ANNO 
LIV 
-N. 
1 
GENNAIO-MARZO 
2002 



PUBBLICAZIONETTRIMESTRALETDITSERVIZIO

ISTUTOPOLGRAFICOEZECCADOSTATO 
ROMAT2002 



ComitatO 
scientifico: 
Presidente:�Luigi 
Mazzella. 
Componenti:�Franco 
Coppi 
^Giuseppe 
Guarino 
^Natalino 
Irti 
^Eugenio 
Picozza 
^Franco 
Gaetano 
Scoca. 


DirettorE 
responsabile: 
Oscar 
Fiumara 
^Condirettore:�Giuseppe 
Fiengo. 


ComitatO 
dI 
redazione: 
Giacomo 
Aiello 
^Vittorio 
Cesaroni 
^
Roberto 
de 
Felice 
^Maurizio 
Fiorilli 
^Andrea 
Liberati 
^Antonio 
Palatiello 
^Giovanni 
Paolo 
Polizzi 
^Mario 
Antonio 
Scino 
^Francesco 
Sclafani 
^
Tito 
Varrone. 


HannO 
collaboratO 
inoltrE 
aL 
presentE 
numero: 
Ennio 
Antonio 
Apicella 
^Federico 
Basilica 
^Guido 
Calvi 
^Tommaso 
Capezzone 
^
Ignazio 
Francesco 
Caramazza 
^Carla 
Colelli 
^Filippo 
Curcuruto 
^
Corrado 
Di 
Benedetto 
^Paolo 
Vittorio 
di 
Tarsia 
di 
Belmonte 
^
Gianni 
Carlo 
Ferrero 
^Giovanni 
Maria 
Flick 
^Giuseppe 
Frigo 
^Livia 
Golisano 
^Sergio 
Laporta 
^Maria 
Vittoria 
Lumetti 
^Stefano 
Maccioni 
^
Antonio 
Marini 
^Luigi 
Mazzoncini 
^Gaetano 
Pecorella 
^Ugo 
Pioletti 
^
Sarre 
Pirrone 
^Roberto 
Sarra 
^Chiara 
Serafini 
^Emanuele 
Squarcia. 


SegreteriA 
dI 
redazione: 
Francesca 
Pioppi. 


Telefono:�066829431�^E-mail:�rassegna@avvocaturastato.it 


ABBONAMENTI�ANNO�2002�

ITALIA�ESTERO�
ABBONAMENTO�ANNUO�....................�. 
41,32 
. 
77,47 


UNNUMEROSEPARATO�.....................�. 
11,88 
. 
20,66 


Prezzi�doppi,�tripli,�quadrupli�ecc.�per�tutti�quei�fascicoli�che,�
stampati�in�unico�volume,�sostituiscono�altrettanti�numeri�
della�prevista�periodicita�annuale.�

Per 
abbonamenti 
e 
acquisti 
rivolgersi 
a: 


ISTITUTO�POLIGRAFICO�E�ZECCA�DELLO�STATO 
Funzione�Editoria 


P.zza�Verdi,�10�^00198�Roma 
Numero�verde�800864035 
Fax�0685084117 
E-mail:�editoriale@ipzs.it 
c/c�postale�n.�387001 


Stampato 
in 
Italia 
^Printed 
in 
Italy 


Autorizzazione�Tribunale�di�Roma�^Decreto�n.�11089�del�13�luglio�1966�

(5604361/1)�Roma,�2002��Istituto�Poligrafico�e�Zecca�dello�Stato�^S.�


INDICE^SOMMARIO 


Editoriale............................................. 
Pag.�I 


TemiistituzionalI 
....................................... 
�1 
Lacostituzionedipartecivilenelprocessopenale�.......................��1 
Interventiecomunicazionidi: 
LuigiMazzella 
........................................... 
� 
1 
GiovanniMariaFlick 
...................................... 
� 
2 
GuidoCalvi 
............................................. 
� 
6 
PaoloVittoriodiTarsiadiBelmonte 
........................... 
� 
12 
GaetanoPecorella......................................... 
� 
17 
AntonioMarini........................................... 
� 
20 
GiuseppeFrigo........................................... 
� 
27 
EmanueleSquarcia 
........................................ 
� 
32 
UgoPioletti 
............................................. 
� 
33 
GianniCarloFerrero 
...................................... 
� 
37 
StefanoMaccioni 
......................................... 
� 
42 


Ilcontenziosodell'unioneeuropeA 
.......................... 
� 
45 
1.Ledecisioni.�.�.�.�.�...�..�..�...�..�..�...�..�..�...�..�..�..�...�..�..�...�..�..�� 
46 
��Sulla�legittimita�delle�tariffeprofessionaliforensi�,Plenum,19febbraio 
2002,C-35/1999.............................................. 
� 
46 
��Sull'accesso�e�l'esercizio�della�professione�forense�, 
sez.5a,7marzo 
2002,C-145/1999............................................. 
� 
52 
��Sull'illegittimita�di�un�regime�sanzionatorio�differenziato�dei�non�resi


a

denti�,sez.6,19marzo2002,C-224/2000 
.......................... 
� 
59 
2.IgiudiziincorsoallaCortediGiustiziaCEE�........................�� 
65 


Ilcontenziosonazionale.................................. 
� 
137 
SarrePirrone,Il�regime�tariffario�dell'importazione�delle�banane�.�.�.�.�.�.�.�.�� 
137 
RobertoSarra,Ricorso�avverso�il�silenzio�dell'Amministrazione:�un�freno�
all'estensione�dei�poteri�decisori�del�giudice�amministrativo.�Documentazionea 
� 
146 
curadi 
MarioAntonioScino.................................... 
SergioLaporta,L`indennita�difunzioneperigiudicidipace.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�� 
173 
MaurizioBorgo,Revoca�della�confisca�nei�procedimenti�antimafia:�regime�

dellespeseutiliallaconservazionedeibeni�............................�� 
176 
FedericoBasilica,LuigiMazzoncini,Il�caso�Raiway.�Documentazionea 
� 
182 
curadiVittorioCesaroni........................................ 


IpareridelcomitatoconsultivO 
............................ 
� 
253 
Dal23ottobre2000al17dicembre2001 
........................ 
� 
253 


ContributididottrinA 
................................... 
� 
319 
Ignazio 
Francesco 
Caramazza, 
Pubblica�Amministrazione�e�tutela�del�
cittadino�.....................................................�� 
319 
FedericoBasilica,ChiaraSerafini,La�ragionevole�durata�del�processo�alla�
lucediunarecentepropostadimodificadellaleggePinto�.................�� 
329 
Maria 
Vittoria 
Lumetti, 
L'esecuzione�delle�misure�cautelari�del�giudice�

amministrativo.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�..�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�� 
338 



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 


Recensioni............................................. 
Giustina 
Noviello, 
Paolo 
Sordi, 
Ennio 
Antonio 
Apicella, 
Vito 
Tenore, 
Le 
nuove 
controversie 
sulpubblico 
impiegoprivatizzato 
e 
gli 
uffici 
del 
contenzioso. 
Recensione 
di 
FilippoCurcuruto............................. 
Vito 
Poli, 
Vito 
Tenore, 
I 
procedimenti 
amministrativi 
tipici 
e 
il 
diritto 
di 
accesso 
nelleforze 
armate. 
Recensione 
di 
EnnioAntonioApicellA 
....... 
Pag. 
� 
� 
351 
351 
352 
ServiziinformaticiestatisticI 
.............................. 
Tommaso 
Capezzone, 
Domande 
da 
porsi 
quando 
si 
cerca 
in 
una 
banca 
dati 
giuridica 
. 
. 
... 
.. 
.. 
... 
.. 
.. 
... 
.. 
.. 
... 
.. 
.. 
... 
.. 
.. 
.. 
... 
.. 
.. 
... 
.. 
.. 
Corrado 
Di 
Benedetto, 
Livia 
Golisano, 
La 
banca 
dati 
professionale 
dell'Avvocatura 
Generale 
dello 
Stato 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
� 
� 
� 
355 
355 
361 
IndicisistematicI 
........................................ 
� 
369 



EditorialE 


Apartire 
da 
questo 
numero, 
la 
Rassegna 
dell'Avvocatura 
dello 
Stato 
propone 
alcuni 
cambiamenti 
nella 
linea 
editoriale. 


Il 
piu� 
importante 
e� 
l'istituzione 
di 
un 
Comitato 
scientifico, 
presie-
duto 
dall'Avvocato 
Generale 
Luigi 
Mazzella 
e 
composto 
dai 
professori 
Franco 
Coppi, 
Giuseppe 
Guarino, 
Natalino 
Irti, 
Eugenio 
Picozza 
e 
Franco 
Gaetano 
Scoca. 


La 
Rivista 
vuole 
continuare 
ad 
essere 
essenzialmente 
una 
�pubblica-
zione 
di 
servizio� 
ma, 
nella 
misura 
in 
cui 
la 
sua 
esistenza 
e 
gli 
scritti 
in 
essacontenutidannoidentita� 
adun'areaculturalepropriadell'Avvocatura 
dello 
Stato 
e 
delle 
amministrazioni 
da 
essa 
difese, 
avverte 
il 
bisogno 
di 
un 
confronto 
con 
il 
mondo 
accademico 
e 
scientifico 
e 
di 
aprirsi 
a 
signifi-
cative 
esperienze 
esterne. 


La 
seconda 
innovazione 
e� 
invece 
figlia 
del 
tempo. 
Non 
e� 
piu� 
ragionevole 
fondare 
la 
struttura 
di 
una 
rivista 
giuridica 
prevalente-
mente 
sulla 
rassegna 
delle 
sentenze 
e 
delle 
massime 
giurisprudenziali: 
la 
concorrenza 
di 
Internet 
rende 
ilprodotto 
obsoletoprima 
ancora 
di 
nascere. 
Da 
qui 
la 
scelta 
di 
puntare 
su 
una 
informazione 
diversa, 
spe-
cifica 
e 
mirata 
su 
aspetti 
istituzionali 
e 
di 
diritto 
applicato 
nonfacil-
mente 
riproducibili 
dagli 
altri 
strumenti 
che 
operano 
nel 
mondo 
del-
l'informazione 
giuridica. 


Inquesto 
quadro 
ilLettore 
trovera�
, 
apartiredaquestonumero, 
le 
prime 
due 
rubriche 
specialistiche: 
la 
prima 
sul 
contenzioso 
dell'Unione 
europea, 
incentrata 
sopratutto 
sul 
resoconto 
dei 
giudizi 
in 
corso 
per 
l'in-
terpretazione 
e 
la 
corretta 
applicazione 
del 
Trattato 
CE 
e 
delle 
altre 
norme 
comunitarie, 
la 
seconda 
destinata 
alla 
pubblicazione, 
compatibil-
mente 
con 
la 
esigenza 
di 
riservatezza 
delle 
amministrazioni 
destinatarie 
e 
delle 
persone 
eventualmente 
interessate 
direttamente, 
dei 
pareri 
del 



IIRASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO

Comitato�consultivo.�Queste�consultazioni�dell'Avvocatura�Generale,�
ancorche�occasionate�da�specifiche�liti�o�questioni�concrete,�finiscono,�
infatti,�per�avere�una�notevole�incidenza�sull'attivita��amministrativa.�La�
loro�pubblicazione�sulla�Rassegna�of
ffre�all'operatore,�anche�esterno�
all'Amministrazione,�lapossibilita�diutilizzareunnuovoparticolarestru-
mento�di�lavoro.�

Quanto�alla�tradizionale�rassegna�della�giurisprudenza,�sara��cura�
della�redazione,�in�collaborazione�con�le�Sezioni�in�cui�e��ora�operativa-
mente�articolata�l'Avvocatura�Generale�dello�Stato,�continuare�a�dare�
conto�dei�casi�giudiziari�piu��significativi,�che�possono�mettere�in�luce�
momenti�innovativi�della�giurisprudenza�o�linee�importanti�nella�difesa�
erariale.�

I�contributi�dottrinari,�le�recensioni�e�una�timida�attenzione�ai�pro-
blemi�dell'informatica�completano�il�quadro�della�Rivista,�che�resta�tutta-
via�in�questa�fase�caratterizzata,�essenzialmente,�dal�tentativo�aperto�a�
nuove�linee�editoriali.�

Ed�e��naturale�che,�nel�momento�in�cui�si�sperimentano�le�nuove�
forme�della�Rassegna�dell'Avvocatura�dello�Stato,�il�pensiero�vada�alla�
memoria�del�vice�avvocato�generale�Ugo�Gargiulo,�che�ne�e��stato�per�
oltre�trent'anniildirettoreechehafondato�lecaratteristichepercuila�
rivista�e��statafino�ad�oggi�conosciuta�e�apprezzata.�

Ugo�Gargiulo�aveva�anche�una�specifica�formazione�nel�diritto�
amministrativo.�Autore�di�studi�sul�processo�amministrativo�e�tributario�
e,�successivamente,�di�una�monografia�sugli�organi�collegiali,�libero�
docente�di�diritto�amministrativo,�professore�incaricato�di��tecnica�del-
l'organizzazione�e�dei�servizi�amministrativi��presso�l'Universita��di�
Napoli,�Ugo�Gargiulo�attraverso�la�direzione�della�rivista�ha�identificato�
validamente�un'epoca�dell'Avvocatura�dello�Stato.�

Valgono�al�riguardo�le�parole�di�commiato�dell'Avvocato�Generale�
dell'epoca:��desidero�ringraziarla�vivamente�per�la�collaborazione�pre-
stata�nella�direzione�e�redazione�della�rassegna�dell'Avvocatura�dello�
Stato,�che�le�hanno�dato�modo�di�porre�in�evidenza�la�profonda�cultura�
giuridica,�la�vastapreparazione�e�capacita��professionale,�la�serieta��e�l'im-
pegno�posto�nell'espletamento�dell'incarico,�che�con�piena�consapevolezza�
delle�Sue�elette�qualita��,�anche�di�temperamento�e�di�carattere,�le�e��stato�
affidato�.�

La�direzione�


TemiIstituzionaliTemiIstituzionali
La 
costituzione 
di 
parte 
civile 
nel 
processo 
penale 


Atti�della�tavola�rotonda 
presso�l`Avvocatura�Generale�dello�Stato�del�7�giugno�2002. 


InterventI 


Avv.�Luigi�Mazzella�^Avvocato�Generale�dello�Stato;�

Prof.�Avv.�Giovanni�Maria�Flick�^Giudice�della�Corte�Costituzionale;�

Sen.�Prof.Avv.�GuidoCalvi^Membrodella2.CommissioneGiustiziadel�
Senato;�

Avv.�Paolo�Vittorio�di�Tarsia�di�Belmonte�^Vice�Avvocato�Generale�dello�
Stato;�

On.�Prof.�Avv.�Gaetano�Pecorella�^Presidente�della�2.�Commissione�Giu-
stizia�della�Camera�dei�Deputati;�

Dott.�Antonio�Marini�^Sostituto�Procuratore�Generale�presso�la�Corte�
d'Appello�di�Roma;�

Prof.�Avv.�Giuseppe�Frigo�^Presidente�dell'Unione�Camere�Penali�Ita-
liane;�

Avv.�Emanuele�Squarcia�^Avvocato�in�Roma.�

ComunicazionI 


Prof.�Ugo�Pioletti�^Professore�affidatario�di�Diritto�penale�dell'economia�
all'Universita�degli�Studi�di�Camerino;�

Avv.�Gianni�Carlo�Ferrero�^Avvocato�distrettuale�presso�l'Avvocatura�
distrettuale�dello�Stato�di�Torino;�

Avv.�Stefano�Maccioni�^Responsabile�nazionale�di�Giustizia�per�i�Diritti�^
Cittadinanzattiva.�

Roma,�l|�7�giugno�2002.�

DAL�DIBATTITO�

Luigi 
Mazzella. 
Vi�ringrazio�di�essere�venuti�per�questo�primo�appunta-
mento�di�una�serie�che�l'Avvocatura�dello�Stato�intende�organizzare�per�esa-
minare�problemi�che�riguardano�la�nostra�vita�professionale�e�che�vuole�sot-
toporre�a�dibattito�e�a�discussione,�in�relazione�a�tutto�quello�che�sta�un�po'�
avvenendo�nel�processo�di�unificazione�europea.�La�necessita�di�omologare�


2RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO

in 
qualche 
modo 
i 
vari 
ordinamenti 
in 
maniera 
da 
non 
avere 
discrepanze 
vistose 
tra 
le 
scelte 
che 
sono 
state 
effettuate 
dai 
diversi 
Paesi 
e� 
una 
necessita� 
evidente. 
Un 
primo 
tema 
riguarda 
la 
costituzione 
di 
parte 
civile 
nel 
processo 
penale. 


Pensiamo, 
a 
breve, 
di 
proporre 
un 
altro 
incontro 
che 
dovrebbe 
riguar-
dare 
l'oralita� 
nel 
processo 
civile, 
amministrativo 
e 
tributario. 


Comunque 
di 
questo 
avrete 
notizia 
e 
speriamo 
di 
potere 
organizzare 
il 
relativo 
convegno 
in 
breve 
tempo. 


Prima 
di 
fare 
la 
mia 
breve 
introduzione 
al 
tema 
vorrei 
pregare 
il 
giudice 
costituzionale 
Prof. 
Avv. 
Giovanni 
Maria 
Flick 
di 
venire 
al 
banco 
della 
presi-
denza, 
che 
cederei 
a 
lui 
per 
il 
tempo 
che 
potra� 
dedicarci. 


Giovanni 
Maria 
Flick. 
Grazie, 
sono 
onorato. 
Sono 
rammaricato 
per 
due 
ragioni. 
La 
prima 
e� 
che, 
purtroppo, 
per 
impegni 
fuori 
Roma 
nel 
pomeriggio, 
potro� 
trattenermi 
soltanto 
fino 
alle 
dodici 
meno 
un 
quarto. 
Mi 
scuso, 
quindi, 
con 
i 
relatori 
che 
non 
riusciro� 
a 
seguire. 


Sono 
rammaricato 
anche 
per 
una 
seconda 
ragione: 
come 
giudice 
costi-
tuzionale 
io 
non 
devo 
parlare, 
se 
non 
attraverso 
le 
sentenze 
della 
Corte. 
Anche 
se 
mi 
piacerebbe 
molto 
poter 
discutere 
con 
Voi 
su 
queste 
tematiche, 
il 
mio 
ruolo 
istituzionale 
mi 
impone 
di 
limitarmi 
ad 
ascoltare 
con 
molta 
attenzione 
quanto 
oggi 
sara� 
detto 
sui 
pro 
e 
contro 
la 
parte 
civile, 
e 
sulle 
possibili 
contraddizioni 
tra 
un 
processo 
di 
tipo 
accusatorio 
e 
la 
presenza 
al 
suo 
interno 
della 
parte 
civile; 
presenza 
che, 
secondo 
qualcuno, 
si 
porrebbe 
in 
contrasto 
con 
l'esigenza 
dell'imparzialita� 
, 
in 
quanto 
si 
tradurrebbe 
in 
un 
rilevante 
aiuto 
al 
pubblico 
ministero, 
anche 
in 
rapporto 
alla 
psicologia 
del 
giudice. 


Posso 
solo 
promettere 
che 
ascoltero� 
con 
attenzione 
cio� 
che 
verra� 
detto, 
e 
leggero� 
con 
altrettanta 
attenzione 
cio� 
che 
dalle 
dodici 
meno 
un 
quarto 
non 
potro� 
ascoltare; 
il 
mio 
parere 
cerchero� 
poi 
di 
esprimerlo 
nelle 
inevitabili 
pro-
nunce 
della 
Corte 
su 
queste 
tematiche. 


Credo 
che 
il 
compito 
del 
moderatore 
sia 
prima 
di 
tutto 
quello 
di 
essere 
moderato 
e 
di 
lasciar 
parlare 
gli 
altri 
e 
quindi 
do 
subito 
la 
parola 
all'amico 
Mazzella 
per 
l'introduzione 
del 
tema. 


Luigi 
Mazzella. 
Sotto 
ogni 
ordinamento 
giuridico, 
chi 
subisce 
un 
danno 
ha 
il 
diritto 
di 
farselo 
risarcire 
da 
chi 
glielo 
ha 
procurato, 
con 
un'azione 
giu-
diziaria 
che 
si 
definisce 
�civile�. 


In 
taluni 
ordinamenti 
quando 
il 
danno 
e� 
la 
conseguenza 
di 
un 
reato, 
l'a-
zione 
civile 
puo� 
essere 
esercitata 
anche 
in 
una 
sede 
che 
si 
puo� 
definire 
non 
propria: 
e� 
quanto 
avviene, 
ad 
esempio, 
con 
la 
c.d. 
costituzione 
di 
parte 
civile 
nel 
processo 
penale. 


Quando, 
in 
altre 
parole, 
sulla 
base 
di 
un'azione 
diretta 
al 
perseguimento 
del 
crimine 
e 
di 
una 
raccolta 
corretta 
di 
prove 
operate 
da 
un 
pubblico 
accu-
satore, 
deve 
concretarsi 
l'intento 
del 
giudice 
di 
infliggere 
una 
condanna 
penale 
al 
colpevole, 
la 
persona 
danneggiata 
puo� 
inserirsi 
in 
quel 
contesto 
e 
chiedere 
anche 
il 
ristoro 
del 
suo 
danno 
individuale 
e 
privato. 



TEMI�ISTITUZIONALI�

Gli�ordinamenti�che�escludono�ogni�commistione,�nello�stesso�processo,�
di�esigenze�penalistiche�e�di�istanze�civilistiche�sono,�in�via�di�larga�esemplifi-
cazione,�quelli�di�derivazione�anglosassone.�Le�ragioni�che�vengono�indicate�
a�sostegno�della�preclusione�sono�molteplici�e�possono�cos|�sintetizzarsi:�

a) 
la�presenza�della�parte�civile�nel�processo�penale�compromette�il�
duello�ad�armi�pari�tra�accusa�e�difesa�normalmente�protetto�e�garantito�dal-
l'ordinamento�costituzionale�di�ogni�paese�civile,�squilibrando�le�forze�in�
campo�a�favore�dell'accusa�che�finisce�con�l'essere�congiuntamente�pubblica�
e�privata.�Non�e�un�caso�che�in�taluni�ordinamenti�(Germania)�la�parte�civile�
nel�processo�penale�e�definita��accusatore�sussidiario�;�

b) 
nei�processi�indiziari�dall'esito�spesso�aleatorio�(e�ritenuto�per�que-
sto�solo�fatto�dalla�maggior�parte�della�Dottrina�poco�scientifico�e�razionale)�
dove,�pero�,�la�pressione�dell'opinione�pubblica�per�la�ricerca�ad�ogni�costo�
di�un�capro�espiatorio�e�stringente�e�talora�ossessiva,�la�presenza�di�una�parte�
civile,�spinta�da�naturale�ed�inevitabile��emozionalita��,�certamente�non�favo-
risce�la�necessaria�serenita�del�giudice�che,�invece,�dovrebbe�essere�distaccato�
freddamente�dai�fatti.�

c) 
la�costituzione�di�parte�civile�nel�processo�penale�compromette�la�
celerita�di�quest'ultimo,�rendendolo�piu�lungo,�articolato,�complesso�e�com-
plicato.�E�con�cio�ponendolo�contro�i�requisiti�di�quel��giusto�processo��che�
si�esaurisca�in�tempi�ragionevoli,�fortemente�voluto�dai�dettami�della�Con-
venzione�dei�Diritti�dell'Uomo.�

Le�conseguenze�dell'esclusione�della�presenza�privata�nel�processo�
penale,�nell'ordinamento�inglese,�ad�esempio,�sono�molto�rigorose:�alla�vit-
tima�del�reato��oltre�a�non�esserle�riconosciuto�alcun�ruolo�attivo,�com'e�
ovvio��non�sono�date�neppure�notizie�sull'evoluzione�del�procedimento,�ne�
dell'eventuale�decisione�di�archiviare,�ne�addirittura�della�stessa�confessione�
di�colpevolezza�dell'accusato.�

Gli�ordinamenti�che,�dal�polo�opposto,�consentono�la�costituzione�di�
parte�civile�nel�processo�penale�affermano,�prevalentemente,�di�ispirarsi�
meramente�ad�una�ragione�pragmatica�diretta�alla�tutela�degli�interessi�del�
danneggiato�ed�escludono�in�modo�espressamente�dichiarato�(com'e�nel�caso�
italiano)�che�essa�risponda�sia�pure�lontanamente�al�diverso�principio�
�secondo�cui�deve�consentirsi�la�partecipazione�al�processo�della�persona�
nei�cui�confronti�l'accertamento�e�destinato�a�valere�come�verita�oggettiva,�
con�forza�di�giudicato�.�

Con�cio�volendosi�sottintendere�che�una�partecipazione�volta�a�fine�dif-
ferente�da�quello�pratico�della�maggiore�prontezza�nella�salvaguardia�degli�
interessi�civilistici�del�danneggiato�sarebbe�un�fuor�d'opera�negativamente�
valutabile.�

Ovviamente,�le�contraddizioni�con�tali�principi�di�separazione�non�man-
cano�di�farsi�rilevare.�

In�Francia,�ad�esempio,�la�permanenza�della�parte�civile�nel�processo�
penale,�anche�dopo�l'avvenuto�risarcimento�del�danno�da�parte�dell'imputato,�
sottolinea�con�buona�evidenza�e�sul�piano�strettamente�penale�un�aspetto�
per�cos|�dire��vendicativo��dell'istituto.�


4RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

In�Germania,�come�si�e�gia�detto,�la�costituzione�della�parte�civile�quale�
�accusatore�sussidiario��e�ammessa�sia�pure�solo�per�alcuni�particolari�e�
gravi�reati.�

Anche�sotto�tale�ultimo�profilo�diversi�sono�i�casi�dell'Inghilterra�e�del�
Belgio.�Nel�primo�paese,�l'ordinamento,�senza�cessare�di�informarsi�rigorosa-
mente�al�principio�dell'uguaglianza�di�armi�tra�accusa�e�difesa,�consente�alla�
vittima�di�un�reato�di�adire�direttamente�il�giudice,�dopo�il�vaglio�del��Crown 
Prosecution 
Service�,�nell'ipotesi,�per�la�verita�piuttosto�remota,�in�cui�l'ac-
cusa�pubblica,�per�sue�non�indagabili�valutazioni,�non�intenda�avviare�essa�
stessa�il�procedimento�penale.�La�sussidiarieta�nell'azione�penale�dell'inizia-
tiva�del�privato�danneggiato�non�intacca,�in�tale�caso,�il�principio�della��par 
condicio��tra�accusa�e�difesa�e�puo�persino�tornare�utile�per�un�parziale�sgra-
vio�di�lavoro�dei�pubblici�accusatori.�In�Belgio,�la�situazione�e�ancora�
diversa:�qui�vige�il�principio�della�opportunita�dell'azione�penale�rimessa�alla�
valutazione�del�Procuratore�del�Re�e�la�parte�civile,�per�supplire�all'eventuale�
inerzia�del�pubblico�ministero,�puo�mettere,�essa�stessa,�in�moto�l'azione�
penale�pubblica�che�sara�in�tal�caso�decisa�da�un�giudice��la��chambre 
du 
conseil���e�non�dal�pubblico�ministero.�

Un�aspetto�ulteriore�del�delicato�rapporto�tra�azione�penale�ed�azione�
civile�per�lo�stesso�fatto�e�dato�dalla�possibilita�di�intervento�a�scopo�risarci-
torio�per�enti�titolari�di�interessi�collettivi.�

La�giurisprudenza�dei�paesi�in�cui�la�costituzione�di�parte�civile�nel�pro-
cesso�penale�e�ammessa,�tende�ad�allargare�sempre�di�piu�i�confini�dell'inter-
vento,�con�conseguenze�ulteriormente�significative�sia�sul�piano�della��par 
condicio��tra�accusa�e�difesa�che�su�quello�della�complicazione�e�lungaggine�
della�causa.�

Il�processo�di�integrazione�in�atto�nell'Unione�europea�conferisce�ulte-
riore�delicatezza�ad�un�problema�che�per�le�conseguenze�che�ne�derivano�e�
gia�di�per�se�meritevole�della�massima�attenzione�da�parte�di�politici�e�giuristi�
interessati�alla�politica�giudiziaria.�

Aprire�un�dibattito�su�questo�tema�appare,�quindi,�come�un'esigenza�
improcrastinabile�soprattutto�dopo�le�recenti�iniziative�di�Strasburgo�ed�ita-
liane�(c.d.�legge�Pinto)�sulla�equa�riparazione�per�i�ritardi�processuali.�

E�soprattutto�dopo�che�qualche�giudice,�sia�pure�con�insoddisfacente�
motivazione,�ha�ritenuto�di�richiamare�l'attenzione�sulla�inadeguatezza�della�
soluzione�italiana�ai�principi�del�giusto�equilibrio�tra�accusa�e�difesa,�solle-
vando�dubbi�sulla�legittimita�costituzionale�delle�norme�che�prevedono�la�
costituzione�di�parte�civile�nel�processo�penale.�

Anche�se�in�realta�il�problema�non�sembra�potersi�porre�sotto�il�profilo�
della�legittimita�e�della�conformita�dell'intervento�al�dettato�costituzionale,�
sembra�opportuno�porselo�sotto�quello,�di�ben�altra�natura,�di�una�corretta�
politica�giudiziaria�ai�fini�dell'integrazione�europea,�della�snellezza�e�rapidita�
dei�processi,�dell'attuazione�del�principio�costituzionale�del��giusto�processo��
e�del�rispetto�dei�diritti�fondamentali�dell'Uomo.�


TEMI�ISTITUZIONALI�

La�questione�non�e�priva�di�riflessi�indiretti�anche�per�l'Avvocatura�dello�
Stato�che,�attraverso�le�costituzioni�di�parte�civile�nei�processi�penali,�subisce�
un�aggravio�notevole�di�lavoro,�reso�piu�ingiustificato,�sotto�il�profilo�del�rap-
porto�costo-benefici,�dal�fatto�che�con�minore�dispendio�di�energie�(si�pensi�
alla�defatigante�presenza,�e�non�solo�in�aula,�di�uno�o�piu�avvocati�dello�
Stato�per�le�molteplici�incombenze�legate�alla�strutturazione�complessa,�pro-
pria�del�processo�penale)�in�sede�civile�sarebbe�possibile�ottenere�lo�stesso�
risultato.�Tanto�piu�che�nella�stragrande�maggioranza�dei�casi�il�giudice�
penale�si�limita�proprio�a�rinviare�la�parte�davanti�al�giudice�civile�per�la�
liquidazione�del�danno�che�eventualmente�ritenga�sussistente.�

Giovanni 
Maria 
Flick. 
L'Avvocato�Generale�ha�impostato�il�problema�
tanto�bene�da�stimolarmi�ad�una�serie�di�brevi�riflessioni,�da�proporre�come�
possibili�interrogativi�agli�amici�che�interverranno,�per�poi�ascoltare�e�medi-
tare�le�loro�risposte:�e�cio�,�naturalmente,�senza�derogare�alla�premessa�di�
doveroso�riserbo�che�ho�avanzato�in�precedenza.�

Muoviamo,�dunque,�da�una�parte�civile�che�si�afferma�storicamente�sul�
tronco�del�processo�di�tipo�inquisitorio,�caratterizzato�dai�principi�di�unita�
della�giurisdizione�e�di�prevalenza�del�giudizio�penale�(in�quanto�finalizzato�
alla�ricerca�della��verita�materiale�),�con�conseguente�pregiudizialita�necessa-
ria�del�processo�penale�rispetto�a�quello�civile�di�danno:�pregiudizialita�da�
cui�deriva�la�necessita�di�ospitare�l'azione�civile�nell'ambito�del�processo�
penale,�al�fine�di�evitare�che�essa�resti�paralizzata�durante�il�corso�di�questo.�

Stiamo�effettuando�la��lunga�marcia��verso�un�processo�accusatorio,�
ispirato�a�principi�opposti:�separazione�dei�giudizi,�indipendenza�del�giudizio�
civile,�celerita�ed�immediatezza�come�esigenze�di�fondo�del�processo�penale.�
Ricordo�ancora,�al�riguardo,�il�parere�della�Commissione�consultiva�sul�pro-
getto�preliminare�del�codice�di�procedura�penale�del�1978,�che�esprimeva�per-
plessita�circa�la�scelta�di�far�entrare�l'azione�civile�nel�processo�penale.�

L'Avvocato�Generale�ha�richiamato�con�molta�precisione�le�ragioni�pro�
e�contro�l'unico�processo.�

Le�ragioni�pro:�l'economia�processuale,�con�la�celebrazione�di�un�solo�
processo,�in�luogo�di�due,�evitando�costose�duplicazioni�di�attivita�istruttorie;�
l'uniformita�dei�giudicati;�la�tutela�piu�sollecita�della�vittima�del�reato.�

Le�ragioni�contro:�l'economia�processuale�e�solo�apparente,�perche�l'in-
tervento�della�parte�civile�nel�processo�penale�lo�appesantisce,�secondo�la�
vecchia�regola�per�cui�in�natura�e�nel�diritto�nulla�si�crea�e�nulla�si�distrugge,�
e�quello�che�si�guadagna�da�un�lato�lo�si�perde�dall'altro.�E,�d'altra�parte,�la�
stessa�duplicazione�del�giudizio�viene�evitata�raramente,�perche�di�solito�in�
sede�penale�si�accerta�soltanto�l'an 
debeatur,�mentre�per�la�determinazione�
del�quantum 
si�va�quasi�sempre�dal�giudice�civile.�

Inoltre��e�lo�vedo�nella�mia�esperienza�di�giudice�costituzionale��l'a-
zione�civile,�una�volta�ospitata�nel�processo�penale,�finisce�per�essere�in�parte�
sacrificata�alle�sue�esigenze�ed�alle�sue�regole.�Ed�ancora:�la�parte�civile�lucra�
un�privilegio�che�non�e�dato�a�chi�esercita�l'azione�civile�nella�sua�sede�natu-
rale,�in�quanto�puo�contare,�per�realizzare�i�propri�obiettivi,�sull'attivita�inve-
stigativa�svolta�dagli�organi�inquirenti,�mentre�davanti�al�giudice�civile�si�tro-


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

verebbe�integralmente�gravata�dall'onere�della�prova.�Ha�dunque�un�vantag-
gio,�ma�lo�ricambia,�perche�rafforza�il�pubblico�ministero,�assumendo�spesso�
il�ruolo�di��accusa�privata�,�fiancheggiatrice�di�quella�pubblica:�penso,�al�
riguardo,�soprattutto�alle�ipotesi�emblematiche�in�cui�le�richieste�risarcitorie�
passano�in�secondo�piano,�come�quando�viene�chiesto�un�risarcimento�
nummo 
uno 
o�ci�si�impegna�a�devolvere�la�somma�liquidata�a�fini�di�utilita�
sociale.�

Si�e�sostenuto,�altres|��e�lo�ha�ricordato�gia�l'Avvocato�Generale�c
he�la�presenza�di�parte�civile�nel�processo�penale�puo�provocare�effetti�di�
suggestione,�in�rapporto�all'aspirazione�del�giudice�a�rendere�comunque�giu-
stizia�alla�vittima,�che�di�solito�coincide�con�la�parte�civile.�

In�tale�situazione,�le�domande�che�vorrei�porre�agli�amici�politici�ed�
esperti�riguardano�la�tenuta�e�la�validita�della�soluzione�eclettica�adottata�
nel�nostro�sistema,�per�cui,�da�un�lato,�sulla�scia�della�tradizione,�viene�con-
servata�la�possibilita�per�il�danneggiato�di�promuovere�l'azione�civile�in�sede�
penale;�ma,�dall'altro�lato,�tale�iniziativa�viene�configurata�come�meramente�
facoltativa�rispetto�al�promovimento�dell'azione�civile�nella�sede�sua�propria�
anche�in�pendenza�del�procedimento�penale:�favorendosi,�anzi,�tra�le�due�
opzioni,�la�seconda�(favor 
separationis).�Mentre,�poi,�si�e�cercato�di�depurare,�
almeno�in�astratto,�la�parte�civile�dai�profili�di�ambivalenza��attore�civile-
accusa�privata��attribuendo�una�serie�di�poteri�sia�alla�persona�offesa�dal�
reato�in�quanto�tale,�sia�agli�enti�rappresentativi�di�interessi�lesi�dal�reato:�
onde�dovrebbero�essere�questi�i�soggetti�che,�nella�sistematica�del�codice,�
incarnano�l'interesse�della�vittima�alla�punizione�del�colpevole.�

Qualcuno�ha�sollevato�pero�il�dubbio��lo�dico�come�mera�constata-
zione,�affidando�l'esame�del�tema�alle�relazioni��che�in�questo�sistema�di�
compromesso�convivano�due�principi�ispiratori�confliggenti:�la�disincentiva-
zione�e�il�garantismo.�All'accentuata�tendenza�a�far�rifluire�l'azione�risarcito-
ria�fuori�del�processo�penale�(disincentivazione)�corrisponde,�infatti,�un�dove-
roso�e�sensibile�rafforzamento�delle�garanzie�processuali�della�parte�civile,�
una�volta�costituita,�che�fa�acquistare�alla�stessa�la�veste�di�contraddittore�
quasi�paritetico�dell'imputato:�quindi�garantismo,�che�in�qualche�modo�con-
traddice�alla�disincentivazione.�

Ora,�qual�e�il�vostro�giudizio�su�questo�assetto?�E�qual�e�,�soprattutto,�il�
vostro�giudizio�alla�luce�dell'art.�111�Cost.,�che�sancisce,�da�un�lato,�la�parita�
delle�parti,�e,�dall'altro,�la�ragionevole�durata�del�processo?�

Vedo�che�il�primo�a�parlare�sara�il�senatore�Prof.�Guido�Calvi,�al�quale�
do�la�parola,�chiedendo�scusa�per�queste�brevi�ed�asettiche��ma,�vi�assi-
curo,�molto�sentite��riflessioni�e�domande�preliminari�che�vi�ho�affidato.�

Guido 
Calvi. 
Giovanni�Maria�Flick�ha�posto�con�rigore�problemi�che�
sono�al�centro�della�nostra�conversazione�e�della�nostra�riflessione.�Vorrei�
dire�subito�di�non�credere�che�la�scelta�del�legislatore�dell'89�sia�stata�un�
compromesso.�Credo�invece�sia�stata�un�forte�passo�in�avanti�che�pero�non�
ha�trovato�gli�ulteriori�e�necessari�sviluppi�ma�e�andato�involvendosi�sempre�
piu�in�contraddizioni�che�hanno�radicato�la�presenza�asistematica�di�elementi�
di�diversi�modelli�processuali.�E�allora�tentero�brevemente�di�ricostruire,�sia�


TEMI�ISTITUZIONALI�

pure�in�termini�di�teoria�generale,�il�problema�della�parte�civile.�La�dottrina�
ha�elaborato�in�tema�proprio�di�parti�del�processo�un�assai�ricco�apparato�
di�classificazioni�di�concetti�nei�quali�e�riflesso�nient'altro�che�il�mutare�del�
modo�di�considerare�in�termini�generali�i�problemi�del�processo�penale.�In�
via�molto�sintetica�solitamente�si�conclude�dicendo�che�la�parte�civile�e�un�
istituto�necessario�in�un�sistema�inquisitorio,�mentre�invece�e�da�escludere�in�
un�sistema�accusatorio.�E�una�semplificazione,�in�parte�vera,�ma�non�del�
tutto�soddisfacente.�Ritengo�invece�che�i�temi�su�cui�affrontare�le�domande�
che�ci�sono�state�poste�per�trovare�una�possibile�soluzione�siano�altri,�e�piu�
precisamente�due.�

Il�primo�e�la�disciplina�delle�parti�nel�processo�e�il�secondo�e�il�rapporto�
tra�processo�civile�e�processo�penale.�

Non�e�sufficiente�affermare�che�il�processo�di�parti�e�un�processo�atti-
nente�al�modello�accusatorio,�mentre�un�processo�non�di�parti�attiene�al�
modello�inquisitorio,�perche�anche�quest'ultimo�e�un�processo�di�parti.�Il�
problema�e�valutare�quali�siano�i�poteri�che�le�parti�hanno�all'interno�dei�sin-
goli�sistemi.�Molto�brevemente�ricostruiro�come�nasce�l'istituto.�

Sappiamo�che�l'istituto�della�parte�civile�nasce�in�Francia�e�fu�Guillot�
che�commentando�l'ordonnance 
criminelle 
(l'art.�63)�scriveva�che�il�nucleo�
della�disciplina�dettata�nel�codice�criminale�si�fonda�sulla�possibilita�che�
chiunque�si�ritenga�leso�dal�reato�puo�costituirsi�part 
civile 
devant 
le 
judje 
d'instrunction.E�la�prima�formulazione�chiara�e�netta�della�costituzione�di�
parte�civile.�Naturalmente�e�entrata�nel�nostro�ordinamento�attraverso�i�
codici�napoleonici�e�poi�il�codice�sardo.�Il�gran�merito�del�codice�Rocco�e�
nell'avere�per�primo�dato�una�sistemazione�ampia�e�comprensiva�del�pro-
blema�delle�parti.�Costruzione�certamente�soddisfacente�dal�punto�di�vista�
sistematico�ma�non�soddisfacente,�ovviamente,�dal�punto�di�vista�ideologico,�
per�rendere,�come�dire,�in�sintesi,�la�censura�che�e�stata�mossa�a�questo�tipo�
di�processo.�

Basterebbe�ricordare�quanto�scriveva�Manzini:�nel�processo�penale,�
�rispetto�al�suo�contenuto�caratteristico,�cioe�per�quanto�attiene�al�suo�conte-
nuto�penale,�non�vi�sono�parti�nel�senso�del�processo�civile.�Il�processo�
penale�come�il�processo�proprio�della�cosiddetta�giustizia�amministrativa�e�,�
se�pur�cos|�si�puo�dire,�un�processo�a�parte�unica�(l'imputato),�giacche�l'accu-
satore�e�parte�soltanto�in�senso�formale�.�Insomma�e�s|�un�processo�di�parti�
pero�una�parte,�come�affermava�Mayer,�l'imputato,�non�e�parte�ma�e�fonte�
di�prova.�Il�pubblico�ministero�non�puo�essere�parte�perche�rappresenta�lo�
Stato�e�lo�Stato�non�e�parte.�Quindi,�come�vedete,�e�una�sistemazione�molto�
speciale,�in�cui�vi�sono�parti�ma�in�realta�l'unica�parte�vera�e�la�parte�civile,�
che�si�chiama�proprio�cos|�,�le�altre�non�sono�parti.�Quindi�possiamo�conclu-
dere�che�in�un�sistema�inquisitorio�qual'e�il�codice�Rocco,�non�siamo�in�un�
processo�di�parti.�E�qui�il�nodo�vero�del�nostro�sistema.�Invece�il�nuovo�
codice�ha�voluto�un�radicale�mutamento�di�questo�quadro.�Poco�fa�Flick�
ricordava,�e�giustamente,�che�l'istituto�della�costituzione�di�parte�civile�e�con-
nesso�ad�alcuni�principi:�il�principio�della�unita�della�giurisdizione�e�della�
prevalenza�del�processo�penale.�Pero�sono�assiomi�che�hanno�un�valore�circo-


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

scritto�e�ambiguo,�valgono�nel�senso�che�si�puo�esattamente�affermare�il�con-
trario.�Non�c'e�nulla�che�consenta�di�affermare�che�il�processo�penale�deve�
comunque�prevalere.�Medesima�considerazione�riguarda�l'unita�della�giuri-
sdizione.�

Non�capisco�perche�non�possono�esserci�conflitti�di�giurisdizione:�basti�
pensare�al�processo�Simpson�negli�Stati�Uniti,�assolto�nel�penale�e�condan-
nato�nel�civile;�non�scandalizza�un�conflitto�di�questo�genere,�pero�se�si�
afferma�che�caposaldo�nel�nostro�ordinamento�e�questo�tipo�di�principio�e�
chiaro�che�il�legislatore�deve�assolutamente�ammettere�la�partecipazione�del�
danneggiato�al�processo�penale.�

Ho�forti�riserve�sulla�necessita�della�presenza�della�parte�civile�nel�pro-
cesso�penale.�

Spesso�e�una�presenza�che�turba�un�equilibrio,�nel�senso�che�puo�influen-
zare�in�qualche�modo�il�giudice.�Basti�pensare�a�quando�la�parte�civile�con-
clude�chiedendo�un�risarcimento�simbolico.�E�chiaro�che�la�finalita�della�sua�
presenza�non�attiene�al�risarcimento�ma�attiene�alla�condanna�dell'imputato,�
snaturando�quindi,�completamente�la�finalita�e�l'equilibrio�del�processo.�In�
realta�,�e�qui�la�grande�novita�,�il�nuovo�processo�penale�e�venuto�meno�al�
rigore�dei�principi�di�cui�si�faceva�cenno�poco�fa,�perche�in�realta�e�venuta�
meno�la�pregiudizialita�necessaria�e�questo�era�il�secondo�tema,�il�rapporto�
processo�civile,�processo�penale.�

Se�c'e�una�pregiudizialita�necessaria�in�quanto�si�presuppone�l'unita�
della�giurisdizione�e�chiaro�che,�venuto�meno�il�principio�della�pregiudizialita�
necessaria,�viene�meno�anche�il�principio�della�unita�della�giurisdizione.�
Quindi,�credo�che�sia�stato�un�forte�passo�avanti�il�fatto�che�il�legislatore�
abbia�ritenuto�preferibile�rimettere�allo�stesso�danneggiato�la�valutazione�
della�concreta�opportunita�di�seguire�l'una�o�l'altra�strada,�cioe�avvalersi�nel�
processo�penale�degli�strumenti�di�indagine�e�dei�mezzi�di�acquisizione�della�
prova�oppure�di�avvalersi�in�sede�civile�delle�presunzioni�probatorie�stabilite�
dalla�legge�in�determinate�materie.�Ecco,�a�me�sembra�che�questa�scelta�sia�
stata�una�scelta�che�meritava�di�avere�sviluppi.�

Quando�il�Parlamento�ha�deciso�di�modificare�la�Costituzione�con�
l'art.�111�ha�fatto�una�scelta�non�sempre�sufficientemente�compresa.�Si�e�par-
titi�dall'idea�che�la�nostra�carta�costituzionale�non�definisce�il�modello�del�
processo,�a�differenza�di�altre�costituzioni.�Nel�nostro�sistema�non�vi�era�
una�definizione�di�processo.�Vi�era�una�prima�parte�ove�si�stabilivano�alcune�
garanzie�per�l'imputato�e�una�seconda�parte�dove�si�approntavano�taluni�isti-
tuti,�quale�il�Consiglio�Superiore,�a�tutela�della�autonomia�e�della�indipen-
denza�della�magistratura.�Ma�non�si�fissavano�criteri�per�identificare�un�
modello�di�processo.�Di�qui�l'azione�ondivaga�della�Corte�Costituzionale.�
Occorre�ricordare�il�forte�impulso�che�ebbe�la�Corte�nei�primi�anni�`70�per�
rinnovare�e�rendere�piu�garantito�il�processo.�

Talune�decisioni�successive�hanno�stabilito�non�essere�incostituzionale�
l'istituto�del�Pretore�che�era�contemporaneamente�Pubblico�Ministero,�giu-
dice�istruttore�e�giudice.�E�cio�derivava�proprio�dal�fatto�che�non�vi�era�un�
modello�di�processo.�


TEMI�ISTITUZIONALI�

Ora�invece�con�l'art.�111�abbiamo�voluto�stabilire�che�nel�nostro�Paese�il�
modello�e�un�modello�fondato�sulla�contrapposizione�di�parti�le�quali�argo-
mentano�davanti�ad�un�giudice�terzo�che�dovra�decidere�nella�piu�piena�indi-
pendenza�e�autonomia.�Quindi�questo�salto�e�stato�fatto�ed�e�stato�fatto�in�
modo�assai�mirato,�al�punto�che�all'interno�poi�del�nostro�sistema�codicistico�
abbiamo�ridescritto�l'intero�quadro�dei�criteri�di�valutazione�della�prova.�E�
stato�uno�sforzo�che�ha�visto�contrapposti�non�tanto�maggioranza�e�opposi-
zione,�ma�Camera�e�Senato.�L'elaborazione�riformista�era�cos|�seria�e�appro-
fondita�che�non�vi�erano�presunzioni�di�carattere�politico�e�ideologico.�
Insomma�il�modello�scelto�dal�Parlamento�e�stato�quello�del�sistema�accusa-
torio.�E�chiaro�che�sarebbe�stato�necessario�uno�sviluppo�ulteriore�del�nostro�
sistema�processual-penalistico�nella�direzione�del�sistema�accusatorio.�Per�
quello�che�riguarda�la�parte�civile�non�vi�e�dubbio�che�a�questo�punto��eli-
minata�la�presunzione�necessaria�e�stabilita�questa�forma�di�passaggio�inter-
medio,�per�cui�e�rimessa�alla�parte�offesa�la�scelta�di�costituirsi�nel�processo�
penale�oppure�di�esercitare�la�sua�azione�risarcitoria�soltanto�nel�sistema�
civilistico��un�ulteriore�passo,�se�non�altro�per�una�sistematicita�nel�nostro�
ordinamento,�doveva�essere�quello�di�giungere�a�una�scelta�radicale,�defini-
tiva.�Occorre�addivenire�ad�un�sistema�nel�quale�il�pubblico�ministero�rap-
presenta�certamente�la�legge,�e�la�parte�offesa�a�questo�punto�ha�la�sede�risar-
citoria�nel�processo�civile.�E�chiaro�che�l'unica�influenza�che�il�processo�
penale�potra�avere�nel�processo�civile�e�soltanto�quando�si�accerta�che�l'im-
putato�non�ha�commesso�il�fatto:�in�questo�caso�e�chiaro�che�l'esercizio�dell'a-
zione�civile�subisce�una�regressione.�Non�e�neanche�vera�l'obiezione�che�il�
problema�della�economicita�diviene�piu�modesto.�I�processi�si�raddoppiano,�
tanto�e�vero�che�in�sede�penale�vi�e�una�sopravvalutazione�dell'operativita�
della�parte�civile�che�non�ottiene�sempre�il�risarcimento.�Ottiene,�tavolta,�un�
risarcimento�provvisorio,�parziale,�poi�dovra�promuovere�causa�civile,�se�
necessario.�Quindi�vi�e�in�realta�una�distonia�che�e�tipica�dell'intero�nostro�
sistema�ordinamentale.�Cioe�noi�viviamo�una�stagione�molto�singolare�per-
che�abbiamo�fatto�una�scelta�radicale�di�modello�ma�non�siamo�stati�ancora�
in�grado�di�realizzarlo�fino�in�fondo,�e�soprattutto�abbiamo�mantenuto�all'in-
terno�del�nostro�sistema�molte�parti�del�vecchio�sistema�inquisitorio�che�si�
sono�sovrapposte�al�nuovo�sistema�accusatorio,�creando�una�situazione�
ormai�insostenibile.�Il�processo�e�ingestibile�per�questa�ragione.�Non�perche�
abbiamo�scritto�l'art.�111�della�Costituzione,�come�spesso�ci�viene�rimprove-
rato,�ma�perche�abbiamo�fatto�poi�troppo�poco.�Dobbiamo�eliminare�quella�
parte�residuale�di�sistema�inquisitorio�che�permane.�Voglio�dire�che�tanto�
piu�forti�sono�i�criteri�di�valutazione�della�prova�e�i�poteri�della�difesa,�tanto�
meno�deve�essere,�per�esempio,�presente�una�impugnabilita�tanto�estesa�da�
ridursi�ad�una�mera�forma�senza�connotati�sostanziali�di�garanzia.�

L'impugnabilita�cos|�forte�nel�sistema�inquisitorio�nasceva�proprio�dal�
fatto�che�la�difesa�era�espunta�dall'istruttoria�e�non�aveva�poteri�di�accerta-
mento.�Ora�con�le�investigazioni�difensive,�con�la�partecipazione�ancora�limi-
tata�ma�certamente�piu�forte,�e�chiaro�che�c'e�una�relativa�incompatibilita�
con�un�sistema�che�invece�era�fondato�sulla�estraneita�del�difensore�e�quindi�
la�garanzia�era�nella�reiterazione�della�impugnazione�al�fine�di�verificare�la�


1O 
RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

sussistenza�o�meno�della�veridicita�o�la�congruita�di�quella�sentenza.�Quindi�
dobbiamo�proseguire�nella�direzione�che�il�sistema�accusatorio�esige,�cos|�la�
parte�civile�trovera�nella�sede�piu�propria,�che�e�quella�civile,�il�riconoscimento�
dei�suoi�diritti.�In�realta�l'incongruita�e�l'erroneita�di�talune�scelte�del�legislatore�
si�sono�fatte�sentire�nel�momento�in�cui,�dicevo�poco�fa,�ci�sono�stati�segni�assai�
pregnanti,�quando�la�Corte�Costituzionale�e�il�legislatore�hanno�inciso�sulla�
sistematicita�del�nuovo�codice.�E�allora�nel�momento�in�cui�nel�nostro�sistema,�
con�il�nuovo�codice,�si�elimina�la�pregiudizialita�necessaria�e�quindi,�si�stabilisce�
il�limite�entro�cui�ci�si�puo�costituire�parte�civile,�si�distingue�tra�parte�offesa�e�
parte�danneggiata,�c'e�una�sistemazione�nuova�che�preclude�ad�una�revisione�
della�presenza�della�parte�civile�nel�processo�penale.�Nel�contempo,�proprio�
dal�'91�in�poi,�vi�sono�leggi�sulle�quali�occorre�riflettere.�

Quando�ad�esempio�con�la�legge�157�del�'91�si�afferma�che�la�CONSOB�
e�ammessa�ad�esercitare�i�diritti�e�le�facolta�attribuiti�dal�codice�di�procedura�
penale�alla�persona�offesa�dal�reato�nonche�le�facolta�consentite�dagli�arti-
coli�505�e�511,�e�chiaro�che�si�inserisce�un�cuneo�nella�sistematicita�del�nostro�
ordinamento.�Nel�momento�in�cui�si�tende�ad�allontanare�la�presenza�non�
sempre�utile�all'interno�del�processo�penale�di�parti�civili,�ecco�che�improvvi-
samente�si�stabilisce�che�la�CONSOB�puo�essere�presente�nel�processo.�Ma�
ancora,�vi�sono�leggi�assai�preoccupanti,�proprio�perche�c'e�una�totale�oblite-
razione�degli�indirizzi�generali�del�codice�di�procedura�penale�e�del�contenuto�
soprattutto�dell'art.�212�delle�disposizioni�di�attuazione.�Infatti�la�legge�188�
del�'90�sulla�tutela�della�ceramica�artistica�tradizionale�riconosce�il�diritto�di�
costituirsi�parte�civile�nei�procedimenti�penali�relativi�all'uso�illegittimo�del�
marchio.�E�ancora�la�legge�5�febbraio�'92,�la�104,�legge�quadro�per�l'assi-
stenza�e�l'integrazione�sociale�e�i�diritti�delle�persone�handicappate,�ha�attri-
buito�tale�potere�al�difensore�civico�e�alle�associazioni,�alle�quali�risulta�
iscritta�la�persona�handicappata.�

In�altre�parole,�a�fronte�della�rinnovazione�sistematica�del�nostro�codice�
il�legislatore�ha�inserito�tutta�una�serie�di�devianze�che�hanno�fortemente�
inciso�sulla�sistematicita�della�normativa.�Il�primo�effetto�e�che�la�giurispru-
denza�si�e�sempre�di�piu�allargata�nella�ammissibilita�della�presenza�della�
parte�offesa�nel�processo�penale.�Non�voglio�togliere�ancora�tempo�alla�rifles-
sione�dei�miei�colleghi,�pero�la�mia�preoccupazione�e�che,�di�fronte�a�scelte�
molto�lineari�che�vanno�dal�codice�del�1989�fino�alla�riforma�del�giusto�pro-
cesso,�in�realta�vi�e�una�cultura�giurisprudenziale�e�una�politica�del�diritto�
che�hanno�inciso�negativamente�su�quello�sviluppo.�E�inevitabile�andare�
verso�la�direzione�che�noi�tutti�auspichiamo,�di�un�sistema�accusatorio.�E�
allora�occorre�essere�molto�chiari:�nel�sistema�accusatorio�la�parte�civile�eser-
cita�i�suoi�diritti�nella�sede�processual-civilistica�e�non�ha�ingerenza�nel�pro-
cesso�penale�dove,�in�un�processo�di�parti,�come�diceva�Calamandrei,�vi�sono�
due�parti�contrapposte�e,�ovviamente,�le�parti�contrapposte�sono�l'imputato�
e�il�Pubblico�Ministero.�Si�dovra�accertare�la�congruita�dell'accusa,�la�fonda-
tezza�dell'accusa,�l'esistenza�di�elementi�di�prova�contro�l'imputato�e�accer-
tare�la�verita�processuale,�naturalmente,�di�quanto�e�addebitato�all'imputato.�
Questo�e�il�processo�penale,�processo�penale�e�dibattimentale�che�dev'essere�
residuale�rispetto�all'intero�sistema�di�controllo.�Il�dibattimento�dev'essere�
un�momento�assolutamente�centrale�nel�processo.�


TEMI�ISTITUZIONALI11

In�questo�quadro�la�parte�civile�e�totalmente�estranea.�Quindi�siamo�in�
una�situazione�difficile,�di�passaggio�ambiguo,�nel�quale�o�recuperiamo�una�
coerenza�sistematica�oppure�ci�ritroveremo�ancora�una�volta�in�una�condi-
zione�equivoca,�in�un�processo�che�non�e�accusatorio,�non�e�piu�inquisitorio�
ma�non�e�ancora�accusatorio.�

Giovanni 
Maria 
Flick. 
Guido�Calvi�e�stato�affascinante,�e�mi�ha�confer-
mato�qualche�cosa�che�sto�scoprendo�nella�mia�esperienza�di�giudice�costitu-
zionale:�quanto�sia�interessante�il�momento�culturale�che�stiamo�vivendo�
nella�transizione�del�nostro�processo.�Interessante�e�affascinante�al�di�la�delle�
polemiche�doverose�e�della�dialettica,�proprio�perche�quello�che�io�incauta-
mente�avevo�definito�come�un�compromesso,�il�professor�Calvi�lo�ha�definito�
come�un�passo�avanti,�mettendo�pero�subito�in�evidenza�tutti�i�passi�indietro�
che�sono�stati�fatti�in�questa�sorta�di��quadriglia�,�a�conferma�della�vecchia�
tesi�del�bicchiere�mezzo�pieno�e�mezzo�vuoto.�

Ecco,�io�vorrei�girare�agli�amici�che�seguono�una�domanda�che�nasce�
dalla�riflessione�di�Guido�Calvi�e�anche�un�po'�da�una�constatazione�fatta�
dall'avvocato�Mazzella.�

Quest'ultimo�ci�dice�che�dobbiamo�fare�i�conti�con�l'Europa.�E�vero:�
nello�spazio�giuridico�europeo�dovremmo�avere�strumenti�processuali�ragio-
nevolmente�omogenei.�Io�allargo,�pero�,�un�po'�il�panorama,�se�cos|�posso�
dire.�Io�credo�che�dobbiamo�anche�fare�i�conti�con�il�mondo,�cioe�con�la�glo-
balizzazione.�

Fino�a�qualche�tempo�fa�il�problema�di�fondo�del�nostro�processo�stava�
nella�domanda,�che�tutti�ci�ponevano,�se�fossimo�di�fronte�alla�sostanzializza-
zione�del�processo�o�alla�processualizzazione�del�diritto�penale�sostanziale.�
Ci�chiedevamo,�cioe�:�ma�esiste�ancora�un�diritto�penale�sostanziale,�o�esiste�
ormai�solo�un�diritto�processuale,�e�le�regole�sostanziali�vivono�e�vengono�
formate�in�tanto�in�quanto�c'e�un�processo�che�le�applichi?�

Direi�che�abbiamo�forse�un�po'�superato�questa�prospettiva�di�rifles-
sione,�e�che�dobbiamo�porci�attualmente�un'altra�domanda:�qual�e�il�ruolo�
del�processo�in�un�contesto�di�globalizzazione?�Contesto�nel�quale,�con�la�
crisi�dello�Stato,�della�sua�sovranita�,�del�suo�collegamento�col�territorio,�sta�
andando�in�crisi�anche�il�diritto,�e�in�particolare�il�diritto�penale,�cui�si�sosti-
tuisce,�da�un�lato,�un�diritto�premiale,�e,�dall'altro,�l'aspirazione�ad�un�diritto�
�del�consenso��e��della�contrattualizzazione�.�In�tempi�di�globalizzazione,�
tutti�ci�domandiamo�qual�e�ancora�il�ruolo�delle�regole�statali�a�cui�eravamo�
abituati,�in�un�contesto�in�cui�le�vere�regole�vengono�fatte�dalla�lex 
mercato-
ria,�dalla�dimensione�del�mercato,�da�tutti�gli�esponenti�della�realta�sovrana-
zionale�che�caratterizzano�la�globalizzazione�stessa.�

Mi�e�piaciuto�molto�il�riferimento�alle�origini�di�Guido�Calvi.�Voi�sapete�
cosa�dice�Orwell:��chi�controlla�il�passato,�controlla�il�futuro�;�pero�aggiunge�
anche:��Ma�chi�controlla�il�presente�controlla�il�passato�.�Ed�allora,�in�que-
sto�momento��e�giro�la�domanda�per�primo�a�Paolo�di�Tarsia��dobbiamo�
fare�i�conti�anche�con�questa�dimensione�nuova�del�presente,�per�risolvere�il�
problema�che�io�avevo�posto�molto�rozzamente�e�che�Guido�Calvi�ha�meglio�
definito.�


12RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

Paolo 
Vittorio 
di 
Tarsia 
di 
Belmonte. 
Non�so�se�dalla�stessa�intestazione�
della�tavola�rotonda�o�dalla�breve�nota�del�biglietto�d'invito�e�dall'introdu-
zione�al�dibattito�da�parte�dell'Avvocato�Generale�dello�Stato�sia�ragionevole�
desumere�che�sussista�qualche�dubbio�sull'opportunita�di�mantenere,�modifi-
care�o�escludere�la�possibilita�dell'inserimento�dell'azione�civile�nel�processo�
penale.�Senz'altro�il�tema�stimola�una�valutazione�critica,�come�abbiamo�sen-
tito�nell'intervento�di�Guido�Calvi�e�su�questa�linea�io�esporro�le�mie�brevi�
osservazioni.�Vedete,�nel�sistema�italiano�la�previsione�della�presenza�della�
parte�civile�e�una�costante:�era�prevista�nel�codice�del�1913�(Finocchiaro�
Aprile),�in�quello�del�1931,�il�codice�Rocco�ed�e�prevista�in�quello�vigente,�
che�pur�tuttavia�ha�segnato�il�passaggio�dal�sistema�inquisitorio�a�quello�
accusatorio.�Le�ragioni�che�avevano�ed�hanno�sorretto�questa�scelta�legisla-
tiva�sono�comunemente�indicate�nella�necessita�,�come�ha�gia�ricordato�Gio-
vanni�Maria�Flick,�per�quanto�possibile,�di�evitare�contrasti�di�giudicati�in�
ossequio�al�principio�dell'unita�della�giurisdizione,�e�quindi�nella�opportunita�
della�devoluzione�al�giudice�penale�della�cognizione�sia�del�reato�e�della�
responsabilita�dell'imputato,�che�della�pretesa�risarcitoria�avanzata�della�per-
sona�offesa�o�dal�danneggiato,�e�infine,�nella�opportunita�di�offrire,�a�chi�
dal�reato�commesso�abbia�subito�danni,�il�vantaggio�di�inserire�la�sua�azione�
civile�nel�processo�penale,�vantaggio�che�non�e�solo�quello�dei�tempi�piu�brevi�
di�questo�rispetto�al�processo�civile,�ma�e�soprattutto�quello�rappresentato�
dalle�piu�ampie�possibilita�offerte�alla�parte�civile�nell'assunzione�delle�prove�
e�dai�poteri�ad�essa�riconosciuti�nel�processo�penale.�Basti�pensare�al�sussidio�
fondamentale�del�pubblico�ministero�nella�ricerca�della�prova,�di�cui�la�parte�
civile�si�giova,�alla�coralita�dell'istruttoria�dibattimentale,�al�costante�con-
trollo�del�giudice,�al�sistema�dell'esame�e�del�controesame�dei�testimoni,�dei�
consulenti�tecnici�e�dell'imputato.�

Diro�fra�poco�che�nessuna�di�queste�ragioni�e�cos|�graniticamente�valida�
da�rendere��non�discutibile��la�scelta�del�legislatore,�ma�vorrei�dapprima�
dar�ragione�di�questa�affermazione�e�di�quel�che�esporro�poi,�con�alcune�
osservazioni�sulle�caratteristiche�dell'azione�civile�inserita�nel�processo�
penale.�Essa�e�accessoria,�nel�senso�di�accidentale,�subordinata�ed�imma-
nente.�Accidentale,�non�essenziale,�senza�alcuna�possibilita�di�essere�accolta�
se�il�giudice�non�emette�una�sentenza�di�condanna;�e�ancora�accessoria,�per-
che�subordinata�alle�esigenze�dell'accertamento�penale�(v.�ad�es.�l'inoppugna-
bilita�delle�decisioni�che�escludono�la�costituzione�di�parte�civile�e�la�non�
incidenza,�sul�regolare�sviluppo�del�processo,�della�sua�mancata�compari-
zione:�art.�102�c.�Rocco).�

Cio�era�evidente�gia�nel�codice�del�1913,�chepur�tuttavia�dava�ampio�spazio�
alle�pretese�civilistiche�nel�processo�penale�(basti�ricordare�che�allora�la�costitu-
zione�di�parte�civile�era�possibile�fino�a�che�non�fosse�compiuta�l'assunzione�
delle�prove�e�che�il�pubblico�ministero�poteva�proporre�istanza�risarcitoria�nel-
l'interesse�dell'offeso�o�del�danneggiato�non�costituito�parte�civile�salva�la�
volonta�contraria�legalmente�espressa,�quando�egli�fosse�minorenne�o�incapace�
cos|�come�poteva�farlo�con�il�codice�Rocco:�non�piu�nel�nuovo,�in�armonia�con�
il�nuovo�sistema�introdotto).�E�tuttavia�nemmeno�il�codice�del�1913�consentiva�
al�giudice�penale�di�conoscere�dell'azione�civile,�quando�l'azione�penale�fosse�
estinta�o�non�potesse�essere�promossa�o�proseguita!�


TEMI�ISTITUZIONALI�

Il�codice�Rocco�abbrevio�poi�sensibilmente�il�termine�per�la�costituzione�
di�parte�civile��con�l'evidente�intento�di�evitare�l'allungamento�dei�tempi�
del�processo��consentendola�fin�quando�non�fossero�per�la�prima�volta�
compiute�le�formalita�di�apertura�del�dibattimento,�mentre�il�codice�vigente�
e�ancora�piu�significativamente�impostato�per�la�prevalenza�del�processo�
penale�su�ogni�interesse�privatistico,�che�infatti�esclude�la�partecipazione�del-
l'offeso�o�del�danneggiato�durante�tutta�la�fase�delle�indagini�preliminari.�La�
caratteristica�della�prevalenza�dell'azione�penale�e�della�accessorieta�della�
azione�civile�e�anzi�ancor�piu�accentuata�laddove,�a�prima�vista,�sembrerebbe�
il�contrario.�Ad�esempio,�l'inefficacia�nei�confronti�del�danneggiato�(art.�404�
C.P.P.),�di�una�sentenza�pronunciata�sulla�base�di�un�incidente�probatorio�
cui�egli�non�sia�stato�in�grado�di�partecipare�(salvo�che�ne�abbia�fatto�accet-
tazione�anche�tacita)�tutela�s|�,�doverosamente,�gli�interessi�del�danneggiato�

o�dell'offeso,�ma�al�contempo�rinsalda�la�priorita�del�processo�penale.�
Lo�stesso�sistema�di�garanzie�offerte�alla�parte�civile�(vedi�l'immanenza)�
e�prova�della�sua�subordinazione�alle�esigenze�del�processo�penale,�per�evi-
tare�intralci�al�suo�corso�regolare:�la�parte�civile�puo�non�essere�presente,�la�
legge�le�garantisce�la�validita�dell'azione�introdotta,�anche�se�poi�e�assente�e�
una�decisione,�purche�concluda;�ben�diversa�e�situazione�per�la�difesa�dell'im-
putato,�parte�essenziale,�come�il�pubblico�ministero!�

2.�In�questo�quadro,�dal�quale�emerge�la�priorita�dell'esigenza�di�punire�
chi�ha�commesso�dei�crimini�sul�decidere�della�correlata�pretesa�risarcitoria�
della�vittima�o�del�danneggiato,�mi�pare�piu�facile�valutare�criticamente,�
quasi�corollario,�quelle�ragioni,�che�ho�esposto�all'inizio,�della�scelta�legisla-
tiva�di�consentire�la�costituzione�di�parte�civile.�
Evitare�il�contrasto�di�giudicati�e�sicuramente�un�lodevole�intento,�ma�di�
ridotta�applicazione,�possibile�solo�quando�condizioni,�diciamo�ottimali,�lo�
consentano�sia�nel�processo�penale�sia�in�quello�civile.�L'inscindibilita�delle�
cause,�il�litisconsorzio�necessario�in�quest'ultimo,�la�riunione�dei�processi�nel�
processo�penale�non�escludono�la�possibilita�di�decisioni�diverse�o�addirittura�
contrastanti.�Sono�le�inevitabili�conseguenze�della�pur�indispensabile�autorita�
del�giudicato�e�dei�suoi�limiti�oggettivi�e�soggettivi.�Ogni�sentenza�e�un'isola�
el'auctoritas 
rerum 
similiter 
iudicatarum,�quando�pur�ricorra,�e�di�per�se�la�
dimostrazione�che�al�di�la�di�un'autorita�morale�del�giudicato�non�si�riesce�
ad�andare.�

Questo�poi�quando�si�tratti�della�stessa�giurisdizione,�o�civile,�o�penale,�

o�amministrativa�e�non,�come�qui,�di�commistione�fra�giurisdizioni,�perche�
le�procedure,�i�modi�di�assunzione�e�di�valutazione�delle�prove,�gli�scopi�che�
i�vari�tipi�di�processo�si�propongono�sono�cos|�diversi,�che�parlare�di�unita�
della�giurisdizione�e�sostanzialmente�una�fictio 
e�del�resto�una�autorevole�
dottrina�processualpenalistica�osservava�che�non�l'unita�,�ma�taluni�elementi�
comuni,�come�la�terzieta��imparzialita�del�giudice�sono�caratteristiche�delle�
giurisdizioni�che�pur�restano�diverse.�
Si�puo�percio�dubitare�che�quella�dell'unita�della�giurisdizione�possa�
essere�un'esigenza�da�rispettare�in�sede�di�politica�legislativa,�quando�ci�si�
debba�far�carico�delle�soluzioni�piu�idonee�dei�problemi�concreti.�


14RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

Nemmeno�l'opportunita�della�devoluzione�allo�stesso�giudice�della�
cognizione�del�reato�e�della�cognizione�del�danno�puo�essere�validamente�
sostenuta,�in�quanto�una�soluzione�che�attribuisca�al�giudice�penale�soltanto�
la�cognizione�del�crimine�e�della�responsabilita�di�chi�lo�ha�commesso�non�
copre�spazi�ne��lascia�vuoti�sui�quali�sia�bene,�in�ipotesi,�decidere�contestual-
mente�e�contemporaneamente�in�una�con�l'accertamento�della�responsabilita�
civile.�L'intensita�del�dolo�o�la�gravita�della�colpa�incidono�sulla�pena�e�non�
sulla�pretesa�risarcitoria�e�comunque�le�norme�che�sanciscono�l'autorita�del�
giudicato�penale�di�condanna�nel�giudizio�civile�di�danno�superano�ogni�pro-
blematica.�

3.�Quanto�infine�all'opportunita�di�inserire�l'azione�civile�nel�processo�
penale�occorre�distinguere�il�sistema�normativo�dalle�situazioni�contingenti�
di�fatto.�
Sotto 
il 
primo 
aspetto,�caduta��o�ridotta�nei�non�preoccupanti�limiti�
dell'art.�75�c.p.p.�III�comma��la�pregiudizialita�penale�che�vigeva�sotto�i�
due�codici�di�rito,�e�al�contempo�venuta�meno�la�ragione�di�prevedere�la�
costituzione�di�parte�civile�che�serviva�ad�evitare�al�danneggiato�o�alla�per-
sona�offesa�l'attesa�del�passaggio�in�giudicato�della�sentenza�penale,�per�ini-
ziare�o�proseguire�l'azione�civile.�

Non�e�questo�tuttavia�l'unico�argomento�normativo�e�sistematico,�per-
che�,�dandosi�carico�anche�delle�varie�teorie�che�sono�state�prospettate�sulla�
natura�dell'azione�civile�introdotta�nel�processo�penale�da�quelle�civilistiche,�
il�cumulo�delle�azioni�eterogenee,�quella�civile�e�quella�penale�riunite�per�con-
nessione�secondo�il�Manzini,�a�quella�del�litisconsorzio�necessario�secondo�
il�Mortara,�a�quelle�che�vedono�nella�parte�civile�un�coadiutore�del�pubblico�
ministero�(relazione 
alprogetto 
del 
codice 
del 
1913)�fino�alle�piu�recenti�che�
piu�realisticamente�tengono�conto�di�un�processo�nel�quale�i�maggiori�poteri�
conferiti�alle�parti�e�quindi�anche�alla�parte�civile,�hanno�di�fatto�esteso�l'in-
tervento�dell'azione�civile�in�un�ambito�che�oltrepassa�la�pretesa�meramente�
risarcitoria,�evidenziando�un�interesse�della�parte�civile�alla�persecuzione�del�
reo,�si�giunge�al�nocciolo�del�problema:�questo�e�il�piu�concreto�vantaggio,�
difficile�da�valicare,�offerto�dal�sistema�alla�parte�civile,�che�pero�ne�snatura�
l'azione!�Cio�infatti�non�e�nella�lettera,�ne��nella�ratio 
delle�norme�che�preve-
dono�l'istituto�e�puo�snaturare�ed�inquinare�anche�il�processo�penale;�ma�mi�
riservo�quest'aspetto�ad�una�osservazione�finale.�

Quanto 
al 
secondo 
aspetto,�quello�di�fatto,�non�so�nemmeno�se�dobbiamo�
darcene�carico�in�un�convegno�di�diritto:�non�c'e�dubbio�che�nelle�lungaggini�
dei�nostri�processi,�il�processo�penale�non�detiene�la�palma�del�piu�lento.�
Questa�e�spesso�la�considerazione�che�induce�il�danneggiato�o�la�persona�
offesa�alla�costituzione�di�parte�civile:�sa�che�cos|�otterra�in�tempi�piu�brevi�
che�non�di�fronte�al�giudice�civile�una�sentenza,�auspicabilmente�una�sen-
tenza�che�gli�riconosca�il�diritto�al�risarcimento�e,�se�e�stato�solerte�nel�dar�
prova�dell'ammontare�del�danno,�anche�una�sentenza�che�lo�quantifichi.�E�
pero�fuor�di�discussione�che�su�questa�base�un�legislatore�non�potra�mai�
regolare�la�sua�condotta.�


TEMI�ISTITUZIONALI151

4.�Fin�qui,�per�quel�che�ho�detto,�potrei�trarre�una�prima�conclusione,�
nel�senso�che�non�vedrei�ragioni�che�ostino,�sul�piano�giuridico�di�sistema,�a�
una�scelta�legislativa�piuttosto�che�ad�un'altra,�nemmeno�se�mi�addentrassi�
in�un�campo�che�non�mi�e��familiare,�quello�del�processo�di�unificazione�del�
diritto�in�Europa,�direzione�verso�la�quale�ci�andiamo�avviando�con�il�pro-
gressivo�superamento�delle�barriere�nazionali�e�sul�quale�la�nostra�attenzione�
e��richiamata�dagli�organizzatori�del�convegno.�
Posso�fare�solo�alcune�osservazioni.�

La 
prima 
e��che�le�diversita��in�materia,�come�abbiamo�sentito�dall'intro-
duzione�dell'Avvocato�Generale,�sono�molte�e�notevoli�nei�vari�Stati�d'Eu-
ropa�e�superarle�non�sara��ne�breve�ne�facile.�

La 
seconda 
e��che,�trattandosi�di�un�istituto�che�offre�una�soluzione�alter-
nativa�nella�tutela�di�un�diritto�fondamentale�dell'individuo�riconosciuto�da�
convenzioni�internazionali,�ma�non�pregiudicandolo�in�alcun�modo,�qualun-
que�sia�la�soluzione�adottata�dai�singoli�Stati�(e�cioe��azione�possibile�solo�in�
sede�civile�o�alternativamente�di�fronte�al�giudice�penale�o�di�fronte�al�giu-
dice�civile)�l'attenzione�sul�piano�del�diritto�comunitario�potrebbe�non�essere�
di�primo�livello.�

Pur�essendo�l'attenzione�nel�settore�del�diritto�penale�in�sede�europea�in�
uno�stato�piu��avanzato�che�non�nel�settore�del�diritto�privato,�poiche�gia��vi�
sono�impegni�assunti�a�livello�pattizio�dagli�Stati�con�il�trattato�di�Amster-
dam�del�1997,�mi�sembra��potrei�sbagliare��che�quella�normativa�faccia�
riferimento�alle�esigenze�sostanziali�di�liberta��,�sicurezza�e�giustizia�dei�citta-
dini,�dettando�disposizioni�che�impegnano�gli�Stati�a�prevenire�e�reprimere�
la�criminalita��organizzata,�la�tratta�di�esseri�umani,�il�traffico�di�droga�e�di�
armi,�soprattutto�con�strumenti�di�cooperazione.�In�altri�termini�l'indirizzo�
in�campo�europeo�mi�pare�sia�quello�di�superare�s|��il�diritto�nazionale�per�
scopi�sostanziali�di�giustizia�e�di�cooperazione�con�l'istituzione�di�un�diritto�
sopranazionale,�con�il�quale�pero��non�potra��non�coesistere�un�diritto�nazio-
nale,�per�lo�meno�per�lungo�tempo.�

5.�Questo�quadro,�cos|��sostanzialmente�in�equilibrio,�non�si�da��carico�
pero��di�due�ultime�possibili�obiezioni�degne�di�attenzione.�
La 
prima 
concerne�la�violazione�nel�sistema�vigente�del�principio�di�
parita��fra�accusa�e�difesa,�che�si�realizzerebbe�quando�alla�pubblica�si�
affianca�la�privata�accusa.�Obiezione�non�peregrina,�perche�la�questione�della�
non�manifesta�infondatezza�delle�norme�che�prevedono�la�costituzione�di�
parte�civile�e��gia��stata�sollevata�da�un�giudice�della�Repubblica.�Direi�che�a�
me�sembra�infondata�perche�quel�principio�di�parita��e��garantito�dall'art.�111�
della�Costituzione�non�con�riferimento�al�numero�delle�parti�o�dei�loro�difen-
sori,�ma�all'attribuzione�e�all'esercizio�dei�rispettivi�poteri.�E�il�contradditto-
rio�sostanziale�che�il�giusto�processo�deve�garantire�e�strumento�di�questo�e��
la�parita��dei�poteri�riconosciuti�alle�parti�contrapposte.�Che��altrimenti�si�
dovrebbero�prevedere�nei�processi�con�piu��imputati�tanti�pubblici�ministeri�
quanti�sono�i�primi�o,�ancora,�un�imputato�potrebbe�dolersi�di�avere�come�
avversario�non�solo�il�pubblico�ministero,�ma�anche�coimputati�in�posizione�
di�incompatibilita��con�lui�o�la�parte�civile�dolersi�di�avere�un�solo�difensore�
anziche��due.�Il�processo�non�e��una�battaglia�campale�di�uomini,�ma�di�argo-
menti�giuridici�e�di�istruttoria!�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

Una 
seconda 
possibile 
obiezione 
potrebbe�apparire�piu�fondata:�riservo�il�
veleno�nella�coda!�

Un�profilo�infatti�che�potrebbe�far�meditare�proprio�sull'opportunita�di�
escludere�la�pretesa�civilistica�nel�processo�penale�e�il�sostanziale�scivola-
mento��come�avevo�gia�detto��dell'azione�risarcitoria�verso�una�funzione�
di�accusa�privata,�quasi�un�ritorno�a�tempi�remoti,�una�sorta�di�disciplina�
giudiziaria�della�vendetta�della�parte�lesa.�L'interesse�della�persona�offesa�o�
del�danneggiato�a�sostenere�l'accusa,�condicio 
sine 
qua 
non 
del�soddisfaci-
mento�del�suo�diritto,�altera,�specialmente�nei�reati�di�particolare�rilevanza,�
la�natura�privatistica�dell'azione�e�fa�molto�spesso�del�titolare�dell'azione�
civile�un�fiancheggiatore�del�pubblico�ministero.�

In�un�sistema�in�cui�la�possibilita�di�intervento�della�parte�civile�e�stata�
dilatata�fino�a�comprendere�le�associazioni�costituite�a�tutela�dell'�interesse�
diffuso��o�dei�sindacati�in�procedimenti�per�reati�in�danno�dei�lavoratori,�
con�una�normativa�del�codice�di�rito�che�estende�ad�essi�tale�possibilita�
(art.�91�e�93�c.p.p.),�con�indirizzi�giurisprudenziali�che�tendono�ad�ammettere�
la�costituzione�di�parte�civile�in�situazioni�nelle�quali�potrebbe�dubitarsi�non�
solo�della�legittimazione�ad�agire,�ma�altres|�dell'esistenza�di�un�danno�riferi-
bile�al�soggetto�che�si�pretende�leso,�mi�pare,�a�dire�quel�che�sto�per�dire,�di�
andar�controcorrente.�

Poiche�pero�il�tema�sollecita�pensieri�de 
iure 
condendo,�diro�lo�stesso�che�
la�costituzione�di�parte�civile�e�prevista�nei�sistemi�cui�abbiamo�accennato�e�
nel�nostro�attuale,�a�tutela�di�interessi�meramente�privatistici,�che�questi�pas-
sano�s|�attraverso�il�riconoscimento�della�responsabilita�dell'imputato,�ma�
che�questo�e�il�presupposto�per�l'accoglimento�della�domanda�della�parte�
civile�e�non�il�suo�scopo,�scopo�che�deve�essere�meramente�risarcitorio,�pena�
la�accertabile�mancanza�di�un�interesse�all'azione.�Pensate�alla�richiesta�di�
condanna�nummo 
uno!�Lo�ha�ricordato�Guido�Calvi!�Con�la�quale,�sotto�l'ap-
parenza�nobile�di�un�distacco�dal�vil�denaro,�si�snatura�l'azione�civile,�privan-
dola�di�uno�dei�suoi�requisiti�fondamentali�e�facendola�approdare�ad�una�
sorta�di�indignata�azione�popolare!�

La�figura�dell'accusatore�privato�o�sussidiario�non�solo�e�lontanissima�
dal�concetto�che�abbiamo��o�dovremmo�avere��di�parte�civile�ma,�soprat-
tutto,�l'esercizio�dell'azione�penale�di�cui�e�titolare�il�pubblico�ministero�non�
ha�bisogno�dell'aiuto�di�privati�ne�del�possibile�inquinamento�provocato�dal-
l'intervento�di�un�accusatore�non�tenuto�al�rispetto�delle�norme�cui�invece�il�
pubblico�ministero�si�deve�attenere.�

Questo�potrebbe�essere�un�argomento�che�sbilancia�il�quadro,�facendo�
propendere�verso�l'opportunita�di�un'esclusione�dell'azione�civile�nel�processo�
penale!�

Giovanni 
Maria 
Flick. 
Non�posso�entrare�nella�valutazione,�o�in�parte�
della�valutazione�fatta�da�Paolo�di�Tarsia�perche�la�questione�di�costituziona-
lita�a�cui�lui�si�riferisce�e�in�questo�momento�sub 
iudice 
alla�Corte�e�tra�l'altro�
sono�io�il�relatore.�


TEMI�ISTITUZIONALI

Paolo 
Vittorio 
di 
Tarsia 
di 
Belmonte. 
Non�lo�sapevo,�altrimenti�non�l'a-
vrei�detto!�

Giovanni 
Maria 
Flick. 
Per�carita�.�Credo�si�vada�delineando�dalle�
parole�dell'avvocato�di�Tarsia�quello�che�aveva�gia�tracciato�Calvi.�Di�Tar-
sia�parla�addirittura�di�inquinamento:�in�questo�momento,�in�cui�viviamo�
una�crisi�del�processo,�e�del�processo�penale�in�particolare,�cerchiamo�di�
riportarlo�alla�sua�identita�facendo�opera�di�chiarezza.�Non�vi�sono�indica-
zioni�tecniche�vincolanti�nell'uno�o�nell'altro�senso:�vi�e�soprattutto�un�
problema�di�scelta�politica�nel�senso�piu�bello�e�piu�ampio�del�termine.�E�
allora�ci�tengo�a�sentire�anche�Gaetano�Pecorella.�Chiedo�scusa�anticipata-
mente�a�Marini�e�a�Frigo�e�a�tutti�voi�se�poi�dovro�assentarmi�perche�gli�
aerei�non�attendono,�ma�ho�ancora�qualche�frazione�di�tempo.�Quindi�
non�lo�spreco�ulteriormente�parlando�io�e�do�subito�la�parola�a�Gaetano�
Pecorella.�

Gaetano 
Pecorella. 
La�mia�vocazione�di�difensore�mi�indurrebbe�a�
difendere�questa�parte�civile�che�viene�attaccata�da�tutte�le�parti�e�tuttavia�
devo�dire�francamente�che�dall'altro�aspetto,�la�mia�convinzione�della�incom-
patibilita�tra�la�parte�civile�e�il�processo�accusatorio�mi�portera�a�conclusioni�
diverse.�Intanto�era�inevitabile�che,�partendo�dalla�parte�civile,�si�ponessero�
problemi�ben�piu�ampi�e�ben�piu�profondi,�cioe�si�ponesse�il�problema�del�
processo�e�della�natura�e�dell'identita�del�processo�penale,�come�ricordava�
Giovanni�Maria�Flick.�Dunque�la�domanda�mi�pare�possa�essere�questa:�
qual�e�il�posto�della�parte�civile�nella�lunga�marcia�verso�il�processo�accusa-
torio?�Perche�le�soluzioni�sono�due�e�non�ci�sono�vie�di�mezzo.�La�prima�
soluzione�e�quella�di�considerare�la�parte�civile�parte�a�tutti�gli�effetti.�La�
norma�costituzionale�non�distingue�rispetto�alla�parita�,�lo�ricordava�appunto�
il�Prof.�Flick,�e�dunque�applicando�il�111�dovremmo�pensare�ad�una�parte�
civile�che�ha�gli�stessi�diritti,�le�stesse�posizioni�del�difensore.�L'altra�solu-
zione�possibile�e�che�la�parte�civile�non�ci�sia�piu�,�che�non�sia�piu�parte.�
Una�soluzione�intermedia�credo�che�oggi�non�sia�piu�accettabile.�D'altra�
parte�probabilmente�il�codice�del�1988�con�tutti�i�problemi�che�sono�nati�ha�
cercato�di�rendere�compatibili�dei�principi�che�difficilmente�potevano�tra�loro�
convivere.�E�credo�che�questo�fosse�inevitabile�in�quel�momento.�Inevitabile�
prima�di�tutto�perche�lo�strappo�con�la�storia�della�nostra�cultura�giuridica�
sarebbe�stato�troppo�forte�se�la�scelta�fosse�stata�radicalmente�nel�senso�del�
processo�accusatorio.�E�probabilmente�era�inevitabile�anche�perche�,�come�
ricordava�sempre�il�Prof.�Flick,�o�forse�Calvi,�non�vi�era�un�modello�nella�
nostra�costituzione�al�quale�ci�si�potesse�ispirare.�E�allora�il�nostro�processo�
e�oggi�un�processo�che�vive�alcune�contraddizioni�dalle�quali�dobbiamo�
uscire�se�vogliamo�che�il�processo�funzioni,�ne�cito�alcune:�per�esempio,�il�
nostro�e�un�processo�di�parti,�sulla�parita�delle�parti�e�la�terzieta�del�giudice�
nel�quale�pero�il�giudice�e�ancora�il�dominus 
della�prova�e�il�dominus 
della�
prova�nel�momento�in�cui�ammette�e�non�ammette�la�prova.�E�il�dominus 
della�prova�nel�momento�in�cui,�dopo�che�le�parti�hanno�indicato�le�loro�
prove,�sta�al�giudice�in�qualche�modo�fare�un�secondo�processo�sulla�base�
della�sua�convinzione�di�quali�prove�devono�essere�acquisite.�Quindi,�per�
esempio,�io�credo�questo�sara�un�punto�che�dovra�essere�affrontato�fra�le�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

altre�contraddizioni.�Cioe�,�le�prove�devono�essere�nella�signoria�delle�parti�
salvo�naturalmente�la�loro�pertinenza,�questo�per�un�limite�logico.�Ma�un�
altro�aspetto�rilevante�e�quello�della�formazione�della�prova�nel�contradditto-
rio�e�quindi�nel�corso�del�dibattimento�e�il�non�aver�tenuto�conto�di�tutte�le�
esigenze�che�vi�sono�di�rendere�il�dibattimento�breve,�perche�un�dibattimento�
lontano�dal�momento�del�fatto�rende�impossibile�la�formazione�della�prova�
al�dibattimento.�E�dunque,�per�esempio,�un�tema�che�ci�aggancia�al�diritto�
penale�e�quello�della�prescrizione.�Io�credo�dovremmo�arrivare�a�delle�solu-
zioni�che�rendano�non�interessante�la�prescrizione.�Questo�forse�contrasta�
con�cose�che�magari�ho�pensato�e�ho�detto�in�passato,�ma�e�una�meditazione�
che�va�fatta.�Se�il�dibattimento�e�destinato�ad�essere�molto�lungo�(nell'aspet-
tativa�della�prova),�nell'aspettativa�della�prescrizione,�diventa�impossibile�il�
contradditorio.�E�allora�probabilmente�la�via�d'uscita�deve�essere�quella�di�
pensare,�come�in�alcuni�ordinamenti,�ad�una�prescrizione�breve�nel�corso�
delle�indagini,�per�cui�il�pubblico�ministero�deve�fare�presto,�ma�il�blocco�
della�prescrizione�dopo�che�inizia�il�dibattimento�proprio�per�rendere�possi-
bile�che�il�dibattimento�sia�breve,�sia�rapido,�che�questo�e�il�presupposto�
appunto�del�dibattimento�nell'accusatoria.�E�infine�un�ultimo�aspetto,�un'ul-
tima�contraddizione�di�cui�ci�dovremmo�prima�o�poi�occupare,�e�la�forma-
zione�della�prova�nel�contradditorio�e�nell'oralita�e�il�permanere�dell'appello�
cos|�come�e�oggi,�per�cui�la�decisione�nasce�dalla�prova�scritta�anziche�dalla�
prova�orale�e�indubbiamente�il�processo�accusatorio�non�conosce�l'appello�
con�le�caratteristiche�che�abbiamo�noi.�E�quindi,�probabilmente,�anche�su�
questo�si�dovra�arrivare�ad�una�soluzione�che�potra�essere�per�esempio,�se�
non�vogliamo�eliminare�l'appello�radicalmente,�un�appello�che�sia�orale�solo�
se�si�rinnova�la�prova�o�al�limite�sia�in�camera�di�consiglio�con�l'appello�
scritto.�Ma�certamente�non�possiamo�piu�avere�un�modello�di�processo�che�
vive�di�contraddizioni�tra�principi�incompatibili.�E�tra�queste�contraddizioni�
c'e�naturalmente�la�presenza�delle�parti�private.�Ora�un�processo�di�parti,�
basato�sulla�parita�delle�parti,�basti�pensare�alla�cross 
examination 
e�impossi-
bile�con�una�molteplicita�di�parti�tra�loro�contrapposte�e�con�interessi�diversi.�
La�cross 
examination,che�e�il�cuore�del�processo�penale,�vive�dal�fatto�che�
vi�e�una�parte�che�utilizza�il�testimone�a�proprio�favore�e�una�controparte�
che�cerca�di�distruggere�la�credibilita�del�testimone.�Un�processo�dove�com-
paiono�contemporaneamente�difensori,�parti�private,�parti�offese,�lo�Stato�
con�il�ruolo�appunto�dell'Avvocatura,�e�un�processo�in�cui�la�cross 
examina-
tion 
non�ha�piu�senso�e�infatti�non�la�si�pratica,�non�esiste�nella�pratica�del�
processo�penale.�Ma�cos|�altri�aspetti:�per�esempio�la�concentrazione�del�
dibattimento.�Come�si�puo�pensare�ad�un�dibattimento�concentrato�quando�
le�parti�che�hanno�diritto�di�intervenire�sono�cos|�numerose?�Il�dibattimento�
si�dilata�necessariamente.�Ora�il�codice�dell'88�e�stato�appunto�sollecitato�e�
ispirato�da�molti�valori,�tutti�apprezzabili,�per�esempio�la�presenza�del�sociale�
nel�codice,�delle�esigenze�sociali,�gli�enti�e�le�associazioni�rappresentative,�
che�sicuramente�sono�momenti�importanti,�valori�importanti,�pero�rendono�
il�processo�penale�qualcosa�di�diverso�da�quello�che�dovrebbe�essere,�una�spe-
cie�di�contesa�talora�politica�anziche�una�contesa�giudiziaria.�E�cos|�la�pre-
senza�della�persona�offesa�con�una�serie�di�diritti,�per�cui�abbiamo�la�parte�


TEMI�ISTITUZIONALI

civile,�gli�enti�rappresentativi,�la�persona�offesa�e�poi,�con�le�riforme�anche�rela-
tive�alla�connessione�tra�procedimenti,�un�numero�sconfinato�di�imputati.Tutto�
questo�ha�comportato�un�affollarsi�all'interno�del�processo�di�un�numero�di�sog-
getti�che�lo�rendono�ingestibile.�Ecco,�questo�mi�pare�che�sia�il�quadro�attuale.�
Quando�viceversa,�e�gia�stato�detto,�il�processo�penale�dovrebbe�essere�un�pro-
cesso�semplice�nel�quale�vi�e�chi�fa�valere�la�pretesa�punitiva�e�chi�si�oppone�alla�
pretesapunitiva.�Ora,qualisonoglieffettipraticioggidiunprocessocos|�affol-
lato�di�parti,�soprattutto�di�parti�private?�Ma�prima�di�tutto�si�pensi�alle�notifi-
che.�Naturalmente�se�si�moltiplicano�le�parti,�si�moltiplicano�le�notifiche,�per�
cui�i�tempi�si�allungano�sulle�notifiche.�L'effetto�e�che�spesso�la�nullita�di�qual-
cuna�di�queste�notifiche�comporta�che�il�processo�non�si�possa�fare.�I�tempi�pro-
cessuali�diventano�sconfinati,�perche�ogni�parte�esercita�i�suoi�diritti�piena-
mente�come�e�logico�se�e�parte�del�processo,�pero�questo�rende�i�tempi�proces-
suali�ingovernabili.�Le�nullita�che�si�moltiplicano,�perche�mentre�le�nullita�che�
riguardano�il�pubblico�ministero�e�la�difesa�possono�essere�contenute,�quando�
queste�si�moltiplicano�poi�su�tutta�una�serie�di�altri�soggetti,�naturalmente�alla�
fine�possiamo�avere�un�processo�che�viene�distrutto�per�la�presenza�di�soggetti�
ulteriori�rispetto�a�quelli�essenziali.�E�cos|�,�dicevo,�ancora�la�cross 
examination,�
che�come�punto,�come�cuore�del�processo�penale�richiede�due�parti�soltanto�
contrapposte.�E�infine,�lo�si�e�gia�detto,�la�disparita�tra�accusa�e�difesa.�Io�credo�
cheilprocessoaccusatorio,�ilmodellodel�111,�siaquellodiunprocessochedeve�
essere�snello,�breve�per�poter�consentire�la�formazione�della�prova�al�dibatti-
mento,�con�due�sole�parti,�e�con�l'eliminazione�di�tutta�una�serie�di�formalita�
che�si�collegano�proprio�alla�molteplicita�delle�parti�presenti.�In�questo�quadro,�
poi,�il�problema�del�ruolo�e�della�presenza�dell'Avvocatura�dello�Stato�si�carica�
di�ulteriori�ragioni�negative.�Perche�c'e�stato�gia�un�cenno�nella�relazione�intro-
duttiva.�L'Avvocatura�dello�Stato�finisce�per�essere�nel�processo�condizionata�
da�alcuni�aspetti.�Per�esempio�l'aspetto�politico.�Come�e�noto,�l'Avvocatura�
dello�Stato�si�puo�costituire�nel�processo�penale�solo�su�autorizzazione�del�Pre-
sidente�del�Consiglio.�Credo�sia�abbastanza�inevitabile�che�il�Presidente�del�
Consiglio,�cioe�la�parte�politica�che�governa�il�paese,�in�qualche�misura�non�
possa�non�tener�conto�nella�costituzione�di�interessi�collettivi�o�di�interessi�poli-
tici,�di�interessi�di�parte.�Quindi�da�questo�punto�di�vista�si�possono�determinare�
delle�disparita�degli�interventi�all'interno�del�processo�penale.�E�poi�l'altro�pro-
filo�e�la�duplicazione�dell'impegno�e�dei�costi�all'interno�dello�Stato.�Cioe�lo�
Stato�e�presente�con�soggetti�che�fanno�riferimento�al�pubblico�ministero,�sog-
getti�che�fanno�riferimento�all'Avvocatura�dello�Stato.�Con�l'effetto�di�duplicare�
la�presenza�dello�Stato�e�i�costi�per�lo�Stato.�O�talora�magari�il�contrasto,�perche�
non�si�puo�escludere,�proprio�anche�per�quel�legame�politico�che�intercorre�
anche�tra�Avvocatura�dello�Stato�e�Governo,�che�nasca�persino�un�contrasto�
tra�pubblico�ministero�e�Avvocatura.�Il�che�certo�non�e�nell'interesse�del�sistema�
e�dell'armonia�dell'intervento�dello�Stato.�E�dunque�a�me�pare�che�su�questo�
punto,�a�parte�i�temi�generali,�sarebbe�urgente�pensare�ad�una�soluzione�com-
pletamente�diversa�da�quella�attuale.�

E�cioe�pensare�di�affidare�anche�la�rappresentanza�e�la�difesa�degli�inte-
ressi�patrimoniali�dello�Stato�al�pubblico�ministero,�il�quale�non�c'e�motivo�
per�cui�non�possa�concludere�anche�in�relazione�al�danno�subito�dallo�Stato.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

Credo�che�l'effetto�sarebbe�quello�di�ridurre�il�numero�delle�parti,�ridurre�i�
costi�per�lo�Stato,�creare�e�dare�coerenza�all'intervento�dello�Stato�nel�pro-
cesso�penale�e�certamente�sganciare�la�tutela�degli�interessi�patrimoniali,�
che�talora�e�spesso�sono�interessi�di�natura�morale�o�politica,�pensiamo�alla�
costituzione�in�molti�processi,�nei�processi�di�strage�o�nei�processi�di�corru-
zione,�e�quindi�affidare�al�pubblico�ministero�che�e��,�e�deve�restare�sganciato�
dal�potere�esecutivo,�il�compito�di�rappresentare�sia�gli�interessi�della�colletti-
vita��sia,�piu��specificamente,�gli�interessi�dello�Stato�dal�punto�di�vista�patri-
moniale.�Ecco,�in�questa�rapida�carrellata�che�ho�cercato�di�tenere�in�tempi�
brevi,�credo�che�siamo�arrivati�al�punto�di�dover�fare�una�scelta�definitiva,�
cioe��portare�avanti�questa�lunga�marcia�tenendo�conto�che�il�sistema�e��unita-
rio.�Non�si�puo��,�come�sta�succedendo�ora,�affrontare�i�problemi�dell'adegua-
mento�del�processo�al�modello�accusatorio�considerando�ora�un�aspetto,�
ora�un�altro�e�naturalmente�creando�ulteriori�contraddizioni�all'interno�del�
processo�penale.�Dunque�se�lo�scopo�di�tutti,�lo�scopo�che�abbiamo�in�
comune,�e��far�s|��che�il�giusto�processo�da�principio�costituzionale�diventi�
realta��quotidiana,�da�questo�punto�di�vista�vorrei�fare�soltanto�un'ultima�
osservazione:�chi�eccede,�chi�esaspera�i�contrasti,�crea�difficolta��all'obiettivo�
di�dare�al�nostro�Paese,�finalmente,�un�processo�giusto�come�vuole�la�nostra�
Costituzione.�

Luigi 
Mazzella. 
Do�la�parola�all'Avv.�Antonio�Marini.�

Antonio 
Marini. 
Sara��forse�perche�questo�convegno�si�svolge�in�un�ex�
convento,�sara��forse�perche�la�sua�presenza�nel�processo�penale�e��stata�da�
sempre�avversata�o�tutt'al�piu��tollerata,�certo�e��che�mai�come�oggi�si�sono�
sentite�tante�campane�suonare�a�morto�contro�la�parte�civile.�Scusatemi�se�
inizio�questo�mio�intervento�con�questa�metafora,�ma�essa�rende�bene�l'idea�
della�minaccia�che�incombe�sulla�parte�civile,�che�molti�vorrebbero�soppri-
mere,�estromettendola�definitivamente�dal�processo�penale.�Gli�interventi�
degli�autorevoli�relatori�che�mi�hanno�preceduto�non�lasciano�dubbi�in�pro-
posito:�si�vuole�una�netta�separazione�delle�giurisdizioni,�sulla�scia�di�quegli�
ordinamenti�di�derivazione�anglosassone,�che�escludono�ogni�commistione,�
nello�stesso�processo,�di�esigenze�penalistiche�e�di�istanze�civilistiche,�costrin-
gendo�la�persona�offesa�e�danneggiata�dal�reato�a�rivolgersi�al�giudice�civile�
per�il�risarcimento�del�danno�derivante�dal�reato.�E�cio��sia�per�evitare�che�il�
problema�del�risarcimento�del�danno�condizioni�l'accertamento�della�respon-
sabilita��penale,�sia�per�non�alterare�l'equilibrio�delle�forze�in�campo�nel�
nuovo�processo,�di�tipo�accusatorio,�fondato�sulla�parita��delle�parti,�nel�quale�
il�ruolo�dell'accusa�e��gia��assunto�dal�pubblico�ministero.�Ora,�a�me�pare�che�
il�problema�della�costituzione�della�parte�civile�nel�processo�penale�non�possa�
essere�semplificato�nella�mera�contrapposizione�tra�sistema�inquisitorio�e�
sistema�accusatorio,�anche�se�sono�in�molti�a�ritenere�che�la�permanenza�
della�parte�civile�nel�nuovo�processo�accusatorio�e��un�retaggio�della�tradi-
zione�inquisitoria.�Ma�anche�sotto�il�codice�Rocco�v'era�chi�nutriva�una�forte�
avversione�nei�confronti�della�parte�civile,�ritenendo�che�il�pubblico�ministero�


TEMI�ISTITUZIONALI21

dovesse�essere�il�dominus 
assoluto�dell'accusa.�Uno�di�questi�era�il�mio�vec-
chio�Presidente�di�Milano�che�vedeva�come�fumo�negli�occhi�la�costituzione�
della�parte�civile,�che�per�lui�costituiva�soltanto�un�intralcio�allo�svolgimento�
del�processo.�All'epoca��eravamo�negli�anni�'70��ero�giudice�a 
latere 
in�
Corte�di�Assise�e�ricordo�che�ogni�volta�che�in�aula�era�presente�la�parte�
civile,�egli�si�piegava�verso�di�me�e�mettendosi�la�mano�sulla�bocca�mi�sibi-
lava�a�denti�stretti�dentro�l'orecchio:��c'e��la�parte�civile,�c'e��la�parte�civile�,�
manifestando�cos|��tutta�la�sua�insofferenza�per�il�ruolo�che�quella�parte��pri-
vata��si�accingeva�a�svolgere�accanto�alla�parte��pubblica��rappresentata�
dal�pubblico�ministero,�che�egli�riteneva�l'unico�legittimato�a�sostenere�l'ac-
cusa�nel�dibattimento.�L'insofferenza�aumentava�quando,�in�camera�di�consi-
glio,�doveva�cimentarsi�con�la�mia�ferma�opposizione�ad�accogliere�richieste�
di�estromissione�della�parte�civile,�spesso�infondate�o�comunque�basate�su�
veri�e�propri�cavilli.�E�quando�veniva�messo�in�minoranza,�scuro�in�volto,�
rientrava�in�aula�a�testa�bassa�e�leggeva�l'ordinanza�di�rigetto�delle�eccezioni�
con�un�tono�di�voce�che�lasciava�trasparire�il�grande�fastidio�che�provava�a�
celebrare�il�processo�con�la�partecipazione�della�parte�civile.�Io�invece�cer-
cavo�con�lo�sguardo�il�padre�e�la�madre�della�giovane�vittima�del�barbaro�
omicidio,�che�costituiva�oggetto�del�processo,�riuscendo�a�cogliere�sui�loro�
volti�impietriti�dal�dolore,�quel�forte�anelito�di�giustizia�che�soltanto�chi�ha�
subito�un�grave�torto�riesce�a�sprigionare�e�che�trovava�un�preciso�riscontro�
nella�stessa�formula�di�giuramento�che�i�giudici�popolari�avevano�pronun-
ciato�prima�di�insediarsi�nel�collegio�giudicante,�dichiarando�con�voce�
solenne,�anche�se�rotta�dall'emozione,�di�emettere�una�sentenza,�quale�la�
societa��l'attende:�affermazione�di�verita��e�di�giustizia.�

E�la�societa��in�quell'aula,�tra�quel�pubblico,�era�rappresentata�proprio�da�
quella�madre�e�da�quel�padre,�che�volevano�soltanto�giustizia�e�non�vendetta.�
Del�resto,�le�affermazioni�sullo�svolgimento�del�processo�nel�contraddittorio�
tra�le�parti,�in�condizione�di�parita��,�davanti�ad�un�giudice�terzo�ed�impar-
ziale,�introdotte�nell'art.�111�della�Costituzione,�con�la�riforma�sul��giusto�
processo�,�unitamente�ad�altre�affermazioni�sulla�funzione�della�giurisdi-
zione,�contenute�in�altre�norme�costituzionali,�indicano�chiaramente�che�il�
processo�penale�non�consiste�solo�nell'accertamento�dei�fatti�che�costitui-
scono�oggetto�del�reato�e�delle�relative�responsabilita��,�ma�ha�anche�la�fun-
zione�essenziale�di�accertare�la�verita��e�di�rendere�giustizia.�La�stessa�Corte�
Costituzionale�ha�avuto�piu��volte�modo�di�affermare�che�il�fine�primario�ed�
ineludibile�del�processo�penale�non�puo��che�rimanere�quello�della�ricerca�
della�verita�.�Se�cio��e��vero,�e��giusto�negare�l'ingresso�nel�processo�penale�alla�
vittima�del�reato�che�intende�costituirsi�parte�civile,�per�soddisfare�le�sue�
legittime�istanze�di�verita��e�di�giustizia,�sia�pure�collegate�ad�una�pretesa�
risarcitoria�del�danno�derivante�dal�reato,�che�spesso�e��soltanto�simbolica?�
E�giusto�dire�alla�vittima�del�reato:�tu�non�hai�alcun�titolo�per�partecipare�
al�processo�penale,�se�vuoi�essere�risarcita�del�danno�che�il�reato�ti�ha�cagio-
nato�rivolgiti�al�giudice�civile,�perche�la�sede�naturale�per�soddisfare�la�tua�
pretesa�risarcitoria�e��il�processo�civile?�Avrei�avuto�piacere�che�a�questo�
dibattito�fosse�stato�invitato�qualche�familiare�delle�tante�vittime�del�terrori-
smo�o�della�mafia,�per�vedere�o�sentire�quale�impatto�avrebbero�avuto�le�


22RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

dotte�argomentazioni�dei�miei�illustri�contraddittori�sulla�necessita�di�tenere�
separati�i�due�processi,�penale�e�civile,�al�fine�di�non�alterare�l'equilibrio�delle�
parti,�di�non�compromettere�la�necessaria�serenita�del�giudice�con�istanze�
emotive,�di�non�ostacolare�il�normale�svolgimento�del�processo,�rendendolo�
piu�lungo�e�complicato.�Mi�sarebbe�piaciuto�vedere,�ad�esempio,�come�
avrebbe�reagito�la�vedova�Moro�nel�sentire�simili�argomentazioni.�Lei�che,�
insieme�ai�figli,�si�e�sempre�costituita�parte�civile�nei�vari�processi�celebrati�
contro�i�terroristi�accusati�di�aver�sequestrato�e�ucciso�l'On.le�Moro,�non�
gia�per�essere�risarcita�dal�danno�ma�per�sapere�la�verita�,�tutta�la�verita�su�
quell'efferato�delitto,�sul�quale�gravavano�pesanti�ombre�e�sul�quale�forse�
non�e�stata�fatta�ancora�piena�luce.�Secondo�la�visione�che�i�miei�contraddit-
tori�hanno�del�processo�penale,�la�signora�Moro,�pur�avendo�diritto�a�sapere�
la�verita�,�non�avrebbe�avuto�alcun�titolo�per�partecipare�attivamente�a�quei�
processi,�costituendosi�parte�civile,�essendo�portatrice�soltanto�di�istanze�civi-
listiche�che�possono�essere�soddisfatte�soltanto�in�un�normale�processo�civile.�
La�verita�e�che�non�vi�puo�essere��giusto�processo��senza�la�partecipazione�
attiva�della�persona�offesa�dal�reato�che,�in�quanto�titolare�del�bene�giuridico�
protetto�dalla�norma�incriminatrice,�e�ontologicamente�collegata�non�solo�
all'accertamento�del�fatto�e�delle�relative�responsabilita�,�ma�anche�all'accerta-
mento�della�verita�e�all'affermazione�della�giustizia.�Ed�e�per�questa�ragione�
che�mi�sono�sempre�opposto�e�continuero�ad�oppormi�ai�ricorrenti�tentativi�
di�eliminare�la�parte�civile,�la�cui�presenza�nel�processo�penale�corrisponde�
ad�una�esigenza�di�giustizia�sostanziale.�Non�a�caso�il�nuovo�codice,�pur�pro-
pendendo�per�la�separazione�dei�due�processi,�permette�comunque�alla�per-
sona�offesa�e�danneggiata�dal�reato�di�esercitare�l'azione�risarcitoria�nel�pro-
cesso�penale,�che�rispetto�al�processo�civile�e�sicuramente�lo�strumento�piu�
efficace�per�accertare�la�verita�e�rendere�giustizia.�Il�legislatore�non�poteva�
ignorare�che�l'illecito�penale�e�profondamente�diverso�dall'illecito�civile�e�
che�il�titolo�da�cui�derivano�la�responsabilita�penale�e�civile�e�unico:�e�cioe�
il�compimento�di�un�reato.�E�quanto�piu�il�reato�e�grave,�tanto�piu�occorre�
tutelare�chi�ne�e�la�vittima.�Dando�ingresso�all'azione�civile�nel�processo�
penale,�si�e�anche�tenuto�conto�che�spesso�la�vittima�del�reato�non�e�in�grado�
di�sopportare�il�peso�economico�e�le�difficolta�di�accertamento�che�derivereb-
bero�da�un�processo�civile.�Di�fronte�ad�un�grave�delitto�di�mafia�e�difficile�
sostenere�che�l'azione�risarcitoria�deve�essere�esperita�esclusivamente�nel�pro-
cesso�civile,�che�dovrebbe�vedere�il�mafioso�nella�veste�di��convenuto�.�Pre-
tendere�che�la�vittima�di�un�reato�di�mafia�provveda�ad�instaurare�un�nor-
male�processo�civile�per�ottenere�il�risarcimento�del�danno,�anticipando�le�
spese�del�processo�e�affannandosi�a�trovare�le�prove�della�responsabilita�di�
questo�o�quel�mafioso,�magari�in�un�clima�di�forte�intimidazione,�e�ragionare�
fuori�dalla�realta�.�Invece,�nel�processo�penale�le�prove�sulla�responsabilita�
del�fatto�e�sui�danni�cagionati�(almeno�negli�aspetti�quantitativi�che�servono�
alla�determinazione�della�pena�ai�sensi�dell'art.�133�c.p.p.)�sono�ricercate�d'uf-
ficio�dal�pubblico�ministero.�Naturalmente�la�parte�civile�ha�un�diritto�auto-
nomo�di�ricerca�e�di�ammissione�delle�prove,�tuttavia�puo�sempre�affidarsi�
all'iniziativa�del�pubblico�ministero�al�quale�spettano�le�scelte�fondamentali�
nell'assunzione�dei�relativi�mezzi�di�prova.�Tuttavia,�bisogna�riconoscere�che�


TEMI�ISTITUZIONALI

la�nuova�normativa�a�tutela�delle�vittime�dei�reati�e�tutt'altro�che�soddisfa-
cente.�Restano�lacune�che�la�recente�riforma�sul��giusto�processo��non�ha�
provveduto�a�colmare.�Avremmo�voluto�che�la�stessa�attenzione�che,�in�que-
sti�ultimi�tempi,�e�stata�mostrata�per�i�diritti�dell'imputato�fosse�stata�rivolta�
anche�verso�i�diritti�delle�vittime�dei�reati,�correggendo�un�assetto�normativo�
che�esprime�orientamenti�contraddittori�e�contrastanti�tra�di�loro.�Per�esem-
pio,�nella�fase�delle�indagini�preliminari,�alla�persona�offesa�il�codice�ricono-
sce�un�ruolo�meramente�penalistico�e�cioe�un�interesse�ad�ottenere�la�perse-
cuzione�del�colpevole�del�reato;�viceversa�alla�persona�offesa�del�reato�che�si�
sia�costituita�parte�civile�nell'udienza�preliminare�o�in�dibattimento,�pretende�
di�riconoscere�un�ruolo�meramente�civilistico,�cioe�un�interesse�ad�ottenere�
solo�il�risarcimento�del�danno�derivante�dal�reato.�Dopo�la�formulazione�del-
l'imputazione�e�la�richiesta�di�rinvio�a�giudizio,�i�ruoli�appaiono�capovolti.�
La�persona�offesa�non�puo�partecipare�all'udienza�preliminare�e�all'eventuale�
dibattimento�se,�in�quanto�danneggiata�dal�reato,�non�si�costituisce�parte�
civile.�Ma�anche�quando�si�costituisce�parte�civile�viene�relegata�in�una�posi-
zione�ingiustamente�subalterna�rispetto�sia�al�pubblico�ministero�che�all'im-
putato.�Vivaddio,�se�abbiamo�voluto�un�processo�di�parti,�che�almeno�le�parti�
siano�uguali�tra�loro!�Non�ci�puo�essere�una�parte�piu�uguale�dell'altra!�Fatta�
la�scelta�di�ammettere�la�costituzione�della�parte�civile�nel�processo�penale,�
occorre�essere�coerenti�fino�in�fondo,�assicurando�alla�vittima�del�reato,�
costituita�parte�civile,�una�effettiva�parita�con�le�altre�parti�del�processo.�E�
coerenza�vorrebbe�che�alla�persona�offesa�fosse�restituito�il�diritto�di�costi-
tuirsi�parte�civile�fin�dal�momento�in�cui�riceve�l'informazione�di�garanzia,�
come�accadeva�nel�previgente�codice.�L'aver�eliminato�la�parte�civile�dalla�
fase�delle�indagini�preliminari�e�stato�un�grave�errore,�che�qualcuno�vorrebbe�
perpetuare�eliminando�la�parte�civile�anche�dal�dibattimento.�I�nuovi�poteri�
processuali�attribuiti�dal�nuovo�codice�alla�persona�offesa,�in�qualita�di��sog-
getto��del�procedimento,�sono�un�pallido�sostitutivo�dei�poteri�che�la�parte�
civile�esercitava�sulla�base�del�codice�previgente.�Basti�pensare�che�oggi,�nella�
fase�delle�indagini�preliminari,�la�persona�offesa�non�puo�neppure�chiedere�
tempestivamente,�quale�premessa�di�un�futuro�effettivo�risarcimento�del�
danno,�il�sequestro�conservativo�sui�beni�dell'imputato;�deve�aspettare�il�
tempo�in�cui�puo�costituirsi�parte�civile,�nell'udienza�preliminare�o�nel�dibat-
timento,�quando�magari�i�buoi�sono�gia�scappati�dalla�stalla.�Ma�v'e�di�piu�.�
L'impossibilita�di�costituirsi�parte�civile�nella�fase�delle�indagini�preliminari,�
impedisce�ingiustamente�alla�persona�offesa�l'esercizio�del�diritto�alla�prova�
in�sede�di�incidente�probatorio.�Ne�deriva�che�mentre�la�persona�sottoposta�
alle�indagini�puo�rivolgersi�direttamente�al�giudice�per�richiedere�l'incidente�
probatorio,�la�persona�offesa�dal�reato�e�invece�costretta�a�rivolgersi�al�pub-
blico�ministero,�per�sollecitarlo�a�prendere�l'iniziativa�per�suo�conto.�

Se�la�richiesta�viene�respinta,�la�persona�offesa�non�puo�nemmeno�ricor-
rere�al�giudice�impugnando�il�provvedimento�negativo�del�pubblico�ministero�
che�e�insindacabile.�Non�puo�neanche�partecipare�al�contraddittorio�sull'am-
missibilita�o�sull'estensione�dell'incidente�probatorio,�promosso�autonoma-
mente�dall'indagato�o�dal�pubblico�ministero.�Inoltre,�all'udienza�davanti�al�
giudice�non�puo�rivolgere�direttamente�le�domande�alle�persone�sottoposte�


24RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

ad�esame.�Stando�cos|�le�cose,�di�fronte�all'inerzia�del�pubblico�ministero,�il�
difensore�di�un�minore�di�sedici�anni,�sottoposto�a�violenze�o�abusi�sessuali�
da�parte�di�un�pedofilo,�non�ha�la�possibilita�di�rivolgersi�direttamente�al�giu-
dice�per�fare�assumere�la�testimonianza�del�ragazzo�nel�momento�in�cui�la�
memoria�e�piu�viva�e�nella�sede�piu�confacente�alla�sua�eta�,�come�e�la�camera�
di�consiglio�in�cui�si�svolge�l'udienza�dell'incidente�probatorio,�per�evitargli,�
tra�l'altro,�la�morbosa�pubblicita�del�dibattimento.�Ma��l'ingiustizia��mag-
giore�nei�confronti�della�persona�offesa�dal�reato�si�consuma�nella�perma-
nente�impossibilita�di�richiedere�direttamente�l'incidente�probatorio�anche�
nella�fase�dell'udienza�preliminare,�nonostante�che�a�seguito�di�una�sentenza�
della�Corte�Costituzionale�l'uso�dell'incidente�probatorio�sia�stato�esteso�a�
tale�fase.�Ne�e�derivato�un�sistema�alquanto�sbilanciato�e�poco�coerente�che�
ha�finito�per�penalizzare�ulteriormente�la�persona�offesa�dal�reato.�Non�par-
liamo�poi�del�patteggiamento.�Ricordo�che�durante�un�convegno,�svoltosi�a�
Miami,�negli�Stati�Uniti,�alcuni�studiosi�americani�mostravano�tutta�la�loro�
meraviglia�nell'apprendere�che�anche�noi�stavamo�introducendo�il�patteggia-
mento�nel�nostro�ordinamento.�Negli�USA,�infatti,�il�patteggiamento�e�stato�
da�sempre�visto�come�un�male�necessario�per�far�funzionare�il�sistema�accu-
satorio,�che�altrimenti�e�destinato�al�fallimento.�Quando�scoppio�il��Water-
gate� 
ci�fu�una�sorta�di�sollevazione�popolare�contro�gli�scandalosi�patteggia-
menti�che�furono�fatti�per�chiudere�l'affare�dal�punto�di�vista�giudiziario.�
Diciamoci�la�verita�:�questa�sorta�di�giustizia�contrattata�non�piace�a�nessuno.�
Ed�e�triste�constatare�che�per�far�funzionare�il�processo�accusatorio,�certa-
mente�piu�garantista�di�quello�inquisitorio,�bisogna�ricorrere�ad�un�siffatto�
strumento�processuale�che,�al�di�la�di�altre�considerazioni,�penalizza�forte-
mente�le�aspettative�di�giustizia�della�vittima�del�reato.�Ora�io�dico:�va�bene�
il�patteggiamento,�anche�se�fa�venire�il�mal�di�pancia.�Vanno�bene�i�vantaggi�
che�si�concedono�all'imputato�per�incentivarlo�a�patteggiare.�Ma�perche�
penalizzare�piu�di�tanto�la�persona�offesa�e�danneggiata�dal�reato,�che�si�e�
costituita�parte�civile?�Si�e�dovuto�ricorrere�alla�Corte�Costituzionale�per�cor-
reggere,�almeno�in�parte,�la�stortura�di�quella�norma�che,�in�sede�di�patteg-
giamento,�vieta�al�giudice�qualsiasi�decisione�sulla�domanda�della�parte�
civile.�Con�la�riforma�del�'99,�il�legislatore�ha�recepito�la�censura�della�Corte�
Costituzionale,�che�non�ha�ritenuto�legittimo�addossare�alla�parte�civile�
anche�le�spese�della�sua�costituzione,�in�quanto�la�chiusura�del�procedimento�
penale,�a�seguito�del�patteggiamento,�non�dipende�da�una�sua�determina-
zione,�sicche�l'imputato�puo�oggi�essere�condannato�quantomeno�al�paga-
mento�delle�spese�sostenute�dalla�vittima�del�reato�per�costituirsi�parte�civile.�
Resta�comunque�il�fatto�che�il�giudice�non�puo�decidere�sulla�richiesta�di�
risarcimento�derivante�dal�reato,�neppure�a�titolo�di�provvisionale.�Sicche�,�
la�vittima�del�reato�e�costretta�ad�iniziare�un�defatigante�processo�civile�per�
vedere�finalmente�riconosciuta�la�sua�pretesa�risarcitoria,�senza�avere�nep-
pure�il�vantaggio�di�avvalersi�della�sentenza�di�condanna�emessa�in�sede�di�
patteggiamento,�perche�tale�sentenza�non�ha�alcuna�efficacia�di�giudicato�
nel�giudizio�civile.�E�cio�perche�il�patteggiamento,�pur�presupponendo�una�
implicita�ammissione�di�responsabilita�,�non�richiede�un'espressa�ammissione�
di�colpevolezza�da�parte�dell'imputato.�Sembra�un�gioco�di�parole,�ma�e�pro-


TEMI 
ISTITUZIONALI

prio 
cos|�
! 
Ora, 
ognuno 
vede 
come 
questa 
scelta 
legislativa 
sia 
poco 
ragione-
vole 
e 
piuttosto 
ambigua. 
Ma 
soprattutto 
comporta 
una 
grave 
lesione 
dei 
diritti 
della 
parte 
civile, 
che 
oltre 
a 
non 
aver 
alcuna 
possibilita� 
di 
opporsi 
al 
patteggiamento, 
si 
vede 
negata 
anche 
la 
possibilita� 
di 
far 
valere 
la 
condanna 
dell'imputato 
in 
sede 
civile. 
Per 
equilibrare 
l'ago 
della 
bilancia 
basterebbe 
che 
la 
pronuncia 
della 
sentenza 
di 
patteggiamento 
fosse 
subordinata 
ad 
una 
chiara 
ammissione 
di 
responsabilita� 
da 
parte 
dell'imputato, 
sulla 
scia 
dell'or-
dinamento 
statunitense, 
nel 
quale 
il 
patteggiamento 
(blea 
bargaining) 
pre-
suppone 
una 
normale 
dichiarazione 
di 
colpevolezza 
(guilty 
plea), 
che 
pro-
duce 
i 
suoi 
effetti 
anche 
in 
sede 
civile, 
dove 
tale 
dichiarazione 
costituisce 
prova 
della 
responsabilita� 
per 
i 
fatti 
cui 
si 
riferisce. 
A 
questo 
proposito, 
vale 
la 
pena 
di 
aggiungere 
che 
nell'ordinamento 
statunitense, 
a 
seguito 
di 
una 
serie 
di 
riforme 
dirette 
a 
tutelare 
anche 
nell'ambito 
del 
procedimento 
penale 
gli 
interessi 
patrimoniali 
delle 
vittime 
dei 
reati, 
la 
dichiarazione 
di 
colpevo-
lezza 
contenuta 
nel 
patteggiamento, 
al 
pari 
dell'accertamento 
di 
responsabi-
lita� 
effettuata 
in 
sede 
dibattimentale, 
consente 
al 
giudice 
di 
emettere 
un 
prov-
vedimento 
che 
dispone 
non 
solo 
la 
restituzione, 
ma 
anche 
il 
risarcimento 
del 
danno 
a 
favore 
della 
persona 
offesa 
del 
reato, 
risparmiando 
a 
quest'ul-
tima 
l'esercizio 
di 
una 
autonoma 
azione 
in 
sede 
civile, 
in 
precedenza 
imposta 
dalla 
separazione 
delle 
giurisdizioni 
tipica 
degli 
ordinamenti 
di 
origine 
anglosassone. 


Si 
puo� 
ben 
dire 
che 
si 
tratta 
di 
riforme 
di 
portata 
storica 
nell'assetto 
dei 
rapporti 
tra 
giurisdizioni, 
soprattutto 
qualora 
si 
consideri 
che 
si 
e� 
arrivati 
a 
sancire 
una 
vera 
e 
propria 
autorita� 
del 
giudicato 
penale 
nel 
giudizio 
civile 
per 
danni. 
Ed 
e� 
curioso 
constatare 
che, 
mentre 
l'ordinamento 
statunitense 
si 
avvicina 
sempre 
piu� 
a 
soluzioni 
tendenti 
a 
privilegiare 
la 
giurisdizione 
penale 
rispetto 
a 
quella 
civile, 
l'ordinamento 
italiano 
si 
muove 
nella 
direzione 
oppo-
sta 
e 
cioe� 
verso 
una 
piu� 
netta 
separazione 
tra 
giudizio 
penale 
e 
giudizio 
civile. 
Di 
qui 
l'adozione 
di 
una 
serie 
di 
disposizioni 
da 
parte 
del 
nuovo 
codice 
che 
tendono 
a 
�disincentivare� 
la 
costituzione 
di 
parte 
civile 
nel 
processo 
penale 
e 
a 
sacrificare, 
in 
nome 
della 
semplificazione 
del 
rito, 
la 
tutela 
dei 
suoi 
sacro-
santi 
diritti, 
creando 
una 
disparita� 
di 
trattamento 
tra 
imputato 
e 
offeso 
dal 
reato, 
che 
si 
va 
sempre 
piu� 
accentuando 
a 
seguito 
dell'esaltazione 
dei 
diritti 
dell'imputato 
in 
ogni 
stato 
e 
grado 
del 
procedimento. 
Con 
la 
conseguenza 
che, 
mentre 
i 
poteri 
processuali 
dell'imputato 
sono 
andati 
sempre 
piu� 
aumen-
tando, 
quelli 
della 
persona 
offesa 
dal 
reato 
sono 
rimasti 
al 
palo: 
peraltro 
tol-
lerati 
con 
un 
certo 
fastidio. 
Un 
altro 
esempio 
di 
questa 
disparita� 
di 
tratta-
mento 
e� 
dato 
dal 
potere 
di 
impugnazione 
largamente 
riconosciuto 
all'impu-
tato 
in 
caso 
di 
condanna, 
cui 
corrisponde 
un 
potere 
inspiegabilmente 
limitato 
attribuito 
alla 
parte 
civile 
in 
caso 
di 
assoluzione. 
Cos|� 
accade 
che 
una 
persona 
che 
ha 
subito 
una 
rapina 
o 
magari 
l'uccisione 
di 
un 
familiare 
e 
si 
e� 
costituita 
parte 
civile 
nel 
giudizio 
di 
primo 
grado 
per 
concorrere 
all'ac-
certamento 
della 
responsabilita� 
penale 
e 
civile 
dell'imputato, 
si 
vede 
negare 
il 
potere 
di 
impugnare 
autonomamente 
l'eventuale 
sentenza 
di 
assoluzione 
presso 
il 
giudice 
di 
appello. 
Di 
fronte 
all'inerzia 
del 
pubblico 
ministero, 
che 
non 
intende 
impugnare 
quella 
sentenza 
assolutoria, 
la 
parte 
civile 
ha 
solo 
la 
possibilita� 
di 
presentare 
una 
richiesta 
per 
sollecitarlo 
a 
proporre 
impugna-


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

zione�in�sua�vece.�Se�la�richiesta�non�viene�accolta,�il�giudizio�di�appello�non�
puo�essere�celebrato,�con�gravi�effetti�pregiudizievoli�per�la�persona�offesa�
del�reato.�A�parte�ogni�considerazione�sulla�insindacabilita�del�provvedi-
mento�di�rigetto�della�richiesta,�appare�evidente,�in�questo�caso,�la�violazione�
del�diritto�della�persona�offesa�ad�ottenere�un�secondo�giudizio,�che�potrebbe�
ribaltare�il�risultato�di�primo�grado.�Inoltre,�la�sentenza�di�assoluzione�non�
impugnata�diventa�irrevocabile,�acquistando�efficacia�preclusiva�e�vincolante�
nell'eventuale�giudizio�civile.�Cio�significa�che�la�persona�offesa�perde�anche�
il�diritto�a�ricorrere�al�giudice�civile�per�ottenere�il�risarcimento�dei�danni�
morali�e�materiali.�Concludendo,�se�c'e�una�parte�che�ha�il�diritto�di�invocare�
la�piena�attuazione�dei�principi�costituzionali�sui�quali�si�fonda�il��giusto�pro-
cesso�,�essa�e�la�parte�civile,�relegata�nel�nuovo�processo�accusatorio�in�una�
posizione�subalterna�rispetto�alle�altre�parti.�Sicche�,�l'unico�modo�per�ren-
dere�effettiva�la�tanto�ventilata�parita�delle�parti�nel�processo�e�quella�di�assi-
curare�alla�persona�offesa�e�danneggiata�dal�reato�una�tutela�pari�a�quella�
garantita�all'imputato,�potenziando�i�poteri�processuali�della�parte�civile�e�
respingendo�ogni�tentativo�diretto�a�trasformarla�in�una�sorta�di�Cenerentola�

o�addirittura�a�sopprimerla.�
Luigi 
Mazzella. 
Ringrazio�l'avvocato�Marini.�Mi�accorgo�di�avere�fatto�
bene�a�qualificarlo�avvocato.�L'elemento�di�fortissima�emozionalita�che�ha�
portato�ad�un�tema�che�noi�c'eravamo�illusi�di�poter�giudicare�secondo�linee�
razionali�e�l'intervento��focoso��ci�hanno�fatto�capire�che�qui�ci�troviamo�di�
fronte�a�fatti�che�possono�essere�esaminati�anche�sotto�il�profilo�emotivo.�
Per�la�verita�,�non�dovrei�come�Presidente�dilungarmi�oltre�questo�ringrazia-
mento.�Per�il�calore�che�ha�portato�nel�suo�intervento�dico:�avvocato�Marini,�
grazie!�Ma�Marini�mi�ha�chiamato�direttamente�in�causa,�citando�un�esem-
pio�che�avevo�portato�per�dimostrare�che�quello�che�si�vuole�evitare�non�e�
la�difesa�di�certi�interessi�e�di�certe�posizioni,�ma�e�l'affollamento�del�giudizio.�
Il�caso�che�ha�citato�dell'Inghilterra�dimostra�che�quando�il�pubblico�mini-
stero�non�interviene,�la�parte�privata�puo�rendersi�promotrice�dell'azione,�
ma�perche�il�pubblico�ministero�non�c'e�.�Il�discorso�e�che�in�effetti�e�inutile�
essere�in�tanti.�L'altro�discorso�e�che�la�fiducia�che�tutti�gli�interventi�prece-
denti�hanno�dimostrato�nel�pubblico�ministero,�implicitamente�ritenendolo,�
in�quanto�tale,�unico�capace�di�portare�fino�all'accertamento�della�verita�il�
proprio�compito,�in�qualche�modo�l'amico�Marini�l'ha�smentito.�Ha�ricono-
sciuto�un�ruolo�a�noi�che�ci�costituiamo�spesso�parte�civile,�che�non�avevamo�
mai�ritenuto�di�avere.�Cioe�quello�di�essere�noi�i�controllori�del�pubblico�
ministero.�Cio�ci�riempie�di�gioia.�Essere�stati�valutati�nell'esercizio�del�
nostro�ruolo�di�patrocinatori�della�parte�civile�come�controllori�del�pubblico�
ministero�e�un'affermazione�di�cui�lo�ringrazio�perche�e�un'attestazione�lusin-
ghiera�del�nostro�ruolo.�Il�problema�pero�non�e�quello.�Il�problema�e�di�
vedere�se�dobbiamo�continuare�ad�affollare�le�aule,�a�rendere�complicati�i�
processi,�a�prenderci�le�condanne�di�Strasburgo,�a�moltiplicare�la�legge�Pinto�
(bis,�tris),�a�continuare�ad�avere�una�situazione�che�non�e�paragonabile�a�


TEMI�ISTITUZIONALI

quella�di�altri�Paesi,�altri�Paesi�dove�in�effetti�i�toni�molto�calorosi�dell'amico�
Marini�fanno�ritenere�che�la�giustizia�non�sia�perseguita�e�sono�quei�paesi�
che�poi�da�altre�parti�ci�dicono�essere�quelli�dove�c'e�un�esempio�piu�maturo�
di�democrazia.�Sono�proprio�i�paesi�anglosassoni�infatti�che�vengono�portati�
ad�esempio�di�una�democrazia�matura.�Secondo�invece�il�pubblico�ministero�
Marini�in�quelle�nazioni,�non�essendovi�la�costituzione�di�parte�civile,�le�
povere�parti�offese�dal�privato�si�troverebbero�in�una�situazione�da�medioevo.�
Quindi�il�problema�non�e�forse�cos|�emotivo�come�dal�tuo�intervento,�caro�
Antonio,�si�puo�arguire.�Il�problema�e�di�pura�razionalita�.�Il�problema�e�tro-
vare�un�compromesso�tra�le�esigenze�di�stabilire�un�giusto�rapporto�tra�la�
parte�accusatrice�e�i�difensori.�Di�trovare�dei�giusti�tempi�per�processi�che�
non�assumano�le�mega-proporzioni�a�cui�siamo�abituati.�Leggiamo�sui�gior-
nali�di�fascicoli�che�riempiono�stanze�intere�di�tribunali�(e�non�si�arriva�mai�
alla�sentenza).�Sentiamo�tutte�queste�cose�dai�giornali�e�anche�qui,�consenti�
anche�a�me�di�introdurre�una�nota�emotiva,�anche�qui�noi�soffriamo�perche�
in�effetti�non�possiamo�ritenere�di�essere�in�un�paese�civile�se�l'accertamento�
della�verita�,�passa�attraverso�quintali�di�carte�e�spesso�non�arriva�neanche�
alla�sua�conclusione.�E�allora,�se�possiamo�snellire�queste�procedure,�se�pos-
siamo�trovare�sistemi�razionali�che�hanno�reso�altri�paesi�molto�piu�aderenti�
alla�realta�delle�cose,�capaci�cioe�di�affrontare�questi�problemi�senza�dover�
sollecitare�le�leggi�Pinto�1,�2,�3,�quello�che�sia�allora�seguiamolo�l'esempio�
di�questi�paesi�e�non�ci�nascondiamo�la�verita�,�cerchiamo�invece�di�rimboc-
carci�le�maniche�e�di�fare�quello�che�sotto�questo�profilo�si�puo�fare.�

Giuseppe 
Frigo 
(*).�A�chi�arriva�per�ultimo,�soprattutto�quando�i�
miei�interlocutori�sono�stati�sapienti�e�scrupolosi,�non�resta�che�spigolare�
qua�e�la�.�

Debbo�dire�che�mi�piace�molto�questa�iniziativa�dell'Avvocatura�Gene-
rale�che�ha�riproposto�una�riflessione�su�un�argomento�da�tempo�trascurato,�
quello�dell'azione�civile�nel�processo�penale,�anche�se�vi�sono,�e�l'abbiamo�
sentito�qui,�in�proposito�problemi�latenti,�nodi�irrisolti,�che�ogni�tanto�poi�
emergono�sollecitati�(e�questo�e�male)�soltanto�da�qualche�caso�concreto,�
magari�di�rilievo�pubblico�mediatico,�la�cui�soluzione�talora�attinge�risultati�
non�del�tutto�soddisfacenti,�perche�si�collocano�troppo�a�ridosso�dello�stesso�
caso�concreto,�fuori�da�una�visione�sistematica�e�coerente.�Io�penso�a�solu-
zioni�altalenanti�che�vanno�tra�la�legislazione�che,�come�ricordava�Calvi,�
interviene�volta�per�volta,�ampliando�il�novero�dei�soggetti�che�possono�
entrare�o�irrompere�nel�processo�penale�anche�attraverso�lo�strumento�
impropriamente�utilizzato�della�costituzione�di�parte�civile;�cos|�come�penso�
ad�interventi�pur�ispirati�da�propositi�assolutamente�condivisibili�che�appar-
tengono�alla�Corte�Costituzionale.�Pensiamo�che�in�un�processo,�sia�pure�
marginale,�che�noi�abbiamo�nel�nostro�ordinamento,�il�processo�militare�
penale,�non�era�ammessa�la�costituzione�di�parte�civile,�ma�poi�la�costitu-

(*)�Testo�registrato�non�rivisto�dall'Autore.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

zione�di�parte�civile�e�stata�ammessa�perche�si�e�visto�che�vi�era�un�tratta-
mento�iniquamente�differente�tra�il�processo�ordinario�e�il�processo�militare:�
evidentemente,�allora,�si�innescano�tutte�queste�reazioni�perche�la�visione�
non�e�stata�e�non�e�sistematica.�

Certo�e�indiscutibile�che�la�nostra�tradizione,�che�ha�radici�franco-napo-
leoniche,�in�una�linea�di�natura�sostanzialmente�neo-inquisitoria�ispirata�a�
una�ideologia�totalitaria�e�totalizzante,�ha�sempre�tranquillamente�ammesso�
e�disciplinato�l'azione�civile�risarcitoria,�restitutoria�da�reato�nel�processo�
penale,�concependola�in�origine,�come�abbiamo�sentito;�ma�il�peso�di�tutto�
questo�c'e�ancora,�anche�se�in�parte�ce�ne�siamo�sgravati,�sostanzialmente�
addirittura�come�un�onore�per�il�titolare�della�relativa�pretesa,�altrimenti�
costretto�per�agire,�o�prima�di�agire,�ad�attendere�l'epilogo�del�processo�
penale�ed�a�subirne�radicalmente�la�pregiudizialita�,�cos|�da�vedersi�rifiutato�
il�riconoscimento�del�diritto�anche�per�effetto�di�una�sentenza�pronunciata�
in�un�giudizio�al�quale�non�aveva�partecipato.�In�ragione�di�che�cosa?�In�
ragione�della�mitologia,�e�stato�pur�sottolineato�qui,�sull'unita�della�giurisdi-
zione�che�considera�un'insopportabile�diminutio 
la�contraddittorieta�di�giudi-
cati�anche�se�resi�nell'ambito�di�giudizi�qualitativamente�diversi�come�erano�
e�come�sono�ancor�piu�oggi�il�giudizio�civile�ed�il�giudizio�penale.�Un�onere�
dunque�di�entrare�nel�processo�penale�per�interloquirvi�e�tuttavia,�ecco�la�
contraddizione,�la�prima�contraddizione�che�e�emersa�anche�qui,�per�interlo-
quirvi�in�una�posizione�secondaria,�in�una�posizione�accessoria,�sempre�tribu-
taria��non�dimentichiamolo,�non�lo�devono�dimenticare�neanche�coloro�
che�esaltano�la�presenza�e�la�partecipazione�della�vittima�nel�processo�penale�
�rispetto�alle�mosse�del�titolare�pubblico�dell'azione�penale,�di�cui�doveva�
accettare�e�ancora�oggi�deve�accettare�le�scelte.�E�poi�a�maggior�ragione,�e�
ovvio,�in�massima�parte�deve�accettare�anche�le�decisioni�con�tutti�i�limiti�
che�c'erano,�ma�ancora�ci�sono,�in�materia�di�impugnazione,�lo�ricordava�
poco�fa�anche�il�consigliere�Marini.�E�allora�ecco�che�vive�una�contraddi-
zione�forte,�fortissima,�la�presenza�della�parte�civile�anche�qui.�Ma�in�realta�
tutto�si�lega�in�una�concezione�che�vede�la�soggezione�dell'individuo�e�della�
persona,�sia�esso�imputato,�sia�esso�offeso�dal�reato,�al�potere�pubblico�e�al�
titolare�monopolista�dell'azione�penale.�

Ma�allora�pensiamo�al�quadro�che�avevamo�prima�del�codice�dell'88:�in�
ogni�caso�ferrea�vincolativita�del�giudicato�penale,�con�qualche�apertura,�
per�carita�,�che�gia�allora�aveva�fatto�la�Corte�Costituzionale�quando�aveva�
detto:�e�intollerabile�costituzionalmente�che�possa�avere�effetto�il�giudicato�
penale�sulle�pretese�civilistiche�di�chi�non�fosse�stato�posto�in�condizione�di�
partecipare�al�processo�penale.�Ci�si�riferiva�soprattutto�allora�al�responsa-
bile�civile,�ma�il�discorso�evidentemente�riguardava�tutto�il�rapporto�subordi-
nato�a�quello�processuale�penale�ed�ai�rapporti�civilistici�subordinati�al�pro-
cesso�penale.�Questa�la�situazione�che�si�presentava�al�legislatore�dell'88,�al�
legislatore�della�legge�delega�dell'87,�al�legislatore�codicistico�delegato�
dell'88.�La�problematica�affrontata�col�nuovo�codice,�la�riforma�e�le�ideologie�
si�prestavano�ad�una�rivisitazione�anche�profondissima�della�questione,�parte�
civile�si,�parte�civile�no:�si�poteva�gia�allora�arrivare�a�dire�parte�civile�no.�
Sul�fondo�l'obiettivo�della�rivoluzione�copernicana�che�si�riproponeva�il�legi-


TEMI�ISTITUZIONALI

slatore�della�fine�degli�anni�'80,�quello�della�rivoluzione�del�processo�accusa-
torio,�non�piu��mito�della�unita��della�giurisdizione,�limiti�all'efficacia�del�giu-
dicato�penale,�una�concezione�relativistica�della�giustizia�e�del�fare�giustizia,�
anche�del�fare�giustizia�penale,�non�l'ambizione�della�verita��ad�ogni�costo,�
per�dirla�con�gli�antichi�usque 
ad 
effusione 
sanguinis,�ma�la�concezione�di�
una�verita��relativa�dentro�la�logica�della�soluzione�del�conflitto�in�concreto,�
della�disputa�in�concreto,�della�controversia�in�concreto�anche�nel�processo�
penale.�Nessuno�scandalo�allora�se�il�giudice�civile�ha�i�suoi�fini,�accetta�o�
determina�un�presupposto�o�una�situazione�diversi�da�quelli�del�giudice�
penale,�anche�se�hanno�origine�dallo�stesso�fatto�storico.�Tanto�piu��che�entra�
nel�processo�penale�il�principio�del�diritto�alla�prova,�ma�anche�il�principio�
della�disponibilita��della�prova,�come�ricordava�prima�Gaetano�Pecorella,�e�i�
modelli�storici�di�riferimento�c'erano,�perche��i�modelli�storici�non�propone-
vano,�come�non�propongono,�l'azione�civile�nel�processo�penale.�

Ecco,�il�passo�e��stato�fatto�ma�soltanto�a�meta��.�Diciamo�che�durante�i�
lavori�per�il�nuovo�codice�non�fu�mai�seriamente�posta�in�discussione,�al�di�
la��di�quell'invito,�l'opportunita��di�mantenere�l'azione�civile�nel�processo�
penale.�Si�e��fatta�la�scelta�di�rompere�quella�sorta�di�soffocamento�che�veniva�
dalla�pregiudizialita��rigorosa�e�assoluta�del�penale�e�di�dare�al�danneggiato�
la�possibilita��di�compiere�delle�opzioni,�addirittura,�si�diceva��noi�quando�
si�scriveva�il�codice,�prima�ancora�della�legge�delega��dobbiamo�cercare�
di�favorire�la�fuga�della�parte�civile�dal�processo�penale,�ove�avesse�scelto�di�
agire�tempestivamente,�soprattutto�in�sede�civile;�ponti�d'oro�al�danneggiato�
dal�reato.�Pensiamo�al�sistema�che�ancora�oggi�noi�abbiamo�di�fronte,�che�
viene�dagli�articoli�75�e�652�del�codice:�la�possibilita��,�di�fronte�al�giudizio�
abbreviato,�di�non�accettarlo,�di�andarsene�e�di�essere�libero�di�agire�e�di�
ottenere�anche�decisioni�che�siano�in�contraddizione,�sia�pure�agli�effetti�
civili,�rispetto�all'epilogo�dello�stesso�giudizio�abbreviato.�Non�piu��un�onere,�
ma,�domandava�prima�il�Presidente�Flick,�questo�sistema�ha�tenuto�o�non�
ha�tenuto?�Ha�dato�o�non�ha�dato�i�risultati�sperati?�Il�legislatore,�lo�ha�ricor-
dato�Calvi,�non�ha�favorito�questa�scelta�aperta�del�legislatore�codicistico�
del�1988�e�(anche�la��dove�si�potrebbe�considerare�canale�fisiologico�quello�
dell'azione�civile�proposta�in�sede�penale),�non�ha�tenuto�l'idea�di�allontanare�
la�parte�civile�per�le�difficolta��(e�anche�queste�sono�state�ricordate)�dell'accer-
tamento�autonomo,�dei�fondamenti�dell'azione�civile�e�della�domanda.�E�a�
questo�punto�che�cosa�si�dovrebbe�considerare?�La�crisi,�o�forse�la�neanche�
mai�avvenuta�espansione�delle�facolta��e�dei�diritti�dell'offeso�dal�reato.�Si�e��
sempre�fatta�una�grande�confusione�tra�le�facolta��e�i�diritti�accordati�dal�
nuovo�codice�all'offeso�dal�reato�e�la�costituzione�di�parte�civile.�Sono�due�
livelli�diversi.�Perche��insomma�l'azione�civile�e��l'azione�civile�risarcitoria�o�
restitutoria�e�tutto�il�resto�non�puo��non�essere�improprio.�Mi�spiace�doverla�
contraddire,�consigliere�Marini,�ma�insomma�la�parte�civile�ha�sicuramente�
un�anelito�a�sapere�la�verita��,�meglio�ancora�l'offeso�dal�reato�ha�un�anelito�
a�sapere�la�verita��.�Ma�questo�anelito�a�sapere�la�verita��nel�momento�in�cui�
la�sua�azione,�la�sua�presenza�nel�processo�penale�non�puo��non�essere,�anche�
volendo�accettare�il�sistema�rigido�dei�modelli,�di�taluni�modelli�dell'Europa�
continentale�compreso�il�nostro,�non�puo��non�essere�che�l'azione�risarcitoria,�
tutto�il�resto�e��improprio,�tutto�il�resto�e��forzatura.�E�forzatura�perche��?�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Perche�il�livello�sia�dell'accertamento�della�verita�,�sia�degli�interessi�
generali�della�collettivita�a�sapere�come�sono�andate�le�cose�non�appartiene�
alla�parte�civile.�E�un�livello�che�appartiene�evidentemente�al�pubblico�mini-
stero.�E�allora�o�risolviamo�questa�contraddizione�oppure�continuiamo�a�
farci�schermo�della�parte�civile,�la�quale�piu�di�tanto�non�puo�dare�e�non�
deve�dare�in�una�logica�di�questo�tipo.�E�invece�vi�era,�vi�e�stata�una�scelta�
nel�codice�del�1988,�vi�e�stato�un�nobile�tentativo�di�aprire�spazi�alla�collabo-
razione�privata�all'indagine�e�all'accertamento�penale�da�parte�dell'offeso�
dal�reato,�ma�a�chi�in�realta�?�Al�pubblico�ministero.�E�perche�l'offeso�dal�
reato�ad�un�certo�punto�piu�di�tanto�non�puo�sviluppare�nel�processo�penale?�
Perche�non�sara�mai�una�parte�come�tale�nel�momento�in�cui�vi�e�il�pubblico�
ministero.�E�allora�a�questo�punto�puo�essere�valorizzata�la�figura�dell'offeso�
dal�reato�se�si�potenziano�le�sue�facolta�e�i�suoi�diritti�nel�momento�dell'inve-
stigazione,�quando�cioe�il�pubblico�ministero�puo�essere�inerte,�quando�il�
pubblico�ministero�puo�essere�unidimensionalmente�orientato.�In�questo�
momento�ha�senso�il�contributo�dell'offeso�dal�reato.�Cioe�nel�momento�pre-
paratorio.�Ma�nel�momento�in�cui�l'azione�penale�viene�decisa,�e�l'azione�
penale�viene�decisa�dal�pubblico�ministero,�a�questo�punto�l'offeso�dal�reato�
e�,�come�dire,�un�ramo�che�si�secca;�c'e�scritto�nel�codice�di�procedura�penale,�
che�la�persona�offesa�puo�indicare,�tranne�che�nel�giudizio�per�cassazione,�
elementi�di�prova:�io�vorrei�capire,�non�l'ho�ancora�capito,�a�chi,�come�e�
quando�puo�indicare�elementi�di�prova�se�non�e�costituita�parte�civile.�Ma�
se�non�e�costituita�parte�civile�ha�una�sua�azione�e�un�suo�obiettivo�ben�limi-
tato,�altrimenti�si�deborda,�si�va�fuori�dal�sistema.�E�allora,�io�credo�che�qui�
si�deve�fare�un�ragionamento�diverso.�Non�ha�funzionato�questo�sistema�di�
facolta�e�di�diritti�concessi,�accordati�all'offeso�dal�reato�soprattutto�in�fun-
zione�di�ausilio�all'investigazione�pubblica.�Puo�anche�darsi�che�attraverso�
la�disciplina�delle�investigazioni�difensive�qualche�cosa�di�diverso�possa�cam-
biare.�Che�possa�cambiare,�ma�a�questo�punto�il�passaggio�e�un�altro.�Ed�e�
quello�che�viene�dall'ultimo�spunto�che�e�stato�portato�qui.�Quando�si�fa�il�
richiamo�ai�modelli�di�common 
law 
dove�e�previsto�che�di�fronte�alla�inerzia�
del�pubblico�ministero�la�vittima�del�reato�possa�fare�qualcosa.�Ma�che�cosa?�
Possa�esercitare�l'azione�penale,�allora�il�discorso�e�un�altro,�e�diverso,�non�
e�piu�la�questione�della�parte�civile,�allora�dobbiamo�anche�qui�non�avere�
paura�di�guardare�in�faccia�i�problemi�e�domandarci:�quante�volte�queste�vit-
time�dei�reati��scusatemi,�io�sono�abituato�a�parlare�con�molta�franchezza�
�sono�vittime�dei�pubblici�ministeri�monopolisti�dell'azione�penale�nel�
nostro�paese?�Proviamo�a�chiedercelo,�proviamo�a�chiederci�quante�volte�
debbono�soggiacere�a�scelte�che�appartengono�al�pubblico�ministero�anche�
in�termini�magari�di�archiviazione.�Certo�che�c'e�la�possibilita�di�opporsi�
all'archiviazione.�Il�problema�e�invece�quello�di�valutare�se�non�sia�venuto�il�
momento�di�riflettere�sul�monopolio�pubblico�dell'azione�penale,�o�meglio�
sul�monopolio�dell'azione�penale�in�capo�al�pubblico�ministero.�La�nostra�
Costituzione�dice�che�il�pubblico�ministero�e�obbligato�ad�esercitare�l'azione�
penale,�ma�non�dice�che�e�il�monopolista�dell'azione�penale.�A�questo�punto�
nella�tradizione�accusatoria�si�potrebbe�cominciare�a�pensare�per�taluni�casi,�
quando�c'e�l'inerzia�del�pubblico�ministero,�di�attribuire�la�titolarita�dell'a-


TEMI�ISTITUZIONALI�31

zione�penale�alla�vittima�del�reato.�Che�e�una�cosa�diversa.�Allora,�se�
vogliamo�parlare�delle�vittime�come�si�parla�in�sede�italiana�e�anche�in�sede�
internazionale,�parliamone�transitivamente�in�termini�di�diritti�e�di�facolta�
che�si�possono�attribuire.�E�un�discorso�aperto,�e�un�problema�che�si�pone,�
non�e�una�soluzione�che�si�offre,�del�resto�scusate,�e�vero�o�non�e�vero�che�
c'e�una�giurisdizione�penale�del�giudice�di�pace?�E�vero�o�non�e�vero�che�nella�
giurisdizione�penale�del�giudice�di�pace�c'e�anche�questo�ricorso�diretto�al�
giudice�di�pace�assegnato�all'offeso�dal�reato?�Che�con�uno�stesso�atto�puo�
fare�quello�che�era�prima�la�querela�e�anche�questo�ricorso�immediato�nell'i-
nerzia�del�pubblico�ministero,�perche�non�e�detto�che�il�pubblico�ministero�
sia�obbligato�a�fare�qualche�cosa.�

Se�e�cos|�vediamo�come�va�questa�sperimentazione.�

Pensiamo�che�sono�di�competenza�del�giudice�di�pace�tutte�le�lesioni�col-
pose�anche�gravissime,�da�incidente�stradale�o�in�generale,�che�a�volte�sono�
cos|�gravi�nelle�loro�conseguenze�da�sopravanzare�persino�gli�eventi�mortali.�
Andiamo�a�vedere�come�potra�finire�perche�teoricamente,�nel�giro�di�pochi�
mesi,�si�puo�andare�al�dibattimento�davanti�al�giudice�di�pace.�E�chi�sosterra�
l'accusa�vera�al�dibattimento�davanti�al�giudice�di�pace�se�non�colui�che�ha�
esercitato�qui�realmente�l'azione�penale,�cioe�l'offeso�dal�reato?�Ecco�una�
strada,�ecco�un�momento�di�sperimentazione,�ma�e�tutta�un'altra�cosa�
rispetto�all'azione�civile,�non�ha�niente�a�che�vedere�con�la�costituzione�di�
parte�civile.�Ecco,�allora�io�credo�che�la�riflessione�sia�importante�perche�ci�
sposta�su�un�piano�diverso.�Su�quello�della�necessita�di�contenere�i�contributi�
dell'offeso�dal�reato,�ove�il�pubblico�ministero�fa�tutto�quello�che�deve�fare�
nei�limiti�dell'ausilio,�nell'indicazione�degli�elementi�di�indagine�nei�limiti�del-
l'ausilio�all'indagine.�Questo�lo�dico�per�esperienza.�Ci�sono�momenti,�in�
una�investigazione,�in�cui�il�difensore�dell'offeso�dal�reato�puo�fare�attivita�
investigative�direttamente�o�attraverso�investigatori�molto�piu�efficaci�di�
quelle�che�potrebbe�fare,��vi�sembra�un�paradosso�ma�vi�assicuro�che�que-
sto�e�possibile��l'investigazione�pubblica.�Perche�vi�sono�angoli�in�cui�si�
puo�arrivare�con�l'investigazione�privata,�con�successo,�laddove�l'investiga-
zione�pubblica�non�e�che�non�possa�arrivare,�ci�arriva,�ma�non�consegue�suc-
cesso.�Ecco,�per�dire�allora�che�ha�una�sua�utilita�anche�nella�logica�del�pro-
cesso�accusatorio�l'investigazione�dell'offeso�dal�reato,�anche�con�i�poteri�
che�sono�venuti�dalla�legge�sull'investigazione�difensiva.�Facciamo�questa�
sperimentazione�ma�consentiamo�anche�una�adeguata�osmosi�tra�l'investiga-
zione�pubblica�e�l'investigazione�eventualmente�della�vittima�del�reato;�per-
che�torniamo�al�giudice�di�pace,�se�l'offeso�dal�reato,�la�vittima�del�reato�fa�
fatica�ad�avere�dalla�polizia�la�planimetria�dell'incidente�stradale�di�cui�e�
rimasta�vittima�perche�la�polizia�la�tiene�e�la�manda�al�pubblico�ministero�e�
poi�non�la�si�trova,�a�questo�punto�e�chiaro�che�si�mortificano�in�radice�le�
possibilita�che�la�legge�pur�consente�allo�stesso�offeso�dal�reato.�Cioe�di�fare�
in�sostanza�colui�che�esercita�l'azione�penale.�

Io�termino�queste�osservazioni�raccogliendo�l'invito�ultimo�del�presi-
dente�Flick,�e�poi�del�resto�dei�promotori�del�convegno,�a�fare�i�conti�con�
l'Europa.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Benissimo,�io�non�mi�considero�un�euroscettico.�Ma�non�mi�considero�
neanche�un�entusiasta�senza�ragione�critica.�Allora�facciamo�i�conti�con�l'Eu-
ropa,�ma�facciamoli�anche�portando�tutto�il�bagaglio�delle�nostre�esperienze,�
della�nostra�cultura�e�della�nostra�capacita�.�Io�francamente�i�conti�con�l'Eu-
ropa�sarei�pronto�a�farli�ad�armi�pari,�anche�con�coloro�che�hanno�sistemi�
che�non�solo�non�hanno�niente�da�insegnare�al�nostro�ma�che�forse�avrebbero�
molto�da�imparare�dal�nostro.�Non�posso�non�guardare�il�nostro�grande�
maestro,�il�Prof.�Vassalli,�che�ha�fatto�interventi�in�questa�materia�dei�rap-
porti�tra�il�nostro�sistema�e�l'Europa,�anche�negli�ultimi�giorni,�a�proposito�
del�mandato�di�arresto�europeo�che�sono�da�quel�grandissimo�maestro�che�
e�,�e�che�insegnano�a�tutti�anche�sul�piano�del�metodo,�che�cosa�si�deve�fare�
quando�ci�si�confronta�con�l'Europa.�Siamo�noi�che�ci�confrontiamo�con�
l'Europa,�ma�e�anche�l'Europa�degli�altri,�anche,�quelli�che�stanno�piu�indie-
tro�di�noi,�che�si�deve�confrontare�con�noi.�

Luigi 
Mazzella. 
C'e�una�richiesta�di�intervento�dell'Avv.�Emanuele�
Squarcia.�Prego.�

Emanuele 
Squarcia. 
Grazie.�E�un�tema�che�ho�voluto�vedere�un�po�da�
vicino,�quello�della�costituzione�di�parte�civile,�e�una�piccola�riflessione�mi�e�
venuta�ascoltando�tutti�gli�interventi.�

Io�la�vedo�in�modo�molto�negativo,�onestamente:�secondo�me�la�costitu-
zione�di�parte�civile�consente�di�trattare�in�maniera�totalmente�diseguale�
situazioni�uguali.�

Un�danno�che�derivi�da�reato�consente�l'accesso�al�processo�penale�e�
consente�al�danneggiato�la�possibilita�di�usare�strumenti�inimmaginabili�in�
sede�civile.�Io�immagino�di�andare�a�chiedere�ad�un�giudice�civile�di�pronun-
ciare�una�sentenza�di�condanna�sulla�base�delle�sole�dichiarazioni�del�dan-
neggiato.�Un�giudice�civile�rigetterebbe�la�domanda�sicuramente!�Eppure�la�
Corte�di�Cassazione�ci�insegna�ogni�momento�che�e�possibile�una�decisione�
di�condanna,�sia�penale�sia�risarcitoria,�a�seguito�delle�sole�dichiarazioni�del�
danneggiato.�

Una�brevissima�osservazione�su�quello�che�diceva�adesso�il�Prof.�Frigo�
sul�rito�di�fronte�al�giudice�di�pace.�E�vero�che�alcuni�maestri�ci�insegnano�
che�il�monopolio�dell'azione�penale�non�e�del�solo�pubblico�ministero,�ma�in�
tutte�quelle�situazioni�che,�ad�esempio,�Dominioni�ci�spiega�nella�sua�voce,�
non�abbiamo�mai�un�soggetto�che�e�interessato�alla�risoluzione�della�contro-
versia�e�che�esercita�l'azione�penale.�Abbiamo�sempre�un�soggetto�che�e�por-
tatore�di�interessi�pubblici�che�non�hanno�un�risvolto�immediato�in�quella�
soluzione�di�controversia.�Ho�qualche�perplessita�che�la�norma�dica�effettiva-
mente�che,�pur�se�in�quei�pochi�casi�dei�reati�perseguibili�a�querela,�la�per-
sona�offesa�dal�reato�promuova�l'azione.�In�realta�e�sempre�il�giudice�che�
deve�vagliare�questo�ricorso�ed�e�il�giudice�che,�quasi�come�un�novello�pre-
tore,�promuove�l'azione.�Non�mi�sembra�che�sia�la�persona�offesa�dal�reato.�
Ma,�a�parte�questo,�pensiamo�all'ipotesi,�secondo�me�veramente�assurda,�del-
l'appello:�in�questo�caso�arriviamo�di�fronte�ad�un�giudice�togato�su�iniziativa�
della�sola�persona�offesa�dal�reato.�Quindi�l'impronta�del�legislatore�sembra�
andare�in�maniera�contraria�a�quello�che�dicevamo�prima,�non�tanto�verso�


TEMI�ISTITUZIONALI�

una�separazione,�anzi,�rafforza�in�modo�incisivo�i�poteri�della�persona�offesa�
dal�reato:�consente�addirittura�l'appello�a�fini�non�solo�civili,�come�gia�sap-
piamo,�ma�a�fini�penali�della�persona�offesa�dal�reato.�Quest'ultima�ci�porta�
di�fronte�ad�un�giudice�togato�per�il�solo�perseguimento�di�interessi�civili.�
Quindi�un�ampliamento�di�poteri,�secondo�me,�inimmaginabile�rispetto�alla�
stessa�situazione�del�codice�di�rito�civile.�

(omissis)�^L'intervento�del�Prof.�Ugo�Pioletti�e�riportato�come�comuni-
cazione.�

Luigi 
Mazzella. 
Allora,�siamo�arrivati�alla�nostra�conclusione.�Vi�anti-
cipo�che�gli�atti�del�convegno�saranno�pubblicati�e�messi�a�disposizione�di�
chi�ne�ha�interesse.�Mi�sembra�di�poter�concludere�ancora�dicendo�che�la�
qualita�degli�interventi�e�anche,�diciamo,�la�polemica�che�si�e�sviluppata�
dimostra�che�il�tema�era�un�tema�di�buona�attualita�e�che�quindi�e�stato�utile�
affrontarlo�in�questa�sede.�Vi�ringrazio,�ed�al�prossimo�appuntamento.�

Roma,�7�giugno�2002�

COMUNICAZIONI(*)�

Ugo 
Pioletti. 
La�c.d.��armonizzazione��delle�normative�europee��in�
via�di�principio�tendenza�auspicabile,�oltre�che�probabilmente�inevitabile,�e�
non�solo�a�livello�europeo��deve�realizzarsi�anzitutto�senza�alcun�com-
plesso�di�inferiorita�nei�confronti�delle�soluzioni�adottate�in�altri�paesi�ed�
inoltre�non�gia�recependo�od�espungendo�singoli�istituti,�ma�considerando�il�
funzionamento�dell'intero�ordinamento�che�si�raffronta,�cos|�da�potere�valu-
tare�pro�e�contra�delle�diverse�soluzioni.�

La�valutazione�dell'istituto�della�parte�civile�mi�sembra�essere�un�caso�
paradigmatico�delle�esigenze�sopra�indicate.�

Questo�istituto�rappresenta�in�Italia,�a�mio�sommesso�avviso,�un�corret-
tivo��sia�pure�insufficiente��nei�confronti�del�pericolo�di��politicizza-
zione��del�processo�penale,�nei�confronti�cioe�del�pericolo�che�le�potenzialita�
della�giurisdizione�penale�si�concentrino�piu�sugli�effetti��pubblicistici�,�o�
�di�immagine�,�di�alcuni�processi�che�sulla�concreta�tutela�degli�interessi�e�
dei�beni�della�vita�dei�singoli��siano�essi�persone�offese�o�danneggiati�
oppure�indagati�o�imputati��coinvolti�in�tutte�le�vicende�giuridico�penali.�

In�un�ordinamento�dove�una�delle�parti�del�processo�penale��il�pub-
blico�ministero��e�parte�in�senso�solo��formale�,�in�quanto�e�in�tutto�e�
per�tutto�un��collega��del�giudice(1),�la�presenza�della�parte�civile�contribui-
sce��sia�pure,�come�detto,�in�maniera�parziale�ed�insufficiente��a�portare�
il�processo�penale�sul�piano�del�processo�di�parti.�

(*)�Gli�Autori�hanno�dato�alle�singole�comunicazioni�il�titolo�generale��La�costituzione�
diparte�civile�nelprocessopenale�.�Per�evitare�duplicazioni�tale�titolo�e�stato�omesso.�

(1)�Si�vedano�le�autorevoli�e�sempre�attuali�considerazioni�di�Lucchini,�La�mistificazione�
del�pubblico�ministero,�riprodotto�in�Arch.�Pen.,�1969,7�ess.�edi�Foschini,�Un�errore�pendolare:�
l'accusatore�giudice�ed�il�giudice�accusatore,�ivi,�153�ss.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Il�processo,�per�essere�tale��ossia��giudizio���e�non�trasformarsi�in�
un�procedimento�inquisitorio�camuffato�da�processo�di�parti,�deve�necessa-
riamente�essere�un�actus 
trium 
personarum,�e�cioe��un�processo�dove�nessuna�
delle�parti�puo��avere�un�vincolo�preferenziale�con�il�giudice,�nemmeno�di�
colleganza.�

Il�c.d.��giusto�equilibrio�fra�accusa�e�difesa��va�valutato�anzitutto�sotto�
il�profilo�istituzionale�prima�ancora�che�dal�punto�di�vista�dei�poteri�proces-
suali�dei�singoli�soggetti�che�partecipano�al�processo.�

Un�vero�processo�penale�di�parti��o,�come�si�suol�dire,��accusatorio��
�si�potra��realizzare�solo�a�seguito�di�una�riforma�del�pubblico�ministero,�
attraverso�cioe��l'inquadramento�di�quest'ultimo�in�un�ordine�diverso�da�
quello�cui�appartengono�i�giudici,�ossia�nello�Stato�amministrazione�e�non,�
come�e��adesso�il�caso,�nello�Stato�giurisdizione.�

Tale�innovazione�non�e��possibile,�a�mio�avviso,�senza�una�riforma�di�
tipo�costituzionale.�La�riforma�del�processo�penale�iniziata�con�l'entrata�
in�vigore�del�vigente�codice�di�procedura�penale�non�e��stata�idonea�ad�
introdurre�nel�nostro�paese�un�autentico�sistema�processuale�penale�di�parti�
(o�di�tipo��accusatorio�)�perche�non�e��stata�accompagnata�da�detta�riforma�
costituzionale.�

Il�suddetto��giusto�equilibrio�,�inoltre,�(come�insegna�la�consolidata�
esperienza�della�giurisdizione�civile�(2))�non�e��neanche�turbato�dal�numero�
diseguale��o�non�simmetrico��delle�parti.�Considerare�il�numero�asimme-
trico�delle�parti�come�elemento�di�turbamento�di�un��giusto�equilibrio�delle�
parti��significherebbe�sacrificare�interessi�sostanziali�certi�a�pretese�e�non�
dimostrate�esigenze�processuali.�

Questo��giusto�equilibrio��e��invece�turbato�ab 
origine 
dal�vincolo�di�col-
leganza�che�lega�giudice�a�pubblico�ministero�(3)�ed�in�questo�senso�la�pre-
senza�di�una��accusa�privata��(la�parte�civile)��paradossalmente,�ma�solo�
in�apparenza��puo��contribuire�a�ripristinare�un�equilibrio�processuale�com-
promesso�a�causa�del�detto�vizio�di�origine.�

Del�resto,�la�volonta��della�vittima,�anche�in�relazione�allo�stesso�eserci-
zio�della�potesta��punitiva,�trova�ancora��ed�e��opportuno�che�continui�a�tro-
vare��uno�spazio�assai�rilevante�nel�vigente�sistema�penale:�mi�riferisco�ai�
reati�perseguibili�a�querela,�una�categoria�di�reati��ed�una�tecnica�di�repres-
sione�penale��che,�oltretutto�(si�veda�la�recente�riforma�del�falso�in�bilan-
cio)�viene�utilizzata�dal�legislatore�piu��recente�in�settori�non�marginali�del-
l'ordinamento.�

Sarebbe�peraltro�illusorio,�a�mio�sommesso�avviso,�attribuire�alla�vit-
tima�addirittura�il�potere�di�esercitare�direttamente�ed�in�via�esclusiva�

(2)�Che�l'attore�sia�un�solo�soggetto�ed�i�convenuti�siano�piu��d'uno�non�significa�che�l'attore�
sia�su�un�piano�di�debolezza�e�viceversa.�Il�processo�infatti�non�e��una�competizione�fra�forze�fisi-
che�ma�tra�buoni�e�cattivi�argomenti,�fra�interessi�tutelati�ed�interessi�non�tutelati.�
(3)�V.�ancora�Lucchini,�op. 
loc. 
cit.,e�Foschini,�op. 
loc. 
cit. 

TEMI�ISTITUZIONALI�

l'azione�penale��come�talvolta�si�ipotizza��qualora�si�privi�la�vittima�
stessa�della�possibilita�di�ottenere�il�risarcimento�del�danno�all'esito�del�pro-
cesso�penale�da�essa�vittima�instaurato�e�condotto.�

La�parte�civile,�inoltre,�essendo�portatrice�di�un�interesse�contrario�a�
quello�dell'imputato�riguardo�alla�prescrizione�del�reato,�contribuisce�alla�
definizione�sollecita�del�procedimento�e�quindi�costituisce�strumento�di�con-
trasto�nei�confronti�del�problema�della�durata��irragionevole��dei�processi.�

Non�mi�sembra�pertanto�giustificabile��anche�se�forse�e�comprensibile�
nell'ottica�appunto�procedimentale�(o��inquisitoria�)��il�disfavore�che�
emerge�in�parte�della�giurisprudenza�nei�confronti�della�parte�civile.�

Emblematica�in�tal�senso�la�passata�giurisprudenza�delle�sezioni�unite�
della�Corte�di�cassazione�in�tema�di�requisiti�della�procura�speciale�per�la�
costituzione�di�parte�civile(4),�giurisprudenza,�come�e�noto,�superata�dall'in-
tervento�del�legislatore�(art.�13,�legge�n.�479�del�1999,�c.d.��Legge�Carotti�)�
che�sul�punto,�a�mio�avviso,�ha�posto�in�essere�un�vero�e�proprio�atto�di�inter-
pretazione�autentica.�

L'istituto�della�parte�civile�nel�processo�penale�deve�pertanto�essere�
mantenuto�e�perfezionato�e�non�certo�ridimensionato�ne�tantomeno�sop-
presso;�esso,�al�contrario,�puo�costituire�un�fruttuoso�esempio�per�i�vicini�
paesi�europei�che�vogliano�guardare�all'ordinamento�italiano�con�atteggia-
mento�equanime�e�privo�di�pregiudizi.�

Il�significato�dell'istituto�della�parte�civile�nel�processo�penale�non�
risiede�in�un�superato�omaggio�ad�un�concetto�in�gran�parte�irrealistico�ed�
ideologico�(e,�per�certi�versi,�anche�autoritario)�di��unita�della�giurisdizione�,�
ma�nel�rappresentare�invece�un�concreto�strumento�di�contrasto��anche�se�
parziale�ed�insufficiente��nei�confronti�della�tendenza,�ancora�in�atto,�del�
processo�penale�a�svincolarsi�dalla�considerazione�dei�beni�della�vita�dei�sog-
getti�concreti�(siano�essi�vittime�o�rei)�coinvolti�in�tutti�i�processi�per�concen-
trarsi�sovente�sugli�effetti�di�visibilita�e�latu 
sensu 
�politici��di�alcuni�processi.�

La�costituzione�di�parte�civile,�inoltre,�rimane�ancora�uno�strumento�piu�
efficace,�rapido�ed�economico�di�tutela�risarcitoria�e�restitutoria�delle�vittime�
da�reato�rispetto�alla�citazione�in�sede�civile.�

Il�processo�civile�e�infatti�ancora�troppo�formalistico,�lento�e�costoso�per�
rappresentare�una�valida�alternativa�di�tutela�della�vittima�del�reato.�

In�particolare,�in�tema�di�assunzione�della�prova�testimoniale��prova�
regina�quando�si�tratta�di�tutelare�la�vittima�di�un�reato��il�processo�civile�
offre�ancora�nel�concreto�una�tutela�troppo�poco�effettiva�nei�confronti�del-
l'uso�di�testi�compiacenti,�quando�non�addirittura�falsi.�

Nei�paesi�di�diritto�anglo�americano�esiste�il�sistema�del�Law 
oJ 
Torts 
(diritto�dell'illecito�aquiliano)�che�presenta�caratteristiche�processuali�simili�
a�quelle�del�processo�penale.�

Anche�nell'ordinamento�tedesco��fra�gli�ordinamenti�dei�paesi�europei�
tra�i�piu�simili�al�nostro��il�processo�civile�e�caratterizzato�da�oralita�ed�
immediatezza�nell'escussione�della�prova�testimoniale.�

(4)�Cfr.�Cass.�S.U.,�1999,�n.�12.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Solo�allorche�il�processo�civile�per�il�risarcimento�del�danno�da�reato�
sara��disciplinato��e�vivra��nella�pratica��con�quelle�caratteristiche�di�ora-
lita��,�immediatezza�e�concentrazione,�ma�anche�di�economicita��e�di�efficacia,�
che�ancora�caratterizzano�il�processo�penale,�ed�allorche�il�pubblico�mini-
stero�sia�trasformato�(mediante�riforme,�come�detto,�costituzionali)�in�parte�
sostanziale�e�non�formale,�solo�allora�si�potra��forse�iniziare�a�progettare�di�
espungere�la�parte�civile�dal�processo�penale�con�la�speranza�che�cio��non�
costituisca�danno�per�le�vittime�dei�reati�e�per�il�sistema.�

Laddove�va�comunque�ribadito�che�la�separazione�fra�regiudicanda�
civile�e�penale�non�ha��a�mio�sommesso�avviso��nulla�a�che�fare�con�la�
distinzione�fra�processo�penale�di�parti�(o��accusatorio�)�e�processo�penale�
non�di�parti�(o��inquisitorio�)�e�non�sarebbe�auspicabile�neanche�allorche�si�
fosse�realizzato�nel�nostro�ordinamento�un�vero�processo�penale�di�parti(5).�

L'esperienza�forense�riserva�pero��anche�esperienze�deludenti�al�patrono�
di�parte�civile�ed�ai�suoi�assistiti.�

La�piu��deludente�e�ricorrente�e��quella�di�ritrovarsi�vittoriosi�al�termine�
del�giudizio�e�dovere�scoprire,�una�volta�che�ci�si�accinga�ad�eseguire�i�capi�
civili�della�sentenza,�che�il�condannato�ha�gia��da�tempo�provveduto�a�disfarsi�
dei�propri�cespiti�patrimoniali.�

Lo�strumento�per�ovviare�a�tale�grave�inconveniente�esiste,�ed�e��quello�
del�sequestro�preventivo.�

Il�vigente�codice�di�rito,�incomprensibilmente,�ha�pero��disposto�che�esso,�
quando�richiesto�a�garanzia�delle�obbligazioni�civili�derivanti�da�reato,�puo��
essere�chiesto�solo�dalla�parte�civile�e�non�anche�dalla�persona�offesa,�ossia�
esso�non�puo��essere�richiesto�dalla�vittima�del�reato�gia��dall'inizio�delle�inda-
gini�preliminari��magari�gia��con�la�denuncia�o�la�querela��quando�ancora�
sussisterebbe�la�possibilita��che�il�provvedimento�cautelare�reale�possa�andare�
a�buon�fine.�

Fortunatamente,�pero��,�il�vigente�codice�prevede�che�il�pubblico�mini-
stero�possa�chiedere�il�sequestro�preventivo�sin�dall'inizio�delle�indagini�preli-
minari�e�del�provvedimento�di�sequestro�si�gioverebbe,�per�espressa�disposi-
zione�di�legge�(art.�316,�3.�comma,�c.p.p.),�anche�la�parte�civile.�

Non�credo�di�sbagliarmi�nell'affermare�che�di�tale�potere�di�richiesta�di�
sequestro�viene�fatto�un�uso�molto��troppo��sporadico.�

Ed�e��un�vero�peccato,�perche�in�tal�modo�si�renderebbe�invece�un�servi-
zio�concreto�e�non�ideologico�alle�vittime�dei�reati�che�sono��non�bisogna�
dimenticarlo��nella�stragrande�maggioranza�dei�casi,�gente�comune(*).�

(5)�La�separazione�fra�regiudicande�civili�e�penali�priverebbe�i�soggetti�danneggiati�dai�reati�
�titolari�di�posizioni�soggettive�a�mio�avviso�meritevoli�di�una�tutela�rafforzata�rispetto�ai�sog-
getti�danneggiati�da�illeciti�meramente�civili��della�possibilita��di�giovarsi,�almeno�in�parte,�del-
l'attivita��processuale�del�pubblico�ministero.�
(*)�Testo�di�UgO 
Pioletti, 
Professore�affidatario�di�Diritto�penale�dell'economia�nell'U-

niversita�degli�Studi�di�Camerino.�


TEMI�ISTITUZIONALI�

Gianni 
Carlo 
Ferrero. 
Una�totale�equiparazione�tra�parte�offesa�privata�
e�parte�offesa�pubblica,�in�particolare�se�si�tratta�dello�Stato,�appare�sostan-
zialmente�e�formalmente�improponibile.�Come�e�noto�lo�Stato�Comunita�
(ammesso�che�si�voglia�ancora�mantenere�la�distinzione�classica,�tra�Stato�
Comunita�e�Stato�Ordinamento)�e�parte�offesa�in�un�numero�estremamente�
elevato�di�reati.�All'alto�numero�di�illeciti�che�offendono�la�collettivita�corri-
sponde�una�esigua,�quasi�irrisoria,�partecipazione�dell'Avvocatura�Generale�
dello�Stato,�nei�relativi�processi�penali,�anche�per�gli�ormai�cronici�motivi�di�
organico�(tenuto�altres|�conto�dei�gravosi�impegni�che�il�nuovo�processo�
penale�richiede,�se�si�vuole�partecipare�seriamente).�

Questa�mancata�presenza�dell'Avvocatura�dello�Stato�comporta�in�pra-
tica�una�tutela�del�tutto�inadeguata�dei�pubblici�interessi�colpiti�da�fatti�ille-
citi�penali�e�la�perdita�di�introiti�di�considerevoli�importi�nelle�casse�erariali.�
Di�fatto�in�molti�casi�si�verifica�una�sorta�di�inammissibile�(trattandosi�di�
denaro�pubblico)�rinuncia�a�diritti�patrimoniali�da�parte�delle�varie�ammini-
strazioni.�

Anzi,�l'attuale�sistema�ha�un�elevato�costo�per�le�incombenze�formali�che�
esso�determina.�Gli�organi�giudiziari�sono�tenuti�ad�individuare�la�parte�
offesa�ed�a�notificarle�l'atto�di�inizio�del�processo.�Nonostante�le�richieste�di�
alcune�Avvocature�Distrettuali�dello�Stato�gli�atti�vengono�notificati�a�queste�
ultime�che,�dopo�averle�protocollate,�ed�in�alcuni�casi�fascicolate,�provve-
dono�ad�inviarle�alle�autorita�amministrative�competenti�perche�accertino�la�
situazione�di�fatto�legata�al�reato�e,�se�di�particolare�rilevanza,�la�segnalino�
all'Avvocatura�dello�Stato�ed�al�competente�Ministro�che�dovra�richiedere�al�
Capo�del�Governo�l'autorizzazione�a�costituirsi�parte�civile.�Una�procedura�
lunga,�complessa�e�costosa�molto�raramente�seguita�sino�alla�sua�positiva�
conclusione,�anche�per�la�sostanziale�impossibilita�dell'Avvocatura�dello�
Stato�di�impegnare�il�proprio�personale�togato�in�lunghi�e�faticosi�processi.�

Ne�alla�mancata�partecipazione�al�giudizio�penale�si�pone�parziale�(par-
ziale�perche�a�volte�l'esito�del�processo�penale�e�determinante�o�comunque�
rilevante)�rimedio�agendo�in�sede�civile�perche�la�P.A.�non�lo�richiede�espres-
samente�e�perche�nel�frattempo�sono�passati�inutilmente�anni�ed�anni�con�
possibile�dispersione�del�patrimonio�dell'autore�dell'illecito.�

Se�solo�si�pone�l'attenzione�al�danno�ambientale�il�cui�risarcimento�
dovrebbe�provvedere�in�virtu�dell'art.�18�della�legge�istitutiva�del�Ministero�
dell'Ambiente,�in�via�principale�e�quasi�esclusiva�lo�Stato,�ci�si�rende�imme-
diatamente�conto�del�grave�pregiudizio�che�subiscono�le�casse�erariali�a�causa�
del�mancato�esercizio�della�relativa�azione.�Non�solo�per�la�frequenza�e�la�
gravita�degli�illeciti�nel�settore,�ma�anche�perche�il�danno�subito�da�determi-
nati�interessi�non�e�risarcito�e�cio�in�contrasto�con�la�tendenza�ad�ampliare�
la�risarcibilita�di�interessi�diffusi�e�collettivi�da�parte�di�soggetti�che�ne�hanno�
l'azionabilita�.�In�realta�manca�un�orientamento�armonico�ed�unitario�nel�
sistema�processuale�penale�che�da�un�lato�mira�alla�massima�snellezza�e�rapi-
dita�del�processo,�dall'altra�ammette�l'esercizio�dell'azione�civile�che�appesan-


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

tisce�e�rallenta�il�processo�(si�considera�la�facolta�del�difensore�civico�di�costi-
tuirsi�parte�civile�per�gli�handicappati��art.�36-512/1992�legge�5�febbraio�
92�n.�104).�Oltretutto�la�circostanza�che�nella�specie�si�tratti�dello�Stato�e�
che�il�suo�intervento�sia�in�gran�parte�sporadico�e�discrezionale�pone�anche�
problemi�di�disuguaglianza�che�possono�alterare,�per�la�presenza�accusatrice�
dell'Avvocatura�dello�Stato,�un�certo�pur�necessario�equilibrio�tra�accusa�e�
difesa.�

Con�la�presenza�e�la�vitalita�della�Unione�Europea�e�l'ampliarsi�dei�titoli�
che�legittimano�una�sua�azione�giudiziaria�(si�pensi�alle�frodi�comunitarie)�il�
problema�si�accentua�ulteriormente.�

Una�presenza�costante�o�quantomeno�uniforme�dell'Avvocatura�
Generale�dello�Stato�nei�processi�penali�per�reati�che�abbiano�pregiudicato�
interessicomunitariostatali�e�certamente,�nelle�attuali�condizioni�di�orga-
nico,�impensabile.�Un�incremento�molto�rilevante�del�numero�di�Avvocati�
dello�Stato�e�in�teoria,�ipotizzabile,�ma�il�suo�costo�sarebbe�molto�elevato�
e�richiederebbe�diversi�anni�per�un�adeguato�reclutamento�(a�meno�di�
rinunciare�alle�loro�qualita�professionali).�Uno�sforzo�realizzabile,�ma�
quando�e�possibile�ottenere�un�risultato�analogo�procedendo�per�altra,�
piu�semplice�via.�

Si�tratta�in�sostanza�di�prevedere�il�dovere-potere�delle�Procure�della�
Repubblica�di�agire�in�sede�penale�per�il�recupero�dei�danni�provocati�dai�
reati�alla�Unione�Europea�ed�allo�Stato�(senza�sarcasticamente�richiamare�il�

n.�4�dell'art.�77�c.p.p.).�
Il�compito�dei�procuratori�della�Repubblica�non�verrebbe�aggravato�di�
molto,�dato�che�la�prova�dell'illecito�pregiudizievole�del�fatto�e�della�relativa�
responsabilita�e�sostanzialmente�la�stessa�in�sede�penale�e�in�sede�civile.�Ne�
va�sottovalutato�che�in�non�poche�ipotesi�il�risarcimento�patrimoniale�costi-
tuisce�la��sanzione��piu�pesante�per�l'autore�del�fatto.�

Nei�casi�in�cui�la�quantificazione�dei�danni�fosse�difficoltosa�potrebbe�
pur�sempre�richiedersi�l'intervento�di�un�consulente�tecnico�o�della�stessa�
amministrazione�(come�nei�reati�fiscali�ed�economici�in�genere).�

Il�costo�dell'innovazione�legislativa�sarebbe�minimo�sul�piano�econo-
mico�e�molto�modesto�su�quello�sistematico.�

Oltretutto�si�eviterebbe�cos|�anche�la�possibilita�che�una�particolarmente�
sensibile�ed�attenta�Procura�Generale�della�Corte�dei�Conti�ravvisi�un�pub-
blico�danno�per�l'erario�a�carico�di�chi,�essendo�titolare�dell'azione�risarcito-
ria,�non�provveda�a�richiederne�l'esercizio�o�a�carico�di�chi�questo�esercizio�
dovrebbe�esercitare�o�garantire.�

In�conclusione,�con�una�relativamente�modesta�modifica�legislativa�si�
otterrebbe�un�risultato�di�grande�importanza�pratica�e�sistematica:�l'uniforme�
presenza�dello�stato�in�tutti�i�processi�penali�in�cui�i�reati�contestati�abbiano�
determinato�danni�rilevanti�all'erario,�e�quindi,�alla�collettivita�.�

L'accennata�competenza�risarcitoria�dei�rappresentanti�della�Procura�
della�Repubblica�e�gia�ammessa�dal�vigente�sistema�penale�spagnolo�
(art.�108�LEY�DE�ENJUICIAMIENTO�CRIMINAL).�


TEMI 
ISTITUZIONALI 


Appendice 
alle 
comunicazioni 
di 
G.C. 
Ferrero 


LEY 
DE 
ENJUICIAMIENTO 
CRIMINAL 


TitulO 
IV 


DELASPERSONASA�QUIENES�CORRESPONDEEL�EJERCICIO 
DELASACCIONES�QUENACEN�DELOSDELITOS�Y�FALTAS 


Art|�culo100.��Detododelitoofaltanaceaccio�npenalparaelcastigo�
del�culpable,�y�puede�nacer�tambie��n�accio��n�civil�para�la�restitucio��nde�lacosa,�
la�reparacio�n�del�dan�o�y�la�indemnizacio��n�de�perjuicios�causados�por�el�hecho�
punible.�

Art|�culo101.��Laaccio�npenalespu�blica.�

Todos�los�ciudadanos�espan�oles�podra�n�ejercitarla�con�arreglo�a�las�pres-
cripciones�de�la�Ley.�
Art|�culo�102.��Sin�embargo�de�lo�dispuesto�en�el�art|�culo�anterior,�no�
podra�n�ejercitar�la�accio��n�penal:�

1.�el�que�no�goce�de�la�plenitud�de�los�derechos�civiles;�
2.�elquehubieresidocondenadodosvecesporsentenciafirmecomoreo�
del�delito�de�denuncia�o�querella�calumniosas;�
3.�el�Juez�o�Magistrado.�
Los�comprendidos�en�los�nu��meros�anteriorespodra�n,�sin�embargo,�ejercitar�
la�accio�npenalpordelito�ofalta�cometidos�contrasuspersonaso�bieneso�con-
tralaspersonasobienesdesusco�nyuges,�ascendientes,�descendientes,�hermanos�
consangu|�neos�o�uterinos�y�afines.�

Los�comprendidos�en�los�nu��meros�2)�y�3)�podra�n�ejercitar�tambie��nla�
accio��n�penal�por�el�delito�ofalta�cometidos�contra�las�personas�o�bienes�de�los�
que�estuviesen�bajo�su�guarda�legal.�

Art|�culo103.��Tampocopodra�nejercitaraccionespenalesentres|�:�

1.�losco�nyuges,anoserpordelitoofaltacometidosporelunocontrala�
personadelotro�o�la�desushijosyporeldelito�de�bigamia;�
2.�los�ascendientes,�descendientes�y�hermanos�por�naturaleza,�por�la�
adopcio�n�opor�afiniclada�no�serpor�delito�ofalta�cometidospor�los�unos�contra�
las�personas�de�los�otros.�
Articulo�104.��Las�acciones�penales�que�nacen�de�los�delitos�de�estupro,�
calumnia�e�injuria,�tampoco�podra�n�ser�ejercitadas�por�otras�personas,�ni�en�

maneradistintaque�lasprescritasen�losrespectivosart|�culosdel�Co�digo�Penal.�

Las�faltas�consistentes�en�el�anuncio�por�medio�de�la�imprenta�de�hechos�
falsosorelativosalavidaprivada,�conelqueseperjudiqueuofendaaparticu-
lares,�y�en�injurias�leves�so�lo�podra

�n�ser�perseguidas�por�los�ofendidos�o�por�
sus�leg|�timos�representantes.�

Art|�culo�105.��Losfuncionarios�del�Ministerio�Fiscal�tendra�nlaobliga-
cio��n�de�ejercitar,�con�arreglo�a�las�disposiciones�de�la�Ley,�todas�las�acciones�
penales�que�consideren�procedentes,�haya�o�no�acusador�particular�en�las�cau-
sas,�menos�aquellas�que�ci�Co��digo�Penal�reserva�exclusivamente�a�la�querella�


RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO

privada. 
Tambie�
n 
debera�
n 
ejercitarlas 
en 
las 
causaspor 
los 
delitos 
contra 
la 
honestidad 
que, 
con 
arreglo 
a 
las 
prescripciones 
del 
Co�digo 
Penal, 
deben 
denun-
ciarse 
previamente 
por 
los 
interesados, 
o 
cuando 
el 
Ministerio 
Fiscal 
deba, 
a 
su 
vez, 
denunciarlosporrecaerdichosdelitossobrepersonasdesvalidasofaltasde 
personalidad. 


Art|�culo106. 
�Laaccio�npenalpordelitoofaltaquede�lugaralprocedi-
miento 
de 
oficio 
no 
se 
extingue 
por 
la 
renuncia 
de 
la 
persona 
ofendida. 


Peroseextinguenporestacausalasquenacendedelito 
ofaltaquenopue-
dan 
ser 
perseguidos 
sino 
a 
instancia 
de 
parte, 
y 
las 
civiles, 
cualquiera 
que 
sea 
eldelito 
ofalta 
dequeprocedan. 


Art|�culo107. 
�Larenunciadelaaccio�ncivilodelapenalrenunciableno 
perjudicaraa 
ma�squealrenunciante;pudiendocontinuareiejerciciodelapenal 
en 
el 
estado 
en 
que 
se 
halle 
la 
causa, 
o 
ejercitarla 
nuevamente 
los 
demaa 
s 
a 
quie-
nes 
tambiea 
n 
correspondiere. 


Art|�culo 
108. 
�La 
accio�
n 
civil 
ha 
de 
entablarse 
juntamente 
con 
la 
penalporelMinisterioFiscal, 
hayaono 
enelproceso 
acusadorparticular; 
perosielofendido 
renunciareexpresamenteasu 
derecho 
de 
restitucio�n, 
repa-
racioa 
n 
o 
indemnizacioa 
n, 
el 
Ministerio 
Fiscal 
se 
limitaraa 
a 
pedir 
el 
castigo 
de 
los 
culpables. 


Art|�culo109. 
�Enelactoderecibirsedeciaracio�nalofendido 
que 
tuviese 
la 
capacidad 
legal 
necesaria, 
se 
le 
instruiraa 
del 
derecho 
que 
le 
asiste 
paramostrarseparteeneiprocesoyrenunciaronoa 
larestitucio�ndela 
cosa, 
reparacio�ndeldan�oeindemnizacio�ndelperjuiciocausadoporelhecho 
punible. 


Si 
no 
tuviese 
capacidad 
legal, 
se 
practicaraa 
igual 
diligencia 
con 
su 
repre-
sentante. 
Fuera 
de 
los 
casos 
previstos 
en 
los 
dos 
paa 
rrafos 
anteriores, 
no 
se 
haraa 
alos 
interesados 
en 
las 
acciones 
civiles 
o 
penales 
notificacioa 
n 
alguna 
que 
prolongue 


odetengaelcursodelacausa, 
locualno 
obstaparaqueelJuezprocureinstruir 
de 
aqual 
derecho 
al 
ofendido 
ausente. 
En 
cualquier 
caso 
en 
los 
proccsos 
que 
se 
sigan 
por 
delitos 
comprendidos 
en 
alart|�culo57delCo�digoPenalelJuezaseguraraa 
lacomunicacio�nalav|�ctima 
de 
losactosprocesalesquepuedanafectarasuseguridad. 


Art|�culo 
110. 
�Los 
perjudicados 
por 
un 
delito 
o 
falta 
que 
no 
hubieren 
renunciado 
asuderecho, 
podra�nmostrarseparteen 
la 
causasilohicieranantes 
del 
traa 
mite 
de 
calificacioa 
n 
del 
delito, 
y 
ejercitar 
las 
acciones 
civiles 
y 
penales 
queprocedan, 
osolamenteunasuotras, 
segu�
n 
lesconviniere, 
sinqueporello 
se 
retroceda 
en 
el 
curso 
de 
las 
actuaciones. 


Aun 
cuando 
los 
perjudicados 
no 
se 
muestren 
parte 
en 
la 
causa, 
no 
por 
esto 
se 
entiende 
que 
renuncian 
ai 
derecho 
de 
restitucioa 
n, 
reparacioa 
n 
o 
indemni-
zacioa 
n 
que 
a 
su 
favor 
puede 
acordarse 
en 
sentencia 
firme, 
siendo 
menester 
que 
la 
renuncia 
de 
este 
derecho 
se 
haga 
en 
su 
caso 
de 
una 
manera 
expresa 
y 
terminante. 



TEMI 
ISTITUZIONALI41

Art|�culo111.��Lasaccionesquenacendeundelitoofaltapodra�nejerci-

tarsejunta�oseparadamente;pero�mientrasestuviesependiente�la�accio�npenalno�

se�ejercitara��la�civilcon�separacio��n�hasta�que�aque��lla,�haya�sido�resuelta�en�senten-

cia�firme,salvo�siempre�lo�dispuestoen�los�articulos4,�5y6de�esteCo�digo.�
Art|�culo�112.��Ejercitade�so�lo�la�accio�n�penal,�se�entendera��utilizada�

tambie��n�la�civil,�a�no�ser�que�el�dan�ado�o�perjudicado�la�renunciase�o�la�reser-

vaseexpresamentepara�ejercitarla�despue�sde�terminado�eljuicio�criminal,�sia�

ello�hubiere�lugar.�
Siseejcrcitascso�lo�la�clvilquenacede�undelito�de�losquenopuedenper-

seguirse�sino�en�virtud�de�querella�particular,�se�considerara��extinguida�desde�

luego�la�accio��n�penal.�
Art|�culo113.��Podra�nejercitarseexpresamentelasdosaccionesporuna�

misma�persona�o�por�varias;�pero�siempre�que�sean�dos�o�ma��s�las�personas�por�

quienes�se�utilicen�las�acciones�derivadas�de�un�delito�o�falta�lo�verificara��nen�

unsoloprocesoy,�sifuereposible,�bajounamismadireccio�nyrepresentacio�n,�

ajuicio�del�Tribunal.�
Art|�culo114.��Promovidojuiciocriminalenaveriguacio�ndeundelitoo�

falta,�no�podra��seguirse�pleito�sobre�el�mismo�hecho;�suspendie��ndole,�si�le�

hubiese,�enelestadoenquesehallare,�hastaquerecalgasentenciafirmeenla�

causa�criminal.�
No�sera��necesariopara�el�ejercicio�de�la�accio�n�penal�que�hayaprecedido�al�

de�la�civil�originada�del�mismo�delito�ofalta.�
Lo�dispuesto�en�este�art|�culo�se�entiende�sinperjuicio�de�lo�establecido�en�el�

cap|�tulo�II,�t|�tulo�I,�de�este�libro,�respecto�a�las�cuestiones�prejudiciales.�
Art|�culo115.��Laaccio�npenalseextingueporlamuertedelculpable;�

peroenestecasosubsistelacivilcontrasusherederosycausahabientes,�queso�lo�

podra��ejercitarseantelajurisdiccio�nyporlaviadelocivil.�
Art|�culo116.��Laextincio�ndelaaccio�npenalnollevaconsigoladela�
civil,�anoserquelaextincio�nprocedadehabersedeclaradoporsentenciafirme�
que�no�existio��el�hecho�de�que�la�civil�hubiese�podido�nacer.�
En�los�dema��s�casos,�la�persona�a�quien�corresponda�la�accio��n�civil�podra��
ejercitarlaantelajurisdiccio�nyporlav|�adelocivilqueproceda,�contraquien�
estuviere�obligado�a�la�restitucio��n�de�la�cosa,�reparacio��n�del�dan�o�o�indemniza-
cio��n�dei�perjuicio�sufrido.�
Art|�culo�117.��La�extincio�n�de�la�accio�n�civil�tampoco�lleva�consigo�la�
de�la�penal�que�nazca�del�mismo�delito�ofalta.�
La�sentenciafirme�absolutoria�dictada�en�elpleitopromovidopor�el�ejerci-
cio�de�la�accio��n�civil,�no�sera��obsta��culo�para�li�ejercicio�de�la�accio��n�penal�
correspondiente.�
Lo�dispuesto�en�este�art|�culo�se�entiende�sin�perjuicio�de�lo�que�establece�el�
cap|�tulo�II�del�t|�tulo�I�de�este�libro�y�los�art|�culos�106,�107,�110�y�pa�rrafo�
segundo�del�112�(*). 


