ANNO LIV -N. 1 GENNAIO-MARZO 2002 PUBBLICAZIONETTRIMESTRALETDITSERVIZIO ISTUTOPOLGRAFICOEZECCADOSTATO ROMAT2002 ComitatO scientifico: Presidente:�Luigi Mazzella. Componenti:�Franco Coppi ^Giuseppe Guarino ^Natalino Irti ^Eugenio Picozza ^Franco Gaetano Scoca. DirettorE responsabile: Oscar Fiumara ^Condirettore:�Giuseppe Fiengo. ComitatO dI redazione: Giacomo Aiello ^Vittorio Cesaroni ^ Roberto de Felice ^Maurizio Fiorilli ^Andrea Liberati ^Antonio Palatiello ^Giovanni Paolo Polizzi ^Mario Antonio Scino ^Francesco Sclafani ^ Tito Varrone. HannO collaboratO inoltrE aL presentE numero: Ennio Antonio Apicella ^Federico Basilica ^Guido Calvi ^Tommaso Capezzone ^ Ignazio Francesco Caramazza ^Carla Colelli ^Filippo Curcuruto ^ Corrado Di Benedetto ^Paolo Vittorio di Tarsia di Belmonte ^ Gianni Carlo Ferrero ^Giovanni Maria Flick ^Giuseppe Frigo ^Livia Golisano ^Sergio Laporta ^Maria Vittoria Lumetti ^Stefano Maccioni ^ Antonio Marini ^Luigi Mazzoncini ^Gaetano Pecorella ^Ugo Pioletti ^ Sarre Pirrone ^Roberto Sarra ^Chiara Serafini ^Emanuele Squarcia. SegreteriA dI redazione: Francesca Pioppi. Telefono:�066829431�^E-mail:�rassegna@avvocaturastato.it ABBONAMENTI�ANNO�2002� ITALIA�ESTERO� ABBONAMENTO�ANNUO�....................�. 41,32 . 77,47 UNNUMEROSEPARATO�.....................�. 11,88 . 20,66 Prezzi�doppi,�tripli,�quadrupli�ecc.�per�tutti�quei�fascicoli�che,� stampati�in�unico�volume,�sostituiscono�altrettanti�numeri� della�prevista�periodicita�annuale.� Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: ISTITUTO�POLIGRAFICO�E�ZECCA�DELLO�STATO Funzione�Editoria P.zza�Verdi,�10�^00198�Roma Numero�verde�800864035 Fax�0685084117 E-mail:�editoriale@ipzs.it c/c�postale�n.�387001 Stampato in Italia ^Printed in Italy Autorizzazione�Tribunale�di�Roma�^Decreto�n.�11089�del�13�luglio�1966� (5604361/1)�Roma,�2002��Istituto�Poligrafico�e�Zecca�dello�Stato�^S.� INDICE^SOMMARIO Editoriale............................................. Pag.�I TemiistituzionalI ....................................... �1 Lacostituzionedipartecivilenelprocessopenale�.......................��1 Interventiecomunicazionidi: LuigiMazzella ........................................... � 1 GiovanniMariaFlick ...................................... � 2 GuidoCalvi ............................................. � 6 PaoloVittoriodiTarsiadiBelmonte ........................... � 12 GaetanoPecorella......................................... � 17 AntonioMarini........................................... � 20 GiuseppeFrigo........................................... � 27 EmanueleSquarcia ........................................ � 32 UgoPioletti ............................................. � 33 GianniCarloFerrero ...................................... � 37 StefanoMaccioni ......................................... � 42 Ilcontenziosodell'unioneeuropeA .......................... � 45 1.Ledecisioni.�.�.�.�.�...�..�..�...�..�..�...�..�..�...�..�..�..�...�..�..�...�..�..�� 46 ��Sulla�legittimita�delle�tariffeprofessionaliforensi�,Plenum,19febbraio 2002,C-35/1999.............................................. � 46 ��Sull'accesso�e�l'esercizio�della�professione�forense�, sez.5a,7marzo 2002,C-145/1999............................................. � 52 ��Sull'illegittimita�di�un�regime�sanzionatorio�differenziato�dei�non�resi a denti�,sez.6,19marzo2002,C-224/2000 .......................... � 59 2.IgiudiziincorsoallaCortediGiustiziaCEE�........................�� 65 Ilcontenziosonazionale.................................. � 137 SarrePirrone,Il�regime�tariffario�dell'importazione�delle�banane�.�.�.�.�.�.�.�.�� 137 RobertoSarra,Ricorso�avverso�il�silenzio�dell'Amministrazione:�un�freno� all'estensione�dei�poteri�decisori�del�giudice�amministrativo.�Documentazionea � 146 curadi MarioAntonioScino.................................... SergioLaporta,L`indennita�difunzioneperigiudicidipace.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�� 173 MaurizioBorgo,Revoca�della�confisca�nei�procedimenti�antimafia:�regime� dellespeseutiliallaconservazionedeibeni�............................�� 176 FedericoBasilica,LuigiMazzoncini,Il�caso�Raiway.�Documentazionea � 182 curadiVittorioCesaroni........................................ IpareridelcomitatoconsultivO ............................ � 253 Dal23ottobre2000al17dicembre2001 ........................ � 253 ContributididottrinA ................................... � 319 Ignazio Francesco Caramazza, Pubblica�Amministrazione�e�tutela�del� cittadino�.....................................................�� 319 FedericoBasilica,ChiaraSerafini,La�ragionevole�durata�del�processo�alla� lucediunarecentepropostadimodificadellaleggePinto�.................�� 329 Maria Vittoria Lumetti, L'esecuzione�delle�misure�cautelari�del�giudice� amministrativo.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�..�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�� 338 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Recensioni............................................. Giustina Noviello, Paolo Sordi, Ennio Antonio Apicella, Vito Tenore, Le nuove controversie sulpubblico impiegoprivatizzato e gli uffici del contenzioso. Recensione di FilippoCurcuruto............................. Vito Poli, Vito Tenore, I procedimenti amministrativi tipici e il diritto di accesso nelleforze armate. Recensione di EnnioAntonioApicellA ....... Pag. � � 351 351 352 ServiziinformaticiestatisticI .............................. Tommaso Capezzone, Domande da porsi quando si cerca in una banca dati giuridica . . ... .. .. ... .. .. ... .. .. ... .. .. ... .. .. .. ... .. .. ... .. .. Corrado Di Benedetto, Livia Golisano, La banca dati professionale dell'Avvocatura Generale dello Stato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . � � � 355 355 361 IndicisistematicI ........................................ � 369 EditorialE Apartire da questo numero, la Rassegna dell'Avvocatura dello Stato propone alcuni cambiamenti nella linea editoriale. Il piu� importante e� l'istituzione di un Comitato scientifico, presie- duto dall'Avvocato Generale Luigi Mazzella e composto dai professori Franco Coppi, Giuseppe Guarino, Natalino Irti, Eugenio Picozza e Franco Gaetano Scoca. La Rivista vuole continuare ad essere essenzialmente una �pubblica- zione di servizio� ma, nella misura in cui la sua esistenza e gli scritti in essacontenutidannoidentita� adun'areaculturalepropriadell'Avvocatura dello Stato e delle amministrazioni da essa difese, avverte il bisogno di un confronto con il mondo accademico e scientifico e di aprirsi a signifi- cative esperienze esterne. La seconda innovazione e� invece figlia del tempo. Non e� piu� ragionevole fondare la struttura di una rivista giuridica prevalente- mente sulla rassegna delle sentenze e delle massime giurisprudenziali: la concorrenza di Internet rende ilprodotto obsoletoprima ancora di nascere. Da qui la scelta di puntare su una informazione diversa, spe- cifica e mirata su aspetti istituzionali e di diritto applicato nonfacil- mente riproducibili dagli altri strumenti che operano nel mondo del- l'informazione giuridica. Inquesto quadro ilLettore trovera� , apartiredaquestonumero, le prime due rubriche specialistiche: la prima sul contenzioso dell'Unione europea, incentrata sopratutto sul resoconto dei giudizi in corso per l'in- terpretazione e la corretta applicazione del Trattato CE e delle altre norme comunitarie, la seconda destinata alla pubblicazione, compatibil- mente con la esigenza di riservatezza delle amministrazioni destinatarie e delle persone eventualmente interessate direttamente, dei pareri del IIRASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Comitato�consultivo.�Queste�consultazioni�dell'Avvocatura�Generale,� ancorche�occasionate�da�specifiche�liti�o�questioni�concrete,�finiscono,� infatti,�per�avere�una�notevole�incidenza�sull'attivita��amministrativa.�La� loro�pubblicazione�sulla�Rassegna�of ffre�all'operatore,�anche�esterno� all'Amministrazione,�lapossibilita�diutilizzareunnuovoparticolarestru- mento�di�lavoro.� Quanto�alla�tradizionale�rassegna�della�giurisprudenza,�sara��cura� della�redazione,�in�collaborazione�con�le�Sezioni�in�cui�e��ora�operativa- mente�articolata�l'Avvocatura�Generale�dello�Stato,�continuare�a�dare� conto�dei�casi�giudiziari�piu��significativi,�che�possono�mettere�in�luce� momenti�innovativi�della�giurisprudenza�o�linee�importanti�nella�difesa� erariale.� I�contributi�dottrinari,�le�recensioni�e�una�timida�attenzione�ai�pro- blemi�dell'informatica�completano�il�quadro�della�Rivista,�che�resta�tutta- via�in�questa�fase�caratterizzata,�essenzialmente,�dal�tentativo�aperto�a� nuove�linee�editoriali.� Ed�e��naturale�che,�nel�momento�in�cui�si�sperimentano�le�nuove� forme�della�Rassegna�dell'Avvocatura�dello�Stato,�il�pensiero�vada�alla� memoria�del�vice�avvocato�generale�Ugo�Gargiulo,�che�ne�e��stato�per� oltre�trent'anniildirettoreechehafondato�lecaratteristichepercuila� rivista�e��statafino�ad�oggi�conosciuta�e�apprezzata.� Ugo�Gargiulo�aveva�anche�una�specifica�formazione�nel�diritto� amministrativo.�Autore�di�studi�sul�processo�amministrativo�e�tributario� e,�successivamente,�di�una�monografia�sugli�organi�collegiali,�libero� docente�di�diritto�amministrativo,�professore�incaricato�di��tecnica�del- l'organizzazione�e�dei�servizi�amministrativi��presso�l'Universita��di� Napoli,�Ugo�Gargiulo�attraverso�la�direzione�della�rivista�ha�identificato� validamente�un'epoca�dell'Avvocatura�dello�Stato.� Valgono�al�riguardo�le�parole�di�commiato�dell'Avvocato�Generale� dell'epoca:��desidero�ringraziarla�vivamente�per�la�collaborazione�pre- stata�nella�direzione�e�redazione�della�rassegna�dell'Avvocatura�dello� Stato,�che�le�hanno�dato�modo�di�porre�in�evidenza�la�profonda�cultura� giuridica,�la�vastapreparazione�e�capacita��professionale,�la�serieta��e�l'im- pegno�posto�nell'espletamento�dell'incarico,�che�con�piena�consapevolezza� delle�Sue�elette�qualita��,�anche�di�temperamento�e�di�carattere,�le�e��stato� affidato�.� La�direzione� TemiIstituzionaliTemiIstituzionali La costituzione di parte civile nel processo penale Atti�della�tavola�rotonda presso�l`Avvocatura�Generale�dello�Stato�del�7�giugno�2002. InterventI Avv.�Luigi�Mazzella�^Avvocato�Generale�dello�Stato;� Prof.�Avv.�Giovanni�Maria�Flick�^Giudice�della�Corte�Costituzionale;� Sen.�Prof.Avv.�GuidoCalvi^Membrodella2.CommissioneGiustiziadel� Senato;� Avv.�Paolo�Vittorio�di�Tarsia�di�Belmonte�^Vice�Avvocato�Generale�dello� Stato;� On.�Prof.�Avv.�Gaetano�Pecorella�^Presidente�della�2.�Commissione�Giu- stizia�della�Camera�dei�Deputati;� Dott.�Antonio�Marini�^Sostituto�Procuratore�Generale�presso�la�Corte� d'Appello�di�Roma;� Prof.�Avv.�Giuseppe�Frigo�^Presidente�dell'Unione�Camere�Penali�Ita- liane;� Avv.�Emanuele�Squarcia�^Avvocato�in�Roma.� ComunicazionI Prof.�Ugo�Pioletti�^Professore�affidatario�di�Diritto�penale�dell'economia� all'Universita�degli�Studi�di�Camerino;� Avv.�Gianni�Carlo�Ferrero�^Avvocato�distrettuale�presso�l'Avvocatura� distrettuale�dello�Stato�di�Torino;� Avv.�Stefano�Maccioni�^Responsabile�nazionale�di�Giustizia�per�i�Diritti�^ Cittadinanzattiva.� Roma,�l|�7�giugno�2002.� DAL�DIBATTITO� Luigi Mazzella. Vi�ringrazio�di�essere�venuti�per�questo�primo�appunta- mento�di�una�serie�che�l'Avvocatura�dello�Stato�intende�organizzare�per�esa- minare�problemi�che�riguardano�la�nostra�vita�professionale�e�che�vuole�sot- toporre�a�dibattito�e�a�discussione,�in�relazione�a�tutto�quello�che�sta�un�po'� avvenendo�nel�processo�di�unificazione�europea.�La�necessita�di�omologare� 2RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO in qualche modo i vari ordinamenti in maniera da non avere discrepanze vistose tra le scelte che sono state effettuate dai diversi Paesi e� una necessita� evidente. Un primo tema riguarda la costituzione di parte civile nel processo penale. Pensiamo, a breve, di proporre un altro incontro che dovrebbe riguar- dare l'oralita� nel processo civile, amministrativo e tributario. Comunque di questo avrete notizia e speriamo di potere organizzare il relativo convegno in breve tempo. Prima di fare la mia breve introduzione al tema vorrei pregare il giudice costituzionale Prof. Avv. Giovanni Maria Flick di venire al banco della presi- denza, che cederei a lui per il tempo che potra� dedicarci. Giovanni Maria Flick. Grazie, sono onorato. Sono rammaricato per due ragioni. La prima e� che, purtroppo, per impegni fuori Roma nel pomeriggio, potro� trattenermi soltanto fino alle dodici meno un quarto. Mi scuso, quindi, con i relatori che non riusciro� a seguire. Sono rammaricato anche per una seconda ragione: come giudice costi- tuzionale io non devo parlare, se non attraverso le sentenze della Corte. Anche se mi piacerebbe molto poter discutere con Voi su queste tematiche, il mio ruolo istituzionale mi impone di limitarmi ad ascoltare con molta attenzione quanto oggi sara� detto sui pro e contro la parte civile, e sulle possibili contraddizioni tra un processo di tipo accusatorio e la presenza al suo interno della parte civile; presenza che, secondo qualcuno, si porrebbe in contrasto con l'esigenza dell'imparzialita� , in quanto si tradurrebbe in un rilevante aiuto al pubblico ministero, anche in rapporto alla psicologia del giudice. Posso solo promettere che ascoltero� con attenzione cio� che verra� detto, e leggero� con altrettanta attenzione cio� che dalle dodici meno un quarto non potro� ascoltare; il mio parere cerchero� poi di esprimerlo nelle inevitabili pro- nunce della Corte su queste tematiche. Credo che il compito del moderatore sia prima di tutto quello di essere moderato e di lasciar parlare gli altri e quindi do subito la parola all'amico Mazzella per l'introduzione del tema. Luigi Mazzella. Sotto ogni ordinamento giuridico, chi subisce un danno ha il diritto di farselo risarcire da chi glielo ha procurato, con un'azione giu- diziaria che si definisce �civile�. In taluni ordinamenti quando il danno e� la conseguenza di un reato, l'a- zione civile puo� essere esercitata anche in una sede che si puo� definire non propria: e� quanto avviene, ad esempio, con la c.d. costituzione di parte civile nel processo penale. Quando, in altre parole, sulla base di un'azione diretta al perseguimento del crimine e di una raccolta corretta di prove operate da un pubblico accu- satore, deve concretarsi l'intento del giudice di infliggere una condanna penale al colpevole, la persona danneggiata puo� inserirsi in quel contesto e chiedere anche il ristoro del suo danno individuale e privato. TEMI�ISTITUZIONALI� Gli�ordinamenti�che�escludono�ogni�commistione,�nello�stesso�processo,� di�esigenze�penalistiche�e�di�istanze�civilistiche�sono,�in�via�di�larga�esemplifi- cazione,�quelli�di�derivazione�anglosassone.�Le�ragioni�che�vengono�indicate� a�sostegno�della�preclusione�sono�molteplici�e�possono�cos|�sintetizzarsi:� a) la�presenza�della�parte�civile�nel�processo�penale�compromette�il� duello�ad�armi�pari�tra�accusa�e�difesa�normalmente�protetto�e�garantito�dal- l'ordinamento�costituzionale�di�ogni�paese�civile,�squilibrando�le�forze�in� campo�a�favore�dell'accusa�che�finisce�con�l'essere�congiuntamente�pubblica� e�privata.�Non�e�un�caso�che�in�taluni�ordinamenti�(Germania)�la�parte�civile� nel�processo�penale�e�definita��accusatore�sussidiario�;� b) nei�processi�indiziari�dall'esito�spesso�aleatorio�(e�ritenuto�per�que- sto�solo�fatto�dalla�maggior�parte�della�Dottrina�poco�scientifico�e�razionale)� dove,�pero�,�la�pressione�dell'opinione�pubblica�per�la�ricerca�ad�ogni�costo� di�un�capro�espiatorio�e�stringente�e�talora�ossessiva,�la�presenza�di�una�parte� civile,�spinta�da�naturale�ed�inevitabile��emozionalita��,�certamente�non�favo- risce�la�necessaria�serenita�del�giudice�che,�invece,�dovrebbe�essere�distaccato� freddamente�dai�fatti.� c) la�costituzione�di�parte�civile�nel�processo�penale�compromette�la� celerita�di�quest'ultimo,�rendendolo�piu�lungo,�articolato,�complesso�e�com- plicato.�E�con�cio�ponendolo�contro�i�requisiti�di�quel��giusto�processo��che� si�esaurisca�in�tempi�ragionevoli,�fortemente�voluto�dai�dettami�della�Con- venzione�dei�Diritti�dell'Uomo.� Le�conseguenze�dell'esclusione�della�presenza�privata�nel�processo� penale,�nell'ordinamento�inglese,�ad�esempio,�sono�molto�rigorose:�alla�vit- tima�del�reato��oltre�a�non�esserle�riconosciuto�alcun�ruolo�attivo,�com'e� ovvio��non�sono�date�neppure�notizie�sull'evoluzione�del�procedimento,�ne� dell'eventuale�decisione�di�archiviare,�ne�addirittura�della�stessa�confessione� di�colpevolezza�dell'accusato.� Gli�ordinamenti�che,�dal�polo�opposto,�consentono�la�costituzione�di� parte�civile�nel�processo�penale�affermano,�prevalentemente,�di�ispirarsi� meramente�ad�una�ragione�pragmatica�diretta�alla�tutela�degli�interessi�del� danneggiato�ed�escludono�in�modo�espressamente�dichiarato�(com'e�nel�caso� italiano)�che�essa�risponda�sia�pure�lontanamente�al�diverso�principio� �secondo�cui�deve�consentirsi�la�partecipazione�al�processo�della�persona� nei�cui�confronti�l'accertamento�e�destinato�a�valere�come�verita�oggettiva,� con�forza�di�giudicato�.� Con�cio�volendosi�sottintendere�che�una�partecipazione�volta�a�fine�dif- ferente�da�quello�pratico�della�maggiore�prontezza�nella�salvaguardia�degli� interessi�civilistici�del�danneggiato�sarebbe�un�fuor�d'opera�negativamente� valutabile.� Ovviamente,�le�contraddizioni�con�tali�principi�di�separazione�non�man- cano�di�farsi�rilevare.� In�Francia,�ad�esempio,�la�permanenza�della�parte�civile�nel�processo� penale,�anche�dopo�l'avvenuto�risarcimento�del�danno�da�parte�dell'imputato,� sottolinea�con�buona�evidenza�e�sul�piano�strettamente�penale�un�aspetto� per�cos|�dire��vendicativo��dell'istituto.� 4RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO In�Germania,�come�si�e�gia�detto,�la�costituzione�della�parte�civile�quale� �accusatore�sussidiario��e�ammessa�sia�pure�solo�per�alcuni�particolari�e� gravi�reati.� Anche�sotto�tale�ultimo�profilo�diversi�sono�i�casi�dell'Inghilterra�e�del� Belgio.�Nel�primo�paese,�l'ordinamento,�senza�cessare�di�informarsi�rigorosa- mente�al�principio�dell'uguaglianza�di�armi�tra�accusa�e�difesa,�consente�alla� vittima�di�un�reato�di�adire�direttamente�il�giudice,�dopo�il�vaglio�del��Crown Prosecution Service�,�nell'ipotesi,�per�la�verita�piuttosto�remota,�in�cui�l'ac- cusa�pubblica,�per�sue�non�indagabili�valutazioni,�non�intenda�avviare�essa� stessa�il�procedimento�penale.�La�sussidiarieta�nell'azione�penale�dell'inizia- tiva�del�privato�danneggiato�non�intacca,�in�tale�caso,�il�principio�della��par condicio��tra�accusa�e�difesa�e�puo�persino�tornare�utile�per�un�parziale�sgra- vio�di�lavoro�dei�pubblici�accusatori.�In�Belgio,�la�situazione�e�ancora� diversa:�qui�vige�il�principio�della�opportunita�dell'azione�penale�rimessa�alla� valutazione�del�Procuratore�del�Re�e�la�parte�civile,�per�supplire�all'eventuale� inerzia�del�pubblico�ministero,�puo�mettere,�essa�stessa,�in�moto�l'azione� penale�pubblica�che�sara�in�tal�caso�decisa�da�un�giudice��la��chambre du conseil���e�non�dal�pubblico�ministero.� Un�aspetto�ulteriore�del�delicato�rapporto�tra�azione�penale�ed�azione� civile�per�lo�stesso�fatto�e�dato�dalla�possibilita�di�intervento�a�scopo�risarci- torio�per�enti�titolari�di�interessi�collettivi.� La�giurisprudenza�dei�paesi�in�cui�la�costituzione�di�parte�civile�nel�pro- cesso�penale�e�ammessa,�tende�ad�allargare�sempre�di�piu�i�confini�dell'inter- vento,�con�conseguenze�ulteriormente�significative�sia�sul�piano�della��par condicio��tra�accusa�e�difesa�che�su�quello�della�complicazione�e�lungaggine� della�causa.� Il�processo�di�integrazione�in�atto�nell'Unione�europea�conferisce�ulte- riore�delicatezza�ad�un�problema�che�per�le�conseguenze�che�ne�derivano�e� gia�di�per�se�meritevole�della�massima�attenzione�da�parte�di�politici�e�giuristi� interessati�alla�politica�giudiziaria.� Aprire�un�dibattito�su�questo�tema�appare,�quindi,�come�un'esigenza� improcrastinabile�soprattutto�dopo�le�recenti�iniziative�di�Strasburgo�ed�ita- liane�(c.d.�legge�Pinto)�sulla�equa�riparazione�per�i�ritardi�processuali.� E�soprattutto�dopo�che�qualche�giudice,�sia�pure�con�insoddisfacente� motivazione,�ha�ritenuto�di�richiamare�l'attenzione�sulla�inadeguatezza�della� soluzione�italiana�ai�principi�del�giusto�equilibrio�tra�accusa�e�difesa,�solle- vando�dubbi�sulla�legittimita�costituzionale�delle�norme�che�prevedono�la� costituzione�di�parte�civile�nel�processo�penale.� Anche�se�in�realta�il�problema�non�sembra�potersi�porre�sotto�il�profilo� della�legittimita�e�della�conformita�dell'intervento�al�dettato�costituzionale,� sembra�opportuno�porselo�sotto�quello,�di�ben�altra�natura,�di�una�corretta� politica�giudiziaria�ai�fini�dell'integrazione�europea,�della�snellezza�e�rapidita� dei�processi,�dell'attuazione�del�principio�costituzionale�del��giusto�processo�� e�del�rispetto�dei�diritti�fondamentali�dell'Uomo.� TEMI�ISTITUZIONALI� La�questione�non�e�priva�di�riflessi�indiretti�anche�per�l'Avvocatura�dello� Stato�che,�attraverso�le�costituzioni�di�parte�civile�nei�processi�penali,�subisce� un�aggravio�notevole�di�lavoro,�reso�piu�ingiustificato,�sotto�il�profilo�del�rap- porto�costo-benefici,�dal�fatto�che�con�minore�dispendio�di�energie�(si�pensi� alla�defatigante�presenza,�e�non�solo�in�aula,�di�uno�o�piu�avvocati�dello� Stato�per�le�molteplici�incombenze�legate�alla�strutturazione�complessa,�pro- pria�del�processo�penale)�in�sede�civile�sarebbe�possibile�ottenere�lo�stesso� risultato.�Tanto�piu�che�nella�stragrande�maggioranza�dei�casi�il�giudice� penale�si�limita�proprio�a�rinviare�la�parte�davanti�al�giudice�civile�per�la� liquidazione�del�danno�che�eventualmente�ritenga�sussistente.� Giovanni Maria Flick. L'Avvocato�Generale�ha�impostato�il�problema� tanto�bene�da�stimolarmi�ad�una�serie�di�brevi�riflessioni,�da�proporre�come� possibili�interrogativi�agli�amici�che�interverranno,�per�poi�ascoltare�e�medi- tare�le�loro�risposte:�e�cio�,�naturalmente,�senza�derogare�alla�premessa�di� doveroso�riserbo�che�ho�avanzato�in�precedenza.� Muoviamo,�dunque,�da�una�parte�civile�che�si�afferma�storicamente�sul� tronco�del�processo�di�tipo�inquisitorio,�caratterizzato�dai�principi�di�unita� della�giurisdizione�e�di�prevalenza�del�giudizio�penale�(in�quanto�finalizzato� alla�ricerca�della��verita�materiale�),�con�conseguente�pregiudizialita�necessa- ria�del�processo�penale�rispetto�a�quello�civile�di�danno:�pregiudizialita�da� cui�deriva�la�necessita�di�ospitare�l'azione�civile�nell'ambito�del�processo� penale,�al�fine�di�evitare�che�essa�resti�paralizzata�durante�il�corso�di�questo.� Stiamo�effettuando�la��lunga�marcia��verso�un�processo�accusatorio,� ispirato�a�principi�opposti:�separazione�dei�giudizi,�indipendenza�del�giudizio� civile,�celerita�ed�immediatezza�come�esigenze�di�fondo�del�processo�penale.� Ricordo�ancora,�al�riguardo,�il�parere�della�Commissione�consultiva�sul�pro- getto�preliminare�del�codice�di�procedura�penale�del�1978,�che�esprimeva�per- plessita�circa�la�scelta�di�far�entrare�l'azione�civile�nel�processo�penale.� L'Avvocato�Generale�ha�richiamato�con�molta�precisione�le�ragioni�pro� e�contro�l'unico�processo.� Le�ragioni�pro:�l'economia�processuale,�con�la�celebrazione�di�un�solo� processo,�in�luogo�di�due,�evitando�costose�duplicazioni�di�attivita�istruttorie;� l'uniformita�dei�giudicati;�la�tutela�piu�sollecita�della�vittima�del�reato.� Le�ragioni�contro:�l'economia�processuale�e�solo�apparente,�perche�l'in- tervento�della�parte�civile�nel�processo�penale�lo�appesantisce,�secondo�la� vecchia�regola�per�cui�in�natura�e�nel�diritto�nulla�si�crea�e�nulla�si�distrugge,� e�quello�che�si�guadagna�da�un�lato�lo�si�perde�dall'altro.�E,�d'altra�parte,�la� stessa�duplicazione�del�giudizio�viene�evitata�raramente,�perche�di�solito�in� sede�penale�si�accerta�soltanto�l'an debeatur,�mentre�per�la�determinazione� del�quantum si�va�quasi�sempre�dal�giudice�civile.� Inoltre��e�lo�vedo�nella�mia�esperienza�di�giudice�costituzionale��l'a- zione�civile,�una�volta�ospitata�nel�processo�penale,�finisce�per�essere�in�parte� sacrificata�alle�sue�esigenze�ed�alle�sue�regole.�Ed�ancora:�la�parte�civile�lucra� un�privilegio�che�non�e�dato�a�chi�esercita�l'azione�civile�nella�sua�sede�natu- rale,�in�quanto�puo�contare,�per�realizzare�i�propri�obiettivi,�sull'attivita�inve- stigativa�svolta�dagli�organi�inquirenti,�mentre�davanti�al�giudice�civile�si�tro- RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� verebbe�integralmente�gravata�dall'onere�della�prova.�Ha�dunque�un�vantag- gio,�ma�lo�ricambia,�perche�rafforza�il�pubblico�ministero,�assumendo�spesso� il�ruolo�di��accusa�privata�,�fiancheggiatrice�di�quella�pubblica:�penso,�al� riguardo,�soprattutto�alle�ipotesi�emblematiche�in�cui�le�richieste�risarcitorie� passano�in�secondo�piano,�come�quando�viene�chiesto�un�risarcimento� nummo uno o�ci�si�impegna�a�devolvere�la�somma�liquidata�a�fini�di�utilita� sociale.� Si�e�sostenuto,�altres|��e�lo�ha�ricordato�gia�l'Avvocato�Generale�c he�la�presenza�di�parte�civile�nel�processo�penale�puo�provocare�effetti�di� suggestione,�in�rapporto�all'aspirazione�del�giudice�a�rendere�comunque�giu- stizia�alla�vittima,�che�di�solito�coincide�con�la�parte�civile.� In�tale�situazione,�le�domande�che�vorrei�porre�agli�amici�politici�ed� esperti�riguardano�la�tenuta�e�la�validita�della�soluzione�eclettica�adottata� nel�nostro�sistema,�per�cui,�da�un�lato,�sulla�scia�della�tradizione,�viene�con- servata�la�possibilita�per�il�danneggiato�di�promuovere�l'azione�civile�in�sede� penale;�ma,�dall'altro�lato,�tale�iniziativa�viene�configurata�come�meramente� facoltativa�rispetto�al�promovimento�dell'azione�civile�nella�sede�sua�propria� anche�in�pendenza�del�procedimento�penale:�favorendosi,�anzi,�tra�le�due� opzioni,�la�seconda�(favor separationis).�Mentre,�poi,�si�e�cercato�di�depurare,� almeno�in�astratto,�la�parte�civile�dai�profili�di�ambivalenza��attore�civile- accusa�privata��attribuendo�una�serie�di�poteri�sia�alla�persona�offesa�dal� reato�in�quanto�tale,�sia�agli�enti�rappresentativi�di�interessi�lesi�dal�reato:� onde�dovrebbero�essere�questi�i�soggetti�che,�nella�sistematica�del�codice,� incarnano�l'interesse�della�vittima�alla�punizione�del�colpevole.� Qualcuno�ha�sollevato�pero�il�dubbio��lo�dico�come�mera�constata- zione,�affidando�l'esame�del�tema�alle�relazioni��che�in�questo�sistema�di� compromesso�convivano�due�principi�ispiratori�confliggenti:�la�disincentiva- zione�e�il�garantismo.�All'accentuata�tendenza�a�far�rifluire�l'azione�risarcito- ria�fuori�del�processo�penale�(disincentivazione)�corrisponde,�infatti,�un�dove- roso�e�sensibile�rafforzamento�delle�garanzie�processuali�della�parte�civile,� una�volta�costituita,�che�fa�acquistare�alla�stessa�la�veste�di�contraddittore� quasi�paritetico�dell'imputato:�quindi�garantismo,�che�in�qualche�modo�con- traddice�alla�disincentivazione.� Ora,�qual�e�il�vostro�giudizio�su�questo�assetto?�E�qual�e�,�soprattutto,�il� vostro�giudizio�alla�luce�dell'art.�111�Cost.,�che�sancisce,�da�un�lato,�la�parita� delle�parti,�e,�dall'altro,�la�ragionevole�durata�del�processo?� Vedo�che�il�primo�a�parlare�sara�il�senatore�Prof.�Guido�Calvi,�al�quale� do�la�parola,�chiedendo�scusa�per�queste�brevi�ed�asettiche��ma,�vi�assi- curo,�molto�sentite��riflessioni�e�domande�preliminari�che�vi�ho�affidato.� Guido Calvi. Giovanni�Maria�Flick�ha�posto�con�rigore�problemi�che� sono�al�centro�della�nostra�conversazione�e�della�nostra�riflessione.�Vorrei� dire�subito�di�non�credere�che�la�scelta�del�legislatore�dell'89�sia�stata�un� compromesso.�Credo�invece�sia�stata�un�forte�passo�in�avanti�che�pero�non� ha�trovato�gli�ulteriori�e�necessari�sviluppi�ma�e�andato�involvendosi�sempre� piu�in�contraddizioni�che�hanno�radicato�la�presenza�asistematica�di�elementi� di�diversi�modelli�processuali.�E�allora�tentero�brevemente�di�ricostruire,�sia� TEMI�ISTITUZIONALI� pure�in�termini�di�teoria�generale,�il�problema�della�parte�civile.�La�dottrina� ha�elaborato�in�tema�proprio�di�parti�del�processo�un�assai�ricco�apparato� di�classificazioni�di�concetti�nei�quali�e�riflesso�nient'altro�che�il�mutare�del� modo�di�considerare�in�termini�generali�i�problemi�del�processo�penale.�In� via�molto�sintetica�solitamente�si�conclude�dicendo�che�la�parte�civile�e�un� istituto�necessario�in�un�sistema�inquisitorio,�mentre�invece�e�da�escludere�in� un�sistema�accusatorio.�E�una�semplificazione,�in�parte�vera,�ma�non�del� tutto�soddisfacente.�Ritengo�invece�che�i�temi�su�cui�affrontare�le�domande� che�ci�sono�state�poste�per�trovare�una�possibile�soluzione�siano�altri,�e�piu� precisamente�due.� Il�primo�e�la�disciplina�delle�parti�nel�processo�e�il�secondo�e�il�rapporto� tra�processo�civile�e�processo�penale.� Non�e�sufficiente�affermare�che�il�processo�di�parti�e�un�processo�atti- nente�al�modello�accusatorio,�mentre�un�processo�non�di�parti�attiene�al� modello�inquisitorio,�perche�anche�quest'ultimo�e�un�processo�di�parti.�Il� problema�e�valutare�quali�siano�i�poteri�che�le�parti�hanno�all'interno�dei�sin- goli�sistemi.�Molto�brevemente�ricostruiro�come�nasce�l'istituto.� Sappiamo�che�l'istituto�della�parte�civile�nasce�in�Francia�e�fu�Guillot� che�commentando�l'ordonnance criminelle (l'art.�63)�scriveva�che�il�nucleo� della�disciplina�dettata�nel�codice�criminale�si�fonda�sulla�possibilita�che� chiunque�si�ritenga�leso�dal�reato�puo�costituirsi�part civile devant le judje d'instrunction.E�la�prima�formulazione�chiara�e�netta�della�costituzione�di� parte�civile.�Naturalmente�e�entrata�nel�nostro�ordinamento�attraverso�i� codici�napoleonici�e�poi�il�codice�sardo.�Il�gran�merito�del�codice�Rocco�e� nell'avere�per�primo�dato�una�sistemazione�ampia�e�comprensiva�del�pro- blema�delle�parti.�Costruzione�certamente�soddisfacente�dal�punto�di�vista� sistematico�ma�non�soddisfacente,�ovviamente,�dal�punto�di�vista�ideologico,� per�rendere,�come�dire,�in�sintesi,�la�censura�che�e�stata�mossa�a�questo�tipo� di�processo.� Basterebbe�ricordare�quanto�scriveva�Manzini:�nel�processo�penale,� �rispetto�al�suo�contenuto�caratteristico,�cioe�per�quanto�attiene�al�suo�conte- nuto�penale,�non�vi�sono�parti�nel�senso�del�processo�civile.�Il�processo� penale�come�il�processo�proprio�della�cosiddetta�giustizia�amministrativa�e�,� se�pur�cos|�si�puo�dire,�un�processo�a�parte�unica�(l'imputato),�giacche�l'accu- satore�e�parte�soltanto�in�senso�formale�.�Insomma�e�s|�un�processo�di�parti� pero�una�parte,�come�affermava�Mayer,�l'imputato,�non�e�parte�ma�e�fonte� di�prova.�Il�pubblico�ministero�non�puo�essere�parte�perche�rappresenta�lo� Stato�e�lo�Stato�non�e�parte.�Quindi,�come�vedete,�e�una�sistemazione�molto� speciale,�in�cui�vi�sono�parti�ma�in�realta�l'unica�parte�vera�e�la�parte�civile,� che�si�chiama�proprio�cos|�,�le�altre�non�sono�parti.�Quindi�possiamo�conclu- dere�che�in�un�sistema�inquisitorio�qual'e�il�codice�Rocco,�non�siamo�in�un� processo�di�parti.�E�qui�il�nodo�vero�del�nostro�sistema.�Invece�il�nuovo� codice�ha�voluto�un�radicale�mutamento�di�questo�quadro.�Poco�fa�Flick� ricordava,�e�giustamente,�che�l'istituto�della�costituzione�di�parte�civile�e�con- nesso�ad�alcuni�principi:�il�principio�della�unita�della�giurisdizione�e�della� prevalenza�del�processo�penale.�Pero�sono�assiomi�che�hanno�un�valore�circo- RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� scritto�e�ambiguo,�valgono�nel�senso�che�si�puo�esattamente�affermare�il�con- trario.�Non�c'e�nulla�che�consenta�di�affermare�che�il�processo�penale�deve� comunque�prevalere.�Medesima�considerazione�riguarda�l'unita�della�giuri- sdizione.� Non�capisco�perche�non�possono�esserci�conflitti�di�giurisdizione:�basti� pensare�al�processo�Simpson�negli�Stati�Uniti,�assolto�nel�penale�e�condan- nato�nel�civile;�non�scandalizza�un�conflitto�di�questo�genere,�pero�se�si� afferma�che�caposaldo�nel�nostro�ordinamento�e�questo�tipo�di�principio�e� chiaro�che�il�legislatore�deve�assolutamente�ammettere�la�partecipazione�del� danneggiato�al�processo�penale.� Ho�forti�riserve�sulla�necessita�della�presenza�della�parte�civile�nel�pro- cesso�penale.� Spesso�e�una�presenza�che�turba�un�equilibrio,�nel�senso�che�puo�influen- zare�in�qualche�modo�il�giudice.�Basti�pensare�a�quando�la�parte�civile�con- clude�chiedendo�un�risarcimento�simbolico.�E�chiaro�che�la�finalita�della�sua� presenza�non�attiene�al�risarcimento�ma�attiene�alla�condanna�dell'imputato,� snaturando�quindi,�completamente�la�finalita�e�l'equilibrio�del�processo.�In� realta�,�e�qui�la�grande�novita�,�il�nuovo�processo�penale�e�venuto�meno�al� rigore�dei�principi�di�cui�si�faceva�cenno�poco�fa,�perche�in�realta�e�venuta� meno�la�pregiudizialita�necessaria�e�questo�era�il�secondo�tema,�il�rapporto� processo�civile,�processo�penale.� Se�c'e�una�pregiudizialita�necessaria�in�quanto�si�presuppone�l'unita� della�giurisdizione�e�chiaro�che,�venuto�meno�il�principio�della�pregiudizialita� necessaria,�viene�meno�anche�il�principio�della�unita�della�giurisdizione.� Quindi,�credo�che�sia�stato�un�forte�passo�avanti�il�fatto�che�il�legislatore� abbia�ritenuto�preferibile�rimettere�allo�stesso�danneggiato�la�valutazione� della�concreta�opportunita�di�seguire�l'una�o�l'altra�strada,�cioe�avvalersi�nel� processo�penale�degli�strumenti�di�indagine�e�dei�mezzi�di�acquisizione�della� prova�oppure�di�avvalersi�in�sede�civile�delle�presunzioni�probatorie�stabilite� dalla�legge�in�determinate�materie.�Ecco,�a�me�sembra�che�questa�scelta�sia� stata�una�scelta�che�meritava�di�avere�sviluppi.� Quando�il�Parlamento�ha�deciso�di�modificare�la�Costituzione�con� l'art.�111�ha�fatto�una�scelta�non�sempre�sufficientemente�compresa.�Si�e�par- titi�dall'idea�che�la�nostra�carta�costituzionale�non�definisce�il�modello�del� processo,�a�differenza�di�altre�costituzioni.�Nel�nostro�sistema�non�vi�era� una�definizione�di�processo.�Vi�era�una�prima�parte�ove�si�stabilivano�alcune� garanzie�per�l'imputato�e�una�seconda�parte�dove�si�approntavano�taluni�isti- tuti,�quale�il�Consiglio�Superiore,�a�tutela�della�autonomia�e�della�indipen- denza�della�magistratura.�Ma�non�si�fissavano�criteri�per�identificare�un� modello�di�processo.�Di�qui�l'azione�ondivaga�della�Corte�Costituzionale.� Occorre�ricordare�il�forte�impulso�che�ebbe�la�Corte�nei�primi�anni�`70�per� rinnovare�e�rendere�piu�garantito�il�processo.� Talune�decisioni�successive�hanno�stabilito�non�essere�incostituzionale� l'istituto�del�Pretore�che�era�contemporaneamente�Pubblico�Ministero,�giu- dice�istruttore�e�giudice.�E�cio�derivava�proprio�dal�fatto�che�non�vi�era�un� modello�di�processo.� TEMI�ISTITUZIONALI� Ora�invece�con�l'art.�111�abbiamo�voluto�stabilire�che�nel�nostro�Paese�il� modello�e�un�modello�fondato�sulla�contrapposizione�di�parti�le�quali�argo- mentano�davanti�ad�un�giudice�terzo�che�dovra�decidere�nella�piu�piena�indi- pendenza�e�autonomia.�Quindi�questo�salto�e�stato�fatto�ed�e�stato�fatto�in� modo�assai�mirato,�al�punto�che�all'interno�poi�del�nostro�sistema�codicistico� abbiamo�ridescritto�l'intero�quadro�dei�criteri�di�valutazione�della�prova.�E� stato�uno�sforzo�che�ha�visto�contrapposti�non�tanto�maggioranza�e�opposi- zione,�ma�Camera�e�Senato.�L'elaborazione�riformista�era�cos|�seria�e�appro- fondita�che�non�vi�erano�presunzioni�di�carattere�politico�e�ideologico.� Insomma�il�modello�scelto�dal�Parlamento�e�stato�quello�del�sistema�accusa- torio.�E�chiaro�che�sarebbe�stato�necessario�uno�sviluppo�ulteriore�del�nostro� sistema�processual-penalistico�nella�direzione�del�sistema�accusatorio.�Per� quello�che�riguarda�la�parte�civile�non�vi�e�dubbio�che�a�questo�punto��eli- minata�la�presunzione�necessaria�e�stabilita�questa�forma�di�passaggio�inter- medio,�per�cui�e�rimessa�alla�parte�offesa�la�scelta�di�costituirsi�nel�processo� penale�oppure�di�esercitare�la�sua�azione�risarcitoria�soltanto�nel�sistema� civilistico��un�ulteriore�passo,�se�non�altro�per�una�sistematicita�nel�nostro� ordinamento,�doveva�essere�quello�di�giungere�a�una�scelta�radicale,�defini- tiva.�Occorre�addivenire�ad�un�sistema�nel�quale�il�pubblico�ministero�rap- presenta�certamente�la�legge,�e�la�parte�offesa�a�questo�punto�ha�la�sede�risar- citoria�nel�processo�civile.�E�chiaro�che�l'unica�influenza�che�il�processo� penale�potra�avere�nel�processo�civile�e�soltanto�quando�si�accerta�che�l'im- putato�non�ha�commesso�il�fatto:�in�questo�caso�e�chiaro�che�l'esercizio�dell'a- zione�civile�subisce�una�regressione.�Non�e�neanche�vera�l'obiezione�che�il� problema�della�economicita�diviene�piu�modesto.�I�processi�si�raddoppiano,� tanto�e�vero�che�in�sede�penale�vi�e�una�sopravvalutazione�dell'operativita� della�parte�civile�che�non�ottiene�sempre�il�risarcimento.�Ottiene,�tavolta,�un� risarcimento�provvisorio,�parziale,�poi�dovra�promuovere�causa�civile,�se� necessario.�Quindi�vi�e�in�realta�una�distonia�che�e�tipica�dell'intero�nostro� sistema�ordinamentale.�Cioe�noi�viviamo�una�stagione�molto�singolare�per- che�abbiamo�fatto�una�scelta�radicale�di�modello�ma�non�siamo�stati�ancora� in�grado�di�realizzarlo�fino�in�fondo,�e�soprattutto�abbiamo�mantenuto�all'in- terno�del�nostro�sistema�molte�parti�del�vecchio�sistema�inquisitorio�che�si� sono�sovrapposte�al�nuovo�sistema�accusatorio,�creando�una�situazione� ormai�insostenibile.�Il�processo�e�ingestibile�per�questa�ragione.�Non�perche� abbiamo�scritto�l'art.�111�della�Costituzione,�come�spesso�ci�viene�rimprove- rato,�ma�perche�abbiamo�fatto�poi�troppo�poco.�Dobbiamo�eliminare�quella� parte�residuale�di�sistema�inquisitorio�che�permane.�Voglio�dire�che�tanto� piu�forti�sono�i�criteri�di�valutazione�della�prova�e�i�poteri�della�difesa,�tanto� meno�deve�essere,�per�esempio,�presente�una�impugnabilita�tanto�estesa�da� ridursi�ad�una�mera�forma�senza�connotati�sostanziali�di�garanzia.� L'impugnabilita�cos|�forte�nel�sistema�inquisitorio�nasceva�proprio�dal� fatto�che�la�difesa�era�espunta�dall'istruttoria�e�non�aveva�poteri�di�accerta- mento.�Ora�con�le�investigazioni�difensive,�con�la�partecipazione�ancora�limi- tata�ma�certamente�piu�forte,�e�chiaro�che�c'e�una�relativa�incompatibilita� con�un�sistema�che�invece�era�fondato�sulla�estraneita�del�difensore�e�quindi� la�garanzia�era�nella�reiterazione�della�impugnazione�al�fine�di�verificare�la� 1O RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� sussistenza�o�meno�della�veridicita�o�la�congruita�di�quella�sentenza.�Quindi� dobbiamo�proseguire�nella�direzione�che�il�sistema�accusatorio�esige,�cos|�la� parte�civile�trovera�nella�sede�piu�propria,�che�e�quella�civile,�il�riconoscimento� dei�suoi�diritti.�In�realta�l'incongruita�e�l'erroneita�di�talune�scelte�del�legislatore� si�sono�fatte�sentire�nel�momento�in�cui,�dicevo�poco�fa,�ci�sono�stati�segni�assai� pregnanti,�quando�la�Corte�Costituzionale�e�il�legislatore�hanno�inciso�sulla� sistematicita�del�nuovo�codice.�E�allora�nel�momento�in�cui�nel�nostro�sistema,� con�il�nuovo�codice,�si�elimina�la�pregiudizialita�necessaria�e�quindi,�si�stabilisce� il�limite�entro�cui�ci�si�puo�costituire�parte�civile,�si�distingue�tra�parte�offesa�e� parte�danneggiata,�c'e�una�sistemazione�nuova�che�preclude�ad�una�revisione� della�presenza�della�parte�civile�nel�processo�penale.�Nel�contempo,�proprio� dal�'91�in�poi,�vi�sono�leggi�sulle�quali�occorre�riflettere.� Quando�ad�esempio�con�la�legge�157�del�'91�si�afferma�che�la�CONSOB� e�ammessa�ad�esercitare�i�diritti�e�le�facolta�attribuiti�dal�codice�di�procedura� penale�alla�persona�offesa�dal�reato�nonche�le�facolta�consentite�dagli�arti- coli�505�e�511,�e�chiaro�che�si�inserisce�un�cuneo�nella�sistematicita�del�nostro� ordinamento.�Nel�momento�in�cui�si�tende�ad�allontanare�la�presenza�non� sempre�utile�all'interno�del�processo�penale�di�parti�civili,�ecco�che�improvvi- samente�si�stabilisce�che�la�CONSOB�puo�essere�presente�nel�processo.�Ma� ancora,�vi�sono�leggi�assai�preoccupanti,�proprio�perche�c'e�una�totale�oblite- razione�degli�indirizzi�generali�del�codice�di�procedura�penale�e�del�contenuto� soprattutto�dell'art.�212�delle�disposizioni�di�attuazione.�Infatti�la�legge�188� del�'90�sulla�tutela�della�ceramica�artistica�tradizionale�riconosce�il�diritto�di� costituirsi�parte�civile�nei�procedimenti�penali�relativi�all'uso�illegittimo�del� marchio.�E�ancora�la�legge�5�febbraio�'92,�la�104,�legge�quadro�per�l'assi- stenza�e�l'integrazione�sociale�e�i�diritti�delle�persone�handicappate,�ha�attri- buito�tale�potere�al�difensore�civico�e�alle�associazioni,�alle�quali�risulta� iscritta�la�persona�handicappata.� In�altre�parole,�a�fronte�della�rinnovazione�sistematica�del�nostro�codice� il�legislatore�ha�inserito�tutta�una�serie�di�devianze�che�hanno�fortemente� inciso�sulla�sistematicita�della�normativa.�Il�primo�effetto�e�che�la�giurispru- denza�si�e�sempre�di�piu�allargata�nella�ammissibilita�della�presenza�della� parte�offesa�nel�processo�penale.�Non�voglio�togliere�ancora�tempo�alla�rifles- sione�dei�miei�colleghi,�pero�la�mia�preoccupazione�e�che,�di�fronte�a�scelte� molto�lineari�che�vanno�dal�codice�del�1989�fino�alla�riforma�del�giusto�pro- cesso,�in�realta�vi�e�una�cultura�giurisprudenziale�e�una�politica�del�diritto� che�hanno�inciso�negativamente�su�quello�sviluppo.�E�inevitabile�andare� verso�la�direzione�che�noi�tutti�auspichiamo,�di�un�sistema�accusatorio.�E� allora�occorre�essere�molto�chiari:�nel�sistema�accusatorio�la�parte�civile�eser- cita�i�suoi�diritti�nella�sede�processual-civilistica�e�non�ha�ingerenza�nel�pro- cesso�penale�dove,�in�un�processo�di�parti,�come�diceva�Calamandrei,�vi�sono� due�parti�contrapposte�e,�ovviamente,�le�parti�contrapposte�sono�l'imputato� e�il�Pubblico�Ministero.�Si�dovra�accertare�la�congruita�dell'accusa,�la�fonda- tezza�dell'accusa,�l'esistenza�di�elementi�di�prova�contro�l'imputato�e�accer- tare�la�verita�processuale,�naturalmente,�di�quanto�e�addebitato�all'imputato.� Questo�e�il�processo�penale,�processo�penale�e�dibattimentale�che�dev'essere� residuale�rispetto�all'intero�sistema�di�controllo.�Il�dibattimento�dev'essere� un�momento�assolutamente�centrale�nel�processo.� TEMI�ISTITUZIONALI11 In�questo�quadro�la�parte�civile�e�totalmente�estranea.�Quindi�siamo�in� una�situazione�difficile,�di�passaggio�ambiguo,�nel�quale�o�recuperiamo�una� coerenza�sistematica�oppure�ci�ritroveremo�ancora�una�volta�in�una�condi- zione�equivoca,�in�un�processo�che�non�e�accusatorio,�non�e�piu�inquisitorio� ma�non�e�ancora�accusatorio.� Giovanni Maria Flick. Guido�Calvi�e�stato�affascinante,�e�mi�ha�confer- mato�qualche�cosa�che�sto�scoprendo�nella�mia�esperienza�di�giudice�costitu- zionale:�quanto�sia�interessante�il�momento�culturale�che�stiamo�vivendo� nella�transizione�del�nostro�processo.�Interessante�e�affascinante�al�di�la�delle� polemiche�doverose�e�della�dialettica,�proprio�perche�quello�che�io�incauta- mente�avevo�definito�come�un�compromesso,�il�professor�Calvi�lo�ha�definito� come�un�passo�avanti,�mettendo�pero�subito�in�evidenza�tutti�i�passi�indietro� che�sono�stati�fatti�in�questa�sorta�di��quadriglia�,�a�conferma�della�vecchia� tesi�del�bicchiere�mezzo�pieno�e�mezzo�vuoto.� Ecco,�io�vorrei�girare�agli�amici�che�seguono�una�domanda�che�nasce� dalla�riflessione�di�Guido�Calvi�e�anche�un�po'�da�una�constatazione�fatta� dall'avvocato�Mazzella.� Quest'ultimo�ci�dice�che�dobbiamo�fare�i�conti�con�l'Europa.�E�vero:� nello�spazio�giuridico�europeo�dovremmo�avere�strumenti�processuali�ragio- nevolmente�omogenei.�Io�allargo,�pero�,�un�po'�il�panorama,�se�cos|�posso� dire.�Io�credo�che�dobbiamo�anche�fare�i�conti�con�il�mondo,�cioe�con�la�glo- balizzazione.� Fino�a�qualche�tempo�fa�il�problema�di�fondo�del�nostro�processo�stava� nella�domanda,�che�tutti�ci�ponevano,�se�fossimo�di�fronte�alla�sostanzializza- zione�del�processo�o�alla�processualizzazione�del�diritto�penale�sostanziale.� Ci�chiedevamo,�cioe�:�ma�esiste�ancora�un�diritto�penale�sostanziale,�o�esiste� ormai�solo�un�diritto�processuale,�e�le�regole�sostanziali�vivono�e�vengono� formate�in�tanto�in�quanto�c'e�un�processo�che�le�applichi?� Direi�che�abbiamo�forse�un�po'�superato�questa�prospettiva�di�rifles- sione,�e�che�dobbiamo�porci�attualmente�un'altra�domanda:�qual�e�il�ruolo� del�processo�in�un�contesto�di�globalizzazione?�Contesto�nel�quale,�con�la� crisi�dello�Stato,�della�sua�sovranita�,�del�suo�collegamento�col�territorio,�sta� andando�in�crisi�anche�il�diritto,�e�in�particolare�il�diritto�penale,�cui�si�sosti- tuisce,�da�un�lato,�un�diritto�premiale,�e,�dall'altro,�l'aspirazione�ad�un�diritto� �del�consenso��e��della�contrattualizzazione�.�In�tempi�di�globalizzazione,� tutti�ci�domandiamo�qual�e�ancora�il�ruolo�delle�regole�statali�a�cui�eravamo� abituati,�in�un�contesto�in�cui�le�vere�regole�vengono�fatte�dalla�lex mercato- ria,�dalla�dimensione�del�mercato,�da�tutti�gli�esponenti�della�realta�sovrana- zionale�che�caratterizzano�la�globalizzazione�stessa.� Mi�e�piaciuto�molto�il�riferimento�alle�origini�di�Guido�Calvi.�Voi�sapete� cosa�dice�Orwell:��chi�controlla�il�passato,�controlla�il�futuro�;�pero�aggiunge� anche:��Ma�chi�controlla�il�presente�controlla�il�passato�.�Ed�allora,�in�que- sto�momento��e�giro�la�domanda�per�primo�a�Paolo�di�Tarsia��dobbiamo� fare�i�conti�anche�con�questa�dimensione�nuova�del�presente,�per�risolvere�il� problema�che�io�avevo�posto�molto�rozzamente�e�che�Guido�Calvi�ha�meglio� definito.� 12RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO Paolo Vittorio di Tarsia di Belmonte. Non�so�se�dalla�stessa�intestazione� della�tavola�rotonda�o�dalla�breve�nota�del�biglietto�d'invito�e�dall'introdu- zione�al�dibattito�da�parte�dell'Avvocato�Generale�dello�Stato�sia�ragionevole� desumere�che�sussista�qualche�dubbio�sull'opportunita�di�mantenere,�modifi- care�o�escludere�la�possibilita�dell'inserimento�dell'azione�civile�nel�processo� penale.�Senz'altro�il�tema�stimola�una�valutazione�critica,�come�abbiamo�sen- tito�nell'intervento�di�Guido�Calvi�e�su�questa�linea�io�esporro�le�mie�brevi� osservazioni.�Vedete,�nel�sistema�italiano�la�previsione�della�presenza�della� parte�civile�e�una�costante:�era�prevista�nel�codice�del�1913�(Finocchiaro� Aprile),�in�quello�del�1931,�il�codice�Rocco�ed�e�prevista�in�quello�vigente,� che�pur�tuttavia�ha�segnato�il�passaggio�dal�sistema�inquisitorio�a�quello� accusatorio.�Le�ragioni�che�avevano�ed�hanno�sorretto�questa�scelta�legisla- tiva�sono�comunemente�indicate�nella�necessita�,�come�ha�gia�ricordato�Gio- vanni�Maria�Flick,�per�quanto�possibile,�di�evitare�contrasti�di�giudicati�in� ossequio�al�principio�dell'unita�della�giurisdizione,�e�quindi�nella�opportunita� della�devoluzione�al�giudice�penale�della�cognizione�sia�del�reato�e�della� responsabilita�dell'imputato,�che�della�pretesa�risarcitoria�avanzata�della�per- sona�offesa�o�dal�danneggiato,�e�infine,�nella�opportunita�di�offrire,�a�chi� dal�reato�commesso�abbia�subito�danni,�il�vantaggio�di�inserire�la�sua�azione� civile�nel�processo�penale,�vantaggio�che�non�e�solo�quello�dei�tempi�piu�brevi� di�questo�rispetto�al�processo�civile,�ma�e�soprattutto�quello�rappresentato� dalle�piu�ampie�possibilita�offerte�alla�parte�civile�nell'assunzione�delle�prove� e�dai�poteri�ad�essa�riconosciuti�nel�processo�penale.�Basti�pensare�al�sussidio� fondamentale�del�pubblico�ministero�nella�ricerca�della�prova,�di�cui�la�parte� civile�si�giova,�alla�coralita�dell'istruttoria�dibattimentale,�al�costante�con- trollo�del�giudice,�al�sistema�dell'esame�e�del�controesame�dei�testimoni,�dei� consulenti�tecnici�e�dell'imputato.� Diro�fra�poco�che�nessuna�di�queste�ragioni�e�cos|�graniticamente�valida� da�rendere��non�discutibile��la�scelta�del�legislatore,�ma�vorrei�dapprima� dar�ragione�di�questa�affermazione�e�di�quel�che�esporro�poi,�con�alcune� osservazioni�sulle�caratteristiche�dell'azione�civile�inserita�nel�processo� penale.�Essa�e�accessoria,�nel�senso�di�accidentale,�subordinata�ed�imma- nente.�Accidentale,�non�essenziale,�senza�alcuna�possibilita�di�essere�accolta� se�il�giudice�non�emette�una�sentenza�di�condanna;�e�ancora�accessoria,�per- che�subordinata�alle�esigenze�dell'accertamento�penale�(v.�ad�es.�l'inoppugna- bilita�delle�decisioni�che�escludono�la�costituzione�di�parte�civile�e�la�non� incidenza,�sul�regolare�sviluppo�del�processo,�della�sua�mancata�compari- zione:�art.�102�c.�Rocco).� Cio�era�evidente�gia�nel�codice�del�1913,�chepur�tuttavia�dava�ampio�spazio� alle�pretese�civilistiche�nel�processo�penale�(basti�ricordare�che�allora�la�costitu- zione�di�parte�civile�era�possibile�fino�a�che�non�fosse�compiuta�l'assunzione� delle�prove�e�che�il�pubblico�ministero�poteva�proporre�istanza�risarcitoria�nel- l'interesse�dell'offeso�o�del�danneggiato�non�costituito�parte�civile�salva�la� volonta�contraria�legalmente�espressa,�quando�egli�fosse�minorenne�o�incapace� cos|�come�poteva�farlo�con�il�codice�Rocco:�non�piu�nel�nuovo,�in�armonia�con� il�nuovo�sistema�introdotto).�E�tuttavia�nemmeno�il�codice�del�1913�consentiva� al�giudice�penale�di�conoscere�dell'azione�civile,�quando�l'azione�penale�fosse� estinta�o�non�potesse�essere�promossa�o�proseguita!� TEMI�ISTITUZIONALI� Il�codice�Rocco�abbrevio�poi�sensibilmente�il�termine�per�la�costituzione� di�parte�civile��con�l'evidente�intento�di�evitare�l'allungamento�dei�tempi� del�processo��consentendola�fin�quando�non�fossero�per�la�prima�volta� compiute�le�formalita�di�apertura�del�dibattimento,�mentre�il�codice�vigente� e�ancora�piu�significativamente�impostato�per�la�prevalenza�del�processo� penale�su�ogni�interesse�privatistico,�che�infatti�esclude�la�partecipazione�del- l'offeso�o�del�danneggiato�durante�tutta�la�fase�delle�indagini�preliminari.�La� caratteristica�della�prevalenza�dell'azione�penale�e�della�accessorieta�della� azione�civile�e�anzi�ancor�piu�accentuata�laddove,�a�prima�vista,�sembrerebbe� il�contrario.�Ad�esempio,�l'inefficacia�nei�confronti�del�danneggiato�(art.�404� C.P.P.),�di�una�sentenza�pronunciata�sulla�base�di�un�incidente�probatorio� cui�egli�non�sia�stato�in�grado�di�partecipare�(salvo�che�ne�abbia�fatto�accet- tazione�anche�tacita)�tutela�s|�,�doverosamente,�gli�interessi�del�danneggiato� o�dell'offeso,�ma�al�contempo�rinsalda�la�priorita�del�processo�penale.� Lo�stesso�sistema�di�garanzie�offerte�alla�parte�civile�(vedi�l'immanenza)� e�prova�della�sua�subordinazione�alle�esigenze�del�processo�penale,�per�evi- tare�intralci�al�suo�corso�regolare:�la�parte�civile�puo�non�essere�presente,�la� legge�le�garantisce�la�validita�dell'azione�introdotta,�anche�se�poi�e�assente�e� una�decisione,�purche�concluda;�ben�diversa�e�situazione�per�la�difesa�dell'im- putato,�parte�essenziale,�come�il�pubblico�ministero!� 2.�In�questo�quadro,�dal�quale�emerge�la�priorita�dell'esigenza�di�punire� chi�ha�commesso�dei�crimini�sul�decidere�della�correlata�pretesa�risarcitoria� della�vittima�o�del�danneggiato,�mi�pare�piu�facile�valutare�criticamente,� quasi�corollario,�quelle�ragioni,�che�ho�esposto�all'inizio,�della�scelta�legisla- tiva�di�consentire�la�costituzione�di�parte�civile.� Evitare�il�contrasto�di�giudicati�e�sicuramente�un�lodevole�intento,�ma�di� ridotta�applicazione,�possibile�solo�quando�condizioni,�diciamo�ottimali,�lo� consentano�sia�nel�processo�penale�sia�in�quello�civile.�L'inscindibilita�delle� cause,�il�litisconsorzio�necessario�in�quest'ultimo,�la�riunione�dei�processi�nel� processo�penale�non�escludono�la�possibilita�di�decisioni�diverse�o�addirittura� contrastanti.�Sono�le�inevitabili�conseguenze�della�pur�indispensabile�autorita� del�giudicato�e�dei�suoi�limiti�oggettivi�e�soggettivi.�Ogni�sentenza�e�un'isola� el'auctoritas rerum similiter iudicatarum,�quando�pur�ricorra,�e�di�per�se�la� dimostrazione�che�al�di�la�di�un'autorita�morale�del�giudicato�non�si�riesce� ad�andare.� Questo�poi�quando�si�tratti�della�stessa�giurisdizione,�o�civile,�o�penale,� o�amministrativa�e�non,�come�qui,�di�commistione�fra�giurisdizioni,�perche� le�procedure,�i�modi�di�assunzione�e�di�valutazione�delle�prove,�gli�scopi�che� i�vari�tipi�di�processo�si�propongono�sono�cos|�diversi,�che�parlare�di�unita� della�giurisdizione�e�sostanzialmente�una�fictio e�del�resto�una�autorevole� dottrina�processualpenalistica�osservava�che�non�l'unita�,�ma�taluni�elementi� comuni,�come�la�terzieta��imparzialita�del�giudice�sono�caratteristiche�delle� giurisdizioni�che�pur�restano�diverse.� Si�puo�percio�dubitare�che�quella�dell'unita�della�giurisdizione�possa� essere�un'esigenza�da�rispettare�in�sede�di�politica�legislativa,�quando�ci�si� debba�far�carico�delle�soluzioni�piu�idonee�dei�problemi�concreti.� 14RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO Nemmeno�l'opportunita�della�devoluzione�allo�stesso�giudice�della� cognizione�del�reato�e�della�cognizione�del�danno�puo�essere�validamente� sostenuta,�in�quanto�una�soluzione�che�attribuisca�al�giudice�penale�soltanto� la�cognizione�del�crimine�e�della�responsabilita�di�chi�lo�ha�commesso�non� copre�spazi�ne��lascia�vuoti�sui�quali�sia�bene,�in�ipotesi,�decidere�contestual- mente�e�contemporaneamente�in�una�con�l'accertamento�della�responsabilita� civile.�L'intensita�del�dolo�o�la�gravita�della�colpa�incidono�sulla�pena�e�non� sulla�pretesa�risarcitoria�e�comunque�le�norme�che�sanciscono�l'autorita�del� giudicato�penale�di�condanna�nel�giudizio�civile�di�danno�superano�ogni�pro- blematica.� 3.�Quanto�infine�all'opportunita�di�inserire�l'azione�civile�nel�processo� penale�occorre�distinguere�il�sistema�normativo�dalle�situazioni�contingenti� di�fatto.� Sotto il primo aspetto,�caduta��o�ridotta�nei�non�preoccupanti�limiti� dell'art.�75�c.p.p.�III�comma��la�pregiudizialita�penale�che�vigeva�sotto�i� due�codici�di�rito,�e�al�contempo�venuta�meno�la�ragione�di�prevedere�la� costituzione�di�parte�civile�che�serviva�ad�evitare�al�danneggiato�o�alla�per- sona�offesa�l'attesa�del�passaggio�in�giudicato�della�sentenza�penale,�per�ini- ziare�o�proseguire�l'azione�civile.� Non�e�questo�tuttavia�l'unico�argomento�normativo�e�sistematico,�per- che�,�dandosi�carico�anche�delle�varie�teorie�che�sono�state�prospettate�sulla� natura�dell'azione�civile�introdotta�nel�processo�penale�da�quelle�civilistiche,� il�cumulo�delle�azioni�eterogenee,�quella�civile�e�quella�penale�riunite�per�con- nessione�secondo�il�Manzini,�a�quella�del�litisconsorzio�necessario�secondo� il�Mortara,�a�quelle�che�vedono�nella�parte�civile�un�coadiutore�del�pubblico� ministero�(relazione alprogetto del codice del 1913)�fino�alle�piu�recenti�che� piu�realisticamente�tengono�conto�di�un�processo�nel�quale�i�maggiori�poteri� conferiti�alle�parti�e�quindi�anche�alla�parte�civile,�hanno�di�fatto�esteso�l'in- tervento�dell'azione�civile�in�un�ambito�che�oltrepassa�la�pretesa�meramente� risarcitoria,�evidenziando�un�interesse�della�parte�civile�alla�persecuzione�del� reo,�si�giunge�al�nocciolo�del�problema:�questo�e�il�piu�concreto�vantaggio,� difficile�da�valicare,�offerto�dal�sistema�alla�parte�civile,�che�pero�ne�snatura� l'azione!�Cio�infatti�non�e�nella�lettera,�ne��nella�ratio delle�norme�che�preve- dono�l'istituto�e�puo�snaturare�ed�inquinare�anche�il�processo�penale;�ma�mi� riservo�quest'aspetto�ad�una�osservazione�finale.� Quanto al secondo aspetto,�quello�di�fatto,�non�so�nemmeno�se�dobbiamo� darcene�carico�in�un�convegno�di�diritto:�non�c'e�dubbio�che�nelle�lungaggini� dei�nostri�processi,�il�processo�penale�non�detiene�la�palma�del�piu�lento.� Questa�e�spesso�la�considerazione�che�induce�il�danneggiato�o�la�persona� offesa�alla�costituzione�di�parte�civile:�sa�che�cos|�otterra�in�tempi�piu�brevi� che�non�di�fronte�al�giudice�civile�una�sentenza,�auspicabilmente�una�sen- tenza�che�gli�riconosca�il�diritto�al�risarcimento�e,�se�e�stato�solerte�nel�dar� prova�dell'ammontare�del�danno,�anche�una�sentenza�che�lo�quantifichi.�E� pero�fuor�di�discussione�che�su�questa�base�un�legislatore�non�potra�mai� regolare�la�sua�condotta.� TEMI�ISTITUZIONALI151 4.�Fin�qui,�per�quel�che�ho�detto,�potrei�trarre�una�prima�conclusione,� nel�senso�che�non�vedrei�ragioni�che�ostino,�sul�piano�giuridico�di�sistema,�a� una�scelta�legislativa�piuttosto�che�ad�un'altra,�nemmeno�se�mi�addentrassi� in�un�campo�che�non�mi�e��familiare,�quello�del�processo�di�unificazione�del� diritto�in�Europa,�direzione�verso�la�quale�ci�andiamo�avviando�con�il�pro- gressivo�superamento�delle�barriere�nazionali�e�sul�quale�la�nostra�attenzione� e��richiamata�dagli�organizzatori�del�convegno.� Posso�fare�solo�alcune�osservazioni.� La prima e��che�le�diversita��in�materia,�come�abbiamo�sentito�dall'intro- duzione�dell'Avvocato�Generale,�sono�molte�e�notevoli�nei�vari�Stati�d'Eu- ropa�e�superarle�non�sara��ne�breve�ne�facile.� La seconda e��che,�trattandosi�di�un�istituto�che�offre�una�soluzione�alter- nativa�nella�tutela�di�un�diritto�fondamentale�dell'individuo�riconosciuto�da� convenzioni�internazionali,�ma�non�pregiudicandolo�in�alcun�modo,�qualun- que�sia�la�soluzione�adottata�dai�singoli�Stati�(e�cioe��azione�possibile�solo�in� sede�civile�o�alternativamente�di�fronte�al�giudice�penale�o�di�fronte�al�giu- dice�civile)�l'attenzione�sul�piano�del�diritto�comunitario�potrebbe�non�essere� di�primo�livello.� Pur�essendo�l'attenzione�nel�settore�del�diritto�penale�in�sede�europea�in� uno�stato�piu��avanzato�che�non�nel�settore�del�diritto�privato,�poiche�gia��vi� sono�impegni�assunti�a�livello�pattizio�dagli�Stati�con�il�trattato�di�Amster- dam�del�1997,�mi�sembra��potrei�sbagliare��che�quella�normativa�faccia� riferimento�alle�esigenze�sostanziali�di�liberta��,�sicurezza�e�giustizia�dei�citta- dini,�dettando�disposizioni�che�impegnano�gli�Stati�a�prevenire�e�reprimere� la�criminalita��organizzata,�la�tratta�di�esseri�umani,�il�traffico�di�droga�e�di� armi,�soprattutto�con�strumenti�di�cooperazione.�In�altri�termini�l'indirizzo� in�campo�europeo�mi�pare�sia�quello�di�superare�s|��il�diritto�nazionale�per� scopi�sostanziali�di�giustizia�e�di�cooperazione�con�l'istituzione�di�un�diritto� sopranazionale,�con�il�quale�pero��non�potra��non�coesistere�un�diritto�nazio- nale,�per�lo�meno�per�lungo�tempo.� 5.�Questo�quadro,�cos|��sostanzialmente�in�equilibrio,�non�si�da��carico� pero��di�due�ultime�possibili�obiezioni�degne�di�attenzione.� La prima concerne�la�violazione�nel�sistema�vigente�del�principio�di� parita��fra�accusa�e�difesa,�che�si�realizzerebbe�quando�alla�pubblica�si� affianca�la�privata�accusa.�Obiezione�non�peregrina,�perche�la�questione�della� non�manifesta�infondatezza�delle�norme�che�prevedono�la�costituzione�di� parte�civile�e��gia��stata�sollevata�da�un�giudice�della�Repubblica.�Direi�che�a� me�sembra�infondata�perche�quel�principio�di�parita��e��garantito�dall'art.�111� della�Costituzione�non�con�riferimento�al�numero�delle�parti�o�dei�loro�difen- sori,�ma�all'attribuzione�e�all'esercizio�dei�rispettivi�poteri.�E�il�contradditto- rio�sostanziale�che�il�giusto�processo�deve�garantire�e�strumento�di�questo�e�� la�parita��dei�poteri�riconosciuti�alle�parti�contrapposte.�Che��altrimenti�si� dovrebbero�prevedere�nei�processi�con�piu��imputati�tanti�pubblici�ministeri� quanti�sono�i�primi�o,�ancora,�un�imputato�potrebbe�dolersi�di�avere�come� avversario�non�solo�il�pubblico�ministero,�ma�anche�coimputati�in�posizione� di�incompatibilita��con�lui�o�la�parte�civile�dolersi�di�avere�un�solo�difensore� anziche��due.�Il�processo�non�e��una�battaglia�campale�di�uomini,�ma�di�argo- menti�giuridici�e�di�istruttoria!� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO Una seconda possibile obiezione potrebbe�apparire�piu�fondata:�riservo�il� veleno�nella�coda!� Un�profilo�infatti�che�potrebbe�far�meditare�proprio�sull'opportunita�di� escludere�la�pretesa�civilistica�nel�processo�penale�e�il�sostanziale�scivola- mento��come�avevo�gia�detto��dell'azione�risarcitoria�verso�una�funzione� di�accusa�privata,�quasi�un�ritorno�a�tempi�remoti,�una�sorta�di�disciplina� giudiziaria�della�vendetta�della�parte�lesa.�L'interesse�della�persona�offesa�o� del�danneggiato�a�sostenere�l'accusa,�condicio sine qua non del�soddisfaci- mento�del�suo�diritto,�altera,�specialmente�nei�reati�di�particolare�rilevanza,� la�natura�privatistica�dell'azione�e�fa�molto�spesso�del�titolare�dell'azione� civile�un�fiancheggiatore�del�pubblico�ministero.� In�un�sistema�in�cui�la�possibilita�di�intervento�della�parte�civile�e�stata� dilatata�fino�a�comprendere�le�associazioni�costituite�a�tutela�dell'�interesse� diffuso��o�dei�sindacati�in�procedimenti�per�reati�in�danno�dei�lavoratori,� con�una�normativa�del�codice�di�rito�che�estende�ad�essi�tale�possibilita� (art.�91�e�93�c.p.p.),�con�indirizzi�giurisprudenziali�che�tendono�ad�ammettere� la�costituzione�di�parte�civile�in�situazioni�nelle�quali�potrebbe�dubitarsi�non� solo�della�legittimazione�ad�agire,�ma�altres|�dell'esistenza�di�un�danno�riferi- bile�al�soggetto�che�si�pretende�leso,�mi�pare,�a�dire�quel�che�sto�per�dire,�di� andar�controcorrente.� Poiche�pero�il�tema�sollecita�pensieri�de iure condendo,�diro�lo�stesso�che� la�costituzione�di�parte�civile�e�prevista�nei�sistemi�cui�abbiamo�accennato�e� nel�nostro�attuale,�a�tutela�di�interessi�meramente�privatistici,�che�questi�pas- sano�s|�attraverso�il�riconoscimento�della�responsabilita�dell'imputato,�ma� che�questo�e�il�presupposto�per�l'accoglimento�della�domanda�della�parte� civile�e�non�il�suo�scopo,�scopo�che�deve�essere�meramente�risarcitorio,�pena� la�accertabile�mancanza�di�un�interesse�all'azione.�Pensate�alla�richiesta�di� condanna�nummo uno!�Lo�ha�ricordato�Guido�Calvi!�Con�la�quale,�sotto�l'ap- parenza�nobile�di�un�distacco�dal�vil�denaro,�si�snatura�l'azione�civile,�privan- dola�di�uno�dei�suoi�requisiti�fondamentali�e�facendola�approdare�ad�una� sorta�di�indignata�azione�popolare!� La�figura�dell'accusatore�privato�o�sussidiario�non�solo�e�lontanissima� dal�concetto�che�abbiamo��o�dovremmo�avere��di�parte�civile�ma,�soprat- tutto,�l'esercizio�dell'azione�penale�di�cui�e�titolare�il�pubblico�ministero�non� ha�bisogno�dell'aiuto�di�privati�ne�del�possibile�inquinamento�provocato�dal- l'intervento�di�un�accusatore�non�tenuto�al�rispetto�delle�norme�cui�invece�il� pubblico�ministero�si�deve�attenere.� Questo�potrebbe�essere�un�argomento�che�sbilancia�il�quadro,�facendo� propendere�verso�l'opportunita�di�un'esclusione�dell'azione�civile�nel�processo� penale!� Giovanni Maria Flick. Non�posso�entrare�nella�valutazione,�o�in�parte� della�valutazione�fatta�da�Paolo�di�Tarsia�perche�la�questione�di�costituziona- lita�a�cui�lui�si�riferisce�e�in�questo�momento�sub iudice alla�Corte�e�tra�l'altro� sono�io�il�relatore.� TEMI�ISTITUZIONALI Paolo Vittorio di Tarsia di Belmonte. Non�lo�sapevo,�altrimenti�non�l'a- vrei�detto!� Giovanni Maria Flick. Per�carita�.�Credo�si�vada�delineando�dalle� parole�dell'avvocato�di�Tarsia�quello�che�aveva�gia�tracciato�Calvi.�Di�Tar- sia�parla�addirittura�di�inquinamento:�in�questo�momento,�in�cui�viviamo� una�crisi�del�processo,�e�del�processo�penale�in�particolare,�cerchiamo�di� riportarlo�alla�sua�identita�facendo�opera�di�chiarezza.�Non�vi�sono�indica- zioni�tecniche�vincolanti�nell'uno�o�nell'altro�senso:�vi�e�soprattutto�un� problema�di�scelta�politica�nel�senso�piu�bello�e�piu�ampio�del�termine.�E� allora�ci�tengo�a�sentire�anche�Gaetano�Pecorella.�Chiedo�scusa�anticipata- mente�a�Marini�e�a�Frigo�e�a�tutti�voi�se�poi�dovro�assentarmi�perche�gli� aerei�non�attendono,�ma�ho�ancora�qualche�frazione�di�tempo.�Quindi� non�lo�spreco�ulteriormente�parlando�io�e�do�subito�la�parola�a�Gaetano� Pecorella.� Gaetano Pecorella. La�mia�vocazione�di�difensore�mi�indurrebbe�a� difendere�questa�parte�civile�che�viene�attaccata�da�tutte�le�parti�e�tuttavia� devo�dire�francamente�che�dall'altro�aspetto,�la�mia�convinzione�della�incom- patibilita�tra�la�parte�civile�e�il�processo�accusatorio�mi�portera�a�conclusioni� diverse.�Intanto�era�inevitabile�che,�partendo�dalla�parte�civile,�si�ponessero� problemi�ben�piu�ampi�e�ben�piu�profondi,�cioe�si�ponesse�il�problema�del� processo�e�della�natura�e�dell'identita�del�processo�penale,�come�ricordava� Giovanni�Maria�Flick.�Dunque�la�domanda�mi�pare�possa�essere�questa:� qual�e�il�posto�della�parte�civile�nella�lunga�marcia�verso�il�processo�accusa- torio?�Perche�le�soluzioni�sono�due�e�non�ci�sono�vie�di�mezzo.�La�prima� soluzione�e�quella�di�considerare�la�parte�civile�parte�a�tutti�gli�effetti.�La� norma�costituzionale�non�distingue�rispetto�alla�parita�,�lo�ricordava�appunto� il�Prof.�Flick,�e�dunque�applicando�il�111�dovremmo�pensare�ad�una�parte� civile�che�ha�gli�stessi�diritti,�le�stesse�posizioni�del�difensore.�L'altra�solu- zione�possibile�e�che�la�parte�civile�non�ci�sia�piu�,�che�non�sia�piu�parte.� Una�soluzione�intermedia�credo�che�oggi�non�sia�piu�accettabile.�D'altra� parte�probabilmente�il�codice�del�1988�con�tutti�i�problemi�che�sono�nati�ha� cercato�di�rendere�compatibili�dei�principi�che�difficilmente�potevano�tra�loro� convivere.�E�credo�che�questo�fosse�inevitabile�in�quel�momento.�Inevitabile� prima�di�tutto�perche�lo�strappo�con�la�storia�della�nostra�cultura�giuridica� sarebbe�stato�troppo�forte�se�la�scelta�fosse�stata�radicalmente�nel�senso�del� processo�accusatorio.�E�probabilmente�era�inevitabile�anche�perche�,�come� ricordava�sempre�il�Prof.�Flick,�o�forse�Calvi,�non�vi�era�un�modello�nella� nostra�costituzione�al�quale�ci�si�potesse�ispirare.�E�allora�il�nostro�processo� e�oggi�un�processo�che�vive�alcune�contraddizioni�dalle�quali�dobbiamo� uscire�se�vogliamo�che�il�processo�funzioni,�ne�cito�alcune:�per�esempio,�il� nostro�e�un�processo�di�parti,�sulla�parita�delle�parti�e�la�terzieta�del�giudice� nel�quale�pero�il�giudice�e�ancora�il�dominus della�prova�e�il�dominus della� prova�nel�momento�in�cui�ammette�e�non�ammette�la�prova.�E�il�dominus della�prova�nel�momento�in�cui,�dopo�che�le�parti�hanno�indicato�le�loro� prove,�sta�al�giudice�in�qualche�modo�fare�un�secondo�processo�sulla�base� della�sua�convinzione�di�quali�prove�devono�essere�acquisite.�Quindi,�per� esempio,�io�credo�questo�sara�un�punto�che�dovra�essere�affrontato�fra�le� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO altre�contraddizioni.�Cioe�,�le�prove�devono�essere�nella�signoria�delle�parti� salvo�naturalmente�la�loro�pertinenza,�questo�per�un�limite�logico.�Ma�un� altro�aspetto�rilevante�e�quello�della�formazione�della�prova�nel�contradditto- rio�e�quindi�nel�corso�del�dibattimento�e�il�non�aver�tenuto�conto�di�tutte�le� esigenze�che�vi�sono�di�rendere�il�dibattimento�breve,�perche�un�dibattimento� lontano�dal�momento�del�fatto�rende�impossibile�la�formazione�della�prova� al�dibattimento.�E�dunque,�per�esempio,�un�tema�che�ci�aggancia�al�diritto� penale�e�quello�della�prescrizione.�Io�credo�dovremmo�arrivare�a�delle�solu- zioni�che�rendano�non�interessante�la�prescrizione.�Questo�forse�contrasta� con�cose�che�magari�ho�pensato�e�ho�detto�in�passato,�ma�e�una�meditazione� che�va�fatta.�Se�il�dibattimento�e�destinato�ad�essere�molto�lungo�(nell'aspet- tativa�della�prova),�nell'aspettativa�della�prescrizione,�diventa�impossibile�il� contradditorio.�E�allora�probabilmente�la�via�d'uscita�deve�essere�quella�di� pensare,�come�in�alcuni�ordinamenti,�ad�una�prescrizione�breve�nel�corso� delle�indagini,�per�cui�il�pubblico�ministero�deve�fare�presto,�ma�il�blocco� della�prescrizione�dopo�che�inizia�il�dibattimento�proprio�per�rendere�possi- bile�che�il�dibattimento�sia�breve,�sia�rapido,�che�questo�e�il�presupposto� appunto�del�dibattimento�nell'accusatoria.�E�infine�un�ultimo�aspetto,�un'ul- tima�contraddizione�di�cui�ci�dovremmo�prima�o�poi�occupare,�e�la�forma- zione�della�prova�nel�contradditorio�e�nell'oralita�e�il�permanere�dell'appello� cos|�come�e�oggi,�per�cui�la�decisione�nasce�dalla�prova�scritta�anziche�dalla� prova�orale�e�indubbiamente�il�processo�accusatorio�non�conosce�l'appello� con�le�caratteristiche�che�abbiamo�noi.�E�quindi,�probabilmente,�anche�su� questo�si�dovra�arrivare�ad�una�soluzione�che�potra�essere�per�esempio,�se� non�vogliamo�eliminare�l'appello�radicalmente,�un�appello�che�sia�orale�solo� se�si�rinnova�la�prova�o�al�limite�sia�in�camera�di�consiglio�con�l'appello� scritto.�Ma�certamente�non�possiamo�piu�avere�un�modello�di�processo�che� vive�di�contraddizioni�tra�principi�incompatibili.�E�tra�queste�contraddizioni� c'e�naturalmente�la�presenza�delle�parti�private.�Ora�un�processo�di�parti,� basato�sulla�parita�delle�parti,�basti�pensare�alla�cross examination e�impossi- bile�con�una�molteplicita�di�parti�tra�loro�contrapposte�e�con�interessi�diversi.� La�cross examination,che�e�il�cuore�del�processo�penale,�vive�dal�fatto�che� vi�e�una�parte�che�utilizza�il�testimone�a�proprio�favore�e�una�controparte� che�cerca�di�distruggere�la�credibilita�del�testimone.�Un�processo�dove�com- paiono�contemporaneamente�difensori,�parti�private,�parti�offese,�lo�Stato� con�il�ruolo�appunto�dell'Avvocatura,�e�un�processo�in�cui�la�cross examina- tion non�ha�piu�senso�e�infatti�non�la�si�pratica,�non�esiste�nella�pratica�del� processo�penale.�Ma�cos|�altri�aspetti:�per�esempio�la�concentrazione�del� dibattimento.�Come�si�puo�pensare�ad�un�dibattimento�concentrato�quando� le�parti�che�hanno�diritto�di�intervenire�sono�cos|�numerose?�Il�dibattimento� si�dilata�necessariamente.�Ora�il�codice�dell'88�e�stato�appunto�sollecitato�e� ispirato�da�molti�valori,�tutti�apprezzabili,�per�esempio�la�presenza�del�sociale� nel�codice,�delle�esigenze�sociali,�gli�enti�e�le�associazioni�rappresentative,� che�sicuramente�sono�momenti�importanti,�valori�importanti,�pero�rendono� il�processo�penale�qualcosa�di�diverso�da�quello�che�dovrebbe�essere,�una�spe- cie�di�contesa�talora�politica�anziche�una�contesa�giudiziaria.�E�cos|�la�pre- senza�della�persona�offesa�con�una�serie�di�diritti,�per�cui�abbiamo�la�parte� TEMI�ISTITUZIONALI civile,�gli�enti�rappresentativi,�la�persona�offesa�e�poi,�con�le�riforme�anche�rela- tive�alla�connessione�tra�procedimenti,�un�numero�sconfinato�di�imputati.Tutto� questo�ha�comportato�un�affollarsi�all'interno�del�processo�di�un�numero�di�sog- getti�che�lo�rendono�ingestibile.�Ecco,�questo�mi�pare�che�sia�il�quadro�attuale.� Quando�viceversa,�e�gia�stato�detto,�il�processo�penale�dovrebbe�essere�un�pro- cesso�semplice�nel�quale�vi�e�chi�fa�valere�la�pretesa�punitiva�e�chi�si�oppone�alla� pretesapunitiva.�Ora,qualisonoglieffettipraticioggidiunprocessocos|�affol- lato�di�parti,�soprattutto�di�parti�private?�Ma�prima�di�tutto�si�pensi�alle�notifi- che.�Naturalmente�se�si�moltiplicano�le�parti,�si�moltiplicano�le�notifiche,�per� cui�i�tempi�si�allungano�sulle�notifiche.�L'effetto�e�che�spesso�la�nullita�di�qual- cuna�di�queste�notifiche�comporta�che�il�processo�non�si�possa�fare.�I�tempi�pro- cessuali�diventano�sconfinati,�perche�ogni�parte�esercita�i�suoi�diritti�piena- mente�come�e�logico�se�e�parte�del�processo,�pero�questo�rende�i�tempi�proces- suali�ingovernabili.�Le�nullita�che�si�moltiplicano,�perche�mentre�le�nullita�che� riguardano�il�pubblico�ministero�e�la�difesa�possono�essere�contenute,�quando� queste�si�moltiplicano�poi�su�tutta�una�serie�di�altri�soggetti,�naturalmente�alla� fine�possiamo�avere�un�processo�che�viene�distrutto�per�la�presenza�di�soggetti� ulteriori�rispetto�a�quelli�essenziali.�E�cos|�,�dicevo,�ancora�la�cross examination,� che�come�punto,�come�cuore�del�processo�penale�richiede�due�parti�soltanto� contrapposte.�E�infine,�lo�si�e�gia�detto,�la�disparita�tra�accusa�e�difesa.�Io�credo� cheilprocessoaccusatorio,�ilmodellodel�111,�siaquellodiunprocessochedeve� essere�snello,�breve�per�poter�consentire�la�formazione�della�prova�al�dibatti- mento,�con�due�sole�parti,�e�con�l'eliminazione�di�tutta�una�serie�di�formalita� che�si�collegano�proprio�alla�molteplicita�delle�parti�presenti.�In�questo�quadro,� poi,�il�problema�del�ruolo�e�della�presenza�dell'Avvocatura�dello�Stato�si�carica� di�ulteriori�ragioni�negative.�Perche�c'e�stato�gia�un�cenno�nella�relazione�intro- duttiva.�L'Avvocatura�dello�Stato�finisce�per�essere�nel�processo�condizionata� da�alcuni�aspetti.�Per�esempio�l'aspetto�politico.�Come�e�noto,�l'Avvocatura� dello�Stato�si�puo�costituire�nel�processo�penale�solo�su�autorizzazione�del�Pre- sidente�del�Consiglio.�Credo�sia�abbastanza�inevitabile�che�il�Presidente�del� Consiglio,�cioe�la�parte�politica�che�governa�il�paese,�in�qualche�misura�non� possa�non�tener�conto�nella�costituzione�di�interessi�collettivi�o�di�interessi�poli- tici,�di�interessi�di�parte.�Quindi�da�questo�punto�di�vista�si�possono�determinare� delle�disparita�degli�interventi�all'interno�del�processo�penale.�E�poi�l'altro�pro- filo�e�la�duplicazione�dell'impegno�e�dei�costi�all'interno�dello�Stato.�Cioe�lo� Stato�e�presente�con�soggetti�che�fanno�riferimento�al�pubblico�ministero,�sog- getti�che�fanno�riferimento�all'Avvocatura�dello�Stato.�Con�l'effetto�di�duplicare� la�presenza�dello�Stato�e�i�costi�per�lo�Stato.�O�talora�magari�il�contrasto,�perche� non�si�puo�escludere,�proprio�anche�per�quel�legame�politico�che�intercorre� anche�tra�Avvocatura�dello�Stato�e�Governo,�che�nasca�persino�un�contrasto� tra�pubblico�ministero�e�Avvocatura.�Il�che�certo�non�e�nell'interesse�del�sistema� e�dell'armonia�dell'intervento�dello�Stato.�E�dunque�a�me�pare�che�su�questo� punto,�a�parte�i�temi�generali,�sarebbe�urgente�pensare�ad�una�soluzione�com- pletamente�diversa�da�quella�attuale.� E�cioe�pensare�di�affidare�anche�la�rappresentanza�e�la�difesa�degli�inte- ressi�patrimoniali�dello�Stato�al�pubblico�ministero,�il�quale�non�c'e�motivo� per�cui�non�possa�concludere�anche�in�relazione�al�danno�subito�dallo�Stato.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO Credo�che�l'effetto�sarebbe�quello�di�ridurre�il�numero�delle�parti,�ridurre�i� costi�per�lo�Stato,�creare�e�dare�coerenza�all'intervento�dello�Stato�nel�pro- cesso�penale�e�certamente�sganciare�la�tutela�degli�interessi�patrimoniali,� che�talora�e�spesso�sono�interessi�di�natura�morale�o�politica,�pensiamo�alla� costituzione�in�molti�processi,�nei�processi�di�strage�o�nei�processi�di�corru- zione,�e�quindi�affidare�al�pubblico�ministero�che�e��,�e�deve�restare�sganciato� dal�potere�esecutivo,�il�compito�di�rappresentare�sia�gli�interessi�della�colletti- vita��sia,�piu��specificamente,�gli�interessi�dello�Stato�dal�punto�di�vista�patri- moniale.�Ecco,�in�questa�rapida�carrellata�che�ho�cercato�di�tenere�in�tempi� brevi,�credo�che�siamo�arrivati�al�punto�di�dover�fare�una�scelta�definitiva,� cioe��portare�avanti�questa�lunga�marcia�tenendo�conto�che�il�sistema�e��unita- rio.�Non�si�puo��,�come�sta�succedendo�ora,�affrontare�i�problemi�dell'adegua- mento�del�processo�al�modello�accusatorio�considerando�ora�un�aspetto,� ora�un�altro�e�naturalmente�creando�ulteriori�contraddizioni�all'interno�del� processo�penale.�Dunque�se�lo�scopo�di�tutti,�lo�scopo�che�abbiamo�in� comune,�e��far�s|��che�il�giusto�processo�da�principio�costituzionale�diventi� realta��quotidiana,�da�questo�punto�di�vista�vorrei�fare�soltanto�un'ultima� osservazione:�chi�eccede,�chi�esaspera�i�contrasti,�crea�difficolta��all'obiettivo� di�dare�al�nostro�Paese,�finalmente,�un�processo�giusto�come�vuole�la�nostra� Costituzione.� Luigi Mazzella. Do�la�parola�all'Avv.�Antonio�Marini.� Antonio Marini. Sara��forse�perche�questo�convegno�si�svolge�in�un�ex� convento,�sara��forse�perche�la�sua�presenza�nel�processo�penale�e��stata�da� sempre�avversata�o�tutt'al�piu��tollerata,�certo�e��che�mai�come�oggi�si�sono� sentite�tante�campane�suonare�a�morto�contro�la�parte�civile.�Scusatemi�se� inizio�questo�mio�intervento�con�questa�metafora,�ma�essa�rende�bene�l'idea� della�minaccia�che�incombe�sulla�parte�civile,�che�molti�vorrebbero�soppri- mere,�estromettendola�definitivamente�dal�processo�penale.�Gli�interventi� degli�autorevoli�relatori�che�mi�hanno�preceduto�non�lasciano�dubbi�in�pro- posito:�si�vuole�una�netta�separazione�delle�giurisdizioni,�sulla�scia�di�quegli� ordinamenti�di�derivazione�anglosassone,�che�escludono�ogni�commistione,� nello�stesso�processo,�di�esigenze�penalistiche�e�di�istanze�civilistiche,�costrin- gendo�la�persona�offesa�e�danneggiata�dal�reato�a�rivolgersi�al�giudice�civile� per�il�risarcimento�del�danno�derivante�dal�reato.�E�cio��sia�per�evitare�che�il� problema�del�risarcimento�del�danno�condizioni�l'accertamento�della�respon- sabilita��penale,�sia�per�non�alterare�l'equilibrio�delle�forze�in�campo�nel� nuovo�processo,�di�tipo�accusatorio,�fondato�sulla�parita��delle�parti,�nel�quale� il�ruolo�dell'accusa�e��gia��assunto�dal�pubblico�ministero.�Ora,�a�me�pare�che� il�problema�della�costituzione�della�parte�civile�nel�processo�penale�non�possa� essere�semplificato�nella�mera�contrapposizione�tra�sistema�inquisitorio�e� sistema�accusatorio,�anche�se�sono�in�molti�a�ritenere�che�la�permanenza� della�parte�civile�nel�nuovo�processo�accusatorio�e��un�retaggio�della�tradi- zione�inquisitoria.�Ma�anche�sotto�il�codice�Rocco�v'era�chi�nutriva�una�forte� avversione�nei�confronti�della�parte�civile,�ritenendo�che�il�pubblico�ministero� TEMI�ISTITUZIONALI21 dovesse�essere�il�dominus assoluto�dell'accusa.�Uno�di�questi�era�il�mio�vec- chio�Presidente�di�Milano�che�vedeva�come�fumo�negli�occhi�la�costituzione� della�parte�civile,�che�per�lui�costituiva�soltanto�un�intralcio�allo�svolgimento� del�processo.�All'epoca��eravamo�negli�anni�'70��ero�giudice�a latere in� Corte�di�Assise�e�ricordo�che�ogni�volta�che�in�aula�era�presente�la�parte� civile,�egli�si�piegava�verso�di�me�e�mettendosi�la�mano�sulla�bocca�mi�sibi- lava�a�denti�stretti�dentro�l'orecchio:��c'e��la�parte�civile,�c'e��la�parte�civile�,� manifestando�cos|��tutta�la�sua�insofferenza�per�il�ruolo�che�quella�parte��pri- vata��si�accingeva�a�svolgere�accanto�alla�parte��pubblica��rappresentata� dal�pubblico�ministero,�che�egli�riteneva�l'unico�legittimato�a�sostenere�l'ac- cusa�nel�dibattimento.�L'insofferenza�aumentava�quando,�in�camera�di�consi- glio,�doveva�cimentarsi�con�la�mia�ferma�opposizione�ad�accogliere�richieste� di�estromissione�della�parte�civile,�spesso�infondate�o�comunque�basate�su� veri�e�propri�cavilli.�E�quando�veniva�messo�in�minoranza,�scuro�in�volto,� rientrava�in�aula�a�testa�bassa�e�leggeva�l'ordinanza�di�rigetto�delle�eccezioni� con�un�tono�di�voce�che�lasciava�trasparire�il�grande�fastidio�che�provava�a� celebrare�il�processo�con�la�partecipazione�della�parte�civile.�Io�invece�cer- cavo�con�lo�sguardo�il�padre�e�la�madre�della�giovane�vittima�del�barbaro� omicidio,�che�costituiva�oggetto�del�processo,�riuscendo�a�cogliere�sui�loro� volti�impietriti�dal�dolore,�quel�forte�anelito�di�giustizia�che�soltanto�chi�ha� subito�un�grave�torto�riesce�a�sprigionare�e�che�trovava�un�preciso�riscontro� nella�stessa�formula�di�giuramento�che�i�giudici�popolari�avevano�pronun- ciato�prima�di�insediarsi�nel�collegio�giudicante,�dichiarando�con�voce� solenne,�anche�se�rotta�dall'emozione,�di�emettere�una�sentenza,�quale�la� societa��l'attende:�affermazione�di�verita��e�di�giustizia.� E�la�societa��in�quell'aula,�tra�quel�pubblico,�era�rappresentata�proprio�da� quella�madre�e�da�quel�padre,�che�volevano�soltanto�giustizia�e�non�vendetta.� Del�resto,�le�affermazioni�sullo�svolgimento�del�processo�nel�contraddittorio� tra�le�parti,�in�condizione�di�parita��,�davanti�ad�un�giudice�terzo�ed�impar- ziale,�introdotte�nell'art.�111�della�Costituzione,�con�la�riforma�sul��giusto� processo�,�unitamente�ad�altre�affermazioni�sulla�funzione�della�giurisdi- zione,�contenute�in�altre�norme�costituzionali,�indicano�chiaramente�che�il� processo�penale�non�consiste�solo�nell'accertamento�dei�fatti�che�costitui- scono�oggetto�del�reato�e�delle�relative�responsabilita��,�ma�ha�anche�la�fun- zione�essenziale�di�accertare�la�verita��e�di�rendere�giustizia.�La�stessa�Corte� Costituzionale�ha�avuto�piu��volte�modo�di�affermare�che�il�fine�primario�ed� ineludibile�del�processo�penale�non�puo��che�rimanere�quello�della�ricerca� della�verita�.�Se�cio��e��vero,�e��giusto�negare�l'ingresso�nel�processo�penale�alla� vittima�del�reato�che�intende�costituirsi�parte�civile,�per�soddisfare�le�sue� legittime�istanze�di�verita��e�di�giustizia,�sia�pure�collegate�ad�una�pretesa� risarcitoria�del�danno�derivante�dal�reato,�che�spesso�e��soltanto�simbolica?� E�giusto�dire�alla�vittima�del�reato:�tu�non�hai�alcun�titolo�per�partecipare� al�processo�penale,�se�vuoi�essere�risarcita�del�danno�che�il�reato�ti�ha�cagio- nato�rivolgiti�al�giudice�civile,�perche�la�sede�naturale�per�soddisfare�la�tua� pretesa�risarcitoria�e��il�processo�civile?�Avrei�avuto�piacere�che�a�questo� dibattito�fosse�stato�invitato�qualche�familiare�delle�tante�vittime�del�terrori- smo�o�della�mafia,�per�vedere�o�sentire�quale�impatto�avrebbero�avuto�le� 22RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO dotte�argomentazioni�dei�miei�illustri�contraddittori�sulla�necessita�di�tenere� separati�i�due�processi,�penale�e�civile,�al�fine�di�non�alterare�l'equilibrio�delle� parti,�di�non�compromettere�la�necessaria�serenita�del�giudice�con�istanze� emotive,�di�non�ostacolare�il�normale�svolgimento�del�processo,�rendendolo� piu�lungo�e�complicato.�Mi�sarebbe�piaciuto�vedere,�ad�esempio,�come� avrebbe�reagito�la�vedova�Moro�nel�sentire�simili�argomentazioni.�Lei�che,� insieme�ai�figli,�si�e�sempre�costituita�parte�civile�nei�vari�processi�celebrati� contro�i�terroristi�accusati�di�aver�sequestrato�e�ucciso�l'On.le�Moro,�non� gia�per�essere�risarcita�dal�danno�ma�per�sapere�la�verita�,�tutta�la�verita�su� quell'efferato�delitto,�sul�quale�gravavano�pesanti�ombre�e�sul�quale�forse� non�e�stata�fatta�ancora�piena�luce.�Secondo�la�visione�che�i�miei�contraddit- tori�hanno�del�processo�penale,�la�signora�Moro,�pur�avendo�diritto�a�sapere� la�verita�,�non�avrebbe�avuto�alcun�titolo�per�partecipare�attivamente�a�quei� processi,�costituendosi�parte�civile,�essendo�portatrice�soltanto�di�istanze�civi- listiche�che�possono�essere�soddisfatte�soltanto�in�un�normale�processo�civile.� La�verita�e�che�non�vi�puo�essere��giusto�processo��senza�la�partecipazione� attiva�della�persona�offesa�dal�reato�che,�in�quanto�titolare�del�bene�giuridico� protetto�dalla�norma�incriminatrice,�e�ontologicamente�collegata�non�solo� all'accertamento�del�fatto�e�delle�relative�responsabilita�,�ma�anche�all'accerta- mento�della�verita�e�all'affermazione�della�giustizia.�Ed�e�per�questa�ragione� che�mi�sono�sempre�opposto�e�continuero�ad�oppormi�ai�ricorrenti�tentativi� di�eliminare�la�parte�civile,�la�cui�presenza�nel�processo�penale�corrisponde� ad�una�esigenza�di�giustizia�sostanziale.�Non�a�caso�il�nuovo�codice,�pur�pro- pendendo�per�la�separazione�dei�due�processi,�permette�comunque�alla�per- sona�offesa�e�danneggiata�dal�reato�di�esercitare�l'azione�risarcitoria�nel�pro- cesso�penale,�che�rispetto�al�processo�civile�e�sicuramente�lo�strumento�piu� efficace�per�accertare�la�verita�e�rendere�giustizia.�Il�legislatore�non�poteva� ignorare�che�l'illecito�penale�e�profondamente�diverso�dall'illecito�civile�e� che�il�titolo�da�cui�derivano�la�responsabilita�penale�e�civile�e�unico:�e�cioe� il�compimento�di�un�reato.�E�quanto�piu�il�reato�e�grave,�tanto�piu�occorre� tutelare�chi�ne�e�la�vittima.�Dando�ingresso�all'azione�civile�nel�processo� penale,�si�e�anche�tenuto�conto�che�spesso�la�vittima�del�reato�non�e�in�grado� di�sopportare�il�peso�economico�e�le�difficolta�di�accertamento�che�derivereb- bero�da�un�processo�civile.�Di�fronte�ad�un�grave�delitto�di�mafia�e�difficile� sostenere�che�l'azione�risarcitoria�deve�essere�esperita�esclusivamente�nel�pro- cesso�civile,�che�dovrebbe�vedere�il�mafioso�nella�veste�di��convenuto�.�Pre- tendere�che�la�vittima�di�un�reato�di�mafia�provveda�ad�instaurare�un�nor- male�processo�civile�per�ottenere�il�risarcimento�del�danno,�anticipando�le� spese�del�processo�e�affannandosi�a�trovare�le�prove�della�responsabilita�di� questo�o�quel�mafioso,�magari�in�un�clima�di�forte�intimidazione,�e�ragionare� fuori�dalla�realta�.�Invece,�nel�processo�penale�le�prove�sulla�responsabilita� del�fatto�e�sui�danni�cagionati�(almeno�negli�aspetti�quantitativi�che�servono� alla�determinazione�della�pena�ai�sensi�dell'art.�133�c.p.p.)�sono�ricercate�d'uf- ficio�dal�pubblico�ministero.�Naturalmente�la�parte�civile�ha�un�diritto�auto- nomo�di�ricerca�e�di�ammissione�delle�prove,�tuttavia�puo�sempre�affidarsi� all'iniziativa�del�pubblico�ministero�al�quale�spettano�le�scelte�fondamentali� nell'assunzione�dei�relativi�mezzi�di�prova.�Tuttavia,�bisogna�riconoscere�che� TEMI�ISTITUZIONALI la�nuova�normativa�a�tutela�delle�vittime�dei�reati�e�tutt'altro�che�soddisfa- cente.�Restano�lacune�che�la�recente�riforma�sul��giusto�processo��non�ha� provveduto�a�colmare.�Avremmo�voluto�che�la�stessa�attenzione�che,�in�que- sti�ultimi�tempi,�e�stata�mostrata�per�i�diritti�dell'imputato�fosse�stata�rivolta� anche�verso�i�diritti�delle�vittime�dei�reati,�correggendo�un�assetto�normativo� che�esprime�orientamenti�contraddittori�e�contrastanti�tra�di�loro.�Per�esem- pio,�nella�fase�delle�indagini�preliminari,�alla�persona�offesa�il�codice�ricono- sce�un�ruolo�meramente�penalistico�e�cioe�un�interesse�ad�ottenere�la�perse- cuzione�del�colpevole�del�reato;�viceversa�alla�persona�offesa�del�reato�che�si� sia�costituita�parte�civile�nell'udienza�preliminare�o�in�dibattimento,�pretende� di�riconoscere�un�ruolo�meramente�civilistico,�cioe�un�interesse�ad�ottenere� solo�il�risarcimento�del�danno�derivante�dal�reato.�Dopo�la�formulazione�del- l'imputazione�e�la�richiesta�di�rinvio�a�giudizio,�i�ruoli�appaiono�capovolti.� La�persona�offesa�non�puo�partecipare�all'udienza�preliminare�e�all'eventuale� dibattimento�se,�in�quanto�danneggiata�dal�reato,�non�si�costituisce�parte� civile.�Ma�anche�quando�si�costituisce�parte�civile�viene�relegata�in�una�posi- zione�ingiustamente�subalterna�rispetto�sia�al�pubblico�ministero�che�all'im- putato.�Vivaddio,�se�abbiamo�voluto�un�processo�di�parti,�che�almeno�le�parti� siano�uguali�tra�loro!�Non�ci�puo�essere�una�parte�piu�uguale�dell'altra!�Fatta� la�scelta�di�ammettere�la�costituzione�della�parte�civile�nel�processo�penale,� occorre�essere�coerenti�fino�in�fondo,�assicurando�alla�vittima�del�reato,� costituita�parte�civile,�una�effettiva�parita�con�le�altre�parti�del�processo.�E� coerenza�vorrebbe�che�alla�persona�offesa�fosse�restituito�il�diritto�di�costi- tuirsi�parte�civile�fin�dal�momento�in�cui�riceve�l'informazione�di�garanzia,� come�accadeva�nel�previgente�codice.�L'aver�eliminato�la�parte�civile�dalla� fase�delle�indagini�preliminari�e�stato�un�grave�errore,�che�qualcuno�vorrebbe� perpetuare�eliminando�la�parte�civile�anche�dal�dibattimento.�I�nuovi�poteri� processuali�attribuiti�dal�nuovo�codice�alla�persona�offesa,�in�qualita�di��sog- getto��del�procedimento,�sono�un�pallido�sostitutivo�dei�poteri�che�la�parte� civile�esercitava�sulla�base�del�codice�previgente.�Basti�pensare�che�oggi,�nella� fase�delle�indagini�preliminari,�la�persona�offesa�non�puo�neppure�chiedere� tempestivamente,�quale�premessa�di�un�futuro�effettivo�risarcimento�del� danno,�il�sequestro�conservativo�sui�beni�dell'imputato;�deve�aspettare�il� tempo�in�cui�puo�costituirsi�parte�civile,�nell'udienza�preliminare�o�nel�dibat- timento,�quando�magari�i�buoi�sono�gia�scappati�dalla�stalla.�Ma�v'e�di�piu�.� L'impossibilita�di�costituirsi�parte�civile�nella�fase�delle�indagini�preliminari,� impedisce�ingiustamente�alla�persona�offesa�l'esercizio�del�diritto�alla�prova� in�sede�di�incidente�probatorio.�Ne�deriva�che�mentre�la�persona�sottoposta� alle�indagini�puo�rivolgersi�direttamente�al�giudice�per�richiedere�l'incidente� probatorio,�la�persona�offesa�dal�reato�e�invece�costretta�a�rivolgersi�al�pub- blico�ministero,�per�sollecitarlo�a�prendere�l'iniziativa�per�suo�conto.� Se�la�richiesta�viene�respinta,�la�persona�offesa�non�puo�nemmeno�ricor- rere�al�giudice�impugnando�il�provvedimento�negativo�del�pubblico�ministero� che�e�insindacabile.