siti�emananti�onde�in�radiofrequenza�e�circa�1�milione�di�km�di�linee�
elettriche�che�diffondono�invece�onde�di�bassa�frequenza.�

Campi�elettromagnetici�a�bassissima�frequenza�vengono�generati�
intorno�a�elettrodotti,�a�media�e/o�alta�frequenza,�attorno�ad�antenne�e�ripe-
titori�radiotelevisivi�e�per�la�telefonia�cellulare,�ponti�radio�a�microonde�e�
radar�per�la�navigazione�marittima�ed�aerea.�

Tutti�questi�fenomeni�vengono�riassunti�in�una�sola�parola:�elettrosmog. 


Con�l'espressione�elettrosmog 
si�intende�il�ben�noto�fenomeno�legato�alla�
massiccia�presenza�di�una�complessa�miscela�di�campi�elettromagnetici�
(CEM)�di�diverse�frequenze,�che�permeano�il�nostro�ambiente.�

Le�esposizioni�a�CEM�stanno�aumentando�significativamente�di�pari�
passo�con�il�progresso�tecnologico�e�con�l'individuazione�di�nuove�applica-
zioni�di�tali�onde(1).�

Negli�anni�recenti�si�e�assistito�ad�un�incremento�senza�precedenti,�per�
numero�e�varieta�,�di�sorgenti�di�campi�elettrici�e�magnetici�per�usi�indivi-
duali,�industriali�e�commerciali.�

Studi�epidemiologici�che�affermano,�tra�smentite�e�conferme,�un�rap-
porto�di�causa�ed�effetto�tra�le�radiazioni�prodotte�dall'inquinamento�elettro-
magnetico�e�leucemie�infantili,�allarmano�i�cittadini,�che�si�costituiscono�in�
comitati�e�chiedono�lo�spostamento�o�la�rimozione�di�linee�elettriche�e�
antenne.�

Quella�che�era�una�problematica�conosciuta�da�pochi,�ora�e�una�tra�le�
piu�discusse.�

Le�radiazioni�sono�forme�di�propagazione�dell'energia�elettromagnetica.�

Si�distinguono�in�radiazioni�ionizzanti�in�grado�di�spostare�elettroni�
dagli�atomi�e�di�trasferirli�ad�altri�atomi,�creando�coppie�di�ioni�(raggi�x,�
raggi�y�e�le�particelle�radioattive,�usati�soprattutto�in�campo�medico)�e�non�
ionizzanti.�

(1)�Notizie�tratte�da��Il 
Corriere 
della 
sera��del�31�luglio�2000,��Il 
Sole 
24 
Ore�del�
13�novembre�2000�e�dal�Promemoria�n.�193�dell'Organizzazione�mondiale�della�sanita�in�sito�
Web�http://www.who.int/peh-emf/publications/facts-press/ifact/it�G. 
Grosso,�Campi 
elettroma-
gnetici 
e 
tutela 
collettiva, 
tra 
ansie 
diffuse 
e 
permanenti 
incertezze,in�Rass. 
giur. 
Energia 
Elettrica,�
2002,�31�ss.�

DOTTRINA�269 


Queste�ultime�sono�le�radiazioni�che�non�hanno�energia�sufficiente�per�
produrre�come�effetto�la�ionizzazione�(elettrodomestici�casalinghi,�telefoni�
cellulari,�ecc.)�(2).�

Gli�effetti�delle�radiazioni�ionizzanti�sono�note�e�sono�conosciute�le�
soglie�oltre�le�quali�essi�si�sviluppano:�producono�serie�alterazioni�sulla�strut-
tura�genetica�cellulare�e�sono�responsabili�di�gravi�patologie.�

Le�radiazioni�emesse�dall'energia�elettrica�non�ionizzanti,�invece,�non�
sono�in�grado�di�alterare�il�DNA�nelle�cellule.�

Tra�le�onde�elettromagnetiche�non�ionizzanti�quelle�che�destano�mag-
giore�interesse�sono�i�campo�elettromagnetici�(CEM)�a�frequenza�estrema-
mente�bassa�(ELF.:�extremely 
low 
frequency),�le�radiofrequenze�e�le�
microonde.�

Non�esistono�a�tutt'oggi�prove�sperimentali�riproducibili�nell'animale�
che�possano�dare�una�misura�certa�degli�effetti�biologici�a�livello�cellulare�
dei�campi�elettromagnetici:�tutto�quello�che�sappiamo�lo�dobbiamo�alla�
ricerca�epidemiologica�(3).�

Allo�stato,�dunque,�gli�attuali�strumenti�di�indagine�scientifica�sono�
insufficienti�(4).�

In�campo�penalistico�si�registra�un�vuoto�di�tutela,�anche�se�da�tempo�si�
ricorre�all'art.�674�c.p.�(5).�

Nel�1998�la�Commissione�Internazionale�per�la�Protezione�dalle�Radia-
zioni�Non�Ionizzanti�(ICNIRP),�un'organizzazione�non�governativa�formal-
mente�accreditata�dall'OMS,�ha�emanato�alcune�linee�guida�per�la�limita-
zione�dell'esposizione�umana�ai�campi�elettromagnetici�fino�alla�frequenza�
di�300�GHz,�sia�in�ambiente�di�vita�che�di�lavoro.�

(2)�Per�notizie�al�riguardo�cfr.�www.liceolabriola.it/Rubbia/frontpage.htm 
e�http://tempome-
dico.it/edit01/edit702.htm. 
(3)�Nel�1979�Vertimer�e�Riper�notarono�per�la�prima�volta�che�nei�bambini�che�avevano�
contratto�leucemie�linfatiche�acute�c'era�stata�una�maggiore�esposizione�ai�campi�elettromagnetici.�
Alcune�indagini�successive�hanno�confermato�questo�dato�e�altre�lo�hanno�invece�smentito.�
Gli�studiosi�affermano�che�l'unica�certezza�che�possiamo�trarre�dagli�studi�e�che�i�campi�elettro-
magnetici,�se�pur�in�grado�di�provocare�un�aumento�dell'incidenza�di�leucemia�linfatica�acuta�
infantile,�ricoprono�un�ruolo�complessivamente�molto�modesto�nell'epidemiologia�di�questa�
malattia,�cfr.�G.�Squarci,�Tranquillizzanti 
incertezze, 
in�Toscana 
Qui,�4,�1999,�76.�Sui�dati�
medico-legalicfr.L.�Marino,�Dati 
di 
interesse 
medico-legale 
sul 
danno 
alla 
salute 
causato 
da 
inqui-
namento 
ambientale 
da 
onde 
elettromagnetiche 
non 
ionizzanti, 
in�Danno 
e 
resp.,�1999,�856�ss.�Sul�
concetto�di�energia�elettrica�cfr.�R.�Albano, 
Energia 
elettrica: 
profili 
generali, 
in�Enc. 
giur.,1e�
voce�Energia 
elettrica: 
impianti, 
in�Enc. 
giur.,1.�

(4)�Cfr.�L.�Matarese,�Danno 
alla 
salute 
e 
onde 
elettromagnetiche, 
in�Danno 
e 
resp.,�1999,�
838.�
(5)�Sul�punto�cfr.oltre,�in�particolare�Cass.�pen.,�Sez.�I,�14�ottobre�1999,�n.�5626,�in�Cass. 
pen.,�2001,�I,�146,�con�nota�di�G.�DE 
Falco,�Una 
nuova 
stagioneper 
l'art. 
674 
c.p.: 
strumento 
di 
tutela 
contro 
l'inquinamento 
elettromagnetico, 
nonche�Cass. 
pen.,�Sez.�I,�13�ottobre�1999,�n.�5592,�
2001,�VII-VIII,�2090,�con�nota�di�G.�Equizi,�Aspettipenalistici 
dell'inquinamento 
da 
campi 
elettro-
magnetici: 
un 
vuoto 
di 
tutela. 

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 


Le 
normative 
interne 
successivamente 
emanate 
dalle 
nazioni 
piu� 
avan-
zate, 
hanno 
spesso 
fatto 
esplicito 
riferimento 
a 
tali 
linee, 
considerandole 
quali 
condizioni 
minime 
di 
sicurezza. 


Inoltre 
l'organizzazione 
mondiale 
della 
sanita� 
(OMS), 
nel 
maggio 
del 
1996, 
ha 
avviato 
un 
progetto 
internazionale 
per 
valutare 
gli 
effetti 
sanitari 
ed 
ambientali 
dell'esposizione 
ai 
campi 
elettrici 
e 
magnetici. 


Esso 
si 
propone 
di 
dare 
risposte 
alle 
preoccupazioni 
legate 
ai 
campi 
elet-
tromagnetici 
attraverso 
un 
complesso 
programma 
di 
studio 
e 
monitoraggio, 
destinato 
a 
concludersi 
tra 
qualche 
anno, 
che 
dovra� 
mettere 
assieme 
le 
cono-
scenze 
attuali 
e 
le 
risorse 
disponibili 
delle 
principali 
organizzazioni 
ed 
istitu-
zioni 
scientifiche 
internazionali 
e 
nazionali, 
allo 
scopo 
di 
arrivare 
a 
racco-
mandazioni 
scientificamente 
fondate 
per 
la 
definizione 
dei 
rischi 
sanitari 
del-
l'esposizione 
a 
CEM. 


Si 
tratta 
di 
un 
progetto 
concepito 
per 
fornire 
revisioni 
critiche, 
autore-
voli 
ed 
indipendenti, 
della 
letteratura 
scientifica, 
identificandone 
e 
colman-
done 
le 
lacune, 
con 
la 
finalita� 
precipua 
di 
meglio 
definire 
protocolli 
di 
ricerca 
con 
metodologie 
tra 
loro 
compatibili 
e 
confrontabili, 
che 
possano 
condurre 
a 
migliori 
valutazioni 
dei 
rischi 
in 
parola. 


In 
un 
documento 
del 
2002(6), 
l'OMS 
ha 
ammesso 
che 
la 
valutazione 
dei 
potenziali 
rischi 
dei 
campi 
elettromagnetici 
e� 
ancora 
affetta 
da 
parecchie 
incertezze. 


Su 
questa 
tematica 
forti 
sono 
gli 
scontri 
in 
quanto 
da 
una 
parte 
c'e� 
il 
timore 
degli 
effetti 
negativi 
sui 
quali 
non 
c'e� 
sicurezza 
scientifica 
e 
dall'altra 
parte 
ci 
sono 
forti 
interessi 
economici 
(quelli 
dei 
produttori 
di 
energia 
elet-
trica, 
delle 
societa� 
di 
telecomunicazioni, 
dei 
gestori 
del 
servizio 
ferroviario 
e, 
anche 
se 
limitatamente, 
dei 
produttori 
delle 
apparecchiature 
elettriche). 


A 
questi 
si 
devono 
sommare 
anche 
le 
esigenze 
di 
tipo 
militare, 
visto 
che 
tra 
la 
strumentazione 
utilizzata 
ricopre 
importanza 
il 
radar, 
che 
rappresenta 
fonte 
di 
inquinamento 
elettromagnetico. 


L'inquinamento 
elettromagnetico 
e� 
stato 
ritenuto 
dall'Organizzazione 
Mondiale 
della 
Sanita� 
come 
una 
delle 
quattro 
problematiche 
ambientali 
che 
continueranno 
a 
riguardare 
il 
pianeta 
nei 
prossimi 
anni. 


L'attenzione 
dell'opinione 
pubblica 
negli 
ultimi 
periodi 
e� 
aumentata 
insieme 
ad 
una 
richiesta 
di 
intervento 
dei 
pubblici 
poteri. 


I 
primi 
portano 
a 
sostegno 
di 
un'azione 
concreta 
i 
risultati 
di 
alcune 
indagini 
epidemiologiche 
che 
sostengono 
l'esistenza 
di 
un 
nesso 
tra 
le 
sor-
genti 
e 
alcune 
forme 
tumorali 
(in 
particolare 
per 
quanto 
riguarda 
gli 
impianti 
che 
formano 
onde 
a 
bassa 
frequenza, 
come 
gli 
elettrodotti). 


I 
secondi 
sostengono 
la 
tesi 
che 
le 
numerose 
normative 
emanate 
nel 
set-
tore 
impediscono 
lo 
svolgersi 
dell'attivita� 
imprenditoriale, 
a 
fronte 
dell'inesi-
stenza 
di 
un 
danno 
certo. 


(6) 
Campi 
elettromagnetici 
e 
salutepubblica, 
Promemoria 
OMS 
del 
marzo 
2000, 
in 
sito 
web 
citato. 

DOTTRINA�271 


Rischio�realee�rischiopercepito.�

Lo�stesso�concetto�di�rischio�ha�assunto�dimensioni�prima�sconosciute.�

Accanto�al�rischio�reale�si�sta�delineando�il�rischio�cd.�percepito:�il�signi-
ficativo�progresso�delle�tecnologie�della�comunicazione�contribuisce�a�raffor-
zare�la�sensibilita�dell'opinione�pubblica�nei�confronti�di�nuove�ipotesi�di�
rischio�ancor�prima�che�la�ricerca�scientifica�sia�in�grado�di�fornire�spiega-
zioni�definitive�e�certe�sulla�effettiva�pericolosita�dell'attivita�sotto�esame.�

Tutto�cio�si�e�tradotto�in�una�forte�istanza�di�anticipazione�della�tutela�
ambientale�e�della�salute�che�trova�la�sua�massima�espressione�nel�principio�
di�precauzione�(v.�oltre).�

B)�Il�diritto�che�domina�la�scienza,�la�scienza�che�domina�il�diritto.�

Le�perplessita�della�scienza�e�le�scelte�del�diritto:�tra�ansie�e��tranquilliz-

zanti��incertezze.�

La�tematica�dell'inquinamento�elettromagnetico�presenta�caratteristiche�
sui�generis:�provoca�il�confronto�dinamico�tra�giuristi,�filosofi�e�scienziati,�
volto�ad�individuare�i�nodi�problematici�del�rapporto�scienza-diritto�e�del�
rapporto�esperto-legislatore,�giudice,�amministratore.�

Il�confronto�si�traduce�nell'analisi�del�rapporto�intercorrente�tra�alcuni�
aspetti�di�fondamentale�rilievo�per�l'epistemologia�giudiziaria(7)�e�le�corri-
spondenti�problematiche,�dibattute�nell'ambito�della�piu�generale�riflessione�
epistemologica�e�scientifica�contemporanea.�

Il�concetto�scientifico�si�scontra�con�il�concetto�giuridico�di�probabilita�,�
diventando�la�sintesi�del�grado�di�certezza�da�raggiungere�nel�giudizio�sul�
fatto�nel�processo�civile�e�in�quello�penale.�E�necessario,�dunque,�un�ade-
guato�approfondimento�dei�presupposti�culturali�e�delle�opzioni�metodologi-
che�occorrenti�per�il�controllo,�da�parte�del�legislatore�e�del�giudice,�sul�
sapere�specialistico�riversato�nel�processo�attraverso�la�consulenza�tecnica.�

(7)�L'epistemologia�scientifica�si�confronta�con�l'epistemologia�giudiziaria�e�si�riverbera�sul�
metodo�del�contraddittorio�nella�formazione�della�prova,�sul�grado�di�certezza�da�raggiungere�
nel�giudizio�sul�fatto,�sull'accertamento�del�nesso�di�causalita�(che�si�avvale�delle�valutazioni�giuri-
diche�e�della�evoluzione�delle�conoscenze�scientifiche)�e,�dunque,�sul�risultato�conoscitivo�del�pro-
cesso.�Su�questi�punti�fondamentali�cfr.�C.�Pizzi,�Oggettivita�e�relativismo�nella�ricostruzione�del�
fatto:�riflessioni�logico-filosofiche,in�La�conoscenza�delfatto�nelprocessopenale,�a�cura�di�G.�Uber-
tis,�Giuffre�,�195,�C.�Pizzi,�Fatti,�coerenza,�informazione,in�Diritto�pen.�e�processo,�1996,�245,�M.�
Taruffo,�Elementiper�un'analisi�delgiudizio�difatto,in�Riv.�trim.�dir.proc.�civ.,�1995,�785,�A.�Giu-
liani,�Ordine�isonomico�ed�ordine�asimmetrico:��nuova�retorica��e�teoria�delprocesso,in�Soc.�dir.,�
1986,�2,�81,�N.�Bobbio,�Sul�ragionamento�dei�giuristi,in�L'analisi�del�ragionamento�giuridico,a�cura�
di�Comanducci-Guastini,�Giappichelli,�A.�Arnio,�La�Teoria�dell'argomentazione�e�oltre,in�L'ana-
lisi�del�ragionamento�giuridico,�a�cura�di�Comanducci-Guastini,�Giappichelli,�211,�N.�MaC 
Cor-
mick,�La�congruenza�nella�giustificazione�giuridica,in�L'analisi�del�ragionamento�cit,�243,�G.F.�
Ricci,�Nuovi�rilievi�sul�problema�della�specificita�della�prova�giuridica,in�Riv.�trim.dir.�proc.civ.,�
2000,�1129,�J.�Wroblewski,�Il�ragionamento�giuridico�nell'interpretazione�del�diritto,in�L'analisi�...�
cit.,�267,�F.M.�Catalano,�Prova�indiziaria,�probabilistic�evidence�e�modelli�matematici�di�valuta-
zione,�in�Riv.�Dir.�proc.,�1996,�514,�V.�Denti,�Scientificita�della�prova�e�libera�valutazione�del�giu-
dice,in�Riv.�dir.�proc.,�1972,�414,�L.G.�Lombardo, 
Appuntisulle�origini�e�sulleprospettive�dellibero�
convincimento,in�Dir.�e�giurisprudenza,�1992,�17.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Non�solo�perche�,�pur�configurandosi�come�problema�ambientale�(il�ter-
mine�inquinamento�e�sintomatico),�in�realta�e�un�problema�che�concerne�la�
salute,�ma�anche�perche�interessa�una�molteplicita�di�discipline,�da�quelle�
scientifiche,�(ingegneria,�fisica,�medicina),�a�quelle�sociali�(il�diritto,�la�filoso-
fia�nei�termini�del�rapporto�tra�etica,�scienza�e�diritto,�le�tecniche�della�comu-
nicazione)�a�quelle�economiche.�

La�problematica,�dunque,�anche�giuridica,�necessita�di�una�rivisitazione�
dei�concetti�della�fisica.�

L'esigenza�e�quella�di�ridurre�le��distanze�culturali��tra�il�mondo�istitu-
zionale�e�giudiziario�e�il�mondo�scientifico,�considerato�che�sempre�piu�la�
cultura�della�scienza�fonda�quella�del�diritto�e�viceversa�e�che�il�sodalizio�di�
diritto�e�scienza�produce�il�sapere�sociale�sotteso�alle�dinamiche�processuali,�
sia�nei�paesi�di�tradizione�giuridica��continentale��sia�in�quelli�di�common 
law.�

Da�piu�parti�viene�sottolineata�la�necessita�di�porre�delle�misure�cautela-
tive�in�considerazione�dei�rischi�che�si�corrono.�

L'incertezza�non�puo�essere�motivo�di�non�intervento�giuridico,�anche�
perche�la�scienza�non�raggiunge�mai�risultati�che�si�possono�definire�certi,�
in�quanto�ogni�verita�scientifica�e�sottoponibile�a�confutazione.�

A�livello�scientifico,�in�quasi�tutti�i�settori,�ma�in�particolar�modo�in�
quelli�scientifico-tecnologici,�la�scienza�ospita�una�pluralita�di�previsioni�e�
asserzioni�e�in�alcuni�casi�opposte�tra�loro.�

Anche�le�ricerche�su�possibili�danni�provocati�dagli�elettrodotti�non�sono�
univoche�e�le�metodologie�usate�diverse�(8).�

Da�qui�emerge�il�problema�di�come�il�diritto�possa�disciplinare�una�
situazione�che�presenti�margini�di�incertezza�sulla�riscontrabilita�degli�effetti.�
Accanto�a�questo�sorge�anche�il�problema�dei�metodi�da�usare�al�fine�di�
garantire�la�reale�applicabilita�della�norma.�

L'inquinamento�elettromagnetico�evidenzia�il�problema�della�societa�
attuale�di�trovare�un�punto�di�equilibrio�tra�lo�sviluppo,�momento�fondamen-
tale�per�la�vita�della�comunita�,�e�un�ambiente�vivibile,�protetto�da�alterazioni.�

Rispondere�alla�domanda�se�il�diritto�debba�intervenire�nell'ambito�del-
l'inquinamento�elettromagnetico,�significa�rispondere�prima�al�quesitose�il�
diritto�debba�disciplinare�ambiti�in�cui�vi�sia�l'incertezza�scientifica,e�
secondo�quali�canoni�il�diritto�deve�agire�in�presenza�di�incertezza�scientifi-
che�(9).�

(8)�Uno�studio�dettagliato�e�completo�in�merito�e�stato�presentato�dalla�dottoressa�M.�Tal-
lachinI 
al�convegno�su��Ambiente 
e 
diritto��svoltosi�a�Firenze�nei�giorni�11�e�12�giugno�1998.,�
M.�Tallachini,�Diritto 
per 
la 
natura�,�in�Ambiente 
e 
diritto,�S.�Grassi,�M.�Cecchetti,�S.�Olschki,�
Firenze,�73.�
(9)��Puo�dirsi�che�il�dialogo�tra�comunita�scientifica�e�diritto�si�e�rivelato�proficuo�a�comin-
ciare�dalla�normativa�introdotta�per�i�campi�elettrici�e�magnetici�generati�dalla�frequenza�indu-
striale�(soprattutto�da�elettrodotti)�con�il�d.p.c.�23�aprile�1992�che�ha�previsto�limiti�di�esposizione�

DOTTRINA�273 


A�cio�si�aggiunge�lo��scontro��tra�principi�costituzionali�e,�come�
vedremo,�anche�tra�gli�articoli�stessi�del�Trattato�europeo�(artt.�95�e�174).�

C)�Inquinamento 
elettromagnetico 
e 
valori 
costituzionali. 


L'inquinamento�elettromagnetico�e�un�problema�che�coinvolge�il�rispetto�
e�il�coordinamento�dei�valori�tutelati�dalla�Costituzione.�

L'analisi�degli�effetti�giuridici�posti�da�questo�tipo�di�inquinamento�non�
puo�prescindere�dall'esame�dei�due�articoli�costituzionali�che�rappresentano�
i�referenti�dei�due�interessi�apparentemente�in�conflitto:�l'art.�32�e�43,�l'uno�
tutela�la�salute,�l'altro�conferisce�rilevanza�all'energia�come�fattore�di�svi-
luppo.�

Se,�in�primo�luogo,�risalta�l'art.�32�in�quanto�tutela�il�diritto�alla�salute,�
rilievo�assume�anche�l'art.�9,�il�quale�prevede�la�tutela�del�paesaggio�e�del-
l'ambiente�in�generale�(anche�in�seguito�ad�una�interpretazione�evolutiva�
dello�stesso�articolo),�nonche�l'art.�41,�sulla�liberta�di�iniziativa�economica�e�
l'art.�43�sull'energia.�

Pertanto,�il�diritto�alla�salute�e�il�bene�energia�costituiscono�gli�aspetti�
dominanti�nel�dibattito�sull'inquinamento�elettromagnetico.�

L'esame�delle�due�norme�(art.�32�e�art.�43)�ha�evidenziato�come�nel�
nostro�ordinamento�il�valore�salute,�inteso�in�senso�ampio,�e�l'energia,�siano�
importanti�per�garantire�giuste�condizioni�di�vita:�entrambe�mirano�a�questo�
scopo,�ma�con�prospettive�diverse,�per�non�dire�opposte.�

La�salute,�diritto�fondamentale,�inalienabile,�intrasmissibile,�indisponi-
bile�e�irrinunciabile,�riguarda�sia�l'individuo,�sia�la�collettivita�esie�arric-
chita,�nel�corso�del�tempo,�di�ulteriori�sfumature�terminologiche�(diritto�
all'integrita�psico-fisica,�diritto�all'ambiente�salubre�ecc).�

La�salute�per�la�sua�stessa�intima�essenza�non�puo�prestarsi�ad�una�
degradazione�in�vista�del�raggiungimento�di�un�obiettivo�economico.�

Lo�stesso�art.�41�si�riferisce�ad�attivita�economica�che��deve�svolgersi�in�
modo�da�non�recare�danno�alla�sicurezza,�alla�liberta�,�alla�dignita�umana�.�

Nell'ipotesi�di�possibili�conflitti�tra�opposti�valori�costituzionali,�questi�
devono�essere�ordinati�secondo�una�scala�gerarchica,�favorendo�quello�che�
sembra�essere�di�maggior�rilievo�e�di�grado�piu�elevato.�

In�un�ipotetico�conflitto�tra�la�liberta�economica�e�la�salute,�quest'ultima�
sarebbe�privilegiata,�perche�la�salute�e�un�diritto�assoluto�e�primario,�quindi�
inviolabile.�

L'art.�41,�al�contrario,�non�prevede�una�situazione�giuridica�soggettiva�
connotata�dai�caratteri�dell'assolutezza.�

(art.�49),�distanze�di�rispetto�(art.�5)�e�azioni�di�risanamento�(art.�7),�in�linea�con�i�piu�attendibili�
standards 
protezionistici�diffusi�a�livello�internazionale,�in�particolare�dall'Irpa�(International 
Commission 
On 
Non 
Ionizing 
Radiaction 
Committee),�con�studi�pubblicati�nel�gennaio�1990�e�suc-
cessivamente�confermati�dall'Icirp�(International 
Commission 
On 
Non 
Ionizing 
Radiaction 
Protec-
tion)�nel�maggio�1993�,�G.D.�Comporti, 
Amministrazioni 
e 
giudici 
sull'onda 
dell'elettrosmog,in�
Foro 
Amm.,�2001,�IX,�2455.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

L'ottica�e�quella�di�una�funzionalizzazione�e�per�tale�motivo�l'attivita�
economica�e�sottoposta�anche�al�controllo�conformativo�dei�pubblici�
poteri.�

Per�questo�il�diritto�alla�salute,�nel�caso�in�cui�sia�in�conflitto�con�diritti�
soggettivi�connessi�all'esercizio�dell'attivita�d'impresa,�non�puo�essere�sacrifi-
cato�ne�limitato�dal�confronto�con�situazioni�di�vantaggio�anche�se�costitu-
zionalmete�riconosciute�e�tutelate(10).�

Lo�sviluppo�economico�e�l'efficienza�produttiva�non�sono,�infatti,�valori�
in�se�,�bens|�strumenti�per�realizzare�valori�costituzionali�autentici:�la�rela-
zione�che�corre�e�quella�di�una��Funzionalizzazione�unidirezionale�,�nel�
senso�che�c'e�un�rapporto�di�mezzo-fine�per�cui�sara�sempre�il�secondo�a�pre-
valere.�

In�ogni�caso�questo�deve�avvenire�nel�segno�della�ragionevolezza�e�con-
gruita�(11).�

Vi�sono�diversi�livelli�di�pregiudizio�alla�salute�e�livelli�diversi�di�tutela�
della�stessa.�

Si�e�sostenuto�che�per�un'opera�pubblica�di�grande�importanza�e�di�vasta�
utilita�si�possono�accettare�anche�modesti�sacrifici�alla�salute�e�la�garanzia�
di�cui�all'art.�32�rimane�in�ombra.�Decisivo�apparirebbe,�in�questo�caso,�il�
ruolo�dell'amministratore�pubblico�perche�ha�il�compito�di�assicurarsi�che�le�
iniziative�e�le�opere�di�cui�si�e�decisa�la�realizzazione�non�incidano�in�maniera�
grave�sulla�salute�dei�cittadini,�mentre�non�puo�farsi�carico�di�tutti�i�possibili�
riflessi�minori(12).�

La�sinergia�tra�gli�organi�istituzionali�consentira�di�attuare�un'appro-
priata�protezione�alla�salute.�

D) 
Iprincipi�del�diritto�dell'ambiente�come�guida�per�le�scelte�degli�operatori:�
principioprecauzionale,svilupposostenibile,�l'informazione.�

La�direttiva�n.�90/270/CEE�del�Consiglio�del�29�maggio�1990�attuata�
con�d.lgs.�n.�626/1994�ha�emanato�prescrizioni�minime�in�materia�di�sicu-
rezza�e�salute�nelle�attivita�di�lavoro�compiute�su�videoterminali.�

La�direttiva�n.�92/85/CEE�del�Consiglio�del�19�ottobre�1992,�attuata�
con�d.lgs.�n.�645/1996�tutela�la�sicurezza�e�la�salute�sul�lavoro�delle�lavora-
trici�gestanti,�puerpere�o�in�periodo�di�allattamento�nei�confronti�del�rischio�
all'esposizione�ai�CEM.�

Nel�1992�e�entrato�in�vigore�il�decreto�del�Presidente�del�Consiglio�dei�
Ministri�23�aprile�1992,�il�quale�ha�stabilito�i�limiti�massimi�di�accettabilita�
delle�esposizioni�delle�onde�elettromagnetiche�e�le�relative�distanze�di�
rispetto,�con�particolare�riferimento�agli�elettrodotti.�

(10)�Voce�Salute,in�Digesto,�526.�
(11)�M.�Lucani, 
Localizzazionedellecentralielettriche.�Problemigiuspubblicistici,�in�Riv.�giur.�
dell'ambiente,�1990,�161.�
(12)�A.�Bardusco,�Diritto�alla�salute�e�decisioni,in�Sanita�Pubblica,�1983,�427.�

DOTTRINA�275 


Il�Parlamento�europeo,�nella�risoluzione�del�5�maggio�1994�contro�gli�
effetti�nocivi�delle�radiazioni�non�ionizzanti,�elaborava,�in�virtu�del�mancato�
accertamento,�allo�stato�attuale,�dei�meccanismi�d'induzione�dei�danni�biolo-
gici,�i�principi�di�precauzione�e�prevenzione,�che�la�normativa�di�ciascun�
Stato�membro�avrebbe�dovuto�osservare.�

Il�principio�di�precauzione(13)�prevede�che,�in�caso�di�dubbio�sul�livello�
del�rischio,�si�deve�adottare�l'opzione�piu��conservativa��per�minimizzare�il�
rischio,�ricorrendo,�se�necessario,�in�caso�di�non�conoscenza�di�livelli�minimi�
di�sicurezza,�anche�alla�cosiddetta�opzione�zero.�

Nella�valutazione�dell'opera�o�del�progetto�si�devono�prendere�in�esame�
tutte�le�soluzioni�possibili,�per�poi�scegliere�quella�che�si�presenta�dal�punto�
di�vista�ambientale�come�compatibile�e�non�si�esclude�l'ipotesi�che�il�procedi-
mento�si�concluda�con�il�divieto�di�intervenire�o�di�realizzare�l'opera:�si�tratta�
di�quella�che�viene�definita��l'opzione�zero�.�

Cio�consente�di�adottare�anche�soluzioni�radicali�nei�casi�piu�dubbi�(14).�

Al�fine,�tuttavia,�di�evitare�applicazioni�eccessivamente�rigide,�il�prin-
cipio�di�precauzione�e�stato�temperato�da�quello�di�prevenzione:�non�qual-
siasi�ipotesi�di�danno�scientificamente�incerto�e�idoneo�a�far�scattare�l'op-
zione�zero,�ma�solo�quella�del�danno�grave�ed�irreversibile�(art.�130R/�
attuale�174�del�Trattato�CE:�il�comma�2�di�tale�articolo�stabilisce�che�la�
politica�della�Comunita�europea�in�materia�ambientale�mira�ad�un�elevato�
livello�di�tutela).�

Successivamente,�e�intervenuta�la�legge�n.�249/1997�che�ha�individuato�
in�capo�all'Autorita�per�le�garanzie�nelle�telecomunicazioni�il�potere�di�vigi-
lanza�sui�tetti�massimi�delle�radiofrequenze�compatibili�con�la�salute�umana�
e�di�verificarne�l'osservanza�(art.�1,�co.�6,�lett.�a,�n.�15)�(15).�

E�stato,�inoltre,�precisato�che�il�rispetto�dei�suddetti�limiti�costituisce�
condizione�obbligatoria�per�il�rilascio�delle�licenze�e�concessioni�per�l'instal-
lazione�di�apparati�che�emettono�onde�elettromagnetiche.�

In�attuazione�della�suddetta�legge�e�stato�emesso�il�d.m.�10�settembre�
1998,�n.�381�(decreto�Ronchi):�in�esso�vengono�fissati�i�limiti�di�esposizione�
alle�radiofrequenze�e�microonde�emesse�da�antenne�per�telecomunicazioni�
radio�televisive(16).�

I�limiti�di�esposizione�fissati�dal�decreto�sono�recepiti�da�quelli�fissati�
dall'IRPA�e�sono�finalizzati�a�tutelare�la�salute�dagli�effetti�cronici�provocati�
dai�campi�CEM.�

(13)�F.�Acerboni,�Contributo 
allo 
studio 
del 
principio 
di 
precauzione: 
dall'origine 
nel 
diritto 
internazionale 
a 
principio 
generale 
dell'ordinamento,in�Il 
diritto 
della 
regione 
-regione 
Veneto,�
2000,�246.�
(14)�F.�Salvia, 
Ambiente 
e 
sviluppo 
sostenibile,in�Riv. 
giur. 
ambiente,�1998,�n.�2,�241.�
(15)�L.�Matarese,�Danno 
alla 
salute 
e 
onde 
elettromagnetiche, 
in�Danno 
e 
resp.,�1999,�849.�
(16)�F.�Amendola,�Inquinamento 
elettromagnetico, 
d.m. 
381/98 
e 
art. 
674 
c.p., 
in�Foro 
it.,�
2001,�II,�30.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

I�suddetti�limiti�risultano,�tuttavia�piu�alti�e,�dunque,�meno�permissivi,�
di�quelli�previsti�invece�dalla�racc.�n.�99/519/CE�del�12�luglio�1999.�

Infine,�la�recente�legge�quadro�n.�36�del�12�febbraio�2001�ha�dettato�i�
principi�fondamentali�diretti�ad�assicurare�la�tutela�della�salute�dei�lavoratori�
e�della�popolazione�dagli�effetti�dell'esposizione�a�determinati�livelli�di�campi�
elettrici,�magnetici,�ed�elettromagnetici.�

La�suddetta�legge�conferma,�per�un�periodo�transitorio,�i�limiti�previsti�
nel�decreto�del�Presidente�del�Consiglio�dei�Ministri�27�aprile�1992(17).�

Nulla�esclude�che�in�un�prossimo�futuro�lo�Stato,�verificando�il�progre-
dire�degli�studi�scientifici�sull'argomento,�recepisca�con�appositi�atti�regola-
mentari�il�risultato�degli�studi�stessi,�prevedendo�limiti�piu�ristretti�di�quelli�
del�citato�decreto�del�Presidente�del�Consiglio�dei�Ministri(18).�

�Tuttavia,�a�fronte�di�un�panorama�scientifico�cos|�complesso,�non�si�
puo�che�ribadire�che�e�esclusivo�compito�del�legislatore�la�individuazione,�
eventualmente�a�livello�cautelativo,�di�una�soglia�di�tutela�dalle�emissioni,�
diversa�da�quella�prevista�e�adottata�a�livello�internazionale�(19).�

Si�persegue,�infatti,�lo�scopo�di�realizzare�il�principio�dello�sviluppo�
sostenibile.�

Il�problema�diventa�quello�di�stabilire�se,�di�fronte�a�questi�opposti�inte-
ressi,�sia�giusto�intervenire,�in�ragione�di�quali�principi�e�quali�strumenti�
adottare�per�cercare�di�considerare�entrambi�gli�aspetti.�

Si�evidenzia,�altres|�,che�e�stato�trasmesso�alla�Camera�dei�Deputati�per�
la�definitiva�approvazione�il�disegno�di�legge,�n.�1753�approvato�il�14�maggio�
2003�dal�Senato,�contenente�la�delega�al�Governo�per�il�riordino,�il�coordina-
mento�e�l'integrazione�della�legislazione�in�materia�ambientale�e�misure�di�
diretta�applicazione,�in�cui�all'art.�8,�1.�fsi�ribadisce�l'intenzione�di��afferma-

(17)�Cfr.�T.A.R.�per�il�Veneto,�28�novembre�2001,�il�quale�afferma�che�tramite�la�legge�qua-
dro�il�D.P.C.M.�del�1992�e�stato�eretto�a�norma�di�legge.�
(18)�Sintomatico�e�come�il�principio�di�precauzione�sia�stato�esteso�ed�applicato�anche�ad�
altri�settori,�sempre�connessi�con�la�tutela�salute.�
L'O.M.�22�novembre�2000�dell'allora�Ministero�della�Sanita�(GU 
24�novembre�2000,�n.�275),�
stabilisce,�in�materia�trasfusionale,�che��considerata�la�situazione�di�potenziale�pericolosita�per�
la�salute�pubblica�determinatasi�nei�Paesi�dell'Unione�europea�in�relazione�ai�casi�di�encefalopatia�
spongiforme�bovina,�considerato�che,�ancorche�non�sia�stata�accertata�alcuna�diretta�correlazione�
fra�donazione�di�sangue�ed�infezione�da�agenti�infettanti�connessi�alla�nuova�variante�di�malattia�
di�Creutzfeldt-Jakob�(CJD),�in�alcuni�paesi�dell'Unione�sono�state�adottate,�in�via�prudenziale,�
iniziative�volte�ad�escludere�dalla�donazione�di�sangue�o�di�emocomponenti�coloro�che�negli�anni�
dal�1980�al�1996�hanno�soggiornato�nel�Regno�Unito�per�un�periodo�superiore�a�sei�mesi�...�rite-
nuta�l'opportunita�di�dichiarare,�in�via�meramente�cautelativa�ed�in�attesa�delle�decisioni�che�assu-
meranno�in�materia�gli�organi�dell'Unione�...�ordina:�coloro�che�hanno�soggiornato�nel�Regno�
Unito�negli�anni�dal�1980�al�1996�...�sono�da�considerare�non�idonei�alla�donazione�di�sangue�o�
di�emocomponenti�.�

(19)�M.�Fadel,�Campi 
elettronici-Giurisprudenza,in�www.forumambiente.it/id 
26.htm;�cfr.�
inoltre�Trib.�Monza,�24�febbraio�2001.�Sull'esigenza�di�una�normativa�che�regoli�la�prevalenza�
del�diritto�ad�una�esistenza�sana,�libera�e�dignitosa�v.�L. 
Matarese,�Danno 
alla 
salute 
e 
onde 
elett
romagnetiche, 
in�Danno 
e 
resp.,�1999,�840.�

DOTTRINA�277 


zione�dei�principi�comunitari�di�prevenzione,�di�precauzione,�di�correzione�e�
riduzione�degli�inquinamenti�e�dei�danni�ambientali�e�del�principio��chi�
inquina�paga�.�

Viene�espressa,�dunque,�la�convinzione�che�i�suddetti�principi�siano�
idonei�a�garantire�elevati�livelli�di�tutela�dell'ambiente�e,�nel�contempo,�a�
contribuire�alla�competitivita��dei�sistemi�territoriali�e�delle�imprese�
(art.�8,�1.�e)(20).�

E)�Idocumenti�delle�organizzazionigovernative�e�non.�

Il�problema�dell'inquinamento�elettromagnetico�e��stato�percepito�da�
varie�organizzazioni�governative�e�non�governative.�

OMS.�Come�si�e��gia��accennato,�l'Organizzazione�mondiale�della�Sanita��ha�
adottato�nel�1996�un�progetto�sugli�effetti�prodotti�dai�campi�elettromagnetici�
(EMF�PROJECT)(21).�

Gli�effetti�sembrano�dipendere�dalla�durata�e�dal�tipo�di�esposizione,�
anche�se�in�merito�l'OMS�ritiene�che�sia�necessaria�una�chiarificazione�scien-
tifica,�anche�perche�,si�e��osservato,�l'esposizione�ai�CEM�colpisce�a�vari�gradi�
tutte�le�popolazioni�del�mondo�e�i�livelli�continueranno�ad�aumentare�con�l'a-
vanzare�delle�tecnologie.�

L'OMS�sostiene�di�voler�evitare�il�ripetersi�degli�errori�commessi�con�il�
fumo�della�sigaretta�e�con�le�radiazioni�ionizzanti,�prima�sottovalutati�in�
quanto�ritenuti�in�piccola�parte�responsabili�di�effetti�alla�salute,�poi�accertati�
come�agenti�dannosi(22).�La�posizione�attuale�dell'OMS�sembrerebbe�ispi-
rata�al�principio�della�cautela�(23).�

La�durata�del�progetto�e��stata�stabilita�fino�al�2005,�anno�in�cui�gli�
organi�previsti�dallo�stesso�dovranno�presentare�le�loro�conclusioni.�Il�pro-
getto�si�fonda�su�un�procedere�logico�di�attivita��e�di�produzioni�al�fine�di�
migliorare�gli�accertamenti�sui�rischi�alla�salute.�La�somma�finanziaria�per�
ogni�anno�e��di�60.000�dollari.�

(20)�Il�disegno�di�legge�e��pubblicato�in�www.giust.it.�
(21)�Si�legge�nell'introduzione�che�si�sono��intravisti��a�causa�di�questi�campi�magnetici�degli�
ipotetici�effetti�quali:�cancro�perdita�della�memoria,�malattie�di�Alzheimer,�Parkinson,�e�anche�
un�aumento�di�suicidi,�OMS,�Summary�Project,�in�http://www.who.int/peh-emf/summary.htm,�
April,�2000.�
(22)�OMS,�Summary�Project,�op.�cit.�
(23)�Si�afferma,�infatti,�che��dal�momento�che�le�attuali�conoscenze�scientifiche�suggeriscono�
deboli�associazioni�e�non�stabiliscono�che�l'esposizione�a�campi�magnetici�di�bassa�frequenza�ai�
livelli�normalmente�incontrati�nell'ambiente�domestico�possa�causare�effetti�nocivi�per�la�salute,�
non�c'e��alcune�necessita��di�adottare�specifiche�misure�protezionistiche�,�allo�stesso�tempo,�tutta-
via,�raccomanda�che�in�attesa�di�risultati�scientifici�certi�e�concorsi�tra�loro,�ci�sia��una�stretta�
aderenza�alle�norme�nazionali�ed�internazionali�,�S.�Celozzi,�L'esposizione�a�lungo�termine�a�
campo�magnetico�di�bassa�frequenza�e�debole�intensita�,in�Gazzetta�Ambiente,�n.�4,�luglio-agosto,�
I.P.Z.S.,�1999,�37.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

La�struttura�organizzativa�si�compone�di�un�organo�consultivo,�il�Comi-
tato�Internazionale�Consultivo�(IAC)�e�di�uno�scientifico.�Lo�IAC�e�compo-
sto�dai�rappresentanti�dei�governi�che�hanno�finanziato�il�progetto,�tra�cui�
rientra�l'Italia.�

CENELEC 
e 
CEI. 
Il�Cenelec�(European�Commette�For�Electrotechnical�
Standardazation),�e�una�organizzazione�a�livello�europeo�che�emette�docu-
menti�di�armonizzazione�sulla�tecnologia�elettronica.�

Le�regole�tecnico-scietifiche,�infatti,�devono�essere�adattate�nella�norma-
tiva�dell'Unione�Europea,�per�poi�essere�a�loro�volta�tradotte�ed�inserite�nelle�
disposizioni�nazionali.�

In�Italia�l'ente�deputato�a�cio�(cosiddetto�ente�normalizzatore)�e�il�CEI�
(Centro�Elettronico�Italiano).�

Tramite�il�Comitato�tecnico�111��Human 
expousure 
to 
electromagneticn-
fields��il�CENELEC�ha�redatto�una�pre-norma�per�la�protezione�del�pub-
blico�e�dei�lavoratori�dall'influenza�diretta�e�indiretta�dei�campi�elettrici,�
magnetici�ed�elettromagnetici�prodotti�nella�gamma�di�frequenza�da�0�a�300�
GHz.�Nella�prima�parte�si�trovano�le�indicazioni�relative�ai�campi�elettrici�e�
magnetici�a�bassa�frequenza�(24).�

ISS 
E 
ISPESEL. 
L'ISS�(Istituto�Superiore�di�Sanita�)�e�l'ISPESEL�(Istituto�
per�la�prevenzione�e�sicurezza�sul�lavoro),�entrambe�organizzazioni�governa-
tive,�hanno�adottato�il�29�gennaio�1998�un�documento�congiunto��Sulla�pro-
blematica�della�protezione�dei�lavoratori�e�della�popolazione�dalle�esposizioni�
a�campi�elettrici�e�magnetici�ed�a�campi�elettromagnetici�a�frequenze�com-
prese�tra�0Hz�e�300�GHz�.�

Nella�parte�introduttiva�e�precisato�che�il�documento�viene�adottato�
congiuntamente�dai�due�istituti�come�frutto�di�un�necessario�confronto�
mirante�a�chiarire�le�rispettive�posizioni�ed�individuare�le�linee�di�azioni�
comuni�nell'interesse�generale�dei�cittadini,�nonche�in�vista�della�delicata�atti-
vita�di�consulenza�scientifica�che�i�suddetti�istituti�prestano�al�gruppo�di�
lavoro�interministeriale�per�la�legge�quadro�(25).�

(24)�I�limiti�previsti�sono�di�50�Hz,�per�gli�impianti�di�trasmissione�e�distribuzione�di�energia�
elettrica�e�di�utilizzazione�dell'energia�nelle�sue�molteplici�applicazioni,�quelli�a�frequenza�diversa�
generati�da�sorgenti�diffuse�quali�i�sistemi�di�trazione�in�corrente�continua�ed�alternata�o�apparec-
chiature�utilizzate�a�livello�industriale�(es.�riscaldamento�dei�materiali).�I�limiti�sono�previsti�per�
quanto�concerne�le�basse�frequenze:�per�il�campo�elettrico,�per�quello�magnetico�e�per�la�densita�
di�corrente.�Inoltre�i�valori�sono�diversi�per�la�popolazione�e�i�lavoratori.�Tali�limiti�sono�abba-
stanza�alti,�basti�pensare�che�il�campo�magnetico�per�la�popolazione�non�deve�essere�oltre�i�0,6�
mT�e�per�i�lavoratori�di�1�,6�mT:�i�suddetti�limiti�sono�efficaci�per�una�tutela�dagli�effetti�a�breve�
termine,�ma�non�a�lungo,�CNR,�CEI,�Norma�Europea�Sperimentale,�in�Dossier 
Inquinamento 
elet-
tromagnetico,�Legambiente,�Roma,�1999,�parte�quinta.�
(25)�ISS-ISPESEL,��Documento�congiunto�dell'Istituto�Superiore�per�la�Prevenzione�e�la�
Sicurezza�del�Lavoro�e�dell'istituto�Superiore�di�Sanita�sulla�problematica�della�protezione�dei�

DOTTRINA�279 


F)�Le 
strade 
per 
l'equilibrio: 
la 
sinergia 
tra 
gli 
organi 
istituzionali. 


Analizziamo�ora�quali�possono�essere�gli�strumenti�che�consentono�
all'operatore�del�diritto�e�all'amministratore�di�intervenire�e�di�trovare�la�
soluzione�piu�equilibrata�che,�forse,�non�assicurera�la�piena�soddisfazione�
degli�interessati�ma�potra�,�almeno,�evitare�l'eccessivo�acuirsi�dei�conflitti�a�
livello�politico-istituzionale.�

Le�soluzioni�possibili�sono�state�esplorate�con�riferimento�precipuo�ai�
classici�strumenti�dell'ordinamento�giuridico:�quello�amministrativo,�giurisdi-
zionale�e�infine�legislativo.�

Soluzioni 
giurisprudenziali 


Gli�organi�giurisdizionali�sono�stati�i�primi�a�livello�istituzionale�ad�
occuparsi�del�problema�elettrosmog. 


I�cittadini,�i�comitati,�le�associazioni�ambientalistiche�e�protezionistiche�
hanno�pensato�di�rivolgersi�agli�organi�giudiziari�per�tutelarsi�dai�pericoli�e�
dai�rischi�di�cui�parlava�una�certa�letteratura�scientifica.�Come�sempre�
accade�per�un�nuovo�problema,�si�registra�un'evoluzione,�un�cambiamento�
che�va�nella�direzione�di�un�rafforzamento�della�tutela.�

Le�prime�sentenze�risalgono�agli�anni�ottanta,�ma�sara�soprattutto�negli�
anni�novanta�che�aumenteranno�le�cause�con�tale�oggetto.�

Quella�che�prima�era�una�problematica�conosciuta�da�pochi,�oggi�e�una�
delle�piu�discusse.�

I�giudici,�sia�amministrativi�sia�ordinari,�sono�stati�chiamati,�a�partire�
dalla�meta�degli�anni�novanta,�ad�affrontare�numerose�questioni�in�ordine�
al�problema�dei�campi�elettromagnetici,�assumendo,�in�materia,�contrastanti�
posizioni.�

A�livello�giurisdizionale�partendo�dall'analisi�dei�casi�giurisprudenziali�
relativi�all'inquinamento�elettromagnetico,�l'ordinamento�offre�delle�possibi-
lita�:�da�quello�civile,�a�quello�penale�e�amministrativo,�art.�674�c.p.�

E�opportuno�fare�un�distinguo�tra�cause�civili,�amministrative�e�penali.�

Giurisprudenza 
civile 
e 
tutela 
cautelare 


La�generica�pericolosita�delle�onde�elettromagnetiche�era�gia�nota�nel�
1979�alla�Corte�di�Cassazione,�la�quale�inseriva,�tra�le�immissioni�suscettibili�
di�divieto�ai�sensi�dell'art.�844�c.c.,�le�correnti�elettriche�e�le�onde�elettroma-
gnetiche,�in�quanto�idonee�ad�incidere�sull'organismo�umano�(26).�

lavoratori�e�della�popolazione�dalle�esposizioni�a�campi�elettrici�e�magnetici�ed�a�campi�elettroma-
gnetici�a�frequenze�comprese�tra�0Hz�e�300GHz,�in�Dossier 
Inquinamento 
Elettromagnetico,�
Legambiente,�Roma,�1999.�

(26)�Cass.�6�marzo�1979,�n.�1404.�In�termini�di�inquinamento�da�onde�elettromagnetiche�si�
esprimeva�anche�il�T.A.R.�Veneto,�18�novembre�1982,�n.�878,�in�T.A.R.,�1983,�I,�187�e,�di�recente,�
il�Trib.�Como,�22�gennaio�2002,�n.�1146�e,�piu�di�recente,�T.A.R.�Veneto,�Sez.�II,�13�febbraio�
2001,�n.�236,�in�Giur. 
di 
merito,�2001,�III,�749,�con�nota�di�F.�Patruno,�Considerazioni 
sull'inquina-
mento 
elettromagnetico 
e 
sulla 
recente 
legge-quadro.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Alla�prima�categoria�sono�rapportabili�la�maggior�parte�delle�prime�
ordinanze�emesse,�ovvero�quelle�che�vanno�dall'inizio�anni�novanta�fino�alla�
meta�,�mentre�notevole�e�stato�il�ricorso�alla�giurisdizione�amministrativa�nel�
periodo�successivo.�

Oggi�molte�controversie�svolgono�anche�davanti�al�giudice�penale.�

Il�primo�caso�che�ando�in�un'aula�giudiziaria�fu�la�costruzione�di�un�elet-
trodotto�ad�altissima�tensione,�380�kv,�da�realizzarsi�nei�Comuni�della�Versi-
lia,�nelle�province�di�Lucca�e�Pisa.�

Iniziarono�davanti�allo�stesso�Pretore�due�procedimenti,�uno�penale�e�
uno�civile.�

Il�pretore�emise�l'ordinanza�di�non�attivazione�accogliendo�le�richieste�
degli�attori�(rappresentante�locale�del�WWF�e�proprietari�terrieri�su�cui�l'elet-
trodotto�sarebbe�dovuto�passare).�L'ordinanza�della�Pretura�fece�scuola�eda�
allora�numerose�sono�state�le�cause�intraprese.�

La�tutela�cautelare�rappresenta�lo�strumento�giurisdizionale�maggior-
mente�utilizzato�ai�fini�dell'intervento�nelle�controversie�riguardanti�la�peri-
colosita�dei�campi�elettromagnetici.�

La�maggior�parte�delle�decisioni�in�materia�e�di�tipo�cautelare,�proprio�
per�il�carattere�preventivo�che�connota�tale�forma�di�tutela.�

Lo�scopo�da�raggiungere�a�livello�giurisdizionale,�per�che�lamenta�la�
lesione�del�diritto�alla�salute,�e�ottenere�un�provvedimento�che�garantisca�la�
cessazione�della�situazione�pericolosa.�

I�tempi�del�processo�sono�lunghi:�e�importante�agire�il�prima�possibile,�
prima�che�il�danno�si�sia�verificato.�

Naturalmente,�tra�le�azioni�cautelari�previste�dal�codice�di�rito,�quella�
utilizzata�dai�ricorrenti�e�l'azione�cautelare�atipica�prevista�dall'art.�700�

c.p.c.�(27).�
Nei�primi�anni�novanta�si�registra�una�tendenza�dei�giudici�a�respingere�
le�richieste�di�una�tutela�cautelare�ex 
art.�700�c.p.c.�al�fine�di�intervenire�sugli�
elettrodotti�costruiti�o�in�fase�di�costruzione.�
Se�non�erano�le�Preture�a�respingere�le�richieste,�le�ordinanze�venivano�
revocate�dai�Tribunali.�
La�giurisprudenza,�tuttavia,�e�,�in�genere,�poco�propensa�ad�accordare�la�
tutela�cautelare�ex 
art.�700�c.p.c.�chiesta�al�fine�di�rimuovere�apparecchiature�
idonee�a�produrre�onde�elettromagnetiche,�sul�presupposto�della�non�suffi-
cienza�di�un�rischio�generico�(28).�

(27)�La�funzione�dell'art.�700�e�proprio�quella�di�munire�di�tutela�sommaria�urgente�tutti�i�
diritti�riconosciuti�dall'ordinamento,�indipendente�dalla�norma�che�attribuisca�il�diritto�di�azione�
in�merito�al�singolo�diritto�e�a�ciascuna�violazione,�A.�Protopisani, 
Lezioni 
di 
diritto 
Processuale 
Civile,�Jovene,�Napoli,�1996,�691.�
(28)�Trib.�di�Lucca,�5�marzo�1990,�in�Rass. 
giur. 
energia 
elettrica,�1990,�523.�

DOTTRINA�281 


Un�orientamento�giurisprudenziale,�minoritario,�ha�ritenuto�di�disappli-
care�l'applicazione�dei�valori-limite�attualmente�vigenti,�a�livello�nazionale,�
per�espressa�previsione�della�legge�7�febbraio�2001,�n.�36�e�ha�imposto�lo�
spostamento�dell'elettrodotto�o�la�limitazione�dei�valori�di�corrente�che�tran-
sitano�sulle�linee�elettriche�(29).�

L'inosservanza�dei�limiti�previsti�a�livello�legislativo�scaturisce�dall'esi-
genza�di�garantire�quanto�piu�possibile�la�salute�dei�cittadini.�

Il�Tribunale�di�Padova,�con�pronuncia�del�17�novembre�1998,�n.�465�(30),�
ha�imposto�la�limitazione�a�100A�del�valore�della�corrente�che�percorre�un�
impianto�a�132�kV,�nel�presupposto�che�a�tale�valore�il�campo�elettromagne-
tico,�pur�eccedendo�di�poco�gli�0,2�mt,�non�produca�effetti�nocivi�per�gli�
esposti.�

Il�suddetto�orientamento�ritiene�non�vincolanti�i�limiti�legislativi�in�
quanto�non�astrattamente�preclusivi�di�indagini�sulla�causalita�specifica.�

Il�Tribunale�di�Milano�ha�ammesso�la�tutela�cautelare��allo�scopo�di�
prevenire�danni�provocati�dall'esposizione�a�campi�elettromagnetici�,�eper�
tutelare�il�diritto�fondamentale�della�salute�che�lo�stadio�attuale�delle�ricerche�
scientifiche�ritiene,�seppure�in�maniera�non�sicura,�essere�gravemente�minac-
ciato�da�tale�esposizione�(31).�

Si�deve�segnalare�la�sentenza�della�Cassazione�n.�9893�del�2000�(32)�che,�
sul�presupposto�della�supposta�notorieta�delle�onde�elettromagnetici�(gene-
rate,�nel�caso�specifico,�da�un�elettrodotto)�ha�ritenuto�ammissibile�l'emis-
sione�di�una�pronuncia�inibitoria�qualora,�anche�prima�che�l'opera�pubblica�
sia�messa�in�esercizio,�sia�possibile�accertare�che�e�insito�un�pericolo�(e�non�
gia�un�pregiudizio�attuale)�per�la�salute�umana.�

Altra�parte�della�giurisprudenza,�maggioritaria,�ha�ritenuto�invece�che,�
rispettate�le�prescrizioni�del�citato�decreto�del�Presidente�del�Consiglio�dei�
Ministri�del�1992�nonche�delle�Raccomandazioni�espresse�in�materia�dai�vari�
Organismi�internazionali,�e�in�assenza�di�prove�scientifiche�certe�circa�il�rap-
porto�di�causalita�tra�esposizione�ai�campi�elettromagnetici�ed�effetti�a�lungo�

(29)�Cfr.�Trib.�Reggio�Calabria,�30�gennaio�2001,�in�Rass. 
giur. 
energia 
elettrica,�2001,�279:�ha�
ritenuto�ammissibile�la�domanda�cautelare�di�sospensione�dei�lavori�di�realizzazione�di�una�cabina�
elettrica,�in�quanto�finalizzata�alla�tutela�del�personalissimo�e�costituzionalmente�garantito�diritto�
alla�salute�individuale�che�si�assume�minacciato�da�immissioni�pregiudizievoli�di�onde�elettroma-
gnetiche.�
(30)�Trib.�Padova,�17�novembre�1998,�in�Guida 
al 
diritto,�1999,�n.�38,�14.�
(31)�Trib.�Milano,�7�ottobre�1999,�in�Foro 
it.,�2001,�141.�Cfr.�sul�punto�G.D.�Comporti,�
Amministrazioni 
e 
giudici 
sull'onda 
dell'elettrosmog, 
in�Foro 
Amm., 
2001,�IX,�2455.�
(32)�Cass.�27�luglio�2000,�n.�9893,�in�Foro 
it.,2001,�I,�141�e�in�Corr. 
giur.,�2001,�200,�in�Danno 
e 
resp.,�2001,�38,�con�nota�di�G.�DE 
Marzo,�Inquinamento 
elettromagnetico 
e 
tutela 
inibitoria 
ein�
Urb. 
e 
app.,�2001,�162,�con�nota�di�G. 
Manfredi,�L'�irresistibile� 
diritto 
alla 
salute 
e 
la 
tutela 
dal-
l'inquinamento 
elettromagnetico.�Sui�profili�causalistici�cfr.�cap.4�pr.�XII.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

termine�dell'esposizione�stessa,�non�sia,�allo�stato,�ipotizzabile�la�violazione�
del�diritto�alla�salute�(33).�

In�particolare,�il�Tribunale�di�Milano�ha�osservato�che,�essendo�interve-
nuta�la�legge�n.�36�del�2001�recante�norme�di�tutela�dalle�onde�elettromagne-
tiche,�non�sia�consentito�al�giudice,�che�ravvisi�una�possibile�lesione�alla�
salute�per�effetto�dei�campi�elettromagnetici�generati�da�tali�onde,�procedere�
alla�disapplicazione�dei�limiti�esistenti�(transitoriamente�quelli�stessi�di�cui�
al�decreto�del�Presidente�del�Consiglio�dei�Ministri�23�aprile�1992)�ormai�
costituenti�norma�primaria�(34).�

Giurisprudenza�amministrativa�

In�via�di�principio�nella�materia�dell'inquinamento�elettromagnetico�
oggetto�della�tutela�risulta�essere�il�bene�salute�previsto�e�riconosciuto�dalla�
nostra�Costituzione.�

Si�tratta�di�un�diritto�soggettivo,�fondamentale�e�irrinunciabile:�la�giuri-
sdizione�spetta�al�giudice�ordinario.�

Cio�non�significa�che�anche�il�giudice�amministrativo�non�possa�accor-
dare�tutela:�in�proposito�sono,�naturalmente,�diversi�i�presupposti�e�i�motivi�
che�consentono�di�radicare�l'azione�innanzi�a�tale�giudice.�

Lo�Stato�e�gli�enti�territoriali�sono�deputati�a�svolgere�un�ruolo�impor-
tante:�concedere�autorizzazioni�alla�costruzione�e�all'attivazione�di�elettro-
dotti,�di�impianti�di�telefonia�mobile,�ecc.�

Il�ricorso�alla�giustizia�amministrativa�si�legittima�in�virtu�della�viola-
zione�di�un�interesse�legittimo�ed�e�caratterizzato�dalla�richiesta�di�annulla-
mento,�revoca�o�modifica�di�un�atto�amministrativo.�

Il�ricorso�e�proponibile�nel�caso,�ad�esempio,�di�inquinamento�elettro-
magnetico�prodotto�da�un�elettrodotto�o�da�un�impianto�di�telefonia�
mobile,�in�quanto�e�necessario�il�compimento�di�un�procedimento�ammini-
strativo�ai�fini�della�autorizzazione�alla�costruzione�e�messa�in�opera�del-
l'impianto.�

La�sfera�del�giudice�amministrativo,�dunque,�riguarda�la�parte�procedu-
rale�prevista�da�un�complesso�di�leggi�a�garanzia�di�una�serie�di�interessi�pub-
blici:�la�salute�e�non�solo�un�diritto�garantito,�ma�anche�un�interesse�che�l'or-

(33)�Trib.�Parma,�22�luglio�2000�e�Trib.�Barcellona�Pozzo�di�Gotto,�29�giugno�2000,�in�Danno�
e�resp.,�2001,�408,�con�nota�di�R.�DI 
Legami,�Antenne�per�telefonia�cellulare,�elettrosmog�e�danno�
alla�salute.�La�sentenza�del�Tribunale�di�Parma�stabilisce�che�l'osservanza�dei�limiti�di�esposizione�
alle�onde�elettromagnetiche�previsti�dal�d.m.�10�settembre�1998,�n.�381,�fa�venir�meno�l'elemento�
del�periculum�in�mora�necessario�per�l'emanazione�di�un�provvedimento�cautelare�richiesto�ex�art.�
700�c.p.c.�al�fine�di�far�rimuovere�o�per�lo�meno�disattivare�una�stazione�radio-base�per�telefonia�
cellulare.�Cfr.�anche�T.�DallA 
Massara,�Due�pronunce�in�tema�di�elettrosmog:�ovvero�dei�ragione-
voli�limiti�di�un�approccio�generalizzante�di�fronte�alla�specificita�del�caso�concreto,�in�Giur.�It.,�
2001,�2063.�
(34)�Trib.�Milano,�28�luglio�2001,�in�Rass.�giur.�energia�elettrica,�2001,�269,�con�nota�di�
Nobili.�

DOTTRINA|283 


dinamento|ha|il|dovere|di|perseguire.Tutte|le|sentenze|dei|TAR,|in|merito,|
hanno|avuto|quale|oggetto|del|processo|un|atto|della|P.A.|riguardante|il|pro-
cedimento|per|l'autorizzazione.|

Si|sono|fatti|valere|vizi|di|legittimita�|per|raggiungere|lo|stesso|scopo|di|
un|provvedimento|giurisdizionale|emesso|dal|giudice|civile:|la|non|edificabi-
lita�|,|la|non|attivazione|dell'elettrodotto|o|l'inibizione|dall'esercizio|(35).|

Il|giudice|amministrativo|puo�|,|dunque,|in|sede|di|verifica,|valutare|che|
interessi|ambientali|e|il|bene|salute|siano|considerati(36).|

Una|delle|problematiche|affrontate|dai|TAR|nelle|suddette|controversie|
riguarda|innanzi|tutto|il|potere|del|giudice|amministrativo|ed|i|suoi|limiti.|

Il|G.A.,|infatti,|non|puo�|sostituirsi|alla|P.A.,|esercitare|il|potere|di|deter-
minazione|di|cui|essa|e�|titolare|e,|conseguentemente,|non|puo�|modificare|gli|
atti|da|questa|posti|in|essere|o|eseguire|compiti|spettanti|alla|medesima:|il|
suo|ruolo|consiste|in|un|controllo|di|legittimita�|e|talvolta|di|merito|sugli|atti.|

La|giurisprudenza|in|relazione|a|questo|profilo|e|agli|elettrodotti|e�|stata|
ferma|nello|specificare|che|il|potere|del|giudice|non|potra�|mai|essere|quello|
di|stabilire|la|validita�|del|tracciato.|Le|scelte|progettuali|sono|esplicazione|
di|potesta�|tecnico-amministrativa-discrezionale,|non|censurabile|in|sede|di|
giudizio|di|legittimita�|,|se|non|per|illogicita�|e|manifesta|irrazionalita�|delle|
scelte|(37).|

Il|giudice|non|puo�|giudicare|la|scelta|fatta|nel|merito,|in|quanto|con|cio�|
eserciterebbe|una|funzione|amministrativa(38):|puo�|solo|rilevare|se|le|scelte|
sono|state|fatte|con|ragionevolezza.|

Altra|ipotesi|in|cui|il|G.A.|puo�|intervenire,|oltre|che|nei|casi|di|eccesso|
di|potere|e|di|incompetenza,|e�|la|violazione|di|legge:|in|un|procedimento|cos|�|
scadenzato|e|complesso|non|e�|difficile|rinvenire|ipotesi|che|integrano|tale|
vizio.|

(35)|L'autorizzazione|per|la|costruzione|di|un|elettrodotto|e�|solo|l'atto|finale|di|un|procedi-
mento|complesso|costituito|da|una|serie|di|subprocedimenti.|Accanto|al|procedimento|di|autoriz-
zazione|e�|stata|inserita|la|procedura|di|impatto|ambientale.|Le|competenze|sono|ritagliate|tra|lo|
Stato|e|gli|enti|territoriali,|chiamati|a|partecipare|al|fine|di|garantire|il|rispetto|dei|diversi|interessi|
pubblici.|cfr.|A.G.,|Rischi�(potenziali)�da�elettrosmog�e�proprieta�condominiale,in|Diritto�e�Giusti-
zia,|2002,|6,|8.|
(36)|Cfr.|Tar|Veneto,|sez.|II,|13|febbraio|2001,|n.|236,|e|U.|Russo,|Inquinamento�elettroma-
gnetico�eprincipio�diprecauzione,in|Resp.�civ.�e�prev.,|2001,|1267.|
(37)|F.|Patrono,|Considerazioni�sull'inquinamento�elettromagnetico�e�sulla�recente�legge-qua-
dro,in|Giur.�di�Merito,|2001,|III,|749;|TAR|Veneto,|Sez.|II,|13|febbraio|2001,|n.|236,|in|Riv.�Giur.�
ambiente,|2000,|119|ss,|con|nota|di|Ceruti, 
Inquinamento�elettromagnetico�e�salute�umana:�ilpro-
blema�dellasindacabilita�giudizialedellenorme�tecnichesullabase�delprincipioprecauzionaleaval-
lato�da�Cons.�St.,�ord.�28�settembre�1999,�n.�1737.�
(38)|Sintomatica|la|sentenza|del|TAR|Veneto,|18|maggio|1994,|n.|550,|in|Rass.�Giur.�dell'En.�
Elettrica.,|1995,|245:|�La|soluzione|del|tracciato|prescelta|dall'ENEL|non|puo�|formare|oggetto|
di|censura,|dato|che|una|tale|scelta|si|rapporta|all'esplicazione|di|potesta�|tecnico|amministrativa,|
sindacabile|dal|giudice|amministrativo|solo|in|ipotesi|di|manifesta|irrazionalita��.|Stessa|argomen-
tazione|e�|adottata|dal|TAR|Lombardia,|14|maggio|1994,|n.|302,|in|Rass.�giur.�dell'En.�Elettrica,|
1994,|247.|

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Il�controllo�del�rispetto�delle�norme�istruttorie�offre�occasione�al�giudice�
di�verificare�se�effettivamente�sono�stati�presi�in�considerazione�tutti�gli�
aspetti.�

Il�momento�istruttorio,�nella�procedura�ricopre�una�rilevanza�partico-
lare,�considerato�che�e�in�questa�sede�che�vengono�in�rilievo�tutte�le�compo-
nenti�relative�alla�costruzione�dell'impianto,�all'impatto�sull'ambiente�e�sul�
territorio,�e�alla�sua�collocazione�urbanistica.�

Inoltre,�attraverso�il�controllo�della�motivazione�ed�il�suo�eventuale�vizio�
il�giudice�ha�la�facolta�di�valutare�se�l'Amministrazione�nel�decidere�abbia�
tenuto�conto�della�reale�necessita�di�costruire�un�elettrodotto�in�quella�zona,�
se�erano�presenti�i�presupposti�richiesti�dalla�normativa�vigente,�se�la�scelta�
e�stata�coerente�con�le�risultanze�istruttorie.�

A�cio�si�aggiunga�che�la�tutela�della�salute,�oltre�ad�essere�prevista�a�
livello�costituzionale,�e�parte�integrante�dell'ordinamento�giuridico.�Basti�
pensare�che�la�legge�23�dicembre�1978�n.�833�prevede�tra�i�fini�dello�Stato�
quello�di�garantire�condizioni�uniformi�di�salute�su�tutto�il�territorio�nazio-
nale.�

La�salute,�dunque,�e�non�solo�un�diritto�garantito,�ma�anche�un�interesse�
che�l'ordinamento�ha�il�dovere�di�perseguire:�cio�consente�che�possa�essere�
parametro�di�valutazione�e�di�giudizio�anche�nel�procedimento�amministra-
tivo�e�successivamente�in�sede�processuale�(39).�

L'aspetto�salute�e�venuto�in�rilievo�in�modo�esplicito�nella�normativa�
sugli�elettrodotti�con�il�d.p.c.m.�del�23�aprile�1992:�da�allora�e�opinione�giuri-
sprudenziale�che�tale�normativa�rientri�tra�quella�che�deve�essere�rispettata�
nella�procedura�di�autorizzazione�alla�costruzione�degli�impianti�(40).�

Tra�gli�elementi�di�legittimita�dell'atto�autorizzatorio�e�necessario,�per-
tanto,�verificare�anche�il�rispetto�della�normativa�apposita�dettata�in�materia�
di�esposizioni�alle�radiazioni�non�ionizzanti,�vale�a�dire�il�d.p.c.m.�23�aprile�
1992�e�il�d.p.c.m.�1995�per�le�azioni�di�risanamento�e,�naturalmente,�la�

(39)�TAR�Lombardia,�3�novembre�1994,�n.�618,�in�Rass. 
Giur. 
En. 
Elettrica:��La�salute�costi-
tuisce�un�diritto�inviolabile�dei�cittadini�direttamente�ed�un�interesse�fondamentale�della�colletti-
vita�come�sancito�dall'art.�32�della�Costituzione�e�dalla�legge�833�del�1978,�pertanto,�ne�e�indispen-
sabile�assicurare�la�tutela�anche�in�sede�di�realizzazioni�degli�impianti�elettrici�.�
(40)�C'e�,�tuttavia,�perplessita�in�dottrina�circa�il�ricorso�smodato�al�giudice:��...�il�giudice�
finira�per�operare�piu�come�fattore�di�compensazione�di�incertezze�sociali�e�culturali,�che�come�
organo�di�composizione�di�liti�e�delle�relative�incertezze�giuridiche,�facendosi�cos|�carico�di�una�
non�meglio�definita�funzione�di�supervisione�tecnica�degli�approdi�teorici�della�comunita�scienti-
fica�e�della�funzione�di�valutazione�e�selezione�degli�interessi�meritevoli�di�tutela,�che�sono�estra-
nee�al�proprio�bagaglio�culturale�ed�al�proprio�mandato�...���In�definitiva,�se�i�giudici�rivendicano�
un�ruolo�forte�di�mediatori�e�garanti�di�ultima�istanza�dei�valori�in�gioco,�ed�operano�cos|�quali�
moltiplicatori�del�contenzioso,�le�amministrazioni�tendono�a�rinunciare�alle�proprie�prerogative�e�
contribuiscono�a�loro�volta�alla�inflazione�delle�regole�e�dei�vincoli�esistenti,�ingenerando�cos|�
ulteriore�incertezza�e�contenzioso�,�G.D.�Comporti, 
Amministrazioni 
e 
giudici 
sull'onda 
dell'elet-
trosmog,in�Foro 
Amm.,�2001,�IX,�2455.�

DOTTRINA�285 


recente�legge�quadro.�Di�recente�il�Tar�Toscana�e�il�C.d.S.�hanno�affrontatoil�
problema�(41).�

Giurisprudenza�penale�

La�tutela�penale�e�,�tra�le�forme�apprestate�dall'ordinamento�giuridico,�
quella�che�consente�meno�spazio�d'azione�in�merito�alla�tutela�della�
salute.�

La�difficolta�e�dovuta�alle�peculiarita�della�norma�penale,�caratterizzata�
dal�principio�di�tassativita�e�di�legalita�:�non�e�facile�individuare�i�soggetti�
responsabili,�in�quanto�gli�effetti�sono�prodotti�dagli�impianti,�che�vengono�
costruiti�a�seguito�di�un�complesso�iter�procedurale�con�competenze�asse-
gnate�a�diversi�soggetti.�

Le�norme�penali�per�poter�essere�applicate�richiedono�che�sussistano�nel�
concreto�tutti�gli�elementi�della�fattispecie,�sia�quelli�soggettivi�che�quelli�
oggettivi.�

Le�ipotesi�di�reato�prospettate,�fino�ad�ora,�interessano�gli�artt.�650�c.p.�
(diretto�a�garantire�il�rispetto�dei�provvedimenti�dell'Autorita�pubblica),�323�
(abuso�d'ufficio),�328�(omissione�di�atti�d'ufficio),�590�(lesioni�colpose),�674�
(getto�pericoloso�di�cose),�675�(collocamento�pericoloso�di�cose)(42),�591�

c.p.�(lesioni�con�decesso)�(43).�
Il�ricorso�alla�sanzione�penale�non�costituisce�lo�strumento�in�grado�di�
risolvere�il�problema�nel�campo�ambientale.�
La�norma�penale�puo�aiutare,�ma�a�monte�l'ordinamento�giuridico�
dovrebbe�apprestare�un'accurata�disciplina.�

Soluzioni�amministrative�

Vediamo�ora�come�il�principio�di�precauzione�e�di�prudenza�viene�adat-
tato�all'attivita�amministrativa.�

A�livello�amministrativo�e�stato�fatto�riferimento�alla�centralita�della�
valutazione�di�impatto�ambientale�come�luogo�di�incontro�e�di�sintesi�degli�
interessi�emergenti;�accanto�a�questa�si�e�prospettata�l'ipotesi�di�un�approccio�

(41)�A.�Contaldo,�Ancora�in�tema�di�elettrosmog�da�antenneper�la�telefonia�mobile�(nota�a�
Tar�Toscana,�sez.�I,�15�gennaio�2001),�in�Dir.�Informazione�e�informatica,�2001,�249.�
(42)�Cass.�29�novembre�1999,�sez.�I,�in�http:www.Diritto�e�Ambiente.it.;�L.�Ramacci,�Tutela�
penale�contro�l'inquinamento�da�campi�elettromagnetici,in�Nuovo�diritto,1997,�119.�
(43)�F.�Forzati,�La�tutela�penale�del��diritto�alla�salute�,�fra�evoluzione�tecnologica�e�nuovi�
modelli�di�responsabilita�:�riflessioni�ai�margini�del�recente�dibattito�in�materia�di��elettrosmog�,�in�
Legalita�e�giustizia,�1999,�296,�S.�Maglia,�Ilpuntonormativo�egiurisprudenzialesulc.d.�elettro-
smog�da�radiotrasmissione�e�telefonia�cellulare,�in�Riv.�Pen.,�1999,�231,�C.�Flik,�Elettrosmog.�L'e-
missionedicampielettromagneticinonpuo�configurare��gettopericoloso�dicose��(rif.�a�Cass.,�sez.�
I�pen.,�30�gennaio�2002�(ud.);�27�febbraio�2002�(dep.)�n.�353),�in�Rass.�Giur.�Ener.�Elettrica,�2002,�
145.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

negoziale,�di�una�concertazione�ambientale�come�fase�preliminare�o�sostitu-
tiva�dellaVIA�per�i�casi�in�cui�questa�non�e�prevista(44).�

In�Italia�e�nell'unione�Europea�

A�livello�amministrativo�la�via�percorribile�e�il�procedimento�ammini-
strativo,�luogo�deputato�a�divenire�luogo�di�confronto�dei�vari�interessi�in�
gioco.�

La�legge�del�7�agosto�1990,�n.�241,�assegna�al�procedimento�tale�ruolo�
e,�in�particolare�prevede�che�nelle�procedure�attivate�per�la�tutela�ambien-
tale,�paesaggistico-territoriale�e�della�salute�dei�cittadini,�non�sia�possibile�
utilizzare�le�forme�e�gli�strumenti�della�semplificazione�amministra-
tiva(45).�

Si�evince�l'importanza�di�questi�aspetti,�tali�da�non�poter�essere�trattati�
con�procedure�semplificate,�in�quanto�il�pericolo�sarebbe�quello�di�non�
garantire�una�reale�valutazione�degli�interessi�e�quindi�una�decisione�il�piu�
possibile�adeguata�alle�esigenze�e�alla�realta�concreta.�

Se�la�legge�del�1990�evidenzia�la�rilevanza�dell'interesse�ambientale�e�
della�salute�durante�le�valutazioni�che�l'amministrazione�e�chiamata�a�fare,�
la�direttiva�del�27�giugno�1985,�n.�85/337�ha�previsto�un�procedimento�tipico�

(44)�Come�ha�precisato�la�Cassazione�(Cass.�civ.�sez.�I,�9�aprile�1992,�n.�4362,�in�Mass.�Giur.�
it.,�1992)�l'ambiente�costituisce�un�insieme�che�pur�comprendendo�vari�beni�o�valori�(flora,�fauna,�
suolo,�le�acque),�si�distingue�ontologicamente�da�questi�e�si�identifica�con�una�realta�priva�di�con-
sistenza�materiale,�ma�espressiva�di�un�autonomo�valore�collettivo.�Si�tratta,�dunque,�di�una�
nozione�unitaria�che�trascende�i�singoli�beni�che�lo�compongono.
E�un�bene�immateriale�ma�giuridicamente�riconosciuto�e�tutelato�nella�sua�unitarieta�(Cass.�
civ.,�sez.�un.,�25�gennaio�1989,�n.�440,�in�Giust.�civ.,�1989,�I,�560,�con�nota�di�Postiglione,�in�Cor-
riere�Giur.,�1989,�505,�con�nota�di�Giampietro�e�in�Foro�It.,�1990,�I,�232).�

Anche�la�Corte�costituzionale,�con�sentenza�n.�641�del�1987�(Corte�cost.,�30�dicembre�1987,�n.�
641,�in�Giur.�It.,�1988,�I,�1,�1456),�ha�precisato�che�l'ambiente�presenta�la�caratteristica�di�bene�uni-
tario,�appartenente�alla�categoria�dei�cosiddetti�beni�liberi,�fruibili�dalla�collettivita�e�dai�singoli,�
non�suscettibili�di�appropriazione.�

Il�danno�consiste�in�una�compromissione�dell'ambiente�che�puo�manifestarsi�in�una�altera-
zione,�deterioramento,�distruzione�totale�o�solo�parziale�(art.�18�legge�n.�349/1986).�Con�la�disci-
plina�della�responsabilita�per�danno�ambientale�prevista�dall'art.�18,�riconducibile�al�genere�di�
responsabilita�aquiliana�ex�art.�2043�c.c.,�il�legislatore�ha�inteso�soprattutto�tener�conto�della�
lesione�in�se�del�bene�ambientale.�

Il�danno�all'ambiente�cos|�come�previsto�dall'art.�18�legge�349/1989�e�definito�come�compro-
missione�dell'ambiente,�ma�anche�come�contestuale�offesa�alla�persona�umana�nella�sua�dimen-
sione�individuale�e�sociale.�

E�questo�il�motivo�per�cui�anche�il�singolo�puo�intervenire�nel�processo�penale�e�costituirsi�
parte�civile�in�quanto�fruitore�dell'ambiente,�al�cui�godimento�vanta�un�diritto�soggettivo�ineludi-
bile.�

Infatti�la�lesione�all'ambiente�puo�determinare,�con�effetti�istantanei�e�differenti�nel�tempo,�la�
lesione�di�altri�beni�di�carattere�personale�o�patrimoniale,�che�formano�oggetto�di�diritti�di�natura�
diversa,�appartenenti�a�singoli�privati�o�agli�stessi�enti�territoriali.�

(45)�R.�Ferrara,�Note�minime�sulla�valutazione�di�impatto�ambientale�nell'ordinamento�ita-
liano,�in�Sanita�pubblica,1997,�487.�

DOTTRINA�287 


conformato�allo�scopo�di�pervenire�alla�decisione�piu�equilibrata�possibile,�
che�prende�il�nome�di�Valutazione�di�Impatto�Ambientale�(VIA).�

La�VIA,�sorta�negli�Stati�Uniti,�individua,�descrive�e�valuta�conforme-
mente�agli�articoli�da�quattro�a�11,�gli�effetti�diretti�di�un�progetto�sui�
seguenti�fattori:�l'uomo,�la�fauna�e�la�flora,�il�suolo,�l'acqua,�l'aria,�il�clima�
e�il�paesaggio;�l'interazione�tra�i�suddetti�fattori,�i�beni�materiali�e�il�patrimo-
nio�culturale.�

La�VIA�e�lo�strumento�che�consente�di�verificare�preventivamente�l'im-
patto�globale�di�un'opera�o�di�una�certa�attivita�sull'ambiente.�

Tale�strumento�costituisce�la�positivizzazione�di�uno�dei�modi�in�cui�il�
criterio�di�prudenza�si�esplica�a�livello�di�diritto;�esso�traduce�l'esigenza�di�
rappresentare�preventivamente�eventi�potenzialmente�dannosi�(...)�per�la�cor-
rispondenza�dell'irreversibilita�di�alcuni�danni�(46).�

Dall'esame�dei�considerando�posti�nella�direttiva�emergono�i�principi�
che�hanno�ispirato�il�VIA,�tra�i�quali�si�rinvengono�la�protezione�della�salute�
umana�nonche�il�miglioramento�dell'ambiente�e�della�vita.�

La�VIA,�nella�sua�struttura,�dunque,�svolge�funzione�di�protezione�sani-
taria�e�di�tutela�dell'ambientale,�di�consentire�la�partecipazione�dei�cittadini,�
di�cooperazione�e�coordinamento,�al�fine�di�consentire�l'integrazione�dell'in-
teresse�ambientale�nei�processi�decisori�ed�infine�quella�di�garanzia�ed�effi-
cienza�dell'attivita�della�P.A.�(47).�

Il�ruolo�che�la�VIA�puo�ricoprire�e�strettamente�correlato�al�concetto�di�
progresso�e�sviluppo�che�si�riscontra�a�livello�culturale�e�giuridico:�in�un�con-
testo�che�considera�il�progresso�e�lo�sviluppo�come�illimitato,�la�VIA�ha�la�
funzione�precipua�di�mitigare�i�danni�e�i�costi�ambientali,�fungendo�da�ele-
mento�di�equilibrio�e�contribuendo�a�fornire�una�nozione�di�progresso�inteso�
come�sviluppo�sostenibile�e�coordinato�al�principio�di�prevenzione�e�di�pre-
cauzione�(48).�

Come�gia�accennato,�nella�valutazione�dell'opera�o�del�progetto�si�
devono�prendere�in�esame�tutte�le�soluzioni�possibili,�per�poi�scegliere�quella�
che�si�presenta�dal�punto�di�vista�ambientale�come�compatibile�e�non�si�
esclude�l'ipotesi�che�il�procedimento�si�concluda�con�il�divieto�di�intervenire�

o�di�realizzare�l'opera:�si�tratta�di�quella�che�viene�definita��l'opzione�zero�.�
Cio�consente�di�adottare�anche�soluzioni�radicali�nei�casi�piu�dubbi.�
(46)�A.�Caliguri, 
S. 
Gotti,�La 
localizzazione 
di 
impianti 
energetici 
e 
la 
tutela 
dell'ambiente 
e 
della 
salute,in�Rass. 
Giur. 
dell'Energia 
elettrica,�1987,�927.�
(47)�Idem.�La�molteplicita�di�funzioni�seguite�in�tale�procedura�dimostra�l'importanza�di�que-
sto�strumento�quando�necessiti�un�approccio�integrato,�in�grado�di�operare�una�sintesi�rispetto�ai�
molteplici�interessi,�cercando�di�realizzare�un�coordinamento�tra�di�essi.�
(48)�F.�Salvia, 
Ambiente 
e 
sviluppo 
sostenibile,in�Riv. 
giur. 
ambiente,�1998,�n.�2,�241.�Nella�
valutazione�dell'opera�o�del�progetto�si�devono�prendere�in�esame�tutte�le�soluzioni�possibili,�per�
poi�scegliere�quella�che�si�presenta�dal�punto�di�vista�ambientale�come�compatibile�e�non�si�
esclude�l'ipotesi�che�il�procedimento�si�concluda�con�il�divieto�di�intervenire�o�di�realizzare�l'opera:�
si�tratta�di�quella�che�viene�definita��l'opzione�zero�.�Cio�consente�di�adottare�anche�soluzioni�
radicali�nei�casi�piu�dubbi.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

La�direttiva�85/337�si�propone�anche�l'obiettivo�di�completare�e�coordi-
nare�piu��efficacemente�le�procedure�autorizzatorie:��la�valutazione�di�impatto�
ambientale�puo��essere�integrata�nelle�procedure�esistenti�di�autorizzazione�
dei�progetti�negli�stati�membri�ovvero,�in�mancanza�di�queste�in�altre�proce-
dure��(art.�2).�

Tale�previsione�consente�allo�Stato�di�scegliere�tra�una�procedura�di�VIA�
autonoma�o�come�fase�endoprocedimentale�di�un�procedimento�ordinario�
previsto�per�la�realizzazione�di�un'opera�per�altri�scopi.�

Lo�Stato�italiano�ha�optato�per�l'inserimento�della�VIA�nei�procedimenti�
gia��previsti�nell'atto�di�indirizzo�e�coordinamento�del�12�aprile�1996.�

L'art.�40�recita:��qualora 
per 
un 
medesimo 
procedimento, 
oltre 
alla 
valuta-
zione 
di 
impatto 
ambientalesiaprevisto 
ilrilascio 
dialtriprovvedimentirealiz-
zatori, 
si 
procede 
ll'unificazione 
ed 
all'integrazione 
dei 
relativi 
procedimenti�.�

L'opportunita��di�inserire�la�VIA�in�un�procedimento�autorizzatorio�del-
l'opera�e��stato�interpretato�da�una�parte�della�dottrina�come�l'occasione�per�
operare�una�razionalizzazione�dei�procedimenti�autorizzatori�vigenti�nel�set-
tore�energetico�ambientale(49).�

La�direttiva�comunitaria�e��stata�recepita�in�un�primo�momento�somma-
riamente�nella�legge�sull'istituzione�del�Ministero�dell'Ambiente,�poi�in�una�
serie�di�decreti�del�Presidente�del�Consiglio�dei�Ministri:�decreto�del�Presi-
dente�del�Consiglio�dei�Ministri�del�10�agosto�1988�e�decreto�del�Presidente�
del�Consiglio�dei�Ministri�del�27�dicembre�1988.�E�stato,�poi,�emanato�un�
Atto�di�indirizzo�e�coordinamento�con�il�d.P.R.�del�22�aprile�1996�(50).�

Il�D.P.C.M.�del�27�dicembre�1988,�che�emana�le�norme�tecniche�della�
VIA,�dispone�nell'allegato�III�un�coordinamento�con�il�piano�energetico�
nazionale�e�con�gli�altri�strumenti�di�pianificazione�adiacenti.�Si�realizza�cos|��
una�valutazione�complessiva�dell'impianto�dell'opera�in�quanto�l'esame�non�
limita�all'impatto�che�la�centrale�ha�sull'ambiente,�ma�l'analizza�anche�alla�
luce�di�altri�interessi�considerati�nell'ordinamento.�

Soluzioni 
normative 
La 
normativa 
comunitaria. 
La�dir.�n.�90/270/CEE�del�Consiglio�del�29�magg
io�1990�attuata�con�d.lgs.�n.�626/1994�ha�emanato�prescrizioni�minime�in 
materia�di�sicurezza�e�salute�nelle�attivita��di�lavoro�compiute�su�videotermin
ali.�La�direttiva�n.�92/85/CEE�del�Consiglio�del�19�ottobre�1992,�attuata 
con�d.lgs.�n.�645/1996�tutela�la�sicurezza�e�la�salute�sul�lavoro�delle�lavorat
rici�gestanti,�puerpere�o�in�periodo�di�allattamento�nei�confronti�del�rischio 
all'esposizione�ai�CEM. 


(49)�P.�Dell'Anno,�Funzioni 
e 
competenze 
nella 
vicenda 
energetico-ambientale 
e 
loro 
coordina-
mento,in�Rassegna 
giur. 
dell'energia 
elettrica,�1987,�624.�
(50)�Tra�le�opere�assoggettata�alla�VIA�dal�D.P.C.M.�del�27�dicembre�1988�ci�sono�le�centrali�
elettriche,�ma�non�gli�elettrodotti.�

DOTTRINA�289 


Nel�1992�e�entrato�in�vigore�il�decreto�del�Presidente�del�Consiglio�dei�
Ministri�23�aprile�1992,�il�quale�ha�stabilito�i�limiti�massimi�di�accettabilita�
delle�esposizioni�delle�onde�elettromagnetiche�e�le�relative�distanze�di�
rispetto,�con�particolare�riferimento�agli�elettrodotti.�

Il�Parlamento�europeo,�nella�risoluzione�del�5�maggio�1994�contro�gli�
effetti�nocivi�delle�radiazioni�non�ionizzanti,�elaborava,�in�virtu�del�mancato�
accertamento,�allo�stato�attuale,�dei�meccanismi�d'induzione�dei�danni�biolo-
gici,�i�principi�di�precauzione�e�prevenzione,�che�la�normativa�di�ciascun�
Stato�membro�avrebbe�dovuto�osservare.�

La�normativa�statale.�La�prima�regolamentazione�statale�in�materia�di�tetti�di�
radiofrequenza�compatibili�con�la�salute�umana�e�data�dal�d.m.�10�settembre�
1998,�n.�381�(decreto�Ronchi)�emanato�in�attuazione�dell'art.�1,�comma�6,�
lett.�a)�n.�15�della�legge�31�luglio�1997,�n.�249,�che�ha�introdotto�l'Autorita�
per�il�garante.�

La�legge�22�febbraio�2001,�n.�36,�legge�quadro�tra�le�proprie�finalita�pre-
vede�la�tutela�della�salute,�dell'ambiente�e�del�paesaggio,�nonche�la�promo-
zione�della�ricerca�scientifica�per�la�valutazione�a�lungo�termine�e�l'attiva-
zione�di�misure�di�cautela�da�adottare�in�applicazione�del�principio�di�pre-
cauzione�di�cui�all'art.�174,�paragrafo�2,�del�Trattato�U.E.�(51).�

La�suddetta�legge�aderisce�ad�un��concetto�unitario�di�emissione�elettro-
magnetica�(52),�riordinando�un�settore�normativo�precedentemente�scissoin�
diversi�rami,�a�seconda�del�tipo�di�emissione�.�

La�legge�prevede,�infatti,�la�necessita�che�sia�garantita�una�disciplina�
omogenea�in�tutto�il�territorio�nazionale.�

Adotta,�infatti,�un�sistema�binario�di�limiti�di�esposizione:�un�limite�di�
esposizione,�definito�ai�fini�della�tutela�della�salute�da�effetti�acuti,�eun�
valore�di�attenzione,�che�costituisce�una�misura�di�cautela�piu�intensa�ai�fini�
della�protezione�da�possibili�effetti�a�lungo�termine(53).�

La�legge�quadro�e�una�risposta�abbastanza�puntuale�ai�problemi�che�
l'inquinamento�elettromagnetico�origina�nella�societa�odierna.�

Quasi�tutti�gli�aspetti�sono�affrontati�e�regolati.�

Il�carattere�emergente�e�la�tendenziale�omnicomprensivita�del�testo,�il�
quale�spazia�dall'individuazione�delle�tre�categorie�di�valori�limite�all'educa-
zione�ambientale,�dalla�definizione�di�elettrodotto�alle�previsioni�di�fattispe-
cie�sanzionatorie.�

(51)�G. 
Manfredi,�La�legge�quadro�sull'elettrosmog�(comm.�a�legge�22febbraio�2001,�n.�36),�
in�Urbanistica�e�app.,�2001,�714.�
(52)�U.�Russo,�Inquinamento�elettromagnetico�eprincipio�diprecauzione,in�Resp.civ.e�prev.,�
2001,�1267.�
(53)�Tale�differenziazione�e�determinata�dall'attuale�panorama�scientifico�nel�quale�si�cono-
scono�con�sufficiente�certezza�gli�effetti�sanitari�acuti�o�a�breve�termine�delle�radiazioni�non�ioniz-
zanti,�quali�le�scosse�o�le�ustioni,�ma�ancora�incerti�sono�i�rischi�per�la�salute�umana�dovuti�all'e-
sposizione�a�lungo�termine,�i�c.d.�effetti�cronici,�cfr.�al�riguardo�il�rapporto�ministeriale�sull'espo-
sizione�a�radiofrequenze�e�leucemie�infantili,�in�www.ministerosanita�.it.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Lo�strumento�normativo�esalta�l'importanza�dell'atto�legislativo,�ma�
anche�il�ruolo�decisivo�di�predisporre�una�normazione�secondaria�idonea�ad�
affrontare�per�un�problema�fortemente�tecnico�e�in�continua�evoluzione.�

Si�tratta�di�una�legge�che�si�vuole�di�lunga�durata,�non�precaria,�che�
possa�essere�applicata�anche�in�presenza�di�nuove�acquisizioni�scientifiche�e�
scoperte�tecnologiche.�

Il�che�non�e�facile�a�realizzarsi,�tanto�piu�in�un�settore�come�questo�
caratterizzato�dall'incertezza�scientifica�e�dove�le�nuove�conoscenze�si�acqui-
siscono�lentamente�(54).

E�fondamentale�che�una�legge�in�questo�settore�sia�in�grado�di�instau-
rare�un�proficuo�rapporto�tra�la�scienza�e�il�diritto.�

La�scienza�diventa�funzionale�al�diritto�perche�il�diritto�da�questa�
attinge�le�conoscenze�su�cui�costruire�una�disciplina�adeguata�cercando�di�
dare�certezza�giuridica�a�situazioni�incerte,�contribuendo�cos|�a�risolvere�
anche�i�conflitti�che�si�creano�(55).�

Nel�testo�di�legge�e�riconosciuta�un'importanza�notevole�alla�ricerca�
scientifica�e�all'applicazione�delle�migliori�tecnologie�disponibili:�entrambi�
possono�fornire�gli�strumenti�idonei�per�raggiungere�un�punto�di�incontro�
nel�contrasto�tra�salute�ed�esistenza�energetica.�

La�scelta�stessa�di�non�definire�nel�testo�di�legge�i�limiti�che�devono�
essere�osservati�e�espressione�della�volonta�del�legislatore�di�garantire�un�
costante�adeguamento�della�normativa�alle�future�acquisizioni�scientifiche�
tecnologiche�(56).�

Il�testo�originario,�infatti,�presentato�dal�Governo,�prevedeva�i�valori�da�
rispettare,�invece�il�Parlamento�ha�ritenuto�che�questi�debbano�essere�posti�
nei�decreti�governativi:�ha�tuttavia�inteso�stabilire�i�punti�di�riferimento�fon-
damentali�specificando�cosa�si�intende�per�limiti�di�esposizione,�valore�di�
attenzione�e�obiettivi�di�qualita�indicandone�gli�effetti�corrispondenti�(57).�

Un�testo�di�legge�in�questa�materia�deve�ricomprendere�e�racchiudere�in�
se�i�molteplici�aspetti�che�una�legge�ambientale�deve�soddisfare:�enunciare�

(54)�R.Chieppa,�L'inquinamento�elettromagnetico�traprincipio�dicautela�e�cautela�nell'attuare�
la�legge�quadro�n.�36/2001,�in�Urb.�e�app.,�5,�2002.�
(55)�Il�senatore�Giovanelli�rispondendo�alla�domanda�sul�perche�l'Italia�precedendo�altri�
paesi�dell'Unione�Europea,�abbia�deciso�di�adottare�una�disciplina�in�merito�(e�per�di�piu�conte-
nuta�in�una�legge�quadro)�ha�risposto�che�sono�stati�i�cittadini�a�chiederla.�
L'affermazione�e�la�spiegazione�ottimale�che�un�legislatore�possa�dare�quando�e�chiamato�a�
spiegare�il�suo�agire�ed�e�la�prova�evidente�di�quanto�il�problema�oggi�sia�all'attenzione�di�una�
pare�della�popolazione.�

(56)�Ceruti,�Inquinamento�elettromagnetico�e�salute�umana:�il�problema�della�sindacabilita�
giudizialedellenormetecnichesullabasedelprincipioprecauzionaleavallatoda�Cons.�St.,�ord.�28�
settembre�1999,�n.�1737,in�Riv.�Giur.�ambiente,�2000,�119�ss.�
(57)�Per�quanto�riguarda�il�procedimento�da�seguire�e�previsto�che�venga�emanato�un�decreto�
del�Presidente�del�Consiglio�dei�Ministri�nel�quale�siano�fissati�i�criteri�di�elaborazione�dei�piani.�
I�criteri�dovranno�essere�approntati�in�modo�che�venga�dato�rilievo�alle�priorita�di�intervento,�ai�
tempi�di�attuazione,�alle�modalita�di�coordinamento�delle�attivita�riguardanti�piu�regioni�e�alle�
tecniche�disponibili�relativamente�al�carattere�economico�e�a�quello�impiantistico.�

DOTTRINA�291 


norme�di�principio,�allo�stesso�tempo�prevedere�una�normazione�secondaria,�
tutelare�l'ambiente�e�la�salute�non�in�modo�radicale,�ma�tenendo�conto�delle�
esigenze�produttive,�realizzare,�insomma,�quello�che�viene�definito�lo�svi-
luppo�sostenibile.�

Il�rilievo�accordato�al�momento�informativo�specificato�nella�gestione�e�
nella�raccolta�dei�dati,�come�la�traduzione�del�principio�precauzionale�in�
una�serie�di�norme�fanno�di�questo�un�testo�avanzato�nel�quale�trovano�col-
locazione�i�principi�fondamentali�dell'ambiente.�

Anche�l'aspetto�informativo�vede�un�ruolo�preponderante�del�livello�cen-
trale�di�governo:�spetta�allo�Stato�la�individuazione�delle�tecniche�di�misura-
zione�e�rilevamento�dell'inquinamento�elettromagnetico�e�delle�modalita�di�
inserimento�dei�dati�che�nel�caso�specifico�sono�definiti�dal�Ministero�del-
l'ambiente�di�concerto�con�quello�dell'industria,�del�commercio�e�dell'artigia-
nato.�

Presso�il�catasto�nazionale�e�regionale�sono�indicati�i�siti�degli�elettro-
dotti�esistenti�al�fine�di�giungere�alla�conformita�dei�valori�dei�campi�elettrici,�
magnetici�elettromagnetici�a�quelli�stabiliti�dal�decreto.�

C'e�la�necessita�di�una�sintesi�dei�diversi�interessi�esistenti�in�materia�pri-
vilegiando�la�salute,�come�e�giusto�che�sia,�e�individuando�gli�strumenti�
appropriati�per�fronteggiare�concretamente�questo�nuovo�tipo�di�inquina-
mento.�

In�tale�contesto�normativo�e�entrata�in�vigore�la�riforma�del�titolo�V�
della�Costituzione�varata�con�la�legge�costituzionale�18�ottobre�2001,�

n.�3.�
Da�ultimo�e�entrato�in�vigore�il�decreto�legislativo�4�settembre�2002,�
n.�198,�contenente��Disposizioni�volte�ad�accelerare�la�realizzazione�delle�
infrastrutture�di�telecomunicazioni�strategiche�per�la�modernizzazioneelo�
sviluppo�del�Paese�,�a�norma�dell'articolo�1,�comma�2,�della�legge�21�dicem-
bre�2001,�n.�443,�pubblicato�nella�Gazzetta 
Ufficiale 
n.�215�del�13�settembre�
2002.�
Contro�il�suddetto�decreto�e�stato�proposto�ricorso�contro�il�Presidente�
del�Consiglio�dei�Ministri,�per�la�dichiarazione�di�illegittimita�costituzionale�
per�violazione�degli�artt.�3,�9,�32,�70,�76,�117�e�118�della�Costituzione�e�del-
l'art.�174�del�Trattato�istitutivo�della�Comunita�europea,�principalmente�per�
difetto�assoluto�di�delega�e�violazione�dei�principi�criteri�direttivi�stabiliti�
dalla�legge�delega�(58).�

(58)�Cfr.�Cons.�St.,�sez.�VI,�20�dicembre�2002,�n.�7274:�per�effetto�del�decreto�legislativo�risul-
tano�abrogate�(art.�12)�le�disposizioni�di�cui�all'art.�2�bis�della�legge�1�luglio�1997,�n.�189�e�intera-
mente�ridisegnato�il�quadro�delle�procedure�di�assenso�all'installazione�degli�impianti,�definiti�di�
�interesse�nazionale�,�compatibili�con�qualsiasi�destinazione�urbanistica���realizzabili�in�ogni�
parte�del�territorio�comunale,�anche�in�deroga�agli�strumenti�urbanistici�ed�ad�ogni�altra�disposi-
zione�di�legge�o�di�regolamento��e�assimilate�ad�ogni�effetto�alle�opere�di�urbanizzazione�primaria�
di�cui�all'art.�16,�comma�7,�del�decreto�del�Presidente�della�Repubblica�6�giugno�2001,�n.�380,�
pur�restando�di�proprieta�dei�rispettivi�autori.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Il�Consiglio�dei�Ministri�in�data�21�febbraio�2003�ha�approvato�i�decreti�
attuativi�che�fissano�i�limiti�di�campo�elettromagnetico�emesso�dagli�elettro-
dotti�e�dagli�impianti�ad�alta�frequenza�(stazioni�di�telefonia�mobile,�radio�e�
televisive).�

Rapporti 
tra 
normativa 
statale 
e 
regionale 
e 
il 
principio 
di 
omogeneita� 
della 
disciplina 
normativa. 
Altro�problema�che�e�stato�affrontato�e�quello�relativo�
al�rapporto�tra�normativa�statale�e�regionale.�

La�sentenza�del�Consiglio�di�Stato,�sez.�VI,�n.�3098�del�3�giugno�2002�
affronta,�per�la�prima�volta,�la�normativa�della�legge�quadro�in�relazione�alle�
nuove�disposizioni�dell'art.�117�cost.,�come�novellato�dalla�legge�costituzio-
nale�18�ottobre�2001,�n.�3,�(contenente�modifiche�al�titolo�V�della�parte�
seconda�della�Costituzione,�entrata�in�vigore�a�seguito�del�favorevole�voto�
referendario�del�7�ottobre�2001,�a�far�data�dall'8�novembre�2001).�

Il�Consiglio�di�Stato�evidenzia�come�la�legge�n.�36�del�2001�prevede,�
all'art.�4,�che�sia�lo�Stato�a�fissare�i�parametri�per�la�tutela�della�salute�o�
per�finalita�precauzionali�o�ambientali�(limiti�di�esposizione,�valori�di�atten-
zione;�obiettivi�di�qualita�,�in�quanto�valori�di�campo).�

La�stessa�legge�sottolinea�che�la�suddetta�riserva�legislativa�statale�e�giu-
stificata�in�considerazione�del�preminente�interesse�nazionale�alla�definizione�
di�criteri�unitari�e�di�normativa�omogenea�in�relazione�alle�finalita�di�tutela�
della�salute�della�legge�medesima�(59).�

D'altronde,�la�riserva�statale�prevista�risulta�del�tutto�in�linea�con�
l'art.�117,�1�comma,�lett.�s�della�Costituzione,�in�materia�di�principi�fonda-
mentali�dell'ordinamento�(60).�

Anche�una�recente�sentenza�del�Tar�Toscana�riconosce�fondate�le�cen-
sure�con�le�quali�si�deduce�il�contrasto�fra�l'allegato�2�della�delibera�del�Con-
siglio�regionale�della�Toscana�e�la�normativa�statale:��nell'intento�di�perse-
guire�il�raggiungimento�di�un�obiettivo�di�qualita�in�attuazione�del�d.m.�381,�
il�consiglio�regionale�ha�modificato�(inasprendoli)�i�limiti�di�campo�elettro-
magnetico�fissati�per�gli�impianti�di�telefonia�mobile�in�sede�nazionale�e,�con-
traddicendo�la�stessa�legge�regionale�che�doveva�attuare,�ha�esercitato�un�

(59)�La�sentenza�del�Consiglio�di�Stato�conferma�quella�del�TAR�Lazio,�sez.�II,�n.�6405�del�
2001,�la�quale�aveva�precisato�che�la�legge�n.�36�del�2001�(art.�1,�lett.�a)�si�pone�in�attuazione�del�
principio�costituzionale�del�diritto�alla�salute�(art.�32�Cost.),��in�armonia�con�un�principio�giuri-
sprudenziale�ormai�pacifico,�in�ordine�alla�necessita�di�una�concentrata�attribuzione�statale�a�
tutela�della�salute�dalle�emissioni�elettromagnetiche�.�Cfr.�su�questi�punti�M.�OrO 
Nobili,�Elet-
trosmog: 
per 
il 
Consiglio 
di 
Stato, 
la 
riserva 
allo 
stato 
della 
determinazione 
dei 
limiti 
di 
esposizione 
edeiparametriperlatuteladellasalute 
(art. 
4dellaleggen. 
36del2001) 
costituisceprincipiofonda-
mentale 
ai 
sensi 
del 
novellato 
art. 
117 
Cost.,�in�Riv. 
giur. 
dell'edilizia,�1,�2003,�606.�
(60)�Il�Consiglio�di�Stato�e�in�linea�con�le�tesi�sostenute�dal�Governo�nel�ricorso�proposto�
davanti�alla�Corte�Costituzionale,�ai�sensi�del�novellato�art.�127�Cost.,�nei�confronti�di�una�legge�
regionale�contrastante�con�la�riserva�statale�predetta,�Nobili,�Elettrosmog: 
il 
Governo 
impugna 
alla 
Corte 
costituzionale 
le 
disposizioni 
regionali 
contrastanti 
con 
la 
Legge 
Quadro 
n. 
36 
del 
2001,�
in�Rass. 
giur. 
en. 
elettrica,�2002,�239.�

DOTTRINA�293 


potere�che�ha�intaccato�l'assetto�unitario�ed�omogeneo�della�disciplina�statale�
in�materia�di�limiti�di�esposizione�ai�campi�elettrici,�magnetici�ed�elettroma-
gnetici�a�protezione�della�popolazione,�determinando�una�disarmonia�nella�
disciplina�stessa,�negativamente�incidente�sul�corretto�esercizio�del�servizio�
di�telefonia�mobile,�soggetto�tra�l'altro�alla�vigilanza�dell'Autorita�Garante�
per�le�comunicazioni��(61).�

�Non�si�desume�dagli�atti�impugnati�in�base�a�quale�studio�o�ricerca�
scientifica�la�Regione�abbia�ritenuto�ragionevole�l'imposizione�di�un�perime-
tro�di�cinquanta�metri�di�distanza�rispetto�ai�rischi�di�esposizione,�quando�il�

d.m.�381�all'art.�4�collega�le�misure�di�cautela�ai�valori�di�esposizione�fissati�
nel�secondo�comma.�
Il�principio�di�precauzione�richiede�sempre�un�riferimento�a�dati�scienti-
fici�attendibili,�specie�laddove�interferisce�con�i�limiti�dei�valori�di�campo�
definiti�a�livello�nazionale�.�

Poteri 
di 
comuni 
e 
province. 
Lo�stesso�principio�di�omogeneita�si�rinviene�
anche�nei�rapporti�tra�Regioni,�Comuni�e�Province.�

La�legge�quadro�sui�campi�elettromagnetici�pare�riservare�al�potere�
regolamentare�dello�Stato�ogni�compito�di�determinazione�di�limiti�di�esposi-
zione,�fasce�di�rispetto�ecc.�

Tuttavia,�la�stessa�legge�non�fa�venir�meno�ogni�competenza�comunale�
in�materia,�considerato�che�l'art.�8�della�legge�prevede�che��i�comuni�possono�
adottare�un�regolamento�per�assicurare�il�corretto�insediamento�urbanistico�
e�territoriale�degli�impianti�e�minimizzare�l'esposizione�della�popolazione�ai�
campi�elettromagnetici�.�

Comunque�sia,�il�ruolo�comunale�risulta�ridimensionato,�in�quanto�l'e-
ventuale�esercizio�di�tale�competenza�non�puo�tradursi�in�alcun�modo�nella�
previsione�di�limiti�generalizzati�di�esposizione�diversi�da�quelli�previsti�dallo�
Stato�ne�in�una�deroga�generalizzata�o�quasi�a�tali�limiti�(62).�

Ne�e�riprova�la�sentenza�del�Consiglio�di�Stato,�sez.�VI�(63),�la�quale�ha�
dichiarato�che�esula�dai�poteri�comunali�la�fissazione�di�limiti�di�distanza�e�
di�emissione�degli�impianti�che�producono�emissioni�elettromagnetiche,�in�
quanto�e�riservata�alla�competenza�statale�dalla�legge�n.�36�del�2002.�

(61)�Sentenza�pubblicata�in�www. 
ambientediritto.it. 
Il�contenzioso�promosso�con�otto�ricorsi�
attiene�ad�una�serie�di�provvedimenti�attraverso�i�quali�la�regione�Toscana�ed�i�comuni�di�Firenze,�
Massa�Marittima�e�Pisa�hanno�disciplinato�la�localizzazione�ed�i�tetti�di�radiofrequenza�degli�
impianti�di�telefonia�mobile�nell'ambito�territoriale�(regionale�e�comunale)�di�competenza,�provve-
dendo�anche�alla�sospensione�dei�procedimenti�riguardanti�le�pratiche�edilizie�d'autorizzazione�
all'installazione�od�al�potenziamento�di�stazioni�radio�base.�
(62)�R.�Chieppa,�L'inquinamento 
elettromagnetico 
traprincipio 
dicautela 
e 
cautela 
nell'attuare 
la 
legge 
quadro 
36/ 
2001,in�Urb. 
e 
app.,�5,�2002,�577�ss.;�G. 
Manfredi,�Le 
competenze 
comunali 
in 
tema 
di 
tutela 
dalle 
emissioni 
elettromagnetiche,in�Urb. 
e 
app.,�10,�2002,�1177.�
(63)�Cons.�di�Stato,�sez.�VI,�in�Urb. 
e 
app.,�10,�2002,�1171.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Ai�sensi�del�n.�6�dell'art.�8�della�legge�36,�che�fissa�le�competenze�dei�
comuni,�i�comuni�possono�adottare�regolamenti�per�il�corretto�insediamento�
urbanistico�e�territoriale�degli�impianti,�nel�cui�ambito�regolamentare�puo�
essere�minimizzata�l'esposizione�della�popolazione�ai�campi�elettromagnetici.�

Tutto�deve�essere�stabilito�nel�ritaglio�delle�competenze�urbanistiche�e�
nel�rispetto�dei�principi�generali�che�le�governano,�senza�che�possano�adot-
tarsi�decisioni�che�vadano�al�invadere�competenze�dello�Stato�o�delle�
Regioni,�introducendo�surrettiziamente�norme�che�appaiono�di�profilo�urba-
nistico�e�invece�tendano�a�determinare�diversamente�quei�limiti�che�la�legge�
stessa�riserva�alla�competenza�statale.�

Anche�il�Tar�Toscana,�sez.�I,�con�sentenza�n.�12�del�16�gennaio�2003,�
pronunciandosi�in�merito,�ha�stabilito�che��La�Regione,�nell'esercitare�il�suo�
compito�di�dettare�i�criteri�generali,�deve�fornire�agli�enti�comunali�le�neces-
sarie�linee�guida�che�consentono�un�coerente�esercizio�del�potere�regolamen-
tare�di�completamento�agli�stessi�attribuito,�onde�evitare�che�la�medesima�
regolamentazione�finisca�per�esplicarsi�quasi�nell'ambito�di�una�delega�in�
bianco�con�i�conseguenti�risvolti�negativi�di�una�disciplina�disomogenea,se�
non�contrastante,�a�livello�comunale,�regionale�e�nazionale��(64).�

Il�d.m.�10�settembre�1998,�n.�381�(decreto�Ronchi)�emanato�in�attua-
zione�dell'art.�1,�comma�6,�lett.�a)�n.�15�della�legge�31�luglio�1997,�n.�249,�
che�ha�introdotto�l'Autorita�per�il�garante,�all'art.�4,�comma�3�ha�attribuito�
alle�regioni�ed�alle�province�autonome�di�Trento�e�Bolzano�il�compito�di�defi-
nire�la�disciplina�per�l'installazione�e�la�modifica�degli�impianti�di�radioco-
municazione�e�le�azioni�di�risanamento,�al�fine�di�garantire�il�rispetto�dei�
limiti�sopra�indicati�ed�il�raggiungimento�di�eventuali�obiettivi�di�qualita�.�

Nessuna�competenza�in�materia�era�stata�assegnata�ai�comuni.�

Tale�principio�e�stato�affermato�piu�volte�nelle�diverse�pronunce�dei�giu-
dici�amministrativi�che�hanno�annullato�la�difforme�regolamentazione�det-
tata�da�taluni�enti�comunali(65).�

G)�Le 
onde 
elettromagnetiche 
e 
il 
danno 
esistenziale 


Ci�si�chiede�se�sia�possibile,�in�tale�materia,�ipotizzare�il�danno�esisten-
ziale,�ossia�il�danno�arrecato�alla�sfera�della�personalita�.�

Attesa�l'incertezza�della�nocivita�delle�onde�elettromagnetiche,�il�risarci-
mento�del�danno�esistenziale�rappresenta,�forse,�l'unica�strada�percorribile,�
in�quanto�ha�la�funzione�di�risarcire�il�timore�del�contagio�nonche�le�riper-
cussioni�sulla�vita�di�relazione�della�persona.�

Naturalmente,�il�presupposto�per�configurare�tale�ipotesi�risarcitoria�e�
l'accertamento�del�superamento�del�limite�di�tollerabilita�.�

Un�precedente�si�rinviene�nelle�corti�nordamericane,�ed�in�particolare�in�
una�pronuncia�della�Corte�di�Appello�di�New�York�del�1993,�che�ha�accor-

(64)�TAR�Toscana,�sez.�I,�16�gennaio�2003,�n.�12,�in�www.ambientediritto.it.�
(65)�Tar�Toscana,�sez.�I,�26�luglio�2001,�n.�1266;�Tar�Toscana,�sez.�I,�30�gennaio�2002,�n.�65;�
Tar�Veneto,�sez.�II,�2�febbraio�2002,�n.�347,�Consiglio�di�Stato,�sez.�VI,�3�giugno�2002,�n.�3095.�

DOTTRINA 
295 


dato�il�risarcimento�del�danno�al�proprietario�di�un�immobile�che�lamentava�
la�diminuzione�di�valore�del�proprio�fondo�adiacente�ad�una�servitu�di�elet-
trodotto�di�cavi�ad�alta�tensione,�a�causa�del�timore�della�popolazione�che�i�
campi�elettromagnetici�generati�dalla�linea�elettrica�potessero�provocare�
patologie�gravi.�

E�da�evidenziare,�tuttavia,�che�la�condanna�e�giustificata�anche�dalla�
caratteristica�strutturale�della�American 
Tort 
Law,�la�quale�prevede�oltre�al�
risarcimento�di�tutti�i�danni�per�lucro�cessante,�anche�quello�per�danni�(puni-
tive 
o 
exemplerary 
damages)�concessi�non�tanto�per�finalita�riparatorie,�
quanto�per�porre�in�essere�un'azione�di�deterrenza�di�punizione�volta�a�preve-
nire�o�evitare�la�commissione�nel�futuro�di�nuovi�atti�illeciti.�

La�Corte�ha�affermato�che�l'attore�doveva�dimostrare�solo�l'esistenza�di�
quel�timore�e�che�esso�aveva�causato�oggettivamente�la�perdita�di�valore�del�
bene�ma�non�la�ragionevolezza�del�comportamento�del�pubblico�(66).�

Anche�nel�nostro�ordinamento�la�Cassazione�ha�ravvisato�l'esistenza�di�
un�fatto�illecito�perfetto�pur�in�mancanza�di�un�danno�accertato�alla�salute,�
configurando�l'evento�dannoso�nel�pericolo�di�contagio�dell'�Hiv�e�nelle�riper-
cussioni�alla�vita�di�relazione�e�alla�sfera�esistenziale�della�persona(67).�

La�giurisprudenza�di�merito,�sulla�base�di�questo�principio,�ha�accolto,�
in�via�cautelare,�la�domanda�di�alcuni�condomini�al�fine�di�ottenere�la�
sospensione,�ai�sensi�dell'art.�1171�c.c.,�dei�lavori,�non�autorizzati�dal�condo-
minio,�di�installazione�di�una�stazione�radio�base�per�telefoni�cellulari,�intra-
presi�su�una�porzione�di�lastrico�solare�di�proprieta�esclusiva�di�un�altro�con-
dominio,�in�considerazione�del�deprezzamento�dell'edificio�(e�delle�singole�
proprieta�)�conseguente�all'attuale�situazione�di�incertezza�scientifica�circa�gli�
effetti�a�lungo�termine�sulla�salute�delle�onde�elettromagnetiche�irradiate�da�
impianti�del�genere,�nonche�all'invasivita�e�al�non�organico�inserimento�del-
l'opera�nel�contesto�architettonico�(68).�

2. 
�IL 
dannO 
causatO 
daglI 
organismI 
geneticamentE 
modificatI 
Gli�organismi�geneticamente�modificati�(OGM)�sono�il�risultato�di�
ricombinazioni�artificiali�di�materiale�genetico�ottenuto�mediante�il�trasferi-
mento,�non�possibile�in�natura,�di�frammenti�di�DNA,�da�un�organismo�
donatore�ad�un�altro�organismo,�allo�scopo�di�migliorarne�le�caratteristiche�
(aumentarne�la�produttivita�,�la�resistenza�agli�agenti�patogeni,�agli�stress�
ambientali�ecc.)�(69).�
Si�discute�degli�OGM�sotto�il�profilo�dei�rischi�per�la�salute�(consumo�
dei�prodotti�alimentari�vegetali)�e�per�l'ambiente,�oltre�per�ragioni�di�natura�
etica�riguardanti�la�loro�brevettabilita�:�la�scienza,�infatti,�ancora�non�e�in�

(66)�Iasanoff,76.�
(67)�Cass.�civ.,�Sez.�I,�29�maggio�1999,�n.�5265,�in�Mass. 
Giur. 
it.,�1999.�
(68)�Pret.�Bologna,�12�aprile�1999,�in�Foro 
it.,�1999,�I,�3414.�
(69)�La�definizione�di�OGM�e�contenuta�nell'art.�3,�co.1,�lett.a,�del�lgs.�n.�92�del�1993,�in�
attuazione�della�direttiva�CE�n.�220/1990.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

grado�di�fornire�una�risposta�univoca,�soprattutto�riguardo�al�rischio�chela�
diffusione�dei�geni�delle�piante�transgeniche�con�resistenza�agli�antibiotici�
possa�renderli�sempre�meno�efficaci�(70).�

A)�Ilprincipio 
diprecauzione 
eprevenzione 
espresso 
dalla 
normativa 
comunita-

ria 
e 
nazionale 


La�direttiva�CE�90/220,�recepita�in�Italia�con�d.lgs.�n.�92�del�1993,�pre-
vede�norme�atte�a�garantire�un�adeguato�livello�di�protezione�e�impone�agli�
Stati�membri�di�adottare�tutti�i�provvedimenti�idonei�ad�evitare�effetti�nega-
tivi�sulla�salute�umana�e�sull'ambiente.�Gli�OGM�immessi�nell'ambiente�per�
scopi�sperimentali�e�commerciali,�a�differenza�degli�inquinanti�chimici,�pos-
sono�riprodursi�e�diffondersi�oltre�le�frontiere�nazionali�con�effetti�irreversibi-
li�(71).�

Tale�direttiva�e�finalizzata�ad�assicurare�una�tutela�adeguata�dei�consu-
matori�e�dell'ambiente�nonche�di�garantire,�nel�contempo,�la�commercializza-
zione�senza�intralci,�in�tutta�l'area�comunitaria,�del�prodotto�contenente�
OGM.�

L'art.�16�della�dir.�90/220�stabilisce�il�principio�che�l'emissione�nell'am-
biente�o�l'immissione�sul�mercato�di�OGM�deve�essere�preceduta�da�una�
valutazione�positiva�circa�l'assenza�di�rischi�da�parte�delle�autorita�nazionali�
mediante�un�assenso�emesso�dal�Ministero�della�Salute�e,�nell'ipotesi�di�
immissione�sul�mercato,�anche�dalla�commissione�CE.�

Sono�previste,�altres|�,�disposizioni�sanzionatorie,�sia�amministrative�sia�
penali�a�carico�del�responsabile�dell'emissione,�del�fabbricante�ed�importatore�
dell'OGM�nonche�degli�utenti�del�prodotto�che�non�rispettano�le�condizioni�
specifiche�d'uso,�l'ambiente�ecc.,�oppure,�nell'ipotesi�di�emissione�deliberata�
od�immissione�di�OGM�senza�il�conforme�assenso,�o�ancora�nel�caso�di�
informazioni�inesatte�od�incomplete�fornite�alle�autorita�competenti.�Si�tratta�
di�reati�di�pericolo�presunto�in�quanto�riguardano�la�violazione�di�obblighi�
formali�previsti�dalla�legge.�

E�invece�configurata,�all'art.�24,�una�fattispecie�di�pericolo�concreto�nei�
confronti�di��chi,�nell'effettuazione�di�un'emissione�deliberata�nell'ambiente�
di�un�OGM�cagiona�un�pericolo�per�la�salute�pubblica�o�un�pericolo�di�
degradazione�rilevante�e�persistente�delle�risorse�naturali�e�bioetiche�(72).�

(70)�Secondo�l'Organizzazione�Mondiale�della�Sanita�questo�rappresenta�uno�dei�rischi�piu�
gravi�emergenti.�Cfr.�sull'argomento�M.�Buiatti, 
Le 
biotecnologie,�Il�Mulino,�Bologna,�2001,�52�
ss.�
(71)�Per�un�commento�della�direttiva�CE�cfr.�L.�PratI 
eF.�Massimino,�Organismi 
genetica-
mente 
modificati, 
danno 
alla 
salute 
e 
danno 
ambientale,in�Danno 
e 
resp.,�2001,�338.�
(72)�Tra�le�fonti�normative�rilevanti�si�segnalano:�la�dir.�CE�n.�219/1990,�attuata�con�d.�lgs.�
n.91/1993�(e�modificata�dalla�dir.�CE�98/81�attuata�con�d.�lgs.�n.�206/2001)�che�riguarda�l'impiego�
confinato�di�OGM��in�laboratorio��e�disciplina�la�prevenzione�dei�rischi�(anche�per�i�lavoratori)�
nel�caso�di�accidentale�emissione�di�OGM�nell'ambiente�mediante�l'uso�di�barriere�a�seconda�della�
tipologia�di�microrganismi;�il�reg.�CE�della�Commissione�del�10�gennaio�2000,�n.�50,�in�merito�
all'�etichettatura�dei�prodotti�ed�ingredienti�alimentari�contenenti�additivi�e�aromi�geneticamente�

DOTTRINA�297 


La�Corte�di�Giustizia�della�Comunita�europea,�con�pronuncia�del�
21�marzo�2000,�n.�6�su�ricorso�del�Consiglio�di�Stato�francese,�ha�stabilito�il�
principio�che,�al�termine�dell'iter�previsto�dalla�direttiva�n.�90/220/CE,�nes-
sun�paese�membro�puo�opporsi�alla�commercializzazione�del�prodotto.�

Il�sistema�descritto�nella�direttiva�impedisce�che�una�decisione�unilaterale�
statale�possa�intralciare�gli�effetti�della�liberalizzazione�ottenuta�a�livello�
comunitario:�in�caso�di�rifiuto�unilaterale�qualsiasi�stato�membro�sarebbe�
legittimato�ad�avviare�una�nuova�procedura�per�lo�stesso�prodotto�ed�ottenere�
dalla�Commissione�una�decisione�vincolante�per�tutta�l'area�comunitaria(73).�

Infine,�con�l'adozione�della�direttiva�n.�2001/18/CE�il�Parlamento�Euro-
peo�ha�regolato�l'emissione�deliberata�nell'ambiente�di�organismi�genetica-
mente�modificati.�

La�direttiva�e�stata�adottata�sul�fondamento�dell'art.�95�(gia�100�A)�CE,�
la�disposizione�del�Trattato�preposta�alla�realizzazione�del�mercato�comune.�

L'intento�primario�del�legislatore�europeo�e�,�infatti,�quello�di�favorire�la�
liberta�di�circolazione�degli�organismi�transgenici,�seppur�nel�rispetto�degli�
elevati�standard�di�tutela�ambientale�e�sanitaria�prescritti�dal�Trattato.�

Anche�in�questo�caso�si�riscontra,�non�a�livello�costituzionale�ma�a�
livello�di�norme�previste�nel�Trattato,�un�presumibile�contrasto�tra�due�
norme�fondamentali:�l'art.�95�e�l'art.�174�ss�dedicato�alle�politiche�ambien-
tali�(74).�

B)�Il�danno�alla�salute�e�l'art.�2050�c.c.�

Appare�arduo�provare,�a�causa�delle�incertezze�della�comunita�scienti-
fica,�l'esistenza�di�un�danno�all'integrita�psico�fisica�subita�a�seguito�dell'e-
missione�nell'ambiente�o�del�consumo�di�OGM.�

modificati�o�derivati�da�organismi�geneticamente�modificati�.�Cfr.�sul�d.lgs.�n.�91/1993�F.�Giam-
pietro,�Ild.lg.�3marzo�1993,�n.�91sugliorganismigeneticamentemodificati:�lanuovafrontieradella�
tutela�ambientale,in�Foro�ammm.,�1993,�2270.�

(73)�Corte�di�giust.�CE,�21�marzo�2000,�n.�6,�in�Giust.�civ.,�2001,�IV,�872,�con�nota�di�R.�
Giuffrida,�Sull'immissione�in�commercio�di�organismi�geneticamente�modificati.Cfr.altres|�R.�
Giuffrida,�L'evoluzione�della�politica�ambientale�comunitaria,in�Il�dirittoprivato�dell'Unione�euro-
pea�a�cura�di�A.�Tizzano,�Torino,�2000,�226�ss.�Una�proposta�di�direttiva�che�modifica�la�n.�90/�
220/CE�e�stata�gia�adottata�dal�Parlamento�europeo�il�13�febbraio�2001�che�ha�approvato�il�com-
promesso�raggiunto�nel�comitato�di�conciliazione.�Sulla�proposta�cfr.�R.�Giuffrida,�Sull'immis-
sione�op.�cit.,�874�nota�1,�ove�si�illustra�l'ampio�spazio�dedicato�all'applicazione�delprincipio�pre-
cauzionale�e�agli�obblighi�di�trasparenza�imposti�nei�confronti�del�pubblico�interessato.�In�partico-
lare�alla�Commissione�e�fatto�obbligo�di�valutare�sempre�il�rischio�ambientale,�soprattutto�nel�
medio,�lungo�periodo,�prima�di�ogni�nuova�immissione.�Dovra�inoltre�essere�istituito�un�pubblico�
registro�sulla�localizzazione�degli�organismi�geneticamente�modificati�coltivati,�rendendo�le�rela-
tive�informazioni�disponibili�ai�cittadini.�
(74)��I�due�articoli�sembrano�ispirarsi�a�filosofie�diverse,�se�non�addirittura�opposte��L.�
Gradoni,�La�nuova�direttiva�comunitaria�sugli�organismi�geneticamente�modificati,in�Diritto�comu-
nitario�e�degli�scambi�intern.,�2001,�760.�Cfr.�anche�A.�Sacchettini,�La�politica�comunitaria�del-
l'ambiente�tra�cultura�e�mercato,�in�Il�diritto�della�regione,�1999,�238�ss.�e�N.DE 
Sadeleer,�Le�basi�
giuridichedegliattidellaComunita�europeainmateriadiprotezioneambientale:�impossibilelaconci-
liazione�tra�il�mercato�interno�e�la�protezione�dell'ambiente?,in�Riv.�giur.�dell'ambiente,�1994,�9,�346.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

In�ogni�caso�la�tutela�risarcitoria�del�danneggiato�sembra�incardinarsi�
sull'art.�2050�c.c.,�anche�se,�allo�stato�attuale,�i�rischi�di�tale�attivita�perico-
losa�risultano�sconosciuti�(75).

E�evidente,�tuttavia,�come�il�responsabile�e�legittimato�ad�escludere�la�
propria�responsabilita�provando�di�avere�svolto�l'attivita�pericolosa�(emis-
sione�ed�immissione�di�OGM)�con�l'osservanza�di�tutte�le�prescrizioni�nor-
mative�stabilite�dalla�normativa�(in�particolare�dal�d.�lgs.�n.�92/1993)�e�con�
l'autorizzazione�del�Ministero�della�Salute�e�della�commissione�delle�Comu-
nita�europee.�

In�tal�caso�risultera�provata�l'adozione�di�tutte�le�misure�idonee�ad�evi-
tare�il�danno:�non�possono�pretendersi,�infatti,�dal�presunto�responsabile,�
conoscenze�maggiori�degli�organi�di�vigilanza.�Semmai�e�possibile�configu-
rare�il�concorso�di�responsabilita�con�le�autorita�statali�(76).�

C)�Ild.P.R.n. 
224del1998eildannodaprodottodifettoso 
L'OGM�e�da�definirsi�come�un�prodotto�ai�sensi�dell'art.�2�del�d.P.R.�

n.�224�del�1998:�se�il�danneggiato�e�in�grado�di�dimostrare�l'esistenza�del�
nesso�causale�tra�il�danno�e�il�prodotto�transgenico,�la�responsabilita�presup-
pone�che�si�possa�definire�quel�prodotto�come�difettoso,�nel�senso�che�non�
offre�la�sicurezza�che�ci�si�puo�legittimamente�attendere�(anche�se�cio�dipende�
dall'osservanza�delle�condizioni�previste�dalla�legge).�
Si�potrebbe�obiettare�che�lo�stato�delle�conoscenze�scientifiche�e�tecniche�
al�momento�in�cui�e�stato�messo�in�circolazione�il�prodotto,�non�permetteva�
ancora�di�considerare�il�prodotto�come�difettoso,�ai�sensi�dell'art.�6,�lett.�E.�

Tuttavia,�il�presupposto�della�suddetta�causa�di�esclusione�di�responsabi-
lita�e�l'assoluta�assenza�di�notizie�in�ordine�alla�pericolosita�del�prodotto:�
cio�non�sarebbe�configurabile�in�ordine�agli�O.G.M.,�a�causa�della�grande�
incertezza�che�regna�nella�scienza�(77).�

D)�L'alterazione 
degli 
equilibri 
naturali 


La�disciplina�sul�danno�da�prodotti�difettosi�non�copre�i�danni�all'am-
biente,�anche�se�non�si�possono�escludere�sovrapposizioni�tra�i�due�regimi�di�
responsabilita�nel�campo�del�danno�tradizionale.�

In�tal�senso�si�e�espressa�la�Commissione�nel�Libro�Bianco�sulla�respon-
sabilita�ambientale,�pubblicato�il�9�febbraio�2000.�L'emissione�di�OGM�puo�
produrre�alterazioni�degli�equilibri�naturali�(come�la�perdita�della�biodiver-
sita�ad�esempio)�e,�quindi,�danni�agli�ecosistemi.�

La�ricostruzione�della�responsabilita�per�il�danno�ambientale�connesso�
all'emissione�nell'ambiente�di�OGM�si�presenta,�tuttavia,�oltremodo�com-
plessa.�

(75)�Parte�della�dottrina�concorda�sull'applicabilita�dell'art.�2050�c.c.,�L.PratI 
eF.�Massi-
mino,�Organismigeneticamentemodificati,op. 
cit., 
341.�
(76)�Ivi,�343.�
(77)�Idem. 

DOTTRINA�299 


L'art.�18�della�legge�n.�349/1986�prevede�che��qualunque�fatto�doloso�o�
colposo�in�violazione�di�disposizioni�di�legge�o�di�provvedimenti�adottatiin�
base�a�legge,�che�comprometta�l'ambiente,�ad�esso�arrecando�danno,�alteran-
dolo,�deteriorandolo�o�distruggendolo�in�tutto�o�in�parte,�obbliga�l'autore�
del�fatto�al�risarcimento�nei�confronti�dello�Stato��(cfr.�pr.�successivo).�

Nell'ipotesi�che�l'emissione�di�OGM�non�sia�autorizzata�o�non�sia�rispet-
tosa�delle�condizioni�previste�nell'autorizzazione�dell'Autorita�,e�indubbio�
che�la�suddetta�attivita�sia�da�considerare�non 
iure 
e�il�danno�ingiusto�ai�sensi�
dell'art.�18�cit. 


Discutibile�appare�invece�l'ipotesi�in�cui�l'emissione�sia�rispettosa�delle�
suddette�condizioni,�in�quanto�la�disciplina�del�risarcimento�del�danno�
ambientale�si�fonda�sul�sistema�della�tipicita�dell'illecito,�a�differenza�di�
quello�di�cui�all'art.�2043�c.c.,�che�e�basato�sul�sistema�di�atipicita�dell'illecito�
e,�dunque,�sulla�prevalente�rilevanza�del�danno�ingiusto.�

Pertanto,�il�danno�ambientale�e�ravvisabile�solo�quando�la�condotta�si�
ponga�in�contrasto�con�disposizioni�di�legge�o�provvedimenti�adottati�sulla�
base�di�questa.�

Cassazione�stessa�ha�precisato�con�pronuncia�n.�1087�del�1998�(78)�che�
�in�tema�di�danno�ambientale�non�e�sufficiente�la�modificazione,�alterazione�

o�distruzione�dell'ambiente�naturale�considerata�da�un�punto�di�vista�obiet-
tivo,�nella�sua�materialita�,�ma�occorre�l'elemento�soggettivo�intenzionale�.�
La�condotta,�dunque,�deve�configurarsi�dolosa�o�colposa�e�risultare�qua-
lificata�dalla�violazione�di�legge�o�dei�provvedimenti�adottati�in�base�alla�
legge:�in�caso�contrario�vige�la�causa�esimente�dell'esercizio�legittimo�di�un�
diritto.�

Con�un'altra�pronuncia,�invece,�la�Cassazione�(79)�ha�ammesso�la�possi-
bilita�di�fondare�l'azione�risarcitoria�da�danno�ambientale�anche�in�man-
canza�della�violazione�di�una�norma�specifica�diretta�alla�tutela�dell'am-
biente,�considerando�sufficiente�l'applicazione�degli�artt.�2043�c.c.�o�2050�
c.c.,�essendo�queste�le�norme�poste�a�protezione�di�interessi�ambientali�dif-
fusi.�

La�sentenza�n.�5650�del�19�giugno�1996�(80)�ha�addirittura�escluso�che�il�
fondamento�giuridico�della�risarcibilita�del�danno�all'ambiente�possa�essere�
rinvenuto�nella�legge�n.�349/1986�ma�direttamente�nelle�norme�costituzionali�
di�cui�agli�artt.�2,3,9,41�e�42�tramite�il�collegamento�con�l'art.�2043�c.c.�

La�suddetta�pronuncia�ritiene,�infatti,�che�la�legge�n.�349/1986�sia�esclu-
sivamente�deputata�alla�ripartizione�delle�competenze�a�tutela�dell'ambiente�
tra�lo�Stato,�gli�enti�territoriali�e�le�associazioni�protezionistiche.�

In�dottrina�si�auspica�l'intervento�di�un�regime�ad 
hoc 
per�il�danno�
ambientale�da�emissione�di�OGM,�a�causa�dell'assenza�di�meccanismi�risarci-

(78)�Cass.�3�febbraio�1998,�n.�1087,�in�Danno 
e 
resp.,1998,�1116.�
(79)�Cass.�1.�settembre�1995,�n.�9211,�in�Corr. 
giur.,�1995,�1146.�
(80)�Cass.�19�giugno�1996,�n.�5650,�in�Riv. 
giur. 
amb.,1997,�679.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

tori�realmente�dissuasivi,�ed�in�particolare�un�regime�di�stretta�responsabilita�
oggettiva,�sul�modello�di�quanto�previsto�nell'art.�17�del�d.lgs�22/1997,�rego-
lante�la�responsabilita�per�la�bonifica�dei�siti�contaminati.�

�Un�tale�regime�sarebbe�assai�piu�rispondente�alla�necessita�di�assicu-
rare,�da�un�lato,�un�valido�deterrente�a�condotte�che,�seppure�consentite,�pos-
sono�contenere�una�componente�di�azzardo,�e�dall'altro�la�corretta�alloca-
zione�dei�costi�sociali�connessi�ad�una�tipica�attivita�industriale�di�possibile�
natura�pericolosa�quale�e�quella�da�cui�trae�origine�la�creazione�e�la�diffu-
sione�degli�OGM��(81).�

La�Commissione�Europea�nel�libro�bianco�sui�danni�all'ambiente�pub-
blicato�il�9�febbraio�2000�ha�auspicato�un�regime�europeo�di�responsabilita�
per�danni�ambientali�che�preveda�la�responsabilita�oggettiva�dell'inquinatore�
ogni�volta�che�il�danno�sia�conseguente�ad�attivita�pericolose.�

3.�ConclusionI 


�Il�diritto�positivo�non�e�l'incarnazione�di�un'idea�eterna�e�metafisica:�
esso�deve�fare�quotidianamente�i�conti�con�le�scienze�e�la�loro�evoluzione,�
sia�perche��il�suo�contenuto�e�condizionato�dallo�stadio�di�evoluzione�scienti-
fica�che�caratterizza�la�cultura�in�cui�si�manifesta�quel�diritto,�sia�perche��l'e-
voluzione�scientifica�condiziona�la�forma�e�la�diffusione�del�diritto�positi-
vo��(82).�

L'augurio�e�nel�senso�dell'�estensibilita�delle�soluzioni�adottate�anche�ad�
altre�ipotesi�astrattamente�configurabili,�nonche��all'acquisizione�di�ulteriori�
elementi�scientifici�e,�perche��no,�alla�realizzazione�di�una�sintesi�rispetto�ai�
molteplici�interessi�in�gioco,�ad�un�coordinamento�e�ad�una�ottimizzazione�
degli�stessi.�

Ripercorrendo�le�tappe�argomentative�svolte�dal�diritto�e�dalla�scienza,�
quelle�dell'uno�e�dell'�altra�sono�presenti,�inevitabilmente�ed�in�buona�
misura,�nella�normativa�e�nelle�sentenze�che�si�e�citate�e�in�tante�altre�ancora,�
senza�in�verita�che�esse�facciano�velo�al�tecnicismo�della�soluzione�adottata.�

Il�suo�esame�critico,�la�sua�scepsi�giuridica,�non�puo�,�piu�modestamente�
per�noi�giuristi,�prescindere�dall'analitico�svolgimento�del�thema�disputandum�
nonche��dal�ragionamento�strettamente�logico-giuridico.�

�Allapreliminare�domanda,�che�cosa�e�il�diritto,�

si�puo�rispondere�solo�per�approssimazioni�suc-

cessive.�Lo�si�puo�definire,�in�prima�approssima-

zione,�come�un�sistema�di�regole�per�la�soluzione�

di�conflitti�fra�gli�uomini;�se�ne�puo�identificare�

la�ragion�d'essere�nel�carattere�di�perenne�con-

tesa�che�assume�la�convivenza�umana...��

F. 
Galgano,�Diritto�privato,�1994,�1.�
(81)�L.�PratI 
eF.�Massimino,�Organismigeneticamentemodificati,�op.cit.,�348.�
(82)�M.G.Losano,�I�grandi�sistemi�giuridici,�Diritti�positivi�e�scoperte�scientifiche,�Torino,�II�
ed.,�1988,�11.�

DOTTRINA 
301 


Annullamento�dell'aggiudicazione�e�contratto.�
Riflessioni�sull'opportunita�di�uscire�dal��circolo�vizioso��
della�nullita�-annullabilita�-caducazione�(*)�

diAndrea 
Valletti 


Sommario: 
1. 
�Premessa. 
2. 
�I�nodi 
da 
sciogliere�. 
3. 
�Aggiudicazione 
e 


stipula 
contrattuale. 
4. 
�Annullamento 
dell'aggiudicazione 
in 
sede 
ammi-

nistrativaeinsedegiurisdizionale: 
differenze. 
4.1. 
�Unadifficilefigura: 


l'annullamentopervizidimerito^critica. 
4.2. 
�I�confini�dell'annulla-

mento 
in 
sede 
di 
autotutela 
e 
giurisdizionale. 
5. 
�Gli 
effetti 
dell'annulla-

mento 
dell'aggiudicazione 
sul 
contratto 
stipulato. 
5.1. 
�La 
tesi 
dell'annul-

labilita�
5.2. 
�Latesidell'inefficaciaperdifettodipotererappresentativo 


exart. 
1398c.c. 
5.3. 
�Latesidellanullita�
5.4. 
�Lacaducazioneauto-

maticadelcontratto:latesiprevalente. 
5.5. 
��Variante�allatesidella 


caducazioneautomatica: 
lasalvezzadeiterzidibuonafede. 
5.6. 
�Unatesi 


intermedia: 
nullita�-annullabilita�
6. 
�Ilimitieimeritideivariorientamenti. 