(*) 
Testo 
e 
appendice 
a 
cura 
di 
GiannI 
CarlO 
FerrerO 
^Avvocato�Distrettuale�dello�
Stato�di�Torino.�


42RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

Stefano 
Maccioni. 
L'introduzione�svolta�dall'Avvocato�Generale�dello�
Stato�e�riuscita�indubbiamente�a�stimolare�un'ampia�riflessione,�circa�l'op-
portunita�di�mantenere�all'interno�del�nostro�processo�penale�la�costituzione�
di�parte�civile��sia�essa�effettuata�da�privati�cittadini�che�da�enti�o�associa-
zioni�rappresentativi�di�interesse�diffusi��come�d'altronde�confermano�gli�
interventi�che�si�sono�succeduti�nel�corso�della�giornata.�

Riassumendo,�le�ragioni�indicate�a�sostegno�di�una�esclusione�della�
parte�civile�dal�processo�sono�essenzialmente�tre,�ovvero:�
la�presenza�della�parte�civile�porrebbe�in�essere�uno�squilibrio�tra�
accusa�e�difesa�all'interno�del�processo;�

nell'ipotesi�di�costituzione�di�parte�civile�si�provocherebbe�inevitabil-
mente�una�alterazione�nel�giudizio�del�magistrato,�inficiando�la�sua�serenita�
nella�valutazione;�

la�parte�civile�sarebbe�responsabile�di�prolungare�i�tempi�di�svolgi-
mento�del�processo.�

Appare,�pertanto,�necessario,�a�sommesso�avviso�dello�scrivente,�con-
frontare�tali�affermazioni�con�quanto�quotidianamente�si�verifica�all'interno�
delle�aule�giudiziarie�dei�nostri�Tribunali,�per�rendersi�immediatamente�conto�
della�loro�totale�infondatezza.�

In�riferimento,�infatti,�al�primo�rilievo�occorre�dire�che�l'accusa�non�
risulta�quasi�mai�sufficientemente�rappresentata�dal�Pubblico�Ministero,�
basti�pensare�all'uso�abnorme�della�delega�di�funzioni�a�favore�dei�vice�pro-
curatori�onorari�per�la�maggior�parte�dei�procedimenti�di�primo�grado�di�
competenza�del�giudice�monocratico.�

D'altra�parte�gli�stessi�magistrati�requirenti�devono�sopportare�quotidia-
namente,�anche�a�causa�di�una�cronica�carenza�di�organico,�un�carico�di�
lavoro�superiore�alle�loro�effettive�possibilita�.�

Per�quanto�concerne,�invece,�i�timori�espressi�in�merito�ad�un'eccessiva�
compromissione�emotiva�da�parte�del�giudice,�questi�sono�stati�smentiti�ripe-
tutamente�in�molti�processi�balzati�agli�onori�della�cronaca�per�la�rilevanza�
dei�casi�trattati,�si�veda�per�tutti�la�vicenda�del�petrolchimico�di�Porto�Mar-
ghera�o�il�primo�processo�Priebke,�ma�molti�altri�casi,�anche�meno�noti,�
potrebbero�essere�indicati.�

D'altronde�non�puo�nemmeno�essere�condiviso�il�rilievo�secondo�il�quale�
la�presenza�della�parte�civile�influenzerebbe�i�tempi�processuali,�compor-
tando�un�loro�inevitabile�prolungamento.�

E�notoria,�infatti,�la�difficile�situazione�nella�quale�versa�la�nostra�giusti-
zia,�non�soltanto�penale.�

Sicuramente,�prima�di�intervenire�con�misure�volte�a�limitare�i�diritti�
delle�vittime�all'interno�del�nostro�processo�penale,�sarebbe�forse�opportuno�
adottare�misure�idonee�a�garantire�un'adeguata�tutela�ai�diritti�dei�cittadini.�


TEMI�ISTITUZIONALI

Senza�scendere�nel�dettaglio,�bastera�pensare�alle�limitate�risorse�ancora�
oggi�investite�dallo�Stato�nel�settore�giustizia�sia�sotto�il�profilo�strutturale�
che�organico,�nonche�organizzativo.�

Sempre�con�riferimento�a�quanto�si�verifica�nelle�aule�di�giustizia,�
sappiamo�tutti�che�una�delle�cause�piu�frequenti�di�rinvio�delle�udienze�
penali�e�rappresentata�dal�difetto�di�notifica�all'imputato�o�al�suo�difen-
sore�del�decreto�di�citazione�a�giudizio,�dell'avviso�di�cui�all'art.�415-bis�

c.p.p.�o�dell'avviso�di�fissazione�dell'udienza�preliminare.�La�parte�civile,�
invece,�nella�quasi�totalita�dei�casi�svolge�soprattutto�una�funzione�
di�impulso�processuale�al�fianco,�ma�molto�spesso�in�sostituzione,�del�
Pubblico�Ministero.�
D'altronde,�anche�a�livello�europeo�si�vanno�estendendo�i�provvedimenti�
volti�ad�aumentare�le�garanzie�a�favore�delle�vittime�nel�procedimento�
penale.�A�tal�proposito�particolare�rilievo�assume�la�decisione-quadro�del�
Consiglio�dell'Unione�Europea�adottata�in�data�15�marzo�2001.�

Tale�provvedimento�impone�agli�Stati�membri,�non�soltanto�di�aumen-
tare�la�tutela�delle�vittime�dei�reati�al�di�fuori�e�prima�di�un�eventuale�proce-
dimento�penale,�ma�anche�all'interno�del�procedimento�stesso.�

Recita,�infatti,�l'art.�9�che��ciascuno�Stato�membro�garantisce�alla�vittima�
di�un�reato�il�diritto�di�ottenere�entro�un�ragionevole�lasso�di�tempo�una�deci-
sione�relativa�al�risarcimento�da�parte�dell'autore�del�reato�nell'ambito�del�pro-
cedimento�penale,�eccetto�il�caso�in�cui�il�diritto�nazionale�preveda�altre�moda-
lita�di�risarcimento�.�

Proprio�al�fine�di�recepire�tali�e�altre�indicazioni�ivi�contenute,�peraltro,�
veniva�istituita,�gia�nel�corso�della�precedente�legislatura,�una�Commissione�
sui�problemi�e�sul�sostegno�delle�vittime�dei�reati,�alla�quale�ho�potuto�parte-
cipare,�che�ha�concluso�recentemente�i�suoi�lavori�con�la�formulazione�di�
una�legge�quadro�per�l'assistenza,�il�sostegno�e�la�tutela�delle�vittime�dei�reati�
che�mi�auguro�possa�diventare�presto�legge�dello�Stato.�

Tra�le�varie�modifiche�e�proposte�avanzate�dal�provvedimento�de�quo,�
particolare�rilievo�assumono�sicuramente�quelle�relative�al�codice�di�proce-
dura�penale.�

A�titolo�esemplificativo,�tra�le�piu�rilevanti�ricordo�quelle�che�consenti-
rebbero�anche�alla�persona�offesa�di�richiedere�l'incidente�probatorio�durante�
la�fase�delle�indagini�preliminari,�andando�cos|�a�colmare�una�lacuna�legisla-
tiva�che�troppo�spesso�penalizza�l'attivita�di�indagine�delle�stesse�vittime�
e�dei�loro�difensori,�come�ha�anche�rilevato�il�consigliere�Marini�nel�suo�
intervento.�

Analogamente,�si�introdurrebbe�un�termine�piu�ampio�rispetto�a�quello�
attualmente�previsto�dall'art.�408,�comma�3,�c.p.p.�per�poter�proporre�oppo-
sizione�all'archiviazione.�Il�termine�di�dieci�giorni,�infatti,�verrebbe�sostituito�
con�quello�di�venti,�in�coerenza�con�quanto�disposto�dall'art.�415-bis�c.p.p.�
con�riferimento�alla�posizione�dell'indagato.�


44RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

Attualmente,�infatti,�non�e��raro�il�caso�di�richieste�di�archiviazione�
per�le�quali�sarebbe�necessario�in�favore�del�difensore�della�persona�
offesa�un�congruo�termine�per�provvedere:�alla�richiesta�di�copia�inte-
grale�degli�atti�del�procedimento�(alcune�volte�si�puo��anchetrattaredi�
migliaia�di�pagine),�del�loro�esame�e�della�nomina�di�eventuali�consulenti�
di�parte�che,�in�brevissimo�tempo,�eventualmente,�dovrebbero�redigere�
propri�elaborati.�

Sempre�con�riferimento�alla�fase�delle�indagini�preliminari�la�legge�qua-
dro�prevederebbe�anche�una�estensione�del�termine�di�cui�agli�articoli�412�e�
413�c.p.p.�in�tema�di�avocazione�del�procedimento,�che�puo��essere�effettuata,�
com'e��noto,�anche�su�richiesta�della�persona�offesa�da�parte�del�Procuratore�
Generale�presso�la�Corte�di�Appello.�

In�tal�caso,�la�disciplina�vigente�dispone�che�il�Procuratore�Generale�
provvede�a�svolgere�le�indagini�preliminari�che�ritiene�indispensabili�entro�e�
non�oltre�30�giorni�dal�decreto�di�avocazione.�Tale�termine�eccessivamente�
ristretto,�secondo�la�Commissione�vittime,�dovrebbe�essere�sostituito�con�
quello,�piu��ampio,�di�sessanta�giorni.�

Tralasciando�di�esaminare�per�intero�le�varie�modifiche�proposte�al�
codice�di�rito�e�gli�istituti�che�si�vorrebbero�introdurre�a�favore�delle�vittime�
dei�reati,�bastera��dire�che�il�filo�conduttore�che�ha�guidato�il�lavoro�della�
Commissione,�e��stato�quello�di�garantire�una�maggiore�tutela�alle�vittime�
dei�reati�armonizzando,�ove�ve�ne�fosse�bisogno,�il�nostro�sistema�a�quello�
degli�altri�Paesi�membri�della�Comunita��europea.�

Tornando�al�tema�principale�del�convegno,�devo�dire�che�francamente�
non�riuscirei�attualmente�ad�immaginarmi�un�processo�penale�senza�la�parte-
cipazione�della�vittima.�

D'altra�parte�si�avverte�la�necessita��che,�all'interno�del�nostro�processo�
penale,�siano�adeguatamente�tutelati�i�diritti�delle�vittime�dei�reati�e�che,�in�
tale�sede,�le�stesse�possano�e�debbano�trovare�un�adeguato�ristoro�al�danno�
subito.�Troppe�volte�si�assiste�a�quella�che�gli�esperti�definiscono��vittimizza-
zione 
secondaria��ossia�la�sopportazione�da�parte�della�persona�che�ha�subito�
un�reato�di�una�ulteriore�sofferenza�dovuta�proprio�alle�disfunzioni�e�carenze�
del�processo�.�

Ecco�perche�la�definizione�di�parte 
civile,�intesa�come�colei�che�all'in-
terno�del�processo�penale�si�muove�esclusivamente�per�ottenere�un�risarci-
mento�economico,�al�danno�sofferto�in�conseguenza�del�reato,�sia��proprio�
alla�luce�dell'esperienza�concreta��eccessivamente�riduttiva.�Alle�vittime�
dei�reati,�infatti,�deve�essere�riconosciuto,�indubbiamente,�il�merito�di�contri-
buire�al�raggiungimento�della�verita��processuale(*).�

(*)�Testo�di�StefanO 
MaccionI 
^Responsabile 
nazionale 
di 
Giustizia 
per 
i 
Diritti 
^
Cittadinanzattiva. 



IlcontenziosoUEIlcontenziosoUE
La�rubrica�intende�fornire�una�informazione�tempestiva�sulla�giurispru-
denza�comunitaria�e�nazionale�di�rilevanza�comunitaria�all'operatore�giuridico,�
lacuiattivita��semprepiu��devetenercontodelprocessodiintegrazionegiuridica�
ed�economica�in�atto�in�Europa.�

L'Avvocatura�dello�Stato,�che�collabora�con�tutte�le�Amministrazionipub-
bliche�al�riscontro�giurisdizionale�del�processo�di�integrazione�europea,�che�si�
modula�nella�interpretazione�e�nell'applicazione�del�diritto�comunitario,�rappre-
senta�un�punto�di�riferimento�e�di�informazione�privilegiato�per�documentare�
un�taleprocesso.�

La�rubrica�vuole�quindi�essere�uno�strumento�di�lavoro�e�nel�contempo�un�
contributo�alla�formazione�di�professionalita��adeguate�alle�necessita��della�inte-
grazione�europea.�

Si�articola�in�due�sezioni.�
Nellaprimasonoriprodottigliattirilevantidellepiu��significativedecisioni�
giurisdizionali.�La�pubblicazione�della�sentenza,�eventualmente�per�estratto,�
potra��essere�accompagnata�dalla�relazione�di�udienza�(nella�quale�sonofocaliz-
zate�le�posizioni�assunte�dalle�parti�in�giudizio),�dalle�conclusioni�dell'Avvocato�
Generale�(che�sempre�contengono�una�sintesi�ragionata�del�diritto�vivente�comu-
nitario)�nonche�da�una�nota�di�commento,�che�avra��cura�di�sottolineare�la�rica-
duta�della�decisione�nell'ordinamento�italiano.�
La�seconda�sezione�riprodurra��tutte�le�nuove�questioni�di�interpretazione�e�
di�applicazione�del�diritto�comunitario�sottoposte�alla�Corte�di�Giustizia.�Nei�
casi�in�cui�e��intervento�in�causa�e�Governo�italiano�si�richiameranno�le�osserva-
zioni�svolte.�
Nelledomandepregiudizialichecoinvolgonoquestionidiprincipio�enelle�
qualinone��statadecisalapresentazionedapartedelGovernoitalianodiosser-
vazioni�scritte,�si�pubblichera��una�breve�scheda�giurisprudenziale�ragionata�con�
indicazioni�bibliografiche.�

Avv. 
MauriziO 
FiorillI 



ECISIONIEECISIONIE
SULLA�LEGITTIMITA�DELLE�TARIFFE�PROFESSIONALI�FORENSI�

Corte�di�Giustizia�delle�Comunita�europee,�Plenum, 
19�febbraio�2002,�nella�

causa�C-35/1999�^Presidente 
Rodr|�guez�Igelsias�^Relatore 
Wathelet�^

Avvocato 
Generale 
Le�ger�^Domanda�di�pronunzia�pregiudiziale�propo-

sta�dal�Pretore�di�Pinerolo�nel�procedimento�Arduino�ed�altri�c/Compa-

gnia�Assicuratrice�RAS�S.p.a.�Interv.:�Governo�italiano,�francese�e�fin-

landese�e�Commissione�delle�Comunita�europee.�

(Trattato�CE,�articoli�10�e�81;�r.d.�legge�27�novembre�1933�n.�1578,�conv.�in�legge�

22�gennaio�1934�n.�36,�articoli�57�e�58).�

la 
massima 


Gli 
articoli 
5 
e 
85 
del 
Trattato 
CE 
(divenuti 
articoli 
1O 
CE 
e 
81 
CE) 
non 
ostano 
all'adozione 
da 
parte 
di 
uno 
Stato 
membro 
di 
una 
misura 
legislativa 
o 
regolamentare 
che 
approvi, 
sulla 
base 
di 
un 
progetto 
stabilito 
da 
un 
ordine 
pro-
fessionaleforense, 
una 
tariffa 
chefissa 
dei 
minimi 
e 
dei 
massimiper 
gli 
onorari 
dei 
membri 
dell'ordine, 
qualora 
tale 
misura 
sia 
stata 
adottata 
nell'ambito 
di 
un 
procedimento 
come 
quello 
previsto 
dal 
r.d. 
legge 
27 
novembre 
1933, 
n. 
1578, 
come 
modificato. 


il 
commento 


La�sentenza�si�pone�nel�solco�di�un�indirizzo�gia�ben�delineato:�non�
puo�parlarsi�di�intesa�ai�sensi�dell'art.�81�(ex�85)�del�Trattato�Ce�laddove�
una�tariffa�di�categoria�obbligatoria�sia�approvata�dai�pubblici�poteri,�
allorche�essa�sia�determinata�nel�rispetto�dei�criteri�di�interesse�pubblico�
stabiliti�dalla�legge�e�i�pubblici�poteri�non�rinuncino�alle�proprie�preroga-
tive.�Cfr.,�da�ultimo,�in�questa�Rassegna, 
1998,�I,�343,�la�sentenza�1.�otto-
bre�1998,�nella�causa�C-38/97,�AutotrasportatorI 
Librandi,�riguardo�
alle�tariffe�dei�trasporti�merci�su�strada,�e�al�contrario,�riscontratasi�
una�carenza�di�interesse�pubblico,�la�sentenza�18�giugno�1998,�nella�causa�
C-35/96,�CommissionE 
c. 
RepubblicA 
italiana,�relativamente�alla�
tariffa�degli�spedizionieri�doganali.�

O.F.�
gli 
argomenti 
della 
decisione 


(omissis) 


�1.��Con�ordinanza�13�gennaio�1999,�pervenuta�alla�Corte�il�9�feb-
braio�seguente,�il�Pretore�di�Pinerolo�ha�sollevato,�in�applicazione�del-
l'art.�177�del�Trattato�CE�(divenuto�art.�234�CE),�due�questioni�pregiudi-
ziali�vertenti�sull'interpretazione�dell'art.�85�del�Trattato�CE�(divenuto�
art.�81�CE).�
2.��Tali�questioni�sono�sorte�nell'ambito�della�liquidazione�delle�spese�
relative�al�procedimento�penale�condotto�nei�confronti�del�sig.�Arduino.�

IL 
CONTENZIOSO 
DELL'UE 
^le 
decisioni

Contesto 
normativo 
nazionale 


3. 
�Il 
testo 
base 
che 
disciplina 
la 
professione 
dell'avvocato 
in 
Italia 
e� 
il 
regio 
decreto 
legge 
27 
novembre 
1933, 
n. 
1578 
(Gazzetta 
Ufficiale 
della 
Repubblica 
italiana 
n. 
281 
del 
5 
dicembre 
1933), 
convertito 
in 
legge 
22 
gen-
naio 
1934, 
n. 
36 
(Gazzetta 
Ufficiale 
della 
Repubblica 
italiana 
n. 
24 
del 
30 
gennaio 
1934), 
come 
successivamente 
modificato 
(in 
prosieguo: 
il 
�regio 
decreto 
legge�). 
4. 
�L'avvocato 
svolge 
una 
libera 
professione 
consistente 
in 
un'attivita� 
di 
rappresentanza 
e 
di 
assistenza 
nei 
procedimenti 
giurisdizionali 
civili, 
penali 
e 
amministrativi. 
In 
Italia 
tale 
attivita� 
e� 
affidata 
esclusivamente 
agli 
avvocati, 
il 
cui 
intervento 
e� 
, 
di 
regola, 
obbligatorio 
(art. 
82 
del 
codice 
di 
pro-
cedura 
civile 
italiano). 
5. 
�Il 
Consiglio 
nazionale 
forense 
(in 
prosieguo: 
il 
�CNF�) 
e� 
disci-
plinato 
dagli 
articoli 
52-55 
del 
detto 
regio 
decreto-legge. 
Esso 
e� 
costituito 
da 
avvocati 
eletti 
dagli 
appartenenti 
alla 
categoria, 
uno 
per 
ciascun 
distretto 
di 
Corte 
d'appello 
ed 
e� 
istituito 
presso 
il 
Ministero 
di 
Grazia 
e 
Giustizia. 
6. 
�L'art. 
57 
del 
regio 
decreto-legge 
prevede 
che 
i 
criteri 
per 
la 
determinazione 
degli 
onorari 
e 
delle 
indennita� 
dovuti 
agli 
avvocati 
e 
ai 
procuratori 
in 
materia 
civile, 
penale 
e 
stragiudiziale 
siano 
stabiliti 
ogni 
biennio 
con 
deliberazione 
del 
CNF. 
Le 
tariffe, 
una 
volta 
deliberate 
dal 
CNF, 
sono 
successivamente 
approvate 
dal 
Ministro, 
sentito 
il 
parere 
del 
Comitato 
interministeriale 
dei 
prezzi 
(in 
prosieguo: 
il 
�CIP�), 
ai 
sensi 
del-
l'art. 
14, 
ventesimo 
comma, 
della 
legge 
22 
dicembre 
1984, 
n. 
887 
(Suppl. 
ord. 
alla 
Gazzetta 
Ufficiale 
della 
Repubblica 
italiana 
n. 
356 
del 
29 
dicem-
bre 
1984), 
previa 
consultazione 
obbligatoria 
del 
Consiglio 
di 
Stato 
secondo 
quanto 
disposto 
dall'art. 
17, 
terzo 
comma, 
della 
legge 
23 
agosto, 
1988, 
n. 
400 
(Suppl. 
ord. 
alla 
Gazzetta 
Ufficiale 
della 
Repubblica 
italiana 
n. 
214 
del 
12 
settembre 
1988). 
7. 
�L'art. 
58 
del 
regio 
decreto-legge 
precisa 
che 
i 
criteri 
previsti 
dal-
l'art. 
57 
del 
regio 
decreto-legge 
sono 
stabiliti 
con 
riferimento 
al 
valore 
delle 
controversie 
e 
al 
grado 
dell'autorita� 
chiamata 
a 
conoscerle 
e, 
per 
i 
giudizi 
penali, 
anche 
alla 
durata 
di 
essi. 
Per 
ciascun 
atto 
o 
serie 
di 
atti 
deve 
essere 
fissato 
un 
limite 
massimo 
e 
un 
limite 
minimo. 
8. 
�Ai 
sensi 
dell'art. 
60 
del 
regio 
decreto-legge, 
la 
liquidazione 
degli 
onorari 
e� 
fatta 
dall'autorita� 
giudiziaria 
in 
base 
ai 
criteri 
stabiliti 
dall'art. 
57 
del 
regio 
decreto-legge, 
tenuto 
conto 
della 
gravita� 
e 
del 
numero 
delle 
que-
stioni 
trattate. 
9. 
�Tale 
liquidazione 
deve 
restare 
entro 
i 
limiti 
massimi 
e 
minimi 
fis-
sati 
dall'art. 
58. 
Tuttavia, 
in 
casi 
di 
eccezionale 
importanza, 
in 
relazione 
alla 
specialita� 
delle 
controversie 
e 
quando 
il 
valore 
intrinseco 
della 
prestazione 
lo 
giustifichi, 
il 
giudice 
puo� 
oltrepassare 
il 
limite 
massimo. 
Inversamente, 
egli 
puo�
, 
quando 
la 
causa 
risulti 
di 
facile 
trattazione, 
attribuire 
l'onorario 
in 
misura 
inferiore 
al 
minimo. 
In 
entrambi 
i 
casi, 
la 
decisione 
del 
giudice 
deve 
essere 
motivata. 

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

10.��La�tariffa�professionale�forense�di�cui�trattasi�nella�causa�princi-
pale�risulta�dalla�delibera�del�CNF�12�giugno�1993,�modificata�il�29�settem-
bre�1994�(in�prosieguo:�la��delibera�del�CNF�),�ed�e�stata�approvata�con�
decreto�ministeriale�5�ottobre�1994,�n.�585�(Gazzetta 
Ufficiale 
della�Repub-
blica�italiana�n.�247�del�21�ottobre�1994).�L'art.�2�di�tale�decreto�prevede�che�
�gli�aumenti�di�cui�alle�allegate�tabelle�decorrono�dal�1.�ottobre�1994�per�il�
50%�e�per�il�restante�50%�dal�1.�aprile�1995�.�Detto�aumento�scaglionato�
nel�tempo�e�dovuto�ai�rilievi�del�CIP,�in�quanto�tale�comitato�ha�tenuto�conto�
in�particolare�dell'aumento�dell'inflazione.�Prima�di�adottare�la�tariffa,�il�
Ministro�aveva�nuovamente�consultato�il�CNF,�il�quale,�nella�seduta�29�set-
tembre�1994,�aveva�aderito�alla�proposta�di�rinviare�l'applicazione�della�
tariffa.�

11.��L'art.�4,�n.�1,�della�delibera�del�CNF�dispone�l'inderogabilita�delle�
tariffe�minime�stabilite�per�gli�onorari�degli�avvocati�e�per�gli�onorari�e�i�
diritti�dei�procuratori.�Tuttavia,�qualora�a�motivo�di�particolari�circostanze�
del�caso�appaia�una�sproporzione�manifesta�fra�le�prestazioni�dell'avvocato�
o�del�procuratore�e�l'onorario�previsto�dalle�tabelle,�il�n.�2�dello�stesso�arti-
colo�consente�di�superare�i�massimi�indicati�nelle�tabelle,�anche�oltre�il�rad-
doppio�previsto�dall'art.�5,�n.�2,�della�delibera�del�CNF,�ovvero�scendere�al�
di�sotto�dei�minimi�indicati�nelle�tabelle,�purche�la�parte�che�vi�ha�interesse�
esibisca�il�parere�del�competente�Consiglio�dell'ordine.�
12.��L'art.�5�della�delibera�del�CNF�fissa�le�regole�generali�per�la�liqui-
dazione.�Esso�prevede,�al�primo�comma,�che�nella�liquidazione�degli�onorari�
a�carico�del�soccombente�deve�essere�tenuto�conto�del�valore�e�della�natura�
della�controversia,�dell'importanza�e�del�numero�delle�questioni�trattate,�del�
grado�dell'autorita�adita,�con�speciale�riguardo�all'attivita�svolta�dall'avvo-
cato�dinanzi�al�giudice.�Il�secondo�comma�prevede�che,�per�le�cause�di�parti-
colare�importanza�per�le�questioni�giuridiche�trattate,�la�liquidazione�degli�
onorari�a�carico�del�soccombente�puo�arrivare�fino�al�doppio�dei�massimi�
stabiliti.�Il�terzo�comma�aggiunge�che�nella�liquidazione�degli�onorari�a�
carico�dei�cliente,�oltre�che�dei�criteri�di�cui�ai�commi�precedenti,�si�puo�tener�
conto�dei�risultati�del�giudizio�e�dei�vantaggi,�anche�non�patrimoniali,�conse-
guiti,�nonche�dell'urgenza�richiesta�per�il�compimento�delle�singole�attivita�.�
Nelle�cause�di�straordinaria�importanza�la�liquidazione�puo�arrivare�fino�al�
quadruplo�dei�massimi�stabiliti.�
Causa 
principale 


13.��Il�sig.�Arduino�e�stato�penalmente�perseguito,�dinanzi�al�Pretore�
di�Pinerolo�per�aver�effettuato,�per�negligenza,�imprudenza�e�imperizia,�non-
che�in�violazione�delle�disposizioni�di�legge�che�regolano�la�circolazione�stra-
dale,�un�sorpasso�su�una�strada�in�cui�tale�manovra�non�era�consentita,�
entrando�cos|�in�collisione�con�la�vettura�del�sig.�Dessi.�Quest'ultimo�si�e�
costituito�parte�civile.�Al�momento�della�liquidazione�delle�spese�sostenute�
dal�signor�Dessi�e�poste�a�carico�del�sig.�Arduino,�il�Pretore�ha�disapplicato�
la�tariffa�professionale�emanata�con�decreto�ministeriale�n.�585/1994.�

IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^le�decisioni494

14.��Adita�con�ricorso,�la�Corte�suprema�di�cassazione�ha�considerato�
illegittima�la�disapplicazione�della�detta�tariffa.�Con�sentenza�29�aprile/�
6�luglio�1998,�n.�1363,�essa�ha�annullato�la�sentenza�pronunciata�dal�Pretore�
di�Pinerolo�per�quanto�riguardava�le�spese�e�ha�rinviato�la�causa�su�questo�
punto�dinanzi�allo�stesso�giudice.�
15.��Il�Pretore�di�Pinerolo�rileva�che�nell'ordinamento�giuridico�ita-
liano�esistono�due�tendenze�giurisprudenziali�contraddittorie�circa�la�que-
stione�se�la�tariffa�forense,�emanata�con�decreto�ministeriale�n.�585/1994,�
costituisca�o�meno�un�accordo�che�limita�la�concorrenza�ai�sensi�dell'art.�85�
del�Trattato.�
16.��Secondo�la�prima�tendenza,�le�caratteristiche�di�questa�norma-
tiva�nazionale�sarebbero�analoghe�a�quelle�della�normativa�che�riguarda�il�
sistema�tariffario�degli�spedizionieri�doganali�oggetto�della�sentenza�della�
Corte�18�giugno�1998�(causa�C-35/96,�Commissione/Italia,�Racc.,�I-3851).�
Il�CNF�sarebbe�una�associazione�di�imprese�ai�sensi�dell'art.�85,�n.�1,�del�
Trattato�e�nessuna�disposizione�di�legge�prescrive�che�venga�tenuto�conto�
di�criteri�di�interesse�pubblico�in�sede�di�determinazione�della�tariffa�degli�
onorari�forensi.�Pertanto,�il�giudice�sarebbe�tenuto�a�disapplicare�tale�
tariffa.�
17.��In�base�alla�seconda�tendenza�giurisprudenziale,�la�tariffa�non�
costituirebbe�il�risultato�di�una�decisione�discrezionale�dell'organizzazione�di�
categoria�di�cui�trattasi.�L'intervento�dell'autorita�pubblica�svolgerebbe�un�
ruolo�determinante�sia�nella�fase�di�elaborazione�che�in�quella�di�approva-
zione,�di�modo�che�non�si�configurerebbe�una�delega�di�poteri�di�diritto�pub-
blico�ad�operatori�privati�che�consenta�a�questi�ultimi�di�stabilire�essi�stessi�
le�tariffe�in�violazione�dell'art.�85�del�Trattato.�
18.��In�tale�contesto,�il�Pretore�di�Pinerolo�ha�deciso�di�sospendere�il�
procedimento�e�di�sottoporre�alla�Corte�le�seguenti�questioni�pregiudiziali:�
�a) 
Se�rientri�nel�campo�di�operativita�del�divieto�di�cui�all'art.�85,�

n.�1,�del�Trattato�CE�la�deliberazione�del�CNF,�approvata�con�decreto�mini-
steriale�n.�585/1994,�con�cui�sono�state�fissate�le�tariffe�inderogabili�relative�
all'attivita�professionale�degli�avvocati.�
b) 
Nel�caso�di�risposta�affermativa�al�quesito�sub�a),�se,�tuttavia,�
l'ipotesi�rientri�nella�previsione�di�inapplicabilita�del�divieto�statuita�dal-
l'art.�85,�n.�3,�del�Trattato�.�

(omissis) 
Sulle 
questioni 


32.��Con�le�sue�questioni,�che�occorre�esaminare�congiuntamente,�il�
giudice�a 
quo 
chiede�sostanzialmente�se�gli�articoli�5�del�Trattato�CE�(dive-
nuto�art.�10�CE)�e�85�del�Trattato�ostino�all'adozione�da�parte�di�uno�Stato�
membro�di�una�misura�legislativa�o�regolamentare�che�approvi,�sulla�base�di�
tiri�progetto�stabilito�da�un�ordine�professionale�forense,�una�tariffa�che�fissa�
dei�minimi�e�dei�massimi�per�gli�onorari�dei�membri�dell'ordine,�qualora�tale�
misura�statale�sia�adottata�nell'ambito�di�un�procedimento�come�quello�pre-
visto�dalla�normativa�italiana.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

33.��In�via�preliminare,�la�Corte�rileva�che,�estendendosi�a�tutto�il�ter-
ritorio�di�uno�Stato�membro,�la�detta�misura�statale�puo�pregiudicare�il�com-
mercio�tra�gli�Stati�membri�ai�sensi�dell'art.�85,�n.�1,�del�Trattato�(v.,�in�tal�
senso,�precitata�sentenza�Commissione/Italia,�punto�48).�
34.��Anche�se�e�vero�che,�di�per�se�,�l'art.�85�del�Trattato�riguarda�
esclusivamente�la�condotta�delle�imprese�e�non�le�disposizioni�legislative�o�
regolamentari�emanate�dagli�Stati�membri,�cio�non�toglie�che�tale�articolo,�
in�combinato�disposto�con�l'art.�5�del�Trattato,�obbliga�gli�Stati�membri�a�
non�adottare�o�mantenere�in�vigore�provvedimenti,�anche�di�natura�legisla-
tiva�o�regolamentare,�idonei�a�eliminare�l'effetto�utile�delle�regole�di�concor-
renza�applicabili�alle�imprese�[sentenze�21�settembre�1988,�causa�n.�267/86,�
Van�Eycke,�Racc.,�4769,�punto�16,�17�novembre�1993,�causa�n.�C-185/91,�
Reiff,�Racc.,�I-5801,�punto�14,�9�giugno�1994,�causa�C-153/1993,�Delta�Schif-
fahrts��und�Speditionsgesellschaft,�Racc.,�I-2517,�punto�14,�5�ottobre�1995,�
causa�C-96/94,�Centro�Servizi�Spediporto,�Racc.,�I-2883,�punto�20,�e�
Commissione/Italia,�prec.,�punto�53;�v.�anche,�per�quanto�riguarda�l'art.�86�
del�Trattato�CE�(divenuto�art.�82�CE),�sentenza�16�novembre�1977,�causa�
13/77,�GB-Inno-BM,�Racc.,�2115,�punto�31].�
35.��La�Corte�ha�dichiarato�che�si�e�in�presenza�di�una�violazione�
degli�articoli�5�e�85�del�Trattato�quando�uno�Stato�membro�imponga�o�age-
voli�la�conclusione�di�accordi�in�contrasto�con�l'art.�85,�o�rafforzi�gli�effetti�
di�siffatti�accordi,�ovvero�tolga�alla�propria�normativa�il�suo�carattere�pub-
blico�delegando�ad�operatori�privati�la�responsabilita�di�adottare�decisioni�
d'intervento�in�materia�economica�(v.�precitate�sentenze�Van�Eycke,�
punto�16,�Reiff,�punto�14,�Delta�Schiffahrts��und�Speditionsgesellschaft,�
punto�14,�Centro�Servizi�Spediporto,�punto�21,�e�Commissione/Italia,�
punto�54).�
36.��Al�riguardo,�il�fatto�che�uno�Stato�membro�prescriva�ad�un'orga-
nizzazione�di�categoria�l'elaborazione�di�un�progetto�di�tariffa�per�le�presta-
zioni�non�priva�automaticamente�la�tariffa�infine�redatta�del�suo�carattere�
di�normativa�statale.�
37.��Lo�stesso�vale�quando�i�membri�dell'organizzazione�di�categoria�
possono�essere�qualificati�come�esperti,�indipendenti�dagli�operatori�econo-
mici�interessati,�e�sono�tenuti�dalla�legge�a�fissare�le�tariffe�prendendo�in�con-
siderazione�non�soltanto�gli�interessi�delle�imprese�o�delle�associazioni�di�
imprese�del�settore�che�li�ha�designati,�ma�anche�l'interesse�generale�e�gli�
interessi�delle�imprese�degli�altri�settori�o�degli�utenti�dei�servizi�di�cui�trat-
tasi�(v.,�in�tal�senso,�precitate�sentenze�Reiff,�punti�17-19�e�24;�Delta�Schif-
fahrts��und�Speditionsgesellschaft,�punti�16-18�e�23,�17�ottobre�1995,�cause�
riunite�da�n.�C-140/1994�a�n.�C-142/1994,�DIP�e�a.,�Racc.,�I-3257,�punti�18�
e�19,�e�Commissione/Italia,�prec.,�punto�44).�
38.��Dalla�descrizione�dell'ambito�normativo�nazionale�nella�causa�
principale�risulta�che�lo�Stato�italiano�obbliga�il�CNF,�composto�esclusiva-
mente�di�avvocati�eletti�da�appartenenti�alla�categoria,�a�presentare�ogni�
biennio�un�progetto�di�tariffa�degli�onorari�di�avvocato�contenente�limiti�

IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^le�decisioni�51

minimi�e�massimi.�Anche�se,�ai�sensi�dell'art.�58�del�regio�decreto�legge,�gli�
onorari�e�le�indennita�devono�essere�fissati�con�riferimento�al�valore�delle�
controversie,�al�grado�dell'autorita�chiamata�a�conoscerle�e,�per�il�settore�
penale,�alla�durata�dei�procedimenti,�il�regio�decreto�legge�non�indica,�in�
realta�,�criteri�di�interesse�pubblico�di�cui�il�CNF�dovrebbe�tener�conto.�

39.��Pertanto,�la�normativa�nazionale�di�cui�trattasi�nella�causa�princi-
pale�non�contiene�modalita�procedurali,�ne�prescrizioni�di�merito�idonee�a�
garantire,�con�una�probabilita�ragionevole,�che�il�CNF�si�comporti,�in�sede�
di�elaborazione�del�progetto�di�tariffa,�come�un'articolazione�del�pubblico�
potere�che�agisce�per�obiettivi�di�interesse�pubblico.�
40.��Tuttavia,�non�risulta�che�lo�Stato�italiano�abbia�rinunciato�ad�
esercitare�il�suo�potere�di�decisione�in�ultima�istanza�o�a�controllare�l'applica-
zione�della�tariffa,�come�tendono�a�confermare�le�circostanze�menzionate�al�
punto�10�della�presente�sentenza.�

41.��Da�un�lato,�il�CNF�e�incaricato�soltanto�di�approntare�un�pro-
getto�di�tariffa�privo,�in�quanto�tale,�di�forza�vincolante.�In�mancanza�di�
approvazione�da�parte�del�Ministro,�il�progetto�di�tariffa�non�entra�in�
vigore,�e�resta�in�vigore�la�tariffa�precedentemente�approvata.�Per�questo�
motivo,ilMinistro�hailpoteredifar�emendare�il�progetto�dalCNF.�
Inoltre,�il�Ministro�e�assistito�da�due�organi�pubblici,�il�Consiglio�di�Stato�
ed�il�CIP,�dai�quali�deve�ottenere�il�parere�prima�di�qualsiasi�approvazione�
della�tariffa.�
42.��Dall'altro,�l'art.�60�del�regio�decreto�legge�dispone�che�la�liquida-
zione�degli�onorari�e�effettuata�dagli�organi�giudiziari�in�base�ai�criteri�stabi-
liti�dall'art.�57�del�regio�decreto�legge,�tenuto�conto�della�gravita�e�del�
numero�di�questioni�trattate.�Inoltre,�in�talune�circostanze�eccezionali,�il�giu-
dice�puo�,�con�una�decisione�debitamente�motivata,�derogare�ai�limiti�minimi�
e�massimi�fissati�in�applicazione�dell'art.�58�del�regio�decreto�legge.�
43.��Pertanto,�non�si�puo�affermare�che�lo�Stato�italiano�abbia�dele-
gato�ad�operatori�privati�la�responsabilita�di�prendere�decisioni�di�intervento�
nel�settore�economico,�il�che�porterebbe�a�privare�del�suo�carattere�statale�la�
normativa�di�cui�trattasi�nella�causa�principale.�Per�i�motivi�esposti�ai�
punti�41�e�42�della�presente�sentenza,�non�gli�si�puo�neanche�contestare�di�
imporre�o�di�favorire�la�conclusione�di�intese�in�contrasto�con�l'art.�85�del�
Trattato�o�di�rafforzarne�gli�effetti.�
44.��Occorre�quindi�risolvere�le�questioni�pregiudiziali�nel�senso�che�
gli�articoli�5�e�85�del�Trattato�non�ostano�all'adozione�da�parte�di�uno�Stato�
membro�di�una�misura�legislativa�o�regolamentare�che�approvi,�sulla�base�di�
un�progetto�stabilito�da�un�ordine�professionale�forense,�una�tariffa�che�fissa�
dei�minimi�e�dei�massimi�per�gli�onorari�dei�membri�dell'ordine,�qualora�tale�
misura�statale�sia�adottata�nell'ambito�di�un�procedimento�come�quello�pre-
visto�dalla�normativa�italiana.�.�
(omissis) 



RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

SULL'ACCESSO 
E 
L'ESERCIZIO 
DELLA 
PROFESSIONE 
FORENSE 
Corte�di�Giustizia�delle�Comunita�europee,�sez.�5a,�7�marzo�2002,�nella�causa 
C-145/1999 
^Presidente�Von�Bahr�^Relatore�Edward�^Avvocato�Gene-
rale�Stix-Hackl�^Commissione�delle�Comunita�europee�(ag.�Traversa�e�
Mongin)�c/Repubblica�Italiana�(avv.�Stato�I.M.�Braguglia).�
(Trattato�CE,�articoli�43�e�49;�direttiva�del�Consiglio�21�dicembre�1988,�n.�89/48/CEE;�

r.d.�legge�27�novembre�1933,�n.�1578,�conv.�in�legge�22�gennaio�1934�n.�36,�art.�17;�legge�
9�febbraio�1982�n.�31;�decreto�legislativo�27�gennaio�1992�n.�115;�legge�22�febbraio�
1994�n.�146,�art.�10).�
la 
massima 


Mantenendo,�in�violazione�dell'art.�59�del�Trattato�CE�(divenuto,�in�seguito�
a�modifica,�art.�49�CE),�il�divieto�generale�imposto�agli�avvocati�stabiliti�in�altri�
Stati�membri�ed�esercitanti�in�Italia�in�regime�di�libera�prestazione�di�servizi�di�
disporre�in�tale�Stato�dell'infrastruttura�necessaria�all'effettuazione�delle�loro�
prestazioni;�obbligando,�in�violazione�dell'art.�52�del�Trattato�CE�(divenuto,�in�
seguito�a�modifica,�art.�43�CE),�gli�avvocati�a�risiedere�nella�circoscrizione�del�
tribunale�da�cui�dipende�l'albo�al�quale�essi�sono�iscritti;�e�recependo�in�maniera�
incompleta�la�direttiva�del�Consiglio�21�dicembre�1998,�89/48/CEE,�relativa�ad�
un�sistema�generale�di�riconoscimento�dei�diplomi�di�istruzione�superiore�che�
sanciscono�formazioni�professionali�di�una�durata�minima�di�tre�anni,�stante�
l'assenza�di�una�regolamentazione�che�stabilisce�le�modalita�dellaprova�attitudi-
nale�per�gli�avvocati�provenienti�da�altri�Stati�membri;�la�Repubblica�italiana�e�
venuta�meno�agli�obblighi�ad�essa�imposti�dagli�articoli�52�e�59�del�Trattato�
nonche�alla�direttiva�89/48.�

Viceversa�non�sussiste�violazione�degli�obblighi�suddetti�il�fatto�che�
l'art.�17,�n.�1,�punti�1,�4�e�5,�del�decreto�legge�n.�1578/33�ancora�disponga�la�
subordinazione�dell'accesso�alla�professione�di�avvocato�al�possesso�della�citta-
dinanza�italiana,�di�una�laurea�italiana�in�giurisprudenza�e�di�un�tirocinio�di�
due�anni�dinanzi�agli�organi�giudiziari�italiani,�in�quanto�tali�disposizioni�deb-
bono�ritenersi�abrogate�dall'art.�10�della�legge�n.�146/1994�e�dal�decreto�legisla-
tivo�n.�115/1992.�

gli 
argomenti 
della 
decisione 


(omissis)�

�1.��Con�atto�introduttivo�depositato�nella�cancelleria�della�Corte�il�
21�aprile�1999,�la�Commissione�delle�Comunita�europee�ha�proposto,�in�forza�
dell'art.�169�del�Trattato�CE�(divenuto�art.�226�CE),�un�ricorso�diretto�a�far�
dichiarare�che:�
mantenendo,�in�violazione�dell'art.�59�del�Trattato�CE�(divenuto,�in�
seguito�a�modifica,�art.�49�CE),�il�divieto�generale�imposto�agli�avvocati�sta-
biliti�in�altri�Stati�membri�ed�esercitanti�in�Italia�in�regime�di�libera�presta-
zione�di�servizi�di�disporre�in�tale�Stato�dell'infrastruttura�necessaria�all'effet-
tuazione�delle�loro�prestazioni;�


IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^le�decisioni�53 


subordinando,�in�violazione�dell'art.�52�del�Trattato�CE�(divenuto,�in�
seguito�a�modifica,�art.�43�CE),�l'iscrizione�come�avvocato�ad�un�albo�ita-
liano�al�possesso�della�cittadinanza�italiana�ed�al�possesso�di�qualifiche�
acquisite�esclusivamente�in�Italia,�nonche�al�mantenimento�della�residenza�
in�una�circoscrizione�giudiziaria�italiana;�

applicando�in�forma�discriminatoria�nei�confronti�degli�avvocati�pro-
venienti�da�altri�Stati�membri�le��misure�compensative��(prova�attitudinale)�
previste�dall'art.�4�della�direttiva�del�Consiglio�21�dicembre�1988,�
89/48/CEE,�relativa�ad�un�sistema�generale�di�riconoscimento�dei�diplomi�
di�istruzione�superiore�che�sanciscono�formazioni�professionali�di�una�durata�
minima�di�tre�anni�(Gazzetta 
Ufficiale 
1989,�L�19,�pag.�16),�e�recependo�in�
maniera�incompleta�la�direttiva�89/48,�stante�l'assenza�di�una�regolamenta-
zione�che�stabilisce�le�modalita�della�prova�attitudinale�per�gli�avvocati�pro-
venienti�da�altri�Stati�membri,�la�Repubblica�italiana�e�venuta�meno�
agli�obblighi�ad�essa�imposti�dagli�articoli�52�e�59�del�Trattato�nonche�alla�
direttiva�89/48.�

2.��Con�ordinanza�del�presidente�della�Corte�5�luglio�1999,�la�
domanda�d'intervento�a�sostegno�della�domanda�della�Commissione�presen-
tata�dall'avv.�J.�Lau�e�stata�dichiarata�manifestamente�irricevibile.�(Omissis). 
Procedimento 
precontenzioso 


19.��Secondo�il�procedimento�di�cui�all'art.�169,�primo�comma,�del�
Trattato,�la�Commissione,�dopo�aver�invitato�la�Repubblica�italiana�a�pre-
sentare�le�sue�osservazioni�con�lettera�8�ottobre�1998,�ha�inviato�un�parere�
motivato�a�tale�Stato�membro,�invitandolo�ad�adottare�le�misure�necessarie�
per�conformarsi�agli�obblighi�che�risultano�dagli�articoli�52�e�59�del�Trattato�
e�dalla�direttiva�89/48�entro�due�mesi�dalla�notifica�di�detto�parere.�Non�
essendo�stata�convinta�dalla�risposta�del�governo�italiano�allo�stesso�parere,�
la�Commissione�ha�deciso�di�presentare�il�ricorso�in�esame.�
Sulla 
prima 
censura 


20.��Con�la�prima�censura�la�Commissione�sostiene�che�l'art.�59�del�
Trattato�e�in�contrasto�con�l'art.�2,�secondo�comma,�della�legge�n.�31/1982,�
in�quanto�tale�disposizione�nazionale�vieta�agli�avvocati�stabiliti�in�altri�Stati�
membri�e�che�intendono�fornire�prestazioni�di�servizi�in�Italia�di�disporre�di�
una�certa�infrastruttura�in�tale�Stato�membro.�
21.��Il�governo�italiano�sostiene,�in�sostanza,�che�tale�divieto�mira�ad�
evitare�che�sia�elusa�la�liberta�di�stabilimento.�Senza�l'esistenza�di�tale�
divieto,�gli�avvocati�che�esercitano�il�loro�diritto�alla�libera�prestazione�di�ser-
vizi�potrebbero�infatti�creare,�con�la�copertura�di�una�determinata�struttura,�
uno�stabilimento.�Tuttavia,�esso�aggiunge�che,�per�eliminare�qualsiasi�dubbio�
a�proposito�della�compatibilita�dell'art.�2,�secondo�comma,�della�legge�
n.�31/82,�con�l'art.�59�del�Trattato,�un�disegno�di�legge�che�prevede�l'abroga-
zione�della�detta�disposizione�nazionale�e�stato�sottoposto�all'esame�del�Par-
lamento�italiano.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

22.��A�tale�proposito,�occorre�rammentare�che�la�Corte�ha�gia�statuito�
che�il�carattere�temporaneo�di�una�prestazione�di�servizi�non�esclude�la�possi-
bilita�per�il�prestatore�di�servizi,�ai�sensi�del�Trattato,�di�dotarsi�nello�Stato�
membro�ospitante�di�una�determinata�infrastruttura�(ivi�compreso�un�ufficio�
o�uno�studio),�se�questa�infrastruttura�e�necessaria�al�compimento�della�pre-
stazione�di�cui�trattasi�(sentenza�30�novembre�1995,�causa�C-55/1994,�Geb-
hard,�Racc.,�I-4165,�punto�27).�
23.��Ne�consegue�che�il�divieto�generale,�figurante�all'art.�2,�secondo�
comma,�della�legge�n.�31/1982�opposto�ad�un�avvocato�stabilito�in�uno�Stato�
membro�diverso�dalla�Repubblica�italiana�ed�esercitante�in�Italia�il�suo�
diritto�alla�libera�prestazione�dei�servizi�di�creare�uno�studio�o�una�sede�prin-
cipale�o�secondaria�in�tale�ultimo�Stato�membro�e�incompatibile�con�l'art.�59�
del�Trattato.�
24.��Pertanto�la�prima�censura�della�Commissione�va�accolta.�
Sulla 
seconda 
censura 
Sulla 
prima 
parte. 


25.��Con�la�prima�parte�della�sua�seconda�censura�la�Commissione�
sostiene�che�l'obbligo�per�l'avvocato�di�risiedere�nel�circondario�del�tribunale�
da�cui�dipende�il�foro�al�quale�e�iscritto,�di�cui�all'art.�17,�n.�1,�punto�7,�del�
decreto�legge�n.�1578/33,�e�in�contrasto�con�la�liberta�di�stabilimento�sancita�
dall'art.�52�del�Trattato.�
26.��Il�governo�italiano�replica�che�l'obbligo�di�residenza�risponde�ad�
esigenze�di�organizzazione�giudiziaria�nel�senso�che�esso�facilita�i�controlli�
inerenti�all'esistenza�di�un�ordine�professionale�locale.�Esso�sottolinea�tutta-
via�che,�nella�pratica,�non�e�piu�richiesto�ad�avvocati�cittadini�degli�Stati�
membri�diversi�dalla�Repubblica�italiana�di�soddisfare�tale�obbligo,�come�
emerge�dal�parere�n.�6/1994�del�Consiglio�nazionale�degli�avvocati.�Detto�
governo�aggiunge�che�il�disegno�di�legge�di�riforma�della�professione�di�avvo-
cato�prevede�di�sostituire�il�requisito�della�residenza�con�quello�del�domicilio�
professionale,�il�che�implica�la�possibilita�per�l'interessato�di�fissare�o�di�man-
tenere�la�sua�residenza�ufficiale�in�uno�Stato�membro�e�il�suo�domicilio�pro-
fessionale�in�un�altro�Stato�membro.�
27.��La�Corte�ha�ripetutamente�statuito�che�il�diritto�di�stabilimento�
sancito�dall'art.�52�del�Trattato�implica�la�facolta�di�creare�e�di�conservare,�
salve�restando�le�norme�professionali,�piu�di�un�centro�di�attivita�nel�territo-
rio�della�Comunita�(v.,�in�tal�senso,�sentenze�12�luglio�1984,�causa�107/1983,�
Klopp,�Racc.,�2971,�punto�19;�20�maggio�1992,�causa�C-106/1991,�Ramrath,�
Racc.,�I-3351,�punti�20-22�e�28,�e�18�gennaio�2001,�causa�C-162/1999,�
Commissione/Italia,�Racc.,�I-541,�punto�20).�
28.��L'obbligo�di�residenza�criticato�dalla�Commissione�e�pertanto�
incompatibile�con�l'art.�52�del�Trattato�nel�senso�che�osta�a�che�un�avvocato�
stabilito�in�uno�Stato�membro�diverso�dalla�Repubblica�italiana�conservi�
uno�stabilimento�in�Italia.�
29.��L'argomentazione�del�governo�italiano�secondo�la�quale�non�vi�e�
violazione�del�detto�art.�52,�dato�che�l'obbligo�di�residenza,�in�pratica,�non�
viene�applicato,�non�puo�essere�accolta.�

IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^le�decisioni�55 


30.��Infatti�e�giurisprudenza�costante�che�l'incompatibilita�di�una�nor-
mativa�nazionale�con�le�disposizioni�comunitarie,�persino�direttamente�appli-
cabili,�puo�essere�definitivamente�eliminata�solo�tramite�disposizioni�interne�
vincolanti�che�abbiano�lo�stesso�valore�giuridico�di�quelle�da�modificare.�
Semplici�prassi�amministrative,�per�natura�modificabili�a�piacimento�dell'am-
ministrazione�e�prive�di�adeguata�pubblicita�,�non�possono�essere�considerate�
valido�adempimento�degli�obblighi�del�Trattato�(v.,�in�particolare,�sentenze�
13�marzo�1997,�causa�C-197/1996,�Commissione/Francia�Racc.,I-1489,�
punto�14,�e�9�marzo�2000,�causa�C-358/1998,�Commissione/Italia,�Racc.,�
I-1255,�punto�17).�

31.��La�prima�parte�della�seconda�censura�della�Commissione�e�per-
tanto�fondata.�
Sulla 
seconda 
parte. 


32.��Con�la�seconda�parte�della�seconda�censura�la�Commissione�
chiede�alla�Corte�di�dichiarare�che�l'art.�17,�n.�1,�punti�1,�4�e�5�del�decreto�
legge�n.�1578/33�viola�la�liberta�di�stabilimento�poiche�in�tale�disposizione�
l'accesso�alla�professione�di�avvocato�e�subordinato�al�possesso�della�cittadi-
nanza�italiana�e�di�una�laurea�italiana�in�giurisprudenza,�nonche�al�compi-
mento�di�un�tirocinio�di�due�anni�dinanzi�agli�organi�giurisdizionali�
italiani.�
33.��A�tale�proposito�e�pacifico�che�il�requisito�di�cittadinanza�e�stato�
abrogato�dall'art.�10�della�legge�n.�146/1994,�secondo�il�quale�i�cittadini�degli�
Stati�membri�diversi�dalla�Repubblica�italiana�sono�equiparati�ai�cittadini�
italiani�ai�fini�dell'iscrizione�all'ordine�degli�avvocati.�Parimenti,�le�disposi-
zioni�relative�al�possesso�di�una�laurea�italiana�in�giurisprudenza�e�al�compi-
mento�di�un�tirocinio�sono�state�abrogate�dal�decreto�legislativo�
n.�115/1992,�che�prevede�un�procedimento�per�il�riconoscimento�del�titolo�
professionale�di�avvocato�ottenuto�in�un�altro�Stato�membro.�
34.��La�Commissione�considera�tuttavia�che�i�requisiti�di�certezza�del�
diritto�non�siano�rispettati,�dato�che�le�modifiche�apportate�all'art.�17,�n.�1,�
del�decreto-legge�n.�1578/33�non�sono�state�trascritte�in�tale�disposizione.�
L'esistenza�di�due�norme�contraddittorie�renderebbe�piu�difficile�per�un�pri-
vato�la�conoscenza�delle�norme�giuridiche�applicabili�e�complicherebbe�per-
tanto�l'esercizio�dei�diritti�comunitari�di�cui�godono�gli�avvocati�cittadini�
degli�altri�Stati�membri.�
35.��Il�governo�italiano�si�riferisce�a�tal�proposito�al�principio�della�
preminenza,�in�caso�di�successione�di�leggi�nel�tempo,�della�norma�successiva�
su�quella�precedente�nel�caso�in�cui�queste�ultime�siano�incompatibili�tra�di�
loro.�
36.��A�tale�proposito,�e�pacifico,�da�un�lato,�che�le�disposizioni�modi-
ficative�figuranti�nella�legge�n.�146/1994�e�nel�decreto�legislativo�n.�115/1992�
sono�vincolanti�e,�dall'altro,�che�esse�hanno�come�effetto�l'abrogazione�degli�
obblighi,�figuranti�all'art.�17,�n.�1,�del�decreto�legge�n.�1578/33,�relativi�al�
possesso�della�cittadinanza�italiana�e�di�una�laurea�in�giurisprudenza,�nonche�
al�compimento�di�un�tirocinio�di�due�anni�dinanzi�agli�organi�giurisdizionali�
italiani,�per�aver�accesso�alla�professione�di�avvocato.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

37.��Orbene,�le�dette�disposizioni�modificative�soddisfano�i�due�requi-
siti�prescritti�dalla�Corte�affinche�il�diritto�nazionale�sia�compatibile�con�il�
diritto�comunitario�primario,�condizioni�secondo�le�quali�l'incompatibilita��
di�una�normativa�nazionale�con�le�disposizioni�comunitarie,�persino�diretta-
mente�applicabili,�puo��essere�definitivamente�soppressa�solo�tramite�disposi-
zioni�interne�vincolanti�che�abbiano�lo�stesso�valore�giuridico�di�quelle�da�
modificare�(v.,�in�particolare,�sentenza�9�marzo�2000,�Commissione/Italia,�
cit.,�punto�17).�
38.��Nel�caso�di�specie�l'abrogazione�delle�pertinenti�disposizioni�del�
decreto-legge�n.�1578/33�con�la�legge�n.�146/1994�e�con�il�decreto�legislativo�
n.�115/1992�risulta�automaticamente�dall'applicazione�del�principio�della�pre-
minenza�delle�leggi�successive,�principio�comune�alle�tradizioni�giuridiche�
degli�Stati�membri.�
39.��Pertanto�occorre�dichiarare�che,�nel�caso�di�specie,�i�requisiti�rela-
tivi�alla�certezza�del�diritto�non�sono�stati�violati.�
40.��Di�conseguenza,�la�seconda�parte�della�seconda�censura�della�
Commissione�non�puo��essere�accolta.�
Sulla 
terza 
e 
quarta 
censura 


41.��La�terza�e�quarta�censura�della�Commissione,�che�occorre�esami-
nare�insieme,�riguardano�la�trasposizione�e�l'applicazione,�nella�pratica,�del-
l'art.�4�della�direttiva�89/48�riguardante�la�prova�attitudinale�prevista�da�tale�
disposizione.�
Argomentazione 
delle 
parti 


42.��Con�la�quarta�censura�la�Commissione�addebita�alla�Repubblica�
italiana�di�aver�trasposto�in�modo�incompleto�la�direttiva�89/48,�poiche�essa�
non�ha�elaborato�una�normativa�che�stabilisca�le�modalita��d'applicazione�
della�prova�attitudinale�come�definita�dall'art.�1,�lettera�g),�primo�comma,�
della�detta�direttiva.�
43.��La�Commissione�sostiene�che�il�decreto�legislativo�n.�115/1992,�
che�mira�a�trasporre�gli�articoli�1,�lettera�g),�e�4�della�direttiva�89/48,�pre-
vede,�agli�articoli�9�e�11,�che��le�disposizioni�e�direttive�generali��per�l'appli-
cazione�della�prova�attitudinale�devono�essere�promulgate�dal�Ministro�della�
giustizia�italiano.�Orbene,�tali�misure�non�sarebbero�state�adottate.�
44.��In�pratica,�gli�articoli�1,�lettera�g),�e�4�della�direttiva�89/48�sareb-
bero�trasposti�dalle�autorita��italiane�con�singoli�decreti�ministeriali,�in�
quanto�per�ciascun�candidato�verrebbe�elaborata�una�prova�attitudinale�per-
sonale.�Secondo�la�Commissione,�tale�prassi�amministrativa�colloca�i�candi-
dati�in�una�situazione�di�incertezza�giuridica�che�non�permette�loro�di�preve-
dere�le�materie�sulle�quali�si�articolera��la�prova�attitudinale�ne�il�numero�di�
queste�ultime,�il�modo�in�cui�tale�prova�sara��divisa�tra�esame�scritto�ed�esame�
orale,�i�criteri�di�valutazione�degli�esami�e�altri�aspetti�essenziali�dello�svolgi-
mento�della�detta�prova.�
45.��Con�la�terza�censura�la�Commissione�contesta�l'applicazione�con-
creta�fatta�dalle�autorita��italiane�della�prova�attitudinale�prevista�dall'art.�4,�
n.�1,�lettera�b),�della�direttiva�89/48�per�gli�avvocati�provenienti�da�altri�Stati�
membri.�

IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^le�decisioni�57 


46.��Secondo�la�Commissione,�alla�luce�delle�informazioni�in�suo�pos-
sesso,�vale�a�dire�il�testo�dei�singoli�decreti�ministeriali�di�riconoscimento�
dei�titoli�professionali,�di�cui�all'art.�12,�n.�5,�del�decreto�legislativo�
n.�115/1992,�e�delle�informazioni�ricevute�nell'ambito�delle�denunce�di�avvo-
cati�provenienti�da�Stati�membri�diversi�dalla�Repubblica�italiana�mediante�
le�quali�essa�era�stata�interpellata,�emerge�che�la�prova�attitudinale�puo�
riguardare�dieci�materie,�nonche�l'organizzazione�giudiziaria�e�la�deontologia�
dell'avvocato,�e�si�compone�di�un�esame�scritto�e�di�un�esame�orale.�L'esame�
scritto,�che�consiste�nella�redazione�di�un�atto�giudiziario�o�di�un�parere,�
riguarda�tre�materie�scelte�dalla�commissione�d'esame�fra�le�dieci�possibili,�
nonche�l'organizzazione�giudiziaria�e�la�deontologia�dell'avvocato,�mentre�l'e-
same�orale,�che�consiste�nel�rispondere�a�brevi�quesiti�pratici,�riguarda�tutte�
le�materie�nonche�l'organizzazione�giudiziaria�e�la�deontologia�dell'avvocato.�
47.��La�Commissione�rimprovera�alle�autorita�italiane�l'applicazione�
di�una�prassi�discriminatoria�a�causa�dell'eccessiva�difficolta�della�prova�atti-
tudinale�rispetto�all'esame�d'abilitazione�al�quale�si�devono�sottoporre�gli�
avvocati�italiani.�Quest'ultimo�esame�comporterebbe�parimenti�una�parte�
scritta�ed�una�parte�orale.�Tuttavia,�l'esame�scritto�riguarderebbe�solo�tre�
materie,�di�cui�una�viene�scelta�dal�richiedente,�e�l'esame�orale�soltanto�cin-
que�materie,�tutte�scelte�dal�richiedente,�alle�quali�si�aggiungono�questioni�
sull'organizzazione�giudiziaria�e�sulla�deontologia�dell'avvocato.�
48.��Secondo�le�statistiche�dell'anno�1998�fornite�dalla�Commissione�
nella�sua�replica,�su�ventinove�avvocati�cittadini�degli�altri�Stati�membri�che�
hanno�chiesto�ed�ottenuto�il�riconoscimento�del�loro�titolo�professionale�in�Ita-
lia,�diciotto�hanno�superato�una�prova�attitudinale�riguardante�una�sola�mate-
ria.�La�Commissione�osserva�tuttavia�che,�per�gli�altri�undici�richiedenti,�la�
prova�attitudinale�si�incentrava�rispettivamente,�in�un�caso,�su�sette�materie,�in�
un�altro,�su�nove�materie�e,�per�quanto�riguarda�altri�otto�casi,�su�tutte�le�mate-
rie�nonche�sull'organizzazione�giudiziaria�e�sulla�deontologia�dell'avvocato.�
49.��Il�governo�italiano�sostiene�che�il�decreto�legislativo�n.�115/1992�
traspone�in�maniera�completa�la�direttiva�89/48.�
50.��Per�quanto�riguarda�il�contenuto�dettagliato�della�prova�attitudi-
nale,�il�detto�governo�sottolinea�che�l'esistenza�di�un�certo�potere�discrezio-
nale�e�necessaria,�dato�che�sono�diverse�le�competenze�professionali�degli�
avvocati�acquisite�in�ciascuno�Stato�membro.�Esso�sostiene�inoltre�che�la�
prova�attitudinale�prende�in�considerazione�la�qualifica�professionale�acqui-
sita�da�un�avvocato�in�uno�Stato�membro�diverso�dalla�Repubblica�italiana�
e�che�il�decreto�legislativo�n.�115/1992�e�la�sua�applicazione�rispondono�a�
quanto�prescritto�dal�diritto�comunitario.�
Giudizio 
della 
Corte 


51.��L'art.�1,�lettera�g),�secondo�comma,�della�direttiva�89/48�prevede�
che,�per�permettere�l'organizzazione�della�prova�attitudinale,�le�autorita�com-
petenti�dello�Stato�membro�ospitante��redigono�un�elenco�delle�materie�che,�
attraverso�un�confronto�tra�la�formazione�richiesta�nello�Stato�rispettivo�e�
quella�ricevuta�dal�richiedente,�non�sono�comprese�nel�diploma�o�nel/nei�
titolo/i�presentato/i�dal�richiedente�.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

52.��Cos|�,�il�contenuto�preciso�della�prova�attitudinale�deve�essere�sta-
bilito�caso�per�caso,�dopo�aver�proceduto�ad�un�raffronto�puntuale�delle�qua-
lifiche�e�dell'esperienza�del�richiedente��il�quale,�come�si�rileva�nel�nono�
``considerando''�della�direttiva�89/48,��e�una�persona�gia�formata�professio-
nalmente�in�un�altro�Stato�membro���con�l'elenco�delle�materie�considerate�
indispensabili�alla�formazione�della�professione�di�cui�trattasi.�
53.��L'art.�1,�lettera�g),�della�direttiva�89/48,�sebbene�non�richieda�che�
gli�Stati�membri�regolino�in�dettaglio�tutti�gli�aspetti�della�prova�attitudinale,�
non�li�esonera�tuttavia�dall'obbligo�di�precisare�e�di�pubblicare�le�materie�
considerate�indispensabili�per�l'esercizio�della�professione�e�le�modalita�della�
detta�prova�attitudinale,�affinche�i�richiedenti�possano�conoscere,�in�generale,�
la�natura�e�il�contenuto�della�prova�alla�quale�eventualmente�saranno�sotto-
posti.�In�mancanza�di�tale�normativa,�l'attuazione,�caso�per�caso,�del�con-
fronto�previsto�dall'art.�1,�lettera�g),�secondo�comma,�della�direttiva�89/48�
rischia�di�essere�arbitraria,�e�persino�discriminatoria.�
54.��Orbene,�e�pacifico�che�il�decreto�legislativo�n.�115/1992�non�defi-
nisce�ne�le�materie�considerate�indispensabili�per�l'esercizio�della�professione�
d'avvocato�in�Italia�ne�le�modalita�della�prova�attitudinale,�creando�in�tal�
modo�una�situazione�d'incertezza,�e�persino�d'insicurezza�giuridica.�Non�si�
puo�quindi�considerare�che�il�detto�decreto�legislativo�abbia�trasposto�in�
modo�completo�la�direttiva�89/48.�
55.��Occorre�dichiarare�quindi�che�la�Repubblica�italiana�non�ha�tra-
sposto�completamente�la�direttiva�89/48,�di�modo�che�la�quarta�censura�della�
Commissione�e�fondata.�
56.��Quanto�alle�fattispecie�richiamate�dalla�Commissione�a�sostegno�
della�sua�terza�censura,�sebbene�possano�quanto�meno�avvalorare�l'impres-
sione�che,�in�pratica,�l'attuazione�della�prova�attitudinale�manchi�di�coerenza�
e�di�trasparenza,�occorre�tuttavia�rilevare�che�non�sono�stati�dati�alla�Corte�
elementi�sufficienti�atti�ad�accertare�un�inadempimento�degli�obblighi�deri-
vanti�dalla�direttiva�89/48�quanto�all'attuazione,�caso�per�caso,�della�detta�
prova�attitudinale.�Di�conseguenza,�la�terza�censura�della�Commissione�non�
puo�essere�accolta.�
57.��Tenuto�conto�di�tutte�le�considerazioni�di�cui�sopra�occorre�
dichiarare�che:�
mantenendo,�in�violazione�dell'art.�59�del�Trattato,�il�divieto�generale�
imposto�agli�avvocati�stabiliti�in�altri�Stati�membri�ed�esercitanti�in�Italia�in�
regime�di�libera�prestazione�di�servizi�di�disporre�in�tale�Stato�dell'infrastrut-
tura�necessaria�all'effettuazione�delle�loro�prestazioni;�

obbligando,�in�violazione�dell'art.�52�del�Trattato,�gli�avvocati�a�risie-
dere�nella�circoscrizione�del�tribunale�da�cui�dipende�l'albo�al�quale�essi�sono�
iscritti,�e�

recependo�in�maniera�incompleta�la�direttiva�89/48,�stante�l'assenza�
di�una�regolamentazione�che�stabilisce�le�modalita�della�prova�attitudinale�
per�gli�avvocati�provenienti�da�altri�Stati�membri,�

la�Repubblica�italiana�e�venuta�meno�agli�obblighi�ad�essa�imposti�
dagli�articoli�52�e�59�del�Trattato�nonche�alla�direttiva�89/48.�

58.��Per�il�resto�occorre�respingere�il�ricorso�.�
(omissis). 



IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^le�decisioni�59 


SULL'ILLEGITTIMITA�DI�UN�REGIME�SANZIONATORIO 
DIFFERENZIATO�DEI�NON�RESIDENTI 


Corte�di�Giustizia�delle�Comunita�europee,�sez.�6.,�19�marzo�2002,�nella�

causa�C-224/00�^Presidente�Macken�^Relatore�Skouris�^Avvocato�

Generale�Stix-Hackl�^Commissione�delle�Comunita�europee�(ag.�C.�O'�

Reilly�e�G.�Bisogni)�c/Repubblica�Italiana�(avv.�Stato�O.�Fiumara).�

(Trattato�CE,�art.�12;�decreto�legislativo�30�aprile�1992,�n.�285;�codice�della�strada�

articoli�202-207).�

la 
massima 


La�Repubblica�Italiana,�mantenendo�in�vigore,�nell'art.�207�del�codice�della�
strada,�un�trattamento�differenziato�e�non�proporzionato�dei�trasgressori�in�base�
al�luogo�di�immatricolazione�dei�veicoli,�e�venuta�meno�agli�obblighi�che�le�
incombono�inforza�dell'art.�6�del�Trattato�CE�(divenuto,�in�seguito�a�modifica,�
art.�12�CE.�

il 
commento 


La�Corte�ha�ammesso,�sulla�scia�della�sua�precedente�sentenza�23�gen-
naio�1997,�nella�causa�C-29/1995,�PastoorS 
E 
Trans-CAP,che�e�in�linea�di�
massima�giustificato�il�trattamento�differenziato�che�il�codice�della�strada�ita-
liano�fa�ai�trasgressori�alla�guida�di�veicoli�non�immatricolati�in�Italia�(prati-
camente�nei�confronti,�quindi,�dei�non�residenti),�in�considerazione�della�
mancanza�di�strumenti�internazionali�o�comunitari�che�assicurino�che�una�
sanzione�pecuniaria�per�un'infrazione�al�codice�della�strada�irrogata�in�uno�
Stato�membro�possa�essere�eseguita,�eventualmente,�in�un�altro�Stato�mem-
bro,�con�il�rischio�che�tale�sanzione�non�sia�riscossa.�La�Corte,�pero�,�limita�
la�tolleranza�alla�differenziazione�nei�confronti�dei�non�residenti�alla�sola�
possibilita�di�richiedere�ad�essi,�ove�non�conciliano�immediatamente�pagando�
il�minimo,�il�rilascio�di�una�garanzia�per�il�pagamento�di�tale�minimo,�non�
trovando�giustificazione�la�richiesta�di�una�garanzia�per�il�pagamento�di�
una�somma�pari�al�doppio�del�minimo�della�sanzione�irrogata.�Essa�ammette�
che�in�tal�modo�il�trasgressore�non�residente�potrebbe�avere�un�vantaggio�
rispetto�al�trasgressore�residente,�in�quanto,�in�caso�di�rigetto�del�suo�ricorso�
al�Prefetto,�si�troverebbe�esposto�solo�alla�perdita�della�cauzione�per�il�
minimo,�laddove�il�residente�sarebbe�tenuto�a�pagare�il�doppio�di�tale�
minimo:�questo�inconveniente�e�superato�dalla�Corte�osservando�che��il�
pagamento�della�sanzione�potrebbe�essere�assicurato�da�altre�misure�che�
sarebbero�imposte�in�una�fase�successiva�.�

Francamente�non�si�vede�quali�possano�essere�le�idonee�misure�da�
imporre�in�una�fase�successiva,�e�cio�quantomeno�in�attesa�di�una�soluzione�
comunitaria,�senz'altro�auspicabile�e�che�pure�e�in�fieri:�nell'ambito�dell'ac-
cordo�di�Schengen��gruppo�III��cooperazione�giudiziaria�e�in�preparazione�
uno�schema�di�convenzione�per�la�cooperazione�fra�gli�Stati�membri�nella�
contestazione�delle�infrazioni�stradali�e�per�l'esecuzione�della�relativa�san-


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

zione�pecuniaria.�Nell'attesa�la�Corte,�in�sostanza,�nel�ponderare�gli�opposti�
interessi,�da�una�parte�dell'autorita�nazionale�di�assicurarsi�la�riscossione�
effettiva�e�completa�della�sanzione�nei�confronti�del�trasgressore�non�resi-
dente,�e�dall'altra�di�quest'ultimo�a�non�trovarsi�in�una�situazione�troppo�
differenziata�e�piu�gravosa,�ha�scelto�una�via�di�mezzo,�riconoscendo�all'au-
torita�il�diritto�di�riscuotere�subito�il�minimo�della�sanzione�o�di�aver�
comunque�la�garanzia�del�pagamento�di�tale�minimo,�ma�ha�sottratto�il�tra-
sgressore�all'obbligo�piu�gravoso�di�offrire�una�garanzia�per�il�doppio�del�
minimo�come�condizione�per�l'esercizio�del�suo�diritto�alla�contestazione�
della�violazione.�

O.F.�
gli 
argomenti 
della 
decisione 


(omissis) 


�1.��Con�atto�introduttivo�depositato�nella�cancelleria�della�Corte�il�
31�maggio�200,�la�Commissione�delle�Comunita�europee�ha�proposto,�ai�
sensi�dell'art.�226�CE,�un�ricorso�diretto�a�far�dichiarare�che�la�Repubblica�
italiana,�mantenendo�in�vigore�una�normativa�(art.�207�del�codice�della�
strada)�che�introduce�un�trattamento�differenziato�e�non�proporzionato�dei�
trasgressori�in�base�al�luogo�di�immatricolazione�dei�veicoli,�e�venuta�meno�
agli�obblighi�che�le�incombono�in�forza�dell'art.�6�del�Trattato�CE�(divenuto,�
in�seguito�a�modifica,�art.�12�CE).�
(omissis) 


5.��Ritenendo�che�l'art.�207�del�codice�della�strada�stabilisse�un�tratta-
mento�differenziato�e�non�proporzionato�dei�trasgressori�in�base�al�luogo�di�
immatricolazione�dei�veicoli,�contrario�all'art.�6�del�Trattato,�la�Commissione�
avviava�il�procedimento�per�inadempimento.�Dopo�aver�intimato�alla�
Repubblica�italiana�di�presentare�le�proprie�osservazioni,�la�Commissione�
emetteva,�il�2�ottobre�1998,�un�parere�motivato�con�il�quale�invitava�lo�Stato�
membro�ad�adottare�le�misure�necessarie�per�conformarvisi�nel�termine�di�
due�mesi�dalla�notifica.�
6.��Con�lettere�22�ottobre�e�12�novembre�1998�le�autorita�italiane�
contestavano�l'effettiva�sussistenza�dell'asserito�inadempimento�sostenendo,�
in�particolare,�che�l'art.�207�non�aveva�provocato�alcuna�osservazione�da�
parte�delle�autorita�comunitarie�allorche�il�codice�della�strada�era�stato�loro�
notificato.�Con�lettera�18�gennaio�1999�le�autorita�italiane�segnalavano�alla�
Commissione�che�stavano�esaminando�la�possibilita�di�inserire�emenda-
menti�al�disegno�di�legge�recante�modifiche�di�tale�codice�che�era�all'esame�
del�Parlamento.�Successivamente,�pero�alla�Commissione�non�veniva�tra-
smessa�alcuna�notizia�quanto�all'eventuale�modifica�dell'art.�207�del�codice�
della�strada.�
7.��In�tale�contesto�la�Commissione�ha�deciso�di�presentare�il�ricorso�
di�cui�trattasi.�

IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^le�decisioni�61

Motivi 
e 
argomenti 
delle 
parti 


8.��La�Commissione�sostiene�che�la�normativa�italiana�comporta�una�
discriminazione�in�base�al�luogo�di�immatricolazione�del�veicolo�che�corri-
sponde,�di�fatto,�ad�una�disparita�di�trattamento�fra�trasgressori�residenti�e�
trasgressori�non�residenti.�I�secondi�sarebbero�svantaggiati�rispetto�ai�primi�
in�quanto�sarebbero�tenuti�ad�effettuare�il�pagamento�immediato�del�minimo�
della�sanzione�o�a�costituire�una�cauzione�pari�al�doppio�del�minimo�a�pena�
di�ritiro�della�patente�o�del�fermo�amministrativo�del�loro�veicolo.�Poiche�la�
categoria�dei�contravventori�non�residenti�tende�a�coincidere�con�quella�dei�
cittadini�degli�altri�Stati�membri,�tale�disparita�di�trattamento�produrrebbe�
una�discriminazione�indiretta�in�base�alla�cittadinanza,�attuata�a�scapito�dei�
cittadini�degli�altri�Stati�membri.�
9.��Pur�rilevando�che�la�Corte,�nella�sentenza�23�gennaio�1997,�causa�
C-29/95,�Pastoors�e�Trans-Cap�(Racc.,�I-285),�ha�riconosciuto�che�una�dispa-
rita�di�trattamento�fra�trasgressori�residenti�e�non�residenti�puo�giustificarsi�
oggettivamente�se�e�volta�ad�impedire�che�i�trasgressori�non�residenti�si�sot-
traggano�al�pagamento�delle�sanzioni�e�se�e�proporzionata�a�tale�scopo,�la�
Commissione�afferma�che�il�regime�introdotto�dall'art.�207�del�codice�della�
strada�e�all'evidenza�sproporzionato�e�discriminatorio,�e�percio�contrario�
all'art.�6�del�Trattato.�
10.��Secondo�la�Commissione�sarebbe�bastato�che�la�normativa�ita-
liana�prevedesse�il�pagamento�immediato�di�una�cauzione�pari�al�minimo�
edittale�per�fornire�alle�autorita�italiane�tutte�le�garanzie�necessarie,�pur�
restando�proporzionata�allo�scopo�prefisso,�che�e�quello�di�ottenere�il�paga-
mento�della�somma�prevista�dall'art.�202�del�codice�della�strada�senza�ledere�
il�diritto�dei�non�residenti�ad�un�termine�di�ripensamento.�

11.��Il�governo�italiano�riconosce�che�la�normativa�italiana�discrimina�
indirettamente�in�base�alla�cittadinanza.�
12.��Riferendosi�ai�punti�22�e�24�della�citata�sentenza�Pastoors�e�
Trans-Cap�esso�fa�tuttavia�valere�che�tale�discriminazione�e�indispensabile�
per�garantire�il�pagamento�delle�sanzioni�dovute�dai�trasgressori�non�resi-
denti,�in�considerazione�della�mancanza�di�idonei�strumenti�comunitari�o�
convenzioni�bilaterali�tra�la�Repubblica�italiana�e�gli�altri�Stati�membri�che�
garantiscano�l'esecuzione�all'estero�delle�sanzioni�in�esame.�
13.��La�soluzione�prospettata�dalla�Commissione�non�sarebbe�idonea,�
da�un�lato�perche�non�eliminerebbe�l'aspetto�piu�grave�della�discriminazione,�
ossia�l'obbligo�di�pagamento�immediato,�e�dall'altro�perche�offrirebbe�un�
vantaggio�al�non�residente�che�contestasse�la�violazione�presentando�ricorso�
dinanzi�al�prefetto,�se�tale�ricorso�fosse�successivamente�respinto.�In�tal�caso,�
infatti,�una�cauzione�di�importo�pari�al�minimo�non�basterebbe�a�coprire�la�
sanzione,�che�la�normativa�italiana�prevede�non�possa�essere�inferiore�al�dop-
pio�del�minimo.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Giudizio 
della 
Corte 


14.��Si�deve�preliminarmente�ricordare�che�l'art.�6�del�Trattato,�espres-
sione�specifica�del�principio�generale�di�uguaglianza,�vieta�ogni�discrimina-
zione�basata�sulla�cittadinanza.�
15.��Per�giurisprudenza�costante�le�norme�relative�alla�parita�di�tratta-
mento�fra�cittadini�dello�Stato�membro�considerato�e�cittadini�di�altri�Stati�
membri�vietano�non�soltanto�le�discriminazioni�palesi�in�base�alla�cittadi-
nanza,�ma�anche�qualsiasi�discriminazione�dissimulata�che,�basandosi�su�altri�
criteri�di�distinzione,�pervenga�di�fatto�al�medesimo�risultato�(sentenza�
Pastoors�e�Trans-Cap,�cit.,�punto�16).�
16.��Nel�caso�in�esame�la�normativa�italiana�riserva�ai�trasgressori�del�
codice�della�strada�un�trattamento�differenziato�in�funzione�del�luogo�di�
immatricolazione�del�loro�veicolo.�In�particolare,�in�caso�di�infrazione�com-
messa�con�un�veicolo�immatricolato�in�Italia,�il�trasgressore�dispone�di�un�
termine�di�sessanta�giorni,�decorrenti�dalla�contestazione�o�dalla�notifica-
zione�dell'infrazione,�per�il�pagamento�del�minimo�edittale;�entro�tale�ter-
mine�puo�anche�presentare�ricorso�al�prefetto,�se�non�ha�gia�pagato�il�sud-
detto�minimo.�Invece�dall'art.�207�del�codice�della�strada�risulta�che,�in�caso�
di�infrazione�commessa�con�un�veicolo�immatricolato�in�un�altro�Stato�mem-
bro�o�munito�di�targa�EE,�il�trasgressore�deve�o�versare�immediatamente�il�
minimo�edittale�oppure,�in�particolare�se�intende�contestare�l'infrazione�
dinanzi�al�prefetto,�costituire�una�cauzione�pari�al�doppio�del�minimo,�a�pena�
di�ritiro�della�patente�o�di�fermo�amministrativo�del�veicolo.�
17.��Risulta�cos|�che�l'art.�207�del�codice�della�strada�introduce�una�
disparita�di�trattamento�a�scapito�dei�trasgressori�in�possesso�di�un�veicolo�
immatricolato�in�un�altro�Stato�membro.�
18.��E�ben�vero�che�tale�disparita�di�trattamento�non�e�direttamente�
basata�sulla�cittadinanza.�Tuttavia,�e�pacifico�che,�in�Italia,�la�grande�mag-
gioranza�dei�trasgressori�in�possesso�di�un�veicolo�immatricolato�in�un�altro�
Stato�membro�non�e�di�cittadinanza�italiana,�mentre�lo�e�la�grande�maggio-
ranza�dei�trasgressori�in�possesso�di�un�veicolo�immatricolato�in�Italia.�
19.��Ne�consegue�che�la�disparita�di�trattamento�introdotta�con�
l'art.�207�del�codice�della�strada�a�scapito�dei�trasgressori�in�possesso�di�un�
veicolo�immatricolato�in�un�altro�Stato�membro�comporta,�di�fatto,�il�mede-
simo�risultato�di�una�discriminazione�basata�sulla�cittadinanza.�
20.��Tuttavia�questa�considerazione�non�e�sufficiente,�ai�sensi�della�
giurisprudenza�della�Corte,�per�concludere�nel�senso�dell'incompatibilita�di�
siffatta�disposizione�nazionale�con�l'art.�6�del�Trattato.�A�tal�fine�va�accertato�
se�l'art.�207�del�codice�della�strada�non�sia�giustificato�da�ragioni�obiettive�
(v.,�in�tal�senso,�la�citata�sentenza�Pastoors�e�Trans-Cap,�punto�19)�e�non�
sia�proporzionato�allo�scopo�perseguito.�Se�non�e�cos|�,�la�disposizione�nazio-
nale�di�cui�trattasi�dev'essere�considerata�come�vietata�dall'art.�6�del�Trattato.�
21.��Per�quanto�riguarda�le�circostanze�atte�a�giustificare�una�dispa-
rita�di�trattamento�fra�trasgressori,�dai�punti�21�e�22�della�citata�sentenza�
Pastoors�e�Trans-Cap�risulta�che�la�mancanza�di�strumenti�pattizi�che�con-
sentano�di�assicurare�l'esecuzione�di�una�condanna�in�uno�Stato�membro�
diverso�da�quello�in�cui�e�stata�pronunciata�giustifica�oggettivamente�una�

IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^le�decisioni�

disparita�di�trattamento�fra�trasgressori�residenti�e�trasgressori�non�residenti�
e�che�l'obbligo�imposto�ai�soli�trasgressori�non�residenti,�di�versare�una�
somma�a�titolo�di�cauzione�e�atto�ad�impedire�che�essi�possano�sottrarsi�a�
una�sanzione�effettiva�semplicemente�dichiarando�che�non�intendono�accet-
tare�la�riscossione�immediata�della�sanzione.�

22.��Benche�la�considerazione�con�tenuta�nel�punto�21�della�presente�
sentenza�sia�stata�fatta�dalla�Corte�nell'ambito�di�una�causa�in�cui�la�dispa-
rita�di�trattamento�fra�trasgressori�era�operata�in�funzione�della�loro�resi-
denza,�essa�resta�valida�al�fine�di�valutare�se�la�disparita�di�trattamento�
introdotta�dall'art.�207�del�codice�della�strada�a�scapito�dei�trasgressori�in�
possesso�di�un�veicolo�immatricolato�in�un�altro�Stato�membro�sia�o�meno�
compatibile�con�l'art.�6�del�Trattato.�Il�governo�italiano�ha�infatti�ammesso�
nel�controricorso�che�la�disparita�di�trattamento�di�cui�si�tratta�nel�caso�in�
esame�corrisponde�di�fatto�ad�una�disparita�di�trattamento�fra�trasgressori�
residenti�e�non�residenti.�
23.��Considerato�quanto�precede,�si�deve�rilevare�che,�come�ha�giusta-
mente�sostenuto�il�governo�italiano�senza�essere�contestato�dalla�Commis-
sione,�in�mancanza�di�strumenti�internazionali�o�comunitari�che�assicurino�
che�una�sanzione�pecuniaria�per�un'infrazione�al�codice�della�strada�irrogata�
in�uno�Stato�membro�possa�essere�eseguita,�eventualmente,�in�un�altro�Stato�
membro,�esiste�il�rischio�che�tale�sanzione�non�sia�riscossa.�Inoltre�la�Com-
missione�non�ha�contestato�l'affermazione�del�suddetto�governo�secondo�la�
quale�non�esistono�neanche�convenzioni�bilaterali�tra�la�Repubblica�italiana�
ed�altri�Stati�membri�atte�ad�assicurare�tale�esecuzione.�
24.��Tali�circostanze�giustificano�il�trattamento�differenziato�intro-
dotto�dall'art.�207�del�codice�della�strada�nei�limiti�in�cui�esso�consiste�nel�
richiedere�ai�soli�trasgressori�in�possesso�di�un�veicolo,�immatricolato�in�un�
altro�Stato�membro�il�versamento�di�una�cauzione�o�la�presentazione�di�un�
documento�fideiussorio.�
25.��Tuttavia,�nei�limiti�in�cui�l'importo�stabilito�per�tale�cauzione�o�
tale�documento�di�garanzia�e�pari�al�doppio�del�minimo�previsto�in�caso�
di�pagamento�immediato,�il�che�ha�l'effetto�di�indurre�i�trasgressori�di�cui�
all'art.�207�del�codice�della�strada�ad�effettuare�il�pagamento�immediato�
del�minimo�e�percio�a�rinunciare�al�termine�per�il�ripensamento�che�la�
legge�concede�loro�per�decidere�se�intendono�contestare�l'infrazione�
dinanzi�al�prefetto,�il�trattamento�differenziato�introdotto�da�tale�articolo�
appare�come�sproporzionato�rispetto�allo�scopo�perseguito�da�questa�
disposizione.�
26.��Tale�scopo�infatti�consiste�nel�garantire�il�pagamento�delle�san-
zioni�pecuniarie�dovute�dai�trasgressori�in�possesso�di�un�veicolo�immatrico-
lato�in�un�altro�Stato�membro.�Orbene,�come�giustamente�la�Commissione�
ha�dichiarato,�tale�obiettivo�potrebbe�essere�parimenti�conseguito�qualora�i�
trasgressori�di�cui�all'art.�207�del�codice�della�strada�fossero�tenuti�a�versare�
a�titolo�di�cauzione�una�somma�pari�al�minimo�edittale�e�tale�cauzione�
potesse�venir�incamerata�dalle�autorita�italiane�alla�scadenza�del�termine�di�
sessanta�giorni,�previsto�dall'art.�202�del�suddetto�codice.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

27.��Il�governo�italiano�sostiene�tuttavia�che�una�simile�disposizione�
non�sarebbe�atta�ad�assicurare�il�pagamento�della�sanzione�pecuniaria�previ-
sta�dall'art.�204�del�codice�della�strada�nel�caso�in�cui�il�trasgressore�di�cui�
all'art.�207�di�tale�codice�presentasse�dinanzi�al�prefetto,�nel�termine�di�ses-
santa�giorni,�un�ricorso�che�finisse�per�essere�respinto.�In�tal�caso,�infatti,�il�
trasgressore�e�tenuto�al�pagamento�di�una�sanzione�che�non�puo�essere�infe-
riore�al�doppio�del�minimo�edittale.�
28.��Questo�argomento�del�governo�italiano�non�puo�rimettere�in�
discussione�la�considerazione�effettuata�al�punto�25�della�presente�sentenza�
e�dev'essere,�di�conseguenza,�respinto.�Come�giustamente�ha�rilevato�la�Com-
missione,�il�pagamento�della�sanzione�pecuniaria�prevista�dall'art.�204�del�
codice�della�strada�potrebbe�essere�assicurato�da�altre�misure�che�sarebbero�
imposte�in�una�fase�successiva.�
29.��Viste�tutte�le�considerazioni�che�precedono,�si�deve�dichiarare�che�
la�Repubblica�italiana,�mantenendo�in�vigore,�nell'art.�207�del�codice�della�
strada,�un�trattamento�differenziato�e�non�proporzionato�dei�trasgressori�in�
base�al�luogo�di�immatricolazione�dei�veicoli,�e�venuta�meno�agli�obblighi�
che�le�incombono�in�forza�dell'art.�6�del�Trattato�.�
(omissis) 



GIUDINICORSOICORGIUSTCEEGIUDINICORSOICORGIUSTCEE
Cause 
C-261 
e�C-262 
(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Aiuti 
di 
Stato 
^

Aiuti 
alla 
macellazione 
^Artt.�87�del�Trattato�CE�^Ordinanza�del�Hof�

van�Beroep�di�Anversa�(Belgio).�

IL 
fattO 


La�Commissione,�con�decisione�7�maggio�1991�(in�GUCE�25�ottobre�
1991,�n.�43)�dichiarava:��Art.�1:�l'aiuto�accordato�dal�governo�belga�nel�set-
tore�dei�bovini�e�dei�suini�finanziato�attraverso�il�contributo�obbligatorio�pre-
visto�dal�regio�decreto�11�dicembre�1987,�relativo�al�contributo�obbligatorio�
al�Fonds�voor�gerondheid�e�de�productie�von�de�dieren�e�incompatibile�con�
il�mercato�comune�ai�sensi�dell'art.�92�del�Trattato�e�va�quindi�soppresso�in�
quanto�il�contributo�obbligatorio�colpisce,�allo�stadio�della�macellazione,�
anche�i�prodotti�importati�in�provenienza�dagli�altri�stati�membri�.�Indipen-
dentemente�dall'esame�espletato�dalla�Commissione,�talune�imprese�belghe�
che�importavano�vitelli�dagli�altri�Stati�membri�hanno�citato�in�giudizio�lo�
Stato�belga�per�sentirlo�condannare�alla�restituzione�delle�somme�pagate;�il�
giudice�ha�sospeso�il�procedimento�ed�ha�sottoposto�alla�Corte�di�giustizia�
alcune�questioni�pregiudiziali�vertenti�sull'interpretazione�di�talune�disposi-
zioni�del�trattato,�tra�cui�l'art.�87�(ex�art.�92)�e�della�Trattato�relativo�agli�
aiuti�di�Stato.�

IquesitI 


1.��Se�nelle�circostanze�sopra�esaminate,�sia�conforme�al�diritto�
comunitario�e,�in�particolare,�all'art.�88,�n.�3�(ex�art.�93,�del�Trattato�CEE),�
un�regime�di�aiuti�che,�dopo�essere�stato�comunicato,�viene�ritenuto�dalla�
Commissione�in�data�30�luglio�1996�compatibile�con�il�mercato�comune�e�ai�
sensi�del�quale�lo�Stato�membro�impone�con�effetto�retroattivo�nell'interesse�
generale�contributi:�
per�il�finanziamento�di�un��fondo�per�la�salute�e�la�produzione�degli�
animali�;�

alle�persone�fisiche�e�giuridiche�la�cui�natura�iscritta�negli�articoli�14,�
15�e�16�della�sopramenzionata�legge�23�marzo�1998�quale�modificata�dalla�
Corte�arbitrale�con�lodo�9�febbraio�2000�pronunciato�nelle�controversie�

n.�1414,�1450,�1452,�1453�e�1454;�
nonostante�le�attivita�descritte�in�tali�articoli�siano�situate�nel�periodo�
dal�1988�fino�al�21�maggio�1986,�quando�ai�detti�aiuti�non�era�stata�data�
ancora�alcuna�autorizzazione.�

2.��Se�la�decisione�della�commissione�30�luglio�1996�doveva�solo�
provvedere�a�determinare�la�portata�di�una�autorizzazione�individuale�agli�
Stati�membri�per�dare�attuazione�agli�aiuti�previsti.�
3.��Se�i�soggetti�passivi�tenuti�al�pagamento�dei�contributi�siano�stati�
riguardati�direttamente�e�individualmente�da�tale�atto�della�Commissione�
secondo�l'accezione�dell'art.�230�(ex�art.�173)�del�Trattato�CEE.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

4.��In�caso�di�soluzione�negativa�della�questione�sub�3)�se�il�diritto�
comunitario�consente�che,�in�quanto�beneficiari�dell'aiuto,�i�soggetti�passivi�
tenuti�al�pagamento�dei�contributi�che�sollevino�una�eccezione�di�incompe-
tenza�avverso�l'atto�della�Commissione�di�cui�trattasi�che�concede�l'autorizza-
zione�a�dare�attuazione�all'aiuto�del�quale�beneficiano.�
5.��Nell'ipotesi�in�cui�dovesse�ritenersi�che�gli�appellanti,�in�quanto�
soggetti�passivi�tenuti�al�pagamento�dei�contributi�e/o�in�quanto�beneficiari�
dell'aiuto,�siano�riguardati�direttamente�e�individualmente�dal�controverso�
atto�della�Commissione�e�possano�legittimamente�apporvi�un'eccezione�di�
incompetenza�se�la�Commissione�con�decisione�30�luglio�1996�abbia�ecceduto�
i�limiti�del�suo�potere�discrezionale�e�violato�l'art.�88,�n.�3�(ex�art.�93,�n.�3)�
del�Trattato�CEE.�
Cause 
C-264/01,�C-306/01,�C-354/01 
e�C-355/01 
(domanda�di�pronuncia�pre-
giudiziale)�^Casse 
malattia 
e 
loro 
federazioni 
^Fissazione 
massimali 
^
Concorrenza 
^Nozione 
di 
impresa 
e 
di 
associazione 
di 
impresa 
^Accordi 
vietati 
^Articoli�81�e�86�Tr.�CE�^Ordinanze�del�Oberlandesgericht�Du�s-
seldorf(Germania)del18maggio2001�edell'11luglio2001^Notificate�
il�20�novembre�2001.�

IL 
fattO 


I�giudici�a 
quo 
con�diverse�ordinanze�riunite�nella�trattazione�presso�la�
Corte�di�Giustizia,�sottoponevano�la�questione�se�gli�enti�del�regime�legale�
di�assicurazione�malattia�e�le�loro�federazioni�debbano�essere�considerati�
rispettivamente�imprese�e�associazioni�di�imprese�e,�di�conseguenza,�essere�
sottoposti�al�diritto�comunitario�della�concorrenza.�

Le�disposizioni�del�Trattato�CE�relative�alla�materia�in�esame�conten-
gono�norme�generali,�che�hanno�trovato�una�loro�specificazione�nella�giuri-
sprudenza�comunitaria.�Infatti,�risale�al�giudice�comunitario�la�definizione�
di�impresa�come�qualsiasi�entita��persona�fisica�o�giuridica��che�esplica�
una�attivita�economica,�indipendentemente�dallo�stato�giuridico�di�questa�
entita�e�dal�suo�modo�di�finanziamento.�Al�riguardo�e�irrilevante�il�modo�di�
finanziamento�dell'attivita�o�il�fatto�che�in�concreto�essa�sia�svolta�senza�fini�
di�lucro,�essendo�sufficiente�che�sia�suscettibile,�almeno�in�via�di�principio,�
di�essere�esercitata�al�fine�di�conseguire�un�profitto.�

IquesitI 


Si 
riporta 
il 
quesito 
della 
causa 
C 
264/01 
(uguale 
alla 
causa 
C 
306/01): 


1.��Se�l'art.�81,�n.�1,�CE�sia�da�interpretare�nel�senso�che�le�federa-
zioni�rappresentative�delle�casse�malattia�del�regime�legale�di�uno�Stato�
membro�debbano�essere�considerate�associazioni�di�imprese�ovvero,�qualora�
una�federazione�rappresentativa�sia�nello�stesso�tempo�un�ente�diretto�del�
regime�legale�di�assicurazione�malattia,�imprese�ai�sensi�dell'art.�81,�n.�1,�
CE,�in�relazione�all'attivita�congiunta�di�fissazione�uniforme�di�massimali�
per�i�medicinali,�applicabili�nello�Stato�membro,�i�quali�rappresentano�di�

IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CEE�67 


volta�in�volta�il�prezzo�massimo�al�quale�le�casse�malattia�del�regime�legale,�
tenute�alla�prestazione�in�natura�nei�confronti�dei�loro�assicurati,�comprano�
e�pagano�i�medicinali�e�limitano�in�tal�modo�la�portata�del�loro�obbligo�di�
prestazione�nei�confronti�dei�loro�assicurati.�

2.��In�caso�di�soluzione�affermativa�della�prima�questione:�
a) 
se�le�fissazioni�di�massimali�del�tipo�di�cui�sub�1�debbano�conside-
rarsi�accordi�(o�decisioni)�delle�federazioni�rappresentative�delle�casse�malat-
tia�del�regime�legale�che,�in�quanto�restrizioni�della�concorrenza,�in�partico-
lare�quelle�ai�sensi�dell'art.�81,�n.�1,�lettera�a),�CE,�rientrano�nell'ambito�di�
applicazione�del�divieto�di�cui�all'art.�81,�n.�1,�CE.�

b) 
se�la�questione�sub�2.a) 
debba�comunque�avere�soluzione�afferma-
tiva�qualora�lo�scopo�della�normativa�sui�massimali�consista�tra�l'altro�nel-
l'esaurire�le�riserve�di�economicita�dei�produttori�di�medicinali�in�relazione�
al�prezzo�di�vendita,�e�l'applicazione�della�normativa�sui�massimali�nello�
Stato�membro�abbia�finora�fatto�s|�che�circa�il�93%�delle�confezioni�di�medi-
cinali�offerte�sul�mercato�e�che�rientrano�nella�disciplina�dei�massimali�non�
superino�(piu�)�i�massimali�di�volta�in�volta�stabiliti.�

3.��In�caso�di�soluzione�affermativa�anche�delle�questioni�sub�2�(o�di�
una�delle�questioni�sub�2):�se�un�sistema�di�massimali�del�tipo�di�cui�sub�1�e�
sub�2�possa�essere�escluso�dall'ambito�di�applicazione�dell'art.�81,�n.�1,�CE�
conformemente�all'art.�86,�n.�2,�prima�frase,�CE,�sebbene�le�federazioni�rap-
presentative�delle�casse�malattia�del�regime�legale�in�relazione�alla�fissazione�
di�massimali�costituiscano�l'esponente�della�domanda�piu�importante�e,�com-
plessivamente�considerate,�in�posizione�dominante�sul�mercato�dei�medici-
nali,�e�sebbene,�come�soluzione�del�problema�della�riduzione�dei�costi�della�
sanita�pubblica,�venga�in�considerazione�anche�il�conferimento�del�potere�di�
fissare�siffatti�massimali�ad�un'istituzione�che�non�e�parte�nel�mercato�dei�
medicinali,�in�particolare�al�governo�federale�o�ad�un�ministro�federale.�
4.��In�caso�di�soluzione�affermativa�anche�della�questione�sub�3:�
a) 
quali�requisiti�debbano�possedere�e�dimostrare�le�federazioni�rap-
presentative�delle�casse�malattia�per�poter�beneficiare�della�deroga�di�cui�
all'art.�86,�n.�2,�prima�frase,�CE�in�relazione�alle�fissazioni�di�massimali.�

b) 
ovvero,�se�la�concessione�della�deroga�di�cui�all'art.�86,�n.�2,�prima�
fase,�CE�sia�gia�esclusa�ai�sensi�dell'art.�86,�n.�2,�seconda�frase,�CE,�a�causa�
degli�effetti�del�sistema�dei�massimali�sugli�scambi�commerciali.�

Si 
riporta 
il 
quesito 
della 
causa 
C 
354/01 
(uguale 
alla 
causa 
C 
355/01): 


1.��Se�gli�articoli�81�e�82�CE�debbano�essere�interpretati�nel�senso�
che�ostino�ad�una�normativa�nazionale�ai�sensi�della�quale�le�federazioni�rap-
presentative�delle�casse�del�regime�di�assicurazione�legale�contro�i�rischi�di�
malattia�fissano�per�tutte�le�casse�di�assicurazione�legale�contro�i�rischi�di�
malattia�e�per�quelle�integrative,�i�massimali�obbligatori�entro�i�quali�le�casse�
malattia�assumono�a�proprio�carico�le�spese�sanitarie,�nella�misura�in�cui�il�
legislatore�determina�allo�stesso�tempo�i�criteri�sulla�base�dei�quali�i�massi-
mali�devono�essere�fissati�stabilendo,�tra�l'altro,�che�mediante�determinate�
somme�viene�assicurato�un�approvvigionamento�completo�qualitativamente�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

garantito�degli�affiliati�nonche�la�disponibilita�di�sufficienti�terapie�alterna-
tive�e�tale�fissazione�e�assoggettata�a�un�completo�controllo�giurisdizionale�
sia�su�iniziativa�dell'assicurato,�come�pure�del�produttore�di�specialita�medici-
nali�interessato.�

2.��In�caso�di�soluzione�affermativa�della�questione�sub�1):�
se,�ai�sensi�dell'art.�86,�n.�2,�CE�gli�articoli�81�e�82�CE�non�si�appli-
chino�qualora�una�siffatta�fissazione�sia�diretta�ad�assicurare,�nei�termini�
contemplati�dal�paragrafo�35�dello�SGB�V,�stabilita�al�sistema�di�assicura-
zione�sociale�contro�i�rischi�di�malattia�che�viene�messo�a�repentaglio�in�con-
seguenza�di�una�forte�crescita�dei�costi.�

3.��In�caso�di�soluzione�affermativa�della�questione�sub�1)�e�nega-
tiva�della�questione�sub�2):�
se�esistano�diritti�di�natura�comunitaria�al�risarcimento�del�danno�e�
alla�rimozione�degli�atti�delle�federazioni�rappresentative�come�le�convenute�
anche�quando�queste�nel�fissare�i�massimali�producano�le�conseguenze�di�
una�disposizione�di�legge�e�il�rifiuto�di�partecipare�a�tale�fissazione�non�dia�
luogo�a�loro�carico�a�sanzioni�sulla�base�del�diritto�nazionale.�

Causa 
C-300/01 
(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Libera 
circolazione 
di 
capitali 
^Divieto 
di 
discriminazione 
^Acquisto 
di 
fondo 
edificabile 
^
Transazioni 
immobiliari 
^Accordo 
SEE 
^Accordo 
di 
adesione 
^Ordi-
nanza�del��Landesgericht�Feldkirch��(Austria)�^Emessa�il�10�luglio�
2001�^Notificata�il�25�ottobre�2001.�

IL 
quesitO 


Se�sia�compatibile�con�la�libera�circolazione�dei�capitali�che,�per�l'acqui-
sto�di�un�fondo�edificabile�venga�richiesto�un�nullaosta�amministrativo�con�
effetto�costitutivo�rilasciato�dall'autorita�competente�in�materia�di�transa-
zioni�immobiliari�(Grundverkehrsbhorder)��Quesiti�1�e�2�omissis.�

Causa 
C-308/01 
(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Servizi 
assicurativi 
o 
servizi 
connessi 
^IVA 
^Provvedimenti 
speciali 
di 
deroga 
^Artt.�27�e�33�
Sesta�direttiva�IVA�n.�77/388/CEE�^Artt.�81,�1�e�88�CE�^Ordinanza�
del��Vat�and�Duties�Tribunal��(Regno�Unito)�^Emessa�il�24�luglio�
2001�^Notificata�il�21�gennaio�2002.�

IL 
fattO 


I�quesiti�hanno�origine�da�un�procedimento�davanti�ad�un�Tribunale�
inglese�nel�corso�del�quale�le�ricorrenti,�societa�che�prestano�servizi�assicura-
tivi�o�servizi�connessi�riguardanti�elettrodomestici�e�sono�soggette�all'imposta�
sul�premio�assicurativo�nel�Regno�Unito,�lamentano�di�aver�pagato�una�ali-
quota�piu�elevata�del�dovuto�ed�hanno�richiesto�il�relativo�rimborso�all'Ente�
preposto�ricevendo�un�diniego.�

IquesitI 


1.�^Se�l'art.�27�della�Sesta�direttiva�del�Consiglio�17�maggio�1977,�n.�77/�
388/CEE,�in�materia�di�armonizzazione�delle�legislazioni�degli�Stati�membri�
relative�alle�imposte�sulla�cifra�di�affari��Sistema�comune�di�imposta�sul�

IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CEE�69 


valore�aggiunto:�base�imponibile�uniforme,�debba�essere�interpretato�nel�
senso�che,�nell'ipotesi�in�cui�non�vi�sia�stata�evasione�o�elusione�fiscale,�fosse�
necessaria�l'autorizzazione�del�Consiglio�prima�di�introdurre�un'aliquota�piu�
elevata�dell'imposta�sui�premi�assicurativi,�aliquota�che�a) 
era�intesa�a�vanifi-
care�l'esenzione�a�favore�dei�servizi�assicurativi�prevista�dall'art.�13�della�
direttiva,�b) 
era�identica�all'aliquota�base�dell'imposta�sul�valore�aggiunto;�
c) 
era�applicata�nello�stesso�modo�in�cui�si�applica�l'imposta�sul�valore�
aggiunto�e�d) 
era�intesa�ad�essere�parte�di�un�tutto�inseparabile�insieme�
all'imposta�sul�valore�aggiunto.�

2.��Se�l'art.�33�della�Sesta�direttiva�del�Consiglio�17�maggio�1977,�
n.�77/388/CEE,�in�materia�di�armonizzazione�delle�legislazioni�degli�Stati�
membri�relative�alle�imposte�sulla�cifra�di�affari��Sistema�comune�di�impo-
sta�sul�valore�aggiunto:�base�imponibile�uniforme,�debba�essere�interpretato�
nel�senso�che�vieta�agli�Stati�membri�di�introdurre�un'imposta�sui�premi�assi-
curativi�che�a) 
e�calcolata�con�riferimento�ai�servizi�prestati,�b) 
e�proporzio-
nale�al�prezzo�di�questi�ultimi,�d) 
e�sopportata�dal�consumatore�nella�fase�
finale�di�vendita,�e) 
viene�trasferita�al�consumatore�finale�nella�maniera�
tipica�dell'imposta�sul�valore�aggiunto,�sicche�l'onere�dell'imposta�grava�sul�
consumatore�finale,�f) 
si�applica�in�tutto�il�territorio�del�Regno�Unito�e�che,�
tuttavia,�non�si�applica�in�modo�generale�a�tutte�le�transazioni�relative�ai�beni�
e�ai�servizi.�
3.��Se�l'art.�87,�n.�1,�CE�vada�interpretato�nel�senso�che�si�deve�rite-
nere�che�un�aiuto�incida�sugli�scambi�tra�Stati�membri�solo�nel�caso�in�cui�
abbia�o�sia�idoneo�ad�avere�un�effetto�apprezzabile�sul�commercio�tra�Stati�
membri.�Nel�caso�in�cui�tale�questione�venga�risolta�positivamente,�quali�
siano�i�criteri�per�determinare�se�un�provvedimento�abbia�o�meno�un�effetto�
del�genere.�
4.��Se�l'art.�87,�n.�1,�CE�vada�interpretato�nel�senso�che�si�deve�rite-
nere�che�un�aiuto�incida�sugli�scambi�tra�Stati�membri�nel�caso�in�cui,�a�
causa�di�tale�aiuto,�a) 
un�commerciante�attivo�in�uno�Stato�membro�riduca�
i�quantitativi�dei�prodotti�che�importa�da�altri�Stati�membri�o�h) 
molti�dei�
contratti�di�locazione�di�elettrodomestici�conclusi�da�un�commerciante�in�
uno�Stato�membro�vengano�sciolti�e�tale�commerciante�venda�i�detti�elettro-
domestici�in�un�altro�Stato�membro�o�c) 
compagnie�di�assicurazioni�che,�in�
uno�Stato�membro,�prestano�servizi�assicurativi�tramite�i�venditori�degli�elet-
trodomestici�sono�rese�meno�competitive�di�societa�che�vendono�le�assicura-
zioni�direttamente,�alcune�delle�quali�sono�associate�di�societa�in�altri�Stati�
membri.�
5.��Nell'ipotesi�in�cui,�alla�luce�della�soluzione�delle�questioni�3)�e�4),�
l'aliquota�piu�elevata�dell'imposta�sul�premio�assicurativo�costituisca�un�
aiuto�statale�ai�sensi�dell'art.�87,�n.�1,�CE,�se�l'art.�88�CE�debba�essere�inter-
pretato�nel�senso�che,�ove�la�Commissione�non�venga�informata�di�alcun�pro-
getto�di�concessione�dell'aiuto,�i�provvedimenti�legislativi�che�introducono�il�
detto�aiuto�dovrebbero�essere�disapplicati�e�qualsiasi�imposta�pagata�ai�sensi�
di�tali�provvedimenti�andrebbe�rimborsata.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Causa�C-314/01�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Appalti�pubblici�^
Immediata�applicabilita�delle�decisioni�^Vincolativita�delle�decisioni�dell
'organo�di�controllo�^Violazione�della�normativa�comunitaria�sostanziale�
^Direttiva�n.�665/1989/CEE�^Ordinanza�del�Bundesvergabeamt�^Uffi-
cio�federale�austriaco�per�l'aggiudicazione�dei�contratti�di�appalto.�

IL 
fattO 


L'ente�aggiudicatore�pubblicava�il�bando�per�l'espletamento�di�un�proce-
dimento�di�aggiudicazione�in�due�fasi�di�un�contratto�di�appalto�per�la�conce-
zione,�programmazione,�e�creazione�di�un�sistema�di�elaborazione�elettronico�
dei�dati�regolato�mediante�schede�elettroniche,�comprese�la�fornitura�inizia-
lizzazione,�personalizzazione,�distribuzione�e�smaltimento�delle�schede�per�
l'intera�Austria;�nonche�l'installazione�e�manutenzione�su�tutto�il�territorio�
di�apparecchi�terminali,�nonche�l'appoggio�presso�un�centro�di�elaborazione�
elettronica�dei�dati�del�sistema,�l'appoggio�di�un�servizio�di�centralino�per�le�
chiamate�dell'utenza,�per�la�lavorazione�delle�schede�e�altre�prestazioni�di�
servizi�necessari�per�la�gestione�del�sistema.�Nel�bando�l'oggetto�dell'opera�
veniva�classificato,�da�un�lato,�sotto�le�categorie�della�nomenclatura�comune�
�apparecchi�e�impianti�di�elaborazione�dati�,��installazione�di�computer�ed�
altre�apparecchiature�per�l'elaborazione�dei�dati��e,�dall'altro�lato,�sotto�le�
categorie�della�nomenclatura�comune��software 
consulenza�ed�altri�servizi�di�
software�,��programmazione�di�sistemi�di�informazione�IS��o�di��tecnologie�
(IT)�,��prestazione�di�servizi�per�servizi�di�elaborazione�dati�,�nonche��altre�
prestazioni�di�servizi�.�Il�valore�della�commessa�veniva�stimato�dall'ente�
aggiudicatore�in�circa�ATS�900�milioni.�Alla�prima�fase�del�procedimento�
prendevano�parte�sei�associazioni�di�concorrenti,�dopo�che�avevano�presen-
tato�il�documento�per�la�partecipazione�alla�gara�57�imprese,�delle�quali�solo�
11�vi�prendevano�effettivamente�parte.�L'ente�aggiudicatore�decideva�di�invi-
tare�alla�presentazione�delle�offerte�cinque�associazioni�di�concorrenti�e�di�
escludere�il�sesto�concorrente.�Al�punto�1.9�della�documentazione�relativa�
alla�gara�di�appalto,�come�pure�al�punto�1.8�della�documentazione�di�aggiu-
dicazione��invito�alla�presentazione�delle�offerte��del�15�marzo�2000,�l'am-
missibilita�di�prestazioni�di�imprese�subappaltatrici�era�prevista�in�questi�ter-
mini:��Il�subappalto�di�parti�dell'opera�e�consentito�nella�misura�del�30%�del-
l'opera�e�solo�in�quanto�le�parti�di�prestazioni�tipicamente�inerenti�al�
contratto,�la�direzione�del�progetto,�la�concezione�del�sistema,�lo�sviluppo,�
la�costruzione,�la�fornitura�e�la�gestione�delle�componenti�centrali�specifiche�
del�progetto�del�sistema�complessivo,�lo�sviluppo,�la�fornitura,�la�gestione�
del�ciclo�di�validita�delle�carte�nonche�lo�sviluppo�e�la�fornitura�degli�appa-
recchi�terminali�restino�nelle�mani�dell'offerente�o�dell'associazione�offe-
rente�.�L'ente�aggiudicatore�ha�posto�tale�disposizione�esclusivamente�in�
quanto�criterio�idoneo�ad�assicurare�la�fornitura�dell'opera�esente�da�difetti�
tecnici,�dal�momento�che�con�la�responsabilita�personale�del�fornitore�delle�
spese�veniva�posto�in�essere�un�maggiore�incentivo�ad�una�prestazione�di�ser-
vizi�esente�da�difetti�ed�una�piu�efficace�possibilita�di�influenza�dell'ente�
aggiudicatore.�La�documentazione�di�partecipazione�alla�gara�costituiva�il�
presupposto�di�tutte�le�domande�di�partecipazione�alla�prima�fase�del�proce-


IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CEE�71

dimento.�L'invito�alla�presentazione�dell'offerta�veniva�comunicato�a�tutte�le�
associazioni�di�concorrenti�ammesse�alla�presentazione�delle�offerte.�Quattro�
delle�associazioni�di�concorrenti�invitate�alla�presentazione�delle�offerte�pre-
sentavano�ciascuna�come�associazione�di�offerenti�un'offerta.�A�tre�di�dette�
associazioni�partecipava�la�Austria�Cards,�la�quale�incombeva�la�fornitura�
della�voce�delle�prestazioni��forniture�delle�schede�.�L'ente�aggiudicatore�
comunicava�di�intendere�aggiudicare�l'appalto�alla�IV�associazione�tempora-
nea�di�offerenti.�Le�associazioni�escluse�adivano�la�Commissione�per�il�con-
trollo�delle�aggiudicazioni,�perche�procedesse�ad�una�transazione.�La�com-
missione�in�un�caso�rifiutava�di�procedere�alla�transazione�e�negli�altri�due�
casi�tentava�di�raggiungere�un�compromesso�amichevole,�che�non�poteva�
pero�essere�raggiunto.�Tutte�le�tre�associazioni�di�offerenti�non�previste�per�
l'aggiudicazione�dell'appalto�adivano�quindi�il�Bundesvergabeamt�con�una�
domanda�di�controllo.�Veniva�tra�l'altro�chiesta�la�dichiarazione�di�nullita�
della�decisione�dell'ente�aggiudicatore�o�di�assegnare�il�contratto�alla�IV�
associazione�temporanea�di�imprese�offerente�e,�se�del�caso,�all'ente�aggiudi-
catore�veniva�chiesto�di�revocare�il�bando�di�gara.�In�una�delle�domande�di�
controllo�veniva�chiesto�che�fossero�dichiarate�nulle�numerose�disposizioni�
del�bando�di�gara,�come�pure�alcune�decisioni�dell'ente�aggiudicatore�in�rela-
zione�alla�stima�dell'offerta�e,�rispettivamente,�all'espletamento�del�procedi-
mento�di�aggiudicazione,�nonche�che�fosse�dichiarata�nulla�la�decisione�che�
giudicava�l'appalto�alla�IV�associazione�offerente,�come�pure�la�decisione�di�
non�procedere�ad�una�procedura�negoziata.�Veniva�inoltre�chiesto�che�all'ente�
aggiudicatore�fosse�fatto�obbligo�di�ricondurre�lo�svolgimento�del�procedi-
mento�di�aggiudicazione�ad�una�fase�in�cui�potessero�essere�regolarizzate�le�
decisioni�inficiate�piu�dettagliatamente�descritte�e�che�da�tale�fase�fosse�
ripreso�lo�svolgimento�del�procedimento�di�aggiudicazione.�Se�del�caso,�
veniva�chiesto�che�fosse�dichiarato�nullo�l'intero�procedimento�di�aggiudica-
zione,�ed�eventualmente�l'intero�bando�di�gara.�Il�Bundesvergabeamt�respin-
geva�tutte�le�domande�per�difetto�di�legittimazione�e�deduceva�che�le�offerte�
dei�richiedenti�avrebbero�dovuto�essere�state�eliminate�dall'ente�aggiudicatore�
perche�la�Austria�Cards�partecipava�a�tutte�e�tre�(ora�richiedenti)�associa-
zioni�di�offerenti�e�lo�scambio�di�informazioni�cos|�reso�possibile,�come�pure�
le�trattative�necessitate�dalla�triplice�partecipazione,�dovevano�considerarsi�
come�un�accordo�che�viola�il�principio�della�concorrenza�tra�offerenti.�

IquesitI 


1.��Se�le�disposizioni�della�direttiva�n.�89/665/CEE,�e�in�particolare�
l'art.�2,�n.�1,�lettera�b) 
eventualmente�lette�in�combinazione�con�l'art.�2,�n.�7,�
debbano�essere�interpretate�nel�senso�che�l'efficacia�giuridica�di�una�decisione�
di�un�organo�di�controllo�nazionale�ai�sensi�dell'art.�2,�n.�8�della�direttiva�
n.�89/665/CEE��avente�ad�oggetto�la�rimozione�della�decisione�con�la�
quale�l'autorita�aggiudicatrice�rifiuta�di�revocare�la�procedura�di�aggiudica-
zione��riposta�nel�fatto�che,�qualora�l'ordinamento�giuridico�nazionale�
non�offra�alcuna�base�legale�in�tal�senso,�la�decisione�dell'organo�di�controllo�
debba�essere�eseguita�effettivamente�e�coattivamente�nel�confronti�dell'ente�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

pubblico�aggiudicatore,�con�la�conseguenza�che�la�decisione�dell'organo�di�
controllo�nazionale�pone�senz'altro�termine�alla�procedura�di�aggiudicazione�
di�cui�trattasi�senza�il�compimento�di�ulteriori�adempimenti�da�parte�dell'au-
torita�aggiudicatrice�stessa.�

2.��Se�dalle�disposizioni�di�cui�alla�direttiva�n.�89/665/CEE,�in�parti-
colare�dagli�articoli�2,�n.�7�eventualmente�letti�in�combinato�come�le�disposi-
zioni�della�direttiva�n.�92/50/CEE,�in�particolare�gli�articoli�2532,�e�n.�2,�let-
tera�a 
e�c),�ovvero�da�altra�disposizione�di�diritto�comunitario,�interpretato,�
in�particolare,�alla�luce�del�principio�dell'effetto�utile,�risulti�che�una�disposi-
zione�di�un�bando�di�gara�diretta�a�fare�in�modo�che,�contrariamente�alla�
giurisprudenza�della�Corte�di�giustizia�delle�Comunita�europee�e�in�partico-
lare�alla�sentenza�C-176/98��Halst�Italia�contro�Comune�di�Cagliari�,�
mediante�il�divieto�di�subappalto�di�parte�sostanziale�dell'opera�venga�impe-
dito�all'offerente�di�dimostrare,�producendo�il�contratto�con�il�subappalta-
tore,�che�egli�effettivamente�disponga�dei�mezzi�del�terzo,�e�acquisisca�cos|�il�
diritto,�a�dimostrazione�della�sua�capacita�,�di�fare�riferimento�ai�medici�del�
terzo,�o,�rispettivamente,�di�fornire�la�prova�che�egli�effettivamente�ha�la�
disponibilita�dei�mezzi�del�terzo,�si�ponga�con�il�diritto�comunitario�in�tale�
contrasto�da�doversi�considerare�inefficace�un�contratto�stipulato�sulla�base�
di�un�siffatto�bando�di�gara,�specie�quando�l'ordinamento�giuridico�nazionale�
contenga�disposizioni�che�prevedono�l'inefficacia�di�contratti�stipulati�in�vio-
lazione�della�legge.�
3.��Se�dalle�disposizioni�della�direttiva�n.�89/665/CEE,�in�particolare�
gli�articoli�2,�L.�7,�ovvero�da�altre�disposizioni�di�diritto�comunitario,�inter-
pretato,�in�particolare�alla�luce�del�principio�dell'effetto�utile,�risulti�che�un�
contratto�stipulato�in�contrasto�con�quanto�stabilito�in�una�decisione�di�un�
organo�nazionale�di�controllo�ai�sensi�dell'art.�2,�n.�8,�della�direttiva�n.�89/�
665/CEE,�per�rimuovere�la�decisione�con�la�quale�l'autorita�pubblica�giudica-
trice�rifiuta�di�revocare�un�procedimento�di�aggiudicazione,�sia�inefficace,�
specie�quando�l'ordinamento�giuridico�nazionale,�pur�tenendo�conto�delle�
disposizioni�che�prevedono�l'inefficacia�di�contratti�stipulati�in�contrasto�
con�la�legge�del�buon�costume,�non�offra�pero�alcuna�base�legale�per�dare�
esecuzione�alla�decisione�dell'organo�di�controllo�in�modo�efficace�e�coattiva-
mente�nel�confronti�della�pubblica�autorita�aggiudicatrice.�
4.a). 
�Qualora�un�ordinamento�giuridico�nazionale�non�offra�alcuna�
base�legale�per�dare�esecuzione�ad�una�decisione�dell'organo�nazionale�di�
controllo�il�modo�efficace�coattivo�dei�confronti�dell'autorita�pubblica�giudi-
catrice,�si�le�disposizioni�della�direttiva�n.�89/665/CEE,�in�particolare�l'art.�2,�
e�nel�1,�lettera�b) 
e,�eventualmente�lette�in�combinato�con�l'art.�2,�n.�7,�deb-
bano�essere�interpretata�nel�senso�che�tale�organo�di�controllo,�in�applica-
zione�diretta�del�combinato�disposto�dell'art.�2,�n.�1,�lettera�b) 
dell'art.�2,�e�
nel�7�abbia�il�potere�di�obbligare�con�i�ingiunzione�esecutiva�a�fare�rimuovere�
la�decisione�illegittima,�anche�se�l'ordinamento�giuridico�nazionale�attribui-
sce�all'organo�di�controllo�in�procedimenti�promossi�a�seguito�di�domanda�
di�verifica�da�parte�degli�offerenti,�ai�sensi�dell'art.�1,�e�nel�1,�della�direttiva�

n.�89/665/CEE,�sotto�il�potere�di�procedere�a�rimozioni�della�decisione�del-
l'autorita�aggiudicatrice�eseguibili�in�forma�non�coattiva.�

IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CEE�73 


4.b).�Incasodi�soluzione�affermativa�della�questionesub�a�4�a)�se�
l'organo�di�controllo�in�un�caso�siffatto�abbia�esso�stesso�il�potere�di�disporre�o�
anche�di�imporre,�in�forza�dell'art.�2,�n.�7�della�direttiva�n.�89/665/CEE,�even-
tualmente�letto�in�combinato�con�altre�disposizioni�di�diritto�comunitario,�sulla�
base�di�un�potere�giudiziario,�le�sanzioni�pecuniarie�opportune�nei�confronti�del-
l'ente�pubblico�aggiudicatore,�o�rispettivamente�multe�e�pene�detentive�nei�con-
fronti�dei�membri�dell'organo�di�direzione�dell'ente�pubblico�aggiudicatore,�non-
che�pene�variabili,�necessarie�per�l'esecuzione�dell'ingiunzione,�qualora�l'ente�
aggiudicatore,�o�rispettivamente�i�membri�dell'organo�direttivo�dell'ente�pub-
blico�aggiudicatore,�non�si�adeguino�alle�disposizioni�dell'organo�di�controllo.�

LA 
posizionE 
assuntA 
daL 
GovernO 
italianO 


Ilgovernoitalianonone�intervenutonellafasescritta,�siripromettedifarlo�
eventualmente�nellafase�orale.�

Conriferimentoalleprimeduequestionie�pacificocheladirettivan.�665/89/�
CEEhainequivocabilmente�affermatoilprincipiocheleviolazioniallanormativa�

sostanziale�devono�essere�rimosse�conprovvedimentiche�eliminanoglieffettinega-

tivi�delle�stesse,�della�stazione�appaltante�inprimo�luogo�e�conseguentemente�delle�

Autorita�dicontrollo.�In�entrambiicasiiprovvedimentiadottatidevono�raggiungere�

l'effettoutiledirimuovereilvizio,�inviaimmediataconadozionediprovvedimenti�

provvisori�che�ne�sospendono�gli�effetti,�poi�con�provvedimenti�definitivi�volti�a�

rimuovere�l'illegittimita��informa�specifica��(revoca,�annullamento)�ovvero��per�

equivalente�cioe�con�la�comminatoria�disanzionipecuniarie�o�dialtra�misura�risar-

citoria.�Pertanto,�laddove�la�normativa�nazionale�non�contempli�queste�ipotesi,�

ovvero�le�contempli�ma�la�loro�efficacia�sia�smentita�dalcomportamento�dell'ammi-

nistrazione�statale,�si�ha�sicuramente�una�violazione�del�diritto�comunitario.�Nella�

fattispecie�non�solo�siera�dato�corso�alprovvedimento�dell'autorita�dicontrollo�che�

ordinava�di�revocare�l'aggiudicazione,�ma�addirittura�si�giungeva�alla�aggiudica-

zionemediante�una�trattativaprivata�diretta�con�l'unico�concorrente�che,�agiudizio�

dell'amministrazione,�aveva�irequisitiperessere�ammesso�alla�gara.�Relativamente�

alla�seconda�questione,�poi,�sulla�dimostrazione�dei�requisiti,�la�giurisprudenza�

comunitaria�e�pacifica�in�merito�allapossibilita�didimostrare�quanto�richiesto�avva-

lendosi�anche�della�struttura�di�un�terzo�(sentenza�2�dicembre�1999�in�C-176/98).�

Causa 
C-315/01 
(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Appalti 
pubblici 
^
Fornitura 
di 
spaziatrice 
stradale 
^Direttiva�n.�89/665/CEE�^Ordinanza�
del�Bundesvergabeamt�(Ufficio�federale�per�gli�appalti,�Austria).�

IL 
fattO 


Si�tratta�di�una�gara�d'appalto�con�procedura�aperta�relativa�alla�forni-
tura�di�un��autoveicolo�speciale:�spaziatrice�stradale�nuova,�pronta�per�
entrare�in�funzione�e�omologata�per�l'autostrada�A�9-Phyrn,�luogo�di�desti-
nazione�l'Autobahnmeisterei�Kalwang�.�L'ente�appaltante�ha�deciso�di�non�
considerare�l'offerta�della�ricorrente�ai�fini�dell'aggiudicazione,�adducendo�la�
motivazione�che�tale�offerta�non�soddisfaceva�le�condizioni�di�gara�in�quanto�
l'apparecchio�per�la�pulitura�di�marciapiedi�offerto�non�era�utilizzabile�a�tem-
perature�inferiori�a�0o�C,�mentre�il�bando�di�gara�richiedeva�che�la�macchina�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

potesse�funzionare�almeno�sino�a��5o�C�.�Inoltre,�malgrado�gli�inviti�del-
l'appaltante,�la�ricorrente�non�avrebbe�reso�possibile�il�collaudo�dell'apparec-
chio�in�un�raggio�di�300�chilometri�dalla�sede�dell'appaltante,�secondo�
quanto�richiesto�dal�bando.�Inoltre,�l'appaltante�nutriva�dubbi�circa�la�con-
gruita�del�prezzo�offerto�dalla�ricorrente�e,�infine,�malgrado�gli�inviti�del-
l'appaltante,�la�ricorrente�non�avrebbe�spiegato�come�si�effettua�la�pulitura�
dei�riflettori�della�macchina�offerta.�La�ricorrente,�alla�quale�era�stata�rego-
larmente�comunicata�l'aggiudicazione�a�favore�di�una�ditta�concorrente,�ha�
chiesto�che�venisse�dichiarato�che�l'appalto�di�cui�trattasi�non�era�stato�giudi-
cato�il�miglior�offerente�e�sostenuto�che�la�sua�offerta�era�stata�illegittima-
mente�ignorata�ai�fini�della�aggiudicazione.�

IquesitI 


1a.�^Se�dall'art.�2,�n.�8,�della�direttiva�n.�89/665/CEE,�riguardante�i�
ricorsi�in�materia�di�appalti,�o�da�un'altra�disposizione�di�tale�direttiva�o,�
ancora,�da�un'altra�norma�di�diritto�comunitario�si�debba�dedurre�che�alle�
autorita�competenti�a�conoscere�dei�ricorsi�di�cui�all'art.�1,�n.�1,�della�diret-
tiva,�ivi�comprese�le�autorita�competenti�ad�esercitare�i�poteri�di�cui�all'art.�2,�

n.�1,�lettera�c),�della�direttiva,�e�vietato�sollevare,�di�propria�iniziativa�e�indi-
pendentemente�dagli�argomenti�svolti�dalle�parti�in�causa,�le�questioni�rile-
vanti�ai�sensi�della�normativa�in�materia�di�aggiudicazione�degli�appalti�che,�
ad�avviso�dell'autorita�competente�a�conoscere�dei�detti�ricorsi�sono�impor-
tanti�ai�fini�della�decisione�della�causa.�
1b.�^Se�l'art.�2,�n.�1,�lettera�c),�della�direttiva�n.�89/665/CEE,�even-
tualmente�insieme�ad�altri�principi�di�diritto�comunitario,�osti�all'adozione�
�da�parte�delle�autorita�competenti�a�conoscere�dei�ricorsi�di�cui�all'art.�1,�

L.�1,�della�direttiva,�ivi�comprese�le�autorita�competenti�ad�esercitare�i�
poteri�di�cui�all'art.�2,�n.�1,�lettera�c),�della�direttiva,��di�una�decisione�di�
rigetto�della�domanda�con�cui�un�offerente�ha�indirettamente�chiesto�il�
risarcimento�del�danno�che�avrebbe�subito�nell'ambito�di�una�procedura�di�
aggiudicazione�la�cui�legittimita�e�gia�stata�gravemente�compromessa�da�
un�atto�dell'appaltante�diverso�da�quello�impugnato�dal�detto�offerente,�
decisione�di�rigetto�fondata�sulla�circostanza�che�il�danno�eventualmente�
subito�dall'offerente�si�sarebbe�comunque�prodotto�indipendentemente�dal-
l'atto�impugnato.�
2.�^Nell'ipotesi�in�cui�la�questione�1�a) 
venga�risolta�negativamente,�se�
le�disposizioni�della�direttiva�n.�93/36/CEE,�che�coordina�le�procedure�di�
aggiudicazione�degli�appalti�pubblici�di�forniture,�in�particolare�gli�arti-
coli�15-26�di�tale�direttiva,�ostino�a�che,�nello�svolgimento�delle�procedure�
d'appalto,�le�referenze�dei�prodotti�proposti�dagli�offerenti�siano�prese�in�con-
siderazione�dalle�autorita�aggiudicatrici�non�ai�fini�dell'accertamento�dell'i-
doneita�degli�offerenti,�bens|�come�criterio�di�aggiudicazione,�con�la�conse-
guenza�che�la�valutazione�negativa�delle�dette�referenze,�anziche�determinare�
l'esclusione�dell'offerente�dalla�procedura�di�aggiudicazione,�comporterebbe�
soltanto�l'attribuzione�di�una�valutazione�meno�positiva�ad�un'offerta�che,�
nell'ambito,�per�esempio,�di�un�sistema�a�punti,�potrebbe�controbilanciare�
una�valutazione�negativa�delle�referenze�grazie�ad�un�prezzo�piu�basso.�

IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CEE�75 


3.�^Nell'ipotesi�in�cui�le�questioni�1a)�e�2�vengano�risolte�negativa-
mente,�se�sia�compatibile�con�le�pertinenti�disposizioni�di�diritto�comunitario,�
ivi�incluso�l'art.�26�della�direttiva�n.�93/36/CEE,�con�il�divieto�di�discrimina-
zione�delle�obbligazioni�di�diritto�internazionale�della�Comunita�un�criterio�
di�aggiudicazione�in�base�al�quale�si�tiene�conto�solo�del�numero�delle�refe-
renze�riguardanti�i�prodotti�e�non�si�effettua�un�esame�sostanziale�volto�a�sta-
bilire�se�le�esperienze�avute�dagli�appaltanti�con�il�prodotto�siano�state�posi-
tive�o�negative,�e�in�base�al�quale�si�prendono�in�considerazione�solo�le�refe-
renze�provenienti�dall'unione�europea�e�dalla�zona�alpina.�
4.�^Se�sia�compatibile�con�le�disposizioni�del�diritto�comunitario,�in�
particolare�con�il�divieto�di�discriminazione,�un�criterio�di�aggiudicazione�in�
base�al�quale�la�possibilita�di�collaudare�il�prodotto�offerto�puo�essere�valu-
tata�positivamente�solo�se�il�collaudo�e�effettuabile�in�un�raggio�di�300�chilo-
metri�dalla�sede�dell'appaltante.�
5.�^Nell'ipotesi�in�cui�venga�risolta�positivamente�la�questione�due�
oppure�venga�risolta�negativamente�la�questione�4,�se�l'art.�2,�n.�1,�lettera�
c),�della�direttiva�n.�89/665/CE,�eventualmente�insieme�ad�altri�principi�di�
diritto�comunitario,�dev'essere�interpretato�nel�senso�che,�ove�l'illegalita�com-
messa�dall'appaltante�consista�nell'adozione�di�un�criterio�di�aggiudicazione�
illegittimo,�l'offerente�abbia�diritto�al�risarcimento�solo�qualora�si�possa�con-
cretamente�dimostrare�che,�se�il�detto�criterio�non�fosse�stato�adottato,�l'of-
ferta�dell'interessato�sarebbe�stata�la�migliore.�
NotE 


Si 
tratta 
di 
sapere 
se: 
�lapresunta 
illegittimita� 
di 
una 
decisione 
�interme-

dia� 
emessa 
in 
fase 
di 
selezione 
possa 
inficiare 
o 
meno 
l'esito 
della 
aggiudica-

zionedellagarae, 
quindi, 
ilrelativoricorsopossariguardaresolamentequest'ul-

tima 
decisione 
o 
debba 
necessariamente 
riguardare 
la 
decisione 
�intermedia�, 


rimanendo 
inquest'ultima 
ipotesiprecluso 
ilricorsopresentato 
contro 
ladeci-

sionefinale, 
perche� 
tardivo 
rispetto 
alla 
suddetta 
decisione 
intermedia; 
�dalla 


direttivan. 
93/36/CE, 
sesiaadattodeterminareunascansioneprecisatrafase 


di 
selezione 
sulla 
base 
delle 
capacita� 
soggettive 
deipartecipanti 
alla 
gara, 
efase 


di 
valutazione 
delle 
offerte 
economicamente 
piu� 
vantaggiose 
(in 
particolare, 
il 


giudice 
austriaco 
rileva 
che 
non 
si 
coglie 
nella 
disciplina 
comunitaria 
un'esplicita 


esclusionedellapossibilita� 
che�insededivalutazionedelleof
ffertevenganorica-

vati 
dalle 
referenze, 
sulla 
scorta 
di 
criteri 
di 
aggiudicazione, 
giudizi 
che 
vanno 


oltre 
le 
conclusioni 
tratte 
in 
sede 
di 
accertamento 
della 
capacita��, 
aggiungendo 


che�paredeltuttocompatibileconl'obiettivodiindividuarel'offertapiu� 
vantag-

giosa 
sotto 
ilprofilo 
economico 
ilrichiamarsialle 
esperienzedialtriappaltanti 


pervalutarelaprobabilequalita� 
dellaprestazionefuturaodelfuturoimpiego 


delprodotto�); 
�considerato 
l'indirizzo 
che 
impone 
all'appaltante 
diprevedere 


solo 
criteri 
di 
aggiudicazione 
che 
servano 
ad 
adottare 
l'offerta 
piu� 
vantaggiosa 


economicamente 
(criterio 
riferito 
all'oggetto 
della 
gara), 
si 
debba 
o 
meno 
inse-

rire 
tra 
i 
criteriquello 
relativo 
alcontenuto 
delle 
referenze 
deisoggettiparteci-

panti, 
non 
essendo 
appropriato 
limitarsi 
a 
chiedere 
un 
certo 
numero 
di 
dette 


referenze, 
a 
prescindere 
da 
detta 
valutazione 
contenutistica. 


La 
normativa 
italiana 
ha 
mantenuto 
in 
modo 
abbastanza 
evidente 
la 
distin-

zione 
trafase 
di 
ammissione 
(valutazione 
dei 
criteri 
soggettivi) 
efase 
di 
aggiu-

dicazione 
(valutazione 
delle 
offerte). 



RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Cause�C-317�e�C-369/01�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Libera�circ
olazione�di�lavoratori�^Accordi�di�associazione�della�Comunita�europea�
con�stati�terzi�^Accordo�CEE/Turchia�^Lavoratori�turchi�dipendenti�da�
un�datore�di�lavoro�stabilito�in�Turchia�^Ordinanze�del��Bundessozialge-
richt��(Germania)�^Emesse�il�20�giugno�e�2�agosto�2001�^Notificate�il�
28�novembre�2001.�

Si�tratta�di�questioni�applicative�della�sentenza�n.�1/80�e�41,�n.�1�del�Pro-
tocollo�addizionale�all'Accordo�di�associazione�CEE/Turchia�del�23�novem-
bre�1970�sul�quale�il�Governo�Italiano�non�ha�svolto�osservazioni.�

Causa�C-337/01�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Merci�destinate�alla�
riesportazione�dal�territorio�doganale�della�Comunita�^Art.�203,�n.�1�
Regolamento�n.�92/2913/CEE�^Ordinanza�del��Bundesfinanzhof��
(Germania)�^Emessa�il�17�luglio�2001�^Notificata�il�20�novembre�2001.�

IL 
fattO 


Il�rinvio�pregiudiziale�mira�a�chiarire�se�la�sottrazione�dal�deposito�
doganale�della�merce�di�uno�Stato�terzo�destinata�alla�riesportazione�faccia�
nascere�un'obbligazione�doganale�qundo�le�merci�destinate�alla�riesporta-
zione�dal�territorio�doganale�della�Comunita�non�siano�state,�immediata-
mente�dopo�la�loro�rimozione�dal�deposito�doganale,�sottoposte�al�regime�
di�transito�esterno.�

La�nozione�di�sottrazione�alla�sorveglianza�doganale�comprenderebbe�
qualsiasi�azione�od�omissione�che�ha�come�risultato�di�impedire,�anche�solo�
momentaneamente,�all'autorita�doganale�competente�di�accedere�ad�una�
merce�sotto�sorveglianza�doganale�e�di�effettuare�i�controlli�previsti.�Inoltre�
la�sottrazione�di�una�merce�alla�sorveglianza�doganale,�ai�sensi�dell'art.�203,�

n.�1�del�regolamento�n.�2913/92,�non�richiederebbe�l'esistenza�di�un�elemento�
intenzionale,�ma�presupporrebbe�solo�che�siano�soddisfatte�le�condizioni�di�
natura�obiettiva�quali,�in�particolare,�l'assenza�fisica�della�merce�nel�luogo�
di�giacenza�autorizzata�nel�momento�in�cui�l'autorita�doganale�intende�proce-
dere�all'esame�della�merce�custodita.�
IL 
quesitO 


Se�una�sottrazione�delle�merci�di�uno�Stato�terzo�riesportate�dal�depo-
sito�doganale�con�la�conseguente�nascita�di�un'obbligazione�doganale�
secondo�l'art.�203,�n.�1,�del�regolamento�n.�2913/92�debba�essere�riconosciuta�
solo�quando�le�merci�destinate�alla�riesportazione�dal�territorio�doganale�
della�Comunita�non�sono�state�sottoposte�alle�formalita�doganali�del�regime�
di�transito�esterno�immediatamente�dopo�la�loro�rimozione�dal�deposito�
doganale.�


IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CEE�77 


Causa 
C-341/01 
(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Sacchetti 
di 
mater
iale 
plastico 
^Obbligo 
di 
partecipazione 
al 
sistema 
di 
raccolta 
e 
recupero 
^Nozione 
di 
imballaggio 
^Direttiva�del�Parlamento�europeo�e�del�Con-
siglio�del�20�dicembre�1994,�n.�94/62/CE�^Art.�30�CE�e�segg.�Trattato�
^Ordinanza�del�Landesgericht�Korneuburg�(Austria).�

IL 
fattO 


La�questione�oggetto�della�causa�trae�origine�da�una�disputa�insorta�tra�
due�societa�interessate�al�circuito�di�produzione�e�distribuzione�di�sacchetti�
in�materiale�plastico.�

La�societa�attrice�produce�e�vende�prodotti�plastici.�La�societa�conve-
nuta�e�venditrice,�tra�l'altro,�dei�prodotti�forniti�dall'attrice,�tra�i�quali�sac-
chetti�di�materiale�plastico�e�sacchetti�con�chiusura�annodata.�Parte�dei�sac-
chetti�forniti�alla�convenuta�vengono�offerti�in�vendita�in�supermercati�ali-
mentari�appesi�ad�un�gancio�vicino�alla�cassa;�su�richiesta�del�cliente�
vengono�ceduti�al�medesimo�dietro�corrispettivo;�il�cliente�utilizza�i�sacchetti�
acquistati�al�fine�di�porvi�le�merci�acquistate�nel�supermercato�a�fini�di�tra-
sporto.�Su�tali�sacchetti�si�fa�riferimento,�in�parte,�al�fatto�che�il�produttore�
partecipa�ai�sistemi�di�raccolta�e�recupero�ai�sensi�dell'art.�7,�n.�1,�della�diret-
tiva�n.�94/62/CE,�mediante�apposizione�di�un�marchio�caratteristico�(punto�
verde).�Un'altra�parte�dei�sacchetti�forniti�alla�convenuta�viene�utilizzata�nei�
negozi�di�abbigliamento�ove�vengono�riempiti�da�un�commesso�del�titolare�
dell'esercizio�con�le�merci�acquistate�dal�cliente;�il�sacchetto�viene�quindi�con-
segnato�al�cliente,�successivamente�al�pagamento�delle�merci,�nel�qual�caso�
il�cliente�non�deve�versare�alcun�corrispettivo�separato�per�il�sacchetto�stesso.�
I�sacchetti�con�chiusura�annodata�vengono�gratuitamente�messi�a�disposi-
zione�dei�clienti�nel�reparto�degli�ortofrutticoli�dei�supermercati�e�sono�desti-
nati�ad�essere�utilizzati�dai�clienti�al�fine�di�potere�ivi�riporre�e�pesare�i�pro-
dotti�ortofrutticoli�certi�e�determinare,�quindi,�il�relativo�prezzo.�La�societa�
attrice,�produttrice�dei�sacchetti�in�materiale�plastico,�sostiene,�in�virtu�della�
vendita�di�tale�materiale�alla�convenuta,�di�avere�concluso�una�convenzione�
con�la�stessa�in�base�alla�quale�la�convenuta�si�sarebbe�obbligata�a�parteci-
pare,�con�riguardo�alle�merci�fornitele,�a�sistema�di�raccolta�e�recupero�
gestito�in�situazione�di�monopolio�dalla�societa�aR.A.�

IquesitI 


1.1.��Se�sacchetti�in�materiale�plastico�costituiscano�imballaggi�ai�
sensi�della�direttiva�del�Parlamento�europeo�e�del�Consiglio�20�dicembre�
1994,�n.�94/62/CE,�in�particolare�ai�sensi�dell'art.�3,�n.�1,�della�direttiva�
medesima:�
a) 
qualora�vengano�offerti�quale�prodotto�dall'ultimo�venditore�nella�
zona�della�cassa�e�vengano�ceduti�al�cliente,�su�richiesta�del�medesimo�e�die-
tro�versamento�di�corrispettivo,�quale�strumento�di�trasporto�delle�merci�
acquistate,�ovvero;�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

b) 
qualora�vengano�ceduti�dall'ultimo�venditore�al�cliente�al�mede-
simo�fine,�successivamente�al�pagamento�del�prezzo�delle�merci�acquistate,�
indipendentemente�da�richiesta�del�cliente�o�da�obbligo�del�medesimo�al�
pagamento�di�un�determinato�corrispettivo,�e�vengano�quindi�riempiti�con�
le�merci�acquistate.�

1.2.1.��Prima�questione�supplementare�nell'ipotesi�in�cui�una�delle�
suesposte�questioni�venga�risolta,�con�riguardo�al�testo�in�lingua�tedesca,�in�
senso�affermativo:�
se�differente�soluzione�possa�derivare�dal�fatto�che,�con�riguardo�
all'art.�3,�n.�1,�della�direttiva�n.�94/62/CE,�non�venga�considerato�rilevante,�
ai�fini�della�definizione�del�termine��imballaggio�,�il�testo�tedesco,�in�cui�si�
parla�unicamente�di��merci�,�bens|�il�testo�in�lingua�francese�o�italiana,�in�
cui�si�fa�riferimento�a�determinate�merci�(�marchandises�donne�es��o,�rispetti-
vamente,��determinate�merci�);�se,�in�tale�ipotesi,�i�sacchetti�predisposti�dalla�
societa�attrice�non�costituiscano�imballaggi�ai�sensi�della�direttiva,�essendo�
riempiti�conmerci�di�qualsivoglia�genere�(e�non�conmerci�precedentemente�
determinate)�e,�in�tal�caso,�quale�versione�linguistica�della�direttiva�sia�
rilevante.�

1.2.2.��Seconda�questione�supplementare�nell'ipotesi�di�soluzione�
negativa�di�una�delle�suesposte�questioni:�
se�sia�consentito�al�legislatore�austriaco�o�alla�Commissione�assogget-
tare�prodotti,�che�non�debbano�essere�considerati�quali�imballaggi�ai�sensi�
della�menzionata�direttiva,�alle�disposizioni�previste�dalla�direttiva�medesima�
con�riguardo�agli�imballaggi�ovvero�a�disposizioni�analoghe.�

2.��Se�sia�compatibile�con�il�diritto�comunitario�che�il�gestore�di�un�
sistema�di�raccolta�e�recupero�degli�imballaggi�in�Austria�pretenda�un�corri-
spettivo�(�tassa�di�concessione�)�anche�con�riguardo�a�sacchetti�non�ricom-
presi�nella�sfera�di�applicazione�della�direttiva�n.�94/62/CE,�unicamente�in�
quanto�tali�sacchetti�rechino�un�determinato�marchio�(�punto�verde�)�di�cui�
tale�gestore�possa�legittimamente�disporre.�
3.1��Per��produttore��ai�sensi�dell'art.�3,�n.�1,�della�direttiva�n.�94/�
62/CE�debba�essere�inteso�solamente�colui�che�assembli�o�faccia�assemblare�
la�merce�con�il�prodotto�utilizzato�quale�imballaggio,�ad�esclusione�del�fab-
bricante�del�prodotto�utilizzato�quale�imballaggio�e�se,�in�tal�caso,�tale�pro-
dotto�possa�essere�considerato�quale�materiale�di�imballaggio.�
3.2.��Questione�supplementare�nell'ipotesi�di�soluzione�affermativa�
della�precedente�questione:�
se�sia�consentito�al�legislatore�austriaco�o�alla�Commissione�obbligare�
alla�partecipazione�ad�un�sistema�di�raccolta�e�recupero,�ai�sensi�dell'art.�7,�

n.�1,�della�direttiva�n.�94/62/CE,�anche�le�imprese�fabbricanti�di�soli�
materiali�di�imballaggio,�vale�a�dire�di�prodotti�destinati�ad�essere�riempiti�i�
commerci.�
4.��Se�sia�in�contrasto�con�il�principio�di�causazione,�enunciato�nei�
�considerando��della�direttiva�n.�94/62/CE,��il�fatto�che�una�legge,�quale�

IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CEE�

il�paragrafo�3,�primo�comma,�primo�periodo,�della�normativa�austriaca�in�
materia�di�imballaggi,�preveda�che�i�produttori,�in�particolare�anche�i�produt-
tori�di�materiali�di�imballaggio�(cfr.�il�paragrafo�3,�primo�comma,�nel�combi-
nato�disposto�con�il�paragrafo�1,�primo�comma,�della�normativa�in�materia�
di�imballaggi),�gli�importatori,�gli�imballatori,�ed�i�venditori�siano�obbligati�
al�ritiro�gratuito�degli�imballaggi�di�vendite�e�di�trasporto�a�seguito�del�loro�
uso,�ove�tale�contrasto�potrebbe�risiedere�nel�fatto�che�la�cerchia�di�soggetti�
destinatari�di�tale�obbligo�sia�fissata�in�termini�troppo�restrittivi,�non�ricom-
prendendo�anche�il�consumatore;�e/o�se�una�siffatta�normativa�si�ponga�in�
contrasto�con�l'art.�1,�e�n.�1,�della�direttiva,�nella�parte�in�cui�tale�disposi-
zione�indica,�quale�proprio�obiettivo,�la�prevenzione�dell'insorgenza�di�osta-
coli�agli�scambi,�laddove�l'obbligo�del�produttore�al�ritiro�del�materiale�di�
imballaggio�o�degli�imballaggi�costituisce�il�maggiore�ostacolo�agli�scambi�
immaginabile.�

5.��Se�un�sistema�di�raccolta�e�recupero�del�genere�di�quello�gestito�in�
Austria�dallo�Altstoff�Recycling�Austria,�ai�sensi�del�paragrafo�11�della�legge�
sugli�imballaggi�violi�il�principio�di�proporzionalita�,�qualora�risulti�spropor-
zionato�rispetto�alle�esigenze�di�una�efficace�tutela�dell'ambiente.�
6.��Se�sia�in�contrasto�con�i�principi�enunciati�negli�articoli�30�CE�
e�seguenti,�in�particolare�dell'art.�37�CE,�il�fatto�che�in�uno�Stato�membro,�
come�avviene�in�Austria�per�effetto�del�paragrafo�11�della�normativa�in�
materia�di�imballaggi,�sia�stato�istituito,�in�esecuzione�dell'art.�7�della�
direttiva,�un�sistema�di�raccolta�e�recupero�in�posizione�di�monopolio,�
qualora�ne�derivi�una�restrizione�sproporzionata�ed�inadeguata�alla�con-
correnza�ed�alle�liberta�fondamentali,�tale�intervento�non�si�ponga�nel�giu-
sto�rapporto�rispetto�ad�un'efficace�azione�diretta�a�migliorare�il�livello�
della�tutela�dell'ambiente�e�il�detto�sistema,�istituito�accanto�a�quello�
comunale,�e�ponendo�sullo�stesso�piano�tutto�quanto�rechi�il�marchio�
�Gruner�Punkt��(�punto�verde�),�non�risulti�correlato�all'obiettivo�dello�
smistamento�di�rifiuti�all'origine,�criterio��fondamentale��ai�sensi�dei�
�considerando��della�direttiva,�violando�inoltre�il�diritto�del�consumatore,�
garantitogli�dalla�sesta�direttiva�i.v.a,�del�17�maggio�1977,�ad�un'aliquota�
dimezzata�ovvero�ridotta�per�il�servizio�di�smaltimento�dei�propri�rifiuti�
domestici.�
7.�Se�sia�consentito�che�la�normativa�austriaca�in�materia�di�imballaggi�
dia�attuazione�ai�sistemi�di�raccolta�e�recupero�istituiti�dall'art.�7,�n.�1,�della�
direttiva�nel�senso�che�un'impresa�in�monopolio�o�imprese�in�oligopolio�che�
possano�disporre�di�tutti�i�rifiuti�di�imballaggio�destinati�ad�essere�riciclati�
in�materie�prime,�potendo�in�tal�modo�pilotare�e�sovvenzionare,�mediante�
aiuti�singoli�ad�imprese,�a�settori�industriali�(ad�esempio,�l'industria�del�
cemento)�o�a�comuni�(ad�esempio,�il�comune�di�Vienna)�il�riciclaggio�dei�
rifiuti�con�conseguente�distorsione�alla�concorrenza,�ovvero�se�un�sistema�di�
tal�genere�si�ponga�in�contrasto�con�il�diritto�comunitario,�in�particolare�
con�gli�articoli�30�CE�e�seguenti,�in�particolare�con�l'art.�37�CE.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Causa�C-342/01�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Congedo�maternita�^
Deroga�agli�accordi�collettivi�sulle�ferie�per�coincidenza�con�il�congedo�di�
maternita�gia�goduto�^Direttive�n.�76/207,�n.�93/104�e�n.�92/85�^Ordi-
nanza�del��Juez�de�lo�social�n.�33�di�Madrid��(Spagna)�^Emessa�il�3�set-
tembre�2001�^Notificata�il�6�novembre�2001.�

IL 
fattO 


La�controversia�riguarda�una�lavoratrice�madre�che,�avendo�usufruito�di�
un�periodo�di�congedo�di�maternita�definito�negli�accordi�collettivi�nazionali,�
chiede�di�poter�usufruire�delle�ferie�in�un�periodo�successivo�al�congedo�di�
maternita�ed�ottiene�un�diniego�dall'impresa�con�la�motivazione�che�il�
periodo�di�maternita�,�da�essa�usufruito,�coincide�con�quello�preventivamente�
e�collettivamente�convenuto�fra�l'impresa�e�i�rappresentanti�dei�lavoratori�
per�il�godimento�delle�ferie�di�tutto�il�personale.�

IquesitI 


1.��Se,�allorche�alcuni�accordi�collettivi�conclusi�tra�l'impresa�e�i�rap-
presentanti�dei�lavoratori�fissano�le�date�di�godimento�delle�ferie�per�la�tota-
lita�del�personale�e�queste�date�risultano�coincidenti�con�quelle�di�congedo�
per�maternita�di�una�lavoratrice,�l'art.�7,�n.�1,�della�direttiva�n.�93/104,�
l'art.�11,�n.�2,�lettera�a),�della�direttiva�n.�92/85�e�l'art.�5,�n.�1�della�direttiva�
n.�76/207,�garantiscano�il�diritto�di�tale�lavoratrice�a�godere�delle�sue�ferie�
annuali�in�un�periodo�diverso�da�quello�stabilito�e�non�coincidente�con�quello�
del�suo�congedo�per�maternita�.�
2.��Se,�in�caso�di�soluzione�affermativa�della�precedente�questione,�il�
contenuto�sostanziale�del�diritto�al�godimento�di�ferie�annuali�comprenda�
esclusivamente�le�4�settimane�di�congedo�di�cui�all'art.�7�della�direttiva�
n.�93/104,�o�si�estenda�ai�30�giorni�stabiliti�dalla�normativa�nazionale,�
art.�38,�n.�1�del�Real�decreto�legislativo�n.�1/1995�Statuto�dei�lavoratori.�
LA 
posizionE 
assuntA 
daL 
GovernO 
italianO 


Si�riportano�le�osservazioni�scritte�redatte�dall'Avvocatura�dello�Stato�il�
27�dicembre�2001:�

�In�relazione�alprimo�quesito,�il�diritto�interno�italiano,�sia�attraverso�l'in-
terpretazione�dei�giudici�che�attraverso�il�recepimento�delle�direttive�comunita-
rie,�ha�risolto�in�sensofavorevole�alle�lavoratrici�madri�la�questione�dell'aggiun-
tivita�delleferieannualiaicongediobbligatoripermaternita�.�Diquil'interesse�
dello�Stato�italiano�ad�una�soluzione�della�questione�pregiudiziale�che�tenda�a�
rendere�omogenei�i�trattamenti�per�i�lavoratori�e�i�costi�d'impresa�nell'intera�
area�dell'unione�Europea.�

Nel�caso�di�specie�la�dipendente�verrebbe�privata�di�un�diritto�esplicita-
mente�conferito�a�tutti�i�lavoratori�(sentenza�BECTU�del�26�giugno�2001,�causa�
C-173/99),�qualeildirittoalleferieannuali,�perilsolofattodiessereincongedo�
obbligatoriopermaternita�.Potra�pertantoessereutileilrichiamoallasentenza�
Evelyne�Thibault�del�30�giugno�1998,�causa�C-136/95,�nella�quale�si�e�stabilito�


IL 
CONTENZIOSO 
DELL'UE 
^I 
giudizi 
in 
corso 
alla 
Corte 
di 
Giustizia 
CEE 
81

che�costituisce�una�discriminazione�direttamente�basata�sul�sesso,�vietata�dalla�
direttivan.�76/207/CEE,�lacircostanzacheunadonnavengaprivatadeldiritto�
di�ricevere�le�note�di�qualifica�e�la�possibile�promozione,�a�causa�dell'assenza�
per�maternita�.�Anche�nella�presente�circostanza�sembra�che�la�ricorrente�possa�
essere�considerata��vittima�di�una�discriminazione�che�ha�origine�nella�sua�gra-
vidanza�e�nel�suo�congedo�di�maternita��.�

Quantoalsecondoquesito,�ilproblemae�stabilireselegiornatediferie,�di�
cui�verra�a�godere�la�dipendente,�debbano�essere�direttamente�quelle�previste�
come�limite�minimo�dalla�normativa�comunitaria�ovvero�i�trenta�giorni�goduti�
da�ciascun�lavoratore�spagnolo.�

La�scelta�del�principio�di�non�discriminazione�dei�sessi,�come�regola�di�
soluzione�delprimo�quesito,�dovrebbe�condurre�coerentemente�alla�utilizzazione�
del�diritto�interno�spagnolo�qualefonte�di�regolamentazione�delleferie.�L'opi-
nionecontraria,�chelimitaildiritto�alleferiedapartedellaricorrentealminimo�
riconosciuto�dalla�normativa�comunitaria,�presenta,�per�contro,�il�vantaggio�di�
evitare�promiscuita�di�fonti�di�disciplina�di�un�diritto�fondato�direttamente�su�
fonti�comunitarie�e�non�riconosciuto,�per�varie�ragioni,�dal�diritto�di�uno�Stato�
membro.�Nel�caso�di�specie�si�ritiene,�comunque,�preferibile�la�prima�soluzione.�

Sulla�base�di�tali�premesse�si�suggerisce�di�rispondere�ai�quesiti�nel�senso�
che:�

�allorche�alcuni�accordi�collettivi�conclusi�tra�l'impresa�e�i�rappresen-
tantideilavoratorifissanoledatedigodimentodelleferieperla�totalita�delper-
sonale�e�queste�date�sono�coincidenti�con�quelle�di�congedo�per�maternita�di�
una�lavoratrice,�l'art.�7,�n.�1,�della�direttiva�n.�93/104,�l'art.�11,�n.�2,�lettera\�a),�
della�direttiva�n.�92/85�e�l'art.�5,�n.�1,�della�direttiva�n.�76/207�garantiscono�il�
diritto�di�tale�lavoratrice�a�godere�delle�sue�ferie�annuali�in�un�periodo�diverso�
da�quello�stabilito�e�non�coincidente�con�quello�del�suo�congedo�per�maternita��.�

�Il�contenuto�sostanziale�del�diritto�al�godimento�delle�ferie,�in�tal�modo�
riconosciuto,�si�conforma�a�quello�stabilito�per�gli�altri�lavoratori�da�ciascuna�
normativa�nazionale�.�

Causa 
C-349/01 
(domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale) 
^Comitato 
aziendale 
europeo 
^Procedura 
per 
l'informazione 
e 
la 
consultazione 
dei 
lavoratori 
nelle 
imprese 
e 
gruppi 
di 
imprese 
di 
dimensione 
comunitaria 
^Direttiva 


n. 
94/45/CE 
^Ordinanza 
del 
Arbeitsgericht 
Bielefeld 
(Germania). 
IL 
fattO 


La 
controversia 
tra 
le 
parti 
verte 
sugli 
obblighi 
di 
informazione 
della 
datrice 
di 
lavoro 
nei 
confronti 
del 
comitato 
aziendale 
in 
relazione 
all'istitu-
zione 
di 
un 
comitato 
aziendale 
europeo. 
La 
societa� 
datrice 
di 
lavoro 
appar-
tiene 
ad 
un 
gruppo 
di 
imprese 
di 
dimensione 
internazionale, 
la 
cui 
direzione 
e� 
stabilita 
in 
Svizzera. 
Il 
comitato 
aziendale 
e� 
composto 
da 
nove 
membri, 
la 
societa� 
datrice 
di 
lavoro 
impiega 
circa 
530 
collaboratori. 
Le 
quote 
della 
societa� 
datrice 
di 
lavoro 
sono 
detenute 
da 
una 
societa� 
olandese. 
Quest'ultima 



RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

detiene�anche�quote�di�altre�imprese�appartenenti�al�medesimo�gruppo�che�
hanno�sede�in�Svezia,�Norvegia,�Danimarca,�Finlandia,�Gran�Bretagna,�
Paesi�Bassi,�Austria,�Francia,�Belgio�e�Ungheria.�Il�comitato�aziendale�chiede�
la�comunicazione�di�informazioni�ai�sensi�dell'art.�5,�n.�2�della�legge�tedesca�
sul�comitato�aziendale�europeo.�

IquesitI 


1.��Se�la�direttiva�del�consiglio�n.�94/45/CE,�riguardante�l'istituzione�
di�un�comitato�aziendale�europeo�e�di�una�procedura�per�l'informazione�e�la�
consultazione�dei�lavoratori�dell'impresa�e�nei�gruppi�di�imprese�di�dimen-
sioni�comunitarie,�in�particolare�gli�articoli�4�e�11�della�medesima,�impon-
gono�ad�un'impresa�con�sede�nel�Regno�unito�di�Gran�Bretagna,�cui�debba�
essere�riconosciuto�il�ruolo�di�direzione�centrale�ai�sensi�dell'art.�4,�n.�2,�
secondo�capoverso,�e�n.�3�della�direttiva�stessa,�ovvero�ad�un'impresa�con�
sede�nel�Regno�dei�Paesi�Bassi,�che�rappresenta�la�direzione�centrale�dell'im-
presa�controllante�ai�sensi�degli�articoli�2,�n.�1,�lettera�e),�e�3,�n.�1,�della�
direttiva,�l'obbligo�di�fornire�ad�un'altra�impresa�con�sede�nella�Repubblica�
federale�di�Germania,�appartenente�allo�stesso�gruppo�di�imprese,�informa-
zioni�in�merito�alle�imprese�e�agli�stabilimenti�appartenenti�al�medesimo�
gruppo,�alla�loro�forma�giuridica,�alle�strutture�di�rappresentanza,�al�numero�
complessivo�medio�dei�lavoratori,�nonche�alla�loro�ripartizione�tra�gli�Stati�
membri�e�le�imprese.�
2.��In�caso�di�soluzione�affermativa�della�prima�questione:�se�l'ob-
bligo�di�informazione�comprenda�anche�le�denominazioni�delle�rappresen-
tanze�dei�lavoratori�e�loro�rappresentanti,�necessariamente�partecipanti,�per�
conto�dei�lavoratori�delle�imprese�o�delle�imprese�da�queste�dipendenti,�alla�
costituzione�di�un�comitato�aziendale�europeo.�
NotE 


La 
questione 
interpretativa 
sottoposta 
all'esame 
della 
Corte 
di 
giustizia 


assume 
rilievo 
alfine 
dell'uniforme 
recepimento 
della 
normativa 
comunitaria 
e 


della 
tutela 
dei 
lavoratori 
di 
societa� 
appartenenti 
a 
gruppi 
con 
societa� 
con 
sede 


neidiversiStatidellaComunita� 
europea.Ecio�,inquantoilfunzionamentodel 


mercato 
interno 
comporta 
un 
processo 
di 
concentrazione 
di 
imprese, 
difusioni 


transfrontaliere, 
di 
acquisizioni 
di 
controllo 
e 
di 
associazioni 
e, 
di 
conseguenza, 


una 
transnazionalizzazione 
delle 
imprese 
o 
dei 
gruppi 
di 
imprese, 
con 
effetto 


che 
non 
possono 
essere 
accettate 
disuguaglianze 
di 
trattamento 
tra 
i 
lavoratori 


sulle 
cui 
condizioni 
incidono 
le 
decisioni 
di 
una 
stessa 
impresa 
o 
gruppo 
di 


imprese 
derivanti 
dalla 
difformita� 
delle 
procedure 
di 
informazione 
e 
consulta-

zione 
delle 
normative 
nazionali. 
Sussiste, 
pertanto, 
la 
necessita� 
quantomeno 
di 


una 
speciale 
attenzione 
all'esito 
del 
giudizio, 
nel 
corso 
del 
quale 
non 
manche-

ranno 
di 
emergere 
le 
soluzioni 
adottate 
dai 
singoli 
Stati 
membri 
in 
sede 
di 
rece-

pimento 
di 
una 
direttiva 
che 
si 
collega 
direttamente 
alla 
Carta 
sociale 
del 
1989 


(il 
cui 
art. 
17 
stabilisce, 
tra 
l'altro, 
che 
�occorre 
sviluppare 
l'informazione, 
la 


consultazione 
e 
la 
partecipazione 
dei 
lavoratori 
secondo 
modalita� 
adeguate, 


tenendo 
conto 
delle 
prassi 
vigenti 
nei 
diversi 
Stati 
membri�, 
ed 
in 
generale 
pre-

vede 
che 
�cio� 
vale 
in 
particolare 
nelle 
imprese 
o 
nei 
gruppi 
che 
hanno 
stabili-

mentioimpresesituateinpiu� 
Statimembrichiusi�). 



IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CEE�83 


Causa�C-363/01�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Accesso�al�mercato�
dei�servizi�di�assistenza�a�terra�negli�aeroporti�della�Comunita�^Art.�16,�

n.�3,�della�direttiva�n.�96/67/CE�del�Consiglio�^Ordinanza�del�Oberlan-
desgericht�Franfurt�am�Main�(Germania).�
IL 
fattO 


La�societa�attrice�e�il�gestore�dell'aeroporto�mentre�la�convenuta�e�una�
compagnia�di�navigazione�aerea�che�fa�scalo�in�tale�aeroporto,�nel�quale�pre-
sta�servizi�di�assistenza�(check-in)�ai�propri�passeggeri�(c.d.�autoassistenza�a�
terra)�nonche�ai�passeggeri�di�altre�compagnie�aeree�(prestazione�di�servizi�
di�assistenza�terzi).�Le�parti�disputano�intorno�alla�questione�se�l'attrice�sia�
legittimata�a�pretendere�dalla�convenuta�un��canone�di�ammissione��per�tali�
servizi�in�aggiunta�al�corrispettivo�che�il�detto�operatore�e�tenuto�a�pagare�
in�base�contratto�per�l'ottenimento�in�uso�locativo�di�infrastrutture�aeropor-
tuali.�L'art.�16�della�direttiva�del�Consiglio�n.�96/87/CE�dispone�che�gli�Stati�
membri�adottino�le�misure�necessarie�per�garantire�ai�prestatori�di�servizi�
ed�agli�utenti�che�intendono�praticare�l'auto�assistenza,�l'accesso�agli�impianti�
aeroportuali,�nella�misura�in�cui�detto�accesso�e�una�condizione�necessaria�
per�l'esercizio�delle�loro�attivita�.�Qualora�l'ente�di�gestione�o,�all'occorrenza,�
l'autorita�pubblica�o�altro�ente�che�lo�controlla�imponga�condizioni�all'ac-
cesso,�queste�devono�essere�pertinenti,�obiettive,�trasparenti�e�non�discrimi-
natorie.�Al�numero�3�prevede,�inoltre,�che,�qualora�l'accesso�agli�impianti�
aeroportuali�comporti�la�riscossione�di�un�corrispettivo�economico,�questo�
sia�determinato�in�base�ai�criteri�pertinenti�obbiettivi,�trasparenti�e�non�
discriminatorio.�Al�venticinquesimo�considerando�di�detta�direttiva�si�
afferma�quanto�segue:��Considerando�che�sia�i�prestatori�autorizzati�a�for-
nire�servizi�di�assistenza�terra�e�agli�utenti�autorizzati�a�praticare�l'auto�assi-
stenza�deve�essere�garantito�l'accesso�agli�impianti�aeroportuali,�nella�misura�
di�fissarli�all'esercizio�dei�loro�diritti�e�acconsentire�condizioni�di�concorrenza�
effettiva�e�reale;�che�tuttavia�tale�accesso�deve�poter�comportare�la�riscos-
sione�di�un�corrispettivo�economico�.�

IquesitI 


1.��Se�la�direttiva�del�consiglio�15�ottobre�1996,�n.�96/67/CE,�relativa�
all'accesso�al�mercato�dei�servizi�di�assistenza�a�terra�negli�aeroporti�della�
Comunita�,�ed�in�particolare�l'art.�16,�n.�3,�della�medesima,�in�connessione�al�
suo�venticinquesimo��considerando�,�debbano�essere�interpretati�nel�senso�
che�l'ente�di�gestione�di�un�aeroporto�ai�sensi�dell'art.�3�della�detta�direttiva�
e�legittimato�a�pretendere�dall'operatore�che�effettua�l'autoassistenza�a�terra�
e/o�dall'operatore�che�fornisce�servizi�di�assistenza�a�terzi�(prestatore�di�ser-
vizi),�a�fronte�dell'autorizzazione�all'accesso�agli�impianti�aeroportuali,�un�
canone�di�ammissione�particolare�sotto�forma�di�tassa�di�accesso�a�titolo�di�
corrispettivo�per�il�conferimento�di�una�opportunita�di�guadagno,�canone�
da�pagarsi�in�aggiunta�alla�corrispettivo�(canone�di�locazione)�che�detto�ope-
ratore�e�tenuto�a�pagare�in�base�contratto�per�l'ottenimento�in�uso�locativo�
di�infrastrutture�aeroportuali�(nella�fattispecie:�sportelli�per�l'assistenza�ai�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

passeggeri);�ovvero�(seconda�alternativa)�se�dalle�norme�della�direttiva�conse-
gua�soltanto�che�nella�determinazione�del�canone�per�l'utilizzazione�delle�
infrastrutture�debbono�osservarsi�criteri�di�cui�all'art.�16,�n.�3,�e�viene�preso�
in�considerazione�l'interesse�al�conseguimento�di�utili�dell'ente�di�gestione�
dell'aeroporto.�

2.��In�caso�di�soluzione�affermativa�della�questione�sub 
1(prima�
alternativa),�se�la�societa�di�gestione�aeroportuale�sia�titolare�di�un�diritto�
nel�senso�predetto�nei�confronti�dell'operatore�che�effettua�l'autoassistenza�
a�terra�e/o�dell'operatore�che�fornisce�servizi�di�assistenza�a�terzi�(presta-
tore�di�servizi�che�si�trovi�nella�posizione�della�convenuta�nel�procedi-
mento�a 
quo)�anche�in�settori�nei�quali�il�libero�accesso�al�mercato�dei�ser-
vizi�di�assistenza�a�terra�era�garantito�gia�prima�dell'entrata�in�vigore�della�
direttiva�e,�piu�precisamente,�nel�settore�dei�servizi�di�assistenza�a�terra�
�lato�citta��.�
3.��In�caso�di�soluzione�affermativa�della�questione�sub 
2,�se�la�diret-
tiva�debba�essere�interpretata�nel�senso�che�essa�adesso�legittima�l'ente�di�
gestione�di�un�aeroporto�ai�sensi�dell'art.�3�a�pretendere�anche�dall'operatore�
che�effettua�l'autoassistenza�a�terra�e/o�dal�prestatore�di�servizi�in�posizione�
analoga�a�quella�della�convenuta�nel�procedimento�a 
quo,�il�quale�fino�all'en-
trata�in�vigore�della�direttiva�e/o�delle�norme�dirette�alla�sua�trasposizione�
nell'ordinamento�nazionale,�abbia�corrisposto�per�l'utilizzo�delle�infrastrut-
ture�aeroportuali�(soltanto)�canoni�di�locazione,�anche�un�canone�di�ammis-
sione�del�tipo�indicato�sub 
1�a�titolo�di�corrispettivo�per�l'�accesso�agli�
impianti�aeroportuali�.�
4.��Se�eventualmente�la�richiesta�(anche)�di�un�canone�di�ammissione�
ad�un�operatore�che�effettua�l'auto�assistenza�terra�e/o�ad�un�prestatore�di�
servizi,�al�quale�sia�stata�finora�garantito�il�libero�accesso�al�mercato�dei�ser-
vizi�di�assistenza�a�terra�(eventualmente�nel�solo�settore�dell'auto�assistenza)�
senza�ulteriore�canone�di�ammissione,�sia�addirittura�indispensabile�per�
impedire�disparita�di�trattamento�rispetto:�a) 
a�quegli�operatori�che�effet-
tuano�l'auto�assistenza�ed�a�quei�prestatori�di�servizi�ai�quali�gia�prima�
veniva�richiesto�un�canone�di�ammissione�in�aggiunta�al�canone�per�l'utilizza-
zione�delle�infrastrutture;�b) 
a�quegli�operatori�che�effettuano�l'auto�assi-
stenza�ed�a�quei�prestatori�di�servizi�ai�quali�per�la�prima�volta�viene�consen-
tito,�sulla�scorta�delle�posizioni�giuridiche�create�dalla�direttiva,�l'accesso�alle�
infrastrutture�aeroportuali�e�ai�quali�viene�ora�richiesto,�per�tale�motivo,�un�
canone�di�ammissione�in�aggiunta�al�canone�per�l'utilizzazione�degli�
impianti.�
5.��Nel�caso�in�cui�l'art.�16,�n.�3,�della�direttiva�del�Consiglio�15�otto-
bre�1996,�n.�96/67/CE,�conferisca�all'ente�di�gestione�di�un�aeroporto�il�
diritto�di�pretendere�anche�un�canone�di�ammissione�nel�senso�soprade-
scritto,�se�un�canone�di�ammissione,�del�quale�venga�preteso�il�pagamento�
in�aggiunta�al�canone�per�l'utilizzazione�di�sportelli�per�i�servizi�di�assistenza,�
corrisponda�ai�requisiti�di�pertinenza,�obiettivita�,�trasparenza�e�non�discrimi-
natorieta�di�cui�all'art.�16,�n.�3,�qualora�venga�determinato�in�base�al�numero�
di�passeggeri�(nella�fattispecie�marchi�0,30�per�passeggero�destinatario�dei�
servizi�di�assistenza).�

IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CEE�85 


Causa 
C-364/01 
(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Beni 
immobili 
^
Acquisizione 
per 
successione 
^Imposte 
^Libera 
circolazione 
delle 
persone 
e 
dei 
capitali 
^Ordinanza�del�Gerechtshofte's�Hertogenbosch�(Paesi�
Bassi).�

IL 
fattO 


I�successori�di�un�cittadino�olandese�residente�in�Belgio�ritengono�di�
individuare�nel�diritto�tributario�olandese�un�ostacolo�alla�libera�
circolazione�nella�Comunita�,�in�quanto�questo�effettua�una�distinzione�in�
materia�successoria�in�base�alla�residenza�o�meno�de 
cuius 
nei�Paesi�Bassi�
autorizzando�la�detrazione�degli�obblighi�di�cessione�solo�se�il�de 
cuius 
risieda�
nei�Paesi�Bassi�al�momento�del�decesso.�Il�de 
cuius 
e�cittadino�olandese�
trasferitosi�in�Belgio��senza�perdere�la�cittadinanza��ed�ivi�deceduto.�
Lascia�beni�immobili�siti�in�Olanda,�altri,�invece,�li�aveva�alienati�a�societa�
commerciali�da�lui�controllate�di�diritto�olandese.�Altri�beni�ancora��in�
comproprieta�con�il�fratello��erano�stati�alienati�a�due�societa�di�cui�dete-
neva�le�quote�(corrispondenti�al�conferimento�in�natura).�Al�fine�di�evitare�il�
pagamento�dell'imposta�di�registro,�questi�manteneva�la�nuda�proprieta�
attraverso�l'assunzione�dell'obbligo�di�cedere�i�beni�venduti.�L'obbligo�di�ces-
sione�non�era�garantito�da�ipoteca�e�non�produceva�interessi.�Come�corri-
spettivo�della�cessione�il�de 
cuius 
otteneva�una�controprestazione�pari�al�
valore�della�piena�proprieta�non�gravata�(il�valore�economico�del�bene�e�
coincidente�in�fatto�con�quello�della�nuda�proprieta�).�Le�societa�si�accolla-
vano�i�debiti�del�de 
cuius 
garantiti�da�ipoteca.�Relativamente�ai�beni�in�piena�
proprieta�relitti,�il�valore�dichiarato�e�stato�determinato�detraendo�i�debiti�
ipotecari�assunti�per�il�loro�acquisto.�L'ufficio�delle�imposte�ha�rettificato�la�
dichiarazione�aggiungendo�tutti�gli�immobili�ceduti.�La�detrazione�degli�
oneri�relativi�agli�immobili�caduti�in�successione�e�ammessa�dal�diritto�olan-
dese�solo�se�detti�oneri�sono�detraibili�ai�fini�delle�imposte�dirette.�

IquesitI 


1.��Se�per�l'accesso�al�diritto�comunitario�si�richieda�ancora�l'esi-
stenza�di�una�attivita�economica�transfrontaliera.�
2.��Se�il�diritto�comunitario�osti�a�che�uno�Stato�membro�(lo�stato�di�
ubicazione�dei�beni)�prelevi,�in�caso�di�acquisizione�per�successione�di�un�
bene�immobile�che�si�trovi�in�tale�Stato,�un'imposta�sul�valore�di�detto�bene�
immobile�autorizzando�la�detrazione�del�valore�dell'obbligo�di�cessione�del�
bene�immobile�se�il�de 
cuius,�all'epoca�del�decesso,�risiedeva�in�detto�stato�di�
ubicazione�di�vini,�ma�nonna�se�e�risiedeva�allora�in�un�altro�stato�membro�
(stato�di�residenza).�
3.��Se�per�la�soluzione�della�seconda�questione�rilevi�il�fatto�che�all'e-
poca�in�cui�ha�acquistato�detto�dell'immobile,�il�de 
cuius 
non�risiedesse�piu�
nello�Stato�di�ubicazione�dei�beni.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

4.��Se�per�la�soluzione�della�seconda�questione�rilevi�la�ripartizione�
del�capitale�del�de�cuius�fra�lo�Stato�di�ubicazione,�il�suo�Stato�di�residenza�
ed�eventuali�altri�Stati.�
5.��In�caso�affermativo,�in�quale�Stato�si�debba�considerare�che�il�
capitale�investito�nel�caso�di�un�credito�in�conto�corrente�nei�confronti�di�
una�societa�privata�di�cui�al�punto�2.4.�
Causa 
C-378/01 
^Commissione 
c. 
Repubblica 
italiana. 
^Ricorso 
per 
ina-
dempimento 
^Mancata 
applicazione 
dell'art. 
4, 
paragrafi 
1, 
2 
e 
3 
della 
direttiva 
n. 
79/409/CEE 
^Conservazione 
di 
uccelli 
selvatici 
^Designa-
zione 
di 
nuove 
zone 
di 
protezione 
speciale. 