�Non�puo�neanche�partecipare�al�contraddittorio�sull'am- missibilita�o�sull'estensione�dell'incidente�probatorio,�promosso�autonoma- mente�dall'indagato�o�dal�pubblico�ministero.�Inoltre,�all'udienza�davanti�al� giudice�non�puo�rivolgere�direttamente�le�domande�alle�persone�sottoposte� 24RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO ad�esame.�Stando�cos|�le�cose,�di�fronte�all'inerzia�del�pubblico�ministero,�il� difensore�di�un�minore�di�sedici�anni,�sottoposto�a�violenze�o�abusi�sessuali� da�parte�di�un�pedofilo,�non�ha�la�possibilita�di�rivolgersi�direttamente�al�giu- dice�per�fare�assumere�la�testimonianza�del�ragazzo�nel�momento�in�cui�la� memoria�e�piu�viva�e�nella�sede�piu�confacente�alla�sua�eta�,�come�e�la�camera� di�consiglio�in�cui�si�svolge�l'udienza�dell'incidente�probatorio,�per�evitargli,� tra�l'altro,�la�morbosa�pubblicita�del�dibattimento.�Ma��l'ingiustizia��mag- giore�nei�confronti�della�persona�offesa�dal�reato�si�consuma�nella�perma- nente�impossibilita�di�richiedere�direttamente�l'incidente�probatorio�anche� nella�fase�dell'udienza�preliminare,�nonostante�che�a�seguito�di�una�sentenza� della�Corte�Costituzionale�l'uso�dell'incidente�probatorio�sia�stato�esteso�a� tale�fase.�Ne�e�derivato�un�sistema�alquanto�sbilanciato�e�poco�coerente�che� ha�finito�per�penalizzare�ulteriormente�la�persona�offesa�dal�reato.�Non�par- liamo�poi�del�patteggiamento.�Ricordo�che�durante�un�convegno,�svoltosi�a� Miami,�negli�Stati�Uniti,�alcuni�studiosi�americani�mostravano�tutta�la�loro� meraviglia�nell'apprendere�che�anche�noi�stavamo�introducendo�il�patteggia- mento�nel�nostro�ordinamento.�Negli�USA,�infatti,�il�patteggiamento�e�stato� da�sempre�visto�come�un�male�necessario�per�far�funzionare�il�sistema�accu- satorio,�che�altrimenti�e�destinato�al�fallimento.�Quando�scoppio�il��Water- gate� ci�fu�una�sorta�di�sollevazione�popolare�contro�gli�scandalosi�patteggia- menti�che�furono�fatti�per�chiudere�l'affare�dal�punto�di�vista�giudiziario.� Diciamoci�la�verita�:�questa�sorta�di�giustizia�contrattata�non�piace�a�nessuno.� Ed�e�triste�constatare�che�per�far�funzionare�il�processo�accusatorio,�certa- mente�piu�garantista�di�quello�inquisitorio,�bisogna�ricorrere�ad�un�siffatto� strumento�processuale�che,�al�di�la�di�altre�considerazioni,�penalizza�forte- mente�le�aspettative�di�giustizia�della�vittima�del�reato.�Ora�io�dico:�va�bene� il�patteggiamento,�anche�se�fa�venire�il�mal�di�pancia.�Vanno�bene�i�vantaggi� che�si�concedono�all'imputato�per�incentivarlo�a�patteggiare.�Ma�perche� penalizzare�piu�di�tanto�la�persona�offesa�e�danneggiata�dal�reato,�che�si�e� costituita�parte�civile?�Si�e�dovuto�ricorrere�alla�Corte�Costituzionale�per�cor- reggere,�almeno�in�parte,�la�stortura�di�quella�norma�che,�in�sede�di�patteg- giamento,�vieta�al�giudice�qualsiasi�decisione�sulla�domanda�della�parte� civile.�Con�la�riforma�del�'99,�il�legislatore�ha�recepito�la�censura�della�Corte� Costituzionale,�che�non�ha�ritenuto�legittimo�addossare�alla�parte�civile� anche�le�spese�della�sua�costituzione,�in�quanto�la�chiusura�del�procedimento� penale,�a�seguito�del�patteggiamento,�non�dipende�da�una�sua�determina- zione,�sicche�l'imputato�puo�oggi�essere�condannato�quantomeno�al�paga- mento�delle�spese�sostenute�dalla�vittima�del�reato�per�costituirsi�parte�civile.� Resta�comunque�il�fatto�che�il�giudice�non�puo�decidere�sulla�richiesta�di� risarcimento�derivante�dal�reato,�neppure�a�titolo�di�provvisionale.�Sicche�,� la�vittima�del�reato�e�costretta�ad�iniziare�un�defatigante�processo�civile�per� vedere�finalmente�riconosciuta�la�sua�pretesa�risarcitoria,�senza�avere�nep- pure�il�vantaggio�di�avvalersi�della�sentenza�di�condanna�emessa�in�sede�di� patteggiamento,�perche�tale�sentenza�non�ha�alcuna�efficacia�di�giudicato� nel�giudizio�civile.�E�cio�perche�il�patteggiamento,�pur�presupponendo�una� implicita�ammissione�di�responsabilita�,�non�richiede�un'espressa�ammissione� di�colpevolezza�da�parte�dell'imputato.�Sembra�un�gioco�di�parole,�ma�e�pro- TEMI ISTITUZIONALI prio cos|� ! Ora, ognuno vede come questa scelta legislativa sia poco ragione- vole e piuttosto ambigua. Ma soprattutto comporta una grave lesione dei diritti della parte civile, che oltre a non aver alcuna possibilita� di opporsi al patteggiamento, si vede negata anche la possibilita� di far valere la condanna dell'imputato in sede civile. Per equilibrare l'ago della bilancia basterebbe che la pronuncia della sentenza di patteggiamento fosse subordinata ad una chiara ammissione di responsabilita� da parte dell'imputato, sulla scia dell'or- dinamento statunitense, nel quale il patteggiamento (blea bargaining) pre- suppone una normale dichiarazione di colpevolezza (guilty plea), che pro- duce i suoi effetti anche in sede civile, dove tale dichiarazione costituisce prova della responsabilita� per i fatti cui si riferisce. A questo proposito, vale la pena di aggiungere che nell'ordinamento statunitense, a seguito di una serie di riforme dirette a tutelare anche nell'ambito del procedimento penale gli interessi patrimoniali delle vittime dei reati, la dichiarazione di colpevo- lezza contenuta nel patteggiamento, al pari dell'accertamento di responsabi- lita� effettuata in sede dibattimentale, consente al giudice di emettere un prov- vedimento che dispone non solo la restituzione, ma anche il risarcimento del danno a favore della persona offesa del reato, risparmiando a quest'ul- tima l'esercizio di una autonoma azione in sede civile, in precedenza imposta dalla separazione delle giurisdizioni tipica degli ordinamenti di origine anglosassone. Si puo� ben dire che si tratta di riforme di portata storica nell'assetto dei rapporti tra giurisdizioni, soprattutto qualora si consideri che si e� arrivati a sancire una vera e propria autorita� del giudicato penale nel giudizio civile per danni. Ed e� curioso constatare che, mentre l'ordinamento statunitense si avvicina sempre piu� a soluzioni tendenti a privilegiare la giurisdizione penale rispetto a quella civile, l'ordinamento italiano si muove nella direzione oppo- sta e cioe� verso una piu� netta separazione tra giudizio penale e giudizio civile. Di qui l'adozione di una serie di disposizioni da parte del nuovo codice che tendono a �disincentivare� la costituzione di parte civile nel processo penale e a sacrificare, in nome della semplificazione del rito, la tutela dei suoi sacro- santi diritti, creando una disparita� di trattamento tra imputato e offeso dal reato, che si va sempre piu� accentuando a seguito dell'esaltazione dei diritti dell'imputato in ogni stato e grado del procedimento. Con la conseguenza che, mentre i poteri processuali dell'imputato sono andati sempre piu� aumen- tando, quelli della persona offesa dal reato sono rimasti al palo: peraltro tol- lerati con un certo fastidio. Un altro esempio di questa disparita� di tratta- mento e� dato dal potere di impugnazione largamente riconosciuto all'impu- tato in caso di condanna, cui corrisponde un potere inspiegabilmente limitato attribuito alla parte civile in caso di assoluzione. Cos|� accade che una persona che ha subito una rapina o magari l'uccisione di un familiare e si e� costituita parte civile nel giudizio di primo grado per concorrere all'ac- certamento della responsabilita� penale e civile dell'imputato, si vede negare il potere di impugnare autonomamente l'eventuale sentenza di assoluzione presso il giudice di appello. Di fronte all'inerzia del pubblico ministero, che non intende impugnare quella sentenza assolutoria, la parte civile ha solo la possibilita� di presentare una richiesta per sollecitarlo a proporre impugna- RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO zione�in�sua�vece.�Se�la�richiesta�non�viene�accolta,�il�giudizio�di�appello�non� puo�essere�celebrato,�con�gravi�effetti�pregiudizievoli�per�la�persona�offesa� del�reato.�A�parte�ogni�considerazione�sulla�insindacabilita�del�provvedi- mento�di�rigetto�della�richiesta,�appare�evidente,�in�questo�caso,�la�violazione� del�diritto�della�persona�offesa�ad�ottenere�un�secondo�giudizio,�che�potrebbe� ribaltare�il�risultato�di�primo�grado.�Inoltre,�la�sentenza�di�assoluzione�non� impugnata�diventa�irrevocabile,�acquistando�efficacia�preclusiva�e�vincolante� nell'eventuale�giudizio�civile.�Cio�significa�che�la�persona�offesa�perde�anche� il�diritto�a�ricorrere�al�giudice�civile�per�ottenere�il�risarcimento�dei�danni� morali�e�materiali.�Concludendo,�se�c'e�una�parte�che�ha�il�diritto�di�invocare� la�piena�attuazione�dei�principi�costituzionali�sui�quali�si�fonda�il��giusto�pro- cesso�,�essa�e�la�parte�civile,�relegata�nel�nuovo�processo�accusatorio�in�una� posizione�subalterna�rispetto�alle�altre�parti.�Sicche�,�l'unico�modo�per�ren- dere�effettiva�la�tanto�ventilata�parita�delle�parti�nel�processo�e�quella�di�assi- curare�alla�persona�offesa�e�danneggiata�dal�reato�una�tutela�pari�a�quella� garantita�all'imputato,�potenziando�i�poteri�processuali�della�parte�civile�e� respingendo�ogni�tentativo�diretto�a�trasformarla�in�una�sorta�di�Cenerentola� o�addirittura�a�sopprimerla.� Luigi Mazzella. Ringrazio�l'avvocato�Marini.�Mi�accorgo�di�avere�fatto� bene�a�qualificarlo�avvocato.�L'elemento�di�fortissima�emozionalita�che�ha� portato�ad�un�tema�che�noi�c'eravamo�illusi�di�poter�giudicare�secondo�linee� razionali�e�l'intervento��focoso��ci�hanno�fatto�capire�che�qui�ci�troviamo�di� fronte�a�fatti�che�possono�essere�esaminati�anche�sotto�il�profilo�emotivo.� Per�la�verita�,�non�dovrei�come�Presidente�dilungarmi�oltre�questo�ringrazia- mento.�Per�il�calore�che�ha�portato�nel�suo�intervento�dico:�avvocato�Marini,� grazie!�Ma�Marini�mi�ha�chiamato�direttamente�in�causa,�citando�un�esem- pio�che�avevo�portato�per�dimostrare�che�quello�che�si�vuole�evitare�non�e� la�difesa�di�certi�interessi�e�di�certe�posizioni,�ma�e�l'affollamento�del�giudizio.� Il�caso�che�ha�citato�dell'Inghilterra�dimostra�che�quando�il�pubblico�mini- stero�non�interviene,�la�parte�privata�puo�rendersi�promotrice�dell'azione,� ma�perche�il�pubblico�ministero�non�c'e�.�Il�discorso�e�che�in�effetti�e�inutile� essere�in�tanti.�L'altro�discorso�e�che�la�fiducia�che�tutti�gli�interventi�prece- denti�hanno�dimostrato�nel�pubblico�ministero,�implicitamente�ritenendolo,� in�quanto�tale,�unico�capace�di�portare�fino�all'accertamento�della�verita�il� proprio�compito,�in�qualche�modo�l'amico�Marini�l'ha�smentito.�Ha�ricono- sciuto�un�ruolo�a�noi�che�ci�costituiamo�spesso�parte�civile,�che�non�avevamo� mai�ritenuto�di�avere.�Cioe�quello�di�essere�noi�i�controllori�del�pubblico� ministero.�Cio�ci�riempie�di�gioia.�Essere�stati�valutati�nell'esercizio�del� nostro�ruolo�di�patrocinatori�della�parte�civile�come�controllori�del�pubblico� ministero�e�un'affermazione�di�cui�lo�ringrazio�perche�e�un'attestazione�lusin- ghiera�del�nostro�ruolo.�Il�problema�pero�non�e�quello.�Il�problema�e�di� vedere�se�dobbiamo�continuare�ad�affollare�le�aule,�a�rendere�complicati�i� processi,�a�prenderci�le�condanne�di�Strasburgo,�a�moltiplicare�la�legge�Pinto� (bis,�tris),�a�continuare�ad�avere�una�situazione�che�non�e�paragonabile�a� TEMI�ISTITUZIONALI quella�di�altri�Paesi,�altri�Paesi�dove�in�effetti�i�toni�molto�calorosi�dell'amico� Marini�fanno�ritenere�che�la�giustizia�non�sia�perseguita�e�sono�quei�paesi� che�poi�da�altre�parti�ci�dicono�essere�quelli�dove�c'e�un�esempio�piu�maturo� di�democrazia.�Sono�proprio�i�paesi�anglosassoni�infatti�che�vengono�portati� ad�esempio�di�una�democrazia�matura.�Secondo�invece�il�pubblico�ministero� Marini�in�quelle�nazioni,�non�essendovi�la�costituzione�di�parte�civile,�le� povere�parti�offese�dal�privato�si�troverebbero�in�una�situazione�da�medioevo.� Quindi�il�problema�non�e�forse�cos|�emotivo�come�dal�tuo�intervento,�caro� Antonio,�si�puo�arguire.�Il�problema�e�di�pura�razionalita�.�Il�problema�e�tro- vare�un�compromesso�tra�le�esigenze�di�stabilire�un�giusto�rapporto�tra�la� parte�accusatrice�e�i�difensori.�Di�trovare�dei�giusti�tempi�per�processi�che� non�assumano�le�mega-proporzioni�a�cui�siamo�abituati.�Leggiamo�sui�gior- nali�di�fascicoli�che�riempiono�stanze�intere�di�tribunali�(e�non�si�arriva�mai� alla�sentenza).�Sentiamo�tutte�queste�cose�dai�giornali�e�anche�qui,�consenti� anche�a�me�di�introdurre�una�nota�emotiva,�anche�qui�noi�soffriamo�perche� in�effetti�non�possiamo�ritenere�di�essere�in�un�paese�civile�se�l'accertamento� della�verita�,�passa�attraverso�quintali�di�carte�e�spesso�non�arriva�neanche� alla�sua�conclusione.�E�allora,�se�possiamo�snellire�queste�procedure,�se�pos- siamo�trovare�sistemi�razionali�che�hanno�reso�altri�paesi�molto�piu�aderenti� alla�realta�delle�cose,�capaci�cioe�di�affrontare�questi�problemi�senza�dover� sollecitare�le�leggi�Pinto�1,�2,�3,�quello�che�sia�allora�seguiamolo�l'esempio� di�questi�paesi�e�non�ci�nascondiamo�la�verita�,�cerchiamo�invece�di�rimboc- carci�le�maniche�e�di�fare�quello�che�sotto�questo�profilo�si�puo�fare.� Giuseppe Frigo (*).�A�chi�arriva�per�ultimo,�soprattutto�quando�i� miei�interlocutori�sono�stati�sapienti�e�scrupolosi,�non�resta�che�spigolare� qua�e�la�.� Debbo�dire�che�mi�piace�molto�questa�iniziativa�dell'Avvocatura�Gene- rale�che�ha�riproposto�una�riflessione�su�un�argomento�da�tempo�trascurato,� quello�dell'azione�civile�nel�processo�penale,�anche�se�vi�sono,�e�l'abbiamo� sentito�qui,�in�proposito�problemi�latenti,�nodi�irrisolti,�che�ogni�tanto�poi� emergono�sollecitati�(e�questo�e�male)�soltanto�da�qualche�caso�concreto,� magari�di�rilievo�pubblico�mediatico,�la�cui�soluzione�talora�attinge�risultati� non�del�tutto�soddisfacenti,�perche�si�collocano�troppo�a�ridosso�dello�stesso� caso�concreto,�fuori�da�una�visione�sistematica�e�coerente.�Io�penso�a�solu- zioni�altalenanti�che�vanno�tra�la�legislazione�che,�come�ricordava�Calvi,� interviene�volta�per�volta,�ampliando�il�novero�dei�soggetti�che�possono� entrare�o�irrompere�nel�processo�penale�anche�attraverso�lo�strumento� impropriamente�utilizzato�della�costituzione�di�parte�civile;�cos|�come�penso� ad�interventi�pur�ispirati�da�propositi�assolutamente�condivisibili�che�appar- tengono�alla�Corte�Costituzionale.�Pensiamo�che�in�un�processo,�sia�pure� marginale,�che�noi�abbiamo�nel�nostro�ordinamento,�il�processo�militare� penale,�non�era�ammessa�la�costituzione�di�parte�civile,�ma�poi�la�costitu- (*)�Testo�registrato�non�rivisto�dall'Autore.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO zione�di�parte�civile�e�stata�ammessa�perche�si�e�visto�che�vi�era�un�tratta- mento�iniquamente�differente�tra�il�processo�ordinario�e�il�processo�militare:� evidentemente,�allora,�si�innescano�tutte�queste�reazioni�perche�la�visione� non�e�stata�e�non�e�sistematica.� Certo�e�indiscutibile�che�la�nostra�tradizione,�che�ha�radici�franco-napo- leoniche,�in�una�linea�di�natura�sostanzialmente�neo-inquisitoria�ispirata�a� una�ideologia�totalitaria�e�totalizzante,�ha�sempre�tranquillamente�ammesso� e�disciplinato�l'azione�civile�risarcitoria,�restitutoria�da�reato�nel�processo� penale,�concependola�in�origine,�come�abbiamo�sentito;�ma�il�peso�di�tutto� questo�c'e�ancora,�anche�se�in�parte�ce�ne�siamo�sgravati,�sostanzialmente� addirittura�come�un�onore�per�il�titolare�della�relativa�pretesa,�altrimenti� costretto�per�agire,�o�prima�di�agire,�ad�attendere�l'epilogo�del�processo� penale�ed�a�subirne�radicalmente�la�pregiudizialita�,�cos|�da�vedersi�rifiutato� il�riconoscimento�del�diritto�anche�per�effetto�di�una�sentenza�pronunciata� in�un�giudizio�al�quale�non�aveva�partecipato.�In�ragione�di�che�cosa?�In� ragione�della�mitologia,�e�stato�pur�sottolineato�qui,�sull'unita�della�giurisdi- zione�che�considera�un'insopportabile�diminutio la�contraddittorieta�di�giudi- cati�anche�se�resi�nell'ambito�di�giudizi�qualitativamente�diversi�come�erano� e�come�sono�ancor�piu�oggi�il�giudizio�civile�ed�il�giudizio�penale.�Un�onere� dunque�di�entrare�nel�processo�penale�per�interloquirvi�e�tuttavia,�ecco�la� contraddizione,�la�prima�contraddizione�che�e�emersa�anche�qui,�per�interlo- quirvi�in�una�posizione�secondaria,�in�una�posizione�accessoria,�sempre�tribu- taria��non�dimentichiamolo,�non�lo�devono�dimenticare�neanche�coloro� che�esaltano�la�presenza�e�la�partecipazione�della�vittima�nel�processo�penale� �rispetto�alle�mosse�del�titolare�pubblico�dell'azione�penale,�di�cui�doveva� accettare�e�ancora�oggi�deve�accettare�le�scelte.�E�poi�a�maggior�ragione,�e� ovvio,�in�massima�parte�deve�accettare�anche�le�decisioni�con�tutti�i�limiti� che�c'erano,�ma�ancora�ci�sono,�in�materia�di�impugnazione,�lo�ricordava� poco�fa�anche�il�consigliere�Marini.�E�allora�ecco�che�vive�una�contraddi- zione�forte,�fortissima,�la�presenza�della�parte�civile�anche�qui.�Ma�in�realta� tutto�si�lega�in�una�concezione�che�vede�la�soggezione�dell'individuo�e�della� persona,�sia�esso�imputato,�sia�esso�offeso�dal�reato,�al�potere�pubblico�e�al� titolare�monopolista�dell'azione�penale.� Ma�allora�pensiamo�al�quadro�che�avevamo�prima�del�codice�dell'88:�in� ogni�caso�ferrea�vincolativita�del�giudicato�penale,�con�qualche�apertura,� per�carita�,�che�gia�allora�aveva�fatto�la�Corte�Costituzionale�quando�aveva� detto:�e�intollerabile�costituzionalmente�che�possa�avere�effetto�il�giudicato� penale�sulle�pretese�civilistiche�di�chi�non�fosse�stato�posto�in�condizione�di� partecipare�al�processo�penale.�Ci�si�riferiva�soprattutto�allora�al�responsa- bile�civile,�ma�il�discorso�evidentemente�riguardava�tutto�il�rapporto�subordi- nato�a�quello�processuale�penale�ed�ai�rapporti�civilistici�subordinati�al�pro- cesso�penale.�Questa�la�situazione�che�si�presentava�al�legislatore�dell'88,�al� legislatore�della�legge�delega�dell'87,�al�legislatore�codicistico�delegato� dell'88.�La�problematica�affrontata�col�nuovo�codice,�la�riforma�e�le�ideologie� si�prestavano�ad�una�rivisitazione�anche�profondissima�della�questione,�parte� civile�si,�parte�civile�no:�si�poteva�gia�allora�arrivare�a�dire�parte�civile�no.� Sul�fondo�l'obiettivo�della�rivoluzione�copernicana�che�si�riproponeva�il�legi- TEMI�ISTITUZIONALI slatore�della�fine�degli�anni�'80,�quello�della�rivoluzione�del�processo�accusa- torio,�non�piu��mito�della�unita��della�giurisdizione,�limiti�all'efficacia�del�giu- dicato�penale,�una�concezione�relativistica�della�giustizia�e�del�fare�giustizia,� anche�del�fare�giustizia�penale,�non�l'ambizione�della�verita��ad�ogni�costo,� per�dirla�con�gli�antichi�usque ad effusione sanguinis,�ma�la�concezione�di� una�verita��relativa�dentro�la�logica�della�soluzione�del�conflitto�in�concreto,� della�disputa�in�concreto,�della�controversia�in�concreto�anche�nel�processo� penale.�Nessuno�scandalo�allora�se�il�giudice�civile�ha�i�suoi�fini,�accetta�o� determina�un�presupposto�o�una�situazione�diversi�da�quelli�del�giudice� penale,�anche�se�hanno�origine�dallo�stesso�fatto�storico.�Tanto�piu��che�entra� nel�processo�penale�il�principio�del�diritto�alla�prova,�ma�anche�il�principio� della�disponibilita��della�prova,�come�ricordava�prima�Gaetano�Pecorella,�e�i� modelli�storici�di�riferimento�c'erano,�perche��i�modelli�storici�non�propone- vano,�come�non�propongono,�l'azione�civile�nel�processo�penale.� Ecco,�il�passo�e��stato�fatto�ma�soltanto�a�meta��.�Diciamo�che�durante�i� lavori�per�il�nuovo�codice�non�fu�mai�seriamente�posta�in�discussione,�al�di� la��di�quell'invito,�l'opportunita��di�mantenere�l'azione�civile�nel�processo� penale.�Si�e��fatta�la�scelta�di�rompere�quella�sorta�di�soffocamento�che�veniva� dalla�pregiudizialita��rigorosa�e�assoluta�del�penale�e�di�dare�al�danneggiato� la�possibilita��di�compiere�delle�opzioni,�addirittura,�si�diceva��noi�quando� si�scriveva�il�codice,�prima�ancora�della�legge�delega��dobbiamo�cercare� di�favorire�la�fuga�della�parte�civile�dal�processo�penale,�ove�avesse�scelto�di� agire�tempestivamente,�soprattutto�in�sede�civile;�ponti�d'oro�al�danneggiato� dal�reato.�Pensiamo�al�sistema�che�ancora�oggi�noi�abbiamo�di�fronte,�che� viene�dagli�articoli�75�e�652�del�codice:�la�possibilita��,�di�fronte�al�giudizio� abbreviato,�di�non�accettarlo,�di�andarsene�e�di�essere�libero�di�agire�e�di� ottenere�anche�decisioni�che�siano�in�contraddizione,�sia�pure�agli�effetti� civili,�rispetto�all'epilogo�dello�stesso�giudizio�abbreviato.�Non�piu��un�onere,� ma,�domandava�prima�il�Presidente�Flick,�questo�sistema�ha�tenuto�o�non� ha�tenuto?�Ha�dato�o�non�ha�dato�i�risultati�sperati?�Il�legislatore,�lo�ha�ricor- dato�Calvi,�non�ha�favorito�questa�scelta�aperta�del�legislatore�codicistico� del�1988�e�(anche�la��dove�si�potrebbe�considerare�canale�fisiologico�quello� dell'azione�civile�proposta�in�sede�penale),�non�ha�tenuto�l'idea�di�allontanare� la�parte�civile�per�le�difficolta��(e�anche�queste�sono�state�ricordate)�dell'accer- tamento�autonomo,�dei�fondamenti�dell'azione�civile�e�della�domanda.�E�a� questo�punto�che�cosa�si�dovrebbe�considerare?�La�crisi,�o�forse�la�neanche� mai�avvenuta�espansione�delle�facolta��e�dei�diritti�dell'offeso�dal�reato.�Si�e�� sempre�fatta�una�grande�confusione�tra�le�facolta��e�i�diritti�accordati�dal� nuovo�codice�all'offeso�dal�reato�e�la�costituzione�di�parte�civile.�Sono�due� livelli�diversi.�Perche��insomma�l'azione�civile�e��l'azione�civile�risarcitoria�o� restitutoria�e�tutto�il�resto�non�puo��non�essere�improprio.�Mi�spiace�doverla� contraddire,�consigliere�Marini,�ma�insomma�la�parte�civile�ha�sicuramente� un�anelito�a�sapere�la�verita��,�meglio�ancora�l'offeso�dal�reato�ha�un�anelito� a�sapere�la�verita��.�Ma�questo�anelito�a�sapere�la�verita��nel�momento�in�cui� la�sua�azione,�la�sua�presenza�nel�processo�penale�non�puo��non�essere,�anche� volendo�accettare�il�sistema�rigido�dei�modelli,�di�taluni�modelli�dell'Europa� continentale�compreso�il�nostro,�non�puo��non�essere�che�l'azione�risarcitoria,� tutto�il�resto�e��improprio,�tutto�il�resto�e��forzatura.�E�forzatura�perche��?� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Perche�il�livello�sia�dell'accertamento�della�verita�,�sia�degli�interessi� generali�della�collettivita�a�sapere�come�sono�andate�le�cose�non�appartiene� alla�parte�civile.�E�un�livello�che�appartiene�evidentemente�al�pubblico�mini- stero.�E�allora�o�risolviamo�questa�contraddizione�oppure�continuiamo�a� farci�schermo�della�parte�civile,�la�quale�piu�di�tanto�non�puo�dare�e�non� deve�dare�in�una�logica�di�questo�tipo.�E�invece�vi�era,�vi�e�stata�una�scelta� nel�codice�del�1988,�vi�e�stato�un�nobile�tentativo�di�aprire�spazi�alla�collabo- razione�privata�all'indagine�e�all'accertamento�penale�da�parte�dell'offeso� dal�reato,�ma�a�chi�in�realta�?�Al�pubblico�ministero.�E�perche�l'offeso�dal� reato�ad�un�certo�punto�piu�di�tanto�non�puo�sviluppare�nel�processo�penale?� Perche�non�sara�mai�una�parte�come�tale�nel�momento�in�cui�vi�e�il�pubblico� ministero.�E�allora�a�questo�punto�puo�essere�valorizzata�la�figura�dell'offeso� dal�reato�se�si�potenziano�le�sue�facolta�e�i�suoi�diritti�nel�momento�dell'inve- stigazione,�quando�cioe�il�pubblico�ministero�puo�essere�inerte,�quando�il� pubblico�ministero�puo�essere�unidimensionalmente�orientato.�In�questo� momento�ha�senso�il�contributo�dell'offeso�dal�reato.�Cioe�nel�momento�pre- paratorio.�Ma�nel�momento�in�cui�l'azione�penale�viene�decisa,�e�l'azione� penale�viene�decisa�dal�pubblico�ministero,�a�questo�punto�l'offeso�dal�reato� e�,�come�dire,�un�ramo�che�si�secca;�c'e�scritto�nel�codice�di�procedura�penale,� che�la�persona�offesa�puo�indicare,�tranne�che�nel�giudizio�per�cassazione,� elementi�di�prova:�io�vorrei�capire,�non�l'ho�ancora�capito,�a�chi,�come�e� quando�puo�indicare�elementi�di�prova�se�non�e�costituita�parte�civile.�Ma� se�non�e�costituita�parte�civile�ha�una�sua�azione�e�un�suo�obiettivo�ben�limi- tato,�altrimenti�si�deborda,�si�va�fuori�dal�sistema.�E�allora,�io�credo�che�qui� si�deve�fare�un�ragionamento�diverso.�Non�ha�funzionato�questo�sistema�di� facolta�e�di�diritti�concessi,�accordati�all'offeso�dal�reato�soprattutto�in�fun- zione�di�ausilio�all'investigazione�pubblica.�Puo�anche�darsi�che�attraverso� la�disciplina�delle�investigazioni�difensive�qualche�cosa�di�diverso�possa�cam- biare.�Che�possa�cambiare,�ma�a�questo�punto�il�passaggio�e�un�altro.�Ed�e� quello�che�viene�dall'ultimo�spunto�che�e�stato�portato�qui.�Quando�si�fa�il� richiamo�ai�modelli�di�common law dove�e�previsto�che�di�fronte�alla�inerzia� del�pubblico�ministero�la�vittima�del�reato�possa�fare�qualcosa.�Ma�che�cosa?� Possa�esercitare�l'azione�penale,�allora�il�discorso�e�un�altro,�e�diverso,�non� e�piu�la�questione�della�parte�civile,�allora�dobbiamo�anche�qui�non�avere� paura�di�guardare�in�faccia�i�problemi�e�domandarci:�quante�volte�queste�vit- time�dei�reati��scusatemi,�io�sono�abituato�a�parlare�con�molta�franchezza� �sono�vittime�dei�pubblici�ministeri�monopolisti�dell'azione�penale�nel� nostro�paese?�Proviamo�a�chiedercelo,�proviamo�a�chiederci�quante�volte� debbono�soggiacere�a�scelte�che�appartengono�al�pubblico�ministero�anche� in�termini�magari�di�archiviazione.�Certo�che�c'e�la�possibilita�di�opporsi� all'archiviazione.�Il�problema�e�invece�quello�di�valutare�se�non�sia�venuto�il� momento�di�riflettere�sul�monopolio�pubblico�dell'azione�penale,�o�meglio� sul�monopolio�dell'azione�penale�in�capo�al�pubblico�ministero.�La�nostra� Costituzione�dice�che�il�pubblico�ministero�e�obbligato�ad�esercitare�l'azione� penale,�ma�non�dice�che�e�il�monopolista�dell'azione�penale.�A�questo�punto� nella�tradizione�accusatoria�si�potrebbe�cominciare�a�pensare�per�taluni�casi,� quando�c'e�l'inerzia�del�pubblico�ministero,�di�attribuire�la�titolarita�dell'a- TEMI�ISTITUZIONALI�31 zione�penale�alla�vittima�del�reato.�Che�e�una�cosa�diversa.�Allora,�se� vogliamo�parlare�delle�vittime�come�si�parla�in�sede�italiana�e�anche�in�sede� internazionale,�parliamone�transitivamente�in�termini�di�diritti�e�di�facolta� che�si�possono�attribuire.�E�un�discorso�aperto,�e�un�problema�che�si�pone,� non�e�una�soluzione�che�si�offre,�del�resto�scusate,�e�vero�o�non�e�vero�che� c'e�una�giurisdizione�penale�del�giudice�di�pace?�E�vero�o�non�e�vero�che�nella� giurisdizione�penale�del�giudice�di�pace�c'e�anche�questo�ricorso�diretto�al� giudice�di�pace�assegnato�all'offeso�dal�reato?�Che�con�uno�stesso�atto�puo� fare�quello�che�era�prima�la�querela�e�anche�questo�ricorso�immediato�nell'i- nerzia�del�pubblico�ministero,�perche�non�e�detto�che�il�pubblico�ministero� sia�obbligato�a�fare�qualche�cosa.� Se�e�cos|�vediamo�come�va�questa�sperimentazione.� Pensiamo�che�sono�di�competenza�del�giudice�di�pace�tutte�le�lesioni�col- pose�anche�gravissime,�da�incidente�stradale�o�in�generale,�che�a�volte�sono� cos|�gravi�nelle�loro�conseguenze�da�sopravanzare�persino�gli�eventi�mortali.� Andiamo�a�vedere�come�potra�finire�perche�teoricamente,�nel�giro�di�pochi� mesi,�si�puo�andare�al�dibattimento�davanti�al�giudice�di�pace.�E�chi�sosterra� l'accusa�vera�al�dibattimento�davanti�al�giudice�di�pace�se�non�colui�che�ha� esercitato�qui�realmente�l'azione�penale,�cioe�l'offeso�dal�reato?�Ecco�una� strada,�ecco�un�momento�di�sperimentazione,�ma�e�tutta�un'altra�cosa� rispetto�all'azione�civile,�non�ha�niente�a�che�vedere�con�la�costituzione�di� parte�civile.�Ecco,�allora�io�credo�che�la�riflessione�sia�importante�perche�ci� sposta�su�un�piano�diverso.�Su�quello�della�necessita�di�contenere�i�contributi� dell'offeso�dal�reato,�ove�il�pubblico�ministero�fa�tutto�quello�che�deve�fare� nei�limiti�dell'ausilio,�nell'indicazione�degli�elementi�di�indagine�nei�limiti�del- l'ausilio�all'indagine.�Questo�lo�dico�per�esperienza.�Ci�sono�momenti,�in� una�investigazione,�in�cui�il�difensore�dell'offeso�dal�reato�puo�fare�attivita� investigative�direttamente�o�attraverso�investigatori�molto�piu�efficaci�di� quelle�che�potrebbe�fare,��vi�sembra�un�paradosso�ma�vi�assicuro�che�que- sto�e�possibile��l'investigazione�pubblica.�Perche�vi�sono�angoli�in�cui�si� puo�arrivare�con�l'investigazione�privata,�con�successo,�laddove�l'investiga- zione�pubblica�non�e�che�non�possa�arrivare,�ci�arriva,�ma�non�consegue�suc- cesso.�Ecco,�per�dire�allora�che�ha�una�sua�utilita�anche�nella�logica�del�pro- cesso�accusatorio�l'investigazione�dell'offeso�dal�reato,�anche�con�i�poteri� che�sono�venuti�dalla�legge�sull'investigazione�difensiva.�Facciamo�questa� sperimentazione�ma�consentiamo�anche�una�adeguata�osmosi�tra�l'investiga- zione�pubblica�e�l'investigazione�eventualmente�della�vittima�del�reato;�per- che�torniamo�al�giudice�di�pace,�se�l'offeso�dal�reato,�la�vittima�del�reato�fa� fatica�ad�avere�dalla�polizia�la�planimetria�dell'incidente�stradale�di�cui�e� rimasta�vittima�perche�la�polizia�la�tiene�e�la�manda�al�pubblico�ministero�e� poi�non�la�si�trova,�a�questo�punto�e�chiaro�che�si�mortificano�in�radice�le� possibilita�che�la�legge�pur�consente�allo�stesso�offeso�dal�reato.�Cioe�di�fare� in�sostanza�colui�che�esercita�l'azione�penale.� Io�termino�queste�osservazioni�raccogliendo�l'invito�ultimo�del�presi- dente�Flick,�e�poi�del�resto�dei�promotori�del�convegno,�a�fare�i�conti�con� l'Europa.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Benissimo,�io�non�mi�considero�un�euroscettico.�Ma�non�mi�considero� neanche�un�entusiasta�senza�ragione�critica.�Allora�facciamo�i�conti�con�l'Eu- ropa,�ma�facciamoli�anche�portando�tutto�il�bagaglio�delle�nostre�esperienze,� della�nostra�cultura�e�della�nostra�capacita�.�Io�francamente�i�conti�con�l'Eu- ropa�sarei�pronto�a�farli�ad�armi�pari,�anche�con�coloro�che�hanno�sistemi� che�non�solo�non�hanno�niente�da�insegnare�al�nostro�ma�che�forse�avrebbero� molto�da�imparare�dal�nostro.�Non�posso�non�guardare�il�nostro�grande� maestro,�il�Prof.�Vassalli,�che�ha�fatto�interventi�in�questa�materia�dei�rap- porti�tra�il�nostro�sistema�e�l'Europa,�anche�negli�ultimi�giorni,�a�proposito� del�mandato�di�arresto�europeo�che�sono�da�quel�grandissimo�maestro�che� e�,�e�che�insegnano�a�tutti�anche�sul�piano�del�metodo,�che�cosa�si�deve�fare� quando�ci�si�confronta�con�l'Europa.�Siamo�noi�che�ci�confrontiamo�con� l'Europa,�ma�e�anche�l'Europa�degli�altri,�anche,�quelli�che�stanno�piu�indie- tro�di�noi,�che�si�deve�confrontare�con�noi.� Luigi Mazzella. C'e�una�richiesta�di�intervento�dell'Avv.�Emanuele� Squarcia.�Prego.� Emanuele Squarcia. Grazie.�E�un�tema�che�ho�voluto�vedere�un�po�da� vicino,�quello�della�costituzione�di�parte�civile,�e�una�piccola�riflessione�mi�e� venuta�ascoltando�tutti�gli�interventi.� Io�la�vedo�in�modo�molto�negativo,�onestamente:�secondo�me�la�costitu- zione�di�parte�civile�consente�di�trattare�in�maniera�totalmente�diseguale� situazioni�uguali.� Un�danno�che�derivi�da�reato�consente�l'accesso�al�processo�penale�e� consente�al�danneggiato�la�possibilita�di�usare�strumenti�inimmaginabili�in� sede�civile.�Io�immagino�di�andare�a�chiedere�ad�un�giudice�civile�di�pronun- ciare�una�sentenza�di�condanna�sulla�base�delle�sole�dichiarazioni�del�dan- neggiato.�Un�giudice�civile�rigetterebbe�la�domanda�sicuramente!�Eppure�la� Corte�di�Cassazione�ci�insegna�ogni�momento�che�e�possibile�una�decisione� di�condanna,�sia�penale�sia�risarcitoria,�a�seguito�delle�sole�dichiarazioni�del� danneggiato.� Una�brevissima�osservazione�su�quello�che�diceva�adesso�il�Prof.�Frigo� sul�rito�di�fronte�al�giudice�di�pace.�E�vero�che�alcuni�maestri�ci�insegnano� che�il�monopolio�dell'azione�penale�non�e�del�solo�pubblico�ministero,�ma�in� tutte�quelle�situazioni�che,�ad�esempio,�Dominioni�ci�spiega�nella�sua�voce,� non�abbiamo�mai�un�soggetto�che�e�interessato�alla�risoluzione�della�contro- versia�e�che�esercita�l'azione�penale.�Abbiamo�sempre�un�soggetto�che�e�por- tatore�di�interessi�pubblici�che�non�hanno�un�risvolto�immediato�in�quella� soluzione�di�controversia.�Ho�qualche�perplessita�che�la�norma�dica�effettiva- mente�che,�pur�se�in�quei�pochi�casi�dei�reati�perseguibili�a�querela,�la�per- sona�offesa�dal�reato�promuova�l'azione.�In�realta�e�sempre�il�giudice�che� deve�vagliare�questo�ricorso�ed�e�il�giudice�che,�quasi�come�un�novello�pre- tore,�promuove�l'azione.�Non�mi�sembra�che�sia�la�persona�offesa�dal�reato.� Ma,�a�parte�questo,�pensiamo�all'ipotesi,�secondo�me�veramente�assurda,�del- l'appello:�in�questo�caso�arriviamo�di�fronte�ad�un�giudice�togato�su�iniziativa� della�sola�persona�offesa�dal�reato.�Quindi�l'impronta�del�legislatore�sembra� andare�in�maniera�contraria�a�quello�che�dicevamo�prima,�non�tanto�verso� TEMI�ISTITUZIONALI� una�separazione,�anzi,�rafforza�in�modo�incisivo�i�poteri�della�persona�offesa� dal�reato:�consente�addirittura�l'appello�a�fini�non�solo�civili,�come�gia�sap- piamo,�ma�a�fini�penali�della�persona�offesa�dal�reato.�Quest'ultima�ci�porta� di�fronte�ad�un�giudice�togato�per�il�solo�perseguimento�di�interessi�civili.� Quindi�un�ampliamento�di�poteri,�secondo�me,�inimmaginabile�rispetto�alla� stessa�situazione�del�codice�di�rito�civile.� (omissis)�^L'intervento�del�Prof.�Ugo�Pioletti�e�riportato�come�comuni- cazione.� Luigi Mazzella. Allora,�siamo�arrivati�alla�nostra�conclusione.�Vi�anti- cipo�che�gli�atti�del�convegno�saranno�pubblicati�e�messi�a�disposizione�di� chi�ne�ha�interesse.�Mi�sembra�di�poter�concludere�ancora�dicendo�che�la� qualita�degli�interventi�e�anche,�diciamo,�la�polemica�che�si�e�sviluppata� dimostra�che�il�tema�era�un�tema�di�buona�attualita�e�che�quindi�e�stato�utile� affrontarlo�in�questa�sede.�Vi�ringrazio,�ed�al�prossimo�appuntamento.� Roma,�7�giugno�2002� COMUNICAZIONI(*)� Ugo Pioletti. La�c.d.��armonizzazione��delle�normative�europee��in� via�di�principio�tendenza�auspicabile,�oltre�che�probabilmente�inevitabile,�e� non�solo�a�livello�europeo��deve�realizzarsi�anzitutto�senza�alcun�com- plesso�di�inferiorita�nei�confronti�delle�soluzioni�adottate�in�altri�paesi�ed� inoltre�non�gia�recependo�od�espungendo�singoli�istituti,�ma�considerando�il� funzionamento�dell'intero�ordinamento�che�si�raffronta,�cos|�da�potere�valu- tare�pro�e�contra�delle�diverse�soluzioni.� La�valutazione�dell'istituto�della�parte�civile�mi�sembra�essere�un�caso� paradigmatico�delle�esigenze�sopra�indicate.� Questo�istituto�rappresenta�in�Italia,�a�mio�sommesso�avviso,�un�corret- tivo��sia�pure�insufficiente��nei�confronti�del�pericolo�di��politicizza- zione��del�processo�penale,�nei�confronti�cioe�del�pericolo�che�le�potenzialita� della�giurisdizione�penale�si�concentrino�piu�sugli�effetti��pubblicistici�,�o� �di�immagine�,�di�alcuni�processi�che�sulla�concreta�tutela�degli�interessi�e� dei�beni�della�vita�dei�singoli��siano�essi�persone�offese�o�danneggiati� oppure�indagati�o�imputati��coinvolti�in�tutte�le�vicende�giuridico�penali.� In�un�ordinamento�dove�una�delle�parti�del�processo�penale��il�pub- blico�ministero��e�parte�in�senso�solo��formale�,�in�quanto�e�in�tutto�e� per�tutto�un��collega��del�giudice(1),�la�presenza�della�parte�civile�contribui- sce��sia�pure,�come�detto,�in�maniera�parziale�ed�insufficiente��a�portare� il�processo�penale�sul�piano�del�processo�di�parti.� (*)�Gli�Autori�hanno�dato�alle�singole�comunicazioni�il�titolo�generale��La�costituzione� diparte�civile�nelprocessopenale�.�Per�evitare�duplicazioni�tale�titolo�e�stato�omesso.� (1)�Si�vedano�le�autorevoli�e�sempre�attuali�considerazioni�di�Lucchini,�La�mistificazione� del�pubblico�ministero,�riprodotto�in�Arch.�Pen.,�1969,7�ess.�edi�Foschini,�Un�errore�pendolare:� l'accusatore�giudice�ed�il�giudice�accusatore,�ivi,�153�ss.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Il�processo,�per�essere�tale��ossia��giudizio���e�non�trasformarsi�in� un�procedimento�inquisitorio�camuffato�da�processo�di�parti,�deve�necessa- riamente�essere�un�actus trium personarum,�e�cioe��un�processo�dove�nessuna� delle�parti�puo��avere�un�vincolo�preferenziale�con�il�giudice,�nemmeno�di� colleganza.� Il�c.d.��giusto�equilibrio�fra�accusa�e�difesa��va�valutato�anzitutto�sotto� il�profilo�istituzionale�prima�ancora�che�dal�punto�di�vista�dei�poteri�proces- suali�dei�singoli�soggetti�che�partecipano�al�processo.� Un�vero�processo�penale�di�parti��o,�come�si�suol�dire,��accusatorio�� �si�potra��realizzare�solo�a�seguito�di�una�riforma�del�pubblico�ministero,� attraverso�cioe��l'inquadramento�di�quest'ultimo�in�un�ordine�diverso�da� quello�cui�appartengono�i�giudici,�ossia�nello�Stato�amministrazione�e�non,� come�e��adesso�il�caso,�nello�Stato�giurisdizione.� Tale�innovazione�non�e��possibile,�a�mio�avviso,�senza�una�riforma�di� tipo�costituzionale.�La�riforma�del�processo�penale�iniziata�con�l'entrata� in�vigore�del�vigente�codice�di�procedura�penale�non�e��stata�idonea�ad� introdurre�nel�nostro�paese�un�autentico�sistema�processuale�penale�di�parti� (o�di�tipo��accusatorio�)�perche�non�e��stata�accompagnata�da�detta�riforma� costituzionale.� Il�suddetto��giusto�equilibrio�,�inoltre,�(come�insegna�la�consolidata� esperienza�della�giurisdizione�civile�(2))�non�e��neanche�turbato�dal�numero� diseguale��o�non�simmetrico��delle�parti.�Considerare�il�numero�asimme- trico�delle�parti�come�elemento�di�turbamento�di�un��giusto�equilibrio�delle� parti��significherebbe�sacrificare�interessi�sostanziali�certi�a�pretese�e�non� dimostrate�esigenze�processuali.� Questo��giusto�equilibrio��e��invece�turbato�ab origine dal�vincolo�di�col- leganza�che�lega�giudice�a�pubblico�ministero�(3)�ed�in�questo�senso�la�pre- senza�di�una��accusa�privata��(la�parte�civile)��paradossalmente,�ma�solo� in�apparenza��puo��contribuire�a�ripristinare�un�equilibrio�processuale�com- promesso�a�causa�del�detto�vizio�di�origine.� Del�resto,�la�volonta��della�vittima,�anche�in�relazione�allo�stesso�eserci- zio�della�potesta��punitiva,�trova�ancora��ed�e��opportuno�che�continui�a�tro- vare��uno�spazio�assai�rilevante�nel�vigente�sistema�penale:�mi�riferisco�ai� reati�perseguibili�a�querela,�una�categoria�di�reati��ed�una�tecnica�di�repres- sione�penale��che,�oltretutto�(si�veda�la�recente�riforma�del�falso�in�bilan- cio)�viene�utilizzata�dal�legislatore�piu��recente�in�settori�non�marginali�del- l'ordinamento.� Sarebbe�peraltro�illusorio,�a�mio�sommesso�avviso,�attribuire�alla�vit- tima�addirittura�il�potere�di�esercitare�direttamente�ed�in�via�esclusiva� (2)�Che�l'attore�sia�un�solo�soggetto�ed�i�convenuti�siano�piu��d'uno�non�significa�che�l'attore� sia�su�un�piano�di�debolezza�e�viceversa.�Il�processo�infatti�non�e��una�competizione�fra�forze�fisi- che�ma�tra�buoni�e�cattivi�argomenti,�fra�interessi�tutelati�ed�interessi�non�tutelati.� (3)�V.�ancora�Lucchini,�op. loc. cit.,e�Foschini,�op. loc. cit. TEMI�ISTITUZIONALI� l'azione�penale��come�talvolta�si�ipotizza��qualora�si�privi�la�vittima� stessa�della�possibilita�di�ottenere�il�risarcimento�del�danno�all'esito�del�pro- cesso�penale�da�essa�vittima�instaurato�e�condotto.� La�parte�civile,�inoltre,�essendo�portatrice�di�un�interesse�contrario�a� quello�dell'imputato�riguardo�alla�prescrizione�del�reato,�contribuisce�alla� definizione�sollecita�del�procedimento�e�quindi�costituisce�strumento�di�con- trasto�nei�confronti�del�problema�della�durata��irragionevole��dei�processi.� Non�mi�sembra�pertanto�giustificabile��anche�se�forse�e�comprensibile� nell'ottica�appunto�procedimentale�(o��inquisitoria�)��il�disfavore�che� emerge�in�parte�della�giurisprudenza�nei�confronti�della�parte�civile.� Emblematica�in�tal�senso�la�passata�giurisprudenza�delle�sezioni�unite� della�Corte�di�cassazione�in�tema�di�requisiti�della�procura�speciale�per�la� costituzione�di�parte�civile(4),�giurisprudenza,�come�e�noto,�superata�dall'in- tervento�del�legislatore�(art.�13,�legge�n.�479�del�1999,�c.d.��Legge�Carotti�)� che�sul�punto,�a�mio�avviso,�ha�posto�in�essere�un�vero�e�proprio�atto�di�inter- pretazione�autentica.� L'istituto�della�parte�civile�nel�processo�penale�deve�pertanto�essere� mantenuto�e�perfezionato�e�non�certo�ridimensionato�ne�tantomeno�sop- presso;�esso,�al�contrario,�puo�costituire�un�fruttuoso�esempio�per�i�vicini� paesi�europei�che�vogliano�guardare�all'ordinamento�italiano�con�atteggia- mento�equanime�e�privo�di�pregiudizi.� Il�significato�dell'istituto�della�parte�civile�nel�processo�penale�non� risiede�in�un�superato�omaggio�ad�un�concetto�in�gran�parte�irrealistico�ed� ideologico�(e,�per�certi�versi,�anche�autoritario)�di��unita�della�giurisdizione�,� ma�nel�rappresentare�invece�un�concreto�strumento�di�contrasto��anche�se� parziale�ed�insufficiente��nei�confronti�della�tendenza,�ancora�in�atto,�del� processo�penale�a�svincolarsi�dalla�considerazione�dei�beni�della�vita�dei�sog- getti�concreti�(siano�essi�vittime�o�rei)�coinvolti�in�tutti�i�processi�per�concen- trarsi�sovente�sugli�effetti�di�visibilita�e�latu sensu �politici��di�alcuni�processi.� La�costituzione�di�parte�civile,�inoltre,�rimane�ancora�uno�strumento�piu� efficace,�rapido�ed�economico�di�tutela�risarcitoria�e�restitutoria�delle�vittime� da�reato�rispetto�alla�citazione�in�sede�civile.� Il�processo�civile�e�infatti�ancora�troppo�formalistico,�lento�e�costoso�per� rappresentare�una�valida�alternativa�di�tutela�della�vittima�del�reato.� In�particolare,�in�tema�di�assunzione�della�prova�testimoniale��prova� regina�quando�si�tratta�di�tutelare�la�vittima�di�un�reato��il�processo�civile� offre�ancora�nel�concreto�una�tutela�troppo�poco�effettiva�nei�confronti�del- l'uso�di�testi�compiacenti,�quando�non�addirittura�falsi.� Nei�paesi�di�diritto�anglo�americano�esiste�il�sistema�del�Law oJ Torts (diritto�dell'illecito�aquiliano)�che�presenta�caratteristiche�processuali�simili� a�quelle�del�processo�penale.� Anche�nell'ordinamento�tedesco��fra�gli�ordinamenti�dei�paesi�europei� tra�i�piu�simili�al�nostro��il�processo�civile�e�caratterizzato�da�oralita�ed� immediatezza�nell'escussione�della�prova�testimoniale.� (4)�Cfr.�Cass.�S.U.,�1999,�n.�12.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Solo�allorche�il�processo�civile�per�il�risarcimento�del�danno�da�reato� sara��disciplinato��e�vivra��nella�pratica��con�quelle�caratteristiche�di�ora- lita��,�immediatezza�e�concentrazione,�ma�anche�di�economicita��e�di�efficacia,� che�ancora�caratterizzano�il�processo�penale,�ed�allorche�il�pubblico�mini- stero�sia�trasformato�(mediante�riforme,�come�detto,�costituzionali)�in�parte� sostanziale�e�non�formale,�solo�allora�si�potra��forse�iniziare�a�progettare�di� espungere�la�parte�civile�dal�processo�penale�con�la�speranza�che�cio��non� costituisca�danno�per�le�vittime�dei�reati�e�per�il�sistema.� Laddove�va�comunque�ribadito�che�la�separazione�fra�regiudicanda� civile�e�penale�non�ha��a�mio�sommesso�avviso��nulla�a�che�fare�con�la� distinzione�fra�processo�penale�di�parti�(o��accusatorio�)�e�processo�penale� non�di�parti�(o��inquisitorio�)�e�non�sarebbe�auspicabile�neanche�allorche�si� fosse�realizzato�nel�nostro�ordinamento�un�vero�processo�penale�di�parti(5).� L'esperienza�forense�riserva�pero��anche�esperienze�deludenti�al�patrono� di�parte�civile�ed�ai�suoi�assistiti.� La�piu��deludente�e�ricorrente�e��quella�di�ritrovarsi�vittoriosi�al�termine� del�giudizio�e�dovere�scoprire,�una�volta�che�ci�si�accinga�ad�eseguire�i�capi� civili�della�sentenza,�che�il�condannato�ha�gia��da�tempo�provveduto�a�disfarsi� dei�propri�cespiti�patrimoniali.� Lo�strumento�per�ovviare�a�tale�grave�inconveniente�esiste,�ed�e��quello� del�sequestro�preventivo.� Il�vigente�codice�di�rito,�incomprensibilmente,�ha�pero��disposto�che�esso,� quando�richiesto�a�garanzia�delle�obbligazioni�civili�derivanti�da�reato,�puo�� essere�chiesto�solo�dalla�parte�civile�e�non�anche�dalla�persona�offesa,�ossia� esso�non�puo��essere�richiesto�dalla�vittima�del�reato�gia��dall'inizio�delle�inda- gini�preliminari��magari�gia��con�la�denuncia�o�la�querela��quando�ancora� sussisterebbe�la�possibilita��che�il�provvedimento�cautelare�reale�possa�andare� a�buon�fine.� Fortunatamente,�pero��,�il�vigente�codice�prevede�che�il�pubblico�mini- stero�possa�chiedere�il�sequestro�preventivo�sin�dall'inizio�delle�indagini�preli- minari�e�del�provvedimento�di�sequestro�si�gioverebbe,�per�espressa�disposi- zione�di�legge�(art.�316,�3.�comma,�c.p.p.),�anche�la�parte�civile.� Non�credo�di�sbagliarmi�nell'affermare�che�di�tale�potere�di�richiesta�di� sequestro�viene�fatto�un�uso�molto��troppo��sporadico.� Ed�e��un�vero�peccato,�perche�in�tal�modo�si�renderebbe�invece�un�servi- zio�concreto�e�non�ideologico�alle�vittime�dei�reati�che�sono��non�bisogna� dimenticarlo��nella�stragrande�maggioranza�dei�casi,�gente�comune(*).� (5)�La�separazione�fra�regiudicande�civili�e�penali�priverebbe�i�soggetti�danneggiati�dai�reati� �titolari�di�posizioni�soggettive�a�mio�avviso�meritevoli�di�una�tutela�rafforzata�rispetto�ai�sog- getti�danneggiati�da�illeciti�meramente�civili��della�possibilita��di�giovarsi,�almeno�in�parte,�del- l'attivita��processuale�del�pubblico�ministero.� (*)�Testo�di�UgO Pioletti, Professore�affidatario�di�Diritto�penale�dell'economia�nell'U- niversita�degli�Studi�di�Camerino.� TEMI�ISTITUZIONALI� Gianni Carlo Ferrero. Una�totale�equiparazione�tra�parte�offesa�privata� e�parte�offesa�pubblica,�in�particolare�se�si�tratta�dello�Stato,�appare�sostan- zialmente�e�formalmente�improponibile.�Come�e�noto�lo�Stato�Comunita� (ammesso�che�si�voglia�ancora�mantenere�la�distinzione�classica,�tra�Stato� Comunita�e�Stato�Ordinamento)�e�parte�offesa�in�un�numero�estremamente� elevato�di�reati.�All'alto�numero�di�illeciti�che�offendono�la�collettivita�corri- sponde�una�esigua,�quasi�irrisoria,�partecipazione�dell'Avvocatura�Generale� dello�Stato,�nei�relativi�processi�penali,�anche�per�gli�ormai�cronici�motivi�di� organico�(tenuto�altres|�conto�dei�gravosi�impegni�che�il�nuovo�processo� penale�richiede,�se�si�vuole�partecipare�seriamente).� Questa�mancata�presenza�dell'Avvocatura�dello�Stato�comporta�in�pra- tica�una�tutela�del�tutto�inadeguata�dei�pubblici�interessi�colpiti�da�fatti�ille- citi�penali�e�la�perdita�di�introiti�di�considerevoli�importi�nelle�casse�erariali.� Di�fatto�in�molti�casi�si�verifica�una�sorta�di�inammissibile�(trattandosi�di� denaro�pubblico)�rinuncia�a�diritti�patrimoniali�da�parte�delle�varie�ammini- strazioni.� Anzi,�l'attuale�sistema�ha�un�elevato�costo�per�le�incombenze�formali�che� esso�determina.�Gli�organi�giudiziari�sono�tenuti�ad�individuare�la�parte� offesa�ed�a�notificarle�l'atto�di�inizio�del�processo.�Nonostante�le�richieste�di� alcune�Avvocature�Distrettuali�dello�Stato�gli�atti�vengono�notificati�a�queste� ultime�che,�dopo�averle�protocollate,�ed�in�alcuni�casi�fascicolate,�provve- dono�ad�inviarle�alle�autorita�amministrative�competenti�perche�accertino�la� situazione�di�fatto�legata�al�reato�e,�se�di�particolare�rilevanza,�la�segnalino� all'Avvocatura�dello�Stato�ed�al�competente�Ministro�che�dovra�richiedere�al� Capo�del�Governo�l'autorizzazione�a�costituirsi�parte�civile.�Una�procedura� lunga,�complessa�e�costosa�molto�raramente�seguita�sino�alla�sua�positiva� conclusione,�anche�per�la�sostanziale�impossibilita�dell'Avvocatura�dello� Stato�di�impegnare�il�proprio�personale�togato�in�lunghi�e�faticosi�processi.� Ne�alla�mancata�partecipazione�al�giudizio�penale�si�pone�parziale�(par- ziale�perche�a�volte�l'esito�del�processo�penale�e�determinante�o�comunque� rilevante)�rimedio�agendo�in�sede�civile�perche�la�P.A.�non�lo�richiede�espres- samente�e�perche�nel�frattempo�sono�passati�inutilmente�anni�ed�anni�con� possibile�dispersione�del�patrimonio�dell'autore�dell'illecito.� Se�solo�si�pone�l'attenzione�al�danno�ambientale�il�cui�risarcimento� dovrebbe�provvedere�in�virtu�dell'art.�18�della�legge�istitutiva�del�Ministero� dell'Ambiente,�in�via�principale�e�quasi�esclusiva�lo�Stato,�ci�si�rende�imme- diatamente�conto�del�grave�pregiudizio�che�subiscono�le�casse�erariali�a�causa� del�mancato�esercizio�della�relativa�azione.�Non�solo�per�la�frequenza�e�la� gravita�degli�illeciti�nel�settore,�ma�anche�perche�il�danno�subito�da�determi- nati�interessi�non�e�risarcito�e�cio�in�contrasto�con�la�tendenza�ad�ampliare� la�risarcibilita�di�interessi�diffusi�e�collettivi�da�parte�di�soggetti�che�ne�hanno� l'azionabilita�.�In�realta�manca�un�orientamento�armonico�ed�unitario�nel� sistema�processuale�penale�che�da�un�lato�mira�alla�massima�snellezza�e�rapi- dita�del�processo,�dall'altra�ammette�l'esercizio�dell'azione�civile�che�appesan- RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� tisce�e�rallenta�il�processo�(si�considera�la�facolta�del�difensore�civico�di�costi- tuirsi�parte�civile�per�gli�handicappati��art.�36-512/1992�legge�5�febbraio� 92�n.�104).�Oltretutto�la�circostanza�che�nella�specie�si�tratti�dello�Stato�e� che�il�suo�intervento�sia�in�gran�parte�sporadico�e�discrezionale�pone�anche� problemi�di�disuguaglianza�che�possono�alterare,�per�la�presenza�accusatrice� dell'Avvocatura�dello�Stato,�un�certo�pur�necessario�equilibrio�tra�accusa�e� difesa.� Con�la�presenza�e�la�vitalita�della�Unione�Europea�e�l'ampliarsi�dei�titoli� che�legittimano�una�sua�azione�giudiziaria�(si�pensi�alle�frodi�comunitarie)�il� problema�si�accentua�ulteriormente.� Una�presenza�costante�o�quantomeno�uniforme�dell'Avvocatura� Generale�dello�Stato�nei�processi�penali�per�reati�che�abbiano�pregiudicato� interessicomunitariostatali�e�certamente,�nelle�attuali�condizioni�di�orga- nico,�impensabile.�Un�incremento�molto�rilevante�del�numero�di�Avvocati� dello�Stato�e�in�teoria,�ipotizzabile,�ma�il�suo�costo�sarebbe�molto�elevato� e�richiederebbe�diversi�anni�per�un�adeguato�reclutamento�(a�meno�di� rinunciare�alle�loro�qualita�professionali).�Uno�sforzo�realizzabile,�ma� quando�e�possibile�ottenere�un�risultato�analogo�procedendo�per�altra,� piu�semplice�via.� Si�tratta�in�sostanza�di�prevedere�il�dovere-potere�delle�Procure�della� Repubblica�di�agire�in�sede�penale�per�il�recupero�dei�danni�provocati�dai� reati�alla�Unione�Europea�ed�allo�Stato�(senza�sarcasticamente�richiamare�il� n.�4�dell'art.�77�c.p.p.).� Il�compito�dei�procuratori�della�Repubblica�non�verrebbe�aggravato�di� molto,�dato�che�la�prova�dell'illecito�pregiudizievole�del�fatto�e�della�relativa� responsabilita�e�sostanzialmente�la�stessa�in�sede�penale�e�in�sede�civile.�Ne� va�sottovalutato�che�in�non�poche�ipotesi�il�risarcimento�patrimoniale�costi- tuisce�la��sanzione��piu�pesante�per�l'autore�del�fatto.� Nei�casi�in�cui�la�quantificazione�dei�danni�fosse�difficoltosa�potrebbe� pur�sempre�richiedersi�l'intervento�di�un�consulente�tecnico�o�della�stessa� amministrazione�(come�nei�reati�fiscali�ed�economici�in�genere).� Il�costo�dell'innovazione�legislativa�sarebbe�minimo�sul�piano�econo- mico�e�molto�modesto�su�quello�sistematico.� Oltretutto�si�eviterebbe�cos|�anche�la�possibilita�che�una�particolarmente� sensibile�ed�attenta�Procura�Generale�della�Corte�dei�Conti�ravvisi�un�pub- blico�danno�per�l'erario�a�carico�di�chi,�essendo�titolare�dell'azione�risarcito- ria,�non�provveda�a�richiederne�l'esercizio�o�a�carico�di�chi�questo�esercizio� dovrebbe�esercitare�o�garantire.� In�conclusione,�con�una�relativamente�modesta�modifica�legislativa�si� otterrebbe�un�risultato�di�grande�importanza�pratica�e�sistematica:�l'uniforme� presenza�dello�stato�in�tutti�i�processi�penali�in�cui�i�reati�contestati�abbiano� determinato�danni�rilevanti�all'erario,�e�quindi,�alla�collettivita�.� L'accennata�competenza�risarcitoria�dei�rappresentanti�della�Procura� della�Repubblica�e�gia�ammessa�dal�vigente�sistema�penale�spagnolo� (art.�108�LEY�DE�ENJUICIAMIENTO�CRIMINAL).� TEMI ISTITUZIONALI Appendice alle comunicazioni di G.C. Ferrero LEY DE ENJUICIAMIENTO CRIMINAL TitulO IV DELASPERSONASA�QUIENES�CORRESPONDEEL�EJERCICIO DELASACCIONES�QUENACEN�DELOSDELITOS�Y�FALTAS Art|�culo100.��Detododelitoofaltanaceaccio�npenalparaelcastigo� del�culpable,�y�puede�nacer�tambie��n�accio��n�civil�para�la�restitucio��nde�lacosa,� la�reparacio�n�del�dan�o�y�la�indemnizacio��n�de�perjuicios�causados�por�el�hecho� punible.� Art|�culo101.��Laaccio�npenalespu�blica.� Todos�los�ciudadanos�espan�oles�podra�n�ejercitarla�con�arreglo�a�las�pres- cripciones�de�la�Ley.� Art|�culo�102.��Sin�embargo�de�lo�dispuesto�en�el�art|�culo�anterior,�no� podra�n�ejercitar�la�accio��n�penal:� 1.�el�que�no�goce�de�la�plenitud�de�los�derechos�civiles;� 2.�elquehubieresidocondenadodosvecesporsentenciafirmecomoreo� del�delito�de�denuncia�o�querella�calumniosas;� 3.�el�Juez�o�Magistrado.� Los�comprendidos�en�los�nu��meros�anteriorespodra�n,�sin�embargo,�ejercitar� la�accio�npenalpordelito�ofalta�cometidos�contrasuspersonaso�bieneso�con- tralaspersonasobienesdesusco�nyuges,�ascendientes,�descendientes,�hermanos� consangu|�neos�o�uterinos�y�afines.� Los�comprendidos�en�los�nu��meros�2)�y�3)�podra�n�ejercitar�tambie��nla� accio��n�penal�por�el�delito�ofalta�cometidos�contra�las�personas�o�bienes�de�los� que�estuviesen�bajo�su�guarda�legal.� Art|�culo103.��Tampocopodra�nejercitaraccionespenalesentres|�:� 1.�losco�nyuges,anoserpordelitoofaltacometidosporelunocontrala� personadelotro�o�la�desushijosyporeldelito�de�bigamia;� 2.�los�ascendientes,�descendientes�y�hermanos�por�naturaleza,�por�la� adopcio�n�opor�afiniclada�no�serpor�delito�ofalta�cometidospor�los�unos�contra� las�personas�de�los�otros.� Articulo�104.��Las�acciones�penales�que�nacen�de�los�delitos�de�estupro,� calumnia�e�injuria,�tampoco�podra�n�ser�ejercitadas�por�otras�personas,�ni�en� maneradistintaque�lasprescritasen�losrespectivosart|�culosdel�Co�digo�Penal.� Las�faltas�consistentes�en�el�anuncio�por�medio�de�la�imprenta�de�hechos� falsosorelativosalavidaprivada,�conelqueseperjudiqueuofendaaparticu- lares,�y�en�injurias�leves�so�lo�podra �n�ser�perseguidas�por�los�ofendidos�o�por� sus�leg|�timos�representantes.� Art|�culo�105.��Losfuncionarios�del�Ministerio�Fiscal�tendra�nlaobliga- cio��n�de�ejercitar,�con�arreglo�a�las�disposiciones�de�la�Ley,�todas�las�acciones� penales�que�consideren�procedentes,�haya�o�no�acusador�particular�en�las�cau- sas,�menos�aquellas�que�ci�Co��digo�Penal�reserva�exclusivamente�a�la�querella� RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO privada. Tambie� n debera� n ejercitarlas en las causaspor los delitos contra la honestidad que, con arreglo a las prescripciones del Co�digo Penal, deben denun- ciarse previamente por los interesados, o cuando el Ministerio Fiscal deba, a su vez, denunciarlosporrecaerdichosdelitossobrepersonasdesvalidasofaltasde personalidad. Art|�culo106. �Laaccio�npenalpordelitoofaltaquede�lugaralprocedi- miento de oficio no se extingue por la renuncia de la persona ofendida. Peroseextinguenporestacausalasquenacendedelito ofaltaquenopue- dan ser perseguidos sino a instancia de parte, y las civiles, cualquiera que sea eldelito ofalta dequeprocedan. Art|�culo107. �Larenunciadelaaccio�ncivilodelapenalrenunciableno perjudicaraa ma�squealrenunciante;pudiendocontinuareiejerciciodelapenal en el estado en que se halle la causa, o ejercitarla nuevamente los demaa s a quie- nes tambiea n correspondiere. Art|�culo 108. �La accio� n civil ha de entablarse juntamente con la penalporelMinisterioFiscal, hayaono enelproceso acusadorparticular; perosielofendido renunciareexpresamenteasu derecho de restitucio�n, repa- racioa n o indemnizacioa n, el Ministerio Fiscal se limitaraa a pedir el castigo de los culpables. Art|�culo109. �Enelactoderecibirsedeciaracio�nalofendido que tuviese la capacidad legal necesaria, se le instruiraa del derecho que le asiste paramostrarseparteeneiprocesoyrenunciaronoa larestitucio�ndela cosa, reparacio�ndeldan�oeindemnizacio�ndelperjuiciocausadoporelhecho punible. Si no tuviese capacidad legal, se practicaraa igual diligencia con su repre- sentante. Fuera de los casos previstos en los dos paa rrafos anteriores, no se haraa alos interesados en las acciones civiles o penales notificacioa n alguna que prolongue odetengaelcursodelacausa, locualno obstaparaqueelJuezprocureinstruir de aqual derecho al ofendido ausente. En cualquier caso en los proccsos que se sigan por delitos comprendidos en alart|�culo57delCo�digoPenalelJuezaseguraraa lacomunicacio�nalav|�ctima de losactosprocesalesquepuedanafectarasuseguridad. Art|�culo 110. �Los perjudicados por un delito o falta que no hubieren renunciado asuderecho, podra�nmostrarseparteen la causasilohicieranantes del traa mite de calificacioa n del delito, y ejercitar las acciones civiles y penales queprocedan, osolamenteunasuotras, segu� n lesconviniere, sinqueporello se retroceda en el curso de las actuaciones. Aun cuando los perjudicados no se muestren parte en la causa, no por esto se entiende que renuncian ai derecho de restitucioa n, reparacioa n o indemni- zacioa n que a su favor puede acordarse en sentencia firme, siendo menester que la renuncia de este derecho se haga en su caso de una manera expresa y terminante. TEMI ISTITUZIONALI41 Art|�culo111.��Lasaccionesquenacendeundelitoofaltapodra�nejerci- tarsejunta�oseparadamente;pero�mientrasestuviesependiente�la�accio�npenalno� se�ejercitara��la�civilcon�separacio��n�hasta�que�aque��lla,�haya�sido�resuelta�en�senten- cia�firme,salvo�siempre�lo�dispuestoen�los�articulos4,�5y6de�esteCo�digo.� Art|�culo�112.��Ejercitade�so�lo�la�accio�n�penal,�se�entendera��utilizada� tambie��n�la�civil,�a�no�ser�que�el�dan�ado�o�perjudicado�la�renunciase�o�la�reser- vaseexpresamentepara�ejercitarla�despue�sde�terminado�eljuicio�criminal,�sia� ello�hubiere�lugar.� Siseejcrcitascso�lo�la�clvilquenacede�undelito�de�losquenopuedenper- seguirse�sino�en�virtud�de�querella�particular,�se�considerara��extinguida�desde� luego�la�accio��n�penal.� Art|�culo113.��Podra�nejercitarseexpresamentelasdosaccionesporuna� misma�persona�o�por�varias;�pero�siempre�que�sean�dos�o�ma��s�las�personas�por� quienes�se�utilicen�las�acciones�derivadas�de�un�delito�o�falta�lo�verificara��nen� unsoloprocesoy,�sifuereposible,�bajounamismadireccio�nyrepresentacio�n,� ajuicio�del�Tribunal.� Art|�culo114.��Promovidojuiciocriminalenaveriguacio�ndeundelitoo� falta,�no�podra��seguirse�pleito�sobre�el�mismo�hecho;�suspendie��ndole,�si�le� hubiese,�enelestadoenquesehallare,�hastaquerecalgasentenciafirmeenla� causa�criminal.� No�sera��necesariopara�el�ejercicio�de�la�accio�n�penal�que�hayaprecedido�al� de�la�civil�originada�del�mismo�delito�ofalta.� Lo�dispuesto�en�este�art|�culo�se�entiende�sinperjuicio�de�lo�establecido�en�el� cap|�tulo�II,�t|�tulo�I,�de�este�libro,�respecto�a�las�cuestiones�prejudiciales.� Art|�culo115.��Laaccio�npenalseextingueporlamuertedelculpable;� peroenestecasosubsistelacivilcontrasusherederosycausahabientes,�queso�lo� podra��ejercitarseantelajurisdiccio�nyporlaviadelocivil.� Art|�culo116.��Laextincio�ndelaaccio�npenalnollevaconsigoladela� civil,�anoserquelaextincio�nprocedadehabersedeclaradoporsentenciafirme� que�no�existio��el�hecho�de�que�la�civil�hubiese�podido�nacer.� En�los�dema��s�casos,�la�persona�a�quien�corresponda�la�accio��n�civil�podra�� ejercitarlaantelajurisdiccio�nyporlav|�adelocivilqueproceda,�contraquien� estuviere�obligado�a�la�restitucio��n�de�la�cosa,�reparacio��n�del�dan�o�o�indemniza- cio��n�dei�perjuicio�sufrido.� Art|�culo�117.��La�extincio�n�de�la�accio�n�civil�tampoco�lleva�consigo�la� de�la�penal�que�nazca�del�mismo�delito�ofalta.� La�sentenciafirme�absolutoria�dictada�en�elpleitopromovidopor�el�ejerci- cio�de�la�accio��n�civil,�no�sera��obsta��culo�para�li�ejercicio�de�la�accio��n�penal� correspondiente.� Lo�dispuesto�en�este�art|�culo�se�entiende�sin�perjuicio�de�lo�que�establece�el� cap|�tulo�II�del�t|�tulo�I�de�este�libro�y�los�art|�culos�106,�107,�110�y�pa�rrafo� segundo�del�112�(*). (*) Testo e appendice a cura di GiannI CarlO FerrerO ^Avvocato�Distrettuale�dello� Stato�di�Torino.� 42RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO Stefano Maccioni. L'introduzione�svolta�dall'Avvocato�Generale�dello� Stato�e�riuscita�indubbiamente�a�stimolare�un'ampia�riflessione,�circa�l'op- portunita�di�mantenere�all'interno�del�nostro�processo�penale�la�costituzione� di�parte�civile��sia�essa�effettuata�da�privati�cittadini�che�da�enti�o�associa- zioni�rappresentativi�di�interesse�diffusi��come�d'altronde�confermano�gli� interventi�che�si�sono�succeduti�nel�corso�della�giornata.� Riassumendo,�le�ragioni�indicate�a�sostegno�di�una�esclusione�della� parte�civile�dal�processo�sono�essenzialmente�tre,�ovvero:� la�presenza�della�parte�civile�porrebbe�in�essere�uno�squilibrio�tra� accusa�e�difesa�all'interno�del�processo;� nell'ipotesi�di�costituzione�di�parte�civile�si�provocherebbe�inevitabil- mente�una�alterazione�nel�giudizio�del�magistrato,�inficiando�la�sua�serenita� nella�valutazione;� la�parte�civile�sarebbe�responsabile�di�prolungare�i�tempi�di�svolgi- mento�del�processo.� Appare,�pertanto,�necessario,�a�sommesso�avviso�dello�scrivente,�con- frontare�tali�affermazioni�con�quanto�quotidianamente�si�verifica�all'interno� delle�aule�giudiziarie�dei�nostri�Tribunali,�per�rendersi�immediatamente�conto� della�loro�totale�infondatezza.� In�riferimento,�infatti,�al�primo�rilievo�occorre�dire�che�l'accusa�non� risulta�quasi�mai�sufficientemente�rappresentata�dal�Pubblico�Ministero,� basti�pensare�all'uso�abnorme�della�delega�di�funzioni�a�favore�dei�vice�pro- curatori�onorari�per�la�maggior�parte�dei�procedimenti�di�primo�grado�di� competenza�del�giudice�monocratico.� D'altra�parte�gli�stessi�magistrati�requirenti�devono�sopportare�quotidia- namente,�anche�a�causa�di�una�cronica�carenza�di�organico,�un�carico�di� lavoro�superiore�alle�loro�effettive�possibilita�.� Per�quanto�concerne,�invece,�i�timori�espressi�in�merito�ad�un'eccessiva� compromissione�emotiva�da�parte�del�giudice,�questi�sono�stati�smentiti�ripe- tutamente�in�molti�processi�balzati�agli�onori�della�cronaca�per�la�rilevanza� dei�casi�trattati,�si�veda�per�tutti�la�vicenda�del�petrolchimico�di�Porto�Mar- ghera�o�il�primo�processo�Priebke,�ma�molti�altri�casi,�anche�meno�noti,� potrebbero�essere�indicati.� D'altronde�non�puo�nemmeno�essere�condiviso�il�rilievo�secondo�il�quale� la�presenza�della�parte�civile�influenzerebbe�i�tempi�processuali,�compor- tando�un�loro�inevitabile�prolungamento.� E�notoria,�infatti,�la�difficile�situazione�nella�quale�versa�la�nostra�giusti- zia,�non�soltanto�penale.� Sicuramente,�prima�di�intervenire�con�misure�volte�a�limitare�i�diritti� delle�vittime�all'interno�del�nostro�processo�penale,�sarebbe�forse�opportuno� adottare�misure�idonee�a�garantire�un'adeguata�tutela�ai�diritti�dei�cittadini.� TEMI�ISTITUZIONALI Senza�scendere�nel�dettaglio,�bastera�pensare�alle�limitate�risorse�ancora� oggi�investite�dallo�Stato�nel�settore�giustizia�sia�sotto�il�profilo�strutturale� che�organico,�nonche�organizzativo.� Sempre�con�riferimento�a�quanto�si�verifica�nelle�aule�di�giustizia,� sappiamo�tutti�che�una�delle�cause�piu�frequenti�di�rinvio�delle�udienze� penali�e�rappresentata�dal�difetto�di�notifica�all'imputato�o�al�suo�difen- sore�del�decreto�di�citazione�a�giudizio,�dell'avviso�di�cui�all'art.�415-bis� c.p.p.�o�dell'avviso�di�fissazione�dell'udienza�preliminare.�La�parte�civile,� invece,�nella�quasi�totalita�dei�casi�svolge�soprattutto�una�funzione� di�impulso�processuale�al�fianco,�ma�molto�spesso�in�sostituzione,�del� Pubblico�Ministero.� D'altronde,�anche�a�livello�europeo�si�vanno�estendendo�i�provvedimenti� volti�ad�aumentare�le�garanzie�a�favore�delle�vittime�nel�procedimento� penale.�A�tal�proposito�particolare�rilievo�assume�la�decisione-quadro�del� Consiglio�dell'Unione�Europea�adottata�in�data�15�marzo�2001.� Tale�provvedimento�impone�agli�Stati�membri,�non�soltanto�di�aumen- tare�la�tutela�delle�vittime�dei�reati�al�di�fuori�e�prima�di�un�eventuale�proce- dimento�penale,�ma�anche�all'interno�del�procedimento�stesso.� Recita,�infatti,�l'art.�9�che��ciascuno�Stato�membro�garantisce�alla�vittima� di�un�reato�il�diritto�di�ottenere�entro�un�ragionevole�lasso�di�tempo�una�deci- sione�relativa�al�risarcimento�da�parte�dell'autore�del�reato�nell'ambito�del�pro- cedimento�penale,�eccetto�il�caso�in�cui�il�diritto�nazionale�preveda�altre�moda- lita�di�risarcimento�.� Proprio�al�fine�di�recepire�tali�e�altre�indicazioni�ivi�contenute,�peraltro,� veniva�istituita,�gia�nel�corso�della�precedente�legislatura,�una�Commissione� sui�problemi�e�sul�sostegno�delle�vittime�dei�reati,�alla�quale�ho�potuto�parte- cipare,�che�ha�concluso�recentemente�i�suoi�lavori�con�la�formulazione�di� una�legge�quadro�per�l'assistenza,�il�sostegno�e�la�tutela�delle�vittime�dei�reati� che�mi�auguro�possa�diventare�presto�legge�dello�Stato.� Tra�le�varie�modifiche�e�proposte�avanzate�dal�provvedimento�de�quo,� particolare�rilievo�assumono�sicuramente�quelle�relative�al�codice�di�proce- dura�penale.� A�titolo�esemplificativo,�tra�le�piu�rilevanti�ricordo�quelle�che�consenti- rebbero�anche�alla�persona�offesa�di�richiedere�l'incidente�probatorio�durante� la�fase�delle�indagini�preliminari,�andando�cos|�a�colmare�una�lacuna�legisla- tiva�che�troppo�spesso�penalizza�l'attivita�di�indagine�delle�stesse�vittime� e�dei�loro�difensori,�come�ha�anche�rilevato�il�consigliere�Marini�nel�suo� intervento.� Analogamente,�si�introdurrebbe�un�termine�piu�ampio�rispetto�a�quello� attualmente�previsto�dall'art.�408,�comma�3,�c.p.p.�per�poter�proporre�oppo- sizione�all'archiviazione.�Il�termine�di�dieci�giorni,�infatti,�verrebbe�sostituito� con�quello�di�venti,�in�coerenza�con�quanto�disposto�dall'art.�415-bis�c.p.p.� con�riferimento�alla�posizione�dell'indagato.� 44RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO Attualmente,�infatti,�non�e��raro�il�caso�di�richieste�di�archiviazione� per�le�quali�sarebbe�necessario�in�favore�del�difensore�della�persona� offesa�un�congruo�termine�per�provvedere:�alla�richiesta�di�copia�inte- grale�degli�atti�del�procedimento�(alcune�volte�si�puo��anchetrattaredi� migliaia�di�pagine),�del�loro�esame�e�della�nomina�di�eventuali�consulenti� di�parte�che,�in�brevissimo�tempo,�eventualmente,�dovrebbero�redigere� propri�elaborati.� Sempre�con�riferimento�alla�fase�delle�indagini�preliminari�la�legge�qua- dro�prevederebbe�anche�una�estensione�del�termine�di�cui�agli�articoli�412�e� 413�c.p.p.�in�tema�di�avocazione�del�procedimento,�che�puo��essere�effettuata,� com'e��noto,�anche�su�richiesta�della�persona�offesa�da�parte�del�Procuratore� Generale�presso�la�Corte�di�Appello.� In�tal�caso,�la�disciplina�vigente�dispone�che�il�Procuratore�Generale� provvede�a�svolgere�le�indagini�preliminari�che�ritiene�indispensabili�entro�e� non�oltre�30�giorni�dal�decreto�di�avocazione.�Tale�termine�eccessivamente� ristretto,�secondo�la�Commissione�vittime,�dovrebbe�essere�sostituito�con� quello,�piu��ampio,�di�sessanta�giorni.� Tralasciando�di�esaminare�per�intero�le�varie�modifiche�proposte�al� codice�di�rito�e�gli�istituti�che�si�vorrebbero�introdurre�a�favore�delle�vittime� dei�reati,�bastera��dire�che�il�filo�conduttore�che�ha�guidato�il�lavoro�della� Commissione,�e��stato�quello�di�garantire�una�maggiore�tutela�alle�vittime� dei�reati�armonizzando,�ove�ve�ne�fosse�bisogno,�il�nostro�sistema�a�quello� degli�altri�Paesi�membri�della�Comunita��europea.� Tornando�al�tema�principale�del�convegno,�devo�dire�che�francamente� non�riuscirei�attualmente�ad�immaginarmi�un�processo�penale�senza�la�parte- cipazione�della�vittima.� D'altra�parte�si�avverte�la�necessita��che,�all'interno�del�nostro�processo� penale,�siano�adeguatamente�tutelati�i�diritti�delle�vittime�dei�reati�e�che,�in� tale�sede,�le�stesse�possano�e�debbano�trovare�un�adeguato�ristoro�al�danno� subito.�Troppe�volte�si�assiste�a�quella�che�gli�esperti�definiscono��vittimizza- zione secondaria��ossia�la�sopportazione�da�parte�della�persona�che�ha�subito� un�reato�di�una�ulteriore�sofferenza�dovuta�proprio�alle�disfunzioni�e�carenze� del�processo�.� Ecco�perche�la�definizione�di�parte civile,�intesa�come�colei�che�all'in- terno�del�processo�penale�si�muove�esclusivamente�per�ottenere�un�risarci- mento�economico,�al�danno�sofferto�in�conseguenza�del�reato,�sia��proprio� alla�luce�dell'esperienza�concreta��eccessivamente�riduttiva.�Alle�vittime� dei�reati,�infatti,�deve�essere�riconosciuto,�indubbiamente,�il�merito�di�contri- buire�al�raggiungimento�della�verita��processuale(*).� (*)�Testo�di�StefanO MaccionI ^Responsabile nazionale di Giustizia per i Diritti ^ Cittadinanzattiva. IlcontenziosoUEIlcontenziosoUE La�rubrica�intende�fornire�una�informazione�tempestiva�sulla�giurispru- denza�comunitaria�e�nazionale�di�rilevanza�comunitaria�all'operatore�giuridico,� lacuiattivita��semprepiu��devetenercontodelprocessodiintegrazionegiuridica� ed�economica�in�atto�in�Europa.� L'Avvocatura�dello�Stato,�che�collabora�con�tutte�le�Amministrazionipub- bliche�al�riscontro�giurisdizionale�del�processo�di�integrazione�europea,�che�si� modula�nella�interpretazione�e�nell'applicazione�del�diritto�comunitario,�rappre- senta�un�punto�di�riferimento�e�di�informazione�privilegiato�per�documentare� un�taleprocesso.� La�rubrica�vuole�quindi�essere�uno�strumento�di�lavoro�e�nel�contempo�un� contributo�alla�formazione�di�professionalita��adeguate�alle�necessita��della�inte- grazione�europea.� Si�articola�in�due�sezioni.� Nellaprimasonoriprodottigliattirilevantidellepiu��significativedecisioni� giurisdizionali.�La�pubblicazione�della�sentenza,�eventualmente�per�estratto,� potra��essere�accompagnata�dalla�relazione�di�udienza�(nella�quale�sonofocaliz- zate�le�posizioni�assunte�dalle�parti�in�giudizio),�dalle�conclusioni�dell'Avvocato� Generale�(che�sempre�contengono�una�sintesi�ragionata�del�diritto�vivente�comu- nitario)�nonche�da�una�nota�di�commento,�che�avra��cura�di�sottolineare�la�rica- duta�della�decisione�nell'ordinamento�italiano.� La�seconda�sezione�riprodurra��tutte�le�nuove�questioni�di�interpretazione�e� di�applicazione�del�diritto�comunitario�sottoposte�alla�Corte�di�Giustizia.�Nei� casi�in�cui�e��intervento�in�causa�e�Governo�italiano�si�richiameranno�le�osserva- zioni�svolte.� Nelledomandepregiudizialichecoinvolgonoquestionidiprincipio�enelle� qualinone��statadecisalapresentazionedapartedelGovernoitalianodiosser- vazioni�scritte,�si�pubblichera��una�breve�scheda�giurisprudenziale�ragionata�con� indicazioni�bibliografiche.� Avv. MauriziO FiorillI ECISIONIEECISIONIE SULLA�LEGITTIMITA�DELLE�TARIFFE�PROFESSIONALI�FORENSI� Corte�di�Giustizia�delle�Comunita�europee,�Plenum, 19�febbraio�2002,�nella� causa�C-35/1999�^Presidente Rodr|�guez�Igelsias�^Relatore Wathelet�^ Avvocato Generale Le�ger�^Domanda�di�pronunzia�pregiudiziale�propo- sta�dal�Pretore�di�Pinerolo�nel�procedimento�Arduino�ed�altri�c/Compa- gnia�Assicuratrice�RAS�S.p.a.�Interv.:�Governo�italiano,�francese�e�fin- landese�e�Commissione�delle�Comunita�europee.� (Trattato�CE,�articoli�10�e�81;�r.d.�legge�27�novembre�1933�n.�1578,�conv.�in�legge� 22�gennaio�1934�n.�36,�articoli�57�e�58).� la massima Gli articoli 5 e 85 del Trattato CE (divenuti articoli 1O CE e 81 CE) non ostano all'adozione da parte di uno Stato membro di una misura legislativa o regolamentare che approvi, sulla base di un progetto stabilito da un ordine pro- fessionaleforense, una tariffa chefissa dei minimi e dei massimiper gli onorari dei membri dell'ordine, qualora tale misura sia stata adottata nell'ambito di un procedimento come quello previsto dal r.d. legge 27 novembre 1933, n. 1578, come modificato. il commento La�sentenza�si�pone�nel�solco�di�un�indirizzo�gia�ben�delineato:�non� puo�parlarsi�di�intesa�ai�sensi�dell'art.�81�(ex�85)�del�Trattato�Ce�laddove� una�tariffa�di�categoria�obbligatoria�sia�approvata�dai�pubblici�poteri,� allorche�essa�sia�determinata�nel�rispetto�dei�criteri�di�interesse�pubblico� stabiliti�dalla�legge�e�i�pubblici�poteri�non�rinuncino�alle�proprie�preroga- tive.�Cfr.,�da�ultimo,�in�questa�Rassegna, 1998,�I,�343,�la�sentenza�1.�otto- bre�1998,�nella�causa�C-38/97,�AutotrasportatorI Librandi,�riguardo� alle�tariffe�dei�trasporti�merci�su�strada,�e�al�contrario,�riscontratasi� una�carenza�di�interesse�pubblico,�la�sentenza�18�giugno�1998,�nella�causa� C-35/96,�CommissionE c. RepubblicA italiana,�relativamente�alla� tariffa�degli�spedizionieri�doganali.� O.F.� gli argomenti della decisione (omissis) �1.��Con�ordinanza�13�gennaio�1999,�pervenuta�alla�Corte�il�9�feb- braio�seguente,�il�Pretore�di�Pinerolo�ha�sollevato,�in�applicazione�del- l'art.�177�del�Trattato�CE�(divenuto�art.�234�CE),�due�questioni�pregiudi- ziali�vertenti�sull'interpretazione�dell'art.�85�del�Trattato�CE�(divenuto� art.�81�CE).� 2.��Tali�questioni�sono�sorte�nell'ambito�della�liquidazione�delle�spese� relative�al�procedimento�penale�condotto�nei�confronti�del�sig.�Arduino.� IL CONTENZIOSO DELL'UE ^le decisioni Contesto normativo nazionale 3. �Il testo base che disciplina la professione dell'avvocato in Italia e� il regio decreto legge 27 novembre 1933, n. 1578 (Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 281 del 5 dicembre 1933), convertito in legge 22 gen- naio 1934, n. 36 (Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 24 del 30 gennaio 1934), come successivamente modificato (in prosieguo: il �regio decreto legge�). 4. �L'avvocato svolge una libera professione consistente in un'attivita� di rappresentanza e di assistenza nei procedimenti giurisdizionali civili, penali e amministrativi. In Italia tale attivita� e� affidata esclusivamente agli avvocati, il cui intervento e� , di regola, obbligatorio (art. 82 del codice di pro- cedura civile italiano). 5. �Il Consiglio nazionale forense (in prosieguo: il �CNF�) e� disci- plinato dagli articoli 52-55 del detto regio decreto-legge. Esso e� costituito da avvocati eletti dagli appartenenti alla categoria, uno per ciascun distretto di Corte d'appello ed e� istituito presso il Ministero di Grazia e Giustizia. 6. �L'art. 57 del regio decreto-legge prevede che i criteri per la determinazione degli onorari e delle indennita� dovuti agli avvocati e ai procuratori in materia civile, penale e stragiudiziale siano stabiliti ogni biennio con deliberazione del CNF. Le tariffe, una volta deliberate dal CNF, sono successivamente approvate dal Ministro, sentito il parere del Comitato interministeriale dei prezzi (in prosieguo: il �CIP�), ai sensi del- l'art. 14, ventesimo comma, della legge 22 dicembre 1984, n. 887 (Suppl. ord. alla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 356 del 29 dicem- bre 1984), previa consultazione obbligatoria del Consiglio di Stato secondo quanto disposto dall'art. 17, terzo comma, della legge 23 agosto, 1988, n. 400 (Suppl. ord. alla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 214 del 12 settembre 1988). 7. �L'art. 58 del regio decreto-legge precisa che i criteri previsti dal- l'art. 57 del regio decreto-legge sono stabiliti con riferimento al valore delle controversie e al grado dell'autorita� chiamata a conoscerle e, per i giudizi penali, anche alla durata di essi. Per ciascun atto o serie di atti deve essere fissato un limite massimo e un limite minimo. 8. �Ai sensi dell'art. 60 del regio decreto-legge, la liquidazione degli onorari e� fatta dall'autorita� giudiziaria in base ai criteri stabiliti dall'art. 57 del regio decreto-legge, tenuto conto della gravita� e del numero delle que- stioni trattate. 9. �Tale liquidazione deve restare entro i limiti massimi e minimi fis- sati dall'art. 58. Tuttavia, in casi di eccezionale importanza, in relazione alla specialita� delle controversie e quando il valore intrinseco della prestazione lo giustifichi, il giudice puo� oltrepassare il limite massimo. Inversamente, egli puo� , quando la causa risulti di facile trattazione, attribuire l'onorario in misura inferiore al minimo. In entrambi i casi, la decisione del giudice deve essere motivata. RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO 10.��La�tariffa�professionale�forense�di�cui�trattasi�nella�causa�princi- pale�risulta�dalla�delibera�del�CNF�12�giugno�1993,�modificata�il�29�settem- bre�1994�(in�prosieguo:�la��delibera�del�CNF�),�ed�e�stata�approvata�con� decreto�ministeriale�5�ottobre�1994,�n.�585�(Gazzetta Ufficiale della�Repub- blica�italiana�n.�247�del�21�ottobre�1994).�L'art.�2�di�tale�decreto�prevede�che� �gli�aumenti�di�cui�alle�allegate�tabelle�decorrono�dal�1.�ottobre�1994�per�il� 50%�e�per�il�restante�50%�dal�1.�aprile�1995�.�Detto�aumento�scaglionato� nel�tempo�e�dovuto�ai�rilievi�del�CIP,�in�quanto�tale�comitato�ha�tenuto�conto� in�particolare�dell'aumento�dell'inflazione.�Prima�di�adottare�la�tariffa,�il� Ministro�aveva�nuovamente�consultato�il�CNF,�il�quale,�nella�seduta�29�set- tembre�1994,�aveva�aderito�alla�proposta�di�rinviare�l'applicazione�della� tariffa.� 11.��L'art.�4,�n.�1,�della�delibera�del�CNF�dispone�l'inderogabilita�delle� tariffe�minime�stabilite�per�gli�onorari�degli�avvocati�e�per�gli�onorari�e�i� diritti�dei�procuratori.�Tuttavia,�qualora�a�motivo�di�particolari�circostanze� del�caso�appaia�una�sproporzione�manifesta�fra�le�prestazioni�dell'avvocato� o�del�procuratore�e�l'onorario�previsto�dalle�tabelle,�il�n.�2�dello�stesso�arti- colo�consente�di�superare�i�massimi�indicati�nelle�tabelle,�anche�oltre�il�rad- doppio�previsto�dall'art.�5,�n.�2,�della�delibera�del�CNF,�ovvero�scendere�al� di�sotto�dei�minimi�indicati�nelle�tabelle,�purche�la�parte�che�vi�ha�interesse� esibisca�il�parere�del�competente�Consiglio�dell'ordine.� 12.��L'art.�5�della�delibera�del�CNF�fissa�le�regole�generali�per�la�liqui- dazione.�Esso�prevede,�al�primo�comma,�che�nella�liquidazione�degli�onorari� a�carico�del�soccombente�deve�essere�tenuto�conto�del�valore�e�della�natura� della�controversia,�dell'importanza�e�del�numero�delle�questioni�trattate,�del� grado�dell'autorita�adita,�con�speciale�riguardo�all'attivita�svolta�dall'avvo- cato�dinanzi�al�giudice.�Il�secondo�comma�prevede�che,�per�le�cause�di�parti- colare�importanza�per�le�questioni�giuridiche�trattate,�la�liquidazione�degli� onorari�a�carico�del�soccombente�puo�arrivare�fino�al�doppio�dei�massimi� stabiliti.�Il�terzo�comma�aggiunge�che�nella�liquidazione�degli�onorari�a� carico�dei�cliente,�oltre�che�dei�criteri�di�cui�ai�commi�precedenti,�si�puo�tener� conto�dei�risultati�del�giudizio�e�dei�vantaggi,�anche�non�patrimoniali,�conse- guiti,�nonche�dell'urgenza�richiesta�per�il�compimento�delle�singole�attivita�.� Nelle�cause�di�straordinaria�importanza�la�liquidazione�puo�arrivare�fino�al� quadruplo�dei�massimi�stabiliti.� Causa principale 13.��Il�sig.�Arduino�e�stato�penalmente�perseguito,�dinanzi�al�Pretore� di�Pinerolo�per�aver�effettuato,�per�negligenza,�imprudenza�e�imperizia,�non- che�in�violazione�delle�disposizioni�di�legge�che�regolano�la�circolazione�stra- dale,�un�sorpasso�su�una�strada�in�cui�tale�manovra�non�era�consentita,� entrando�cos|�in�collisione�con�la�vettura�del�sig.�Dessi.�Quest'ultimo�si�e� costituito�parte�civile.�Al�momento�della�liquidazione�delle�spese�sostenute� dal�signor�Dessi�e�poste�a�carico�del�sig.�Arduino,�il�Pretore�ha�disapplicato� la�tariffa�professionale�emanata�con�decreto�ministeriale�n.�585/1994.� IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^le�decisioni494 14.��Adita�con�ricorso,�la�Corte�suprema�di�cassazione�ha�considerato� illegittima�la�disapplicazione�della�detta�tariffa.�Con�sentenza�29�aprile/� 6�luglio�1998,�n.�1363,�essa�ha�annullato�la�sentenza�pronunciata�dal�Pretore� di�Pinerolo�per�quanto�riguardava�le�spese�e�ha�rinviato�la�causa�su�questo� punto�dinanzi�allo�stesso�giudice.� 15.��Il�Pretore�di�Pinerolo�rileva�che�nell'ordinamento�giuridico�ita- liano�esistono�due�tendenze�giurisprudenziali�contraddittorie�circa�la�que- stione�se�la�tariffa�forense,�emanata�con�decreto�ministeriale�n.�585/1994,� costituisca�o�meno�un�accordo�che�limita�la�concorrenza�ai�sensi�dell'art.�85� del�Trattato.� 16.��Secondo�la�prima�tendenza,�le�caratteristiche�di�questa�norma- tiva�nazionale�sarebbero�analoghe�a�quelle�della�normativa�che�riguarda�il� sistema�tariffario�degli�spedizionieri�doganali�oggetto�della�sentenza�della� Corte�18�giugno�1998�(causa�C-35/96,�Commissione/Italia,�Racc.,�I-3851).� Il�CNF�sarebbe�una�associazione�di�imprese�ai�sensi�dell'art.�85,�n.�1,�del� Trattato�e�nessuna�disposizione�di�legge�prescrive�che�venga�tenuto�conto� di�criteri�di�interesse�pubblico�in�sede�di�determinazione�della�tariffa�degli� onorari�forensi.�Pertanto,�il�giudice�sarebbe�tenuto�a�disapplicare�tale� tariffa.� 17.��In�base�alla�seconda�tendenza�giurisprudenziale,�la�tariffa�non� costituirebbe�il�risultato�di�una�decisione�discrezionale�dell'organizzazione�di� categoria�di�cui�trattasi.�L'intervento�dell'autorita�pubblica�svolgerebbe�un� ruolo�determinante�sia�nella�fase�di�elaborazione�che�in�quella�di�approva- zione,�di�modo�che�non�si�configurerebbe�una�delega�di�poteri�di�diritto�pub- blico�ad�operatori�privati�che�consenta�a�questi�ultimi�di�stabilire�essi�stessi� le�tariffe�in�violazione�dell'art.�85�del�Trattato.� 18.��In�tale�contesto,�il�Pretore�di�Pinerolo�ha�deciso�di�sospendere�il� procedimento�e�di�sottoporre�alla�Corte�le�seguenti�questioni�pregiudiziali:� �a) Se�rientri�nel�campo�di�operativita�del�divieto�di�cui�all'art.�85,� n.�1,�del�Trattato�CE�la�deliberazione�del�CNF,�approvata�con�decreto�mini- steriale�n.�585/1994,�con�cui�sono�state�fissate�le�tariffe�inderogabili�relative� all'attivita�professionale�degli�avvocati.� b) Nel�caso�di�risposta�affermativa�al�quesito�sub�a),�se,�tuttavia,� l'ipotesi�rientri�nella�previsione�di�inapplicabilita�del�divieto�statuita�dal- l'art.�85,�n.�3,�del�Trattato�.� (omissis) Sulle questioni 32.��Con�le�sue�questioni,�che�occorre�esaminare�congiuntamente,�il� giudice�a quo chiede�sostanzialmente�se�gli�articoli�5�del�Trattato�CE�(dive- nuto�art.�10�CE)�e�85�del�Trattato�ostino�all'adozione�da�parte�di�uno�Stato� membro�di�una�misura�legislativa�o�regolamentare�che�approvi,�sulla�base�di� tiri�progetto�stabilito�da�un�ordine�professionale�forense,�una�tariffa�che�fissa� dei�minimi�e�dei�massimi�per�gli�onorari�dei�membri�dell'ordine,�qualora�tale� misura�statale�sia�adottata�nell'ambito�di�un�procedimento�come�quello�pre- visto�dalla�normativa�italiana.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� 33.��In�via�preliminare,�la�Corte�rileva�che,�estendendosi�a�tutto�il�ter- ritorio�di�uno�Stato�membro,�la�detta�misura�statale�puo�pregiudicare�il�com- mercio�tra�gli�Stati�membri�ai�sensi�dell'art.�85,�n.�1,�del�Trattato�(v.,�in�tal� senso,�precitata�sentenza�Commissione/Italia,�punto�48).� 34.��Anche�se�e�vero�che,�di�per�se�,�l'art.�85�del�Trattato�riguarda� esclusivamente�la�condotta�delle�imprese�e�non�le�disposizioni�legislative�o� regolamentari�emanate�dagli�Stati�membri,�cio�non�toglie�che�tale�articolo,� in�combinato�disposto�con�l'art.�5�del�Trattato,�obbliga�gli�Stati�membri�a� non�adottare�o�mantenere�in�vigore�provvedimenti,�anche�di�natura�legisla- tiva�o�regolamentare,�idonei�a�eliminare�l'effetto�utile�delle�regole�di�concor- renza�applicabili�alle�imprese�[sentenze�21�settembre�1988,�causa�n.�267/86,� Van�Eycke,�Racc.,�4769,�punto�16,�17�novembre�1993,�causa�n.�C-185/91,� Reiff,�Racc.,�I-5801,�punto�14,�9�giugno�1994,�causa�C-153/1993,�Delta�Schif- fahrts��und�Speditionsgesellschaft,�Racc.,�I-2517,�punto�14,�5�ottobre�1995,� causa�C-96/94,�Centro�Servizi�Spediporto,�Racc.,�I-2883,�punto�20,�e� Commissione/Italia,�prec.,�punto�53;�v.�anche,�per�quanto�riguarda�l'art.�86� del�Trattato�CE�(divenuto�art.�82�CE),�sentenza�16�novembre�1977,�causa� 13/77,�GB-Inno-BM,�Racc.,�2115,�punto�31].� 35.��La�Corte�ha�dichiarato�che�si�e�in�presenza�di�una�violazione� degli�articoli�5�e�85�del�Trattato�quando�uno�Stato�membro�imponga�o�age- voli�la�conclusione�di�accordi�in�contrasto�con�l'art.�85,�o�rafforzi�gli�effetti� di�siffatti�accordi,�ovvero�tolga�alla�propria�normativa�il�suo�carattere�pub- blico�delegando�ad�operatori�privati�la�responsabilita�di�adottare�decisioni� d'intervento�in�materia�economica�(v.�precitate�sentenze�Van�Eycke,� punto�16,�Reiff,�punto�14,�Delta�Schiffahrts��und�Speditionsgesellschaft,� punto�14,�Centro�Servizi�Spediporto,�punto�21,�e�Commissione/Italia,� punto�54).� 36.��Al�riguardo,�il�fatto�che�uno�Stato�membro�prescriva�ad�un'orga- nizzazione�di�categoria�l'elaborazione�di�un�progetto�di�tariffa�per�le�presta- zioni�non�priva�automaticamente�la�tariffa�infine�redatta�del�suo�carattere� di�normativa�statale.� 37.��Lo�stesso�vale�quando�i�membri�dell'organizzazione�di�categoria� possono�essere�qualificati�come�esperti,�indipendenti�dagli�operatori�econo- mici�interessati,�e�sono�tenuti�dalla�legge�a�fissare�le�tariffe�prendendo�in�con- siderazione�non�soltanto�gli�interessi�delle�imprese�o�delle�associazioni�di� imprese�del�settore�che�li�ha�designati,�ma�anche�l'interesse�generale�e�gli� interessi�delle�imprese�degli�altri�settori�o�degli�utenti�dei�servizi�di�cui�trat- tasi�(v.,�in�tal�senso,�precitate�sentenze�Reiff,�punti�17-19�e�24;�Delta�Schif- fahrts��und�Speditionsgesellschaft,�punti�16-18�e�23,�17�ottobre�1995,�cause� riunite�da�n.�C-140/1994�a�n.�C-142/1994,�DIP�e�a.,�Racc.,�I-3257,�punti�18� e�19,�e�Commissione/Italia,�prec.,�punto�44).� 38.��Dalla�descrizione�dell'ambito�normativo�nazionale�nella�causa� principale�risulta�che�lo�Stato�italiano�obbliga�il�CNF,�composto�esclusiva- mente�di�avvocati�eletti�da�appartenenti�alla�categoria,�a�presentare�ogni� biennio�un�progetto�di�tariffa�degli�onorari�di�avvocato�contenente�limiti� IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^le�decisioni�51 minimi�e�massimi.�Anche�se,�ai�sensi�dell'art.�58�del�regio�decreto�legge,�gli� onorari�e�le�indennita�devono�essere�fissati�con�riferimento�al�valore�delle� controversie,�al�grado�dell'autorita�chiamata�a�conoscerle�e,�per�il�settore� penale,�alla�durata�dei�procedimenti,�il�regio�decreto�legge�non�indica,�in� realta�,�criteri�di�interesse�pubblico�di�cui�il�CNF�dovrebbe�tener�conto.� 39.��Pertanto,�la�normativa�nazionale�di�cui�trattasi�nella�causa�princi- pale�non�contiene�modalita�procedurali,�ne�prescrizioni�di�merito�idonee�a� garantire,�con�una�probabilita�ragionevole,�che�il�CNF�si�comporti,�in�sede� di�elaborazione�del�progetto�di�tariffa,�come�un'articolazione�del�pubblico� potere�che�agisce�per�obiettivi�di�interesse�pubblico.� 40.��Tuttavia,�non�risulta�che�lo�Stato�italiano�abbia�rinunciato�ad� esercitare�il�suo�potere�di�decisione�in�ultima�istanza�o�a�controllare�l'applica- zione�della�tariffa,�come�tendono�a�confermare�le�circostanze�menzionate�al� punto�10�della�presente�sentenza.� 41.��Da�un�lato,�il�CNF�e�incaricato�soltanto�di�approntare�un�pro- getto�di�tariffa�privo,�in�quanto�tale,�di�forza�vincolante.�In�mancanza�di� approvazione�da�parte�del�Ministro,�il�progetto�di�tariffa�non�entra�in� vigore,�e�resta�in�vigore�la�tariffa�precedentemente�approvata.�Per�questo� motivo,ilMinistro�hailpoteredifar�emendare�il�progetto�dalCNF.� Inoltre,�il�Ministro�e�assistito�da�due�organi�pubblici,�il�Consiglio�di�Stato� ed�il�CIP,�dai�quali�deve�ottenere�il�parere�prima�di�qualsiasi�approvazione� della�tariffa.� 42.��Dall'altro,�l'art.�60�del�regio�decreto�legge�dispone�che�la�liquida- zione�degli�onorari�e�effettuata�dagli�organi�giudiziari�in�base�ai�criteri�stabi- liti�dall'art.�57�del�regio�decreto�legge,�tenuto�conto�della�gravita�e�del� numero�di�questioni�trattate.�Inoltre,�in�talune�circostanze�eccezionali,�il�giu- dice�puo�,�con�una�decisione�debitamente�motivata,�derogare�ai�limiti�minimi� e�massimi�fissati�in�applicazione�dell'art.�58�del�regio�decreto�legge.� 43.��Pertanto,�non�si�puo�affermare�che�lo�Stato�italiano�abbia�dele- gato�ad�operatori�privati�la�responsabilita�di�prendere�decisioni�di�intervento� nel�settore�economico,�il�che�porterebbe�a�privare�del�suo�carattere�statale�la� normativa�di�cui�trattasi�nella�causa�principale.�Per�i�motivi�esposti�ai� punti�41�e�42�della�presente�sentenza,�non�gli�si�puo�neanche�contestare�di� imporre�o�di�favorire�la�conclusione�di�intese�in�contrasto�con�l'art.�85�del� Trattato�o�di�rafforzarne�gli�effetti.� 44.��Occorre�quindi�risolvere�le�questioni�pregiudiziali�nel�senso�che� gli�articoli�5�e�85�del�Trattato�non�ostano�all'adozione�da�parte�di�uno�Stato� membro�di�una�misura�legislativa�o�regolamentare�che�approvi,�sulla�base�di� un�progetto�stabilito�da�un�ordine�professionale�forense,�una�tariffa�che�fissa� dei�minimi�e�dei�massimi�per�gli�onorari�dei�membri�dell'ordine,�qualora�tale� misura�statale�sia�adottata�nell'ambito�di�un�procedimento�come�quello�pre- visto�dalla�normativa�italiana.