6.1. 
�Latesidell'annullabilita� 
relativa:laP.A. 
qualedominadellesortidel 
contratto. 
6.2. 
�L'affacciarsi 
di 
uno 
�spettro�: 
simulazione 
relativa? 


6.3. 
�Latesidellanullita�:lapiu� 
�duraamorire�.6.3.1.�Untentativodi 
salvare 
la 
teorica 
della 
nullita� 
: 
la 
nullita� 
relativa. 
6.4. 
�La 
tesi 
dell'ineffica-

ciaexart. 
1398c.c.: 
ilfalsusprocurator. 
6.5. 
�Latesidellacaducazione 


automatica.7. 
�Conclusioni. 


1. 
�Premessa. 
Un�nota�querelle 
che�affanna�ormai�da�tempo�i�giudici�di�Palazzo�Spada�
riguarda�i�difficili�rapporti�tra�le�categorie�civilistiche�e�i�vizi�della�procedura�

ad�evidenza�pubblica�e�in�particolar�modo:�le�sorti�del�contratto�di�appalto

(a�prestazioni�gia�eseguite�o�in�corso�di�esecuzione)�nel�caso�in�cui�l'aggiudi-

cazione�(provvedimento�legittimante�la�stipula�del�contratto�stesso)�venga�

annullata�in�sede�amministrativa�o�giurisdizionale�(1).�
Si�tratta�di�una�questione�di�natura�non�soltanto�dottrinaria�in�quanto,�

riuscendo�a�condurre�nell'alveo�dell'una�o�dell'altra�categoria�patologica�

civilistica�le��sorti��del�contratto�stipulato,�si�tutelano�diversamente�i�soggetti�

che�hanno�posto�in�essere�atti�in�esecuzione�del�contratto�medesimo.�

2.��I 
�nodI 
dA 
sciogliere�. 
Al�fine�di�analizzare�correttamente�i�termini�della�questione�appare�
opportuno�procedere�alla�preventiva�disamina�dei�temi�che�potremmo�defi-

nire��caldi��del�mondo�degli�appalti�pubblici�che�risultano�essere:�
a) 
il�valore�giuridico�dell'aggiudicazione�rispetto�alla�stipula�del�

contratto;�

(*)�Sull'argomento�vedi�anche�M.A.�Scino,�Contratti 
della 
P.A. 
ed 
invalidita� 
procedimentali 
(Premio 
Sandulli 
6 
dicembre 
2002), 
in�questa 
Rassegna 
n.�1/2003,�317.�

(1)�Cfr.�in�tempi�recenti�Cons.�Stato,�sez.�IV,�27�ottobre�2003,�n.�6666,�in�www.lexitalia.it 

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

b)�le�differenti�(se�lo�sono)�ripercussioni�dell'annullamento�dell'aggiudi-
cazione�^ove�disposto�in�sede�di�amministrativa�o�giurisdizionale�^sul�
contratto�stipulato;�

c)�i�difficili�rapporti�tra�procedura�ad�evidenza�pubblica�e�la�stipula/ese-
cuzione�del�contratto;�

d)�la�tutela�dei�terzi�che�in�buona�fede�hanno�posto�in�essere�atti�in�
esecuzione�del�contratto�in�realta�dimostratosi�poi,�a�seguito�di�annullamento�
dell'aggiudicazione,�inefficace/nullo/annullabile.�

3.��AggiudicazionE 
E 
stipulA 
contrattuale. 
Il�primo�tema,�come�sopra�evidenziato�sub�a),�riguarda�il�valore�dell'ag-
giudicazione�rispetto�al�perfezionarsi�del�vincolo�contrattuale.�
Al�riguardo�occorre�premettere�che�con�il�termine�aggiudicazione(2)�si�
allude�all'atto�terminale�del�procedimento�di�scelta�del�contraente�privato�
che�abbia�dato�esito�positivo�(3).�
La�dottrina�tradizionale�(4)�aggiunge�poi�che�l'atto�(aggiudicazione),�
oltre�ad�essere�tale�dal�punto�di�vista�amministrativo�(5),�costituisce�inoltre�
la�specifica�manifestazione�della�volonta�pubblica�di�contrarre�con�un�certo�
soggetto,�la�quale,�incontrandosi�con�la�proposta�formulata�dall'imprenditore�
in�sede�di�offerta,�e�normalmente�idonea�a�segnare,�sul�versante�civilistico,�
la�definitiva�conclusione�dell'accordo�negoziale.�(6)�
L'analisi�del�valore�dell'aggiudicazione�risulta�fondamentale�in�quantosi�
tratta�di�un�aspetto�che�si�atteggia�quale�prius�logico�^giuridico�per�inqua-
drare�correttamente�ogni�tipo�di�disquisizione�dottrinaria�avente�ad�oggetto�
i�rapporti�tra�aggiudicazione�e�contratto,�al�fine�soprattutto�di�delineare�la�
responsabilita�in�cui�puo�incorrere�la�stazione�appaltante.�

(2)�Cfr.�Mele,�Icontratti�delle�pubbliche�amministrazioni,�Milano,�1998,�215.�
(3)�Evidentemente,�in�caso�di�esito�negativo�della�procedura�selettiva,�viene�redatto�un�ver-
bale�di��diserzione�,�dandosi�atto�delle�operazioni�compiute�e�delle�offerte�pervenute�e�non�rite-
nute�valide.�Cfr.�in�tal�senso�Santoro,�Manuale�dei�contrattipubblici,�Rimini,�1999,�392.�
(4)�Cfr.�AA.VV. 
(Lipari),�L'appalto�di�operepubbliche,�Padova,�2001,�456.�
(5)�Contra�vedi�CianflonE 
E 
Giovannini,�L'appalto�di�opere�pubbliche,�Milano,�1999,�492�
secondo�i�quali��...�l'aggiudicazione�comprende�pertanto�due�atti:�un�atto�amministrativo�ed�uno�
negoziale�(di�diritto�privato)�pur�documentalmente�indistinti�.�Al�riguardo�si�osserva�pero�in�dot-
trina�(AA.VV. 
[Lipari],�op.�cit.,�467)�che�la�separazione�concettuale�tra�i�due�diversi�contenuti�del-
l'atto�di�aggiudicazione�non�e�esente�da�implicazioni�in�quanto�comporta�rilevanti�conseguenze�
in�tema�di�definizione�delle�posizioni�giuridiche�soggettive�della�parte�privata�(e�degli�altri�parteci-
panti�alla�procedura�selettiva),�con�ulteriori�riflessi�sul�piano�della�tutela�processuale�e�del�riparto�
di�giurisdizione.�
(6)�Secondo�una�parte�della�dottrina�non�si�tratterebbe�di�una�manifestazione�di�volonta�nel�
senso�tipicamente�civilista,�che�si�rinviene�nell'atto�di�aggiudicazione�solo�in�presenza�di�alcuni�
specifici�elementi,�ma�di�una�dichiarazione�collegata�alla�definitivita�della�scelta�del�contraente�
privato�(cfr.�Mele,�op.�cit.,�215).�

DOTTRINA�303 


Se�infatti�il�vincolo�contrattuale�si�intendera��sorto�tra�le�parti�con�la�
mera�aggiudicazione,�da�quel�momento�la�responsabilita��della�stazione�
appaltante�sara��di�natura�contrattuale(7)�con�tutte�le�conseguenze�che�ne�
deriveranno,�altrimenti�si�trattera��di�una�responsabilita��precontrattuale(8)�
(la�cui�applicabilita��alle�pubbliche�amministrazioni,�in�materia�di�procedure�
di�scelta�del�contraente,�e��tuttora�discussa)(9).�

Per�mera�completezza�si�evidenzia�come�in�giurisprudenza�si�stia�
facendo�largo�un�ulteriore�tipo�di�responsabilita��,un�quartum 
genus 
(che�si�
affiancherebbe�alle�responsabilita��precontrattuale,�contrattuale�ed�extracon-
trattuale),�la�responsabilita��cd.��da�contatto�sociale�(10).�

Fermo�quanto�sopra,�in�buona�sostanza�si�vuole�affermare�che�se�il�con-
tratto�si�intendera��concluso�con�la�comunicazione�dell'aggiudicazione�(even-

(7)�Cfr.�Cons.�Stato,�Sez.�V,�9�settembre�1985,�n.�285,�in�Giur. 
it.,�1986,�III,�1,�87, 
Cons.�Stato,�
Sez.�V,�21�maggio�1982,�n.�419,�in�Cons. 
Stato,�1982,�I,�664.�
(8)�Cfr.�T.A.R.�Campania,�26�marzo�1991,�n.�74,�in�Trib. 
Amm. 
Reg., 
1991,�I,�1931,�il�quale,�
sebbene�favorevole�alla�configurabilita��della�responsabilita��precontrattuale�di�cui�all'art.�1337�
c.c.,�non�esita�ad�affermare:��Dopo�l'espletamento�della�gara�d'appalto�e�la�conseguente�aggiudi-
cazione,�e�prima�della�stipulazione�e�dell'approvazione�del�contratto,�l'amministrazione�conserva�
ancora�tutti�i�poteri�che�le�competono�come�autorita��,�ivi�compreso�quello�di�procedere�(motivata-
mente)�all'annullamento�o�revoca�degli�atti�amministrativi�precedentemente�posti�in�essere,�senza�
incidere,�con�cio��,�su�posizioni�di�diritto�soggettivo�.�A�favore�della�responsabilita��precontrattuale�
in�giurisprudenza�cfr.�per�tutti�Cons.�Stato,�Sez.�IV,�19�marzo�2003,�n.�1457,�in�www.lexitalia.it 
(9)�Cfr.�Casetta,�Manuale 
di 
diritto 
amministrativo,�Milano,�2001,�561�che�evidenzia�come�
nell'ambito�del�procedimento�amministrativo�strumentale�alla�scelta�del�contraente�(c.d.�evidenza�
pubblica),�l'aspirante�alla�stipulazione�del�contratto�ha�esclusivamente�un�interesse�al�corretto�
esercizio�del�potere�di�scelta,�per�cui�difettano�le�condizioni�per�la�configurabilita��di�trattative�tra�
due�soggetti�e�di�un�diritto�soggettivo�reciproco�all'osservanza�delle�regole�della�buona�fede.�In�
tal�senso�cfr.�anche�Cass.�SS.UU.,�6�ottobre�1993,�n.�9892,�in�Corriere 
giur.,�1994,208:�Una�
responsabilita��precontrattuale�della�p.a.,�per�violazione�del�dovere�di�correttezza�di�cui�all'art.�
1337�c.c.�non�e��configurabile�con�riguardo�allo�svolgimento�del�procedimento�amministrativo�stru-
mentale�alla�scelta�del�contraente,�nell'ambito�del�quale�l'aspirante�alla�stipulazione�del�contratto�
e��titolare�esclusivamente�di�un�interesse�legittimo�al�corretto�esercizio�del�potere�di�scelta,�onde�
difettano�le�condizioni�strutturali�per�la�configurabilita��di�``trattative''�fra�due�soggetti�e�quindi�
di�un�diritto�soggettivo�dell'uno�verso�l'altro�all'osservanza�delle�regole�della�buona�fede,�come�
stabilito�dalla�citata�norma�.�
(10)�Cfr.�T.A.R.�Veneto,�20�novembre�2003,�n.�5778,�in�www.lexitalia.it 
(sebbene�in�altro,�par-
zialmente�diverso,�contesto);�T.A.R.�Lazio,�sez.�I�bis,�7�luglio�2003,�n.�5991,�in�www.lexitalia.it 
e�
Cons.�Gius.�Amm.�Sic.,�ordinanza�8�maggio�2003,�n.�267,�in�www.lexitalia.it, 
secondo�cui�nel�caso�
di�lesione�di�interesse�legittimo�(come�potrebbe�essere�il�caso�di�annullamento�amministrativo�del-
l'aggiudicazione)�non�sussiste�un�preesistente�contratto�o�un�rapporto�obbligatorio�in�senso�civili-
stico�tra�amministrazione�e�privato,�ma�deve�ritenersi�l'esistenza�di�un��rapporto�amministrativo��
che�da��luogo�ad�ipotesi�di��contatto�sociale��tra�l'amministrazione�e�l'amministrato�da�cui�scaturi-
sce�un�affidamento�di�consistenza�maggiore�rispetto�alle�aspettative�di�mero�fatto�poiche�l'inte-
resse�legittimo,�a�differenza�di�quello�di�fatto,�rappresenta�pur�sempre�una�posizione�gia��indivi-
duata�e�differenziata�dall'ordinamento.�In�forza�di�esso�l'amministrato�puo��pretendere�che�l'ammi-
nistrazione�adegui�nei�propri�confronti�il�suo�comportamento�alle�norme�che�ne�disciplinano�
l'attivita��ecio��sia�che�si�tratti�di�procedimento�di�ufficio�che�su�istanza�di�parte.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

tualita�che�molte�stazioni�appaltanti�prevedono�nei�propri�bandi�di�gara�
soprattutto�in�tema�di�appalti�di�servizi�e�forniture),�l'annullamento�di�que-
st'ultima�travolgera�il�contratto�stesso�che�non�avra�una�propria�autonomia�
ma�si�atteggera�a�mera�ripetizione(11)�del�negozio�gia�perfetto.�

Quindi,�aderendo�a�tale�impostazione,�ne�deriverebbe�come�logico�corol-
lario�che�l'annullamento�dell'aggiudicazione�determinera�l'annullamento�del�
contratto.�

Diverso�e�invece�il�caso�in�cui�la�P.A.�non�attribuisca�valore�meramente�
riproduttivo�alla�successiva�stipula�del�contratto�che�assume�invece�le�vesti�
di�una�vera�e�propria�rinnovazione(12)�di�un�consenso�non�ancora�valida-
mente�o�compiutamente�formato.�

Tale�eventualita�,�salvo�il�caso�in�cui�sia�l'Amministrazione�appaltante�a�
prevedere�diversamente�nella�lex 
specialis 
della�gara,�e�attualmente�la�regola�
nell'ambito�degli�appalti�di�lavori�pubblici�dove�la�cd.�legge�Merloni�(legge�

n.�109/1994)�e�il�relativo�regolamento�(d.P.R.�n.�554/1999)�imperant.�
Su�tale�aspetto�ha�avuto�modo�di�esprimersi�in�maniera�autorevole�l'Au-
torita�per�la�Vigilanza�sui�Lavori�Pubblici�che,�con�la�determinazione�n.�24�
del�2�ottobre�2002,�sembra�aver�finalmente�posto�un�punto�fermo�sul�valore�
dell'aggiudicazione�nell'ambito�degli�appalti�di�Lavori�Pubblici,�affermando�a�
chiare�lettere:��... 
la 
stipulazione 
del 
contratto 
d'appalto, 
e 
non 
il 
solo 
verbale 
di 
aggiudicazionedefinitiva, 
instaurailvincolocontrattualedelleparti... 
l'ammini-
strazione 
ha 
l'obbligo 
di 
determinarsi 
in 
ordine 
alla 
stipula 
del 
contratto 
entro 
i 
termini 
fissati 
dal 
legislatore 
nell'art. 
109 
comma 
1 
(13)�del 
d.P.R. 
554/1999�. 


Trattasi�di�una�determinazione�condivisibile�e�condivisa(14)�soprattutto�
alla�luce�dell'art.�10�comma�1�quater(15)�della�legge�109/1994�che�procrastina�
il�sorgere�del�vincolo�contrattuale�alla�stipula�del�contratto,�previa�verifica�

(11)�Sulla�distinzione�dottrinaria�tra��ripetizione�e�rinnovazione��del�negozio�cfr.�Gaz-
zoni, 
Manuale 
didirittoprivato, 
2000,�902.�Mentre�con�la��ripetizione��le�parti�si�vincolano�a�ripe-
tere�in�altra�forma�un�contratto�comunque�gia�concluso,�con�la��rinnovazione��le�parti�intendono�
porre�nuovamente�in�essere�un�contratto�in�origine�nullo�(ad�esempio�una�donazione�conclusa�
per�scrittura�privata).�
(12)�Cfr.�Guccione,�Il 
regolamento 
della 
legge 
sui 
lavoripubblici, 
Le 
nuove 
leggi 
amministra-
tive, 
Milano,�2000,�437.�
(13)�Art.�109,�comma�1,�d.P.R.�554/99:��La�stipulazione�del�contratto�di�appalto�deve�aver�
luogo�entro�sessanta�giorni�dalla�aggiudicazione�nel�caso�di�pubblico�incanto,�licitazione�privata�
ed�appalto-concorso�ed�entro�trenta�giorni�dalla�comunicazione�di�accettazione�dell'offerta�nel�
caso�di�trattativa�privata�e�di�cottimo�fiduciario�.�
(14)�Cfr.�T.A.R.�Lazio,�sez.�I�bis,�13�dicembre�2002,�n.�2246,�in�www.lexitalia.it 
che�afferma:�
�Aisensidell'articolo16, 
commaquarto, 
delr.d. 
18novembre1923n. 
2440, 
deveescludersicheilver-
bale 
di 
aggiudicazione 
equivalga 
a 
contratto 
e 
che, 
mediante 
esso, 
sorga 
il 
vincolo 
contrattuale 
fra 
l'impresa 
migliore 
offerente 
e 
l'Amministrazione�. 
(15)�Art.�10,�comma�1,�quater: 
�I�soggetti�di�cui�all'articolo�2,�comma�2,�prima�di�procedere�
all'apertura�delle�buste�delle�offerte�presentate,�richiedono�ad�un�numero�di�offerenti�non�inferiore�
al�10�per�cento�delle�offerte�presentate,�arrotondato�all'unita�superiore,�scelti�con�sorteggio�pub-
blico,�di�comprovare,�entro�dieci�giorni�dalla�data�della�richiesta�medesima,�il�possesso�dei�requi-
siti�di�capacita�economico-finanziaria�e�tecnico-organizzativa,�eventualmente�richiesti�nel�bando�

DOTTRINA�305 


documentale�da�parte�della�stazione�appaltante,�che�potrebbe�dare�in�astratto�
anche�esito�negativo,�senza�che�per�questo�possa�considerarsi�sorto�il�vincolo�
contrattuale.�

In�altri�termini�si�vuole�affermare�che�se�e�vero�che�sotto�l'egida�del-
l'art.�16,�comma�4(16),�r.d.�18�novembre�1923�n.�2440�si�poteva�ritenere�
fondatamente�che�l'aggiudicazione�determinasse�il�sorgere�del�vincolo�con-
trattuale,�e�altrettanto�vero�che�alla�luce�dei�vigenti�art.�10�quater�della�
legge�Merloni�(legge�n.�109/1994)�e�art.�109�del�relativo�Regolamento�

(d.P.R.�n.�554/1999),�allo�stato�attuale�non�sembrano�sussistere�dubbi�nella�
direzione�opposta,�con�la�logica�conseguenza�che�il�contratto�che�si�andra�
a�stipulare�non�sara�una�mera�ripetizione�di�un�negozio�in�realta�mai�
sorto.�
E�in�questo�contesto�che�si�inserisce�il�delicato�tema�della�sorte�del�con-
tratto�a�seguito�dell'annullamento�dell'aggiudicazione,�in�quanto�se�il�con-
tratto�effettivamente�ha�una�propria�autonomia�(nel�senso�di�essere�un�atto�
diverso�sebbene�collegato�all'aggiudicazione)�ne�deriva,�sotto�il�profilo�giuri-
sdizionale,�che�sara�compito�dell'autorita�giudiziaria�ordinaria�sindacarne�la�
validita�,�con�la�logica�conseguenza�che�l'annullamento�dell'aggiudicazione�in�
sede�amministrativa�sara�soltanto�pregiudiziale�al�successivo�(ma�necessario)�
giudizio�dinanzi�al�giudice�ordinario.�

A�tal�proposito�appare�tuttavia�lecito�chiedersi�come�possa�l'annulla-
mento�di�un�atto�in�sede�amministrativa�o�giurisdizionale�(l'aggiudicazione�
nel�caso�di�specie)�comportare�ex�se�il�travolgimento�di�un�atto�(in�teoria)�
valido�e�sindacabile�solo�in�sede�di�giurisdizione�ordinaria�(il�contratto).�

di�gara,�presentando�la�documentazione�indicata�in�detto�bando�o�nella�lettera�di�invito.�Quando�
tale�prova�non�sia�fornita,�ovvero�non�confermi�le�dichiarazioni�contenute�nella�domanda�di�par-
tecipazione�o�nell'offerta,�i�soggetti�aggiudicatori�procedono�all'esclusione�del�concorrente�dalla�
gara,�alla�escussione�della�relativa�cauzione�provvisoria�e�alla�segnalazione�del�fatto�all'Autorita�
per�i�provvedimenti�di�cui�all'articolo�4,�comma�7,�nonche�per�l'applicazione�delle�misure�sanzio-
natorie�di�cui�all'articolo�8,�comma�7.�La�suddetta�richiesta�e�,altres|�,�inoltrata,�entro�dieci�giorni�
dalla�conclusione�delle�operazioni�di�gara,�anche�all'aggiudicatario�e�al�concorrente�che�segue�in�
graduatoria,�qualora�gli�stessi�non�siano�compresi�fra�i�concorrenti�sorteggiati,�e�nel�caso�in�cui�essi�
nonforniscano�laprova�o�non�confermino�le�loro�dichiarazionisiapplicano�lesuddettesanzioniesi�
procedealla�determinazionedellanuovasogliadianomaliadell'offertaedalla�conseguenteeventuale�
nuova�aggiudicazione�.�

(16)�Art.16,comma4,r.d.18novembre1923,n.2440:�...iprocessiverbalidiaggiudicazione�
definitiva,�in�seguito�ad�incanti�pubblici�o�a�private�licitazione,�equivalgono�per�ogni�effetto�legale�
al�contratto�.�Sulla�natura�dispositiva�di�tale�norma�si�sono�pronunciate�le�Sezioni�Unite�della�
Corte�di�Cassazione�(sentenza�n.�5807�del�1998,�in�Appalti�urbanistica�edilizia,1999,�478)�offrendo�
�il�destro��al�successivo�intervento�-gia�nell'aria�tra�gli�operatori�di�settore�-dell'Autorita�per�la�
vigilanza�sui�lavori�pubblici�(determinazione�n.�24/2002).�Affermare�la�natura�dispositiva�della�
norma�de�qua�ha�avuto�come�successivo�sviluppo,�come�si�puo�leggere�nella�sentenza�delle�SS.UU.�
in�parola,�quello�di�affermare�che�compete�alla�Pubblica�Amministrazione,e�quindi�rimessa�alla�
sua�discrezionalita�,�valutare�l'interesse�pubblico�ed�eventualmente�rinviare�la�costituzione�del�vin-
colo�contrattuale�al�momento�della�stipulazione�del�contratto,�fino�al�quale�non�sussiste�il�diritto�
soggettivo�dell'aggiudicatario�all'esecuzione�dello�stesso.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

4.��AnnullamentO 
dell'aggiudicazionE 
iN 
sedE 
amministrativA 
E 
iN 
sedE 
giurisdizionale: 
differenze. 
Al�fine�di�affrontare�il�tema�sub 
b) 
^(vedi�supra 
al�punto�2)�^appare�
forse�utile�distinguere�il�caso�in�cui�l'annullamento�dell'aggiudicazione�sia�
avvenuto�in�sede�amministrativa�(generalmente�autotutela�decisoria)�(17)�dal�
diverso�caso�in�cui�il�predetto�annullamento�sia�avvenuto�in�sede�giurisdizio-
nale.�

Quando�si�ragiona�di�annullamento�in�sede�amministrativa�si�vuole�allu-
dere�generalmente�al�caso�in�cui�la�stazione�appaltante,�nell'ambito�di�un�
procedimento�di�riesame,�provvede�ad�annullare�l'aggiudicazione.�

Sul�concetto�di�annullamento�in�sede�di�autotutela�e�soprattutto�sulle�
tipologie�di�provvedimenti�riconducibili�nel�relativo�alveo,�tuttavia�non�sussi-
ste�una�univocita�di�vedute�in�dottrina(18).�Si�tratta�di�un�procedimento�
generalmente�di�secondo�grado�ad�opera,�nel�caso�di�specie,�dell'organo�
deputato�all'approvazione.�Tuttavia�cio�non�esclude�che,�stante�il�principio�
del�contrarius 
actus,�la�stessa�Commissione�di�gara�possa�effettuare�il�riesame�
del�procedimento�di�aggiudicazione�(soprattutto�nel�caso�in�cui�questa�sia�
ancora�provvisoria),�sia�pure�sollecitata�dall'organo�amministrativo�di�
seconda�istanza�a�sua�volta�mossosi�d'ufficio�o�ad�istanza�di�terzo�(19).�

Risulta�infatti�pacifico�in�giurisprudenza(20)�che�finche�gli�atti�di�gara�
soggiacciono�al�dominio�finalistico�della�commissione�di�gara�quest'ultima�
ben�puo�procedere�ad�un�riesame,�attesa�la�posizione�di�mero�interesse�legit-
timo�vantabile�dal�soggetto�aggiudicatario�(provvisorio).�

Il�caso�tuttavia�che�maggiormente�interessa�in�questa�sede,�riguarda�il�
riesame�avvenuto�in�seconda�istanza�(cd.�annullamento�gerarchico).�In�tale�
contesto�l'annullamento�assume�le�vesti�di�un�provvedimento�amministrativo�

(17)�L'annullamento�dell'aggiudicazione�in�sede�di�autotutela�e�ammesso�pacificamente�in�
giurisprudenza�valorizzandone�la�portata�autoritativa�ed�amministrativa.�Cfr.�Cons.�Stato,�Sez.�
V,�9�settembre�1985,�n.�285,�in�Foro 
amm., 
1985,�1614:��L'aggiudicazione�di�un�contratto�della�
P.A.�a�seguito�di�una�pubblica�gara�ha�natura�di�provvedimento�amministrativo�e,�in�quanto�tale,�
e�suscettibile�di�annullamento,�indipendentemente�dalla�stipulazione�di�un�autonomo�contratto�o�
dall'esito�del�procedimento�di�controllo�.�
(18)�Cfr.�CaringellA 
-DelpinO 
-deL 
Giudice,�Diritto 
Amministrativo, 
Napoli,�2003,�569.�
(19)�In�questo�caso�in�dottrina�si�ragiona�generalmente�di��autoannullamento��in�quanto�
compiuto�dalla�stessa�autorita�che�ha�posto�in�essere�il�provvedimento�illegittimo.�Si�caratterizza�
quale�procedimento�di�amministrazione�attiva,�espressione�di�autotutela�e,�come�tale,�non�sog-
getto�a�termini�per�il�suo�esercizio.�Cfr.�in�tal�senso�Sandulli,�Manuale 
di 
diritto 
Amministrativo, 
Napoli,�1989,�740.�
(20)�Vedi�per�tutti�Cons.�Stato,�sez.�V,�24�maggio�2002,�n.�2863,�in�www.lexitalia.it,��...�La�
Commissione�giudicatrice,�fino�a�quando�non�perde�la�disponibilita�degli�atti�di�gara�a�seguito�
della�loro�trasmissione�all'organo�competente�ad�approvarli,�puo�rivedere�il�proprio�operato�cor-
reggendo�gli�errori�in�cui�sia�eventualmente�incorsa.�Detta�facolta�,�che�sotto�lo�speculare�profilo�
del�buon�andamento�dell'azione�amministrativa�e�configurabile�altres|�come�dovere,�e�espressione�
del�potere�di�autotutela�spettante�alla�pubblica�Amministrazione�ed�a�ciascuno�dei�suoi�organi,�
compresi�quelli�straordinari,�quali,�appunto,�le�commissioni�preposte�alle�procedure�di�evidenza�
pubblica�.�

DOTTRINA�307 


di�secondo�grado,�con�il�quale�viene��ritirato�,�con�efficacia�retroattiva�
(ex 
tunc),�ossia�dalla�data�della�sua�emanazione,�un�atto�amministrativo�ille-
gittimo,�per�la�presenza�di�vizi�di�legittimita�originari�dell'atto.�

Come�e�noto�infatti�l'annullamento�in�sede�di��revisione��e�espressione�
del�potere�di�autotutela�della�P.A.�in�ordine�agli�atti�di�gara�(e�all'aggiudica-
zione),�del�cd.�iuspoenitendi 
e�trova�fondamento�nel�principio�del�buon�anda-
mento�di�cui�all'art.�97�Cost.,�che�obbliga�la�P.A.�ad�adottare�atti�il�piu�pos-
sibile�rispondenti�ai�fini�da�conseguire�e�autorizza�quindi�(per�ovvi�principi,�
riconducibili�all'economia�dell'azione�amministrativa)�anche�alla�revisione�
degli�atti�adottati�(21).�

4.1.��Una 
difficilefigura: 
�l'annullamentopervizidimerito� 
critica. 
A�fronte�della�predetta�tipologia�di�annullamento,�comminabile�soltanto�
in�presenza�di�almeno�uno�dei�tre�vizi��capitali��di�legittimita�dell'atto�ammi-
nistrativo,�parte�della�dottrina�(22)�ne�annovera�un�altro�tipo�maggiormente�
problematico:�il�cd.�annullamento�per�vizi�di�merito�(23).�
Cio�che�caratterizza�tale�tipologia�di�annullamento,�e�la�possibilita�
�offerta��alla�P.A.�di�sindacare�gli�atti�amministrativi�sotto�ovviamenteil�
profilo�del�merito�(24),�in�particolare�dell'��opportunita���stessa�degli�atti,�alla�
luce�quindi�della�loro�conformita�al�principio�di�buona�amministrazione�san-
cito�costituzionalmente�dall'art.�97.�
Tale�figura�di�annullamento�tuttavia,�ferma�restando�la�difficolta�di�
individuare�il�discrimen 
con�l'attiguo�istituto�della�revoca�(25),�pone�problemi�
di�difficile�soluzione�in�quanto�espone�il�terzo�alla�merce�dell'amministra-
zione�che�sotto�lo�stendardo�della��tutela�dell'interesse�pubblico��potrebbe�
in�qualsiasi�momento�ledere�i�suoi��diritti��paventando�una�discutibile��inop-
portunita��,�anche�originaria,�dell'atto.�

4.2.��I 
�confini� 
dell'annullamento 
in 
sede 
di 
autotutela 
e 
giurisdizionale. 
Cio�posto,�appare�opportuno,�ripercorrendo�gli�ordinari��binari��della�
dottrina�che�ammette�il�solo�annullamento�per�vizi�di�legittimita�,�analizzare�
la�posizione�del�terzo�in�caso�di�esercizio�del�potere�di�autotutela�e�in�caso�
di�annullamento�disposto�in�sede�giurisdizionale.�

(21)�Cfr.�in�tal�senso�Cons.�Stato,�Sez.�V,�14�maggio�2003�n.�2585,�in�www.lexitalia.it. 
(22)�Cfr.�Sandulli, 
Manuale 
di 
diritto 
Amministrativo, 
Napoli,�1989,�740.�
(23)�Un�avallo�in�tal�senso,�peraltro�discutibile,�si�e�ritenuto�di�rinvenire�in�Cons.�Stato,�sez.�
V,�21�maggio�1982,�n.�419,�Cons. 
Stato,�1982,�I,�664:��L'aggiudicazione�del�contratto�della�P.A.�a�
seguito�di�una�pubblica�gara�ha�natura�di�provvedimento�amministrativo�e,�in�quanto�tale,�e�
suscettibile�di�annullamento,�per�vizi�di�legittimita�o�di�merito,�indipendentemente�dall'esito�del�
procedimento�di�controllo��
(24)�Cfr.�in�tal�senso�Galli, 
Corso 
di 
diritto 
amministrativo, 
Padova,�2001,�832.�
(25)�Cfr.�Galli,�op. 
cit.,�731.�La��revoca��infatti�un�provvedimento�motivato�di�secondo�
grado,�con�cui�la�P.A.�ritira,�con�efficacia�non�retroattiva�(ex 
nunc),�un�atto�inficiato�da�vizi�di�
merito�in�base�ad�una�nuova�valutazione�degli�interessi�(vedi�per�tutti�Virga,�Diritto 
amministrat
ivo 
-Atti 
e 
ricorsi 
-, 
Milano,�2001,�133).�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Al�riguardo�si�evidenzia�come�l'annullamento�in�sede�di�autotutela�
assuma�dei�connotati�differenti�rispetto�a�quello�disposto�in�sede�giurisdizio-
nale�che�risulta�invece�caratterizzato�dalla�soggezione�a�rigidi�termini�di�
decadenza.�In�buona�sostanza�si�vuole�affermare�che�in�teoria,�l'annulla-
mento�in�sede�di�autotutela,�non�saggiacendo�ai�predetti�termini�di�deca-
denza,�puo�essere�disposto�in�qualsiasi�momento�(utile)�(26),�con�la�logica�
conseguenza�che�il�terzo�potrebbe�trovarsi�costantemente�sottoposto�alla�
�spada�di�Damocle��costituita�dalla�possibilita�di�esercizio�del�potere�di�
autotutela�da�parte�della�P.A.�ad 
libitum.�

Tuttavia,�corre�l'obbligo�di�sottolineare�come�l'annullamento�in�sede�di�
autotutela,�potenzialmente��devastante��le�posizioni�soggettive�del�terzo,�in�
realta�presenti�dei�limiti�che�non�possono�e�non�devono�essere�sottaciuti.�

a) 
In�primo�luogo,�l'efficacia�retroattiva�dell'annullamento�non�sempre�
puo�travolgere�gli�effetti�prodotti�dall'atto�viziato�(factum 
infectumfierinequi-
t)�(27);�

b) 
In�secondo�luogo�se,�come�correttamente�si�ragiona�in�dottrina�(28)�
l'esercizio�del�potere�di�autotutela�non�incontra�limiti�temporali,�contestual-
mente�deve�essere�contemperato�con�la�tutela�delle�posizioni�giuridiche�van-
tabili�dai�terzi,�che�non�possono�essere�travolte�sic 
et 
simpliciter 
(vedi�infra),�
soprattutto�nei�casi�in�cui:�

i. 
Il�contraente�ha�gia�avviato�l'esecuzione�del�contratto,�su�richiesta�del�
committente;�
ii. 
Si�e�provveduto�alla�stipulazione�del�contratto;�
iii. 
Il�ritardo�nell'approvazione�del�contratto�e�dipeso�da�comportamenti�
colpevolmente�imputabili�all'Amministrazione;�
iv. 
Altre�circostanze�univoche�evidenziano�il�consolidarsi�di�posizioni�di�
affidamento�in�capo�al�privato�(29).�
c) 
In�terzo�luogo,�ed�e�forse�questo�il�vero�punctum 
dolens 
dell'annulla-
mento�disposto�in�sede�di�autotutela,�un�ulteriore��limite��e�costituito�dalla�
necessita�che�la�P.A.�fornisca�un'adeguata�motivazione�del�provvedimento�di�
annullamento.�

Sul�punto�in�realta�si�registrano�in�giurisprudenza�orientamenti�contra-
stanti.�Alla�tesi�della�non�necessarieta�di�una�diffusa�motivazione�sull'inte-

(26)�Cfr.�Cons.�Stato,�sez.�VI,�19�dicembre�1986,�n.�937,�in�Cons. 
Stato,�1986,�I,�1948�(m):��In�
materia�di�esercizio�dei�compiti�di�autotutela�non�esistono�termini�perentori�che�circoscrivano�
nel�tempo�il�potere�dell'amministrazione,�essendo�soltanto�sufficiente�che�tali�compiti�siano�eserci-
tati�in�ragionevole�collegamento�logico�e�causale�con�la�situazione�illegittima�da�rimuovere�e�con�
l'interesse�pubblico�alla�sua�eliminazione�.�
(27)�Ad�esempio�(in�altro�contesto)�l'annullamento�della�nomina�di�un�impiegato�non�puo�eli-
minare�la�prestazione�da�esso�resa�in�esecuzione�dell'atto�di�nomina�annullato�e�quindi�va�ricono-
sciuto�il�diritto�di�detto�impiegato�a�trattenere�quanto�riscosso�per�il�servizio�effettivamente�pre-
stato�(art.�2126�c.c.).�
(28)�Cfr.�CaringellA 
-DelpinO 
-deL 
Giudice,�Diritto 
Amministrativo,Napoli,�2003,573.�
(29)�Mucio,�Mancata 
aggiudicazione 
e 
autotutela 
della 
P.A., 
in�Urbanistica 
e 
Appalti,�1999,�
512.�

DOTTRINA�309 


resse�pubblico�attuale�che�dovrebbe�accompagnare�l'esercizio�del�potere�di�
annullamento,�ritenendosi,�al�contrario,�sufficiente�il�mero�richiamo�all'esi-
genza�di�ripristinare�la�legalita�violata�e�la�par 
condicio 
tra�le�imprese�(30),�
se�ne�contrappone�un'altra,�condivisa�da�buona�parte�della�dottrina(31),�piu�
garantista�dell'interesse�vantabile�dai�terzi,�volta�a�ritenere�imprescindibile�
la�presenza�di�un'adeguata�motivazione,�con�richiamo�ad�un�preciso�e�con-
creto�interesse�pubblico�(32).�

Tesi��intermedia��sembra�essere�quella�avanzata�da�taluna�giurispru-
denza�(33)�che�afferma�la�non�necessita�di�una�specifica�motivazione�del�prov-
vedimento�di�annullamento�soltanto�nel�caso�in�cui�tra�il�provvedimento�di�
aggiudicazione�e�quello�di�annullamento�sia�decorso�un��brevissimo��tempo�
tale�che�non�si�possa�configurare�l'insorgere�di�posizioni�consolidate(34);�

d) 
In�quarto�luogo,�trattandosi�di�un�procedimento�amministrativo�a�tutti�
gli�effetti,�non�puo�disconoscersi�l'applicabilita�delle�garanzie�dettate�espressa-
mente�dalla�legge�7�agosto�1990,�n.�241�(rispetto�delle�regole�del�contraddittorio�
procedimentale,�adeguata�istruttoria�e�obbligo�motivazionale�^vedi�supra).�

Ad�avviso�di�chi�scrive,�se�in�astratto�non�si�puo�disconoscere�il��sacrificio��
del�diritto�dei�terzi�in�presenza�di�un�interesse�pubblico�al�ripristino�della�legalita�
violata�(da�valutarsi�in�concreto�come�interesse�pubblico�puntuale�da�tutelare),�
appare�nelcontempo�necessario�^sempreecomunque^chela�P.A.nedia�con-
tezza�attraverso�una�motivazione�congrua�ed�adeguata�del�provvedimento�di�
annullamento�che�espliciti�la�comparazione�degli��interessi�in�gioco�(35).�

(30)�Cons.�Stato,�sez.�V,�13�maggio�1995,�n.�761,�in�Cons. 
Stato,�1995,�I,�717:��L'erronea�
ammissione�di�una�impresa�ad�una�gara�d'appalto�(ovvero�l'erronea�valutazione�della�sua�offerta),�
qualora�essa�ne�sia�risultata�vincitrice�e�non�sia�stato�stipulato�ancora�il�contratto�d'appalto,�ben�
consente�l'esercizio�del�potere�di�autotutela�e�di�disporre�l'annullamento�dell'atto�di�valutazione�
del�progetto�dell'impresa�difforme�dalle�previsioni�del�bando,�nonche�dell'atto�che�ha�disposto�in�
suo�favore�l'aggiudicazione,�ne�in�tal�caso�occorre�una�diffusa�motivazione�sull'interesse�pubblico�
attuale,�in�quanto�essa�puo�considerarsi�sufficiente�col�richiamo�all'esigenza�di�ripristinare�la�lega-
lita�violata�e�la�par�condicio�tra�le�imprese�.�
(31)�Cfr.�AA.VV. 
(Lipari),�L'appalto 
di 
operepubbliche, 
Padova,�2001,�495.�
(32)�Cons.�Stato,�sez.�VI,�29�marzo�1996,�n.�518,�in�Appalti 
urbanistica 
edilizia,�1996,�1097;�
Cons.�Stato,�sez.�VI,�30�aprile�1994,�n.�652,�in�Cons. 
Stato,�1994,�I,�633.�
(33)�Cfr.�Pifferi,�Annullamento 
di 
ufficio 
di 
un 
atto 
illegittimo 
da 
breve 
tempo 
adottato, 
in�
Amm. 
It., 
1994,�1011.�
(34)�Cfr.�Cons.�Stato,�sez.�VI,�19�dicembre�1986,�n.�937,�in�Cons. 
Stato,�1986,�I,�1948�(m):�
�L'annullamento�d'ufficio�e�in�linea�di�massima�un'attivita�doverosa�per�l'amministrazione,�mentre�
l'obbligo�della�motivazione�sull'interesse�pubblico�(diverso�dal�ripristino�della�legalita�)e�posto�a�
garanzia�dell'avvenuta�ponderazione�delle�posizioni�soggettive�nel�frattempo�consolidatesi�a�
seguito�dell'atto�illegittimo;�ne�consegue�che�nessun�obbligo�di�specifica�motivazione�sussiste�allor-
che�tali�posizioni�soggettive�non�si�siano�ancora�consolidate�.�
(35)�Nel�senso�di�ritenere�doveroso 
l'annullamento�di�un�atto�illegittimo�al�fine�di�ripristinare�
la�legalita�violata�ma�nel�contempo�di�non�pregiudicare�l'interesse�di�chi�sugli�effetti�di�quell'atto�
abbia�fatto�affidamento�senza�una�opportuna�ponderazione,�cfr.�Cons.�Stato,�sez.�VI,�13�gennaio�
1983,�n.�2,�in�Riv. 
amm.,�1983,�138,�n.�IARIA;�Cons.�Stato,�24�dicembre�1982,�n.�721,�in�Cons. 
Stato,�1982,�I,�1610.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

5. 
�GlI 
effettI 
dell'annullamentO 
dell'aggiudicazionE 
suL 
contrattO 
stipulato. 
Cio�posto�ed�evidenziate�le�diversita�tra�annullamento�avvenuto�in�sede�

amministrativa�e�annullamento�in�sede�giurisdizionale,�si�puo�passare�ad�esa-

minare�gli�effetti�prodotti�sul�contratto�stipulato�in�conseguenza�di�un�atto�

di�aggiudicazione�successivamente�annullato�(il�tema�subc�^cfr.�supra�punto�2).�

Al�riguardo�occorre�rappresentare,�come�gia�detto�in�premessa,�che�la�

riconducibilita�nell'alveo�della�nullita�o�dell'annullabilita�della�patologia�della�

quale�risulterebbe�affetto�il�contratto�stipulato,�e�tuttora�oggetto�di�una�que


relle�mai�sopita�e�probabilmente�destinata�a�rimanere�tale�in�quanto,�come�e�

stato�affermato,�correttamente�ad�avviso�di�chi�scrive,��...�si�annida�in�quello�

spazio�grigio�che�congiungefaseprocedimentale�amministrativa�efase�negoziale�

privatistica�e�tocca�il�confine�che�separa�la�giurisdizione�di�annullamento�dalla�

realta�del�contratto�e�quindi�dalla�giurisdizione�civile�(36)�e�presta�il�fianco�a�

difficili�inquadramenti�dottrinari�e�giurisprudenziali.�

Senza�pretese�di�completezza�e�cercando�nel�contempo�di�delineare�un�

quadro�riepilogativo�delle�teoriche�che�si�contendono�attualmente�il�campo,�

si�rappresentano�le�seguenti�tesi.�

5.1.��La�tesi�dell'annullabilita�.�
Una�prima�tesi�ragiona�nei�termini�di�annullabilita� 
relativA 
del�
contratto�stipulato�ex�art.�1441�c.c.,�sulla�base�della�considerazione�che�la�

serie�degli�atti�di�evidenza�pubblica�non�si�sostituisce�al�procedimento�priva-

tistico�di�formazione�della�volonta�ma�solamente�si�affianca�ad�esso.�

In�tale�logica�ne�deriva�che�il�consenso�espresso�dall'amministrazione,�

nonostante�il�vizio�della�procedura�di�evidenza�pubblica,�sussiste�e�continua�

a�produrre�i�suoi�effetti�fino�a�quando�non�venga:�

a)�travolto�da�una�specifica�azione�di�annullamento�alla�quale�pero�,ai�

sensi�dell'art.�1441�c.c.,�risulta�legittimata�solo�l'amministrazione;�

b)�dedotto�in�via�di�eccezione�dalla�stessa�P.A.�

Si�tratta�della�tesi�avvalorata�prevalentemente�dalla�giurisprudenza�delgiu-

dice�civile�(37)�ma�che,�soprattutto�negli�ultimi�tempi,�sembra�aver�trovato�eco�

anche�presso�il�giudice�amministrativo�(38)�oltre�che�l'avallo�della�dottrina�(39).�

(36)�Cintioli,�Annullamento�dell'aggiudicazione,�buonafede�e�metodo�giuridico,�in�www.giustiz
ia-amministrativa.it�
(37)�Cfr.,�ex�multis,�Cass.�8�maggio�1996,�n.�4269,�in�Contratti,�1997,�128�ss.,�con�nota�di�
Mucio,�I�contratti�di�diritto�privato�della�pubblica�amministrazione;�Cass.�28�marzo�1996,�n.�2842,�
in�Foro�it.,�1996,�I,�2054.�
(38)�V.�Cons.�Stato,�sez.�VI,�1�febbraio�2002,�n.�570,�in�Cons.�Stato,�I,�256;�T.A.R.�Puglia,�28�
febbraio�2001,�n.�746,�in�Tribunali�Amministrativi�Regionali,�2001,�1451;�T.A.R.�Lombardia,�9�mag-
gio�2002,�n.�823,�in�www.giustizia-amministrativa.it;�T.A.R.�Lombardia,�29�novembre�1999,�n.�
4070,�in�Tribunali�Amministrativi�Regionali,�2000,�112;�T.A.R.�Lombardia,�23�dicembre�1999,�n.�
5049,�in�www.giustizia-amministrativa.it;�T.A.R.�Lombardia,�11�dicembre�2000,�n.�7702,�in�
www.giustizia-amministrativa.it;�T.A.R.�Campania,�20�ottobre�2000,�n.�3890,�in�www.giustiziaa
mministrativa.it.�
(39)�Cfr.�AA.VV. 
(Lipari),�L'appalto�dioperepubbliche,�Padova,�2001,�472;�Giannini,�Diritto�
amministrativo,�II,�Milano,�1993,�847�ss.;�Anelli,�Pubblico�e�privato�in�materia�di�contratti�dello�
Stato�e�degli�entipubblici,in�Cons.�Stato,�1966,�333.�

DOTTRINA�311 


Tale�teorica�affonda�le�proprie�radici�nella�considerazione�che�il�procedi-
mento�ad�evidenza�pubblica�ha�la�funzione�di�salvaguardare�la�corretta�
formazione�del�consenso�da�parte�della�P.A.,�garantendo�in�buona�sostanza�
che�la�medesima�scelga�il�contraente��migliore��fra�coloro�i�quali�partecipano�
alla�procedura.�In�tale�ambito�apparirebbe�evidente�che�le�norme�disciplinanti�
la�procedura�ad�evidenza�pubblica�sono�da�ritenersi�dettate�nell'esclusivo�inte-
resse�della�P.A.,�unica�legittimata�a�chiedere�l'annullamento�ex�art.�1441�c.c.�

5.1.1.��Questa�tesi,�ferma�la�matrice�comune,�presenta�delle�proprie�
variabili�interne�considerandosi�talvolta�il�vizio�incidente�sulla�capacita�gene-
rale�di�agire�(art.�1425�c.c.)(40),�nel�caso�in�cui�sia�caducata�la�deliberazione�
a�contrarre.�
5.1.2.�Talaltra�sul�consenso�alla�stregua�di�errore�di�diritto�o�sull'identita�o�
qualita�dell'altro�contraente�(41)�(art.�1427�cod.�civ.).�

5.1.3.�Altra�ancora,�sulla�legittimazione�a�contrarre�(42)�ove�si�consideri�
l'evidenza�pubblica�una�condicio�sine�qua�non�per�stipulare�il�contratto.�Tale�
variante�poggia�il�presupposto�sul�rilievo�che�gli�atti�della�serie�pubblicistica�
sarebbero�esterni�alla�formazione�della�volonta��contrattuale�e�fornirebbero�
solo�la�legittimazione�all'organo�stipulante,�con�la�conseguenza�che�il�loro�
annullamento�provocherebbe�una�mera�annullabilita��relativa�del�contratto�
(che�puo��essere�fatta�valere,�come�gia��detto,�solo�dall'amministrazione�
innanzi�al�giudice�ordinario)�ma�non�comporterebbe�mai�di�per�se�la�caduca-
zione�del�contratto.�
5.2.��LA 
tesI 
dell'inefficaciA 
peR 
difettO 
dI 
poterE 
rappresentativO 
eX 
art. 
1398�c.c. 
Una�seconda�tesi,�proposta�in�realta��soltanto�in�ambito�dottrinario�(43),�
configura�il�contratto�stipulato�come�negozio�posto�in�essere�dal�cd.�falsus�

procurator,�quindi�in�difetto�di�potere�rappresentativo�ex�art.�1398�cod.�civ..�

Alla�luce�di�tale�teorica�i�vizi�della�procedura�di�evidenza�pubblica�si�
rifletterebbero�in�difetto�di�potere�rappresentativo,�con�conseguente�ineffica-
cia�del�negozio,�in�quanto�l'organo�della�P.A.�sarebbe�assimilabile�appunto�
ad�un�falsus�procurator�con�possibilita��di�ratifica�retroattiva�da�parte�della�

P.A.�(44)�come�avverrebbe�ad�es.�nell'ipotesi�di�riadozione�dell'atto�di�aggiu-
dicazione�da�parte�dell'organo�incompetente.�
(40)�Cass.�sez.�I,�28�marzo�1996,�n.�2842,�in�Foro�it.,�1996,�I,�2054;�Cass.�sez.�II,�21�febbraio�
1995,�n.�1885,�in�Appalti�urbanistica�edilizia,�1996,�235;�Cass.�sez.�I,�13�ottobre�1985,�n.�5712,�in�
Corriere�giur.,�1986,�289,�n.�GIACALONE.�
(41)�Monteduro,�Illegittimita�delprocedimento�adevidenzapubblica�e�nullita�delcontratto�d'ap-
palto�ex�art.�1418�comma�1�c.c.;�una�radicale�svolta�della�giurisprudenza�tra�luci�ed�ombre,�in�Foro�
amm.,�2002,�2594.�
(42)�Greco,�Argomenti�di�diritto�amministrativo,�Milano,�2000,�161.�
(43)�Sandulli, 
Deliberazionedinegoziareenegozio�didirittoprivato�dellaP.A.,�in�Riv.�Trim.�
dir.�Proc.�Civ.,�1965,�pag.�3.�
(44)�Cfr.�Sandulli,�Spunti�sul�regime�dei�contratti�di�diritto�privato�dell'amministrazione,in�
Foro�It.,�1953,�149�e�ss.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Occorre�precisare�come�vi�sia�tuttavia�incertezza�in�dottrina�riguardo�
alla��patologia��di�cui�sarebbe��affetto��il�contratto�stipulato�dal�falsus�pro-
curator�tale�da�determinarne�l'inefficacia.�Secondo�alcuni�(45)�si�tratterebbe�
di�inefficacia��pura�e�semplice��per�mancanza�di�un�requisito�di�efficacia�
integrabile�in�via�di�ratifica,�secondo�altri�(46)�di�una�vera�e�propria�nullita��.�
Secondo�la�giurisprudenza�(47)�maggioritaria�invece�il�negozio�compiuto�dal�
falsus�procurator�non�e��invalido,�ma�soltanto�in�itinere,�ovvero�a�formazione�
successiva,�sicche�il�dominus�puo��ratificare�e�fare�propri�gli�effetti�del�negozio�
concluso�in�suo�nome�con�effetti�retroattivi.�

5.3.��La�tesi�della�nullita�.�
Un�ulteriore�orientamento�giurisprudenziale�(48)�configura�il�contratto�
stipulato�a�seguito�di�aggiudicazione�poi�annullata�come�affetto�dalla�piu��
grave�patologia:�la�nullita�assoluta.�
Tale�teorica�prende�le�mosse�dal�presupposto�della�natura�costitutiva�
degli�atti�di�evidenza�pubblica�e�della�natura�superindividuale�e�non�disponi-
bile�degli�interessi�tutelati�dalla�serie�procedimentale�degli�atti�di�gara.�
All'interno�di�tale�impostazione�possiamo�distinguere�alcune�varianti:�

5.3.1.�Alcuni�ritengono�che�la�nullita��sia�tale�per�difetto�assoluto�del�
consenso�(49)�(artt.�1418�comma�2�cod.�civ.�e�1325�n.�1,�cod.�civ.).�Tale�contra-
rieta��risiederebbe�nel�rilievo�che�le�norme�sull'evidenza�pubblica�sono�finaliz-
zate�alla�formazione�del�consenso�della�P.A.�che,�mancando,�determina�
l'assenza�dell'idem�consensus�(l'accordo),�elemento�essenziale�del�negozio�ai�
sensi�dell'art.�1325�c.c.�Il�vizio�radicale�del�consenso,�nel�senso�del�suo�difetto�
genetico�originario,�produrrebbe�quindi�la�nullita��del�contratto�e�non�la�
sempliceannullabilita�,aisensidell'art.�1418comma2c.c..�
5.3.2.�Altri�sostengono�invece�che�la�nullita��derivi�dalla�mancanza�della�
causa�(50)�con�riguardo�al�venir�meno�della�ragione�del�negozio�a�seguito�del-
l'annullamento�della�delibera�a�contrarre�(artt.�1418�e�1325,�n.�2,�cod.�civ.)�a
d�esempio�nel�caso�di�sopravvenuta�mancanza�di�copertura�finanziaria.�
Una�sorta�di�tertium�genus�di�causa�invalidante:�il�difetto�genetico�della�
presupposizione,�al�quale�conseguirebbe�la�nullita��del�contratto�per�man-
canza�della�causa(51).�Tale�species�di�nullita��ricorrerebbe�allorquando�le�
parti,�nella�conclusione�del�contratto,�abbiano�tenuto�conto�di�situazioni�di�

(45)�Bianca,�Diritto�civile,�vol.�3,�Il�contratto,�Milano,�2000,�pag.�108.�
(46)�Mirabelli, 
Dei�contratti�in�generale,�Torino,�1980,�pag.�396.�
(47)�Cass.,�sez.�III,�16�febbraio�2000,�n.�1708,�in�Mass.,�2000,�Cass.,�sez.�II,�11�ottobre�1999,�n.�
11396,�in�Mass.,�1999.�
(48)�Cons.�Stato�sez.�V,�5�marzo�2003,�n.�1218,�in�www.lexitalia.it�
(49)�Cfr.�in�dottrina�Nigro,�Deliberazione�amministrativa,�voce�in�Enc.�Dir.,IV,�1009,�
Milano,�1962�e�T.A.R.�Puglia,�sez.�I.,�28�gennaio�2003,�n.�394,�in�www.lexitalia.it,con�nota�di�V. 
Fox,�Annullamento�degli�atti�di�gara�ed�invalidita�del�contratto.�
(50)�Moscarini,�Profili�civilistici�del�contratto�di�diritto�pubblico,�Milano,�1988,�211.�
(51)�Cfr.�D'Argento,�Appalto�pubblico�ed�annullamento�giurisdizionale�dell'aggiudicazione,�in�
www.filodiritto.com�

DOTTRINA�313 


fatto�o�diritto�(non�specificate�nel�contratto)�desumibili�dall'analisi�del�con-
tratto,�a�esse�comuni�(oppure�proprie�di�una�parte�soltanto,�ma�note�o�cono-
scibili�all'altra)�e�da�esse�indipendenti�(non�essendo�rimesse�alla�loro�volonta�),�
determinanti�per�l'operazione�economico-giuridica�dalle�stesse�posta�in�
essere.�L'insussistenza�delle�circostanze�presupposte�al�momento�della�stipu-
lazione�inciderebbe�sulla�causa�genetica�del�contratto�comportandone�la�
mancanza.�

5.3.3.�In�ultimo�secondo�altri�la�nullita�deriverebbe�da�contrarieta�del�
contratto�a�norme�imperative(52)�(art.�1418,�comma�1,�cod.�civ.),�nelle�sole�
ipotesi�in�cui�i�vizi�della�serie�procedimentale�ad�evidenza�pubblica�siano�tali�
da�determinare�l'inidoneita�del�contratto�a�perseguire�il�vincolo�di�scopo�
espressamente�assegnato�all'amministrazione(53).�
5.3.4.�Secondo�altri�ancora�la�nullita�deriverebbe�dalla�mancanza�dell'og-
getto�del�contratto�(ex�art.�1346�c.c.)�che,�ai�sensi�del�successivo�art.�1418,�
comma�2,�c.c.,�determinerebbe�appunto�la�nullita�(54).�
In�tale�chiave�di�lettura�soltanto�il�rispetto�delle�norme�che�disciplinano�
la�fase�pubblicistica�della�fattispecie�procedimentale/contrattuale�contribui-
rebbe�a�definire�e�rendere��lecito��ovvero��giuridicamente�possibile��perla�
Pubblica�Amministrazione�l'oggetto�del�contratto.�

5.4.��La�caducazione�automatica�delcontratto:�la�tesiprevalente.�
Una�ulteriore�prospettazione(55),�ad�oggi�la�prevalente,�spiega�il�feno-
meno�nei�termini�della�caducazione�automatica(56)�del�contratto.�

(52)�Cfr.Cons.Stato,sez.�V,13novembre2002,n.6281,in�www.lexitalia.it;T.A.R.Campania,�
29�maggio�2002,�n.�3177,�in�www.lexitalia.it;�T.A.R.�Puglia,�23�ottobre�2002,�n.�394,�in�www.lexita-
lia.it,�ove�si�e�affermato�che�tale�qualificazione�della�patologia�si�fonda�sulla�constatazione�
secondo�cui��la�procedimentalizzazione�della�scelta�del�contraente�ed�il�suo�coordinamento�a�pro-
fili�di�interesse�pubblico�in�ordine�all'acquisizione�della�migliore�offerta�contrattuale,�configurano�
una�fattispecie�complessa,�nella�quale�convergono�meri�atti,�operazioni�materiali,�provvedimenti,�
dichiarazioni�di�volonta�del�privato,�e�del�quale�la�stipulazione�del�contratto�rappresenta�l'effetto�
finale.�Ne�consegue�che�l'invalidita�di�atti�della�serie�procedimentale�che�incidano�sulla�legittimita�
dell'aggiudicazione�non�consentono�alla�suddetta�fattispecie�di�conseguire�il�proprio�perfeziona-
mento�giuridico,�ed�in�primo�luogo�di�determinare�l'idem�consensus�(ovvero�l'accordo)�che�costitui-
sce�elemento�essenziale�di�ogni�contratto.�E'�noto�che�il�vizio�radicale�del�consenso,�nel�senso�del�
suo�difetto�genetico�originario,�produce�la�nullita�del�contratto�e�non�la�semplice�annullabilita�,ai�
sensi�dell'art.�1418�comma�2�c.c�.�
(53)�Dugato,�Atipicita�efunzionalizzazionenell'attivita�amministrativaper�contratti,�Milano,�
1996,�65�ss.�
(54)�Cfr.�Forlenza,�La�decadenza�immediata�dell'accordo�sottoscritto�evita�la�necessita�di�
ricorrere�al�giudice�ordinario,�in�Guida�al�diritto,�n.�22/2003,�pag.�81.�
(55)�Cfr.�Cons.�Stato,�sez.�VI,�30�maggio�2003,�n.�2992,�in�www.giustizia-amministrativa.it;�
Cons.�Stato,�Sez.�V,�25�maggio�1998,�n.�677,�in�Cons.�Stato,�1998,�I,�891�(in�un�caso�di�autoannulla-
mento�in�autotutela�dell'aggiudicazione);�Cons.�Stato,�sez.�VI,�14�gennaio�2000,�n.�244,�in�Foro�
Amm.,�2000,�108;�Cons.�Stato,�sez.�V,�30�marzo�1993,�n.�435,�in�Giur.�it.,�1994,�III,�1,�18.�
(56)�Cfr.�Fantini,�Gli�effetti�sul�contratto�dell'annullamento�dell'aggiudicazione:�profili�di�effet-
tivita�della�tutela�giurisdizionale,�in�Urbanistica�e�Appalti,�2003,�751.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

In�tale�contesto�la�vicenda�viene�ricostruita�in�chiave�giuspubblicistica,�
tenendo�conto�della�stretta�consequenzialita�esistente�fra�annullamento�degli�
atti�di�gara�e�contratto.�

Tale�impostazione�si�basa�sul�rilievo�che�l'annullamento�in�sede�giurisdi-
zionale�del�provvedimento�di�aggiudicazione�comporta�non�gia�la�nullita�o�
l'annullabilita�del�contratto�stipulato�dall'Amministrazione,�ma�la�sua�ineffi-
cacia;�infatti�nei�contratti�ad�evidenza�pubblica�gli�atti�della�serie�pubblici-
stica�e�quelli�della�serie�privatistica�sono�indipendenti�quanto�alla�validita�;i�
primi�condizionano,�pero�,�l'efficacia�dei�secondi,�di�modo�che�il�contratto�
diviene�ab 
origine 
inefficace�se�uno�degli�atti�del�procedimento�viene�meno�
per�una�qualsiasi�causa�(57).�

5.5.���Variante� 
alla 
tesi 
della 
caducazione 
automatica: 
la 
salvezza 
dei 
terzi 
di 
buonafede. 


L'orientamento�invece,�paventato�dapprima�da�taluna�giurisprudenza�(58),�
eseguitointempirecentidalConsessodiPalazzo�Spada(59),�sostieneil�travol-

gimento 
delcontrattocon 
salvezza 
deidirittideiterzidibuonafede 
(60)�in�applica-
zione�analogica�degli�artt.�23,�comma�2,�e�25,�comma�2,�del�cod.�civ.�ponendosi�
il�problema,�non�di�poco�momento,�dell'incidenza�delle�tecniche�di�annulla-
mento�caducanti�e�determinanti�inefficacia�sopravvenuta�del�contratto�in�
chiave�giuspubblicistica,�sulla�sicurezza�del�traffico�giuridico�e�sul�principio�di�
buona�fede.�

Il�Consiglio�di�Stato�con�la�sentenza�n.�6666�del�27�ottobre�2003�ha�
infatti�affermato�a�chiare�lettere,�fissando�forse�un�punto�fermo,�che:��La 


caducazione, 
in 
sede 
giurisdizionale 
o 
amministrativa, 
di 
atti 
della 
fase 
della 


formazione, 
attraverso 
i 
quali 
si 
e� 
formata 
in 
concreto 
la 
volonta� 
contrattuale 


dell'Amministrazione, 
da� 
luogo 
alla 
conseguenza 
di 
privare 
l'Amministrazione 


stessa, 
con 
efficacia 
ex�tunc, 
della 
legittimazione 
a 
negoziare 
con 
conseguente 


inefficacia 
del 
contratto 
successivamente 
stipulato... 
(omissis)... 
Per 
quanto, 
piu� 


in 
particolare, 
riguarda 
la 
tutela 
dei 
soggetti 
che 
abbiano 
ottenuto 
ragione 


dinanzi 
al 
giudice 
amministrativo 
tramite 
l'annullamento 
dell'atto 
di 
aggiudica-

zione, 
nei 
casi 
in 
cui 
il 
contratto 
sia 
gia� 
stato 
concluso, 
l'annullamento 
della 
deli-

berazioneformativadellavolonta� 
contrattualedell'ente�nonpregiudicaidiritti 


acquistati 
dai 
terzi 
di 
buona 
fede 
in 
base 
ad 
atti 
compiuti 
in 
esecuzione 
della 


deliberazionemedesima 
(art. 
23e25c.c.)�. 