IL 
fattO 


La�Commissione�ha�adito�la�Corte�di�giustizia�chiedendo�che�sia�accer-
tato�che�la�Repubblica�italiana,�non�avendo�classificato�in�misura�sufficiente�
come�zona�di�protezione�speciale�i�territori�idonei�per�numero�e�per�superfi-
cie�alla�conservazione�delle�specie�dell'allegato�I�della�direttiva�n.�79/409/�
CEE�e�successive�modifiche�e�delle�altre�specie�migratrici�e�che�ritornano�
regolarmente�in�Italia,�e�non�avendo�comunicato�alla�Commissione�tutte�le�
informazioni�opportune�in�merito�alla�maggior�parte�delle�zone�di�protezione�
speciale�da�essa�classificate,�e�venuta�meno�agli�obblighi�che�incombono�in�
virtu�dell'art.�4,�paragrafi�1,�2�e�3�della�predetta�direttiva.�

LA 
posizionE 
assuntA 
daL 
GovernO 
italianO 


Nel�controricorso�si�e�rilevato�come�nella�direttiva�n.�79/409/CEE�nel�
testo�vigente�siprevedel'obbligodegliStatidiadottaremisureperpreservare,�
mantenere�e�ristabilireper�tutte�lespecieprotette�una�varieta�edunasuperficie�
sufficiente�di�habitat.�L'intervento�e�adeguato,�e�quindi�in�linea�con�l'obbligo�

comunitario,�se�proporzionato�alla�popolazione�di�uccelli�protetti.�Con�questa�
ulteriore�precisazione:�la�popolazione�di�tutte�le�specie�di�uccelli�protetti�deve�
essere�determinata�in�relazione�alle�esigenze�ecologiche,�scientifiche�e�culturali�
a�ciascuno�di�esse�proprie,�tenendo�conto�anche�delle�esigenze�economiche�e�
ricreative�della�zona�geografica�presa�in�considerazione.�La�determinazione�
della�popolazione�delle�specie�protette�da�preservare,�mantenere�e�ripristinare�e�
il�risultato�di�una�mediazione�tra�esigenze�di�protezione�ecologica�ed�esigenze�
economiche�(protezionedellaproduzioneagricolaedellealtreattivita�economi-
che)�e�ricreative�(caccia).�Per�operare�una�tale�mediazione�non�sonoforniti�cri-
teri�oggettivi�assoluti.�L'affermazione�che�non�sussiste�discrezionalita�nell'oppor-
tunita�di�classificare�come�ZPS�i�territori�che�appaiono�come�ipiu�appropriati�
secondo�i�criteri�ornitologici,�che�invece�sussiste�nell'attuazione�di�tali�criteri�ai�
fini�della�identificazione�dei�territoripiu�idonei�alla�conservazione�delle�specie�
interessate�(sentenza�11�luglio�1996�c.d.�Lappel�bank)�non�e�concludente�alfine�
dellafissazione�del�numero�di�ZPS�che�garantiscano�l'adempimento�dell'obbligo�
diprotezione,�inquantoattieneadundatostrumentalerispettoall'entita�della�
popolazione�degli�uccelli�da�proteggere,�che�comunque�devono�essere�indicati�
secondo�una�ragionevole�stimafondata�su�dati�statistici�attendibili.�Nella�specie�


IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CEE�87 


si�controverte�non�della�idoneita�dei�siti�identificati,�ma�della�sufficienza�dei�siti�
medesimi�rispetto�all'esigenza�di�tutela.�Ne�deriva�che�la�contestazione�di�un�ina-
dempimento�all'obbligo�deve�indicare�i�criteriscientificipresia�base�della�valu-

tazione�di�talefattispecie�complessaperdedurne�che�visiastata�violazione�del-
l'obbligodiprotezione.�Tantonone�statofattodallaCommissione,�laqualesie�
limitata�a�delle�contestazioni�puramente�formali�in�una�materia�che�non�
ammette�l'inversione�dell'onere�della�prova,�senza�alcun�riferimento�alla�entita�
delle�specie�protette,�alle�rotte�di�transito�e�dei�luoghi�di�stazionamento,�alle�
caratteristiche�produttive�(con�specificazione�delle�specie�di�coltivazioni�in�loco�
e�delle�attivita�economiche�ivi�attivate)�delle�aree�assuntivamente�interessate.�
La�contestazione�e�stata,�dunque,�puramente�astratta�e,�come�tale,�inidonea�a�
fondare�una�contestazione�di�inadempimento.�Il�ricorso�deve,�pertanto,�essere�
respinto.�

Causa 
C-380/01 
(domanda�di�rinvio�pregiudiziale)�^Discriminazione 
in 
base 
al 
sesso 
^Risarcimento 
del 
danno 
^Art.�6�della�Direttiva�

n.�76/207/CEE�^Ordinanza�del��Verwaltungsgerichtshof��(Austria)�^
Emessa�il�13�settembre�2001�^Notificata�il�20�novembre�2001.�
IL 
fattO 


La�questione�trae�origine�dal�fatto�che�in�occasione�di�due�concorsi�cui�il�
ricorrente�ha�partecipato�negli�anni�1997�e�1998�per�la�copertura�di�un�posto�
organico�corrispondente�alle�sue�competenze�gli�sono�state�preferite,�a�
motivo�della�pari�idoneita�professionale,�le�concorrenti�piu�giovani,�sia�per�
eta�che�per�anzianita�di�servizio,�in�considerazione�della�quota�riservata�per�
la�promozione�della�donna.�

Il�ricorrente,�in�considerazione�dell'asserito�danno�sofferto�a�seguito�
della�decisione�a�lui�sfavorevole,�ha�proposto�una�azione�di�responsabilita�
dinanzi�al�Tribunale�di�Vienna�ed�ha,�inoltre,�richiesto�il�risarcimento�dei�
danni�subiti.�La�decisione�del�Ministero�Federale�di�Giustizia,�impugnata�
dinanzi�al�Verwaltungsgerichtshof,�ha�respinto�la�citata�richiesta�di�risarci-
mento�danni�in�quanto�le�circostanze�fatte�valere�dal�ricorrente�non�erano�
tali�da�poter�essere�prese�in�considerazione�dalla�decisione�in�esame�ai�fini�
della��clausola�di�riserva�.�

IL 
quesitO 


Se�l'art.�6�della�direttiva�del�Consiglio�n.�76/207/CEE,�relativa�all'attua-
zione�del�principio�della�parita�di�trattamento�fra�gli�uomini�e�le�donne�per�
quanto�riguarda�l'accesso�al�lavoro,�alla�formazione�e�alla�promozione�pro-
fessionali�e�le�condizioni�di�lavoro,�debba�essere�interpretato�nel�senso�che�
la�possibilita�,�prescritta�da�tale�articolo,�di�far�valere�i�propri�diritti�per�via�
giudiziaria�(nel�caso�in�esame�un'azione�di�risarcimento�danni),�non�e�suffi-
cientemente�attuata�per�il�fatto�che�e�previsto�il�solo�ricorso�alla�Verwaltung-
sgerichtshof�austriaca,�considerate�le�sue�competenze�limitate�alle�questioni�
di�diritto�(solo�quelle�di�una�corte�di�cassazione�senza�riesame�dei�fatti).�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Causa 
C-383/01 
(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Tassa 
di 
immatrico


lazione 
autovetture 
^Artt.�28�e�30�Trattato�CE�^Ordinanza�del�Ostre�

Landsret�(Danimarca).�

IL 
fattO 


La�ricorrente,�una�associazione�di�categoria�delle�imprese�ateniesi�ope-
ranti�nell'importazione�di�autovetture�nuove�per�la�loro�vendita�tramite�
rivenditori,�acquistava�da�altra�societa�una�autovettura�della�marca�Audi�A�
ad�uso�del�proprio�direttore.�L'importo�complessivo�per�l'autovettura,�com-
presi,�tra�altri,�taluni�costi�di�consegna,�ammontano�a�corone�danesi�
498546,�importo�sul�quale�la�societa�ricorrente�pagava�una�tassa�di�immatri-
colazione�di�corone�danesi�297456.�Dal�momento�che�la�tassa�di�immatricola-
zione,�a�parere�della�ricorrente,�era�stata�introitata�illegittimamente,�questa�
ne�chiedeva�la�restituzione�all'amministrazione�tributaria,�che�rifiutava�di�
provvedervi.�Essa�ha�basato�la�sua�domanda�sugli�articoli�28,�29�e�90�del�
Trattato�CE�come�pure�sull'art.�11,�n.�2,�lettera�a) 
e�sull'art.�33�della�sesta�
direttiva�sull'IVA;�ha�fatto�inoltre�riferimento�al�combinato�disposto�degli�
articoli�10�e�3,�a),�del�Trattato�CE�con�l'art.�81�e�la�direttiva�n.�1000475/95/�
CE.�La�societa�,�conformemente�alla�sua�consolidata�pratica,�vendeva�l'auto-
vettura�dopo�averla�usata�per�un�anno.�Il�prezzo�di�vendita�era�di�corone�
danesi�3650.�Nel�corso�del�giudizio�la�societa�ricorrente�modificava�la�sua�
domanda�dei�confronti�del�Ministro�delle�finanze,�di�modo�che�ora�tale�
domanda�si�riduce�al�punto�diretto�a�sentir�dichiarare�che�il�Ministro�delle�
finanze�e�obbligato�riconoscere�che�la�tassa�di�immatricolazione�introitata�
per�la�vendita�dell'autovettura�da�parte�della�ricorrente�era�stata�incassata�
illegittimamente�e�che�il�ministro�deve�pagare�alla�ricorrente�corone�danesi�
84094�piu�gli�interessi.�

Le�norme�nazionali�danesi�da�considerare�sono�quelle�di�cui�alla�legge�
sulla�tassa�di�immatricolazione�sugli�autoveicoli,�che�distingue�fra�tassazione�
sulle�autovetture�d'occasione�importate�e�gia�immatricolate�e�tassazione�sulle�
autovetture�importate�nuove�di�fabbrica.�Per�le�autovetture�piu�costose,�il�
valore�dell'autovettura�e�passato�fino�ad�una�determinata�soglia�al�105%�e�
da�centottanta%�per�i�valori�eccedenti.�La�questione�sulla�legittimita�delle�
suddette�imposte�nasce�dal�fatto�che�in�Danimarca�non�vi�e�alcuna�produ-
zione�di�autovetture,�pertanto,�tributi�cos|�elevati�sulle�autovetture�da�imma-
tricolare�potrebbero�pregiudicare�l'acquisto�delle�stesse�a�favore�dell'acquisto�
nazionale�di�automobili�d'occasione�gia�immatricolate,�che�sono�considerate�
merci�danesi:�sarebbe�pregiudicata,�cos|�,�l'importazione�di�veicoli�nuovi�a�
motore�nel�paese,�alle�normali�condizioni�di�commercio.�In�realta�,�un�tale�
pregiudizio�potrebbe�verificarsi�solo�nel�caso�in�cui�gli�scambi�relativi�ai�pro-
dotti�considerati�siano�destinati�a�scomparire�o�ridursi�pressoche�a�zero.�

IquesitI 


1.��Se�un�tributo�indiretto�(una�tassa�di�registrazione)�percepito�da�
uno�stato�membro�che�ammonta�per�le�nuove�autovetture�al�105%�del�valore�
imponibile�sino�a�corone�danesi�52800�e�al�180%�per�il�valore�eccedente,�

IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CEE�89 


costituisce�una�misura�di�effetto�equivalente�ad�una�restrizione�quantitativa�
ed�e�pertanto�vietato�ai�sensi�dell'art.�28�del�Trattato�CE�(v.�a�tal�riguardo�il�
paragrafo�13�della�sentenza�della�Corte�di�giustizia�delle�comunita�europee�
nella�causa�C-47/88,�Commissione�contro�Danimarca,�Racc.�1990,�I-4509).�

2.��In�caso�di�soluzione�affermativa�della�questione�sub�1,�se�una�
tassa�di�immatricolazione�possa�trovare�giustificazione�nelle�ragioni�indicate�
nell'art.�30�del�Trattato,�ovvero�essa�rientri�nella�giurisprudenza�della�Corte�
relativa�all'art.�28,�come�risulta�dalla�sentenza�nella�causa�C-120/78,�Rewe�
Zentral,�Racc.�1979,�I-649).�
LA 
posizionE 
assuntA 
daL 
GovernO 
italianO 


Il�Governo�italiano�e�intervenuto�nellafase�scritta.�Si�e�rilevato�che�il�pre


giudizio�all'acquisto�di�autovetture�nuove�rispetto�all'acquisto�di�autovetture�

d'occasione�gia�immatricolate,�considerate�merci�danesi,�potrebbe�verificarsi�

solonelcaso�incuigliscambirelativiall'acquistodiautovetturenuove�(necessa


riamente�di�importazione)�siano�destinate�a�scomparire�o�ridursi�pressoche�a�

zero.�La�Corte�di�giustizia�ai�punti�12�e�13�della�sentenza�emessa�nella�causa�

C-47/88�(CommissionecontroDanimarca),�haspecificatochetasseedanaloghi�

tributi�che�hanno�ad�oggetto�la�libera�circolazione�delle�merci�nel�mercato�

comune,�devono�essere�valutati�alla�luce�delle�norme�generali�contenute�negli�

articoli�28�e�seguenti�del�Trattato.�La�Corte�ha�poi�dichiarato�(sentenza�nella�

causa�C-132/88,�Commissione�contro�Repubblica�ellenica),�che�gli�stati�membri�

sono�liberi�di�introdurre�per�prodotti�come�le�autovetture�un�regime�fiscale�con�

aliquote�progressive�secondo�un�criterio�obiettivo�e�che�la�Corte�non�e�compe


tente�a�pronunciarsi�ai�sensi�dell'art.�95�(ora�art.�90)�su�tributi,�anche�elevati,�

cheglistatimembrisitrovinonecessita�didover�introdurreperdeterminatipro


dotti�per�considerazione�di�politica�sociale.�Percio�emergerebbe�che�il�tributo�

indiretto�di�cui�al�caso�concreto,�non�sia�stato�illegittimamente�introitato�dal�

Ministero�delle�finanze�danese.�Tale�giurisprudenza�sembra�deporre�senso�che�

anche�determinate�misure�di�carattere�fiscale�possono�essere�valutate�alla�luce�

delladisposizionedicuiall'art.�28delTrattato.�Sembra,�tuttavia,assorbentel'o


biezione�secondo�la�quale�(anche�dopo�una�pronuncia�della�sentenza�nella�causa�

C-47/88)�laCortehapresoposizionesulpuntocontroverso,stabilendochela�

sfera�di�applicazione�dell'art.�28�del�Trattato�non�possa�estendersifino�a�com


prendere�gli�ostacoli�considerati�da�altre�disposizioni�specifiche�(esempio:�di�

natura�tributaria)�e�che�gli�ostacoli�di�natura�fiscale�ad�effetto�equivalente�a�

dazi�doganali�considerati�dagli�articoli�23-25�e�90�del�Trattato�non�rientrano�

nel�divieto�di�cui�l'art.�28�(vedi�sentenza�nelle�cause�riunite�da�C-78/90�a�C


88/90).�Ne�consegue�che�una�disposizione,�quale�quella�evidenziata�dal�giudice�

danese,�non�vada�sottoposta�al�vaglio�dell'art.�28�del�Trattato,�ne�ricade�nella�

previsione�dell'art.�90�del�Trattato.�Per�costante�giurisprudenza�della�Corte,�

disposizionifiscali�nazionali,�da�ritenersi�incompatibili�con�l'art.�90�delTrattato,�

sono�quelle�che�siano�congegnate�in�modo�discriminatorio,�oltremodo�tale�da�

assoggettare�prodotti�importati�ad�un�onere�piu�gravoso�rispetto�i�prodotti�

nazionali�analoghi�(vedi,�in�particolare,�sentenza�17�giugno�1998�in�C-68/96,�

punto12;sentenza14gennaio1981in�C-140/79).�Lapienasovranita�degliStati�

inmateriafiscale,�infatti,�ostaachegliorganicomunitarispinganoillorovaglio�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

fino�a�travolgere�una�disposizione�interna�che�assoggetti�determinate�categorie�

di�beni�a�particolari�trattamenti�fiscali,�a�condizione�che�tale�differenziazione�

sia�applicabile�in�base�a�criteri�oggettivi�e�in�modo�non�discriminatorio�rispetto�

aibeniprodottineglialtriPaesi.Anullarileva,daquestopuntodivista,�l'osser-

vazione�che�tale�particolare�sistema�di�tassazione�possa�determinare�(di�fatto)�

una�riduzione�del�numero�complessivo�di�beni�di�un�certo�tipo�importati�dai�

Paesi�in�questione.�Il�diritto�comunitario,�infatti,�nello�stato�attuale�della�sua�

evoluzionenonimplicachetalivalutazionipossonoprevaleresulprincipio�(ad�

oggiprevalente)�dellasovranita�fiscaledegliStati.�

Causa�C-385/01�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Procedimento�penale�
nei�confronti�di�cittadino�tedesco�gia�condannato�a�pena�pecuniaria�^
Principio�ne 
bis 
in 
idem 
^Art.�54�del�Trattato�di�Schengen�^Ordinanza�
del��Rechtbank�Van�Eerste�Aanleg�te�Veurne��(Belgio)�^Emessa�il�
4�maggio�2001�^Notificata�il�28�novembre�2001.�

IL 
fattO 


Con�la�predetta�ordinanza�e�stato�chiesto�alla�Corte�di�Giustizia�delle�
Comunita�europee�di�pronunciarsi,�ai�sensi�dell'art.�35,�comma�1�del�Trattato,�
in�ordine�all'interpretazione�dell'art.�54�del�trattato�di�Schengen�del�19�set-
tembre�1990.�

La�causa�riferita�in�oggetto�riguarda�un�quesito�pregiudiziale�sollevato�
da�un�giudice�belga�che,�prima�di�pronunciarsi�nell'ambito�di�un�procedi-
mento�penale,�intende�chiarire�se�l'applicazione�dell'art.�54�del�Trattato�di�
Schengen�(applicazione�del�principio�ne�bis�in�idem)�consenta�al�pubblico�
ministero�belga�di�rinviare�a�giudizio�e�di�far�condannare�un�cittadino�tede-
sco�nell'ipotesi�in�cui�quest'ultimo�abbia�gia�provveduto�al�pagamento�di�
una�somma�offertagli,�per�lo�stesso�reato,�da�un�pubblico�ministero�tedesco.�

IL 
quesitO 


Se�l'applicazione�dell'art.�54�del�trattato�di�Schengen�consenta�al�pub-
blico�ministero�belga�di�rinviare�a�giudizio�dinanzi�al�giudice�penale�belga�e�
di�far�condannare�in�tale�sede�un�cittadino�tedesco�nell'ipotesi�in�cui�a�que-
st'ultimo�per�gli�stessi�fatti�sia�stata�offerta�una�pena�pecuniaria�ed�egli�abbia�
provveduto�al�pagamento�di�tale�somma.�

LA 
posizionE 
assuntA 
daL 
GovernO 
italianO 


Il�Governo�Italiano�ha�chiesto�la�discussione�orale�della�causa.�

NotE 


La�questione�e�molto�delicata�in�quanto�concorre�al�ravvicinamento�della�

legislazione�penale�degli�Stati�membri.�Si�trascrive,�ad�ogni�utile�fine,�il�testo�

dell'art.�54�del�trattato�di�Schengen:�
�Una�persona�che�sia�stata�giudicata�con�sentenza�definitiva�in�una�parte�

contraentenonpuo�esseresottoposta�adunprocedimentopenaleperimedesimi�

fattiinun'altrapartecontraenteacondizioneche,�incasodicondanna,�lapena�

sia�stata�eseguita�o�sia�ef
ffettivamente�in�corso�di�esecuzione�attualmente�o,�

secondo�la�legge�dello�Stato�contraente�di�condanna,�non�possa�piu�essere�

eseguita�.�


IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CEE�91

Causa�C-387/01�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Libera�circolazione�
dei�lavoratori�^Articoli�12,�23,�25,�39�e�90�Trattato�CE�^Direttiva�
77/388/CEE�^Ordinanza�del��Verwaltungsgerichtshof��(Austria)�^
Emessa�il�20�settembre�2001�^Notificata�il�28�novembre�2001.�

IL 
fattO 


I�due�ricorrenti,�cittadini�tedeschi,�si�trasferiscono�per�lavoro�dalla�Ger-
mania�all'Austria.�Con�decisione�del�Finanzamt�Feldkirch,�dopo�l'immatrico-
lazione�in�Austria�delle�vetture�di�proprieta�,�viene�applicata�una�tassa�sulla�
base�del�consumo�normale�(NOVA).�

IquesitI 


1.��Se�l'art.�39�CE�(libera�circolazione�dei�lavoratori)�ovvero�l'art.�12�
(discriminazione�effettuata�sulla�base�della�nazionalita�)�debbano�essere�inter-
pretati�nel�senso�che�sia�in�contrasto�con�le�dette�disposizioni�l'ipotesi�in�cui�
per�l'autovettura�che�il�lavoratore�porta�seco�nel�territorio�della�Repubblica�
d'Austria�dal�restante�territorio�della�Comunita�in�occasione�del�trasloco�
dovuto�al�cambio�del�posto�di�lavoro�sia�prescritto�un�tributo�calcolato�sulla�
base�del�consumo�normale�(Normverbrauchsabgabe)�[tassa�di�base�e�tassa�
addizionale].�
2.��Se�l'art.�90�CE�(divieto�di�imposizione�per�i�prodotti�dagli�altri�
Stati�membri�superiore�a�quella�prevista�per�i�prodotti�nazionali)�ovvero�
l'art.�23�(Unione�doganale),�e�l'art.�25�(divieto�di�dazi�doganali�o�di�tasse�di�
effetto�equivalente�tra�gli�Stati�membri)�siano�di�ostacolo�all'imposizione�di�
un�tributo�calcolato�sulla�base�del�consumo�normale�di�cui�e�menzione�nella�
questione�sub 
1)�(Normverbrauchsabgabe)�[tassa�di�base�e�tassa�addizionale].�
3.��Se�sia�compatibile�con�la�sesta�direttiva�del�Consiglio�17�maggio�
1977,�n.�77/388/CEE�in�materia�di�armonizzazione�della�legislazione�degli�
Stati�membri�relative�alle�imposte�sulla�cifra�di�affari��Sistema�comune�di�
imposta�sul�valore�aggiunto:�base�imponibile�uniforme,�nella�versione�risul-
tante�dalla�direttiva�del�Consiglio�16�dicembre�1991,�n.�91/680/CEE�che�
completa�il�sistema�comune�di�imposta�sul�valore�aggiunto�e�modifica,�in�
vista�della�soppressione�delle�frontiere�fiscali,�la�direttiva�77/388/CEE�
(Gazzetta�Ufficiale�L�376,�pag.�1),�il�fatto�che�la�tassa�addizionale�prestabilita�
sia�prescritta�come�parte�della��Normverbrauchsabgabe��di�cui�e�menzione�
nella�questione�sub 
1.�
Cause�da�C-397/01�a�C-403/01�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale�)�^Orar
io�di�lavoro�^Attivita�di�guardia�medica�^Direttiva�93/104/CE�^Diret-
tiva�89/391/CEE�^Ordinanza�del��Arbeitsgericht�Lorrach��(Germania)�
del�26�settembre�2001�^Notificata�il�21�gennaio�2002.�

IL 
fattO 


Le�parti�controvertono�sui�diritti�alla�retribuzione�per�il�lavoro�prestato�
oltre�le�48�ore�settimanali.�Il�rapporto�di�lavoro�tra�le�parti�si�e�nel�frattempo�
concluso.�Il�convenuto�gestisce,�tra�l'altro,�il�servizio�di�soccorso�sul�territorio�
in�parti�della�Landkreis�Waldshut.�Esso�si�occupa�del�servizio�di�guardia�
medica�24�ore�su�24�in�varie�localita�.�Il�ricorrente�era�occupato�presso�il�con-
venuto�come�assistente�soccorritore.�Nel�contratto�di�lavoro�le�parti�hanno�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

convenuto�che�si�applica�la�disciplina�del�contratto�collettivo�sulle�condizioni�
di�lavoro�per�gli�impiegati,�i�lavoratori�e�i�formatori�della�Croce�Rossa�tede-
sca.�Il�ricorrente�ritiene�che�la�disciplina�del�convenuto�sulla�durata�del�
lavoro�sia�inammissibile.�

IquesitI 


1.��Se�il�rinvio�contenuto�nell'art.�1,�n.�3,�della�direttiva�del�Consiglio�
del�23�novembre�1993,�n.�93/104/CE,�concernente�taluni�aspetti�dell'organiz-
zazione�dell'orario�di�lavoro,�all'art.�2,�numero�2�della�direttiva�del�Consiglio�
del�12�giugno�1989,�89/391/CEE,�concernente�l'attuazione�di�misure�volte�a�
promuovere�il�miglioramento�della�sicurezza�della�salute�dei�lavoratori�
durante�il�lavoro,�ai�sensi�del�quale�le�direttive�non�si�applicano�quando�par-
ticolarita�inerenti�ad�alcune�attivita�specifiche�e�servizi�di�Protezione�civile�
vi�si�oppongono�in�modo�imperativo,�debba�essere�inteso�nel�senso�che�l'atti-
vita�del�ricorrente,�assistente�soccorritore,�rientra�in�tale�esclusione.�
1b.��Se�la�nozione�di�trasporto�stradale�di�cui�all'art.�1,�n.�3,�della�
direttiva�93/104/CE�debba�essere�interpretata�nel�senso�che�dall'ambito�di�
applicazione�della�direttiva�sono�escluse�solo�quelle�attivita�di�guida�in�cui,�
per�la�natura�dell'attivita�,�vengono�percorse�ampie�distanze�e�di�conseguenza,�
a�causa�dell'imprevedibilita�di�eventuali�impedimenti,�gli�orari�di�lavoro�non�
possono�essere�predeterminati,�ovvero�se�per�circolazione�stradale�ai�sensi�
di�tale�disposizione�debba�intendersi�anche�l'attivita�del�servizio�di�autoam-
bulanza,�che�consiste�nella�guida�di�veicoli�di�soccorso�e�nell'accompagna-
mento�dei�pazienti�durante�il�tragitto.�

2.��Se�l'art.�18,�numero�1,�lettera�D,�sub�I)�della�direttiva�93/104/CE,�
tenuto�conto�della�sentenza�della�Corte�di�Giustizia�del�3�ottobre�2000,�causa�
C-303/1998,�SIMAP,�punti�73�e�74,�debba�essere�interpretato�nel�senso�che�
il�consenso�individuale�del�lavoratore�deve�espressamente�indicare�il�prolun-
gamento�dell'orario�di�lavoro�oltre�le�48�ore�settimanali,�ovvero�il�consenso�
puo�anche�consistere�nel�fatto�che�al�lavoratore�conviene�nel�contratto�con�
il�datore�di�lavoro�che�le�condizioni�di�lavoro�siano�disciplinate�dal�contratto�
collettivo�che,�dal�canto�suo,�consente�un�prolungamento�dell'orario�di�lavoro�
settimanale�ad�una�media�di�oltre�48�ore.�
3.��Se�l'art.�6�della�direttiva�93/104/CE�del�Consiglio�del�23�novem-
bre�1993,�concernente�taluni�aspetti�dell'organizzazione�dell'orario�di�lavoro,�
abbia�contenuto�sufficientemente�preciso�e�incondizionato�cosicche�i�singoli�
possano�far�valere�tale�norma�dinanzi�ai�giudici�nazionali�qualora�lo�Stato�
non�abbia�correttamente�trasposto�una�direttiva�nell'ordinamento�nazionale.�
Causa 
C-405/01 
(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Professioni 
marit-
time 
^Riserva 
a 
favore 
di 
cittadini 
nazionali 
^Libera 
circolazione 
di 
lavo-
ratori 
^Art.�39�del�Trattato�CE�^Ordinanza�del��Tribunal�Supremo��
(Spagna)�^Emessa�il�4�ottobre�2001�^Notificata�il�5�dicembre�2001.�

IL 
fattO 


La�questione�nasce�dalla�previsione�della�normativa�spagnola�di�riser-
vare,�oltre�alla�carica�di�capitano�e�di�primo�ufficiale,�il�50%�dell'equipaggio�
di�navi�battenti�bandiera�spagnola�a�cittadini�spagnoli.�


IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CEE�93 


IquesitI 


�Se�l'art.�39�(ex�art.�48)�del�Trattato�CE�e�gli�articoli�1�e�4�del�Regola-
mento�(CEE)�del�Consiglio�del�15�ottobre�1968,�n.�1612,�relativo�alla�libera�
circolazione�dei�lavoratori�all'interno�della�Comunita�,�concedano�ad�uno�
Stato�membro�la�facolta�di�riservare�i�posti�di�capitano�e�di�comandante�in�
seconda�delle�sue�navi�mercantili�ai�propri�cittadini.�In�caso�di�soluzione�
affermativa,�se�tale�riserva�sia�illimitata�(valga�cioe�per�tutti�i�tipi�di�navi�
mercantili�o�se�sia�valida�solo�per�quei�casi�in�cui�sia�ragionevolmente�preve-
dibile�che�i�capitani�e�i�comandanti�in�seconda�debbano�effettivamente�eserci-
tare,�a�bordo,�determinate�funzioni�pubbliche���nel�caso�in�cui�le�norme�
interne�di�uno�Stato�membro�escludano�dalla�riserva�dei�summenzionati�
posti�a�favore�dei�propri�cittadini�determinati�tipi�di�navigazione�commer-
ciale�(con�riferimento�a�fattori�quali�la�stazza�lorda�della�nave,�il�carico�o�il�
numero�di�passeggeri�e�le�caratteristiche�della�traversata)�e�consentano�in�
presenza�di�tali�fattori�l'accesso�a�cittadini�di�altri�Stati�membri�dell'Unione�
europea�ai�corrispondenti�posti,�se�occorra�sottoporre�tale�accesso�alla�condi-
zione�di�reciprocita�.�

LA 
posizionE 
assuntA 
daL 
GovernO 
italianO 


Si�riportano�le�osservazioni�scritte�redatte�dall'Avvocatura�dello�Stato�il�
7febbraio�2002:�

�Quanto�al�primo�quesito�si�osserva�che,�in�base�alla�deroga�prevista�dal-
l'art.�39�del�Trattato�CE,�la�libera�circolazione�dei�lavoratoripuo�essere�limitata�
quando�vi�siano�ragioni�di��ordine�pubblico,�pubblica�sicurezza�e�sanita�
pubblica�.�

Non�sembra,�quindi,�che�la�normativa�comunitaria�osti�a�che�gli�Stati�mem-
bririservino�le�qualifiche�di�capitano�e�comandante�in�seconda�apropri�cittadini,�
in�quanto�comportano�l'esercizio�dipoteripubblici�e�adesse�ineriscono�responsa-
bilita�legate�alla�salvaguardia�degli�interessi�generali�dello�Stato.�In�tal�senso�si�
e�espressa�anche�codesta�Corte�nella�causa�C-37/1993�ove�e�stato�considerato�
contrario�al�diritto�comunitario��mantenere�norme�in�virtu�delle�quali�taluni�
impieghi�della�gente�di�mare,�diversi�da�quelli�di�capitano�e�comandante�in�
seconda,�siano�riservati�a�cittadini�belgi�.�

Poiche�la�riserva�dei�posti�di�capitano�e�comandante�in�seconda�a�propri�
cittadini�si�dovrebbe�considerare�assoluta,�non�sembra�possibile�una�diversifica-
zione�della�disciplina�in�base�a�variabili�quali�la�stazza,�il�tipo�di�viaggio,�il�
carico�trasportato�o�altro.�Sembra,�in�altre�parole,�che�la�riserva�sia�appunto�
da�considerare�illimitata,�anche�considerando,�con�riferimento�all'ultima�parte�
delprimoquesito,�ladifficolta�diverificareaprioriseicapitanieicomandanti�
inseconda�debbano�effettivamente�esercitarepubblicipoteri.�

Quanto�alla�seconda�questione,�formulata�dal�giudice�spagnolo�solo�per�il�
caso�in�cui�la�Corte�risolva�la�prima�in�senso�contrario,�si�osserva�che�sembra�
emergere�in�modo�chiaro�dalla�giurisprudenza�di�questa�Corte�che�la�libera�cir-
colazione�dei�lavoratori�non�possa�essere�subordinata�all'esistenza�di�accordi�o�
pratiche�di�reciprocita�tra�gli�Stati�membri.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Sulla�base�di�tali�premesse�si�suggerisce�di�rispondere�ai�quesiti�nel�senso�
che:�

�l'art.�39�(ex�art.�48)�del�Trattato�CE�e�gli�articoli�1�e�4�del�Regola-
mento�(CEE)�del�Consiglio�del�15�ottobre�1968,�n.�1612�non�ostano�a�che�gli�
Stati�membri�riservino�le�qualifiche�di�capitano�e�di�comandante�in�seconda�a�
propri�cittadini.�Tale�riserva�deve�ritenersi�illimitata�;�

�nel�caso�in�cui�le�norme�interne�di�uno�Stato�membro�escludano�dalla�
riserva�deisummenzionatiposti�afavore�deipropri�cittadini�determinati�tipidi�
navigazione�commerciale�(con�riferimento�afattori�quali�la�stazza�lorda�della�
nave,�il�carico�o�il�numero�di�passeggeri�e�le�caratteristiche�della�traversata)�e�
consentano�inpresenza�di�talifattori�l'accesso�di�cittadinidialtri�Statimembri�
dell'Unioneeuropeaaicorrispondentiposti,�taleaccessononpuo�esseresubordi-
nato�alla�condizione�di�reciprocita�.�

Causa 
C-410/01 
(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Gara 
^Esclusione 
^
Composizione 
amichevole 
^Interesse 
ricorso 
^Risarcimento 
danni 
^
Direttiva�89/665/CE�^Ordinanza�del�Bundesvergabeamt�^Sezione�IV�
^(Austria).�

IL 
fattO 


La�controversia�riguarda�una�gara�pubblica�relativamente�al��con-
trollo�in�loco�dei�lavori�di�costruzione�e�di�equipaggiamento�di�materiale�
elettrico,�domestico�e�meccanico�dei�posti�di�pedaggio�principale�e�secon-
dario�e�l'installazione�del�sistema�di�trasmissione�di�dati�nell'ambito�del�
progetto��LKW�MAUT�Osterreich�.�Unitamente�ad�altri�offerenti,�il�
ricorrente�ha�presentato�una�sua�offerta�come�consorzio�offerente.�All'e-
sito�della�valutazione�delle�offerte�l'amministrazione�aggiudicatrice�ha�
comunicato�alla�ricorrente�quanto�segue:��In�seguito�alla�valutazione�
delle�offerte,�la�sua�offerta�e�stata�classificata�al�secondo�posto,�con�un�
totale�di�79,92�punti.�La�migliore�posizione�e�stata�quella�del�consorzio�

B.�con�un�totale�di�85,98�punti.�Di�conseguenza,�...�intendiamo�aggiudu-
care�l'appalto�al�consorzio�B�.�La�ricorrente�ha�ricorso�chiedendo�che�
fosse�dichiarato�che�l'appalto�non�era�stato�aggiudicato�al�miglior�offe-
rente,�in�quanto�i�criteri�di�aggiudicazione�che�l'amministrazione�aggiudi-
catrice�aveva�definito�nei�documenti�della�gara�erano�incompatibili�con�
il�principio�di�determinazione�obiettiva�del�miglior�offerente�ai�sensi�del-
l'art.�53�della�BVergG.�L'amministrazione�aggiudicatrice�oppone�alla�
ricorrente�di�non�avere�provveduto�ad�avviare�il�procedimento�di�conci-
liazione�al�fine�di�chiarire�le�eventuali�discordanze�di�valutazione�delle�
offerte,�e�quindi�manca�di�legittimazione�attiva�ad�avviare�un�procedi-
mento�di�ricorso�che,�in�base�alla�legge,�spetta�unicamente�a�chi�ha�inte-
resse�ad�ottenere�l'aggiudicazione�dell'appalto,�dimostrato�attraverso�il�
ricorso�alla�procedura�arbitrale.�

IL 
CONTENZIOSO 
DELL'UE 
^I 
giudizi 
in 
corso 
alla 
Corte 
di 
Giustizia 
CEE 
95 


IquesitI 


1. 
�Se 
l'art. 
1, 
n. 
3, 
della 
direttiva 
del 
Consiglio 
21 
dicembre 
1989, 
89/665/CE, 
che 
coordina 
le 
disposizioni 
legislative 
regolamentari 
e 
ammini-
strative 
relative 
all'applicazione 
delle 
procedure 
di 
ricorso 
in 
materia 
di 
aggiudicazione 
degli 
appalti 
pubblici 
di 
forniture 
e 
di 
lavori, 
vada 
interpre-
tato 
nel 
senso 
che 
qualunque 
imprenditore 
che 
abbia 
presentato 
un'offerta 
in 
un 
procedimento 
di 
aggiudicazione 
o 
abbia 
chiesto 
di 
partecipare 
allo 
stesso 
sia 
legittimato 
a 
presentare 
un 
ricorso. 
In 
caso 
di 
soluzione 
negativa 
di 
tale 
questione: 


2. 
^Se 
la 
disposizione 
della 
direttiva 
sopramenzionata 
debba 
essere 
interpretata 
nel 
senso 
che 
un 
imprenditore 
detiene 
o 
deteneva 
un 
interesse 
ad 
un 
determinato 
appalto 
pubblico 
solo 
se, 
oltre 
a 
partecipare 
al 
procedi-
mento 
di 
aggiudicazione, 
adotta 
o 
ha 
adottato 
tutte 
le 
misure 
a 
sua 
disposi-
zione 
in 
base 
alla 
normativa 
nazionale 
per 
evitare 
l'aggiudicazione 
dell'ap-
palto 
all'offerta 
di 
un 
altro 
concorrente 
e 
cercare 
in 
tal 
modo 
di 
ottenere 
che 
l'appalto 
sia 
aggiudicato 
alla 
sua 
offerta. 
LA 
posizionE 
assuntA 
daL 
GovernO 
italianO 


Non�si�sono�svolte�osservazioni�scritte,�in�quanto�non�appare�di�interesse�

taledagiustificareunintervento.�Peritemiinquestionesiproponeilfinedi�

assicurare,�inmateriadiappaltipubblici,garanziegiurisdizionalirapideedeffi-

caci,�in�assenza�delle�quali�le�imprese�comunitarie�possono�essere�scoraggiate�

dal�concorrere�in�Paesi�stranieri.�Essa�prescrive�che�gli�Stati�membri�garanti-

scono�l'accesso,�secondo�modalita�che�gli�stessi�possono�determinare,�e�rimette�

agli�organi�giurisdizionali�chiunque,�avendo�interesse�alla�aggiudicazione,�sia�

stato�leso,�o�rischi�di�essere�leso,�a�causa�di�una�violazione�del�diritto�comunita-

rio�(art.�1,n.�3).�Cio�posto,�laquestioneconcerneilsignificatodaattribuirealla�

suddettadisposizione,�ossia,seessadebbaessereinterpretatanelsensochel'of-

ferente�soddisfa�il�requisito�di�avere,�o�di�avere�avuto,�un�interesse�ad�ottenere�

un�determinato�appalto�pubblico�per�il�semplice�fatto�di�aver�proposto�ricorso�

con�tutti�i�mezzi�tutela�giuridica�che�gli�conferisce�la�legge�federale�austriaca�

sugli�appalti�pubblici�quale�l'aggiudicazione�dell'appalto�ad�un�altro�concor-

rente.�Tale�legge,�infatti,�contempla�una�procedura�stragiudiziale�di�composi-

zione�amichevole�delle�controversie�sino�all'aggiudicazione�dell'appalto.�In�altri�

termini,�si�tratta�di�stabilire�se�un�concorrente�leso�che�non�esperisce,�sino�alla�

aggiudicazione�della�gara,�la�suddetta�procedura�sia�cio�nonostante�legittimato�

aricorreredinanzialgiudice.�Ladirettiva�ricorsi�nell'interpretazione�consoli-

data�della�corte�di�giustizia�e�tesa�ad�assicurare,�nel�modo�piu�ampio�possibile,�

la�tutela�giuridica�dei�concorrenti�nelle�procedure�di�gara.�La�giurisprudenza�

della�Corte�di�giustizia,�invero,�sembra�ormai�attestata�sulla�posizione�secondo�

cui�il�mancato�esperimento�della�procedura�pregiudiziale�imposta�dalla�legge�

federale�austriaca�sugli�appalti�non�pregiudica�l'interesse�ad�agire�del�ricorrente�

avverso�gli�atti�in�ipotesi�lesivi.�Tale�opinione�sembra�supportata�anche�dal�

tenore�letterale�della�direttiva�che�nei��considerando��pone�come�presupposto�

l'obbligopertuttigliStatimembridiintrodurreprocedureadeguate,�direttesia�

all'annullamento�delle�eventuali�decisioni�illegittime,�sia�a�consentire�il�risarci-

mento�dei�soggetti�danneggiati�dall'asserita�illegittimita�della�aggiudicazione.�

Cio�posto,�considerato�chelalegislazioneitaliananonprevedeformediconcilia-


RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 


zione 
stragiudizialefino 
all'aggiudicazione 
della 
gara 
e, 
peraltro, 
anche 
relativa-

mente 
alla 
fase 
successiva 
di 
esecuzione 
di 
lavori, 
esistono 
esclusivamente 


ritratti 
volontari 
(essendo, 
a 
quelli 
obbligatori, 
caduti 
sotto 
la 
declaratoria 
di 


legittimita� 
costituzionale), 
si 
e� 
ritenuto 
che 
la 
questione 
al 
vaglio 
della 
Corte 
di 


giustizia 
non 
presenti 
aspetti 
di 
particolare 
interesse 
per 
il 
nostro 
ordinamento. 


Cause 
C-413/01 
(domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale) 
^Borse 
di 
studio 
Nozione 
di 
lavoratore 
migrante 
^Art. 
39 
Trattato 
^Ordinanza 
del 
�Ver-
waltungsgerichtshof> 
^Emessa 
il 
13 
settembre 
2001 
^Notificata 
il 
1O 
dicembre 
2001. 


IL 
fattO 


La 
ricorrente 
nel 
caso 
in 
esame 
e� 
una 
cittadina 
italiana 
sposata 
con 
un 
austriaco, 
residente 
in 
Austria 
dal 
1993 
ed 
in 
possesso 
di 
una 
�carta 
d'identita� 
con 
fotografia 
per 
stranieri 
(SEE)> 
che 
la 
autorizzava 
a 
soggiornare 
in 
Austria 
fino 
al 
marzo 
1999. 
La 
stessa 
ha 
prestato 
un 
lavoro 
a 
tempo 
determinato 
(sta-
gionale) 
nel 
periodo 
dal 
luglio/settembre 
1995. 
Nell'ottobre 
1995, 
la 
ricorrente 
ha 
conseguito 
il 
diploma 
di 
ragioniere 
e 
perito 
commerciale 
in 
Italia 
ottenendo 
il 
presupposto 
generale 
per 
l'ammissione 
agli 
studi 
presso 
un'universita� 
austriaca. 
Nel 
periodo 
compreso 
tra 
ottobre 
1995 
e 
marzo 
1996, 
quest'ultima 
cercava 
un 
impiego 
adeguato 
alla 
sua 
formazione 
ed 
esperienza 
professionale, 
senza 
avvalersi 
dei 
servizi 
dell'amministrazione 
del 
collocamento, 
ma 
i 
suoi 
ten-
tativi 
rimanevano 
senza 
esito. 
Nel 
marzo 
1996 
cominciava 
lo 
studio 
della 
roma-
nistica 
all'Universita� 
di 
Klagenfurt, 
richiedendo 
una 
borsa 
di 
studio, 
in 
base 
alla 
legge 
Austriaca 
del 
1992 
sul 
sussidio 
scolastico. 


Il 
Ministro 
per 
la 
scienza, 
i 
trasporti 
e 
l'arte 
allora 
competente 
respinse 
la 
richiesta 
della 
ricorrente 
contro 
l'istanza 
inferiore 
che 
aveva 
negato 
il 
suo 
diritto 
a 
percepire 
un 
sussidio 
universitario, 
sostenendo 
la 
mancanza 
dei 
pre-
supposti 
in 
capo 
alla 
stessa 
per 
la 
corresponsione 
di 
un 
tale 
sussidio 
e 
cioe� 
, 
da 
un 
lato, 
l'esistenza 
nello 
Stato 
nel 
quale 
si 
iniziano 
gli 
studi 
di 
un'attivita� 
professionale 
di 
lunga 
durata, 
e, 
dall'altro 
lato, 
che 
lo 
studio 
si 
presenti 
come 
atto 
di 
perfezionamento 
nel 
medesimo 
ramo 
professionale. 
La 
ricorrente 
adiva 
quindi 
al 
Verwaltungsgerichtshof 
(Austria) 
che 
ha 
che 
ha 
posto 
alla 
Corte 
di 
Giustizia 
il 
quesito. 


IquesitI 


1. 
�Se 
un 
lavoro 
fin 
dall'inizio 
a 
tempo 
determinato 
e 
a 
breve 
termine 
di 
un 
cittadino 
dell'Unione 
europea 
in 
uno 
Stato 
membro, 
di 
cui 
non 
ha 
la 
cittadinanza, 
attribuisca 
la 
qualita� 
di 
lavoratore 
in 
base 
all'art. 
39 
del 
Trat-
tato 
CE; 
2. 
�Se, 
nel 
valutare 
la 
qualita� 
di 
lavoratore 
nel 
senso 
suddetto, 
sia 
perti-
nente 
il 
fatto 
che 
la 
persona 
in 
questione 
abbia 
iniziato 
questo 
lavoro 
solo 
qual-
che 
anno 
dopo 
l'entrata 
in 
territorio 
straniero 
e 
abbia 
acquisito, 
poco 
tempo 
dopo 
la 
conclusione 
del 
proprio 
rapporto 
di 
impiego 
a 
tempo 
determinato 
e 
a 
breve 
termine, 
l'abilitazione 
all'accesso 
agli 
studi 
universitari 
nello 
Stato 
mem-
bro 
ospitante 
dopo 
aver 
concluso 
gli 
studi 
nella 
propria 
terra 
natale. 

IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CEE�

Causa�C-416/01�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Produzione�dello�
zucchero�da�barbabietola�^Fusione�d'impresa�^Autorizzazione�amminis
trativa�alla�fusione�a�titolo�oneroso�^Rassegnazione�a�titolo�oneroso�
delle�quote�di�produzione�di�barbabietole�da�zucchero�^Legittimita�
dell'atto�di�autorizzazione�^Regolamenti�(CEE)�numeri�1785/1981�
e�193/1982�^Ordinanza�del��Tribunal�Supremo��(Spagna)�^Emessa�il�
3�ottobre�2001�^Notificata�il�10�dicembre�2001.�

IL 
fattO 


La�questione�oggetto�della�causa�trae�origine�da�un'operazione�di�
fusione�di�imprese�di�produzione�e�distribuzione�dello�zucchero�da�barbabie-
tola�avvenuta�tra�le�due�maggiori�imprese�spagnole�del�settore�(Azucareras�
Reunidas�de�Jean,�S.A.�e�Azucarera�Ebro�Agricolas,�S.A.)�con�l'autorizza-
zione�alla�fusione�da�parte�del�Consiglio�dei�Ministri�e�la�rassegnazione�delle�
quote�di�produzione�a�titolo�oneroso�mediante�asta�pubblica.�

Il�Tribunale�di�difesa�della�concorrenza�spagnolo�ha�ritenuto�che�tale�
fusione�abbia�certamente�attribuito�alle�imprese�interessate�una�posizione�
dominante,�ma�l'ha�considerata�importante�per�il�miglioramento�della�com-
petitivita�internazionale�dell'industria�zuccheriera�spagnola.�Di�qui�lo�stesso�
ha�ritenuto�non�opportuno�opporsi�alla�predetta�fusione�ed�ha�richiesto�di�
subordinarla�a�determinate�condizioni�che�poi�sono�state�imposte�nell'auto-
rizzazione�del�Consiglio�dei�Ministri�spagnolo.�

IquesitI 


1.��Se�le�norme�del�regolamento�(CEE)�del�Consiglio�30�giugno�
1981,�n.�1785,�e/o�del�regolamento�(CEE)�del�Consiglio�26�gennaio�1982,�
n.�193,�ostino�a�che�le�dette�autorita�dispongano�che�tale�trasferimento�o�
riassegnazione�di�quote�avvenga�a�titolo�oneroso�e,�pertanto,�comporti�
l'obbligo�per�l'impresa�o�per�le�imprese�destinatarie,�di�fornire�una�con-
troprestazione�economica.�
2.��Nel�caso�in�cui�la�questione�venga�risolta�negativamente,�se,�
tuttavia,�le�dette�norme�ostino�a�che�il�prezzo�della�quota�da�trasferire�e�
la�ripartizione�di�quest'ultima�siano�determinanti�mediante�asta�pubblica;�
se�le�citate�norme�ostino�al�metodo�dell'asta�pubblica�anche�quando�e�
previsto�che�nell'ambito�dell'operazione�di�riassegnazione�delle�quote�
mediante�asta�si�adotteranno�i�provvedimenti�opportuni�per�evitare�qual-
siasi�eventuale�ripercussione�negativa�sugli�agricoltori�produttori�nazio-
nali�di�barbabietola�da�zucchero.�
3.��Se�l'interpretazione�della�normativa�comunitaria�sia�la�stessa�e�se�
le�soluzioni�debbano�anch'esse�rimanere�le�stesse�a�seguito�dell'entrata�in�
vigore�del�regolamento�del�Consiglio�19�giugno�2001,�n.�1260,�che,�sosti-
tuendo�i�regolamenti�anteriori,�istituisce�l'organizzazione�comune�dei�mercati�
nel�settore�dello�zucchero.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Causa�C-418/01�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Concorrenza�^
Impresa�in�posizione�dominante�^Sfruttamento�abusivo�^Mercato�farmac
eutico�^Contratto�di�licenza�per�uso�banca�dati�^Diritto�d'autore�^
Art.�82�Tr.�CE�^Ordinanza�del��Landgericht�Frankfurt�Am�Main��
(Germania)�^Emessa�il�12�luglio�2001�^Notificata�il�10�dicembre�2001.�

IL 
fattO 


La�questione�trae�origine�dalla�raccolta,�preparazione�e�interpretazione�
di�dati�del�mercato�farmaceutico�della�Germania,�che�risulta�suddiviso�in�
segmenti,�in�riferimento�ai�quali�sono�pubblicati�rapporti�regionali.�La�banca�
dati�cos|�creata�risulta�essere�il�risultato�di�un�lavoro�di�collaborazione�tra�
piu�soggetti.�

Si�pone,�quindi,�un�problema�di�sfruttamento�del�diritto�d'autore�e,�piu�
in�particolare,�di�uso�legittimo�della�tutela�del�diritto�d'autore�in�relazione�
al�divieto�di�restrizione�della�concorrenza�da�parte�di�una�impresa�in�posi-
zione�dominante,�come�previsto�dall'art.�82�del�Trattato.�

IquesitI 


1.��Se�l'art.�82�del�Trattato�CE�debba�essere�interpretato�nel�senso�
che�costituisce�un�comportamento�abusivo�di�un'impresa�in�posizione�domi-
nante�il�diniego�della�conclusione�di�un�contratto�di�licenza�relativo�all'uso�
di�una�banca�dati�tutelata�dal�diritto�d'autore�con�un'impresa�la�quale�inten-
derebbe�avere�accesso�allo�stesso�mercato�geografico�e�sostanziale�se�gli�ope-
ratori�presenti�sull'altro�lato�del�mercato,�vale�a�dire�i�potenziali�acquirenti,�
respingono�ogni�prodotto�il�quale�non�si�avvale�della�banca�dati�tutelata�dal�
diritto�d'autore,�poiche�essi�si�sono�organizzati�per�utilizzare�i�prodotti�sulla�
base�della�banca�dati�tutelata�dal�diritto�d'autore.�
2.��Se�per�la�questione�di�un�comportamento�abusivo�dell'impresa�in�
posizione�dominante�rilevi�in�quale�misura�i�collaboratori�degli�operatori�
presenti�sull'altro�lato�del�mercato�abbiano�partecipato�allo�sviluppo�della�
banca�dati�tutelata�dal�diritto�d'autore.�
3.��Se�per�la�questione�di�un�compotamento�abusivo�dell'impresa�in�
posizione�dominante�rilevi�quale�dispendio�per�l'adattamento�(in�particolare,�
in�termini�di�costi)�vi�sia�per�gli�acquirenti�che�fino�a�quel�momento�hanno�
acquistato�il�prodotto�dell'impresa�in�posizione�dominante,�qualora�in�futuro�
acquistino�il�prodotto�di�un'impresa�concorrente�la�quale�non�si�avvalga�della�
banca�dati�tutelata�dal�diritto�d'autore.�
Causa�C-421/01�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Appalti�di�lavoro�^
Presentazione�offerte�in�variante�^Ammissibilita�^Principio�dell'equival
enza�^Criterio�di�aggiudicazione�^Parametri�di�riferimento�palesati�nel�
bando�^Necessita�^Artt.�19�e�30�direttiva�93/37/CEE�^Ordinanza�del�
�Bundesvergabeamt��(Austria)�^Emessa�il�25�settembre�2001�^Notifi-
cata�l'8�gennaio�2002.�

IL 
fattO 


La�pregiudiziale�e�stata�posta�nell'ambito�di�una�procedura�volta�ad�
accertare�la�correttezza�dell'agire�della�stazione�appaltante�che,�dopo�aver�
inserito�nel�bando�di�gara�una�clausola�nella�quale�veniva�fissata�la�possibi-


IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CEE�99 


lita�di�presentare�offerta�in�variante�rispetto�a�quella�posta�in�gara,�rifiutava�
la�proposta�alternativa�presentata�da�una�partecipante�alla�gara�perche�tecni-
camente�non�rispondente�agli�interessi�ed�obiettivi�della�stazione�appaltante.�

Avverso�questa�decisione�il�concorrente�ricorreva�alle�competenti�autorita�,�
lamentando�l'illegittimita�della�decisione�assunta�e�contestando�puntualmente�
l'istruttoria�tecnica�posta�in�essere�dalla�stazione�appaltante�in�corso�di�gara.�

IquesitI 


1.�^Se�rappresenti�una��variante��ai�sensi�dell'art.�19,�n.�1,�della�diret-
tiva�93/37/CEE�la�proposta�alternativa,�da�parte�di�un�offerente,�di�impie-
gare�per�la�costruzione�del�manto�stradale�uno�strato�di�asfalto�invece�del�
calcestruzzo�previsto�nel�bando�di�gara.�
2.�^Se�possa�essere�considerata�alla�stregua�del��requisito�minimo��
prescritto�e�menzionato�dall'amministrazione�aggiudicatrice�ai�sensi�del-
l'art.�19,�numeri�1�e�2�della�direttiva�93/37/CEE�il�criterio,�previsto�dal�diritto�
nazionale�per�l'ammissibilita�dell'accettazione�di�una��variante��ai�sensi�del-
l'art.�19,�n.�1,�della�direttiva�93/37/CEE,�secondo�cui�la�proposta�alternativa�
�deve�garantire�l'esecuzione�di�una�prestazione�equivalente�dal�punto�di�vista�
qualitativo�,�laddove�il�bando�di�gara�faccia�rinvio�solo�alla�normativa�
nazionale�e�non�definisca�in�particolare�sulla�base�di�quali�concreti�parametri�
di�paragone�debba�essere�esaminata�l'�equivalenza�.�
3.�^Se�l'art.�30,�numeri�1�e�2,�della�direttiva�93/37/CEE,�letto�alla�luce�
dei�principi�della�trasparenza�e�della�parita�di�trattamento,�vieti�all'ammini-
strazione�aggiudicatrice�di�subordinare�l'accettazione�di�una�proposta�alter-
nativa�che�differisce�da�un'offerta�conforme�al�bando�di�gara�a�causa�di�una�
diversa�qualita�tecnica�alla�valutazione�positiva�sulla�base�di�un�criterio�pre-
visto�dal�diritto�nazionale,�secondo�cui�la�proposta�alternativa��deve�garan-
tire�l'esecuzione�di�una�prestazione�equivalente�dal�punto�di�vista�qualita-
tivo�,�laddove�il�bando�di�gara�faccia�rinvio�al�riguardo�solo�alla�normativa�
nazionale�e�non�definisca�in�particolare�sulla�base�di�quali�concreti�parametri�
di�paragone�debba�essere�esaminata�l'�equivalenza�.�
4a.�^In�caso�di�soluzione�affermativa�sulla�questione�sub�3:�se�un'am-
ministrazione�aggiudicatrice�possa�portare�a�termine�con�l'assegnazione�del-
l'appalto�un�procedimento�di�aggiudicazione�come�quello�descritto�sub�3.�

4b.�^In�caso�di�soluzione�affermativa�delle�questioni�sub 
3e�sub 
4a:�se�
un'amministrazione�aggiudicatrice�che�svolge�un�procedimento�di�aggiudica-
zione�come�descritto�sub 
3�debba�comunque�respingere,�senza�un�esame�del�
contenuto,�le�varianti�proposte�dagli�offerenti,�laddove�essa�non�ha�stabilito�
i�criteri�di�assegnazione�per�la�valutazione�delle�differenze�tecniche�della�
variante�rispetto�al�bando�di�gara.�

5.�^In�caso�di�soluzione�affermativa�delle�questioni�sub 
3,�sub 
4a 
e�
sub 
4b: 
se�un'amministrazione�aggiudicatrice�che�svolge�un�procedimento�di�
aggiudicazione�come�descritto�sub 
3�debba�accertare�una�variante�di�cui�non�
puo�giudicare�le�differenze�tecniche�rispetto�al�bando�di�gara�a�causa�della�man-
canza�di�relative�prescrizioni�nel�bando�di�gara,�laddove�tale�variante�sia�l'of-
ferta�piu�conveniente�e�non�siano�stati�previsti�altri�criteri�di�assegnazione.�

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 


Causa 
C-422/01 
(domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale) 
^Assicurazioni 
^Cont
ratti 
di 
previdenza 
integrativa 
^Premi 
assicurativi 
^Detraibilita� 
dei 
premi 
^Regime 
fiscale 
applicabile 
^Articoli 
49 
e 
12 
del 
Trattato 
CEE 
^
Ordinanza 
del 
�Regeringsratten� 
(Svezia) 
^Emessa 
il 
23 
ottobre 
2001 
^
Notificata 
dell'8 
gennaio 
2002. 


IL 
fattO 


La 
controversia 
evidenzia 
una 
discriminazione 
cui 
il 
sistema 
fiscale 
sve-
dese 
sottopone 
i 
contratti 
di 
previdenza 
integrativi 
conclusi 
con 
le 
imprese 
di 
assicurazione 
stabilite 
in 
altri 
Paesi 
membri 
rispetto 
agli 
stessi 
contratti 
conclusi 
con 
imprese 
di 
assicurazioni 
svedesi. 


IquesitI 


�Se 
le 
norme 
comunitarie 
in 
materia 
di 
libera 
circolazione 
delle 
persone, 
dei 
servizi 
e 
dei 
capitali, 
in 
particolare 
l'art. 
49 
CE, 
nel 
combinato 
disposto 
con 
l'art. 
12, 
debbano 
essere 
interpretate 
nel 
senso 
che 
ostino 
all'applicazione 
di 
una 
normativa 
tributaria 
nazionale 
per 
effetto 
della 
quale 
un 
contratto 
assicurativo, 
concluso 
presso 
un 
assicuratore 
stabilito 
in 
Inghilterra, 
in 
Ger-
mania 
o 
in 
Danimarca 
e 
rispondente 
a 
tutti 
i 
requisiti 
di 
un 
contratto 
di 
pre-
videnza 
integrativa 
svedese 
�salvo 
il 
fatto 
di 
non 
essere 
stato 
sottoscritto 
presso 
un 
assicuratore 
stabilito 
in 
Svezia 
�debba 
essere 
fiscalmente 
consi-
derato 
quale 
contratto 
di 
assicurazione 
di 
capitalizzazione 
con 
effetti 
meno 
favorevoli 
sotto 
il 
profilo 
delle 
imposte 
sui 
redditi 
eventualmente, 
a 
seconda 
delle 
circostanze 
della 
specie, 
rispetto 
a 
quelli 
che 
deriverebbero 
da 
un 
con-
tratto 
di 
previdenza 
integrativa�. 


LA 
posizionE 
assuntA 
daL 
GovernO 
italianO 


Si�riportano�le�osservazioni�scritte�redatte�dall'Avvocatura�dello�Stato�
il�27febbraio�2002:�

�Preliminarmente�occorre�rilevare�che�se,�da�un�lato,�la�materia�delle�
imposte�dirette�non�rientra�nella�competenza�della�Comunita�,�dall'altro�lato�
gli�Stati�membri�devono�esercitare�le�competenze�ad�essi�conservate�nel�
rispetto�del�diritto�comunitario�(v.�tra�le�altre�sentenze�14febbraio�1995,�
C-279/1993,�Schumacker,�punto�21;�28�aprile�1998,�C-118/1996,�Safir,�
punto�21).�

Dato�per�scontato�che�le�assicurazioni�costituiscono�dei�servizi,�l'art.�49�del�
Trattato�CEostaall'applicazionediunanormativanazionaleche,�senzagiustifi-
cazioni�oggettive,�renda�impossibile�o�comunque�piu�difficile�per�un�prestatore�
di�servizi�di�avvalersi�delle�liberta�assicurate�dal�diritto�comunitario�(sentenza�
Safir�citata,�punto�22).�

La�giurisprudenza�di�questa�Corte�e�orientata�nel�ritenere�compatibili�con�il�
diritto�comunitario�differenze�di�trattamentofiscale�quando�queste�siano�suppor-
tate�da�differenti�situazioni�obiettive;�in�ogni�altro�caso�esse�verrebbero�a�costi-
tuire�un�mezzo�di�discriminazione�arbitraria�(per�tutte�sentenza�6�giugno�2000,�
C-35/1998,�Vakooijen,�punti�43�e�44).�


IL 
CONTENZIOSO 
DELL'UE 
^I 
giudizi 
in 
corso 
alla 
Corte 
di 
Giustizia 
CEE 


Ancora,�sembrano�consentite�diversita�di�trattamento�quando�queste�siano�
giustificate�da�ragioni�di�coerenza�del�sistema�tributario�nazionale�(sentenze:�
28�gennaio�1992,�C-204/1990,�Bachmann,�punto�21;�13�aprile�2000,�
C-251/1998,�Baars,�punto�40�e�Vakooijen,�citata,�punti�56�e�57).�

La�normativa�svedese�non�pare�rientrare�nelle�possibili�deroghe�sopra�
citate.�

In�particolare�non�si�comprende�il�meccanismo�per�cui�l'assicuratore�
puo�portare�in�detrazione�i�premi�versati�in�conseguenza�dell'impegno�
assunto�nei�confronti�deipropri�lavoratorisolo�almomento�della�correspon-
sione�effettiva�della�pensione�(vedi�ordinanza�del��Regeringsratten��pagina�
4,�punto�1.3).�In�sostanza�cio�che�dovrebbe�rientrare�nella�disciplina�delle�
assicurazioni�di�vecchiaia��con�conseguente�detrazione�immediata�dei�
premi�versati�per�ilsolofatto�che�coinvolga�un�soggetto�non�appartenente�
allo�stato�di�origine�viene�ad�essere�ricondotto�alla�disciplina�delle�assicura-
zioni�di�capitalizzazioni.�In�sostanza�viene�usato�lo�strumento�della�capita-
lizzazioneperdisciplinareunfenomenoproprio�dellapensionedivecchiaia,�
anche�quando��come�nel�caso�di�specie��l'assicuratore�estero�si�impegni�
formalmente�a�comunicare�alfisco�svedese�le�somme�erogate�afavore�dei�
beneficiari�dell'assicurazione.�

Tale�meccanismo�finisce�per�discriminare�le�imprese�di�assicurazioni�di�
altri�Stati�membri�che,�essendo�meno��appetibili��sul�mercato�svedese,�vedono�
difatto�limitataunapropria�liberta�riconosciutadalTrattato�CE.Per�conser-
vare�ilfattore�competitivo�legato�alla�detraibilita�deipremi,�l'impresa�straniera�
dovrebbe,�difatto,�rinunciareallaraccoltadiaffariinliberaprestazionedeiser-
vizi�e�insediare�uno�stabilimento�nello�Stato�ospite.�

La�discriminazione�non�e�limitata�solo�alle�imprese�di�altri�stati�CE,�ma�
finisce�per�coinvolgere�anche�gli�stessi�cittadini�svedesi�che�non�possono�libera-
mente�scegliere�la�compagnia�di�assicurazione,�sia�essa�nazionale�o�meno,�che�
meglio�soddisfi�le�proprie�aspettative.�

Inoltre�tale�normativa�costituisce�anche�un�ostacolo�alla�raccolta�di�capitali�
�e�quindi�una�violazione�della�libera�circolazione�dei�capitali��da�parte�di�
imprese�di�altri�Stati�membri.�

La�questione�in�esame�solleva�anche�problemi�di�tutela�della�libera�concor-
renzanelmercato�interno;�e�evidente,�infatti,�ilvantaggioapportatoalleimprese�
di�assicurazioni�stabilite�in�Svezia�dalla�normativa�di�cui�si�tratta.�

Sulla�base�di�tali�premesse�si�suggerisce�di�rispondere�al�quesito�nel�senso�
che:�

�le�norme�comunitarie�in�materia�di�libera�circolazione�di�persone,�dei�
serviziedeicapitaliostano�adunanormativa�tributarianazionalechequalifichi�
un�contratto�assicurativo,�rispondete�a�tutti�i�requisiti�di�un�contratti�di�previ-
denza�integrativa�svedese,�come�contratto�di�assicurazione�di�capitalizzazione�
per�il�solofatto�che�l'impresa�assicuratrice�non�sia�stabilita�in�Svezia�.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Causa 
C-423/01 
(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Contributi 
alla 


macellazione 
^Definizione 
di 
stabilimento 
di 
provenienza 
delle 
carni 
^

Ordinanza�del�Verwaltungsgericht�Neustadt�an�der�Weinstrasse.�

IL 
fattO 


Viene�chiesto�alla�corte�di�pronunciarsi�sulla�corretta�interpretazione�
della�direttiva�85/73/CEE,�nella�formulazione�della�direttiva�96/46/CE,�in�
relazione�ai�contributi�ed�alle�spese�riscuotibili�dal�Land�per�effettuare�ispe-
zioni�e�controlli�previsti�dalla�normativa�in�materia�di�igiene.�

IquesitI 


1.��Se�la�disposizione�del�punto�2,�secondo�comma,�dell'allegato�A,�
capitolo�I,�della�direttiva�85/1973/CEE�nella�formulazione�della�direttiva�
96/43/CEE,�vada�interpretata�nel�senso�che�debba�considerarsi�come��stabi-
limento�da�cui�provengono�le�carni��anche�uno�stabilimento�che�si�trova�
nello�stesso�edificio�del�laboratorio�di�sezionamento,�ma�il�cui�titolare�e�una�
persona�fisica�o�giuridica�diversa�dal�titolare�del�laboratorio�di�sezionamento.�
2.��Quali�criteri�siano�determinanti�per�la�decisione�del�creditore�di�
imposta�relativa�alla�determinazione�quantitativa�della�riduzione�dei�contri-
buti�fino�al�55%�previsto�al�punto�2,�secondo�comma,�dell'allegato�A,�capi-
tolo�I,�della�menzionata�direttiva.�Se�a�tale�riguardo�si�possa�tener�conto�del�
tempo�limitato�che�utilizza�il�personale,�che�effettui�controlli�o�ispezioni,�
anche�quando�i�relativi�contributi�vengono�calcolati�aggiungendo�un�importo�
forfettario�ai�sensi�del�punto�2,�primo�comma),�dell'allegato�A,�capitolo�I,�
della�direttiva�sopramenzionata.�
In�caso�di�soluzione�affermativa�della�questione�n.�1),�se�si�possa�tuttavia�
tener�conto,�ai�fini�della�riduzione�del�contributo,�del�fatto�che�gli�stabili-
menti�che�si�trovano�in�uno�stesso�edificio�appartengono�a�titolari�giuridica-
mente�diversi,�e�se�questo�possa�comportare�in�sostanza�che�in�tali�casi�venga�
concessa�una�riduzione�inferiore�rispetto�ai�casi�in�cui�il�macello�e�il�laborato-
rio�di�sezionamento�non�solo�si�trovano�nello�stesso�edificio,�ma�per�di�piu�
sono�gestiti�dalla�stessa�persona�fisica�o�giuridica.�

Causa 
C-424/01 
(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Appalti 
^Direttiva 


89/665/CEE 
^Articolo�2,�n.�4�^Provvedimenti�provvisori�^Ordinanza�

del�Bundesvergabeamt�^Sezione�IX�^(Austria).�

IL 
fattO 


La�controversia�ha�ad�oggetto�una�gara�per�la�fornitura,�il�montaggio,�il�
completamento�di�vari�componenti�per�reti�elettroniche,�la�gestione�software 
delle�reti,�compreso�l'addestramento,�quale�appalto�di�fornitura�per�un�valore�
stimato�nel�contratto�di�euro�un�milione.�Nel�bando�di�gara�non�veniva�
espressamente�dichiarato�che�dovevano�essere�offerti�solo�prodotti�nuovi�di�
fabbrica.�La�richiedente�presentava�un'offerta�con�la�quale�proponeva�la�for-
nitura�dei�prodotti�indicati�nel�bando�di�gara,�fornendo�pero�non�prodotti�
nuovi�di�fabbrica,�bens|�prodotti�generalmente�superati.�L'autorita�aggiudica-
trice�comunicava�alla�ricorrente�che�la�sua�offerta�sarebbe�stata�esclusa,�
senza�che�fosse�esaminata�nel�merito,�poiche�non�corrispondeva�ai�requisiti�
del�bando�di�gara.�A�motivazione�l'autorita�aggiudicatrice�deduceva�che,�


IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CEE�103 


attenendosi�alla�giurisprudenza�dei�Tribunali�civili�austriaci,�si�doveva�rite-
nere�che�nel�dubbio,�qualora�non�diversamente�previsto,�potevano�essere�
offerti�solo�prodotti�nuovi.�La�richiedente�chiedeva�la�rimozione�di�tale�deci-
sione�dell'autorita�aggiudicatrice,�nonche�l'emissione�di�un�provvedimento�
urgente,�che�facesse�divieto�all'autorita�aggiudicatrice�di�assegnare�l'appalto�
fino�a�che�non�fosse�stata�pronunciata�la�decisione�sulla�domanda�di�rimo-
zione�della�decisione�della�detta�autorita�.�A�motivazione�la�richiedente�addu-
ceva�che�nel�bando�di�gara�non�era�dato�di�riscontrare�alcun�elemento�che�
facesse�intendere�che�i�materiali�forniti�dovessero�essere�nuovi�di�fabbrica.�
Veniva�solo�richiesto�che�l'apparecchiatura�rispondesse�a�tutte�le�disposizioni�
in�materia�di�sicurezza�in�vigore.�

IquesitI 


1.��Se�l'organo�responsabile�per�le�procedure�di�ricorso�ai�sensi�del-
l'art.�8,�n.�2,�della�direttiva�del�consiglio�21�dicembre�1989�n.�89/665/CEE,�
che�coordina�le�disposizioni�legislative,�regolamentari�e�amministrative�rela-
tive�all'applicazione�delle�procedure�di�ricorso�in�materia�di�aggiudicazione�
degli�appalti�pubblici�di�forniture�e�di�lavori,�nella�versione�di�cui�la�direttiva�
18�giugno�1992�n.�92/50/CEE,�abbia�l'obbligo�di�prenderli�in�considerazione,�
nell'ambito�della�ponderazione�degli�interessi�da�effettuare�prima�di�decidere�
sul�provvedimento�provvisorio�richiesto�nell'ambito�dell'art.�2,�n.�4,�della�
direttiva�n.�89/665/CEE,�le�possibilita�di�favorevole�accoglimento�di�una�
domanda�di�rimozione�di�una�decisione�illegittima�di�una�autorita�aggiudica-
trice�ai�sensi�dell'art.�2,�n.�1,�lettera�b),�della�detta�direttiva.�
2.��In�caso�di�soluzione�negativa�della�questione�sub 
1:�se�l'organo�
responsabile�delle�procedure�di�ricorso�ai�sensi�dell'art.�2,�n.�8,�della�direttiva�
del�Consiglio�21�dicembre�1989,�che�coordina�le�disposizioni�legislative,�regola-
mentari�e�amministrative�relative�all'applicazione�delle�procedure�di�ricorso�in�
materia�di�aggiudicazione�di�appalti�pubblici�di�forniture�e�di�lavori,�nella�ver-
sionedicuialladirettiva18�giugno1992n.�92/50/CEE,abbiailpoteredipren-
dere�in�considerazione,�nell'ambito�della�ponderazione�degli�interessi�da�effet-
tuare�prima�di�decidere�su�un�provvedimento�provvisorio�richiesto�nell'ambito�
dell'art.�2,�n.�4,�della�direttiva�n.�89/665/CEE,�la�possibilita�di�favorevole�acco-
glimento�della�domanda�di�rimozione�di�una�decisione�illegittima�di�un�autorita�
aggiudicatrice�ai�sensi�dell'art.�2,�n.�1,�lettera�b),�della�detta�direttiva.�
Causa�C-431/01�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Imposte�delle�pers
one�fisiche�^Perdita�di�reddito�professionale�^Detraibilita�^Articoli�39�
e/o�43�Trattato�CE�^Ordinanza�della��Cour�D'Appel�De�Mons��
(Belgio)�^Emessa�il�2�novembre�2001�^Notificata�il�5�dicembre�2001.�

IL 
fattO 


La�controversia�riguarda�un�consulente�in�informatica�che,�negli�anni�
1988�e�1989,�svolgeva�varie�attivita�subordinate�in�Germania�ed�una�attivita�
indipendente�in�Belgio;�nel�1988,�a�seguito�di�una�perdita�subita�nell'ambito�
della�sua�attivita�professionale�in�Belgio,�l'interessato�si�e�visto�rifiutare�dallo�
Stato�belga�la�sua�richiesta�di�imputare�tale�perdita�all'utile�generato�dalla�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

stessa�attivita�autonoma�nel�1989�con�la�motivazione�che�la�perdita�contro-
versa�possa�essere�solo�oggetto�di�imputazione��peraltro�effettuata�dall'in-
teressato,�per�l'esercizio�1989��sui�redditi�generati�in�Germania.�

IquesitI 


Se�gli�articoli�39�e/o�43�del�Trattato�che�istituisce�la�Comunita�europea�
ostino�alla�normativa�di�uno�Stato�membro�ai�sensi�della�quale,�per�gli�avvisi�
di�accertamento�dell'imposta�delle�persone�fisiche,�la�perdita�di�reddito�pro-
fessionale�subita�in�tale�Stato�membro�da�una�persona�fisica�residente�in�
detto�Stato�nell'arco�di�un�periodo�d'imposta�precedente�puo�essere�detratta�
dall'utile�di�tale�persona�fisica�relativo�a�un�esercizio�successivo�solo�in�
quanto�la�suddetta�perdita�di�reddito�professionale�non�possa�essere�impu-
tata�alle�retribuzioni,�inerenti�a�tale�periodo�d'imposta�precedente,�derivanti�
da�un'attivita�lavorativa�subordinata�svolta�dalla�persona�fisica�in�un�altro�
Stato�membro,�con�la�conseguenza�che�la�perdita�di�reddito�professionale�
cos|�imputata�non�puo�essere�detratta,�ne�in�detto�Stato�membro,�ne�nell'al-
tro�Stato�membro,�dal�reddito�imponibile�di�tale�persona�fisica�per�l'avviso�
di�accertamento�dell'imposta�sulle�persone�fisiche,�laddove,�se�la�persona�
fisica�avesse�esercitato�la�sua�attivita�lavorativa�subordinata�nel�medesimo�
Stato�membro�in�cui�si�svolge�l'attivita�autonoma,�le�suddette�perdite�di�red-
dito�professionale�potrebbero�senz'altro�detrarsi�dal�reddito�imponibile�di�
tale�persona�fisica.�

Causa 
C-438/01 
^Disposizioni 
fiscali 
^Armonizzazione 
delle 
legislazioni 
^
Imposte 
sulla 
cifra 
d'affari 
^Sistema 
comune 
d'imposta 
sul 
valore 
aggiunto 
^Art. 
9, 
n. 
2, 
lettera 
e), 
secondo 
trattino, 
della 
sesta 
direttiva 
IVA 
^Prestazioni 
pubblicitarie 
^Inclusione 
delle 
prestazioni 
fornite 
tram
ite 
un 
terzo 
^Ordinanza�della�Cour�De�Cassation�du�Grand-Duche�
de�Luxembourg�^Emessa�l'8�novembre�2001�^Notificata�l'8�gennaio�
2001.�

IL 
fattO 


La�controversia�da�cui�trae�origine�l'ordinanza�di�remissione�del�giudice�
a 
quo 
vede�coinvolte�due�societa�per�azioni:�la�societa�committente�(con�sede�
in�Lussemburgo,�ricorrente�presso�la��Cour�de�Cassation��di�quel�Paese),�
per�conto�del�locale�Ministero�dell'economia,�di�prestazioni�varie�connesse�
all'allestimento�di�una�esposizione�commerciale�in�Belgio�(montaggio�di�due�
stand,�pulizia�degli�stessi�durante�l'esposizione,�fornitura�di�manodopera�per�
il�trasporto�di�materiali),�e�la�societa�(con�sede�in�Belgio),�commissionaria�
delle�predette�prestazioni.�Quest'ultima�ha�emesso�la�relativa�fattura�con�
applicazione�dell'IVA�belga,�nella�considerazione�che�le�prestazioni�di�cui�si�
tratta�non�possono�essere�considerate�di�carattere��pubblicitario��secondo�
l'accezione,�assunta�dalla�norma�comunitaria�(nel�qual�caso�avrebbero�
dovuto�essere�assoggettate�ad�imposta�in�Lussemburgo,�quale�Stato�di�resi-
denza�del��destinatario��della�prestazione�pubblicitaria),�in�quanto�effettuate�
non�nei�diretti�confronti�dell'utente�(cioe�il�Ministero�dell'economia�del�Lus-
semburgo),�bens|�di�un�intermediario�(ovvero�societa�committente).�Va�osser-


IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CEE�105 


vato,�preliminarmente,�che�ciascuno�Stato�membro�ha�interesse,�in�genere,�a�
localizzare�nel�proprio�territorio�il��luogo��di�effettuazione�delle�opere�poste�
in�essere�tra�soggetti�appartenenti�a�Stati�membri�diversi,�dato�che�in�tal�caso�
sussisterebbe�il�diritto�a�percepire�il�relativo�tributo�(da�cio�,�il�sorgere�di�con-
troversie�tra�Stati�membri).�

IL 
quesitO 


Se�l'art.�9,�n.�2,�lettera�e),�della�sesta�direttiva�(CEE)�del�Consiglio�
17�maggio�1977,�n.�77/388,�in�materia�di�armonizzazione�delle�legislazioni�
degli�Stati�membri�relative�alle�imposte�sulla�cifra�di�affari��Sistema�
comune�di�imposta�sul�valore�aggiunto:�base�imponibile�uniforme,�per�
quanto�riguarda�le��prestazioni�pubblicitarie�,�si�applichi�a�prestazioni�for-
nite�indirettamente�all'inserzionista�e�fatturate�ad�un�terzo�che�a�sua�volta�le�
fatturera�all'inserzionista,�nel�caso�in�cui�quest'ultimo�non�produca�la�merce�
il�cui�prezzo�comprendera�il�costo�della�prestazione.�

Causa 
C-439/01 
^Trasporti 
su 
strada 
^Condizioni 
di 
viaggio 
^Art.�8,�
commi�1�e�2,�del�regolamento�CEE�n.�3820/1985�^Ordinanza�del�
�Unabhangiger�Verwaltungssenat��(Austria)�^Emessa�il�6�novembre�
2001�^Notificata�l'8�gennaio�2002.�

IL 
fattO 


I�due�ricorrenti�conducevano,�quali�autisti�dell'equipaggio�dagli�stessi�
composto,�un�autotreno�con�targa�ceca�sino�al�posto�di�frontiera�di�Drasen-
hofen.�In�seguito�alla�verifica�dei�fogli�di�registrazione�che�i�suddetti�erano�
tenuti�a�presentare�per�il�periodo�dal�22�al�24�ottobre�2000,�la�polizia�sospet-
tava�che�i�ricorrenti�non�avessero�rispettato�i�periodi�di�pausa�giornalieri�in�
conformita�all'art.�8�del�regolamento�n.�3820/1985�e�imponeva�a�ciascun�con-
ducente�di�versare�una�cauzione�provvisoria�pari�a�ATS�1.000.�

Da�un'analisidei�foglidiregistrazione�risultavache�entrambiiricor-
renti��con�una�pausa�ininterrotta�di�8�ore�e�5�minuti�nell'arco�di�un�
periodo�di�30�ore��si�erano�conformati�ai�presupposti�dell'art.�8,�n.�2,�del�
regolamento�n.�3820/1985,�ma�non�tuttavia�a�quelli�dell'art.�8,�n.�1,�del�sud-
detto�regolamento.�

La�Bezirkshauptmannschaft�di�Mistelbach�dichiarava�che�la�cauzione�
versata�doveva�considerarsi�acquisita.�Gli�interessati�impugnavano�i�suddetti�
provvedimenti,�affermando�di�aver�effettuato�le�pause�prescritte.�

IquesitI 


1.��Se�gli�autisti�che�rientrano�nell'ambito�di�applicazione�del�regola-
mento�(CEE)�del�Consiglio�20�dicembre�1985,�n.�3820,�relativo�all'armonizza-
zione�di�alcune�disposizioni�in�materia�sociale�nel�settore�dei�trasporti�su�
strada,�nell'ipotesi�di�un�equipaggio�composto�da�due�autisti,�debbano�soddi-
sfare�cumulativamente�i�numeri�1�e�2�dell'art.�8�o�se�l'art.�8,�n.�2,�del�regola-
mento�n.�3820/1985�sia�da�anteporsi,�in�quanto�lex 
specialis,aln.�1.�
2.��Se�quando�l'equipaggio�e�composto�da�due�autisti�che�rientrano�
nell'ambito�di�applicazione�del�regolamento�(CEE)�del�Consiglio�20�dicembre�
1985,�n.�3820,�relativo�all'armonizzazione�di�alcune�disposizioni�in�materia�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

sociale�nel�settore�dei�trasporti�su�strada,�l'art.�8,�n.�1,�del�regolamento�

n.�3820/1985,�o�eventualmente�i�numeri�1�e�2�dell'art.�8�del�suddetto�regola-
mento�non�debbano�trovare�applicazione�per�incompatibilita�con�le�disposi-
zioni�di�diritto�comunitario�di�rango�superiore.�
Causa�C-442/01�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Societa�di�persone�^
Cessione�di�quote�sociali�^Esenzione�o�soggezione�ad�imposta�^Deducibil
ita�delle�spese�legali�derivanti�dalla�costituzione�della�societa�^Opera-
zioni�accessorie�^Direttiva�77/388/CE�^Ordinanza�del��Bundesfinanz-
hofes��^Emessa�il�27�settembre�2001�^Notificata�il�31�gennaio�2001.�

IL 
fattO 


L'ordinanza�in�oggetto�nasce�dalla�costituzione�da�parte�di�un�gruppo�di�
soci�di�una�societa�di�persone�per�lo�svolgimento�di�una�serie�di�iniziative�
immobiliari.�In�seguito,�la�societa�ha�dedotto�dal�proprio�imponibile�le�spese�
legali�dalla�stessa�sostenute�in�relazione�alla�successiva�stesura�di�atti�di�ces-
sione�di�quote�della�societa�in�favore�di�nuovi�soci.�

Ai�sensi�dell'art.�17,�II�comma�e�art.�19,�II�comma,�della�Direttiva�77/�
388,�e�soggetta�a�deduzione�l'imposta�sul�valore�aggiunto�relativa�ad�opera-
zioni�accessorie�(nel�caso�di�specie�le�prestazioni�legali)�nella�misura�in�cui�
l'operazione�principale�(nel�caso�di�specie�la�cessione�di�quote)�sia�soggetta�
ad�imposta�e�non�ne�sia�esente.�Pertanto,�ai�fini�della�pronuncia�interpreta-
tiva�in�merito�alla�deducibilita�o�meno�delle�spese�legali�sopra�citate�dall'im-
ponibile�della�societa�,e�necessario�accertare,�in�via�preliminare,�se�le�cessioni�
di�quote�di�societa�personali�siano�considerate��ai�sensi�della�Direttiva�
77/388��soggette�ad�IVA�oppure�esenti.�

IquesitI 


1.��Se�una�societa�di�persone�la�quale�ammette�un�socio�contro�paga-
mento�di�un�conferimento�in�denaro�contante�fornisca�a�quest'ultimo�una�
prestazione�a�titolo�oneroso�ai�sensi�dell'art.�2,�n.�1,�della�direttiva�
77/388/CEE.�
2.��Se�sia�in�tal�caso�configurabile�un'operazione�accessoria�ai�sensi�
dell'art.�19,�n.�2,�seconda�frase,�della�direttiva�77/388/CEE�e�se�il�soggetto�
passivo�dell'imposta�possa�invocare�l'art.�19,�n.�2,�seconda�frase,�della�diret-
tiva�77/388/CEE�secondo�cui�siffatte�operazioni�accessorie�non�escludono�la�
deduzione.�
Causa�C-444/01�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Liberta�di�stabilim
ento�e�libera�prestazione�di�servizi�^Prostituzione�^Articoli�8,�52�e�
59�Trattato�CE,�art.�1�direttiva�CE/90/364�^Ordinanza�del�Bundesver-
waltungsgericht�^Notificata�il�31�gennaio�2002.�

IL 
fattO 


La�ricorrente,�originaria�dei�Paesi�Bassi,�veniva�espulsa�dalla�Germania�
per�esercizio�della�prostituzione�in�quanto�priva�del�permesso�di�soggiorno.�

La�ricorrente�ritiene�il�provvedimento�ingiusto�in�quanto�si�tratta�di�atti-
vita�non�vietata,�ed�essa�disponeva�di�sufficienti�mezzi�di�sostentamento�ed�
era�assicurata�contro�i�rischi�di�malattia.�


IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CEE�107 


IquesitI 


1.��Se�l'attivita�della�prostituzione�esercitata�in�modo�autonomo�da�
una�cittadina�dello�Stato�membro�A�nello�Stato�membro�B�riferita�alla�situa-
zione�giuridica�esistente�al�16�maggio�1997,�rientri�sotto�la�liberta�di�stabili-
mento�(art.�52,�Trattato�CE)�e,�rispettivamente,�la�libera�prestazione�di�ser-
vizi�(art.�59,�Trattato�CE).�Se,�a�tal�riguardo,�assuma�rilievo�se�la�prostitu-
zione�nel�detto�momento�secondo�l'ordinamento�giuridico�nazionale�era�
considerata�contraria�al�buon�costume�e�asociale.�
2.��In�caso�di�soluzione�negativa�della�prima�questione:�se�la�cittadina�
dello�Stato�membro�A,�sulla�base�della�situazione�giuridica�esistente�al�
16�maggio�1997,�derivava�nello�Stato�membro�B�un�diritto�di�soggiorno�diret-
tamente�dall'art.�8�del�Trattato�CE.�
3.��In�caso�di�soluzione�negativa�della�seconda�questione:�se�la�stessa,�
nella�situazione�giuridica�esistente�al�16�maggio�1997,�disponeva�di�un�diritto�
di�soggiorno�sulla�base�dei�presupposti�di�cui�all'art.�1�della�direttiva�CEE�
del�Consiglio�28�giugno�1990,�n.�90/364�(G.U.�L.�180,�pag.�26),�anche�se�lo�
Stato�membro�B�in�quella�data�non�aveva�ancora�trasposto�nel�diritto�nazio-
nale�la�detta�direttiva.�
4.��In�caso�di�soluzione�affermativa�della�terza�questione:�se�la�stessa�
al�momento�di�entrare�nel�territorio�dello�Stato�membro�B�doveva�disporre�
di�mezzi�di�sussistenza�sufficienti�e�ne�doveva�dare�dimostrazione�alle�compe-
tenti�autorita�,�oppure�se�sia�sufficiente�che�la�stessa,�durante�il�suo�soggiorno�
in�tale�Stato�membro,�non�abbia�fatto�ricorso�all'assistenza�sociale.�
Causa 
C-445/01 
(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Rapporto 
di 
lavoro 
subordinato 
^Mancata 
registrazione 
sul 
libretto 
di 
lavoro 
^Articoli�39,�
43,�86�Trattato�CE�^Ordinanza�del�tribunale�di�Biella�(Italia)�^Emessa�
il�18�agosto�2001�^Notificata�l'8�gennaio�2002.�

IL 
fattO 


La�questione�verte�sulla�mancata�comunicazione�da�parte�del�datore�di�
lavoro�all'ufficio�circoscrizionale�dell'assunzione�di�personale,�comunicazione�
che�si�deve�effettuare�entro�cinque�giorni�dall'assunzione�come�prescritto�dal-
l'art.�9-bis 
comma�2�della�legge�n.�608/1996.�

La�questione�interpretativa�verte�sull'applicabilita�del�decreto-legge�

n.�232/1995�poiche�per�le�assunzioni�precedenti�a�tale�provvedimento�il�giu-
dice�nazionale�deve�disapplicare�la�normativa�nazionale�relativa,�annullando�
le�eventuali�sanzioni�sulla�scorta�della�pronuncia�della�Corte�di�Giustizia�
dell'11�dicembre�1997,�che�e�efficace�nel�nostro�ordinamento,�direttamente�e�
retroattivamente,�in�relazione�ad�ogni�pregresso�rapporto�che�non�sia�ancora�
esaurito.�Le�assunzioni,�invece,�successive�a�tale�sentenza�sono�regolate�dal�
decreto�del�Ministro�del�lavoro�8�maggio�1998,�che�prevede�semplicemente�
un�obbligo�di�comunicazione�successivo�all'assunzione;�il�giudice�del�rinvio�
ha�ritenuto�che�non�si�potesse�procedere,�come�nell'altro�caso,�alla�disappli-
cazione�della�normativa;�ha,�infatti,�sostenuto�che�si�tratta�di�una�normativa�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

nazionale�che�il�giudice�nazionale�potrebbe�disapplicare�solo�qualora�interve-
nisse�una�pronuncia�della�Corte�Costituzionale�che�ne�dichiari�l'illegittimita�

o�una�pronuncia�della�Corte�di�Giustizia�che�la�dichiari�in�contrasto�con�la�
legislazione�comunitaria.�
IL 
quesitO 


Con�la�predetta�ordinanza�e�stato�chiesto�alla�Corte�di�Giustizia�delle�
Comunita�europee�di�pronunciarsi,�ai�sensi�dell'art.�234�del�Trattato�CE,�in�
ordine�alla�compatibilita�dell'art.�9-bis�comma�2�della�legge�n.�608/1996�d
ove�e�previsto�per�il�datore�di�lavoro�l'obbligo�della�comunicazione�dell'as-
sunzione�di�ogni�lavoratore�alla�Sezione�Circoscrizionale�per�l'Impiego��e�
dell'art.�10�del�decreto�legislativo�n.�649/1997��dove�si�richiama�l'art.�9-bis�
della�legge�n.�608/1996,�in�caso�di�mediazione�operata�da�soggetti�non�auto-
rizzati��con�i�principi�comunitari�di�cui�agli�articoli�39,�43�ed�86�del�Trat-
tato�CE�(liberta�di�lavoro,�di�iniziativa�economica,�di�stabilimento,�di�concor-
renza).�

NotE 


Si�deve�ricordare�che�il�regime�del�collocamento�italiano�e��gia��stato�oggetto�

di�una�pronuncia�della�Corte�di�Giustizia�delle�Comunita��europee�(sentenza�

dell'11�dicembre�1997�Causa�n.�55/1996�Job�Center),�con�la�quale�la�Corte�lo�

ha�ritenuto�contrario�all'art.�90�n.�1�Trattato�CE,�in�quanto�istituente�un�mono-

polio�dello�Stato,�contrario�al�regime�della�libera�concorrenza.�La�Corte�ha,�

infatti,�ritenuto�cheunsistemacheattribuiscailmonopolioesclusivodelcolloca-

mento�all'ente�pubblico�sia�contrario�al�sistema�comunitario�se�non�consente�di�

soddisfare�la�domanda�esistente�sul�mercato�del�lavoro�ed�il�regime�renda�di�

fatto�impossibile�l'esercizio�della�medesima�attivita��da�parte�di�imprese�private.�

LA 
posizionE 
assuntA 
daL 
GovernO 
ItalianO 


SitrascrivonointegralmenteleosservazionisvoltedalGoverno�Italiano:�

1.��La�Direzione�Provinciale�del�Lavoro�di�Biella�ha�contestato�alla�
S.n.c.�M.�edaiSigg.riS.�eB.�laviolazionedialcunenormeinmateriadiorga-
nizzazione�e�tutela�del�mercato�del�lavoro�ed�ha�ingiunto�loro�di�pagare�una�
sommadidenaroatitolodisanzioniamministrative.�Traleviolazionicontestate�
vi�e��anche�la�mancata�comunicazione�dell'assunzione�dei�lavoratori,�prevista�e�
disciplinata�dall'art.�9-bis,�comma�2,�della�legge�28�novembre�1996,�n.�608.�
ISigg.ri�S.�e�B.,�soci�e�legali�rappresentanti�della�societa��M.,�si�sono�oppo-
sti�alla�richiesta�di�pagamento�delle�sanzioni�amministrative�ed�hanno�citato�in�
giudizio�la�Direzione�Provinciale�del�Lavoro.�I�ricorrenti�hanno�formulato�
diverse�eccezioni;�in�particolare,�hanno�contestato�la�violazione�dell'art.�9-bis,�
comma�2,�della�legge�n.�608/1996,�poiche�i�comportamenti�previsti�da�tale�
norma,�confermando�il�regime�di�collocamento�in�vigore�prima,�sarebbero�in�
contrasto�con�il�Trattato�CE�cos|��come�riconosciuto�dalla�sentenza�della�Corte�
di�Giustizia,�intervenuta�nelprocedimento�C-55/1996.�

L'Amministrazione�del�lavoro,�costituitasi�in�giudizio,�si�e��opposta�a�quanto�

affermato�daiprivati.�

2.��Il�Giudice�Unico�del�Tribunale�di�Biella,�con�ordinanza�pronunciata�
il�18�ottobre�2001,�ha�chiesto�alla�Corte�di�Giustizia�di�pronunciarsi,�in�via�pre-
giudiziale,�sulla�compatibilita��dell'art.�9-bis,�comma�2,�della�legge�28�novem-

IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CEE�

bre�1996,�n.�608,�la�ove�e�previsto�per�il�datore�di�lavoro�l'obbligo�della�
comunicazione�dell'assunzione�di�ogni�lavoratore�alla�Sezione�Circoscrizio-
nale�per�l'Impiego,�nonche�dell'art.�10�del�decreto�legislativo�23�dicembre�
1997,n.�469,la�ove�si�richiama�l'art.�9-bis�della�legge�n.�608/1996,�in�caso�di�
mediazioneoperatadasoggettinonautorizzati,�coniprincipicomunitaridicui�
agli�articoli�39,�43,�86�(ex�articoli�48,�52�e�90)�Trattato�CEE.�

3.��Relativamente�al�quesito�concernente�l'art.�9-bis,�comma�2,�della�
legge�28�novembre�1996,�n.�608,�si�ritiene�opportuno�ricordare�brevemente�l'evo-
luzione�di�alcuni�principi�della�disciplina�italiana�del�collocamento�al�lavoro.�
3.1.��La�legge�n.�264�del�1949,�prevedeva�che�il�datore�di�lavoro�avesse�
l'obbligo�diassumereper�iltramitedell'Ufficio�dicollocamento�territorialmente�
competente,�vietando�l'esercizio�della�mediazione�tra�offerta�e�domanda�di�
lavoro�subordinato.�L'intermediazione�di�manodopera�effettuata�in�contrasto�
con�le�suddette�norme�e�l'assunzione�di�lavoratori�al�difuori�del�collocamento�
pubblico�erano�punite�con�sanzioni�non�solo�amministrative�ma�anche�penali.�

L'impianto�normativo�originario�del�sistema�del�collocamento�obbligava�i�
datori�di�lavoro�ad�assumere�soltanto�i�disoccupati�autorizzati�con�nullaosta�pre-
ventivo�dell'ufficio�di�collocamento�competente�per�territorio,�previo�invio�della�

relativa�richiesta�numerica�o�nominativa.�
In�taleperiodo,�in�Italia�il�collocamento�della�manodopera�ha�costituito�una�
funzione�esclusivamente�pubblica�esercitata�direttamente�dallo�Stato,�rientrando�
fra�gli�interventi�a�tutela�del�lavoratore.�Alla�luce�della�sua�storica�concezione,�

l'istituto�del�collocamento�ha,�in�effetti,�assolto�lafunzione,�di�rilevante�interesse�
pubblico,�di�impedire�che�il�datore�di�lavoro�potesse�assumere�lavoratori�senza�

assicurare�loro�le�condizioni�di�tutela�sancite�dalla�legge.�
Cio�che�ha�contraddistinto�la�normativa�in�allora�vigente�e�stato�il�carattere�
esclusivo�e�rigidamentepubblicistico�della�mediazionefra�domanda�e�offerta�di�
lavoro.�

3.2.��Tale�assetto�di�cose,�peraltro,�ha�subito�una�serie�di�modifiche�che�
hannoprogressivamente�mutato�ilquadro�generale�dell'istituto�del�collocamento.�
Un�primo�passo�si�e�fatto�con�la�legge�n.�223/1991�che�ha�generalizzato�il�
sistema�della�richiesta�nominativa;�in�base�a�tale�sistema�gli�uffici�di�colloca-
mento�avevano�l'obbligo�diprovvedere�all'avviamento�dei�lavoratori�indicati�nel-
l'istanza.�La�norma,�tuttavia,�lasciava�alla�sfera�pubblica�il�controllo�successivo�
di�una�preventiva�individuazione�privata�dei�lavoratori�da�assumere.�

Successivamente,�dal�1994,�il�collocamento�e�stato�disciplinato�da�una�serie�
di�decreti-legge,�reiterati�spesso�con�modifiche�rilevanti�ed�infine�convertiti�con�
la�legge�28�novembre�1996,�n.�608,�che�ha�profondamente�modificato�l'istituto�
inesame.�Infatti,�sie�definitivamentesuperato�ilsistemadiavviamentoallavoro�
basato�sul�rilascio�preventivo�del�nulla�osta�di�un�ufficio�pubblico�e�l'art.�9-bis,�
della�legge�richiamata,�generalizza�ilprincipio�dell'assunzione�diretta�dei�lavora-
tori�da�parte�del�datore�di�lavoro,�il�quale�ha�solo�l'obbligo��corredato�di�san-
zione�esclusivamente�amministrativa��di�comunicare,�entro�5�giorni,�l'avvenuta�
assunzioneall'Ufficio�dellavoro�competenteper�territorio.�


RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO

3.3.��Attualmente�in�Italia�non�e�piu�previsto,�pertanto,�un�intervento�
autorizzatorio�dapartedellaPubblicaAmministrazione�inregimedimonopolio,�

ma�un�mero�obbligo�di�comunicazione,�la�cui�inottemperanza�da�luogo�all'appli-

cazione�di�una�sanzione�amministrativa.�Viene�demandato,�difatto,�al�datore�di�

lavoro�ilcontrollopreventivosuirequisitidituteladellavoratore.�

Alla�base�della�previsione�contenuta�nell'art.�9-bis 
vi�e�una�motivazione�di�

rilevante�interesse�pubblico:�il�legislatore,�pur�introducendo�nell'ordinamento�

giuridico�strumenti�di�flessibilizzazione�e�liberalizzazione�dell'incontro�fra�

domandaeoffertadilavoro,�haritenutoancoranecessario�lasciareadunufficio�

pubblico�il�compito�di�registrazione�statistica�delle�assunzioni.�
Tale�meccanismo�consente�alla�Pubblica�Amministrazione�un�costante�
monitoraggio�deiflussi�di�manodopera�ed�una�conoscenza�reale�dell'andamento�
della�domanda�e�dell'offerta�nel�mercato�del�lavoro.�
Unsistema�di�talgenere�e�tuttora�considerato�indispensabileper�l'applica-
zione�di�strumenti�di�politica�attiva�del�lavoro�quali�iscrizioni�e�cancellazioni�
nelleappositeliste,�quotediriserva,�indennita�perladisoccupazione.�
In�talmodo�sie�portato�amaturazione�ilprocesso�diprogressiva�completa�
deregolamentazionedelsistema,�secondounalineadipensiero�ispirataalprinci-

piodell'abolizionedelmonopoliopubblicodelcollocamento,�inlineaconiprin-

cipi�dettati�dalla�Corte�di�Giustizia.�

Alla�luce�delle�considerazioni�che�precedono,�si�ritiene�che�non�siano�fon-

dati�i�dubbi�del�Giudice�italiano�sulla�conformita�della�normativa�in�questione�

all'ordinamento�comunitario.�

Edinvero,ilmeroobbligodicomunicazionenonpuo�conferirediperse��allo�

Stato�una�posizione�di�supremazia�di�stampo�monopolistico�essendo�finalizzato�

esclusivamente�a�far�acquisire�al�medesimo�informazioni�in�ordine�al�numero�e�

alle�modalita�delle�assunzioni�effettuate�nel�territorio�in�un�determinatoperiodo.�

La�norma�non�puo�pertanto�ritenersi�lesiva�dei�principi�comunitari�richiamati�

dal�giudice�italiano�in�quanto�l'obbligo�non�ha�come�corrispettivo�il�potere�del�

centro�per�l'impiego�di�autorizzazione�all'assunzione,�ne�,�tantomeno,�una�com-

pressione�del�diritto�di�esercitare�l'attivita�liberalizzata�di�mediazione,�bens|�il�

solo�diritto�di�conoscere�in�tempo�reale�il�dato�concernente�la�situazione�locale�

del�mercato�del�lavoro�alfine�di�vagliare�eventuali�assunzioni�irregolari�e�quello�

di�adottare�sanzioni�di�natura�meramente�amministrativa�in�caso�di�omissione�

di�comunicazione.�

Ne��appare�in�contrasto�con�iprincipi�comunitari�l'aver�dotato�lo�Stato�di�

uno�strumento�per�consentirgli�di�svolgere�compiti�di�monitoraggio,�statistici�e�

di�verifica�dei�flussi�di�lavoro�essenziali�per�studiare�la�domanda�e�l'offerta�di�

lavoro,�le�loro�dinamiche�e�le�loro�relazioni.�

3.4.�Conclusivamente�si�ritiene�che�i�dubbi�sollevati�non�siano�condivisibili�
anche�perche��il�Giudice�del�Tribunale�di�Biella�muove�dal�presupposto�che�la�

comunicazione�integri�una��approvazione�ex 
post��delle�assunzioni.�Tale�pre-

supposto�e�errato�e,�di�conseguenza,�sono�inesatte�le�conclusioni�logico-giuridi-

che�che�da�esso�vengono�tratte.�

4.�I�rilievi,�estremamente�sintetici,�che�il�Giudice�del�Tribunale�di�Biella�
muove�all'art.�10,�del�decreto�legislativo�23�dicembre�1997,�n.�469,�non�consen-

tono�di�cogliere�con�precisione�il�contrasto�con�le�norme�del�Trattato.�


IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CEE111

La�norma�in�esame�disciplina�l'esercizio�della�attivita��di�mediazione�tra�
domanda�ed�offerta�di�lavoro.�
Inparticolare,�ilcomma1-bis�(aggiunto�dall'art.�117,�comma�3,�lettera�b),�
della�legge�23�dicembre�2000,�n.�388),�prevede�che�l'attivita��di�mediazionepossa�

consistere�anche�nella��...�effettuazione,�su�richiesta�dell'azienda,�di�tutte�le�
comunicazioni�conseguenti�alle�assunzioni�avvenute�a�seguito�dell'iniziativa�
della�stessa�societa��di�mediazione;�...�.�

Relativamente�a�tale�aspetto�si�ribadiscono�le�considerazioni�svolte�al�
punto�3�cheprecede.�

Considerata�la�valenza�della�comunicazione�di�assunzione��atto�di�cono-
scenzapermonitorareiflussidimanodopera�ancheleassunzionifatte�tra-
mite�le�imprese�private�autorizzate�a�svolgere�mediazione�fra�domanda�ed�

offerta�di�lavoro�devono�essere�comunicate�dal�datore�di�lavoro�o�dal�suo�dele-
gatoall'ufficiopubblicodicollocamento�(oggiCentroperl'impiego).�

5.��Conclusivamente,�il�Governo�italiano�fa�rilevare�che�entrambe�le�
norme�citate�non�possano�ritenersi�contrastanti�con�il�combinato�disposto�di�cui�
agli�articoli�86�e�90�del�Trattato�istitutivo�CEE.�
Le�norme�in�esame�non�delineano,�in�capo�allo�Stato�italiano,�alcuna�posi-
zionedimonopolio�chepossadirsicontrariaaiprincipicomunitariinmateria�
di�liberta��di�lavoro,�iniziativa�economica,�liberta��di�concorrenza�e�libero�incontro�

fra�domanda�ed�offerta�di�lavoro.�

Inparticolare�ilquadro�normativo�in�cui�esse�si�inseriscono�sottende�aduna�
funzione�di�natura�sociale,�vale�a�dire�il�monitoraggio�e�la�completa�conoscenza�
pubblica�sulle�attivita��di�mediazione�ed�incontro�fra�domanda�ed�offerta�di�
lavoro,�finalizzato,�in�prospettiva,�ad�una�piu��efficace�attivita��della�Pubblica�
Amministrazione�in�tema�di�politiche�attive�del�lavoro.�

Per�le�considerazioni�sopra�svolte,�il�Governo�italiano�propone�alla�Corte�di�
rispondereaiquesitipostidalgiudiceneiseguentitermini:�L'art.�9-bis,�comma�
2,�della�legge�28�novembre�1996,�n.�608,�la��ove�e��previsto�per�il�datore�di�lavoro�
l'obbligo�della�comunicazione�dell'assunzione�di�ogni�lavoratore�alla�Sezione�
Circoscrizionaleperl'impiego,nonche�l'art.�10,deldecretolegislativo23dicem-
bre�1997,�n.�469,�la��ove�si�richiama�l'art.�9-bis,�della�legge�n.�608,�del�1996,�
non�sono�in�contrasto�con�iprincipi�comunitari�di�cui�agli�articoli�39,�43�e�86�
del�Trattato�CE�.�

Causa 
C 
462/01 
(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Normative 
nazionali 
sulle 
sostanze 
stupefacenti 
^Coltivazione 
di 
canapa 
industriale 
^Arti-
coli�28�e�30�del�Trattato�^Ordinanza�del�Halmstads�Tingsratt�(Svezia).�

IL 
fattO 


Un�agricoltore�ha�coltivato�nel�suo�podere�della�canapa�cosiddetta�indu-
striale.�La�coltivazione�aveva�un'estensione�di�circa�un�ettaro.�Le�piante�sono�
state�sequestrate�secondo�quanto�disposto�dalla�legislazione�svedese�in�mate-
rie�di�sostanze�stupefacenti.�Nel�successivo�procedimento�penale,�il�pubblico�
ministero�ha�chiesto�la�confisca�della�canapa�sequestrata.�E�stata�sollevata�


112RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO

questione 
se 
la 
legislazione 
svedese, 
per 
la 
quale 
tutte 
le 
piante 
della 
specie 
Cannabis, 
e 
dunque 
anche 
la 
cosiddetta 
canapa 
industriale, 
sono 
sostanze 
stupefacenti 
e, 
di 
conseguenza, 
ricadono 
sotto 
le 
disposizioni 
di 
diritto 
penale 
e 
in 
quelle 
relative 
alla 
confisca 
che 
figurano 
nella 
legge 
penale 
svedese 
sulle 
sostanze 
stupefacenti, 
violi 
il 
diritto 
comunitario. 


IquesitI 


1. 
�Se 
l'art. 
28 
del 
trattato 
di 
Roma 
permetta 
che 
uno 
Stato 
membro 
proibisca 
la 
coltivazione 
e 
qualsiasi 
altro 
impiego 
della 
cosiddetta 
canapa 
industriale, 
che 
sono 
ammessi 
dai 
regolamenti 
CE. 
2. 
�In 
caso 
di 
soluzione 
negativa 
alla 
questione 
1), 
se 
possa 
cionon-
dimeno 
sussistere 
un 
eccezione 
con 
riferimento 
all'art. 
30 
del 
Trattato 
di 
Roma 
che 
porti 
ad 
escludere 
la 
contraddittorieta� 
di 
tale 
divieto 
al 
diritto 
comunitario. 
3. 
�In 
caso 
di 
soluzione 
negativa 
della 
questione 
2), 
se 
il 
divieto 
con-
tenuto 
nella 
legge 
svedese 
possa 
essere 
giustificato 
per 
altre 
ragioni. 
Causa�C-464/01�(domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale) 
^Contratti�conclusi�da�
un�consumatore�^pubblicita�^Competenza�^Art. 
13 
Convenzione 
di 
Bruxelles 
^Ordinanza 
del 
�Oberster 
Genchtshof� 
(Austria) 
^Emessa 
18 
novembre 
2001 
^Notificata 
il 
7 
febbraio 
2002. 


IL 
fattO 


La 
questione 
trae 
spunto 
da 
una 
articolata 
vicenda 
che 
ha 
visto 
coin-
volto 
un 
agricoltore 
austriaco, 
proprietario 
di 
una 
fattoria 
nella 
quale 
abita 
con 
la 
propria 
famiglia, 
il 
quale, 
intendendo 
rifare 
la 
copertura 
del 
tetto 
della 
propria 
fattoria, 
conclude 
un 
contratto 
di 
compravendita 
di 
tegole 
con 
un'azienda 
tedesca. 
Tale 
contratto 
veniva 
concluso 
dopo 
che 
l'agricoltore, 
visionato 
un 
messaggio 
pubblicitario 
allegato 
ad 
una 
rivista, 
contattava 
tele-
fonicamente 
l'azienda 
tedesca. 
Successivamente 
si 
recava 
presso 
la 
sede 
del-
l'azienda 
per 
visionare 
le 
tegole 
ed 
ivi 
palesava 
la 
sua 
qualita� 
di 
titolare 
di 
azienda 
agricola. 


Rientrato 
presso 
la 
propria 
abitazione, 
l'indomani 
contattava 
telefonica-
mente 
l'azienda 
e 
dichiarava 
di 
accettare 
la 
proposta 
contrattuale 
come 
for-
mulata. 
A 
questo 
punto 
l'azienda 
tedesca 
inoltrava 
via 
telefax 
la 
conferma 
dell'ordine 
dell'agricoltore 
ed 
inviava 
il 
materiale 
in 
Austria. 
Una 
volta 
rice-
vuta 
la 
merce 
ed 
utilizzatala 
per 
la 
copertura 
del 
tetto, 
l'agricoltore 
consta-
tava 
un 
vizio 
cromatico 
delle 
tegole 
acquistate, 
di 
conseguenza 
chiedeva 
a 
titolo 
di 
garanzia 
e 
risarcimento 
danni 
il 
rimborso 
del 
prezzo 
d'acquisto 
ed 
i 
costi 
per 
il 
rifacimento 
del 
tetto. 
A 
tal 
fine, 
l'agricoltore 
austriaco 
ai 
sensi 
e 
per 
gli 
effetti 
dell'art. 
13 
della 
Convenzione 
di 
Bruxelles 
invocava 
la 
compe-
tenza 
del 
giudice 
austriaco. 
Infatti 
egli 
riteneva 
che 
il 
contratto 
di 
compra-
vendita 
fosse 
stato 
concluso 
in 
qualita� 
di 
consumatore 
e 
non 
gia� 
per 
finalita� 
professionali 
e 
constatava 
di 
essere 
stato 
indotto 
alla 
conclusione 
del 
con-
tratto 
in 
Austria 
tramite 
la 
presa 
visione, 
ivi, 
di 
materiale 
pubblicitario. 



IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CEE�113 


Tuttavia�l'azienda�tedesca,�convenuta�davanti�ad�un�giudice�austriaco,�
ne�contestava�la�competenza�sulla�base�della�considerazione�che�il�contratto�
era�stato�concluso�dall'agricoltore�nella�sua�veste�professionale�di�imprendi-
tore�agricolo�e�che�la�conclusione�formale�del�contratto�era�in�realta�avve-
nuta�in�Germania�poiche�da�qui�sarebbe�arrivata�la�conferma�dell'ordine�via�
telefax.�

Avendo�eccepito�l'incompetenza�del�giudice�austriaco,�la�Cassazione�
Austriaca�riteneva�che�la�competenza�andasse�nuovamente�provata.�A�tal�
fine�dopo�aver�constatato�che�per�determinare�la�competenza,�ai�sensi�e�per�
gli�affetti�dell'art.�13�della�Convenzione�di�Bruxelles,�laddove�il�contratto�
risponda�in�parte�ad�esigenze�di�carattere�privato,�risulterebbe�decisiva�la�
finalita�prevalente,�privata�o�professionale�e,�ad�ogni�modo,�nel�dubbio,�pre-
varrebbe�la�qualifica�come�contratto�concluso�da�un�consumatore,�rinvia�la�
questione�alla�Corte�di�Giustizia�CE�stante�la�difficolta�di�chiarire�a�chi�
spetti�in�concreto�la�competenza.�

IquesitI 


1.��Se�ai�fini�della�qualita�di�consumatore�ai�sensi�dell'art.�13�della�
Convenzione�di�Bruxelles,�in�caso�di�parziale�rispondenza�della�prestazione�
ad�esigenze�private,�sia�decisivo�il�prevalente�scopo�privato�o�professionale�
della�prestazione�stessa�e�quali�criteri�siano�determinanti�per�la�prevalenza�
dello�scopo�privato�o�di�quello�professionale.�
2.��Se�per�la�determinazione�dello�scopo�siano�rilevanti�le�circostanze�
obiettivamente�riconoscibili�dal�punto�di�vista�della�controparte�del�consu-
matore.�
3.��Se,�in�caso�di�dubbio,�un�contratto,�riconducibile�sia�all'attivita�
privata�che�a�quella�professionale,�debba�essere�considerato�come�un�con-
tratto�concluso�da�un�consumatore.�
4.��Se�la�conclusione�del�contratto�sia�stata�preceduta�da�una�pubbli-
cita�ai�sensi�dell'art.�13,�punto�3,�lettera�a),�della�Convenzione�di�Bruxelles,�
allorche�colui�che�in�seguito�sara�la�controparte�del�consumatore�ha�distri-
buito�nello�Stato�del�consumatore�un�prospetto�pubblicitario�per�i�suoi�pro-
dotti,�senza�tuttavia�avervi�propagandato�il�prodotto�successivamente�acqui-
stato�dal�consumatore.�
5.��Se�sussista�un�contratto�concluso�da�un�consumatore�ai�sensi�del-
l'art.�13,�della�Convenzione�di�Bruxelles�quando�il�venditore�abbia�fatto�dal�
suo�Stato�una�proposta,�non�accettata,�all'acquirente�residente�in�un�altro�
Stato�e�tuttavia�l'acquirente�abbia�successivamente�comprato�il�prodotto�
offerto�sulla�base�di�una�proposta�scritta.�
6.��Se,�ai�sensi�dell'art.�13,�punto�3,�lettera�b),�della�Convenzione�di�
Bruxelles,�il�consumatore�abbia�compiuto�nel�suo�Stato�l'atto�necessario�per�
la�conclusione�del�contratto,�anche�quando�egli�accetti�con�una�telefonata�
eseguita�dal�suo�Stato�la�proposta,�che�gli�sia�stata�formulata�nello�Stato�
della�sua�controparte.�

114RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

Causa 
C-472/01 
(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Provvedimento 
di 
espulsione 
di 
cittadino 
dall'Unione 
^Articoli�18�e�39�del�Trattato�e�
art.�9,�n.�1�della�direttiva�64/22/CEE�^Articolo�7�della�Carta�dei�diritti�
fondamentali�e�articolo�CEDU�^Ordinanza�del�Verwaltungsgericht�
Stuttgart�(Germania).�

IL 
fattO 


Si�impugna�una�provvedimento�di�espulsione�con�minaccia�di�allontana-
mento�forzato�in�Grecia�di�un�cittadino�greco,�residente�con�la�propria�fami-
glia�in�Germania,�in�quanto�reiteratamente�condannato�per�reati�compiuti�
in�dipendenza�del�suo�status 
di�alcolizzato�e�di�drogato.�

IquesitI 


1.��Se�la�limitazione�di�circolazione�imposta,�a�causa�di�un�reato�
commesso�in�violazione�della�legge�federale�sugli�stupefacenti,�ad�uno�stra-
niero�cittadino�della�Unione�che�soggiorno�anche�da�molti�anni�nel�territorio�
del�paese�ospitante�ai�sensi�dell'art.�39,�n.�3,�CE�per�motivi�di�ordine�pub-
blico,�pubblica�sicurezza�e�sanita�pubblica�sia�conforme�al�diritto�comunita-
rio�qualora,�a�causa�del�suo�comportamento�personale,�sia�lecito�ritenere�
che�egli�commettera�altri�reati�in�futuro�e�qualora�non�si�possa�pretendere�
che�il�coniuge�del�medesimo�e�i�suoi�figli�tornino�nello�Stato�di�origine.�
2.��Se�l'art.�9,�n.�1,�della�direttiva�del�Consiglio�64/221/CEE�osti�ad�
una�normativa�nazionale�che�non�prevede�piu�un�provvedimento�di�opposi-
zione��in�cui�ha�luogo�anche�un�esame�di�merito��ad�una�decisione�di�
un'autorita�amministrativa�e�sull'allontanamento�del�titolare�di�un�permesso�
di�soggiorno�del�territorio�nazionale,�mentre�non�viene�istituita�un'apposita�
autorita�indipendente�dall'autorita�amministrativa�che�decide.�
Causa 
C-476/01 
(questione�pregiudiziale)�^Patente 
di 
guida 
^Art.1�n.2�
della�direttiva�del�Consiglio�91/439/CEE�^Ordinanza�del��Amtsgericht�
Franketal��(Germania-Palatinato)�^Notificata�il�31�gennaio�2002.�

IL 
fattO 


E�sorta�in�una�causa�di�opposizione�a�decreto�penale�emesso�dall'Amt-
sgericht�Frankenthal�(Palatinato)�nei�confronti�del�Sig.�Kapper,�per�aver�con-
dotto�un�autoveicolo�senza�la�necessaria�patente�di�guida.�

Infatti�la�patente�di�guida�a�suo�tempo�rilasciata�all'imputato�dalla�
Repubblica�Federale�di�Germania�gli�era�stata�ritirata�dallo�stesso�Amtsge-
richt�Frankenthal�in�occasione�del�procedimento�5365�Js�2510/1998,�senza�
che�sia�in�seguito�intervenuto�un�nuovo�rilascio�di�patente.�

L'11�agosto�1999�l'imputato�pero�ha�ottenuto�una�patente�di�guida�
olandese�e,�al�momento�dei�fatti,�egli�era�dunque�in�possesso�di�una�patente�
olandese.�

Il�giudice�tedesco�ritiene�necessario�verificare�pregiudizialmente�se�il�
diritto�dell'Unione�europea�vigente�a�tal�riguardo�osti�all'applicazione�delle�
norme�penali�tedesche.�


IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CEE1151

IL 
quesitO 


1.��Se�l'art.�1,�n.�2,�della�direttiva�del�Consiglio�29�luglio�1991�sulla�
patente�di�guida�(91/439/CEE)�proibisca�ad�uno�Stato�membro�di�rifiutare�
il�riconoscimento�di�una�patente�di�guida�quando�abbia�accertato�che�un�
altro�Stato�membro�l'aveva�rilasciata,�benche�il�titolare�non�avesse�la�resi-
denza,�nel�territorio�di�quest'ultimo,�e�se�la�disposizione�citata�abbia�a�tal�
riguardo�effetto�concreto.�
LA 
posizionE 
assuntA 
daL 
GovernO 
ItalianO 


Si 
riportano 
le 
osservazioni 
predisposte 
dall'Avvocatura 
dello 
Stato: 
L'�Amtsgericht 
Franketal� 
(Germania 
�Palatinato), 
con 
ordinanza 
del-

l'11 
ottobre 
2001, 
ha 
sottoposto 
alla 
Corte 
di 
Giustizia, 
ai 
sensi 
dell'art. 
234 
del 


Trattato 
CE, 
la 
seguente 
questione 
pregiudiziale: 
�Sel'art. 
1,n. 
2,delladirettivadelConsiglio29luglio1991sullapatentedi 


guida 
(91/439/CEE) 
proibisca 
ad 
uno 
Stato 
membro 
di 
rifiutare 
il 
riconosci-

mento 
di 
una 
patente 
di 
guida 
quando 
abbia 
accertato 
che 
un 
altro 
Stato 
mem-

bro 
l'aveva 
rilasciata, 
benche� 
il 
titolare 
non 
avesse 
la 
residenza, 
nel 
territorio 
di 


quest'ultimo, 
e 
se 
la 
disposizione 
citata 
abbia 
a 
tal 
riguardo 
effetto 
concreto�. 


2. 
^La 
suddetta 
questione 
e� 
sorta 
in 
una 
causa 
di 
opposizione 
a 
decreto 
penale 
emesso 
dall'Amtsgericht 
Frankenthal 
(Palatinato) 
nei 
confronti 
del 
sig. 


Kapper, 
per 
aver 
condotto 
un 
autoveicolo 
senza 
la 
necessaria 
patente 
di 
guida. 
Infatti 
la 
patente 
di 
guida 
a 
suo 
tempo 
rilasciata 
all'imputato 
dalla 
Repub-

blica 
Federale 
di 
Germania 
gli 
era 
stata 
ritirata 
dallo 
stesso 
Amtsgericht 
Fran-

kenthal 
in 
occasione 
del 
procedimento 
5365 
Js 
2510/1998. 
senza 
che 
sia 
in 


seguito 
intervenuto 
unnuovo 
rilascio 
dipatente. 
L'11 
agosto 
1999 
l'imputato 
pero� 
ha 
ottenuto 
una 
patente 
di 
guida 


olandese 
e, 
al 
momento 
dei 
fatti, 
egli 
era 
dunque 
in 
possesso 
di 
una 
patente 


olandese. 


3. 
^Il 
giudice 
tedesco 
ritiene 
ora 
necessario 
verificare 
pregiudizialmente 
se 
il 
diritto 
dell'Unione 
europea 
vigente 
a 
tal 
riguardo 
osti 
all'applicazione 
delle 


norme 
penali 
tedesche. 
Esso 
chiedepertanto 
alla 
Cortedi 
Giustiziadivalutarese 
ilprovvedimento 


di 
disconoscimento 
della 
patente 
rilasciata 
da 
altro 
Stato 
membro, 
conforme 


allaleggetedesca,siacomunqueproibitodalrichiamatoart. 
1,n. 
2,dellaDiret-

tiva 
del 
Consiglio 
n. 
91/439/CEE, 
il 
quale 
stabilisce 
che 
�Le 
patenti 
di 
guida 


rilasciate 
dagli 
Stati 
membri 
sono 
riconosciute 
reciprocamente 
dai 
medesimi�. 
Ritiene 
il 
giudice 
remittente 
che 
l'implicito 
accertamento 
della 
residenza 


normaledelrichiedentelapatentediguidanelPaesedirilascio 
(requisitoneces-

sario 
ai 
sensi 
dell'art. 
7, 
n. 
1 
della 
menzionata 
direttiva) 
comporta 
che 
un 
atto 


sovrano 
di 
un 
altro 
Stato 
membro 
sia 
riesaminato 
nella 
Repubblica 
Federale 
di 


Germania: 
il 
che 
si 
risolverebbe 
in 
una 
limitazione 
al 
principio 
del 
reciproco 


riconoscimento 
dellepatentirilasciateda 
ciascuno 
degliStatimembri. 
Ne� 
varrebbe, 
secondo 
il 
giudice 
tedesco, 
richiamarsi 
all'esame 
di 
validita� 


della 
patente 
rilasciata 
da 
altro 
Stato 
membro, 
previsto 
dai 
numeri 
1 
e 
4 
del-

l'art. 
8 
del1a 
stessa 
direttiva, 
poiche� 
tali 
disposizioni 
sono 
intese 
solo 
alla 
sosti-

tuzionediunavalidapatentediguida, 
manonconsentonoadunoStatomembro 


di 
considerare 
nullo 
un 
atto 
sovrano 
di 
un 
altro 
Stato 
membro. 



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO

Del�resto,�se�si�interpretasse�in�maniera�rigorosamente�letterale�l'art.�1,�

n.�2,�della�Direttiva,�si�giungerebbe�ad�escludere,�nella�controversia�a�carico�del�
Kapper,�l'applicazione�delle�norme�penali�nazionali�tedesche,�con�conseguente�

preclusione�delprocedimentopenalea�carico�dell'imputato.�

4.�^Il�Governo�Italiano�ritiene�che�la�questione�pregiudiziale�posta�dal�giu-
dice�tedesco�debba�essere�risolta�positivamente,�ma�con�salvezza�della�facolta��

di�disconoscimento�della�patente�rilasciata�da�altro�Stato�membro�quando�

ricorra�una�delle�ipotesipreviste�dalparagrafo�2�dell'art.�8�della�stessa�Direttiva�

n.�91/439/CEE.�
5.�^Come�opportunamente�ricorda�la�Corte�di�Giustizia�nella�propria�sen-
tenzadel29�ottobre1998,�resanella�C-23O/1997�Awoyemi,�le�patenti�di�guida�

sono�state�oggetto�di�una�prima�armonizzazione�con�l'adozione�della�direttiva�

80/1263,�la�quale�ha�ravvicinato�le�norme�nazionali�in�materia,�segnatamente�

per�quanto�riguarda�i�sistemi�nazionali�di�rilascio�delle�patenti,�le�categorie�dei�

veicolieirequisitidivalidita�dellepatenti.�Essahainoltrestabilitounmodello�

comunitario�di�patente,�e�istituito�un�sistema�di�reciproco�riconoscimento�delle�

patenti�da�parte�degli�Stati�membri,�nonche�di�sostituzione�di�queste�ultime�

allorche�i�titolari�trasferiscono�la�loro�residenza�o�la�loro�sede�di�lavoro�da�uno�

Stato�membro�all'altro.�

La�direttiva�91/439�ha�poi�segnato�una�nuova�tappa�nell'armonizzazione�

delle�disposizioni�nazionali,�in�particolare�per�quanto�riguarda�i�requisiti�di�rila-

scio�dellepatentie�le�categorie�deiveicoli;�essa�ha�inoltre�abrogato�l'obbligo�di�

sostituire�la�patente�di�guida�in�caso�di�trasferimento�della�residenza�normale�

in�un�altro�Stato�membro,�obbligo�che�costituisce�un�ostacolo�alla�libera�circola-

zione�delle�persone�ed�e��quindi�inammissibi1e�tenuto�conto�dei�progressi�com-

piuti�in�vista�dell'integrazione�europea.�

Questae�,�ineffetti,�laragionedellaprevisionedell'art.1,n.2delladiret-

tiva,�che�dispone�che��Le�patenti�di�guida�rilasciate�dagli�Stati�membri�sono�

riconosciute�reciprocamente�dai�medesimi�,�nonche�dell'altra�previsione�di�cui�

all'art.�8,�n.�1,�della�stessa�direttiva,�laddove�stabilisce�che��Il�titolare�di�una�

patente�di�guida�in�corso�di�validita��rilasciata�da�uno�Stato�membro,�qualora�

abbia�acquisito�la�residenza�normale�in�un�altro�Stato�membro,�puo��chiedere�la�

sostituzione�della�propria�patente�di�guida�con�una�equipollente�.�

Indefinitiva,�lanuovadirettivarevocailprevigenteobbligodisostituzione�

della�patente�di�guida�nel�caso�di�acquisizione�della�residenza�normale�in�un�

altro�Stato�membro�e�sostituisce�a�tale�obbligo�un�reciproco�riconoscimento�delle�

patenti�di�guida:�cosicche�in�tale�ipotesi�la�sostituzione�della�patente�di�guida�e��

divenuta�solofacoltativa.�

6.^Taleessendoilquadronormativodibasecuiriferirsi,nonpuo��checon-
venirsi�nel�senso�della�preclusione,�per�uno�Stato�membro,�della�possibilita��di�

un�riesame�della�sussistenza�dei�requisiti�(come�quello�della�normale�residenza)�

per�il�rilascio�della�patente�gia��intervenuto�da�parte�di�altro�Stato�membro.�

7.��Diverse,�invece��e�meritevoli�di�apposita�specificazione,�poiche�
arrecanti�deroghe�alprincipio�di�reciprocita��di�cui�sopra��sono�le�disposizioni�

dettateperregolarelefattispeciedescritteneinumeri2e4dell'art.�8delladiret-

tiva�91/439:�sottolineandosi,�in�particolare,�che�la�previsione�del�n.�4�appare�

puntualmente�pertinente�alla�causa�da�cui�trae�origine�il�quesito�pregiudiziale�

sottoposto�alla�Corte�di�Giustizia.�


IL 
CONTENZIOSO 
DELL'UE 
^I 
giudizi 
in 
corso 
alla 
Corte 
di 
Giustizia 
CEE

Infatti,�il�n.�2�dell'art.�8,�nel�disporre�che��Fatto�salvo�il�rispetto�delprinci-

pio�di�territorialita�delle�leggipenali�e�dei�regolamenti�dipolizia,�lo�Stato�mem-

bro�di�residenza�normale�puo�applicare�al�titolare�di�una�patente�di�guida�rila-

sciata�da�un�altro�Stato�membro�le�proprie�disposizioni�nazionali�concernenti�

la�restrizione,�la�sospensione,�la�revoca�o�l'annullamento�del�diritto�di�gui-

dare�...�,�esprime�compiutamente�ilprincipio�secondo�il�quale�le�norme�nazio-

nali�in�materiapenale�e�di�limitazione�deldiritto�alla�guida�di�veicoliprevalgono�

comunque�rispetto�all'automatico�riconoscimento�della�patente�di�guida�rila-

sciata�da�altro�Stato.�
Il�n.�4�del�medesimo�art.�8,�poi,�sancisce�che,�ricorrendo�l'applicazione�

in�concreto�di�taluno�dei�provvedimenti�menzionati�al�precedente�n.�2,�lo�

Stato�membro�puo�addirittura�rifiutarsi�di�riconoscere�al�destinatario�di�tali�

provvedimenti�la�validita�della�patente�da�questi�conseguita�in�altro�Stato�
membro.�
Tale�ultima�disposizione�e�perfettamente�calzante�al�caso�di�specie,�posto�
che�all'imputato�era�stata�in�precedenza�revocata�la�patente�tedesca�ed�ora�si�
tratta�di�valutare�se,�in�ragione�di�cio�,�possa�essere�o�meno�rifiutato�dalla�Ger-
mania�il�riconoscimento�della�patente�successivamente�rilasciata�dall'Olanda.�
Ne�puo�ritenersiostativo�all'applicazione�di�tale^normasostanzialmente�
derogatoria�del�principio�generale�di�cui�all'art.�1,�n.�2,�della�direttiva��il�
rilievoperilqualel'interoart.�8sarebbedettatoconriferimentoallasolaeven-
tualita�disostituzione�dellapatente�diguida,�facolta�questa�chepotrebbe�con-
seguire�solamente�all'iniziativa�facoltativa�dell'interessato,�ai�sensi�del�n.�1�
dello�stesso�art.�8.�
Infatti�il�n.�4�dell'art.�8,�nel�richiamare�il�principio�di�prevalenza�della�
normativa�penale�nazionale�e�della�limitabilita�del�diritto�alla�guida�in�deter-
minati�casi,�non�fa�riferimento�alla�sola�ipotesi�di�richiesta�di�sostituzione,�
bens|�esprimel'incondizionatafacolta�dello�Statomembrodirifiutareilrico-
noscimento�dellapatente�rilasciata�da�altro�Stato�membro,�quale�che�sia�l'oc-
casione�o�il�motivo�di�conoscenza�della�sussistenza�di�ragioni�ostative�al�rico-
noscimento�stesso.�

8.�^Indefinitivaeperconcludere,nonsitrattaquitantodivalutarelasin-
dacabilita�del�requisito�della�normale�residenza�al�momento�del�rilascio�(il�che�

certamente�non�sembra�consentilo�dalla�logica�e�dalla�lettera�della�direttiva�in�

questione),�quanto�invece��a�prescindere�dalla�regolarita�del�rilascio�del�docu-

mento�di�guida��si�tratta�di�precisare,�a�completamento�della�sollevata�que-

stione�(facolta�,�quest'ultima,�normalmente�ammessa�dalla�Corte�di�Giustizia,�

la�quale�non�e�vincolata�alla�questione�cos|�come�formulata�dal�giudice�nazio-

nale:�cfr. 
sent.�18�maggio�1977,�VaN 
deN 
Hazel,�punto�4),�che�nel�caso�di�

ragioniostative,�comelapregressarevocadellapatentenelloStatodiresidenza,�

benpuo�lo�Stato�stesso�rifiutare�ilriconoscimento�del�titolo�diabilitazione�alla�

guida�ottenuto�in�altro�Stato�membro.�
Diversamenteopinando,�delresto,nonsidisporrebbe�purinpresenzadi�

una�affermazione�di�prevalenza�della�legge�penale�interna�conclamata�dalla�

stessa�direttiva�91/439��di�uno�strumento�idoneo�ad�evitare�l'arbitrario�conse-

guimento�dellapatente�diguida�in�Statidiversi�da�quellineiquali�ilsoggetto�e�

stato�colpito�daprovvedimentidisospensioneo�revoca�deltitolo�diguida.�


RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO

9.�^A�tutto�cio�deve�soggiungersi�che,�in�ogni�caso,�occorre�tenere�distinta�
la�questione�della�validita�della�patente�in�ambito�comunitario,�che�non�e�e�non�

resta�messa�in�discussione�sulpiano�della�sua�valenza�come�documento�ammini-

strativo�diabilitazioneallaguida�in�tuttigliStatimembri.�
Quello�che�pero�non�puo�non�rilevare��data�anche�la�piena�autonomia�

degli�Stati�della�CE�quanto�alle�rispettive�legislazioni�penali��e�che�nel�caso�

di�previa�irrogazione,�da�parte�di�uno�Stato�membro,�di�una�sanzione�penale�

accessoria�consistente�nella�sospensione�o�nella�revoca�della�patente�dallo�stesso�

Statoasuo�tempo�rilasciata,�nonpotrebbecomunqueammettersil'utilizzazione,�

in�via�alternativa,�di�altrapatente�eventualmente�conseguitapresso�diverso�Stato�

membro.�
Cio�infatti�equivarrebbe�ad�eludere�indebitamente�l'applicazione��all'in-

terno�dello�Stato�membro�che�abbia�disposto�la�sanzione�penale�della�revoca�

della�patente�di�guida��di�norme�penali�di�per�se�inderogabili�da�parte�del�

diritto�comunitario,�siccome�conseguenti�ad�un�giudizio�di�pericolosita�dell'eser-

cizio�della�guida�da�parte�del�soggetto�destinatario�che�non�e�sindacabile�da�

fonti�esterne�allo�Stato�stesso.�
Tale�conclusione�non�equivale�al�disconoscimento�della�patente�rilasciata�

da�altro�Stato�membro,�che�ben�potrebbe�continuare�ad�essere�utilizzata�al�di�

fuori�del�territorio�dello�Stato�che�abbia�irrogato�la�sanzione�penale�della�revoca�

del�titolo�di�guida.�
10.�^In�ragione�di�quanto�sin�qui�considerato�e�dedotto,�il�Governo�Italiano�

suggerisce�di�rispondere�al�quesito�posto�dal�giudice�nazionale�tedesco�nei�

seguenti�termini:��L'art.�1,�n.�2,�della�Direttiva�del�Consiglio�29�luglio�1991�

sullapatentediguida�(91/439/CEE)precludealloStatomembrodirifiutareil�

riconoscimento�diunapatentediguidarilasciatadaaltro�Statomembro�benche�

il�titolare�non�avesse�la�residenza�normale�nel�territorio�di�quest'ultimo,�fatti�

comunque�salvi�gli�effetti�derivanti�dall'applicazione�di�norme�penali�nazionali�

che�abbiano�comportato�l'irrogazione�di�sanzioni�limitative�del�diritto�alla�

guida�.�

Causa 
C-485/0l 
(domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale) 
^Agenti 
di 
commercio 
^Iscrizione 
nel 
registro 
delle 
imprese 
^Direttiva 
del 
Consiglio 
86/653/CEE 
^Ordinanza 
del 
tribunale 
di 
Trento 
^Notificata 
il 
27 
feb-
braio 
2002. 


IL 
fattO 


La 
ricorrente 
ha 
presentato 
all'ufficio 
del 
registro 
delle 
imprese 
di 
Trento, 
in 
data 
1O 
aprile 
2002, 
domanda 
di 
iscrizione 
al 
registro 
medesimo 
quale 
agente 
di 
commercio 
per 
la 
vendita 
di 
spazi 
pubblicitari. 


Il 
Conservatore 
del 
registro 
delle 
imprese 
di 
Trento, 
con 
deliberazione 
ex 
art. 
2189, 
III 
comma 
codice 
civile, 
ha 
rifiutato 
l'iscrizione 
nel 
registro 
delle 
imprese 
della 
ricorrente, 
quale 
agente 
di 
commercio, 
per 
mancanza 
di 
iscri-
zione 
della 
stessa 
nel 
ruolo 
degli 
agenti 
e 
rappresentanti 
di 
commercio, 
isti-
tuito 
con 
la 
legge 
3 
maggio 
1985 
n. 
204. 



IL 
CONTENZIOSO 
DELL'UE 
^I 
giudizi 
in 
corso 
alla 
Corte 
di 
Giustizia 
CEE1191

La 
ricorrente 
ha 
presentato 
quindi 
ricorso 
al 
Tribunale 
di 
Trento 
contro 
il 
decreto 
del 
Giudice 
del 
registro, 
che 
aveva 
rigettato 
il 
ricorso, 
ai 
sensi 
del-
l'art. 
2192 
codice 
civile, 
per 
ottenere 
l'iscrizione 
rifiutata 
dal 
conservatore 
o, 
in 
alternativa, 
la 
dichiarazione 
che 
non 
sussiste 
il 
suo 
obbligo 
di 
iscrizione 
nel 
registro. 
Il 
giudice 
adito 
ha 
ritenuto 
di 
sollevare 
la 
questione 
procedurale 
di 
interpretazione. 


IquesitI 


Se 
la 
direttiva 
del 
Consiglio 
18 
dicembre 
1986, 
86/63/CEE, 
relativa 
al 
coordinamento 
dei 
diritti 
degli 
Stati 
membri 
concernenti 
agli 
agenti 
commer-
ciali 
indipendenti, 
osta 
ad 
una 
normativa 
nazionale 
che 
subordina 
all'iscri-
zione 
dell'agente 
di 
commercio 
in 
un 
apposito 
albo 
l'iscrizione 
dello 
stesso 
agente 
nel 
registro 
delle 
Imprese. 


NotE 


La�Corte�di�Giustizia�ha�avuto�modo�di�pronunciarsi�nel�senso�della�non�

conformita�di�tali�norme�alla�Direttiva�86/653,�in�occasione�della�sentenza�

emessa�nella�causa�C-215/1997�(Bellone),�nella�parte�in�cui�subordinano�

all'iscrizione�nel�ruolo�la�validita�di�un�contratto�di�agenzia.�Tuttavia,�in�quella�

sede,�e�stata�valutata�la�contrarieta�della�normativa�nazionale�con�la�Direttiva�

solo�sotto�il�profilo�dell'invalidita�dei�contratti�di�agenzia�per�contrarieta�a�

norme�imperative:�appare,�pertanto,�rilevante�valutare�se�la�contrarieta�sussiste�

anche�laddove�si�subordini�all'iscrizione�nel�ruolo�l'iscrizione�dell'agente�medes
imo�nel�registro�delle�imprese.�

(Omissis).�

Causa 
C-487/01 
(domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale) 
^Locazione 
di 
campi 
sportivi 
imposta 
sul 
giro 
d'affari 
^Denuncia 
a 
posteriori 
^Legittimo 
affid
amento 
^Direttiva 
77/388/CEE 
^Ordinanza 
del 
�Hogeraad 
der 
Nederland� 
(Paesi 
Bassi) 
^Emessa 
il 
14 
dicembre 
2002 
^Notificata 
il 
7 
marzo 
2002. 


IL 
fattO 


Il 
caso 
riguarda 
un 
Comune, 
proprietario 
di 
un 
campo 
sportivo 
trasfor-
mato 
da 
prato 
naturale 
a 
manto 
artificiale 
nel 
1990/1991 
ed 
affittato 
ad 
un 
club 
di 
Hockey. 
Quest'ultimo, 
per 
la 
legge 
vigente 
al 
tempo 
nei 
Paesi 
Bassi, 
non 
aveva 
diritto 
alla 
deduzione 
d'imposta 
sul 
giro 
d'affari. 


A 
seguito 
di 
una 
modifica 
legislativa 
entrata 
in 
vigore 
nel 
1996 
l'ispet-
tore 
incaricato 
aveva 
considerato 
tale 
locazione 
come 
fornitura 
di 
un 
bene 
precedentemente 
inesistente 
ed 
aveva 
posto 
a 
carico 
del 
Comune 
l'imposta 
(accertata 
a 
posteriori) 
portata 
a 
deduzione 
dall'interessato 
in 
relazione 
alla 
costruzione 
del 
campo. 


Il 
Comune 
aveva 
contestato 
il 
diritto 
dell'ispettore 
di 
rettificare 
a 
poste-
riori, 
dal 
1996, 
la 
deduzione 
goduta 
dagli 
interessati 
dagli 
anni 
1990/1991 
rifacendosi 
a 
due 
precedenti 
della 
Corte 
di 
Giustizia 
(casi 
Schlo�stra�e, 
C-196/1998 
�sentenza 
dell'8 
giugno 
2000 
e 
Belgocodex, 
C-381/1997 
�sen-
tenza 
del 
3 
dicembre 
1998) 
sostenendo 
la 
violazione 
del 
legittimo 
affida-
mento 
e 
della 
certezza 
del 
diritto. 
I 
giudici 
comunitari, 
nelle 
sentenze 
citate, 



RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

si�erano�espressi�nel�senso�che,�a�parte�le�eccezioni�rappresentate�da�simula-
zione�di�attivita��economica�(frode)�o�mutamento�di�utilizzo�del�bene�immo-
bile,��la�liquidazione�dell'IVA�con�riserva�di�verifica�a�posteriori�non�puo��
permettere�all'amministrazione�tributaria�di�privare�un�soggetto�passivo�del�
diritto�alla�detrazione�che�egli�ha�acquisito��e�cio��in�base�all'art.�17�della�
sesta�direttiva�citata.�

IquesitI 


1.��Se�gli�articoli�20,�n.�2,�e�17,�della�sesta�direttiva,�ovvero�i�principi�
generali�sanciti�dal�diritto�europeo�del�legittimo�affidamento�e�della�certezza�
del�diritto�ostino�a�che,�in�un�caso�in�cui�non�ricorra�frode�o�abuso�ne�varia-
zione�dell'utilizzo�previsto��come�indicato�nei�punti�50�e�51�della�sentenza�
della�Corte�di�giustizia�nella�causa�Schlo�stra�e��l'IVA�portata�a�dedu-
zione�da�un�soggetto�passivo�e�da�lui�versata�in�ragione�di�un�bene�immobile�
fornitogli�per�essere�concesso�in�locazione�(soggetta�ad�IVA)�venga�rettificata�
per�il�solo�motivo�che�il�soggetto�passivo�d'imposta,�a�seguito�di�una�modi-
fica�normativa,�non�ha�piu��il�diritto�di�rinunciare�alla�esenzione�per�la�detta�
locazione�per�gli�anni�del�periodo�di�rettifica�che�decorrono�dal�momento�
del�venir�meno�di�tale�possibilita��di�scelta�(nella�specie�1.�gennaio�1996)�e�
non�ancora�decorsi�ai�sensi�del�menzionato�art.�20,�n.�2.�
2.��In�caso�di�soluzione�affermativa�della�prima�questione,�se�la�
modifica�normativa�resti�disapplicata�solo�nei�riguardi�dell'imposta�portata�
a�deduzione�di�cui�alla�menzionata�questione�1,�ovvero�anche�per�quanto�
riguarda�il�fatto�che�in�applicazione�del�disposto�dell'art.�13�C�della�sesta�
direttiva,�sono�assoggettate�ad�imposta�anche�le�locazioni�menzionate�nella�
questione�I�fintantoche�non�sia�decorso�il�periodo�di�rettifica.�
Causa 
C491/01 
(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Prodotti 
del 
tabacco 
^Lavorazione, 
presentazione 
e 
vendita 
^Direttiva�2001/37/CE�del�
18�luglio�2001�^Ordinanza�della�Hight�Court�of�Justice�(Regno�Unito)�
^Emessa�il�6�dicembre�2001�^Notificata�il�31�gennaio�2002(*).�

IL 
fattO 


E�stato�richiesto�alla�Corte�di�Giustizia�delle�Comunita��europee�di�pro-
nunciarsi,�ai�sensi�dell'art.�234�del�trattato�CE,�sulla�validita��ed�interpreta-
zione�della�direttiva�2001/37/CE�sull'avvicinamento�delle�disposizioni�legisla-
tive,�regolamentari�ed�amministrative�degli�Stati�membri�relativi�alla�lavora-
zione,�alla�presentazione,�alla�vendita�ed�all'esportazione�verso�paesi�terzi�
dei�prodotti�del�tabacco.�Le�ricorrenti,�due�imprese�inglesi�operanti�nel�set-
tore�del�tabacco,�sollevano�dubbi�sulla�validita��della�direttiva�in�parola,�che�
prevede�come�termine�ultimo�di�attuazione�il�30�settembre�2002.�I�vizi�di�
legittimita��rilevati�dai�ricorrenti�si�riferiscono:�

1.�alla�violazione�delle�forme�sostanziali,�in�particolare�all'errata�
individuazione�del�fondamento�giuridico�e�alla�violazione�dell'obbligo�di�
motivazione;�
(*)�Si�segnala�la�particolare�rilevanza�della�causa.�


IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CEE121

2.�alla�violazione�di�taluni�principi�del�trattato�CE,�in�particolare�i�
principi�di�proporzionalita�e�di�sussidiarieta�;�
3.�all'abuso�di�potere.�
La�direttiva�fissa�una�specifica�disciplina,�destinata�ai�fornitori�dei�pro-
dotti�del�tabacco,�in�riferimento�al�contenuto�massimo�di�catrame,�nicotina�
e�monossido�di�carbonio�presente�nelle�sigarette;�all'etichettatura;�alla�neces-
sita�di�presentare�un�elenco�di�tutti�gli�ingredienti�utilizzati�nella�fabbrica-
zione�di�ciascun�prodotto�del�tabacco;�al�divieto�di�usare�espressioni�che�
inducano�a�ritenere�prodotto�meno�nocivo�di�altri.�
Parte�delle�disposizioni�contenute�nella�direttiva�rappresentano�lo�svi-
luppo�normativo�di�precedenti�atti�adottati�dalla�comunita�in�materia.�

IquesitI 


1.��Se�la�direttiva�del�Consiglio�n.�2001/37/CE�sia�invalida�in�tutto�o�
in�parte�in�ragione:�
dell'inadeguatezza�dell'art.�95�e/o�dell'art.�133�del�Trattato�come�fon-
damento�giuridico;�
dell'uso�dell'art.�95�dell'art.�133�del�Trattato�come�un�doppio�fonda-
mento�giuridico;�
della�violazione�del�principio�di�proporzionalita�;�
della�violazione�dell'art.�295�CE,�del�diritto�fondamentale�alla�pro-
prieta�e/o�dell'art.�20�dell'accordo�TRIPS;�
della�violazione�dell'art.�253�CE�o�dell'obbligo�della�motivazione;�
della�violazione�del�principio�di�sussidiarieta�
; 
dell'abuso�di�potere. 


2.��Qualora�dovesse�risultare�valida,�se�l'art.�7�della�direttiva�del�Par-
lamento�e�del�Consiglio�n.�2001/37/CE�e�si�applichi�solo�ai�prodotti�del�
tabacco�commercializzati�entro�la�Comunita�europea�ovvero�se�esso�si�appli-
chi�anche�ai�prodotti�del�tabacco�condizionati�nell'ambito�della�comunita�
per�l'esportazione�verso�paesi�terzi.�
LA 
PosizionE 
assuntA 
daL 
GovernO 
ItalianO 


Sipremette 
chenellapresente 
controversiahannopresentato 
osservazionii 


Governi 
belga, 
tedesco, 
greco,francese, 
italiano, 
lussemburghese, 
danese,finlan-

dese, 
svedese, 
del 
Regno 
Unito, 
il 
Parlamento 
europeo, 
il 
Consiglio 
dell'Unione 


europea, 
la 
Commissione 
della 
Comunita� 
europea, 
nonche� 
le 
parti 
in 
causa 


ricorrenti 
ed 
intervenute. 
Si 
riportano 
di 
seguito 
integralmente 
le 
osservazioni 
svolte 
dal 
governo 


italiano. 


�1. 
�In 
una 
causa 
promossa 
da 
due 
imprese 
operanti 
nel 
settore 
del 
tabacco 
ilgiudicebritannico 
ha 
chiesto 
alla 
Cortedipronunciarsiin 
viapregiu-

diziale 
sulla 
validita� 
e 
l'interpretazione 
della 
direttiva 
del 
Parlamento 
europeo 
e 


del 
Consiglio 
n. 
2001/37/CE 
del 
5 
giugno 
2001 
sul 
ravvicinamento�delle�dispo-
sizioni�legislative,�regolamentari�e�amministrative�degli�Stati�membri�relative�
alla�lavorazione,�presentazione�e�alla�vendita�dei�prodotti�del�tabacco. 



122RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

In�particolare�il�giudice�nazionale�chiese�alla�Corte�di�pronunciarsi�sulle�

seguenti�questioni:�

1.�se�la�direttiva�del�Consiglio�n.�2001/37/CE�sia�invalida�in�tutto�o�in�
parte�in�ragione:�

a)�dell'inadeguatezza�dell'art.�95�e/o�dell'art.�133�come�fondamento�

giuridico;�

b)�dell'uso�dell'art.�95�e�dell'art.�133�CE�come�un�doppiofondamento�

giuridico;�

c)�della�violazionedelprincipio�diproporzionalita�;�

d)�dellaviolazionedell'art.�295CE,�deldirittofondamentaleallapro-

prieta�e/o�dell'art.�20�dell'Accordo�TRIPs;�

e)�della�violazione�dell'art.�253�CE�o�dell'obbligo�della�motivazione;�

f)�della�violazione�delprincipio�di�sussidiarieta�;�

g)�dell'abuso�di�potere.�

2.�Qualora�dovesse�risultare�valida,�se�l'art.�7�della�direttiva�del�Parla-
mento�e�del�Consiglio�n.�2001/37/CE�si�applichi�solo�ai�prodotti�del�tabacco�

commercializzati�entro�la�Comunita�europea�ovvero�se�esso�si�applichi�anche�ai�

prodotti�del�tabacco�condizionati�nell'ambito�della�Comunita�per�l'esportazione�

verso�Paesi�terzi.�

2.��La�direttiva�2001/37/CE�sostituisce,�abrogando,�le�precedenti�diret-
tive�89/622/CEE�(e�successive�modifiche)�sul�ravvicinamento�delle�disposizioni�
legislative,�regolamentari�e�amministrative�degli�Stati�membri�riguardanti�l'eti-
chettatura�dei�prodotti�del�tabacco,�e�90/239/CEE�sul�ravvicinamento�delle�
disposizioni�legislative,�regolamentari�e�amministrative�degli�Stati�membri�
riguardanti�il�tenore�massimo�di�catrame�delle�sigarette.�Essa,�ritenuto�neces-
sario�introdurre�modifiche�a�tali�direttive�e�ritenuto�opportuno,�per�motivi�di�
chiarezza,�procedere�alla�rifusione�di�esse�(primo�considerando),�ha�definito,�
con�ulteriore�precisione,�i�nuovi�parametri�di�fabbricazione�e�commercializza-
zione�dei�prodotti�del�tabacco�che�le�imprese�devono�rispettare,�in�ordine�al�
tenore�massimo�di�catrame,�nicotina�e�monossido�di�carbonio�delle�sigarette�
(art.�3);�ai�metodi�di�misurazione�(art.�4);�ai�criteri�dettati�per�l'etichettatura�
(art.�5);�le�informazioni�(art.�6)�e�la�denominazione�delprodotto�(art.�7).�

In�particolare�la�direttiva�ha�precisato�(art.�3�comma�1)�che�le�regole�sul�

tenore�in�catrame,�nicotina�e�monossido�di�carbonio�(e�quindi�anche�quelle�con-

seguenziali)�valgono�a�decorrere�dal1.�gennaio�2004,�per�le��sigarette�immesse�
in�libera�pratica,�commercializzate�o�prodotte�negli�Stati�membri��(salva�la�
deroga�di�un�ulteriore�annoper�le��le�sigarette�fabbricate�nella�Comunita�euro-
pea�e�destinate�all'esportazione�).�

La�direttiva�e�stata�adottata�sulla�base�degli�articoli�95�e�133�del�Trattato�

CE�secondo�la�procedura�di�cui�al�successivo�art.�251,�cioe�sul�presupposto�che�
essa�abbia�per�oggetto�l'instaurazione�e�il�funzionamento�del�mercato�interno�
(art.�95)�e�la�politica�commerciale�comune�(art.�133).�

3.��La�direttiva�nei�suoi��considerando��precisa�quanto�segue:�
�in�relazione�all'art.�95�(mercato�interno):�
�(2)�Sussistono�ancora�differenze�sostanziali�fra�le�disposizioni�...�

degli�Stati�membri�relative�alla�lavorazione,�presentazione�e�vendita�deiprodotti�

del�tabacco,�che�ostacolano�ilfunzionamento�del�mercato�interno�;�


IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CEE

�(3)�Dette�barriere�dovrebbero�essere�eliminate�e,�a�questo�scopo,�le�

regolamentazioni...�dovrebberoessereravvicinate...�;�

�(7)�Diversi�Stati�membri�hanno�indicato�che,�se�non�saranno�adot-

tate�disposizioni�a�livello�comunitario�sul�tenore�massimo�di�monossido�di�carbo-

nio�delle�sigarette,�tali�norme�saranno�adottate�a�livello�nazionale.�Le�differenze�

nelle�disposizioni�relative�al�monossido�di�carbonio�possono�costituire�ostacoli�

agliscambie�impedire�ilbuonfunzionamento�delmercato�interno...�;�

�(9)�Esistonodifferenzefraledisposizioni�...degliStatimembrisulla�

limitazione�del�tenore�massimo�in�nicotina�delle�sigarette.�Tali�differenze�pos-

sono�ostacolaregliscambie�ilfunzionamento�delmercato�...�;�
�(10)�Detti�ostacoli�dovrebbero�essere�eliminati�e�a�questo�scopo�l'im-

missione�in�libera�pratica,�la�commercializzazione�e�la�lavorazione�delle�siga-

rettedovrebberoformareoggetto�dinorme�comuni...�;�

�(19)�La�presentazione�delle�etichette�di�precauzione�e�l'indicazione�

deitenoricontinuaa�variarefragliStatimembri.�Diconseguenza�iconsumatori�

possono�essere�informatiquanto�airischideiprodottideltabaccomeglio�in�uno�

Stato�membro�che�in�un�altro.�Tali�disparita��sono�inaccettabili�epossono�ostaco-

lare�gli�scambi�e�ilfunzionamento�del�mercato�interno�...�;�

�(22)�Negli�Stati�membri�esistono�situazioni�divergenti�per�quanto�

riguardagliingredientiegliadditiviutilizzati�...�.�Sarebbeopportunoprocedere�

ad�un�ravvicinamento�delle�nonne�applicabili�in�questo�settore�migliorando�la�

trasparenza�;�

�(33)�Ledimensionidelmercatointernodeiprodottideltabaccoela�

tendenza�crescente�dei�produttori�di�tabacco�a�concentrare�la�produzione�per�

l'intera�Comunita��in�un�piccolo�numero�di�impianti�negli�Stati�membri�richie-

dono�un'azione�legislativa�a�livello�comunitariopiuttosto�chenazionaleperrea-

lizzare�unfunzionamento�regolare�delmercato�interno�deiprodotti�del�tabacco�.�

�In�relazione�all'art.�133�(politica�commerciale�comune):�

�(11)�La�presente�direttiva�avra��ripercussioni�anche�sui�prodotti�del�

tabacco�esportati�dalla�Comunita��europea.�Il�regime�di�esportazione�rientra�

nellapolitica�commerciale�comune...�.�

4.��Riguardo�ai�quesiti�posti�dal�giudice�britannico�che�attengono�alla�
validita�della�Direttiva,�il�Governo�italiano�ritiene�che�corretto�sia�il�richiamo�
all'art.�95�CE�quale�base�giuridica�della�direttiva.�
Le�considerazioni�svolte�dalla�direttiva�nel�suo�preambolo�(e�in�particolar�

modo�nei�considerando�che�sopra�sono�stati�espressamente�riportati)�danno�

ampia�edesaustiva�ragione�di�come�il�legislatore�comunitario,fissando�deipara-

metri�di�produzione�e�commercializzazione�uniformi�nell'ambito�del�territorio�

comunitario,�abbia�inteso�eliminare�possibili�distorsioni�nel�mercato�interno,�

dovute�alle�differenze�esistenti�negli�Stati�membri�sia�per�quanto�attiene�alle�

modalita��di�fabbricazione�sia�per�quanto�attiene�alla�commercializzazione�dei�

prodotti�del�tabacco.�Tanto�la�limitazione�del�contenuto�di�nicotina,�catrame�e�

monossido�di�carbonio�nelle�sigarette,�quanto�una�differenziata�disciplina�dei�

controlli�sul�rispetto�dei�limiti�legalmente�imposti�vigente�nei�Paesi�dell'Unione�

nonche�le�diverse�discipline�nazionalisull'etichettatura�deiprodotti,porterebbero�

ad�una�alterazione�delle�regole�sulla�concorrenza�tra�le�imprese�sul�territorio�

comunitario.�In�tal�senso�risulta�particolarmente�esplicito�l'indirizzo�della�Corte�


124RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO

ai 
sensi 
del 
quale 
�le 
disposizioni 
richieste 
da 
considerazioni 
di 
tutela 
della 


sanita� 
e 
dell'ambiente 
possono 
essere 
tali 
da 
costituire 
oneri 
per 
le 
imprese 
cui 


si 
applicano 
e, 
in 
mancanza 
di 
un 
ravvicinamento 
delle 
disposizioni 
nazionali 
in 


materia, 
la 
concorrenza 
potrebbe 
essere 
sensibilmente 
falsata� 
(sentenza 
18 


marzo 
1980, 
causa 
91/1979, 
Commissione/Italia). 


Se 
quindi, 
lapredisposizione 
di 
una 
disciplina 
ad 
hoc 
si 
e� 
resa 
necessaria 
al 


fine 
di 
preservare 
il 
corretto 
sviluppo 
del 
mercato 
intracomunitario, 
deve 
rile-

varsi 
come 
laproduzione 
e 
la 
vendita 
delle 
sigarette 
abbia 
riflessi 
tutt'altro 
che 


secondarianchenelcampo 
dellasalutepubblica. 
Appare, 
dunque, 
scevrada 
cri-

tiche 
l'individuazione 
delfondamento 
della 
direttiva 
nell'art. 
95, 
conparticolare 


riferimento 
al 
comma 
3, 
e 
cio� 
anche 
alla 
luce 
della 
sentenza 
della 
Corte 
5 
otto-

bre 
2000, 
nella 
causa 
C-376/1998, 
Germania 
C. 
Parlamento 
e 
Consiglio, 
in 


materia 
dipubblicita� 
deiprodotti 
del 
tabacco, 
per 
la 
quale 
� 
... 
qualora 
le 
condi-

zioniperfare 
ricorso 
all'art. 
100A 
(ora 
art. 
95) 
... 
comefondamento 
giuridico 


siano 
soddisfatte, 
non 
puo� 
impedirsi 
al 
legislatore 
comunitario 
di 
basarsi 
su 
tali 


fondamentigiuridiciperilfattochelatuteladellasanita� 
pubblicasiadetermi-

nanteperlesceltedaoperare. 
Alcontrario, 
l'art. 
129,n. 
1 
(oraart. 
152) 
... 
sta-

bilisce 
che 
le 
esigenze 
diprotezione 
della 
salute 
costituiscono 
una 
componente 


delle 
altre 
politiche 
della 
Comunita� 
e 
l'art. 
100A, 
n. 
3 
(ora 
art. 
95, 
n. 
3) 
esige 


espressamente 
che, 
nell'attuazione 
dell'armonizzazione, 
sia 
garantito 
un 
livello 


elevato 
diprotezionedellasalutedellepersone�. 


Questo 
spiega 
ilfrequente 
richiamo, 
nei 
�considerando 
�della 
direttiva, 


alle 
ragioni 
di 
tutela 
della 
salute 
e 
dei 
consumatori 
(cfr. 
i 
considerando 
n. 
4 


�dove 
sirichiama 
illivello 
diprotezione 
elevato 
e 
l'attenzioneprioritaria 
alla 


protezione 
della 
salute 
^; 
n. 
5 
�sulla 
natura 
cancerogena 
del 
catrame-; 
n. 
6 


�sulle 
avvertenze 
aggiuntive 
per 
i 
consumatori-; 
n. 
11 
�sulle 
disposizioni 


sanitariecomeparteintegrantedellepolitichedellaComunita� 
�;n. 
13�sulla 


lotta 
al 
tabagismo 
^; 
e 
ancora 
i 
numeri 
19, 
25, 
27)�. 


La 
Corte, 
nella 
citata 
sentenza 
del 
2000 
sulla 
pubblicita� 
dei 
prodotti 
del 


tabacco, 
nell'annullare 
la 
direttiva 
98/43/CE 
nella 
sua 
interezza, 
ha 
precisato 


che 
cio� 
e� 
ilfrutto 
della 
constatazione 
che 
�pergranpartedelleforme 
dipubbli-

cita� 
deiprodottideltabaccoillorodivieto...nonpuo� 
esseregiustificatodalla 


necessita� 
di 
eliminare 
ostacoli 
alla 
libera 
circolazione 
degli 
strumenti 
pubblici-

tari 
...� 
(punto 
99) 
e 
che 
�per 
quanto 
riguarda 
le 
distorsioni 
della 
concorrenza 


neanche 
in 
questo 
settore 
la 
direttiva 
e� 
tale 
da 
eliminare 
sensibili 
distorsioni 
... 


(punto112).Essahaammesso,pero�,che�dateledisparita� 
esistentifralelegi-

slazioni 
nazionali 
in 
materia 
di 
pubblicita� 
dei 
prodotti 
del 
tabacco, 
esistono 
o 


possono 
verosimilmente 
insorgere 
ostacoli 
alla 
libera 
circolazione 
delle 
merci 
o 


alla 
libera 
prestazione 
dei 
servizi 
(punto 
96) 
ovvero 
�sensibili 
distorsioni 
della 


concorrenza 
(punto 
110), 
che 
possono 
giustificare, 
in 
astratto, 
l'adozione 
di 


una 
direttiva 
ai 
sensi 
dell'ex 
art. 
100A 
del 
Trattato 
(punti 
98 
e 
111) 
e 
avrebbero 


potuto 
giustificare, 
in 
concreto, 
l'adozione 
di 
alcune 
delle 
disposizioni 
della 


direttiva 
in 
questione 
(punto 
117). 


Si 
tratta, 
dunque, 
di 
verificare 
in 
concreto 
se 
la 
direttiva 
di 
cui 
ora 
si 
tratta 


(2001/37/CE) 
�contribuisca 
effettivamente 
all'eliminazione 
di 
ostacoli 
alla 


libera 
circolazione 
delle 
merci� 
(punto 
95 
della 
suddetta 
sentenza), 
per 
confer-

mareomeno 
lasussistenzadelpresuppostoperilricorso 
allabasegiuridicadel-

l'art. 
95 
del 
trattato. 



IL 
CONTENZIOSO 
DELL'UE 
^I 
giudizi 
in 
corso 
alla 
Corte 
di 
Giustizia 
CEE

5.��Questaverificanonpuo�cheesserepositivanelcasodelladirettivain�
esame.�
Quanto�alla�fissazione 
di 
un 
tenore 
massimo 
in 
catrame, 
nicotina 
e�
monossido 
di 
carbonio 
(art.�3),�e�vero�che,�per�il�catrame,�v'era�gia�un'armo-
nizzazione�con�la�direttiva�90/239/CEE,�ma�cio�non�significa�che,�nel�corso�di�
una�rimodulazione�delle�misure�di�armonizzazione�quale�quella�effettuata�dalla�
nuovadirettivachehaassorbito�laprecedente,�sianofissatinuovilimitiarmoniz-
zati�che�assicurino,�ai�sensi�dell'art.�95�n.�3�del�Trattato,�un�livello�diprotezione�
piu�elevato�della�salute�desumibile�agevolmente�dalla�sicura�nocivita�della�pre-

senza�del�catrame:�le�misure�di�armonizzazione,�tese�appunto�ad�assicurare�un�
livello�sempre�piu�elevato�di�protezione,�ben�possono�essere�adottate�gradual-
mentesecondounaprogressionesemprepiu�restrittiva,�senzacheilpotereeser-

citato�sia�consumato�dall'armonizzazione�al�primo�livello.�Riguardo�alla�nico-
tina 
eal�monossido 
di 
carbonio 
non�v'erano�inprecedenzamisure�diarmoniz-
zazione�e�la�nuova�direttiva�ne�ha�ritenuto�necessaria�l'adozione�proprio�per�
eliminare�ostacoli�agliscambi�e�impedimenti�albuonfunzionamento�delmercato�
interno,�tenendo�conto�degli�intenti�manifestati�da�alcuni�Stati�membri�di�adot-
tare�altrimenti�misure�nazionali�riguardo�al�tenore�del�monossido�di�carbonio�
(considerando�n.�7)�e�delle�differenze�gia�esistenti�nelle�normative�nazionali�sul�
tenore�di�nicotina�(considerando�n.�9).�

Quanto�ai�metodi 
di 
misurazione 
(art.�4)�si�tratta�evidentemente�di�misure�
complementari�di�armonizzazione�che,�prevedendo�regole�uniformi�di�verifica�
nell'intero�territorio�comune,�aiutano�ilfunzionamento�del�mercato�interno,�pre-
venendo�altres|�un�possibile�divergente�sviluppo�delle�normative�nazionali.�

Sull'etichettatura 
(art.�5)�valgono,�per�quanto�riguarda�le�novita�introdotte�
su�misure�di�armonizzazione�gia�esistenti,�le�considerazioni�svolte�sopra�in�
ordine�al�tenore�di�catrame.�

Quantoallealtreinformazioniattinentiilprodotto�(art.�6),�ladirettivaha�
cura�di�precisare�che�negli�Stati�membri�esistono�situazioni�divergenti�per�
quantoriguardagliingredientiegliadditivi...�e�...�sarebbeopportunoproce-
dere�ad�un�ravvicinamento,�migliorando�la�trasparenza�:�e�evidente�il�fine�di�
migliorare�il�funzionamento�del�mercato�interno�ed�e�altres|�evidente�la�con-
gruita�e�la�inerenza�della�misura�adottata.�

Le�restrizioni�poste�alle�denominazioni 
del 
prodotto 
(art.�7)�sono�sussi-
diarie�a�quelle�che�erano�state�poste�e�poi�sono�state�riproposte�riguardo�all'eti-
chettatura:�il�considerando 
n.�27�evidenzia�l'esigenza�di�assicurare�un�piu�ele-
vato�livello�di�protezione�ai�consumatori.�

6.��La�direttiva�e�stata�adottata�anche�sulla�base�dell'art.�133.�Il�Governo�
italiano�ritiene�che�il�richiamo�all'art.�133�del�Trattato�sia�meramente�rafforza-
tivo�e�comunque�corretto.�

In�effetti,�gia�sulla�base�del�considerando 
n. 
1O 
e�dell'art.�95�del�Trattato�
che�lo�presuppone,�l'art.�3�n.�1�della�direttiva�precisa�che��a�decorrere�dal�1.�
gennaio�2004�il�tenore�di�catrame,�nicotina�e�monossido�di�carbonio�delle�siga-
retteimmesseinliberapratica,�commercializzateoprodottenegliStatimembri�
nonpuo�superare�...�.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

Poiche�la�prescrizione,�vale�anche�per�tutte�le�sigarette�immesse�in�libera�
pratica,�commercializzateoprodottenegliStatimembri�,�e�evidentechel'espor-
tazione�o�la�riesportazione�di�essefuori�dei�confini�comunitaripuo�avvenire�solo�
se�sono�stati�rispettati�i�limiti�(salvo�la�deroga�temporale�di�cui�al�successivo�
comma�2per�le�sigarette��fabbricate�nella�Comunita�europea�e�destinate�all'e-
sportazione�).�

E�in�effetti�se�si�lasciasse�esente�da�limiti�ilprodotto�destinato�alla�esporta-
zione�(o�riesportazione),�potrebbero�sorgere�non�solo�piu�che�evidenti�distorsioni�
nella�concorrenza,�ma�anche�pericolose�ricadute�del�prodotto�nel�mercato�
interno.�

Sottoquestoprofilo,dunque,ilrichiamoall'art.�133eallapoliticacommer-
ciale�comunepotrebbeanche�risultarenonstrettamentenecessario.�

Ma�il�legislatore�comunitario�ha�preferito�eliminare�dubbi�e�perplessita�e�
nel�considerando�n.�11�ha�precisato�che�la�direttiva��avra�ripercussioni�anche�
suiprodottideltabaccoesportatidalla�Comunita�europea�eche�ilregimedi�
esportazionerientranellapolitica�commercialecomune�:�donde�ilrichiamo�alla�
base�giuridica�concorrente�dell'art.�133�del�Trattato.�Non�sembra�che�sia�conte-
stabile�che�ilregime�di�esportazione�rientri�effettivamente�nellapolitica�commer-
ciale�comune.�Da�un�lato�debbono�essere�tenute�presenti�le�dimensioni�del�mer-
cato�dellesigarette�e�la�concentrazionedelleproduzionidi�cuiparla�la�direttiva�
stessa�nel�suo�considerando�n.�33;�edaunaltro�latononpotrebbenonrilevarsi�
l'incongruenza��anche�sotto�ilprofilo�dell'immagine�di�restrizioni�che�venis-
seroarmonizzateancheinconsiderazionediunsemprepiu�elevatolivello�dipro-

tezione�della�salute�e�dei�consumatori�le�qualifossero�applicabili�solo�aiprodotti�
destinati�al�mercato�interno�e�non�anche�a�quelli�destinati�all'esportazione,�quasi�
che�i�consumatori�dei�Paesi�terzi�non�fossero�meritevoli�di�tutela�e�potessero�

essere�destinatari�di�prodotti�legittimamente�provenienti�dalla�Comunita�eche�
la�Comunita�stessa�ritiene�nocivi.�

7.��Rimane�da�valutare�se�la�possibile�censura�di�una�sola�tra�le�due�basi�
giuridiche�(art.�133�e�art.�95�del�Trattato)�scelte�dalle�istituzioni�comunitarie�
per�l'adozione�della�direttiva�2001/37�possa�automaticamente�condurre�all'an-
nullamento�di�quest'ultima.�A�tale�riguardo,�la�Corte�ha�piu�volte�avuto�modo�
di�affermare�che��nell'ambito�del�sistema�delle�competenze�della�Comunita�,la�
scelta�della�base�giuridica�di�un�atto�deve�fondarsi�su�degli�elementi�obiettivi�
suscettibili�di�un�controllo�giurisdizionale.�Tra�tali�elementi�figurano�segnata-
mente�lo�scopo�e�il�contenuto�dell'atto��(sentenza�17�marzo�1993,�causa�
C-155/91;�sentenza�11�giugno�1991,�causa�C-300/89).�

Ora,�vista�la�minore�rilevanza�del�riferimento�alla�politica�commerciale�
comune�(art.�133�CE)�aifini�delperseguimento�degli�obiettivipropri�della�diret-
tiva�(tutela�del�mercato�comune,�con�elevato�livello�di�protezione�della�salute�
pubblica),�la�decisione�della�Corte�con�la�quale�dovesse,�in�via�di�ipotesi,�dichia-
rarsi�l'invalidita�della�direttiva�inforza�del�riferimento�a�una�base�giuridica�che�
non�sostenesse�gli�scopi�essenziali�dell'atto�adottato,�sembrerebbe�contraddire�il�
predetto�indirizzo�giurisprudenziale,�tendente�a�favorire,�invece,�interpretazioni�
di�tipo�sostanziale,�che�tengano�cioe�conto�dellefinalita�concretamenteperse-
guite�e�del�contenuto�effettivo�dell'atto�oggetto�del�quesito.�


IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CEE

La 
direttiva, 
pertanto, 
purpotendo, 
in 
ipotesi, 
risultare 
viziataper 
l'errata 
indicazione 
di 
uno 
dei 
duefondamenti 
giuridici 
che 
la 
ispirano, 
dovrebbe 
essere 
considerata 
legittima 
per 
la 
necessaria 
prevalenza 
di 
ragioni 
di 
tipo 
sostanziale, 
oltrechedisalvaguardiadell'obiettivogeneraleperseguito 
(instaurazioneefun-
zionamento 
del 
mercato 
interno). 


Occorre 
tener 
presente 
in 
proposito 
che 
la 
doppia 
base 
legale 
prescelta 
nel 
caso 
della 
direttiva 
in 
questione 
non 
induceva 
alla 
adozione 
di 
due 
differenti 
iti-
nerari 
legislativi 
fra 
loro 
incompatibili 
(come 
nel 
caso 
deciso 
nella 
sentenza 
nella 
causa 
C-300/89 
soprarichiamata): 
l'art. 
133 
autorizza 
anch'esso 
il 
Consi-
glio 
ad 
agire 
a 
maggioranza 
qualificata 
e 
il 
ruolo 
del 
Parlamento 
ai 
sensi 
del-
l'art. 
251 
non 
muta. 


8. 
�Una 
volta 
riconosciuta 
la 
correttezza 
delle 
basi 
giuridiche 
adottate 
(o 
anche 
solo 
della 
prima 
di 
esse), 
non 
sembra 
che 
possano 
sussistere 
dubbi 
sugli 
altri, 
punti 
indicati 
nel 
primo 
quesito 
del 
giudice 
nazionale: 
�non 
si 
puo� 
parlare 
di 
violazione�del�principio�di�proporzionalita�
, 
avendo 
la 
direttiva 
operato 
scelte 
che 
certamente 
limitano 
la 
commercializzazione 
dei 
prodotti, 
ma 
con 
un 
contenuto 
restrittivo 
che 
risponde 
proprio 
alle 
esigenze 
�ampia-
mente 
indicate 
nei 
considerando 
�di 
garantire 
un 
alto 
livello 
di 
protezione 
della 
salute 
(particolarmente 
evidenziato 
nel 
considerando 
n. 
27 
relativamente 
al 
contenuto 
dell'art. 
7, 
in 
relazione 
al 
quale 
viene 
ipotizzata 
la 
violazione 
del 
principio) 
edituteladeiconsumatori;�nonsipuo� 
parlaredi 
violazione�del�
diritto�fondamentale�di�proprieta�(invocato 
in 
relazione 
ai 
diritti 
di 
proprieta� 
intellettuale 
conculcati 
dalla 
norme 
sulla 
etichettatura), 
perche� 
anch'esso 
e� 
cedevole 
difronte 
a 
ragionevoli 
limitazioni 
a 
tutela 
di 
interessi 
superiori; 
n
on 
si 
puo� 
parlare 
di 
violazione�dell'obbligo�di�motivazione, 
perche� 
la 
neces-
sita� 
delle 
misure 
adottate 
e� 
stata 
ampiamente 
spiegata 
e 
motivata 
nei 
conside-
rando 
della 
direttiva; 
�non 
si 
puo� 
parlare 
di 
violazione�del�principio�di�sus-
sidiarieta�perche� 
la 
direttiva 
ha 
indicato 
le 
ragioni 
della 
necessita� 
di 
un 
inter-
ventoalivellocomunitario(cfr. 
inparticolareiconsiderandonumeri7e33); 
�ne�
, 
infine,sipuo�parlaredi 
abuso�di�potere,perche�,comesie� 
dettodeipre-
cedentiparagrafi, 
ladirettivae� 
stataadottatasullabasedicorrettebasigiuri-
diche 
e 
per 
esigenze 
di 
ravvicinamento 
delle 
normative 
esistenti 
ampiamente 
esposte 
e 
condivisibili. 
9. 
^Relativamente 
al 
quesito�di�interpretazione�dell'art. 
7 
della 
direttiva, 
appare 
sufficiente 
precisare 
che 
la 
norma 
vieta, 
a 
partire 
da 
una 
certa 
data, 
che 
le 
�confezioni� 
dei 
prodotti 
del 
tabacco 
presentino 
diciture 
o 
altro 
che 
sug-
geriscanocheunparticolareprodottosiamenonocivodiunaltro. 
Talidiciture 
o 
altro 
sono 
presenti 
solo 
sulle 
�confezioni� 
di 
qualsivoglia 
tipo 
(non 
certo 
sul 
prodotto 
contenuto 
nella 
confezione), 
intendendosi 
per 
confezione 
l'involucro 
con 
cui 
sono 
messi 
in 
commercio 
i 
prodotti 
del 
tabacco. 
Non 
effettuando 
la 
norma 
alcuna 
distinzione, 
le 
confezioni 
cui 
essa 
si 
riferisce 
sono 
non 
solo 
quelle 
commercializzate 
nel 
mercato 
interno 
ma 
anche 
quelle 
preparate 
nel 
territorio 
della 
Comunita� 
e 
destinate 
all'esportazione. 
Valgono 
in 
proposito 
le 
osservazioni 
fatteapropositodell'art. 
3n. 
1delladirettivastessa, 
inrelazionesiaall'art. 
95 
che 
all'art. 
133 
del 
Trattato. 

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

10.��Per�queste�ragioni�il�Governo�italiano�conclude�proponendo�alla�
Corte�di�dichiarare�che:�
a)�non�emergono�elementi�tali�da�inficiare�la�validita�della�direttiva�

2001/37/CE;�

b)�l'art.�7�della�direttiva�2001/37/CE�deve�essere�interpretato�nel�senso�
cheessosiapplicaancheaiprodottideltabacco�condizionatinell'ambitodella�
Comunita�per�l'esportazione�verso�Paesi�terzi.�

Roma,�25�marzo�2002�

Avv.�Oscar�Fiumara��

Causa 
C-493/01 
(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Provvedimenti 
di 
espulsione 
di 
cittadino 
della 
Unione 
^Articoli�18�e�39�del�Trattato�e�
art.�3�della�direttiva�64/221/CEE�^Ordinanza�della�Verwaltungsgericht�
Stuttgart.�

IL 
fattO 


Un�cittadino�italiano�impugna�il�provvedimento�di�espulsione�dal�terri-
torio�federale�con�minacce�di�allontanamento�forzato�in�Italia�conseguente�
a�pena�detentiva�per�abuso�di�sostanze�stupefacenti,�pena�detentiva�risultante�
dalla�conversione�di�singole�pene�pecuniarie.�

IquesitI 


1.��Se�gli�l'articoli�39�del�Trattato�e�3�della�direttiva�del�Consiglio�
n.�64/221/CEE�contrastino�con�una�normativa�nazionale�che�prescriva�in�
maniera�obbligatoria�che�le�Autorita�espellano�i�cittadini�di�altri�Stati�mem-
bri�i�quali�siano�stati�condannati�con�sentenza�passata�in�giudicato�ad�una�
pena�detentiva�di�non�lieve�entita�.�
2.��Se�l'art.�3�della�direttiva�del�Consiglio�n.�64/221/CEE�sia�da�inter-
pretare�nel�senso�che,�nell'esaminare�la�legittimita�dell'espulsione�del�citta-
dino�dell'Unione,�il�giudice�nazionale�debba�tenere�conto�anche�di�un'esposi-
zione�di�fatti�ed�una�nuova�situazione�di�fatto�dell'interessato�o�intervenuto�
successivamente�all'ultimo�provvedimento�dell'autorita�amministrativa.�
LA 
posizionE 
assuntA 
daL 
GovernO 
italianO 


Il�Governo�italiano�e�intervenuto�nellafase�scritta�deducendo�quanto�segue.�
(Omissis).�
�A)�La�normativa�della�Repubblicafederale�di�Germania�di�riferimento�
L'art.�47�della�legge�sugli�stranieri�(Auslandergesetz)�prevede�l'espulsione�

obbligatoriadalterritoriofederaledeglistranieri(ivicompresi,quindi,�icitta-
dini�comunitari)�condannati�con�sentenza�penale,�per�aver�commesso�un�reato�

doloso�previsto�dalla�legge�sugli�stupefacenti�(Betaubungsmittelgesetz),�ad�una�
pena�detentiva�restrittiva�della�liberta�personale,�purche�l'esecuzione�della�pena�
non�sia�sospesa�condizionalmente.�

Organo�competente�ad�emanare�il�provvedimento�di�esplusione�e�il�Regie-
rungsprasidium�(autorita�amministrativa�del�Baden-Wurttemberg).�L'art.�6�bis�
AGVwGO�(leggedelBaden-Wurttembergdiattuazionedelcodice�diprocedura�


IL 
CONTENZIOSO 
DELL'UE 
^I 
giudizi 
in 
corso 
alla 
Corte 
di 
Giustizia 
CEE

amministrativa)�stabilisce�che:�``Non�e��necessario�un�procedimento�preliminare�
quando�l'atto�amministrativo�e��stato�emesso�o�respinto�da�un�Regierungsprasi-
dium''.�E�esclusa,�pertanto,�ogni�valutazione�sul�merito�delle�singole�questioni�
da�parte�dell'Autorita��amministrativa�chiamata�ad�adottare�il�provvedimento�de�
quo�(art.�7,n.�1AAZuVOdelRegolamentodelBaden-Wurttembergsullacom-
petenza�in�materia�di�stranieri�e�di�asilo).�

B) 
La�normativa�comunitaria�di�riferimento�

La�direttiva�64/221/CEE�del�25�febbraio�1964,�per�il�coordinamento�dei�
provvedimenti�speciali�riguardanti�il�trasferimento�e�il�soggiorno�degli�stranieri,�
giustificati�da�motivi�di�ordine�pubblico,�di�pubblica�sicurezza�e�di�sanita��pub-
blica,�dispone�all'art.�3�che:�

``1.�I�provvedimenti�di�ordine�pubblico�o�di�pubblica�sicurezza�devono�
essere�adottati�esclusivamente�in�relazione�al�comportamento�personale�dell'in-
dividuo�nei�riguardi�del�quale�essi�sono�applicati.�

2.�La�sola�esistenza�di�condanne�penali�non�puo��automaticamente�giusti-
ficare�l'adozioneditaliprovvedimenti''.�
L'art.�8�prevede�che:�``1.�contro�la�decisione�di�allontanamento�dal�territo-
rio,�l'interessato�deve�avere�assicurata�la�possibilita��di�esperire�i�ricorsi�consen-
titi�ai�cittadini�avverso�gli�atti�amministrativi''.�

L'art.�9�stabilisce,�inoltre,�che:�``1.�Se�non�sono�ammessi�ricorsi�giurisdizio-
naliosetaliricorsisonointesisoltantoadaccertarelalegittimita��deiprovvedi-
mentiimpugnatioseessinonhannoeffettosospensivo,�ilprovvedimentodi(..)�

allontanamento�dal�territorio�del�titolare�delpermesso�di�soggiorno�e��adottato�
dall'autorita��amministrativa,�tranne�in�casi�di�urgenza,�solo�dopo�aver�sentito�il�
parerediunaautorita��competentedelpaeseospitante,dinanziallaqualel'inte-
ressato�deve�poter�far�valere�i�propri�mezzi�di�difesa�e�farsi�assistere�o�rappre-
sentaresecondolaproceduraprevistadallalegislazionedidettopaese.�Lasud-
detta�autorita��deve�essere�diversa�da�quella�cui�spetta�l'adozione�dei�provvedi-
menti�di�(...)�allontanamento�dal�territorio''.�

La�direttiva�64/221/CEE�disciplina�un�aspetto�affatto�peculiare�dei�gene-
rali�principi�sanciti�dal�Trattato�CE�della�liberta��di�circolazione�e�soggiorno�
nel�territorio�degli�Stati�membri�per�tutti�i�cittadini�dell'UE�(art.�18�TCE)�e�
della�libera�circolazione�dei�lavoratori�(art.�39�TCE),�essendo�volta�``tanto�a�
definirelaportatadellariservarelativaall'ordinepubblico,�quantoadassicurare�
determinate�garanzie�minime�di�natura�procedurale,�alle�persone�colpite�da�
provvedimenti�restrittivi�della�loro�liberta��di�circolazione�e�del�loro�diritto�di�sog-
giorno''�(sentenza�28�ottobre�1975,�in�C-36/75,�Rutili).�

3.�SecondounacostantegiurisprudenzadellaCorte,ilprincipiodellalibera�
circolazione�delle�persone�deve�essere�interpretato�estensivamente�(sentenze�
26febbraio�1991,�in�C-292/89,�punto�11,�e�20febbraio�1997,�in�C-344/95,�
punto14),�mentrelederogheataleprincipiodevonoessere,�alcontrario,�inter-
pretate�restrittivamente�(sentenze�4�dicembre�1974,�in�C-41/74,�punto�18;�
26febbraio�1975,�in�C-67/74,�punto�6,�e�3�giugno�1986,�in�C-139/85,�punto�13).�
Analogamente,�le�disposizioni�a�tutela�dei�cittadini�comunitari�che�esercitano�
questa�liberta��fondamentale�devono�essere�interpretate�in�loro�favore.�Occorre,�

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 


peraltro,�ricordare�che�tanto�l'applicazione�del�diritto�comunitario,�quanto�il�

principio�di�uguaglianza�esigono�che�una�disposizione�del�diritto�comunitario�

che�non�contenga�alcun�espresso�richiamo�al�diritto�degli�Stati�membri�(quale�

quella�relativa�allimitedell'�ordinepubblico�)perquanto�riguarda�la�determi-

nazione�del�suo�senso�e�della�sua�portata�deve�normalmente�dare�luogo,�nell'in-

tera�Comunita�,�ad�una�interpretazione�autonoma�ed�uniforme�da�effettuarsi�

tenendo�conto�del�contesto�della�disposizione�e�dello�scopo�perseguito�dalla�nor-

mativa�(sentenze�18�gennaio�1984,�in�C-327/82,�punto�11,�e�19�settembre�2000,�

in�C-287/98,�punto�43).�
Lagiurisprudenzadella�Corteeuropeadeidirittidell'Uomo,�sulpuntodel�

limite�dell'``ordine�pubblico''�in�materia�di�espulsione�di�un�cittadino�straniero�

(cittadino�algerino,�nato�in�Francia�e�quivi�maritato,�resosi�colpevole�di�nume-

rosi�reati)�considerato�in�relazione�al�rispetto�del�diritto�della�vita�familiare�

(art.�8,���1,�della�C.E.D.U.)�ha�precisato:�``(..)�78.�La�Cour�reconnait�qu'il�

incombe�aux�e�tats�contractants�d'assurer�l'ordre�public,�en�particulier�dans�l'e-

xercice�de�leur�droit�de�controler,�en�vertu�d'un�principe�de�droit�international�

biene�tablietsanspre�judicedesengagementsde�coulantpoureuxdutraite�e,�l'en-

tre�e,�le�se�jour�et�l'e�loignement�des�non-nationaux�(...).�Toutefois,�leurs�de�cisions�

en�la�matie�re,�dans�la�mesure�ou�elles�porteraient�atteinte�a�un�droit�prote�ge�

par�le���1�de�l'article�8,�doivent�se�re�ve�ler�ne�cessaires�dans�une�socie�te�de�mocra-

tique,�c'est-a�-direjustifie�esparunbesoinsocialimpe�rieuxet,�notamment,pro-

portionne�esaubutle�gitimepoursuivi''�(Beldjoudic/France,�26mars1992�(se�rie�

A,�n.�234-A).�

4.�Secondo�consolidata�giurisprudenza�della�Corte�le�liberta�fondamentali�
sancite�dal�Trattato�costituiscono�un�limite�all'azione�dei�governi�nazionali�

ancheincampopenale,�settoreincuigliStaticonservanopienapotesta�(v.�sen-

tenzaCortedigiustiziadel2febbraio1989,causa186/87,�Cowan).Talecon-

solidata�impostazione�giurisprudenziale�e�confortata�dalla�presenza�della�

disposizione�contenuta�nel�sopra�citato�art.�3�n.�2�della�direttiva�64/221,�che�

anzi�esclude�qualsiasi�ipotesi�di�immediata�connessione�tra�una�condanna�di�

natura�penale�e�un�provvedimento�d'espulsione�nei�confronti�di�un�cittadino�

comunitario.�
Cio�posto,�risultainevidentecontrasto�conla�liberacircolazionedeicitta-

dini�comunitari�e,�in�particolare,�con�la�direttiva�64/221/CEE,�una�qualsiasi�

disciplina�nazionale�che,�in�virtu�dell'eccezione�relativa�alla�tutela�delproprio�

ordine�pubblico,�predisponga�un�meccanismo�di�espulsione�automatica�a�

seguito�di�condanna�penale.�Infatti,�l'eccezione�di�ordine�pubblico,�che�venga�

posta�alla�base�di�una�simile�normativa�nazionale,�``come�tutte�le�deroghe�a�

un�principio�fondamentale�del�Trattato,�deve�essere...�interpretata�in�modo�

restrittivo''�(sentenza�19�gennaio�1999,�causa�C-348/96,�Calfa).�In�termini�

piu�generali,�la�Cortedigiustiziahaprecisatocheilprincipiodellaliberacir-

colazione�delle�persone�deve�essere�interpretato�estensivamente�(sentenza�

26febbraio�1991,�C-292/89,�Antonissen�e�sentenza�20febbraio�1997,�C-344/�

95,�Commissione/Belgio),�mentre�le�deroghe�a�taleprincipio�devono�essere�al�

contrario�interpretate�restrittivamente�(sentenza�4�dicembre�1974,�causa�41/�

74,�VanDuvt;sentenza26febbraio1975,67/74,Bonsinore;sentenza3giugno�

1986,�139/1985,�Kempf).�


IL 
CONTENZIOSO 
DELL'UE 
^I 
giudizi 
in 
corso 
alla 
Corte 
di 
Giustizia 
CEE 


La 
nozione 
di 
ordine 
pubblico, 
come 
contenuta 
nell'art. 
39 
n. 
3 
TCE, 
puo� 


essere 
richiamata 
solamente 
in 
caso 
di 
una 
minaccia 
effettiva 
ed 
abbastanza 


graveperunodegliinteressifondamentalidellacollettivita� 
(v.sentenza27otto-

bre 
1977, 
causa 
30/1977, 
Boucherau), 
``di 
guisa 
che 
la 
sua 
portata 
non 
puo� 


essere 
determinata 
unilateralmente 
da 
ciascuno 
Stato 
membro 
senza 
il 
controllo 


delle 
istituzioni 
comunitarie'' 
(causa 
Rutili, 
citata). 


Proprio 
la 
difesa 
dei 
diritti 
dei 
cittadini 
comunitari 
e 
l'accezione 
restrittiva 


dellanozionediordinepubblicoportano 
la 
Corte 
digiustizia 
adesplicitare 
quanto 


gia� 
chiaramenteprevistonell'art.3dellaDirettiva64/221/CEE,sancendoche``la 


legittimita� 
deiprovvedimentiatuteladell'ordinepubblicovavalutataallalucedel-

l'intera 
normativa 
comunitaria 
avente 
ad 
oggetto, 
in 
primo 
luogo, 
di 
limitare 
il 


poterediscrezionaledegliStatimembriinmateriae, 
insecondoluogo,digarantire 


la 
difesa 
deidirittideisingoli, 
neiconfrontivengono 
applicatiprovvedimentirestrit-

tivi''(causaBonsignore, 
citata), 
inun'ottica, 
quindi,esclusivamentediprevenzione 


speciale, 
cui 
devono 
rimanere 
estranee 
lefinalita� 
deterrenti 
generali 
della 
norma 


penale.``Consideratenellorocomplesso, 
talirestrizionideipoteridegliStatimem-

bri 
in 
materia 
di 
polizia 
relativa 
agli 
stranieri 
appaiono 
come 
la 
manifestazione 


specificadiunprincipiopiu� 
generale,sancitodagliarticoli8,9, 
10e11dellaCon-

venzioneper 
la 
salvaguardia 
dei 
diritti 
dell'uomo 
e 
delle 
liberta� 
fondamentali,fir-

mataaRomail4novembre1950eratificatadatuttigliStatimembri,edall'art. 
2 


del 
Protocollo 
n. 
4 
della 
stessa 
Convenzione,firmata 
a 
Strasburgo 
il16 
settembre 


1963, 
i 
quali 
stabiliscono, 
in 
termini 
identici, 
che 
le 
restrizioni 
apportate, 
in 
nome 


delleesigenzediordinepubblico 
edisicurezzapubblica, 
aidirittitutelatidagliarti-

coliteste� 
citatinonpossonoandareoltre 
cio� 
che 
e�necessarioperilsoddisfacimento 


ditaliesigenzeinunasocieta� 
democratica''(causaRutili,citata). 


Riassuntivamente, 
con 
riguardo 
ai 
cittadini 
comunitari 
cui 
si 
applichi 
ex 
se 


la 
disciplina 
derivante 
congiuntamente 
dall'art. 
39 
TCE 
e 
dalla 
direttiva 


64/221, 
lepremessegeneraliperaffrontarelaquestionesonoleseguenti: 


a) 
per 
valutare 
se 
una 
disposizione 
nazionale, 
restrittiva 
della 
libera 
cir-

colazione 
dei 
cittadini/lavoratori 
comunitari, 
sia 
riconducibile 
a 
una 
delle 
dero-

ghe 
contemplate 
dall'art. 
39 
n. 
3 
TCE, 
la 
nozione 
di 
ordine 
pubblico 
che 
sia 


posta 
a 
fondamento 
di 
tale 
disposizione 
deve 
essere 
conforme 
alla 
corrispon-

dente 
interpretazione 
che 
di 
tale 
nozione 
viene 
data 
a 
livello 
comunitario; 


b) 
i 
mezzi 
restrittivi 
della 
circolazione 
che 
colpiscano 
un 
singolo 
citta-

dino 
comunitario 
non 
possono 
essere 
giustificati 
da 
motivi 
di 
ordine 
generale 


rinvenibili 
in 
norme 
di 
natura 
penale; 


c) 
lerestrizionidellalibera 
circolazionedeicittadinicomunitarinonpos-

sono 
superare 
i 
limiti 
di 
proporzionalita� 
ricavabili 
dalla 
disciplina 
comunitaria 


e 
valutabili 
dal 
giudice 
comunitario. 


Standoataligeneralipremesse, 
sembradoversiconcluderechelanorma-

tiva 
tedesca 
in 
materia 
di 
stranieri 
non 
risulta 
conforme 
al 
diritto 
comunitario 


nella 
misura 
in 
cui 
dispone 
l'espulsione 
automatica 
di 
un 
cittadino 
di 
un 
altro 


Stato 
membro 
sulla 
base 
della 
sola 
condanna 
penale 
(art. 
3, 
Direttiva 


64/221/CEE). 


5. 
Per 
quanto 
attiene 
ai 
mezzi 
procedurali 
predisposti 
dal 
legislatore 
tede-
sco,siricordachelaCortedigiustiziahagia� 
indicatocheilmezzoprefigurato 


nell'art. 
9 
della 
direttiva 
64/221 
e� 
di 
natura 
complementare 
rispetto 
al 
ricorso 


giurisdizionaleprevisto 
dalprecedente 
art. 
8 
della 
stessa 
direttiva, 
specificando 



RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

le�minime�garanzie�procedurali�che�con�tale�mezzo�ciascuno�Stato�membro�deve�

comunque�assicurare�ai�cittadini�comunitari�sottoposti�a�un�provvedimento�

restrittivodellaloroliberta�dicircolare.�Piu�inparticolare,�ilmezzoprocedurale�

contemplato�dall'art.�9�deve�prevedere�un�esame�completo�dei�fatti,�compresi�i�

motividiopportunita�su�cuisifonda�ilprovvedimento�considerato,prima�che�

esso�venga�definitivamente�adottato�(sentenze�22�maggio�1980,�causa�131/79,�

Santillo;�18�maggio�1982,�cause�riunite�115/81�e�116/81,�Adoui�e�Cornuaille;�

30�novembre�1995,�causa�C-175/94;�17�giugno�1997,�C-65/95�c�C-111/95,�Mann�

SinghShingaraeAbbasRadiom).Pertanto,�laquestionepregiudizialeattinente�

all'interpretazione�dell'art.�9�della�direttiva�64/221�sembra�doversi�risolvere�nel�

senso�che,�poiche�il�rinvio�e�stato�proposto�nell'ambito�di�un�ricorso�giurisdizio-

nale�(anche�se�amministrativo),�il�diritto�tedesco�prevede�comunque�un�mezzo�

riconducibileall'art.�8delladirettiva,postocheognialtromezzopredispostoai�

sensi�dell'art.�9�della�stessa�si�presenta�quale�opzione�procedurale��minima��

impostaagliStatia�tuteladeldiritto�didifesadelcittadino�comunitariosottopo-

sto�a�provvedimenti�restrittivi�della�liberta�di�circolare�sul�territorio�di�uno�Stato�

membro.�Cio�cheeventualmenteandrebbevalutatodalgiudicecomunitarioe�se�

il�ricorso�in�sede�giurisdizionale�amministrativa,�ai�sensi�dell'art.�8�dir.�64/221,�

consentaunavalutazionedimeritodelprovvedimentodiespulsione:�incaso�con-

trario,�vale�a�dire�di�esclusivo�sindacato�di�legittimita�dell'atto�da�parte�del�giu-

dice,�dovrebbe�trovare�applicazione�la�garanzia�di�tutela�minima�dell'art.�9�

dir.�64/221.�
Sutalipresupposti,�siproponedirispondereaiquesitiinterpretativisotto-

postialla�Cortedalgiudiceamministrativo�tedesco�neiseguentitermini.�
A)�non�e�conforme�al�diritto�comunitario�una�normativa�nazionale�che�

disponga�l'espulsione�automatica�di�un�cittadino�di�un�altro�Stato�membro�sulla�

base�della�sola�condanna�penale;�
B)�non�e�conforme�all'ordinamento�comunitario�una�normativa�nazionale�

che�non�consenta�in�caso�di�ricorso�avverso�un�provvedimento�di�espulsione�di�

un�cittadino�di�un�altro�Stato�membro�un�controllo�delprovvedimento�sotto�il�

profilo�del�merito�e�della�proporzionalita�rispetto�alla�situazione�personale�e�

familiare�dell'espulso.�
Avv.�Maurizio�Fiorilli��

Causa�C-497/01�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Imposta�sulla�cifra�
d'affari�^Universalita�di�beni�^Articolo�5,�n.�8�della�sesta�direttiva�del�
Consiglio�77/388/CEE^OrdinanzadelTribunald'arrondissement(Lus-
semburgo).�

IL 
fattO 


La�Zita�Mode,�esercente�una�attivita�di�commercio�nei�settore�dell'abbi-
gliamento�cede�la�propria�attivita�alla�Milady,�esercente�l'attivita�commer-
ciale�di�profumeria.�L'ufficio�tributario�riprende�a�tassazione�il�corrispettivo�
della�cessione�di�azienda�in�quanto�non�ritiene�l'operazione�esente�per�man-
canza�di�continuazione�dell'attivita�del�cedente,�visto�che�quest'ultimo�eserci-
tava�una�attivita�di�commercio�nei�settore�dell'abbigliamento�ed�il�cessionario�
una�profumeria.�


IL 
CONTENZIOSO 
DELL'UE 
^I 
giudizi 
in 
corso 
alla 
Corte 
di 
Giustizia 
CEE 


IquesitI 


1. 
�Se 
l'art. 
5, 
n. 
8, 
della 
sesta 
direttiva 
del 
Consiglio 
17 
maggio 
1977, 
77/388/CEE, 
in 
materia 
di 
armonizzazione 
delle 
legislazioni 
degli 
Stati 
membri 
relative 
all'imposta 
sulla 
cifra 
d'affari 
�Sistema 
comune 
di 
imposta 
sul 
valore 
aggiunto: 
base 
imponibile 
uniforme 
�debba 
essere 
interpretato 
nel 
senso 
che 
la 
trasmissione 
di 
universalita� 
di 
beni 
ad 
un 
soggetto 
passivo 
costituisce 
una 
condizione 
sufficiente 
a 
che 
l'operazione 
non 
sia 
sottoposta 
all'imposta 
sul 
valore 
aggiunto, 
quale 
sia 
l'attivita� 
del 
soggetto 
passivo 
o 
quale 
che 
sia 
l'utilizzazione 
da 
lui 
effettuata 
dei 
beni 
trasmessi. 
2. 
�In 
caso 
di 
soluzione 
negativa 
della 
prima 
questione, 
se 
l'art. 
5, 
n. 
8, 
della 
sesta 
direttiva 
dev'essere 
interpretato 
nel 
senso 
che 
la 
trasmissione 
di 
una 
universalita� 
di 
beni 
ad 
un 
soggetto 
passivo 
dev'essere 
intesa 
nel 
senso 
di 
una 
trasmissione 
totale 
parziale 
di 
un'impresa 
ad 
un 
soggetto 
passivo 
che 
continua 
l'attivita� 
totale 
dell'impresa 
cedente, 
ovvero 
ne 
continua 
l'attivita� 
del 
settore 
che 
corrisponde 
all'universalita� 
parziale 
ceduta, 
o 
semplicemente 
nel 
senso 
di 
una 
trasmissione 
totale 
o 
parziale 
di 
una 
universalita� 
di 
beni 
ad 
un 
soggetto 
passivo 
che 
continua 
il 
tipo 
di 
attivita� 
totale 
o 
parziale 
del 
cedente, 
senza 
che 
vi 
sia 
trasmissione 
di 
impresa 
o 
di 
un 
ramo 
di 
impresa. 
3. 
�In 
caso 
di 
soluzione 
affermativa 
di 
una 
delle 
parti 
della 
seconda 
questione, 
se 
l'art. 
5, 
n. 
8, 
esiga 
da 
uno 
Stato 
ovvero 
consenta 
allo 
stesso 
di 
chiedere 
che 
l'attivita� 
del 
beneficiario 
sia 
svolta 
conformemente 
alla 
prescritta 
autorizzazione 
di 
esercizio, 
rilasciata 
dall'organismo 
compe-
tente, 
dell'attivita� 
ovvero 
le 
settore 
d'attivita� 
, 
fermo 
restando 
che 
l'attivita� 
svolta 
rientra 
nel 
circuito 
economico 
lecito 
ai 
sensi 
della 
giurisprudenza 
della 
Corte. 
Causa�C-502/01�(domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale) 
^Divieto�di�discrimin
azione�in�base�alla�nazionalita�^Lavoratrice�migrante�^Assistenza�a�
titolo�non�professionale�^Regolamento 
n. 
1408/1971 
^Ordinanza 
del 
�Sozialgericht 
Hannover� 
(Germania) 
^Emessa 
il 
12 
dicembre 
2001 
^
Notificata 
il 
27 
febbraio 
2002. 


IL 
fattO 


La 
ricorrente 
e� 
cittadina 
tedesca, 
residente 
in 
Francia 
ove 
provvede, 
uni-
tamente 
al 
proprio 
coniuge 
di 
nazionalita� 
francese, 
all'assistenza 
del 
figlio 
disabile. 
Entrambi 
i 
genitori 
svolgono 
attivita� 
lavorativa, 
soggetta 
ad 
obbligo 
contributivo, 
ad 
orario 
ridotto 
presso 
un'impresa 
tedesca 
in 
Germania. 
Per 
effetto 
di 
tale 
attivita� 
lavorativa, 
entrambi 
i 
coniugi 
sono 
assicurati 
in 
Ger-
mania 
ai 
fini 
della 
pensione. 
L'ente 
resistente 
corrisponde 
dal 
1997 
al 
minore 
un 
assegno 
mensile 
di 
assistenza. 
Nell'aprile 
del 
2000 
i 
genitori 
chiedevano 
all'ente 
resistente 
la 
corresponsione 
dei 
contributi 
relativi 
all'assicurazione 
obbligatoria 
ai 
fini 
della 
pensione 
prevista 
per 
le 
persone 
che 
svolgono 
atti-
vita� 
di 
assistenza 
non 
retribuita 
ai 
sensi 
del 
� 
44, 
XI 
Sozialgesetzbuch 
(codice 
in 
materia 
di 
previdenza 
sociale) 
(in 
prosieguo: 
il 
�SGB 
XI�). 
Con 
decisione 
16 
maggio 
2000 
il 
resistente 
respingeva 
la 
richiesta 
sulla 
base 
del 
rilievo 
che, 



RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

in�considerazione�della�residenza�all'estero,�non�vi�sarebbe�alcun�obbligo�con-
tributivo�previsto�per�le�persone�che�svolgano�attivita��di�assistenza,�attivita��
che�non�costituirebbe�ne�un'attivita��di�lavoro�indipendente�ne�un'attivita��di�
lavoro�autonomo.�Troverebbe�quindi�applicazione�il�disposto�di�cui�al���3,�

n.�2,�del�IV�Sozialgesetzbuch�(SGB�IV),�ai�sensi�del�quale�l'obbligo�contribu-
tivo�sarebbe�previsto�solamente�per�le�persone�residenti�sul�territorio�nazio-
nale.�Le�persone�che�svolgano�assistenza�a�titolo�non�professionale�sarebbero�
quindi�soggette�ad�obbligo�contributivo�solamente�se�residenti�sul�territorio�
nazionale.�La�successiva�opposizione�veniva�respinta�dall'ente�resistente�con�
decisione�sull'opposizione�del�17�luglio�2000.�
IquesitI 


1.��Se�ed,�eventualmente,�in�presenza�di�quali�circostanze,�le�nozioni�
di��prestazione�per�malattia��ovvero��prestazione�di�vecchiaia�,�ai�sensi�
dell'art.�1�del�regolamento�n.�1408/1971,�ricomprendano�le�prestazioni�for-
nite�da�un�ente�previdenziale�ad�altro�ente�previdenziale,�quando�l'assicu-
rato�ne�tragga�solamente�vantaggio�astratto�ed�indiretto�(versamento�di�
contributi�assicurativiaifinidella�pensione�da�partediuna�cassadiprevi-
denza�e�assistenza�per�una�persona�che�svolga�attivita��di�assistenza,�a�titolo�
non�professionale).�
2.��Se�dal�divieto�di�discriminazioni,�sancito�dal�diritto�comunitario�
primario�o�derivato,�derivi�che�una�prestazione�del�genere�di�quella�indicata�
sub 
1)�debba�essere�concessa�indipendentemente�dal�fatto�se�l'attivita��che�
legittimi�la�corresponsione�della�prestazione�sia�stata�svolta�sul�territorio�
nazionale�ovvero�su�quello�di�uno�Stato�membro�dell'Unione�europea�ed�
indipendentemente�dal�luogo�di�residenza�dell'assicurato�o�del�diretto�benefi-
ciario�della�prestazione�stessa.�
Causa 
C-647/01 
(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Prodotti 
agricoli 
^
Concessione 
all'esportatore 
di 
termini 
supplementari 
^Articolo�47�commi�
2�e�4�art.�48�del�Regolamento�CEE�3665/1987�^Ordinanza�della�corte�
d'appello�di�Genova�emessa�il�15�novembre�2001�^Notificata�il�31�gen-
naio�2001.�

IL 
fattO 


La�societa��esportatrice�ha�presentato�domanda��peraltro�accolta��al�
Tribunale�di�Genova�al�fine�di�far�valere�il�proprio�diritto�ad�ottenere�la�ria-
pertura�dei�termini�per�la�presentazione�della�documentazione�necessaria�ad�
ottenere�le�restituzioni.�La�societa��suddetta�chiedeva�la�riapertura�dei�ter-
mini,�in�quanto�non�era�riuscita�a�presentare�nel�termine�dei�dodici�mesi�
dalla�data�di�accettazione�della�dichiarazione�all'esportazione�la�documenta-
zione�necessaria,�pur�essendosi�fatta�parte�diligente�per�l'ottenimento�della�
stessa.�La�diligenza�della�societa�,�infatti,�era�provata�dall'intervento�della�
rappresentanza�diplomatica�e�dell'ICE�al�fine�di�ottenere�almeno�una�dichia-
razione�sostitutiva�dalla�Dogana�israeliana.�Il�Ministero�delle�Finanze,�da�


IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CEE�135 


parte�sua�si�opponeva�all'accoglimento�della�domanda,�sostenendo�che�i�
documenti�erano�stati�presentati�trentadue�mesi�dopo�le�dichiarazioni�di�
esportazione,�non�rispettando,�quindi,�ne�il�termine�dei�dodici�mesi�previsto�
all'art.�47,�ne�l'ulteriore�termine�supplementare�concedibile�di�sei�mesi.�

Secondo�il�Ministero�delle�Finanze,�il�termine�massimo�concedibile�non�
puo�eccedere�i�diciotto�mesi;�ed�a�sostegno�di�tale�tesi�fa�riferimento�
all'art.�48�del�Regolamento�3665/1987�dove�si�prevede�che,�quando�la�prova�
dell'adempimento�di�tutte�le�condizioni�stabilite�dalla�normativa�viene�conse-
gnata�nei�sei�mesi�successivi�ai�dodici�previsti�dall'art.�47.2,�4�e�5,�la�restitu-
zione�da�effettuare�e�pari�all'85%�dell'importo�totale�pagabile�ove�ricorres-
sero�tutti�i�requisiti.�

Al�contrario,�la�societa�esportatrice�ha�ritenuto�che�l'abbattimento�di�cui�
all'art.�48�si�possa�applicare�solo�ai�casi�in�cui�non�siano�stati�concessi�ter-
mini�suppletivi�e�che�l'art.�47.4�si�riferisce�solo�all'ipotesi�di�mancato�rispetto�
di�termini�supplementari�gia�concessi�e�non�al�limite�massimo�di�termini�sup-
plementari�concedibili.�

IquesitI 


1.���Se��in�base�al�c.d.�degli�articoli�47.4�e�48�del�Regolamento�
(CEE)�3665/1987��si�debba�ritenere�che:�a) 
i�termini�supplementari�che�
possono�essere�concessi�all'esportatore�comunque�non�possano�superare�la�
durata�massima�di�18�mesi;�oppure�b) 
che,�invece,�la�riduzione�del�15%�si�
applichi�solo�per�il�caso�di�superamento�di�oltre�6�mesi�del�termine�ordinario�
e�di�quello�supplementare�eventualmente�concesso�all'esportatore�;�
2.���Se,�per�il�caso�in�cui�fosse�esatta�l'interpretazione�di�cui�alla�let-
tera�b) 
del�punto�precedente,�in�base�ai�due�predetti�articoli,�esistano�limiti�
temporali�massimi��in�considerazione�dei�vari�profili,�tra�cui�quelli�indicati�
nella�parte�motiva�di�quest'ordinanza,�che�al�riguardo�possono�rilevare�da�
un�punto�di�vista�del�diritto�comunitario��entro�cui�possono�essere�concessi�
i�termini�supplementari�;�
3.���Per�il�caso�in�cui�fosse�esatta�l'interpretazione�di�cui�alla�lettera�
b) 
del�quesito�1,�quali�siano�tali�limiti�temporali�massimi�e,�quindi,�quali�
siano�i�termini�supplementari,�in�base�ai�due�predetti�articoli�;�
4.���Se,�per�il�caso�in�cui�fosse�esatta�l'interpretazione�di�cui�alla�let-
tera�b) 
del�quesito�1,�in�base�ai�due�predetti�articoli�il�privato�possa�vantare�
una�pretesa�giuridicamente�tutelata�alla�fissazione�in�una�certa�misura�(rite-
nuta�congrua�in�riferimento�alle�difficolta�di�procurarsi�la�prescritta�docu-
mentazione)�dei�termini�supplementari�;�
5.���Se,�per�il�caso�in�cui�fosse�esatta�l'interpretazione�di�cui�alla�let-
tera�b) 
del�quesito�1,�in�base�ai�due�predetti�articoli�il�Giudice�nazionale�i
n�caso�di�mancata�concessione�da�parte�dell'Autorita�amministrativa�dei�ter-
mini�supplementari��possa�riconoscere�il�diritto�dell'esportatore�(che�si�sia�
fatto�parte�diligente�per�procurarsi�i�documenti�ed�inoltrarli�entro�il�termine�
di�12�mesi�di�cui�all'art.�47.2�di�tale�Regolamento)�di�ottenere�i�termini�sup-
plementari�e�possa�determinare�tale�durata�in�base�al�tempo�effettivamente�
occorso�per�ottenere�ed�inoltrare�la�prescritta�documentazione�.�

Ilcontenzioso
nazionale
Ilcontenzioso
nazionale
IL 
REGIME 
TARIFFARIO 
DELL'IMPORTAZIONE 
DELLE 
BANANE 


Tribunale 
di 
Trento, 
sentenza 
20 
novembre 
2001, 
n. 
1029 
^Giudice�Erlicher 
^

C. 
S.p.A., 
E. 
S.a.s. 
cl 
Amministrazione 
delle 
Finanze 
(avv. 
Stato 
S. 
Pirrone. 
la 
massima 


L'art.�130�del�d.P.R.�n.�43/1988�esclude�che�l'ingiunzione�fiscale�possa�

avere�efficacia�di�titolo�esecutivo,�ma�non�impedisce�all'amministrazione�di�
usare�tale�strumento�nella�sua�funzione�residuale�di�atto�di�accertamento�di�un�
credito�tributario�e�di�intimazione�ad�adempiere�rivolta�al�debitore.�L'istituto�
della�revisione�ex�art.�11�del�D.Lgs�n.�374/1990�non�trova�applicazione�allorche�
la�determinazione�dei�diritti�evasi�consegua�all'accertamento�di�fatti�illeciti,�
penalmente�rilevanti�e�comunque�al�difuori�dei�casi�in�cui�si�tratti�di�rimediare�
ad�omissioni�e�ad�errori�sull'esatta�individuazione�delle�merci�importate.�Da�
cio�consegue�la�legittimita�dell'ingiunzione�opposta�e�l'ammissibilita�della�
domandariconvenzionaleproposta�dall'amministrazionefinanziaria.�

E�legittima�l'applicazionedelregime�tariffariopienorispetto�adoperazioni�
effettuate�da�operatore��tradizionale�,�mediante�l'utilizzazione�di�certificati�di�
importazione�riservati�ad�operatori�c.d.��nuovi�arrivati�,�risultati�estranei�alle�
operazioni�di�importazione.�Il�mantenimento�in�capo�alla�societa�importatrice�

della�disponibilita�della�merce�sia�prima�che�dopo�lo�sdoganamento�curato�dal�
proprio�spedizioniere,�l'assolvimento�da�parte�della�medesima�delle�relative�
obbligazione�doganale,�la�omessa�verifica�deipoteri�di�rappresentanza�dell'inter-
mediario�che�procurava�le�licenze�di�importazione,�la�circostanza�che�i�titolari�
delle�medesime�siano�risultati�in�molti�casi�del�tutto�ignari�delle�operazioni�com-
piute�a�loro�nome,�costituiscono�altrettanti�indici�rivelatori�dell'anomalia�della�
situazione,�idonei,�per�la�loro�gravita�e�concordanza,�ad�integrare�la�prova�del�
carattere�fittizio�delle�operazioni.�La�societa�cui�facevano�capo�le�operazioni�
suddette�deve�ritenersi��proprietaria��della�merce�importata�e�tenuta�al�paga-
mento�del�trattamento�tariffario�intero.�La�societa�di�spedizioni�che�ha�svolto�
le�operazioni�doganali�risponde�in�solido�con�l'importatrice�nei�limiti�della�
responsabilita�conseguente�al�ricorso�alla�procedura�semplificata�di�accerta-
mento�ex�art.�12,�comma�6�del�D.Lgs�n.�374/1990.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

il 
commento 


La�Comunita�europea�istituiva�nel�1993,�in�seguito�ad�un�contenzioso�
sorto�nell'ambito�dell'organizzazione�mondiale�del�commercio,�un'organizza-
zione�comune,�il�mercato�europeo�delle�banane.�Lo�scopo�era�quello�di�sosti-
tuire�ai�vari�regimi�nazionali�una�gestione�centralizzata�e�flessibile�dei�flussi�
di�importazione�delle�banane,�al�fine�di�consentire�il�mantenimento�dei�livelli�
di�smaltimento�del�prodotto�originario�dei�Paesi�ACP�(Africa-Caraibi-Paci-
fico),�fornitori�tradizionali,�che�godevano��e�godono�tuttora��di�
un�regime�di�preferenza�tariffaria�comunitaria.�L'organizzazione�comune�fu�
istituita�con�il�regolamento�comunitario�n.�404/1993�il�quale�introdusse�un�
regime�tariffario�agevolato,�limitato�ad�un�contingente�di�importazioni�
annualmente�determinato,�ripartito�per�categorie�di�operatori,�distinti,�grosso�
modo,�a�seconda�della�provenienza�e�dei�quantitativi�di�prodotto�mediamente�
commercializzato.�Il�contingentamento�operava�in�concreto�attraverso�il�rila-
scio�di�licenze�all'importazione�in�favore�degli�operatori�delle�varie�categorie�
e�nei�limiti�fissati�per�ciascuna�di�esse.�Le�importazioni�operate�fuori�contin-
gente�erano�assoggettate�a�dazi�praticamente�proibitivi.�

Alla�situazione�sopra�sommariamente�descritta�si�ricollega�la�nascita�di�
un�mercato�di�rivendita�delle�licenze�di�importazione�e,�parallelamente,�lo�
sviluppo�dell'attivita�di�contrabbando,�incentivata�dalla�rilevanza�e�stabilita�
della�domanda�che�caratterizza�il�prodotto�in�questione�e�dall'impossibilita�
per�alcuni�importatori�di�farvi�fronte�a�causa�dei�disposti�contingentamenti.�
Il�divario�tra�domanda�ed�offerta�risultava�altres|�accentuato�in�seguito�all'e-
sistenza�di�operatori,�i�quali,�pur�avendo�teoricamente�diritto�al�rilascio�di�
licenze�in�virtu�della�loro�qualificazione�o�della�pregressa�attivita�di�importa-
zione,�non�facevano,�per�le�ragioni�piu�svariate�(cessazione�di�attivita�,�com-
mercio�di�altri�prodotti,�ecc.),�in�concreto�uso�di�tale�possibilita�.�Tale�situa-
zione�ha�indotto�alcuni�soggetti�ad�improvvisarsi��procacciatori�di�licenze��
per�soddisfare�le�richieste�di�quegli�operatori�che�avevano�esaurito�i�contin-
genti�loro�assegnati.�Le�licenze�venivano�ottenute�spesso�falsificando�le�
domande�presentate�al�Ministero�del�Commercio�con�l'Estero�per�conto�m
a�all'insaputa��di�commercianti��inerti��o�di�altri�ignari�operatori�del�set-
tore.�I�titoli�venivano�poi��venduti��a�grossi�importatori,�i�quali�erano�cos|�
messi�in�condizione�di�superare�i�contingenti�loro�attribuiti,�beneficiando,�in�
definitiva,�di�agevolazioni�cui�non�avrebbero�avuto�diritto.�

�Si�inserisce�nel�contesto�sopra�sommariamente�descritto�la�vicenda�
che�ha�dato�origine�alle�ingiunzioni�fiscali�oggetto�del�giudizio�deciso�con�
l'annotata�sentenza�del�Tribunale�di�Trento.�

�Le�ingiunzioni�si�riferiscono�a�174�operazioni�di�importazione�di�
banane�effettuate�tutte�secondo�il�medesimo�schema.�La�controllata�italiana�
di�una�delle�maggiori�multinazionali�del�settore�importa�dal�Centramerica�
le�partite�di�banane�destinate�al�mercato�italiano.�A�tale�scopo�utilizza�
licenze�procurate�da�un�intermediario�ed�intestate�a�soggetti�o�ditte�apparte-
nenti�alla�categoria�dei�c.d.��nuovi�arrivati��(categoria�C).�Le�partite�di�
banane�vengono�documentalmente�vendute,�allo�stato�estero,�ai�licenziatari,�
e�sdoganate�per�mezzo�di�spedizioniere,�il�quale�opera�per�conto�e�su�istru-
zioni�della�societa�venditrice.�Dopo�aver�assolto�il�dazio�in�misura�agevolata�


IL 
CONTENZIOSO 
NAZIONALE 


le 
banane 
vengono 
rivendute 
alla 
stessa 
societa� 
da 
cui 
erano 
state 
formal-
mente 
acquistate, 
la 
quale 
le 
immette 
successivamente 
sul 
mercato 
italiano. 
Da 
verifiche 
effettuate 
dagli 
organi 
di 
vigilanza 
doganale 
e� 
poi 
risultato 
che 
gli 
intestatari 
di 
licenze 
sono 
rimasti 
del 
tutto 
estranei 
alla 
vicenda, 
trat-
tandosi 
spesso 
di 
soggetti 
che 
avevano 
da 
tempo 
cessato 
la 
propria 
attivita� 
commerciale. 