�.� (omissis) RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� SULL'ACCESSO E L'ESERCIZIO DELLA PROFESSIONE FORENSE Corte�di�Giustizia�delle�Comunita�europee,�sez.�5a,�7�marzo�2002,�nella�causa C-145/1999 ^Presidente�Von�Bahr�^Relatore�Edward�^Avvocato�Gene- rale�Stix-Hackl�^Commissione�delle�Comunita�europee�(ag.�Traversa�e� Mongin)�c/Repubblica�Italiana�(avv.�Stato�I.M.�Braguglia).� (Trattato�CE,�articoli�43�e�49;�direttiva�del�Consiglio�21�dicembre�1988,�n.�89/48/CEE;� r.d.�legge�27�novembre�1933,�n.�1578,�conv.�in�legge�22�gennaio�1934�n.�36,�art.�17;�legge� 9�febbraio�1982�n.�31;�decreto�legislativo�27�gennaio�1992�n.�115;�legge�22�febbraio� 1994�n.�146,�art.�10).� la massima Mantenendo,�in�violazione�dell'art.�59�del�Trattato�CE�(divenuto,�in�seguito� a�modifica,�art.�49�CE),�il�divieto�generale�imposto�agli�avvocati�stabiliti�in�altri� Stati�membri�ed�esercitanti�in�Italia�in�regime�di�libera�prestazione�di�servizi�di� disporre�in�tale�Stato�dell'infrastruttura�necessaria�all'effettuazione�delle�loro� prestazioni;�obbligando,�in�violazione�dell'art.�52�del�Trattato�CE�(divenuto,�in� seguito�a�modifica,�art.�43�CE),�gli�avvocati�a�risiedere�nella�circoscrizione�del� tribunale�da�cui�dipende�l'albo�al�quale�essi�sono�iscritti;�e�recependo�in�maniera� incompleta�la�direttiva�del�Consiglio�21�dicembre�1998,�89/48/CEE,�relativa�ad� un�sistema�generale�di�riconoscimento�dei�diplomi�di�istruzione�superiore�che� sanciscono�formazioni�professionali�di�una�durata�minima�di�tre�anni,�stante� l'assenza�di�una�regolamentazione�che�stabilisce�le�modalita�dellaprova�attitudi- nale�per�gli�avvocati�provenienti�da�altri�Stati�membri;�la�Repubblica�italiana�e� venuta�meno�agli�obblighi�ad�essa�imposti�dagli�articoli�52�e�59�del�Trattato� nonche�alla�direttiva�89/48.� Viceversa�non�sussiste�violazione�degli�obblighi�suddetti�il�fatto�che� l'art.�17,�n.�1,�punti�1,�4�e�5,�del�decreto�legge�n.�1578/33�ancora�disponga�la� subordinazione�dell'accesso�alla�professione�di�avvocato�al�possesso�della�citta- dinanza�italiana,�di�una�laurea�italiana�in�giurisprudenza�e�di�un�tirocinio�di� due�anni�dinanzi�agli�organi�giudiziari�italiani,�in�quanto�tali�disposizioni�deb- bono�ritenersi�abrogate�dall'art.�10�della�legge�n.�146/1994�e�dal�decreto�legisla- tivo�n.�115/1992.� gli argomenti della decisione (omissis)� �1.��Con�atto�introduttivo�depositato�nella�cancelleria�della�Corte�il� 21�aprile�1999,�la�Commissione�delle�Comunita�europee�ha�proposto,�in�forza� dell'art.�169�del�Trattato�CE�(divenuto�art.�226�CE),�un�ricorso�diretto�a�far� dichiarare�che:� mantenendo,�in�violazione�dell'art.�59�del�Trattato�CE�(divenuto,�in� seguito�a�modifica,�art.�49�CE),�il�divieto�generale�imposto�agli�avvocati�sta- biliti�in�altri�Stati�membri�ed�esercitanti�in�Italia�in�regime�di�libera�presta- zione�di�servizi�di�disporre�in�tale�Stato�dell'infrastruttura�necessaria�all'effet- tuazione�delle�loro�prestazioni;� IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^le�decisioni�53 subordinando,�in�violazione�dell'art.�52�del�Trattato�CE�(divenuto,�in� seguito�a�modifica,�art.�43�CE),�l'iscrizione�come�avvocato�ad�un�albo�ita- liano�al�possesso�della�cittadinanza�italiana�ed�al�possesso�di�qualifiche� acquisite�esclusivamente�in�Italia,�nonche�al�mantenimento�della�residenza� in�una�circoscrizione�giudiziaria�italiana;� applicando�in�forma�discriminatoria�nei�confronti�degli�avvocati�pro- venienti�da�altri�Stati�membri�le��misure�compensative��(prova�attitudinale)� previste�dall'art.�4�della�direttiva�del�Consiglio�21�dicembre�1988,� 89/48/CEE,�relativa�ad�un�sistema�generale�di�riconoscimento�dei�diplomi� di�istruzione�superiore�che�sanciscono�formazioni�professionali�di�una�durata� minima�di�tre�anni�(Gazzetta Ufficiale 1989,�L�19,�pag.�16),�e�recependo�in� maniera�incompleta�la�direttiva�89/48,�stante�l'assenza�di�una�regolamenta- zione�che�stabilisce�le�modalita�della�prova�attitudinale�per�gli�avvocati�pro- venienti�da�altri�Stati�membri,�la�Repubblica�italiana�e�venuta�meno� agli�obblighi�ad�essa�imposti�dagli�articoli�52�e�59�del�Trattato�nonche�alla� direttiva�89/48.� 2.��Con�ordinanza�del�presidente�della�Corte�5�luglio�1999,�la� domanda�d'intervento�a�sostegno�della�domanda�della�Commissione�presen- tata�dall'avv.�J.�Lau�e�stata�dichiarata�manifestamente�irricevibile.�(Omissis). Procedimento precontenzioso 19.��Secondo�il�procedimento�di�cui�all'art.�169,�primo�comma,�del� Trattato,�la�Commissione,�dopo�aver�invitato�la�Repubblica�italiana�a�pre- sentare�le�sue�osservazioni�con�lettera�8�ottobre�1998,�ha�inviato�un�parere� motivato�a�tale�Stato�membro,�invitandolo�ad�adottare�le�misure�necessarie� per�conformarsi�agli�obblighi�che�risultano�dagli�articoli�52�e�59�del�Trattato� e�dalla�direttiva�89/48�entro�due�mesi�dalla�notifica�di�detto�parere.�Non� essendo�stata�convinta�dalla�risposta�del�governo�italiano�allo�stesso�parere,� la�Commissione�ha�deciso�di�presentare�il�ricorso�in�esame.� Sulla prima censura 20.��Con�la�prima�censura�la�Commissione�sostiene�che�l'art.�59�del� Trattato�e�in�contrasto�con�l'art.�2,�secondo�comma,�della�legge�n.�31/1982,� in�quanto�tale�disposizione�nazionale�vieta�agli�avvocati�stabiliti�in�altri�Stati� membri�e�che�intendono�fornire�prestazioni�di�servizi�in�Italia�di�disporre�di� una�certa�infrastruttura�in�tale�Stato�membro.� 21.��Il�governo�italiano�sostiene,�in�sostanza,�che�tale�divieto�mira�ad� evitare�che�sia�elusa�la�liberta�di�stabilimento.�Senza�l'esistenza�di�tale� divieto,�gli�avvocati�che�esercitano�il�loro�diritto�alla�libera�prestazione�di�ser- vizi�potrebbero�infatti�creare,�con�la�copertura�di�una�determinata�struttura,� uno�stabilimento.�Tuttavia,�esso�aggiunge�che,�per�eliminare�qualsiasi�dubbio� a�proposito�della�compatibilita�dell'art.�2,�secondo�comma,�della�legge� n.�31/82,�con�l'art.�59�del�Trattato,�un�disegno�di�legge�che�prevede�l'abroga- zione�della�detta�disposizione�nazionale�e�stato�sottoposto�all'esame�del�Par- lamento�italiano.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� 22.��A�tale�proposito,�occorre�rammentare�che�la�Corte�ha�gia�statuito� che�il�carattere�temporaneo�di�una�prestazione�di�servizi�non�esclude�la�possi- bilita�per�il�prestatore�di�servizi,�ai�sensi�del�Trattato,�di�dotarsi�nello�Stato� membro�ospitante�di�una�determinata�infrastruttura�(ivi�compreso�un�ufficio� o�uno�studio),�se�questa�infrastruttura�e�necessaria�al�compimento�della�pre- stazione�di�cui�trattasi�(sentenza�30�novembre�1995,�causa�C-55/1994,�Geb- hard,�Racc.,�I-4165,�punto�27).� 23.��Ne�consegue�che�il�divieto�generale,�figurante�all'art.�2,�secondo� comma,�della�legge�n.�31/1982�opposto�ad�un�avvocato�stabilito�in�uno�Stato� membro�diverso�dalla�Repubblica�italiana�ed�esercitante�in�Italia�il�suo� diritto�alla�libera�prestazione�dei�servizi�di�creare�uno�studio�o�una�sede�prin- cipale�o�secondaria�in�tale�ultimo�Stato�membro�e�incompatibile�con�l'art.�59� del�Trattato.� 24.��Pertanto�la�prima�censura�della�Commissione�va�accolta.� Sulla seconda censura Sulla prima parte. 25.��Con�la�prima�parte�della�sua�seconda�censura�la�Commissione� sostiene�che�l'obbligo�per�l'avvocato�di�risiedere�nel�circondario�del�tribunale� da�cui�dipende�il�foro�al�quale�e�iscritto,�di�cui�all'art.�17,�n.�1,�punto�7,�del� decreto�legge�n.�1578/33,�e�in�contrasto�con�la�liberta�di�stabilimento�sancita� dall'art.�52�del�Trattato.� 26.��Il�governo�italiano�replica�che�l'obbligo�di�residenza�risponde�ad� esigenze�di�organizzazione�giudiziaria�nel�senso�che�esso�facilita�i�controlli� inerenti�all'esistenza�di�un�ordine�professionale�locale.�Esso�sottolinea�tutta- via�che,�nella�pratica,�non�e�piu�richiesto�ad�avvocati�cittadini�degli�Stati� membri�diversi�dalla�Repubblica�italiana�di�soddisfare�tale�obbligo,�come� emerge�dal�parere�n.�6/1994�del�Consiglio�nazionale�degli�avvocati.�Detto� governo�aggiunge�che�il�disegno�di�legge�di�riforma�della�professione�di�avvo- cato�prevede�di�sostituire�il�requisito�della�residenza�con�quello�del�domicilio� professionale,�il�che�implica�la�possibilita�per�l'interessato�di�fissare�o�di�man- tenere�la�sua�residenza�ufficiale�in�uno�Stato�membro�e�il�suo�domicilio�pro- fessionale�in�un�altro�Stato�membro.� 27.��La�Corte�ha�ripetutamente�statuito�che�il�diritto�di�stabilimento� sancito�dall'art.�52�del�Trattato�implica�la�facolta�di�creare�e�di�conservare,� salve�restando�le�norme�professionali,�piu�di�un�centro�di�attivita�nel�territo- rio�della�Comunita�(v.,�in�tal�senso,�sentenze�12�luglio�1984,�causa�107/1983,� Klopp,�Racc.,�2971,�punto�19;�20�maggio�1992,�causa�C-106/1991,�Ramrath,� Racc.,�I-3351,�punti�20-22�e�28,�e�18�gennaio�2001,�causa�C-162/1999,� Commissione/Italia,�Racc.,�I-541,�punto�20).� 28.��L'obbligo�di�residenza�criticato�dalla�Commissione�e�pertanto� incompatibile�con�l'art.�52�del�Trattato�nel�senso�che�osta�a�che�un�avvocato� stabilito�in�uno�Stato�membro�diverso�dalla�Repubblica�italiana�conservi� uno�stabilimento�in�Italia.� 29.��L'argomentazione�del�governo�italiano�secondo�la�quale�non�vi�e� violazione�del�detto�art.�52,�dato�che�l'obbligo�di�residenza,�in�pratica,�non� viene�applicato,�non�puo�essere�accolta.� IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^le�decisioni�55 30.��Infatti�e�giurisprudenza�costante�che�l'incompatibilita�di�una�nor- mativa�nazionale�con�le�disposizioni�comunitarie,�persino�direttamente�appli- cabili,�puo�essere�definitivamente�eliminata�solo�tramite�disposizioni�interne� vincolanti�che�abbiano�lo�stesso�valore�giuridico�di�quelle�da�modificare.� Semplici�prassi�amministrative,�per�natura�modificabili�a�piacimento�dell'am- ministrazione�e�prive�di�adeguata�pubblicita�,�non�possono�essere�considerate� valido�adempimento�degli�obblighi�del�Trattato�(v.,�in�particolare,�sentenze� 13�marzo�1997,�causa�C-197/1996,�Commissione/Francia�Racc.,I-1489,� punto�14,�e�9�marzo�2000,�causa�C-358/1998,�Commissione/Italia,�Racc.,� I-1255,�punto�17).� 31.��La�prima�parte�della�seconda�censura�della�Commissione�e�per- tanto�fondata.� Sulla seconda parte. 32.��Con�la�seconda�parte�della�seconda�censura�la�Commissione� chiede�alla�Corte�di�dichiarare�che�l'art.�17,�n.�1,�punti�1,�4�e�5�del�decreto� legge�n.�1578/33�viola�la�liberta�di�stabilimento�poiche�in�tale�disposizione� l'accesso�alla�professione�di�avvocato�e�subordinato�al�possesso�della�cittadi- nanza�italiana�e�di�una�laurea�italiana�in�giurisprudenza,�nonche�al�compi- mento�di�un�tirocinio�di�due�anni�dinanzi�agli�organi�giurisdizionali� italiani.� 33.��A�tale�proposito�e�pacifico�che�il�requisito�di�cittadinanza�e�stato� abrogato�dall'art.�10�della�legge�n.�146/1994,�secondo�il�quale�i�cittadini�degli� Stati�membri�diversi�dalla�Repubblica�italiana�sono�equiparati�ai�cittadini� italiani�ai�fini�dell'iscrizione�all'ordine�degli�avvocati.�Parimenti,�le�disposi- zioni�relative�al�possesso�di�una�laurea�italiana�in�giurisprudenza�e�al�compi- mento�di�un�tirocinio�sono�state�abrogate�dal�decreto�legislativo� n.�115/1992,�che�prevede�un�procedimento�per�il�riconoscimento�del�titolo� professionale�di�avvocato�ottenuto�in�un�altro�Stato�membro.� 34.��La�Commissione�considera�tuttavia�che�i�requisiti�di�certezza�del� diritto�non�siano�rispettati,�dato�che�le�modifiche�apportate�all'art.�17,�n.�1,� del�decreto-legge�n.�1578/33�non�sono�state�trascritte�in�tale�disposizione.� L'esistenza�di�due�norme�contraddittorie�renderebbe�piu�difficile�per�un�pri- vato�la�conoscenza�delle�norme�giuridiche�applicabili�e�complicherebbe�per- tanto�l'esercizio�dei�diritti�comunitari�di�cui�godono�gli�avvocati�cittadini� degli�altri�Stati�membri.� 35.��Il�governo�italiano�si�riferisce�a�tal�proposito�al�principio�della� preminenza,�in�caso�di�successione�di�leggi�nel�tempo,�della�norma�successiva� su�quella�precedente�nel�caso�in�cui�queste�ultime�siano�incompatibili�tra�di� loro.� 36.��A�tale�proposito,�e�pacifico,�da�un�lato,�che�le�disposizioni�modi- ficative�figuranti�nella�legge�n.�146/1994�e�nel�decreto�legislativo�n.�115/1992� sono�vincolanti�e,�dall'altro,�che�esse�hanno�come�effetto�l'abrogazione�degli� obblighi,�figuranti�all'art.�17,�n.�1,�del�decreto�legge�n.�1578/33,�relativi�al� possesso�della�cittadinanza�italiana�e�di�una�laurea�in�giurisprudenza,�nonche� al�compimento�di�un�tirocinio�di�due�anni�dinanzi�agli�organi�giurisdizionali� italiani,�per�aver�accesso�alla�professione�di�avvocato.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� 37.��Orbene,�le�dette�disposizioni�modificative�soddisfano�i�due�requi- siti�prescritti�dalla�Corte�affinche�il�diritto�nazionale�sia�compatibile�con�il� diritto�comunitario�primario,�condizioni�secondo�le�quali�l'incompatibilita�� di�una�normativa�nazionale�con�le�disposizioni�comunitarie,�persino�diretta- mente�applicabili,�puo��essere�definitivamente�soppressa�solo�tramite�disposi- zioni�interne�vincolanti�che�abbiano�lo�stesso�valore�giuridico�di�quelle�da� modificare�(v.,�in�particolare,�sentenza�9�marzo�2000,�Commissione/Italia,� cit.,�punto�17).� 38.��Nel�caso�di�specie�l'abrogazione�delle�pertinenti�disposizioni�del� decreto-legge�n.�1578/33�con�la�legge�n.�146/1994�e�con�il�decreto�legislativo� n.�115/1992�risulta�automaticamente�dall'applicazione�del�principio�della�pre- minenza�delle�leggi�successive,�principio�comune�alle�tradizioni�giuridiche� degli�Stati�membri.� 39.��Pertanto�occorre�dichiarare�che,�nel�caso�di�specie,�i�requisiti�rela- tivi�alla�certezza�del�diritto�non�sono�stati�violati.� 40.��Di�conseguenza,�la�seconda�parte�della�seconda�censura�della� Commissione�non�puo��essere�accolta.� Sulla terza e quarta censura 41.��La�terza�e�quarta�censura�della�Commissione,�che�occorre�esami- nare�insieme,�riguardano�la�trasposizione�e�l'applicazione,�nella�pratica,�del- l'art.�4�della�direttiva�89/48�riguardante�la�prova�attitudinale�prevista�da�tale� disposizione.� Argomentazione delle parti 42.��Con�la�quarta�censura�la�Commissione�addebita�alla�Repubblica� italiana�di�aver�trasposto�in�modo�incompleto�la�direttiva�89/48,�poiche�essa� non�ha�elaborato�una�normativa�che�stabilisca�le�modalita��d'applicazione� della�prova�attitudinale�come�definita�dall'art.�1,�lettera�g),�primo�comma,� della�detta�direttiva.� 43.��La�Commissione�sostiene�che�il�decreto�legislativo�n.�115/1992,� che�mira�a�trasporre�gli�articoli�1,�lettera�g),�e�4�della�direttiva�89/48,�pre- vede,�agli�articoli�9�e�11,�che��le�disposizioni�e�direttive�generali��per�l'appli- cazione�della�prova�attitudinale�devono�essere�promulgate�dal�Ministro�della� giustizia�italiano.�Orbene,�tali�misure�non�sarebbero�state�adottate.� 44.��In�pratica,�gli�articoli�1,�lettera�g),�e�4�della�direttiva�89/48�sareb- bero�trasposti�dalle�autorita��italiane�con�singoli�decreti�ministeriali,�in� quanto�per�ciascun�candidato�verrebbe�elaborata�una�prova�attitudinale�per- sonale.�Secondo�la�Commissione,�tale�prassi�amministrativa�colloca�i�candi- dati�in�una�situazione�di�incertezza�giuridica�che�non�permette�loro�di�preve- dere�le�materie�sulle�quali�si�articolera��la�prova�attitudinale�ne�il�numero�di� queste�ultime,�il�modo�in�cui�tale�prova�sara��divisa�tra�esame�scritto�ed�esame� orale,�i�criteri�di�valutazione�degli�esami�e�altri�aspetti�essenziali�dello�svolgi- mento�della�detta�prova.� 45.��Con�la�terza�censura�la�Commissione�contesta�l'applicazione�con- creta�fatta�dalle�autorita��italiane�della�prova�attitudinale�prevista�dall'art.�4,� n.�1,�lettera�b),�della�direttiva�89/48�per�gli�avvocati�provenienti�da�altri�Stati� membri.� IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^le�decisioni�57 46.��Secondo�la�Commissione,�alla�luce�delle�informazioni�in�suo�pos- sesso,�vale�a�dire�il�testo�dei�singoli�decreti�ministeriali�di�riconoscimento� dei�titoli�professionali,�di�cui�all'art.�12,�n.�5,�del�decreto�legislativo� n.�115/1992,�e�delle�informazioni�ricevute�nell'ambito�delle�denunce�di�avvo- cati�provenienti�da�Stati�membri�diversi�dalla�Repubblica�italiana�mediante� le�quali�essa�era�stata�interpellata,�emerge�che�la�prova�attitudinale�puo� riguardare�dieci�materie,�nonche�l'organizzazione�giudiziaria�e�la�deontologia� dell'avvocato,�e�si�compone�di�un�esame�scritto�e�di�un�esame�orale.�L'esame� scritto,�che�consiste�nella�redazione�di�un�atto�giudiziario�o�di�un�parere,� riguarda�tre�materie�scelte�dalla�commissione�d'esame�fra�le�dieci�possibili,� nonche�l'organizzazione�giudiziaria�e�la�deontologia�dell'avvocato,�mentre�l'e- same�orale,�che�consiste�nel�rispondere�a�brevi�quesiti�pratici,�riguarda�tutte� le�materie�nonche�l'organizzazione�giudiziaria�e�la�deontologia�dell'avvocato.� 47.��La�Commissione�rimprovera�alle�autorita�italiane�l'applicazione� di�una�prassi�discriminatoria�a�causa�dell'eccessiva�difficolta�della�prova�atti- tudinale�rispetto�all'esame�d'abilitazione�al�quale�si�devono�sottoporre�gli� avvocati�italiani.�Quest'ultimo�esame�comporterebbe�parimenti�una�parte� scritta�ed�una�parte�orale.�Tuttavia,�l'esame�scritto�riguarderebbe�solo�tre� materie,�di�cui�una�viene�scelta�dal�richiedente,�e�l'esame�orale�soltanto�cin- que�materie,�tutte�scelte�dal�richiedente,�alle�quali�si�aggiungono�questioni� sull'organizzazione�giudiziaria�e�sulla�deontologia�dell'avvocato.� 48.��Secondo�le�statistiche�dell'anno�1998�fornite�dalla�Commissione� nella�sua�replica,�su�ventinove�avvocati�cittadini�degli�altri�Stati�membri�che� hanno�chiesto�ed�ottenuto�il�riconoscimento�del�loro�titolo�professionale�in�Ita- lia,�diciotto�hanno�superato�una�prova�attitudinale�riguardante�una�sola�mate- ria.�La�Commissione�osserva�tuttavia�che,�per�gli�altri�undici�richiedenti,�la� prova�attitudinale�si�incentrava�rispettivamente,�in�un�caso,�su�sette�materie,�in� un�altro,�su�nove�materie�e,�per�quanto�riguarda�altri�otto�casi,�su�tutte�le�mate- rie�nonche�sull'organizzazione�giudiziaria�e�sulla�deontologia�dell'avvocato.� 49.��Il�governo�italiano�sostiene�che�il�decreto�legislativo�n.�115/1992� traspone�in�maniera�completa�la�direttiva�89/48.� 50.��Per�quanto�riguarda�il�contenuto�dettagliato�della�prova�attitudi- nale,�il�detto�governo�sottolinea�che�l'esistenza�di�un�certo�potere�discrezio- nale�e�necessaria,�dato�che�sono�diverse�le�competenze�professionali�degli� avvocati�acquisite�in�ciascuno�Stato�membro.�Esso�sostiene�inoltre�che�la� prova�attitudinale�prende�in�considerazione�la�qualifica�professionale�acqui- sita�da�un�avvocato�in�uno�Stato�membro�diverso�dalla�Repubblica�italiana� e�che�il�decreto�legislativo�n.�115/1992�e�la�sua�applicazione�rispondono�a� quanto�prescritto�dal�diritto�comunitario.� Giudizio della Corte 51.��L'art.�1,�lettera�g),�secondo�comma,�della�direttiva�89/48�prevede� che,�per�permettere�l'organizzazione�della�prova�attitudinale,�le�autorita�com- petenti�dello�Stato�membro�ospitante��redigono�un�elenco�delle�materie�che,� attraverso�un�confronto�tra�la�formazione�richiesta�nello�Stato�rispettivo�e� quella�ricevuta�dal�richiedente,�non�sono�comprese�nel�diploma�o�nel/nei� titolo/i�presentato/i�dal�richiedente�.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� 52.��Cos|�,�il�contenuto�preciso�della�prova�attitudinale�deve�essere�sta- bilito�caso�per�caso,�dopo�aver�proceduto�ad�un�raffronto�puntuale�delle�qua- lifiche�e�dell'esperienza�del�richiedente��il�quale,�come�si�rileva�nel�nono� ``considerando''�della�direttiva�89/48,��e�una�persona�gia�formata�professio- nalmente�in�un�altro�Stato�membro���con�l'elenco�delle�materie�considerate� indispensabili�alla�formazione�della�professione�di�cui�trattasi.� 53.��L'art.�1,�lettera�g),�della�direttiva�89/48,�sebbene�non�richieda�che� gli�Stati�membri�regolino�in�dettaglio�tutti�gli�aspetti�della�prova�attitudinale,� non�li�esonera�tuttavia�dall'obbligo�di�precisare�e�di�pubblicare�le�materie� considerate�indispensabili�per�l'esercizio�della�professione�e�le�modalita�della� detta�prova�attitudinale,�affinche�i�richiedenti�possano�conoscere,�in�generale,� la�natura�e�il�contenuto�della�prova�alla�quale�eventualmente�saranno�sotto- posti.�In�mancanza�di�tale�normativa,�l'attuazione,�caso�per�caso,�del�con- fronto�previsto�dall'art.�1,�lettera�g),�secondo�comma,�della�direttiva�89/48� rischia�di�essere�arbitraria,�e�persino�discriminatoria.� 54.��Orbene,�e�pacifico�che�il�decreto�legislativo�n.�115/1992�non�defi- nisce�ne�le�materie�considerate�indispensabili�per�l'esercizio�della�professione� d'avvocato�in�Italia�ne�le�modalita�della�prova�attitudinale,�creando�in�tal� modo�una�situazione�d'incertezza,�e�persino�d'insicurezza�giuridica.�Non�si� puo�quindi�considerare�che�il�detto�decreto�legislativo�abbia�trasposto�in� modo�completo�la�direttiva�89/48.� 55.��Occorre�dichiarare�quindi�che�la�Repubblica�italiana�non�ha�tra- sposto�completamente�la�direttiva�89/48,�di�modo�che�la�quarta�censura�della� Commissione�e�fondata.� 56.��Quanto�alle�fattispecie�richiamate�dalla�Commissione�a�sostegno� della�sua�terza�censura,�sebbene�possano�quanto�meno�avvalorare�l'impres- sione�che,�in�pratica,�l'attuazione�della�prova�attitudinale�manchi�di�coerenza� e�di�trasparenza,�occorre�tuttavia�rilevare�che�non�sono�stati�dati�alla�Corte� elementi�sufficienti�atti�ad�accertare�un�inadempimento�degli�obblighi�deri- vanti�dalla�direttiva�89/48�quanto�all'attuazione,�caso�per�caso,�della�detta� prova�attitudinale.�Di�conseguenza,�la�terza�censura�della�Commissione�non� puo�essere�accolta.� 57.��Tenuto�conto�di�tutte�le�considerazioni�di�cui�sopra�occorre� dichiarare�che:� mantenendo,�in�violazione�dell'art.�59�del�Trattato,�il�divieto�generale� imposto�agli�avvocati�stabiliti�in�altri�Stati�membri�ed�esercitanti�in�Italia�in� regime�di�libera�prestazione�di�servizi�di�disporre�in�tale�Stato�dell'infrastrut- tura�necessaria�all'effettuazione�delle�loro�prestazioni;� obbligando,�in�violazione�dell'art.�52�del�Trattato,�gli�avvocati�a�risie- dere�nella�circoscrizione�del�tribunale�da�cui�dipende�l'albo�al�quale�essi�sono� iscritti,�e� recependo�in�maniera�incompleta�la�direttiva�89/48,�stante�l'assenza� di�una�regolamentazione�che�stabilisce�le�modalita�della�prova�attitudinale� per�gli�avvocati�provenienti�da�altri�Stati�membri,� la�Repubblica�italiana�e�venuta�meno�agli�obblighi�ad�essa�imposti� dagli�articoli�52�e�59�del�Trattato�nonche�alla�direttiva�89/48.� 58.��Per�il�resto�occorre�respingere�il�ricorso�.� (omissis). IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^le�decisioni�59 SULL'ILLEGITTIMITA�DI�UN�REGIME�SANZIONATORIO DIFFERENZIATO�DEI�NON�RESIDENTI Corte�di�Giustizia�delle�Comunita�europee,�sez.�6.,�19�marzo�2002,�nella� causa�C-224/00�^Presidente�Macken�^Relatore�Skouris�^Avvocato� Generale�Stix-Hackl�^Commissione�delle�Comunita�europee�(ag.�C.�O'� Reilly�e�G.�Bisogni)�c/Repubblica�Italiana�(avv.�Stato�O.�Fiumara).� (Trattato�CE,�art.�12;�decreto�legislativo�30�aprile�1992,�n.�285;�codice�della�strada� articoli�202-207).� la massima La�Repubblica�Italiana,�mantenendo�in�vigore,�nell'art.�207�del�codice�della� strada,�un�trattamento�differenziato�e�non�proporzionato�dei�trasgressori�in�base� al�luogo�di�immatricolazione�dei�veicoli,�e�venuta�meno�agli�obblighi�che�le� incombono�inforza�dell'art.�6�del�Trattato�CE�(divenuto,�in�seguito�a�modifica,� art.�12�CE.� il commento La�Corte�ha�ammesso,�sulla�scia�della�sua�precedente�sentenza�23�gen- naio�1997,�nella�causa�C-29/1995,�PastoorS E Trans-CAP,che�e�in�linea�di� massima�giustificato�il�trattamento�differenziato�che�il�codice�della�strada�ita- liano�fa�ai�trasgressori�alla�guida�di�veicoli�non�immatricolati�in�Italia�(prati- camente�nei�confronti,�quindi,�dei�non�residenti),�in�considerazione�della� mancanza�di�strumenti�internazionali�o�comunitari�che�assicurino�che�una� sanzione�pecuniaria�per�un'infrazione�al�codice�della�strada�irrogata�in�uno� Stato�membro�possa�essere�eseguita,�eventualmente,�in�un�altro�Stato�mem- bro,�con�il�rischio�che�tale�sanzione�non�sia�riscossa.�La�Corte,�pero�,�limita� la�tolleranza�alla�differenziazione�nei�confronti�dei�non�residenti�alla�sola� possibilita�di�richiedere�ad�essi,�ove�non�conciliano�immediatamente�pagando� il�minimo,�il�rilascio�di�una�garanzia�per�il�pagamento�di�tale�minimo,�non� trovando�giustificazione�la�richiesta�di�una�garanzia�per�il�pagamento�di� una�somma�pari�al�doppio�del�minimo�della�sanzione�irrogata.�Essa�ammette� che�in�tal�modo�il�trasgressore�non�residente�potrebbe�avere�un�vantaggio� rispetto�al�trasgressore�residente,�in�quanto,�in�caso�di�rigetto�del�suo�ricorso� al�Prefetto,�si�troverebbe�esposto�solo�alla�perdita�della�cauzione�per�il� minimo,�laddove�il�residente�sarebbe�tenuto�a�pagare�il�doppio�di�tale� minimo:�questo�inconveniente�e�superato�dalla�Corte�osservando�che��il� pagamento�della�sanzione�potrebbe�essere�assicurato�da�altre�misure�che� sarebbero�imposte�in�una�fase�successiva�.� Francamente�non�si�vede�quali�possano�essere�le�idonee�misure�da� imporre�in�una�fase�successiva,�e�cio�quantomeno�in�attesa�di�una�soluzione� comunitaria,�senz'altro�auspicabile�e�che�pure�e�in�fieri:�nell'ambito�dell'ac- cordo�di�Schengen��gruppo�III��cooperazione�giudiziaria�e�in�preparazione� uno�schema�di�convenzione�per�la�cooperazione�fra�gli�Stati�membri�nella� contestazione�delle�infrazioni�stradali�e�per�l'esecuzione�della�relativa�san- RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� zione�pecuniaria.�Nell'attesa�la�Corte,�in�sostanza,�nel�ponderare�gli�opposti� interessi,�da�una�parte�dell'autorita�nazionale�di�assicurarsi�la�riscossione� effettiva�e�completa�della�sanzione�nei�confronti�del�trasgressore�non�resi- dente,�e�dall'altra�di�quest'ultimo�a�non�trovarsi�in�una�situazione�troppo� differenziata�e�piu�gravosa,�ha�scelto�una�via�di�mezzo,�riconoscendo�all'au- torita�il�diritto�di�riscuotere�subito�il�minimo�della�sanzione�o�di�aver� comunque�la�garanzia�del�pagamento�di�tale�minimo,�ma�ha�sottratto�il�tra- sgressore�all'obbligo�piu�gravoso�di�offrire�una�garanzia�per�il�doppio�del� minimo�come�condizione�per�l'esercizio�del�suo�diritto�alla�contestazione� della�violazione.� O.F.� gli argomenti della decisione (omissis) �1.��Con�atto�introduttivo�depositato�nella�cancelleria�della�Corte�il� 31�maggio�200,�la�Commissione�delle�Comunita�europee�ha�proposto,�ai� sensi�dell'art.�226�CE,�un�ricorso�diretto�a�far�dichiarare�che�la�Repubblica� italiana,�mantenendo�in�vigore�una�normativa�(art.�207�del�codice�della� strada)�che�introduce�un�trattamento�differenziato�e�non�proporzionato�dei� trasgressori�in�base�al�luogo�di�immatricolazione�dei�veicoli,�e�venuta�meno� agli�obblighi�che�le�incombono�in�forza�dell'art.�6�del�Trattato�CE�(divenuto,� in�seguito�a�modifica,�art.�12�CE).� (omissis) 5.��Ritenendo�che�l'art.�207�del�codice�della�strada�stabilisse�un�tratta- mento�differenziato�e�non�proporzionato�dei�trasgressori�in�base�al�luogo�di� immatricolazione�dei�veicoli,�contrario�all'art.�6�del�Trattato,�la�Commissione� avviava�il�procedimento�per�inadempimento.�Dopo�aver�intimato�alla� Repubblica�italiana�di�presentare�le�proprie�osservazioni,�la�Commissione� emetteva,�il�2�ottobre�1998,�un�parere�motivato�con�il�quale�invitava�lo�Stato� membro�ad�adottare�le�misure�necessarie�per�conformarvisi�nel�termine�di� due�mesi�dalla�notifica.� 6.��Con�lettere�22�ottobre�e�12�novembre�1998�le�autorita�italiane� contestavano�l'effettiva�sussistenza�dell'asserito�inadempimento�sostenendo,� in�particolare,�che�l'art.�207�non�aveva�provocato�alcuna�osservazione�da� parte�delle�autorita�comunitarie�allorche�il�codice�della�strada�era�stato�loro� notificato.�Con�lettera�18�gennaio�1999�le�autorita�italiane�segnalavano�alla� Commissione�che�stavano�esaminando�la�possibilita�di�inserire�emenda- menti�al�disegno�di�legge�recante�modifiche�di�tale�codice�che�era�all'esame� del�Parlamento.�Successivamente,�pero�alla�Commissione�non�veniva�tra- smessa�alcuna�notizia�quanto�all'eventuale�modifica�dell'art.�207�del�codice� della�strada.� 7.��In�tale�contesto�la�Commissione�ha�deciso�di�presentare�il�ricorso� di�cui�trattasi.� IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^le�decisioni�61 Motivi e argomenti delle parti 8.��La�Commissione�sostiene�che�la�normativa�italiana�comporta�una� discriminazione�in�base�al�luogo�di�immatricolazione�del�veicolo�che�corri- sponde,�di�fatto,�ad�una�disparita�di�trattamento�fra�trasgressori�residenti�e� trasgressori�non�residenti.�I�secondi�sarebbero�svantaggiati�rispetto�ai�primi� in�quanto�sarebbero�tenuti�ad�effettuare�il�pagamento�immediato�del�minimo� della�sanzione�o�a�costituire�una�cauzione�pari�al�doppio�del�minimo�a�pena� di�ritiro�della�patente�o�del�fermo�amministrativo�del�loro�veicolo.�Poiche�la� categoria�dei�contravventori�non�residenti�tende�a�coincidere�con�quella�dei� cittadini�degli�altri�Stati�membri,�tale�disparita�di�trattamento�produrrebbe� una�discriminazione�indiretta�in�base�alla�cittadinanza,�attuata�a�scapito�dei� cittadini�degli�altri�Stati�membri.� 9.��Pur�rilevando�che�la�Corte,�nella�sentenza�23�gennaio�1997,�causa� C-29/95,�Pastoors�e�Trans-Cap�(Racc.,�I-285),�ha�riconosciuto�che�una�dispa- rita�di�trattamento�fra�trasgressori�residenti�e�non�residenti�puo�giustificarsi� oggettivamente�se�e�volta�ad�impedire�che�i�trasgressori�non�residenti�si�sot- traggano�al�pagamento�delle�sanzioni�e�se�e�proporzionata�a�tale�scopo,�la� Commissione�afferma�che�il�regime�introdotto�dall'art.�207�del�codice�della� strada�e�all'evidenza�sproporzionato�e�discriminatorio,�e�percio�contrario� all'art.�6�del�Trattato.� 10.��Secondo�la�Commissione�sarebbe�bastato�che�la�normativa�ita- liana�prevedesse�il�pagamento�immediato�di�una�cauzione�pari�al�minimo� edittale�per�fornire�alle�autorita�italiane�tutte�le�garanzie�necessarie,�pur� restando�proporzionata�allo�scopo�prefisso,�che�e�quello�di�ottenere�il�paga- mento�della�somma�prevista�dall'art.�202�del�codice�della�strada�senza�ledere� il�diritto�dei�non�residenti�ad�un�termine�di�ripensamento.� 11.��Il�governo�italiano�riconosce�che�la�normativa�italiana�discrimina� indirettamente�in�base�alla�cittadinanza.� 12.��Riferendosi�ai�punti�22�e�24�della�citata�sentenza�Pastoors�e� Trans-Cap�esso�fa�tuttavia�valere�che�tale�discriminazione�e�indispensabile� per�garantire�il�pagamento�delle�sanzioni�dovute�dai�trasgressori�non�resi- denti,�in�considerazione�della�mancanza�di�idonei�strumenti�comunitari�o� convenzioni�bilaterali�tra�la�Repubblica�italiana�e�gli�altri�Stati�membri�che� garantiscano�l'esecuzione�all'estero�delle�sanzioni�in�esame.� 13.��La�soluzione�prospettata�dalla�Commissione�non�sarebbe�idonea,� da�un�lato�perche�non�eliminerebbe�l'aspetto�piu�grave�della�discriminazione,� ossia�l'obbligo�di�pagamento�immediato,�e�dall'altro�perche�offrirebbe�un� vantaggio�al�non�residente�che�contestasse�la�violazione�presentando�ricorso� dinanzi�al�prefetto,�se�tale�ricorso�fosse�successivamente�respinto.�In�tal�caso,� infatti,�una�cauzione�di�importo�pari�al�minimo�non�basterebbe�a�coprire�la� sanzione,�che�la�normativa�italiana�prevede�non�possa�essere�inferiore�al�dop- pio�del�minimo.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Giudizio della Corte 14.��Si�deve�preliminarmente�ricordare�che�l'art.�6�del�Trattato,�espres- sione�specifica�del�principio�generale�di�uguaglianza,�vieta�ogni�discrimina- zione�basata�sulla�cittadinanza.� 15.��Per�giurisprudenza�costante�le�norme�relative�alla�parita�di�tratta- mento�fra�cittadini�dello�Stato�membro�considerato�e�cittadini�di�altri�Stati� membri�vietano�non�soltanto�le�discriminazioni�palesi�in�base�alla�cittadi- nanza,�ma�anche�qualsiasi�discriminazione�dissimulata�che,�basandosi�su�altri� criteri�di�distinzione,�pervenga�di�fatto�al�medesimo�risultato�(sentenza� Pastoors�e�Trans-Cap,�cit.,�punto�16).� 16.��Nel�caso�in�esame�la�normativa�italiana�riserva�ai�trasgressori�del� codice�della�strada�un�trattamento�differenziato�in�funzione�del�luogo�di� immatricolazione�del�loro�veicolo.�In�particolare,�in�caso�di�infrazione�com- messa�con�un�veicolo�immatricolato�in�Italia,�il�trasgressore�dispone�di�un� termine�di�sessanta�giorni,�decorrenti�dalla�contestazione�o�dalla�notifica- zione�dell'infrazione,�per�il�pagamento�del�minimo�edittale;�entro�tale�ter- mine�puo�anche�presentare�ricorso�al�prefetto,�se�non�ha�gia�pagato�il�sud- detto�minimo.�Invece�dall'art.�207�del�codice�della�strada�risulta�che,�in�caso� di�infrazione�commessa�con�un�veicolo�immatricolato�in�un�altro�Stato�mem- bro�o�munito�di�targa�EE,�il�trasgressore�deve�o�versare�immediatamente�il� minimo�edittale�oppure,�in�particolare�se�intende�contestare�l'infrazione� dinanzi�al�prefetto,�costituire�una�cauzione�pari�al�doppio�del�minimo,�a�pena� di�ritiro�della�patente�o�di�fermo�amministrativo�del�veicolo.� 17.��Risulta�cos|�che�l'art.�207�del�codice�della�strada�introduce�una� disparita�di�trattamento�a�scapito�dei�trasgressori�in�possesso�di�un�veicolo� immatricolato�in�un�altro�Stato�membro.� 18.��E�ben�vero�che�tale�disparita�di�trattamento�non�e�direttamente� basata�sulla�cittadinanza.�Tuttavia,�e�pacifico�che,�in�Italia,�la�grande�mag- gioranza�dei�trasgressori�in�possesso�di�un�veicolo�immatricolato�in�un�altro� Stato�membro�non�e�di�cittadinanza�italiana,�mentre�lo�e�la�grande�maggio- ranza�dei�trasgressori�in�possesso�di�un�veicolo�immatricolato�in�Italia.� 19.��Ne�consegue�che�la�disparita�di�trattamento�introdotta�con� l'art.�207�del�codice�della�strada�a�scapito�dei�trasgressori�in�possesso�di�un� veicolo�immatricolato�in�un�altro�Stato�membro�comporta,�di�fatto,�il�mede- simo�risultato�di�una�discriminazione�basata�sulla�cittadinanza.� 20.��Tuttavia�questa�considerazione�non�e�sufficiente,�ai�sensi�della� giurisprudenza�della�Corte,�per�concludere�nel�senso�dell'incompatibilita�di� siffatta�disposizione�nazionale�con�l'art.�6�del�Trattato.�A�tal�fine�va�accertato� se�l'art.�207�del�codice�della�strada�non�sia�giustificato�da�ragioni�obiettive� (v.,�in�tal�senso,�la�citata�sentenza�Pastoors�e�Trans-Cap,�punto�19)�e�non� sia�proporzionato�allo�scopo�perseguito.�Se�non�e�cos|�,�la�disposizione�nazio- nale�di�cui�trattasi�dev'essere�considerata�come�vietata�dall'art.�6�del�Trattato.� 21.��Per�quanto�riguarda�le�circostanze�atte�a�giustificare�una�dispa- rita�di�trattamento�fra�trasgressori,�dai�punti�21�e�22�della�citata�sentenza� Pastoors�e�Trans-Cap�risulta�che�la�mancanza�di�strumenti�pattizi�che�con- sentano�di�assicurare�l'esecuzione�di�una�condanna�in�uno�Stato�membro� diverso�da�quello�in�cui�e�stata�pronunciata�giustifica�oggettivamente�una� IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^le�decisioni� disparita�di�trattamento�fra�trasgressori�residenti�e�trasgressori�non�residenti� e�che�l'obbligo�imposto�ai�soli�trasgressori�non�residenti,�di�versare�una� somma�a�titolo�di�cauzione�e�atto�ad�impedire�che�essi�possano�sottrarsi�a� una�sanzione�effettiva�semplicemente�dichiarando�che�non�intendono�accet- tare�la�riscossione�immediata�della�sanzione.� 22.��Benche�la�considerazione�con�tenuta�nel�punto�21�della�presente� sentenza�sia�stata�fatta�dalla�Corte�nell'ambito�di�una�causa�in�cui�la�dispa- rita�di�trattamento�fra�trasgressori�era�operata�in�funzione�della�loro�resi- denza,�essa�resta�valida�al�fine�di�valutare�se�la�disparita�di�trattamento� introdotta�dall'art.�207�del�codice�della�strada�a�scapito�dei�trasgressori�in� possesso�di�un�veicolo�immatricolato�in�un�altro�Stato�membro�sia�o�meno� compatibile�con�l'art.�6�del�Trattato.�Il�governo�italiano�ha�infatti�ammesso� nel�controricorso�che�la�disparita�di�trattamento�di�cui�si�tratta�nel�caso�in� esame�corrisponde�di�fatto�ad�una�disparita�di�trattamento�fra�trasgressori� residenti�e�non�residenti.� 23.��Considerato�quanto�precede,�si�deve�rilevare�che,�come�ha�giusta- mente�sostenuto�il�governo�italiano�senza�essere�contestato�dalla�Commis- sione,�in�mancanza�di�strumenti�internazionali�o�comunitari�che�assicurino� che�una�sanzione�pecuniaria�per�un'infrazione�al�codice�della�strada�irrogata� in�uno�Stato�membro�possa�essere�eseguita,�eventualmente,�in�un�altro�Stato� membro,�esiste�il�rischio�che�tale�sanzione�non�sia�riscossa.�Inoltre�la�Com- missione�non�ha�contestato�l'affermazione�del�suddetto�governo�secondo�la� quale�non�esistono�neanche�convenzioni�bilaterali�tra�la�Repubblica�italiana� ed�altri�Stati�membri�atte�ad�assicurare�tale�esecuzione.� 24.��Tali�circostanze�giustificano�il�trattamento�differenziato�intro- dotto�dall'art.�207�del�codice�della�strada�nei�limiti�in�cui�esso�consiste�nel� richiedere�ai�soli�trasgressori�in�possesso�di�un�veicolo,�immatricolato�in�un� altro�Stato�membro�il�versamento�di�una�cauzione�o�la�presentazione�di�un� documento�fideiussorio.� 25.��Tuttavia,�nei�limiti�in�cui�l'importo�stabilito�per�tale�cauzione�o� tale�documento�di�garanzia�e�pari�al�doppio�del�minimo�previsto�in�caso� di�pagamento�immediato,�il�che�ha�l'effetto�di�indurre�i�trasgressori�di�cui� all'art.�207�del�codice�della�strada�ad�effettuare�il�pagamento�immediato� del�minimo�e�percio�a�rinunciare�al�termine�per�il�ripensamento�che�la� legge�concede�loro�per�decidere�se�intendono�contestare�l'infrazione� dinanzi�al�prefetto,�il�trattamento�differenziato�introdotto�da�tale�articolo� appare�come�sproporzionato�rispetto�allo�scopo�perseguito�da�questa� disposizione.� 26.��Tale�scopo�infatti�consiste�nel�garantire�il�pagamento�delle�san- zioni�pecuniarie�dovute�dai�trasgressori�in�possesso�di�un�veicolo�immatrico- lato�in�un�altro�Stato�membro.�Orbene,�come�giustamente�la�Commissione� ha�dichiarato,�tale�obiettivo�potrebbe�essere�parimenti�conseguito�qualora�i� trasgressori�di�cui�all'art.�207�del�codice�della�strada�fossero�tenuti�a�versare� a�titolo�di�cauzione�una�somma�pari�al�minimo�edittale�e�tale�cauzione� potesse�venir�incamerata�dalle�autorita�italiane�alla�scadenza�del�termine�di� sessanta�giorni,�previsto�dall'art.�202�del�suddetto�codice.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� 27.��Il�governo�italiano�sostiene�tuttavia�che�una�simile�disposizione� non�sarebbe�atta�ad�assicurare�il�pagamento�della�sanzione�pecuniaria�previ- sta�dall'art.�204�del�codice�della�strada�nel�caso�in�cui�il�trasgressore�di�cui� all'art.�207�di�tale�codice�presentasse�dinanzi�al�prefetto,�nel�termine�di�ses- santa�giorni,�un�ricorso�che�finisse�per�essere�respinto.�In�tal�caso,�infatti,�il� trasgressore�e�tenuto�al�pagamento�di�una�sanzione�che�non�puo�essere�infe- riore�al�doppio�del�minimo�edittale.� 28.��Questo�argomento�del�governo�italiano�non�puo�rimettere�in� discussione�la�considerazione�effettuata�al�punto�25�della�presente�sentenza� e�dev'essere,�di�conseguenza,�respinto.�Come�giustamente�ha�rilevato�la�Com- missione,�il�pagamento�della�sanzione�pecuniaria�prevista�dall'art.�204�del� codice�della�strada�potrebbe�essere�assicurato�da�altre�misure�che�sarebbero� imposte�in�una�fase�successiva.� 29.��Viste�tutte�le�considerazioni�che�precedono,�si�deve�dichiarare�che� la�Repubblica�italiana,�mantenendo�in�vigore,�nell'art.�207�del�codice�della� strada,�un�trattamento�differenziato�e�non�proporzionato�dei�trasgressori�in� base�al�luogo�di�immatricolazione�dei�veicoli,�e�venuta�meno�agli�obblighi� che�le�incombono�in�forza�dell'art.�6�del�Trattato�.� (omissis) GIUDINICORSOICORGIUSTCEEGIUDINICORSOICORGIUSTCEE Cause C-261 e�C-262 (domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Aiuti di Stato ^ Aiuti alla macellazione ^Artt.�87�del�Trattato�CE�^Ordinanza�del�Hof� van�Beroep�di�Anversa�(Belgio).� IL fattO La�Commissione,�con�decisione�7�maggio�1991�(in�GUCE�25�ottobre� 1991,�n.�43)�dichiarava:��Art.�1:�l'aiuto�accordato�dal�governo�belga�nel�set- tore�dei�bovini�e�dei�suini�finanziato�attraverso�il�contributo�obbligatorio�pre- visto�dal�regio�decreto�11�dicembre�1987,�relativo�al�contributo�obbligatorio� al�Fonds�voor�gerondheid�e�de�productie�von�de�dieren�e�incompatibile�con� il�mercato�comune�ai�sensi�dell'art.�92�del�Trattato�e�va�quindi�soppresso�in� quanto�il�contributo�obbligatorio�colpisce,�allo�stadio�della�macellazione,� anche�i�prodotti�importati�in�provenienza�dagli�altri�stati�membri�.�Indipen- dentemente�dall'esame�espletato�dalla�Commissione,�talune�imprese�belghe� che�importavano�vitelli�dagli�altri�Stati�membri�hanno�citato�in�giudizio�lo� Stato�belga�per�sentirlo�condannare�alla�restituzione�delle�somme�pagate;�il� giudice�ha�sospeso�il�procedimento�ed�ha�sottoposto�alla�Corte�di�giustizia� alcune�questioni�pregiudiziali�vertenti�sull'interpretazione�di�talune�disposi- zioni�del�trattato,�tra�cui�l'art.�87�(ex�art.�92)�e�della�Trattato�relativo�agli� aiuti�di�Stato.� IquesitI 1.��Se�nelle�circostanze�sopra�esaminate,�sia�conforme�al�diritto� comunitario�e,�in�particolare,�all'art.�88,�n.�3�(ex�art.�93,�del�Trattato�CEE),� un�regime�di�aiuti�che,�dopo�essere�stato�comunicato,�viene�ritenuto�dalla� Commissione�in�data�30�luglio�1996�compatibile�con�il�mercato�comune�e�ai� sensi�del�quale�lo�Stato�membro�impone�con�effetto�retroattivo�nell'interesse� generale�contributi:� per�il�finanziamento�di�un��fondo�per�la�salute�e�la�produzione�degli� animali�;� alle�persone�fisiche�e�giuridiche�la�cui�natura�iscritta�negli�articoli�14,� 15�e�16�della�sopramenzionata�legge�23�marzo�1998�quale�modificata�dalla� Corte�arbitrale�con�lodo�9�febbraio�2000�pronunciato�nelle�controversie� n.�1414,�1450,�1452,�1453�e�1454;� nonostante�le�attivita�descritte�in�tali�articoli�siano�situate�nel�periodo� dal�1988�fino�al�21�maggio�1986,�quando�ai�detti�aiuti�non�era�stata�data� ancora�alcuna�autorizzazione.� 2.��Se�la�decisione�della�commissione�30�luglio�1996�doveva�solo� provvedere�a�determinare�la�portata�di�una�autorizzazione�individuale�agli� Stati�membri�per�dare�attuazione�agli�aiuti�previsti.� 3.��Se�i�soggetti�passivi�tenuti�al�pagamento�dei�contributi�siano�stati� riguardati�direttamente�e�individualmente�da�tale�atto�della�Commissione� secondo�l'accezione�dell'art.�230�(ex�art.�173)�del�Trattato�CEE.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� 4.��In�caso�di�soluzione�negativa�della�questione�sub�3)�se�il�diritto� comunitario�consente�che,�in�quanto�beneficiari�dell'aiuto,�i�soggetti�passivi� tenuti�al�pagamento�dei�contributi�che�sollevino�una�eccezione�di�incompe- tenza�avverso�l'atto�della�Commissione�di�cui�trattasi�che�concede�l'autorizza- zione�a�dare�attuazione�all'aiuto�del�quale�beneficiano.� 5.��Nell'ipotesi�in�cui�dovesse�ritenersi�che�gli�appellanti,�in�quanto� soggetti�passivi�tenuti�al�pagamento�dei�contributi�e/o�in�quanto�beneficiari� dell'aiuto,�siano�riguardati�direttamente�e�individualmente�dal�controverso� atto�della�Commissione�e�possano�legittimamente�apporvi�un'eccezione�di� incompetenza�se�la�Commissione�con�decisione�30�luglio�1996�abbia�ecceduto� i�limiti�del�suo�potere�discrezionale�e�violato�l'art.�88,�n.�3�(ex�art.�93,�n.�3)� del�Trattato�CEE.� Cause C-264/01,�C-306/01,�C-354/01 e�C-355/01 (domanda�di�pronuncia�pre- giudiziale)�^Casse malattia e loro federazioni ^Fissazione massimali ^ Concorrenza ^Nozione di impresa e di associazione di impresa ^Accordi vietati ^Articoli�81�e�86�Tr.�CE�^Ordinanze�del�Oberlandesgericht�Du�s- seldorf(Germania)del18maggio2001�edell'11luglio2001^Notificate� il�20�novembre�2001.� IL fattO I�giudici�a quo con�diverse�ordinanze�riunite�nella�trattazione�presso�la� Corte�di�Giustizia,�sottoponevano�la�questione�se�gli�enti�del�regime�legale� di�assicurazione�malattia�e�le�loro�federazioni�debbano�essere�considerati� rispettivamente�imprese�e�associazioni�di�imprese�e,�di�conseguenza,�essere� sottoposti�al�diritto�comunitario�della�concorrenza.� Le�disposizioni�del�Trattato�CE�relative�alla�materia�in�esame�conten- gono�norme�generali,�che�hanno�trovato�una�loro�specificazione�nella�giuri- sprudenza�comunitaria.�Infatti,�risale�al�giudice�comunitario�la�definizione� di�impresa�come�qualsiasi�entita��persona�fisica�o�giuridica��che�esplica� una�attivita�economica,�indipendentemente�dallo�stato�giuridico�di�questa� entita�e�dal�suo�modo�di�finanziamento.�Al�riguardo�e�irrilevante�il�modo�di� finanziamento�dell'attivita�o�il�fatto�che�in�concreto�essa�sia�svolta�senza�fini� di�lucro,�essendo�sufficiente�che�sia�suscettibile,�almeno�in�via�di�principio,� di�essere�esercitata�al�fine�di�conseguire�un�profitto.� IquesitI Si riporta il quesito della causa C 264/01 (uguale alla causa C 306/01): 1.��Se�l'art.�81,�n.�1,�CE�sia�da�interpretare�nel�senso�che�le�federa- zioni�rappresentative�delle�casse�malattia�del�regime�legale�di�uno�Stato� membro�debbano�essere�considerate�associazioni�di�imprese�ovvero,�qualora� una�federazione�rappresentativa�sia�nello�stesso�tempo�un�ente�diretto�del� regime�legale�di�assicurazione�malattia,�imprese�ai�sensi�dell'art.�81,�n.�1,� CE,�in�relazione�all'attivita�congiunta�di�fissazione�uniforme�di�massimali� per�i�medicinali,�applicabili�nello�Stato�membro,�i�quali�rappresentano�di� IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CEE�67 volta�in�volta�il�prezzo�massimo�al�quale�le�casse�malattia�del�regime�legale,� tenute�alla�prestazione�in�natura�nei�confronti�dei�loro�assicurati,�comprano� e�pagano�i�medicinali�e�limitano�in�tal�modo�la�portata�del�loro�obbligo�di� prestazione�nei�confronti�dei�loro�assicurati.� 2.��In�caso�di�soluzione�affermativa�della�prima�questione:� a) se�le�fissazioni�di�massimali�del�tipo�di�cui�sub�1�debbano�conside- rarsi�accordi�(o�decisioni)�delle�federazioni�rappresentative�delle�casse�malat- tia�del�regime�legale�che,�in�quanto�restrizioni�della�concorrenza,�in�partico- lare�quelle�ai�sensi�dell'art.�81,�n.�1,�lettera�a),�CE,�rientrano�nell'ambito�di� applicazione�del�divieto�di�cui�all'art.�81,�n.�1,�CE.� b) se�la�questione�sub�2.a) debba�comunque�avere�soluzione�afferma- tiva�qualora�lo�scopo�della�normativa�sui�massimali�consista�tra�l'altro�nel- l'esaurire�le�riserve�di�economicita�dei�produttori�di�medicinali�in�relazione� al�prezzo�di�vendita,�e�l'applicazione�della�normativa�sui�massimali�nello� Stato�membro�abbia�finora�fatto�s|�che�circa�il�93%�delle�confezioni�di�medi- cinali�offerte�sul�mercato�e�che�rientrano�nella�disciplina�dei�massimali�non� superino�(piu�)�i�massimali�di�volta�in�volta�stabiliti.� 3.��In�caso�di�soluzione�affermativa�anche�delle�questioni�sub�2�(o�di� una�delle�questioni�sub�2):�se�un�sistema�di�massimali�del�tipo�di�cui�sub�1�e� sub�2�possa�essere�escluso�dall'ambito�di�applicazione�dell'art.�81,�n.�1,�CE� conformemente�all'art.�86,�n.�2,�prima�frase,�CE,�sebbene�le�federazioni�rap- presentative�delle�casse�malattia�del�regime�legale�in�relazione�alla�fissazione� di�massimali�costituiscano�l'esponente�della�domanda�piu�importante�e,�com- plessivamente�considerate,�in�posizione�dominante�sul�mercato�dei�medici- nali,�e�sebbene,�come�soluzione�del�problema�della�riduzione�dei�costi�della� sanita�pubblica,�venga�in�considerazione�anche�il�conferimento�del�potere�di� fissare�siffatti�massimali�ad�un'istituzione�che�non�e�parte�nel�mercato�dei� medicinali,�in�particolare�al�governo�federale�o�ad�un�ministro�federale.� 4.��In�caso�di�soluzione�affermativa�anche�della�questione�sub�3:� a) quali�requisiti�debbano�possedere�e�dimostrare�le�federazioni�rap- presentative�delle�casse�malattia�per�poter�beneficiare�della�deroga�di�cui� all'art.�86,�n.�2,�prima�frase,�CE�in�relazione�alle�fissazioni�di�massimali.� b) ovvero,�se�la�concessione�della�deroga�di�cui�all'art.�86,�n.�2,�prima� fase,�CE�sia�gia�esclusa�ai�sensi�dell'art.�86,�n.�2,�seconda�frase,�CE,�a�causa� degli�effetti�del�sistema�dei�massimali�sugli�scambi�commerciali.� Si riporta il quesito della causa C 354/01 (uguale alla causa C 355/01): 1.��Se�gli�articoli�81�e�82�CE�debbano�essere�interpretati�nel�senso� che�ostino�ad�una�normativa�nazionale�ai�sensi�della�quale�le�federazioni�rap- presentative�delle�casse�del�regime�di�assicurazione�legale�contro�i�rischi�di� malattia�fissano�per�tutte�le�casse�di�assicurazione�legale�contro�i�rischi�di� malattia�e�per�quelle�integrative,�i�massimali�obbligatori�entro�i�quali�le�casse� malattia�assumono�a�proprio�carico�le�spese�sanitarie,�nella�misura�in�cui�il� legislatore�determina�allo�stesso�tempo�i�criteri�sulla�base�dei�quali�i�massi- mali�devono�essere�fissati�stabilendo,�tra�l'altro,�che�mediante�determinate� somme�viene�assicurato�un�approvvigionamento�completo�qualitativamente� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� garantito�degli�affiliati�nonche�la�disponibilita�di�sufficienti�terapie�alterna- tive�e�tale�fissazione�e�assoggettata�a�un�completo�controllo�giurisdizionale� sia�su�iniziativa�dell'assicurato,�come�pure�del�produttore�di�specialita�medici- nali�interessato.� 2.��In�caso�di�soluzione�affermativa�della�questione�sub�1):� se,�ai�sensi�dell'art.�86,�n.�2,�CE�gli�articoli�81�e�82�CE�non�si�appli- chino�qualora�una�siffatta�fissazione�sia�diretta�ad�assicurare,�nei�termini� contemplati�dal�paragrafo�35�dello�SGB�V,�stabilita�al�sistema�di�assicura- zione�sociale�contro�i�rischi�di�malattia�che�viene�messo�a�repentaglio�in�con- seguenza�di�una�forte�crescita�dei�costi.� 3.��In�caso�di�soluzione�affermativa�della�questione�sub�1)�e�nega- tiva�della�questione�sub�2):� se�esistano�diritti�di�natura�comunitaria�al�risarcimento�del�danno�e� alla�rimozione�degli�atti�delle�federazioni�rappresentative�come�le�convenute� anche�quando�queste�nel�fissare�i�massimali�producano�le�conseguenze�di� una�disposizione�di�legge�e�il�rifiuto�di�partecipare�a�tale�fissazione�non�dia� luogo�a�loro�carico�a�sanzioni�sulla�base�del�diritto�nazionale.� Causa C-300/01 (domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Libera circolazione di capitali ^Divieto di discriminazione ^Acquisto di fondo edificabile ^ Transazioni immobiliari ^Accordo SEE ^Accordo di adesione ^Ordi- nanza�del��Landesgericht�Feldkirch��(Austria)�^Emessa�il�10�luglio� 2001�^Notificata�il�25�ottobre�2001.� IL quesitO Se�sia�compatibile�con�la�libera�circolazione�dei�capitali�che,�per�l'acqui- sto�di�un�fondo�edificabile�venga�richiesto�un�nullaosta�amministrativo�con� effetto�costitutivo�rilasciato�dall'autorita�competente�in�materia�di�transa- zioni�immobiliari�(Grundverkehrsbhorder)��Quesiti�1�e�2�omissis.� Causa C-308/01 (domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Servizi assicurativi o servizi connessi ^IVA ^Provvedimenti speciali di deroga ^Artt.�27�e�33� Sesta�direttiva�IVA�n.�77/388/CEE�^Artt.�81,�1�e�88�CE�^Ordinanza� del��Vat�and�Duties�Tribunal��(Regno�Unito)�^Emessa�il�24�luglio� 2001�^Notificata�il�21�gennaio�2002.� IL fattO I�quesiti�hanno�origine�da�un�procedimento�davanti�ad�un�Tribunale� inglese�nel�corso�del�quale�le�ricorrenti,�societa�che�prestano�servizi�assicura- tivi�o�servizi�connessi�riguardanti�elettrodomestici�e�sono�soggette�all'imposta� sul�premio�assicurativo�nel�Regno�Unito,�lamentano�di�aver�pagato�una�ali- quota�piu�elevata�del�dovuto�ed�hanno�richiesto�il�relativo�rimborso�all'Ente� preposto�ricevendo�un�diniego.� IquesitI 1.�^Se�l'art.�27�della�Sesta�direttiva�del�Consiglio�17�maggio�1977,�n.�77/� 388/CEE,�in�materia�di�armonizzazione�delle�legislazioni�degli�Stati�membri� relative�alle�imposte�sulla�cifra�di�affari��Sistema�comune�di�imposta�sul� IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CEE�69 valore�aggiunto:�base�imponibile�uniforme,�debba�essere�interpretato�nel� senso�che,�nell'ipotesi�in�cui�non�vi�sia�stata�evasione�o�elusione�fiscale,�fosse� necessaria�l'autorizzazione�del�Consiglio�prima�di�introdurre�un'aliquota�piu� elevata�dell'imposta�sui�premi�assicurativi,�aliquota�che�a) era�intesa�a�vanifi- care�l'esenzione�a�favore�dei�servizi�assicurativi�prevista�dall'art.�13�della� direttiva,�b) era�identica�all'aliquota�base�dell'imposta�sul�valore�aggiunto;� c) era�applicata�nello�stesso�modo�in�cui�si�applica�l'imposta�sul�valore� aggiunto�e�d) era�intesa�ad�essere�parte�di�un�tutto�inseparabile�insieme� all'imposta�sul�valore�aggiunto.� 2.��Se�l'art.�33�della�Sesta�direttiva�del�Consiglio�17�maggio�1977,� n.�77/388/CEE,�in�materia�di�armonizzazione�delle�legislazioni�degli�Stati� membri�relative�alle�imposte�sulla�cifra�di�affari��Sistema�comune�di�impo- sta�sul�valore�aggiunto:�base�imponibile�uniforme,�debba�essere�interpretato� nel�senso�che�vieta�agli�Stati�membri�di�introdurre�un'imposta�sui�premi�assi- curativi�che�a) e�calcolata�con�riferimento�ai�servizi�prestati,�b) e�proporzio- nale�al�prezzo�di�questi�ultimi,�d) e�sopportata�dal�consumatore�nella�fase� finale�di�vendita,�e) viene�trasferita�al�consumatore�finale�nella�maniera� tipica�dell'imposta�sul�valore�aggiunto,�sicche�l'onere�dell'imposta�grava�sul� consumatore�finale,�f) si�applica�in�tutto�il�territorio�del�Regno�Unito�e�che,� tuttavia,�non�si�applica�in�modo�generale�a�tutte�le�transazioni�relative�ai�beni� e�ai�servizi.� 3.��Se�l'art.�87,�n.�1,�CE�vada�interpretato�nel�senso�che�si�deve�rite- nere�che�un�aiuto�incida�sugli�scambi�tra�Stati�membri�solo�nel�caso�in�cui� abbia�o�sia�idoneo�ad�avere�un�effetto�apprezzabile�sul�commercio�tra�Stati� membri.�Nel�caso�in�cui�tale�questione�venga�risolta�positivamente,�quali� siano�i�criteri�per�determinare�se�un�provvedimento�abbia�o�meno�un�effetto� del�genere.� 4.��Se�l'art.�87,�n.�1,�CE�vada�interpretato�nel�senso�che�si�deve�rite- nere�che�un�aiuto�incida�sugli�scambi�tra�Stati�membri�nel�caso�in�cui,�a� causa�di�tale�aiuto,�a) un�commerciante�attivo�in�uno�Stato�membro�riduca� i�quantitativi�dei�prodotti�che�importa�da�altri�Stati�membri�o�h) molti�dei� contratti�di�locazione�di�elettrodomestici�conclusi�da�un�commerciante�in� uno�Stato�membro�vengano�sciolti�e�tale�commerciante�venda�i�detti�elettro- domestici�in�un�altro�Stato�membro�o�c) compagnie�di�assicurazioni�che,�in� uno�Stato�membro,�prestano�servizi�assicurativi�tramite�i�venditori�degli�elet- trodomestici�sono�rese�meno�competitive�di�societa�che�vendono�le�assicura- zioni�direttamente,�alcune�delle�quali�sono�associate�di�societa�in�altri�Stati� membri.� 5.��Nell'ipotesi�in�cui,�alla�luce�della�soluzione�delle�questioni�3)�e�4),� l'aliquota�piu�elevata�dell'imposta�sul�premio�assicurativo�costituisca�un� aiuto�statale�ai�sensi�dell'art.�87,�n.�1,�CE,�se�l'art.�88�CE�debba�essere�inter- pretato�nel�senso�che,�ove�la�Commissione�non�venga�informata�di�alcun�pro- getto�di�concessione�dell'aiuto,�i�provvedimenti�legislativi�che�introducono�il� detto�aiuto�dovrebbero�essere�disapplicati�e�qualsiasi�imposta�pagata�ai�sensi� di�tali�provvedimenti�andrebbe�rimborsata.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Causa�C-314/01�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Appalti�pubblici�^ Immediata�applicabilita�delle�decisioni�^Vincolativita�delle�decisioni�dell 'organo�di�controllo�^Violazione�della�normativa�comunitaria�sostanziale� ^Direttiva�n.�665/1989/CEE�^Ordinanza�del�Bundesvergabeamt�^Uffi- cio�federale�austriaco�per�l'aggiudicazione�dei�contratti�di�appalto.� IL fattO L'ente�aggiudicatore�pubblicava�il�bando�per�l'espletamento�di�un�proce- dimento�di�aggiudicazione�in�due�fasi�di�un�contratto�di�appalto�per�la�conce- zione,�programmazione,�e�creazione�di�un�sistema�di�elaborazione�elettronico� dei�dati�regolato�mediante�schede�elettroniche,�comprese�la�fornitura�inizia- lizzazione,�personalizzazione,�distribuzione�e�smaltimento�delle�schede�per� l'intera�Austria;�nonche�l'installazione�e�manutenzione�su�tutto�il�territorio� di�apparecchi�terminali,�nonche�l'appoggio�presso�un�centro�di�elaborazione� elettronica�dei�dati�del�sistema,�l'appoggio�di�un�servizio�di�centralino�per�le� chiamate�dell'utenza,�per�la�lavorazione�delle�schede�e�altre�prestazioni�di� servizi�necessari�per�la�gestione�del�sistema.�Nel�bando�l'oggetto�dell'opera� veniva�classificato,�da�un�lato,�sotto�le�categorie�della�nomenclatura�comune� �apparecchi�e�impianti�di�elaborazione�dati�,��installazione�di�computer�ed� altre�apparecchiature�per�l'elaborazione�dei�dati��e,�dall'altro�lato,�sotto�le� categorie�della�nomenclatura�comune��software consulenza�ed�altri�servizi�di� software�,��programmazione�di�sistemi�di�informazione�IS��o�di��tecnologie� (IT)�,��prestazione�di�servizi�per�servizi�di�elaborazione�dati�,�nonche��altre� prestazioni�di�servizi�.�Il�valore�della�commessa�veniva�stimato�dall'ente� aggiudicatore�in�circa�ATS�900�milioni.�Alla�prima�fase�del�procedimento� prendevano�parte�sei�associazioni�di�concorrenti,�dopo�che�avevano�presen- tato�il�documento�per�la�partecipazione�alla�gara�57�imprese,�delle�quali�solo� 11�vi�prendevano�effettivamente�parte.�L'ente�aggiudicatore�decideva�di�invi- tare�alla�presentazione�delle�offerte�cinque�associazioni�di�concorrenti�e�di� escludere�il�sesto�concorrente.�Al�punto�1.9�della�documentazione�relativa� alla�gara�di�appalto,�come�pure�al�punto�1.8�della�documentazione�di�aggiu- dicazione��invito�alla�presentazione�delle�offerte��del�15�marzo�2000,�l'am- missibilita�di�prestazioni�di�imprese�subappaltatrici�era�prevista�in�questi�ter- mini:��Il�subappalto�di�parti�dell'opera�e�consentito�nella�misura�del�30%�del- l'opera�e�solo�in�quanto�le�parti�di�prestazioni�tipicamente�inerenti�al� contratto,�la�direzione�del�progetto,�la�concezione�del�sistema,�lo�sviluppo,� la�costruzione,�la�fornitura�e�la�gestione�delle�componenti�centrali�specifiche� del�progetto�del�sistema�complessivo,�lo�sviluppo,�la�fornitura,�la�gestione� del�ciclo�di�validita�delle�carte�nonche�lo�sviluppo�e�la�fornitura�degli�appa- recchi�terminali�restino�nelle�mani�dell'offerente�o�dell'associazione�offe- rente�.�L'ente�aggiudicatore�ha�posto�tale�disposizione�esclusivamente�in� quanto�criterio�idoneo�ad�assicurare�la�fornitura�dell'opera�esente�da�difetti� tecnici,�dal�momento�che�con�la�responsabilita�personale�del�fornitore�delle� spese�veniva�posto�in�essere�un�maggiore�incentivo�ad�una�prestazione�di�ser- vizi�esente�da�difetti�ed�una�piu�efficace�possibilita�di�influenza�dell'ente� aggiudicatore.�La�documentazione�di�partecipazione�alla�gara�costituiva�il� presupposto�di�tutte�le�domande�di�partecipazione�alla�prima�fase�del�proce- IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CEE�71 dimento.�L'invito�alla�presentazione�dell'offerta�veniva�comunicato�a�tutte�le� associazioni�di�concorrenti�ammesse�alla�presentazione�delle�offerte.�Quattro� delle�associazioni�di�concorrenti�invitate�alla�presentazione�delle�offerte�pre- sentavano�ciascuna�come�associazione�di�offerenti�un'offerta.�A�tre�di�dette� associazioni�partecipava�la�Austria�Cards,�la�quale�incombeva�la�fornitura� della�voce�delle�prestazioni��forniture�delle�schede�.�L'ente�aggiudicatore� comunicava�di�intendere�aggiudicare�l'appalto�alla�IV�associazione�tempora- nea�di�offerenti.�Le�associazioni�escluse�adivano�la�Commissione�per�il�con- trollo�delle�aggiudicazioni,�perche�procedesse�ad�una�transazione.�La�com- missione�in�un�caso�rifiutava�di�procedere�alla�transazione�e�negli�altri�due� casi�tentava�di�raggiungere�un�compromesso�amichevole,�che�non�poteva� pero�essere�raggiunto.�Tutte�le�tre�associazioni�di�offerenti�non�previste�per� l'aggiudicazione�dell'appalto�adivano�quindi�il�Bundesvergabeamt�con�una� domanda�di�controllo.�Veniva�tra�l'altro�chiesta�la�dichiarazione�di�nullita� della�decisione�dell'ente�aggiudicatore�o�di�assegnare�il�contratto�alla�IV� associazione�temporanea�di�imprese�offerente�e,�se�del�caso,�all'ente�aggiudi- catore�veniva�chiesto�di�revocare�il�bando�di�gara.�In�una�delle�domande�di� controllo�veniva�chiesto�che�fossero�dichiarate�nulle�numerose�disposizioni� del�bando�di�gara,�come�pure�alcune�decisioni�dell'ente�aggiudicatore�in�rela- zione�alla�stima�dell'offerta�e,�rispettivamente,�all'espletamento�del�procedi- mento�di�aggiudicazione,�nonche�che�fosse�dichiarata�nulla�la�decisione�che� giudicava�l'appalto�alla�IV�associazione�offerente,�come�pure�la�decisione�di� non�procedere�ad�una�procedura�negoziata.�Veniva�inoltre�chiesto�che�all'ente� aggiudicatore�fosse�fatto�obbligo�di�ricondurre�lo�svolgimento�del�procedi- mento�di�aggiudicazione�ad�una�fase�in�cui�potessero�essere�regolarizzate�le� decisioni�inficiate�piu�dettagliatamente�descritte�e�che�da�tale�fase�fosse� ripreso�lo�svolgimento�del�procedimento�di�aggiudicazione.�Se�del�caso,� veniva�chiesto�che�fosse�dichiarato�nullo�l'intero�procedimento�di�aggiudica- zione,�ed�eventualmente�l'intero�bando�di�gara.�Il�Bundesvergabeamt�respin- geva�tutte�le�domande�per�difetto�di�legittimazione�e�deduceva�che�le�offerte� dei�richiedenti�avrebbero�dovuto�essere�state�eliminate�dall'ente�aggiudicatore� perche�la�Austria�Cards�partecipava�a�tutte�e�tre�(ora�richiedenti)�associa- zioni�di�offerenti�e�lo�scambio�di�informazioni�cos|�reso�possibile,�come�pure� le�trattative�necessitate�dalla�triplice�partecipazione,�dovevano�considerarsi� come�un�accordo�che�viola�il�principio�della�concorrenza�tra�offerenti.� IquesitI 1.��Se�le�disposizioni�della�direttiva�n.�89/665/CEE,�e�in�particolare� l'art.�2,�n.�1,�lettera�b) eventualmente�lette�in�combinazione�con�l'art.�2,�n.�7,� debbano�essere�interpretate�nel�senso�che�l'efficacia�giuridica�di�una�decisione� di�un�organo�di�controllo�nazionale�ai�sensi�dell'art.�2,�n.�8�della�direttiva� n.�89/665/CEE��avente�ad�oggetto�la�rimozione�della�decisione�con�la� quale�l'autorita�aggiudicatrice�rifiuta�di�revocare�la�procedura�di�aggiudica- zione��riposta�nel�fatto�che,�qualora�l'ordinamento�giuridico�nazionale� non�offra�alcuna�base�legale�in�tal�senso,�la�decisione�dell'organo�di�controllo� debba�essere�eseguita�effettivamente�e�coattivamente�nel�confronti�dell'ente� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� pubblico�aggiudicatore,�con�la�conseguenza�che�la�decisione�dell'organo�di� controllo�nazionale�pone�senz'altro�termine�alla�procedura�di�aggiudicazione� di�cui�trattasi�senza�il�compimento�di�ulteriori�adempimenti�da�parte�dell'au- torita�aggiudicatrice�stessa.� 2.��Se�dalle�disposizioni�di�cui�alla�direttiva�n.�89/665/CEE,�in�parti- colare�dagli�articoli�2,�n.�7�eventualmente�letti�in�combinato�come�le�disposi- zioni�della�direttiva�n.�92/50/CEE,�in�particolare�gli�articoli�2532,�e�n.�2,�let- tera�a e�c),�ovvero�da�altra�disposizione�di�diritto�comunitario,�interpretato,� in�particolare,�alla�luce�del�principio�dell'effetto�utile,�risulti�che�una�disposi- zione�di�un�bando�di�gara�diretta�a�fare�in�modo�che,�contrariamente�alla� giurisprudenza�della�Corte�di�giustizia�delle�Comunita�europee�e�in�partico- lare�alla�sentenza�C-176/98��Halst�Italia�contro�Comune�di�Cagliari�,� mediante�il�divieto�di�subappalto�di�parte�sostanziale�dell'opera�venga�impe- dito�all'offerente�di�dimostrare,�producendo�il�contratto�con�il�subappalta- tore,�che�egli�effettivamente�disponga�dei�mezzi�del�terzo,�e�acquisisca�cos|�il� diritto,�a�dimostrazione�della�sua�capacita�,�di�fare�riferimento�ai�medici�del� terzo,�o,�rispettivamente,�di�fornire�la�prova�che�egli�effettivamente�ha�la� disponibilita�dei�mezzi�del�terzo,�si�ponga�con�il�diritto�comunitario�in�tale� contrasto�da�doversi�considerare�inefficace�un�contratto�stipulato�sulla�base� di�un�siffatto�bando�di�gara,�specie�quando�l'ordinamento�giuridico�nazionale� contenga�disposizioni�che�prevedono�l'inefficacia�di�contratti�stipulati�in�vio- lazione�della�legge.� 3.��Se�dalle�disposizioni�della�direttiva�n.�89/665/CEE,�in�particolare� gli�articoli�2,�L.�7,�ovvero�da�altre�disposizioni�di�diritto�comunitario,�inter- pretato,�in�particolare�alla�luce�del�principio�dell'effetto�utile,�risulti�che�un� contratto�stipulato�in�contrasto�con�quanto�stabilito�in�una�decisione�di�un� organo�nazionale�di�controllo�ai�sensi�dell'art.�2,�n.�8,�della�direttiva�n.�89/� 665/CEE,�per�rimuovere�la�decisione�con�la�quale�l'autorita�pubblica�giudica- trice�rifiuta�di�revocare�un�procedimento�di�aggiudicazione,�sia�inefficace,� specie�quando�l'ordinamento�giuridico�nazionale,�pur�tenendo�conto�delle� disposizioni�che�prevedono�l'inefficacia�di�contratti�stipulati�in�contrasto� con�la�legge�del�buon�costume,�non�offra�pero�alcuna�base�legale�per�dare� esecuzione�alla�decisione�dell'organo�di�controllo�in�modo�efficace�e�coattiva- mente�nel�confronti�della�pubblica�autorita�aggiudicatrice.� 4.a). �Qualora�un�ordinamento�giuridico�nazionale�non�offra�alcuna� base�legale�per�dare�esecuzione�ad�una�decisione�dell'organo�nazionale�di� controllo�il�modo�efficace�coattivo�dei�confronti�dell'autorita�pubblica�giudi- catrice,�si�le�disposizioni�della�direttiva�n.�89/665/CEE,�in�particolare�l'art.�2,� e�nel�1,�lettera�b) e,�eventualmente�lette�in�combinato�con�l'art.�2,�n.�7,�deb- bano�essere�interpretata�nel�senso�che�tale�organo�di�controllo,�in�applica- zione�diretta�del�combinato�disposto�dell'art.�2,�n.�1,�lettera�b) dell'art.�2,�e� nel�7�abbia�il�potere�di�obbligare�con�i�ingiunzione�esecutiva�a�fare�rimuovere� la�decisione�illegittima,�anche�se�l'ordinamento�giuridico�nazionale�attribui- sce�all'organo�di�controllo�in�procedimenti�promossi�a�seguito�di�domanda� di�verifica�da�parte�degli�offerenti,�ai�sensi�dell'art.�1,�e�nel�1,�della�direttiva� n.�89/665/CEE,�sotto�il�potere�di�procedere�a�rimozioni�della�decisione�del- l'autorita�aggiudicatrice�eseguibili�in�forma�non�coattiva.� IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CEE�73 4.b).�Incasodi�soluzione�affermativa�della�questionesub�a�4�a)�se� l'organo�di�controllo�in�un�caso�siffatto�abbia�esso�stesso�il�potere�di�disporre�o� anche�di�imporre,�in�forza�dell'art.�2,�n.�7�della�direttiva�n.�89/665/CEE,�even- tualmente�letto�in�combinato�con�altre�disposizioni�di�diritto�comunitario,�sulla� base�di�un�potere�giudiziario,�le�sanzioni�pecuniarie�opportune�nei�confronti�del- l'ente�pubblico�aggiudicatore,�o�rispettivamente�multe�e�pene�detentive�nei�con- fronti�dei�membri�dell'organo�di�direzione�dell'ente�pubblico�aggiudicatore,�non- che�pene�variabili,�necessarie�per�l'esecuzione�dell'ingiunzione,�qualora�l'ente� aggiudicatore,�o�rispettivamente�i�membri�dell'organo�direttivo�dell'ente�pub- blico�aggiudicatore,�non�si�adeguino�alle�disposizioni�dell'organo�di�controllo.� LA posizionE assuntA daL GovernO italianO Ilgovernoitalianonone�intervenutonellafasescritta,�siripromettedifarlo� eventualmente�nellafase�orale.� Conriferimentoalleprimeduequestionie�pacificocheladirettivan.�665/89/� CEEhainequivocabilmente�affermatoilprincipiocheleviolazioniallanormativa� sostanziale�devono�essere�rimosse�conprovvedimentiche�eliminanoglieffettinega- tivi�delle�stesse,�della�stazione�appaltante�inprimo�luogo�e�conseguentemente�delle� Autorita�dicontrollo.�In�entrambiicasiiprovvedimentiadottatidevono�raggiungere� l'effettoutiledirimuovereilvizio,�inviaimmediataconadozionediprovvedimenti� provvisori�che�ne�sospendono�gli�effetti,�poi�con�provvedimenti�definitivi�volti�a� rimuovere�l'illegittimita��informa�specifica��(revoca,�annullamento)�ovvero��per� equivalente�cioe�con�la�comminatoria�disanzionipecuniarie�o�dialtra�misura�risar- citoria.�Pertanto,�laddove�la�normativa�nazionale�non�contempli�queste�ipotesi,� ovvero�le�contempli�ma�la�loro�efficacia�sia�smentita�dalcomportamento�dell'ammi- nistrazione�statale,�si�ha�sicuramente�una�violazione�del�diritto�comunitario.�Nella� fattispecie�non�solo�siera�dato�corso�alprovvedimento�dell'autorita�dicontrollo�che� ordinava�di�revocare�l'aggiudicazione,�ma�addirittura�si�giungeva�alla�aggiudica- zionemediante�una�trattativaprivata�diretta�con�l'unico�concorrente�che,�agiudizio� dell'amministrazione,�aveva�irequisitiperessere�ammesso�alla�gara.�Relativamente� alla�seconda�questione,�poi,�sulla�dimostrazione�dei�requisiti,�la�giurisprudenza� comunitaria�e�pacifica�in�merito�allapossibilita�didimostrare�quanto�richiesto�avva- lendosi�anche�della�struttura�di�un�terzo�(sentenza�2�dicembre�1999�in�C-176/98).� Causa C-315/01 (domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Appalti pubblici ^ Fornitura di spaziatrice stradale ^Direttiva�n.�89/665/CEE�^Ordinanza� del�Bundesvergabeamt�(Ufficio�federale�per�gli�appalti,�Austria).� IL fattO Si�tratta�di�una�gara�d'appalto�con�procedura�aperta�relativa�alla�forni- tura�di�un��autoveicolo�speciale:�spaziatrice�stradale�nuova,�pronta�per� entrare�in�funzione�e�omologata�per�l'autostrada�A�9-Phyrn,�luogo�di�desti- nazione�l'Autobahnmeisterei�Kalwang�.�L'ente�appaltante�ha�deciso�di�non� considerare�l'offerta�della�ricorrente�ai�fini�dell'aggiudicazione,�adducendo�la� motivazione�che�tale�offerta�non�soddisfaceva�le�condizioni�di�gara�in�quanto� l'apparecchio�per�la�pulitura�di�marciapiedi�offerto�non�era�utilizzabile�a�tem- perature�inferiori�a�0o�C,�mentre�il�bando�di�gara�richiedeva�che�la�macchina� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� potesse�funzionare�almeno�sino�a��5o�C�.�Inoltre,�malgrado�gli�inviti�del- l'appaltante,�la�ricorrente�non�avrebbe�reso�possibile�il�collaudo�dell'apparec- chio�in�un�raggio�di�300�chilometri�dalla�sede�dell'appaltante,�secondo� quanto�richiesto�dal�bando.�Inoltre,�l'appaltante�nutriva�dubbi�circa�la�con- gruita�del�prezzo�offerto�dalla�ricorrente�e,�infine,�malgrado�gli�inviti�del- l'appaltante,�la�ricorrente�non�avrebbe�spiegato�come�si�effettua�la�pulitura� dei�riflettori�della�macchina�offerta.�La�ricorrente,�alla�quale�era�stata�rego- larmente�comunicata�l'aggiudicazione�a�favore�di�una�ditta�concorrente,�ha� chiesto�che�venisse�dichiarato�che�l'appalto�di�cui�trattasi�non�era�stato�giudi- cato�il�miglior�offerente�e�sostenuto�che�la�sua�offerta�era�stata�illegittima- mente�ignorata�ai�fini�della�aggiudicazione.� IquesitI 1a.�^Se�dall'art.�2,�n.�8,�della�direttiva�n.�89/665/CEE,�riguardante�i� ricorsi�in�materia�di�appalti,�o�da�un'altra�disposizione�di�tale�direttiva�o,� ancora,�da�un'altra�norma�di�diritto�comunitario�si�debba�dedurre�che�alle� autorita�competenti�a�conoscere�dei�ricorsi�di�cui�all'art.�1,�n.�1,�della�diret- tiva,�ivi�comprese�le�autorita�competenti�ad�esercitare�i�poteri�di�cui�all'art.�2,� n.�1,�lettera�c),�della�direttiva,�e�vietato�sollevare,�di�propria�iniziativa�e�indi- pendentemente�dagli�argomenti�svolti�dalle�parti�in�causa,�le�questioni�rile- vanti�ai�sensi�della�normativa�in�materia�di�aggiudicazione�degli�appalti�che,� ad�avviso�dell'autorita�competente�a�conoscere�dei�detti�ricorsi�sono�impor- tanti�ai�fini�della�decisione�della�causa.� 1b.�^Se�l'art.�2,�n.�1,�lettera�c),�della�direttiva�n.�89/665/CEE,�even- tualmente�insieme�ad�altri�principi�di�diritto�comunitario,�osti�all'adozione� �da�parte�delle�autorita�competenti�a�conoscere�dei�ricorsi�di�cui�all'art.�1,� L.�1,�della�direttiva,�ivi�comprese�le�autorita�competenti�ad�esercitare�i� poteri�di�cui�all'art.�2,�n.�1,�lettera�c),�della�direttiva,��di�una�decisione�di� rigetto�della�domanda�con�cui�un�offerente�ha�indirettamente�chiesto�il� risarcimento�del�danno�che�avrebbe�subito�nell'ambito�di�una�procedura�di� aggiudicazione�la�cui�legittimita�e�gia�stata�gravemente�compromessa�da� un�atto�dell'appaltante�diverso�da�quello�impugnato�dal�detto�offerente,� decisione�di�rigetto�fondata�sulla�circostanza�che�il�danno�eventualmente� subito�dall'offerente�si�sarebbe�comunque�prodotto�indipendentemente�dal- l'atto�impugnato.� 2.�^Nell'ipotesi�in�cui�la�questione�1�a) venga�risolta�negativamente,�se� le�disposizioni�della�direttiva�n.�93/36/CEE,�che�coordina�le�procedure�di� aggiudicazione�degli�appalti�pubblici�di�forniture,�in�particolare�gli�arti- coli�15-26�di�tale�direttiva,�ostino�a�che,�nello�svolgimento�delle�procedure� d'appalto,�le�referenze�dei�prodotti�proposti�dagli�offerenti�siano�prese�in�con- siderazione�dalle�autorita�aggiudicatrici�non�ai�fini�dell'accertamento�dell'i- doneita�degli�offerenti,�bens|�come�criterio�di�aggiudicazione,�con�la�conse- guenza�che�la�valutazione�negativa�delle�dette�referenze,�anziche�determinare� l'esclusione�dell'offerente�dalla�procedura�di�aggiudicazione,�comporterebbe� soltanto�l'attribuzione�di�una�valutazione�meno�positiva�ad�un'offerta�che,� nell'ambito,�per�esempio,�di�un�sistema�a�punti,�potrebbe�controbilanciare� una�valutazione�negativa�delle�referenze�grazie�ad�un�prezzo�piu�basso.� IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CEE�75 3.�^Nell'ipotesi�in�cui�le�questioni�1a)�e�2�vengano�risolte�negativa- mente,�se�sia�compatibile�con�le�pertinenti�disposizioni�di�diritto�comunitario,� ivi�incluso�l'art.�26�della�direttiva�n.�93/36/CEE,�con�il�divieto�di�discrimina- zione�delle�obbligazioni�di�diritto�internazionale�della�Comunita�un�criterio� di�aggiudicazione�in�base�al�quale�si�tiene�conto�solo�del�numero�delle�refe- renze�riguardanti�i�prodotti�e�non�si�effettua�un�esame�sostanziale�volto�a�sta- bilire�se�le�esperienze�avute�dagli�appaltanti�con�il�prodotto�siano�state�posi- tive�o�negative,�e�in�base�al�quale�si�prendono�in�considerazione�solo�le�refe- renze�provenienti�dall'unione�europea�e�dalla�zona�alpina.� 4.�^Se�sia�compatibile�con�le�disposizioni�del�diritto�comunitario,�in� particolare�con�il�divieto�di�discriminazione,�un�criterio�di�aggiudicazione�in� base�al�quale�la�possibilita�di�collaudare�il�prodotto�offerto�puo�essere�valu- tata�positivamente�solo�se�il�collaudo�e�effettuabile�in�un�raggio�di�300�chilo- metri�dalla�sede�dell'appaltante.� 5.�^Nell'ipotesi�in�cui�venga�risolta�positivamente�la�questione�due� oppure�venga�risolta�negativamente�la�questione�4,�se�l'art.�2,�n.�1,�lettera� c),�della�direttiva�n.�89/665/CE,�eventualmente�insieme�ad�altri�principi�di� diritto�comunitario,�dev'essere�interpretato�nel�senso�che,�ove�l'illegalita�com- messa�dall'appaltante�consista�nell'adozione�di�un�criterio�di�aggiudicazione� illegittimo,�l'offerente�abbia�diritto�al�risarcimento�solo�qualora�si�possa�con- cretamente�dimostrare�che,�se�il�detto�criterio�non�fosse�stato�adottato,�l'of- ferta�dell'interessato�sarebbe�stata�la�migliore.� NotE Si tratta di sapere se: �lapresunta illegittimita� di una decisione �interme- dia� emessa in fase di selezione possa inficiare o meno l'esito della aggiudica- zionedellagarae, quindi, ilrelativoricorsopossariguardaresolamentequest'ul- tima decisione o debba necessariamente riguardare la decisione �intermedia�, rimanendo inquest'ultima ipotesiprecluso ilricorsopresentato contro ladeci- sionefinale, perche� tardivo rispetto alla suddetta decisione intermedia; �dalla direttivan. 93/36/CE, sesiaadattodeterminareunascansioneprecisatrafase di selezione sulla base delle capacita� soggettive deipartecipanti alla gara, efase di valutazione delle offerte economicamente piu� vantaggiose (in particolare, il giudice austriaco rileva che non si coglie nella disciplina comunitaria un'esplicita esclusionedellapossibilita� che�insededivalutazionedelleof ffertevenganorica- vati dalle referenze, sulla scorta di criteri di aggiudicazione, giudizi che vanno oltre le conclusioni tratte in sede di accertamento della capacita��, aggiungendo che�paredeltuttocompatibileconl'obiettivodiindividuarel'offertapiu� vantag- giosa sotto ilprofilo economico ilrichiamarsialle esperienzedialtriappaltanti pervalutarelaprobabilequalita� dellaprestazionefuturaodelfuturoimpiego delprodotto�); �considerato l'indirizzo che impone all'appaltante diprevedere solo criteri di aggiudicazione che servano ad adottare l'offerta piu� vantaggiosa economicamente (criterio riferito all'oggetto della gara), si debba o meno inse- rire tra i criteriquello relativo alcontenuto delle referenze deisoggettiparteci- panti, non essendo appropriato limitarsi a chiedere un certo numero di dette referenze, a prescindere da detta valutazione contenutistica. La normativa italiana ha mantenuto in modo abbastanza evidente la distin- zione trafase di ammissione (valutazione dei criteri soggettivi) efase di aggiu- dicazione (valutazione delle offerte). RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Cause�C-317�e�C-369/01�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Libera�circ olazione�di�lavoratori�^Accordi�di�associazione�della�Comunita�europea� con�stati�terzi�^Accordo�CEE/Turchia�^Lavoratori�turchi�dipendenti�da� un�datore�di�lavoro�stabilito�in�Turchia�^Ordinanze�del��Bundessozialge- richt��(Germania)�^Emesse�il�20�giugno�e�2�agosto�2001�^Notificate�il� 28�novembre�2001.� Si�tratta�di�questioni�applicative�della�sentenza�n.�1/80�e�41,�n.�1�del�Pro- tocollo�addizionale�all'Accordo�di�associazione�CEE/Turchia�del�23�novem- bre�1970�sul�quale�il�Governo�Italiano�non�ha�svolto�osservazioni.� Causa�C-337/01�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Merci�destinate�alla� riesportazione�dal�territorio�doganale�della�Comunita�^Art.�203,�n.�1� Regolamento�n.�92/2913/CEE�^Ordinanza�del��Bundesfinanzhof�� (Germania)�^Emessa�il�17�luglio�2001�^Notificata�il�20�novembre�2001.� IL fattO Il�rinvio�pregiudiziale�mira�a�chiarire�se�la�sottrazione�dal�deposito� doganale�della�merce�di�uno�Stato�terzo�destinata�alla�riesportazione�faccia� nascere�un'obbligazione�doganale�qundo�le�merci�destinate�alla�riesporta- zione�dal�territorio�doganale�della�Comunita�non�siano�state,�immediata- mente�dopo�la�loro�rimozione�dal�deposito�doganale,�sottoposte�al�regime� di�transito�esterno.� La�nozione�di�sottrazione�alla�sorveglianza�doganale�comprenderebbe� qualsiasi�azione�od�omissione�che�ha�come�risultato�di�impedire,�anche�solo� momentaneamente,�all'autorita�doganale�competente�di�accedere�ad�una� merce�sotto�sorveglianza�doganale�e�di�effettuare�i�controlli�previsti.�Inoltre� la�sottrazione�di�una�merce�alla�sorveglianza�doganale,�ai�sensi�dell'art.�203,� n.�1�del�regolamento�n.�2913/92,�non�richiederebbe�l'esistenza�di�un�elemento� intenzionale,�ma�presupporrebbe�solo�che�siano�soddisfatte�le�condizioni�di� natura�obiettiva�quali,�in�particolare,�l'assenza�fisica�della�merce�nel�luogo� di�giacenza�autorizzata�nel�momento�in�cui�l'autorita�doganale�intende�proce- dere�all'esame�della�merce�custodita.� IL quesitO Se�una�sottrazione�delle�merci�di�uno�Stato�terzo�riesportate�dal�depo- sito�doganale�con�la�conseguente�nascita�di�un'obbligazione�doganale� secondo�l'art.�203,�n.�1,�del�regolamento�n.�2913/92�debba�essere�riconosciuta� solo�quando�le�merci�destinate�alla�riesportazione�dal�territorio�doganale� della�Comunita�non�sono�state�sottoposte�alle�formalita�doganali�del�regime� di�transito�esterno�immediatamente�dopo�la�loro�rimozione�dal�deposito� doganale.� IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CEE�77 Causa C-341/01 (domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Sacchetti di mater iale plastico ^Obbligo di partecipazione al sistema di raccolta e recupero ^Nozione di imballaggio ^Direttiva�del�Parlamento�europeo�e�del�Con- siglio�del�20�dicembre�1994,�n.�94/62/CE�^Art.�30�CE�e�segg.�Trattato� ^Ordinanza�del�Landesgericht�Korneuburg�(Austria).� IL fattO La�questione�oggetto�della�causa�trae�origine�da�una�disputa�insorta�tra� due�societa�interessate�al�circuito�di�produzione�e�distribuzione�di�sacchetti� in�materiale�plastico.� La�societa�attrice�produce�e�vende�prodotti�plastici.�La�societa�conve- nuta�e�venditrice,�tra�l'altro,�dei�prodotti�forniti�dall'attrice,�tra�i�quali�sac- chetti�di�materiale�plastico�e�sacchetti�con�chiusura�annodata.�Parte�dei�sac- chetti�forniti�alla�convenuta�vengono�offerti�in�vendita�in�supermercati�ali- mentari�appesi�ad�un�gancio�vicino�alla�cassa;�su�richiesta�del�cliente� vengono�ceduti�al�medesimo�dietro�corrispettivo;�il�cliente�utilizza�i�sacchetti� acquistati�al�fine�di�porvi�le�merci�acquistate�nel�supermercato�a�fini�di�tra- sporto.�Su�tali�sacchetti�si�fa�riferimento,�in�parte,�al�fatto�che�il�produttore� partecipa�ai�sistemi�di�raccolta�e�recupero�ai�sensi�dell'art.�7,�n.�1,�della�diret- tiva�n.�94/62/CE,�mediante�apposizione�di�un�marchio�caratteristico�(punto� verde).�Un'altra�parte�dei�sacchetti�forniti�alla�convenuta�viene�utilizzata�nei� negozi�di�abbigliamento�ove�vengono�riempiti�da�un�commesso�del�titolare� dell'esercizio�con�le�merci�acquistate�dal�cliente;�il�sacchetto�viene�quindi�con- segnato�al�cliente,�successivamente�al�pagamento�delle�merci,�nel�qual�caso� il�cliente�non�deve�versare�alcun�corrispettivo�separato�per�il�sacchetto�stesso.� I�sacchetti�con�chiusura�annodata�vengono�gratuitamente�messi�a�disposi- zione�dei�clienti�nel�reparto�degli�ortofrutticoli�dei�supermercati�e�sono�desti- nati�ad�essere�utilizzati�dai�clienti�al�fine�di�potere�ivi�riporre�e�pesare�i�pro- dotti�ortofrutticoli�certi�e�determinare,�quindi,�il�relativo�prezzo.�La�societa� attrice,�produttrice�dei�sacchetti�in�materiale�plastico,�sostiene,�in�virtu�della� vendita�di�tale�materiale�alla�convenuta,�di�avere�concluso�una�convenzione� con�la�stessa�in�base�alla�quale�la�convenuta�si�sarebbe�obbligata�a�parteci- pare,�con�riguardo�alle�merci�fornitele,�a�sistema�di�raccolta�e�recupero� gestito�in�situazione�di�monopolio�dalla�societa�aR.A.� IquesitI 1.1.��Se�sacchetti�in�materiale�plastico�costituiscano�imballaggi�ai� sensi�della�direttiva�del�Parlamento�europeo�e�del�Consiglio�20�dicembre� 1994,�n.�94/62/CE,�in�particolare�ai�sensi�dell'art.�3,�n.�1,�della�direttiva� medesima:� a) qualora�vengano�offerti�quale�prodotto�dall'ultimo�venditore�nella� zona�della�cassa�e�vengano�ceduti�al�cliente,�su�richiesta�del�medesimo�e�die- tro�versamento�di�corrispettivo,�quale�strumento�di�trasporto�delle�merci� acquistate,�ovvero;� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� b) qualora�vengano�ceduti�dall'ultimo�venditore�al�cliente�al�mede- simo�fine,�successivamente�al�pagamento�del�prezzo�delle�merci�acquistate,� indipendentemente�da�richiesta�del�cliente�o�da�obbligo�del�medesimo�al� pagamento�di�un�determinato�corrispettivo,�e�vengano�quindi�riempiti�con� le�merci�acquistate.� 1.2.1.��Prima�questione�supplementare�nell'ipotesi�in�cui�una�delle� suesposte�questioni�venga�risolta,�con�riguardo�al�testo�in�lingua�tedesca,�in� senso�affermativo:� se�differente�soluzione�possa�derivare�dal�fatto�che,�con�riguardo� all'art.�3,�n.�1,�della�direttiva�n.�94/62/CE,�non�venga�considerato�rilevante,� ai�fini�della�definizione�del�termine��imballaggio�,�il�testo�tedesco,�in�cui�si� parla�unicamente�di��merci�,�bens|�il�testo�in�lingua�francese�o�italiana,�in� cui�si�fa�riferimento�a�determinate�merci�(�marchandises�donne�es��o,�rispetti- vamente,��determinate�merci�);�se,�in�tale�ipotesi,�i�sacchetti�predisposti�dalla� societa�attrice�non�costituiscano�imballaggi�ai�sensi�della�direttiva,�essendo� riempiti�conmerci�di�qualsivoglia�genere�(e�non�conmerci�precedentemente� determinate)�e,�in�tal�caso,�quale�versione�linguistica�della�direttiva�sia� rilevante.� 1.2.2.��Seconda�questione�supplementare�nell'ipotesi�di�soluzione� negativa�di�una�delle�suesposte�questioni:� se�sia�consentito�al�legislatore�austriaco�o�alla�Commissione�assogget- tare�prodotti,�che�non�debbano�essere�considerati�quali�imballaggi�ai�sensi� della�menzionata�direttiva,�alle�disposizioni�previste�dalla�direttiva�medesima� con�riguardo�agli�imballaggi�ovvero�a�disposizioni�analoghe.� 2.��Se�sia�compatibile�con�il�diritto�comunitario�che�il�gestore�di�un� sistema�di�raccolta�e�recupero�degli�imballaggi�in�Austria�pretenda�un�corri- spettivo�(�tassa�di�concessione�)�anche�con�riguardo�a�sacchetti�non�ricom- presi�nella�sfera�di�applicazione�della�direttiva�n.�94/62/CE,�unicamente�in� quanto�tali�sacchetti�rechino�un�determinato�marchio�(�punto�verde�)�di�cui� tale�gestore�possa�legittimamente�disporre.� 3.1��Per��produttore��ai�sensi�dell'art.�3,�n.�1,�della�direttiva�n.�94/� 62/CE�debba�essere�inteso�solamente�colui�che�assembli�o�faccia�assemblare� la�merce�con�il�prodotto�utilizzato�quale�imballaggio,�ad�esclusione�del�fab- bricante�del�prodotto�utilizzato�quale�imballaggio�e�se,�in�tal�caso,�tale�pro- dotto�possa�essere�considerato�quale�materiale�di�imballaggio.� 3.2.��Questione�supplementare�nell'ipotesi�di�soluzione�affermativa� della�precedente�questione:� se�sia�consentito�al�legislatore�austriaco�o�alla�Commissione�obbligare� alla�partecipazione�ad�un�sistema�di�raccolta�e�recupero,�ai�sensi�dell'art.�7,� n.�1,�della�direttiva�n.�94/62/CE,�anche�le�imprese�fabbricanti�di�soli� materiali�di�imballaggio,�vale�a�dire�di�prodotti�destinati�ad�essere�riempiti�i� commerci.� 4.��Se�sia�in�contrasto�con�il�principio�di�causazione,�enunciato�nei� �considerando��della�direttiva�n.�94/62/CE,��il�fatto�che�una�legge,�quale� IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CEE� il�paragrafo�3,�primo�comma,�primo�periodo,�della�normativa�austriaca�in� materia�di�imballaggi,�preveda�che�i�produttori,�in�particolare�anche�i�produt- tori�di�materiali�di�imballaggio�(cfr.�il�paragrafo�3,�primo�comma,�nel�combi- nato�disposto�con�il�paragrafo�1,�primo�comma,�della�normativa�in�materia� di�imballaggi),�gli�importatori,�gli�imballatori,�ed�i�venditori�siano�obbligati� al�ritiro�gratuito�degli�imballaggi�di�vendite�e�di�trasporto�a�seguito�del�loro� uso,�ove�tale�contrasto�potrebbe�risiedere�nel�fatto�che�la�cerchia�di�soggetti� destinatari�di�tale�obbligo�sia�fissata�in�termini�troppo�restrittivi,�non�ricom- prendendo�anche�il�consumatore;�e/o�se�una�siffatta�normativa�si�ponga�in� contrasto�con�l'art.�1,�e�n.�1,�della�direttiva,�nella�parte�in�cui�tale�disposi- zione�indica,�quale�proprio�obiettivo,�la�prevenzione�dell'insorgenza�di�osta- coli�agli�scambi,�laddove�l'obbligo�del�produttore�al�ritiro�del�materiale�di� imballaggio�o�degli�imballaggi�costituisce�il�maggiore�ostacolo�agli�scambi� immaginabile.� 5.��Se�un�sistema�di�raccolta�e�recupero�del�genere�di�quello�gestito�in� Austria�dallo�Altstoff�Recycling�Austria,�ai�sensi�del�paragrafo�11�della�legge� sugli�imballaggi�violi�il�principio�di�proporzionalita�,�qualora�risulti�spropor- zionato�rispetto�alle�esigenze�di�una�efficace�tutela�dell'ambiente.� 6.��Se�sia�in�contrasto�con�i�principi�enunciati�negli�articoli�30�CE� e�seguenti,�in�particolare�dell'art.�37�CE,�il�fatto�che�in�uno�Stato�membro,� come�avviene�in�Austria�per�effetto�del�paragrafo�11�della�normativa�in� materia�di�imballaggi,�sia�stato�istituito,�in�esecuzione�dell'art.�7�della� direttiva,�un�sistema�di�raccolta�e�recupero�in�posizione�di�monopolio,� qualora�ne�derivi�una�restrizione�sproporzionata�ed�inadeguata�alla�con- correnza�ed�alle�liberta�fondamentali,�tale�intervento�non�si�ponga�nel�giu- sto�rapporto�rispetto�ad�un'efficace�azione�diretta�a�migliorare�il�livello� della�tutela�dell'ambiente�e�il�detto�sistema,�istituito�accanto�a�quello� comunale,�e�ponendo�sullo�stesso�piano�tutto�quanto�rechi�il�marchio� �Gruner�Punkt��(�punto�verde�),�non�risulti�correlato�all'obiettivo�dello� smistamento�di�rifiuti�all'origine,�criterio��fondamentale��ai�sensi�dei� �considerando��della�direttiva,�violando�inoltre�il�diritto�del�consumatore,� garantitogli�dalla�sesta�direttiva�i.v.a,�del�17�maggio�1977,�ad�un'aliquota� dimezzata�ovvero�ridotta�per�il�servizio�di�smaltimento�dei�propri�rifiuti� domestici.� 7.�Se�sia�consentito�che�la�normativa�austriaca�in�materia�di�imballaggi� dia�attuazione�ai�sistemi�di�raccolta�e�recupero�istituiti�dall'art.�7,�n.�1,�della� direttiva�nel�senso�che�un'impresa�in�monopolio�o�imprese�in�oligopolio�che� possano�disporre�di�tutti�i�rifiuti�di�imballaggio�destinati�ad�essere�riciclati� in�materie�prime,�potendo�in�tal�modo�pilotare�e�sovvenzionare,�mediante� aiuti�singoli�ad�imprese,�a�settori�industriali�(ad�esempio,�l'industria�del� cemento)�o�a�comuni�(ad�esempio,�il�comune�di�Vienna)�il�riciclaggio�dei� rifiuti�con�conseguente�distorsione�alla�concorrenza,�ovvero�se�un�sistema�di� tal�genere�si�ponga�in�contrasto�con�il�diritto�comunitario,�in�particolare� con�gli�articoli�30�CE�e�seguenti,�in�particolare�con�l'art.�37�CE.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Causa�C-342/01�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Congedo�maternita�^ Deroga�agli�accordi�collettivi�sulle�ferie�per�coincidenza�con�il�congedo�di� maternita�gia�goduto�^Direttive�n.�76/207,�n.�93/104�e�n.�92/85�^Ordi- nanza�del��Juez�de�lo�social�n.