5.6.��Una�tesi�intermedia:�nullita�-annullabilita�.�
Un'ulteriore�teorica�avanzata�in�dottrina,�volta�a�tutelare�i�terzi�soprat-
tutto�in�caso�di�inizio�di�esecuzione�del�contratto,�sostiene�che��... 
la 
soluzione 


dell'annullabilita� 
dovrebbeaffermarsisoloincasodicontratticuisiainiziatal'e-

(57)�Cfr.�Cons.�Stato,�sez.�VI,�27�ottobre�2003�n.�6666,�in�www.lexitalia.it,ma�gia�in�passato�
Cass.�5�aprile�1976,�n.�1197,�citata�dalla�sentenza.�
(58)�T.A.R.�Lecce,�Sez.�II,�7�febbraio�2001,�n.�28,�in�www.giustizia-amministrativa.it 
(59)�Cfr.�Cons.�Stato,�sez.�IV,�27�ottobre�2003,�n.�6666,�in�www.lexitalia.it 
(60)�In�senso�conforme�cfr.�Cons.�Stato,�Sez.�VI,�30�maggio�2003�n.�2992,�in�www.giustizia-
amministrativa.it 

DOTTRINA�315 


secuzione,�con�conseguente�creazione�di�un�affidamento�a�favore�del�terzo�

privato�contraente,�mentre�negli�altri�casi�l'annullamento�dell'aggiudicazione�

comporterebbe�la�caducazione�del�contratto�(61).�
Al�fine�di�comprendere�quale�delle�suesposte�prospettazioni�possa�essere�
condivisa,�appare�opportuno�analizzare�criticamente�le�singole�teoriche�
evidenziandone�i�meriti�e�i�limiti.�

6.��I 
limitI 
E 
I 
meritI 
deI 
varI 
orientamenti. 
6.1.��La�tesi�dell'annullabilita�relativa:�la�P.A.�quale�domina�delle�sorti�del�
contratto.�

Prendendo�le�mosse�dalla�teorica�cd.�dell'annullabilita�relativa�ex�
art.�1441�c.c.,�occorre�evidenziare�come�indubbiamente�il�merito�piu�grande�
di�tale�prospettazione�sia�quello�di�garantire�la�certezza�nei�rapporti�giuridici�
e�di�tutelare�l'affidamento�ingenerato�nei�terzi�con�la�stipulazione�del�con-
tratto.�Appare�infatti�evidente�che,�salvo�il�caso�in�cui�sia�la�stessa�P.A.�ad�
annullare�in�sede�di�autotutela�(vedi�supra�4.3)�l'aggiudicazione,�il�decorso�
del�termine�d'impugnazione�rende��saldi��i�diritti�dei�terzi(62).�

Cio�posto�tuttavia�non�puo�sottacersi�che,�ai�sensi�dell'art.�1441�c.c..�l'u-
nico�soggetto�legittimato�a�chiedere�l'annullamento�dell'aggiudicazione�e�
proprio�la�P.A.�nell'interesse�della�quale�e�previsto.�

Cos|�ragionando�appare�evidente�come�le�sorti�del�contratto�stipulato�
siano�nelle�mani�di�un�unico�soggetto�(la�P.A.)�con�conseguente�possibile�
affievolimento�delle�posizioni�soggettive�vantate�dal�terzo�in�caso�non�venisse�
richiesto�dalla�P.A.�l'annullamento�dell'aggiudicazione.�

Un'impostazione,�ad�avviso�di�chi�scrive,�pressoche�paradossale�in�
quanto��riserva��l'iniziativa�per�l'annullamento�proprio�al�soggetto�cheha�
commesso�l'illegittimita�,�che�ha�generato�quindi�la�causa��riflessa��dell'inva-
lidita�del�contratto�(63).�

Si�vuole�in�buona�sostanza�evidenziare�come�la�tesi�dell'annullabilita�
attribuisca�un�ingiustificato�privilegio�in�capo�alla�P.A.,�risultando��com-
pressi��in�tal�modo,�sia�l'interesse�pubblico�al�ripristino�della�legalita�violata�

(61)�Cfr.�Caruso,�L'esistenza�della�nullita�del�negozio�giuridico�puo�essere�rilevata�d'ufficio�dal�
giudice,�in�Guida�al�diritto,�2003�(n.�3),�pag.�100.�
(62)�Cfr.�AA.VV. 
(Lipari),�L'appalto�di�opere�pubbliche,�Padova,�2001,�476�che�evidenzia�
come�la�tesi�dell'annullabilita�oltre�a�garantire�una�ragionevole�stabilita�del�rapporto�contrattuale�
non�lo�espone�piu��...�alle�sorprese�di�un�giudizio�civile�di�invalidita�,�una�volta�scaduto�il�termine�
di�decadenza�per�l'impugnazione�dell'atto�di�aggiudicazione�in�sede�amministrativa�.�
(63)�Cfr.�Cons.�Stato,�sez.�VI,�5�maggio�2003,�n.�2332,�in�www.lexitalia.it,�dove�si�puo�leggere:�
�...�sul�piano�dell'equita�sostanziale�e,�soprattutto,�dell'effettivita�della�tutela�giurisdizionale�
appare�addirittura�originale�che�l'amministrazione�sia�l'unico�soggetto�legittimato�a�lamentare�la�
violazione�delle�norme�di�evidenza�pubblica�per�ottenere�la�caducazione�del�contratto�quando�le�
illegittimita�accertate�nel�procedimento�di�evidenza�pubblica,�bene�diversamente�da�quanto�accade�
nella�logica�civilistica�dei�vizi�della�volonta�causativi�dell'annullabilita�del�negozio,�di�regola�non�
sono�subite�dalla�amministrazione,�ma�sono�da�questa�provocate�.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

nel�rispetto�della�concorrenza�tra�le�Imprese,�sia�l'interesse�del�concorrente�

che�sia�riuscito�ad�ottenere�l'annullamento�dell'intera�sequenza�procedimen-

tale.�
I�limiti�dogmatici�della�tesi�dell'annullabilita��divengono�ancora�piu��mar-

cati�nel�caso�in�cui�all'avvenuta�stipula�del�contratto�si�sia�accompagnatoun�

principio�di�esecuzione�(tematica�sub 
d 
vedi�punto�2).�In�tal�caso�infatti�si�

puo��giungere�all'ulteriore�paradosso�di�ottenere�l'annullamento�della�gara�

illegittima�e�nel�contempo�non�riuscire�a��subentrare��nel�contratto�stipulato,�

non�ottenendo�cos|��proprio�il�bene�della�vita�al�quale�si�anelava.�Il�semplice�

risarcimento�del�danno�infatti�non�sempre�appare�satisfattivo.�
Il�vero�punctum 
dolens 
consiste�nel�fatto�che�la�teorica�dell'annullabilita��

risulta�in�realta��basata�su�un��pilastro��difficilmente�condivisibile:�che�la�

disciplina�sull'evidenza�pubblica�e��posta�nell'esclusivo�interesse�della�stazione�

appaltante�e�concerne�il�modo�della�formazione�del�suo�consenso�negoziale,�

finendo�per�rimettere�l'esecuzione�della�sentenza�e�il�soddisfacimento�del�

�diritto�all'affidamento��dell'impresa�vittoriosa�dinanzi�al�giudice�ammini-

strativo�alla�discrezionale�scelta�della�P.A.�di�agire�o�non�dinanzi�al�giudice�

ordinario�per�chiedere�l'annullamento�del�contratto�per�il�vizio�del�proprio�

consenso�(64).�
Tale�impostazione,�secondo�parte�della�dottrina�(65),�non�troverebbe�

applicazione�nelle�ipotesi�in�cui�sia�ravvisabile�non�una�mera�incompetenza�

od�un�altro�vizio�riguardante�la�formazione�della�volonta��dell'amministra-

zione,�ma�un�vizio�di��straripamento�di�potere�,�nel�qual�caso�il�contratto�e��

nullo�(66).�
Non�va�inoltre�sottaciuto�che�anche�in�presenza�di�una�sentenza�di�

annullamento�ottenuta�(si�rammenta�su�iniziativa�sempre�e�comunque�della�

P.A.),�l'Amministrazione�non�essendo�tenuta�all'esecuzione,�per�ragionidi�

�convenienza��(soprattutto�nel�caso�di�esecuzione�contrattuale�avanzata)�

potrebbe�non�adeguarsi�al�giudicato�amministrativo�e�rispettare�il�contratto�

stipulato.�

(64)�Cfr.�Carpentieri,�Aggiudicazione 
e 
contratto,in�www.giustizia-amministrativa.it 
(65)�Cfr.�AA.VV. 
(Lipari),�L'appalto 
di 
operepubbliche,�Padova,�2001,�473.�
(66)�Cfr.�in�giurisprudenza�Cass.�29�novembre�1983�n.�7151,�in�Mass. 
1983,:��Quando�la�p.�a.,�
per�la�realizzazione�delle�sue�finalita��,�ricorra�agli�strumenti�giuridici�che�sono�ordinariamente�pro-
pri�dei�soggetti�privati,�l'attivita��negoziale,�per�tutto�quel�che�riguarda�la�disciplina�dei�rapporti�
che�dalla�stessa�scaturiscono,�rimane�assoggettata�ai�principi�ed�alle�regole�del�diritto�comune,�
salve�le�eventuali�interferenze�di�norme�di�diritto�pubblico�integrative�o�modificative,�e�solo�
restando�operanti�le�regole�della�disciplina�amministrativa�attinenti�all'organizzazione�della�p.�a.�
ed�alla�formazione�ed�estrinsecazione�delle�sue�determinazioni;�in�particolare�nel�contratto�di�
appalto�di�oo.�pp.,�pur�essendo�riservata�all'amministrazione�una�posizione�preminente�e�direttiva,�
non�viene�alterata�la�corrispettivita��delle�prestazioni,�ne�viene�mutata�la�funzione�essenzialmente�
privatistica�di�conseguire�un�opus 
definitum 
benche�l'opera�appaltata�sia�destinata�alla�realizza-
zione�di�fini�pubblici;�di�conseguenza,�anche�in�tale�contratto�puo��avere�rilevanza�la�simulazione,�
poiche�anch'esso,�nella�fase�della�negoziazione�e�della�stipulazione,�che�segue�alla�fase�preparato-
ria�ed�a�quella�di�approvazione,�meramente�interne�e�propedeutiche�alla�stipulazione,�resta�assog-
gettato�al�diritto�comune�per�quanto�riguarda�la�manifestazione�di�volonta��dell'organo�che�rappre-
senta�la�p.�a.�e�l'accettazione�della�controparte�.�

DOTTRINA�317 


In�altri�termini�si�vuole�affermare�che�se�le�norme�sull'evidenza�pubblica�
mirano�ad�evitare�artificiosi�e�fraudolenti�piani�collusivi�tra�esponenti�della�

P.A.�appaltante�ed�imprenditori�privati,�che�senso�avrebbe�considerare�valido�
il�contratto�ove�non�fosse�stata�impugnata�l'aggiudicazione�o�fosse�stata�
dichiarata�illegittima�in�sede�giurisdizionale�ma�la�P.A.�non�esegue�la�
sentenza?�
6.2.��L'affacciarsi�di�uno��spettro�:�simulazione�relativa?�
Al�riguardo�taluna�dottrina�(67)�accenna�in�questo�caso�all'istituto�civili-
stico�della�simulazione�relativa�in�quanto�l'ipotesi�predetta�ben�potrebbe�
costituire�il�risultato�del�pactum�sceleris�sotteso�all'aggiudicazione�in�favore�
del�concorrente�ritenuto��gradito�.�Ferme�restando�le�conseguenze�dal�punto�
di�vista�penale,�lo��spettro��della�simulazione�potrebbe�inoltre�affacciarsi�
ogni�qual�volta�la�P.A.��ad�arte��fissa�una�griglia�di�requisiti�di�partecipa-
zione�tale�da��mascherare��sotto�le�mentite�spoglie�di�una�procedura�aperta�
una�vera�e�propria�procedura�negoziata�(quando�non�una�trattativa�privata�
singola).�

6.3.��La�tesidellanullita�:�lapiu��duraamorire�.�
All'impostazione�che�vorrebbe�considerare�le�norme�sull'evidenza�
pubblica�dettate�nell'esclusivo�interesse�della�P.A.�e�stato�obiettato�che�a�ben�
guardare,�l'intera�disciplina�sull'evidenza�pubblica�assolve�ad�una�funzione�
di�ordine�pubblico�generale�e�da�luogo�a�norme�imperative,�la�cui�violazione�
non�puo�che�comportare�la�nullita�del�contratto�sindacabile�soltanto�dal�
giudice�ordinario.�
Secondo�taluna�giurisprudenza�(68)�invece�si�dovrebbe�ragionare�nei�
termini�della�nullita�,�non�sulla�base�dell'interesse�sotteso�alle�norme�sull'evi-
denza�pubblica�ma�in�quanto�l'Amministrazione�eserciterebbe�la�propria�
funzione�non�mediante�l'adozione�di�provvedimenti�autoritativi�ma�mediante�
atti�di�natura�paritetica�pur�sempre�ricadenti�nell'ambito�dei�suoi�poteri�
pubblicistici�(es.�accordi).�In�questi�casi,�l'esercizio�della�funzione�ammini-
strativa�in�contrasto�con�norme�imperative:��...�non�da�luogo�alla�semplice�
annullabilita�del�provvedimento,�prevista�espressamente�dalla�legge�per�i�soli�
casidiattoe/oprovvedimentoditipoautoritativo,�bens|�allanullita�dell'assetto�
di�interessi�posto�in�essere�con�l'assenso�del�privato�interessato�(art.�11,�legge�

7�agosto�1990�n.�241)��(69).�

Un�primo�(invalicabile)�limite(70)��dogmatico��si�sostanzia�nel�contra-
sto�tra�il�principio�di�presunzione�di�legittimita�degli�atti�amministrativi�e�la�
nullita�del�contratto,�senza�il�previo�annullamento�dell'aggiudicazione,�ope-

(67)�Cfr.�D'Argento,�Appalto�pubblico�ed�annullamento�giurisdizionale�dell'aggiudicazione,�in�
www.filodiritto.com�
(68)�Cons.�Stato,�sez.�V,�13�novembre�2002�n.�6281,�in�www.lexitalia.it�
(69)�Cfr.�nota�precedente.�
(70)�Cfr.�Monteduro,�Illegittimita�del�procedimento�ad�evidenza�pubblica�e�nullita�del�con-
trattod'appaltoexart.�1418comma1c.c.;�unaradicalesvoltadellagiurisprudenza�traluciedombre,�
in�Foro�amm.,�2002,�2601.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

rante�con�efficacia�costitutiva�ex�tunc.�Da�tali�premesse�ne�discenderebbe�che�
la�non�tempestiva�impugnazione�negli�ordinari�termini�decadenziali�degliatti�
amministrativi�presupposti,�determinerebbe�il�definitivo�consolidamento�del�
provvedimento�di�aggiudicazione,�con�conseguente�inoppugnabilita�del�rela-
tivo�contratto.�

In�tale�ottica�la�tutela�del�terzo�rimane�affievolita,�come�nel�caso�che�si�
avvalorasse�la�teorica�dell'annullabilita�,�in�quanto�soggetta�ai�termini�deca-
denziali�di�impugnativa�dell'aggiudicazione.�

A�ben�guardare�tale��variante�,�sotto�l'etichetta�della��nullita��,�cela�una�
scorretta�utilizzazione�della�categoria�medesima,�in�quanto�la�nullita�,�
secondo�gli�schemi�del�diritto�civile,�si�sostanzia�in�un�vizio�genetico�del�con-
tratto�che�lo�inficia�ab�origine,�mentre�nel�caso�di�illegittimita�degli�atti�della�
procedura�ad�evidenza�pubblica,�si�e�in�presenza�di�un�vizio�che�investe�la�
procedura�amministrativa�a��monte�,�riverberando�le�proprie�conseguenze�
sul�contratto�a��valle��(71).�

Un�contemperamento�dogmatico�a�tale�prospettazione,�e�un�avallo�alla�
tesi�della�nullita�,�puo�essere�rinvenuto�nel�caso�in�cui�non�sia�in�discussione�
la�legittimita�del�procedimento�amministrativo�di�scelta�del�contraente�ma�
la�conformita�delle�clausole�con�la�disciplina�inderogabile�in�concreto�appli-
cabile�al�rapporto�negoziale�(72).�In�tal�caso�pero�,�il�contrasto�e�tra�il�conte-
nuto�del�contratto�e�le�norme�che�ne�disciplinano�il�contenuto,�non�risul-
tando�in�tale�contesto,�agevolmente�disconoscibile�la�validita�di�tale�imposta-
zione.�

In�buona�sostanza�la�teorica�della�nullita�,�sebbene�risulti�sicuramente�la�
piu�garantista�del�principio�della�concorrenza�tra�gli��aspiranti�contraenti��
della�P.A.�nel�contempo�presenta�il�grave�limite�di�non�garantire�la�certezza�
giuridica�in�quanto,�infatti,�ove�si�considera�il�contratto�sin�dalla�stipulazione�
tamquam�non�esset,�la�relativa�azione�di�accertamento�potrebbe�essere�fatta�
valere�da�qualunque�cittadino�senza�alcun�termine�di�prescrizione.�

6.3.1.��Un�tentativo�di�salvare�la�teorica�della�nullita�:�la�nullita�relativa.�
Al�fine�proprio�di�sopperire�all'azionabilita�da�parte�di�qualsiasi�
soggetto�interessato�e�garantire,�almeno�parzialmente,�la�certezza�giuridica�

(71)�Cfr.�Cons.�Stato,�sez.�VI,�5�maggio�2003�n.�2332,�in�www.lexitalia.it,�:��...�e�allora�concet-
tualmente�chiara�l'atecnicita�del�richiamo�della�categoria�della�nullita�del�contratto,�che�di�per�se�
evocherebbe�una�sua�inefficacia�originaria�stigmatizzabile�da�subito�con�un'azione�dichiarativa,�
mentre�nella�specie�e�pacifico�che�l'inefficacia�del�contratto�e�una�vicenda�sopravvenuta�al�neces-
sario�annullamento�giurisdizionale�della�procedura�amministrativa�.�
(72)�Cfr.�Cass.�Civ.,�Sez.�I,�17�giugno�1985�n.�3642,�in�Nuova�giur.�civ.,�1986,�I,�283,�n.�
MINEO:��In�tema�di�edilizia�economica�e�popolare,�le�norme�del�procedimento�amministrativo�
che�individuano�il�soggetto�a�favore�del�quale�deve�avvenire�l'assegnazione�in�proprieta�dell'allog-
gio,�essendo�preordinate�a�soddisfare�l'interesse�pubblico�di�graduare�il�bisogno�abitativo�fra�piu�
aspiranti�all'assegnazione,�hanno�natura�imperativa;�ne�consegue�che�sono�nulli�ai�sensi�dell'art.�
1418,�1.�comma,�c.c.,�i�contratti�di�futura�vendita�e�di�cessione�definitiva�in�proprieta�stipulati�
dalla�Gescal�sulla�base�di�un�illegittimo�provvedimento�di�designazione�della�persona�dell'acqui-
rente,�successivamente�annullato�in�sede�amministrativa�.�

DOTTRINA�319 


dei�rapporti,�taluno�ha�preferito�ragionare,�in�relazione�alla�patologia�della�
quale�risulterebbe�affetto�il�contratto,�in�termini�di�nullita�relativa�(73).�La�
relativita�sarebbe�afferente�all'azionabilita�da�parte�del�solo�soggetto�legitti-
mato�all'impugnativa�giurisdizionale�dell'aggiudicazione�medesima,�determi-
nata�dalla�violazione�della�normativa�imperativa�posta�a�tutela�del�mercato,�
dell'imparzialita�e�del�buon�andamento�della�P.A.,�nonche�di�difetto�(soprav-
venuto)�del�titolo�a�contrarre�in�capo�al�soggetto�illegittimamente�sele-
zionato�(74).�

Secondo�l'Autore�il�carattere�relativo�della�nullita�risulterebbe�corrobo-
rato�dalla��...�necessita�delfiltro�dell'impugnativa�tempestiva�dell'aggiudica-

zione,�nel�meccanismo�della�pregiudizialita�amministrativa,�nonche�dall'inci-

denza�costitutiva�della�nullita�rivestita�dal�contenuto�di�accertamento�della�spet-

tanza�dell'aggiudicazione�al�ricorrente�vittorioso,�contenuta�nella�sentenza�di�

annullamento�dell'aggiudicazione�.�
Il�vero�punctum�dolens�risulta�essere�quello�che�qualsiasi��variante��della�
nullita�si�voglia�avvalorare�rimarrebbe�l'imprescrittibilita�dell'azione�come�
�spada�di�Damocle��su�ogni�contratto�stipulato�(a�seguito�di�procedimento�
ad�evidenza�pubblica)�da�parte�della�P.A.�

6.4.��Latesidell'inefficaciaexart.�1398c.c.:ilfalsusprocurator.�
Non�appare�inoltre�neanche�condivisibile�quella�teorica�avanzata�in�dot-
trina�(vedi�supra)�del�contratto�stipulato�in�difetto�di�potere�rappresentativo�

ex�art.�1398�c.c.,�secondo�la�quale�i�vizi�della�procedura�di�evidenza�pubblica�
si�rifletterebbero�in�difetto�di�potere�rappresentativo,�con�conseguente�ineffi-
cacia�del�negozio�in�quanto�l'organo�della�P.A.�sarebbe�assimilabile�ad�un�
falsus�procurator.�Tale�prospettazione�infatti�ammetterebbe�una�generalizzata�
sanatoria�o�ratifica�degli�atti�che�sebbene�sia�principio�cardine�nel�diritto�pri-
vato,�non�trova�un�avallo�cos|�generale�in�chiave�giuspubblicistica�dove�la�
sanatoria�e�ammessa�soltanto�in�alcuni�casi�(75).�

6.5.��La�tesi�della�caducazione�automatica.�
Nel�delineato�contesto�ben�si�comprende�come,�soprattutto�l'ultima�giu-
risprudenza(76),�si�sia�mossa�nella�direzione�di�ricercare�un'impostazione�
atta�effettivamente�a��giustificare��in�chiave�giuspubblicisistica�i�rapporti�
tra�annullamento�dell'aggiudicazione�e�sorti�del�contratto.�Proprio�in�tale�
direzione�si�e�spinto�di�recente�il�Consesso�di�Palazzo�Spada�(77)�affermando:�

(73)�Carpentieri,�Aggiudicazione�e�contratto,in�www.giustizia-amministrativa.it�
(74)�Nel�senso�di�ritenere�la�nullita�di�carattere�relativo�cfr.�T.A.R.�Calabria,�18�dicembre�
2002,�n.�2030,�in�Guida�al�diritto�2003�(n.�3),�pag.�95�che�sembrerebbe�sostenere�la�natura�sui�gene-
ris�di�tale�nullita�non�rilevabile�ex�officio�dal�giudice�amministrativo.�
(75)�Virga,�Diritto�amministrativo�-Atti�e�ricorsi�-,�Milano,�2001,�146.�
(76)�Cfr.�Cons.�Stato,�sez.�VI,�30�maggio�2003,�n.�2993,�in�www.giustizia-amministrativa.it;�
Cons.�Stato,�Sez.�V,�25�maggio�1998,�n.�677,�in�Cons.�Stato,�1998,�I,�891�(in�un�caso�di�autoannulla-
mento�in�autotutela�dell'aggiudicazione);�Cons.�Stato,�sez.�VI,�14�gennaio�2000,�n.�244,�in�Foro�
Amm.,�2000,�108;�Cons.�Stato,�sez.�V,�30�marzo�1993,�n.�435,�in�Giur.�it.,�1994,�III,�1,�18.dsds�
(77)�Cons.�Stato,�sez.�VI,�27�ottobre�2003,�n.�6666,�in�www.lexitalia.it�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

�...�La�caducazione,�in�sede�giurisdizionale�o�amministrativa,�di�atti�dellafase�

dellaformazione,�attraversoiqualisie�formatainconcretolavolonta�contrat-

tuale�dell'Amministrazione,�da�luogo�alla�conseguenza�diprivare�l'Amministra-

zione�stessa,�con�efficacia�ex�tunc,�della�legittimazione�a�negoziare�con�conse-

guente�inefficacia�del�contratto�successivamente�stipulato�.�

Si�tratta,�ad�avviso�di�chi�scrive,�forse�di�un�modo�piu�che�di�risolvere�il�
problema�di��aggirarlo�,�in�quanto�non�viene�affrontato�in�chiave�patologica�
ma�considerando�che�la�caducazione�del��piedistallo��del�contratto�(l'aggiu-
dicazione),�secondo�la�logica�dell'effetto�caducante,�determina�la�caducazione�
automatica�del�contratto�senza�necessita�di�promuovere�apposita�azione�giudi-
ziaria�costitutiva.�

Inoltre�non�sembra�affatto�che�la�giurisprudenza�amministrativa�abbia�
in�tal�modo�spiegato�la�vicenda�in�chiave�prettamente�giuspubblicisistica.�

A�ben�guardare�non�sembra�disconoscibile�che�siamo�nell'alveo�del�bro-
cardo�civilistico�simul�stabunt�simul�cadent,�come�infatti�avviene�nel�diritto�
civile�in�presenza�di�due�contratti�collegati,�nel�caso�in�cui�uno�venga�meno�
(nullo,�annullabile�ecc.),�e�chiaro�che�si�innesca�un�fenomeno�di�perdita�di�
efficacia�di�una�fattispecie�complessa�che�non�puo�sopravvivere��orfana�delle�
altre�tessere�del�mosaico�negoziale�.�

La��decantata��autonomia�della�procedura�ad�evidenza�pubblica�
rispetto�al�contratto�lascia�quindi�il�posto�ad�una��...fattispecie�mista�di�colle-
gamento�traprovvedimento�amministrativo�e�contratto�didirittoprivatopiutto-

sto�che�l'ipotesiparadigmatica�dicorrelazione�traattiamministrativi�(78).�
La�predetta�impostazione�sembra�essere�da�ultimo�avvalorata�dal-
l'art.�14,�del�D.�Lgs.�n.�190/2002,�nella�parte�in�cui�statuisce�per�le��grandi�
opere��che�la�caducazione�dell'aggiudicazione�risolve�il�contratto,�offrendo�il�
destro�per�ritenere�che�l'annullamento�della�gara�non�produce�l'invalidita�
del�contratto�ma�la�semplice�risoluzione�(79).�
Il�piu�grande�merito�di�tale�impostazione�risulta�evidente�sul�piano�della�
giurisdizione�in�quanto,�impostando�il�problema�non�in�termini�di�invalidita�
ma�di�caducazione�del�contratto,�la�giurisdizione�sull'effetto�caducante�
dovrebbe�spettare�al�giudice�competente�a�sindacare�la�legittimita�della�pro-
cedura�amministrativa,�ossia�il�giudice�amministrativo�in�sede�di�giurisdi-
zione�esclusiva.�

7.��Conclusioni. 
Il�Consesso�di�Palazzo�Spada,�con�le�sentenze�degli�ultimi�tempi�(80),�si�
spinge�oltre�affermando:��Perquanto,piu�inparticolare,�riguardalatuteladei�
soggettiche�abbiano�ottenuto�ragionedinanzialgiudice�amministrativo�tramite�
l'annullamento�dell'atto�di�aggiudicazione,�nei�casi�in�cui�il�contratto�sia�gia�

(78)�Cfr.�Cons.�Stato,�sez.�VI,�5�maggio�2003�n.�2332,�in�Guida�al�diritto,�n.�22/2003,�pag.�79.�
(79)�Cfr.�T.A.R.�Catania,�sez.�I,�25�novembre�2002�n.�852,�in�www.lexitalia.it.�
(80)�Cfr.�Cons.�Stato,�sez.�VI,�5�maggio�2003�n.�2332,�in�Guida�al�diritto,�n.�22/2003,�pag.�77�e�
Cons.�Stato,�sez.�VI,�27�ottobre�2003,�n.�6666,�in�www.lexitalia.it�

DOTTRINA�321 


stato�concluso,�l'annullamento�della�deliberazioneformativa�della�volonta�con-

trattuale�dell'entenonpregiudica�idirittiacquistatidaiterzidibuonafede�inbase�

ad�atti�compiuti�in�esecuzione�della�deliberazione�medesima�art.�23�e�25�c.c.�.�

Si�tratta�di�statuizioni�accolte�con�entusiasmo�dalla�dottrina(81)�in�
quanto�delineano�un��temperamento...�che�va�accolto�a�tutela�della�stessa�

logica�di�mercato�e�di�favor�della�concorrenza�che�ispira�le�regole�in�tema�di�
gare�pubbliche�.�Tale�temperamento�consisterebbe�nel�riconoscimento�della�
tutela�della�buona�fede�e�della�salvezza�dei�diritti�acquisiti�in�buona�fede.�In�
tal�modo�si�darebbe�il�giusto�spazio��...�non�solo�alprincipio�consensualistico,�
maancheaidiversiprincipidella�tuteladeiterzi,�dell'apparenzadeldiritto,�della�
rilevanza�della�buonafede,�delformalismo�giuridico,�della�certezza�del�diritto�
pure�essenziali�per�il�correttofunzionamento�del�mercato�(82).�

Il�Consiglio�di�Stato�rinviene�il�fondamento�positivo�delle�proprie�affer-
mazioni�nell'art.�23,�comma�2,�c.c.�e�aggiunge�che�comunque��...�terzi�di�
buonafede�dinorma�nonpotranno�essere�isoggetti�chehannopartecipato�al�
giudizio�amministrativo�di�annullamento�(salvo�i�casi�in�cui�il�contratto�sia�stato�
stipulato�prima�dell'innesco�del�giudizio�di�annullamento)�poiche�in�tal�caso�i�
soggetti�coinvolti�nel�giudizio�non�potevano�confidare�nel�consolidamento�della�
loro�posizione�contrattuale�.�

Il�fondamento�dell'applicabilita�dell'art.�23�c.c.�all'amministrazione�pub-
blica,�ad�avviso�del�Consesso�di�Palazzo�Spada,�va�rinvenuto�nella�circo-
stanza�che�la�P.A.�e�pur�sempre,�ai�sensi�dell'art.�11�c.c.,�una�persona�giuri-
dica�e�pertanto�soggetta�a�quelle�norme�civilistiche�che�disciplinano�le�per-
sone�giuridiche,�oltre�chiaramente�a�quelle�di�stretto�diritto�pubblico.�

Tuttavia�anche�tale�prospettazione,�da�salutarsi�sicuramente�con�un�
plauso,�ad�avviso�di�chi�scrive,�non�risulta�esente�da�censure.�

Difatti�nel�caso�in�cui�il�contratto�fosse�stato�gia�stipulato�e�le�presta-
zioni�almeno�parzialmente�eseguite�il�controinteressato�terzo�escluso�che�
avesse�ottenuto�l'annullamento�dell'aggiudicazione�potrebbe�dunque�giovarsi�
della�caducazione�del�contratto�solo�in�caso�di�malafede�del�contraente�
aggiudicatario�(ove�il�suo�interesse�fosse�solo�quello�all'esecuzione�del�con-
tratto�e�non�ad�ottenere�un�semplice�risarcimento�del�danno�non�sempre�sati-
sfattivo�magari�negli�opinabili�termini�della�cd.�perdita�di�chance).�

In�secondo�luogo�il�meccanismo�dell'annullamento�automatico�dell'intero�
contratto,�senza�l'intervento�del�giudice�ordinario,�a�seguito�dell'annullamento�
da�parte�del�giudice�amministrativo�dell'aggiudicazione�^o�di�altri�atti�della�serie�
procedimentale�^non�trova�riscontri�nella�lettera�della�legge�e�contrastacon�il�
principio�della�soggezione�del�contratto�alla�disciplia�del�diritto�comune�(83).�

(81)�Cintioli,�Annullamento�dell'aggiudicazione,�buonafede�e�metodo�giuridico,�in�www.giusti-
zia-amministrativa.it,�
(82)�Cfr.�Cons.�Stato,�sez.�VI,�30�maggio�2003,�n.�2992,�in�www.giustizia-amministrativa.it�
(83)�In�senso�parzialmente�conforme�cfr.�Casetta,�Manuale�di�diritto�amministrativo,�Milano,�
2001,�565,�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

In�terzo�luogo,�ma�non�certo�per�importanza,�rimane�il�rilievo�che�il�tra-
volgimento�del�contratto�rimane�sempre�e�comunque�sotto�l'egida�del�tra-
scorrere�dei�termini�decadenziali�per�impugnare�l'aggiudicazione,�il�cui�spi-
rare�non�puo�che�comportare�la��solidita���dei�rapporti�giuridici.�

Forse�e�proprio�questo,�unitamente�alla�riconducibilita�nell'alveo�di�
un'unica�giurisdizione�(quella�del�G.A.�in�sede�di�giurisdizione�esclusiva)�
il�maggior�merito�di�tale�impostazione�che,�probabilmente�presenta�minori�
margini�di�opinabilita�e�di�vuoti�di�tutela�rispetto�alle�altre�teoriche.�

Conclusivamente�si�osserva�che,�attesa�l'(eccessiva)�eterogeneita�degli�
orientamenti�che�si�contendono�il�campo,�la�questione�dei�difficili�rapporti�
tra�annullamento�dell'aggiudicazione�e�contratto�e�lungi�dall'essere�risolta�e�
proprio�quando�sembra�essere�destinata�ad��assopirsi�,�cambia��volto��(oggi�
�caducazione�),�lasciando�l'operatore�del�settore�(soprattutto�della�P.A.)�
timoroso�e�speranzoso�che�non�venga��mai��impugnata�(o�annullata�in�sede�
di�autotutela)�l'aggiudicazione�vista�sempre�piu�come�la��palude�stigia��di�
ogni�procedura�ad�evidenza�pubblica.�


DOTTRINA 
323 


Gli 
strumenti 
della 
semplificazione 
normativa 


di 
Maria 
Vittoria 
Lumetti 


Sommario: 
1. 
�Il 
principio 
della 
semplificazione 
legislativa. 
2. 
�Strumenti 


di 
attuazione: 
delegificazione, 
testo 
unico, 
codificazione. 
3. 
�Il 
circolo 


vizioso 
burocratico 
e 
la 
moltiplicazione 
delle 
leggi. 
4. 
�Il 
cambiamento 


organizzativodellaP.A.: 
lasemplificazionecomecausaefinedelleriforme. 


5. 
�Il 
modello 
aziendalistico 
della 
P.A. 
6. 
�La 
legge 
n. 
241/1990. 
7. 
�Le 
leggi 
Bassanini. 
8. 
�Il 
testo 
unico. 
9. 
�Caratteristica 
dei 
recenti 
testi 
unici: 
testo 
unico 
come 
testo 
normativo 
differenziato 
e 
come 


fonte 
del 
diritto. 
10. 
�Il 
nuovo 
modello 
della 
semplificazione: 
dalla 
delegi-

ficazione 
alla 
codificazione. 
L'esempio 
del 
testo 
unico 
dell'espropriazione. 


11. 
�La 
semplificazione 
del 
linguaggio. 
1. 
�IL 
principiO 
dellA 
semplificazionE 
legislativa. 
Il�termine�semplificazione�e�stato�utilizzato�per�indicare�obiettivi�diversi,�
ma�tutti�riconducibili�allo�scopo�di�creare�un'Amministrazione�pubblica�piu�

efficiente.�(1)�

Il�termine�semplificazione�viene�utilizzato,�nel�linguaggio�corrente,�quale

sinonimo�di�altri�termini,�come�liberalizzazione,�deregolazione,�delegifica-

zione,�snellimento,�ammodernamento,�razionalizzazione,�sburocratizzazione,�

innovazione,�miglioramento,�termini�tutti�riconducibili�alla�necessita�di�rifor-

mare�la�pubblica�amministrazione�alleggerendo�cittadini�ed�imprese�dal�

carico�burocratico.�

Il�processo�di�semplificazione�ha�avuto�un'accelerazione�negli�anni�

novanta,�quale�corollario�del�piu�ampio�processo�di�riforma�del�settore�

pubblico,�anche�nell'ambito�delle�iniziative�degli�ordinamenti�europei�e�

dell'Unione�europea.�

Esso�si�pone�nell'ottica�dell'esecuzione�del�programma�di�semplifica-

zione,�delegificazione�e�razionalizzazione�in�testi�unici�delineato�dalle�c.d.�

leggi�Bassanini�ed,�in�particolare,�dall'art.�20�legge�n.�59/1997�e�dagli�

artt.�7-8�legge�n.�50/1999.�

La�riforma,�dunque,�si�inserisce�nel�processo�di�razionalizzazione�del�

sistema�normativo�introdotto�dalla�riforma�Bassanini,�e�si�propone�di�codifi-

care�settori�normativi�disomogenei,�perseguendo�anche�lo�scopo�di�armoniz-

zare�il�diritto�interno�al�diritto�internazionale.�

2.��StrumentI 
dI 
attuazione: 
delegificazione, 
testO 
unicO 
E 
codifi-
cazione. 
La�semplificazione�normativa�si�attua�principalmente�con�la�delegifica-

zione�(art.�20�legge�n.�59�del�1997)�e�con�la�redazione�di�testi�unici�(artt.�7�e�

8�della�legge�n.�50�del�1999).�(2)�

(1)�G.Bacciardi,�Politiche 
e 
strumenti 
della 
delegificazione, 
Prime�note,�Livorno,�2002,�7ss.�
(2)�Nota�30�giugno�2000�del�Ministero�per�la�Funzione�Pubblica�richiamata�dal�parere�del-
l'Adunanza�Generale�del�Consiglio�di�Stato�del�29�marzo�2001�(Prot.�Norm.�n.�124/2000);�V. 
DI 
Ciolo, 
Ilriordino 
e 
ilconsolidamento 
dellalegislazioneitaliananellaXIIIlegislatura. 
Noteprelimi-
nari, 
in�Studiparlamentari 
e 
dipolitica 
costituzionale, 
2001,�fasc.�134�(dicembre)�39�ss.�

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 


La 
delegificazione, 
rispetto 
alla 
fonte 
originaria 
legislativa, 
consiste 
nell'emanazione 
di 
regolamenti 
di 
semplificazione 
dei 
procedimenti 
ammini-
strativi, 
ed 
e� 
prevista 
al 
fine 
di 
evitare 
la 
paralisi 
dell'Amministrazione 
causata 
da 
una 
eccessiva 
legiferazione. 


Il 
riordino 
della 
complessa 
materia 
relativa 
all'espropriazione, 
ad 
esem-
pio, 
si 
e� 
concretizzato 
proprio 
con 
la 
redazione 
di 
un 
testo 
unico, 
con 
il 
quale 
e� 
stato 
possibile 
provvedere 
ad 
una 
�codificazione 
per 
settori 
delle 
disposi-
zioni, 
anche 
di 
rango 
diverso, 
stratificatesi 
nel 
corso 
degli 
anni�.(3) 


La 
fonte 
di 
legittimazione 
del 
testo 
unico 
scaturisce, 
dunque, 
dall'eserci-
zio 
di 
un 
potere 
normativo 
delegato, 
previsto 
prima 
dalla 
legge 
Bassanini 


n. 
59/1997, 
poi 
dalla 
Bassanini-quater 
n. 
50/1999. 
La 
regolamentazione 
persegue 
due 
obiettivi 
fondamentali: 
ristrutturare 
in 
modo 
organico 
le 
norme 
in 
materia 
di 
settori 
succedutesi 
nell'arco 
degli 
anni 
e 
restituire 
efficienza, 
efficacia 
e 
legalita� 
a 
settori 
nel 
quale 
l'assenza 
di 
regole 
univoche 
puo� 
aver 
determinato 
incertezze 
interpretative 
ed 
appli-
cative. 


Cio� 
non 
esclude 
che 
la 
normativa 
di 
carattere 
generale 
si 
basi, 
comun-
que, 
su 
alcuni 
punti 
fermi, 
che 
gia� 
costituiscono 
principi 
generali 
e 
consoli-
dati 
nell'attuale 
legislazione. 


Il 
testo 
unico 
coniuga 
efficacemente 
l'obiettivo 
della 
semplificazione 
con 
quello 
della 
risistemazione 
razionale 
della 
materia.(4) 


Proprio 
l'ultima 
legge 
Bassanini, 
la 
n. 
50 
dell'8 
marzo 
1999, 
ha 
comple-
tato 
il 
progetto 
di 
riforma 
amministrativa 
volto 
ad 
avviare 
il 
processo 
di 
semplificazione 
legislativa 
e 
amministrativa.(5) 


3. 
�IL 
circolO 
viziosO 
burocraticO 
E 
lA 
moltiplicazionE 
dellE 
leggi. 
La 
Pubblica 
Amministrazione, 
a 
causa 
della 
sua 
organizzazione 
molto 
complessa, 
si 
configura 
come 
strumento 
destinato 
al 
perseguimento 
di 
interessi 
che 
mutano 
insieme 
alle 
situazioni 
della 
realta�
la 
sua 
fisionomia 
e� 
sottoposta 
a 
continue 
modificazioni 
(se 
si 
vuole 
soddisfare 
un 
interesse,la 
prima 
misura 
e� 
la 
istituzione 
di 
un 
apparato 
che 
di 
esso 
si 
occupi). 


Ne 
consegue 
che, 
tale 
complessita� 
da 
un 
lato 
e 
l'esigenza 
di 
continuo 
adeguamento 
alla 
realta� 
dall'altra, 
hanno 
contribuito 
ad 
appesantire 
la 
mac-
china 
burocratica. 


(3) 
Nota 
30 
giugno 
2000 
del 
Ministero 
per 
la 
Funzione 
Pubblica 
richiamata 
dal 
parere 
del-
l'Adunanza 
Generale 
del 
Consiglio 
di 
Stato 
del 
29 
marzo 
2001 
(Prot. 
Norm. 
n. 
124/2000). 
(4) 
Ad 
esempio, 
il 
Testo 
unico 
sull'espropriazione 
si 
caratterizza 
per 
alcuni 
snodi 
fondamen-
tali: 
la 
collocazione 
in 
via 
generale, 
nella 
fase 
di 
approvazione 
del 
piano 
urbanistico 
generale, 
del-
l'apposizione 
del 
vincolo 
preordinato 
all'esproprio: 
l'istituzione 
di 
elenchi 
destinati 
a 
rappresen-
tare 
strumenti 
di 
monitoraggio 
dell'azione 
amministrativa; 
la 
soppressione 
del 
procedimento 
di 
occupazione 
d'urgenza 
in 
vista 
della 
realizzazione 
delle 
opere 
urgenti 
ed 
indifferibili; 
la 
previsione 
che 
il 
decreto 
di 
esproprio 
si 
esegua 
mediante 
l'immissione 
in 
possesso, 
con 
la 
conseguenza 
che 
sino 
a 
quel 
momento 
non 
e� 
efficace 
il 
passaggio 
del 
diritto 
di 
proprieta� 
. 
(5) 
Per 
quanto 
riguarda 
la 
codificazione 
pr. 
10. 

DOTTRINA 
325 


La 
semplificazione 
normativa, 
come 
gia� 
detto, 
persegue 
proprio 
la 
fina-
lita� 
di 
eliminare 
dai 
procedimenti 
ogni 
vincolo 
normativo, 
ogni 
attivita� 
che 
ostacoli 
la 
crescita 
del 
valore 
e 
della 
qualita� 
del 
prodotto 
o 
del 
servizio, 
in 
un'ottica 
di 
efficienza 
del 
sistema 
(6). 


�Alla 
disattuazione 
delle 
leggi, 
il 
potere 
politico 
reagisce 
dettando 
norme 
sempre 
piu� 
dettagliate 
e 
accentuando 
il 
controllo 
parlamentare 
sulla 
loro 
attuazione. 
Basti 
pensare 
alle 
leggi 
che 
impongono 
alla 
pubblica 
amministrazione 
di 
presentare 
relazioni 
al 
Parlamento: 
il 
loro 
numero 
e� 
tal-
mente 
elevato 
che 
lo 
stesso 
Parlamento 
ne 
ha 
perso 
il 
conto 
e, 
d'altronde, 
le 
poche 
relazioni 
effettivamente 
presentate 
cadono 
nella 
quasi 
generale 
indifferenza. 


La 
produzione 
legislativa 
a 
getto 
continuo 
e 
la 
minuziosita� 
delle 
norme 
genera 
l'aumento 
della 
vischiosita� 
e 
della 
lentezza 
delle 
procedure, 
riducendo 
ulteriormente 
la 
discrezionalita� 
amministrativa. 


A 
complicare 
il 
quadro, 
si 
aggiungono 
i 
giudici: 
l'incerta 
formulazione 
di 
molte 
leggi 
da� 
luogo 
ad 
una 
elevata 
litigiosita�
processi 
durano 
a 
lungo, 
gli 
amministratori, 
nell'attesa 
di 
interpretazioni 
definitive, 
trovano 
una 
ragione 
in 
piu� 
per 
non 
decidere 
(7). 
L'atteggiamento 
passivo 
e 
legalistico 
della 
burocrazia 
ne 
risultano 
rafforzati�. 


La 
moltiplicazione 
delle 
leggi, 
in 
molti 
settori, 
ha 
creato 
un 
circolo 
vizioso 
burocratico. 


La 
semplificazione 
prevista 
dalla 
legge 
n. 
59 
del 
15 
marzo 
1997 
ha 
previ-
sto, 
dunque, 
uno 
strumento 
normativo, 
innovativo, 
cosiddetto 
a 
formazione 
vincolata, 
e 
la 
legge 
n. 
50 
del 
1999 
vi 
ha 
dato 
attuazione. 


La 
legge 
a 
formazione 
vincolata 
si 
pone 
lo 
scopo 
precipuo 
di 
attuare 
la 
semplificazione 
dei 
procedimenti 
amministrativi, 
sia 
attraverso 
il 
loro 
snelli-
mento, 
sia 
attraverso 
la 
loro 
soppressione 
(8). 


Lo 
strumento 
della 
semplificazione 
era 
stato 
gia� 
utilizzato 
in 
passato 
dal 
legislatore 
per 
attuare 
la 
riforma 
amministrativa. 


(6) 
Di 
recente 
cfr. 
la 
legge 
16 
gennaio 
2003, 
n. 
3, 
�Disposizioni 
ordinamentali 
in 
materia 
di 
pubblica 
amministrazione) 
(collegato 
alla 
Finanziaria), 
in 
G.U.�20 
gennaio 
2003, 
n. 
15, 
Supp.ord. 
Sul 
punto 
A. 
Natalizi, 
Il�collegato�alla�Finanziaria�in�materia�di�pubblica�amministrazione,in 
Giornale�di�diritto�amministrativo,2003, 
444. 
(7) 
S.�Cassese, 
Il�sistema�amministrativo�italiano, 
Il 
Mulino, 
76. 
(8) 
F. 
Petricone, 
Le�leggi�di�semplificazione�della�riforma�amministrativa,in 
Giur.�it.,n. 
3, 
2000, 
673. 
S. 
Tatti, 
Osservazioni�sulla�legge�di�semplificazione�annuale�per�il�1999,in 
Riv.�amm.�
della�Rep.�it., 
2001, 
fasc. 
4, 
349ss. 
A. 
Bartolini,�A.�Di�Francesco, 
La�semplificazione�e�lapartecipazione�nell'attivita�ammini-
strativa�nel�settore�sanitario.�la�partecipazione�nella�legislazione�regionale,�l'esperienza�della�Regione�
Emilia-Romagna,�i�comitati�consultivi�misti�(Parte�V),in 
Sanita�pubblica, 
2000, 
fasc. 
11-12, 
1433 
ss. 
Sulla 
semplificazione 
e 
la 
riforma 
del 
sistema 
fiscale 
cfr. 
R. 
Fanelli,�L'obiettivo�della�semplifi-
cazione,in 
Il�Corriere�tributario, 
2002, 
fasc. 
14, 
397. 
Cfr. 
anche, 
in 
materia 
di 
societa� 
e 
associa-
zioni, 
G. 
Marasa�
Riflessi�delle�novelle�in�materia�di�semplificazione�sulla�disciplina�dei�controlli�
associativi,in 
Studium�iuris, 
2002, 
fasc. 
9, 
1053 
ss 
e, 
in 
materia 
di 
bilancio, 
G. 
Napoletano, 
L'atti-
vita�normativa�del�Governo�nelperiodo�giugno-agosto�2001,in 
Riv.�trim.�dir.�pubblico, 
2002, 
fasc.7, 
83 
ss. 

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Ad�esempio,�nella�legge�n.�537�del�24�dicembre�1993�l'elenco�n.�4�
allegato,�in�attuazione�dell'art.�2,�settimo�comma,�conteneva�l'indicazione�di�
123�provvedimenti�amministrativi�la�cui�semplificazione�era�delegata�al�
governo�anche�per�l'eliminazione�di�duplicazioni,�in�modo�da�assicurare�
tempi�certi�e�omogenei�per�la�conclusione�dei�procedimenti�amministrativi.�

Nella�suddetta�legge�appaiono�per�la�prima�volta�termini�come�raziona-
lizzazione�e�soppressione�di�agevolazioni.�

I�principi�della�trasparenza�nelle�relazioni�con�il�pubblico,�della�motiva-
zione�necessaria�del�provvedimento�amministrativo,�dell'accesso�agli�atti�
amministrativi,�previsti�dalla�legge�sul�procedimento�amministrativo,�nonche�
l'arricchimento�del�sistema�di�comunicazione�e�l'introduzione�della��buona��
informatica�(9),�denunciano,�infatti,�una�radicale�modifica�di�impostazione.�

4.��IL 
cambiamentO 
organizzativO 
dellA 
P.A.: 
lA 
semplificazionE 
comE 
causA 
E 
finE 
dellE 
riforme. 
L'utente,�il�cittadino,�diventa�il�referente�principale�dell'azione�ammini-
strativa,�laddove�fino�al�1990�la�pubblica�amministrazione�aveva�piu�potere�
in�ordine�alla�realizzazione�dello�stesso�pubblico�interesse.

E�innegabile�che�le�recenti�leggi�abbiano�seguito�i�principi�della�semplifi-
cazione:�oltre�alla�legge�n.�241�del�1990,�il�decreto�legislativo�n.�29�del�3�feb-
braio�1993,�la�legge�delega�n.�421�del�23�ottobre�1992,�la�legge�di�riforma�del�
bilancio�dello�Stato,�art.�5,�primo�comma�legge�n.�94�del�3�aprile�1997�e,�
naturalmente�la�legge�Bassanini�quater,�la�n.�50�del�1999,�nonche�i�principi�
fissati�dal�decreto�delegato�n.�279�del�7�agosto�1997.�

A�tal�fine,�si�e�tenuto�conto�dell'analisi�dei�principali�problemi�economici�
del�presente�e,�quindi,�dello�studio�della�macroeconomia�e�dell'andamento�
del�sistema�economico�nel�suo�insieme,�delle�fasi�di�espansione�e�di�reces-
sione�della�produzione�globale�di�beni�e�servizi�e�della�crescita�della�produ-
zione,�dei�tassi�di�inflazione�e�di�disoccupazione,�della�bilancia�dei�pagamenti�
e�dei�tassi�di�cambio.�

Da�un�decennio�a�questa�parte�si�e�affermato�con�forza�il�principio�uni-
formatore�della�semplificazione�amministrativa,�oltre�che�della�efficienza,�
efficacia,�trasparenza,�responsabilita�,�imparzialita�:�tali�principi�vengono�giu-
ridicizzati�in�criteri�e�regole�cui�gli�organi�amministrativi�devono�uniformar-
si�(10).�

5.��IL 
modellO 
aziendalisticO 
dellA 
P.A. 
Parallelamente�si�e�sviluppata�la�radicale�riforma�del�modello�operativo�
dell'Amministrazione.�

(9)�Cfr.�per�l'aggiornamento�generale�sulla�normativa�di�tutela�e�sui�procedimenti�ammini-
strativi�connessi,�il�d.P.R.�490/99.�
(10)�A�cio�si�aggiunga�il�dibattito,�sempre�fecondo�sull'esigenza�di�certezza�del�diritto,�S.�Ber-
tea,�La 
certezza 
del 
diritto 
nel 
dibattito 
teorico-giuridico 
contemporaneo,in�Materialiper 
una 
storia 
della 
cultura 
giuridica,�2001,�fasc.9,�131,�con�accenni�ai�caratteri�generali�e�le�principali�trasforma-
zioni�concettuali�della�nozione�nel�dibattito�giusfilosofico�contemporaneo�internazionale;�V.�Sil-
vestre,�La 
certezza 
del 
diritto,in�Riv. 
della 
Guardia 
di 
Fin.,�2000,�9,�199.�

DOTTRINA�327 


I�provvedimenti�legislativi�succedutisi�dal�1990�ad�oggi�hanno�indivi-
duato�nel�modello�aziendalistico�la�soluzione�organizzativa�della�nuova�
Amministrazione�(d.lgs.�29/1993,�d.lgs�80/1998,�d.lgs�165/2001,�legge�

n.�145/2002)(11).�
Il�modello�aziendalistico�persegue�lo�scopo�di�agevolare�il�momento�
della�produzione�di�beni�o�servizi,�e�in�questo�si�differenzia�dal�fine�specifico�
dell'imprenditore,�in�quanto�l'azienda�si�caratterizza�per�essere�un�istituto�
economico�complesso�e�destinato�a�perdurare�nel�tempo�avente�lo�scopo�di�
soddisfare�i�bisogni�umani�attraverso�il�coordinamento�della�produzione,�
dell'acquisizione�e�del�consumo�della�ricchezza.�

Gli�elementi�essenziali�dell'azienda�sono�costituiti,�infatti�da�un�insieme�
di�persone,�da�mezzi�patrimoniali,�dal�fine,�dalle�operazioni�di�gestione,�ossia�
da�componenti�ben�presenti�anche�nell'organizzazione�della�P.A.�

In�maniera�molto�significativa�l'art.�3�d.lgs�n.�23/1993�ha�introdotto�il�
principio�generale�della�separazione�delle�competenze�fra�organi�del�
Governo,�che�esercitano�le�funzioni�di�indirizzo�politico-amministrativo�(12)�
e�dirigenza,�cui�e�attribuita�la�competenza�gestionale,�mediante�autonomi�
poteri�di�spesa�e�di�organizzazione�delle�risorse�umane�e�strumentali.�

Tale�attivita�consiste�nella�pianificazione,�definizione�degli�obiettivi�e�dei�
programmi�da�attuare,�poteri�di�direzione�politica�e�di�controllo�strategico�
dei�risultati�conseguiti,�sulla�base�dei�parametri�predisposti�annualmente�da�
organi�tecnici,�come�i�nuclei�di�valutazione�o�i�servizi�di�controllo�interno.�

Il�nuovo�modello�divide�l'azione�amministrativa�in�tre�livelli:�al�verticevi�
sono�gli�organi�politici�che�definiscono�gli�indirizzi�e�le�direttive�da�seguire,�
poi�i�dirigenti�generali�che�devono�concretizzare�i�suddetti�indirizzi�in�pro-
grammi�ed�obiettivi�da�conseguire,�infine�i�dirigenti,�che�hanno�il�compito�
di�darvi�attuazione�concreta(13).�

Al�fine�di�adeguare�l'azione�amministrativa�alle�effettive�esigenze�e�al�
piu�intenso�soddisfacimento�dei�mutevoli�interessi�pubblici,�e�al�fine�di�

(11)�Cfr.�H.�Mintzberg, 
La�progettazione�dell'organizzazione�aziendale,�Il�Mulino,�Bologna,�
259�ss.�
(12)�Cfr.�al�riguardo�P.�Tremante,�Dirigentipubblici,�gestione�manageriale,in�Diritto�e�Giusti-
zia,�n.�9,�2003,�94�e�M.�Minniti, 
Sanzioni�disciplinari�e�pubblico�impiego,in�Diritto�e�Giustizia,�
n.9,�2003,�98.�Sui�nuclei�operativi�cfr.�H.�Mintzberg, 
op.�cit.,�258�ss.�
(13)�Cfr.�sui�nuovo�modelli�operativi�M.G.�Garofano,�La�dirigenza�pubblica�rivisitata,in�Il�
lavoro�nellepubbliche�amministrazioni,�V,�2002,�873;�C.�Colapietro,�La�controriforma�del�rapporto�
di�lavoro�della�dirigenza�pubblica,in�NLCC,�n.�4-5,�2002,�639;�F.�Carinci,�Osservazioni�sulla�
riforma�del�titolo�V�della�Costituzione,in�F.�Carinci, 
MiscionE 
(a�cura�di),�Il�diritto�del�lavoro�
dal��Libro�Bianco��al�disegno�di�legge�delega�2002,�Ipsoa,�Milano,�2002,�11;�L.�Zoppoli,�La�
riforma�del�titolo�V�della�Costituzione�e�la�regolazione�del�lavoro�nelle�pubbliche�amministrazioni:�
come�ricomporre�i��pezzi��di�un�difficile�puzzle?,in�Il�lavoro�nellepubbliche�amministrazioni,�2002,�
suppl.�al�fasc.1,�158.�L.�Roberto, 
Ilprincipio�dellaseparazionedellapoliticadall'Amministrazione:�
alla�ricerca�del�confine�tra�realta�e�utopia,in�IlForoamm.�T.A.R.,�2002,�fasc.�4,�1223.�
In�tal�modo�non�solo�si�controllano�i�risultati�con�gli�obiettivi,�ma�gli�organi�politici,�in�base�a�
tali�informazioni,�adeguano�le�loro�scelte�che�vanno�ad�incidere�a�cascata�su�tutto�il�sistema�(diri-
genti�generali�e�dirigenti).�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

correggere�disfunzioni�e�inefficienze,�e��stato�predisposto�un�sistema�
informativo-statistico,�deputato�a�raccogliere�i�dati�relativi�ai�costi,�ai�bene-
fici�e�ai�risultati�ottenuti,�ed�a�elaborarli�al�fine�di�individuare�i�criteri�e�gli�
standards 
cui�l'azione�amministrativa�deve�adeguarsi.�

Il�d.lgs�29/93�ha�poi�dato�impulso�al�processo�di�avvicinamento�del�pub-
blico�impiego�ai�rapporti�di�lavoro�privati,�inaugurato�con�la�riforma�del�
1983.�

E�evidente�che�la�legge�n.�50�del�1999�ha�continuato�a�seguire�la�linea�
politica�tracciata�dal�legislatore�a�partire�dalla�241�del�1990,�nel�solco�delle�
cosiddette�altre�leggi�Bassanini,�la�n.�59�e�n.�127�del�15�maggio�1997�e�n.�191�
del�16�giugno�1998,�accentuando,�tuttavia,�proprio�le�istanze�riformatrici�
della�semplificazione�normativa,�attraverso�un'azione�congiunta�tra�Governo�
e�Parlamento�nella�fase�dell'istruttoria�legislativa.�

Inoltre,�il�decreto-legge�n.�303�del�30�luglio�1999,�all'art.�6�ha�previsto�
l'istituzione�del�DAGL�(Dipartimento�per�gli�affari�giuridici�e�legislativi)�e�
ha�richiamato�il�Nucleo�per�la�semplificazione,�istituito�dalla�legge�Bassanini�
quater,�ribadendo�che�rientrano�nei�compiti�di�questo�e,�dunque,�del�
Governo,�la�valutazione�di�impatto�della�regolazione,�la�semplificazione�dei�
procedimenti,�la�qualita��del�linguaggio�normativo,�l'applicabilita��dell'innova-
zione�normativa(14).�

In�attuazione�della�delega�conferita�dalla�legge�15�marzo�1997,�n.�59,�il�
d.lgs.�303/99�ha�riformato�l'organizzazione�e�i�compiti�della�Presidenza�del�
Consiglio.�

Il�modello�prescelto�e��stato�quello�della��struttura�strumentale��alle�fun-
zioni�proprie�del�primo�ministro,�con�tendenziale�esclusione�delle�attivita��
gestionali�dirette,�ponendo�in�primo�piano,�tra�le�attribuzioni�del�capo�dell'e-
secutivo,�le�attivita��di�direzione�e�coordinamento.�

Gia��nella�legge�400/88�si�era�registrato�un�primo�tentativo�in�questa�
direzione,�ma�il�risultato�era�stato�solo�in�parte�soddisfacente.�

Con�il�d.lgs.�303/99�il�ruolo�di�indirizzo�e�coordinamento�del�Presidente�
del�Consiglio�e�dell'apparato�amministrativo�della�Presidenza�viene�forte-
mente�valorizzato,�portando�almeno�in�parte�a�compimento�un�processo�ini-
ziato�oltre�un�cinquantennio�addietro,�con�l'art.�95�della�Costituzione.�

I�quadri�di�riferimento�complessivi�riguardano:�i�processi�organizzativi�
fondamentali�dell'Amministrazione�con�i�relativi�elementi�quantitativi:�tempi,�
qualita�,�risorse;�le�modifiche�normative�suggerite�dai�diversi�uffici�in�rela-
zione�alle�diverse�tipologie�operative�e�ai�diversi�processi;�gli�archivi�e�le�rela-
tive�specifiche�funzionali�di�accesso�e�di�utilizzazione,�cos|��come�sono�stati�
richiesti�dai�diversi�uffici.�

Particolare�attenzione�e��rivolta�alle�unita��organizzative�responsabili�
dell'input 
o�destinatarie�dell'output,�agli�indicatori�di�qualita��di�prodotto�e�di�

(14)�C.�MancinO 
eG.�Savini, 
Le 
strutture 
di 
coordinamento 
della 
Presidenza 
del 
Consiglio: 
il 
dipartimento 
per 
gli 
affari 
giuridici 
e 
legislativi 
(DAGL) 
ed 
il 
dipartimento 
per 
il 
coordinamento 
amministrativo 
(DI.C.A.),in�http://www.amministrazioneincammino.luiss.it/riforma/index.htm.�

DOTTRINA�329 


servizio�con�i�quali�gli�interessati�ritengono�di�rappresentare�il�livello�delle�
proprie�prestazioni,�alla�situazione�dei�diversi�uffici�dell'Amministrazione�
con�la�relativa�missione,�descrizione�funzionale,�variazioni�delle�risorse�
umane,�dell'utilizzazione�della�professionalita�e�dei�carichi�di�lavoro.�

Il�cambiamento�organizzativo�nella�P.A.�riguarda�anche�il�nuovo�
sistema�dei�controlli,�controlli�esterni�(Corte�dei�Conti-Uffici�Centrali�per�il�
Bilancio),�controllo�interno�(strategico,�di�gestione,�valutazione�dei�dirigenti).�

6.��LA 
leggE 
241/1990.�
E�opportuno�ricordare�che�la�riforma�della�pubblica�amministrazione�e�
iniziata�con�la�legge�n.�241�del�7�agosto�1990,�che�ha�modificato�il�procedi-
mento�amministrativo,�fino�allora�ispirato�ancora�in�parte�al�principio�di�
autoritarieta�della�decisione�amministrativa:�si�tratta�del�primo�tentativo�di�
semplificare�l'attivita�amministrativa�(il�capo�IV�della�legge�241�del�1990�si�
intitola�per�l'appunto��Semplificazione�dell'azione�amministrativa�).�

La�semplificazione�assurge�a�principio�cui�deve�tendere�l'attivita�ammi-
nistrativa�e�si�pone�come�corollario�dei�principi�generali�di�efficacia,�econo-
micita�sanciti�dall'art.�1�della�legge�241�del�1990�(15).�

Il�concetto�di�semplificazione�che�scaturisce�dalla�lettura�della�sud-
detta�legge�appare�strettamente�collegato�con�il�concetto�di�tempestivita�:�
le�pubbliche�amministrazioni�non�possono�aggravare�il�procedimento�se�
non�per�straordinarie�e�motivate�esigenze�imposte�dallo�svolgimento�dell'i-
struttoria�(art.�1,�comma�2).�A�tale�principio�sono�state�previste�eccezioni,�
come�nei�procedimenti�in�cui�sono�coinvolti�interessi�di�forte�impatto�
ambientale.�

Un�intero�capo�viene�dedicato�alla�semplificazione�dell'azione�ammini-
strativa�con�l'introduzione�di�strumenti�che�hanno�lo�scopo�di�rendere�piu�
celere�l'operato�della�P.A.:�conferenza�di�servizi,�accordo�tra�amministra-
zioni,�denuncia�di�inizio�attivita�,�silenzio�assenso,�tempi�certi�per�rilascio�di�
pareri.�

Non�a�torto�la�legge�7�agosto�1990,�n.�241�e�considerata�la�pietra�ango-
lare�della�riforma�dell'attivita�amministrativa.�

(15)�TravI 
A.,�Legge�7�agosto�1990,�n.�241,�nuove�norme�in�materia�di�procedimento�ammini-
strativo�e�di�diritto�di�accesso�ai�documenti�amministrativi,in�Nuove�leggi�civili�commentate,1995,�
I;�TravI 
A.,�Nuovifermentineldirittoamministrativoversolafinedeglianni�'90,in�Foro�it.,�1997,�
IV,�168;�OcchienA 
M.,�Prime�riflessioni�sugli�interessi�procedimentali�dopo�la�legge�sul�procedi-
mento�amministrativo,in�Dir.�Proc.�Amm.�1997,�718�ss.;�CaringellA 
F.,�CrisafullI 
A., 
DE 
MarzO 
G., 
RomanO 
F.,�Ilnuovo�voltodellapubblicaamministrazionetrafederalismo�esemplifica-
zione,�Napoli,�1997,�272,�ss;�CorpacI 
A.,�Spunti�critici�sulla�giurisprudenza�applicativa�della�legge�
sul�procedimento�amministrativo,in�Dir.�Pubbl.,�1995,�199�ss.;�PedacI 
V.,�Alcune�notazioni�sulla�
nuova�disciplinadella�conferenza�diservizitra�velocizzazionedeiprocessidecisionalieponderazione�
degli�interessi�coinvolti,�nella�legge�n.�340�del�2000,�in�L'amministrazione�italiana,�2001,�833�ss.;�D'A-
gostinO 
F.,�Manuale�di�diritto�amministrativo,�Giuffre�,�2000;�FerrarE 
R.,�Le��complicazioni��
della�semplificazione�amministrativa:�verso�un'amministrazione�senza�qualita�?,�in�Dir.�Proc.�Amm.,�
1999,�323�ss.;�CassesE 
S.,�La�semplificazione�amministrativa�e�l'orologio�di�Taylor,in�Riv.�Trime-
strale�di�diritto�Pubblico,�1998,�698�ss.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Ulteriore�momento�di�verifica�si�colloca�negli�anni�1993-1994�(Governo�
Ciampi�e�Ministro�della�funzione�pubblica�S.�Cassese):�l'atto�piu�importante�
e�la�legge�24�dicembre�1993,�n.�537�(di�accompagnamento�alla�legge�finanzia-
ria�per�il�1994),�che�ha�una�grande�valenza�semplificativa,�cui�abbiamo�gia�
fatto�cenno�(16).�

7.��LE 
leggI 
BassaninI 
E 
lE 
leggI 
dI 
semplificazionE 
annuali. 
Dopo�la�241�del�1990,�con�le�leggi�15�marzo�1997,�n.�59�e�15�maggio�
1997�n.�127,�inizia�un�imponente�processo�di�trasformazione�del�sistema�
amministrativo�in�base�al�quale�la�necessita�di�semplificazione�diventa�causa�
e�fine�delle�riforme.�

La�legge�n.�59�del�1997�(prima�legge�Bassanini)�individua�direttamente�
112�procedimenti�amministrativi�attraverso�i�quali�deve�attuarsi�la�semplifica-
zione�mediante�disciplina�regolamentare.�

E�inoltre�previsto,�all'art.�20,�che�il�Governo,�entro�il�31�gennaio�di�ogni�
anno,�presenti�al�Parlamento�un�disegno�di�legge�per�la�delegificazione�e�la�
semplificazione�di�norme�concernenti�i�procedimenti�amministrativi.�

L'attivita�di�semplificazione�continua�con�la�legge�15�maggio�1997,�

n.�127�(seconda�legge�Bassanini)�e�si�rivolge�alle�norme�sulla�documentazione�
amministrativa,�alla�conferenza�di�servizi,�all'eliminazione�o�semplificazione�
dell'attivita�consultiva�ecc.�
La�legge�16�giugno�1998,�n.�191�(cd.�Bassanini�ter)�apporta�modifiche�
alle�leggi�15�marzo�1997,�n.�59�e�15�maggio�1997,�n.�127.�
Con�la�legge�8�marzo�1999,�n.�50�(Bassanini�quater)�viene�emanata�la�
prima�legge�di�semplificazione�annuale,�che 
si 
concentraprevalentemente 
sulla 


semplificazione 
normativa 
e�individua�57�provvedimenti�da�semplificare�e�pre-
vede�un�programma�di�riordino�delle�norme�legislative�e�regolamentari�nelle�
materie�espressamente�indicate�dalla�legge�di�semplificazione�e�l'emanazione�
di�testi�unici.�

Nel�2000�viene�emanata�la�seconda�legge�di�semplificazione�annuale,�la�
legge�24�novembre�2000,�n.�340�(legge�di�semplificazione�per�il�1999).�

(16)�La�legge�del�7�agosto�1990,�n.�241,�assegna�al�procedimento�tale�ruolo�e,�in�particolare�
prevede�che�nelle�procedure�attivate�per�la�tutela�ambientale,�paesaggistico-territoriale�e�della�
salute�dei�cittadini,�non�sia�possibile�utilizzare�le�forme�e�gli�strumenti�della�semplificazione�
amministrativa.�
Si�evince�l'importanza�di�questi�aspetti,�tali�da�non�poter�essere�trattati�con�procedure�sempli-
ficate,�in�quanto�il�pericolo�sarebbe�quello�di�non�garantire�una�reale�valutazione�degli�interessi�e�
quindi�una�decisione�il�piu�possibile�adeguata�alle�esigenze�e�alla�realta�concreta.�Se�la�legge�del�
1990�evidenzia�la�rilevanza�dell'interesse�ambientale�e�della�salute�durante�le�valutazioni�che�l'am-
ministrazione�e�chiamata�a�fare,�la�direttiva�del�27�giugno�1985,�n.�85/337�ha�previsto�un�procedi-
mento�tipico�conformato�allo�scopo�di�pervenire�alla�decisione�piu�equilibrata�possibile,�che�
prende�il�nome�di�Valutazione�di�Impatto�Ambientale�(VIA).�LaVIA,�sorta�negli�Stati�Uniti,�indi-
vidua,�descrive�e�valuta�conformemente�agli�articoli�da�quattro�a�undici,�gli�effetti�diretti�di�un�
progetto�sui�seguenti�fattori:�l'uomo,�la�fauna�e�la�flora,�il�suolo,�l'acqua,�l'aria,�il�clima�e�il�pae-
saggio;�l'interazione�tra�i�suddetti�fattori,�i�beni�materiali�e�il�patrimonio�culturale.�

La�VIA�e�lo�strumento�che�consente�di�verificare�preventivamente�l'impatto�globale�di�un'o-
pera�o�di�una�certa�attivita�sull'ambiente.�


DOTTRINA�331 


Il�programma�di�semplificazione�riguarda�anche�la�legislazione�regionale�

(L.R.�Friuli-Venezia�Giulia,�n.�17�del�28�agosto�2001,�L.R.�Puglia�n.�25�del�
4�settembre�2001�ecc.).�
In�particolare,�la�legge�Bassanini�quater�stabilisce�che�i�Testi�unici�predi-
sposti�dal�Governo,�anche�sulla�base�degli�indirizzi�indicati�dal�Parlamento,�
devono�riordinare�e�semplificare�i�settori�normativi�disciplinati�attraverso�la�
delegificazione�delle�norme�concernenti�aspetti�organizzativi�e�procedimen-
tali,�l'esplicita�indicazione�delle�norme�vigenti�e�di�quelle�abrogate,�la�previ-
sione�di�tutte�le�modifiche�di�coordinamento�formale�necessarie�(cfr.�la�
recente�legge�5�giugno�2003,�n.�131).�

8.��IL 
testO 
unico. 
Il�testo�unico�in�generale�e�considerato�uno�strumento�della�semplifica-
zione�normativa�in�quanto�in�grado�di�formalizzare�in�una�fonte�normativa�
primaria�il��complesso�processo�di�sintesi�politico-normativo�tra�Governo�e�
Parlamento�nella�fase�dell'istruttoria�legislativa��(17).�
Ad�esempio,�il�Testo�Unico�introdotto�con�il�d.P.R.�8�giugno�2001,�

n.�237,�il�quale�obbedisce�a�questa�ottica,�prevede�una�organica�riforma�della�
materia�relativa�all'espropriazione(18).�
L'articolato�si�caratterizza,�infatti,�come�continuazione�ideale�delle�inno-
vazioni�introdotte�nel�procedimento�e�nel�processo�amministrativo,�nonche�
delle�pronunce�emesse�a�livello�internazionale,�anche�nell'ottica�dell'evolu-
zione�della�disciplina�della�funzione�statale�di�indirizzo�e�coordinamento.�

E�fondamentale,�infatti,�che�il�procedimento�espropriativo�sia�coordi-
nato�con�la�normativa�della�programmazione,�del�finanziamento�e�della�rea-
lizzazione�delle�opere�pubbliche�(art.�14�legge�n.�109�del�1994�e�successive�
modificazioni,�che�mira�a�razionalizzare�le�spese�e�evitare�l'episodicita�delle�
scelte).�

Il�testo�unico�sull'espropriazione,�ad�esempio,�ha�la�caratteristica�di�
essere�misto,�in�quanto�risulta�composto�da�leggi�e�regolamenti,�e�questo�
proprio�al�fine�di�perseguire�lo�scopo�di�rendere�intelleggibile�l'ordinamento�
attraverso�un�riordino�per�settori�che�consenta�anche�un'ampia�delegifica-
zione.�

(17)�F.�Petricone,�cit.,�672.�
(18)�G.�Montedoro,in�L'occupazione�appropriativa�dopo�il�D.Lgs�8�giugno�2001�n.�327,in�
Urb.�e�appalti,�n.�11/2001,�1179.�Sul�modello�originario�dell'istituto�espropriativo�disciplinato�dalla�
legge�25�giugno�1865,�n.�2359�v.�D. 
Sorace,�voce�espropriazione�per�pubblica�utilita�,in�Nov.�Dig.�
disc.�pubbl.,�UTET,�186�ss.�Cfr.�anche�per�la�nozione�di�espropriazione...�D.�Sorace,�voce�Espro-
priazione...189:��La�locuzione�``espropriazione�per�pubblica�utilita�''�e�tradizionalmente�e�-ormai�
si�deve�dire�-convenzionalmente�usata�nel�diritto�amministrativo�per�indicare�un�istituto�com-
plesso�identificato�da�uno�specifico�procedimento�amministrativo,�da�atti�di�amministrazioni�pub-
bliche�e�di�soggetti�privati�aventi�determinati�effetti�giuridici,�da�un�insieme�di�posizioni�di�diritto�
e�di�obbligo,�di�interesse�legittimo�e,�di�potere�previsti�e�disciplinati�originariamente�da�una�delle�
leggi�di�unificazione�amministrativa�emanata�negli�anni�sessanta�del�secolo�scorso:�la�legge�25�giu-
gno�1865,�n.�2359�.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

L'art.�7�della�legge�Bassanini�quater 
stabilisce�che�i�Testi�unici�predispo-
sti�dal�Governo,�anche�sulla�base�degli�indirizzi�indicati�dal�Parlamento,�
devono�riordinare�e�semplificare�i�settori�normativi�disciplinati�attraverso�la�
delegificazione�delle�norme�concernenti�aspetti�organizzativi�e�procedimen-
tali,�l'esplicita�indicazione�delle�norme�vigenti�e�di�quelle�abrogate,�la�previ-
sione�di�tutte�le�modifiche�di�coordinamento�formale�necessarie.�

Non�si�tratta,�pertanto,�di�testi�unici�meramente�ricognitori�della�mate-
ria,�ma�di�testi�unici�che,�oltre�che�al�carattere�misto,�legislativo�e�regolamen-
tare,�come�appena�detto,�sono�anche�innovativi�dell'ordinamento�giuridico.�

Quest'ultima�e�,�peraltro,�la�struttura�che�e�dato�riscontrare�nelle�recente�
produzione�di�testi�unici(19).�

D'altronde,�fino�all'emanazione�della�legge�15�marzo�1997,�n.�59�i�testi�
unici�sono�stati�emanati�senza�un�programma�preciso.�

La�scelta�dello�strumento�del�testo�unico,�giustificata�dall'idoneita�di�
quest'ultimo�di�coniugare�efficacemente�l'esigenza�della�semplificazione�delle�
procedure�con�quella�del�riordino�del�sistema 
normativo�(20),�non�e�una�
novita�nel�nostro�ordinamento.�

La�legge�delega�18�marzo�1968,�n.�249,�modificata�con�legge�28�ottobre�
1970,�n.�775,�in�base�alla�quale�e�stato�emanato�il�d.P.R.�30�giugno�1972,�

n.�748,�aveva�delegato�il�Governo�non�solo�a�raccogliere�in�testi�unici�le�
disposizioni�in�vigore�concernenti�le�singole�materie,�ma�anche�il�riassetto�
del�trattamento�economico�dei�dipendenti�statali�in�attivita�di�servizio�ed�in�
quiescenza�ed�a�stabilire�il�trattamento�economico�degli�stessi�con�riguardo�
alle�funzioni�da�questi�esercitate.�
Il�legislatore�delegato�(d.P.R.�30�giugno�1972,�n.�748),�nel�conferire�un�
nuovo�status,si�e�attenuto�ai�limiti�del�potere�delegatogli�di�modificare�il�
relativo�trattamento�economico,�comprensivo�di�quello�previdenziale�ed�assi-
stenziale,�abrogando�le�norme�in�contrasto�(legge�25�luglio�1971,�n.�557)�con�
la�nuova�disciplina�della�materia�(21).�

Si�tratta,�infatti,�di�una�tecnica�legislativa�molto�seguita�anche�nel�pas-
sato�(testo�unico�approvato�con�il�r.d.�n.�383�del�1934�in�materia�di�esproprio;�
testo�unico�degli�Enti�locali�approvato�col�regio�decreto�3�marzo�1934,�

n.�383,�il�cui�art.�5�disciplina,�per�la�prima�volta,�l'istituto�del�silenziosu�
ricorso�gerarchico;�testo�unico�n.�1092�del�1973�in�materia�pensionistica,�testo�
unico�delle�disposizioni�sulle�acque�e�sugli�impianti�elettrici,�approvato�con�
r.d.�11�dicembre�1933,�n.�1775,�in�parte�abrogato�dal�n.�59�dell'art.�58).�
Di�recente�si�segnala,�il�testo�unico�delle�leggi�sull'ordinamento�degli�enti�
locali�art.�123�comma�3,�d.lg.�18�agosto�2000,�n.�267,�il�testo�unico�delle�

(19)�Cfr.�ad�esempio�il�Testo�unico�delle�disposizioni�legislative�in�materia�di�beni�culturali�ed�
ambientali,�contenuto�nell'art.�151�d.lg.�29�ottobre�1999,�n.�490.�
(20)�Nota�30�giugno�2000�del�Ministero�per�la�Funzione�Pubblica�richiamata�dal�parere�del-
l'Adunanza�Generale�del�Consiglio�di�Stato�del�29�marzo�2001(Prot.�Norm.�n.124/2000).�
(21)�Cfr.�sul�punto�Cons.�di�Stato,�Sez.�VI,�11�maggio�1982,�n.�259,�in�Cons. 
Stato,�1982,�I,�
697.�

DOTTRINA�333 


disposizioni�legislative�in�materia�di�beni�culturali�ed�ambientali�(art.151�
d.lgs.�29�ottobre�1999,�n.�490);�nonche�il�testo�unico�delle�disposizioni�legisla-
tive�e�regolamentari�in�materia�edilizia�(�d.P.R.�380�del�2001).�

Tali�interventi�normativi�si�pongono,�dunque,�in�armonia�con�l'art.�7�
comma�2�della�legge�8�marzo�1999,�n.�50,�come�modificato�dall'art.�22�
comma�6�lett.�e 
della�legge�24�novembre�2000,�n.�340�secondo�cui��ciascun�
testo�unico,�aggiornato�in�base�alle�leggi�di�semplificazione�annuali,�com-
prende�le�disposizioni�contenute�in�un�decreto�legislativo�e�in�un�regolamento�
che�il�governo�emana�ai�sensi�dell'art.�14�e�dell'art.�17,�comma�2,�della�legge�
23�agosto�1988,�n.�400�.�

9.��CaratteristicA 
deI 
recentI 
testI 
unici: 
testO 
unicO 
comE 
testO 
normativO 
differenziatO 
E 
comE 
fontE 
deL 
diritto. 
Il�Testo�Unico�puo�creare�regole�nuove.�Come�si�e�prima�precisato,�l'im-
pianto�del�testo�unico�dell'espropriazione�e�costituito�da�un�corpo�di�norme�
raggruppanti�le�disposizioni�legislative�e�regolamentari�della�materia,�con�la�
previsione�dell'abrogazione�delle�previgenti�norme,�cos|�come�previsto�
dall'art.�7�comma�2�della�legge�8�marzo�1999,�n.�50,�modificato�dall'art.�1,�
comma�6�lett.�e 
della�legge�2000,�n.�340.�

In�realta�,�dal�punto�di�vista�strutturale,�il�testo�unico�sull'esproprio�
riflette�la�particolare�tecnica�di�redazione�dei�piu�recenti�testi�unici,�proprio�
perche�caratterizzato�da�un�unico�testo�riassuntivo�(testo�A),�in�cui�conflui-
scono�disposizioni�sia�legislative�sia�regolamentari,�che�si�compone�di�due�
atti�normativi:�un�d.lgs.�(testo�B)�relativo�alle�disposizioni�legislative,�contras-
segnate�dalla�lettera�L,�e�da�un�d.P.R.�(testo�C),�relativo�alle�sole�disposizioni�
regolamentari,�contraddistinte�dalla�lettera�R.�

Fino�ad�ora�solo�tre�testi�unici,�compreso�quello�sull'espropriazione,�
sono�stati�redatti�in�base�a�questa�struttura:�il�d.lgs.�n.�443�e�i�d.P.R.�
nn.�444�e�445�del�28�dicembre�2000�(recanti�il�t.u.�delle�disposizioni�in�mate-
ria�di�documentazione�amministrativa)�e�il�d.P.R.�6�giugno�2001�n.�380�(testo�
unico�in�materia�di�edilizia)�(22).�

Tale�esigenza�e�sottolineata�anche�dalla�relazione�del�Consiglio�di�Sta-
to�(23).�

(22)�Cfr.�al�riguardo,�V.�Carbone,�Il 
nuovo 
testo 
unico 
delle 
disposizioni 
legislative 
e 
regola-
mentari 
sull'edilizia,in�Corro 
Giur.,�2002,�7;�V.�Carbone,�Il 
nuovo 
testo 
unico 
in 
materia 
di 
espro-
priazione: 
scompare 
l'occupazione 
appropriativa,in�Corro 
Giur.,�2001,�1265;�V.�Carbone, 
La 
delegi-
ficazione 
nel 
nuovo 
regolamento 
sui 
lavori 
pubblici,in�Corro 
Giur.,�2000,�845;�V.�Carbone,�Il 
testo 
unico 
sull'edilizia 
�rivisitato� 
dal 
d.lgso 
27 
dicembre 
2002 
no 
301,in�Corro 
Giur.,�2003,�690.�
(23)�Il�Testo�Unico�sull'espropriazione�presenta�una�novita�assoluta�nel�nostro�ordinamento�
giuridico:�e�stato�predisposto�e�redatto�dal�Consiglio�di�Stato.�

Cio�in�attuazione�della�direttiva�di�cui�alla�legge�8�marzo�1999,�n.�50.�

L'art.�7,�comma�5�prevede,�infatti,�la�possibilita�che�il�governo�demandi�la�redazione�degli�

schemi�di�testi�unici�(ai�sensi�dell'art.�14,�2�comma,�del�testo�unico�delle�leggi�sul�Consiglio�di�
Stato,�approvato�con�regio�decreto�26�giugno�1924,�n.�1054),�al�Consiglio�di�Stato,�a�causa�della�
complessita�e�tecnicita�della�materia.�

Quest'ultimo�ha�la�facolta�,�peraltro,�di�avvalersi�di�esperti�in�discipline�non�giuridiche,�in�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

La�natura�giuridica�dei�testi�unici�riguarda�prevalentemente�la�proble-
matica�dell'inquadramento�del�testo�unico�nell'ambito�delle�fonti�del�diritto.�
Generalmente�si�e�sempre�ritenuto�che�non�costituiscano�fonte�normativa�a�
se�stante.�

La�fonte�delle�norme�del�testo�unico�ed�il�grado�che�verranno�ad�
assumere�e�quello�del�provvedimento�(legge,�decreto,�regolamento)�che�
approva�il�t.u.�Si�distingue,�in�realta�,�tra�testi�unici�ricognitivi�e�testi�unici�
fonte.�

Vi�sono�testi�unici�privati�che�non�hanno�alcuna�ufficialita�e�che�man-
cano�di�forza�innovatrice�dell'ordinamento�giuridico,�ma�sono�utili,�specie�
nelle�fasi�storiche�caratterizzate�dalla�frammentazione�legislativa:�di�compila-
zioni�private�e�stato�pieno�il�medioevo�e�sembra�che�la�post�modernita�cono-
sca�esigenze�analoghe.�

I�testi�unici�ufficiali,�invece,�scaturiscono�dalla�difficolta�del�legislatore�
che,�non�riuscendo�ad�organizzare�una�codificazione,�si�limita�ad�una�
paziente�opera�di�riordino.�

Ma�il�riordino�puo�avere�valenze�diverse:�e�cos|�i�testi�unici�si�dividono�
in�compilativi�o�ricognitivi,�ossia�a�diritto�invariato�(24)�od�innovativi,�che�
determinano�una�rinnovazione�delle�fonti�su�cui�incidono,�indipendentemente�
dalla�volonta�di�modificarle.�

E�questo�il�motivo�per�cui�l'autorita�che�li�adotta�deve�essere�dotata�di�
una�potesta�normativa�nelle�materie�racchiuse�nel�t.u.�o�deve�essere�autoriz-
zata�o�delegata�all'uopo.�Con�la�creazione�del�t.u.�fonte,�le�norme�in�esso�
contenute�vengono�sostituite,�anche�se�non�necessariamente�modificate(25).�

Esistono�altres|�testi�unici�autorizzati�e�testi�unici�delegati:�dei�primi�e�
controverso�il�carattere�di�fonte.�

numero�non�superiore�a�cinque,�scelti�anche�tra�quelli�di�cui�al�comma�1�dell'art.�3�della�presente�
legge.�

E'�proprio�nell'ambito�dell'ottica�di�riordino�della�legislazione�vigente�avviata�con�la�riforma�
Bassanini,�che�il�Consiglio�dei�Ministri,�delegato�ad�adottare�dei�testi�unici�di�semplificazione�
(sul�modello�delle�compilationes 
giustinianee),�ha�demandato�la�redazione�del�T.U.�ad�un�organo�
altamente�specializzato.�

L'articolato,�che�e�stato,�dunque,�predisposto�direttamente�dal�Consiglio�di�Stato,�riguarda�
solo�ed�esclusivamente�la�materia�espropriativa,�in�quanto�il�Governo�(Consiglio�dei�Ministri)�si�
e�avvalso�dell'art.�7,�comma�5�solo�in�relazione�a�quest'ultima.�

Resta,�conseguentemente,�esclusa�la�normale�attivita�consultiva�del�Consiglio�di�Stato�stesso,�
prevista�in�via�generale�dall'art.�16,�comma�1,�n.�3,�del�r.d.�n.�1054�del�1924,�nonche�dall'art.�17,�
comma�25,�della�legge�n.�127�del�1997,�e�dal�comma�4�dello�stesso�art.�7�della�legge�n.�50�del�1999.�
Semmai,�il�suddetto�parere�e�richiesto�solo�in�caso�di�modifiche�apportate�in�sede�di�approvazione.�
Il�Consiglio�di�Stato�ha�provveduto�a�redigere�anche�la�prescritta�relazione�esplicativa,�la�quale�
funge�da�chiave�di�lettura�del�testo�unico�stesso,�nonostante�che�in�sede�governativa�siano�state�
poste�in�essere�modifiche�marginali,�senza�l'acquisizione�dell'ulteriore�attivita�consultiva�del�mede-
simo�Consiglio.�

(24)�Sono�testi�unici�compilativi�quelli�in�materia�di�autonomie�locali,�documentazione�
amministrativa,�di�beni�ambientali�e�culturali,�di�edilizia�privata.�
(25)�R.�Galli,�Corso 
di 
diritto 
amministrativo,�Cedam,�50.�

DOTTRINA�335 


I�Testi�unici�hanno�spesso�contenuto�misto�ed�ad�efficacia�variabile:�con-
tengono�norme�legislative�e�regolamentari,�che�conservano�la�loro�diversa�
efficacia�formale.�I�testi�unici,�compilativi�o�innovativi,�producono�un�effetto�
di�consolidamento�e�possono�definirsi�quali�opere�di�codification�formelle�o�

a�droit�costant.�

La�Corte�costituzionale,�ribadendo�la�distinzione�tra�testi�unici�di�mera�
compilazione�e�testi�unici�di�emanazione�del�potere�legislativo,�sostieneche�
nel�primo�caso�la�forza�di�legge�delle�singole�norme�derivi�sempre�dalla�legge�
ordinaria�dalla�quale�esse�sono�state�tratte�(26).�

La�disposizione�di�decreto�delegato�riproduttiva�di�previgente�disposi-
zione�pone�una�norma�nuova;�un�testo�unico,�emanato�in�forza�di�delega,�e�
testo�legislativo�e�ha�efficacia�abrogante�(27).�

La�particolarita�dei�testi�unici,�dunque,�rispetto�alle�altre�tipologie�di�
leggi�consiste�proprio�nel�fatto�che�essi�si�sostanziano�in�atti�di�consolida-
mento�del�diritto�in�un�settore�dell'ordinamento�(28).�

La�finalita�precipua�dei�testi�unici�della�Bassanini-quater�e�quella�di�ren-
dere�leggibile�l'ordinamento�attraverso�un�riordino�per�settori�che�consente�
anche�un'ampia�delegificazione.�

Si�tratta,�dunque,�di�testi�unici�ufficiali,�innovativi,�nei�limiti�delle�esi-
genze�di�coordinamento�e�semplificazione�e�quindi�destinati�a�regolare,�pre-
valentemente,�gli�aspetti�procedimentali�piuttosto�che�quelli�sostanziali.�

La�stessa�Adunanza�generale�del�Consiglio�di�Stato�ha�precisato�che�
l'art.�7�comma�2�della�legge�n.�50/1999�ha�previsto�la�redazione�di�un�testo�
unico��innovativo�,�come�si�desume�dai�principi�e�criteri�direttivi�da�esso�fis-
sati,�dalla�previsione�di�un�termine�finale�per�la�sua�emanazione,�dalla�predi-
sposizione�di�una�procedura�articolata�di�consultazione�e�raccordo�fra�
Governo�e�Parlamento.�

Proprio�questo�raccordo�dimostra�che�sarebbe�stato�superfluo�in�rela-
zione�ad�un�testo�unico�meramente�compilativo.�

Il�tasso�di�innovativita�consentito,�precisa�l'adunanza�generale,�e�mag-
giore�per�gli�aspetti�procedimentali�ed�organizzativi�della�materia,�mentre,�
relativamente�agli�aspetti�sostanziali�il�testo�unico�puo�operare�la�selezione�
e�la�riorganizzazione�del�vigente�quadro�normativo�(29).�

Il�coordinamento�delle�disposizioni�puo�consentire�un�piu�incisivo�inter-
vento�sul�contenuto�sostanziale�delle�disposizioni�preesistenti�quando�si�

(26)�Corte�cost.,�17�aprile�1957,�n.�54,�in�Giur.�it.,�1958,�I,�1,�161;�Corte�cost.,�10�giugno�1982,�
n.�110,�in�Rass.�Avv.�Stato,�1982,�I,�481.�V.�inoltre�Corte�cost.,�nn.�,�24/1961,�32/1962,�57/1964,�
riportate�da�M.�Malo,�voce�Testo�unico,in�Dig.�disc.�pubbl.,�UTET,�307.�
(27)�Corte�cost.,�17�aprile�1957,�n.�54,�in�Giur.�it.,�1958,�I,�1,�161;�Corte�cost.,�10�giugno�1982,�
n.�110,�in�Rass.�Avv.�Stato,�1982,�I,�481.�V.�inoltre�Corte�cost.,�nn.�,�24/1961,�32/1962,�57/1964,�
riportate�da�,�M.�Malo,�voce�Testo�unico,in�Dig.�disc.�pubbl.,�UTET,�307.�
(28)�A. 
Saturno,�Oggetto�ed�ambito�di�applicazione�del�testo�unico,in�L'espropriazione�per�
pubblica�utilita�,Cedam, 
2.�
(29)�G.�Montedoro,in�L'occupazione�appropriativa�dopo�il�D.Lgs�8�giugno�2001�n.�327,in�
Urb.�e�appalti,n.�11/2001,�1172.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

tratta�di�assicurare�la�coerenza�dell'ordinamento�nel�suo�complesso,�ma�
anche�in�sintonia�con�l'evolversi�dei�principi�generali,�con�la�cultura�giuridica,�
con�il�diritto�vivente�creato�dalla�giurisprudenza�costituzionale�e�di�legitti-
mita�.�

Il�limite�di�coordinamento�si�rinviene�proprio�nello�stesso�diritto�vivente,�
che�va�considerato,�modificato,�innovato,�ma�non�stravolto�(30).�

10.��IL 
nuovO 
modellO 
dellA 
semplificazione: 
dallA 
delegifica-
zionE 
allA 
codificazione. 
L'esempiO 
deL 
t.u. 
dell'espropria-
zione. 
Il�testo�unico�per�le�espropriazioni,�cos|�come�gli�altri�due�che�si�sono�
menzionati,�si�configura�come�un�vero�e�proprio�codice.�Infatti,�per�le�rile-
vanti�novita�che�introduce�si�presenta�come�un�testo�innovativo,�di�modifica�
del�diritto�vigente:�con�esso�il�legislatore�ha�posto�in�essere�una�vera�e�propria�
attivita�di�codificazione,�e�non�di�semplice�raccolta�normativa(31).�

La�codificazione�della�normativa�primaria�e�stata�prevista�dal�legislatore�
piu�recente�(interventi�in�materia�di�qualita�della�regolazione,�riassetto�nor-
mativo�e�codificazione-legge�di�semplificazione�2001�che�ha�riscritto�l'art.�20�
della�legge�15�marzo�1997,�n.�59),�in�quanto�permette�un�intervento�innova-
tivo�sulle�varie�materie,�assai�piu�incisivo�di�quello�previsto�dal�comma�11�
dell'art.�20�della�legge�15�marzo�1997,�n.�59�(testo�attuale)�e�dall'art.�7�della�
legge�8�marzo�1999,�n.�50.�

Il�testo�unico�ha�in�parte�innovato�la�materia,�per�quanto�riguarda�i�pro-
fili�organizzatori�e�procedimentali,�per�i�quali,�peraltro,�era�prevista�la�delegi-
ficazione.�

Ha�inoltre,�per�la�gran�parte,�coordinato�la�congerie�di�norme�preesi-
stenti�e�stratificatesi�in�piu�di�un�secolo�di�legislazione,�chiarendo�dubbi�inter-
pretativi,�dando�veste�normativa�ai�principi�elaborati�dalla�giurisprudenza�e�
dalla�Corte�costituzionale,�definendo�abrogazioni�tacite�ed�ambito�di�applica-
zione�di�norme�residue(32).�

(30)�Sul�drafting,�il�principio�di�ragionevolezza�ed�i�limiti�del�coordinamento�legislativo�nella�
redazione�dei�testi�unici,�anche�con�riferimento�all'esigenza�di�chiarezza�delle�leggi�nei�rapporti�
tra�diritto�interno�e�diritto�comunitario,�cfr.�V.�Caianiello,�Il�drafting�delle�leggi�nella�giurispru-
denza,in�Studi�parlamentari�e�di�politica�costituzionale,�2001,�fasc.�132-133,�7�ss.�Cfr.�anche�R.�
Dickmann, 
Le�nuove�regole�e�raccomandazioni�per�la�formulazione�tecnica�dei�testi�legislativi,in�
Riv.�trim.�dir.�pubblico,�2001,�fasc.�3,�723�e�T.�E.�Frosini,�Il�drafting�legislativo�in�Italia�e�altrove,�
in�Studi�parlamentari�e�di�politica�costituzionale,�2001,�fasc.�132-133,�anche�con�riferimento�al�
modello�del�Codice�napoleonico�e�alla�tecnica�della�legislazione�in�Gran�Bretagna�dall'Ottocento�
al�Novecento.�
(31)�A.�Saturno,�Oggetto�ed�ambito�di�applicazione�del�testo�unico,in�L'espropriazione�per�
pubblica�utilita�,Cedam, 
2.�
(32)�G.�Albenzio,�Il�Testo�Unico�delle�disposizioni�legislative�e�regolamentari�in�materia�di�
espropriazione�per�pubblica�utilita�.�Presentazione,in�Rass.�Avv.�Stato,�2002,�I,�94.��Che�ci�sia�oggi�
un�guazzabuglio�continuo�nell'applicazione�della�legge�lo�sappiamo,�anzi�credo�che�nessuno�lo�
sappia�meglio�dell'Avvocatura�dello�Stato�che�conosce�gli�infiniti�casi�che�l'applicazione�di�certe�
leggi�ha�provocato�per�una�cattiva�prassi�,�AlbertO 
Predieri, 
L'Avvocatura�dello�Stato�nel�con-
tenzioso�sulla�difesa�dell'ambiente,in�Atti�del�Primo�Congresso�Nazionale�degli�Avvocati�e�Procura-

DOTTRINA�337 


Il�testo�unico�nella�prima�parte�affronta�la�tematica�da�un�punto�di�vista�
generale,�per�poi�passare�ad�analizzare�le�norme�specifiche,�evidenziando�gli�
aspetti�di�maggiore�novita�rispetto�alla�disciplina�normativa�vigente.�Una�
delle�novita�piu�rilevanti�riguarda�l'abolizione�dell'istituto�dell'occupazione�
appropriativa,�nonche�il�fatto�che�la�competenza�venga�affidata�interamente�
all'ente�pubblico�che�realizza�l'opera,�senza�piu�la�necessita�dell'intervento�
del�tribunale�o�delle�autorita�prefettizie.�

La�particolarita�del�testo�unico�riguarda�il�fatto�che�esso�non�riproduce�
il�contenuto�di�tutte�le�norme�succedutesi�dal�1865�in�poi:�manca,�infatti,�
la�cosiddetta��tavola�delle�corrispondenze��presente�in�tutti�gli�altri�testi�
unici.�

Il�testo�unico�attua,�infatti,�una�tabula�rasa�delle�disposizioni�previgenti,�
e�rappresenta,�anche�per�questo�un�vero�e�proprio��codice�dell'espropriazio-
ne��(33).�Tuttavia,�anche�il�concetto�di�tabula�rasa�deve�essere�letto�ed�inter-
pretato�nel�senso�che,�in�una�materia�di�cos|�delicata�compresenza�di�interessi�
pubblici�e�privati,�l'intervento�del�legislatore�non�puo�mai�essere�risolutivo:�i�
futuri�interventi�di�dottrina�e�giurisprudenza�apporteranno�l'insostituibile�
contributo�con�l'ausilio�del�materiale�gia�elaborato�a�partire�dal�1983�e�dai�
fondamentali�interventi�giurisprudenziali�(34).�

toridello�Stato,�L'AvvocaturadelloStato�verso�il2000nelsolco�della�tradizione,�Firenze,�2-4�giugno�
1989,�132.�Cfr.�anche�G.�Freddi,�Scienza�dell'Amministrazione�epolitichepubbliche,�a�cura�di�G.�
Freddi,�27.�

(33)�F.�Caso,�Lanuovadisciplinadelleespropriazioniperpubblica�utilita�,in�http://www.sspa-
l.it/HTML/sezioni/grassi/caso2.htm.�Ai�sensi�del�comma�3�dell'art.�1,�le�norme�del�testo�unico�
non�possono�essere�derogate,�modificate�o�abrogate�se�non�per�dichiarazione�espressa,�con�riferi-
mento�specifico�a�singole�disposizioni.�
La�disposizione�riproduce�il�contenuto�dell'art.�7,�comma�6,�della�legge�50/99,�in�base�al�quale�
�le�disposizioni�dei�testi�unici�non�possono�essere�abrogate,�derogate,�sospese�o�comunque�modifi-
cate�se�non�in�modo�esplicito,�mediante�l'indicazione�delle�fonti�da�abrogare,�derogare,�sospendere�

o�modificare�.�
In�tale�espressione�e�stata�riconosciuta�una�particolare�forza�di�resistenza�dei�testi�unici�stessi.�
In�realta�,�essa�non�puo�essere�considerata�previsione�rafforzativa�dell'efficacia�delle�norme�del�
testo�unico,�come�cioe�una�effettiva�limitazione�al�legislatore�successivo,�ma�solo�ed�esclusiva-
mente�un�meccanismo�volto�a�evitare�modificazioni�o�abrogazioni�tacite,�imponendo�al�legislatore�
piena�consapevolezza�nell'abrogare�o�modificare�le�norme�del�testo�unico.�La�disposizione�di�cui�
all'ultimo�comma�dell'art.�1�riprende�le�direttive�e�i�criteri�generali�stabiliti�in�materia�di�semplifi-
cazione.�

Il�punto�3,�l.�m�della�circolare�del�20�aprile�2001�del�Presidente�del�Senato�sulle�regole�e�rac-
comandazioni�per�la�formulazione�tecnica�dei�testi�legislativi�prevede�che�la�modifica�a�norme�di�
testi�unici��misti��previsti�dall'articolo�7�della�legge�n.�50�del�1999�e�fatta�unicamente�al�decreto�
del�Presidente�della�Repubblica�(cosiddetto�testo�A)�contenente�sia�le�disposizioni�legislative�sia�
quelle�regolamentari.�In�caso�di�sostituzione�o�aggiunta�di�articoli�o�commi�e�necessario�precisare,�
apponendo�la�lettere�L�o�R,�il�rango�della�disposizione�oggetto�di�modifica.�

(34)�G.�Montedoro,in�L'occupazione�appropriativa�cit.,�1171.�I�giudici�di�Strasburgo�hanno�
ritenuto�che�la�sottrazione�del�possesso�consentita�dall'istituto�dell'accessione�invertita�creato�
dalla�Cassazione,�non�e�conforme�ai�principi�della�Convenzione�Europea�in�quanto�contrastante�
con�il�principio�della�legalita�,�considerato�che�il�diritto�di�proprieta�ossia�il�diritto�di�godere�paci-
ficamente�dei�propri�beni�(peacefulenjoment�ofhispossession)e�un�principio�generale.�La�Corte�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

L'articolato�e�stato�redatto�seguendo�la�distinzione�tra�norme�procedi-
mentali�e�disposizioni�sostanziali�e�fa�propri�gli�assunti�e�i�principi�raggiunti�
dalla�legislazione�e�dalla�giurisprudenza.�

I�suddetti�principi,�d'altronde,�costituiscono�il�precipitato�logico�giuri-
dico�dei�punti�fermi�di�carattere�generale�gia�consolidatisi�nel�corso�del�
tempo�ancor�prima�della�redazione�del�testo�unico,�come�gia�si�era�verificato�
con�la�legge�205�del�2000.�

I�lavori�del�testo�unico�sono�stati,�peraltro,�fortemente�influenzati�dalla�
sentenza�30�maggio�2000�della�Sezione�II�della�Corte�Europea�dei�diritti�del-
l'uomo,�che�ha�dichiarato�che�l'occupazione�appropriativa�si�pone�in�contra-
sto�con�l'art.�1�del�protocollo�n.�1�della�Convenzione�europea�dei�diritti�
dell'uomo�(35).�

L'art.�43�del�testo�unico,�infatti,�e�finalizzato�ad�eliminare�la�figura�
dell'occupazione�appropriativa,�o�accessione�invertita�o�espropriazione�
sostanziale,�nonche�quella�della�occupazione�usurpativa,�alla�quale�per�la�
piu�recente�giurisprudenza�non�si�applicano�le�disposizioni�vigente�del-
l'art.�5-bis�della�legge�n.�359/1992�sulla�riduzione�del�quantum�dovuta�a�titolo�
di�risarcimento�dei�danni.�

E�,�dunque,�evidente�che�i�tempi�erano�maturi�per�questa�riforma(36)�e�
dopo�un'epoca�incentrata�in�massima�parte�sulla�decodificazione,�era�tempo�
di�ritornare�alle�discipline�codificate,�che�esprimono�principi�e�che�assumono�
una�portata�decisamente�generale,�a�differenza�di�quelle�speciali�che�svuo-
tano,�invece,�di�contenuto�la�disciplina�codificata.

E�,�infatti,�innegabile,�che�il�problema�della�riforma�investa,�oggi,�preva-
lentemente�le�leggi�speciali�che�specificano�o�regolano�nelle�sue�parti�la�mate-
ria,�o�meglio�gli�interventi�di�carattere�parziale�che�hanno�operato�su�un�tes-

richiede�infatti�che�la�sottrazione�della�proprieta�debba�essere�attuata�nel�pubblico�interesse,�con�
un�equo�bilanciamento�tra�interessi�generali�ed�individuali:�la�disposizione�nazionale�deve�essere�
accessibile,�precisa,�chiara�e�rispettosa�del�diritto�dominicale�del�cittadino.�

(35)�Sentenza�30�maggio�2000�della�Sezione�II�della�Corte�Europea�dei�diritti�dell'uomo,�ric.�
31524/96,�in�www.lexlab.it/giursprudenza/cedu_belvedere.htm.�
(36)�V.�DI 
Ciolo,�Il�riordino�e�il�consolidamento�della�legislazione�italiana�nella�XIII�legisla-
tura.�Notepreliminari,�in�studiparlamentari�e�dipolitica�costituzionale,�2001,�fasc.�134,�39;�A.�Rug-
geri,�Linee�emergentieprospettive�dirazionalizzazione�in�tema�dinormesullanormazione,in�Rasse-
gna�parlamentare,�2000,�fasc.�2,�379;�F.�Guizzi,�Scipione�Maffei�e�Gian�Vincenzo�Gravina:�un�
monito�per�una�ordinata�legislazione,in�Riv.�dir.�pubblico,�2000,�fasc.�3,�341,�che�analizza�la�fuga�
dal�codice�ma�anche�la�fuga�dall'�ordinamento�ordinante��a�causa�del�moltiplicarsi�delle�fonti�
normative;�F.�PatronI 
Griffi,�La�fabbrica�delle�leggi�e�la�qualita�della�normazione�in�Italia,in�
Diritto�amministrativo,�2000,�fasc�3,�97,�in�merito�alla�riforma�della�regolazione�nell'Unione�euro-
pea�e�nei�paesi�aderenti�all'OCSE;�M.�Ruotolo, 
Laprogettazionelegislativa.�Un'esigenzadirilievo�
costituzionale?,�in�Giur.�it.,�2000,�fasc.�12,�2440;�E.�Midena, 
Analisi�di�impatto�della�regolamenta-
zione�e�analisi�tecnico-normativa,in�Giornale�di�dir.�amm.,�2001,�fasc.3,�88.�
�Le�grandi�riforme�si�debbono�preparare�quando�i�tempi�sono�maturi�-Gli�uomini�di�governo�
non�debbono�essere�dei�precursori,�debbono�essere�uomini�che�capiscono�il�tempo�nel�quale�
vivono,�che�sentono�le�condizioni�del�paese�e�che�le�secondano�efficacemente�,�L. 
Salvatorelli,�
Giolitti,�Milano,�ed.�Risorgimento,�1920,�80.�


DOTTRINA�339 


suto�sociale�che�non�e�certo�il�medesimo�nel�corso�di�questi�centotrenta�
anni�(37).�La�legge�fondamentale�dell'espropriazione,�nonostante�l'apparente�
formulazione�perentoria�(�L'espropriazione�dei�beni�immobili�o�di�diritti�
relativi�ad�immobili�per�l'esecuzione�di�opere�di�pubblica�utilita�non�puo�aver�
luogo�che�con�l'osservanza�delle�forme�stabilite�dalla�presente�legge�),�ha�
subito�numerosissime�deroghe�introdotte�da�leggi�speciali�relative�a�categorie�
piu�o�meno�vaste�di�opere�e�di�interventi.�

Ormai�era�applicata�solo�in�ipotesi�marginali,�pur�non�potendosi�consi-
derarla�abrogata�e�conservando�anzi�pieno�e�attuale�interesse�sotto�molteplici�
aspetti,�tra�cui,�non�di�poco�conto,�la�ricostruzione�dei�principi�generali�della�
materia.�

Tra�le�principali�deroghe�apportate�e�da�segnalarsi�l'esigenza�di�semplifi-
cazione�della�fase�relativa�alla�dichiarazione�di�pubblica�utilita�ed�alla�scelta�
delle�aree�da�espropriare,�anche�mediante�l'attribuzione�del�valore�di�dichia-
razione�di�pubblica�utilita�all'approvazione�di�progetti�o�piani�di�cui�gia�negli�
anni�venti�si�sentiva�l'esigenza,�attuata�con�r.d.�8�febbraio�1923,�n.�422,�per�
le�opere�statali�in�genere.�Ed�ancora,�la�legge�22�ottobre�1971,�n.�865�per�l'e-
dilizia�residenziale�pubblica,�le�opere�di�urbanizzazione,�per�il�risanamento,�
anche�conservativo�degli�agglomerati�urbani,�per�i�parchi�nazionali�e�altro;�
la�legge�3�gennaio�1978,�n.�1,�per�la�generalita�delle�opere�pubbliche�statali,�
regionali�e�degli�enti�locali�e�tante�altre�leggi�speciali�ancora.

E�interessante�notare�come�da�una�legge�fondamentale�in�materia�di�
esproprio�si�sia�arrivati,�dopo�una�produzione�normativa�alluvionale�e�spe-
cialistica�durata�piu�di�un�secolo,�alla�redazione�di�un�testo�unico�che,�per�
certi�aspetti,�ripropone�le�medesime�istanze�di�sistematizzazione�e�di�riordino�
della�materia.�

Lo�stesso�destino�e�toccato�al�codice�civile�del�1865�e�a�quello�attual-
mente�in�vigore,�laddove�relativamente�al�metodo�riformistico�sono�stati�
scritti�fiumi�d'inchiostro:�la�diatriba��riforma�totale-riforma�parziale��e�sorta�
con�la�codificazione�stessa�e�continua�nei�tempi�moderni�(38).�

(37)��Al�giurista�non�e�concessa�la�consolazione�della�nostalgia,�ne�la�serena�tristezza�di�chi�
scruta�il�tramonto:�egli�ha�l'ineludibile�dovere�di�capire,�e�di�ricomporre,�tra�le�rovine�del�passato�
ed�i�labili�o�incerti�segni�del�futuro,�la�logica�del�proprio�tempo�,�N. 
Irti,�L'eta�della�decodifica-
zione,�Milano,�Giuffre�,�1986,�87ss.�
(38)�Neppure�al�codice�civile�puo�piu�riconoscersi,�come�nel�secolo�precedente,�il�valore�di�
diritto�generale,�di�sede�dei�principi�universali:�ha�perduto�il�carattere�di�centralita�nel�sistema�
delle�fonti,�non�e�piu�sede�di�garanzie�dell'individuo�ormai�assunte�e�svolte�dalla�Costituzione,�
non�e�piu�sede�di�principi�generali,�ormai�espressi,�per�singole�categorie�di�beni�o�classi�di�soggetti�
dalle�leggi�esterne.�Assistiamo�ad�una�quotidiana�e�penetrante�conquista�di�territori�da�parte�di�
leggi�speciali,�ma�con�una�importante�inversione�di�tendenza,�anche�qui,�negli�ultimi�anni:�alcune�
recenti�e�importanti�riforme,�anche�al�fine�di�adeguamento�al�diritto�internazionale�ed�europeo,�
sono�state�attuate�direttamente�nell'impianto�codicistico�(basti�pensare�alla�riforma�del�settore�
dei�contratti�del�consumatore,�che�ha�introdotto�nel�corpo�del�codice�civile�gli�articoli�1469�bis�ss).�
Lo�stesso�accade�nel�campo�delle�riforme�di�diritto�amministrativo,�non�da�ultimo�quelle�in�
materia�di�esproprio.�
Cfr.�in�ordine�al�problema�della�riforma�del�codice�civile�nel�primo�quindicennio�del�secolo,�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

La�lenta�e�progressiva�legislazione�speciale�ha�gradualmente�sottratto�
intere�materie�o�gruppi�di�rapporti,�alla�disciplina�generale,�costituendo�
microsistemi�di�norme,�con�proprie�e�autonome�logiche.�Le�leggi�speciali�
svuotano,�infatti,�di�contenuto�la�disciplina�codificata�ed�esprimono�principi�
che�assumono�una�portata�decisamente�generale.�

Si�era,�infatti,�giunti�al�paradosso�che�il�problema�della�riforma�del�set-
tore�relativo�all'esproprio�investiva�non�solo�la�legge�fondamentale�origina-
ria,�bens|�anche�e�soprattutto�le�leggi�speciali�che�la�specificavano�o�la�com-
pletavano:�si�e�trattato,�peraltro,�di�riforme�di�carattere�parziale�che�hanno�
operato�su�un�tessuto�normativo�che�non�e�piu�lo�stesso�di�quello�del�secolo�
scorso.�

Siamo�ora�passati�da�una�tecnica�di�riforma�legislativa�incentrata�su�
modifiche�di�carattere�parziale�o�su�aggiunte�e�svolgimenti�sviluppati�dalle�
leggi�speciali,�all'esigenza�di�una�visione�normativa�unitaria�esemplificata.�
D'altronde,�l'immagine�della�specialita�non�offre�una�completa�e�rigorosa�
rappresentazione�dell'esperienza�legislativa�del�nostro�tempo.�

La�relazione�tra�diritto�generale�e�diritto�speciale�nasce�proprio�dal�raf-
fronto�tra�due�norme�giuridiche,�che�hanno�l'elemento�di�fatto�in�comune,�
in�quanto�la�norma�piu�ampia�comprende�nel�suo�contenuto�l'elemento�di�
fatto�della�meno�ampia,�e�questa�vi�aggiunge�soltanto�un�momento�proprio.�

Da�tempo�risalente�la�dottrina�(39)�considera�le�leggi�speciali�come�uno�
sviluppo�della�disciplina�codificata,�che�conserverebbe�natura�e�funzione�di�
diritto�generale.�Sarebbe�percio�ammissibile�l'analogia�legis�nei�confronti�
della�legge�speciale,�ma�necessario,�per�l'analogia�juris,�il�ricorso�al�testo�
generale,�in�quanto�i�principi�generali�e�l'interpretazione�che�contribuiscono�
a�colmare�le�lacune�della�legge,�dovrebbero�sempre�attingersi�da�questo.�

�Il�mondo�della�sicurezza�e�il�mondo�dei�codici,�in�quanto�il�diritto�si�
risolve�nelle�leggi�dello�Stato�e�le�leggi�dello�Stato�si�chiudono�nelle�strutture�
fisse�e�durevoli�dei�codici�che�traducono,�in�ordinate�sequenze�di�articoli,�i�
valori�correnti.�E�comprensibile,�quindi,�cogliere�il�significato�costituzionale�
dei�codici,�in�quanto�essi�non�si�limitano�a�disciplinare�semplici�congegni�tec-
nici�piu�o�meno�perfetti�e�completi,�ma�fissano�la�filosofia�del�momen-
to��(40).�

N.�Stolfi,�Il�nuovo�codice�civile�commentato,�vol.�I,�Napoli,�Jovene,�1914,�VII:�R.�Universita�degli�
studi�di�Messina,�Sul�progetto�di�riforma�del�primo�libro�del�codice�civile,�Messina,�La�Sicilia,�
1932,�3;�V.�Scialoja,�Diritto�pratico�e�diritto�teorico,in�Riv.�dir.�com.,�1904,�I,�520;�F.�SantorO 
Passarelli,�Dai�codici�preunitari�al�codice�civile�del�1865,in�Studi�in�memoria�di�Andrea�Torrente,�
Vol.�II,�Milano,�Giuffre�,�1968;�M.�Roberti,�I�tentativi�per�una�codificazione�italiana�nel�periodo�
napoleonico�(1796-1810),�in�Jus,�vol.�III,�Milano,�ed�Vita�e�Pensiero,�1943,�197�ss.�
(39)�F.�Ferrara, 
Trattato�di�diritto�civile�italiano,�vol.�I,�Roma,�Athenaeum,�1921,�83.�
(40)�F.�SantorO 
Passarelli,�Dai�codicipreunitari�alcodice�civile�del1865,in�Studi�in�memor
ia�di�Andrea�Torrente,�Vol.�II,�Milano,�Giuffre�,�1968,�1033.,�A.�Manzella,�Dopo�Nizza:�la�Carta�
dei�diritti��proclamata�,�in�Carta�dei�dirittifondamentali�e�costituzione�dell'unione�europea,�a�cura�
di�L.�S.�Rossi,�Giuffre�,�2002,�241;�G.�Jellinek,�La�dichiarazione�deidirittidell'uomo�e�delcittadino,�
Giuffre�,�95;�M.�Magri,�La�legalita�costituzionale�dell'amministrazione,Giuffre�,�2002,�381�ss;�A.�
SirottI 
Gaudenzi,�Iricorsi�alla�corte�dei�diritti�dell'uomo,�Maggioli,�2001,�36�ss.�

DOTTRINA�341 


E�in�questo�senso�che�evolve�la�legislazione�attuale:�l'art.�1�del�disegno�di�
legge�A.C.�2579�relativo�alla�legge�di�semplificazione�2001�(Interventi�in�
materia�di�qualita�della�regolazione,�riassetto�normativo�e�codificazione,�
legge�di�semplificazione),�riscrive�completamente�l'art.�20�della�legge�
15�marzo�1997,�n.�59.�

Il�disegno�di�legge�modifica�sostanzialmente�la�logica�della�semplifica-
zione,�atteso�che�passa�dalla�semplificazione�delle�procedure�attraversola�
delegificazione�alla�semplificazione�attraverso�il�riassetto�normativoe�la�
codificazione.�

11.��LA 
semplificazionE 
deL 
linguaggiO 
amministrativO 
E 
lA 
riformA 
dell'amministrazionE 
pubblica. 
La�legge�7�agosto�1990,�n.�241�annovera�fra�i�suoi�principi�ispiratori�la�
pubblicita�o�conoscibilita�dell'azione�amministrativa�ed�il�diritto�di�accesso,�
entrambi�di�grande�rilievo�per�la�qualita�dei�rapporti�tra�pubbliche�ammini-
strazioni�e�cittadini.�

Importante�si�configura�la�valutazione�e�l'impatto�dell'introduzione�di�
norme�comunitarie�sull'ordinamento�interno:�e�la�stessa�adesione�all'unione�
europea�che�impone�tale�adeguamento.�L'Unione�europea�e�l'OCSE�sanci-
scono�l'importanza�del�controllo�della�qualita�e�dunque�della�quantita�,�delle�
leggi�comunitarie�e�nazionali�per�migliorare�il�sistema�normativo�(41).�

�Non�si�tratta�di�assecondare�un'esigenza�formalistica,�ma�di�rivalutare�
un'istanza�sostanziale.�Dal�sistema�economico,�dalle�imprese�che�pungolano�
i�legislatori�di�tutti�i�paesi�europei�per�uno�snellimento�e�una�semplificazione�
delle�procedure�amministrative,�arriva�direttamente�l'affermazione�di�questi�
principi�,�

In�particolare�si�evidenzia�la�necessita�di�sottoporre�a�valutazione�ogni�
nuova�norma,�singolarmente,�compliance-cost�assessment,�e�cumulativa-
mente,�regolatory�budget,�in�modo�da�non�imporre�oneri�inutili�sia�singolar-
mente,�sia�in�combinazione�con�norme�precedenti.�

Il�testo�unico�in�generale,�non�si�limita�a�valutare�l'impatto�delle�nuove�
norme,�ma�prende�in�considerazione�anche�l'impatto�regolatorio�di�quelle�esi-
stenti�(42),�introducendo�le�modifiche�necessarie�per�garantire�la�coerenza�
logica�e�sistematica�nonche�la�semplificazione�della�terminologia,�come�spe-
cifica�lo�stesso�parere�del�Consiglio�di�Stato�relativo�al�testo�unico�dell'espro-
priazione.�E�stato�questo�lo�schema�che�e�stato�seguito�nella�redazione�del�
testo�unico.�

(41)�F.�Petricone, 
Recentissime�dal�Parlamento,in�Giur.it.,�1999,�171;�F.�Petricone, 
Le�leggi�
di�semplificazione�della�riforma�amministrativa,in�Giur.�it.,�n.�3,�2000,�673.�
(42)�Cfr.�L'Italia�da�semplificare:I.�Le�istituzioni,�a�cura�di�S.�CassesE 
eG.�Galli,�Bologna,�
1998,�L'Italia�da�semplificare:II.�Le�regole�e�le�procedure,�a�cura�di�G.�de�Caprariis�e�G.�Vesperini,�
Bologna,�1998,�e�L'Italia�da�semplificare:�III.�Procedimenti�amministrativi�di�interesse�delle�imprese,�
a�cura�di�M.�G.�Coronas�e�P.�De�Luca,�Bologna,�1998.�Sul�rapporto�tra�testo�unico�e�legge�delega�
cfr.�Corte�cost.�4�marzo�1999,�n.�49,�in�Giust.�civ.,�1999,�I,�1248�e�in�Giur.�cost.,�1999,�647,�in�Danno�
e�responsabilita�,�1999,�407,�in�Riv.�it.dir.�pubb.�Com.,�1999,�909�e�in�Banca,�borsa�e�titoli�cred.,�
1999,�II,�633.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Dopo�piu�di�un�secolo�di�normativa�in�tema�di�espropriazioni,�infatti,�la�
materia�e�ora�riordinata�in�un�provvedimento�che�conta�59�articoli.�

L'obiettivo�principale�e�stato�quello�di�semplificare�la�procedura�di�
esproprio�creando�un�sistema�applicabile�in�ogni�caso,�ristrutturando�in�
modo�organico�le�norme�succedutesi�nel�tempo�e�garantendo�efficienza,�effi-
cacia�e�legalita�a�questo�particolare�settore.�

Importante,�dunque,�si�pone�l'esegesi�delle�norme,�l'analisi�nei�dettagli�
dei�contenuti�della�nuova�legislazione,�la�critica�approfondita,�al�fine�di�iden-
tificare�le�tecniche�piu�idonee�per�realizzare�le�finalita�del�d.P.R.�327/2001:�
proprio�perche�solo�in�un�mondo�ideale,�con�strutture�pubbliche�perfette,�si�
potrebbe�pensare�ad�una�corrispondenza�automatica�tra�input�normativo�ed�
impatto�finale�capace�di�risolvere�il�problema�di�partenza�affrontato�dal�legi-
slatore.�

Questo�anche�in�quanto�inevitabili�si�pongono,�gia�a�partire�da�una�pre-
comprensione�del�testo,�i�condizionamenti�dell'interprete�scaturenti�dalla�
propria�cultura�in�materia�e�dalle�esperienze�personali�(43).�

Al�fine�di�chiarire�e�rendere�meglio�intelleggibile�un'�atto�legislativo,�la�
circolare�del�20�aprile�2001�del�Presidente�del�Senato�sulle�regole�e�racco-
mandazioni�per�la�formulazione�tecnica�dei�testi�legislativi�(44)�prevede�che,�
qualora�l'atto�legislativo�contenga�una�disciplina�organica�di�una�determinata�
materia,�l'ordine�delle�disposizioni�contenute�nell'atto�osservi�la�seguente�
sequenza:�a)�parte�introduttiva,�contenente�disposizioni�generali...;�b)�parte�

principale,�contenente�disposizioni�sostanziali�e�procedurali�relative�alla�materia�

disciplinata...;�c)�partefinale,�contenete�disposizioni�di�coordinamento�norma-

tivo�(volte�a�chiarire�anche�l'ambito�di�applicazioni�delle�nuove�disposizioni�rela-

tivamente�ad�altre�gia�vigenti);�disposizioni�abrogative;�disposizioni�transitorie;�

d)�disposizioni�sull'entrata�in�vigore�dell'atto�e�sulla�decorrenza�(o�scadenza)�di�

efficacia�di�singole�disposizioni.�

Occorre�distinguere�le�finalita�dagli�elementi�delle�fattispecie�da�discipli-
nare.�
E�opportuno�non�inserire�in�ogni�disposizione�le�finalita�,�raggruppan-
dole�nella�parte�introduttiva.�
Naturalmente�in�ogni�testo�esiste�un�livello�non�dichiarato�e�magari�non�
consapevole,�che�condiziona�il�testo�senza�trasparire�mai�del�tutto.�

L'art.�3,�comma�primo�della�legge�5�giugno�2003,�n.�131�(Disposizioni�
per�l'adeguamento�dell'ordinamento�della�Repubblica�alla�legge�costituzio-
nale�18�ottobre�2001,�n.�3)�stabilisce�che��Il�Governo�e�delegato�ad�adottare,�
entro�un�anno�data�di�entrata�in�vigore�dei�decreti�legislativi�di�cui�all'art.�1,�
uno�o�piu�decreti�legislativi�al�fine�di�raccogliere�in�testi�unici�meramente�

(43)��E�mi�e�capitata�una�cosa�strana�ma�vera,�e�cioe�di�giungere�non�tanto�alla�compren-
sione�e�alla�conoscenza�dei�fatti�attraverso�le�parole,�bens|�piuttosto�ad�intendere�le�parole�attra-
verso�la�familiarita�che�in�un�modo�o�nell'altro�gia�avevo�coi�fatti�,�Plutarco,�Vite�parallele,�II,�
Demostene�e�Cicerone,�Mondadori,�Milano,�582.�
(44)�Pubblicata�in�G.�Bacciardi, 
Politiche�e�strumenti�della�semplificazione,Prime�note,�
Livorno,�2002,�79.�

DOTTRINA�343 


compilativi�le�disposizioni�legislative�residue,�per�ambiti�omogenei�nelle�
materie�di�legislazione�concorrente,�apportandovi�le�sole�modifiche,�di�carat-
tere�esclusivamente�formale,�necessarie�ad�assicurare�il�coordinamento�non-
che�la�coerenza�terminologica.�


ServiziInformatici
eStatistici
ServiziInformatici
eStatistici
La 
disciplina 
giuridica 
di 
Internet 


di 
Francesca 
Farinelli 


Premessa. 


La�Rete�delle�reti�o��Internet��viene�oggi�utilizzata�giornalmente�da�
milioni�di�persone.�

Internet�e�il�piu�rapido�veicolo�di�comunicazione�esistente,�in�quanto�elim
ina�qualsiasi�tipo�di�distanza,�geografica�o�temporale.�E�per�questo�che�e�
fondamentale�averne�l'accesso.�

Il�Sistema�dei�Nomi�di�Dominio(1)�(Domain 
Name 
System 
o�DNS)�e�la�
risorsa�strategica�per�l'accesso�ad�Internet�perche�consente�ad�ogni�individuo

��������

(1)�Come�nella�rete�telefonica�ciascuna�linea�terminale�e�contraddistinta�da�un�numero�ident
ificativo�(il�numero�di�telefono),�cos|�in�Internet�ogni�macchina�ha�un�numero�univoco�che�la�
identifica:�l'indirizzo�IP�(Internet 
Protocol).�
Durante�glianni�'70,�quandolaReteeraunapiccolacomunita�dialcunecentinaiadinodi,latabella�
che�consentiva�di�tradurre�ogni�nome�di�macchina�nel�rispettivo�indirizzo�IP�numerico�era�contenuta�in�
un�unico�file,�host.txt,�che�veniva�costantemente�aggiornato�ogni�volta�che�qualcuno�entrava�nella�rete.�

Con�la�crescita�degli�utenti�fu�studiato�un�nuovo�sistema,�il�Domain 
Name 
System 
(DNS),�
sviluppato�da�Paul�Mockpetris�nel�1984�negli�Stati�Uniti�d'America.�

Il�DNS�consiste�in�un�database 
contenente�una�lista�di�indirizzi�IP�con�accanto�il�nome�letter
ale�(nome�di�dominio)�utilizzato�anch'esso�per�identificare�la�macchina.�L'insieme�di�tutti�i�nomi�
di�dominio�esistenti�viene�detto�Domain 
Name 
Space 
(in�tutta�Internet 
ne�esiste�uno,�ad�essi�
appartengono�tutti�i�nomi�di�dominio).�

Alcuni�esempi�di�nomi�di�dominio�sono�www.altavista.com, 
www.harvard.edu, 
www. 
unian.it 
ecc.�

Si�distingue�il�dominio�di�primo�livello�(Top 
Leve! 
Domain 
o�TLD),��com�,��edu��o��it��dal�
dominio�di�secondo�livello�(Second 
Leve! 
Domain 
o�SLD),��altavista�,��harvard��o��unian�.�

I�TLD�possono�essere�generici�(generic 
TLD�o�gTLD)�ovvero�geografici�o�nazionali�(country 
code 
TLD�o�ccTLD).�

I�gTLD�sono�attualmente�quattordici:�

.com�-per�le�societa�commerciali,�ma�e�stato�utilizzato�per�l'intero�settore�privato�e�per�i�
siti�americani;�

.net�-per�le�reti�telematiche;�

.org�-per�le�organizzazioni�no-profit;�

.edu�-per�le�istituzioni�universitarie�e�di�istruzione�americane;�

.int�-per�le�organizzazioni�internazionali�riconosciute�dai�trattati;�

.gov�-per�le�istituzioni�governative�degli�Stati�Uniti;�

.mil�-per�gli�enti�dell'amministrazione�militare�statunitense.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

od�organizzazione�di�essere�presente�nel�World 
Wide 
Web 
(WWW):�se�non�si�
accede�a�tale�sistema�(cioe�se�non�si�possiede�un�proprio�nome�di�dominio)�
semplicemente�non�si�esiste,�almeno�non�su�Internet(2).�

Su�queste�premesse�e�sorta�la�curiosita�di�andare�a�vedere�la�normativa�
che�disciplina�un�sistema�cos|�complesso�e�di�importanza�vitale�per�il�com-
mercio�internazionale.�

Procedendo�nella�ricerca�si�e�avuta�una�sorpresa:�non�esisteva�una�nor-
mativa�complessiva.�Solo�alcune�fasi�erano�soggette�a�discipline,�prevalente-
mente�contrattuali,�mentre,�in�pratica,�non�c'erano�norme�per�altre�fasi,�cer-
tamente�non�meno�importanti.�

Le�difficolta�della�ricerca�sono�documentate�dal�gran�numero�di�siti 
che�
si�sono�dovuti�visitare.�

Si�e�avuta,�poi,�una�sorpresa�ulteriore:�e�risultato�che,�mentre�esisteva�
una�letteratura�ricchissima�a�proposito�della�disciplina�dei�rapporti�chesi�
instaurano�e�si�realizzano�tramite�Internet,�nessuno�aveva�studiato�la�rete�di�
per�se�,�andando�a�ricercare�le�discipline�delle�singole�fasi�con�le�loro�fonti�
relative.�

E�questa�la�ragione�dell'apparato�di�note�che�si�e�dovuto�predisporre.�

L'obiettivo�pratico�di�questo�lavoro�e�soprattutto�questo:�di�dare�indica-
zioni�utili�a�chi�si�trovasse�nella�necessita�di�individuare�le�discipline�di�singoli�
fasi,�di�singoli�aspetti�del�fenomeno�Internet.�

Si�e�potuto�appurare,�e�se�ne�e�fatta�menzione�nel�lavoro,�che�alcune�
questioni�in�proposito�sono�gia�sorte.�

Non�saranno�molti�quelli�che�avranno�interesse�a�documentarsi�sul�feno-
meno�Internet,�nel�suo�complesso�ed�in�tutte�le�sue�fasi.�

Ma�per�dare�utili�indicazioni�a�chi�fosse�interessato�solo�ad�alcuni�
aspetti�non�c'era�altra�via�che�indagare�sul�tutto.�

1. 
DaArpanetadInternet. 
La�rete�Internet�si�e�sviluppata�negli�Stati�Uniti�d'America,�grazie�prin-
cipalmente�al�lavoro�dei�ricercatori�delle�Universita�e�centri�di�ricerca�statu-
nitensi,�finanziati�dal�Governo�americano(3).

��������
A�questi,�sono�stati�aggiunti�nel�2001�sette�nuovi�domini�generici:�
.aero�-riservato�ai�trasporti�aerei;�
.biz�-dedicato�a�raccogliere�siti�commerciali;�
.coop�-proposto�dalla�NCBA�(National 
Cooperative 
Business 
Association)�che�registrera�

sotto�questo�dominio�gli�appartenenti�alla�propria�associazione�di�cooperative;�

.info�-per�i�servizi�di�informazione;�

.name�-del�Global 
Name 
Registry,�un�consorzio�europeo.�Il�dominio�sara�assegnato�a�chi�
volesse�registrare�il�propriocognome�(tipo�rossi.name 
e�dunque�lucia.rossi.name 
ecos|�via);�

.museum-registrera�domini�di�musei;�

.pro�-dedicato�ai�domini�professionali�(tipo�lucia.rossi.medico.pro).�

I�ccTLD�furono�invece�creati�per�individuare�l'origine�geografica�dei�domini.�Per�esempio��.it��
perl'Italia,�.us��pergliStatiUnitiecos|�via.Idominigeograficisonoattualmente244.�

(2)�Cfr.�M.�HOLITSCHER,��GlobalInternet 
Governance 
andthe 
Rise 
ofPrivate 
Sector�,�Swiss 
Political 
Science 
Review,�in�www.ib.ethz.ch/spsr/debates/debat_net/index.html�
(3)�Il�finanziamento�avveniva�attraverso�la�stipula�di�contratti�tra�l'universita�oil�centrodi�
ricerca�e�il�Governo�statunitense,�rappresentato�da�proprie�agenzie.�Data�l'impossibilita�di�reperire�
tali�contratti,�se�ne�ignora�il�contenuto�e�la�natura.�

SERVIZI�INFORMATICI�E�STATISTICI�

Nel�1958�il�Dipartimento�della�Difesa�degli�Stati�Uniti�istitu|�l'Advanced�
Research�Project�Agency�(ARPA)�(4),�un�ente�la�cui�funzione�consisteva�nel�
coordinamento�e�finanziamento�delle�attivita�di�ricerca�a�livello�nazionale�
allo�scopo�di�creare�hardware�e�software�per�la�costruzione�di�una�piccola�rete�
sperimentale�a�commutazione�di�pacchetto�(5).�

Nacque�cos|�ARPANET.�

La�tabella�che�consentiva�di�tradurre�ogni�nome�di�macchina�nel�rispet-
tivo�indirizzo�IP�numerico�era�contenuta�in�un�unico�file,�host.txt,�che�veniva�
costantemente�aggiornato�ogni�volta�che�qualcuno�entrava�nella�rete(6).�
Questo,�nel�1972,�era�gestito�dallo�Stanford�Research�Institute�(SRI),�organiz-
zazione�senza�scopo�di�lucro�statunitense,�con�sede�a�Menlo�Park,�in�Califor-
nia�(7).�L'istituto�di�ricerca�svolgeva�le�funzioni�di�NIC(8)�(Network�Informa-
tion�Center)�(9).�

MentreSRINIC(10)avevailcompitodiaggiornareil�database,ilcompito�di�
coordinarelemodifichenegli�standardenellepolitichefudataaJonPostel(11),

��������

(4)�Il�23�marzo�1972,�una�direttiva�del�Dipartimento�della�Difesa�(DoD)�cambio�il�nome�
ARPA�in�Defence�Advanced�Research�Project�Agency�(DARPA),�che�fu�istituita�come�agenzia�
separata�della�Difesa,�facente�capo�all'ufficio�del�Segretario�della�Difesa.�Dal�sito�www.darpa.mil.�
In�base�al�Codice�degli�Stati�Uniti,�le�agenzie�della�Difesa�possono�svolgere�attivita�di�ricerca�
attraverso�DARPA�o�ogni�altro�organo�del�DoD�che�il�Segretario�puo�designare�(10�U.S.C.���2371).�
Il�Codice�degli�Stati�Uniti�(UnitedStatesCode�o�U.S.C.)�e�ilcodice�statunitense�cheraccoglie�tutti�
gli�atti�legislativi�emessi�dal�Congresso.�E�possibile�consultarlo�all'indirizzo�www.law.cornell.edu�

(5)�Nella�commutazione�di�pacchetto�il�flusso�di�traffico�consiste�in�messaggi�elettronici�ripar-
titi�in�una�serie�di�pacchetti�di�dati�discreti,�ciascuno�dei�quali�viaggia�separatamente�attraverso�il�
sistema.�Poiche�ogni�pacchetto�di�dati�contiene�delle�informazioni�di�instradamento�che�permettono�
ai�dispositivi�di�commutazione�attraverso�cui�esso�passa�di�conoscerne�la�destinazione�finale,�
ognuno�di�essi�puo�giungere�all'obiettivo�per�vie�e�centrali�di�commutazione�differenti,�in�funzione�
del�carico�esistente�in�quel�momento�sulle�linee.�I�pacchetti�sono�ricostruiti�al�loro�arrivo�presso�il�
destinatario�(cioe�un�altro�terminale�di�computer�situato�in�un�altro�punto�di�Internet)�in�modo�
che�il�messaggio�possa�essere�letto�dall'utilizzatore�di�quel�terminale.�Cfr.�M.R.�GUELFI,�M.�
MASONI,��Internet�e�i�suoi�servizi�,�in�www.dfc.unifi.it/MMM-project/internet/;�vedi�lo�speciale�
�Come�e�organizzata�Internet�,�inhttp://puntonet.netfirms.com/tu/ittu.htm.�
(6)�Dan's�Domain�site,�Structure�of�DNS:�introduction�,�all'indirizzo�http://�
domains.dantobias.com/structure/intro.html.�
(7)�Vedi�il�sito�dello�StanfordResearch�InstituteInternational,�www.sri.com.�
L'istituto�di�ricerca�agiva�sullabase�di�uncontratto�stipulato�conla�Defense�AdvancedResearch�
Project�Agency�(DARPA),�agenzia�del�Dipartimento�della�Difesa.�

(8)�E�il�centro�informativo�che�svolgeva�il�servizio�di�registrazione�dell'indirizzo�IP�nel�file�
host.txt.�
(9)�Il�contratto�tra�SRI,�organizzazione�statunitense�senza�scopo�di�lucro,�e�la�DARPA,�agen-
zia�del�Dipartimento�della�Difesa�americana,�e�regolamentato�dalle�leggi�statunitensi.�
(10)�E�il�NIC�gestito�dallo�Stanford�Research�Institute,�in�conformita�al�contratto�con�
DARPA,�agenzia�del�Dipartimento�della�Difesa.�

(11)�E�all'UniversityofCaliforniainLosAngeles(UCLA)cheJ.Postel(1943-1998),conside-
rato�uno�dei�padri�fondatori�di�Internet,�si�laureo�in�Computer�Science�nel�1974.�Cfr.�D.KRIEGER,�
�An�interview�with�Jon�Postel�,�in�www.icel-3.org/publications/networker/96-97/summer_97/-
innerview-postel.html.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

presso�la�University�of�California�in�Los�Angeles�(UCLA)(12),�in�cui�lavo-
rava�come�ricercatore(13).�

Jon�Postel�si�e��occupato�anche�del�mantenimento�di�una�lista�di�docu-
menti�preparati�dai�ricercatori�di�ARPANET,�chiamati�Requestfor 
Comment 
(RFC),�documenti�non�vincolanti,�ma�di�enorme�influenza�in�quanto�consi-
derati�critici�per�la�standardizzazione�di�Internet(14).�

Nel�1977,�Postel�e��stato�assunto�dall'Information 
Science 
Institut 
(ISI)�
della�University�of�Southern�California�(USC),�dove�continua�a�svolgere�que-
ste�funzioni(15).�

E�all'ISI�che�Paul�Mockepetris(16)�ha�sviluppato�il�Domain 
Name 
System,�in�collaborazione�con�Postel;�era�quest'ultimo�che�decideva�quali�
gTLD�e�ccTLD�dovessero�essere�creati�e�chi�dovesse�gestirli(17),�documen-
tando�le�procedure�nelle�RFC.�

Nel�1985�(18),�la�Defense 
Information 
Systems 
Agency 
(DISA),�agenzia�
del�Dipartimento�della�Difesa,�ha�stipulato�un�contratto�con�la�University�
of�Southern�California(19),�con�cui�quest'ultima�ha�assunto�formalmente�la�
responsabilita��per�gestire�l'espansione�dello�spazio�dei�nomi(20).