�Le 
autorita� 
doganali 
emettono 
quindi, 
previa 
redazione 
di 
verbali 
di 
constatazione, 
ingiunzioni 
a 
carico 
della 
societa� 
importatrice, 
ritenendo 
che 
la 
stessa, 
attraverso 
le 
fittizie 
triangolazioni 
sopra 
descritte, 
abbia 
illegittima-
mente 
beneficiato 
del 
regime 
daziario 
agevolato. 
Anche 
la 
ditta 
di 
spedizione, 
che 
ha 
provveduto 
a 
sdoganare 
la 
merce 
in 
regime 
semplificato, 
viene 
chia-
mata 
a 
rispondere 
in 
solido 
con 
l'importatore. 


Proposta 
l'opposizione 
avanti 
al 
Tribunale 
di 
Trento, 
entrambe 
le 
societa� 
sostengono 
la 
legittimita� 
delle 
operazioni 
effettuate 
sulla 
base 
essenzialmente 
della 
seguente 
argomentazione. 


Esse 
fanno 
leva 
sul 
carattere 
pretesemente 
�oggettivo� 
delle 
agevola-
zioni 
daziarie 
di 
cui 
al 
regolamento 
n. 
404/93, 
le 
quali 
sarebbero 
dipese, 
in 
sostanza, 
dalla 
mera 
verifica 
quantitativa 
volta 
ad 
accertare 
se 
le 
partite 
di 
merce 
importate 
rientrassero 
nell'ambito 
del 
contingente 
di 
2,2 
milioni 
di 
tonnellate 
stabilito 
dall'art. 
18 
del 
reg. 
n. 
404/1993 
(come 
sostituito 
dal 
reg. 
CEE 
3290/1994) 
. 
La 
prova 
positiva 
di 
tale 
inserimento 
viene 
fatta 
derivare 
dalla 
mera 
constatazione 
del 
rilascio, 
da 
parte 
degli 
organi 
nazionali 
compe-
tenti 
(Min. 
del 
Commercio 
con 
I'Estero), 
di 
titoli 
relativi 
ai 
quantitativi 
di 
merce 
in 
concreto 
importata, 
non 
essendo 
evidentemente 
pensabile 
che 
tali 
titoli 
siano 
stati 
emessi 
in 
esubero 
rispetto 
alle 
quote 
stabilite 
a 
livello 
comu-
nitario. 
Tutto 
si 
risolve, 
quindi, 
�secondo 
la 
prospettazione 
delle 
opponenti 
�nella 
semplice 
equazione: 
esistenza 
di 
titolo 
di 
importazione 
diritto 
all'ap-
plicazione 
del 
dazio 
agevolato, 
non 
rilevando 
la 
circostanza 
che 
all'immis-
sione 
sul 
mercato 
comunitario 
abbia 
provveduto 
un 
soggetto 
diverso 
dal 
tito-
lare 
della 
licenza. 


L'argomento 
e� 
contraddetto 
dall'amministrazione 
finanziaria, 
la 
quale 
rileva, 
in 
primo 
luogo, 
che 
il 
contingente 
tariffario 
non 
e� 
unico, 
bens|� 
ripar-
tito 
in 
tre 
�tranches� 
a 
seconda 
della 
categoria 
degli 
operatori 
ammessi 
a 
beneficiarne. 
Ai 
sensi 
dell'art. 
19 
del 
Regolamento 
CEE 
n. 
404/93 
la 
riparti-
zione 
del 
contingente 
avviene 
infatti 
nel 
seguente 
modo: 
�Il 
65,5% 
per 
la 
categoria 
degli 
operatori 
che 
hanno 
commercializzato 
banane. 
di 
paesi 
terzi 
e 
le 
banane 
ACP 
non 
tradizionali 
(provenienti 
dalle 
ex 
colonie 
francesi 
del-
l'Africa, 
Caraibi 
e 
Pacifico 
ed 
eccedenti 
le 
quantita� 
tradizionalmente 
espor-
tate 
da 
tali 
Paesi); 
il 
30% 
per 
la 
categoria 
degli 
operatori 
che 
hanno 
commer-
cializzato 
banane 
comunitarie 
e/o 
ACP 
tradizionali; 
il 
3,5% 
per 
la 
categoria 
di 
operatori 
che 
hanno 
iniziato 
a 
commercializzare 
nel 
triennio 
antecedente 
banane 
diverse 
dalle 
banane 
comunitarie 
e/o 
dalle 
banane 
ACP 
tradizionali. 
Rilievo 
decisivo, 
ai 
fini 
dell'individuazione 
della 
natura 
delle 
agevolazioni, 
rivestepoiilregolamenton. 
1442/1993,ilqualeripartisceilcontingentetarif-
fario 
annualmente 
tra 
distinte 
categorie 
di 
operatori 
in 
relazione 
all'origine 
delle 
banane 
importate 
e, 
piu� 
precisamente, 
tra 
operatori 
di 
categoria 
�A�, 
di 
categoria 
�B� 
e 
di 
categoria 
�C�. 



RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

Gia�da�tali�premesse�discende�la�constatazione�dell'impossibilita�di�pro-
cedere�ad�una�verifica��meramente�oggettiva��volta�ad�accertare�che�le�par-
tite�di�merce�per�cui�e�causa�rientrino�nei�contingenti�ammessi�a�tassazione�
ridotta,�senza�prendere�in�considerazione�la�qualificazione�soggettiva�dell'im-
portatore�nei�termini�indicati�dal�citato�art.�2�del�reg.�n.�1442/93.�

L'amministrazione�opposta�rileva�altres|�che�l'intero�sistema�dell'or-
ganizzazione�comune�del�mercato�delle�banane,�cos|�come�introdotto�dai�
regolamenti�n.�403/93�e�1442/93,�si�basa�sulla�attenta�ponderazione�del-
l'incidenza�delle�misure�restrittive�sulle�varie�categorie�di�operatori�come�
sopra�individuate,�onde�ridurre�al�minimo�gli�effetti�discorsivi�connessi�
all'uso�di�meccanismi�protezionistici�di�contingentamento.�Tale�sistema�
richiede,�quindi,�un�attento�censimento�degli�operatori�del�settore�ed�un�
esatto�monitoraggio�del�flussi�di�merce�ammessi�sul�mercato�europeo�da�
ciascuno�di�essi�(v.�art.�29�del�reg.�n.�404/1993�e�art.�4,�c.�1�del�reg.�

n.�1442/1993),�essendo�inoltre�i�vari�contingenti�rideterminati�annual-
mente�sulla�base�dei�volumi�di�importazioni�effettuati�da�ogni�singolo�
operatore�negli�anni�progressi�(v.�art.�19,�comma�2�reg.�n.�404�e�articoli�9�
e�14�del�reg.�n.�1442).�Le�effettuazioni�di�operazioni��inesistenti��o�mera-
mente�cartolari�con�importatori��figurativi�,�oltre�a�sottrarre�quote�di�
contingente�a�coloro�che�realmente�operano�od�intendono�operare�nel�
settore,�finisce�con�il�pregiudicare�l'attendibilita�ed�operativita�futura�del-
l'intero�sistema,�basato�sull'assegnazione�di�licenze�commisurate�sui�
quantitativi�medi�che�ciascun�operatore�risulta�aver�commercializzato�
nel�triennio�precedente.�
In�un�siffatto�contesto�normativo�risulta�veramente�arduo�sostenere�c
ome�in�effetti�sostenuto�da�entrambi�gli�opponenti��che�sarebbe�del�tutto�
ultronea,�ai�fini�dell'accertamento�del�diritto�alle�agevolazioni�di�cui�si�tratta,�
la�verifica�di�corrispondenza�tra�titolare�della�licenza�di�importazione�e�sog-
getto�che��realmente��immette�la�merce�sul�mercato�comunitario.�

L'assunto�trova�del�resto�ulteriore�e�chiara�smentita�anche�alla�luce�di�
altre�disposizoni�del�reg.�n.�1442/1993.�L'art.�13�del�citato�regolamento,�pur�
ammettendo�una�limitata��circolabilita���delle�licenze�di�importazione�(per�
una�sola�cessione�e�tra�operatori�della�medesima�categoria,�tra�operatori�
della�categoria��A��a�favore�di�operatori�della�categoria��B��e�viceversa,�da�
operatori�delle�categorie��A��e��B��a�favore�di�operatori�della�categoria�C)�
vieta�espressamente�le�cessioni�fra�operatori�della�categoria�C�a�favore�di�
operatori�della�categoria�A�e�B�(2.�comma�dell'art.�13�citato).�

La�ragione�di�tale�divieto�si�spiega�con�riferimento�alla�particolare�tipo-
logia�degli�operatori�di�categoria�C,�ai�quali�le�citate�disposizioni�comunitarie�
riservano�una�quota�estremamente�ridotta�del�contingente�ammesso�a�tratta-
mento�daziario�preferenziale�(il�3,5%).�Si�tratta�di�imprenditori�che�hanno�
iniziato�a�commercializzare�banane�centramericane�nel�triennio�di�riferi-
mento�antecedente�la�richiesta�di�rilascio�di�importazione�(v.�art.�2�reg.�

n.�1442/93).�II�divieto�di�cessione�di�tali�titoli�agli�operatori�che�tradizional-
mente�operano�sul�mercato�delle�banane�(di�categoria�A�e�B)�e�volto�a�garan-
tire�la�possibilita�che�nuovi�operatori�si�affaccino�a�tale�mercato�e,�in�defini-
tiva,�a�salvaguardare�la�liberta�di�iniziativa�economica�degli�stessi�rispetto�

IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE141

alle�naturali�tendenze�oligopolistiche�degli�operatori�gia�affermati�che�
godono�dei�vantaggi�concorrenziali�derivanti�dal�controllo�di�rilevanti�quote�
di�mercato�(v.�al�riguardo�il�13.��considerando��del�preambolo�al�
reg.�n.�404/1993�e�soprattutto�il�6.�considerando�del�reg.�n.�1442/1993,�ove�
si�dichiara�espressamente�che�il�divieto�di�cessione�dei�titoli�rilasciati�agli�
operatori�di�categoria�C�e�volto�ad�evitare�relazioni�commerciali�artificiose�o�
speculative.�

Nella�fattispecie�sottoposta�all'esame�del�Tribunale�trentino�risulta�d
alla�documentazione�prodotta�dall'Amministrazione��che�tutte�indistinta-
mente�le�174�importazioni�per�cui�e�causa�sono�state�effettuate�sulla�scorta�
di�certificati�intestati�ad�operatori�``nuovi�arrivati''.�

Tale�dato�di�fatto�evidenzia�la�reale��causa�economica��delle�triangola-
zioni,�volte�ad�aggirare�precisi�e�tassativi�divieti�di�cessione�del�titoli�in�que-
stione.�In�altri�termini,�attraverso�il�meccanismo�delle�doppie�cessioni�la�C.�
(operatore�di�categoria�A)�che�evidentemente�aveva�esaurito�il�contingente�a�
propria�disposizione,�ha�potuto��appropriarsi��di�quote�di�contingente�che�i�
regolamenti�comunitari�avevano�inteso�riservare�in�via�esclusiva�ad�operatori�
``nuovi�arrivati''.�

Avv. 
SarrE 
PirronE 


Gli 
argomenti 
della 
decisione 


�(omissis)�

La�legittimita�delle�ingiunzionifiscali.�Le�parti�attrici�hanno�eccepito�l'il-
legittimita�delle�ingiunzioni�opposte�in�quanto�emesse�ai�sensi�di�una�norma,�
l'art.�82�del�d.P.R.�n.�43/1973,�che�e�stata�abrogata�dall'art.�130�del�d.P.R.�n.�
43/1988.�Nel�condividere�l'orientamento�espresso�al�riguardo�sia�dalla�giuri-
sprudenza�di�questo�distretto�(v.�sentenze�della�Corte�d'Appello�citate�dal-
l'Amministrazione�finanziaria�nelle�scritture�difensive�finali)�sia�dalla�
Suprema�Corte�(v.�Cass.�2�giugno�1999�nr.�5350�e�Cass.�8�giugno�2000�nr.�
7801)�si�ritiene�che�la�natura�giuridica�dell'ingiunzione�puo�essere�ora�solo�
quella�di�atto�amministrativo�di�accertamento�di�un�credito�tributario�e�di�
contestuale�intimazione�ad�adempiere�rivolta�al�debitore�avendo�essa�perduto�
l'efficacia�di�titolo�esecutivo�e�di�atto�prodromico�all'esecuzione�forzata,�la�
quale�viene�attuata�nelle�forme�dell'esecuzione�esattoriale�a�cura�dei�conces-
sionari�del�servizio�di�riscossione�dei�tributi,�previa�formazione�dei�ruoli.�

Le�attrici�hanno�lamentato�il�mancato�rispetto�del�procedimento�di�revi-
sione�previsto�dall'art.�11�del�D.Lgs.�n.�374/1990�(in�particolare�la�notifica�
della�rettifica�e�l'eventuale�procedimento�amministrativo�conseguente)�richia-
mando�la�motivazione�della�pronuncia�della�Corte�di�Cassazione�23�ottobre�
1998�n.�10542,�circa�la�riferibilita�di�tale�procedura�a�tutte�le�ipotesi�di�retti-
fica�di�accertamenti�divenuti�definitivi�e�l'inammissibilita�della�domanda�di�
riconoscimento�del�credito�erariale�direttamente�proposta�dalla�amministra-
zione�in�sede�giudiziale.�Pur�dando�atto�che�la�dogana�di�Trento�ha�inteso�
agire�ai�sensi�del�citato�art.�11�(un�tanto�viene�riconosciuto�anche�dall'ammi-
nistrazione�convenuta�nelle�comparse�di�risposta),�ritiene�questo�giudice�con-
divisibile�l'interpretazione�espressa�dalla�Suprema�Corte�in�ordine�all'inappli-
cabilita�dello�strumento�della�revisione�d'ufficio��allorche�la�determinazione�


142RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

dei�diritti�evasi�consegua,�come�nella�specie,�a�fatti�di�contrabbando;�quando�
cioe�non�si�tratti�di�rimediare�con�la�verifica�in�contraddittorio�ad�omissioni�
e�ad�errori�sulla�esatta�individuazione�delle�merci�importate,�ma�di�quantifi-
care�l'entita�del�dovuto�come�conseguenza�di�un�giudizio�sulla�sussistenza�di�
illeciti,�demandato�al�giudice�penale��(Cass.�26�gennaio�1999�nr.�685).�Come�
verra�chiarito�piu�avanti�e�ravvisabile�nella�fattispecie�una�condotta�illecita,�
di�cui�viene�accertata�incidentalmente�in�questa�sede�l'esistenza,�realizzata�al�
fine�di�beneficiare�del�dazio�di�importazione�ridotto�e�da�cio�discende�da�un�
lato�la�legittimita�della�ingiunzione,�sia�pure�con�i�limitati�effetti�specificati,�
e�dall'altro�lato�l'ammissibilita�della�domanda�riconvenzionale�proposta�dal-
l'amministrazione�finanziaria.�

Il 
merito 
della 
controversia. 
Pare�opportuno�premettere�una�rapida�disa-
mina�della�disciplina�del�regime�di�importazione�delle�banane�nella�Comu-
nita�europea.�

L'art.�17�del�Reg.�CEE�n.�404/93�prevede�per�le�importazioni�di�banane�
��la�presentazione�di�un�certificato�rilasciato�dagli�Stati�membri�a�qualunque�
interessato�che�ne�faccia�richiesta,�fatte�salve�particolari�disposizioni�per�l'ap-
plicazione�degli�articoli�18�e�19�.�Tali�ultime�norme�(secondo�l'ulteriore�speci-
ficazione�contenuta�nel�Reg.�CEE�n.�1442/93)�prevedono�l'istituzione�di�un�
contingente�tariffario�per�le�importazioni�di�banane�da�Paesi�terzi�e�ACP�
non�tradizionali�a�dazio�ridotto�e�l'art.�19�ripartisce�il�contingente�fra�tre�
gruppi�di�operatori�nel�seguente�modo:�il�66,5%�alla�categoria�A)�costituita�
dagli�operatori�che�prima�del�1992�avevano�commercializzato�merce�di�paesi�
terzi�o�banane�ACP�non�tradizionali;�il�30%�alla�categoria�B)�composta�dagli�
operatori�che�avevano�commercializzato�banane�comunitarie�o�banane�ACP�
tradizionali;�il�3,5%�alla�categoria�C)�riservata�agli�operatori�di�nuova�attivita�
per�il�commercio�di�banane�non�comunitarie�o�ACP�non�tradizionali.�Va�pre-
cisato�che�per�le�importazioni�nei�limiti�del�citato�contingente�tariffario�e�fis-
sata�un'imposizione�pari�a�100�ecu�per�tonnellata�per�il�prodotto�proveniente�
da�paesi�terzi�e�a�dazio�zero�per�le�banane�di�origine�ACP;�le�importazioni�
extra�contingente�scontano�invece�un�dazio�di�850�ecu�(o�di�750�ecu)�a�ton-
nellata�rendendo�antieconomica�l'operazione.�L'art.�13�del�regolamento�CEE�

n.�1442/1993�prevede�la�facolta�di�cessione�dei�diritti�connessi�alle�licenze�di�
importazione�a�favore�di�un�solo�cessionario�per�ogni�titolo�e�relativo�
estratto,�stabilendo�peraltro�il�divieto�di�trasferimento�da�un�operatore�della�
categoria�C)�a�favore�di�operatori�delle�categorie�A)�e�B).�
In�presenza�di�questo�quadro�normativo,�si�passa�ad�esaminare�l'insieme�
delle�operazioni�poste�in�essere�dalla�C.�con�i�titolari�delle�licenze�di�importa-
zione�secondo�quanto�prospettato�concordemente�dalle�parti�e�rilevabile�
documentalmente.�

La�C.,�che�era�proprietaria�della�merce,�l'ha�venduta�allo�stato�estero�in�
singole�partite�ai�titolari�dei�certificati�esattamente�indicati�nei�processi�ver-
bali�di�constatazione�(documenti�prodotti�dalla�C.�in�allegato�all'atto�di�cita-
zione),�i�quali�hanno�provveduto�all'importazione�delle�banane�in�Italia�e�
successivamente�le�hanno�rivendute�alla�C.�stessa.�

Sostengono�le�attrici�che�i�negozi�di�compravendita�intervenuti�sono�
validi�ed�effettivi�essendo�stati�regolarmente�fatturati�e�contabilizzati�dalle�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE

ditte�coinvolte�e�rispondendo�tali�operazioni�ad�una�precisa�causa�economica�
rappresentata�dall'interesse�dei�contraenti�l'uno�a�valorizzare�la�propria�
licenza�senza�assumersi�gli�oneri�e�gli�incombenti�connessi�all'importazione�
e�distribuzione�e�l'altro�a�disporre�di�maggiori�quantitativi�di�merce�da�com-
mercializzare�sul�territorio�nazionale,�senza�doverla�importare�a�dazio�pieno.�
Aggiungono�che,�essendo�avvenuta�l'importazione�in�forza�di�certificati�rego-
larmente�emessi�e�comunque�senza�che�ne�sia�derivato�il�superamento�del�
contingente�tariffario�(circostanza�nemmeno�dedotta�dall'amministrazione)�
la�pretesa�tributaria�non�e��legittima�stante�l'irrilevanza�del�fatto�che�l'immis-
sione�nel�mercato�comunitario�sia�eventualmente�avvenuta�ad�opera�di�sog-
getto�diverso�dal�titolare�della�licenza;�cio��in�quanto�l'agevolazione�doganale�
sarebbe�legata�unicamente�all'esistenza�del�requisito�oggettivo�dell'inseri-
mento�della�merce�nel�contingente�per�effetto�del�rilascio�del�certificato�di�
importazione.�Viene�richiamato,�a�conferma�della�correttezza�di�tale�imposta-
zione,�il�tenore�letterale�del�citato�art.�17�del�Reg.�CEE�in�ordine�al�rilascio�
della�licenza��a�qualsiasi�interessato�che�ne�faccia�richiesta�.�

Tale�interpretazione�non�pare�condivisibile.�Va�in�primo�luogo�eviden-
ziato�che�la�norma�citata�fa�salve��le�particolari�disposizioni�adottate�per�
l'applicazione�degli�articoli�18�e�19��i�quali,�come�sopra�specificato,�introdu-
cono�e�disciplinano�il�contingente�tariffario,�individuando�le�tre�categorie�di�
soggetti�che�beneficiano�dell'agevolazione�daziaria�con�i�relativi�limiti.�Va�
poi�ricordato�il�divieto�fissato�dall'art.�13�del�Reg.�n.�1442/93�di�cessione�dei�
diritti�connessi�alle�licenze�da�operatori�di�categoria�C)�a�favore�di�operatori�
titolari�delle�altre�categorie.�Non�v'e��dubbio�che�l'elemento�soggettivo�(titola-
rita��dei�certificati)�assume�rilievo,�almeno�a�determinati�fini,�nella�regolamen-
tazione�comunitaria.�

L'assunto�dell'ufficio�doganale�e��che�il�complesso�delle�operazioni�realiz-
zate�(cessione�della�merce�allo�stato�estero,�importazione�formalmente�ad�
opera�del�titolare�della�licenza�e�rivendita�a�C.�dopo�la�nazionalizzazione)�
sia�simulato�e�che�in�realta��le�importazioni�debbano�essere�attribuite�alla�C.�
essendosi�semplicemente�verificata�l'interposizione�fittizia�dei�titolari�delle�
licenze.�Il�meccanismo�attuato�avrebbe�consentito�alla�C.,�che�aveva�esaurito�
il�proprio�contingente,�di�disporre�di�ulteriori�quantitativi�di�banane�da�
immettere�sul�territorio�nazionale�a�prezzo�competitivo�per�effetto�del�dazio�
ridotto.�

In�presenza�delle�contrapposte�posizioni�delle�parti�in�ordine�alla�qualifi-
cazione�dei�medesimi�(pacifici)�elementi�di�fatto,�occorre�esaminare�le�ragioni�
poste�dalla�convenuta�a�sostegno�dell'asserito�carattere�artificioso�e�fittizio�
delle�negoziazioni�sopra�descritte.

E�incontestato�che�la�C.�ha�sempre�mantenuto�la�materiale�disponibilita��
della�merce�anche�dopo�la�vendita,�ha�curato�(per�conto�del�titolare�della�
licenza�per�il�tramite�del�N.,�secondo�la�versione�attorea)�la�procedura�di�
importazione�provvedendo�al�pagamento�dei�diritti�doganali�e�dei�costi�dello�
spedizioniere�ed�infine�ha�provveduto�al�trasporto�e�alla�commercializzazione�
in�Italia.�


144RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

Si�evince�dai�processi�verbali�di�constatazione�redatti�dall'ufficio�SVAD�
della�Dogana�di�Trento�e�prodotti�in�giudizio�dalla�C.�che�i�titolari�formali�
dei�certificati�di�importazione,�che�secondo�quanto�prospettato�dall'attrice�
avrebbero�effettivamente�acquistato�le�partite�di�banane,�le�avrebbero�impor-
tate�e�successivamente�rivendute�alla�stessa�cedente,�in�risposta�alla�richiesta�
di�informazioni�inviata�dall'ufficio�ai�sensi�dell'art.�11�del�D.Lgs.�

n.�374/1990�si�sono�dichiarati�nella�maggior�parte�dei�casi�all'oscuro�di�tali�
operazioni�e�quindi�completamente�estranei�ad�esse�ed�in�altra�parte�non�
sono�stati�rintracciati�avendo�cessato�da�tempo�l'attivita�.�Tale�documenta-
zione,�del�resto�neppure�contestata�dalle�attrici,�puo�essere�utilizzata�ai�fini�
probatori�essendo�relativa�al�procedimento�sfociato�nella�redazione�dei�pro-
cessi�verbali�di�contestazione.�
Va�ancora�rilevato�che�non�v'e�prova�del�fatto�che�le�fatture�relative�alla�
cessione�delle�banane�siano�state�regolarmente�registrate�dagli�acquirenti�e�
che�in�occasione�della�rivendita�della�merce�i�cedenti�abbiano�documentato�
fiscalmente�l'operazione.�Si�osserva�che�dal�tenore�delle�citate�risposte�alle�
richieste�di�notizie�e�documenti�inviate�dall'ufficio�doganale�deve�ragionevol-
mente�escludersi�che�gli�operatari�interpellati�(titolari�delle�licenze)�abbiano�
adempiuto�agli�incombenti�fiscali�in�relazione�alle�negoziazioni�in�questione.�
In�nessuna�considerazione�puo�essere�tenuta�la�giustificazione�delle�attrici�in�
ordine�all'intervento�di�N.F.,�qualificatosi�rappresentante�dei�contraenti�tito-
lari�delle�licenze�d'importazione,�posto�che�non�v'e�prova�di�una�condotta�
diligente�delle�attrici�volta�all'accertamento�dell'effettivita�del�possesso�dei�
poteri�rappresentativi�e�quindi�tale�da�configurare�una�posizione�di�buona�
fede�meritevole�di�tutela.�

Quelli�evidenziati�sono�indici�rivelatori�dell'anomalia�della�situazione�in�
esame�che�risultano�idonei,�per�la�loro�gravita�e�concordanza,�ad�integrare�
la�prova�del�carattere�fittizio�delle�operazioni�poste�in�essere�dalla�C.�Non�si�
tratta�di�verificare�e�dichiarare�la�simulazione�assoluta�dei�negozi�giuridici�
formalmente�stipulati�(al�riguardo�non�v'e�neppure�domanda�della�conve-
nuta)�ma�di�accertare,�in�via�incidentale�quale�presupposto�del�fondamento�
della�pretesa�erariale,�il�compimento�di�un�illecito�per�effetto�della�violazione�
della�disciplina�delle�importazioni,�attraverso�un�meccanismo�che�prevedeva�
lo�strumentale�ricorso�a�operazioni�che�in�realta�non�erano�volute�da�una�
parte�(C.)�e�all'altra�parte�non�erano�probabilmente�nemmeno�note.�

Va�ora�precisato�che�i�titolari�dei�certificati�utilizzati�per�le�importazioni�
oggetto�di�accertamento�sono�tutti�operatori�di�categoria�C),�come�e�dato�
rilevare�dall'elenco�relativo�al�contingente�tariffario�per�l'anno�1998�prodotto�
dall'attrice�(doc.�n.�51)�ed�e�parimenti�pacifico�che�la�C.�e�operatore�delle�
categorie�A)�e�B).�Stante�il�divieto,�sopra�ampiamente�menzionato,�di�ces-
sione�delle�licenze�di�categoria�C)�a�favore�di�operatori�delle�altre�categorie,�
pare�evidente�l'illiceita�delle�operazioni�realizzate�dall'attrice�che,�oltre�a�pre-
sentare�aspetti�di�oggettiva�anomalia�tali�da�farle�ritenere�fittizie,�sono�volte,�
nell'insieme�considerate,�a�conseguire�in�concreto�il�risultato�che�la�disciplina�
comunitaria�ha�inteso�impedire.�Merita�ricordare�la�ratio 
di�detto�divieto:�
come�chiarito�dal�legislatore�europeo�esso�e�finalizzato�ad�evitare�che�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE

abbiano�luogo��relazioni�commerciali�artificiose�o�speculative��nonche�il�
rischio�di�turbamento�dei�normali�rapporti�commerciali�(sesto��conside-
rando��dal�preambolo�al�Reg.�CEE�n.�1442/93)�e�quindi�e�dettato�a�tutela�
dei��nuovi�operatori�che�hanno�recentemente�intrapreso�o�che�intraprende-
ranno�un'attivita�commerciale�in�questo�settore��(tredicesimo�considerando�
al�Reg.�CEE�n.�404/93).�

Si�deve�concludere�che�attraverso�le�importazioni�contestate�la�C.,�ope-
ratore�delle�categorie�A�e�B,�che�verosimilmente�aveva�esaurito�il�contin-
gente�riservato�alle�sue�licenze,�ha�immesso�nel�consumo�nazionale�ulteriori�
quantitativi�di�banane�a�dazio�ridotto�che�competevano�agli�operatori�di�
categoria�C.�

Le�argomentazioni�che�precedono�rendono�evidente�l'irrilevanza�della�
questione,�sollevata�dalla�C.,�della�validita�ed�efficacia�dei�certificati�d'impor-
tazione�utilizzati,�posto�che�la�pretesa�doganale�trova�fondamento�nella�vio-
lazione�sostanziale�delle�disciplina�comunitaria.�

La�C.�ha�eccepito�la�propria�carenza�di�legittimazione�passiva�facendo�
riferimento�al�disposto�degli�articoli�202�del�codice�doganale�comunitario�
che�individua�i�debitori�d'imposta�nel�caso�di�importazione�irregolare�
e�all'art.�38�del�codice�doganale�interno�che�indica�quale�soggetto�passivo�
dell'obbligazione�doganale�il�proprietario�della�merce.�Analogo�rilievo�ha�
sollevato�la�ditta�E.�mettendo�in�evidenza�che�la�normativa�comunitaria�
richiede�la�consapevolezza�dell'irregolarita�dell'introduzione�(elemento�
soggettivo).�

Quanto�accertato�ed�esposto�in�ordine�alla�natura�fittizia�e�non�reale�
delle�operazioni�connesse�all'introduzione�nel�territorio�nazionale�delle�
banane�da�parte�della�C.�esclude�ogni�dubbio�sulla��irregolarita���dell'impor-
tazione�e�induce�nel�contempo�a�individuare�nella�stessa�attrice�il�soggetto�
titolare�della�merce�e�quindi�anche�del�debito�erariale.�Per�le�stesse�ragioni�
nella�C.�va�identificato�il��proprietario�della�merce��importata.�Quanto�alla�

E.�la�sua�responsabilita�sociale�deriva�dal�disposto�dell'art.�12�del�D.Lgs.�
n.�374/1990�e�non�pare�possibile,�avendo�la�solidarieta�funzione�di�garanzia�
a�favore�dell'erario,�attribuire�rilievo�a�presunti�stati�soggettivi,�non�senza�
evidenziare�che�le�anomale�modalita�delle�importazioni�avrebbero�dovuto�
indurre�lo�spedizioniere�doganale�diligente�ad�esperire�gli�approfondimenti�
del�caso.�
La�C.�ha�infine�invocato�l'applicazione�dell'art.�220�paragrafo�2�lette-
ra�B)�del�codice�doganale�comunitario�per�sentire�dichiarare�non�dovuti�
i�maggiori�diritti�intimati�per�effetto�della�contabilizzazione�a�posteriori�da�
parte�dell'autorita�doganale,�non�essendo�possibile�per�quest'ultima�correg-
gere�in�tal�modo�eventuali�errori�in�presenza�di�una�posizione�di�buona�fede�
dell'importatore.�

Sul�punto�pare�sufficiente�osservare�che�il�carattere�irregolare�della�
introduzione�della�merce�esclude�in�radice�la�possiblita�di�beneficiare�dell'esi-
mente�in�questione,�difettando�il�requisito�della�buona�fede.�

(omissis)��


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

RICORSO 
AVVERSO 
IL 
SILENZIO 
DELL'AMMINISTRAZIONE: 
UN 
FRENO 
ALL'ESTENSIONE 
DEI 
POTERI 
DECISORI 
DEL 
GIUDICE 
AMMINISTRATIVO 


Consiglio�di�Stato,�Adunanza�Plenaria,�9�gennaio�2002,�n.�1�^Presidente�De�
Roberto�^Estensore�Borioni�^Ministero�della�Sanita�e�Ministero�
dell'Universita�e�della�Ricerca�Scientifica�e�Tecnologica�(avv.�Stato�G.�
Aiello)�c/�A.�P.�ed�altri.�(1).�

Tribunale�Amministrativo�Regionale�del�Lazio,�sezione�III-bis,�6�marzo�2002,�

n.�1682�^Presidente�Scognamiglio�^V.M.T.�ed�altri�(avv.ti�Iannarelli�e�
Cintoli)�il�Ministero�dell'Istruzione,�dell'Universita�e�della�Ricerca�Scien-
tifica�(avv.�Stato�M.A.�Scino).�(2).�
le 
massime 


(1)�L'art.�21�bis,�cos|��come�modificato�dall'art.�2�legge�205/00,�introduce�
nell'ordinamento�un�giudizio�speciale�diretto�ad�accertare�se�il��silenzio��violi�

l'obbligo�dell'Amministrazione�di�adottare�un�provvedimento�esplicito�sull'i-

stanzadelprivato;ilgiudicenonpuo�,ne�tantomenodeve,�sostituirsiall'Ammi-

nistrazioneinnessunafasedelgiudizio,�malimitarsiadaccertareseil�silenzio��

sia�o�non�sia�illegittimo�e,�nel�caso�di�accoglimento�del�ricorso,�imporra��all'Am-

ministrazionediprovvederesull'istanzaentro�iltermineprevisto.�
Lepotesta��amministrativenonpassanoincapoall'organogiudicantenean-

che�quando�l'istanza�del�privato�si�realizzi�in�un�provvedimento�che�sia�espres-

sionedipotereprivo�dicontenutodiscrezionaleoabasso�contenuto�didiscrezio-

nalita��.�L'art.�21�bis,�infatti,�definisce�una�disciplina�unica�e�indifferenziata,�

valida�in�tutti�i�casi�in�cui�l'Amministrazione�si�sottragga�al�dovere�di�adottare�

un�atto�autoritativo�esplicito.�

(2)�Nei�casidiazione�che�haperoggetto�unapretesapatrimoniale�diretta,�
gia��predeterminata�in�tutti�i�suoi�elementi,�o,�quanto�meno,�facilmente�determi-

nabile,�questasiprospettacomerivoltaall'accertamentodiunobbligopatrimo-

niale�imposto�dall'ordinamento�ed�e��diretta�ad�ottenere�una�pronuncia�di�con-

danna�dell'Amministrazione.�A�siffatto�risultato�non�puo��condurre�il�procedi-

mento�speciale�di�annullamento�del�silenzio-rifiuto�ex�art.�2�della�legge�205/�

2000:neldettoprocedimento�ilgiudiceamministrativoesercitasoloipoteripro-

pri�della�giurisdizione�di�legittimita��.�Nei�casi,�invece,�di�giurisdizione�esclusiva�

per�giungere�alla�condanna�della�P.A.,�le�pretese�patrimoniali�devono�essere�

valutate�attraverso�un�giudizio�ordinario�diretto�ad�accertare�la�reale�consi-

stenza�della�posizione�giuridica�vantata,�della�titolarita��della�stessa,�ed,�infine,�

della�sussistenza�dell'inadempimento�dell'Amministrazione.�Il�nuovo�e�accele-

rato�strumento�di�tutela�offerto�dalprocedimento�speciale�introdottoper�i�ricorsi�

avverso�il�silenzio�non�puo��valere�per�ottenere�in�modo�anticipato�una�delibera-

zione�del�mertito�della�controversia,�che�invece�e��riservato�al�normale�giudizio�

di�cognizione.�

il 
commento 


1.�Ricostruzione�della�questione��Con�la�decisione�de�qua�l'Adu-
nanza�Plenaria�prende�in�esame�e�definisce,�sembrerebbe�in�modo�decisivo,�

IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE

l'annosa�questione�della�tutela�delle�situazioni�giuridiche�soggettive�dei�pri-
vati�nell'ipotesi�di�mancata�(o�intempestiva)�adozione�del�provvedimento�
amministrativo.�

Le�premesse�per�la�costruzione�della�disciplina�attuale�del�silenzio-
rifiuto�sono�poste�dalla�giurisprudenza�all'inizio�degli�anni�sessanta,�con�il�
superamento�della�concezione�tradizionale�che�identificava�nel�silenzio�della�
pubblica�Amministrazione�un�atto�amministrativo�tacito.�Il�nuovo�orienta-
mento�e��prospettato�per�la�prima�volta�dall'Adunanza�plenaria�del�Consiglio�
di�Stato�nella�celebre�sentenza�n.�8�del�3�maggio�1960,�relativa�agli�effetti�
della�decisione�tardiva�sul�ricorso�gerarchico�nei�confronti�del�giudizio�
instaurato�contro�il�silenzio-rigetto.�Il�giudice�amministrativo�offre,�in�questo�
modo,�una�interpretazione�del�silenzio�come�mero�comportamento�omissivo,�
nel�quale�non�e��mai�ravvisabile�una�decisione,�neppure�implicita,�della�pub-
blica�Amministrazione(1).�

Il�giudice�amministrativo�con�la�ricordata�pronuncia�del�1960�aveva�fon-
damentalmente�evidenziato�che�nel�sistema�del�diritto�amministrativo�gli�
effetti�costitutivi,�cui�e��interessato�il�cittadino�che�agisce�contro�il�silenzio,�
non�possono�di�regola�conseguire�che�ad�atti�formali�dell'Amministrazione.�
Pertanto,��la�mancanza�dell'atto�implica�necessariamente�che�la�situazione�
giuridica�debba�restare�immutata�.�L'Amministrazione�ha�il�dovere�di�prov-
vedere�ed�il�giudice�``puo�accertare�l'illegittimita��dell'omissione,�ma�non�puo��
anche�sostituirsi�all'Amministrazione�nel�determinare�il�contenuto�dell'atto'',�
poiche�esso�riguarda�``valutazioni�riservate�all'autorita��amministrativa''.�
Secondo�l'Adunanza�Plenaria�del�1960,�quindi,�l'illegittimita��non�risiede�nel-
l'aver�rifiutato�(tacitamente)�l'istanza,�ma�nell'aver�rifiutato�di�emettere�su�
di�essa�un�qualsiasi�provvedimento.�Ne�consegue�che�non�solo�l'Amministra-
zione,�allo�scadere�del�termine�fissato�nella�diffida�non�perde�il�potere�di�
provvedere�ma�anche�che�il�suo�provvedimento,�di�segno�positivo�o�negativo�
che�sia,�e��idoneo�a�far�venir�meno�il�giudizio�contro�il�silenzio�(2).�

Un�successivo�indirizzo�dell'Adunanza�plenaria�del�Consiglio�di�Stato,�in�
ordine�alla�procedura�per�la�formazione�del�silenzio-rifiuto,�ritenne�applica-
bile�l'art.�25�del�tu.�imp.�civ.,�che�disciplina�le�modalita��per�far�valere�la�

(1)�Il�silenzio-rifiuto,�nell'orientamento�tradizionale,�veniva�equiparato�ad�un�atto�ammini-
strativo�tacito�di�reiezione�dell'istanza�del�privato:�tale�tecnica�si�risolveva�semplicemente�in�una�
forma�di�legittimazione�processuale,�concessa�per�la�tutela�di�un�interesse�legittimo�pur�in�assenza�
di�un�procedimento�espresso�dell'amministrazione�da�impugnare.�L'identificazione�del�silenzio�
con�l'atto�amministrativo�di�rifiuto�comportava,�inoltre,�che�nella�impugnazione�del�silenzio�si�
percepisse�lo�stesso�bisogno�di�tutela�giuridica�che�si�esprimeva�nell'impugnazione�del�diniego�
esplicito:��la�posizione�del�ricorrente,�quanto�all'interesse�permane�identica,�persistendo�la�sua�
pretesa�di�ottenere�cio��che�l'amministrazione�gli�ha�negato,�prima�implicitamente�poi�esplicita-
mene��(C.S.,�sez.�VI,�10�dicembre�1958�n.�921).�
(2)�Il�silenzio�e��solo�un�comportamento,�da�cui�non�e��possibile�desumere�alcuna�volonta��del-
l'amministrazione,�e�che�pertanto�il�giudice�non�puo���sostituirsi�all'amministrazione�nella�determi-
nazione�del�preteso�contenuto�di�siffatto�comportamento�,�ma�si�deve��limitare�ad�accertare�il�
contrasto�del�comportamento�negativo�con�l'obbligo�di�provvedere�.�Cfr.�C.S.,�V,�542/1960�e�
302/62.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

responsabilita��dei�pubblici�impiegati�per�l'omissione�di�atti�od�operazioni�
dovuti.�Si�riconobbe,�infatti,�che�nel�caso�del�silenzio-rifiuto,�fosse�necessaria,�
fra�l'istanza�ed�il�ricorso�giurisdizionale,�l'intermediazione�di�una�diffida�a�
provvedere�rivolta�all'Amministrazione,�la�cui�disciplina�poteva�ricavarsi�dal-
l'art.�25�sopra�citato:�ne�risultava�che,�trascorsi�sessanta�giorni�dalla�
domanda,�nei�procedimenti�ad�istanza�di�parte,�o�immediatamente�nei�proce-
dimenti�d'ufficio,�il�cittadino�doveva�notificare�una�diffida�all'Amministra-
zione�e�successivamente�agire�davanti�al�giudice�amministrativo�contro�il�
silenzio,�trascorsi�trenta�giorni�dalla�notifica.(3)�

Appare,�quindi,�coerente�con�questa�logica�ritenere�che�l'inerzia,�in�
quanto�negazione�della�funzione,�comporti�il�venir�meno�della�responsabilita��
esclusiva�dell'Amministrazione�nei�confronti�del�suo�esercizio�e�la�possibilita��
di�porre�in�essere�meccanismi�sostitutivi�in�sede�giurisdizionale�da�parte�dei�
soggetti�interessati.�L'estensione�del�potere�giudiziale�di�accertamento�trova,�
pero��,�un�limite�invalicabile�nella�natura�del�processo�di�legittimita��,�in�cui�il�
giudice�non�ha�il�potere�di�sostituire�l'Amministrazione�nelle�valutazioni�ad�
essa�riservate.�

La�questione�ha�trovato�nuovo�impulso,�di�recente,�con�l'introdu-
zione,�nel�contesto�della�riforma�del�processo�amministrativo,�di�un�rito�
processuale�speciale�per��i�ricorsi�avverso�il�silenzio�della�pubblica�
Amministrazione�.�

Il�nuovo�art.�21�bis,�introdotto�dall'art.�2�della�legge�205/00,�disci-
plina�un�rito�caratterizzato�dall'emanazione�in�tempi�brevi�di�una��sen-
tenza�succintamente�motivata��del�giudice�amministrativo�che��ordina
all'Amministrazione�di�provvedere�.�E�inoltre�prevista�una�successiva,�
eventuale,�seconda�fase�da�un�giudizio�di��ottemperanza�speciale��o�
�anomala�,�che�si�apre�con�l'insediamento�di�un�commissario�ad 
acta 
in�
sostituzione�dell'Amministrazione�rimasta�inadempiente�all'ordine�del�
giudice.�

Nonostante�l'indubbia�rilevanza�dell'introduzione�nel�nostro�ordina-
mento�di�un�rimedio�specifico 
contro�l'inerzia�amministrativa,�ha�lasciato�
all'interprete�la�scelta�se�il�giudizio�si�debba�concludere�con�una�sentenza�
meramente�dichiarativa�dell'obbligo�di�provvedere�o�se�invece�lo�stesso�sia�
idoneo�a�definire,�quantomeno�parzialmente,�il�rapporto�giuridico�sotto-
stante�che�intercorre�tra�Amministrazione�e�privato(4).�

(3)�In�questa�direzione�sembrerebbe�potersi�valorizzare�il�principio�sancito�dall'art.�2�della�
legge�n.�241/1990.�Il�sistema�introdotto�dalla�legge�n.�241/1990�e��chiaramente�inteso�a�garantire�
l'esercizio�effettivo�della�funzione�amministrativa�sia�nell'interesse�pubblico�che�nell'interesse�dei�
cittadini�coinvolti.�Essa�quindi�introduce�la�tempestivita��fra�i�requisiti�essenziali�dell'attivita��
amministrativa.�Pertanto,�l'interesse�dell'ordinamento�non�e��piu��quello�di�ottenere�che�la�funzione�
sia�esercitata,�ma�quello�che�la�funzione�sia�esercitata�nei�tempi�prescritti,�soprattutto�quando�ci�
siano�cittadini�interessati�al�suo�svolgimento.�
(4)�Ovvero�se��il�giudice�amministrativo�debba�decidere�i�ricorsi�avverso�il�silenzio-rifiuto,�
soltanto�controllando�il�calendario,�per�dichiarare�se�scaduti�i�termini,�bisognava�e�bisognera��

IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE

Si�tratta�in�sostanza�delle�due�ipotesi�prospettate�nell'ordinanza�della�VI�
sezione�del�Consiglio�di�Stato�che�ha�rimesso�la�questione�all'Adunanza�Ple-
naria�temendo��la�possibilita�di�contrasti�giurisprudenziali��(5).�

Respingendo�la�tesi�estensiva��forse�maggiormente�rispettosa�di�esi-
genze�di�effettivita�della�tutela�e�piu�in�linea�con�le�soluzioni�degli�altri�ordi-
namenti�europei(6)��la�Plenaria�ha�stabilito�che�il�giudizio�speciale,�rifor-
mato�dall'art.�2�legge�205/00,�sia�diretto�unicamente��ad�accertare�se�il�silen-
zio�violi�l'obbligo�dell'Amministrazione�di�adottare�un�provvedimento�
esplicito�sull'istanza�del�privato�;�pertanto��il�giudice�non�si�sostituisce�
all'Amministrazione�in�nessuna�fase�del�giudizio,�ma�accerta�se�il�silenzio�
sia�o�non�sia�illegittimo�e,�nel�caso�di�accoglimento�del�ricorso,�impone�
all'Amministrazione�di�provvedere�sull'istanza�entro�il�termine�assegnato�.�

2.�Motivi 
della 
decisione. 
�Una�prima�conferma�dell'assunto�e�da�
rintracciare,�a�giudizio�del�Collegio,�nello�stesso�tenore�letterale�della�norma�
in�esame:�il�testo�del��nuovo��art.�21�bis 
�identifica�l'oggetto�del�ricorso�nel�
silenzio��e�non�fa�alcun�riferimento�alla��pretesa�sostanziale�del�ricorrente��
ne�tanto�meno�agli�interessi�(legittimi)�di�cui�egli�e�portatore.�Trattandosi�di�
procedimenti�avverso�il�solo��silenzio�,�ad�essere�censurato�risulta�esclusiva-
mente�il�comportamento�di�inerzia�della�P.A.,�e�con�cio�i��poteri�cognitori�
del�giudice�sono�delimitati�dal�ricorso��stesso�ex�art.�112�c.p.c.�secondo�il�
noto�principio�del�ne 
eat 
iudex 
ultrapetitum 
partium.�Sarebbe�quindi�lo�stesso�
legislatore�a��circoscrivere�il�giudizio�alla�inattivita�dell'Amministrazione�.�
La�norma�si�limita�a�prevedere�che�il�giudice,�in�caso�di�accoglimento�del�
ricorso,��ordina�all'Amministrazione�di�provvedere��e�qualora��l'Ammini-
strazione�resti�inadempiente...�su�richiesta�di�parte,�nomina�un�commissario�
che�provveda�in�luogo�della�stessa��(comma�2),�sancendo,�cos|�,incapoal�
giudicante�il��solo��ordine�di�provvedere�da�imporre�all'Amministrazione�
competente,�senza�alcuna�possibilita�di�provvedere�direttamente.�
Inoltre�l'espressione��resti 
inadempiente��induce�a�ritenere�che�l'inadem-
pimento�dell'Amministrazione�ha�lo�stesso�contenuto�prima�della�sentenza,�
quando�e�condizione�per�l'accoglimento�del�ricorso�avverso�il�silenzio,�edopo,�
quando�e�condizione�perche�il�commissario�provveda.�

provvedere�oppure�se�debba�valutare,�nei�limiti�consentiti,�la�fondatezza�della�domanda��Can-
nadA 
Bartoli, 
Ricorso 
avverso 
il 
silenzio 
rifiuto 
e 
mutamento 
della 
domanda,in�Foro 
Amministra-
tivo,1993,�310.�

(5)�La�giurisprudenza�amministrativa�era�divisa�tra�la�tesi�secondo�cui��nell'ipotesi�di�impu-
gnazione�del�silenzio-rifiuto�tenuto�dall'amministrazione�sulla�domanda�di�un�privato,�la�pronun-
cia�del�giudice�amministrativo�nel�procedere�all'accertamento�dell'obbligo�di�provvedere�sull'i-
stanza�medesima�puo�contenere�statuizioni�che�indichino�i�motivi�per�cui�possa�ritenersi�fondata�
la�pretesa�avanzata�dall'interessato�e�indirizzi�in�tal�modo�l'attivita�successiva�dell'amministra-
zione�,�in�questo�senso�Cons.�St.,�25�maggio�2000,�n.�264,�in�Cons. 
St.,�2000,�I,�1544;�e�la�tesi,�
seguita�poi�dalla�Plenaria,�secondo�cui��ai�sensi�dell'art.�2�legge�21�luglio�2000,�n.�205,�a�fronte�
dell'impugnazione�del�silenzio�serbato�dall'Amministrazione,�il�giudice�amministrativo�deve�limi-
tarsi�ad�accertare�l'obbligo�di�provvedere,�senza�poter�esaminare�la�fondatezza�della�domanda�,�
T.A.R.�Calabria�Reggio�Calabria,�25�luglio�2001,�n.�724,�in�T.A.R., 
2001,�3496.�
(6)�La�cosiddetta�azione�di�adempimento�prevista�nell'ordinamento�tedesco,�e�i�rimedi�pre-
visti�in�Austria�e�Francia�saranno�successivamente�analizzati.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

La�terminologia�utilizzata���provvedere����ordina...di�provvedere�,�
�un�commissario�che�provveda���definisce�l'esercizio�di�una�potesta�ammi-
nistrativa,�e�sarebbe,�quindi,�inappropriata�se�il�giudice�dovesse�spingersi�a�
stabilire�il�concreto�contenuto�del�provvedimento,�poiche�in�tal�caso�all'Am-
ministrazione�e�al�commissario�non�residuerebbero�altri�spazi�se�non�per�
un'attivita�avente�contenuto�e�funzione�di�mera�esecuzione�.�Solo�il�protrarsi�
dell'inadempimento�sarebbe�idoneo�a�trasferire�le�potesta�amministrative�
non�gia�al�giudice�bens|�al�commissario�ad�acta�nominato.�Infatti�l'indetermi-
natezza�circa�il�contenuto�(positivo�o�negativo)�dell'eventuale�provvedimento�
tardivo�dell'Amministrazione,�avvalora,�secondo�la�Plenaria,��la�tesi�che�
l'organo�competente�in�via�ordinaria�conserva,�pur�dopo�la�sentenza�e�
fino�all'insediamento�del�commissario,�il�potere�di�provvedere�in�senso�
pieno�.�

Tali�conclusioni,�inoltre,�non�sarebbero�confutate��diversamente�da�
quanto�prospettato�nell'ordinanza�di�rimessione��dalla�previsione�conte-
nuta�nell'art.�21-bis�(7)�di�una�istruttoria�o�di�un�accoglimento�parziale�del�
ricorso��trattandosi�di�eventi�ipotizzabili�anche�se�il�giudizio�ha�per�oggetto�
il�solo�accertamento�dell'obbligo�.�

Altro�elemento�di�conferma�alla�tesi�proposta�viene�ravvisato�dall'Adu-
nanza�da�cio�che�emerge�dall'analisi�del�d.d.l.�A.S.�2934�(propedeutico�alla�
legge�205/00):�la�trasformazione�del�ricorso�avverso�il�silenzio��in�un�proce-
dimento�d'urgenza��diretto�ad�evitare�che��la�dichiarazione�dell'obbligo�di�
provvedere�(che�di�per�se�non�soddisfa�l'interesse�sostanziale�al�ricorso)�
sopraggiunga�dopo�i�lunghi�tempi�del�processo�ordinario�.�Sussisterebbero,�
dunque,�concordi�elementi�ermeneutici�dai�quali�emergerebbe��che�il�rito�spe-
ciale��sia�stato�introdotto�per�riuscire,��con�la�speditezza�consentita�dal�
rispetto�delle�garanzie�processuali,�ad�imporre�all'Amministrazione��inadem-
piente��l'esercizio�della�potesta�amministrativa�.�

I�tempi�fissati,�trenta�giorni�dal�deposito�del�ricorso,�le�stesse�modalita�
di�decisione�(assunta�in�camera�di�consiglio,�previa�audizione�dei�difensori�
che�ne�facciano�richiesta,�e�succintamente�motivata)�e�il�fatto�che�in�un�
primo�momento�il�d.d.l.�2934�prevedeva�una�decisione�sul�ricorso�in�forma�
di�ordinanza�fanno�pensare�piu�aun�giudizio�sommario�che�ad�un�giudizio�
nel�quale�il�giudice�ricostruisce�i�presupposti�di�fatto�e�di�diritto�della�que-
stione.�Un�procedimento�diretto�all'accertamento�della�pretesa�sostanziale�
del�ricorrente�dovrebbe�essere�sicuramente�piu�complesso�del�processo�
diretto�all'annullamento�dell'atto.�Infatti,��mentre�quest'ultimo�si�limita�di�
per�se�a�considerare�una�vicenda�finita�ed�e�a�sua�volta�delimitato,�nei�suoi�
confini,�dai�vizi�proposti�nel�ricorso,�un�giudizio�diretto�alla�fondatezza�
della�pretesa�al�provvedimento�investe�a�tutto�tondo,�il�rapporto�Ammini-
strazione�amministrato�relativamente�al�provvedimento�richiesto,�e�com-
porta�quindi�l'analisi�di�uno�spettro�di�situazioni�molto�piu�ampio�e�com-

(7)�La�sentenza�riporta��art.�23�bis��ma�e�,�a�nostro�giudizio,�un�chiaro�errore�di�trascri-
zione.�

IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE

plesso��(8).�La�brevita�dei�termini�e�la�snellezza�delle�formalita�sono,�infatti,�
corrispondenti�ad�una�costruzione�del�procedimento�attraverso�il�quale�il�
giudice�accerti�solo�se�l'Amministrazione�debba�provvedere�senza�estendere�
�la�propria�cognizione�ad�altri�profili��(9).�

3.�Un�problema�ancora�irrisolto.��Abbandonando�precedenti�convin-
zioni�circa�la�tutela�ritenuta�ottimale�nei�confronti�dell'inerzia�amministra-
tiva,�e�contro�l'interpretazione�della�dottrina�secondo�la�quale�la�norma�
lascerebbe�impregiudicato�il�problema�dell'oggetto�del�giudizio�contro�il�
silenzio(10),�ad�avviso�dell'Adunanza�Plenaria,�la�novella�del�2000�delinea�
un�giudizio�avente�ad�oggetto�l'obbligo�di�provvedere,�finalizzato�esclusiva-
mente�ad�ottenere�una�determinazione�amministrativa�che�concluda�il�proce-
dimento�rimasto�inevaso.�
Parte�della�giurisprudenza,�infatti,�dopo�l'entrata�in�vigore�dell'art.�2,�
legge�205/00,�aveva�ritenuto�che�la�decisione�sul�silenzio�rifiuto�non�assu-
messe�ad�oggetto�unicamente�la�legittimita�in�senso�puramente�formale�del�
silenzio,�ma�si�estendesse�fino�ad�accertare�la�fondatezza�sostanziale�della�
pretesa�posta�a�base�dell'istanza�dedotta�in�giudizio(11).�

Tuttavia�non�pochi�indizi�porterebbero�a�ritenere�che,�tra�le�due�solu-
zioni�possibili�prospettate�anche�nell'ordinanza�di�rimessione�il�legislatore�
abbia�scelto�quella�piu�semplice�sul�piano�dei�rapporti�tra�procedimento�
amministrativo�e�processo�di�legittimita�:�l'azione�ex�art.�21�bis�sembrerebbe�
essere�volta�piu�che�altro�all'emanazione�nel�piu�breve�tempo�possibile�di�un�
atto�che�definisca�il�rapporto�tra�Amministrazione�e�privato,�lasciando�
impregiudicati�i�profili�inerenti�alla�legittimita�della�definizione�del�rapporto�
per�tale�via�conseguita(12).�

La�volonta�del�nomopoieta�di�privilegiare��rispetto�ad�esigenze�di�
effettivita�della�tutela��il�mantenimento�del�carattere�successivo�del�giudizio�
rispetto�al�formarsi�dell'azione�amministrativa,�emerge�chiaramente�dalla�let-
tera�del�terzo�comma�dell'art.�21�bis�rappresentando,�al�contempo,�anche�il�
vero�punto�debole�delle�teorie�estensive.�E�evidente�che,��se�la�pronuncia�del�
giudice�avesse�potuto�estendersi�ai�presupposti�di�fatto�e�di�diritto,�fissando�
il�contenuto�del�futuro�provvedimento,�non�sarebbe�bastata�una�qualsivoglia�
pronuncia�della�P.A.,�ben�potendosi�configurare�una�violazione�della�sen-
tenza�anche�attraverso�comportamenti�elusivi��(13).�

(8)�DE 
Pretis,�op.�cit.,37.�
(9)��L'art.�21�bis�introduce�un�rito�di�cognizione�a�carattere�speciale,�nel�quale�le�ragioni�
dell'accelerazione�impressa�alla�definizione�della�controversia�sono�da�ricercare,�prevalentemente,�
nella�relativa�semplicita�degli�accertamenti�di�fatto�e�di�diritto�che�e�necessario�svolgere�in�sede�
giurisdizionale�;�Cons.�St.,�3�gennaio�2002,�inedita.�
(10)�Cfr.�Tonoletti,�Commento�all'art.�2,�l.�21�luglio�2000,�n.�205,in�Nuove�leggi�civ.�comm.,�
2001,�574.�
(11)�Cons.�St.,�13�aprile�2000,�n.�2211,�in�Cons.�St.,�2000,�I,�962.�
(12)�Tonoletti,�op.�cit.,�576.�
(13)�DeL 
GattO 
S.,�Giudizio�contro�ilsilenzio�dellaP.A.:�verifica�dellapretesa�o�controllo�del�
calendario?�in�Giust.�It.,2002.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

Il�permanere,�in�capo�all'organo�amministrativo�competente,�del�potere�
di�provvedere�ben�oltre�la�sentenza�del�giudice(14),�e�con�l'unico�limite�tem-
porale�dell'insediamento�del�commissario�la�cui�nomina�non�e�immediata,�
cioe�contestuale�alla�sentenza,�come�in�un�primo�tempo�previsto(15)�d
etermina�nell'ordinamento�italiano�una�prerogativa�assai�significativa�specie�
se�paragonata�alle�soluzioni�di�altri�ordinamenti�quello�austriaco�ad�esempio�
dove�la�pubblica�Amministrazione,�allo�spirare�del�termine�fissato�dal�giu-
dice,�perde�inevitabilmente�il�potere�di�provvedere�(16).�

La�peculiarita�del�procedimento�risiede�qui�nel�breve�lasso�di�tempo�che�
deve�intercorrere�tra�l'inadempimento�dell'Amministrazione�all'ordine�di�
provvedere�e�la�nomina�di�un�commissario�ad 
acta:�tra�l'inadempimento�e�l'e-
secuzione�non�si�interpone�alcuna�fase�giudiziale�di�cognizione�del�contenuto�
dell'obbligo�scaturente�dalla�sentenza.�Come�viene�confermato�anche�dal�
comma�3.�dell'art.�21�bis,�il�legislatore�attribuisce�rilevanza�esclusivamente�
al�fatto�che��l'Amministrazione�abbia�provveduto�:�qualora�il�provvedimento�
non�sia�stato�emanato,�il�giudice,�come�si�e�detto,�deve�nominare�un�commis-
sario�che�provveda�in�luogo�della�stessa�Amministrazione.�

La�giurisprudenza�gia�aveva�dichiarato�improcedibile�per�sopravvenuta�
carenza�d'interesse,�il�ricorso�giurisdizionale�proposto�a�seguito�del�silenzio�
rifiuto�serbato�dalla�P.A.�nei�confronti�dell'istanza�del�privato,�ogni�qual�
volta�che,�nelle�more�del�giudizio,�l'Amministrazione�stessa�avesse�adottato�
un�provvedimento�esplicito�di�rigetto�della�predetta�istanza,�ancorche�non�
satisfattivo�della�pretesa�sostanziale�del�ricorrente(17).�Unica�funzione�dell'a-
zione�contro�il�silenzio�era,�e�tuttora�e�,�quella�di�provocare�una�pronuncia�
da�parte�dell'Amministrazione�che�potesse�costituire�il�punto�d'aggancio�di�
un�successivo�processo�impugnatorio,�mentre�la�tutela�della�pretesa�era�rin-
viata�completamente�al�giudizio�di�ottemperanza�(18).�

(14)�La�previsione�della�possibilita�di�provvedere�anche�oltre�il�termine�assegnato�dal�giudice�
evidenzia�chiaramente�la�finalita�essenzialmente�compulsoria�del�giudizio�contro�il�silenzio.�
(15)�Cfr.�art.�6�del�d.d.l.�10�novembre�1994�n.�1124,�pubblicato�in�Giorn. 
Dir. 
Amm.,1995,�21�
ss.,�con�commento�di�PatronI 
Griffi,�La 
riforma 
delprocesso 
amministrativo,�prevedeva�che��in�
caso�di�totale�o�parziale�accoglimento�del�ricorso,�il�giudice�amministrativo,�sussistendone�i�pre-
supposti,�ordina�all'amministrazione�di�provvedere�entro�un�dato�termine,�e�nominauncommissa-
rio 
che�provveda�in�luogo�dell'amministrazione�qualora�quest'ultima�resti�inadempiente�.�
(16)�La�Corte�amministrativa�austriaca�avra�la�possibilita�o�di�decidere�in�modo�pieno�ed�
immediato,�emanando�il�provvedimento�al�posto�della�P.A.,�oppure�di�limitare�la�propria�deci-
sione�alle�questioni�di�diritto�ritenute�essenziali,�ordinando�all'amministrazione�di�provvedere�
entro�un�termine�massimo�di�otto�settimane�nel�rispetto,�giova�sottolinearlo,�delle�statuizioni�det-
tate.�Si�veda�FerrarA 
L.,�Prime 
riflessionisulla 
disciplina 
delsilenzio 
�inadempimento 
con 
atten-
zione 
alla 
Saumnisbeschwerde 
austriaca,in�La 
tutela 
dell'interesse 
alprovvedimento,�a�cura�di�Fal-
con,�Trento,�2001.�
(17)�Tale�circostanza,��costituisce�di�per�se�una�corretta�effusione�della�potesta�amministra-
tiva,�la�quale�non�viene�meno�per�il�sol�fatto�del�decorso�del�termine�di�legge�per�la�formazione�
del�silenzio��rifiuto�.�Cons.�St.�sez.�V,�21�maggio�1999,�n.�589,�in�Foro 
amm,�1999,�1003.�
(18)�Tonoletti,�voce��Silenzio 
della 
pubblica 
amministrazione� 
in�D. 
disc. 
pubbl.,�XIV,�
Torino,�1999,�156�ss.�

IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE

Il�legislatore�si�e�limitato�ad�accogliere�il�citato�orientamento�giurispru-
denziale�non�ritenendo�necessaria�una�mediazione�rivolta�a�definire�il�conte-
nuto�dell'obbligo�di�conformazione�dell'Amministrazione:�la�sentenza�risulta�
essere�meramente�dichiarativa�dell'obbligo�di�provvedere�e�priva�di�qualun-
que�statuizione�circa�la�regola�da�applicare�nel�caso�concreto.�

Sebbene�la�Plenaria�non�vi�faccia�riferimento,�importante�e�la�considera-
zione�che�la�nomina�del�commissario�ad�acta�per�l'esecuzione�dell'ordine�di�
provvedere�rimasto�inadempiuto,�rappresenta,�ai�sensi�dell'art.�2,�legge�
205/00,�non�gia�unafacolta�del�giudice,�bens|�un�atto�dovuto,�a�differenza�di�
quanto�avviene�nell'ordinario�giudizio�di�ottemperanza,�in�cui�il�giudice�
amministrativo�puo�scegliere�se�sostituirsi�direttamente�all'Amministrazione�

o�nominare�un�commissario.�Infatti�nell'ipotesi�di�cui�all'art.�21�bis,la�
scelta�del�legislatore�di�prevedere�espressamente�che�unico�legittimato�in�
luogo�dell'Amministrazione�inadempiente�sia�un�commissario�ad�acta,�
determina�l'importante�conseguenza�di�dover�considerare�quest'ultimo�
non�come�un�semplice�ausiliario�del�giudice�bens|�un�organo�straordinario�
dell'Amministrazione�(19).�
La�previsione�dell'art.�21�bis,�3.�comma�parrebbe�affine�piu�alle�tecniche�
di�surrogazione�in�via�amministrativa�dell'autorita�inadempiente�(fra�cui�il�
meccanismo�sostitutivo�previsto�dall'art.�4�della�legge�n.�493/1993�nel�proce-
dimento�per�il�rilascio�della�concessione�edilizia)�che�non�all'ordinario�giudi-
zio�di�ottemperanza(20).�

Gli�atti�adottati�dal�commissario,�definendo�per�la�prima�volta�il�rap-
porto�dell'Amministrazione�con�il�cittadino�per�opera�di�un�organo�della�

P.A.�seppur�straordinario,�si�configurerebbero�come�provvedimenti�autono-
mamente�impugnabili�nelle�forme�del�processo�ordinario.�Cio�conferma,�da�
un�lato,�la�volonta�di�mantenere�il�capo�al�giudice�amministrativo�unica-
mente�la�funzione�di�controllo�successivo�sugli�atti,�e,�dall'altro,�come�ha�rile-
vato�la�Plenaria,�l'unicita�della�sede�in�cui�e�consentito�il�sindacato�sulla�fon-
datezza�della�pretesa�del�ricorrente�ovvero�attraverso�un�giudizio�con�la�
forma�e�con�i�tempi�di�un�giudizio�ordinario.�
Una�diversa�interpretazione�potrebbe�dar�luogo�ad�abusi,�ove�si�consen-
tisse�di�avvalersi�del�rito�del�silenzio�per�ottenere�l'esame�immediato�di�un�
provvedimento��connesso��con�il�denunciato�inadempimento(21).�Colui�il�
quale,�trovandosi�nella�medesima�posizione�sostanziale,�ottenga�un�provvedi-
mento�negativo�espresso�si�vedra�costretto�ad�attendere�i�lunghi�tempi�del�

(19)�Piu�precisamente�e�stato�definito�come�il��collega�dell'ottemperanza�.�Cfr.�DE 
Pretis,�
L'azionee�ipoteridelgiudice,�in�La�tutela�dell'interesse�alprovvedimento,�cit.,35.�
(20)�A�cio�si�e�obiettato�che�tale�costruzione�comporterebbe,�se�non�un�perdita,�un��annac-
quamento�o�un'ibridazione�della�natura�giurisdizionale�del�processo�di�esecuzione,�alla�luce�di�
una�specialita�del�giudizio�amministrativo�,�poiche�la�garanzia�giurisdizionale�risiederebbe�in�
meccanismi�che�tornano�a�fare�affidamento�sulla�pubblica�amministrazione.�Si�veda:�FerrarA 
L.,�op.�lc.�cit.�
(21)�Il�provvedimento�deve�essere�gravato�con�impugnazione�ordinaria.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

processo�ordinario,�rischiando�di�veder�annullato�il�provvedimento�unica-
mente�per�vizi�di�forma,�che�lascino�impregiudicato�il�potere�dell'Ammini-
strazione�di�provvedere�nuovamente�a�sfavore�del�cittadino.(22)�

La�scelta�legislativa�si�e�uniformata�al�principio�generale�che�assegna�la�
cura�dell'interesse�pubblico�all'Amministrazione,�e�consente�al�giudice�ammi-
nistrativo,�solo�in�ipotesi�eccezionali�tassativamente�previste�dalla�legge,�di�
esercitare�il�potere�di��riformare�l'atto�o�sostituirlo��in�via�diretta�ed�imme-
diata,�in�sede�di�accoglimento�del�ricorso�(art.�26,�comma�II,�l.�T.A.R.)(23).�
Inoltre�proprio�perche�derogativi�al�principio�suddetto,�i�casi�di�interposi-
zione�del�giudice�amministrativo�nelle�aree�di�attivita�pubblicistica�sono�
esplicitamente�previsti�da�precise��norme�autorizzatorie��(24).�Un'estensione�
di�tale�principio�in�via�interpretativa�sarebbe�s|�possibile,�ma�solo�se�giustifi-
cata�da�elementi�che�indicassero�una�chiara�volonta�in�tal�senso,�elementi�
che,�come�si�e�visto,�non�sono�stati�ritenuti�presenti�dall'Adunanza�Plenaria�
nell'art.�2,�legge�205/00�(25).�

La�tesi�estensiva�incontra�pero�il�favore�di�parte�della�dottrina:�oltre�
ad�essere�considerata�sicuramente�piu�rispettosa�degli�standard�europei�
in�materia�di�pienezza�ed�effettivita�della�tutela�giurisdizionale,�non�con-
trasta�in�alcun�modo�con�il�dettato�normativo,�assicurando�una�tutela�
migliore�e�piu�utile,�non�solo�per�il�privato�ma�anche�per�la�pubblica�
Amministrazione�(26).�

Una�pronuncia�del�giudice�volta�a�rilevare�il�mero�obbligo�di�provvedere�
sarebbe�in�contrasto�con�un�generale�principio�di�economia�processuale,�il�
quale�imporrebbe�di�evitare�la�necessita�della�promozione�di�un�nuovo�giudi-
zio,�allorquando�una�corretta�valutazione�sulla�sua�fondatezza�delle�pretese�
sostanziali�ben�sarebbe�possibile�nello�stesso�giudizio(27).�

(22)�Si�ricordi�che�la�legge�205/00�proprio�per�decisioni�emesse�in�forma�semplificata,�ha�sta-
bilito�che�le�stesse��sono�soggette�alle�medesime�forme�di�impugnazione�previste�per�le�sentenze��
senza�la�previsione�di�alcuna�abbreviazione�dei�termini�per�l'appello,�e�che�per�le�sentenze�emesse�
ai�sensi�dell'art.�23�bis�il�termine��breve��per�l'impugnazione�e�dimezzato�rispetto�a�quello�ordina-
rio,�mentre�il�termine��lungo��e�stato�ridotto�a�120�giorni�dalla�pubblicazione�della�sentenza:�ter-
mini,�quindi,�ben�piu�ampi�giustificati�dal�fatto�che�in�questi�casi�si�tratta�appunto�di�vere�sentenze�
di�merito.�In�proposito�si�veda:�DeL 
GattO 
S.,�op.�cit.�
(23)��Ma�in�tali�ipotesi�e�richiesta�la�manifesta�fondatezza,�infondatezza,�inammissibilita�del�
gravame...��Cfr.�SandullI 
A.M.,�intervento�al�IX�Convegno�biennale�di�diritto�amministrativo�
�Inerzia�dellap.a.�e�tutela�giurisdizionale:�unaprospettiva�comparata�,�Sirmione,�Lago�di�Garda,�
25�ottobre�2001.�
(24)�Si�pensi�ad�esempio�all'art.�6,�2.�comma,�e�art.�7,�1.�e�4.�comma,�della�legge�1034/1971.�
(25)�Per�il�Collegio�l'intento�del�legislatore�non�sarebbe�stato�quello�di�introdurre�nel�nostro�
ordinamento�l'azione�di�condanna�propria�dell'ordinamento�tedesco,�bens|�quello�di�accelerare�l'e-
manazione�di�un�provvedimento��sia�questo�positivo�o�negativo��con�la�minaccia�di�uno��spo-
stamento��della�competenza�ad�assumerlo.�Non�si�dimentichi�che�in�Germania�l'azione�di�con-
danna�contro�il�silenzio�della�P.A.�e�estesa,�salvo�alcuna�differenze�procedurali,�anche�all'ipotesi�
di�provvedimento�esplicito�di�diniego.�
(26)�ScocA 
G. 
F.,�Ilsilenziodellap.a.,�cit.;cfr.�ScocA 
�D'Orsogna, 
Silenzio,�clamori�di�
novita�,�cit.,�415�ss.�
(27)�CaringellA 
F. 
(a�cura�di),�Ilnuovoprocesso�amministrativo,�Milano,�2001.�

IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE

Se�la�sentenza�dichiarativa�del�dovere�di�provvedere�non�contenesse�
alcuna�indicazione�in�positivo,�desunta�dal�diritto�applicabile�e�dai�fatti�
oggettivamente�acclarati,�il�giudizio�sarebbe��monco��risultando�la�sentenza�
priva�di�contenuto�utile(28):�un�giudizio�sul�mero�obbligo�di�provvedere�ren-
derebbe�l'intero�iter 
giudiziario�e�la�pronuncia�del�giudice�amministrativo�
equiparabili�ad�un�banale�effetto�ex 
lege,�che�si�verifica�tutte�le�volte�in�cui�
una�norma�preveda�l'automatico�intervento�sostitutivo�di�un�organo�ammini-
strativo(29).�

A�supporto�di�tale�posizione�e�portato�il�dato�testuale�della�previsione�di�
un'istruttoria�che�si�rivolgerebbe�non�solo�all'accertamento�della�sussistenza�
dei�presupposti�per�la�configurazione�del�potere-dovere�dell'Amministrazione�
di�provvedere��provocando�cos|�la�formazione�del�silenzio�inadempimento�
�bens|�anche�a�determinare�un�giudizio�sommario�sulla�fondatezza�della�
pretesa�del�ricorrente,�teso�ad�evitare�di�costringere�l'Amministrazione�a�
provvedere�di�fronte�a�domande�palesemente�infondate.�

L'espressa�previsione�di�una�fase�istruttoria��che�avrebbe�poco�senso�in�
un�giudizio�sull'obbligo�di�pronuncia��assumerebbe,�al�contrario,�un�ruolo�
centrale�nell'ottica�di�un�giudizio�sul�rapporto�sostanziale.�Consentirebbe�al�giu-
dice�amministrativo�di�procedere�ad�ogni�accertamento�del�caso,�col�supporto�
altres|�della�consulenza�tecnica�d'ufficio�e�senza�alcun�limite�temporale.�Un�
dato�particolarmente�rilevante,�e�ravvisato�nel�fatto�che�il�legislatore,�pur�com-
primendo�lo�spatium 
deliberandi 
nel�breve�termine�di�trenta�giorni(30)�non�
abbia�fissato�limiti�temporali�per�l'istruttoria�ne�per�la�sua�ampiezza.�

Anche�ragioni�di�carattere�sistematico,�ancor�piu�chiare�e�agevoli,�suffra-
gherebbero�tale�orientamento.�

Si�e�affermato�che,�cio�che�si�suole�definire�accertamento�autonomo�del�
rapporto,�non�e�piu�un�obiettivo�da�raggiungere,��ne�solo�il�frutto�di�una�giu-
risprudenza�pretoria�ed�evolutiva�(31).�Esso�e�viceversa�normativamente�pre-
visto�e,�comunque,�presupposto,�una�volta�introdotta�in�via�generale�l'azione�
di�risarcimento�del�danno,�anche�in�forma�specifica.�Detta�azione,�anche�
attraverso�la�reintegrazione�in�forma�specifica,�altro�non�e�,�che�un'azione�di�
adempimento�per�la�tutela�degli�interessi�pretensivi.�In�questi�casi,�infatti,�la�
soddisfazione�dell'interesse�legittimo�pretensivo�leso�non�puo�che�passare�
attraverso�un�giudizio�che�ne�accerti�la�fondatezza�e�che�ordini�all'Ammini-

(28)�ScocA 
G. 
F.,�Ilsilenzio 
dellap.a., 
cit. 
(29)�GrecO 
G.,�L'art. 
2 
della 
legge 
21 
luglio 
2000 
n. 
205, 
in�Atti 
del 
IX 
convegno 
biennale 
di 
diritto 
amministrativo 
�Inerzia 
della 
p.a. 
e 
tutela 
giurisdizionale: 
una 
prospettiva 
comparata�,Sir-
mione,�Lago�di�Garda,�25�ottobre�2001.�
(30)�Tale�termine�si�ritiene�tuttavia�a�carattere�non�perentorio.�
(31)�In�questo�senso�anche�Caringella,�op. 
cit.,�82,�secondo�cui��altro�argomento�di�carat-
tere�sistematico�si�desume�dalla�possibilita�prevista�dall'art.�7,�comma�3�L.�T.A.R.,�per�il�ricor-
rente�di�ottenere�una�pronuncia�di�condanna�che�attraverso�la�reintegrazione�in�forma�specifica�
del�danno�gli�procuri�il�provvedimento�ingiustamente�negato�in�presenza�di�tutti�i�requisiti�gia�
scanditi�dalla�sentenza�della�Cassazione,�Sezioni�Unite�n.�500/1999�.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

strazione�l'emissione�del�provvedimento�richiesto(32).�Se�cio�fosse�vero�in�
linea�generale�per�qualunque�interesse�legittimo�pretensivo,�non�si�potrebbe�
poi�pensare�di�restringere�la�tutela�del�medesimo,�allorche�la�lesione�sia�ope-
rata�non�gia�da�un�provvedimento�negativo�ma�dal�silenzio.�

Una�tale�conclusione�sarebbe�illogica�e�paradossale�in�quanto�porte-
rebbe�a�dover�ammettere�che�proprio�il�giudizio�sul�silenzio,�dove�la�giu-
risprudenza�si�e�mostrata�piu�aperta,�debba�ora�tornare�ad�offrire�una�
tutela�di�posizioni�meramente�formali,�proprio�ora�che�l'art.�21�bis 
pre-
vede�una�sentenza�ordinatoria�e�proprio�ora�che�il�mutato�quadro�legisla-
tivo�ha�finalmente�accolto�una�concezione�piu�sostanziale�dell'oggetto�
del�giudizio�(33).�

Soprattutto,�nel�caso�in�cui�la�richiesta�del�privato�sia�manifestamente�
infondata�per�mancanza�di�uno�specifico�e�preciso�requisito,�il�giudice�
potrebbe,�e�forse�dovrebbe,�risolvere�immediatamente�la�controversia,�dichia-
rando�appunto�l'insussistenza�dell'obbligo�di�provvedere,�al�fine�di�evitare�
un�attivita�amministrativa�inutile(34).�

Accogliendo�tale�assunto�tuttavia�si�finirebbe�col�legittimare�in�ogni�
caso�il�silenzio�dell'Amministrazione�sulle�pretese�insuscettibili�di�accogli-
mento,�privando�cos|�l'interessato�del�diritto,�riconosciutogli�dall'art.�2�della�
legge,�ad�avere�un�provvedimento�espresso.�Il�dovere�di�provvedere�sussiste�
sempre,�a�prescindere�dalla�fondatezza�della�pretesa�sostanziale.�Del�resto�
la�stessa�Adunanza�Plenaria,�anche�se�nulla�dice�in�merito�all'istruttoria,�
ha�affermato�che��sul�piano�sostanziale,�il�giudizio�sul�silenzio�cos|�definito,�
si�collega�al��dovere��delle�amministrazioni�pubbliche�di�concludere�il�pro-
cedimento�mediante�l'adozione�di�un�provvedimento�espresso��nei�casi�in�
cui�esso��consegua�obbligatoriamente�ad�una�istanza,�ovvero�debba�essere�
iniziato�d'ufficio��come�prescrive�l'art.�2,�comma�2,�della�legge�7�agosto�
1990,�n.�241.�

Altra�ragione�di�carattere�esegetico�e�rinvenuta�nell'uso�della�locuzione�
�In�caso�di�accoglimento�totale�o�parziale�del�ricorso...��che�mal�si�giustifi-
cherebbe�nell'ipotesi�in�cui�la�condanna�fosse�limitata�all'attuazione�del�mero�
obbligo�di�provvedere,�nel�qual�caso�il�ricorso�potrebbe�essere�o�respinto�o�
accolto�rendendo�difficilmente�ipotizzabili�situazioni�intermedie.�Pur�rappre-
sentando�un�valido�argomento�e�stato�sottolineato�come�lo�scarso�rigore�
mostrato�dal�legislatore�non�autorizzi��ad�attribuire�portata�decisiva�a�tale�
espressione,�che�potrebbe�essere�stata�utilizzata�anche�come�mera�formula�
di�stile,�comunque�idonea�ad�abbracciare�ipotesi�di�contestazione�di�vari�

(32)�ScocA 
G. 
F.,�L'art. 
2 
della 
legge 
21 
luglio 
2000 
n. 
205,in�Atti 
del 
IXconvegno 
biennale 
di 
diritto 
amministrativo 
�Inerzia 
della 
p.a. 
e 
tutela 
giurisdizionale: 
una 
prospettiva 
comparata�,Sir-
mione,�Lago�di�Garda,�25�ottobre�2001.�
(33)�Caringella, 
op. 
cit.,82�
(34)�Cfr.�Cons.�St.,�23�ottobre�2001,�n.�5573,�in�Cons. 
St.,�2001,�I,�1356.�Un�giudizio�che,�al�
pari�di�quello�introdotto�dalla�legge�205/00�in�materia�di�regolamento�di�competenza,�sarebbe�
improntato�non�tanto�ad�esigenze�di�effettivita�della�tutela,�quanto�ad�un�principio�di�economia�
dei�mezzi�amministrativi�e�processuali.�

IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE

silenzi��(35).�A�sostegno�della�considerazione�si�puo��osservare�che�in�questa�
ipotesi�il�dettato�dell'art.�2�ricalca�pedissequamente�quello�dell'art.�25�legge�
241/1990�dove�tuttavia�il�riferimento�ad�un�accoglimento�solo�parziale�e��ben�
piu��comprensibile.�

4.�Casi�di�attivita�vincolata.��La�pronuncia�in�epigrafe�va�pero��oltre:�
la�Plenaria�compiendo�un�radicale�passo�indietro��o�forse�in�avanti�e
stende�la�soluzione�restrittiva�sin�qui�commentata�anche�ai�provvedimenti�
vincolati.�
La�giurisprudenza�precedente,�pur�accogliendo�la�tesi�estensiva,�ammet-
teva�che�il�giudice�potesse�sostituirsi�all'Amministrazione�nell'adozione�di�
provvedimenti�discrezionali(36).�Nel�caso�in�cui�l'esercizio�del�potere�risulti�
vincolato�in�tutte�le�sue�articolazioni,�un�giudizio�diretto�all'accertamento�
dell'antigiuridicita��dell'inerzia�potrebbe�condurre�l'Autorita��giurisdizionale�
alla�conoscenza�dell'intero�rapporto�amministrativo;�in�caso�di�discreziona-
lita��,�tuttavia,�l'unica�censura�che�puo��essere�mossa�alla�P.A.�a�seguito�del�
silenzio�inadempimento�e��costituita�soltanto�dalla�violazione�del�cd.�obbligo�
di�procedere�e�(o)�diprovvedere.�

In�una�prospettiva�definita�di��indirizzo�sostanzialista�dell'ordinamen-
to��(37)�la�giurisprudenza�del�Consiglio�di�Stato,�con�alcune�significative�pro-
nuncerispettivamentedel�1978(38)edel�1982(39),�avevaaffermato,neilimiti�
in�cui�l'inerzia�riguardi�scelte�o�attivita��vincolate,�che�la�decisione�possa�e�
debba�andare�oltre�il�mero�riconoscimento�dell'obbligo�di�procedere,�preci-
sando�anche�come�e�quando�tale�obbligo�debba�essere�adempiuto.�

Abbandonando�l'indirizzo�che�vedeva�nell'inerzia�un�atto�amministra-
tivo�tacito(40),�la�giurisprudenza�ammise�che�nel�processo�di�accertamento�
circa�l'esistenza�del�dovere�della�P.A.�di�provvedere,�il�giudice�possa�o�meglio�

(35)�SandullI 
M.A., 
op.�cit.�
(36)�Cfr.�T.A.R.�Marche,�27�luglio�2001,�n.�975,�in�T.A.R.,�2001,�3367;�anche�parte�della�dot-
trina�e��concorde�sul�punto:�si�veda�GrecO 
G.,�Silenzio�della�pubblica�amministrazione�e�problemi�
di�effettivita�della�tutela�degli�interessi�legittimi,�in�Riv.�Dir.�Proc.,�1979,�408;�secondo�l'Autore�sol-
tanto�nel�caso�in�cui�l'esercizio�del�potere�risulti�vincolato�in�tutte�le�sue�articolazioni,�un�giudizio�
diretto�all'accertamento�dell'antigiuridicita��dell'inerzia�potrebbe�condurre�l'Autorita��giurisdizio-
nale�alla�conoscenza�dell'intero�rapporto�amministrativo,�ma�allorche�sussista�anche�un�lieve�mar-
gine�di�discrezionalita��l'unica�censura�che�puo��essere�mossa�alla�p.a.�a�seguito�del�silenzio�inadem-
pimento�e��costituita�soltanto�dalla�violazione�del�cd.�obbligo�di�procedere�e�(o)�di�provvedere.�
(37)�Giacchetti,�op.�cit.,�473.�
(38)�Cons.�St.,�Ad.�Plen.,�10�marzo�1978,�n.�10,�in�Foro�it.,�1978,�III,�352�in�cui�si�afferma�che�
�non�sembra�dubbio�che,�nei�limiti�in�cui�l'inerzia�riguardi�scelte�o�attivita��vincolate,�la�decisione�
possa�o�debba�andare�oltre�il�mero�riconoscimento�dell'obbligo�di�procedere,�precisando�anche�
come�e�quando�tale�obbligo�debba�essere�adempiuto�.�
(39)�Cons.�St.,�26�febbraio�1982,�n.�92,�in�Giur.�It.,�1983,�III,�137�ss.�con�nota�di�GrecO 
G.,�
Silenzio�dellapubblicaamministrazioneeoggetto�delgiudizioamministrativo.�
(40)��Il�silenzio�non�e��un�atto,�cioe��una�dichiarazione�di�volonta��dell'amministrazione:�il�
silenzio�e��un�comportamento�al�quale�la�legge�attribuisce�certi�effetti,�sostanziali�e�processuali,�
indipendentemente�dal�reale�contenuto�di�volonta��,�ed�anche�da�qualsiasi�contenuto�di�volonta����
in�Cons.�St.,�Ad.�Plen.,�3�maggio�1960,�n.�8,�in�Foro�It,�1961,�III,�42.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

debba 
sindacare�se�il�comportamento�tenuto�dall'Amministrazione�sia�legit-
timo,��se�cioe�ricorrano�o�meno�i�vizi�lamentati�dal�ricorrente�conoscere�
anche�del�c.d.�`rapporto�amministrativo',�ovvero�della�situazione�di�fatto�e�
di�diritto�cui�fa�riferimento�la�richiesta�inoltrata�dal�privato�all'Amministra-
zione,�per�l'inerzia�di�quest'ultima�rimasta�inevasa�.(41)�

Si�trattava�di�una�soluzione�giurisprudenziale�peraltro�non�uniforme,�
giustificata�dai�tempi�lunghi�del�giudizio�amministrativo�ordinario:�attendere�
degli�anni�per�sentir�unicamente�pronunciare�il�dovere�dell'Amministrazione�
di�provvedere�appariva�veramente�una�forma�(antieconomica)�di�denegata�
giustizia,�alla�quale�agevolmente�si�poteva�ovviare�affidando�al�giudice�il�
potere-dovere�di�formulare�la�sua�pronuncia�in�ragione�dell'accertamento�
della�fondatezza�della�pretesa�sostanziale�sottostante(42).�

Anche�dopo�la�riforma�del�processo�amministrativo�introdotta�dalla�
legge�205/00,�la�dottrina�aveva�continuato�a�sostenere�che,�con�riferimento�
ai�provvedimenti�vincolati,�il�giudice,��nei�limiti�in�cui�puo�individuare�e�
interpretare�le�disposizioni�applicabili�e�ricostruire�autonomamente�il�fatto�
(...)�potrebbe�arricchire�il�contenuto�della�sentenza�(breve)�;�si�renderebbero�
cos|�intangibili,�nella�successiva�attivita�amministrativa,��le�conclusioni�ivi�
raggiunte,�indirizzando�(e�restringendo�anche�i�margini�del)l'azione�del�com-
missario�eventualmente�nominato�a�seguito�della�constatazione�dell'(ulte-
riore)�inadempimento�dell'Amministrazione�.�In�questo�modo�l'Amministra-
zione�conserverebbe�intatto�il�potere�di�valutare�i�profili�di�discrezionalita�
eventualmente�residui�e�di�adottare�il�provvedimento�finale;�nel�pieno�
rispetto�dei�limiti�esterni�della�giurisdizione�amministrativa.�

Sicuramente�il�totale�vuoto�normativo�aveva�sollecitato�la�creativita�del�
giudice�amministrativo�il�quale�si�sentiva�in�qualche�misura�ancor�piu��legit-
timato��in�questa�attivita�di�supplenza�del�legislatore�dalla�censurabilita��in�
assoluto��del�comportamento�dell'Amministrazione�(43).�Del�resto�anche�la�
dottrina�aveva�piu�volte�sottolineato�che�il�giudizio�sul�silenzio,�per�potere�
essere�considerato�rispondente�al�principio�di�effettivita�della�tutela�giurisdi-
zionale,�sarebbe�dovuto�essere�costruito�come�un�mezzo�celere�di�tutela�inte-
rinale�con�i�tempi�di�una�misura�cautelare(44).�

Ora�la�questione�e�se�sia�ancora�ammissibile�tale�indirizzo�giurispruden-
ziale�e�dottrinale�alla�luce�dei�brevissimi�tempi�entro�cui�dovrebbe�svolgersi�
e�definirsi�il�nuovo�giudizio�ex 
art.�21�bis.�

L'Adunanza�Plenaria�non�sembra�avere�dubbi:�l'art.�21�bis 
non�consente�
di�attribuire�al�sindacato�del�giudice�amministrativo�un'estensione�diversa�in�
relazione�alle�peculiarita�sostanziali�della�potesta�non�esercitata.�Il�dettato�
normativo,�al�contrario,��definisce�una�disciplina�unica�e�indifferenziata,�
valida�in�tutti�i�casi�in�cui�l'Amministrazione�si�sottragga�al�dovere�di�adot-

(41)�Cass.,�Sez.�U.,�14�luglio�1962,�n.�1876,�in�Mass. 
Foro 
it.,�1962,�col.�563.�
(42)�DeL 
GattO 
S., 
op. 
cit. 
(43)�ScocA 
G. 
F.,�Ilsilenziodellap.a.:ricostruzioneevolutiva., 
cit., 
15.�
(44)�DE 
Pretis,�op. 
lc. 
cit. 

IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE

tare�un�atto�autoritativo�esplicito.�Sotto�questo�profilo�sono�irrilevanti�i�pre-
supposti�di�fatto�del�provvedimento;�e�determinante�che�il�silenzio�riguardi�
l'esercizio�di�una�potesta�amministrativa�e�che�la�posizione�del�privato�si�con-
figuri�come�un�interesse�legittimo.�Ed�e�logico�e�coerente�che�all'identita�for-
male�di�situazione�soggettiva�dell'Amministrazione�e�del�privato�corrisponda�
una�identita�di�tutela�giurisdizionale�(45).�

La�VI�sezione�del�Consiglio�di�Stato,�nel�rimettere�la�questione�all'Adu-
nanza�Plenaria,�aveva�manifestato�la�preoccupazione�che�il�nuovo�rito�possa�
ridimensionare�l'ambito�di�tutela�costringendo�il�privato�a�due�gradi�di�giudi-
zio.�La�procedura�accelerata,�che�determina�solo�la�mera�declaratoria�dell'ob-
bligo�di�provvedere,�potrebbe�non�assicurare�una�puntuale�e�tempestiva�sod-
disfazione�degli�interessi�del�cittadino�nei�casi�di�manifesta�fondatezza�della�
sua�domanda�proposta�in�relazione�ad�attivita�priva�di�contenuto�discrezio-
nale�dell'Amministrazione.�

Il�Collegio�e�fermo�nell'affermare�che�far�discendere�l'estensione�dei�
poteri�cognitivi�e�dispositivi�del�giudice�dal�grado�di�complessita�della�con-
troversia��distinguendo�tra�casi�di�agevole�o�meno�agevole�conoscibilita�
della�fondatezza�della�pretesa�sostanziale,�ovvero�di�maggiore�o�minore�
ampiezza�della�discrezionalita�dell'Amministrazione��rappresenta�un�crite-
rio�empirico�che�non�puo�piu�trovare�spazio�a�seguito�dell'entrata�in�vigore�
dell'art.�2�legge�205/00,�nel�cui�contesto�nulla�autorizza�ad�effettuare�simili�
distinzioni.�

5.�Ulteriori�osservazioni.��Tornando�alla�decisione�della�Plenaria,�si�
puo�notare�come�questa�consenta�altres|�di�superare�altre�due�questioni,�atti-
nenti�piu�propriamente�al�regime�procedurale.�Quella�dell'esistenza�di�even-
tuali�controinteressati�ai�quali�dover�o�meno�notificare�il�ricorso,�e�quella�
della�sorte�del�provvedimento�sopravvenuto.�
Quanto�alla�prima�e�evidente�che�coloro�i�quali,�prima�della�decisione�
commentata,�accoglievano�la�tesi�estensiva�non�potevano�far�a�meno�di�
ammettere�l'esistenza�di�controinteressati,�dei�quali�tuttavia��altro�argo-
mento�che�suffragherebbe�l'orientamento�della�Plenaria��la�legge�non�parla.�
Ci�si�chiedeva�pertanto�se�dovesse�ritenersi�necessaria�la�notifica�del�ricorso�
a�questi�soggetti�oppure�no.�La�soluzione�era�necessariamente�affermativa,�
non�potendo�ammettersi�che�l'accertamento�della�fondatezza�della�pretesa�
risultasse�pregiudizievole�per�altri�soggetti,�i�quali�avrebbero,�quindi,�il�diritto�
alla�garanzia�del�contraddittorio(46).�

Altro�problema�riguarda�il�sopravvenire�di�un�provvedimento�ammini-
strativo�espresso.�Qualora�il�Collegio�avesse�affermato�che�il�giudizio�contro�
il�silenzio�potesse�estendersi�alla�fondatezza�della�pretesa�del�ricorrente,�il�
problema�sarebbe�dovuto�essere�risolto�distinguendo�a�seconda�che�tale�prov-
vedimento�fosse�positivo�o�meno�e�a�seconda�che�fosse�intervenuto�prima�o�
dopo�la�sentenza.�

(45)�ScocA 
D'Orsogna, 
Silenzio,�clamori�di�novita�,�in�Dir.�proc.�amm.,�1995,�429.�
(46)�La�questione�a�seguito�dell'intervenuta�decisione�1/2002�non�ha�oramai�alcun�rilievo.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

Nel�caso�di�provvedimento�positivo�sopraggiunto�prima�della�sentenza�
di�merito,�lo�stesso�dovrebbe�essere�idoneo�a�far�cessare�la�materia�del�con-
tendere,�o�far�venire�meno�l'interesse�a�ricorrere,�poiche�sarebbe�soddisfatta�
la�domanda�posta�con�il�ricorso�principale.�

Se�il�provvedimento�e��,�invece,�negativo�non�si�puo��ammettere�che�lo�
stesso�esaurisca�il�giudizio�sul�silenzio�una�volta�che�questo�riguardi�non�
solo�l'obbligo�di�pronuncia,�ma�anche�la�fondatezza�della�pretesa.�Si�
ammette,�pero��,�un'impugnazione�da�parte�del�ricorrente�sotto�forma�di�
motivi�aggiunti�(47).�

Anticipando�il�ragionamento�della�Plenaria,�la�V�sezione�aveva�argo-
mentato�affermando�che�la�disposizione�citata�disciplina�una�particolare�
procedura�destinata�ad�acquisire�la�pronuncia�dell'Amministrazione,�alla�
quale�e��estraneo�un�qualunque�contenuto�impugnatorio,�in�quanto�man-
cando�il�provvedimento�non�si�e��ancora�prodotta�una�vera�e�propria�lesione�
di�posizioni�soggettive.�Non�e��dunque�consentito��l'innesto�all'interno�di�
tale�procedura,�che�ha�carattere�camerale�particolarmente�accelerato,�del�
rito�destinato�all'annullamento�del�provvedimento�che�e��circondato�da�piu��
ampie�garanzie��(48).�

Nel�caso�di�provvedimento�negativo�sopravvenuto�nelle�more�del�giudi-
zio,�questo�dovra��abbandonare�la�procedura�speciale�ex 
art.�21�bis 
seguendo�
i�percorsi�ordinari�dei�ricorsi�impugnatori(49).�

Ove,�infine,�il�provvedimento�(positivo�o�negativo)�fosse�intervenuto�
dopo�la�sentenza�di�merito,�lo�stesso�doveva�essere�valutato�alla�stregua�della�
sua�idoneita��a�costituire�esecuzione�dell'ordine�del�giudice.�

Ogni�provvedimento�successivo�all'insediamento�del�Commissario�risul-
terebbe,�viceversa,�emesso�in�carenza�di�potere�e�non�precluderebbe�l'attivita��
del�Commissario�medesimo.�

Siffatte�valutazioni,�di�certo�piu��che�valide�in�un�primo�tempo,�non�pos-
sono�ora�essere�piu��condivise.�

Deve,�invece,�ritenersi�che�nelle�more�del�giudizio,�la�semplice�adozione�
di�un�provvedimento,�sia�esso�satisfattivo�o�meno�della�pretesa�del�ricor-
rente,�sia�idoneo�a�far�estinguere�il�giudizio�per�cessazione�della�materia�
del�contendere.�

Allo�stesso�modo,�un�qualsivoglia�provvedimento�sara��sufficiente�a�
adempiere�l'ordine�del�giudice�contenuto�nella�sentenza�di�accoglimento�e�
ad�evitare�dunque�la�successiva�fase�d'esecuzione.�

(47)�A�questo�proposito,�va�ricordato�che�gia��prima�della�decisione�dell'Adunanza�Plenaria,�il�
Consiglio�di�Stato�aveva�dichiarato�inammissibile�l'impugnazione�mediante�motivi�aggiunti,�ai�
sensi�dell'art.�21�della�legge�n.�1034�del�1971,�come�sostituito�dall'art.�1�della�legge�205/00,�di�un�
provvedimento�di�cui�si�sia�acquisita�la�conoscenza�in�pendenza�del�ricorso�avverso�il�silenzio�a�
norma�dell'art.�2�della�legge�sul�processo�amministrativo.�
(48)�Cons.�St.,�V�sezione,�Inedita. 
(49)�Cons.�St.,�cit.;�SandullI 
M.A., 
op. 
cit. 

IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE

Maggiori�dubbi�sorgono�nel�caso�di�un�provvedimento�espresso�soprav-
venuto�all'insediamento�del�commissario,�anche�se�questi�non�abbia�effettiva-
mente�provveduto.�

Pur�non�escludendosi�che�la�giurisprudenza�trovi�in�seguito�il�modo�di�
sostenere�ancora�che�l'atto�negativo�espresso,�essendo�comunque�satisfattivo�
della�pretesa�fatta�valere�contro�il�silenzio,�costituisca�valida�esecuzione�della�
sentenza�finche�il�Commissario�non�abbia�effettivamente�provveduto,�poiche�
nella�decisione�annotata�nulla�viene�detto�al�proposito,�non�puo��,�per�il�
momento,�che�rispettarsi�il�dettato�normativo�il�quale�esclude�che�la�P.A.�
possa�provvedere�dopo�l'insediamento�del�Commissario,�restando�irrilevante�
che�questi�abbia�o�meno�gia��provveduto(50).�

6.�Conclusioni. 
�La�soluzione�seguita�dalla�Plenaria,�pur�rappresen-
tando�un�passo�indietro�in�termini�di�effettivita��della�tutela,�rappresenta�un�
passo 
obbligato 
dopo�la�novella�dell'art.�2,�legge�205/00.�Nonostante�la�pre-
senza�di�alcuni�aspetti�di�ambiguita��,�la�scelta�del�legislatore�a�favore�di�un�
rito�unicamente�piu��accelerato�rispetto�al�passato�e��evidente�anche�se�parago-
nata�alle�soluzioni�seguite�in�altri�paesi�europei.�Negli�altri�ordinamenti�la�
legge�e��molto�chiara�nel�prevedere�sia�la�possibilita��che�il�giudice�si�sostitui-
sca�all'Amministrazione�anche�nell'esercizio�di�poteri�discrezionali��come�
in�Austria��sia,�viceversa,�nel�limitare�tale�sostituzione�ai�provvedimenti�
vincolati�comeinGermania(51).�Questaperesserepraticabileerealmente�
efficace�presuppone�una�acquisita�capacita��di�distinguere�accuratamente,�e�
comunque�in�un�momento�sicuramente�antecedente�rispetto�all'esercizio�del�
potere,�la�porzione�di�attivita��amministrativa��riservata��in�via�esclusiva�
all'Amministrazione.�In�altre�parole�occorrerebbe�individuare�in�maniera�
rigorosa�il�confine�fra�cio��su�cui�il�giudice�puo��intervenire�in�positivo�e�cio��
che�invece�e��interdetto�al�suo�controllo.�Cio��comporterebbe�conseguenze�
anche�in�relazione�all'applicabilita��o�meno�dello�speciale�rito�dell'art.�21�bis. 
Altra�possibilita��sarebbe�stata,�per�il�nomopoieta�introdurre�un�rito�
modellato�su�quello�francese,�attribuendo�al�giudice�il�potere�di�ingiungere�
all'Amministrazione�di�fare�qualcosa:�la�legge�distingue�l'ipotesi�in�cui�il�giu-
dizio�reso��implichi�necessariamente�...�una�misura�di�esecuzione�in�un�senso�

(50)�DeL 
GattO 
S. 
op. 
cit. 
(51)�Qui�oggetto�dell'azione�di�adempimento�e��primariamente�il�provvedimento�che�l'ammi-
nistrazione�avrebbe�dovuto�assumere�per�soddisfare�la�pretesa�sostanziale�del�ricorrente.�Ed�e��tale�
ultimo�atto,�come�definito�dall'eventuale�sentenza�di�accoglimento�che�la�P.A.�sara��tenuta�ad�adot-
tare.�La�sentenza�determinera��il�contenuto�dell'atto�da�emanare�con�l'unico�limite�del�divieto�per�
il�giudice��oltre�che�ovviamente�emanare�direttamente�l'atto��di�sostituirsi�all'amministrazione�
nell'esercizio�della�discrezionalita��amministrativa.�Se�si�tratta�di�una�fattispecie�vincolata�o�
comunque�gia��matura�per�la�decisione�(spruchreif),�la�sentenza�ordinera��direttamente�alla�P.A.�l'a-
dozione�del�provvedimento�definito�dal�giudice,�mentre�in�caso�contrario�l'amministrazione�verra��
condannata�a�esercitare�la�restante�discrezionalita��nell'ambito�del�quadro�giuridico�predefinito�
dal�giudice.�La�possibilita��che�il�giudice�ordini�all'amministrazione�di�provvedere�e�le�ordini�anche�
come�provvedere�non�viene�cos|��in�conflitto�con�la�riserva�all'amministrazione�del�potere�
discrezionale.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

determinato��(competenza�totalmente�vincolata),�dall'ipotesi�in�cui,�a�seguito�
del�giudizio,�l'Amministrazione��debba�nuovamente�provvedere�dopo�una�
nuova�istruttoria��(52).�In�entrambi�i�casi�l'ingiunzione�e��sostenuta�da�una�
astreinte,�ossia�da�un�potere�di�multare�l'Amministrazione�inerte.�

In�questo�modo,�arricchendo�lo�strumentario�del�giudice�amministrativo�
del�potere�di�obbligare�l'Amministrazione�ad�un�facere,�sorretto�da�quella�
forma�di�coazione�indiretta�che�e��il�potere�di�multare,��viene�ad�essere�
coperto�un�vuoto�di�tutela�non�solo�contro�l'Amministrazione�che�dice�no,�
ma�anche�contro�l'Amministrazione�inerte�(53).�

Sulla�base�degli�argomenti�fin�qui�analizzati�si�potrebbe�ritenere�che�
la�disciplina�eccessivamente�laconica�dettata�dal�legislatore�non�faccia�
che�rimettere�alla�giurisprudenza�la�concreta�conformazione�dell'azione�
contro�il�silenzio,�la�quale�dovrebbe�far�discendere�la�propria�interpreta-
zione,�in�ultima�analisi,�dai�valori�cui�ritiene�di�dover�dare�prevalenza�
nel�conflitto�tra�ragioni�di�effettivita��della�tutela�ed�esigenze�di�garanzia�
della�responsabilita��dell'Amministrazione�rispetto�all'interesse�pubblico�
affidato�alla�sua�cura.�

La�decisione�della�Plenaria�non�ha�tuttavia�detto�l'ultima�parola�m
eglio,�non�l'ultima�sentenza�e��stata��scritta���,�poiche�gia��altro�giudice�e��
intervenuto�sulla�questione.�La�recente�sentenza�della�Sez.�III�bis�del�T.A.R.�
del�Lazio,�n.�1682�del�6�marzo�2002(54),�e��intervenuta�ad�arricchire�il�limite�
che�incontra�il�giudice�amministrativo�nei�casi�di��giurisdizione�esclusiva�le�
pretese�patrimoniali�che�hanno�fondamento�in�una�precisa�disposizione�nor-
mativa�.�In�tali�casi,�e��necessario��passare�attraverso�un�giudizio�ordinario��
che�sia�diretto�ad�accertare��prima�di�tutto�la�reale�consistenza�della�situa-
zione�giuridica�vantata,�la�titolarita��della�stessa�e,�in�ultimo,�la�sussistenza�
dell'inadempimento�dell'amministrazione�.�Altrimenti�l'azione�del�privato�
�finirebbe�per�essere�diretta�a�ottenere�una�pronuncia�espressa�su�un�inadem-
pimento��relativo�ad�una�prestazione�patrimoniale�che�e��imposta�all'Ammi-
nistrazione�ex 
lege.�Si�imporrebbe�cos|��alla�P.A.��di�riconoscere�un�proprio�
debito�saltando�tutta�la�fase�cognitoria�di�accertamento�.�Poiche�la�semplice�

(52)�Pacteau,�L'efficacite 
dujugeadministratiffrancais, 
in�Riv. 
Dir. 
pubbl. 
com., 
1999,�1272.�
(53)�CorsO 
G., 
Intervento�al�IXConvegno 
biennale 
didiritto 
amministrativo 
�Inerzia 
dellap.a. 
e 
tutela 
giurisdizionale: 
una 
prospettiva 
comparata�,�Sirmione,�Lago�di�Garda,�25�ottobre�2001.�
(54)�Nel�caso�di�specie�i�ricorrenti�chiedevano,�attraverso�il�procedimento�ex 
art.�2�legge�
n.�205/2000,�l'accertamento�del�loro�preteso�diritto�patrimoniale�perfetto�a�percepire�una�ade-
guata�remunerazione�come�corrispettivo�per�l'attivita��gia��svolta�nell'ambito�della�loro�formazione�
professionale.�Per�il�Tribunale�nella�questione�oggetto�del�giudizio��non�viene�in�rilievo�l'utilita��
del�procedimento�sul�silenzio-rifiuto�(...),�bens|��l'utilizzabilita��dello�stesso.�Poiche�l'azione�e��incon-
testabilmente�rivolta�all'accertamento�di�un�comportamento�di�inadempimento�ad�un�obbligo�
patrimoniale�imposto�dall'ordinamento��ed�e��diretta�ad�ottenere�una�pronuncia�di�condanna�
dell'Amministrazione�al�pagamento�di�una�somma�di�denaro�determinata��il�procedimento�spe-
ciale�di�annullamento�del�silenzio-rifiuto�non�puo��essere�utilizzato.�

IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE

declaratoria�dell'obbligo�di�provvedere��non�puo��valere�per�ottenere�in�modo�
anticipato�una�delibazione�del�merito�della�controversia�,�il�giudizio�sul�
silenzio�e��limitato,�ad�avviso�del�T.A.R.�del�Lazio,�nei�soli�casi�di�esercizio�
�dei�poteri�propri�della�giurisdizione�di�legittimita���.�

Nei�casi,�quindi,�di�azione�che�ha�per�oggetto�una�pretesa�patrimoniale�
diretta,�gia��predeterminata�in�tutti�i�suoi�elementi,�o,�quanto�meno�facilmente�
determinabile,�a�giudizio�del�Tribunale�Amministrativo�del�Lazio,�tale�azione�
si�prospetta�come�rivolta�all'accertamento�di�un�obbligo�patrimoniale�impo-
sto�dall'ordinamento�e�diretta�ad�ottenere�una�pronuncia�di�condanna�del-
l'Amministrazione.�A�siffatto�risultato�non�puo��condurre�il�procedimento�
speciale�di�annullamento�del�silenzio-rifiuto�ex�art.�2�della�legge�205/2000:�
nel�detto�procedimento,�infatti,��il�giudice�amministrativo�esercita�solo�i�
poteri�propri�della�giurisdizione�di�legittimita���.�Nei�casi,�invece,�di�giurisdi-
zione�esclusiva�per�giungere�alla�condanna�della�P.�A.,�le�pretese�patrimoniali�
devono�essere�valutate�attraverso�un�giudizio�ordinario�diretto�ad�accertare�
la�reale�consistenza�della�posizione�giuridica�vantata,�della�titolarita��della�
stessa,�ed,�infine,�della�sussistenza�dell'inadempimento�dell'Amministrazione.�
Il�nuovo�e�accelerato�strumento�di�tutela�introdotto�per�i�ricorsi�avverso�il�
silenzio�non�puo��valere�per�ottenere�in�modo�anticipato�una�deliberazione�
del�merito�della�controversia,�che�invece�e��riservato�al�normale�giudizio�di�
cognizione.�

Partendo�dalle�conclusioni�a�cui�era�giunta�l'Adunanza�Plenaria,�il�

T.A.R�del�Lazio�ha�ribadito,�con�ancora�piu��veemenza,�che�l'apprezza-
mento�in�termini�giuridici�del�comportamento�omissivo�della�P.�A.�e��fina-
lizzato�a�sanare�i�casi�di�disinteresse�dell'Amministrazione�in�presenza�di�
una�istanza�del�privato�volta�alla�soddisfazione�di�un�interesse�pretensivo�
giuridicamente�protetto.�Ne�consegue�che�l'organo�amministrativo�compe-
tente�in�via�ordinaria�conserva�il�potere�di�provvedere�in�senso�pieno�e�per-
tanto�il�procedimento�sul�silenzio-rifiuto�e��diretto�solo�ad�indurre�detto�
organo�ad�esprimersi�sollecitamente�sull'istanza�del�privato.�Ne�il�giudice�
adito�puo��spingersi�a�stabilire�il�contenuto�concreto�del�provvedimento�
amministrativo,�ne�,�soprattutto,�tale�procedura�puo��essere�utilizzata�per�
annullare�la�fase�cognitoria�di�accertamento�nei�giudizi�in�cui�tale�fase�e��
necessaria.�
Il�problema,�lungi�da�essere�risolto,�si�arricchisce�sempre�piu��di�nuovi�
elementi.�Cio��comporta�che�in�futuro�(prossimo)�forse�nuovi�(o�vecchi)�mezzi�
di�tutela�verranno�offerti�al�cittadino�per�reagire�contro�l'inerzia�dell'Ammi-
nistrazione.�Allo�stato�delle�cose�due�elementi�sembrano�emergere�con�forza�
dalle�ultime�pronunce�dei�giudici�amministrativi:�il�primo�e��che�la�potestas 
decidendi,�che�si�tratti�di�attivita��amministrativa�vincolata�o�discrezionale,�e��
(e�rimane�almeno�fino�all'insediamento�del�commissario�ad 
acta)�dell'organo�
amministrativo�istituzionalmente�preposto�all'emanazione�del�provvedi-
mento;�il�secondo�e��che�il�nuovo�e�accelerato�strumento�di�tutela�del�cittadino�
non�puo��valere�per�ottenere�in�modo�anticipato�una�delibazione�del�merito�
della�controversia.�

Dott. 
RobertO 
SarrA 



RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

Gli 
argomenti 
delle 
decisioni 


(1).�(Consiglio 
di 
Stato, 
Adunanza 
Plenaria, 
9 
gennaio 
2002, 
n. 
1). 
�(Omissis). 


Con�la�sentenza�impugnata�il�T.A.R.,�accogliendo�il�ricorso�proposto�ai�
sensi�dell'art.�21-bis 
della�legge�6�dicembre�1971,�n.�1034,�introdotto�dal-
l'art.�2�della�legge�21�luglio�2000,�n.�205,�ha�ritenuto�fondata�la�pretesa�degli�
attuali�appellati�volta�ad�ottenere�la�fissazione�del�giorno�e�della�sede�di�svol-
gimento�della�prova�attitudinale�per�l'esercizio�della�professione�di�odontoia-
tra�prevista�dal�d.lgs.�13�ottobre�1998,�n.�386.�

Va,�anzitutto,�disattesa�l'eccezione�con�la�quale�si�contesta�la�ricevibilita��
dell'appello,�perche�notificato�dopo�la�scadenza�del�termine�ridotto�previsto�
dal�citato�art.�21-bis,�comma�1.�

Come�risultera��da�quanto�esposto�di�seguito,�la�controversia�esula�dal-
l'ambito�di�previsione�della�norma�predetta,�sicche�con�ragione�le�ammini-
strazioni�appellanti�obiettano�che�l'impugnazione�resta�soggetta�al�termine�
ordinario.�In�ogni�caso,�la�questione�presenta�profili�di�novita��e�di�incertezza�
tali�da�legittimare�il�riconoscimento�dell'errore�scusabile,�tant'e��che�la�stessa�
Sezione�remittente�ne�ha�sottoposto�l'esame�all'Adunanza�Plenaria.�

L'Adunanza�Plenaria�e��chiamata�a�pronunciarsi�sulla�seguente�que-
stione:�se�la�cognizione�del�giudice�amministrativo�adito�con�il��ricorso�
avverso�il�silenzio��sia�limitata�all'accertamento�della�illegittimita��dell'inerzia�
dell'amministrazione,�come�si�sostiene�nell'appello,�ovvero�si�estenda�all'e-
same�della�fondatezza�della�pretesa�sostanziale�del�privato,�come�ha�ritenuto�
il�T.A.R..�

Il�Collegio�condivide�la�prima�tesi.�

Un�primo�elemento�significativo�in�tal�senso�si�trae�dalla�considerazione�
che�l'art.�21�bis�identifica�l'oggetto�del�ricorso�nel��silenzio��(comma�1),�
senza�fare�alcun�riferimento�alla�pretesa�sostanziale�del�ricorrente.�Poiche�,�
in�linea�di�principio,�i�poteri�cognitori�del�giudice�sono�delimitati�dal�ricorso�
(art.�112�c.p.c.:��il�giudice�deve�pronunciare�su�tutta�la�domanda�e�non�oltre�
i�limiti�di�essa�),�se�ne�deve�dedurre�che�il�legislatore�ha�inteso�circoscrivere�
il�giudizio�alla�inattivita��dell'amministrazione.�

La�stessa�norma�prevede�che,�in�caso�di�accoglimento�del�ricorso,�il�giu-
dice��ordina�all'amministrazione�di�provvedere��e�se��l'amministrazione�resti�
inadempiente�...�su�richiesta�di�parte,�nomina�un�commissario�che�provveda�
in�luogo�della�stessa��(comma�2).�L'espressione��resti�inadempiente��lascia�
intendere�che�l'inadempimento�dell'amministrazione�non�ha�contenuto�
diverso�prima�della�sentenza,�quando�e��condizione�per�l'accoglimento�del�
�ricorso�avverso�il�silenzio�,�e�dopo�la�sentenza,�quando�e��condizione�perche�
provveda�il�commissario.�Inoltre,�la�terminologia�usata�dal�legislatore�
(�ordina�...�di�provvedere�;��un�commissario�che�provveda�)�definisce�nel-
l'accezione�comune�in�dottrina�e�in�giurisprudenza,�l'esercizio�di�una�potesta��
amministrativa,�sicche�sarebbe�inappropriata�se�il�giudice�dovesse�spingersi�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE

a�stabilire�il�concreto�contenuto�del�provvedimento,�poiche�in�tal�caso�all'am-
ministrazione�e�al�commissario�non�residuerebbero�altri�spazi�se�non�per�
un'attivita��avente�contenuto�e�funzione�di�mera�esecuzione.�La�stessa�termi-
nologia�e��ripetuta�in�seguito,�quando�l'attivita��del�commissario�e��configurata�
come�diretta��all'emanazione�del�provvedimento�da�adottare�in�via�sosti-
tuiva��(comma�3)�e�quando�e��imposto�al�commissario�di�accertare�se��l'am-
ministrazione�abbia�provveduto�.�Anche�l'indeterminatezza�circa�il�conte-
nuto�(positivo�o�negativo)�dell'eventuale�provvedimento�tardivo�dell'ammini-
strazione,�avvalora�la�tesi�che�l'organo�competente�in�via�ordinaria�conservi,�
pur�dopo�la�sentenza�e�fino�all'insediamento�del�commissario,�il�potere�di�
provvedere�in�senso�pieno.�

Le�argomentazioni�che�precedono�non�sono�infirmate,�diversamente�da�
quanto�prospettato�nell'ordinanza�di�rimessione,�dai�riferimenti�fatti�nello�
stesso�art.�23-bis 
ad�una�possibile�istruttoria�disposta�dal�collegio�e�ad�un�
possibile�accoglimento�parziale�del�ricorso,�trattandosi�di�eventi�ipotizzabili�
anche�se�il�giudizio�ha�per�oggetto�il�solo�accertamento�dell'obbligo�dell'am-
ministrazione�di�provvedere.�

Che�l'intento�del�legislatore�fosse�solo�quello�di�indurre�l'amministra-
zione�ad�esprimersi�sollecitamente�sull'istanza�del�privato�trova�conferma�
nella�relazione�al�disegno�di�legge�n.�2934�(Senato),�nella�quale�si�legge,�a�
commento�della�norma�sul�ricorso��avverso�il�silenzio�,�redatta�gia��in�origine�
in�modo�sostanzialmente�conforme�al�disposto�dell'art.�2�della�legge�

n.�205/2000,�che�la�trasformazione�del�ricorso��in�un�procedimento�d'ur-
genza��e��rivolta�ad�evitare�che��la�dichiarazione�dell'obbligo�di�provvedere�
(che�di�per�se�non�soddisfa�l'interesse�sostanziale�al�ricorso)�sopraggiunga�
dopo�i�lunghi�tempi�del�processo�ordinario�.�
Cio��ha�trovato�coerente�attuazione�nella�previsione�di�un�modello�pro-
cessuale�caratterizzato�dalla�brevita��dei�termini�e�dalla�snellezza�delle�for-
malita��,�la�cui�configurazione�e��congrua�se�il�giudizio�si�incentra�sul��silen-
zio�,�non�anche�se�il�giudice�dovesse�estendere�la�propria�cognizione�ad�altri�
profili.�

Sussistono,�dunque,�concordi�elementi�ermeneutici�dai�quali�emerge�
cheilritospecialee��stato�introdotto�per�pervenire,�con�la�speditezza�con-
sentita�dal�rispetto�delle�garanzie�processuali,�ad�imporre�all'amministra-
zione��inadempiente��l'esercizio�della�potesta��amministrativa�di�cui�e��
titolare.�

A�questo�risultato�si�giunge�in�due�fasi,�semplificate�e�contenute�nel-
l'arco�del�medesimo�processo,�in�linea�con�la�logica�ispiratrice�comune�agli�
interventi�di�riforma�operati�dalla�legge�n.�205�del�2000:�nella�prima�il�giu-
dice�accerta�l'esistenza�e�la�violazione�dell'obbligo�di�provvedere;�nella�
seconda,�il�commissario,�nominato�dallo�stesso�giudice�su�semplice��richiesta�
della�parte�,�adotta�il�provvedimento�in�sostituzione�dell'organo�amministra-
tivo�rimasto�eventualmente�inadempiente.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

Sul�piano�sostanziale,�il�giudizio�sul��silenzio��cos|��definito�si�collega�al�
�dovere��delle�amministrazioni�pubbliche�di�concludere�il�procedimento�
�mediante�l'adozione�di�un�provvedimento�espresso��nei�casi�in�cui�esso�
�consegua�obbligatoriamente 
ad�una�istanza,�ovvero�debba 
essere�iniziato�
d'ufficio�,�come�prescrive�l'art.�2,�comma�2,�della�legge�7�agosto�1990,�n.�241.�

Sul�piano�sistematico�la�scelta�operata�dal�legislatore�si�allinea�al�princi-
pio�generale�che�assegna�la�cura�dell'interesse�pubblico�all'amministrazione�
e�al�giudice�amministrativo,�nelle�aree�in�cui�l'amministrazione�e��titolare�di�
potesta��pubbliche,�il�solo�controllo�sulla�legittimita��dell'esercizio�della�pote-
sta��.�Questo�schema�viene�superato�mediante�l'attribuzione�al�giudice�del�
potere�di��riformare�l'atto�o�sostituirlo��in�via�diretta�e�immediata,�in�sede�
di�accoglimento�del�ricorso�(art.�26,�comma�II,�della�legge�6�dicembre�1971,�

n.�1034).�Tuttavia,�proprio�perche�derogativi�del�principio�predetto,�i�casi�di�
ingerenza�del�giudice�nella�sfera�dell'attivita��pubblicistica�dell'amministra-
zione�sono�previsti�da�esplicite�norme�autorizzative�(art.�6,�comma�II,�e�
art.�7,�commi�I�e�IV,�della�legge�n.�1034/1071).�In�linea�astratta�nulla�impedi-
sce�di�individuare�altri�casi�in�via�interpretativa,�sebbene�con�il�rigore�impo-
sto�dalla�eccezionalita��dell'istituto,�ma�l'analisi�dell'art.�21-bis 
della�legge�
n.�1034/1971�anziche�fornire�elementi�persuasivi�in�tal�senso,�accredita,�come�
risulta�da�quanto�esposto�in�precedenza,�la�conclusione�opposta.�
Le�stesse�considerazioni�e�la�stessa�conclusione�valgono�anche�
quando�il�provvedimento�richiesto�dal�privato�abbia,�come�nella�specie,�
natura�vincolata.�

In�primo�luogo,�il�citato�art.�21-bis 
non�contiene�alcun�elemento�che�
autorizzi�di�attribuire�al�sindacato�del�giudice�amministrativo�una�estensione�
diversa�in�relazione�alle�peculiarita��sostanziali�della�potesta��non�esercitata.�

L'articolazione�precettiva,�al�contrario,�definisce�una�disciplina�unica�e�
indifferenziata,�valida�in�tutti�i�casi�in�cui�l'amministrazione�si�sottragga�al�
dovere�di�adottare�un�atto�autoritativo�esplicito.�Sotto�questo�profilo�sono�
irrilevanti�i�presupposti�di�fatto�del�provvedimento;�e��determinante�che�il�
�silenzio��riguardi�l'esercizio�di�una�potesta��amministrativa�e�che�la�posi-
zione�del�privato�si�configuri�come�un�interesse�legittimo.�Ed�e��logico�e�coe-
rente�che�all'identita��formale�di�situazione�soggettiva�dell'amministrazione�e�
del�privato�corrisponda�una�identita��di�tutela�giurisdizionale.�

Senza�considerare�l'irrazionalita��che�si�verificherebbe�se,�nel�caso�di�iner-
zia�dell'amministrazione,�il�privato�potesse�ottenere,�mediante�il�ricorso�
avverso�il�silenzio,�l'accertamento�immediato,�da�parte�del�giudice,�della�fon-
datezza�della�sua�pretesa�sostanziale,�mentre,�nella�medesima�situazione,�se�
l'amministrazione�avesse�adottato�un�provvedimento�esplicito�di�diniego,�la�
tutela�giurisdizionale�sarebbe�stata�soggetta�alle�forme�ed�ai�limiti,�oltre�che�
ai�tempi,�del�giudizio�ordinario.�

L'ordinanza�di�rimessione�manifesta�la�preoccupazione�che�il�nuovo�rito�
possa�ridimensionare�l'incisivita��della�tutela�riconosciuta�al�privato�dal�prece-
dente�indirizzo�giurisprudenziale,�secondo�il�quale�il�giudice�puo��esprimersi�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE

sulla�fondatezza�della�istanza�presentata�dal�ricorrente�all'amministrazione�
quando�il�provvedimento�sia�espressione�di�potesta�amministrativa�priva�di�
contenuto�discrezionale�(da�ultimo,�Cons.�Stato,�sez.�IV,�22�giugno�2000,�

n.�3526)�o�a�basso�contenuto�di�discrezionalita�(da�ultimo,�Cons.�Stato,�sez.V,�
12�ottobre�1999,�n.�1446).�
Sarebbe�sufficiente�osservare�che�l'indicato�indirizzo�della�giurispru-
denza,�della�quale�possono�comprendersi�le�ragioni�e�condividersi�le�finalita�,�
non�puo�che�cedere�di�fronte�alla�normativa�sopravvenuta�che�definisce�in�
modo�compiuto�la�tutela�giurisdizionale�accordata�al�privato�nei�confronti�
del�comportamento�omissivo�dell'amministrazione.�

Va,�pero�,�osservato�che�la�valutazione�del�rito�speciale�sotto�il�profilo�
della�capacita�di�offrire�una�piu�efficace�tutela�al�privato�in�attesa�di�provve-
dimento�va�effettuata�con�riferimento�all'obiettivo�sollecitatorio�postosi�dal�
legislatore�e�considerando�il�risultato�conseguibile�al�compimento�delle�due�
fasi,�e�cioe�tenendo�conto�sia�dell'abbreviazione�dei�termini�sia�della�possibi-
lita�di�ottenere�la�nomina�del�commissario�ad 
acta,�nel�corso�dello�stesso�giu-
dizio,�senza�necessita�di�promuovere�un�giudizio�di�ottemperanza.�Visto�in�
questa�prospettiva,�il�nuovo�modello�processuale�assicura�pur�sempre�al�pri-
vato�un�significativo�vantaggio�anche�rispetto�all'indirizzo�giurisprudenziale�
anzidetto.�

Quanto�alla�distinzione�fra�casi�di�agevole�o�meno�agevole�conoscibilita�
della�fondatezza�della�pretesa�sostanziale,�ovvero�di�maggiore�o�minore�
ampiezza�della�discrezionalita�dell'amministrazione,�deve�osservarsi�che�non�
e�ammissibile�far�discendere�l'estensione�dei�poteri�cognitivi�e�dispositivi�del�
giudice�dal�grado�di�complessita�dalla�controversia.�Si�tratta�di�un�criterio�
empirico�che�poteva�semmai�trovare�spazio�nella�soluzione�elaborata�dalla�
giurisprudenza,�ma�non�piu�dopo�l'entrata�in�vigore�della�nuova�disciplina,�
nel�cui�contesto,�come�gia�osservato,�nulla�autorizza�ad�effettuare�simili�
distinzioni.�

Dalle�considerazioni�svolte�emerge,�in�via�riepilogativa,�che:�il�giudizio�
disciplinato�dall'art.�21-bis 
e�diretto�ad�accertare�se�il��silenzio��violi�l'ob-
bligo�dell'amministrazione�di�adottare�un�provvedimento�esplicito�sull'i-
stanza�del�privato;�il�giudice�non�si�sostituisce�all'amministrazione�in�nessuna�
fase�del�giudizio,�ma�accerta�se�il��silenzio��sia�o�non�sia�illegittimo�e,�nel�
caso�di�accoglimento�del�ricorso,�impone�all'amministrazione�di�provvedere�
sull'istanza�entro�il�termine�assegnato;�il�commissario�ad 
acta 
esercita,�in�
via�sostitutiva,�la�potesta�amministrativa�appartenente�all'organo�rimasto�
inadempiente.�

Tutto�cio�premesso,�con�ragione�le�amministrazioni�appellanti�conte-
stano�la�sentenza�impugnata�nella�parte�in�cui�impone�ad�esse�di�provvedere�
in�senso�positivo�sulla�istanza�dei�ricorrenti�originari�fissando�data�e�luogo�
della�prova�attitudinale.�E�per�questa�parte�l'appello�va�accolto.�

La�sentenza�merita,�invece,�conferma�nella�parte�in�cui�afferma�che�il�
comportamento�omissivo��e�senz'altro�in�contrasto�con�il�dovere�dell'ammi-


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

nistrazione�di�concludere�il�procedimento�con�sollecitudine�.�Dall'art.�1�del�
d.lgs.�n.�368/1998�risulta�che�la�fissazione�della�prova�attitudinale�consegue�
ad�un�procedimento�che�deve�essere�iniziato�d'ufficio�a�cura�del�Ministro�
della�salute;�risulta,�altres|�,�che�i�ricorrenti�originari,�quali�laureati�in�medi-
cina�e�chirurgia�in�possesso�dei�requisiti�di�cui�all'art.�1,�comma�1,�del�d.lgs.�

n.�386/1998,�avrebbero�titolo�a�partecipare�alla�prova.�Sussistono,�pertanto,�
le�condizioni�(interesse�qualificato�degli�istanti�all'adozione�del�provvedi-
mento;�competenza�delle�amministrazioni�adite)�per�la�pronunzia�dell'obbligo�
di�provvedere,�ai�sensi�dell'art.�21-bis 
della�legge�n.�205/2000.�
L'accoglimento�parziale�dell'appello�determina�la�riforma�della�sentenza�
di�primo�grado�nei�limiti�sopra�indicati.�Resta�fermo�l'obbligo�per�le�ammini-
strazioni�appellanti�di�provvedere�sull'istanza�dei�ricorrenti�originari�entro�
un�termine�che,�in�considerazione�della�articolazione�del�procedimento�(con-
certo�fra�il�Ministro�della�salute�e�il�Ministro�dell'Universita�e�della�ricerca�
scientifica�e�tecnologica;�parere�della�federazione�nazionale�dell'Ordine�dei�
medici�chirurghi�e�degli�odontoiatri),�si�reputa�di�fissare�in�novanta�giorni�
dalla�notificazione�o�comunicazione�della�presente�decisione.�

***�
(2).�(Tribunale 
Amministrativo 
Regionale 
del 
Lazio, 
sezione 
III 
bis, 


6 
marzo 
2002, 
n. 
1682). 


�(omissis) 


I�ricorrenti�sono�medici�che�hanno�partecipato�ai�corsi�di�formazione�con-
formi�alla�normativa�recata�dal�decreto�del�Presidente�della�Repubblica�
10�marzo�1982�n.�162�e�hanno�conseguito�il�titolo�nelle�relative�specializzazioni�
nell'arco�di�tempo�tra�l'anno�accademico�1983-84�e�l'anno�accademico�1990-91.�

In�particolare,�essi�assumono�di�avere�gli�stessi�requisiti�posseduti�
dai�destinatari�delle�sentenze�del�Tribunale�amministrativo�regionale�del�
Lazio�sopra�ricordate�(numero�601�del�1993�e�numeri�279,�280,�281,�282�
e�283�del�1994).�

Con�una�serie�articolata�di�motivi�di�gravame�e�l'uso�dei�piu�vari�stru-
menti�processuali�essi�reclamano�l'applicazione�nei�loro�confronti�della�nuova�
disciplina�dettata�dalla�normativa�comunitaria�per�i�corsi�di�specializzazione,�
con�retribuzione�per�l'intera�durata�legale�del�corso�e�con�assegnazione�ai�
titoli�di�specializzazione�conseguiti�di�uno�specifico�punteggio�da�spendere�
nelle�procedure�concorsuali.�

La�normativa�anzidetta,�in�quanto�contenente�disposizioni�incondizio-
nate�e�sufficientemente�precise,�sarebbe�immediatamente�applicabile�e�com-
porterebbe�il�superamento�della�normativa�nazionale�(legge�29�dicembre�
1990�n.�428�e�decreto�legislativo�8�agosto�1991�n.�257),�che�prevede�invece�il�
doppio�beneficio�(assegnazione�di�borsa�di�studio�e�riconoscimento�di�auto-
nomo�punteggio�al�titolo�di�specializzazione)�solo�a�decorrere�dall'anno�acca-
demico�1991-92,�con�esclusione�dei�medici�ammessi�alla�frequenza�dei�corsi�
negli�anni�accademici�precedenti�o�che�erano�in�via�di�svolgimento�al�
momento�di�operativita�della�normativa�comunitaria�.�

�(omissis) 



IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE

3.��Sono�evidentemente�da�sciogliere�prima�le�questioni�in�rito.�
Con�riferimento�ai�ricorrenti�che�hanno�dapprima�diffidato�le�ammini-
strazioni�intimate�a�corrispondere�loro�la�remunerazione�prescritta�dalla�nor-
mativa�comunitaria�in�corrispettivo�delle�attivita�svolte�nell'ambito�della�for-
mazione�professionale�e�successivamente�impugnato�il�silenzio-rifiuto�che�si�
sarebbe�formato�sulle�loro�istanze�il�Collegio�osserva�quanto�scritto�qui�di�
seguito.�
Il�Collegio�puo�prescindere�dall'accertamento�della�ritualita�del�procedi-
mento�seguito�dai�ricorrenti�per�la�formazione�del�silenzio-rifiuto�impugna-
bile�in�sede�giurisdizionale:�questo�indipendentemente�dalla�tesi�preferita�se�
dopo�la�legge�7�agosto�1990�n.�241�persista�ancora�o�meno�l'onere�di�pro-
porre�un�atto�stragiudiziale�di�diffida�e�messa�in�mora�ai�sensi�dell'art.�25�
del�testo�unico�10�gennaio�1957�n.�3.�

Il�ricorso�e�,�difatti,�manifestamente�inammissibile.�

E�il�caso�di�ricordare�che�l'apprezzamento�in�termini�giuridici�del�com-
portamento�omissivo�tenuto�dalla�pubblica�amministrazione�in�presenza�di�
una�istanza�del�privato�intesa�a�ottenere,�allo�scopo�di�soddisfare�un�interesse�
�pretensivo��giuridicamente�protetto,�l'emanazione�di�un�provvedimento�
discrezionale�a�proprio�favore�(provvedimento�discrezionale�nel�contenuto,�
ma�vincolato�da�una�norma�positiva�quanto�alla�sua�adozione)�ha�origine�
(inizialmente�pretoria)�dalla�esigenza�di�risolvere�non�tanto�i�(pochi)�casi�di�
consapevole�scelta�della�pubblica�amministrazione�(�neppure�ti�rispondo�
tanto�e�infondata�la�tua�richiesta�),�quanto�i�(predominanti)�casi�di�disinte-
resse�della�pubblica�amministrazione�alle�istanze�del�cittadino,�indipendente-
mente�dalla�loro�infondatezza.�

Tale�era�il�livello�di�scorrettezza�amministrativa�che�il�legislatore�e�
dovuto�intervenire�con�la�legge�241�del�1990�per�canonizzare�gli�obblighi�di�
comportamento�della�amministrazione�pubblica�dinanzi�alle�richieste�del�cit-
tadino,�al�cui�servizio�e�istituzionalmente�preposta�l'amministrazione�mede-
sima�(e�non�viceversa).�

Peraltro�numerose�perplessita�erano�sorte,�specie�in�giurisprudenza,�rela-
tivamente�ai�poteri�che�il�giudice�amministrativo�dispone�di�fronte�a�impu-
gnative�di�siffatto�genere.�

Ed�invero,�alla�tesi�che,�in�sede�di�accertamento�del�silenzio�serbato�
dall'amministrazione,�il�giudice�adito�deve�limitare�il�proprio�sindacato�
al�controllo�della�legittimita�o�meno�dell'inerzia�opposta�alla�richiesta�
del�privato,�se�ne�contrappone�l'altra�che�riconosce�al�giudice�il�dovere�
di�spingersi�ad�apprezzare�la�fondatezza�della�pretesa�sostanziale�fatta�
valere�in�via�di�azione�e,�quindi,�indicare�puntualmente,�nel�caso�di�acco-
glimento�del�ricorso,�i�contenuti�vincolanti�della�successiva�attivita�del-
l'amministrazione�medesima.�La�situazione�ha�di�recente�indotto�la�
Sezione�VI�del�Consiglio�di�Stato,�con�ordinanza�10�luglio�2001�n.�3803,�
a�definire�la�questione�in�via�preventiva�all'Adunanza�plenaria,��onde�evi-


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

tare�possibili�contrasti�giurisprudenziali�e�in�relazione�all'importanza�
della�questione�di�carattere�generale��(questa�e�la�rilevante�originalita�
della�pronuncia).�

L'ordinanza�anzidetta�ha�fondamento�sulla�considerazione�che�la�ristret-
tezza�dei�termini�previsti�dall'art.�2�della�legge�21�luglio�2000�n.�205�per�sif-
fatto�procedimento�speciale�(termine�abbreviato�di�impugnazione;�fissazione�
in�tempi�brevi�della�camera�di�consiglio�nella�quale�il�ricorso�andra�deciso�
con��sentenza�succintamente�motivata�;�stesse�regole�per�l'appello)�verrebbe�
a�ledere�i�diritti�della�difesa,�l'integrita�del�contraddittorio�e�la�completezza�
dell'istruttoria�laddove,�in�luogo�di�limitare�il�giudizio�all'accertamento�del-
l'obbligo�d|�provvedere,�si�chiede�al�giudice�adito�di�estendere�la�cognizione�
all'accertamento�della�pretesa�sostanziale.�In�tali�casi,�infatti,�si�chiede�di�
affrontare�questioni�anche�particolarmente�complesse�o�relative�ad�attivita�
amministrativa�caratterizzata�da�rilevanti�profili�di�discrezionalita�in�tempi�
estremamente�ridotti�e�in�un�procedimento�che�si�definisce�nella�sede�came-
rale�con�una�impostazione�che�si�avvicina�alquanto�al�rito�speciale�introdotto�
dall'art.�9�della�legge�205�del�2000.�

Questa�disposizione,�che�sostituisce�l'ultimo�comma�dell'art.�26�della�
legge�6�dicembre�1971�n.�1034�e�fondata,�come�e�noto,�sulla�percezione�imme-
diata�da�parte�del�giudice�della�manifesta�infondatezza�ovvero�della�manife-
sta�fondatezza�del�ricorso:�circostanze,�queste,�che�potrebbero�bene�non�
esserci�nell'accertamento�della�pretesa�sostanziale�fatta�valere�nel�ricorso�
avverso�il�silenzio-rifiuto.�

Con�la�decisione�9�gennaio�2002�n.�1�l'Adunanza�plenaria�si�e�espressa�a�
favore�della�prima�tesi�osservando�che�il�giudizio�sul�silenzio-rifiuto�non�deve�
consentire�al�Giudice�amministrativo�di�spingersi�a�stabilire�il�contenuto�con-
creto�del�provvedimento�che�l'Amministrazione�avrebbe�dovuto�emanare�a�
seguito�dell'istanza�del�privato.�

Il�tenore�dell'art.�2�della�legge�n.�205�del�2000�avvalora�la�tesi�che�l'or-
gano�competente�in�via�ordinaria�conservi,�pur�dopo�la�sentenza�e�fino�all'in-
sediamento�del�commissario,�il�potere�di�provvedere�in�senso�pieno.�

Il�processo�sul�silenzio-rifiuto�e�,�pertanto,�diretto�solo�a�indurre�l'Ammi-
nistrazione�a�esprimersi�sollecitamente�sull'istanza�del�privato.�

Solo�attraverso�il�proprio�commissario,�in�caso�di�perdurante�
inerzia,�il�giudice�amministrativo�si�sostituisce�all'Amministrazione�
inadempiente�con�l'esercizio�sostitutivo,�e�pero�completo�delle�potesta�
amministrative.�

Per�tornare�al�tema�sul�quale�verte�la�controversia�e�da�osservare�che,�
nel�caso�di�specie,�non�viene�in�rilievo�l'utilita�del�procedimento�sul�silenzio-
rifiuto,�introdotto�dall'art.�2�della�legge�205�del�2000,�al�quale�i�ricorrenti�
hanno�indubbiamente�fatto�ricorso�(tanto�da�ottenere�la�sollecita�fissazione�
della�carriera�di�consiglio�per�la�trattazione�del�merito�del�gravame),�bens|�
l'utilizzabilita�del�procedimento.�


IL 
CONTENZIOSO 
NAZIONALE

Ed 
invero, 
i 
ricorrenti 
chiedono 
con 
lo 
strumento 
del 
silenzio-rifiuto 
l'ac-
certamento 
del 
loro 
preteso 
diritto 
patrimoniale 
perfetto 
a 
percepire 
una 
ade-
guata 
remunerazione 
come 
corrispettivo 
per 
l'attivita� 
(gia� 
) 
svolta 
nell'ambito 
della 
loro 
formazione 
professionale. 


Essi 
superano 
l'ostacolo 
costituito 
dall'art. 
11 
della 
legge 
19 
ottobre 
1999 


n. 
370 
e 
del 
conseguente 
decreto 
ministeriale 
14 
febbraio 
2000 
di 
attuazione 
chiedendo, 
da 
un 
lato, 
la 
disapplicazione 
della 
prima 
e 
l'annullamento 
del 
secondo; 
dall'altro, 
l'estensione 
nei 
loro 
confronti 
delle 
pronunce 
del 
Tribu-
nale 
amministrativo 
del 
Lazio 
del 
1993 
e 
del 
1994. 
La 
prima 
richiesta 
si 
fonda 
sul 
preteso 
contrasto 
con 
la 
disciplina 
comu-
nitaria, 
che 
ha 
forza 
propria 
di 
imporsi 
nell'ordinamento 
interno 
in 
quanto 
recherebbe 
disposizioni 
del 
tutto 
incondizionate 
e 
sufficientemente 
precise: 
pertanto, 
immediatamente 
e 
direttamente 
precettive. 


La 
seconda 
richiesta 
e� 
per 
evitare 
che 
si 
determini 
una 
disparita� 
di 
trat-
tamento 
tra 
medici 
specializzandi 
a 
motivo 
della 
ingiustificata 
limitazione 
temporale 
ai 
benefici 
economici 
delle 
borse 
di 
studio 
e 
a 
quelli 
giuridici 
del 
valore 
autonomo 
della 
specializzazione 
conseguita, 
con 
l'attribuzione 
di 
uno 
specifico 
punteggio 
da 
spendere 
nelle 
procedure 
di 
concorso. 


I 
ricorrenti 
superano 
pure 
l'ostacolo 
rappresentato 
quella 
parte 
della 
normativa 
comunitaria 
(direttiva 
82/76/CEE) 
priva 
dei 
caratteri 
della 
incon-
dizionatezza 
e 
precisione: 
cioe� 
la 
parte 
che 
deferisce 
alla 
autorita� 
nazionale 
la 
individuazione 
della 
istituzione 
sulla 
quale 
incombe 
l'obbligo 
di 
paga-
mento 
della 
�adeguata 
remunerazione� 
e 
il 
criterio 
della 
sua 
determinazione. 


L'ostacolo 
e� 
superato 
con 
ricorso 
allo 
stesso 
art. 
11 
della 
legge 
19 
otto-
bre 
1999 
n. 
370, 
che 
ha 
posto 
il 
pagamento 
a 
carico 
della 
amministrazione 
intimata 
in 
questo 
giudizio 
(l'attuale 
Ministero 
dell'istruzione, 
dell'Universita� 
e 
della 
ricerca) 
e 
riconosciuto 
nella 
misura 
onnicomprensiva 
di 


L. 
13.000.000 
annui 
(ora 
. 
6.713,94 
annui), 
per 
tutta 
la 
durata 
legale 
del 
corso 
seguito, 
la 
somma 
da 
corrispondere 
ai 
medici 
ammessi 
alla 
frequenza 
delle 
scuole 
di 
specializzazione 
in 
medicina 
a 
partire 
dall'anno 
accademico 
1983/1984 
fino 
a 
quello 
del 
1990/1991. 
Solo 
in 
via 
subordinata 
i 
ricorrenti 
chiedono 
la 
determinazione 
della 
entita� 
della 
somma 
nel 
corso 
del 
giudizio 
ovvero, 
in 
via 
ancora 
subordinata, 
la 
liquidazione 
equitativa 
dei 
danni 
da 
loro 
subiti 
per 
il 
ritardo 
con 
il 
quale 
lo 
Stato 
italiano 
nel 
1991 
ha 
recepito 
la 
direttiva 
82/1976/CEE, 
che 
aveva 
avuto 
effetto 
dal 
1983. 


Altri 
ricorrenti 
chiedono, 
invece, 
la 
somma 
all'epoca 
determinata 
dal-
l'art. 
6 
del 
decreto 
legislativo 
8 
agosto 
1991 
n. 
257 
(in 
attuazione 
della 
diret-
tiva 
82/1976/CEE) 
in 
L. 
21.500.000 
(ora 
. 
11.103,82), 
incrementata 
annual-
mente 
dal 
tasso 
programmato 
di 
inflazione 
determinato 
dai 
decreti 
ministe-
riali 
ogni 
triennio. 


4. 
Osserva 
il 
Collegio 
che 
i 
ricorrenti, 
nella 
sostanza 
delle 
cose, 
promuo-
vono 
una 
azione 
che 
ha 
per 
oggetto 
una 
pretesa 
patrimoniale 
diretta, 
gia� 
pre-
determinata 
in 
tutti 
i 
suoi 
elementi 
o, 
quanto 
meno, 
facilmente 
determinabile 
nel 
corso 
del 
giudizio 
in 
via 
diretta 
ovvero 
per 
equivalente. 

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO

L'azione 
e� 
, 
pertanto, 
incontestabilmente 
prospettata 
come 
rivolta 
all'ac-
certamento 
di 
un 
comportamento 
di 
inadempimento 
a 
un 
obbligo 
patrimo-
niale 
imposto 
dall'ordinamento 
ed 
e� 
diretta 
a 
ottenere 
una 
pronuncia 
di 
con-
danna 
dell'amministrazione 
intimata 
al 
pagamento 
di 
una 
somma 
di 
denaro 
determinata 
(ovvero 
determinabile 
in 
via 
diretta 
o 
per 
equivalente). 


A 
siffatto 
risultato 
non 
puo� 
condurre 
il 
procedimento 
speciale 
di 
annul-
lamento 
del 
silenzio-rifiuto 
ai 
sensi 
dell'art. 
2 
della 
legge 
205 
del 
2000 
(piu� 
correttamente: 
la 
intrapresa 
azione 
di 
accertamento 
dell'inadempimento 
all'obbligo 
di 
pronuncia 
esplicita 
sulla 
istanza 
del 
privato 
diretta 
al 
soddisfa-
cimento 
di 
un 
interesse 
pretensivo 
a 
opera 
di 
una 
attivita� 
discrezionale 
della 
pubblica 
amministrazione). 


Nel 
detto 
silenzio 
procedimento 
il 
giudice 
amministrativo 
esercita, 
difatti, 
i 
poteri 
propri 
della 
giurisdizione 
di 
legittimita� 
. 


Invece, 
nei 
casi 
di 
giurisdizione 
esclusiva, 
per 
giungere 
alla 
condanna 
dell'Amministrazione, 
le 
pretese 
patrimoniali 
che 
hanno 
fondamento 
in 
una 
precisa 
disposizione 
normativa, 
senza 
necessita� 
di 
intermediazione 
di 
ulte-
riori 
provvedimenti 
dell'amministrazione, 
devono 
passare 
attraverso 
un 
giu-
dizio 
ordinario 
diretto 
ad 
accertare, 
prima 
di 
tutto, 
la 
reale 
consistenza 
della 
posizione 
giuridica 
vantata, 
la 
titolarita� 
della 
stessa, 
e 
in 
ultimo, 
la 
sussi-
stenza 
dell'inadempimento 
dell'amministrazione, 
tenuta 
a 
soddisfare 
in 
via 
diretta 
e 
immediata 
la 
pretesa. 


D'altra 
parte, 
che 
nel 
caso 
di 
specie 
si 
tratti 
di 
giurisdizione 
esclusiva 
e� 
confermato 
dall'art. 
7 
della 
legge 
205 
del 
2000, 
che 
modifica 
l'art. 
33 
del 
decreto 
legislativo 
31 
marzo 
1998 
n. 
80. 


Ed 
infatti, 
la 
formazione 
del 
medico 
europeo 
e� 
da 
qualificare 
come 
ser-
vizio 
pubblico 
in 
quanto 
consiste 
in 
attivita� 
di 
istruzione 
svolta 
dalla 
pub-
blica 
amministrazione 
per 
fornire 
ai 
partecipanti 
una 
utilita� 
di 
carattere 
stru-
mentale, 
da 
spendere 
nell'esercizio 
della 
professione 
in 
qualunque 
luogo 
del-
l'Unione. 


Il 
nuovo 
e 
accelerato 
strumento 
di 
tutela 
offerto 
dal 
procedimento 
spe-
ciale 
introdotto 
per 
i 
ricorsi 
avverso 
il 
silenzio 
della 
amministrazione, 
attra-
verso 
il 
quale, 
con 
i 
tempi 
tecnici 
propri 
di 
una 
misura 
cautelare, 
si 
giunge 
alla 
sola 
declaratoria 
dell'obbligo 
di 
provvedere 
(secondo 
la 
tesi 
che 
anche 
la 
Sezione 
ha 
costantemente 
mostrato 
di 
prediligere), 
non 
puo� 
valere 
per 
ottenere 
in 
modo 
anticipato 
una 
delibazione 
del 
merito 
della 
controversia, 
che 
appare 
invece 
riservato 
al 
normale 
giudizio 
di 
cognizione. 


D'altra 
parte, 
se 
questo 
fosse 
in 
ipotesi 
consentito, 
l'azione 
del 
privato 
finirebbe 
per 
essere 
diretta 
a 
ottenere 
dalla 
amministrazione 
una 
pronuncia 
espressa 
su 
un 
suo 
inadempimento 
relativo 
a 
una 
prestazione 
patrimoniale 
che 
e� 
a 
suo 
carico 
per 
obbligo 
di 
legge: 
con 
questo 
si 
imporrebbe 
all'ammini-
strazione, 
in 
ultimo 
attraverso 
un 
commissario 
del 
giudice, 
di 
riconoscere 
un 
proprio 
debito 
saltando 
tutta 
la 
fase 
cognitoria 
di 
accertamento. 


(omissis)�. 



IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE

L'INDENNITA�DI�FUNZIONE�PER�I�GIUDICI�DI�PACE�

Corte�di�cassazione,�sez.�lavoro,�16�febbraio�2002,�n.�2287�^Presidente�Rava-
gnani�^Estensore�Minichiello�^Pubblico�Ministero�Giacalone�(conf.)�^
Ministero�della�Giustizia�(avv.�Stato�P.�M.�Zerman)�c/�M.�
ed�altri.�

le 
massime 


1.��Benche�deducibilecomemotivodiricorsopercassazione,lacensura�
diretta�a�riproporre�(come�gia��in�appello)�l'incompetenzafunzionale�del�Giudice�
del�lavoro�sulla�domanda�di�corresponsione�della�indennita��giudiziaria�rivendi-
catadall'esercentefunzionidigiudicedipace,�vadisattesagiacche�,�conl'istitu-
zione�del�giudice�unico�di�primo�grado,�le�controversie�in�materia�di�lavoro�
(non�devolute�al�giudice�amministrativo)�appartengono��in�primo�grado�a
l�Tribunale�in�composizione�monocratica�restando,�cos|�,�la�natura�del�rapporto�
azionatorilevantesolosulritoapplicabile(enonpiu��sullacompetenza).�
2.��Aigiudicidipacenonspettal'indennita��dicuiall'art.3legge19feb-
braio�1981�n.�27.�
il 
commento 


Sullaprima�massima:�la�sentenza�in�rassegna�ribadisce,�in�motivazione,�l'e-
straneita�delle�controversie,�come�quella�di�specie,�alla�competenza�per�materia�
del�giudice�del�lavoro;�e�svolge,�poi,�condivisibili�corollari�dalla�richiamata�
Cass.�28�settembre�2000�n.�1045/S.U.�(in�Foro�it.�2000,�I,�3462),�intervenuta�a�
risolvere�il�contrasto�in�tema�di�ammissibilita�del�regolamento�di�competenza�
(negata�in�ragione�dell'esclusa�possibilita�,�alla�luce�della�nuova�normativa�sul�
giudice�unico�di�primo�grado,�di�una�scelta�fra�due�giudici�diversi,�ognuno�dei�
quali�astrattamente�competente�a�giudicare�la�controversia).�

Nel�senso�della�residuale�rilevanza,�agli�effetti�del�rito�applicabile,�delle�
questioni�della�competenza�per�materia�del�giudice�del�lavoro�(dopo�l'istitu-
zione�del�giudice�unico),�cfr.�pure�in�dottrina�Dalmotto,�Brevi�note�su�que-
stioni�di�competenza�ecc.,�in�Giur.�it.�2000,�I,�1143�e�Giacalone, 
Giudice�unico�
e�compenza,in�Giust.�civ.�2000,�I,�995.�

In�relazione�alla�seconda�massima:�oltre�Cass.�1622/01,�in�termini,�

v.�pure,�per�la�non�riconducibilita�nel�concetto�di�retribuzione�del�tratta-
mento�economico�(di�natura�indennitaria)�spettante�ai�magistrati�onorari,�
S.U.�12�marzo�1999�n.�129,�in�Foro�it,�1999,�I,�1170.�
S.L. 
gli 
argomenti 
della 
decisione 


(omissis)�

�1.��Col�primo�motivo�di�ricorso�e�denunciata��violazione�delle�
norme�sulla�competenza�(art.�360,�n.�2,�c.p.c.)�in�relazione�all'art.�409�c.p.c.,�
nonche�agli�artt.�9�e�10�c.p.c.��e�si�sostiene�che�erroneamente�il�giudice�di�
appello�ha�affermato�la�competenza�funzionale�del�giudice�del�lavoro,�non�
ricorrendo�alcuna�delle�ipotesi�previste�dall'art.�409�c.p.c.,�e�dovendo�percio�
ravvisarsi�la�competenza�per�valore�del�tribunale.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

Col�secondo�motivo,�il�Ministero�ricorrente��denunciando��viola-
zione�di�norme�di�diritto�(art.�360�n.�3�c.p.c.)�in�relazione�all'art.�3�della�
legge�n.�27�del�19�febbraio�1981�ed�all'art.�1�della�legge�n.�425�del�6�agosto�
1984,�nonche�in�relazione�agli�artt.�1�e�45�della�legge�n.�374/1991��s
ostiene�che�erroneamente�sia�stata�riconosciuta�ai�giudici�di�pace�l'inden-
nita�rivendicata,�in�quanto�l'art.�3�della�legge�19�febbraio�1981�n.�27,�
secondo�la�norma�interpretativa�di�cui�all'art.�1�della�legge�n.�425/1984�
cit.,�ne�ha�previsto�la�corresponsione�ai�magistrati�dell'ordine�giudiziario�
ecioe�ai�magistrati�ordinari,�mentre�l'art.�2�della�stessa�legge�n.�425�del�
1984�ne�ha�esteso�la�spettanza,�ex 
nunc,�ad�altre�carriere�magistratuali�ma�
non�anche�ai�giudici�di�pace.�

2.��Il�primo�motivo�di�ricorso�non�puo�essere�accolto,�ancorche�la�
sentenza�impugnata,�affermativa�della�competenza�funzionale�del�giudice�
del�lavoro�ai�sensi�dell'art.�409�n.�5�cod.�proc.�civ.,�si�appalesi�erronea�alla�
luce�dell'insegnamento�delle�Sezioni�Unite�di�questa�Corte�(v.�sentenza�
9�novembre�1998�n.�11272)�affermativo�della�non�attribuibilita�delle�con-
troversie�come�quella�in�oggetto�alla�competenza�per�materia�del�giudice�
del�lavoro�della�devoluzione�di�esse�al�giudice�ordinario�individuabile�
ratione 
valoris.�
Va�considerato�che,�a�seguito�dell'istituzione�del�giudice�unico�di�primo�
grado,�nelle�controversie�in�materia�di�lavoro�non�rientranti�fra�quelle�di�cui�
all'art.�133�del�d.lgs.�n.�51�del�1998�(devolute�al�giudice�amministrativo),�e�
competente,�quale�giudice�di�primo�grado,�il�tribunale�in�composizione�
monocratica,�mentre�la�natura�della�controversia�incide�solo�sul�rito�applica-
bile�e�non�piu�sulla�competenza.�Da�cio�le�Sezioni�Unite�della�Suprema�Corte�

(v.�sentenza�28�settembre�2000�n.�1045)�hanno�fatto�derivare�l'inammissibilita�
del�regolamento�di�competenza�in�ordine�all'attribuibilita�di�una�determinata�
controversia�al�pretore�giudice�del�lavoro�o�al�tribunale,�essendo�venuta�
meno�la�possibilita�di�scelta�fra�due�giudici�diversi�ossia�non�appartenenti�
allo�stesso�ufficio.�
Tali�considerazioni,�svolte�con�riguardo�all'ipotesi�di�regolamento�di�
competenza,�non�sono�pero�trasferibili�al�motivo�di�ricorso�per�cassa-
zione�che�(come�nella�specie)�sia�proposto,�per�negare�la�competenza�per�
materia�del�pretore�giudice�del�lavoro�a�favore�della�competenza�per�
valore�del�tribunale,�nell'ipotesi�in�cui�il�pretore,�dichiaratosi�competente�
per�materia�quale�giudice�del�lavoro,�abbia�pronunciato�anche�nel�merito�
la�sua�decisione,�gravata�d'appello�anche�in�ordine�alla�questione�di�com-
petenza,�sia�stata�per�tale�punto�confermata�dal�tribunale.�Infatti,�l'esame�
della�questione�di�competenza�in�sede�di�regolamento�e�quello�della�
medesima�questione�in�sede�di�ricorso�ordinario�ai�sensi�dell'art.�360�

n.�2�cod.�proc.�civ.�sono�funzionali�ad�esigenze�diverse:�costituite,�per�il�
primo,�dalla�translatio 
iudicii 
avanti�al�giudice�ritenuto�competente�e,�
per�il�secondo,�dalla�valutazione�della�legittimita�della�sentenza�che�ha�
pronunciato�nel�merito.�
L'esposto�motivo�in�ordine�alla�competenza��se�non�puo�quindi�essere�
ritenuto�inammissibile�per�ragioni�analoghe�a�quelle�svolte�dalla�citata�sen-


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE

tenza�n.�1045�del�2000�in�sede�di�regolamento��e�pero�egualmente�da�disat-
tendere,�considerato�che�la�distinzione�fra�pretore�giudice�del�lavoro�e�pretore�
addetto�alle�cause�ordinarie�dava�luogo�solo�ad�una�ripartizione�dell'attivita�
interna�allo�stesso�ufficio�(v.�Cass.�20�febbraio�1999�n.�1438)�e�tenuto�altres|�
conto�che,�nella�specie,�l'eccezione�d'incompetenza�per�valore�del�pretore�o
ltre�che�essere�tempestivamente�dedotta�in�primo�grado�avrebbe�dovuto�
essere�specificamente�riproposta�in�appello�ed�in�sede�di�legittimita�con�l'indi-
cazione�della�ragioni�dimostrative�del�superamento�dei�limiti�della�compe-
tenza�per�valore�del�pretore�ai�sensi�dell'art.�8�cod.�proc.�civ.,�rimanendo,�in�
mancanza,�la�causa,�pur�non�di�lavoro,�ben�radicata,�ratione�valoris,�davanti�
al�Pretore�adito.�

3.��Il�secondo�motivo�di�ricorso�e�invece�fondato.�
Esaminando�la�medesima�questione,�la�Corte,�con�sentenza�5�febbraio�
2001�n.�1622,�ha�enunciato�principi�cos|�sintetizzati�nella�massima�ufficiale:�

�La�disciplinadeicompensiperilgiudicedipacee�dettataesclusivamente�dalle�
fonti�che�specificatamente�li�contemplano,�dovendosi�escludere�ogni�integrazione�
mediante�il�ricorso�a�regole�dettate�per�rapporti�di�natura�diversa�e�dovendosi,�
in�particolare,�escludere�l'estensibilita�ai�giudici�di�pace�di�indennita�(nella�spe-
cie,quelladicuiall'art.�3leggen.�27del1981comeinterpretatodall'art.�1legge�

n.�425�del�1984)�previste�per�i�giudici�togati,�che�svolgono�professionalmente�e�
�in�viaesclusiva�funzionigiurisdizionaliedilcuitrattamentoeconomico�e�arti-
colato�su�parametri�affatto�differenti�.�
Tali�principi�sono�stati�ribaditi�dalla�sentenza�8�novembre�2001�

n.�13835,�la�quale�ha�inoltre�considerato�irrilevante�(ai�fini�della�questione�
in�esame)�la�circostanza�che�l'art.�24�bis,�comma�terzo,�del�d.l.�24�novembre�
2000�n.�341,�introdotto�dalla�legge�di�conversione�19�gennaio�2001�n.�4,�
abbia�stabilito�che�ai�giudici�di�pace��e�altres|�dovuta�un'indennita�di�
L.�500.000�mensili�per�ciascun�mese�di�effettivo�servizio�a�titolo�di�rimborso�
spese�per�l'attivita�di�formazione,�aggiornamento�e�per�l'espletamento�dei�
servizigeneralidiistituto�,�potendo�da�cio�desumersi�solo�che,�anterior-
mente�all'entrata�in�vigore�di�tale�norma,�ai�giudici�di�pace�non�spettava�
ne�l'indennita�rivendicata�in�questo�giudizio�ne�quella�poi�introdotta�dalla�
nuova�disposizione.�
Il�Collegio�non�ravvisa�ragioni�per�discostarsi�dall'orientamento�
espresso�dalle�citate�sentenze,�rinviando��nel�rispetto�del�principio�di�eco-
nomia�nell'esercizio�di�funzioni�a�servizi�pubblici��alle�ampie�argomenta-
zioni�che�le�sorreggono.�

Conclusivamente,�mentre�il�primo�motivo�di�ricorso�deve�essere�riget-
tato,�il�secondo�deve�invece�essere�accolto,�con�conseguente�cassazione�
dell'impugnata�sentenza�e,�non�essendo�necessari�ulteriori�accertamenti�di�
fatto,�con�pronuncia�nel�merito,�ai�sensi�dell'art.�384,�primo�comma,�cod.�
proc.�civ.,�di�rigetto�della�domanda�di�M.M.P.�e�degli�altri�intimati�in�epi-
grafe�indicati.�

(omissis).��


RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO

REVOCA 
DELLA 
CONFISCA 
NEI 
PROCEDIMENTI 
ANTIMAFIA: 
REGIME 
DELLE 
SPESE 
UTILI 
ALLA 
CONSERVAZIONE 
DEI 
BENI 


Tribunale 
di 
Reggio 
Calabria, 
sezione 
misure 
di 
prevenzione, 
19 
marzo 
2002 
^
Presidente�Forti 
^Estensore�Ramondino 
^F.D. 
(avv.ti 
N. 
D'Ascola 
e 
G. 
Panuccio) 
c/ 
Ministero 
dell'Economia 
e 
delle 
Finanze 
ed 
altri 
(avv. 
Stato 


M. 
Borgo). 
le 
massime 


1. 
�Nella�controversia�avente�ad�oggetto�l'opposizione�al�conto�di�
gestione,�proposta�dal�soggetto�sottoposto�a�misura�di�prevenzione�patrimo-
niale�ex 
lege 
n.�575/65�(misura�di�prevenzione�successivamente�revocata�
dalla�CortediAppello),�deveesseredichiarato�ildifetto�dilegittimazionepas-
siva�dell'Agenzia�delle�Entrate�e�dell'Agenzia�del�Demanio,�dovendosi�indivi-
duare�l'unicosoggetto�legittimatopassivo�nelMinistero�dell'Economia�e�delle�
Finanze.�

2. 
�Il�tenore�letterale�e�la�stessa�sistematica�della�norma�contenuta�nel-
l'art.�2-octies 
della�legge�n.�575/65�dimostrano�in�modo�non�equivoco�che�il�legi-
slatore�ha�inteso�disciplinare�in�modo�distinto�ed�autonomo�le�spese�menzionate�
al�comma�1�e�quelle�menzionate�al�comma�3.�
Tale�disciplina�diverge�radicalmente�in�ordine�all'individuazione�del�sog-

getto�su�cui�deve,�in�definitiva,�gravare�il�relativo�onere�allorquando�il�sequestro�
(o�la�confisca)�del�bene�sia�stato�revocato:�quanto�alle�spese�necessarie�o�utili�
alla�conservazione�e�all'amministrazione�dei�beni�sequestrati,�tale�soggetto�viene�
identificato�dalla�legge�nel�titolare�del�bene,�ovvero�in�colui�al�quale�il�bene�e�
stato�restituito,�trattandosi�del�soggetto�che�si�avvantaggia�dei�benefici�derivati�
da�tali�spese;�quanto�alle�spese�espressamente�indicate�dal�comma�3,�il�soggetto�
onerato�e�individuato�dalla�legge�nello�Stato,�trattandosi�di�spese�che,�a�prescin-
dere�da�ogni�valutazione�in�termini�di�necessita�o�di�utilita�,�sono�strettamente�
correlate�alla�procedura�attivata�dall'organo�giurisdizionale�deputato�all'appli-
cazione�delle�misure�di�prevenzione.�

il 
commento 


Le 
spese 
�necessarie 
o 
utili 
per 
la 
conservazione 
e 
l'amministrazione 
dei 
beni�, 
sostenute 
nell'ambito 
dei 
procedimenti 
di 
prevenzione 
patrimoniale 
antimafia, 
non 
vanno 
accollate 
allo 
Stato 
in 
caso 
di 
revoca 
del 
prov-
vedimento 
di 
confisca. 
Una 
interessante 
pronuncia 
del 
Tribunale 
di 
Reggio 
Calabria. 


La 
sentenza, 
che 
si 
commenta, 
presenta 
un 
indubbio 
interesse 
in 
quanto 
affronta 
(per 
la 
prima 
volta, 
a 
quanto 
consta) 
la 
problematica 
concernente 
la 
diversa 
disciplina, 
ai 
fini 
della 
loro 
imputazione, 
delle 
�spese�necessarie�o�
utiliper�la�conservazione�e�l'amministrazione�dei�beni�, 
che 
siano 
stati 
oggetto 
di 
un 
provvedimento 
di 
prevenzione 
patrimoniale, 
successivamente 
revocato 
(art. 
2-octies, 
primo 
comma 
della 
legge 
n. 
575/65) 
e 
delle 
�somme�per�il�
pagamento�del�compenso�all'amministratore,�per�il�rimborso�delle�spese�da�lui�
sostenute�per�i�suoi�coadiutori�e�quelle�di�cui�al�comma�4�dell'art.�2-septies��
(art.�2-octies, 
terzo 
comma 
della 
legge 
n. 
575/65). 



IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE

Ilfatto 


Un�soggetto,�indiziato�di�fare�parte�di�una�associazione�per�delinquere�di�
stampo�mafioso,�vede�sequestrati�e�successivamente�confiscati,�ai�sensi�della�
legge�31�maggio�1965�n.�575,�i�propri�beni�(nella�specie,�alcune�societa�aventi�
ad�oggetto�la�vendita�di�autovetture�di�diverse�marche�automobilistiche);�il�
provvedimento�di�sequestro�viene�successivamente�posto�nel�nulla�dal�giudice�
di�appello.�

Con�apposita�istanza,�l'ex�proposto�chiede�agli�amministratori�giudi-
ziari,�nominati�nell'ambito�del�procedimento�di�prevenzione,�di�provvedere�
al�deposito�del�rendiconto�relativo�alla�gestione�dei�beni,�dai�primi�curata�
nel�periodo�di�vigenza�del�sequestro�e�della�confisca.�

Il�giudice�delegato�fissa,�all'uopo,�l'udienza�di�verifica�ed�eventuale�
approvazione�del�conto�di�gestione,�invitando,�nel�contempo,�gli�amministra-
tori�giudiziari�a�depositare�il�rendiconto�finale.�

All'udienza,�i�difensori�dell'ex�proposto,�pur�dichiarando�di�non�avere�
obiezioni�da�muovere�al�rendiconto�finale,�presentato�dagli�amministratori,�
rilevano�come�alcune�spese,�richiamate�nel�predetto�rendiconto,�avrebbero�
dovuto�essere�imputate�all'amministrazione�statale�e�non,�invece,�alle�societa�
facenti�capo�al�loro�assistito.�

A�questo�punto,�il�giudice�delegato�rinvia�l'udienza�di�approvazione�del�
conto�di�gestione,�disponendo�la�notifica�del�verbale�d'udienza�all'Agenzia�
delle�Entrate�di�Reggio�Calabria,�all'Agenzia�del�Demanio�di�Reggio�Cala-
bria�e�al�Ministero�delle�Finanze.�

All'udienza,�celebratasi�in�camera�di�consiglio,�davanti�al�giudice�dele-
gato,�l'Avvocatura�Erariale�si�costituisce�per�conto�di�tutti�e�tre�i�soggetti�
chiamati�in�causa,�eccependo�il�difetto�di�legittimazione�passiva�delle�due�
Agenzie�fiscali�e�chiedendo,�nel�merito,�il�rigetto�della�domanda�avanzata�
dalla�difesa�dell'ex�proposto.�

Il�giudice�delegato,�concessi�termini�per�note�e�repliche,�fissa�l'udienza�di�
discussione�davanti�al�Collegio�del�Tribunale,�al�termine�della�quale,�il�Tribu-
nale�reggino�riserva�la�decisione.�

La 
sentenza 


Il�Tribunale�di�Reggio�Calabria�era�chiamato�a�dare�soluzione�ad�una�
controversia�di�natura�squisitamente�patrimoniale�e�che�poco�aveva�a�che�
fare�con�la�sede�penale�in�cui�veniva�celebrato�il�relativo�giudizio.�

Ne�sono�testimoni�il�fatto�che�la�pronuncia�che�si�commenta�ha�la�forma�
della�sentenza�(e�non�quella�del�decreto,�forma�prevista�per�la�decisione�con�
la�quale�viene�approvato�il�conto�di�gestione),�nonche�il�fatto�che�l'udienza�
di�discussione,�fissata�per�il�giorno�14�dicembre�2001,�venne�regolarmente�
celebrata�nonostante�che�gli�avvocati�delle�Camere�Penali�avessero�procla-
mato,�per�quella�giornata,�l'astensione�dall'attivita�difensiva.�

Prima�di�esaminare�le�argomentazioni�con�le�quali�il�Tribunale�reggino�e�
pervenuto�a�dare�soluzione�al�problema�dell'individuazione�del�soggetto�al�
quale�imputare,�in�via�definitiva,�le�somme�controverse,�e�opportuno�rilevare�
come�la�sentenza�in�commento�si�segnali�anche�per�la�corretta�indicazione�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

del��soggetto�pubblico�,�legittimato�passivo�nelle�controversie,�aventi�ad�
oggetto�l'opposizione�avanzata�dall'ex�proposto,�in�sede�di�approvazione�del�
conto�di�gestione,�nell'ambito�del�procedimento�relativo�ad�una�misura�di�
prevenzione�patrimoniale,�successivamente�revocata.�

Sul�punto,�in�accoglimento�delle�eccezioni�formulate�dalla�Difesa�Era-
riale,�il�Tribunale�di�Reggio�Calabria�ha,�in�primo�luogo,�statuito�che�nes-
suna�competenza�puo�configurarsi,�in�materia,�in�capo�all'Agenzia�delle�
Entrate,�mentre,�con�riferimento�all'Agenzia�del�Demanio,�ha�osservato�che�
la�stessa��ha�concretamente�perduto�ogni�interesse�in�seguito�all'adozione�del�

provvedimento�con�il�quale�la�locale�Corte�di�Appello�ha�revocato�la�confisca�

disposta�dai�giudici�di�primo�grado�.�

Trattasi�di�affermazioni,�la�cui�cristallina�linearita�rende�superfluo�ogni�
ulteriore�commento�e�conferma�come,�anche�dopo�l'istituzione�delle�c.d.�
Agenzie�fiscali,�l'Amministrazione�Finanziaria�(oggi�impersonata�dal�Mini-
stero�dell'Economia�e�delle�Finanze)�mantenga�una�propria�e�distinta�legit-
timazione�processuale�in�controversie�(come�quella�in�argomento)�che,�a�
prima�vista,�potrebbero�ritenersi�ormai�estranee�alla�sfera�di�competenza�
ministeriale.�

Passando�all'esame�del�merito�della�pronuncia�in�commento,�occorre�
rilevare�come�la�stessa�muova�da�un�analitico�esame�delle�disposizioni,�conte-
nute�nell'art.�2-octies�della�legge�n.�575/65;�una�disposizione,�quest'ultima,�il�
cui�primo�comma�stabilisce�che��le�spese�necessarie�o�utiliper�la�conservazione�
e�l'amministrazione�deibenisonosostenutedall'amministratore�medianteprele-

vamento�delle�somme�da�lui�riscosse�a�qualunque�titolo�;�al�secondo�comma�
della�citata�norma,�viene�previsto�che,�nell'ipotesi�in�cui�dalla�gestione�dei�
beni�sequestrati�non�siano�ricavabili�somme�sufficienti�per�il�pagamento�delle�
spese�di�cui�al�primo�comma,�le�somme�occorrenti��sono�anticipate�dallo�
Stato,�con�diritto�al�recupero�nei�confronti�del�titolare�del�bene�in�caso�di�revoca�
del�sequestro�;�il�terzo�comma�completa,�poi,�la�disposizione�affermando�
che,�quanto�alle��somme�per�il�pagamento�del�compenso�all'amministratore,�

per�il�rimborso�delle�spese�da�lui�sostenute�per�i�suoi�coadiutori�e�quelle�di�cui�
al�comma�4�dell'art.�2-septies��(connesse�al�trasferimento�dell'amministratore�
fuori�della�sede�di�residenza),�le�stesse�siano�inserite�nel�conto�di�gestione�
ovvero,�nell'ipotesi�di�insufficienza�del�conto,�anticipate�in�tutto�o�in�parte�
dallo�Stato��senza�diritto�a�recupero�;�quest'ultimo�alinea�della�norma�si�con-
clude�con�la�precisazione�che,�nell'ipotesi�in�cui�il�sequestro�di�prevenzione�
sia�revocato,��le�somme�suddette�sono�poste�a�carico�dello�Stato�.�

Nel�caso�esaminato�dal�giudice�reggino,�la�maggior�parte�delle�somme�
di�cui�la�difesa�del�proposto�chiedeva�l'imputazione�a�carico�dello�Stato,�rien-
travano�tra�quelle�contemplate�dal�primo�comma�dell'art.�2-octies,�essendo�
state�le�stesse�poste�in�essere�per�la�conservazione�e�amministrazione�del�
patrimonio�sequestrato;�si�trattava,�in�particolare,�di�spese�che�gli�ammini-
stratori�giudiziari�avevano�dovuto�affrontare,�per�usare�le�parole�del�Tribu-
nale�di�Reggio�Calabria,�per��ripristinare�la�regolarita�della�gestione�delle�
diverse�societa�in�sequestro,�sotto�ilprofilo�sia�contabile�che�tributario�.�

La�richiesta,�lo�ripetiamo,�di�accollo�definitivo�delle�predette�spese�alle�
casse�erariali�veniva�fondata,�dalla�difesa�dell'ex�proposto,�su�di�un'interpre-


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE

tazione�delle�norme,�sopra�richiamate,�che,�valorizzando�il�dato�testuale,�con-
tenuto�nella�parte�finale�del�terzo�comma�dell'art.�2-octies 
(ove�si�prevede,�
come�piu�sopra�ricordato,�che�nell'ipotesi�di�revoca�del�sequestro��le 
somme 
suddette 
sono 
poste 
a 
carico 
dello 
Stato�),�mirava�a�fare�affermare�dal�Tribu-
nale�adito�che��ogniqualvolta 
intervenga 
la 
revoca 
del 
sequestro 
precedente-
mente 
disposto, 
tutte 
le 
spese 
previste 
dai 
primi 
tre 
commi 
dell'art. 
2-octies 
deb-
bono 
essere 
poste 
a 
carico 
dello 
Stato�. 


Un'interpretazione,�quest'ultima,�che�non�poteva�essere�condivisa,�risol-
vendosi�la�stessa,�come�evidenziato�dalla�Difesa�Erariale�nella�propria�
memoria�difensiva,�nella�legittimazione�di�un�vero�e�proprio�ingiustificato�
arricchimento�da�parte�del�titolare�del�patrimonio,�oggetto�della�procedura�
di�prevenzione,�che,�in�mancanza�del�provvedimento�di�sequestro,�avrebbe�
dovuto,�comunque,�affrontare�l'esborso�economico�concernente�la�spese�
necessarie�o,�comunque,�utili�alla�conservazione�ed�amministrazione�del�pro-
prio�patrimonio.�

In�altre�parole,�accedendo�alla�tesi�della�difesa�dell'ex�proposto,�sarebbe�
derivata�la�conseguenza�paradossale�che�un�soggetto,�sottoposto�a�misura�di�
prevenzione�patrimoniale,�poi�revocata,�avrebbe�ingiustamente�locupletato�
un�vantaggio�economico,�rappresentato�dallo�sgravio,�per�il�periodo�di�
costanza�del�sequestro�e�della�confisca,�degli�esborsi�necessari�per�la�conser-
vazione�e�l'incremento�dei�propri�beni.�

A�cio�si�aggiunga�che�l'erroneita�della�tesi�avversaria�risultava�confer-
mata�dal�semplice�confronto�fra�le�previsioni,�contenute�nel�primo�e�terzo�
comma�dell'art.�2-octies 
della�legge�n.�575/65,�dettate,�entrambe,�con�riferi-
mento�all'ipotesi�in�cui�le�disponibilita�del�conto�della�gestione�non�siano�suf-
ficienti�per�il�pagamento�delle�spese,�sopra�menzionate.�

Ebbene,�con�riferimento�alle�spese�per�la�conservazione�e�l'amministra-
zione�dei�beni,�si�prevede�che�le�stesse�siano�anticipate�dallo�Stato,�con�diritto�
al�recupero�nei�confronti�del�titolare�del�bene�in�caso�di�revoca�del�sequestro,�
mentre,�con�riferimento�alle�somme�per�il�pagamento�del�compenso�dell'am-
ministratore,�per�il�rimborso�delle�spese�sostenute�per�i�coadiutori�dello�
stesso�e�quelle�di�cui�al�comma�4�dell'art.�2-septies,�si�prevede�che�esse�siano�
anticipate�dallo�Stato,�senza�diritto�a�recupero.�

Una�diversa�disciplina�che�avvalora�la�tesi,�sostenuta�dalla�Difesa�Era-
riale,�in�ordine�al�fatto�che�le�spese�necessarie�per�la�conservazione�e�ammini-
strazione�dei�beni�sequestrati�e�il�cui�sequestro�sia�stato�successivamente�
revocato�(o�addirittura�confiscati�e�la�cui�confisca�sia�stata�successivamente�
revocata,�come�nel�caso�deciso�dal�Tribunale�di�Reggio�Calabria)�non�pos-
sono�mai�essere�imputate�all'Erario.�

Il�Tribunale�reggino,�facendo�proprie�le�difese�dell'Avvocatura�dello�Stato,�
ha�affermato,�con�nettezza,�che��il 
meccanismo 
prefigurato 
dal 
legislatore 
(nei 
commi 
l 
e 
3 
dell'art. 
2-octies 
della 
legge 
n. 
575/65) 
diverge 
radicalmente 
in 
ordine 
all'individuazione 
del 
soggetto 
su 
cui 
deve, 
in 
definitiva, 
gravare 
il 
relativo 
onere 
allorquando 
il 
sequestro 
(o 
la 
confisca) 
del 
bene 
sia 
stato 
revocato: 
quanto 
alle 
spese 
necessarie 
o 
utili 
alla 
conservazione 
e 
all'amministrazione 
dei 
beni 
sequestrati, 
tale 
soggetto 
viene 
identificato 
dalla 
legge 
nel 
titolare 
del 
bene, 
ovvero 



RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

in�colui�al�quale�il�bene�e�stato�restituito,�trattandosi�del�soggetto�che�si�avvantag-
gia�dei�benefici�derivati�da�tali�spese;�quanto�alle�spese�espressamente�indicate�
dal�comma�3,�il�soggetto�onerato�e�individuato�dalla�legge�nello�Stato,�trattandosi�
di�spese�che,�a�prescindere�da�ogni�valutazione�in�termini�di�necessita�o�di�utilita�,�
sono�strettamente�correlate�alla�procedura�attivata�dall'organo�giurisdizionale�
deputato�all'applicazione�delle�misure�diprevenzione�.�

Una�statuizione�che�ha�fatto��risparmiare��alle�casse�dello�Stato�non�
meno�di�trecento�milioni�delle�vecchie�lire�e�che�costituisce�un�precedente�
molto�importante�in�una�materia,�come�quella�delle�misure�di�prevenzione�
patrimoniale�antimafia,�le�cui�controversie�tanto�affaticano�le�sedi,�soprat-
tutto�meridionali,�del�nostro�Istituto.�

Avv. 
MauriziO 
BorgO 


gli 
argomenti 
della 
decisione 


�(omissis)�

Deve,�innanzi�tutto,�accogliersi�la�richiesta�preliminare�avanzata�dalla�
Difesa�Erariale�e,�conseguentemente,�dichiararsi�il�difetto�di�legittimazione�
passiva�sia�in�capo�all'Agenzia�delle�Entrate�di�Reggio�Calabria�(priva�di�
qualsivoglia�competenza�nella�materia�de�qua)�sia�in�capo�all'Agenzia�del�
Demanio�di�Reggio�Calabria�(che�ha�concretamente�perduto�ogni�interesse�
in�seguito�all'adozione�del�provvedimento�con�il�quale�la�locale�Corte�
d'Appello�ha�revocato�la�confisca�disposta�dai�giudici�di�primo�grado�nei�
confronti�di�F.D.).�

Cio�detto,�il�Tribunale�ritiene�doveroso�esaminare�la�questione�che�
afferisce�all'interpretazione�della�disposizione�normativa�contenuta�nel-
l'art.�2-octies�legge�n.�575/65,�prevedente�la�disciplina�delle�spese�sostenute�
nell'ambito�di�un�procedimento�di�prevenzione�patrimoniale:�cio�in�quanto�
trattasi�di�norma�di�basilare�importanza�ai�fini�della�decisione�da�adottare�
in�questa�sede,�come�peraltro�dimostra�il�netto�disaccordo�che�sul�punto�si�e�
registrato�tra�le�parti.�

Il�primo�comma�della�disposizione�da�ultimo�menzionata�stabilisce�che�

�le�spese�necessarie�o�utili�per�la�conservazione�e�l'amministrazione�dei�beni�
sono�sostenute�dall'amministratore�mediante�prelevamento�delle�somme�da�lui�
riscosse�a�qualunque�titolo�.�

Il�secondo�comma,�nel�prevedere�l'ipotesi�che�dalla�gestione�dei�beni�
sequestrati�non�siano�ricavabili�somme�sufficienti�per�il�pagamento�delle�
spese�di�cui�al�primo�comma,�statuisce�che�il�tal�caso�le�somme�occorrenti�

�sono�anticipate�dallo�Stato,�con�diritto�al�recupero�nei�confronti�del�titolare�
del�bene�in�caso�di�revoca�del�sequestro�.�

Il�terzo�comma,�avuto�specifico�riguardo�alle��somme�per�il�pagamento�
del�compenso�all'amministratore,�per�il�rimborso�delle�spese�da�lui�sostenute�
per�i�suoi�coadiutori�e�quelle�di�cui�al�comma�4�dell'art.�2-septies��(connesse�al�
trasferimento�dell'amministratore�fuori�della�residenza)�prevede�che,�in�caso�
di�confisca�dei�beni�sequestrati,�le�dette�somme�siano�inserite�nel�conto�di�
gestione�ovvero,�nell'ipotesi�di�conto�incapiente,�anticipate�in�tutto�o�in�parte�
dallo�Stato��senza�diritto�a�recupero�.�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE

L'ultimo�inciso�del�terzo�comma�dell'art.�2-octies 
prende�in�considera-
zione�l'eventualita�che�il�sequestro�di�prevenzione�sia�revocato,�nel�qual�caso�
�lesommesuddettesonoposte 
a 
carico 
dello 
Stato�.�

La�difesa�F.,�valorizzando�il�dato�testuale�da�ultimo�riferito,�sostiene�che�
esso�costituisce�una�sorta�di�norma�di�chiusura�secondo�cui,�ogniqualvolta�
intervenga�(come�nel�caso�in�esame)�la�revoca�del�sequestro�precedentemente�
disposto,�tutte�le�spese�previste�dai�primi�tre�commi�dell'art.�2-octies 
debbono�
essere�poste�a�carico�dello�Stato�(sia�nel�caso�in�cui�le�relative�somme�siano�
gia�state�anticipate�dallo�Stato,�sia�nel�caso�in�cui�esse�siano�state�prelevate�
dall'amministratore�dal�conto�di�gestione).�

L'opzione�ermeneutica�prospettata�dalla�difesa,�recisamente�contrastata�
sia�dal�pubblico�ministero,�sia�dal�rappresentante�dell'Avvocatura�Distret-
tuale�dello�Stato,�non�e�assolutamente�condivisibile.�

Il�tenore�letterale�e�la�stessa�sistematica�della�norma�contenuta�nel-
l'art.�2-octies 
dimostrano�in�modo�non�equivoco�che�il�legislatore�ha�inteso�
disciplinare�in�modo�distinto�ed�autonomo�le�spese�menzionate�al�comma�1�
e�quelle�menzionate�al�comma�3,�prevedendo�una�regolamentazione�tenden-
zialmente�completa�ed�esaustiva�che�tenesse�adeguatamente�conto�della�
diversita�esistente�tra�le�stesse,�sia�sotto�il�profilo�ontologico,�sia�sotto�il�pro-
filo�teleologico.�

Il�meccanismo�prefigurato�dal�legislatore,�se�puo�dirsi�coincidente�per�
quanto�attiene�al�momento�della�effettuazione�della�spesa�(sostenuta�attra-
verso�le�disponibilita�finanziarie�del�conto�di�gestione�ovvero,�in�ipotesi�di�
conto�insufficiente,�anticipata�dallo�Stato),�diverge�radicalmente�in�ordine�
all'individuazione�del�soggetto�su�cui�deve,�in�definitiva,�gravare�il�relativo�
onere�allorquando�il�sequestro�(o�la�confisca)�del�bene�sia�stato�revocato:�
quanto�alle�spese�necessarie�o�utili�alla�conservazione�e�all'amministrazione�
dei�beni�sequestrati,�tale�soggetto�viene�identificato�dalla�legge�nel�titolare�
del�bene,�ovvero�in�colui�al�quale�il�bene�e�stato�restituito,�trattandosi�del�
soggetto�che�si�avvantaggia�dei�benefici�derivati�da�tali�spese;�quanto�alle�
spese�espressamente�indicate�dal�comma�3,�il�soggetto�onerato�e�individuato�
dalla�legge�nello�Stato,�trattandosi�di�spese�che,�a�prescindere�da�ogni�valuta-
zione�in�termini�di�necessita�o�di�utilita�,�sono�strettamente�correlate�alla�pro-
cedura�attivata�dall'organo�giurisdizionale�deputato�all'applicazione�delle�
misure�di�prevenzione.�

Cos|�stando�le�cose,�deve�senz'altro�escludersi�che�l'interpretazione�della�
norma�sostenuta�dalla�difesa�possa�trovare�accoglimento.�

Corollario�fondamentale�di�tale�conclusione�e�che�in�un�caso�come�
quello�che�ci�occupa,�caratterizzato�dalla�sopravvenuta�revoca�del�sequestro�
e�della�confisca�in�precedenza�disposti,�si�pone�la�necessita�di�inquadrare�le�
spese�effettuate�dall'amministrazione�giudiziaria�in�una�delle�due�categorie�
che�la�legge�ha�individuato�(nei�termini�sopra�chiariti)�e�per�le�quali�essa�ha�
stabilito�una�disciplina�differenziata.�

(omissis)�.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

IL 
CASO 
RAIWAY 


Tribunale�Amministrativo�regionale�del�Lazio,�sez.�2.,�12�marzo�2002,�

n.�1897�^Presidente 
Marzano�^Estensore 
Calveri�^RAI-Radiotelevisione�
Italiana�S.p.a.�(avv.�prof.�F.�Sorrentino)�c/�Ministero�delle�Comunicazioni�
(avv.ti�Stato�F.�Quadri�e�V.�Cesaroni)�^CCR�S.r.l.;�Crown�Castle�Interna-
tional�Corp.�(n.c.)�^SNATER�^Sindacato�nazionale�autonomo�telecomu-
nicazioni�^Radiotelevisioni�(avv.�C.�d'Inzillo).�
le 
massime 


1. 
�Ilnegoziodicessionedelcapitaleazionariodellasocieta� 
chegestisce 
l'installazione 
e 
l'esercizio 
degli 
impianti, 
nell'ambito 
della 
concessione 
per 
il 


serviziopubblicoradiotelevisivo,e� 
legittimamentesottopostoapreventivaauto-

rizzazione 
ministeriale, 
e 
non 
ad 
una 
mera 
successiva 
�presa 
d'atto� 
del 
negozio 


gia� 
sottoscritto. 


2. 
�Il 
provvedimento 
con 
il 
quale 
il 
Ministro 
delle 
Comunicazioni, 
ai 
sensidell'art. 
1,comma5,deld.P.R.28marzo1994perlaconcessioneinesclu-

siva 
del 
servizio 
pubblico 
radiotelevisivo 
sull'intero 
territorio 
nazionale, 
nega 
o 


concede 
l'autorizzazione 
alla 
cessione 
della 
partecipazione 
azionaria 
della 
Rai 


nella 
societa� 
cui 
erano 
state 
affidate 
le 
attivita� 
relative 
all'installazione 
e 
all'e-

serciziodegliimpiantitecnicinonsiconfiguracome�attopolitico�ede� 
quindi 


sottoposto 
alla 
giurisdizione 
esclusiva 
del 
giudice 
amministrativo, 
in 
considera-

zione 
della 
nozione 
di 
servizio 
pubblico 
di 
cui 
all'art. 
33, 
comma 
2, 
lettere 
b)�e 


c)�del 
d.lgs. 
n. 
80/1998. 


3. 
�Ilprovvedimento 
di 
autorizzazione, 
ai 
sensi 
dell'art. 
1, 
comma 
5, 
del 
d.P.R. 
28 
marzo1994perlaconcessioneinesclusivadelserviziopubblicoradio-
televisivo 
sull'intero 
territorio 
nazionale, 
alla 
cessione 
della 
partecipazione 
azio-

naria 
della 
Rai 
nella 
societa� 
affidataria 
delle 
attivita� 
di 
installazione 
ed 
eserci-

zio 
degli 
impianti 
tecnici 
costituisce 
esplicazione 
delpotere 
di 
controllo 
e 
vigi-

lanza 
facente 
capo 
alla 
superiore 
responsabilita� 
politica 
del 
Ministero, 
e 


pertanto 
rientra 
nella 
legittima 
competenza 
del 
Ministero 
delle 
Comunicazioni. 


4. 
�Considerata 
l'elevata 
importanza 
strategica 
degli 
impianti 
radiotele-
visi, 
e� 
legittimo 
il 
provvedimento 
con 
il 
quale 
il 
Ministro 
delle 
Comunicazioni 


nega 
l'autorizzazionealla 
cessionedaparte 
dellaRaidelcapitale 
azionario, 
sia 


pure 
minoritario, 
della 
societa� 
che 
gestisce 
installazione 
ed 
esercizio 
degli 


impianti, 
nell'ambito 
della 
concessione 
per 
il 
servizio 
pubblico 
radiotelevisivo, 


per 
l'effettiva 
influenza 
dominante 
che 
la 
societa� 
acquirente 
e� 
in 
condizione 
di 


esercitareinvirtu� 
deipattiparasocialisottoscritti. 


il 
commento 


Il 
diniego 
alla 
cessione 
delle 
quote 
non 
denota 
un 
eccesso 
dipotere. 
Il 
Tar 
Lazio 


torna 
ad 
occuparsi 
degli 
attipolitici. 