�33�di�Madrid��(Spagna)�^Emessa�il�3�set- tembre�2001�^Notificata�il�6�novembre�2001.� IL fattO La�controversia�riguarda�una�lavoratrice�madre�che,�avendo�usufruito�di� un�periodo�di�congedo�di�maternita�definito�negli�accordi�collettivi�nazionali,� chiede�di�poter�usufruire�delle�ferie�in�un�periodo�successivo�al�congedo�di� maternita�ed�ottiene�un�diniego�dall'impresa�con�la�motivazione�che�il� periodo�di�maternita�,�da�essa�usufruito,�coincide�con�quello�preventivamente� e�collettivamente�convenuto�fra�l'impresa�e�i�rappresentanti�dei�lavoratori� per�il�godimento�delle�ferie�di�tutto�il�personale.� IquesitI 1.��Se,�allorche�alcuni�accordi�collettivi�conclusi�tra�l'impresa�e�i�rap- presentanti�dei�lavoratori�fissano�le�date�di�godimento�delle�ferie�per�la�tota- lita�del�personale�e�queste�date�risultano�coincidenti�con�quelle�di�congedo� per�maternita�di�una�lavoratrice,�l'art.�7,�n.�1,�della�direttiva�n.�93/104,� l'art.�11,�n.�2,�lettera�a),�della�direttiva�n.�92/85�e�l'art.�5,�n.�1�della�direttiva� n.�76/207,�garantiscano�il�diritto�di�tale�lavoratrice�a�godere�delle�sue�ferie� annuali�in�un�periodo�diverso�da�quello�stabilito�e�non�coincidente�con�quello� del�suo�congedo�per�maternita�.� 2.��Se,�in�caso�di�soluzione�affermativa�della�precedente�questione,�il� contenuto�sostanziale�del�diritto�al�godimento�di�ferie�annuali�comprenda� esclusivamente�le�4�settimane�di�congedo�di�cui�all'art.�7�della�direttiva� n.�93/104,�o�si�estenda�ai�30�giorni�stabiliti�dalla�normativa�nazionale,� art.�38,�n.�1�del�Real�decreto�legislativo�n.�1/1995�Statuto�dei�lavoratori.� LA posizionE assuntA daL GovernO italianO Si�riportano�le�osservazioni�scritte�redatte�dall'Avvocatura�dello�Stato�il� 27�dicembre�2001:� �In�relazione�alprimo�quesito,�il�diritto�interno�italiano,�sia�attraverso�l'in- terpretazione�dei�giudici�che�attraverso�il�recepimento�delle�direttive�comunita- rie,�ha�risolto�in�sensofavorevole�alle�lavoratrici�madri�la�questione�dell'aggiun- tivita�delleferieannualiaicongediobbligatoripermaternita�.�Diquil'interesse� dello�Stato�italiano�ad�una�soluzione�della�questione�pregiudiziale�che�tenda�a� rendere�omogenei�i�trattamenti�per�i�lavoratori�e�i�costi�d'impresa�nell'intera� area�dell'unione�Europea.� Nel�caso�di�specie�la�dipendente�verrebbe�privata�di�un�diritto�esplicita- mente�conferito�a�tutti�i�lavoratori�(sentenza�BECTU�del�26�giugno�2001,�causa� C-173/99),�qualeildirittoalleferieannuali,�perilsolofattodiessereincongedo� obbligatoriopermaternita�.Potra�pertantoessereutileilrichiamoallasentenza� Evelyne�Thibault�del�30�giugno�1998,�causa�C-136/95,�nella�quale�si�e�stabilito� IL CONTENZIOSO DELL'UE ^I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CEE 81 che�costituisce�una�discriminazione�direttamente�basata�sul�sesso,�vietata�dalla� direttivan.�76/207/CEE,�lacircostanzacheunadonnavengaprivatadeldiritto� di�ricevere�le�note�di�qualifica�e�la�possibile�promozione,�a�causa�dell'assenza� per�maternita�.�Anche�nella�presente�circostanza�sembra�che�la�ricorrente�possa� essere�considerata��vittima�di�una�discriminazione�che�ha�origine�nella�sua�gra- vidanza�e�nel�suo�congedo�di�maternita��.� Quantoalsecondoquesito,�ilproblemae�stabilireselegiornatediferie,�di� cui�verra�a�godere�la�dipendente,�debbano�essere�direttamente�quelle�previste� come�limite�minimo�dalla�normativa�comunitaria�ovvero�i�trenta�giorni�goduti� da�ciascun�lavoratore�spagnolo.� La�scelta�del�principio�di�non�discriminazione�dei�sessi,�come�regola�di� soluzione�delprimo�quesito,�dovrebbe�condurre�coerentemente�alla�utilizzazione� del�diritto�interno�spagnolo�qualefonte�di�regolamentazione�delleferie.�L'opi- nionecontraria,�chelimitaildiritto�alleferiedapartedellaricorrentealminimo� riconosciuto�dalla�normativa�comunitaria,�presenta,�per�contro,�il�vantaggio�di� evitare�promiscuita�di�fonti�di�disciplina�di�un�diritto�fondato�direttamente�su� fonti�comunitarie�e�non�riconosciuto,�per�varie�ragioni,�dal�diritto�di�uno�Stato� membro.�Nel�caso�di�specie�si�ritiene,�comunque,�preferibile�la�prima�soluzione.� Sulla�base�di�tali�premesse�si�suggerisce�di�rispondere�ai�quesiti�nel�senso� che:� �allorche�alcuni�accordi�collettivi�conclusi�tra�l'impresa�e�i�rappresen- tantideilavoratorifissanoledatedigodimentodelleferieperla�totalita�delper- sonale�e�queste�date�sono�coincidenti�con�quelle�di�congedo�per�maternita�di� una�lavoratrice,�l'art.�7,�n.�1,�della�direttiva�n.�93/104,�l'art.�11,�n.�2,�lettera\�a),� della�direttiva�n.�92/85�e�l'art.�5,�n.�1,�della�direttiva�n.�76/207�garantiscono�il� diritto�di�tale�lavoratrice�a�godere�delle�sue�ferie�annuali�in�un�periodo�diverso� da�quello�stabilito�e�non�coincidente�con�quello�del�suo�congedo�per�maternita��.� �Il�contenuto�sostanziale�del�diritto�al�godimento�delle�ferie,�in�tal�modo� riconosciuto,�si�conforma�a�quello�stabilito�per�gli�altri�lavoratori�da�ciascuna� normativa�nazionale�.� Causa C-349/01 (domanda di pronuncia pregiudiziale) ^Comitato aziendale europeo ^Procedura per l'informazione e la consultazione dei lavoratori nelle imprese e gruppi di imprese di dimensione comunitaria ^Direttiva n. 94/45/CE ^Ordinanza del Arbeitsgericht Bielefeld (Germania). IL fattO La controversia tra le parti verte sugli obblighi di informazione della datrice di lavoro nei confronti del comitato aziendale in relazione all'istitu- zione di un comitato aziendale europeo. La societa� datrice di lavoro appar- tiene ad un gruppo di imprese di dimensione internazionale, la cui direzione e� stabilita in Svizzera. Il comitato aziendale e� composto da nove membri, la societa� datrice di lavoro impiega circa 530 collaboratori. Le quote della societa� datrice di lavoro sono detenute da una societa� olandese. Quest'ultima RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� detiene�anche�quote�di�altre�imprese�appartenenti�al�medesimo�gruppo�che� hanno�sede�in�Svezia,�Norvegia,�Danimarca,�Finlandia,�Gran�Bretagna,� Paesi�Bassi,�Austria,�Francia,�Belgio�e�Ungheria.�Il�comitato�aziendale�chiede� la�comunicazione�di�informazioni�ai�sensi�dell'art.�5,�n.�2�della�legge�tedesca� sul�comitato�aziendale�europeo.� IquesitI 1.��Se�la�direttiva�del�consiglio�n.�94/45/CE,�riguardante�l'istituzione� di�un�comitato�aziendale�europeo�e�di�una�procedura�per�l'informazione�e�la� consultazione�dei�lavoratori�dell'impresa�e�nei�gruppi�di�imprese�di�dimen- sioni�comunitarie,�in�particolare�gli�articoli�4�e�11�della�medesima,�impon- gono�ad�un'impresa�con�sede�nel�Regno�unito�di�Gran�Bretagna,�cui�debba� essere�riconosciuto�il�ruolo�di�direzione�centrale�ai�sensi�dell'art.�4,�n.�2,� secondo�capoverso,�e�n.�3�della�direttiva�stessa,�ovvero�ad�un'impresa�con� sede�nel�Regno�dei�Paesi�Bassi,�che�rappresenta�la�direzione�centrale�dell'im- presa�controllante�ai�sensi�degli�articoli�2,�n.�1,�lettera�e),�e�3,�n.�1,�della� direttiva,�l'obbligo�di�fornire�ad�un'altra�impresa�con�sede�nella�Repubblica� federale�di�Germania,�appartenente�allo�stesso�gruppo�di�imprese,�informa- zioni�in�merito�alle�imprese�e�agli�stabilimenti�appartenenti�al�medesimo� gruppo,�alla�loro�forma�giuridica,�alle�strutture�di�rappresentanza,�al�numero� complessivo�medio�dei�lavoratori,�nonche�alla�loro�ripartizione�tra�gli�Stati� membri�e�le�imprese.� 2.��In�caso�di�soluzione�affermativa�della�prima�questione:�se�l'ob- bligo�di�informazione�comprenda�anche�le�denominazioni�delle�rappresen- tanze�dei�lavoratori�e�loro�rappresentanti,�necessariamente�partecipanti,�per� conto�dei�lavoratori�delle�imprese�o�delle�imprese�da�queste�dipendenti,�alla� costituzione�di�un�comitato�aziendale�europeo.� NotE La questione interpretativa sottoposta all'esame della Corte di giustizia assume rilievo alfine dell'uniforme recepimento della normativa comunitaria e della tutela dei lavoratori di societa� appartenenti a gruppi con societa� con sede neidiversiStatidellaComunita� europea.Ecio�,inquantoilfunzionamentodel mercato interno comporta un processo di concentrazione di imprese, difusioni transfrontaliere, di acquisizioni di controllo e di associazioni e, di conseguenza, una transnazionalizzazione delle imprese o dei gruppi di imprese, con effetto che non possono essere accettate disuguaglianze di trattamento tra i lavoratori sulle cui condizioni incidono le decisioni di una stessa impresa o gruppo di imprese derivanti dalla difformita� delle procedure di informazione e consulta- zione delle normative nazionali. Sussiste, pertanto, la necessita� quantomeno di una speciale attenzione all'esito del giudizio, nel corso del quale non manche- ranno di emergere le soluzioni adottate dai singoli Stati membri in sede di rece- pimento di una direttiva che si collega direttamente alla Carta sociale del 1989 (il cui art. 17 stabilisce, tra l'altro, che �occorre sviluppare l'informazione, la consultazione e la partecipazione dei lavoratori secondo modalita� adeguate, tenendo conto delle prassi vigenti nei diversi Stati membri�, ed in generale pre- vede che �cio� vale in particolare nelle imprese o nei gruppi che hanno stabili- mentioimpresesituateinpiu� Statimembrichiusi�). IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CEE�83 Causa�C-363/01�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Accesso�al�mercato� dei�servizi�di�assistenza�a�terra�negli�aeroporti�della�Comunita�^Art.�16,� n.�3,�della�direttiva�n.�96/67/CE�del�Consiglio�^Ordinanza�del�Oberlan- desgericht�Franfurt�am�Main�(Germania).� IL fattO La�societa�attrice�e�il�gestore�dell'aeroporto�mentre�la�convenuta�e�una� compagnia�di�navigazione�aerea�che�fa�scalo�in�tale�aeroporto,�nel�quale�pre- sta�servizi�di�assistenza�(check-in)�ai�propri�passeggeri�(c.d.�autoassistenza�a� terra)�nonche�ai�passeggeri�di�altre�compagnie�aeree�(prestazione�di�servizi� di�assistenza�terzi).�Le�parti�disputano�intorno�alla�questione�se�l'attrice�sia� legittimata�a�pretendere�dalla�convenuta�un��canone�di�ammissione��per�tali� servizi�in�aggiunta�al�corrispettivo�che�il�detto�operatore�e�tenuto�a�pagare� in�base�contratto�per�l'ottenimento�in�uso�locativo�di�infrastrutture�aeropor- tuali.�L'art.�16�della�direttiva�del�Consiglio�n.�96/87/CE�dispone�che�gli�Stati� membri�adottino�le�misure�necessarie�per�garantire�ai�prestatori�di�servizi� ed�agli�utenti�che�intendono�praticare�l'auto�assistenza,�l'accesso�agli�impianti� aeroportuali,�nella�misura�in�cui�detto�accesso�e�una�condizione�necessaria� per�l'esercizio�delle�loro�attivita�.�Qualora�l'ente�di�gestione�o,�all'occorrenza,� l'autorita�pubblica�o�altro�ente�che�lo�controlla�imponga�condizioni�all'ac- cesso,�queste�devono�essere�pertinenti,�obiettive,�trasparenti�e�non�discrimi- natorie.�Al�numero�3�prevede,�inoltre,�che,�qualora�l'accesso�agli�impianti� aeroportuali�comporti�la�riscossione�di�un�corrispettivo�economico,�questo� sia�determinato�in�base�ai�criteri�pertinenti�obbiettivi,�trasparenti�e�non� discriminatorio.�Al�venticinquesimo�considerando�di�detta�direttiva�si� afferma�quanto�segue:��Considerando�che�sia�i�prestatori�autorizzati�a�for- nire�servizi�di�assistenza�terra�e�agli�utenti�autorizzati�a�praticare�l'auto�assi- stenza�deve�essere�garantito�l'accesso�agli�impianti�aeroportuali,�nella�misura� di�fissarli�all'esercizio�dei�loro�diritti�e�acconsentire�condizioni�di�concorrenza� effettiva�e�reale;�che�tuttavia�tale�accesso�deve�poter�comportare�la�riscos- sione�di�un�corrispettivo�economico�.� IquesitI 1.��Se�la�direttiva�del�consiglio�15�ottobre�1996,�n.�96/67/CE,�relativa� all'accesso�al�mercato�dei�servizi�di�assistenza�a�terra�negli�aeroporti�della� Comunita�,�ed�in�particolare�l'art.�16,�n.�3,�della�medesima,�in�connessione�al� suo�venticinquesimo��considerando�,�debbano�essere�interpretati�nel�senso� che�l'ente�di�gestione�di�un�aeroporto�ai�sensi�dell'art.�3�della�detta�direttiva� e�legittimato�a�pretendere�dall'operatore�che�effettua�l'autoassistenza�a�terra� e/o�dall'operatore�che�fornisce�servizi�di�assistenza�a�terzi�(prestatore�di�ser- vizi),�a�fronte�dell'autorizzazione�all'accesso�agli�impianti�aeroportuali,�un� canone�di�ammissione�particolare�sotto�forma�di�tassa�di�accesso�a�titolo�di� corrispettivo�per�il�conferimento�di�una�opportunita�di�guadagno,�canone� da�pagarsi�in�aggiunta�alla�corrispettivo�(canone�di�locazione)�che�detto�ope- ratore�e�tenuto�a�pagare�in�base�contratto�per�l'ottenimento�in�uso�locativo� di�infrastrutture�aeroportuali�(nella�fattispecie:�sportelli�per�l'assistenza�ai� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� passeggeri);�ovvero�(seconda�alternativa)�se�dalle�norme�della�direttiva�conse- gua�soltanto�che�nella�determinazione�del�canone�per�l'utilizzazione�delle� infrastrutture�debbono�osservarsi�criteri�di�cui�all'art.�16,�n.�3,�e�viene�preso� in�considerazione�l'interesse�al�conseguimento�di�utili�dell'ente�di�gestione� dell'aeroporto.� 2.��In�caso�di�soluzione�affermativa�della�questione�sub 1(prima� alternativa),�se�la�societa�di�gestione�aeroportuale�sia�titolare�di�un�diritto� nel�senso�predetto�nei�confronti�dell'operatore�che�effettua�l'autoassistenza� a�terra�e/o�dell'operatore�che�fornisce�servizi�di�assistenza�a�terzi�(presta- tore�di�servizi�che�si�trovi�nella�posizione�della�convenuta�nel�procedi- mento�a quo)�anche�in�settori�nei�quali�il�libero�accesso�al�mercato�dei�ser- vizi�di�assistenza�a�terra�era�garantito�gia�prima�dell'entrata�in�vigore�della� direttiva�e,�piu�precisamente,�nel�settore�dei�servizi�di�assistenza�a�terra� �lato�citta��.� 3.��In�caso�di�soluzione�affermativa�della�questione�sub 2,�se�la�diret- tiva�debba�essere�interpretata�nel�senso�che�essa�adesso�legittima�l'ente�di� gestione�di�un�aeroporto�ai�sensi�dell'art.�3�a�pretendere�anche�dall'operatore� che�effettua�l'autoassistenza�a�terra�e/o�dal�prestatore�di�servizi�in�posizione� analoga�a�quella�della�convenuta�nel�procedimento�a quo,�il�quale�fino�all'en- trata�in�vigore�della�direttiva�e/o�delle�norme�dirette�alla�sua�trasposizione� nell'ordinamento�nazionale,�abbia�corrisposto�per�l'utilizzo�delle�infrastrut- ture�aeroportuali�(soltanto)�canoni�di�locazione,�anche�un�canone�di�ammis- sione�del�tipo�indicato�sub 1�a�titolo�di�corrispettivo�per�l'�accesso�agli� impianti�aeroportuali�.� 4.��Se�eventualmente�la�richiesta�(anche)�di�un�canone�di�ammissione� ad�un�operatore�che�effettua�l'auto�assistenza�terra�e/o�ad�un�prestatore�di� servizi,�al�quale�sia�stata�finora�garantito�il�libero�accesso�al�mercato�dei�ser- vizi�di�assistenza�a�terra�(eventualmente�nel�solo�settore�dell'auto�assistenza)� senza�ulteriore�canone�di�ammissione,�sia�addirittura�indispensabile�per� impedire�disparita�di�trattamento�rispetto:�a) a�quegli�operatori�che�effet- tuano�l'auto�assistenza�ed�a�quei�prestatori�di�servizi�ai�quali�gia�prima� veniva�richiesto�un�canone�di�ammissione�in�aggiunta�al�canone�per�l'utilizza- zione�delle�infrastrutture;�b) a�quegli�operatori�che�effettuano�l'auto�assi- stenza�ed�a�quei�prestatori�di�servizi�ai�quali�per�la�prima�volta�viene�consen- tito,�sulla�scorta�delle�posizioni�giuridiche�create�dalla�direttiva,�l'accesso�alle� infrastrutture�aeroportuali�e�ai�quali�viene�ora�richiesto,�per�tale�motivo,�un� canone�di�ammissione�in�aggiunta�al�canone�per�l'utilizzazione�degli� impianti.� 5.��Nel�caso�in�cui�l'art.�16,�n.�3,�della�direttiva�del�Consiglio�15�otto- bre�1996,�n.�96/67/CE,�conferisca�all'ente�di�gestione�di�un�aeroporto�il� diritto�di�pretendere�anche�un�canone�di�ammissione�nel�senso�soprade- scritto,�se�un�canone�di�ammissione,�del�quale�venga�preteso�il�pagamento� in�aggiunta�al�canone�per�l'utilizzazione�di�sportelli�per�i�servizi�di�assistenza,� corrisponda�ai�requisiti�di�pertinenza,�obiettivita�,�trasparenza�e�non�discrimi- natorieta�di�cui�all'art.�16,�n.�3,�qualora�venga�determinato�in�base�al�numero� di�passeggeri�(nella�fattispecie�marchi�0,30�per�passeggero�destinatario�dei� servizi�di�assistenza).� IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CEE�85 Causa C-364/01 (domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Beni immobili ^ Acquisizione per successione ^Imposte ^Libera circolazione delle persone e dei capitali ^Ordinanza�del�Gerechtshofte's�Hertogenbosch�(Paesi� Bassi).� IL fattO I�successori�di�un�cittadino�olandese�residente�in�Belgio�ritengono�di� individuare�nel�diritto�tributario�olandese�un�ostacolo�alla�libera� circolazione�nella�Comunita�,�in�quanto�questo�effettua�una�distinzione�in� materia�successoria�in�base�alla�residenza�o�meno�de cuius nei�Paesi�Bassi� autorizzando�la�detrazione�degli�obblighi�di�cessione�solo�se�il�de cuius risieda� nei�Paesi�Bassi�al�momento�del�decesso.�Il�de cuius e�cittadino�olandese� trasferitosi�in�Belgio��senza�perdere�la�cittadinanza��ed�ivi�deceduto.� Lascia�beni�immobili�siti�in�Olanda,�altri,�invece,�li�aveva�alienati�a�societa� commerciali�da�lui�controllate�di�diritto�olandese.�Altri�beni�ancora��in� comproprieta�con�il�fratello��erano�stati�alienati�a�due�societa�di�cui�dete- neva�le�quote�(corrispondenti�al�conferimento�in�natura).�Al�fine�di�evitare�il� pagamento�dell'imposta�di�registro,�questi�manteneva�la�nuda�proprieta� attraverso�l'assunzione�dell'obbligo�di�cedere�i�beni�venduti.�L'obbligo�di�ces- sione�non�era�garantito�da�ipoteca�e�non�produceva�interessi.�Come�corri- spettivo�della�cessione�il�de cuius otteneva�una�controprestazione�pari�al� valore�della�piena�proprieta�non�gravata�(il�valore�economico�del�bene�e� coincidente�in�fatto�con�quello�della�nuda�proprieta�).�Le�societa�si�accolla- vano�i�debiti�del�de cuius garantiti�da�ipoteca.�Relativamente�ai�beni�in�piena� proprieta�relitti,�il�valore�dichiarato�e�stato�determinato�detraendo�i�debiti� ipotecari�assunti�per�il�loro�acquisto.�L'ufficio�delle�imposte�ha�rettificato�la� dichiarazione�aggiungendo�tutti�gli�immobili�ceduti.�La�detrazione�degli� oneri�relativi�agli�immobili�caduti�in�successione�e�ammessa�dal�diritto�olan- dese�solo�se�detti�oneri�sono�detraibili�ai�fini�delle�imposte�dirette.� IquesitI 1.��Se�per�l'accesso�al�diritto�comunitario�si�richieda�ancora�l'esi- stenza�di�una�attivita�economica�transfrontaliera.� 2.��Se�il�diritto�comunitario�osti�a�che�uno�Stato�membro�(lo�stato�di� ubicazione�dei�beni)�prelevi,�in�caso�di�acquisizione�per�successione�di�un� bene�immobile�che�si�trovi�in�tale�Stato,�un'imposta�sul�valore�di�detto�bene� immobile�autorizzando�la�detrazione�del�valore�dell'obbligo�di�cessione�del� bene�immobile�se�il�de cuius,�all'epoca�del�decesso,�risiedeva�in�detto�stato�di� ubicazione�di�vini,�ma�nonna�se�e�risiedeva�allora�in�un�altro�stato�membro� (stato�di�residenza).� 3.��Se�per�la�soluzione�della�seconda�questione�rilevi�il�fatto�che�all'e- poca�in�cui�ha�acquistato�detto�dell'immobile,�il�de cuius non�risiedesse�piu� nello�Stato�di�ubicazione�dei�beni.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� 4.��Se�per�la�soluzione�della�seconda�questione�rilevi�la�ripartizione� del�capitale�del�de�cuius�fra�lo�Stato�di�ubicazione,�il�suo�Stato�di�residenza� ed�eventuali�altri�Stati.� 5.��In�caso�affermativo,�in�quale�Stato�si�debba�considerare�che�il� capitale�investito�nel�caso�di�un�credito�in�conto�corrente�nei�confronti�di� una�societa�privata�di�cui�al�punto�2.4.� Causa C-378/01 ^Commissione c. Repubblica italiana. ^Ricorso per ina- dempimento ^Mancata applicazione dell'art. 4, paragrafi 1, 2 e 3 della direttiva n. 79/409/CEE ^Conservazione di uccelli selvatici ^Designa- zione di nuove zone di protezione speciale. IL fattO La�Commissione�ha�adito�la�Corte�di�giustizia�chiedendo�che�sia�accer- tato�che�la�Repubblica�italiana,�non�avendo�classificato�in�misura�sufficiente� come�zona�di�protezione�speciale�i�territori�idonei�per�numero�e�per�superfi- cie�alla�conservazione�delle�specie�dell'allegato�I�della�direttiva�n.�79/409/� CEE�e�successive�modifiche�e�delle�altre�specie�migratrici�e�che�ritornano� regolarmente�in�Italia,�e�non�avendo�comunicato�alla�Commissione�tutte�le� informazioni�opportune�in�merito�alla�maggior�parte�delle�zone�di�protezione� speciale�da�essa�classificate,�e�venuta�meno�agli�obblighi�che�incombono�in� virtu�dell'art.�4,�paragrafi�1,�2�e�3�della�predetta�direttiva.� LA posizionE assuntA daL GovernO italianO Nel�controricorso�si�e�rilevato�come�nella�direttiva�n.�79/409/CEE�nel� testo�vigente�siprevedel'obbligodegliStatidiadottaremisureperpreservare,� mantenere�e�ristabilireper�tutte�lespecieprotette�una�varieta�edunasuperficie� sufficiente�di�habitat.�L'intervento�e�adeguato,�e�quindi�in�linea�con�l'obbligo� comunitario,�se�proporzionato�alla�popolazione�di�uccelli�protetti.�Con�questa� ulteriore�precisazione:�la�popolazione�di�tutte�le�specie�di�uccelli�protetti�deve� essere�determinata�in�relazione�alle�esigenze�ecologiche,�scientifiche�e�culturali� a�ciascuno�di�esse�proprie,�tenendo�conto�anche�delle�esigenze�economiche�e� ricreative�della�zona�geografica�presa�in�considerazione.�La�determinazione� della�popolazione�delle�specie�protette�da�preservare,�mantenere�e�ripristinare�e� il�risultato�di�una�mediazione�tra�esigenze�di�protezione�ecologica�ed�esigenze� economiche�(protezionedellaproduzioneagricolaedellealtreattivita�economi- che)�e�ricreative�(caccia).�Per�operare�una�tale�mediazione�non�sonoforniti�cri- teri�oggettivi�assoluti.�L'affermazione�che�non�sussiste�discrezionalita�nell'oppor- tunita�di�classificare�come�ZPS�i�territori�che�appaiono�come�ipiu�appropriati� secondo�i�criteri�ornitologici,�che�invece�sussiste�nell'attuazione�di�tali�criteri�ai� fini�della�identificazione�dei�territoripiu�idonei�alla�conservazione�delle�specie� interessate�(sentenza�11�luglio�1996�c.d.�Lappel�bank)�non�e�concludente�alfine� dellafissazione�del�numero�di�ZPS�che�garantiscano�l'adempimento�dell'obbligo� diprotezione,�inquantoattieneadundatostrumentalerispettoall'entita�della� popolazione�degli�uccelli�da�proteggere,�che�comunque�devono�essere�indicati� secondo�una�ragionevole�stimafondata�su�dati�statistici�attendibili.�Nella�specie� IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CEE�87 si�controverte�non�della�idoneita�dei�siti�identificati,�ma�della�sufficienza�dei�siti� medesimi�rispetto�all'esigenza�di�tutela.�Ne�deriva�che�la�contestazione�di�un�ina- dempimento�all'obbligo�deve�indicare�i�criteriscientificipresia�base�della�valu- tazione�di�talefattispecie�complessaperdedurne�che�visiastata�violazione�del- l'obbligodiprotezione.�Tantonone�statofattodallaCommissione,�laqualesie� limitata�a�delle�contestazioni�puramente�formali�in�una�materia�che�non� ammette�l'inversione�dell'onere�della�prova,�senza�alcun�riferimento�alla�entita� delle�specie�protette,�alle�rotte�di�transito�e�dei�luoghi�di�stazionamento,�alle� caratteristiche�produttive�(con�specificazione�delle�specie�di�coltivazioni�in�loco� e�delle�attivita�economiche�ivi�attivate)�delle�aree�assuntivamente�interessate.� La�contestazione�e�stata,�dunque,�puramente�astratta�e,�come�tale,�inidonea�a� fondare�una�contestazione�di�inadempimento.�Il�ricorso�deve,�pertanto,�essere� respinto.� Causa C-380/01 (domanda�di�rinvio�pregiudiziale)�^Discriminazione in base al sesso ^Risarcimento del danno ^Art.�6�della�Direttiva� n.�76/207/CEE�^Ordinanza�del��Verwaltungsgerichtshof��(Austria)�^ Emessa�il�13�settembre�2001�^Notificata�il�20�novembre�2001.� IL fattO La�questione�trae�origine�dal�fatto�che�in�occasione�di�due�concorsi�cui�il� ricorrente�ha�partecipato�negli�anni�1997�e�1998�per�la�copertura�di�un�posto� organico�corrispondente�alle�sue�competenze�gli�sono�state�preferite,�a� motivo�della�pari�idoneita�professionale,�le�concorrenti�piu�giovani,�sia�per� eta�che�per�anzianita�di�servizio,�in�considerazione�della�quota�riservata�per� la�promozione�della�donna.� Il�ricorrente,�in�considerazione�dell'asserito�danno�sofferto�a�seguito� della�decisione�a�lui�sfavorevole,�ha�proposto�una�azione�di�responsabilita� dinanzi�al�Tribunale�di�Vienna�ed�ha,�inoltre,�richiesto�il�risarcimento�dei� danni�subiti.�La�decisione�del�Ministero�Federale�di�Giustizia,�impugnata� dinanzi�al�Verwaltungsgerichtshof,�ha�respinto�la�citata�richiesta�di�risarci- mento�danni�in�quanto�le�circostanze�fatte�valere�dal�ricorrente�non�erano� tali�da�poter�essere�prese�in�considerazione�dalla�decisione�in�esame�ai�fini� della��clausola�di�riserva�.� IL quesitO Se�l'art.�6�della�direttiva�del�Consiglio�n.�76/207/CEE,�relativa�all'attua- zione�del�principio�della�parita�di�trattamento�fra�gli�uomini�e�le�donne�per� quanto�riguarda�l'accesso�al�lavoro,�alla�formazione�e�alla�promozione�pro- fessionali�e�le�condizioni�di�lavoro,�debba�essere�interpretato�nel�senso�che� la�possibilita�,�prescritta�da�tale�articolo,�di�far�valere�i�propri�diritti�per�via� giudiziaria�(nel�caso�in�esame�un'azione�di�risarcimento�danni),�non�e�suffi- cientemente�attuata�per�il�fatto�che�e�previsto�il�solo�ricorso�alla�Verwaltung- sgerichtshof�austriaca,�considerate�le�sue�competenze�limitate�alle�questioni� di�diritto�(solo�quelle�di�una�corte�di�cassazione�senza�riesame�dei�fatti).� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Causa C-383/01 (domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Tassa di immatrico lazione autovetture ^Artt.�28�e�30�Trattato�CE�^Ordinanza�del�Ostre� Landsret�(Danimarca).� IL fattO La�ricorrente,�una�associazione�di�categoria�delle�imprese�ateniesi�ope- ranti�nell'importazione�di�autovetture�nuove�per�la�loro�vendita�tramite� rivenditori,�acquistava�da�altra�societa�una�autovettura�della�marca�Audi�A� ad�uso�del�proprio�direttore.�L'importo�complessivo�per�l'autovettura,�com- presi,�tra�altri,�taluni�costi�di�consegna,�ammontano�a�corone�danesi� 498546,�importo�sul�quale�la�societa�ricorrente�pagava�una�tassa�di�immatri- colazione�di�corone�danesi�297456.�Dal�momento�che�la�tassa�di�immatricola- zione,�a�parere�della�ricorrente,�era�stata�introitata�illegittimamente,�questa� ne�chiedeva�la�restituzione�all'amministrazione�tributaria,�che�rifiutava�di� provvedervi.�Essa�ha�basato�la�sua�domanda�sugli�articoli�28,�29�e�90�del� Trattato�CE�come�pure�sull'art.�11,�n.�2,�lettera�a) e�sull'art.�33�della�sesta� direttiva�sull'IVA;�ha�fatto�inoltre�riferimento�al�combinato�disposto�degli� articoli�10�e�3,�a),�del�Trattato�CE�con�l'art.�81�e�la�direttiva�n.�1000475/95/� CE.�La�societa�,�conformemente�alla�sua�consolidata�pratica,�vendeva�l'auto- vettura�dopo�averla�usata�per�un�anno.�Il�prezzo�di�vendita�era�di�corone� danesi�3650.�Nel�corso�del�giudizio�la�societa�ricorrente�modificava�la�sua� domanda�dei�confronti�del�Ministro�delle�finanze,�di�modo�che�ora�tale� domanda�si�riduce�al�punto�diretto�a�sentir�dichiarare�che�il�Ministro�delle� finanze�e�obbligato�riconoscere�che�la�tassa�di�immatricolazione�introitata� per�la�vendita�dell'autovettura�da�parte�della�ricorrente�era�stata�incassata� illegittimamente�e�che�il�ministro�deve�pagare�alla�ricorrente�corone�danesi� 84094�piu�gli�interessi.� Le�norme�nazionali�danesi�da�considerare�sono�quelle�di�cui�alla�legge� sulla�tassa�di�immatricolazione�sugli�autoveicoli,�che�distingue�fra�tassazione� sulle�autovetture�d'occasione�importate�e�gia�immatricolate�e�tassazione�sulle� autovetture�importate�nuove�di�fabbrica.�Per�le�autovetture�piu�costose,�il� valore�dell'autovettura�e�passato�fino�ad�una�determinata�soglia�al�105%�e� da�centottanta%�per�i�valori�eccedenti.�La�questione�sulla�legittimita�delle� suddette�imposte�nasce�dal�fatto�che�in�Danimarca�non�vi�e�alcuna�produ- zione�di�autovetture,�pertanto,�tributi�cos|�elevati�sulle�autovetture�da�imma- tricolare�potrebbero�pregiudicare�l'acquisto�delle�stesse�a�favore�dell'acquisto� nazionale�di�automobili�d'occasione�gia�immatricolate,�che�sono�considerate� merci�danesi:�sarebbe�pregiudicata,�cos|�,�l'importazione�di�veicoli�nuovi�a� motore�nel�paese,�alle�normali�condizioni�di�commercio.�In�realta�,�un�tale� pregiudizio�potrebbe�verificarsi�solo�nel�caso�in�cui�gli�scambi�relativi�ai�pro- dotti�considerati�siano�destinati�a�scomparire�o�ridursi�pressoche�a�zero.� IquesitI 1.��Se�un�tributo�indiretto�(una�tassa�di�registrazione)�percepito�da� uno�stato�membro�che�ammonta�per�le�nuove�autovetture�al�105%�del�valore� imponibile�sino�a�corone�danesi�52800�e�al�180%�per�il�valore�eccedente,� IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CEE�89 costituisce�una�misura�di�effetto�equivalente�ad�una�restrizione�quantitativa� ed�e�pertanto�vietato�ai�sensi�dell'art.�28�del�Trattato�CE�(v.�a�tal�riguardo�il� paragrafo�13�della�sentenza�della�Corte�di�giustizia�delle�comunita�europee� nella�causa�C-47/88,�Commissione�contro�Danimarca,�Racc.�1990,�I-4509).� 2.��In�caso�di�soluzione�affermativa�della�questione�sub�1,�se�una� tassa�di�immatricolazione�possa�trovare�giustificazione�nelle�ragioni�indicate� nell'art.�30�del�Trattato,�ovvero�essa�rientri�nella�giurisprudenza�della�Corte� relativa�all'art.�28,�come�risulta�dalla�sentenza�nella�causa�C-120/78,�Rewe� Zentral,�Racc.�1979,�I-649).� LA posizionE assuntA daL GovernO italianO Il�Governo�italiano�e�intervenuto�nellafase�scritta.�Si�e�rilevato�che�il�pre giudizio�all'acquisto�di�autovetture�nuove�rispetto�all'acquisto�di�autovetture� d'occasione�gia�immatricolate,�considerate�merci�danesi,�potrebbe�verificarsi� solonelcaso�incuigliscambirelativiall'acquistodiautovetturenuove�(necessa riamente�di�importazione)�siano�destinate�a�scomparire�o�ridursi�pressoche�a� zero.�La�Corte�di�giustizia�ai�punti�12�e�13�della�sentenza�emessa�nella�causa� C-47/88�(CommissionecontroDanimarca),�haspecificatochetasseedanaloghi� tributi�che�hanno�ad�oggetto�la�libera�circolazione�delle�merci�nel�mercato� comune,�devono�essere�valutati�alla�luce�delle�norme�generali�contenute�negli� articoli�28�e�seguenti�del�Trattato.�La�Corte�ha�poi�dichiarato�(sentenza�nella� causa�C-132/88,�Commissione�contro�Repubblica�ellenica),�che�gli�stati�membri� sono�liberi�di�introdurre�per�prodotti�come�le�autovetture�un�regime�fiscale�con� aliquote�progressive�secondo�un�criterio�obiettivo�e�che�la�Corte�non�e�compe tente�a�pronunciarsi�ai�sensi�dell'art.�95�(ora�art.�90)�su�tributi,�anche�elevati,� cheglistatimembrisitrovinonecessita�didover�introdurreperdeterminatipro dotti�per�considerazione�di�politica�sociale.�Percio�emergerebbe�che�il�tributo� indiretto�di�cui�al�caso�concreto,�non�sia�stato�illegittimamente�introitato�dal� Ministero�delle�finanze�danese.�Tale�giurisprudenza�sembra�deporre�senso�che� anche�determinate�misure�di�carattere�fiscale�possono�essere�valutate�alla�luce� delladisposizionedicuiall'art.�28delTrattato.�Sembra,�tuttavia,assorbentel'o biezione�secondo�la�quale�(anche�dopo�una�pronuncia�della�sentenza�nella�causa� C-47/88)�laCortehapresoposizionesulpuntocontroverso,stabilendochela� sfera�di�applicazione�dell'art.�28�del�Trattato�non�possa�estendersifino�a�com prendere�gli�ostacoli�considerati�da�altre�disposizioni�specifiche�(esempio:�di� natura�tributaria)�e�che�gli�ostacoli�di�natura�fiscale�ad�effetto�equivalente�a� dazi�doganali�considerati�dagli�articoli�23-25�e�90�del�Trattato�non�rientrano� nel�divieto�di�cui�l'art.�28�(vedi�sentenza�nelle�cause�riunite�da�C-78/90�a�C 88/90).�Ne�consegue�che�una�disposizione,�quale�quella�evidenziata�dal�giudice� danese,�non�vada�sottoposta�al�vaglio�dell'art.�28�del�Trattato,�ne�ricade�nella� previsione�dell'art.�90�del�Trattato.�Per�costante�giurisprudenza�della�Corte,� disposizionifiscali�nazionali,�da�ritenersi�incompatibili�con�l'art.�90�delTrattato,� sono�quelle�che�siano�congegnate�in�modo�discriminatorio,�oltremodo�tale�da� assoggettare�prodotti�importati�ad�un�onere�piu�gravoso�rispetto�i�prodotti� nazionali�analoghi�(vedi,�in�particolare,�sentenza�17�giugno�1998�in�C-68/96,� punto12;sentenza14gennaio1981in�C-140/79).�Lapienasovranita�degliStati� inmateriafiscale,�infatti,�ostaachegliorganicomunitarispinganoillorovaglio� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� fino�a�travolgere�una�disposizione�interna�che�assoggetti�determinate�categorie� di�beni�a�particolari�trattamenti�fiscali,�a�condizione�che�tale�differenziazione� sia�applicabile�in�base�a�criteri�oggettivi�e�in�modo�non�discriminatorio�rispetto� aibeniprodottineglialtriPaesi.Anullarileva,daquestopuntodivista,�l'osser- vazione�che�tale�particolare�sistema�di�tassazione�possa�determinare�(di�fatto)� una�riduzione�del�numero�complessivo�di�beni�di�un�certo�tipo�importati�dai� Paesi�in�questione.�Il�diritto�comunitario,�infatti,�nello�stato�attuale�della�sua� evoluzionenonimplicachetalivalutazionipossonoprevaleresulprincipio�(ad� oggiprevalente)�dellasovranita�fiscaledegliStati.� Causa�C-385/01�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Procedimento�penale� nei�confronti�di�cittadino�tedesco�gia�condannato�a�pena�pecuniaria�^ Principio�ne bis in idem ^Art.�54�del�Trattato�di�Schengen�^Ordinanza� del��Rechtbank�Van�Eerste�Aanleg�te�Veurne��(Belgio)�^Emessa�il� 4�maggio�2001�^Notificata�il�28�novembre�2001.� IL fattO Con�la�predetta�ordinanza�e�stato�chiesto�alla�Corte�di�Giustizia�delle� Comunita�europee�di�pronunciarsi,�ai�sensi�dell'art.�35,�comma�1�del�Trattato,� in�ordine�all'interpretazione�dell'art.�54�del�trattato�di�Schengen�del�19�set- tembre�1990.� La�causa�riferita�in�oggetto�riguarda�un�quesito�pregiudiziale�sollevato� da�un�giudice�belga�che,�prima�di�pronunciarsi�nell'ambito�di�un�procedi- mento�penale,�intende�chiarire�se�l'applicazione�dell'art.�54�del�Trattato�di� Schengen�(applicazione�del�principio�ne�bis�in�idem)�consenta�al�pubblico� ministero�belga�di�rinviare�a�giudizio�e�di�far�condannare�un�cittadino�tede- sco�nell'ipotesi�in�cui�quest'ultimo�abbia�gia�provveduto�al�pagamento�di� una�somma�offertagli,�per�lo�stesso�reato,�da�un�pubblico�ministero�tedesco.� IL quesitO Se�l'applicazione�dell'art.�54�del�trattato�di�Schengen�consenta�al�pub- blico�ministero�belga�di�rinviare�a�giudizio�dinanzi�al�giudice�penale�belga�e� di�far�condannare�in�tale�sede�un�cittadino�tedesco�nell'ipotesi�in�cui�a�que- st'ultimo�per�gli�stessi�fatti�sia�stata�offerta�una�pena�pecuniaria�ed�egli�abbia� provveduto�al�pagamento�di�tale�somma.� LA posizionE assuntA daL GovernO italianO Il�Governo�Italiano�ha�chiesto�la�discussione�orale�della�causa.� NotE La�questione�e�molto�delicata�in�quanto�concorre�al�ravvicinamento�della� legislazione�penale�degli�Stati�membri.�Si�trascrive,�ad�ogni�utile�fine,�il�testo� dell'art.�54�del�trattato�di�Schengen:� �Una�persona�che�sia�stata�giudicata�con�sentenza�definitiva�in�una�parte� contraentenonpuo�esseresottoposta�adunprocedimentopenaleperimedesimi� fattiinun'altrapartecontraenteacondizioneche,�incasodicondanna,�lapena� sia�stata�eseguita�o�sia�ef ffettivamente�in�corso�di�esecuzione�attualmente�o,� secondo�la�legge�dello�Stato�contraente�di�condanna,�non�possa�piu�essere� eseguita�.� IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CEE�91 Causa�C-387/01�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Libera�circolazione� dei�lavoratori�^Articoli�12,�23,�25,�39�e�90�Trattato�CE�^Direttiva� 77/388/CEE�^Ordinanza�del��Verwaltungsgerichtshof��(Austria)�^ Emessa�il�20�settembre�2001�^Notificata�il�28�novembre�2001.� IL fattO I�due�ricorrenti,�cittadini�tedeschi,�si�trasferiscono�per�lavoro�dalla�Ger- mania�all'Austria.�Con�decisione�del�Finanzamt�Feldkirch,�dopo�l'immatrico- lazione�in�Austria�delle�vetture�di�proprieta�,�viene�applicata�una�tassa�sulla� base�del�consumo�normale�(NOVA).� IquesitI 1.��Se�l'art.�39�CE�(libera�circolazione�dei�lavoratori)�ovvero�l'art.�12� (discriminazione�effettuata�sulla�base�della�nazionalita�)�debbano�essere�inter- pretati�nel�senso�che�sia�in�contrasto�con�le�dette�disposizioni�l'ipotesi�in�cui� per�l'autovettura�che�il�lavoratore�porta�seco�nel�territorio�della�Repubblica� d'Austria�dal�restante�territorio�della�Comunita�in�occasione�del�trasloco� dovuto�al�cambio�del�posto�di�lavoro�sia�prescritto�un�tributo�calcolato�sulla� base�del�consumo�normale�(Normverbrauchsabgabe)�[tassa�di�base�e�tassa� addizionale].� 2.��Se�l'art.�90�CE�(divieto�di�imposizione�per�i�prodotti�dagli�altri� Stati�membri�superiore�a�quella�prevista�per�i�prodotti�nazionali)�ovvero� l'art.�23�(Unione�doganale),�e�l'art.�25�(divieto�di�dazi�doganali�o�di�tasse�di� effetto�equivalente�tra�gli�Stati�membri)�siano�di�ostacolo�all'imposizione�di� un�tributo�calcolato�sulla�base�del�consumo�normale�di�cui�e�menzione�nella� questione�sub 1)�(Normverbrauchsabgabe)�[tassa�di�base�e�tassa�addizionale].� 3.��Se�sia�compatibile�con�la�sesta�direttiva�del�Consiglio�17�maggio� 1977,�n.�77/388/CEE�in�materia�di�armonizzazione�della�legislazione�degli� Stati�membri�relative�alle�imposte�sulla�cifra�di�affari��Sistema�comune�di� imposta�sul�valore�aggiunto:�base�imponibile�uniforme,�nella�versione�risul- tante�dalla�direttiva�del�Consiglio�16�dicembre�1991,�n.�91/680/CEE�che� completa�il�sistema�comune�di�imposta�sul�valore�aggiunto�e�modifica,�in� vista�della�soppressione�delle�frontiere�fiscali,�la�direttiva�77/388/CEE� (Gazzetta�Ufficiale�L�376,�pag.�1),�il�fatto�che�la�tassa�addizionale�prestabilita� sia�prescritta�come�parte�della��Normverbrauchsabgabe��di�cui�e�menzione� nella�questione�sub 1.� Cause�da�C-397/01�a�C-403/01�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale�)�^Orar io�di�lavoro�^Attivita�di�guardia�medica�^Direttiva�93/104/CE�^Diret- tiva�89/391/CEE�^Ordinanza�del��Arbeitsgericht�Lorrach��(Germania)� del�26�settembre�2001�^Notificata�il�21�gennaio�2002.� IL fattO Le�parti�controvertono�sui�diritti�alla�retribuzione�per�il�lavoro�prestato� oltre�le�48�ore�settimanali.�Il�rapporto�di�lavoro�tra�le�parti�si�e�nel�frattempo� concluso.�Il�convenuto�gestisce,�tra�l'altro,�il�servizio�di�soccorso�sul�territorio� in�parti�della�Landkreis�Waldshut.�Esso�si�occupa�del�servizio�di�guardia� medica�24�ore�su�24�in�varie�localita�.�Il�ricorrente�era�occupato�presso�il�con- venuto�come�assistente�soccorritore.�Nel�contratto�di�lavoro�le�parti�hanno� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� convenuto�che�si�applica�la�disciplina�del�contratto�collettivo�sulle�condizioni� di�lavoro�per�gli�impiegati,�i�lavoratori�e�i�formatori�della�Croce�Rossa�tede- sca.�Il�ricorrente�ritiene�che�la�disciplina�del�convenuto�sulla�durata�del� lavoro�sia�inammissibile.� IquesitI 1.��Se�il�rinvio�contenuto�nell'art.�1,�n.�3,�della�direttiva�del�Consiglio� del�23�novembre�1993,�n.�93/104/CE,�concernente�taluni�aspetti�dell'organiz- zazione�dell'orario�di�lavoro,�all'art.�2,�numero�2�della�direttiva�del�Consiglio� del�12�giugno�1989,�89/391/CEE,�concernente�l'attuazione�di�misure�volte�a� promuovere�il�miglioramento�della�sicurezza�della�salute�dei�lavoratori� durante�il�lavoro,�ai�sensi�del�quale�le�direttive�non�si�applicano�quando�par- ticolarita�inerenti�ad�alcune�attivita�specifiche�e�servizi�di�Protezione�civile� vi�si�oppongono�in�modo�imperativo,�debba�essere�inteso�nel�senso�che�l'atti- vita�del�ricorrente,�assistente�soccorritore,�rientra�in�tale�esclusione.� 1b.��Se�la�nozione�di�trasporto�stradale�di�cui�all'art.�1,�n.�3,�della� direttiva�93/104/CE�debba�essere�interpretata�nel�senso�che�dall'ambito�di� applicazione�della�direttiva�sono�escluse�solo�quelle�attivita�di�guida�in�cui,� per�la�natura�dell'attivita�,�vengono�percorse�ampie�distanze�e�di�conseguenza,� a�causa�dell'imprevedibilita�di�eventuali�impedimenti,�gli�orari�di�lavoro�non� possono�essere�predeterminati,�ovvero�se�per�circolazione�stradale�ai�sensi� di�tale�disposizione�debba�intendersi�anche�l'attivita�del�servizio�di�autoam- bulanza,�che�consiste�nella�guida�di�veicoli�di�soccorso�e�nell'accompagna- mento�dei�pazienti�durante�il�tragitto.� 2.��Se�l'art.�18,�numero�1,�lettera�D,�sub�I)�della�direttiva�93/104/CE,� tenuto�conto�della�sentenza�della�Corte�di�Giustizia�del�3�ottobre�2000,�causa� C-303/1998,�SIMAP,�punti�73�e�74,�debba�essere�interpretato�nel�senso�che� il�consenso�individuale�del�lavoratore�deve�espressamente�indicare�il�prolun- gamento�dell'orario�di�lavoro�oltre�le�48�ore�settimanali,�ovvero�il�consenso� puo�anche�consistere�nel�fatto�che�al�lavoratore�conviene�nel�contratto�con� il�datore�di�lavoro�che�le�condizioni�di�lavoro�siano�disciplinate�dal�contratto� collettivo�che,�dal�canto�suo,�consente�un�prolungamento�dell'orario�di�lavoro� settimanale�ad�una�media�di�oltre�48�ore.� 3.��Se�l'art.�6�della�direttiva�93/104/CE�del�Consiglio�del�23�novem- bre�1993,�concernente�taluni�aspetti�dell'organizzazione�dell'orario�di�lavoro,� abbia�contenuto�sufficientemente�preciso�e�incondizionato�cosicche�i�singoli� possano�far�valere�tale�norma�dinanzi�ai�giudici�nazionali�qualora�lo�Stato� non�abbia�correttamente�trasposto�una�direttiva�nell'ordinamento�nazionale.� Causa C-405/01 (domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Professioni marit- time ^Riserva a favore di cittadini nazionali ^Libera circolazione di lavo- ratori ^Art.�39�del�Trattato�CE�^Ordinanza�del��Tribunal�Supremo�� (Spagna)�^Emessa�il�4�ottobre�2001�^Notificata�il�5�dicembre�2001.� IL fattO La�questione�nasce�dalla�previsione�della�normativa�spagnola�di�riser- vare,�oltre�alla�carica�di�capitano�e�di�primo�ufficiale,�il�50%�dell'equipaggio� di�navi�battenti�bandiera�spagnola�a�cittadini�spagnoli.� IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CEE�93 IquesitI �Se�l'art.�39�(ex�art.�48)�del�Trattato�CE�e�gli�articoli�1�e�4�del�Regola- mento�(CEE)�del�Consiglio�del�15�ottobre�1968,�n.�1612,�relativo�alla�libera� circolazione�dei�lavoratori�all'interno�della�Comunita�,�concedano�ad�uno� Stato�membro�la�facolta�di�riservare�i�posti�di�capitano�e�di�comandante�in� seconda�delle�sue�navi�mercantili�ai�propri�cittadini.�In�caso�di�soluzione� affermativa,�se�tale�riserva�sia�illimitata�(valga�cioe�per�tutti�i�tipi�di�navi� mercantili�o�se�sia�valida�solo�per�quei�casi�in�cui�sia�ragionevolmente�preve- dibile�che�i�capitani�e�i�comandanti�in�seconda�debbano�effettivamente�eserci- tare,�a�bordo,�determinate�funzioni�pubbliche���nel�caso�in�cui�le�norme� interne�di�uno�Stato�membro�escludano�dalla�riserva�dei�summenzionati� posti�a�favore�dei�propri�cittadini�determinati�tipi�di�navigazione�commer- ciale�(con�riferimento�a�fattori�quali�la�stazza�lorda�della�nave,�il�carico�o�il� numero�di�passeggeri�e�le�caratteristiche�della�traversata)�e�consentano�in� presenza�di�tali�fattori�l'accesso�a�cittadini�di�altri�Stati�membri�dell'Unione� europea�ai�corrispondenti�posti,�se�occorra�sottoporre�tale�accesso�alla�condi- zione�di�reciprocita�.� LA posizionE assuntA daL GovernO italianO Si�riportano�le�osservazioni�scritte�redatte�dall'Avvocatura�dello�Stato�il� 7febbraio�2002:� �Quanto�al�primo�quesito�si�osserva�che,�in�base�alla�deroga�prevista�dal- l'art.�39�del�Trattato�CE,�la�libera�circolazione�dei�lavoratoripuo�essere�limitata� quando�vi�siano�ragioni�di��ordine�pubblico,�pubblica�sicurezza�e�sanita� pubblica�.� Non�sembra,�quindi,�che�la�normativa�comunitaria�osti�a�che�gli�Stati�mem- bririservino�le�qualifiche�di�capitano�e�comandante�in�seconda�apropri�cittadini,� in�quanto�comportano�l'esercizio�dipoteripubblici�e�adesse�ineriscono�responsa- bilita�legate�alla�salvaguardia�degli�interessi�generali�dello�Stato.�In�tal�senso�si� e�espressa�anche�codesta�Corte�nella�causa�C-37/1993�ove�e�stato�considerato� contrario�al�diritto�comunitario��mantenere�norme�in�virtu�delle�quali�taluni� impieghi�della�gente�di�mare,�diversi�da�quelli�di�capitano�e�comandante�in� seconda,�siano�riservati�a�cittadini�belgi�.� Poiche�la�riserva�dei�posti�di�capitano�e�comandante�in�seconda�a�propri� cittadini�si�dovrebbe�considerare�assoluta,�non�sembra�possibile�una�diversifica- zione�della�disciplina�in�base�a�variabili�quali�la�stazza,�il�tipo�di�viaggio,�il� carico�trasportato�o�altro.�Sembra,�in�altre�parole,�che�la�riserva�sia�appunto� da�considerare�illimitata,�anche�considerando,�con�riferimento�all'ultima�parte� delprimoquesito,�ladifficolta�diverificareaprioriseicapitanieicomandanti� inseconda�debbano�effettivamente�esercitarepubblicipoteri.� Quanto�alla�seconda�questione,�formulata�dal�giudice�spagnolo�solo�per�il� caso�in�cui�la�Corte�risolva�la�prima�in�senso�contrario,�si�osserva�che�sembra� emergere�in�modo�chiaro�dalla�giurisprudenza�di�questa�Corte�che�la�libera�cir- colazione�dei�lavoratori�non�possa�essere�subordinata�all'esistenza�di�accordi�o� pratiche�di�reciprocita�tra�gli�Stati�membri.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Sulla�base�di�tali�premesse�si�suggerisce�di�rispondere�ai�quesiti�nel�senso� che:� �l'art.�39�(ex�art.�48)�del�Trattato�CE�e�gli�articoli�1�e�4�del�Regola- mento�(CEE)�del�Consiglio�del�15�ottobre�1968,�n.�1612�non�ostano�a�che�gli� Stati�membri�riservino�le�qualifiche�di�capitano�e�di�comandante�in�seconda�a� propri�cittadini.�Tale�riserva�deve�ritenersi�illimitata�;� �nel�caso�in�cui�le�norme�interne�di�uno�Stato�membro�escludano�dalla� riserva�deisummenzionatiposti�afavore�deipropri�cittadini�determinati�tipidi� navigazione�commerciale�(con�riferimento�afattori�quali�la�stazza�lorda�della� nave,�il�carico�o�il�numero�di�passeggeri�e�le�caratteristiche�della�traversata)�e� consentano�inpresenza�di�talifattori�l'accesso�di�cittadinidialtri�Statimembri� dell'Unioneeuropeaaicorrispondentiposti,�taleaccessononpuo�esseresubordi- nato�alla�condizione�di�reciprocita�.� Causa C-410/01 (domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Gara ^Esclusione ^ Composizione amichevole ^Interesse ricorso ^Risarcimento danni ^ Direttiva�89/665/CE�^Ordinanza�del�Bundesvergabeamt�^Sezione�IV� ^(Austria).� IL fattO La�controversia�riguarda�una�gara�pubblica�relativamente�al��con- trollo�in�loco�dei�lavori�di�costruzione�e�di�equipaggiamento�di�materiale� elettrico,�domestico�e�meccanico�dei�posti�di�pedaggio�principale�e�secon- dario�e�l'installazione�del�sistema�di�trasmissione�di�dati�nell'ambito�del� progetto��LKW�MAUT�Osterreich�.�Unitamente�ad�altri�offerenti,�il� ricorrente�ha�presentato�una�sua�offerta�come�consorzio�offerente.�All'e- sito�della�valutazione�delle�offerte�l'amministrazione�aggiudicatrice�ha� comunicato�alla�ricorrente�quanto�segue:��In�seguito�alla�valutazione� delle�offerte,�la�sua�offerta�e�stata�classificata�al�secondo�posto,�con�un� totale�di�79,92�punti.�La�migliore�posizione�e�stata�quella�del�consorzio� B.�con�un�totale�di�85,98�punti.�Di�conseguenza,�...�intendiamo�aggiudu- care�l'appalto�al�consorzio�B�.�La�ricorrente�ha�ricorso�chiedendo�che� fosse�dichiarato�che�l'appalto�non�era�stato�aggiudicato�al�miglior�offe- rente,�in�quanto�i�criteri�di�aggiudicazione�che�l'amministrazione�aggiudi- catrice�aveva�definito�nei�documenti�della�gara�erano�incompatibili�con� il�principio�di�determinazione�obiettiva�del�miglior�offerente�ai�sensi�del- l'art.�53�della�BVergG.�L'amministrazione�aggiudicatrice�oppone�alla� ricorrente�di�non�avere�provveduto�ad�avviare�il�procedimento�di�conci- liazione�al�fine�di�chiarire�le�eventuali�discordanze�di�valutazione�delle� offerte,�e�quindi�manca�di�legittimazione�attiva�ad�avviare�un�procedi- mento�di�ricorso�che,�in�base�alla�legge,�spetta�unicamente�a�chi�ha�inte- resse�ad�ottenere�l'aggiudicazione�dell'appalto,�dimostrato�attraverso�il� ricorso�alla�procedura�arbitrale.� IL CONTENZIOSO DELL'UE ^I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CEE 95 IquesitI 1. �Se l'art. 1, n. 3, della direttiva del Consiglio 21 dicembre 1989, 89/665/CE, che coordina le disposizioni legislative regolamentari e ammini- strative relative all'applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, vada interpre- tato nel senso che qualunque imprenditore che abbia presentato un'offerta in un procedimento di aggiudicazione o abbia chiesto di partecipare allo stesso sia legittimato a presentare un ricorso. In caso di soluzione negativa di tale questione: 2. ^Se la disposizione della direttiva sopramenzionata debba essere interpretata nel senso che un imprenditore detiene o deteneva un interesse ad un determinato appalto pubblico solo se, oltre a partecipare al procedi- mento di aggiudicazione, adotta o ha adottato tutte le misure a sua disposi- zione in base alla normativa nazionale per evitare l'aggiudicazione dell'ap- palto all'offerta di un altro concorrente e cercare in tal modo di ottenere che l'appalto sia aggiudicato alla sua offerta. LA posizionE assuntA daL GovernO italianO Non�si�sono�svolte�osservazioni�scritte,�in�quanto�non�appare�di�interesse� taledagiustificareunintervento.�Peritemiinquestionesiproponeilfinedi� assicurare,�inmateriadiappaltipubblici,garanziegiurisdizionalirapideedeffi- caci,�in�assenza�delle�quali�le�imprese�comunitarie�possono�essere�scoraggiate� dal�concorrere�in�Paesi�stranieri.�Essa�prescrive�che�gli�Stati�membri�garanti- scono�l'accesso,�secondo�modalita�che�gli�stessi�possono�determinare,�e�rimette� agli�organi�giurisdizionali�chiunque,�avendo�interesse�alla�aggiudicazione,�sia� stato�leso,�o�rischi�di�essere�leso,�a�causa�di�una�violazione�del�diritto�comunita- rio�(art.�1,n.�3).�Cio�posto,�laquestioneconcerneilsignificatodaattribuirealla� suddettadisposizione,�ossia,seessadebbaessereinterpretatanelsensochel'of- ferente�soddisfa�il�requisito�di�avere,�o�di�avere�avuto,�un�interesse�ad�ottenere� un�determinato�appalto�pubblico�per�il�semplice�fatto�di�aver�proposto�ricorso� con�tutti�i�mezzi�tutela�giuridica�che�gli�conferisce�la�legge�federale�austriaca� sugli�appalti�pubblici�quale�l'aggiudicazione�dell'appalto�ad�un�altro�concor- rente.�Tale�legge,�infatti,�contempla�una�procedura�stragiudiziale�di�composi- zione�amichevole�delle�controversie�sino�all'aggiudicazione�dell'appalto.�In�altri� termini,�si�tratta�di�stabilire�se�un�concorrente�leso�che�non�esperisce,�sino�alla� aggiudicazione�della�gara,�la�suddetta�procedura�sia�cio�nonostante�legittimato� aricorreredinanzialgiudice.�Ladirettiva�ricorsi�nell'interpretazione�consoli- data�della�corte�di�giustizia�e�tesa�ad�assicurare,�nel�modo�piu�ampio�possibile,� la�tutela�giuridica�dei�concorrenti�nelle�procedure�di�gara.�La�giurisprudenza� della�Corte�di�giustizia,�invero,�sembra�ormai�attestata�sulla�posizione�secondo� cui�il�mancato�esperimento�della�procedura�pregiudiziale�imposta�dalla�legge� federale�austriaca�sugli�appalti�non�pregiudica�l'interesse�ad�agire�del�ricorrente� avverso�gli�atti�in�ipotesi�lesivi.�Tale�opinione�sembra�supportata�anche�dal� tenore�letterale�della�direttiva�che�nei��considerando��pone�come�presupposto� l'obbligopertuttigliStatimembridiintrodurreprocedureadeguate,�direttesia� all'annullamento�delle�eventuali�decisioni�illegittime,�sia�a�consentire�il�risarci- mento�dei�soggetti�danneggiati�dall'asserita�illegittimita�della�aggiudicazione.� Cio�posto,�considerato�chelalegislazioneitaliananonprevedeformediconcilia- RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO zione stragiudizialefino all'aggiudicazione della gara e, peraltro, anche relativa- mente alla fase successiva di esecuzione di lavori, esistono esclusivamente ritratti volontari (essendo, a quelli obbligatori, caduti sotto la declaratoria di legittimita� costituzionale), si e� ritenuto che la questione al vaglio della Corte di giustizia non presenti aspetti di particolare interesse per il nostro ordinamento. Cause C-413/01 (domanda di pronuncia pregiudiziale) ^Borse di studio Nozione di lavoratore migrante ^Art. 39 Trattato ^Ordinanza del �Ver- waltungsgerichtshof> ^Emessa il 13 settembre 2001 ^Notificata il 1O dicembre 2001. IL fattO La ricorrente nel caso in esame e� una cittadina italiana sposata con un austriaco, residente in Austria dal 1993 ed in possesso di una �carta d'identita� con fotografia per stranieri (SEE)> che la autorizzava a soggiornare in Austria fino al marzo 1999. La stessa ha prestato un lavoro a tempo determinato (sta- gionale) nel periodo dal luglio/settembre 1995. Nell'ottobre 1995, la ricorrente ha conseguito il diploma di ragioniere e perito commerciale in Italia ottenendo il presupposto generale per l'ammissione agli studi presso un'universita� austriaca. Nel periodo compreso tra ottobre 1995 e marzo 1996, quest'ultima cercava un impiego adeguato alla sua formazione ed esperienza professionale, senza avvalersi dei servizi dell'amministrazione del collocamento, ma i suoi ten- tativi rimanevano senza esito. Nel marzo 1996 cominciava lo studio della roma- nistica all'Universita� di Klagenfurt, richiedendo una borsa di studio, in base alla legge Austriaca del 1992 sul sussidio scolastico. Il Ministro per la scienza, i trasporti e l'arte allora competente respinse la richiesta della ricorrente contro l'istanza inferiore che aveva negato il suo diritto a percepire un sussidio universitario, sostenendo la mancanza dei pre- supposti in capo alla stessa per la corresponsione di un tale sussidio e cioe� , da un lato, l'esistenza nello Stato nel quale si iniziano gli studi di un'attivita� professionale di lunga durata, e, dall'altro lato, che lo studio si presenti come atto di perfezionamento nel medesimo ramo professionale. La ricorrente adiva quindi al Verwaltungsgerichtshof (Austria) che ha che ha posto alla Corte di Giustizia il quesito. IquesitI 1. �Se un lavoro fin dall'inizio a tempo determinato e a breve termine di un cittadino dell'Unione europea in uno Stato membro, di cui non ha la cittadinanza, attribuisca la qualita� di lavoratore in base all'art. 39 del Trat- tato CE; 2. �Se, nel valutare la qualita� di lavoratore nel senso suddetto, sia perti- nente il fatto che la persona in questione abbia iniziato questo lavoro solo qual- che anno dopo l'entrata in territorio straniero e abbia acquisito, poco tempo dopo la conclusione del proprio rapporto di impiego a tempo determinato e a breve termine, l'abilitazione all'accesso agli studi universitari nello Stato mem- bro ospitante dopo aver concluso gli studi nella propria terra natale. IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CEE� Causa�C-416/01�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Produzione�dello� zucchero�da�barbabietola�^Fusione�d'impresa�^Autorizzazione�amminis trativa�alla�fusione�a�titolo�oneroso�^Rassegnazione�a�titolo�oneroso� delle�quote�di�produzione�di�barbabietole�da�zucchero�^Legittimita� dell'atto�di�autorizzazione�^Regolamenti�(CEE)�numeri�1785/1981� e�193/1982�^Ordinanza�del��Tribunal�Supremo��(Spagna)�^Emessa�il� 3�ottobre�2001�^Notificata�il�10�dicembre�2001.� IL fattO La�questione�oggetto�della�causa�trae�origine�da�un'operazione�di� fusione�di�imprese�di�produzione�e�distribuzione�dello�zucchero�da�barbabie- tola�avvenuta�tra�le�due�maggiori�imprese�spagnole�del�settore�(Azucareras� Reunidas�de�Jean,�S.A.�e�Azucarera�Ebro�Agricolas,�S.A.)�con�l'autorizza- zione�alla�fusione�da�parte�del�Consiglio�dei�Ministri�e�la�rassegnazione�delle� quote�di�produzione�a�titolo�oneroso�mediante�asta�pubblica.� Il�Tribunale�di�difesa�della�concorrenza�spagnolo�ha�ritenuto�che�tale� fusione�abbia�certamente�attribuito�alle�imprese�interessate�una�posizione� dominante,�ma�l'ha�considerata�importante�per�il�miglioramento�della�com- petitivita�internazionale�dell'industria�zuccheriera�spagnola.�Di�qui�lo�stesso� ha�ritenuto�non�opportuno�opporsi�alla�predetta�fusione�ed�ha�richiesto�di� subordinarla�a�determinate�condizioni�che�poi�sono�state�imposte�nell'auto- rizzazione�del�Consiglio�dei�Ministri�spagnolo.� IquesitI 1.��Se�le�norme�del�regolamento�(CEE)�del�Consiglio�30�giugno� 1981,�n.�1785,�e/o�del�regolamento�(CEE)�del�Consiglio�26�gennaio�1982,� n.�193,�ostino�a�che�le�dette�autorita�dispongano�che�tale�trasferimento�o� riassegnazione�di�quote�avvenga�a�titolo�oneroso�e,�pertanto,�comporti� l'obbligo�per�l'impresa�o�per�le�imprese�destinatarie,�di�fornire�una�con- troprestazione�economica.� 2.��Nel�caso�in�cui�la�questione�venga�risolta�negativamente,�se,� tuttavia,�le�dette�norme�ostino�a�che�il�prezzo�della�quota�da�trasferire�e� la�ripartizione�di�quest'ultima�siano�determinanti�mediante�asta�pubblica;� se�le�citate�norme�ostino�al�metodo�dell'asta�pubblica�anche�quando�e� previsto�che�nell'ambito�dell'operazione�di�riassegnazione�delle�quote� mediante�asta�si�adotteranno�i�provvedimenti�opportuni�per�evitare�qual- siasi�eventuale�ripercussione�negativa�sugli�agricoltori�produttori�nazio- nali�di�barbabietola�da�zucchero.� 3.��Se�l'interpretazione�della�normativa�comunitaria�sia�la�stessa�e�se� le�soluzioni�debbano�anch'esse�rimanere�le�stesse�a�seguito�dell'entrata�in� vigore�del�regolamento�del�Consiglio�19�giugno�2001,�n.�1260,�che,�sosti- tuendo�i�regolamenti�anteriori,�istituisce�l'organizzazione�comune�dei�mercati� nel�settore�dello�zucchero.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Causa�C-418/01�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Concorrenza�^ Impresa�in�posizione�dominante�^Sfruttamento�abusivo�^Mercato�farmac eutico�^Contratto�di�licenza�per�uso�banca�dati�^Diritto�d'autore�^ Art.�82�Tr.�CE�^Ordinanza�del��Landgericht�Frankfurt�Am�Main�� (Germania)�^Emessa�il�12�luglio�2001�^Notificata�il�10�dicembre�2001.� IL fattO La�questione�trae�origine�dalla�raccolta,�preparazione�e�interpretazione� di�dati�del�mercato�farmaceutico�della�Germania,�che�risulta�suddiviso�in� segmenti,�in�riferimento�ai�quali�sono�pubblicati�rapporti�regionali.�La�banca� dati�cos|�creata�risulta�essere�il�risultato�di�un�lavoro�di�collaborazione�tra� piu�soggetti.� Si�pone,�quindi,�un�problema�di�sfruttamento�del�diritto�d'autore�e,�piu� in�particolare,�di�uso�legittimo�della�tutela�del�diritto�d'autore�in�relazione� al�divieto�di�restrizione�della�concorrenza�da�parte�di�una�impresa�in�posi- zione�dominante,�come�previsto�dall'art.�82�del�Trattato.� IquesitI 1.��Se�l'art.�82�del�Trattato�CE�debba�essere�interpretato�nel�senso� che�costituisce�un�comportamento�abusivo�di�un'impresa�in�posizione�domi- nante�il�diniego�della�conclusione�di�un�contratto�di�licenza�relativo�all'uso� di�una�banca�dati�tutelata�dal�diritto�d'autore�con�un'impresa�la�quale�inten- derebbe�avere�accesso�allo�stesso�mercato�geografico�e�sostanziale�se�gli�ope- ratori�presenti�sull'altro�lato�del�mercato,�vale�a�dire�i�potenziali�acquirenti,� respingono�ogni�prodotto�il�quale�non�si�avvale�della�banca�dati�tutelata�dal� diritto�d'autore,�poiche�essi�si�sono�organizzati�per�utilizzare�i�prodotti�sulla� base�della�banca�dati�tutelata�dal�diritto�d'autore.� 2.��Se�per�la�questione�di�un�comportamento�abusivo�dell'impresa�in� posizione�dominante�rilevi�in�quale�misura�i�collaboratori�degli�operatori� presenti�sull'altro�lato�del�mercato�abbiano�partecipato�allo�sviluppo�della� banca�dati�tutelata�dal�diritto�d'autore.� 3.��Se�per�la�questione�di�un�compotamento�abusivo�dell'impresa�in� posizione�dominante�rilevi�quale�dispendio�per�l'adattamento�(in�particolare,� in�termini�di�costi)�vi�sia�per�gli�acquirenti�che�fino�a�quel�momento�hanno� acquistato�il�prodotto�dell'impresa�in�posizione�dominante,�qualora�in�futuro� acquistino�il�prodotto�di�un'impresa�concorrente�la�quale�non�si�avvalga�della� banca�dati�tutelata�dal�diritto�d'autore.� Causa�C-421/01�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Appalti�di�lavoro�^ Presentazione�offerte�in�variante�^Ammissibilita�^Principio�dell'equival enza�^Criterio�di�aggiudicazione�^Parametri�di�riferimento�palesati�nel� bando�^Necessita�^Artt.�19�e�30�direttiva�93/37/CEE�^Ordinanza�del� �Bundesvergabeamt��(Austria)�^Emessa�il�25�settembre�2001�^Notifi- cata�l'8�gennaio�2002.� IL fattO La�pregiudiziale�e�stata�posta�nell'ambito�di�una�procedura�volta�ad� accertare�la�correttezza�dell'agire�della�stazione�appaltante�che,�dopo�aver� inserito�nel�bando�di�gara�una�clausola�nella�quale�veniva�fissata�la�possibi- IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CEE�99 lita�di�presentare�offerta�in�variante�rispetto�a�quella�posta�in�gara,�rifiutava� la�proposta�alternativa�presentata�da�una�partecipante�alla�gara�perche�tecni- camente�non�rispondente�agli�interessi�ed�obiettivi�della�stazione�appaltante.� Avverso�questa�decisione�il�concorrente�ricorreva�alle�competenti�autorita�,� lamentando�l'illegittimita�della�decisione�assunta�e�contestando�puntualmente� l'istruttoria�tecnica�posta�in�essere�dalla�stazione�appaltante�in�corso�di�gara.� IquesitI 1.�^Se�rappresenti�una��variante��ai�sensi�dell'art.�19,�n.�1,�della�diret- tiva�93/37/CEE�la�proposta�alternativa,�da�parte�di�un�offerente,�di�impie- gare�per�la�costruzione�del�manto�stradale�uno�strato�di�asfalto�invece�del� calcestruzzo�previsto�nel�bando�di�gara.� 2.�^Se�possa�essere�considerata�alla�stregua�del��requisito�minimo�� prescritto�e�menzionato�dall'amministrazione�aggiudicatrice�ai�sensi�del- l'art.�19,�numeri�1�e�2�della�direttiva�93/37/CEE�il�criterio,�previsto�dal�diritto� nazionale�per�l'ammissibilita�dell'accettazione�di�una��variante��ai�sensi�del- l'art.�19,�n.�1,�della�direttiva�93/37/CEE,�secondo�cui�la�proposta�alternativa� �deve�garantire�l'esecuzione�di�una�prestazione�equivalente�dal�punto�di�vista� qualitativo�,�laddove�il�bando�di�gara�faccia�rinvio�solo�alla�normativa� nazionale�e�non�definisca�in�particolare�sulla�base�di�quali�concreti�parametri� di�paragone�debba�essere�esaminata�l'�equivalenza�.� 3.�^Se�l'art.�30,�numeri�1�e�2,�della�direttiva�93/37/CEE,�letto�alla�luce� dei�principi�della�trasparenza�e�della�parita�di�trattamento,�vieti�all'ammini- strazione�aggiudicatrice�di�subordinare�l'accettazione�di�una�proposta�alter- nativa�che�differisce�da�un'offerta�conforme�al�bando�di�gara�a�causa�di�una� diversa�qualita�tecnica�alla�valutazione�positiva�sulla�base�di�un�criterio�pre- visto�dal�diritto�nazionale,�secondo�cui�la�proposta�alternativa��deve�garan- tire�l'esecuzione�di�una�prestazione�equivalente�dal�punto�di�vista�qualita- tivo�,�laddove�il�bando�di�gara�faccia�rinvio�al�riguardo�solo�alla�normativa� nazionale�e�non�definisca�in�particolare�sulla�base�di�quali�concreti�parametri� di�paragone�debba�essere�esaminata�l'�equivalenza�.� 4a.�^In�caso�di�soluzione�affermativa�sulla�questione�sub�3:�se�un'am- ministrazione�aggiudicatrice�possa�portare�a�termine�con�l'assegnazione�del- l'appalto�un�procedimento�di�aggiudicazione�come�quello�descritto�sub�3.� 4b.�^In�caso�di�soluzione�affermativa�delle�questioni�sub 3e�sub 4a:�se� un'amministrazione�aggiudicatrice�che�svolge�un�procedimento�di�aggiudica- zione�come�descritto�sub 3�debba�comunque�respingere,�senza�un�esame�del� contenuto,�le�varianti�proposte�dagli�offerenti,�laddove�essa�non�ha�stabilito� i�criteri�di�assegnazione�per�la�valutazione�delle�differenze�tecniche�della� variante�rispetto�al�bando�di�gara.� 5.�^In�caso�di�soluzione�affermativa�delle�questioni�sub 3,�sub 4a e� sub 4b: se�un'amministrazione�aggiudicatrice�che�svolge�un�procedimento�di� aggiudicazione�come�descritto�sub 3�debba�accertare�una�variante�di�cui�non� puo�giudicare�le�differenze�tecniche�rispetto�al�bando�di�gara�a�causa�della�man- canza�di�relative�prescrizioni�nel�bando�di�gara,�laddove�tale�variante�sia�l'of- ferta�piu�conveniente�e�non�siano�stati�previsti�altri�criteri�di�assegnazione.� RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Causa C-422/01 (domanda di pronuncia pregiudiziale) ^Assicurazioni ^Cont ratti di previdenza integrativa ^Premi assicurativi ^Detraibilita� dei premi ^Regime fiscale applicabile ^Articoli 49 e 12 del Trattato CEE ^ Ordinanza del �Regeringsratten� (Svezia) ^Emessa il 23 ottobre 2001 ^ Notificata dell'8 gennaio 2002. IL fattO La controversia evidenzia una discriminazione cui il sistema fiscale sve- dese sottopone i contratti di previdenza integrativi conclusi con le imprese di assicurazione stabilite in altri Paesi membri rispetto agli stessi contratti conclusi con imprese di assicurazioni svedesi. IquesitI �Se le norme comunitarie in materia di libera circolazione delle persone, dei servizi e dei capitali, in particolare l'art. 49 CE, nel combinato disposto con l'art. 12, debbano essere interpretate nel senso che ostino all'applicazione di una normativa tributaria nazionale per effetto della quale un contratto assicurativo, concluso presso un assicuratore stabilito in Inghilterra, in Ger- mania o in Danimarca e rispondente a tutti i requisiti di un contratto di pre- videnza integrativa svedese �salvo il fatto di non essere stato sottoscritto presso un assicuratore stabilito in Svezia �debba essere fiscalmente consi- derato quale contratto di assicurazione di capitalizzazione con effetti meno favorevoli sotto il profilo delle imposte sui redditi eventualmente, a seconda delle circostanze della specie, rispetto a quelli che deriverebbero da un con- tratto di previdenza integrativa�. LA posizionE assuntA daL GovernO italianO Si�riportano�le�osservazioni�scritte�redatte�dall'Avvocatura�dello�Stato� il�27febbraio�2002:� �Preliminarmente�occorre�rilevare�che�se,�da�un�lato,�la�materia�delle� imposte�dirette�non�rientra�nella�competenza�della�Comunita�,�dall'altro�lato� gli�Stati�membri�devono�esercitare�le�competenze�ad�essi�conservate�nel� rispetto�del�diritto�comunitario�(v.�tra�le�altre�sentenze�14febbraio�1995,� C-279/1993,�Schumacker,�punto�21;�28�aprile�1998,�C-118/1996,�Safir,� punto�21).� Dato�per�scontato�che�le�assicurazioni�costituiscono�dei�servizi,�l'art.�49�del� Trattato�CEostaall'applicazionediunanormativanazionaleche,�senzagiustifi- cazioni�oggettive,�renda�impossibile�o�comunque�piu�difficile�per�un�prestatore� di�servizi�di�avvalersi�delle�liberta�assicurate�dal�diritto�comunitario�(sentenza� Safir�citata,�punto�22).� La�giurisprudenza�di�questa�Corte�e�orientata�nel�ritenere�compatibili�con�il� diritto�comunitario�differenze�di�trattamentofiscale�quando�queste�siano�suppor- tate�da�differenti�situazioni�obiettive;�in�ogni�altro�caso�esse�verrebbero�a�costi- tuire�un�mezzo�di�discriminazione�arbitraria�(per�tutte�sentenza�6�giugno�2000,� C-35/1998,�Vakooijen,�punti�43�e�44).� IL CONTENZIOSO DELL'UE ^I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CEE Ancora,�sembrano�consentite�diversita�di�trattamento�quando�queste�siano� giustificate�da�ragioni�di�coerenza�del�sistema�tributario�nazionale�(sentenze:� 28�gennaio�1992,�C-204/1990,�Bachmann,�punto�21;�13�aprile�2000,� C-251/1998,�Baars,�punto�40�e�Vakooijen,�citata,�punti�56�e�57).� La�normativa�svedese�non�pare�rientrare�nelle�possibili�deroghe�sopra� citate.� In�particolare�non�si�comprende�il�meccanismo�per�cui�l'assicuratore� puo�portare�in�detrazione�i�premi�versati�in�conseguenza�dell'impegno� assunto�nei�confronti�deipropri�lavoratorisolo�almomento�della�correspon- sione�effettiva�della�pensione�(vedi�ordinanza�del��Regeringsratten��pagina� 4,�punto�1.3).�In�sostanza�cio�che�dovrebbe�rientrare�nella�disciplina�delle� assicurazioni�di�vecchiaia��con�conseguente�detrazione�immediata�dei� premi�versati�per�ilsolofatto�che�coinvolga�un�soggetto�non�appartenente� allo�stato�di�origine�viene�ad�essere�ricondotto�alla�disciplina�delle�assicura- zioni�di�capitalizzazioni.�In�sostanza�viene�usato�lo�strumento�della�capita- lizzazioneperdisciplinareunfenomenoproprio�dellapensionedivecchiaia,� anche�quando��come�nel�caso�di�specie��l'assicuratore�estero�si�impegni� formalmente�a�comunicare�alfisco�svedese�le�somme�erogate�afavore�dei� beneficiari�dell'assicurazione.� Tale�meccanismo�finisce�per�discriminare�le�imprese�di�assicurazioni�di� altri�Stati�membri�che,�essendo�meno��appetibili��sul�mercato�svedese,�vedono� difatto�limitataunapropria�liberta�riconosciutadalTrattato�CE.Per�conser- vare�ilfattore�competitivo�legato�alla�detraibilita�deipremi,�l'impresa�straniera� dovrebbe,�difatto,�rinunciareallaraccoltadiaffariinliberaprestazionedeiser- vizi�e�insediare�uno�stabilimento�nello�Stato�ospite.� La�discriminazione�non�e�limitata�solo�alle�imprese�di�altri�stati�CE,�ma� finisce�per�coinvolgere�anche�gli�stessi�cittadini�svedesi�che�non�possono�libera- mente�scegliere�la�compagnia�di�assicurazione,�sia�essa�nazionale�o�meno,�che� meglio�soddisfi�le�proprie�aspettative.� Inoltre�tale�normativa�costituisce�anche�un�ostacolo�alla�raccolta�di�capitali� �e�quindi�una�violazione�della�libera�circolazione�dei�capitali��da�parte�di� imprese�di�altri�Stati�membri.� La�questione�in�esame�solleva�anche�problemi�di�tutela�della�libera�concor- renzanelmercato�interno;�e�evidente,�infatti,�ilvantaggioapportatoalleimprese� di�assicurazioni�stabilite�in�Svezia�dalla�normativa�di�cui�si�tratta.� Sulla�base�di�tali�premesse�si�suggerisce�di�rispondere�al�quesito�nel�senso� che:� �le�norme�comunitarie�in�materia�di�libera�circolazione�di�persone,�dei� serviziedeicapitaliostano�adunanormativa�tributarianazionalechequalifichi� un�contratto�assicurativo,�rispondete�a�tutti�i�requisiti�di�un�contratti�di�previ- denza�integrativa�svedese,�come�contratto�di�assicurazione�di�capitalizzazione� per�il�solofatto�che�l'impresa�assicuratrice�non�sia�stabilita�in�Svezia�.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Causa C-423/01 (domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Contributi alla macellazione ^Definizione di stabilimento di provenienza delle carni ^ Ordinanza�del�Verwaltungsgericht�Neustadt�an�der�Weinstrasse.� IL fattO Viene�chiesto�alla�corte�di�pronunciarsi�sulla�corretta�interpretazione� della�direttiva�85/73/CEE,�nella�formulazione�della�direttiva�96/46/CE,�in� relazione�ai�contributi�ed�alle�spese�riscuotibili�dal�Land�per�effettuare�ispe- zioni�e�controlli�previsti�dalla�normativa�in�materia�di�igiene.� IquesitI 1.��Se�la�disposizione�del�punto�2,�secondo�comma,�dell'allegato�A,� capitolo�I,�della�direttiva�85/1973/CEE�nella�formulazione�della�direttiva� 96/43/CEE,�vada�interpretata�nel�senso�che�debba�considerarsi�come��stabi- limento�da�cui�provengono�le�carni��anche�uno�stabilimento�che�si�trova� nello�stesso�edificio�del�laboratorio�di�sezionamento,�ma�il�cui�titolare�e�una� persona�fisica�o�giuridica�diversa�dal�titolare�del�laboratorio�di�sezionamento.� 2.��Quali�criteri�siano�determinanti�per�la�decisione�del�creditore�di� imposta�relativa�alla�determinazione�quantitativa�della�riduzione�dei�contri- buti�fino�al�55%�previsto�al�punto�2,�secondo�comma,�dell'allegato�A,�capi- tolo�I,�della�menzionata�direttiva.�Se�a�tale�riguardo�si�possa�tener�conto�del� tempo�limitato�che�utilizza�il�personale,�che�effettui�controlli�o�ispezioni,� anche�quando�i�relativi�contributi�vengono�calcolati�aggiungendo�un�importo� forfettario�ai�sensi�del�punto�2,�primo�comma),�dell'allegato�A,�capitolo�I,� della�direttiva�sopramenzionata.� In�caso�di�soluzione�affermativa�della�questione�n.�1),�se�si�possa�tuttavia� tener�conto,�ai�fini�della�riduzione�del�contributo,�del�fatto�che�gli�stabili- menti�che�si�trovano�in�uno�stesso�edificio�appartengono�a�titolari�giuridica- mente�diversi,�e�se�questo�possa�comportare�in�sostanza�che�in�tali�casi�venga� concessa�una�riduzione�inferiore�rispetto�ai�casi�in�cui�il�macello�e�il�laborato- rio�di�sezionamento�non�solo�si�trovano�nello�stesso�edificio,�ma�per�di�piu� sono�gestiti�dalla�stessa�persona�fisica�o�giuridica.� Causa C-424/01 (domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Appalti ^Direttiva 89/665/CEE ^Articolo�2,�n.�4�^Provvedimenti�provvisori�^Ordinanza� del�Bundesvergabeamt�^Sezione�IX�^(Austria).� IL fattO La�controversia�ha�ad�oggetto�una�gara�per�la�fornitura,�il�montaggio,�il� completamento�di�vari�componenti�per�reti�elettroniche,�la�gestione�software delle�reti,�compreso�l'addestramento,�quale�appalto�di�fornitura�per�un�valore� stimato�nel�contratto�di�euro�un�milione.�Nel�bando�di�gara�non�veniva� espressamente�dichiarato�che�dovevano�essere�offerti�solo�prodotti�nuovi�di� fabbrica.�La�richiedente�presentava�un'offerta�con�la�quale�proponeva�la�for- nitura�dei�prodotti�indicati�nel�bando�di�gara,�fornendo�pero�non�prodotti� nuovi�di�fabbrica,�bens|�prodotti�generalmente�superati.�L'autorita�aggiudica- trice�comunicava�alla�ricorrente�che�la�sua�offerta�sarebbe�stata�esclusa,� senza�che�fosse�esaminata�nel�merito,�poiche�non�corrispondeva�ai�requisiti� del�bando�di�gara.�A�motivazione�l'autorita�aggiudicatrice�deduceva�che,� IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CEE�103 attenendosi�alla�giurisprudenza�dei�Tribunali�civili�austriaci,�si�doveva�rite- nere�che�nel�dubbio,�qualora�non�diversamente�previsto,�potevano�essere� offerti�solo�prodotti�nuovi.�La�richiedente�chiedeva�la�rimozione�di�tale�deci- sione�dell'autorita�aggiudicatrice,�nonche�l'emissione�di�un�provvedimento� urgente,�che�facesse�divieto�all'autorita�aggiudicatrice�di�assegnare�l'appalto� fino�a�che�non�fosse�stata�pronunciata�la�decisione�sulla�domanda�di�rimo- zione�della�decisione�della�detta�autorita�.�A�motivazione�la�richiedente�addu- ceva�che�nel�bando�di�gara�non�era�dato�di�riscontrare�alcun�elemento�che� facesse�intendere�che�i�materiali�forniti�dovessero�essere�nuovi�di�fabbrica.� Veniva�solo�richiesto�che�l'apparecchiatura�rispondesse�a�tutte�le�disposizioni� in�materia�di�sicurezza�in�vigore.� IquesitI 1.��Se�l'organo�responsabile�per�le�procedure�di�ricorso�ai�sensi�del- l'art.�8,�n.�2,�della�direttiva�del�consiglio�21�dicembre�1989�n.�89/665/CEE,� che�coordina�le�disposizioni�legislative,�regolamentari�e�amministrative�rela- tive�all'applicazione�delle�procedure�di�ricorso�in�materia�di�aggiudicazione� degli�appalti�pubblici�di�forniture�e�di�lavori,�nella�versione�di�cui�la�direttiva� 18�giugno�1992�n.�92/50/CEE,�abbia�l'obbligo�di�prenderli�in�considerazione,� nell'ambito�della�ponderazione�degli�interessi�da�effettuare�prima�di�decidere� sul�provvedimento�provvisorio�richiesto�nell'ambito�dell'art.�2,�n.�4,�della� direttiva�n.�89/665/CEE,�le�possibilita�di�favorevole�accoglimento�di�una� domanda�di�rimozione�di�una�decisione�illegittima�di�una�autorita�aggiudica- trice�ai�sensi�dell'art.�2,�n.�1,�lettera�b),�della�detta�direttiva.� 2.��In�caso�di�soluzione�negativa�della�questione�sub 1:�se�l'organo� responsabile�delle�procedure�di�ricorso�ai�sensi�dell'art.�2,�n.�8,�della�direttiva� del�Consiglio�21�dicembre�1989,�che�coordina�le�disposizioni�legislative,�regola- mentari�e�amministrative�relative�all'applicazione�delle�procedure�di�ricorso�in� materia�di�aggiudicazione�di�appalti�pubblici�di�forniture�e�di�lavori,�nella�ver- sionedicuialladirettiva18�giugno1992n.�92/50/CEE,abbiailpoteredipren- dere�in�considerazione,�nell'ambito�della�ponderazione�degli�interessi�da�effet- tuare�prima�di�decidere�su�un�provvedimento�provvisorio�richiesto�nell'ambito� dell'art.�2,�n.�4,�della�direttiva�n.�89/665/CEE,�la�possibilita�di�favorevole�acco- glimento�della�domanda�di�rimozione�di�una�decisione�illegittima�di�un�autorita� aggiudicatrice�ai�sensi�dell'art.�2,�n.�1,�lettera�b),�della�detta�direttiva.� Causa�C-431/01�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Imposte�delle�pers one�fisiche�^Perdita�di�reddito�professionale�^Detraibilita�^Articoli�39� e/o�43�Trattato�CE�^Ordinanza�della��Cour�D'Appel�De�Mons�� (Belgio)�^Emessa�il�2�novembre�2001�^Notificata�il�5�dicembre�2001.� IL fattO La�controversia�riguarda�un�consulente�in�informatica�che,�negli�anni� 1988�e�1989,�svolgeva�varie�attivita�subordinate�in�Germania�ed�una�attivita� indipendente�in�Belgio;�nel�1988,�a�seguito�di�una�perdita�subita�nell'ambito� della�sua�attivita�professionale�in�Belgio,�l'interessato�si�e�visto�rifiutare�dallo� Stato�belga�la�sua�richiesta�di�imputare�tale�perdita�all'utile�generato�dalla� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� stessa�attivita�autonoma�nel�1989�con�la�motivazione�che�la�perdita�contro- versa�possa�essere�solo�oggetto�di�imputazione��peraltro�effettuata�dall'in- teressato,�per�l'esercizio�1989��sui�redditi�generati�in�Germania.� IquesitI Se�gli�articoli�39�e/o�43�del�Trattato�che�istituisce�la�Comunita�europea� ostino�alla�normativa�di�uno�Stato�membro�ai�sensi�della�quale,�per�gli�avvisi� di�accertamento�dell'imposta�delle�persone�fisiche,�la�perdita�di�reddito�pro- fessionale�subita�in�tale�Stato�membro�da�una�persona�fisica�residente�in� detto�Stato�nell'arco�di�un�periodo�d'imposta�precedente�puo�essere�detratta� dall'utile�di�tale�persona�fisica�relativo�a�un�esercizio�successivo�solo�in� quanto�la�suddetta�perdita�di�reddito�professionale�non�possa�essere�impu- tata�alle�retribuzioni,�inerenti�a�tale�periodo�d'imposta�precedente,�derivanti� da�un'attivita�lavorativa�subordinata�svolta�dalla�persona�fisica�in�un�altro� Stato�membro,�con�la�conseguenza�che�la�perdita�di�reddito�professionale� cos|�imputata�non�puo�essere�detratta,�ne�in�detto�Stato�membro,�ne�nell'al- tro�Stato�membro,�dal�reddito�imponibile�di�tale�persona�fisica�per�l'avviso� di�accertamento�dell'imposta�sulle�persone�fisiche,�laddove,�se�la�persona� fisica�avesse�esercitato�la�sua�attivita�lavorativa�subordinata�nel�medesimo� Stato�membro�in�cui�si�svolge�l'attivita�autonoma,�le�suddette�perdite�di�red- dito�professionale�potrebbero�senz'altro�detrarsi�dal�reddito�imponibile�di� tale�persona�fisica.� Causa C-438/01 ^Disposizioni fiscali ^Armonizzazione delle legislazioni ^ Imposte sulla cifra d'affari ^Sistema comune d'imposta sul valore aggiunto ^Art. 9, n. 2, lettera e), secondo trattino, della sesta direttiva IVA ^Prestazioni pubblicitarie ^Inclusione delle prestazioni fornite tram ite un terzo ^Ordinanza�della�Cour�De�Cassation�du�Grand-Duche� de�Luxembourg�^Emessa�l'8�novembre�2001�^Notificata�l'8�gennaio� 2001.� IL fattO La�controversia�da�cui�trae�origine�l'ordinanza�di�remissione�del�giudice� a quo vede�coinvolte�due�societa�per�azioni:�la�societa�committente�(con�sede� in�Lussemburgo,�ricorrente�presso�la��Cour�de�Cassation��di�quel�Paese),� per�conto�del�locale�Ministero�dell'economia,�di�prestazioni�varie�connesse� all'allestimento�di�una�esposizione�commerciale�in�Belgio�(montaggio�di�due� stand,�pulizia�degli�stessi�durante�l'esposizione,�fornitura�di�manodopera�per� il�trasporto�di�materiali),�e�la�societa�(con�sede�in�Belgio),�commissionaria� delle�predette�prestazioni.�Quest'ultima�ha�emesso�la�relativa�fattura�con� applicazione�dell'IVA�belga,�nella�considerazione�che�le�prestazioni�di�cui�si� tratta�non�possono�essere�considerate�di�carattere��pubblicitario��secondo� l'accezione,�assunta�dalla�norma�comunitaria�(nel�qual�caso�avrebbero� dovuto�essere�assoggettate�ad�imposta�in�Lussemburgo,�quale�Stato�di�resi- denza�del��destinatario��della�prestazione�pubblicitaria),�in�quanto�effettuate� non�nei�diretti�confronti�dell'utente�(cioe�il�Ministero�dell'economia�del�Lus- semburgo),�bens|�di�un�intermediario�(ovvero�societa�committente).�Va�osser- IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CEE�105 vato,�preliminarmente,�che�ciascuno�Stato�membro�ha�interesse,�in�genere,�a� localizzare�nel�proprio�territorio�il��luogo��di�effettuazione�delle�opere�poste� in�essere�tra�soggetti�appartenenti�a�Stati�membri�diversi,�dato�che�in�tal�caso� sussisterebbe�il�diritto�a�percepire�il�relativo�tributo�(da�cio�,�il�sorgere�di�con- troversie�tra�Stati�membri).� IL quesitO Se�l'art.�9,�n.�2,�lettera�e),�della�sesta�direttiva�(CEE)�del�Consiglio� 17�maggio�1977,�n.�77/388,�in�materia�di�armonizzazione�delle�legislazioni� degli�Stati�membri�relative�alle�imposte�sulla�cifra�di�affari��Sistema� comune�di�imposta�sul�valore�aggiunto:�base�imponibile�uniforme,�per� quanto�riguarda�le��prestazioni�pubblicitarie�,�si�applichi�a�prestazioni�for- nite�indirettamente�all'inserzionista�e�fatturate�ad�un�terzo�che�a�sua�volta�le� fatturera�all'inserzionista,�nel�caso�in�cui�quest'ultimo�non�produca�la�merce� il�cui�prezzo�comprendera�il�costo�della�prestazione.� Causa C-439/01 ^Trasporti su strada ^Condizioni di viaggio ^Art.�8,� commi�1�e�2,�del�regolamento�CEE�n.�3820/1985�^Ordinanza�del� �Unabhangiger�Verwaltungssenat��(Austria)�^Emessa�il�6�novembre� 2001�^Notificata�l'8�gennaio�2002.� IL fattO I�due�ricorrenti�conducevano,�quali�autisti�dell'equipaggio�dagli�stessi� composto,�un�autotreno�con�targa�ceca�sino�al�posto�di�frontiera�di�Drasen- hofen.�In�seguito�alla�verifica�dei�fogli�di�registrazione�che�i�suddetti�erano� tenuti�a�presentare�per�il�periodo�dal�22�al�24�ottobre�2000,�la�polizia�sospet- tava�che�i�ricorrenti�non�avessero�rispettato�i�periodi�di�pausa�giornalieri�in� conformita�all'art.�8�del�regolamento�n.�3820/1985�e�imponeva�a�ciascun�con- ducente�di�versare�una�cauzione�provvisoria�pari�a�ATS�1.000.� Da�un'analisidei�foglidiregistrazione�risultavache�entrambiiricor- renti��con�una�pausa�ininterrotta�di�8�ore�e�5�minuti�nell'arco�di�un� periodo�di�30�ore��si�erano�conformati�ai�presupposti�dell'art.�8,�n.�2,�del� regolamento�n.�3820/1985,�ma�non�tuttavia�a�quelli�dell'art.�8,�n.�1,�del�sud- detto�regolamento.� La�Bezirkshauptmannschaft�di�Mistelbach�dichiarava�che�la�cauzione� versata�doveva�considerarsi�acquisita.�Gli�interessati�impugnavano�i�suddetti� provvedimenti,�affermando�di�aver�effettuato�le�pause�prescritte.� IquesitI 1.��Se�gli�autisti�che�rientrano�nell'ambito�di�applicazione�del�regola- mento�(CEE)�del�Consiglio�20�dicembre�1985,�n.�3820,�relativo�all'armonizza- zione�di�alcune�disposizioni�in�materia�sociale�nel�settore�dei�trasporti�su� strada,�nell'ipotesi�di�un�equipaggio�composto�da�due�autisti,�debbano�soddi- sfare�cumulativamente�i�numeri�1�e�2�dell'art.�8�o�se�l'art.�8,�n.�2,�del�regola- mento�n.�3820/1985�sia�da�anteporsi,�in�quanto�lex specialis,aln.�1.� 2.��Se�quando�l'equipaggio�e�composto�da�due�autisti�che�rientrano� nell'ambito�di�applicazione�del�regolamento�(CEE)�del�Consiglio�20�dicembre� 1985,�n.�3820,�relativo�all'armonizzazione�di�alcune�disposizioni�in�materia� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� sociale�nel�settore�dei�trasporti�su�strada,�l'art.�8,�n.�1,�del�regolamento� n.�3820/1985,�o�eventualmente�i�numeri�1�e�2�dell'art.�8�del�suddetto�regola- mento�non�debbano�trovare�applicazione�per�incompatibilita�con�le�disposi- zioni�di�diritto�comunitario�di�rango�superiore.� Causa�C-442/01�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Societa�di�persone�^ Cessione�di�quote�sociali�^Esenzione�o�soggezione�ad�imposta�^Deducibil ita�delle�spese�legali�derivanti�dalla�costituzione�della�societa�^Opera- zioni�accessorie�^Direttiva�77/388/CE�^Ordinanza�del��Bundesfinanz- hofes��^Emessa�il�27�settembre�2001�^Notificata�il�31�gennaio�2001.� IL fattO L'ordinanza�in�oggetto�nasce�dalla�costituzione�da�parte�di�un�gruppo�di� soci�di�una�societa�di�persone�per�lo�svolgimento�di�una�serie�di�iniziative� immobiliari.�In�seguito,�la�societa�ha�dedotto�dal�proprio�imponibile�le�spese� legali�dalla�stessa�sostenute�in�relazione�alla�successiva�stesura�di�atti�di�ces- sione�di�quote�della�societa�in�favore�di�nuovi�soci.� Ai�sensi�dell'art.�17,�II�comma�e�art.�19,�II�comma,�della�Direttiva�77/� 388,�e�soggetta�a�deduzione�l'imposta�sul�valore�aggiunto�relativa�ad�opera- zioni�accessorie�(nel�caso�di�specie�le�prestazioni�legali)�nella�misura�in�cui� l'operazione�principale�(nel�caso�di�specie�la�cessione�di�quote)�sia�soggetta� ad�imposta�e�non�ne�sia�esente.�Pertanto,�ai�fini�della�pronuncia�interpreta- tiva�in�merito�alla�deducibilita�o�meno�delle�spese�legali�sopra�citate�dall'im- ponibile�della�societa�,e�necessario�accertare,�in�via�preliminare,�se�le�cessioni� di�quote�di�societa�personali�siano�considerate��ai�sensi�della�Direttiva� 77/388��soggette�ad�IVA�oppure�esenti.� IquesitI 1.��Se�una�societa�di�persone�la�quale�ammette�un�socio�contro�paga- mento�di�un�conferimento�in�denaro�contante�fornisca�a�quest'ultimo�una� prestazione�a�titolo�oneroso�ai�sensi�dell'art.�2,�n.�1,�della�direttiva� 77/388/CEE.� 2.��Se�sia�in�tal�caso�configurabile�un'operazione�accessoria�ai�sensi� dell'art.�19,�n.�2,�seconda�frase,�della�direttiva�77/388/CEE�e�se�il�soggetto� passivo�dell'imposta�possa�invocare�l'art.�19,�n.�2,�seconda�frase,�della�diret- tiva�77/388/CEE�secondo�cui�siffatte�operazioni�accessorie�non�escludono�la� deduzione.� Causa�C-444/01�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Liberta�di�stabilim ento�e�libera�prestazione�di�servizi�^Prostituzione�^Articoli�8,�52�e� 59�Trattato�CE,�art.�1�direttiva�CE/90/364�^Ordinanza�del�Bundesver- waltungsgericht�^Notificata�il�31�gennaio�2002.� IL fattO La�ricorrente,�originaria�dei�Paesi�Bassi,�veniva�espulsa�dalla�Germania� per�esercizio�della�prostituzione�in�quanto�priva�del�permesso�di�soggiorno.� La�ricorrente�ritiene�il�provvedimento�ingiusto�in�quanto�si�tratta�di�atti- vita�non�vietata,�ed�essa�disponeva�di�sufficienti�mezzi�di�sostentamento�ed� era�assicurata�contro�i�rischi�di�malattia.� IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CEE�107 IquesitI 1.��Se�l'attivita�della�prostituzione�esercitata�in�modo�autonomo�da� una�cittadina�dello�Stato�membro�A�nello�Stato�membro�B�riferita�alla�situa- zione�giuridica�esistente�al�16�maggio�1997,�rientri�sotto�la�liberta�di�stabili- mento�(art.�52,�Trattato�CE)�e,�rispettivamente,�la�libera�prestazione�di�ser- vizi�(art.�59,�Trattato�CE).�Se,�a�tal�riguardo,�assuma�rilievo�se�la�prostitu- zione�nel�detto�momento�secondo�l'ordinamento�giuridico�nazionale�era� considerata�contraria�al�buon�costume�e�asociale.� 2.��In�caso�di�soluzione�negativa�della�prima�questione:�se�la�cittadina� dello�Stato�membro�A,�sulla�base�della�situazione�giuridica�esistente�al� 16�maggio�1997,�derivava�nello�Stato�membro�B�un�diritto�di�soggiorno�diret- tamente�dall'art.�8�del�Trattato�CE.� 3.��In�caso�di�soluzione�negativa�della�seconda�questione:�se�la�stessa,� nella�situazione�giuridica�esistente�al�16�maggio�1997,�disponeva�di�un�diritto� di�soggiorno�sulla�base�dei�presupposti�di�cui�all'art.�1�della�direttiva�CEE� del�Consiglio�28�giugno�1990,�n.�90/364�(G.U.�L.�180,�pag.�26),�anche�se�lo� Stato�membro�B�in�quella�data�non�aveva�ancora�trasposto�nel�diritto�nazio- nale�la�detta�direttiva.� 4.��In�caso�di�soluzione�affermativa�della�terza�questione:�se�la�stessa� al�momento�di�entrare�nel�territorio�dello�Stato�membro�B�doveva�disporre� di�mezzi�di�sussistenza�sufficienti�e�ne�doveva�dare�dimostrazione�alle�compe- tenti�autorita�,�oppure�se�sia�sufficiente�che�la�stessa,�durante�il�suo�soggiorno� in�tale�Stato�membro,�non�abbia�fatto�ricorso�all'assistenza�sociale.� Causa C-445/01 (domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Rapporto di lavoro subordinato ^Mancata registrazione sul libretto di lavoro ^Articoli�39,� 43,�86�Trattato�CE�^Ordinanza�del�tribunale�di�Biella�(Italia)�^Emessa� il�18�agosto�2001�^Notificata�l'8�gennaio�2002.� IL fattO La�questione�verte�sulla�mancata�comunicazione�da�parte�del�datore�di� lavoro�all'ufficio�circoscrizionale�dell'assunzione�di�personale,�comunicazione� che�si�deve�effettuare�entro�cinque�giorni�dall'assunzione�come�prescritto�dal- l'art.�9-bis comma�2�della�legge�n.�608/1996.� La�questione�interpretativa�verte�sull'applicabilita�del�decreto-legge� n.�232/1995�poiche�per�le�assunzioni�precedenti�a�tale�provvedimento�il�giu- dice�nazionale�deve�disapplicare�la�normativa�nazionale�relativa,�annullando� le�eventuali�sanzioni�sulla�scorta�della�pronuncia�della�Corte�di�Giustizia� dell'11�dicembre�1997,�che�e�efficace�nel�nostro�ordinamento,�direttamente�e� retroattivamente,�in�relazione�ad�ogni�pregresso�rapporto�che�non�sia�ancora� esaurito.�Le�assunzioni,�invece,�successive�a�tale�sentenza�sono�regolate�dal� decreto�del�Ministro�del�lavoro�8�maggio�1998,�che�prevede�semplicemente� un�obbligo�di�comunicazione�successivo�all'assunzione;�il�giudice�del�rinvio� ha�ritenuto�che�non�si�potesse�procedere,�come�nell'altro�caso,�alla�disappli- cazione�della�normativa;�ha,�infatti,�sostenuto�che�si�tratta�di�una�normativa� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� nazionale�che�il�giudice�nazionale�potrebbe�disapplicare�solo�qualora�interve- nisse�una�pronuncia�della�Corte�Costituzionale�che�ne�dichiari�l'illegittimita� o�una�pronuncia�della�Corte�di�Giustizia�che�la�dichiari�in�contrasto�con�la� legislazione�comunitaria.� IL quesitO Con�la�predetta�ordinanza�e�stato�chiesto�alla�Corte�di�Giustizia�delle� Comunita�europee�di�pronunciarsi,�ai�sensi�dell'art.�234�del�Trattato�CE,�in� ordine�alla�compatibilita�dell'art.