��������

(12)�In�quanto�il�primo�nodo�di�ARPANET�fu�installato�in�questa�universita��.�Cfr.�
PERETTI,��L'economia 
di 
Internet. 
Analisi 
delle 
imprese, 
delle 
istituzioni 
e 
dei 
mercati�,�Milano,�
2000,�pag.�25.�
(13)�Cfr.�D.�KRIEGER,��An 
interview 
with 
Jon 
Postel�,�op.cit. 
Postel�ha�agito�in�base�ad�un�contratto�che�il�Dipartimento�della�Difesa�ha�stipulato�con�l'UC
LA.�Vedi�U.S.�Department�of�Commerce,��ManagementofInternetNamesandAddresses��(c.d.�
White 
Paper),�5�giugno�1998,�all'indirizzo�www.ntia.doc.gov/ntiahome/domainname/6�5�98.htm.�

(14)�Ibidem. 
(15)�VediU.S.DepartmentofCommerce,�ManagementofInternetNamesandAddresses�,�op. 
cit. 
(16)�Tra�il�1983�e�il�1984,�Mockapetris�ha�scritto�la�RFC�882��Domain 
Name 
Concepts 
and 
Facilities��elaRFC883�Domain 
Name 
Implementation 
andSpecification�.�
Va�precisato�che�il�DNS�non�e��stata�considerata�un'invenzione,�e�non�ne�esiste�il�brevetto.�Tale�
sistema�e��nato�dalla�continua�collaborazione�tra�i�ricercatori�americani�(e�non�solo),�lo�scopo�dei�
quali�era�quello�di�migliorare�e�facilitare�la�trasmissione�delle�informazioni.�

Cfr.�ROSS�WM.�RADER,��The 
History 
of 
DNS�,�in�www.whmag.com/content/0601/-
dns.htm.�

Vedi,�piu��in�generale,�VINT�CERF,��A 
BriefHistory 
oftheInternetandRelatedNetworks�,�
Internet�Society,�Luglio�1995,�(documenta�la�creazione�e�la�crescita�di�Internet)�in�http://-
www.isoc.org/internet-history/cerf.html�;�BARRY�M.�LEINER,��A 
BriefHistory 
ofthe 
Internet�,�
Internet�Society,�inhttp://www.isoc.org/internet-history/brief.html.�

(17)�A.M.�FROOMKIN,��Wrong 
turn 
in 
cyberspace: 
using 
ICANN 
to 
route 
around 
the 
APA 
and 
the 
Constitution�,�2000,�pag.�53,�in�www.law.duke.edu/journals/dlj/articles/-
dlj50p17.htm#H2N8.�
(18)�E�in�questo�anno�che�avvengono�le�prime�registrazioni�di�nomi�di�dominio.�
(19)�Il�contratto�tra�la�DISA,�agenzia�del�Dipartimento�della�Difesa�Americana�e�l'USC,�uni-
versita��americana,�e��soggetto�al�diritto�statunitense.�
(20)�Vedi�ROBERT�H.�ZAKON,�Hobbes' 
Internet 
Timeline 
v 
5.1,����1981,�1985,�Internet�
Society,�inhttp://www.isoc.org/guest/zakon/Internet/History/HIT.html�

SERVIZI�INFORMATICI�E�STATISTICI�

E�nel�1988�che�per�la�prima�volta�Postel,�nelle�RFC,�fa�riferimento�
alla�propria�attivita��con�il�termine�di�IANA,�Internet 
Assigned 
Numbers 
Authority 
(21).�

2. 
Il 
Cooperative 
Agreement 
NCR-9218742. 
All'inizio�degli�anni�Ottanta,�l'accesso�ad�ARPANET�era�limitato�ai�
dipartimenti�di�informatica�delle�maggiori�universita��finanziati�da�ARPA�o�
ai�centri�di�ricerca�finanziati�da�enti�federali,�quali�il�Dipartimento�della�
Difesa,�il�Dipartimento�dell'Energia�e�la�NASA.�Soltanto�una�parte�della�
comunita��universitaria�e�di�ricerca�era�a�conoscenza�di�tale�infrastruttura�e�
la�utilizzava.�

Per�ridurre�tale�divario,�la�National 
Science 
Foundation 
(NSF)�(22),�agen-
zia�governativa�americana�indipendente,�decise�nel�1981�di�finanziare�il�pro-
getto�di�rete�denominata�CSNET,�in�grado�di�connettere�i�dipartimenti�di�
informatica�degli�Stati�Uniti�(23).

��������

(21)�Nella�RFC�1591�(in�http://www.ietf.org/rfc/rfc1591.txt�)�del�1994,��Domain 
Name 
System 
Structure 
and 
Delegation�,�che�descrive�le�politiche�e�le�procedure�per�l'assegnazione�dei�
nomi�di�dominio,�si�riferisce�a�IANA�come��theoverallauthorityfortheIPaddress, 
theDNS 


andmanyotherparametres,usedintheInternet. 
(.....)IANAisresponsiblefortheoverallcoordina


tionandmanagementoftheDNS, 
andespeciallythedelegationofportionsofthenamespacecalled 


top-level 
domain�.�

La�consuetudine�(le�RFC)�e�accordi�informali�portarono�alla�convinzione�daparte�della�
comunita��Internet�che�IANA�fosse�un�ente�a�se�,�portatore�di�precisi�interessi�e�titolare�di�diritti�
e�doveri,�quando�essa�e��il�termine�associato�alle�funzioni�di�gestione�di�Internet,�assegnate�da�
DARPA�all'ISI�della�USC�attraverso�un�contratto�tra�l'agenzia�e�l'universita��.Vedi�J.�HOR-
VATH,��Cone 
ofsilence�,�12�Maggio�1999,�in�www.heise.de/tp/english/inhalt/te/2837/1.html�e�
cfr.�ISOC�archivedpress 
releases,�The 
role 
ofthe 
IANA��in�www.isoc.org/isoc/media/releases/-

iana.shtml.�

(22)�LaNSF,istituitadalCongressoconil�NationalScience 
Foundation 
Act 
del�1950,�e��respon-
sabile�della�promozione�della�scienza�e�della�tecnica�attraverso�programmi�che�investono�oltre�tre�
miliardi�di�dollari�ogni�anno�in�almeno�ventimila�progetti�di�ricerca.�Vediilsito�della�National 
Science 
Foundation 
in�www.nsf.gov.�
Tra�le�attivita��previste�dalla�legge�(Vedi�il�National 
Science 
Foundation 
Act,�42�U.S.C.�1861�et�
seq)�vi�sono:�
-Initiateandsupport, 
throughgrantsandcontracts,scientificandengineeringresearchandpro


gramstostrengthenscientificandengineeringresearchpotential, 
andeducationprogramsatalllevels, 


andappraise 
the 
impact 
ofresearch 
upon 
industrialdevelopment 
andthe 
generalwelfare; 


-Awardgraduatefellowships 
in 
thesciencesandin 
engineering; 


-Foster 
the 
interchange 
ofscientific 
information 
among 
scientists 
and 
engineers 
in 
the 
United 


States 
andforeign 
countries; 


-Foster 
and 
support 
the 
development 
and 
use 
ofcomputers 
and 
other 
scientific 
methods 
and 


technologies,primarilyfor 
research 
andeducation 
in 
the 
sciences; 


-Initiate 
and 
support 
specific 
scientific 
and 
engineering 
activities 
in 
connection 
with 
matters 


relating 
to 
international 
cooperation, 
national 
security, 
and 
the 
effects 
ofscientific 
and 
technological 


applications 
upon 
society; 


-Initiate 
and 
support 
scientific 
and 
engineering 
research, 
including 
applied 
research, 
at 
acade


micandothernonprofitinstitutionsand, 
atthedirectionofthePresident, 
supportappliedresearchat 


other 
organizations; 


-Recommendandencourage 
thepursuitofnationalpoliciesfor 
thepromotion 
ofbasic 
research 


andeducation 
in 
the 
sciences 
andengineering; 


-Strengthen 
research 
andeducation 
innovation 
in 
the 
sciences 
andengineering, 
including 
inde


pendent 
research 
by 
individuals, 
throughout 
the 
UnitedStates. 


(23)�F.�PERETTI,�op.cit,�pag.�35.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Nel�1984,�la�NSF�si�e�dotata�di�una�propria�rete,�la�NSFNET,�che�grazie�
all'applicazione�del�protocollo�TCP/IP(24),��svolge�una�funzione�di�catalizza-
tore�nei�confronti�delle�altre�reti,�aumentandone�la�connessione�reciproca��(25).�

Nel�1992,�il�Congresso�permise,�attraverso�lo�Scientific�and�Advanced-
Tecnology�Act(26),�l'attivita�commerciale�sulla�rete�di�NSF,�che�assunse�la�
responsabilita�per�il�coordinamento,�il�finanziamento�e�la�gestione�della�parte�
non�militare�dell'infrastruttura�di�Internet(27).�

Per�mantenere�separate�le�due�tipologie�di�traffico,�all'inizio�del�1992�la�
NSF�decise�di�costruire�una�nuova�dorsale�esclusivamente�destinata�alla�
ricerca�e�di�consentire�l'accesso�al�traffico�commerciale�su�quella�esistente�
cedendone�la�gestione�ad�operatori�privati(28).�

Nel�marzo�dello�stesso�anno,�NSF�indisse�una�gara�d'appalto�per�la�for-
nitura�di�vari�servizi�commerciali(29).

��������

(24)�Per�inviare�dati�attraverso�una�rete,�occorre�un�protocollo,�ovvero�un�insieme�di�metodi�
concordati�in�anticipo�che�i�computer�utilizzeranno�per�scambiare�i�dati�e�i�segnali�attinenti�alle�
operazioni�che�stanno�compiendo�(un�esempio�puo�essere�il�codice�Morse):�quello�utilizzato�da�
Internet�e�il�protocollo�TCP/IP�(Transfer�Control�Protocol/Internet�Protocol).�Ovviamente�all'in-
terno�di�una�rete�i�dati�possono�essere�trasmessi�sulla�base�di�un�protocollo�locale,�ma�tutte�le�
comunicazioni�Internet�con�reti�esterne�hanno�bisogno�del�formato�TCP/IP.Vedi�lo�speciale�
�Come�e�organizzata�Internet�,�in�http://puntonet.netfirms.com/tu/ittu.htm.�

(25)��L'architettura�di�NSFNET�fu�basata�fin�da�subito,�a�differenza�di�ARPANET,�su�due�
livelli:�una�rete�centrale�(backbone�o�dorsale)�e�altre�reti�ad�essa�collegate.�NSFNET�nasce�quindi�
come�una�rete�delle�reti�(Internet).�
Ameta�del�1987�il�traffico�sulla�dorsale�era�a�tal�punto�aumentato�da�raggiungere�il�punto�di�
saturazione�e�indurre�la�NSF�ad�indire�una�gara�d'appalto�per�la�costruzione�e�gestione�di�una�
nuova�rete,�in�grado�di�sostenere�l'aumento�di�traffico.�

Vi�era�inoltre�un�altro�fenomeno�che�aveva�destato�l'attenzione�della�NSF:�la�crescita�del�traf-
fico�commerciale�presso�gli�operatori�di�rete�intermedi�o�regionali.�Si�trattava�del�traffico�esterno�
alle�attivita�di�ricerca�ed�educazione�e�riconducibile�ad�imprese�ed�organizzazioni�private.�Le�reti�
intermedie�avevano�iniziato�ad�attrarre�fonti�di�entrata�aggiuntive�con�cui�finanziare�la�ricerca�e�
recuperare�gli�investimenti�sostenuti�per�la�costruzione�delle�reti.�Questo�si�scontrava�pero�con�la�
politica�della�NSF�che,�in�quanto�organismo�pubblico�destinato�alla�promozione�della�ricerca�e�del-
l'educazione,�non�permetteva�l'utilizzo�della�propria�dorsale�per�scopi�che�non�rientrassero�nelle�
proprie�finalita�istituzionali�.�Vedi�F.�PERETTI,�op.cit.,�pag�40.�

(26)�InbaseataleleggesiriconosceaNSFilcompitodi�promuovere�e�supportarelo�sviluppo�e�
l'uso�deicomputer�e�dialtretecnologieper�la�ricerca�el'educazione�nelle�scienze��[42�U.S.C.���1862�(g)].�
Cfr.�GENERAL�ACCOUNTING�OFFICE�(GAO)�toSen.�JuddGregg,Chairman,�UnitedSta-
tes�Senate�Subcommittee�on�Commerce,�subject��Department�of�Commerce:�relationship�with�the�
Internet�Corporation�for�Assigned�Names�and�Numbers�,�7�Luglio�2000,�nota�6,�pag.�6,�in�
www.gao.gov/archive/2000/og00033r.pdf.�

Il�GAO,�General�Accounting�Office,e�un�ente�governativo�che�lavora�per�il�Congresso�ed�ha�
il�compito�di�studiare�i�programmi�e�le�spese�del�governo�federale�(vedi�il�sito�del�GAO�
www.gao.gov).�

(27)�Cfr.�United�States�Court�of�Appeals�for�the�District�of�Columbia�Circuit,�Thomas�
William�v.�Network�Solutions,�decided�May�14,�1999,�in�http://laws.findlaw.com/dc/�
985502a.html.�

(28)�Cfr.�documento�99/287/CE:�Decisione�della�Commissione,�dell'8�luglio�1998,�che�
dichiara�la�compatibilita�di�una�concentrazione�con�il�mercato�comune�e�con�il�funzionamento�del-
l'accordo�SEE�(Caso�IV/M.1069�-WorldCom/MCI).�In�http://europa.eu.int/eur-lex/lif/1999/-
it_399D0287.htm�
(29)�Vedi�ROSS�WM.�RADER,��The�History�of�DNS�,�op.cit.�e�U.S.�Department�ofCom-
merce,�ManagementofInternetNamesandAddresses�,�op.cit.�


SERVIZI�INFORMATICI�E�STATISTICI�

Il�31�dicembre�1992,�NSF,�agenzia�governativa�statunitense,�concluse�il�
Cooperative�Agreement�NCR-9218742(30)�con�Network 
Solutions 
Inc. 
(NSI),�societa�privata�americana�che�aveva�vinto�la�gara�d'appalto(31).

��������
Il�procedimento�di�acquisizione�pubblica�di�beni�o�servizi�da�parte�delle�amministrazioni�oper
ative�americane�avviene�attraverso�la�gara,�rivolta�alle�specifiche�organizzazioni�destinate�all'attiv
ita�contrattuale�di�governo.�
�Il�metodo�della�gara�e�quello�preferito�dalla�legislazione�statunitense,�come�quello�che�
meglio�permette�di�soddisfare�le�esigenze�di�unafree 
andfair 
competition 
fra�tutti�gli�aspiranti�cont
raenti�dello�Stato�.�
Cfr.�F.P.�PUGLIESE,��Icontratti 
delle 
amministrazionifederali 
negli 
Stati 
Uniti 
d'America�,�
1974,�Padova,�pag.�92.�

(30)�La�legge�che�disciplina�l'impiego�dei�contratti�in�esame�e�il�FederalGrant 
andCooperative 
Agreement 
Act 
(31�U.S.C.���6301-6305).�
Nella�sezione�prima,�si�indica�lo�scopo�degli�strumenti�in�esame:�
promuovereunamigliorecomprensione�delle�spese�daparte�del�Governo�degli�Stati�Uniti�ed�
aiutare�ad�eliminare�inutili�requisiti�amministrativi�in�capo�ai�riceventi,�chiarendo�la�relazione�tra�
le�agenzie�governative�ed�i�contraenti�relativamente�all'acquisizione�di�proprieta�e�servizi�[...];�

prescrivere�criteri�per�la�scelta�dei�corretti�strumenti�legislativi�da�parte�delle�Agenzie�dell'es
ecutivo�a�fine�di�ottenere:�a)�uniformita�nell'uso�di�tali�strumenti�da�parte�delle�agenzie�amminis
trative;�b)�una�chiara�definizione�delle�relazioni�che�riflettono;�c)�una�migliore�comprensione�delle�
responsabilita�delle�parti;�

promuovere�una�migliore�disciplina�nella�selezione�e�nell'utilizzo�dei�(...)�cooperative 
agreem
ents,�(...)�incoraggiandolacompetizionenel�impiego�dei�(...)�cooperative 
agreements.�
Lo�scopo�principale�del�rapporto�che�si�instaura�tra�il�governo�statunitense�e�uno�Stato,�un�
governo�locale�o�altro�ricevente�(per��altri 
riceventi��si�intende��unapersonaodun 
riceventeautoriz


zatoadottenereassistenzadalGovernodegliStati 
Uniti[...] 
-31�USC���6302�-Definitions),�e�quello�
di�trasferire�una�cosa�di�valore�(�thing 
ofvalue�)�allo�Stato,�governo�locale�o�altro�ricevente�al�fine�
di�perseguire�uno�scopo�pubblico�autorizzato�dalla�legge�degli�Stati�Uniti�(d'America)�invece�di�
acquisire�la�proprieta�o�il�servizio,�per�il�diretto�beneficio�o�uso�del�governo�degli�Stati�Uniti�(31�

U.S.C.���6305).�
�In�cambio�di�tale�prestazione�viene�concesso�da�parte�dell'agenzia�il�sostegno�economico�
necessario.�Tal�fine�deve�essere�individuato�da�una�legge�Federale.�Nel�caso�in�esame,�lo�scopo�e�
individuabile�nella�promozione�della�ricerca�scientifica,�cos|�come�indicato�dal�National 
Science 
Foundation 
Act�.�(Vedi�S.�BACCAGLINI,��Il 
Cooperative 
Agreement 
NCR-9218742��maggio�
2002,�in�www.interlex.it).�

Data�la�finalita�pubblica,�l'adozione�comporta�pero�per�l'agenzia�esecutiva�un�controllo�ed�un�
coinvolgimento�sostanziale�relativamente�alla�attivita�del�contraente.�

E�stato�notato�che�l'impiego�del�cooperative 
agreement 
da�parte�delle�agenzie�governative,�
soprattutto�nel�contesto�della�ricerca,�richiede�una�revisione�di�tale�strumento�soprattutto�nell'amb
ito�delle�utilita�che�da�tali�ricerche�possono�derivare.�Sarebbe�quindi�necessaria�nell'impiego�dei�
cooperative 
agreement 
una�corretta�definizione�delle�eventuali�proprieta�derivanti�dall'attivita�di�
ricerca.��Thegovernment 
must 
expect 
that 
commercialpartners 
willattempt 
to 
make 
commercialuse 
ofanygovernment-fundedresearch��(J.P.�KEASAN,�R.C.�SHAH,��Whatwecanlearnfrom 
theprivat
ization 
ofthe 
internet 
backbone 
network 
andthe 
domain 
name 
system�,�op. 
cit.,�pag�126).�

�E�necessarioquindichevengano�espressamenteindicati,nellastesuradei�cooperativeagreement,�
i�diritti�dell'Agenzia�agente�e�del�ricevente,�e�le�responsabilita�derivanti�da�tale�rapporto,�come�pres
criveil�Codice�degli�Stati�Uniti:�Eachcontractorotherarrangmentexecuted[...]which 
relatestoscient
ificorengineeringresearch 
shallcontainprovisionsgoverningthedispositionproducedthereunder 
ina 
mannercalculatedtoprotectthepublicinterestandtheequitiesoftheindividualororganizationwithwhich 
the 
contract 
or 
other 
arrangements 
is 
executed��(42�USC���1871)�.�(Vedi�S.�BACCAGLINI,�op. 
cit).�

I�problemi�successivi�alla�stipula�del�Cooperative 
Agreement 
NCR-9218742�derivano�proprio�
dalla�incerta�definizione�delle�condizioni�di�contratto.�

La�mancanza�di�precise�indicazioni�ha�comportato�fino�ad�oggi�una�situazione�di�monopolio�
globale�nel�contesto�delle�registrazioni�dei�nomi�di�dominio.�

Il�Cooperative 
Agreement 
NCR-9218742�originario�tra�NSF�e�NSI�puo�leggersi�all'indirizzo�
www.cavebear.com/nsf-dns/nsf_nsi_agreement.html�

(31)�Vedi�ROSS�WM.�RADER,��The 
History 
ofDNS�,�op.cit.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Con�tale�contratto,�a�NSI��viene�delegato�il�compito�di�registrare�i�
Second 
Level 
Domain 
Name 
(SLDN)�nell'ambito�dei�gTLD��(32)�per�un�
periodo�di�cinque�anni.�NSI�ha�assunto�anche�il�compito�di�aggiornare�il�root 
chiave,�il�c.d.�root 
server 
�A�(33),�ma�quello�di�decidere�riguardo�al�suo�con-
tenuto�rimane�a�Postel�e�IANA(34):�e��Postel�che�decide�se�un�nuovo�TLD�
puo��essere�aggiunto�e�quale�soggetto�sara��responsabile�dell'amministrazione�
dello�stesso�(35).

��������

(32)�L.�MARINI,��Reti 
di 
telecomunicazione 
elettronica 
e 
servizi 
collegati 
nel 
diritto 
comu-
nitario: 
il 
caso 
dei 
nomi 
di 
dominio 
Internet�,�in�Diritto 
del 
Commercio 
Internazionale,2001,�
pag.�13.�
Nei�cooperative 
agreements 
si�presume�un�contratto�stipulato�tra�agenzia�e�ricevente�in�cui�la�
concorrenza�tra�piu��soggetti�non�e��presente,�e�si�intende�quindi�massimizzarla�proprio�attraverso�
l'utilizzo�di�tali�strumenti.�Essendo�Network 
Solutions 
Inc.�l'unica�societa��delegata�al�servizio�di�
registrazione�dei�nomi�di�dominio,�l'utilizzo�del�cooperative 
agreement 
da�parte�della�National 
Science 
Foundation 
era�quindi�finalizzato�a�introdurre,�in�un�momento�successivo,�la�concorrenza�
nel�contesto�della�registrazione�dei�domini.�Cfr.�J.P.�KEASAN,�R.C.�SHAH,��What 
we 
can 
learn 
from 
the 
privatization 
of 
the 
internet 
backbone 
network 
and 
the 
domain 
name 
system�,�Febbraio�
2001,�in�www.ssrn.com�e�S.�BACCAGLINI,�op. 
cit. 


(33)�Il�processo�di�conversione�di�un�nome�di�dominio�in�indirizzo�IP�inizia�con�il�root 
ser-
ver 
A,�anche�chiamato��root 
zonefile�,�che�e��il�piu��alto�livello�del�DNS.�Utilizzando�la�parte�
finale�del�nome�di�dominio�(e�cioe��il�dominio�di�primo�livello�o�TLD)�esso�e��in�grado�di�capire�
aquale�authoritative 
name 
server 
(server 
che�contiene�le�informazioni�riguardanti�i�nomi�e�i�cor-
rispondenti�indirizzi�IP�in�un�determinato�TLD)�il�server 
locale�deve�rivolgersi�per�risolvere�il�
nome.�
Il�sistema�dei�root 
server 
(o�root 
server 
system)e��costituito�da�tredici�elaboratori,�denominati�
con�lettere�dalla�A�alla�M.�Solo�quello�denominato�con�la�lettera�A�contiene�ilfile 
con�le�corrispon-
denze�tra�indirizzi�numerici�e�letterali�per�tutti�i�TLD�esistenti;�e��da�esso�che�gli�altri�dodici�scari-
cano�giornalmente�le�informazioni�necessarie�per�risolvere�i�nomi.�

�Chi�controlla�il�root 
server 
A�ha�il�potere�di�determinare�quali�TLD�saranno�accessibili�all'in-
tera�Internet�e�quali�database 
di�registro�saranno�considerati�autorevoli�fonti�d'informazione�per�
quei�TLD�.�Vedi�A.M.�FROOMKIN�&�M.A.�LEMLEY,��ICANNand 
Antitrust�,�2001,�pag.�5,�in�
http://personal.law.miami.edu/froomkin/articles/icann-antitrust.pdf.�

(34)�Postel�agisce�in�forza�del�contratto�tra�DISA,�agenzia�del�Dipartimento�della�Difesa�e�la�
Univerity�of�Southern�California.�
(35)�J.�WEINBERG,��ICANN 
and 
the 
problem 
of 
legitimacy�,�2000,�pag.�199,�in�
www.law.duke.edu/journals/dlj/articles/dlj50p187.htm#H2N7.�
Originariamente,�NSI�avrebbe�dovuto�percepire�un�milione�di�dollari�all'anno�per�il�servizio�
di�registrazione,�ma�la�crescita�esponenziale�della�domanda�che�faceva�presumere�un�business 
molto�profittevole,�porto��la�societa��privata�a�chiedere�al�Governo�americano�di�poter�applicare�
un�canone�annuo,�richiesta�che�venne�accolta�(Amendment 
4al�Cooperative 
Agreement 
NCR-
9218742,�in�www.base.com/gordoni/thoughts/dns-control/rs.internic.net/agreement/amen�
dment4_dg.html).�Dal�Giugno�1995,�i�nomi�di�dominio�sotto�i�TLD�.com,�.org,�.net�venivano�
assegnati�ad�un�prezzo�annuo�di�50$.�Vedi�M.�MUELLER,��ICANN 
and 
Internet 
Governance 
sorting 
through 
the 
debris 
of 
'selfregulation'�,�dicembre�1999,�pag.�5,�in�www.icannwatch.org/�
archive/muell.pdf.�


SERVIZI�INFORMATICI�E�STATISTICI�

3. 
Ilprogetto 
americano 
di 
liberalizzare 
la 
Rete. 
Il�1.�luglio�1997,�il�Presidente�Clinton�emise�un�executive 
order(36),�
�Presidential 
Directive 
on 
Electronic 
Commerce: 
memorandum 
for 
the 
heads 
of 
executive 
departments 
and 
agencies�(37),�indirizzato�alle�singole�ammini-
strazioni�governative.

��������

(36)�In�base�alla�Costituzione�degli�Stati�Uniti,�il�Congresso�incarna�il�potere�legislativo�
(art.�1)�ed�il�presidente�elettivo�il�potere�esecutivo�(art.�2).�
La�Costituzione�americana�non�giunge�pero�a�dettare�una�disciplina�di�dettaglio,�se�non�con�
riguardo�ai�sistemi�di�elezione�e�di�investitura,�con�norme�cioe�di�carattere�procedimentale,�ed�ai�
rapporti�di�reciproca�interferenza�e�controllo�tra�i�vari�poteri.�

Il�risultato�e�che�lo�stesso�termine��Executive 
Power��ha�un�contenuto�incerto;�di�esso�si�sa�che�
ne�e�titolare�il�presidente,�ma�non�se�ne�conoscono�con�precisione�ne�il�contenuto�funzionale,�ne�la�
sua�connotazione�strutturale.�

Sonostatequindiinterpretateconunacertaelasticita�unaseriediclausolecontenutenell'art.�2�
della�Costituzione�americana.�Una�di�queste�e�la�c.d.��take 
care 
clause�,�invirtu�dellaqualeilPresi-
dente�deve�aver�cura�che�le�leggi�siano�fedelmente�eseguite,�nonche�di�informare��di�tanto�in�tanto��
il�Congresso�circa�lo��Stato�dell'Unione�.�

Questa�clausola,�oltre�che�per�qualificare�il�rapporto�di�supremazia�tra�il�vertice�dell'Esecutivo�
e�la�struttura�sottostante�dell'Amministrazione�(in�quanto�si�e�dedotto�dal�testo�costituzionale�un�
ruolodisupervisione�ecoordinazione�globalechederivaalpresidentedallasuaposizionedirespon-
sabile�generale�dell'esecuzione�delle�leggi),�e�servita�a�giustificare�sul�piano�costituzionale�il�princi-
palestrumentodirealizzazionedi�questaposizionedisupremaziapresidenziale,�ecioe�gli�executive 
orders�.�

Il�potere�di�emanare�direttive�vincolanti�o�anche�di�istituire�procedimenti�a�cui�l'Amministra-
zione�deve�attenersi,�in�funzione�di�controllo�ed�orientamento�del�proprio�operato,�ha�accresciuto�
notevolmente�il�suo�peso,�al�punto�che�non�e�chiaro�quali�siano�il�limite�della�sua�legittimita�el'effi-
cacia�vincolante�degli�ordini�medesimi.�

Nell'ordinamento�statunitense�manca�una�previsione�corrispondente�all'art.�97�della�nostra�
Costituzione,�contenente�una�specifica�riserva�di�legge,�poi�compiutamente�attuata�nel�D.lgs.�n.�29�
del�1993.�

Di�fatto,�molti�executive 
orders 
appaiono�travalicare�una�mera�funzione�direttiva�circa�le�
modalita�di�attuazione�di�una�determinata�legge�preesistente,�e�sono�stati�utilizzati�per�creare�uffici�
amministrativi,�per�istituire�meccanismi�di�controllo�dei�salari�e�dei�prezzi,�e�per�introdurre�innova-
zioni�urgenti�nel�campo�della�tutela�dei�diritti�civili.�

Vedi�L.�BARRA�CARACCIOLO,��Funzione 
amministrativa 
e 
amministrazione 
neutralenell'or-
dinamento 
USA. 
Profili 
comparativi 
con 
l'esperienza 
italiana�,�1997,�Giappichelli�Editore,�Torino.�

(37)�La�direttiva�presidenziale�puo�leggersi�all'indirizzo�www.ecommerce.gov/presiden.htm�.�
�Si�tratta�principalmente�di�un�testo�introduttivo�al�piu�ampio��A 
Frameworkfor 
GlobalElec-
tronic 
Commerce�,�incui�sonobenevidenziatiiprincipi�ele�direttive�allabase�dellapoliticadelPre-
sidente�Clintonperla�Rete:�selfregulation, 
(...)minimalgovernmentinvolvment[...].�Nel�documento�
si�legge:��TheFederalGovernmentshouldrecognize 
theuniquequalitiesoftheInternet 
including 
its 
decentralized 
nature 
and 
its 
tradition 
ofbottom-up 
governance�:�viene�quindi�riconosciuta�alla�Rete�
una�sostanziale�differenza�rispetto�al�contesto�gestionale�di�ogni�governo:�la�bottom-up 
governance,�
cioe�una�regolamentazione�della�rete�che�promana�direttamente�dagli�utenti�Internet�e�dal�mercato�
elettronico,concezione�digovernochedeve�esserecontestualizzatanell'ambitoamericano�edinpar-
ticolare�nei�concetti�di�autoregolamentazione 
del�mercato�e�di�non 
intervento 
del�governo�.�Cos|�sul-
l'argomento�S.�BACCAGLINI,��Il 
Dipartimento 
del 
Commercio 
ed 
il 
governo 
della 
Rete�,�gennaio�
2002,�in�www.interlex.it�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Il�Presidente�ha�incaricato�il�Dipartimento�del�Commercio�americano�
�di�supportare�gli�sviluppi�e�gli�impegni�necessari�per�rendere�il�governo�del�
Sistema�dei�Nomi�di�Dominio�privato�e�competitivo��(38).�

L'ufficializzazione�del�passaggio�di�funzioni�dalla�NSF�al�Dipartim
ento�del�Commercio�e�avvenuta�l'8�Settembre�1998,�data�in�cui�i�due�
enti�governativi�hanno�firmato�un��Memorandum 
of 
Agreement�,�
mediante�il�quale��NSF�ha�trasferito�la�responsabilita�per�l'amministraz
ione�del�Cooperative 
Agreement 
NCR-9218742�con�NSI�al�Dipartimento�
del�Commercio��(39).�

L'Amendment 
10(40)�al�Cooperative�Agreement�NCR-9218742(41)�ha�
formalizzato�il�trasferimento�delle�competenze:�il�responsabile�della�gestione�
del�contratto�con�la�NSI�non�e�piu�un�funzionario�di�NSF,�ma�Beckwith�
Burr,�Acting 
Associate 
Administratorfor 
InternationalAffairs 
presso�la�Natio-
nal 
Telecommunications 
and 
Information 
Administration 
(NTIA),�agenzia�del�
Dipartimento�del�Commercio.

��������

�Presidential 
Directive 
on 
Electronic 
Commerce: 
memorandum 
for 
the 
heads 
of 
executive 
departments 
and 
agencies�,�1.�luglio�1997,�op. 
cit.�

Cfr.�A.M.�FROOMKIN,��Wrongturn 
incyberspace: 
usingICANNto 
routearoundtheAPAand 
the 
Constitution�,�2000,�op. 
cit.,�nota�164.�Secondo�Froomkin,�e�nel�Department 
ofVeteran 
Affairs 
andHousingandUrbanDevelopment, 
andIndependentAgenciesAppropriationsActforfiscalyear 
1999,�che�sussisterebbe�una�probabile�relazione�con�il�passaggio�di�competenza�tra�la�NSF�e�il�
Dipartimento�del�Commercio�(DoC):�con�tale�atto,�il�Congresso�ha�proibito�a�NSF�di�spendere�
fondi��per�stipulare�o�estendere�[...]�un�cooperative 
agreement 
al�fine�di�supportare�l'amministraz
ione�del�sistema�di�numerazione�e�dei�nomi�di�dominio�Internet�.�Vedi�GAO�Report 
del�7�luglio�
2000,�op. 
cit.,�nota�11.�

Precedentemente,�nel�febbraio�1997,�un�testo�ufficiale�dell'Office�of�Inspector�General�(il�cui�
ruolo�e�quello�di�supervisore�dell'attivita�dell'agenzia�indipendente,�al�fine�di�prevenire�frodi,�
danni,�abusi�o�cattiva�gestione)�della�NSF�ha�individuato�le�possibili�soluzioni�da�attuare�allo�scad
ere�del�Cooperative 
Agreement 
NCR-9218742,�sempre�sotto�la�sorveglianza�governativa:�1)�
Amministrazione�attraverso�una�tradizionale�agenzia�amministrativa;�2)�Amministrazione�
mediante�un�ente�a�partecipazione�mista;�3)�Amministrazione�mediante�la�creazione�da�parte�del�
Congresso�di�una�Commissione�Indipendente.�Cfr.�Office 
ofInspector 
General 
Report,�TheAdmi-
nistration 
ofInternet 
Addresses�,�7�Febbraio�1997,inwww.ais.org/�ronda/new.papers/gao-icann/o
ig-nsf.txt.�

In�risposta�al�documento,�W.�Bordogna,�Acting 
Deputy 
Director 
di�NSF�ha�affermato�nell'ap
rile�1997:��Siccome�le�attivita�coperte�dal�Cooperative 
Agreement 
[NCR-9218742]�non�richiedono�
piu�un�supporto�finanziario�della�NSF�e�gli�obiettivi�del�Cooperative 
Agreement 
[NCR-9218742]�
sono�stati�raggiunti,�noi�crediamo�sia�giunto�il�momento�in�cui�la�NSF�sposti�la�propria�attenzione�
esclusivamente�sulle�attivita�future�di�puro�sviluppo�in�questo�ambito�.�Cfr�W.�BORDOGNA,�
�Agencyresponseto 
OIGReporton 
theAdministrationofInternetAddresses�,�17�aprile�1997,�all'indir
izzo�www.ais.org/�ronda/new.papers/gao-icann/�
oig-nsf.txt.�

(40)�Vedi�Amendment 
10�al�Cooperative 
Agreement 
NCR-9218742�in�www.ntia.doc.gov/n
tiahome/domainame/amends/amend10.htm.�
(41)�Il�Cooperative 
Agreement 
NCR-9218742�tra�il�Dipartimento�del�Commercio�americano�
(sostituitosinel�1998�allaNSF,�agenziagovernativastatunitense)eNSI,societa�privatastatunitense,�
e�regolamentato�dalle�leggi�statunitensi.�

SERVIZI�INFORMATICI�E�STATISTICI�

Il�2�luglio�1997,�successivamente�alla�Direttiva�sul�commercio�elettro-
nico�(42)�emessa�dal�Presidente�Clinton,�il�Dipartimento�del�Commercio�nelle�
vesti�della�NTIA,�ha�emesso�una�Notice 
ofInquiry(43).��Con�tale��avviso�,�
mentre�ha�rivendicato�la�propria�autorita��sul�Legacy 
Root,�allo�stesso�tempo�
ha�evidenziato�la�volonta��di��rinunciarvi��a�favore�di�una�struttura�interna-
zionale,�da�costituire,�in�grado�di�portare�a�termine�il�process 
of 
transition(44)�
e�di�meglio�rappresentare�gli�interessi�dei�privati��(45).�

Per�attuare�tale�obiettivo�il�Dipartimento�del�Commercio�emano��due�
testi�fondamentali.�

Nel�gennaio�del�1998,�la�National�Telecommunications�and�Information�
Administrations�(NTIA)�pubblico��una�proposta�di�legge,��AProposaltoImprove 
TechnicalManagementofInternetNames 
andAddresses�(c.d.�Green 
Paper)�(46).

��������

(42)��PresidentialDirective 
on 
Electronic 
Commerce: 
memorandumfor 
theheads 
ofexecutive 
departments 
and 
agencies�,�1.�Luglio�1997,�op. 
cit.�
(43)�U.S.�DoC,�NTIA,��RequestforCommentsontheregistrationandadministrationofInternet 
domain 
names�,�2�Luglio�1997,�in�www.ntia.doc.gov/ntiahome/domainname/DN5NOTIC.htm.�
(44)�Processo�di�transizione�verso�una�completa�privatizzazione�della�gestione�di�Internet.�
(45)�S.�BACCAGLINI,��ICANN:pocastoria, 
moltiproblemi 
-Processoftransition: 
laprivatiz-
zazione 
di 
Internet�,21�Giugno2001,inwww.interlex.it.�
(46)�Il�Green 
Paper 
si�puo��leggere�all'indirizzo�www.ntia.doc.gov/ntiahome/domainname/-
dnsdrft.htm.�
In�base�alla��delegation 
doctrine�,�le�agenzie�amministrative�americane�hanno�il�potere�di�det-
tare�regole�giuridiche�nei�rispettivi�settori�di�competenza�(rulemaking).�
Mentre�nel�nostro�ordinamento�esiste�una�esplicita�previsione�costituzionale�(art.�87�Cost.)�
riguardante�la�facolta��,�riservata�alla�legge,�di�affidare�parte�della�disciplina�di�una�materia�alla�for-
mulazione�del�potere�esecutivo,�la�delega�del�potere�normativo,�nel�diritto�statunitense,�nasce�invece�
da�una�costruzione�logica,�da�una�deduzione�per�principi:�il�dato�di�partenza�e��costituito�dall'art.�1,�
par.�8,�Cost.,�per�il�quale:��Il�Congresso�avra��il�potere�di�fare�tutte�le�leggi�che�saranno�necessarie�
ed�appropriate�per�portare�ad�esecuzione�i�propri�compiti�.�L'interpretazione�che�ha�prevalso�nei�
fatti�e��che�la�disposizione�puo��essere�letta�nel�senso�di�consentire�una�delega�del�potere�legislativo.�

Il�consolidarsi�della�delegation 
doctrine 
ha�significato�la�codificazione�giurisprudenziale�di�un�
principio�di�Costituzione�materiale�che�ammette�che��il�potere�di�un'agenzia�di�gestire�un�programma�
affidatole�dal�Congresso,�richiede�necessariamente�la�formulazione�di�una�policy 
e�la�creazione�di�
regole�.�

Lastrutturaessenzialedel�rulemaking�,sicompone�diunavviso(�notice�),�della�fase�di�commento,�
e�di�quella�di�pubblicazione�delle�regole�nella�loro�stesura�finale.�Cfr.�BARRA�CARACCIOLO,�op.cit.�
Cfr.�L.�BARRA�CARACCIOLO,��Funzione 
amministrativa 
e 
amministrazione 
neutrale 
nell'or-
dinamento 
USA. 
Profili 
comparativi 
con 
l'esperienza 
italiana�,�op. 
cit.�
Il�Green 
Paper 
�A 
Proposalto 
ImproveTechnicalManagementofInternet 
Names 
andAddresses��
elenca�cinque�fonti�di�diritto,�da�cui�deriva�il�potere�del�Dipartimento�del�Commercio�a�rulemaking:�
la�sua�generale�missione�di��favorire,�promuovere�e�sviluppare�il�commercio�estero�e�
interno��(15�U.S.C.���1512);�
il�potere�di�NTIA�di��coordinare�le�attivita��relative�alle�telecomunicazioni�e�di�assistere�nella�
formulazione�delle�politiche��[47�U.S.C.���902(b)(2)(H)];�
il�potere�di�NTIA�di��sviluppare�politiche�relative�alle�telecomunicazioni��[47�U.S.C.���
902(b)(2)(I)];�
il�potere�di�NTIA�di��condurre�studi�e�fare�raccomandazioni�riguardanti�l'impatto�della�
convergenza�tra�computer�e�tecnologia�delle�comunicazioni��[47�U.S.C.���902(b)(2)(M)];�
il�potere�di�NTIA�di��emanare�le�norme�necessarie�per�svolgere�le�proprie�funzioni��[47�

U.S.C.���904(c)(1)];�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

In�tale�documento,�veniva�proposta�la�creazione�di�una�nuova�organiz-
zazione�senza�scopo�di�lucro,�con�sede�negli�Stati�Uniti�e�operante�come�sog-
getto�privato�per�il�beneficio�di�Internet,�per�gestire�i�nomi�di�dominio,�gli�
indirizzi�IP�e�il�sistema�dei�root�server.�

L'organo�direttivo�doveva�essere�legittimato�dalla�stessa�comunita�Inter-
net:�avrebbe�incluso�sia�rappresentanti�delle�organizzazioni�che�si�occupa-
vano�della�gestione�tecnica�di�Internet,�sia�quelli�degli�utenti�(individui,�
societa�,�organizzazioni�senza�scopo�di�lucro).�

In�seguito�alle�forti�reazioni�che�il�documento�suscito�,�soprattutto�a�
livello�internazionale,�quattro�mesi�dopo�il�Governo�americano�pubblico�il�
White�Paper,�che�incontro�il�consenso�della�comunita�internazionale.�

Il�White�Paper��Management�ofInternet�Names�andAddresses��(47)�con-
tiene�le�modalita�per�attuare�la�dismissione�delle�funzioni�facenti�capo�al�
Governo�americano�in�favore�della�liberalizzazione�della�rete:�la�creazione�
di�una��new�corporation�(NewCo),�organizzazione�privata�senza�scopo�di�
lucro�che�assicuri�una�gestione�del�DNS�basata�sui�principi�di�(48):�

Stabilita�:�durante�il�periodo�di�transizione,�la�stabilita�della�Rete�deve�
avere�priorita�assoluta;�

Concorrenza:�dove�possibile,�devono�essere�introdotti�nella�gestione�
della�rete�meccanismi�di�mercato�che�favoriscano�la�concorrenza�e�la�possibi-
lita�di�scelta�dei�consumatori�s|�da�rendere�possibili�obiettivi�quali�la�ridu-
zione�dei�costi�e�la�promozione�dell'innovazione;�

Coordinamento�dal�basso�(bottom-up):�la�rapidita�della�gestione�di�
Internet�puo�essere�meglio�assicurata�da�un�apparato�privato�rispetto�ad�
uno�governativo,�in�modo�da�riflettere�quel��governo�dal�basso��che�fino�ad�
oggi�ha�caratterizzato�lo�sviluppo�di�Internet;�

Rappresentativita�:�le�strutture�di�management�devono�riflettere�le�
diversita�funzionali�e�geografiche�di�Internet�e�dei�suoi�utilizzatori.�Devono�
essere�predisposti�strumenti�idonei�a�garantire�la�partecipazione�internazio-
nale�nelle�decisioni.�

Il�White�Paper�costituisce�la�semplice�enunciazione�della�politica�che�il�
Governo,�abbandonata�l'idea�di�un�proprio�intervento�diretto,�avrebbe�
seguito�nell'amministrazione�del�DNS.�

La�nuova�organizzazione�(NewCo),�con�sede�negli�Stati�Uniti,�sarebbe�
stata�creata�dal�settore�privato.�Il�Governo�era�pronto�a�riconoscerla,�conclu-
dendo�degli�accordi�con�la�stessa,�e�ad�assicurarle�un�accesso�adeguato�al�
database�eal�software�di�NSI�(49).

��������

(47)�Questo�documento,��Statement�ofpolicy�,�e�stato�emesso�da�NTIA,�agenzia�del�Diparti-
mento�del�Commercio�americano,�sulla�base�delle�stesse�fonti�di�diritto�del�Green�Paper.�
(48)�G.�PASCUZZI,��DaIANA�aICANN:�un�nuovo�regimeperl'attribuzionedeinomididomi-
nio�su�Internet�,�in�Foro�Italiano,Parte�IV,�1999,IV,�pag�418.�
(49)�Va�ricordato�che�NSI,�societa�privata�statunitense,�gestisce�in�base�al�Cooperative�Agree-
ment�NCR-9218742�il�root�server�A.�Vedi�infra�nota�33.�

SERVIZI�INFORMATICI�E�STATISTICI�

Sebbene�il�Governo�considerasse�improbabile�riuscire�a�costituire�un�
Comitato�direttivo�che�potesse�soddisfare�tutte�le�parti�interessate,�esso�
avrebbe�dovuto�includere�rappresentanti�dei�registri�regionali,�ingegneri�e�
scienziati�esperti�della�Rete,�registri�e�registrars 
(50),�utenti�commerciali�e�
non,�Internet 
Service 
Providers,�proprietari�di�marchi�di�tutto�il�mondo(51).�

La�gestione�doveva�essere�trasparente,�in�modo�da�evitare�l'influenza�di�
particolari�gruppi�di�potere,�le�decisioni�aperte�ai�commenti�della�comunita�
internazionale.�La�struttura�dell'organizzazione�poteva�includere�ulteriori�
organi�con�funzione�consultiva�(52).�

Varie�furono�la�proposte�di�NewCo 
presentate(53),�ma�quella�scelta�fu�
ICANN�(Internet 
CorporationforAssignedNamesandNumbers),�che��confor-
memente�all'atto�costitutivo,�e�una�societa�di�utilita�pubblica�senza�fini�di�lucro�
che�non�e�intesa�a�garantire�il�profitto�di�alcun�singolo�individuo,�ai�sensi�della�
legge�della�California�sulle�societa�di�utilita�pubblica�senza�fini�di�lucro�(54).�

L'atto�costitutivo�specifica�che��riconoscendo�cheInternete�una�rete�di�reti�
internazionale,�che�non�appartiene�a�nessuna�singola�nazione,�individuo�oorga-
nizzazione,�ICANN�perseguira�gli�obiettivi�filantropici�e�di�interesse�generale,�
al�fine�di�diminuire�gli�oneri�della�gestione�che�incombono�ai�governi�e�di�pro-
muovere�l'interesse�pubblico�mondiale�per�la�stabilita�operativa�di�Internet:�

coordinando�l'assegnazione�dei�parametri�tecnici�di�Internet�necessari�
a�garantire�la�connettivita�universale�su�Internet;�

attuando�e�controllando�le�funzioni�connesse�al�coordinamento�degli�
spazi�di�indirizzo�del�protocollo�Internet�(�IP�);�

attuando�e�controllando�le�funzioni�connesse�al�coordinamento�del�
sistema�dei�nomi�di�dominio�di�Internet�(�DNS�),�compresa�l'elaborazione�
di�politiche�per�stabilire�le�circostanze�in�cui�nuovi�domini�di�primo�livello�
siano�aggiunti�al�sistema�di�root 
del�DNS;�

controllando�il�funzionamento�del�sistema�di�root 
server 
DNS�di�auto-
rita�di�Internet��(55).

��������

(50)�Il�registro�e�la�societa�o�organizzazione�che�gestisce�il�database 
relativo�ad�un�dato�TLD,�
il�registrar 
e�la�societa�o�organizzazione�che�si�occupa�delle�registrazioni�dei�nomi�di�dominio�
richiesti�dai�singoli�utenti.�
(51)�U.S.�Department 
of 
Commerce,�Management 
of 
Internet 
Names 
and 
Addresses�(c.d.�
White 
Paper),�5�giugno�1998,�all'indirizzo�www.ntia.doc.gov/ntiahome/domainname/6_5_98.htm�
(52)�Ibidem. 
(53)�Vedi�il�sito�di�NTIA�relativo�alla�gestione�dei�nomi�di�dominio,�www.ntia.doc.gov/-
ntiahome/domainname/background.htm.�
(54)�ICANN,�fondata�da�Postel,�e�costituita�ai�sensi�della�California 
Non-profit 
Public 
Benefit 
CorporationLawfor 
CharitableandPublicPurposes 
(le�organizzazioni�no 
profit 
sono�organizzate�
sotto�la�legge�dello�Stato�in�cui�hanno�la�sede�legale).�
Vedi�Articles 
of 
Incorporation 
of 
ICANN,�in�www.icann.org/general/articles.htm,�e�
COM(2000)202def.�dell'11�Aprile�2000,�Comunicazione�dellaCommissione�al�Consiglio�ealParla-
mento�Europeo,��L'organizzazione 
di 
Internet 
-Aspetti 
di 
politica 
internazionale 
ed 
europea 
1998-2000�,�inhttp://europa.eu.int/eur-lex/it/com/cnc/2000/com2000_0202it01.pdf.�

(55)�COM(2000)202�def.�I�compiti�di�ICANN�sono�stabiliti�nel�Memorandum 
ofUnderstanding 
(allaletteraB)�stipulatoil�25Novembre1998�traICANNeil�Dipartimento�del�Commercio�americano.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Il�25�Novembre�1998,�il�Governo�americano�(56)�e�ICANN�conclu-
sero�un�Memorandum 
of 
Understanding(57)�(MoU)(58).�Le�due�parti�si�
sono�impegnate�a��progettare,�sviluppare�e�testare�i�meccanismi,�i�metodi�
ele�procedure�per�trasferirela�gestionedel�DNS�dall'ambito�governativo�
al�settore�privato��(59).

��������

Organo�principale�di�decisione�di�ICANN�e��il�Comitato�direttivo�(BoardofDirectors),�compo-
sto�da�diciotto�membri�eletti�e�dal�Presidente�e�ChiefExecutive 
Officer 
(CEO).�Dei�diciotto�direttori,�
nove�sono�eletti�dalla�At 
Large 
Membership 
(le�elezioni�At 
Large 
sono�un�sistema�per�procedere�alla�
selezione�di�meta��del�direttivo�su�una�base�di�consenso�mondiale),�nove�sono�eletti�dalle�Organizza-
zioni�di�Supporto�di�ICANN,�previste�dall'atto�costitutivo.��Per�quanto�l'atto�istitutivo�dell'ICANN�
sia�rivolto�espressamente�ad�assicurare�la�rappresentativita��internazionale�del�Board 
ofDirectors 
del�nuovo�organismo,�quest'ultimo�si�configura�come�un�ente�di�diritto�privato�soggetto�esclusiva-
mente�alla�giurisdizione�delle�autorita��statunitensi�.�L.�MARINI,��Reti 
di 
comunicazione 
elettronica 


e 
servizi 
collegati 
nel 
diritto 
comunitario: 
il 
caso 
dei 
nomi 
di 
dominio 
Internet�,�2001,�op.cit.,�pag.14.�

(56)�Nel�Memorandum 
ofUnderstanding 
del�25�Novembre�1998�tra�ICANN�e�il�Dipartimento�
del�Commercio�si�legge:��DOC 
has 
authority 
to 
participate 
in 
the 
DNS 
Project 
with 
ICANN 
under 
thefollowing 
authorities:�

(1) 
15 
U.S.C. 
�1525, 
theDOC'sJointProjectAuthority, 
whichprovidesthattheDOCmay 
enter 
intojointprojects 
with 
nonprofit, 
research, 
orpublic 
organizations 
on 
matters 
of 
mutualinterest, 


thecost 
ofwhichisequitablyapportioned; 


(2)�15�U.S.C.���1512,�theDOC'sauthoritytofoster,promote, 
anddevelopforeignanddomestic 
commerce; 


(3)47U.S.C. 
�902, 
whichspecificallyauthorizestheNationalTelecommunicationsandInforma-
tion 
Administration 
(NTIA) 
to 
coordinate 
thetelecommunications 
activities 
ofthe 
Executive 
Branch 
and 


assistintheformulationofpoliciesandstandardsforthoseactivitiesincluding, 
butnotlimitedto, 
conside-

rationsofinteroperability,privacy, 
security, 
spectrumuse, 
andemergencyreadiness; 


(4) 
Presidential 
Memorandum 
on 
Electronic 
Commerce, 
(July 
1, 
1997), 
which 
directs 
the 
Secretary 
ofCommerce 
to 
transition 
DNSmanagement 
to 
theprivatesector; 
and 


(5)StatementofPolicy,ManagementofInternetNamesandAddresses,whichdescribesthemanner 
inwhichtheDepartmentofCommercewilltransitionDNSmanagementtotheprivatesector�. 


(57)�Il�MoU�in�questione�e��uno�strumento�giuridico�scritto�che�documenta�un�rapporto�tra�il�
Governo�degli�Stati�Uniti�ed�un'universita��,�un�istituto�o�un'organizzazione�di�ricerca,�agenzie�od�
organizzazioni�private�o�qualsiasi�altra�controparte�per�sviluppare�un�progetto�di�mutuo�interesse.�
(�What 
is 
a 
Memorandum 
ofUnderstanding�,�in�www.ba.usda.gov/techt/whatmou.htm).�
La�firma�di�un�memorandum 
rappresenta�un�pubblico�impegno�a�rispettare�certi�principi�e�a�
lavorare�per�il�raggiungimento�di�traguardi�specifici�in�specifiche�aree�di�interesse.�

In�termini�giuridici�il�memorandum 
ofunderstanding 
in�esame�e��un�contratto�definitojointpro-
ject 
agreement.�In�particolare,�le�disposizioni�normative�volte�a�regolare�tale�tipologia�di�contratto�
sono�rinvenibili�nel�Codice�degli�Stati�Uniti,�15�(Commerce 
and 
Trade)�U.S.C.���1525�(1994):��[...] 


Jointprojects.``In 
the 
case 
of 
nonprofit 
organizations, 
research 
organizations, 
orpublic 
organizations 


oragencies,theSecretarymayengageinjointproject,orperformservices,onthematters 
ofmutual 


interest, 
thecost 
ofwhichshallbeapportionedequitably[...]''�. 


ICANN,�quale�societa��senza�scopo�di�lucro,�e��quindi�legittimata�a�concludere�tale�contratto�
con�il�Dipartimento�del�Commercio�americano.�

Loscopoe��quellodiassicurarecheilsettoreprivatoabbialecapacita��elerisorseperassumerela�
gestionetecnicadelDNSnelmomentoincuiessoverra��trasferitodalgoverno[almomentodellasti-
pula�del�Memorandum�of�Understanding,�il�DNS�era�gestito�da�universita��(USC)�od�organizzazioni�
senza�scopo�di�lucro�(SRI)�attraverso�contratti�che�enti�governativi�avevano�stipulato�con�le�stesse].�

(58)�L'accordo�stipulato�tra�il�Dipartimento�del�Commercio�e�ICANN,�organizzazione�senza�
scopo�di�lucro�statunitense,�e��regolamentato�dalle�leggi�statunitensi.�In�www.icann.org/general/-
icann-mou-25nov98.htm.�
(59)�S.�BACCAGLINI,��ICANN:poca 
storia, 
moltiprobemi 
-Process 
oftransition: 
laprivatiz-
zazione 
di 
Internet�,21�Giugno2001,inwww.interlex.it.�


SERVIZI�INFORMATICI�E�STATISTICI�

Nell'Ottobre�1998,�con�l'Amendment 
11�al�Cooperative�Agreement�

NCR-9218742(60),�venne�introdotto�lo�Shared 
Registration 
System 
(SRS),�che�

avrebbe��favorito�l'introduzione�di�meccanismi�concorrenziali�nel�mercato�dei�

servizi�di�registrazione�dei�nomi�di�dominio�(61),�in�quanto�consentiva�diregi-

strare�nomi�di�dominio�.com,�.org,�.net�a�societa�in�concorrenza�con�NSI(62).�

Il�passo�successivo�porto�ad�un�conflitto�tra�il�DoC�e�ICANN�da�una�

parte,�e�NSI�dall'altra.�Quello�che�ci�si�aspettava�era�che�anche�NSI�firmasse�

un�contratto�di�accreditamento�e�diventasse�uno�dei�tanti�registrar 
tra�un�

numero�potenzialmente�illimitato�(63).�

Il�DoC�aveva�programmato�di�trasferire�il�rootserver 
�A�adICANN(64):�

tutti�i�registri,�compresa�NSI,�avrebbero�ottenuto�una�licenza�da�ICANN(65).�

Il�forte�potere�contrattuale�che�la�societa�Network�Solution�Inc.�ha�avuto�nel�

momento�incui�il�governo�americano�decise�di�privatizzarelaRetederivadalfatto�

che�non�e�chiaro�se�il�Dipartimento�del�Commercio�americano�abbia�o�meno�l'au-

torita�di�trasferire�l'authoritative 
root 
server 
ad�altri�soggetti(66):�il�DNS�non�era�

stato�definito�giuridicamente�(ne�lo�e�tuttora)��risorsa�pubblica��per�essere�gestito�

dalGoverno,ne�tantomenolaregistrazione�deinomididominio�poteva�essere�

considerata�un��governamentalservice�.�Per�quanto�i�cooperative 
agreement 
siano�

impiegati�per�lo�svolgimento�di�attivita�con�finalita�pubbliche,�cio�non�e�sufficiente�

a�definireilservizio�diregistrazione�deinomididominio�come�funzione�governa-

tiva�pubblica�,�ed�in�tal�senso�si�e�espressa�la�giurisprudenza�americana.

��������

(60)�Amendment 
11�del�6�Ottobre�1998�al�Cooperative 
Agreement 
NCR-9218742,�in�
www.ntia.doc.gov/ntiahome/domainname/docnsi100698.htm.�
Il�Cooperative�Agreement�NCR-9218742�tra�il�Dipartimento�del�Commercio�americano�
(sostituitosi�nel�1998�alla�NSF,�agenzia�governativa�statunitense)�e�NSI,societa�privata�statuni-
tense,�e�regolamentato�dalle�leggi�statunitensi.�

(61)�L.�MARINI,��Reti 
di 
comunicazione 
elettronica 
e 
servizi 
collegati 
nel 
diritto 
comunitario: 
il 
caso 
dei 
nomi 
di 
dominio 
Internet�,�2001,�op.cit.,�pag.15.�

(62)�Nell'Amendment�11�del�6�ottobre�1998�al�Cooperative�Agreement�NCR-9218742�si�legge:�
�In 
order 
to 
create 
an 
environment 
conducive 
to 
the 
development 
ofrobust 
competition 
among 
domain 
name 
registrars, 
NSI 
will, 
either 
directly 
or 
by 
contract, 
develop 
a 
protocol 
and 
associated 
software 


supportingasystem 
thatpermitsmultipleregistrarstoprovideregistrationserviceswithinthegTLDs 


for 
which 
NSI 
now 
acts 
as 
a 
registry 
(Shared 
Registration 
System)�.�

Fino�a�questo�momento,�NSI�e�unico�registro�e�unico�registrar 
per�i�gTLD�.com,�.org�e�.net.�

Iprimi�registrars 
ammessi�allo�SRS�furono�AOL,�Melbourne�IT,�France�Telecom,�Register.-
com,�CORE.�Il�periodo�di�prova�era�di�due�mesi�(dal�26�Aprile�1999�al�25�Giugno�1999),�poi�esteso�
fino�a�Novembre�1999,�dopo�di�che�sarebbero�entrati�sul�mercato�altri�registrars 
accreditati.�I�rap-
porti�tra�NSI�e�i�registrars 
concorrenti�furono�regolati�con�l'Amendment 
13�del�12�aprile�1999�al�

Cooperative 
Agreement 
NCR-9218742.�Cfr.�M.�MUELLER,�op. 
cit.,pag.�14.�

(63)�M.�MUELLER,�op. 
cit.,�pag�17.�
Nell'Amendment 
11�al�Cooperative 
Agreement 
NCR-9218742�si�legge:��This 
agreement 
extends 


the 
Cooperative 
Agreement 
through 
September 
30, 
2000; 
provided, 
however, 
that 
as 
the 
USG 
[United 


States 
Government] 
transitions 
DNS 
responsibilities 
to 
NewCo, 
corresponding 
obligations 
under 
the 


Cooperative 
Agreement 
[NCR-9218742] 
as 
amended 
will 
be 
terminated 
and, 
as 
appropriate, 
covered 


ina 
contractbetweenNSIandNewCo�.�

(64)�Nell'Amendment 
11�al�Cooperative 
Agreement 
NCR-9218742�si�legge:��NSIagrees 
to 
cont
inue 
tofunctionas 
theadministratorfor 
theprimary 
rootserverfor 
the 
rootserversystem 
andasa 


rootzoneadministratoruntilsuchtimeasthe 
USGinstructsNSIinwritingtotransfereitherorboth 


ofthesefunctions 
to 
NewCo 
oraspecifiedalternateentity�.�

(65)�M.�MUELLER,�op. 
cit.,�pag�17.�
(66)�GAO�Report��DepartmentofCommerce: 
relationship 
with 
theInternet 
Corporationfor 
Assigned 
Names 
and 
Numbers�,�7�Luglio�2000,�op. 
cit.,�pag�25.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Nella�causa�Name.Space 
Inc. 
v. 
Network 
Solutions 
Inc. 
and 
National 


Science 
Foundation(67),�la�sentenza�poneva�dubbi�circa�l'autorita��della�NSF�

su�NSI:�nonostante�il�National 
Science 
Foundation 
Act(68),�affermi�che�NSF�

e��istituita�per��promuovere 
e 
supportare 
lo 
sviluppo 
e 
l'uso 
dei 
computer

��������

(67)�Causa�Name.Space 
Inc. 
v. 
Network 
Solutions 
Inc. 
and 
National 
Science 
Foundation, 
on 
Appealfrom 
United 
States 
District 
Courtfor 
the 
Southern 
District 
ofNewYork, 
Brieffor 
Appellants,�
21�giugno�1999,�in�www.name-space.com/law/appeal.htm.�

Name.Space�Inc.�e��una�societa��statunitense�che�offre�il�servizio�di�registrazione�di�nomi�di�
dominio�in�concorrenza�con�NSI.�Cercando�di�immettere�nel�mercato�nuovi�TLD,�nel�1996�aveva�
costituito�una�propria�rete�di�tredici�name 
server 
e�lanciato�un�nuovo�servizio,�accettando�registra-
zioni�sotto�oltre�500�nuove�estensioni.�La�societa��chiese�a�NSI�di�includere�i�nuovi�domini�nel�file 
usato�per�dirigere�e�instradare�il�traffico�Internet:�senza�questa�operazione�sarebbe�stato�impossibile�
ai�navigatori�trovare�gli�indirizzi�muovendosi�sulla�rete�ufficiale�(Esiste�una�rete�alternativa�che�
puo��essere�visitata�e�navigata�solo�dopo�aver�fatto�un�aggiornamento�al�proprio�computer).�

I�server 
di�Name.Space�sono�conformi�agli�standard�e�ai�protocolli�Internet,�ma�i�nomi�di�
dominio�registrati�sotto�i�propri�gTLD�non�sono�risolvibili�a�livello�mondiale�perche�,�non�essendo�
presenti�nel�rootfile 
gestito�da�NSI,�non�sono�riconosciuti�dagli�altri�root 
server.�

L'11�Marzo�1997,�Name.Space�scrisse�a�NSI�chiedendole�di�aggiungere�al�File�di�Configura-
zione�(database 
del�root 
server 
A)�i�nomi�di�dominio�che�aveva�registrato.�
Il�12�Marzo,�NSI�respingeva�la�richiesta,�affermando�che,�conformemente�al�Cooperative 


Agreement 
NCR-9218742,�essa��agiva�sotto�l'autorita��dell'Internet 
Assigned 
Numbers 
Authority 
(IANA),�situata�presso�la�University�of�Southern�California�(USC)�.�Tale�affermazione�si�basa�sul�
Cooperative 
Agreement 
NCR-9218742,�art.�3:��NSI�deve�agire�in�conformita��della�RFC1174��(V.�
CERF,�RFC�1174,��IABrecommendedpolicyondistributingInternet 
identifierassignmentandIAB 


recommendedpolicy 
change 
to 
Internetconnectedstatus�,�Internet 
Engineering 
Task 
Force,�Agosto�
1990,in�http://www.ietf.org/rfc/rfc1174.txt)equindiinbasealledirettivediIANA.�

Il�20�Marzo�1997,�Name.Space�cito��in�giudizio�NSI�per�violazione�dello�Sherman 
Act,in�
quanto�l'effetto�del�rifiuto�di�NSI�era�quello�di�erigere�barriere�all'entrata�nel�mercato�della�registra-
zione�dei�nomi�di�dominio.�

Il�27�Marzo�1997,�NSI�scrisse�a�Postel,�direttore�di�IANA�per�chiedere�se�la�risposta�data�a�
Name.Space�fosse�stata�corretta�e�cioe��se��NSI 
maintains 
the 
information 
on 
that 
root-server 
under 


theauthorityandatthedirectionoftheIANAandNSIcanonlymakechangestothe 
ConfigurationFile 


at 
the 
direction 
ofIANA�.�
LarispostavennedalConsigliogeneraledell'USC:��Thestatement 
madeinyourletterconcerning 


therelationshipbetweentheInternetAssignedNumbersAuthority 
(�IANA�) 
andNetworkSolutions, 


Inc.(�NSI�)isnotcorrect.WeareawareofnocontractorotheragreementthatgivesIANAauthorityover 


your 
client's 
operations. 
The 
IANA 
has 
no 
authority 
to 
establish 
a 
generic 
top 
level 
domain 
(�gTLD�) 


withoutanInternetcommunityconsensusarrivedatthrough 
committeereviewandampleopportunityfor 


publicimpact.Instead,therestrictioninexpansionofgTLDshasthusfarbeenduetoconsensuswhichyour 


clienthaschosentoacceptinrefusingrequestsfrompotentialregistrars 
ofnewgTLDs�.�
Vista�la�riluttanza�o�incapacita��di�IANA�di�accettare�qualsiasi�responsabilita��,�NSI�si�rivolse�a�
NSF,�la�quale�le�vieto��di�creare�o�aggiungere�TLD�al�rootfile,�fino�a�che�quest'ultima,�in�consulta-
zione�con�altre�agenzie�governative�americane,�non�avesse�completato�uno�studio�su�tale�area�e�svi-
luppato�una�politica�federale.�
La�corte�non�accoglieva�la�richiesta�di�Name.Space,�applicando�la�dottrina�c.d.��federalinstrum
entality�,�che�prevede�l'immunita��all'antitrust�alle�parti�private�quando�queste�agiscono�in�base�
ad�un�contratto�con�un'agenzia�governativa�per�attuare�una�politica�governativa�con�l'autorizza-
zione�o�l'approvazione�dell'agenzia�stessa.�
La�corte�giudico��che�sotto�il�Cooperative 
Agreement 
NCR-9218742�tra�NSI�e�NSF,�NSI�stava�
agendo�in�conformita��a�politiche�o�programmi�governativi�formulati�chiaramente�e�che�quindi�era�
immune�da�qualsiasi�responsabilita��derivante�dalla�disciplina�antitrust�alla�stessa�maniera�dell'ente�
governativo.�

(68)�Il�National 
Foundation 
Science 
Act 
e��la�legge�con�cui�il�Congresso�ha�istituito�nel�1950�la�
NationalScience 
Foundation.�


SERVIZI�INFORMATICI�E�STATISTICI�

e�di�altre�tecnologie�per�la�ricerca�e�l'educazione�nelle�scienze��(69),�il�giudice�
non�ha�ritenuto�che�da�tale�disposizione�derivasse�un�mandato�per�NSF�a�
disciplinare�l'attivita�di�NSI�in�particolare�o�la�registrazione�dei�nomi�di�
dominio�in�generale.�

Tale�conclusione�era�dovuta�alla�mancanza�di�una�qualificazione�giuri-
dica�del�DNS,�del�root 
file 
o�del�servizio�di�registrazione�dei�nomi�di�domi-
nio:��Nothing 
about 
the 
Domain 
Name 
System 
or 
the 
registration 
ofdomain 
names 
isapublicgovernmentalfunction�(70).�

In�precedenza,�nella�causa�Thomas 
William 
v. 
NSI(71),�la�Corte�aveva�
dichiarato�che�il�Congresso�non�aveva�esplicitamente�richiesto�a�NSF�o�ad�
altra�agenzia�del�governo�federale�di�registrare�nomi�di�dominio;�di�conse-
guenza��simply 
because 
NSF 
might 
have 
been 
able 
to 
perform 
domain 
name 
registrationservicesdoesnottransform 
thisactivityintoagovernmentalservice 
or 
thing 
of 
value 
(72).�A 
recent 
and 
novelfunction 
such 
as 
domain 
name 
regi-
stration 
hardly 
strikes 
us 
as 
a 
``quintessential'' 
government 
service�(73).�

Nella�sentenza�Name.Space 
Inc. 
v. 
Network 
Solutions 
Inc. 
and 
National 
Science 
Foundation,�si�legge:��theauthorizationforNSFcontrolover 
theInter-
net 
root 
server 
in 
Amendment 
1I 
to 
the 
Cooperative 
Agreement(74) 
is 
not 
dispositive. 
Despite 
NSF's 
arguments, 
the 
district 
court 
did 
notfind 
thatthe 
agency 
had 
contractual 
authority 
to 
issue 
theformer 
[NSI]�(75). 