I.�La�sentenza�n.�1897/2002,�resa�dalla�Seconda�Sezione�del�Tar�Lazio�
in�data�12�marzo�2002,�merita�di�essere�annotata�per�la�sua�indubbia�rile-
vanza�sia�sotto�il�profilo�della�posta�in�gioco,�che�sul�piano�delle�questioni�
giuridiche�implicate.�
Nucleo�della�contesa�e�la�possibilita�per�la�Rai�di�cedere�il�49%�di�una�
societa�dalla�medesima�controllata,�la�RaiWay,�ad�un�gruppo�statunitense,�
in�assenza�di�un'esplicita��autorizzazione��del�Ministero�delle�Comunica-
zioni,�che�si�era�opposto�alla�vendita�con�il�provvedimento�oggetto�dell'impu-


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE

gnativa.�Il�Tribunale,�nel�respingere�il�ricorso�della�Rai,�ha�trattato�proble-
matiche�di�notevole�rilievo�e�di�non�facile�soluzione,�come�la�nozione�di�atto�
politico�ai�fini�del�sindacato�giurisdizionale,�la�natura�della�competenza�del�
Ministro�ad�adottare�un�atto�quale�quello�oggetto�di�impugnazione�e�la�rile-
vanza�dei�patti�parasociali.�

II.�L'origine�della�vicenda�risale�al�29�luglio�1999,�data�in�cui�la�
Rai�costituiva�una�societa�,�denominata�NewCo�Td�Spa,�cui�venivano�affidate�
le�attivita�inerenti�all'installazione�ed�all'esercizio�degli�impianti�tecnici�
pubblici:�a�tal�fine,�in�data�11�novembre�1999,�la�Rai�otteneva�l'autorizza-
zione�ministeriale,�prescritta�dall'art.�1,�comma�5,�d.P.R.�28�marzo�1994,�
n.�290�(1),�in�cui�si�specificava�che��lasocieta�concessionariapuo�,previa�auto-
rizzazione�del�Ministero�delle�Comunicazioni,�avvalersi,�per�attivita�inerenti�
all'espletamento�dei�servizi�concessi,�di�societa�da�essa�controllate�.�Si�preci-
sava,�altres|�,che��ogni�variazione�dell'attuale�assetto�della�NewCo�Td�Spa�da�
parte�di�codesta�societa����la�Rai���deve�essere�preventivamente�autorizzata�
da�questo�Ministero�.�
Le�due�Societa�,�pertanto,�sottoscrivevano�un��contratto�difornitura�di�
servizi�di�trasmissione�e�diffusione�,�con�il�quale�la�Rai�affidava��la�forni-
tura�dei�servizi�relativi�all'installazione,�manutenzione�e�gestione�di�reti�di�
telecomunicazioni�e�la�prestazione�di�servizi�di�trasmissione,�distribuzione�e�
diffusione�di�segnali�e�di�programmi�radiofonici�e�televisivi��eNewCo�Td�
Spa�(poi�RaiWay)�si�impegnava�a�garantire�lo�svolgimento�di�tali�servizi�

�in�conformita�con�i�livelli�di�servizio,�copertura�e�continuita�previsti�dalla�
convenzione�e�dal�contratto�di�servizio�,�stipulato�tra�la�Rai�e�l'Amministra-
zione�concedente.�

Successivamente,�il�29�febbraio�2000,�la�NewcoTd�Spa�mutava�la�propria�
denominazione�in�RayWay�Spa�ed�in�quest'ultima�societa�veniva�conferito�il�
ramo�aziendale�costituito�dalle�attivita�,�beni�e�organizzazione,�gia�assicurato�
dalla��Divisione,�diffusione�e�trasmissione��della�stessa�Rai.�

Con�nota�del�28�marzo�2000�la�Rai,�nel�comunicare�il�trasferimento,�
riferiva�al�Ministero�che�l'operazione�non�comportava�alcuna�variazione�
negli�assetti�di�controllo,�preannunciando,�pero�,�al�tempo�stesso,�di�aver�
avviato�la�procedura�di�collocamento�sul�mercato�di�una�quota�minoritaria�
della�sua�partecipazione�nel�capitale�di�RaiWay.�

Con�contratto�di�compravendita�stipulato�il�27�aprile�2001,�la�Rai�
cedeva�alla�CCR�Srl��societa�controllata�dal�gruppo�americano�Crown�Cas-
tle�International�Corporation��le�azioni�rappresentative�del�49%�del�capitale�
di�RayWay;�al�contratto�accedevano,�altres|�,�dei�patti�parasociali�finalizzati�
ad�attribuire�al�socio�di�minoranza�diverse�prerogative�e�due�condizioni�riso-
lutive:�la�mancata�autorizzazione�dell'Autorita�garante�della�concorrenza�e�

(1)�Tale�decreto�ha�approvato�la��Convenzione�per�la�concessione�in�esclusiva�del�servizio�
pubblico�di�diffusione�circolare�di�programmi�sonori�e�televisivi�sull'intero�territorio�nazionale��
stipulata�tra�il�Ministero�delle�Poste�e�delle�Telecomunicazioni�e�la�Rai.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

del�mercato�ai�sensi�della�legge�287/1990�ed�il�mancato�rilascio,�entro�sei�
mesi,�da�parte�del�Ministero�delle�Comunicazioni�di�una�c.d.�presa�d'atto�del-
l'intervenuta�cessione�e�del�fatto�che�la�stessa�fosse�conforme�ai�termini�ed�
alle�condizioni�di�cui�all'autorizzazione�dell'11�novembre�1999.�

Mentre�l'Authority�dava�sostanzialmente�il�via�libera�all'operazione,�rico-
noscendo�che�da�essa�non�derivava�una�posizione�dominante�pregiudizievole�
per�la�concorrenza,�il�Ministero�negava�invece�la�richiesta��presa�d'atto�,�
richiamando�l'illegittimita��della�procedura�posta�in�essere�dalla�Rai,�per�
essersi�limitata�a�richiedere�una�semplice�presa�d'atto,�in�luogo�di�una�pre-
ventiva�autorizzazione�alla�conclusione�del�contratto;�dalla�vendita�di�Rai-
Way�derivava,�infatti,�il�conferimento�di�poteri�di�gestione�e�controllo�al�
socio�di�minoranza,�cioe��a�dire,�una�variazione�all'assetto�di�controllo�previ-
sto�nell'autorizzazione�dell'11�novembre�2000,�peraltro�evidenziata�nel�prov-
vedimento�dell'Authority.�

Tale�decisione�e��stata�impugnata�dalla�Rai,�che�ha�sostanzialmente�
negato�la�sussistenza�del�potere�autorizzatorio�del�Ministro.�L'equivoco�in�
cui�e��caduta�la�difesa�dell'emittente�televisiva�risulta�palese�sol�che�si�consi-
deri�l'eccezione�di�inammissibilita��sollevata�dall'Avvocatura�per�carenza�del-
l'interesse�a�ricorrere:�tale�eccezione,�infatti,�si�fonda�proprio�sulla�natura�di�
�dichiarazione�di�scienza��attribuita�all'atto�dalla�ricorrente,�che,�pertanto,�
proprio�in�virtu��di�quella�natura�(valutazione�sulla�regolarita��dell'operazione�
della�cessione�azionaria)�non�avrebbe�dovuto�avere�interesse�a�coltivare�l'im-
pugnativa;�la�difesa�dell'Amministrazione,�inoltre,�dopo�aver�eccepito�la�
carenza�di�giurisdizione�disattesa�dal�Collegio�ai�sensi�dell'art.�33,�secondo�
comma,�lettere�b)�e�c),�del�d.lgs.�31�marzo�1998,�n.�80,�come�modificato�dal-
l'art.�7�della�legge�n.�205/2000,�ha�desunto�l'inimpugnabilita��del�provvedi-
mento,�da�qualificarsi�quale�atto�politico�o�di�alta�amministrazione�e�per-
tanto�sottratto�al�sindacato�giurisdizionale�ai�sensi�dell'art.�31�R.D.�26�giu-
gno�1924,�n.�1054.�

III.�La�decisione�del�Tar�correttamente�esclude�che�il�provvedimento�
manifesti�una�mera�valutazione�sulla�regolarita��dell'operazione,�poiche�tale�
ricostruzione�potrebbe�sostenersi�solo�qualora��la�condotta�della�Rai,�per�quel�
che�attiene�alla�perfezionata�attivita�contrattuale,�si�sia�attivata�e�mantenuta�
nei�termini�stabiliti�dalla�convenzione�e�dal�provvedimento�autorizzatorio�
dell'11�novembre�1999�.�
Quanto,�poi,�alla�natura�dell'atto�de�quo,�il�Tribunale�parla�di��determi-
nazione�autoritativa�con�la�quale�il�Ministro�delle�comunicazioni,�ponendosi�cri-
ticamente�nei�riguardi�della�richiesta�avanzata�dalla�Rai�del�rilascio�di�una�
�presa�d'atto��dell'operazione�commerciale�de�qua,�ne�ha�denunciato�il�carattere�
anomaloinquantosuccessiva,�enonpreventiva(sottoformadiautorizzazione),�
alla�stipula�del�contratto�.�Sulla�base�di�tale�argomentare,�viene�disattesa,�per-
tanto,�l'impostazione�difensiva�dell'Avvocatura�relativamente�alla�natura�del�
provvedimento�quale�atto�politico�(su�cui�si�dira��infra).�

Accertata�l'ammissibilita��del�ricorso,�il�Collegio�rileva�l'infondatezza�del�
primo�motivo�con�cui�e��dedotta�l'incompetenza�del�Ministro�ad�adottare�
provvedimenti�che,�ai�sensi�dell'art.�4,�comma�1,�del�d.lgs.�30�marzo�2001,�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE

n.�165�spettano�ai�dirigenti.�A�tal�fine,�si�osserva�come�la�decisione�si�
richiami�al�concetto�di�potesta�di�vigilanza�e�di�controllo,�quale�fondamento�
dell'atto�in�questione,�che,�implicando�una�responsabilita�politica�del�Mini-
stro,�ne�legittima�la�competenza.�
Invero,�la�norma�richiamata�dalla�ricorrente�riproduce�pedissequamente�
l'art.�3�del�d.lgs.�3�febbraio�1993,�n.�29(2),�che�ha�sancito�la�rigida�separa-
zione�di�compiti�e�attribuzioni�fra�organo�di�indirizzo�politico�e�dirigenza�
delle�Pubbliche;�amministrazioni,�circoscrivendo�le�funzioni�di�controllo�e�di�
verifica�del�Ministro�rispetto�all'operato�dei�dirigenti�alla�verifica�della�
rispondenza�dei�risultati�della�gestione�amministrativa�alle�direttive�generali�
impartite(3):�sembra,�pertanto,�sulla�scorta�di�tale�distinzione�tra�le�funzioni,�
che�l'atto�di�diniego�dovrebbe�essere�di�competenza�dirigenziale.�La�decisione�
in�commento,�tuttavia,�nell'interpretare�le�disposizioni�richiamate,�corretta-
mente�valorizza�un�principio�di�responsabilita�ministeriale,�si�direbbe�fondato�
su�un�rapporto�di�sovraordinazione�tra�Ministro�e�dirigenti,�per�il�quale�si�
possa�radicare�una�competenza�in�capo�al�Ministro�anche�al�di�la�(4)�dell'enu-
merazione��a�dire�il�vero�da�piu�parti�ritenuta�tassativa(5)��delle�fattispe-
cie�di�cui�all'art.�4�del�d.lgs.�30�marzo�2001,�n.�165�ed�alle�precedenti�disposi-
zioni�in�materia.�

(2)�Articolo�sostituito�prima�dall'art.�2�del�d.lgs�n.�470�del�1993,�poi�dall'art.�3�del�d.lgs�
n.�80�del�1998�e�successivamente�modificato�dall'art.�1�del�d.lgs�n.�387�del�1998.�
(3)�Sulla�separazione�di�attribuzioni�tra�Ministro�e�dirigenza,�si�veda�Tar�Lazio,�Sez.�III,�
sent.�8�ottobre�1996,�n.�1847�:��Anchedopol'entratainvigoredelD.Lvo3febbraio1993n.29,�che�
hasancito�la�rigida�separazione�di�compitieattribuzionifra�organo�di�indirizzopolitico�e�dirigenza�
delle�Pubbliche�amministrazioni,�circoscrivendo�le�funzioni�di�controllo�e�di�verifica�del�Ministro�
rispetto�all'operato�dei�dirigenti�alla�verifica�della�rispondenza�dei�risultati�della�gestione�amministra-
tiva�alle�direttive�generali�impartite�(art.�3�D.L.�vo�cit.),�permane�tra�Ministro�e�dirigenti�generali�
unrapportodisovraordinazione,�dovendosipursempreconsiderareilMinistro�comecapo�dell'Ammi-
nistrazionecuie�preposto,�conpoterinonsolodiformulazionediindirizzopoliticoamministrativo�
maanchedidefinizionediobiettivieprogrammi,diripartizionedelledisponibilita��dibilancio,didefi-
nizione�di�direttive�generali�per�l'azione�amministrativa,�di�verifica�della�rispondenza�dell'azione�
amministrativaalledirettiveimpartitee,incasodiparticolarimotividinecessita��eurgenza,diavoca-
zione�a�se�degli�atti�di�competenza�dirigenziale;�pertanto,�anche�dopo�l'entrata�in�vigore�del�D.Lvo�
n.�29cit.,permanenell'ambitodeipoteridelMinistroladecisionesuiricorsigerarchici�.�
(4)�In�tal�senso,�D'Orta, 
Illavoroalledipendenzedelleamministrazionipubbliche.�Commen-
tario,�a�cura�di�Carinci, 
Milano,�1995,�217:�l'Autore,�peraltro,�nota�come�tra�indirizzo�e�gestione�
sussista�un�processo�circolare�di�influenze�reciproche,�in�conseguenza�delle�quali�le�indicazioni�del-
l'art.�3��non�possono�essere�intese�come�precetto�drastico�e�totalizzante�,�ma�costituiscono,�piutto-
sto,��un�criterio�regolatoredifondo�neirapportitra�organidigoverno�delleamministrazionieburo-
crazia�.�
(5)�Nel�senso�della�tassativita�sembra�propendere�anche�la�relazione�governativa�all'art.�3�
(vedi�punto�4);�in�dottrina,�Volpe, 
Uffici�pubblici:�una�gestione�non�piu��politica,�Guida�al�Diritto,�
n.�16�del�1998,�88;�Carinci, 
La�dirigenza�nella�seconda�fase�della�privatizzazione:�la�legge�delega�
n.�59�del�1997�e�i�decreti�legislativi�numeri�396�del�1997�ed�80�del�1998,�in�CarincI 
�D'Orta, 
diretto�da,�Illavoroalledipendenzedelleamministrazionipubbliche.�Icontratticollettiviperlearee�
dirigenziali,�Commentario,�Milano,�1998,�XX�e�XXI;�in�giurisprudenza�si�tende,�piu�che�altro,�ad�
ampliare�la�sfera�di�competenza�dei�dirigenti,�limitando�cos|�le�funzioni�di�indirizzo�politico�a�
quelle�indicate�nella�norma:�Cons.�di�St.,�Sez.�III,�17�novembre�1998,�parere�n.�1316.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

IV.�Nel�merito�la�Rai�contesta�l'esistenza�del�potere�autorizzatorio�del�
Ministro�per�il�semplice�mutamento�della�partecipazione�azionaria�della�
societa��controllata,�sostenendo,�in�altri�termini,�che�l'ipotesi�di�cessione�a�
terzi�di�una�partecipazione�azionaria�come�quella�di�specie�non�sarebbe�disci-
plinata�ne�dalla�convenzione�citata,�ne�dal�contratto�di�servizio;�censura,�
altres|�,�la�ricorrente,�l'eccesso�di�potere,�sotto�svariati�profili,�in�cui�sarebbe�
incorso�il�Ministro�nel�ritenere�che,�con�la�conclusione�dei�patti�parasociali,�
la�Rai,�contravvenendo�all'impegno�assunto�in�convenzione,�non�avrebbe�
mantenuto�il�controllo�della�RaiWay.�
In�realta��,�le�ragioni�poste�dall'Amministrazione�a�fondamento�della�
determinazione�negativa�non�sono�prive�di�pregio:�in�primo�luogo,�la�poten-
zialita��di�applicazione�degli�impianti�di�RayWay,�cos|��tecnologicamente�avan-
zati�da�poter�essere�sfruttati�anche�per�delicatissimi�compiti�di�sicurezza;�del�
resto,�in�seguito�ai�noti�eventi�dell'11�settembre,�solo�una�gestione�realmente�
riconducibile�alla�parte�pubblica�potrebbe�garantirne�la�piena�disponibilita��.�
Inoltre,�i�patti�parasociali�sottoscritti�parallelamente�alla�vendita,�in�
sostanza,�conferiscono�alla�societa��acquirente�un�potere�di�indirizzo�strate-
gico�dell'attivita��di�RayWay 
addirittura�superiore�a�quello�che�rimane�alla�
Rai�(socio�di�maggioranza)(6).�In�definitiva,�il�controllo�di�RayWay 
non�
farebbe�piu��capo�alla�concessionaria�pubblica,�tanto�da�alterare�le�condizioni�
dell'autorizzazione�rilasciata�dal�Ministero�nel�1999.�

Il�Tar,�in�definitiva,�nel�respingere�il�ricorso�nel�merito,�ha�ritenuto�legit-
timo�l'esercizio�del�potere�discrezionale�estrinsecatosi�nel�diniego�della��presa�
d'atto�,�condividendone�sostanzialmente�le�ragioni�e�sottolineando�il�potere�
di�indirizzo�strategico�dell'attivita��di�RayWay 
che�di�fatto�veniva�conferito�
al�gruppo�americano.�

V.�Esaurita�la�ricostruzione�dei�fatti�e�dei�motivi�alla�base�della�deci-
sione,�pare�a�questo�punto�opportuno�soffermarsi�sulla�problematica�natura�
dell'atto�politico.�
Invero,�l'Avvocatura,�nella�consapevolezza�dell'eccezionalita��dell'ipotesi�
di�sottrazione�al�sindacato�giurisdizionale�di�atti�formalmente�e�soggettiva-
mente�amministrativi,�ha�cercato�di�evidenziare�nell'atto�in�questione�i�con-
notati�dell'atto�di�indirizzo�politico,�consistenti�nel�provenire�l'atto�dall'Auto-
rita��di�indirizzo�e�di�direzione�al�massimo�livello�del�settore�e�dall'essere�esso�
emanato�nell'esercizio�del�potere�politico,�anziche�nell'esercizio�di�attivita��
meramente�amministrativa.�

(6)�A�tal�proposito,�sono�interessanti�nella�sentenza�in�commento�gli�elementi�valutativi�uti-
lizzati�dal�Collegio,�tra�i�quali�pare�opportuno�sottolineare�la�circostanza�che�per�l'approvazione�
di�numerose�delibere,�tutte�relative�alle�vicende�giuridiche�di�impianti�di�assoluta�importanza�stra-
tegica�e�di�sicuro�rilievo�internazionale,�fosse�necessario,�nell'ambito�di�un�Consiglio�d'ammini-
strazione�composto�da�otto�membri��cinque�nominati�dalla�Rai�e�tre�dal�partner 
�il�voto�favo-
revole�di�almeno�due�consiglieri�di�designazione�del�partner;�e�la�composizione�del�collegio�sinda-
cale,�che�prevedeva�una�prevalenza�del�controllo�da�parte�del�socio�americano�(due�sindaci�su�
tre)�e,�per�le�materie�di�competenza�dell'assemblea�straordinaria,�sia�in�prima�sia�in�seconda�con-
vocazione,�una�maggioranza�del�67%,�con�conseguente�assegnazione�al�partner 
statunitense�di�un�
potere�di�blocco�sulle�delibere�di�tale�assemblea.�

IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE

E�ormai�condivisa�la�definizione�dell'atto�politico�che�ne�diede�il�San-
dulli,�quale�manifestazione�tipica�della�funzione�politica�e�di�governo,�
mediante�la�quale�si�palesano��l'attivita� 
di 
direzione 
suprema 
della 
cosapub-
blica 
(l'indirizzo 
politico) 
e 
l'attivita� 
di 
coordinamento 
e 
controllo 
delle 
singole 
manifestazioni 
in 
cui 
la 
direzione 
stessa 
si 
estrinseca�(7).�Nella�funzione�del-
l'atto�politico�e�marcata,�pertanto,�la�differenza�col�provvedimento�ammini-
strativo:�con�l'atto�politico�si�appongono�dei�fini�(liberta�del�fine),�l'attivita�
amministrativa�tende�al�loro�raggiungimento�(rectius 
attuazione).�Da�tenere�
in�considerazione,�poi,�e�la�liberta�delle�forme,�derivante�dalla�possibilita�
che�l'attivita�di�governo�possa�provenire�da�un�qualsiasi�soggetto�cui�sia�attri-
buito�rilievo�politico�e,�soprattutto,�non�formalmente�amministrativo.�

Sul�piano�delle�fonti,�si�spiega�che��gli 
atti 
in 
cui 
si 
esprime 
l'attivita� 
di 
governoesplicanoun'azionechenone� 
disecondogradorispettoaquellalegislati-
va�(8),�collegandosi�immediatamente�e�direttamente�alla�Costituzione�o�alle�
leggi�costituzionali.�Anche�se,�a�ben�vedere,�una�tale�affermazione�implica�un�
numerus 
clausus 
degli�atti�politici,�per�cui�il�diretto�collegamento�tra�atto�poli-
tico�e�Costituzione�ha�come�corollario�l'impossibilita�di�configurare�altri�atti�
politici�al�di�fuori�di�quelli�implicitamente�o�espressamente�previsti�dalla�Carta�
Costituzionale;�pare,�invece,�piu�attento�all'evoluzione�del�diritto�pubblico�
chi(9)�ha�teorizzato�il�superamento�del�principio�del�numero�chiuso�ad�opera�
di�un�duplice�fenomeno�di�assoggettamento,�da�una�parte,�dell'attivita�politica�
a�vincoli�sempre�piu�stretti�e�dall'altra�di�diffusione�del�potere�politico�(devolu-
tion):�superamento�che,�del�resto,�e�la�causa�principale�delle�innumerevoli�diffi-
colta�di�procedere�ad�una�sicura�distinzione�tra�attivita�di�governo�e�altre�forme�
di�attivita�amministrativa�dai�contorni�imprecisi(10).�

Passando�alle�diverse�tipologie�dell'atto�politico,�si�deve�sottolineare,�
sotto�il�profilo�soggettivo,�la�rarita�di�precise�attribuzioni�di�competenza�
compiute�dall'ordinamento;�riguardato�l'atto�politico�da�un�punto�di�vista�
oggettivo�(11),�invece,�si�suole�distinguere�tra�atti�con�forza�di�legge,�atti�con�
forza�giurisdizionale�e�atti�formalmente�amministrativi,�categoria,�quest'ul-
tima,�cui�e�rivolto�l'art.�31�del�R.D.�26�giugno�1924,�n.�1054�concernente�la�
non�impugnabilita�in�sede�giurisdizionale�amministrativa�degli�atti�politici.�
Per�cio�che�riguarda�i�primi�due�tipi,�sara�sufficiente�ricordare,�anche�al�fine�
di�evitare�qualsiasi�elencazione,�il�valore�politico�delle�sentenze�della�Corte�
Costituzionale,�da�configurarsi�quali�atti�politici�in�quanto�esplicano�la�pro-
pria�azione�nei�confronti�di�atti�legislativi�e�di�altri�atti�politici�di�pari�livello,�
pur�avendo�i�caratteri�formali�e�l'efficacia�delle�sentenze(12).�

(7)�Sandulli, 
Manuale 
di 
diritto 
amministrativo, 
Napoli,�1989,�16.�
(8)�Sandulli, 
op. 
cit., 
17. 
(9)�Nigro, 
Lineamentigenerali, 
inManualedidirittopubblico 
(a�cura�di�Amato��Barbera),�
Bologna,�1984,�804.�
(10)�Garrone, 
Atto 
politico 
(disciplina 
amministrativa), 
in�Digesto 
delle 
discipline 
pubblicisti-
che, 
546.�
(11)�Barile, 
Attodigoverno 
(eattopolitico),Enciclopediadeldiritto, 
220�ss.�
(12)�Sandulli, 
op. 
cit., 
18.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

La�categoria�che�qui�maggiormente�interessa,�invero,�e�quella�degli�atti�
formalmente�amministrativi,�promananti�dal�vertice�dell'ordinamento�statale�
e�regionale,�nonche�,�contrariamente�al�tenore�letterale�dell'art.�31�citato,�da�
autorita�periferiche�(13).�

Anche�per�questa�categoria�non�appare�opportuno�svolgere�in�tale�sede�
un'elencazione�che,�del�resto,�mai�potrebbe�essere�esaustiva.�Pare,�pertanto,�
piu�utile�precisare�il�rapporto�tra�gli�atti�politici�formalmente�amministrativi�
e�l'esonero�degli�stessi�dal�sindacato�giurisdizionale,�sancito�dall'art.�31�del�
testo�unico�n.�1054/1924.�

Tale�disposizione�statuisce�espressamente�la�non�impugnabilita�in�sede�
giurisdizionale�amministrativa�degli��atti�eprovvedimenti�emanati�dal�Governo�
nell'esercizio�del�potere�politico�.�Da�una�parte�sembrerebbe�di�poter�affer-
mare�che�tale�norma��che�non�ha�mai�avuto,�anche�per�le�sporadiche�deci-
sioni�giurisprudenziali�in�materia,�una�grande�risonanza�nell'ambito�del�
dibattito�giuridico(14)��abbia�trovato�conforto�proprio�nella�Carta�Costitu-
zionale�all'art.�113,�con�la�conseguente�affermazione�della�pienezza�ed�assolu-
tezza�della�garanzia�giurisdizionale�nei�confronti�degli�atti�amministrativi.�
In�realta�,�proprio�il�raccordo�con�l'art.�113�Cost.�e�stato�piu�spesso�utilizzato�
in�senso�restrittivo,�arrivando�a�conferire�valore�politico�a�quei�soli�atti,�
estranei�alla�funzione�amministrativa,�che�manifestano�una�volonta�di�indi-
rizzo�generale�non�idonea�ad�incidere�su�singole�situazioni�giuridiche�sogget-
tive.�Si�e�osservato,�a�tal�proposito,�che�in�ogni�caso,�anche�a�prescindere�dal-
l'apposizione�o�meno�dell'etichetta��politica��agli�atti�in�questione,�questi�
non�sarebbero�soggetti�a�sindacato�giurisdizionale,��in�quanto�riproducenti�
un�contenutofortemente�discrezionale�e�dicos|�ampiaportata�dapoter�incidere�
sulle�singole�situazioni�soggettive�attive�solo�in�via�mediata�e�riflessa�(15).�

Del�resto�si�deve�anche�rilevare�che�all'interno�del�potere�esecutivo�l'atti-
vita�amministrativa�strictu�sensu�convive�sempre�piu�spesso�con�l'attivita�poli-
tica�e�di�governo,�conferendo,�anzi,�a�quest'ultima,�un'identita�sempre�piu�
chiara�e�precisa,�tale�da�poter�condurre�ad�una�quadripartizione�delle�fun-
zioni�dello�Stato:�normativa,�giurisdizionale,�politica�e�amministrativa(16).�

L'atto�amministrativo�con��valore��politico,�pertanto,�e�sottratto�al�sin-
dacato�giurisdizionale�ex�art.�31,�in�quanto�presenta,�quale�elemento�di�
discrimine�rispetto�agli�altri�atti�amministrativi�una�forte�valenza�politica,�
anche�per�l'esigenza�di�creare�una�valvola�di�sfogo�del�sistema,�attraverso�
cui�sottrarre�al�sindacato�giurisdizionale,�dichiarandone�la�politicita�,�determi-
nati�provvedimenti�difficilmente�apprezzabili�e�motivabili�sotto�un�profilo�di�

(13)�Cass.,�SS.UU.,�27�febbraio�1954,�n.�580,�in�Foro�amministrativo,�1954,�II,�1,�121.�
(14)�Si�pensi,�a�tal�proposito,�che�la�legge�istitutiva�dei�T.A.R.�non�comprende�tra�le�sue�pro-
posizioni�una�norma�analoga�all'art.�31�citato.�
(15)�Garrone, 
op.�cit.,�545.�
(16)�Nigro, 
op.�cit.,�800.�

IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE

pura�legalita�(17).�Anche�per�tale�motivo,�la�giurisprudenza�ha�posto�in�essere�
un'opera�di�erosione�costante��dando�seguito�a�intenti�molto�garantistici�
�dell'area�degli�atti�di�governo�formalmente�amministrativi,�escludendo�la�
natura�politica�di�provvedimenti�pur�assistiti�da�amplissima�discrezionalita�.�

Nella�decisione�in�commento,�il�Tar,�in�definitiva,�non�fa�altro�che�
seguire�il�solido�orientamento�che�tende�a�negare�natura�politica�alla�gran-
de�maggioranza�degli�atti�formalmente�amministrativi:�non�puo�il�Collegio�
non�porre�in�evidenza,�tuttavia,�le��valutazioni 
implicanti 
profili 
di 
ampia 
discrezionalita� 
�,��in 
ragione 
della 
rilevante 
importanza 
strategica� 
degli�
impianti�anche�per�la�sicurezza�nazionale�e�valorizzare�il�principio�di�respon-
sabilita�ministeriale,�quale�mezzo�utile�a�radicare�in�capo�al�Ministro�una�
sorta�di�competenza�trasversale�che�vada�ben�oltre�i�limiti�posti�dalle�norme�
sulla�separazione�delle�funzioni.�

L'Avvocatura,�del�resto,�aveva�sottolineato�l'altissima�rilevanza�econo-
mica�e�politica�del�provvedimento�in�questione,�avendo�esso�ad�oggetto�la�
vendita�ad�una�societa�straniera�delle�azioni,�sia�pure�in�misura�non�maggio-
ritaria,�della�RaiWay 
S.p.a.,�societa�gia�controllata�dalla�RAI,�e�titolare�di�
un�complesso�di�impianti�trasmittenti�e�di�collegamento�installati�su�tutto�il�
territorio�nazionale,�utilizzabili�anche�per�servizi�a�terzi,�indubbiamente�di�
importanza�strategica�e�di�elevato�rilievo�internazionale.�

VI.�Non�si�puo�,�a�tal�punto,�considerare�completo�questo�breve�excur-
sus 
sulla�natura�dell'atto�politico,�senza�aver�prima�compiuto�un'ultima�
serie�di�considerazioni.�Invero,�proprio�la�suddetta�erosione�della�politicita�
dell'atto,�determinante�la�sostanziale�inoperativita�dell'art.�31,�ha�fatto�s|�
che�si�assistesse�ad�un�notevole�ampliamento�del�concetto�di�atto�ammini-
strativo�(18),�venendosi�a�delineare,�cos|�,�una�categoria�intermedia�di�atti�
posti�tra�gli�atti�politici�e�gli�atti�amministrativi:�gli�atti�di�indirizzo�
politico-amministrativo,�tra�cui�spicca,�appunto,�la�figura�dell'atto�di�alta�
amministrazione.�
L'individuazione�di�quest'ultima�figura�e�opera�della�dottrina,�che�l'ha�
giustificata�enucleando,�all'interno�della�funzione�amministrativa,�un'attivita�
di�governo�diversa�dall'attivita�esecutiva�vera�e�propria:�la�problematica�che�
i�pubblicisti�si�sono�posti�al�riguardo�e�stata�quella�del�fondamento�giuridico,�
oltreche�logico,�di�tali�atti�necessariamente�dotati�di�un'ampissima�discrezio-
nalita�,�per�poter�assurgere�alle�funzioni�di�indirizzo�e�coordinamento,�di�
impulso�e�di�programmazione�dell'attivita�dell'esecutivo�(19).�

Quanto�all'utilita�di�tale�figura�di�atto�amministrativo�la�dottrina�ha�
sostenuto�due�posizioni�opposte:�nel�senso�dell'inutilita�si�sono�espressi�

(17)�Cos|�Garrone, 
opp 
cit., 
548.�
(18)�Sul�punto,�Piga, 
Attivita� 
di 
alta 
amministrazione 
e 
controllo 
giurisdizionale,in�Foro 
amministrativo,�1981,�I,�849�
(19)�In�tal�senso�Nigro, 
opp 
cit., 
802.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

coloro�che�hanno�individuato�nell'estrema�eterogeneita�la��falla��irreparabile�
dei�provvedimenti�in�questione;�in�altri�termini,�questi,�piu�che�accomunati�
da�caratteri�ed�effetti�tipici,�deriverebbero�la�loro�sovraordinazione�rispetto�
ai�provvedimenti�amministrativi�tout�court�da�valutazioni�di�carattere�politico�
sull'importanza,�in�un�determinato�periodo,�di�determinate�sfere�di�esercizio�
del�potere�pubblico(20).�

D'altra�parte,�a�sostegno�dell'utilita�degli�atti�in�questione�si�pone�chi,�
nel�considerarli�da�un�punto�di�vista�piu�pratico�che�teorico,�ne�ha�sottoli-
neato�la�capacita�di�rafforzare�l'unita�di�indirizzo�dell'azione�amministrativa,�
proprio�in�virtu�della�loro�provenienza�dal�Governo�(o�da�sue�emanazioni),�
che�quale�organo�di�vertice�dell'esecutivo,�e�istituzionalmente�competente�a�
determinare�l'indirizzo�e�a�curarne�l'unita�(21).�

Per�cio�che�concerne�la�funzione�dell'attivita�di�alta�amministrazione,�si�
e�affermato,�con�icastica�espressione,�che�gli�atti�di�alta�amministrazione�rap-
presentano�la�saldatura,�peraltro�indispensabile,�tra�gli�indirizzi�espressi�a�
livello�politico�ed�i�provvedimenti�di�amministrazione�attiva:�essi��rappresen-
tano�il�primo�grado�di�attuazione�dell'indirizzo�politico�nel�campo�amministra-
tivo��e�segnano��il�raccordo�tra�la�funzione�di�governo,�che�e�espressione�dello�
Stato-comunita�,�e�lafunzione�amministrativa,�che�e�espressione�dello�Stato-sog-
getto�,�realizzandolo�al�piu�alto�livello(22).�L'attivita�di�alta�amministrazione�
�e�anzipiu�propriamente�essa�stessa�attivita�di�indirizzopolitico-amministrativo.�
In�essa�e�inclusa�tutta�una�fascia�intermedia�di�atti�tra�la�categoria�degli�atti�
amministrativi�in�senso�proprio,�che�sfugge�a�precise�regole�di�inquadramento,�
presentando�caratteri�di�novita�mista�a�discrezionalita��(23).�

La�titolarita�soggettiva�degli�atti�di�alta�amministrazione�appartiene�
agli�organi�di�vertice�dell'amministrazione:�Consiglio�dei�Ministri,�Comi-
tati�Interministeriali,�Consiglio�Regionale,�Consiglio�Supremo�di�difesa�
e�Consiglio�Superiore�della�Magistratura.�Per�cio�che�riguarda�in�partico-
lare�la�titolarita�in�capo�al�Consiglio�dei�Ministri,�essa�e�espressamente�
attribuita�dall'art.�95�Cost.,�che�affida�al�Presidente�del�Consiglio�anche�
compiti�di�unita�di�indirizzo�amministrativo,�dall'art.�1,�n.�1,�r.d.�
14�novembre�1901,�n.�466,�che�riserva�al�Consiglio�dei�Ministri�tutte�le�
questioni�attinenti�all'alta�amministrazione�e�dalla�piu�recente�legge�

n.�400�del�1988.�
(20)�In�tal�senso�Quadri, 
I�Comitati�di�ministri,�Milano,�1965,�citato�in�Garrone, 
Atto�di�
alta�amministrazione,in�Digesto�delle�discipline�pubblicistiche,�539.�Quest'ultimo�A.�nel�ritenere�
l'osservazione�mossa�da�Quadri�non�priva�di�ragioni�logico-giuridiche,�considera,�in�particolare,�
la�difficolta�di�rintracciare�elementi�tipici�comuni�ad�una�pluralita�di�atti�diversi�per�direzione,�
oggetto�e�contenuto.�
(21)�Cfr.�Cugurra, 
L'attivita�di�alta�amministrazione,�Padova,�1973,�citato�in�Garrone, 
op.�
ult.�cit.,�539.�
(22)�Cos|�,Sandulli, 
op.�cit.,�18.�
(23)�Cos|�Garrone, 
op.�ult.�cit.,�540.�

IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE

E�controverso��e�con�cio��si�tocca�una�delle�questioni�trattate�nella�sen-
tenza�in�rassegna��se�titolari�di�potesta��di�indirizzo�amministrativo�possano�
essere�anche�il�Presidente�del�Consiglio�dei�Ministri�ed�i�singoli�Ministri,�con-
siderati�nella�loro�individualita��organica:�chi�ha�sostenuto�la�tesi�affermativa,�
ha�configurato�l'attivita��di�alta�amministrazione�anche�come�attivita��attua-
tiva�degli�indirizzi�impartiti�dai�detentori�della�potesta��di�governo(24).�In�
senso�negativo,�invece,�si�sono�espressi�coloro�che,�inquadrando�l'attivita��in�
questione�come�attivita��di�impulso,�coordinamento�e�programmazione�del-
l'attivita��amministrativa�esecutiva,�hanno�negato�la�titolarita��al�Presidente�
del�Consiglio�dei�Ministri�ed�ai�Ministri,�in�quanto�inidonei�a�costituire,�
separatamente�ed�al�di�fuori�del�Consiglio�dei�Ministri,�organi�di�indirizzo�
amministrativo�(25).�

Quanto,�infine,�alla�sindacabilita��giurisdizionale�degli�atti�in�questione,�
essi,�pur�se�dotati�di�ampia�discrezionalita��,�non�disgiunta��come�si�diceva�
supra��da�elementi�di�novita�,�sono�e�rimangono,�tuttavia,�atti�amministra-
tivi�in�senso�proprio:�come�tali,�pertanto,�e�differentemente�dall'atto�politico,�
non�sono�in�posizione�pariordinata�alla�legge�ed�agli�atti�di�governo,�da�cio��
conseguendo,�con�sicurezza,�la�sindacabilita��giurisdizionale,�pur�se�condizio-
nata�alla�loro�rilevanza�esterna�ed�efficacia�immediata�(26).�

Del�resto,�l'utilizzazione�della�categoria�degli�atti�di�alta�amministra-
zione�e��rivolta�proprio�ad�allargare�l'area�della�tutela�giurisdizionale�del�citta-
dino�nei�confronti�della�P.A.,�pur�nella�consapevolezza�che�tali�atti,�per�la�
loro�particolare�valenza�politica,�non�sono�certo�espressione�di�attivita��
amministrativa�di�tipo�attuativo�(27)�

Avv. 
FedericO 
BasilicA 
dott. 
LuigI 
MazzoncinI 


(24)�Cfr.�Nigro,�op.�cit.,815.�
(25)�Cfr.,�Sandulli, 
Manuale,16;�Garrone, 
Attivita�di�alta�amministrazione,541;�RomanO 
S.A., 
Commentario�breve�alle�leggi�sulla�giustizia�amministrativa,�2001,�334:�quest'ultimo,�in�parti-
colare,�considera�come�l'attivita��di�alta�amministrazione�sia�principalmente�attivita��di�indirizzo�
volta�a�promuovere�e�coordinare�l'azione�della�pubblica�amministrazione,�attivita��che�non�realizza�
direttamente�i�fini�indicati�nell'atto�di�indirizzo�politico,�essendo�ordinata�a�stimolare�e�discipli-
nare�l'attivita��degli�organi�preposti�alla�concreta�attuazione�di�tali�fini;�ebbene,�tale�attivita��non�
puo��pertanto�essere�esercitata�separatamente�dal�Consiglio�dei�Ministri,�organo�cui�la�legge�attri-
buisce�la�scelta�ed�il�perseguimento�degli�indirizzi�generali�politico-amministrativi.�Si�parla,�a�tal�
riguardo,�di�forza�propulsiva�degli�atti�di�indirizzo�amministrativo,�rispetto�all'ulteriore�azione�
deipubblicipoteri.�
(26)�In�tal�senso,�recentemente,�Cons.�St.,�Sez.�I,�n.�298/1999,�in�Cons.�Stato,�2000,�I,�464.�
(27)�Cos|�,RomanO 
S.A., 
Commentario,�2001,�471.�Sembrerebbe�di�segno�opposto�la�tesi�di�
Juso, 
Lineamenti�di�giustizia�amministrativa,�2001,�p.�297,�per�il�quale��oggi�la�giurisprudenza,�
molto�rigorosa�nel�definire�la�natura��politica��di�un�atto,�ne�ha�addirittura�ampliato�la�portata,�
aggiungendo�agli�atti�riferibili�agli�organi�costituzionali�anche�i�cosiddetti�atti�di��alta�amministra-
zione�che,�ancorche�provvedimentiamministrativi,attengonoasuperioriesigenzedicaratteregene-
raleriferitealladirezionesupremadella�cosapubblica�nellasuaunita�,�edhannoloscopoditutelare�
gli�interessi�della�collettivita�e�le�istituzionifondamentali�dello�Stato�.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

Considerata 
la 
notevole 
rilevanza 
della 
questione 
si 
ritiene 
utilepubbli-

care 
i 
seguenti 
documenti: 
1. 
^il 
provvedimento 
ministeriale 
impugnato; 


2.^ilricorsoalTardelLaziodellaRAI;3.^lamemoriadifensivaperilMini-

sterodellecomunicazioni;4.^l'attodiintervento�adopponendum�delsinda-

catoSnater;5. 
^lasentenzadelTARLazio,12marzo2002,n. 
1897. 


doc. 
1. 
�Il 
Provvedimento 
ministeriale 
impugnato. 
(Atto 
del 
Ministro 
delle 


Comunicazioni 
del 
26 
ottobre 
2001). 


�
�
Oggetto:�Richiesta�da�parte�della�RAI�S.p.a.�al�Ministero�delle�
comunicazioni�di�presa�d'atto�della�cessione�di�partecipazioni�azio-
narie�in�RaiWay�S.p.a.�

1.�La�RAI�Radiotelevisione�Italiana�S.p.a.�e�stata�autorizzata�da�questo�
Ministero�in�data�11�novembre�1999,�ai�sensi�dell'art.�1,�comma�5�della�con-
venzione�Stato-Rai,�ad�avvalersi�della�societa�per�azioni�New�Co.TD,�da�essa�
controllata,�per�lo�svolgimento�di�attivita�inerenti�all'installazione�ed�all'eser-
cizio�degli�impianti�tecnici.�
Con�la�medesima�autorizzazione�e�stato�sancito�l'obbligo�della�RAI�di�
assicurare,�anche�attraverso�la�societa�controllata,�il�rispetto�di�tutti�gli�
obblighi�previsti�in�convenzione�e�nel�contratto�di�servizio�ed�e�stato�previ-
sto�che�ogni�variazione�dell'attuale�assetto�di�controllo�della�New�Co�
TD�S.p.a.�da�parte�della�concessionaria�dovesse�essere�preventivamente�
autorizzata�dal�Ministero,�che�si�riservava�di�modificare�in�qualsiasi�
momento�le�condizioni�di�autorizzazione�nonche�di�revocarla,�fatti�salvi�i�
diritti�dei�terzi.�

Con�nota�in�data�27�aprile�2001�la�concessionaria�del�servizio�pubblico�
radiotelevisivo�ha�comunicato�di�aver�stipulato,�nella�stessa�data,�un�con-
tratto�di�compravendita�avente�ad�oggetto�la�cessione�alla�CCR�S.r.l.,�societa�
indirettamente�controllata�da�Crown�Castle�International�Corp.,�delle�azioni�
rappresentative�del�49%�del�capitale�della�Rai�Way�(ex�New�Co.�TD�S.p.a.)�
contestualmente�sottoscrivendo�dei�patti�parasociali�finalizzati�a�disciplinare�
l'esercizio�delle�rispettive�prerogative�dei�soci.�

Il�contratto�di�compravendita�prevede,�quale�condizione�risolutiva,�il�
mancato�rilascio�entro�sei�mesi�dalla�stipula,�da�parte�del�Ministero�delle�
comunicazioni,�di�una�comunicazione�con�la�quale�il�Ministero�prenda�atto�
dell'intervenuta�cessione�del�49%�del�capitale�della�Rai�Way�e�del�fatto�che�
tale�cessione�e�conforme�ai�termini�e�alle�condizioni�della�Convenzione�e�del-
l'Autorizzazione.�

Cio�premesso,�la�RAI,�fermo�restando�l'impegno�a�mantenere�il�con-
trollo�di�Rai�Way,�chiede�una��presa�d'atto��dell'intervenuta�cessione�e�della�
conferma�della�conformita�della�cessione�ai�termini�e�alle�condizioni�della�
Convenzione�e�dell'Autorizzazione.�

Sono�stati�acquisiti�ed�esaminati�i�documenti�inerenti�l'operazione�com-
merciale,�ivi�compresi�l'atto�di�compravendita,�i�patti�parasociali�annessi�e�
gli�atti�attinenti�alla�procedura�di�selezione�delle�offerte�di�acquisto�(questi�
ultimi�trasmessi�con�nota�del�16�ottobre�2001).�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE

2.�Dall'enunciato�studio�della�documentazione�ricevuta�dalla�RAI�in�
merito�alla�vendita�di�Rai�Way�alla�C.C.�risultano�chiaramente�i�seguenti�
fatti.�La�vendita�in�questione�riguarda�le�azioni�della�spa�Rai�Way,�titolare�
di�un�complesso�di�impianti�trasmittenti�e�di�collegamento�installati�su�tutto�
il�territorio�italiano.�I�detti�impianti�gia�forniscono�servizi�alla�RAI�in�base�
ad�un�contratto�di�servizio.�L'utilizzazione�della�rete,�come�riconosciuto�dalla�
stessa�richiedente�nella�propria�istanza,�comprende�servizi�a�terzi,�anche�ope-
ratori�in�possesso�di�licenze�di�telecomunicazioni.�Essi�consistono,�tra�l'altro,�
in�servizi�di�progettazione,�ospitalita�sulle�torri,�installazioni�delle�apparec-
chiature�(c.d.�Tower�business).�
E�facile�comprendere�come�questi�impianti,�che�sono�unici,�rappre-
sentano�in�primo�luogo�un�valore�incommensurabile�di�per�se��:laloro�
potenzialita�di�applicazione�e�tale�da�poterli�sfruttare�anche�per�delicatis-
simi�compiti�di�sicurezza�che�solo�una�gestione�realmente�riconducibile,�
anche�indirettamente,�alla�parte�pubblica�ne�possa�garantire�la�piena�
disponibilita�.�

Tutto�cio�da�al�sistema�che�la�RAI�ha�costituito�in�passato�un'impor-
tanza�strategica,�di�livello�internazionale�molto�rilevante.�

Tale�interesse�e�di�cos|�preminente�rilievo�da�prevalere�certamente�
rispetto�al�puro�e�semplice�interesse�commerciale.�Anche�questo�peraltro�
all'apparenza�scarsamente�tutelato,�posto�che�la�valutazione�sugli�impianti�
in�questione�e�analoga�a�quella�fatta�nel�lontanissimo�1991�dall'IRI.�Circo-
stanza,�questa,�davvero�inquietante.�

Le�predette�superiori�ragioni�di�opportunita�,�anche�connesse�all'attuale�
momento�storico,�contribuiscono�quindi�a�negare�la�richiesta��presa�
d'atto�.�

3.�Va,�peraltro,�sottolineato�che�la�RAI,�anziche��richiedere�la�preventiva�
autorizzazione�cos|�come�stabilito�nel�provvedimento�dell'11�novembre�1999�
per��ogni�variazione�dell'attuale�assetto�di�controllo�della�New�Co�TD�
S.p.a.��(ora�Rai�Way),�ha�anticipato�il�perfezionamento�del�contratto�di�ces-
sione,�condizionandone�risolutivamente�l'efficacia�alla�mancata��presa�
d'atto��dell'Amministrazione.�
Infatti,�contravvenendo�all'impegno�assunto�dalla�RAI�circa�il�manteni-
mento�del�controllo�di�Rai�Way�e�posto�alla�base�dell'autorizzazione�rila-
sciata�in�data�11�novembre�1999,�i�patti�parasociali�conferiscono�al�partner�
un�potere�di�indirizzo�strategico�dell'attivita�di�Rai�Way�addirittura�superiore�
a�quello�del�socio�di�maggioranza.�Si�segnalano,�in�particolare,�tra�gli�altri,�
i�seguenti�punti.�

1^Gestione�della�societa�.�

L'art.�3�lettera�(C)�dei�patti�parasociali�prevede�per�ben�sedici�tipologie�
di�delibere,�cioe�per�la�totalita�delle�decisioni,�l'adozione�con�il�voto�favore-
vole�di�due�consiglieri�di�designazione�del�partner.�Pertanto,�la�maggioranza�
(su�un�Consiglio�di�amministrazione�di�otto�membri�pari�a�cinque)�viene�ad�

essere�annullata.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

2^Collegio 
sindacale. 


L'art.�4�dei�patti�parasociali�prevede�che�la�RAI�designi�un�sindaco�con�
funzioni�di�presidente�e�un�supplente�e�che�il�partner�designi�due�sindaci�e�
un�supplente,�con�la�conseguenza�che�l'equilibrio�del�collegio�sindacale�e�sbi-
lanciato�a�favore�del�partner.�

3^Nomine. 


Il�Business 
Development 
Officer 
(BDO) 
nominato�dal�Consiglio�di�
amministrazione�su�designazione�dei�consiglieri�nominati�dal�partner,�pre-
via�consultazione�con�la�RAI,�secondo�quanto�previsto�dall'art.�6�dei�patti�
parasociali,�e�figura�centrale�per�tutto�quanto�attiene�alla�parte�della�societa�
che�dovra�operare�in�campi�innovativi,�di�rilevante�interesse�strategico�(i�
piu�sopra�richiamati�Tower 
business).�Nei�patti�parasociali�si�legge�che�
�l'amministratore�delegato�conferira�procura�al�BDO�delegandogli�pieni�
poteri,�equiparabili�ai�poteri�delegati�all'AD�dal�CdA,�limitatamente�alla�
gestione�delle�attivita�della�societa�nel�Tower 
business. 
La�RAI�conviene�
che�l'AD�non�revochera�tale�procura,�salvo�diverse�istruzioni�ricevute�dal�
CdA�.�E�evidente�che�viene�a�mancare�l'unita�di�guida�della�societa�;che�
tutta�l'ampia�gamma�di�affari�del�Tower 
Business 
(elencati�nei�patti�paraso-
ciali)�e�di�competenza�esclusiva�del�BDO,�con�pieni�poteri�e�rischio�di�con-
flitto�con�l'AD�designato�da�RAI.�

4^Maggioranze 
in 
assemblea 
straordinaria. 


L'art.�5�lettera(B) 
prevede�una�maggioranza�del�67%�per�le�materie�di�
competenza�dell'assemblea�straordinaria�sia�in�prima�che�in�seconda�convo-
cazione,�elevata�al�75�%�(art.�5�lettera�D)�in�caso�in�cui�la�societa�fosse�quo-
tata�in�borsa.�

Se�ne�deduce�che�il�partner�avrebbe�un�considerevolissimo�potere�di�
blocco�sulle�delibere�dell'assemblea�straordinaria.�

5^Divieto 
di 
concorrenza. 


L'art.�9�lettera�(A) 
dei�patti�parasociali�prevede�il�divieto�di�concorrenza�

del�partner�per�il�periodo�di�un�solo�anno�dalla�perdita�della�qualita�di�socio.�

Il�dato�e�tanto�piu�significativo�ove�si�consideri�che�nella�prima�ste-
sura�dei�patti�parasociali�predisposti�dalla�RAI�e�distribuiti�a�tutti�gli�
aspiranti�acquirenti�il�periodo�di�non�concorrenza�era�stabilito�in�cinque�
anni.�

Dagli�elementi�evidenziati�risulta�che�grazie�ai�patti�parasociali�il�con-
trollo�di�Rai�Way�non�fa�piu�capo�alla�Concessionaria,�con�conseguente�alte-
razione�delle�condizioni�della�autorizzazione�rilasciata�dal�Ministero�alla�
RAI�con�provvedimento�11�novembre�1999.�

Pertanto,�questo�Ministero�non�puo�prendere�atto�dell'intervenuta�ces-
sione�da�parte�di�RAI�a�CCR�S.r.l.�delle�azioni�rappresentative�del�49%�del�
capitale�di�Rai�Way.�

Il 
Ministro 
delle 
Comunicazioni 


MauriziO 
GasparrI 
�

. 



IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE

doc. 
2. 
�Il 
ricorso 
al 
TAR 
del 
Lazio 
della 
RAI 


�
�
RICORSOperlaRAI�RadiotelevisioneItalianaS.p.a.,�inpersona�

del�Presidente�del�consiglio�di�amministrazione�e�legale�rappresen-
tante�pro-tempore,�prof.�Roberto�Zaccaria,�rappresentato�e�difeso,�dal�prof.�
avv.�Federico�Sorrentino,�contro 
il�Ministero�delle�comunicazioni,�in�persona�
del�Ministropro-tempore,�enei 
confrontidi 
CCR�S.r.l.�e�Crown�Castle�Interna-
tional�Corp�in�persona�dei�rispettivi�legali�rappresentanti�pro-tempore,per 
l'ann
ullamento:�del�provvedimento�in�data�26�ottobre�2001,�con�il�quale�il�Ministro�
ha�espresso�il�proprio�diniego�alla��cessione�da�parte�della�Rai�a�CCR�S.r.l.�
delle�azioni�rappresentative�del�49%del�capitale�di�RaiWay�S.p.A.�;�di�ogni�atto�
presupposto,�connesso�o�conseguente.�

Fatto��1.�Il�29�luglio�1999,�la�Rai�ha�costituito,�con�Rai�Trade�S.p.A.�
(totalmente�partecipata�dalla�stessa�Rai),�una�societa��denominata�Newcotd�

S.p.a.�(denominazione�successivamente�mutata�in�RaiWay),�con�capitale�
sociale�da�essa�detenuto�per�intero�(dopo�l'acquisto,�in�data�20�aprile�2001,�
della�quota�di�Rai�Trade�pari�all'0,1%),�allo�scopo�di�avvalersene,�come�
espressamente�consentito�dall'art.�1,�co.�5,�della�Convenzione�approvata�con�
decreto�del�Presidente�della�Repubblica�28�marzo�1994,�per�lo�svolgimento�
delle�attivita��inerenti�all'installazione�e�all'esercizio�degli�impianti�tecnici,�
assicurato�fino�a�quel�momento�dalla�Divisione�Trasmissione�e�Diffusione�
della�stessa�Rai.�
Ottenuta,�con�provvedimento�dell'11�novembre�1999,�l'autorizzazione�
ministeriale�prescritta�a�questo�fine�dall'art.�1,�co.�5,�citato,�la�Rai�ha,�
quindi,�trasferito�a�RaiWay�(con�atto�di�conferimento�del�29�febbraio�
2000)�il�ramo�aziendale�costituito�dalle�attivita��,beniedorganizzazione�
della�suddetta�Divisione�Trasmissione�e�Diffusione�(il�ramo�aziendale�e��
costituito�precisamente��dall'attivita��e�dall'organizzazione�relative�alla�pia-
nificazione,�alla�progettazione,�all'installazione,�alla�realizzazione,�all'eser-
cizio,�alla�gestione,�alla�manutenzione,�all'implementazione�e�allo�sviluppo�
degli�impianti,�delle�stazioni,�dei�collegamenti�e�complessivamente�della�
rete�di�trasmissioneediffusionedei�segnali�voce,�video,�edatidella�Rai,�
nonche�dal�diritto�di�utilizzazione�e�godimento�della�rete�degli�impianti�di�
diffusione�e�di�collegamento�).�

Il�5�giugno�2000,�le�due�Societa��hanno�sottoscritto�un��Contratto�di�
Fornitura�di�Servizi�di�Trasmissione�e�Diffusione�,�con�il�quale�la�Rai�ha�
affidato�a�RaiWay�(ai�sensi�del�citato�art.�1,�co.�5,�della�Convenzione�e�giusta�
l'autorizzazione�ministeriale�dell'11�novembre�1999)��la�fornitura�dei�servizi�
relativi�all'installazione,�manutenzione�e�gestione�di�reti�di�telecomunicazioni�
e�la�prestazione�di�servizi�di�trasmissione,�distribuzione�e�diffusione�di�segnali�
e�di�programmi�radiofonici�e�televisivi�;�e�RaiWay�si�e��impegnata�a�garantire�
�che�tali�servizi�vengano�forniti�in�conformita��con�i�livelli�di�servizio,�coper-
tura�e�continuita��previsti�dalla�Convenzione�e�dal�Contratto�di�Servizio��sti-
pulato�tra�la�Rai�e�l'Amministrazione�concedente,��e�le�successive�modifiche�
ed�integrazioni�.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

2.�Nel�marzo�2000,�in�conformita�agli��obiettivi�di�razionalizzazione�
attinenti�gli�assetti�industriali,�finanziari�e�di�produttivita�aziendale��fissati�
dal�Contratto�di�servizio�e�dalla�Convenzione�(v.�in�particolare,�l'impegno,�
stabilito�dall'art.�25,�lettera�b),�del�Contratto�di�servizio�approvato�con�
decreto�del�Presidente�della�Repubblica�8�febbraio�2001,��a�valorizzare�le�
sinergie�fra�telecomunicazioni,�informativa,�radio�televisione,�teletext�),�la�
Rai�ha�deliberato�di�collocare�sul�mercato�una�partecipazione�di�minoranza�
(non�superiore�al�49%)�nel�capitale�di�RaiWay.�
La�delibera�e�stata�comunicata�al�Ministero,�con�nota�del�28�marzo�
2000,�richiedendosi�espressamente,�in�riscontro,�il�rilascio�di�un'attestazione�
di�conformita�dell'operazione�alla�Convenzione�e�all'autorizzazione�del-
l'11�novembre�1999.�

La�procedura,�finalizzata�alla�selezione�dell'acquirente�della�quota�
azionaria,�e�stata�espletata�con�l'assistenza�di�due�autorevoli�advisors 
inter-
nazionali�(Merrill�Lynch,�per�la�parte�finanziaria�e�Grimaldi�Clifford�
Chance,�per�la�parte�legale)�e�sottoposta,�per�una�maggiore�garanzia�di�
trasparenza,�al�monitoraggio�dall'azionista�IRI-Rai�Holding,�che�si�e�
avvalso,�a�sua�volta,�di�due�advisors 
di�primario�livello�(Rotschild�e�
Lazard).�

All'esito�della�selezione�(il�23�febbraio�2001),�la�Societa�Crown�Castle�
International�Corp�e�stata�ammessa�a�partecipare�alla�trattativa�finale�sulle�
condizioni�e�i�termini�della�sua�offerta�vincolante;�e,�il�27�aprile�2001,�le�parti�
hanno�sottoscritto�un�contratto�di�compravendita�azionaria,�con�il�quale�si�
conviene:�

a) 
la�cessione�alla�CCR�S.r.l.,�societa�italiana�costituita�dalla�holding�
statunitense�Crown�Castle�Europe�LLC�(interamente�controllata�dalla�
Crown�Castle�International�Corporation),�di�una�quota�pari�al�49%�del�capi-
tale�di�RaiWay�contro�il�versamento�di�lire�791,4�miliardi�(offerta�che�corri-
sponde�a�oltre�7�volte�il�valore�contabile�degli�impianti);�

b) 
l'automatica�risoluzione�dell'accordo�di�cessione,�nel�caso�di��man-
cato�rilascio�dell'incondizionata�autorizzazione�da�parte�dell'Autorita�
Garante�della�Concorrenza�e�del�Mercato,�ai�sensi�e�per�gli�effetti�della�legge�

n.�287/1990�,��e/o�di�mancato�rilascio�da�parte�del�Ministero�dell'attesta-
zione�di�conformita�dell'operazione�alla�Convenzione�e�all'autorizzazione�
dell'11�novembre�1999,�entro�il�termine�di�sei�mesi�dalla�data�di�stipulazione�
del�contratto�(27�aprile�2001)�.�
Lo�stesso�27�aprile�2001,�l'operazione�e�stata�quindi�comunicata�all'Au-
torita�Garante�della�Concorrenza�e�del�Mercato�e�(nuovamente)�al�
Ministero.�

L'Autorita�Antitrust,�con�provvedimento�prot.�9859�dell'8�agosto�2001,�
ha�ritenuto�di�non�dover�avviare�l'istruttoria�di�cui�all'art.�16,�co.�4,�della�
legge�n.�287/1990�e�analoga�determinazione�ha�assunto�l'Autorita�per�le�
Garanzie�nelle�Comunicazioni,�con�parere�del�6�agosto�2001.�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE

Il�Ministero,�invece��ritenendo�che�l'operazione�dovesse�essere�preven-
tivamente�autorizzata��ha�atteso�il�26�ottobre�2001�(data�di�scadenza�del�
termine�fissato�in�contratto�per�la��risoluzione�dell'accordo�di�cessione�),�
per�negare,�con�il�provvedimento�dello�stesso�Ministro�delle�comunicazioni,�
che�s'impugna,��la�presa�d'atto�,�in�quanto:�

^gli�impianti�di�RaiWay�avrebbero�una��potenzialita��di�applicazione�
tale�da�poterli�sfruttare�anche�per�delicatissimi�compiti�di�sicurezza��e��solo�
una�gestione�realmente�riconducibile,�anche�indirettamente,�alla�parte�pub-
blica��ne�potrebbe�garantire�la�piena�disponibilita��;�

^la�valutazione�degli�impianti�in�questione�sarebbe�analoga�a�quella�
fatta�nel�1991�dall'IRI;��circostanza,�questa,��ritenuta�dal�Ministro��inquie-
tante�;�

^i�patti�parasociali�conferirebbero�al��partner�un�potere�di�indirizzo�
strategico�dell'attivita��di�RaiWay�addirittura�superiore�a�quello�del�socio�
di�maggioranza�.�Tale�conclusione�sarebbe�suffragata,�in�particolare,�dalle�
previsioni�contenute�negli�articoli�3,�lettera�c);�4:�5,�lettera�b),�6�(con�riferi-
mento�alla�nomina�del�Business�Development�Officer)�e�9,�lettera�a);�

^in�conclusione,�il�controllo�di�RaiWay�non�farebbe�piu��capo�alla�
Rai,��con�conseguente�alterazione�delle�condizioni�dell'autorizzazione�rila-
sciata�dal�Ministero�alla�Rai�con�provvedimento�dell'11�novembre�1999�.�

Per�effetto�del�suddetto�provvedimento,�la�Crown�Castle�ha�chiesto�la�
risoluzione�del�contratto�(ai�sensi�dell'art.�8.4�dello�stesso�contratto)�e�la�Rai�
ha�dovuto�restituire�alla�stessa�il�prezzo�delle�azioni,�pari�a�lire�791,�4�
miliardi,�e�gli�interessi�maturati�dal�27�aprile�2001.�

3.�Il�provvedimento�e��errato�e�gravemente�lesivo�per�la�Rai.�
L'operazione�vietata�dal�Ministro�infatti�(senza�in�alcun�modo�compor-
tare,�in�ossequio�all'art.�1,�co.�5�della�Convenzione,�la�perdita�del�controllo�
di�RaiWay),�risulta�di�notevole�convenienza�sotto�il�profilo�economico�(con-
venienza�accentuata�dal�recente�forte�calo�dei�mercati�mondiali),�ed�e��,�inol-
tre,�funzionale�al�perseguimento�degli�obiettivi�di�efficienza�e�di�competitivita��
imposti�alla�concessionaria�dal�Contratto�di�servizio,�e,�segnatamente,�all'im-
pegno,�stabilito�dall'art.�25,�commi�1,�lettera�b),�e�2�dello�stesso,�di��valoriz-
zare�le�sinergie�fra�telecomunicazioni,�informatica,�radio,�televisione,�tele-
text��e�di��estendere�la�gamma�dei�servizi�gestiti�in�compartecipazione�con�
societa��e�gruppi�nazionali�ed�esteri,�in�modo�da�articolare�il�suo�carattere�di�
impresa�e�di�acquisire�nuove�competenze�e�tecnologie�.�

La�Rai�ha�quindi�interesse�all'annullamento�dell'atto�in�epigrafe�e�ad�
una�conseguente�pronuncia�dell'Ecc.mo�Tribunale,�che,�disponendo�la�reinte-
grazione�in�forma�specifica,�emetta�un�provvedimento�che�tenga�luogo�della�
�presa�d'atto��negata�dal�Ministro�(o�condanni�l'amministrazione�a�rilasciare�
la�dichiarazione�di�presa�d'atto�con�effetto�retroattivo�alla�data�del�26�ottobre�
2001),�non�solo�allo�scopo�di�verificare�con�la�contraente�Crown�Castle�la�
possibilita��di�riaprire�le�trattative�ovvero,�in�subordine,�al�fine�di�ottenere�il�
risarcimento�degli�ingentissimi�danni�subiti;�ma�soprattutto�perche�il�sud-
detto�atto,�affermando�che��gli�impianti�di�RaiWay�hanno�una�potenzialita��
di�applicazione�tale�da�poterli�sfruttare�anche�per�delicatissimi�compiti�di�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

sicurezza��e,�quindi,�solo��una�gestione�riconducibile,�anche�indirettamente,�
alla�parte�pubblica�potrebbe�garantirne�la�piena�disponibilita��,�finisce�con�
lo�stabilire�un�divieto�generale�di�procedere��anche�in�futuro,�quindi,�e,�
indipendentemente�dal�mantenimento�del�controllo��alla�collocazione�sul�
mercato�delle�azioni�di�RaiWay.�

Donde�la�presente�impugnazione�affidata�ai�seguenti�motivi�di�diritto.�

Sulla 
natura 
dell'atto 
impugnato 
3.1.�L'atto�impugnato�ha�invero�natura�
ibrida.�Come�sara�meglio�spiegato�in�seguito,�l'operazione�di�cessione�per�
cui�e�causa�non�e�sottoposta�ad�alcuna�autorizzazione,�ne�,�anzi,�e�in�alcun�
modo�disciplinata�dalla�Convenzione�o�dal�Contratto�di�servizio�tra�la�Rai�
e�l'Amministrazione�concedente.�

Le�parti,�tuttavia,�nell'esercizio�della�propria�autonomia�contrattuale�e�
allo�scopo�di�offrire�alla�contraente,�Crown�Castle,�una�garanzia�del�con-
senso�delle�autorita�italiane�alla�cessione,�hanno�convenuto�l'automatica�riso-
luzione�dell'accordo,�non�soltanto�nel�caso�di�mancata�autorizzazione�da�
parte�dell'Autorita�Garante�della�concorrenza�e�del�mercato,�ma�anche�in�
quella�di�mancato�rilascio�da�parte�del�Ministero�di�un'attestazione�di�confor-
mita�della�stessa�operazione�alla�Convenzione�e�all'autorizzazione�dell'11�no-
vembre�1999.�

L'atto�che�s'impugna�avrebbe,�dunque,�sotto�questo�aspetto,�natura�di�
dichiarazione�di�scienza,�il�Ministero�essendo�stato�chiamato�dalle�parti�ad�
esprimere�una�valutazione�sulla�regolarita�dell'operazione,�non�prevista�dalla�
legge.�

Il�Ministro,�tuttavia,�nel�dare�riscontro�all'istanza�delle�parti,�ha�
espresso�un�diverso�avviso,�ritenendosi�investito�di�un�vero�e�proprio�potere�
autorizzatorio�da�esercitarsi�in�via�preventiva.�

Si�legge,�infatti,�nell'atto�che�si�impugna�che�la�Rai��anziche�richiedere�
l'autorizzazione�preventiva�,��ha�anticipato�il�perfezionamento�del�contratto�
di�cessione,�condizionandone�risolutivamente�l'efficacia�alla�mancata��presa�
d'atto��dell'Amministrazione�.�

D'altra�parte,�il�Ministro�non�ha�vietato�la�cessione�per�aver�riscontrato�
violazioni�della�Convenzione�o�dell'autorizzazione�dell'11�novembre�1999;�
ossia�con�riferimento�ai�parametri�di�valutazione�indicati�dalle�parti.�

Le�considerazioni�che�il�Ministro�formula�al�riguardo�attengono�unica-
mente�alla�pretesa�perdita�di�controllo�di�RaiWay�e�sembrano�invero�quasi�
un�obiter 
dictum 
nell'economia�dell'atto�impugnato;�ove,�infatti,�si�legge�che�
l'operazione�deve�essere�vietata�a�causa�di��superiori�ragioni�di�opportunita���
e�che��va�peraltro�sottolineato��che�la�cessione�conferirebbe��al�partner�un�
potere�di�indirizzo�strategico�dell'attivita�di�RaiWay�addirittura�superiore�a�
quello�del�socio�di�maggioranza�.�

In�considerazione,�pertanto�dei�contenuti�anche�provvedimentali�del-
l'atto�in�epigrafe�e,�in�ogni�caso,�della�circostanza�che�esso�promana�dal�
Ministero�concedente,�il�quale�si�e�,�espressamente�riconosciuta�una�potesta�
autorizzatoria�in�ordine�all'operazione�per�cui�e�causa,�esso�viene�impugnato�
dinanzi�a�codesto�Ecc.mo�Tribunale.�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE

Incompetenza. 
Violazione 
degli 
articoli 
4, 
commi 
2 
e 
3 
e 
14, 
D.Lgs. 
30 
marzo 
2001, 
n. 
165 
in 
relazione 
all'art. 
97 
della 
Costituzione. 
4.�Ai�sensi�
dell'art.�4,�co.�1,�D.Lgs.�n.�165/2001�(che�riproduce�pedissequamente�l'art.�3�
del�D.Lgs.�n.�29/1993)�l'adozione�degli�atti�e�dei�provvedimenti�di�compe-
tenza�dei�Ministeri�e�le�relative�responsabilita�spettano�ai�dirigenti�e�non�ai�
Ministri,�cui�compete�invece�l'indirizzo�politico-amministrativo.�

Non�si�vede�pertanto�come�il�Ministro�possa�avere�ritenuto�di�sostituirsi�
alla�propria�direzione�generale,�in�una�materia�cos|�delicata,�che�comportava�
un'approfondita�indagine�istruttoria�sulla�disciplina�contrattuale�predisposta�
dalle�parti�e�sul�controllo�di�una�societa�.�

Ne�si�dica�che�venivano�in�considerazione�valutazioni�di�ordine�politico�
di�competenza�del�vertice�dell'Amministrazione,�dal�momento�che�si�trattava,�
molto�piu�semplicemente,�di�verificare,�alla�stregua�di�quanto�previsto�nel�
contratto�e�nell'ambito�dei�poteri�che�spettano�al�concedente�sul�concessiona-
rio,�la�conformita�dell'operazione�alle�regole�che�governano�la�concessione.�

Sotto�questo�profilo��tenuto�anche�conto�che�la�distinzione,�enfatiz-
zata�nelle�piu�recenti�leggi,�tra�il�ruolo�del�Ministro�e�quello�del�dirigente�si�
riconnette�al�dovere�d'imparzialita�della�pubblica�amministrazione��l'avo-
cazione�da�parte�del�Ministro�concreta�non�solo�la�violazione�degli�artt.�4�e�
14�del�D.Lgs.�n.�165/2001,�ma�anche�quella�dell'art.�97�della�costituzione.�

II.�Eccessodipoterepersviamento. 
Difettod'istruttoriaedimotivazione. 
Errore 
nei 
presupposti. 
Violazione 
e/o 
falsa 
applicazione 
di 
legge. 
5.�Il�Mini-
stero�delle�comunicazioni�esercita�nei�confronti�della�concessionaria�poteri�
di�controllo�e�di�verifica,�nonche�poteri�di�vigilanza��sull'osservanza�degli�
obblighi�derivanti�dal�contratto��di�servizio.�

I�casi�in�cui�al�Ministero�spetta�un�potere�autorizzatorio,�rispetto�a�sin-
gole�operazioni�di�gestione,�sono�specificamente�e�tassativamente�individuati�
dalla�convenzione�e�dal�contratto�di�servizio.�

Per�quanto�qui�interessa:�

^l'art.�1,�co.�5,�della�Convenzione�stabilisce�che�1a�societa�concessio-
naria�puo�,�previa�autorizzazione�del�ministero�delle�poste�e�telecomunica-
zioni,�avvalersi,�per�attivita�inerenti�all'espletamento�dei�servizi�concessi,�di�
societa�da�essa�controllate�;�

^il�Contratto�di�servizio,�approvato�con�decreto�del�Presidente�della�
Repubblica�8�febbraio�2001�specifica�che��la�concessionaria�e�tenuta,�anche�
attraverso�le�societa�controllate,�ad�assicurare�il�rispetto�di�tutti�gli�obblighi�
previsti�nella�convenzione�e�nel�contratto�di�servizio,�con�particolare�riferi-
mento�all'art.�5�della�convenzione�(attivita�consentite�alla�concessionaria)�e�
agli�articoli�15�(qualita�e�disponibilita�tecnica�del�servizio),�16�(copertura�
del�servizio�di�radiodiffusione�televisiva)�e�17�(copertura�del�servizio�di�radio-
diffusione�sonora�in�modulazione�di�frequenza)�del�presente�contratto�di�
servizio�.�

Alla�stregua�delle�suddette�disposizioni,�deve�pertanto�ritenersi�che�il�
Ministero�possa�legittimamente�negare�l'autorizzazione�in�parola�solo�nel�
caso�in�cui�riscontri:�il�difetto�del�requisito�del�controllo�societario;�ovvero,�
che�la�gestione�degli�impianti�attraverso�la�controllata�arrechi�pregiudizio�
all'assolvimento�dei�compiti�di�servizio�pubblico�imposti�alla�Rai.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

L'ipotesi�che�ricorre�nel�caso�di�specie,�cessione�a�terzi�di�una�partecipa-
zione�azionaria�nel�capitale�di�societa�costituita�dalla�Rai�ai�sensi�dell'art.�1,�
co.�5,�citato,�non�e�,�invece,�disciplinata�ne�dalla�Convenzione,�ne�dal�con-
tratto�di�servizio.�

Dalla�disciplina�stabilita�dall'art.�1,�co.�5,�della�Convenzione�puo�invero�

solo�inferirsi�a�contrario:�

^il�divieto�per�la�Rai�di�alienare�partecipazioni�di�maggioranza;�

^l'obbligo�(pur�in�difetto,�si�ripete,�di�una�disposizione�che�lo�pre-
scriva)�di�comunicare�preventivamente�al�Ministero�le�operazioni�di�cessione,�
allo�scopo�di�consentire�all'Amministrazione�concedente�l'esercizio�dei�poteri�
di�controllo�ad�essa�spettanti�in�base�alla�legge�e�al�rapporto�di�concessione.�

Non�si�puo�,�invece,�configurare,�nel�silenzio�della�norma,�un�obbligo�per�
la�Rai�di�richiedere�una�preventiva�autorizzazione�ogni�volta�che�proceda�alla�
dismissione�di�una�partecipazione�di�minoranza�nel�capitale�delle�suddette�
societa�.�

E�evidente,�infatti,�che,�se�la�dismissione�comporta�la�perdita�del�con-
trollo,�essa�e�per�cio�solo�vietata�dalla�Convenzione�e�l'eventuale�autorizza-
zione�del�Ministero�non�servirebbe�a�renderla�legittima�(sarebbe�dunque�inu-
tiliter�data);�se,�invece,�viene�deliberata�la�cessione�di�una�partecipazione�di�
minoranza,�a�seguito�della�quale�la�Rai�continua�a�detenere�il�controllo�
della�societa�di�cui�trattasi,�non�puo�ritenersi�necessario�il�rilascio�di�un'al-
tra�autorizzazione,�oltre�quella�gia�ottenuta�per�costituire�la�societa�,�nulla�
essendo�mutato�rispetto�al�requisito�(accertato�con�la�prima�autorizzazione)�
richiesto�dall'art.�1,�co.�5,�della�Convenzione:�ossia�la�sussistenza�del�con-
trollo�societario.�

La�disposizione,�infatti,�con�il�prescrivere�che�la�Rai�puo�avvalersi,�per�
l'esercizio�dei�servizi�concessi,�di�societa�controllate,�ammette�implicitamente�
ma,�inequivocabilmente,�che�anche�soggetti�diversi�dalla�Rai�possano�dete-
nere�partecipazioni��purche�di�minoranza��nelle�stesse�societa�:�altrimenti�
la�norma�avrebbe�imposto�alla�Rai�di�avvalersi�solo�di�societa�da�essa�intera-
mente�partecipate.�

Non�puo�non�rilevarsi�del�resto�l'irragionevolezza�di�una�norma�che,�per�
un�verso,�consentisse�alla�Rai�di�gestire�i�servizi�concessi�attraverso�societa�
separate,�ai�fini�di�una�migliore�efficienza�e�competitivita�,�e�poi,�per�il�caso�
di�effettivo�esercizio�di�tale�facolta�,�prevedesse�incomprensibili�appesanti-
menti�procedurali�(la�necessita�appunto�di�richiedere�autorizzazione�al�Mini-
stero�anche�per�la�cessione�di�una�sola�azione�della�societa�).�

Sulle��superiori�ragioni�di�opportunita���che�si�opporrebbero�alla��presa�

d'atto�.�

6.�Cio�premesso,�il�provvedimento�qui�impugnato�vieta�la�cessione�del�
49%�delle�azioni�di�RaiWay�anzitutto�a�causa�di��superiori��(e�non�meglio�
specificate!)��ragioni�di�opportunita�,�anche�connesse�all'attuale�momento�
storico�,�e,�solo�in�via�del�tutto�subordinata�(�va,�peraltro�sottoli-
neato�...�),�perche�la�Rai�avrebbe�concluso�un'operazione�idonea�a�com-
portare�la�perdita�del�controllo�di�RaiWay,�in�violazione�dell'autorizza-
zione�dell'11�novembre�1999.�

IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE

Si�legge,�infatti,�nell'atto�ministeriale�del�26�ottobre,�anzitutto,�che�gli�
impianti�di�RaiWay��sono�unici,�rappresentano�in�primo�luogo�un�valore�
incommensurabile�di�per�se�:�la�loro�potenzialita�di�applicazione�e�tale�da�
poterli�sfruttare�anche�per�delicatissimi�compiti�di�sicurezza�che�solo�una�
gestione�realmente�riconducibile,�anche�indirettamente,�alla�parte�pubblica�
ne�possa�garantire�la�piena�disponibilita��.�

Cio�comporta�che,�come�gia�sottolineato�in�narrativa,�l'atto�del�Ministro�
finisce�con�il�vietare,�non�gia�solo�la�cessione�per�cui�e�causa,�ma�la�stessa�
alienazione�a�terzi�delle�partecipazioni�azionarie,�di�qualunque�entita�,�nel�
capitale�di�RaiWay,�consacrando�gli�impianti�della�stessa�all'utilizzo�per�
�compiti�di�sicurezza��e��statuendo��che�gli�stessi�debbono�rimanere�nella�
gestione�pubblica.�

Ora,�e�notorio�anzitutto�che�quegli�impianti�non�sono�'unici';�sicche�il�
Ministro�avrebbe�dovuto�congruamente�motivare�il�convincimento�secondo�
il�quale�gli�altri��impianti�trasmittenti�e�di�collegamento�installati�sul�territo-
rio�italiano�,�diversi�da�quelli�di�RaiWay,�non�sarebbero�idonei�agli�scopi�di�
�importanza�strategica��che�esso�prefigura�senza�peraltro�specificare.�

In�ogni�caso,�ove�pure�fosse�dimostrato�che�gli�impianti�di�RaiWay�sono�
�unici�,�cio�non�basterebbe�a�fondare�il�divieto�del�Ministro�all'operazione�
per�cui�e�causa.�

Il�Ministero�e�il�Governo�dispongono,�infatti,�di�poteri�autoritativi�che,�
in�caso�di�pericolo�per�la�sicurezza�nazionale,�si�imporrebbero�comunque�al�
proprietario�degli�impianti,�anche�se�privato.�

Si�fa�riferimento�anzitutto�allo�strumento�generale�della�requisizione;�
ma�soccorrono�anche�disposizioni�specifiche�della�disciplina�di�settore.�La�
legge�6�agosto�1990,�n.�223�prevede,�per�esempio,�che��in�caso�di�pubblica�
emergenza�(...)�il�Presidente�del�Consiglio�dei�ministri,�su�proposta�del�
Ministro�della�difesa,�dell'interno�e�delle�poste�e�telecomunicazioni,�puo�
disporre�che�le�radiofrequenze�assegnate�ai�concessionari�privati�siano�tem-
poraneamente�utilizzate�dai�competenti�organi�dello�Stato�che�ne�abbiano�
necessita��;�il�piano�nazionale�di�assegnazione�delle�frequenze�per�la�radio-
diffusione�televisiva�(Delib.�Autorita�garanzie�del�30�ottobre�1998)�stabilisce�
poi�che�alcune�frequenze�siano�riservate�al�Ministero�della�Difesa,�che�le�
utilizza�in�esclusiva.�

Il�tutto�per�tacere�poi�del�fatto�che�la�tesi�del�Ministro�secondo�la�quale�
determinati�impianti,�in�ragione�della�loro�importanza,�devono�restare�di�
proprieta�pubblica,�si�pone�in�patente�contraddizione�con�il�processo�di�pro-
gressiva�privatizzazione�di�importantissimi�enti�pubblici�avviato�dal�legisla-
tore�con�il�decreto-legge�11�luglio�1992,�n.�333,�convertito�con�modificazioni�
dalla�legge�8�agosto�1992,�n.�359,�che�ha�trasformato�in�societa�per�azioni�
l'IRI,�l'ENI,�l'ENEL,�l'INA.�

Ugualmente�significative�risultano,�del�resto,�l'avvenuta�privatizzazione�
delle�FS,�ora�Rete�Ferroviaria�Italiana�S.p.a.,�nonche�l'abolizione�di�tutti�i�
diritti�speciali�ed�esclusivi�per�l'installazione�di�reti�di�telecomunicazioni,�
effettuata�con�il�decreto�del�Presidente�della�Repubblica�19�settembre�1997,�

n.�318�(�Regolamento�per�l'attuazione�di�direttive�comunitarie�nel�settore�
delle�telecomunicazioni�).�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

Quanto�poi�alla�disciplina�speciale,�relativa�al�settore�radiotelevisivo,�
non�puo��non�apparire�rilevante�che:�a) 
l'art.�2,�della�legge�6�agosto�1990,�

n.�223,�a�termini�del�quale��il�servizio�pubblico�radiotelevisivo�e��affidato�
mediante�concessione�ad�una�societa��per�azioni�a�totale�partecipazione�pub-
blica��sia�stato�abrogato�proprio�limitatamente�alle�parole��a�totale�parteci-
pazione�pubblica�,�con�il�decreto�del�Presidente�della�Repubblica�28�luglio�
1995,�n.�315,�in�esito�al�referendum�i�cui�risultati�sono�stati�proclamati�con�
d.R.R.�5�aprile�1995;�e�b) 
che�la�stessa�Convenzione,�nel�consentire�alla�Rai�
di�avvalersi�di�societa��controllate�(e�non�interamente�partecipate!)�per�l'eser-
cizio�dei�servizi�concessi�(tra�i�quali,�si�noti,�rientra�proprio��l'installazione�
e�l'esercizio�tecnico�degli�impianti�destinati�alla�diffusione�di�programmi�
sonori�e�televisivi�ed�i�connessi�collegamenti�di�tipo�fisso�per�la�produzione�
e�la�distribuzione�)�consente,�anche�se�implicitamente,�il�trasferimento�degli�
impianti�alle�suddette�societa��.�
In�definitiva,�nessuna�norma,�ne�di�legge,�ne�di�convenzione�impone�
positivamente�la�conservazione�della�titolarita��esclusiva�degli�impianti�da�
parte�della�concessionaria.�Sicche�il�divieto�del�Ministero�ad�eventuali�opera-
zioni�di�dismissioni�di�partecipazioni�azionarie�possedute�dalla�Rai�in�proprie�
controllate,�ai�sensi�dell'art.�1,�co.�5�della�Convenzione,�puo��essere�legittima-
mente�espresso�solo:�a) 
nel�caso�in�cui�la�cessione�comporti�la�perdita�del�
controllo;�b) 
nel�caso�in�cui�il�passaggio�della�gestione�ad�altra�societa��com-
porti�un�pregiudizio�(che�deve�essere�pero��argomentato�con�adeguata�istrut-
toria�e�non�semplicemente�affermato)�all'assolvimento�dei�compiti�di�pub-
blico�servizio�imposti�alla�Rai.�

Condizioni,�queste,�che,�come�sara��meglio�spiegato�in�seguito,�qui�non�
ricorrono.�

Deve,�invece,�escludersi�la�sussistenza�in�capo�al�Ministro�del�potere�di�
vietare�le�suddette�operazioni�alla�stregua�di�valutazioni�di�opportunita��,�
peraltro�non�argomentate,�ne�in�alcun�modo�supportate�da�istruttoria.�

6.1.�Si�segnala,�in�ogni�caso,�che�alcuni��forse�i�piu��importanti��degli�
impianti�della�Rai�sono�espressamente�esclusi�dalla�compravendita�aziona-
ria,�come�risulta�dall'allegato�8�del�contratto�(�Proprieta��non�trasferite�);�
rispetto�ad�essi,�le�parti�hanno�solo�convenuto�che��non�appena�sara��ragione-
volmente�possibile�,�RaiWay�acquistera���i�diritti�di�Rai�(di�proprieta��odi�
altro�tipo)�.�
Resta,�invece,�del�tutto�esclusa�la�trasferibilita��dei��Siti�Rai�,�il�contratto�
prevedendo�unicamente�che�la�Rai��concedera��alla�Societa��diritti�di�godi-
mento�o�di�locazione�(dietro�pagamento�di�un��Costo�Annuo�per�Housing�)�
in�relazione�alle�aree�sulle�quali�sono�situati�beni�della�Societa��.�

Anche�per�questa�ragione,��i�timori��del�Ministro�sono�privi�di�
fondamento.�

Sulla 
valutazione 
degli 
impianti. 
7.�Per�le�ragioni�gia��illustrate,�deve�pari-
menti�censurarsi�l'illegittimita��dell'atto�qui�impugnato,�nella�parte�in�cui�fa�
discendere�il�diniego�all'operazione�da�considerazioni�afferenti�la�pretesa�
incongruita��della�valutazione�degli�impianti�di�RaiWay.�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE

Si�legge,�infatti,�nel�provvedimento�che�la�valutazione�degli�impianti�
sarebbe��analoga�a�quella�fatta�nel�lontanissimo�1991�dall'IRI�;��circo-
stanza,�questa��che�apparirebbe��davvero�inquietante�.�

Ora,�anzitutto,�come�gia�sottolineato,�non�puo�riconoscersi�in�capo�
al�Ministro�il�potere�di�vietare�l'operazione�alla�stregua�di�criteri�diversi�
da�quelli�indicati�dalla�Convenzione,�che�peraltro�espressamente�rimette�
�1e�verifiche�sull'andamento�della�gestione�della�concessionaria�,�sotto�il�
profilo�della�efficienza�e�della�economicita�(e,�quindi,�anche�la�verifica,�
sull'economicita�delle�singole�operazioni�di�gestione�compiute�dalla�
stessa)�al�Ministero�del�Tesoro,�d'intesa�con�quello�delle�Comunicazioni:�
mentre�in�questo�caso�il�Ministero�del�Tesoro�non�sembra�che�sia�stato�
neppure�`sentito'.�

In�ogni�caso,�si�ripete,�l'operazione�di�compravendita�azionaria�e�stata�
compiuta�dalla�Rai�avvalendosi�dell'assistenza�di�due�autorevoli�advisors 
internazionali�(Merrill�Lynch,�per�la�parte�finanziaria�e�Grimaldi�Clifford�
Chance,�per�la�parte�legale)�e�l'Iri,�insieme�Rai�Holding,�ha�monitorato�l'in-
tera�procedura�di�selezione,�avvalendosi,�a�sua�volta,�di�propri�advisors 
di�pri-
mario�livello�(Rotschild�e�Lazard),�garantendone�la�trasparenza�e�la�
regolarita�.�

Non�corrisponde�infine�al�vero�che�la�valutazione��fatta�nel�lontanis-
simo�1991�,�sia�stata�effettuata�dall'Iri,�come�si�legge�nel�provvedimento�in�
epigrafe.�

Sotto�questo�aspetto,�non�puo�non�denunciarsi,�oltre�alla�falsita�dei�
presupposti,�il�gravissimo�difetto�istruttorio�del�provvedimento�impu-
gnato,�essendo�la�valutazione�del�1991�del�tutto�irrilevante�ai�fini�che�qui�
interessano�ed�avendo�lo�stesso�Ministro,�soltanto�due�giorni�dopo,�rico-
nosciuto�il�proprio�errore�su�questo�punto�(v.�lettera�al�Sole�24�Ore�che�
si�deposita).�

Il�provvedimento,�tuttavia,�resta�fondato�anche�su�questo�errore.�

III.�Violazione 
e/o 
falsa 
applicazione 
di 
legge; 
Travisamento. 
Eccesso 
di 
potere 
per 
difetto 
d'istruttoria 
e 
di 
motivazione. 
Errore 
difatto. 
8.�Solo�in�via�
del�tutto�subordinata,�l'Amministrazione�prende�infine�in�esame,�nel�provve-
dimento�in�epigrafe,�l'unico�profilo�dell'operazione�che�la�Convenzione�(e�le�
parti�con�la�previsione�contrattuale)�rimette�alla�sua�valutazione�in�ipotesi�
di�cessione:�ossia�l'assetto�di�controllo�di�RaiWay.�
Anche�con�riferimento�a�questo�aspetto�dell'operazione,�tuttavia,�il�con-
vincimento�del�Ministro�e�frutto�di�un�errore,�piu�precisamente�di�un�travisa-
mento�dei�contenuti�del�contratto,�a�causa,�anche�qui,�del�difetto�assoluto�
d'istruttoria.�

Si�legge,�infatti,�nel�provvedimento,�che��va,�peraltro�sottolineato�che�
la�Rai�anziche�richiedere�la�preventiva�autorizzazione,�cos|�come�stabilito�
nel�provvedimento�dell'11�novembre�1999�per��ogni�variazione�dell'attuale�
assetto�di�controllo�della�New�Co�TD�S.p.a.��(ora�la�RaiWay),�ha�antici-
pato�il�perfezionamento�del�contratto�di�cessione,�condizionandone�risolu-
tivamente�l'efficacia�alla�mancata��presa�d'atto��dell'Amministrazione��e�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

che��i�patti�parasociali�conferiscono�al�partner�un�potere�di�indirizzo�stra-
tegico�dell'attivita�di�RaiWay�addirittura�superiore�a�quello�del�socio�
di�maggioranza�.�

La�conclusione�che�il�Ministro�trae�dalle�suddette�disposizioni�dei�patti�
parasociali,�secondo�la�propria�immotivata�interpretazione,�e�che�vi�sarebbe�
stata�nella�specie��alterazione�delle�condizioni�dell'autorizzazione�rilasciata�
dal�Ministero�alla�Rai�con�provvedimento�11�novembre�1999�.�

Giova�analizzare�partitamente�i�diversi�profili�del�ragionamento�seguito.�

Sulla�necessita�della�previa�autorizzazione.�8.1.�Nel�richiamare�le�conside-
razioni�sopra�svolte�sub�5,�a�proposito�dell'inconfigurabilita�di�un�potere�
autorizzatorio�del�Ministero�(meno�che�mai�in�via�di�prevenzione),�rispetto�
ad�operazioni�come�quella�per�cui�e�causa,�si�precisa�quanto�segue.�

La�Rai�ha�comunque�comunicato�preventivamente�l'operazione�di�ces-
sione�al�Ministero�con�la�nota�del�28�marzo�2000,�nel�quadro�dei�doveri�d'in-
formazione�che�incombono�alla�stessa�per�effetto�del�rapporto�di�conces-
sione;�inoltre,�stipulato�il�contratto�con�la�Crown�Castle,�ha�nuovamente�sol-
lecitato�il�Ministero�ad�esprimersi�in�ordine�alla�cessione,�con�nota�del�
27�aprile�2001:�la�richiesta�di�una��presa�d'atto��da�parte�dell'Amministra-
zione�essendo�stata�sollecitata�proprio�dal�contraente�Crown�Castle.�

Poiche�peraltro�l'art.�8�del�contratto�prevede�che�il�mancato�rilascio�di�
una�comunicazione�di�presa�d'atto�da�parte�del�Ministero�comporta�la�risolu-
zione�automatica�dello�stesso�e�poiche�,�di�fatto,�esso�e�rimasto�privo�di�effetti�
a�causa�del�diniego�oggetto�d'impugnazione,�risulta�specioso�il�rilievo�
secondo�il�quale��la�Rai�non�avrebbe�richiesto�la�preventiva�autorizzazione��
dell'operazione.�

Sulla�perdita�del�controllo�di�RaiWay.�8.2.�Ad�avviso�del�Ministro,�
�contravvenendo�all'impegno�assunto�dalla�Rai�circa�il�mantenimento�del�
controllo�di�RaiWay�,�i�patti�parasociali��e,�in�particolare,�gli�articoli�3,�
lettera�c),�4,�5,�6�e�9�conferirebbero�al��partner�un�potere�di�indirizzo�strate-
gico�dell'attivita�di�RaiWay�addirittura�superiore�a�quello�del�socio�di�mag-
gioranza�.�

Ora,�come�si�e�piu�volte�precisato,�la�Convenzione�stabilisce�l'obbligo�
per�la�Rai�di�mantenere�il�controllo�delle�societa�delle�quali�si�avvale�per�l'e-
sercizio�dei�servizi�concessi.�

Il�termine�controllo�deve�essere�inteso�nel�senso�stabilito�dall'art.�2359,�
comma�1�(cos|�stabilisce�anche�la�legge�n.�23/1990,�ai�fini�delle�disposizioni�
ivi�previste),�e,�quindi,�con�riferimento�a�situazioni�in�cui�la�Rai�disponga:�

a)�della�maggioranza�dei�voti�esercitabili�nell'assemblea�ordinaria;�
ovvero;�

b)�di�voti�sufficienti�per�esercitare�un'influenza�dominante.�

Per�la�nozione�di�influenza�dominante�possono�ricavarsi�elementi�dal-
l'art.�37,�co.�1,�n.�223/1990,�che�la�ritiene�esistente,�salvo�prova�contraria,�
�quando�ricorrano�rapporti�di�carattere�finanziario�o�organizzativo�che�con-
sentano�anche�una�sola�delle�seguenti�attivita�:�

^la�comunicazione�degli�utili�o�delle�perdite;�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE

^il�coordinamento�della�gestione�dell'impresa�radiotelevisiva�con�
quella�di�altre�imprese�ai�fini�del�perseguimento�di�uno�scopo�comune�o�ai�
fini�di�limitare�la�concorrenza�tra�le�imprese�stesse;�

^una�distribuzione�degli�utili�o�delle�perdite�diversa,�quanto�ai�sog-
getti�o�alla�misura,�da�quella�che�sarebbe�avvenuta�in�assenza�dei�rapporti�
stessi;�

^l'attribuzione�a�soggetti�diversi�da�quelli�legittimati�in�base�all'as-
setto�proprietario�di�poteri�nella�scelta�degli�amministratori�e�dei�dirigenti�
di�imprese�radiotelevisive,�nonche�dei�direttori�delle�testate�trasmesse�.�

***�
L'esame�dell'accordo�di�cessione,�alla�stregua�dei�suindicati�criteri,�con-
sente�di�dimostrare,�contro�l'erronea�tesi�del�Ministro,�che�esso�non�compor-
terebbe�affatto�per�la�Rai�la�perdita�del�controllo�di�RaiWay,�soprattutto�
con�specifico�riferimento�all'esercizio�dei�servizi�concessi.�
Ed�invero,�anzitutto,�la�Rai�conserva�il�51%�delle�azioni�di�RaiWay:�
quindi,�ai�sensi�dell'art.�2359,�co.�1,�la��maggioranza�dei�voti�esercitabili�nel-
l'assemblea�ordinaria�.�
Inoltre,�nei�patti�parasociali�non�sono�ravvisabili��sindacati�di�voto��tali�
da�vanificare�il�controllo,�che�e�,�invece,�positivamente�garantito�gia�dall'art.�1�
(recante��principi�generali�),�il�quale�stabilisce�che:�
il�ruolo�di�CCR��sara�rivolto�allo�sviluppo,�attraverso�l'utilizzo�del�
know-how�e�delle�competenze�manageriali�di�cui�il�Partner�e�Crown�Castle�
sono�in�possesso,�di�nuovi�settori�di�attivita�al�fine�di�valorizzare�gli�assets�
di�cui�e�attualmente�proprietaria��RaiWay;�
sicche�,il�coinvolgimento�delpartner�nella�gestione�della�societa�,�oltre�a�
riguardare�settori�di�attivita�non�interessati�dal�servizio�pubblico,�viene�con-

sentito��fermo�restando�che�l'effettivo�controllo�della�gestione�complessiva�della�
Societa�restera�di�competenza�della�Rai,�quale�socio�di�maggioranza�assoluta,�
in�conformita�alleprescrizionidi�legge�e�regolamentariapplicabilialla�Societa�,�

nonche�all'autorizzazione�rilasciata�dal�Ministero�delle�Comunicazioni�in�data�
11�novembre�1999�.�

Il�principio�e�poi�ulteriormente�specificato�dalle�disposizioni�di�cui�alle�
lettere�c)�e�d)�dello�stesso�art.�1,�che�stabiliscono,�rispettivamente,�che�la�
gestione�della�Societa�e�quindi�l'attivita�di�tuttiisuoiorganisara�sempre�
informata�al�pieno�rispetto�e�adempimento�del�Contratto�di�fornitura��e�
della�Convenzione;�e�che��i�consiglieri�ed�il�management�della�Societa�infor-
meranno�lapropriaattivita�gestionaleall'insiemedeiprincipisancitinelpre-
sente�art.�1�.�

Tale�disposizione,�che�costituisce�una�sorta�di�clausola�di�chiusura�della�
complessiva�disciplina�contrattuale,�e�stata�del�tutto�ignorata�dal�Ministro.�

Del�tutto�infondate�ed�erronee�sono�invece�le�censure�avanzate�con�rife-
rimento�alle�disposizioni�dei�patti�qui�di�seguito�esaminate.�

L'art.�3�lettera�c)�dei�patti�parasociali,�prevede�e�vero,�per�16�tipologie�di�
delibere,�l'adozione�con�il�voto�favorevole�di�due�consiglieri�di�designazione�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

del�partner;�ma�cio�non�consente�di�affermare�come�fa�il�Ministro�che,��per-
tanto���la�maggioranza�(su�un�Consiglio�di�amministrazione�di�otto�membri�
pari�a�cinque)�viene�ad�essere�annullata�.�

Deve,�infatti,�sottolinearsi�che�la�maggioranza�qualificata�ivi�indicata�non�
trova�applicazione,�per�espressa�previsione�della�successiva�lettera�d) 
dello�stesso�
articolo,�con�riferimento��ad�attivita�,�adempimenti�ed�investimenti�richiesti�ai�
sensi�del�Contratto�di�fornitura,�agli�eventuali�rinnovi�del�Contratto�di�fornitura�
e�alle�modifiche�che�potranno�essere�apportate�al�medesimo,�che�siano�necessarie�
perche�la�Rai�adempia�alle�proprie�obbligazioni�ai�sensi�della�Convenzione�.�

***�

L'art.�4�consente�cos|�al�partner�di�nominare�due�sindaci�e�un�supplente�
del�Collegio�sindacale;�ma,�viste�le�competenze�di�controllo�spettanti�al�colle-
gio�in�parola�(l'art.�2403,�co.�3,�c.c.�consente�peraltro�ai�sindaci�di��procedere�
anche�individualmente,�ad�atti�di�ispezione�e�di�controllo�)�e�considerato�
che�lo�stesso�articolo�rimette�alla�designazione�della�Rai�un�sindaco�effettivo�
con�funzioni�di�Presidente�e�un�sindaco�supplente,�non�si�puo�davvero�rite-
nere�che�la�disposizione�contribuisca�a�determinare�la�sostanziale�perdita�di�
controllo�di�RaiWay�da�parte�della�Rai.�

L'art.�6�prevede�che�il�Business�Development�Officer�(BDO),��figura�
centrale�per�tutto�quanto�attiene�alla�parte�della�societa�che�dovra�operare�
in�campi�innovativi,�di�rilevante�interesse�strategico�(Tower�business)�,�sia�
nominato�su�designazione�dei�consiglieri�indicati�dal�partner;�con�la�conse-
guenza,�secondo�il�Ministro,�che��verrebbe��cos|��a�mancare�l'unita�di�guida�
della�societa�,�con�rischi�di�conflitto�con.�l'amministratore�delegato�designato�
dalla�Rai�su�aspetti�fondamentali�dell'attivita�sociale�.�

Al�riguardo�occorre�pero�specificare�che,�anzitutto,�il��settore�strate-
gico��denominato��Tower�Business�comprende�attivita�estranee�al�servizio�
pubblico�esercitato�dalla�Rai�(``per��Tower�Business��si�intende�la�fornitura�
di�infrastrutture�wireless�e�relativi�servizi�ad�operatori�wireless,�inclusi�opera-
tori�telefonici,�operatori�wireless��local�loop�,�operatori�Tetra,�UMTS�e�di�
altra�tecnologia�mobile,�esistente�o�futura�inclusa�la�locazione�di�siti/antenne�
e�servizi�di�collocazione,�servizi��built-to-suit�,�programmazione�di�rete�e�
design,�ricerca�ed�acquisizione�di�siti,�design�e�costruzione�di�siti,�installa-
zione�e��commissioning��di�siti,�ottimizzazione�della�rete,�manutenzione�
delle�infrastrutture,�gestione�e�manutenzione�della�rete�e�relativi�servizi�di�
trasmissione�a�microonde�o�fibre''),�

Inoltre,�l'art.�6�rimette�alla�Rai�la�nomina�dell'Amministratore�delegato,�
stabilendo�che�il�BDO�eserciti�i�poteri�che�lo�stesso�Amministratore�delegato�
gli,�conferisce,�attraverso�apposita�procura,�revocabile�dal�Consiglio�di�
amministrazione.�

***�

L'art.�5�lettera�b) 
e�d) 
prevede,�per�l'assemblea�straordinaria,�quorum�
che,�secondo�il�Ministro,�consentirebbero�al�partner��un�considerevolissimo�
potere�di�blocco�sulle�delibere�.�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE

Tuttavia,�considerato�che�l'art.�2365�c.c.�rimette�alla�competenza�dell'as-
semblea�straordinaria�le�delibere�sulle�modificazioni�dell'atto�costitutivo�e�
sull'emissione�di�obbligazioni,�nonche�sulla�nomina�e�sui�poteri�dei�liquida-
tori�a�norma�degli�articoli�2450�e�2452�c.c.,�il�rilievo�del�Ministro�appare�
subito�destituito�di�fondamento.�

Quanto�alle�modifiche�dell'atto�costitutivo,�infatti,�opera�in�ogni�caso�la�
regola�di�chiusura�stabilita�dall'art.�1,�sicche�non�potranno�essere�approvate�
modificazioni�che�interferiscano�con�il�libero�e�pieno�svolgimento�da�parte�
di�RaiWay�del�servizio�pubblico;�inoltre,�lo�stesso�articolo,�stabilisce�espres-
samente�che��per�le�delibere�relative�ad�aumenti�di�capitale�necessari�a�finan-
ziare�gli�investimenti�richiesti�dalla�Societa�per�adempiere�le�proprie�obbliga-
zioni�ai�sensi�del�Contratto�di�fornitura�,�si��applicheranno�le�maggioranze�
di�legge.�

Del�tutto�inconferente�ai�fini�dell'assetto�di�controllo�di�RaiWay,�e�,�
infine,�il�rilievo�del�Ministro�secondo�il�quale�l'art.�9�lettera�a)�dei�patti�para-
sociali�prevederebbe�il�divieto�di�concorrenza�del�partner�per�un�periodo,�un�
anno�dalla�perdita�della�qualita�di�socio,�troppo�breve.�Ne�si�comprende,�
invero,�perche��il�dato��sarebbe��tanto�piu�significativo�ove�si�consideri�che�
nella�prima�stesura�dei�patti�parasociali�predisposti�dalla�Rai�e�distribuiti�a�
tutti�gli�aspiranti�acquirenti�il�periodo�di�non�concorrenza�era�stabilito�in�cin-
que�anni�.�

***�

8.3.�Alla�luce�di�tutto�quanto�sopra,�risulta�destituita�di�fondamento�
l'asserzione�del�Ministro�secondo�la�quale�l'accordo�di�cessione�per�cui�e�
causa�determina�la�perdita�di�controllo�di�RaiWay�e�comporta�una��altera-
zione�delle�condizioni�dell'autorizzazione�rilasciata�dal�Ministro�alla�Rai�
con�il�provvedimento�11�novembre�1999�.�
IV.�Violazione 
e/ofalsa 
applicazione 
di 
legge. 
Carenza 
dipotere. 
9.�Deve,�
infine,�sottolinearsi�che�il�provvedimento�in�epigrafe�risulta�addirittura�
emesso�in�carenza�di�potere,�nella�parte�in�cui,�per��superiori�ragioni�di�
opportunita��,�vieta�alla�Rai�l'utilizzazione�della�rete�per�l'esercizio�di�attivita�
nel�c.d.�Tower�Business;�stabilendo�che��solo�una�gestione�realmente�ricon-
ducibile,�anche�indirettamente,�alla�parte�pubblica�ne�possa�garantire�la�
piena�disponibilita��.�
Al�riguardo,�oltre�alle�considerazioni�sopra�svolte�sub 
6,�deve�infatti�
osservarsi�che,�l'art.�5,�co.�1�della�Convenzione�e�l'art.�29,�co.�4,�lettera�
b),�consentono�espressamente�alla�Rai�di�esercitare�attivita�connesse�
all'oggetto�sociale��tra�le�quali�devono�senz'altro�annoverarsi�quelle�
afferentiilsettore�delle�telecomunicazioni�direttamente�otramite�
societa�collegate,�senza�prescrivere�la�necessita�del�rilascio�dell'autorizza-
zione�ministeriale.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

La�legge�n.�249/1997,�art.�4,�comma�5,�prevede�altrettanto�espressa-
mente�che��gli�impianti�oggetto�di�concessione�radiotelevisiva�possono�essere�
utilizzati�anche�per�la�distribuzione�di�servizi�di�telecomunicazione.�In�tal�
caso�i�destinatari�di�concessioni�per�emittenti�nazionali�sono�tenuti�a�costi-
tuire�societa�separate�per�la�gestione�degli�impianti�.�

La�normativa�comunitaria�ha�poi�abolito�tutti�i�diritti�speciali�ed�esclu-
sivi�(direttive�90/388/CEE,�94/46/CE,�95/51/CE,�95/62/CE,�96/19/CE,�
97/13/CE,�97/33/CE)�nel�settore�che�interessa.�

In�particolare,�l'art.�2,�comma�1,�lettera�a) 
e�l'art.�2,�comma�2,�terzo�
paragrafo�della�Dir.�90/388/CEE,�come�modificata�dalla�Dir.�96/19/CE,�
hanno�liberalizzato�l'uso�delle�reti�alternative,�quale�quella�di�cui�la�Rai�e�
titolare.�

In�recepimento�delle�citate�direttive�comunitarie,�e�intervenuto�il�decreto�
del�Presidente�della�Repubblica�19�settembre�1997,�n.�318,�che�abolisce�tutti�
i�diritti�speciali�ed�esclusivi�per�l'installazione�di�reti�di�telecomunicazioni�ed�
in�particolare�elimina�le�residue�restrizioni�relative�alla�prestazione�di�servizi�
di�telecomunicazioni�mediante�reti�installate�dal�prestatore�di�detti�servizi�e�
mediante�infrastrutture�messe�a�disposizione�da�terzi�(art.�2,�comma�2,�let-
tera�e),�p.to�3).�

Ne�consegue�che,�alla�stregua�della�disciplina�normativa,�come�sopra�
delineata,�la�Rai�gode�di�un�diritto�soggettivo�allo�svolgimento�di�servizi�di�
telecomunicazione�mediante�l'utilizzo�della�propria�rete,�anche�con�vantaggio�
per�altri�operatori�di�telecomunicazioni,�i�quali�possono�accedere�alla�capa-
cita�di�trasmissione�della�medesima�rete�alternativa�(cfr.�7�considerando�della�
Dir.�n.�6/19�CE),�salvo�l'onere�di�richiedere�all'Autorita�delle�Garanzie�nelle�
Comunicazioni�il�rilascio�delle�licenze�individuali�stabilite�dall'art.�4,�co.�7�
della�legge�n.�249/1997.�

Il�Ministro�non�dispone,�quindi,�di�alcun�potere,�ne�di�controllo,�ne�tan-
tomeno�autorizzatorio�con�riferimento�all'esercizio�da�parte�della�Rai�di�atti-
vita�nel�c.d.�Tower�Business;�donde�la�sussistenza�del�vizio�in�rubrica.�

IV. 
Violazionedeiprincipigeneraliinmateriadiprocedimentodicuiallalegge 
n. 
241/1990.Eccessodipotereperdifettod'istruttoriaedimotivazione,sotto 
distintoprofilo. 
Sviamento. 
10.�In�disparte�tutte�le�considerazioni�che�prece-
dono,�non�puo�non�rilevarsi�che,�persino�nell'ipotesi�in�cui�il�provvedi-
mento�in�epigrafe�fosse�legittimo,�si�configurerebbe�una�responsabilita�del�
Ministro,�per�aver��deliberatamente��atteso�l'ultimo�giorno�utile�per�
esprimere�il�proprio�diniego.�
La�cessione�della�quota�di�minoranza�di�RaiWay�e�stata�deliberata�ed�
attuata�facendo�legittimo�affidamento�sulla�sua�conformita�alla�Convenzione�
e�al�provvedimento�autorizzatorio�dell'11�novembre�1999;�di�cio�l'Ammini-
strazione�era�a�conoscenza,�avendo�ricevuto�ben�tre�comunicazioni�dalla�
Rai:�il�28�marzo�2000,�il�27�aprile�2001�e,�da�ultimo,�il�18�ottobre�2001.�

A�fronte�di�tutto�cio�,�il�comportamento�del�Ministro�appare�gravissimo�
e�come�tale�va�stigmatizzato,�costituendo�violazione�del�principio�dell'affida-


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE

mento,�ma�ancor�piu��di�quello�di�leale�collaborazione�al�quale�e��improntato�il�
rapporto�concessorio,�come�delineato�nella�convenzione�e�nel�contratto�di�
servizio,�al�fine�della�migliore�gestione�del�servizio�pubblico�radiotelevisivo,�

L'Amministrazione�concedente�non�ha,�infatti,�dato�alcun�riscontro�alle�
predette�note,�con�le�quali�la�ricorrente,�ripetutamente,�sollecitava�l'adozione�
di�una�presa�d'atto�e�chiedeva�che�cio��avvenisse�entro�il�termine�di�sei�mesi�
dal�27�aprile�2001.�

Ed�anzi,�secondo�notizie�diffuse�a�mezzo�stampa�(La�Repubblica,�
14�ottobre�2001),�il�Ministro�ha�deliberatamente�deciso�di�procedervi�solo�il�
26�ottobre:�ossia�a�termine�contrattuale�quasi�scaduto.�

In�considerazione�di�cio��,�risulta�del�tutto�irrilevante�che�il�Ministro�rite-
nesse,�eventualmente,�che�la�Rai�fosse�tenuta�ad�attendere�il�rilascio�dell'au-
torizzazione,�prima�di�procedere�alla�stipula�del�contratto.�

Poiche�,�infatti,�l'Amministrazione�concedente,�disponendo�di�tutta�la�
documentazione�relativa�all'operazione,�aveva�ben�presente�l'entita��del�
danno�che�la�concessionaria�avrebbe�sub|�to�per�effetto�del�diniego,�costi-
tuiva�suo�preciso�onere�quello�di�informarla�tempestivamente�anche�
rispetto,�eventualmente,�al�carattere�preventivo�dell'autorizzazione�da�essa�
ritenuta�necessaria.�

Gravissimo�appare�invece�che,�persino�su�aspetti�rilevanti�dell'opera-
zione�(quale�quello�della�valutazione�degli�impianti),�il�Ministero�concedente�
non�abbia�consentito�alla�concessionaria�alcuna�partecipazione�al�procedi-
mento;�che,�con�il�proprio�silenzio�protratto�per�circa�due�anni,�esso�abbia�
ingenerato�nella�concessionaria�il�convincimento�della�legittimita��dell'opera-
zione,�determinandola�con�cio��a�portarla�a�compimento,�per�poi�emettere�
un�provvedimento�di�diniego�solo�a�termine�contrattuale�scaduto.�

11.�Come�piu��volte�sottolineato,�l'accordo�di�cessione,�risolto�a�causa�
del�provvedimento�che�s'impugna,�e��stato�concluso�ad�un�prezzo�particolar-
mente�vantaggioso;�e��pressoche�certo�peraltro�che,�se�la�Rai�fosse�costretta�
ad�intraprendere�una�nuova�procedura�di�selezione,�non�riuscirebbe�ad�otte-
nere�il�medesimo�prezzo,�a�causa�del�recente�forte�calo�dei�mercati�azionari�
mondiali.�
Sarebbe�pertanto�interesse�primario�della�Rai�ottenere�una�pronuncia�di�
codesto�Ecc.mo�Tribunale�che,�accertata�la�regolarita��dell'operazione,�tenga�
luogo�della��presa�d'atto��illegittimamente�negata�dal�Ministro,�con�effetto�
retroattivo�al�27�aprile�2001;�cio��che�consentirebbe�di�ritenere�avverata�la�
condizione�risolutiva�(per�un'ipotesi�analoga,�v.�C.d.S.,�sez.�VI,�26�giugno�
2001,�n.�3463)�

La�pronuncia�richiesta�sembra�ammissibile�alla�luce�del�potere�di�
disporre�la�reintegrazione�in�forma�specifica�espressamente�attribuito�al�giu-
dice�amministrativo�dall'art.�35,�D.Lgs.�n.�80/1998�(come�modificato�dal-
l'art.�7,�co.�1,�della�legge�n.�205/2000)�nelle�materie,�come�quella�che�ne�
occupa,�devolute�alla�sua�giurisdizione�esclusiva.�

�In�questi�casi�,�infatti,�secondo�la�dottrina��il�giudice�amministra-
tivo,�in�quanto�investito�di�giurisdizione�esclusiva,�potra��sostituire�la�pro-


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

pria�valutazione�di�opportunita�a�quella,�illegittimamente�esercitata,�del-
l'amministrazione�attiva��(L.V. 
Moscarini,�Risarcibilita�del�danno�da�
lesione�di�interessi�legittimi�e�nuovo�riparto�di�giurisdizione�,�in�Dir.�proc.�
amm.�1998,�814.�Si�e�,�per�esempio,�ammesso�dalla�stessa�dottrina�che,�
�nel�caso�in�cui�l'interesse�leso�dall'illegittimo�espletamento�di�una�gara�
si�sia�risolto�nel�fatto�che�la�gara�e�stata�aggiudicata�ad�un�imprenditore�
diverso�da�quello�al�quale,�se�non�vi�fosse�stata�l'illegittimita�avrebbe�
dovuto�essere�aggiudicata�,�il�giudice�possa��operando�direttamente��
effettuare��la�sostituzione�dell'aggiudicatario�;�cfr.�sul�punto�anche�

T.A.R.�Sardegna�17�febbraio�1999,�n.�169;�T.A.R�Lombardia��Milano,�
sez.�1,�23�dicembre�1999,�n.�5049).�
Tale�conclusione�sembra�del�resto�la�piu�corretta�alla�stregua�dell'ampia�
formulazione�dell'art.�35,�che�investe�il�giudice�amministrativo�del�potere�de�
quo��senza�condizionamenti��(L.V. 
Moscarini,�Risarcibilita�...,�op.�cit.),�ossia�
senza�stabilire�limite�alcuno�(onde�deve�ritenersi�che�esso�non�possa�incon-
trare�limiti�diversi�da�quelli�previsti,�per�il�giudice�ordinario,�dall'art.�2058�
c.c.);�nonche�della�ratio�sottesa�alla�legge�205/00�di�equiparare,�quantomeno�
nelle�materie�devolute�alla�giurisdizione�esclusiva,�il�giudice�amministrativo�
a�quello�ordinario.�

D'altra�parte,�in�ipotesi�come�quella�che�ricorre,�solo�la�possibilita�di�
ottenere�una�pronuncia��sostitutiva��del�giudice�ad|�to,�nel�senso�prima�chia-
rito,�garantisce�l'effettivita�della�tutela�giurisdizionale.�

P.Q.M.�
Si�chiede�che,�in�accoglimento�del�ricorso,�l'Ecc.mo�Collegio,�nell'eserci-
zio�dei�poteri�espressamente�previsti�dalla�legge�205/00,�disponga:�

in�via�istruttoria:�

consulenza�tecnica�in�ordine�ai�danni�subiti�dalla�ricorrente,�per�
effetto�del�complessivo�comportamento�del�Ministro;�

nel�merito:�

l'annullamento�del�provvedimento�in�epigrafe;�
la�reintegrazione�in�forma�specifica,�emettendo�una�pronuncia�che,�
accertata�la�regolarita�dell'operazione�alla�stregua�della�Convenzione�e�del-
l'autorizzazione�dell'11�novembre�2001,�tenga�luogo�della�presa�d'atto�negata�
dall'Amministrazione,�con�effetto�dal�27�aprile�2001;�ovvero,�condanni�l'Am-
ministrazione�ad�emettere�un�provvedimento�di�analogo�contenuto;�
in�subordine,�il�risarcimento�di�tutti�i�danni�cagionati�alla�Rai,�dal�
complessivo�comportamento�del�Ministro.�
Il�tutto�con�ogni�conseguente�statuizione,�anche�quanto�alle�spese�del�
presente�giudizio.�
Roma,�22�novembre�2001�

Prof. 
Avv. 
FedericO 
Sorrentino� 



IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE211

doc. 
3. 
�La 
memoria 
difensiva 
per 
il 
Ministero 
delle 
Comunicazioni 


�
�
Con�ricorso�introduttivo�al�T.A.R.�del�Lazio,�notificato�in�data�

23�novembre�2001,�la�RAI��Radiotelevisione�Italiana�S.p.a.,�ha�
impugnato,�chiedendone�l'annullamento,�la�nota�del�Ministro�delle�Comunica-
zioni�del�26�ottobre�2001,�con�la�quale�il�Ministro�ha�espresso�il�proprio�diniego�
alla�richiesta�di��presa�d'atto��della�cessione�alla�CCR�S.r.l.�da�parte�della�
RAI�delle�azioni�rappresentative�del�49%�del�capitale�di�RaiWay�S.p.a.,�operata�
con�contratto�di�compravendita�sottoscritto�il�27�aprile�2001�ed�in�pari�data�
comunicato�al�Ministero.�

La�ricorrente�ha�chiesto,�altres|�,�che�il�Tribunale�ad|�to�in�accoglimento�
del�ricorso�voglia�disporre,�previa�consulenza�tecnica�in�ordine�ai�danni�
sub|�ti,�la�reintegrazione�in�forma�specifica,�emettendo�una�pronuncia�che�
tenga�luogo�della�presa�d'atto�negata�dall'Amministrazione,�con�effetto�dal�
27�aprile�2001,�ovvero�condanni�l'Amministrazione�odierna�resistente�ad�
emettere�un�provvedimento�di�analogo�contenuto;�od�in�subordine,�condanni�
al�risarcimento�di�tutti�i�danni�causati�alla�RAI�dal�complessivo�comporta-
mento�del�Ministro.�

Con�il�presente�atto�il�Ministero�delle�Comunicazioni,�come�sopra�rap-
presentato�e�difeso,�contesta�integralmente�quanto�esposto�ex�adverso�e�
chiede�che�il�ricorso�introduttivo�venga�dichiarato�inammissibile�ed�in�ogni�
caso�infondato�alla�luce�delle�seguenti�considerazioni�in�fatto�e�in�diritto.�

Fatto:�Si�ritiene�particolarmente�opportuno�nella�fattispecie�una�rico-
struzione�puntuale�degli�esatti�termini�della�controversia,�sotto�il�profilo�fat-
tuale�e�giuridico,�in�quanto�gia�da�essa�emerge�l'assoluta�correttezza�e�legitti-
mita�dell'atto�emanato�dal�Ministro�delle�Comunicazioni,�nell'ambito�dei�
propri�poteri,�a�fronte�di�un�comportamento�quanto�meno�anomalo�e�con-
traddittorio�da�parte�della�RAI,�che�rende�di�per�se�il�ricorso�in�sede�giurisdi-
zionale,�al�di�la�della�suggestiva�prospettazione�ex�adverso�formulata,�manife-
stamente�inammissibile�ancor�prima�che�destituito�di�fondamento.�

Invero,�si�premette�in�fatto�che,�con�provvedimento�in�data�11�novembre�
1999,�ai�sensi�dell'art.�1,�comma�5,�della�Convenzione�Stato-RAI�approvata�
con�decreto�del�Presidente�della�Repubblica�28�marzo�1994��(�La�societa�
concessionaria�puo�,�previa�autorizzazione�del�Ministero�delle�comunicazioni,�
avvalersi,�per�attivita�inerenti�all'espletamento�dei�servizi�concessi,�di�societa�da�
essa�controllate�)��la�RAI�veniva�autorizzata�dal�Ministro�delle�comunica-
zioni�pro-tempore�ad�avvalersi�di�una�societa�per�azioni,�la�New�Co.�TD,�inte-
ramente�posseduta�e�controllata�dalla�stessa�RAI,�per�lo�svolgimento�delle�
attivita�inerenti�all'installazione�ed�all'esercizio�tecnico�degli�impianti�di�cui�
all'art.�1,�comma�4,�lettera�a)�della�convenzione.�

Nello�stesso�atto�autorizzativo�veniva�espressamente�stabilito�che:�

la�RAI��e�tenuta,�ancheattraverso�lasocieta�controllata,�adassicurareil�
rispetto�di�tutti�gli�obblighi�previsti�in�convenzione�e�nel�contratto�di�servizio,�
con�particolare�riferimento�all'art.�5�della�convenzione�ed�agli�articoli�15,�16�e�
17delcontrattodiservizio�(qualita�ecoperturadelservizio)�.�

�Ogni�variazione�dell'attuale�assetto�di�controllo�della�New�Co�TD�s.p.a.�
da�parte�di�codesta�societa��la�RAI�^deve�essere�preventivamente�autorizzata�

da�questo�Ministero.�


212RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

Sifariservadimodificare�inqualsiasimomento�lecondizionidellapre-

sente�autorizzazione,�che�e��rilasciata�fatti�salvi�i�diritti�dei�terzi,�nonche�di�

revocarlaincasovenganomenoipresuppostidilegittimita��inbaseaiqualiessa�
e��assentita.�

L'estensione�dell'autorizzazione�ai�fini�dell'utilizzazione�degli�impianti�per�
la�distribuzione�di�servizi�di�telecomunicazioni�da�parte�della�menzionata�societa��

New�Co.�TD�sara��presa�in�considerazione,�previa�richiesta�da�parte�di�codesta�

concessionaria,�in�relazione�all'adeguamento�degli�impianti�alpiano�nazionale�

di�assegnazione�delle�frequenze,�come�sancito�dall'art.�4,�comma�5,�della�legge�

31�luglio�1997,�n.�249.�

A�seguito�di�detta�estensione�codesta�societa��potra��rivolgersi�all'Autorita��

perlegaranzienelle�comunicazioniper�ilrilascio�deiprovvedimentiabilitativi�

all'espletamento�dei�servizi�di�telecomunicazioni.�

Tale�attivita��,�che�dovra��concorrere�all'equilibrata�gestione�aziendale,�non�

potra�,�comunque,�assumereconsistenzaprevalenterispettoaquellaoggettodella�

concessione,�ne�dovra��risultare�di�pregiudizio�al�migliore�svolgimento�dei�servizi�

pubblici�concessi�.�

Successivamente,�la�New�Co.�TD�mutava�la�propria�denominazione�in�
RAI�WAY�S.p.a.�e�nella�stessa�societa�veniva�conferito�il�ramo�aziendale�
costituito�dall'ex��Divisione�Diffusione�e�Trasmissione��della�RAI,�valutato�
ex�art.�2343�c.c.�con�relazione�collegiale�asseverata�per�un�valore�del�patrimo-
nio�netto�pari�a�135�miliardi�di�lire.�

Con�nota�del�28�marzo�2000,�priva�di�allegati,�la�RAI�comunicava�al�
Ministero�l'intervenuto�conferimento�del�ramo�aziendale,�nel�contempo�assi-
curando�che�l'operazione�non�aveva�comportato,��ai�sensi�di�quanto�disposto�
nella�quarta�proposizione�del�citato�provvedimento�ministeriale�autorizzativo�

dell'11�novembre�1999,�variazione�alcuna�dell'assetto�di�controllo�che,�per�tipolo-

gia,�forme�e�strumenti�di�acquisizione�e�di�mantenimento,�rimane�quello�di�cui�

all'art.�2359,�comma1,�n.�1),�c.c.�esistentealmomentodelrilasciodell'autoriz-

zazioneadavvalersidisocieta��controllataperl'eserciziodelleattivita��assentite�
in�concessione�.�Nella�medesima�nota,�la�RAI�riferiva�che�era�stato�delibe-
rato�di�conferire�alla�societa�Merrill�Lynch�l'incarico,�sospensivamente�condi-
zionato�all'omologazione�della�delibera�di�aumento�di�capitale�di�RAI�
WAY,�di�svolgere�le�funzioni�di�advisor�nella�procedura�di�collocamento�di�
una�quota�minoritaria��orientativamente,�tra�il�30�ed�il�49%��della�sua�
partecipazione�nel�capitale�RAI�WAY.�

Ad�oltre�un�anno�di�distanza,�con�nota�27�aprile�2001,�la�RAI�comuni-
cava�al�Ministero�delle�Comunicazioni�di�aver�stipulato�in�pari�data�un�con-
tratto�di�compravendita�avente�ad�oggetto�la�cessione�alla�CCR�s.r.l.,�societa�
indirettamente�controllata�da�Crown�Castle�International�Corp.,�di�Canon-
sburg�(U.S.A.),�delle�azioni�rappresentative�del�49%�del�Capitale�di�RAI�
WAY,�sottoscrivendo�dei�patti�parasociali�particolarmente�rilevanti�per�la�
disciplina�dell'esercizio�delle�rispettive�prerogative�dei�soci.�

Il�contratto,�immediatamente�efficace�tra�le�parti,�prevedeva�in�partico-
lare�le�seguenti�condizioni�risolutive:�la�prima,�consistente�nel�mancato�rila-
scio�dell'incondizionata�autorizzazione�all'operazione�da�parte�dell'Autorita�
Garante�della�Concorrenza�e�del�Mercato�ai�sensi�della�legge�n.�287/1990;�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE

la�seconda,�consistente�nel�mancato�rilascio,�entro�sei�mesi�dalla�stipula,�di�
una��presa�d'atto��da�parte�del�Ministero�delle�Comunicazioni�dell'avvenuta�
cessione�e�del�fatto�che�la�cessione�fosse�conforme�ai�termini�ed�alle�condi-
zioni�della�Convenzione�Stato-RAI�e�dell'autorizzazione�del�Ministro�in�data�
11�novembre�1999.�

Il�Ministero�provvedeva,�pertanto,�ad�acquisire�i�documenti�inerenti�l'o-
perazione�di�cessione,�ivi�compresi�l'atto�di�cessione,�i�patti�parasociali�e,�da�
ultimo,�gli�atti�riguardanti�la�procedura�di�selezione�delle�offerte�di�acquisto,�
che�pervenivano�in�forma�riassuntiva�con�nota�del�16�ottobre�2001.�

Con�nota�del�18�ottobre�2001�la�RAI,�nel�richiamare�sinteticamente�le�
fasi�salienti�del�procedimento�definito�con�la�cessione�della�partecipazione�
di�minoranza�in�Rai�Way,�sollecitava�il�Ministero�al�rilascio�della�positiva�
comunicazione�di�presa�d'atto�entro�il�termine�del�26�ottobre�2001,�preci-
sando�che���sia�nel�caso�in�cui�nonfosse�rilasciata�alcuna�comunicazione�da�

partedelMinisteroentroilpredetto�termine,�sianelcasoincuiilMinisterorila-
sciasse�una�comunicazione�di�diniego�della�richiesta�presa�d'atto���il�con-
tratto�concluso�con�la�Crown�Castle�avrebbe�perso�di�efficacia,�giusta�la�
clausola�risolutiva�espressa�sottoscritta�dalle�parti,�con�conseguente�obbligo�
di�restituzione�da�parte�della�RAI�del�prezzo�di�cessione�delle�azioni�Rai�
Way�pari�a�lire�791,4�miliardi,�oltre�gli�interessi�maturati�dal�27�aprile�2001.�

Nelle�more,�interveniva�il�provvedimento�n.�9859�(C4601)�in�data�8�ago-
sto�2001�dell'Autorita�Garante�della�Concorrenza�e�del�Mercato,�con�cui�si�
dava�atto�che�l'operazione,�in�quanto�comportante�l'acquisizione�del�con-
trollo�congiunto�su�RAI�WAY�S.p.a.�da�parte�di�CCR�s.r.l.,�costituiva�con-
centrazione�ai�sensi�della�legge�n.�287/1990,�concludendosi�tuttavia�che�essa�
non�determinava�la�costituzione�o�il�rafforzamento�di�una�posizione�domi-
nante�pregiudizievole�per�la�concorrenza.�

Tale�provvedimento,�relativamente�all'operazione�di�concentrazione,�
aveva�ottenuto�il�parere�favorevole�dell'Autorita�per�le�Garanzie�nelle�Comu-
nicazioni��(�Allostato,�l'operazionediconcentrazioneinesamenonpresenta�

elementi�distorsivi�all'assetto�concorrenziale�dei�mercati�interessati,�ne�ulteriori�
profili�di�competenza�dell'Autorita��)��adottato�con�delibera�n.�331/01-
/CONS�del�1�agosto�2001,�nelle�cui�conclusioni�e�opportuno�evidenziare�che�
la�stessa�Autorita�garante�delle�comunicazioni�rimarcava�chiaramente�che�
(punto�16):��L'operazione�e�subordinata�al�rilascio�di�apposita�autorizzazione�
da�parte�del�Ministero�delle�comunicazioni�ai�sensi�dell'art.�1,�comma�5,�del�
decreto�del�Presidente�della�Repubblica�28�marzo�1994�(Convenzione�Stato--
RAI),�poiche�l'autorizzazione�rilasciata�alla�RAI-Radiotelevisione�Italiana�

S.p.a.�l'11�novembre�1999,�per�lo�svolgimento�delle�attivita�inerenti�l'installa-
zione�e�l'esercizio�degli�impianti�tecnici,�prevede�espressamente�che�ogni�varia-

zionedell'attualeassettodicontrollodellasocieta�New.Co.�TDS.p.a.�(oraRAI-

WAY)�da�parte�della�RAI�debba�essere�preventivamente�autorizzata�dal�Mini-

stero�stesso�.�

Peraltro,�gia�in�data�10�aprile�2001�era�pervenuto�al�Ministero�un�espo-
sto�al�Pubblico�Ministero�presso�il�Tribunale�di�Roma�ai�sensi�dell'art.�2409�
c.c.,�con�cui�lo�SNATER�(Sindacato�Nazionale�Autonomo�Telecomunica-
zioni)�denunciava�gravi�irregolarita�nell'operazione�di�cessione,�chiedendo�


214RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

l'adozione�di�opportuni�provvedimenti.�Successivamente�lo�SNATER,�tra-
mite�il�proprio�legale,�inoltrava�al�Ministro�delle�Comunicazioni�due�note,�
rispettivamente�in�data�10�agosto�2001�e�19�ottobre�2001,�in�cui�si�sottopone-
vano�al�Ministro,�al�fine�delle�valutazioni�di�competenza,�dettagliate�osserva-
zioni�di�forte�preoccupazione��in�ragione�delle�denunciate�gravi�irregolarita�
e�perplessita�sottese�all'operazione�di�cessione�di�RAI�WAY��per�l'aliena-
zione�ad�un�soggetto�terzo,�oltretutto�straniero,�degli�impianti�di�trasmissione�
radiotelevisiva�della�RAI,�in�assenza�di�adeguate�comprovate�garanzie�a�
tutela�non�solo�dei�lavoratori�dipendenti�della�RAI,�ma�dei�diritti�dei�citta-
dini�tutti�che�fruiscono�dell'essenziale�servizio�pubblico�dell'informazione.�

In�proposito�si�ritiene�opportuno�che�il�Collegio,�in�via�istruttoria,�ai�fini�
di�una�completezza�della�documentazione�utile�per�l'odierno�giudizio,�
disponga�l'acquisizione�di�ogni�atto�e�notizia�utile�sull'esito�della�denuncia�
proposta�presso�il�Tribunale�civile�di�Roma.�

Nell'approssimarsi�del�termine�stabilito�dalle�parti�per�la��presa�d'atto�,�
il�Ministro�delle�Comunicazioni�inoltrava�alla�Crown�Castle�International�
Corp.�la�nota�20�ottobre�2001�nella�quale�manifestava�la�netta�impressione,�
in�ordine�al�contratto,�che�il�rispetto�formale�dell'autorizzazione�(stante�il�
possesso�azionario�del�51%�di�Rai�Way�da�parte�della�RAI)�non�appariva�
�sufficiente�a�modificare�il�quadro�di�sostanziale�perdita�di�controllo�da�parte�
della�RAI�di�un'attivita�di�rilevante�interesse�strategico�nazionale�;�cos|�da�
imporre�al�Ministro,�anche�alla�luce�dei�tragici�eventi�dell'11�settembre�2001�
e�dei�successivi�sviluppi,��una�attenta�considerazione�dei�preminenti�interessi�
nazionali�.�

Con�la�stessa�nota,�pertanto,�nel�quadro�delle�valutazioni�acquisite�nel-
l'operazione,�il�Ministro�riteneva�opportuno�chiedere�alla�Crown�Castle�di�
comunicare�quale�impatto�un�eventuale�parere�negativo�avrebbe�potuto�avere�
sulle�sue�attivita�nel�nostro�Paese.�

Con�nota�22�ottobre�2001�il�Presidente�della�Crown�Castle�International�
Corp.�rispondeva�al�Ministro,�affermando�in�primo�luogo�che�i�patti�negoziali�
di�cui�al�contratto�stipulato�con�la�RAI�prevedono�un�ruolo�decisivo�(�decisive�
role�)�di�Crown�Castle�nella�conduzione�dell'attivita�del�cd.��Tower�business��
ed�un�ruolo�significativo�(�significant�role�in�management�)�nella�gestione�di�
Rai�Way�e�confermando�esplicitamente�l'intenzione,�qualora�il�Governo�avesse�
deciso�di�procedere�ad�una�privatizzazione�degli�assets�in�questione,�di�acquisire�
il�pacchetto�di�maggioranza�della�stessa�RAI�WAY,�al�fine�di�realizzare�piu�
compiutamente�gli�obiettivi�prefissati.�La�Crown�Castle,�preso�atto�delle�com-
prensibili�preoccupazioni�del�Ministro�anche�alla�luce�dei�recenti�avvenimenti�
internazionali,�assicurava�comunque�che�avrebbe�rispettato�una�possibile�deter-
minazione�negativa,�confermando�peraltro�la�disponibilita�a�valutare�con�la�
RAI�altre�diverse�modalita�di�conduzione�del��Tower�business��che�non�impli-
chino�necessariamente�la�cessione�delle�proprieta�degli�assets�RAI.�

Con�nota�del�26�ottobre�2001,�dopo�ponderata�valutazione�sotto�il�pro-
filo�sia�della�`regolarita�amministrativa'�sia�piu�propriamente�`politico'�atti-
nente�le�superiori�scelte�nell'interesse�generale,�il�Ministro�delle�Comunica-
zioni�negava�la�richiesta��presa�d'atto�,�facendo�presente�in�primo�luogo�l'as-
soluta�anomalia�della�richiesta�(successiva�alla�stipula�del�contratto,�e�non�di�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE

preventiva 
formale�autorizzazione)�e,�nel�merito,�esprimendo�un�chiaro�indi-
rizzo�politico�circa�l'opportunita�di�conservazione�della�effettiva�titolarita�
degli�impianti�in�capo�alla�societa�pubblica�concessionaria��attesa�la�loro�
rilevante�importanza�strategica,�di�livello�internazionale,�da�ritenersi�per-
tanto�prevalente�rispetto�al�puro�e�semplice�interesse�commerciale��nonche�
rilevando�comunque�l'inammissibilita�di�una�cessione�che,�per�effetto�della�
disciplina�fissata�nei�patti�parasociali,�avrebbe�comportato�da�parte�della�
RAI�la�sostanziale�perdita�del�controllo�di�RAI�WAY.�

La�RAI�ha�ritenuto�di�impugnare�la�determinazione�negativa�del�Mini-
stro�con�ricorso,�articolato�in�sintesi�su�pretesi�vizi�di�carenza�stessa�del�
potere�autorizzatorio�in�capo�al�Ministro,�di�incompetenza,�di�eccesso�di�
potere�per�sviamento,�difetto�di�istruttoria�e�di�motivazione,�errore�nei�pre-
supposti,�nonche�nel�merito�stante�l'erroneita�circa�la�perdita�di�controllo�da�
parte�della�RAI�nei�confronti�della�societa�Rai�Way.�

***�
Cio�premesso�in�punto�di�fatto,�si�osserva�nell'interesse�del�Ministero�
delle�Comunicazioni,�come�sopra�rappresentato�e�difeso,�che�il�ricorso�
dinanzi�al�T.A.R�del�Lazio�proposto�dalla�RAI�deve�ritenersi�inammissibile�
sotto�diversi�profili�e�comunque�del�tutto�destituito�di�fondamento�in�base�
alle�seguenti�considerazioni�in�

Diritto. 
1) 
Inammissibilita� 
per 
carenza 
di 
interesse 
al 
ricorso. 
Difetto 
di 


giurisdizione 
delgiudiceamministrativo 
afavoredell'A.G.O. 


La�ricorrente�in�primo�luogo�contesta�in�radice�la�sussistenza�in�capo�al�
Ministero�delle�Comunicazioni�di�un�potere�autorizzatorio,�da�esercitarsi�in�
via�preventiva,�per�cui�sotto�questo�aspetto�l'atto�impugnato�avrebbe,�
secondo�controparte,�natura�di�semplice��dichiarazione�di�scienza�,��il 
Mini-
stero 
essendo 
stato 
chiamato 
dalle 
parti 
ad 
esprimere 
una 
valutazione 
sulla 


regolarita� 
dell'operazione, 
non 
prevista 
dalla 
legge�. 


E�persino�ovvia�la�considerazione�che,�in�tal�modo,�non�si�comprende-
rebbe�perche�mai�le�parti,�invece,�non�solo�hanno�richiesto�la�valutazione�
(sia�pure�successiva)�del�Ministro�sull'operazione�di�cessione�conclusa,�ma�
avrebbero�addirittura�condizionato�in�senso�risolutivo�il�contratto�di�ces-
sione,�autonomamente�sottoscritto,�proprio�al�mancato�rilascio�della�sua�
determinazione�positiva.�

Sotto�tale�profilo,�a�voler�seguire�parte�ricorrente,�il�ricorso�sarebbe�da�
ritenere�inammissibile�per�carenza 
di 
interesse 
al 
ricorso 
giurisdizionale�ammi-
nistrativo.�

In�tale�ottica,�per�quanto�discutibile,�non�puo�che�sollevarsi,�altres|�,�
eccezione�di�difetto 
digiurisdizionedelgiudiceamministrativo 
afavoredelgiu-

dice 
civile.�

Ed�invero,�il�rapporto�su�cui�si�basa�la�pretesa�della�ricorrente�attiene�
esclusivamente�a�diritti�soggettivi�derivanti�dal�contratto�di�cessione�della�
partecipazione�azionaria,�nonche�la�richiesta�di��presa�d'atto��da�parte�del�
Ministero�e�l'imposizione�del�relativo�termine�trarrebbero�origine�esclusiva-
mente�da�un�atto�tra�privati,�peraltro�inefficace�nei�confronti�del�terzo�ai�
sensi�dell'art.�1372�c.c.,�e�non�da�fonte�legislativa.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

Tanto�comporta�che�qualsiasi�pretesa�attiene�esclusivamente�ad�un�rap-
porto�di�diritto�privato,�per�cui�la�RAI�dovrebbe,�se�del�caso,�rivolgersi�al�
giudice�civile�per�contestare�l'avveramento�della�condizione�risolutiva,�stante�
la�pretesa�inutilita�od�inconferenza,�ancor�prima�che�illegittimita�,�della�
negata��presa�d'atto��.�

2)�Inammissibilita�del�ricorso�per�difetto�di�giurisdizione�in�ordine�alla�
sfera�di�alta�discrezionalita�politica�dell'Autorita�di�Governo�(Ministro�delle�
Comunicazioni)�^Artt.�31�e�26,�testo�unico�26�giugno�1924�n.�1054.�

Al�di�la�di�suggestive�prospettazioni,�e�incontestabile�che�la�RAI,�con�la�
nota�del�27�aprile�2001�di�trasmissione�del�contratto�stipulato�con�la�Crown�
Castle,�abbia�comunque�richiesto�al�Ministero�delle�Comunicazioni�(sia�pure�
in�modo�anomalo�e�tardivo)�una�valutazione�ed�un'attestazione�di�conformita�
dell'operazione�di�cessione�alla�Convenzione�Stato-RAI�e�all'autorizzazione�
dell'11�novembre�1999.�

E�altres|�innegabile�che�tale�contratto�e�di�altissima�rilevanza�economica�
e�politica,�avendo�ad�oggetto�la�vendita�ad�un�soggetto�straniero�delle�azioni,�
sia�pure�in�misura�non�maggioritaria,�della�Rai�Way�S.p.a.,�societa�gia�con-
trollata�dalla�RAI,�e�titolare�di�un�complesso�di�impianti�trasmittenti�e�di�
collegamento�installati�su�tutto�il�territorio�nazionale,�utilizzabili�anche�per�
servizi�a�terzi,�indubbiamente�di�importanza�strategica�e�di�elevato�rilievo�
internazionale.�

Oggetto�del�presente�giudizio�e�,�pertanto,�l'atto�con�cui�il�Ministro�delle�
Comunicazioni,�nell'ambito�della�sua�ampia�discrezionalita�politico-ammini-
strativa,�ha�espresso�la�propria�determinazione�negativa�in�ordine�al�con-
tratto�di�cessione�intervenuto.�

In�via�pregiudiziale,�deve�rilevarsi�che�l'atto�impugnato,�che�contiene�un�
motivato�diniego�da�parte�del�Ministro�delle�comunicazioni�di�quanto�pre-
teso�dalla�ricorrente,�va�considerato�come�atto�politico,�come�tale�sottratto�
al�sindacato�giurisdizionale�ai�sensi�dell'art.�31,�testo�unico�n.�1054�del�1924.�

Invero,�pur�nella�consapevolezza�della�eccezionalita�dell'ipotesi�di�sottra-
zione�al�sindacato�giurisdizionale�di�atti�formalmente�e�soggettivamente�
amministrativi,�non�possono�tuttavia�non�rinvenirsi�nell'atto�in�questione�i�
connotati�dell'atto�di�indirizzo�politico,�consistenti�nel�provenire�l'atto�dal-
l'Autorita�di�indirizzo�e�di�direzione�al�massimo�livello�del�settore�e�dall'es-
sere�esso�emanato�nell'esercizio�del�potere�politico,�anziche�nell'esercizio�di�
attivita�meramente�amministrativa.�

In�proposito,�e�stato�giustamente�osservato�che��oggi�la�giurisprudenza,�
molto�rigorosa�nel�definire�la�natura��politica��di�un�atto,�ne�ha�addirittura�
ampliato�la�portata,�aggiungendo�agli�atti�riferibili�agli�organi�costituzionali�
anche�i�cosiddetti�atti�di��alta�amministrazione��che,�ancorche�provvedimenti�
amministrativi,�attengono�a�superiori�esigenze�di�carattere�generale�riferite�alla�
direzione�suprema�della��cosa�pubblica��nella�sua�unita�,�ed�hanno�lo�scopo�di�
tutelare�gli�interessi�della�collettivita�e�le�istituzioni�fondamentali�dello�Stato��
(Juso,�Lineamenti�di�giustizia�amministrativa�,�2001,�297).�

Di�conseguenza,�consistendo�gli�atti�politici�in�manifestazioni�del�potere�
statuale�di�governo,�sono�caratterizzati�da�una�sorta�di�liberta�di�scelta�del�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE

tutto�svincolata�da�regole�predeterminate,�di�fronte�alle�quali�non�sono,�in�
alcun�caso,�configurabili�situazioni�giuridiche�tutelate�o�tutelabili,�sulle�quali,�
in�definitiva,�non�puo��essere�consentito�alcun�sindacato�da�parte�del�giudice�
di�legittimita��(Juso,�op.�cit.,298).�

Ne�tali�conclusioni�mutano�qualora�sussista�una�ineliminabile�commi-
stione�di�attivita��politica�ed�amministrativa.�Anche�la�cd.�attivita���di�alta�
amministrazione���categoria�alquanto�eterogenea�caratterizzata�pur�sempre�
da�amplissima�discrezionalita����e�anzipiu�propriamente�essastessa�attivita�
diindirizzopolitico-amministrativo.�Inessae�inclusatuttaunafasciaintermedia�
di�atti�tra�la�categoria�degli�atti�amministrativi�in�senso�proprio,�che�sfugge�a�
precise�regole�di�inquadramento,�presentando�caratteri�di��novita���mista�a�
discrezionalita���(cos|��GarronE 
in�A.�Romano,�Commentario�breve�alle�leggi�
sulla�giust.�amm.�,�2001,�334�ss.).�

Al�riguardo,�si�osserva�che,�nella�fattispecie,�cio��discende�innanzitutto�da�
considerazioni�obiettive�sulla�natura�stessa�della�RAI��Radiotelevisione�
Italiana�e�sulla�particolare�rilevanza�funzionale�della�sua�attivita��,�che�para-
dossalmente�nell'atto�introduttivo�la�ricorrente�cerca�di�negare�o�sminuire�
atteggiandosi�alla�stregua�di�una�mera�emittente�radiotelevisiva�privata,�al�
fine�di�sfuggire�le�inevitabili�conseguenze�sul�piano�giuridico.�

Per�quanto�evidente,�e��doveroso�allora�ricordare�che��al�di�la��delle�
disquisizioni�dottrinarie�sulla�natura�giuridica�privatistica�(�ente�privato�di�
interesse�pubblico�;��societa�privata�di�diritto�speciale��...)�o�piu��marcata-
mente�pubblicistica��la�RAI�riveste�tuttora�la�qualita��di�concessionaria�in�
esclusiva�del�servizio�pubblico�radiotelevisivo�e�l'affidamento�in�concessione�
del�servizio�comporta�ex�lege�l'attribuzione�alla�concessionaria�della�qualifica�
di��societa��di�interesse�nazionale��ai�sensi�dell'art.�2461�c.c.�(sin�dall'art.�3,�
comma�2,�legge�n.�103/1975;�da�ultimo,�art.�1,�legge�n.�206/1993).

E�ovvio,�in�generale,�che�la�possibile�dismissione�dell'immane�patrimo-
nio�tecnologico�della�RAI,�attuata�anche�attraverso�la�sostanziale�perdita�
del�possesso�e/o�del�controllo�effettivo�di�proprie�societa��,�per�di�piu��a�favore�
di�soggetti�stranieri,�merita�la�massima�attenzione�nell'interesse�generale�e�
non�puo��sottrarsi�a�valutazioni�di�indirizzo�politico-amministrativo,�di�lata�
discrezionalita��,�riconnesse�anche�a�contingenze�storiche.�

Nella�specie�RAI�WAY�installa,�detiene�ed�esercisce�gli�impianti�tecnici�
per�lo�svolgimento�del�servizio�pubblico�dato�in�concessione�alla�RAI.�Per-
tanto,�non�deve�affatto�sorprendere�che�valutazioni�altamente�discrezionali�
sul�valore�strategico�degli�impianti,�potenzialmente�idonei�anche�ad�utilizza-
zioni�diverse�da�quelle�strettamente�connesse�con�il�servizio�radiotelevisivo,�
quali�usi�nell'interesse�della�difesa,�della�sicurezza�pubblica,�della�protezione�
civile�hanno�contribuito�al�formarsi,�per�ragioni�politiche�oltre�che�di�oppor-
tunita��amministrativa,�della�decisione�di�impedire�la�cessione.�

Al�riguardo,�nel�provvedimento�del�Ministro�sono�puntualmente�ester-
nate�tali�valutazioni�e��le�predette�superiori�ragioni�di�opportunita�,�anche�
connesse�all'attuale�momento�storico�,�in�ordine�alle�quali�deve�ribadirsi�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

l'altissimo�valore�potenziale�degli�impianti�di�trasmissione�e�di�collegamento�
della�RAI�installati�su�tutto�il�territorio�nazionale�anche�ai�fini�della�possibile�
utilizzazione�da�parte�di�soggetti�terzi,�quali�operatori�in�possesso�di�licenze�
di�telecomunicazioni�(cd.��Tower�business�).�

Nell'atto�del�Ministro�si�sottolinea�con�chiarezza�che���...la�loro�poten-
zialita�di�applicazione�e�tale�da�poterli�sfruttare�anche�per�delicatissimi�compiti�
disicurezzachesolounagestionerealmentericonducibile,�ancheindirettamente,�
alla�parte�pubblica�ne�possa�garantire�la�piena�disponibilita��.�

Al�riguardo,�deve�altres|��osservarsi�che�il�riconoscimento�della�natura�di�
atto�di�indirizzo�politico,�altamente�discrezionale,�del�provvedimento�impu-
gnato�discende,�a�ben�vedere,�dallo�stesso�inconsueto�comportamento�
assunto�dalla�RAI�nella�vicenda.�In�effetti,�la�RAI��dopo�aver�mostrato�
dapprima�di�voler�acquisire�la�preventiva�autorizzazione�ministeriale�a�ter-
mini�della�Convenzione�Stato-RAI�e�dell'autorizzazione�intervenuta�
l'11�novembre�1999�(come�e��documentato�e�dichiarato�nello�stesso�atto�di�
ricorso)��e��poi�addivenuta�direttamente�alla�stipula�del�contratto�di�ces-
sione,�avvertendo�pero��la�necessita��di�inserire�la�condizione�risolutiva�del�
mancato�rilascio�entro�sei�mesi�da�parte�del�Ministero�del�nulla�osta�all'ope-
razione.�

Non�puo��sfuggire�che�tale�autorizzazione,�inopinatamente�configurata�
come�mera��presa�d'atto�,�e��in�realta��volta�ad�ottenere�un�superiore�atto�di�
assenso�politico��sanante��del�Ministro�delle�comunicazioni,�assai�ragione-
volmente�richiesto�(ed�accettato),�del�resto,�anche�dallo�stesso�contraente�
straniero�della�RAI.�

A�prescindere�dalla�evidente�illegittimita��ed�irregolarita��di�un�siffatto�
comportamento,�anche�in�termini�di�correttezza�e�buona�fede�nei�confronti�
del�Dicastero�concedente,�cio��che�si�vuol�qui�sottolineare�e��che��a�voler�
seguire�per�ipotesi�il�(seppur�anomalo)�iter�tenuto�nella�fattispecie�dalla�
RAI��e��stata�la�stessa�concessionaria�pubblica�a�sottoporre�(rectius:�a�con-
dizionare�in�senso�risolutivo)�il�contratto�di�cessione,�autonomamente�stipu-
lato,�al�sempre�possibile�diniego�dell'Autorita��ministeriale�da�esercitarsi�nella�
sua�piu��ampia�discrezionalita�.�

In�altri�termini,�allorche�la�stessa�RAI�ha�inteso�sottrarsi,�sia�pure�
erroneamente,�alla�regolare�richiesta�di�preventiva�autorizzazione�ammini-
strativa,�non�e��dato�comprendere�come�possa�poi,�sotto�il�profilo�logico�
ancor�prima�che�giuridico,�contestare�il�mancato�rilascio�dell'attestazione�
favorevole�all'operazione�da�parte�del�Ministro:�al�riguardo,�basti�osser-
vare�paradossalmente�che�il�Ministro�avrebbe�ben�potuto�esprimere�il�pro-
prio�dissenso�limitandosi,�in�modo�del�tutto�legittimo�e�regolare�a�termini�
del�contratto�di�cessione�stipulato�dalla�RAI,�ad�emettere�un�mero�immo-
tivato�diniego�di��presa�d'atto��ovvero�semplicemente...�a�non�emettere�il�
provvedimento�positivo,�cos|��facendo�avverare�ugualmente�la�condizione�
risolutiva,�senza�possibilita��di�alcuna�contestazione�da�parte�dei�contraenti�
interessati.�

Sussiste,�pertanto,�il�difetto�assoluto�di�giurisdizione�del�giudice�ammni-
strativo�o�quanto�meno�il�sindacato�giurisdizionale��seppur�ammissibile�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE

qualora�si�ritenga�comunque�l'atto�di�natura�amministrativa�e�quindi�impu-
gnabile��deve�contestare�di�fronde�all'amplissima�discrezionalita�politico-
amministrativa�che�connota�l'atto�in�questione.�

3)�Inammissibilita�del�ricorso�avverso�atto�di�indirizzo�politico-amminis
trativoper�inammissibilita�ab�originedella�richiesta�dellaRAI�

L'inammissibilita�del�ricorso,�in�quanto�proposto�avverso�atto�di�indi-
rizzo�politico-amministrativo�del�Ministro�delle�comunicazioni,�emerge�
anche�da�un�ulteriore�ordine�di�considerazioni,�basato�sulla�ricognizione�
nella�fattispecie�della�sostanziale�perdita�di�controllo�da�parte�della�RAI,�
che�si�avra�modo�di�esaminare�piu�analiticamente�infra,�con�riferimento�ai�
patti�parasociali�annessi�all'accordo�di�cessione.�

Ai�fini�dell'eccezione�di�difetto�di�giurisdizione�prospettata,�basti�qui�
anticipare�che,�alla�luce�di�un�effettivo�assetto�di�controllo�da�parte�del�Part-
ner�o,�quantomeno,�di�controllo�congiunto�della�societa�,e�da�escludere�la�
possibilita��anche�solo�in�astratto��della�facolta�di�avvalimento�di�societa�
da�parte�di�RAI�per�lo�svolgimento�di�attivita�oggetto�della�concessione�del�
servizio�pubblico,�prevista�dall'art.�1,�comma�5,�della�Convenzione�Stato-
RAI�solo�nei�riguardi�di�societa�controllate.�

Sotto�tale�profilo,�il�procedimento�di�autorizzazione�ivi�previsto��gia�
conclusosi�con�l'atto�del�Ministro�pro-tempore�dell'11�novembre�1999�e�da�
rinnovarsi�in�caso�di�un�mutamento�dell'assetto�di�controllo�(ossia�di�cessioni�
di�quote�azionarie�della�societa�,�che�era�posseduta��al�momento�del�rilascio�
dell'autorizzazione��dalla�RAI�al�99,9�%�e�da�RAI�Trade�allo�0,1%)�n
on�avrebbe�potuto�neanche�astrattamente�essere�attivato�nel�caso�in�cui�la�
RAI�intendesse�svolgere�attivita�inerenti�alla�concessione�del�servizio�pub-
blico�attraverso�societa�controllate�da�altri�soggetti�ovvero�comunque�sotto-
poste�ad�un�controllo�congiunto�con�altri�soggetti.�

La�ragionevole�consapevolezza�di�non�poter�certo�ottenere�una�legit-
tima�autorizzazione�preventiva�all'operazione�di�cessione�formulata�in�ter-
mini�cos|�radicalmente�e�significativamente�diversi�da�quanto�originaria-
mente�prospettato,�assentito�ed�attuato�con�il�primitivo�assetto�di�Rai�
Way:�questa�e�forse�la�sola�ragione�plausibile�per�cercare�di�comprendere�
l'inopinato�comportamento�della�RAI�che��ripetesi��dopo�aver�
mostrato�di�muoversi�sin�dal�1999�nel�rispetto�della�disciplina�normativa�
e�di�convenzione,�improvvisamente�ha�deciso�di�assumersi�la�responsabilita�
di�addivenire�alla�autonoma�stipula�di�un�contratto�di�cessione,�senza�
poter�sottrarsi�all'inserimento�della�condizione�risolutiva...�dell'autorizza-
zione�ministeriale�(trasformatasi�in��presa�d'atto�);�per�di�piu�sotto�solleci-
tazione�del�contraente�straniero,�come�riconosciuto�nello�stesso�atto�di�
ricorso�(pag.�20,�sub�8.1).�

Sotto�questo�profilo�e�appena�il�caso�di�rilevare�che:�

a)�la�nota�del�28�marzo�2000�non�costituisce�(ne��puo�certo�costituire)�
domanda�di�autorizzazione�preventiva�all'operazione�di�cessione,�perche��con�
essa�non�si�e�sottoposto�l'atto�di�cessione�autonomamente�sottoscritto�il�
27�aprile�2001,�ivi�compresi�i�connessi�patti�parasociali;�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

b)�la�risoluzione�automatica�del�contratto,�disciplinata�all'art.�8�dello�
stesso,�al�di�la�degli�effetti�concreti�tra�le�parti�e�elemento,�di�fatto�e�di�diritto,�
ben�diverso�dalla�domanda�di�una�autorizzazione�preventiva�alla�conclusione�
del�contratto.�

In�questo�caso�dunque��chiaramente�corrispondente�alla�fattispecie�
sottoposta�all'esame�del�Ministero��cio�che�la�RAI�chiedeva�attraverso�la�
�presa�d'atto��era�in�realta�una�autorizzazione�a�derogare�il�dettato�del-
l'art.�1,�comma�5,�della�Convenzione,�del�tutto�esulante�dall'esercizio�di�
poteri�amministrativi�autorizzatori�tassativamente�previsti��secondo�il�prin-
cipio�del�numerus 
clausus 
�in�capo�al�Ministero�e��piu�verosimilmente�
�concretatesi�in�un�atto�di�indirizzo�politico.�

E�evidente,�infatti,�che�un��via�libera��alla�cessione�del�controllo�della�
societa�svolgente�rilevante�attivita�oggetto�della�concessione�del�pubblico�ser-
vizio�altro�non�potesse�intendersi�che�come�manifestazione�di�precisa�volonta�
politica�diretta�a�mutare�il�quadro�previsto�dalla�Convenzione,�di�cui�il�Mini-
stro�delle�comunicazioni�e�garante�e�custode.�

Anche�sotto�tale�profilo�il�ricorso�si�appalesa�inammissibile�per�difetto�
di�giurisdizione.�

4) 
CompetenzadelMinistrodelleComunicazioni,ancheaisensidelD.lgs. 
30 
marzo 
2001 
n. 
165 


Dalle�considerazioni�esposte�discende�con�tutta�evidenza�la�pretestuo-
sita�ed�infondatezza�del�motivo�di�ricorso�con�cui�si�lamenta�la�presunta�
incompetenza�del�Ministro�ad�adottare�il�provvedimento.�Indipendente-
mente�dalla�configurazione�del�provvedimento�impugnato�come�atto�poli-
tico�in�senso�stretto�o�piu�in�generale�amministrativo,�il�potere�esercitato�
attraverso�l'adozione�dell'atto�attiene,�invero,�proprio�all'indirizzo�politico�
che�il�decreto�legislativo�n.�165/2001�riserva�all'autorita�di�direzione�poli-
tico-amministrativa.�

Non�si�vede,�infatti,�come�una�decisione�che�riguarda�le�scelte�fonda-
mentali�che�fanno�capo�al�Ministro�delle�Comunicazioni�e�che�sono�da�ricon-
nettersi�alla�tutela�di�diritti�costituzionalmente�garantiti�possa�essere�emessa�
dal�dirigente�generale.�

A�cio�si�aggiunga�che�la�stessa�primitiva�autorizzazione�in�data�
11�novembre�1999�fu�rilasciata�dal�Ministro�delle�Comunicazioni�pro 
tem-
pore,�senza�mai�alcuna�contestazione�da�parte�dell'odierna�ricorrente.�

5) 
Manifestainfondatezzadelricorsopersussistenzadelpotereautorizza-
torio 
del 
Ministro. 


Subordinatamente,�il�ricorso�rivela�in�ogni�caso�tutta�la�sua�manifesta�
infondatezza,�anche�qualora�si�voglia�considerare�come�atto�amministrativo�
di�diniego�dell'autorizzazione�il�provvedimento�impugnato.�

Del�tutto�erronea,�infatti,�e�l'affermazione�contenuta�nel�ricorso�secondo�
cui�il�Ministro�illegittimamente�e�contrariamente�a�quanto�richiesto�dalle�
parti�si�sarebbe�ritenuto�investito�di�un�potere�autorizzatorio.�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE221

Invero,�qualora�effettivamente�il�contratto�avesse�comportato�una�ces-
sione�di�partecipazione�azionaria�minoritaria�senza�alcun�controllo�con-
giunto,�si�sarebbe�rientrati�nella�previsione�di�cui�all'art.�1,�comma�5,�della�
Convenzione�Stato-RAI,�che�stabilisce�la�necessita�di�preventiva�autorizza-
zione�del�Ministero�a�svolgere�attivita�attinenti�al�servizio�dato�in�conces-
sione�attraverso�societa�controllate.�Coerentemente�con�il�dettato�e�la�ratio�
della�disposizione,�nel�provvedimento�autorizzatorio�dell'11�novembre�1999�
si�stabiliva�espressamente�l'obbligo�di�richiedere�una�nuova�autorizzazione�
per�il�caso�di�variazione�dell'assetto�di�controllo�(ossia�di�mutamento�della�
partecipazione�azionaria,�senza�perdita�del�controllo).�Del�resto,�come�gia�
evidenziato,�cio�e�espressamente�contenuto�anche�nelle�conclusioni�del�parere�
dell'Autorita�per�le�Garanzie�nelle�Comunicazioni�deliberato�in�data�
1.�agosto�2001.�

La�ratio�di�tale�autorizzazione�e�da�rinvenire�nel�fatto�che�alla�societa�
partecipata�era�stata�trasferita�ogni�attivita�ed�organizzazione�concernente�
la�pianificazione,�la�progettazione,�l'installazione,�la�realizzazione,�l'esercizio,�
la�gestione,�la�manutenzione,�l'implementazione,�lo�sviluppo,�nonche�la�pro-
prieta�degli�impianti�tecnici.�

Al�riguardo,�e�appena�il�caso�di�ricordare�che�la�Convenzione,�all'art.�1,�
comma�4,�comprende�l'installazione�e�l'esercizio�tecnico�degli�impianti�e�dei�
connessi�collegamenti�di�tipo�fisso.�In�tale�contesto�normativo,�le�parti�non�
potevano�procedere�all'alienazione�di�una�quota�azionaria��quand'anche�
essa�non�avesse�comportato�la�perdita�del�controllo�su�RAI�WAY��senza�
preventivamente�ottenere�l'autorizzazione�ministeriale,�ma�semplicemente�
subordinandola�ad�una�presa�d'atto.�

Del�resto�sul�valore�sostanziale�di�tale��presa�d'atto�,�come�gia�rilevato,�
non�puo�sfuggire�che,�anche�in�base�alla�volonta�delle�parti,�essa�non�poteva�
qualificarsi�come�mera�dichiarazione�di�scienza,�posto�che�si�chiedeva�esplici-
tamente�di�verificare�la�conformita�della�cessione�con�il�rispetto�delle�condi-
zioni�contenute�nella�Convenzione�Stato-RAI�e�nell'autorizzazione�del-
l'11�novembre�1999.�

Ben�diversa�poi,�rispetto�a�quella�prospettata�nella�richiesta,�si�e�rivelata�
la�fattispecie�che��come�sopra�considerato��esulava�del�tutto�dalla�facolta�
di�avvalimento,�prevista�dall'art.�1,�comma�5,�della�Convenzione�ed�oggetto�
dell'autorizzazione�dell'11�novembre�99.�

6)�Infondatezza�del�ricorso�per�illegittimita�del�contratto�di�cessione�

(perditadelcontrollodellaRAIsuRai�WayS.p.a.)�

Dopo�aver�tentato�di�contestare�in�radice�la�sussistenza�del�potere�auto-
rizzatorio�del�Ministro�ovvero�la�necessita�stessa�dell'autorizzazione,�la�cui�
dimostrata�innegabile�sussistenza�rende�di�per�se�legittimo�anche�il�semplice�
diniego�daparte�delMinistro�all'operazione�di�cessione,�la�RAI�pretende�cen-
surare�anche�il�merito�dell'atto�impugnato,�sotto�il�profilo�del�presunto�man-
tenimento�del�controllo�da�parte�della�RAI�sulla�societa�Rai�Way,�in�virtu�
del�possesso�del�pacchetto�maggioritario�delle�azioni�(51%).�

Anche�tale�censura�si�appalesa�priva�di�fondamento�per�le�seguenti�con-
siderazioni.�


222RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

Per�meglio�inquadrare�la�fattispecie,�non�puo�prescindersi�dall'analisi�
deireali�effettiche,in�virtu�del�contratto�di�cessione�e�dell'efficacia�dei�
patti 
parasociali 
ad�esso�connessi,�il�controllo�su�RAI�WAI�S.p.a.�avrebbe�
sub|�to.�

Come�ben�evidenziato�nell'atto�impugnato,�i�patti�parasociali�sottoscritti�
contestualmente�al�contratto�di�cessione�comportavano,�ai�sensi�dell'art�3,�
lettera�C, 
che�per�ben�sedici�tipi�di�delibere�(approvazione�e�modifica�di�qual-
siasi�business�plan�o�budget;�acquisto�di�partecipazione�in�societa�,�rami�d'a-
zienda�etc;�sottoscrizione�di�contratti�di�finanziamento�per�impianti�di�entita�
superiore�a�10�miliardi�per�singola�operazione�o�50�miliardi�per�il�totale�delle�
operazioni;�modifica,�sospensione,�revoca�o�cessazione�di�ogni�tipo�di�con-
senso�rilevante�per�la�societa�;�stipula�di�qualsiasi�rilevante�accordo,�ivi�com-
preso�il�contratto�di�servizio�anche�con�soggetti�diversi�dalla�RAI;�decisione�
circa�transazioni�o�azioni�legali�di�valore�superiore�a�10�miliardi;�rapporti�di�
lavoro�e�deleghe;�finanziamenti;�conclusioni�di�contratti;�costituzione�di�
societa�controllate;�costituzione�di�garanzie;�concessione�di�prestiti;�proposta�
di�ammissione�a�quotazione�della�societa�;�accordi�di�consulenza�di�durata�
superiore�a�dodici�mesi�o�di�importo�superiore�a�500�milioni;�stipula,�cessa-
zione�o�modifica�di�qualsiasi�accordo�di�importo�superiore�a�10�miliardi�inci-
dente�sulla�gestione�del�cd.�Tower 
business)�fosse�necessario�il�voto�favorevole�
di�almeno�due�consiglieri�di�designazione�del�Partner�(ossia�del�socio�di�
minoranza),�che�veniva�cos|�ad�assumere�un�vero�e�proprio�diritto�di�veto�
sulla�conduzione�della�societa�.�

L'art.�4,�poi,�prescriveva�che�il�controllo�fosse�affidato�al�socio�di�mino-
ranza�(che�avrebbe�nominato�due�sindaci,�a�fronte�dell'unico�sindaco�di�
nomina�RAI�).�

Ma�la�dimostrazione�di�quanto�penetrante�fosse�il�controllo�strategico�
del�socio�di�minoranza�risulta�vieppiu�dalla�creazione,�in�base�all'art.�6,�della�
figura�del�Business 
Development 
Officer 
(BDO)�nominato�su�designazione�
del�Partner,�previa�semplice�consultazione�con�la�RAI,�al�quale�per�espressa�
previsione�contrattuale�sarebbero�spettati�poteri�di�guida�della�societa�,�com-
parabili�o�addirittura�superiori�a�quelli�dell'amministratore�delegato�e�del�
Consiglio�di�Amministrazione.�

Acio�si�aggiunge�la�previsione�di�necessita�di�maggioranze�del�67�o�
del�75%�in�assemblea�straordinaria�ed�una�limitata�durata�(1�anno)�del�
divieto�di�concorrenza�del�Partner�nel�caso�di�perdita�della�qualita�di�
socio.�

Le�disposizioni�contenute�nei�patti�parasociali�hanno�condotto�alla�
convinzione�che�la�cessione�della�partecipazione�azionaria�di�RAI�WAY�
�formalmente�contenuta�nella�quota�minoritaria�del�49%��compor-
tasse,�in�realta�,�il�sopravvenire�di�una�influenza�ed�ingerenza�del�Partner�
ben�superiore�a�quella�che�gli�sarebbe�spettata�in�base�alla�propria�parteci-
pazione�azionaria.�Tale�considerazione�appare,�del�resto,�confortata�dalla�
delibera�in�data�8�agosto�2001�dell'Autorita�Garante�della�Concorrenza�e�
del�Mercato,�che�ben�definisce�la�situazione�di�controllo�congiunto�che�
sarebbe�andata�delineandosi�in�base�alla�sottoscrizione�del�contratto�e�dei�
patti�parasociali.�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE

D'altra�parte,�che�il�rapporto�di�controllo�non�si�evinca�semplicemente�dalla�
mera�partecipazione�azionaria,�ma�attenga�altres|�alla�effettiva�influenzadominante 
nell'assembleaoinvirtu�diparticolarivincolicontrattuali,e�datocheemergegia�dal-
l'art.�2359,�primo�comma,�numeri�2)�e�3)�c.c.,�come�modificato�dall'art.�1�del�D.�
lgs.�n.�127/1991,�in�cui�alla�nozione�di�controllo�interno�di 
diritto 
(per�la�maggio-
ranzadelleazioni�possedute)si�affiancailcd.�controllointerno�difatto(perladispo-
nibilita�dei�voti)�e�il�cd.�controllo�esterno 
(per�i�particolari�vincoli�contrattuali).�

Come�e�noto,�infatti,�il�legislatore�ha�sempre�dimostrato�particolare�
attenzione�alla�tematica�del��controllo��in�ambito�societario,�che�non�puo�
essere�circoscritto�semplicisticamente�al�mero�possesso�del�pacchetto�aziona-
rio�di�maggioranza.�

Al�riguardo,�e�forse�appena�il�caso�di�rilevare�che��vi 
sono 
situazioni 


nellequalisipuo� 
avereunpoteredecisivonellesceltegestionalidiunasocieta� 


indipendentemente 
dalla 
partecipazione 
al 
capitale 
della 
societa� 
� 
(Fre�-Sbisa�,�
�Societa� 
per 
azioni�,�Tomo�I,�1997,�452�ss.,�Commento�all'art.�2359�c.c.,�
in��Commentario 
del 
codice 
civile 
Scialoja-Branca�,�a�cura�di�Galgano).�

Sotto�tale�aspetto�e�utile�sottolineare�la�portata�dell'art.�2,�comma�18,�
della�legge�31�luglio�1997�n.�249�che�considera�esistente�il�controllo�nella�
forma�dell'influenza�dominante,�allorche�ricorra�anche�solo�una�delle�
seguenti�condizioni:�

�b)�sussistenza 
di 
rapporti, 
anche 
tra 
i 
soci, 
di 
caratterefinanziario 
e 
orga-

nizzativooeconomicoidoneiaconseguireunodeiseguentieffetti:1)... 
;2)... 
;3)l'at-

tribuzione 
di 
poteri 
maggiori 
rispetto 
a 
quelli 
derivanti 
dalle 
azioni 
o 
dalle 
quote 


possedute; 
4) 
l'attribuzione 
a 
soggetti 
diversi 
da 
quellilegittimati 
in 
base 
all'assetto 


proprietario 
dipoterinella 
scelta 
degliamministratorie 
deidirigentidelle 
imprese; 


c)l'assoggettamentoadirezionecomune,chepuo� 
risultareancheinbase 


alle 
caratteristiche 
della 
composizione 
degli 
organi 
amministrativi 
o 
per 
altri 


significativi 
e 
qualificati 
elementi�. 


E�stato�osservato�in�proposito�che��la 
nuova 
norma 
... 
intende 
affrancare 
la 
giurisprudenza, 
nel 
settore 
dell'individuazione 
delle 
posizioni 
dominanti 
nel 
mercato 
radiotelevisivo, 
da 
ogni 
necessita� 
di 
raffronto 
tra 
i 
componenti 
degli 
organi 
amministrativi, 
permettendole 
di 
desumere 
l'esistenza 
della 
�direzione 
comune� 
anche 
da 
ogni 
altro 
atto 
ofatto 
idoneo, 
in 
quanto 
significativo 
e 
quali-
ficato, 
a 
rivelarlo� 
(Sacchi-Lodispoto,�Commento�all'art.�2,�commi�16-18,�

L.�n.�249/1997,�in�Lipari,�Bocchini,�Stammati,�Sistema 
radiotelevisivo 
e 
Autorita� 
per 
le 
telecomunicazioni�,�2000,�388�ss.).�
A�conferma,�del�resto,�della�sensibilita�del�legislatore�italiano�perlatematica�
deipattiparasociali, 
vistiqualirilevantistrumentidicontrollo,�si�segnalano�anche�
l'art.�2,�comma�5,�L.�n.�416/1981�nel�campo�dell'editoria�(settore�affine�a�quello�
regolato�dalla�citata�legge�n.�249/1997),�e�piu�recentemente�gli�artt.�122�e�123,�
D.lgs.�24�febbraio�1998�n.�58,�testo�unico�della�intermediazione�finanziaria.�

In�altri�termini,�a�norma�di�legge,�ben�ha�operato�il�Ministro�nella�fatti-
specie�non�limitandosi�ad�una�disamina�meramente�formalistica�del�contratto�
di�cessione,�ma�analizzando�attentamente�la�peculiare�disciplina�dei�patti�
parasociali�annessi�al�contratto,�da�cui�e�emersa�una�situazione�assai�diffe-
rente�da�quella�ipotizzata,�con�sostanziale�perdita�del�controllo�da�parte�della�
RAI�sulla�societa�Rai�Way�da�ritenersi�assolutamente�non�consentita�a�ter-
mini�di�legge�e�di�convenzione.�


224RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

Del�resto,�sul�punto�ha�fugato�ogni�dubbio�la�stessa�nota�22�ottobre�
2001�indirizzata�dalla�Crown�Castle�al�Ministro�delle�Comunicazioni,�in�cui�
sostanzialmente�si�ammette�il�significativo�ruolo�del�Partner�straniero�nella�
gestione�della�societa�.�

Va,�infine,�recisamente�contrastata�la�tesi�di�controparte�secondo�cui�le�
valutazioni�sui�patti�parasociali�sarebbero�incongruenti�ai�fini�che�interessa-
vano�il�Ministero,�dal�momento�che�riguardavano�il�solo��Tower 
business�.�
A�prescindere�dalla�considerazione�che�non�risulta�dimostrato�il�limitato�
effetto�al�solo��Tower 
business��dei�patti�parasociali�ma�che,�al�contrario,�le�
delibere�di�cui�all'art.�3,�lettera�c)�riguardano�tutte�le�principali�attivita�della�
societa�in�ogni�suo�settore,�la�circostanza��si�ripete�indimostrata��che�i�
poteri�di�controllo�del�socio�minoritario�riguardassero�solo�l'attivita�connessa�
con�la�fornitura�di�infrastrutture�wireless 
(torri�e�siti)�e�relativi�servizi�(c.d.�
�Tower 
business�)�non�assume�affatto�rilievo�ai�fini�delle�valutazioni�che�ne�
dovevano�conseguire�in�termini�di�controllo�congiunto�sulla�societa�.Ed�
invero,�le�attivita�svolte�fanno�comunque�capo�ad�una�stessa�persona�giuri-
dica,�ne�risultano�separazioni�contabili�o�strutturali�ovvero�sistemi�gestionali�
separati�tali�da�poter�escludere�radicalmente�una�influenza�delle�decisioni�
prese�nel��Tower 
business��rispetto�all'attivita�di�broadcasting.�

Al�riguardo,�occorre�tuttavia�sottolineare�che�l'utilizzazione�degli�impianti�
per�scopi�diversi�da�quelli�inerenti�il�servizio�pubblico�di�radiodiffusione�televi-
siva�e�anch'essa�sottoposta,�ai�sensi�dell'art.�9�della�Convenzione,�a�preventiva�
autorizzazione�del�Ministero,�che�non�ha�mai�inteso�estenderla�alla�New�Co.�
TD�ne�nel�provvedimento�11�novembre�1999�(che�a�riguardo�rinvia�ad�una�suc-
cessiva�e�mai�presa�determinazione,�all'esito�dell'adeguamento�degli�impianti�
al�piano�nazionale�di�assegnazione�delle�frequenze),�ne�in�nessun�altro�atto.�Ne�
consegue�che�la�cessione�del�controllo�di�tale�attivita�era�dunque�da�considerarsi�
assolutamente�contraria�alle�disposizioni�della�convenzione.�

7) 
Quanto�al�lamentato�difetto 
di 
istruttoria,�va�osservato�che�l'atto�e�
stato�preceduto�da�un'accurata�analisi�di�tutta�la�documentazione�riguar-
dante�l'operazione�di�cessione�fornita�dalla�stessa�ricorrente,�oltre�che�dagli�
esposti�circostanziati�inoltrati�dallo�SNATER�e�dalla�corrispondenza�inter-
corsa�direttamente�tra�il�Ministro�e�la�Crown�Castle.�

Peraltro,�rilevatosi�che�la�cessione�era�stata�preceduta�da�una�procedura�
di�selezione,�l'Amministrazione�ha�richiesto�alla�RAI�tutta�la�documenta-
zione�relativa�alla�gara,�che�e�stata�inviata�solo�in�parte.�

Dall'esame�della�cronistoria�delle�varie�fasi�della�selezione,�in�particolare�
e�emerso�il�dubbio�che�l'ultimo�rilancio�da�parte�dell'acquirente�fosse�avve-
nuto�proprio�a�condizione�della�stipulazione�di�patti�parasociali�che�le�con-
sentissero�il�controllo�congiunto�della�societa�.�

In�merito�si�ritiene�opportuno,�ai�fini�di�una�completezza�dell'istruttoria�
per�l'odierno�giudizio,�che�il�Collegio�disponga�l'acquisizione�della�completa�
documentazione�da�parte�della�RAI�o�della�CCR�anche�per�verificare�se�il�
Consiglio�di�amministrazione�della�concessionaria�fosse�effettivamente�al�
corrente�del�mutamento�dei�patti�parasociali�avvenuto�in�corso�di�procedura�
e�della�loro�reale�portata.�


IL 
CONTENZIOSO 
NAZIONALE

8)�Sulla 
valutazione�degli�impianti��ancorche� 
, 
ripetesi, 
dall'atto 
del 
Ministro 
emerge 
con 
evidenza 
che 
nella 
fattispecie 
la 
complessiva 
valuta-
zione 
non 
deve 
fondarsi 
sul 
mero 
presunto 
interesse 
commerciale 
della 
RAI, 
in 
quanto 
concessionaria 
del 
servizio 
pubblico 
radiotelevisivo 
�non 
puo� 
che 
richiamarsi 
quanto 
chiaramente 
affermato 
nell'atto 
impugnato. 


Il 
prezzo 
della 
cessione 
corrisponde 
invero 
ad 
una 
valutazione 
risalente 
al 
lontano 
1991, 
come 
se 
nessun 
incremento 
di 
valore 
fosse 
nel 
frattempo 
intervenuto. 
Il 
contratto 
di 
cessione 
stipulato 
dalla 
RAI 
non 
appare 
comun-
que 
adeguatamente 
supportato 
neppure 
sotto 
il 
profilo 
della 
convenienza 
commerciale 
dell'operazione, 
da 
ritenersi 
in 
ogni 
caso 
recessiva, 
come 
sopra 
sottolineato, 
rispetto 
alle 
preminenti 
esigenze 
di 
tutela 
del 
patrimonio 
tecnico 
operativo 
della 
RAI, 
di 
importanza 
strategica 
di 
assoluto 
rilievo, 
anche 
a 
livello 
internazionale. 


9)�Quanto 
alla 
richiesta 
formulata 
dalla 
ricorrente, 
nella 
denegata 
ipo-
tesi 
di 
annullamento 
dell'atto 
impugnato, 
di 
reintegrazione�informa�specifica�
ed 
in 
particolare 
di 
ottenere 
da 
parte 
del 
giudice 
ad|�to 
una 
pronuncia 
che 
tenga 
luogo 
del 
provvedimento 
dell'Amministrazione, 
tale 
pretesa 
non 
merita 
alcun 
accoglimento. 


Vero 
e� 
che 
l'art. 
35 
del 
D.lgs. 
n. 
80/1998, 
cos|� 
come 
modificato 
dal-
l'art. 
7 
della 
legge 
n. 
205/2000, 
ammette 
la 
possibilita� 
che 
il 
giudice 
disponga 
del 
risarcimento 
del 
danno 
�anche 
attraverso 
la 
reintegrazione 
in 
forma 
spe-
cifica�, 
ma 
nel 
caso 
di 
specie 
non 
appare 
ammissibile 
tale 
tipo 
di 
pronuncia 
in 
quanto, 
come 
affermato 
in 
dottrina 
e 
in 
giurisprudenza, 
e� 
da 
ritenersi 
che 
il 
giudice 
non 
possa 
sostituirsi 
all'Amministrazione 
in 
un'attivita� 
altamente 
discrezionale, 
quale 
quella 
di 
autorizzare 
il 
trasferimento 
di 
quote 
azionarie 
possedute 
dalla 
Societa� 
concessionaria 
del 
servizio 
radiotelevisivo 
pubblico 
a 
societa� 
straniere. 


Si 
ritiene, 
invero, 
difficilmente 
configurabile 
in 
capo 
al 
giudice 
il 
potere 
di 
ordinare 
all'Amministrazione 
il 
comportamento 
da 
tenere 
o 
addirittura 
la 
facolta� 
di 
emanare 
l'atto 
in 
luogo 
dell'Amministrazione, 
in 
considerazione 
del 
fatto 
che 
�unapretesadelgenerepotra�trovaresoddisfazionesolonelgiudi-
zio�di�ottemperanza��(Stevanato,�D.lgs.�80/1998�e�giurisdizione�esclusiva�
delgiudiceamministrativo,�inparticolarenellamateriaedilizia�, 
in 
Rivista�giur.�
edil., 
1998, 
p. 
605 
e 
ss.; 
Virga,�La�reintegrazione�informa�specifica�, 
in 
Rivi-
sta�giuridica�on�line; 
in 
tal 
senso 
si 
esprime 
anche 
T.A.R 
Sicilia, 
Catania, 
18 
gennaio 
2000, 
n. 
38). 


Al 
limite, 
con 
posizione 
�piu�convincente,�perche�rispettosa�del�rapporto�
tra�giudizio�amministrativo�ed�area�riservata�all'azione�amministrativa��(cos|� 
CaringellA 
ed 
altri, 
�La�nuova�giurisdizione�esclusiva�del�giud.�amm.�dopo�
la�legge�n.�205/2000�, 
Milano 
2000, 
509 
ss.), 
la 
condanna 
ad 
unfacere�con-
cretantesi 
anche 
nell'adozione 
di 
atti 
amministrativi 
puo� 
aver 
luogo 
solo 
laddove 
si 
controverta 
in 
materia 
di 
attivita� 
vincolata, 
nell'an�onel 
quid,e 
non 
di 
attivita� 
a 
significativo 
tasso 
di 
discrezionalita� 
(DE 
Palma,�Alcune�
riflessionisulla�reintegrazione�informa�specifica�di�cui�all'art.�35�deld.lgs.�

n.�80/1998�e�all'art.�11�del�d.d.l.�n.�S�3593�, 
in 
Rivista�Internet�di�diritto�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

pubblico,acura�di�G. 
Virga;�CarbonE 
ed�altri,��Osservatorio|sul|d.lgs.|

n.|80/1998�,�in�Urbanistica|e|appalti,�1999,�1138�e�ss.;�T.A.R�Puglia,�Bari,�
17�maggio�2001,�n.�1761;�17�gennaio�2001,�n.�169�e�24�marzo�2000,�n.�1248;�
T.A.R�Toscana,�Sez.�III,�27�ottobre�2000,�n.�2212;�T.A.R�Sicilia,�
n.�38/2000�cit.).�
Non�e�ammissibile�che�il�potere�giudiziario�interferisca�nelle�determina-
zioni�dell'Amministrazione�di�indirizzo�politico-amministrativo�e�comunque�
da�ritenersi�altamente�discrezionali,�fino�a�sostituirvisi,�pena�una�inaccetta-
bile�violazione�del�principio�della�divisione�dei�poteri.�Del�resto,�basti�consi-
derare�che�giurisdizione�esclusiva�non�implica�necessariamente�giurisdizione�
di�merito.�

La�ricorrente�chiede,�inoltre,�che�la�pronuncia�giudiziale�sostituisca�il�
provvedimento�del�Ministro�con�effetto�retroattivo,�a�decorrere�dal�
27�aprile�2001:�pretesa�non�solo�assolutamente�inammissibile,�ma�oltre-
tutto�inutile�dal�momento�che,�pur�a�voler�ammettere�una�reintegrazione�
in�forma�specifica�sostitutiva�del�diniego�di�autorizzazione�annullato,�il�
contratto�non�ritornerebbe�in�vita�sic|et|simpliciter|per�il�sopravvenire�del�
provvedimento,�in�quanto�gia�risolto�e�caducato�neisuoieffetti,che�
potranno�semmai�essere�ripristinati�in�un�secondo�momento�solo�dalle�
parti�medesime.�

Sotto�questo�profilo�e�inconferente�il�riferimento�in�ricorso�alla�sen-
tenza�del�Consiglio�di�Stato,�Sez.�VI,�26�giugno�2001�n.�3463�che,�in�fatti-
specie�peraltro�non�omologabile�alla�odierna�controversia,�non�ha�affatto�
disposto�la�reintegrazione�in�forma�specifica,�neppure�richiesta,�puntualiz-
zando�altres|��...cheesula|dalcompito|cognitivo|diquesto|Giudice|la|verifica|
dei|riflessi|che|la|pronuncia|di|annullamento|del|diniego|di|autorizzazione|e�|
idonea|a|sortire|sul|piano|della|perdurante|efficacia|del|contratto|stipulato|
tra|le|societa�...,|evidente|essendo|che|spetta|alla|competenza|del|Giudice|
civile,|gia�|ad|�to|al|riguardo,|la|cognizione|delle|controversie|relative|all'inter-
pretazione|delcontratto...�|

La�ricorrente�chiede,�altres|�,�in�subordine�il�risarcimentO 
deI 
dannI 
subiti.�Come�si�e�gia�accennato,�non�si�ritiene�che�nella�fattispecie�possa�con-
figurarsi�l'ipotesi�di�danno�risarcibile,�atteso�che,�secondo�quanto�sostenuto�
nello�stesso�atto�di�ricorso,�la�clausola�risolutiva�apposta�al�contratto�e�stata�
voluta�dalle�parti�nel�dispiegamento�della�loro�libera�autonomia�contrattuale,�
e�la�possibilita�del�suo�avveramento�era�prevista�ed�accettata�dalle�parti�
medesime.�

Del�resto,�la�RAI�avrebbe�dovuto,�o�quanto�meno�potuto,�usando�l'ordi-
naria�diligenza,�attendere�preventivamente�il�rilascio�della�positiva�determi-
nazione�ministeriale,�invece�di�addivenire�direttamente�alla�stipula�del�con-
tratto�di�cessione:�con�cio�assumendosi�la�piena�responsabilita�nei�confronti�
del�contraente�e�dell'Amministrazione�della�possibile�risoluzione�del�con-
tratto�(il�che�rileva�anche�sotto�il�profilo�dell'art.�1227�c.c.)�

Pertanto�non�e�imputabile�all'Amministrazione�alcun�comportamento�
illecito�che�integri�la�fattispecie�di�danno�risarcibile�per�attivita�amministra-
tiva�illegittima.�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE

E�infatti�risarcibile�il�danno�che�presenti�le�caratteristiche�dell'ingiusti-
zia,�e�cioe�il�danno�arrecato�non�jure,�da�ravvisarsi�nel�danno�inferto�ad�un�
soggetto,�per�effetto�di�altrui�attivita�,�in�difetto�di�una�causa�di�giustifica-
zione�che�si�risolve�nella�lesione�di�un�interesse�rilevante�per�l'ordinamento.�

In�ogni�caso�il�diritto�al�risarcimento�del�danno�ex�art.�2043�c.c.,�infatti,�
ancorche�si�pretenda�assumere�svincolato�da�una�rigida�predeterminazione�
della�posizione�giuridica�soggettiva�in�ipotesi�lesa�da�un�fatto�illecito,�ovvero�
che�non�venga�piu�richiesta�la�lesione�contra�ius,�intesa�come�lesione�di�un�
diritto�soggettivo,�non�implica�affatto�che�siano�venuti�meno�gli�ulteriori�
requisiti�dell'illecito�aquiliano�(da�ultimo,�Cons.�Stato,�Sez.�IV,�14�giugno�
2001�n.�3169).�

Cos|�e�da�escludere�anche�la�condanna�generica�al�risarcimento�del�
danno�ove�non�sia�fornita,�come�nella�specie,�la�prova�rigorosa�dell'esistenza�
del�danno�patrimoniale�e�del�nesso�eziologico�con�il�provvedimento�illegit-
timo�annullato�(T.A.R�Friuli�Venezia�Giulia,�28�marzo�2000,�n.�314;�T.A.R�
Toscana,�29�settembre�1999,�n.�249).�

Nella�fattispecie,�in�virtu�della�pattizia�risoluzione�del�contratto,�la�RAI�
ha�riottenuto�la�piena�disponibilita�dei�propri�beni,�di�indubbio�valore,�che�
potra�dunque�gestire�o�riallocare�nel�rispetto�della�normativa,�assai�presumi-
bilmente�con�anche�maggiore�profitto.�

Ed�in�ogni�caso�rimane�del�tutto�indimostrata��oltre�che�elemento�di�
valutazione,�nel�caso�della�concessionaria�pubblica,�comunque�non�esclusivo�
e�determinante��la�reale�convenienza�economica�dell'operazione�di�cessione�
(da�alcuni�osservatori�ritenuta�addirittura�una��svendita�),�ne�risulta�dimo-
strata�una�eventuale�perdita�di�chance.�

Al�riguardo,�e�appena�il�caso�di�osservare�che��secondo�la�prevalente�e�
condivisa�opinione�giurisprudenziale,�la�perdita�di�chance�non�e�ravvisabile�
allorche�l'attivita�rinnovatoria�discendente�dall'annullamento�giurisdizionale�del-
l'atto�configuri�in�termini�di�mera�evenienza�il�soddisfacimento�dell'interesse�
finale�del�ricorrente,�residuando�in�capo�all'Amministrazione�margini�di�apprez-
zamento�discrezionale,�e�dunque�anche�la�possibilita�dell'adozione�di�un�altro�
provvedimento�legittimo��(cos|�si�esprime�T.A.R�Puglia,�n.�1761/2001�cit.,�
con�riferimento�altres|�a�T.A.R�Puglia,�Bari,�23�marzo�2000,�n.�1248;�17�gen-
naio�2000,�n.�169;�T.A.R�Lombardia,�Brescia,�14�gennaio�2000,�n.�8;�T.A.R�
Lombardia,�Milano,�15�aprile�1999,�n.�1190).�

Tanto�premesso�e�considerato�in�fatto�e�in�diritto�il�Ministero�delle�
Comunicazioni,�come�sopra�rappresentato�e�difeso,�fatta�salva�ogni�eventuale�
istruttoria�utile�che�il�Giudice�intenda�disporre,�
Conclude�affinche�il�T.A.R.�del�Lazio�ad|�to,�contrariis�reiectis,�voglia�dichia-
rare�inammissibile,�improponibile�ed�in�ogni�caso�infondato�il�ricorso�intro-
duttivo.�Con�vittoria�di�spese,�diritti�ed�onorari�del�giudizio.�

Roma,�14�febbraio�2002�

Avv. 
dellO 
StatO 
VittoriO 
CesaronI 
�. 



RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

doc. 
4. 
�L'atto 
di 
intervento 
�ad 
opponendum� 
per 
lo 
SNATER 


�
�
�Interessa�allo�SNATER�entrare�senza�preamboli�in�medias 
res,cio��

significando�saltare�a�pie'�pari�le�sofisticate�deduzioni�e�le�congetture�
in�cui�si�avvolge�la�ricorrente�azienda�radiotelevisiva��o�meglio,�il�suo�scaduto�
presidente�Zaccaria��e�tracciare,�a�beneficio�dell'Ecc.mo�Collegio�giudicante,�
un�quadro�realistico�delle�vicende�che�si�conclusero�con�il�censurato,�quanto�
plausibile,�provvedimento�ministeriale�del�26�ottobre�2001.�

Ci�si�accinge�dunque�a�quest'opera�ricostruttiva,�scopo�della�quale�e��da�
un�lato�mettere�in�luce�i�difetti�di�sostanza�e�di�forma�che�viziarono�il�proce-
dimento�complesso�a�formazione�progressiva,�sospensivamente�condizionato�
alla��presa�d'atto�non�dissenziente��del�Ministro�delle�comunicazioni;�e�per�
altro�verso�comprovare�la�validita��delle�ragioni�che�questi�colloco��a�fonda-
mento�del�suo�dissenso.�

Sia�indulgente�il�Tribunale,�al�cospetto�di�un'opera�che�altro�non�vuol�
essere�se�non�una�schietta�impresa�di�maconnerie. 