�9-bis�comma�2�della�legge�n.�608/1996�d ove�e�previsto�per�il�datore�di�lavoro�l'obbligo�della�comunicazione�dell'as- sunzione�di�ogni�lavoratore�alla�Sezione�Circoscrizionale�per�l'Impiego��e� dell'art.�10�del�decreto�legislativo�n.�649/1997��dove�si�richiama�l'art.�9-bis� della�legge�n.�608/1996,�in�caso�di�mediazione�operata�da�soggetti�non�auto- rizzati��con�i�principi�comunitari�di�cui�agli�articoli�39,�43�ed�86�del�Trat- tato�CE�(liberta�di�lavoro,�di�iniziativa�economica,�di�stabilimento,�di�concor- renza).� NotE Si�deve�ricordare�che�il�regime�del�collocamento�italiano�e��gia��stato�oggetto� di�una�pronuncia�della�Corte�di�Giustizia�delle�Comunita��europee�(sentenza� dell'11�dicembre�1997�Causa�n.�55/1996�Job�Center),�con�la�quale�la�Corte�lo� ha�ritenuto�contrario�all'art.�90�n.�1�Trattato�CE,�in�quanto�istituente�un�mono- polio�dello�Stato,�contrario�al�regime�della�libera�concorrenza.�La�Corte�ha,� infatti,�ritenuto�cheunsistemacheattribuiscailmonopolioesclusivodelcolloca- mento�all'ente�pubblico�sia�contrario�al�sistema�comunitario�se�non�consente�di� soddisfare�la�domanda�esistente�sul�mercato�del�lavoro�ed�il�regime�renda�di� fatto�impossibile�l'esercizio�della�medesima�attivita��da�parte�di�imprese�private.� LA posizionE assuntA daL GovernO ItalianO SitrascrivonointegralmenteleosservazionisvoltedalGoverno�Italiano:� 1.��La�Direzione�Provinciale�del�Lavoro�di�Biella�ha�contestato�alla� S.n.c.�M.�edaiSigg.riS.�eB.�laviolazionedialcunenormeinmateriadiorga- nizzazione�e�tutela�del�mercato�del�lavoro�ed�ha�ingiunto�loro�di�pagare�una� sommadidenaroatitolodisanzioniamministrative.�Traleviolazionicontestate� vi�e��anche�la�mancata�comunicazione�dell'assunzione�dei�lavoratori,�prevista�e� disciplinata�dall'art.�9-bis,�comma�2,�della�legge�28�novembre�1996,�n.�608.� ISigg.ri�S.�e�B.,�soci�e�legali�rappresentanti�della�societa��M.,�si�sono�oppo- sti�alla�richiesta�di�pagamento�delle�sanzioni�amministrative�ed�hanno�citato�in� giudizio�la�Direzione�Provinciale�del�Lavoro.�I�ricorrenti�hanno�formulato� diverse�eccezioni;�in�particolare,�hanno�contestato�la�violazione�dell'art.�9-bis,� comma�2,�della�legge�n.�608/1996,�poiche�i�comportamenti�previsti�da�tale� norma,�confermando�il�regime�di�collocamento�in�vigore�prima,�sarebbero�in� contrasto�con�il�Trattato�CE�cos|��come�riconosciuto�dalla�sentenza�della�Corte� di�Giustizia,�intervenuta�nelprocedimento�C-55/1996.� L'Amministrazione�del�lavoro,�costituitasi�in�giudizio,�si�e��opposta�a�quanto� affermato�daiprivati.� 2.��Il�Giudice�Unico�del�Tribunale�di�Biella,�con�ordinanza�pronunciata� il�18�ottobre�2001,�ha�chiesto�alla�Corte�di�Giustizia�di�pronunciarsi,�in�via�pre- giudiziale,�sulla�compatibilita��dell'art.�9-bis,�comma�2,�della�legge�28�novem- IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CEE� bre�1996,�n.�608,�la�ove�e�previsto�per�il�datore�di�lavoro�l'obbligo�della� comunicazione�dell'assunzione�di�ogni�lavoratore�alla�Sezione�Circoscrizio- nale�per�l'Impiego,�nonche�dell'art.�10�del�decreto�legislativo�23�dicembre� 1997,n.�469,la�ove�si�richiama�l'art.�9-bis�della�legge�n.�608/1996,�in�caso�di� mediazioneoperatadasoggettinonautorizzati,�coniprincipicomunitaridicui� agli�articoli�39,�43,�86�(ex�articoli�48,�52�e�90)�Trattato�CEE.� 3.��Relativamente�al�quesito�concernente�l'art.�9-bis,�comma�2,�della� legge�28�novembre�1996,�n.�608,�si�ritiene�opportuno�ricordare�brevemente�l'evo- luzione�di�alcuni�principi�della�disciplina�italiana�del�collocamento�al�lavoro.� 3.1.��La�legge�n.�264�del�1949,�prevedeva�che�il�datore�di�lavoro�avesse� l'obbligo�diassumereper�iltramitedell'Ufficio�dicollocamento�territorialmente� competente,�vietando�l'esercizio�della�mediazione�tra�offerta�e�domanda�di� lavoro�subordinato.�L'intermediazione�di�manodopera�effettuata�in�contrasto� con�le�suddette�norme�e�l'assunzione�di�lavoratori�al�difuori�del�collocamento� pubblico�erano�punite�con�sanzioni�non�solo�amministrative�ma�anche�penali.� L'impianto�normativo�originario�del�sistema�del�collocamento�obbligava�i� datori�di�lavoro�ad�assumere�soltanto�i�disoccupati�autorizzati�con�nullaosta�pre- ventivo�dell'ufficio�di�collocamento�competente�per�territorio,�previo�invio�della� relativa�richiesta�numerica�o�nominativa.� In�taleperiodo,�in�Italia�il�collocamento�della�manodopera�ha�costituito�una� funzione�esclusivamente�pubblica�esercitata�direttamente�dallo�Stato,�rientrando� fra�gli�interventi�a�tutela�del�lavoratore.�Alla�luce�della�sua�storica�concezione,� l'istituto�del�collocamento�ha,�in�effetti,�assolto�lafunzione,�di�rilevante�interesse� pubblico,�di�impedire�che�il�datore�di�lavoro�potesse�assumere�lavoratori�senza� assicurare�loro�le�condizioni�di�tutela�sancite�dalla�legge.� Cio�che�ha�contraddistinto�la�normativa�in�allora�vigente�e�stato�il�carattere� esclusivo�e�rigidamentepubblicistico�della�mediazionefra�domanda�e�offerta�di� lavoro.� 3.2.��Tale�assetto�di�cose,�peraltro,�ha�subito�una�serie�di�modifiche�che� hannoprogressivamente�mutato�ilquadro�generale�dell'istituto�del�collocamento.� Un�primo�passo�si�e�fatto�con�la�legge�n.�223/1991�che�ha�generalizzato�il� sistema�della�richiesta�nominativa;�in�base�a�tale�sistema�gli�uffici�di�colloca- mento�avevano�l'obbligo�diprovvedere�all'avviamento�dei�lavoratori�indicati�nel- l'istanza.�La�norma,�tuttavia,�lasciava�alla�sfera�pubblica�il�controllo�successivo� di�una�preventiva�individuazione�privata�dei�lavoratori�da�assumere.� Successivamente,�dal�1994,�il�collocamento�e�stato�disciplinato�da�una�serie� di�decreti-legge,�reiterati�spesso�con�modifiche�rilevanti�ed�infine�convertiti�con� la�legge�28�novembre�1996,�n.�608,�che�ha�profondamente�modificato�l'istituto� inesame.�Infatti,�sie�definitivamentesuperato�ilsistemadiavviamentoallavoro� basato�sul�rilascio�preventivo�del�nulla�osta�di�un�ufficio�pubblico�e�l'art.�9-bis,� della�legge�richiamata,�generalizza�ilprincipio�dell'assunzione�diretta�dei�lavora- tori�da�parte�del�datore�di�lavoro,�il�quale�ha�solo�l'obbligo��corredato�di�san- zione�esclusivamente�amministrativa��di�comunicare,�entro�5�giorni,�l'avvenuta� assunzioneall'Ufficio�dellavoro�competenteper�territorio.� RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 3.3.��Attualmente�in�Italia�non�e�piu�previsto,�pertanto,�un�intervento� autorizzatorio�dapartedellaPubblicaAmministrazione�inregimedimonopolio,� ma�un�mero�obbligo�di�comunicazione,�la�cui�inottemperanza�da�luogo�all'appli- cazione�di�una�sanzione�amministrativa.�Viene�demandato,�difatto,�al�datore�di� lavoro�ilcontrollopreventivosuirequisitidituteladellavoratore.� Alla�base�della�previsione�contenuta�nell'art.�9-bis vi�e�una�motivazione�di� rilevante�interesse�pubblico:�il�legislatore,�pur�introducendo�nell'ordinamento� giuridico�strumenti�di�flessibilizzazione�e�liberalizzazione�dell'incontro�fra� domandaeoffertadilavoro,�haritenutoancoranecessario�lasciareadunufficio� pubblico�il�compito�di�registrazione�statistica�delle�assunzioni.� Tale�meccanismo�consente�alla�Pubblica�Amministrazione�un�costante� monitoraggio�deiflussi�di�manodopera�ed�una�conoscenza�reale�dell'andamento� della�domanda�e�dell'offerta�nel�mercato�del�lavoro.� Unsistema�di�talgenere�e�tuttora�considerato�indispensabileper�l'applica- zione�di�strumenti�di�politica�attiva�del�lavoro�quali�iscrizioni�e�cancellazioni� nelleappositeliste,�quotediriserva,�indennita�perladisoccupazione.� In�talmodo�sie�portato�amaturazione�ilprocesso�diprogressiva�completa� deregolamentazionedelsistema,�secondounalineadipensiero�ispirataalprinci- piodell'abolizionedelmonopoliopubblicodelcollocamento,�inlineaconiprin- cipi�dettati�dalla�Corte�di�Giustizia.� Alla�luce�delle�considerazioni�che�precedono,�si�ritiene�che�non�siano�fon- dati�i�dubbi�del�Giudice�italiano�sulla�conformita�della�normativa�in�questione� all'ordinamento�comunitario.� Edinvero,ilmeroobbligodicomunicazionenonpuo�conferirediperse��allo� Stato�una�posizione�di�supremazia�di�stampo�monopolistico�essendo�finalizzato� esclusivamente�a�far�acquisire�al�medesimo�informazioni�in�ordine�al�numero�e� alle�modalita�delle�assunzioni�effettuate�nel�territorio�in�un�determinatoperiodo.� La�norma�non�puo�pertanto�ritenersi�lesiva�dei�principi�comunitari�richiamati� dal�giudice�italiano�in�quanto�l'obbligo�non�ha�come�corrispettivo�il�potere�del� centro�per�l'impiego�di�autorizzazione�all'assunzione,�ne�,�tantomeno,�una�com- pressione�del�diritto�di�esercitare�l'attivita�liberalizzata�di�mediazione,�bens|�il� solo�diritto�di�conoscere�in�tempo�reale�il�dato�concernente�la�situazione�locale� del�mercato�del�lavoro�alfine�di�vagliare�eventuali�assunzioni�irregolari�e�quello� di�adottare�sanzioni�di�natura�meramente�amministrativa�in�caso�di�omissione� di�comunicazione.� Ne��appare�in�contrasto�con�iprincipi�comunitari�l'aver�dotato�lo�Stato�di� uno�strumento�per�consentirgli�di�svolgere�compiti�di�monitoraggio,�statistici�e� di�verifica�dei�flussi�di�lavoro�essenziali�per�studiare�la�domanda�e�l'offerta�di� lavoro,�le�loro�dinamiche�e�le�loro�relazioni.� 3.4.�Conclusivamente�si�ritiene�che�i�dubbi�sollevati�non�siano�condivisibili� anche�perche��il�Giudice�del�Tribunale�di�Biella�muove�dal�presupposto�che�la� comunicazione�integri�una��approvazione�ex post��delle�assunzioni.�Tale�pre- supposto�e�errato�e,�di�conseguenza,�sono�inesatte�le�conclusioni�logico-giuridi- che�che�da�esso�vengono�tratte.� 4.�I�rilievi,�estremamente�sintetici,�che�il�Giudice�del�Tribunale�di�Biella� muove�all'art.�10,�del�decreto�legislativo�23�dicembre�1997,�n.�469,�non�consen- tono�di�cogliere�con�precisione�il�contrasto�con�le�norme�del�Trattato.� IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CEE111 La�norma�in�esame�disciplina�l'esercizio�della�attivita��di�mediazione�tra� domanda�ed�offerta�di�lavoro.� Inparticolare,�ilcomma1-bis�(aggiunto�dall'art.�117,�comma�3,�lettera�b),� della�legge�23�dicembre�2000,�n.�388),�prevede�che�l'attivita��di�mediazionepossa� consistere�anche�nella��...�effettuazione,�su�richiesta�dell'azienda,�di�tutte�le� comunicazioni�conseguenti�alle�assunzioni�avvenute�a�seguito�dell'iniziativa� della�stessa�societa��di�mediazione;�...�.� Relativamente�a�tale�aspetto�si�ribadiscono�le�considerazioni�svolte�al� punto�3�cheprecede.� Considerata�la�valenza�della�comunicazione�di�assunzione��atto�di�cono- scenzapermonitorareiflussidimanodopera�ancheleassunzionifatte�tra- mite�le�imprese�private�autorizzate�a�svolgere�mediazione�fra�domanda�ed� offerta�di�lavoro�devono�essere�comunicate�dal�datore�di�lavoro�o�dal�suo�dele- gatoall'ufficiopubblicodicollocamento�(oggiCentroperl'impiego).� 5.��Conclusivamente,�il�Governo�italiano�fa�rilevare�che�entrambe�le� norme�citate�non�possano�ritenersi�contrastanti�con�il�combinato�disposto�di�cui� agli�articoli�86�e�90�del�Trattato�istitutivo�CEE.� Le�norme�in�esame�non�delineano,�in�capo�allo�Stato�italiano,�alcuna�posi- zionedimonopolio�chepossadirsicontrariaaiprincipicomunitariinmateria� di�liberta��di�lavoro,�iniziativa�economica,�liberta��di�concorrenza�e�libero�incontro� fra�domanda�ed�offerta�di�lavoro.� Inparticolare�ilquadro�normativo�in�cui�esse�si�inseriscono�sottende�aduna� funzione�di�natura�sociale,�vale�a�dire�il�monitoraggio�e�la�completa�conoscenza� pubblica�sulle�attivita��di�mediazione�ed�incontro�fra�domanda�ed�offerta�di� lavoro,�finalizzato,�in�prospettiva,�ad�una�piu��efficace�attivita��della�Pubblica� Amministrazione�in�tema�di�politiche�attive�del�lavoro.� Per�le�considerazioni�sopra�svolte,�il�Governo�italiano�propone�alla�Corte�di� rispondereaiquesitipostidalgiudiceneiseguentitermini:�L'art.�9-bis,�comma� 2,�della�legge�28�novembre�1996,�n.�608,�la��ove�e��previsto�per�il�datore�di�lavoro� l'obbligo�della�comunicazione�dell'assunzione�di�ogni�lavoratore�alla�Sezione� Circoscrizionaleperl'impiego,nonche�l'art.�10,deldecretolegislativo23dicem- bre�1997,�n.�469,�la��ove�si�richiama�l'art.�9-bis,�della�legge�n.�608,�del�1996,� non�sono�in�contrasto�con�iprincipi�comunitari�di�cui�agli�articoli�39,�43�e�86� del�Trattato�CE�.� Causa C 462/01 (domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Normative nazionali sulle sostanze stupefacenti ^Coltivazione di canapa industriale ^Arti- coli�28�e�30�del�Trattato�^Ordinanza�del�Halmstads�Tingsratt�(Svezia).� IL fattO Un�agricoltore�ha�coltivato�nel�suo�podere�della�canapa�cosiddetta�indu- striale.�La�coltivazione�aveva�un'estensione�di�circa�un�ettaro.�Le�piante�sono� state�sequestrate�secondo�quanto�disposto�dalla�legislazione�svedese�in�mate- rie�di�sostanze�stupefacenti.�Nel�successivo�procedimento�penale,�il�pubblico� ministero�ha�chiesto�la�confisca�della�canapa�sequestrata.�E�stata�sollevata� 112RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO questione se la legislazione svedese, per la quale tutte le piante della specie Cannabis, e dunque anche la cosiddetta canapa industriale, sono sostanze stupefacenti e, di conseguenza, ricadono sotto le disposizioni di diritto penale e in quelle relative alla confisca che figurano nella legge penale svedese sulle sostanze stupefacenti, violi il diritto comunitario. IquesitI 1. �Se l'art. 28 del trattato di Roma permetta che uno Stato membro proibisca la coltivazione e qualsiasi altro impiego della cosiddetta canapa industriale, che sono ammessi dai regolamenti CE. 2. �In caso di soluzione negativa alla questione 1), se possa cionon- dimeno sussistere un eccezione con riferimento all'art. 30 del Trattato di Roma che porti ad escludere la contraddittorieta� di tale divieto al diritto comunitario. 3. �In caso di soluzione negativa della questione 2), se il divieto con- tenuto nella legge svedese possa essere giustificato per altre ragioni. Causa�C-464/01�(domanda di pronuncia pregiudiziale) ^Contratti�conclusi�da� un�consumatore�^pubblicita�^Competenza�^Art. 13 Convenzione di Bruxelles ^Ordinanza del �Oberster Genchtshof� (Austria) ^Emessa 18 novembre 2001 ^Notificata il 7 febbraio 2002. IL fattO La questione trae spunto da una articolata vicenda che ha visto coin- volto un agricoltore austriaco, proprietario di una fattoria nella quale abita con la propria famiglia, il quale, intendendo rifare la copertura del tetto della propria fattoria, conclude un contratto di compravendita di tegole con un'azienda tedesca. Tale contratto veniva concluso dopo che l'agricoltore, visionato un messaggio pubblicitario allegato ad una rivista, contattava tele- fonicamente l'azienda tedesca. Successivamente si recava presso la sede del- l'azienda per visionare le tegole ed ivi palesava la sua qualita� di titolare di azienda agricola. Rientrato presso la propria abitazione, l'indomani contattava telefonica- mente l'azienda e dichiarava di accettare la proposta contrattuale come for- mulata. A questo punto l'azienda tedesca inoltrava via telefax la conferma dell'ordine dell'agricoltore ed inviava il materiale in Austria. Una volta rice- vuta la merce ed utilizzatala per la copertura del tetto, l'agricoltore consta- tava un vizio cromatico delle tegole acquistate, di conseguenza chiedeva a titolo di garanzia e risarcimento danni il rimborso del prezzo d'acquisto ed i costi per il rifacimento del tetto. A tal fine, l'agricoltore austriaco ai sensi e per gli effetti dell'art. 13 della Convenzione di Bruxelles invocava la compe- tenza del giudice austriaco. Infatti egli riteneva che il contratto di compra- vendita fosse stato concluso in qualita� di consumatore e non gia� per finalita� professionali e constatava di essere stato indotto alla conclusione del con- tratto in Austria tramite la presa visione, ivi, di materiale pubblicitario. IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CEE�113 Tuttavia�l'azienda�tedesca,�convenuta�davanti�ad�un�giudice�austriaco,� ne�contestava�la�competenza�sulla�base�della�considerazione�che�il�contratto� era�stato�concluso�dall'agricoltore�nella�sua�veste�professionale�di�imprendi- tore�agricolo�e�che�la�conclusione�formale�del�contratto�era�in�realta�avve- nuta�in�Germania�poiche�da�qui�sarebbe�arrivata�la�conferma�dell'ordine�via� telefax.� Avendo�eccepito�l'incompetenza�del�giudice�austriaco,�la�Cassazione� Austriaca�riteneva�che�la�competenza�andasse�nuovamente�provata.�A�tal� fine�dopo�aver�constatato�che�per�determinare�la�competenza,�ai�sensi�e�per� gli�affetti�dell'art.�13�della�Convenzione�di�Bruxelles,�laddove�il�contratto� risponda�in�parte�ad�esigenze�di�carattere�privato,�risulterebbe�decisiva�la� finalita�prevalente,�privata�o�professionale�e,�ad�ogni�modo,�nel�dubbio,�pre- varrebbe�la�qualifica�come�contratto�concluso�da�un�consumatore,�rinvia�la� questione�alla�Corte�di�Giustizia�CE�stante�la�difficolta�di�chiarire�a�chi� spetti�in�concreto�la�competenza.� IquesitI 1.��Se�ai�fini�della�qualita�di�consumatore�ai�sensi�dell'art.�13�della� Convenzione�di�Bruxelles,�in�caso�di�parziale�rispondenza�della�prestazione� ad�esigenze�private,�sia�decisivo�il�prevalente�scopo�privato�o�professionale� della�prestazione�stessa�e�quali�criteri�siano�determinanti�per�la�prevalenza� dello�scopo�privato�o�di�quello�professionale.� 2.��Se�per�la�determinazione�dello�scopo�siano�rilevanti�le�circostanze� obiettivamente�riconoscibili�dal�punto�di�vista�della�controparte�del�consu- matore.� 3.��Se,�in�caso�di�dubbio,�un�contratto,�riconducibile�sia�all'attivita� privata�che�a�quella�professionale,�debba�essere�considerato�come�un�con- tratto�concluso�da�un�consumatore.� 4.��Se�la�conclusione�del�contratto�sia�stata�preceduta�da�una�pubbli- cita�ai�sensi�dell'art.�13,�punto�3,�lettera�a),�della�Convenzione�di�Bruxelles,� allorche�colui�che�in�seguito�sara�la�controparte�del�consumatore�ha�distri- buito�nello�Stato�del�consumatore�un�prospetto�pubblicitario�per�i�suoi�pro- dotti,�senza�tuttavia�avervi�propagandato�il�prodotto�successivamente�acqui- stato�dal�consumatore.� 5.��Se�sussista�un�contratto�concluso�da�un�consumatore�ai�sensi�del- l'art.�13,�della�Convenzione�di�Bruxelles�quando�il�venditore�abbia�fatto�dal� suo�Stato�una�proposta,�non�accettata,�all'acquirente�residente�in�un�altro� Stato�e�tuttavia�l'acquirente�abbia�successivamente�comprato�il�prodotto� offerto�sulla�base�di�una�proposta�scritta.� 6.��Se,�ai�sensi�dell'art.�13,�punto�3,�lettera�b),�della�Convenzione�di� Bruxelles,�il�consumatore�abbia�compiuto�nel�suo�Stato�l'atto�necessario�per� la�conclusione�del�contratto,�anche�quando�egli�accetti�con�una�telefonata� eseguita�dal�suo�Stato�la�proposta,�che�gli�sia�stata�formulata�nello�Stato� della�sua�controparte.� 114RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO Causa C-472/01 (domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Provvedimento di espulsione di cittadino dall'Unione ^Articoli�18�e�39�del�Trattato�e� art.�9,�n.�1�della�direttiva�64/22/CEE�^Articolo�7�della�Carta�dei�diritti� fondamentali�e�articolo�CEDU�^Ordinanza�del�Verwaltungsgericht� Stuttgart�(Germania).� IL fattO Si�impugna�una�provvedimento�di�espulsione�con�minaccia�di�allontana- mento�forzato�in�Grecia�di�un�cittadino�greco,�residente�con�la�propria�fami- glia�in�Germania,�in�quanto�reiteratamente�condannato�per�reati�compiuti� in�dipendenza�del�suo�status di�alcolizzato�e�di�drogato.� IquesitI 1.��Se�la�limitazione�di�circolazione�imposta,�a�causa�di�un�reato� commesso�in�violazione�della�legge�federale�sugli�stupefacenti,�ad�uno�stra- niero�cittadino�della�Unione�che�soggiorno�anche�da�molti�anni�nel�territorio� del�paese�ospitante�ai�sensi�dell'art.�39,�n.�3,�CE�per�motivi�di�ordine�pub- blico,�pubblica�sicurezza�e�sanita�pubblica�sia�conforme�al�diritto�comunita- rio�qualora,�a�causa�del�suo�comportamento�personale,�sia�lecito�ritenere� che�egli�commettera�altri�reati�in�futuro�e�qualora�non�si�possa�pretendere� che�il�coniuge�del�medesimo�e�i�suoi�figli�tornino�nello�Stato�di�origine.� 2.��Se�l'art.�9,�n.�1,�della�direttiva�del�Consiglio�64/221/CEE�osti�ad� una�normativa�nazionale�che�non�prevede�piu�un�provvedimento�di�opposi- zione��in�cui�ha�luogo�anche�un�esame�di�merito��ad�una�decisione�di� un'autorita�amministrativa�e�sull'allontanamento�del�titolare�di�un�permesso� di�soggiorno�del�territorio�nazionale,�mentre�non�viene�istituita�un'apposita� autorita�indipendente�dall'autorita�amministrativa�che�decide.� Causa C-476/01 (questione�pregiudiziale)�^Patente di guida ^Art.1�n.2� della�direttiva�del�Consiglio�91/439/CEE�^Ordinanza�del��Amtsgericht� Franketal��(Germania-Palatinato)�^Notificata�il�31�gennaio�2002.� IL fattO E�sorta�in�una�causa�di�opposizione�a�decreto�penale�emesso�dall'Amt- sgericht�Frankenthal�(Palatinato)�nei�confronti�del�Sig.�Kapper,�per�aver�con- dotto�un�autoveicolo�senza�la�necessaria�patente�di�guida.� Infatti�la�patente�di�guida�a�suo�tempo�rilasciata�all'imputato�dalla� Repubblica�Federale�di�Germania�gli�era�stata�ritirata�dallo�stesso�Amtsge- richt�Frankenthal�in�occasione�del�procedimento�5365�Js�2510/1998,�senza� che�sia�in�seguito�intervenuto�un�nuovo�rilascio�di�patente.� L'11�agosto�1999�l'imputato�pero�ha�ottenuto�una�patente�di�guida� olandese�e,�al�momento�dei�fatti,�egli�era�dunque�in�possesso�di�una�patente� olandese.� Il�giudice�tedesco�ritiene�necessario�verificare�pregiudizialmente�se�il� diritto�dell'Unione�europea�vigente�a�tal�riguardo�osti�all'applicazione�delle� norme�penali�tedesche.� IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CEE1151 IL quesitO 1.��Se�l'art.�1,�n.�2,�della�direttiva�del�Consiglio�29�luglio�1991�sulla� patente�di�guida�(91/439/CEE)�proibisca�ad�uno�Stato�membro�di�rifiutare� il�riconoscimento�di�una�patente�di�guida�quando�abbia�accertato�che�un� altro�Stato�membro�l'aveva�rilasciata,�benche�il�titolare�non�avesse�la�resi- denza,�nel�territorio�di�quest'ultimo,�e�se�la�disposizione�citata�abbia�a�tal� riguardo�effetto�concreto.� LA posizionE assuntA daL GovernO ItalianO Si riportano le osservazioni predisposte dall'Avvocatura dello Stato: L'�Amtsgericht Franketal� (Germania �Palatinato), con ordinanza del- l'11 ottobre 2001, ha sottoposto alla Corte di Giustizia, ai sensi dell'art. 234 del Trattato CE, la seguente questione pregiudiziale: �Sel'art. 1,n. 2,delladirettivadelConsiglio29luglio1991sullapatentedi guida (91/439/CEE) proibisca ad uno Stato membro di rifiutare il riconosci- mento di una patente di guida quando abbia accertato che un altro Stato mem- bro l'aveva rilasciata, benche� il titolare non avesse la residenza, nel territorio di quest'ultimo, e se la disposizione citata abbia a tal riguardo effetto concreto�. 2. ^La suddetta questione e� sorta in una causa di opposizione a decreto penale emesso dall'Amtsgericht Frankenthal (Palatinato) nei confronti del sig. Kapper, per aver condotto un autoveicolo senza la necessaria patente di guida. Infatti la patente di guida a suo tempo rilasciata all'imputato dalla Repub- blica Federale di Germania gli era stata ritirata dallo stesso Amtsgericht Fran- kenthal in occasione del procedimento 5365 Js 2510/1998. senza che sia in seguito intervenuto unnuovo rilascio dipatente. L'11 agosto 1999 l'imputato pero� ha ottenuto una patente di guida olandese e, al momento dei fatti, egli era dunque in possesso di una patente olandese. 3. ^Il giudice tedesco ritiene ora necessario verificare pregiudizialmente se il diritto dell'Unione europea vigente a tal riguardo osti all'applicazione delle norme penali tedesche. Esso chiedepertanto alla Cortedi Giustiziadivalutarese ilprovvedimento di disconoscimento della patente rilasciata da altro Stato membro, conforme allaleggetedesca,siacomunqueproibitodalrichiamatoart. 1,n. 2,dellaDiret- tiva del Consiglio n. 91/439/CEE, il quale stabilisce che �Le patenti di guida rilasciate dagli Stati membri sono riconosciute reciprocamente dai medesimi�. Ritiene il giudice remittente che l'implicito accertamento della residenza normaledelrichiedentelapatentediguidanelPaesedirilascio (requisitoneces- sario ai sensi dell'art. 7, n. 1 della menzionata direttiva) comporta che un atto sovrano di un altro Stato membro sia riesaminato nella Repubblica Federale di Germania: il che si risolverebbe in una limitazione al principio del reciproco riconoscimento dellepatentirilasciateda ciascuno degliStatimembri. Ne� varrebbe, secondo il giudice tedesco, richiamarsi all'esame di validita� della patente rilasciata da altro Stato membro, previsto dai numeri 1 e 4 del- l'art. 8 del1a stessa direttiva, poiche� tali disposizioni sono intese solo alla sosti- tuzionediunavalidapatentediguida, manonconsentonoadunoStatomembro di considerare nullo un atto sovrano di un altro Stato membro. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Del�resto,�se�si�interpretasse�in�maniera�rigorosamente�letterale�l'art.�1,� n.�2,�della�Direttiva,�si�giungerebbe�ad�escludere,�nella�controversia�a�carico�del� Kapper,�l'applicazione�delle�norme�penali�nazionali�tedesche,�con�conseguente� preclusione�delprocedimentopenalea�carico�dell'imputato.� 4.�^Il�Governo�Italiano�ritiene�che�la�questione�pregiudiziale�posta�dal�giu- dice�tedesco�debba�essere�risolta�positivamente,�ma�con�salvezza�della�facolta�� di�disconoscimento�della�patente�rilasciata�da�altro�Stato�membro�quando� ricorra�una�delle�ipotesipreviste�dalparagrafo�2�dell'art.�8�della�stessa�Direttiva� n.�91/439/CEE.� 5.�^Come�opportunamente�ricorda�la�Corte�di�Giustizia�nella�propria�sen- tenzadel29�ottobre1998,�resanella�C-23O/1997�Awoyemi,�le�patenti�di�guida� sono�state�oggetto�di�una�prima�armonizzazione�con�l'adozione�della�direttiva� 80/1263,�la�quale�ha�ravvicinato�le�norme�nazionali�in�materia,�segnatamente� per�quanto�riguarda�i�sistemi�nazionali�di�rilascio�delle�patenti,�le�categorie�dei� veicolieirequisitidivalidita�dellepatenti.�Essahainoltrestabilitounmodello� comunitario�di�patente,�e�istituito�un�sistema�di�reciproco�riconoscimento�delle� patenti�da�parte�degli�Stati�membri,�nonche�di�sostituzione�di�queste�ultime� allorche�i�titolari�trasferiscono�la�loro�residenza�o�la�loro�sede�di�lavoro�da�uno� Stato�membro�all'altro.� La�direttiva�91/439�ha�poi�segnato�una�nuova�tappa�nell'armonizzazione� delle�disposizioni�nazionali,�in�particolare�per�quanto�riguarda�i�requisiti�di�rila- scio�dellepatentie�le�categorie�deiveicoli;�essa�ha�inoltre�abrogato�l'obbligo�di� sostituire�la�patente�di�guida�in�caso�di�trasferimento�della�residenza�normale� in�un�altro�Stato�membro,�obbligo�che�costituisce�un�ostacolo�alla�libera�circola- zione�delle�persone�ed�e��quindi�inammissibi1e�tenuto�conto�dei�progressi�com- piuti�in�vista�dell'integrazione�europea.� Questae�,�ineffetti,�laragionedellaprevisionedell'art.1,n.2delladiret- tiva,�che�dispone�che��Le�patenti�di�guida�rilasciate�dagli�Stati�membri�sono� riconosciute�reciprocamente�dai�medesimi�,�nonche�dell'altra�previsione�di�cui� all'art.�8,�n.�1,�della�stessa�direttiva,�laddove�stabilisce�che��Il�titolare�di�una� patente�di�guida�in�corso�di�validita��rilasciata�da�uno�Stato�membro,�qualora� abbia�acquisito�la�residenza�normale�in�un�altro�Stato�membro,�puo��chiedere�la� sostituzione�della�propria�patente�di�guida�con�una�equipollente�.� Indefinitiva,�lanuovadirettivarevocailprevigenteobbligodisostituzione� della�patente�di�guida�nel�caso�di�acquisizione�della�residenza�normale�in�un� altro�Stato�membro�e�sostituisce�a�tale�obbligo�un�reciproco�riconoscimento�delle� patenti�di�guida:�cosicche�in�tale�ipotesi�la�sostituzione�della�patente�di�guida�e�� divenuta�solofacoltativa.� 6.^Taleessendoilquadronormativodibasecuiriferirsi,nonpuo��checon- venirsi�nel�senso�della�preclusione,�per�uno�Stato�membro,�della�possibilita��di� un�riesame�della�sussistenza�dei�requisiti�(come�quello�della�normale�residenza)� per�il�rilascio�della�patente�gia��intervenuto�da�parte�di�altro�Stato�membro.� 7.��Diverse,�invece��e�meritevoli�di�apposita�specificazione,�poiche� arrecanti�deroghe�alprincipio�di�reciprocita��di�cui�sopra��sono�le�disposizioni� dettateperregolarelefattispeciedescritteneinumeri2e4dell'art.�8delladiret- tiva�91/439:�sottolineandosi,�in�particolare,�che�la�previsione�del�n.�4�appare� puntualmente�pertinente�alla�causa�da�cui�trae�origine�il�quesito�pregiudiziale� sottoposto�alla�Corte�di�Giustizia.� IL CONTENZIOSO DELL'UE ^I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CEE Infatti,�il�n.�2�dell'art.�8,�nel�disporre�che��Fatto�salvo�il�rispetto�delprinci- pio�di�territorialita�delle�leggipenali�e�dei�regolamenti�dipolizia,�lo�Stato�mem- bro�di�residenza�normale�puo�applicare�al�titolare�di�una�patente�di�guida�rila- sciata�da�un�altro�Stato�membro�le�proprie�disposizioni�nazionali�concernenti� la�restrizione,�la�sospensione,�la�revoca�o�l'annullamento�del�diritto�di�gui- dare�...�,�esprime�compiutamente�ilprincipio�secondo�il�quale�le�norme�nazio- nali�in�materiapenale�e�di�limitazione�deldiritto�alla�guida�di�veicoliprevalgono� comunque�rispetto�all'automatico�riconoscimento�della�patente�di�guida�rila- sciata�da�altro�Stato.� Il�n.�4�del�medesimo�art.�8,�poi,�sancisce�che,�ricorrendo�l'applicazione� in�concreto�di�taluno�dei�provvedimenti�menzionati�al�precedente�n.�2,�lo� Stato�membro�puo�addirittura�rifiutarsi�di�riconoscere�al�destinatario�di�tali� provvedimenti�la�validita�della�patente�da�questi�conseguita�in�altro�Stato� membro.� Tale�ultima�disposizione�e�perfettamente�calzante�al�caso�di�specie,�posto� che�all'imputato�era�stata�in�precedenza�revocata�la�patente�tedesca�ed�ora�si� tratta�di�valutare�se,�in�ragione�di�cio�,�possa�essere�o�meno�rifiutato�dalla�Ger- mania�il�riconoscimento�della�patente�successivamente�rilasciata�dall'Olanda.� Ne�puo�ritenersiostativo�all'applicazione�di�tale^normasostanzialmente� derogatoria�del�principio�generale�di�cui�all'art.�1,�n.�2,�della�direttiva��il� rilievoperilqualel'interoart.�8sarebbedettatoconriferimentoallasolaeven- tualita�disostituzione�dellapatente�diguida,�facolta�questa�chepotrebbe�con- seguire�solamente�all'iniziativa�facoltativa�dell'interessato,�ai�sensi�del�n.�1� dello�stesso�art.�8.� Infatti�il�n.�4�dell'art.�8,�nel�richiamare�il�principio�di�prevalenza�della� normativa�penale�nazionale�e�della�limitabilita�del�diritto�alla�guida�in�deter- minati�casi,�non�fa�riferimento�alla�sola�ipotesi�di�richiesta�di�sostituzione,� bens|�esprimel'incondizionatafacolta�dello�Statomembrodirifiutareilrico- noscimento�dellapatente�rilasciata�da�altro�Stato�membro,�quale�che�sia�l'oc- casione�o�il�motivo�di�conoscenza�della�sussistenza�di�ragioni�ostative�al�rico- noscimento�stesso.� 8.�^Indefinitivaeperconcludere,nonsitrattaquitantodivalutarelasin- dacabilita�del�requisito�della�normale�residenza�al�momento�del�rilascio�(il�che� certamente�non�sembra�consentilo�dalla�logica�e�dalla�lettera�della�direttiva�in� questione),�quanto�invece��a�prescindere�dalla�regolarita�del�rilascio�del�docu- mento�di�guida��si�tratta�di�precisare,�a�completamento�della�sollevata�que- stione�(facolta�,�quest'ultima,�normalmente�ammessa�dalla�Corte�di�Giustizia,� la�quale�non�e�vincolata�alla�questione�cos|�come�formulata�dal�giudice�nazio- nale:�cfr. sent.�18�maggio�1977,�VaN deN Hazel,�punto�4),�che�nel�caso�di� ragioniostative,�comelapregressarevocadellapatentenelloStatodiresidenza,� benpuo�lo�Stato�stesso�rifiutare�ilriconoscimento�del�titolo�diabilitazione�alla� guida�ottenuto�in�altro�Stato�membro.� Diversamenteopinando,�delresto,nonsidisporrebbe�purinpresenzadi� una�affermazione�di�prevalenza�della�legge�penale�interna�conclamata�dalla� stessa�direttiva�91/439��di�uno�strumento�idoneo�ad�evitare�l'arbitrario�conse- guimento�dellapatente�diguida�in�Statidiversi�da�quellineiquali�ilsoggetto�e� stato�colpito�daprovvedimentidisospensioneo�revoca�deltitolo�diguida.� RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 9.�^A�tutto�cio�deve�soggiungersi�che,�in�ogni�caso,�occorre�tenere�distinta� la�questione�della�validita�della�patente�in�ambito�comunitario,�che�non�e�e�non� resta�messa�in�discussione�sulpiano�della�sua�valenza�come�documento�ammini- strativo�diabilitazioneallaguida�in�tuttigliStatimembri.� Quello�che�pero�non�puo�non�rilevare��data�anche�la�piena�autonomia� degli�Stati�della�CE�quanto�alle�rispettive�legislazioni�penali��e�che�nel�caso� di�previa�irrogazione,�da�parte�di�uno�Stato�membro,�di�una�sanzione�penale� accessoria�consistente�nella�sospensione�o�nella�revoca�della�patente�dallo�stesso� Statoasuo�tempo�rilasciata,�nonpotrebbecomunqueammettersil'utilizzazione,� in�via�alternativa,�di�altrapatente�eventualmente�conseguitapresso�diverso�Stato� membro.� Cio�infatti�equivarrebbe�ad�eludere�indebitamente�l'applicazione��all'in- terno�dello�Stato�membro�che�abbia�disposto�la�sanzione�penale�della�revoca� della�patente�di�guida��di�norme�penali�di�per�se�inderogabili�da�parte�del� diritto�comunitario,�siccome�conseguenti�ad�un�giudizio�di�pericolosita�dell'eser- cizio�della�guida�da�parte�del�soggetto�destinatario�che�non�e�sindacabile�da� fonti�esterne�allo�Stato�stesso.� Tale�conclusione�non�equivale�al�disconoscimento�della�patente�rilasciata� da�altro�Stato�membro,�che�ben�potrebbe�continuare�ad�essere�utilizzata�al�di� fuori�del�territorio�dello�Stato�che�abbia�irrogato�la�sanzione�penale�della�revoca� del�titolo�di�guida.� 10.�^In�ragione�di�quanto�sin�qui�considerato�e�dedotto,�il�Governo�Italiano� suggerisce�di�rispondere�al�quesito�posto�dal�giudice�nazionale�tedesco�nei� seguenti�termini:��L'art.�1,�n.�2,�della�Direttiva�del�Consiglio�29�luglio�1991� sullapatentediguida�(91/439/CEE)precludealloStatomembrodirifiutareil� riconoscimento�diunapatentediguidarilasciatadaaltro�Statomembro�benche� il�titolare�non�avesse�la�residenza�normale�nel�territorio�di�quest'ultimo,�fatti� comunque�salvi�gli�effetti�derivanti�dall'applicazione�di�norme�penali�nazionali� che�abbiano�comportato�l'irrogazione�di�sanzioni�limitative�del�diritto�alla� guida�.� Causa C-485/0l (domanda di pronuncia pregiudiziale) ^Agenti di commercio ^Iscrizione nel registro delle imprese ^Direttiva del Consiglio 86/653/CEE ^Ordinanza del tribunale di Trento ^Notificata il 27 feb- braio 2002. IL fattO La ricorrente ha presentato all'ufficio del registro delle imprese di Trento, in data 1O aprile 2002, domanda di iscrizione al registro medesimo quale agente di commercio per la vendita di spazi pubblicitari. Il Conservatore del registro delle imprese di Trento, con deliberazione ex art. 2189, III comma codice civile, ha rifiutato l'iscrizione nel registro delle imprese della ricorrente, quale agente di commercio, per mancanza di iscri- zione della stessa nel ruolo degli agenti e rappresentanti di commercio, isti- tuito con la legge 3 maggio 1985 n. 204. IL CONTENZIOSO DELL'UE ^I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CEE1191 La ricorrente ha presentato quindi ricorso al Tribunale di Trento contro il decreto del Giudice del registro, che aveva rigettato il ricorso, ai sensi del- l'art. 2192 codice civile, per ottenere l'iscrizione rifiutata dal conservatore o, in alternativa, la dichiarazione che non sussiste il suo obbligo di iscrizione nel registro. Il giudice adito ha ritenuto di sollevare la questione procedurale di interpretazione. IquesitI Se la direttiva del Consiglio 18 dicembre 1986, 86/63/CEE, relativa al coordinamento dei diritti degli Stati membri concernenti agli agenti commer- ciali indipendenti, osta ad una normativa nazionale che subordina all'iscri- zione dell'agente di commercio in un apposito albo l'iscrizione dello stesso agente nel registro delle Imprese. NotE La�Corte�di�Giustizia�ha�avuto�modo�di�pronunciarsi�nel�senso�della�non� conformita�di�tali�norme�alla�Direttiva�86/653,�in�occasione�della�sentenza� emessa�nella�causa�C-215/1997�(Bellone),�nella�parte�in�cui�subordinano� all'iscrizione�nel�ruolo�la�validita�di�un�contratto�di�agenzia.�Tuttavia,�in�quella� sede,�e�stata�valutata�la�contrarieta�della�normativa�nazionale�con�la�Direttiva� solo�sotto�il�profilo�dell'invalidita�dei�contratti�di�agenzia�per�contrarieta�a� norme�imperative:�appare,�pertanto,�rilevante�valutare�se�la�contrarieta�sussiste� anche�laddove�si�subordini�all'iscrizione�nel�ruolo�l'iscrizione�dell'agente�medes imo�nel�registro�delle�imprese.� (Omissis).� Causa C-487/01 (domanda di pronuncia pregiudiziale) ^Locazione di campi sportivi imposta sul giro d'affari ^Denuncia a posteriori ^Legittimo affid amento ^Direttiva 77/388/CEE ^Ordinanza del �Hogeraad der Nederland� (Paesi Bassi) ^Emessa il 14 dicembre 2002 ^Notificata il 7 marzo 2002. IL fattO Il caso riguarda un Comune, proprietario di un campo sportivo trasfor- mato da prato naturale a manto artificiale nel 1990/1991 ed affittato ad un club di Hockey. Quest'ultimo, per la legge vigente al tempo nei Paesi Bassi, non aveva diritto alla deduzione d'imposta sul giro d'affari. A seguito di una modifica legislativa entrata in vigore nel 1996 l'ispet- tore incaricato aveva considerato tale locazione come fornitura di un bene precedentemente inesistente ed aveva posto a carico del Comune l'imposta (accertata a posteriori) portata a deduzione dall'interessato in relazione alla costruzione del campo. Il Comune aveva contestato il diritto dell'ispettore di rettificare a poste- riori, dal 1996, la deduzione goduta dagli interessati dagli anni 1990/1991 rifacendosi a due precedenti della Corte di Giustizia (casi Schlo�stra�e, C-196/1998 �sentenza dell'8 giugno 2000 e Belgocodex, C-381/1997 �sen- tenza del 3 dicembre 1998) sostenendo la violazione del legittimo affida- mento e della certezza del diritto. I giudici comunitari, nelle sentenze citate, RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO si�erano�espressi�nel�senso�che,�a�parte�le�eccezioni�rappresentate�da�simula- zione�di�attivita��economica�(frode)�o�mutamento�di�utilizzo�del�bene�immo- bile,��la�liquidazione�dell'IVA�con�riserva�di�verifica�a�posteriori�non�puo�� permettere�all'amministrazione�tributaria�di�privare�un�soggetto�passivo�del� diritto�alla�detrazione�che�egli�ha�acquisito��e�cio��in�base�all'art.�17�della� sesta�direttiva�citata.� IquesitI 1.��Se�gli�articoli�20,�n.�2,�e�17,�della�sesta�direttiva,�ovvero�i�principi� generali�sanciti�dal�diritto�europeo�del�legittimo�affidamento�e�della�certezza� del�diritto�ostino�a�che,�in�un�caso�in�cui�non�ricorra�frode�o�abuso�ne�varia- zione�dell'utilizzo�previsto��come�indicato�nei�punti�50�e�51�della�sentenza� della�Corte�di�giustizia�nella�causa�Schlo�stra�e��l'IVA�portata�a�dedu- zione�da�un�soggetto�passivo�e�da�lui�versata�in�ragione�di�un�bene�immobile� fornitogli�per�essere�concesso�in�locazione�(soggetta�ad�IVA)�venga�rettificata� per�il�solo�motivo�che�il�soggetto�passivo�d'imposta,�a�seguito�di�una�modi- fica�normativa,�non�ha�piu��il�diritto�di�rinunciare�alla�esenzione�per�la�detta� locazione�per�gli�anni�del�periodo�di�rettifica�che�decorrono�dal�momento� del�venir�meno�di�tale�possibilita��di�scelta�(nella�specie�1.�gennaio�1996)�e� non�ancora�decorsi�ai�sensi�del�menzionato�art.�20,�n.�2.� 2.��In�caso�di�soluzione�affermativa�della�prima�questione,�se�la� modifica�normativa�resti�disapplicata�solo�nei�riguardi�dell'imposta�portata� a�deduzione�di�cui�alla�menzionata�questione�1,�ovvero�anche�per�quanto� riguarda�il�fatto�che�in�applicazione�del�disposto�dell'art.�13�C�della�sesta� direttiva,�sono�assoggettate�ad�imposta�anche�le�locazioni�menzionate�nella� questione�I�fintantoche�non�sia�decorso�il�periodo�di�rettifica.� Causa C491/01 (domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Prodotti del tabacco ^Lavorazione, presentazione e vendita ^Direttiva�2001/37/CE�del� 18�luglio�2001�^Ordinanza�della�Hight�Court�of�Justice�(Regno�Unito)� ^Emessa�il�6�dicembre�2001�^Notificata�il�31�gennaio�2002(*).� IL fattO E�stato�richiesto�alla�Corte�di�Giustizia�delle�Comunita��europee�di�pro- nunciarsi,�ai�sensi�dell'art.�234�del�trattato�CE,�sulla�validita��ed�interpreta- zione�della�direttiva�2001/37/CE�sull'avvicinamento�delle�disposizioni�legisla- tive,�regolamentari�ed�amministrative�degli�Stati�membri�relativi�alla�lavora- zione,�alla�presentazione,�alla�vendita�ed�all'esportazione�verso�paesi�terzi� dei�prodotti�del�tabacco.�Le�ricorrenti,�due�imprese�inglesi�operanti�nel�set- tore�del�tabacco,�sollevano�dubbi�sulla�validita��della�direttiva�in�parola,�che� prevede�come�termine�ultimo�di�attuazione�il�30�settembre�2002.�I�vizi�di� legittimita��rilevati�dai�ricorrenti�si�riferiscono:� 1.�alla�violazione�delle�forme�sostanziali,�in�particolare�all'errata� individuazione�del�fondamento�giuridico�e�alla�violazione�dell'obbligo�di� motivazione;� (*)�Si�segnala�la�particolare�rilevanza�della�causa.� IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CEE121 2.�alla�violazione�di�taluni�principi�del�trattato�CE,�in�particolare�i� principi�di�proporzionalita�e�di�sussidiarieta�;� 3.�all'abuso�di�potere.� La�direttiva�fissa�una�specifica�disciplina,�destinata�ai�fornitori�dei�pro- dotti�del�tabacco,�in�riferimento�al�contenuto�massimo�di�catrame,�nicotina� e�monossido�di�carbonio�presente�nelle�sigarette;�all'etichettatura;�alla�neces- sita�di�presentare�un�elenco�di�tutti�gli�ingredienti�utilizzati�nella�fabbrica- zione�di�ciascun�prodotto�del�tabacco;�al�divieto�di�usare�espressioni�che� inducano�a�ritenere�prodotto�meno�nocivo�di�altri.� Parte�delle�disposizioni�contenute�nella�direttiva�rappresentano�lo�svi- luppo�normativo�di�precedenti�atti�adottati�dalla�comunita�in�materia.� IquesitI 1.��Se�la�direttiva�del�Consiglio�n.�2001/37/CE�sia�invalida�in�tutto�o� in�parte�in�ragione:� dell'inadeguatezza�dell'art.�95�e/o�dell'art.�133�del�Trattato�come�fon- damento�giuridico;� dell'uso�dell'art.�95�dell'art.�133�del�Trattato�come�un�doppio�fonda- mento�giuridico;� della�violazione�del�principio�di�proporzionalita�;� della�violazione�dell'art.�295�CE,�del�diritto�fondamentale�alla�pro- prieta�e/o�dell'art.�20�dell'accordo�TRIPS;� della�violazione�dell'art.�253�CE�o�dell'obbligo�della�motivazione;� della�violazione�del�principio�di�sussidiarieta� ; dell'abuso�di�potere. 2.��Qualora�dovesse�risultare�valida,�se�l'art.�7�della�direttiva�del�Par- lamento�e�del�Consiglio�n.�2001/37/CE�e�si�applichi�solo�ai�prodotti�del� tabacco�commercializzati�entro�la�Comunita�europea�ovvero�se�esso�si�appli- chi�anche�ai�prodotti�del�tabacco�condizionati�nell'ambito�della�comunita� per�l'esportazione�verso�paesi�terzi.� LA PosizionE assuntA daL GovernO ItalianO Sipremette chenellapresente controversiahannopresentato osservazionii Governi belga, tedesco, greco,francese, italiano, lussemburghese, danese,finlan- dese, svedese, del Regno Unito, il Parlamento europeo, il Consiglio dell'Unione europea, la Commissione della Comunita� europea, nonche� le parti in causa ricorrenti ed intervenute. Si riportano di seguito integralmente le osservazioni svolte dal governo italiano. �1. �In una causa promossa da due imprese operanti nel settore del tabacco ilgiudicebritannico ha chiesto alla Cortedipronunciarsiin viapregiu- diziale sulla validita� e l'interpretazione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio n. 2001/37/CE del 5 giugno 2001 sul ravvicinamento�delle�dispo- sizioni�legislative,�regolamentari�e�amministrative�degli�Stati�membri�relative� alla�lavorazione,�presentazione�e�alla�vendita�dei�prodotti�del�tabacco. 122RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO In�particolare�il�giudice�nazionale�chiese�alla�Corte�di�pronunciarsi�sulle� seguenti�questioni:� 1.�se�la�direttiva�del�Consiglio�n.�2001/37/CE�sia�invalida�in�tutto�o�in� parte�in�ragione:� a)�dell'inadeguatezza�dell'art.�95�e/o�dell'art.�133�come�fondamento� giuridico;� b)�dell'uso�dell'art.�95�e�dell'art.�133�CE�come�un�doppiofondamento� giuridico;� c)�della�violazionedelprincipio�diproporzionalita�;� d)�dellaviolazionedell'art.�295CE,�deldirittofondamentaleallapro- prieta�e/o�dell'art.�20�dell'Accordo�TRIPs;� e)�della�violazione�dell'art.�253�CE�o�dell'obbligo�della�motivazione;� f)�della�violazione�delprincipio�di�sussidiarieta�;� g)�dell'abuso�di�potere.� 2.�Qualora�dovesse�risultare�valida,�se�l'art.�7�della�direttiva�del�Parla- mento�e�del�Consiglio�n.�2001/37/CE�si�applichi�solo�ai�prodotti�del�tabacco� commercializzati�entro�la�Comunita�europea�ovvero�se�esso�si�applichi�anche�ai� prodotti�del�tabacco�condizionati�nell'ambito�della�Comunita�per�l'esportazione� verso�Paesi�terzi.� 2.��La�direttiva�2001/37/CE�sostituisce,�abrogando,�le�precedenti�diret- tive�89/622/CEE�(e�successive�modifiche)�sul�ravvicinamento�delle�disposizioni� legislative,�regolamentari�e�amministrative�degli�Stati�membri�riguardanti�l'eti- chettatura�dei�prodotti�del�tabacco,�e�90/239/CEE�sul�ravvicinamento�delle� disposizioni�legislative,�regolamentari�e�amministrative�degli�Stati�membri� riguardanti�il�tenore�massimo�di�catrame�delle�sigarette.�Essa,�ritenuto�neces- sario�introdurre�modifiche�a�tali�direttive�e�ritenuto�opportuno,�per�motivi�di� chiarezza,�procedere�alla�rifusione�di�esse�(primo�considerando),�ha�definito,� con�ulteriore�precisione,�i�nuovi�parametri�di�fabbricazione�e�commercializza- zione�dei�prodotti�del�tabacco�che�le�imprese�devono�rispettare,�in�ordine�al� tenore�massimo�di�catrame,�nicotina�e�monossido�di�carbonio�delle�sigarette� (art.�3);�ai�metodi�di�misurazione�(art.�4);�ai�criteri�dettati�per�l'etichettatura� (art.�5);�le�informazioni�(art.�6)�e�la�denominazione�delprodotto�(art.�7).� In�particolare�la�direttiva�ha�precisato�(art.�3�comma�1)�che�le�regole�sul� tenore�in�catrame,�nicotina�e�monossido�di�carbonio�(e�quindi�anche�quelle�con- seguenziali)�valgono�a�decorrere�dal1.�gennaio�2004,�per�le��sigarette�immesse� in�libera�pratica,�commercializzate�o�prodotte�negli�Stati�membri��(salva�la� deroga�di�un�ulteriore�annoper�le��le�sigarette�fabbricate�nella�Comunita�euro- pea�e�destinate�all'esportazione�).� La�direttiva�e�stata�adottata�sulla�base�degli�articoli�95�e�133�del�Trattato� CE�secondo�la�procedura�di�cui�al�successivo�art.�251,�cioe�sul�presupposto�che� essa�abbia�per�oggetto�l'instaurazione�e�il�funzionamento�del�mercato�interno� (art.�95)�e�la�politica�commerciale�comune�(art.�133).� 3.��La�direttiva�nei�suoi��considerando��precisa�quanto�segue:� �in�relazione�all'art.�95�(mercato�interno):� �(2)�Sussistono�ancora�differenze�sostanziali�fra�le�disposizioni�...� degli�Stati�membri�relative�alla�lavorazione,�presentazione�e�vendita�deiprodotti� del�tabacco,�che�ostacolano�ilfunzionamento�del�mercato�interno�;� IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CEE �(3)�Dette�barriere�dovrebbero�essere�eliminate�e,�a�questo�scopo,�le� regolamentazioni...�dovrebberoessereravvicinate...�;� �(7)�Diversi�Stati�membri�hanno�indicato�che,�se�non�saranno�adot- tate�disposizioni�a�livello�comunitario�sul�tenore�massimo�di�monossido�di�carbo- nio�delle�sigarette,�tali�norme�saranno�adottate�a�livello�nazionale.�Le�differenze� nelle�disposizioni�relative�al�monossido�di�carbonio�possono�costituire�ostacoli� agliscambie�impedire�ilbuonfunzionamento�delmercato�interno...�;� �(9)�Esistonodifferenzefraledisposizioni�...degliStatimembrisulla� limitazione�del�tenore�massimo�in�nicotina�delle�sigarette.�Tali�differenze�pos- sono�ostacolaregliscambie�ilfunzionamento�delmercato�...�;� �(10)�Detti�ostacoli�dovrebbero�essere�eliminati�e�a�questo�scopo�l'im- missione�in�libera�pratica,�la�commercializzazione�e�la�lavorazione�delle�siga- rettedovrebberoformareoggetto�dinorme�comuni...�;� �(19)�La�presentazione�delle�etichette�di�precauzione�e�l'indicazione� deitenoricontinuaa�variarefragliStatimembri.�Diconseguenza�iconsumatori� possono�essere�informatiquanto�airischideiprodottideltabaccomeglio�in�uno� Stato�membro�che�in�un�altro.�Tali�disparita��sono�inaccettabili�epossono�ostaco- lare�gli�scambi�e�ilfunzionamento�del�mercato�interno�...�;� �(22)�Negli�Stati�membri�esistono�situazioni�divergenti�per�quanto� riguardagliingredientiegliadditiviutilizzati�...�.�Sarebbeopportunoprocedere� ad�un�ravvicinamento�delle�nonne�applicabili�in�questo�settore�migliorando�la� trasparenza�;� �(33)�Ledimensionidelmercatointernodeiprodottideltabaccoela� tendenza�crescente�dei�produttori�di�tabacco�a�concentrare�la�produzione�per� l'intera�Comunita��in�un�piccolo�numero�di�impianti�negli�Stati�membri�richie- dono�un'azione�legislativa�a�livello�comunitariopiuttosto�chenazionaleperrea- lizzare�unfunzionamento�regolare�delmercato�interno�deiprodotti�del�tabacco�.� �In�relazione�all'art.�133�(politica�commerciale�comune):� �(11)�La�presente�direttiva�avra��ripercussioni�anche�sui�prodotti�del� tabacco�esportati�dalla�Comunita��europea.�Il�regime�di�esportazione�rientra� nellapolitica�commerciale�comune...�.� 4.��Riguardo�ai�quesiti�posti�dal�giudice�britannico�che�attengono�alla� validita�della�Direttiva,�il�Governo�italiano�ritiene�che�corretto�sia�il�richiamo� all'art.�95�CE�quale�base�giuridica�della�direttiva.� Le�considerazioni�svolte�dalla�direttiva�nel�suo�preambolo�(e�in�particolar� modo�nei�considerando�che�sopra�sono�stati�espressamente�riportati)�danno� ampia�edesaustiva�ragione�di�come�il�legislatore�comunitario,fissando�deipara- metri�di�produzione�e�commercializzazione�uniformi�nell'ambito�del�territorio� comunitario,�abbia�inteso�eliminare�possibili�distorsioni�nel�mercato�interno,� dovute�alle�differenze�esistenti�negli�Stati�membri�sia�per�quanto�attiene�alle� modalita��di�fabbricazione�sia�per�quanto�attiene�alla�commercializzazione�dei� prodotti�del�tabacco.�Tanto�la�limitazione�del�contenuto�di�nicotina,�catrame�e� monossido�di�carbonio�nelle�sigarette,�quanto�una�differenziata�disciplina�dei� controlli�sul�rispetto�dei�limiti�legalmente�imposti�vigente�nei�Paesi�dell'Unione� nonche�le�diverse�discipline�nazionalisull'etichettatura�deiprodotti,porterebbero� ad�una�alterazione�delle�regole�sulla�concorrenza�tra�le�imprese�sul�territorio� comunitario.�In�tal�senso�risulta�particolarmente�esplicito�l'indirizzo�della�Corte� 124RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO ai sensi del quale �le disposizioni richieste da considerazioni di tutela della sanita� e dell'ambiente possono essere tali da costituire oneri per le imprese cui si applicano e, in mancanza di un ravvicinamento delle disposizioni nazionali in materia, la concorrenza potrebbe essere sensibilmente falsata� (sentenza 18 marzo 1980, causa 91/1979, Commissione/Italia). Se quindi, lapredisposizione di una disciplina ad hoc si e� resa necessaria al fine di preservare il corretto sviluppo del mercato intracomunitario, deve rile- varsi come laproduzione e la vendita delle sigarette abbia riflessi tutt'altro che secondarianchenelcampo dellasalutepubblica. Appare, dunque, scevrada cri- tiche l'individuazione delfondamento della direttiva nell'art. 95, conparticolare riferimento al comma 3, e cio� anche alla luce della sentenza della Corte 5 otto- bre 2000, nella causa C-376/1998, Germania C. Parlamento e Consiglio, in materia dipubblicita� deiprodotti del tabacco, per la quale � ... qualora le condi- zioniperfare ricorso all'art. 100A (ora art. 95) ... comefondamento giuridico siano soddisfatte, non puo� impedirsi al legislatore comunitario di basarsi su tali fondamentigiuridiciperilfattochelatuteladellasanita� pubblicasiadetermi- nanteperlesceltedaoperare. Alcontrario, l'art. 129,n. 1 (oraart. 152) ... sta- bilisce che le esigenze diprotezione della salute costituiscono una componente delle altre politiche della Comunita� e l'art. 100A, n. 3 (ora art. 95, n. 3) esige espressamente che, nell'attuazione dell'armonizzazione, sia garantito un livello elevato diprotezionedellasalutedellepersone�. Questo spiega ilfrequente richiamo, nei �considerando �della direttiva, alle ragioni di tutela della salute e dei consumatori (cfr. i considerando n. 4 �dove sirichiama illivello diprotezione elevato e l'attenzioneprioritaria alla protezione della salute ^; n. 5 �sulla natura cancerogena del catrame-; n. 6 �sulle avvertenze aggiuntive per i consumatori-; n. 11 �sulle disposizioni sanitariecomeparteintegrantedellepolitichedellaComunita� �;n. 13�sulla lotta al tabagismo ^; e ancora i numeri 19, 25, 27)�. La Corte, nella citata sentenza del 2000 sulla pubblicita� dei prodotti del tabacco, nell'annullare la direttiva 98/43/CE nella sua interezza, ha precisato che cio� e� ilfrutto della constatazione che �pergranpartedelleforme dipubbli- cita� deiprodottideltabaccoillorodivieto...nonpuo� esseregiustificatodalla necessita� di eliminare ostacoli alla libera circolazione degli strumenti pubblici- tari ...� (punto 99) e che �per quanto riguarda le distorsioni della concorrenza neanche in questo settore la direttiva e� tale da eliminare sensibili distorsioni ... (punto112).Essahaammesso,pero�,che�dateledisparita� esistentifralelegi- slazioni nazionali in materia di pubblicita� dei prodotti del tabacco, esistono o possono verosimilmente insorgere ostacoli alla libera circolazione delle merci o alla libera prestazione dei servizi (punto 96) ovvero �sensibili distorsioni della concorrenza (punto 110), che possono giustificare, in astratto, l'adozione di una direttiva ai sensi dell'ex art. 100A del Trattato (punti 98 e 111) e avrebbero potuto giustificare, in concreto, l'adozione di alcune delle disposizioni della direttiva in questione (punto 117). Si tratta, dunque, di verificare in concreto se la direttiva di cui ora si tratta (2001/37/CE) �contribuisca effettivamente all'eliminazione di ostacoli alla libera circolazione delle merci� (punto 95 della suddetta sentenza), per confer- mareomeno lasussistenzadelpresuppostoperilricorso allabasegiuridicadel- l'art. 95 del trattato. IL CONTENZIOSO DELL'UE ^I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CEE 5.��Questaverificanonpuo�cheesserepositivanelcasodelladirettivain� esame.� Quanto�alla�fissazione di un tenore massimo in catrame, nicotina e� monossido di carbonio (art.�3),�e�vero�che,�per�il�catrame,�v'era�gia�un'armo- nizzazione�con�la�direttiva�90/239/CEE,�ma�cio�non�significa�che,�nel�corso�di� una�rimodulazione�delle�misure�di�armonizzazione�quale�quella�effettuata�dalla� nuovadirettivachehaassorbito�laprecedente,�sianofissatinuovilimitiarmoniz- zati�che�assicurino,�ai�sensi�dell'art.�95�n.�3�del�Trattato,�un�livello�diprotezione� piu�elevato�della�salute�desumibile�agevolmente�dalla�sicura�nocivita�della�pre- senza�del�catrame:�le�misure�di�armonizzazione,�tese�appunto�ad�assicurare�un� livello�sempre�piu�elevato�di�protezione,�ben�possono�essere�adottate�gradual- mentesecondounaprogressionesemprepiu�restrittiva,�senzacheilpotereeser- citato�sia�consumato�dall'armonizzazione�al�primo�livello.�Riguardo�alla�nico- tina eal�monossido di carbonio non�v'erano�inprecedenzamisure�diarmoniz- zazione�e�la�nuova�direttiva�ne�ha�ritenuto�necessaria�l'adozione�proprio�per� eliminare�ostacoli�agliscambi�e�impedimenti�albuonfunzionamento�delmercato� interno,�tenendo�conto�degli�intenti�manifestati�da�alcuni�Stati�membri�di�adot- tare�altrimenti�misure�nazionali�riguardo�al�tenore�del�monossido�di�carbonio� (considerando�n.�7)�e�delle�differenze�gia�esistenti�nelle�normative�nazionali�sul� tenore�di�nicotina�(considerando�n.�9).� Quanto�ai�metodi di misurazione (art.�4)�si�tratta�evidentemente�di�misure� complementari�di�armonizzazione�che,�prevedendo�regole�uniformi�di�verifica� nell'intero�territorio�comune,�aiutano�ilfunzionamento�del�mercato�interno,�pre- venendo�altres|�un�possibile�divergente�sviluppo�delle�normative�nazionali.� Sull'etichettatura (art.�5)�valgono,�per�quanto�riguarda�le�novita�introdotte� su�misure�di�armonizzazione�gia�esistenti,�le�considerazioni�svolte�sopra�in� ordine�al�tenore�di�catrame.� Quantoallealtreinformazioniattinentiilprodotto�(art.�6),�ladirettivaha� cura�di�precisare�che�negli�Stati�membri�esistono�situazioni�divergenti�per� quantoriguardagliingredientiegliadditivi...�e�...�sarebbeopportunoproce- dere�ad�un�ravvicinamento,�migliorando�la�trasparenza�:�e�evidente�il�fine�di� migliorare�il�funzionamento�del�mercato�interno�ed�e�altres|�evidente�la�con- gruita�e�la�inerenza�della�misura�adottata.� Le�restrizioni�poste�alle�denominazioni del prodotto (art.�7)�sono�sussi- diarie�a�quelle�che�erano�state�poste�e�poi�sono�state�riproposte�riguardo�all'eti- chettatura:�il�considerando n.�27�evidenzia�l'esigenza�di�assicurare�un�piu�ele- vato�livello�di�protezione�ai�consumatori.� 6.��La�direttiva�e�stata�adottata�anche�sulla�base�dell'art.�133.�Il�Governo� italiano�ritiene�che�il�richiamo�all'art.�133�del�Trattato�sia�meramente�rafforza- tivo�e�comunque�corretto.� In�effetti,�gia�sulla�base�del�considerando n. 1O e�dell'art.�95�del�Trattato� che�lo�presuppone,�l'art.�3�n.�1�della�direttiva�precisa�che��a�decorrere�dal�1.� gennaio�2004�il�tenore�di�catrame,�nicotina�e�monossido�di�carbonio�delle�siga- retteimmesseinliberapratica,�commercializzateoprodottenegliStatimembri� nonpuo�superare�...�.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO Poiche�la�prescrizione,�vale�anche�per�tutte�le�sigarette�immesse�in�libera� pratica,�commercializzateoprodottenegliStatimembri�,�e�evidentechel'espor- tazione�o�la�riesportazione�di�essefuori�dei�confini�comunitaripuo�avvenire�solo� se�sono�stati�rispettati�i�limiti�(salvo�la�deroga�temporale�di�cui�al�successivo� comma�2per�le�sigarette��fabbricate�nella�Comunita�europea�e�destinate�all'e- sportazione�).� E�in�effetti�se�si�lasciasse�esente�da�limiti�ilprodotto�destinato�alla�esporta- zione�(o�riesportazione),�potrebbero�sorgere�non�solo�piu�che�evidenti�distorsioni� nella�concorrenza,�ma�anche�pericolose�ricadute�del�prodotto�nel�mercato� interno.� Sottoquestoprofilo,dunque,ilrichiamoall'art.�133eallapoliticacommer- ciale�comunepotrebbeanche�risultarenonstrettamentenecessario.� Ma�il�legislatore�comunitario�ha�preferito�eliminare�dubbi�e�perplessita�e� nel�considerando�n.�11�ha�precisato�che�la�direttiva��avra�ripercussioni�anche� suiprodottideltabaccoesportatidalla�Comunita�europea�eche�ilregimedi� esportazionerientranellapolitica�commercialecomune�:�donde�ilrichiamo�alla� base�giuridica�concorrente�dell'art.�133�del�Trattato.�Non�sembra�che�sia�conte- stabile�che�ilregime�di�esportazione�rientri�effettivamente�nellapolitica�commer- ciale�comune.�Da�un�lato�debbono�essere�tenute�presenti�le�dimensioni�del�mer- cato�dellesigarette�e�la�concentrazionedelleproduzionidi�cuiparla�la�direttiva� stessa�nel�suo�considerando�n.�33;�edaunaltro�latononpotrebbenonrilevarsi� l'incongruenza��anche�sotto�ilprofilo�dell'immagine�di�restrizioni�che�venis- seroarmonizzateancheinconsiderazionediunsemprepiu�elevatolivello�dipro- tezione�della�salute�e�dei�consumatori�le�qualifossero�applicabili�solo�aiprodotti� destinati�al�mercato�interno�e�non�anche�a�quelli�destinati�all'esportazione,�quasi� che�i�consumatori�dei�Paesi�terzi�non�fossero�meritevoli�di�tutela�e�potessero� essere�destinatari�di�prodotti�legittimamente�provenienti�dalla�Comunita�eche� la�Comunita�stessa�ritiene�nocivi.� 7.��Rimane�da�valutare�se�la�possibile�censura�di�una�sola�tra�le�due�basi� giuridiche�(art.�133�e�art.�95�del�Trattato)�scelte�dalle�istituzioni�comunitarie� per�l'adozione�della�direttiva�2001/37�possa�automaticamente�condurre�all'an- nullamento�di�quest'ultima.�A�tale�riguardo,�la�Corte�ha�piu�volte�avuto�modo� di�affermare�che��nell'ambito�del�sistema�delle�competenze�della�Comunita�,la� scelta�della�base�giuridica�di�un�atto�deve�fondarsi�su�degli�elementi�obiettivi� suscettibili�di�un�controllo�giurisdizionale.�Tra�tali�elementi�figurano�segnata- mente�lo�scopo�e�il�contenuto�dell'atto��(sentenza�17�marzo�1993,�causa� C-155/91;�sentenza�11�giugno�1991,�causa�C-300/89).� Ora,�vista�la�minore�rilevanza�del�riferimento�alla�politica�commerciale� comune�(art.�133�CE)�aifini�delperseguimento�degli�obiettivipropri�della�diret- tiva�(tutela�del�mercato�comune,�con�elevato�livello�di�protezione�della�salute� pubblica),�la�decisione�della�Corte�con�la�quale�dovesse,�in�via�di�ipotesi,�dichia- rarsi�l'invalidita�della�direttiva�inforza�del�riferimento�a�una�base�giuridica�che� non�sostenesse�gli�scopi�essenziali�dell'atto�adottato,�sembrerebbe�contraddire�il� predetto�indirizzo�giurisprudenziale,�tendente�a�favorire,�invece,�interpretazioni� di�tipo�sostanziale,�che�tengano�cioe�conto�dellefinalita�concretamenteperse- guite�e�del�contenuto�effettivo�dell'atto�oggetto�del�quesito.� IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CEE La direttiva, pertanto, purpotendo, in ipotesi, risultare viziataper l'errata indicazione di uno dei duefondamenti giuridici che la ispirano, dovrebbe essere considerata legittima per la necessaria prevalenza di ragioni di tipo sostanziale, oltrechedisalvaguardiadell'obiettivogeneraleperseguito (instaurazioneefun- zionamento del mercato interno). Occorre tener presente in proposito che la doppia base legale prescelta nel caso della direttiva in questione non induceva alla adozione di due differenti iti- nerari legislativi fra loro incompatibili (come nel caso deciso nella sentenza nella causa C-300/89 soprarichiamata): l'art. 133 autorizza anch'esso il Consi- glio ad agire a maggioranza qualificata e il ruolo del Parlamento ai sensi del- l'art. 251 non muta. 8. �Una volta riconosciuta la correttezza delle basi giuridiche adottate (o anche solo della prima di esse), non sembra che possano sussistere dubbi sugli altri, punti indicati nel primo quesito del giudice nazionale: �non si puo� parlare di violazione�del�principio�di�proporzionalita� , avendo la direttiva operato scelte che certamente limitano la commercializzazione dei prodotti, ma con un contenuto restrittivo che risponde proprio alle esigenze �ampia- mente indicate nei considerando �di garantire un alto livello di protezione della salute (particolarmente evidenziato nel considerando n. 27 relativamente al contenuto dell'art. 7, in relazione al quale viene ipotizzata la violazione del principio) edituteladeiconsumatori;�nonsipuo� parlaredi violazione�del� diritto�fondamentale�di�proprieta�(invocato in relazione ai diritti di proprieta� intellettuale conculcati dalla norme sulla etichettatura), perche� anch'esso e� cedevole difronte a ragionevoli limitazioni a tutela di interessi superiori; n on si puo� parlare di violazione�dell'obbligo�di�motivazione, perche� la neces- sita� delle misure adottate e� stata ampiamente spiegata e motivata nei conside- rando della direttiva; �non si puo� parlare di violazione�del�principio�di�sus- sidiarieta�perche� la direttiva ha indicato le ragioni della necessita� di un inter- ventoalivellocomunitario(cfr. inparticolareiconsiderandonumeri7e33); �ne� , infine,sipuo�parlaredi abuso�di�potere,perche�,comesie� dettodeipre- cedentiparagrafi, ladirettivae� stataadottatasullabasedicorrettebasigiuri- diche e per esigenze di ravvicinamento delle normative esistenti ampiamente esposte e condivisibili. 9. ^Relativamente al quesito�di�interpretazione�dell'art. 7 della direttiva, appare sufficiente precisare che la norma vieta, a partire da una certa data, che le �confezioni� dei prodotti del tabacco presentino diciture o altro che sug- geriscanocheunparticolareprodottosiamenonocivodiunaltro. Talidiciture o altro sono presenti solo sulle �confezioni� di qualsivoglia tipo (non certo sul prodotto contenuto nella confezione), intendendosi per confezione l'involucro con cui sono messi in commercio i prodotti del tabacco. Non effettuando la norma alcuna distinzione, le confezioni cui essa si riferisce sono non solo quelle commercializzate nel mercato interno ma anche quelle preparate nel territorio della Comunita� e destinate all'esportazione. Valgono in proposito le osservazioni fatteapropositodell'art. 3n. 1delladirettivastessa, inrelazionesiaall'art. 95 che all'art. 133 del Trattato. RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO 10.��Per�queste�ragioni�il�Governo�italiano�conclude�proponendo�alla� Corte�di�dichiarare�che:� a)�non�emergono�elementi�tali�da�inficiare�la�validita�della�direttiva� 2001/37/CE;� b)�l'art.�7�della�direttiva�2001/37/CE�deve�essere�interpretato�nel�senso� cheessosiapplicaancheaiprodottideltabacco�condizionatinell'ambitodella� Comunita�per�l'esportazione�verso�Paesi�terzi.� Roma,�25�marzo�2002� Avv.�Oscar�Fiumara�� Causa C-493/01 (domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Provvedimenti di espulsione di cittadino della Unione ^Articoli�18�e�39�del�Trattato�e� art.�3�della�direttiva�64/221/CEE�^Ordinanza�della�Verwaltungsgericht� Stuttgart.� IL fattO Un�cittadino�italiano�impugna�il�provvedimento�di�espulsione�dal�terri- torio�federale�con�minacce�di�allontanamento�forzato�in�Italia�conseguente� a�pena�detentiva�per�abuso�di�sostanze�stupefacenti,�pena�detentiva�risultante� dalla�conversione�di�singole�pene�pecuniarie.� IquesitI 1.��Se�gli�l'articoli�39�del�Trattato�e�3�della�direttiva�del�Consiglio� n.�64/221/CEE�contrastino�con�una�normativa�nazionale�che�prescriva�in� maniera�obbligatoria�che�le�Autorita�espellano�i�cittadini�di�altri�Stati�mem- bri�i�quali�siano�stati�condannati�con�sentenza�passata�in�giudicato�ad�una� pena�detentiva�di�non�lieve�entita�.� 2.��Se�l'art.�3�della�direttiva�del�Consiglio�n.�64/221/CEE�sia�da�inter- pretare�nel�senso�che,�nell'esaminare�la�legittimita�dell'espulsione�del�citta- dino�dell'Unione,�il�giudice�nazionale�debba�tenere�conto�anche�di�un'esposi- zione�di�fatti�ed�una�nuova�situazione�di�fatto�dell'interessato�o�intervenuto� successivamente�all'ultimo�provvedimento�dell'autorita�amministrativa.� LA posizionE assuntA daL GovernO italianO Il�Governo�italiano�e�intervenuto�nellafase�scritta�deducendo�quanto�segue.� (Omissis).� �A)�La�normativa�della�Repubblicafederale�di�Germania�di�riferimento� L'art.�47�della�legge�sugli�stranieri�(Auslandergesetz)�prevede�l'espulsione� obbligatoriadalterritoriofederaledeglistranieri(ivicompresi,quindi,�icitta- dini�comunitari)�condannati�con�sentenza�penale,�per�aver�commesso�un�reato� doloso�previsto�dalla�legge�sugli�stupefacenti�(Betaubungsmittelgesetz),�ad�una� pena�detentiva�restrittiva�della�liberta�personale,�purche�l'esecuzione�della�pena� non�sia�sospesa�condizionalmente.� Organo�competente�ad�emanare�il�provvedimento�di�esplusione�e�il�Regie- rungsprasidium�(autorita�amministrativa�del�Baden-Wurttemberg).�L'art.�6�bis� AGVwGO�(leggedelBaden-Wurttembergdiattuazionedelcodice�diprocedura� IL CONTENZIOSO DELL'UE ^I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CEE amministrativa)�stabilisce�che:�``Non�e��necessario�un�procedimento�preliminare� quando�l'atto�amministrativo�e��stato�emesso�o�respinto�da�un�Regierungsprasi- dium''.�E�esclusa,�pertanto,�ogni�valutazione�sul�merito�delle�singole�questioni� da�parte�dell'Autorita��amministrativa�chiamata�ad�adottare�il�provvedimento�de� quo�(art.�7,n.�1AAZuVOdelRegolamentodelBaden-Wurttembergsullacom- petenza�in�materia�di�stranieri�e�di�asilo).� B) La�normativa�comunitaria�di�riferimento� La�direttiva�64/221/CEE�del�25�febbraio�1964,�per�il�coordinamento�dei� provvedimenti�speciali�riguardanti�il�trasferimento�e�il�soggiorno�degli�stranieri,� giustificati�da�motivi�di�ordine�pubblico,�di�pubblica�sicurezza�e�di�sanita��pub- blica,�dispone�all'art.�3�che:� ``1.�I�provvedimenti�di�ordine�pubblico�o�di�pubblica�sicurezza�devono� essere�adottati�esclusivamente�in�relazione�al�comportamento�personale�dell'in- dividuo�nei�riguardi�del�quale�essi�sono�applicati.� 2.�La�sola�esistenza�di�condanne�penali�non�puo��automaticamente�giusti- ficare�l'adozioneditaliprovvedimenti''.� L'art.�8�prevede�che:�``1.�contro�la�decisione�di�allontanamento�dal�territo- rio,�l'interessato�deve�avere�assicurata�la�possibilita��di�esperire�i�ricorsi�consen- titi�ai�cittadini�avverso�gli�atti�amministrativi''.� L'art.�9�stabilisce,�inoltre,�che:�``1.�Se�non�sono�ammessi�ricorsi�giurisdizio- naliosetaliricorsisonointesisoltantoadaccertarelalegittimita��deiprovvedi- mentiimpugnatioseessinonhannoeffettosospensivo,�ilprovvedimentodi(..)� allontanamento�dal�territorio�del�titolare�delpermesso�di�soggiorno�e��adottato� dall'autorita��amministrativa,�tranne�in�casi�di�urgenza,�solo�dopo�aver�sentito�il� parerediunaautorita��competentedelpaeseospitante,dinanziallaqualel'inte- ressato�deve�poter�far�valere�i�propri�mezzi�di�difesa�e�farsi�assistere�o�rappre- sentaresecondolaproceduraprevistadallalegislazionedidettopaese.�Lasud- detta�autorita��deve�essere�diversa�da�quella�cui�spetta�l'adozione�dei�provvedi- menti�di�(...)�allontanamento�dal�territorio''.� La�direttiva�64/221/CEE�disciplina�un�aspetto�affatto�peculiare�dei�gene- rali�principi�sanciti�dal�Trattato�CE�della�liberta��di�circolazione�e�soggiorno� nel�territorio�degli�Stati�membri�per�tutti�i�cittadini�dell'UE�(art.�18�TCE)�e� della�libera�circolazione�dei�lavoratori�(art.�39�TCE),�essendo�volta�``tanto�a� definirelaportatadellariservarelativaall'ordinepubblico,�quantoadassicurare� determinate�garanzie�minime�di�natura�procedurale,�alle�persone�colpite�da� provvedimenti�restrittivi�della�loro�liberta��di�circolazione�e�del�loro�diritto�di�sog- giorno''�(sentenza�28�ottobre�1975,�in�C-36/75,�Rutili).� 3.�SecondounacostantegiurisprudenzadellaCorte,ilprincipiodellalibera� circolazione�delle�persone�deve�essere�interpretato�estensivamente�(sentenze� 26febbraio�1991,�in�C-292/89,�punto�11,�e�20febbraio�1997,�in�C-344/95,� punto14),�mentrelederogheataleprincipiodevonoessere,�alcontrario,�inter- pretate�restrittivamente�(sentenze�4�dicembre�1974,�in�C-41/74,�punto�18;� 26febbraio�1975,�in�C-67/74,�punto�6,�e�3�giugno�1986,�in�C-139/85,�punto�13).� Analogamente,�le�disposizioni�a�tutela�dei�cittadini�comunitari�che�esercitano� questa�liberta��fondamentale�devono�essere�interpretate�in�loro�favore.�Occorre,� RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO peraltro,�ricordare�che�tanto�l'applicazione�del�diritto�comunitario,�quanto�il� principio�di�uguaglianza�esigono�che�una�disposizione�del�diritto�comunitario� che�non�contenga�alcun�espresso�richiamo�al�diritto�degli�Stati�membri�(quale� quella�relativa�allimitedell'�ordinepubblico�)perquanto�riguarda�la�determi- nazione�del�suo�senso�e�della�sua�portata�deve�normalmente�dare�luogo,�nell'in- tera�Comunita�,�ad�una�interpretazione�autonoma�ed�uniforme�da�effettuarsi� tenendo�conto�del�contesto�della�disposizione�e�dello�scopo�perseguito�dalla�nor- mativa�(sentenze�18�gennaio�1984,�in�C-327/82,�punto�11,�e�19�settembre�2000,� in�C-287/98,�punto�43).� Lagiurisprudenzadella�Corteeuropeadeidirittidell'Uomo,�sulpuntodel� limite�dell'``ordine�pubblico''�in�materia�di�espulsione�di�un�cittadino�straniero� (cittadino�algerino,�nato�in�Francia�e�quivi�maritato,�resosi�colpevole�di�nume- rosi�reati)�considerato�in�relazione�al�rispetto�del�diritto�della�vita�familiare� (art.�8,���1,�della�C.E.D.U.)�ha�precisato:�``(..)�78.�La�Cour�reconnait�qu'il� incombe�aux�e�tats�contractants�d'assurer�l'ordre�public,�en�particulier�dans�l'e- xercice�de�leur�droit�de�controler,�en�vertu�d'un�principe�de�droit�international� biene�tablietsanspre�judicedesengagementsde�coulantpoureuxdutraite�e,�l'en- tre�e,�le�se�jour�et�l'e�loignement�des�non-nationaux�(...).�Toutefois,�leurs�de�cisions� en�la�matie�re,�dans�la�mesure�ou�elles�porteraient�atteinte�a�un�droit�prote�ge� par�le���1�de�l'article�8,�doivent�se�re�ve�ler�ne�cessaires�dans�une�socie�te�de�mocra- tique,�c'est-a�-direjustifie�esparunbesoinsocialimpe�rieuxet,�notamment,pro- portionne�esaubutle�gitimepoursuivi''�(Beldjoudic/France,�26mars1992�(se�rie� A,�n.�234-A).� 4.�Secondo�consolidata�giurisprudenza�della�Corte�le�liberta�fondamentali� sancite�dal�Trattato�costituiscono�un�limite�all'azione�dei�governi�nazionali� ancheincampopenale,�settoreincuigliStaticonservanopienapotesta�(v.�sen- tenzaCortedigiustiziadel2febbraio1989,causa186/87,�Cowan).Talecon- solidata�impostazione�giurisprudenziale�e�confortata�dalla�presenza�della� disposizione�contenuta�nel�sopra�citato�art.�3�n.�2�della�direttiva�64/221,�che� anzi�esclude�qualsiasi�ipotesi�di�immediata�connessione�tra�una�condanna�di� natura�penale�e�un�provvedimento�d'espulsione�nei�confronti�di�un�cittadino� comunitario.� Cio�posto,�risultainevidentecontrasto�conla�liberacircolazionedeicitta- dini�comunitari�e,�in�particolare,�con�la�direttiva�64/221/CEE,�una�qualsiasi� disciplina�nazionale�che,�in�virtu�dell'eccezione�relativa�alla�tutela�delproprio� ordine�pubblico,�predisponga�un�meccanismo�di�espulsione�automatica�a� seguito�di�condanna�penale.�Infatti,�l'eccezione�di�ordine�pubblico,�che�venga� posta�alla�base�di�una�simile�normativa�nazionale,�``come�tutte�le�deroghe�a� un�principio�fondamentale�del�Trattato,�deve�essere...�interpretata�in�modo� restrittivo''�(sentenza�19�gennaio�1999,�causa�C-348/96,�Calfa).�In�termini� piu�generali,�la�Cortedigiustiziahaprecisatocheilprincipiodellaliberacir- colazione�delle�persone�deve�essere�interpretato�estensivamente�(sentenza� 26febbraio�1991,�C-292/89,�Antonissen�e�sentenza�20febbraio�1997,�C-344/� 95,�Commissione/Belgio),�mentre�le�deroghe�a�taleprincipio�devono�essere�al� contrario�interpretate�restrittivamente�(sentenza�4�dicembre�1974,�causa�41/� 74,�VanDuvt;sentenza26febbraio1975,67/74,Bonsinore;sentenza3giugno� 1986,�139/1985,�Kempf).� IL CONTENZIOSO DELL'UE ^I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CEE La nozione di ordine pubblico, come contenuta nell'art. 39 n. 3 TCE, puo� essere richiamata solamente in caso di una minaccia effettiva ed abbastanza graveperunodegliinteressifondamentalidellacollettivita� (v.sentenza27otto- bre 1977, causa 30/1977, Boucherau), ``di guisa che la sua portata non puo� essere determinata unilateralmente da ciascuno Stato membro senza il controllo delle istituzioni comunitarie'' (causa Rutili, citata). Proprio la difesa dei diritti dei cittadini comunitari e l'accezione restrittiva dellanozionediordinepubblicoportano la Corte digiustizia adesplicitare quanto gia� chiaramenteprevistonell'art.3dellaDirettiva64/221/CEE,sancendoche``la legittimita� deiprovvedimentiatuteladell'ordinepubblicovavalutataallalucedel- l'intera normativa comunitaria avente ad oggetto, in primo luogo, di limitare il poterediscrezionaledegliStatimembriinmateriae, insecondoluogo,digarantire la difesa deidirittideisingoli, neiconfrontivengono applicatiprovvedimentirestrit- tivi''(causaBonsignore, citata), inun'ottica, quindi,esclusivamentediprevenzione speciale, cui devono rimanere estranee lefinalita� deterrenti generali della norma penale.``Consideratenellorocomplesso, talirestrizionideipoteridegliStatimem- bri in materia di polizia relativa agli stranieri appaiono come la manifestazione specificadiunprincipiopiu� generale,sancitodagliarticoli8,9, 10e11dellaCon- venzioneper la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta� fondamentali,fir- mataaRomail4novembre1950eratificatadatuttigliStatimembri,edall'art. 2 del Protocollo n. 4 della stessa Convenzione,firmata a Strasburgo il16 settembre 1963, i quali stabiliscono, in termini identici, che le restrizioni apportate, in nome delleesigenzediordinepubblico edisicurezzapubblica, aidirittitutelatidagliarti- coliteste� citatinonpossonoandareoltre cio� che e�necessarioperilsoddisfacimento ditaliesigenzeinunasocieta� democratica''(causaRutili,citata). Riassuntivamente, con riguardo ai cittadini comunitari cui si applichi ex se la disciplina derivante congiuntamente dall'art. 39 TCE e dalla direttiva 64/221, lepremessegeneraliperaffrontarelaquestionesonoleseguenti: a) per valutare se una disposizione nazionale, restrittiva della libera cir- colazione dei cittadini/lavoratori comunitari, sia riconducibile a una delle dero- ghe contemplate dall'art. 39 n. 3 TCE, la nozione di ordine pubblico che sia posta a fondamento di tale disposizione deve essere conforme alla corrispon- dente interpretazione che di tale nozione viene data a livello comunitario; b) i mezzi restrittivi della circolazione che colpiscano un singolo citta- dino comunitario non possono essere giustificati da motivi di ordine generale rinvenibili in norme di natura penale; c) lerestrizionidellalibera circolazionedeicittadinicomunitarinonpos- sono superare i limiti di proporzionalita� ricavabili dalla disciplina comunitaria e valutabili dal giudice comunitario. Standoataligeneralipremesse, sembradoversiconcluderechelanorma- tiva tedesca in materia di stranieri non risulta conforme al diritto comunitario nella misura in cui dispone l'espulsione automatica di un cittadino di un altro Stato membro sulla base della sola condanna penale (art. 3, Direttiva 64/221/CEE). 5. Per quanto attiene ai mezzi procedurali predisposti dal legislatore tede- sco,siricordachelaCortedigiustiziahagia� indicatocheilmezzoprefigurato nell'art. 9 della direttiva 64/221 e� di natura complementare rispetto al ricorso giurisdizionaleprevisto dalprecedente art. 8 della stessa direttiva, specificando RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� le�minime�garanzie�procedurali�che�con�tale�mezzo�ciascuno�Stato�membro�deve� comunque�assicurare�ai�cittadini�comunitari�sottoposti�a�un�provvedimento� restrittivodellaloroliberta�dicircolare.�Piu�inparticolare,�ilmezzoprocedurale� contemplato�dall'art.�9�deve�prevedere�un�esame�completo�dei�fatti,�compresi�i� motividiopportunita�su�cuisifonda�ilprovvedimento�considerato,prima�che� esso�venga�definitivamente�adottato�(sentenze�22�maggio�1980,�causa�131/79,� Santillo;�18�maggio�1982,�cause�riunite�115/81�e�116/81,�Adoui�e�Cornuaille;� 30�novembre�1995,�causa�C-175/94;�17�giugno�1997,�C-65/95�c�C-111/95,�Mann� SinghShingaraeAbbasRadiom).Pertanto,�laquestionepregiudizialeattinente� all'interpretazione�dell'art.�9�della�direttiva�64/221�sembra�doversi�risolvere�nel� senso�che,�poiche�il�rinvio�e�stato�proposto�nell'ambito�di�un�ricorso�giurisdizio- nale�(anche�se�amministrativo),�il�diritto�tedesco�prevede�comunque�un�mezzo� riconducibileall'art.�8delladirettiva,postocheognialtromezzopredispostoai� sensi�dell'art.�9�della�stessa�si�presenta�quale�opzione�procedurale��minima�� impostaagliStatia�tuteladeldiritto�didifesadelcittadino�comunitariosottopo- sto�a�provvedimenti�restrittivi�della�liberta�di�circolare�sul�territorio�di�uno�Stato� membro.�Cio�cheeventualmenteandrebbevalutatodalgiudicecomunitarioe�se� il�ricorso�in�sede�giurisdizionale�amministrativa,�ai�sensi�dell'art.�8�dir.�64/221,� consentaunavalutazionedimeritodelprovvedimentodiespulsione:�incaso�con- trario,�vale�a�dire�di�esclusivo�sindacato�di�legittimita�dell'atto�da�parte�del�giu- dice,�dovrebbe�trovare�applicazione�la�garanzia�di�tutela�minima�dell'art.�9� dir.�64/221.� Sutalipresupposti,�siproponedirispondereaiquesitiinterpretativisotto- postialla�Cortedalgiudiceamministrativo�tedesco�neiseguentitermini.� A)�non�e�conforme�al�diritto�comunitario�una�normativa�nazionale�che� disponga�l'espulsione�automatica�di�un�cittadino�di�un�altro�Stato�membro�sulla� base�della�sola�condanna�penale;� B)�non�e�conforme�all'ordinamento�comunitario�una�normativa�nazionale� che�non�consenta�in�caso�di�ricorso�avverso�un�provvedimento�di�espulsione�di� un�cittadino�di�un�altro�Stato�membro�un�controllo�delprovvedimento�sotto�il� profilo�del�merito�e�della�proporzionalita�rispetto�alla�situazione�personale�e� familiare�dell'espulso.� Avv.�Maurizio�Fiorilli�� Causa�C-497/01�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Imposta�sulla�cifra� d'affari�^Universalita�di�beni�^Articolo�5,�n.�8�della�sesta�direttiva�del� Consiglio�77/388/CEE^OrdinanzadelTribunald'arrondissement(Lus- semburgo).� IL fattO La�Zita�Mode,�esercente�una�attivita�di�commercio�nei�settore�dell'abbi- gliamento�cede�la�propria�attivita�alla�Milady,�esercente�l'attivita�commer- ciale�di�profumeria.�L'ufficio�tributario�riprende�a�tassazione�il�corrispettivo� della�cessione�di�azienda�in�quanto�non�ritiene�l'operazione�esente�per�man- canza�di�continuazione�dell'attivita�del�cedente,�visto�che�quest'ultimo�eserci- tava�una�attivita�di�commercio�nei�settore�dell'abbigliamento�ed�il�cessionario� una�profumeria.� IL CONTENZIOSO DELL'UE ^I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CEE IquesitI 1. �Se l'art. 5, n. 8, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative all'imposta sulla cifra d'affari �Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme �debba essere interpretato nel senso che la trasmissione di universalita� di beni ad un soggetto passivo costituisce una condizione sufficiente a che l'operazione non sia sottoposta all'imposta sul valore aggiunto, quale sia l'attivita� del soggetto passivo o quale che sia l'utilizzazione da lui effettuata dei beni trasmessi. 2. �In caso di soluzione negativa della prima questione, se l'art. 5, n. 8, della sesta direttiva dev'essere interpretato nel senso che la trasmissione di una universalita� di beni ad un soggetto passivo dev'essere intesa nel senso di una trasmissione totale parziale di un'impresa ad un soggetto passivo che continua l'attivita� totale dell'impresa cedente, ovvero ne continua l'attivita� del settore che corrisponde all'universalita� parziale ceduta, o semplicemente nel senso di una trasmissione totale o parziale di una universalita� di beni ad un soggetto passivo che continua il tipo di attivita� totale o parziale del cedente, senza che vi sia trasmissione di impresa o di un ramo di impresa. 3. �In caso di soluzione affermativa di una delle parti della seconda questione, se l'art. 5, n. 8, esiga da uno Stato ovvero consenta allo stesso di chiedere che l'attivita� del beneficiario sia svolta conformemente alla prescritta autorizzazione di esercizio, rilasciata dall'organismo compe- tente, dell'attivita� ovvero le settore d'attivita� , fermo restando che l'attivita� svolta rientra nel circuito economico lecito ai sensi della giurisprudenza della Corte. Causa�C-502/01�(domanda di pronuncia pregiudiziale) ^Divieto�di�discrimin azione�in�base�alla�nazionalita�^Lavoratrice�migrante�^Assistenza�a� titolo�non�professionale�^Regolamento n. 1408/1971 ^Ordinanza del �Sozialgericht Hannover� (Germania) ^Emessa il 12 dicembre 2001 ^ Notificata il 27 febbraio 2002. IL fattO La ricorrente e� cittadina tedesca, residente in Francia ove provvede, uni- tamente al proprio coniuge di nazionalita� francese, all'assistenza del figlio disabile. Entrambi i genitori svolgono attivita� lavorativa, soggetta ad obbligo contributivo, ad orario ridotto presso un'impresa tedesca in Germania. Per effetto di tale attivita� lavorativa, entrambi i coniugi sono assicurati in Ger- mania ai fini della pensione. L'ente resistente corrisponde dal 1997 al minore un assegno mensile di assistenza. Nell'aprile del 2000 i genitori chiedevano all'ente resistente la corresponsione dei contributi relativi all'assicurazione obbligatoria ai fini della pensione prevista per le persone che svolgono atti- vita� di assistenza non retribuita ai sensi del � 44, XI Sozialgesetzbuch (codice in materia di previdenza sociale) (in prosieguo: il �SGB XI�). Con decisione 16 maggio 2000 il resistente respingeva la richiesta sulla base del rilievo che, RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� in�considerazione�della�residenza�all'estero,�non�vi�sarebbe�alcun�obbligo�con- tributivo�previsto�per�le�persone�che�svolgano�attivita��di�assistenza,�attivita�� che�non�costituirebbe�ne�un'attivita��di�lavoro�indipendente�ne�un'attivita��di� lavoro�autonomo.�Troverebbe�quindi�applicazione�il�disposto�di�cui�al���3,� n.�2,�del�IV�Sozialgesetzbuch�(SGB�IV),�ai�sensi�del�quale�l'obbligo�contribu- tivo�sarebbe�previsto�solamente�per�le�persone�residenti�sul�territorio�nazio- nale.�Le�persone�che�svolgano�assistenza�a�titolo�non�professionale�sarebbero� quindi�soggette�ad�obbligo�contributivo�solamente�se�residenti�sul�territorio� nazionale.�La�successiva�opposizione�veniva�respinta�dall'ente�resistente�con� decisione�sull'opposizione�del�17�luglio�2000.� IquesitI 1.��Se�ed,�eventualmente,�in�presenza�di�quali�circostanze,�le�nozioni� di��prestazione�per�malattia��ovvero��prestazione�di�vecchiaia�,�ai�sensi� dell'art.�1�del�regolamento�n.�1408/1971,�ricomprendano�le�prestazioni�for- nite�da�un�ente�previdenziale�ad�altro�ente�previdenziale,�quando�l'assicu- rato�ne�tragga�solamente�vantaggio�astratto�ed�indiretto�(versamento�di� contributi�assicurativiaifinidella�pensione�da�partediuna�cassadiprevi- denza�e�assistenza�per�una�persona�che�svolga�attivita��di�assistenza,�a�titolo� non�professionale).� 2.��Se�dal�divieto�di�discriminazioni,�sancito�dal�diritto�comunitario� primario�o�derivato,�derivi�che�una�prestazione�del�genere�di�quella�indicata� sub 1)�debba�essere�concessa�indipendentemente�dal�fatto�se�l'attivita��che� legittimi�la�corresponsione�della�prestazione�sia�stata�svolta�sul�territorio� nazionale�ovvero�su�quello�di�uno�Stato�membro�dell'Unione�europea�ed� indipendentemente�dal�luogo�di�residenza�dell'assicurato�o�del�diretto�benefi- ciario�della�prestazione�stessa.� Causa C-647/01 (domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Prodotti agricoli ^ Concessione all'esportatore di termini supplementari ^Articolo�47�commi� 2�e�4�art.�48�del�Regolamento�CEE�3665/1987�^Ordinanza�della�corte� d'appello�di�Genova�emessa�il�15�novembre�2001�^Notificata�il�31�gen- naio�2001.� IL fattO La�societa��esportatrice�ha�presentato�domanda��peraltro�accolta��al� Tribunale�di�Genova�al�fine�di�far�valere�il�proprio�diritto�ad�ottenere�la�ria- pertura�dei�termini�per�la�presentazione�della�documentazione�necessaria�ad� ottenere�le�restituzioni.�La�societa��suddetta�chiedeva�la�riapertura�dei�ter- mini,�in�quanto�non�era�riuscita�a�presentare�nel�termine�dei�dodici�mesi� dalla�data�di�accettazione�della�dichiarazione�all'esportazione�la�documenta- zione�necessaria,�pur�essendosi�fatta�parte�diligente�per�l'ottenimento�della� stessa.�La�diligenza�della�societa�,�infatti,�era�provata�dall'intervento�della� rappresentanza�diplomatica�e�dell'ICE�al�fine�di�ottenere�almeno�una�dichia- razione�sostitutiva�dalla�Dogana�israeliana.�Il�Ministero�delle�Finanze,�da� IL�CONTENZIOSO�DELL'UE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CEE�135 parte�sua�si�opponeva�all'accoglimento�della�domanda,�sostenendo�che�i� documenti�erano�stati�presentati�trentadue�mesi�dopo�le�dichiarazioni�di� esportazione,�non�rispettando,�quindi,�ne�il�termine�dei�dodici�mesi�previsto� all'art.�47,�ne�l'ulteriore�termine�supplementare�concedibile�di�sei�mesi.� Secondo�il�Ministero�delle�Finanze,�il�termine�massimo�concedibile�non� puo�eccedere�i�diciotto�mesi;�ed�a�sostegno�di�tale�tesi�fa�riferimento� all'art.�48�del�Regolamento�3665/1987�dove�si�prevede�che,�quando�la�prova� dell'adempimento�di�tutte�le�condizioni�stabilite�dalla�normativa�viene�conse- gnata�nei�sei�mesi�successivi�ai�dodici�previsti�dall'art.�47.2,�4�e�5,�la�restitu- zione�da�effettuare�e�pari�all'85%�dell'importo�totale�pagabile�ove�ricorres- sero�tutti�i�requisiti.� Al�contrario,�la�societa�esportatrice�ha�ritenuto�che�l'abbattimento�di�cui� all'art.�48�si�possa�applicare�solo�ai�casi�in�cui�non�siano�stati�concessi�ter- mini�suppletivi�e�che�l'art.�47.4�si�riferisce�solo�all'ipotesi�di�mancato�rispetto� di�termini�supplementari�gia�concessi�e�non�al�limite�massimo�di�termini�sup- plementari�concedibili.� IquesitI 1.���Se��in�base�al�c.d.�degli�articoli�47.4�e�48�del�Regolamento� (CEE)�3665/1987��si�debba�ritenere�che:�a) i�termini�supplementari�che� possono�essere�concessi�all'esportatore�comunque�non�possano�superare�la� durata�massima�di�18�mesi;�oppure�b) che,�invece,�la�riduzione�del�15%�si� applichi�solo�per�il�caso�di�superamento�di�oltre�6�mesi�del�termine�ordinario� e�di�quello�supplementare�eventualmente�concesso�all'esportatore�;� 2.���Se,�per�il�caso�in�cui�fosse�esatta�l'interpretazione�di�cui�alla�let- tera�b) del�punto�precedente,�in�base�ai�due�predetti�articoli,�esistano�limiti� temporali�massimi��in�considerazione�dei�vari�profili,�tra�cui�quelli�indicati� nella�parte�motiva�di�quest'ordinanza,�che�al�riguardo�possono�rilevare�da� un�punto�di�vista�del�diritto�comunitario��entro�cui�possono�essere�concessi� i�termini�supplementari�;� 3.