La�posizione�di�NSI�(76)�riguardo�il�trasferimento�dell'authoritative 
root 
server 
ad�altri�soggetti�fu�molto�chiara:�ICANN�non�aveva�alcuna�autorita�
per�obbligare�la�societa�a�cessare�le�registrazioni�nei�gTLD�.com,�.org�e�.net,�
in�quanto�tale�servizio�era�espletato�in�conformita�al�contratto�(Cooperative 
Agreement 
NCR-9218742)�con�il�DoC.�Inoltre�riteneva�che�il�suo�obbligo

��������

(69)�42�U.S.C.��1862�(g).�
(70)�GAO�Report��Department 
of 
Commerce: 
relationship 
with 
the 
Internet 
Corporation 
for 
Assigned 
Names 
and 
Numbers�,�7�luglio�2000,�op. 
cit.,�pag�25.�

(71)�Nella�causa�Thomas 
William 
v. 
NSI,�i�querelanti�denunciano�l'illegale�monopolio�di�NSI�
sull'attivita�di�registrazione�dei�nomi�di�dominio�e�l'incostituzionale�imposizione�delcanone�ai�regi-
stranti.�
(72)�Vedi�infra 
nota�30.�
(73)�UnitedStates 
CourtofAppeal,for 
theDistrictofColumbia 
Circuit,�Thomas 
William 
v. 
Net-
work 
Solutions 
Inc.,�decided 
May 
14,�1999,inhttp://laws.findlaw.com/dc/985502a.html.�
La�Corte�riprende�una�sentenza�della�Corte�Suprema�del�1987�(Causa�San 
Francisco 
Arts 
& 


Athletics, 
Inc 
v. 
UnitedStates 
Olimpic 
Comm),�in�base�alla�quale��aprivatepartyperforms 
afunction 


which 
serves 
thepublic 
doesnotmake 
itsactsgovernmental�.�

(74)�Il�Cooperative 
Agreement 
NCR-9218742�tra�NSF,�agenzia�governativa�statunitense�(dal�
1998,�il�Dipartimento�del�Commercio�americano�si�e�sostituito�ad�essa)�e�NSI,�societa�privata�statu-
nitense,�e�regolamentato�dalle�leggi�statunitensi.�
(75)�Caso�Name.Space 
Inc. 
v. 
Network 
Solutions 
Inc. 
and 
National 
Science 
Foundation,�on 
Appealfrom 
United 
States 
District 
Courtfor 
the 
Southern 
District 
ofNew 
York, 
Brieffor 
Appellants,�
21�giugno�1999,�in�www.name-space.com/law/appeal.htm�

(76)�Il�timore�di�NSI�era�che,�appena�firmato�il�contratto�di�accreditamento,�avrebbe�perso�il�
suo�potere�contrattuale�sul�processo�di�transizione.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

era�solo�quello�di�consegnare�al�DoC�una�copia�del�database(77),�non�soggetto�

a�copyright(78),�per�cui�NSI�avrebbe�potuto�continuare�a�gestire�i�gTLD�senza�

la�sorveglianza�e�la�supervisione�del�Governo�americano,�scegliendo�il�canone�

di�registrazione�desiderato,�non�accettando�piu�le�registrazioni�dei�registrar 
conc
orrenti�e�decidendo�unilateralmente�la�gestione�globale�dei�TLD(79).�

Il�DoC�ed�ICANN,�ritenendo�che�il�registro�dovesse�essere�affidato�
attraverso�una�procedura�chiara�e�trasparente,�contestarono�tale�posiz
ione�(80),�fino�ad�una�situazione�che�minacciava�di�destabilizzare�il�DNS.�

Il�vuoto�normativo�spinse�il�Governo�americano�ad�evitare�un�conflitto�
diretto�con�NSI,�e�il�4�Novembre�1999�una�serie�di�accordi�vennero�presi�tra�

le�parti.�Essi�deviavano�in�maniera�significativa�dal�progetto�del�DoC:�NSI�

continuava�a�gestire�il�root 
server 
�A�,�ma�in�cambio,�acconsentiva�a�ricono


scere�ICANN�come�la��NewCo��dell'Amendment�11�(81)�al�Cooperative�

Agreement�NCR-9218742�(82)�ed�a�stipulare�un�contratto�di�registro�per�la�

gestione�dei�gTLD�.com,�.org,�.net.

��������

(77)�Nell'Amendment 
11�al�Cooperative 
Agreement 
NCR-9218742�si�legge:��Not 
later 
than 
30 
daysafterthedateofthisagreement,NSIshallsubmittothe 
USGanelectroniccopyofallsoftware 


and 
data 
generated 
under 
the 
Cooperative 
Agreement 
through 
September 
30, 
1998�.�

(78)��SebbeneilDoCcontrollichiaramenteilcontenutodelfileinbaseall'Amendment11del�
6�Ottobre�1998�al�Cooperative 
Agreement 
NCR-9218742�[WhileNSIcontinues 
to 
operate 
theprimary 
rootserver, 
itshallrequestwrittendirectionfromanauthorizedUSGofficialbeforemakingorrejecting 
any 
modifications, 
additions 
or 
deletions 
to 
the 
root 
zonefile]�,�il�potere�del�governo�[americano]�sul�
root 
sembra�derivare�dal�contratto�piuttosto�che�da�un�effettivo�diritto�di�proprieta�:e�difficile�dire�
se�in�capo�al�governo�americano�ci�sia�un�diritto�di�proprieta�su�un�bene�mobile�da�quando�e�NSI�
che�possiede�la�macchina�in�cui�il�file 
e�fisicamente,�ne�e�facile�caratterizzare�l'interesse�del�DoC�
come�diritto�di�proprieta�intellettuale.�[...]�Il�rootfile 
e�l'insieme�di�tutti�i�nomi�di�dominio�esistenti,�
ognuno�dei�quali�oggi�e�oggetto�di�tutela,�ma�nell'insieme�esso�manca�della�necessaria�originalita�
per�essere�tutelato�dal�diritto�d'autore:�anche�se�appartenesse�al�governo,�per�il�fatto�che�esso�e�cont
inuamente�aggiornato�ed�ogni�aggiornamento�e�pubblico,�non�e�soggetto�a�copyright 
in�base�al�

Copyright 
Act 
del�1976�(17�U.S.C.���105.)�.�Vedi�A.M.�FROOMKIN,��Wrong 
turn 
in 
cyberspace: 
using 
ICANNto 
route 
aroundthe 
APA 
andthe 
Constitution�,�2000,�op. 
cit.,�pag.45.�

(79)�Cfr.�Lettera�di�A.J.�PINCUS,�GeneralCounsel, 
USDepartmentofCommerce,�a�Tom�Blil
ey,�ChairmanofCommitteeonCommerce, 
USHouseofRapresentatives,�8�luglio�1999.�
In�www.ogc.gov/ogc/legreg/testimon/106f/pincus0722.htm�

(80)�Sitemevalacreazionediun�alternative 
root 
server 
system�,�senza�alcun�controllo�da�parte�
del�Governo�Americano.�Sui�root 
alternativi,�si�veda�S.�BACCAGLINI,��ICANN:poca 
storia, 
molti 
problemi 
La 
balcanizzazione 
della 
Rete�,�21�Giugno�2001,�in�www.interlex.it�;�Dan's 
Domain 
Site,�
�Structure: 
Alternate 
Roots�,�in�www.dantobias.com�;�K.CRISPIN,��Alt-Roots, 
Alt-TLDs�,�maggio�
2001,�in�www.icann.org/stockolm/draft-crispin-alt-roots-tlds-00.txt�;�documento�di�ICANN,�
�ICP-3: 
A 
unique, 
authoritative 
rootfor 
the 
DNS�,�9�luglio�2001,�in�www.icann.org/icp/icp-3.htm�(in�
risposta,��ICANN's 
Lynn 
on 
alternative 
roots�,�in�www.icannwatch.org�);�DNSO�Name�Council,�
�ICANNandAlterate 
Roots�,�8�maggio�2001,�in�www.dnso.org/clubpublic/ga-full/Arc07/doc00002.�
(81)�Nell'Amendment 
11�al�Cooperative 
Agreement 
NCR-9218742�del�6�Ottobre�1998�si�legge:�
�Following 
the 
finalization 
ofthe 
agreement 
[il 
successivo 
Memorandum 
of 
Understanding 
del 
25 


Novembre 
1998J 
between 
the 
USG 
[United 
States 
GovernmentJ 
and 
NewCo, 
NSI 
will 
recognize 


NewCopursuant 
to 
a 
contractbetween 
NSIandNewCo�.�

(82)�Amendment 
del�26�Febbraio�1999�al�Cooperative 
Agreement 
NCR-9218742�tra�il�Dipartim
ento�del�Commercio�americano�(sostituitosi�nel�1998�alla�NSF,�agenzia�governativa�statunitense)�
ela�societa�statunitense�NSI.�
Nell'Amendment 
si�legge:��ICANNshallbeconsideredas 
theNewCo 
identifiedinAmendment11 


ofthe 
CooperativeAgreementfor 
thepurposeofcarryingoutthefunctionsandactivitiesascribedto 


�NewCo� 
in 
thatAmendment�.�In�www.ntia.doc.gov/ntiahome/domainname/icannnewco.htm�


SERVIZI�INFORMATICI�E�STATISTICI�

NSI�accetto��di�riconoscere�il�diritto�della�comunita��Internet�di�stabilire�
politiche�di�consenso�attraverso�ICANN�e�di�rispettarle.�

Il�18�maggio�2001,�il�Dipartimento�del�Commercio�ha�approvato�la�revis
ione(83)�degli�accordi�stipulati�nel�Novembre�1999.�Uno�degli�scopi�di�
ICANN�e��stato�quello�di�ridurre�le�differenze�tra�gli�accordi�con�NSI�(oggi�
Verisign�Inc.(84))�e�quelli�con�i�registri�dei�sette�gTLD�introdotti�recentem
ente(85),�differenze�che�segnano�un�trattamento�speciale�e�unico,�basato�
sulla�sua�attivita��di�registro�prima�della�costituzione�di�ICANN.�

I�nuovi�contratti�sono�stati�firmati�da�VeriSign�Inc.,�societa��statunitense,�e�
ICANN,organizzazionesenzascopodilucrostatunitense,il25Maggio2001(86).

��������

(83)�L'Amendment 
1�del�28�Settembre�1999�al�Memorandum 
ofUnderstanding 
del�Novembre�
1998�tra�il�DoC�e�ICANN�prevede�che:�
1. 
TheAgreemententitled�RegistryAgreement�betweenICANNandNetworkSolutions, 
Inc. 
(NSI) 
dated______
________andrelatingtotheprovisionofregistryservicesforthe.com, 
.netand 
.orgTLDsis 


herebyapprovedbytheDOC. 
ICANNwillnotenterintoanyamendmentof, 
orsubstitutefor, 
said 


agreement, 
norwillsaidagreementbeassignedbyICANN, 
withoutthepriorapprovalofDOC.; 


2.�ICANN�shall 
not 
enter 
into 
any 
agreement 
with 
any 
successor 
registry 
to 
NSIfor 
the 
.com,�
.net.�and�.org�TLDs 
without 
thepriorapprovalbyDOCofthesuccessor 
registryandtheprovisions 
of 


theagreementbetween 
the 
registryandICANN.�
In�www.icann.org/general/amend1-jpamou-04nov99.htm�

(84)�Network 
Solutions 
Inc.e��stata�recentemente�acquistata�da�VeriSign�Inc,�societa��statunit
ense�operante�sul�mercato�della�certificazione�digitale.�Vedi�L.�MARINI,�Reti 
di 
comunicazione 
elettronica 
e 
servizi 
collegati 
nel 
diritto 
comunitario: 
il 
caso 
dei 
nomi 
di 
dominio 
Internet�,�2001,�
op.cit.,�nota�47,�pag.15.�

(85)�I�nuovi�gTLD�selezionati�sono�di�due�tipi:�quattro�(.biz,�.info,�.name,�.pro)�sono��unspon-
sored��e�gli�altri�tre�(.aero,�.coop,�.museum)�sono��sponsored�.�
Approssimativamente,�un�TLD��unsponsored��opera�in�base�a�politiche�stabilite�dalla�comun
ita��Internet�globale�attraverso�ICANN,�mentre�un�TLD��sponsored�e��un�TLD�specializzato�che�
ha�una��sponsoring 
organization��rappresentante�la�comunita��piu��vicina�e�piu��interessata�al�TLD.�
Alla�sponsoring 
organization 
e��delegato�il�compito�di�formulare�politiche�su�quel�determinato�TLD.�

Cfr.�S.�BACCAGLINI,��ICANN:pocastoria, 
moltiproblemiIlcontrollosuinomiadominio�,�
21�giugno�2001,�in�www.interlex.it�

(86)�Sono�stati�stipulati�tre�contratti�di�registro�tra�ICANN�e�VeriSign 
(NSI),�uno�per�ogni�
gTLD�gestito.�
Per�quanto�riguarda�il�TLD�.org�(vedi�contratto�in�www.icann.org/tlds/agreements/verisign/r
egistry-agmt-org-25may01.htm),�il�31�Dicembre�2002�(anziche�2003,�come�previsto�dal�precedente�
contratto),�VeriSign 
ha�cessato�di�essere�il�gestore�del�registro�.org.�Il�nuovo�gestore�e��un'organizzaz
ione�senza�scopo�di�lucro�statunitense,�il�Public 
Interest 
Registry.�

VeriSign 
ha�donato�5�milioni�di�dollari�e�lascera��disponibili�i�name 
server 
per�un�anno�a�costo�
zero�e�successivamente�ad�un�prezzo�da�determinare.�

Per�quanto�riguarda�il�TLD�.net�(vedi�contratto�in�www.icann.org/tlds/agreements/verisign/r
egistry-agmt-net-25may01.htm),�VeriSign 
continuera��la�gestione�fino�al�primo�Gennaio�2006,�dopo�
dichepartecipera��adunaproceduraapertaeimparzialeperlanuovaassegnazionedelregistro.Essa�
avra��la�possibilita��di�ricorrere�ad�arbitrato�(non�piu��al�giudice�come�previsto�dal�precedente�
accordo)�per�rivedere�la�decisione�di�ICANN�in�merito�all'operatore�selezionato.�

Per�quanto�riguarda�il�TLD�.com�(vedi�contratto�inwww.icann.org/tlds/agreements/verisign/r
egistry-agmt-com-25may01.htm),�a�differenza�dei�TLD�.org�e�.net,�il�contratto�si�discosta�dalla�
forma�di�contratto�prevista�per�gli�unsposoredgTLD,�dando�al�monopolista�VeriSign 
un�sostanziale�
vantaggio�sui�nuovi�entranti.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

4. 
IrapportiformaliedinformalitraICANNedilDipartimentodelCom-
mercio 
americano 


Alcuni�autori�si�riferiscono�ad�ICANN�come�a�quella��organizzazione�
senza�scopo�di�lucro�che�ha�assunto�la�responsabilita�per�le�funzioni�che�prec
edentemente�erano�garantite�dal�Governo�americano��(87)�o�a�cui��l'ammin
istrazione�americana�ha�trasferito�l'autorita�sul�DNS��(88).�

�La�presunta�democraticita�e�autonomia�di�ICANN�e�stata�messa�fortem
ente�in�discussione.�Cio�che�da�piu�parti�si�rimprovera�e�la�mancanza�di�
trasparenza�sia�nella�realizzazione�della�sua�struttura,�sia�nell'impianto�decis
ionale�attuale.�Di�completa�privatizzazione�si�potra�parlare�solo�dopo�il�
totale�trasferimento�a�vantaggio�di�ICANN�delle�funzioni�ancora�detenute�
dal�governo�americano,�dismissione�che�e�stata�posticipata�piu�volte��(89).�

�ICANN�e�formalmente�indipendente�dal�Governo�americano��(90).�

Sebbene�il�governo�americano�abbia�supportato�e�finanziato�lo�sviluppo�
del�DNS,�esso�non�ha�sviluppato�una�legislazione�in�materia,�ne�ha�designato�
un�ente�responsabile�per�essa(91),�per�cui�si�sono�posti�dubbi�circa�il�potere�
del�DoC�di�concludere�accordi�con�ICANN.�

Il�Dipartimento�del�Commercio�ha�identificato�tre�fonti�di�diritto:�

-Il�DoC�ha�il�potere�di�favorire,�promuovere�e�sviluppare�il�commercio�
estero�e�interno�(92);�

-Il�DoC�ha�il�potere�di�concludere�accordi�con�organizzazioni�senza�
scopo�di�lucro�per�realizzare�progetti�comuni�su�materie�di�pubblico�inter
esse�(93);�

-La�National 
Telecommunications 
and 
Information 
Administrations 
(NTIA),�ente�governativo�all'interno�del�Dipartimento�del�Commercio,�ha�il�
potere�di�provvedere�al�coordinamento�delle�attivita�di�telecomunicazioni�
del�ramo�esecutivo�(94).

��������

Per�un'analisi�critica�del�contratto�di�registro�per�il�.com,�si�veda�il�commento�del�DNSO,�
Organizzazione�di�Supporto�di�ICANN,��DNSO 
Input 
on 
Proposed 
VeriSign 
Agreement 
Revi-
sions�,�28�Marzo�2001,�in�www.icann.org/melbourne/dnso-input-verisign-revisions-28mar01.htm.�
Vedi�anche�lettera�del�15�Maggio�2001�di�J.D.�DINGELL,�Committee 
on 
Energy 
and 
Commerce,�
e�E.J.�MARKEY,�Subcommittee 
on 
Telecommunications 
andthe 
Internet,�indirizzata�a�D.L.�Evans,�
Secretary 
of 
Department 
of 
Commerce,�in�www.house.gov/commerce-democrats/press/107l
tr53.html�

(87)�R.WERLEeV.LEIB,�The 
Internet 
Societyanditsstruggleforrecognitionandinfluence�,�
workingpaper�99/12,�Novembre�1999,�inwww.mpi-fg-koeln.mpg.de/publikation/working_papers/w
p99-12/index.htm�
(88)�M.�HOLITSCHER,��Global 
Internet 
Governance 
and 
the 
Rise 
of 
Private 
Sector�,�Swiss�
Political�Science�Review,�in�www.ib.ethz.ch/spsr/debates/debat_net/index.html�
(89)�S.�BACCAGLINI,��ICANN:pocastoria, 
moltiproblemi 
-Processoftransition: 
laprivatiz-
zazione 
di 
Internet�,�21�Giugno�2001,�in�www.interlex.it�
(90)�A.M.�FROOMKIN�&�M.A.�LEMLEY,��ICANN 
and 
Antitrust�,�2001,�op. 
cit.,pag.�7.�
(91)�GAO�Report�del�7�luglio�2000,�op. 
cit.,�pag.�8.�
(92)�15�U.S.C.���1512.�
(93)�15�U.S.C.���1525.�
(94)�47�U.S.C.���902.�

SERVIZI�INFORMATICI�E�STATISTICI�

I�rapporti�tra�il�Dipartimento�del�Commercio�ed�ICANN�sono�di�natura�
contrattuale:�un�Memorandum 
of 
Understanding(95)�(MoU)�stipulato�il�25�
Novembre�1998,�un�Cooperative 
Research 
And 
Development 
Agreement 
(CRADA)�e�un�purchase 
order 
contract 
per�svolgere�le�funzioni�IANA(96).�

Il�Memorandum 
of 
Understanding 
(MoU)�appare�autorizzare�non�altro�
che�uno�studio�su�come�il�DNS�dovrebbe�essere�privatizzato,�ma�un'analisi�
piu�approfondita�mostra�come,�attraverso�di�esso,�il�Dipartimento�del�Com-
mercio�si�sia�garantito�il�controllo�sull'operato�dell'organizzazione�privata.�

Con�l'Amendment�1�del�4�Novembre�1999�al�MoU�tra�il�Dipartimento�del�
Commercio�ed�ICANN,�il�primo�si�assicura�anche�la�supervisione�dei�contratti�

di�registro�stipulati�tra�ICANN�e�NSI�:��ICANNshallnotenterintoanyagree


mentwithanysuccessorregistrytoNSIforthe.com, 
.net. 
and.orgTLDswithout 


theprior 
approval 
by 
DOC 
ofthe 
successor 
registry 
and 
theprovisions 
ofthe 


agreement 
between 
the 
registry 
and 
ICANN�(97),�ma�e�ancora�piu�importante�

rilevare�che��ifDoCwithdraws 
its 
recognition 
ofICANNor 
anysuccessor 
entity 


byterminatingthisMoU, 
ICANNagreesthatitwillassigntoDoCanyrights 


that 
ICANN 
has 
in 
all 
existing 
contracts 
with 
registries 
and 
registrars�(98).�

La�responsabilita�di�ICANN�e�quella�di�agire�come�l'organizzazione�
senza�scopo�di�lucro�contemplata�nel�White 
Paper:�ogni�anno�essa�deve�pre-
sentare�al�DoC�un�rapporto�in�cui�vengono�illustrati�gli�obiettivi�raggiunti�e�
le�azioni�che�sono�ancora�necessarie�per�una�completa�privatizzazione�nella�
gestione�del�Sistema�dei�Nomi�di�Dominio.�

Nel�Giugno�del�1999,�il�DoC�e�ICANN�hanno�stipulato�un�contratto,�
un�Cooperative 
Research 
And 
Development 
Agreement(99)�(CRADA),�per

��������

(95)�La�scadenza�del�Memorandum 
of 
Understanding 
e�attualmente�il�30�settembre�2003�
(Amendment 
5,�in�www.icann.org/general/amend5-ipamou-19sep02.htm).�
(96)�Le�funzioni�IANA�includono�il�coordinamento�dell'assegnazione�dei�parametri�tecnici,�
l'allocazione�degli�spazi�di�indirizzo�del�protocollo�Internet�e�le�funzioni�amministrative�associate�
con�la�gestione�del�root. 
(97)�Amendment 
1�del�4�Novembre�1999�al�MoU�tra�il�Dipartimento�del�Commercio�ed�
ICANN.�In�www.icann.org/nsi/amend1-jpamou-04nov99.htm�
(98)�Ibidem. 
(99)�Il�Cooperative 
Research 
And 
Development 
Agreement 
e�disciplinato�dal�Codice�degli�Stati�
Uniti,�che�lo�definisce�come��any 
agreement 
between 
oneor 
moreFederallaboratories 
andoneor 
more 
non-FederalpartiesunderwhichtheGovernment, 
throughitslaboratories,providespersonnel,services, 


facilities, 
equipment, 
intellectualproperty, 
or 
other 
resources 
with 
or 
without 
reimbursement 
(but 
not 


fundstonon-Federalparties) 
andthenon-Federalpartiesprovidefunds,personnel, 
services,facilities, 


equipment, 
intellectualproperty, 
orotherresourcestowardtheconductofspecifiedresearchordevelop


ment 
efforts 
which 
are 
consistent 
with 
the 
missions 
ofthe 
laboratory��(15�U.S.C.���3710a.�(d),�Defini-
tion.).�

Attraverso�di�esso,�quindi,�il�governo�federale�e�il�partner�possono�ottimizzare�le�proprie�
risorse,�dividendo�i�costi�della�ricerca.�Il�privato�fornisce�fondi,�personale,�servizi,�attrezzature�e�
altre�risorse�necessarie,�mentre�il�governo�fornisce�risorse�simili,�ma�non�fondi.�

La�controparte�dell'agenzia�federale�puo�essere�un'altra�agenzia�o�un�governo�locale,�organiz-
zazioni�industriali�(incluse�societa�,�partnership,�organizzazioni�di�sviluppo�industriale),�fondazioni�
private�o�pubbliche,�organizzazioni�senza�scopo�di�lucro�(incluse�universita�)�o�altrepersone(15�

U.S.C.���3710a(a)�).�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

determinare�la�futura�gestione�del�root�server�A�e�dell'intero�sistema�dei�root 
server(100).�Le�parti,�nella�fattispecie�in�esame,�sono�l'istituto�del�Dipartim
ento�del�Commercio�americano,�il�National 
Institute 
ofStandard 
andTech-
nology(101)�(NIST)�e,�appunto,�l'organizzazione�statunitense�ICANN,�in�part
icolare�il�Comitato�interno�consultivo�DNS 
Root 
Server 
System 
Advisory 
Committee(102).�

Lo�scopo�e�studiare�un�modo�piu�sicuro�e�piu�stabile�per�gestire�il�
sistema�dei�root 
server. 
La�ricerca�intende�(103):�

-determinare�i�requisiti�operativi�del�root 
server 
system, 


-esaminare�la�sicurezza�dello�stesso�e�rivedere�l'ubicazione�e�la�distribu


zione�dei�root 
server,�

-sviluppare�procedure�per�il�root 
system, 
inclusa�la�formalizzazione�delle�
relazioni�contrattuali�in�base�alle�quali�i�root 
server 
operano�in�tutto�il�
mondo(104).�

L'ultimo�contratto�che�lega�ICANN�al�Dipartimento�del�Commercio�
(rappresentato�da�NTIA)�e�il�purchase 
order(105)�contract(106)�a�costo�zero,�
per�un�periodo�prorogabile�attualmente�fino�al�30�Settembre�2006�(107).

��������

Ogni�informazione�rivelata�dal�privato�in�conseguenza�dell'accordo�viene�protetta�dal�
governo�(15�U.S.C.���3710a(c)(7)�):�si�viene�cos|�a�creare�una�vera�opportunita�di�collaborazione,�
in�quanto�le�parti�possono�scambiare�idee�e�conoscenze�mantenendo�i�segreti�societari.�Le�parti�
possono�inoltre�decidere�di�non�rivelare�i�risultati�della�ricerca�per�un�periodo�di�cinque�anni.�Poss
ono�decidere�di�dividere�i�diritti�di�proprieta�intellettuale�derivanti�dai�risultati�(15�U.S.C.���
3710a(b)�).�

(100)�Il�contratto�puo�leggersi�all'indirizzo�www.icann.org/committees/dns-root/crada.htm�
(101)�Fondatanel�1901,NISTe�un'agenziafederaleall'internodella�Tecnology 
Administration 
del�Dipartimento�del�Commercio�americano.�La�sua�missione�e�sviluppare�e�promuovere�standard�
e�tecnologieche�aumentinolaproduttivita�,�facilitinoilcommercio�emigliorinolaqualita�dellavita.�
Vedi�il�sito�del�NIST�al�www.nist.gov.�
(102)�Lo�statuto�di�ICANN�prevede�che�il�Comitato�Direttivo�possa�creare�delle�Commissioni�
di�studio.�Sono�tre�le�commissioni�gia�operative:�la�DNS�Root 
Server 
System 
Advisory 
Committee,�
la�AtLargeMembershipStudy 
Committee,la�Governmental 
Advisory 
Committee.�

(103)�Cfr.�GAO�Report 
del�7�Luglio�2000,�op. 
cit.,�pag.�17.�
(104)�Il�CRADA�non�ha�ancora�portato�a�risultati�concreti.�Difficile�ipotizzare�i�possibili�svil
uppi,�soprattutto�per�la�difficolta�incontrata�nel�comprendere�le�relazioni�passate�e�presenti�tra�i�
gestori�dei�root 
server 
e�Jon�Postel,�prima,�e�ICANN,�dopo.�
(105)�Un�purchase 
order 
rappresenta�un�accordo�formale�tra�due�soggetti�per�la�fornitura�di�
beni�o�servizi.�
Esso�identifica:�
^il��vendor�,�ossia�l'individuo�o�l'organizzazione�che�fornisce�i�beni�o�servizi;�
^i�beni�o�servizi�forniti;�
^la�quantita�;�
^il�prezzo;�
^la�data�e�i�termini�di�consegna;�
^i�termini�di�pagamento.�

(106)�Il�contratto�puo�leggersi�all'indirizzo�www.icann.org/general/iana-contract-17m
ar03.htm�
(107)�Section 
B.2�delpurchaseorder 
contract 
tra�NTIA,�agenzia�del�Dipartimento�del�Commerc
io,�e�ICANN�per�il�trasferimento�ad�ICANN�delle�funzioni�IANA.�

SERVIZI�INFORMATICI�E�STATISTICI�

Oggetto�del�contratto�e�lo�svolgimento,�da�parte�di�ICANN�(108),�delle�
funzioni�IANA(109)�precedentemente�svolte�dall'Information�Science�Insti-
tute�(ISI)�della�University�of�Southern�California�(USC),�in�base�al�contratto�
(denominato��Teranode 
Network 
Technology 
contract�o�TNT 
contract�)�
che�quest'ultima�aveva�stipulato�con�DARPA�(Defence�Advanced�Research�
ProjectAgency),�agenziadelDipartimento�dellaDifesa(110).�

In�base�al�TNTcontract,�ISI�svolgeva�le�funzioni�IANA�come�parte�del�
progetto�di�ricerca�denominato��Teranode 
Network 
Technology�(111).�Il�
Codice�degli�Stati�Uniti�prevede�infatti�che�il�Dipartimento�della�Difesa�
possastipulareaccordiperportareaterminedeiprogettidiricerca(112):�in�
questo�modo�DARPA(113)�e�autorizzata�a�finanziare�l'USC�per�lo�svolgi-
mento�delle�funzioni�IANA.�

Le�agenzie�dell'Esecutivo�devono�seguire�determinate�procedure�nella�
stipula�dei�contratti,�(114),�ma�in�alcuni�casi�previsti�dalla�legge,�esse�possono�
derogarvi.�Una�specifica�eccezione�e�prevista�nel�Competition 
in 
Contracting 
Act: 
�an 
executive 
agencymay 
useprocedures 
other 
than 
competitiveprocedu-
res 
only 
when 
the 
property 
or 
services 
needed 
by 
the 
executive 
agency 
are 
avai-
lablefrom 
onlyoneresponsiblesourceandno 
other 
typeofpropertyorservices 
will 
satisfy 
the 
needs 
ofthe 
executive 
agency��(115).�

Il�Governo�americano�ha�dichiarato�che�il�contratto�per�lo�svolgimento�
delle�funzioni�IANA�e�stato�stipulato�con�ICANN�proprio�in�base�a�tale

��������

(108)�Le�funzioni�IANA,�prima�della�stipula�del�purchase 
order 
contract,�sono�state�oggetto�di�
un�contratto,�approvato�dal�Dipartimento�del�Commercio,�tra�la�University 
ofSouthern 
California 
e�ICANN:�con�il�transition 
agreement,�la�prima�trasferiva�alla�seconda�alcuni�compiti,�responsabi-
lita�,�attivita�e�personale�associati�all'adempimento�delle�funzioni�IANA.�Vedi�in�www.icann.org/-
general/usc-icann-transition-agreement.htm�.�

Con�riferimento�al�purchase 
order 
contract,�ICANN�e�quindi�il�vendor,�ossia�il�contraente�che�
fornisce�il�servizio�(lo�svolgimento�delle�funzioni�IANA)�al�Governo�americano.�Il�costo�gravante�
sul�Governo�(prezzo�del�servizio)�e�zero.�

(109)�Si�tratta�delle�funzioni�originariamente�svolte�da�Postel,�presso�l'ISI�della�University 
of 
Southern 
California.�
(110)�Cfr�Section 
C.1�(Background)�del.purchase 
order 
contract 
traNTIA,�agenziadelDiparti-
mento�del�Commercio,�e�ICANN�per�il�trasferimento�ad�ICANN�delle�funzioni�IANA.�
(111)�Ibidem. 
(112)�10�U.S.C.���2371�(a):��The 
Secretary 
ofDefenseandthe 
Secretary 
ofeach 
military 
depart-
ment 
may 
enter 
into 
transactions 
(other 
than 
contracts, 
cooperative 
agreements, 
and 
grants) 
under 


theauthorityofthissubsectionincarryingoutbasic,applied,andadvancedresearchprojects. 
The 


authority 
under 
thissubsection 
is 
inaddition 
to 
theauthorityprovidedin 
section 
2358ofthis 
title 
to 


usecontracts,cooperativeagreements, 
(...)incarryingoutsuchprojects�.�

(113)�Inbase�alCodice�degli�StatiUniti�(10U.S.C.��2371�(b)),�il�Dipartimento�della�Difesa�
(DoD),�per�le�attivita�di�cui�al�10�U.S.C.���2371(a)�(vedi�nota�precedente)�agira�attraverso�DARPA�
o�ogni�altro�elemento�del�DoD,�che�il�Segretario�puo�designare�.�
(114)�Procedure�definite�nella�Federal 
Acquisition 
Regulation 
(FAR),alfine�disoddisfare�il�
consumatore�in�termini�di�costo,�qualita�e�disponibilita�tempestiva�del�prodotto�o�del�servizio�attra-
verso�l'uso�di�prodotti�o�servizi�commerciali,�oppure�usando�contraenti�che�hanno�gia�dimostrato�
in�passato�di�avere�i�requisiti�adatti,�oppure�stimolando�la�concorrenza.�Cfr.�F.A.R.,�1.102��State-
mentofguidingprinciplesfor 
theFederalAcquisition 
System��
(115)�41�U.S.C.�253�(c)(1)�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

specifica�eccezione�(116):�la�scelta�nasce�dalla�forte�convinzione�che�ICANN�

sia�la�sola�entita�che�possa�svolgere�l'attivita�in�maniera�da�assicurare�stabi-

lita�,�sicurezza�e�credibilita�ad�Internet�durante�il�periodo�di�transizione�verso�

una�completa�privatizzazione.�
Per�quanto�le�funzioni�IANA�vengano�giudicate�fondamentali�per�una�

completa�privatizzazione�della�Rete�(processo�iniziato�con�il�White 
Paper 


�Management 
of 
Internet 
Names 
and 
Addresses�),�va�rilevato�che�ad�essa�

non�viene�trasferito�il�potere�di�decidere�delle�deleghe�a�terzi�della�gestione�

dei�TLD,�incarico�svolto�nel�passato�da�Postel�(117),�il�quale�ha�determinato�

l'attuale�sistema�di�competenze�nel�DNS�a�livello�mondiale.�
�Le�funzioni�amministrative�associate�alla�gestione�del�root 
includono�il�

ricevimento�delle�richieste�di�delega�e�riassegnazione�della�delega�di�TLD,�l'in-

vestigazione�delle�circostanze�pertinenti�tali�richieste�e�la�preparazione�di�rap-

porti�su�di�esse.�Questa�funzione,�tuttavia,�non�comprende�l'autorizzazione�a�

modifiche,�aggiunte,�o�cancellazioni�al�root 
zonefile 
o�informazioni�associate,�

che�costituiscono�delega�o�nuova�delega�di�TLD.�Il�contratto�non�altera�le�

responsabilita�relative�al�root 
system 
definite�dall'Amendment�11�(118)�del�

Cooperative�Agreement(119)��(120).
E�il�Dipartimento�del�Commercio�che,�dopo�aver�esaminato�i�rapporti�di�

ICANN,�agisce�sulle�richieste�di�delega�e�riassegnazione�delle�deleghe�dando�

l'approvazione�alle�modifiche�nel�root 
zonefile(121).�
Inoltre��il�Governo�si�riserva�il�diritto�di�porre�termine�al�contratto�per�

sua�unica�convenienza.�In�questo�caso,�il�contraente�[ICANN]�interrompera�

l'attivita�svolta�in�virtu�del�presente�atto�e�indurra�tutti�i�suoi�fornitori�e�i�

suoi�contraenti�a�cessarla��(122).

��������

(116)�Cfr.�Notice 
of 
intent,�Maintenance 
of 
the 
operation 
ofthe 
Internet 
by 
performance 
of 
Internet 
Assigned 
Numbers 
Authority 
(IANA) 
functions�,�17�Gennaio�2001,�in�www.govnoc.net/-
opportunities/CBD/2001/01/17/aau.cbd.htm�

(117)�Postel�agiva�sotto�contratto�tra�DARPA,�agenzia�governativa�che�fa�capo�al�Diparti-
mento�della�Difesa�americana,�e�la�University 
ofSouthern 
California,�universita�statunitense�
(118)�Amendment 
11�del�7�Ottobre�1998�al�Cooperative 
Agreement 
NCR-9218742�tra�NSI�(oggi�
VeriSign)�e�il�DoC.�
�WhileNSIcontinuestooperatetheprimaryrootserver, 
itshallrequestwrittendirectionfroman 


authorizedUSGofficialbeforemakingorrejectinganymodifications, 
additionsordeletions 
to 
theroot 


zonefile. 
Suchdirectionwillbeprovidedwithinten 
(10) 
workingdaysanditmayinstructNSItopro-

cess 
anysuch 
changes 
directedby 
NewCo 
[ICANN] 
whensubmittedto 
NSIin 
conformity 
with 
written 


procedures 
establishedby 
NewCo 
[ICANN] 
andrecognizedby 
the 
USG.��

(119)�Cooperative 
Agreement 
NCR-9218742�tra�il�Dipartimento�del�Commercio�americano�e�
NSI�(oggi�VeriSign),�societa�commerciale�statunitense,�e�regolamentato�dal�diritto�statunitense.�
(120)�Punto�C.4.2�del�purchase 
order 
contract 
tra�NTIA,�agenzia�del�Dipartimento�del�Com-
mercio,�e�ICANN�per�il�trasferimento�ad�ICANN�delle�funzioni�IANA.�
(121)�Punto�E.2�del�purchase 
order 
contract 
tra�NTIA,�agenzia�del�Dipartimento�del�Commer-
cio,�e�ICANN�per�il�trasferimento�ad�ICANN�delle�funzioni�IANA.�
(122)�Section 
Idelpurchase 
ordercontract 
tra�NTIA,�agenzia�del�Dipartimento�del�Commercio�
e�ICANN�per�il�trasferimento�ad�ICANN�delle�funzioni�IANA.�
La�clausola�contrattuale�c.d.��terminationfor 
convenience��attribuisce�al�contraente�pubblico�il�
potere�di�risoluzione�unilaterale�del�contratto,�anche�senza�default 
(inadempimento)�del�contraente,�
quando�la�risoluzione�sia�effettuata�nell'interesse�pubblico.�Cfr.�F.P.�PUGLIESE,��I 
contratti 
delle 


amministrazionifederali 
negli 
Stati 
Uniti 
d'America�,�1974,�CEDAM,�Padova.�


SERVIZI�INFORMATICI�E�STATISTICI�

A�questi�rapporti�formali,�si�aggiunge�una�generale�supervisione�(i�cui�
limiti�sono�difficilmente�definibili)�sull'azione�di�ICANN�da�parte�del�
DoC(123).�

Il�fatto�che�non�siano�formalmente�definite�le�procedure�con�cui�il�DoC�
revisiona�le�decisioni�di�ICANN(124),�o�che�il�primo�non�pubblichi�le�pro-
prie�decisioni�riguardanti�l'attivita��di�ICANN,�fa�sorgere�dubbi�circa�l'auto-
nomia�decisionale�dell'organizzazione(125).�

Tutto�cio��ha�implicazioni�a�livello�internazionale,�in�quanto�l'entrata�nel�
rootfile�e��condizione�imprescindibile�per�una�visibilita��mondiale�anche�per�i�
domini�nazionali.�

5.�La�gestione�dei�domini�nazionali�
I�domini�nazionali�o�country�code�Top�Level�Domains�(ccTLDs)�sono�
dipendenti�dalla�localizzazione�geografica�e�la�loro�gestione�e��effettuata�da�
soggetti�incaricati�nel�passato�direttamente�da�IANA�(Internet�Assigned�
Numbers�Authority)�(126),�tipicsamente,�ma�non�sempre,�localizzati�nei�paesi�
a�cui�il�country-code�(codice�di�paese)�si�riferisce,�senza�che�vi�sia�stato�un�
successivo�riconoscimento�governativo�(127).�Questo�perche��al�momento�
della�delega,�diversi�anni�fa,�Internet�non�aveva�un�impatto�sulla�comunita��
nazionale�tale�da�giustificare�un�intervento�del�Governo(128).

��������

(123)�Un�funzionario�del�Dipartimento�del�Commercio�ha�affermato:��the�Department's�gene-
raloversight�under�thejointproject�is�limitedto�ensuring�thatICANN'sactivitiesare�inaccordance�

with�the�joint�project�MoU�[Memorandum�of�Understanding�tra�Doc�e�ICANN�del�28�Novembre�

1998],�which�inturnrequiresICANNtoperform�itsMoUtasks�inaccordancewith�the�WhitePaper�.�

Cfr.�FROOMKIN�A.M.,��Wrong�turn�in�cyberspace:�using�ICANN�to�route�around�the�APA�and�

the�Constitution�,�2000,�in�www.law.duke.edu/journals/dlj/articles/dlj50p17.htm#H2N8.�

(124)�I�funzionari�del�DoC�affermano�che�la�supervisione�sulle�attivita��di�ICANN�relative�al�
MoU�del�Novembre�1998�(supervisione�necessaria�per�verificare�che�il�settore�privato�abbia�le�
risorse�e�le�capacita��per�gestire�il�DNS)�avviene�attraverso�continue�discussioni�informali�con�i�diri-
genti�di�ICANN.�Non�ci�sono�relazioni�scritte�di�queste�discussioni.�
Cfr.GAO,�Internetmanagement-Limitedprogress�onprivatizationprojectmakes�outcome�

uncertain�,�testimony�ofPeter�Guerrero,�DirectorofPhysicalInfrastructureIssuesbeforetheSubcom-

mittee�on�Science,�Technology�and�Space,�Committee�on�Commerce,�Science�and�Transportation,�

U.S.�Senate,�12�Giugno�2002,�in�www.gao.gov/new.items/d02805t.pdf�
(125)�Cfr.�FROOMKIN�A.M.,��Wrong�turn�in�cyberspace:�using�ICANN�to�route�around�the�
APA�andthe�Constitution�,�op.�cit.�

(126)�IANAindicalefunzionisvoltedaJonPostel,inbasealcontrattotrala�University�ofSou-
thern�California,�universita��statunitense,�e�il�Dipartimento�della�Difesa�americano.�Col�tempo,�la�
comunita��Internet�inizio��a�riferirsi�a�IANA,�considerandola�un�ente�a�se�,�di�cui�Postel�era�direttore.�
(127)�IANA�ben�esprime�l'importanza�dei�TLD�geografici:��i�ccTLD�sono�stati�stabiliti�per�
facilitare�e�promuovere�la�diffusione�della�Rete�nel�mondo.�Essi�consentono�al�manager�designato�
della�gestione�di�adattare,�nel�migliore�dei�modi,�le�operazioni�relative�ai�ccTLD�alle�condizioni�eco-
nomiche,�culturali�e�linguistiche�della�nazione�o�del�territorio�coinvolto�.�Vedi�il�rapporto�di�IANA�
del�giorno�11�Febbraio2000sullarichiestadiriassegnazione�delladelegadelccTLD�.pn��dell'Isola�
di�Pitcairn,�in�www.iana.org/reports/pn-report-11feb00.htm�
(128)�Cfr.��Rapporto�informativosulleattivita�svoltedel31Marzo2000��del�Comitato�di�Esperti�
Internet�(COESIN),�in�www.coesin.cnr.it/attivita/documenti/relcomint.pdf.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

La�delega�dei�domini�di�primo�livello�si�basa�su�accordi�informali�con�
IANA�(e�precisamente�Jon�Postel�(129))�e�sulla�consuetudine�(�in�particolare�
la�RFC1591��Domain 
Name 
System 
Structure 
and 
Delegation��(130),�docu-
mento�non�vincolante,�redatto�da�Postel�nel�1994)(131).�Essa,��dal�punto�di�
vista�tecnico,�e�determinata�dall'entrata�nel�rootfile�(132).�

Lo�sforzo�attuale�e�quello�di�formalizzare�i�rapporti�tra�i�vari�soggetti�
coinvolti�nella�gestione�dei�domini�nazionali.�

Le�parti�del�contratto�ancora�in�fase�di�studio,�sono�ICANN,��ente�di�
diritto�privato�soggetto�esclusivamente�alla�giurisdizione�delle�autorita�statu-
nitensi�(133),�ed�il�gestore�del�ccTLD,�in�genere�di�nazionalita�del�paese�in�
causa.�Si�tratta�di�contratti�internazionali,�assimilabili�a�quelli�a�formazione�
progressiva�o�continuata,��caratterizzati�da�una�lunga�e�articolata�fase�di�
trattative�che�induce�le�parti�a�documentare�in�qualche�modo�i�momenti�piu�

��������

(129)�Postel�agiva�in�base�al�contratto�tra�la�University 
ofSouthern 
California,�universita�sta-
tunitense,�e�il�Dipartimento�statunitense�della�Difesa.�
(130)�J.�POSTEL,�RFC�1591,�DomainNameSystem 
StructureandDelegation, 
InternetEnginee-
ringTask 
Force,�Marzo�1994,�in�http://www.ietf.org/rfc/rfc1591.txt.�
Postel,�oltre�a�descrivere�la�struttura�del�sistema�dei�nomi�di�dominio�(distinzione�tra�gTLD�e�
ccTLD),�pone�i�principi�base�per�l'allocazione�e�l'amministrazione�dei�domini.�

(131)��Sebbene�molti�di�questi�domini�furono�distribuiti�in�consultazione�con�i�governi�nazio-
nali,�il�controllo�ultimo�su�chi�dovesse�essere�il�delegato�alla�loro�gestione�restava�sempre�nelle�mani�
di�Jon�Postel:�le�decisioni�finali�venivano�prese�in�base�a�quale�fosse�il�meglio�per�lo�sviluppo�di�
Internet�e�per�la�comunita�internazionale�.�Tratto�dall'articolo�di�J.�CLAUSING,��New 
Internet 
BoardCouldShake 
Up 
Country 
Domains�,�27�Novembre�1998,�in�www.nytimes.com.�
�In�passato,�la�designazione�dei�registri�nazionali�era�alquanto�casuale�e�veniva�connessa�alla�
presenza�del�nucleo�delle�reti�nazionali�di�ricerca�e�sviluppo;�quest'ultime�sono�spesso�situate�all'in-
terno�del�Ministero�nazionale�della�ricerca�tecnologica�o�di�un�dipartimento�universitario�con�inte-
ressi�nel�settore�informatico�e�della�ricerca�e�sviluppo�.�Cfr.�Documento�COM(2000)153�definitivo�
del�2�Febbraio�2000,��CreazionedelnomedidominioInternetdiprimolivello 
(TLD) 
.EU�,�pag.�7.�

Anchese�ainostri�giorni�e�inqualchemodosuperatoinvirtu�dell'espansione�edelladiversifica-
zione�di�Internet,�tale�modello�serve�comunque�a�spiegare�la�designazione�ereditata�dal�registro�
dei�ccTLD�in�diversi�Stati.�

Nelcasoitaliano,�versoil1985,nelmomentoincuifuronointrodottiidominiInternetnazionali,�
fu�comunicato�alla�IANA�che�la�comunita�Internet�in�Italia,�al�momento�molto�ristretta,�avrebbe�
accettato�senza�problemi�la�gestione�dei�nomi�sotto�il�ccTLD��.it��da�parte�dell'Istituto�CNUCE�del�
CNR�(Consiglio�Nazionale�delle�Ricerche),�per�conto�della�rete�per�la�ricerca�scientifica�GARR.�[...]�
Il�CNUCE�era�stato�pioniere�nell'introduzione�dei�protocolli�TCP/IP�nel�nostro�paese�ed�aveva�atti-
vato�il�collegamento�con�gli�Stati�Uniti,�pertanto�gli�altri�partner�al�momento�interessati�ad�Internet�
in�Italia�furono�d'accordo�che�ricoprisse�questo�ruolo.�Dal�1998�lo�IAT�(Istituto�per�le�Applicazioni�
Telematiche),ilnuovoistitutodel�CNR,�haassorbitoleattivita�delrepartoApplicazioniTelematiche�
delCNUCEstesso.�[...]Nessunaltrotipodiformalita�e�statoprevistonelpassato,quindinonesistono�
documentiformali,�diversidallaregistrazioneneldatabasedellaradice(rootfile),�che�attestino�l'inca-
ricoricevutodalloIATperquantoriguardalagestionedelTLD.it�.Cfr.�S.TRUMPY,��Internet:ecco 
iveriproblemi�,Giugno�1999,inwww.idg.it/networking/nwi2000/IW069901.htm�

(132)�Dichiarazione�resa�il�giorno�11�Novembre�2000�da�L.�TOUTON,�vice�presidente�di�
ICANN,�davanti�alla�corte�del�Missouri,�nella�causa�Economic 
Solution, 
Inc 
v. 
ICANN. 
In�
www.geocities.com/gooda14/icann/Touton.htm�
(133)�L.�MARINI,��Reti 
di 
telecomunicazione 
elettronica 
e 
servizi 
collegatineldiritto 
comunita-
rio: 
ilcaso 
deinomididominioInternet�,�in��Diritto 
del 
Commercio 
Internazionale�,�2001,�pag.�14.�

SERVIZI�INFORMATICI�E�STATISTICI�

significativi�dei�negoziati��(134):�al�contratto�sono�allegate�le�comunicazioni�
intercorse�tra�ICANN,�il�manager�del�ccTLD�e�il�governo�o�autorita��in�causa�
prima�della�stipula�del�contratto�(135).�

Il�governo�o�la�pubblica�autorita��in�causa�deve�formalmente�comunicare�
ad�ICANN,�la�propria�designazione�del�manager�del�ccTLD�tramite�lettera,�
in�cui�dichiara�anche�il�proprio�impegno�ad�assicurare�che�gli�interessi�locali�
e�le�politiche�pubbliche�siano�tutelate�e�riconosce�la�responsabilita��di�ICANN�
nel�coordinare�il�DNS�in�maniera�da�assicurare�la�stabilita��e�l'interoperabilita��
di�tutta�Internet.�

Sebbene�il�contratto�sia�stato�presentato�come�strumento�per�la�forma-
lizzazione�delle�deleghe(136),�gli�obblighi�derivanti�da�esso�sono�di�natura�
tecnica,�inerenti�alla�gestione�dei�server 
e�del�registro�e�di�natura�finanziaria,�
riguardanti�il�finanziamento�di�ICANN�da�parte�del�gestore�del�ccTLD.�

Il�potere�di�delega�di�Jon�Postel�traeva�origine�dalle�funzioni�da�lui�
svolte�in�base�al�contratto�tra�l'USC�e�DARPA.�Oggi,�tali�funzioni�sono�
oggetto�del�purchase 
order 
contract 
tra�NTIA,�agenzia�del�Dipartimento�del�
Commercio�americano�e�ICANN,�societa��senza�scopo�di�lucro�statunitense.�

Tale�contratto�non�prevede�un'alterazione�delle�responsabilita��definite�
nell'Amendment�11�al�Cooperative�Agreement�NCR-9218742:�NSI��shall 
request 
written 
directions 
from 
and 
authorized 
USG 
[United 
States 
Govern-
mentJ 
official 
before 
making 
or 
rejecting 
any 
modification, 
additions 
or 
dele-
tions 
to 
the 
root 
zonefile�.�

In�breve,�ICANN�non�ha�attualmente�la�legittimazione�per�autorizzare�
modifiche�al�rootfile,ne�per�decidere�delle�deleghe.�Essa,�una�volta�ricevute�
le�richieste�di�delega,�investiga�sulla�idoneita��del�richiedente�a�gestire�il�
TLD,�riassumendo�le�sue�conclusioni�in�un�rapporto,�che�sara��alla�base�della�
decisione�del�Dipartimento�del�Commercio�per�autorizzare�o�meno�NSI�a�
modificare�il�rootfile(137).�

6. 
Diritto 
di 
marchio 
su 
un 
dominio 
di 
primo 
livello 
(gTLD) 
In�passato,�e��stato�rivendicato�un�diritto�di�marchio�sui�domini�di�primo�
livello.�

Le�controversie�sono�sorte�negli�Stati�Uniti,�ove�legislativamente,�la�
materia�dei�nomi�di�dominio�e��stata�ricondotta�sotto�la�disciplina�del�mar-
chio�(138).

��������

(134)�Cfr��Fonti 
e 
tipi 
del 
contratto 
internazionale�,�contributi�raccolti�da�U.�DRAETTA�e�C.�
VACCA�,�Edizione�EGEA,�Milano,�1991,�pag.�11.�

(135)�Esse�non�sono�parte�del�contratto�ma�sono�condizionanti�per�la�stipula�dello�stesso.�
(136)�Cfr.��ICANN 
Montevideo 
Meeting 
Topic: 
Update 
on 
ccTLD 
Agreements�,�Settembre�
2001,�In�www.icann.org/montevideo/cctld-update-topic.htm�

(137)�Dichiarazione�resa�il�giorno�11�Novembre�2000�da�L.�TOUTON,�vice�presidente�di�
ICANN,�davanti�alla�corte�del�Missouri,�nella�causa�Economic 
Solution, 
Inc 
v. 
ICANN.�Dichiara-
zione�di�Touton,�punto�14.�
(138)��Nel1999ilCongressostatunitensehaulteriormenterafforzatoilriferimentodellamate-
ria�a�tale�disciplina,�aggiungendo�alla�legge�[Trademark 
Act 
del�1986]�una�sezione�denominata�Anti-
cybersquatting 
Act�.�P.�VARI�,�La 
natura 
giuridica 
dei 
nomi 
di 
dominio�,�2001,�Padova.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Lo�United`States`Patent`and`Trademark`Office`(PTO),�Ufficio�del�Dipar-

timento�del�Commercio�responsabile�dell'esame�dei�reclami�per�eventuali�vio-

lazioni�dei�diritti�di�marchio�negli�Stati�Uniti,�ha�emanato�delle�Linee�guida,�

Examination`Guide`No.`2-99`(139).�

Nella�sezione�intitolata��Marks`Comprised`Solely`of`TLDs`for`Domain`
Name`Registry`Services��si�afferma:��ifa`mark`is`composed`solely`ofa`TLD`

for'domainnameregistryservices'(e.g.,`theservicescurrentlyprovidedbyNet-

work`Solutions,`Inc.`ofregistering`.com`domain`names),`registration`should`be`

refused`under`Trademark`Act`(140)�(...)`onthegroundthattheTLDwouldnot`

be`perceived`as`a`mark�.�

Inbase�a�tali�Linee�guida,�il�giudiceha�deciso�la�causa�ImageOnlineDesign,`
Inc.v.CORE(141),�nellaqualeera�statacitataingiudiziol'organizzazionesenza�

scopo�di�lucro,�con�sede�a�Ginevra,�in�Svizzera,�Council`ofRegistrars`(CORE)�

per�concorrenza�sleale,�in�quanto�nel�progetto�di�privatizzazionedellaRete�pen-

sato�dalla�stessa�Comunita��Internet(142),�il�comitato�IAHC�(Internet`Ad`Hoc`

Committee)�aveva�proposto�l'introduzione�di�sette�nuovi�gTLD,�tra�cui�il�.web.`

Imagine`Online`Design`Inc.,�societa��privata�statunitense,�sosteneva�diritti�di�

marchio�sul�nome��web�,�in�quanto�da�essa�applicato�al�servizio�di�registra-
zione�di�domini�comeTLD�sulla�rete�non�ufficiale(143).�

Secondo�la�giurisprudenza�statunitense,�funzione�del�marchio,�che�si�
esplica�in�un��diritto�di�proprieta��su�una�particolare�parola,�frase�o�sim-

bolo�(144)�e��quella�di�aiutare�nella��identificazione�del�produttore�di�un�

bene�o�del�fornitore�di�un�servizio�(145).

��������

(139)�Si�possono�leggere�all'indirizzo�www.uspto.gov/web/office/tac/notices/guide299.htm�
(140)�Legge�sui�marchi�approvata�dal�Congresso�nel�1986.�
(141)�U.S.DistrictCourt,`CentralDistrictofCalifornia,Memorandumofdecision`in�Imagine`
Online`Design,`Inc`v.`CORE,�22�Giugno�2000,�in�www.icann.org/tlds/correspondence/iod-v--
core-22jun00.htm�
(142)�A�partire�dal�1994,�prima�dell'intervento�del�governo�americano,�numerosi�furono�gli�
sforzi�internazionali�per�liberalizzare�la�Rete.�
Nell'Ottobre�del�1996,�IANA�e�ISOC�(Internet`Society)�costituirono�l'InternetAdHoc`Commit-
tee`(IAHC)perconsiderarel'introduzione�di�nuovi�gTLD.�Il�Comitato�eracostituita�da�11�membri,�

tra�cui�rappresentanti�dell'ITU�(International`Communications`Union),�INTA�(InternationalTrade-
mark`Association),�WIPO�(World`Intellectual`Property`Organization),�NSF�e�cinque�membri�dello�

IEFT/ISOC,�scelti�da�Postel.�

Vennero�proposti�sette�nuovi�domini.�Partendo�da�una�concezione�del�nome�di�dominio�come�
risorsa�pubblica,�il�piano�prevedeva�che�la�funzione�di�registrazione�fosse�affidata�a�societa��private�
con�scopo�di�lucro,�in�competizione�tra�loro�(i�consumatori�sarebbero�stati�protetti�da�un�mercato�
altamente�concorrenziale).�Il�registro�sarebbe�stato�gestito�dagli�stessi�registrars,�riuniti�in�una�orga-
nizzazione�senza�scopo�di�lucro,�con�sede�a�Ginevra,�in�Svizzera,�e�sotto�la�giurisdizione�svizzera:�
il�Council`ofRegistrars`o�CORE.�La�struttura�prevedeva�un'altra�organizzazione�non�governativa�

e�senza�scopo�di�lucro,�la�Policy`Oversight`Committee`(POC),�con�sede�a�Delaware�(Ohio,�USA),�la�
quale�si�sarebbe�occupata�di�determinare�le�politiche�del�nuovo�sistema,�e�il�Policy`Advisory`Board`
(PAB),�un�organo�consultivo.�

Cfr.�M.�MUELLER,��ICANNandInternetGovernancesortingthroughthedebrisof`selfregula-

tion'�,`Dicembre`1999,`op.`cit.,`pag.�6.�

(143)�Esiste�una�Rete�alternativa�che�puo��essere�visitata�solo�dopo�aver�fatto�un�aggiorna-
mento�al�proprio�computer.�
(144)�New`Kids`on`the`Block`v.`News`America`Publishing,`Inc.,�971�F.2d�306�(9th�Cir.�1992).�
(145)�NewKidsontheBlockv.`NewsAmericaPublishing,`Inc.,�971�F.2d�302,�305�(9th�Cir.�1992)�

SERVIZI�INFORMATICI�E�STATISTICI�

Se�il�.web�e��un�marchio�di�servizio,�esso�deve�indicare�al�consumatore�il�

fornitore�del�servizio.�Vanno�presi�in�considerazione�due�tipi�di�utenti�poten-

ziali:�l'utente�che�vuole�registrare�il�proprio�nome�di�dominio�sotto�il�TLD�

.web�ed�il�visitatore�della�Rete�che�tenta�di�ottenere�l'accesso�al�sito�Internet�

con�estensione�.web.�
In�base�all'attuale�sistema�di�registrazione,�un�utente�puo��ottenere�un�nome�

di�dominio�sotto�i�vari�gTLD�da�differenti�registrar.�Dato�che�tutti�i�registrar'

possono�registrare�nomi�di�dominio�per�tutti�i�gTLD,�questi�ultimi�sono�inutili�

allo�scopo�di�indicare�l'origine�del�registro�(fornitore�primo�del�servizio)�(146).�

Un�dominio�di�primo�livello�non�indica�il�fornitore�del�servizio,�ma�la�

natura�del�sito�web�(ad�esempio��.com��per�i�siti�commerciali�o��.org��per�

le�organizzazioni�senza�scopo�di�lucro)�(147).�

La�corte�dichiaro��che�al�querelante�non�derivavano�diritti�di�marchio�sul�

nome��web��basati�sul�suo�uso�con�riferimento�alla�fornitura�del�servizio�di�

registrazione�sotto�il�dominio�.web:��In'sum,'Plaintiff's'use'ofthe'mark'.web'

in'connection'with'domain'namepreregistration'services'does'not'confer'trade-

markprotection.'AsagTLD,'.webdoesnotindicatethesourceoftheservices;'

instead,'itindicatesthetypeofservices.'TheCourtfindsthat'.web,asusedhere,'

fallsoutoftheambitoftrademarkcategorization.'Further,'even'ifitcouldbe'

categorized,'.web'is'simply'a'generic'term'for'websites'related'to'the'World'

Wide'Web.Accordingly,'themarkisnotprotectable�.'

Un�secondo�caso�riguarda�invece�un�dominio�nazionale:�il�codice�di�paese�

che�identifica�il�paese�del�Belize�e���bz�,�delegato�da�IANA�nel�1991�alla�Uni-

versityCollegeofBelize(148).�Conuncontrattostipulatoil�19Giugno�1999�

tra�il�Governo�del�Belize�e�la�societa��statunitense�Economic�Solutions,�Inc�

(ESI),�il�primo�trasferiva�ad�ESI�il�diritto�di�esercitare�tutti�i�poteri�necessari�

per�svolgere�le�funzioni�inerenti�la�commercializzazione�del�.bz�(149).�
Nel�2000,�ICANN�propose�l'introduzione�di�sette�nuovi�gTLD�per�

ampliare�lo�spazio�dei�nomi.�Tra�di�essi�figurava�anche�il�TLD��.biz�(business).�

ESI�lamento��il�fatto�che�i�consumatori�avrebbero�potuto�confondersi�per�

la�somiglianza�dei�due�domini,�con�conseguenti�danni�alla�sua�attivita��;la�

societa��rivendico��un�diritto�al�marchio�sul�.bz�e�un�diritto�esclusivo�ad�intro-

durre�sul�mercato�tale�dominio,�ottenuto�tramite�contratto�con�il�governo�

del�Belize��(150).

��������

(146)�U.S.'District'Court,'Central'District'ofCalifornia,'Memorandum'ofdecision'in�Imagine'
Online'Design,'Inc'v.'CORE,�22�Giugno�2000.�

(147)�Ibidem.'
(148)�Vedi�il�sito�www.iana.org/root-whois/bz.htm�
(149)�Lettera�del�26�Settembre�2000,�inviata�da�ANTHONY�R.�KINNEY,�legale�di�ESI�a�
Louis�Touton,�vice�presidente�di�ICANN,�in�www.icann.org/tlds/correspondence/bz-letter-
26sep00.htm�
(150)�Ibidem.�
ESI�presento��una�mozione�per�un�temporary'restraining'order'(�TRO�),�un�ordine�giudiziale�di�
interruzione�temporanea�dell'attivita��di�ICANN�con�riguardo�allo�stabilimento�dei�sette�nuovi�
TLD.�Il�giudice�ha�negato�la�richiesta.�

Vedi�United'States'District'Court,'Eastern'District'ofMissouri,'Eastern'Division,'Order'in�Eco-
nomic'Solutions,'Inc.'v.'ICANN,�13�Novembre�2000,�in�www.icann.org/tlds/correspondence/esi-v-
icann-13nov00.htm�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

ICANNpuntualizzo�che��il�.bzera�stato�stabilito�per�servire�ibisogni�della�

comunita�Internet�nel�paese�del�Belize��(151)�e�che��.bz�e�l'abbreviazione�di�

Belize�e�non�era�mai�stato�diretto�a�rappresentare�il�termine��business�(152).�
Riprendendo�il�caso�Image 
Online 
Design, 
Inc. 
v. 
CORE,�ICANN�faceva�

notare�che�se�non�c'erano�diritti�di�marchio�su�un�TLD�basati�sulla�fornitura�

del�servizio�di�registrazione�di�uno�stesso�TLD,�era�evidente�che�non�ci�potes-

sero�essere�diritti�di�marchio�basati�sulla�fornitura�del�servizio�di�registra-

zione�di�differenti�TLD�(.biz�e�.bz)(153).�
Quest'ultima�controversia�dimostra�come�i�desideri�del�governo�del�

paese�cui�il�ccTLD�si�riferisce�non�siano�vincolanti�per�decidere�della�delega:�

nessun�governo�estero��ha�la�proprieta�(owns)��del�proprio�ccTLD�o�puo�

ordinare�ad�ICANN�o�al�Dipartimento�del�Commercio�di�agire�riguardo�un�

dato�ccTLD�o�di�modificare�il�modo�in�cui�questo�e�gestito.�Infatti,�in�base�

all'attuale�politica,�i�ccTLD�non�sono��posseduti�(owned)��in�alcun�senso;�essi�

sono�resi�disponibili�per�il�beneficio�dell'intera�comunita�Internet��(154).�
Il�fatto�che�il�Sistema�dei�Nomi�di�Dominio�si�sia�sviluppato�senza�una�

precisa�regolamentazione,�ha�comportato�una�distorsione�nella�percezione�

delle�singole�responsabilita�ed�autorita�:�il�ccTLD�viene�ormai�considerato�

emblema�nazionale,�al�pari�di�una�bandiera;�quest'ultima�e�unica�e,�pren-

dendo�a�riferimento�l'Italia,�e�la�stessa�Costituzione�che�ne�fissa�i�caratteri�

(art.�12�Cost.)�e�norme�penali�provvedono�alla�sua�tutela(155).�Anche�il�

ccTLD�e�unico�e,�sebbene�in�passato�i�domini�nazionali�abbiano�avuto�una�

funzione�puramente�commerciale(156),�e��gestito�in�maniera�tale�da�confor-

marsi�alle�caratteristiche�culturali�e�linguistiche�del�paese�o�del�territorio�inte-

ressato��(157).�La�stessa�Unione�Europea�considera�il�.eu�come��la�possibilita�

di�garantire�a�tutte�le�imprese�in�Europa�un'identita�europea�uniforme��(158).�
Nate�come�codici�postali,�le�due�lettere�assumono�una�valenza�total-

mente�diversa�nel�cyberspazio:�in�un�luogo�in�cui�non�esistono�confini�fisici,�

l'unico�punto�di�riferimento�per�il�viaggiatore�puo�essere�dato�proprio�da�

quelle�due�lettere;�non�a�caso�e�nei�sottodomini�di�un�ccTLD�che�si�trova�il�

sito�delle�istituzioni�del�paese�cui�quel�ccTLD�si�riferisce.