Prima�di�procedere�oltre�giova�tuttavia�dar�conto,�in�breve,�dell'identita��
dello�SNATER�e�delle�ragioni�del�suo�intervento�in�questo�giudizio.�

Trattasi�dell'organizzazione�sindacale�maggiormente�rappresentativa�
nell'ambito�della�RAI,�operante�sull'intero�territorio�del�nostro�Paese�in�
ogni�comparto�delle�comunicazioni,�firmataria�dei�contratti�collettivi�nazio-
nali�dei�vari�settori�merceologici.�E�regolata�dallo�Statuto,�a�mente�del�
quale�la�legale�rappresentanza�dell'Associazione�e��affidata�al�Segretario�
Generale,�attualmente�nella�persona�del�sig.�A.�L.,�sottoscrittore�del�pre-
sente�atto.�

Sulla�vicenda�RAI�WAY�lo�Snater�e��intervenuto�assiduamente,�sin�dalle�
prime�avvisaglie,�prendendo�posizione�avverso�la�vendita�d'una�parte�del�pac-
chetto�azionario�prossima�alla�meta��e�contro�la�dismissione�degli�impianti.�
La�sua�opposizione�motivata�dalla�difesa�del�posto�di�lavoro,�dei�livelli�retri-
butivi,�della�sicurezza�degli�ottocento�lavoratori�dipendenti�dalla�neo�costi-
tuita�RAI�WAY�S.p.a.,�si�e��articolata,�nell'arco�di�tre�anni,�in�numerose�ini-
ziative�di�natura�sindacale�e,�da�ultimo,�nella�presentazione,�ai�sensi�del-
l'art.�2409�c.c.,�d'un�esposto�(corredato�successivamente�da�due�articolate�
memorie�integrative)�al�pubblico�ministero�presso�il�Tribunale�civile�di�
Roma.�Alcune�lettere�sono�state�inviate�dal�segretario�L.�al�Ministro�delle�
comunicazioni,�col�corredo�di�vari�atti,�in�vista�del�provvedimento�finale�di�
�presa�d'atto��che�questi�avrebbe�emesso�nell'ottobre�2001�a�suggello�della�
vendita.�

Tutta�la�documentazione�sopra�mentovata�viene�messa�a�disposizione�
dell'Ecc.mo�Tribunale,�affinche�si�giudichi�a�ragion�veduta�circa�la�legittima-
zione�dell'O.S.�ad�intervenire�nel�presente�giudizio�e�l'esistenza�dell'interesse�
che�ne�costituisce�il�giuridico�fondamento.�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE

1.�L'operazione�parte�da�lontano.�Risulta�palese,�dalla�lettura�dei�docu-
menti�disponibili,�che�essa�fu�a�lungo�meditata�e�conseguentemente�attuata.�
Per�dirla�in�breve,�senza�scendere�in�un�eccesso�di�particolari:�
Il�15�luglio�1999�RAI�S.p.a.�chiede�al�Ministero�delle�comunicazioni�
l'autorizzazione�ad�avvalersi�d'una�societa�da�essa�controllata�per�lo�svolgi-
mento,�ex 
art.�1,�comma�5,�del�decreto�del�Presidente�della�Repubblica�
28�marzo�1994,�delle��attivita�inerenti�all'espletamento�dei�servizi�concessi��
e,��qualora�occorresse�,�ai�sensi�dell'art.�9�dello�stesso�d.P.R.,�per�l'utilizza-
zione�degli�impianti�tecnici�per�la�distribuzione�dei�servizi�di�telecomunica-
zione�di�cui�all'art.�4,�comma�5,�della�legge�n.�249�del�1997.�

Ad�iniziativa�ed�a�seguito�di�deliberazione�del�c.d.a.�di�RAI�S.p.a.,�viene�
costituita�dal�Presidente�Roberto�Zaccaria�e�dal�Direttore�Generale�Pier�
Luigi�Celli�(nonche�dal�dott.�Roberto�Di�Russo,�presidente�del�c.d.a.�di�RAI�
Trade)�la�Newco�TD�S.p.a.�(29�luglio�1999),�la�cui�denominazione�sociale�e�
modificata�successivamente�in�quella�di�RAI�WAY�(17�gennaio�2000).�Il�suo�
capitale�sociale�e�detenuto�da�RAI�S.p.a.,�fatta�eccezione�dell'1%,�di�perti-
nenza�di�RAI�Trade,�a�sua�volta�controllata��pressoche���interamente�dalla�
stessa�RAI�S.p.a.).�

Il�Ministero�delle�comunicazioni�rilascia�l'autorizzazione�chiesta�dal�
Direttore�Generale�e�dal�Presidente�di�RAI�S.p.a.,�circondandola�di�cautele�
e�precisando�che��l'estensione�dell'autorizzazione�per�l'utilizzazione�degli�
impianti�per�la�distribuzione�di�servizi�di�telecomunicazioni�da�parte�della�
menzionata�societa�Newco�TD�sara�presa�in�considerazione,�previa�richiesta�
da�parte�di�codesta�concessionaria,�in�relazione�all'adeguamento�degli�
impianti�al�piano�nazionale�di�assegnazione�delle�frequenze,�come�sancito�
dall'art.�4,�comma�5,�della�legge�31�luglio�1997�n.�249�.�

RAI�S.p.a.�conferisce�ed�apporta�a�RAI�Way,�con�effetto�1.�marzo�
2000,�il�ramo�d'azienda�denominato��Divisione�Trasmissione�e�Diffusione�,�
conservando�la�titolarita�della�concessione�del�servizio�pubblico,�come�rego-
lata�dalla�convenzione�di�cui�al�decreto�del�Presidente�della�Repubblica�
28�marzo�1994�e�dal�contratto�di�servizio:�contestualmente�l'assemblea�
straordinaria�di�RAI�Way�delibera�di�aumentare�il�proprio�capitale�sociale�
da�lire�1�miliardo�a�136�miliardi�mediante�emissione�di�13.500.000�nuove�
azioni�ordinarie�da�assegnare�a�RAI�S.p.a.,�quale�corrispettivo�dell'apporto�
del�ramo�d'azienda,�valutato�complessivamente�in�lire�135�miliardi�(29�feb-
braio�2000).�

RAI�S.p.a.�stipula�con�RAI�Way�un�contratto�mediante�cui�questa�si�
obbliga�a�renderle,�mediante�gli�impianti�tecnici�conferiti,�le�prestazioni�
necessarie�all'espletamento�dei�servizi�concessi,�come�da�Convenzione�e�Con-
tratto�di�servizio,�precisandosi�che�delle�reti�e�degli�impianti,�RAI�Way�potra�
usare�per�la�distribuzione�dei�servizi�di�telecomunicazioni,�ex 
lege 
247/1997,�
art.�4,�comma�5�(5�giugno�2000).�

RAI�S.p.a.�stipula�un��contratto�di�compravendita�azionaria��con�
Crown�Castle�International�Corporation,�societa�costituita�ed�operante�
secondo�il�diritto�del�Delaware,�selezionata�dalla�stessa�RAI�il�23�febbraio�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

2001�per�avviare�una�fase�di�trattativa�finale�sulle�condizioni�ed�i�termini�di�
un'offerta�vincolante�per�l'acquisto�d'una�partecipazione�di�minoranza�nel�
capitale�di�RAI�Way�S.p.a.�Mediante�tale�contratto�RAI�S.p.a.�vende�a�
Crown�Castle�(e/o�ad�un�indefinito�partner)�un�numero�di�azioni�pari�al�
49%�dell'intero�pacchetto�azionario�di�RAI�Way,�da�essa�detenuto.�A�lato�
della�compravendita�vengono�sottoscritti�i�Patti�Parasociali�ed�un�contratto�
di�gestione.�

2.�Il�primo�punto�meritevole�di�attenzione�e��quello�relativo�alla�legitti-
mita��della�costituzione,�da�parte�di�RAI�S.p.a.,�d'una�societa��controllata,�ai�
sensi�dell'art.�1,�comma�5,�del�decreto�del�Presidente�della�Repubblica�
23�marzo�1994,�che�testualmente�dispone:��La�societa��concessionaria�puo��,�
previa�autorizzazione�del�Ministero�delle�poste�e�delle�telecomunicazioni,�
avvalersi,�per�attivita��inerenti�all'espletamento�dei�servizi�concessi,�di�societa��
da�essa�controllate�.�
Deve�al�riguardo�sottolinearsi�che�la�facolta��cos|��attribuita�alla�conces-
sionaria�si�riferisce�non�gia��allo�svolgimento�di�attivita��inerenti�ad�un�gene-
rico��servizio�pubblico��bens|�,�precisamente,�all'espletamento�dei��servizi�
concessi�.�

Tali�sono,�secondo�l'art.�1�del�menzionato�d.P.R.,�i�servizi�di��diffusione�
di�programmi�radiofonici�e�televisivi�,�per�l'appunto�concessi�a�RAI�S.p.a.�
in�esclusiva�sull'intero�territorio�nazionale.�

Dunque�l'autorizzazione�ad�avvalersi�di�societa��controllate�poteva�esser�
legittimamente�richiesta�e�rilasciata�solo�con�riferimento�al�servizio�pubblico�
di�diffusione�dei�programmi�radiotelevisivi.�

3.�Il�secondo�punto,�sempre�relativo�alla�costituzione�di�Newco��RAI-
WAY�e�come�tale�connesso�al�primo,�riguarda�l'idoneita��,�ex 
lege,�della�
societa��controllata�dalla�concessionaria,�a�gestire�contemporaneamente�il�ser-
vizio�pubblico�di�diffusione�dei�programmi�radiotelevisivi�e�quello�di�distribu-
zione�dei�servizi�di�telecomunicazione.�E�opinione�dello�scrivente�che,�alla�
luce�d'una�corretta�interpretazione�della�legge�(art.�4,�comma�5,�legge�
31�luglio�1997,�n.�249;�artt.�5�e�9�decreto�del�Presidente�della�Repubblica�
28�marzo�1994)�tale�idoneita��non�sussistesse.�
Dispone�infatti�la�prima�norma�teste�menzionata:�

art.�4:��Gli�impianti�oggetto�di�concessione�radiotelevisiva�possono�
essere�utilizzati�anche�per�la�distribuzione�di�servizi�di�telecomunicazioni.�
In�tal�caso,�i�destinatari�di�concessioni�in�ambito�locale�sono�tenuti�alla�
separazione�contabile�dell'attivita��radiotelevisiva�da�quella�svolta�nel�set-
tore�delle�telecomunicazioni,�mentre�i�destinatari�di�concessioni�per�emit-
tenti�nazionali�sono�tenuti�a�costituire�societa��separate�per�la�gestione�
degli�impianti�.�

Gia��nell'anno�1994�le�altre�due�norme�richiamate�disponevano:�

art.�5:��La�societa��concessionaria�puo�,�previa�autorizzazione�del�
Ministero�delle�poste�e�delle�telecomunicazioni,�avvalersi,�per�attivita��inerenti�
all'espletamento�dei�servizi�concessi,�di�societa��da�essa�controllate�;�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE

art.�9:��La�RAI�ha�la�facolta��di�utilizzare�gli�impianti�tecnici,�purche�
non�risulti�di�pregiudizio�al�regolare�svolgimento�dei�pubblici�servizi�concessi�
e�concorra�alla�equilibrata�gestione�aziendale,�per�la�predisposizione�e/o�il�
transito�dei�programmi�radiofonici�e�televisivi�dall'estero�e�per�l'estero�richie-
sti�da�altri�organismi�radiotelevisivi�informandone,�con�relazioni�periodiche,�
il�Ministero�delle�poste�e�delle�telecomunicazioni.�

L'utilizzazione�degli�impianti�tecnici�della�RAI�e��consentita�previa�auto-
rizzazione�del�Ministero�delle�poste�e�delle�telecomunicazioni�che�stabilira��le�
relative�condizioni,�sentita�la�concessionaria,�per:�

a) 
l'organizzazione�e�la�effettuazione�di�conferenze�radiotelevisive;�

b) 
l'organizzazione�e�la�realizzazione�di�programmi�televisivi�a�cir-
cuito�chiuso;�

c) 
il�transito�di�programmi�radiofonici,�televisivi�e�di�altri�segnali�
generati�da�terzi,�nell'ambito�del�territorio�nazionale,�secondo�le�norme�
vigenti;�

d) 
ogni�altra�attivita��che�corrisponda�ai�fini�aziendali�e�consenta�il�
massimo�rendimento�degli�impianti�e�dell'organizzazione�.�

Ebbene,�mentre�il�decreto�del�Presidente�della�Repubblica�del�1994�
faceva�gia��un�primo�passo,�differenziando�la�gestione�relativa�alla�diffusione�
di�programmi�radiotelevisivi�e�consentiva��con�cio��ponendo�una�seria�limi-
tazione��che�per�l'utilizzazione�degli�impianti�a�diversi�fini�la�concessiona-
ria�si�avvalesse�di�societa��collegate�(ben�distinte,�non�solo�lessicalmente,�da�
quelle�controllate,�di�cui�all'art.�1,�comma�5,�afferenti�ai��servizi�concessi�,�
di�diffusione�dei�programmi�radiotelevisivi)�la�legge�del�1997�prescrive�peren-
toriamente�che�per�la�gestione�degli�impianti�utilizzati�anche�per�la�distribu-
zione�di�servizi�di�telecomunicazioni�(oltreche�,�quindi,�per�la�diffusione�di�
programmi�radiotelevisivi)�la�concessionaria�(nazionale)�debba�avvalersi�di�
societa��separate:�dove�la��separatezza��si�riferisce�evidentemente�non�gia��
all'emittente,�bens|��ai�soggetti�(societa��)�che�dovranno�incaricarsi�dell'uno�e�
degli�altri�servizi.�

E�se�tale�e��la�corretta�interpretazione�letterale�della�norma,�non�diversa�
e��quella�riferibile�alla�ratio 
che�ispiro��il�legislatore:�desumibile��oltre�che�
dalla�legge�nel�suo�insieme��proprio�dal�comma�5�dell'art.�4,�laddove�que-
sto,�nel�disciplinare�la�distribuzione�dei�servizi�di�telecomunicazione�da�parte�
dei�concessionari�in�ambito�locale,�dispone�che�essi�sono�tenuti�alla�semplice�
�separazione�contabile��dell'attivita��radiotelevisiva��da�quella�svolta�nel�
settore�delle�telecomunicazioni;�mentre,�per�cio��che�riguarda�i�destinatari�di�
concessioni�per�emittenti�nazionali,�prescrive�che�per�la�gestione�dei�relativi�
impianti�siano�costituite�societa���separate�.�

La�differente�disciplina�e��stata�evidentemente�dettata�in�relazione�
all'opportunita��d'una�separata�gestione�contabile�dell'attivita��radiotelevisiva�
e�di�quella�delle�telecomunicazioni:�per�le�emittenti�nazionali�non�si�e��rite-
nuta�sufficiente�la�mera�separazione�contabile�nell'ambito�d'una�stessa�
societa��di�gestione�degli�impianti,�ma�si�e��reputata�necessaria�la��separa-


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

zione��delle�societa��che�gestiscono�i�due�settori.�E�cio��ben�si�comprende,�se�
si�faccia�attenzione�agli�inconvenienti,�ai�grovigli�contabili�e�alle�irregolarita��
�se�non�peggio��che�comporterebbe�una�gestione�cui�tali�settori�faces-
sero�unicamente�capo.�

Sta�di�fatto�che�RAIWAY�fu�costituita�per�gestirli�insieme,�senza�che�le�
riferite�disposizioni�di�legge��se�e��corretta�l'interpretazione�qui�data��fos-
sero�in�alcun�modo�osservate.�

4.�Il�terzo�punto�riguarda�la�vendita�del�49%�del�pacchetto�azionario�di�
Rai�WAY�a�Crown�Castle�e/o�ad�una�societa��da�questa�controllata�e�la�con-
seguente�cessione�di�meta��dei�suoi�impianti�tecnici.�
Sono�molteplici�le�considerazioni,�tutte�di�segno�negativo,�che�possono�
farsi�al�riguardo,�ed�i�quesiti�che�da�esse�sono�generati.�

Anzitutto�ci�si�chiede�se�sia�proprio�pacifico�che�la�concessione�in�
esclusiva�del�servizio�pubblico�di�diffusione�di�programmi�radiofonici�e�tele-
visivi�sarebbestatarinnovata�pervent'anni�aRAI�S.p.a.,�setraquesta�
e�gli�impianti�tecnici�non�fosse�intercorso�un�rapporto�proprietario�al�cento�
per�cento.�

Si�ha�ragione�di�dubitarne,�giacche�e��il�senso�comune,�se�non�lo�spirito�e�
la�lettera�delle�leggi,�che�induce�a�pensare�che�la�proprieta���e�quindi�la�
piena�e�sicura�disponibilita��da�parte�della�concessionaria��d'una�rete�di�
valore��incommensurabile�,�costituisca�una�garanzia�di�efficienza�di�tale�
spessore�da�poter�essere�annoverata�tra�gli�elementi�decisivi�nella�concessione�
del�servizio�pubblico.�

In�secondo�luogo�ci�si�domanda��ma�e��interrogazione�retorica��se�la�
vendita�del�49%�degli�impianti�tecnici�ad�una�societa��privata�(straniera,�fuori�
dell'Unione�europea)�ed�il�programmato��coinvolgimento��di�tale�soggetto�
nella�gestione�della�rete�(tale�e��il�disegno�dei�contraenti,�esplicitato,�come�in�
seguito�si�vedra��,�nei�patti�parasociali)�non�sia�interpretabile�alla�stregua�d'un�
surrettizio,�ma�autentico,�trasferimento�(illegittimo)�della�concessione�del�ser-
vizio�pubblico�ad�un�soggetto�privo�dei�requisiti�a�fronte�dei�quali�la�conces-
sione�stessa�fu�rinnovata.�

Ancora:�fu�attuato�l'adeguamento�degli�impianti,�come�dispone�l'art.�4,�
comma�5,�legge�31�luglio�1997,�al�piano�nazionale�di�assegnazione�delle�fre-
quenze?�

Interessa�sapere�se�esso�sia�stato�attuato�interamente,�ovvero�parzial-
mente,�poiche�nel�procedimento�che,�originato�dalla�richiesta�di�autorizza-
zione�ad�avvalersi�d'una�societa��controllata,�si�conclude�con�la��presa�d'atto�
non�dissenziente��del�Ministro�delle�Comunicazioni,�ogni�vizio�travolge�per�
nullita��l'intero�procedimento.�

All'art.�7�dei�Patti�parasociali�si�ipotizza�invero�che�RAIWAY�perda�
la�qualifica�di��controllata��di�RAI�S.p.a.�e�si�prevede�che�in�tal�caso�
Crown�Castle�ne�assumera��il�controllo,�esercitando�il�diritto�di�prelazione�
ivi�regolato.�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE

Da�ultimo,�ma�essenzialmente:�nella�stima�degli�impianti�ceduti�e�nella�
determinazione�del�prezzo�delle�azioni�di�RAIWAY,�e�stato�considerato�n
e�dubitiamo,�a�ragion�veduta��l'enorme�incremento�di�valore�cui�vanno�
soggetti�a�causa�dello�sviluppo�dell'attivita�di�telecomunicazioni�con�essi�eser-
citabile?�

Se�non�fosse�stato�considerato,�saremmo�al�cospetto�d'una�svendita�di�
beni�destinati�ad�un�pubblico�servizio�essenziale,�sulla�cui�censurabilita�non�
occorre�spendere�parole�(si�consideri�peraltro�che�l'alienazione�di�tali�beni�e�
interdetta,�ex 
art.�826�c.c.).�

5.�Sul�punto�della�vendita,�il�cui�approfondimento�e�essenziale�ai�fini�del�
giudizio�circa�le�ragioni�poste�a�base�del��dissenso��ministeriale,�e�circa�la�
�dissennatezza��dell'operazione,�si�impongono�ulteriori�riflessioni.�
Si�consideri�anzitutto�che�la�vendita�del�49%�delle�azioni�di�RAI�WAY,�
in�quanto�rappresentative�del�patrimonio�di�impianti�tecnici,�di�reti�di�tra-
smissioni,�e�cosi�via,�si�traduce�per�un�verso�in�una�perdita�non�quantifica-
bile,�ma�sicuramente�di�enormi�proporzioni,�degli�attuali�e�futuri�profitti�rea-
lizzabili�mediante�l'ospitalita�,�sui�tralicci�di�proprieta�della�Societa�,�dei�ripeti-
tori�di�telefonia�mobile�e�attraverso�la�capacita�,�attuale�e�soprattutto�futura,�
di�trasporto�dei�segnali�di�telecomunicazione;�per�altro�verso,�specularmente,�
in�un�gigantesco�affare�a�favore�della�corporation 
texana�Crown�Castle,�bene-
ficiata�dopo�la�selezione�di�altre�compagnie,�della�cui�esclusione�non�e�stato�
dato�alcun�conto.�

Per�quel�che�in�particolare�riguarda�l'organizzazione�sindacale�interve-
niente,�cio�si�traduce�nel�rischioso�trasferimento�ad�un�gruppo�finanziario�
straniero��peraltro�neanche�appartenente�all'Unione�Europea��d'un�irri-
petibile�patrimonio�tecnico�professionale�e�nel�pericolo�che�siano�messi�a�
repentaglio�posti�di�lavoro,�livelli�retributivi�e�quant'altro�interessa�le�centi-
naia�di�lavoratori�dipendenti�da�RAI�WAY.�

Si�consideri�inoltre�che�la�stima�(�Valutazione�economica�della�Societa��)�
effettuata�a�novembre�2000�su�incarico�di�Rai�S.p.a.�dalla�Corporate�Finance�
Arthur�Andersen,�non�solo�porta�ad�un�risultato�inspiegabilmente�analogo�
a�quello�raggiunto�dall'IRI�ben�dieci�anni�prima�(essendo�stati�obliterati�sia�
la�svalutazione�del�danaro�che�il�sopravvenuto�incremento�del�valore�degli�
impianti:�si�noti�inoltre�che�la�perizia�dell'IRI�fu�compiuta�in�un�momento�
in�cui�la�capacita�di�trasporto�di�segnali�digitali�sembrava�dover�essere�risolta�
esclusivamente�dai�satelliti�e�quindi�i�tralicci�erano�considerati�strutture�obso-
lete,�costose�da�manutenere�e�non�utili�a�generare�profitti.�La�perizia�fu�fatta�
nella�prospettiva�di�formulare�un�prezzo�basso�d'un�bene�ch'era�meglio�ven-
dere�al�piu�presto)�ma�non�tiene�altres|�conto�dello�scenario�digitale�e�dei�
mercati�di�riferimento:�in�particolare�delle�piattaforme�UMTS�e�DTT,�che�
oggi�sono�considerate�aree�in�cui�maggiormente�si�svilupperanno�gli�affari�
dell'immediato�futuro�(entro�il�2006).�In�tali�aree�l'utilizzazione�dei�tralicci�e�
indispensabile�e�si�ipotizzano�volumi�di�affari�dell'ordine�di�migliaia�di�
miliardi.�Nel�suo�recente�studio�pubblicato�su�un�quotidiano,�il�noto�analista�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

internazionale�Dom�Serafini�conferma�che�la�stima�di�Rai�Way�fatta�dalla�
Arthur�Andersen,�se�comparata�con�realta��equivalenti�del�mercato�USA,�e��
inferiore�d'un�buon�60%�rispetto�ai�valori�correnti.�

Peraltro,�circa�l'affidabilita��della�A.�Andersen,�non�e��certo�un�pettego-
lezzo��anzi�ne�fornisce�la�misura��rammentare�la�recente�vicenda�della�
bancarotta�della�Enron��primario�gruppo�internazionale�nel�settore�energe-
tico��i�cui�bilanci�erano�certificati�proprio�da�quella�Corporate:�la�quale�
�non�si�e��accorta��delle�enormi�falle�finanziarie�della�Enron�(pur�percependo�
un�compenso�di�ben�27�milioni�di�dollari)�contribuendo�alla�sua�catastrofe.�
Subito�dopo�l'affaire�della�Enron,�la�Arthur�Andersen�e��stata�esclusa�dal�Pre-
sidente�degli�Stati�Uniti�da�ogni�incarico�di�valutazione�riguardante�i�bilanci�
di�enti�pubblici.�

Ed�ancora�contribuisce�al�disvelamento�degli�arcani�ricordare�che�gli�
advisor 
della�RAI��cioe��Merryl�Linch�e�Lehman�Brothers,�menzionati�nel�
ricorso��posseggono�quote�nella�Crown�Castle.�Tanto�risulta�dal�sito�Inter-
net�di�NASDAQ/Crown�Castle.�In�particolare�Merryl�Linch�era�il�consulente�
della�RAI�per�la�vendita�delle�azioni�di�Rai�WAY�e�Lehman�Brother�il�con-
sulente�di�Crown�Castle�per�l'acquisto.�

E�quanto�agli�arcani,�e��il�caso�di�notare�che�Crown�Castle�e��una�societa��
posseduta�dai�Fondi�di�investimento,�con�un�flottante�pari�all'80%,�che�ha�
subito�forti�perdite�nel�corso�della�crisi�di�NASDAQ.�Il�suo�controllo�e��inde-
finito�e�puo��passare�di�mano�in�mano�facilmente.�Di�qui�la�sua�inaffidabilita��,�
che�si�estende�alla�CCR,�societa��di�diritto�italiano,�costituita�e�capitalizzata�
allo�scopo�specifico�di�acquistare�le�quote�di�RAI�WAY�e�di�colonizzarla.�
CCR�risulta�indebitata�per�tutto�il�valore�del�suo�capitale,�ma�ne�sono�ignoti�
i�creditori.�In�caso�di�utili�avrebbe�esportato�valuta�verso�la�Gran�Bretagna�
(UK)�e�presumibilmente�nel�Delaware,�Stato�esentasse,�dove�ha�sede�Crown�
Castle.�Come�puo��constatarsi,�ci�si�trova�dinanzi�ad�una�sfrenata�ideologia�
�marketing 
oriented�.�

In�una�situazione�del�genere�di�quella�dianzi�delineata��suscettibile�e�
meritevole�d'ulteriore�approfondimento,�in�ispecie�sotto�il�profilo�dei�reali�
interessi�che�stanno�all'origine�della�costituzione�di�RAIWAY�e�della�demoli-
zione�del�suo�patrimonio�(straordinario�patrimonio,�in�termini�sia�di�valore�
degli�impianti�tecnici�che�di�professionalita��lavorative)��e��sembrata�quanto�
meno�avventurosa�l'insistente�e�caparbia�richiesta�che�fosse�apposto�l'impri-
matur�del�Governo,�nella�persona�del�Ministro�delle�comunicazioni,�nonche�
quello�dell'Autorita��di�Garanzia.�

6.�L'organizzazione�sindacale�che�interviene�ad 
opponendum 
nel�presente�
giudizio�ritiene�opportuno�soffermarsi�su�quello�che�nel�ricorso�della�RAI�
(pag.�19)�e��definito���l'unico�profilo�dell'operazione�che�la�Convenzione,�e�le�
parti�con�la�previsione�contrattuale,�rimette�alla�sua�(del�Ministro,�n.d.r.)�
valutazione�in�ipotesi�di�cessione:�l'assetto�di�controllo�di�RAI�WAY�.�
Sul�punto�la�difesa�della�RAI�svolge�analitiche�quanto�imbarazzate
argomentazioni.�E�difatti�assai�arduo�contestare�al�Ministro�l'errore,�il�travi-
samento�dei�contenuti�del�contratto�ed�il�difetto�assoluto�d'istruttoria,�


IL|CONTENZIOSO|NAZIONALE

quando|il|provvedimento|impugnato|sottolinea|per|un|verso|che|la|RAI,|
anziche�richiedere|la|preventiva|autorizzazione,|anticipo�|il|perfezionamento|
del|contratto|di|cessione,|e|per|altro|verso|che|i|patti|parasociali|conferivano|
al|partner|un|potere|d'indirizzo|strategico|sull'attivita�|di|RAI|WAY,|addirit-
tura|superiore|a|quello|del|socio|di|maggioranza.|

Sulla|�necessita�|della|previa|autorizzazione�,|la|ricorrente|R.A.I.,|richia-
mate|le|proprie|precedenti|deduzioni|circa|l'inconfigurabilita�|d'un|potere|
autorizzatorio|del|Ministro|rispetto|�ad|operazioni|come|quella|per|cui|e�|
causa�,|sostiene|che,|avendo|essa|�comunicato|preventivamente|l'operazione|
di|cessione|al|Ministero|con|nota|del|28|marzo|2000�|ed|avendolo|nuova-
mente|sollecitato|�ad|esprimersi|in|ordine|alla|cessione|con|nota|del|27|aprile|
2001|(omissis) 
risulta|specioso|il|rilievo|secondo|il|quale|la|RAI|non|avrebbe|
richiesto|la|preventiva|autorizzazione|dell'operazione�.|

Le|obiezioni|della|RAI|sono|inconsistenti,|come|peraltro|la|difesa|del|
Ministro|ha|messo|in|luce.|Basti|qui|aggiungere|che|le|due|�note�|inviate|
all'on.|Gasparri|dal|dott.|Zaccaria,|erano|non|gia�|formali|richieste|di|auto-
rizzazione,|bens|�,|come|del|resto|si|afferma|nel|ricorso,|mere|sollecitazioni.|

Ma|neppure|sul|cruciale|punto|della|�perdita|di|controllo�|di|RAI|WAY|
le|avverse|deduzioni|colgono|nel|segno.|Infatti,|anche|se|si|accogliesse|l'inter-
pretazione|restrittiva|proposta|nel|ricorso|(pag.|21|e|22)|circa|il|significato|
da|attribuirsi|ai|termini|�controllo�|e|�influenza|dominante�,|non|sarebbe|
possibile|sottrarsi|alla|soverchiante|tempra|di|talune|clausole|dei|patti|para-
sociali|sottoscritti|da|RAI|S.p.a.,|CCR|S.r.l.|e|Crown|Castle|International|
Corporation.|

In|particolare|(non|senza|rimarcare|che|nel|preambolo|di|tali|patti|si|da�|
grande|rilievo|all'impegno|di|RAI|WAY|di|fornire|alla|RAI,|tra|l'altro,|i|ser-
vizi|relativi|alle|�reti|di|telecomunicazione|(omissis) 
avuto|particolare|
riguardo|all'evoluzione|delle|tecnologie|digitali�)|osserva|il|concludente:|

�con|l'art.|1|�si|intende|consentire|il|coinvolgimento|del|partner|
nella|gestione|della|Societa�|�.|

Il|reale|significato|di|questa|affermazione|si|coglie|alla|lettura|delle|
successive|clausole|e|ne|costituisce|la|base.|Il|�coinvolgimento�,|difatti,|
si|attuera�|con|un|vero|e|proprio|ordito|normativo,|mediante|il|quale|sara�|
espressa|ed|attuata|la|posizione|dominante,|benche�socio|di|minoranza,|
di|CCR;|

�con|l'art.|2|si|dispone|che|il|c.d.a.|sara�|composto|�di|otto|membri,|
cinque|dei|quali|saranno|nominati|dalla|RAI,|mentre|i|restanti|tre|saranno|
nominati|dal|partner.|Il|Presidente|del|c.d.a.|sara�|nominato|previa|consulta-
zione|con|la|RAI,|fra|i|consiglieri|designati|dal|partner|e|l'amministratore|
delegato|sara�|nominato,|previa|consultazione|con|il|partner,|fra|i|consiglieri|
designati|dalla|RAI�.|

Senonche�il|successivo|art.|3|�premesso|che|�per|l'intera|durata|dei|
presenti|Patti|parasociali|la|gestione|della|Societa�|sara�|svolta|in|conformita�|
al|businnes-plan 
triennale,|che|includera�|un|budget|relativo|a|ciascun|eserci-


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

zio�annuale��a�sua�volta�prescrive�che�le�decisioni�relative�all'adozione�dei�
business-plan 
e�dei�budget 
e�le�loro�eventuali�modifiche�potranno�essere�adot-
tate�dal�c.d.a.�unicamente��con�il�voto�favorevole�di�almeno�due�consiglieri�
di�designazione�del�partner�.�

Lo�stesso�art.�3,�alla�lettera�C,�dispone�inoltre�che�lo�stesso�meccanismo�
regga�le�delibere�del�c.d.a.�che�intenda�assumere��le�seguenti�iniziative��
(segue�l'elenco�di�ben�15��iniziative�,�che�puo�ben�affermarsi�costituiscano�
ed�anzi�esauriscano�ogni�possibile�attivita�imprenditoriale,�finanziaria�ed�eco-
nomica�aziendale).�

Risulta�quindi�con�chiarezza,�dal�combinato�disposto�delle�riferite�
norme�contrattuali,�che�il�partner�assume,�proprio�in�relazione�al��core�busi-
ness��di�RAI�WAY,�quella�posizione�di�pieno��controllo��e�di��influenza�
dominante�,�irragionevolmente�negata�dalla�difesa�della�RAI.�

A�cio�si�aggiunga�che�al�presidente�della�Societa�,�la�cui�nomina�spetta�al�
partner,�sono�attribuiti�dallo�statuto�i�poteri�piu�significativi,�mentre�si�sta-
glia�come�figura�di�importanza�secondaria,�se�non�trascurabile,�quella�del-
l'amministratore�delegato,�la�cui�designazione�compete�a�RAI�S.p.a.�ed�i�cui�
poteri�sono�pero�espressamente�limitati�dall'art.�6,�punto�B,�al�quale�rimanda�
l'art.�3,�punto�F:�

�l'art.�4�dei�Patti�attribuisce�al�partner�il�potere�di�nominare�due�dei�
tre�sindaci�effettivi�che�formano�il�Collegio�sindacale.�

Anche�in�questo�caso,�considerate�le�decisive�funzioni�affidate�ai�sindaci�
dalla�legge�ordinaria,�e�difficile�disconoscere�l'ulteriore�egemonia�conferita�a�
CCR�(e�a�Crown�Castle).�

�in�virtu�dell'art.�5,�disciplinante�l'assemblea�dei�soci,�il�vantaggio�
che�deriverebbe�a�RAI�S.p.a.�dalla�titolarita�del�51%�delle�azioni�di�RAI�
WAY�viene�annullato.�Difatti�le�delibere�di�competenza�dell'assemblea�
straordinaria�(decisive,�com'e�noto,�nella�gestione�delle�societa�)e�previsto�
siano�assunte�con�la�maggioranza��sia�in�prima�che�in�seconda�convoca-
zione��del�67%�dell'intero�capitale.�Inoltre�e�prevista�identica�maggioranza�
per�le�delibere�dell'Assemblea�ordinaria�che�abbiano�ad�oggetto�gli�atti�di�
disposizione�di�azioni�detenute�da�Rai�WAY,�la�distribuzione�di�dividendi,�
la�remunerazione�dei�consiglieri,�le�materie�di�cui�all'art.�3,�par.�C�(cioe�le�
15�sopra�elencate)�l'acquisto�di�azioni�proprie�o�di�diritti�di�opzione.�

Come�e�agevole�constatare,�trattasi�di�svuotamento�della�formale�mag-
gioranza�azionaria.�

�per�l'art.�6�e�riservata�esclusivamente�ai�consiglieri�nominati�dal�
partner�la�designazione�del�direttore�della�funzione�sviluppo�di�business,�al�
quale��l'amministratore�delegato�conferira�procura,�delegandogli�pieni�
poteri,�equiparabili�ai�poteri�delegati�all'amministratore�delegato�dal�consi-
glio�d'amministrazione,�limitatamente�alla�gestione�del�Tower 
Business 
(omissis).Per�Tower 
Business 
si�intende�la�fornitura�di�infrastrutture�wire-
less�e�relativi�servizi�ad�operatori�wireless�(inclusi�operatori�telefonici,�ope-
ratori�wireless 
�loca 
loop�,�operatori�Tetra,�UMTS�e�di�altra�tecnologia�
mobile,�esistente�o�futura),�inclusa�la�locazione�di�siti/antenne�e�servizi�di�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE

co-locazione,�servizi��built-to-suit�, 
programmazione�di�rete�e�design,�
ricerca�ed�acquisizione�di�siti,�design�e�costruzione�di�siti,�installazione�e�
�commissioning��di�siti,�ottimizzazione�della�rete,�manutenzione�delle�infra-
strutture,�gestione�e�manutenzione�della�rete�e�relativi�servizi�di�trasmis-
sione�a�microonde�o�fibre�.�(ibidem) 


E�qui�si�chiuderebbe�l'accerchiamento�della�RAI�ad�opera�di�Crown�
Castle�(o,�se�si�preferisce,�di�CCR)�considerata�l'importanza�che�assume�il�
Direttore�nello�scenario�produttivo�ed�imprenditoriale�della�Societa��,�anche�
per�la�sua�inamovibilita��(la�procura�conferitagli�dall'A.D.�e��irrevocabile)�non-
che�per�l'entita��delle�materie�a�lui�riservate�(in�particolare�il�marketing).�

Ma�non�basta.�Il��coinvolgimento��del�partner�nella�gestione�prelude�r
ivelando�al�tempo�stesso�il�concorde�disegno�dei�contraenti�di�espropriare�
la�RAI�dell'intera�rete��al�programmato�trasferimento�del�pacchetto�azio-
nario�nelle�mani�di�CCR��Crown�Castle.�E�in�verita��:�

�l'art.�6,�punto�H,�prescrive:��I�soci�convengono�che�qualora�la�
Societa��decidesse�di�vendere�o�comunque�trasferire�(in�tutto�o�in�parte)�la�
rete�di�fibre�ottiche�situata�in�Roma�e�dintorni,�RAI�fara��in�modo�che�la�
Societa��conceda�a�Crown�Castle�o�ad�una�controllata�di�Crown�Castle�il�
diritto�di�prelazione,�alle�stesse�condizioni�offerte�da�qualunque�terzo,�per�
l'acquisto�di�tale�rete�;�

�l'art.�7,�punto�A,�dispone:��Le�parti�inoltre,�convengono�che�qua-
lora�la�RAI�o�ogni�sua�controllata�intenda�cedere�o,�a�qualsiasi�titolo,�trasfe-
rire�una�partecipazione�posseduta�in�ogni�controllata�della�RAI,�diversa�
dalla�Societa��,�in�modo�tale�che�la�Societa��perda�la�qualifica�di�controllata�
della�RAI,�questa�dovra��cedere�l'intera�partecipazione�posseduta�in�tale�con-
trollata�e�Crown�Castle�(o�ogni�controllata�della�Crown�Castle�indicata�dalla�
stessa�Crown�Castle)�avra��il�diritto�di�prelazione,�alle�stesse�condizioni,�per�
l'acquisto�della�partecipazione�da�cedere�o�trasferire.�Il�diritto�di�prelazione�
potra��essere�esercitato�solamente�sull'intera�quota�di�capitale�offerta�in�ven-
dita�o�da�trasferire�;�

�lo�stesso�art.�7,�punto�J,�prescrive�infine�che��nel�caso�in�cui�la�RAI�
decidesse�di�cedere�o�trasferire�le�azioni�da�essa�detenute�nella�Societa��(fatto�
salvo�il�caso�di�offerta�al�pubblico)�o�nel�capitale�delle�controllate�della�RAI�
che,�direttamente�o�indirettamente,�possiedano�una�partecipazione�nella�
Societa��,�e�da�tale�cessione�o�trasferimento�consegua�la�perdita�da�parte�della�
Societa��della�qualifica�di�controllata�della�RAI,�la�RAI�dovra��cedere�o�trasfe-
rire�tutte�le�suddette�azioni�mediante�una�procedura�di�vendita�aperta�al�pub-
blico�e�il�partner�e�Crown�Castle�avranno�il�diritto�di�partecipare�a�tale�ven-
dita�o�trasferimento�con�le�azioni�che�a�quella�data�il�partner�deterra��nella�
Societa��o�con�le�azioni�detenute�nelle�controllate�di�Crown�Castle�che,�diret-
tamente�o�indirettamente,�possiedano�in�quel�momento,�come�unica�attivita��
(ad�eccezione�della�cassa�ovvero�di�titoli�equivalenti)�una�partecipazione�nella�
Societa���.�

Sul�punto�in�esame�non�puo��dubitarsi�dunque��visto�il�cappio�stretto�
al�collo�di�RAI�S.p.a.��che�la�qualifica�di�socio�di�maggioranza,�a�questa�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

attribuita�in�forza�della�formale�titolarita�del�51%�delle�azioni�di�RAIWAY,�
si�riduca�ad�un�esangue�nomenjuris.�Il��controllo��e�l�'influenza�dominante��
sono�riferibili�unicamente,�per�virtu�dei�commentati�Patti�parasociali,�al�
socio�minoritario.�Ogni�residuo�dubbio�si�dissolve�allorche�si�ha�occasione�
di�constatare�che�viene�prefigurata�come�possibile,�anzi�probabile,�la�futura�
abdicazione,�da�parte�della�concessionaria,�della�titolarita�del�51%�delle�
azioni�della�Societa�strumentale�mediante�cui�viene�operativamente�gestito�il�
servizio�pubblico.�L'ipotesi��anzi�il�disegno��si�staglia�nitidamente�nel-
l'art.�7�dei�Patti�dianzi�chiosato,�laddove�si�prevede�che�RAIWAY�perda�la�
qualifica�di��controllata��di�RAI�S.p.a.�e�che�in�tal�caso�Crown�Castle�ne�
assuma�essa,�mediante�l'esercizio�del�diritto�di�prelazione,�il�controllo.�

I�divieti�posti�dalla�legge�vengono�cos|�aggirati�con�convergente�medi-
tata�manovra,�ascrivibile�a�concorde�volonta�di�entrambi�i�contraenti.�Per�
quel�che�riguarda�i�sottoscrittori�di�parte�RAI,�non�possono�sottrarsi�a�
responsabilita�risarcitoria,�quanto�meno�per�gli�ingentissimi�costi�della�
spregiudicata�operazione,�coloro�che�hanno�negoziato�e�sottoscritto�i�Patti�
parasociali�e�coloro�che�li�hanno�asseverati:�il�presidente�Zaccaria�e�il�
direttore�generale�Cappon�(con�il�suo�predecessore�Celli)�in 
primis;gli�
amministratori�ed�i�sindaci�di�RAI�S.p.a.,�e�di�RAIWAY.�Gia�lo�SNATER�
ne�prefiguro�,�in�un�esposto�ed�in�due�successive�memorie�presentate�al�
Pubblico�Ministero�presso�il�Tribunale�civile�di�Roma�(v.�all.)�la�responsa-
bilita�per��gravi�irregolarita��,�ex 
art.�2409�cod.�civ.�Per�quanto�in�questa�
sede�possa�valere,�quella�denuncia�viene�ribadita�fermamente,�non�foss'al-
tro�che�per�consolidare�le�ragioni�che�il�Ministro�ha�posto�a�base�del�pro-
prio�dissenso.�

Reputa�in�conclusione�lo�Snater�che�siano�comprovate,�di�la�del�necessa-
rio,�le��ragioni�di�opportunita���poste�dal�Ministro�a�base�del�diniego�di�auto-
rizzazione:�ragioni�alle�quali,�del�resto,�ha�fornito�esauriente�e�dotta�motiva-
zione�l'Avvocatura�dello�Stato�nella�sua�memoria.�

Allo�stesso�modo�emerge�con�chiarezza�dalle�carte�processuali�la�fonda-
tezza�del�centrale,�dirimente�rilievo,�secondo�cui�la�cessione�del�49%�delle�
azioni�di�RAI�WAY,�alla�luce�soprattutto�delle�clausole�esposte�nei�Patti�
parasociali��che�non�appaia�esagerato�definire�iugulatorie�(ma�con�il�condi-
mento�d'una�inusitata�sindrome�di�Stoccolma,�che�sembra�aver�colpito�gli�
amministratori�e�i�sindaci�di�RAI�S.p.a.)��conferirebbe�al�partner�un�
�potere�d'indirizzo�strategico�dell'attivita�di�RAI�WAY�addirittura�superiore�
a�quello�del�socio�di�maggioranza�.�

Tali�sono�i�motivi�per�i�quali�la�maggioritaria�organizzazione�sindacale�
della�RAI�interviene�nel�presente�giudizio�ad 
opponendum 
e�conclude�chie-
dendo��fatte�proprie�le�deduzioni�e�conclusioni�della�difesa�erariale��per�
il�rigetto�del�ricorso�di�RAI�S.p.a.,�con�favore�di�spese.�

Saranno�prodotti�documenti�e�atti�di�cui�al�separato�elenco.�

Roma,�22�febbraio�2002�

Avv. 
CarlO 
d'Inzillo�

. 



IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE

doc. 
5. 
�La 
sentenza 
del 
TAR 
Lazio, 
12 
marzo 
2002, 
n. 
1897. 


�
�
(Omissis) 
Fatto. 
La�Rai�ha�costituito,�in�data�29�luglio�1999,�con�Rai�

Trade�S.p.a.�(totalmente�partecipata�dalla�stessa�Rai),�una�societa�
denominata�Newcotd�S.p.a.�(denominazione�successivamente�mutata�in�Rai-
Way),�con�capitale�sociale�da�essa�detenuto�per�intero,�allo�scopo�di�avvalersene�
per�lo�svolgimento�delle�attivita�inerenti�all'installazione�e�all'esercizio�degli�
impianti�tecnici.�

Con�provvedimento�dell'11�novembre�1999�la�Rai�otteneva�l'autorizza-
zione�ministeriale�a�tal�fine�prescritta�dall'art.�1,�quinto�comma�del�decreto�
del�Presidente�della�Repubblica�28�marzo�1994�(contenente�l'approvazione�
della�convenzione�tra�il�Ministero�delle�poste�e�delle�telecomunicazioni�e�la�
Rai�per�la�concessione�in�esclusiva�del�servizio�pubblico�di�diffusione�circo-
lare�di�programmi�sonori�e�televisivi�sull'intero�territorio�nazionale).�Quindi,�
con�atto�di�conferimento�del�29�febbraio�2000,�trasferiva�a�RaiWay�il�ramo�
aziendale�costituito�dalle�attivita�,�beni�e�organizzazione,�gia�assicurato�dalla�
�Divisione�trasmissione�e�diffusione��della�stessa�Rai.�

In�data�5�giugno�2000�le�due�societa�sottoscrivevano�un��contratto�di�
fornitura�di�servizi�di�trasmissione�e�diffusione�,�con�il�quale�la�Rai�affidava�
a�RaiWay�(ai�sensi�della�precitata�convenzione�e�dell'autorizzazione�ministe-
riale�dell'11�novembre�1999)��la�fornitura�dei�servizi�relativi�all'installazione,�
manutenzione�e�gestione�di�reti�di�telecomunicazioni�e�la�prestazione�di�ser-
vizi�di�trasmissione,�distribuzione�e�diffusione�di�segnali�e�di�programmi�
radiofonici�e�televisivi��e�RaiWay�si�impegnava�a�garantire�lo�svolgimento�
di�tali�servizi��in�conformita�con�i�livelli�di�servizio,�copertura�e�continuita�
previsti�dalla�convenzione�e�dal�contratto�di�servizio�,�stipulato�tra�la�Rai�e�
l'Amministrazione�concedente.�

Con�nota�prot.�n.�0079/11983�del�28�marzo�2000,�la�Rai�notiziava�il�
Ministero�delle�comunicazioni�di�aver�proceduto�a�conferire�in��Rai�Way��il�
ramo�aziendale�costituito�dall'ex��Divisione�diffusione�e�trasmissione��e�di�
aver�avviato�la�procedura�di�collocamento�sul�mercato�di�una�quota�minori-
taria,�non�superiore�al�49%,�della�sua�partecipazione�nel�capitale�di�RaiWay.�

Con�contratto�di�compravendita,�sottoscritto�in�data�27�aprile�2001,�pre-
vio�acquisto�della�partecipazione�detenuta�dalla�Rai�Trade�S.p.a.,�la�Rai�
cedeva�alla�CCR�S.r.l.,�societa�indirettamente�controllata�da�Crown�Castle�
Internazional�Corporation,�le�azioni�rappresentative�del�49%�del�capitale�
della�RaiWay�contro�il�versamento�di�lire�791,4�miliardi�e�sottoscrivendo�
con�il�partner�dei�patti�parasociali�finalizzati�a�disciplinare�l'esercizio�delle�
rispettive�prerogative�di�soci.�

Nel�contratto�di�compravendita�azionaria�si�stabiliva�l'automatica�riso-
luzione�dell'accordo�di�cessione�nel�caso�di��mancato�rilascio�dell'incondizio-
nata�autorizzazione�da�parte�dell'Autorita�garante�della�concorrenza�e�del�
mercato,�ai�sensi�e�per�gli�effetti�della�legge�n.�287/1990�,��e/o�di�mancato�
rilascio�da�parte�del�Ministero�dell'attestazione�di�conformita�dell'operazione�
alla�convenzione�e�all'autorizzazione�dell'11�novembre�1999,�entro�il�termine�
di�sei�mesi�dalla�data�di�stipulazione�del�contratto�(27�aprile�2001)�.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

Nella�medesima�data�di�sottoscrizione�del�contratto,�l'operazione�veniva�
comunicata�alla�precitata�Autorita�garante�e�al�Ministero.�

L'Autorita�antitrust�riteneva�di�non�dover�avviare�l'istruttoria�di�cui�
all'art.�16,�quarto�comma,�della�legge�n.�287/1990�e�analoga�determinazione�
veniva�assunta�dall'Autorita�per�le�garanzie�nelle�comunicazioni.�

Diversamente,�il�Ministero,�nella�considerazione�che�l'operazione�
dovesse�essere�preventivamente�autorizzata,�con�provvedimento�del�26�otto-
bre�2001,�negava�la��presa�d'atto��della�cessione�della�partecipazione�aziona-
ria�in�questione.�

Conseguentemente,�la�Crown�Castle�chiedeva�la�risoluzione�del�con-
tratto�e�la�Rai�provvedeva�alla�restituzione�del�prezzo�delle�azioni�e�gli�inte-
ressi�maturati�dalla�data�di�stipulazione�del�contratto.�

Asserendo�l'illegittimita�del�provvedimento�negativo,�la�Rai�e�insorta,�
con�ricorso�notificato�in�data�23�novembre�2001,�chiedendone�l'annullamento�
e�l'adozione�di�una�decisione�che,�disponendo�la�reintegrazione�in�forma�spe-
cifica,�emetta�un�provvedimento�che�tenga�conto�della��presa�d'atto��negata�
dal�Ministero�o,�in�subordine,�condanni�quest'ultimo�al�risarcimento�dei�
danni�sub|�ti.�

Dopo�aver�premesso�alcune�considerazioni�sulla�caratterizzazione�del-
l'atto�impugnato�che,�in�ragione�della�sua�natura�ibrida,�dovrebbe�qualificarsi�
come�dichiarazione�di�scienza�piuttosto�che�come�atto�autorizzatorio�(come�
riferito�nell'atto�medesimo)�la�ricorrente�ne�deduce�l'illegittimita�per�incom-
petenza,�eccesso�di�potere,�sotto�distinti�profili,�violazione�e�falsa�applica-
zione�di�legge.�

Costituendosi�in�giudizio�l'amministrazione�intimata�ha�replicato�alle�
tesi�contenute�in�ricorso�del�quale�ha�eccepito,�in�via�preliminare,�l'inammis-
sibilita�e,�nel�merito,�l'infondatezza.�

Con�atto�notificato�in�data�25�febbraio�2002�ha�dispiegato�intervento�ad�
opponendum�lo�SNATER,�nella�qualita�di�Sindacato�nazionale�autonomo�
telecomunicazioni-radiotelevisioni.�

Alla�pubblica�udienza�del�27�febbraio�2002,�sulle�conclusioni�delle�parti,�
il�ricorso�e�stato�trattenuto�in�decisione.�

Diritto 
1.��Oggetto�dell'impugnativa�e�il�provvedimento�in�data�
26�ottobre�2001,�con�il�quale�il�Ministero�delle�comunicazioni�ha�espresso�il�
proprio�diniego�alla��cessione�da�parte�della�Rai�a�CCR�S.r.l.�delle�azioni�
rappresentative�del�49%�del�capitale�di�RaiWay�S.p.a.�.�

La�determinazione�impugnata�risulta�preliminarmente�motivata�con�la�
circostanza�che�il�contratto�di�cessione�delle�azioni�di�RaiWay�avrebbe�
postulato�la�preventiva�autorizzazione�ministeriale;�e�cio�in�conformita�al�
provvedimento�del�Ministro�delle�comunicazioni�dell'11�novembre�1999,�
che�aveva�autorizzato�la�Rai�ad�avvalersi�di�una�societa�da�quest'ultima�
controllata�per�lo�svolgimento�delle�attivita�inerenti�all'installazione�e�all'e-
sercizio�degli�impianti�tecnici,�ai�sensi�dell'art.�1,�quinto�comma,�della�con-
venzione��intervenuta�tra�il�Ministero�delle�poste�e�delle�telecomunica-
zioni�e�la�Rai��approvata�con�decreto�del�Presidente�della�Repubblica�
del�28�marzo�1994.�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE241

La�mancata��presa�d'atto��in�ordine�all'intervenuta�operazione�commer-
ciale�si�sostiene,�poi,�fondamentalmente�sulle�argomentazioni�di�seguito�
riportate:�

�gli�impianti�di�RaiWay�avrebbero�una��potenzialita�di�applicazione�
tale�da�poterli�sfruttare�anche�per�delicatissimi�compiti�di�sicurezza��e��solo�
una�gestione�realmente�riconducibile,�anche�indirettamente�alla�parte�pub-
blica��potrebbe�garantirne�la�piena�disponibilita�;�

��la�valutazione�sugli�impianti�in�questione��sarebbe��analoga�a�
quella�fatta�nel�lontanissimo�1991�dall'IRI�;�

�i�patti�parasociali�sottoscritti�contestualmente�alla�stipula�del�con-
tratto�di�compravendita�conferirebbero�al��partner�un�potere�di�indirizzo�
strategico�dell'attivita�di�RaiWay�addirittura�superiore�a�quello�del�socio�
di�maggioranza;�

�in�conclusione,��il�controllo�di�RaiWay��non�farebbe��piu�capo�
alla�concessionaria,�con�conseguente�alterazione�delle�condizioni�dell'autoriz-
zazione�rilasciata�dal�Ministero�alla�Rai�con�provvedimento�11�novembre�
1999�.�

2.��Insorgendo�contro�il�provvedimento�ministeriale�negativo�la�
societa�concessionaria�ne�contesta�la�legittimita�sostenendo�che�il�Ministero�
avrebbe�agito�con�incompetenza,�in�carenza�di�un�potere�autorizzatorio�in�
ordine�all'intervenuta�attivita�contrattuale,�con�eccesso�di�potere�per�svia-
mento,�difetto�di�istruttoria�e�di�motivazione,�e,�nel�merito,�con�valutazioni�
erronee�circa�l'asserita�perdita�di�controllo�da�parte�della�Rai�nei�confronti�
della�societa�RaiWay.�
3.��Resistendo�al�ricorso�l'amministrazione�intimata�ne�eccepisce�l'i-
nammissibilita�sotto�piu�profili:�per�carenza�di�interesse�all'impugnativa;�per�
difetto�di�giurisdizione�del�giudice�amministrativo�in�relazione�al�rapporto�
controverso�(che�si�innesterebbe�su�una�pretesa�attinente�a�diritti�soggettivi�
derivanti�dal�contratto�di�cessione�di�una�partecipazione�azionaria)�e�alla�
natura�dell'atto�impugnato�(che,�in�ragione�dell'ampia�discrezionalita�
politico-amministrativa�che�lo�caratterizza,�si�atteggerebbe�ad�atto�politico�o�
comunque�di�alta�amministrazione).�
4.��Ladisaminadelleeccezionipregiudizialiinordineall'ammissibilita�del�
ricorso�postulalapreliminaredefinizionedellanaturadell'atto�impugnato.Anche,�
perche�,�in�dissonanza�con�la�prospettazione�in�proposito�svolta�dalla�difesa�era-
riale,�la�parte�ricorrente�attribuisce�all'atto�impugnato��natura�ibrida�,�sostanzial-
mente�configurandolo,�poi,�come��dichiarazione�di�scienza�,�nella�considerazione�
che�il�Ministero�sarebbe��stato�chiamato�dalle�parti�ad�esprimere�una�valutazione�
sulla�regolarita�dell'operazione��(di�cessione�delle�azioni�di�RaiWay).�
La�messa�a�fuoco�della�caratterizzazione�giuridica�dell'atto�impugnato�
rende�pero�opportuna�la�puntuale�descrizione�dei�fatti�entro�cui�si�iscrive�la�
vicenda�all'esame.�

Con�provvedimento�dell'11�novembre�1999,�la�Rai�veniva�autorizzata�
dal�Ministero�delle�comunicazioni��ai�sensi�dell'art.�1,�quinto�comma,�della�
convenzione�Stato-Rai,�approvata�con�decreto�del�Presidente�della�Repub-


242RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

blica�28�marzo�1994��ad�avvalersi�di�una�societa�per�azioni,�la�Newcotd,�
interamente�posseduta�e�controllata�dalla�stessa�Rai,�per�lo�svolgimento�delle�
attivita�inerenti�all'installazione�e�all'esercizio�tecnico�degli�impianti�di�cui�
all'art.�1,�quarto�comma,�lettera�a) 
di�detta�convenzione.�

Nell'atto�autorizzativo�si�stabiliva�espressamente�che:��ogni�variazione�
dell'attuale�assetto�di�controllo�della�New.Co.�TD�S.p.a.,�da�parte�di�codesta�
Societa�,�deve�essere�preventivamente�autorizzata�da�questo�Ministero�.�

In�seguito,�la�predetta�societa�Newcotd�mutava�la�propria�denominazione�in�
RaiWay�S.p.a.,�alla�quale,�con�atto�del�29�febbraio�2000,�veniva�trasferito�il�ramo�
aziendale�costituito�dall'ex��Divisione,�diffusione�e�trasmissione��della�stessa�Rai.�

Nel�comunicare�al�Ministero�l'intervenuto�conferimento�a�RaiWay�del�
predetto�ramo�aziendale,�la�Rai,�con�nota�del�28�marzo�2000,�dava�assicura-
zione�del�fatto�che�l'operazione�non�aveva��comportato,�ai�sensi�di�quanto�
disposto�nella�quarta�proposizione�del�citato�provvedimento�ministeriale�(id 
est:�dell'11�novembre�1999)�variazione�alcuna�dell'assetto�di�controllo�che,�
per�tipologia,�forme�e�strumenti�di�acquisizione�e�di�mantenimento�rimane�
quello�di�cui�all'art.�2359,�comma�1,�n.�1,�codice�civile�esistente�al�momento�
del�rilascio�dell'autorizzazione�ad�avvalersi�di�societa�controllate�per�l'eserci-
zio�delle�attivita�assentite�in�concessione�.�Soggiungeva,�poi,�la�Rai�che�il�
proprio�consiglio�di�amministrazione,��all'esito�delle�procedure�selettive��
aveva��deliberato�di�conferire�alla�societa�Merrill�Lynch�l'incarico�sospensi-
vamente�condizionato�all'omologazione�della�delibera�di�aumento�di�capitale�
di�RaiWay�di�svolgere�le�funzioni�di�advisor�affinche�assista�la�Rai�nella�pro-
cedura�di�collocamento�di�una�quota�minoritaria,�non�superiore�al�49%�e,�
orientativamente,�non�inferiore�al�30%�della�sua�partecipazione�nel�capitale�
RaiWay�.�

Con�nota�del�27�aprile�2001,�la�Rai�informava�il�Ministero�delle�comuni-
cazioni�di�aver�stipulato,�in�pari�data,�un�contratto�di�compravendita�avente�
ad�oggetto�la�cessione��alla�CCR�S.r.l.,�societa�indirettamente�controllata�
da�Crown�Castle�Internazional�Corp.,�le�azioni�rappresentative�del�49%�del�
capitale�della�RaiWay,�mantenendo�quindi�la�titolarita�del�residuo�51%�del�
capitale�sociale�.�Informava,�altres|�,�che,�contestualmente�alla�sottoscrizione�
del�contratto�le�parti�avevano�sottoscritto�dei��patti�parasociali��finalizzati�
a�disciplinare�l'esercizio�delle�rispettive�prerogative�dei�soci.�

Al�contratto,�reso�subito�efficace�tra�le�parti,�accedevano�due�condizioni�
risolutive�consistenti:�la�prima,�nel�mancata�rilascio�dell'autorizzazione�all'o-
perazione�da�parte�dell'Autorita�garante�della�concorrenza�e�del�mercato,�ai�
sensi�della�legge�n.�287/1990;�la�seconda,�nel�mancato�rilascio,�entro�sei�mesi�
dalla�data�di�sottoscrizione�del�contratto,�di�una��presa�d'atto��da�parte�del�
Ministero�delle�comunicazioni�dell'intervenuta�cessione�e�del�fatto�che�que-
st'ultima�fosse�conforme��ai�termini�e�alle�condizioni�della�convenzione�e�del-
l'autorizzazione,�con�particolare�riferimento�al�requisito�del�mantenimento�
del�controllo�della�RaiWay�da�parte�della�scrivente�Rai�per�le�finalita�della�
convenzione�e�dei�relativi�contratti�di�servizi�.�

Approssimandosi�la�data�stabilita�per�la��presa�d'atto�,�la�Rai,�con�nota�
del�18�ottobre�2001�indirizzata�al�Ministero,�nel�ripercorrere�le�fasi�salienti�
del�procedimento,�puntualizzava�come��l'Autorita�del�garante�e�della�concor-


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE

renza�del�mercato,�con�provvedimento�protocollo�n.�9859�dell'8�agosto�2001��
aveva��ritenuto�di�non�dover�avviare�l'istruttoria�di�cui�all'art.�16,�comma�4,�
della�legge�n.�287/1990�e�che��analoga�determinazione��era��stata�assunta,�
con�riferimento�all'operazione�in�parola,�dall'Autorita�per�le�garanzie�nelle�
comunicazioni,�con�parere�del�6�agosto�2001�.�Sollecitava�pertanto�l'Ammi-
nistrazione�al�rilascio��della�positiva�comunicazione�di�presa�d'atto�,�gia�
richiesta�il�precedente�27�aprile,�ricordando�come,��sia�nel�caso�in�cui�non�
fosse�rilasciata�alcuna�comunicazione�da�parte�del�Ministero�entro�il�predetto�
termine�(del�26�ottobre�2001),�sia�nel�caso�in�cui�il�Ministero�rilasciasse�una�
comunicazione�di�diniego�della�richiesta�presa�d'atto,�gli�accordi�negoziali�
con�la�Crown�Castle�International�Corporation�perderebbero�di�efficacia,�
con�conseguente�obbligo�di�restituzione�a�Crown�Castle�del�prezzo�delle�
azioni�RaiWay,�pari�a�lire�791,4�miliardi�oltre�gli�interessi�maturati�dal�
27�aprile�2001�.�

Avveniva,�intanto,�in�data�20�ottobre�2001,�che�il�Ministro�delle�comuni-
cazioni,�sulla�base�di�un�esame�del�contratto�e�dei�patti�parasociali,�rappre-
sentava�alla�Crown�Castle��la�netta�impressione��che��il�rispetto�formale�del-
l'autorizzazione�(essendo�RaiWay�posseduta�al�51%�dalla�Rai)��poteva��non�
essere�sufficiente�a�modificare�il�quadro�di�sostanziale�perdita�di�controllo�
da�parte�della�Rai�di�un'attivita�di�rilevante�interesse�strategico�nazionale�.�
Evidenziava,�altres|�,�come��i�fatti�dell'11�settembre�e�gli�sviluppi�successivi��
rendevano��ancora�piu�rilevanti�le�preoccupazioni�circa�le�possibili�limita-
zioni�di�un�effettivo�esercizio�del�controllo�su�un�fondamentale�elemento�del�
patrimonio�tecnologico�nazionale�da�parte�della�Rai�,�e�cio�imponeva�al�
Ministero��un'attenta�considerazione�dei�preminenti�interessi�nazionali�.�

Il�successivo�22�ottobre,�il�Presidente�della�societa�statunitense�replicava�che�
i�patti�negoziali�conclusi�con�la�Rai�prevedevano�un�ruolo�decisivo�(decisive 
role)�
di�Crown�Castle�nella�conduzione�(in 
the 
management)dell'attivita�del�Tower 
business 
e�un�ruolo�significativo�nella�gestione�dell'azienda�(anda 
significant 
role 
in 
themanagement 
ofRaiWay).�Rappresentava,�poi,�l'intenzione�di�Crown�Cas-
tle,�qualora�il�Governo�avesse�deciso�di�procedere�ad�una�privatizzazione�degli�
assets 
in�questione,�di�acquisire�il�pacchetto�di�maggioranza�della�societa�RaiWay�
al�fine�di�poter�piu�compiutamente�realizzare�gli�obiettivi�prefissati.�

Interveniva,�quindi,�e�infine,�l'atto�del�26�ottobre�2001�con�il�quale�il�
Ministero�delle�comunicazioni�negava�la�presa�d'atto�richiesta�con�la�nota�
del�27�aprile�2001�preliminarmente�rilevando�come�la�Rai,�anziche�richiedere�
la�preventiva�autorizzazione,�cos|�come�stabilito�nel�provvedimento�del-
l'11�novembre�1999,�aveva�anticipato�il�perfezionamento�del�contratto�di�ces-
sione,�condizionandone�risolutivamente�l'efficacia�alla�mancata��presa�
d'atto��dell'Amministrazione.�Soggiungeva�poi,�quanto�al�merito�dell'opera-
zione�della�cessione�della�partecipazione�azionaria�in�questione,�che,��con-
travvenendo�all'impegno�assunto�dalla�Rai�circa�il�mantenimento�del�con-
trollo�di�RaiWay�e�posto�alla�base�dell'autorizzazione�rilasciata�in�data�
11�novembre�1999,�i�patti�parasociali��erano�tali��da�conferire�al�partner�un�
potere�di�indirizzo�strategico�dell'attivita�di�RaiWay�addirittura�superiore�a�
quello�del�socio�di�maggioranza�.�


244RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

5.��Cos|�rappresentate�le�scansioni�fattuali�dell'articolata�vicenda,�
deve�definirsi�coerentemente�alla�premessa�metodologica�sopra�enunciata�
l'effettiva�portata�del�provvedimento�ministeriale�impugnato.�La�quale�va�
delineata�sulla�base�dell'oggettivo�contenuto�dell'atto,�riguardato�in�connes-
sione�sistematica�con�i�provvedimenti�e�le�attivita�a�cui�esso�accede.�
5.1.��Su�tale�considerazione�non�puo�certamente�aderirsi�alla�concet-
tualizzazione�in�proposito�proposta�dalla�difesa�della�ricorrente.�
Invero,�affermare�la�natura��ibrida��dell'atto�impugnato,�per�pervenire�
poi�alla�conclusione�che�esso�si�qualifichi�come�una��dichiarazione�di�
scienza�,�e�il�precipitato�di�una�ricostruzione�fattuale�e�giuridica�della�
vicenda�che�non�trova�rispondenza�nei�termini�obiettivi�del�suo�reale�svolgi-
mento.�Tale�ricostruzione�poggia,�infatti,�sul�dato�che�il�Ministro�sarebbe�
stato�legittimamente�chiamato�dalle�parti�a�esprimere�una�valutazione�sulla�
regolarita�dell'operazione�della�cessione�azionaria,�mentre�il�Ministro�mede-
simo�si�sarebbe�erroneamente�ritenuto�investito�di�un�potere�autorizzatorio�
esercitabile�in�via�preventiva.�Ma�un�siffatto�esito�di�considerazioni�conclu-
sive�potrebbe�fondatamente�sostenersi�solo�ove�si�acceda�alla�tesi�dalla�
sezione�non�condivisa�per�le�valutazioni�che�saranno�rassegnate�nel�prosieguo�
che�la�condotta�della�Rai,�per�quel�che�attiene�alla�perfezionata�attivita�con-
trattuale,�si�sia�attivata�e�mantenuta�nei�termini�stabiliti�dalla�convenzione�e�
dal�provvedimento�autorizzatorio�dell'11�novembre�1999.�

Quanto,�poi,�piu�specificamente�alla�natura�dell'atto�oggetto�dell'impu-
gnativa,�sembra�difficilmente�predicabile�il�suo�carattere�di�dichiarazione�di�
scienza�che,�come�e�noto,�vale�a�connotare�l'atto�per�i�suoi�profili�intellettivi�
(consistendo�essa�nella�manifestazione,�da�parte�di�un�soggetto,�di�una�pro-
pria�cognizione,�o�rappresentazione,�o�convinzione,�in�ordine�ad�una�data�
situazione)�piuttosto�che�per�quelli�volontaristici�mirati�alla�produzione�di�
ben�determinati�effetti.�

Orbene,�sotto�tale�riguardo,�e�con�attenta�considerazione�al�contenuto�del-
l'atto�ministeriale,�e�certo�che�quest'ultimo�si�caratterizza�per�il�suo�intentovolon-
taristico�di�risolvere�l'efficacia�dell'attivita�contrattuale�posta�in�essere�dalla�Rai�
con�il�partner�statunitense:�su�tale�non�confutabile�dato�l'atto�non�lascia�di�essere�
un�provvedimento�amministrativo�in�quanto�manifestazione�di�volonta�posta�in�
essere�da�un'autorita�amministrativa�nell'esercizio�di�una�potesta�pubblica.�

Piu�precisamente,�e�come�si�e�enunciato�in�fatto,�ci�si�trova�al�cospetto�di�
una�determinazione�autoritativa�con�la�quale�il�Ministro�delle�comunicazioni,�
ponendosi�criticamente�nei�riguardi�della�richiesta�avanzata�dalla�Rai�del�
rilascio�di�una��presa�d'atto��dell'operazione�commerciale�de 
qua,ne�ha�
denunciato�il�carattere�anomalo�in�quanto�successiva,�e�non�preventiva�(sotto�
forma�di�autorizzazione),�alla�stipula�del�contratto.�

Con�la�stessa�determinazione,�poi,�il�Ministro,�sulla�base�di�valutazioni�
implicanti�profili�di�ampia�discrezionalita�,�ha�negato�l'ammissibilita�dell'in-
tervenuta�cessione�azionaria�per�l'opportunita�di�conservare�la�titolarita�degli�
impianti,�in�capo�alla�societa�pubblica�concessionaria,�in�ragione�della�loro�
rilevante�importanza�strategica,�e�per�l'ulteriore�considerazione�che�la�disci-
plina�prevista�nei�patti�sociali�avrebbe�comportato�la�perdita,�da�parte�della�
concessionaria�medesima,�del�controllo�di�RaiWay.�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE

6.��Quanto�puntualizzato�in�ordine�alla�consistenza�dell'atto�impu-
gnato�consente,�sotto�altro�verso,�di�disattendere�le�eccezioni�pregiudiziali�di�
inammissibilita�del�ricorso�variamente�sollevate�dalla�difesa�dell'Amministra-
zione�resistente.�
6.1.��Non�ha�pregio,�anzitutto,�la�prospettazione�secondo�cui�la�Rai,�
in�considerazione�dell'attribuita�natura�di�semplice�dichiarazione�di�scienza�
dell'atto�impugnato,�sarebbe�priva�di�interesse�a�coltivare�l'impugnativa.�Si�e�
chiarita,�infatti,�l'esatta�portata�concettuale�dell'atto�ministeriale,�puntualiz-
zandosi�come�un�approccio�sostanzialistico�non�consente�di�considerarlo�nel�
senso�proposto�in�ricorso.�
Sotto�altro�verso,�non�puo�accedersi�alla�tesi�del�difetto�di�giurisdizione�
del�giudice�amministrativo�nel�rilievo�che�la�pretesa�della�ricorrente�atter-
rebbe�esclusivamente�a�diritti�soggettivi�derivanti�dal�contratto�di�cessione�
della�partecipazione�azionaria.�

E�agevole,�in�proposito,�osservare�che�l'impugnativa�si�dirige�nei�
riguardi�di�una�determinazione�ministeriale�cui�non�puo�negarsi�natura�prov-
vedimentale.�Deve,�peraltro,�soggiungersi�che�la�situazione�all'esame�radica�
certamente�una�controversia�in�materia�di�servizi�pubblici,�come�tale�devo-
luta�ex 
lege 
alla�giurisdizione�esclusiva�del�giudice�amministrativo,�ai�sensi�
dell'art.�33,�secondo�comma,�lettere�b) 
e�c),�del�decreto�legislativo�31�marzo�
1998,�n.�80,�come�modificato�dall'art.�7�della�legge�21�luglio�2000,�n.�205,�
che�riserva�in�particolare�a�detto�giudice�le�controversie�rispettivamente:�
�tra�amministrazioni�pubbliche�e�i�gestori�comunque�denominati�di�pubblici�
servizi��(lettera�b.)�e��in�materia�di�vigilanza�e�di�controllo�nei�confronti�di�
gestori�dei�pubblici�servizi��(lettera�c.).�

In�proposito,�non�puo�dubitarsi�del�fatto�che�la�presente�fattispecie,�
attinendo�a�questione�afferente�in�sostanza�la�materia�dei�pubblici�servizi�
nel�settore�delle�telecomunicazioni,�rientri�nella�precitata�previsione�legi-
slativa,�in�quanto�la�Rai�e�concessionaria�in�esclusiva�del�servizio�pubblico�
radiotelevisivo.�Qualita�questa�che,�come�puntualmente�rammentato�anche�
dalla�difesa�erariale,�comporta�l'attribuzione�alla�concessionaria�della�qua-
lifica�di��societa�di�interesse�nazionale��ai�sensi�dell'art.�2461�del�codice�
civile.�

6.2.��Ugualmente�da�disattendere�e�l'eccezione�pregiudiziale�di�inam-
missibilita�del�ricorso�per�difetto�di�giurisdizione,�desunta�dalla�natura�di�atto�
politico�del�provvedimento�impugnato,�come�tale�sottratto�al�sindacato�giuri-
sdizionale�ai�sensi�dell'art.�31�R.D.�26�giugno�1924,�n.�1054�(testo�unico�delle�
leggi�sul�Consiglio�di�Stato).�
In�proposito,�ripetendo�concetti�fin�troppo�noti,�e�appena�il�caso�di�
osservare�che,�nell'elaborazione�giurisprudenziale,�la�categoria�degli�atti�poli-
tici�risulta�ristretta�a�quegli�atti�palesemente�estranei�alla�funzione�ammini-
strativa�in�quanto�espressione�di�una�potesta�costituzionale�e�di�governo.�
Trattasi,�in�particolare,�di�atti�di�cos|�pregnante�necessita�per�il�funziona-
mento�del�nostro�sistema�costituzionale�che�non�sono�idonei�a�rifluire�lesiva-
mente�in�via�diretta�su�interessi�individuali�e�non�sono,�pertanto,�suscettibili�
di�essere�assoggettati�al�sindacato�giurisdizionale.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

Orbene,�per�quanto�il�provvedimento�impugnato�involga�la�responsabi-
lita��politica�del�titolare�del�Dicastero,�non�puo��di�certo�affermarsi�che�il�con-
tenuto�dell'atto�sia�permeato�di�un�cos|��totale�rilievo�e�significato�politico�
da�giustificare�la�sua�sottrazione�alla�tutela�giurisdizionale�garantita�dal-
l'art.�113�della�Costituzione�per�le�situazioni�soggettive�lese�dai�provvedi-
menti�delle�autorita��amministrative.�

6.3.��Anche�l'ultima�eccezione�pregiudiziale,�che�fa�leva�sul�concetto�
di�attivita���di�alta�amministrazione��per�inferire�la�non�giustiziabilita��del�
provvedimento�ministeriale,�non�e��da�condividere.�
Infatti,�anche�se�connotato�da�amplissima�discrezionalita��,�l'atto�di�alta�
amministrazione�e��pur�sempre�un�vero�e�proprio�atto�amministrativo,�e�come�
tale�sicuramente�sindacabile�in�sede�giurisdizionale;�sicche�,�per�tale�via,�l'as-
serita�caratterizzazione�giuridica�del�provvedimento�ministeriale�non�
potrebbe�essere�valorizzata�per�affermarne�la�sua�non�impugnabilita��.�

7.��Il�ricorso�e��pertanto�ammissibile.�Esso,�pero��,�non�merita�accogli-
mento�alla�stregua�delle�considerazioni�che�seguono.�
7.1.��Non�e��anzitutto�fondato�l'iniziale�motivo�di�ricorso,�con�il�quale�
e��dedotta�l'incompetenza�del�Ministro�ad�adottare�l'atto�impugnato.�Si�
sostiene,�in�particolare,�che,�ai�sensi�dell'art.�4,�primo�comma,�del�decreto�
legislativo�30�marzo�2001,�n.�165�(che�riproduce�pedissequamente�l'art.�3�del�
decreto�legislativo�n.�29/1993)�l'adozione�degli�atti�e�dei�provvedimenti�di�
competenza�dei�Ministeri�e�le�relative�responsabilita��spettano�ai�dirigenti�e�
non�ai�ministri,�cui�compete�invece�l'indirizzo�politico-amministrativo.�
7.1.1.��Deve�al�riguardo�osservarsi�richiamando�argomentazioni�gia��
svolte�che�il�provvedimento�impugnato,�quale�esplicazione�di�potesta��di�vigi-
lanza�e�di�controllo�rientranti�nell'ambito�della�responsabilita��politica�del�
Ministro,�legittimamente�radica�in�capo�a�questi�la�competenza�dell'adozione�
dell'atto.�
Non�puo��,�poi,�sottacersi�come�puntualmente�rilevato�dalla�resistente�che�
l'originaria�autorizzazione�dell'11�novembre�1999�ad�avvalersi�di�societa��con-
trollata,�ai�sensi�della�convenzione�di�cui�al�decreto�del�Presidente�della�
Repubblica�28�marzo�1994,�e��stata�rilasciata�dall'autorita��ministeriale�del�
tempo�e�che�sulla�legittimita��di�tale�competenza�non�sono�mai�stati�adom-
brati�dubbi�o�formulate�contestazioni.�

7.2.��Da�disattendere�e��anche�l'ulteriore�motivo,�con�il�quale�si�contesta�
l'esistenza�in�capo�al�Ministro,�di�un�preventivo�potere�autorizzatorio�per�il�sem-
plice�mutamento�della�partecipazione�azionaria�della�societa��controllata.�
La�censura�merita�attenta�disamina�perche�attiene�all'aspetto�fondamen-
tale�della�presente�controversia.�

Sostiene�la�ricorrente�che�i�casi�in�cui�al�Ministero�spetta�un�potere�
autorizzatorio,�rispetto�a�singole�operazioni�di�gestione,�sono�specificamente�
e�tassativamente�individuate�dalla�convenzione�e�dal�contratto�di�servizio�e�
che�l'ipotesi�ricorrente�nel�caso�di�specie��cessione�a�terzi�di�una�partecipa-
zione�azionaria�nel�capitale�di�societa��costituita�dalla�Rai�ai�sensi�dell'art.�1,�
quinto�comma,�della�convenzione��non�sarebbe�disciplinata�ne�dalla�con-
venzione�medesima,�ne�dal�contratto�di�servizio.�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE

7.2.1.��La�tesi�non�e��condivisibile�e�appare�smentita�da�una�piana�
interpretazione�degli�atti�amministrativi�e�regolamentari�che,�in 
subiecta 
materia,�disciplinano�il�potere�autorizzatorio�ministeriale.�
La�piu��volte�menzionata�previsione�contenuta�nell'art.�1,�quinto�comma,�
della�convenzione�a�suo�tempo�intervenuta�tra�il�Ministero�delle�poste�e�delle�
telecomunicazioni�e�la�Rai,�e�concedente�a�quest'ultima�in�esclusiva�sull'in-
tero�territorio�nazionale�il�servizio�pubblico�di�diffusione�di�programmi�
radiofonici�e�televisivi,�cos|��testualmente�dispone:��La�societa��concessionaria�
puo��,�previa�autorizzazione�del�Ministero�delle�poste�e�delle�telecomunica-
zioni,�avvalersi,�per�attivita��inerenti�all'espletamento�dei�servizi�concessi,�di�
societa��da�essa�controllate�.�

Va�soggiunto�che,�coerentemente�con�la�riportata�disposizione,�il�prov-
vedimento�dell'11�novembre�1999��con�il�quale�il�Ministro�delle�comunica-
zioni�aveva�autorizzato�la�Rai�ad�avvalersi�della�societa��per�azioni�Newcotd�
per�lo�svolgimento�delle�attivita��inerenti�all'installazione�e�all'esercizio�degli�
impianti�di�cui�all'art.�1,�quarto�comma,�della�convenzione��stabiliva�
espressamente�che��ogni 
variazione�dell'attuale�assetto�di�controllo�della�
New.�Co.�TD�S.p.a.�da�parte�di�codesta�societa��deve�essere�preventivamente�
autorizzata�di�questo�Ministero�.�

Orbene,�in�tale�contesto�dispositivo�che,�stante�la�sua�chiarezza,�non�puo��
essere�inteso�che�attraverso�l'elemento�filologico�delle�espressioni�letterali�
impiegate�non�possono�trovare�posto�le�argomentazioni�della�parte�ricor-
rente�della�non�necessita��della�preventiva�autorizzazione�ministeriale�nell'ipo-
tesi�che�ne�occupa,�costituita�dal�mutamento�della�partecipazione�azionaria�
della�societa��controllata.�

A�parere�della�sezione�l'esistenza�del�preventivo�potere�autorizzatorio,�
da�parte�del�Ministero,�era�chiaramente�desumibile�ex 
se 
dalla�riportata�pre-
visione�di�cui�al�quinto�comma�dell'art.�1�della�convenzione,�che�postulava�
l'autorizzazione�ministeriale�in�caso�di�avvalimento,�da�parte�della�concessio-
naria,�di�societa��da�quest'ultima�controllate��per�attivita��inerenti�all'espleta-
mento�dei�servizi�concessi�.�

In�proposito�e��il�caso�di�puntualizzare�che�alla�societa��partecipata�era�
stata�appunto�trasferita�ogni�attivita��e�organizzazione�concernente�la�pianifi-
cazione,�la�progettazione,�l'installazione,�la�realizzazione,�l'esercizio,�la�
gestione,�la�manutenzione,�l'implementazione,�lo�sviluppo,�nonche�la�pro-
prieta��degli�impianti�tecnici,�e�che�la�convenzione�ricomprende,�tra�i�servizi�
concessi,�(art.�1,�quarto�comma,�lettera�a.-)�l'installazione�e�l'esercizio�tecnico�
degli�impianti�e�dei�connessi�collegamenti�di�tipo�fisso.�

Sicche�,�come�condivisibilmente�sostenuto�dalla�difesa�dell'Ammini-
strazione,�le�parti�non�avrebbero�potuto�procedere�all'alienazione�di�una�
quota�azionaria�anche�quando�tale�operazione�non�avesse,�in�ipotesi,�
comportato�la�perdita�di�controllo�su�RaiWay�senza�la�preventiva�auto-
rizzazione�ministeriale.�

Quand'anche,�poi,�dovesse�ritenersi,�in�via�meramente�ipotetica,�che�
la�norma�della�convenzione�non�legittimi�l'interpretazione�patrocinata�
da�questo�giudice�(il�che�fermamente�si�contesta)�non�potrebbe�comun-
que,�e�in�alcun�modo,�confutarsi�che�il�provvedimento�autorizzatorio�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

dell'11�novembre�1999�vincolava�la�concessionaria�a�sottoporre�ad�auto-
rizzazione�preventiva�ogni 
e 
qualsiasi 
mutamento 
dell'assetto�di�controllo�
della�New.�Co�TD�e�quindi�di�RaiWay�(che�di�questa�aveva�assunto�la�
denominazione).�

Va,�in�proposito,�e�peraltro,�rammentato�che�anche�l'Autorita��per�le�
garanzie�nelle�comunicazioni,�nell'esprimere�il�1.�agosto�2001�il�proprio�
parere�favorevole�all'Autorita��garante�della�concorrenza�e�del�mercato�in�
ordine��alla�valutazione�dell'operazione�di�concentrazione�,�avvertiva,�nelle�
proprie�conclusioni,�che��l'operazione��doveva�intendersi��subordinata�al�
rilascio�di�un'apposita�autorizzazione�da�parte�del�Ministero�delle�comunica-
zioni,�ai�sensi�dell'art.�1,�comma�5,�del�decreto�del�Presdiente�della�Repub-
blica�28�marzo�1994,�poiche�l'autorizzazione�rilasciata�alla�Rai�l'11�novembre�
1999,�per�lo�svolgimento�delle�attivita��inerenti�all'installazione�e�all'esercizio�
degli�impianti�tecnici,�prevede�che�ogni�variazione�dell'attuale�assetto�di�con-
trollo�della�societa��New.�Co�TD�S.p.a.�(ora�Rai�Way)�da�parte�della�Rai�
debba�essere�preventivamente�autorizzata�dal�Ministero�stesso�.�

Consegue,�dall'esposto�ordine�di�considerazioni,�che�la�ricorrente,�nell'o-
perazione�commerciale�di�cessione�della�partecipazione�di�minoranza�in�Rai-
Way,�ha�posto�in�essere�una�procedura�anomala�e�affatto�dissonante�dai�ter-
mini�e�dalle�condizioni�imposte�dalla�convenzione�Stato-Rai�e�dall'autorizza-
zione�ministeriale�intervenuta�in�data�11�novembre�1999,�prevedendo�
arbitrariamente,�in�luogo�della�necessaria�e�preventiva�autorizzazione�for-
male,�un�successivo�atto�di�assenso�ministeriale,�sotto�forma�di��presa�
d'atto�,�con�funzione�di�condizione�risolutiva�del�gia��perfezionato�ed�efficace�
contratto�di�cessione.�

Ne�potrebbe�sostenersi,�come�pure�la�ricorrente�lascia�trasparire�in�sede�
di�esposizione�fattuale�della�vicenda,�che�una�richiesta�di�autorizzazione�pre-
ventiva�era�stata�comunque�avanzata�con�la�nota�del�28�marzo�2001.�Infatti,�
tale�nota,�per�quel�che�qui�interessa�rilevare,�era�diretta�a�preannunciare�la�
volonta��della�concessionaria�di�collocare�sul�mercato�una�quota�minoritaria�
della�sua�partecipazione�nel�capitale�RaiWay�e�con�essa�non�era�stata�avan-
zata�domanda�di�autorizzazione�preventiva�all'operazione�di�cessione,�attra-
verso�la�sottoposizione�al�vaglio�ministeriale�dello�stipulando�contratto�di�
cessione.�

8.��La�mancata�richiesta,�da�parte�della�concessionaria,�della�preven-
tiva�autorizzazione�ministeriale�al�contratto�di�cessione,�e�la�conseguente�
denuncia�dell'attivazione�di�una�procedura�anomala�nella�conclusione�dell'at-
tivita��di�compravendita�in�questione,�costituiva�certamente�elemento�autono-
mamente�significativo,�sotto�il�profilo�della�rilevanza�giuridica,�per�radicare�
il�legittimo�diniego�dell'Autorita��ministeriale�all'invocata��presa�d'atto�.�
Il�provvedimento�negativo�ministeriale�non�si�e��limitato,�pero��,ad�evi-
denziare�l'anomalia�della�procedura�seguita�dalla�Rai�con�la�richiesta��presa�
d'atto�.�Esso�si�compone,�infatti,�di�una�parte�ulteriore�in�cui,�con�valuta-
zioni�attinenti�al�merito�dell'operazione�di�cessione�azionaria,�e�nel�rilievo�
dell'opportunita��di�conservare�in�capo�alla�societa��concessionaria�la�titolarita��
degli�impianti�(indipendentemente�dalla�semplice�rilevanza�commerciale�
degli�stessi,�perche�asseritamente�non�commensurabile�alla�loro�importanza�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE

strategica),�si�afferma�l'inammissibilita�della�cessione,�cos|�come�disciplinata�
nei�patti�parasociali�concordati�tra�le�parti,�in�quanto�foriera�di�una�sostan-
ziale�perdita�di�controllo�di�RaiWay�da�parte�della�concessionaria�pubblica.�

8.1.��In�ordine�a�tale�parte�dispositiva�del�provvedimento�ministeriale�
la�ricorrente�deduce�un�complesso�di�censure�mirate�a�denunciare�l'eccesso�
di�potere,�sotto�svariati�profili,�in�cui�sarebbe�incorsa�l'Autorita�procedente�
nell'attivita�valutativa�conducente�al�giudizio�finale,�secondo�cui�con�la�con-
clusione�dei�patti�parasociali,�la�Rai,�contravvenendo�all'impegno�assunto�in�
convenzione,�non�avrebbe�mantenuto�il�controllo�della�societa�(RaiWay)�
della�quale�si�e�avvalsa�per�l'esercizio�dei�servizi�concessi.�
8.2.��Rileva�preliminarmente�la�sezione,�in�coerenza�con�la�natura�
dell'atto�ministeriale,�in�parte�qua�connotato�da�sicuri�elementi�di�ampia�
discrezionalita�cui�sono�commisti�anche�profili�valutativi�che�impingono�al�
merito�tecnico�dell'operazione�in�questione�che�il�sindacato�giurisdizionale�
di�legittimita��nella�specie�certamente�ammissibile,�vertendosi,�pur�sempre,�
come�in�precedenza�argomentato,�al�cospetto�di�un�provvedimento�ammini-
strativo��deve�mirare�a�saggiare�se,�attraverso�la�motivazione�dell'atto,�le�
scelte�valutative�discrezionali�operate�dall'Amministrazione�presentino�pro-
fili,�o�comunque,�sintomi�di�incongruita�.�
8.3.��In�proposito�valgano�le�seguenti�considerazioni.�
Nell'atto�impugnato�si�evidenzia�come�i�patti�parasociali,�sottoscritti�
dalle�parti�contestualmente�al�contratto�di�cessione,�conferivano�al�partner�
un�potere�di�indirizzo�strategico�dell'attivita�di�RaiWay�superiore�a�quello�
di�maggioranza.�
Tanto�e�stato�desunto�da�un�complesso�di�elementi�valutativi�riferiti�ai�
seguenti�settori�di�osservazione.�

1.�Gestione�della�societa�.�
I�patti�parasociali�prevedevano�(art.�3,�lettera�c.-)�che,�per�l'approva-
zione�di�sedici�delibere�(approvazione�e�modifica�di�qualsiasi�business�plan�o�
budget;�acquisto�di�partecipazione�in�societa�,�rami�d'azienda�ect;�sottoscri-
zione�di�contratti�di�finanziamento�per�impianti�superiori�a�dieci�miliardi�
per�singola�operazione�o�cinquanta�miliardi�per�il�totale�delle�operazioni;�
modifica,�sospensione,�revoca�o�cessazione�di�ogni�tipo�di�consenso�rilevante�
per�la�societa�;�stipula�di�qualsiasi�rilevante�accordo,�ivi�compreso�il�contratto�
di�servizio�anche�con�soggetti�diversi�dalla�Rai;�decisione�circa�transazioni�o�
azioni�legali�di�valore�superiore�a�dieci�miliardi;�rapporti�di�lavoro�e�deleghe;�
finanziamenti;�conclusioni�di�contratti;�costituzione�di�societa�controllate;�
costituzione�di�garanzie;�concessioni�di�prestiti;�proposta�di�ammissione�a�
quotazione�della�societa�;�accordi�di�consulenza�di�durata�superiore�a�dodici�
mesi�o�di�importo�superiore�a�cinquecento�milioni;�stipula,�cessazione�o�
modifica�di�qualsiasi�accordo�di�importo�superiore�a�dieci�miliardi�incidente�
sulla�gestione�del�c.d.�Tower�business)�fosse�necessario,�su�un�consiglio�di�
amministrazione�costituito�di�otto�elementi�(cinque�nominati�dalla�Rai�e�tre�
dal�partner),�il�voto�favorevole�di�almeno�due�consiglieri�di�designazione�del�
partner�(ossia�del�socio�di�minoranza).�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

2.�Collegio 
sindacale. 
L'art.�4�prevedeva�una�prevalenza�nel�controllo�da�parte�del�socio�di�
minoranza�dal�momento�che�questi�avrebbe�nominato�due�sindaci�a�fronte�
dell'unico�sindaco�nominato�dalla�Rai.�

3.�Nomine. 
L'art.�6�prevedeva�la�creazione�del�Business 
Devolopment 
Officer,�figura�
centrale�al�quale�delegare�pieni�poteri�equiparabili�ai�poteri�delegati�all'am-
ministratore�delegato�dal�Consiglio�di�amministrazione,�limitatamente�alla�
gestione�delle�attivita�della�societa�nel�Tower 
business,�di�rilevante�interesse�
strategico.�

4.�Maggioranza 
in 
assemblea 
straordinaria. 
L'art.�5,�lettera�b),�prevedeva�una�maggioranza�del�67%�per�le�materie�
di�competenza�dell'assemblea�straordinaria�sia�in�prima�che�in�seconda�con-
vocazione,�con�conseguente�assegnazione�al�partner 
di�un�potere�di�blocco�
sulle�delibere�di�detta�assemblea.�

5.�Divieto 
di 
concorrenza. 
L'art.�9,�lettera�a),�prevedeva�il�divieto�di�concorrenza�del�partner 
per�un�
periodo�di�un�solo�anno�dalla�perdita�della�qualita�di�socio,�mentre�nella�
prima�stesura�dei�patti�parasociali,�predisposti�dalla�Rai,�il�periodo�di�non�
concorrenza�era�stabilito�in�cinque�anni.�

8.4.��Tutto�cio�premesso,�nell'obiettiva�considerazione�delle�situa-
zioni�singolarmente�indicate,�sembra�plausibile�l'affermazione�di�fondo�
sottesa�al�provvedimento�impugnato,�e�cioe�che�la�cessione�della�partecipa-
zione�azionaria�di�RaiWay,�formalmente�contenuta�nella�quota�minorita-
ria�del�49%,�comportasse�nella�sostanza�un'influenza�del�partner 
sostan-
zialmente�superiore�a�quella�spettantegli�in�base�all'effettiva�partecipa-
zione�azionaria.�
In�proposito�non�puo�che�aderirsi�a�quanto�osservato�dalla�difesa�del-
l'Amministrazione�in�ordine�agli�elementi�che,�in�base�della�stessa�disciplina�
civilistica�(art.�2359�del�codice�civile,�come�modificato�dall'art.�1�del�decreto�
legislativo�n.�127/1991,�che�contiene�la�definizione�di�societa�controllate),�val-
gono�a�connotare�il�rapporto�di�controllo.�Il�quale�non�si�individua�soltanto�
in�ragione�di�un�preciso�rapporto�giuridico�(come,�ad�esempio,�dalla�consi-
stenza�della�partecipazione�azionaria;�c.d.�controllo�di�diritto:�art.�2359�del�
codice�civile,�primo�comma,�n.�1),�ma�anche�per�effetto�di�un'influenza�domi-
nante�esercitata�dalla�societa�su�altra�societa�in�virtu�di�particolari�vincoli�
contrattuali�con�quest'ultima�(c.d.�controllo�di�fatto:�art.�2359�del�codice�
civile,�primo�comma,�n.�3).�

Orbene,�il�provvedimento�impugnato�con�procedimento�valutativo�che,�
nei�limiti�del�sindacato�di�legittimita�,�appare�immune�da�vizi�logici�ha�perti-
nentemente�valorizzato�la�nozione�di�controllo�di�fatto,�evidenziando�come�
la�peculiare�disciplina�dei�patti�parasociali�annessi�al�contratto�rivelassero�
un'ingerenza�del�partner�tale�da�configurare�un'influenza�dominante�nel�con-
trollo�societario�di�RaiWay.�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE

Non�poteva,�poi,�non�considerarsi�che�una�tale�ingerenza�avrebbe�inte-
ressato�un�settore�inerente�a�un�complesso�di�impianti�trasmittenti�e�di�colle-
gamento�installati�su�tutto�il�territorio�nazionale,�utilizzabili�anche�per�servizi�
a�terzi�di�assoluta�importanza�strategica�e�di�sicuro�rilievo�internazionale.�

Non�sembra�ex 
adverso 
concludente�la�tesi�della�concessionaria�ricor-
rente�tendente�a�minimizzare�la�consistenza�dei�patti�parasociali�ai�fini�della�
vanificazione�del�controllo;�e�cio�nella�considerazione�che�quest'ultimo�appa-
riva�comunque�positivamente�garantito�da�quanto�affermato,�in�sede�di�
�principi�generali��(art.�1),�circa��l'effettivo�controllo�della�gestione�comples-
siva�della�societa���che�non�avrebbe�non�potuto�non�rimanere��di�competenza�
della�Rai,�quale�socio�di�maggioranza�.�

Infatti,�e�sulla�base�dell'effettiva�portata�e�incidenza�di�tali�patti,�e�
facendo�utilizzazione�della�categoria�civilistica�del�controllo�di�fatto,�che�
l'Autorita�ministeriale�e�pervenuta�alla�considerazione�dell'attribuzione�al�
partner 
di�un�potere�di�indirizzo�strategico�debordante�rispetto�alla�consi-
stenza�quantitativa�della�rilevata�partecipazione�azionaria.�

Quanto,�poi,�al�rilievo�che�i�patti�parasociali�non�avrebbero�potuto�
considerarsi�concludenti�ai�fini�della�perdita�di�controllo�da�parte�della�
Rai�sulla�societa�RaiWay,�e�il�caso�di�osservare�che�le�delibere�di�cui�al�
precitato�art.�3,�lettera�c),�riguardavano�materie�interessanti�le�principali�
attivita�della�societa�.�

Peraltro,�non�e�senza�rilievo�la�circostanza�(e�cio�ulteriormente�invera�la�
tesi�della�sostanziale�perdita�di�controllo�da�parte�della�concessionaria�sulla�
societa�RaiWay)�che�e�stata�la�stessa�Crown�Castle,�nella�corrispondenza�
intercorsa�con�il�Ministro�delle�comunicazioni�appena�prima�dell'adozione�
del�provvedimento�impugnato,�a�riconoscere�che�i�patti�negoziali�che�accede-
vano�al�contratto�di�cessione�della�partecipazione�azionaria�prevedevano�un�
ruolo�di�grande�e�decisivo�rilievo�della�societa�statunitense�nella�gestione�di�
RaiWay.�

9.��Alla�stregua�di�tutte�le�considerazioni�che�precedono�il�ricorso�va�
respinto.�
La�complessita�elanovita�delle�questioni�trattate�spingono�a�compen-
sare�tra�le�parti�spese�di�lite�e�onorari�di�causa.�

(omissis) 
�

. 


Nelpubblicare�la�sentenza�dellaIIsezione�del�TAR�Laziosulla�questioneRAI�
Way,�ilpensiero�commosso�della�redazione�va�alpresidente�Filippo�Marzano�
che,�nel�settembre�di�quest'anno,�e�venuto�prematuramente�a�mancare.�


Ipareri
delcomitato
consultivo
Ipareri
delcomitato
consultivo
PARERE 
DEL 
23 
OTTOBRE 
2000 
N. 
108136. 


Cose�aventi�interesse�storico-artistico:�a)�beni�di�interesse�storico-artistico�

di�proprieta�di�enti�pubblici�non�inseriti�negli�elenchi�previsti�dall'art.�4,�legge�

1.�giugno�1939,�n.�1089:�a�quali�condizioni�possa�ritenersi�sussistente�il�vincolo�

ex�legge�n.�1089/1039�cit;�b)�societa�per�azioni�derivanti�da�trasformazione�di�

entepubblicoeconomico�(nellaspecieFerroviedelloStatoS.p.a.):seaibenidi�

interesse�storico-artistico�delle�ridette�societa�si�applichi�la�disciplina�di�cui�

agli�articoli�4,�legge�n.�1089/39�e�5�D.Lgs.�n.�490/1999.�(Consultivo�n.�8177/00,�
avv.�D'Amato).�

�Un'iniziativa�di�tutela�assunta�dalla�Soprintendenza�ai�Beni�Culturali�
ed�Ambientali�di�Palermo�riguardo�ad�edificio�delle�Ferrovie�dello�Stato�

S.p.a.�(ordine�di�liberare�dal�traffico�veicolare�il�cortile�del��Palazzo�delle�
Ferrovie�)�e�stata�ritenuta�illegittima�dal�Consiglio�di�Giustizia�Amministra-
tiva�per�la�Regione�Siciliana�(sent.�148/200),�per�due�ordini�di�motivi�riassu-
mibili�nei�seguenti�assunti:�
laddove�i�beni�degli�enti�pubblici,�di�cui�all'art.�1�della�legge�1089/39,�
non�siano�gia�inseriti�negli�elenchi�previsti�dall'art.�4�della�stessa�legge,�per-
che�possa�ritenersi�sussistente�il�relativo��vincolo��l'Amministrazione�deve�
�svolgere,�quanto�meno,�un'attivita�di�ricognizione�della�preesistente�situa-
zione�fattuale�volta�all'accertamento�dell'esistenza�dei�presupposti�per�la�qua-
lificazione�del�bene,�come�bene�di�interesse�artistico�e�storico�,�che�deve�pur�
sempre��risultare�da�apposita�documentazione��approntata�dall'Amministra-
zione�medesima;�

il�trasferimento�del�bene,�gia�appartenente�all'azienda�Autonoma�delle�
Ferrovie�dello�Stato,�all'Ente�Ferrovie�dello�Stato�e�la�successiva�trasforma-
zione�di�questo�in�societa�per�azioni,�ha�comportato�l'inoperativita�del�gene-
rale�vincolo�ex�lege�di�cui�alla�citata�norma�dell'art.�4�legge�n.�1089/39,�che�
presuppone�la�natura�pubblica�del�bene,�in�quanto,�come�precisato�nella�sen-
tenza�di�primo�grado�del�Tar�Sicilia�(sez.�1�sent.�359/1999),�la�legge�

n.�210/1985�profondamente�mutato�sia�la�natura�giuridica�del�soggetto�di�
titolarita�sia�quella�del�bene�in�questione.�
In�sintesi�i�presupposti�per�l'assoggettamento�ex�lege�alle�prescrizioni�
della�legge�n.�1089/39�non�si�sarebbero�mai�verificate�e,�nel�caso,�sarebbero�
venuti�meno�con�la�trasformazione�dell'ente�in�societa�per�azioni.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

Quanto�alla�prima�affermazione,�e��solo�da�segnalare�che�essa�con-
traddice�l'orientamento�secondo�il�quale,�allorche�il�bene�appartiene�ad�
un�ente�pubblico,�la�legittimita��dell'intervento�dell'Amministrazione�com-
petente�alla�tutela�dell'interesse�storico�artistico�non�presuppone�la�pree-
sistenza�di�una�documentazione�di�valutazione�del�valore�del�bene�stesso,�
essendo�sufficiente�che�l'intervento�rechi�la�motivazione�(oltre�che�della�
necessita��dello�specifico�tipo�di�intervento)�dell'apprezzamento�di�discre-
zionalita��tecnica�inerente�al�ritenuto�valore�del�bene�(cfr.�C.S.�VI�255/93,�
VI�1061/95).�

La�seconda�motivazione�attiene�ad�un�ordine�di�problemi�di�partico-
lare�rilievo�per�l'attuale�evoluzione�dell'ordinamento�che,�nel�contesto�
europeo,�si�va�rimodellando�con�l'attribuzione�a�soggetti�di�natura�priva-
tistica,�di�struttura�societaria,�di�compiti�di�gestione�di�servizi�gia��diretta-
mente�curati�da�amministrazioni�o�enti�pubblici�subentrando�nel�patrimo-
nio�di�questi.�

Al�di�la��di�ogni�osservazione�inerente�al�caso�in�cui�e��intervenuta�la�
richiamata�pronunzia�(deliberata�in�data�anteriore�all'entrata�in�vigore�del�
decreto�legislativo�n.�490/1999,�pur�se�depositata�successivamente)�ed�alla�
mancanza�in�questa�di�approfondite�argomentazioni�motivazionali,�merita�
attenzione�la�problematica�implicata,�che�puo��riguardarsi�sotto�i�due�aspetti:�
della�ricomprensione�della�societa��per�azioni�derivante�da�trasformazione�di�
ente�pubblico�economico�nell'ambito�dei�soggetti�cui�si�riferisce�l'art.�4�legge�

n.�1089/1939�ed�ora�l'art.�5,�comma�1�del�decreto�legislativo�n.�490/1999;�
ovvero,�del�perdurare�dell'assoggettamento�del�bene�di�interesse�artistico�sto-
rico�alle�prescrizioni�della�legge�speciale,�per�vincolo�diretto�ex 
lege,�mal-
grado�la�trasformazione�dell'ente�pubblico�in�soggetto�societario.�
Nel�vigore�dell'art.�4�legge�n.�1089/1939,�il�problema�se�alcuni�tra�i�sog-
getti�aventi�la�forma�di�societa��per�azioni�potessero�o�dovessero�essere�assi-
milati,�per�ragioni�di�ordine�sostanziale,�agli�enti�pubblici�e/o�agli�enti�o�
istituti�legalmente�riconosciuti�di�natura�privata�(fondazioni�e�associazioni),�
pacificamente�ricompresi�nell'ambito�previsionale�della�norma,�era�stato�
affrontato�dal�Tar�Lazio�(sez.�II�sent.�327/1995)�con�riguardo�a�banca�d'in-
teresse�nazionale�(Banca�Commerciale�Italiana)�ed�era�stato�risolto�in�senso�
positivo,�con�considerazioni�che�prescindevano�dalla�partecipazione�aziona-
ria�dello�Stato�ed�erano�essenzialmente�riferite�al�regime�di�controllo�ed�
ingerenza�governativa�operante�per�le�banche�d'interesse�nazionale�in�modo�
non�dissimile�da�quanto�previsto�per�gli�istituti�di�credito�di�diritto�pubblico�
(sicuramente�rientranti�nella�previsione�del�citato�art.�4�della�legge�

n.�1089/1939).�
Diverso�avviso�aveva�peraltro�manifestato�il�Consiglio�di�Stato�(sez.�VI�
sent.�VI�176/98)�che,�nel�riformare�la�sentenza�di�prime�cure,�aveva�in�parti-
colare�precisato�che:�

l'individuazione�dei�soggetti�contemplati�dall'art.�4�legge�n.�1089/1939�
doveva�essere�fatta�con�criteri�di�interpretazione�particolarmente�rigorosi,�
per�la�considerazione,�oltre�che�delle�incisive�limitazioni�sul�diritto�di�pro-
prieta��,�dell'esposizione�dei�soggetti�in�questione�ad�una�serie�di�sanzioni;�


I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO

l'assenza�di�fini�di�lucro�propria�di�alcune�tipologie�di�persone�giuridi-
che�di�natura�privata�non�appariva�elemento�sufficiente�a�fondare�per�esse�
un�regime�di�proprieta�diverso�da�quello�di�tutti�gli�altri�soggetti�privati,�al�
di�la�delle�specifiche�limitazioni�all'acquisto�di�determinati�beni�patrimoniali�
poste�dall'art.�17�C.C.�(norma�peraltro�gia�abrogata�dall'art.�13�legge�

n.�127/1997,�poi�riformulato�con�l'art.�1�legge�n.�192/2000);�
quel�che�appariva�elemento�unificante�e�qualificante�la�sussunzione�
dei�soggetti�di�cui�all'art.�12�C.C.�sotto�la�disciplina�vincolistica�apprestata�
per�gli�enti�pubblici�era�la�circostanza�della�ripetizione�della�loro�soggettivita�
da�un�atto�costitutivo�dello�Stato,�che�le�differenzia�dalle�societa�per�azioni�
le�quali�acquistano�soggettivita�nell'ordinamento�giuridico�per�effetto�diretto�
del�perfezionamento�del,�procedimento�costitutivo,�senza�alcun�intervento�
concessorio�da�parte�del�potere�statuale.�Il�nesso�genetico�tra�Stato�e�centri�
di�istituzionali�di�imputazione�di�rapporti�giuridici�quali�le�associazioni�e�le�
fondazioni�renderebbe�possibile�considerare�la�proprieta�in�capo�ad�essi�di�
beni�di�rilevanza�culturale�subordinata�all'interesse�prioritario�statale,�giusti-
ficando�la�sussistenza�automatica�del�vincolo�e�la�soggezione�all'obbligo�di�
collaborazione�(in�cui�si�sostanzia�la�fornitura�degli�elenchi�descrittivi�dei�
beni)�con�il�potere�da�cui�ripetono�il�loro�essere�persona.�

Sul�punto�e�da�rilevare�che�l'art.�5,�comma�1,�del�sopravvenuto�
D.Lgs.�n.�490/1999,�modificando�la�generica�espressione�dell'art.�4�legge�

n.�1089/39�(�enti�ed�istituti�legalmente�riconosciuti�)�nell'attuale�piu�spe-
cifica��enti�pubblici�e�persone�giuridiche�private�senza�fini�di�lucro�,�sem-
brerebbe�aver�risolto�in�radice�ogni�questione�inerente�alla�riconducibilita�
o�meno�delle�societa�per�azioni�all'ambito�soggettivo�considerato,�fon-
dando�in�particolare�il�discrimine�tra�soggetti�privati,�al�fine�di�tale�
riconducibilita�,�su�di�un�elemento�(il�fine�di�lucro)�preclusivo�di�un�recu-
pero�in�detto�ambito�dei�soggetti�societari�che,�invece,�era�stato�svalutato�
dal�Consiglio�di�Stato.�
La�prospettiva�seguita�dal�D.Lgs.�n.�490/1999�sembrerebbe,�in�parti-
colare,�togliere�peso�alle�argomentazioni�che,�sempre�al�fine�della�ricondu-
cibilita�nell'ambito�soggettivo�in�questione,�potrebbero�trarre�alimento�
dalla�specifica�genesi�dei�soggetti�societari�che�qui�interessano,�derivanti�
dalla�trasformazione�di�enti�pubblici�economici�(a�loro�volta,�in�ipotesi,�
succeduti�nei�compiti�e�nei�beni�di�strutture�dell'apparato�dell'amministra-
zione�statale).�

Ne�,�in�ragione�di�quella�che�appare�essere�una�sostanziale�continuita�
della�disciplina,�sarebbe�prospettabile�un�problema�di�diritto�intertemporale�
riguardo�alle�situazioni�pregresse.�

Sotto�il�diverso�aspetto�oggettivo,�in�difetto�di�specifiche�previsioni�nelle�
leggi�che�dispongono�la�trasformazione�di�enti�in�societa�per�azioni�e�ritenuta�
(per�le�considerazioni�che�seguono)�l'insufficienza�di�un'eventuale�generica�
previsione�di�acquisizione�da�parte�del�nuovo�soggetto�societario�dei�beni�
gia�posseduti�dall'ente�trasformato�nel�precedente�loro�stato�di�fatto�e�di�
diritto�(e�comunque�da�notare�che,�nel�caso�dell'Ente�Ferrovie�dello�Stato,�
trasformato�in�societa�per�azioni�con�delibera�del�CIPE�12�agosto�1992,�
l'art.�15�della�legge�n.�210/1985�istitutiva�dell'ente,�nel�disporre�la�successione�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

nei�beni�gia�di�pertinenza�dell'Azienda�Autonoma�Ferrovie�dello�Stato,�ha�
precisato�che�di�questi�l'ente�aveva�la�piena�disponibilita�secondo�il�regime�
civilistico�della�proprieta�privata,�con�l'unica�espressa�salvezza�dei��limiti�su�
di�essi�gravanti�per�le�esigenze�della�difesa�nazionale�;�cfr.�SS.UU.�

n.�8014/92),�il�connesso�passaggio�dei�beni�posseduti�al�regime�civilistico�
ordinario�impone�di�considerare�se,�nel�caso�in�cui�prima�della�trasforma-
zione�in�societa�per�azioni�i�beni�fossero�stati�ricompresi�negli��elenchi�
descrittivi��previsti�dall'art.�4�legge�n.�1089/39�ed�ora�dall'art.�5�del�D.Lgs.,�
possa�ritenersi�perdurare�l'assoggettamento�del�bene�allo�speciale�regime�di�
tutela�riconnesso�alla�sua�qualita�,�malgrado�il�mutamento�della�natura�del�
soggetto�titolare�(fermo�rimanendo�che�il�precedente�eventuale�passaggio�da�
un�regime�demaniale�connesso�alla�titolarita�di�un'amministrazione�statale�
ad�un�regime�di�proprieta�privata�dell'ente�pubblico�alla�prima�succeduto�
avrebbe�comunque�condotto�all'obbligo�della�compilazione�degli�elenchi�
descrittivi).
E�poi�da�considerare�se�e�quale�salvaguardia�sia�possibile�adottare�nel�
caso�in�cui�i�beni�di�interesse�storico-artistico�prima�della�trasformazione�
del�soggetto�proprietario�non�fossero�stati�inseriti�negli�elenchi�anzidetti�
(circostanza�non�impeditiva�dell'assoggettamento�allo�speciale�regime�di�
tutela,�comunque�sostenuto�dalla�particolare�natura�dell'ente�titolare�consi-
derata�nella�normativa�de 
qua,�dato�il�valore�meramente�dichiarativo�e�non�
costitutivo�di�tali�elenchi,�di�finalita�meramente�individuativa).�

Orbene,�avuto�sempre�specifico�riguardo�ai�beni�immobili�di�cui�
all'art.�1�legge�1089/39��art.�2,�comma�1�lettera�a),�D.Lgs.�490/1999,�sem-
bra�ineludibile�una�risposta�negativa�ai�prospettati�quesiti.�

Una�volta�venuto�meno�il�dato�di�per�se��rilevante�dell'appartenenza�del�
soggetto�proprietario�al�novero�di�quelli�contemplati�nell'art.�4�legge�

n.�1089/39��art�5�D.Lgs.�n.�490/1999,�l'opponibilita�a�terzi�delle�prescri-
zioni�limitative�della�legge�speciale�richiede�la�pubblicizzazione�del�vincolo�
mediante�trascrizione�nei�registri�immobiliari,�come�e�per�i�beni�di�soggetti�
diversi�da�quelli�anzidetti�e�per�beni�diversi,�pur�di�valore�culturale,�degli�
stessi�soggetti�(quali�quelli�dell'art.�2�legge�n.�1089/39��art.�2,�comma�1�let-
tera�b,�D.Lgs.�n.�490/1999;�cfr.�Cassaz.�n.�6496/90).�
Ed�invero,�la�titolarita�del�bene�di�interesse�artistico�storico�da�parte�
degli�enti�pubblici�o�assimilati:�

da�un�lato,�con�riguardo,�al�titolare,�esclude�la�necessita�di�uno�speci-
fico�provvedimento�amministrativo�di�vincolo�in�ragione�della�postulata�posi-
zione�collaborativa�dello�stesso�soggetto�proprietario�(ritenuto�per�defini-
zione�attento�alle�esigenze�di�tutela),�che�implica�in�linea�di�principio�il�nor-
male�rispetto�del�regime�speciale�del�bene�medesimo�derivante�direttamente�
dalla�legge�sul�presupposto�oggettivo�del�valore�del�bene,�gia�recepito�dalla�
comune�estimazione�o�recepibile�in�base�a�dati�di�comune�significazione�
(cfr.�Cassaz.�penale�III�sent.�5089�del�18�maggio�1982);�

dall'altro,�rappresenta�per�se��stessa�circostanza�idonea�a�rendere��visi-
bile��a�terzi�il�vincolo�di�legge�in�presenza�dell'accennato�carattere�intrinseco�
del�bene�(dato,�quest'ultimo,�oggettivamente�rilevabile,�che�vale�a�differen-


I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO

ziare�la�situazione�in�esame�da�quella�concernente�i�beni,�di�medesima�appar-
tenenza,�rientranti�nella�diversa�categoria�di�cui�all'art.�2�legge�n.�1089/39�
�art.�2,�comma�1�lettera�b,�D.Lgs.�n.�490/1999,�per�i�quali�sono�necessarie�
notificazione�e�trascrizione�di�un�provvedimento�di�vincolo).�

In�altri�termini,�l'interesse�artistico-storico�presentato�dal�bene,�coniu-
gato�all'appartenenza�di�questo�ad�un�soggetto�che�la�legge�considera��quali-
ficato��alla�sua�conservazione,�mette�in�grado�chiunque�di�conoscere�l'esi-
stenza�dei�vincoli�che�la�legge�direttamente�riconnette�alla�qualita�specifica�
del�bene�medesimo.�

Questo�spiega�perche�,�nel�concorso�dell'accennato�duplice�presupposto�
(interesse�artistico-storico�presentato�dal�bene�in�se�considerato�e�sua�appar-
tenenza�a�soggetto��qualificato�),�il�bene�sia�comunque�soggetto�al�regime�
previsto�dalla�legge�speciale,�indipendentemente�dall'essere�stato�o�meno�
incluso�negli�elenchi�descrittivi�(art.�4,�comma�3,�legge�n.�1089/39��art.�5,�
comma�5,�D.Lgs.�n.�490/1999).�

Ma,�se�il�profilo�soggettivo�dell'appartenenza�risulta�essenziale�per�il�
rispetto�e�la�conoscibilita�del�regime�del�bene�al�di�la�di�qualsiasi�formalizza-
zione�amministrativa,�appare�evidente�che�la�situazione�debba�apprezzarsi�
in�modo�diverso�allorche�il�titolare�del�bene�piu�non�rientri�nella�categoria�
dei�soggetti��qualificati��e�cessi�quindi�il�presupposto�nel�cui�perdurare�non�
era�necessaria�(non�solo�l'imposizione�di�un�vincolo�amministrativo�ma�nep-
pure)�una�formale�individuazione�del�bene�assoggettato�direttamente�ex 
lege 
al�regime�di�tutela�culturale.�

In�siffatta�evenienza�sembra�sussistere�l'esigenza�di�una�pubblicizzazione�
adeguata�di�un�tale�assoggettamento�e,�sia�per�le�diverse�modalita�di�ammini-
strazione�e�gestione�della�societa�rispetto�all'ente,�sia�per�la�necessarieta�dei�
requisiti�di�trascrivibilita�dell'atto�nei�registri�immobiliari��informati�al�
principio�della�pubblicita�al�nome�^,�e�da�dubitare�che�a�tal�fine�possa�risul-
tare�sufficiente�la�trascrizione�nei�registri�immobiliari�dell'elenco�descrittivo,�
ove�esistente�e�recante�tutti�gli�elementi�di�sicura�identificazione�del�bene,�
dovendosi�piuttosto�ritenere�necessario�un�apposito�provvedimento�ex�art.�6�
D.Lgs.�n.�490/1999�nei�confronti�del�soggetto�attuale�proprietario,�secondo�
quanto�dispone,�senza�deroghe,�l'art.�10,�comma�2,�dello�stesso�D.Lgs�per�i�
beni�di�proprieta�privata.�

A�fortiori,�nel�caso�in�cui�al�momento�della�trasformazione�dell'ente�in�
societa�per�azioni�un�determinato�bene�non�risulti�inserito�negli�elenchi�
descrittivi,�sembra�imprescindibile�la�necessita�dell'adozione�di�un�provvedi-
mento�ex�art.�6�D.Lgs.�n.�490/1999.�

Conclusivamente,�in�relazione�a�quanto�sin�qui�prospettato�e�da�valu-
tare�l'opportunita�di�un�intervento�legislativo�che,�per�assicurare�una�con-
tinuita�nel�regime�di�tutela�nei�casi�di�trasformazione�di�un�ente�pubblico�
economico�in�societa�privata�con�acquisizione�da�parte�di�questa�del�patri-
monio�del�primo,�disponga�che:�1)�per�i�beni�di�cui�all'art.�4�della�legge�n.�
1089/1999�e�dell'art.�5,�comma�1,�del�D.Lgs.�n.�490/1999,�la�trasforma-
zione�dell'ente�pubblico�economico�proprietario�in�societa�per�azioni�abbia�
l'effetto�di�rendere�automaticamente�applicabili,�in�via�cautelare,�le�dispo-
sizioni�previste�dalla�sezione�I�del�Capo�II�e�dalle�sezioni�I�e�II�del�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

Capo�III�del�Titolo�I�del�D.Lgs.�n.�490/1999�(ovvero�che,�per�i�beni�anzi-
detti,�nel�caso�della�trasformazione�di�cui�sopra,�restino�comunque�appli-
cabili�le�disposizioni�sopra�precisate�sino�a�...);�2)�gli�indicati�effetti�cessino�
allo�scadere�di�tre�anni�dalla�data�della�trasformazione�senza�che�sia�stata�
notificata�e�trascritta�la�dichiarazione�di�cui�all'art.�8�dello�stesso�D.Lgs.�

n.�490/1999;�3)�le�disposizioni�sopra�precisate�si�applichino�anche�alle�tra-
sformazioni�gia�attuate�dal�1990,�con�decorrenza�in�tal�caso�del�termine�
di�cui�al�punto�2)�dall'entrata�in�vigore�della�norma�in�cui�venga�tradotto�
l'ipotizzato�intervento�legislativo�.�
PARERE 
DELL'11 
NOVEMBRE 
2000 
N. 
115247. 


Rimborso�exart. 
18D.L.n. 
67/1997 
�aldipendentestataledellespese 
da 
luisostenuteperdifendersiin 
unprocedimentopenale 
aperto 
asuo 
carico 
in 
dipendenza 
difatticonnessicon 
l'espletamento 
delservizio: 
sepossaspettareal 
dipendenteneiconfrontidelqualel'A.G. 
abbiadichiaratonondoversiprocedere 
essendo, 
il 
reato 
contestato, 
estinto 
per 
prescrizione 
�Art. 
158 
c.p. 
e 
art. 
18 
decreto 
legge 
25 
marzo 
1997, 
n. 
67, 
convertito 
in 
legge 
23 
maggio 
1997, 
n. 
135. 
(Consultivo�n.�4468/00,�avv.�Giannuzzi).�

(omissis) 
�Il�diritto�al�rimborso�delle�spese�legali,�ex�art.�18�decreto-
legge�n.�67/1997,�convertito�in�legge�con�modificazioni�dalla�legge�

n.�135/1997,�e�riconosciuto�in�favore�dei�dipendenti�di�amministrazioni�
statali�imputati�di�fatti-reato�connessi�con�l'espletamento�del�servizio�o�
con�l'assolvimento�di�obblighi�istituzionali,�nei�cui�confronti�sia�stata�
emessa�una�sentenza�o�un�altro�provvedimento�che�abbia�escluso�la�loro�
responsabilita�.�
La�sentenza�con�cui�il�giudice�penale�dichiara,�ai�sensi�dell'art.�531�
c.p.p.,�la�prescrizione�del�reato,�proprio�perche�contiene�l'accertamento�della�
sussistenza�di�una�causa�di�estinzione�del�reato�(tale�essendo�la�natura�della�
prescrizione,�come�risulta�dalla�collocazione�sistematica�degli�articoli�157,�
158,�159,�160�e�161�c.p.,�che�concernono�tale�istituto,�nel�Capo�I�del�Titolo�
VI,�del�Libro�I�del�codice�penale,�intitolato�all'estinzione�del�reato),�non�e�
un�provvedimento�esclusivo�della�responsabilita�del�prevenuto�in�relazione�
al�fatto�ascrittogli.�

Cio�vale�tanto�piu�nel�caso�di�specie�in�cui�il�Tribunale�di�Grosseto,�come�
risulta�espressamente�dalla�motivazione�della�sentenza�(cfr.�pagg.�3�e�4),�ha�rite-
nuto�configurabile�il�reato�di�cui�al�capo�a) 
della�rubrica�nei�confronti�degli�
impuntati�F.�e�B.,�i�quali�sono�stati�assolti�dalla�relativa�imputazione�solo�per-
che�e�intervenuto�il�decorso�del�termine�prescrizionale�del�reato.�

Dalle�suesposte�considerazioni�consegue�che�il�diritto�al�rimborso�delle�
spese�legali�spetta�al�Dr.�B.�solo�relativamente�all'imputazione�di�cui�al�ca-
po�b) 
della�rubrica�in�relazione�alla�quale�lo�stesso�e�stato�assolto�con�for-
mula�piena.�

(omissis)��


I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO

PARERE 
DELL'11 
NOVEMBRE 
2000, 
N. 
115248. 


Appalti 
di 
opere 
pubbliche: 
somme 
iscritte 
in 
riserva 
a 
titolo 
di 
risarci-
mento 
del 
danno: 
cumulo 
di 
interessi 
e 
rivalutazoine 
monetaria 
sulle 
stesse: 
sespetti�edeventualmente 
in 
quali 
limiti�all'appaltatore. 
(Consul-
tivo�n.�12975/00,�avv.�Linguiti).�

�Il�quesito�che�viene�proposto�riguarda�il�problema�del�cumulo�degli�
interessi�e�della�rivalutazione�in�caso�di�obbligazione�risarcitoria�insorta�nel-
l'ambito�di�rapporti�contrattuali�di�appalto�di�opere�pubbliche.�

Codesta�Amministrazione�dopo�aver�richiamato�il�contenuto�del�parere�
reso�dalla�scrivente�con�nota�23�luglio�1997�n.�100152�(e�condiviso�dal�Consi-
glio�di�Stato�2.�Sez.�con�parere�30�settembre�1998,�n.�1143/1998),�sottolinea�
le�incertezze�interpretative�che��l'avvertenza��di�cui�al�punto�4�del�detto�
parere�(�che�per�gli�interessi�sulle�somme�via�via�rivalutate�decorrono�dal�d|��
della�costituzione�in�mora�)�determina.�

In�particolare,�partendo�da�tale��avvertenza�,�viene�prospettato�il�
dubbio�che�la�messa�in�mora�ai�fini�della�decorrenza�degli�interessi�sia�
necessaria�solo�per�le�somme�via�via�rivalutate�(non�occorrendo�messa�
in�mora�per�ottenere�gli�interessi�sulla�somma�non�rivalutata)�ovvero�
che�essa�sia�necessaria�anche�per�gli�interessi�sulla�stessa�somma�iniziale�
non�rivalutata.�

Si�richiede�pure,�una�volta�escluso�che�la�messa�in�mora�possa�essere�
individuata�nella�apposizione�di�riserva,�quali�atti,�oltre�all'atto�introduttivo�
di�vertenza�giudiziaria�o�arbitrale,�possono�rappresentare�messa�in�mora.�

Come�e��stato�osservato�nel�citato�parere�l'inadempimento�della�obbliga-
zione�contrattuale,�se�impossibile�la�prestazione�in�forma�specifica,�mette�
capo�ad�una�obbligazione�risarcitoria�sostitutiva�che�ha�natura�di�debito�di�
valore�tutte�le�volte�che�la�sua�traduzione�in�valuta�non�sia�originariamente�
fissata�o�realizzabile�sulla�base�di�criteri�automatici�precostituiti�ma�sia�frutto�
invece�di�una�operazione�di�liquidazione�per�equivalente�in�valuta�del�valore�
della�obbligazione�originaria�rimasta�inadempiuta.�

Quando��come�nel�caso�di�sospensioni�illegittime�o�anomalo�anda-
mento�dei�lavori�di�appalto�imputabili�alla�committenza��la�prestazione�in�
forma�specifica�(tempestiva�collaborazione�idonea�ad�evitare�la�sospensione�
e�l'anomalo�andamento�dei�lavori)�non�sia�possibile,�la�liquidazione�per�equi-
valente��deve�comprendere�sia�l'equivalente�del�bene�perduto�(e�quindi�la�
rivalutazione�monetaria�dalla�sua�espressione�monetaria�al�momento�del�
fatto)�sia�l'equivalente�del�mancato�godimento�di�quel�bene�o�del�suo�contro-
valore�monetario�per�tutto�il�tempo�che�intercorre�tra�il�fatto�e�la�liquida-
zione��(v.�Cass.�SS.UU.�17�febbraio�1995�n.�1712).�

E�evidente�che,�una�volta�divenuta�necessaria�la�traduzione�in�valuta�
della�obbligazione�contrattuale�originaria�inadempiuta�non�piu��eseguibile�in�
forma�specifica�sara��necessaria�la�traduzione�in�valuta�anche�dei�benefici�
che�sarebbero�conseguiti�dal�tempestivo�adempimento�della�obbligazione�di�
base�(quella�originaria�tradotta�in�valuta),�sicche�se�la�traduzione�in�valuta�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

della�prima�avviene�in�ritardo�rispetto�al�momento�della�insorgenza�dell'ob-
bligazione�risarcitoria�sostitutiva,�dovra�essere�tradotto�in�valuta�anche�il�
danno�derivato�dal�tempo�intercorso�tra�insorgenza�dell'obbligazione�risarci-
toria�e�sua�liquidazione.�

Al�fine�di�risarcire�tale�secondo�danno�(lucro�cessante)��la�giurispru-
denza�ha�adottato�la�categoria�degli�interessi�compensativi�(allargando�la�fat-
tispecie�regolata�dall'art.�1499�c.c.)�che�prescindono�dalla�mora�e�dai�presup-
posti�di�liquidita�ed�esigibilita�di�cui�all'art.�1282�c.c.��(v.�Cass.�SS.UU.�

n.�1712/1995�cit.).�
La�liquidazione�di�tale�danno�con�il�ricorso�agli�interessi�sulla�somma�
liquidata�come�equivalente�dall'obbligazione�originaria�(danno�emergente)�e�
�come�la�stessa�sentenza�ora�citata�suggerisce��soluzione�equitativa�e�di�
comodo�che�ben�potrebbe�essere�sostituita�da�altre.�Deve�infatti�tenersi�conto�
da�un�punto�di�vista�giuridico�che�gli�interessi�nel�caso�in�esame��costitui-
scono�un�criterio�di�commisurazione�del�danno�da�ritardato�conseguimento�
di�una�somma�di�denaro,�che�all'epoca�del�fatto,�era�per�definizione�non�riva-
lutata��e�da�un�punto�di�vista�di�fatto�e�della�circostanza�che��il�tempo�tra�
la�produzione�del�danno�e�la�sua�liquidazione�puo�essere�cospicuo�e�la�rivalu-
tazione�ragguardevole��e�della�circostanza�che�il�tasso�degli�interessi�legali�
puo�essere��come�e�stato�in�Italia�tra�il�1990�ed�il�1996��elevato�(10%).�

Le�considerazioni�fin�qui�svolte�consentono�le�seguenti�affermazioni:�

a) 
quand'anche�potesse�distinguersi�tra�obbligazioni�risarcitorie�di�
inadempimenti�contrattuali�ed�obbligazioni�risarcitorie�di�illeciti�extracon-
trattuali�ai�fini�del�regime�degli�interessi,�la�natura�e�funzione�dell'obbliga-
zione�(commisurata�eventualmente�ad�interessi)�volta�a�ristorare�il�danno�
derivante�dalla�mancata�disponibilita�di�una�somma�di�danaro�non�consen-
tono�di�invocare�l'applicazione�della�regola�di�cui�all'art.�1224�c.c.�che�esige,�
ma�solo�per�le�obbligazioni�pecuniarie�(quale�non�e�quello�in�esame),�la�
messa�in�mora�ai�fini�della�decorrenza�di�veri�e�propri�interessi�quali�non�
sono�quelli�di�cui�qui�si�discute�giacche�qui�gli�interessi�rappresentano�solo�
(ed�eventualmente)�uno�dei�possibili�criteri�di�commisurazione�del�danno�
per�il�ritardato�conseguimento�di�una�somma�di�danaro�(sostitutiva�di�un�
adempimento�in�forma�specifica�divenuto�impossibile);�

b) 
come�la�stessa�sentenza�n.�1712/1995�suggerisce�tale�forma�di�
lucro�cessante�potra�essere�commisurato�agli�interessi�legali�sulla�somma�
liquidata�per�danno�emergente,�ma�in�tal�caso�non�sin�dall'inizio�del�pro-
dursi�del�danno�sulla�somma�valutata,�sebbene�su�somma�via�via�rivalu-
tata�ad�evitare�che�il�creditore�possa�lucrare�un�compenso�per�danni�non�
ancora�verificatisi�(se�la�rivalutazione�adegua�via�via�il�dovuto,�il�danno�
da�ritardato�conseguimento�del�dovuto�dovra�commisurarsi�a�tale�progres-
sivo�adeguamento);�

c) 
come�sempre�la�stessa�sentenza�n.�1712/1995�suggerisce,�tale�forma�
di�lucro�cessante�potra�anche�essere�liquidato�con�modalita�diverse�dal�cal-
colo�degli�interessi�legali�per�tener�conto�della�eventualmente�ragguardevole�
incidenza�della�rivalutazione�e/o�dell'eventualmente�alto�tasso�degli�interessi�
legali,�non�escludendosi�neppure�che�possa�essere�provato�un�danno�diverso�
e�maggiore;�


I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO

d) 
ed�e�proprio�in�funzione�di�circostanze�di�fatto�normalmente�ricor-
renti�negli�illeciti�contrattuali�verificatisi�nello�svolgimento�di�rapporti�di�
appalto�di�opere�pubbliche�e�gravemente�incidenti�sulle�pubbliche�risorse�
che�e�stata�formulata��l'avvertenza��di�cui�al�punto�4�del�parere�richiamato�
nel�foglio�in�riscontro�finalizzata�a�tentare�di�ridurre�l'incidenza�del�lucro�ces-
sante,�una�volta�scelta�la�loro�commisurazione�da�parte�del�creditore�agli�
interessi�legali,�modellando�cioe�alla�tipologia�del�bene�richiesto�(interessi)�
la�utilizzabilita�di�una�disciplina�dettata�espressamente�per�diverso�tipo�di�
situazione�(obbligazioni�pecuniarie)�e�richiedendo�quindi�(ex�art.�1224�c.c.),�
ai�fini�della�decorrenza�degli�interessi,�la�messa�in�mora�che�a�stretto�rigore,�
per�quanto�sopra�esposto�nel�punto�a),�non�puo�invece�esser�richiesta�nel�
caso�in�esame.�

Conclusivamente,�pertanto,�si�significa:�
1)�la�liquidazione�del�danno�da�illecito�contrattuale�deve�comprendere�
tanto�il�danno�emergente�quanto�il�lucro�cessante;�

2)�la�produzione�del�danno�nel�caso�di�sospensioni�illegittime�o�ano-
malo�andamento�dei�lavori�di�appalto�ha�inizio�con�il�verificarsi�dell'evento�
dannoso,�e�si�incrementa�con�il�perdurare�dell'evento�dannoso;�

3)�conseguentemente�la�somma�liquidata�con�riferimento�al�
momento�iniziale�dal�prodursi�del�danno�andra�rivalutata�dall'inizio�del�
prodursi�del�danno�e�per�tutta�la�durata�dell'evento�dannoso�fino�alla�
liquidazione;�

4)�il�mancato�conseguimento�della�somma�via�via�rivalutata�e�a�sua�
volta�produttivo�di�danno�(lucro�cessante)�e�tale�danno�potra�essere�commi-
surato�agli�interessi�legali�su�somma�via�via�crescente�in�forza�della�rivaluta-
zione�senza�bisogno�di�messa�in�mora�ed�a�far�tempo�sempre�dal�tempo�
medio�di�produzione�del�danno;�

5)�in�relazione�a�particolari�circostanze,�rappresentate�dal�rilevante�
tempo�intercorso�tra�il�prodursi�del�danno�e�la�sua�liquidazione�e�della�conse-
guente�ragguardevole�incidenza�della�rivalutazione,�detti�interessi�potranno�
essere�riconosciuti�in�via�equitativa�ad�un�tasso�medio�rispetto�a�quello�legale�
variato��come�e�noto��nel�tempo�ed�ora�pari�al�2,5%�o�come�il�parere�
avvertiva��dalla�messa�in�mora�(individuandosi�messa�in�mora�in�qualsiasi�
atto�scritto��diverso�dalla�semplice�riserva�apposta�in�contabilita��nel�
quale�si�faccia�richiesta�di�tutti�i�danni�conseguiti�dal�comportamento�non�
conforme�alle�obbligazioni�contrattuali).�

Alla�luce�di�quanto�sopra,�mentre�non�puo�che�esprimersi�apprezza-
mento�per�le�iniziative�assunte�da�codesta�Amministrazione�volte�a�ridurre�
l'entita�degli�esborsi�risarcitori,�si�sottolinea�l'opportunita�di�evitare�che�irri-
gidimenti�in�ordine�alla�decorrenza�degli�interessi�sostitutivi�del�lucro�ces-
sante�o�alla�loro�misura�vanifichino�la�conclusione�di�transazioni�che,�per�la�
determinazione�rigorosa�e�conveniente�per�la�P.A.�dei�parametri�di�individua-
zione�dei�danni,�appaiono�vantaggiose�.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

PARERE 
DEL 
17 
NOVEMBRE 
2000 
N. 
117457. 


Patrocinio 
delleAziendePoliclinici 
Universitari^Ricorso 
alTAR 
Catania 
^Artt. 
2 
d.lgs. 
21 
dicembre 
1999, 
n. 
517; 
art. 
44 
T.U. 
30 
ottobre 
1933, 
n. 
164, 
d.lgs. 
30 
dicembre 
1992, 
n. 
502. 
(Consultivo�n.�8071/00,�avv.�Fiumara).�

�L'art.�2,�comma�1�del�d.lgs.�21�dicembre�1999,�n.�517,�sulla�disci-
plina�dei�rapporti�fra�il�Servizio�Sanitario�Nazionale�e�le�Universita��,�
dispone�che�la�collaborazione�fra�l'uno�e�le�altre�si�realizza��attraverso�
aziende�ospedaliero��universitarie,�aventi�autonoma�personalita��giuri-
dica�.�Per�un�primo�periodo�transitorio,�aggiunge�il�comma�2,�le�aziende�
saranno,�in�via�sperimentale,�di�due�tipologie�(per�poi�divenire�un�unico�
modello�aziendale):�aziende��integrate�con�il�S.S.N.��se�costituite�in�
seguito�a�trasformazione�dei�policlinici�universitari,�ovvero�aziende�inte-
grate�con�l'Universita��se�costituite�mediante�trasformazione�dei�presidi�
ospedalieri.�

Per�la�prima�tipologia�il�comma�8�del�medesimo�art.�2�precisa�che�le�
aziende�sono�costituite��con�autonoma�personalita��giuridica��dall'Universita��
e��operano�secondo�modalita��organizzative�e�gestionali�determinate�dall'a-
zienda�in�analogia�alle�disposizioni�degli�articoli�3,�3-bis,3-ter 
e�4�del�d.lgs.�
30�dicembre�1992,�n.�502,�il�primo�dei�quali�al�comma�1-bis 
precisa�che�le�
aziende�si�costituiscono�con�personalita��giuridica�pubblica�e�autonomia�
imprenditoriale.�Non�cos|�,�invece,�avviene�per�la�seconda�tipologia,�per�la�
quale�nel�regime�transitorio�il�comma�7�dell'art.�2,�rinvia,�per�la�costituzione,�
al�procedimento�previsto�nell'art.�4�del�d.lgs.�30�dicembre�1992,�n.�502,�ma�
non�anche�a�tutte�le�disposizioni�di�esso�richiamate�per�la�prima�tipologia.�

Di�conseguenza,�mentre�nel�regime�transitorio�nuove�aziende��integrate�
con�l'Universita����nel�senso�suddetto�continuano�ad�appartenere�funzional-
mente�alla�struttura�universitaria,�con�ogni�ovvia�conseguenza�sotto�il�profilo�
processuale�e�in�particolare�sotto�quello�del�patrocinio,�continuando�a�rima-
nere�in�giudizio�le�Universita��per�le�aziende��integrate�con�il�S.S.N.��(cioe��
gli�ex�policlinici�universitari)�v'e��una�formale�e�sostanziale�separazione�dal-
l'Universita��di�cui�strutturalmente�prima�facevano�parte.�

La�normativa�di�base�e�transitoria�contenuta�nel�d.lgs.�n.�917/1999�e�
quella�richiamata�del�d.lgs.�n.�502/1992�non�sono�sufficientemente�esplicative�
riguardo�alla�rappresentanza�dei�nuovi�enti�e�alla�prosecuzione�dei�rapporti
pendenti.�E�pero��da�ritenere�che,�costituite�le�nuove�aziende�dotate�di�auto-
noma�personalita��giuridica,�(cioe��quelle��integrate�con�il.�S.S.N.�)�esse,�in�
mancanza�di�una�espressa�disposizione�di�legge,�di�regolamento�o�di�altro�
provvedimento�approvato�con�d.P.C.M.,�non�sono�rappresentate�e�difese�in�
giudizio�dall'Avvocatura�dello�Stato�(art.�44�testo�unico�n.�1611/1933).�

Ed�e��altres|��da�ritenere�che�dal�punto�di�vista�sostanziale�esse�suben-
trano�nei�rapporti�giuridici�attivi�e�passivi�relativi�ai�beni�loro�assegnati�e�
alle�attivita��di�loro�competenza�(l'art.�8�del�d.lgs�n.�517/1999�rimanda�a�
protocolli�d'intesa,�e�a�decreti�interministeriali�la�regolamentazione�di�
alcuni�rapporti�e�prevede�un'automatica�successione�solo�nei�rapporti�di�


I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO

lavoro�a�tempo�determinato,�ma�sembra�logico�ritenere�che�la�successione�
sia�di�carattere�piu�ampio�e�generale,�potendo�riguardare,�magari,�a�
seguito�delle�intese,�anche�tutti�i�rapporti�correnti�funzionalmente�legati�
alla�attivita�dell'azienda).�

Quale�che�sia,�comunque,�l'ampiezza�della�successione,�e�da�ritenere�che�
essa,�dal�punto�di�vista�processuale�(che�e�l'oggetto�della�richiesta�di�parere)�
si�inquadri�piu�nella�successione�a�titolo�particolare�che�non�in�quella�a�titolo�
universale,�permanendo�in�vita�il�soggetto�originario�(l'Universita�):�cfr.�ana-
logicamente�quanto�gia�precisato�con�il�Parere�di�quest'Avvocatura�20�aprile�
2000,�n.�44791�sulla�posizione�dell'E.T.I.,�trasmesso�con�comunicazione�di�
servizio�14�giugno�2000,�n.�65/2000.�

Di�conseguenza,�mentre�l'Avvocatura�non�puo�assumere�la�difesa�delle�
nuove�aziende�(per�ora�quelle��integrate�con�il�S.S.N�.),�per�i�processi�pen-
denti�per�i�quali�si�prospetta�la�successione�dell'azienda�nel�rapporto�contro-
verso�occorrera�far�capo�al�disposto�dell'art.�111�cod.�proc.�civ.:�il�processo�
prosegue�fra�le�parti�originarie,�cioe�fra�l'Universita�,�rappresentata�dall'Avvo-
catura,�e�l'altra�parte,�salvo�l'intervento�in�causa�dell'azienda,�cui�l'Universita�
vorra�comunicare�la�pendenza�della�lite�(non�appare�per�ora�opportuna�la�
chiamata�in�causa,�in�considerazione�di�qualche�perplessita�sulla�successione�
nel�rapporto),�con�eventuale�estromissione�dell'Universita�previo�il�consenso�
prescritto�delle�parti:�in�ogni�caso�la�sentenza�pronunciata�spiega�i�suoi�effetti�
anche�contro�l'azienda,�che�e�legittimata�ad�autonoma�impugnazione�.�

PARERE 
DEL 
17 
NOVEMBRE 
2000, 
N. 
117697. 


Contenzioso�relativo�ai�canonirichiestidall'Amministrazionepergliattra-

versamenti�aerei�di�terreni�diproprieta�dello�Stato,�con�linee�elettriche,�senza�

infissione�a�terra�dipali�o�altri�manufatti�di�sostegno:�direttive�di�massima�^

Decreto�ministeriale�20�luglio�1990;�decreto�ministeriale�2�marzo�1999,�n.�258;�

art.�121�e�ss.�R.D.�11�dicembre�1933,�n.�1775.�(Consultivo�n.�6563/00�e�

n.�11791/00,�avv.�Albenzio).�
�La�problematica�evidenziata�in�oggetto,�in�merito�alla�quale�e�stato�
chiesto�l'orientamento�della�scrivente�Avvocatura�generale,�ruota�intorno�ai�
due�decreti�ministeriali�20�luglio�1990�e�2�marzo�1999,�n.�258,�entrambi�ema-
nati�ai�sensi�del�decreto�legge�27�aprile�1990,�n.�90�convertito�nella�legge�
26�giugno�1990,�n.�165,�sulla�cui�validita�e�legittimita�sono�pendenti�numerosi�
contenzioni�presso�varie�Autorita�Giurisdizionali,�ordinaria,�amministrativa�
e�specializzata,�in�Roma�e�presso�altre�sedi.

E�,�pertanto,�senz'altro�opportuno�attendere�l'esito�di�quei�giudizi�prima�
di�esprimere,�se�del�caso,�un�parere�in�ordine�al�comportamento�che�l'Ammi-
nistrazione�dovra�tenere�in�seguito�ai�pronunciamenti�giudiziari.�

Tuttavia,�anche�al�fine�di�uniformare�le�difese�nei�contenziosi�in�atto�e�di�
dare�indicazioni�all'Amministrazione�per�il�periodo�intermedio,�si�ritiene�utile�
esprimere�alcune�valutazioni�di�massima�nella�materia.�

Com'e�noto,�il�primo�decreto�ministeriale�e�stato�annullato�dalla�deci-
sione�del�TSAP�n.�35/1992,�confermata�dalla�sentenza�della�Cassazione�
civile,�SS.UU.,�n.�10124/1994,�per�ragioni�di�ordine�esclusivamente�formale,�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

vale�a�dire�la�mancata�acquisizione�del�parere�del�Consiglio�di�Stato�e�la�
mancata�comunicazione�al�Presidente�del�Consiglio�dei�Ministri,�adempi-
menti�prescritti�dall'art.�17,�comma,�della�legge�n.�400/1988;�peraltro,�la�Cas-
sazione,�con�sent.�n.�9551/1997,�ha�riformato�altra�sentenza�del�TSAP�simile�
alla�citata�n.�35/1992�per�incompetenza�(a�favore�del�TRAP�quanto�alla�que-
stione�della�debenza�delle�somme)�e�per�il�decorso�dei�termini�di�impugna-
zione�del�decreto�ministeriale�n.�1990�dinanzi�al�TSAP.�

Con�il�successivo�decreto�ministeriale�n.�258/1998�l'Amministrazione�
finanziaria�ha�provveduto�a�sanare�la�situazione�venutasi�a�verificare,�ricon-
fermando�in�toto�le�disposizioni�del�decreto�annullato�(salvo�per�cio�che�con-
cerne�la�rivalutazione�dei�canoni�per�ricerca�di�idrocarburi�di�cui�all'art.�4,�
materia�che�tuttavia�non�interessa�la�questione�in�oggetto)�ed�aggiungendo�
l'art.�7�sulla�rivalutazione�dei�canoni�di�cui�e�questione.�E�nuovo�decreto�con-
ferma�la�decorrenza�dell'aumento�dei�canoni�e�sovracanoni�in�esso�previsti�a�
far�data�dal�1.�gennaio�1990�ed�ottempera�regolarmente�agli�adempimenti�
formali�richiesti�dalla�legge.�

La�Soc.�X�S.p.A.�contesta�la�debenza�delle�maggiorazioni�previste�dai�
due�decreto�ministeriale�sulla�base�di�un�complesso�di�argomentazioni.�

Con�riguardo�al�decreto�ministeriale�20�luglio�1990,�la�Soc.�X�sottolinea�
che�esso�non�puo�spiegare�alcuna�efficacia�in�quanto�annullato�e�che,�in�ogni�
caso,�i�canoni�per�gli�attraversamenti�aerei�con�linee�elettriche�senza�infis-
sione�di�pali�esulano�dall'ambito�di�applicazione�del�decreto,�anche�in�consi-
derazione�del�fatto�che�tali�attraversamenti�non�darebbero�luogo�ad�alcuna�
forma�di�utilizzazione�dei�beni�del�demanio�o�del�patrimonio�dello�Stato.�

La�corretta�ricostruzione�della�fattispecie�in�esame,�da�un�lato,�ed�un'at-
tenta�lettura�del�decreto-legge�n.�90�e�dei�decreti�ministeriali�emessi�in�attua-
zione�di�esso,�dall'altro,�mostrano�come�questa�argomentazione�della�Societa�
X�priva�di�fondamento.�

Il�primo�aspetto�della�questione�che�deve�essere�approfondito�consiste�
nella�qualificazione�in�termini�d|�servitu�,�e�segnatamente�di�servitu�di�elet-
trodotto,�del�passaggio�di�linee�elettriche�sui�fondi�e�sui�corsi�d'acqua�di�
proprieta�privata�o�pubblica,�pur�senza�l'infissione�a�terra�di�manufatti�di�
sostegno.�

Com'e�noto,�la�servitu�e�definita�come�un��peso�imposto�sopra�un�fondo�
per�l'utilita�di�un�altro�appartenente�a�diverso�proprietario��e,�pertanto,�le�
due�condizioni�comunemente�individuate�affinche�si�possa�parlare�di�servitu�
consistono�nella�utilita�e�nel�rapporto�tra�fondi�contigui.�Ora,�nel�caso�in�
esame,�e�indubbio�che�il�proprietario�del�bene�al�di�sopra�del�quale�vengono�
fatti�passare�gli�elettrodotti��ancorche�non�siano�infissi�a�terra�pali�o�men-
sole��subisca�una�limitazione�nell'esercizio�del�suo�diritto,�talche�il�godi-
mento�da�parte�sua�non�puo�dirsi�in�pieno;�in�particolare,�questa�conclusione�
discende�dal�noto�principio�romanistico�secondo�cui�la�proprieta�si�estende�
in�linea�verticale�anche�al�sottosuolo�e�nello�spazio�sovrastante,�teoricamente�
all'infinito�(usque 
adsideraetadinferos).�

L'art.�121�R.D.�n.�1775/33�fornisce�un�supporto�testuale�a�quanto�
appena�osservato,�laddove�precisa,�comma�1,�lettera�a),�che�la�servitu�consi-
ste,�fra�l'altro,�nel��far�passare�conduttori�elettrici�;�in�forza�di�tale�disposi-


I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO

zione,�per�i��semplici�attraversamenti�aerei�con�elettrodotti��senza�infis-
sione�di�pali�o�di�mensole�e�senza�posa�di�cavi��...�di�beni�di�demanio�pub-
blico��sono�stati�fissati�specifici�canoni�dalla�normativa�sopravvenuta�
(art.�4,�comma�2,�legge�n.�1501/1961,�richiamata�dall'art.�14,�comma�1,�d.l.�

n.�546/1981,�conv.�in�legge�n.�692/1981).�
Lo�stesso�art.�121�del�Testo�unico��laddove�precisa�i�diversi�contenuti�
possibili�della�servitu��di�elettrodotto��viene�interpretato�in�dottrina�(cfr.�
Paterno�,�voce�Elettrodo�(servitu�di),in�Enciclopedia�giuridica�Treccani,�
vol.�XII)�nel�senso�che�le�diverse�facolta��contemplate�come�spettanti�al�tito-
lare�non�necessariamente�ricorrono�in�ogni�singola�fattispecie,�dovendo�
invece�il�contenuto�effettivo�di�ciascuna�servitu��essere�desunto�dal�titolo�
costitutivo.�Il�titolare�della�servitu��puo��esercitare,�in�altre,�parole,�solo�quei�
poteri�che�sono�connessi�al�tipo�di�servitu��che�in�effetti�e��stata�creata�e�non�
gli�altri�che,�sebbene�previsti�in�via�astratta�dall'art.�121,�non�sono�riconduci-
bili�alla�servitu��in�concreto�costituita.�Pertanto,�la�definizione�contenuta�nel-
l'art.�121,�secondo�cui��la�servitu��di�elettrodotto�conferisce�all'utente�la�
facolta��di�collocare�ed�usare�condutture�sotterranee�od�appoggi�per�condut-
tori�aerei�e�far�passare�conduttori�elettrici�su�terreni�privati�e�su�vie�e�piazze�
pubbliche,�ed�impiantare�ivi�le�cabine�di�trasformazione�o�di�manovra�neces-
sarie�all'esercizio�delle�condutture�,�deve�essere�interpretata�nel�senso�che�il�
passaggio�dell'elettrodotto�su�fondi�di�proprieta��pubblica�o�privata�costituisce�
servitu��di�elettrodotto�anche�se�cio��non�comporta�l'infissione�di�pali�o�di�
mensole.�

Per�quanto�riguarda�l'altra�caratteristica�fondamentale�della�servitu��,�vale�
a�dire�l'esistenza�di�due�fondi�vicini,�vero�e��che�l'individuazione�del�fondo�
dominante�e��nel�caso�di�specie�non�immediata�ma�occorre�considerare�che�
si�e��in�presenza�di�un�tipo�particolare�di�servitu��che�la�legge�ha�tipizzato,�in�
particolare�negli�artt.�121�e�ss.�del�testo�unico�n.�1775�del�1993.�Il�problema�
della�individuazione�del�fondo�dominante�nella�servitu��di�elettrodotto,�
comunque,�e��stato�risolto�in�dottrina�e�giurisprudenza�considerando�tale�i
n�alcuni�casi��la�centrale�di�produzione�dell'energia�elettrica�e��in�altri�
casi��lo�stesso�elettrodotto.�

Deve�peraltro�essere�precisato�che�la�Societa��X�non�contesta,�com'e��
evidente,�la�astratta�configurabilita��di�una�servitu��avente�ad�oggetto�il�pas-
saggio�di�conduttori�elettrici�su�fondi�privati�o�pubblici,�ma�sostiene�che�
nella�fattispecie�in�esame�non�ricorrerebbe�tale�ipotesi�in�quanto�non�vi�
sarebbe�alcuna�reale�utilizzazione�del�bene�a�causa�dell'assenza�di�pali�o�
sostegni.�

In�realta��,�su�questo�punto�la�Corte�di�Cassazione�ha�chiarito�con�la�sen-
tenza�n.�1191�del�9�marzo�1978�che��poiche�un�fondo�possa�ritenersi�assog-
gettato�a�servitu��di�elettrodotto�e��necessario�che�esso�sia�attraversato,�in�cor-
rispondenza�della�colonna�d'aria�sovrastante,�da�condutture�elettriche�che�si�
proiettino�verticalmente�su�di�esso�;�e,�con�la�sentenza�n.�4892�del�23�aprile�
1992�che��Il�carattere�amovibile�della�servitu��di�elettrodo...�non�incide�sul-
l'obbligo�di�liquidare�il�relativo�indennizzo�sulla�base�dell'effettivo�valore�del�
fondo�asservito...�.�Tali�principi�valgono�naturalmente�anche�per�i�beni�
demaniali�e�di�conseguenza�al�proprietario�del�fondo�servente�va�corrisposta�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

un'indennita�che�nel�caso�di�specie�e�sostituita�dal�pagamento�di�un�canone�
annuo�secondo�il�disposto�dell'art.�125�del�gia�citato�testo�unico�n.�1775�del�
1993�(sempre�fatto�salvo�l'ulteriore�indennizzo�per�l'eventuale�deprezzamento�
del�fondo,�se�effettivamente�ricorrente,�anche�in�considerazione�dell'altezza�
della�linea�elettrica�rispetto�al�suolo:�Trib.�Napoli�29�marzo�1980,�in�Rass. 
Giur. 
Enel,�1981,�501).�

Se�gia�la�ricostruzione�della�fattispecie�in�esame�e�la�sua�collocazione�nel�
sistema�delle�servitu�regolate�dagli�art.�121�e�segg.�Testo�Unico�sembrano�
condurre�a�ritenerle�comprese�nella�disciplina�del�decreto�ministeriale�del�
1990,�e�di�conseguenza�anche�del�successivo�decreto�ministeriale�n.�258�del�
1998,�il�cui�art.�7�deve�considerarsi�avente�solo�funzione�interpretativa-c
hiarificativa�e�non�innovativa,�ulteriore�conferma�di�tale�posizione�ricava�
dall'esegesi�del�decreto-legge�n.�90/1990�(che�prevede�in�termini�generali�gli�
aumenti�dei�canoni�e�demanda�alla�decretazione�ministeriale�la�normativa�
di�dettaglio)�e�dei�due�provvedimenti�in�esame.�

Il�principale�argomento�a�favore�della�tesi�che�qui�si�sostiene�puo�essere�
tratto�dall'interpretazione�dell'art.�12,�comma�5,�del�decreto-legge�

n.�90/1990.�Infatti�tale�norma,�da�un�lato,�prevede�in�termini�generali�che�
�Con�decreto�del�Ministero�delle�Finanze,�di�concerto�con�il�Ministero�del�
Tesoro,�...,�sono�stabiliti�i�criteri�per�la�rideterminazione,�a�decorrere�dall
'anno�1990,�dei�canoni,�proventi,�diritti�erariali�ed�indennizzi�comunque�
dovuti�per�l'utilizzazione�dei�beni�immobili�del�demanio�o�del�patrimonio�
indisponibile�dello�Stato��e,�d'altro�lato,�esclude�espressamente�dall'aumento�
specifici�canoni,�vale�a�dire:�
canoni�dovuti�per�le�concessioni�delle�grandi�derivazioni�ad�uso�idroe
lettrico,�di�attingimento�di�acque�pubbliche�per�uso�potabile�o�di�irrigazione�
agricola;�

canoni�per�immobili�concessi�o�locati�ad�uso�alloggio�e�determinati�
sulla�base�della�legge�27�luglio�1978,�n.�392,�o�dell'art.�16�del�decreto-legge�
2�ottobre�1981,�n.�546.�

Pertanto,�appare�difficile�sostenere�che�i�canoni�dovuti�per�il�passaggio�
di�elettrodotti�senza�infissione�di�pali�non�siano�ricompresi�negli�aumenti�
disposti�con�i�decreti�ministeriali�in�esame.�Tanto�piu�che�l'art.�12�ha�espress
amente�escluso�i�canoni�dovuti�ai�sensi�dell'art.�16�del�decreto-legge�

n.�546/81��cioe�i�canoni�per�concessioni�demaniali�non�disciplinati�da�
apposite�disposizioni�legislative,�compresi�quelli�dovuti�a�titolo�ricognitorio�
�nulla�dicendo�con�riguardo�al�precedente�art.�14�dello�stesso�decreto-legge�
n.�546/1981�che�contempla,�per�l'appunto,�al�primo�comma,�gli�attraversam
enti�aerei�con�elettrodotti�senza�pali.�
I�due�decreti�ministeriali,�dal�canto�loro,�contengono�una�serie�di�norme�
che�fissano�la�misura�degli�aumenti�con�riguardo�a�specifici�tipi�di�canoni�e,�
poi,�una�norma�di�chiusura�(art.�6�in�entrambi�i�decreti)�che�riguarda��tutti�
i�canoni�annui,�proventi,�diritti�erariali�comunque�dovuti�per�l'utilizzazione�
di�beni�del�patrimonio�disponibile,�indisponibile�e�del�demanio�pubblico�dello�
Stato��con�l'esclusione�dei�canoni�contemplati�dalle�disposizioni�precedenti,�
oltre�che�di�quelli�gia�esclusi�dall'art.�12,�comma�5,�del�decreto-legge�

n.�90/1990.�

I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO

Ne�trova�alcun�fondamento�nella�lettera�della�legge�e�dei�due�decreti�la�
tesi�secondo�cui�i�decreti�ministeriali�in�questione�si�riferirebbero�solo�ai�
canoni�stabiliti�in�misura�non�fissa�restando�esclusi�quindi�quelli�relativi�agli�
elettrodotti�stabiliti�in�misura�fissa�dalla�legge.�

Anche�a�seguito�dell'emanazione�del�decreto�ministeriale�n.�258,�la�Soc.�
X�insiste�nel�ritenere�non�dovute�le�maggiorazioni�in�oggetto,�in�particolare�
ribadendo�le�argomentazioni�teste�considerate�e�contestando�inoltre�la�legitti-
mita��stessa�di�tale�decreto,�che�la�Societa��ha�provveduto�ad�impugnare�
dinanzi�alle�competenti�Autorita��Giudiziarie.�

Le�argomentazioni�addotte�a�sostegno�di�tale�posizione�sono�state�con-
testate�negli�atti�defensionali�depositati�dall'Avvocatura�dello�Stato,�sulla�
base�delle�seguenti�considerazioni.�

La�Soc.�sottolinea�innanzitutto�che�il�provvedimento�e��stato�emanato�
ben�oltre�il�termine�previsto�dalla�legge�n.�165/1990.�Non�si�tratta�di�un�argo-
mento�decisivo�se�si�considera,�da�un�lato,�che�il�termine�di�70�giorni�dall'e-
manazione�del�decreto-legge�n.�90/1990�e��stato�rispettato�per�l'emanazione�
del�decreto�originario�ma�non�poteva�esserlo�per�il�decreto�n.�258,�posto�che�
l'annullamento�del�primo�e��intervenuto�dopo�quattro�anni�e,�d'altro�lato,�
che�i�termini�fissati�dalla�legge�per�l'adozione�di�regolamenti�non�sono�consi-
derati�perentori.�Sotto�quest'ultimo�profilo,�si�veda�il�parere�del�Consiglio�di�
Stato,�sez.�consult.�att.�norm.,�4�luglio�1997,�n.�71/1997,�nella�quale�i�giudici�
hanno�sottolineato,�in�primo�luogo,�che��la�potesta��regolamentare�e��imma-
nente�nelle�attribuzioni�del�Governo��e,�inoltre,�che,��se�il�legislatore�ha�rite-
nuto�demandare�alla�normazione�secondaria�il�completamento�della�disci-
plina,�non�e��concepibile�che�la�disciplina�resti�lacunosa�e�la�legge�di�fatto�
inapplicabile�.�

Sempre�con�riguardo�al�decreto�n.�258�la�Soc.�sostiene,�sotto�un�altro�
profilo,�che�l'illegittimita��del�provvedimento�discenderebbe�dalla�impossibi-
lita��di�reiterare�un�atto�amministrativo�annullato�da�una�sentenza�definitiva�
(nella�specie�la�sentenza�delal�Cassazione�n.�10124/1994).�In�merito�a�questo�
rilievo,�si�osserva�che,�se�la�dottrina�e�la�giurisprudenza�escludono�l'ammissi-
bilita��di�un�provvedimento�di�convalida�in�seguito�all'avvenuto�annullamento�
del�provvedimento�viziato,�e�in�ogni�caso�la�c.d.�sanatoria�e��generalmente�
esclusa�per�i�pareri,�non�si�puo��d'altra�parte�trascurare�che�il�decreto�del�
1990�e��stato�annullato�per�ragioni�meramente�formali�che�non�toccano�le�
ragioni�sostanziali�poste�alla�base�della�contestata�maggiorazione�la�quale.�e��
espressamente�prevista�dalla�legge�n.�165/1990,�anche�con�indicazione�della�
data�di�decorrenza�degli�aumenti�(anno�1990),�cos|��che�non�si�puo��neppure�
sostenere�che�il�decreto�ministeriale�n.�258/1998�non�avrebbe�potuto�disporre�
aumenti�retroattivi.�

Inoltre,�l'inammissibilita��di�un�provvedimento�di�convalida�o�sanatoria�
di�un�atto�gia��annullato�non�esclude,�com'e��evidente,�che�questo�possa�
essere�rinnovato;�la�stessa�Societa��ricorrente�ammette,�del�resto,�che�i�due�
decreti�non�hanno�un�contenuto�perfettamente�equivalente,�il�che�porte-
rebbe�ad�escludere�la�natura�di�mera�convalida�o�sanatoria�del�decreto�

n.�258,�nonostante�l'esplicita�qualificazione�in�tal�senso�contenuta�nel�
preambolo.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

Nell'allegare,�per�le�Avvocature�distrettuali,�copia�di�alcuni�atti�defensio-
nali�reperiti�presso�la�scrivente,�si�fa�riserva�di�comunicare�l'esito�dei�conten-
ziosi�in�atto,�raccomandando�all'Amministrazione�di�rinnovare�periodica-
mente�le�richieste�di�pagamento�dei�canoni�aggiornati�secondo�i�criteri�del�
decreto�ministeriale�n.�258/1998�cos|�da�interrompere�il�decorso�dei�termini�
prescrizionali�.�

PARERE 
DEL 
30 
NOVEMBRE 
2000 
N. 
122417. 


Rapporto 
tra 
foro 
erariale 
e 
foro 
inderogabile 
per 
le 
locazioni 
^Artt. 
25 
e 
661 
c.p.c.; 
art. 
7 
T.U. 
30 
ottobre 
1933 
n. 
1611. 
(Consultivo�9303/00,�
avv.�Cosentino).�

�Con�riferimento�alla�questione�sottoposta,�e�cioe�quella�se�il�foro�era-
riale�ex�art.�25�c.p.c.�(e�correlate�disposizioni�del�testo�unico�n.�1611/1933)�
prevalga�o�meno�sul�foro��inderogabile��fissato�dall'art.�661�c.p.c.�per�le�
licenze�e�gli�sfratti�in�materia�locatizia,�questa�Avvocatura�Generale�osserva�
quanto�segue.�

1.�Il�profilo�della�inderogabilita�(da�intendersi�come�impossibilita�di�deroga�
pattizia�al�Foro�stabilito�per�legge)�appare�irrilevante,�o�comunque�non�idoneo,�
al�fine�di�risolvere�la�questione�della�prevalenza,�in�quanto�esso�e�comune�ad�
entrambe�le�fattispecie�legali�(nell'art.�661�c.p.c.�per�espressa�formulazione;�nel-
l'art.�25�c.p.c.�per�pacifica�interpretazione�dottrinale�e�giurisprudenziale).�
2.�Piuttosto�parrebbero�alla�Scrivente�utilizzabili,�a�favore�della�tesi�di�
prevalenza�del�Foro�erariale,�il�criterio�ermeneutico�di�specialita�e�quello�del-
l'argomento�a 
contrario.�
A) 
Quanto�al�primo�criterio�si�puo�ben�ritenere�sostenibile�la�natura�
speciale�(o,�volendo,�anche�ultraspeciale)�della�competenza�del�Foro�erariale�
rispetto�a�tutte�le�altre�competenze�territoriali�previste�dal�codice�di�rito�
vigente�(ancorche�a�loro�volta�speciali,�com'e�per�l'art.�661�c.p.c.).�Si�tratta�
peraltro,�e�da�avvertire,�di�un�criterio�di�non�assoluta�incontrovertibilita�,�
anche�se�e�sulla�sua�base�che,�nell'ordinamento�previgente�all'introduzione�
del�Giudice�unico�di�primo�grado,�trovava�probabilmente�spiegazione�il�feno-
meno�della�c.d.�vis 
actractiva 
del�foro�erariale�in�grado�di�appello�dal�Pretore�
al�Tribunale�(art.�7,�ult.�co.,�R.D.�30�ottobre�1933�n.�1611).�Si�rammenta�poi�
che,�sempre�con�riferimento�all'ordinamento�previgente,�la�giurisprudenza�si�
era�gia�espressa�nel�senso�della�prevalenza�del�Foro�erariale,�sia�pur�giustifi-
cata�con�l'argomento�della�sua�natura�inderogabile,�proprio�in�tema�di�con-
valida�di�sfratto,�ai�fini�della�individuazione�del�Tribunale�competente�(per�
valore)�a�decidere�il�merito�dell'opposizione�alla�convalida�(cfr.�Cass.�Sez.�1�
25�maggio�1995�n.�5732;�cfr.�anche,�in�precedenza�nello�stesso�senso,�Cass.�
Sez.�1.,�5�marzo�1988�n.�2309).�

B) 
Quanto�all'argomento�a 
contrario,�esso�trova�fondamento�in�cio�,che,�
per�quanto�attiene�alle�controversie�di�lavoro,�il�legislatore�ha�espressamente�
escluso�la�competenza�del�foro�erariale�anche�quando�in�essa�sia�parte�
un'Amm.ne�dello�Stato�(art.�40�D.lgs.�n.�80/1998,�che�ha�integrato�l'art.�413�
c.p.c.,�cos|�come�gia�modificato�dall'art.�82�D.lgs.�n.�51/1998).�Da�cio�la�pos-
sibilita�di�sostenere,�per�a 
contrario 
(ubi 
voluti 
dixit)�la�vigenza�della�regola�


I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO

del�Foro�erariale�(quando�sia�parte�un'Amministrazione�dello�Stato)�in�tutti�
gli�altri�casi.�Si�tratta�anche�qui�di�argomento�non�incontrovertibile;�ed�e�,�
per�di�piu�,�da�notare�che�la�deroga�de�qua,�proprio�per�la�sua�esclusivita�
apparentemente�irrazionale,�e�stata�sospettata�di�illegittimita�costituzionale�
e�quindi�gia�rimessa�al�giudizio�della�Corte�Cost.le�(cfr.�ord.�16�marzo�2000�
del�Tribunale�di�Chieti,�in�Gazzetta�Ufficiale�27�settembre�2000,�n.�40�S.S.�

R.0.�n.�534),�seppur�soltanto�con�riferimento�alla�difforme�disciplina�delle�
controversie�previdenziali�di�cui�all'art.�442�c.p.c.�
3.�Cio�premesso,�ad�avviso�della�Scrivente,�la�tesi�della�prevalenza�
del�Foro�erariale�nelle�controversie�di�cui�all'art.�661�c.p.c.�non�potra�
non�essere�sostenuta,�quanto�meno�sino�a�che�non�intervenga�un�chiari-
mento�in�sede�legislativa�(si�ha�notizia�che�e�in�corso�di�approvazione�
una�modifica�dell'art.�7�del�R.D.�n.�1611/1933)�o�non�si�formi�un�indi-
rizzo�giurisprudenziale�contrario;�e�cio�anche�perche�e�la�tesi�piu�favore-
vole�all'interesse�pubblico�che�e�a�fondamento�della�regola�del�Foro�era-
riale�(come�piu�volte�riconosciuto�dalla�giurisprudenza).�Stante�tuttavia�i�
marginidiopinabilita�sopra�evidenziati�e�la�pendenza�dei�giudizi�di�legit-
timita�costituzionale�il�cui�esito�potrebbe�influenzare�la�soluzione�della�
questione�in�esame,�si�raccomanda�ponderazione�nell'uso�della�relativa�
eccezione�di�incompetenza�(da�sollevarsi�comunque,�in�limine�litis,cioe�
nella�comparsa�di�risposta,�a�pena�di�decadenza,�secondo�quanto�ora�pre-
vede�il�nuovo�testo�dell'art.�38,�co.�2,�c.p.c)�.�
PARERE 
DEL 
9 
DICEMBRE 
2000 
N. 
125321. 


Giurisdizione�delle�commissioni�tributarie�sui�ricorsi�contro�il�ruolo�emesso�

per�la�riscossione�di�tributiper�i�quali�la�cognizione�delle�controversie�e�riservata�

alG.O.�inriferimentoalmomentodellapresentazionedeiricorsi^Art.�11,�co.�

5,�d.l.�13�maggio�1991,�n.�151,�convertito�con�legge�12�luglio�1991,�n.�202.�

(Consultivo�n.�9979/1995,�avv.�Mando�).�

�1.��Come�puntualmente�ricorda�codesta�Direzione�nella�nota�a�
richiamo,�le�Sezioni�unite�(sentenze�n.�714�del�1999�e�121�del�2000)�hanno�
ritenuto,�sulla�base�del�dettato�testuale�dell'art.�11�co.�5�del�decreto�legge�
13�maggio�1991�n.�151�convertito�con�legge�n.�202�del�1991�in�relazione�al�
disposto�dell'art.�67�del�d.P.R.�n.�43�del�1988,�che�il�ricorso�contro�il�ruolo�
nonche�i�relativi�avvisi�di�mora�fosse�devoluto�alla�giurisdizione�delle�com-
missioni�tributarie�anche�per�i�tributi,�quali�quelli�doganali,�per�i�quali�la�
cognizione�delle�controversie�avverso�gli�atti�di�accertamento�o�di�rettifica�e�
riservata�al�G.O.:�di�tal�modo��e�nell'assunto�che�il�legislatore�avrebbe,�
nella�sua�discrezionalita�,�inteso��uniformare�in�fase�di�riscossione�e�dopo�la�
formazione�del�ruolo,�i�possibili�rimedi�giurisdizionali�,��e�stata�respinta�
la�contraria�tesi�che�si�era�sostenuta�nell'interesse�di�codesta�Amministra-
zione�e�di�cui�alle�circolari�ricordate�nella�nota�cui�si�risponde.�
Non�resta�che�prendere�atto�dell'indirizzo�interpretativo�accolto�dalle�

S.U.��pur�se�non�tutte�le�perplessita�,�collegate�all'affermato�diverso�regime�
processuale�dei�ricorsi�avverso�gli�atti�di�accertamento�o�di�rettifica�(riservati�
all'A.G.O.)�e�dei�ricorsi�contro�il�ruolo�e�gli�avvisi�di�mora�(devoluti�al�G.T.)�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

possono�in�astratto�ritenersi�dissolte��ed�adeguarsi�allo�stesso,�anche�nella�
considerazione�che�oramai�l'art.�11,�co.�5�del�decreto�legge�n.�151/1991�cit.e�
stato�definitivamente�abrogato�dall'art.�37�del�D.lgs.�n.�46�del�1999,�in�vigore�
dal�1�luglio�1999�e�che�attualmente�la�giurisdizione�in�materia�e�da�ritenersi�
quella�del�giudice�ordinario.�

2.��Per�il�periodo�anteriore�al�1.�luglio�1999�va,�da�un�lato,�tenuto�pre-
sente�il�principio�affermato�dalle�S.U.�secondo�cui�anche�la�giurisdizione�delle�
commissioni�tributarie�deve�essere�individuata,�in�applicazione�dell'art.�5�
c.p.c.,�con�riguardo�al�momento�in�cui�la�domanda�giudiziale�e�stata�proposta;�
e,�d'altro�lato,�va�considerata�la�evoluzione�normativa�che�ha�interessato�la�
disposizione�di�cui�al�predetto�co.�5�dell'art.�11,�in�primo�tempo�abrogato�(con�
effetto�dal�1.�aprile�1996�data�di�insediamento�delle�nuove�commissioni)�dal-
l'art.�71,�co.�1�del�D.lvo�n.�546�del�1992�e�poi�``rimesso�in�vigore''�dall'art.�12�
del�decreto�legge�n.�437�del�1996�convertito�dalla�legge�24�ottobre�1996�n.�556�
(la�quale,�nell'introdurre�la�lettera�h) 
nelpredettoart.�12hasoppressonelcitato�
art.�71�il�riferimento�all'art.�11,�co.�5,�del�decreto�legge�n.�151�del�1991).�
In�relazione�a�tale�quadro��sentito�il�Comitato�consultivo,�che�si�e�espresso�
in�conformita��sembra�da�concludere�che,�con�riguardo�ai�ricorsi�contro�il�
ruolo�(ed�i�relativi�avvisi�di�mora)�in�tema�di�diritti�doganali�proposti�nel�periodo�
dal�1.�aprile�1996�al�25�ottobre�1996�(e�cioe�per�il�periodo�nel�quale�il�co.�5�del-
l'art.�11�in�esame�era�rimasto�abrogato),�vada�ritenuta�la�giurisdizione�del-
l'A.G.O.,�sicche��gli�Uffici�potranno�continuare�ad�eccepire�il�correlativo�difetto�
di�giurisdizione�delle�commissioni�tributarie�adite�dalla�parte�contribuente�(men-
treavantiall'A.G.O.�nonverra�coerentementecontestatadall'Avvocaturalagiu-
risdizione�dello�stesso�G.O.).�All'incontro,�per�i�medesimi�ricorsi�proposti�nel�
periododalladatadientratainvigoredeldecretoleggen.�151/1991convertito�
conlaleggen.�202del1991al31�marzo1996nonche��dal26�ottobre1996(giorno�
successivo�alla�entrata�in�vigore�delle�modificazioni�introdotte�dalla�citata�legge�
di�conversione�n.�556�del�1996)�al�30�giugno�1999�avanti�le�Commissioni�tributa-
rie,�appare�opportuno�chegli�uffici�desistano�dalla�eccezione�di�difetto�di�giurisdi-
zionedelle�stesse,�in�adesione�al�sopraricordato�indirizzo�delle�S.U.:�mentreper�
le�controversie�introdotte�negli�stessi�periodi�avanti�l'A.G.O.�dara�da�coltivare�
l'eccezione�di�difetto�di�giurisdizione�del�giudice�adito,�astenendosi�coerente-
mente�dall'impugnare�le�sentenze�che�dichiarino�tale�difetto�di�giurisdizione,��a�
favore��delle�commissioni�tributarie.�.�

PARERE 
DEL 
19 
GENNAIO 
2001 
N. 
5313. 


Problemiapplicatividellaleggen. 
205/2000algiudiziopensionisticodinanzi 


alla 
Corte 
dei 
Conti: 
a) 
rappresentanza 
e 
difesa 
delle 
amministrazionidello 
Stato; 


b)regimediimpugnazionedelleordinanzecautelari 
^Art. 
420c.p.c.;art. 
5legge 


21 
luglio 
2000, 
n. 
205; 
art. 
6 
legge 
14 
gennaio 
1994, 
n. 
19; 
artt. 
21 
e 
28 
legge 


6 
dicembre 
1971, 
n. 
1034. 
(Consultivo�n.�12909/00,�avv.�Criscuoli).�

�Con�la�nota�che�si�riscontra�codesto�Ministero,�all'atto�dell'entrata�in�
vigore�della�legge�21�luglio�2000,�n.�205,�ha�posto�alcuni�quesiti�in�relazione�
al�disposto�dell'art.�5,�comma�2�della�legge�che,�in�materia�di�giudizi�pensio-
nistici�dinanzi�alla�Corte�dei�Conti,�prevede�l'applicabilita�di�alcune�norme�
del�rito�civile�del�lavoro.�


I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO

Un�primo�quesito�involge�la�rappresentanza�delle�Amministrazioni�dello�
Stato�in�quel�tipo�di�giudizio�in�relazione�all'applicazione�dell'art.�420�c.p.c.;�
codesto�Ministero,�ricordato�che�la�controparte�privata�deve�essere�assistita�
da�un�difensore�in�base�alla�vigente�normativa�e�che�cio�si�verifica�anche�nella�
fase�di�interrogatorio�libero�delle�parti�previsto�dall'art.�420�cit.,�ritenuto�
che�allo�stato�il�giudizio�pensionistico�dinanzi�alla�Corte�dei�Conti�sia�total-
mente�assimilato�a�quello�che�si�svolge�dinanzi�al�Tribunale�Amministrativo�
Regionale,�ipotizza�che�dalla�modifica�legislativa�derivi�la.�necessita�di�un�
patrocinio�dell'Amministrazione�assunto�dalla�scrivente�al�fine�di�garantire�
pari�opportunita�processuali�e�l'opportunita�di�modificare�in�tal�senso�la�cir-
colare�n.�5/1994�a�suo�tempo�diramata�in�materia�dalla�Presidenza�del�Con-
siglio�dei�Ministri.�Il�quesito,�poi,�ricordando�i�limiti�posti�dall'indisponibilita�
dei�diritti�previdenziali,�si�estende�all'esame�del�comportamento�processuale�
da�tenere�dinanzi�al�giudicante�in�sede�di�tentativo�di�conciliazione.�

Al�riguardo,�questa�Avvocatura�esprime�l'avviso�che�la�novella�legisla-
tiva�in�esame�non�abbia�introdotto�modificazioni�del�rito�pensionistico�tali�
da�rendere�inapplicabile�la�disposizione�recata�dall'art.�6�della�legge�

n.�19/194�che�prevede�che�nei�giudizi�in�materia�pensionistica�le�Amministra-
zioni�dello�Stato�possano�costituirsi�validamente�dinanzi�al�giudice�delle�pen-
sioni�senza�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato�e�per�mezzo�un�proprio�
dirigente�o�funzionario�appositamente�delegato.�Giova�in�proposito�ricordare�
che�l'art.�420�c.p.c.,�oggi�applicabile�anche�dinanzi�alla�Corte�dei�Conti,�pre-
vede�l'effettuazione�da�parte�del�giudice�di�un�interrogatorio�libero�di�
entrambe�le�parti�finalizzato�al�tentativo�di�meglio�puntualizzare�ed�eventual-
mente�conciliarne�le�posizioni�in�vista�della�composizione�della�lite�e�disci-
plina�le�modalita�e�gli�effetti�del�tentativo�di�conciliazione.�Orbene,�poiche�
nell'interrogatorio�libero�delle�parti�non�vi�sono�momenti�di�disposizione�del�
diritto�(come�peraltro�si�verifica�nel�diverso�istituto�processuale�che�e�l'inter-
rogatorio�formale),�non�si�vede�come�l'introduzione�del�tentativo�di�concilia-
zione�e�del�previo�interrogatorio,�che�e�istituto�gia�da�anni�collaudato�nel�rito�
del�lavoro,�possa�fungere�da�elemento�perturbatore�dell'impianto�processuale�
delineato�con�la�circolare�n.�5/1994;�sara�,�infatti,�sufficiente�che�le�parti�siano�
presenti�e�rispondano�alle�domande�del�giudicante�al�quale,�sulla�base�delle�
risposte�ricevute�e�delle�rispettive�posizioni�illustrate�dalle�parti,�compete�
ogni�valutazione�in�ordine�alla�sussistenza�di�uno�spazio�utilizzabile�ai�fini�
della�conciliazione.�Resta�comunque�fermo�che�il�rappresentante�dell'Ammi-
nistrazione�in�quella�sede�non�potra�disporre�del�diritto�dell'Amministrazione�
rappresentata,�se�non�nei�limiti�indicati�dalla�legge,�sicche�non�potra�indursi�
a�rinunce�e�transazioni�con�la�controparte�al�mero�fine�di�chiudere�la�lite.�
Cio�non�tanto�in�considerazione�dell'art.�2113�c.c.�(richiamato�da�codesto�
Ministero),�da�ritenersi�applicabile�alla�posizione�del�pensionato�e�che�
espressamente�prevede�alcuni�casi�di�inapplicabilita�,�quanto�in�virtu�della�
generale�indisponibilita�dei�diritti�della�pubblica�amministrazione�in�materia�
pensionistica�(vedasi,�al�riguardo:�Corte�dei�Conti,�sez.�centr.�ap.�27�giugno�
1996,�n.�12).�
In�tale�contesto�non�sembra�che�in�via�generale�si�renda�necessario�un�
patrocinio�tecnico,�ma�soltanto�una�buona�conoscenza�della�materia�in�trat-


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

tazione�e�della�relativa�legislazione,�conoscenze�che�certamente�non�difettano�
ad�un�dirigente�o�funzionario�dell'Amministrazione�interessata,�sicche�non�e�
ipotizzabile�il�verificarsi�di�quella�disparita�di�opportunita�processuali�venti-
lata�nella�nota�che�si�riscontra�nel�caso�in�cui�l'Amministrazione�non�sia�rap-
presentata�dall'Avvocatura�dello�Stato�in�sede�di�tentativo�di�conciliazione�e�
di�interrogatorio�libero�delle�parti�a�norma�dell'art.�420�c.p.c..�Certamente,�
laddove�particolari�condizioni�e�situazioni�di�fatto�impongano�valutazioni�di�
particolare�complessita�giuridica�ovvero�la�presenza�di�un�patrocinio�tecnico,�
resta�fermo�quanto�gia�previsto�dalla�circolare�ministeriale�dianzi�richiamata�
per�un'evenienza�del�genere;�l'Amministrazione�interessata�informera�tempe-
stivamente�l'Avvocatura�dello�Stato�territorialmente�competente�che�dara�
tutti�i�suggerimenti�da�caso�ovvero�decidera�di�assumere�in�proprio�la�condu-
zione�processuale�della�causa.�Peraltro,�tale�possibilita�era�stata�oggetto�di�
esplicita�previsione�nella�citata�circolare�ministeriale�che,�in�definitiva,�ad�
avviso�della�scrivente�non�merita�di�essere�modificata.�

Un�secondo�quesito�attiene�alla�eventuale�possibilita�di�impugnare�le�
ordinanze�con�cui�la�Corte�dei�Conti,�in�accoglimento�delle�istanze�cautelari�
presentatele,�abbia�disposto�la�sospensiva�del�provvedimento�impugnato.�Al�
riguardo�codesta�Amministrazione�ricorda�che�nell'assenza�di�esplicita�nor-
mativa�al�riguardo�non�ha�ritenuto�di�dover�proporre�appello�avverso�le�ordi-
nanze�pronunciate�in�primo�grado�dal�giudice�delle�pensioni;�il�problema�
sembrerebbe�porsi�nella�vigenza�della�novella�del�luglio�2000,�laddove�il�
comma�1�dell'art.�5�fa�esplicito�riferimento�alla�fase�cautelare�del�processo�
che�si�svolge�dinanzi�alla�Corte�dei�Conti�e�lascia�presumere�la�possibilita�di�
applicare�per�analogia�l'art.�21�della�legge�n.�1034/1971,�anch'esso�modificato�
dalla�medesima�legge�n.�205�e,�in�caso�positivo,�sempre�in�via�analogica,�
modalita�e�termini�dell'impugnazione�indicati�nell'art.�28�della�legge�

n.�1034/1971�come�modificato�dall'art.�3,�comma�2�della�legge�n.�205/2000.�
Al�riguardo�si�osserva�che,�sino�all'entrata�in�vigore�della�novella�del�2000,�
l'appello�al�Consiglio�di�Stato�delle�ordinanze�cautelari�del�giudice�amministra-
tivo�di�primo�grado,�pur�correntemente�utilizzato�dagli�operatori�deldiritto�e�ori-
gine�di�importanti�pronunce�giurisdizionali,�era�istituto�non�previsto�esplicita-
mente�dalla�legge�istitutiva�dei�Tribunali�amministrativi�regionali;�esso�piuttosto�
era�il�frutto�dell'elaborazione�giurisprudenziale�che,�sulla�base�soprattutto�dei�
principi�generali�dell'ordinamento,�l'aveva�ritenuto�ammissibile.�Sulle�medesime�
basi�ed�in�via�di�interpretazione�analogica,�la�scrivente�in�piu�di�un'occasione�ha�
ritenuto�che�le�medesime�argomentazioni�che�secondo�il�giudice�amministrativo�
giustificavano�l'appello�cautelare�si�rendessero�mutuabili�nel�processo�dinanzi�al�
giudice�delle�pensioni�ed�ha�impugnato�diverse�ordinanze�cautelari�con�atti�di�
appello�sui�quali�le�sezioni�centrali�della�Corte�dei�conti�hanno�regolarmente�e�
pacificamente�pronunciato,�mai�ponendosi�il�problemadell'ammissibilita�dell'ap-
pello�medesimo�(vedasi�Corte�Conti,�Sez.�Riunite,�24�marzo�1998,�n.�8).�

Orbene,�oggi�che�l'appello�avverso�l'ordinanza�cautelare�ha�trovato�una�
sua�codificazione�ed�un'esplicita�regolamentazione�dei�termini�e�delle�moda-
lita�di�proposizione�e�che,�elemento�questo�non�trascurabile�sotto�il�profilo�
interpretativo,�la�fase�cautelare�dinanzi�alla�Corte�dei�Conti�ha�trovato�espli-
cita�previsione�nel�contesto�della�medesima�fonte�legislativa,�sembra�alla�scri-


I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO

vente,�che�a�maggior�ragione�la�normativa�sulla�fase�cautelare�del�processo�
amministrativo�possa�trovare�applicazione�in�via�di�analogia�nel�processo�
dinanzi�alla�Corte�dei�Conti�che,�si�ribadisce,�ha�sempre�fatto�mostra�di�con-
dividere�tale�interpretazione�analogica�della�normativa�e�dell'elaborazione�
giurisprudenziale�in�tema�d'impugnativa�cautelare�in�punto�di�applicabilita�
nei�giudizi�aventi�ad�oggetto�le�materie�di�propria�competenza�.�

PARERE 
DEL 
19 
GENNAIO 
2001 
N. 
5315. 


Definibilita�ai�sensi�dell'art.�2-quinquies�d.l.�n.�564/1974�delle�liti�fiscali�

originate�da�atto�di�accertamento�notificato�successivamente�al�31�dicembre�

1994�ma�basato�su�p.v.c.�notificato�al�contribuente�anteriormente�a�tale�data�^

Art.�2-quinquies�d.l.�30�settembre�1994�n.�564,�convertito�in�legge�30�novembre�
1994�n.�656.�(Consultivo�n.�2605/00,�avv.�Criscuoli).�

�Nella�imminenza�della�scadenza�del�termine�per�proporre�ricorso�per�
cassazione�avverso�la�sentenza�in�oggetto,�si�riscontra�la�nota�della�Direzione�
Regionale�suindicata.�Al�riguardo�si�rappresenta�che�allo�stato�il�Ministero�
delle�Finanze�non�ha�risposto�al�quesito�sottopostogli�dalla�scrivente�(nota�
del�7�marzo�2000,�n.�25415,�costa�inviata�p.c.)�a�seguito�della�segnalazione�
pervenuta�dalla�Direzione�regionale�in�indirizzo�circa�il�rilevante�numero�di�
ricorsi�pendenti�che�involgono�la�medesima�questione.�Tuttavia,�pare�alla�
scrivente�doversi�assumere�le�definitive�determinazioni�quanto�meno�con�rife-
rimento�alla�causa�in�esame�che�e�stata�occasione�della�richiesta�di�parere.�

Orbene,�codesta�Direzione�Regionale�ha�segnalato�che,�nei�due�gradi�di�
giudizio�sin�qui�svoltisi,�il�competente�Ufficio�I.V.A.�ha�manifestato�il�pro-
prio�avviso�contrario�alla�definizione�della�lite�ai�sensi�dell'art.�2-quinquies�
del�decreto�legge�n.�564/1994,�convertito�in�legge�n.�656/1994�sotto�due�
diversi�profili:�da�un�lato�perche�l'atto�impositivo�e�stato�notificato�dopo�il�
31�dicembre�1994,�dall'altro�perche�deve�ritenersi�che�la�precedente�notifica-
zione�del�processo�verbale�di�constatazione�redatto�dall'Ufficio�Distrettuale�
delle�Imposte�Dirette�ai�fini�delle�imposte�sul�reddito,�ancorche�contenesse�i�
medesimi�rilievi,�avesse�valore�esclusivamente�per�queste�imposte.�

In�sostanza�l'Ufficio�sostiene�che�le�liti�che�la�legge�indica�come�quelle�
che�possono�insorgere�per�atti�notificati�entro�il�31�dicembre�1994�(ivi�com-
presi�i�processi�verbali�di�constatazione�per�i�quali�non�sia�stato�notificato�
l'atto�d'imposizione)�siano�le�liti�che�potrebbero�direttamente�derivare�dal�
processo�verbale�di�constatazione�e�non�anche�le�altre�che�promanano�per�
via�indiretta�dai�verbali�redatti�da�un�nucleo�di�verifica�competente�per�
diverso�tipo�di�imposte;�queste�ultime�troverebbero�la�loro�origine�immediata�
in�un�nuovo�processo�verbale�redatto�dall'ufficio�competente�nella�materia�
in�questione�e�formalmente�autonomo�dal�primo,�comunque�contenente�
rilievi�identici�a�quelli�gia�formulati�nel�primo�processo�verbale�e,�dunque,�
gia�noti�al�contribuente.�

Allo�stato�non�puo�che�confermarsi�il�punto�di�vista�sinteticamente�
espresso�dalla�scrivente�nella�nota�inviata�dal�Ministero.

E�avviso�della�scrivente�che�la�tesi�sostenuta�in�giudizio�dall'Ufficio,�fon-
data�su�argomentazioni�e�valutazioni�di�natura�eccessivamente�formalistica,�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

non�possa�essere�condivisa�non�trovando�eccessivo�sostegno�nella�disposi-
zione�agevolativa�contenuta�nell'art.�2-quinquies 
del�decreto�legge�

n.�564/1994,�convertito�in�legge�n.�656/1994,�ed�anzi�finendo�col�perdere�di�
vista�la�ratio 
ispiratrice�che�nell'occasione�ha�mosso�il�legislatore.�
La�norma�teste�richiamata,�la�cui�rubrica�recita�genericamente��chiusura 
delle 
litifiscalipendenti� 
nel�disegnare�il�proprio�ambito�applicativo,�assimila�
alle�liti�pendenti�dinanzi�agli�organi�della�giustizia�tributaria,�quelle�che�
potenzialmente�potrebbero�insorgere�a�seguito�della�notificazione�entro�il�
31�dicembre�1994�di�atti�tra�i�quali�sono�esplicitamente�previsti�i�processi�ver-
bali�di�constatazione�cui�non�abbia�ancora�fatto�seguito�la�notificazione�del-
l'atto�impositivo.�

Come�e�agevole�osservare,�la�lite�fiscale�pendente,�ai�fini�di�ammettere�la�
possibilita�di�una�sua�chiusura�ai�sensi�della�normativa�in�esame,�e�anche�
quella�che,�seppure�non�ancora�insorta�concretamente�per�la�mancanza�di�
un�atto�impositivo,�da�impugnare,�potrebbe�comunque�insorgere�in�seguito�
alla�notificazione�dell'atto�di�cui,�alla�data�del�31�dicembre�1994,�sia�gia�nota�
al�contribuente�la�sussistenza�dei�presupposti.�Un�solo�limite,�dunque,�ha�
inteso�porre�il�legislatore�alla�definibilita�delle�liti�fiscali�pendenti�cos|�indivi-
duate:�quello�temporale�con�riferimento�alla�conoscenza�di�entrambe�le�parti�
dei�motivi�che�potrebbero�dare�origine�alla�situazione�controversa.�

Tale�essendo�il�contesto�normativo�in�cui�si�inquadra�la�fattispecie�in�
esame�(e�quelle�analoghe�in�ordine�alle�quali�si�e�chiesto�se�sia�opportuno�
insistere),�non�pare�alla�scrivente�che�la�tesi�restrittiva�sostenuta�dagli�
uffici�possa�fondatamente�trovare�ingresso.�Al�di�la�dell'argomento�mera-
mente�formale,�per�cui�la�notificazione�del�p.v.c.�ai�fini�dell'I.V.A.,�con�
contestuale�avviso�di�rettifica,�comunque�contenente�identici�rilievi�
rispetto�ad�analogo�p.v.c.�in�precedenza�notificato�ai�fini�delle�imposte�
sulreddito,e�avvenuta�dopo�la�data�indicata�dalla�legge�come�limite�di�
applicabilita�della�stessa,�sta�di�fatto�che�il�secondo�p.v.c.,�ancorche�for-
malmente�autonomo�perche�redattoda�undiverso�ufficioperifericodella�
medesima�Amministrazione,�si�e�limitato��per�esplicita�ammissione�di�
codesta�Direzione�Regionale��a�riproporre�i�rilievi�gia�contenuti�nel�
primo�p.v.c.�notificato,�come�si�e�visto,�anteriormente�alla�scadenza�fissata�
dalla�legge.�Ne�consegue�che�il�contestuale�avviso�di�rettifica�emesso�ai�fini�
dell'IVA,�in�realta�,�ha�trovato�la�sua�origine�nei�rilievi�contenuti�nel�p.v.c.�
gia�noto�al�contribuente�sin�da�data�anteriore�al�31�dicembre�1994,�sicche�
la�lite�che�e�scaturita�in�seguito�all'impugnazione�del�medesimo�avviso�di�
rettifica�ben�puo�farsi�rientrare,�sotto�il�profilo�temporale,�tra�quelle�defi-
nibili�a�norma�dell'art.�2-quinquies 
citato.�

Peraltro,�essendosi�ammesso�che,�una�volta�che�aveva�ricevuto�la�comu-
nicazione�dei�rilievi�sollevati�in�sede�di�verifica�fiscale,�ancorche�gli�stessi�fos-
sero�emersi�da�un�controllo�finalizzato�all'accertamento�dell'imponibile�ai�fini�
delle�imposte�sul�reddito,�l'Ufficio�I.V.A.�non�avrebbe�potuto�astenersi�dal�
procedere�alla�rettifica�della�dichiarazione�del�contribuente�ai�diversi�fini�del-


I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO

l'imposta�sul�valore�aggiunto,�deve�concludersi�che,�anche�sotto�diverso�pro-
filo,�la�disposizione�di�legge�in�rassegna�non�contiene�alcun�elemento�che�
possa�indurre�l'interprete�ad�escludere�la�concreta�fattispecie�in�esame�dal�
suo�ambito�applicativo.�

Invero,�proprio�dall'affermazione�dell'ufficio�I.V.A.,�che�ha�inteso�recu-
perare�a�tassazione�i�maggiori�ricavi�accertati�in�sede�di�verifica�effettuata�
dall'Ufficio�delle�imposte�dirette�ed�indicati�nel�relativo�p.v.c.,�consegue�che�
anche�la�lite�in�materia�di�I.V.A.,�gia��alla�data�della�notificazione�del�primo�
processo�verbale,�si�trovava�allo�stato�potenziale�preso�in�considerazione�dal�
legislatore�e�rientrava�tra�quelle�definibili�in�base�all'art.�2-quinquies,�nulla�
rilevando,�ai�fini�che�interessano,�che�in�un�secondo�momento�(successivo�alla�
scadenza�di�legge)�sia�intervenuta�la�notificazione�di�un�secondo�p.v.c.�non�
contenente�elementi�e�rilievi�nuovi�e�riproponente�pedissequamente�i�rilievi�
gia��contenuti�in�quello�precedentemente�notificato�al�contribuente�e,�dunque,�
a�lui�gia��noti.�

Per�i�motivi�indicati�la�Scrivente�si�asterra��dal�proporre�ricorso�per�cas-
sazione�.�

PARERE 
DEL 
24 
GENNAIO 
2001 
N. 
7395. 


Ammissibilita�adunagaraperl'aggiudicazionedipubblicafornitura�diuna�
medesima�impresa�sia�singolarmente,�sia�come�componente�di�un�raggruppa-
mento�temporaneo�di�imprese�^Art.�13,�co.�4,�legge�11febbraio�1994�n.�109.�
(Consultivo�n.�14335/00,�avv.�Cosentino).�

�In�tema�di�partecipazione�alle�gare�per�l'appalto�diforniture�non�si�rin-
viene,�ne�a�livello�di�normativa�comunitaria,�ne�a�livello�di�normativa�nazio-
nale,�una�disposizione�espressa�di�divieto�della�simultanea�partecipazione�di�
una�impresa�alla�stessa�procedura�di�gara�sia�a�livello�individuale�sia�quale�
componente�di�una�associazione�temporanea�di�imprese�o�di�un�consorzio.�

Tale�divieto�invece�e��espresso�nella�disposizione�relativa�agli�appalti�di�
lavoripubblici�contenuta�nell'art.�13,�4.�comma,�1.�periodo�della�legge-quadro�
11�febbraio�1994�n.�109,�che�testualmente�recita:��e��fatto�divieto�ai�concor-
renti�di�partecipare�alle�gare�in�piu��di�un'associazione�temporanea�o�consor-
zio�di�cui�all'art.�10,�1�comma,�lettera�d)�ed�e)�ovvero�partecipare�alla�gara�
anche�in�forma�individuale�qualora�abbia�partecipato�alla�gara�medesima�in�
associazione�o�consorzio�.�

Cio��premesso,�quand'anche�non�si�voglia�riconoscere�alla�norma�
espressa,�ora�riferita,�la�valenza�di�principio�generale�valido�anche�al�di�fuori�
della�materia�dei�lavori�pubblici�ed�applicabile�come�tale�in�tutte�le�procedure�
di�gara�pubbliche�(per�forniture,�servizi�e�quant'altro),�il�divieto�di�simultanea�
partecipazione�alla�gara�deve�comunque�ritenersi�vigente�anche�oltre�la�mate-
ria�predetta�(lavori�pubblici).�Cio��per�la�fondamentale�ragione�che�tale�
impossibilita��inerisce�alla�natura�stessa�dell'associazione�temporanea�di�
imprese�(e�di�quei�consorzi�a�questa�equiparati),�istituto,�com'e��noto,�fondato�
su�un�rapporto�di�mandato�con�rappresentanza�che�uno�o�piu��imprese�danno�
ad�altra�impresa�mandataria,�per�cui�la�simultanea�possibilita��di�partecipa-


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

zione�equivarrebbe�ad�ammettere�la�possibilita�di�una�duplice�presenza�ad�
uno�stesso�soggetto�alla�stessa�gara,�e�cioe�sia�in�proprio�che�per�(ovvero�
quale)�mandatario�con�procura:�con�piu�che�evidente�violazione�del�principio�
della�par 
condicio. 


Si�aggiunga�a�cio�anche�la�considerazione�che�il�divieto�di�cui�trattasi�
(cos|�come�altri�analoghi:�cfr. 
ad�esempio�il�comma�5�dello�stesso�art.�13�
legge-quadro)�ha�come�scopo�quello�di�garantire�la�correttezza�e�la�traspa-
renza�delle�gare�pubbliche,�nell'interesse�principale�della�stessa�P.A.�

Percio�si�ritiene�che�la�partecipazione�di�una�stessa�impresa�in�proprio�e�
come�componente�(anche�se�solo�in�veste�di�mandante)�di�una�ATI�alla�
medesima�gara�non�possa�essere�ammessa�e�vada�sanzionata�con�la�esclu-
sione�di�entrambi�i�concorrenti�(impresa�singola�e�ATI).�

Peraltro,�non�risultando�una�espressa�disposizione�di�legge�relativa�alla�
gara�di�appalto�per�forniture�e�servizi,�ragioni�di�prudente�cautela�suggeri-
scono�di�inserire,�nei�bandi�relativi�a�tali�appalti,�una�disposizione�dello�
stesso�tenore�di�quella�di�cui�al�citato�art.�13,�comma�4,�legge�citata�.�

PARERE 
DEL 
5 
FEBBRAIO 
2001 
N. 
14720. 