���Per�il�caso�in�cui�fosse�esatta�l'interpretazione�di�cui�alla�lettera� b) del�quesito�1,�quali�siano�tali�limiti�temporali�massimi�e,�quindi,�quali� siano�i�termini�supplementari,�in�base�ai�due�predetti�articoli�;� 4.���Se,�per�il�caso�in�cui�fosse�esatta�l'interpretazione�di�cui�alla�let- tera�b) del�quesito�1,�in�base�ai�due�predetti�articoli�il�privato�possa�vantare� una�pretesa�giuridicamente�tutelata�alla�fissazione�in�una�certa�misura�(rite- nuta�congrua�in�riferimento�alle�difficolta�di�procurarsi�la�prescritta�docu- mentazione)�dei�termini�supplementari�;� 5.���Se,�per�il�caso�in�cui�fosse�esatta�l'interpretazione�di�cui�alla�let- tera�b) del�quesito�1,�in�base�ai�due�predetti�articoli�il�Giudice�nazionale�i n�caso�di�mancata�concessione�da�parte�dell'Autorita�amministrativa�dei�ter- mini�supplementari��possa�riconoscere�il�diritto�dell'esportatore�(che�si�sia� fatto�parte�diligente�per�procurarsi�i�documenti�ed�inoltrarli�entro�il�termine� di�12�mesi�di�cui�all'art.�47.2�di�tale�Regolamento)�di�ottenere�i�termini�sup- plementari�e�possa�determinare�tale�durata�in�base�al�tempo�effettivamente� occorso�per�ottenere�ed�inoltrare�la�prescritta�documentazione�.� Ilcontenzioso nazionale Ilcontenzioso nazionale IL REGIME TARIFFARIO DELL'IMPORTAZIONE DELLE BANANE Tribunale di Trento, sentenza 20 novembre 2001, n. 1029 ^Giudice�Erlicher ^ C. S.p.A., E. S.a.s. cl Amministrazione delle Finanze (avv. Stato S. Pirrone. la massima L'art.�130�del�d.P.R.�n.�43/1988�esclude�che�l'ingiunzione�fiscale�possa� avere�efficacia�di�titolo�esecutivo,�ma�non�impedisce�all'amministrazione�di� usare�tale�strumento�nella�sua�funzione�residuale�di�atto�di�accertamento�di�un� credito�tributario�e�di�intimazione�ad�adempiere�rivolta�al�debitore.�L'istituto� della�revisione�ex�art.�11�del�D.Lgs�n.�374/1990�non�trova�applicazione�allorche� la�determinazione�dei�diritti�evasi�consegua�all'accertamento�di�fatti�illeciti,� penalmente�rilevanti�e�comunque�al�difuori�dei�casi�in�cui�si�tratti�di�rimediare� ad�omissioni�e�ad�errori�sull'esatta�individuazione�delle�merci�importate.�Da� cio�consegue�la�legittimita�dell'ingiunzione�opposta�e�l'ammissibilita�della� domandariconvenzionaleproposta�dall'amministrazionefinanziaria.� E�legittima�l'applicazionedelregime�tariffariopienorispetto�adoperazioni� effettuate�da�operatore��tradizionale�,�mediante�l'utilizzazione�di�certificati�di� importazione�riservati�ad�operatori�c.d.��nuovi�arrivati�,�risultati�estranei�alle� operazioni�di�importazione.�Il�mantenimento�in�capo�alla�societa�importatrice� della�disponibilita�della�merce�sia�prima�che�dopo�lo�sdoganamento�curato�dal� proprio�spedizioniere,�l'assolvimento�da�parte�della�medesima�delle�relative� obbligazione�doganale,�la�omessa�verifica�deipoteri�di�rappresentanza�dell'inter- mediario�che�procurava�le�licenze�di�importazione,�la�circostanza�che�i�titolari� delle�medesime�siano�risultati�in�molti�casi�del�tutto�ignari�delle�operazioni�com- piute�a�loro�nome,�costituiscono�altrettanti�indici�rivelatori�dell'anomalia�della� situazione,�idonei,�per�la�loro�gravita�e�concordanza,�ad�integrare�la�prova�del� carattere�fittizio�delle�operazioni.�La�societa�cui�facevano�capo�le�operazioni� suddette�deve�ritenersi��proprietaria��della�merce�importata�e�tenuta�al�paga- mento�del�trattamento�tariffario�intero.�La�societa�di�spedizioni�che�ha�svolto� le�operazioni�doganali�risponde�in�solido�con�l'importatrice�nei�limiti�della� responsabilita�conseguente�al�ricorso�alla�procedura�semplificata�di�accerta- mento�ex�art.�12,�comma�6�del�D.Lgs�n.�374/1990.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� il commento La�Comunita�europea�istituiva�nel�1993,�in�seguito�ad�un�contenzioso� sorto�nell'ambito�dell'organizzazione�mondiale�del�commercio,�un'organizza- zione�comune,�il�mercato�europeo�delle�banane.�Lo�scopo�era�quello�di�sosti- tuire�ai�vari�regimi�nazionali�una�gestione�centralizzata�e�flessibile�dei�flussi� di�importazione�delle�banane,�al�fine�di�consentire�il�mantenimento�dei�livelli� di�smaltimento�del�prodotto�originario�dei�Paesi�ACP�(Africa-Caraibi-Paci- fico),�fornitori�tradizionali,�che�godevano��e�godono�tuttora��di� un�regime�di�preferenza�tariffaria�comunitaria.�L'organizzazione�comune�fu� istituita�con�il�regolamento�comunitario�n.�404/1993�il�quale�introdusse�un� regime�tariffario�agevolato,�limitato�ad�un�contingente�di�importazioni� annualmente�determinato,�ripartito�per�categorie�di�operatori,�distinti,�grosso� modo,�a�seconda�della�provenienza�e�dei�quantitativi�di�prodotto�mediamente� commercializzato.�Il�contingentamento�operava�in�concreto�attraverso�il�rila- scio�di�licenze�all'importazione�in�favore�degli�operatori�delle�varie�categorie� e�nei�limiti�fissati�per�ciascuna�di�esse.�Le�importazioni�operate�fuori�contin- gente�erano�assoggettate�a�dazi�praticamente�proibitivi.� Alla�situazione�sopra�sommariamente�descritta�si�ricollega�la�nascita�di� un�mercato�di�rivendita�delle�licenze�di�importazione�e,�parallelamente,�lo� sviluppo�dell'attivita�di�contrabbando,�incentivata�dalla�rilevanza�e�stabilita� della�domanda�che�caratterizza�il�prodotto�in�questione�e�dall'impossibilita� per�alcuni�importatori�di�farvi�fronte�a�causa�dei�disposti�contingentamenti.� Il�divario�tra�domanda�ed�offerta�risultava�altres|�accentuato�in�seguito�all'e- sistenza�di�operatori,�i�quali,�pur�avendo�teoricamente�diritto�al�rilascio�di� licenze�in�virtu�della�loro�qualificazione�o�della�pregressa�attivita�di�importa- zione,�non�facevano,�per�le�ragioni�piu�svariate�(cessazione�di�attivita�,�com- mercio�di�altri�prodotti,�ecc.),�in�concreto�uso�di�tale�possibilita�.�Tale�situa- zione�ha�indotto�alcuni�soggetti�ad�improvvisarsi��procacciatori�di�licenze�� per�soddisfare�le�richieste�di�quegli�operatori�che�avevano�esaurito�i�contin- genti�loro�assegnati.�Le�licenze�venivano�ottenute�spesso�falsificando�le� domande�presentate�al�Ministero�del�Commercio�con�l'Estero�per�conto�m a�all'insaputa��di�commercianti��inerti��o�di�altri�ignari�operatori�del�set- tore.�I�titoli�venivano�poi��venduti��a�grossi�importatori,�i�quali�erano�cos|� messi�in�condizione�di�superare�i�contingenti�loro�attribuiti,�beneficiando,�in� definitiva,�di�agevolazioni�cui�non�avrebbero�avuto�diritto.� �Si�inserisce�nel�contesto�sopra�sommariamente�descritto�la�vicenda� che�ha�dato�origine�alle�ingiunzioni�fiscali�oggetto�del�giudizio�deciso�con� l'annotata�sentenza�del�Tribunale�di�Trento.� �Le�ingiunzioni�si�riferiscono�a�174�operazioni�di�importazione�di� banane�effettuate�tutte�secondo�il�medesimo�schema.�La�controllata�italiana� di�una�delle�maggiori�multinazionali�del�settore�importa�dal�Centramerica� le�partite�di�banane�destinate�al�mercato�italiano.�A�tale�scopo�utilizza� licenze�procurate�da�un�intermediario�ed�intestate�a�soggetti�o�ditte�apparte- nenti�alla�categoria�dei�c.d.��nuovi�arrivati��(categoria�C).�Le�partite�di� banane�vengono�documentalmente�vendute,�allo�stato�estero,�ai�licenziatari,� e�sdoganate�per�mezzo�di�spedizioniere,�il�quale�opera�per�conto�e�su�istru- zioni�della�societa�venditrice.�Dopo�aver�assolto�il�dazio�in�misura�agevolata� IL CONTENZIOSO NAZIONALE le banane vengono rivendute alla stessa societa� da cui erano state formal- mente acquistate, la quale le immette successivamente sul mercato italiano. Da verifiche effettuate dagli organi di vigilanza doganale e� poi risultato che gli intestatari di licenze sono rimasti del tutto estranei alla vicenda, trat- tandosi spesso di soggetti che avevano da tempo cessato la propria attivita� commerciale. �Le autorita� doganali emettono quindi, previa redazione di verbali di constatazione, ingiunzioni a carico della societa� importatrice, ritenendo che la stessa, attraverso le fittizie triangolazioni sopra descritte, abbia illegittima- mente beneficiato del regime daziario agevolato. Anche la ditta di spedizione, che ha provveduto a sdoganare la merce in regime semplificato, viene chia- mata a rispondere in solido con l'importatore. Proposta l'opposizione avanti al Tribunale di Trento, entrambe le societa� sostengono la legittimita� delle operazioni effettuate sulla base essenzialmente della seguente argomentazione. Esse fanno leva sul carattere pretesemente �oggettivo� delle agevola- zioni daziarie di cui al regolamento n. 404/93, le quali sarebbero dipese, in sostanza, dalla mera verifica quantitativa volta ad accertare se le partite di merce importate rientrassero nell'ambito del contingente di 2,2 milioni di tonnellate stabilito dall'art. 18 del reg. n. 404/1993 (come sostituito dal reg. CEE 3290/1994) . La prova positiva di tale inserimento viene fatta derivare dalla mera constatazione del rilascio, da parte degli organi nazionali compe- tenti (Min. del Commercio con I'Estero), di titoli relativi ai quantitativi di merce in concreto importata, non essendo evidentemente pensabile che tali titoli siano stati emessi in esubero rispetto alle quote stabilite a livello comu- nitario. Tutto si risolve, quindi, �secondo la prospettazione delle opponenti �nella semplice equazione: esistenza di titolo di importazione diritto all'ap- plicazione del dazio agevolato, non rilevando la circostanza che all'immis- sione sul mercato comunitario abbia provveduto un soggetto diverso dal tito- lare della licenza. L'argomento e� contraddetto dall'amministrazione finanziaria, la quale rileva, in primo luogo, che il contingente tariffario non e� unico, bens|� ripar- tito in tre �tranches� a seconda della categoria degli operatori ammessi a beneficiarne. Ai sensi dell'art. 19 del Regolamento CEE n. 404/93 la riparti- zione del contingente avviene infatti nel seguente modo: �Il 65,5% per la categoria degli operatori che hanno commercializzato banane. di paesi terzi e le banane ACP non tradizionali (provenienti dalle ex colonie francesi del- l'Africa, Caraibi e Pacifico ed eccedenti le quantita� tradizionalmente espor- tate da tali Paesi); il 30% per la categoria degli operatori che hanno commer- cializzato banane comunitarie e/o ACP tradizionali; il 3,5% per la categoria di operatori che hanno iniziato a commercializzare nel triennio antecedente banane diverse dalle banane comunitarie e/o dalle banane ACP tradizionali. Rilievo decisivo, ai fini dell'individuazione della natura delle agevolazioni, rivestepoiilregolamenton. 1442/1993,ilqualeripartisceilcontingentetarif- fario annualmente tra distinte categorie di operatori in relazione all'origine delle banane importate e, piu� precisamente, tra operatori di categoria �A�, di categoria �B� e di categoria �C�. RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO Gia�da�tali�premesse�discende�la�constatazione�dell'impossibilita�di�pro- cedere�ad�una�verifica��meramente�oggettiva��volta�ad�accertare�che�le�par- tite�di�merce�per�cui�e�causa�rientrino�nei�contingenti�ammessi�a�tassazione� ridotta,�senza�prendere�in�considerazione�la�qualificazione�soggettiva�dell'im- portatore�nei�termini�indicati�dal�citato�art.�2�del�reg.�n.�1442/93.� L'amministrazione�opposta�rileva�altres|�che�l'intero�sistema�dell'or- ganizzazione�comune�del�mercato�delle�banane,�cos|�come�introdotto�dai� regolamenti�n.�403/93�e�1442/93,�si�basa�sulla�attenta�ponderazione�del- l'incidenza�delle�misure�restrittive�sulle�varie�categorie�di�operatori�come� sopra�individuate,�onde�ridurre�al�minimo�gli�effetti�discorsivi�connessi� all'uso�di�meccanismi�protezionistici�di�contingentamento.�Tale�sistema� richiede,�quindi,�un�attento�censimento�degli�operatori�del�settore�ed�un� esatto�monitoraggio�del�flussi�di�merce�ammessi�sul�mercato�europeo�da� ciascuno�di�essi�(v.�art.�29�del�reg.�n.�404/1993�e�art.�4,�c.�1�del�reg.� n.�1442/1993),�essendo�inoltre�i�vari�contingenti�rideterminati�annual- mente�sulla�base�dei�volumi�di�importazioni�effettuati�da�ogni�singolo� operatore�negli�anni�progressi�(v.�art.�19,�comma�2�reg.�n.�404�e�articoli�9� e�14�del�reg.�n.�1442).�Le�effettuazioni�di�operazioni��inesistenti��o�mera- mente�cartolari�con�importatori��figurativi�,�oltre�a�sottrarre�quote�di� contingente�a�coloro�che�realmente�operano�od�intendono�operare�nel� settore,�finisce�con�il�pregiudicare�l'attendibilita�ed�operativita�futura�del- l'intero�sistema,�basato�sull'assegnazione�di�licenze�commisurate�sui� quantitativi�medi�che�ciascun�operatore�risulta�aver�commercializzato� nel�triennio�precedente.� In�un�siffatto�contesto�normativo�risulta�veramente�arduo�sostenere�c ome�in�effetti�sostenuto�da�entrambi�gli�opponenti��che�sarebbe�del�tutto� ultronea,�ai�fini�dell'accertamento�del�diritto�alle�agevolazioni�di�cui�si�tratta,� la�verifica�di�corrispondenza�tra�titolare�della�licenza�di�importazione�e�sog- getto�che��realmente��immette�la�merce�sul�mercato�comunitario.� L'assunto�trova�del�resto�ulteriore�e�chiara�smentita�anche�alla�luce�di� altre�disposizoni�del�reg.�n.�1442/1993.�L'art.�13�del�citato�regolamento,�pur� ammettendo�una�limitata��circolabilita���delle�licenze�di�importazione�(per� una�sola�cessione�e�tra�operatori�della�medesima�categoria,�tra�operatori� della�categoria��A��a�favore�di�operatori�della�categoria��B��e�viceversa,�da� operatori�delle�categorie��A��e��B��a�favore�di�operatori�della�categoria�C)� vieta�espressamente�le�cessioni�fra�operatori�della�categoria�C�a�favore�di� operatori�della�categoria�A�e�B�(2.�comma�dell'art.�13�citato).� La�ragione�di�tale�divieto�si�spiega�con�riferimento�alla�particolare�tipo- logia�degli�operatori�di�categoria�C,�ai�quali�le�citate�disposizioni�comunitarie� riservano�una�quota�estremamente�ridotta�del�contingente�ammesso�a�tratta- mento�daziario�preferenziale�(il�3,5%).�Si�tratta�di�imprenditori�che�hanno� iniziato�a�commercializzare�banane�centramericane�nel�triennio�di�riferi- mento�antecedente�la�richiesta�di�rilascio�di�importazione�(v.�art.�2�reg.� n.�1442/93).�II�divieto�di�cessione�di�tali�titoli�agli�operatori�che�tradizional- mente�operano�sul�mercato�delle�banane�(di�categoria�A�e�B)�e�volto�a�garan- tire�la�possibilita�che�nuovi�operatori�si�affaccino�a�tale�mercato�e,�in�defini- tiva,�a�salvaguardare�la�liberta�di�iniziativa�economica�degli�stessi�rispetto� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE141 alle�naturali�tendenze�oligopolistiche�degli�operatori�gia�affermati�che� godono�dei�vantaggi�concorrenziali�derivanti�dal�controllo�di�rilevanti�quote� di�mercato�(v.�al�riguardo�il�13.��considerando��del�preambolo�al� reg.�n.�404/1993�e�soprattutto�il�6.�considerando�del�reg.�n.�1442/1993,�ove� si�dichiara�espressamente�che�il�divieto�di�cessione�dei�titoli�rilasciati�agli� operatori�di�categoria�C�e�volto�ad�evitare�relazioni�commerciali�artificiose�o� speculative.� Nella�fattispecie�sottoposta�all'esame�del�Tribunale�trentino�risulta�d alla�documentazione�prodotta�dall'Amministrazione��che�tutte�indistinta- mente�le�174�importazioni�per�cui�e�causa�sono�state�effettuate�sulla�scorta� di�certificati�intestati�ad�operatori�``nuovi�arrivati''.� Tale�dato�di�fatto�evidenzia�la�reale��causa�economica��delle�triangola- zioni,�volte�ad�aggirare�precisi�e�tassativi�divieti�di�cessione�del�titoli�in�que- stione.�In�altri�termini,�attraverso�il�meccanismo�delle�doppie�cessioni�la�C.� (operatore�di�categoria�A)�che�evidentemente�aveva�esaurito�il�contingente�a� propria�disposizione,�ha�potuto��appropriarsi��di�quote�di�contingente�che�i� regolamenti�comunitari�avevano�inteso�riservare�in�via�esclusiva�ad�operatori� ``nuovi�arrivati''.� Avv. SarrE PirronE Gli argomenti della decisione �(omissis)� La�legittimita�delle�ingiunzionifiscali.�Le�parti�attrici�hanno�eccepito�l'il- legittimita�delle�ingiunzioni�opposte�in�quanto�emesse�ai�sensi�di�una�norma,� l'art.�82�del�d.P.R.�n.�43/1973,�che�e�stata�abrogata�dall'art.�130�del�d.P.R.�n.� 43/1988.�Nel�condividere�l'orientamento�espresso�al�riguardo�sia�dalla�giuri- sprudenza�di�questo�distretto�(v.�sentenze�della�Corte�d'Appello�citate�dal- l'Amministrazione�finanziaria�nelle�scritture�difensive�finali)�sia�dalla� Suprema�Corte�(v.�Cass.�2�giugno�1999�nr.�5350�e�Cass.�8�giugno�2000�nr.� 7801)�si�ritiene�che�la�natura�giuridica�dell'ingiunzione�puo�essere�ora�solo� quella�di�atto�amministrativo�di�accertamento�di�un�credito�tributario�e�di� contestuale�intimazione�ad�adempiere�rivolta�al�debitore�avendo�essa�perduto� l'efficacia�di�titolo�esecutivo�e�di�atto�prodromico�all'esecuzione�forzata,�la� quale�viene�attuata�nelle�forme�dell'esecuzione�esattoriale�a�cura�dei�conces- sionari�del�servizio�di�riscossione�dei�tributi,�previa�formazione�dei�ruoli.� Le�attrici�hanno�lamentato�il�mancato�rispetto�del�procedimento�di�revi- sione�previsto�dall'art.�11�del�D.Lgs.�n.�374/1990�(in�particolare�la�notifica� della�rettifica�e�l'eventuale�procedimento�amministrativo�conseguente)�richia- mando�la�motivazione�della�pronuncia�della�Corte�di�Cassazione�23�ottobre� 1998�n.�10542,�circa�la�riferibilita�di�tale�procedura�a�tutte�le�ipotesi�di�retti- fica�di�accertamenti�divenuti�definitivi�e�l'inammissibilita�della�domanda�di� riconoscimento�del�credito�erariale�direttamente�proposta�dalla�amministra- zione�in�sede�giudiziale.�Pur�dando�atto�che�la�dogana�di�Trento�ha�inteso� agire�ai�sensi�del�citato�art.�11�(un�tanto�viene�riconosciuto�anche�dall'ammi- nistrazione�convenuta�nelle�comparse�di�risposta),�ritiene�questo�giudice�con- divisibile�l'interpretazione�espressa�dalla�Suprema�Corte�in�ordine�all'inappli- cabilita�dello�strumento�della�revisione�d'ufficio��allorche�la�determinazione� 142RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO dei�diritti�evasi�consegua,�come�nella�specie,�a�fatti�di�contrabbando;�quando� cioe�non�si�tratti�di�rimediare�con�la�verifica�in�contraddittorio�ad�omissioni� e�ad�errori�sulla�esatta�individuazione�delle�merci�importate,�ma�di�quantifi- care�l'entita�del�dovuto�come�conseguenza�di�un�giudizio�sulla�sussistenza�di� illeciti,�demandato�al�giudice�penale��(Cass.�26�gennaio�1999�nr.�685).�Come� verra�chiarito�piu�avanti�e�ravvisabile�nella�fattispecie�una�condotta�illecita,� di�cui�viene�accertata�incidentalmente�in�questa�sede�l'esistenza,�realizzata�al� fine�di�beneficiare�del�dazio�di�importazione�ridotto�e�da�cio�discende�da�un� lato�la�legittimita�della�ingiunzione,�sia�pure�con�i�limitati�effetti�specificati,� e�dall'altro�lato�l'ammissibilita�della�domanda�riconvenzionale�proposta�dal- l'amministrazione�finanziaria.� Il merito della controversia. Pare�opportuno�premettere�una�rapida�disa- mina�della�disciplina�del�regime�di�importazione�delle�banane�nella�Comu- nita�europea.� L'art.�17�del�Reg.�CEE�n.�404/93�prevede�per�le�importazioni�di�banane� ��la�presentazione�di�un�certificato�rilasciato�dagli�Stati�membri�a�qualunque� interessato�che�ne�faccia�richiesta,�fatte�salve�particolari�disposizioni�per�l'ap- plicazione�degli�articoli�18�e�19�.�Tali�ultime�norme�(secondo�l'ulteriore�speci- ficazione�contenuta�nel�Reg.�CEE�n.�1442/93)�prevedono�l'istituzione�di�un� contingente�tariffario�per�le�importazioni�di�banane�da�Paesi�terzi�e�ACP� non�tradizionali�a�dazio�ridotto�e�l'art.�19�ripartisce�il�contingente�fra�tre� gruppi�di�operatori�nel�seguente�modo:�il�66,5%�alla�categoria�A)�costituita� dagli�operatori�che�prima�del�1992�avevano�commercializzato�merce�di�paesi� terzi�o�banane�ACP�non�tradizionali;�il�30%�alla�categoria�B)�composta�dagli� operatori�che�avevano�commercializzato�banane�comunitarie�o�banane�ACP� tradizionali;�il�3,5%�alla�categoria�C)�riservata�agli�operatori�di�nuova�attivita� per�il�commercio�di�banane�non�comunitarie�o�ACP�non�tradizionali.�Va�pre- cisato�che�per�le�importazioni�nei�limiti�del�citato�contingente�tariffario�e�fis- sata�un'imposizione�pari�a�100�ecu�per�tonnellata�per�il�prodotto�proveniente� da�paesi�terzi�e�a�dazio�zero�per�le�banane�di�origine�ACP;�le�importazioni� extra�contingente�scontano�invece�un�dazio�di�850�ecu�(o�di�750�ecu)�a�ton- nellata�rendendo�antieconomica�l'operazione.�L'art.�13�del�regolamento�CEE� n.�1442/1993�prevede�la�facolta�di�cessione�dei�diritti�connessi�alle�licenze�di� importazione�a�favore�di�un�solo�cessionario�per�ogni�titolo�e�relativo� estratto,�stabilendo�peraltro�il�divieto�di�trasferimento�da�un�operatore�della� categoria�C)�a�favore�di�operatori�delle�categorie�A)�e�B).� In�presenza�di�questo�quadro�normativo,�si�passa�ad�esaminare�l'insieme� delle�operazioni�poste�in�essere�dalla�C.�con�i�titolari�delle�licenze�di�importa- zione�secondo�quanto�prospettato�concordemente�dalle�parti�e�rilevabile� documentalmente.� La�C.,�che�era�proprietaria�della�merce,�l'ha�venduta�allo�stato�estero�in� singole�partite�ai�titolari�dei�certificati�esattamente�indicati�nei�processi�ver- bali�di�constatazione�(documenti�prodotti�dalla�C.�in�allegato�all'atto�di�cita- zione),�i�quali�hanno�provveduto�all'importazione�delle�banane�in�Italia�e� successivamente�le�hanno�rivendute�alla�C.�stessa.� Sostengono�le�attrici�che�i�negozi�di�compravendita�intervenuti�sono� validi�ed�effettivi�essendo�stati�regolarmente�fatturati�e�contabilizzati�dalle� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE ditte�coinvolte�e�rispondendo�tali�operazioni�ad�una�precisa�causa�economica� rappresentata�dall'interesse�dei�contraenti�l'uno�a�valorizzare�la�propria� licenza�senza�assumersi�gli�oneri�e�gli�incombenti�connessi�all'importazione� e�distribuzione�e�l'altro�a�disporre�di�maggiori�quantitativi�di�merce�da�com- mercializzare�sul�territorio�nazionale,�senza�doverla�importare�a�dazio�pieno.� Aggiungono�che,�essendo�avvenuta�l'importazione�in�forza�di�certificati�rego- larmente�emessi�e�comunque�senza�che�ne�sia�derivato�il�superamento�del� contingente�tariffario�(circostanza�nemmeno�dedotta�dall'amministrazione)� la�pretesa�tributaria�non�e��legittima�stante�l'irrilevanza�del�fatto�che�l'immis- sione�nel�mercato�comunitario�sia�eventualmente�avvenuta�ad�opera�di�sog- getto�diverso�dal�titolare�della�licenza;�cio��in�quanto�l'agevolazione�doganale� sarebbe�legata�unicamente�all'esistenza�del�requisito�oggettivo�dell'inseri- mento�della�merce�nel�contingente�per�effetto�del�rilascio�del�certificato�di� importazione.�Viene�richiamato,�a�conferma�della�correttezza�di�tale�imposta- zione,�il�tenore�letterale�del�citato�art.�17�del�Reg.�CEE�in�ordine�al�rilascio� della�licenza��a�qualsiasi�interessato�che�ne�faccia�richiesta�.� Tale�interpretazione�non�pare�condivisibile.�Va�in�primo�luogo�eviden- ziato�che�la�norma�citata�fa�salve��le�particolari�disposizioni�adottate�per� l'applicazione�degli�articoli�18�e�19��i�quali,�come�sopra�specificato,�introdu- cono�e�disciplinano�il�contingente�tariffario,�individuando�le�tre�categorie�di� soggetti�che�beneficiano�dell'agevolazione�daziaria�con�i�relativi�limiti.�Va� poi�ricordato�il�divieto�fissato�dall'art.�13�del�Reg.�n.�1442/93�di�cessione�dei� diritti�connessi�alle�licenze�da�operatori�di�categoria�C)�a�favore�di�operatori� titolari�delle�altre�categorie.�Non�v'e��dubbio�che�l'elemento�soggettivo�(titola- rita��dei�certificati)�assume�rilievo,�almeno�a�determinati�fini,�nella�regolamen- tazione�comunitaria.� L'assunto�dell'ufficio�doganale�e��che�il�complesso�delle�operazioni�realiz- zate�(cessione�della�merce�allo�stato�estero,�importazione�formalmente�ad� opera�del�titolare�della�licenza�e�rivendita�a�C.�dopo�la�nazionalizzazione)� sia�simulato�e�che�in�realta��le�importazioni�debbano�essere�attribuite�alla�C.� essendosi�semplicemente�verificata�l'interposizione�fittizia�dei�titolari�delle� licenze.�Il�meccanismo�attuato�avrebbe�consentito�alla�C.,�che�aveva�esaurito� il�proprio�contingente,�di�disporre�di�ulteriori�quantitativi�di�banane�da� immettere�sul�territorio�nazionale�a�prezzo�competitivo�per�effetto�del�dazio� ridotto.� In�presenza�delle�contrapposte�posizioni�delle�parti�in�ordine�alla�qualifi- cazione�dei�medesimi�(pacifici)�elementi�di�fatto,�occorre�esaminare�le�ragioni� poste�dalla�convenuta�a�sostegno�dell'asserito�carattere�artificioso�e�fittizio� delle�negoziazioni�sopra�descritte. E�incontestato�che�la�C.�ha�sempre�mantenuto�la�materiale�disponibilita�� della�merce�anche�dopo�la�vendita,�ha�curato�(per�conto�del�titolare�della� licenza�per�il�tramite�del�N.,�secondo�la�versione�attorea)�la�procedura�di� importazione�provvedendo�al�pagamento�dei�diritti�doganali�e�dei�costi�dello� spedizioniere�ed�infine�ha�provveduto�al�trasporto�e�alla�commercializzazione� in�Italia.� 144RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO Si�evince�dai�processi�verbali�di�constatazione�redatti�dall'ufficio�SVAD� della�Dogana�di�Trento�e�prodotti�in�giudizio�dalla�C.�che�i�titolari�formali� dei�certificati�di�importazione,�che�secondo�quanto�prospettato�dall'attrice� avrebbero�effettivamente�acquistato�le�partite�di�banane,�le�avrebbero�impor- tate�e�successivamente�rivendute�alla�stessa�cedente,�in�risposta�alla�richiesta� di�informazioni�inviata�dall'ufficio�ai�sensi�dell'art.�11�del�D.Lgs.� n.�374/1990�si�sono�dichiarati�nella�maggior�parte�dei�casi�all'oscuro�di�tali� operazioni�e�quindi�completamente�estranei�ad�esse�ed�in�altra�parte�non� sono�stati�rintracciati�avendo�cessato�da�tempo�l'attivita�.�Tale�documenta- zione,�del�resto�neppure�contestata�dalle�attrici,�puo�essere�utilizzata�ai�fini� probatori�essendo�relativa�al�procedimento�sfociato�nella�redazione�dei�pro- cessi�verbali�di�contestazione.� Va�ancora�rilevato�che�non�v'e�prova�del�fatto�che�le�fatture�relative�alla� cessione�delle�banane�siano�state�regolarmente�registrate�dagli�acquirenti�e� che�in�occasione�della�rivendita�della�merce�i�cedenti�abbiano�documentato� fiscalmente�l'operazione.�Si�osserva�che�dal�tenore�delle�citate�risposte�alle� richieste�di�notizie�e�documenti�inviate�dall'ufficio�doganale�deve�ragionevol- mente�escludersi�che�gli�operatari�interpellati�(titolari�delle�licenze)�abbiano� adempiuto�agli�incombenti�fiscali�in�relazione�alle�negoziazioni�in�questione.� In�nessuna�considerazione�puo�essere�tenuta�la�giustificazione�delle�attrici�in� ordine�all'intervento�di�N.F.,�qualificatosi�rappresentante�dei�contraenti�tito- lari�delle�licenze�d'importazione,�posto�che�non�v'e�prova�di�una�condotta� diligente�delle�attrici�volta�all'accertamento�dell'effettivita�del�possesso�dei� poteri�rappresentativi�e�quindi�tale�da�configurare�una�posizione�di�buona� fede�meritevole�di�tutela.� Quelli�evidenziati�sono�indici�rivelatori�dell'anomalia�della�situazione�in� esame�che�risultano�idonei,�per�la�loro�gravita�e�concordanza,�ad�integrare� la�prova�del�carattere�fittizio�delle�operazioni�poste�in�essere�dalla�C.�Non�si� tratta�di�verificare�e�dichiarare�la�simulazione�assoluta�dei�negozi�giuridici� formalmente�stipulati�(al�riguardo�non�v'e�neppure�domanda�della�conve- nuta)�ma�di�accertare,�in�via�incidentale�quale�presupposto�del�fondamento� della�pretesa�erariale,�il�compimento�di�un�illecito�per�effetto�della�violazione� della�disciplina�delle�importazioni,�attraverso�un�meccanismo�che�prevedeva� lo�strumentale�ricorso�a�operazioni�che�in�realta�non�erano�volute�da�una� parte�(C.)�e�all'altra�parte�non�erano�probabilmente�nemmeno�note.� Va�ora�precisato�che�i�titolari�dei�certificati�utilizzati�per�le�importazioni� oggetto�di�accertamento�sono�tutti�operatori�di�categoria�C),�come�e�dato� rilevare�dall'elenco�relativo�al�contingente�tariffario�per�l'anno�1998�prodotto� dall'attrice�(doc.�n.�51)�ed�e�parimenti�pacifico�che�la�C.�e�operatore�delle� categorie�A)�e�B).�Stante�il�divieto,�sopra�ampiamente�menzionato,�di�ces- sione�delle�licenze�di�categoria�C)�a�favore�di�operatori�delle�altre�categorie,� pare�evidente�l'illiceita�delle�operazioni�realizzate�dall'attrice�che,�oltre�a�pre- sentare�aspetti�di�oggettiva�anomalia�tali�da�farle�ritenere�fittizie,�sono�volte,� nell'insieme�considerate,�a�conseguire�in�concreto�il�risultato�che�la�disciplina� comunitaria�ha�inteso�impedire.�Merita�ricordare�la�ratio di�detto�divieto:� come�chiarito�dal�legislatore�europeo�esso�e�finalizzato�ad�evitare�che� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE abbiano�luogo��relazioni�commerciali�artificiose�o�speculative��nonche�il� rischio�di�turbamento�dei�normali�rapporti�commerciali�(sesto��conside- rando��dal�preambolo�al�Reg.�CEE�n.�1442/93)�e�quindi�e�dettato�a�tutela� dei��nuovi�operatori�che�hanno�recentemente�intrapreso�o�che�intraprende- ranno�un'attivita�commerciale�in�questo�settore��(tredicesimo�considerando� al�Reg.�CEE�n.�404/93).� Si�deve�concludere�che�attraverso�le�importazioni�contestate�la�C.,�ope- ratore�delle�categorie�A�e�B,�che�verosimilmente�aveva�esaurito�il�contin- gente�riservato�alle�sue�licenze,�ha�immesso�nel�consumo�nazionale�ulteriori� quantitativi�di�banane�a�dazio�ridotto�che�competevano�agli�operatori�di� categoria�C.� Le�argomentazioni�che�precedono�rendono�evidente�l'irrilevanza�della� questione,�sollevata�dalla�C.,�della�validita�ed�efficacia�dei�certificati�d'impor- tazione�utilizzati,�posto�che�la�pretesa�doganale�trova�fondamento�nella�vio- lazione�sostanziale�delle�disciplina�comunitaria.� La�C.�ha�eccepito�la�propria�carenza�di�legittimazione�passiva�facendo� riferimento�al�disposto�degli�articoli�202�del�codice�doganale�comunitario� che�individua�i�debitori�d'imposta�nel�caso�di�importazione�irregolare� e�all'art.�38�del�codice�doganale�interno�che�indica�quale�soggetto�passivo� dell'obbligazione�doganale�il�proprietario�della�merce.�Analogo�rilievo�ha� sollevato�la�ditta�E.�mettendo�in�evidenza�che�la�normativa�comunitaria� richiede�la�consapevolezza�dell'irregolarita�dell'introduzione�(elemento� soggettivo).� Quanto�accertato�ed�esposto�in�ordine�alla�natura�fittizia�e�non�reale� delle�operazioni�connesse�all'introduzione�nel�territorio�nazionale�delle� banane�da�parte�della�C.�esclude�ogni�dubbio�sulla��irregolarita���dell'impor- tazione�e�induce�nel�contempo�a�individuare�nella�stessa�attrice�il�soggetto� titolare�della�merce�e�quindi�anche�del�debito�erariale.�Per�le�stesse�ragioni� nella�C.�va�identificato�il��proprietario�della�merce��importata.�Quanto�alla� E.�la�sua�responsabilita�sociale�deriva�dal�disposto�dell'art.�12�del�D.Lgs.� n.�374/1990�e�non�pare�possibile,�avendo�la�solidarieta�funzione�di�garanzia� a�favore�dell'erario,�attribuire�rilievo�a�presunti�stati�soggettivi,�non�senza� evidenziare�che�le�anomale�modalita�delle�importazioni�avrebbero�dovuto� indurre�lo�spedizioniere�doganale�diligente�ad�esperire�gli�approfondimenti� del�caso.� La�C.�ha�infine�invocato�l'applicazione�dell'art.�220�paragrafo�2�lette- ra�B)�del�codice�doganale�comunitario�per�sentire�dichiarare�non�dovuti� i�maggiori�diritti�intimati�per�effetto�della�contabilizzazione�a�posteriori�da� parte�dell'autorita�doganale,�non�essendo�possibile�per�quest'ultima�correg- gere�in�tal�modo�eventuali�errori�in�presenza�di�una�posizione�di�buona�fede� dell'importatore.� Sul�punto�pare�sufficiente�osservare�che�il�carattere�irregolare�della� introduzione�della�merce�esclude�in�radice�la�possiblita�di�beneficiare�dell'esi- mente�in�questione,�difettando�il�requisito�della�buona�fede.� (omissis)�� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO RICORSO AVVERSO IL SILENZIO DELL'AMMINISTRAZIONE: UN FRENO ALL'ESTENSIONE DEI POTERI DECISORI DEL GIUDICE AMMINISTRATIVO Consiglio�di�Stato,�Adunanza�Plenaria,�9�gennaio�2002,�n.�1�^Presidente�De� Roberto�^Estensore�Borioni�^Ministero�della�Sanita�e�Ministero� dell'Universita�e�della�Ricerca�Scientifica�e�Tecnologica�(avv.�Stato�G.� Aiello)�c/�A.�P.�ed�altri.�(1).� Tribunale�Amministrativo�Regionale�del�Lazio,�sezione�III-bis,�6�marzo�2002,� n.�1682�^Presidente�Scognamiglio�^V.M.T.�ed�altri�(avv.ti�Iannarelli�e� Cintoli)�il�Ministero�dell'Istruzione,�dell'Universita�e�della�Ricerca�Scien- tifica�(avv.�Stato�M.A.�Scino).�(2).� le massime (1)�L'art.�21�bis,�cos|��come�modificato�dall'art.�2�legge�205/00,�introduce� nell'ordinamento�un�giudizio�speciale�diretto�ad�accertare�se�il��silenzio��violi� l'obbligo�dell'Amministrazione�di�adottare�un�provvedimento�esplicito�sull'i- stanzadelprivato;ilgiudicenonpuo�,ne�tantomenodeve,�sostituirsiall'Ammi- nistrazioneinnessunafasedelgiudizio,�malimitarsiadaccertareseil�silenzio�� sia�o�non�sia�illegittimo�e,�nel�caso�di�accoglimento�del�ricorso,�imporra��all'Am- ministrazionediprovvederesull'istanzaentro�iltermineprevisto.� Lepotesta��amministrativenonpassanoincapoall'organogiudicantenean- che�quando�l'istanza�del�privato�si�realizzi�in�un�provvedimento�che�sia�espres- sionedipotereprivo�dicontenutodiscrezionaleoabasso�contenuto�didiscrezio- nalita��.�L'art.�21�bis,�infatti,�definisce�una�disciplina�unica�e�indifferenziata,� valida�in�tutti�i�casi�in�cui�l'Amministrazione�si�sottragga�al�dovere�di�adottare� un�atto�autoritativo�esplicito.� (2)�Nei�casidiazione�che�haperoggetto�unapretesapatrimoniale�diretta,� gia��predeterminata�in�tutti�i�suoi�elementi,�o,�quanto�meno,�facilmente�determi- nabile,�questasiprospettacomerivoltaall'accertamentodiunobbligopatrimo- niale�imposto�dall'ordinamento�ed�e��diretta�ad�ottenere�una�pronuncia�di�con- danna�dell'Amministrazione.�A�siffatto�risultato�non�puo��condurre�il�procedi- mento�speciale�di�annullamento�del�silenzio-rifiuto�ex�art.�2�della�legge�205/� 2000:neldettoprocedimento�ilgiudiceamministrativoesercitasoloipoteripro- pri�della�giurisdizione�di�legittimita��.�Nei�casi,�invece,�di�giurisdizione�esclusiva� per�giungere�alla�condanna�della�P.A.,�le�pretese�patrimoniali�devono�essere� valutate�attraverso�un�giudizio�ordinario�diretto�ad�accertare�la�reale�consi- stenza�della�posizione�giuridica�vantata,�della�titolarita��della�stessa,�ed,�infine,� della�sussistenza�dell'inadempimento�dell'Amministrazione.�Il�nuovo�e�accele- rato�strumento�di�tutela�offerto�dalprocedimento�speciale�introdottoper�i�ricorsi� avverso�il�silenzio�non�puo��valere�per�ottenere�in�modo�anticipato�una�delibera- zione�del�mertito�della�controversia,�che�invece�e��riservato�al�normale�giudizio� di�cognizione.� il commento 1.�Ricostruzione�della�questione��Con�la�decisione�de�qua�l'Adu- nanza�Plenaria�prende�in�esame�e�definisce,�sembrerebbe�in�modo�decisivo,� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE l'annosa�questione�della�tutela�delle�situazioni�giuridiche�soggettive�dei�pri- vati�nell'ipotesi�di�mancata�(o�intempestiva)�adozione�del�provvedimento� amministrativo.� Le�premesse�per�la�costruzione�della�disciplina�attuale�del�silenzio- rifiuto�sono�poste�dalla�giurisprudenza�all'inizio�degli�anni�sessanta,�con�il� superamento�della�concezione�tradizionale�che�identificava�nel�silenzio�della� pubblica�Amministrazione�un�atto�amministrativo�tacito.�Il�nuovo�orienta- mento�e��prospettato�per�la�prima�volta�dall'Adunanza�plenaria�del�Consiglio� di�Stato�nella�celebre�sentenza�n.�8�del�3�maggio�1960,�relativa�agli�effetti� della�decisione�tardiva�sul�ricorso�gerarchico�nei�confronti�del�giudizio� instaurato�contro�il�silenzio-rigetto.�Il�giudice�amministrativo�offre,�in�questo� modo,�una�interpretazione�del�silenzio�come�mero�comportamento�omissivo,� nel�quale�non�e��mai�ravvisabile�una�decisione,�neppure�implicita,�della�pub- blica�Amministrazione(1).� Il�giudice�amministrativo�con�la�ricordata�pronuncia�del�1960�aveva�fon- damentalmente�evidenziato�che�nel�sistema�del�diritto�amministrativo�gli� effetti�costitutivi,�cui�e��interessato�il�cittadino�che�agisce�contro�il�silenzio,� non�possono�di�regola�conseguire�che�ad�atti�formali�dell'Amministrazione.� Pertanto,��la�mancanza�dell'atto�implica�necessariamente�che�la�situazione� giuridica�debba�restare�immutata�.�L'Amministrazione�ha�il�dovere�di�prov- vedere�ed�il�giudice�``puo�accertare�l'illegittimita��dell'omissione,�ma�non�puo�� anche�sostituirsi�all'Amministrazione�nel�determinare�il�contenuto�dell'atto'',� poiche�esso�riguarda�``valutazioni�riservate�all'autorita��amministrativa''.� Secondo�l'Adunanza�Plenaria�del�1960,�quindi,�l'illegittimita��non�risiede�nel- l'aver�rifiutato�(tacitamente)�l'istanza,�ma�nell'aver�rifiutato�di�emettere�su� di�essa�un�qualsiasi�provvedimento.�Ne�consegue�che�non�solo�l'Amministra- zione,�allo�scadere�del�termine�fissato�nella�diffida�non�perde�il�potere�di� provvedere�ma�anche�che�il�suo�provvedimento,�di�segno�positivo�o�negativo� che�sia,�e��idoneo�a�far�venir�meno�il�giudizio�contro�il�silenzio�(2).� Un�successivo�indirizzo�dell'Adunanza�plenaria�del�Consiglio�di�Stato,�in� ordine�alla�procedura�per�la�formazione�del�silenzio-rifiuto,�ritenne�applica- bile�l'art.�25�del�tu.�imp.�civ.,�che�disciplina�le�modalita��per�far�valere�la� (1)�Il�silenzio-rifiuto,�nell'orientamento�tradizionale,�veniva�equiparato�ad�un�atto�ammini- strativo�tacito�di�reiezione�dell'istanza�del�privato:�tale�tecnica�si�risolveva�semplicemente�in�una� forma�di�legittimazione�processuale,�concessa�per�la�tutela�di�un�interesse�legittimo�pur�in�assenza� di�un�procedimento�espresso�dell'amministrazione�da�impugnare.�L'identificazione�del�silenzio� con�l'atto�amministrativo�di�rifiuto�comportava,�inoltre,�che�nella�impugnazione�del�silenzio�si� percepisse�lo�stesso�bisogno�di�tutela�giuridica�che�si�esprimeva�nell'impugnazione�del�diniego� esplicito:��la�posizione�del�ricorrente,�quanto�all'interesse�permane�identica,�persistendo�la�sua� pretesa�di�ottenere�cio��che�l'amministrazione�gli�ha�negato,�prima�implicitamente�poi�esplicita- mene��(C.S.,�sez.�VI,�10�dicembre�1958�n.�921).� (2)�Il�silenzio�e��solo�un�comportamento,�da�cui�non�e��possibile�desumere�alcuna�volonta��del- l'amministrazione,�e�che�pertanto�il�giudice�non�puo���sostituirsi�all'amministrazione�nella�determi- nazione�del�preteso�contenuto�di�siffatto�comportamento�,�ma�si�deve��limitare�ad�accertare�il� contrasto�del�comportamento�negativo�con�l'obbligo�di�provvedere�.�Cfr.�C.S.,�V,�542/1960�e� 302/62.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO responsabilita��dei�pubblici�impiegati�per�l'omissione�di�atti�od�operazioni� dovuti.�Si�riconobbe,�infatti,�che�nel�caso�del�silenzio-rifiuto,�fosse�necessaria,� fra�l'istanza�ed�il�ricorso�giurisdizionale,�l'intermediazione�di�una�diffida�a� provvedere�rivolta�all'Amministrazione,�la�cui�disciplina�poteva�ricavarsi�dal- l'art.�25�sopra�citato:�ne�risultava�che,�trascorsi�sessanta�giorni�dalla� domanda,�nei�procedimenti�ad�istanza�di�parte,�o�immediatamente�nei�proce- dimenti�d'ufficio,�il�cittadino�doveva�notificare�una�diffida�all'Amministra- zione�e�successivamente�agire�davanti�al�giudice�amministrativo�contro�il� silenzio,�trascorsi�trenta�giorni�dalla�notifica.(3)� Appare,�quindi,�coerente�con�questa�logica�ritenere�che�l'inerzia,�in� quanto�negazione�della�funzione,�comporti�il�venir�meno�della�responsabilita�� esclusiva�dell'Amministrazione�nei�confronti�del�suo�esercizio�e�la�possibilita�� di�porre�in�essere�meccanismi�sostitutivi�in�sede�giurisdizionale�da�parte�dei� soggetti�interessati.�L'estensione�del�potere�giudiziale�di�accertamento�trova,� pero��,�un�limite�invalicabile�nella�natura�del�processo�di�legittimita��,�in�cui�il� giudice�non�ha�il�potere�di�sostituire�l'Amministrazione�nelle�valutazioni�ad� essa�riservate.� La�questione�ha�trovato�nuovo�impulso,�di�recente,�con�l'introdu- zione,�nel�contesto�della�riforma�del�processo�amministrativo,�di�un�rito� processuale�speciale�per��i�ricorsi�avverso�il�silenzio�della�pubblica� Amministrazione�.� Il�nuovo�art.�21�bis,�introdotto�dall'art.�2�della�legge�205/00,�disci- plina�un�rito�caratterizzato�dall'emanazione�in�tempi�brevi�di�una��sen- tenza�succintamente�motivata��del�giudice�amministrativo�che��ordina all'Amministrazione�di�provvedere�.�E�inoltre�prevista�una�successiva,� eventuale,�seconda�fase�da�un�giudizio�di��ottemperanza�speciale��o� �anomala�,�che�si�apre�con�l'insediamento�di�un�commissario�ad acta in� sostituzione�dell'Amministrazione�rimasta�inadempiente�all'ordine�del� giudice.� Nonostante�l'indubbia�rilevanza�dell'introduzione�nel�nostro�ordina- mento�di�un�rimedio�specifico contro�l'inerzia�amministrativa,�ha�lasciato� all'interprete�la�scelta�se�il�giudizio�si�debba�concludere�con�una�sentenza� meramente�dichiarativa�dell'obbligo�di�provvedere�o�se�invece�lo�stesso�sia� idoneo�a�definire,�quantomeno�parzialmente,�il�rapporto�giuridico�sotto- stante�che�intercorre�tra�Amministrazione�e�privato(4).� (3)�In�questa�direzione�sembrerebbe�potersi�valorizzare�il�principio�sancito�dall'art.�2�della� legge�n.�241/1990.�Il�sistema�introdotto�dalla�legge�n.�241/1990�e��chiaramente�inteso�a�garantire� l'esercizio�effettivo�della�funzione�amministrativa�sia�nell'interesse�pubblico�che�nell'interesse�dei� cittadini�coinvolti.�Essa�quindi�introduce�la�tempestivita��fra�i�requisiti�essenziali�dell'attivita�� amministrativa.�Pertanto,�l'interesse�dell'ordinamento�non�e��piu��quello�di�ottenere�che�la�funzione� sia�esercitata,�ma�quello�che�la�funzione�sia�esercitata�nei�tempi�prescritti,�soprattutto�quando�ci� siano�cittadini�interessati�al�suo�svolgimento.� (4)�Ovvero�se��il�giudice�amministrativo�debba�decidere�i�ricorsi�avverso�il�silenzio-rifiuto,� soltanto�controllando�il�calendario,�per�dichiarare�se�scaduti�i�termini,�bisognava�e�bisognera�� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE Si�tratta�in�sostanza�delle�due�ipotesi�prospettate�nell'ordinanza�della�VI� sezione�del�Consiglio�di�Stato�che�ha�rimesso�la�questione�all'Adunanza�Ple- naria�temendo��la�possibilita�di�contrasti�giurisprudenziali��(5).� Respingendo�la�tesi�estensiva��forse�maggiormente�rispettosa�di�esi- genze�di�effettivita�della�tutela�e�piu�in�linea�con�le�soluzioni�degli�altri�ordi- namenti�europei(6)��la�Plenaria�ha�stabilito�che�il�giudizio�speciale,�rifor- mato�dall'art.�2�legge�205/00,�sia�diretto�unicamente��ad�accertare�se�il�silen- zio�violi�l'obbligo�dell'Amministrazione�di�adottare�un�provvedimento� esplicito�sull'istanza�del�privato�;�pertanto��il�giudice�non�si�sostituisce� all'Amministrazione�in�nessuna�fase�del�giudizio,�ma�accerta�se�il�silenzio� sia�o�non�sia�illegittimo�e,�nel�caso�di�accoglimento�del�ricorso,�impone� all'Amministrazione�di�provvedere�sull'istanza�entro�il�termine�assegnato�.� 2.�Motivi della decisione. �Una�prima�conferma�dell'assunto�e�da� rintracciare,�a�giudizio�del�Collegio,�nello�stesso�tenore�letterale�della�norma� in�esame:�il�testo�del��nuovo��art.�21�bis �identifica�l'oggetto�del�ricorso�nel� silenzio��e�non�fa�alcun�riferimento�alla��pretesa�sostanziale�del�ricorrente�� ne�tanto�meno�agli�interessi�(legittimi)�di�cui�egli�e�portatore.�Trattandosi�di� procedimenti�avverso�il�solo��silenzio�,�ad�essere�censurato�risulta�esclusiva- mente�il�comportamento�di�inerzia�della�P.A.,�e�con�cio�i��poteri�cognitori� del�giudice�sono�delimitati�dal�ricorso��stesso�ex�art.�112�c.p.c.�secondo�il� noto�principio�del�ne eat iudex ultrapetitum partium.�Sarebbe�quindi�lo�stesso� legislatore�a��circoscrivere�il�giudizio�alla�inattivita�dell'Amministrazione�.� La�norma�si�limita�a�prevedere�che�il�giudice,�in�caso�di�accoglimento�del� ricorso,��ordina�all'Amministrazione�di�provvedere��e�qualora��l'Ammini- strazione�resti�inadempiente...�su�richiesta�di�parte,�nomina�un�commissario� che�provveda�in�luogo�della�stessa��(comma�2),�sancendo,�cos|�,incapoal� giudicante�il��solo��ordine�di�provvedere�da�imporre�all'Amministrazione� competente,�senza�alcuna�possibilita�di�provvedere�direttamente.� Inoltre�l'espressione��resti inadempiente��induce�a�ritenere�che�l'inadem- pimento�dell'Amministrazione�ha�lo�stesso�contenuto�prima�della�sentenza,� quando�e�condizione�per�l'accoglimento�del�ricorso�avverso�il�silenzio,�edopo,� quando�e�condizione�perche�il�commissario�provveda.� provvedere�oppure�se�debba�valutare,�nei�limiti�consentiti,�la�fondatezza�della�domanda��Can- nadA Bartoli, Ricorso avverso il silenzio rifiuto e mutamento della domanda,in�Foro Amministra- tivo,1993,�310.� (5)�La�giurisprudenza�amministrativa�era�divisa�tra�la�tesi�secondo�cui��nell'ipotesi�di�impu- gnazione�del�silenzio-rifiuto�tenuto�dall'amministrazione�sulla�domanda�di�un�privato,�la�pronun- cia�del�giudice�amministrativo�nel�procedere�all'accertamento�dell'obbligo�di�provvedere�sull'i- stanza�medesima�puo�contenere�statuizioni�che�indichino�i�motivi�per�cui�possa�ritenersi�fondata� la�pretesa�avanzata�dall'interessato�e�indirizzi�in�tal�modo�l'attivita�successiva�dell'amministra- zione�,�in�questo�senso�Cons.�St.,�25�maggio�2000,�n.�264,�in�Cons. St.,�2000,�I,�1544;�e�la�tesi,� seguita�poi�dalla�Plenaria,�secondo�cui��ai�sensi�dell'art.�2�legge�21�luglio�2000,�n.�205,�a�fronte� dell'impugnazione�del�silenzio�serbato�dall'Amministrazione,�il�giudice�amministrativo�deve�limi- tarsi�ad�accertare�l'obbligo�di�provvedere,�senza�poter�esaminare�la�fondatezza�della�domanda�,� T.A.R.�Calabria�Reggio�Calabria,�25�luglio�2001,�n.�724,�in�T.A.R., 2001,�3496.� (6)�La�cosiddetta�azione�di�adempimento�prevista�nell'ordinamento�tedesco,�e�i�rimedi�pre- visti�in�Austria�e�Francia�saranno�successivamente�analizzati.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO La�terminologia�utilizzata���provvedere����ordina...di�provvedere�,� �un�commissario�che�provveda���definisce�l'esercizio�di�una�potesta�ammi- nistrativa,�e�sarebbe,�quindi,�inappropriata�se�il�giudice�dovesse�spingersi�a� stabilire�il�concreto�contenuto�del�provvedimento,�poiche�in�tal�caso�all'Am- ministrazione�e�al�commissario�non�residuerebbero�altri�spazi�se�non�per� un'attivita�avente�contenuto�e�funzione�di�mera�esecuzione�.�Solo�il�protrarsi� dell'inadempimento�sarebbe�idoneo�a�trasferire�le�potesta�amministrative� non�gia�al�giudice�bens|�al�commissario�ad�acta�nominato.�Infatti�l'indetermi- natezza�circa�il�contenuto�(positivo�o�negativo)�dell'eventuale�provvedimento� tardivo�dell'Amministrazione,�avvalora,�secondo�la�Plenaria,��la�tesi�che� l'organo�competente�in�via�ordinaria�conserva,�pur�dopo�la�sentenza�e� fino�all'insediamento�del�commissario,�il�potere�di�provvedere�in�senso� pieno�.� Tali�conclusioni,�inoltre,�non�sarebbero�confutate��diversamente�da� quanto�prospettato�nell'ordinanza�di�rimessione��dalla�previsione�conte- nuta�nell'art.�21-bis�(7)�di�una�istruttoria�o�di�un�accoglimento�parziale�del� ricorso��trattandosi�di�eventi�ipotizzabili�anche�se�il�giudizio�ha�per�oggetto� il�solo�accertamento�dell'obbligo�.� Altro�elemento�di�conferma�alla�tesi�proposta�viene�ravvisato�dall'Adu- nanza�da�cio�che�emerge�dall'analisi�del�d.d.l.�A.S.�2934�(propedeutico�alla� legge�205/00):�la�trasformazione�del�ricorso�avverso�il�silenzio��in�un�proce- dimento�d'urgenza��diretto�ad�evitare�che��la�dichiarazione�dell'obbligo�di� provvedere�(che�di�per�se�non�soddisfa�l'interesse�sostanziale�al�ricorso)� sopraggiunga�dopo�i�lunghi�tempi�del�processo�ordinario�.�Sussisterebbero,� dunque,�concordi�elementi�ermeneutici�dai�quali�emergerebbe��che�il�rito�spe- ciale��sia�stato�introdotto�per�riuscire,��con�la�speditezza�consentita�dal� rispetto�delle�garanzie�processuali,�ad�imporre�all'Amministrazione��inadem- piente��l'esercizio�della�potesta�amministrativa�.� I�tempi�fissati,�trenta�giorni�dal�deposito�del�ricorso,�le�stesse�modalita� di�decisione�(assunta�in�camera�di�consiglio,�previa�audizione�dei�difensori� che�ne�facciano�richiesta,�e�succintamente�motivata)�e�il�fatto�che�in�un� primo�momento�il�d.d.l.�2934�prevedeva�una�decisione�sul�ricorso�in�forma� di�ordinanza�fanno�pensare�piu�aun�giudizio�sommario�che�ad�un�giudizio� nel�quale�il�giudice�ricostruisce�i�presupposti�di�fatto�e�di�diritto�della�que- stione.�Un�procedimento�diretto�all'accertamento�della�pretesa�sostanziale� del�ricorrente�dovrebbe�essere�sicuramente�piu�complesso�del�processo� diretto�all'annullamento�dell'atto.�Infatti,��mentre�quest'ultimo�si�limita�di� per�se�a�considerare�una�vicenda�finita�ed�e�a�sua�volta�delimitato,�nei�suoi� confini,�dai�vizi�proposti�nel�ricorso,�un�giudizio�diretto�alla�fondatezza� della�pretesa�al�provvedimento�investe�a�tutto�tondo,�il�rapporto�Ammini- strazione�amministrato�relativamente�al�provvedimento�richiesto,�e�com- porta�quindi�l'analisi�di�uno�spettro�di�situazioni�molto�piu�ampio�e�com- (7)�La�sentenza�riporta��art.�23�bis��ma�e�,�a�nostro�giudizio,�un�chiaro�errore�di�trascri- zione.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE plesso��(8).�La�brevita�dei�termini�e�la�snellezza�delle�formalita�sono,�infatti,� corrispondenti�ad�una�costruzione�del�procedimento�attraverso�il�quale�il� giudice�accerti�solo�se�l'Amministrazione�debba�provvedere�senza�estendere� �la�propria�cognizione�ad�altri�profili��(9).� 3.�Un�problema�ancora�irrisolto.��Abbandonando�precedenti�convin- zioni�circa�la�tutela�ritenuta�ottimale�nei�confronti�dell'inerzia�amministra- tiva,�e�contro�l'interpretazione�della�dottrina�secondo�la�quale�la�norma� lascerebbe�impregiudicato�il�problema�dell'oggetto�del�giudizio�contro�il� silenzio(10),�ad�avviso�dell'Adunanza�Plenaria,�la�novella�del�2000�delinea� un�giudizio�avente�ad�oggetto�l'obbligo�di�provvedere,�finalizzato�esclusiva- mente�ad�ottenere�una�determinazione�amministrativa�che�concluda�il�proce- dimento�rimasto�inevaso.� Parte�della�giurisprudenza,�infatti,�dopo�l'entrata�in�vigore�dell'art.�2,� legge�205/00,�aveva�ritenuto�che�la�decisione�sul�silenzio�rifiuto�non�assu- messe�ad�oggetto�unicamente�la�legittimita�in�senso�puramente�formale�del� silenzio,�ma�si�estendesse�fino�ad�accertare�la�fondatezza�sostanziale�della� pretesa�posta�a�base�dell'istanza�dedotta�in�giudizio(11).� Tuttavia�non�pochi�indizi�porterebbero�a�ritenere�che,�tra�le�due�solu- zioni�possibili�prospettate�anche�nell'ordinanza�di�rimessione�il�legislatore� abbia�scelto�quella�piu�semplice�sul�piano�dei�rapporti�tra�procedimento� amministrativo�e�processo�di�legittimita�:�l'azione�ex�art.�21�bis�sembrerebbe� essere�volta�piu�che�altro�all'emanazione�nel�piu�breve�tempo�possibile�di�un� atto�che�definisca�il�rapporto�tra�Amministrazione�e�privato,�lasciando� impregiudicati�i�profili�inerenti�alla�legittimita�della�definizione�del�rapporto� per�tale�via�conseguita(12).� La�volonta�del�nomopoieta�di�privilegiare��rispetto�ad�esigenze�di� effettivita�della�tutela��il�mantenimento�del�carattere�successivo�del�giudizio� rispetto�al�formarsi�dell'azione�amministrativa,�emerge�chiaramente�dalla�let- tera�del�terzo�comma�dell'art.�21�bis�rappresentando,�al�contempo,�anche�il� vero�punto�debole�delle�teorie�estensive.�E�evidente�che,��se�la�pronuncia�del� giudice�avesse�potuto�estendersi�ai�presupposti�di�fatto�e�di�diritto,�fissando� il�contenuto�del�futuro�provvedimento,�non�sarebbe�bastata�una�qualsivoglia� pronuncia�della�P.A.,�ben�potendosi�configurare�una�violazione�della�sen- tenza�anche�attraverso�comportamenti�elusivi��(13).� (8)�DE Pretis,�op.�cit.,37.� (9)��L'art.�21�bis�introduce�un�rito�di�cognizione�a�carattere�speciale,�nel�quale�le�ragioni� dell'accelerazione�impressa�alla�definizione�della�controversia�sono�da�ricercare,�prevalentemente,� nella�relativa�semplicita�degli�accertamenti�di�fatto�e�di�diritto�che�e�necessario�svolgere�in�sede� giurisdizionale�;�Cons.�St.,�3�gennaio�2002,�inedita.� (10)�Cfr.�Tonoletti,�Commento�all'art.�2,�l.�21�luglio�2000,�n.�205,in�Nuove�leggi�civ.�comm.,� 2001,�574.� (11)�Cons.�St.,�13�aprile�2000,�n.�2211,�in�Cons.�St.,�2000,�I,�962.� (12)�Tonoletti,�op.�cit.,�576.� (13)�DeL GattO S.,�Giudizio�contro�ilsilenzio�dellaP.A.:�verifica�dellapretesa�o�controllo�del� calendario?�in�Giust.�It.,2002.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO Il�permanere,�in�capo�all'organo�amministrativo�competente,�del�potere� di�provvedere�ben�oltre�la�sentenza�del�giudice(14),�e�con�l'unico�limite�tem- porale�dell'insediamento�del�commissario�la�cui�nomina�non�e�immediata,� cioe�contestuale�alla�sentenza,�come�in�un�primo�tempo�previsto(15)�d etermina�nell'ordinamento�italiano�una�prerogativa�assai�significativa�specie� se�paragonata�alle�soluzioni�di�altri�ordinamenti�quello�austriaco�ad�esempio� dove�la�pubblica�Amministrazione,�allo�spirare�del�termine�fissato�dal�giu- dice,�perde�inevitabilmente�il�potere�di�provvedere�(16).� La�peculiarita�del�procedimento�risiede�qui�nel�breve�lasso�di�tempo�che� deve�intercorrere�tra�l'inadempimento�dell'Amministrazione�all'ordine�di� provvedere�e�la�nomina�di�un�commissario�ad acta:�tra�l'inadempimento�e�l'e- secuzione�non�si�interpone�alcuna�fase�giudiziale�di�cognizione�del�contenuto� dell'obbligo�scaturente�dalla�sentenza.�Come�viene�confermato�anche�dal� comma�3.�dell'art.�21�bis,�il�legislatore�attribuisce�rilevanza�esclusivamente� al�fatto�che��l'Amministrazione�abbia�provveduto�:�qualora�il�provvedimento� non�sia�stato�emanato,�il�giudice,�come�si�e�detto,�deve�nominare�un�commis- sario�che�provveda�in�luogo�della�stessa�Amministrazione.� La�giurisprudenza�gia�aveva�dichiarato�improcedibile�per�sopravvenuta� carenza�d'interesse,�il�ricorso�giurisdizionale�proposto�a�seguito�del�silenzio� rifiuto�serbato�dalla�P.A.�nei�confronti�dell'istanza�del�privato,�ogni�qual� volta�che,�nelle�more�del�giudizio,�l'Amministrazione�stessa�avesse�adottato� un�provvedimento�esplicito�di�rigetto�della�predetta�istanza,�ancorche�non� satisfattivo�della�pretesa�sostanziale�del�ricorrente(17).�Unica�funzione�dell'a- zione�contro�il�silenzio�era,�e�tuttora�e�,�quella�di�provocare�una�pronuncia� da�parte�dell'Amministrazione�che�potesse�costituire�il�punto�d'aggancio�di� un�successivo�processo�impugnatorio,�mentre�la�tutela�della�pretesa�era�rin- viata�completamente�al�giudizio�di�ottemperanza�(18).� (14)�La�previsione�della�possibilita�di�provvedere�anche�oltre�il�termine�assegnato�dal�giudice� evidenzia�chiaramente�la�finalita�essenzialmente�compulsoria�del�giudizio�contro�il�silenzio.� (15)�Cfr.�art.�6�del�d.d.l.�10�novembre�1994�n.�1124,�pubblicato�in�Giorn. Dir. Amm.,1995,�21� ss.,�con�commento�di�PatronI Griffi,�La riforma delprocesso amministrativo,�prevedeva�che��in� caso�di�totale�o�parziale�accoglimento�del�ricorso,�il�giudice�amministrativo,�sussistendone�i�pre- supposti,�ordina�all'amministrazione�di�provvedere�entro�un�dato�termine,�e�nominauncommissa- rio che�provveda�in�luogo�dell'amministrazione�qualora�quest'ultima�resti�inadempiente�.� (16)�La�Corte�amministrativa�austriaca�avra�la�possibilita�o�di�decidere�in�modo�pieno�ed� immediato,�emanando�il�provvedimento�al�posto�della�P.A.,�oppure�di�limitare�la�propria�deci- sione�alle�questioni�di�diritto�ritenute�essenziali,�ordinando�all'amministrazione�di�provvedere� entro�un�termine�massimo�di�otto�settimane�nel�rispetto,�giova�sottolinearlo,�delle�statuizioni�det- tate.�Si�veda�FerrarA L.,�Prime riflessionisulla disciplina delsilenzio �inadempimento con atten- zione alla Saumnisbeschwerde austriaca,in�La tutela dell'interesse alprovvedimento,�a�cura�di�Fal- con,�Trento,�2001.� (17)�Tale�circostanza,��costituisce�di�per�se�una�corretta�effusione�della�potesta�amministra- tiva,�la�quale�non�viene�meno�per�il�sol�fatto�del�decorso�del�termine�di�legge�per�la�formazione� del�silenzio��rifiuto�.�Cons.�St.�sez.�V,�21�maggio�1999,�n.�589,�in�Foro amm,�1999,�1003.� (18)�Tonoletti,�voce��Silenzio della pubblica amministrazione� in�D. disc. pubbl.,�XIV,� Torino,�1999,�156�ss.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE Il�legislatore�si�e�limitato�ad�accogliere�il�citato�orientamento�giurispru- denziale�non�ritenendo�necessaria�una�mediazione�rivolta�a�definire�il�conte- nuto�dell'obbligo�di�conformazione�dell'Amministrazione:�la�sentenza�risulta� essere�meramente�dichiarativa�dell'obbligo�di�provvedere�e�priva�di�qualun- que�statuizione�circa�la�regola�da�applicare�nel�caso�concreto.� Sebbene�la�Plenaria�non�vi�faccia�riferimento,�importante�e�la�considera- zione�che�la�nomina�del�commissario�ad�acta�per�l'esecuzione�dell'ordine�di� provvedere�rimasto�inadempiuto,�rappresenta,�ai�sensi�dell'art.�2,�legge� 205/00,�non�gia�unafacolta�del�giudice,�bens|�un�atto�dovuto,�a�differenza�di� quanto�avviene�nell'ordinario�giudizio�di�ottemperanza,�in�cui�il�giudice� amministrativo�puo�scegliere�se�sostituirsi�direttamente�all'Amministrazione� o�nominare�un�commissario.�Infatti�nell'ipotesi�di�cui�all'art.�21�bis,la� scelta�del�legislatore�di�prevedere�espressamente�che�unico�legittimato�in� luogo�dell'Amministrazione�inadempiente�sia�un�commissario�ad�acta,� determina�l'importante�conseguenza�di�dover�considerare�quest'ultimo� non�come�un�semplice�ausiliario�del�giudice�bens|�un�organo�straordinario� dell'Amministrazione�(19).� La�previsione�dell'art.�21�bis,�3.�comma�parrebbe�affine�piu�alle�tecniche� di�surrogazione�in�via�amministrativa�dell'autorita�inadempiente�(fra�cui�il� meccanismo�sostitutivo�previsto�dall'art.�4�della�legge�n.�493/1993�nel�proce- dimento�per�il�rilascio�della�concessione�edilizia)�che�non�all'ordinario�giudi- zio�di�ottemperanza(20).� Gli�atti�adottati�dal�commissario,�definendo�per�la�prima�volta�il�rap- porto�dell'Amministrazione�con�il�cittadino�per�opera�di�un�organo�della� P.A.�seppur�straordinario,�si�configurerebbero�come�provvedimenti�autono- mamente�impugnabili�nelle�forme�del�processo�ordinario.�Cio�conferma,�da� un�lato,�la�volonta�di�mantenere�il�capo�al�giudice�amministrativo�unica- mente�la�funzione�di�controllo�successivo�sugli�atti,�e,�dall'altro,�come�ha�rile- vato�la�Plenaria,�l'unicita�della�sede�in�cui�e�consentito�il�sindacato�sulla�fon- datezza�della�pretesa�del�ricorrente�ovvero�attraverso�un�giudizio�con�la� forma�e�con�i�tempi�di�un�giudizio�ordinario.� Una�diversa�interpretazione�potrebbe�dar�luogo�ad�abusi,�ove�si�consen- tisse�di�avvalersi�del�rito�del�silenzio�per�ottenere�l'esame�immediato�di�un� provvedimento��connesso��con�il�denunciato�inadempimento(21).�Colui�il� quale,�trovandosi�nella�medesima�posizione�sostanziale,�ottenga�un�provvedi- mento�negativo�espresso�si�vedra�costretto�ad�attendere�i�lunghi�tempi�del� (19)�Piu�precisamente�e�stato�definito�come�il��collega�dell'ottemperanza�.�Cfr.�DE Pretis,� L'azionee�ipoteridelgiudice,�in�La�tutela�dell'interesse�alprovvedimento,�cit.,35.� (20)�A�cio�si�e�obiettato�che�tale�costruzione�comporterebbe,�se�non�un�perdita,�un��annac- quamento�o�un'ibridazione�della�natura�giurisdizionale�del�processo�di�esecuzione,�alla�luce�di� una�specialita�del�giudizio�amministrativo�,�poiche�la�garanzia�giurisdizionale�risiederebbe�in� meccanismi�che�tornano�a�fare�affidamento�sulla�pubblica�amministrazione.�Si�veda:�FerrarA L.,�op.�lc.�cit.� (21)�Il�provvedimento�deve�essere�gravato�con�impugnazione�ordinaria.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO processo�ordinario,�rischiando�di�veder�annullato�il�provvedimento�unica- mente�per�vizi�di�forma,�che�lascino�impregiudicato�il�potere�dell'Ammini- strazione�di�provvedere�nuovamente�a�sfavore�del�cittadino.(22)� La�scelta�legislativa�si�e�uniformata�al�principio�generale�che�assegna�la� cura�dell'interesse�pubblico�all'Amministrazione,�e�consente�al�giudice�ammi- nistrativo,�solo�in�ipotesi�eccezionali�tassativamente�previste�dalla�legge,�di� esercitare�il�potere�di��riformare�l'atto�o�sostituirlo��in�via�diretta�ed�imme- diata,�in�sede�di�accoglimento�del�ricorso�(art.�26,�comma�II,�l.�T.A.R.)(23).� Inoltre�proprio�perche�derogativi�al�principio�suddetto,�i�casi�di�interposi- zione�del�giudice�amministrativo�nelle�aree�di�attivita�pubblicistica�sono� esplicitamente�previsti�da�precise��norme�autorizzatorie��(24).�Un'estensione� di�tale�principio�in�via�interpretativa�sarebbe�s|�possibile,�ma�solo�se�giustifi- cata�da�elementi�che�indicassero�una�chiara�volonta�in�tal�senso,�elementi� che,�come�si�e�visto,�non�sono�stati�ritenuti�presenti�dall'Adunanza�Plenaria� nell'art.�2,�legge�205/00�(25).� La�tesi�estensiva�incontra�pero�il�favore�di�parte�della�dottrina:�oltre� ad�essere�considerata�sicuramente�piu�rispettosa�degli�standard�europei� in�materia�di�pienezza�ed�effettivita�della�tutela�giurisdizionale,�non�con- trasta�in�alcun�modo�con�il�dettato�normativo,�assicurando�una�tutela� migliore�e�piu�utile,�non�solo�per�il�privato�ma�anche�per�la�pubblica� Amministrazione�(26).� Una�pronuncia�del�giudice�volta�a�rilevare�il�mero�obbligo�di�provvedere� sarebbe�in�contrasto�con�un�generale�principio�di�economia�processuale,�il� quale�imporrebbe�di�evitare�la�necessita�della�promozione�di�un�nuovo�giudi- zio,�allorquando�una�corretta�valutazione�sulla�sua�fondatezza�delle�pretese� sostanziali�ben�sarebbe�possibile�nello�stesso�giudizio(27).� (22)�Si�ricordi�che�la�legge�205/00�proprio�per�decisioni�emesse�in�forma�semplificata,�ha�sta- bilito�che�le�stesse��sono�soggette�alle�medesime�forme�di�impugnazione�previste�per�le�sentenze�� senza�la�previsione�di�alcuna�abbreviazione�dei�termini�per�l'appello,�e�che�per�le�sentenze�emesse� ai�sensi�dell'art.�23�bis�il�termine��breve��per�l'impugnazione�e�dimezzato�rispetto�a�quello�ordina- rio,�mentre�il�termine��lungo��e�stato�ridotto�a�120�giorni�dalla�pubblicazione�della�sentenza:�ter- mini,�quindi,�ben�piu�ampi�giustificati�dal�fatto�che�in�questi�casi�si�tratta�appunto�di�vere�sentenze� di�merito.�In�proposito�si�veda:�DeL GattO S.,�op.�cit.� (23)��Ma�in�tali�ipotesi�e�richiesta�la�manifesta�fondatezza,�infondatezza,�inammissibilita�del� gravame...��Cfr.�SandullI A.M.,�intervento�al�IX�Convegno�biennale�di�diritto�amministrativo� �Inerzia�dellap.a.�e�tutela�giurisdizionale:�unaprospettiva�comparata�,�Sirmione,�Lago�di�Garda,� 25�ottobre�2001.� (24)�Si�pensi�ad�esempio�all'art.�6,�2.�comma,�e�art.�7,�1.�e�4.�comma,�della�legge�1034/1971.� (25)�Per�il�Collegio�l'intento�del�legislatore�non�sarebbe�stato�quello�di�introdurre�nel�nostro� ordinamento�l'azione�di�condanna�propria�dell'ordinamento�tedesco,�bens|�quello�di�accelerare�l'e- manazione�di�un�provvedimento��sia�questo�positivo�o�negativo��con�la�minaccia�di�uno��spo- stamento��della�competenza�ad�assumerlo.�Non�si�dimentichi�che�in�Germania�l'azione�di�con- danna�contro�il�silenzio�della�P.A.�e�estesa,�salvo�alcuna�differenze�procedurali,�anche�all'ipotesi� di�provvedimento�esplicito�di�diniego.� (26)�ScocA G. F.,�Ilsilenziodellap.a.,�cit.;cfr.�ScocA �D'Orsogna, Silenzio,�clamori�di� novita�,�cit.,�415�ss.� (27)�CaringellA F. (a�cura�di),�Ilnuovoprocesso�amministrativo,�Milano,�2001.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE Se�la�sentenza�dichiarativa�del�dovere�di�provvedere�non�contenesse� alcuna�indicazione�in�positivo,�desunta�dal�diritto�applicabile�e�dai�fatti� oggettivamente�acclarati,�il�giudizio�sarebbe��monco��risultando�la�sentenza� priva�di�contenuto�utile(28):�un�giudizio�sul�mero�obbligo�di�provvedere�ren- derebbe�l'intero�iter giudiziario�e�la�pronuncia�del�giudice�amministrativo� equiparabili�ad�un�banale�effetto�ex lege,�che�si�verifica�tutte�le�volte�in�cui� una�norma�preveda�l'automatico�intervento�sostitutivo�di�un�organo�ammini- strativo(29).� A�supporto�di�tale�posizione�e�portato�il�dato�testuale�della�previsione�di� un'istruttoria�che�si�rivolgerebbe�non�solo�all'accertamento�della�sussistenza� dei�presupposti�per�la�configurazione�del�potere-dovere�dell'Amministrazione� di�provvedere��provocando�cos|�la�formazione�del�silenzio�inadempimento� �bens|�anche�a�determinare�un�giudizio�sommario�sulla�fondatezza�della� pretesa�del�ricorrente,�teso�ad�evitare�di�costringere�l'Amministrazione�a� provvedere�di�fronte�a�domande�palesemente�infondate.� L'espressa�previsione�di�una�fase�istruttoria��che�avrebbe�poco�senso�in� un�giudizio�sull'obbligo�di�pronuncia��assumerebbe,�al�contrario,�un�ruolo� centrale�nell'ottica�di�un�giudizio�sul�rapporto�sostanziale.�Consentirebbe�al�giu- dice�amministrativo�di�procedere�ad�ogni�accertamento�del�caso,�col�supporto� altres|�della�consulenza�tecnica�d'ufficio�e�senza�alcun�limite�temporale.�Un� dato�particolarmente�rilevante,�e�ravvisato�nel�fatto�che�il�legislatore,�pur�com- primendo�lo�spatium deliberandi nel�breve�termine�di�trenta�giorni(30)�non� abbia�fissato�limiti�temporali�per�l'istruttoria�ne�per�la�sua�ampiezza.� Anche�ragioni�di�carattere�sistematico,�ancor�piu�chiare�e�agevoli,�suffra- gherebbero�tale�orientamento.� Si�e�affermato�che,�cio�che�si�suole�definire�accertamento�autonomo�del� rapporto,�non�e�piu�un�obiettivo�da�raggiungere,��ne�solo�il�frutto�di�una�giu- risprudenza�pretoria�ed�evolutiva�(31).�Esso�e�viceversa�normativamente�pre- visto�e,�comunque,�presupposto,�una�volta�introdotta�in�via�generale�l'azione� di�risarcimento�del�danno,�anche�in�forma�specifica.�Detta�azione,�anche� attraverso�la�reintegrazione�in�forma�specifica,�altro�non�e�,�che�un'azione�di� adempimento�per�la�tutela�degli�interessi�pretensivi.�In�questi�casi,�infatti,�la� soddisfazione�dell'interesse�legittimo�pretensivo�leso�non�puo�che�passare� attraverso�un�giudizio�che�ne�accerti�la�fondatezza�e�che�ordini�all'Ammini- (28)�ScocA G. F.,�Ilsilenzio dellap.a., cit. (29)�GrecO G.,�L'art. 2 della legge 21 luglio 2000 n. 205, in�Atti del IX convegno biennale di diritto amministrativo �Inerzia della p.a. e tutela giurisdizionale: una prospettiva comparata�,Sir- mione,�Lago�di�Garda,�25�ottobre�2001.� (30)�Tale�termine�si�ritiene�tuttavia�a�carattere�non�perentorio.� (31)�In�questo�senso�anche�Caringella,�op. cit.,�82,�secondo�cui��altro�argomento�di�carat- tere�sistematico�si�desume�dalla�possibilita�prevista�dall'art.�7,�comma�3�L.�T.A.R.,�per�il�ricor- rente�di�ottenere�una�pronuncia�di�condanna�che�attraverso�la�reintegrazione�in�forma�specifica� del�danno�gli�procuri�il�provvedimento�ingiustamente�negato�in�presenza�di�tutti�i�requisiti�gia� scanditi�dalla�sentenza�della�Cassazione,�Sezioni�Unite�n.�500/1999�.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO strazione�l'emissione�del�provvedimento�richiesto(32).�Se�cio�fosse�vero�in� linea�generale�per�qualunque�interesse�legittimo�pretensivo,�non�si�potrebbe� poi�pensare�di�restringere�la�tutela�del�medesimo,�allorche�la�lesione�sia�ope- rata�non�gia�da�un�provvedimento�negativo�ma�dal�silenzio.� Una�tale�conclusione�sarebbe�illogica�e�paradossale�in�quanto�porte- rebbe�a�dover�ammettere�che�proprio�il�giudizio�sul�silenzio,�dove�la�giu- risprudenza�si�e�mostrata�piu�aperta,�debba�ora�tornare�ad�offrire�una� tutela�di�posizioni�meramente�formali,�proprio�ora�che�l'art.�21�bis pre- vede�una�sentenza�ordinatoria�e�proprio�ora�che�il�mutato�quadro�legisla- tivo�ha�finalmente�accolto�una�concezione�piu�sostanziale�dell'oggetto� del�giudizio�(33).� Soprattutto,�nel�caso�in�cui�la�richiesta�del�privato�sia�manifestamente� infondata�per�mancanza�di�uno�specifico�e�preciso�requisito,�il�giudice� potrebbe,�e�forse�dovrebbe,�risolvere�immediatamente�la�controversia,�dichia- rando�appunto�l'insussistenza�dell'obbligo�di�provvedere,�al�fine�di�evitare� un�attivita�amministrativa�inutile(34).� Accogliendo�tale�assunto�tuttavia�si�finirebbe�col�legittimare�in�ogni� caso�il�silenzio�dell'Amministrazione�sulle�pretese�insuscettibili�di�accogli- mento,�privando�cos|�l'interessato�del�diritto,�riconosciutogli�dall'art.�2�della� legge,�ad�avere�un�provvedimento�espresso.�Il�dovere�di�provvedere�sussiste� sempre,�a�prescindere�dalla�fondatezza�della�pretesa�sostanziale.�Del�resto� la�stessa�Adunanza�Plenaria,�anche�se�nulla�dice�in�merito�all'istruttoria,� ha�affermato�che��sul�piano�sostanziale,�il�giudizio�sul�silenzio�cos|�definito,� si�collega�al��dovere��delle�amministrazioni�pubbliche�di�concludere�il�pro- cedimento�mediante�l'adozione�di�un�provvedimento�espresso��nei�casi�in� cui�esso��consegua�obbligatoriamente�ad�una�istanza,�ovvero�debba�essere� iniziato�d'ufficio��come�prescrive�l'art.�2,�comma�2,�della�legge�7�agosto� 1990,�n.�241.� Altra�ragione�di�carattere�esegetico�e�rinvenuta�nell'uso�della�locuzione� �In�caso�di�accoglimento�totale�o�parziale�del�ricorso...��che�mal�si�giustifi- cherebbe�nell'ipotesi�in�cui�la�condanna�fosse�limitata�all'attuazione�del�mero� obbligo�di�provvedere,�nel�qual�caso�il�ricorso�potrebbe�essere�o�respinto�o� accolto�rendendo�difficilmente�ipotizzabili�situazioni�intermedie.�Pur�rappre- sentando�un�valido�argomento�e�stato�sottolineato�come�lo�scarso�rigore� mostrato�dal�legislatore�non�autorizzi��ad�attribuire�portata�decisiva�a�tale� espressione,�che�potrebbe�essere�stata�utilizzata�anche�come�mera�formula� di�stile,�comunque�idonea�ad�abbracciare�ipotesi�di�contestazione�di�vari� (32)�ScocA G. F.,�L'art. 2 della legge 21 luglio 2000 n. 205,in�Atti del IXconvegno biennale di diritto amministrativo �Inerzia della p.a. e tutela giurisdizionale: una prospettiva comparata�,Sir- mione,�Lago�di�Garda,�25�ottobre�2001.� (33)�Caringella, op. cit.,82� (34)�Cfr.�Cons.�St.,�23�ottobre�2001,�n.�5573,�in�Cons. St.,�2001,�I,�1356.�Un�giudizio�che,�al� pari�di�quello�introdotto�dalla�legge�205/00�in�materia�di�regolamento�di�competenza,�sarebbe� improntato�non�tanto�ad�esigenze�di�effettivita�della�tutela,�quanto�ad�un�principio�di�economia� dei�mezzi�amministrativi�e�processuali.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE silenzi��(35).�A�sostegno�della�considerazione�si�puo��osservare�che�in�questa� ipotesi�il�dettato�dell'art.�2�ricalca�pedissequamente�quello�dell'art.�25�legge� 241/1990�dove�tuttavia�il�riferimento�ad�un�accoglimento�solo�parziale�e��ben� piu��comprensibile.� 4.�Casi�di�attivita�vincolata.��La�pronuncia�in�epigrafe�va�pero��oltre:� la�Plenaria�compiendo�un�radicale�passo�indietro��o�forse�in�avanti�e stende�la�soluzione�restrittiva�sin�qui�commentata�anche�ai�provvedimenti� vincolati.� La�giurisprudenza�precedente,�pur�accogliendo�la�tesi�estensiva,�ammet- teva�che�il�giudice�potesse�sostituirsi�all'Amministrazione�nell'adozione�di� provvedimenti�discrezionali(36).�Nel�caso�in�cui�l'esercizio�del�potere�risulti� vincolato�in�tutte�le�sue�articolazioni,�un�giudizio�diretto�all'accertamento� dell'antigiuridicita��dell'inerzia�potrebbe�condurre�l'Autorita��giurisdizionale� alla�conoscenza�dell'intero�rapporto�amministrativo;�in�caso�di�discreziona- lita��,�tuttavia,�l'unica�censura�che�puo��essere�mossa�alla�P.A.�a�seguito�del� silenzio�inadempimento�e��costituita�soltanto�dalla�violazione�del�cd.�obbligo� di�procedere�e�(o)�diprovvedere.� In�una�prospettiva�definita�di��indirizzo�sostanzialista�dell'ordinamen- to��(37)�la�giurisprudenza�del�Consiglio�di�Stato,�con�alcune�significative�pro- nuncerispettivamentedel�1978(38)edel�1982(39),�avevaaffermato,neilimiti� in�cui�l'inerzia�riguardi�scelte�o�attivita��vincolate,�che�la�decisione�possa�e� debba�andare�oltre�il�mero�riconoscimento�dell'obbligo�di�procedere,�preci- sando�anche�come�e�quando�tale�obbligo�debba�essere�adempiuto.� Abbandonando�l'indirizzo�che�vedeva�nell'inerzia�un�atto�amministra- tivo�tacito(40),�la�giurisprudenza�ammise�che�nel�processo�di�accertamento� circa�l'esistenza�del�dovere�della�P.A.�di�provvedere,�il�giudice�possa�o�meglio� (35)�SandullI M.A., op.�cit.� (36)�Cfr.�T.A.R.�Marche,�27�luglio�2001,�n.�975,�in�T.A.R.,�2001,�3367;�anche�parte�della�dot- trina�e��concorde�sul�punto:�si�veda�GrecO G.,�Silenzio�della�pubblica�amministrazione�e�problemi� di�effettivita�della�tutela�degli�interessi�legittimi,�in�Riv.�Dir.�Proc.,�1979,�408;�secondo�l'Autore�sol- tanto�nel�caso�in�cui�l'esercizio�del�potere�risulti�vincolato�in�tutte�le�sue�articolazioni,�un�giudizio� diretto�all'accertamento�dell'antigiuridicita��dell'inerzia�potrebbe�condurre�l'Autorita��giurisdizio- nale�alla�conoscenza�dell'intero�rapporto�amministrativo,�ma�allorche�sussista�anche�un�lieve�mar- gine�di�discrezionalita��l'unica�censura�che�puo��essere�mossa�alla�p.a.�a�seguito�del�silenzio�inadem- pimento�e��costituita�soltanto�dalla�violazione�del�cd.�obbligo�di�procedere�e�(o)�di�provvedere.� (37)�Giacchetti,�op.�cit.,�473.� (38)�Cons.�St.,�Ad.�Plen.,�10�marzo�1978,�n.�10,�in�Foro�it.,�1978,�III,�352�in�cui�si�afferma�che� �non�sembra�dubbio�che,�nei�limiti�in�cui�l'inerzia�riguardi�scelte�o�attivita��vincolate,�la�decisione� possa�o�debba�andare�oltre�il�mero�riconoscimento�dell'obbligo�di�procedere,�precisando�anche� come�e�quando�tale�obbligo�debba�essere�adempiuto�.� (39)�Cons.�St.,�26�febbraio�1982,�n.�92,�in�Giur.�It.,�1983,�III,�137�ss.�con�nota�di�GrecO G.,� Silenzio�dellapubblicaamministrazioneeoggetto�delgiudizioamministrativo.� (40)��Il�silenzio�non�e��un�atto,�cioe��una�dichiarazione�di�volonta��dell'amministrazione:�il� silenzio�e��un�comportamento�al�quale�la�legge�attribuisce�certi�effetti,�sostanziali�e�processuali,� indipendentemente�dal�reale�contenuto�di�volonta��,�ed�anche�da�qualsiasi�contenuto�di�volonta���� in�Cons.�St.,�Ad.�Plen.,�3�maggio�1960,�n.�8,�in�Foro�It,�1961,�III,�42.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO debba sindacare�se�il�comportamento�tenuto�dall'Amministrazione�sia�legit- timo,��se�cioe�ricorrano�o�meno�i�vizi�lamentati�dal�ricorrente�conoscere� anche�del�c.d.�`rapporto�amministrativo',�ovvero�della�situazione�di�fatto�e� di�diritto�cui�fa�riferimento�la�richiesta�inoltrata�dal�privato�all'Amministra- zione,�per�l'inerzia�di�quest'ultima�rimasta�inevasa�.(41)� Si�trattava�di�una�soluzione�giurisprudenziale�peraltro�non�uniforme,� giustificata�dai�tempi�lunghi�del�giudizio�amministrativo�ordinario:�attendere� degli�anni�per�sentir�unicamente�pronunciare�il�dovere�dell'Amministrazione� di�provvedere�appariva�veramente�una�forma�(antieconomica)�di�denegata� giustizia,�alla�quale�agevolmente�si�poteva�ovviare�affidando�al�giudice�il� potere-dovere�di�formulare�la�sua�pronuncia�in�ragione�dell'accertamento� della�fondatezza�della�pretesa�sostanziale�sottostante(42).� Anche�dopo�la�riforma�del�processo�amministrativo�introdotta�dalla� legge�205/00,�la�dottrina�aveva�continuato�a�sostenere�che,�con�riferimento� ai�provvedimenti�vincolati,�il�giudice,��nei�limiti�in�cui�puo�individuare�e� interpretare�le�disposizioni�applicabili�e�ricostruire�autonomamente�il�fatto� (...)�potrebbe�arricchire�il�contenuto�della�sentenza�(breve)�;�si�renderebbero� cos|�intangibili,�nella�successiva�attivita�amministrativa,��le�conclusioni�ivi� raggiunte,�indirizzando�(e�restringendo�anche�i�margini�del)l'azione�del�com- missario�eventualmente�nominato�a�seguito�della�constatazione�dell'(ulte- riore)�inadempimento�dell'Amministrazione�.�In�questo�modo�l'Amministra- zione�conserverebbe�intatto�il�potere�di�valutare�i�profili�di�discrezionalita� eventualmente�residui�e�di�adottare�il�provvedimento�finale;�nel�pieno� rispetto�dei�limiti�esterni�della�giurisdizione�amministrativa.� Sicuramente�il�totale�vuoto�normativo�aveva�sollecitato�la�creativita�del� giudice�amministrativo�il�quale�si�sentiva�in�qualche�misura�ancor�piu��legit- timato��in�questa�attivita�di�supplenza�del�legislatore�dalla�censurabilita��in� assoluto��del�comportamento�dell'Amministrazione�(43).�Del�resto�anche�la� dottrina�aveva�piu�volte�sottolineato�che�il�giudizio�sul�silenzio,�per�potere� essere�considerato�rispondente�al�principio�di�effettivita�della�tutela�giurisdi- zionale,�sarebbe�dovuto�essere�costruito�come�un�mezzo�celere�di�tutela�inte- rinale�con�i�tempi�di�una�misura�cautelare(44).� Ora�la�questione�e�se�sia�ancora�ammissibile�tale�indirizzo�giurispruden- ziale�e�dottrinale�alla�luce�dei�brevissimi�tempi�entro�cui�dovrebbe�svolgersi� e�definirsi�il�nuovo�giudizio�ex art.�21�bis.� L'Adunanza�Plenaria�non�sembra�avere�dubbi:�l'art.�21�bis non�consente� di�attribuire�al�sindacato�del�giudice�amministrativo�un'estensione�diversa�in� relazione�alle�peculiarita�sostanziali�della�potesta�non�esercitata.�Il�dettato� normativo,�al�contrario,��definisce�una�disciplina�unica�e�indifferenziata,� valida�in�tutti�i�casi�in�cui�l'Amministrazione�si�sottragga�al�dovere�di�adot- (41)�Cass.,�Sez.�U.,�14�luglio�1962,�n.�1876,�in�Mass. Foro it.,�1962,�col.�563.� (42)�DeL GattO S., op. cit. (43)�ScocA G. F.,�Ilsilenziodellap.a.:ricostruzioneevolutiva., cit., 15.� (44)�DE Pretis,�op. lc. cit. IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE tare�un�atto�autoritativo�esplicito.�Sotto�questo�profilo�sono�irrilevanti�i�pre- supposti�di�fatto�del�provvedimento;�e�determinante�che�il�silenzio�riguardi� l'esercizio�di�una�potesta�amministrativa�e�che�la�posizione�del�privato�si�con- figuri�come�un�interesse�legittimo.�Ed�e�logico�e�coerente�che�all'identita�for- male�di�situazione�soggettiva�dell'Amministrazione�e�del�privato�corrisponda� una�identita�di�tutela�giurisdizionale�(45).� La�VI�sezione�del�Consiglio�di�Stato,�nel�rimettere�la�questione�all'Adu- nanza�Plenaria,�aveva�manifestato�la�preoccupazione�che�il�nuovo�rito�possa� ridimensionare�l'ambito�di�tutela�costringendo�il�privato�a�due�gradi�di�giudi- zio.�La�procedura�accelerata,�che�determina�solo�la�mera�declaratoria�dell'ob- bligo�di�provvedere,�potrebbe�non�assicurare�una�puntuale�e�tempestiva�sod- disfazione�degli�interessi�del�cittadino�nei�casi�di�manifesta�fondatezza�della� sua�domanda�proposta�in�relazione�ad�attivita�priva�di�contenuto�discrezio- nale�dell'Amministrazione.� Il�Collegio�e�fermo�nell'affermare�che�far�discendere�l'estensione�dei� poteri�cognitivi�e�dispositivi�del�giudice�dal�grado�di�complessita�della�con- troversia��distinguendo�tra�casi�di�agevole�o�meno�agevole�conoscibilita� della�fondatezza�della�pretesa�sostanziale,�ovvero�di�maggiore�o�minore� ampiezza�della�discrezionalita�dell'Amministrazione��rappresenta�un�crite- rio�empirico�che�non�puo�piu�trovare�spazio�a�seguito�dell'entrata�in�vigore� dell'art.�2�legge�205/00,�nel�cui�contesto�nulla�autorizza�ad�effettuare�simili� distinzioni.� 5.�Ulteriori�osservazioni.��Tornando�alla�decisione�della�Plenaria,�si� puo�notare�come�questa�consenta�altres|�di�superare�altre�due�questioni,�atti- nenti�piu�propriamente�al�regime�procedurale.�Quella�dell'esistenza�di�even- tuali�controinteressati�ai�quali�dover�o�meno�notificare�il�ricorso,�e�quella� della�sorte�del�provvedimento�sopravvenuto.� Quanto�alla�prima�e�evidente�che�coloro�i�quali,�prima�della�decisione� commentata,�accoglievano�la�tesi�estensiva�non�potevano�far�a�meno�di� ammettere�l'esistenza�di�controinteressati,�dei�quali�tuttavia��altro�argo- mento�che�suffragherebbe�l'orientamento�della�Plenaria��la�legge�non�parla.� Ci�si�chiedeva�pertanto�se�dovesse�ritenersi�necessaria�la�notifica�del�ricorso� a�questi�soggetti�oppure�no.�La�soluzione�era�necessariamente�affermativa,� non�potendo�ammettersi�che�l'accertamento�della�fondatezza�della�pretesa� risultasse�pregiudizievole�per�altri�soggetti,�i�quali�avrebbero,�quindi,�il�diritto� alla�garanzia�del�contraddittorio(46).� Altro�problema�riguarda�il�sopravvenire�di�un�provvedimento�ammini- strativo�espresso.�Qualora�il�Collegio�avesse�affermato�che�il�giudizio�contro� il�silenzio�potesse�estendersi�alla�fondatezza�della�pretesa�del�ricorrente,�il� problema�sarebbe�dovuto�essere�risolto�distinguendo�a�seconda�che�tale�prov- vedimento�fosse�positivo�o�meno�e�a�seconda�che�fosse�intervenuto�prima�o� dopo�la�sentenza.� (45)�ScocA D'Orsogna, Silenzio,�clamori�di�novita�,�in�Dir.�proc.�amm.,�1995,�429.� (46)�La�questione�a�seguito�dell'intervenuta�decisione�1/2002�non�ha�oramai�alcun�rilievo.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO Nel�caso�di�provvedimento�positivo�sopraggiunto�prima�della�sentenza� di�merito,�lo�stesso�dovrebbe�essere�idoneo�a�far�cessare�la�materia�del�con- tendere,�o�far�venire�meno�l'interesse�a�ricorrere,�poiche�sarebbe�soddisfatta� la�domanda�posta�con�il�ricorso�principale.� Se�il�provvedimento�e��,�invece,�negativo�non�si�puo��ammettere�che�lo� stesso�esaurisca�il�giudizio�sul�silenzio�una�volta�che�questo�riguardi�non� solo�l'obbligo�di�pronuncia,�ma�anche�la�fondatezza�della�pretesa.�Si� ammette,�pero��,�un'impugnazione�da�parte�del�ricorrente�sotto�forma�di� motivi�aggiunti�(47).� Anticipando�il�ragionamento�della�Plenaria,�la�V�sezione�aveva�argo- mentato�affermando�che�la�disposizione�citata�disciplina�una�particolare� procedura�destinata�ad�acquisire�la�pronuncia�dell'Amministrazione,�alla� quale�e��estraneo�un�qualunque�contenuto�impugnatorio,�in�quanto�man- cando�il�provvedimento�non�si�e��ancora�prodotta�una�vera�e�propria�lesione� di�posizioni�soggettive.�Non�e��dunque�consentito��l'innesto�all'interno�di� tale�procedura,�che�ha�carattere�camerale�particolarmente�accelerato,�del� rito�destinato�all'annullamento�del�provvedimento�che�e��circondato�da�piu�� ampie�garanzie��(48).� Nel�caso�di�provvedimento�negativo�sopravvenuto�nelle�more�del�giudi- zio,�questo�dovra��abbandonare�la�procedura�speciale�ex art.�21�bis seguendo� i�percorsi�ordinari�dei�ricorsi�impugnatori(49).� Ove,�infine,�il�provvedimento�(positivo�o�negativo)�fosse�intervenuto� dopo�la�sentenza�di�merito,�lo�stesso�doveva�essere�valutato�alla�stregua�della� sua�idoneita��a�costituire�esecuzione�dell'ordine�del�giudice.� Ogni�provvedimento�successivo�all'insediamento�del�Commissario�risul- terebbe,�viceversa,�emesso�in�carenza�di�potere�e�non�precluderebbe�l'attivita�� del�Commissario�medesimo.� Siffatte�valutazioni,�di�certo�piu��che�valide�in�un�primo�tempo,�non�pos- sono�ora�essere�piu��condivise.� Deve,�invece,�ritenersi�che�nelle�more�del�giudizio,�la�semplice�adozione� di�un�provvedimento,�sia�esso�satisfattivo�o�meno�della�pretesa�del�ricor- rente,�sia�idoneo�a�far�estinguere�il�giudizio�per�cessazione�della�materia� del�contendere.� Allo�stesso�modo,�un�qualsivoglia�provvedimento�sara��sufficiente�a� adempiere�l'ordine�del�giudice�contenuto�nella�sentenza�di�accoglimento�e� ad�evitare�dunque�la�successiva�fase�d'esecuzione.� (47)�A�questo�proposito,�va�ricordato�che�gia��prima�della�decisione�dell'Adunanza�Plenaria,�il� Consiglio�di�Stato�aveva�dichiarato�inammissibile�l'impugnazione�mediante�motivi�aggiunti,�ai� sensi�dell'art.�21�della�legge�n.�1034�del�1971,�come�sostituito�dall'art.�1�della�legge�205/00,�di�un� provvedimento�di�cui�si�sia�acquisita�la�conoscenza�in�pendenza�del�ricorso�avverso�il�silenzio�a� norma�dell'art.�2�della�legge�sul�processo�amministrativo.� (48)�Cons.�St.,�V�sezione,�Inedita. (49)�Cons.�St.,�cit.;�SandullI M.A., op. cit. IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE Maggiori�dubbi�sorgono�nel�caso�di�un�provvedimento�espresso�soprav- venuto�all'insediamento�del�commissario,�anche�se�questi�non�abbia�effettiva- mente�provveduto.� Pur�non�escludendosi�che�la�giurisprudenza�trovi�in�seguito�il�modo�di� sostenere�ancora�che�l'atto�negativo�espresso,�essendo�comunque�satisfattivo� della�pretesa�fatta�valere�contro�il�silenzio,�costituisca�valida�esecuzione�della� sentenza�finche�il�Commissario�non�abbia�effettivamente�provveduto,�poiche� nella�decisione�annotata�nulla�viene�detto�al�proposito,�non�puo��,�per�il� momento,�che�rispettarsi�il�dettato�normativo�il�quale�esclude�che�la�P.A.� possa�provvedere�dopo�l'insediamento�del�Commissario,�restando�irrilevante� che�questi�abbia�o�meno�gia��provveduto(50).� 6.�Conclusioni. �La�soluzione�seguita�dalla�Plenaria,�pur�rappresen- tando�un�passo�indietro�in�termini�di�effettivita��della�tutela,�rappresenta�un� passo obbligato dopo�la�novella�dell'art.�2,�legge�205/00.�Nonostante�la�pre- senza�di�alcuni�aspetti�di�ambiguita��,�la�scelta�del�legislatore�a�favore�di�un� rito�unicamente�piu��accelerato�rispetto�al�passato�e��evidente�anche�se�parago- nata�alle�soluzioni�seguite�in�altri�paesi�europei.�Negli�altri�ordinamenti�la� legge�e��molto�chiara�nel�prevedere�sia�la�possibilita��che�il�giudice�si�sostitui- sca�all'Amministrazione�anche�nell'esercizio�di�poteri�discrezionali��come� in�Austria��sia,�viceversa,�nel�limitare�tale�sostituzione�ai�provvedimenti� vincolati�comeinGermania(51).�Questaperesserepraticabileerealmente� efficace�presuppone�una�acquisita�capacita��di�distinguere�accuratamente,�e� comunque�in�un�momento�sicuramente�antecedente�rispetto�all'esercizio�del� potere,�la�porzione�di�attivita��amministrativa��riservata��in�via�esclusiva� all'Amministrazione.�In�altre�parole�occorrerebbe�individuare�in�maniera� rigorosa�il�confine�fra�cio��su�cui�il�giudice�puo��intervenire�in�positivo�e�cio�� che�invece�e��interdetto�al�suo�controllo.�Cio��comporterebbe�conseguenze� anche�in�relazione�all'applicabilita��o�meno�dello�speciale�rito�dell'art.�21�bis. Altra�possibilita��sarebbe�stata,�per�il�nomopoieta�introdurre�un�rito� modellato�su�quello�francese,�attribuendo�al�giudice�il�potere�di�ingiungere� all'Amministrazione�di�fare�qualcosa:�la�legge�distingue�l'ipotesi�in�cui�il�giu- dizio�reso��implichi�necessariamente�...�una�misura�di�esecuzione�in�un�senso� (50)�DeL GattO S. op. cit. (51)�Qui�oggetto�dell'azione�di�adempimento�e��primariamente�il�provvedimento�che�l'ammi- nistrazione�avrebbe�dovuto�assumere�per�soddisfare�la�pretesa�sostanziale�del�ricorrente.�Ed�e��tale� ultimo�atto,�come�definito�dall'eventuale�sentenza�di�accoglimento�che�la�P.A.�sara��tenuta�ad�adot- tare.�La�sentenza�determinera��il�contenuto�dell'atto�da�emanare�con�l'unico�limite�del�divieto�per� il�giudice��oltre�che�ovviamente�emanare�direttamente�l'atto��di�sostituirsi�all'amministrazione� nell'esercizio�della�discrezionalita��amministrativa.�Se�si�tratta�di�una�fattispecie�vincolata�o� comunque�gia��matura�per�la�decisione�(spruchreif),�la�sentenza�ordinera��direttamente�alla�P.A.�l'a- dozione�del�provvedimento�definito�dal�giudice,�mentre�in�caso�contrario�l'amministrazione�verra�� condannata�a�esercitare�la�restante�discrezionalita��nell'ambito�del�quadro�giuridico�predefinito� dal�giudice.�La�possibilita��che�il�giudice�ordini�all'amministrazione�di�provvedere�e�le�ordini�anche� come�provvedere�non�viene�cos|��in�conflitto�con�la�riserva�all'amministrazione�del�potere� discrezionale.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO determinato��(competenza�totalmente�vincolata),�dall'ipotesi�in�cui,�a�seguito� del�giudizio,�l'Amministrazione��debba�nuovamente�provvedere�dopo�una� nuova�istruttoria��(52).�In�entrambi�i�casi�l'ingiunzione�e��sostenuta�da�una� astreinte,�ossia�da�un�potere�di�multare�l'Amministrazione�inerte.� In�questo�modo,�arricchendo�lo�strumentario�del�giudice�amministrativo� del�potere�di�obbligare�l'Amministrazione�ad�un�facere,�sorretto�da�quella� forma�di�coazione�indiretta�che�e��il�potere�di�multare,��viene�ad�essere� coperto�un�vuoto�di�tutela�non�solo�contro�l'Amministrazione�che�dice�no,� ma�anche�contro�l'Amministrazione�inerte�(53).� Sulla�base�degli�argomenti�fin�qui�analizzati�si�potrebbe�ritenere�che� la�disciplina�eccessivamente�laconica�dettata�dal�legislatore�non�faccia� che�rimettere�alla�giurisprudenza�la�concreta�conformazione�dell'azione� contro�il�silenzio,�la�quale�dovrebbe�far�discendere�la�propria�interpreta- zione,�in�ultima�analisi,�dai�valori�cui�ritiene�di�dover�dare�prevalenza� nel�conflitto�tra�ragioni�di�effettivita��della�tutela�ed�esigenze�di�garanzia� della�responsabilita��dell'Amministrazione�rispetto�all'interesse�pubblico� affidato�alla�sua�cura.� La�decisione�della�Plenaria�non�ha�tuttavia�detto�l'ultima�parola�m eglio,�non�l'ultima�sentenza�e��stata��scritta���,�poiche�gia��altro�giudice�e�� intervenuto�sulla�questione.�La�recente�sentenza�della�Sez.�III�bis�del�T.A.R.� del�Lazio,�n.�1682�del�6�marzo�2002(54),�e��intervenuta�ad�arricchire�il�limite� che�incontra�il�giudice�amministrativo�nei�casi�di��giurisdizione�esclusiva�le� pretese�patrimoniali�che�hanno�fondamento�in�una�precisa�disposizione�nor- mativa�.�In�tali�casi,�e��necessario��passare�attraverso�un�giudizio�ordinario�� che�sia�diretto�ad�accertare��prima�di�tutto�la�reale�consistenza�della�situa- zione�giuridica�vantata,�la�titolarita��della�stessa�e,�in�ultimo,�la�sussistenza� dell'inadempimento�dell'amministrazione�.�Altrimenti�l'azione�del�privato� �finirebbe�per�essere�diretta�a�ottenere�una�pronuncia�espressa�su�un�inadem- pimento��relativo�ad�una�prestazione�patrimoniale�che�e��imposta�all'Ammi- nistrazione�ex lege.�Si�imporrebbe�cos|��alla�P.A.��di�riconoscere�un�proprio� debito�saltando�tutta�la�fase�cognitoria�di�accertamento�.�Poiche�la�semplice� (52)�Pacteau,�L'efficacite dujugeadministratiffrancais, in�Riv. Dir. pubbl. com., 1999,�1272.� (53)�CorsO G., Intervento�al�IXConvegno biennale didiritto amministrativo �Inerzia dellap.a. e tutela giurisdizionale: una prospettiva comparata�,�Sirmione,�Lago�di�Garda,�25�ottobre�2001.