��������

(151)�Lettera�del�23�Ottobre�2000,�inviata�da�L.�TOUTON,�vice�presidente�di�ICANN�a�
Anthony�R.�Kinney,�legale�di�ESI,�in�www.icann.org/tlds/correspondence/bz-response-23oct.htm�
(152)�Ibidem.�
(153)�Ibidem.�
(154)�Dichiarazione�resa�il�giorno�10�Novembre�2000�da�L.�TOUTON,�vice�presidente�di�
ICANN,�davanti�alla�corte�del�Missouri,�nella�causa�Economie 
Solution, 
Ine 
v. 
ICANN.�Dichiara-
zione�di�Touton,�punto�14.�In�www.icann.org/legal/esi-v-icann/touton-decl-10nov00.htm�
(155)�Artt.�292-299�c.p.�
(156)�E�normale�trovare�siti�registrati�sotto�domini�che�nulla�hanno�a�che�fare�con�la�loro�area�
di�origine:�molto�diffuso�e�il�ccTLD�delle�isole�Tuvalu,�e�cioe�.tv,�per�la�coincidenza�con�la�sigla�
che�indica�la�televisione,�ed�e�quindi�usato�da�enti�che�operano�nel�mercato�televisivo.�
(157)�Cfr.��ICANNMontevideoMeetingTopic: 
UpdateonccTLDAgreements�,�Settembre�2001.�
In�www.icann.org/montevideo/cctld-update-topic.htm�
(158)�COM�(2000)�153�def.�del�2�Febbraio�2000,��Creazione 
del 
nome 
di 
dominio 
Internet 
di 
primo 
livello 
(TLD).EU�,�documentodilavoro�dellaCommissione,�inhttp://europa.eu.int/ISPO/-
eif/InternetPoliciesSite/DotEU/WorkDocIT.html�

SERVIZI�INFORMATICI�E�STATISTICI�

La�natura�globale�della�rete�Internet�rende�pero�impossibile�pensare�che�
in�ogni�paese�i�governi�possano�esercitare�autonomamente�la�loro�autorita�
su�quella�parte�della�rete�che�e�localizzata�nel�loro�territorio�senza�che�questo�
abbia�un�impatto�sull'intera�comunita�(159),�o�che�un�singolo�paese�(gli�Stati�
Uniti)�possano�decidere�della�gestione�di�Internet�a�livello�mondiale.�

7.�La�gestione�dell'infrastruttura�di�Internet�
Ci�sono�tredici�root�server(160)�in�tutto�il�mondo,�dieci�negli�Stati�Uniti,�
due�in�Europa�ed�uno�in�Giappone;�di�questi�solo�uno�possiede�la�radice�
dello�spazio�dei�nomi�Internet�(il�root�zonefile,�cioe�il�database�con�tutti�i�
nomi�di�dominio�esistenti).�

Il�rootzonefile�e�reso�disponibile�ai�dodici�serversecondari�da�quello�prima-
rio�(�a.root-servers.net�,�cioe�il�root�server�A),�gestito�da�VeriSign�Inc.(161),�
societa�statunitense,�conformemente�al�Cooperative�Agreement�NCR-9218742,�
stipulato�tra�questa�e�il�Dipartimento�del�Commercio�americano.�

E�bene�innanzitutto�sottolineare�come�la�creazione�dell'infrastruttura�
alla�base�della�Rete�abbia�seguito�lo�sviluppo�progressivo�di�quest'ultima:�
man�mano�che�cresceva�il�ruolo�di�Internet�quale�mezzo�fondamentale�per�
gli�scambi�internazionali,�venivano�predisposte�nuove�strutture�fisiche�di�sup-
porto.�

Il�sistema�e�gestito�su�base�volontaria:�non�esistono�rapporti�contrattuali�
tra�i�vari�amministratori�di�root�server,ne�tra�questi�ultimi�e�le�organizzazioni�
che�a�vario�titolo�sono�coinvolte�nel�governo�della�Rete.�

Mentre�i�rootserveramericani�sono�direttamente�o�indirettamentecontrol-
latidalGoverno�statunitense(162),�complicatae�lasituazionediquellieuropei.

��������

(159)�Cfr.��Rapporto�informativo�sulle�attivita�svolte�del�31�Marzo�2000��del�Comitato�di�
Esperti�Internet�(COESIN),�in�www.coesin.cnr.it/attivita/documenti/relcomint.pdf�.�
(160)�Ciascun�computer�collegato�ad�Internet�e�identificato�tramite�un�doppio�indirizzo�uni-
voco:�uno�numerico�ed�uno�letterale,�ma�solo�quello�numerico�e�riconosciuto�dal�protocollo�di�
comunicazione�TCP/IP.�
Sarebbe�impossibile�per�qualsiasi�computer�tenere�localmente�una�lista�aggiornata�dei�nomi�di�
dominio�e�degli�indirizzi�IP�di�tutte�le�macchine�connesse�ad�Internet.�Questa�funzione�e�assolta�
dal�name�server,�un�database�che�contiene�appunto�un�elenco�di�corrispondenze�DN�-indirizzo�IP�
per�un�sottoinsieme�di�host�connessi�ad�Internet.�

Ogni�ISP�(Internet�Service�Provider),�universita�osocieta�ha�un�name�server�locale.�

Quando�vogliamo�collegarci�ad�un�determinato�sito�dando�il�nome�di�dominio,il�browser�per�
prima�cosa�interroga�un�server�locale�per�conoscere�l'indirizzo�numerico�corrispondente.�Se�questo�
non�e�in�grado�di�rispondere�(perche�non�ha�il�nome�richiesto�nel�proprio�database),�inoltra�la�
richiesta�ad�un�root�name�server:�esso�non�ha�l'elenco�di�tutti�i�siti�del�mondo,�ma�utilizza�la�parte�
finale�del�dominio�per�capire�a�chi�il�server�locale�deve�rivolgersi�per��risolvere��il�nome:�un�autho-
ritative�name�server,un�server�che�costituisce�una��autorita���per�alcune�parti�dello�spazio�dei�nomi�
(perche�contiene�tutte�le�informazioni�relative�agli�host�all'interno�di�quello�spazio).�

Una�volta�che�il�server�locale�ha�ottenuto�l'informazione�desiderata�(l'indirizzo�IP),�essa�torna�
indietro�fino�al�nostro�browser,�che�si�colleghera�al�sito�richiesto.�

(161)�Vedi�infra�nota�84.�
(162)�I�root�server�americani�sono�infatti�gestiti�dalla�DISA,�dalla�NASA�e�dall'Army�Research�
Laboratory,�enti�del�Diapartimento�della�Difesa,�e�da�universita�statunitensi,�sempre�tramite�con-
tratti�con�agenzie�dell'Esecutivo.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Il�root 
server 
�I�,�il�primo�al�di�fuori�degli�Stati�Uniti�(163),�e�situato�a�

Stoccolma,�in�Svezia,�presso�il�Network�Operation�Centre�(NOC)�del�Kun-

gliga�Tekniske�Ho�gskolan(164)�(KTH)(165),�che�lo�gestisce�tramite�con-

tratto�(166)�con�NORDUnet,�societa�danese�a�responsabilita�limitata(167).�
Il�root 
server 
�K��e�situato�a�Londra,�presso�la�struttura�del�LINX(168)�

(London�Internet�Exchange),�associazione�senza�scopo�di�lucro�inglese(169),�

ma�e�gestito�dal�RIPE�NCC�(Rese�aux�IP�Europe�ens�Network�Coordination�

Centre)(170),�associazione�olandese�che�riunisce�gli�Internet�Service�Provi-

ders�europei.�
Nei�primi�anni�novanta,�la�gestione�della�Rete�e�caratterizzata�dalla�

figura�autorevole�di�Jon�Postel,�riconosciuto�in�tutto�il�mondo�come�uno�dei

��������

(163)��What 
is 
NORDUnet?�,�in�www.nordu.net.htm�
(164)�Vedi�il�sito�di�NORDUnet,�in�www.nordu.net/members.html�
(165)�E�il�centro�operativo�di�SUNET,�Swedish 
University 
Computer 
Network.�
(166)�Cfr.�P.�VILLEMOES,�General 
Manager 
di�NORDUnet,��NORDUnet^Asuccessfulcol-
laboration�,�Novembre�1996,�in�www.nordu.net/articles/article1/text.html�

(167)�Vedi�il�sito�di�TERENA,�in�www.terena.nl/compendium/Nordunet01.html�.�
NORDUnet�interconnette�le�reti�nazionali�per�la�ricerca�e�l'educazione�dei�Paesi�Nordici�
(Danimarca,�Finlandia,�Islanda,�Norvegia�e�Svezia)�e�connette�queste�al�resto�del�mondo,�offrendo�
anche�servizi�di�rete�basati�solo�sul�protocollo�Internet.�Essa�e�il�risultato�di�un�progetto�finanziato�
nella�seconda�meta�degli�anni�'80�dal�Consiglio�dei�Ministri�dei�Paesi�Nordici,�istituito�nel�1962�
con�il�Trattato�di�Helsinki��per�sviluppare�una�ulteriore�cooperazione�tra�i�paesi�nordici�nei�campo�
legale,�culturale,�sociale�ed�economico,�come�in�quello�dei�trasporti�e�delle�telecomunicazioni�e�pro-
tezione�dell'ambiente��(art.�1).�

Gliazionisti�diNORDUnetsonoiministriperl'educazioneelaricercadeiPaesiNordicioisti-
tuzioni�ad�essi�appartenenti.�

(168)�Il�LINX�fornisce�al�root 
server 
le�strutture�ed�il�supporto�gestionale�sul�posto�ed�attra-
verso�la�connettivita�dei�suoi�membri.�Vedi�www.linx.net/press/release/005.thtml�
(169)�Nel�1995�viene�costituita�come��Company 
limitedby 
guarantee��di�diritto�inglese.�
�In 
a 
company 
limitedbyguaranteeeverymemberofthecompany 
undertakes 
to 
contribute 
to 
the 


assetsofthecompanyintheeventofitsbeingwoundupwhileheisamember, 
orwithinoneyearafter-

wards,forpaymentofthedebtsandliabilities 
ofthe 
companycontractedbeforeheceases 
to 
beamem-

ber, 
andthe 
costs 
charges 
andexpenses 
ofwinding 
up, 
andfortheadjustment 
ofthe 
rights 
ofthe 
contri-

butoriesamongthemselves, 
suchamountasmayberequirednotexceeding�10�.TrattodaT.E.�CAIN,�

�Company 
Law�,�1960,�Stevens 
& 
Sons 
Limited,�London.�

Lo�scopo�del�LINX�e�,�oltre�quello�di�promuovere�gli�interessi�dei�suoi�membri,�fornire�connet-
tivita�per�l'Internet�del�Regno�Unito.�

(170)�IlRIPENCCe�ilRegistroInternetRegionaleacuiIANAdelego�l'allocazionedellospazio�
di�indirizzi�IP�per�l'Europa,�il�Medio�Oriente,�il�NordAfrica�e�parte�dell'Asia�(IANA�alloca�gli�indirizzi�
al�RIPENCCche�asuavoltali�allocaaregistri�Internetlocali,�iqualiliassegnano�agliutentifinali).�
Secondo�l'atto�costitutivo,�il�RIPE�NCC�e�costituito�come�associazione,�secondo�la�legislazione�
dei�Paesi�Bassi�e�con�sede�ad�Amsterdam�e�si�regge�esclusivamente�sui�finanziamenti�dei�propri�mem-
bri,�che�sono�i�3.150�registri�Internet�locali�che�essa�supporta.�Il�RIPE�e�incorporata�da�TERENA�
(Trans-European 
Research 
and 
Education 
Networking 
Association),�associazione�costituita�anch'essa�
sotto�lalegislazione�deiPaesi�Bassi�e�con�sede�adAmsterdam.�

IlRIPENCCe�l'unicoresponsabileperlagestione�delrootserverlocalizzatonellastrutturadel�
LINX.�

I�rapporti�tra�le�due�associazioni,�almeno�fino�al�1998,�erano�basati�su�accordi�verbali�(non�se�ne�
conoscono�i�requisiti).�Al�momento�sono�difficilmente�reperibili�le�informazioni�riguardanti�l'attuale�
sistema�delle�responsabilita�,�soprattutto�e�difficile�sapere�se�tale�sistema�e�oggetto�di�contratto�


SERVIZI�INFORMATICI�E�STATISTICI�

padri�fondatori�di�Internet,�e�dallo�scarso�interesse�del�governo�americano,�
che�ha�lasciato�al�ricercatore�americano�la�responsabilita�delle�politiche�(171).�

Si�parla�di�delega�orale�della�gestione(172),�ma�e�dal�punto�di�vista�tec-
nico�che�si�formalizza�l'accordo�verbale,�nel�momento�in�cui�il�nuovo�server�
e�messo�in�condizione�di�essere�riconosciuto�di�fatto�dagli�altri�come�root 
ser-
ver.�Difficile�stabilire�quanto�la�delega�possa�incidere�sull'operato�degli�
amministratori�europei�di�root 
server:�la�struttura�e�predisposta,�organizzata�
e�finanziata�dal�gestore,�senza�alcun�coinvolgimento�di�IANA�o�di�altra�
organizzazione�americana,�ma�se�i�dieci�elaboratori�americani�decidessero�di�
non�riconoscerla�piu�,�essa�diverrebbe�inutile.�Allo�stesso�tempo,�l'impossibi-
lita�operativa�dei�root 
server 
al�di�fuori�degli�Stati�Uniti�renderebbe�l'infra-
struttura�di�Internet�meno�efficiente.�

Nonostante�ICANN�abbia�assicurato�una�bassa�probabilita�che�l'attuale�
sistema�possa�essere�distrutto�(173),�sono�sempre�piu�forti�le�richieste�di�una�
formalizzazione�dei�rapporti�tra�questa�ed�i�gestori�dei�root 
server.�

L'Unione�Europea�e�molti�governi�nazionali�hanno�iniziato�ad�esprimere�
preoccupazioni�sulla�mancanza�di�accordi�formali�che�coprano�la�gestione�
dei�server:�ICANN�ha�infatti�il�compito�di�salvaguardarne�la�sicurezza,�ma�
nonostante�cio�,�essa�non�ha�stipulato�contratti�con�le�organizzazioni�che�si�
occupano�dei�root 
server 
per�stabilire�il�livello�di�servizio�o�gli�standard�di�
sicurezza,�ne�finanzia�la�loro�attivita�(174).

��������

(171)�Da�ricordare�che�Jon�Postel�agiva�conformemente�al�contratto�stipulato�tra�DARPA�e�
la�University 
ofSouthern 
California,�per�la�quale�lui�lavora.�

(172)�Vedi�il�sito�del�LINX,�www.linx.net�
(173)�Per�ogni�elemento�che�compone�il�sistema�dei�root 
server,�esistono�procedure�atte�ad�assi-
curarne�il�funzionamento:�il�root 
zonefile 
e�ad�esempio�replicato�inun�sitoincaso�di�disastro,�inoltre�
tutti�i�root 
server 
sono�localizzati�in�strutture�professionali.�
La�diversificazione�nel�tipo�di�organizzazione�che�gestisce�il�sistema�(societa�commerciali,�
organizzazioni�senza�scopo�di�lucro,�universita�,�centri�di�ricerca,�NASA,�Difesa�statunitense),�nella�
localizzazione�delle�macchine�(Stati�Uniti�d'America,�Regno�Unito,�Svezia,�Giappone)�e�negli�
ambienti�operativi�fornisce�un�alto�livello�di�protezione,�rendendo�difficile�attaccare�i�tredici�root 
server 
con�un�approccio�uniforme.�

Inoltre,�considerando�la�distribuzione�geografica�dei�root 
server,e�improbabile�che�possano�
essere�tutti�contemporaneamente�danneggiati�da�una�catastrofe�o�da�un�attacco�terroristico:��e�
stato�stimato�che,�dato�l'ammontare�del�traffico�che�ogni�root 
server 
riceve,�il�servizio�puo�funzio-
nare�con�il�40%�dei�name 
server 
fuori�uso�.�Cfr��ICANN 
DNS 
Security 
Update 
#1�,�4�Gennaio�
2002,�in�www.icann.org/committees/security/dns-security-update-1.htm�

(174)�BBC�News,��Net's 
servers 
under 
scrutiny�,�15�Gennaio�2002,�in�http://news.bbc.co.uk/-
hi/english/sci/tech/newsid_1761000-1761362.stm.htm�.�
Willie�Black,�ManagingDirector 
diNominet,l'autorita�chegestisceilccTLDbritannico��.uk��e�
Presidente�del�CENTR�(Council�of�European�National�Top-level�domain�Registries),�organizza-
zione�che�rappresenta�i�gestori�dei�TLD�europei,�e�dell'opinione�che�la�riluttanza�di�ICANN�nel�for-
malizzare�tali�rapporti�sia�imputabile�ad�un�preciso�timore:�in�caso�di�black-out 
di�un�root 
server,�
le�richieste�di�danni�da�parte�delle�societa�che�hanno�perso�gli�affari�sarebbero�enormi�ed�essa�non�
e�in�grado�di�coprirne�il�rischio�(BBC�News,��Net's 
servers 
under 
scrutiny�,�15�Gennaio�2002).�Ma�
c'e�anche�chi�sostiene�che�il�vero�problema�non�e�finanziario,�ma�riguarda�il�ruolo�che�ICANN�
dovrebbe�avere:�in�molti�chiedono�un�ente�che�sorvegli�i�root 
server,�si�occupi�del�coordinamento�
tecnico�e�guidi�lo�sviluppo�della�Rete.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

I�registri�nazionali�chiedono�garanzie�ad�ICANN�sulla�stabilita�dei�root 
server 
in�quanto�miliardi�di�dollari�in�e-commerce 
dipendono�oggi�da�una�
gestione�sicura�di�questi�server 
chiave�(175).�

Nel�Giugno�del�1999,�il�DoC�e�ICANN�hanno�stipulato�un�contratto,�un�
CRADA�(Cooperative 
Research 
And 
Development 
Agreement),�primo�impor-
tante�passo�verso�la�creazione�di�rapporti�formali�per�l'amministrazione�del�
root 
server 
system. 


6.1 
Il 
sistema 
dei 
root 
server 
come 
infrastruttura 
critica 
. 
La 
posizione 
degli 
Stati 
Uniti 
d'America 
�Le�infrastrutture�critiche�americane�sono�precisamente�individuate�
dalla�direttiva�presidenziale�del�1998�PDD-63�(176):�Critical 
infrastructures 
are 
thosephysical 
and 
cyber-basedsystems 
essential 
to 
the 
minimum 
operations 
ofthe 
economy 
andgovernment��(177).�

Tali�infrastrutture�vengono�definite�critiche�in�quanto�la�loro�inutilizza-
bilita�o�distruzione�avrebbe�un�impatto�notevole�a�livello�nazionale,�data�la�
loro�stretta�interdipendenza(178):�basta�considerare�quanti�servizi�fanno�affi-
damento�oggi�sulle�strutture�di�rete�e�di�telecomunicazione�(non�ci�sarebbe�

e-commerce 
senza 
e-communications).

��������

(175)�Ibidem 
(176)��The 
Clinton 
Administration's 
Policy 
on 
Critical 
Infrastructure 
Protection�,�Presidential�
Decision�Directive�63,�22�Maggio�1998,�in�www.cybercrime.gov/white_pr.htm�.�
L'intento�e�quello�di�creare�una�politica�che�assicuri�la�continuita�delle�infrastrutture�critiche�e�
quindi�di�prendere�tutte�le�misure�necessarie�per�eliminare�ogni�vulnerabilita�significativa�ad�attac-
chi�fisici�o�informatici.�

�Mediante�tale�direttiva�presidenziale,�venne�sollecitata�la�creazione�della�Partnership�for�Cri-
tical�Infrastructure�Security,��uno��sforzo�collaborativo��guidato�dal�settore�privato,�composto�da�
13�agenzie�del�governo�federale�e�da�70�societa�private�e�associazioni�(Microsoft,�Cisco�System,�
BellSouth�...).�Essa�rappresenta,�massimamente,�la�necessita�di�collaborazione�cooperazione�e�par-
tecipazione�dei�differenti�settori�privati,�operanti�nel�contesto�delle�infrastrutture,�con�il�settore�
pubblico�governativo,�competente�per�le�singole�funzioni�critiche.�Un�ruolo�di�primo�piano,�all'in-
terno�della�Partnershipfor 
CriticalInfrastructureSecurity,e�svolto�dal�Critical 
Infrastructure 
Assur
ance 
Office 
(CIAO),�organo�amministrativo�anch'esso�costituito�con�la�direttiva�del�1998�.�Tratto�
da�S.�BACCAGLINI,��Chi 
difende 
la 
Rete 
dai 
terroristi?�,�15�Novembre�2001,�in�www.interlex.it�

(177)�Esse�comprendono��quelle�industrie,�istituzioni,�reti�di�distribuzione�e�sistemi�che�forni-
scono�un�flusso�continuo�di�beni�e�servizi�essenziali�alla�difesa�ed�alla�sicurezza�economica�della�
nazione�[USA]�ed�alla�salute,�benessere�e�sicurezza�dei�suoi�cittadini�,�e�quindi��sia�gli�apparati�
materiali�e�fisici,�i�cosiddetti�physical 
systems,�quali,�ad�esempio,�le�infrastrutture�dei�trasporti�e�
per�la�distribuzione�di�energia�o�acqua;�sia�i�sistemi�cosiddetti�cyber-based,�quali�l'erogazione�di�ser-
vizi�finanziari�e�bancari�attuati�mediante�impianti�di�reti�telematiche,�i�servizi�di�emergenza�inter-
connessi�e�gli�apparati�per�le�telecomunicazioni�.�Dalla�Testimonianza�di�J.S.�TRITAK,�Direttore�
del�CriticalInfrastructureAssurance 
Office 
(CIAO)�nell'indagine�congressuale,�svoltasi�il�4�Ottobre�
2001�presso�il�Senato�degli�Stati�Uniti�d'America,�Committee 
on 
Governmental 
Affairs,�dal�titolo�
�Critical 
Infrastructure 
Protection: 
Who's 
In 
Charge?�,�in�www.senate.gov/�gov_affairs/100401-
tritak.htm�ripresa�da�S.�BACCAGLINI�in��Chidifende 
la 
Rete 
daiterroristi?�,�op.�cit.�

(178)�Testimonianza�di�J.S.�TRITAK,�Direttore�del�Critical 
Infrastructure 
Assurance 
Office 
(CIAO)�nell'indagine�congressuale,�svoltasi�il4�Ottobre�2001�presso�il�Senato�degli�Stati�Uniti�d'A-
merica,�CommitteeonGovernmentalAffairs,�dal�titolo��CriticalInfrastructureProtection: 
Who'sIn 
Charge?�,�inwww.senate.gov/�gov_affairs/100401tritak.htm�


SERVIZI�INFORMATICI�E�STATISTICI�

Le�minacce�contro�tali�infrastrutture�possono�concretizzarsi�sia�in�attac-

chi�fisici,�sia�in�attacchi�informatici�(179),�che�i�proprietari�e�i�gestori�non�pos-

sono�da�soli�affrontare:�cio�che�si�evidenzia�e�la�necessita�di�una�costante�col-

laborazione�tra�gli�apparati�governativi�e�il�settore�privato�(180).�

L'USA 
PATRIOTAct, 
Uniting 
and 
Strengthening 
America 
by 
Providing 


Appropriate 
Tools 
Required 
to 
Intercept 
and 
Obstruct 
Terrorism, 
del�26�Otto-

bre�2001,�contiene�come�disposizione�conclusiva�una�sezione�titolata��Criti-

ca! 
Infrastructure 
Protection 
Act 
2001�,�in�cui�si�legge�(181):�

�It 
is 
the 
policy 
of 
the 
United 
States 
^(1) 
that 
any 
physica! 
or 
virtua! 
disruption 
of 
the 
operation 
of 
the 
critica! 
infrastructures 
of 
the 
United 
States 


be 
rare, 
brief, 
geographically 
limited 
in 
effect, 
manageable, 
and 
minimally 
detri-

menta! 
to 
the 
economy, 
human 
and 
government 
services, 
and 
nationa! 
security 


ofthe 
UnitedStates;(2) 
thatactionsnecessarytoachievethepolicystatedin 


paragraph 
(1) 
becarriedoutinapublic-privatepartnershipinvolvingcorporate 


and 
non-governmenta! 
organizations; 
and 
(3) 
to 
have 
in 
place 
a 
comprehensive 


andeffectiveprogram 
to 
ensure 
the 
continuity 
ofessentialFedera! 
Government 


functions 
under 
al! 
circumstances�. 


Difficile�pensare�che�tra�le�infrastrutture�critiche,�che�devono�essere�

gestite,�in�caso�di��emergenza�,�in�modo�da�subire�il�minimo�impatto�

�distruttivo��per�l'economia,�i�servizi�del�Governo�e�la�sicurezza 
nazionale�

degli�Stati�Uniti,�non�sia�contemplato�anche�il�sistema�dei�root 
server 
di�com-
petenza�di�ICANN(182).�

Il�sistema�e�stato�preso�in�considerazione�nell'indagine�congressuale�svol-
tasi�il�4�Ottobre�2001�presso�il�Senato�degli�Stati�Uniti�d'America,�Committee 


on 
Governmenta! 
Af
ffairs, 
dal�titolo��Critica! 
Infrastructure 
Protection: 
Who's 


In 
Charge?�:�e�stato�sottolineato�come,�paradossalmente,�gli�Stati�Uniti�non�

possano�da�soli�assicurare�la�propria�sicurezza�nazionale,�in�quanto�molti�

gestori�e�proprietari�dell'infrastruttura�privata�sono�societa�per�azioni�multina-

zionali�conuna�fitta�rete�di�rapporti�che�legano�fornitori,�partner�e�clienti(183).

��������

(179)�Ibidem.�
(180)�Testimonianza�di�J.P.�NACCHIO,�presidente�della�QWEST�Communications 
Internationa! 
Inc.,societa�ditelecomunicazionistatunitense,nell'indaginecongressualedel4Ottobre2001��Critica! 
InfrastructureProtection:Who'sInCharge?�,�inwww.senate.gov/�gov_affairs/100401nacchio.htm�

�Negli�USA�la�quasi�totalita�delle�attivita�rientranti�nel�contesto�della�Critica! 
Infrastructure 
(acqua,luce,�comunicazioni�...)sonogestiteesclusivamente�dasocieta�private,�sipensiadICANNed�
il�sistema�dei�13�root 
server,�o�piu�semplicemente�alle�compagnie�telefoniche�.�Tratto�da�S.�BACCA-

GLINI,��Chidifende 
la 
Rete 
daiterroristi?�,�op. 
cit.�

(181)�In�www.lextext.com�
(182)�Cfr.�S.�BACCAGLINI,��Chi 
difende 
la 
Rete 
dai 
terroristi?�,�op. 
cit. 
(183)�Testimonianza�di�K.C.�WATSON,�Presidente�della�Partnershipfor 
CriticalInfrastructure 
Security 
nell'indagine�congressuale�del�4�Ottobre�2001��CriticalInfrastructureProtection: 
Who'sIn 
Charge?�.�

Negli�Stati�Uniti�il�principio�secondo�cui�una�distribuzione�del�controllo�conferisce�una�mag-
giore�sicurezza�all'infrastruttura�ed�una�maggiore�elasticita�all'architettura�di�rete�rispetto�all'ac-
centramento�dello�stesso�ben�si�esplica�nelle�numerose�collaborazioni�che�questa�nazione�ha�instau-
rato�con�altri�paesi:�sono�costanti�i�contatti,�ad�esempio,�con�l'Office 
ofCriticalInfrastructurePro-
tection 
and 
Emergency 
Preparedness 
del�Canada,�con�l'Information 
Assurance 
Advisory 
Counci! 
del�

Regno�Unito�o�con�i�responsabili�del�programma�svizzero�Infosurance.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

. 


Laposizione�dell'UnioneEuropea�

L'Unione�Europea,�riconosciuto�il�ruolo�essenziale�delle�reti�elettroniche�
di�comunicazione�per�la�propria�economia,�sta�lavorando�al�fine�di�creare�
�una�societa�dell'informazione�piu�sicura�e�uno�spazio�di�liberta�,�sicurezza�e�
giustizia��(184).�

Il�Consiglio�europeo,�riunito�a�Lisbona�nel�marzo�del�2000,�ha�sottoli-
neato�l'importanza�della�transizione�verso�un'economia�competitiva,�dina-
mica�e�basata�sulla�conoscenza�ed�ha�invitato�il�Consiglio�e�la�Commissione�
ad�elaborare�un�piano�d'azione�globale�per�l'Europa�telematica�(Piano�d'a-
zione�eEurope)(185).�Il�suddetto�piano�d'azione,�preparato�dalla�Commis-
sione�e�dal�Consiglio,�e�approvato�in�occasione�della�riunione�del�Consiglio�
Europeo�a�Feira�nel�giugno�2000,�contempla�azioni�volte�a�promuovere�la�
sicurezza�delle�reti�e�l'adozione�di�una�strategia�coordinata�e�coerente�per�
far�fronte�alla�criminalita�informatica�entro�la�fine�dell'anno�2002.�

La�Commissione�ha�pubblicato,�come�parte�del�suo�contributo�a�questo�
impegno�contro�la�criminalita�telematica,�una�comunicazione�intitolata�
�Creare�una�societa�dell'informazione�sicura�migliorando�la�sicurezza�delle�
infrastrutture�dell'informazione�e�mediante�la�lotta�alla�criminalita�informa-
tica�(186).�Tale�comunicazione�proponeva�un�approccio�bilanciato�alla�solu-
zione�dei�problemi�di�criminalita�telematica,�tenendo�pieno�conto�delle�opi-
nioni�di�tutte�le�parti�interessate,�compresi�gli�organismi�preposti�all'applica-
zione�della�legge,�i�prestatori�di�servizi�Internet,�gli�operatori�delle�reti,�
gli�altri�gruppi�industriali,�i�rappresentanti�dei�consumatori,�le�autorita�
garanti�della�protezione�dei�dati�e�i�gruppi�che�si�occupano�della�tutela�della�
vita�privata.�

Una�delle�questioni�chiave�affrontate�dalla�comunicazione�era�l'esigenza�
di�un'azione�efficace�per�fare�fronte�alle�minacce�contro�l'autenticita�,�l'inte-
grita�,�la�riservatezza�e�la�disponibilita�dei�sistemi�e�delle�reti�di�informazione.�

A�livello�di�legislazione�comunitaria,�esistono�gia�diverse�misure�legisla-
tive�che�comportano�specifiche�implicazioni�per�la�sicurezza�delle�reti�e

��������

Agli�inizi�di�Maggio�2002�si�e�svolto�a�Roma�un�incontro�bilaterale�tra�il�Governo�Italiano�ed�
il�Governo�degli�Stati�Uniti�sulla�sicurezza�delle�reti.�E�stato�trattato�con�particolare�attenzione�
il�problema�della�protezione�delle�infrastrutture�critiche�informatizzate,�avviando�una�collabora-
zione�con�le�autorita�americane�sul�tema�della�sicurezza.�Vedi��Iprovider�nelfuturo�di�Internet�,�
intervento�del�Ministro�Gasparri�al�Congresso�promosso�presso�il�Ministero�delle�Comunicazioni�
il�13�Maggio�2002.�Vedi�in�www.comunicazioni.it/salastampa/intervento_prov.htm�

(184)�COM�(2002)�173�def.�del�19�Aprile�2002,�Proposta�di�decisione-quadro�del�Consiglio�
relativa�agli�attacchi�contro�i�sistemi�di�informazione,�in�www.ipsoa.it/lalegge/news/sistemiinfor-
maticiue.pdf�
(185)�Conclusioni�della�presidenza�del�Consiglio�europeo�di�Lisbona�tenuto�il�23�e�24�marzo�
2000,�reperibili�all'indirizzohttp://ue.eu.int/en/Info/eurocouncil/index.htm�
(186)�COM(2000)890def.del26Gennaio2001,�Creareunasocieta�dell'informazionesicura�
migliorando�la�sicurezza�delle�infrastrutture�dell'informazione�e�mediante�la�lotta�alla�criminalita�
informatica�,�comunicazione�della�Commissione�al�Consiglio,�al�Parlamento�Europeo,�al�Comitato�
Economico�e�Sociale�e�al�Comitato�delle�Regioni,�in�http://europa.eu.int/eur-lex/it/com/-
cnc/2000/com2000_0890it01.pdf�

SERVIZI�INFORMATICI�E�STATISTICI�

dell'informazione,�come�ad�esempio�le�direttive�95/46/CE(187),�

97/66/CE(188)�e�98/1984/CE(189)�sulla�tutela�giuridica�dei�sistemi�ad�

accesso�condizionato�e�dei�sistemi�di�accesso�condizionato.�In�particolare,�il�

quadro�europeo�di�protezione�delle�telecomunicazioni�e�dei�dati�(direttive�

95/46/CE�e�97/66/CE�)�contiene�disposizioni�volte�ad�assicurarsi�che�i�forni-

tori�di�servizi�di�telecomunicazione�aperti�al�pubblico�adottino�le�misure�tec-

niche�ed�organizzative�adeguate�a�preservare�la�sicurezza�e�la�riservatezza�

dei�propri�servizi�e�che�tali�misure�garantiscano�un�livello�di�sicurezza�ade-

guato�al�rischio�prospettato.�
Uno�dei�modi�piu�importanti�ed�efficaci�di�affrontare�questi�problemi�e�

costituito�dalla�prevenzione�e�dalla�formazione.�La�COM�(2000)�890�def.�evi-

denziava�l'importanza�della�disponibilita�,�dello�sviluppo,�dell'applicazione�e�

dell'uso�effettivo�delle�tecnologie�di�prevenzione.�Essa�sottolineava�la�neces-

sita�di�innalzare�il�livello�di�consapevolezza�dei�rischi�posti�dalla�criminalita�

informatica,�promuovere�le�migliori�pratiche�per�la�sicurezza�informatica�

(IT),�sviluppare�strumenti�e�procedure�efficaci�per�contrastare�la�criminalita�

informatica�ed�incoraggiare�l'ulteriore�sviluppo�di�meccanismi�di�preallarme�

e�di�gestione�di�crisi(190).�
Piu�di�recente,�il�Consiglio�europeo�riunito�a�Stoccolma�il�23-24�marzo�

2002�ha�riconosciuto�l'esigenza�di�azioni�ulteriori�nel�settore�della�sicurezza�

delle�reti�e�dell'informazione�ed�ha�concluso�che��il�Consiglio�sviluppera�

insieme�alla�Commissione�una�strategia�globale�per�la�sicurezza�delle�reti�elet-

troniche,�comprensiva�di�azioni�concrete�di�attuazione�(191).

��������

(187)�Direttiva�95/46/CE�del�24�Ottobre�1995�sulla�protezione�dei�dati�personali.�
�L'instaurazione�e�il�funzionamento�del�mercato�interno,�nel�quale,�conformemente�all'arti-
colo�7�A�del�trattato,�e�assicurata�la�libera�circolazione�delle�merci,�delle�persone,�dei�servizie�
dei�capitali,�esigono�non�solo�che�i�dati�personali�possano�circolare�liberamente�da�uno�Stato�
membro�all'altro,�ma�che�siano�altres|�salvaguardati�i�diritti�fondamentali�della�persona�.�

(188)�Direttiva�97/66/CE�del�15�Dicembre�1997�sul�trattamento�dei�dati�personali�e�sulla�tutela�
della�vita�privata�nel�settore�delle�telecomunicazioni.�
�Le�disposizioni�legislative,�regolamentari�e�tecniche�adottate�dagli�Stati�membri�in�materia�di�
tutela�dei�dati�personali�e�della�vita�privata,�nonche�dei�legittimi�interessi�delle�persone�giuridiche�
nel�settore�della�telecomunicazione�devono�essere�armonizzate�per�evitare�ostacoli�al�mercato�
interno�della�telecomunicazione�in�base�all'obiettivo�di�cui�all'articolo�7�A�del�trattato�.�

(189)�Direttiva98/1984/CEdel20Novembre1998sullatutelagiuridicadeisistemiadaccesso�
condizionato�e�dei�sistemi�di�accesso�condizionato.�
Le�basi�giuridiche�sono�l'articolo�7�A�del�trattato,�secondo�il�quale�il�mercato�interno�comporta�
uno�spazio�senza�frontiere�interne,�nel�quale�e�assicurata�la�libera�circolazione�delle�merci�e�dei�ser-
vizi;�l'articolo�128,�paragrafo�4,�del�trattato,�secondo�cui�la�Comunita�tiene�conto�degli�aspetti�cultu-
rali�nell'azione�che�svolge�ai�sensi�di�altre�disposizioni�del�trattato;�articolo�130,�paragrafo�3,�del�
trattato,�secondo�cui�la�Comunita�contribuisce�alla�realizzazione�delle�condizioni�necessarie�alla�
competitivita�della�sua�industria�attraverso�politiche�ed�azioni�da�essa�attuate.�

(190)�Il�programma�UE�Tecnologie�della�societa�dell'informazione�(TSI)�fornisce�un�quadro�
persviluppare�lecapacita�e�tecnologie�necessarie�per�comprendere�ed�affrontare�le�sfide�emergenti�
in�materia�di�criminalita�informatica.�Il�programma�TSI�viene�gestito�dalla�Commissione�europea.�
Fapartedel�5.Programmaquadro,�chevadal�1998�al�2002.�Maggioriinformazioni�sonodisponibili�
sul�sitohttp://www.cordis.lu/ist�
(191)�COM�(2002)�173�def.�del�19�Aprile�2002,�proposta�di�decisione-quadro�del�Consiglio�rela-
tiva�agli�attacchi�contro�i�sistemi�di�informazione,�in�www.ipsoa.it/lalegge/news/�
sistemiinformaticiue.pdf�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

La�Commissione�ha�risposto�a�questo�appello�con�la�sua�comunicazione�

�Sicurezza 
delle 
reti 
e 
sicurezza 
dell'informazione: 
proposta 
di 
un 
approccio 


strategico 
europeo��(192).�Tale�comunicazione,�che�accenna�solo�ai�root 
server 


quali�componenti�dell'infrastruttura�di�supporto�al�sistema�dei�nomi�di�domi-

nio,�ha�analizzato�i�problemi�attuali�della�sicurezza�delle�reti�e�ha�delineato�

un�progetto�di�azione�strategica�in�questo�settore.�
Nella�Comunicazione�la�sicurezza�delle�reti�e�dell'informazione�viene�

intesa�come��la�capacita�di�una�rete�o�di�un�sistema�d'informazione�di�resi-

stere,�ad�un�determinato�livello�di�riservatezza,�ad�eventi�imprevisti�o�atti�

dolosi�che�compromettono�la�disponibilita�,�l'autenticita�,�l'integrita�e�la�riser-

vatezza�dei�dati�conservati�o�trasmessi�e�dei�servizi�forniti�o�accessibili�tra-

mite�la�suddetta�rete�o�sistema�.�
Tra�le�minacce�alla�sicurezza�viene�prevista�anche�la��caduta�della�rete�:�

�in�passato,�la�caduta�della�rete�era�spesso�dovuta�ad�una�disfunzione�del�

sistema�informatico�che�la�controllava�e�gli�attacchi�erano�rivolti�soprattutto�

verso�questi�computer.�Attualmente,�invece,�gli�attacchi�che�causano�le�piu�

gravi�interruzioni�sfruttano�le�debolezze�e�le�vulnerabilita�dei�componenti�della�

rete�(sistema�operativo,�router,�commutatori,�server 
di�nomi,�ecc.)��(193).�
Gli�attacchi�di�questo�tipo�possono�assumere�diverse�forme,�tra�cui�quelli�

rivolti�ai�server 
dei�nomi�di�dominio:�se�parte�del�DNS�non�funziona�alcuni�siti�

web�non�possono�essere�localizzati.��La�corruzione�a�livello�dei�root 
server 


del�sistema�del�DNS�o�di�altri�server 
di�nomi�di�primo�livello�potrebbe�paraliz-

zare�la�rete.�All'inizio�di�quest'anno�sono�state�evidenziate�lacune�nel�software�

utilizzato�dalla�maggior�parte�dei�server 
di�nomi�di�dominio��(194).�
Cio�che�viene�evidenziato�e�la��una�necessita�urgente�di�ravvicinamento�

del�diritto�penale�sostanziale�all'interno�dell'Unione�europea�nel�settore�degli�

attacchi�ai�sistemi�di�informazione��(195).�
Importante�sottolineare�come�anche�l'Europa,�al�pari�degli�Stati�Uniti,�

ritenga�che��la�soluzione�dei�problemi�legati�alla�sicurezza�postuli�necessaria-

mente�una�cooperazione�internazionale��(196):�la�Commissione�europea�par-

tecipa�gia�ai�lavori�di�organismi�internazionali�quali�il�G8,�l'OCSE�e�le�

Nazioni�Unite.

��������

(192)�COM�(2001)�298�def.�del�6�giugno�2001,��Sicurezza 
delle 
reti 
e 
sicurezza 
dell'informa-
zione: 
proposta 
di 
un 
approccio 
strategico 
europeo�,�comunicazione�della�Commissione�al�Consi-
glio,�al�Parlamento�Europeo,�al�Comitato�Economico�e�Sociale�e�al�Comitato�delle�Regioni,�in�
http://217.56.56.109/documenti/sicurezza_online.pdf�
(193)�Ibidem.�
(194)�COM(2001)�298�def.�del�6�giugno�2001.�Secondo�la�soluzione�proposta,�per�difendersi�
dagli�attacchi�ai�server 
DNS�basta�in�genere�estendere�i�protocolli�DNS,�ricorrendo�ad�esempio�ad�
estensioni�DNS�protette�con�cifratura�a�chiave�pubblica.�Questa�soluzione�richiede�tuttavia�l'instal-
lazione�di�nuovo�software 
sulle�apparecchiature�clienti�e�non�e�stata�utilizzata�molto�spesso.�Inoltre,�
l'efficacia�della�procedura�amministrativa�necessaria�per�ampliare�la�fiducia�tra�domini�DNS�deve�
essere�migliorata.�
(195)�COM�(2002)�173�def.�del�19�Aprile�2002.�Tale�comunicazione�propone�proprio�una�deci-
sione�quadro�relativa�al�ravvicinamento�del�diritto�penale�sostanziale�all'interno�dell'Unione�euro-
pea�nel�settore�degli�attacchi�ai�sistemi�di�informazione.�
(196)�COM�(2001)�298�def.�del�6�giugno�2001.�

SERVIZI�INFORMATICI�E�STATISTICI�

Conclusioni�

Internet�differisce�dalle�altre�reti�per�il�fatto�che�e�realizzata�con�il�con-
corso�di�tanti�soggetti�privati�che�forniscono�l'interconnessione�ai�loro�clienti�
e�stipulano�accordi�per�l'interconnessione�in�modo�tale�che�tutti�i�nodi�con-
nessi�possano�comunicare�tra�loro,�ma�in�nessuno�di�questi�contratti�si�parla�
di�responsabilita�(gli�stessi�contratti�alla�base�della�gestione�del�DNS�sono�
accordi�di�cooperazione,�di�coordinamento�tecnico�delle�attivita�o�di�sviluppo�
di�un�progetto).�

Va�sottolineata�la�indivisibilita�ed�l'interdipendenza�che�caratterizzano�
Internet.�Per�il�proprio�funzionamento,�essa�fa�affidamento�sui�rootserver,infra-
struttura�critica,�ma�anche�sull'intero�sistema�di�telecomunicazioni�mondiale.�

Il�settore�delle�telecomunicazioni�(TLC)�ha�carattere�internazionale�per�
ragioni�essenzialmente�tecnico-economiche:��le�infrastrutture�di�TLC�hanno�
costi�elevati�che�si�ripagano�attraverso�il�traffico;�l'esigenza�e�quella�di��cattu-
rarlo��tutto�convogliandolo�per�quanto�possibile�sulla�stessa�infrastrut-
tura��(197).�Dunque�e�necessario�raccogliere�anche�il�traffico�internazionale�
e�per�questo�occorre�eliminare�gli�ostacoli�tecnici�rappresentati�da�standard�
difformi�che�intralciano�l'interoperabilita�delle�reti�e�dei�sistemi.�

E�stato�rilevato�come�nessun�paese�possa�da�solo�assicurare�la�propria�
sicurezza�nazionale(198),�in�quanto��(...)�ensuring�the�safety�and�stability�of�
the�Internet�depends�on�every�member�of�the�Internet�community,�business,�indi-
viduals,�andgovernment,�allfulfillingtheirrespectivedutiesontheglobal,�regio-
nal�and�national�levels�(199).�

E�necessaria�una�cooperazione�internazionale�finalizzata�alla�sicurezza�
della�Rete�(e�delle�reti),�per�aumentare�gli�standard�tecnici,�ma�che�si�occupi�
anche�di�sviluppare�una��etica�del�sistema,�suscettibile�in�qualche�modo�di�
essere�richiamata�come�specificazione�del�generale�dovere�di�buona�fede�e�
come�criterio�di��ingiustizia��dei�danni�eventualmente�arrecati�ad�altri�opera-
tori�della�rete��(200).�

ICANN�non�ha�sicuramente�ne�l'autorita�,ne�l'autorevolezza�per�guidare�
un�simile�processo:��fino�a�che�punto�una�organizzazione�senza�scopo�di�
lucro�con�sede�negli�USA�ed�autorizzata�ad�operare�in�un�contesto�esclusiva-
mente�tecnico,�ma�planetario,�deve�considerarsi�legittimata�a�decidere�su�que-
stioni�che�esulano�da�tale�ambito?��(201).

��������

(197)�F.�CARDARELLI,�V.�ZENO-ZENCOVICH,��Il�diritto�delle�telecomunicazioni.�Prin-
cipi,�normativa�e�giurisprudenza�,�1997,�Edizioni�La�Terza,�Bari,�pag.�8�

(198)�Vice�Ministro�giapponese�I.�KOSAKA�del�Ministry�for�Public�Management,�Home�
Affairs,�Posts�andTelecommunications,�intervento�al�Meeting�di�ICANN,��ICANNCommunity�Mee-

ting�on�Security�and�Stability�ofthe�Internet�Naming�and�Address�Allocation�System�,�Novembre�

2001,�Marina�del�Rey,�California,�in�www.icann.org�

(199)�Ibidem.�
(200)�S.�MAGNI,�M.S.�SPOLIDORO,��La�responsabilita�degli�operatori�in�Internet:�profili�
interni�e�internazionali�,�in�Diritto�dell'Informazione�e�dell'Informatica,�1997,�pag.�61�e�ss.�

(201)�S.�BACCAGLINI,��Iprimi�passi�di�ICANN�tra�critiche�e�contrasti�,�in�www.interlex.it�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

L'organizzazione�senza�scopo�di�lucro�statunitense�ha�dimostrato�la�sua�

inadeguatezza�a�livello�internazionale,�primo�per�la�difficolta��di�stipulare�i�

contratti�con�i�registri�dei�ccTLD(202),�secondo�per�la�sua�incapacita��ad�assic
urare�formalmente�il�funzionamento�del�sistema�dei�root 
server.�

ICANN�ha�disatteso�le�aspettative�del�Governo�americano�e�dei�suoi�
fondatori:�la�sua�originaria�missione,�quella�di�essere�l'organizzazione�creata�

da�settore�privato�per�la�gestione�dei�sistemi�di�indirizzo�e�numerazione�di�

Internet,�fu�quantomeno�ambiziosa.�Attualmente�si�sta�discutendo�su�una�

sua�possibile�riforma�(203),�che�limiti�l'intervento�di�ICANN�al�solo�ambito�

tecnico�ed�amministrativo.�

E�possibile�invece�ipotizzare�l'intervento�di�una�organizzazione�riconos
ciuta�a�livello�internazionale(204)?�

Opinione�generale(205)�e��che�la�partecipazione�di�una�organizzazione�
internazionale�nella�gestione�di�Internet�non�possa�essere�adeguata,�in�quanto�

la�velocita��con�cui�Internet�si�evolve�richiede�decisioni�rapide�e�tempestive.

��������

(202)�Nessun�ccTLD�ha�firmato�il�contratto�con�ICANN,�eccetto�Giappone�ed�Australia.�
Si�tratta�di�due�casi�particolari:�per�il��.au�,�con�tale�contratto�ICANN�ha�dato�il�controllo�
ad�una�organizzazione�simile�ad�essa,�sponsorizzata�dal�Governo�australiano;�per�il��.jp�,�ora�il�
ccTLD�e��controllato�da�Jon�Murai,�membro�dell'ICANN�Board.�

Vedi�A.M.�FROOMKIN,��Form 
and 
substance 
in 
cyberspace�,�Maggio�2002,�in�http://�
personal.law.miami.edu/?froomkin/articles/formandsubstance.pdf�

(203)�La�discussione�e��incentrata�su�quale�dovrebbe�essere�il�ruolo�di�ICANN�ed�il�suo�campo�
d'azione�(vedi�Committee 
on 
ICANN 
Evolution 
and 
Reform,�Working 
Paper 
on 
ICANN 
Mission 
and 
Core 
Values�,�6�Maggio�2002,�in�www.icann.org/committees/evol-reform/working-paper-m
ission-06may02.htm�),�su�come�dovrebbe�agire�(vedi�Committee�on�ICANN�Evolution�and�
Reform,��Working 
Paper 
on 
The 
Policy-Development 
Process�,�7�Maggio�2002�in�www.icann.org/c
ommittees/evol-reform/working-paper-process-07may02.htm�)e�su�come�dovrebbe�essere�finanz
iata�(vedi�Committee�on�ICANN�Evolution�and�Reform,��WorkingPaper 
onTheICANNStructure 
and 
The 
nominating 
Committee 
Concept�,�9�Maggio�2002�in�www.icann.org/committees/evol-r
eform/working-paper-htm�

(204)�Sipensiall'ONUchestapromuovendoilc.d.�GlobalCompact�,�un'iniziativa�che�mira�a�
sensibilizzare�le�imprese�di�tutto�il�mondo�verso�una�responsabilita��sociale�nei�confronti�dei�diritti�
umani�e�della�salvaguardia�dell'ambiente.�
Esso�agisce�su�tre�livelli:�internazionale,�regionale�e�nazionale.�A�livello�globale,�le�iniziative�
sono�state�promosse�da�organizzazioni�internazionali,�come�l'International 
Labor 
Organization 
(ILO)�e�l'International 
Monetary 
Fund(IMF).�

Il�risultato�viene�stimolato�a�livello�regionale,�attraverso�la�stipula�diaccordiche�regolano�i�
rapporti�tra�singoli�paesi�(ad�esempio,�il�NAFTA,�North 
American 
Free 
Trade 
Agreement,�tra�Stati�
Uniti�d'America,�Canada�e�Messico).�

L'OECD�(OrganizationforEconomic 
CooperationandDevelopment),�organizzazione�che�unisce�
Unione�Europea,�Canada�e�Giappone,�hapubblicatodellelinee�guidaperle�impresemultinazionali�
�al�fine�di�assicurare�che�le�azioni�di�queste�siano�in�armonia�con�le�politiche�dei�governi,�per�rafforz
are�le�basi�di�una�reciproca�fiducia�tra�imprese�e�societa��(societies)incui�operano�(...)�.�

A�livello�nazionale,�alcuni�paesi�hanno�sviluppato�propri�sistemi�per�isolare�le�imprese�che�non�
si�uniformano�alle�politiche�internazionali:�sia�l'Unione�Europea,�sia�gli�Stati�Uniti�d'America�
hanno�imposto�sanzioni�economiche�in�caso�di�violazione�dei�diritti�dei�lavoratori�(e��il�caso�del�Cile�
che�e��stato�escluso�dai�programmi�americani�nel�1987�per�le�violazioni�ai�diritti�dei�lavoratori�sotto�
il�regime�di�Pinochet).�

Vedi�WILLIAM�H.�MEYER,�B.�STEFANOVA,��Human 
Rights, 
the 
UNGlobalCompact, 
and 


Global 
Governance�,�in�Cornell 
InternationalLaw 
Journal,numero�3,�2001.�

(205)�S.�TRUMPY,�Intervento�nella�tavola�rotonda��ICANN, 
dovevailgovernomondialedella 
Rete?�,�Roma,�18�Giugno�2002�


SERVIZI�INFORMATICI�E�STATISTICI�

Per�quanto�riguarda�l'Unione�Europea,�gli�atti�comunitari�sono�andati�
ad�incidere�sui�servizi�di�TLC�ma�non�sulla�Rete:�la�normativa�comunitaria�
ha�come�finalita��ultima�l'unificazione�del�mercato�(206).�

Il�mercato�e�le�relazioni�all'interno�di�esso�presuppongono�dei�rapporti�
contrattuali.�Internet�non�puo��essere�considerato�come�rientrante�nella�
nozione�comunitaria�di�mercato�in�quanto�non�esistono�rapporti�contrattuali�
tra�gli�utenti�ed�i�gestori�della�Rete.�Si�e��visto�come�vi�siano�difficolta��a�stipu-
lare�contratti�tra�gli�stessi�gestori,�dato�che�nessuno�e��in�grado�di�garantire�
il�servizio,�poiche�quest'ultimo�dipende�non�gia��da�singoli,�ma�dal�funziona-
mento�del�sistema�nel�suo�complesso.�

Di�qui�la�necessita��di�interventi�a�livello�globale,�per�grandi�aree�geogra-
fiche�al�fine�di�promuovere�una�solidarieta��politica�per�la�sicurezza�della�Rete�
ed�una�politica�economica�d'intervento�sulla�gestione,�da�attuarsi�mediante�
convenzioni.�La�Rete�non�ha�confini�territoriali,�per�cui�nessuno�Stato�puo��
imporre�le�sue�regole�ed�i�suoi�valori�agli�altri�Stati.�L'efficienza�di�Internet�
dipende�da�tutti�coloro�che�da�sempre�vi�sono�impegnati.�In�mancanza�di�
un�quadro�chiaro,�e��la�loro�professionalita��che�ne�ha�garantito�e�ne�garantisce�
e�ne�garantira��il�funzionamento.

��������

(206)�Art.�2�CE:��La�comunita��ha�il�compito�di�promuovere�nell'insieme�della�Comunita��,�
mediante�l'instaurazione�di�un�mercato�comune�e�di�un'unione�economica�e�monetaria�e�mediante�
l'attuazione�delle�politiche�e�delle�azioni�comuni�di�cui�agli�articoli�3�e�4,�uno�sviluppo�armonioso,�
equilibrato�e�sostenibile�delle�attivita��economiche,�un�elevato�livello�di�occupazione�e�di�protezione�
sociale,�(...),�un�elevato�grado�di�competitivita��e�di�convergenza�dei�risultati�economici,�(...),�la�
coesione�economica�e�sociale�e�la�solidarieta��tra�Stati�membri�.�

IndicisistematiciIndicisistematici
1 
-ARTICOLI, 
NOTE, 
DOTTRINA, 
RECENSIONI 
MassimO 
Bachetti, 
Delitto 
di 
alto 
tradimento 
e 
responsabilita� 
civile 
dello 
Stato 
pag. 
2551
RobertO 
dE 
Felice, 
L'Avvocatura 
dello 
Stato 
e 
iprocessi 
per 
reati 
ministeriali 
�8
DirezionE 
GeneralE 
peR 
l'IntegrazionE 
europeA 
deL 
MinisterO 
deglI 
EsterI 
(a1cura1di), 
Ilprincipio 
del 
ne 
bis 
in 
idem 
nell'Accordo 
di 
Schengen 
�128
FrancescA 
Farinelli, 
La 
disciplina 
giuridica 
di 
Internet 
.. 
... 
.. 
.. 
... 
.. 
. 
�131451
GiuseppE 
Fiengo, 
Sulla 
potesta� 
regolamentare 
dello 
Stato 
in 
regime 
di 
legislaz
ione 
concorrente 
. 
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. 
. 
�3131
GiuseppE 
Fiengo, 
Sussidiarieta� 
e 
leale 
collaborazione 
nel 
sistema 
delle 
infras
trutture 
e 
degli 
insediamentiproduttivi 
strategici 
. 
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. 
. 
. 
.. 
.. 
�140
OscaR 
Fiumara, 
Un 
blocco 
autostradale 
per 
motivi 
ambientali: 
liberta� 
di 
riun
ioneeliberta� 
di 
traffico. 
. 
... 
.. 
.. 
... 
.. 
.. 
... 
.. 
.. 
.. 
... 
.. 
.. 
... 
.. 
. 
�1451
OscaR 
Fiumara, 
La 
tutela 
dei 
prodotti 
alimentari 
di 
qualita� 
dinanzi 
ai 
giudici 
comunitari: 
le 
operazioni 
in 
loco 
di 
af
ff
ettamento 
del 
Prosciutto 
di 
Parma 
e 
di 
grattugia 
del 
Grana 
Padana 
. 
. 
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. 
. 
. 
. 
�13141
OscaR 
Fiumara, 
EttorE 
Figliolia, 
Il 
procedimento 
diformazione 
dei 
pareri 
dell'Avvocatura 
dello 
Stato 
. 
. 
. 
. 
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. 
. 
. 
. 
. 
�1
NoemI 
Gennari, 
Sul 
riparto 
di 
competenza 
legislativa 
tra 
Stato 
e 
Regioni 
in 
tema 
di 
infrastrutture 
di 
telecomunicazione 
e 
tutela 
dai 
campi 
elettromagnet
ici 
.. 
.. 
... 
.. 
.. 
... 
.. 
.. 
... 
.. 
.. 
... 
.. 
.. 
... 
.. 
.. 
.. 
... 
.. 
.. 
... 
.. 
. 
�16171
MassimO 
Giannuzzi, 
Il 
rapporto 
tra 
Stato 
e 
Regioni 
nella 
disciplina 
dellefond
azioni 
bancarie 
. 
. 
. 
. 
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. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
�1131
MariA 
VittoriA 
Lumetti, 
Il 
risarcimento 
del 
danno 
alla 
persona: 
inquinam
ento 
elettromagnetico 
e 
organismi 
geneticamente 
modificati 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
.. 
�12671
MariA 
VittoriA 
Lumetti, 
Gli 
strumenti 
della 
semplificazione 
normativa 
. 
. 
. 
. 
�13231
MariA 
VittoriA 
Lumetti, 
SandrO 
Tizzi, 
La 
responsabilita� 
ex 
art. 
2051 
c.c. 
dell'istituto 
scolastico 
durante 
l'occupazione 
studentesca 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
�12130


388 
RASSEGNAAVVOCATURADELLOSTATO�
MassimO 
Mari, 
Sull'autonomiafinanziaria�degli�Enti�locali.�L'unita�del�sistema�pag.�205�
MassimO 
Mari, 
Il�rapporto�tra�Stato�e�Regioni�nella�disciplina�dellefondazioni�
bancarie.�La�ricostruzione�sistematica�del�settore�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�..���128�
AntoniO 
Palatiello, 
Il�termine�ragionevole�del�processo:�la�memoria�dell'Avv
ocatura�dello�Stato�alle�Sezioni�Unite�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.���209�
SimonA 
Prunali, 
Attivita�dell'Ufficio�dell'Agente�del�Governo�italiano�nei�proc
edimenti�dinanzi�alla�Corte�di�Giustizia�delle�Comunita�europee�.�.�.�.�.�.�.�.�.���25�
AndreA 
Valletti, 
Annullamento�dell'aggiudicazione�e�contratto.�Riflessioni�
sull'opportunita�di�uscire�dal��circolo�vizioso��della�nullita�-annullabilita�-
caducazione�..�..�...�..�..�...�..�..�...�..�..�...�..�..�..�...�..�..�...�..�.���301�
2 
-INDICE 
DELLE 
SENTENZE 
CORTEDIGIUSTIZIADELLECOMUNITA�EUROPEE�
Plenum,11febbraio2003,nellecauseriuniteC-187/01eC-385/01.........pag.�
Plenum,20maggio2003,nellacausaC-108/01�......................���
Plenum,20maggio2003,nellacausaC-469/00�......................���
Plenum,12giugno2003,nellacausaC-112/00.......................���
30�
36�
36�
48�
CORTECOSTITUZIONALE�
23-25maggio1990,n.265�.....................................�
11-24aprile2002,n.134.......................................�
29settembre2003,n.300......................................�
1.ottobre2003,n.302........................................�
25settembre-1.ottobre2003,n.303�..............................�
1-7ottobre2003,n.307�.......................................�
2-15ottobre2003,n.311�......................................�
27ottobre-7novembre2003,n.331...............................�
��
��
��
��
��
��
��
��
16�
12�
123�
133�
140�
171�
207�
182�
CORTED'APPELLODIROMA�
Sez.2.penale,18dicembre2002-14gennaio2003�...................�
Sez.2.penale,16giugno2003,n.4759�............................�
��
��
6�
22�
TRIBUNALECIVILEDIROMA�
G.I.P.,5-7luglio2001�........................................���5�
TRIBUNALECIVILEDIFIRENZE�
Sez.2.,21novembre2002,n.762�................................���237�
TRIBUNALEAMMINISTRATIVOREGIONALEPERLATOSCANA�
Sez.1.,16gennaio2003,n.12�..................................���195�
TRIBUNALEAMMINISTRATIVOREGIONALEPERILVENETO�
Sez.3.,28ottobre2002,n.6118�.................................���192�


INDICI�SISTEMATICI�389 


3 
-INDICE 
DEGLI 
ARGOMENTI 


Avvocatura�dello�Stato�^Pareri�^Formazione�^Natura�giuridica�(Trib. 
di 
Roma, 
GIP, 
5-7 
luglio 
2001; 
Corte 
d'appello 
di 
Roma, 
sez. 
2.pen., 
18 
dicemb
re2002-14gennaio2003) 
....................................... 
pag. 
5,6�

Comunita�europee�-Convenzione�di�applicazione�dell'Accordo�di�Schengen�^
Principio�del�ne 
bis 
in 
idem 
^Ambito�di�operativita�^Estinzione�dell'azione�
penale�a�seguito�di�procedura�transattiva�(Corte 
di 
Giustizia 
CE, 
Plenum, 
11febbraio2003nellecauseriun.C-187/01eC-385/01) 
................. 
��30�

Comunita�europee�^Denominazione�di�origine�protetta�^Reg.�2081/1992�^
Reg.�1107/1996�^Grana�Padano�grattugiato�fresco�^Disciplinare�^Conven-
zione�fra�due�Stati�membri�^Condizione�relativa�all'effettuazione�delle�opera-
zioni�di�grattugiatura�e�di�confezionamento�del�formaggio�nella�zona�di�pro-
duzione�^Artt.�29�e�30�CE�^Giustificazione�^Opponibilita�delle�condizioni�
ai�terzi�^Certezza�del�diritto�^Pubblicita�(Corte 
di 
Giustizia 
CE, 
Plenum, 
20maggio2003,nellacausaC-469/00) 
............................. 
��36�

Comunita�europee�^Denominazioni�di�origini�protette�^Reg.�2081/1992�^
Reg.�1107/1996�^Prosciutto�di�Parma�^Disciplina�^Condizione�di�affetta-
mento�e�di�confezionamento�del�prosciutto�nella�zona�di�produzione�^Artt.�29�
e�30�CE�^Giustificazione�^Opponibilita�della�condizione�ai�terzi�^Certezza�
del�diritto�^Pubblicita�(Corte 
di 
Giustizia 
CE, 
Plenum, 
20 
maggio 
2003, 
nella 
causaC-108/01) 
.............................................. 
��36�

Comunita�europee�^Libera�circolazione�delle�merci�^Ostacoli�derivanti�da�
atti�privati�^Obblighi�degli�Stati�membri�^Decisione�di�non�vietare�una�riu-
nione�a�scopo�ambientale�che�ha�comportato�il�blocco�totale�dell'autostrada�
del�Brennero�per�quasi�trenta�ore�^Giustificazione�^Diritti�fondamentali^
Liberta�d'espressione�e�liberta�di�riunione�^Principio�di�proporzionalita�
(Corte 
di 
Giustizia 
CE, 
Plenum, 
12 
giugno 
2003, 
nella 
causa 
C-112/00) 
. 
. 
. 
. 
.. 
��48�

Emissioni�elettromagnetiche�^Limiti�^Disciplina�prevista�dalla�legge�
36/01�^Regioni�^Potesta�legislativa�^In�materia�urbanistica�^Ricomprende�
anche�quella�di�ambiente�(TAR 
Veneto, 
sez. 
3., 
28 
ottobre 
2002 
n. 
6118; 
TAR 
Toscana,sez. 
1.,16gennaio2003n.12) 
............................. 
��192,195�

Estinzione�del�reato�per�morte�del�reo�^Prova�evidente�che�il�fatto�non�

sussiste�(Corte 
d'appello 
di 
Roma, 
sez. 
2" 
pen., 
18 
dicembre 
2002-14 
gennaio 


2003) 
...................................................... 
�6 


Impianti�fissi�di�radiocomunicazione�^Installazione�^Disciplina�regionale�
^Valutazione�di�impatto�ambientale�^Progettazione�^Distanze�minime�da�
edifici�o�aree�determinanti�^Prevenzione�dei�danni�derivanti�dai�campi�elet-
tromagnetici�^Indicazione�obbligatoria�negli�strumenti�urbanistici�degli�elet-
trodotti�esistenti�e�dei�corridoi�per�la�loro�localizzazione;�direttiva�regionale�
sull'ampiezza�dei�corridoi�(Corte 
Cost., 
1-7 
ottobre 
2003, 
n. 
307 
e 
27 
ottobre7
novembre2003,n.331) 
........................................ 
��171,182�


390 
RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Imposte�e�tasse�^Tasse�automobilistiche�^Attribuzione�alla�Regione�Cam-
pania�^Recupero�^Proroga�dei�termini,�fissati�dalla�legge�statale�^Violazione�
della�competenza�esclusiva�dello�Stato�in�materia�di�tributi�erariali�(Corte 
Cost.,2-15ottobre2003,n.311). 
.................................. 
pag. 
207�

Istituti�di�credito�^Fondazioni�bancarie�^Disciplina�statale�sui�settori�di�
intervento��ammessi��e��rilevanti�;�sull'organo�di�indirizzo;�sulla�gestione�e�
destinazione�del�patrimonio;�sul�controllo�di�una�societa��bancaria;�sulle�
dismissioni�delle�partecipazioni�di�controllo�in�societa��bancarie;�sui�poteri�di�
vigilanza;�sull'adeguamento�degli�statuti�alle�nuove�disposizioni�legislative�e�
sulla�ricostituzione�degli�organi�delle�fondazioni�(Corte 
Cost., 
29 
settembre 
2003,n.300) 
................................................. 
��123�

Lavori�pubblici�^Grandi�opere�^Infrastrutture�pubbliche�e�private�e�inse-
diamenti�produttivi�strategici�di�preminente�interesse�nazionale�^Procedi-
mento�per�l'individuazione,�la�localizzazione�e�la�realizzazione�^Programma�
del�Governo�inserito�nel�Documento�di�programmazione�economico--
finanziaria�(Corte 
Cost., 
25 
settembre 
-1 
ottobre 
2003, 
n. 
303) 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
��140�

Lavori�pubblici�^Lavori�di�interesse�provinciale�e�regionale�^Sistema�unita-
rio�di�qualificazione�per�gli�esecutori�^Regolamento�statale�^applicabilita��alle�
Regioni,�anche�a�statuto�speciale,�e�alle�Province�autonome�(Corte 
Cost., 
1ottobre2003,n.302) 
.......................................... 
��133�

Procedimento�penale�^Reati�ministeriali�^Indagini�preliminari�^Compe-
tenza�^Dopo�l'autorizzazione�a�procedere�^E�del�P.M.�(Corte 
Cost., 
11-
24 
aprile 
2002 
n. 
134; 
23-25 
maggio 
1990, 
n. 
265; 
Corte 
d'appello 
di 
Roma, 
sez.2.pen.,16giugno2003n. 
4759) 
. 
. 
. 
... 
.. 
.. 
... 
.. 
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.. 
... 
.. 
.. 
... 
.. 
. 
��12,16,22�

Responsabilita�civile�^2051�c.c.�e�obblighi�di�custodia�^Responsabilita��del-
l'istituto�scolastico�^Occupazione�studentesca�(Trib. 
civile 
di 
Firenze, 
sez. 
2., 
21novembre2002,n.762) 
....................................... 
��237�

4 
-PARERI 


A.G.S. 
^Parere 
del 
22 
maggio 
2003 
^Tasse 
su 
concessioni 
governative. 
Se�per�impedire�la�decadenza�fissata�per�il�rimborso�di�tasse�di�concessione�
governativa�sia�sufficiente�la�spedizione�della�richiesta�od�occorra�la�rice-
zione�della�stessa�da�parte�delle�amministrazioni�(consultivo 
n. 
6166/03, 
avvocatoF.M.Patierno) 
...................................... 
pag. 
239�

A.G.S. 
^Parere 
del 
9 
luglio 
2003, 
n. 
78223. 
Ambito�e�modalita��di�applicazione�della�legge�n.�166/2002,�art.�2�(consultivo 


n.5070/03,avvocatoA.Linguiti) 
............................... 
��240 
A.G.S. 
^Parere 
del 
22 
luglio 
2003, 
n. 
81240 
^Accesso 
ai 
documenti 
amminis
trativi. 
Possibilita��di�accesso�ai�curricola�di�candidati�ad�un�concorso�^Limiti�per�la�
tutela�della�riservatezza�(consultivo 
n. 
7910/03, 
avvocato 
G. 
Mangia) 
. 
. 
. 
. 
. 
��242�


INDICI�SISTEMATICI�

A.G.S. 
^Parere 
del 
22 
luglio 
2003, 
n. 
81247. 
Legge�22�dicembre�1999,�n.�512�^Istituzione�del�Fondo�di�rotazione�per�la�soli-
darieta�alle�vittime�dei�reati�di�tipo�mafioso�^Notifica�ex 
art.�5�atto�di�cita-
zione(consultivo 
n. 
18678/02, 
avvocato 
S. 
Sabelli) 
. 
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. 
pag. 
243�
A.G.S. 
^Parere 
del 
1O 
ottobre 
2003, 
n. 
105547 
^Rimborsi 
e 
termine 
di 
prescriz
ione. 
(consultivo 
n. 
13863/02, 
avvocato 
L. 
Criscuoli) 
. 
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.. 
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��246�
A.G.S. 
^Parere 
del 
22 
settembre 
2003, 
n. 
102641. 
Convenzione�transattiva�evolutiva�tra�il�Ministero�dell'Interno�^Dipartimento�
della�Pubblica�Sicurezza�e�Telecom�S.p.a.�^Rapporti�con�disciplina�Consip�
S.p.A.�(consultivo 
n. 
9325/02, 
avvocato 
G. 
Fiengo) 
. 
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��2�51