Rappresentanza 
e 
difesa 
in 
giudizio 
delle 
istituzioni 
scolastiche 
autonome 
da 
parte 
dell'Avvocatura 
dello 
Stato 
^T.U. 
30 
ottobre 
1933, 
n. 
1611; 
art. 
21 
legge 
15 
marzo 
1997, 
n. 
59. 
(Consultivo�n.�16507/00,�avv.�Zerman).�

�Come�e�noto,�a�seguito�della�nuova�organizzazione�scolastica,�alle�
scuole�e�stata�riconosciuta�la�personalita�giuridica�e�la�autonomia�didattica,�
organizzativa�e�di�ricerca,�ai�sensi�dell'art.�21�legge�n.�59/1997�e�normativa�
di�attuazione.�

Gia�in�passato,�a�proposito�di�altre�amministrazioni�poi�soggettivizzate�
si�era�posto�il�problema�se�tali�organizzazioni�autonome�potessero�essere�for-
nite�di�personalita�giuridica�senza�che�venisse�meno�il�loro�inserimento�nel-
l'apparato�organizzativo�dello�Stato�e�conseguentemente�la�regola�del�patro-
cinio�della�Avvocatura�Generale�dello�Stato,�ai�sensi�dell'art.�1�R.D.�

n.�1611/1933.�
Al�riguardo�era�stato�ritenuto�dalla�Suprema�Corte�conciliabile�la�per-
sonalita�giuridica�di�alcune�organizzazioni�con�la�veste�di�organi�dello�
Stato,��poiche�,�se�di�regola�l'organo,�essendo�il�normale�mezzo�di�imputa-
zione�ad�una�persona�giuridica�della�sua�azione,�non�ha�a�sua�volta�perso-
nalita�giuridica�...�nel�nostro�ordinamento�e�accolto�il�principio�che�taluni�
organi�(e,�a�maggior�ragione,�talune�organizzazioni,�anche�non�legate�da�
rapporto�organico�con�lo�Stato)�possano�ricevere�la�personalita�giuridica�
per�effetto�di�norme�eccezionali,�in�virtu�delle�quali�l'organo-persona�giuri-
dica�si�istituisce�sempre�e�solo�quando�ricorrano�particolari�ragioni,�di�
solito�di�carattere�patrimoniale,�cioe�per�dare�all'organo�maggiore�liberta�
negoziale,�con�la�possibilita�di�percepire�proventi�diretti�in�corrispettivo�
delle�prestazioni�erogate.�


I 
PARERI 
DEL 
COMITATO 
CONSULTIVO

La 
peculiarita� 
di 
tali 
soggetti 
e� 
che 
essi, 
da 
un 
lato 
si 
inseriscono 
in 
un 
quadro 
di 
rapporti 
interorganici 
e 
sono 
soggetti, 
a 
seconda 
dei 
casi, 
a 
poteri 
gerarchici 
o 
di 
direttiva 
ed 
a 
controlli 
generali 
o 
speciali; 
dall'altro 
hanno 
rapporti 
patrimoniali, 
propria 
contabilita� 
, 
propria 
organizzazione, 
e 
spesso 
proprio 
personale 
e 
propri 
beni� 
(Cass. 
1984 
n. 
5544). 


Di 
conseguenza 
e� 
stato 
ritenuto 
obbligatorio 
il 
patrocinio 
dell'A.I.M.A., 
ai 
sensi 
dell'art. 
1 
R.D. 
1611 
cit., 
in 
quanto 
amministrazione 
dello 
Stato 
(Cass. 
5544/1984 
cit.). 
Egualmente 
e� 
stato 
deciso 
per 
altri 
organi 
soggettiviz-
zati, 
quali 
il 
Fondo 
di 
previdenza 
del 
personale 
delle 
dogane 
(Cass.1983 


n. 
2993); 
la 
C.P.D.E.L. 
(Trib. 
Catania 
8 
marzo 
1979), 
la 
Cassa 
per 
il 
Mezzo-
giorno 
e 
l'Agenzia 
per 
la 
promozione 
dello 
sviluppo 
nel 
mezzogiorno 
(Trib. 
Catania 
30 
aprile 
1991). 
Nell'ambito 
scolastico, 
a 
proposito 
degli 
Istituti 
gia� 
dotati 
di 
persona-
lita� 
giuridica, 
era 
stato 
deciso 
che: 
�Gli 
istituti 
tecnici 
statali, 
anche 
se 
dotati 
di 
autonomia 
amministrativa, 
sono 
pur 
sempre 
enti 
strumentali 
dello 
Stato, 
la 
cui 
rappresentanza 
in 
giudizio, 
ai 
sensi 
dell'art. 
1 
testo 
unico 
30 
otto-
bre 
1933 
n. 
1611, 
spetta 
all'Avvocatura 
dello 
Stato 
automaticamente 
senza 
bisogno 
di 
specifiche 
investiture� 
(Tar 
Lombardia, 
Brescia, 
2 
novembre 
1982 
n. 
390). 


Come, 
infatti, 
specificato 
dalla 
Suprema 
Corte 
(Cass. 
10982/1996), 
la 
personalita� 
giuridica 
e� 
rilevante 
nei 
confronti 
dei 
terzi, 
finalizzata 
all'im-
putazione 
alla 
Scuola 
delle 
attivita� 
negoziali 
e 
della 
responsabilita� 
civile, 
e 
quindi 
ad 
una 
maggiore 
agilita� 
di 
operazioni. 
Ma 
nei 
confronti 
dello 
Stato, 
l'Istituto 
dotato 
di 
personalita� 
giuridica 
permane 
nella 
sua 
qualita� 
di 
organo, 
sia 
pure 
con 
l'autonomia 
riconosciuta 
(cfr.anche 
Cass., 
sez. 
III, 
n. 
2605/1997). 


Questa 
Avvocatura 
ritiene 
�allo 
stato 
�che 
gli 
istituti 
scolastici 
dotati 
di 
personalita� 
giuridica 
siano 
da 
considerarsi 
del 
tutto 
compenetrati 
nella 
organizzazione 
dello 
Stato, 
in 
ragione 
dei 
seguenti 
elementi: 


1. 
^inserimento 
del 
dirigente 
scolastico 
e 
del 
personale 
della 
scuola 
nel 
personale 
statale 
(cfr. 
D.Lgs. 
29/1993 
e 
successive 
modifiche); 
2. 
^responsabilita�
, 
sia 
disciplinare 
che 
per 
risultati, 
del 
dirigente 
sco-
lastico, 
nei 
confronti 
della 
Amministrazione 
statale; 
3. 
^reclutamento 
del 
personale 
della 
scuola 
su 
base 
territoriale 
e 
comunque, 
al 
di 
fuori 
delle 
singole 
scuole, 
non 
potendo 
le 
stesse 
provvedere 
a 
procedure 
di 
reclutamento 
(a 
tempo 
indeterminato), 
materia 
esplicitamente 
sottratta 
alla 
gestione 
delle 
scuole 
(v. 
art. 
15 
d.P.R. 
275/1999); 
4. 
^limitata 
autonomia 
finanziaria, 
non 
potendo 
le 
scuole 
imporre 
tasse 
scolastiche 
per 
il 
corrispettivo 
servizio, 
se 
non 
per 
peculiari 
e 
specifiche 
attivita� 
; 
5. 
^potere 
di 
vigilanza 
e 
controllo 
rimasto 
in 
capo 
alle 
strutture 
del 
Ministero, 
sia 
in 
relazione 
alla 
responsabilita� 
disciplinare 
dei 
Capi 
di 
Istituto, 
che 
alla 
possibilita� 
di 
scioglimento 
degli 
organi 
collegiali 
�in 
caso 
di 
persi-
stenti 
e 
gravi 
irregolarita� 
o 
di 
mancato 
funzionamento�, 
ai 
sensi 
dell'art. 
28, 
comma 
7 
testo 
unico 
n. 
297/1994, 
non 
abrogato 
dall'art. 
17 
d.P.R. 
n. 
275/1999. 

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

La�autonomia�riconosciuta�ha�riguardo�alla�impostazione�organizza-
tiva�e�didattica�della�scuola;�la�personalita�giuridica�fa�diventare�la�scuola�
centro�di�imputazione�di�rapporti�nei�confronti�dei�terzi,�che�riguardino�sia�
attivita�negoziali�sia�fatti�illeciti,�rimanendo��nei�rapporti�interni��l'Isti-
tuto�scolastico,�organo�dello�Stato�(in�tal�senso�esplicitamente�Cass.�
10982/1996,�cit.).�

Da�quanto�sopra�esposto�deriva,�quindi,�che�le�Scuole�sono�ammesse�al�
patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato,�ai�sensi�dell'art.�1�R.D.�n.�1611/1933,�
nonche�la�impossibilita�di�un�contrasto�giudiziale�con�lo�Stato.�

A�tale�soluzione,�che�peraltro�e�data�per�pacifica�nei�primi�orientamenti�
giurisprudenziali�(arg.�ex 
Tar�Lazio�III,�n.�8708/00�e�C.d.S.�VI,�n.�5835/00)�
conformeranno�la�propria�condotta�anche�tutte�le�Avvocature�Distrettuali.�

Sembra�opportuno�che�il�Ministero�in�indirizzo�comunichi�alle�istitu-
zioni�scolastiche�il�proprio�conforme�orientamento�sull'argomento�.�

PARERE 
DEL 
5 
MARZO 
2001 
N. 
30628. 


Violazioni 
valutarie 
^Successioni 
di 
leggi 
^Applicazione 
dell'art. 
23-bis�
deld.P.R.n. 
148/1988^Fattispeciediviolazionidileggipenalisuccessivamente 
depenalizzate 
^Differenze 
rispetto 
alle 
fattispecie 
divenute 
lecite 
^Legge 
7 
novembre 
2000, 
n. 
326. 
(Contenzioso�n.�15847/1999,�avv.�F.�Arena).�

�La�legge�7�novembre�2000�n.�326�recante��Modifiche�al�testo�unico�
approvato�con�decreto�del�Presidente�della�Repubblica�31�marzo�1988�

n.�148,�in�materia�di�sanzioni�valutarie��introduce�il�principio�di�legalita�,�nel-
l'accezione�di�cui�all'art.�2�del�codice�penale,�anche�nel�settore�delle�violazioni�
valutarie.�
In�particolare,�la�legge�in�commento�ha�abrogato�il�comma�secondo�
dell'art.�23�del�d.P.R.�n.�148/1988�(il�cui�tenore�letterale,��le�sanzioni�ammi-
nistrative�si�applicano�ai�fatti�commessi�quando�le�norme�valutarie�violate�
erano�in�vigore,�anche�se�le�norme�medesime�sono�state�successivamente�
modificate�in�senso�piu�favorevole�all'autore�della�violazione�,�aveva�costi-
tuito�argomento�per�ritenere�inapplicabile�il�regime�penalistico�dell'abolitio 
criminis 
alle�sanzioni�amministrative�in�materia�valutaria)�e�soprattutto�ha�
inserito�l'art.�23-bis,�in�forza�del�quale��Nessuno�puo�essere�assoggettato�a�
sanzioni�se�non�in�forza�di�una�legge�entrata�in�vigore�prima�della�commis-
sione�della�violazione�(primo�comma).�Nessuno�puo�essere�assoggettato�a�
sanzioni�amministrative�per�un�fatto�che,�secondo�la�legge�posteriore�non�
costituisce�violazione�punibile,�salvo�che�la�sanzione�sia�gia�stata�irrogata�
con�provvedimento�definitivo.�In�tale�caso�il�debito�si�estingue,�ma�non�e�
ammessa�la�ripetizione�di�quanto�pagato�(secondo�comma).��Segue�poi�un�
terzo�comma�che�sancisce�l'applicabilita�della�legge�posteriore�piu�favore-
vole�al�reo.�

La�volonta�del�legislatore�di�estendere�anche�al�settore�in�parola�il�prin-
cipio�di�legalita�,�con�tutta�l'ampiezza�con�il�quale�e�previsto�nel�diritto�penale�
�terminando�cos|�un�percorso�iniziato�con�la�legge�n.�689/1981�e�proseguito�
con�il�D.Lgs.�n.�472/1997,�in�materia�di�sanzioni�per�violazioni�tributarie�



I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO

appare�chiara�anche�alla�luce�della�lettura�dei�lavori�preparatori,�che�richia-
mano�espressamente�anche�l'orientamento�della�Corte�di�Cassazione�in�forza�
del�quale,�la�via�della�applicazione�analogica�dei�criteri�di�cui�all'art.�3�
D.Lgs�n.�472/1997�agli�illeciti�valutari�e�stata�giudicata�non�percorribile.�

Tuttavia,�l'applicazione�della�legge�de 
qua 
necessita�di�talune�brevi�indi-
cazioni.�

Il�primo�comma�del�nuovo�art.�23-bis,�a�parere�della�Scrivente,�va�inter-
pretato�anche�alla�luce�dell'art.�40�della�legge�n.�689/1981�in�forza�del�quale�
le�disposizioni�della�legge�generale�di�depenalizzazione��si�applicano�anche�
alle�violazioni�commesse�anteriormente�all'entrata�in�vigore�della�presente�
legge�che�le�ha�depenalizzate�.�

Ritenendo�applicabile�anche�alla�nuova�normativa�il�principio�di�cui�
alla�disposizione�teste�citata�(la�cui�valenza�generale�e�stata�riconosciuta�
anche�dalla�giurisprudenza�della�Suprema�Corte,�in�occasione�di�pronunce�
rese�in�fattispecie�depenalizzate�da�leggi�diverse�dalla�n.�689/1981,�(cfr.in�
proposito�Cass.�n.�92�del�9�gennaio�1996),�ne�deriva�che�fattispecie�sottopo-
ste,�al�momento�della�realizzazione,�a�sanzione�penale,�successivamente�
depenalizzate�non�diventano,�in�applicazione�del�primo�comma�del-
l'art.�23-bis 
legge�n.�326/00,�non�sanzionabili:�in�altri�termini,�l'espresso�
assoggettamento�a�sanzione�penale�della�condotta�posta�in�essere�deve�rite-
nersi�sufficiente�al�fine�di�applicare�la�sanzione�amministrativa,�in�quanto�
la�ratio 
della�disposizione�di�cui�al�primo�comma�citato�non�e�quella�di�far�
andar�esente�da�sanzione�comportamenti�che,�al�momento�della�loro�com-
missione�erano�addirittura�sottoposti�al�piu�grave�regime�della�sanzione�
penale,�bens|�quella�di�non�punire�comportamenti�leciti�al�momento�della�
loro�realizzazione.�

Nel�senso�suesposto,�si�ripete,�orienta�la�possibilita�di�applicazione�ana-
logica�dell'art.�40�legge�n.�689/1981�cit.�

Il�tenore�del�secondo�comma�dell'art.�23-bis,poi,inducelaScrivente�
a�suggerire�a�codesta�Amministrazione�di�astenersi�dall'irrogare�sanzioni�
tutte�le�volte�che�l'illiceita�di�una�determinata�fattispecie,�in�materia�
di�violazioni�valutarie,�sia�venuta�meno�in�seguito�ad�un�mutamento�
normativo.�

Andra�peraltro�verificato�in�concreto�se�la�fattispecie�prima�sottoposta�a�
sanzione�sia�divenuta�lecita�tout 
court 
�se�si�sia�cioe�verificata�una�abolitio 
criminis 
�ovvero�se�la�stessa�risulti�essere�sottoposta�ad�un�regime�sanzio-
natorio�diverso,�nel�qual�caso�occorrera��in�applicazione�del�terzo�comma�
dell'art.�23-bis 
�provvedere�ad�irrogare�la�sanzione�eventualmente�piu�favo-
revole�prevista�dalla�nuova�disciplina.�

Inoltre,�anche�nell'ipotesi�di�provvedimenti�divenuti�definitivi,�si�avverte�
l'esigenza�che�codesta�Amministrazione�non�ponga�gli�stessi�in�esecuzione�
(sempre�ove�si�tratti�di�fattispecie�successivamente�divenute�lecite),�atteso�
che�l'ultimo�inciso�del�comma�secondo�dell'art.�23-bis 
prima�citato�sancisce�
l'estinzione�ex 
lege 
di�detti�debiti�(al�riguardo�si�precisa,�cos|�rispondendo�al�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

quesito�di�cui�alla�nota�2�febbraio�2001,�prot.�232220�di�codesta�Amministra-
zione,�che�la�dizione�di��debito�residuo��contenuto�nella�legge�va�intesa�nel�
senso�di�somme�ancora�non�versate�sulla�base�di�provvedimenti�divenuti�defi-
nitivi).�In�forza�della�medesima�disposizione,�peraltro,�non�dovranno�essere�
accolte�eventuali�istanze�di�ripetizione�di�somme�gia�corrisposte�in�virtu�di�
provvedimenti�divenuti�definitivi.�

Si�precisa�al�riguardo�che�per�provvedimento�definitivo�deve�intendersi�
un�provvedimento�che�non.�sia�stato�oggetto�di�impugnazione,�ovvero�
avverso�il�quale�sia�stata�proposta�opposizione�rigettata�con�sentenza�passata�
in�giudicato.�Tale�interpretazione�discende�dalla�gia�rilevata�evidente�inten-
zione�del�legislatore�di�assimilare�il�regime�delle�sanzioni�per�violazioni�in�
materia�valutaria�ai�principi�scolpiti�nell'art.�2�del�codice�penale�secondo�
cui,�nell'ipotesi�di�abolitio 
criminis,�ove�vi�sia�stata�condanna�per�un�fatto�
che�la�legge�posteriore�non�prevede�piu�come�reato��ne 
cessano 
l'esecuzione 
e 
gli 
effetti 
penali��(secondo�comma�art.�2�c.p.).�

La�rilevata�assimilazione�della�nuova�disciplina�con�il�regime�penali-
stico�consente�di�rispondere�al�quesito�posto�da�codesta�Amministrazione�
con�la�nota�sopra�richiamata,�in�merito�alle�determinazioni�da�assumere�
nei�confronti�di�crediti�le�cui�riscossioni�non�sono�state�portate�a�compi-
mento�prima�dell'entrata�in�vigore�della�nuova�normativa:�ad�avviso�della�
Scrivente�gli�unici�crediti�che�potranno�ritenersi�definitivamente�acquisiti�
al�patrimonio�dell'Amministrazione�sono�quelli�gia�esatti�al�momento�del-
l'entrata�in�vigore�della�legge�in�commento�sulla�base�di�provvedimenti�dive-
nuti�definitivi.�

Quanto�infine�alle�liti�pendenti,�la�Scrivente�suggerisce�di�procedere�alla�
revoca�dei�provvedimenti�sanzionatori�relativi�a�fattispecie�divenute�lecite�
liceita��da�valutare�alla�stregua�dei�criteri�suindicati��motivando�la�stessa�
con�l'intervento�della�nuova�disciplina.�

Una�volta�disposta�la�revoca,�s|�vorra�tempestivamente�informare�l'Av-
vocatura�dello�Stato�competente,�inoltrando�copia�conforme�del�provvedi-
mento�adottato,�al�fine�di�consentire�la�richiesta�di�cessazione�della�materia�
del�contendere�con�compensazione�delle�spese�di�lite.�

Peraltro,�occorrera�,�al�contrario,�resistere�in�giudizio,�ove�l'opposizione�
al�provvedimento�d|�irrogazione�della�sanzione�sia�stata�presentata�fuori�ter-
mine:�in�tal�caso,�infatti.�secondo�quanto�piu�sopra�gia�indicato,�deve�rite-
nersi�che�il�provvedimento�sia�divenuto�definitivo�e,�dunque,�non�puo�trovare�
applicazione�il�primo�inciso�del�secondo�comma�dell'art.�23-bis.E�appena�il�
caso�di�rilevare,�da�ultimo,�che�l'opportunita�di�resistere�in�giudizio�in�siffatte�
ipotesi�e�subordinata�al�versamento�da�parte�del�trasgressore�dell'importo�
della�sanzione�o�di�parte�di�essa:�in�tal�caso,�infatti,�lo�stesso�non�avrebbe�
diritto�a�ripetere�quanto�gia�versato;�al�contrario,�ove�nulla�fosse�stato�corri-
sposto,�non�sussisterebbe�alcun�interesse�a�coltivare�l'eccezione�in�rito,�atteso�
che,�come�sopra�visto,�nell'ipotesi�di�provvedimento�definitivo,�e�prevista�l'e-
stinzione�del�debito�.�


I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO

PARERE 
DEL 
7 
MARZO 
2001 
N. 
31976. 


Potere 
di 
rinuncia 
e 
transazione 
da 
parte 
del 
Comitato 
Agevolazioni 
isti-

tuito 
presso 
il 
Ministro 
del 
Commercio 
con 
l'Estero 
�Art. 
25 
d.lgs. 
31 
marzo 


1998 
n. 
143; 
art. 
13 
testo 
unico 
approvato 
con 
R.D. 
30 
ottobre 
1933 
n. 
1611; 


art. 
17, 
co. 
25 
e 
26, 
legge 
15 
maggio 
1997 
n. 
127. 
(Consultivo�n.�17856/1999,�
avv.�Criscuoli).�

�Con�la�nota�a�riscontro�codesto�Ministero,�ricordati�alcuni�precedenti�
pareri�resi�dalla�scrivente�in�materia�di�poteri�di�rinuncia�e�transazione�del�
soppresso�Comitato�istituito�presso�il�MINCOMES�ex 
lege 
n.�394/1981;�
richiamati�altres|�il�parere�del�Ministero�del�Tesoro,�Dir.�Gen.�del�Tesoro�
reso�con�nota�del�7�febbraio�1997,�n.�170129�e�quello�del�Consiglio�Stato�ivi�
citato�in�ordine�al�Comitato�istituito�presso�il�Mediocredito�Centrale�S.p.a.�
dalla�convenzione�stipulata�tra�il�Ministero�e�la�detta�banca�giusta�le�previ-
sioni�di�cui�all'art�3�della�legge�n.�489/1993;�considerato�che�a�norma�del-
l'art.�25�del�d.lgs.�n.�143/1998�e�stato�disposto�che�a�decorrere�dall'1.�gennaio�
1999�la�gestione�dei�due�Fondi�e�degli�interventi�ivi�indicati�fosse�trasferita�
alla�S.�S.p.a.,�e�che�a�tal�fine�fossero�stipulate�apposite�convenzioni�tra�il�
Ministero�del�Commercio�con�l'Estero�e�la�societa�medesima;�considerato�
altres|�che�tra�i�due�enti�e�stata�stipulata�la�convenzione�del�16�ottobre�1998�
che�all'art.�22�stabilisce�che�l'amministrazione�dei�diversi�fondi�istituiti�per�
l'attuazione�dei�detti�interventi�e�affidata�ad�un�Comitato�istituito�presso�la�
stessa�S.,�di�cui�e�espressamente�indicata�la�composizione�(comma�1),�e�che�
il�Comitato�medesimo,�denominato�Comitato�Agevolazioni,�tra�le�proprie�
competenze�annovera�quella�di�deliberare��in�ordine�alle�revoche,�alle�rinun-
zie,�alle�transazioni�relative�alle�operazioni�medesime,�nonche�all'avvio�di�
azioni�giudiziarie��(comma�3,�lettera�b); 
rilevato�che�al�momento�il�Comitato�
Agevolazioni�ha�all'esame�alcune�proposte�transattive�di�considerevole�valore�
economico;�riferisce�in�merito�ad�una�richiesta�di�parere�del�ridetto�Comitato�
rivolta�a�codesto�Ministero�in�ordine�alla�propria�facolta�di�decidere�in�
merito�a�rinunce�e�transazioni�ed�in�particolare�se�le�proprie�deliberazioni�in�
materia�siano�soggette�alle�medesime�procedure�previste�dalla�legislazione�
vigente�per�gli�organi�delle�amministrazioni�dello�Stato�(in�definitiva,�vista�
la�sopravvenienza�dell'art.�17,�commi�25�e�26�della�legge�n.�127/1997,�se�
debba�acquisirsi�al�riguardo�il�preventivo�parere�dell'Avvocatura�dello�Stato�
ai�sensi�dell'art.�13�del�t.u.�approvato�con�R.D.�n.�1611/1933�e�succ.�mod.)�e�
chiede�di�conoscere�l'avviso�di�questa�Avvocatura�in�merito�al�quesito.�

Al�riguardo�si�osserva�quanto�segue.�

Alla�S.p.a.�S.,�com'e�noto,�e�stata�attribuita,�ai�sensi�dell'art.�25,�com-
ma�1�del�d.lgs.�n.�143/1998,�la�gestione�degli�interventi�di�sostegno�finanzia-
rio�all'internazionalizzazione�del�sistema�produttivo;�a�norma�del�successivo�
comma�3,�la�S.�S.p.a.�e�succeduta��nei�diritti,�nelle�attribuzioni�e�nelle�situa-
zioni�giuridiche�dei�quali��era�titolare�il�M.�C.�S.p.a.�in�forza�di�leggi,�di�
provvedimenti�amministrativi�e�di�contratti�relativi�alla�gestione�degli�inter-
venti�di�sostegno�finanziario�(fra�di�essi�sono�espressamente�previsti�al�
comma�1,�gli�interventi�disciplinati�del�d.l.�n.�251/1981,�convertito�in�legge�

n.�394/1981).�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

La�medesima�norma�(comma�2)�ha�previsto�che�per�la�gestione�degli�
interventi�la�S.p.a.�S.�stipula�apposite�convenzioni�con�il�Ministero�del�Com-
mercio�con�l'estero.�

Il�successivo�comma�4�prevede�il�trasferimento�dei�fondi�e�delle�disponi-
bilita�finanziarie�previsti�dalle�leggi�di�cui�al�comma�1�(quindi,�anche�la�legge�

n.�394/1981)�alla�S.�S.p.a.�entro�la�data�dell'1.�gennaio�1999.�
La�convenzione�stipulata�il�16�ottobre�1998,�all'art.�2.,�prevede�l'istitu-
zione�di�un�apposito�Comitato�presso�la�S.�S.p.a.�cui�e�affidata�l'amministra-
zione�dei�fondi�in�questione�trasferiti�alla�societa�medesima;�in�particolare,�
il�comma�3,�lettera�b)�dello�stesso�art.�2�indica�esplicitamente�tra�le�compe-
tenze�del�Comitato�quella�di�deliberare�in�ordine��alle�revoche,�alle�rinunzie,�
alle�transazioni�relative�alle�operazioni�medesime,�nonche�all'avvio�di�azioni�
giudiziarie�.�

Da�tale�quadro�d'assieme�emerge�che,�rispetto�alla�previgente�norma-
tiva,�non�molto�e�cambiato�se�si�eccettuano�l'intervenuta�soppressione�del�
Comitato�di�cui�al�d.l.�n.�251/1981,�convertito�in�legge�n.�394/1981�(art.�25,�
comma�7�del�d.lgs.�n.�143/l998)�e�l'introduzione�dell'obbligo�di�stipulare�una�
convenzione�che�disciplini�i�rapporti�tra�il�Ministero�del�Commercio�con�l'E-
stero�e�la�S.p.a.�S.�

Orbene,�seppure�puo�affermarsi�che�nel�delineato�contesto�giuridico�
tanto�l'amministrazione�del�fondo�rotativo�che�la�gestione�operativa�degli�
interventi�e�stata�attribuita�ad�un�soggetto�di�natura�non�pubblica�(S.p.a.),�
nell'ambito�del�quale�e�stato�appositamente�istituito�un�Comitato�e�che�l'in-
staurazione�dei�rapporti�giuridici�con�i�diversi�fruitori�dei�benefici�economici�
derivanti�dagli�interventi�rientri�nella�competenza�della�medesima�societa�,la�
quale�agisce�nella�qualita�di�soggetto�di�diritto�privato,�deve�anche�osservarsi�
che,�rispetto�al�previgente�ordinamento,�nulla�e�mutato�in�ordine�alla�natura�
eminentemente�pubblica�del�fondo�rotativo�istituito�con�il�d.l.�n.�251�citato�
per�gli�interventi�di�sostegno�finanziario�all'esportazione�italiana.�Non�a�caso�
la�convenzione�relativa�alla�gestione�del�fondo�di�cui�alla�legge�n.�295/1973�
prevede�che�i�componenti�del�Comitato,�a�cominciare�da�quello�che�riveste�
funzioni�di�Presidente,�siano�funzionari�dello�Stato�con�qualifica�dirigenziale;�
non�a�caso�la�convenzione�prevede�che�il�Comitato�sia�tenuto�all'osservanza�
della�legge�n.�241/1990�ed�agisca��nell'ambito�delle�modalita�e�dei�criteri�di�
concessione�e�di�restituzione�fissati�con�decreto�del�Ministro�del�Commercio�
con�l'Estero�diconcerto�con�ilMinistro�deltesoro,�delbilancio�edellaprogram-
mazione�economica�ai�sensi�dell'art.�22,�comma�6�del�decreto�legislativo�
31�marzo�1998,�n.�143�.�

Questi�profili,�ad�avviso�della�scrivente,�appaiono�sufficienti�per�ravvi-
sare�che�tutt'oggi�permanga�l'obbligo�di�acquisire�il�parere�dell'Avvocatura�
dello�Stato�in�ordine�alla�legittimita�(ed�alla�sussistenza�dei�relativi�presuppo-
sti)�di�una�rinuncia�al�recupero�di�un�credito�ovvero�della�stipula�di�una�tran-
sazione�che�per�propria�natura�comporta�necessariamente�la�coesistenza�del-
l'aliquid�datum�e�dell'aliquid�retentum.�

Invero,�il�fatto�che�il�Comitato�per�le�Agevolazioni�cui�la�Convenzione�
stipulata�da�codesto�Ministero�ha�demandato�il�compito�di�amministrare�il�


I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO

fondo�rotativo�(art.�2,�comma�1),�sia�stato�istituito�convenzionalmente�nel-
l'ambito�della�S.p.a.�S.,�sulle�ceneri�di�quello�preesistente�e�soppresso�con�
provvedimento�legislativo,�non�pare�costituire�elemento�sufficiente�per�esclu-
dere�(e�non�toglie)�che�transazioni�o�rinunce�aventi�ad�oggetto�denaro�appar-
tenente�alla�mano�pubblica�seguano�l'iter�procedimentale�che�la�legge�pre-
vede�per�le�transazioni�e�rinunce�delle�pubbliche�amministrazioni.�Del�resto,�
non�puo�farsi�a�meno�di�prendere�atto�di�una�realta�indiscutibile�e�prevalente�
nei�giorni�nostri:�nel�piu�recente�panorama�normativo�e�giurisprudenziale�la�
dicotomia�tra�ente�pubblico�e�societa�di�diritto�privato�assume�contorni�sem-
pre�piu�sfumati�e�va�stemperandosi�anche�in�considerazione�dell'indirizzo�
derivante�dalla�normazione�comunitaria�che�prevede�un�impiego�sempre�cre-
scente�dello�strumento�della�societa�per�azioni�per�il�perseguimento�di�finalita�
di�interesse�pubblico.�Dette�societa�per�azioni,�che�sorgono�dalla�trasforma-
zione�degli�enti�pubblici,�infatti,�conservano�connotazioni�proprie�della�loro�
origine�pubblicistica�in�necessaria�correlazione�con�la�partecipazione�al�capi-
tale�(esclusiva�o�di�maggioranza)�da�parte�dello�Stato�(si�pensi�ad�es.,�all'as-
sunzione�delle�vesti�di�concessionaria�necessaria�di�tutte�le�attivita�in�prece-
denza�riservate�o�attribuite�all'ente�trasformato,�di�cui�erano�la�finalita�
stessa,�o�al�mantenimento�delle�attribuzioni�e�competenze�gia�spettanti�
all'ente�pubblico).�

Deve�in�proposito�ricordarsi�che�proprio�sulla�base�di�consimili�argo-
mentazioni�la�Corte�Costituzionale�ha�a�suo�tempo�dichiarato�che��spetta�
alla�Corte�dei�conti�esercitare�nei�confronti�delle�societa�per�azioni�costituite�a�
seguito�della�trasformazione�dell'I.R.I.,�dell'E.N.I,�dell'I.N.A.�e�dell'E.N.E.L.�
disposta�dall'art.�15�del�decreto�legge�11�luglio�1992,�n.�333,�convertito,�con�
modificazioni,�nella�legge�8�agosto�1992,�n.�359,�il�potere�di�controllo�di�cui�
all'art.�12�della�legge�21�marzo�1958,�n.�259,�controllo�da�esercitare,�nelleforme.�
e�nei�limiti�in�precedenza�applicati,fino�a�quando�permanga�una�partecipazione�
esclusiva�o�maggioritaria�dello�Stato�al�capitale�azionario�di�tali�societa���
(Corte�Cost.�n.�466/1993).�

Sulla�base�delle�svolte�considerazioni,�ancorche�siano�da�tenere�presenti�
le�fondamentali�differenze�esistenti�(e�sopra�evidenziate)�tra�il�Comitato�isti-
tuito�presso�il�MINCOMES�ex�lege�n.�394/1981�e�l'attuale�Comitato�per�le�
Agevolazioni�ed�ancorche�nella�fattispecie�in�esame�non�sia�individuabile�
alcun�organo�pubblico�che�sia�interessato�alla�gestione�del�fondo�rotativo�in�
questione�e�dei�relativi�rapporti�giuridici,�non�puo�escludersi�che�sussista�in�
capo�al�comitato�Agevolazioni�o�in�capo�alla�S.�S.p.a.�l'obbligo�di�acquisire�
il�parere�dell'Avvocatura�dello�Stato�in�merito�alla�legittimita�di�rinunce�o�
transazioni�deliberate�dal�Comitato�medesimo.�

In�definitiva,�vanno�confermate,�ancora�oggi,�le�conclusioni�assunte�nel�
precedente�parere�reso�con�consultazione�del�14�febbraio�1996,�n.�16531,�sic-
che�al�quesito�proposto�dal�Comitato�Agevolazioni�della�S.�S.p.a.�e�girato�
alla�scrivente�da�codesto�Ministero,�deve�darsi�risposta�positiva:�ad�avviso�
di�questa�Avvocatura�il�Comitato,�nel�deliberare�in�ordine�a�rinunce�o�transa-
zioni,�e�soggetto�alle�procedure�previste�per�gli�organi�delle�amministrazioni�
dello�Stato�.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

PARERE 
DEL 
1S 
MARZO 
2001 
N. 
34936. 


Legittimita�del�licenziamento�senza�preavviso�nei�confronti�di�un�dipen-

dente�che�abbia�presentato�nel�corso�del�procedimento�disciplinare�le�proprie�

dimissioni,�con�la�precisazione�di�non�osservare�i�termini�di�preavviso�^

C.C.N.L.�Compartoministeri,�articoli24,25,28-ter;�art.�124�d.P.R.�10�gennaio�
1957,�n.�3.�(Consultivo�n.�19419/2000,�avv.�Varrone).�
�Con�la�nota�che�si�riscontra�codesto�Dicastero�ha�chiesto�di�conoscere�
l'avviso�di�questo�G.�U.�in�ordine�alla�possibilita�di�adottare�il�provvedi-
mento�disciplinare�del�licenziamento�senza�preavviso�nei�confronti�del�
dipendente�D.C.,�nei�cui�confronti�e�stato�instaurato�relativo�procedimento�
per�l'accertata�realizzazione�da�parte�dello�stesso�di�fatti�rientranti�nella�
previsione�di�cui�all'art.�25,�punto�5,�lettera�c)�del�C.C.N.L.�(riguardante�la�
commissione�in�genere�di�atti�e�fatti�dolosi,�non�ricompresi�nella�lettera�a),�
anche�nei�confronti�di�terzi,�di�gravita�tale�da�non�consentire�la�prosecu-
zione�neppure�provvisoria�del�rapporto�di�lavoro),�pur�avendo�quest'ultimo�
presentato�in�pendenza�del�predetto�procedimento�disciplinare�le�proprie�
dimissioni�a�decorrere�dal�1.�dicembre�u.s.�con�l'ulteriore�precisazione�di�
non�voler�osservare�i�termini�di�preavviso�di�cui�all'art.�28-ter�del�contratto�
collettivo�integrativo.�

Ed,�invero,�pur�prevedendo�espressamente�il�comma�quarto�dell'art.�124�
del�testo�unico�n.�3/1957�che�l'accettazione�(delle�dimissioni)�puo�essere�rifiu-
tata�o�ritardata�per�motivi�di�servizio,�previo�parere�del�Consiglio�di�ammini-
strazione,�o�quando�sia�in�corso�procedimento�disciplinare�a�carico�dell'im-
piegato,�codesto�Ministero�dubita�che�la�norma�possa�trovare�applicazione�
al�caso�di�specie�in�considerazione�del�fatto�che�il�rapporto�di�lavoro�con�il�
predetto�dipendente�e�regolamentato�dal�C.C.N.L.�comparto�Ministeri�stipu-
lato�in�attuazione�dell'art.�51�del�D.Lgs.�n.�29/1993.�

Per�tal�motivo�si�domanda�se�in�caso�di�ritenuta�inapplicabilita�della�
predetta�norma�alla�medesima�conclusione�possa�pervenirsi�alla�luce�della�
disciplina�regolante�gli�istituti�del�procedimento�disciplinare�e�delle�dimis-
sioni�(articoli�24,�25,�28-ter�del�C.C.N.L.).�

In�caso�affermativo�se�gli�effetti�del�provvedimento�disciplinare�dovreb-
bero�decorrere�dal�28�novembre�2000,�data�in�cui�il�dipendente�era�stato�con-
vocato�per�essere�sentito�in�ordine�ai�fatti�e�non�si�e�presentato�cos|�come�
previsto�dall'art.�24,�punto�3�del�C.C.N.L.�ovvero�dal�1.�dicembre�2000�data�
coincidente�con�quella�delle�sue�dimissioni�dal�servizio.�

Come�risulta�evidente�da�quanto�sopra�esposto�la�risoluzione�delle�que-
stioni�sottoposto�da�codesto�Ministero�all'esame�di�questo�L.U.�dipende�in�
primo�luogo�dalla�possibilita�di�ritenere�tuttora�applicabile�al�caso�di�specie�
il�citato�art.�124�testo�unico�n.�3/1957.�Codesta�P.A.�nella�nota�che�si�riscon-
tra�dubita�di�cio�in�considerazione�del�fatto�che�la�norma�in�questione�e�stata�
disapplicata�dal�C.C.N.L.�

Effettivamente�con�provvedimento�della�P.C.M.�29�agosto�1997�e�stato�
approvato�accordo�integrativo�al�C.C.N.L.�il�cui�art.�8,�in�attuazione�del-
l'art.�72�del�D.Lgs.�n.�29/1993,�fra�l'altro�prevede�che�con�riferimento�al�pre-
cedente�art.�6�(riguardante�l'estinzione�del�rapporto�di�lavoro�regolata�dagli�


I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO

art.�28-ter,�28-quater,�28-quinques 
del�C.C.N.L.�da�tale�norma�introdotti)�e�
inapplicabile�l'art.�124�del�d.P.R.�n.�3/1957.�Ebbene�tale�specifica�previsione,�
ad�avviso�della�Scrivente,�rende�senza�dubbio�inoperante�nel�caso�di�specie�
il�predetto�art.�124�sicche�non�puo�ritenersi�che�in�pendenza�del�procedi-
mento�disciplinare�codesta�P.A.�abbia�la�mera�facolta�di�accettare�le�dimis-
sioni�rassegnate�dal�D.C.�E�appena�il�caso�di�sottolineare�che�anche�in�man-
canza�di�espressa�previsione�pattizia�si�sarebbe�dovuti�pervenire�alla�mede-
sima�conclusione�in�virtu�di�quanto�previsto�dal�gia�citato�art.�72�del�D.Lgs.�

n.�29/1993,�comma�primo,�ultima�parte,�che�ha�fissato�quale�termine�ultimo�
di�operativita�delle�disposizioni�non�abrogate�regolanti�i�rapporti�di�pubblico�
impiego�destinati�ad�essere�integralmente�assoggettati�alle�regole�del�diritto�
comune�quello�della��sottoscrizione,�per�ciascun�ambito�di�riferimento,�del�
secondo�contratto�collettivo�previsto�dal�decreto�.�Cio�che�nel�caso�di�specie�
e�accaduto�con�la�sottoscrizione�dell'accordo�approvato�con�decreto�del�Pre-
sidente�del�Consiglio�dei�Ministri�del�16�febbraio�1999.�
Peraltro�come�chiarito�dall'Adunanza�Plenaria�del�Consiglio�di�Stato�
con�decisione�n.�8/1997�non�e�precluso�alla�P.A.�di�esperire�o�portare�a�ter-
mine�il�procedimento�disciplinare�nei�confronti�di�un�dipendente�cessato�dal�
servizio�nelle�ipotesi�in�cui�sussista�un�interesse�giuridicamente�qualificato�
dell'impiegato�o�della�stessa�Amministrazione,�a�una�valutazione�sotto�il�pro-
filo�disciplinare�del�comportamento�tenuto�in�servizio�dal�dipendente�
(si�pensi�ad�esempio�al�caso�del�dipendente�cautelarmente�sospeso�dal�servi-
zio,�poi�dimesso�e�collocato�in�quiescenza,�nei�cui�confronti�la�P.A.�ha�tutto�
l'interesse�ad�attivare�e/o�concludere�il�procedimento�disciplinare�allo�scopo�
di�valutare�una�possibile�reintegrazione�patrimoniale�per�il�periodo�di�
sospensione�cautelare).�

Interesse�che�tuttavia�non�e�dato�scorgere�nel�caso�di�specie,�sicche�la�
vicenda�in�ordine�alla�quale�si�e�chiesto�di�conoscere�l'avviso�di�questo�c.v.�
deve�essere�esaminata�alla�luce�delle�previsioni�del�C.C.N.L.�regolante�il�rap-
porto�di�lavoro�intercorso�fra�le�parti.�

In�particolare�il�punto�2�della�norma�prevede�che��1'Amministrazione,�
fatta�eccezione�per�il�rimprovero�verbale,�non�puo�adottare�alcun�provvedi-
mento�disciplinare�nei�confronti�del�dipendente,�se�non�previa�contestazione�
scritta�dell'addebito,�da�effettuare�tempestivamente�e,�comunque,�non�oltre�
venti�giorni�da�quando�l'ufficio�istruttore�secondo�l'ordinamento�dell'ammi-
nistrazione�e�venuto�a�conoscenza�del�fatto�(e�senza�aver�sentito�il�dipendente�
a�sua�difesa�con�l'eventuale�assistenza�di�un�procuratore�ovvero�di�un�rappre-
sentante�dell'associazione�sindacale�cui�egli�aderisce�o�conferisce�mandato).�

Il�successivo�punto�3�nel�regolare�la�fase�successiva�dispone�che��la�con-
vocazione�scritta�per�la�difesa�non�puo�avvenire�prima�che�siano�trascorsi�
cinque�giorni�lavorativi�dalla�contestazione�del�fatto�che�vi�ha�dato�causa.�
Trascorsi�inutilmente�quindici�giorni�dalla�convocazione�per�la�difesa�del�
dipendente�la�sanzione�viene�applicata�nei�successivi�quindici�giorni�.�

Particolare�rilievo�nel�caso�di�specie�assume�la�disposizione�contrattuale�
cui�si�e�da�ultimo�fatto�cenno�la�quale�con�chiarezza�sanziona�le�fasi�del�pro-


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

cedimento�disciplinare�in�modo�tale�che�il�provvedimento�sanzionatorio�non�
puo�essere�adottato�se�non�trascorsi�quindici�giorni�dalla�convocazione�senza�
che�il�dipendente�abbia�svolto�alcuna�attivita�defensionale.�Ed,�invero,�l'ob-
bligo�imposto�alla�P.A.�di�attendere�comunque�quindici�giorni�dalla�convoca-
zione�prima�di�comminare�la�sanzione�disciplinare�consente�di�rispondere�al�
quesito�posto�da�codesto�Ministero�prescindendo�dall'esame�di�alcune�deli-
cate�questioni�di�principio�connesse�alla�peculiarita�della�fattispecie�(non�va�
dimenticato�che�il�dipendente�assente�per�malattia�sia�al�momento�della�con-
testazione�degli�addebiti�che�al�momento�in�cui�gli�fu�comunicata�la�convoca-
zione�ha�disertato�quest'ultima�facendo�pervenire�lo�stesso�giorno�in�cui�essa�
era�prevista,�ma�ben�piu�tardi�dell'ora�fissata,�una�richiesta�di�rinvio�per�
motivi�di�salute.�Il�che�crea�un�forte�contrasto�fra�due�distinti�interessi�meri-
tevoli�di�considerazione�e�tutela:�l'interesse�del�lavoratore�a�potersi�difendere�
in�modo�completo�ed�efficace�e�l'interesse�del�datore�di�lavoro�a�concludere�
con�la�massima�celerita�il�procedimento�disciplinare�tenendo�conto�dei�ter-
mini�assai�ristretti�entro�i�quali�le�norme�contrattuali�gli�impongono�di�prov-
vedere)�e�alla�imperfetta�formulazione�della�norma�contrattuale�(gravi�dubbi�
infatti�sorgono,�con�riferimento�alla�individuazione�del�momento�da�cui�deve�
farsi�decorrere�il�licenziamento�disciplinare�che�potrebbe�essere�quello�in�cui�
si�chiude�il�procedimento�ovvero�quello�in�cui�e�concretamente�adottato�il�
provvedimento�sanzionatorio).�

Orbene�la�necessita�imposta�dalla�previsione�di�cui�al�citato�art.�25,�
punto�2,�di�attendere�ulteriori�quindici�giorni�entro�i�quali�comunque�il�

D.C.�poteva�svolgere�le�proprie�difese,�e�l'impossibilita�di�ipotizzare,�anche�
in�un�caso�come�quello�considerato�(in�cui�il�dipendente�ha�implicitamente�
manifestato�la�volonta�di�non�difendersi�non�rispondendo�alla�convocazione�
con�rinvio�facendo�pervenire�giustificazioni�scritte,�non�nominando�un�pro-
prio�procuratore�o�un�rappresentante�sindacale,�rassegnando�le�dimissioni�
fin�dal�22�novembre�2000�e�rinunciando�il�successivo�30�novembre�a�rispet-
tare�i�termini�di�preavviso),�la�volonta�del�lavoratore�di�non�avvalersi�di�detto�
termine�in�considerazione�del�fatto�che�i�diritti�di�quest'ultimo,�e�in�partico-
lare�il�diritto�alla�difesa,�sono�sostanzialmente�indisponibili�implicano�al�di�
la�di�ogni�ragionevole�dubbio�che�alla�data�28�novembre�2000,�prevista�per�
la�convocazione,�cos|�come�alla�data�del�successivo�1.�dicembre�2000�di�
decorrenza�delle�dimissioni�presentate�dal�D.C.�il�procedimento�disciplinare�
era�ancora�pendente.�
In�presenza�di�siffatta�situazione,�non�essendovi�norma�contrattuale�di�
tenore�analogo�a�quella�del�ricordato�art.�124�del�testo�unico�n.�3/1957,�che�
consentiva�alla�P.A.�di�ritardare�o�rifiutare�le�dimissioni�rassegnate�dal�
dipendente�sottoposto�a�procedimento�disciplinare,�e�che�il�D.C.�ha�inteso�
rassegnare�le�proprie�dimissioni�dal�1.�dicembre�2000�senza�osservare�il�ter-
mine�di�preavviso�di�cui�al�secondo�comma�dell'art.�28-ter 
del�C.C.N.L.,�lo�
stesso�andra�considerato�a�tutti�gli�effetti�cessato�dal�servizio�a�decorrere�
dalla�suddetta�data�e,�a�norma�del�comma�quarto�capoverso�codesta�Ammi-
nistrazione��ha�diritto�di�trattenere�su�quanto�eventualmente�dovuto�al�
medesimo�un�importo�corrispondente�alla�retribuzione�per�il�periodo�di�
preavviso�da�questi�non�dato�.�


I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO

PARERE 
DEL 
15 
MARZO 
2001, 
N. 
35230. 


Natura 
giuridica 
degli 
accordi 
tra 
scuole 
per 
la 
costituzione 
di 
reti 
scolasti-
che. 
Differenze 
rispetto 
alla 
partecipazione 
a 
consorzi 
pubblici 
o 
privati 
(art. 
7 
d.P.R. 
n. 
275/1999) 
^Art. 
7 
del 
d.P.R. 
8 
marzo 
1999, 
n. 
275; 
art. 
15 
della 
legge 
7 
agosto 
1990, 
n. 
241; 
art. 
25 
della 
legge 
8 
giugno 
1990, 
n. 
142. 
(Consultivo�n.�18464/00,�avv.�Zerman).�

�L'art.�7�del�d.P.R.�n.�275/1999,�prevede�tre�modalita�di�collaborazione�
tra�Scuole�ed�altri�enti�pubblici�o�privati:�
a)�gli�accordi�in�rete�tra�Scuole;�
b)�le�convenzioni�con�enti�pubblici�o�privati;�
c)�la�istituzione�o�l'adesione�a�consorzi�pubblici�o�privati.�
L'accordo�in�rete�puo�avere�ad�oggetto�attivita�,�didattiche,�di�ricerca,�
sperimentazione�e�sviluppo,�formazione�e�aggiornamento.�

Ma�puo�anche�concernere�attivita�amministrative�delle�Scuole�o�addirit-
tura�la�contabilita��ferma�restando�la�autonomia�dei�singoli�bilanci�.�Puo�
riguardare�anche�l'acquisto�di�beni�o�servizi,�l'organizzazione�e�altre�attivita�
coerenti�con�il�raggiungimento�delle�finalita�istituzionali.�

La�competenza�per�l'approvazione�dell'accordo�spetta�al�Consiglio�di�
Istituto�o�di�circolo�e��per�le�finalita�didattiche��al�collegio�dei�docenti�
delle�singole�scuole�interessate.�

Sotto�il�profilo�organizzativo,�l'accordo�individua�l'organo�responsabile�
della�gestione�delle�risorse�e�del�raggiungimento�delle�finalita�del�progetto,�
la�sua�durata,�le�sue�competenze�e�i�suoi�poteri,�nonche�le�risorse�professio-
nali�e�finanziarie�messe�a�disposizione�dalla�rete�delle�singole�istituzioni.�

L'accordo�e�depositato�presso�la�segreteria�delle�Scuole,�ove�gli�interes-
sati�possono�prenderne�visione�ed�estrarne�copia.�

Gli�accordi�in�rete�sono�aperti�a�tutte�le�istituzioni�scolastiche�che�
intendano�parteciparvi�e�prevedono�iniziative�per�favorire�la�partecipa-
zione�alla�rete�delle�istituzioni�scolastiche�che�presentino�situazioni�di�
necessita�.�

Quando�sono�istituite�reti�di�scuole,�gli�organici�funzionali�di�istituto�
possono�essere�definiti�in�modo�da�consentire�l'affidamento�a�personale�
dotato�di�specifiche�esperienze�e�competenze�di�compiti�organizzativi�e�di�
raccordo�interistituzionale.�

Dal�regime�sopra�esposto�emerge�il�carattere�associativo�della��rete�di�
scuole�:�dalla�previsione�di�un�fondo�comune�a�quella�di�un�organo�respon-
sabile�della�gestione�delle�risorse.�

Occorre�a�tal�punto�chiedersi�quale�sia�la�natura�giuridica�delle��reti�tra�
scuole�,�al�fine�di�applicare�la�disciplina�relativa,�per�quanto�non�regolato�
dalla�norma.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

Al�riguardo��considerata�la�natura�pubblica�delle�scuole�facenti�parte�
della�rete��sembra�che�gli�stessi�siano�riconducibili�alla�lata�previsione�del-
l'art.�15�legge�241/1990(28)�

In�base�a�tale�normativa,��le�amministrazioni�pubbliche�possono�sempre�
concludere�tra�loro�accordi�per�disciplinare�lo�svolgimento�in�collaborazione�
di�attivita��di�interesse�comune.�

Per�detti�accordi�si�osservano,�in�quanto�applicabili,�le�disposizioni�pre-
viste�dall'art.�11,�commi�2,�3�e�5�.�

I�commi�richiamati�dall'art.�11�della�legge�n.�241/1990�(norma�che�disci-
plina�gli�accordi�sostitutivi�di�provvedimenti),�prevedono�la�applicazione�ai�
medesimi�dei��principi�del�codice�civile�in�materia�di�obbligazione�e�contratti�
in�quanto�compatibili��(comma�2);�inoltre��gli�accordi�sostitutivi�di�provve-
dimenti�sono�soggetti�ai�medesimi�controlli�previsti�per�questi�ultimi��
(comma�3),�e�infine:��1e�controversie�in�materia�di�formazione,�conclusione�
ed�esecuzione�degli�accordi�di�cui�al�presente�articolo�sono�riservate�alla�giu-
risdizione�esclusiva�del�giudice�amministrativo�.�

Per�quanto�concerne�la�disciplina�relativa�alla�rete�tra�scuole,�si�ritiene�
quindi�applicabile��in�virtu��dell'espresso�richiamo�dell'art.�15�L.�241/1990�
�la�disciplina�codicistica,�per�le�parti�non�regolate�dall'art.�7�del�d.P.R.�

n.�275/1999.�
Sebbene�il�comma�2�art.�11�richiamato�faccia�espresso�riferimento�alle�
obbligazioni�e�contratti�(e�non�quindi�al�libro�primo,�che�disciplina�le�persone�
fisiche�e�giuridiche),�e��pur�vero�che�le�associazioni�vengono�costituite�con�
contratto�(contratti�di�comunione�di�scopo,�categoria�diversa�da�quella�dei�
contratti�di�scambio).�

Pertanto,�in�virtu��del�suesposto�richiamo,�anche�la�disciplina�relativa�alle�
associazioni�pare�applicabile�alle�reti�di�scuole,�nella�parti�non�regolate�dalla�
normativa�es.�per�quanto�concerne�il�diritto�di�recesso�delle�singole�scuole�
alla�rete,�o�in�relazione�alla�responsabilita��patrimoniale�per�le�obbligazioni�
assunte�dalla�rete�di�scuole.�

E�cio��perche�,�come�detto,�la�struttura�delineata�per�le�reti�di�scuole�ha�
carattere�associativo�in�quanto�diretto�a�creare�un�vincolo�tra�le�scuole,�per�
la�gestione�comune�di�interessi�delle�medesime.�

Puo��sorgere,�pero��,�il�dubbio�circa�la�disciplina�da�applicare,�se�quella�
relativa�alle�associazioni�riconosciute�o�non�riconosciute�come�persone�
giuridiche.�

(28)�Secondo�la�Corte�dei�Conti,�sez.�controllo�enti,�6/11/1998�n.�119:��Gli�accordi�di�pro-
gramma�previsti�dal�decreto�legge�31�gennaio�1995�n.�26�convertito�dalla�legge�29�marzo�1995,�
n.�95,�da�stipularsi�tra�Ministero�dell'Universita��ed�atenei�e�altri�soggetti�pubblici�e�privati�nell'am-
bito�degli�strumenti�di�programmazione�del�sistema�universitario,�rientrano 
nell'ampio 
genere 
degli 
accordi 
organizzativi 
di 
cui 
all'art. 
15 
della 
legge 
7 
agosto 
1990, 
n. 
241, 
e 
ad 
essi 
va 
attribuita 
natura 
negoziale;pertantoe��legittima�l'apposizione�a�tali�accordi�di�condizioni�sospensive�.�
In�dottrina,�v.�UgO 
dI 
Benedetto:�L'attivita� 
amministrativa 
concordata�in�Manuale 
di 
diritto 
amministrativo,�Maggioli�1999,�473.�Galli:�Le 
convenzioni 
organizzative�,�in��Corso 
di 
diritto 
amministrativo��Cedam,�1996,�485�e�seg.�


I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO

Sembra�doversi�optare�per�la�seconda�ipotesi.�

La�struttura�associativa�delle�reti�di�scuole,�non�determina�la�nascita�di�
una�nuova�persona�giuridica,�pubblica�o�privata,�e�cio�per�un�duplice�ordine�
di�ragioni.�

Innanzitutto�la�personalita�giuridica�pubblica�e�sempre�conferita�con�
legge,�s|�da�ipotizzarsi�unioni�di�enti�pubblici�senza�personalita�giuridica.�

Inoltre,�la�configurazione�di�una�nuova�persona�giuridica�sembra�in�con-
trasto�con�la�ratio 
della�normativa�di�riforma,�diretta�a�rendere�sempre�piu�
indipendenti�(se�pure�permettendo�forme�di�collaborazione)�le�scuole,�evi-
tando�di�creare�strutture�che�si�sostituiscano�alle�stesse.�

Relativamente�semplice�sembra�la�differenza�di�struttura�tra�le�reti�di�
scuole�e�le�convenzioni�con�universita�enti�pubblici�e�privati,�prevista�dal-
l'art.�7,�comma�8�(�1e�scuole,�sia�singolarmente�che�collegate�in�rete�possono�
stipulare�convenzioni�con�universita�statali�o�private,�ovvero�con�istituzioni,�
enti,�associazioni�o�agenzie�operanti�sul�territorio�che�intendano�dare�il�loro�
apporto�alla�realizzazione�di�specifici�obiettivi�)�e�9�(�anche�al�di�fuori�dell'i-
potesi�prevista�dal�comma�1,�le�istituzioni�scolastiche�possono�promuovere�e�
partecipare�ad�accordi�e�convenzioni�per�il�coordinamento�di�attivita�di�
comune�interesse�che�coinvolgono,�su�progetti�determinati,�piu�scuole,�enti,�
associazioni�del�volontariato�e�del�privato�sociale�).�

I�predetti�accordi,�infatti,�sono�stipulati�anche�con�soggetti�diversi�dalle�
scuole�e�diretti�a�soddisfare�specifiche�necessita�.�

Piu�complessa�sembra,�invece,�la�distinzione�tra�le�reti�di�scuole�e�i�con-
sorzi,�che�le�istituzioni�scolastiche�possono�costituire�o�a�cui�possono�aderire�
(�le�istituzioni�scolastiche�possono�costituire�o�aderire�a�consorzi�pubblici�e�
privati�per�assolvere�compiti�istituzionali�coerenti�col�Piano�dell'offerta�for-
mativa�di�cui�all'art.�3�e�per�l'acquisizione�di�servizi�e�beni�che�facilitino�lo�
svolgimento�dei�compiti�di�carattere�formativo�).�

Come�e�noto�il�consorzio�costituisce�una�entita�giuridica�assai�variegata�
e�presente�sia�nel�diritto�privato�che�in�quello�amministrativo.�

Secondo�la�disciplina�civilistica�(art.�2662�cc.�e�segg.)�con�il�contratto�di�
consorzio�piu�imprenditori�costituiscono�una�organizzazione�comune�per�la�
disciplina�o�per�lo�svolgimento�di�determinate�fasi�delle�rispettive�imprese.�

La�causa�del�contratto�di�consorzio�non�e�limitata�solamente�alla�disci-
plina�della�concorrenza�tra�imprenditori,�ma�ha�un�ambito�piu�vasto,�grazie�
al�quale�il�contratto�si�rivela�concepito�quale�strumento�di�collaborazione�
generale�tra�imprese�diverse,�volto�a�realizzare�le�piu�razionali�ed�opportune�
sinergie�(Cass.�3163/1985).�

La�normativa�privatistica�distingue�i�consorzi�con�attivita�interna,�da�
quelli�con�attivita�esterna�(art.�2612:�v.�in�particolare�art.�2613�sulla�rappre-
sentanza�in�giudizio�e�2615�responsabilita�verso�i�terzi);�i�consorzi�volontari�
da�quelli�obbligatori�(art.�2616�seg.).�

Elemento�essenziale�del�contratto�di�consorzio�e�la�qualita�di�imprendi-
tore�rivestita�dai�contraenti.�

Tale�qualita�differenzia�i�consorzi�dalle�semplici�associazioni,�essendo�
riconducibile�anche�il�medesimo�ai�contratti�di�carattere�associativo.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

Da�tempo�regolata�con�legge�e�anche�la�costituzione�di�consorzi�tra�enti�
pubblici�(consorzi�amministrativi).�

E�caratteristica�comune�a�tutti�i�consorzi�di�essere�organizzazioni�per-
manenti�per�la�realizzazione�e�la�gestione�di�opere�o�servizi�di�interesse�
comune�ai�vari�consociati,�senza�che�delle�opere�e�dei�servizi�diventi�titolare�
il�consorzio.�

Gia�il�testo�unico�della�legge�comunale�e�provinciale�del�1934�(r.d.�

n.�383/1934),�prevedeva�la�costituzione�di�consorzi�pubblici�tra�enti�locali,�ai�
quali�la�legge�espressamente�conferiva�il�carattere�di�enti�pubblici(29),�il�cui�
carattere�economico�o�no,�dipendeva�dal�criterio�imprenditoriale�o�meno�
con�cui�veniva�gestito�il�servizio.�
Successivamente,�la�legge�n.�142/1990�(ordinamento�delle�autonomie�
locali),�all'art.�25,�regola�la�costituzione�di�consorzi�tra�enti�locali��per�la�
gestione�associata�di�uno�o�piu�servizi�e�l'esercizio�di�funzioni���secondo 
le 
norme 
previste 
per 
le 
aziende 
speciali 
di 
cui 
all'art. 
23 
in 
quanto 
compatibili�.�

Secondo�l'interpretazione�giurisprudenziale,��nonostante�il�rinvio�alla�
disciplina�delle�aziende�speciali,�contenuto�nell'art.�25�della�legge�

n.�142/1990,�la�natura�giuridica�e�l'ambito�materiale�di�attivita�dei�consorzi�
facoltativi�tra�enti�locali�non�coincide�con�quello�delle�aziende.�Oltre�ai�con-
sorzi�istituiti�per�la�gestione�di�servizi�di�rilevanza�economico--
imprenditoriale,�possono�esistere�consorzi�destinati�allo�svolgimento�di�ser-
vizi�sociali�e�di�funzioni,�mentre�i�primi�si�configurano��al�pari�delle�
aziende�speciali��quali�enti�pubblici�economici,�i�secondi�hanno�natura�isti-
tuzionale��
In�definitiva,�per�i�consorzi�pubblici�la�giurisprudenza�non�distingue�
quelli�con�attivita�interna�od�esterna,�ma�quelli�aventi�carattere�imprendito-
riale�o�no,�con�le�conseguenti�implicazioni�in�ordine�alla�giurisdizione�e�alla�
disciplina�del�personale.�

Occorre�quindi�chiedersi,�a�fronte�di�un�accordo�di�collaborazione�tra�
scuole,�se�lo�stesso�sia�riconducibile�alla�figura�della�rete�tra�scuole��disci-
plinata�dall'art.�7��commi�2�e�6��del�d.P.R.�n.�275/1999,�o�ad�un�consor-
zio�previsto�dal�comma�10�dello�stesso�articolo.�

In�realta�la�risposta�non�e�semplice,�e�sara�probabilmente�oggetto�di�
analisi�giurisprudenziale.�

Sembra,�al�riguardo,�potersi�ritenere�che�la�collaborazione�tra�scuole�e�
altri�soggetti�rivesta�la�natura�di�consorzio�quando�la 
gestione 
sia 
connotata 
da 
autonomia 
rispetto 
alle 
singole 
scuole 
(30)(31).�

(29)�v.�in�tal�senso:�Cass.�Sez.�Un.,�sent.�n.�4347�del�1981;�Sez.�Un.,�sent.�4272�del�1986.�
(30)�v.�Tar�Lombardia,�1905/1997.�
(31)�Sembra�non�potersi�escludere�la�natura�economico-imprenditoriale�di�alcuni�consorzi�
creati�o�a�cui�aderiscono�le�scuole�(v.�art.�20�bozza�regolamento�di�contabilita�che�prevede�la�
gestione�delle�aziende�agrarie�e�aziende�speciali�da�parte�delle�scuole�secondo�criteri�di�economi-
cita�;�v.�inoltre�l'art.�28�decreto�interministeriale�28�maggio�1975:�istruzioni�amministrativo�conta-
bili�per�le�scuole).�Senza�che�cio�significhi,�pero�,�che�la�Scuola�assuma�la�qualifica�di�imprenditore.�

I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO

Si�ritiene�infine�che�tale�gestione�debba�essere�finalizzata�ad�una�speci-
fica�attivita��,�non�potendo�le�scuole�delegare�competenze�di�carattere�generale�
�ad�esse�spettanti�per�legge,�ad�un�organismo�distinto�dalle�medesime(32).�

Pertanto,�laddove�l'accordo,�sebbene�denominato��consorzio�,�sia�costi-
tuito�da�una�pluralita��di�scuole�(e�solo�tra�esse),�per�finalita��di�carattere�gene-
rale�e�senza�la�creazione�di�una�autonoma�organizzazione,�ci�si�trovera��di�
fronte�ad�una�rete�di�scuole,�e�cioe��ad�una�struttura�di�carattere�associativo�
di�cui�fanno�parte�le�singole�istituzioni�scolastiche.�

Premesso�quanto�sopra�e�passando�all'esame�concreto�della�convenzione�
qui�inviata,�ritiene�questo�G.U.,�che�l'accordo�in�questione,�sebbene�denomi-
nato��consorzio�,�in�realta��abbia�natura�associativa�ove�non�si�sia�conte-
stualmente�creata�(come�sembra),�una�autonoma�entita��organizzativa�(quindi�
anche�con�bilancio�proprio).�

Sembra,�nel�caso�di�specie,�che�l'accordo�sia�in�tutto�riconducibile�ad�
una�rete�di�natura�associativa,�diretta�all'elaborazione�di�progetti�formativi�
comuni�tra�le�scuole.�

Sorge�invece�perplessita��circa�il�fine�costituito�dalla�generica�promozione�
del��processo�di�realizzazione�dell'autonomia�organizzativa�e�didattica��
atteso�che�tale�scopo�pare�eccessivamente�generico�e�non�delegabile�dalle�sin-
gole�scuole,�nonche�in�contrasto�con�lo�spirito�della�riforma�di�potenziare�la�
concorrenzialita��tra�Scuole.�

Sul�punto�si�prega�l'Ufficio�di�Gabinetto�di�esprimere�eventuali�
osservazioni.�

Egualmente�non�giuridicamente�corretto�sembra�l'affidamento�alla�
�rete��della�rappresentanza��sindacale�,�atteso�che�anche�tale�materia�e��attri-
buita�alle�singole�scuole�(che�saranno�sede�di�contrattazione�collettiva),�e�
quindi�non�delegabile�alla��rete��(considerato�anche�che�l'accordo�in�rete�
non�puo��avere�effetti�nei�confronti�delle�parti�sociali��le�OO.SS.��rimaste�
estranee�all'accordo).�

Il�finanziamento�della�rete�potra��effettuarsi�secondo�le�voci�di�contabi-
lita��in�cui�rientrano�i�singoli�progetti�posti�in�essere�dalla�rete�(anche�su�tale�
punto,�potra��meglio�esprimersi�il�Ministero�in�indirizzo),�nonche�dei�fondi�
per�l'autonomia�assegnati�alle�singole�Scuole.�

Inoltre,�i�predetti�consorzi�possono�essere�costituiti�per��l'acquisizione�di�servizi�e�beni�che�
facilitino�lo�svolgimento�di�attivita�formative��e�quindi�con�rilevanza�economica,�sebbene�senza�
scopo�di�lucro:�v.�al�riguardo�sent.�Cass.�Sez.�Un.�24/1999,�secondo�cui�un�consorzio�tra�Comuni�
per�l'acquisto�di�materiale�scolastico�a�migliori�prezzi��palesa�una�indubbia�valenza�pubblicistica�
in�quanto�preordinata�al�perseguimento�degli�interessi�dei�consorziati,�escludendo�ogni�scopo�di�
lucro�degli�interessi�dei�consorziati�.�

(32)�L'argomento�non�e��di�facile�approccio�e�sara��oggetto�di�valutazioni�dottrinali�e�giuri-
sprundeziali.�V.�comunque�l'art.�8�D.Lgs.�n.�616/1977,�che�esclude�che�le�regioni,�nel�costituire�
consorzi�per�la�gestione�di�servizi�possano�costituire��consorzi�generali�,�vale�a�dire�con�una�
estesa�pluralita��di�competenze.�Secondo�Sandulli,��in�tal�modo�la�legislazione�mostra�di�voler�resi-
stere�a�una�certa�tendenza�politica�a�concentrare�in�sede�unitaria�la�cura�dei�diversi�interessi�locali,�
ultracomunali�.��La�devoluzione�delle�potesta��regionali�ai�consorzi�cos|��costituiti�suscita�problemi�
costituzionali,�non�essendo�contemplata�dalla�Costituzione�,�op.�cit.,�495-496.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

Per�quanto�riguarda�altri�profili,�non�si�hanno�ulteriori�osservazioni�al�
riguardo�.�

PARERE 
DEL 
22 
MARZO 
2001 
N. 
38467. 


Procedimentopenale�promosso�nei�confronti�di�dipendente�statale�in�conse-

guenza�di�fatti�connessi�al�servizio�espletato�e�definito�con�declaratoria�di�pre-

scrizione�del�reato:�se��ed�eventualmente�a�quali�condizioni��spetti�al�sud-

detto�dipendente�ilrimborsodellespeselegalisostenuteperdifendersinelproce-

dimento�di�cui�sopra��Art.�18�legge�23�maggio�1997�n.�135;�artt.�345�e�425�

c.p.p.�(Consultivo�n.�9134/00,�avv.�Cimino).�
�Si�riscontra�la�nota�in�epigrafe�per�rappresentare�che,�pur�apparendo�
congrui�gli�importi�relativi�alle�spese�legali�riportati�nelle�fatture�e�nel�pro-
spetto�di�parcella,�non�si�ravvisa,�nella�fattispecie,�l'applicabilita�dell'art.�18�
legge�n.�135/1997.�
Il�dettato�normativo�infatti,�consente�il�rimborso�delle�spese�legali�soste-
nute�per�la�difesa�nei�giudizi�per�responsabilita�civile,�penale�od�amministra-
tiva�in�conseguenza�di�fatti�od�atti�connessi�con�l'espletamento�del�servizio�

o�con�l'assolvimento�di�obblighi�istituzionali,�solo�qualora�gli�stessi�si�conclu-
dano�con�sentenza�o�provvedimento�che�escluda�la�loro�responsabilita�,�facendo,�
evidentemente,�riferimento�a�decisioni�che,�valutando�nel�merito�la�contro-
versia,�accertino�la�legittimita�dell'operato�dei�dipendenti.�
Invero�risponde�alla��ratio��del�legislatore�che�la�P.A.�debba�accollarsi�le�
spese�legali�sostenute�dai�dipendenti�in�quanto�apparirebbe�iniquo�far�gra-
vare�sugli�stessi�i�costi�di�una�difesa�per�un�giudizio�in�cui,�verificata�la�corret-
tezza�del�loro�operato�nell'esercizio�dellepropriefunzioni,�la�sentenza�riaffermi,�
indirettamente,�la�legalita�dell'azione�amministrativa.�

Orbene�tale�natura�non�puo�essere�riconosciuta�alla�sentenza�di�cui�si�e�
allegato�il�dispositivo�atteso�che,�essendo�dipeso,�il�proscioglimento�per�non�
luogo�a�procedere,�dalla�mancanza�di�querela,�il�carattere�di�condizione�di�
procedibilita�della�stessa��e�tale�e�espressamente�dichiarata�nel�titolo�III�
del�libro�V�del�c.p.p.�(confermativa�della�medesima�dizione�utilizzata�dal-
l'art.�17�vecchio�testo)��determina�la�natura,�per�cos|�dire,�meramente��pro-
cessuale��della�decisione,�essendo�stato�precluso�al�giudicante,�per�difetto�
del�presupposto�per�l'esercizio�dell'azione�penale,�la�verifica�della�fondatezza�

o�meno�del�reato�contestato.�.�
PARERE 
DEL 
7 
MAGGIO 
2001 
N. 
54325. 


Responsabilita�amministrativa�dei�funzionari�per�mancata�riscossione�di�

dirittiindebitamentepercepitientro�ilterminediprescrizione:�se�ilfatto�dan-

noso^aifinidella�decorrenza�deltermine�diprescrizionedell'azione�direspon-

sabilita�^sia�da�ricollegarsi�alla�data�di�scadenza�del�termine�triennale�di�pre-

scrizione�del�diritto�di�riscossione�^Distinzione�tra�diritti�spettanti�all'Ammini-

strazione�italiana�e�risorse�proprie�della�Comunita�Europea�^Art.�1�della�legge�

14�gennaio�1994,�n.�20�in�tema�di�ripetizione�di�diritti�doganali.�(Consultivo�

n.�20015/00,�avv.�De�Bellis).�
�Con�la�nota�in�riferimento�codesta�Amministrazione�ha�chiesto�il�
parere�della�Scrivente�in�ordine�alle�conseguenze�che�potrebbero�derivare�


I 
PARERI 
DEL 
COMITATO 
CONSULTIVO

sotto 
il 
profilo 
della 
responsabilita� 
amministrativa 
nei 
casi 
in 
cui 
alcuni 
Uffici 
doganali 
incaricati 
della 
riscossione 
di 
diritti 
indebitamente 
percepiti 
(a 
seguito 
di 
accertate 
irregolarita� 
), 
abbiano 
lasciato 
inutilmente 
decorrere 
il 
termine 
triennale 
di 
decadenza 
di 
cui 
all'art. 
221 
del 
Reg. 
(CE) 


n. 
2913/1992, 
con 
la 
conseguente 
impossibilita� 
di 
procedere 
al 
recupero. 
In 
particolare 
si 
chiede 
di 
sapere 
se 
il 
�fatto�dannoso� 
possa 
ritenersi 
avverato 
alla 
data 
di 
scadenza 
del 
suddetto 
termine 
triennale 
e 
se, 
di 
conse-
guenza, 
dalla 
stessa 
data 
decorra 
il 
termine 
quinquennale 
di 
prescrizione 
del-
l'azione 
di 
responsabilita� 
previsto 
dall'art. 
1, 
comma 
2 
della 
legge 
n. 
20/1994. 


A 
parere 
della 
Scrivente 
occorre 
distinguere 
l'ipotesi 
in 
cui 
il 
credito 
caduto 
in 
prescrizione 
sia 
costituito 
da 
diritti 
o 
tributi 
spettanti 
all'Ammini-
strazione 
italiana, 
dal 
caso 
in 
cui 
si 
tratti 
di 
risorse 
proprie 
della 
Comunita� 
europea. 


Nel 
primo 
caso 
si 
configura 
un 
�danno�diretto� 
con 
la 
conseguenza 
che 
il 
�fatto�dannoso� 
si 
realizza 
nel 
momento 
dell'intervenuta 
prescrizione 
del 
cre-
dito 
non 
riscosso; 
dalla 
stessa 
data 
iniziera� 
pertanto 
a 
decorrere 
il 
termine 
(quinquennale) 
di 
prescrizione 
dell'azione 
di 
responsabilita� 
amministrativa 
nei 
confronti 
dei 
soggetti 
responsabili. 


Nel 
secondo 
caso 
si 
e� 
invece 
in 
presenza 
di 
un 
�danno�indiretto� 
nel 
senso 
che 
e� 
causato 
ad 
un 
altro 
soggetto 
(la 
C.E.) 
che 
potra� 
in 
un 
secondo 
momento 
pretenderne 
il 
rimborso. 


In 
tale 
ipotesi 
la 
giurisprudenza 
prevalente 
della 
Corte 
dei 
conti 
(analo-
gamente 
a 
quanto 
precisato 
dal 
Procuratore 
generale 
presso 
la 
Corte 
dei 
conti 
nella 
nota 
in 
indirizzo 
e 
coordinamento 
28 
febbraio 
1998 
prot. 
I.C./16), 
e� 
nel 
senso 
di 
ritenere 
che 
in 
caso 
di 
danno 
indiretto, 
la 
prescrizione 
decorre 
�dal�momento�del�passaggio�in�giudicato�della�pronuncia�di�condanna�
al�risarcimento�dell'Amministrazione�nei�confronti�del�terzo�danneggiato� 
(Corte 
dei 
Conti, 
Sezioni 
Riunite, 
29 
gennaio 
1997 
n. 
12), 
ovvero 
�solo�dal�
momento�in�cui,�per�sentenza�di�condanna�dell'Amministrazione�al�risarcimento�
del�danno�causato�dal�dipendente�al�terzo�o�per�atto�di�transazione,�l'evento�
immediatamente��dannoso� 
per�il�terzo�lo�diventa�anche�per�l'Amministra-
zione� 
(Corte 
dei 
conti 
Reg. 
Toscana, 
15 
giugno 
1994 
n. 
37; 
Reg. 
Lazio 
16 
novembre 
1994 
n. 
12; 
Reg. 
Sicilia 
30 
agosto 
1999 
n. 
195; 
Reg. 
Calabria 
16 
giugno 
1998 
n. 
9). 


In 
talune 
pronunce 
e� 
stato 
precisato 
che 
�l'evento�dannoso�puo� 
indivi-
duarsi 
nell'atto 
(sentenza 
di 
condanna 
o 
transazione) 
che 
determina 
�in�
modo�definitivo� 
il 
credito 
erariale, 
essendo 
irrilevante 
il 
successivo 
paga-
mento 
(Corte 
dei 
conti 
Reg. 
Toscana, 
16 
luglio 
1999 
n. 
805) 
o 
ancora 
piu� 
genericamente 
�l'obbligazione�assunta�si�sia�perfezionata�e�l'Amministra-
zione�l'abbia�ritenuta�esistente�e�non�ragionevolmente�contestabile�(Corte 
dei 
Conti, 
Sez. 
III 
Pens. 
Civ. 
29 
marzo 
1999, 
n. 
57/A; 
nel 
senso 
pero� 
che 
il 
termine 
decorra 
dalla 
data 
del 
pagamento: 
Corte 
dei 
Conti, 
Sez. 
App. 
II 
30 
aprile 
1998, 
n. 
129). 


Solo 
in 
una 
isolata 
decisione 
si 
sostiene 
che 
�Ai�sensi�dell'art.�1,�comma�
secondo,�della�legge�14�gennaio�1994,�n.�20,�modificata�dalla�legge�20�dicembre�
1996,�n.�639,�che�ha�innovato�in�tema�di�danno�e�di�decorrenza�del�relativo�
diritto�al�risarcimento,�e�venuta�a�cadere�la�distinzione�tra�danno�diretto�e�indi-


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

retto, 
venendoadesserefissatoiltermineinizialedelladecorrenzaprescrizio-

nale 
�in�ogni�caso��al 
momento 
della 
verificazione 
delfatto 
dannoso, 
cioe� 
del-

l'attivita� 
, 
connessa 
allo 
svolgimento 
degli 
obblighi 
di 
servizio, 
dalla 
quale 
si 
e� 


originato 
ildanno, 
enonpiu�almomento 
incuiildannosi 
e�evidenziato��(Corte�
dei�conti�Reg.�Lazio,�18�febbraio�1997,�n.�11).�

Applicando�i�suddetti�principi�alla�seconda�ipotesi�sopra�evidenziata,�si�
dovrebbe�quindi�ritenere�che�il��fatto 
dannoso��non�si�e�compiutamente�rea-
lizzato�fino�a�che�la�Commissione�CE�non�addebiti�allo�Stato�italiano�la�
somma�non�riscossa�per�prescrizione.�

Cautelativamente�puo�ritenersi�che�il�termine�prescrizionale�decorra�dal�
momento�in�cui�in�qualsiasi�modo�la�Commissione�dovesse�manifestare�l'in-
tenzione�di�addebitare�la�somma�non�riscossa�allo�Stato�italiano�(anche�se,�
come�rilevato,�la�prevalente�giurisprudenza�e�nel�senso�di�individuare�tale�ter-
mine�nella�data�dell'effettivo�esborso�della�somma�o�quantomeno�in�una�sua�
quantificazione�in�un�titolo).�

Considerato�comunque�che�le�valutazioni�suddette�sono�di�stretta�com-
petenza�della�Procura�presso�la�Corte�dei�conti,�valutera�codesta�Ammini-
strazione�se�anticipare�il�momento�di�una�eventuale�denuncia�alla�data�in�
cui�e�intervenuta�la�prescrizione�del�credito�da�riscuotere,�effettuando�una�
segnalazione�al�suddetto�organo�(come�peraltro�previsto�a�pagina�6�della�
citata�nota�di�indirizzo�del�P.G.)�.�

PARERE 
DEL 
15 
MAGGIO 
2001 
N. 
57844. 


Restituzione 
di 
diritti 
di 
confine 
versati 
per 
l'importazione 
di 
semilavorati 


impiegati 
per 
la 
costruzione 
di 
navi 
mercantili 
esportate 
verso 
Paesi 
terzi: 
a) 
se 


l'espressione 
�materie 
prime� 
debba 
essere 
interpretata 
in 
senso 
restrittivo 


ovvero 
possa 
estendersi 
anche 
ai 
semilavorati; 
b)�rilevanza, 
aifini 
della 
restitu-

zione, 
della 
annotazione 
nei 
registri 
�materie 
prime� 
^d.P.R.15 
luglio 
1954; 


d.P.R. 
24 
gennaio 
1968; 
legge 
5 
luglio 
1964, 
n. 
639. 
(Consultivo�n.�19169/00,�
avv.�Braguglia).�
�1.��Dalla�nota�alla�quale�si�risponde�risulta�che�la�F.-C.N.I.�S.p.a.�h
a�chiesto�la�restituzione�prevista�dal�d.P.R.�15�luglio�1954�in�relazione�all'e-
sportazione,�verso�paesi�terzi,�di�navi�mercantili,�costruite�non�soltanto�con�
l'utilizzo�di�ferro,�ghisa�ed�acciaio,�ma�anche�di�altri�materiali.�La�restitu-
zione�e�stata�richiesta�con�riferimento�all'avvenuta�importazione�di�semilavo-
rati,�che�sono�stati�utilizzati�per�la�costruzione�delle�navi�mercantili�successi-
vamente�esportate.�
In�ordine�a�tale�richiesta,�richiamata�la�consultazione�resa�dalla�Scri-
vente�con�nota�12�giugno�1990,�n.�45850��CS�5813/1985��a�proposito�di�
analoga�istanza�proposta�dalla�P.T.I.�S.p.a.,�codesta�Agenzia�rileva:�

a) 
non�essere�dubbio�che�la�normativa�applicabile�sia�quella�conte-
nuta�nel�decreto�del�Presidente�della�Repubblica�15�luglio�1954;�

b) 
che�la�lettera�dell'art.�1�del�d.P.R.�citato�riguarda�la��...�restitu-
zione�del�dazio�e�degli�altri�diritti�di�confine�pagati�sulle�materie�prime�impie-
gate�nella�loro�fabbricazione...�,�mentreper�la�costruzione�delle�navi�mercan-
tili�poi�esportate�la�F.�S.p.a.�ha�importato�ed�impiegato�semilavorati;�


I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO

c) 
che,�per�tale�ragione,�le�importazioni�dei�semilavorati�non�sono�
state�annotate�nell'apposito�registro,�istituito�nel�1990��al�fine�di�individuare�
e�comprovare�le�materie�prime�importate�ed�incorporate�nel�prodotto�
finito...�;�

d) 
che�tale�mancata�annotazione�impedisce�di�controllare�la�corri-
spondenza�tra��materia�prima��importata�e�prodotto�finito�esportato,�con-
trollo�necessario�data�la�natura�di��drawback��attribuita�alla�restituzione�pre-
vista�dal�citato�d.P.R.�15�luglio�1954.�

Cio��precisato,�codesta�Agenzia�rileva�ancora�che�oggi,�a�seguito�delle�
mutate�tecniche�costruttive,�non�si�potrebbe�escludere�un'interpretazione�
meno�restrittiva�dell'espressione��materie�prime��dovendosi�tuttavia�conti-
nuare�a�tener�conto�dell'elemento��drawback�,�anche�in�considerazione�di�
possibili�elementi�di�contrasto�con�la�normativa�comunitaria.�

2.��In�ordine�all'esposta�problematica�quest'Avvocatura�generale�
osserva�quanto�segue.�
3.��Si�condivide�anzitutto�il�punto�di�vista�di�codesta�Agenzia�in�
ordine�all'applicabilita��,�nel�caso,�del�d.P.R.�15�luglio�1954�(Gazzetta 
Ufficiale 
n.�190�del�20�agosto�1954).�Ed�invero,�come�si�ebbe�a�rilevare�nella�citata�
consultazione�del�12�giugno�1990,�la�restituzione�in�questione�e��stata�sop-
pressa�dall'art.�4�del�d.P.R.�24�gennaio�1968�(Gazzetta 
Ufficiale 
n.�137�del�
31�maggio�1968)�soltanto�per�quei�prodotti,�contemplati�dal�d.P.R.�15�luglio�
1954��...che�fruiscono�di�analoga�restituzione�ai�sensi�della�legge�5�luglio�
1964,�n.�639�.�
Orbene,�i�prodotti�per�i�quali�la�F.�S.p.a.�ha�chiesto�la�restituzione�
(�Navi�mercantili�a�propulsione�meccanica,�a�chiglia�metallica�:�n.�18�della�
tabella�allegata�al�d.P.R.�15�luglio�1954),�pur�essendo�costruiti�prevalente-
mente�in�ferro,�ghisa�ed�acciaio,�cioe��con�materiali�con�i�quali�sono�costruiti�
i�prodotti�oggetto�della�restituzione�prevista�dalla�legge�5�luglio�1964,�

n.�639,�non�sono�elencati�nella�tabella�annessa�alla�legge�stessa;�quindi�non�
fruiscono�della�restituzione�di�cui�all'art.�1�della�legge�medesima.�La�suddetta�
tabella�prevede�invero:��Navi�non�nominate�ne�comprese�altrove:�per�la�
Marina�militare�;�non�gia��le�navi�mercantili�di�che�trattasi,�comprese�invece�
nella�tabella�allegata�al�d.P.R.�15�luglio�1954.�
Sicche�,�per�completare�il�pensiero�espresso�nella�piu��volte�citata�consul-
tazione�del�12�giugno�1990,�non�possono�fruire�della�restituzione�ex�d.P.R.�
15�luglio�1954,�i�prodotti�ammessi�alla�restituzione�ex�lege�n.�639/1964�(la�
legge�8�novembre�1973,�n.�773�ed�il�d.P.R.�7�settembre�1977,�n.�788,�non�rile-
vano�al�riguardo),�in�quanto�elencati�nella�tabella�allegata�alla�legge�stessa,�
anche�se�fabbricati�prevalentemente�in�ferro,�ghisa�ed�acciaio.�

4.��Nella�consultazione�del�12�giugno�1990�la�Scrivente,�interpre-
tando�l'art.�1�del�d.P.R.�15�luglio�1954,�ha�ritenuto�che��il�presupposto�della�
restituzione�risiede�nel�fatto�che�per�la�fabbricazione�dei�prodotti�ammessi�
alla�restituzione�stessa�siano�state�impiegate�materie�prime�importate,�sulle�
quali�siano�stati�pagati�dazio�od�altri�diritti�di�confine�.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

Tale�presupposto�va�qui�confermato,�dovendosi�soltanto�indagare�(inda-
gine�non�occorrente�nella�fattispecie�oggetto�della�precedente�consultazione)�
se�l'espressione��materie�prime��vada�necessariamente�assunta�in�senso�lette-
rale�restrittivo,�ovvero�se�essa�possa�essere�interpretata�in�modo�(non�analo-
gico,�ma)�estensivo,�s|�da�comprendervi�i�semilavorati�importati.�

Malgrado�i�dubbi�derivanti�dall'assenza�di�precedenti,�la�Scrivente�pro-
pende�per�l'affermativa.�

A�prescindere�dagli�argomenti�della�F.�S.p.a.,�riferiti�alle�mutate�tecniche�
costruttive�delle�navi,�va�in�primo�luogo�osservato�che�l'interpretazione�
estensiva�e�diretta�a�ricercare�un�significato�che,�pur�essendo�gia�compreso�
nella�norma,�da�essa�non�appare��prima 
facie�.�Cio�significa�che,�nel�caso,�
pur�dovendosi�applicare�con�rigore�la�norma�(in�ossequio�anche�ad�esigenze�
di�compatibilita�comunitaria),�la�sua�interpretazione�estensiva�non�appare�
vietata.�

In�secondo�luogo�va�rilevato�che,�se�e�vero�che�il�semilavorato�rappre-
senta�un�momento�successivo�rispetto�alla�materia�prima,�e�pur�vero�che�esso�
abbisogna�di�ulteriore�lavorazione�per�pervenire�al�prodotto�finito.�Sicche�,�
sotto�tale�profilo,�puo�ritenersi�che�in�questo�ulteriore�e�necessario�processo�
di�lavorazione,�il�semilavorato�costituisca�esso�stesso�materia�prima.�

Per�tali�ragioni,�sembra�dunque�che�la�nozione��materie�prime��di�cui�
alla�norma�all'esame�comprenda�anche�i�semilavorati�e�che,�di�conseguenza,�
se�questi�sono�stati�importati�da�paesi�terzi,�se�su�di�essi�sono�stati�pagati�
dazi�od�altri�diritti�di�confine�e�se,�infine,�i�semilavorati�sono�stati�impiegati�
nella�costruzione�delle�navi�mercantili�successivamente�esportate�in�paesi�
terzi,�spetta�la�restituzione�nella�misura�prevista�nella�tabella�allegata�al�

d.P.R.�15�luglio�1954,�salva�l'ipotesi�contemplata�nell'art.�4�dello�stesso�
d.P.R.�
5.��All'esposta�conclusione�non�sembra�essere�di�ostacolo�la�circo-
stanza�che�i�dazi�od�altri�diritti�di�confine�pagati�all'importazione�dei�semila-
vorati�potrebbero�comprendere�anche�valori�non�strettamente�attinenti�alle�
�materie�prime�.�
Tale�circostanza�appare�invero�non�rilevante,�posto�che,�a�norma�del-
l'art.�6�del�d.P.R.�15�luglio�1954,�l'aliquota�(nel�caso,�l'1%)�dei�diritti�da�resti-
tuire�e�rapportata�al�prezzo�di�fattura�rilasciata�all'acquirente�estero.�Si�
tratta,�cioe�,�di�un'aliquota�forfettaria,�che�non�snatura�l'istituto�del��draw-
back�,�come�dalla�Scrivente�gia�osservato�nella�precedente�consultazione�del�
1990�(punto�2).�

6. 
�Una�volta�che�la�F.�S.p.a.�abbia�provato:�
a) 
l'importazione�da�paesi�terzi�di�semilavorati�sui�quali�ha�pagato�
dazi�od�altri�diritti�di�confine;�
b) 
che�i�semilavorati�importati�sono�stati�impiegati�nella�costruzione�
di�navi�mercantili,�con�le�caratteristiche�descritte�nella�tabella�(n.�18)�allegata�
al�d.P.R.�15�luglio�1954;�

c) 
che�tali�navi�mercantili�sono�state�esportate�in�paesi�terzi,�non�
appare�essere�d'ostacolo�all'accoglimento�delle�istanze�di�restituzione�il�fatto�
che�le�importazioni�dei�semilavorati�non�siano�state�annotate�negli�appositi�
registri��materie�prime��istituiti�nel�1990.�


I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO

Da�un�lato,�infatti,�l'annotazione�in�tali�registri�rappresenta�uno�stru-
mento�di�controllo�in�vista�dell'eventuale�futura�restituzione;�non�gia�una�
condizione�di�legge,�la�cui�mancata�osservanza�impedisca�il�diritto�alla�resti-
tuzione�stessa.�

Da�altro�lato,�la�mancata�annotazione�e�nel�caso�giustificabile�tenuto�
conto�della�problematica�concernente�l'interpretazione�della�nozione��mate-
rie�prime�.�

E�chiaro,�tuttavia,�che�alla�mancata�annotazione�nei�registri�la�societa�
istante�dovra�supplire�fornendo�la�prova�delle�circostanze�sopra�(all'inizio�
del�punto�6)�indicate�e�di�quant'altro�ritenuto�necessario�da�parte�di�codesta�
Agenzia.�

Non�si�puo�invero�accedere�ad�una�sorta�di��presunzione�di�importa-
zione��(cfr.�consultazione�12�giugno�1990,�pag.�4),�ne�rileva�che�l'aliquota�di�
restituzione�sia�stabilita�in�modo�forfettario.�

Questa�modalita�,�se�esclude�che�l'ammontare�della�restituzione�sia�limi-
tato�all'ammontare�dei�dazi�od�altri�diritti�di�confine�pagati�all'importazione,�
non�esclude,�invero�ed�in�base�al�preciso�disposto�dell'art.�1�d.P.R.�15�luglio�
1954,�che�all'importazione�delle�materie�prime��semilavorati�debbano�
essere�stati�pagati�dazi�od�altri�diritti�di�confine�e�che�di�tali�pagamenti�chi�
chiede�la�restituzione�debba�fornire�la�prova�.�

PARERE 
DEL 
21 
MAGGIO 
2001 
N. 
60347. 


Procedimento�imposizione�servitu�per�impianti�di�telecomunicazioni�ed�

opere�accessorie:�a)�se�nel�silenzio�dell'art.�234�del�d.P.R.�n.�16|�56/1973�sia�da�

considerarsi�omesso�il�subprocedimento�di�cui�all'art.�30�legge�n.�2359/1865;�

b)�modalita�di�versamento�dell'indennita�di�esproprio;�c)�conseguenza�dell'occu-

pazionedelfondoper�larealizzazione�delleoperesenza�emanazionedelprovve-

dimento�di�asservimento�^R.D.�19�luglio�1941,�n.�1198;�d.P.R.�29�marzo�1973,�

n.�156;�legge�12�marzo�1968,�n.�325;�legge�25�giugno�1865,�n.�2359.�(Consultivo�
n.�15931/00,�avv.�Cosentino).�
�Con�nota�del�13�settembre�1999�prot.�n.�588/1999/LL.PP.�codesta�
Prefettura�ha�richiesto�parere�in�merito�alle�procedure�di�asservimento�coat-
tivo�per�impianti�di�telecomunicazioni��procedure�disciplinate�dagli�
artt.�233�ss.�del�decreto�Presidente�della�Repubblica�29�marzo�1973,�n.�156�
�attraverso�l'articolazione�di�cinque�quesiti.�Questi�ultimi�individuano�
due�diverse�e�distinte�ipotesi�di�procedure�ablatorie:�i�quesiti�di�cui�ai�
numeri�1,�2,�3�concernono�l'ipotesi,�per�cos|�dire,�fisiologica�di�emanazione�
del�decreto�definitivo�di�asservimento,�di�competenza�del�Prefetto,�e�vertono�
in�particolare�sulle�modalita�di�pagamento�o�deposito�dell'indennita�,ai�
sensi�dell'art.�234�d.P.R.�n.�156/1973,�i�quesiti�di�cui�ai�numeri�4�e�5�riguar-
dano,�per�contro,�l'ipotesi��patologica�,�in�cui�vi�sia�stata�occupazione�del�
fondo�con�realizzazione�delle�opere,�mancando�tuttavia�l'emanazione�del�
provvedimento�finale�di�asservimento.�

1.��Con�il�quesito�n.�1�si�chiede�se�la�disposizione�di�cui�all'art.�234,�
comma�III,�d.P.R.�n.�156/1973��in�forza�della�quale��il�Prefetto�emana�il�
decreto�di�imposizione�di�servitu�(...)�dopo�essersi�accertato�del�pagamento�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO

o�del�deposito�delle�indennita���stabilite�dal�Provveditorato�alle�Opere�Pub-
bliche��sia�da�intendersi�come�norma�speciale�rispetto�alla�disciplina�det-
tata�dagli�artt.�24�ss.�della�lege�25�giugno�1865,�n.�2359,�c.d.�legge�generale�
in�materia�espropriativa:�nello�specifico,�si�chiede�se,�relativamente�alle�pro-
cedure�di�asservimento�mediante�atto�della�P.A.�per�opere�di�telecomunica-
zioni,�possa�ritenersi,�nel�silenzio�dell'art.�234,�omesso�il�subprocedimento�
di�cui�all'art.�30�legge�n.�2359/1865,�come�novellato�dalla�legge�20�marzo�
1968,�n.�391,�subprocedimento�che�si�colloca�in�una�fase�antecedente�al�ver-
samento�della�indennita�da�parte�dell'ente�espropriante�o�asservente,�svol-
gentesi�dinanzi�al�Giudice�e�finalizzato�all'ordine�di�pagamento�o�deposito�
della�indennita�stessa.�
Sul�punto�giova�ricordare�che�la�materia�delle�servitu�coattive�per�
impianti�di�telecomunicazioni�e�contenuta�negli�artt.�233�e�234�del�citato�

d.P.R.��immediatamente�successivi�alle�norme�sull'esproprio�(art.�231)�e�
sulle�limitazioni�legali�(art.�232)��che�dettano�una�normativa�scarna�ed�
essenziale�rispetto�a�quella�dettagliatamente�prevista�dalla�legge�
n.�2359/1865�e�successive�modifiche,�la�quale�risulta�applicabile,�se�non�
derogata�da�norme�settoriali�o�speciali,�a�tutte�le��espropriazioni�dei�beni�
immobili�o�di�diritti�relativi�ad�immobili�per�l'esecuzione�di�opere�di�pub-
blica�utilita���(art.�1�legge�citata).�
Ad�avviso�della�Scrivente,�in�favore�della�specialita�delle�norme�in�
parola�puo�argomentarsi,�gia�ad�un�primo�avvicinamento,�dalla�formulazione�
dell'art.�233�decreto�del�Presidente�della�Repubblica�n.�156/1973�che,�diversa-
mente�da�quanto�disposto�per�gli�espropri�dell'art.�231,�comma�IV,�stesso�
d.P.R.,�non�contiene�alcun�rinvio�di�tenore�generale�alla�procedura�e�alle�
relative�fasi�subprocedimentali�delineate�dalla�legge�n.�2359/1865.�Al�
riguardo,�la�giurisprudenza,�in�relazione�a�fattispecie�fra�loro�differenziate,�
ha�avuto�modo�di�qualificare�gli�artt.�233�e�234�del�d.P.R.�citato�come�norme�
speciali�idonee�sia�a�regolare�compiutamente�il�procedimento�per�la�imposi-
zione�delle�suddette�servitu�sia�ad�assicurare�celerita�e�snellezza�procedurale�
(cos|�,�Tar�Lombardia-Milano�5�aprile�1984,�n.�415;�Tar�Campania-Napoli�
23�novembre�1998,�n.�3526;�Cassazione�6�marzo�1998,�n.�2505).�Se�infatti�
l'art.�234�da�un�lato�prevede�soltanto�la�pronuncia�del�decreto�di�asservi-
mento�subordinatamente�al�versamento�della�indennita�,�senza�nulla�disporre�
circa�la�fase�di�competenza�del�giudice�e�senza�rinviare�alla�legge�generale,�
l'art.�233�dall'altro�si�limita�a�richiamare�l'art.�46�legge�n.�2359/1865,�il�quale�
ultimo�prescrive�che�e�dovuta�una�indennita�ai�proprietari�dei�fondi�gravati�
di�servitu�costituita�mediante�provvedimento�amministrativo.�Invero,�non�
sembra�alla�Scrivente�che�tale�riferimento�possa�operare�come�integrale�rin-
vio�al�subprocedimento�in�materia�di�indennita�di�cui�alla�legge�generale�ed�
in�particolare�alla�norma�ex�art.�30�legge�citata,�in�forza�della�quale�il�paga-
mento�o�deposito�e�preceduto�dall'ordine�di�competenza�del�giudice.�Come�
rilevato�da�una�recente�pronuncia�giurisprudenziale�(cfr.�in�motivazione�Tar�
Campania-Napoli�23�novembre�1998�n.�3526)�l'espresso�rinvio�all'art.�46�deve�
intendersi,�in�sintonia�con�il�disposto�dell'art.�42�Cost.,�solo�come�afferma-
zione�del�principio�della�debenza�della�indennita�,�principio�che�peraltro,�alla�
stregua�della�formulazione�letterale�dell'ultimo�comma�dello�stesso�art.�46,�


I 
PARERI 
DEL 
COMITATO 
CONSULTIVO

in 
tanto 
trova 
applicazione 
rispetto 
alle 
servitu� 
regolate 
da 
leggi 
speciali 
in 
quanto 
sia 
in 
esse 
richiamato. 
La 
Scrivente 
ritiene 
quindi 
di 
concordare 
con 
quanto 
prospettato 
da 
codesta 
Prefettura 
relativamente 
al 
carattere 
di 
lex 
specialis 
per 
l'art. 
234, 
comma 
III, 
d.P.R. 
n. 
156/1973, 
in 
guisa 
che 
nel 
silen-
zio 
ivi 
contenuto 
non 
trovi 
applicazione 
la 
disciplina 
generale, 
secondo 
il 
principio 
di 
tassativita� 
(ubi 
lex 
tacuit, 
noluit). 
Il 
profilo 
delle 
modalita� 
di 
pagamento 
o 
deposito 
della 
indennita� 
trova 
una 
regolamentazione 
semplifi-
cata 
rispetto 
alla 
legge 
generale, 
potendosi 
saltare 
la 
fase 
giudiziale: 
tale 
con-
clusione 
sulla 
estraneita� 
della 
normativa 
di 
settore 
rispetto 
alla 
legge 
generale 
risulta 
confermata 
dalla 
simmetrica 
deroga 
sul 
diverso 
profilo 
della 
compe-
tenza 
per 
la 
determinazione 
della 
indennita� 
che 
lo 
stesso 
art. 
234 
assegna 
al 
Provveditorato 
alle 
opere 
pubbliche, 
e 
anteriormente 
al 
Genio 
Civile, 
non 
facendosi 
luogo 
alla 
perizia 
giudiziale 
prevista 
dagli 
artt. 
32 
ss. 
legge 


n. 
2359/1865 
per 
l'ipotesi 
di 
indennita� 
offerta 
ma 
non 
accettata 
dall'espro-
priando. 
2. 
�I 
quesiti 
di 
cui 
ai 
numeri 
2 
e 
3 
possono 
essere 
congiuntamente 
trattati. 
Essi 
pongono 
all'attenzione 
della 
Scrivente 
quanto 
espresso 
dal 
Consi-
glio 
di 
Stato 
�Commissione 
speciale 
con 
il 
parere 
n. 
1782/1970, 
in 
tema 
di 
modalita� 
di 
versamento 
della 
indennita� 
di 
esproprio, 
pur 
se 
al 
di 
fuori 
della 
materia 
concernente 
gli 
impianti 
di 
telefonia. 
Le 
opinioni 
ivi 
espresse 
pos-
sono 
giovare 
ai 
fini 
della 
soluzione 
dei 
quesiti 
sottoposti. 


In 
primo 
luogo, 
quanto 
sopra 
sostenuto 
sul 
problema 
dei 
rapporti 
fra 
l'art. 
30 
legge 
n. 
2359/1865 
e 
l'art. 
234 
d.P.R. 
n. 
156/1973, 
riguardante 
il 
procedimento 
di 
imposizione 
di 
servitu� 
di 
appoggio 
per 
impianti 
di 
teleco-
municazioni, 
puo� 
trovare 
sostegno 
nelle 
considerazioni 
ed 
argomentazioni 
di 
cui 
al 
citato 
parere, 
secondo 
cui 
le 
previsioni 
della 
legge 
n. 
2359/1865, 
come 
modificate 
dalla 
legge 
n. 
391/1968, 
si 
applicano 
a 
quelle 
forme 
parti-
colari 
di 
espropriazione 
che 
siano 
�regolate, 
per 
la 
fase 
attinente 
al 
paga-
mento 
o 
al 
deposito 
dell'indennita� 
, 
mediante 
il 
richiamo 
alle 
norme 
generali 
sul 
trasferimento 
coattivo 
dei 
beni 
per 
causa 
di 
pubblica 
utilita� 
�: 
tale 
affer-
mazione 
puo� 
acontrario 
leggersi 
nel 
senso 
che 
rispetto 
alle 
procedure 
abla-
torie 
previste 
in 
apposite 
norme, 
le 
quali 
manchino 
di 
tale 
rinvio 
relativa-
mente 
alle 
modalita� 
di 
pagamento 
o 
deposito 
della 
indennita� 
, 
non 
si 
faccia 
luogo 
alla 
applicazione 
o 
alla 
integrazione 
della 
disciplina 
generale 
nella 
normativa 
di 
settore. 


In 
secondo 
luogo, 
quand'anche 
non 
si 
ritenga 
di 
poter 
concludere 
per 
la 
specialita� 
della 
norma 
ex 
art. 
234 
e 
conseguentemente 
per 
la 
omissione 
del-
l'ordine 
giudiziale 
di 
pagamento 
o 
deposito 
della 
indennita� 
, 
sembra 
parimenti 
sostenibile, 
sulla 
scorta 
del 
medesimo 
parere 
formulato 
dal 
Consiglio 
di 
Stato, 
che 
l'ente 
asservente 
possa 
comunque 
chiedere 
la 
pronuncia 
del 
decreto 
definitivo 
di 
asservimento, 
una 
volta 
provveduto 
al 
versamento 
della 
indennita� 
direttamente 
all'espropriando 
ovvero 
mediante 
deposito 
presso 
la 
Cassa 
depositi 
e 
prestiti, 
in 
assenza 
della 
pronuncia 
dell'ordine 
da 
parte 
del 
giudice. 
Nel 
menzionato 
parere 
n. 
1782/1970, 
con 
riferimento 
a 
fattispecie 
in 
cui 
trova 
applicazione 
l'intera 
procedura 
di 
esproprio 
prevista 
dalla 
legge 
generale, 
si 
precisa 
tuttavia 
che, 
soprattutto 
a 
fronte 
di 
esigenze 
di 
celerita� 
, 



RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

l'espropriante�possa�sotto�la�propria�responsabilita�procedere�al�pagamento�o�
deposito�della�indennita�senza�attendere�l'espletamento�della�fase�giudiziale.�
Cio�in�quanto,�come�rilevato�dal�Consiglio�di�Stato�nel�suddetto�parere�e�
come�ricordato�nell'ambito�del�quesito�n.�3�da�codesta�Prefettura,��ai�fini�
della�legittimita�dell'atto�conclusivo�della�procedura�acquistano�rilevanza�il�
deposito�o�il�pagamento�dell'indennita�e�non�l'ordine�emesso�a�carico�dell'e-
spropriante�in�vista�della�esecuzione�di�tali�incombenti�.�Risulta�da�tale�affer-
mazione�che�in�vista�della�imposizione�di�servitu�,�mediante�provvedimento�
amministrativo,�rileva�in�ogni�caso�come�pregnante�non�il�subprocedimento�
di�competenza�del�giudice,�bens|�la�prova�dell'avvenuto�pagamento�o�depo-
sito�della�indennita�.�

3.��I�quesiti�4�e�5,�enunciati�in�apertura,�possono�essere�congiunta-
mente�svolti.�
In�relazione�ad�entrambi�puo�preliminarmente�osservarsi�che�l'interesse�
della�P.A.,�alla�individuazione�di�una�procedura�di�sanatoria�per�le�ipotesi�
�patologiche��di�asservimento�coattivo�deriva�dalla�circostanza�che,�con�
riguardo�ai�diritti�reali�limitati,�non�e�configurabile�l'istituto�di�creazione�giu-
risprudenziale�della�accessione�invertita�o�occupazione�acquisitiva,�secondo�
cui�la�realizzazione�di�un'opera�pubblica�su�un�fondo�illegittimamente�occu-
pato��la�quale�importi�la�radicale�ed�irreversibile�trasformazione�del�fondo�
medesimo��se�da�un�lato�cagiona�un�illecito�aquiliano�dall'altro�produce�
contestualmente�sia�l'estinzione�del�diritto�di�proprieta�del�privato�sia�l'acqui-
sizione�a�titolo�originario�del�diritto�di�proprieta�in�capo�all'ente�costruttore,�
divenendo�irrilevante�e�del�tutto�inefficace�un�eventuale�successivo�decreto�
di�esproprio.�In�materia�di�servitu�,�infatti,�la�giurisprudenza�ha�escluso�che�
l'apprensione�in�via�di�fatto�di�un�suolo�privato�sul�quale�sia�intervenuta�la�
costruzione�dell'opera,�essendo�tuttavia�mancata�ab 
origine 
la�autorizzazione�
ovvero�essendo�mancato�il�provvedimento�ablatorio�definitivo�successiva-
mente�al�decreto�di�occupazione�di�urgenza,�determini�l'acquisto�del�diritto�
di�servitu�in�capo�alla�P.A.�o�all'ente�asservente,�in�ragione�del�difetto�dei�
necessari�presupposti�dell'accessione�invertita�(radicale�trasformazione�del�
fondo�con�incorporazione�del�bene,�nell'opera�e�confliggenza�di�due�diritti�
di�proprieta�):�dall'asservimento�sine 
titulo 
deriva�soltanto�un�illecito�di�carat-
tere�permanente�che�legittima�il�proprietario�del�fondo�all'azione�risarcitoria�
ex�art.�2043�cod.�civ.�(cfr.,�Cass.�SS.UU.�6�novembre�1989,�n.�4619;�Cass.�
20�febbraio�1991,�n.�1811;�Cass.�23�marzo�1992,�n.�3573;�Cass.�25�marzo�
1998,�n.�3158).�Con�specifico�riferimento�agli�asservimenti�operati�in�via�di�
fatto�a�seguito�della�installazione�degli�impianti�telefonici�in�assenza�di�un�
provvedimento�ablatorio,�la�giurisprudenza�ha�riconosciuto�la�risarcibilita�
anche�in�forma�specifica,�ossia�mediante�rimozione�delle�opere,�della�lesione�
del�diritto�soggettivo�del�privato�(Cass.�26�luglio�1994,�n.�6962).�

Tenuto�conto�di�tali�preliminari�considerazioni,�la�Scrivente�e�chiamata�
ad�esprimere�il�proprio�avviso�sulle�modalita�e�sugli�atti�da�porre�in�essere�
al�fine�di�produrre�la�cessazione�dell'illecito�e�di�sanare�la�carenza�di�un�
valido�titolo�ablatorio�per�l'asservimento�del�fondo��sul�quale�gia�siano�
stati�realizzati�gli�impianti�di�telecomunicazioni��nella�specifica�ipotesi�in�
cui�siano�inutilmente�decorsi�i�termini�per�l'adozione�del�decreto�definitivo�


I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO�

di�imposizione�della�servitu�.�Su�tale�punto�codesta�Prefettura�nel�quesito�di�
cui�al�n.�5�ha�ricordato�un�precedente�parere�espresso�dalla�scrivente�(parere�

n.�7189195�CS�in�data�22�marzo�1996).�Ivi,�con�riguardo�ad�un�caso�analogo,�
relativo�alla�imposizione�di�servitu�per�posa�in�opera�di�metanodotti,�si�era�
sostenuta�la�possibilita�di�sanatoria�della�situazione�di�asservimento�di�mero�
fatto�del�fondo�conseguente�alla�mancata�adozione�del�provvedimento�finale�
entro�i�termini�contenuti�nel�decreto�autorizzativo�della�occupazione�di�
urgenza:�si�era�ritenuto�in�particolare�di�poter�riconoscere�la�legittimita�di�
una�procedura�ablatoria�che�fosse�stata�avviata�previa�rinnovazione�dei�ter-
mini�per�il�completamente�di�essa,�rinnovazione�da�effettuarsi�nel�primo�atto�
dell'iter 
procedimentale�medesimo.�
Peraltro�su�tali�questioni,�la�Scrivente�non�puo�ora�non�prendere�atto�
dell'esistenza�di�un�orientamento�giurisprudenziale�che�esclude�la�sanabi-
lita�,�mediante�integrazione�postuma,�nel�caso�di�omessa�indicazione�dei�
termini�per�la�realizzazione�dei�lavori�e�degli�espropri�nel�corpo�del�primo�
atto�del�procedimento�avente�ex�lege�valore�di�dichiarazione�di�pubblica�
utilita�ovvero,�ove�intervenga,�nel�decreto�di�occupazione�di�urgenza,�ipo-
tesi�assimilabile�a�quella�di�specie�caratterizzata�invece�dalla�sopravvenuta�
scadenza�dei�termini�per�ritualmente�indicati�(cfr.�Consiglio�di�Stato,�Adu-
nanza�plenaria,�26�agosto�1991,�n.�6;�Consiglio�di�Stato,�sez.�IV,�27�novem-
bre�1997,�n.�1326;�Consiglio�di�Stato,�Sez.�V,�30�settembre�1998,�n.�1360;�
Consiglio�di�Stato,�Sez.�VI,�26�luglio�2000�n.�4158.�In�particolare�in�questa�
recente�pronuncia�il�C.d.S.�ha�approfondito�il�ricordato�orientamento�sino�
ad�affermare�che:�

1)�nella�prassi�operativa�si�avverte�l'esistenza�di�un�nesso�di�strumen-
talita�fra�procedimento�di�occupazione�d|�urgenza�e�procedimento�di�espro-
prio,�costituendo�il�primo�un�vero�e�proprio�subprocedimento�del�secondo,�
cos|�che�quest'ultimo�non�concreta�un�iter 
diverso�ed�autonomo;�

2)�laddove�l'amministrazione�abbia�tenuto�un�comportamento�ablato-
rio�di�fatto,�senza�uniformarsi�al�procedimento�previsto�per�legge,�tale�com-
portamento�non�puo�ricevere�ex 
post 
il�carattere�della�legalita�,�mediante�l'a-
dozione�di�un�atto�che�contenga�i�termini�di�inizio�e�completamente�dei�
lavori�e�della�procedura�di�esproprio,�cio�che�peraltro,�urterebbe�con�i�prin-
cipiespressidallaadunanzaplenariaconladecisionen.�6del26�agosto�1991;�

3)�non�deve�attribuirsi�rilevanza�alla�considerazione�che,�non�potendo�
operare�nel�caso�di�specie�l'istituto�della�accessione�invertita,�l'amministra-
zione�non�perderebbe�il�potere�ablatorio�e�potrebbe�legittimamente�porre�in�
essere�una�procedura�con�efficacia�sanante,�al�fine�di�evitare�la�demolizione�
dell'opera�pubblica�gia�costruita:�il�potere�ablatorio��e�strumentale�ad�un'o-
pera�da�realizzare,�non�ad�un'opera�gia�realizzata,�e�tanto�indipendentemente�
dall'operativita�,�o�meno�dell'accessione�invertita�;�

4)�ove�manchi�un�valido�titolo�ablatorio,�la�realizzazione�in�via�di�
fatto�dell'opera�integra�un�fatto�illecito�permanente�imputabile�all'Ammini-
strazione.�

Tenuto�conto�di�tale�indirizzo�giurisprudenziale,�ritiene�dunque�la�Scri-
vente�non�piu�consigliabile�l'iter 
finalizzato�ad�una�postuma�costituzione�
della�servitu�mediante�provvedimento�amministrativo;�e�addirittura�non�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

opportuno�che�le�Autorita�esproprianti�(e�cioe�la�Prefettura)�si�attivino�in�tal�
senso.�Sara�infatti,�in�tali�casi,�interesse�e�cura�dell'Ente�asservente,�esposto�
ad�una�situazione�di�permanente�responsabilita�nei�confronti�del�privato,�
addivenire�alla�formazione�del�titolo�legittimante�il�diritto�di�servitu�
mediante�lo�strumento�negoziale�del�contratto,�ad�efficacia�reale,�di�costitu-
zione�della�servitu�medesima�ovvero,�nei�casi�previsti�dalla�legge,�rivolgen-
dosi�all'Autorita�giudiziaria�civile�per�la�imposizione�mediante�sentenza�della�
servitu�coattiva�ex 
art.�1032�cod.�civ.�.�

PARERE 
DEL 
5 
GIUGNO 
2001 
N. 
66082. 


Se 
l'amministrazione 
tenuta 
a 
versare 
direttamente 
al 
coniuge 
separato 
del 


proprio 
dipendente 
l'assegno 
di 
mantenimento, 
nel 
caso 
di 
sospensione 
dal 
servi-

zio 
di 
quest'ultimo, 
sia 
obbligata 
a 
corrispondere 
per 
intero 
�oltre 
all'assegno 


di 
mantenimento 
al 
coniuge 
�anche 
l'assegno 
alimentare 
al 
dipendente 
^

Art. 
8 
legge 
1.dicembre 
1970, 
n. 
898, 
modificato 
dall'art. 
12 
legge 
6marzo 


1987, 
n. 
74; 
art. 
1 
d.P.R. 
5 
gennaio 
1950, 
n. 
180. 
(Consultivo�n.�14403/00,�
avv.�Tortora).�

�Con�riferimento�al�quesito�proposto�si�ritiene�innanzitutto�necessario�
premettere�che�il�provvedimento�di�distrazione�di�una�quota�degli�assegni�
spettanti�al�dipendente�a�favore�del�coniuge�separato�o�divorziato�ha�una�
struttura�ed�una�funzione�analoghe�a�quella�della�cessione�del�credito�(cfr.�
Cass.�Sez.�1,�11�aprile�1978�n.�1690).�Tale�cessione�puo�,�aver�origine�da�un�
provvedimento�giudiziale,�come�accade�in�materia�di�separazione�personale�
dei�coniugi�o�come�accadeva�per�effetto�dell'originaria�stesura�dell'art.�8�
legge�1.�dicembre�1970�n.�898,�oppure�puo�discendere�direttamente�dalla�
legge,�come�prevede�l'attuale�versione�del�predetto�art.�8,�come�modificata�
dall'art.�12�della�legge�6�marzo�1987�n.�74,�il�quale�consente�al�coniuge�al�
quale�spetta�la�corresponsione�periodica�dell'assegno�divorziale�di��notificare�
il�provvedimento�in�cui�e�stabilita�la�misura�dell'assegno�ai�terzi�tenuti�a�cor-
rispondere�periodicamente�somme�di�denaro�al�coniuge�obbligato,�con�l'in-
vito�a�versargli�direttamente�le�somme�dovute,�dandone�comunicazione�al�
coniuge�inadempiente�.�

Ora,�nel�caso�di�cessione�giudiziale�occorre�tener�conto�dell'individua-
zione�dell'oggetto�della�cessione�operata�dal�Giudice,�atteso�che�un�obbligo�
di�versamento�diretto�puo�configurarsi�solo�nell'ipotesi�in�cui�persista�un'ob-
bligazione�dell'Amministrazione�per�il�titolo�individuato�dal�Giudice.�Cos|�,�
nell'ipotesi�in�cui�il�Giudice�abbia�ordinato�all'Amministrazione�di�versare�
direttamente�al�coniuge�cui�spetta�la�corresponsione�periodica�un�determi-
nato�importo�dovuto�al�coniuge�obbligato�a 
titolo 
di 
retribuzione 
o�una�certa�
quota�della�retribuzione,�qualora�il�coniuge�obbligato�perda�il�diritto�alla�
retribuzione�(come�accade,�appunto,�nel�caso�della�sospensione�cautelare�dal�
servizio�di�un�pubblico�dipendente)�l'Amministrazione�non�dovra�piu�versare�
alcunche�all'altro�coniuge,�essendo�venuta�meno�la�propria�obbligazione�per�
quel�titolo�(cfr.�art.�1409�c.c.).�

Nell'ipotesi,�invece,�di�cessione�legale�e�nei�casi�in�cui�il�Giudice�abbia�
indicato�l'obbligazione�del�terzo�in�modo�generico�(�tutte�le�somme�a�qual-


I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO�

siasi�titolo�dovute��o�analoghe�espressioni)�e�da�ritenersi�che�l'obbligo�del-
l'Amministrazione�di�provvedere�al�versamento�diretto�dell'assegno�di�mante-
nimento�persista�anche�nell'ipotesi�di�sospensione�cautelare�dal�servizio�del�
coniuge�proprio�dipendente.�Tuttavia�in�tale�ipotesi�occorrera�tener�conto�
del�disposto�del�sesto�comma�dell'art.�8�della�legge�1.�dicembre�1970�n.�898�
(introdotto�dall'art.�12�della�legge�6�marzo�1987�n.�74),�il�quale�prevede�che�
lo�Stato�e�gli�altri�Enti�di�cui�all'art.�1�del�d.P.R.�5�gennaio�1950�n.�180�non�
possano�versare�al�coniuge�cui�spetta�la�corresponsione�periodica�oltre�la�
meta�delle�somme�dovute�al�coniuge�obbligato,�comprensive�anche�degli�
assegni�e�degli�emolumenti�accessori:�qualora,�dunque,�il�coniuge�obbligato�
sia�stato�sospeso�cautelarmente�dal�servizio,�l'Amministrazione�non�potra�
comunque�corrispondere�al�coniuge�cui�spetta�la�corresponsione�periodica�
oltre�la�meta�dell'importo�dell'assegno�alimentare�che�viene�versato�al�pro-
prio�dipendente�sospeso.�

Si�sottolinea�che,�trattandosi�sostanzialmente�di�una�cessione�del�
credito,�l'importo�da�versare�al�coniuge�cui�spetta�la�corresponsione�dovra�
essere�sottratto�dalle�somme�dovute�al�dipendente�a�titolo�di�assegno�
alimentare.�

In�tutti�i�casi�in�cui,�per�effetto�di�quanto�sopra�stabilito,�l'Amministra-
zione�debba�sospendere�l'erogazione�dell'assegno�di�mantenimento�o�modi-
ficarne�l'importo,�si�ritiene�opportuno�che�si�provveda�ad�informare�tempe-
stivamente�entrambi�i�coniugi�di�tale�circostanza,�affinche�possano,�se�lo�
ritengono�opportuno,�richiedere�al�Giudice�provvedimenti�di�revisione�della�
misura�dell'assegno�o�altre�misure�ritenute�necessarie�a�tutelare�i�propri�
interessi�.�

PARERE 
DEL 
5 
GIUGNO 
2001 
N. 
66398. 


Diritto 
di 
accesso, 
diritto 
alla 
riservatezza 
e 
tutela 
del 
segreto 
industriale: 
sesiaassentibilelarichiestadiaccessoall'of
ffertadiR.T.I.presentata 
ingara 
esplorativa 
da 
parte 
di 
impresa 
concorrente 
^Legge 
7 
agosto 
1990, 
n. 
241. 
(Consultivo�n.�6036/01,�avv.�Caramazza).�

�Con�la�nota�che�si�riscontra�codesto�Ministero�chiede�se�il�diritto�di�
accesso�agli�atti�della�gara�di�un�concorrente�rimasto�soccombente�nella�gara�
stessa�prevalga�o�meno�sul�diritto�alla�riservatezza�della�ditta�vincitrice�(con�
particolare�riguardo�ai�dati�personali�delle�persone�fisiche�dello�staff 
opera-
tivo�ed�al�know-how 
dell'impresa).�

Deve�anzitutto�rilevarsi�che,�nella�specie,�l'accedente�sembrerebbe�aver�
motivato�il�proprio�interesse�all'accesso�con�riferimento�alla�mera�partecipa-
zione�al�procedimento�ex 
art.�10�legge�n.�241/1990,�il�che�sembrerebbe�ren-
dere�il�relativo�diritto�recessivo�rispetto�alla�riservatezza�(Cons.�Stato,�A.P.,�
9�febbraio�1997�n.�5).�

Non�puo�escludersi�tuttavia�che�l'ambigua�formula�usata�sottenda,�
quanto�meno�in�prospettiva,�una�eventualita�di�tutela�giudiziaria�dei�pro-


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

pri�interessi,�nel�qual�caso�il�diritto�di�accesso,�nella�forma�attenuata�del�
diritto�di�visione,�dovrebbe�far�premio�sulla�tutela�della�riservatezza�ex�
art.�24,�II�comma,�lettera�d)�legge�n.�241/1990,�non�trattandosi,�nella�spe-
cie,�a�quanto�e��dato�comprendere,�di�dati�sensibili�(cfr.�Cons.�Stato,�VI,�
26�febbraio�1999�n.�59).�

Sembrerebbe�inoltre�da�approfondire�il�punto�dell'accessibilita��dei�dati�
relativi�al�know-how�dell'impresa,�alcuni�dei�quali�potrebbero�risultare�
coperti�non�tanto�dall'ostacolo�superabile�della�riservatezza�quanto�da�quello�
non�superabile�del�segreto�(ad�esempio�il�segreto�industriale).�

In�via�di�correntezza�ed�allo�stato�dei�fatti�sembra�potersi�suggerire�la�
soluzione�pratica�di�consentire�l'accesso�mediante�visione�nei�soli�limiti�
assentiti�dalla�ditta�vincitrice,�opportunamente�interpellata�in�via�preventiva.�

Ove�il�relativo�diniego�dovesse�essere�totale�l'accesso�potra��essere�rifiu-
tato�con�la�opposizione�del�limite�della�riservatezza�non�superato�dalla�alle-
gazione�di�una�necessita��di�cura�e�difesa�dei�propri�interessi�da�parte�dell'ac-
cedente��

PARERE 
DELL'8 
GIUGNO 
2001 
N. 
67783. 


Ammissibilita�di�autorizzazione�ex�art.�7�legge�n.�1497/1939�per�interventi�

realizzatiabusivamente�inarea�vincolataeperiqualisiastataavanzata�istanza�

di�sanatoria�alla�luce�dei�piu�recenti�orientamenti�del�Consiglio�di�Stato�^

Art.�151�del�testo�unico�d.lgs.�29�ottobre�1999�n.�490�^Art.�13�della�legge�
28febbraio�1985n.�47.�(Contenzioso�n.�40156/00,�avv.�Scaramucci).�

�Con�le�note�a�riferimento�codesta�amministrazione�ha�posto�il�seguente�
quesito:�se�l'amministrazione�preposta�alla�tutela�di�bene��ambientale��(nel-
l'accezione�datane�dall'art.�138�del�testo�unico�menzionato�in�oggetto)�possa�
emettere,�nel�caso�1'alterazione�dello�stato�dei�luoghi�sia�gia��abusivamente�
avvenuta,�provvedimento�positivo�di�autorizzazione�ex�art.�151�del�predetto�
testo�unico.�Il�quesito�e��posto�con�specifico�riferimento�al�caso�in�cui�il�
responsabile�dell'abuso�abbia�chiesto�ed�ottenuto�(o�sia�nelle�condizioni�di�
ottenere)�concessione�o�autorizzazione�edilizia�in�sanatoria�ai�sensi�delle�
disposizioni��a�regime��(cioe��non�per�condono�edilizio)�contenute�nell'art.�13�
della�legge�28�febbraio�1985�n.�47;�e�pero��esso�(quesito)�ha�portata�piu��ampia.�

Giova�premettere�che�detto�art.�13�consente�il�rilascio�di�concessione�o�
autorizzazione�edilizia�soltanto�quanto��l'opera�eseguita...�e��conforme�agli�
strumenti�urbanistici�generali�e�di�attuazione�approvati�e�non�in�contrasto�
(per�misura�di�salvaguardia)�con�quelli�adottati�...�;�non�ne�e��dunque�consen-
tito�il�rilascio�in�assenza�(anche�per�annullamento)�di�strumenti�urbanistici�

o�in�difformita��da�essi.�Poiche�l'art.�7�della�legge�urbanistica�17�agosto�1942�
n.�1150�dispone�che�ciascun�P.R.G.�deve�indicare�anche�(e�prioritariamente)�
�i�vincoli�da�osservare�nelle�zone�a�carattere�storico,�ambientale,�paesistico��
�disposizione�questa�sostanzialmente�confermata�o�recepita�dalle�leggi�
regionali�in�materia�urbanistica��dovrebbe�in�concreto�essere�non�realizza-
bile�il�caso�di�opera�eseguita�in�conformita��agli�strumenti�urbanistici�appro-
vati�(o�anche�solo�adottati)�e,�al�tempo�stesso,�in�area�sottoposta�a�vincolo�
comportante�inedificabilita��assoluta.�

I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO�

Come�noto,�discostandosi�da�orientamento�in�precedenza�emerso�in�sede�
consultiva�(II�Sezione),�e�confermando�pronunce�del�T.A.R.�Lazio,�il�Consi-
glio�di�Stato�(VI�Sezione)�ha�in�numerose�decisioni�rese�nel�corso�del�2000�
ed�anche�recentemente�(dec.�n.�913�del�2001)�affermato�che�l'abusiva�esecu-
zione�di�opera�(e�in�genere�l'abusiva�alterazione�dello�stato�dei�luoghi)�di�
per�se�non�impedisce�all'amministrazione�preposta�alla�tutela�del�bene�
ambientale�di�emettere�provvedimento�di�autorizzazione,�ancorche�
�postuma��dell'opera�(o�alterazione)�eseguita�nella�sua�interezza�ovvero�sol-
tanto�per�parte�di�essa.�

La�VI�Sezione�e�pervenuta�a�tale�affermazione�dapprima�passando�attra-
verso�una�interpretazione�dell'art.�15�della�legge�29�giugno�1939�n.�1497�(tra-
sfuso�nell'art.�164�del�citato�testo�unico),�ove�e�previsto�che�l'amministrazione�
possa,�in�esito�a�suo�apprezzamento�tecnico�discrezionale,�sanzionare�l'ille-
cito�paesistico�con�l'irrogazione�di�una�sanzione�pecuniaria,�alternativa�alla�
rimessione�in�pristino;�poiche�la�irrogazione�della�sola�sanzione�amministra-
tiva�pecuniaria�comporta�non-demolizione,�contrasterebbe�con�il�criterio�di�
�economia�dei�mezzi�giuridici��esigere�una�rimessione�in�pristino�finalizzata�
unicamente�al�rientro�nella�legalita�ambientale�da�conseguirsi�poi�mediante�
rituale�richiesta�di�autorizzazione�ex�art.�151�del�testo�unico�citato.�La�VI�
Sezione�ha�in�decisioni�successive�affinato�le�sue�argomentazioni,�e�puntualiz-
zato�condizioni�e�limiti�di�una�risposta�positiva�a�richiesta��postuma��di�
autorizzazione�ambientale.�

E�stato�cos|�affermato:�

a)�che�la�valutazione�circa�l'assentibilita�o�meno�della�alterazione�
dello�stato�dei�luoghi��non�muta�in�relazione�al�fatto�che�l'opera�sia�stata�rea-
lizzata�o�meno�;�in�altre�parole,�detta�valutazione�deve�essere�effettuata�come�
se�l'alterazione�dello�stato�dei�luoghi�non�fosse�gia�avvenuta�e�cioe�conside-
rando�soltanto�l'anteriore�stato�dei�luoghi;�

b)�che��costituisce�onere�dell'interessato,�in�tale�evenienza,�dimostrare�
l'assenza�di�impatto�negativo�attraverso�la�produzione�della�documentazione�
relativa�alla�condizione�dei�luoghi�anteatta�e,�per�l'effetto,�consentire�la�disa-
mina�comparativa�tra�lo�stato�antecedente�e�quello�posteriore�all'edifica-
zione;�il�giudizio�dovra�essere�conseguentemente�negativo,�con�correlativa�pos-
sibilita�di�demolire�le�opere,�laddove�detto�raffronto�non�si�riveli�possibile,�
stante�il�mancato�assolvimento�del�descritto�onere�da�parte�del�privato,�cos|�
come�nel�caso�in�cui�la�realizzazione�dell'opera�abbia�cancellato�il�bene�sotto-
posto�a�tutela;�

c)�che�l'autorizzazione�postuma��non�costituisce�un�equipollente�per-
fetto�dell'autorizzazione�preventiva,�in�quanto,�pur�precludendo�la�possibilita�
di�pervenire�alla�demolizione�dell'edificio,�essa�lascia�intatto�in�testa�alla�
competente�amministrazione�il�potere-dovere�di�infliggere�la�sanzione�pecu-
niaria�di�cui�all'art.�15�della�legge�n.�1497�del�1939,�fermi�gli�ulteriori�even-
tuali�profili�di�responsabilita�delineati�dall'ordinamento�.�

Reputa�questa�Avvocatura�generale�che�l'orientamento�ormai�ripetuta-
mente�espresso�dalla�VI�Sezione�possa�essere�accettato�anche�perche�improba-


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

bile�appare�un�nuovo�mutamento�della�giurisprudenza�amministrativa.�Del�
resto,�l'orientamento�giurisprudenziale�riferito�puo�trovare�fondamento,�
prima�e�piu�che�nell'art.�164�del�testo�unico�(come�tra�breve�si�dira�),�in�consi-
derazioni�di�teoria�generale�delle�autorizzazioni�amministrative.�

L'esito�positivo�di�un�procedimento�amministrativo�di�autorizzazione�
(alias,�il�rilascio�della�richiesta�autorizzazione)�rimuove�un�limite�posto�dalla�
legge�all'altrimenti�libero�esplicarsi�di�una�attivita�privata.�E�appena�il�caso�
di�rammentare�che�moltissime�attivita�sono�sottoposte�a�regime�autorizzato-
rio�(ad�esempio,�la�somministrazione�di�bevande�alcoliche,�la�guida�di�auto-
veicoli,�l'esercizio�di�una�vasta�gamma�di�attivita�commerciali).�Il�comporta-
mento�di�fatto�del�privato�il�quale�abusivamente�svolga�senza�autorizzazione�
attivita�per�le�quali�avrebbe�dovuto�ottenere�autorizzazione�in�linea�di�princi-
pio��cioe�in�assenza�di�norma�specifica�che�diversamente�disponga��non�
e�sanzionato�anche�con�l'interdizione�dal�richiedere�per�il�futuro�l'autorizza-
zione,�nonfa�venirmeno�lapotesta�amministrativa�diautorizzare�e�non�impe-
dire�il�normale�esercizio�di�detta�potesta�.�Peraltro,�l'autorizzazione�e�in�linea�
di�principio�rilasciata��ex�nunc�,�ossia�con�effetto�dalla�data�del�relativo�
provvedimento,�e�non��ex�tunc�,�cioe�dalla�anteriore�data�di�inizio�dell'anzi-
detto�abusivo�comportamento;�quindi�inesatta�e�la�locuzione�gergale�autoriz-
zazione�in�sanatoria.�Il�comportamento�posto�in�essere�dal�responsabile�del-
l'abuso�prima�della�autorizzazione�rimane�illecito�e�sanzionabile�(quando�pre-
visto,�anche�penalmente);�la�sopravvenuta�autorizzazione�rileva�soltanto�se�e�
per�quanto�essa�in�concreto�contraddica�il�tipo�di�sanzione�prevista�(ad�esem-
pio,�la�rimessione�in�pristino�mediante�demolizione)�e�quindi�ne�impedisca�
la�irrogazione.�

Per�contro,�poco�soddisfacente�(e�forse�anche�erroneo)�appare�il�basare�
l'interpretazione�soltanto�o�prevalentemente�sull'art.�164�del�testo�unico:�la�
lettera�della�norma�non�consente�di�ravvisare�un�inespresso�limite�alla�scelta�
tecnico-discrezionale�tra�le�due�sanzioni�alternative,�nel�senso�che�la�rimes-
sione�in�pristino�possa�essere�disposta�solo�in�caso�di�non�compatibilita�del-
l'opera�(o�alterazione)�con�i�valori�ambientali�tutelati�dal�vincolo,�e�solo�
nel�caso�opposto�sia�irrogabile�la�sanzione�amministrativa�pecuniaria.�Del�
resto,�quest'ultima�sanzione�rimane�in�pratica�l'unica�irrogabile�allor-
quando�l'opera�(o�l'alterazione)�abbia�prodotto�l'irreversibile�distruzione�
del�bene�ambientale.�

Questa�Avvocatura�generale�condivide�con�codesta�amministrazione�le�
preoccupazioni�per�atteggiamenti�eventualmente�poco�rigorosi�delle�ammini-
strazioni�locali�o�regionali�preposte�alla�tutela�di�beni�ambientali;�anche�se,�
a�livello�di�atti�amministrativi�formali,�nessuna�compressione�deriva�al�potere�
statale�di�annullamento�dalla�circostanza�di�fatto�dell'essere�l'autorizzazione�
stata�rilasciata�dopo�l'alterazione�dello�stato�dei�luoghi.�

Per�prevenire�o�quanto�meno�ridurre�gli�ipotizzati�pericoli�di�una�lettura�
non�rigorosa�del�riferito�orientamento�giurisprudenziale�appare�opportuno�
rivolgere�alle�Regioni�suggerimenti�ed�indirizzi,�affinche�esse�e/o�gli�enti�
locali�si�attengono�scrupolosamente�alle�indicazioni�sopra�riportate�sub�a),�
b)�e�c).�In�particolare�e�bene�sia�ribadito�che�l'abusivo��fatto�compiuto��
non�soltanto�non�deve�in�alcun�modo�influenzare�l'apprezzamento�tecnico-


I 
PARERI 
DEL 
COMITATO 
CONSULTIVO 


discrezionale 
da 
esprimersi 
sulla 
base 
dello 
stato 
dei 
luoghi 
quale 
era 
prima 
della 
abusiva 
alterazione 
in 
risposta 
alla 
richiesta 
�postuma� 
di 
autorizza-
zione, 
ma 
impone 
una 
ancor 
piu� 
accurata 
ed 
esauriente 
motivazione 
dei 
provvedimenti 
positivi 
di 
autorizzazione; 
e, 
ad 
integrazione 
della 
indicazione 
sub 
a), 
gioverebbe 
aggiungere 
che 
neppure 
la 
�sanabilita� 
� 
dell'abuso 
agli 
effetti 
urbanistici 
(ex 
art. 
13 
cit.) 
puo� 
in 
alcun 
modo 
influenzare 
l'anzidetto 
apprezzamento. 
Inoltre, 
ad 
integrazione 
della 
indicazione 
sub 
b),e� 
bene 
sia 
suggerito 
di 
subordinare 
l'avvio 
e/o 
l'espletamento 
della 
istruttoria 
sulla 
richiesta 
�postuma� 
di 
autorizzazione 
alla 
esibizione, 
a 
cura 
del 
richiedente, 
di 
una 
adeguata 
documentazione 
circa 
lo 
stato 
dei 
luoghi 
anteriore 
all'esecu-
zione 
dell'opera 
(o 
dell'alterazione). 


Parrebbe 
utile 
altres|� 
rammentare 
che 
la 
potesta� 
statale 
di 
annullamento 
puo� 
essere 
esercitata, 
oltre 
che 
sul 
�se� 
autorizzazione 
sia 
nella 
vicenda 
con-
creta 
rilasciabile, 
anche 
sul 
�quantum� 
dell'irrogata 
alternativa 
sanzione 
amministrativa 
pecuniaria. 
L'art. 
164 
del 
testo 
unico 
pone 
parametri 
la 
cui 
inosservanza 
costituisce 
vizio 
di 
legittimita� 
; 
per 
di 
piu� 
, 
una 
indebita 
minimiz-
zazione 
del 
�danno 
arrecato� 
puo� 
risultare 
strumentale 
ad 
omessa 
irroga-
zione 
della 
rimessione 
in 
pristino. 


All'irrogazione 
della 
sanzione 
pecuniaria 
non 
osta 
il 
rilascio 
(ripetesi, 
con 
effetti 
�ex 
nunc�) 
della 
autorizzazione. 
In 
proposito, 
il 
Consiglio 
di 
Stato 
ha 
giustamente 
affermato 
quanto 
segue: 
�circostanza 
che 
l'amministrazione, 
esercitando 
un 
potere 
nella 
sostanza 
conferito 
dallo 
stesso 
art. 
15 
(ora 
art. 
164 
del 
testro 
unico), 
abbia 
verificato 
la 
compatibilita� 
ambientale 
in 
via 
postuma, 
se, 
da 
un 
lato, 
esclude 
la 
compromissione 
sostanziale 
dell'integrita� 
paesaggistica, 
dall'altro, 
non 
cancella 
la 
violazione 
dell'obbligo, 
discendente 
dall'art. 
7 
(ora 
art. 
151 
del 
testo 
unico), 
di 
conseguire 
in 
via 
preventiva 
il 
titolo 
di 
assenso 
necessario 
per 
la 
realizzazione 
dell'intervento 
modificativo 
dell'assetto 
territoriale�. 


La 
sanzione 
pecuniaria 
di 
cui 
all'art. 
164 
del 
testo 
unico, 
per 
importo 
da 
questo 
non 
piu� 
denominato 
�indennita��, 
quando 
autorizzazione 
postuma 
e� 
rilasciata 
e 
quindi 
quando 
l'opera 
(o 
l'alterazione) 
eseguita 
e� 
valutata 
compa-
tibile 
con 
le 
esigenze 
di 
tutela 
e� 
irrogata 
per 
punire 
l'abuso 
anteriormente 
commesso, 
abuso 
che 
la 
sopravvenuta 
autorizzazione 
non 
elimina 
(solo 
impedisce 
di 
sanzionare 
con 
la 
rimessione 
in 
pristino). 
Inesattamente, 
qual-
che 
decisione 
giurisdizionale 
parla 
di 
�illecito 
formale�; 
in 
realta� 
l'illecito 
non 
pare 
possa 
cos|� 
definirsi 
neppure 
quando 
�ex 
post� 
non 
e� 
ravvisato 
danno 
ambientale. 


Quanto 
sin 
qui 
scritto 
non 
esaurisce 
la 
risposta 
al 
quesito 
posto. 
Si 
e� 
dianzi 
accennato 
ad 
autorizzazione 
per 
parte 
soltanto 
�strutturalmente 
separabile 
�del 
manufatto 
edificato; 
in 
tal 
caso, 
per 
la 
parte 
residua 
dovra� 
perseguirsi 
la 
rimessione 
in 
pristino 
ad 
opera 
e, 
qualora 
non 
si 
abbia 
ottem-
peranza, 
a 
spese 
del 
responsabile 
dell'abuso. 


Piu� 
complesso 
il 
caso, 
probabilmente 
frequente, 
di 
opere 
la 
cui 
compati-
bilita� 
con 
i 
valori 
ambientali 
e� 
pregiudicata 
soltanto 
da 
non 
essenziali 
conno-
tati 
morfologici, 
o 
particolari 
costruttivi, 
od 
altre 
similari 
ragioni, 
rispetto 
alle 
quali 
la 
rimessione 
in 
pristino 
potrebbe 
essere 
reputata 
sanzione 
ecces-
siva. 
La 
Scrivente 
sarebbe 
orientata 
a 
ritenere 
che, 
in 
tal 
caso, 
l'amministra-


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

zione�preposta�alla�tutela�dei�beni�ambientali�possa�legittimamente�subordi-
nare�la�efficacia�o�addirittura�il�rilascio�dell'autorizzazione�all'ottemperanza�
a�puntuali��prescrizioni��indicate�da�detta�amministrazione;�anche�qualora�
tali��prescrizioni��manchino�potrebbe�aversi�l'intervento�di�annullamento�ex 
art.�151,�comma�4,�del�testo�unico�citato�s'intende�solo�per�non-legittimita�,�
dell'organo�statale�competente.�

Palese�la�delicatezza�di�quest'ultimo�argomento:�a�differenza�di�quanto�
accade�allorquando�l'autorizzazione�e�chiesta�prima�dell'inizio�dei�lavori,�nel�
caso�ora�considerato�l'ottemperanza�alle��prescrizioni��comporta�costi�
aggiuntivi�eventualmente�cospicui.�Si�fa�comunque�riserva�di�tornare�sul�
punto�in�occasione�di�vicende�concrete�.�

PARERE 
DEL 
5 
LUGLIO 
2001 
N. 
76843. 


Parere 
in 
materia 
di 
rimborso 
di 
spese 
legali 
in 
favore 
dei 
dipendenti 
del-

l'Ente 
Nazionale 
delle 
strade 
(confronto 
con 
la 
normativa 
del 
C.C.N.L.; 


conflitto 
d'interessi; 
livello 
delle 
tariffe; 
applicazione 
della 
normativa 
ai 
giudizi 
dinanzi 
alla 
Corte 
dei 
Conti. 
(Consultivo�n.�17621/00,�avv.�Greco).�

�Con�la�nota�che�si�riscontra�codesto�Ente�ha�rappresentato�alla�Scri-
vente�l'insorgenza�di�alcuni�problemi�operativi�ed�interpretativi�che�scaturi-
scono�dall'applicazione�delle�norme�che�prevedono�il�beneficio�dei�rimborso�
delle�spese�legali�a�favore�dei�dipendenti�coinvolti�in�procedimenti�giurisdi-
zionali.�

Piu�in�particolare�viene�evidenziato�che�al�personale�si�applicava�la�pre-
visione�di�cui�all'art.�20�del�d.P.R.�n.�335/1990,�cio�fino�all'entrata�in�vigore�
dei�nuovo�contratto�collettivo;�che�l'Ente�era�soggetto�al�patrocinio�ex 
lege 
dell'Avvocatura�dello�Stato,�e�che�pertanto��in�linea�altres|�con�quanto�
espressodallaScriventenellanotan.65757,dell'11�giugno1994�bisognava�
ricondurre�la�possibilita�del�rimborso�alla�procedura�prevista�nella�norma�
sopra�citata.�

A�questo�proposito�e�stato�sottolineato�che�la�procedura�prevista�non�
sempre�e�stata�seguita�dai�dipendenti�e�che�sono�insorte�controversie�al�
riguardo.�Infatti�qualcuno�avrebbe�del�tutto�omesso�ogni�preventiva�comuni-
cazione�dell'insorgenza�del�procedimento�presentando�direttamente,�una�
volta�intervenuta�l'assoluzione,�la�richiesta�di�rimborso.�In�alcuni�casi�tale�
omissione�sarebbe�dovuta�all'impossibilita�di�seguire�la�procedura�prevista�
data�la�ristrettezza�dei�tempi�che�il�singolo�procedimento�imponeva.�

Analogamente�e�stato�chiesto�ogni�utile�chiarimento�per�quanto�
riguarda�poi�il�caso�in�cui�il�paventato�conflitto�di�interessi�valutato�ex 
ante 
�anche�sulla�base�di�una�prognosi�effettuata�sulla�scarsezza�degli�elementi�
disponibili��che�aveva�portato�alla�negazione�dell'assunzione�degli�oneri�di�
difesa,�non�sia�seguito�da�una�sentenza�di�condanna.�

In�quest'ultima�fattispecie�ulteriori�dubbi�vengono�espressi�per�le�deci-
sioni�(dichiarazione�di�prescrizione,�sentenze�di�c.d.�patteggiamento,�ecc.)�
non�equiparabili�all'assoluzione.�A�questo�proposito�con�successiva�nota�del�
23�marzo�2001,�sono�stati�rappresentati�ulteriori�profili�di�possibili�contrasti�
interpretativi�dati�dalla�previsione�delle�nuove�norme�pattizie.�


I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO�

Codesto�ente�ha�posto�poi�in�rilievo�che,�salvo�contrario�avviso,�sarebbe�
orientato�a�liquidare��nei�casi�in�cui�ricorrono�i�presupposti��una�somma�
totale�calcolata�seguendo�le�tariffe�minime�vigenti,�e�se�tale�criterio�(cfr.�nota�
citata�del�23�marzo�2001,�n.�769)�sia�altres|�applicabile�ai�giudizi�per�i�quali�
il�patrocinio�era�stato�concesso�durante�la�vigenza�dei�decreto�del�Presidente�
della�Repubblica�n.�335/1990,�prima�dell'entrata�in�vigore�del�nuovo�CCNL.�

Analoghi�problemi�sono�stati�in�merito�alla�nuova�normativa�contrat-
tuale�medio 
tempore 
intervenuta.�

A�questo�specifico�proposito�nel�richiamarsi�il�contenuto�dell'art.�52�del�
CCNL�viene�chiesto�se�lo�stesso�possa�ritenersi�applicabile�anche�nel�giudizio�
avanti�la�Corte�dei�Conti,�e�se�il�rimborso�possa�essere�esteso�anche�alle�con-
sulenze�tecniche�di�parte.�

In�relazione�a�quanto�prospettato�da�codesto�Ente�questa�Avvocatura�
osserva�quanto�segue.�

Per�quel�che�concerne�le�spese�di�giudizio�avanti�alla�Corte�dei�Conti�si�
evidenzia�che�la�materia�e�stata�innovata�dall'entrata�in�vigore�dell'art.�3,�
della�legge�n.�639/1996,�secondo�cui:��in�caso�di�definitivo�proscioglimento�
ai�sensi�di�quanto�previsto�dal�comma�1�della�legge�14�gennaio�1994,�n.�20,�
come�modificato�dal�comma�1�del�presente�articolo,�le�spese�legali�sostenute�
dai�soggetti�sottoposti�al�giudizio�della�Corte�dei�Conti�sono�rimborsate�dal-
l'Amministrazione�di�appartenenza�.�

La�norma�in�questione,�cos|�come�specificato�dalla�medesima�Corte�dei�
Conti�(cfr�SS.RR.�28�aprile�1997,�n.�42/A),�non�ha�valenza�retroattiva�e�trova�
applicazione�soltanto�a�partire�dai�giudizi�che�hanno�inizio�dopo�la�sua�
entrata�in�vigore.�

Ancora,�secondo�quanto�posto�in�rilievo�dalla�Scrivente�nella�nota�

n.�83479�del�13�luglio�1998,�a�cui�per�brevita�si�rinvia,�l'ipotesi�beneficiante�
non�trova�applicazione�nelle�ipotesi�in�cui�il�dipendente�nella�fase�dell'invito�
a�dedurre,�non�seguito�da�citazione,�si�sia�fatto�assistere�da�un�legale�di�pro-
pria�fiducia.�
Riguardo�poi�alla�possibilita�di�riconoscere�il�beneficio�del�rimborso�
nelle�ipotesi�in�cui�non�sia�stata�rispettata�la�procedura�di�cui�all'art.�20�del�

d.P.R.�n.�335/1990,�si�osserva,�fermo�restando�quanto�rilevato�nel�parere�
espresso�dal�Comitato�Consultivo�di�questa�Avvocatura��nota�n.�65757,�
dell'11�giugno�1994��che�possono�sussistere�ipotesi�in�cui�il�dipendente�e�
nella�materiale�impossibilita�di�seguire�la�prescritta�procedura�in�presenza�di�
termini�estremamente�brevi.�Si�pensi,�solo�per�fare�un�esempio,�a�tutta�l'atti-
vita�difensiva�con�carattere�di�urgenza�che�puo�prospettarsi�nelle�ipotesi�degli�
accertamenti�tecnici�non�ripetibili�degli�atti�di�perquisizione�e�sequestro�c
ombinato�disposto�degli�artt.�360,�364,�365�C.P.P.�ovvero�per�quel�che�
riguarda�i�giudizi�di�responsabilita�civile�alle�ipotesi�di�cui�al�libro�IV��pro-
cedimenti�speciali��del�vigente�codice�di�procedura�civile,�in�particolare�
capo�I�procedimento�di�ingiunzione;�capo�III�procedimenti�cautelari.�
In�sostanza�codesto�Ente�dovra�valutare�caso�per�caso,�secondo�gli�
atti�e�la�fattispecie�concreta,�se�sussistevano�ipotesi�particolari�che�impedi-
vano�al�dipendente�di�rispettare�il�procedimento�previsto�dalla�normativa�
beneficiante.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

A�questo�proposito,�seppure�il�Consiglio�di�Stato�piu�di�una�volta�in�pro-
nunciamenti�espressi�in�sede�consultiva�(cfr.�C.d.S.,�sez.�III,�13�febbraio�1996�

n.�69/96;�C.d.S.,�Comm.�Speciale�Pubblico�Impiego,�6�maggio�1996,�
n.�4/1996;C.d.S.,sez.III,28�luglio1998,n.�903/1998),haaffermatol'esistenza�
di�un�principio�generale�di�rimborsabilita�delle�spese�legali�sostenute�dal�dipen-
dente�e�dall'agente�per�fatti�connessi�all'attivita�istituzionale��sempre�che�vi�
sia�stata�una�decisione�liberatoria�e�non�sussista�alcun�conflitto�di�interesse�i
n�sede�giurisdizionale�(cfr.�C.d.S.,�sez.�V,�sent.�n.�2242�del�15�febbraio�2000)�
pronunciandosi�sull'analoga�normativa�di�cui�all'art.�67�del�d.P.R.�
n.�268/1987,�che�assicura�il�patrocinio�ai�dipendenti�degli�Enti�locali,�in�forme�
del�tutto�analoghe�alla�normativa�esistente�a�favore�dei�dipendenti�di�codesto�
Ente,�ha�avuto�modo�di�sottolineare�che�non�puo�essere�trascurato��il�mancato�
rispetto�delle�regole�procedurali�che�governano�l'assunzione,�da�parte�dell'am-
ministrazione,�delle�spese�legali�...�il�profilo�evidenzia�la�sostanziale�ecceziona-
lita�del�rimborso�delle�spese�legali,�necessariamente�circondata�da�garanzie�pro-
cedimentali�che�non�hanno�valore�puramente�formale,�ma�mirano�ad�accertare�
lapresenzadeinecessaripresupposti�sostanziali�dellapretesa�...�.�
Analogamente�e�a�dirsi�per�l'aspetto�posto�in�rilievo�riguardo�alla�possi-
bilita�di�dare�corso�al�rimborso�nell'ipotesi�in�cui�non�vi�sia�stata�pronuncia�
liberatoria�ma�solo�pronuncia�non�equiparabile�all'assoluzione�(sentenza�di�
patteggiamento,�dichiarazione�di�prescrizione,�ecc.).�A�questo�proposito�non�
puo�non�porsi�preliminarmente�in�rilievo�una�apparente�improprieta�delle�
disposizioni�pattizie�le�quali�oltre�ad�essere�in�contrasto�tra�loro�(l'art.�17�
richiede�che��non�siano�accertati 
elementi�di�dolo�o�colpa�grave�...�;�quando�
l'art.�52�presuppone�che��non�siano�ravvisabili 
elementi�di�dolo�o�colpa�
grave�...)��quando�l'art.�20,�del�citato�d.P.R.�4�agosto�1990,�n.�335,�richie-
deva�espressamente�che�la�responsabilita�dovesse�essere�esclusa��non�sem-
bra�tengano�conto�di�quanto�previsto�nello�stesso�testo�ove�si�parla�di�con-
flitto�di�interessi�(art.�52)�ovvero�di�parte�lesa�(art.�17).�

In�sostanza�l'apparente�improprieta�che�una�prima�lettura�potrebbe�deter-
minare�non�puo�non�tenere�conto�dei�quadro�di�insieme�dei�sistema�e�della�ratio 
sottesa�chiaramente�all'istituto.�Bisognera�allora�a�questo�proposito�operare�
una�distinzione�di�fondo�tenendo�conto�proprio�di�quel�conflitto�di�interessi�o�
di�quella�lesione�che�le�norme�vogliono�esclusi�affinche�si�arrivi�al�rimborso.�

A�questo�proposito�e�da�rilevare�che�il�rimborso�e�dovuto�solo�se�vi�e�
stata�una�pronuncia�liberatoria�piena,�non�ammettendosi�la�possibilita�del�
rimborso�delle�spese�nell'ipotesi�di�assoluzioni�conseguite�con�formule�mera-
mente�processuali.�

Nel�caso�in�cui�codesto�Ente�abbia�poi�negato�l'assunzione�della�difesa�
sulla�base�di�un�giudizio�valutativo�negativo�espresso�ex 
ante,�smentito�poi�
da�una�decisione�assolutoria�piena,�non�pare�possano�sussistere�ragioni�per�
escludere�il�rimborso.�

E�pur�vero�che�il�dato�testuale�delle�norme�prese�in�esame�porterebbe�a�
conclusioni�difformi,�e�pero�altrettanto�vero�che�la�sopravvenienza�di�un�dato�
qual�e�quello�di�una�sentenza�di�assoluzione�piena�non�puo�essere�trascurato�
quanto�meno�nell'influenza�che�questo�rivestiva�sul�provvedimento�preceden-
temente�emesso.�


I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO�

In�ogni�caso�e�bene�sempre��data�l'evidente�difficolta�posta�in�rilievo�
di�valutare�ex�ante�in�base�ad�atti�estremamente�incompleti�se�assumere�o�
meno�la�difesa,�ovvero�consentire�la�scelta�di�un�proprio�difensore,�fare�
espressa�riserva�di�ripetizione,�ovvero�subordinare�il�rimborso�delle�spese�
all'esito�dei�giudizio�e�solo�ove�questo�sia�pienamente�favorevole.�

Per�quel�che�concerne�poi�i�criteri�di�liquidazione�non�puo�che�osservarsi�
che�codesto�Ente�nella�scelta�diretta�del�legale�e�libero�di�convenire�con�que-
st'ultimo��salvo�sempre�il�rispetto�dell'art.�4,�1.�comma�prestazioni�in�
materia�civile�e�dell'art.�1,�4.�comma,�tariffe�penali�di�cui�al�decreto�ministe-
riale�5�ottobre�1994,�n.�585��le�modalita�anche�sotto�il�profilo�economico�
della�prestazione.�

Dubbi�sorgono�invece�riguardo�alla�portata�delle�norme�se�queste�fos-
sero�lette�nel�senso�di�imporre�al�legale,�nel�caso�in�cui�questo�sia�scelto�dal�
dipendente,�che�pertanto�e�obbligato�nei�suoi�confronti,�ad�uniformarsi�ai�cri-
teri�fissati�dall'Ente�per�il�rimborso.�

Il�legale�e�infatti,�in�questa�seconda�ipotesi,�legato�ad�un�rapporto�pro-
fessionale�unicamente�con�il�proprio�cliente�da�cui�ha�avuto�conferito�il�rela-
tivo�mandato,�ed�e�libero�di�pretendere�da�quest'ultimo,�sempre�nel�rispetto�
delle�tariffe�professionali,�la�somma�ritenuta�opportuna.�

In�realta�la�norma�si�rivolge�unicamente,�e�non�potrebbe�essere�altri-
menti,�al�dipendente,�ponendo�in�rilievo�che�nel�caso�in�cui�appunto�si�
rivolga�ad�un�legale�di�sua�fiducia,�indipendentemente�da�quanto�corrisposto�
al�difensore�stesso�sara�rimborsato�solo�sulla�base�dei��criteri��e�dei��principi�
fissati�per�la�determinazione�dei�compensi�dei�legali�dell'Ente�stesso�.�

A�questo�proposito�e�opportuno�che�detti�criteri�vengano�esplicitamente�
e�compiutamente�portati�a�conoscenza�e�preventivamente�comunicati�ai�
dipendenti�istanti.�

La�decorrenza�della�disposizione�pattizia�non�potra�essere�retroattiva�
poiche�peggiorativa,�pertanto�per�i�procedimenti�aperti�sotto�la�vigenza�del-
l'art.�20�del�d.P.R.�n.�335/1990,�varranno�le�tariffe�secondo�le�normali�oscilla-
zioni�di�cui�al�decreto�ministeriale�n.�585/1994,�cit.�.�

PARERE 
DELL'8 
OTTOBRE 
2001 
N. 
108773. 


Individuazione�dei�criterida�seguirsiper�l'adozione�delfermo�amministra-

tivoatuteladicreditiderivantidafatticausativididannoerariale,�inpendenza�

di�giudizio�contabile�e/o�penale,�con�particolare�riguardo�a:�a)�possibilita�di�

individuare�un�valore�minimo�al�di�sopra�del�quale�attivare�la�misura�delfermo�

amministrativo;�b)�spettanza�o�meno�di�interessi�e�rivalutazione�sulle�somme,�

gia�sottoposte�a�fermo�amministrativo�poi�revocato,�spettanti�al�dipendente�a�

titolo�di�emolumenti�stipendiali,�pensionistici�o�assistenziali�^Art.�69�R.D.�
18�novembre�1923�n.�2440.�(Consultivo�5139/00,�avv.�Basilica).�

�Con�note�del�30�marzo�2000�e�del�12�gennaio�2001�e�stato�chiesto�un�
parere�in�ordine�ad�alcuni�criteri�guida,�in�materia�di�fermo�amministrativo,�
da�adottare�nel�particolare�caso�di�dipendenti�sottoposti�ad�indagini�della�
magistratura�penale�e/o�contabile�in�conseguenza�della�presunta�commis-
sione�di�fatti�causativi�di�danno�erariale.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

1.�In�particolare,�con�nota�del�30�marzo�2000�prot.�n.�97289�si�chiede�se�
possa�ritenersi�corretto�procedere�al�fermo�limitatamente�al�caso�in�cui�si�
sia�gia�disposto�da�parte�della�Magistratura�penale�il�rinvio�a�giudizio�per�
fatti�di�reati�che�abbiano�provocato�un�danno�all'Erario�e,�in�ogni�caso,�solo�
nel�caso�in�cui�il�danno�causato�sia�effettivamente�consistente.�
1.1�Sul�punto�la�Scrivente�non�puo�non�richiamare�i�principi�generali�in�
materia�fissati�dalla�giurisprudenza�ordinaria�ed�amministrativa�nonche�dalle�
circolari�(Min.�Tesoro�n.�21/1999�in�atti)�e�direttive�in�materia.�
Come�e�noto,�il�fermo�amministrativo�e�un�provvedimento�di�autotutela�
che,�proprio�per�la�sua�natura�cautelare�ed�intrinsecamente�provvisoria,�ai�
sensi�dell'art.�69�Reg.�con.�gen.�Stato�(R.D.�n.�2440/1923),�presuppone�solo�
una�mera��ragione�di�credito��e�percio��puo�essere�adottato�non�solo�quando�
il�diritto�di�credito�a�cautela�del�quale�e�disposto�sia�stato�definitivamente�accer-
tato�ma�anche�quando�il�credito�sia�contestato�ma�sia�ragionevole�sostenere�l'esi-
stenza��(in�tal�senso:�Cons.�Stato,�Sez.�IV,�27�febbraio�1998,�n.�350;�ma�v.�
anche,�Cass.�Civ.,�Sez.�I,�28�novembre�1989,�n.�5170).�

La�norma�di�riferimento,�invero,�non�esige,�quale�ulteriore�requisito,�che�
il�diritto�al�recupero�sia�stato�definitivamente�accertato;�la�misura�cautelare�
in�esame�resta,�di�conseguenza,�adottabile�anche�in�previsione�di�una�com-
pensazione�eventuale�e�futura.

E�altrettanto�noto�pero�che�il�richiamato�concetto�di�ragione�di�credito�
risulta�insuscettibile�di�una�definizione�rigorosa.�

Ampliando�troppo�tale�concetto,�si�incorrerebbe,�in�effetti,�nel�rischio�di�
concedere�tale�misura�anche�per�pretese�dell'Amministrazione�che,�pur�appa-
rendo�primafacie�fondate,�potrebbero�poi�rivelarsi,�alla�luce�di�piu�approfon-
diti�accertamenti,�inesistenti�o�addirittura�temerarie,�finendo�con�il�consentire�
veri�e�propri�illeciti,�lesivi�di�diritti�soggettivi�del�privato.�

Sempre�in�errore�si�incorrerebbe�radicando�il�concetto�di�ragione�di�cre-
dito�a�quei�rigorosi�requisiti�di�certezza,�liquidita�ed�esigibilita�richiesti�per�
la�compensazione�legale�ex�art.�1243�c.c.�primo�comma�che�finirebbero�per�
vanificare�l'essenza�stessa�dell'istituto�e�l'esigenza�cautelare�che�assolve.�

Percio�l'unico�criterio�affidabile�continua�ad�essere�quello�che�fa�leva�sul�
c.d.fumus�boni�iuris,�dovendosi�trattare,�in�buona�sostanza,�di�provvedimenti�
in�cui�la�pretesa�dell'Amministrazione�sia�caratterizzata�da�una��ragionevole�
apparenza�di�fondatezza��(nella�Circolare�21/1999�si�esplicita�ulteriormente�
il�concetto,�con�utili�osservazioni�alle�quali�si�fa�rinvio).�

1.2�Tornando�al�quesito�di�specie,�alla�luce�di�quanto�appena�conside-
rato�puo�essere�utile�adottare�il�fermo�amministrativo�ogniqualvolta�la�pre-
tesa�dell'Amministrazione�si�fondi�su�fatti�che�siano�gia�stati�oggetto�di�valu-
tazione�da�parte�della�Magistratura�penale�e/o�contabile,�come�nel�caso�di�
un�militare�gia�sottoposto�a�rinvio�a�giudizio.�
Se,�tuttavia,�la�soluzione�in�tale�ipotesi�e�piu�sicura,�non�altrettanto�puo�
dirsi�nel�caso�in�cui,�pur�non�essendovi�rinvio�a�giudizio,�sia�possibile�preve-
dere,�attraverso�una�congrua�valutazione�dell'accaduto,�che�il�dipendente�
abbia�presumibilmente�arrecato�all'Erario�un�danno�consistente�e�l'Ammini-
strazione,�gia�nella�fase�delle�indagini�preliminari,�possa�facilmente�supporre�


I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO�

che�l'Autorita�Giudiziaria�Penale�e/o�contabile�procedera�quanto�prima�al�
rinvio�a�giudizio�o�comunque,�non�accogliera�la�richiesta�di�archiviazione.�
Si�pensi,�a�mero�titolo�esemplificativo,�al�caso�conclamato�di�flagranza�di�
reato�ovvero�all'ipotesi�di�cui�la�notitia�criminis�sia�partita�dalla�stessa�Ammi-
nistrazione�che�sta�per�adottare�il�fermo�e�che�la�stessa�disponga,�per�tale�
motivo,�di�elementi�istruttori�tali�da�far�ritenere,�con�un�ragionevole�margine�
di�certezza,�tanto�l'effettiva�commissione�di�un�reato�quanto�la�produzione�
di�un�danno�erariale.�

Nelle�ipotesi�descritte�ove�si�ritenga�che�il�ritardo�nell'adozione�del�
fermo�possa�essere�pregiudizievole�potrebbe�anche�ritenersi�sufficiente�la�
mera�richiesta�di�rinvio�a�giudizio�da�parte�del�P.M.�Ma�si�tratta,�come�e�evi-
dente,�di�ipotesi�che�l'Amministrazione�dovra�valutare�attentamente�caso�per�
caso,�che�sfuggono�ad�ogni�possibile�classificazione�astratta.�

1.3�In�ogni�caso,�e�passando�all'esame�dell'ulteriore�quesito�di�cui�alla�
nota�del�30�marzo�2000,�non�sembra�possa�identificarsi�quale�sicuro�criterio�
direttivo�per�l'adozione�della�misura�in�esame,�quello�relativo�all'entita�del�
danno�subito,�in�quanto�la�fissazione�a�priori�di�una�soglia�minima�(che�il�
Comando�indica�a�titolo�esemplificativo�in�L.�100.000.000),�potrebbe�risul-
tare�arbitraria�e,�pertanto,�in�contrasto�con�quel�criterio�di�imparzialita�che�
deve�informare�l'attivita�amministrativa.�
L'opinabilita�dell'adozione�di�un�determinato�valore�di�riferimento�si�
coglie�proprio�nell'esempio�suggerito�da�codesta�P.A.�ovvero�quello�di�un�
unico�procedimento�per�piu�militare�o�di�piu�procedimenti�accorpati�in�sede�
di�indagine,�qualora�la�predetta�soglia�sia�raggiunta�solo�da�alcuni�tra�i�
dipendenti�coinvolti.�Per�tali�casi,�in�effetti,�l'adozione�del�fermo�solo�per�
alcuni�dipendenti�e�non�per�altri,�potrebbe�risultare�effettivamente�arbitraria�
e�fondare�probabili�impugnazioni�per�eccesso�di�potere.�

Per�le�esposte�considerazioni�si�deve�concludere�nel�senso�che�ogni�crite-
rio�va�ragguagliato�alla�situazione�concreta�e�valutato�caso�per�caso�(in�rela-
zione�allo�stato�del�giudizio�penale�instaurato�o�instaurando�nei�confronti�
del�dipendente,�all'entita�del�danno�e�via�dicendo).�

2.�Il�parere�chiesto�con�la�nota�del�12�gennaio�2001�riguarda�il�caso�in�
cui,�venute�a�cessare�le�esigenze�cautelari�a�seguito�del�recupero�del�credito�
erariale,�si�sia�proceduto�alla�revoca�del�fermo�e�alla�restituzione�delle�somme�
ad�esso�sottoposte.�Si�pone,�dunque,�il�dubbio�se,�sulle�somme�trattenute�
siano�dovuti,�al�momento�della�restituzione,�gli�interessi�legali�e�la�rivaluta-
zione�monetaria.�
In�proposito�occorre�precisare�che��ove�il�vincolo�abbia�investito�
somme�dovute�al�dipendente�per�crediti�di�lavoro�(stipendi�o�altri�emolu-
menti)��la�P.A.,�pur�agendo�nell'ambito�di�un'attivita�lecita,�e�tenuta�al�
ristoro�integrale�e�deve�percio�corrisponde�anche�gli�interessi�e�la�rivaluta-
zione:�infatti,�per�tale�tipo�di�crediti�si�prescinde�dalla�causa�del�ritardo�per�
l'attribuzione�dei�predetti�accessori�(ex�multis:�Cons.�Stato,�Sez.�VI,�13�luglio�
1993,�n.�524).�

Sono,�del�pari,�dovuti�gli�interessi�ove�siano�state�vincolate�somme�che�
costituivano�crediti�certi,�liquidi�ed�esigibili,�poiche�in�tal�caso�opera�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

l'art.�1282�cod.�civ.�Si�trattera�qui�di�interessi�cd.�corrispettivi,�dovuti�in�forza�

del�principio�della�cd.�naturale�fecondita�del�danaro�(assolutamente�pacifico�
in�giurisprudenza).�Percio�potrebbe�essere�qui�opportuno�accantonare�le�
somme�vincolate�in�un�deposito�fruttifero.�

Pertanto,�solo�nelle�ipotesi�residuali,�in�cui�le�somme�fermate�non�si�rife-
riscono�a�credito�che�hanno�i�connotati�prescritti,�le�esigenze�cautelari�che�
avevano�reso�opportuna�l'adozione�del�fermo�giustificano�la�restituzione�delle�
somme�senza�corresponsione�di�interessi�o�di�rivalutazione.�

Diverso�ancora�il�caso�in�cui�l'Amministrazione�abbia�agito�disponendo�
il�fermo�sulla�base�di�presupposti�arbitrari�o�comunque�insussistenti�ovvero�
il�caso�in�cui�la�stessa�ritardi,�senza�giustificato�motivo,�la�restituzione�delle�
somme�incamerate,�pur�essendo�da�tempo�cessate�le�esigenze�cautelari�che�
avevano�dato�luogo�al�fermo.�

In�tal�caso,�il�creditore�che�agisca�in�giudizio,�per�l'annullamento�e/o�la�
disapplicazione�del�provvedimento�di�fermo�puo�,�a�ragione,�chiedere�la�corre-
sponsione�degli�interessi�di�mora�e�comunque�il�risarcimento�del�danno,�a�
far�data�dalla�illegittima�adozione�del�fermo�ovvero�dalla�data�in�cui�l'Ammi-
nistrazione�avrebbe�dovuto�presumibilmente�procedere�alla�restituzione.�

Si�ritiene,�conclusivamente,�che�di�fronte�alle�richieste�di�interessi�e/o�di�
rivalutazione�che�provengano�dai�creditori�destinatari�di�provvedimenti�di�
fermo,�codesta�Amministrazione�debba�valutare�le�singole�fattispecie�alla�
luce�dei�principi�suesposti,�anche�al�fine�di�evitare�la�proposizione�di�possi-
bili�azioni�giudiziarie�che�possano�vedere�soccombente�l'Amministrazione�
convenuta�.�

PARERE 
DEL 
20 
OTTOBRE 
2001 
N. 
114121. 


Inapplicabilita�del�criterio�del��foro�erariale��alle�controversie�in�materia�

di�previdenza�e�assistenza�quando�l'Amministrazione�convenuta�fruisce�

del�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato�^Art.�444�c.p.c.�(Consultivo�

n.�6944/01,�avv.�Scino).�
�La�sentenza�della�Corte�d'Appello�di�Catanzaro�n.�41/01�e�in�linea�con�
l'orientamento�invalso�nella�giurisprudenza�di�legittimita�,�avendo�la�Cassa-
zione�ritenuto�l'inapplicabilita�del�Foro�Erariale�alle�controversie�in�materia�
di�previdenza�e�assistenza�quando�l'Amministrazione�convenuta�fruisca�della�
rappresentanza�in�giudizio�dell'Avvocatura�dello�Stato�(Cass.,�Sez.�Lav.,�
7�giugno�2001,�n.�7699;�Cass.�Sez.�Lav.,�n.�2871�del�27�febbraio�2001),�sulla�
base�dell'asserita�specialita�proprio�del�criterio�di�competenza�stabilito�dal-
l'art.�444�c.p.c.�

Peraltro,�tale�interpretazione�assicurerebbe,�secondo�la�Cassazione,�
un'applicazione�piu�conforme�a�Costituzione�dell'art.�444�c.p.c.,�novellato�
dall'art.�86�del�decreto�legge�n.�51/1998,�sia�rispetto�alle�controversie�in�cui�
i�beneficiari�di�tutela�assistenziale�e�previdenziale�abbiano�come�contro-
parte�soggetti�non�fruenti�la�difesa�erariale�che�a�quelle�previste�dall'art.�413�
c.p.c.,�quinto�e�sesto�comma,�come�inseriti�dall'art.�40�del�decreto�legge�

n.�80/1998�/e�non�del�decreto-legge�n.�51/1998,�come�erroneamente�indi-
cato).�(Cass.�Sez.�Lav.�n.�9637�del�21�luglio�2000;�idem,�n.�1941�del�19�feb-
braio�2000).�

I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO�3151

La�Corte�Suprema�ha,�d'altronde,�confermato,�proprio�con�riferimento�
ai�giudizi�di�assistenza�e�previdenza�di�cui�all'art.�444�c.p.c.�(come�modificato�
dall'art.�86�del�decreto�legge�n.�51/1998),�e�dopo�l'intervenuta�soppressione�
dell'Ufficio�del�Pretore�e�l'istituzione�del�Tribunale�in�funzione�monocratica,�
che�le�regole�sulla�competenza�per�territorio�sono�derogate�alla�stregua�del�

c.d.��foro�erariale��solo�nei�procedimenti�davanti�ai�Giudici�in�sede�di�
appello�(Cass.�Sez.�Lav.,�n.�13923�del�21�ottobre�2000;�idem,�n.�14629�del�
28�dicembre�1999).�
Cio�premesso,�ed�in�attesa�di�un�intervento�legislativo�di�coordinamento�
dell'art.�7�R.D.�n.�1611/33�con�le�norme�introdotte�dal�decreto�legge�

n.�51/1998,�si�ritiene�inopportuno�continuare�a�sostenere�nei�giudizi,�quale�
quello�oggi�in�esame,�in�materia�previdenziale�la�tesi�dell'applicabilita�del�
foro�erariale,�come�suggerito�da�codesta�Avvocatura�Distrettuale.�
Cio�in�quanto�tale�tesi�estrema�difficilmente�potrebbe�superare�il�vaglio�
di�un�eventuale�giudizio�di�costituzionalita�.�

Per�contro,�al�fine�di�evitare�che�si�affermi�la�tesi�opposta,�secondo�la�
quale�per�tutte�le�cause�nelle�quali�oggi�decide�il�Tribunale�in�composizione�
monocratica�non�troverebbe�applicazione�il�foro�erariale,�occorre�coltivare�
l'eccezione�di�incompetenza�ai�sensi�dell'art.�6�R.D.�n.�1611/33�e�dell'art.�25�

c.p.c.�per�tutti�e�soli�quei�giudizi�per�i�quali�in�precedenza�il�foro�erariale�tro-
vava�applicazione,�con�esclusione,�pertanto,�di�quelle�controversie�(ad�esem-
pio�i�giudizi�gia�di�competenza�pretorile)�per�le�quali,�in�precedenza,�il�foro�
erariale�non�trovava�pacificamente�applicazione.�
Tale�tesi�c.d.�intermedia�e�,�peraltro,�in�linea�con�la�giurisprudenza�della�
Corte�Costituzionale�che,�a�partire�dalle�sentenze�numeri�119/1963�e�
118/1964,�ha�ritenuto�giustificata�la�regola�del�foro�erariale,�tra�l'altro,�nell'e-
sigenza�di�concentrare�-in�vista�di�un�minor�costo�e�di�un�miglior�svolgi-
mento�del�servizio�(cui�fa�richiamo�l'art.�97�Cost.),�e�percio�a�vantaggio�del-
l'intera�collettivita�(ridondante�anche�a�beneficio�degli�stessi�eventuali�avver-
sari�dello�Stato�in�giudizio)�-gli�Uffici�dell'Avvocatura�dello�Stato�(cos|�
anche�C.�Cost.,�n.�12/1974)�.�

PARERE 
DEL 
17 
DICEMBRE 
2001 
N. 
134001. 


Difensore�civico�istituito�presso�la�Regione�Campania;�individuazione�delle�

relative�potesta�,�della�portata�dei�suoi�provvedimenti,�nonche�degli�eventuali�

obblighi�che�ne�derivano�in�capo�ad�Amministrazioni�statali�^Individuazione�

delleAmministrazionistatalidestinatariedidettiprovvedimenti^Art.�8legge�

8giugno�1999�n.�142;�art.�16�legge�24febbraio�1997�n.�27.�(Consultivo�

n.�16874/01,�avv.�Caramazza).�
�In�riferimento�al�quesito�posto�da�codesta�Avvocatura�distrettuale�con�
nota�n.�1549/01�GER�del�17�settembre�2001�avente�ad�oggetto�la�richiesta�di�
chiarimenti�da�parte�del�Ministero�per�i�beni�e�le�attivita�culturali�in�ordine�
�all'effettiva�portata�dei�provvedimenti�del�difensore�civico�,�agli��obblighi�
eventuali�derivanti�a�carico�dell'Amministrazione��nonche�alla�potesta�rico-
nosciuta�in�capo�a�detto�soggetto�locale�si�rileva�quanto�segue.�


3161RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

L'istituto�del�difensore�civico�e�,�come�e�noto,�derivato�da�quello�dell'Om-
budsman�svedese,�tradizionalmente�deputato�al�controllo�della�regolarita�del-
l'azione�delle�autorita�amministrative�e�attraversa,�in�questi�anni,�un�periodo�
di�grande�popolarita�.�L'istituto�ha�trovato�nella�Scandinavia�il�suo�ambiente�
piu�congeniale,�ma�ha�dato�vita,�negli�anni�del�dopoguerra,�ad�un�vero�e�pro-
prio�irraggiamento,�paragonabile�a�quello�del�Consiglio�di�Stato�francese�nel-
l'Ottocento.�Si�deve�pero�notare�che�nel�passaggio�dal�suo�Paese�di�origine�
ai�Paesi�di�adozione�ha�subito�dei�cambiamenti�che�ne�hanno�alterato,�e�qual-
che�volta�non�poco,�la�sua�genuina�essenza.�Cos|�,�in�particolare,�mentre�in�
Svezia�l'Ombudsman�e�nominato�dal�Parlamento,�in�Nuova�Zelanda,�che�e�
uno�dei�Paesi�che�lo�hanno�adottato�e�nominato�dal�Capo�dello�Stato�e�in�
Francia�e�in�Gran�Bretagna�e�nominato�dal�Governo.�Inutile�sottolineare�il�
valore�differenziale�del�dato.�Sembra�pertanto�piu�opportuno�soffermarsi�
preliminarmente,�su�quale�sia�l'essenza�ed�il�funzionamento�dell'istituto�cos|�
come�caratterizzato�nel�suo�Paese�di�origine,�la�Svezia,�senza�scendere�ad�un�
analitico�esame�delle�variazioni�ed�adattamenti�che�l'istituzione�ha�subito�
nei�vari�Paesi�che�l'hanno�adottata�e�tuttavia�indicandone�alcuni�tra�i�piu�
importanti.�

Oltre�ai�piu�congeniali�Finlandia,�Danimarca�e�Norvegia,�l'istituto�e�
stato�introdotto�in�Inghilterra,�Germania�Federale,�Israele,�Spagna,�Nuova�
Zelanda,�Francia�e�Portogallo.�

L'espressione��Ombudsman�,�tradotta�in�Francia�con�il�termine�
�me�diateur�,�in�Inghilterra�con�quello�di��parliamentary�commissioner�ed�
in�Italia�con�quello�di��difensore�civico��significa,�letteralmente��uomo�che�
fa�da�tramite�.�

La�sua�originaria�funzione�di�intermediazione�si�svolgeva�tra�Parla-
mento�e�Governo,�mentre�attualmente�la�funzione�mediatrice�si�e�trasferita�
al�rapporto�cittadino-Stato.�

L'Ombudsman�svedese�fu�istituito�nel�1809,�come�erede�di�un�piu�
antico�istituto,�tuttora�esistente:�il�Cancelliere�di�Giustizia,�risalente�al�
1713.�Esso�nacque�come�strumento�di�controllo�del�Parlamento�sul�
Governo�perche�,�ai�primi�dell'Ottocento,�non�esisteva�in�Svezia�l'istituto�
della�responsabilita�ministeriale.�Con�l'introduzione�di�essa�l'Ombudsman�
si�trasformo�:�il�suo�compito�non�fu�piu�quello�di�controllare�l'attivita�del�
Governo�ma�quello�di�garantire�la�legalita�dell'azione�della�pubblica�
amministrazione.�Le�sue�funzioni�si�sono�quindi�evolute�in�una�attivita�
paragiurisdizionale�di�controllo�della�correttezza�dell'operato�dei�funzio-
nari�amministrativi.�

L'istituto�contraddice�in�maniera�piuttosto�evidente�le�teorie�classiche�
della�divisione�dei�poteri:�l'Ombudsman�e�infatti�nominato�fiduciariamente�
dal�Parlamento,�dal�quale�puo�essere�in�ogni�momento�revocato�quando�que-
sta�fiducia�viene�meno�e�trova,�quindi,�la�sua�legittimazione�nel�potere�legi-
slativo,�opera,�pero�,�attraverso�atti�che�sono�formalmente�atti�di�natura�
amministrativa,�controllando�tutte�le�attivita�della�pubblica�amministrazione.�
Gli�effetti�della�sua�attivita�,�infine,�sono�paragonabili�agli�effetti�di�una�atti-
vita�di�tipo�giurisdizionale.�Si�tratta�quindi�di�un�organo�che�si�colloca�oriz-
zontalmente,�attraverso�i�tre�poteri�tradizionali.�


I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO�3171

L'attivita�di�controllo�dell'Ombudsman 
si�esercita�su�tutti�i�pubblici�fun-
zionari�con�tre�sole�eccezioni:�i�membri�del�Governo,�che�rispondono�diretta-
mente�al�Parlamento;�i�membri�del�Parlamento,�che�rispondono�direttamente�
nei�confronti�dell'elettorato�e�gli�organi�elettivi�delle�comunita�locali,�
anch'essi�responsabili�direttamente�nei�confronti�dei�loro�elettori.�Di�fronte�
a�tutti�gli�altri�pubblici�funzionari�l'Ombudsman 
esercita�il�suo�potere�di�con-
trollo�(che�e�appunto�un�potere�di�controllo�sulle�persone�e�non�sugli�atti).�I�
mezzi�a�sua�disposizione�sono�estremamente�vasti�e�variati.�Puo�prendere�
visione�di�qualunque�documento�dell'amministrazione,�che�ad�esso�non�puo�
opporre�l'esistenza�di�alcun�segreto�Puo�assistere�a�qualunque�attivita�ammi-
nistrativa,�ad�ogni�deliberazione�d'ufficio,�ad�ogni�seduta�di�tribunale,�ad�
ogni�camera�di�consiglio.�Egli�esercita�il�suo�controllo�non�soltanto�sui�fun-
zionari�amministrativi,�ma�anche�sui�giudici,�ovviamente�non�per�sindacare�
il�merito�delle�decisioni,�ma�limitatamente�agli�aspetti�formali�dell'attivita�,�
ad�esempio�criticando�l'eccessivo�ritardo�con�cui�un�certo�giudice�ha�reso�
una�sentenza.�

Ove�riscontri�un�difetto�nell'attivita�della�pubblica�amministrazione,�
l'Ombudsman 
puo�,�nei�casi�gravi,�promuovere�l'azione�penale�dando�mandato�
al�Cancelliere�di�giustizia�di�perseguire�penalmente�il�funzionario�che�abbia�
commesso�dei�reati.�Nei�casi�meno�gravi,�puo�iniziare�l'azione�disciplinare.�
Nei�casi�meno�gravi�ancora�puo�indirizzare�al�funzionario�una�lettera�di�cri-
tica,�il�che�rappresenta�pero�gia�una�riprovazione�di�notevole�peso,�tale�da�
poter�pregiudicare�una�carriera.�L'Ombudsman 
puo�inoltre�indirizzare�racco-
mandazioni�al�Governo�e�al�Parlamento��al�quale�comunque�riferisce�
periodicamente��perche�ciascuno,�nell'ambito�della�propria�competenza,�
adotti�i�provvedimenti�atti�ad�ovviare�a�carenze�normative.�A�volte�succede�
infatti�che,�nel�controllare�una�disfunzione�segnalata�da�un�cittadino�o�da�
un�organo�di�stampa�o�anche�rilevata�d'ufficio�l'Ombudsman 
si�accorga�che�
quella�disfunzione�non�e�dovuta�a�una�colpa�del�funzionario�incaricato,�ma�
ad�un'effettiva�insufficienza�della�legge�o�del�regolamento�che�disciplinano�
quella�materia.�

Con�questo�si�e�gia�implicitamente�notato�in�virtu�di�quali�canali�
giungono�all'Ombudsman 
le�notizie�su�cui�fonda�la�sua�iniziativa:�denunce�
dei�singoli�cittadini,�denunce�dei�mass-media,�indagini�d'ufficio.�Molto�
importanti�sono�i�rapporti�che�l'Ombudsman 
mantiene�con�la�stampa.�
Sono�previste�due�conferenze�stampa�all'anno�e�tutta�la�corrispondenza�
in�arrivo�e�in�partenza�dal�suo�ufficio�viene�posta�su�un�tavolo�all'ingresso�
a�disposizione�della�stampa,�con�la�sola�ovvia�eccezione�delle�notizie�di�
carattere�riservato,�riguardanti�ad�esempio�precedenti�sanitari�di�una�per-
sona�o�segreti�militari.�

Si�tratta,�in�definitiva,�di�un�istituto�veramente�singolare�ed�affascinante�
e�non�puo�quindi�sorprendere�che�sia�stato�adottato�da�tanti�Paesi�a�modello,�
anche�se�molte�volte�e�mancata�la�volonta�di�recepire�il�sistema�svedese�con�
tutte�le�sue�implicazioni.�

Come�si�e�notato,�infatti,�spesso�il�trapianto�e�stato�effettuato�con�acco-
modamenti�tendenti�a�rendere�l'istituto�piu�compatibile�con�le�tradizionali�
ripartizioni�dei�poteri.�E�pacifico�comunque�in�Svezia�che�l'Ombudsman 
rap-
presenta�una�garanzia�aggiuntiva�rispetto�a�quella�della�giurisdizione�e�non�
certo�alternativa.�


3181RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Nell'ordinamento�italiano�l'istituto�non�trova�cittadinanza�nella�Costi-
tuzione�e�la�sua�istituzione�e�avvenuta�ad�opera�di�alcune�leggi�regionali�
basate,�in�tre�casi,�su�disposizioni�statutarie�(Toscana,�art.�,�61,�Lazio,�
art.�38;�Liguria,�art.�14)�e�nei�rimanenti�casi�sulla�potesta�legislativa�regio-
nale�ex�art.�117�Cost.�

Nella�legislazione�statale�piu�recente�l'istituto�e�stato�previsto�con�riferi-
mento�alle�autonomie�locali�dall'art.�8�della�legge�142/1990,�che�ha�previsto�
la�possibilita�di�creazione�statutaria�del�difensore�civico��il�quale�svolge�un�
ruolo�di�garante�dell'imparzialita�e�del�buon�andamento�della�pubblica�
amministrazione,�segnalando�anche�di�propria�iniziativa�gli�abusi,�le�disfun-
zioni,�le�carenze�e�i�ritardi�dell'Amm.ne�nei�confronti�dei�cittadini��(norma�
reiterata�dall'art.�11�del�D.Lgs�18�agosto�2000�n.�267).�

La�legge�n.�27/1997�(c.d.��Bassanini�bis�)�prelude,�poi,�all'istituzione�di�
un�Ombudsman 
nazionale�prevedendo,�all'art.�16,�che��...�fino�all'istituzione�
del�difensore�civico�nazionale�a�difensori�delle�regioni�su�sollecitazione�di�cit-
tadini�...�esercitano�...�anche�nei�confronti�delle�Amm.ni�periferiche�dello�
Stato�le�medesime�funzioni�di�richiesta,�proposta,�sollecitazione�e�informa-
zione�che�i�rispettivi�ordinamenti�attribuiscono�agli�stessi�nei�confronti�delle�
strutture�regionali�...��in�tal�modo�riconoscendo�al�difensore�civico�regionale�
specifiche�attribuzioni�intertemporali�anche�nei�confronti�delle�autorita�
amministrative�statuali.�

Per�quanto�riguarda�il�caso�di�specie,�la�L.R.�Campania�11�agosto�1978�

n.�23,�istitutiva�del�difensore�civico�presso�la�Regione�Campania,�prevede�
espressamente�che�il�difensore�civico�possa�esercitare�i�suoi�poteri�di�con-
trollo�solo��su�richiesta��di��singoli�Enti�o�formazioni�sociali��(art.�2�comma�
1)�ed�anzi�precisa�ulteriormente�che�tale�richiesta�deve�prendere�la�consi-
stenza�di�un�vero�e�proprio��ricorso�,�addirittura�alternativo�a�quello�giuri-
sdizionale�o�amministrativo.�
Il�difensore�civico�campano�non�puo�,per�contro,operare�ex 
officio 
se�
non�per��procedimenti�ed�atti�di�natura�identici�a�quelli�per�i�quali�sia�stato�
richiesto�il�suo�intervento��(art.�2,�3.�comma),�mentre�per�qualunque�altra�
anomalia�conosciuta�o�rilevata�in�via�ufficiosa�il�difensore�civico�ha�un�
mero�potere�di�referto�al�Consiglio�regionale�(art.�2,�4.�comma)�Tale�nor-
mativa,�pur�non�congruente�con�l'istituto�del�difensore�civico�nelle�sue�fon-
damentali�connotazioni,�costituisce�tuttavia�il�diritto�positivo�regionale�
applicabile�nella�specie�in�virtu�del�rinvio�operato�dall'art.�16�legge�

n.�127/1997.�
Poiche�non�risulta�dalla�documentazione�in�atti�che�vi�sia�stato,�nel�
caso�in�esame,�alcun�ricorso�al�difensore�civico�campano,�deve�ritenersi�
quindi�che�il�provvedimento�del�difensore�civico�abbia�nei�confronti�del�
Ministero�dei�beni�e�delle�attivita�culturali�il�valore�di�mero�referto,�per�
quanto�autorevole.�Referto�a�seguito�del�quale�il�Ministero�potra�assumere�
tutte�le�iniziative�che�riterra�opportune�(e�doverose)�in�relazione�alle�noti-
zie�ricevute�.�


Contributi
didottrina
Contributi
didottrina
Pubblica 
amministrazione 
e 
tutela 
del 
cittadino 
(*)�

Sommario: 
1.�^Introduzione: 
la 
giustizia 
amministrativa 
in 
Italia. 
2. 
^L'evo-
luzione 
del 
sistema. 
3. 
^La 
riforma 
difine 
millennio. 
4. 
^La 
tutela 
risarci-
toriadegliinteressilegittimi.5. 
^Leprospettivedellanuovagiustiziaammi-
nistrativa. 
Considerazioni 
conclusive. 