� (54)�Nel�caso�di�specie�i�ricorrenti�chiedevano,�attraverso�il�procedimento�ex art.�2�legge� n.�205/2000,�l'accertamento�del�loro�preteso�diritto�patrimoniale�perfetto�a�percepire�una�ade- guata�remunerazione�come�corrispettivo�per�l'attivita��gia��svolta�nell'ambito�della�loro�formazione� professionale.�Per�il�Tribunale�nella�questione�oggetto�del�giudizio��non�viene�in�rilievo�l'utilita�� del�procedimento�sul�silenzio-rifiuto�(...),�bens|��l'utilizzabilita��dello�stesso.�Poiche�l'azione�e��incon- testabilmente�rivolta�all'accertamento�di�un�comportamento�di�inadempimento�ad�un�obbligo� patrimoniale�imposto�dall'ordinamento��ed�e��diretta�ad�ottenere�una�pronuncia�di�condanna� dell'Amministrazione�al�pagamento�di�una�somma�di�denaro�determinata��il�procedimento�spe- ciale�di�annullamento�del�silenzio-rifiuto�non�puo��essere�utilizzato.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE declaratoria�dell'obbligo�di�provvedere��non�puo��valere�per�ottenere�in�modo� anticipato�una�delibazione�del�merito�della�controversia�,�il�giudizio�sul� silenzio�e��limitato,�ad�avviso�del�T.A.R.�del�Lazio,�nei�soli�casi�di�esercizio� �dei�poteri�propri�della�giurisdizione�di�legittimita���.� Nei�casi,�quindi,�di�azione�che�ha�per�oggetto�una�pretesa�patrimoniale� diretta,�gia��predeterminata�in�tutti�i�suoi�elementi,�o,�quanto�meno�facilmente� determinabile,�a�giudizio�del�Tribunale�Amministrativo�del�Lazio,�tale�azione� si�prospetta�come�rivolta�all'accertamento�di�un�obbligo�patrimoniale�impo- sto�dall'ordinamento�e�diretta�ad�ottenere�una�pronuncia�di�condanna�del- l'Amministrazione.�A�siffatto�risultato�non�puo��condurre�il�procedimento� speciale�di�annullamento�del�silenzio-rifiuto�ex�art.�2�della�legge�205/2000:� nel�detto�procedimento,�infatti,��il�giudice�amministrativo�esercita�solo�i� poteri�propri�della�giurisdizione�di�legittimita���.�Nei�casi,�invece,�di�giurisdi- zione�esclusiva�per�giungere�alla�condanna�della�P.�A.,�le�pretese�patrimoniali� devono�essere�valutate�attraverso�un�giudizio�ordinario�diretto�ad�accertare� la�reale�consistenza�della�posizione�giuridica�vantata,�della�titolarita��della� stessa,�ed,�infine,�della�sussistenza�dell'inadempimento�dell'Amministrazione.� Il�nuovo�e�accelerato�strumento�di�tutela�introdotto�per�i�ricorsi�avverso�il� silenzio�non�puo��valere�per�ottenere�in�modo�anticipato�una�deliberazione� del�merito�della�controversia,�che�invece�e��riservato�al�normale�giudizio�di� cognizione.� Partendo�dalle�conclusioni�a�cui�era�giunta�l'Adunanza�Plenaria,�il� T.A.R�del�Lazio�ha�ribadito,�con�ancora�piu��veemenza,�che�l'apprezza- mento�in�termini�giuridici�del�comportamento�omissivo�della�P.�A.�e��fina- lizzato�a�sanare�i�casi�di�disinteresse�dell'Amministrazione�in�presenza�di� una�istanza�del�privato�volta�alla�soddisfazione�di�un�interesse�pretensivo� giuridicamente�protetto.�Ne�consegue�che�l'organo�amministrativo�compe- tente�in�via�ordinaria�conserva�il�potere�di�provvedere�in�senso�pieno�e�per- tanto�il�procedimento�sul�silenzio-rifiuto�e��diretto�solo�ad�indurre�detto� organo�ad�esprimersi�sollecitamente�sull'istanza�del�privato.�Ne�il�giudice� adito�puo��spingersi�a�stabilire�il�contenuto�concreto�del�provvedimento� amministrativo,�ne�,�soprattutto,�tale�procedura�puo��essere�utilizzata�per� annullare�la�fase�cognitoria�di�accertamento�nei�giudizi�in�cui�tale�fase�e�� necessaria.� Il�problema,�lungi�da�essere�risolto,�si�arricchisce�sempre�piu��di�nuovi� elementi.�Cio��comporta�che�in�futuro�(prossimo)�forse�nuovi�(o�vecchi)�mezzi� di�tutela�verranno�offerti�al�cittadino�per�reagire�contro�l'inerzia�dell'Ammi- nistrazione.�Allo�stato�delle�cose�due�elementi�sembrano�emergere�con�forza� dalle�ultime�pronunce�dei�giudici�amministrativi:�il�primo�e��che�la�potestas decidendi,�che�si�tratti�di�attivita��amministrativa�vincolata�o�discrezionale,�e�� (e�rimane�almeno�fino�all'insediamento�del�commissario�ad acta)�dell'organo� amministrativo�istituzionalmente�preposto�all'emanazione�del�provvedi- mento;�il�secondo�e��che�il�nuovo�e�accelerato�strumento�di�tutela�del�cittadino� non�puo��valere�per�ottenere�in�modo�anticipato�una�delibazione�del�merito� della�controversia.� Dott. RobertO SarrA RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO Gli argomenti delle decisioni (1).�(Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 9 gennaio 2002, n. 1). �(Omissis). Con�la�sentenza�impugnata�il�T.A.R.,�accogliendo�il�ricorso�proposto�ai� sensi�dell'art.�21-bis della�legge�6�dicembre�1971,�n.�1034,�introdotto�dal- l'art.�2�della�legge�21�luglio�2000,�n.�205,�ha�ritenuto�fondata�la�pretesa�degli� attuali�appellati�volta�ad�ottenere�la�fissazione�del�giorno�e�della�sede�di�svol- gimento�della�prova�attitudinale�per�l'esercizio�della�professione�di�odontoia- tra�prevista�dal�d.lgs.�13�ottobre�1998,�n.�386.� Va,�anzitutto,�disattesa�l'eccezione�con�la�quale�si�contesta�la�ricevibilita�� dell'appello,�perche�notificato�dopo�la�scadenza�del�termine�ridotto�previsto� dal�citato�art.�21-bis,�comma�1.� Come�risultera��da�quanto�esposto�di�seguito,�la�controversia�esula�dal- l'ambito�di�previsione�della�norma�predetta,�sicche�con�ragione�le�ammini- strazioni�appellanti�obiettano�che�l'impugnazione�resta�soggetta�al�termine� ordinario.�In�ogni�caso,�la�questione�presenta�profili�di�novita��e�di�incertezza� tali�da�legittimare�il�riconoscimento�dell'errore�scusabile,�tant'e��che�la�stessa� Sezione�remittente�ne�ha�sottoposto�l'esame�all'Adunanza�Plenaria.� L'Adunanza�Plenaria�e��chiamata�a�pronunciarsi�sulla�seguente�que- stione:�se�la�cognizione�del�giudice�amministrativo�adito�con�il��ricorso� avverso�il�silenzio��sia�limitata�all'accertamento�della�illegittimita��dell'inerzia� dell'amministrazione,�come�si�sostiene�nell'appello,�ovvero�si�estenda�all'e- same�della�fondatezza�della�pretesa�sostanziale�del�privato,�come�ha�ritenuto� il�T.A.R..� Il�Collegio�condivide�la�prima�tesi.� Un�primo�elemento�significativo�in�tal�senso�si�trae�dalla�considerazione� che�l'art.�21�bis�identifica�l'oggetto�del�ricorso�nel��silenzio��(comma�1),� senza�fare�alcun�riferimento�alla�pretesa�sostanziale�del�ricorrente.�Poiche�,� in�linea�di�principio,�i�poteri�cognitori�del�giudice�sono�delimitati�dal�ricorso� (art.�112�c.p.c.:��il�giudice�deve�pronunciare�su�tutta�la�domanda�e�non�oltre� i�limiti�di�essa�),�se�ne�deve�dedurre�che�il�legislatore�ha�inteso�circoscrivere� il�giudizio�alla�inattivita��dell'amministrazione.� La�stessa�norma�prevede�che,�in�caso�di�accoglimento�del�ricorso,�il�giu- dice��ordina�all'amministrazione�di�provvedere��e�se��l'amministrazione�resti� inadempiente�...�su�richiesta�di�parte,�nomina�un�commissario�che�provveda� in�luogo�della�stessa��(comma�2).�L'espressione��resti�inadempiente��lascia� intendere�che�l'inadempimento�dell'amministrazione�non�ha�contenuto� diverso�prima�della�sentenza,�quando�e��condizione�per�l'accoglimento�del� �ricorso�avverso�il�silenzio�,�e�dopo�la�sentenza,�quando�e��condizione�perche� provveda�il�commissario.�Inoltre,�la�terminologia�usata�dal�legislatore� (�ordina�...�di�provvedere�;��un�commissario�che�provveda�)�definisce�nel- l'accezione�comune�in�dottrina�e�in�giurisprudenza,�l'esercizio�di�una�potesta�� amministrativa,�sicche�sarebbe�inappropriata�se�il�giudice�dovesse�spingersi� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE a�stabilire�il�concreto�contenuto�del�provvedimento,�poiche�in�tal�caso�all'am- ministrazione�e�al�commissario�non�residuerebbero�altri�spazi�se�non�per� un'attivita��avente�contenuto�e�funzione�di�mera�esecuzione.�La�stessa�termi- nologia�e��ripetuta�in�seguito,�quando�l'attivita��del�commissario�e��configurata� come�diretta��all'emanazione�del�provvedimento�da�adottare�in�via�sosti- tuiva��(comma�3)�e�quando�e��imposto�al�commissario�di�accertare�se��l'am- ministrazione�abbia�provveduto�.�Anche�l'indeterminatezza�circa�il�conte- nuto�(positivo�o�negativo)�dell'eventuale�provvedimento�tardivo�dell'ammini- strazione,�avvalora�la�tesi�che�l'organo�competente�in�via�ordinaria�conservi,� pur�dopo�la�sentenza�e�fino�all'insediamento�del�commissario,�il�potere�di� provvedere�in�senso�pieno.� Le�argomentazioni�che�precedono�non�sono�infirmate,�diversamente�da� quanto�prospettato�nell'ordinanza�di�rimessione,�dai�riferimenti�fatti�nello� stesso�art.�23-bis ad�una�possibile�istruttoria�disposta�dal�collegio�e�ad�un� possibile�accoglimento�parziale�del�ricorso,�trattandosi�di�eventi�ipotizzabili� anche�se�il�giudizio�ha�per�oggetto�il�solo�accertamento�dell'obbligo�dell'am- ministrazione�di�provvedere.� Che�l'intento�del�legislatore�fosse�solo�quello�di�indurre�l'amministra- zione�ad�esprimersi�sollecitamente�sull'istanza�del�privato�trova�conferma� nella�relazione�al�disegno�di�legge�n.�2934�(Senato),�nella�quale�si�legge,�a� commento�della�norma�sul�ricorso��avverso�il�silenzio�,�redatta�gia��in�origine� in�modo�sostanzialmente�conforme�al�disposto�dell'art.�2�della�legge� n.�205/2000,�che�la�trasformazione�del�ricorso��in�un�procedimento�d'ur- genza��e��rivolta�ad�evitare�che��la�dichiarazione�dell'obbligo�di�provvedere� (che�di�per�se�non�soddisfa�l'interesse�sostanziale�al�ricorso)�sopraggiunga� dopo�i�lunghi�tempi�del�processo�ordinario�.� Cio��ha�trovato�coerente�attuazione�nella�previsione�di�un�modello�pro- cessuale�caratterizzato�dalla�brevita��dei�termini�e�dalla�snellezza�delle�for- malita��,�la�cui�configurazione�e��congrua�se�il�giudizio�si�incentra�sul��silen- zio�,�non�anche�se�il�giudice�dovesse�estendere�la�propria�cognizione�ad�altri� profili.� Sussistono,�dunque,�concordi�elementi�ermeneutici�dai�quali�emerge� cheilritospecialee��stato�introdotto�per�pervenire,�con�la�speditezza�con- sentita�dal�rispetto�delle�garanzie�processuali,�ad�imporre�all'amministra- zione��inadempiente��l'esercizio�della�potesta��amministrativa�di�cui�e�� titolare.� A�questo�risultato�si�giunge�in�due�fasi,�semplificate�e�contenute�nel- l'arco�del�medesimo�processo,�in�linea�con�la�logica�ispiratrice�comune�agli� interventi�di�riforma�operati�dalla�legge�n.�205�del�2000:�nella�prima�il�giu- dice�accerta�l'esistenza�e�la�violazione�dell'obbligo�di�provvedere;�nella� seconda,�il�commissario,�nominato�dallo�stesso�giudice�su�semplice��richiesta� della�parte�,�adotta�il�provvedimento�in�sostituzione�dell'organo�amministra- tivo�rimasto�eventualmente�inadempiente.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO Sul�piano�sostanziale,�il�giudizio�sul��silenzio��cos|��definito�si�collega�al� �dovere��delle�amministrazioni�pubbliche�di�concludere�il�procedimento� �mediante�l'adozione�di�un�provvedimento�espresso��nei�casi�in�cui�esso� �consegua�obbligatoriamente ad�una�istanza,�ovvero�debba essere�iniziato� d'ufficio�,�come�prescrive�l'art.�2,�comma�2,�della�legge�7�agosto�1990,�n.�241.� Sul�piano�sistematico�la�scelta�operata�dal�legislatore�si�allinea�al�princi- pio�generale�che�assegna�la�cura�dell'interesse�pubblico�all'amministrazione� e�al�giudice�amministrativo,�nelle�aree�in�cui�l'amministrazione�e��titolare�di� potesta��pubbliche,�il�solo�controllo�sulla�legittimita��dell'esercizio�della�pote- sta��.�Questo�schema�viene�superato�mediante�l'attribuzione�al�giudice�del� potere�di��riformare�l'atto�o�sostituirlo��in�via�diretta�e�immediata,�in�sede� di�accoglimento�del�ricorso�(art.�26,�comma�II,�della�legge�6�dicembre�1971,� n.�1034).�Tuttavia,�proprio�perche�derogativi�del�principio�predetto,�i�casi�di� ingerenza�del�giudice�nella�sfera�dell'attivita��pubblicistica�dell'amministra- zione�sono�previsti�da�esplicite�norme�autorizzative�(art.�6,�comma�II,�e� art.�7,�commi�I�e�IV,�della�legge�n.�1034/1071).�In�linea�astratta�nulla�impedi- sce�di�individuare�altri�casi�in�via�interpretativa,�sebbene�con�il�rigore�impo- sto�dalla�eccezionalita��dell'istituto,�ma�l'analisi�dell'art.�21-bis della�legge� n.�1034/1971�anziche�fornire�elementi�persuasivi�in�tal�senso,�accredita,�come� risulta�da�quanto�esposto�in�precedenza,�la�conclusione�opposta.� Le�stesse�considerazioni�e�la�stessa�conclusione�valgono�anche� quando�il�provvedimento�richiesto�dal�privato�abbia,�come�nella�specie,� natura�vincolata.� In�primo�luogo,�il�citato�art.�21-bis non�contiene�alcun�elemento�che� autorizzi�di�attribuire�al�sindacato�del�giudice�amministrativo�una�estensione� diversa�in�relazione�alle�peculiarita��sostanziali�della�potesta��non�esercitata.� L'articolazione�precettiva,�al�contrario,�definisce�una�disciplina�unica�e� indifferenziata,�valida�in�tutti�i�casi�in�cui�l'amministrazione�si�sottragga�al� dovere�di�adottare�un�atto�autoritativo�esplicito.�Sotto�questo�profilo�sono� irrilevanti�i�presupposti�di�fatto�del�provvedimento;�e��determinante�che�il� �silenzio��riguardi�l'esercizio�di�una�potesta��amministrativa�e�che�la�posi- zione�del�privato�si�configuri�come�un�interesse�legittimo.�Ed�e��logico�e�coe- rente�che�all'identita��formale�di�situazione�soggettiva�dell'amministrazione�e� del�privato�corrisponda�una�identita��di�tutela�giurisdizionale.� Senza�considerare�l'irrazionalita��che�si�verificherebbe�se,�nel�caso�di�iner- zia�dell'amministrazione,�il�privato�potesse�ottenere,�mediante�il�ricorso� avverso�il�silenzio,�l'accertamento�immediato,�da�parte�del�giudice,�della�fon- datezza�della�sua�pretesa�sostanziale,�mentre,�nella�medesima�situazione,�se� l'amministrazione�avesse�adottato�un�provvedimento�esplicito�di�diniego,�la� tutela�giurisdizionale�sarebbe�stata�soggetta�alle�forme�ed�ai�limiti,�oltre�che� ai�tempi,�del�giudizio�ordinario.� L'ordinanza�di�rimessione�manifesta�la�preoccupazione�che�il�nuovo�rito� possa�ridimensionare�l'incisivita��della�tutela�riconosciuta�al�privato�dal�prece- dente�indirizzo�giurisprudenziale,�secondo�il�quale�il�giudice�puo��esprimersi� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE sulla�fondatezza�della�istanza�presentata�dal�ricorrente�all'amministrazione� quando�il�provvedimento�sia�espressione�di�potesta�amministrativa�priva�di� contenuto�discrezionale�(da�ultimo,�Cons.�Stato,�sez.�IV,�22�giugno�2000,� n.�3526)�o�a�basso�contenuto�di�discrezionalita�(da�ultimo,�Cons.�Stato,�sez.V,� 12�ottobre�1999,�n.�1446).� Sarebbe�sufficiente�osservare�che�l'indicato�indirizzo�della�giurispru- denza,�della�quale�possono�comprendersi�le�ragioni�e�condividersi�le�finalita�,� non�puo�che�cedere�di�fronte�alla�normativa�sopravvenuta�che�definisce�in� modo�compiuto�la�tutela�giurisdizionale�accordata�al�privato�nei�confronti� del�comportamento�omissivo�dell'amministrazione.� Va,�pero�,�osservato�che�la�valutazione�del�rito�speciale�sotto�il�profilo� della�capacita�di�offrire�una�piu�efficace�tutela�al�privato�in�attesa�di�provve- dimento�va�effettuata�con�riferimento�all'obiettivo�sollecitatorio�postosi�dal� legislatore�e�considerando�il�risultato�conseguibile�al�compimento�delle�due� fasi,�e�cioe�tenendo�conto�sia�dell'abbreviazione�dei�termini�sia�della�possibi- lita�di�ottenere�la�nomina�del�commissario�ad acta,�nel�corso�dello�stesso�giu- dizio,�senza�necessita�di�promuovere�un�giudizio�di�ottemperanza.�Visto�in� questa�prospettiva,�il�nuovo�modello�processuale�assicura�pur�sempre�al�pri- vato�un�significativo�vantaggio�anche�rispetto�all'indirizzo�giurisprudenziale� anzidetto.� Quanto�alla�distinzione�fra�casi�di�agevole�o�meno�agevole�conoscibilita� della�fondatezza�della�pretesa�sostanziale,�ovvero�di�maggiore�o�minore� ampiezza�della�discrezionalita�dell'amministrazione,�deve�osservarsi�che�non� e�ammissibile�far�discendere�l'estensione�dei�poteri�cognitivi�e�dispositivi�del� giudice�dal�grado�di�complessita�dalla�controversia.�Si�tratta�di�un�criterio� empirico�che�poteva�semmai�trovare�spazio�nella�soluzione�elaborata�dalla� giurisprudenza,�ma�non�piu�dopo�l'entrata�in�vigore�della�nuova�disciplina,� nel�cui�contesto,�come�gia�osservato,�nulla�autorizza�ad�effettuare�simili� distinzioni.� Dalle�considerazioni�svolte�emerge,�in�via�riepilogativa,�che:�il�giudizio� disciplinato�dall'art.�21-bis e�diretto�ad�accertare�se�il��silenzio��violi�l'ob- bligo�dell'amministrazione�di�adottare�un�provvedimento�esplicito�sull'i- stanza�del�privato;�il�giudice�non�si�sostituisce�all'amministrazione�in�nessuna� fase�del�giudizio,�ma�accerta�se�il��silenzio��sia�o�non�sia�illegittimo�e,�nel� caso�di�accoglimento�del�ricorso,�impone�all'amministrazione�di�provvedere� sull'istanza�entro�il�termine�assegnato;�il�commissario�ad acta esercita,�in� via�sostitutiva,�la�potesta�amministrativa�appartenente�all'organo�rimasto� inadempiente.� Tutto�cio�premesso,�con�ragione�le�amministrazioni�appellanti�conte- stano�la�sentenza�impugnata�nella�parte�in�cui�impone�ad�esse�di�provvedere� in�senso�positivo�sulla�istanza�dei�ricorrenti�originari�fissando�data�e�luogo� della�prova�attitudinale.�E�per�questa�parte�l'appello�va�accolto.� La�sentenza�merita,�invece,�conferma�nella�parte�in�cui�afferma�che�il� comportamento�omissivo��e�senz'altro�in�contrasto�con�il�dovere�dell'ammi- RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO nistrazione�di�concludere�il�procedimento�con�sollecitudine�.�Dall'art.�1�del� d.lgs.�n.�368/1998�risulta�che�la�fissazione�della�prova�attitudinale�consegue� ad�un�procedimento�che�deve�essere�iniziato�d'ufficio�a�cura�del�Ministro� della�salute;�risulta,�altres|�,�che�i�ricorrenti�originari,�quali�laureati�in�medi- cina�e�chirurgia�in�possesso�dei�requisiti�di�cui�all'art.�1,�comma�1,�del�d.lgs.� n.�386/1998,�avrebbero�titolo�a�partecipare�alla�prova.�Sussistono,�pertanto,� le�condizioni�(interesse�qualificato�degli�istanti�all'adozione�del�provvedi- mento;�competenza�delle�amministrazioni�adite)�per�la�pronunzia�dell'obbligo� di�provvedere,�ai�sensi�dell'art.�21-bis della�legge�n.�205/2000.� L'accoglimento�parziale�dell'appello�determina�la�riforma�della�sentenza� di�primo�grado�nei�limiti�sopra�indicati.�Resta�fermo�l'obbligo�per�le�ammini- strazioni�appellanti�di�provvedere�sull'istanza�dei�ricorrenti�originari�entro� un�termine�che,�in�considerazione�della�articolazione�del�procedimento�(con- certo�fra�il�Ministro�della�salute�e�il�Ministro�dell'Universita�e�della�ricerca� scientifica�e�tecnologica;�parere�della�federazione�nazionale�dell'Ordine�dei� medici�chirurghi�e�degli�odontoiatri),�si�reputa�di�fissare�in�novanta�giorni� dalla�notificazione�o�comunicazione�della�presente�decisione.� ***� (2).�(Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, sezione III bis, 6 marzo 2002, n. 1682). �(omissis) I�ricorrenti�sono�medici�che�hanno�partecipato�ai�corsi�di�formazione�con- formi�alla�normativa�recata�dal�decreto�del�Presidente�della�Repubblica� 10�marzo�1982�n.�162�e�hanno�conseguito�il�titolo�nelle�relative�specializzazioni� nell'arco�di�tempo�tra�l'anno�accademico�1983-84�e�l'anno�accademico�1990-91.� In�particolare,�essi�assumono�di�avere�gli�stessi�requisiti�posseduti� dai�destinatari�delle�sentenze�del�Tribunale�amministrativo�regionale�del� Lazio�sopra�ricordate�(numero�601�del�1993�e�numeri�279,�280,�281,�282� e�283�del�1994).� Con�una�serie�articolata�di�motivi�di�gravame�e�l'uso�dei�piu�vari�stru- menti�processuali�essi�reclamano�l'applicazione�nei�loro�confronti�della�nuova� disciplina�dettata�dalla�normativa�comunitaria�per�i�corsi�di�specializzazione,� con�retribuzione�per�l'intera�durata�legale�del�corso�e�con�assegnazione�ai� titoli�di�specializzazione�conseguiti�di�uno�specifico�punteggio�da�spendere� nelle�procedure�concorsuali.� La�normativa�anzidetta,�in�quanto�contenente�disposizioni�incondizio- nate�e�sufficientemente�precise,�sarebbe�immediatamente�applicabile�e�com- porterebbe�il�superamento�della�normativa�nazionale�(legge�29�dicembre� 1990�n.�428�e�decreto�legislativo�8�agosto�1991�n.�257),�che�prevede�invece�il� doppio�beneficio�(assegnazione�di�borsa�di�studio�e�riconoscimento�di�auto- nomo�punteggio�al�titolo�di�specializzazione)�solo�a�decorrere�dall'anno�acca- demico�1991-92,�con�esclusione�dei�medici�ammessi�alla�frequenza�dei�corsi� negli�anni�accademici�precedenti�o�che�erano�in�via�di�svolgimento�al� momento�di�operativita�della�normativa�comunitaria�.� �(omissis) IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE 3.��Sono�evidentemente�da�sciogliere�prima�le�questioni�in�rito.� Con�riferimento�ai�ricorrenti�che�hanno�dapprima�diffidato�le�ammini- strazioni�intimate�a�corrispondere�loro�la�remunerazione�prescritta�dalla�nor- mativa�comunitaria�in�corrispettivo�delle�attivita�svolte�nell'ambito�della�for- mazione�professionale�e�successivamente�impugnato�il�silenzio-rifiuto�che�si� sarebbe�formato�sulle�loro�istanze�il�Collegio�osserva�quanto�scritto�qui�di� seguito.� Il�Collegio�puo�prescindere�dall'accertamento�della�ritualita�del�procedi- mento�seguito�dai�ricorrenti�per�la�formazione�del�silenzio-rifiuto�impugna- bile�in�sede�giurisdizionale:�questo�indipendentemente�dalla�tesi�preferita�se� dopo�la�legge�7�agosto�1990�n.�241�persista�ancora�o�meno�l'onere�di�pro- porre�un�atto�stragiudiziale�di�diffida�e�messa�in�mora�ai�sensi�dell'art.�25� del�testo�unico�10�gennaio�1957�n.�3.� Il�ricorso�e�,�difatti,�manifestamente�inammissibile.� E�il�caso�di�ricordare�che�l'apprezzamento�in�termini�giuridici�del�com- portamento�omissivo�tenuto�dalla�pubblica�amministrazione�in�presenza�di� una�istanza�del�privato�intesa�a�ottenere,�allo�scopo�di�soddisfare�un�interesse� �pretensivo��giuridicamente�protetto,�l'emanazione�di�un�provvedimento� discrezionale�a�proprio�favore�(provvedimento�discrezionale�nel�contenuto,� ma�vincolato�da�una�norma�positiva�quanto�alla�sua�adozione)�ha�origine� (inizialmente�pretoria)�dalla�esigenza�di�risolvere�non�tanto�i�(pochi)�casi�di� consapevole�scelta�della�pubblica�amministrazione�(�neppure�ti�rispondo� tanto�e�infondata�la�tua�richiesta�),�quanto�i�(predominanti)�casi�di�disinte- resse�della�pubblica�amministrazione�alle�istanze�del�cittadino,�indipendente- mente�dalla�loro�infondatezza.� Tale�era�il�livello�di�scorrettezza�amministrativa�che�il�legislatore�e� dovuto�intervenire�con�la�legge�241�del�1990�per�canonizzare�gli�obblighi�di� comportamento�della�amministrazione�pubblica�dinanzi�alle�richieste�del�cit- tadino,�al�cui�servizio�e�istituzionalmente�preposta�l'amministrazione�mede- sima�(e�non�viceversa).� Peraltro�numerose�perplessita�erano�sorte,�specie�in�giurisprudenza,�rela- tivamente�ai�poteri�che�il�giudice�amministrativo�dispone�di�fronte�a�impu- gnative�di�siffatto�genere.� Ed�invero,�alla�tesi�che,�in�sede�di�accertamento�del�silenzio�serbato� dall'amministrazione,�il�giudice�adito�deve�limitare�il�proprio�sindacato� al�controllo�della�legittimita�o�meno�dell'inerzia�opposta�alla�richiesta� del�privato,�se�ne�contrappone�l'altra�che�riconosce�al�giudice�il�dovere� di�spingersi�ad�apprezzare�la�fondatezza�della�pretesa�sostanziale�fatta� valere�in�via�di�azione�e,�quindi,�indicare�puntualmente,�nel�caso�di�acco- glimento�del�ricorso,�i�contenuti�vincolanti�della�successiva�attivita�del- l'amministrazione�medesima.�La�situazione�ha�di�recente�indotto�la� Sezione�VI�del�Consiglio�di�Stato,�con�ordinanza�10�luglio�2001�n.�3803,� a�definire�la�questione�in�via�preventiva�all'Adunanza�plenaria,��onde�evi- RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO tare�possibili�contrasti�giurisprudenziali�e�in�relazione�all'importanza� della�questione�di�carattere�generale��(questa�e�la�rilevante�originalita� della�pronuncia).� L'ordinanza�anzidetta�ha�fondamento�sulla�considerazione�che�la�ristret- tezza�dei�termini�previsti�dall'art.�2�della�legge�21�luglio�2000�n.�205�per�sif- fatto�procedimento�speciale�(termine�abbreviato�di�impugnazione;�fissazione� in�tempi�brevi�della�camera�di�consiglio�nella�quale�il�ricorso�andra�deciso� con��sentenza�succintamente�motivata�;�stesse�regole�per�l'appello)�verrebbe� a�ledere�i�diritti�della�difesa,�l'integrita�del�contraddittorio�e�la�completezza� dell'istruttoria�laddove,�in�luogo�di�limitare�il�giudizio�all'accertamento�del- l'obbligo�d|�provvedere,�si�chiede�al�giudice�adito�di�estendere�la�cognizione� all'accertamento�della�pretesa�sostanziale.�In�tali�casi,�infatti,�si�chiede�di� affrontare�questioni�anche�particolarmente�complesse�o�relative�ad�attivita� amministrativa�caratterizzata�da�rilevanti�profili�di�discrezionalita�in�tempi� estremamente�ridotti�e�in�un�procedimento�che�si�definisce�nella�sede�came- rale�con�una�impostazione�che�si�avvicina�alquanto�al�rito�speciale�introdotto� dall'art.�9�della�legge�205�del�2000.� Questa�disposizione,�che�sostituisce�l'ultimo�comma�dell'art.�26�della� legge�6�dicembre�1971�n.�1034�e�fondata,�come�e�noto,�sulla�percezione�imme- diata�da�parte�del�giudice�della�manifesta�infondatezza�ovvero�della�manife- sta�fondatezza�del�ricorso:�circostanze,�queste,�che�potrebbero�bene�non� esserci�nell'accertamento�della�pretesa�sostanziale�fatta�valere�nel�ricorso� avverso�il�silenzio-rifiuto.� Con�la�decisione�9�gennaio�2002�n.�1�l'Adunanza�plenaria�si�e�espressa�a� favore�della�prima�tesi�osservando�che�il�giudizio�sul�silenzio-rifiuto�non�deve� consentire�al�Giudice�amministrativo�di�spingersi�a�stabilire�il�contenuto�con- creto�del�provvedimento�che�l'Amministrazione�avrebbe�dovuto�emanare�a� seguito�dell'istanza�del�privato.� Il�tenore�dell'art.�2�della�legge�n.�205�del�2000�avvalora�la�tesi�che�l'or- gano�competente�in�via�ordinaria�conservi,�pur�dopo�la�sentenza�e�fino�all'in- sediamento�del�commissario,�il�potere�di�provvedere�in�senso�pieno.� Il�processo�sul�silenzio-rifiuto�e�,�pertanto,�diretto�solo�a�indurre�l'Ammi- nistrazione�a�esprimersi�sollecitamente�sull'istanza�del�privato.� Solo�attraverso�il�proprio�commissario,�in�caso�di�perdurante� inerzia,�il�giudice�amministrativo�si�sostituisce�all'Amministrazione� inadempiente�con�l'esercizio�sostitutivo,�e�pero�completo�delle�potesta� amministrative.� Per�tornare�al�tema�sul�quale�verte�la�controversia�e�da�osservare�che,� nel�caso�di�specie,�non�viene�in�rilievo�l'utilita�del�procedimento�sul�silenzio- rifiuto,�introdotto�dall'art.�2�della�legge�205�del�2000,�al�quale�i�ricorrenti� hanno�indubbiamente�fatto�ricorso�(tanto�da�ottenere�la�sollecita�fissazione� della�carriera�di�consiglio�per�la�trattazione�del�merito�del�gravame),�bens|� l'utilizzabilita�del�procedimento.� IL CONTENZIOSO NAZIONALE Ed invero, i ricorrenti chiedono con lo strumento del silenzio-rifiuto l'ac- certamento del loro preteso diritto patrimoniale perfetto a percepire una ade- guata remunerazione come corrispettivo per l'attivita� (gia� ) svolta nell'ambito della loro formazione professionale. Essi superano l'ostacolo costituito dall'art. 11 della legge 19 ottobre 1999 n. 370 e del conseguente decreto ministeriale 14 febbraio 2000 di attuazione chiedendo, da un lato, la disapplicazione della prima e l'annullamento del secondo; dall'altro, l'estensione nei loro confronti delle pronunce del Tribu- nale amministrativo del Lazio del 1993 e del 1994. La prima richiesta si fonda sul preteso contrasto con la disciplina comu- nitaria, che ha forza propria di imporsi nell'ordinamento interno in quanto recherebbe disposizioni del tutto incondizionate e sufficientemente precise: pertanto, immediatamente e direttamente precettive. La seconda richiesta e� per evitare che si determini una disparita� di trat- tamento tra medici specializzandi a motivo della ingiustificata limitazione temporale ai benefici economici delle borse di studio e a quelli giuridici del valore autonomo della specializzazione conseguita, con l'attribuzione di uno specifico punteggio da spendere nelle procedure di concorso. I ricorrenti superano pure l'ostacolo rappresentato quella parte della normativa comunitaria (direttiva 82/76/CEE) priva dei caratteri della incon- dizionatezza e precisione: cioe� la parte che deferisce alla autorita� nazionale la individuazione della istituzione sulla quale incombe l'obbligo di paga- mento della �adeguata remunerazione� e il criterio della sua determinazione. L'ostacolo e� superato con ricorso allo stesso art. 11 della legge 19 otto- bre 1999 n. 370, che ha posto il pagamento a carico della amministrazione intimata in questo giudizio (l'attuale Ministero dell'istruzione, dell'Universita� e della ricerca) e riconosciuto nella misura onnicomprensiva di L. 13.000.000 annui (ora . 6.713,94 annui), per tutta la durata legale del corso seguito, la somma da corrispondere ai medici ammessi alla frequenza delle scuole di specializzazione in medicina a partire dall'anno accademico 1983/1984 fino a quello del 1990/1991. Solo in via subordinata i ricorrenti chiedono la determinazione della entita� della somma nel corso del giudizio ovvero, in via ancora subordinata, la liquidazione equitativa dei danni da loro subiti per il ritardo con il quale lo Stato italiano nel 1991 ha recepito la direttiva 82/1976/CEE, che aveva avuto effetto dal 1983. Altri ricorrenti chiedono, invece, la somma all'epoca determinata dal- l'art. 6 del decreto legislativo 8 agosto 1991 n. 257 (in attuazione della diret- tiva 82/1976/CEE) in L. 21.500.000 (ora . 11.103,82), incrementata annual- mente dal tasso programmato di inflazione determinato dai decreti ministe- riali ogni triennio. 4. Osserva il Collegio che i ricorrenti, nella sostanza delle cose, promuo- vono una azione che ha per oggetto una pretesa patrimoniale diretta, gia� pre- determinata in tutti i suoi elementi o, quanto meno, facilmente determinabile nel corso del giudizio in via diretta ovvero per equivalente. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO L'azione e� , pertanto, incontestabilmente prospettata come rivolta all'ac- certamento di un comportamento di inadempimento a un obbligo patrimo- niale imposto dall'ordinamento ed e� diretta a ottenere una pronuncia di con- danna dell'amministrazione intimata al pagamento di una somma di denaro determinata (ovvero determinabile in via diretta o per equivalente). A siffatto risultato non puo� condurre il procedimento speciale di annul- lamento del silenzio-rifiuto ai sensi dell'art. 2 della legge 205 del 2000 (piu� correttamente: la intrapresa azione di accertamento dell'inadempimento all'obbligo di pronuncia esplicita sulla istanza del privato diretta al soddisfa- cimento di un interesse pretensivo a opera di una attivita� discrezionale della pubblica amministrazione). Nel detto silenzio procedimento il giudice amministrativo esercita, difatti, i poteri propri della giurisdizione di legittimita� . Invece, nei casi di giurisdizione esclusiva, per giungere alla condanna dell'Amministrazione, le pretese patrimoniali che hanno fondamento in una precisa disposizione normativa, senza necessita� di intermediazione di ulte- riori provvedimenti dell'amministrazione, devono passare attraverso un giu- dizio ordinario diretto ad accertare, prima di tutto, la reale consistenza della posizione giuridica vantata, la titolarita� della stessa, e in ultimo, la sussi- stenza dell'inadempimento dell'amministrazione, tenuta a soddisfare in via diretta e immediata la pretesa. D'altra parte, che nel caso di specie si tratti di giurisdizione esclusiva e� confermato dall'art. 7 della legge 205 del 2000, che modifica l'art. 33 del decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 80. Ed infatti, la formazione del medico europeo e� da qualificare come ser- vizio pubblico in quanto consiste in attivita� di istruzione svolta dalla pub- blica amministrazione per fornire ai partecipanti una utilita� di carattere stru- mentale, da spendere nell'esercizio della professione in qualunque luogo del- l'Unione. Il nuovo e accelerato strumento di tutela offerto dal procedimento spe- ciale introdotto per i ricorsi avverso il silenzio della amministrazione, attra- verso il quale, con i tempi tecnici propri di una misura cautelare, si giunge alla sola declaratoria dell'obbligo di provvedere (secondo la tesi che anche la Sezione ha costantemente mostrato di prediligere), non puo� valere per ottenere in modo anticipato una delibazione del merito della controversia, che appare invece riservato al normale giudizio di cognizione. D'altra parte, se questo fosse in ipotesi consentito, l'azione del privato finirebbe per essere diretta a ottenere dalla amministrazione una pronuncia espressa su un suo inadempimento relativo a una prestazione patrimoniale che e� a suo carico per obbligo di legge: con questo si imporrebbe all'ammini- strazione, in ultimo attraverso un commissario del giudice, di riconoscere un proprio debito saltando tutta la fase cognitoria di accertamento. (omissis)�. IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE L'INDENNITA�DI�FUNZIONE�PER�I�GIUDICI�DI�PACE� Corte�di�cassazione,�sez.�lavoro,�16�febbraio�2002,�n.�2287�^Presidente�Rava- gnani�^Estensore�Minichiello�^Pubblico�Ministero�Giacalone�(conf.)�^ Ministero�della�Giustizia�(avv.�Stato�P.�M.�Zerman)�c/�M.� ed�altri.� le massime 1.��Benche�deducibilecomemotivodiricorsopercassazione,lacensura� diretta�a�riproporre�(come�gia��in�appello)�l'incompetenzafunzionale�del�Giudice� del�lavoro�sulla�domanda�di�corresponsione�della�indennita��giudiziaria�rivendi- catadall'esercentefunzionidigiudicedipace,�vadisattesagiacche�,�conl'istitu- zione�del�giudice�unico�di�primo�grado,�le�controversie�in�materia�di�lavoro� (non�devolute�al�giudice�amministrativo)�appartengono��in�primo�grado�a l�Tribunale�in�composizione�monocratica�restando,�cos|�,�la�natura�del�rapporto� azionatorilevantesolosulritoapplicabile(enonpiu��sullacompetenza).� 2.��Aigiudicidipacenonspettal'indennita��dicuiall'art.3legge19feb- braio�1981�n.�27.� il commento Sullaprima�massima:�la�sentenza�in�rassegna�ribadisce,�in�motivazione,�l'e- straneita�delle�controversie,�come�quella�di�specie,�alla�competenza�per�materia� del�giudice�del�lavoro;�e�svolge,�poi,�condivisibili�corollari�dalla�richiamata� Cass.�28�settembre�2000�n.�1045/S.U.�(in�Foro�it.�2000,�I,�3462),�intervenuta�a� risolvere�il�contrasto�in�tema�di�ammissibilita�del�regolamento�di�competenza� (negata�in�ragione�dell'esclusa�possibilita�,�alla�luce�della�nuova�normativa�sul� giudice�unico�di�primo�grado,�di�una�scelta�fra�due�giudici�diversi,�ognuno�dei� quali�astrattamente�competente�a�giudicare�la�controversia).� Nel�senso�della�residuale�rilevanza,�agli�effetti�del�rito�applicabile,�delle� questioni�della�competenza�per�materia�del�giudice�del�lavoro�(dopo�l'istitu- zione�del�giudice�unico),�cfr.�pure�in�dottrina�Dalmotto,�Brevi�note�su�que- stioni�di�competenza�ecc.,�in�Giur.�it.�2000,�I,�1143�e�Giacalone, Giudice�unico� e�compenza,in�Giust.�civ.�2000,�I,�995.� In�relazione�alla�seconda�massima:�oltre�Cass.�1622/01,�in�termini,� v.�pure,�per�la�non�riconducibilita�nel�concetto�di�retribuzione�del�tratta- mento�economico�(di�natura�indennitaria)�spettante�ai�magistrati�onorari,� S.U.�12�marzo�1999�n.�129,�in�Foro�it,�1999,�I,�1170.� S.L. gli argomenti della decisione (omissis)� �1.��Col�primo�motivo�di�ricorso�e�denunciata��violazione�delle� norme�sulla�competenza�(art.�360,�n.�2,�c.p.c.)�in�relazione�all'art.�409�c.p.c.,� nonche�agli�artt.�9�e�10�c.p.c.��e�si�sostiene�che�erroneamente�il�giudice�di� appello�ha�affermato�la�competenza�funzionale�del�giudice�del�lavoro,�non� ricorrendo�alcuna�delle�ipotesi�previste�dall'art.�409�c.p.c.,�e�dovendo�percio� ravvisarsi�la�competenza�per�valore�del�tribunale.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO Col�secondo�motivo,�il�Ministero�ricorrente��denunciando��viola- zione�di�norme�di�diritto�(art.�360�n.�3�c.p.c.)�in�relazione�all'art.�3�della� legge�n.�27�del�19�febbraio�1981�ed�all'art.�1�della�legge�n.�425�del�6�agosto� 1984,�nonche�in�relazione�agli�artt.�1�e�45�della�legge�n.�374/1991��s ostiene�che�erroneamente�sia�stata�riconosciuta�ai�giudici�di�pace�l'inden- nita�rivendicata,�in�quanto�l'art.�3�della�legge�19�febbraio�1981�n.�27,� secondo�la�norma�interpretativa�di�cui�all'art.�1�della�legge�n.�425/1984� cit.,�ne�ha�previsto�la�corresponsione�ai�magistrati�dell'ordine�giudiziario� ecioe�ai�magistrati�ordinari,�mentre�l'art.�2�della�stessa�legge�n.�425�del� 1984�ne�ha�esteso�la�spettanza,�ex nunc,�ad�altre�carriere�magistratuali�ma� non�anche�ai�giudici�di�pace.� 2.��Il�primo�motivo�di�ricorso�non�puo�essere�accolto,�ancorche�la� sentenza�impugnata,�affermativa�della�competenza�funzionale�del�giudice� del�lavoro�ai�sensi�dell'art.�409�n.�5�cod.�proc.�civ.,�si�appalesi�erronea�alla� luce�dell'insegnamento�delle�Sezioni�Unite�di�questa�Corte�(v.�sentenza� 9�novembre�1998�n.�11272)�affermativo�della�non�attribuibilita�delle�con- troversie�come�quella�in�oggetto�alla�competenza�per�materia�del�giudice� del�lavoro�della�devoluzione�di�esse�al�giudice�ordinario�individuabile� ratione valoris.� Va�considerato�che,�a�seguito�dell'istituzione�del�giudice�unico�di�primo� grado,�nelle�controversie�in�materia�di�lavoro�non�rientranti�fra�quelle�di�cui� all'art.�133�del�d.lgs.�n.�51�del�1998�(devolute�al�giudice�amministrativo),�e� competente,�quale�giudice�di�primo�grado,�il�tribunale�in�composizione� monocratica,�mentre�la�natura�della�controversia�incide�solo�sul�rito�applica- bile�e�non�piu�sulla�competenza.�Da�cio�le�Sezioni�Unite�della�Suprema�Corte� (v.�sentenza�28�settembre�2000�n.�1045)�hanno�fatto�derivare�l'inammissibilita� del�regolamento�di�competenza�in�ordine�all'attribuibilita�di�una�determinata� controversia�al�pretore�giudice�del�lavoro�o�al�tribunale,�essendo�venuta� meno�la�possibilita�di�scelta�fra�due�giudici�diversi�ossia�non�appartenenti� allo�stesso�ufficio.� Tali�considerazioni,�svolte�con�riguardo�all'ipotesi�di�regolamento�di� competenza,�non�sono�pero�trasferibili�al�motivo�di�ricorso�per�cassa- zione�che�(come�nella�specie)�sia�proposto,�per�negare�la�competenza�per� materia�del�pretore�giudice�del�lavoro�a�favore�della�competenza�per� valore�del�tribunale,�nell'ipotesi�in�cui�il�pretore,�dichiaratosi�competente� per�materia�quale�giudice�del�lavoro,�abbia�pronunciato�anche�nel�merito� la�sua�decisione,�gravata�d'appello�anche�in�ordine�alla�questione�di�com- petenza,�sia�stata�per�tale�punto�confermata�dal�tribunale.�Infatti,�l'esame� della�questione�di�competenza�in�sede�di�regolamento�e�quello�della� medesima�questione�in�sede�di�ricorso�ordinario�ai�sensi�dell'art.�360� n.�2�cod.�proc.�civ.�sono�funzionali�ad�esigenze�diverse:�costituite,�per�il� primo,�dalla�translatio iudicii avanti�al�giudice�ritenuto�competente�e,� per�il�secondo,�dalla�valutazione�della�legittimita�della�sentenza�che�ha� pronunciato�nel�merito.� L'esposto�motivo�in�ordine�alla�competenza��se�non�puo�quindi�essere� ritenuto�inammissibile�per�ragioni�analoghe�a�quelle�svolte�dalla�citata�sen- IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE tenza�n.�1045�del�2000�in�sede�di�regolamento��e�pero�egualmente�da�disat- tendere,�considerato�che�la�distinzione�fra�pretore�giudice�del�lavoro�e�pretore� addetto�alle�cause�ordinarie�dava�luogo�solo�ad�una�ripartizione�dell'attivita� interna�allo�stesso�ufficio�(v.�Cass.�20�febbraio�1999�n.�1438)�e�tenuto�altres|� conto�che,�nella�specie,�l'eccezione�d'incompetenza�per�valore�del�pretore�o ltre�che�essere�tempestivamente�dedotta�in�primo�grado�avrebbe�dovuto� essere�specificamente�riproposta�in�appello�ed�in�sede�di�legittimita�con�l'indi- cazione�della�ragioni�dimostrative�del�superamento�dei�limiti�della�compe- tenza�per�valore�del�pretore�ai�sensi�dell'art.�8�cod.�proc.�civ.,�rimanendo,�in� mancanza,�la�causa,�pur�non�di�lavoro,�ben�radicata,�ratione�valoris,�davanti� al�Pretore�adito.� 3.��Il�secondo�motivo�di�ricorso�e�invece�fondato.� Esaminando�la�medesima�questione,�la�Corte,�con�sentenza�5�febbraio� 2001�n.�1622,�ha�enunciato�principi�cos|�sintetizzati�nella�massima�ufficiale:� �La�disciplinadeicompensiperilgiudicedipacee�dettataesclusivamente�dalle� fonti�che�specificatamente�li�contemplano,�dovendosi�escludere�ogni�integrazione� mediante�il�ricorso�a�regole�dettate�per�rapporti�di�natura�diversa�e�dovendosi,� in�particolare,�escludere�l'estensibilita�ai�giudici�di�pace�di�indennita�(nella�spe- cie,quelladicuiall'art.�3leggen.�27del1981comeinterpretatodall'art.�1legge� n.�425�del�1984)�previste�per�i�giudici�togati,�che�svolgono�professionalmente�e� �in�viaesclusiva�funzionigiurisdizionaliedilcuitrattamentoeconomico�e�arti- colato�su�parametri�affatto�differenti�.� Tali�principi�sono�stati�ribaditi�dalla�sentenza�8�novembre�2001� n.�13835,�la�quale�ha�inoltre�considerato�irrilevante�(ai�fini�della�questione� in�esame)�la�circostanza�che�l'art.�24�bis,�comma�terzo,�del�d.l.�24�novembre� 2000�n.�341,�introdotto�dalla�legge�di�conversione�19�gennaio�2001�n.�4,� abbia�stabilito�che�ai�giudici�di�pace��e�altres|�dovuta�un'indennita�di� L.�500.000�mensili�per�ciascun�mese�di�effettivo�servizio�a�titolo�di�rimborso� spese�per�l'attivita�di�formazione,�aggiornamento�e�per�l'espletamento�dei� servizigeneralidiistituto�,�potendo�da�cio�desumersi�solo�che,�anterior- mente�all'entrata�in�vigore�di�tale�norma,�ai�giudici�di�pace�non�spettava� ne�l'indennita�rivendicata�in�questo�giudizio�ne�quella�poi�introdotta�dalla� nuova�disposizione.� Il�Collegio�non�ravvisa�ragioni�per�discostarsi�dall'orientamento� espresso�dalle�citate�sentenze,�rinviando��nel�rispetto�del�principio�di�eco- nomia�nell'esercizio�di�funzioni�a�servizi�pubblici��alle�ampie�argomenta- zioni�che�le�sorreggono.� Conclusivamente,�mentre�il�primo�motivo�di�ricorso�deve�essere�riget- tato,�il�secondo�deve�invece�essere�accolto,�con�conseguente�cassazione� dell'impugnata�sentenza�e,�non�essendo�necessari�ulteriori�accertamenti�di� fatto,�con�pronuncia�nel�merito,�ai�sensi�dell'art.�384,�primo�comma,�cod.� proc.�civ.,�di�rigetto�della�domanda�di�M.M.P.�e�degli�altri�intimati�in�epi- grafe�indicati.� (omissis).�� RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO REVOCA DELLA CONFISCA NEI PROCEDIMENTI ANTIMAFIA: REGIME DELLE SPESE UTILI ALLA CONSERVAZIONE DEI BENI Tribunale di Reggio Calabria, sezione misure di prevenzione, 19 marzo 2002 ^ Presidente�Forti ^Estensore�Ramondino ^F.D. (avv.ti N. D'Ascola e G. Panuccio) c/ Ministero dell'Economia e delle Finanze ed altri (avv. Stato M. Borgo). le massime 1. �Nella�controversia�avente�ad�oggetto�l'opposizione�al�conto�di� gestione,�proposta�dal�soggetto�sottoposto�a�misura�di�prevenzione�patrimo- niale�ex lege n.�575/65�(misura�di�prevenzione�successivamente�revocata� dalla�CortediAppello),�deveesseredichiarato�ildifetto�dilegittimazionepas- siva�dell'Agenzia�delle�Entrate�e�dell'Agenzia�del�Demanio,�dovendosi�indivi- duare�l'unicosoggetto�legittimatopassivo�nelMinistero�dell'Economia�e�delle� Finanze.� 2. �Il�tenore�letterale�e�la�stessa�sistematica�della�norma�contenuta�nel- l'art.�2-octies della�legge�n.�575/65�dimostrano�in�modo�non�equivoco�che�il�legi- slatore�ha�inteso�disciplinare�in�modo�distinto�ed�autonomo�le�spese�menzionate� al�comma�1�e�quelle�menzionate�al�comma�3.� Tale�disciplina�diverge�radicalmente�in�ordine�all'individuazione�del�sog- getto�su�cui�deve,�in�definitiva,�gravare�il�relativo�onere�allorquando�il�sequestro� (o�la�confisca)�del�bene�sia�stato�revocato:�quanto�alle�spese�necessarie�o�utili� alla�conservazione�e�all'amministrazione�dei�beni�sequestrati,�tale�soggetto�viene� identificato�dalla�legge�nel�titolare�del�bene,�ovvero�in�colui�al�quale�il�bene�e� stato�restituito,�trattandosi�del�soggetto�che�si�avvantaggia�dei�benefici�derivati� da�tali�spese;�quanto�alle�spese�espressamente�indicate�dal�comma�3,�il�soggetto� onerato�e�individuato�dalla�legge�nello�Stato,�trattandosi�di�spese�che,�a�prescin- dere�da�ogni�valutazione�in�termini�di�necessita�o�di�utilita�,�sono�strettamente� correlate�alla�procedura�attivata�dall'organo�giurisdizionale�deputato�all'appli- cazione�delle�misure�di�prevenzione.� il commento Le spese �necessarie o utili per la conservazione e l'amministrazione dei beni�, sostenute nell'ambito dei procedimenti di prevenzione patrimoniale antimafia, non vanno accollate allo Stato in caso di revoca del prov- vedimento di confisca. Una interessante pronuncia del Tribunale di Reggio Calabria. La sentenza, che si commenta, presenta un indubbio interesse in quanto affronta (per la prima volta, a quanto consta) la problematica concernente la diversa disciplina, ai fini della loro imputazione, delle �spese�necessarie�o� utiliper�la�conservazione�e�l'amministrazione�dei�beni�, che siano stati oggetto di un provvedimento di prevenzione patrimoniale, successivamente revocato (art. 2-octies, primo comma della legge n. 575/65) e delle �somme�per�il� pagamento�del�compenso�all'amministratore,�per�il�rimborso�delle�spese�da�lui� sostenute�per�i�suoi�coadiutori�e�quelle�di�cui�al�comma�4�dell'art.�2-septies�� (art.�2-octies, terzo comma della legge n. 575/65). IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE Ilfatto Un�soggetto,�indiziato�di�fare�parte�di�una�associazione�per�delinquere�di� stampo�mafioso,�vede�sequestrati�e�successivamente�confiscati,�ai�sensi�della� legge�31�maggio�1965�n.�575,�i�propri�beni�(nella�specie,�alcune�societa�aventi� ad�oggetto�la�vendita�di�autovetture�di�diverse�marche�automobilistiche);�il� provvedimento�di�sequestro�viene�successivamente�posto�nel�nulla�dal�giudice� di�appello.� Con�apposita�istanza,�l'ex�proposto�chiede�agli�amministratori�giudi- ziari,�nominati�nell'ambito�del�procedimento�di�prevenzione,�di�provvedere� al�deposito�del�rendiconto�relativo�alla�gestione�dei�beni,�dai�primi�curata� nel�periodo�di�vigenza�del�sequestro�e�della�confisca.� Il�giudice�delegato�fissa,�all'uopo,�l'udienza�di�verifica�ed�eventuale� approvazione�del�conto�di�gestione,�invitando,�nel�contempo,�gli�amministra- tori�giudiziari�a�depositare�il�rendiconto�finale.� All'udienza,�i�difensori�dell'ex�proposto,�pur�dichiarando�di�non�avere� obiezioni�da�muovere�al�rendiconto�finale,�presentato�dagli�amministratori,� rilevano�come�alcune�spese,�richiamate�nel�predetto�rendiconto,�avrebbero� dovuto�essere�imputate�all'amministrazione�statale�e�non,�invece,�alle�societa� facenti�capo�al�loro�assistito.� A�questo�punto,�il�giudice�delegato�rinvia�l'udienza�di�approvazione�del� conto�di�gestione,�disponendo�la�notifica�del�verbale�d'udienza�all'Agenzia� delle�Entrate�di�Reggio�Calabria,�all'Agenzia�del�Demanio�di�Reggio�Cala- bria�e�al�Ministero�delle�Finanze.� All'udienza,�celebratasi�in�camera�di�consiglio,�davanti�al�giudice�dele- gato,�l'Avvocatura�Erariale�si�costituisce�per�conto�di�tutti�e�tre�i�soggetti� chiamati�in�causa,�eccependo�il�difetto�di�legittimazione�passiva�delle�due� Agenzie�fiscali�e�chiedendo,�nel�merito,�il�rigetto�della�domanda�avanzata� dalla�difesa�dell'ex�proposto.� Il�giudice�delegato,�concessi�termini�per�note�e�repliche,�fissa�l'udienza�di� discussione�davanti�al�Collegio�del�Tribunale,�al�termine�della�quale,�il�Tribu- nale�reggino�riserva�la�decisione.� La sentenza Il�Tribunale�di�Reggio�Calabria�era�chiamato�a�dare�soluzione�ad�una� controversia�di�natura�squisitamente�patrimoniale�e�che�poco�aveva�a�che� fare�con�la�sede�penale�in�cui�veniva�celebrato�il�relativo�giudizio.� Ne�sono�testimoni�il�fatto�che�la�pronuncia�che�si�commenta�ha�la�forma� della�sentenza�(e�non�quella�del�decreto,�forma�prevista�per�la�decisione�con� la�quale�viene�approvato�il�conto�di�gestione),�nonche�il�fatto�che�l'udienza� di�discussione,�fissata�per�il�giorno�14�dicembre�2001,�venne�regolarmente� celebrata�nonostante�che�gli�avvocati�delle�Camere�Penali�avessero�procla- mato,�per�quella�giornata,�l'astensione�dall'attivita�difensiva.� Prima�di�esaminare�le�argomentazioni�con�le�quali�il�Tribunale�reggino�e� pervenuto�a�dare�soluzione�al�problema�dell'individuazione�del�soggetto�al� quale�imputare,�in�via�definitiva,�le�somme�controverse,�e�opportuno�rilevare� come�la�sentenza�in�commento�si�segnali�anche�per�la�corretta�indicazione� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO del��soggetto�pubblico�,�legittimato�passivo�nelle�controversie,�aventi�ad� oggetto�l'opposizione�avanzata�dall'ex�proposto,�in�sede�di�approvazione�del� conto�di�gestione,�nell'ambito�del�procedimento�relativo�ad�una�misura�di� prevenzione�patrimoniale,�successivamente�revocata.� Sul�punto,�in�accoglimento�delle�eccezioni�formulate�dalla�Difesa�Era- riale,�il�Tribunale�di�Reggio�Calabria�ha,�in�primo�luogo,�statuito�che�nes- suna�competenza�puo�configurarsi,�in�materia,�in�capo�all'Agenzia�delle� Entrate,�mentre,�con�riferimento�all'Agenzia�del�Demanio,�ha�osservato�che� la�stessa��ha�concretamente�perduto�ogni�interesse�in�seguito�all'adozione�del� provvedimento�con�il�quale�la�locale�Corte�di�Appello�ha�revocato�la�confisca� disposta�dai�giudici�di�primo�grado�.� Trattasi�di�affermazioni,�la�cui�cristallina�linearita�rende�superfluo�ogni� ulteriore�commento�e�conferma�come,�anche�dopo�l'istituzione�delle�c.d.� Agenzie�fiscali,�l'Amministrazione�Finanziaria�(oggi�impersonata�dal�Mini- stero�dell'Economia�e�delle�Finanze)�mantenga�una�propria�e�distinta�legit- timazione�processuale�in�controversie�(come�quella�in�argomento)�che,�a� prima�vista,�potrebbero�ritenersi�ormai�estranee�alla�sfera�di�competenza� ministeriale.� Passando�all'esame�del�merito�della�pronuncia�in�commento,�occorre� rilevare�come�la�stessa�muova�da�un�analitico�esame�delle�disposizioni,�conte- nute�nell'art.�2-octies�della�legge�n.�575/65;�una�disposizione,�quest'ultima,�il� cui�primo�comma�stabilisce�che��le�spese�necessarie�o�utiliper�la�conservazione� e�l'amministrazione�deibenisonosostenutedall'amministratore�medianteprele- vamento�delle�somme�da�lui�riscosse�a�qualunque�titolo�;�al�secondo�comma� della�citata�norma,�viene�previsto�che,�nell'ipotesi�in�cui�dalla�gestione�dei� beni�sequestrati�non�siano�ricavabili�somme�sufficienti�per�il�pagamento�delle� spese�di�cui�al�primo�comma,�le�somme�occorrenti��sono�anticipate�dallo� Stato,�con�diritto�al�recupero�nei�confronti�del�titolare�del�bene�in�caso�di�revoca� del�sequestro�;�il�terzo�comma�completa,�poi,�la�disposizione�affermando� che,�quanto�alle��somme�per�il�pagamento�del�compenso�all'amministratore,� per�il�rimborso�delle�spese�da�lui�sostenute�per�i�suoi�coadiutori�e�quelle�di�cui� al�comma�4�dell'art.�2-septies��(connesse�al�trasferimento�dell'amministratore� fuori�della�sede�di�residenza),�le�stesse�siano�inserite�nel�conto�di�gestione� ovvero,�nell'ipotesi�di�insufficienza�del�conto,�anticipate�in�tutto�o�in�parte� dallo�Stato��senza�diritto�a�recupero�;�quest'ultimo�alinea�della�norma�si�con- clude�con�la�precisazione�che,�nell'ipotesi�in�cui�il�sequestro�di�prevenzione� sia�revocato,��le�somme�suddette�sono�poste�a�carico�dello�Stato�.� Nel�caso�esaminato�dal�giudice�reggino,�la�maggior�parte�delle�somme� di�cui�la�difesa�del�proposto�chiedeva�l'imputazione�a�carico�dello�Stato,�rien- travano�tra�quelle�contemplate�dal�primo�comma�dell'art.�2-octies,�essendo� state�le�stesse�poste�in�essere�per�la�conservazione�e�amministrazione�del� patrimonio�sequestrato;�si�trattava,�in�particolare,�di�spese�che�gli�ammini- stratori�giudiziari�avevano�dovuto�affrontare,�per�usare�le�parole�del�Tribu- nale�di�Reggio�Calabria,�per��ripristinare�la�regolarita�della�gestione�delle� diverse�societa�in�sequestro,�sotto�ilprofilo�sia�contabile�che�tributario�.� La�richiesta,�lo�ripetiamo,�di�accollo�definitivo�delle�predette�spese�alle� casse�erariali�veniva�fondata,�dalla�difesa�dell'ex�proposto,�su�di�un'interpre- IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE tazione�delle�norme,�sopra�richiamate,�che,�valorizzando�il�dato�testuale,�con- tenuto�nella�parte�finale�del�terzo�comma�dell'art.�2-octies (ove�si�prevede,� come�piu�sopra�ricordato,�che�nell'ipotesi�di�revoca�del�sequestro��le somme suddette sono poste a carico dello Stato�),�mirava�a�fare�affermare�dal�Tribu- nale�adito�che��ogniqualvolta intervenga la revoca del sequestro precedente- mente disposto, tutte le spese previste dai primi tre commi dell'art. 2-octies deb- bono essere poste a carico dello Stato�. Un'interpretazione,�quest'ultima,�che�non�poteva�essere�condivisa,�risol- vendosi�la�stessa,�come�evidenziato�dalla�Difesa�Erariale�nella�propria� memoria�difensiva,�nella�legittimazione�di�un�vero�e�proprio�ingiustificato� arricchimento�da�parte�del�titolare�del�patrimonio,�oggetto�della�procedura� di�prevenzione,�che,�in�mancanza�del�provvedimento�di�sequestro,�avrebbe� dovuto,�comunque,�affrontare�l'esborso�economico�concernente�la�spese� necessarie�o,�comunque,�utili�alla�conservazione�ed�amministrazione�del�pro- prio�patrimonio.� In�altre�parole,�accedendo�alla�tesi�della�difesa�dell'ex�proposto,�sarebbe� derivata�la�conseguenza�paradossale�che�un�soggetto,�sottoposto�a�misura�di� prevenzione�patrimoniale,�poi�revocata,�avrebbe�ingiustamente�locupletato� un�vantaggio�economico,�rappresentato�dallo�sgravio,�per�il�periodo�di� costanza�del�sequestro�e�della�confisca,�degli�esborsi�necessari�per�la�conser- vazione�e�l'incremento�dei�propri�beni.� A�cio�si�aggiunga�che�l'erroneita�della�tesi�avversaria�risultava�confer- mata�dal�semplice�confronto�fra�le�previsioni,�contenute�nel�primo�e�terzo� comma�dell'art.�2-octies della�legge�n.�575/65,�dettate,�entrambe,�con�riferi- mento�all'ipotesi�in�cui�le�disponibilita�del�conto�della�gestione�non�siano�suf- ficienti�per�il�pagamento�delle�spese,�sopra�menzionate.� Ebbene,�con�riferimento�alle�spese�per�la�conservazione�e�l'amministra- zione�dei�beni,�si�prevede�che�le�stesse�siano�anticipate�dallo�Stato,�con�diritto� al�recupero�nei�confronti�del�titolare�del�bene�in�caso�di�revoca�del�sequestro,� mentre,�con�riferimento�alle�somme�per�il�pagamento�del�compenso�dell'am- ministratore,�per�il�rimborso�delle�spese�sostenute�per�i�coadiutori�dello� stesso�e�quelle�di�cui�al�comma�4�dell'art.�2-septies,�si�prevede�che�esse�siano� anticipate�dallo�Stato,�senza�diritto�a�recupero.� Una�diversa�disciplina�che�avvalora�la�tesi,�sostenuta�dalla�Difesa�Era- riale,�in�ordine�al�fatto�che�le�spese�necessarie�per�la�conservazione�e�ammini- strazione�dei�beni�sequestrati�e�il�cui�sequestro�sia�stato�successivamente� revocato�(o�addirittura�confiscati�e�la�cui�confisca�sia�stata�successivamente� revocata,�come�nel�caso�deciso�dal�Tribunale�di�Reggio�Calabria)�non�pos- sono�mai�essere�imputate�all'Erario.� Il�Tribunale�reggino,�facendo�proprie�le�difese�dell'Avvocatura�dello�Stato,� ha�affermato,�con�nettezza,�che��il meccanismo prefigurato dal legislatore (nei commi l e 3 dell'art. 2-octies della legge n. 575/65) diverge radicalmente in ordine all'individuazione del soggetto su cui deve, in definitiva, gravare il relativo onere allorquando il sequestro (o la confisca) del bene sia stato revocato: quanto alle spese necessarie o utili alla conservazione e all'amministrazione dei beni sequestrati, tale soggetto viene identificato dalla legge nel titolare del bene, ovvero RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO in�colui�al�quale�il�bene�e�stato�restituito,�trattandosi�del�soggetto�che�si�avvantag- gia�dei�benefici�derivati�da�tali�spese;�quanto�alle�spese�espressamente�indicate� dal�comma�3,�il�soggetto�onerato�e�individuato�dalla�legge�nello�Stato,�trattandosi� di�spese�che,�a�prescindere�da�ogni�valutazione�in�termini�di�necessita�o�di�utilita�,� sono�strettamente�correlate�alla�procedura�attivata�dall'organo�giurisdizionale� deputato�all'applicazione�delle�misure�diprevenzione�.� Una�statuizione�che�ha�fatto��risparmiare��alle�casse�dello�Stato�non� meno�di�trecento�milioni�delle�vecchie�lire�e�che�costituisce�un�precedente� molto�importante�in�una�materia,�come�quella�delle�misure�di�prevenzione� patrimoniale�antimafia,�le�cui�controversie�tanto�affaticano�le�sedi,�soprat- tutto�meridionali,�del�nostro�Istituto.� Avv. MauriziO BorgO gli argomenti della decisione �(omissis)� Deve,�innanzi�tutto,�accogliersi�la�richiesta�preliminare�avanzata�dalla� Difesa�Erariale�e,�conseguentemente,�dichiararsi�il�difetto�di�legittimazione� passiva�sia�in�capo�all'Agenzia�delle�Entrate�di�Reggio�Calabria�(priva�di� qualsivoglia�competenza�nella�materia�de�qua)�sia�in�capo�all'Agenzia�del� Demanio�di�Reggio�Calabria�(che�ha�concretamente�perduto�ogni�interesse� in�seguito�all'adozione�del�provvedimento�con�il�quale�la�locale�Corte� d'Appello�ha�revocato�la�confisca�disposta�dai�giudici�di�primo�grado�nei� confronti�di�F.D.).� Cio�detto,�il�Tribunale�ritiene�doveroso�esaminare�la�questione�che� afferisce�all'interpretazione�della�disposizione�normativa�contenuta�nel- l'art.�2-octies�legge�n.�575/65,�prevedente�la�disciplina�delle�spese�sostenute� nell'ambito�di�un�procedimento�di�prevenzione�patrimoniale:�cio�in�quanto� trattasi�di�norma�di�basilare�importanza�ai�fini�della�decisione�da�adottare� in�questa�sede,�come�peraltro�dimostra�il�netto�disaccordo�che�sul�punto�si�e� registrato�tra�le�parti.� Il�primo�comma�della�disposizione�da�ultimo�menzionata�stabilisce�che� �le�spese�necessarie�o�utili�per�la�conservazione�e�l'amministrazione�dei�beni� sono�sostenute�dall'amministratore�mediante�prelevamento�delle�somme�da�lui� riscosse�a�qualunque�titolo�.� Il�secondo�comma,�nel�prevedere�l'ipotesi�che�dalla�gestione�dei�beni� sequestrati�non�siano�ricavabili�somme�sufficienti�per�il�pagamento�delle� spese�di�cui�al�primo�comma,�statuisce�che�il�tal�caso�le�somme�occorrenti� �sono�anticipate�dallo�Stato,�con�diritto�al�recupero�nei�confronti�del�titolare� del�bene�in�caso�di�revoca�del�sequestro�.� Il�terzo�comma,�avuto�specifico�riguardo�alle��somme�per�il�pagamento� del�compenso�all'amministratore,�per�il�rimborso�delle�spese�da�lui�sostenute� per�i�suoi�coadiutori�e�quelle�di�cui�al�comma�4�dell'art.�2-septies��(connesse�al� trasferimento�dell'amministratore�fuori�della�residenza)�prevede�che,�in�caso� di�confisca�dei�beni�sequestrati,�le�dette�somme�siano�inserite�nel�conto�di� gestione�ovvero,�nell'ipotesi�di�conto�incapiente,�anticipate�in�tutto�o�in�parte� dallo�Stato��senza�diritto�a�recupero�.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE L'ultimo�inciso�del�terzo�comma�dell'art.�2-octies prende�in�considera- zione�l'eventualita�che�il�sequestro�di�prevenzione�sia�revocato,�nel�qual�caso� �lesommesuddettesonoposte a carico dello Stato�.� La�difesa�F.,�valorizzando�il�dato�testuale�da�ultimo�riferito,�sostiene�che� esso�costituisce�una�sorta�di�norma�di�chiusura�secondo�cui,�ogniqualvolta� intervenga�(come�nel�caso�in�esame)�la�revoca�del�sequestro�precedentemente� disposto,�tutte�le�spese�previste�dai�primi�tre�commi�dell'art.�2-octies debbono� essere�poste�a�carico�dello�Stato�(sia�nel�caso�in�cui�le�relative�somme�siano� gia�state�anticipate�dallo�Stato,�sia�nel�caso�in�cui�esse�siano�state�prelevate� dall'amministratore�dal�conto�di�gestione).� L'opzione�ermeneutica�prospettata�dalla�difesa,�recisamente�contrastata� sia�dal�pubblico�ministero,�sia�dal�rappresentante�dell'Avvocatura�Distret- tuale�dello�Stato,�non�e�assolutamente�condivisibile.� Il�tenore�letterale�e�la�stessa�sistematica�della�norma�contenuta�nel- l'art.�2-octies dimostrano�in�modo�non�equivoco�che�il�legislatore�ha�inteso� disciplinare�in�modo�distinto�ed�autonomo�le�spese�menzionate�al�comma�1� e�quelle�menzionate�al�comma�3,�prevedendo�una�regolamentazione�tenden- zialmente�completa�ed�esaustiva�che�tenesse�adeguatamente�conto�della� diversita�esistente�tra�le�stesse,�sia�sotto�il�profilo�ontologico,�sia�sotto�il�pro- filo�teleologico.� Il�meccanismo�prefigurato�dal�legislatore,�se�puo�dirsi�coincidente�per� quanto�attiene�al�momento�della�effettuazione�della�spesa�(sostenuta�attra- verso�le�disponibilita�finanziarie�del�conto�di�gestione�ovvero,�in�ipotesi�di� conto�insufficiente,�anticipata�dallo�Stato),�diverge�radicalmente�in�ordine� all'individuazione�del�soggetto�su�cui�deve,�in�definitiva,�gravare�il�relativo� onere�allorquando�il�sequestro�(o�la�confisca)�del�bene�sia�stato�revocato:� quanto�alle�spese�necessarie�o�utili�alla�conservazione�e�all'amministrazione� dei�beni�sequestrati,�tale�soggetto�viene�identificato�dalla�legge�nel�titolare� del�bene,�ovvero�in�colui�al�quale�il�bene�e�stato�restituito,�trattandosi�del� soggetto�che�si�avvantaggia�dei�benefici�derivati�da�tali�spese;�quanto�alle� spese�espressamente�indicate�dal�comma�3,�il�soggetto�onerato�e�individuato� dalla�legge�nello�Stato,�trattandosi�di�spese�che,�a�prescindere�da�ogni�valuta- zione�in�termini�di�necessita�o�di�utilita�,�sono�strettamente�correlate�alla�pro- cedura�attivata�dall'organo�giurisdizionale�deputato�all'applicazione�delle� misure�di�prevenzione.� Cos|�stando�le�cose,�deve�senz'altro�escludersi�che�l'interpretazione�della� norma�sostenuta�dalla�difesa�possa�trovare�accoglimento.� Corollario�fondamentale�di�tale�conclusione�e�che�in�un�caso�come� quello�che�ci�occupa,�caratterizzato�dalla�sopravvenuta�revoca�del�sequestro� e�della�confisca�in�precedenza�disposti,�si�pone�la�necessita�di�inquadrare�le� spese�effettuate�dall'amministrazione�giudiziaria�in�una�delle�due�categorie� che�la�legge�ha�individuato�(nei�termini�sopra�chiariti)�e�per�le�quali�essa�ha� stabilito�una�disciplina�differenziata.� (omissis)�.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO IL CASO RAIWAY Tribunale�Amministrativo�regionale�del�Lazio,�sez.�2.,�12�marzo�2002,� n.�1897�^Presidente Marzano�^Estensore Calveri�^RAI-Radiotelevisione� Italiana�S.p.a.�(avv.�prof.�F.�Sorrentino)�c/�Ministero�delle�Comunicazioni� (avv.ti�Stato�F.�Quadri�e�V.�Cesaroni)�^CCR�S.r.l.;�Crown�Castle�Interna- tional�Corp.�(n.c.)�^SNATER�^Sindacato�nazionale�autonomo�telecomu- nicazioni�^Radiotelevisioni�(avv.�C.�d'Inzillo).� le massime 1. �Ilnegoziodicessionedelcapitaleazionariodellasocieta� chegestisce l'installazione e l'esercizio degli impianti, nell'ambito della concessione per il serviziopubblicoradiotelevisivo,e� legittimamentesottopostoapreventivaauto- rizzazione ministeriale, e non ad una mera successiva �presa d'atto� del negozio gia� sottoscritto. 2. �Il provvedimento con il quale il Ministro delle Comunicazioni, ai sensidell'art. 1,comma5,deld.P.R.28marzo1994perlaconcessioneinesclu- siva del servizio pubblico radiotelevisivo sull'intero territorio nazionale, nega o concede l'autorizzazione alla cessione della partecipazione azionaria della Rai nella societa� cui erano state affidate le attivita� relative all'installazione e all'e- serciziodegliimpiantitecnicinonsiconfiguracome�attopolitico�ede� quindi sottoposto alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, in considera- zione della nozione di servizio pubblico di cui all'art. 33, comma 2, lettere b)�e c)�del d.lgs. n. 80/1998. 3. �Ilprovvedimento di autorizzazione, ai sensi dell'art. 1, comma 5, del d.P.R. 28 marzo1994perlaconcessioneinesclusivadelserviziopubblicoradio- televisivo sull'intero territorio nazionale, alla cessione della partecipazione azio- naria della Rai nella societa� affidataria delle attivita� di installazione ed eserci- zio degli impianti tecnici costituisce esplicazione delpotere di controllo e vigi- lanza facente capo alla superiore responsabilita� politica del Ministero, e pertanto rientra nella legittima competenza del Ministero delle Comunicazioni. 4. �Considerata l'elevata importanza strategica degli impianti radiotele- visi, e� legittimo il provvedimento con il quale il Ministro delle Comunicazioni nega l'autorizzazionealla cessionedaparte dellaRaidelcapitale azionario, sia pure minoritario, della societa� che gestisce installazione ed esercizio degli impianti, nell'ambito della concessione per il servizio pubblico radiotelevisivo, per l'effettiva influenza dominante che la societa� acquirente e� in condizione di esercitareinvirtu� deipattiparasocialisottoscritti. il commento Il diniego alla cessione delle quote non denota un eccesso dipotere. Il Tar Lazio torna ad occuparsi degli attipolitici. I.�La�sentenza�n.�1897/2002,�resa�dalla�Seconda�Sezione�del�Tar�Lazio� in�data�12�marzo�2002,�merita�di�essere�annotata�per�la�sua�indubbia�rile- vanza�sia�sotto�il�profilo�della�posta�in�gioco,�che�sul�piano�delle�questioni� giuridiche�implicate.� Nucleo�della�contesa�e�la�possibilita�per�la�Rai�di�cedere�il�49%�di�una� societa�dalla�medesima�controllata,�la�RaiWay,�ad�un�gruppo�statunitense,� in�assenza�di�un'esplicita��autorizzazione��del�Ministero�delle�Comunica- zioni,�che�si�era�opposto�alla�vendita�con�il�provvedimento�oggetto�dell'impu- IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE gnativa.�Il�Tribunale,�nel�respingere�il�ricorso�della�Rai,�ha�trattato�proble- matiche�di�notevole�rilievo�e�di�non�facile�soluzione,�come�la�nozione�di�atto� politico�ai�fini�del�sindacato�giurisdizionale,�la�natura�della�competenza�del� Ministro�ad�adottare�un�atto�quale�quello�oggetto�di�impugnazione�e�la�rile- vanza�dei�patti�parasociali.� II.�L'origine�della�vicenda�risale�al�29�luglio�1999,�data�in�cui�la� Rai�costituiva�una�societa�,�denominata�NewCo�Td�Spa,�cui�venivano�affidate� le�attivita�inerenti�all'installazione�ed�all'esercizio�degli�impianti�tecnici� pubblici:�a�tal�fine,�in�data�11�novembre�1999,�la�Rai�otteneva�l'autorizza- zione�ministeriale,�prescritta�dall'art.�1,�comma�5,�d.P.R.�28�marzo�1994,� n.�290�(1),�in�cui�si�specificava�che��lasocieta�concessionariapuo�,previa�auto- rizzazione�del�Ministero�delle�Comunicazioni,�avvalersi,�per�attivita�inerenti� all'espletamento�dei�servizi�concessi,�di�societa�da�essa�controllate�.�Si�preci- sava,�altres|�,che��ogni�variazione�dell'attuale�assetto�della�NewCo�Td�Spa�da� parte�di�codesta�societa����la�Rai���deve�essere�preventivamente�autorizzata� da�questo�Ministero�.� Le�due�Societa�,�pertanto,�sottoscrivevano�un��contratto�difornitura�di� servizi�di�trasmissione�e�diffusione�,�con�il�quale�la�Rai�affidava��la�forni- tura�dei�servizi�relativi�all'installazione,�manutenzione�e�gestione�di�reti�di� telecomunicazioni�e�la�prestazione�di�servizi�di�trasmissione,�distribuzione�e� diffusione�di�segnali�e�di�programmi�radiofonici�e�televisivi��eNewCo�Td� Spa�(poi�RaiWay)�si�impegnava�a�garantire�lo�svolgimento�di�tali�servizi� �in�conformita�con�i�livelli�di�servizio,�copertura�e�continuita�previsti�dalla� convenzione�e�dal�contratto�di�servizio�,�stipulato�tra�la�Rai�e�l'Amministra- zione�concedente.� Successivamente,�il�29�febbraio�2000,�la�NewcoTd�Spa�mutava�la�propria� denominazione�in�RayWay�Spa�ed�in�quest'ultima�societa�veniva�conferito�il� ramo�aziendale�costituito�dalle�attivita�,�beni�e�organizzazione,�gia�assicurato� dalla��Divisione,�diffusione�e�trasmissione��della�stessa�Rai.� Con�nota�del�28�marzo�2000�la�Rai,�nel�comunicare�il�trasferimento,� riferiva�al�Ministero�che�l'operazione�non�comportava�alcuna�variazione� negli�assetti�di�controllo,�preannunciando,�pero�,�al�tempo�stesso,�di�aver� avviato�la�procedura�di�collocamento�sul�mercato�di�una�quota�minoritaria� della�sua�partecipazione�nel�capitale�di�RaiWay.� Con�contratto�di�compravendita�stipulato�il�27�aprile�2001,�la�Rai� cedeva�alla�CCR�Srl��societa�controllata�dal�gruppo�americano�Crown�Cas- tle�International�Corporation��le�azioni�rappresentative�del�49%�del�capitale� di�RayWay;�al�contratto�accedevano,�altres|�,�dei�patti�parasociali�finalizzati� ad�attribuire�al�socio�di�minoranza�diverse�prerogative�e�due�condizioni�riso- lutive:�la�mancata�autorizzazione�dell'Autorita�garante�della�concorrenza�e� (1)�Tale�decreto�ha�approvato�la��Convenzione�per�la�concessione�in�esclusiva�del�servizio� pubblico�di�diffusione�circolare�di�programmi�sonori�e�televisivi�sull'intero�territorio�nazionale�� stipulata�tra�il�Ministero�delle�Poste�e�delle�Telecomunicazioni�e�la�Rai.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO del�mercato�ai�sensi�della�legge�287/1990�ed�il�mancato�rilascio,�entro�sei� mesi,�da�parte�del�Ministero�delle�Comunicazioni�di�una�c.d.�presa�d'atto�del- l'intervenuta�cessione�e�del�fatto�che�la�stessa�fosse�conforme�ai�termini�ed� alle�condizioni�di�cui�all'autorizzazione�dell'11�novembre�1999.� Mentre�l'Authority�dava�sostanzialmente�il�via�libera�all'operazione,�rico- noscendo�che�da�essa�non�derivava�una�posizione�dominante�pregiudizievole� per�la�concorrenza,�il�Ministero�negava�invece�la�richiesta��presa�d'atto�,� richiamando�l'illegittimita��della�procedura�posta�in�essere�dalla�Rai,�per� essersi�limitata�a�richiedere�una�semplice�presa�d'atto,�in�luogo�di�una�pre- ventiva�autorizzazione�alla�conclusione�del�contratto;�dalla�vendita�di�Rai- Way�derivava,�infatti,�il�conferimento�di�poteri�di�gestione�e�controllo�al� socio�di�minoranza,�cioe��a�dire,�una�variazione�all'assetto�di�controllo�previ- sto�nell'autorizzazione�dell'11�novembre�2000,�peraltro�evidenziata�nel�prov- vedimento�dell'Authority.� Tale�decisione�e��stata�impugnata�dalla�Rai,�che�ha�sostanzialmente� negato�la�sussistenza�del�potere�autorizzatorio�del�Ministro.�L'equivoco�in� cui�e��caduta�la�difesa�dell'emittente�televisiva�risulta�palese�sol�che�si�consi- deri�l'eccezione�di�inammissibilita��sollevata�dall'Avvocatura�per�carenza�del- l'interesse�a�ricorrere:�tale�eccezione,�infatti,�si�fonda�proprio�sulla�natura�di� �dichiarazione�di�scienza��attribuita�all'atto�dalla�ricorrente,�che,�pertanto,� proprio�in�virtu��di�quella�natura�(valutazione�sulla�regolarita��dell'operazione� della�cessione�azionaria)�non�avrebbe�dovuto�avere�interesse�a�coltivare�l'im- pugnativa;�la�difesa�dell'Amministrazione,�inoltre,�dopo�aver�eccepito�la� carenza�di�giurisdizione�disattesa�dal�Collegio�ai�sensi�dell'art.�33,�secondo� comma,�lettere�b)�e�c),�del�d.lgs.�31�marzo�1998,�n.�80,�come�modificato�dal- l'art.�7�della�legge�n.�205/2000,�ha�desunto�l'inimpugnabilita��del�provvedi- mento,�da�qualificarsi�quale�atto�politico�o�di�alta�amministrazione�e�per- tanto�sottratto�al�sindacato�giurisdizionale�ai�sensi�dell'art.�31�R.D.�26�giu- gno�1924,�n.�1054.� III.�La�decisione�del�Tar�correttamente�esclude�che�il�provvedimento� manifesti�una�mera�valutazione�sulla�regolarita��dell'operazione,�poiche�tale� ricostruzione�potrebbe�sostenersi�solo�qualora��la�condotta�della�Rai,�per�quel� che�attiene�alla�perfezionata�attivita�contrattuale,�si�sia�attivata�e�mantenuta� nei�termini�stabiliti�dalla�convenzione�e�dal�provvedimento�autorizzatorio� dell'11�novembre�1999�.� Quanto,�poi,�alla�natura�dell'atto�de�quo,�il�Tribunale�parla�di��determi- nazione�autoritativa�con�la�quale�il�Ministro�delle�comunicazioni,�ponendosi�cri- ticamente�nei�riguardi�della�richiesta�avanzata�dalla�Rai�del�rilascio�di�una� �presa�d'atto��dell'operazione�commerciale�de�qua,�ne�ha�denunciato�il�carattere� anomaloinquantosuccessiva,�enonpreventiva(sottoformadiautorizzazione),� alla�stipula�del�contratto�.�Sulla�base�di�tale�argomentare,�viene�disattesa,�per- tanto,�l'impostazione�difensiva�dell'Avvocatura�relativamente�alla�natura�del� provvedimento�quale�atto�politico�(su�cui�si�dira��infra).� Accertata�l'ammissibilita��del�ricorso,�il�Collegio�rileva�l'infondatezza�del� primo�motivo�con�cui�e��dedotta�l'incompetenza�del�Ministro�ad�adottare� provvedimenti�che,�ai�sensi�dell'art.�4,�comma�1,�del�d.lgs.�30�marzo�2001,� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE n.�165�spettano�ai�dirigenti.�A�tal�fine,�si�osserva�come�la�decisione�si� richiami�al�concetto�di�potesta�di�vigilanza�e�di�controllo,�quale�fondamento� dell'atto�in�questione,�che,�implicando�una�responsabilita�politica�del�Mini- stro,�ne�legittima�la�competenza.� Invero,�la�norma�richiamata�dalla�ricorrente�riproduce�pedissequamente� l'art.�3�del�d.lgs.�3�febbraio�1993,�n.�29(2),�che�ha�sancito�la�rigida�separa- zione�di�compiti�e�attribuzioni�fra�organo�di�indirizzo�politico�e�dirigenza� delle�Pubbliche;�amministrazioni,�circoscrivendo�le�funzioni�di�controllo�e�di� verifica�del�Ministro�rispetto�all'operato�dei�dirigenti�alla�verifica�della� rispondenza�dei�risultati�della�gestione�amministrativa�alle�direttive�generali� impartite(3):�sembra,�pertanto,�sulla�scorta�di�tale�distinzione�tra�le�funzioni,� che�l'atto�di�diniego�dovrebbe�essere�di�competenza�dirigenziale.�La�decisione� in�commento,�tuttavia,�nell'interpretare�le�disposizioni�richiamate,�corretta- mente�valorizza�un�principio�di�responsabilita�ministeriale,�si�direbbe�fondato� su�un�rapporto�di�sovraordinazione�tra�Ministro�e�dirigenti,�per�il�quale�si� possa�radicare�una�competenza�in�capo�al�Ministro�anche�al�di�la�(4)�dell'enu- merazione��a�dire�il�vero�da�piu�parti�ritenuta�tassativa(5)��delle�fattispe- cie�di�cui�all'art.�4�del�d.lgs.�30�marzo�2001,�n.�165�ed�alle�precedenti�disposi- zioni�in�materia.� (2)�Articolo�sostituito�prima�dall'art.�2�del�d.lgs�n.�470�del�1993,�poi�dall'art.�3�del�d.lgs� n.�80�del�1998�e�successivamente�modificato�dall'art.�1�del�d.lgs�n.�387�del�1998.� (3)�Sulla�separazione�di�attribuzioni�tra�Ministro�e�dirigenza,�si�veda�Tar�Lazio,�Sez.�III,� sent.�8�ottobre�1996,�n.�1847�:��Anchedopol'entratainvigoredelD.Lvo3febbraio1993n.29,�che� hasancito�la�rigida�separazione�di�compitieattribuzionifra�organo�di�indirizzopolitico�e�dirigenza� delle�Pubbliche�amministrazioni,�circoscrivendo�le�funzioni�di�controllo�e�di�verifica�del�Ministro� rispetto�all'operato�dei�dirigenti�alla�verifica�della�rispondenza�dei�risultati�della�gestione�amministra- tiva�alle�direttive�generali�impartite�(art.�3�D.L.�vo�cit.),�permane�tra�Ministro�e�dirigenti�generali� unrapportodisovraordinazione,�dovendosipursempreconsiderareilMinistro�comecapo�dell'Ammi- nistrazionecuie�preposto,�conpoterinonsolodiformulazionediindirizzopoliticoamministrativo� maanchedidefinizionediobiettivieprogrammi,diripartizionedelledisponibilita��dibilancio,didefi- nizione�di�direttive�generali�per�l'azione�amministrativa,�di�verifica�della�rispondenza�dell'azione� amministrativaalledirettiveimpartitee,incasodiparticolarimotividinecessita��eurgenza,diavoca- zione�a�se�degli�atti�di�competenza�dirigenziale;�pertanto,�anche�dopo�l'entrata�in�vigore�del�D.Lvo� n.�29cit.,permanenell'ambitodeipoteridelMinistroladecisionesuiricorsigerarchici�.� (4)�In�tal�senso,�D'Orta, Illavoroalledipendenzedelleamministrazionipubbliche.�Commen- tario,�a�cura�di�Carinci, Milano,�1995,�217:�l'Autore,�peraltro,�nota�come�tra�indirizzo�e�gestione� sussista�un�processo�circolare�di�influenze�reciproche,�in�conseguenza�delle�quali�le�indicazioni�del- l'art.�3��non�possono�essere�intese�come�precetto�drastico�e�totalizzante�,�ma�costituiscono,�piutto- sto,��un�criterio�regolatoredifondo�neirapportitra�organidigoverno�delleamministrazionieburo- crazia�.� (5)�Nel�senso�della�tassativita�sembra�propendere�anche�la�relazione�governativa�all'art.�3� (vedi�punto�4);�in�dottrina,�Volpe, Uffici�pubblici:�una�gestione�non�piu��politica,�Guida�al�Diritto,� n.�16�del�1998,�88;�Carinci, La�dirigenza�nella�seconda�fase�della�privatizzazione:�la�legge�delega� n.�59�del�1997�e�i�decreti�legislativi�numeri�396�del�1997�ed�80�del�1998,�in�CarincI �D'Orta, diretto�da,�Illavoroalledipendenzedelleamministrazionipubbliche.�Icontratticollettiviperlearee� dirigenziali,�Commentario,�Milano,�1998,�XX�e�XXI;�in�giurisprudenza�si�tende,�piu�che�altro,�ad� ampliare�la�sfera�di�competenza�dei�dirigenti,�limitando�cos|�le�funzioni�di�indirizzo�politico�a� quelle�indicate�nella�norma:�Cons.�di�St.,�Sez.�III,�17�novembre�1998,�parere�n.�1316.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO IV.�Nel�merito�la�Rai�contesta�l'esistenza�del�potere�autorizzatorio�del� Ministro�per�il�semplice�mutamento�della�partecipazione�azionaria�della� societa��controllata,�sostenendo,�in�altri�termini,�che�l'ipotesi�di�cessione�a� terzi�di�una�partecipazione�azionaria�come�quella�di�specie�non�sarebbe�disci- plinata�ne�dalla�convenzione�citata,�ne�dal�contratto�di�servizio;�censura,� altres|�,�la�ricorrente,�l'eccesso�di�potere,�sotto�svariati�profili,�in�cui�sarebbe� incorso�il�Ministro�nel�ritenere�che,�con�la�conclusione�dei�patti�parasociali,� la�Rai,�contravvenendo�all'impegno�assunto�in�convenzione,�non�avrebbe� mantenuto�il�controllo�della�RaiWay.� In�realta��,�le�ragioni�poste�dall'Amministrazione�a�fondamento�della� determinazione�negativa�non�sono�prive�di�pregio:�in�primo�luogo,�la�poten- zialita��di�applicazione�degli�impianti�di�RayWay,�cos|��tecnologicamente�avan- zati�da�poter�essere�sfruttati�anche�per�delicatissimi�compiti�di�sicurezza;�del� resto,�in�seguito�ai�noti�eventi�dell'11�settembre,�solo�una�gestione�realmente� riconducibile�alla�parte�pubblica�potrebbe�garantirne�la�piena�disponibilita��.� Inoltre,�i�patti�parasociali�sottoscritti�parallelamente�alla�vendita,�in� sostanza,�conferiscono�alla�societa��acquirente�un�potere�di�indirizzo�strate- gico�dell'attivita��di�RayWay addirittura�superiore�a�quello�che�rimane�alla� Rai�(socio�di�maggioranza)(6).�In�definitiva,�il�controllo�di�RayWay non� farebbe�piu��capo�alla�concessionaria�pubblica,�tanto�da�alterare�le�condizioni� dell'autorizzazione�rilasciata�dal�Ministero�nel�1999.� Il�Tar,�in�definitiva,�nel�respingere�il�ricorso�nel�merito,�ha�ritenuto�legit- timo�l'esercizio�del�potere�discrezionale�estrinsecatosi�nel�diniego�della��presa� d'atto�,�condividendone�sostanzialmente�le�ragioni�e�sottolineando�il�potere� di�indirizzo�strategico�dell'attivita��di�RayWay che�di�fatto�veniva�conferito� al�gruppo�americano.� V.�Esaurita�la�ricostruzione�dei�fatti�e�dei�motivi�alla�base�della�deci- sione,�pare�a�questo�punto�opportuno�soffermarsi�sulla�problematica�natura� dell'atto�politico.� Invero,�l'Avvocatura,�nella�consapevolezza�dell'eccezionalita��dell'ipotesi� di�sottrazione�al�sindacato�giurisdizionale�di�atti�formalmente�e�soggettiva- mente�amministrativi,�ha�cercato�di�evidenziare�nell'atto�in�questione�i�con- notati�dell'atto�di�indirizzo�politico,�consistenti�nel�provenire�l'atto�dall'Auto- rita��di�indirizzo�e�di�direzione�al�massimo�livello�del�settore�e�dall'essere�esso� emanato�nell'esercizio�del�potere�politico,�anziche�nell'esercizio�di�attivita�� meramente�amministrativa.� (6)�A�tal�proposito,�sono�interessanti�nella�sentenza�in�commento�gli�elementi�valutativi�uti- lizzati�dal�Collegio,�tra�i�quali�pare�opportuno�sottolineare�la�circostanza�che�per�l'approvazione� di�numerose�delibere,�tutte�relative�alle�vicende�giuridiche�di�impianti�di�assoluta�importanza�stra- tegica�e�di�sicuro�rilievo�internazionale,�fosse�necessario,�nell'ambito�di�un�Consiglio�d'ammini- strazione�composto�da�otto�membri��cinque�nominati�dalla�Rai�e�tre�dal�partner �il�voto�favo- revole�di�almeno�due�consiglieri�di�designazione�del�partner;�e�la�composizione�del�collegio�sinda- cale,�che�prevedeva�una�prevalenza�del�controllo�da�parte�del�socio�americano�(due�sindaci�su� tre)�e,�per�le�materie�di�competenza�dell'assemblea�straordinaria,�sia�in�prima�sia�in�seconda�con- vocazione,�una�maggioranza�del�67%,�con�conseguente�assegnazione�al�partner statunitense�di�un� potere�di�blocco�sulle�delibere�di�tale�assemblea.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE E�ormai�condivisa�la�definizione�dell'atto�politico�che�ne�diede�il�San- dulli,�quale�manifestazione�tipica�della�funzione�politica�e�di�governo,� mediante�la�quale�si�palesano��l'attivita� di direzione suprema della cosapub- blica (l'indirizzo politico) e l'attivita� di coordinamento e controllo delle singole manifestazioni in cui la direzione stessa si estrinseca�(7).�Nella�funzione�del- l'atto�politico�e�marcata,�pertanto,�la�differenza�col�provvedimento�ammini- strativo:�con�l'atto�politico�si�appongono�dei�fini�(liberta�del�fine),�l'attivita� amministrativa�tende�al�loro�raggiungimento�(rectius attuazione).�Da�tenere� in�considerazione,�poi,�e�la�liberta�delle�forme,�derivante�dalla�possibilita� che�l'attivita�di�governo�possa�provenire�da�un�qualsiasi�soggetto�cui�sia�attri- buito�rilievo�politico�e,�soprattutto,�non�formalmente�amministrativo.� Sul�piano�delle�fonti,�si�spiega�che��gli atti in cui si esprime l'attivita� di governoesplicanoun'azionechenone� disecondogradorispettoaquellalegislati- va�(8),�collegandosi�immediatamente�e�direttamente�alla�Costituzione�o�alle� leggi�costituzionali.�Anche�se,�a�ben�vedere,�una�tale�affermazione�implica�un� numerus clausus degli�atti�politici,�per�cui�il�diretto�collegamento�tra�atto�poli- tico�e�Costituzione�ha�come�corollario�l'impossibilita�di�configurare�altri�atti� politici�al�di�fuori�di�quelli�implicitamente�o�espressamente�previsti�dalla�Carta� Costituzionale;�pare,�invece,�piu�attento�all'evoluzione�del�diritto�pubblico� chi(9)�ha�teorizzato�il�superamento�del�principio�del�numero�chiuso�ad�opera� di�un�duplice�fenomeno�di�assoggettamento,�da�una�parte,�dell'attivita�politica� a�vincoli�sempre�piu�stretti�e�dall'altra�di�diffusione�del�potere�politico�(devolu- tion):�superamento�che,�del�resto,�e�la�causa�principale�delle�innumerevoli�diffi- colta�di�procedere�ad�una�sicura�distinzione�tra�attivita�di�governo�e�altre�forme� di�attivita�amministrativa�dai�contorni�imprecisi(10).� Passando�alle�diverse�tipologie�dell'atto�politico,�si�deve�sottolineare,� sotto�il�profilo�soggettivo,�la�rarita�di�precise�attribuzioni�di�competenza� compiute�dall'ordinamento;�riguardato�l'atto�politico�da�un�punto�di�vista� oggettivo�(11),�invece,�si�suole�distinguere�tra�atti�con�forza�di�legge,�atti�con� forza�giurisdizionale�e�atti�formalmente�amministrativi,�categoria,�quest'ul- tima,�cui�e�rivolto�l'art.�31�del�R.D.�26�giugno�1924,�n.�1054�concernente�la� non�impugnabilita�in�sede�giurisdizionale�amministrativa�degli�atti�politici.� Per�cio�che�riguarda�i�primi�due�tipi,�sara�sufficiente�ricordare,�anche�al�fine� di�evitare�qualsiasi�elencazione,�il�valore�politico�delle�sentenze�della�Corte� Costituzionale,�da�configurarsi�quali�atti�politici�in�quanto�esplicano�la�pro- pria�azione�nei�confronti�di�atti�legislativi�e�di�altri�atti�politici�di�pari�livello,� pur�avendo�i�caratteri�formali�e�l'efficacia�delle�sentenze(12).� (7)�Sandulli, Manuale di diritto amministrativo, Napoli,�1989,�16.� (8)�Sandulli, op. cit., 17. (9)�Nigro, Lineamentigenerali, inManualedidirittopubblico (a�cura�di�Amato��Barbera),� Bologna,�1984,�804.� (10)�Garrone, Atto politico (disciplina amministrativa), in�Digesto delle discipline pubblicisti- che, 546.� (11)�Barile, Attodigoverno (eattopolitico),Enciclopediadeldiritto, 220�ss.� (12)�Sandulli, op. cit., 18.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO La�categoria�che�qui�maggiormente�interessa,�invero,�e�quella�degli�atti� formalmente�amministrativi,�promananti�dal�vertice�dell'ordinamento�statale� e�regionale,�nonche�,�contrariamente�al�tenore�letterale�dell'art.�31�citato,�da� autorita�periferiche�(13).� Anche�per�questa�categoria�non�appare�opportuno�svolgere�in�tale�sede� un'elencazione�che,�del�resto,�mai�potrebbe�essere�esaustiva.�Pare,�pertanto,� piu�utile�precisare�il�rapporto�tra�gli�atti�politici�formalmente�amministrativi� e�l'esonero�degli�stessi�dal�sindacato�giurisdizionale,�sancito�dall'art.�31�del� testo�unico�n.�1054/1924.� Tale�disposizione�statuisce�espressamente�la�non�impugnabilita�in�sede� giurisdizionale�amministrativa�degli��atti�eprovvedimenti�emanati�dal�Governo� nell'esercizio�del�potere�politico�.�Da�una�parte�sembrerebbe�di�poter�affer- mare�che�tale�norma��che�non�ha�mai�avuto,�anche�per�le�sporadiche�deci- sioni�giurisprudenziali�in�materia,�una�grande�risonanza�nell'ambito�del� dibattito�giuridico(14)��abbia�trovato�conforto�proprio�nella�Carta�Costitu- zionale�all'art.�113,�con�la�conseguente�affermazione�della�pienezza�ed�assolu- tezza�della�garanzia�giurisdizionale�nei�confronti�degli�atti�amministrativi.� In�realta�,�proprio�il�raccordo�con�l'art.�113�Cost.�e�stato�piu�spesso�utilizzato� in�senso�restrittivo,�arrivando�a�conferire�valore�politico�a�quei�soli�atti,� estranei�alla�funzione�amministrativa,�che�manifestano�una�volonta�di�indi- rizzo�generale�non�idonea�ad�incidere�su�singole�situazioni�giuridiche�sogget- tive.�Si�e�osservato,�a�tal�proposito,�che�in�ogni�caso,�anche�a�prescindere�dal- l'apposizione�o�meno�dell'etichetta��politica��agli�atti�in�questione,�questi� non�sarebbero�soggetti�a�sindacato�giurisdizionale,��in�quanto�riproducenti� un�contenutofortemente�discrezionale�e�dicos|�ampiaportata�dapoter�incidere� sulle�singole�situazioni�soggettive�attive�solo�in�via�mediata�e�riflessa�(15).� Del�resto�si�deve�anche�rilevare�che�all'interno�del�potere�esecutivo�l'atti- vita�amministrativa�strictu�sensu�convive�sempre�piu�spesso�con�l'attivita�poli- tica�e�di�governo,�conferendo,�anzi,�a�quest'ultima,�un'identita�sempre�piu� chiara�e�precisa,�tale�da�poter�condurre�ad�una�quadripartizione�delle�fun- zioni�dello�Stato:�normativa,�giurisdizionale,�politica�e�amministrativa(16).� L'atto�amministrativo�con��valore��politico,�pertanto,�e�sottratto�al�sin- dacato�giurisdizionale�ex�art.�31,�in�quanto�presenta,�quale�elemento�di� discrimine�rispetto�agli�altri�atti�amministrativi�una�forte�valenza�politica,� anche�per�l'esigenza�di�creare�una�valvola�di�sfogo�del�sistema,�attraverso� cui�sottrarre�al�sindacato�giurisdizionale,�dichiarandone�la�politicita�,�determi- nati�provvedimenti�difficilmente�apprezzabili�e�motivabili�sotto�un�profilo�di� (13)�Cass.,�SS.UU.,�27�febbraio�1954,�n.�580,�in�Foro�amministrativo,�1954,�II,�1,�121.� (14)�Si�pensi,�a�tal�proposito,�che�la�legge�istitutiva�dei�T.A.R.�non�comprende�tra�le�sue�pro- posizioni�una�norma�analoga�all'art.�31�citato.� (15)�Garrone, op.�cit.,�545.� (16)�Nigro, op.�cit.,�800.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE pura�legalita�(17).�Anche�per�tale�motivo,�la�giurisprudenza�ha�posto�in�essere� un'opera�di�erosione�costante��dando�seguito�a�intenti�molto�garantistici� �dell'area�degli�atti�di�governo�formalmente�amministrativi,�escludendo�la� natura�politica�di�provvedimenti�pur�assistiti�da�amplissima�discrezionalita�.� Nella�decisione�in�commento,�il�Tar,�in�definitiva,�non�fa�altro�che� seguire�il�solido�orientamento�che�tende�a�negare�natura�politica�alla�gran- de�maggioranza�degli�atti�formalmente�amministrativi:�non�puo�il�Collegio� non�porre�in�evidenza,�tuttavia,�le��valutazioni implicanti profili di ampia discrezionalita� �,��in ragione della rilevante importanza strategica� degli� impianti�anche�per�la�sicurezza�nazionale�e�valorizzare�il�principio�di�respon- sabilita�ministeriale,�quale�mezzo�utile�a�radicare�in�capo�al�Ministro�una� sorta�di�competenza�trasversale�che�vada�ben�oltre�i�limiti�posti�dalle�norme� sulla�separazione�delle�funzioni.� L'Avvocatura,�del�resto,�aveva�sottolineato�l'altissima�rilevanza�econo- mica�e�politica�del�provvedimento�in�questione,�avendo�esso�ad�oggetto�la� vendita�ad�una�societa�straniera�delle�azioni,�sia�pure�in�misura�non�maggio- ritaria,�della�RaiWay S.p.a.,�societa�gia�controllata�dalla�RAI,�e�titolare�di� un�complesso�di�impianti�trasmittenti�e�di�collegamento�installati�su�tutto�il� territorio�nazionale,�utilizzabili�anche�per�servizi�a�terzi,�indubbiamente�di� importanza�strategica�e�di�elevato�rilievo�internazionale.� VI.�Non�si�puo�,�a�tal�punto,�considerare�completo�questo�breve�excur- sus sulla�natura�dell'atto�politico,�senza�aver�prima�compiuto�un'ultima� serie�di�considerazioni.�Invero,�proprio�la�suddetta�erosione�della�politicita� dell'atto,�determinante�la�sostanziale�inoperativita�dell'art.�31,�ha�fatto�s|� che�si�assistesse�ad�un�notevole�ampliamento�del�concetto�di�atto�ammini- strativo�(18),�venendosi�a�delineare,�cos|�,�una�categoria�intermedia�di�atti� posti�tra�gli�atti�politici�e�gli�atti�amministrativi:�gli�atti�di�indirizzo� politico-amministrativo,�tra�cui�spicca,�appunto,�la�figura�dell'atto�di�alta� amministrazione.� L'individuazione�di�quest'ultima�figura�e�opera�della�dottrina,�che�l'ha� giustificata�enucleando,�all'interno�della�funzione�amministrativa,�un'attivita� di�governo�diversa�dall'attivita�esecutiva�vera�e�propria:�la�problematica�che� i�pubblicisti�si�sono�posti�al�riguardo�e�stata�quella�del�fondamento�giuridico,� oltreche�logico,�di�tali�atti�necessariamente�dotati�di�un'ampissima�discrezio- nalita�,�per�poter�assurgere�alle�funzioni�di�indirizzo�e�coordinamento,�di� impulso�e�di�programmazione�dell'attivita�dell'esecutivo�(19).