1.�Introduzione: 
la 
giustizia 
amministrativa 
in 
Italia. 
1.�Pubblica�Amministrazione�e�tutela�del�cittadino:�il�tema�di�questo�
convegno�riecheggia�l'antico�e�tormentato�problema�della�giustizia�nell'am-
ministrazione,�una�giustizia�che,�in�Italia,�dopo�oltre�un�secolo�di�travagliato�
e�non�certo�rettilineo�percorso,�non�appare�ancora�aver�trovato�un�suo�
assetto�definitivo,�nonostante�la�profonda�riforma�di�fine�millennio.�
Si�tratta�di�una�riforma�radicale,�connotata�da�due�peculiari�caratteri-
stiche.�
La�prima�e�quella�di�aver�realizzato�la�improvvisa�e�violentissima�accele-
razione�di�linee�di�tendenza�in�lenta�e�faticosa�evoluzione�ultracentenaria.�
La�seconda�e�quella�di�aver�avuto,�come�concordi�e�sinergici�autori,�tutti�
i�poteri�dello�Stato�in�sintonia�fra�loro.�

A�dare�il�via�fu�il�legislatore�delegante�della�legge�15�marzo�1997,�n.�59,�
che�indico�fra�i�principi�e�criteri�direttivi�la��estensione�della�giurisdizione�
del�giudice�amministrativo�alle�controversie�aventi�ad�oggetto�diritti�patrimo-
niali�conseguenziali,�ivi�compreso�quello�relativo�al�risarcimento�del�danno�.�
Segu|�il�legislatore�delegato,�con�il�D.Lgs.�31�marzo�1998,�n.�80,�che,�nell'at-
tuare�la�delega,�devolvette�alla�giurisdizione�esclusiva�anche�le�tre�nuove�
materie�dei�servizi�pubblici,�dell'urbanistica�e�dell'edilizia.�Intervennero�poi�
le�Sezioni�Unite�della�Cassazione�con�la�celeberrima�sentenza�22�luglio�

(*)�Relazione�tenuta�al�Convegno�di�Studi�cos|�intitolato,�organizzato�dalla�Societa�Ita-
liana�Avvocati�Amministrativisti�presso�la�sede�del�Consiglio�di�Stato�il�18�giugno�2002,�in�
occasione�dell'attribuzione�del�Premio�Sorrentino�2002.�


3202RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

1999,�n.�500,�che�infranse�il�dogma�della�irrisarcibilita�degli�interessi�legittimi,�
il�Consiglio�di�Stato,�con�la�decisione�30�marzo�2000,�n.�1�dell'Adunanza�
Plenaria�ed�ancora,�in�dissonanza,�le�Sezioni�Unite�della�Cassazione�con�le�
sentenze�n.�71�e�72�del�30�marzo�2000.�

Fu�poi�la�volta�della�Corte�costituzionale,�che,�con�la�sentenza�17�luglio�
2000,�n.�292,�sanziono�un�eccesso�di�delega�nel�decreto�delegato�

n.�80/1998.�Il�Parlamento,�infine,�con�la�legge�21�luglio�2000,�n.�205�(appro-
vata�in�via�definitiva�dal�Senato�appena�48�ore�dopo�la�pubblicazione�della�
sentenza�della�Corte)�(1),�sostituendo,�con�modifiche,�gli�artt.�33,�34�e�35�
del�decreto�delegato,�elimino�ogni�questione�di�eccesso�di�delega,�ed�estese�
la�tutela�risarcitoria�a�tutte�le�aree�nelle�quali�il�giudice�amministrativo�eser-
cita�giurisdizione.�
2.�L'evoluzione 
del 
sistema. 
Questa�sintonia�fra�legislativo,�esecutivo�e�giudiziario�rappresenta�vera-
mente�una�novita�singolare�nella�storia�della�giustizia�amministrativa�ita-
liana,�caratterizzata,�invece,�in�tutte�le�sue�tappe�precedenti,�da�divaricazioni�
quasi�schizofreniche.�
Il�legislatore�liberale�del�1865�voleva�certamente�un�modello�di�giu-
stizia�di�stampo�anglosassone�in�cui�la�Pubblica�Amministrazione,�in�
condizioni�di�parita�con�gli�amministrati,�fosse�assoggettata�al�giudizio�
del�giudice�ordinario.�
Da�quella�riforma�nacque,�invece,�come�ben�sappiamo,�una�amministra-
zione�sottratta�a�qualunque�giudizio�quando�avesse�operato�autoritativa-
mente,�in�quanto�l'esecutivo�rivendico�il��mistico�privilegio��dell'esenzione�
dalla�responsabilita�civile�secondo�l'antico�principio�del��the 
King 
can 
do 
no 
wrong��ed�il�giudiziario�segu|�l'esecutivo�per�questa�strada,�dopo�qualche�ini-
ziale�apertura�nel�senso�voluto�dal�legislatore,�sotto�la�suggestione�anche�di�
una�difesa�approntata�ad 
hoc 
dall'esecutivo�con�la�istituzione�della�Avvoca-
tura�Erariale.�Il�legislatore�dovette�quindi�correre�ai�ripari,�istituendo�nel�
1889�la�IV�Sezione�del�Consiglio�di�Stato,�con�il�dichiarato�intento�di�creare�
un�corpo�amministrativo�deputato�ad�un�controllo�interno�di�legalita�dell'a-
zione�amministrativa�e�con�salvezza�cos|�del�principio�di�unita�ed�unicita�
della�giurisdizione.�
Ne�nacque�invece,�per�reazione�giurisprudenziale�secondata�dall'esecu-
tivo,�un�giudice�amministrativo�sul�modello�francese,�con�competenza�peral-
tro�limitata�al�solo�contenzioso�di�annullamento.�
Il�contenzioso�di�piena�giurisdizione�doveva�seguire�solo�nel�1923,�e�
solo�per�alcune�particolari�materie�(in�pratica�per�il�pubblico�impiego)�e�
con�esclusione,�in�ogni�caso,�della�tutela�risarcitoria,�sempre�riservata�al�
giudice�ordinario.�

(1)�R. 
Tiscini,�La 
giurisdizione 
esclusiva, 
in�Il 
processo 
davanti 
al 
giudice 
amministrativo 
a�
cura�di�B.�Sassani�e�R.�Villata,�Torino,�2001,�327.�

CONTRIBUTI�DI�DOTTRINA�

La�Costituzione�repubblicana�del�1947�recep|�con�precisione�notarile�la�
giustizia�amministrativa�italiana�nella�bizzarra�configurazione�pretoria�che�
aveva�acquisito�in�un�cinquantennio�di�vita.�

Consacro�,�in�particolare,�la�figura�dell'interesse�legittimo�come�situa-
zione�giuridica�soggettiva�sostanziale�contrapposta�al�diritto�soggettivo�e�
consacro�il�discrimine�diritto-interesse�come�criterio�di�individuazione�
della�giurisdizione�ordinaria�o�amministrativa,�cristallizzando,�cos|�,l'unico�
caso�al�mondo�di�sistema�dualistico.�Cioe�di�sistema�di�giustizia�ammini-
strativa�in�cui�il�contenzioso�della�Pubblica�Amministrazione�non�e�cono-
sciuto�da�un�solo�giudice�(ordinario�nei�sistemi�di�common 
law,�ammini-
strativo�nei�sistemi�dell'Europa�continentale�a�regime�amministrativo)�ma�
da�due�diversi�giudici,�competenti�a�seconda�del�tipo�di�situazione�sogget-
tiva�tutelata.�

Naturalmente�la�tradizione�schizofrenica�italiana�in�materia�di�giu-
stizia�amministrativa�non�si�sment|�,�e�la�seconda�meta�del�secolo�scorso�
vide�legislatore�e�giudici�ordinari�e�amministrativi�impegnati�in�un'opera�
se�non�di�forzatura�certo�di�divaricazione�rispetto�al�dettato�del�legisla-
tore�costituzionale.�

Il�legislatore�ordinario�introdusse,�con�continui�e�ripetuti�interventi,�
nuovi�casi�di�giurisdizione�esclusiva�(nella�legge�istitutiva�dei�TAR�addirit-
tura�per��clausola�generale�)�e�la�giurisprudenza�attribu|�natura��esclusiva��
a�molti�casi�di�giurisdizione�innominatamente�attribuita�al�giudice�ammini-
strativo.�Quest'ultimo,�poi,�opero�una�lenta�progressiva�erosione�del�rigoroso�
divieto�di�intromettersi�nei�rapporti�di�dare�ed�avere.�

La�prima�rottura�fu�il�riconoscimento�del�diritto�del�dipendente�pubblico�
alla�percezione�degli�arretrati,�poiche�non�conseguenziali�ma�coessenziali�
con�l'annullamento�del�licenziamento.�

Corollario�normativo�del�principio�fu�l'art.�26,�comma�3,�della�legge�isti-
tutiva�dei�TAR�che�consent|�al�giudice�amministrativo,�in�sede�di�giurisdi-
zione�esclusiva,�di�condannare�l'Amministrazione�al�pagamento�di�somme�
di�cui�risultasse�debitrice(2).�

Giudice�amministrativo�e�Cassazione�riconobbero,�poi,�negli�anni�'80,�
fra�i�crediti�retributivi�del�pubblico�dipendente�coessenziali�con�il�rapporto�e�
non�conseguenziali�ad�un�annullamento,�anche�gli�interessi�corrispettivi�e�la�
rivalutazione�monetaria.�

Si�realizzava�dunque�una�lenta�e�progressiva�crescita�della�giurisdizione�
esclusiva,�gia�giunta�negli�anni�90�a�sopravanzare�statisticamente�come�
numero�di�contenziosi�quella�di�legittimita�,�il�che�comportava�che�il�modello�
di�processo�sul�rapporto�tendesse�ad�informare�di�se�il�modello�di�processo�
sull'atto�e�che�il�criterio�di�discrimine�fra�le�giurisdizioni�tendesse�a�spostarsi�
dalla�situazione�tutelata�alla�materia.�

(2)�A. 
Romano,�Giurisdizione 
ordinaria 
e 
giurisdizione 
amministrativa 
dopo 
la 
legge 
n. 
205 
del 
2000, 
in�Dirittoprocessuale 
amministrativo,�2001,�602�ss.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

3.�La 
riforma 
difine 
millennio. 
La�riforma�di�fine�millennio,�orchestrata�in�coro�polifonico�di�legislativo,�
esecutivo�e�giudiziario,�in�piena�sintonia�fra�loro,�ha�poi,�come�si�e�visto,�ful-
mineamente�accelerato,�portato�a�compimento�e�addirittura�sviluppato�la�
linea�evolutiva�che�si�era�andata�lentamente�e�faticosamente�dipanando:�

a) 
con�la�trasformazione�del�criterio�di�discrimine�fra�le�due�giurisdi-
zioni�da�quello�della�situazione�tutelata�a�quello�della�materia;�

b) 
con�la�attribuzione�al�giudice�amministrativo�della�tutela�risarcito-
ria�oltre�a�quella�cassatoria;�

c) 
con�la�estensione�di�tale�tutela�anche�ai�pregiudizi�derivanti�dalla�
lesione�degli�interessi�legittimi.�

Il�sistema�italiano�di�giustizia�amministrativa�somiglia�ormai�molto�da�
vicino�ad�un�modello�monistico�di�tipo�francese,�anche�se,�naturalmente,�per-
mangono�in�vita,�al�di�fuori�delle�materie�di�giurisdizione�esclusiva,�il�criterio�
discretivo�diritto-interesse,�la�giurisdizione�del�giudice�ordinario�sui�diritti�e�
quella�generale�di�legittimita�del�giudice�amministrativo.�

Se�cos|�non�fosse�sarebbe�difficile�ritenere�la�riforma�del�2000�conforme�
a�Costituzione.�

Ma,�da�un�lato,�la�giurisdizione�esclusiva�abbraccia�praticamente�la�
parte�piu�rilevante�del�contenzioso�pubblico,�il�diritto�dell'economia;�dal-
l'altro�l'eclissi�dell'amministrazione�provvedimentale�e�la�sua�sostituzione�
con�modelli�privatistici�consensuali�riducono�sensibilmente�l'area�del�conten-
zioso�cassatorio�tradizionale.�

Giurisdizione�del�giudice�ordinario�sui�diritti�e�giurisdizione�generale�di�
legittimita�del�giudice�amministrativo�appaiono,�quindi,�poco�piu�che�aree�
residuali.�

4.�La 
tutela 
risarcitoria 
degli 
interessi 
legittimi. 
La�piu�dirompente�delle�novita�introdotte�dal�legislatore�del�2000�e�
indubbiamente�quella�contenuta�nel�quarto�comma�del�novellato�art.�35�del�
decreto�delegato,�che�cos|�corre:��il�primo�periodo�del�terzo�comma�del-
l'art.�7�della�legge�6�dicembre�1971,�n.�1034,�e�sostituito�dal�seguente:�Il�tribu-
nale�amministrativo�regionale,�nell'ambito�della�sua�giurisdizione,�conosce�
anche�di�tutte�le�questioni�relative�all'eventuale�risarcimento�del�danno,�
anche�attraverso�la�reintegrazione�in�forma�specifica,�e�agli�altri�diritti�patri-
moniali�conseguenziali�.�

La�volonta�del�legislatore�fu�sicuramente�quella�di�devolvere�al�giudice�
amministrativo,�in�blocco,�l'intera�materia�della�tutela�risarcitoria�degli�inte-
ressi�legittimi,�come�risulta�anche�dal�confronto�fra�l'originario�progetto�ed�
il�testo�definitivo�della�legge(3)�e�come�emerge�evidente�dalla�esigenza�storica�
di�superare�l'eccezione�dualistica�italiana,�facendo�confluire�anche�il�nostro�
processo�nella�grande�tradizione�monistica�continentale�dei�sistemi�di�giusti-
zia�amministrativa(4).�

(3)�R. 
Tiscini, 
op. 
cit., 
364�
(4)�M. 
Nigro,�Giustizia 
amministrativa, 
Bologna�1984,�54�e�ss.�

CONTRIBUTI�DI�DOTTRINA�3232

Numerosi�peraltro�sono�i�dubbi�che�si�prospettano�in�proposito.�

Innanzitutto:�la�potesta�del�giudice�amministrativo�di�conoscere�della�
domanda�risarcitoria�per�lesione�di�interesse�legittimo�e�legata�o�no�alla�con-
testuale�o�previa�proposizione�di�un'azione�di�annullamento?�Ed�in�caso�di�
risposta�negativa,�a�fronte�di�atti�amministrativi�non�impugnati�o�non�
piu�impugnabili,�o�impugnati�con�insuccesso�per�motivi�formali,�chi�e�compe-
tente�a�conoscere�dell'azione�aquiliana�nei�termini�prescrizionali,�l'AGO�

o�il�G.A.?.�
La�mia�impressione�e�che�vada�in�ogni�caso�esclusa�una�residua�compe-
tenza�del�giudice�ordinario,�quale�che�sia�il�fondamento�che�si�voglia�dare�
alla�protezione�aquiliana�dell'interesse�legittimo.�

O�si�ritiene,�infatti,�che�tale�protezione�sia�ormai�con�esso�coessenziale�
nel�quadro�dell'ordinamento�ed�allora�essa�fara�parte�della�sua��tutela��ai�
sensi�dell'art.�103�Costituzione,�oppure�si�ritiene�che�il�risarcimento�del�
danno�da�lesione�di�interesse�legittimo�sia��particolare�materia��attribuita�
al�G.A.�in�sede�di�giurisdizione�esclusiva.�Nel�primo�caso,�peraltro,�la�con-
temporanea�o�preliminare�tutela�cassatoria�sembrerebbe�necessaria�attesoche�
il�giudice�amministrativo�opererebbe�in�sede�di�giurisdizione�generale�di�legit-
timita�.�Nel�secondo,�verificandosi�in�tema�di�giurisdizione�esclusiva,�il�sinda-
cato�sull'atto�potrebbe�avvenire�sotto�forma�di�disapplicazione.�

La�concentrazione�della�tutela�nelle�mani�del�giudice�amministrativo�
sembra�comunque�la�piu�opportuna�per�vari�motivi.�

Sembra�pacifico,�anzitutto,�che�solo�il�giudice�amministrativo,�previa�
valutazione�del�comportamento�della�pubblica�amministrazione,�possa�con-
cedere�la�tutela�risarcitoria�attraverso�la�reintegrazione�in�forma�specifica(5).�

Sempre�il�giudice�amministrativo�sembra,�poi�ed�in�generale,�il�piu�qua-
lificato�a�valutare�se�ed�in�che�misura�l'illegittimo�comportamento�della�p.a.�
ridondi�in�danno�risarcibile(6).�

Appare�facile,�inoltre,�ipotizzare�casi�in�cui�l'annullamento�dell'atto�sod-
disfi�integralmente�le�pretese�del�ricorrente�e,�per�contro,�casi�in�cui�il�ricor-
rente�sia�ormai�diventato�indifferente�alla�pronuncia�cassatoria�ed�attenda�
invece�solo�da�un�tantundem 
la�realizzazione�del�suo�interesse.�

Estremamente�delicati�e�di�elettiva�competenza�del�giudice�amministra-
tivo�appaiono,�ancora,�i�casi�di�lesione�di�interesse�pretensivo�quando�questo�
non�sia�a�soddisfazione�pre-regolata�ma�occorra�invece�integrare�la�valuta-
zione�con�giudizi�prognostici�connessi�con�l'esercizio�di�una�discrezionalita�
tecnica�od�addirittura�amministrativa.�Giudizi�prognostici�che�non�possono�

(5)�E. 
D'Aste,�La 
reintegrazione 
in 
forma 
specifica 
nel 
giudizio 
davanti 
al 
giudice 
ammini-
strativo,�in�TAR,�2000�n.�10;�F. 
Caringella,�Giudice 
amministrativo 
e 
risarcimento 
del 
danno,in�
IlnuovoProcesso 
Amministrativo 
a�cura�di�F.�Caringella�e�M.�Protti,�Milano,�2001,�672.�
(6)�R. 
Villata,�La 
riforma, 
in�Ilprocesso 
dinanzi 
algiudice 
amministrativo 
a�cura�di�B.�Sas-
sani�e�R.�Villata,�Torino,�2001,�4.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

prescindere�da�una�approfondita�valutazione�dell'azione�amministrativa�
adottata�ed�adottanda.�Altre�delicate�questioni�potranno�sorgere�dalla�risar-
cibilita�degli�interessi�meramente�formali�o�partecipativi�e�tutta�da�scrivere�e�
l'incidenza�in�questa�nuova�materia�dell'art.�1227�c.c..�

Il�problema,�infatti,�e�se�ed�in�che�misura�la�omessa�impugnazione�di�un�
atto�o�di�un�silenzio�e�la�omessa�richiesta�di�sospensiva�possano�elidere�o�
diminuire�la�responsabilita�dell'Amministrazione�sub 
specie 
di�fatto�colposo�
del�creditore.�

La�questione�e�aperta�e�non�credo�sarebbe�coerente�con�il�sistema�che�
chiamato�a�risolverla�fosse�il�giudice�ordinario.�

Un'ultima�notazione:�e�stato�giustamente�osservato�che�se�nei�rapporti�
di�diritto�privato�la�soluzione�di�una�lite�e�a�costo�zero�per�la�collettivita�,�
quale�che�essa�sia,�lo�stesso�non�accade�nei�rapporti�di�diritto�amministrati-
vo�(7)�dove�l'annullamento��ad�esempio�di�un�concorso�con�migliaia�di�can-
didati�o�di�una�gara�di�appalto�gia�aggiudicato��puo�causare�un�danno�gra-
vissimo�alla�collettivita�rappresentando,�al�tempo�stesso,�un�ristoro�minimo�
per�l'interesse�del�ricorrente.�

Sarebbe�veramente�auspicabile�che�un�intervento�legislativo,�o�forse�
anche�soltanto�qualche�audace�invenzione�giurisprudenziale,�introducesse�
nel�nostro�ordinamento�quella�possibilita�per�il�giudice�di�graduare�e�sce-
gliere�fra�gli�strumenti�di�tutela�cassatori�e�risarcitori�quelli�che�riescano�a�
dare�al�privato�il�massimo�del�ristoro�con�il�minimo�possibile�sacrificio�del�
bene�pubblico,�cos|�come�e�pragmaticamente�previsto�dall'ordinamento�
comunitario�(8)�e,�sia�pure�con�modalita�diverse,�da�quello�francese�(9).�

5.�Le 
prospettive 
della 
nuova 
giustizia 
amministrativa. 
Considerazioni 
conclusive. 


Dicevo�all'inizio�della�mia�relazione�di�una�tradizionale�e�storica�disso-
ciazione�fra�poteri�dello�Stato�in�occasione�di�tutte�le�riforme�della�giustizia�
amministrativa�e�notavo�come�la�riforma�di�fine�millennio�avesse�invece�fatto�
registrare�una�insolita�consonanza�fra�le�varie�componenti�di�legislativo,�ese-
cutivo�e�giudiziario.�

Per�completezza�debbo�pero�aggiungere�che�anche�in�questa�occasione�
una�dissociazione�vi�e�stata,�dissociazione�evidentemente�immancabile�ogni-
qualvolta�si�affrontino�i�temi�scottanti�della�giustizia�amministrativa.�

Il�Parlamento�italiano,�nella�sua�XIV�legislatura,�pur�essendo�in�conso-
nanza�con�esecutivo�e�giudiziario�e�entrato�in�contraddizione�...�con�se�stesso.�

Quello�stesso�Parlamento,�infatti,�che�attraverso�i�lavori�della�Commis-
sione�bicamerale�aveva�portato�al�Consiglio�di�Stato�in�sede�costituente�l'at-
tacco�piu�virulento�che�esso�abbia�mai�dovuto�fronteggiare,�revocandone�in�
dubbio�la�stessa�sopravvivenza,�attraverso�la�sua�attivita�legislativa�ordinaria�

(7)�S. 
Giacchetti, 
La 
riforma 
infinita 
del 
processo 
amministrativo,�in�www.Giust.it 
1999.�
(8)�S. 
Giacchetti, 
Laresponsabilita�patrimoniale, 
dell'amministrazionenelquadrodelsupe-
ramento 
della 
dialettica 
diritti 
soggettivi 
�interessi 
legittimi,in�Il 
Consiglio 
di 
Stato,�2000,�2043�
(9)�A.R. 
Tassone, 
op. 
loc. 
cit. 

CONTRIBUTI�DI�DOTTRINA�3252

ha�posto�il�Consiglio�di�Stato�al�vertice�di�un�plesso�giurisdizionale�ammini-
strativo�enormemente�arricchito�di�competenze�e�di�strumenti�istruttori�cau-
telari�e�decisori,�nel�quadro�di�quella�che�puo�definirsi�la�piu�radicale�riforma�
della�nostra�giustizia�amministrativa�effettuata�da�un�secolo�in�qua.�

Riforma�rivoluzionaria�in�se�ed�ancor�piu�radicale�ove�si�pensi�al�nuovo�
scenario�planetario,�che�contempliamo�all'alba�del�terzo�millennio.�

La�crisi�di�ideologie�fino�a�ieri�egemoni,�i�nuovi�equilibri�politici�e�l'im-
petuoso�progresso�tecnologico�hanno�portato�al�trionfo�di�un�mercato�ormai�
�globalizzato��(e�quanto�diverso�da�quello�di�Adamo�Smith!),�con�un�conse-
guente�predominio�dell'economia�sulla�politica�fino�a�ieri�impensabile.�

Per�limitarci�al�nostro�Paese�possiamo�constatare�come�i�grandi�rivolgi-
menti�di�fine�millennio�abbiano�innescato�una�corsa�verso�il�privato�volta�a�
raggiungere�la�meta�di�quello�che�e�stato�definito,�con�suggestiva�immagine,�
lo��Stato�minimo�.�

Il�fine�ultimo�da�raggiungere�e�,�poi,�quello�di�una�economia�regolata�
dalle�leggi�del�mercato�e�della�concorrenza�invece�che�dallo�Stato�attraverso�
il�potere�di�indirizzo�e�di�gestione�diretta.�Il�che�comporta,�pero�,�che�venga�
istituito�un�sistema�generale�di�controllo�del�mercato�e�della�concorrenza,�a�
tutela�dei�consumatori.�

Come�gia�osservava,�infatti,�un�liberista�della�statura�di�Luigi�Einaudi�
�un�mercato�e�innanzitutto�caratterizzato�dai�carabinieri�che�ne�fanno�rispet-
tare�le�regole�(10).�

L'interesse�pubblico�sotteso�all'economia,�dunque,�che�una�volta�trovava�
la�sua�soddisfazione�attraverso�l'indirizzo�e�l'intervento�diretto�si�e�ritratto�
dall'uno�e�dall'altro,�e�tende�pero�adesso�a�realizzarsi�attraverso�una�funzione�
di�regolazione,�a�garanzia�della�corretta�osservanza�delle�regole�della�concor-
renza�e�del�mercato�(11),�con�conseguente�fioritura�di�una�istituzione�pubblica�
finora�ignota�al�nostro�ordinamento:�le�autorita�indipendenti,�che�rappresen-
tano,�dunque,�le�legittime�eredi�del�carabiniere�ottocentesco�nel�nuovo�Stato�
neo-liberista.�

Altra�conseguenza�della�privatizzazione�e�del�trionfo�dei�mercati�e�il�
fatto,�per�certi�aspetti�paradossale,�della�imposizione�di�procedure�di�tipo�
pubblicistico�ai�soggetti�privati�esercenti�funzioni�di�particolare�rilievo�econo-
mico,�con�conseguente�attrazione�nella�giurisdizione�del�giudice�amministra-
tivo�di�controversie�interprivate�che�impongono�il�ricorso�ad�una�nozione�
�ampliata��di�pubblica�amministrazione(12).�Si�verifica�qui�il�paradosso�di�
una�privatizzazione�che,�lungi�dal�sottrarre�competenze�al�giudice�ammini-
strativo,�per�contro,�le�accresce�e�il�paradosso�si�ripete�anche�per�altro�
aspetto�della�privatizzazione�e�dell'avanzata�del�mercato:�come�si�accennava,�

(10)�F. 
Bonelli, 
Le 
privatizzazioni 
delle 
imprese 
pubbliche, 
Milano�1996,�1.�

(11)�N. 
Irti, 
Il�diritto�della�transizione,�in�Riv. 
it. 
dir.priv. 
1997,�11�e�ss.�
(12)�S. 
Cassese,�La 
nozione 
comunitaria 
di 
pubblica 
amministrazione,in�Giornale 
dir. 
amm. 
1996,�915;�F. 
Fracchia,�Lagiurisdizioneesclusivadelgiudiceamministrativo, 
cit., 
599.�

3262RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 


infatti, 
l'interesse 
pubblico 
nell'economia, 
prima 
soddisfatto 
con 
l'esercizio 
del 
potere 
di 
programma 
e 
di 
indirizzo 
e 
con 
la 
gestione 
diretta, 
tende 
a 
spostarsi, 
con 
la 
privatizzazione, 
nel 
momento 
della 
regolazione 
del 
mercato 
e 
della 
concorrenza 
e 
nella 
tutela 
dei 
consumatori 
a 
mezzo 
di 
autorita� 
indipendenti. 


Orbene, 
tali 
autorita� 
, 
anche 
se 
investite 
di 
funzioni 
pubbliche 
neutrali 
da 
�magistrature 
economiche� 
non 
possono 
essere 
considerate 
nel 
nostro 
ordi-
namento 
altro 
che 
autorita� 
amministrative, 
in 
quanto 
tali 
assoggettate, 
secondo 
le 
regole 
generali, 
al 
sindacato 
naturale 
del 
giudice 
amministrativo, 
come 
d'altronde 
espressamente 
previsto 
in 
numerosi 
casi. 


Attraverso 
il 
sindacato 
degli 
atti 
delle 
autorita� 
indipendenti, 
il 
giudice 
amministrativo 
restera� 
dunque 
il 
giudice 
dell'interesse 
pubblico 
nell'econo-
mia 
anche 
nella 
nuova 
epifania 
regolatrice. 


Il 
ruolo 
del 
giudice 
amministrativo 
italiano 
risulta 
dunque 
profonda-
mente 
innovato 
e 
potenziato 
dai 
rivolgimenti 
di 
fine 
secolo 
e 
soprattutto 
da 
quello 
culminato 
con 
la 
legge 
21 
luglio 
2000, 
n. 
205. 
Rivolgimenti 
che 
lo 
hanno 
portato 
da 
un 
originario 
controllo 
formale 
di 
legalita� 
degli 
atti 
all'attuale 
giudizio 
sostanziale 
sui 
contrapposti 
interessi 
confliggenti, 
anche 
a 
livello 
macroeconomico 
(13), 
come 
note 
e 
recentissime 
vicende 
hanno 
dimostrato. 


Giudizio 
sostanziale 
particolarmente 
ficcante 
in 
quanto 
ormai 
armato 
anche 
di 
quella 
tutela 
risarcitoria 
che, 
nelle 
dimensioni 
della 
macroeconomia, 
puo� 
risultare 
davvero 
temibile 
per 
chiunque. 


Non 
bisogna 
dimenticare, 
infatti, 
che 
l'istituto 
della 
responsabilita� 
,spe-
cialmente 
nella 
sua 
dimensione 
aquiliana, 
ha 
costituito 
fin 
da 
tempi 
lontani 
un 
potente 
strumento 
di 
controllo 
sociale. 
Non 
a 
caso 
il 
potere 
esecutivo 
ha 
sempre 
cercato 
di 
vietarne 
al 
giudiziario 
l'uso 
nei 
propri 
confronti 
e 
poi, 
retrocedendo 
su 
posizioni 
difensive 
via 
via 
piu� 
arretrate, 
di 
limitarne 
quanto 
piu� 
possibile 
e 
quanto 
piu� 
a 
lungo 
possibile 
l'uso. 
La 
storia 
della 
progressiva 
erosione 
dei 
privilegi 
della 
pubblica 
Amministrazione 
in 
materia 
aquiliana 
e� 
troppo 
nota 
per 
doverla 
ora 
ripercorrere. 


Quello 
che 
e� 
stato 
da 
sempre 
un 
potente 
strumento 
di 
controllo 
sociale 
e� 
andato, 
poi, 
crescendo 
di 
importanza 
nei 
tempi 
piu� 
recenti 
in 
una 
fase 
defi-
nita 
di 
�espansione 
incontrollabile�(14) 
lungo 
due 
direttrici: 
da 
un 
lato 
attra-
verso 
la 
tendenza 
a 
riconoscere 
come 
degni 
di 
tutela 
giuridica 
un 
sempre 
maggior 
numero 
di 
interessi 
che 
non 
erano 
prima 
protetti(15) 
(e 
l'esperienza 
italiana 
e� 
paradigmatica 
in 
questo 
senso); 
dall'altro, 
soprattutto 
nel 
diritto 
nordamericano, 
attraverso 
la 
tendenza 
a 
liquidare 
in 
molti 
casi 
i 
danni 
in 
misura 
maggiore 
(e 
a 
volte 
molto 
maggiore) 
del 
pregiudizio 
arrecato. 
Si 


(13) 
S.�Giacchetti, 
La 
responsabilita� 
patrimoniale. 
(14) 
A.�De�Vita, 
Al 
crocevia 
degli 
itinerari 
dei 
diritti 
europei,in 
Politica 
del 
Diritto, 
2000, 
537. 
(15) 
S.�Rodota�
, 
Ilproblema 
della 
responsabilita� 
civile, 
Giuffre� 
, 
Milano, 
1966, 
24. 

CONTRIBUTI�DI�DOTTRINA�3272

tratta�dell'istituto�del�c.d.��danno�punitivo��previsto�per�tutta�una�serie�di�
casi�che�vanno�dalla�clausola�generale�della�punizione�di�comportamenti�par-
ticolarmente�riprovevoli�a�quelli�derivanti�dalla�violazione�della�legislazione�
anti-trust�o�anti-corruzione,�ai�danni�ambientali,�ai�danni�causati�dal�produt-
tore�per�prodotti�difettosi�(16).�

Non�e�forse�azzardato�presumere�che�l'�irresistibile�vento�dell'O-
vest��(17)�che�soffia�verso�l'Europa�dalle�coste�della�potenza�egemone�faccia�
prima�o�poi�penetrare�tali�strumenti�potenziatori�dell'istituto�della�responsa-
bilita�aquiliana�anche�nel�nostro�ordinamento,�da�qualche�tempo�ben�dispo-
sto�ad�importare�istituti�giuridici�tipici�della�tradizione�anglo-americana.�

Tutto�quanto�sin�qui�detto�sembrerebbe�aprire�dunque�uno�scenario�di�

�magnifiche�sorti�e�progressive��per�il�giudice�amministrativo�italiano.�

Ma�...c'e�un�ma.�Anzi,�forse�piu�d'uno.�

Innanzitutto�il�giudice�amministrativo�italiano,�per�far�fronte�ai�suoi�
nuovi�e�poderosi�compiti,�dovra�attrezzarsi�con�strumenti�processuali��un�
codice�di�procedura��e�risorse�umane��aumento�di�organici��allo�stato�
assolutamente�inadeguati,�con�conseguente�crisi�funzionale�durante�i�tempi�
necessari�per�l'adozione�degli�strumenti�normativi�occorrenti.�

In�secondo�luogo�sembra�indispensabile�anche�l'intervento�del�legisla-
tore�costituzionale�perche�possa�essere�completato�il�disegno�riformatore�
avviato,�con�un�compiuto�passaggio�dal�sistema�dualistico�a�quello�moni-
stico�di�giustizia�amministrativa,�in�quanto,�a�Costituzione�invariata,�non�e�
sicuramente�possibile,�a�tacer�d'altro,�la�estensione�totale�della�giurisdizione�
esclusiva�(18).�

La�Corte�costituzionale,�gia�investita�di�alcune�questioni,�con�due�trava-
gliatissime�ordinanze�di�inammissibilita�(19)�ha�per�ora�deciso�di�non�deci-
dere,�ma�si�ha�ragione�di�ritenere�che�avra�occasione�di�ritornare�in�futuro�
sul�problema,�ove�il�Costituente�non�provveda�in�tempo�utile.�

In�terzo�luogo�va�notato�che�la�riforma�in�esame�tende,�in�certo�qual�
modo,�ad�omologare�il�giudice�amministrativo�al�giudice�civile,�indebolen-
done�le�caratteristiche�differenziali�tradizionali,�che�si�ridurrebbero�alla�sola�
natura�soggettiva�di�una�delle�parti�della�controversia.�

In�tale�circostanza�potra�il�giudice�amministrativo�continuare�ad�
essere�considerato�giudice�speciale�o�non�verra�considerato�piuttosto�giu-
dice�specializzato�(20)?�

(16)�G. 
Broggini,�Compatibilita�di�sentenze�statunitensi�di�condanna�al�risarcimento�di��punit
ive�damages��con�il�diritto�europeo�della�responsabilita�civile,�in�Europa�e�diritto�privato,�1999,�479.�
(17)�L. 
Mazzella, 
L'irresistibile�vento�dell'Ovest,�Roma,�2001.�
(18)�R. 
Tiscini,�op.�cit.�324�
(19)�Ord.�16�aprile�2002,�numeri�122�e�123�in�Foro�it.,�2002,�I,�1265�ss.�
(20)�A. 
Romano,�op.�cit.,�628.�

3282RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Tutto�cio�non�potra�non�pesare�sulle�scelte�che�il�Costituente�prossimo�
venturo�dovra�fare�soprattutto�in�tema�di�rapporti�fra�Consiglio�di�Stato�e�
Cassazione.�

Le�soluzioni�astrattamente�possibili�sono�numerose�e�vanno�dalla�ricor-
ribilita�incondizionata�in�Cassazione�delle�sentenze�del�Consiglio�di�Stato�
alla�erezione�del�Consiglio�di�Stato�in�Corte�amministrativa�equiordinata�alla�
Cassazione�secondo�il�modello�tedesco�con�o�senza�istituzione�di�un�Tribu-
nale�misto�dei�conflitti�secondo�il�modello�francese.�

La�scelta�definitiva�e�naturalmente�rimessa�al�Parlamento.�Auguriamoci�
che�provveda�con�equilibrio�e�saggezza.�

Avv. 
IgnaziO 
FrancescO 
CaramazzA 


Vice 
Avvocato 
Generale 
dello 
Stato 



CONTRIBUTI�DI�DOTTRINA�3292

La 
ragionevole 
durata 
del 
processo 
alla 
luce 
di 
una 
recente 
proposta 
di 
modifica 
della 
legge 
Pinto 


1.�La�lentezza�eccessiva�della�giustizia�rappresenta�un�grave�pericolo�per�
lo�Stato�di�diritto,�al�punto�da�comprometterne�l'efficacia�e�la�credibilita�
(sentenze�della�Corte�europea�dei�diritti�dell'uomo�28�giugno�1978,�Konig,e�
27�ottobre�1994,�Katte�Klitsche�de�la�Grange).�Con�la�ratifica�della�Conven-
zione�europea�per�la�salvaguardia�dei�diritti�dell'uomo�e�delle�liberta�fonda-
mentali,�gli�Stati�si�sono�obbligati�ad�organizzare�i�propri�sistemi�giudiziari�
in�modo�da�soddisfare�l'esigenza�posta�dall'art.�6,�paragrafo�1,�che�ogni�causa�
sia�decisa�in�un�tempo�ragionevole.�
Anche�la�Carta�dei�diritti�fondamentali�dell'Unione�europea,�all'art.�47,�
secondo�comma,�impone�che�la�causa�sia�esaminata��entro�un�termine�ragio-
nevole�,�ma�e�alla�giurisprudenza�della�Corte�di�Strasburgo�che�bisogna�far�
capo�per�conoscere�l'ultradecennale�elaborazione�del�diritto�ad�una�giustizia�
celere.�Infatti,��si�trattaforse�del�diritto�la�cui�inosservanza�e�stata�sanzionata�
conpiu�determinazioneefrequenza,�datocheunagiustiziaritardatae�intaluni�
casi�estremi�sinonimo�di�giustizia�denegata�(1).�

A�partire�da�una�nota�decisione�del�1987�(sentenza�25�giugno�1987,�
Captano)�(2)�la�Corte�Europea�ha�cominciato�a�condannare�regolarmente�
lo�stato�italiano�per�l'eccessiva�durata�dei�processi,�consolidando�il�princi-
piosecondocui�ciascunordinamento,da�unlatodeveconferire�ai�propri�
giudici�poteri�e�strutture�adeguate�a�garantire�il�rapido�svolgimento�del�
procedimento,�dall'altro�deve�garantire�che�questi�poteri�possano�essere�
effettivamente�esercitati,�affinche�i�processi�non�superino�certi�tempi�rite-
nuti�ragionevoli.�

Il�15�luglio�1999,�il�Comitato�dei�Ministri�del�Consiglio�d'Europa�ha�
adottato�la�risoluzione�n.�437(3),�avente�ad�oggetto�il�problema�della�durata�
delle�procedure�civili�in�Italia,�in�cui��pur�constatando�con�soddisfazione�
l'aumento�di�efficienza�e�rapidita�delle�decisioni�adottate��ha�deciso�di�rie-
saminare�la��questione�italiana��dopo�un�anno�per�accertare�la�validita�delle�
misure�preannunciate�dal�governo,�tra�le�quale�vi�era�appunto�la�proposta�
di�legge�n.�3813/S,�e�cioe�il�c.d.�disegno�di�legge�Pinto,�inteso�a�disciplinare�
la�riparazione�equitativa�in�caso�di�violazione�del�termine�ragionevole�del�
processo�e�ad�introdurre��un�mezzo�efficace�di�ricorso�interno�in�materia�di�
durata�delle�procedure�.�

Con�l'entrata�in�vigore�della�legge�Pinto,�nel�marzo�2001,�non�pochi�
autori�hanno�sottolineato�come�si�trattasse�in�realta�di�uno�strumento�mera-

(1)�DE 
Salvia,�Lineamenti�di�diritto�europeo�dei�diritti�dell'uomo,�Padova,�1992.�
(2)�In�Foro�Italiano,�1987,�IV,�385.�
(3)�In�La�durata�ragionevole�delprocesso,�Quaderni�del�C.S.M.,n.�113,�2000,�403.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

mente�deflattivo�dell'enorme�carico�di�ricorsi�pendenti�alla�Corte�di�Stra-
sburgo,�cioe�uno�strumento�temporaneo�che�non�prevedendo�un'accelera-
zione�dei�procedimenti�avrebbe�solo�aggravato�l'arretrato�delle�Corti�d'Ap-
pello,�senza�risolvere�in�concreto�il�problema�dei�ritardi�della�giustizia(4).�

2.�A�poco�piu�di�un�anno�dall'introduzione�della�legge�n.�89/2001�tale�
previsione�si�e�rivelata�corretta�ed�appare�a�tutti�evidente�la�necessita�di�un�
nuovo�intervento�legislativo.�L'Avvocatura�dello�Stato,�cui�spetta�un�com-
pito�gravoso�nella�gestione�dell'enorme�contenzioso�(5),�si�e�resa�diretta-
mente�portatrice�di�un'istanza�di�revisione�della�legge�Pinto�(6).�All'indo-
mani�dell'incontro�dell'Avvocato�Generale�dello�Stato�con�il�Presidente�
Ciampi�e�pervenuta�alla�Presidenza�del�Consiglio�dei�Ministri�la�proposta�
di�introdurre,�come�condizione�di�procedibilita�dell'azione�per�l'equa�ripara-
zione,�un�tentativo�obbligatorio�di�conciliazione�tra�il�ricorrente�e�l'Ammi-
nistrazione�interessata.�
L'istituto�e�analogo�a�quello�disciplinato�dall'art.�38�comma�1.,�lette-
ra�b) 
della�Convenzione�europea�di�salvaguardia�dei�diritti�dell'uomo�e�delle�
liberta�fondamentali,�in�base�al�quale�la�Corte�europea�deve�mettersi�a�dispo-
sizione�degli�interessati�per�tentare�di�pervenire�ad�un�regolamento 
amichevole 
della 
controversia 
nel�rispetto�dei�diritti�dell'uomo�riconosciuti�dalla�Conven-
zione�stessa.�Si�tratta�di�un�procedimento�non�obbligatorio,�che�si�conclude�
normalmente�con�la�liquidazione,�a�favore�del�ricorrente,�di�una�somma�
determinata�dalla�cancelleria�della�Corte�in�base�agli�stessi�parametri�utiliz-
zati�in�sede�contenziosa.�

Dubbi�sono�stati�espressi�circa�l'opportunita�di�prevedere�una�defini-
zione�negoziale�della�controversia�in�una�materia�cos|�delicata�come�quella�
dei�diritti�fondamentali�dell'uomo.�In�realta�tali�perplessita�sono�prive�di�fon-
damento,�giacche�la�soluzione�raggiunta�in�sede�di�regolamento�amichevole,�
fondandosi��sul 
rispetto 
dei 
diritti 
dell'uomo 
quali 
sono 
riconosciuti 
dalla 
Con-
venzione 
e 
dai 
suoi 
Protocolli�,�non�puo�essere�qualificata�come�un�mero�
accordo�transattivo,�rivestendo�una�funzione�effettivamente�riparatoria�della�
violazione�subita�dal�ricorrente(7).�Ne�si�potrebbe�seriamente�dubitare�dell'o-
biettivo�deflattivo,�se�si�considera�che�a�Strasburgo�l'applicazione�dell'art.�38�
ha�gia�consentito�la�conclusione�di�numerosi�accordi�transattivi,�con�la�con-
seguente�cancellazione�dal�ruolo�dei�relativi�ricorsi.�

(4)�E�quanto�peraltro�rilevato�dal�Comitato�dei�Ministri�del�Consiglio�d'Europa�il�2-3�otto-
bre�2001�(vedi�il�comunicato�conclusivo).�
(5)�Secondo�i�dati�forniti�dal�Dipartimento�del�Ministro�della�Giustizia�in�occasione�della�
783.�riunione�dei�Delegati�del�Comitato�dei�Ministri�svoltasi�il�19-20�febbraio�2002,�i�ricorsi�c
oncentrati�soprattutto�nelle�Corti�d'Appello�di�Roma�e�di�Perugia,�competenti�per�processi�cele-
brati�rispettivamente�nei�diritti�di�Napoli�e�di�Roma��ammontavano,�alla�data�del�12�febbraio�
2002,�2.255,�mentre�i�mass�media�parlano�addirittura�di�6.000�ricorsi.�
(6)�Cfr.�a�tal�proposito�l'intervista�all'Avvocato�Generale�dello�Stato�pubblicata�il�26�feb-
braio�2002�su�Il 
Sole 
24-ore.�
(7)�Cos|�M. 
Bertuzzi,�Violazione 
delprincipio 
della 
ragionevole 
durata 
delprocesso 
e 
diritto 
all'equa 
ripartizione,in�Giur. 
Merito,�2001,�IV,�1153.�

CONTRIBUTI�DI�DOTTRINA�

Di�qui�la�presentazione�da�parte�del�Governo�di�una�serie�di�emenda-
menti�alla�legge�Pinto,�che�introducono�l'obbligo�di�una�comunicazione�del-
l'interessato,�corredata�del�ricorso�introduttivo,�dei�verbali�delle�attivita�
processuali,�nonche�delle�eventuali�decisioni�intervenute�nel�giudizio�a�quo,�
all'ufficio�dell'Avvocatura�del�distretto�di�Corte�d'Appello�ove�si�e�svolto�o�
si�sta�svolgendo�il�processo�dal�quale�e�derivato�il�pregiudizio�lamentato.�Il�
progetto�governativo�prevede�altres|�un�termine�di�90�giorni�entro�il�quale�
l'Avvocatura,�previa�acquisizione�presso�gli�uffici�giudiziari�degli�atti�e�
documenti�ritenuti�rilevanti�e�sentite�le�Amministrazioni�interessate,�deve�
formulare�una�proposta�transattiva�oppure�indicare�le�ragioni�che�non�con-
sentono�il�raggiungimento�di�un�accordo.�Per�agevolare�la�definizione�della�
controversia�si�e�introdotta�inoltre�la�possibilita�di�un�incontro�diretto�con�
l'interessato.�

L'atto�di�transazione,�titolo�esecutivo�nei�confronti�dell'Amministra-
zione,�potrebbe�definire�anche�i�procedimenti�pendenti,�ove�l'Avvocatura�rite-
nesse�opportuna�la�formulazione�di�una�proposta�transattiva.�In�tal�caso�la�
Corte�d'Appello�dovrebbe�fissare�un'udienza�in�camera�di�consiglio�per�veri-
ficare�l'eventuale�accettazione�della�proposta,�con�conseguente�estinzione�del�
giudizio�dichiarata�con�decreto�del�Presidente�della�sezione�della�Corte�di�
appello.�Nel�caso�in�cui,�invece,�non�si�pervenisse�ad�un�accordo,�la�Corte�
d'Appello,�in�sede�di�decisione�del�procedimento,�potrebbe�condannare�il�vin-
citore,�sulla�base�del�comportamento�assunto�nel�corso�delle�trattative,�al�
pagamento�delle�spese�processuali.�

Tale�ultima�disposizione�si�e�resa�indispensabile�per�rendere�obbligato-
rio,�e�quindi�effettivamente�deflattivo,�il�tentativo�di�conciliazione.�La�previ-
sione�di�un�vantaggio�concreto��o�di�un�possibile�svantaggio�in�caso�di�
ingiustificato�rifiuto�della�proposta�transattiva�per�chi�concilia�e�,�di�fatto,�
l'unico�strumento�per�rendere�efficace�l'introduzione�di�una�fase�preconte-
ziosa�obbligatoria,�che�altrimenti�rischia�di�tradursi�solo�in�un'ulteriore,�inu-
tile�fase�del�procedimento�di�riparazione(8).�

Il�disegno�di�legge�governativo,�infine,�in�considerazione�della�grave�
situazione�di�sovraccarico�dei�ruoli�in�numerose�Corti�d'Appello,�prevede�
una�serie�di�criteri�di�priorita�per�la�trattazione�dei�processi�e�per�la�forma-
zione�dei�ruoli.�In�particolare�alfine�di�assicurare�una�piu�rapida�definizione�
delprocedimento�si�deve�tener�conto�sia�del�ritardo�accumulato�nel�corso�del�
giudizio�a�quo,�sia�della�gravita�dei�danni�provocati�da�tale�ritardo.�

3.�Sorprendentemente�la�nuova�disciplina�dell'equa�riparazione�non�e�
stata�oggetto�di�un�autonomo�provvedimento��come�del�resto�aveva�chie-
sto�la�stessa�Avvocatura�dello�Stato��ma�e�stata�introdotta�in�sede�di�con-
versione�del�decreto�legge�11�marzo�2002,�n.�28,�in�materia�di�contributo�
(8)�Cfr.�in�tal�senso�le�riflessioni�di�A. 
Didone,�Appuntisulla�ragionevole�durata�delprocesso�
civile,in�Giur.�It.,�2000,�IV,�871�per�il�quale��solo�prevedendo�un�vantaggio�per�chi�accetta�una�pro-
posta�transattiva�si�puo�rendere�efficace�il�tentativo�di�conciliazione�e�non�prevedendolo�semplice-
mente�come�obbligatorio�.�

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 


unificato, 
che 
solo 
marginalmente 
riguardava 
la 
legge 
Pinto, 
prevedendone 
l'esenzione 
dal 
contributo. 
Tutto 
cio� 
proprio 
all'indomani 
del 
messaggio 
del 
Presidente 
della 
Repubblica 
con 
il 
quale, 
sulla 
base 
di 
rilievi 
di 
ordine 
costituzionale, 
veniva 
rinviato 
alle 
Camere, 
a 
norma 
dell'art. 
74 
della 
cost., 
il 
disegno 
di 
legge 
di 
conversione 
del 
decreto-legge 
25 
gennaio 
2002 
n. 
4. 
In 
tale 
occasione 
il 
Capo 
dello 
Stato 
non 
solo 
aveva 
esortato 
il 
governo 
a 
seguire 
�criteririgorosinellapredisposizionedeidecreti-legge...�alloscopodi�
evitare�che�il�testo�originario�venga�trasformato�fino�a�diventare�non�piu�
rispondente�ai�presupposti�costituzionali�e�ordinamentali�, 
ma 
aveva 
anche 
affermato 
�l'esigenza�imprescindibile�che�identica�e�rigorosa�vigilanza�sia�eser-
citatadagliorganidelle�Camerespecificamenteprepostiallaproduzionelegi-
slativa,�segnatamente�dalle�Commissioni�competenti,�sia�in�sede�primaria�sia�

in�sede�consultiva�. 


I 
dubbi 
sull'opportunita� 
di 
intervenire 
nella 
delicata 
materia 
dei 
diritti 
fondamentali 
dell'uomo 
in 
sede 
di 
conversione 
di 
decreto 
legge 
sono 
quindi 
stati 
fugati 
nel 
corso 
della 
seduta 
del 
9 
aprile 
2002 
della 
seconda 
commis-
sione 
Giustizia 
del 
Senato 
in 
sede 
referente, 
nel 
corso 
della 
quale 
gli 
emenda-
menti 
riguardanti 
la 
legge 
Pinto 
sono 
stati 
dichiarati 
improponibili, 
in 
quanto 
estranei 
all'oggetto 
del 
decreto 
legge, 
dal 
presidente 
Antonino 
Caruso, 
che 
ha 
espressamente 
accolto 
l'invito 
contenuto 
nel 
messaggio 
di 
Ciampi. 


4. 
Resta 
dunque 
l'esigenza 
indefettibile 
di 
un 
immediato 
intervento 
del 
legislatore 
che 
risolva 
i 
problemi 
emersi 
nel 
corso 
dei 
primi 
mesi 
di 
applica-
zione 
della 
legge 
Pinto. 
Come 
era 
prevedibile, 
infatti, 
un 
numero 
enorme 
di 
ricorsi, 
in 
particolar 
modo 
in 
prossimita� 
della 
scadenza 
del 
periodo 
transito-
rio 
di 
cui 
all'art. 
6, 
si 
e� 
riversato 
sulle 
Corti 
di 
Appello 
e 
sulle 
Avvocature, 
rischiando 
di 
provocare 
una 
paralisi 
generale. 
Cio� 
ha 
causato 
un 
inevitabile 
allungamento 
dei 
tempi 
dei 
procedimenti 
di 
riparazione, 
anche 
al 
di 
la� 
dei 
quattro 
mesi 
previsti 
dall'art. 
3 
comma 
6 
della 
legge: 
basti 
pensare 
che 
alcune 
udienze 
di 
trattazione 
sono 
gia� 
state 
rinviate 
al 
2004. 
Di 
qui 
il 
possibile 
para-
dosso 
di 
veder 
proposti 
ricorsi 
ex�legge 
Pinto 
per 
sanzionare 
l'irragionevole 
durata 
proprio 
dei 
procedimenti 
di 
riparazione. 
In 
pratica 
la 
legge 
n. 
89/2001, 
introducendo 
un 
rimedio 
interno 
per 
sanzionare 
la 
violazione 
del 
termine 
ragionevole 
del 
processo, 
rischia 
di 
provocare 
proprio 
un 
gene-
rale 
allungamento 
dei 
tempi 
dei 
processi 
e 
una 
paralisi 
generale 
del 
sistema 
giudiziario(9). 
Ma 
c'e� 
di 
piu� 
. 
Il 
decreto 
che 
definisce 
il 
procedimento 
riparatorio 
e� 
impugnabile 
per 
cassazione 
ai 
sensi 
dell'art. 
3, 
sesto 
comma, 
della 
legge 
Pinto. 
Finora 
pochi 
ricorsi 
sono 
arrivati 
in 
Cassazione 
(erano 
solo 
65 
alla 
fine 
di 
febbraio 
del 
2002), 
ma 
ove 
il 
contenzioso 
dovesse 
trasferirsi 
in 
massa 
dalle 
Corti 
d'Appello 
anche 
l'efficienza 
della 
Suprema 
Corte 
rischierebbe 
di 


(9) 
Tale 
pericolo 
peraltro 
era 
gia� 
stato 
paventato 
nel 
corso 
dei 
lavori 
parlamentari 
della 
legge 
Pinto 
dal 
sen. 
Russo 
nel 
suo 
intervento 
in 
Commissione 
Giustizia 
del 
Senato, 
seduta 
del 
21 
aprile 
1999. 

CONTRIBUTI�DI�DOTTRINA�

venire�compromessa.�Tutto�cio��quando�non�si�e��ancora�spenta�l'eco�dello�
straordinario�evento�costituito�dall'Assemblea�generale�della�Corte�Suprema�
di�Cassazione�tenutasi�a�Roma,�nell'Aula�Magna�del�Palazzo�di�Giustizia,�
venerd|��23�aprile�1999,�per�discutere�sulla�cd.�crisi�della�Cassazione.�Gia��in�
tale�occasione�il�Primo�Presidente�della�Cassazione�aveva�sottolineato�che�
�l'ammissionegeneralizzatadelricorsopercassazione�perdipiu�in�un'epoca�
di�generale�espansione�della�domanda�di�giurisdizione�e�di�flusso�incessante�e�
disordinato�della�legislazione,�spesso�ambigua,�mai�consolidata,�e�percio�difficil-
mente�conoscibile��investe�la�Corte�della�trattazione�di�un�grandissimo,�e�in�
astratto�illimitato,�numero�di�ricorsi,�incompatibile�con�la�struttura�e�lafunzio-
nalita�di�una�Corte�Suprema�.�Non�e��allora�un�caso�che�da�taluno�sia�stata�
gia��prospettata�una�censura�di�illegittimita��costituzionale�della�legge�

n.�89/2001,�in�relazione�all'art.�97�cost.,�richiamando�quanto�affermato�dalla�
Corte�Costituzionale�con�la�nota�sentenza�n.�18/1989:��il�valore�dell'efficienza�
dell'Amministrazione�della�Giustizia�(art.�97�Cost.)�puo�di�per�se�condurre�
all'annullamento�di�norme�procedurali�(10).�
Altro�rischio��ben�piu��grave�del�resto��e��quello�di�un�possibile�
ricorso�degli�interessati�alla�Corte�Europea�ai�sensi�dell'art.�6�della�Conven-
zione,�per�violazione�del�diritto�di�accesso�alla�giustizia,�o�ai�sensi�dell'art�
13,�per�carenza�di�un�rimedio�nazionale�per�la�tutela�effettiva�di�un�diritto�
riconosciuto�dalla�Convenzione�(11).�Si�assisterebbe,�insomma,�ad�un�falli-
mento�della�legge�Pinto�come�rimedio�interno�e�ad�una�conferma�delle�pes-
simistiche�previsioni,�espresse�in�ambito�europeo�all'indomani�dell'entrata�
in�vigore�della�legge,�in�base�alle�quali�entro�due�anni�si�sarebbe�assistito�
ad�un�ritorno�alla�Corte�di�Strasburgo�di�tutti�i�ricorsi�allora�pendenti�(12).�
Del�resto�e��noto�il�caso�di�un�cittadino�italiano�che,�dopo�aver�proposto�
ricorso,�ex�art.�314�c.p.p.,�per�ottenere�l'equa�riparazione�per�l'ingiusta�
detenzione�sofferta,�ha�ottenuto�a�Strasburgo�un�ulteriore�risarcimento�(tra�
l'altro�in�sede�di�amichevole�composizione)�per�l'eccessiva�durata�dello�
stesso�procedimento�riparatorio�(13).�

E�evidente�dunque�che�soltanto�la�riduzione�del�numero�dei�processi�
mediante�un�consistente�ricorso�alla�definizione�stragiudiziale�delle�vertenze�
consentirebbe�di�alleggerire�i�ruoli�e�di�salvaguardare�l'efficienza�complessiva�

(10)�La�tesi�dell'incostituzionalita��della�legge�Pinto�alla�luce�della�citata�pronuncia�della�
Corte�Costituzionale�e��stata�formulata�da�C. 
Consolo,�Relazione�all'incontro�di�studio:�legge�
Pinto.�Davvero�un�passo�avanti�verso�il�giusto�processo�in�tempi�ragionevoli?,�Venezia,�20�ottobre�
2001.�
(11)�In�tal�senso�cfr.�Corte�Europea�dei�diritti�dell'uomo,�26�ottobre�2000,�KudlA 
c. 
Polo-
nia,in�Corriere�Giuridico,�2001,�405.�
(12)�Cfr.�V. 
Esposito,�co-agente�del�Governo�italiano�davanti�alla�Corte�dei�Diritti�del-
l'Uomo,�Relazionesulla�situazione�delcontenzioso�italianopendentepresso�la�CorteEuropea�di�Stra-
sburgo,�dopo�l'entrata�in�vigore�della�L.�n.�89�del�2001.�
(13)�Il�caso�e��citato�da�A. 
Didone,�L'equa�riparazione�per�irragionevole�durata�del�processo�
(riflessioni�a�prima�lettura�sulla�l.�89/2001),in�Questione�giustizia,�2001,�513.�

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 


del 
meccanismo 
di 
riparazione, 
restituendogli 
quel 
carattere 
di 
effettivita� 
necessario, 
secondo 
la 
giurisprudenza 
della 
Corte 
di 
Strasburgo, 
a 
precludere 
la 
via 
del 
ricorso 
alla 
Corte 
Europea 
per 
omesso 
esaurimento 
delle 
vie 
di 
ricorso 
interno(14). 


Altro 
inconveniente 
legato 
alla 
risoluzione 
giudiziale 
del 
contenzioso 
tra 
Stato 
e 
cittadino 
riguarda 
la 
competenza 
dei 
procedimenti 
di 
riparazione, 
da 
determinarsi 
ai 
sensi 
dell'art. 
11 
c.p.p. 
Perplessita� 
sono 
state 
espresse 
in 
dottrina 
circa 
la 
legittimita� 
costituzionale 
di 
questo 
criterio, 
che 
violerebbe 
il 
principio 
del 
giudice 
naturale(15). 
La 
proposta 
dell'Avvocatura 
avrebbe 
consentito 
all'interessato 
di 
instaurare 
il 
tentativo 
di 
conciliazione 
diretta-
mente 
presso 
l'ufficio 
dell'Avvocatura 
del 
distretto 
di 
Corte 
d'Appello 
ove 
si 
e� 
svolto 
il 
processo 
del 
quale 
si 
lamenta 
l'irragionevole 
durata, 
rendendo 
quindi 
piu� 
semplice 
e 
meno 
dispendioso 
per 
l'istante 
il 
procedimento 
di 
ripa-
razione. 
L'effettivita� 
del 
rimedio 
offerto 
dalla 
legge 
Pinto 
viene 
infatti 
messa 
a 
dura 
prova 
quando, 
come 
e� 
gia� 
avvenuto, 
il 
ricorrente 
viene 
condannato 
al 
pagamento 
di 
spese 
processuali 
in 
misura 
doppia 
rispetto 
alla 
richiesta 
di 
equo 
indennizzo. 


Del 
resto 
la 
previsione 
di 
una 
fase 
precontenziosa 
obbligatoria 
produr-
rebbe 
riflessi 
positivi 
anche 
per 
la 
difesa 
delle 
Amministrazioni 
da 
parte 
del-
l'Avvocatura. 
Varra� 
ricordare 
che 
nei 
brevi 
termini 
previsti 
dalla 
legge 
Pinto 
(il 
ricorso 
con 
il 
decreto 
di 
fissazione 
dell'udienza 
deve 
essere 
notificato 
almeno 
quindici 
giorni 
prima 
dell'udienza 
e 
le 
memorie 
e 
i 
documenti 
devono 
essere 
depositati 
in 
cancelleria 
entro 
cinque 
giorni 
prima 
del-
l'udienza) 
l'Avvocatura 
deve 
ottenere 
le 
informazioni 
relative 
al 
caso 
speci-
fico 
dall'ufficio 
giudiziario 
competente 
e 
deve 
predisporre 
la 
memoria 
difen-

(14) 
Si 
tratta 
del 
c.d. 
principio 
di 
sussidiarieta� 
, 
espresso 
dall'art. 
35 
della 
Convenzione 
che 
disciplina 
le 
condizioni 
di 
ricevibilita� 
dei 
ricorsi 
alla 
Corte 
Europea: 
�La�corte�nonpuo��essere�adita�
se�non�dopo�l'esaurimento�delle�vie�di�ricorso�interno,�quale�e��inteso�secondo�iprincipi�di�diritto�inter-
nazionalegeneralmente�riconosciutiedentro�unperiodo�diseimesiapartire�dalla�data�della�decisione�
interna�definitiva�. 
(15) 
Cfr. 
a 
tal 
proposito 
M. 
Bertuzzi, 
Violazione�del�principio�della�ragionevole�durata�del�
processo�e�diritto�all'equa�riparazione,in 
Giur.�merito, 
2001, 
IV, 
1153, 
per 
il 
quale 
potrebbe 
dubitarsi 
della 
conformita� 
della 
norma 
al 
principio 
del 
giudice 
naturale, 
�atteso�che�essa�determina�la�com-
petenza�giudiziaria�utilizzando�un�criterio�di�collegamento�sostanzialmente�avulso�dalla�situazione�di�
fatto�dedotta�in�giudizio�e,�comunque,�non�funzionale�al�bene�giuridico�che�intende�salvaguardare�. 
Piu� 
in 
generale 
si 
e� 
rilevato 
che 
la 
norma 
sembra 
individuare 
nel 
giudice 
l'unico 
responsabile 
del-
l'irragionevole 
durata 
del 
processo, 
come 
si 
evince 
dalla 
Relazione 
al 
progetto 
della 
Legge 
Pinto: 
�Si�seguono�le�regole�valevoli�per�i�procedimenti�riguardanti�i�magistrati�perche�e��il�loro�operato�ad�
essere�sottoposto�a�giudizio�. 
In 
realta� 
, 
rileva 
la 
migliore 
dottrina, 
e� 
l'intero 
sistema 
giudiziario 
ad 
essere 
sottoposto 
a 
giudizio 
e 
non 
il 
singolo 
organo 
giudicante 
(cfr. 
per 
alcune 
considerazioni 
in 
tal 
senso 
G. 
Santalucia, 
La�tutela�giudiziaria��interna��del�diritto�alla�ragionevole�durata�dei�
processi:�quale�ruolo�per�il�giudice�ordinario?,in 
Questione�Giustizia, 
2001, 
528). 
Del 
resto 
il 
fine 
garantistico 
della 
disposizione 
�che 
dovrebbe 
salvaguardare 
l'indipendenza 
e 
l'autonomia 
dei 
giudicanti 
viene 
posto 
in 
dubbio 
da 
alcuni 
autori, 
tra 
cui 
E. 
Sacchettini, 
Piu��difficili�i�ricorsi�ai�
giudici�di�Strasburgo�cos|��l'utente�si�ritrova�a�tutela�dimezzata,in 
Guida�al�diritto, 
2001, 
fasc. 
14, 
18, 
per 
il 
quale 
la 
norma 
non 
riuscirebbe 
a 
garantire 
il 
principio 
di 
terzieta� 
del 
giudice. 

CONTRIBUTI�DI�DOTTRINA�

siva.�Spesso,�pero�,�gli�atti�del�processo�a�quo�vengono�trasmessi�in�ritardo�e�
l'Avvocato�dello�Stato�e�costretto�a�formulare�una�difesa�del�tutto�generica,�
lasciando�che�sia�il�giudice�a�verificare,�mediante�l'esame�dei�fascicoli�del�giu-
dizio,�l'attendibilita�delle�tesi�sostenute�dal�ricorrente.�

L'introduzione�del�c.d.�accordo�transattivo�e�del�ben�piu�congruo�termine�
di�90�giorni�consentirebbe�un�esame�adeguato�del�caso�specifico�e�
l'eventuale�predisposizione,�ove�la�trattativa�non�andasse�a�buon�fine,�di�una�
difesa�piu�efficace.�In�questa�prospettiva�l'Avvocatura�aveva�proposto�che�
venisse�introdotto�nel�disegno�di�legge�l'obbligo�del�giudice�aquo�di�trasmettere�
copia�del�fascicolo�di�causa�e�tutti�i�dati�necessari�per�la�transazione�e,�nei�casi�
di�smarrimento�dei�fascicoli,�l'autorizzazione�ad�effettuare�una�valutazione�
equitativa�e�a�tentare�di�raggiungere�una�soluzione�amichevole�della�vertenza.�
Sempre�nell'ottica�di�una�maggiore�razionalizzazione�e�semplificazione�del-
l'istruttoria�nella�fase�precontenziosa,�il�disegno�di�legge�governativo�aveva�
inoltre�introdotto�un'ipotesi�di�contraddittorio�con�il�ricorrente,�mediante�
la�previsione,�ove�l'Avvocatura�lo�ritenesse�necessario,�di�un�incontro�diretto�
per�agevolare�la�definizione�della�controversia.�Evidentemente�per�raggiungere�
l'obiettivo�prefissato,�ovvero�una�semplificazione�della�procedura�di�ripa-
razione,�tale�fase�dovrebbe�rimanere�del�tutto�facoltativa,�lasciando�all'Av-
vocatura�il�compito�di�individuare�i�casi�in�cui�sentire�in�contraddittorio�l'inte-
ressato.�

Altro�punto�sul�quale�appare�indispensabile�un�intervento�chiarifica-
tore�del�legislatore�e�l'art.�4�della�legge�Pinto,�in�base�al�quale��la�domanda�
di�riparazione�puo�essere�proposta�durante�la�pendenza�del�procedimento�nel�
cui�ambito�la�violazione�si�assume�verificata�.�Sulla�base�di�questa�norma�i�
giudici�hanno�dichiarato�ammissibili�anche�i�ricorsi�proposti�per�sanzionare�
giudizi�ancora�pendenti�nel�grado�in�cui�si�assume�maturata�l'irragionevole�
durata.�L'Avvocatura�ha�gia�evidenziato�nelle�sue�memorie�difensive�come�
tale�interpretazione�apra�la�strada�ad�un�uso�strumentale�da�parte�dei�ricor-
renti�degli�istituti�dell'astensione�e�della�ricusazione�del�giudice(16),�con�
una�conseguente�vanificazione�delle�garanzie�costituzionali�di�cui�agli�
artt.�25,�comma�1.,�97�e�111�cost.�Un�ulteriore�motivo�di�perplessita�
riguarda�il�flusso�di�fascicoli�che�vengono�trasferiti�da�un�ufficio�giudiziario�
all'altro,�stante�la�possibilita�prevista�dalla�legge�Pinto�di�ottenere�l'acquisi-
zione�degli�atti�e�dei�documenti�del�procedimento�a�quo.Ebbene,�se�si�
ammette�la�proponibilita�del�ricorso�anche�quando�il�processo�a�quo�e�
ancora�pendente,�paradossalmente�il�ricorso�per�sanzionare�l'irragionevole�
durata�del�processo�avra�come�principale�effetto�quello�di�rallentare�il�giudi-
zio,�a�causa�degli�adempimenti�che�inevitabilmente�incomberebbero�sulle�
cancellerie.�

(16)�La�dottrina�peraltro�ha�gia�evidenziato�come�la�legge�Pinto�apre�la�strada�ad�una�situa-
zione�generalizzata�di�possibili�astensioni�e�ricusazioni�dei�giudici,�anche�a�causa�del�criterio�di�
competenza�individuato�dall'art.�3�della�legge;�cfr.�in�tal�senso�E. 
Sacchettini, 
op.cit.,in�Guida�
al�diritto,�2001,�fasc.�14,�18.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

E�ovvio,�del�resto,�che�l'efficacia�delle�modifiche�alla�disciplina�dell'equa�
riparazione�e�soprattutto�l'incisivita�del�ruolo�delle�Avvocature�dipendono�
in�massima�parte�dalla�dotazione�di�personale�e�di�mezzi�di�cui�si�potra�
disporre.�Al�riguardo�il�disegno�di�legge�prevedeva�l'individuazione,�con�suc-
cessivo�regolamento�governativo,�delle�risorse�necessarie�e�delle�attrezzature,�
anche�informatiche,�per�gli�uffici�dell'Avvocatura�dello�Stato�competenti�ad�
espletare�l'istruttoria�della�fase�precontenziosa.�Proprio�una�maggiore�infor-
matizzazione�delle�strutture�dell'Avvocatura�sembra�l'unica�via�percorribile�
per�giungere�ad�una�gestione�efficiente�e�razionale�di�un�contenzioso�che�
conta�ormai�varie�migliaia�di�cause.�

4.�Si�ha�ora�notizia�che�e�allo�studio�dell'ufficio�legislativo�della�Presi-
denza�del�Consiglio�un�nuovo�progetto�di�modifica�della�legge�Pinto�che�
riproduce,�con�alcuni�correttivi,�la�precedente�proposta�governativa.�Tra�le�
novita�merita�di�essere�segnalata�la�possibilita�per�il�ricorrente�di�effettuare�
personalmente,�senza�l'assistenza�di�un�avvocato,�la�comunicazione�che�avvia�
il�procedimento�di�conciliazione.�Tale�modifica�e�volta�a�semplificare�il�pro-
cedimento�riparatorio,�rendendolo�veramente�accessibile��e�quindi�effettivo�
secondo�i�parametri�della�Corte�Europea��per�l'istante.�
Viene�affrontata�anche�la�delicata�questione�relativa�ai�procedimenti�tri-
butari,�escludendoli�dal�meccanismo�riparatorio�disciplinato�dalla�legge�
89/2001�e�prevedendo�per�i�soli�procedimenti�tributari�rilevanti�penalmente�
che�il�ricorso�debba�essere�proposto�nei�confronti�del�Ministero�dell'Econo-
mia�e�delle�Finanze,�al�quale�deve�altres|�essere�inviata�la�comunicazione�di�
cui�all'art.�2-bis.�

Il�legislatore�ha�quindi�accolto�l'impostazione��suffragata�
dalla�giurisprudenza�della�Corte�Europea�(17)�e�recepita�anche�dai�giudici�
nazionali(18)��che�esclude�dal�meccanismo�riparatorio�il�processo�tributa-
rio,�in�quanto�tale�contenzioso�esula�dai�diritti�ed�obblighi�di�natura�mera-
mente�civile�di�cui�all'art.�6�n.�1�della�Convenzione,�prevalendo�di�contro��la�
natura�pubblica�del�rapporto�tra�contribuente�e�collettivita��(19).�In�ossequio�
ai�principi�della�Convenzione�si�sono�quindi�escluse�dall'ambito�applicativo�
della�legge�Pinto�tutte�le�controversie�inerenti�il�mero�potere�impositivo�dello�
Stato,�per�ricomprendervi,�invece,�i�procedimenti�penalmente�rilevanti,�in�
quanto�riconducibili�all'art.�6�n.�1,�seconda�parte�della�Convenzione.�Tale�
impostazione��adeguando�il�rimedio�interno�alle�soluzioni�elaborate�in�sede�

(17)�Cfr.�Corte�Europea�dei�diritti�dell'uomo��Sentenza�del�12�luglio�2001��FerrazzinI 
c.�
Italia.�
(18)�In�tal�senso:�Corte�d'Appello�di�Perugia�decreto�del�30�ottobre�2001.�
(19)�Cos|�GiuseppE 
Dell'Aira,�Il�diritto�al�termine�ragionevole�delprocesso�e�la�tutela�con�le�
procedureinterneprevistedallaleggen.�89/01�Processo�tributario,�processoamministrativo�epro-
cesso�penale,�che�aveva�gia�sottolineato�l'esigenza�di�procedere�a��precisi�distinguo�sull'argomento�
ritenendo�il�rimedio�esperibile�solo�quando�il�processo�abbia�avuto�ad�oggetto�un�indebito,�ovvero�
un'ammenda,�la�quale�ultima�e�equiparabile�alla�sanzione�penale�e�risulterebbe�allora�riconducibile�
allasecondapartedeltesto�dell'art.�6paragrafo�1�della�Convezione�.�

CONTRIBUTI�DI�DOTTRINA�

europea��chiude�la�strada�alle�sentenze�di�alcuni�giudici�nazionali(20)�che�
hanno�ritenuto�ammissibile�la�domanda�di�equa�riparazione�anche�nel�con-
tenzioso�tributario,�che,�e�bene�ricordarlo,�conta�in�Italia�centinaia�di�
migliaia�di�cause��decise�spesso�dopo�molti�anni��con�il�rischio�di�aggra-
vare�la�gia�delicata�situazione�della�Corti�d'Appello�impegnate�sul�fronte�
della�legge�Pinto.�

La�nuova�ipotesi�normativa�fissa�per�le�trattative�un�termine�di�
90�giorni,�ma�tace�sulla�possibilita��espressamente�prevista�invece�nella�
precedente�proposta�di�legge��che�entro�lo�stesso�termine�l'Avvocatura�
comunichi�le�ragioni�per�cui�non�ritiene�di�concludere�l'accordo�oppure�solle-
citi�un�incontro�diretto�con�l'interessato�per�definire�la�controversia.�Il�pro-
getto�inoltre��fugando�i�dubbi�avanzati�in�dottrina�circa�l'assenza�di�criteri�
oggettivi�sui�quali�fondare�l'accordo�transattivo��prevede�che�l'accordo�
transattivo�si�fondi�su�parametri�oggettivi�connessi�alla�durata�e�alla�tipolo-
gia�del�procedimento,�tenuto�conto�altres|�,�della�condotta�processuale�della�
parte�istante�e�dell'esito,�anche�potenziale,�del�giudizio�svoltosi�o�in�corso�di�
svolgimento,�seguendo�gli�indirizzi�stabiliti�con�decreto�del�Presidente�del�
Consiglio�dei�Ministri.�

Il�nuovo�progetto�di�modifica�della�legge�Pinto�accentua,�infine,�il�pro-
filo�sanzionatorio�per�chi�non�collabora�nella�fase�precontenziosa,�preve-
dendo�l'esclusione�della�ripetizione�delle�spese�sostenute�dal�vincitore�o�la�
condanna�delle�spese�sostenute�dal�soccombente,�ove�risulti�che�abbia�immo-
tivatamente�rifiutato�di�aderire�alla�proposta�transattiva.�

5.�In�conclusione�l'allungamento�dei�tempi�delle�procedure�volte�ad�
ottenere�un'equa�riparazione,�la�tendenza�ad�un�costante�aumento�dei�
ricorsi�e�il�conseguente�rischio�di�una�paralisi�dell'intero�sistema�giudiziario�
rendono�indefettibile�un�intervento�legislativo�di�modifica�della�legge�Pinto�
che�preveda�incisivi�strumenti�deflattivi.�Cio�,�ovviamente,�in�attesa�di�un�
intervento�di�ben�piu�ampio�respiro,�che�riformi�il�sistema�processuale�ita-
liano,�semplificandolo�e�rendendolo�veramente��equo�,�soprattutto�alla�luce�
della�riforma�dell'art.�111�cost.,�che�ha�inserito�i�principi 
delgiustoprocesso 
nel�dettato�costituzionale,�consentendo�al�giudice�delle�leggi�di��censurare 
quelledisposizioniprocessualicheprevedendo 
tempimortioformalita�super-
flue 
appaiono 
incompatibili 
con 
l'esigenza 
che 
ilprocesso 
si 
definisca 
in 
termini 
ragionevoli��(21).�
Avv. 
FedericO 
BasilicA 
Dott.ssA 
ChiarA 
SerafinI 


(20)�Cfr.�Corte�d'Appello�di�Perugia,�decreto�del�18��30�ottobre�2001,�in�Il 
Fisco,�
n.�17/2002,�2676,�che�ha�ritenuto�ammissibile,�nel�processo�tributario,�la�domanda�ad�una�equa�
riparazione�sotto�il�profilo�del�mancato�rispetto�del�termine�ragionevole�del�processo�in�quanto�
�nullavietaallegislatorenazionalediprevederepericittadiniunatutelapiu� 
ampiadiquellaassicu-
rata 
dalparagrafo 
6 
della 
Convenzione�.�
(21)�In�tal�senso�si�veda�la�RelazionealParlamentosullo 
stato 
dell'amministrazione 
dellagiu-
stizia 
nel 
2001,�presentata�dal�C.S.M.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

L'esecuzione 
delle 
misure 
cautelari 
del 
giudice 
amministrativo 
(*)�

La�fase�cautelare�del�giudizio�amministrativo,�com'e�noto,�e�stata�sensi-
bilmente�innovata�dalla�legge�n.�205�del�2000�che�all'art.�3�prevede�una�disci-
plina�piu�organica�rispetto�a�quella�recata�dalla�disciplina�previgente�del-
l'art.�21�della�legge�n.�1034/1971.�

La�legge�n.�205�ha�espressamente�previsto�la�possibilita�di�consentire�l'e-
secuzione�delle�ordinanze�cautelari�mediante�l'attribuzione�al�giudice�degli�
stessi�poteri�previsti�nel�giudizio�di�ottemperanza,�cogliendo�le�trasforma-
zioni�piu�significative�del�processo�amministrativo�in�questi�ultimi�anni.�

Le�insufficienze�normative,�prima�dell'emanazione�della�legge�n.�205,�
hanno�lasciato�ampio�spazio�alla�funzione�pretoria�della�giurisprudenza�la�
quale�ha�allargato�notevolmente�l'operativita�della�tutela�cautelare�con�lo�
scopo�di�garantire�la�satisfattivita�della�sentenza�di�merito,�ricoprendo�un�
ruolo�di�supplente�sia�integrativo�sia�creativo�delle�disposizioni�di�legge.�

La�questione�era�stata,�infatti,�da�tempo�risolta�a�livello�giurispruden-
ziale(1),�attraverso�l'elaborazione�del�principio�in�base�al�quale,�qualora�gli�
effetti�caducatori�della�sospensione�non�fossero�stati�sufficienti�a�tutelare�in�
via�cautelare�l'interesse�del�ricorrente,�l'effettivita�della�tutela�interinale�
potesse�essere�realizzata�anche�mediante�strumenti�diversi�ed�ampiamente�
eccedenti�la�pura�e�semplice�paralisi�degli�effetti�dell'atto�impugnato.�

Il�giudice�puo�imporre�all'amministrazione�di�tenere�determinati�com-
portamenti�anche�mediante�la�eventuale�nomina�di�un�commissario�ad 
acta 
che�si�sostituisca�alla�stessa,�proprio�come�nel�giudizio�di�ottemperanza(2).�

(*)�Relazione�tenuta�presso�l'Universita�di�Ferrara�il�23�maggio�2002�in�occasione�del�
convegno�su��Il 
nuovo 
giudizio 
cautelare 
amministrativo 
dopo 
la 
legge 
21 
luglio 
2000, 
n. 
205�. 


Per 
iriferimentialdiritto 
amministrativofrancesesiringrazia 
ilgiudiceBruno 
Bachini,primo 


consigliere 
presso 
il 
Tribunale 
Amministrativo 
di 
Parigi. 


(1)�F. 
Caringella, 
M. 
Protto,�Il 
nuovoprocesso,Giuffre�,�2001,�253.�
(2)�Una�delle�maggiori�innovazioni�apportate�dalla�giurisprudenza�risalente�nel�tempo�
al�giudizio�amministrativo�riguarda�proprio�il�processo�di�ottemperanza.�Per�un�excursus 
sul�punto�v. 
G. 
Sciullo,�Il 
comportamento 
dell'amministrazione 
nell'ottemperanza,in�Dir. 
proc. 
civ.,1997,�64�ss.;�L. 
Verrienti,voce�Giudizio 
di 
ottemperanza,in�Nov. 
Dig. 
Disc. 
pubbl.,�257�ss.�

Cfr.,�inoltre,�I. 
Franco,�Processo 
amministrativo 
ordinario 
e 
ritiparticolari 
(dopo 
la 
legge 


205/2000),in�www.diritto.it/articoli/amministrativo/franco3.html.��Detto�tipo�di�processo�
nasce�dall'esigenza�di�ottenere�l'osservanza�del�giudicato�tanto�delle�corti�civili�che�il�giudice�
amministrativo�decida�pronunciando�anche�in�merito,�fra�l'altro,�sui�ricorsi�diretti�ad�ottenere�
l'adempimento�dell'obbligo�dell'autorita�amministrativa�di�conformarsi,�in�quanto�riguarda�
il�caso�deciso,�al�giudicato�del�Tribunale�che�abbia�riconosciuto�la�lesione�di�un�diritto�civile�
opolitico(comma�1,n.�4).�

A�sua�volta,�l'art.�37�della�legge�istitutiva�dei�T.A.R.�estese�questo�tipo�di�azione�anche�
all'ipotesi�di�esecuzione�del�giudicato�degli�stessi�giudici�amministrativi.�I�commi�3�e�4�rego-
lano,�infatti,�la�competenza�a�decidere�su�tali�controversie��ripartendola�fra�Consiglio�di�
Stato�e�TAR��dando�come�dato�naturale�e�scontato�che�l'esecuzione�del�giudicato�fosse�
applicabile�anche�alle�sentenze�dei�giudici�amministrativi.�


CONTRIBUTI�DI�DOTTRINA�

Viene,�dunque,�data�copertura�legislativa�ai�noti�orientamenti�giurispru-
denziali�risalenti�alla�decisione�dell'adunanza�plenaria�30�aprile�1982,�n.�6�
che�costituisce�uno�dei�primi�capisaldi�in�tema�di�sospendibilita�di�provvedi-
menti�non�oppositivi�(3).�

Verificheremo,�dunque,�qual'e�l'incidenza�del�recepimento�normativo�
nella�legge�n.�205�del�2000�degli�orientamenti�giurisprudenziali�e�dottrinali�
che�nel�corso�del�tempo�sono�stati�elaborati.�

L'art.�3�dell'art.�205�del�2000�prevede�che�il�giudice�abbia�gli�stessi�poteri�
previsti�dall'art.�27,�n.�4,�del�t.u.�n.�1054/1924.�

E�evidente�che�il�rinvio�operato�dall'art.�27,�n.�4,�del�t.u.�n.�1054�del�
1924,�concerne�solo�i�poteri�del�giudice�ma�non�attiene�alle�modalita�per�l'in-
troduzione�del�giudizio.�

La�norma�si�limita�a�prescrivere�una�istanza�motivata�e�notificata�alle�
altre�parti,�per�cui�non�sarebbe�necessario,�come�nel�giudizio�di�ottempe-
ranza,�notificare�un�atto�di�messa�in�mora,�in�quanto�potrebbe�comportare�
ritardi�incompatibili�con�l'urgenza�di�provvedere.�

Una�valutazione�d'insieme�di�questo�peculiare�rito�processuale�pone�
subito�in�evidenza�la�notevole�importanza�che�esso�ha�assunto,�in�special�
modo�nelle�leggi�piu�recenti,�considerato�che�il�meccanismo�tipico�del�mede-
simo�viene�utilizzato�in�vari�altri�tipi�di�processo�come�una�sorta�di�rito�
�passe-partout��per�risolvere�problemi�altrimenti�di�difficile�soluzione:�nel�
giudizio�contro�il�silenzio�(4),�nella�fase�inerente�alla�determinazione�del�
quantum1della�sentenza�di�condanna�al�risarcimento�del�danno,�ai�fini�dell'e-
secuzione�delle�sentenze�non�passate�in�giudicato�e�non�sospese�dal�giudice�
di�appello�(art.�33�della�legge�n.�1034/1971,�come�integrato�dall'art.�10�della�
legge�205)(5).�

Di�grande�rilievo�sotto�il�profilo�degli�strumenti�precipuamente�processuali,�e�,�poi,�la�gia�
segnalata�invenzione�ad�opera�della�giurisprudenza,�del�commissario�ad1acta,�figura�precipua�
e�caratteristica�di�questo�tipo�processuale,�che�si�e�rivelato�strumento�di�grande�efficacia�
(costituisce,�a�tutt'oggi,�uno�dei�punti�di�forza�del�processo�amministrativo,�a�parte�certe�ambi-
guita�sulla�sua�natura��nonche�sull'impugnabilita�dei�suoi�atti��mai�risolte).�

Il�commissario�ad1acta1e�,�in�ogni�caso,�certamente�da�considerare�la�longa1manus1del�
giudice,�il�quale�agisce�per�suo�tramite,�sostituendosi�all'amministrazione.�Trattandosi�di�
giurisdizione�di�merito,�infatti�(art.�27.1,�n.�4)�del�R.D.�n.�1054/24),�e�consentito�e�anzi�indi-
spensabile,�e�in�certo�modo�connaturato�al�giudizio�di�ottemperanza��al�giudice�sostituirsi�
alla�p.a.�.�

(3)�Cfr.�anche�Cons.�Stato,�Ad.�plen.,�30�aprile�1982,�n.�6,�Cons.1Stato11982,�I,�413.�
(4)�Sull'ottemperanza�contro�il�silenzio�della�P.A.�vedi�la�sentenza�del�Cons.�Stato,�V�
Sez.,�16�gennaio�2002,�n.�230,�in�Il1Cons.1di1Stato,�2002,�342,�con�nota�di�M. 
Antonucci,la�
suddetta�sentenza�ha�contribuito�a�valorizzare�la�ratio1acceleratoria�dell'art.�2�della�legge�
n.�205del2000,inquantoharitenutodiricondurreadununicogiudiziolafaserelativaalgiu-
dizio�di�cognizione�per�la�dichiarazione�di�illegittimita�del�silenzio�inadempimento�e�il�giudizio�
di�ottemperanza:�tale�giudizio�ha�un�duplice�oggetto,�di�accertamento�e�di�condanna�insieme.�
(5)�G. 
Virga,�L'esecutivita�delle1sentenze1di1primo1grado1tra1giudizio1di1ottemperanza1e1
tutela1cautelare,in�www.giust.it/corte/cortecos_1998-406html1

3404RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 


Questa 
scelta 
del 
legislatore 
mostra 
di 
aderire, 
a 
prima 
vista, 
alle 
affer-
mazioni 
di 
quella 
dottrina 
che 
ritiene 
che 
il 
potere 
esercitabile 
dal 
giudice 
della 
cautela 
debba 
essere 
di 
natura 
identica 
a 
quella 
del 
potere 
spettante 
al 
giudice 
di 
merito 
e 
quindi 
al 
giudice 
dell'ottemperanza. 


Al 
riguardo 
si 
deve, 
comunque, 
sottolineare 
che 
il 
fondamento 
e 
la 
ratio 
dell'ottemperanza 
cautelare 
si 
configurano 
in 
maniera 
diversa: 
non 
l'esigenza 
di 
adeguare 
l'ordinamento 
ad 
una 
certezza 
legale, 
qual 
e� 
quella 
che 
discende 
dal 
giudicato, 
bens|� 
l'esigenza 
di 
assicurare 
la 
serieta� 
della 
funzione 
giurisdi-
zionale(6). 


L'indipendenza 
e 
l'autonomia 
dell'Amministrazione, 
prima 
ridimensio-
nate 
in 
nome 
del 
principio 
di 
legalita� 
, 
ora 
sono 
ulteriormente 
sacrificate 
in 
nome 
del 
principio 
della 
effettivita� 
della 
tutela 
giurisdizionale. 


L'analogia 
con 
il 
giudizio 
dell'ottemperanza, 
anche 
nella 
nuova 
legge, 
viene 
a 
configurarsi 
solo 
parzialmente, 
in 
quanto 
l'ordinanza 
cautelare 
e� 
legata 
allo 
status 
quo 
ed 
e� 
quindi 
revocabile 
e 
l'esecuzione 
puo� 
legittimamente 
essere 
disposta 
solo 
a 
condizione 
che 
non 
dia 
luogo 
a 
situazioni 
irreversibili, 
ossia 
non 
determini 
una 
cristallizzazione 
tendenzialmente 
immodificabile 
della 
situazione 
controversa, 
consentendo 
di 
pervenire 
alla 
decisione 
finale 
re 
adhuc 
integra. 


Dalla 
suddetta 
disposizione, 
inoltre, 
potrebbe 
desumersi 
che 
il 
legisla-
tore 
abbia 
riconosciuto 
al 
giudice 
amministrativo 
una 
giurisdizione 
anche 
di 
merito, 
nonostante 
il 
carattere 
provvisorio 
ed 
interinale 
della 
ordinanza 
di 
sospensiva, 
condizione 
ostativa, 
a 
prima 
vista, 
della 
cosiddetta 
ottemperanza 
cautelare. 


Naturalmente 
tale 
assunto 
presuppone 
l'accoglimento 
della 
tesi 
che 
per 
merito 
possa 
ritenersi 
non 
solo 
la 
decisione 
finale 
ma 
anche 
la 
stessa 
giurisdi-
zione 
di 
merito, 
ravvisando 
nel 
giudizio 
cautelare 
una 
ipotesi 
di 
giurisdizione 
amministrativa 
estesa 
al 
merito 
(7). 


(6) 
Infatti, 
come 
incisivamente 
rilevato 
dalla 
Corte 
Costituzionale 
proprio 
in 
tema 
di 
poteri 
cautelari 
del 
giudice 
amministrativo, 
deve 
ritenersi 
connotato 
intrinseco 
della 
stessa 
funzione 
giu-
risdizionale, 
nonche� 
dell'imprescindibile 
esigenza 
di 
credibilita� 
collegata 
al 
suo 
esercizio, 
il 
potere 
di 
imporre, 
anche 
coattivamente 
in 
caso 
di 
necessita� 
, 
il 
rispetto 
della 
statuizione 
contenuta 
nella 
pronuncia 
e, 
quindi, 
in 
definitiva, 
il 
rispetto 
della 
legge 
stessa. 
Una 
decisione 
di 
giustizia 
che 
non 
possa 
essere 
portata 
ad 
effettiva 
esecuzione 
(eccettuati 
i 
casi 
di 
impossibilita� 
dell'esecuzione 
in 
forma 
specifica) 
altro 
non 
sarebbe 
che 
un'inutile 
enunciazione 
di 
principi, 
con 
conseguente 
viola-
zione 
degli 
articoli 
24 
e 
113 
della 
Costituzione, 
i 
quali 
garantiscono 
il 
soddisfacimento 
effettivo 
dei 
diritti 
e 
degli 
interessi 
accertati 
in 
giudizio 
nei 
confronti 
di 
qualsiasi 
soggetto; 
in 
questi 
termini 
la 
previsione 
di 
una 
fase 
di 
esecuzione 
coattiva 
delle 
decisioni 
di 
giustizia, 
in 
quanto 
connotato 
intrinseco 
ed 
essenziale 
della 
stessa 
funzione 
giurisdizionale, 
deve 
ritenersi 
costituzionalmente 
necessaria. 
Sentenza 
pubblicata 
in 
Cons. 
Stato, 
1995, 
II, 
1497. 


(7) 
In 
tal 
senso 
RomanO 
A., 
Tutela 
cautelare 
nelprocesso 
amministrativo 
e 
giurisdizione 
di 
merito,in 
Foro 
it, 
1985, 
I, 
2491, 
il 
quale 
lamenta 
come 
�intollerabilmente 
asfittica) 
e 
come 
una 
limitazione 
della 
tutela 
cautelare 
il 
fatto 
di 
non 
considerarla 
come 
sostituzione 
del 
giudice 
ammi-
nistrativo 
all'amministrazione. 

CONTRIBUTI�DI�DOTTRINA�

La�tutela�cautelare,�pertanto,�verrebbe�vista,�soprattutto�alla�luce�del�
recente�intervento�legislativo,�come�un�caso�di�giurisdizione�amministrativa�
estesa�al�merito,�in�cui�al�giudice,�anche�in�questa�fase,�verrebbe�conferita�
una�netta�posizione�di�centralita�anche�nella�fase�di�esecuzione�cautelare.�

D'altronde,�l'attuazione�delle�misure�cautelari�era�ormai�sentita�come�un�
obbligo�dettato�dalle�esigenze�di�unitarieta�del�giudizio�cautelare�nonche�
quale�mezzo�di�garanzia�per�l'effettivita�della�tutela�giurisdizionale(8).�

La�Corte�costituzionale�si�era�al�riguardo�pronunciata�nel�1995�stabi-
lendo�in�maniera�chiara�e�inequivocabile�che��la�previsione�di�una�fase�di�ese-
cuzione�coattiva�delle�decisioni�di�giustizia,�in�quanto�connotato�intrinseco�
ed�essenziale�della�stessa�funzione�giurisdizionale,�deve�ritenersi�costituzio-
nalmente�necessaria(9)�.�

E�questo�in�virtu�del�principio�che�tutti�i�soggetti�di�diritto,�ivi�compresi�
gli�organi�di�rilevanza�costituzionale,�sono�egualmente�tenuti�al�rispetto�della�
legge.�

Questa�pronuncia�aveva�a�suo�tempo�acceso�il�dibattito�sul�contenuto�e�
la�natura�dei�poteri�cautelari�del�giudice�amministrativo,�considerato�che�l'u-
nico�provvedimento�cautelare�consentito�al�giudice�amministrativo�e�proprio�
solo�ed�esclusivamente�la�sospensione�del�provvedimento�impugnato�e�che�
sue�caratteristiche�essenziali�sono�la�provvisorieta�e�la�strumentalita�(10).�

Come�e�possibile�garantire�l'esecutivita�della�tutela�cautelare�e�nel�con-
tempo�rispettare�l'interinalita�del�processo�cautelare?�

Naturalmente�acquista�rilevanza�l'affermazione�dell'autonomia�del�pro-
cesso�cautelare�e�della�sua�valorizzazione,�che�rafforza�la�tesi�della�necessita�
di�una�esecuzione�della�ordinanza(11),�proprio�per�obbedire�all'esigenza�di�
assicurare�l'effettivita�della�tutela�del�giudice�cautelare.�

(8)�F. 
Caringella, 
M. 
Protto,�Il�nuovoprocesso�amministrativo,�Giuffre�,�2001,�255.�
(9)�Il�testo�del�ricorso�e�pubblicato�in�Gazzetta�Uff.�5�luglio�1995,�la�Serie�speciale,�n.�28,�63.�
La�stenza�della�Corte�e�pubblicata�in�Cons.�St.,�1995,�II,�1947.�
(10)�Per�una�disamina�dei�presupposti�v. 
E. 
Barbieri,�Sulla�strumentalita�delprocesso�caute-
lare�amministrativo,in�Foro�amm.,�1987,�3175�e�dello�stesso�autore�Sull'esecuzione�delle�misure�di�
tutela�cautelare�nelprocesso�amministrativo,in�Dir.proc.�amm.,�1996,�747,�750.�
(11)�V. 
Salamone,�La�tutela�cautelare�nelprocesso�del�T.A.R.�Catania,in�www.diritto.it/arti-
coli/amministrativo/salamone_sospens.html,10;�G. 
DI 
Gesu,�Tutela�cautelare�e�risarcitoria�nell'affi-
damento�delle�Opere�Pubbliche,in�www.diritto.it/articoli/amministrativo/digesu.html,1�ss.,�12,�lad-
dove�si�auspica�una�verifica�dell'eventuale�danno�che�anche�una�breve�sospensione�possa�arrecare�
all'interesse�pubblico�alla�prosecuzione�della�procedura,�nonche�una�maggiore�attenzione�per�le�
esigenze�di�difesa�riguardo�ai�tempi�tecnici�necessarie�delle�amministrazioni�dello�Stato�da�parte�
dell'Avvocatura�dello�Stato�che,�in�quanto�ufficio�pubblico�e�regolato�da�specifici�iter.V.�Anche�
A. 
Monaciliuni,�I�limiti�della�tutela�cautelare�nel�processo�amministrativo,in�www.giust.it/arti-
coli/monacil_sospensive.htm,�2;�la�stessa�Corte�costituzionale,�nel�dichiarare�la�manifesta�infonda-
tezza�della�questione�di�legittimita�costituzionale�dell'art.�21�L.�1034�del�1971�cos|�come�novellato�
dalla�L.�205�del�2000,�sollevata�in�riferimento�agli�artt.�24�e�113�della�Costituzione,�nonche�dell'art.�
700�c.p.c.�sollevata�in�riferimento�agli�articoli�3,�24�e�113�della�Cost.,�dichiara�che�deve�escludersi�
che�la�P.A.�si�trovi�in�una�posizione�privilegiata�in�ordine�al�sistema�delle�misure�cautelari�del�pro-
cesso�amministrativo,�ordinanza�n.�179�del�2002,in�www.cortecostituzionale.it.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Tuttavia,�non�puo�sottacersi�che�tale�autonomia�non�puo�essere�avulsa�
dal�contesto�unitario�del�processo,�in�quanto�l'importanza�centrale�che�
viene�conferita�al�processo�cautelare�non�deve�essere�il�risultato�di�una�
visione�parziale�(12).�

Gia�nel�1982�il�Consiglio�di�Stato�si�era�pronunciato�nel�senso�che�
l'esecuzione�delle�misure�cautelari�non�consentiva�il�formale�ricorso�al�
giudizio�dell'ottemperanza�(13):�qualora�si�fosse�presentata�necessaria�la�
successiva�fase�esecutiva,�il�giudice�della�sospensione�poteva�adottare�
tutti�i�provvedimenti�necessari�fino�a�nominare�un�commissario�ad�acta,�
affinche�alla�sospensione�venisse�data�concreta�attuazione,�ma�non�per�
questo�poteva�ritenersi�che�il�giudice�esercitasse�una�giurisdizione�di�
merito�(14).�

La�stessa�Adunanza�plenaria�nella�suddetta�sentenza�ammette�l'esecu-
zione�di�ordinanze�di�sospensione�rimaste�di�fatto�ineseguite,�ma�non�prevede�
la�possibilita�di�ordinare�l'adozione�di�un�provvedimento.�

Le�conseguenze�che�ne�sono�state�tratte�erano�tali�che�alla�luce�di�tali�
asserzioni�la�tutela�dell'interesse�legittimo�oppositivo�era�garantita�appieno,�
mentre�per�quanto�riguarda�l'interesse�legittimo�pretensivo�non�poteva�dirsi�
lo�stesso,�proprio�in�considerazione�del�fatto�che�la�giurisdizione�di�merito�
viene�consentita�solo�in�sede�di�giudizio�di�ottemperanza(15).�

Proprio�in�merito�alla�tutela�degli�interessi�pretensivi�si�erano�formati�
due�indirizzi.�

Secondo�il�primo,�al�quale�aderisce�il�T.A.R.�Sicilia,�sez.�di�Catania(16),�
il�giudice�amministrativo�nella�fase�cautelare�del�processo�di�legittimita�

(12)�Sul�punto�E. 
Barberi,�Sulla�strumentalita�delprocesso�cautelare�amministrativo,�in�Foro�
amm.,�1987,�3173.�
(13)�Cons.�St.,�Ad�plen.,�30�aprile�1982,�in�Cons.�St., 
1981, 
I, 
413. 
(14)�Cos|�almeno�una�parte�della�dottrina.�Cfr.�al�riguardo;�V. 
Caianello,�Manuale�di�dir.�
Proc.�Amm.co,Utet;�A. 
Travi,�voce�Sospensione�delprovvedimento�impugnato,in�Nov.�Dog.�Disc.�
pubbl.,363�ss.;�I.F. 
Caramazza-F. 
Basilica, 
Appunti�sulla�tutela�cautelare�nelprocesso�ammini-
strativo,inRass.�Avv.�Stato,�1992,�II,�1�ss.;�F. 
Caringella,�Corso�di�diritto�amministrativo,II,�
Giuffre�Editore,�2001;�R. 
Villalta,�La�corte�costituzionale�frena�bruscamente�la�tendenza�ad�
ampliare�la�tutelare�cautelare�nei�confronti�deiprovvedimenti�negativi,in�Dir.�Proc.�Amministrativo,�
1991,�794�ss.;�M. 
Renna,�Spunti�di�riflessioneper�una�teoria�delleposizionisoggettive��strumentali��
e�tutela�cautelare�degli�interessi��procedimentali��pretensivi,in�Dir.�Proc.�Amm.vo,1995,�811�ss.�
Cfr.�inoltre�la�sentenza�della�Corte�costituzionale�8�settembre�1995�n.�419,�in�Cons.�St.,1995,�II,�
1947,�in�cui�si�dichiara�che�spetta�al�T.A.R.�Lazio,�in�sede�di�esecuzione�di�provvedimenti�caute-
lari,�il�potere�di�emettere�ordini�nei�confronti�del�Consiglio�Superiore�della�Magistratura,�
mediante�gli�atti�impugnati,�e�di�disporne,�in�caso�di�inottemperanza,�la�sostituzione�attraverso�
la�nomina�di�un�commissario�ad�acta.�
(15)�E. 
Barbieri,�Sull'esecuzione�delle�misure�di�tutela�cautelare�nel�processo�amministrativo,�
in�Dir.proc.�amm.,�1996,�747,�752.�
(16)�v.�ordinanza�18�maggio�1994,�n.�358�e�15�marzo�1995,�n.�178,�in�Giust.�amm.�sic.,�1996,�
372.�

CONTRIBUTI 
DI 
DOTTRINA 
3434

avrebbe 
gli 
stessi 
poteri 
che 
ha 
in 
sede 
di 
giurisdizione 
di 
merito 
e 
conseguen-
temente 
potrebbe 
ordinare 
all'amministrazione 
l'adozione 
di 
tutti 
i 
provvedi-
menti 
e 
di 
tutti 
i 
comportamenti 
ritenuti 
necessari 
per 
soddisfare 
l'interesse 
del 
ricorrente. 


Secondo 
un 
altro 
indirizzo, 
al 
quale 
aderisce 
anche 
il 
Consiglio 
di 
giusti-
zia 
amministrativa 
per 
la 
Regione 
siciliana(17), 
il 
giudice 
amministrativo 
nella 
suddetta 
fase 
cautelare 
non 
avrebbe 
gli 
stessi 
poteri 
che 
ha 
in 
sede 
di 
giurisdizione 
di 
merito. 


Puo� 
esclusivamente 
ordinare 
all'amministrazione 
un 
facere 
solo 
a 
condi-
zione 
che 
esso 
costituisca 
una 
conseguenza 
immediata 
e 
diretta 
della 
sospen-
sione 
(esempio 
tipico: 
l'ammissione 
con 
riserva 
deve 
essere 
compatibile 
con 
la 
natura 
interinale 
della 
misura 
cautelare); 
non 
deve 
consentire 
al 
ricorrente 
di 
conseguire 
un'utilita� 
maggiore 
di 
quella 
che 
potrebbe 
ricavare 
dalla 
sen-
tenza 
definitiva, 
al 
fine 
di 
non 
rendere 
inutile 
quest'ultima, 
la 
quale 
si 
pone 
come 
l'unica 
istanza 
in 
cui 
si 
possa 
accertare 
la 
legittimita� 
del 
provvedimento 
impugnato 
e 
quindi 
il 
conseguimento 
della 
giustizia 
nell'amministrazione. 


L'indicata 
divergenza 
giurisprudenziale 
ha 
dato 
luogo 
a 
ripetuti 
e 
siste-
matici 
annullamenti 
in 
appello 
di 
ordinanze 
propulsive 
che, 
ad 
avviso 
del 
Consiglio 
di 
giustizia, 
non 
rispettavano 
i 
suddetti 
limiti. 


Il 
T.A.R. 
Sicilia 
sezione 
di 
Catania 
ha 
sottoposto 
la 
questione 
alla 
Corte 
Costituzionale 
con 
ordinanza 
1O 
novembre 
1995, 
n. 
722(18), 
avvalendosi 
delle 
seguenti 
affermazioni: 
il 
potere 
esercitabile 
dal 
giudice 
amministrativo 
in 
sede 
cautelare 
e� 
di 
natura 
identica 
a 
quella 
del 
potere 
spettantegli 
in 
sede 
di 
merito 
e, 
conseguentemente, 
deve 
ritenersi 
che 
il 
giudice 
della 
cautela 
possa 
spingersi 
fin 
dove 
puo� 
quello 
dell'ottemperanza. 


In 
realta� 
e� 
opportuno 
liberare 
il 
campo 
da 
eventuali 
equivoci 
derivanti 
dal 
fatto 
che 
il 
termine 
merito 
ha, 
come 
e� 
noto, 
due 
diversi 
significati 
a 
seconda 
che 
si 
parli 
di 
processo 
di 
merito 
o 
di 
giurisdizione 
di 
merito. 


La 
locuzione 
processo 
di 
merito 
e� 
contrapposta 
a 
processo 
cautelare, 
e 
sta 
ad 
indicare 
la 
fase 
in 
cui 
si 
decide 
in 
via 
definitiva 
il 
ricorso, 
fermo 
restando 
che 
una 
questione 
rientrante 
nella 
giurisdizione 
di 
legittimita� 
resta 
in 
tale 
ambito. 


La 
locuzione 
giurisdizione 
di 
merito 
e� 
invece 
contrapposta 
a 
giurisdi-
zione 
di 
legittimita� 
, 
e 
sta 
ad 
indicare 
che 
il 
giudice 
puo� 
avvalersi 
anche 
di 
poteri 
sostitutivi. 


Anche 
la 
sentenza 
della 
Corte 
Costituzionale 
n. 
8 
del 
1o 
febbraio 
1982(19) 
fa 
dichiaratamente 
riferimento 
al 
processo 
di 
merito 
e 
non 
alla 
giu-
risdizione 
di 
merito; 
il 
processo 
di 
merito 
e� 
inteso 
come 
lo 
strumento 
che 
con-

(17) 
Ordinanze 
18 
maggio 
1994, 
n. 
358 
e 
15 
marzo 
1995, 
n. 
178, 
in 
Giurist. 
amm. 
sic., 
1996, 
372. 
(18) 
Ordinanza 
1O 
novembre 
1995, 
n. 
722, 
in 
Gazz. 
Uff. 
Serie 
spec., 
n. 
34 
del 
21 
agosto 
1996. 
(19) 
Corte 
cost., 
1o 
febbraio 
1982, 
n. 
8 
in 
www.cortecostituzionale.it 
La 
suddetta 
sentenza 
ha 
statuito 
che 
l'art. 
125 
Cost. 
sancisce 
il 
doppio 
grado 
per 
la 
giurisdizione 
dei 
Tribunali 
amministra-
tivi 
regionali 
non 
solo 
per 
il 
processo 
di 
merito, 
ma 
anche 
per 
quello 
cautelare. 

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

sente�di�anticipare,�sia�pure�a�titolo�provvisorio,�l'effetto�tipico�del�provvedi-
mentofinale�delgiudice,che�e��quello�di�annullamento,�sempre�nell'ottica�della�
giurisdizione�di�legittimita��.�

D'altronde,�la�stessa�Corte,�con�successiva�sentenza�22�aprile�1991�

n.�175�(20),�ha�precisato�che��le�sospensioni�ammesse�dalla�giurispru-
denza�amministrativa,�in�presenza�di�dinieghi�o�di�omissioni�della�pub-
blica�amministrazione...�in�nessun�caso,...�mirano�a�fare�ottenere�quel�sod-
disfacimento�dell'interesse�sostanziale�che�solo�dall'azione�amministrativa�
puo��essere�realizzato�.�
Queste�erano�le�problematiche�che�si�agitavano�prima�della�riforma�
della�legge�205�(21).�

L'intervento�normativo�nel�suo�complesso,�nel�suo�intento�di�rifor-
mare�anche�la�materia�dei�riti�accelerati,�non�e��tuttavia�esente�da�alcune�
contraddittorieta��,�scaturenti�dal�fatto�che�mentre�al�giudice�adito�per�le�
opportune�misure�attuative�si�assegnano�i�medesimi�poteri�del�giudizio�
di�ottemperanza,�il�quadro�normativo�della�legge�ha�accentuato�i�carat-
teri�di�strumentalita��e�provvisorieta��,�attribuendo�in�certo�qual�modo�un�
significato�recessivo�al�provvedimento�cautelare�rispetto�al�giudizio�di�
merito�(22).�

(20)�Corte�cost.,�22�aprile�1991,�n.�175�in�Cons.�Stato,�1991,�II,�1497.�
(21)�Per�avere�una�idea�dell'acceso�dibattito�che�si�e��acceso�in�passato�cfr.�S. 
Giacchetti,�
L'esecuzionedellestatuizionigiudizialineiconfrontidellaP.A.elaforestadiScherwood,�inwww.giu-
st.it/articoli/giacchetti_esecuzione.htm,�9,�il�quale�sancisce�che�potrebbe�ritenersi�periocolosa�la�tesi�
di�conferire�al�giudice�della�cautela�poteri�di�merito,�perche��in�contrasto�con�un�ordinamento�fon-
dato�sui�principi�della�separazione�dei�poteri,�della�responsabilita��e�del�consenso,�propri�di�una�
democrazia�avanzata,�ad�una�pubblica�amministrazione�che�potra��anche�lavorare�male�che�
comunque�risponde�di�cio��che�fa�sul�piano�gerarchico,�politico-elettorale�e�giudiziale�si�avrebbe�a�
sostituire�d'autorita��un�giudice�che�potra��anche�essere�illuminato�ma�che�non�risponde�a�nessuno�
e�che,�pur�se�esperto�giurista�e�in�perfetta�buona�fede,�non�puo��avere�quella�conoscenza�puntuale�
e�concreta�della�situazione�controversa�che�ha�invece�chi�da�sempre�ci�vive�dentro.�

Il�danno�per�il�buon�andamento�della�pubblica�amministrazione�e�per�il�sistema�democratico�
potrebbe�essere�enorme.�Forse�e��il�caso�di�ricordare�che�nell'odierno�acceso�dibattito�sulla�revi-
sione�costituzionale�dei�poteri�del�giudice�il�termine�garantismo�ricorre�spesso:�ma�ricorre�in�oppo-
sizione�a�giurisdizionalismo,�come�esigenza�di�garanzia�contro�lo�strapotere�del�giudice:�e��cioe��
espressione�di�un'esigenza�sempre�piu��acutamente�avvertita�dalla�coscienza�sociale,�che�potrebbe�
rendere�un�boomerang�l'esigenza�diametralmente�opposta�teorizzata�dal�T.A.R.�Pericolosa�perche�,�
in�contrasto�con�un�ordinamento�fondato�sul�principio�di�legalita��,�si�traduce�nella�creazione�di�
una�nuova�norma�di�costituzione�materiale�attributiva�di�poteri�speciali�e�innominati�al�giudice�
amministrativo�in�sede�cautelare,�e�cioe��con�la�creazione�di�una�norma�rivoluzionaria.�

Ma�a�quest'ultimo�riguardo�si�puo��osservare�che�non�e��detto�affatto�che�la�parte�debole�sia�
necessariamente�il�ricorrente.�Questo�poteva�accadere�in�un�sistema�fondato�sugli�interessi�opposi-
tivi;�ma�in�un�sistema�sempre�piu��fondato�sugli�interessi�pretensivi�e�sul�principio�dell'assalto�alla�
diligenza,�per�cui�tutti�vogliono�dai�pubblici�poteri�piu��di�quanto�i�pubblici�poteri�possano�ragio-
nevolmente�dare,�non�e��infrequente�che�sia�proprio�l'amministrazione�la�parte�debole.�

Cfr.�dello�stesso�autore�Il�giudizio�di�ottemperanza�nella�giurisprudenza�del�Consiglio�di�giusti-
zia�amministrativa,in�www.giust.it/articoli/giacchetti_ottemperanza.htm#8�

(22)�CintoliO 
F.,�L'esecuzione�cautelare�tra�effettivita�della�tutela�e�giudicato�amministrativo,�
in�Dir.�Proc.�Amm.vo,�I,�2002,�65.�

CONTRIBUTI�DI�DOTTRINA�3454

Basti�considerare�l'accentuazione�della�connessione�tra�decisione�caute-
lare�e�di�merito,�la�priorita�che�la�concessione�della�tutela�cautelare�comporta�
nella�fissazione�della�data�di�trattazione�del�ricorso�nel�merito,�nonche��la�
introduzione,�come�nel�sistema�francese,�del�pagamento�di�una�sanzione�
qualora�dall'esecuzione�del�provvedimento�possano�derivare�effetti�
irreversibili�(23).�

La�ratio�sottesa�al�recepimento�normativo�del�diritto�giurisprudenziale�
vivente�e�quella�di�garantire�il�principio�di�effettivita�della�tutela,�considerata�
momento�qualificante�della�tutela�cautelare�laddove�il�momento�della�cogni-
zione�e�dell'esecuzione�sembrano�strettamente�collegati.�

Si�tratta�ora�di�verificare�quale�significato�si�deve�conferire�al�contenuto�
precettivo�della�norma,�tenuto�conto�che�si�applicherebbero�i�principi�che�la�
giurisprudenza�ha�elaborato�in�materia�di�ottemperanza.�

Questo�anche�alla�luce�della�giurisprudenza�comunitaria(24),�nonche��
dell'art.�113�della�Costituzione.�

Al�giudice�amministrativo�compete�il�potere�di�ingerirsi�due�volte�nell'at-
tivita�dell'amministrazione:�prima�imponendo�una�linea�di�condotta�poi�effet-
tuando�il�controllo�su�di�essa,�attraverso�la�sostituzione�coattiva.�

La�trasformazione�del�processo�amministrativo�in�processo�di�accerta-
mento�e�condanna�si�completa�con�l'introduzione�di�strumenti�esecutivi�che�
realizzano,�fin�dalla�fase�cautelare,�la�sostituzione�del�giudice�all'amministra-
zione,�annullando�l'idea�della�radicale�separazione�tra�le�due�funzioni.�

Si�assiste,�dunque,�al�progressivo�abbandono�del�modello�tradizionale�e�
all'accoglimento�del�modello�dell'integrazione,�come�gia�da�tanti�anni�era�
stato�prospettato�(25).�

(23)�Cfr.�al�riguardo�J. 
Berthoud, 
E. 
Coent-Bochard, 
V. 
Haim, 
O. 
Yeznikian,�L'exe�cu-
tion�des�de�cisions�dejustice,in�AJDA,864�ss.�Piu�in�generale�J. 
Woehrling,�La�re�forme�du�conten-
tieuxadministratifvue�des�tribunauxadministratifdepremiere�instance,in�Dir.�Proc.�Amm.,1995,�
842�e�sulla�Legge�n.�2000/597�del�30�giugno�2000�relativa�ai�re�fe�re�davanti�alle�giurisdizioni�ammi-
nistrative,�C. 
Silvestri,�Il�sistema�dei�re�fe�re�s,in�Foro�it.,�1998,�V,�c.�9�ss.;�G. 
Paleologo,�Modo�
di�lavoro�dei�consigli�di�stato�italiano�efrancese�in�sede�giurisdizionale,in�Estratto�dalvolume��Icon-
siglidistato�diFranciaed'Italia,�acuradiGiovanniPaleologo�,Giuffre�,�1998,�15.�Per�una�panora-
mica�sul�processo�amministrativo�tedesco�v.�W. 
Heilek,�Cenni�sulla�giustizia�amministrativa�in�
Baviera/Germania,in�www.diritto.it/articoli/amministrativo/heilek.htm,�1�ss.�
(24)�Corte�di�Giustizia�CE,�19�giugno�1990,�n.�213,�caso�Factortame,in�Foro�it.,�1990,�VI,�c.�
498.�Cfr.�al�riguardo�G. 
Barbagallo,�Influenze�dell'ordinamento�comunitario�sulla�tutela�giurisdi-
zionale,in�Sovranazionalita�europea:�posizioni�soggettive�e�normazione,�Quaderni�del�Consiglio�di�
Stato,�Torino,�2000,�32�nonche��E. 
Casetta,�Le�trasformazioni�del�processo�amministrativo,in�
www.giust.it/articoli/casetta_trasformazioni.htm�p.�2,�in�cui�si�fa�riferimento�alle�decisioni�del�caso�
Zuckerfabrik,�21�febbraio�1991,�C-143/88�e�C-92/89�e�del�caso�Atlanta,�9�novembre�1995,�C-465/�
93,�dove�si�enuncia�il�principio�in�base�al�quale�la�tutela�non�puo�limitarsi�alla�sospensione�dell'ef-
ficacia�dell'atto�impugnato,�potendosi�estendere�alla�concessione�di�misure�positive.�
(25)�M.�Nigro,�Il�giudicato�amministrativo�e�il�processo�di�ottemperanza,in�Il�giudizio�di�
ottemperanza,�Atti�del�XXVII�convegno�di�studi�di�scienza�dell'amministrazione,�17-19�settembre,�
Milano,�1983,�83;�A. 
Scola, 
A. 
Trentin,�Il�nuovo�processo�amministrativo,�Maggioli,�2�ed.�2002,�
66.�

3464RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

I�problemi�potrebbero�continuare�a�sussistere�in�ordine�ai�limiti�di�
ammissibilita�delle�ordinanze�cosiddette�propulsive,�che�per�quanto�adottate�
in�sede�di�giurisdizione�generale�di�legittimita�costituiscono�esercizio�di�stru-
mentalita�cautelare�e�non�si�limitano�a�sospendere�l'efficacia�dell'atto�impu-
gnato�ma�ordinano�anche�all'amministrazione�l'adozione�di�provvedimenti�o�
comportamenti�ulteriori�a�diretta�tutela�dell'interesse�sostanziale�del�
ricorrente.�

In�base�all'orientamento�maggioritario�mancava�qualsiasi�elemento�per�
poter�sostenere�che�nel�diritto�vivente�fosse�posto�il�principio�che�il�giudice�
cautelare�avesse�gli�stessi�poteri�del�giudice�dell'ottemperanza(26).�

La�stessa�Adunanza�plenaria,�con�la�sentenza�n.�6/1982,�ammette�
l'esecuzione�di�ordinanze�di�sospensione�rimaste�di�fatto�ineseguite,�
ma�non�prevede�affatto�la�possibilita�di�ordinare�l'adozione�di�un�provve-
dimento.�

Poco�prima�dell'entrata�in�vigore�della�legge�205/2000�il�Consiglio�di�
Stato�si�era�pronunciato,�confermando�un�precedente�orientamento�(27)�
con�ordinanza�30�maggio�2000�n.�2586,�nel�senso�che,�in�caso�di�annulla-
mento�di�diniego�questo�potesse�essere�fatto�solo�con�sentenza�e�non�
ordinato�all'amministrazione,�dimostrando�una�certa�propensione�per�la�
sospensiva�tout�court,�coincidente�con�il�soddisfacimento�della�pretesa�
del�ricorrente�(28).�

Oggi�e�un�dato�assolutamente�acquisito�che�la�tutela�cautelare�non�vada�
circoscritta�alla�sospensione�dei�provvedimenti�positivi,�ma�anche�a�quelli�
negativi,�alla�luce�del�principio�di�effettivita�della�tutela�giurisdizionale,�al�
fine�di�evitare�che�ad�un�intero�settore�di�interessi�legittimi�come�quello�degli�
interessi�pretensivi,�venga�apprestata�una�tutela�parziale�e�inadeguata(29).�

E�,�dunque,�evidente�come�la�legge�n.�205�segni�la�emersione�sul�piano�
processuale�degli�interessi�legittimi�pretensivi�e�che�si�stia�delineando�una�
Amministrazione�che�esercita�i�suoi�poteri�che�non�solo�incidono�negativa-
mente,�ma�che�emanano�provvedimenti�ampliativi�della�sfera�giuridica�del�
destinatario(30).�

La�vicenda�delle�ordinanze�propulsive�culmina�nella�recente�ordinanza�
del�Consiglio�di�Stato,�la�n.�253�del�9�gennaio�2001,�che�riconosce�senza�

(26)�Cfr.�sul�punto�S. 
Giacchetti,�L'esecuzionedellestatuizionigiudiziali..,�cit.�
(27)�Cons.�Stato,�V,�21�giugno�1996,�n.�1210,�in�Sospensive,6530.�
(28)�G. 
saporito,�Sospensive�di�provvedimenti�negativi:�cosa�si�puo�imporre�all'amministra-
zione?,in�www.giust.it/cds1*cds5_2000-2586.htm,2.�
(29)�Sul�dibattito�relativo�alla�questione�prima�della�L.�205�del�2000�cfr.�A. 
Travi,�La�tutela�
cautelare�nei�confronti�dei�dinieghi�diprovvedimenti�e�delle�omissioni�della�P.A.,in�Diritto�cautelare�
nei�confronti�dei�dinieghi�diprovvedimentie�delle�omissioni�della�P.A.,in�Dirittoprocessuale�ammini-
strativo,�I,�1990,331;�A. 
DI 
Cuia,�La�sospensione�dell'esecuzione�delprovvedimento�impugnato�nel�
processo�amministrativo,in�www/us.untn.ot/cardozo/Obiter_dictum/dicuia.html,28.�
(30)�Si�tratta�della�distinzione�classica�tra�Eingriffsverwaltung�e�Leistungsverwaltung.�Cfr.�al�
riguardo�M. 
Clarich,�Introduzionealcommentoallalegge21luglio2000n.�202diriformadelpro-
cesso�amministrativo,in�www.diritto.it/articoli/amministrativo/clarich.htmls,�5.�

CONTRIBUTIEDIEDOTTRINAE3474

mezziEterminiEunaEequiparazioneEtraEgiudicatoEcautelareE(oEgiudicatoEaEfor-
mazioneEprogressivaEperEusareEunaEterminologiaErisalenteEaENigro)(31)EeEgiu-
dicatoEveroEeEproprio,EconEconseguenteEattrazioneEnell'ambitoEdelleEmisureE
attuativeEdell'interoEregimeEdell'ottemperanza,EcheEvieneEdefinitaEottempe-
ranzaEcautelare(32).E

NonEsiEpuo�nascondere,Etuttavia,EunaEcertaEperplessita�cheEderivaEpro-
prioEdallaEvalorizzazioneEinterpretativaEdell'art.E3EdellaEleggeE205/2000.

E�EevidenteEcomeElaEcautelaEneiEconfrontiEdeiEprovvedimentiEnegativiE
implichiEun'attivita�sostitutivaEdelEgiudiceEamministrativo,EinEquantoEe�voltaE
adEanticipareEgliEeffettiEfavorevoliEperEilEricorrente.E

Nell'ipotesi,EadEesempio,Edell'ammissioneEconEriservaEadEunaEprovaEoraleE
diEunEconcorso,EilErigettoEdellaEdomandaEfinaleEdovrebbeEcomportareElaEcadu-
cazioneEdellaEmisuraEcautelare;Ecos|�comeEpuo�portareEallaEmedesimaEconclu-
sioneElaEconnotazioneEpretensivaEdell'interesseElegittimoEconferitaEaEchiE
richiedeEun'autorizzazioneEambientaleEoElaEtensioneEversoEunEbeneEdellaEvitaE
inEgenere(33).E

Ora,Etuttavia,EnelEnuovoEprocessoEamministrativoEallaEaccentuazioneEdel-
l'importanzaEdell'esecuzioneEdellaEfaseEcautelareEsiEaccompagnaEunEfenomenoE
recessivoEdellaEstessa.E

InnanziEtutto,ElaEfaseEesecutiva,ElungiEdall'essereEautonomaErispettoEaE
quellaEcautelare,Ee�strettamenteEcorrelataEaEquellaEcautelare,EanziEsiEponeE
comeEunaEmanifestazioneEdelEmedesimoEgiudizio.EInEsecondoEluogoElaEl.E205E
faEesplicitoEricorsoEaEformeEalternativeEdiEstrumentiEdiEprotezioneEdellaEsitua-
zioneEgiuridicaEsoggettivaEdelEricorrente,EcomeElaErisarcibilita�deiEdanniEeElaE
conseguenteEpossibilita�diEcomminareElaEcauzioneEall'AmministrazioneElaE
qualeEassicurerebbeEcos|�l'eventualeEobbligazioneErisarcitoriaEconEunEimpegnoE
diEcarattereEfinanziario.EInfine,EnuovaEconfigurazioneElegislativaEdelEgiudizioE
abbreviatoEex�art.E23-bis,EilEqualeEprevedeEinEdeterminateEmaterieEunoEspazioE
applicativoEmoltoEridottoEdellaEsospensiva,EpotendoEilEgiudiceEchiamatoEaEpro-
nunciarsiEsullaEdomandaEcautelare,EfissareElaEdataEdiEfissazioneEnelEmeritoE
qualoraEaccertiElaEcompletezzaEdelEcontraddittorioEeElaEsussistenzaEdelEfumus�
boni�iuris�eEdelEpericulum�inEmora(34).E

TuttoEcio�potrebbeErealizzareEunEveroEeEproprioEridimensionamentoEdellaE
portataEapplicativaEsiaEdellaEmisuraEcautelare,EsiaEdelleEmisureEesecutiveE
stesse.E

(31)EM.ENigro, 
Giustizia�amministrativa,EBologna,E1979,E228.E
(32)ECons.EStato,Eord.E9EgennaioE2001,En.E253,EinECons.�Stato,E2001,EI,E120.ECriticoEe�F. 
Cin-
tioli,EL'esecuzione�cautelare�tra�effettivita�della�tutela�e�giudicato�amministrativo,inEDir.�Proc.�
Amm.vo,EI,E2002,E87EeEdelloEstessoEautore,EOsservazioni�sul�nuovoprocesso�cautelare�amministrativo,E
inEUrb.�app.,2001,E237Ess.E
(33)ECfr.EalEriguardoEG. 
Sorrentino,EIl�Giudice�amministrativo,�per�la�tutela�cautelare,�riuni-
fica�ilpoteredistribuito�trapiu�organicompetenti�in�materia�ambientale,inEDirittoprocessuale�ammi-
nistrativo,I,E1995,E155.E
(34)ESulEpuntoEN. 
Saitta,ERiti�abbreviati�e�tutela�cautelare:�un�passo�indietro?,inEwww.giu-
st.it/articoli/saittan-tutela�cautelare.htm,7.E

3484RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Il�sistema�francese�potrebbe�dare�uno�spunto�in�tal�senso,�considerato�
che�in�tale�ordinamento�la�problematica�relativa�all'esecuzione�delle�mesures�
d'urgence�e�appena�accennata�nel�dibattito�dottrinale(35),�sia�perche�il�
ricorso�alla�cauzione�ha�fino�ad�ora�dato�buoni�risultati,�sia�perche�l'utilizzo�
della�suspension�d'exe�cution�rimane�alquanto�circoscritto.�

Vero�e�che�l'introduzione�della�legge�n.�2000-597�del�30�giugno�2000�
relativa�ai�re�fe�re�davanti�alle�giurisdizioni�amministrative�potrebbe�cambiare�
la�situazione,�in�quanto�ha�potenziato�la�tutela�cautelare�che,�di�fatto,�era�
rimasta�poco�attuata.�

E�curioso�vedere�come,�mentre�la�legge�205�tenta�di�porre�un�argine�al�
successo�della�tutela�cautelare,�di�cui�l'attuale�processo�amministrativo�e�in�
parte�vittima,�nell'ordinamento�francese�assistiamo�ad�un�fenomeno�quasi�
contrario.�

Considerato�che�il�dato�normativo�non�affronta�il�problema�che�scaturi-
sce�da�una�equiparazione�tra�ordinanza�propulsiva�e�sentenza,�puo�darsi�che�
lo�strumento�migliore�per�evitare�possibili�storture�sia�proprio�l'uso�della�
cauzione.�

L'art.�3�della�legge�205�del�2000�ha�infatti�introdotto�nel�processo�ammi-
nistrativo�la�possibilita�di�subordinare�la�concessione�o�il�diniego�della�
misura�cautelare�richiesta�dal�ricorrente�alla�prestazione�di�una�cauzione,�
anche�mediante�fideiussione,�e�cio�sulla�base�della�possibilita�che�il�T.A.R.�
ha�ora�di�conoscere�le�pretese�di�risarcimento�danni�derivanti�dal�comporta-
mento�illegittimo�della�P.A.(36)�

E�possibile,�comunque,�asserire�con�sicurezza�che�nel�nostro�ordina-
mento�e�ora�possibile�rinvenire�un�disfavore�legislativo�nei�confronti�della�
consolidazione�dell'assetto�di�interessi�sulla�base�dell'ordinanza�cautelare,�in�
quanto�la�spinta�innovativa�e�ormai�tutta�proiettata�verso�l'accelerazione�del�
processo�di�merito�e�in�ogni�caso�verso�l'esecuzione�coattiva�della�pronunzia�
della�sentenza�di�primo�grado,�che�e�comunque�emanata�sulla�base�di�una�
cognizione�piena(37).�

L'arretramento�dei�poteri�dell'ottemperanza�proprio�all'emanazione�
della�sentenza�esecutiva�in�primo�grado,�nonche�la�maggiore�accentuazione�

(35)�R. 
Chapus,�Droit�du�contienteux�administratif,�9�ed.,�2001,�1036.�
(36)�F. 
Brunetti,�Brevi�note�in�tema�di�cauzione�nel�nuovo�processo�amministrativo,in�
www.giust.it/articoli/brunetti_cauzione.htm,2.�
(37)�Sul�tema�G. 
Avanzini,�L'esecuzione�delle�sentenze�del�giudice�amministrativo�non�passate�
in�giudicato�tra�dirittopositivo�ed�effettivita��della�tutela,in�Giur.�cost.,�1990,�1251�ss.,�sulla�pronun-
cia�della�Corte�Costituzionale�12�dicembre�1998,�n.�406�che�ha�rigettato�la�questione�di�incostitu-
zionalita�dell'art.�37�L.�1034/1971,�dell'art.�27�comma�1�n.�4�R.D.�1054/1024�e�degli�artt.�90�e�91�
R.D.�642/1907�nella�parte�in�cui�prevedono�che�il�giudizio�di�ottemperanza�possa�essere�proposto�
esclusivamente�avverso�le�sentenze�gia�passate�in�giudicato;�C. 
Cavalieri,�L'esecuzione�delle�sen-
tenze�di�primo�grado�ex�art.�10�L.�205/2000:�una�estensione�del�giudizio�di�ottemperanza�o�speciale�
procedimento�cautelare�inpendenza�delricorso�in�appello?�in�www.giust.it/articoli/calvieri_esecuzio-
ne.htm;�G. 
Verde,�Attivita��delprincipio�nulla�executio�sine�titulo,in�Riv.�dir.�proc.,�1999,�963�ss.;�
B. 
Graziosi,�Giudizio�di�ottemperanza�ed�esecuzione�delle�sentenze�di�primo�grado,in�Dir.�proc.�
amm.,�1997,�451�ss.�

CONTRIBUTI�DI�DOTTRINA�3494

di�un�concetto�di�giudicato�a�formazione�progressiva,�potrebbe�risolvere,�in�
termini�deflattivi,�la�problematica�dell'ottemperanza�cautelare,�oltre�che�
porre�un�freno�alla�cosiddetta�cautelarizzazione�del�processo�amministrativo.�

Ne�d'altronde�puo�sottacersi�che�la�preferenza,�accordata�al�momento�
acceleratorio�verso�la�definizione�del�giudizio�rispetto�al�momento�cautelare,�
e�stata�da�sempre�perseguita�dal�legislatore,�che�gia�nel�lontano�1978�con�la�
legge�n.�1,�all'art.�5,�in�materia�di�opere�pubbliche,�aveva�assegnato�al�giudice�
il�termine�massimo�di�quattro�mesi�per�la�discussione�del�ricorso�e�limitato�
a�solo�sei�mesi�la�durata�del�processo�cautelare.�

Ora,�la�stessa�Corte�costituzionale,�con�la�recente�pronuncia�n.�179�del�
2002(38),�ha�dichiarato�che�nel�processo�amministrativo�la�tempestivita�ela�
effettivita�della�tutela�anche�cautelare�sono�ormai�completamente�assicurate.�

Al�fine,�dunque,�di�risolvere�potenziali�conflitti�e�soddisfare�le�esigenze�
di�un�processo�giusto�e�tempestivo,�ma�nello�stesso�tempo�garantista�e�con�
ampi�poteri�di�cognizione�e�di�esecuzione,�parrebbe�opportuno�avvalersi�del�
criterio�della�natura�delle�cose(39),�che�suggerisce�di�utilizzare�le�esperienze�
dell'epoca�in�cui�il�giurista�e�chiamato�ad�operare,�mantenendo�un'adeguata�
aderenza�alla�realta�.�

Avv. 
MariA 
VittoriA 
LumettI 


(38)�Ordinanza�della�Corte�cost.�n.�179�del�2002,�in�www.cortecostituzionale.it 
gia�alla�nota�
n.�10.�
(39)�Per�approfondimento�cfr.�F. 
Cintioli,�L'esecuzione 
cautelare 
tra 
effettivita� 
della 
tutela 
e 
giudicato 
amministrativo,in�Dir.�Proc. 
Amm.vo,�I,�2002,�63,�nonche�,�citati�dallo�stesso�autore:�
Montesquieu,�Lo 
spirito 
delle 
leggi,�Prefazione,�Classici�politici,�a�cura�di�S. 
Cotta,Torino,�
1952;�F. 
Merusi,�La 
natura 
delle 
cose 
come 
criterio 
di 
armonizzazione 
comunitaria 
nella 
disciplina 
degli 
appaltipubblici,in�Riv. 
It. 
Dir. 
Pubbl. 
com.,�1997,�39;�G. 
DE 
GiorgI 
Cezzi,�Processo 
ammini-
strativo 
e 
giurisdizione 
esclusiva: 
profili 
di 
un 
diritto 
in 
trasformazione,in�Dir. 
Proc. 
Amm.,2000,�
736.�

RecensioniRecensioni
GiustinA 
Noviello, 
PaolO 
Sordi, 
EnniO 
AntoniO 
Apicella, 
VitO 
TenorE 
(con 
coordinamento 
di 
GiustinA 
Tenore), 
�Le 
nuove 
controversie 
sul 
pubblico 
impiego 
privatizzato 
e 
gli 
uffici 
del 
contenzioso�, 
dopo 
il 
testo 
unicosulpubblicoimpiego,IIed., 
Milano,2001, 
conprefazionedell'Avvocato 
Generale 
dello 
Stato 
PliniO 
Sacchetto. 


Giunge�alla�seconda�edizione�questo�apprezzato�volume,�curato�da�
quattro�studiosi�di�eclettica�estrazione�intermagistratuale,�che�per�i�suoi�
vasti�ed�aggiornati�richiami�giurisprudenziali�e�dottrinali�si�colloca�come�
un�sicuro�punto�di�riferimento�per�avvocati,�magistrati,�studiosi�e�per�i�
pubblici�dipendenti�addetti�al�contenzioso�del�lavoro�presso�la�pubblica�
amministrazione.�

L'art.�68�del�d.lgs.�3�febbraio�1993,�n.�29,�oggi�art.�63,�d.lgs.�30�marzo�
2001,�n.�165�(testo�unico�sul�pubblico�impiego)�ha�devoluto�al�giudice�ordi-
nario,�in�funzione�di�giudice�del�lavoro,�la�quasi�totalita�delle�controversie�
relative�ai�rapporti�di�lavoro�alle�dipendenze�delle�pubbliche�amministra-
zioni,�in�precedenza�spettanti�alla�giurisdizione�esclusiva�del�giudice�
amministrativo.�Inoltre�la�difesa�della�pubblica�amministrazione,�per�
la�maggior�parte�delle�controversie�lavoristiche,�viene�attribuita�ai�suoi�
stessi�dipendenti,�che�dovranno�affrontare�in�prima�persona�l'udienza�
(art.�417-bis 
c.p.c.)�in�luogo�dell'Avvocatura�dello�Stato�o�di�avvocati�
interni�ed�esterni.�

La�novella�legislativa�pone�rilevanti�problemi�di�carattere�giuridico�e�di�
riconversione�professionale�per�avvocati,�magistrati�e,�soprattutto,�per�i�pub-
blici�dipendenti�in�precedenza�addetti�ai�tradizionali�e�preesistenti��uffici�del�
contenzioso�.�

Il�volume,�alla�luce�del�recente�testo�unico�sul�pubblico�impiego�(d.lgs.�

n.�165�del�2001)�e�dell'accordo�quadro�su�conciliazione�e�arbitrato�del�23�gen-
naio�2001,�tende�a�fornire�un�lineare�quadro�di�riferimento�sulle�modifiche�
sostanziali�e�processuali�intervenute�nel�contenzioso�lavoristico�contro�la�
pubblica�amministrazione�alla�luce�dell'ormai�vasta�produzione�giurispru-
denziale�e�dottrinale.�Di�entrambe�il�testo�da�conto�puntualmente,�senza�tut-
tavia�ridursi�a�mera�esposizione�delle�varie�tesi�contrapposte.�Al�contrario,�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

su�ogni�questione�di�rilievo,�esso�prende,�meditatamente,�posizione,�s|�da�
inserirsi�con�piena�dignita�ed�autorevolezza�scientifiche�nel�dibattito�sulla�
materia.�Oltre�ai�doverosi�richiami�normativi,�giurisprudenziali�e�dottrinali,�
il�volume�analizza�l'udienza�innanzi�al�giudice�del�lavoro�e�i�relativi�incom-
benti�processuali.�

Il�testo�offre�inoltre�utili�suggerimenti�sulle�tecniche�di�redazione�degli�
atti�defensionali�e�sulla�impostazione�della�difesa�della�pubblica�amministra-
zione,�mutuati�dall'esperienza�dell'Avvocatura�dello�Stato.�Vengono�infine�
prospettate�alcune�soluzioni�per�la�migliore�organizzazione�degli�Uffici�per�
la�gestione�del�contenzioso�del�lavoro.�

Il�manuale,�nell'ormai�ampio�panorama�degli�studi�dedicati�al�conten-
zioso�del�lavoro�pubblico,�si�caratterizza�per�la�attenta�ricognizione�di�tutta�
la�giurisprudenza�intervenuta�in�materia,�basilare�referente�per�tutti�gli�ope-
ratori�del�settore.�

Il�testo�e�completato�da�un'ampia�appendice�contenente�le�decisioni�
della�magistratura�del�lavoro�sulle�piu�attuali�questioni)�e�da�una�raccolta�
dei�testi�normativi�rilevanti,�tra�cui�il�predetto�testo�unico�del�2001.�

Cons. 
FilippO 
CurcurutO 


Consigliere 
della 
sezione 
lavoro 
della 
Corte 
di 
Cassazione 


***�

VitO 
poli, 
vitO 
tenore, 
�[ 
procedimenti 
amministrativi 
tipici 
e 
il 
diritto 
di 
accesso 
nelle 
forze 
armate� 
(nella 
giurisprudenza 
delle 
magistrature 
supe-
riori), 
presentazione 
del 
Capo 
di 
Stato 
Maggiore 
della 
Difesa, 
Milano, 
2002, 
pp. 
743, 
prezzo 
50 
euro. 


L'accurato�ed�aggiornato�studio�monografico,�curato�da�due�magistrati�
del�Consiglio�di�Stato�e�della�Corte�dei�Conti,�colma�una�rilevante�lacuna�
editoriale,�fornendo,�alla�luce�dei�piu�autorevoli�apporti�giurisprudenziali�e�
dottrinali,�sia�un�aggiornato�studio�riguardo�all'incidenza�della�legge�7�ago-
sto�1990�n.�241�sull'attivita�dell'amministrazione�militare,�che�un'approfon-
dita�trattazione�dei�principali�procedimenti�amministrativi�delle�forze�armate�
(accesso�agli�atti,�procedimenti�disciplinari,�trasferimenti,�sospensioni�caute-
lari,�valutazioni�in�sede�di�avanzamento,�reclutamento�del�personale,�valuta-
zioni�sull'uso�di�stupefacenti�da�parte�di�militari,�etc.).�

Il�testo,�attraverso�l'analisi�puntuale�della�ristrutturazione�dell'ammini-
strazione�militare�(capitolo�I),�delle�norme�sul�procedimento�amministrativo�
e�sul�diritto�di�accesso�(capitoli�II�e�III)�e�dei�piu�rilevanti�procedimenti�tipici�
(capitoli�IV-VII),�costituisce�non�solo�un�saggio�scientifico�di�diritto�ammini-
strativo�militare,�ma�anche�un�alto�contributo�manualistico�al�percorso�di�
formazione�accademica�e�di�aggiornamento�istituzionale�del�personale�mili-
tare�(ufficiali�e�sottufficiali),�ed�un�utile�referente��ricco�di�segnalazioni�giu-


RECENSIONI�353 


risprudenziali�e�dottrinali��per�una�migliore�comprensione�e�risoluzione,�da�
parte�degli�uffici�amministrativi�delle�forze�armate,�delle�questioni�giuridico-
amministrative�poste�dalla�realta�quotidiana.�

Il�saggio,�per�l'autorevolezza�degli�autori,�l'aggiornamento�delle�fonti�
normative�ed�il�taglio�volutamente�concreto�e��giurisprudenziale�,�rappre-
senta,�infine,�un�valido�ausilio�per�gli�avvocati�interessati�al�contenzioso�mili-
tare,�per�magistrati�amministrativi,�per�gli�addetti�agli�uffici�relazioni�con�il�
pubblico�(u.r.p.)�e�per�il�personale�addetto�agli�uffici�del�contenzioso�delle�
amministrazioni�militari.�

Il�volume�e�completato�da�una�utile�appendice�normativa,�che�offre�al�
lettore�i�principali�referenti�normativi�che�disciplinano�i�procedimenti�ammi-
nistrativi�tipici�delle�forze�armate.�

Degli�stessi�autori�e�imminente�l'uscita�di�un�aggiornato�codice�delle�
leggi�amministrative�rilevanti�per�la�gestione�dei�procedimenti�tipici�delle�
forze�armate.�

Avv. 
EnniO 
AntoniO 
ApicellA 


Avvocato 
dello 
Stato 



Serviziinformatici
estatistici
Serviziinformatici
estatistici
DOMANDE 
DA 
PORSI 
QUANDO 
SI 
CERCA 
IN 
UNA 
BANCA 
DATI 
GIURIDICA 


�Per�un�avvocato�i�fatti�esistono�per�essere�sfidati�(...)�Questa�mela�non�
e��una�mela.�Winser�ricordava�le�sagge�parole�del�suo�tutor 
alla�scuola�di�giu-
risprudenza�di�quarant'anni�prima�mentre�il�grand'uomo�estraeva�una�mela�
verde�dagli�abissi�della�sua�giacca�lisa�e�la�brandiva�davanti�a�se�per�farla�
ispezionare�a�un�uditorio�prevalentemente�femminile:��Puo��sembrare 
una�
mela,�ragazze,�puo��avere�l'odore 
di�una�mela,�la�consistenza 
di�una�mela��i
nsinuante���ma�tintinna 
come�una�mela?���e�prende�da�un�cassetto�della�
cattedra�un�vecchio�coltello�per�il�pane�e�colpisce.�La�mela�si�trasforma�in�
una�pioggia�di�gesso.��(1)�

Oggi�e��ancora�possibile�colpire 
la�mela�con�un�coltello�e�sfidare�cos|��i�
fatti?�

Oggi�e��ancora�valido�il�metodo�induttivo�per�cui�da�un�certo�numero�di�
casi�particolari�si�arriva�a�una�conclusione�valida�per�una�ben�maggiore�
estensione�di�casi?�

La�premessa�per�cui�tali�possibilita��siano�ancora�valide�e��che�il�teatro�di�
gioco�sia�quello�da�sempre�conosciuto,�quello�di�cui�i�protagonisti�ricordano�
le�misure,�le�asperita��,�gli�echi,�in�una�parola�le�regole�e�tutte�le�possibilita��
che�quelle�regole�permettono.�

Ma�i�protagonisti�di�oggi�conoscono�ancora�il�teatro�di�gioco?�

Oltre�che�sull'esperienza�la�cognizione�delle�regole�si�basa�sulla�possibi-
lita��di�venire�a�conoscenza�di�tutte�le�variabili�che,�nel�tempo,�interferiscono�
nel�campo.�

Per�cui�la�possibilita��per�i�protagonisti�di�continuare�a�conoscere�il�tea-
tro�di�gioco�e��avere�la�continua�opportunita��di�accesso�a�tutti�gli�elementi�
che�entrano�in�campo�e�modificano�le�regole.�

Oggi�gli�addetti�in�campo�giuridico�hanno�questa�opportunita��?�

La�risposta,�teorica,�e��senz'altro�affermativa.�

Ma�la�risposta�empirica�e��coincidente�con�quella�teorica?�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Cioe��in�pratica�questa�opportunita��e��reale�ed�effettiva�o,�invece,�e��solo�in 
fieri? 


Vediamo�allora,�per�cercare�di�trovare�una�risposta�empirica,�come�in�
effetti�funziona�questa�opportunita��.�

Quando�parliamo�di�opportunita��di�essere�aggiornati�in 
tempo 
reale�
delle�modifiche�delle�regole�in�campo�giuridico�parliamo�senz'alcun�dubbio�
di�aggiornamento�in�rete.�

Ora�ci�sono�due�modi�per�entrare�nella�rete:�
Il�primo�e��quello�di�entrare��nella�rete�e�immagino�di�avere�le�stesse�
sensazioni�di�un�antico�romano�che�entra�nella�Biblioteca�di�Alessandria.�L|��
c'e��tutto,�o�quasi,�ma�puo��anche�essere�molto�difficile�trovare�quello�che�
cerco.�Da�cio��scaturisce�quello�che�ritengo�uno�degli�aspetti�(...)�piu��interes-
santi�nell'utilizzo�della�rete:�l'addestramento�a�cercare�l'informazione�con�
strategie�articolate�ed�efficaci;�la�possibilita��di�favorire�il�passaggio�(...)�da�
fruitore�passivo�di�informazioni�preconfezionate�da�media�di�ogni�genere�a�
cacciatore�attivo�di�informazione.�Lo�sviluppo�di�abilita��critiche�e�progettuali�
(...).�La�possibilita��(...)�di�raffinare�la�ricerca�con�una�sorta�di�ragionamento�
diagnostico�con�inclusioni�ed�esclusioni�(...)�la�possibilita��di�personalizzare�
le�strategie�di�ricerca�(2);�
Il�secondo�e��quello�del�faraone�che��rimprovero��Toth�per�aver�
inventato�la�scrittura,�perche�,�sosteneva,�minacciava�di�distruggere�la�
memoria�(...).�Qualunque�spostamento�della�sede�della�memoria�sembra�
turbare�profondamente�l'uomo�e�ovviamente�ogni�tecnologia�comporta�
una�dislocazione�di�questo�tipo:�l'invenzione�della�scrittura�ha�trasferito�
la�memoria�dal�corpo�al�testo�(...)�quando�la�memoria�e�l'elaborazione�del-
l'informazione�(ossia�il�pensiero)�mutano�sede�(...)�e��per�fare�qualcosa�di�
nuovo�(...)�cos|��l'invenzione�dell'alfabeto�ha�reso�possibile�il�pensiero�indi-
viduale��(3)�cos|��ora�la�creazione�della�rete�ha�dislocato�la�memoria�collet-
tiva�in�un�non�luogo�diffuso�e�immateriale�su�tutto�il�globo�che�trascende�
l'insieme�delle�somme�di�tutti�i�dati�in�esso�presenti�che�l'interazione�dei�
dati�supera�la�semplice�addizione�per�l'intrecciarsi�degli�stessi�in�plurime�
modalita��connettive.�
La�prima�modalita��considera�la�rete�un�luogo�dove�cercare,�la�seconda�
come�una�memoria�da�esplorare.�Questa�questione,�che�puo��sembrare�teo-
rica,�implica�invece�una�differenziazione�di�base�dal�momento�che�anche�i�siti�
si�distinguono�in�siti�di�luogo�e�siti�di�memoria.�
Perche�il�problema�di�fondo�della�rete�e��la�sua�estensione.�Ma�estensione�
di�che?�Estensione�in�che�senso?�E�cioe��un'estensione�spaziale�o�un'estensione�
di�memoria?�
In�campo�giuridico�e��un'estensione�di�tutte�le�norme�e�le�giurisdizioni�o�
un'estensione�nelle�norme�e�nelle�giurisdizioni?�


SERVIZI�INFORMATICI�E�STATISTICI�

Sembra�un�paradosso,�ma�non�lo�e�.�Data�l'enorme�estensione�delle�
norme�e�delle�giurisdizioni�e��fondamentale�capire�se�navigando�in�tale�mole�
s'intravede�la�possibilita��spaziale�di�percorrerla�tutta�per�giungere�al�risultato�

o�non�si�puo��far�altro�che�percorrere�mappe�prefissate�per�cercare�l'approdo�
desiderato.�
Quando�sfoglio�una�rivista�cartacea�so�cosa�cerco,�so�come�cercarlo,�mi�
fermo�al�punto�voluto,�secondo�sistemi�di�ricerca�universalmente�riconosciuti�
e�soprattutto�dati�una�volta�per�sempre.�

Quando�invece�sfoglio�una�ricerca�in�rete�cosa�sfoglio?�

Pagine�scelte�da�me�o�da�chi�ha�creato�quei�percorsi?�

Un�utente�tempo�fa�mi�chiedeva:�ma�non�sara��limitante�cercare�in�un�
universo�predeterminato,�scelto�da�altri?�

Cioe��,�in�pratica,�non�saranno�i�compilatori�dei�repertori�a�fare�la�giuri-
sprudenza,�e�non�certo�in�nome�del�popolo�italiano?�Altri�mi�chiedevano�
invece:�ma�la�possibilita��casuale�di�trovare�proprio�la�sentenza�che�fa�al�caso�
mio�non�viene�cos|��perduta?�

Io�d'altronde�mi�sono�posto�spesso,�navigando,�un'altra�domanda:�ma�in�
rete�quante�volte�devo�imparare�a�leggere?�

Una�volta�imparato�l'alfabeto�arabo�da�sinistra�a�destra,�l'indicizzazione�
cronologica�e�quella�un�po'�piu��soggettiva�dei�thesaurus, 
non�dovevo�piu��
andare�a�scuola�di�lettura.�

In�rete�invece�ogni�sito,�ogni�rivista�on 
line, 
ha�le�sue�regole�di�lettura�a
nche�cangianti�nel�tempo��e�devo�continuamente�imparare�a�leggere�i�vari�
sistemi�di�lettura�che�i�creatori�di�siti�di�continuo,�per�legge�di�concorrenza,�
s'inventano.�

E�singolarmente�ad�ogni�sistema�di�lettura�ottengo�risultati�di�ricerca�
diversi,�per�cui�ho�cominciato�a�farmi�la�confusa�domanda:�ma�la�legge�in�
rete�e��la�legge�della�rete?�

Chi�mi�conduce�cioe��ai�risultati�se�le�modalita��d'interrogazione�mutano�
ad�ogni�carta�che�navigo?�

Chi�determina�i�percorsi�se�quello�che�trovo�cambia�mutando�l'ordine�
degli�addendi?�

Non�e��che�ormai�la�giurisprudenza�suprema�e��quella�delle�scelte�edito-
riali?�

Domande�senza�risposte�perche�se�il�mezzo�e��nuovo�anche�i�conduttori�
sono�costretti�a�navigare�a�tentoni.�

Vediamo�un�esempio:�ho�scelto�una�questione�di�appalto,�i�titoletti�della�
massima�recitano:�Appaltatore�&�Diritto�&�Obbligo�&�Danno�&�Terzo.�

I�risultati�in�due�diverse�banche�dati�sono�rispettivamente:�

1.�data�base:�
2425�precedenti�alla�parola�Appaltatore;�
134�precedenti�aggiungendo�la�coppia�di�parole�Diritto�&�Obbligo;�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

39�precedenti�aggiungendo�la�parola�Danno;�

15�precedenti�aggiungendo�la�parola�Terzo.�

2.�data�base:�

1715�precedenti�alla�parola�Appaltatore;�

37�precedenti�aggiungendo�la�coppia�di�parole�Diritto�&�Obbligo;�

10�precedenti�aggiungendo�la�parola�Danno;�

2�aggiungendo�la�parola�Terzo.�

Cosa�determina�questa�differenza?�

La�differenza�e�determinata�dall'intervento�umano:�le�massime�usano,�e�
non�potrebbe�essere�altrimenti�essendo�create�da�uomini�dissimili,�parole�
non�sempre�coincidenti.�Per�cui�quando�diciamo�che�la�Legge�in�Rete�e�la�
Legge�della�Rete�non�parliamo�di�un�complotto�di�qualcuno,�o�peggio�di�
qualcosa,�ma�dell'esistenza�di�un�meccanismo�interagente�di�uomini�e�mac-
chine�che�determina�una�realta�aldila�di�qualsiasi�volonta�.�

Come�reagire�a�questo�stato�di�fatto?�Dobbiamo�considerarla�una�
�trasformazione�antropologica�che�ha�il�suo�perno�proprio�sul�(...)�pro-
cesso�di�spersonalizzazione�che�alla�fine�potrebbe�implementare�la�trasfor-
mazione�della�nostra�specie�in�un�unico�organismo�interagente:�un�animale�
planetario,�o�un�gigantesco�computer�biologico,�una�collettivita�di�cervelli�
collegati�tra�di�loro.��(4)�

O�pensare�che�sia�un'esagerazione?�Ma�d'altronde�vediamo�come�
Turani�nella�Repubblica�del�24�febbraio�2002�definisce��la�premessa�che�
il�mercato�(cioe�l'insieme�delle�centinaia�di�migliaia�di�persone�che�tutti�
i�giorni�comprano�e�vendono�titoli,�obbligazioni,�valute,�ecc.)�abbia,�
attraverso�vie�misteriose,�una�sua�intelligenza,�una�sua�capacita�di�vedere�
``oltre''�.�

Come�sfuggire�a�questa�sorta�di�intelligenza�collettiva�che�ci�plasma?�
Agamben�suggerisce�una�possibilita�:��l'esilio�permette�di�pensare�una�via�
d'uscita�(...).�Con�un�ardito�rovesciamento,�la�vera�essenza�(...)�dell'uomo�
non�consiste�piu�nella�semplice�iscrizione�in�una�comunita�data,�ma�coincide�
piuttosto�con�quell'elemento�inquietante�che�Sofocle�aveva�definito�
``superpolitico-apolide''.�(5)�cioe�io�soggetto�della�rete,�per�sfuggire�ai�per-
corsi�prefissati,�mi�pongo�in�esilio�dalle�regole�di�consultazione,�scelgo�volta�
per�volta�da�vero�superpolitico-apolide�le�modalita�d'interrogazione,�le�sintassi�
di�ricerca,�le�strategie�di�navigazione�e�solo�cos|�m'impossesso�della�carta�
del�mondo�ridiventando�soggetto�della�ricerca.�Ribadendo��La�necessita�di�
essere�presente�al�gioco�(...)�per�riappropriarsi�(...)�di�una�cittadinanza�a�
pieno�titolo�che�chiede�continuamente�di�progettare�e�di�riconfigurare�cio�di�
cui�si�fa�esperienza�(6)�

�Quando�gli�uomini�riacquisteranno�di�nuovo�un�rapporto�diretto�con�il�
prodotto�del�loro�lavoro�si�assumeranno�anche�con�gioia�quella�responsabi-
lita�del�lavoro�che�oggi�non�hanno�(7).�


SERVIZI�INFORMATICI�E�STATISTICI�

Il�cercatore 
in 
esilio 
e�quindi�il�navigatore�che�ha�capito�come�Starnone�
che�il�mezzo�elettronico�da���una�sorprendente�mancanza�di�controllo�sulla�
scansione�delle�sequenze.�(...)�La�macchina�mi�ha�piegato�alle�leggi�del�suo�
funzionamento,�mi�ha�abbagliato�con�la�sua�velocita�,�con�le�sue�strepitose�
prestazioni.�(...)�Il�testo�del�computer�e��abbagliante�ma�ingannevole,�quello�
cartaceo�e��opaco�ma�sincero.��(8)�

Per�cui�occorre��reimpastare�innanzitutto�dentro�di�noi�il�vecchio�e�il�
nuovo.��(8)�Per�evitare�che�i��mutamenti�(...)�ci�cambino�in�profondita��.��(8)�

Perche�il�pericolo��che�incombe�ora�(...)�ha�frammentato�la�nostra�psi-
che�e�ci�ha�reso�schiavi�della�velocita����(9)�facendoci�correre��il�rischio�di�
una�perdita�della�capacita��di�sintesi�e�degli�strumenti�culturali�necessari�per�
esprimere�la�propria�identita��e�la�propria�conoscenza.��(10)�

Sembra�un'esagerazione,�ma�se�sintetizziamo�l'allarme�di�Blonsky�e�
Desnoes�nel�concetto�di��perdita�di�controllo��ci�accorgiamo�che�
quest'espressione�fotografa�la�situazione�in�cui�operiamo�le�ricerche�giuridi-
che.�La�necessita��della�velocita��e�l'immediatezza�delle�risposte�telematiche�
non�ci�lasciano�il�tempo�di�porci�ne�domande�ne�dubbi�per�cui�siamo�sempre�
piu��dipendenti�da�un�mezzo�che,�come�spiegavo�prima,�e��teleguidato��e�
non�puo��essere�altrimenti�data�la�mole�dei�dati�e�le�necessita��della�concor-
renza��dalle�scelte�editoriali.�

Per�evitare�di�farsi�impostare�da�altri�le�possibili�scelte�processuali�
occorre�sfuggire�alle�maglie�dei�percorsi�prefissati�dai�siti�editoriali�che�prede-
terminano�le�modalita��e�le�vie�della�ricerca�e�impongono�risultati�giurispru-
denziali�obbligati.�

Da�qui�il�senso�del�percorso�evocato�da�Agamben:�scegliere�l'identita��di�
cercatore 
in 
esilio 
per�divenire�soggetto 
della 
ricerca 
perche��farsi�soggetto�di�
costruzione�del�sapere�vuol�dire�finalmente�a�pieno�titolo�farsi�artefice�del�
mondo�(11)�

Dott.�Tommaso�Capezzone�

Bibliografia�

(1)�John�Le�Carre�,�Single 
& 
single, 
Feltrinelli.�
(2)�Maria�D'Ambrosio,�L'agire 
narrativo: 
verso 
la 
costruzione 
di 
un 
tes-
suto 
�logico-sensoriale� 
in�Orizzonti 
multimediali 
della 
formazione, 
Napoli,�
Liguori,�1999.�
(7)�W.�Reich,�Psicologia 
di 
massa 
del 
fascismo, 
Milano,�Mondadori,�
1974.�
(10)�A.�Sainati,�Supporto, 
soggetto, 
oggetto: 
forme 
di 
costruzione 
del 
sapere 
dal 
cinema 
ai 
nuovi 
media, 
1998.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

WebgrafiA 


(2)�PaolO 
Renzi,�Favorisce�la�caccia,�di�conoscenza.�
(3)�DerricK 
DE 
Kerckhove,�Tele�ma,�1998.�
(4)�FrancO 
Prattico,�L'insegnante�del�duemila�sara�un�navigante�del�
sapere.�
(5)�GiorgiO 
Agamben,�Politica�dell'esilio.�
(8)�DomenicO 
Starnone,�Una�macchina�portentosa,�fatata�che�ti�abba-
glia�e�riesce�a�cambiarti.�
(9)�MarshalL 
Blonsky, 
EdmundO 
Desnoes,�Non�bastapiu�fare�open-
sare,�bisogna�apparire,�se�no�scompari.�

SERVIZI�INFORMATICI�E�STATISTICI�

LA 
BANCA 
DATI 
PROFESSIONALE 
DELL'AVVOCATURA 
GENERALE 
DELLO 
STATO 


La�banca�dati�professionale�dell'Avvocatura�dello�Stato�e�stata�realizzata�
dal�Raggruppamento�di�imprese�che�assunto�l'appalto�della�realizzazione�
del�Nuovo�Sistema�Informativo.�

Ad�esso�ha�lavorato�la�dottoressa�Livia�Golisano�della�Unisys�Italia�
S.p.a.,�supportata�dal�personale�tecnico�impegnato�nel�progetto.�

La�realizzazione�della�banca�dati�e�stata�preceduta�da�una�fase�di�analisi�
alla�quale�hanno�collaborato�gli�avvocati�dello�Stato�a�suo�tempo�incaricati,�
al�fine�di�precisare�in�dettaglio�le�specifiche�esigenze�dell'Istituto�in�modo�
che�l'applicazione�fosse�il�piu�possibile�rispondente�alle�necessita�operative�e�
professionali�degli�avvocati�dello�stato.�

La�banca�dati�e�ora�attiva�e�contiene�un�certo�numero�di�pareri�del�
Comitato�Consultivo,�nonche�vari�atti�defensionali;�essa�sara�alimentata�
anche�con�l'apporto�delle�Avvocature�Distrettuali,�dalle�quali�e�consultabile�
attraverso�la�rete�geografica�dell'Avvocatura.�

L'applicazione�restera�in�gestione�al�fornitore�durante�tutto�il�tempo�di�
completamento�del�progetto�relativo�al�Nuovo�Sistema�Informativo;�successi-
vamente�la�gestione�sara�assunta�direttamente�dall'Avvocatura�che�vi�provve-
dera�con�i�propri�tecnici.�

Per�la�segnalazione�di�eventuali�malfunzionamenti�e�utilizzabile�il�
numero�telefonico�del�Presidio�263�(dott.�Livia�Golisano),�ovvero�il�servizio�
assistenza�che�opera�anch'esso�presso�il�Presidio�e�risponde�al�numero�telefo-
nico�520.�

Come 
si 
cerca 
nella 
banca 
dati 
professionale 
dell'Avvocatura 
dello 
Stato 


Contenuto 
efunzioni 
della 
banca 
datiprofessionale 


La�banca�dati�professionale�contiene�il�testo�integrale�degli�atti�defensio-
nali�e�dei�pareri�ritenuti�di�interesse�generale.�

Essa�e�stata�pensata�con�l'obiettivo�di�consentire�agli�avvocati�dello�stato�
di�mettere�a�disposizione�dei�colleghi�quel�prezioso�patrimonio�di�esperienza�
e�di�professionalita�che�e�il�risultato�di�anni�di�attivita�e�di�studio,�al�fine�di�
migliorare�la�qualita�del�servizio�reso�per�l'istituto�e�di�curare�al�meglio�l'inte-
resse�pubblico.�

La�banca�potra�diventare�utile�strumento�di�ausilio�professionale�non�
solo�per�gli�avvocati,�ma�anche�per�lo�stesso�vertice�dell'Istituto�che�disporra�
costantemente�della�possibilita�di�verificare�la�linea�assunta�dall'Avvocatura�
nelle�principali�questioni�contenziose�e�consultive.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Documentipresentinella�banca�datiprofessionale�erelativiattributi�

La�banca�dati�professionale�contiene�i�testi�integrali�degli�atti�e�dei�
pareri,�ricercabili�per�parola�testuale.�

I�documenti�sono�anche�corredati�di�informazioni�ulteriori�che�costitui-
scono�attributi�dei�documenti�e�sono�utilizzabili�a�loro�volta�come�canale�di�
ricerca.�

Le�predette�informazioni�sono�in�larga�parte�recuperabili�dalla�base�dati�
gestionale,�e�possono�essere�divisi�in�due�gruppi:�

A)�Attributi�identificativi�del�documento�e�dell'affare�cui�esso�si�riferisce:�
numero�e�tipo�di�affare,�avvocatura�di�pertinenza,�nome�avvocato,�nomi�delle�
parti�difese�e�non�difese,�estremi�identificativi�del�documento�(estremi�di�pro-
tocollo�della�lettera,�estremi�di�registrazione�dell'atto�notificato�o�depositato).�

B)�Attributi�descrittivi�della�questione�giuridica:�riferimento�normativo,�
schema�di�classificazione�(per�l'individuazione�della�materia),�titoletto�
mobile,�eventuale�massima.�

Modalita�di�selezione�dei�documenti�da�inserire�nella�banca�dati�

La�banca�dati�professionale�e�orientata�al�servizio�dell'avvocato�dello�
stato,�il�quale��oltre�alla�possibilita�di�consultare�la�banca�dati��ha�anche�
l'opportunita�di�formarla�con�il�proprio�contributo,�proponendo�direttamente�
i�propri�atti�defensionali�e�pareri�per�l'inserimento�nel�sistema.�

Gli�atti�e�pareri�di�cui�avvocati�propongono�l'inserimento�verranno�tra-
smessi��attraverso�la�rete�di�trasmissione�dati��in�un'area�di��anticamera��
per�essere�visionate�da�uno�o�piu��selettori�,�i�quali��riscontrata�la�rile-
vanza,�la�non�ripetitivita�del�documento�rispetto�ad�altri�gia�presenti,�nonche�
la�completezza�delle�informazioni�di�corredo��disporranno�l'inserimento�
in�banca�dati.�

La�soluzione�sopra�esposta�offre�il�pregio�di�decentrare�l'iniziativa�del�
reperimento�dei�documenti�valutabili�ai�fini�dell'inserimento,�valorizzando�il�
libero�apporto�degli�avvocati,�senza�perdere�il�vantaggio�di�affidare�ad�un�
organismo�unitario�la�selezione�e�l'inserimento�del�materiale�proposto�con�
criteri�omogenei.�

La�ricerca�

La�consultazione�della�banca�dati�e�fondata�su�modalita�di�interroga-
zione�intuitive�e�si�avvale�anche�dell'ausilio�di�strumenti�di�guida.�

Oltre�alle�ricerche�per�parola�testuale�e�possibile�effettuare�la�ricerca�
sugli�attributi�identificativi�del�documento�e�dell'affare�cui�esso�si�riferisce�
(numero�e�tipo�di�affare,�avvocatura�di�pertinenza,�nome�avvocato,�nomi�
delle�parti,�estremi�identificativi�del�documento),�nonche�sugli�attributi�
descrittivi�della�questione�giuridica�(riferimento�normativo,�schema�di�classi-
ficazione,�titoletto�mobile,�eventuale�massima).�


SERVIZI�INFORMATICI�E�STATISTICI�

I�documenti�che�costituiscono�il�risultato�di�una�ricerca�possono�essere�
accantonati�e,�con�un�unico�comando,�e�possibile�effettuarne�la�memorizza-
zione�sul�PC�o�la�stampa.�

Ciascun�avvocato�inoltre�ha�la�possibilita�di�memorizzare�e�conservare,�
in�un'area�personale�gli�estremi�delle�ricerche�piu�frequenti�in�modo�che�i
nterrogando�periodicamente�la�banca�dati��possa�tenersi�sempre�al�cor-
rente�delle�novita�intercorse.�

La 
ricerca 
dei 
documenti 
dell'Avvocatura 


I�documenti�archiviati�nella�banca�dati�professionale�della�Avvocatura�
Generale�dello�Stato�sono�disponibili�in�modalita�Web�a�tutti�gli�utenti�
abilitati.�

Cio�significa�che,�tramite�il�browser�Internet 
Explorer,e�possibile�acce-
dere�alle�informazioni�registrate�nella�suddetta�banca�dati.�

Il�menu�permette�di�accedere�ad�un�certo�numero�di�funzionalita�che�
saranno�descritte�in�dettaglio�nei�paragrafi�successivi.�

La�stringa�di�ricerca�in�base�alla�quale�ricercare�i�documenti�ha�due�
interfacce�disponibili:�

la�maschera�di�ricerca 
semplice;�

la�maschera�di�ricerca 
avanzata.�

La 
maschera 
di 
ricerca 
semplice 


Tramite�la�maschera�di�ricerca�semplice�e�possibile�effettuare�la�ricerca�
di�un�documento�riempiendo�almeno�un�canale�di�ricerca�tra�i�seguenti�
campi:�

anno�affare�(formato�4�cifre);�

numero�affare;�

numero�protocollo;�

data�protocollo;�

data�inserimento�documenti�in�banca�dati;�

numero�(riferimenti�normativi);�

anno�(riferimenti�normativi);�

articolo�(riferimenti�normativi).�

Nei�campi�data�protocollo�e�data�inserimento�e�possibile�la�ricerca�per�
intervallo�di�valori.�

Occorre�inserire�solo�la�prima�data�per�ricercare�documenti�protocollati�
con�data�uguale�o�posteriore�a�quella�indicata.�

Occorre�inserire�solo�la�seconda�data�per�ricercare�documenti�protocol-
lati�con�data�uguale�o�anteriore�a�quella�indicata.�

Volendo�cercare�solo�i�documenti�protocollati�in�una�specifica�data�ripe-
terla�in�entrambe�i�campi.�

Analoghe�considerazioni�valgono�per�la�data 
di 
inserimento 
dei�docu-
menti�nella�banca�dati.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

I�campi�di�seguito�elencati�sono�inseriti�mediante�scelta�da�menu�a�
tendina:�

avvocatura;�

tipo�affare;�

tipo�documento;�

fonti�tipiche�o�generiche�(riferimenti�normativi);�

iterazione�articolo�(riferimenti�normativi).�

Per�il�tipo 
documento 
se�nel�menu�a�tendina�sulla�sinistra�si�seleziona�la�
voce��atto 
defensionale�,�e�abilitato�il�secondo�menu�dove�e�possibile�specifi-
care�il�tipo�di�atto�defensionale.�

Nella�parte�centrale�della�maschera�e�disponibile�la�ricerca,�sui�canali�
testuali�di�seguito�elencati,�sulla�base�delle�parole�che�essi�contengono:�

testo�del�documento;�

massima;�

titolo�mobile.�

Per�ritrovare�i�documenti�che�contengono�contemporaneamente�piu�ter-
mini,�digitarli�separati�da�uno�spazio,�ad�esempio:��casa 
sequestro��(ricerca�
in�AND).�

Per�ritrovare�documenti�che�contengono�uno�dei�termini�elencati�sepa-
rarli�con�il�segno�uguale,�ad�esempio:��casa 
= 
sequestro��(ricerca�in�OR).�

La�selezione�della�casella�di�scelta�corrispondente�al�testo,�alla�massima 
oal�titolo 
mobile 
permette�di�indicare�in�quale�canale�devono�essere�presenti�
le�parole.�

La�ricerca�con�espansione�delle�parole,�attivabile�selezionando�la�casella�
di�scelta�espansione 
parole,�cerca�anche�le�parole�nella�forma�maschile,�nella�
forma�femminile�e�nelle�declinazioni�verbali.�

Il�tasto�pulisci�permette�di�ripulire�la�maschera�dai�valori�immessi.�

Il�tasto�ricerca�avanzata�permette�di�accedere�alla�maschera�per�la�
ricerca�avanzata.�

La 
maschera 
di 
ricerca 
avanzata 


Tramite�la�maschera�di�ricerca�avanzata�la�ricerca�puo�essere�compiuta�
anche�in�base�all'avvocato�redattore�dell'atto,�alla�parte�difesa�e�non�difesa,�
ai�riferimenti�normativi,�alla�classificazione�in�base�alla�questione�giuridica.�

Le�parti�che�compongono�la�stringa�della�ricerca�possono�essere�poste�
tra�loro�in��AND��o�in��OR��e�indicarne�tramite�le�parentesi�la�precedenza�
nell'esecuzione.�

Avvocato 


Per�riempire�il�campo�avvocato 
bisogna�fare�clic�sul�collegamento�Avvo-
cato 
situato�nella�parte�sinistra�della�pagina�di�ricerca�avanzata.�

Successivamente�si�apre�la�finestra�che�consente�la�scelta�dell'avvocato�
da�un�elenco�aggiornato�dinamicamente�dalla�banca�dati�professionale.�


SERVIZI�INFORMATICI�E�STATISTICI�

Per�reperire�il�nome�dell'avvocato�e�possibile,�alternativamente,�proce-
dere�in�uno�dei�seguenti�modi:�

inserire�le�prime�lettere�del�nome�avvocato�nella�casella�di�testo,�cio�
permettera�di�scorrere�automaticamente�l'elenco�fino�al�prima�voce�corri-
spondente,�nell'ipotesi�che�essa�esista;�

scorrere�manualmente,�mediante�la�barra�di�scorrimento,�l'elenco�
degli�avvocati�visualizzato�tramite�il�menu�a�tendina.�

Per�trasferire�il�nome�dell'avvocato�nell'opportuno�canale�di�ricerca�della�
maschera�di�ricerca�avanzata:�selezionare�un�nominativo�dall'elenco�e�fare�
doppio�clic�su�di�esso.�

Schema 
di 
classificazione 
questione 
giuridica 


Per�riempire�il�campo�materia 
bisogna�fare�clic�sul�collegamento�Materia 
situato�nella�parte�sinistra�della�pagina�di�ricerca�avanzata.�

Successivamente�si�apre�la�finestra�che�consente�la�scelta�della�materia�
da�un�elenco�aggiornato�dinamicamente�dalla�banca�dati�professionale.�

Nella�parte�piu�alta�della�finestra�e�presente�la�lista�aree�di�interesse.�La�
selezione�di�una�area�di�interesse�consente�di�ristringere�la�visualizzazione�
alle�sole�voci�di�primo�livello�che�vi�fanno�riferimento.�

Mediante�la�selezione�di�una�voce�di�primo�livello�e�possibile�visualiz-
zare�tutte�le�relative�voci�di�secondo�livello�nel�riquadro�sottostante.�

Mediante�la�selezione�di�una�voce�di�secondo�livello�e�possibile�visualiz-
zare�tutte�le�relative�voci�di�terzo�livello�nel�riquadro�sottostante�e/o�di�spo-
starla�all'interno�dell'opportuno�canale�di�ricerca�nella�pagina�principale.�

Per�eseguire�la�ricerca�occorre�fare�le�seguenti�azioni:�

1.�scegliere�una�voce�dal�menu�a�tendina�Area 
di 
interesse 
per�restrin-
gere�il�numero�voci�visualizzate�nell'area�di�testo�primo�livello.�
2.�fare�clic�su�una�voce�presente�nel�Primo 
livello 
per�visualizzare�le�
eventuali�sottovoci�nell'area�di�testo�Secondo 
livello.�
3.�compariranno�le�voci�nell'area�di�testo�Secondo 
livello;�
4.�fare�clic�su�una�voce�presente�nel�Secondo 
livello 
per�visualizzare�le�
eventuali�sottovoci�nell'area�di�testo�Terzo 
livello;�
5.�compariranno�le�voci�nell'area�di�testo�Terzo 
livello.�
Per�trasferire�la�voce�scelta�nell'opportuno�canale�di�ricerca�della�
maschera�di�ricerca�avanzata:�selezionare�una�voce�dall'elenco�e�fare�doppio 
clic 
su�di�essa.�

Per�chiudere�la�finestra:�fare�clic�sul�tasto�Chiudi.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Parte 
difesa 
e 
parte 
non 
difesa 


Per�riempire�il�campo�parte 
difesa 
bisogna�fare�clic�sul�collegamento�
Parte 
difesa 
situato�nella�parte�sinistra�dello�schermo�della�pagina�di�ricerca�
avanzata.�

Successivamente�si�apre�la�finestra�che�consente�la�scelta�della�parte�
difesa�da�un�elenco�aggiornato�dinamicamente�dalla�banca�dati�professio-
nale.�

Per�eseguire�la�ricerca�occorre�fare�le�seguenti�azioni:�

1.�scrivere�la�parte�cercata�nella�casella�di�testo;�
2.�fare�clic�sul�tasto�ricerca 
per 
parole;�
3.�se�la�ricerca�ha�avuto�esito�positivo,�le�voci�cercate�compariranno�
sottoforma�di�elenco�nella�area�di�testo�sottostante.�
Per�trasferire�la�voce�scelta�nell'opportuno�canale�di�ricerca�della�
maschera�di�ricerca�avanzata:�selezionare�una�voce�dall'elenco�e�fare�doppio 
clic 
su�di�essa.�

Per�chiudere�la�finestra:�fare�clic�sul�tasto�Chiudi.�

Mascheramento 


Inoltre�e�consentito�il�mascheramento�dei�termini,�utilizzando�nella�
casella�di�testo�uno�o�entrambi�i�caratteri�?�e�*.�

Il�carattere�?�permette�di�mascherare�un�singolo�carattere�nella�stringa�di�
caratteri�da�ricercare.�Il�carattere�*�permette�di�mascherare�piu�caratteri.�

Per�la�parte 
non 
difesa 
valgono�indicazioni�analoghe�a�quanto�qui�espo-
sto�per�la 
parte 
difesa.�

Riferimenti 
Normativi 


Per�riempire�il�campo�riferimenti 
normativi 
bisogna�fare�clic�sul�collega-
mento�Riferimenti 
normativi 
situato�nella�parte�sinistra�dello�schermo�della�
pagina�di�ricerca�avanzata.�

Successivamente�si�apre�la�finestra�che�consente�la�scelta�dei�riferimenti�
normativi�da�un�elenco�aggiornato�dinamicamente�dalla�banca�dati�profes-
sionale.�

Per�eseguire�la�ricerca�occorre�fare�le�seguenti�azioni:�

1.�riempire�almeno�uno�dei�canali�di�ricerca;�
2.�fare�clic�sul�tasto�OK;�
3.�se�la�ricerca�ha�avuto�esito�positivo,�le�voci�cercate�compariranno�
sottoforma�di�elenco�nella�area�di�testo�sottostante.�
Per�trasferire�una�voce�nell'opportuno�canale�di�ricerca�della�maschera�
di�ricerca�avanzata:�selezionare�una�voce�dall'elenco�e�fare 
doppio 
clic�su�di�
essa.�


SERVIZI�INFORMATICI�E�STATISTICI�

Per�eliminare�contemporaneamente�tutti�i�valori�immessi�nei�canali�di�
ricerca�dei�riferimenti 
normativi:�fare�clic�sul�tasto�azzera 
campi.�

Per�chiudere�la�finestra:�fare�clic�sul�tasto�Chiudi.�

Testo, 
massima, 
titolo 


Per�riempire�il�campo�testo 
bisogna�fare�clic�sul�collegamento�Testo 
situato�nella�parte�sinistra�dello�schermo�della�pagina�di�ricerca�avanzata.�

Successivamente�si�apre�la�finestra�che�permette�di�digitare�il�testo�nella�
casella�di�testo�e�poi,�facendo�clic�sul�tasto�Aggiungi,�di�inserire�direttamente�
nel�canale�di�ricerca�la�parola�scelta.�

E�possibile�inserire�direttamente�piu�parole.�Si�e�scelto�di�utilizzare,�dove�
le�funzionalita�dell'applicativo�lo�richiedevano,�la�seguente�convenzione�
riguardo�ai�simboli�indicanti�gli�operatori�logici:�

per�l'AND�logico�si�usa�il�singolo��spazio 
vuoto��tra�due�parole;�

per�l'OR�logico�si�usa�il�simbolo��=��tra�due�parole.�

Per�inserire�una�o�piu�parole�nel�campo�Testo 
della�maschera�di�ricerca�
avanzata:�

1.�digitare�la�parola�da�cercare�nella�casella�di�testo;�
2.�fare�clic�sul�tasto�Aggiungi.�
Per�consultare�i�sinonimi:�fare�clic�sul�tasto�Sinonimi.�Anche�questi�ter-
mini�possono�essere�aggiunti�nel�canale�di�ricerca�eseguendo�le�operazioni�
descritte�sopra.�

Per�chiudere�la�finestra:�fare�clic�sul�tasto�Chiudi.�

La�realizzazione�di�una�ricerca�avanzata�e�possibile�grazie�all'utilizzo�
degli�operatori�logici�AND�e�OR�in�quanto�essi�permettono�di�combinare�
ulteriormente�tra�loro�le�parole�nel�canale�di�ricerca.�

I�termini�possono�essere�messi�in�relazione�anche�in�base�alla�distanza�
tra�le�parole�tramite�il�pulsante��Vicino 
a�.�

Tramite�il�pulsante��distanza 
tra 
le 
parole��presente�nel�menu�sulla�sini-
stra�dello�schermo�puo�essere�variata�sia�la�distanza�tra�le�parole�sia�il�loro�
ordine�di�presentazione.�

Il�valore�standard�di�distanza�e�3.�

Per 
eseguire 
la 
ricerca 
selezionare 
l'espressione 
cercata 
e 
premere 
il 
pulsante 
�CERCA� 
nella 
maschera. 


Per�la�massima 
eil�titolo 
valgono�indicazioni�analoghe�a�quanto�qui�
esposto�per�il�testo.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Il 
risultato 
della 
ricerca 


Il�risultato�della�ricerca�riporta�le�seguenti�informazioni:�

la 
stringa 
della 
ricerca 
eseguita; 


il 
numero 
dei 
documenti 
trovati; 


il 
numero 
dei 
documenti 
visualizzati. 


I�documenti�sono�presentati�in�ordine�decrescente�in�base�alla�data�di�
inserimento�in�banca�dati�con�la�visualizzazione�dei�seguenti�elementi:�

sigla 
avvocatura; 


tipo 
affare; 


numero 
affare; 


anno 
affare; 


titoletto 
mobile 
in 
minuscolo. 


In�virtu�della�stretta�integrazione�con�il�sistema�gestionale�un�collega-
mento�ipertestuale�sul�codice�dell'affare�legale�consente�l'accesso�diretto�alle�
informazioni�relative�allo�stato�all'affare.�

Analogamente�dal�sistema�gestionale�e�possibile�visualizzarne�diretta-
mente�i�documenti�pertinenti�presenti�nella�banca�dati�professionale.�

Per�mezzo�di�ulteriori�collegamenti�ipertestuali�si�richiamano�le�seguenti�
informazioni:�

massima; 


dettagli 
che 
comprendono: 


parte�difesa;�

parte�non�difesa;�

riferimenti�normativi;�

materia�(questione�giuridica);�

avvocato;�

dati�di�protocollo.�

testo 
evidenziate; 


Il�testo�evidenziato�viene�mostrato�solo�quando�si�e�compiuta�
una�ricerca�per�parola�sul�canale��testo�.�Le�parole�trovate�sono�in�grassetto�
e�di�colore�blu.�

testo 
informato 
Word. 


Richiamando�la�voce�testo�Word�il�documento�viene�aperto.�Con�
il�pulsante�destro�del�mouse 
si�ha�la�possibilita�di�scaricare�il�documento�in�
locale�senza�aprirlo.�

titolo. 


Dott. 
CorradO 
DI 
BenedettO 
^Dott.ssA 
LiviA 
GolisanO 
della�UNISYS 
ItaliA 
S.p.A. 



IndicisistematiciIndicisistematici
1 
-ARTICOLI, 
NOTE, 
DOTTRINA, 
RECENSIONI 


La 
costituzione 
di 
parte 
civile 
nel 
processo 
penale. 
Atti1della1tavola1rotonda1
del171giugno12002.1Introduzione1di1LuigI 
Mazzella. 
Interventi1di:1
GuidO 
Calvi, 
PaolO 
VittoriO 
dI 
TarsiA 
dI 
Belmonte, 
GiovannI 
MariA 
Flick, 
GiuseppE 
Frigo, 
AntoniO 
Marini, 
GaetanO 
Pecorella, 
EmanuelE 
Squarcia. 
Comunicazioni1di:1GiannI 
CarlO 
Ferrero, 
StefanO 
Maccioni, 
UgO 
PiolettI 
.............. 
..... 
pag.1
EnniO 
AntoniO 
Apicella, 
recensione1a:1Iprocedimenti 
amministrativi 
tipici 
e 
il 
diritto 
di 
accesso 
nelleforze 
armate, 
di1Vito1Poli,1Vito1Tenore1....1.....1�13521
FedericO 
Basilica, 
LuigI 
Mazzoncini, 
Il 
caso 
Raiway. 
Il 
diniego 
della 
cessione 
delle 
quote 
non 
denota 
un 
eccesso 
di 
potere. 
Il 
Tar 
Lazio 
torna 
ad 
occuparsi 
degli 
attipolitici 
. 
. 
. 
. 
. 
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. 
. 
. 
. 
. 
�1821
FedericO 
Basilica, 
ChiarA 
Serafini, 
La 
ragionevole 
durata 
delprocesso 
alla 
luce 
di 
una 
recente 
proposta 
di 
modifica 
della 
legge 
Pinto 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
�13291
MauriziO 
Borgo, 
Revoca 
della 
confisca 
nei 
procedimenti 
antimafia: 
regime 
delle 
spese 
utili 
alla 
conservazione 
dei 
beni 
. 
.. 
... 
.. 
.. 
.. 
... 
.. 
.. 
... 
.. 
. 
�7161
TommasO 
Capezzone, 
Domande 
da 
porsi 
quando 
si 
cerca 
in 
una 
banca 
dati 
giuridica 
... 
.. 
.. 
... 
.. 
.. 
... 
.. 
.. 
... 
.. 
.. 
... 
.. 
.. 
.. 
... 
.. 
.. 
... 
.. 
. 
�13551
IgnaziO 
FrancescO 
Caramazza, 
Pubblica 
Amministrazione 
e 
tutela 
del 
cittadino 
. 
. 
. 
. 
. 
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. 
. 
. 
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. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
�13191
FilippO 
Curcuruto, 
recensione1a:1Le 
nuove 
controversie 
delpubblico 
impiego 
privatizzato 
e 
gli 
uf
ff
ici 
del 
contenzioso, 
di1GiustinA 
Noviello, 
PaolO 
Sordi, 
EnniO 
AntoniO 
Apicella, 
VitO 
TenorE 
............ 
..... 
�1351


370 
RASSEGNAAVVOCATURADELLOSTATO 
CorradO 
DI 
Benedetto, 
LiviA 
Golisano, 
Come�si�cerca�nella�banca�dati�
professionale�dell'Avvocatura�dello�Stato�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�pag.�361 
OscaR 
Fiumara, 
Sulla�legittimita�delle�tariffe�professionaliforensi�.�.�.�.�.�.�.�.�.�� 
46 
OscaR 
Fiumara, 
Sull'illegittimita�di�un�regime�sanzionatorio�differenziato�dei�
non�residenti�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�� 
59 
SergiO 
Laporta, 
L'indennita�difunzione�per�i�giudici�dipace�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�� 
173 
MariA 
VittoriA 
Lumetti, 
L'esecuzione�delle�misure�cautelari�del�giudice�
amministrativo�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�� 
338 
SarrE 
Pirrone, 
Il�regime�tariffario�dell'importazione�delle�banane�.�.�.�.�.�.�.�.�.�� 
137 
RobertO 
Sarra, 
Ricorso�avverso�il�silenzio�dell'Amministrazione:�un�freno�
all'estensione�dei�poteri�decisori�del�giudice�amministrativo�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�� 
146 
2-S�E�N�T�E�N�Z�E�
CORTEDIGIUSTIZIAEUROPEA 
Plenum,�19febbraio2002,causaC-35/1999 
Comunita�europee�^Concorrenza�^Tariffa�obbligatoria�degli�onorari�d'avvo-
cato�^Deliberazione�del�Consiglio�nazionale�forense�^Approvazione�ministe-
riale�^Compatibilita�.�.........................................pag.�46 
Sez.5.,7marzo2002,causaC-145/1999 
Comunita�europee�^Diritto�di�stabilimento�e�libera�prestazione�dei�servizi�^
Accesso�alla�professione�di�avvocato�ed�esercizio�della�stessa.�............o 
� 
52 
Sez.6.,19marzo2002,causaC-224/2000 
Comunita�europee�^Principio�di�non�discriminazione�^Trasgressori�del�codice�
della�strada�^Trattamento�differenziato�su�base�al�luogo�di�immatricolazione�
del�veicolo�^Proporzionalita�...................................o 
� 
60 
CORTEDICASSAZIONE 
Sez.lavoro,16febbraio2002,n.2287 
Procedimento�civile�^Lavoro�(controversie�di)�^Incompetenza�del�Pretore�(a�
favore�del�Tribunale)�^Sopravvenuta�istituzione�del�giudice�unico�di�primo�
grado�^Conseguenze�derivanti�dall'attribuzione�delle�controversie�al�Tribunale�
in�composizione�monocratica�^Rilevanza�ai�soli�effetti�del�rito�applicabile.�
Ordinamento�giudiziario�^Magistrati�onorari�^Giudici�di�pace�^Compensi�^
Indennita�giudiziaria�^Non�spetta.�..............................o 
� 
173 



INDICISISTEMATICI 
371

TRIBUNALE 
DI 
REGGIO 
CALABRIA, 
sezo 
misure 
di 
prevenzione, 
19marzo2002(senza 
numero) 
Misure�di�prevenzione�^Patrimoniali�^Legge�n.�575/1965�^Confisca�disposta�
dal�Tribunale�e�successivamente�revocata�dalla�Corte�di�Appello�^Approvazione�
conto�di�gestione�^Opposizione�dell'ex�proposto�in�ordine�alla�imputazione�delle�
spese�sostenute�nell'ambito�del�relativo�procedimento�^Legittimazione�passiva�
dell'Agenzia�delle�entrate�e�dell'Agenzia�del�demanio�^Non�sussiste�^Legitti-
mazione�passiva�del�Ministero�dell'Economia�e�delle�Finanze�^Sussiste.�
Misure�di�prevenzione�^Patrimoniali�^Legge�n.�575/1965�^Confisca�disposta�
dal�Tribunale�e�successivamente�revocata�dalla�Corte�di�Appello�^Approvazione�
conto�di�gestione�^Opposizione�dell'ex�proposto�in�ordine�alla�imputazione�delle�
spese�sostenute�nell'ambito�del�relativo�procedimento�^Diversa�disciplina�delle�
�spese�necessarie�o�utili�per�la�conservazione�e�l'amministrazione�dei�beni��
(art.�2-octies, 
primo�comma�della�legge�n.�575/1965)�e�delle��somme�per�il�
pagamento�del�compenso�all'amministratore,�per�il�rimborso�delle�spese�da�lui�
sostenute�per�i�suoi�coadiutori�e�quelle�di�cui�al�comma�4�dell'art.�2-septies��
(art.�2-octies, 
terzo�comma�della�legge�n.�575/1965)�^Imputabilita�allo�Stato�
delle�sole�somme�di�cui�all'art.�2-octies,�terzo�comma�della�legge�n.�575/1965�pago 
180 
TRIBUNALEDITRENTO,20novembre2001,n.1029 
Opposizione�ad�ingiunzione�fiscale�^Recupero�diritti�doganali�^Legittimita�del�
ricorso�all'ingiunzione�fiscale�come�atto�di�accertamento�tributario.�
Organizzazione�comune�del�mercato�europeo�delle�banane�^Interposizione�fitti-
zia�di�operatori�c.d.��nuovi�arrivati��^Legittimita�dell'applicazione�del�regime�
tariffario�intero�............................................o 
� 
141 
CONSIGLIODISTATO,Adunanza 
Plenaria, 
9gennaio2002,n.1 
Silenzio�della�P.A.�^Silenzio�rifiuto�^Art.�21-bis, 
legge�n.�1034/1971,�intro-
dotto�dall'art.�2�legge�n.�205/2000�^Poteri/doveri�del�G.A.�^Verifica�della�pre-
tesa�sostanziale�del�ricorrente�^Impugnazione�^Accertamento�della�violazione�
dell'obbligo�di�provvedere�^Natura�vincolata�.......................o 
� 
164 
TRIBUNALEAMMINISTRATIVOREGIONALEDELLAZIO,sez.3.-bis, 
6marzo2002,n.1682 
Silenzio�della�P.A.�^Silenzio�rifiuto�^Art.�21-bis, 
legge�n.�1034/1971,�intro-
dotto�dall'art.�2�legge�n.�205/2000�^Poteri/doveri�del�G.A.�^Verifica�della�pre-
tesa�sostanziale�del�ricorrente�^Impugnazione�^Accertamento�della�violazione�
dell'obbligo�di�provvedere�^Natura�vincolata�.......................o 
� 
168 
TRIBUNALE 
AMMINISTRATIVO 
REGIONALE 
DEL 
LAZIO, 
sez.2., 
12marzo2002,n.1897 
Telecomunicazioni�^Servizio�pubblico�radiotelevisivo�^Negozio�di�cessione�
azionaria�della�Rai�nella�societa�che�gestisce�installazione�ed�esercizio�degli�
impianti�^Previa�autorizzazione�ministeriale�^Necessita�.�
Competenza�e�giurisdizione�^Cessione�della�partecipazione�azionaria�della�Rai�
nella�societa�affidataria�degli�impianti�tecnici�^Provvedimento�autorizzatorio�
del�Ministro�delle�Comunicazioni�^Non�e�atto�politico^Giurisdizione�esclusiva�
del�giudice�amministrativo.�


372 
RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�
Competenza�e�giurisdizione�^Cessione�della�partecipazione�azionaria�della�Rai�
nella�societa�affidataria�degli�impianti�tecnici�^Provvedimento�autorizzatorio�
^Rientra�nella�competenza�del�Ministro�delle�Comunicazioni.�
Telecomunicazioni�^Servizio�pubblico�radiotelevisivo�^Cessione�del�capitale�
azionario�della�societa�che�gestisce�gli�impianti�^Perdita�di�fatto�del�controllo�
^Provvedimento�negativo�del�Ministro�^Legittimita�.�...�.....�.....�.....�pago 
239�
3�-P�ARERI�
A.G.S.,�23�ottobre�2000,�n.�108136�
Cose�aventi�interesse�storico-artistico:�a) 
beni�di�interesse�storico-artistico�di�
proprieta�di�enti�pubblici�non�inseriti�negli�elenchi�previsti�dall'art.�4�legge�
1.�giugno�1939,�n.�1089:�a�quali�condizioni�possa�ritenersi�sussistente�il�vinc
olo�ex�legge�n.�1089/39�cit; 
b) 
societa�per�azioni�derivanti�da�trasformaz
ione�di�ente�pubblco�economico�(nella�specie�Ferrovie�dello�Stato�S.p.a.):�
se�ai�beni�di�interesse�storico-artistico�delle�ridette�societa�si�applichi�la�
disciplina�di�cui�agli�articoli�4�legge�n.�1089/1939�e�5�d.lgs.�n.�490/1999�
(consultivo�n.�8177/2000,�avv.�D'Amato)�....�......�.....�.....�.....�pago 
253�
A.G.S.,�11�novembre�2000,�n.�115247�
Rimborso�^ex�art.�18�d.-l.�n.�67/1997�^al�dipendente�statale�delle�spese�da�lui�
sostenute�per�difendersi�in�un�procedimento�penale�aperto�a�suo�carico�in�
dipendenza�di�fatti�connessi�con�l'espletamento�del�servizio:�se�possa�spett
are�al�dipendente�nei�confronti�del�quale�l'A.G.�abbia�dichiarato�non�
doversi�procedere�essendo,�il�reato�contestato,�estinto�per�prescrizione�.�.�.���258�
A.G.S.,�11�novembre�2000,�n.�115248�
Appalti�di�opere�pubbliche:�somme�iscritte�in�riserva�a�titolo�di�risarcimento�
del�danno:�cumulo�di�interessi�e�rivalutazione�monetaria�sulle�stesse:�se�
spetti�^edeventualmente�in�quali�limiti^all'appaltatore�...�.....�.....���259�
A.G.S.,�17�novembre�2000,�n.�117457�
Patrociniodelle�aziende�Policlinici�universitari�..�......�.....�.....�.....���262�
A.G.S.,�17�novembre�2000,�n.�117697�
Contenzioso�relativo�ai�canoni�richiesti�dall'Amministrazione�per�gli�attravers
amenti�aerei�di�terreni�di�proprieta�dello�Stato,�con�linee�elettriche,�senza�
infissione�a�terra�di�pali�o�altri�manufatti�di�sostegno:�direttive�di�massima���263�
A.G.S.,�30�novembre�2000,�n.�122417�
Rapporto�tra�foro�erariale�e�foro�inderogabile�per�le�locazioni�.�.....�.....���268�
A.G.S.,9dicembre�2000,n.�125321�
Giurisdizione�delle�commissioni�tributarie�sui�ricorsi�contro�il�ruolo�emesso�
per�la�riscossione�di�tributi�per�i�quali�la�cognizione�delle�controversie�e�
riservata�al�G.O.�in�riferimento�al�momento�della�presentazione�dei�ricorsi���269�


INDICI�SISTEMATICI�373 
A.G.S., 
19 
gennaio 
2001, 
n. 
5313 
Problemi�applicativi�della�legge�n.�205/2000�al�giudizio�pensionistico�dinanzi�
alla�Corte�dei�conti:�a) 
rappresentanza�e�difesa�delle�amministrazioni�dello�
Stato;�b) 
regime�di�impugnazione�delle�ordinanzecautelari�.�.....�.....�pago 
270�
A.G.S., 
19 
gennaio 
2001, 
n. 
5315 
Definibilita�ai�sensi�dell'art.�2-quinquies 
d.l.�n.�564/1974�delle�liti�fiscali�
originate�da�atto�di�accertamento�notificato�successivamente�al�31�dicemb
re�1994�ma�basato�su�p.v.c.�notificato�al�contribuente�anteriormente�a�
tale�data�......�.....�.....�......�.....�......�.....�.....�.....���273�
A.G.S., 
24 
gennaio 
2001, 
n. 
7395 
Ammissibilita�ad�una�gara�per�l'aggiudicazione�di�pubblica�fornitura�di�una�
medesima�impresa�sia�singolarmente,�sia�come�componente�di�un�raggrupp
amentotemporaneo�di�imprese�.....�.....�......�.....�.....�.....���275�
A.G.S., 
5 
febbraio 
2001, 
n. 
14720 
Rappresentanza�e�difesa�in�giudizio�delle�istituzioni�scolastiche�autonome�da�
partedell'Avvocatura�delloStato�....�.....�......�.....�.....�.....���276�
A.G.S., 
5 
marzo 
2001, 
n. 
30628 
Violazioni�valutarie�^Successioni�di�leggi�^Applicazione�dell'art.�23-bis 
del�
d.P.R.�n.�148/1988�^Fattispecie�di�violazioni�di�leggi�penali�successivam
ente�depenalizzate�^Differenze�rispetto�alle�fattispecie�divenute�lecite���278�
A.G.S., 
7 
marzo 
2001, 
n. 
31976 
Potere�di�rinuncia�e�transazione�da�parte�del�Comitato�Agevolazioni�istituito�
presso�il�Ministero�del�Commercio�con�l'Estero�.....�.....�.....�.....���281�
A.G.S., 
15 
marzo 
2001, 
n. 
34936 
Legittimita�del�licenziamento�senza�preavviso�nei�confronti�di�un�dipendente�
che�abbia�presentato�nel�corso�del�procedimento�disciplinare�le�proprie�
dimissioni,�con�la�precisazione�di�non�osservare�i�termini�di�preavviso���284�
A.G.S., 
15 
marzo 
2001, 
n. 
35230 
Natura�giuridica�degli�accordi�tra�scuole�per�la�costituzione�di�reti�scolastiche.�
Differenze�rispetto�alla�partecipazione�a�consorzi�pubblici�o�privati�(art.�7�
d.P.R.�n.�275/1999)�.�.�.�.....�......�.....�......�.....�.....�.....���287�
A.G.S., 
22 
marzo 
2001, 
n. 
38467 
Procedimento�penale�promosso�nei�confronti�di�dipendente�statale�in�conseg
uenza�di�fatti�connessi�al�servizio�espletato�e�definito�con�declaratoria�di�
prescrizione�del�reato:�se�^ed�eventualmente�a�quali�condizioni�^spetti�al�
suddetto�dipendente�il�rimborso�delle�spese�legali�sostenute�per�difendersi�
nelprocedimento�di�cuisopra�......�.....�......�.....�.....�.....���292�


374RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�
A.G.S., 
7 
maggio 
2001, 
n. 
54325 
Responsabilita�amministrativa�dei�funzionari�per�mancata�riscossione�di�
diritti�indebitamente�percepiti�entro�il�termine�di�prescrizione:�se�il�fatto�
dannoso�^ai�fini�della�decorrenza�del�termine�di�prescrizione�dell'azione�
di�responsabilita�^sia�da�ricollegarsi�alla�data�di�scadenza�del�termine�
triennale�di�prescrizione�del�diritto�di�riscossione�^Distinzione�tra�diritti�
spettanti�all'Amministrazione�italiana�e�risorse�proprie�della�Comunita�
Europea�......�.....�.....�......�.....�......�.....�.....�.....�pago 
292�
A.G.S., 
15 
maggio 
2001, 
n. 
57844 
Restituzione�di�diritti�di�confine�versati�per�l'importazione�di�semilavorati�
impiegati�per�la�costruzione�di�navi�mercantili�esportate�verso�paesi�terzi:�
a) 
se�l'espressione��materie�prime��debba�essere�interpretata�in�senso�
restrittivo�ovvero�possa�estendersi�anche�ai�semilavorati;�b) 
rilevanza,�ai�
fini�della�restituzione,�dellaannotazione�neiregistri�materieprime��....���294�
A.G.S., 
21 
maggio 
2001, 
n. 
60347 
Procedimento�di�imposizione�di�servizi�per�impianti�di�telecomunicazioni�ed�
opere�accessorie:�a) 
se�nel�silenzio�dell'art.�234�del�d.P.R.�n.�156/1973�sia�
da�considerarsi�omesso�il�subprocedimento�di�cui�all'art.�30�legge�n.�2359/�
1865;�b) 
modalita�di�versamento�dell'indennita�di�esproprio;�c) 
conse-
guenza�dell'occupazione�del�fondo�per�la�realizzazione�delle�opere�senza�
emanazione�del�provvedimento�di�asservimento�.....�.....�.....�.....���297�
A.G.S., 
5 
giugno 
2001, 
n. 
66082 
Se�l'amministrazione�tenuta�a�versare�direttamente�al�coniuge�separato�del�
proprio�dipendente�l'assegno�di�mantenimento,�nel�caso�di�sospensione�
dal�servizio�di�quest'ultimo,�sia�obbligata�a�corrispondere�per�intero�^oltre�
all'assegno�di�mantenimento�al�coniuge�^anche�l'assegno�alimentare�al�
dipendente�....�.....�.....�......�.....�......�.....�.....�.....���302�
A.G.S., 
5 
giugno 
2001, 
n. 
66398 
Diritto�di�accesso,�diritto�alla�riservatezza�e�tutela�del�segreto�industriale:�se�
sia�assentibile�la�richiesta�di�accesso�all'offerta�di�R.T.I.�presentata�in�gara�
esplorativa�da�partedi�impresa�concorrente�.�......�.....�.....�.....���303�
A.G.S., 
8 
giugno 
2001, 
n. 
67783 
Ammissibilita�di�autorizzazione�ex�art.�7�legge�n.�1497/1939�per�interventi�rea-
lizzati�abusivamente�in�area�vincolata�e�per�i�quali�sia�stata�avanzata�
istanza�di�sanatoria�alla�luce�dei�piu�recenti�orientamentoi�del�Consiglio�
di�Stato�......�.....�.....�......�.....�......�.....�.....�.....���304�


INDICI�SISTEMATICI�

A.G.S.,5luglio 
2001,n.76843 
Parere�in�materia�di�rimborso�di�spese�legali�in�favore�dei�dipendenti�dell'Ente�
Nazionale�delle�strade�(confronto�con�la�normativa�del�C.C.N.L.;�conflitto�
d'interessi;�livello�delle�tariffe;�applicazione�della�normativa�ai�giudizi�
dinanziallaCorte�deiconti)�.�.�......�.....�......�.....�.....�.....�pago 
308�
A.G.S., 
8 
ottobre 
2001, 
n. 
108773 
Individuazione�dei�criteri�da�seguirsi�per�l'adozione�del�fermo�amministrativo�
a�tutela�di�crediti�derivanti�da�fatti�causativi�di�danno�erariale,�in�pen-
denza�di�giudizio�contabile�e/o�penale,�con�particolare�riguardo�a:�
a) 
possibilita�di�individuare�un�valore�minimo�al�di�sopra�del�quale�atti-
vare�la�misura�del�fermo�amministrativo;�b) 
spettanza�o�meno�di�interessi�
e�rivalutazione�sulle�somme,�gia�sottoposte�a�fermo�amministrativo�poi�
revocato,�spettanti�al�dipendente�a�titolo�di�emolumenti�stipendiali,�pen-
sionistici�oassistenziali�.�......�.....�.....�......�.....�.....�....���311�
A.G.S., 
20 
ottobre 
2001, 
n. 
114121 
Inapplicabilita�del�criterio�del��foro�erariale��alle�controversie�in�materia�di�
previdenza�e�assistenza�quando�l'Amministrazione�convenuta�fruisce�del�
patrociniodell'Avvocatura�dello�Stato�.....�......�.....�.....�.....���314�
A.G.S., 
17 
dicembre 
2001, 
n. 
134001 
Difensore�civico�istituito�presso�la�Regione�Campania;�individuazione�delle�
relative�potesta�dei�suoi�provvedimenti,�nonche�degli�eventuali�obblighi�
che�ne�derivano�in�capo�ad�Amministrazioni�statali�^Individuazione�delle�
Amministrazioni�statali�destinatarie�di�detti�provvedimenti�.�.....�.....���315