� Quanto�all'utilita�di�tale�figura�di�atto�amministrativo�la�dottrina�ha� sostenuto�due�posizioni�opposte:�nel�senso�dell'inutilita�si�sono�espressi� (17)�Cos|�Garrone, opp cit., 548.� (18)�Sul�punto,�Piga, Attivita� di alta amministrazione e controllo giurisdizionale,in�Foro amministrativo,�1981,�I,�849� (19)�In�tal�senso�Nigro, opp cit., 802.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO coloro�che�hanno�individuato�nell'estrema�eterogeneita�la��falla��irreparabile� dei�provvedimenti�in�questione;�in�altri�termini,�questi,�piu�che�accomunati� da�caratteri�ed�effetti�tipici,�deriverebbero�la�loro�sovraordinazione�rispetto� ai�provvedimenti�amministrativi�tout�court�da�valutazioni�di�carattere�politico� sull'importanza,�in�un�determinato�periodo,�di�determinate�sfere�di�esercizio� del�potere�pubblico(20).� D'altra�parte,�a�sostegno�dell'utilita�degli�atti�in�questione�si�pone�chi,� nel�considerarli�da�un�punto�di�vista�piu�pratico�che�teorico,�ne�ha�sottoli- neato�la�capacita�di�rafforzare�l'unita�di�indirizzo�dell'azione�amministrativa,� proprio�in�virtu�della�loro�provenienza�dal�Governo�(o�da�sue�emanazioni),� che�quale�organo�di�vertice�dell'esecutivo,�e�istituzionalmente�competente�a� determinare�l'indirizzo�e�a�curarne�l'unita�(21).� Per�cio�che�concerne�la�funzione�dell'attivita�di�alta�amministrazione,�si� e�affermato,�con�icastica�espressione,�che�gli�atti�di�alta�amministrazione�rap- presentano�la�saldatura,�peraltro�indispensabile,�tra�gli�indirizzi�espressi�a� livello�politico�ed�i�provvedimenti�di�amministrazione�attiva:�essi��rappresen- tano�il�primo�grado�di�attuazione�dell'indirizzo�politico�nel�campo�amministra- tivo��e�segnano��il�raccordo�tra�la�funzione�di�governo,�che�e�espressione�dello� Stato-comunita�,�e�lafunzione�amministrativa,�che�e�espressione�dello�Stato-sog- getto�,�realizzandolo�al�piu�alto�livello(22).�L'attivita�di�alta�amministrazione� �e�anzipiu�propriamente�essa�stessa�attivita�di�indirizzopolitico-amministrativo.� In�essa�e�inclusa�tutta�una�fascia�intermedia�di�atti�tra�la�categoria�degli�atti� amministrativi�in�senso�proprio,�che�sfugge�a�precise�regole�di�inquadramento,� presentando�caratteri�di�novita�mista�a�discrezionalita��(23).� La�titolarita�soggettiva�degli�atti�di�alta�amministrazione�appartiene� agli�organi�di�vertice�dell'amministrazione:�Consiglio�dei�Ministri,�Comi- tati�Interministeriali,�Consiglio�Regionale,�Consiglio�Supremo�di�difesa� e�Consiglio�Superiore�della�Magistratura.�Per�cio�che�riguarda�in�partico- lare�la�titolarita�in�capo�al�Consiglio�dei�Ministri,�essa�e�espressamente� attribuita�dall'art.�95�Cost.,�che�affida�al�Presidente�del�Consiglio�anche� compiti�di�unita�di�indirizzo�amministrativo,�dall'art.�1,�n.�1,�r.d.� 14�novembre�1901,�n.�466,�che�riserva�al�Consiglio�dei�Ministri�tutte�le� questioni�attinenti�all'alta�amministrazione�e�dalla�piu�recente�legge� n.�400�del�1988.� (20)�In�tal�senso�Quadri, I�Comitati�di�ministri,�Milano,�1965,�citato�in�Garrone, Atto�di� alta�amministrazione,in�Digesto�delle�discipline�pubblicistiche,�539.�Quest'ultimo�A.�nel�ritenere� l'osservazione�mossa�da�Quadri�non�priva�di�ragioni�logico-giuridiche,�considera,�in�particolare,� la�difficolta�di�rintracciare�elementi�tipici�comuni�ad�una�pluralita�di�atti�diversi�per�direzione,� oggetto�e�contenuto.� (21)�Cfr.�Cugurra, L'attivita�di�alta�amministrazione,�Padova,�1973,�citato�in�Garrone, op.� ult.�cit.,�539.� (22)�Cos|�,Sandulli, op.�cit.,�18.� (23)�Cos|�Garrone, op.�ult.�cit.,�540.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE E�controverso��e�con�cio��si�tocca�una�delle�questioni�trattate�nella�sen- tenza�in�rassegna��se�titolari�di�potesta��di�indirizzo�amministrativo�possano� essere�anche�il�Presidente�del�Consiglio�dei�Ministri�ed�i�singoli�Ministri,�con- siderati�nella�loro�individualita��organica:�chi�ha�sostenuto�la�tesi�affermativa,� ha�configurato�l'attivita��di�alta�amministrazione�anche�come�attivita��attua- tiva�degli�indirizzi�impartiti�dai�detentori�della�potesta��di�governo(24).�In� senso�negativo,�invece,�si�sono�espressi�coloro�che,�inquadrando�l'attivita��in� questione�come�attivita��di�impulso,�coordinamento�e�programmazione�del- l'attivita��amministrativa�esecutiva,�hanno�negato�la�titolarita��al�Presidente� del�Consiglio�dei�Ministri�ed�ai�Ministri,�in�quanto�inidonei�a�costituire,� separatamente�ed�al�di�fuori�del�Consiglio�dei�Ministri,�organi�di�indirizzo� amministrativo�(25).� Quanto,�infine,�alla�sindacabilita��giurisdizionale�degli�atti�in�questione,� essi,�pur�se�dotati�di�ampia�discrezionalita��,�non�disgiunta��come�si�diceva� supra��da�elementi�di�novita�,�sono�e�rimangono,�tuttavia,�atti�amministra- tivi�in�senso�proprio:�come�tali,�pertanto,�e�differentemente�dall'atto�politico,� non�sono�in�posizione�pariordinata�alla�legge�ed�agli�atti�di�governo,�da�cio�� conseguendo,�con�sicurezza,�la�sindacabilita��giurisdizionale,�pur�se�condizio- nata�alla�loro�rilevanza�esterna�ed�efficacia�immediata�(26).� Del�resto,�l'utilizzazione�della�categoria�degli�atti�di�alta�amministra- zione�e��rivolta�proprio�ad�allargare�l'area�della�tutela�giurisdizionale�del�citta- dino�nei�confronti�della�P.A.,�pur�nella�consapevolezza�che�tali�atti,�per�la� loro�particolare�valenza�politica,�non�sono�certo�espressione�di�attivita�� amministrativa�di�tipo�attuativo�(27)� Avv. FedericO BasilicA dott. LuigI MazzoncinI (24)�Cfr.�Nigro,�op.�cit.,815.� (25)�Cfr.,�Sandulli, Manuale,16;�Garrone, Attivita�di�alta�amministrazione,541;�RomanO S.A., Commentario�breve�alle�leggi�sulla�giustizia�amministrativa,�2001,�334:�quest'ultimo,�in�parti- colare,�considera�come�l'attivita��di�alta�amministrazione�sia�principalmente�attivita��di�indirizzo� volta�a�promuovere�e�coordinare�l'azione�della�pubblica�amministrazione,�attivita��che�non�realizza� direttamente�i�fini�indicati�nell'atto�di�indirizzo�politico,�essendo�ordinata�a�stimolare�e�discipli- nare�l'attivita��degli�organi�preposti�alla�concreta�attuazione�di�tali�fini;�ebbene,�tale�attivita��non� puo��pertanto�essere�esercitata�separatamente�dal�Consiglio�dei�Ministri,�organo�cui�la�legge�attri- buisce�la�scelta�ed�il�perseguimento�degli�indirizzi�generali�politico-amministrativi.�Si�parla,�a�tal� riguardo,�di�forza�propulsiva�degli�atti�di�indirizzo�amministrativo,�rispetto�all'ulteriore�azione� deipubblicipoteri.� (26)�In�tal�senso,�recentemente,�Cons.�St.,�Sez.�I,�n.�298/1999,�in�Cons.�Stato,�2000,�I,�464.� (27)�Cos|�,RomanO S.A., Commentario,�2001,�471.�Sembrerebbe�di�segno�opposto�la�tesi�di� Juso, Lineamenti�di�giustizia�amministrativa,�2001,�p.�297,�per�il�quale��oggi�la�giurisprudenza,� molto�rigorosa�nel�definire�la�natura��politica��di�un�atto,�ne�ha�addirittura�ampliato�la�portata,� aggiungendo�agli�atti�riferibili�agli�organi�costituzionali�anche�i�cosiddetti�atti�di��alta�amministra- zione�che,�ancorche�provvedimentiamministrativi,attengonoasuperioriesigenzedicaratteregene- raleriferitealladirezionesupremadella�cosapubblica�nellasuaunita�,�edhannoloscopoditutelare� gli�interessi�della�collettivita�e�le�istituzionifondamentali�dello�Stato�.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO Considerata la notevole rilevanza della questione si ritiene utilepubbli- care i seguenti documenti: 1. ^il provvedimento ministeriale impugnato; 2.^ilricorsoalTardelLaziodellaRAI;3.^lamemoriadifensivaperilMini- sterodellecomunicazioni;4.^l'attodiintervento�adopponendum�delsinda- catoSnater;5. ^lasentenzadelTARLazio,12marzo2002,n. 1897. doc. 1. �Il Provvedimento ministeriale impugnato. (Atto del Ministro delle Comunicazioni del 26 ottobre 2001). � � Oggetto:�Richiesta�da�parte�della�RAI�S.p.a.�al�Ministero�delle� comunicazioni�di�presa�d'atto�della�cessione�di�partecipazioni�azio- narie�in�RaiWay�S.p.a.� 1.�La�RAI�Radiotelevisione�Italiana�S.p.a.�e�stata�autorizzata�da�questo� Ministero�in�data�11�novembre�1999,�ai�sensi�dell'art.�1,�comma�5�della�con- venzione�Stato-Rai,�ad�avvalersi�della�societa�per�azioni�New�Co.TD,�da�essa� controllata,�per�lo�svolgimento�di�attivita�inerenti�all'installazione�ed�all'eser- cizio�degli�impianti�tecnici.� Con�la�medesima�autorizzazione�e�stato�sancito�l'obbligo�della�RAI�di� assicurare,�anche�attraverso�la�societa�controllata,�il�rispetto�di�tutti�gli� obblighi�previsti�in�convenzione�e�nel�contratto�di�servizio�ed�e�stato�previ- sto�che�ogni�variazione�dell'attuale�assetto�di�controllo�della�New�Co� TD�S.p.a.�da�parte�della�concessionaria�dovesse�essere�preventivamente� autorizzata�dal�Ministero,�che�si�riservava�di�modificare�in�qualsiasi� momento�le�condizioni�di�autorizzazione�nonche�di�revocarla,�fatti�salvi�i� diritti�dei�terzi.� Con�nota�in�data�27�aprile�2001�la�concessionaria�del�servizio�pubblico� radiotelevisivo�ha�comunicato�di�aver�stipulato,�nella�stessa�data,�un�con- tratto�di�compravendita�avente�ad�oggetto�la�cessione�alla�CCR�S.r.l.,�societa� indirettamente�controllata�da�Crown�Castle�International�Corp.,�delle�azioni� rappresentative�del�49%�del�capitale�della�Rai�Way�(ex�New�Co.�TD�S.p.a.)� contestualmente�sottoscrivendo�dei�patti�parasociali�finalizzati�a�disciplinare� l'esercizio�delle�rispettive�prerogative�dei�soci.� Il�contratto�di�compravendita�prevede,�quale�condizione�risolutiva,�il� mancato�rilascio�entro�sei�mesi�dalla�stipula,�da�parte�del�Ministero�delle� comunicazioni,�di�una�comunicazione�con�la�quale�il�Ministero�prenda�atto� dell'intervenuta�cessione�del�49%�del�capitale�della�Rai�Way�e�del�fatto�che� tale�cessione�e�conforme�ai�termini�e�alle�condizioni�della�Convenzione�e�del- l'Autorizzazione.� Cio�premesso,�la�RAI,�fermo�restando�l'impegno�a�mantenere�il�con- trollo�di�Rai�Way,�chiede�una��presa�d'atto��dell'intervenuta�cessione�e�della� conferma�della�conformita�della�cessione�ai�termini�e�alle�condizioni�della� Convenzione�e�dell'Autorizzazione.� Sono�stati�acquisiti�ed�esaminati�i�documenti�inerenti�l'operazione�com- merciale,�ivi�compresi�l'atto�di�compravendita,�i�patti�parasociali�annessi�e� gli�atti�attinenti�alla�procedura�di�selezione�delle�offerte�di�acquisto�(questi� ultimi�trasmessi�con�nota�del�16�ottobre�2001).� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE 2.�Dall'enunciato�studio�della�documentazione�ricevuta�dalla�RAI�in� merito�alla�vendita�di�Rai�Way�alla�C.C.�risultano�chiaramente�i�seguenti� fatti.�La�vendita�in�questione�riguarda�le�azioni�della�spa�Rai�Way,�titolare� di�un�complesso�di�impianti�trasmittenti�e�di�collegamento�installati�su�tutto� il�territorio�italiano.�I�detti�impianti�gia�forniscono�servizi�alla�RAI�in�base� ad�un�contratto�di�servizio.�L'utilizzazione�della�rete,�come�riconosciuto�dalla� stessa�richiedente�nella�propria�istanza,�comprende�servizi�a�terzi,�anche�ope- ratori�in�possesso�di�licenze�di�telecomunicazioni.�Essi�consistono,�tra�l'altro,� in�servizi�di�progettazione,�ospitalita�sulle�torri,�installazioni�delle�apparec- chiature�(c.d.�Tower�business).� E�facile�comprendere�come�questi�impianti,�che�sono�unici,�rappre- sentano�in�primo�luogo�un�valore�incommensurabile�di�per�se��:laloro� potenzialita�di�applicazione�e�tale�da�poterli�sfruttare�anche�per�delicatis- simi�compiti�di�sicurezza�che�solo�una�gestione�realmente�riconducibile,� anche�indirettamente,�alla�parte�pubblica�ne�possa�garantire�la�piena� disponibilita�.� Tutto�cio�da�al�sistema�che�la�RAI�ha�costituito�in�passato�un'impor- tanza�strategica,�di�livello�internazionale�molto�rilevante.� Tale�interesse�e�di�cos|�preminente�rilievo�da�prevalere�certamente� rispetto�al�puro�e�semplice�interesse�commerciale.�Anche�questo�peraltro� all'apparenza�scarsamente�tutelato,�posto�che�la�valutazione�sugli�impianti� in�questione�e�analoga�a�quella�fatta�nel�lontanissimo�1991�dall'IRI.�Circo- stanza,�questa,�davvero�inquietante.� Le�predette�superiori�ragioni�di�opportunita�,�anche�connesse�all'attuale� momento�storico,�contribuiscono�quindi�a�negare�la�richiesta��presa� d'atto�.� 3.�Va,�peraltro,�sottolineato�che�la�RAI,�anziche��richiedere�la�preventiva� autorizzazione�cos|�come�stabilito�nel�provvedimento�dell'11�novembre�1999� per��ogni�variazione�dell'attuale�assetto�di�controllo�della�New�Co�TD� S.p.a.��(ora�Rai�Way),�ha�anticipato�il�perfezionamento�del�contratto�di�ces- sione,�condizionandone�risolutivamente�l'efficacia�alla�mancata��presa� d'atto��dell'Amministrazione.� Infatti,�contravvenendo�all'impegno�assunto�dalla�RAI�circa�il�manteni- mento�del�controllo�di�Rai�Way�e�posto�alla�base�dell'autorizzazione�rila- sciata�in�data�11�novembre�1999,�i�patti�parasociali�conferiscono�al�partner� un�potere�di�indirizzo�strategico�dell'attivita�di�Rai�Way�addirittura�superiore� a�quello�del�socio�di�maggioranza.�Si�segnalano,�in�particolare,�tra�gli�altri,� i�seguenti�punti.� 1^Gestione�della�societa�.� L'art.�3�lettera�(C)�dei�patti�parasociali�prevede�per�ben�sedici�tipologie� di�delibere,�cioe�per�la�totalita�delle�decisioni,�l'adozione�con�il�voto�favore- vole�di�due�consiglieri�di�designazione�del�partner.�Pertanto,�la�maggioranza� (su�un�Consiglio�di�amministrazione�di�otto�membri�pari�a�cinque)�viene�ad� essere�annullata.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO 2^Collegio sindacale. L'art.�4�dei�patti�parasociali�prevede�che�la�RAI�designi�un�sindaco�con� funzioni�di�presidente�e�un�supplente�e�che�il�partner�designi�due�sindaci�e� un�supplente,�con�la�conseguenza�che�l'equilibrio�del�collegio�sindacale�e�sbi- lanciato�a�favore�del�partner.� 3^Nomine. Il�Business Development Officer (BDO) nominato�dal�Consiglio�di� amministrazione�su�designazione�dei�consiglieri�nominati�dal�partner,�pre- via�consultazione�con�la�RAI,�secondo�quanto�previsto�dall'art.�6�dei�patti� parasociali,�e�figura�centrale�per�tutto�quanto�attiene�alla�parte�della�societa� che�dovra�operare�in�campi�innovativi,�di�rilevante�interesse�strategico�(i� piu�sopra�richiamati�Tower business).�Nei�patti�parasociali�si�legge�che� �l'amministratore�delegato�conferira�procura�al�BDO�delegandogli�pieni� poteri,�equiparabili�ai�poteri�delegati�all'AD�dal�CdA,�limitatamente�alla� gestione�delle�attivita�della�societa�nel�Tower business. La�RAI�conviene� che�l'AD�non�revochera�tale�procura,�salvo�diverse�istruzioni�ricevute�dal� CdA�.�E�evidente�che�viene�a�mancare�l'unita�di�guida�della�societa�;che� tutta�l'ampia�gamma�di�affari�del�Tower Business (elencati�nei�patti�paraso- ciali)�e�di�competenza�esclusiva�del�BDO,�con�pieni�poteri�e�rischio�di�con- flitto�con�l'AD�designato�da�RAI.� 4^Maggioranze in assemblea straordinaria. L'art.�5�lettera(B) prevede�una�maggioranza�del�67%�per�le�materie�di� competenza�dell'assemblea�straordinaria�sia�in�prima�che�in�seconda�convo- cazione,�elevata�al�75�%�(art.�5�lettera�D)�in�caso�in�cui�la�societa�fosse�quo- tata�in�borsa.� Se�ne�deduce�che�il�partner�avrebbe�un�considerevolissimo�potere�di� blocco�sulle�delibere�dell'assemblea�straordinaria.� 5^Divieto di concorrenza. L'art.�9�lettera�(A) dei�patti�parasociali�prevede�il�divieto�di�concorrenza� del�partner�per�il�periodo�di�un�solo�anno�dalla�perdita�della�qualita�di�socio.� Il�dato�e�tanto�piu�significativo�ove�si�consideri�che�nella�prima�ste- sura�dei�patti�parasociali�predisposti�dalla�RAI�e�distribuiti�a�tutti�gli� aspiranti�acquirenti�il�periodo�di�non�concorrenza�era�stabilito�in�cinque� anni.� Dagli�elementi�evidenziati�risulta�che�grazie�ai�patti�parasociali�il�con- trollo�di�Rai�Way�non�fa�piu�capo�alla�Concessionaria,�con�conseguente�alte- razione�delle�condizioni�della�autorizzazione�rilasciata�dal�Ministero�alla� RAI�con�provvedimento�11�novembre�1999.� Pertanto,�questo�Ministero�non�puo�prendere�atto�dell'intervenuta�ces- sione�da�parte�di�RAI�a�CCR�S.r.l.�delle�azioni�rappresentative�del�49%�del� capitale�di�Rai�Way.� Il Ministro delle Comunicazioni MauriziO GasparrI � . IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE doc. 2. �Il ricorso al TAR del Lazio della RAI � � RICORSOperlaRAI�RadiotelevisioneItalianaS.p.a.,�inpersona� del�Presidente�del�consiglio�di�amministrazione�e�legale�rappresen- tante�pro-tempore,�prof.�Roberto�Zaccaria,�rappresentato�e�difeso,�dal�prof.� avv.�Federico�Sorrentino,�contro il�Ministero�delle�comunicazioni,�in�persona� del�Ministropro-tempore,�enei confrontidi CCR�S.r.l.�e�Crown�Castle�Interna- tional�Corp�in�persona�dei�rispettivi�legali�rappresentanti�pro-tempore,per l'ann ullamento:�del�provvedimento�in�data�26�ottobre�2001,�con�il�quale�il�Ministro� ha�espresso�il�proprio�diniego�alla��cessione�da�parte�della�Rai�a�CCR�S.r.l.� delle�azioni�rappresentative�del�49%del�capitale�di�RaiWay�S.p.A.�;�di�ogni�atto� presupposto,�connesso�o�conseguente.� Fatto��1.�Il�29�luglio�1999,�la�Rai�ha�costituito,�con�Rai�Trade�S.p.A.� (totalmente�partecipata�dalla�stessa�Rai),�una�societa��denominata�Newcotd� S.p.a.�(denominazione�successivamente�mutata�in�RaiWay),�con�capitale� sociale�da�essa�detenuto�per�intero�(dopo�l'acquisto,�in�data�20�aprile�2001,� della�quota�di�Rai�Trade�pari�all'0,1%),�allo�scopo�di�avvalersene,�come� espressamente�consentito�dall'art.�1,�co.�5,�della�Convenzione�approvata�con� decreto�del�Presidente�della�Repubblica�28�marzo�1994,�per�lo�svolgimento� delle�attivita��inerenti�all'installazione�e�all'esercizio�degli�impianti�tecnici,� assicurato�fino�a�quel�momento�dalla�Divisione�Trasmissione�e�Diffusione� della�stessa�Rai.� Ottenuta,�con�provvedimento�dell'11�novembre�1999,�l'autorizzazione� ministeriale�prescritta�a�questo�fine�dall'art.�1,�co.�5,�citato,�la�Rai�ha,� quindi,�trasferito�a�RaiWay�(con�atto�di�conferimento�del�29�febbraio� 2000)�il�ramo�aziendale�costituito�dalle�attivita��,beniedorganizzazione� della�suddetta�Divisione�Trasmissione�e�Diffusione�(il�ramo�aziendale�e�� costituito�precisamente��dall'attivita��e�dall'organizzazione�relative�alla�pia- nificazione,�alla�progettazione,�all'installazione,�alla�realizzazione,�all'eser- cizio,�alla�gestione,�alla�manutenzione,�all'implementazione�e�allo�sviluppo� degli�impianti,�delle�stazioni,�dei�collegamenti�e�complessivamente�della� rete�di�trasmissioneediffusionedei�segnali�voce,�video,�edatidella�Rai,� nonche�dal�diritto�di�utilizzazione�e�godimento�della�rete�degli�impianti�di� diffusione�e�di�collegamento�).� Il�5�giugno�2000,�le�due�Societa��hanno�sottoscritto�un��Contratto�di� Fornitura�di�Servizi�di�Trasmissione�e�Diffusione�,�con�il�quale�la�Rai�ha� affidato�a�RaiWay�(ai�sensi�del�citato�art.�1,�co.�5,�della�Convenzione�e�giusta� l'autorizzazione�ministeriale�dell'11�novembre�1999)��la�fornitura�dei�servizi� relativi�all'installazione,�manutenzione�e�gestione�di�reti�di�telecomunicazioni� e�la�prestazione�di�servizi�di�trasmissione,�distribuzione�e�diffusione�di�segnali� e�di�programmi�radiofonici�e�televisivi�;�e�RaiWay�si�e��impegnata�a�garantire� �che�tali�servizi�vengano�forniti�in�conformita��con�i�livelli�di�servizio,�coper- tura�e�continuita��previsti�dalla�Convenzione�e�dal�Contratto�di�Servizio��sti- pulato�tra�la�Rai�e�l'Amministrazione�concedente,��e�le�successive�modifiche� ed�integrazioni�.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO 2.�Nel�marzo�2000,�in�conformita�agli��obiettivi�di�razionalizzazione� attinenti�gli�assetti�industriali,�finanziari�e�di�produttivita�aziendale��fissati� dal�Contratto�di�servizio�e�dalla�Convenzione�(v.�in�particolare,�l'impegno,� stabilito�dall'art.�25,�lettera�b),�del�Contratto�di�servizio�approvato�con� decreto�del�Presidente�della�Repubblica�8�febbraio�2001,��a�valorizzare�le� sinergie�fra�telecomunicazioni,�informativa,�radio�televisione,�teletext�),�la� Rai�ha�deliberato�di�collocare�sul�mercato�una�partecipazione�di�minoranza� (non�superiore�al�49%)�nel�capitale�di�RaiWay.� La�delibera�e�stata�comunicata�al�Ministero,�con�nota�del�28�marzo� 2000,�richiedendosi�espressamente,�in�riscontro,�il�rilascio�di�un'attestazione� di�conformita�dell'operazione�alla�Convenzione�e�all'autorizzazione�del- l'11�novembre�1999.� La�procedura,�finalizzata�alla�selezione�dell'acquirente�della�quota� azionaria,�e�stata�espletata�con�l'assistenza�di�due�autorevoli�advisors inter- nazionali�(Merrill�Lynch,�per�la�parte�finanziaria�e�Grimaldi�Clifford� Chance,�per�la�parte�legale)�e�sottoposta,�per�una�maggiore�garanzia�di� trasparenza,�al�monitoraggio�dall'azionista�IRI-Rai�Holding,�che�si�e� avvalso,�a�sua�volta,�di�due�advisors di�primario�livello�(Rotschild�e� Lazard).� All'esito�della�selezione�(il�23�febbraio�2001),�la�Societa�Crown�Castle� International�Corp�e�stata�ammessa�a�partecipare�alla�trattativa�finale�sulle� condizioni�e�i�termini�della�sua�offerta�vincolante;�e,�il�27�aprile�2001,�le�parti� hanno�sottoscritto�un�contratto�di�compravendita�azionaria,�con�il�quale�si� conviene:� a) la�cessione�alla�CCR�S.r.l.,�societa�italiana�costituita�dalla�holding� statunitense�Crown�Castle�Europe�LLC�(interamente�controllata�dalla� Crown�Castle�International�Corporation),�di�una�quota�pari�al�49%�del�capi- tale�di�RaiWay�contro�il�versamento�di�lire�791,4�miliardi�(offerta�che�corri- sponde�a�oltre�7�volte�il�valore�contabile�degli�impianti);� b) l'automatica�risoluzione�dell'accordo�di�cessione,�nel�caso�di��man- cato�rilascio�dell'incondizionata�autorizzazione�da�parte�dell'Autorita� Garante�della�Concorrenza�e�del�Mercato,�ai�sensi�e�per�gli�effetti�della�legge� n.�287/1990�,��e/o�di�mancato�rilascio�da�parte�del�Ministero�dell'attesta- zione�di�conformita�dell'operazione�alla�Convenzione�e�all'autorizzazione� dell'11�novembre�1999,�entro�il�termine�di�sei�mesi�dalla�data�di�stipulazione� del�contratto�(27�aprile�2001)�.� Lo�stesso�27�aprile�2001,�l'operazione�e�stata�quindi�comunicata�all'Au- torita�Garante�della�Concorrenza�e�del�Mercato�e�(nuovamente)�al� Ministero.� L'Autorita�Antitrust,�con�provvedimento�prot.�9859�dell'8�agosto�2001,� ha�ritenuto�di�non�dover�avviare�l'istruttoria�di�cui�all'art.�16,�co.�4,�della� legge�n.�287/1990�e�analoga�determinazione�ha�assunto�l'Autorita�per�le� Garanzie�nelle�Comunicazioni,�con�parere�del�6�agosto�2001.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE Il�Ministero,�invece��ritenendo�che�l'operazione�dovesse�essere�preven- tivamente�autorizzata��ha�atteso�il�26�ottobre�2001�(data�di�scadenza�del� termine�fissato�in�contratto�per�la��risoluzione�dell'accordo�di�cessione�),� per�negare,�con�il�provvedimento�dello�stesso�Ministro�delle�comunicazioni,� che�s'impugna,��la�presa�d'atto�,�in�quanto:� ^gli�impianti�di�RaiWay�avrebbero�una��potenzialita��di�applicazione� tale�da�poterli�sfruttare�anche�per�delicatissimi�compiti�di�sicurezza��e��solo� una�gestione�realmente�riconducibile,�anche�indirettamente,�alla�parte�pub- blica��ne�potrebbe�garantire�la�piena�disponibilita��;� ^la�valutazione�degli�impianti�in�questione�sarebbe�analoga�a�quella� fatta�nel�1991�dall'IRI;��circostanza,�questa,��ritenuta�dal�Ministro��inquie- tante�;� ^i�patti�parasociali�conferirebbero�al��partner�un�potere�di�indirizzo� strategico�dell'attivita��di�RaiWay�addirittura�superiore�a�quello�del�socio� di�maggioranza�.�Tale�conclusione�sarebbe�suffragata,�in�particolare,�dalle� previsioni�contenute�negli�articoli�3,�lettera�c);�4:�5,�lettera�b),�6�(con�riferi- mento�alla�nomina�del�Business�Development�Officer)�e�9,�lettera�a);� ^in�conclusione,�il�controllo�di�RaiWay�non�farebbe�piu��capo�alla� Rai,��con�conseguente�alterazione�delle�condizioni�dell'autorizzazione�rila- sciata�dal�Ministero�alla�Rai�con�provvedimento�dell'11�novembre�1999�.� Per�effetto�del�suddetto�provvedimento,�la�Crown�Castle�ha�chiesto�la� risoluzione�del�contratto�(ai�sensi�dell'art.�8.4�dello�stesso�contratto)�e�la�Rai� ha�dovuto�restituire�alla�stessa�il�prezzo�delle�azioni,�pari�a�lire�791,�4� miliardi,�e�gli�interessi�maturati�dal�27�aprile�2001.� 3.�Il�provvedimento�e��errato�e�gravemente�lesivo�per�la�Rai.� L'operazione�vietata�dal�Ministro�infatti�(senza�in�alcun�modo�compor- tare,�in�ossequio�all'art.�1,�co.�5�della�Convenzione,�la�perdita�del�controllo� di�RaiWay),�risulta�di�notevole�convenienza�sotto�il�profilo�economico�(con- venienza�accentuata�dal�recente�forte�calo�dei�mercati�mondiali),�ed�e��,�inol- tre,�funzionale�al�perseguimento�degli�obiettivi�di�efficienza�e�di�competitivita�� imposti�alla�concessionaria�dal�Contratto�di�servizio,�e,�segnatamente,�all'im- pegno,�stabilito�dall'art.�25,�commi�1,�lettera�b),�e�2�dello�stesso,�di��valoriz- zare�le�sinergie�fra�telecomunicazioni,�informatica,�radio,�televisione,�tele- text��e�di��estendere�la�gamma�dei�servizi�gestiti�in�compartecipazione�con� societa��e�gruppi�nazionali�ed�esteri,�in�modo�da�articolare�il�suo�carattere�di� impresa�e�di�acquisire�nuove�competenze�e�tecnologie�.� La�Rai�ha�quindi�interesse�all'annullamento�dell'atto�in�epigrafe�e�ad� una�conseguente�pronuncia�dell'Ecc.mo�Tribunale,�che,�disponendo�la�reinte- grazione�in�forma�specifica,�emetta�un�provvedimento�che�tenga�luogo�della� �presa�d'atto��negata�dal�Ministro�(o�condanni�l'amministrazione�a�rilasciare� la�dichiarazione�di�presa�d'atto�con�effetto�retroattivo�alla�data�del�26�ottobre� 2001),�non�solo�allo�scopo�di�verificare�con�la�contraente�Crown�Castle�la� possibilita��di�riaprire�le�trattative�ovvero,�in�subordine,�al�fine�di�ottenere�il� risarcimento�degli�ingentissimi�danni�subiti;�ma�soprattutto�perche�il�sud- detto�atto,�affermando�che��gli�impianti�di�RaiWay�hanno�una�potenzialita�� di�applicazione�tale�da�poterli�sfruttare�anche�per�delicatissimi�compiti�di� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO sicurezza��e,�quindi,�solo��una�gestione�riconducibile,�anche�indirettamente,� alla�parte�pubblica�potrebbe�garantirne�la�piena�disponibilita��,�finisce�con� lo�stabilire�un�divieto�generale�di�procedere��anche�in�futuro,�quindi,�e,� indipendentemente�dal�mantenimento�del�controllo��alla�collocazione�sul� mercato�delle�azioni�di�RaiWay.� Donde�la�presente�impugnazione�affidata�ai�seguenti�motivi�di�diritto.� Sulla natura dell'atto impugnato 3.1.�L'atto�impugnato�ha�invero�natura� ibrida.�Come�sara�meglio�spiegato�in�seguito,�l'operazione�di�cessione�per� cui�e�causa�non�e�sottoposta�ad�alcuna�autorizzazione,�ne�,�anzi,�e�in�alcun� modo�disciplinata�dalla�Convenzione�o�dal�Contratto�di�servizio�tra�la�Rai� e�l'Amministrazione�concedente.� Le�parti,�tuttavia,�nell'esercizio�della�propria�autonomia�contrattuale�e� allo�scopo�di�offrire�alla�contraente,�Crown�Castle,�una�garanzia�del�con- senso�delle�autorita�italiane�alla�cessione,�hanno�convenuto�l'automatica�riso- luzione�dell'accordo,�non�soltanto�nel�caso�di�mancata�autorizzazione�da� parte�dell'Autorita�Garante�della�concorrenza�e�del�mercato,�ma�anche�in� quella�di�mancato�rilascio�da�parte�del�Ministero�di�un'attestazione�di�confor- mita�della�stessa�operazione�alla�Convenzione�e�all'autorizzazione�dell'11�no- vembre�1999.� L'atto�che�s'impugna�avrebbe,�dunque,�sotto�questo�aspetto,�natura�di� dichiarazione�di�scienza,�il�Ministero�essendo�stato�chiamato�dalle�parti�ad� esprimere�una�valutazione�sulla�regolarita�dell'operazione,�non�prevista�dalla� legge.� Il�Ministro,�tuttavia,�nel�dare�riscontro�all'istanza�delle�parti,�ha� espresso�un�diverso�avviso,�ritenendosi�investito�di�un�vero�e�proprio�potere� autorizzatorio�da�esercitarsi�in�via�preventiva.� Si�legge,�infatti,�nell'atto�che�si�impugna�che�la�Rai��anziche�richiedere� l'autorizzazione�preventiva�,��ha�anticipato�il�perfezionamento�del�contratto� di�cessione,�condizionandone�risolutivamente�l'efficacia�alla�mancata��presa� d'atto��dell'Amministrazione�.� D'altra�parte,�il�Ministro�non�ha�vietato�la�cessione�per�aver�riscontrato� violazioni�della�Convenzione�o�dell'autorizzazione�dell'11�novembre�1999;� ossia�con�riferimento�ai�parametri�di�valutazione�indicati�dalle�parti.� Le�considerazioni�che�il�Ministro�formula�al�riguardo�attengono�unica- mente�alla�pretesa�perdita�di�controllo�di�RaiWay�e�sembrano�invero�quasi� un�obiter dictum nell'economia�dell'atto�impugnato;�ove,�infatti,�si�legge�che� l'operazione�deve�essere�vietata�a�causa�di��superiori�ragioni�di�opportunita��� e�che��va�peraltro�sottolineato��che�la�cessione�conferirebbe��al�partner�un� potere�di�indirizzo�strategico�dell'attivita�di�RaiWay�addirittura�superiore�a� quello�del�socio�di�maggioranza�.� In�considerazione,�pertanto�dei�contenuti�anche�provvedimentali�del- l'atto�in�epigrafe�e,�in�ogni�caso,�della�circostanza�che�esso�promana�dal� Ministero�concedente,�il�quale�si�e�,�espressamente�riconosciuta�una�potesta� autorizzatoria�in�ordine�all'operazione�per�cui�e�causa,�esso�viene�impugnato� dinanzi�a�codesto�Ecc.mo�Tribunale.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE Incompetenza. Violazione degli articoli 4, commi 2 e 3 e 14, D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 in relazione all'art. 97 della Costituzione. 4.�Ai�sensi� dell'art.�4,�co.�1,�D.Lgs.�n.�165/2001�(che�riproduce�pedissequamente�l'art.�3� del�D.Lgs.�n.�29/1993)�l'adozione�degli�atti�e�dei�provvedimenti�di�compe- tenza�dei�Ministeri�e�le�relative�responsabilita�spettano�ai�dirigenti�e�non�ai� Ministri,�cui�compete�invece�l'indirizzo�politico-amministrativo.� Non�si�vede�pertanto�come�il�Ministro�possa�avere�ritenuto�di�sostituirsi� alla�propria�direzione�generale,�in�una�materia�cos|�delicata,�che�comportava� un'approfondita�indagine�istruttoria�sulla�disciplina�contrattuale�predisposta� dalle�parti�e�sul�controllo�di�una�societa�.� Ne�si�dica�che�venivano�in�considerazione�valutazioni�di�ordine�politico� di�competenza�del�vertice�dell'Amministrazione,�dal�momento�che�si�trattava,� molto�piu�semplicemente,�di�verificare,�alla�stregua�di�quanto�previsto�nel� contratto�e�nell'ambito�dei�poteri�che�spettano�al�concedente�sul�concessiona- rio,�la�conformita�dell'operazione�alle�regole�che�governano�la�concessione.� Sotto�questo�profilo��tenuto�anche�conto�che�la�distinzione,�enfatiz- zata�nelle�piu�recenti�leggi,�tra�il�ruolo�del�Ministro�e�quello�del�dirigente�si� riconnette�al�dovere�d'imparzialita�della�pubblica�amministrazione��l'avo- cazione�da�parte�del�Ministro�concreta�non�solo�la�violazione�degli�artt.�4�e� 14�del�D.Lgs.�n.�165/2001,�ma�anche�quella�dell'art.�97�della�costituzione.� II.�Eccessodipoterepersviamento. Difettod'istruttoriaedimotivazione. Errore nei presupposti. Violazione e/o falsa applicazione di legge. 5.�Il�Mini- stero�delle�comunicazioni�esercita�nei�confronti�della�concessionaria�poteri� di�controllo�e�di�verifica,�nonche�poteri�di�vigilanza��sull'osservanza�degli� obblighi�derivanti�dal�contratto��di�servizio.� I�casi�in�cui�al�Ministero�spetta�un�potere�autorizzatorio,�rispetto�a�sin- gole�operazioni�di�gestione,�sono�specificamente�e�tassativamente�individuati� dalla�convenzione�e�dal�contratto�di�servizio.� Per�quanto�qui�interessa:� ^l'art.�1,�co.�5,�della�Convenzione�stabilisce�che�1a�societa�concessio- naria�puo�,�previa�autorizzazione�del�ministero�delle�poste�e�telecomunica- zioni,�avvalersi,�per�attivita�inerenti�all'espletamento�dei�servizi�concessi,�di� societa�da�essa�controllate�;� ^il�Contratto�di�servizio,�approvato�con�decreto�del�Presidente�della� Repubblica�8�febbraio�2001�specifica�che��la�concessionaria�e�tenuta,�anche� attraverso�le�societa�controllate,�ad�assicurare�il�rispetto�di�tutti�gli�obblighi� previsti�nella�convenzione�e�nel�contratto�di�servizio,�con�particolare�riferi- mento�all'art.�5�della�convenzione�(attivita�consentite�alla�concessionaria)�e� agli�articoli�15�(qualita�e�disponibilita�tecnica�del�servizio),�16�(copertura� del�servizio�di�radiodiffusione�televisiva)�e�17�(copertura�del�servizio�di�radio- diffusione�sonora�in�modulazione�di�frequenza)�del�presente�contratto�di� servizio�.� Alla�stregua�delle�suddette�disposizioni,�deve�pertanto�ritenersi�che�il� Ministero�possa�legittimamente�negare�l'autorizzazione�in�parola�solo�nel� caso�in�cui�riscontri:�il�difetto�del�requisito�del�controllo�societario;�ovvero,� che�la�gestione�degli�impianti�attraverso�la�controllata�arrechi�pregiudizio� all'assolvimento�dei�compiti�di�servizio�pubblico�imposti�alla�Rai.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO L'ipotesi�che�ricorre�nel�caso�di�specie,�cessione�a�terzi�di�una�partecipa- zione�azionaria�nel�capitale�di�societa�costituita�dalla�Rai�ai�sensi�dell'art.�1,� co.�5,�citato,�non�e�,�invece,�disciplinata�ne�dalla�Convenzione,�ne�dal�con- tratto�di�servizio.� Dalla�disciplina�stabilita�dall'art.�1,�co.�5,�della�Convenzione�puo�invero� solo�inferirsi�a�contrario:� ^il�divieto�per�la�Rai�di�alienare�partecipazioni�di�maggioranza;� ^l'obbligo�(pur�in�difetto,�si�ripete,�di�una�disposizione�che�lo�pre- scriva)�di�comunicare�preventivamente�al�Ministero�le�operazioni�di�cessione,� allo�scopo�di�consentire�all'Amministrazione�concedente�l'esercizio�dei�poteri� di�controllo�ad�essa�spettanti�in�base�alla�legge�e�al�rapporto�di�concessione.� Non�si�puo�,�invece,�configurare,�nel�silenzio�della�norma,�un�obbligo�per� la�Rai�di�richiedere�una�preventiva�autorizzazione�ogni�volta�che�proceda�alla� dismissione�di�una�partecipazione�di�minoranza�nel�capitale�delle�suddette� societa�.� E�evidente,�infatti,�che,�se�la�dismissione�comporta�la�perdita�del�con- trollo,�essa�e�per�cio�solo�vietata�dalla�Convenzione�e�l'eventuale�autorizza- zione�del�Ministero�non�servirebbe�a�renderla�legittima�(sarebbe�dunque�inu- tiliter�data);�se,�invece,�viene�deliberata�la�cessione�di�una�partecipazione�di� minoranza,�a�seguito�della�quale�la�Rai�continua�a�detenere�il�controllo� della�societa�di�cui�trattasi,�non�puo�ritenersi�necessario�il�rilascio�di�un'al- tra�autorizzazione,�oltre�quella�gia�ottenuta�per�costituire�la�societa�,�nulla� essendo�mutato�rispetto�al�requisito�(accertato�con�la�prima�autorizzazione)� richiesto�dall'art.�1,�co.�5,�della�Convenzione:�ossia�la�sussistenza�del�con- trollo�societario.� La�disposizione,�infatti,�con�il�prescrivere�che�la�Rai�puo�avvalersi,�per� l'esercizio�dei�servizi�concessi,�di�societa�controllate,�ammette�implicitamente� ma,�inequivocabilmente,�che�anche�soggetti�diversi�dalla�Rai�possano�dete- nere�partecipazioni��purche�di�minoranza��nelle�stesse�societa�:�altrimenti� la�norma�avrebbe�imposto�alla�Rai�di�avvalersi�solo�di�societa�da�essa�intera- mente�partecipate.� Non�puo�non�rilevarsi�del�resto�l'irragionevolezza�di�una�norma�che,�per� un�verso,�consentisse�alla�Rai�di�gestire�i�servizi�concessi�attraverso�societa� separate,�ai�fini�di�una�migliore�efficienza�e�competitivita�,�e�poi,�per�il�caso� di�effettivo�esercizio�di�tale�facolta�,�prevedesse�incomprensibili�appesanti- menti�procedurali�(la�necessita�appunto�di�richiedere�autorizzazione�al�Mini- stero�anche�per�la�cessione�di�una�sola�azione�della�societa�).� Sulle��superiori�ragioni�di�opportunita���che�si�opporrebbero�alla��presa� d'atto�.� 6.�Cio�premesso,�il�provvedimento�qui�impugnato�vieta�la�cessione�del� 49%�delle�azioni�di�RaiWay�anzitutto�a�causa�di��superiori��(e�non�meglio� specificate!)��ragioni�di�opportunita�,�anche�connesse�all'attuale�momento� storico�,�e,�solo�in�via�del�tutto�subordinata�(�va,�peraltro�sottoli- neato�...�),�perche�la�Rai�avrebbe�concluso�un'operazione�idonea�a�com- portare�la�perdita�del�controllo�di�RaiWay,�in�violazione�dell'autorizza- zione�dell'11�novembre�1999.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE Si�legge,�infatti,�nell'atto�ministeriale�del�26�ottobre,�anzitutto,�che�gli� impianti�di�RaiWay��sono�unici,�rappresentano�in�primo�luogo�un�valore� incommensurabile�di�per�se�:�la�loro�potenzialita�di�applicazione�e�tale�da� poterli�sfruttare�anche�per�delicatissimi�compiti�di�sicurezza�che�solo�una� gestione�realmente�riconducibile,�anche�indirettamente,�alla�parte�pubblica� ne�possa�garantire�la�piena�disponibilita��.� Cio�comporta�che,�come�gia�sottolineato�in�narrativa,�l'atto�del�Ministro� finisce�con�il�vietare,�non�gia�solo�la�cessione�per�cui�e�causa,�ma�la�stessa� alienazione�a�terzi�delle�partecipazioni�azionarie,�di�qualunque�entita�,�nel� capitale�di�RaiWay,�consacrando�gli�impianti�della�stessa�all'utilizzo�per� �compiti�di�sicurezza��e��statuendo��che�gli�stessi�debbono�rimanere�nella� gestione�pubblica.� Ora,�e�notorio�anzitutto�che�quegli�impianti�non�sono�'unici';�sicche�il� Ministro�avrebbe�dovuto�congruamente�motivare�il�convincimento�secondo� il�quale�gli�altri��impianti�trasmittenti�e�di�collegamento�installati�sul�territo- rio�italiano�,�diversi�da�quelli�di�RaiWay,�non�sarebbero�idonei�agli�scopi�di� �importanza�strategica��che�esso�prefigura�senza�peraltro�specificare.� In�ogni�caso,�ove�pure�fosse�dimostrato�che�gli�impianti�di�RaiWay�sono� �unici�,�cio�non�basterebbe�a�fondare�il�divieto�del�Ministro�all'operazione� per�cui�e�causa.� Il�Ministero�e�il�Governo�dispongono,�infatti,�di�poteri�autoritativi�che,� in�caso�di�pericolo�per�la�sicurezza�nazionale,�si�imporrebbero�comunque�al� proprietario�degli�impianti,�anche�se�privato.� Si�fa�riferimento�anzitutto�allo�strumento�generale�della�requisizione;� ma�soccorrono�anche�disposizioni�specifiche�della�disciplina�di�settore.�La� legge�6�agosto�1990,�n.�223�prevede,�per�esempio,�che��in�caso�di�pubblica� emergenza�(...)�il�Presidente�del�Consiglio�dei�ministri,�su�proposta�del� Ministro�della�difesa,�dell'interno�e�delle�poste�e�telecomunicazioni,�puo� disporre�che�le�radiofrequenze�assegnate�ai�concessionari�privati�siano�tem- poraneamente�utilizzate�dai�competenti�organi�dello�Stato�che�ne�abbiano� necessita��;�il�piano�nazionale�di�assegnazione�delle�frequenze�per�la�radio- diffusione�televisiva�(Delib.�Autorita�garanzie�del�30�ottobre�1998)�stabilisce� poi�che�alcune�frequenze�siano�riservate�al�Ministero�della�Difesa,�che�le� utilizza�in�esclusiva.� Il�tutto�per�tacere�poi�del�fatto�che�la�tesi�del�Ministro�secondo�la�quale� determinati�impianti,�in�ragione�della�loro�importanza,�devono�restare�di� proprieta�pubblica,�si�pone�in�patente�contraddizione�con�il�processo�di�pro- gressiva�privatizzazione�di�importantissimi�enti�pubblici�avviato�dal�legisla- tore�con�il�decreto-legge�11�luglio�1992,�n.�333,�convertito�con�modificazioni� dalla�legge�8�agosto�1992,�n.�359,�che�ha�trasformato�in�societa�per�azioni� l'IRI,�l'ENI,�l'ENEL,�l'INA.� Ugualmente�significative�risultano,�del�resto,�l'avvenuta�privatizzazione� delle�FS,�ora�Rete�Ferroviaria�Italiana�S.p.a.,�nonche�l'abolizione�di�tutti�i� diritti�speciali�ed�esclusivi�per�l'installazione�di�reti�di�telecomunicazioni,� effettuata�con�il�decreto�del�Presidente�della�Repubblica�19�settembre�1997,� n.�318�(�Regolamento�per�l'attuazione�di�direttive�comunitarie�nel�settore� delle�telecomunicazioni�).� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO Quanto�poi�alla�disciplina�speciale,�relativa�al�settore�radiotelevisivo,� non�puo��non�apparire�rilevante�che:�a) l'art.�2,�della�legge�6�agosto�1990,� n.�223,�a�termini�del�quale��il�servizio�pubblico�radiotelevisivo�e��affidato� mediante�concessione�ad�una�societa��per�azioni�a�totale�partecipazione�pub- blica��sia�stato�abrogato�proprio�limitatamente�alle�parole��a�totale�parteci- pazione�pubblica�,�con�il�decreto�del�Presidente�della�Repubblica�28�luglio� 1995,�n.�315,�in�esito�al�referendum�i�cui�risultati�sono�stati�proclamati�con� d.R.R.�5�aprile�1995;�e�b) che�la�stessa�Convenzione,�nel�consentire�alla�Rai� di�avvalersi�di�societa��controllate�(e�non�interamente�partecipate!)�per�l'eser- cizio�dei�servizi�concessi�(tra�i�quali,�si�noti,�rientra�proprio��l'installazione� e�l'esercizio�tecnico�degli�impianti�destinati�alla�diffusione�di�programmi� sonori�e�televisivi�ed�i�connessi�collegamenti�di�tipo�fisso�per�la�produzione� e�la�distribuzione�)�consente,�anche�se�implicitamente,�il�trasferimento�degli� impianti�alle�suddette�societa��.� In�definitiva,�nessuna�norma,�ne�di�legge,�ne�di�convenzione�impone� positivamente�la�conservazione�della�titolarita��esclusiva�degli�impianti�da� parte�della�concessionaria.�Sicche�il�divieto�del�Ministero�ad�eventuali�opera- zioni�di�dismissioni�di�partecipazioni�azionarie�possedute�dalla�Rai�in�proprie� controllate,�ai�sensi�dell'art.�1,�co.�5�della�Convenzione,�puo��essere�legittima- mente�espresso�solo:�a) nel�caso�in�cui�la�cessione�comporti�la�perdita�del� controllo;�b) nel�caso�in�cui�il�passaggio�della�gestione�ad�altra�societa��com- porti�un�pregiudizio�(che�deve�essere�pero��argomentato�con�adeguata�istrut- toria�e�non�semplicemente�affermato)�all'assolvimento�dei�compiti�di�pub- blico�servizio�imposti�alla�Rai.� Condizioni,�queste,�che,�come�sara��meglio�spiegato�in�seguito,�qui�non� ricorrono.� Deve,�invece,�escludersi�la�sussistenza�in�capo�al�Ministro�del�potere�di� vietare�le�suddette�operazioni�alla�stregua�di�valutazioni�di�opportunita��,� peraltro�non�argomentate,�ne�in�alcun�modo�supportate�da�istruttoria.� 6.1.�Si�segnala,�in�ogni�caso,�che�alcuni��forse�i�piu��importanti��degli� impianti�della�Rai�sono�espressamente�esclusi�dalla�compravendita�aziona- ria,�come�risulta�dall'allegato�8�del�contratto�(�Proprieta��non�trasferite�);� rispetto�ad�essi,�le�parti�hanno�solo�convenuto�che��non�appena�sara��ragione- volmente�possibile�,�RaiWay�acquistera���i�diritti�di�Rai�(di�proprieta��odi� altro�tipo)�.� Resta,�invece,�del�tutto�esclusa�la�trasferibilita��dei��Siti�Rai�,�il�contratto� prevedendo�unicamente�che�la�Rai��concedera��alla�Societa��diritti�di�godi- mento�o�di�locazione�(dietro�pagamento�di�un��Costo�Annuo�per�Housing�)� in�relazione�alle�aree�sulle�quali�sono�situati�beni�della�Societa��.� Anche�per�questa�ragione,��i�timori��del�Ministro�sono�privi�di� fondamento.� Sulla valutazione degli impianti. 7.�Per�le�ragioni�gia��illustrate,�deve�pari- menti�censurarsi�l'illegittimita��dell'atto�qui�impugnato,�nella�parte�in�cui�fa� discendere�il�diniego�all'operazione�da�considerazioni�afferenti�la�pretesa� incongruita��della�valutazione�degli�impianti�di�RaiWay.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE Si�legge,�infatti,�nel�provvedimento�che�la�valutazione�degli�impianti� sarebbe��analoga�a�quella�fatta�nel�lontanissimo�1991�dall'IRI�;��circo- stanza,�questa��che�apparirebbe��davvero�inquietante�.� Ora,�anzitutto,�come�gia�sottolineato,�non�puo�riconoscersi�in�capo� al�Ministro�il�potere�di�vietare�l'operazione�alla�stregua�di�criteri�diversi� da�quelli�indicati�dalla�Convenzione,�che�peraltro�espressamente�rimette� �1e�verifiche�sull'andamento�della�gestione�della�concessionaria�,�sotto�il� profilo�della�efficienza�e�della�economicita�(e,�quindi,�anche�la�verifica,� sull'economicita�delle�singole�operazioni�di�gestione�compiute�dalla� stessa)�al�Ministero�del�Tesoro,�d'intesa�con�quello�delle�Comunicazioni:� mentre�in�questo�caso�il�Ministero�del�Tesoro�non�sembra�che�sia�stato� neppure�`sentito'.� In�ogni�caso,�si�ripete,�l'operazione�di�compravendita�azionaria�e�stata� compiuta�dalla�Rai�avvalendosi�dell'assistenza�di�due�autorevoli�advisors internazionali�(Merrill�Lynch,�per�la�parte�finanziaria�e�Grimaldi�Clifford� Chance,�per�la�parte�legale)�e�l'Iri,�insieme�Rai�Holding,�ha�monitorato�l'in- tera�procedura�di�selezione,�avvalendosi,�a�sua�volta,�di�propri�advisors di�pri- mario�livello�(Rotschild�e�Lazard),�garantendone�la�trasparenza�e�la� regolarita�.� Non�corrisponde�infine�al�vero�che�la�valutazione��fatta�nel�lontanis- simo�1991�,�sia�stata�effettuata�dall'Iri,�come�si�legge�nel�provvedimento�in� epigrafe.� Sotto�questo�aspetto,�non�puo�non�denunciarsi,�oltre�alla�falsita�dei� presupposti,�il�gravissimo�difetto�istruttorio�del�provvedimento�impu- gnato,�essendo�la�valutazione�del�1991�del�tutto�irrilevante�ai�fini�che�qui� interessano�ed�avendo�lo�stesso�Ministro,�soltanto�due�giorni�dopo,�rico- nosciuto�il�proprio�errore�su�questo�punto�(v.�lettera�al�Sole�24�Ore�che� si�deposita).� Il�provvedimento,�tuttavia,�resta�fondato�anche�su�questo�errore.� III.�Violazione e/o falsa applicazione di legge; Travisamento. Eccesso di potere per difetto d'istruttoria e di motivazione. Errore difatto. 8.�Solo�in�via� del�tutto�subordinata,�l'Amministrazione�prende�infine�in�esame,�nel�provve- dimento�in�epigrafe,�l'unico�profilo�dell'operazione�che�la�Convenzione�(e�le� parti�con�la�previsione�contrattuale)�rimette�alla�sua�valutazione�in�ipotesi� di�cessione:�ossia�l'assetto�di�controllo�di�RaiWay.� Anche�con�riferimento�a�questo�aspetto�dell'operazione,�tuttavia,�il�con- vincimento�del�Ministro�e�frutto�di�un�errore,�piu�precisamente�di�un�travisa- mento�dei�contenuti�del�contratto,�a�causa,�anche�qui,�del�difetto�assoluto� d'istruttoria.� Si�legge,�infatti,�nel�provvedimento,�che��va,�peraltro�sottolineato�che� la�Rai�anziche�richiedere�la�preventiva�autorizzazione,�cos|�come�stabilito� nel�provvedimento�dell'11�novembre�1999�per��ogni�variazione�dell'attuale� assetto�di�controllo�della�New�Co�TD�S.p.a.��(ora�la�RaiWay),�ha�antici- pato�il�perfezionamento�del�contratto�di�cessione,�condizionandone�risolu- tivamente�l'efficacia�alla�mancata��presa�d'atto��dell'Amministrazione��e� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO che��i�patti�parasociali�conferiscono�al�partner�un�potere�di�indirizzo�stra- tegico�dell'attivita�di�RaiWay�addirittura�superiore�a�quello�del�socio� di�maggioranza�.� La�conclusione�che�il�Ministro�trae�dalle�suddette�disposizioni�dei�patti� parasociali,�secondo�la�propria�immotivata�interpretazione,�e�che�vi�sarebbe� stata�nella�specie��alterazione�delle�condizioni�dell'autorizzazione�rilasciata� dal�Ministero�alla�Rai�con�provvedimento�11�novembre�1999�.� Giova�analizzare�partitamente�i�diversi�profili�del�ragionamento�seguito.� Sulla�necessita�della�previa�autorizzazione.�8.1.�Nel�richiamare�le�conside- razioni�sopra�svolte�sub�5,�a�proposito�dell'inconfigurabilita�di�un�potere� autorizzatorio�del�Ministero�(meno�che�mai�in�via�di�prevenzione),�rispetto� ad�operazioni�come�quella�per�cui�e�causa,�si�precisa�quanto�segue.� La�Rai�ha�comunque�comunicato�preventivamente�l'operazione�di�ces- sione�al�Ministero�con�la�nota�del�28�marzo�2000,�nel�quadro�dei�doveri�d'in- formazione�che�incombono�alla�stessa�per�effetto�del�rapporto�di�conces- sione;�inoltre,�stipulato�il�contratto�con�la�Crown�Castle,�ha�nuovamente�sol- lecitato�il�Ministero�ad�esprimersi�in�ordine�alla�cessione,�con�nota�del� 27�aprile�2001:�la�richiesta�di�una��presa�d'atto��da�parte�dell'Amministra- zione�essendo�stata�sollecitata�proprio�dal�contraente�Crown�Castle.� Poiche�peraltro�l'art.�8�del�contratto�prevede�che�il�mancato�rilascio�di� una�comunicazione�di�presa�d'atto�da�parte�del�Ministero�comporta�la�risolu- zione�automatica�dello�stesso�e�poiche�,�di�fatto,�esso�e�rimasto�privo�di�effetti� a�causa�del�diniego�oggetto�d'impugnazione,�risulta�specioso�il�rilievo� secondo�il�quale��la�Rai�non�avrebbe�richiesto�la�preventiva�autorizzazione�� dell'operazione.� Sulla�perdita�del�controllo�di�RaiWay.�8.2.�Ad�avviso�del�Ministro,� �contravvenendo�all'impegno�assunto�dalla�Rai�circa�il�mantenimento�del� controllo�di�RaiWay�,�i�patti�parasociali��e,�in�particolare,�gli�articoli�3,� lettera�c),�4,�5,�6�e�9�conferirebbero�al��partner�un�potere�di�indirizzo�strate- gico�dell'attivita�di�RaiWay�addirittura�superiore�a�quello�del�socio�di�mag- gioranza�.� Ora,�come�si�e�piu�volte�precisato,�la�Convenzione�stabilisce�l'obbligo� per�la�Rai�di�mantenere�il�controllo�delle�societa�delle�quali�si�avvale�per�l'e- sercizio�dei�servizi�concessi.� Il�termine�controllo�deve�essere�inteso�nel�senso�stabilito�dall'art.�2359,� comma�1�(cos|�stabilisce�anche�la�legge�n.�23/1990,�ai�fini�delle�disposizioni� ivi�previste),�e,�quindi,�con�riferimento�a�situazioni�in�cui�la�Rai�disponga:� a)�della�maggioranza�dei�voti�esercitabili�nell'assemblea�ordinaria;� ovvero;� b)�di�voti�sufficienti�per�esercitare�un'influenza�dominante.� Per�la�nozione�di�influenza�dominante�possono�ricavarsi�elementi�dal- l'art.�37,�co.�1,�n.�223/1990,�che�la�ritiene�esistente,�salvo�prova�contraria,� �quando�ricorrano�rapporti�di�carattere�finanziario�o�organizzativo�che�con- sentano�anche�una�sola�delle�seguenti�attivita�:� ^la�comunicazione�degli�utili�o�delle�perdite;� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE ^il�coordinamento�della�gestione�dell'impresa�radiotelevisiva�con� quella�di�altre�imprese�ai�fini�del�perseguimento�di�uno�scopo�comune�o�ai� fini�di�limitare�la�concorrenza�tra�le�imprese�stesse;� ^una�distribuzione�degli�utili�o�delle�perdite�diversa,�quanto�ai�sog- getti�o�alla�misura,�da�quella�che�sarebbe�avvenuta�in�assenza�dei�rapporti� stessi;� ^l'attribuzione�a�soggetti�diversi�da�quelli�legittimati�in�base�all'as- setto�proprietario�di�poteri�nella�scelta�degli�amministratori�e�dei�dirigenti� di�imprese�radiotelevisive,�nonche�dei�direttori�delle�testate�trasmesse�.� ***� L'esame�dell'accordo�di�cessione,�alla�stregua�dei�suindicati�criteri,�con- sente�di�dimostrare,�contro�l'erronea�tesi�del�Ministro,�che�esso�non�compor- terebbe�affatto�per�la�Rai�la�perdita�del�controllo�di�RaiWay,�soprattutto� con�specifico�riferimento�all'esercizio�dei�servizi�concessi.� Ed�invero,�anzitutto,�la�Rai�conserva�il�51%�delle�azioni�di�RaiWay:� quindi,�ai�sensi�dell'art.�2359,�co.�1,�la��maggioranza�dei�voti�esercitabili�nel- l'assemblea�ordinaria�.� Inoltre,�nei�patti�parasociali�non�sono�ravvisabili��sindacati�di�voto��tali� da�vanificare�il�controllo,�che�e�,�invece,�positivamente�garantito�gia�dall'art.�1� (recante��principi�generali�),�il�quale�stabilisce�che:� il�ruolo�di�CCR��sara�rivolto�allo�sviluppo,�attraverso�l'utilizzo�del� know-how�e�delle�competenze�manageriali�di�cui�il�Partner�e�Crown�Castle� sono�in�possesso,�di�nuovi�settori�di�attivita�al�fine�di�valorizzare�gli�assets� di�cui�e�attualmente�proprietaria��RaiWay;� sicche�,il�coinvolgimento�delpartner�nella�gestione�della�societa�,�oltre�a� riguardare�settori�di�attivita�non�interessati�dal�servizio�pubblico,�viene�con- sentito��fermo�restando�che�l'effettivo�controllo�della�gestione�complessiva�della� Societa�restera�di�competenza�della�Rai,�quale�socio�di�maggioranza�assoluta,� in�conformita�alleprescrizionidi�legge�e�regolamentariapplicabilialla�Societa�,� nonche�all'autorizzazione�rilasciata�dal�Ministero�delle�Comunicazioni�in�data� 11�novembre�1999�.� Il�principio�e�poi�ulteriormente�specificato�dalle�disposizioni�di�cui�alle� lettere�c)�e�d)�dello�stesso�art.�1,�che�stabiliscono,�rispettivamente,�che�la� gestione�della�Societa�e�quindi�l'attivita�di�tuttiisuoiorganisara�sempre� informata�al�pieno�rispetto�e�adempimento�del�Contratto�di�fornitura��e� della�Convenzione;�e�che��i�consiglieri�ed�il�management�della�Societa�infor- meranno�lapropriaattivita�gestionaleall'insiemedeiprincipisancitinelpre- sente�art.�1�.� Tale�disposizione,�che�costituisce�una�sorta�di�clausola�di�chiusura�della� complessiva�disciplina�contrattuale,�e�stata�del�tutto�ignorata�dal�Ministro.� Del�tutto�infondate�ed�erronee�sono�invece�le�censure�avanzate�con�rife- rimento�alle�disposizioni�dei�patti�qui�di�seguito�esaminate.� L'art.�3�lettera�c)�dei�patti�parasociali,�prevede�e�vero,�per�16�tipologie�di� delibere,�l'adozione�con�il�voto�favorevole�di�due�consiglieri�di�designazione� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO del�partner;�ma�cio�non�consente�di�affermare�come�fa�il�Ministro�che,��per- tanto���la�maggioranza�(su�un�Consiglio�di�amministrazione�di�otto�membri� pari�a�cinque)�viene�ad�essere�annullata�.� Deve,�infatti,�sottolinearsi�che�la�maggioranza�qualificata�ivi�indicata�non� trova�applicazione,�per�espressa�previsione�della�successiva�lettera�d) dello�stesso� articolo,�con�riferimento��ad�attivita�,�adempimenti�ed�investimenti�richiesti�ai� sensi�del�Contratto�di�fornitura,�agli�eventuali�rinnovi�del�Contratto�di�fornitura� e�alle�modifiche�che�potranno�essere�apportate�al�medesimo,�che�siano�necessarie� perche�la�Rai�adempia�alle�proprie�obbligazioni�ai�sensi�della�Convenzione�.� ***� L'art.�4�consente�cos|�al�partner�di�nominare�due�sindaci�e�un�supplente� del�Collegio�sindacale;�ma,�viste�le�competenze�di�controllo�spettanti�al�colle- gio�in�parola�(l'art.�2403,�co.�3,�c.c.�consente�peraltro�ai�sindaci�di��procedere� anche�individualmente,�ad�atti�di�ispezione�e�di�controllo�)�e�considerato� che�lo�stesso�articolo�rimette�alla�designazione�della�Rai�un�sindaco�effettivo� con�funzioni�di�Presidente�e�un�sindaco�supplente,�non�si�puo�davvero�rite- nere�che�la�disposizione�contribuisca�a�determinare�la�sostanziale�perdita�di� controllo�di�RaiWay�da�parte�della�Rai.� L'art.�6�prevede�che�il�Business�Development�Officer�(BDO),��figura� centrale�per�tutto�quanto�attiene�alla�parte�della�societa�che�dovra�operare� in�campi�innovativi,�di�rilevante�interesse�strategico�(Tower�business)�,�sia� nominato�su�designazione�dei�consiglieri�indicati�dal�partner;�con�la�conse- guenza,�secondo�il�Ministro,�che��verrebbe��cos|��a�mancare�l'unita�di�guida� della�societa�,�con�rischi�di�conflitto�con.�l'amministratore�delegato�designato� dalla�Rai�su�aspetti�fondamentali�dell'attivita�sociale�.� Al�riguardo�occorre�pero�specificare�che,�anzitutto,�il��settore�strate- gico��denominato��Tower�Business�comprende�attivita�estranee�al�servizio� pubblico�esercitato�dalla�Rai�(``per��Tower�Business��si�intende�la�fornitura� di�infrastrutture�wireless�e�relativi�servizi�ad�operatori�wireless,�inclusi�opera- tori�telefonici,�operatori�wireless��local�loop�,�operatori�Tetra,�UMTS�e�di� altra�tecnologia�mobile,�esistente�o�futura�inclusa�la�locazione�di�siti/antenne� e�servizi�di�collocazione,�servizi��built-to-suit�,�programmazione�di�rete�e� design,�ricerca�ed�acquisizione�di�siti,�design�e�costruzione�di�siti,�installa- zione�e��commissioning��di�siti,�ottimizzazione�della�rete,�manutenzione� delle�infrastrutture,�gestione�e�manutenzione�della�rete�e�relativi�servizi�di� trasmissione�a�microonde�o�fibre''),� Inoltre,�l'art.�6�rimette�alla�Rai�la�nomina�dell'Amministratore�delegato,� stabilendo�che�il�BDO�eserciti�i�poteri�che�lo�stesso�Amministratore�delegato� gli,�conferisce,�attraverso�apposita�procura,�revocabile�dal�Consiglio�di� amministrazione.� ***� L'art.�5�lettera�b) e�d) prevede,�per�l'assemblea�straordinaria,�quorum� che,�secondo�il�Ministro,�consentirebbero�al�partner��un�considerevolissimo� potere�di�blocco�sulle�delibere�.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE Tuttavia,�considerato�che�l'art.�2365�c.c.�rimette�alla�competenza�dell'as- semblea�straordinaria�le�delibere�sulle�modificazioni�dell'atto�costitutivo�e� sull'emissione�di�obbligazioni,�nonche�sulla�nomina�e�sui�poteri�dei�liquida- tori�a�norma�degli�articoli�2450�e�2452�c.c.,�il�rilievo�del�Ministro�appare� subito�destituito�di�fondamento.� Quanto�alle�modifiche�dell'atto�costitutivo,�infatti,�opera�in�ogni�caso�la� regola�di�chiusura�stabilita�dall'art.�1,�sicche�non�potranno�essere�approvate� modificazioni�che�interferiscano�con�il�libero�e�pieno�svolgimento�da�parte� di�RaiWay�del�servizio�pubblico;�inoltre,�lo�stesso�articolo,�stabilisce�espres- samente�che��per�le�delibere�relative�ad�aumenti�di�capitale�necessari�a�finan- ziare�gli�investimenti�richiesti�dalla�Societa�per�adempiere�le�proprie�obbliga- zioni�ai�sensi�del�Contratto�di�fornitura�,�si��applicheranno�le�maggioranze� di�legge.� Del�tutto�inconferente�ai�fini�dell'assetto�di�controllo�di�RaiWay,�e�,� infine,�il�rilievo�del�Ministro�secondo�il�quale�l'art.�9�lettera�a)�dei�patti�para- sociali�prevederebbe�il�divieto�di�concorrenza�del�partner�per�un�periodo,�un� anno�dalla�perdita�della�qualita�di�socio,�troppo�breve.�Ne�si�comprende,� invero,�perche��il�dato��sarebbe��tanto�piu�significativo�ove�si�consideri�che� nella�prima�stesura�dei�patti�parasociali�predisposti�dalla�Rai�e�distribuiti�a� tutti�gli�aspiranti�acquirenti�il�periodo�di�non�concorrenza�era�stabilito�in�cin- que�anni�.� ***� 8.3.�Alla�luce�di�tutto�quanto�sopra,�risulta�destituita�di�fondamento� l'asserzione�del�Ministro�secondo�la�quale�l'accordo�di�cessione�per�cui�e� causa�determina�la�perdita�di�controllo�di�RaiWay�e�comporta�una��altera- zione�delle�condizioni�dell'autorizzazione�rilasciata�dal�Ministro�alla�Rai� con�il�provvedimento�11�novembre�1999�.� IV.�Violazione e/ofalsa applicazione di legge. Carenza dipotere. 9.�Deve,� infine,�sottolinearsi�che�il�provvedimento�in�epigrafe�risulta�addirittura� emesso�in�carenza�di�potere,�nella�parte�in�cui,�per��superiori�ragioni�di� opportunita��,�vieta�alla�Rai�l'utilizzazione�della�rete�per�l'esercizio�di�attivita� nel�c.d.�Tower�Business;�stabilendo�che��solo�una�gestione�realmente�ricon- ducibile,�anche�indirettamente,�alla�parte�pubblica�ne�possa�garantire�la� piena�disponibilita��.� Al�riguardo,�oltre�alle�considerazioni�sopra�svolte�sub 6,�deve�infatti� osservarsi�che,�l'art.�5,�co.�1�della�Convenzione�e�l'art.�29,�co.�4,�lettera� b),�consentono�espressamente�alla�Rai�di�esercitare�attivita�connesse� all'oggetto�sociale��tra�le�quali�devono�senz'altro�annoverarsi�quelle� afferentiilsettore�delle�telecomunicazioni�direttamente�otramite� societa�collegate,�senza�prescrivere�la�necessita�del�rilascio�dell'autorizza- zione�ministeriale.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO La�legge�n.�249/1997,�art.�4,�comma�5,�prevede�altrettanto�espressa- mente�che��gli�impianti�oggetto�di�concessione�radiotelevisiva�possono�essere� utilizzati�anche�per�la�distribuzione�di�servizi�di�telecomunicazione.�In�tal� caso�i�destinatari�di�concessioni�per�emittenti�nazionali�sono�tenuti�a�costi- tuire�societa�separate�per�la�gestione�degli�impianti�.� La�normativa�comunitaria�ha�poi�abolito�tutti�i�diritti�speciali�ed�esclu- sivi�(direttive�90/388/CEE,�94/46/CE,�95/51/CE,�95/62/CE,�96/19/CE,� 97/13/CE,�97/33/CE)�nel�settore�che�interessa.� In�particolare,�l'art.�2,�comma�1,�lettera�a) e�l'art.�2,�comma�2,�terzo� paragrafo�della�Dir.�90/388/CEE,�come�modificata�dalla�Dir.�96/19/CE,� hanno�liberalizzato�l'uso�delle�reti�alternative,�quale�quella�di�cui�la�Rai�e� titolare.� In�recepimento�delle�citate�direttive�comunitarie,�e�intervenuto�il�decreto� del�Presidente�della�Repubblica�19�settembre�1997,�n.�318,�che�abolisce�tutti� i�diritti�speciali�ed�esclusivi�per�l'installazione�di�reti�di�telecomunicazioni�ed� in�particolare�elimina�le�residue�restrizioni�relative�alla�prestazione�di�servizi� di�telecomunicazioni�mediante�reti�installate�dal�prestatore�di�detti�servizi�e� mediante�infrastrutture�messe�a�disposizione�da�terzi�(art.�2,�comma�2,�let- tera�e),�p.to�3).� Ne�consegue�che,�alla�stregua�della�disciplina�normativa,�come�sopra� delineata,�la�Rai�gode�di�un�diritto�soggettivo�allo�svolgimento�di�servizi�di� telecomunicazione�mediante�l'utilizzo�della�propria�rete,�anche�con�vantaggio� per�altri�operatori�di�telecomunicazioni,�i�quali�possono�accedere�alla�capa- cita�di�trasmissione�della�medesima�rete�alternativa�(cfr.�7�considerando�della� Dir.�n.�6/19�CE),�salvo�l'onere�di�richiedere�all'Autorita�delle�Garanzie�nelle� Comunicazioni�il�rilascio�delle�licenze�individuali�stabilite�dall'art.�4,�co.�7� della�legge�n.�249/1997.� Il�Ministro�non�dispone,�quindi,�di�alcun�potere,�ne�di�controllo,�ne�tan- tomeno�autorizzatorio�con�riferimento�all'esercizio�da�parte�della�Rai�di�atti- vita�nel�c.d.�Tower�Business;�donde�la�sussistenza�del�vizio�in�rubrica.� IV. Violazionedeiprincipigeneraliinmateriadiprocedimentodicuiallalegge n. 241/1990.Eccessodipotereperdifettod'istruttoriaedimotivazione,sotto distintoprofilo. Sviamento. 10.�In�disparte�tutte�le�considerazioni�che�prece- dono,�non�puo�non�rilevarsi�che,�persino�nell'ipotesi�in�cui�il�provvedi- mento�in�epigrafe�fosse�legittimo,�si�configurerebbe�una�responsabilita�del� Ministro,�per�aver��deliberatamente��atteso�l'ultimo�giorno�utile�per� esprimere�il�proprio�diniego.� La�cessione�della�quota�di�minoranza�di�RaiWay�e�stata�deliberata�ed� attuata�facendo�legittimo�affidamento�sulla�sua�conformita�alla�Convenzione� e�al�provvedimento�autorizzatorio�dell'11�novembre�1999;�di�cio�l'Ammini- strazione�era�a�conoscenza,�avendo�ricevuto�ben�tre�comunicazioni�dalla� Rai:�il�28�marzo�2000,�il�27�aprile�2001�e,�da�ultimo,�il�18�ottobre�2001.� A�fronte�di�tutto�cio�,�il�comportamento�del�Ministro�appare�gravissimo� e�come�tale�va�stigmatizzato,�costituendo�violazione�del�principio�dell'affida- IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE mento,�ma�ancor�piu��di�quello�di�leale�collaborazione�al�quale�e��improntato�il� rapporto�concessorio,�come�delineato�nella�convenzione�e�nel�contratto�di� servizio,�al�fine�della�migliore�gestione�del�servizio�pubblico�radiotelevisivo,� L'Amministrazione�concedente�non�ha,�infatti,�dato�alcun�riscontro�alle� predette�note,�con�le�quali�la�ricorrente,�ripetutamente,�sollecitava�l'adozione� di�una�presa�d'atto�e�chiedeva�che�cio��avvenisse�entro�il�termine�di�sei�mesi� dal�27�aprile�2001.� Ed�anzi,�secondo�notizie�diffuse�a�mezzo�stampa�(La�Repubblica,� 14�ottobre�2001),�il�Ministro�ha�deliberatamente�deciso�di�procedervi�solo�il� 26�ottobre:�ossia�a�termine�contrattuale�quasi�scaduto.� In�considerazione�di�cio��,�risulta�del�tutto�irrilevante�che�il�Ministro�rite- nesse,�eventualmente,�che�la�Rai�fosse�tenuta�ad�attendere�il�rilascio�dell'au- torizzazione,�prima�di�procedere�alla�stipula�del�contratto.� Poiche�,�infatti,�l'Amministrazione�concedente,�disponendo�di�tutta�la� documentazione�relativa�all'operazione,�aveva�ben�presente�l'entita��del� danno�che�la�concessionaria�avrebbe�sub|�to�per�effetto�del�diniego,�costi- tuiva�suo�preciso�onere�quello�di�informarla�tempestivamente�anche� rispetto,�eventualmente,�al�carattere�preventivo�dell'autorizzazione�da�essa� ritenuta�necessaria.� Gravissimo�appare�invece�che,�persino�su�aspetti�rilevanti�dell'opera- zione�(quale�quello�della�valutazione�degli�impianti),�il�Ministero�concedente� non�abbia�consentito�alla�concessionaria�alcuna�partecipazione�al�procedi- mento;�che,�con�il�proprio�silenzio�protratto�per�circa�due�anni,�esso�abbia� ingenerato�nella�concessionaria�il�convincimento�della�legittimita��dell'opera- zione,�determinandola�con�cio��a�portarla�a�compimento,�per�poi�emettere� un�provvedimento�di�diniego�solo�a�termine�contrattuale�scaduto.� 11.�Come�piu��volte�sottolineato,�l'accordo�di�cessione,�risolto�a�causa� del�provvedimento�che�s'impugna,�e��stato�concluso�ad�un�prezzo�particolar- mente�vantaggioso;�e��pressoche�certo�peraltro�che,�se�la�Rai�fosse�costretta� ad�intraprendere�una�nuova�procedura�di�selezione,�non�riuscirebbe�ad�otte- nere�il�medesimo�prezzo,�a�causa�del�recente�forte�calo�dei�mercati�azionari� mondiali.� Sarebbe�pertanto�interesse�primario�della�Rai�ottenere�una�pronuncia�di� codesto�Ecc.mo�Tribunale�che,�accertata�la�regolarita��dell'operazione,�tenga� luogo�della��presa�d'atto��illegittimamente�negata�dal�Ministro,�con�effetto� retroattivo�al�27�aprile�2001;�cio��che�consentirebbe�di�ritenere�avverata�la� condizione�risolutiva�(per�un'ipotesi�analoga,�v.�C.d.S.,�sez.�VI,�26�giugno� 2001,�n.�3463)� La�pronuncia�richiesta�sembra�ammissibile�alla�luce�del�potere�di� disporre�la�reintegrazione�in�forma�specifica�espressamente�attribuito�al�giu- dice�amministrativo�dall'art.�35,�D.Lgs.�n.�80/1998�(come�modificato�dal- l'art.�7,�co.�1,�della�legge�n.�205/2000)�nelle�materie,�come�quella�che�ne� occupa,�devolute�alla�sua�giurisdizione�esclusiva.� �In�questi�casi�,�infatti,�secondo�la�dottrina��il�giudice�amministra- tivo,�in�quanto�investito�di�giurisdizione�esclusiva,�potra��sostituire�la�pro- RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO pria�valutazione�di�opportunita�a�quella,�illegittimamente�esercitata,�del- l'amministrazione�attiva��(L.V. Moscarini,�Risarcibilita�del�danno�da� lesione�di�interessi�legittimi�e�nuovo�riparto�di�giurisdizione�,�in�Dir.�proc.� amm.�1998,�814.�Si�e�,�per�esempio,�ammesso�dalla�stessa�dottrina�che,� �nel�caso�in�cui�l'interesse�leso�dall'illegittimo�espletamento�di�una�gara� si�sia�risolto�nel�fatto�che�la�gara�e�stata�aggiudicata�ad�un�imprenditore� diverso�da�quello�al�quale,�se�non�vi�fosse�stata�l'illegittimita�avrebbe� dovuto�essere�aggiudicata�,�il�giudice�possa��operando�direttamente�� effettuare��la�sostituzione�dell'aggiudicatario�;�cfr.�sul�punto�anche� T.A.R.�Sardegna�17�febbraio�1999,�n.�169;�T.A.R�Lombardia��Milano,� sez.�1,�23�dicembre�1999,�n.�5049).� Tale�conclusione�sembra�del�resto�la�piu�corretta�alla�stregua�dell'ampia� formulazione�dell'art.�35,�che�investe�il�giudice�amministrativo�del�potere�de� quo��senza�condizionamenti��(L.V. Moscarini,�Risarcibilita�...,�op.�cit.),�ossia� senza�stabilire�limite�alcuno�(onde�deve�ritenersi�che�esso�non�possa�incon- trare�limiti�diversi�da�quelli�previsti,�per�il�giudice�ordinario,�dall'art.�2058� c.c.);�nonche�della�ratio�sottesa�alla�legge�205/00�di�equiparare,�quantomeno� nelle�materie�devolute�alla�giurisdizione�esclusiva,�il�giudice�amministrativo� a�quello�ordinario.� D'altra�parte,�in�ipotesi�come�quella�che�ricorre,�solo�la�possibilita�di� ottenere�una�pronuncia��sostitutiva��del�giudice�ad|�to,�nel�senso�prima�chia- rito,�garantisce�l'effettivita�della�tutela�giurisdizionale.� P.Q.M.� Si�chiede�che,�in�accoglimento�del�ricorso,�l'Ecc.mo�Collegio,�nell'eserci- zio�dei�poteri�espressamente�previsti�dalla�legge�205/00,�disponga:� in�via�istruttoria:� consulenza�tecnica�in�ordine�ai�danni�subiti�dalla�ricorrente,�per� effetto�del�complessivo�comportamento�del�Ministro;� nel�merito:� l'annullamento�del�provvedimento�in�epigrafe;� la�reintegrazione�in�forma�specifica,�emettendo�una�pronuncia�che,� accertata�la�regolarita�dell'operazione�alla�stregua�della�Convenzione�e�del- l'autorizzazione�dell'11�novembre�2001,�tenga�luogo�della�presa�d'atto�negata� dall'Amministrazione,�con�effetto�dal�27�aprile�2001;�ovvero,�condanni�l'Am- ministrazione�ad�emettere�un�provvedimento�di�analogo�contenuto;� in�subordine,�il�risarcimento�di�tutti�i�danni�cagionati�alla�Rai,�dal� complessivo�comportamento�del�Ministro.� Il�tutto�con�ogni�conseguente�statuizione,�anche�quanto�alle�spese�del� presente�giudizio.� Roma,�22�novembre�2001� Prof. Avv. FedericO Sorrentino� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE211 doc. 3. �La memoria difensiva per il Ministero delle Comunicazioni � � Con�ricorso�introduttivo�al�T.A.R.�del�Lazio,�notificato�in�data� 23�novembre�2001,�la�RAI��Radiotelevisione�Italiana�S.p.a.,�ha� impugnato,�chiedendone�l'annullamento,�la�nota�del�Ministro�delle�Comunica- zioni�del�26�ottobre�2001,�con�la�quale�il�Ministro�ha�espresso�il�proprio�diniego� alla�richiesta�di��presa�d'atto��della�cessione�alla�CCR�S.r.l.�da�parte�della� RAI�delle�azioni�rappresentative�del�49%�del�capitale�di�RaiWay�S.p.a.,�operata� con�contratto�di�compravendita�sottoscritto�il�27�aprile�2001�ed�in�pari�data� comunicato�al�Ministero.� La�ricorrente�ha�chiesto,�altres|�,�che�il�Tribunale�ad|�to�in�accoglimento� del�ricorso�voglia�disporre,�previa�consulenza�tecnica�in�ordine�ai�danni� sub|�ti,�la�reintegrazione�in�forma�specifica,�emettendo�una�pronuncia�che� tenga�luogo�della�presa�d'atto�negata�dall'Amministrazione,�con�effetto�dal� 27�aprile�2001,�ovvero�condanni�l'Amministrazione�odierna�resistente�ad� emettere�un�provvedimento�di�analogo�contenuto;�od�in�subordine,�condanni� al�risarcimento�di�tutti�i�danni�causati�alla�RAI�dal�complessivo�comporta- mento�del�Ministro.� Con�il�presente�atto�il�Ministero�delle�Comunicazioni,�come�sopra�rap- presentato�e�difeso,�contesta�integralmente�quanto�esposto�ex�adverso�e� chiede�che�il�ricorso�introduttivo�venga�dichiarato�inammissibile�ed�in�ogni� caso�infondato�alla�luce�delle�seguenti�considerazioni�in�fatto�e�in�diritto.� Fatto:�Si�ritiene�particolarmente�opportuno�nella�fattispecie�una�rico- struzione�puntuale�degli�esatti�termini�della�controversia,�sotto�il�profilo�fat- tuale�e�giuridico,�in�quanto�gia�da�essa�emerge�l'assoluta�correttezza�e�legitti- mita�dell'atto�emanato�dal�Ministro�delle�Comunicazioni,�nell'ambito�dei� propri�poteri,�a�fronte�di�un�comportamento�quanto�meno�anomalo�e�con- traddittorio�da�parte�della�RAI,�che�rende�di�per�se�il�ricorso�in�sede�giurisdi- zionale,�al�di�la�della�suggestiva�prospettazione�ex�adverso�formulata,�manife- stamente�inammissibile�ancor�prima�che�destituito�di�fondamento.� Invero,�si�premette�in�fatto�che,�con�provvedimento�in�data�11�novembre� 1999,�ai�sensi�dell'art.�1,�comma�5,�della�Convenzione�Stato-RAI�approvata� con�decreto�del�Presidente�della�Repubblica�28�marzo�1994��(�La�societa� concessionaria�puo�,�previa�autorizzazione�del�Ministero�delle�comunicazioni,� avvalersi,�per�attivita�inerenti�all'espletamento�dei�servizi�concessi,�di�societa�da� essa�controllate�)��la�RAI�veniva�autorizzata�dal�Ministro�delle�comunica- zioni�pro-tempore�ad�avvalersi�di�una�societa�per�azioni,�la�New�Co.�TD,�inte- ramente�posseduta�e�controllata�dalla�stessa�RAI,�per�lo�svolgimento�delle� attivita�inerenti�all'installazione�ed�all'esercizio�tecnico�degli�impianti�di�cui� all'art.�1,�comma�4,�lettera�a)�della�convenzione.� Nello�stesso�atto�autorizzativo�veniva�espressamente�stabilito�che:� la�RAI��e�tenuta,�ancheattraverso�lasocieta�controllata,�adassicurareil� rispetto�di�tutti�gli�obblighi�previsti�in�convenzione�e�nel�contratto�di�servizio,� con�particolare�riferimento�all'art.�5�della�convenzione�ed�agli�articoli�15,�16�e� 17delcontrattodiservizio�(qualita�ecoperturadelservizio)�.� �Ogni�variazione�dell'attuale�assetto�di�controllo�della�New�Co�TD�s.p.a.� da�parte�di�codesta�societa��la�RAI�^deve�essere�preventivamente�autorizzata� da�questo�Ministero.� 212RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO Sifariservadimodificare�inqualsiasimomento�lecondizionidellapre- sente�autorizzazione,�che�e��rilasciata�fatti�salvi�i�diritti�dei�terzi,�nonche�di� revocarlaincasovenganomenoipresuppostidilegittimita��inbaseaiqualiessa� e��assentita.� L'estensione�dell'autorizzazione�ai�fini�dell'utilizzazione�degli�impianti�per� la�distribuzione�di�servizi�di�telecomunicazioni�da�parte�della�menzionata�societa�� New�Co.�TD�sara��presa�in�considerazione,�previa�richiesta�da�parte�di�codesta� concessionaria,�in�relazione�all'adeguamento�degli�impianti�alpiano�nazionale� di�assegnazione�delle�frequenze,�come�sancito�dall'art.�4,�comma�5,�della�legge� 31�luglio�1997,�n.�249.� A�seguito�di�detta�estensione�codesta�societa��potra��rivolgersi�all'Autorita�� perlegaranzienelle�comunicazioniper�ilrilascio�deiprovvedimentiabilitativi� all'espletamento�dei�servizi�di�telecomunicazioni.� Tale�attivita��,�che�dovra��concorrere�all'equilibrata�gestione�aziendale,�non� potra�,�comunque,�assumereconsistenzaprevalenterispettoaquellaoggettodella� concessione,�ne�dovra��risultare�di�pregiudizio�al�migliore�svolgimento�dei�servizi� pubblici�concessi�.� Successivamente,�la�New�Co.�TD�mutava�la�propria�denominazione�in� RAI�WAY�S.p.a.�e�nella�stessa�societa�veniva�conferito�il�ramo�aziendale� costituito�dall'ex��Divisione�Diffusione�e�Trasmissione��della�RAI,�valutato� ex�art.�2343�c.c.�con�relazione�collegiale�asseverata�per�un�valore�del�patrimo- nio�netto�pari�a�135�miliardi�di�lire.� Con�nota�del�28�marzo�2000,�priva�di�allegati,�la�RAI�comunicava�al� Ministero�l'intervenuto�conferimento�del�ramo�aziendale,�nel�contempo�assi- curando�che�l'operazione�non�aveva�comportato,��ai�sensi�di�quanto�disposto� nella�quarta�proposizione�del�citato�provvedimento�ministeriale�autorizzativo� dell'11�novembre�1999,�variazione�alcuna�dell'assetto�di�controllo�che,�per�tipolo- gia,�forme�e�strumenti�di�acquisizione�e�di�mantenimento,�rimane�quello�di�cui� all'art.�2359,�comma1,�n.�1),�c.c.�esistentealmomentodelrilasciodell'autoriz- zazioneadavvalersidisocieta��controllataperl'eserciziodelleattivita��assentite� in�concessione�.�Nella�medesima�nota,�la�RAI�riferiva�che�era�stato�delibe- rato�di�conferire�alla�societa�Merrill�Lynch�l'incarico,�sospensivamente�condi- zionato�all'omologazione�della�delibera�di�aumento�di�capitale�di�RAI� WAY,�di�svolgere�le�funzioni�di�advisor�nella�procedura�di�collocamento�di� una�quota�minoritaria��orientativamente,�tra�il�30�ed�il�49%��della�sua� partecipazione�nel�capitale�RAI�WAY.� Ad�oltre�un�anno�di�distanza,�con�nota�27�aprile�2001,�la�RAI�comuni- cava�al�Ministero�delle�Comunicazioni�di�aver�stipulato�in�pari�data�un�con- tratto�di�compravendita�avente�ad�oggetto�la�cessione�alla�CCR�s.r.l.,�societa� indirettamente�controllata�da�Crown�Castle�International�Corp.,�di�Canon- sburg�(U.S.A.),�delle�azioni�rappresentative�del�49%�del�Capitale�di�RAI� WAY,�sottoscrivendo�dei�patti�parasociali�particolarmente�rilevanti�per�la� disciplina�dell'esercizio�delle�rispettive�prerogative�dei�soci.� Il�contratto,�immediatamente�efficace�tra�le�parti,�prevedeva�in�partico- lare�le�seguenti�condizioni�risolutive:�la�prima,�consistente�nel�mancato�rila- scio�dell'incondizionata�autorizzazione�all'operazione�da�parte�dell'Autorita� Garante�della�Concorrenza�e�del�Mercato�ai�sensi�della�legge�n.�287/1990;� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE la�seconda,�consistente�nel�mancato�rilascio,�entro�sei�mesi�dalla�stipula,�di� una��presa�d'atto��da�parte�del�Ministero�delle�Comunicazioni�dell'avvenuta� cessione�e�del�fatto�che�la�cessione�fosse�conforme�ai�termini�ed�alle�condi- zioni�della�Convenzione�Stato-RAI�e�dell'autorizzazione�del�Ministro�in�data� 11�novembre�1999.� Il�Ministero�provvedeva,�pertanto,�ad�acquisire�i�documenti�inerenti�l'o- perazione�di�cessione,�ivi�compresi�l'atto�di�cessione,�i�patti�parasociali�e,�da� ultimo,�gli�atti�riguardanti�la�procedura�di�selezione�delle�offerte�di�acquisto,� che�pervenivano�in�forma�riassuntiva�con�nota�del�16�ottobre�2001.� Con�nota�del�18�ottobre�2001�la�RAI,�nel�richiamare�sinteticamente�le� fasi�salienti�del�procedimento�definito�con�la�cessione�della�partecipazione� di�minoranza�in�Rai�Way,�sollecitava�il�Ministero�al�rilascio�della�positiva� comunicazione�di�presa�d'atto�entro�il�termine�del�26�ottobre�2001,�preci- sando�che���sia�nel�caso�in�cui�nonfosse�rilasciata�alcuna�comunicazione�da� partedelMinisteroentroilpredetto�termine,�sianelcasoincuiilMinisterorila- sciasse�una�comunicazione�di�diniego�della�richiesta�presa�d'atto���il�con- tratto�concluso�con�la�Crown�Castle�avrebbe�perso�di�efficacia,�giusta�la� clausola�risolutiva�espressa�sottoscritta�dalle�parti,�con�conseguente�obbligo� di�restituzione�da�parte�della�RAI�del�prezzo�di�cessione�delle�azioni�Rai� Way�pari�a�lire�791,4�miliardi,�oltre�gli�interessi�maturati�dal�27�aprile�2001.� Nelle�more,�interveniva�il�provvedimento�n.�9859�(C4601)�in�data�8�ago- sto�2001�dell'Autorita�Garante�della�Concorrenza�e�del�Mercato,�con�cui�si� dava�atto�che�l'operazione,�in�quanto�comportante�l'acquisizione�del�con- trollo�congiunto�su�RAI�WAY�S.p.a.�da�parte�di�CCR�s.r.l.,�costituiva�con- centrazione�ai�sensi�della�legge�n.�287/1990,�concludendosi�tuttavia�che�essa� non�determinava�la�costituzione�o�il�rafforzamento�di�una�posizione�domi- nante�pregiudizievole�per�la�concorrenza.� Tale�provvedimento,�relativamente�all'operazione�di�concentrazione,� aveva�ottenuto�il�parere�favorevole�dell'Autorita�per�le�Garanzie�nelle�Comu- nicazioni��(�Allostato,�l'operazionediconcentrazioneinesamenonpresenta� elementi�distorsivi�all'assetto�concorrenziale�dei�mercati�interessati,�ne�ulteriori� profili�di�competenza�dell'Autorita��)��adottato�con�delibera�n.�331/01- /CONS�del�1�agosto�2001,�nelle�cui�conclusioni�e�opportuno�evidenziare�che� la�stessa�Autorita�garante�delle�comunicazioni�rimarcava�chiaramente�che� (punto�16):��L'operazione�e�subordinata�al�rilascio�di�apposita�autorizzazione� da�parte�del�Ministero�delle�comunicazioni�ai�sensi�dell'art.�1,�comma�5,�del� decreto�del�Presidente�della�Repubblica�28�marzo�1994�(Convenzione�Stato-- RAI),�poiche�l'autorizzazione�rilasciata�alla�RAI-Radiotelevisione�Italiana� S.p.a.�l'11�novembre�1999,�per�lo�svolgimento�delle�attivita�inerenti�l'installa- zione�e�l'esercizio�degli�impianti�tecnici,�prevede�espressamente�che�ogni�varia- zionedell'attualeassettodicontrollodellasocieta�New.Co.�TDS.p.a.�(oraRAI- WAY)�da�parte�della�RAI�debba�essere�preventivamente�autorizzata�dal�Mini- stero�stesso�.� Peraltro,�gia�in�data�10�aprile�2001�era�pervenuto�al�Ministero�un�espo- sto�al�Pubblico�Ministero�presso�il�Tribunale�di�Roma�ai�sensi�dell'art.�2409� c.c.,�con�cui�lo�SNATER�(Sindacato�Nazionale�Autonomo�Telecomunica- zioni)�denunciava�gravi�irregolarita�nell'operazione�di�cessione,�chiedendo� 214RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO l'adozione�di�opportuni�provvedimenti.�Successivamente�lo�SNATER,�tra- mite�il�proprio�legale,�inoltrava�al�Ministro�delle�Comunicazioni�due�note,� rispettivamente�in�data�10�agosto�2001�e�19�ottobre�2001,�in�cui�si�sottopone- vano�al�Ministro,�al�fine�delle�valutazioni�di�competenza,�dettagliate�osserva- zioni�di�forte�preoccupazione��in�ragione�delle�denunciate�gravi�irregolarita� e�perplessita�sottese�all'operazione�di�cessione�di�RAI�WAY��per�l'aliena- zione�ad�un�soggetto�terzo,�oltretutto�straniero,�degli�impianti�di�trasmissione� radiotelevisiva�della�RAI,�in�assenza�di�adeguate�comprovate�garanzie�a� tutela�non�solo�dei�lavoratori�dipendenti�della�RAI,�ma�dei�diritti�dei�citta- dini�tutti�che�fruiscono�dell'essenziale�servizio�pubblico�dell'informazione.� In�proposito�si�ritiene�opportuno�che�il�Collegio,�in�via�istruttoria,�ai�fini� di�una�completezza�della�documentazione�utile�per�l'odierno�giudizio,� disponga�l'acquisizione�di�ogni�atto�e�notizia�utile�sull'esito�della�denuncia� proposta�presso�il�Tribunale�civile�di�Roma.� Nell'approssimarsi�del�termine�stabilito�dalle�parti�per�la��presa�d'atto�,� il�Ministro�delle�Comunicazioni�inoltrava�alla�Crown�Castle�International� Corp.�la�nota�20�ottobre�2001�nella�quale�manifestava�la�netta�impressione,� in�ordine�al�contratto,�che�il�rispetto�formale�dell'autorizzazione�(stante�il� possesso�azionario�del�51%�di�Rai�Way�da�parte�della�RAI)�non�appariva� �sufficiente�a�modificare�il�quadro�di�sostanziale�perdita�di�controllo�da�parte� della�RAI�di�un'attivita�di�rilevante�interesse�strategico�nazionale�;�cos|�da� imporre�al�Ministro,�anche�alla�luce�dei�tragici�eventi�dell'11�settembre�2001� e�dei�successivi�sviluppi,��una�attenta�considerazione�dei�preminenti�interessi� nazionali�.� Con�la�stessa�nota,�pertanto,�nel�quadro�delle�valutazioni�acquisite�nel- l'operazione,�il�Ministro�riteneva�opportuno�chiedere�alla�Crown�Castle�di� comunicare�quale�impatto�un�eventuale�parere�negativo�avrebbe�potuto�avere� sulle�sue�attivita�nel�nostro�Paese.� Con�nota�22�ottobre�2001�il�Presidente�della�Crown�Castle�International� Corp.�rispondeva�al�Ministro,�affermando�in�primo�luogo�che�i�patti�negoziali� di�cui�al�contratto�stipulato�con�la�RAI�prevedono�un�ruolo�decisivo�(�decisive� role�)�di�Crown�Castle�nella�conduzione�dell'attivita�del�cd.��Tower�business�� ed�un�ruolo�significativo�(�significant�role�in�management�)�nella�gestione�di� Rai�Way�e�confermando�esplicitamente�l'intenzione,�qualora�il�Governo�avesse� deciso�di�procedere�ad�una�privatizzazione�degli�assets�in�questione,�di�acquisire� il�pacchetto�di�maggioranza�della�stessa�RAI�WAY,�al�fine�di�realizzare�piu� compiutamente�gli�obiettivi�prefissati.�La�Crown�Castle,�preso�atto�delle�com- prensibili�preoccupazioni�del�Ministro�anche�alla�luce�dei�recenti�avvenimenti� internazionali,�assicurava�comunque�che�avrebbe�rispettato�una�possibile�deter- minazione�negativa,�confermando�peraltro�la�disponibilita�a�valutare�con�la� RAI�altre�diverse�modalita�di�conduzione�del��Tower�business��che�non�impli- chino�necessariamente�la�cessione�delle�proprieta�degli�assets�RAI.� Con�nota�del�26�ottobre�2001,�dopo�ponderata�valutazione�sotto�il�pro- filo�sia�della�`regolarita�amministrativa'�sia�piu�propriamente�`politico'�atti- nente�le�superiori�scelte�nell'interesse�generale,�il�Ministro�delle�Comunica- zioni�negava�la�richiesta��presa�d'atto�,�facendo�presente�in�primo�luogo�l'as- soluta�anomalia�della�richiesta�(successiva�alla�stipula�del�contratto,�e�non�di� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE preventiva formale�autorizzazione)�e,�nel�merito,�esprimendo�un�chiaro�indi- rizzo�politico�circa�l'opportunita�di�conservazione�della�effettiva�titolarita� degli�impianti�in�capo�alla�societa�pubblica�concessionaria��attesa�la�loro� rilevante�importanza�strategica,�di�livello�internazionale,�da�ritenersi�per- tanto�prevalente�rispetto�al�puro�e�semplice�interesse�commerciale��nonche� rilevando�comunque�l'inammissibilita�di�una�cessione�che,�per�effetto�della� disciplina�fissata�nei�patti�parasociali,�avrebbe�comportato�da�parte�della� RAI�la�sostanziale�perdita�del�controllo�di�RAI�WAY.� La�RAI�ha�ritenuto�di�impugnare�la�determinazione�negativa�del�Mini- stro�con�ricorso,�articolato�in�sintesi�su�pretesi�vizi�di�carenza�stessa�del� potere�autorizzatorio�in�capo�al�Ministro,�di�incompetenza,�di�eccesso�di� potere�per�sviamento,�difetto�di�istruttoria�e�di�motivazione,�errore�nei�pre- supposti,�nonche�nel�merito�stante�l'erroneita�circa�la�perdita�di�controllo�da� parte�della�RAI�nei�confronti�della�societa�Rai�Way.� ***� Cio�premesso�in�punto�di�fatto,�si�osserva�nell'interesse�del�Ministero� delle�Comunicazioni,�come�sopra�rappresentato�e�difeso,�che�il�ricorso� dinanzi�al�T.A.R�del�Lazio�proposto�dalla�RAI�deve�ritenersi�inammissibile� sotto�diversi�profili�e�comunque�del�tutto�destituito�di�fondamento�in�base� alle�seguenti�considerazioni�in� Diritto. 1) Inammissibilita� per carenza di interesse al ricorso. Difetto di giurisdizione delgiudiceamministrativo afavoredell'A.G.O. La�ricorrente�in�primo�luogo�contesta�in�radice�la�sussistenza�in�capo�al� Ministero�delle�Comunicazioni�di�un�potere�autorizzatorio,�da�esercitarsi�in� via�preventiva,�per�cui�sotto�questo�aspetto�l'atto�impugnato�avrebbe,� secondo�controparte,�natura�di�semplice��dichiarazione�di�scienza�,��il Mini- stero essendo stato chiamato dalle parti ad esprimere una valutazione sulla regolarita� dell'operazione, non prevista dalla legge�. E�persino�ovvia�la�considerazione�che,�in�tal�modo,�non�si�comprende- rebbe�perche�mai�le�parti,�invece,�non�solo�hanno�richiesto�la�valutazione� (sia�pure�successiva)�del�Ministro�sull'operazione�di�cessione�conclusa,�ma� avrebbero�addirittura�condizionato�in�senso�risolutivo�il�contratto�di�ces- sione,�autonomamente�sottoscritto,�proprio�al�mancato�rilascio�della�sua� determinazione�positiva.� Sotto�tale�profilo,�a�voler�seguire�parte�ricorrente,�il�ricorso�sarebbe�da� ritenere�inammissibile�per�carenza di interesse al ricorso giurisdizionale�ammi- nistrativo.� In�tale�ottica,�per�quanto�discutibile,�non�puo�che�sollevarsi,�altres|�,� eccezione�di�difetto digiurisdizionedelgiudiceamministrativo afavoredelgiu- dice civile.� Ed�invero,�il�rapporto�su�cui�si�basa�la�pretesa�della�ricorrente�attiene� esclusivamente�a�diritti�soggettivi�derivanti�dal�contratto�di�cessione�della� partecipazione�azionaria,�nonche�la�richiesta�di��presa�d'atto��da�parte�del� Ministero�e�l'imposizione�del�relativo�termine�trarrebbero�origine�esclusiva- mente�da�un�atto�tra�privati,�peraltro�inefficace�nei�confronti�del�terzo�ai� sensi�dell'art.�1372�c.c.,�e�non�da�fonte�legislativa.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO Tanto�comporta�che�qualsiasi�pretesa�attiene�esclusivamente�ad�un�rap- porto�di�diritto�privato,�per�cui�la�RAI�dovrebbe,�se�del�caso,�rivolgersi�al� giudice�civile�per�contestare�l'avveramento�della�condizione�risolutiva,�stante� la�pretesa�inutilita�od�inconferenza,�ancor�prima�che�illegittimita�,�della� negata��presa�d'atto��.� 2)�Inammissibilita�del�ricorso�per�difetto�di�giurisdizione�in�ordine�alla� sfera�di�alta�discrezionalita�politica�dell'Autorita�di�Governo�(Ministro�delle� Comunicazioni)�^Artt.�31�e�26,�testo�unico�26�giugno�1924�n.�1054.� Al�di�la�di�suggestive�prospettazioni,�e�incontestabile�che�la�RAI,�con�la� nota�del�27�aprile�2001�di�trasmissione�del�contratto�stipulato�con�la�Crown� Castle,�abbia�comunque�richiesto�al�Ministero�delle�Comunicazioni�(sia�pure� in�modo�anomalo�e�tardivo)�una�valutazione�ed�un'attestazione�di�conformita� dell'operazione�di�cessione�alla�Convenzione�Stato-RAI�e�all'autorizzazione� dell'11�novembre�1999.� E�altres|�innegabile�che�tale�contratto�e�di�altissima�rilevanza�economica� e�politica,�avendo�ad�oggetto�la�vendita�ad�un�soggetto�straniero�delle�azioni,� sia�pure�in�misura�non�maggioritaria,�della�Rai�Way�S.p.a.,�societa�gia�con- trollata�dalla�RAI,�e�titolare�di�un�complesso�di�impianti�trasmittenti�e�di� collegamento�installati�su�tutto�il�territorio�nazionale,�utilizzabili�anche�per� servizi�a�terzi,�indubbiamente�di�importanza�strategica�e�di�elevato�rilievo� internazionale.� Oggetto�del�presente�giudizio�e�,�pertanto,�l'atto�con�cui�il�Ministro�delle� Comunicazioni,�nell'ambito�della�sua�ampia�discrezionalita�politico-ammini- strativa,�ha�espresso�la�propria�determinazione�negativa�in�ordine�al�con- tratto�di�cessione�intervenuto.� In�via�pregiudiziale,�deve�rilevarsi�che�l'atto�impugnato,�che�contiene�un� motivato�diniego�da�parte�del�Ministro�delle�comunicazioni�di�quanto�pre- teso�dalla�ricorrente,�va�considerato�come�atto�politico,�come�tale�sottratto� al�sindacato�giurisdizionale�ai�sensi�dell'art.�31,�testo�unico�n.�1054�del�1924.� Invero,�pur�nella�consapevolezza�della�eccezionalita�dell'ipotesi�di�sottra- zione�al�sindacato�giurisdizionale�di�atti�formalmente�e�soggettivamente� amministrativi,�non�possono�tuttavia�non�rinvenirsi�nell'atto�in�questione�i� connotati�dell'atto�di�indirizzo�politico,�consistenti�nel�provenire�l'atto�dal- l'Autorita�di�indirizzo�e�di�direzione�al�massimo�livello�del�settore�e�dall'es- sere�esso�emanato�nell'esercizio�del�potere�politico,�anziche�nell'esercizio�di� attivita�meramente�amministrativa.� In�proposito,�e�stato�giustamente�osservato�che��oggi�la�giurisprudenza,� molto�rigorosa�nel�definire�la�natura��politica��di�un�atto,�ne�ha�addirittura� ampliato�la�portata,�aggiungendo�agli�atti�riferibili�agli�organi�costituzionali� anche�i�cosiddetti�atti�di��alta�amministrazione��che,�ancorche�provvedimenti� amministrativi,�attengono�a�superiori�esigenze�di�carattere�generale�riferite�alla� direzione�suprema�della��cosa�pubblica��nella�sua�unita�,�ed�hanno�lo�scopo�di� tutelare�gli�interessi�della�collettivita�e�le�istituzioni�fondamentali�dello�Stato�� (Juso,�Lineamenti�di�giustizia�amministrativa�,�2001,�297).� Di�conseguenza,�consistendo�gli�atti�politici�in�manifestazioni�del�potere� statuale�di�governo,�sono�caratterizzati�da�una�sorta�di�liberta�di�scelta�del� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE tutto�svincolata�da�regole�predeterminate,�di�fronte�alle�quali�non�sono,�in� alcun�caso,�configurabili�situazioni�giuridiche�tutelate�o�tutelabili,�sulle�quali,� in�definitiva,�non�puo��essere�consentito�alcun�sindacato�da�parte�del�giudice� di�legittimita��(Juso,�op.�cit.,298).� Ne�tali�conclusioni�mutano�qualora�sussista�una�ineliminabile�commi- stione�di�attivita��politica�ed�amministrativa.�Anche�la�cd.�attivita���di�alta� amministrazione���categoria�alquanto�eterogenea�caratterizzata�pur�sempre� da�amplissima�discrezionalita����e�anzipiu�propriamente�essastessa�attivita� diindirizzopolitico-amministrativo.�Inessae�inclusatuttaunafasciaintermedia� di�atti�tra�la�categoria�degli�atti�amministrativi�in�senso�proprio,�che�sfugge�a� precise�regole�di�inquadramento,�presentando�caratteri�di��novita���mista�a� discrezionalita���(cos|��GarronE in�A.�Romano,�Commentario�breve�alle�leggi� sulla�giust.�amm.�,�2001,�334�ss.).� Al�riguardo,�si�osserva�che,�nella�fattispecie,�cio��discende�innanzitutto�da� considerazioni�obiettive�sulla�natura�stessa�della�RAI��Radiotelevisione� Italiana�e�sulla�particolare�rilevanza�funzionale�della�sua�attivita��,�che�para- dossalmente�nell'atto�introduttivo�la�ricorrente�cerca�di�negare�o�sminuire� atteggiandosi�alla�stregua�di�una�mera�emittente�radiotelevisiva�privata,�al� fine�di�sfuggire�le�inevitabili�conseguenze�sul�piano�giuridico.� Per�quanto�evidente,�e��doveroso�allora�ricordare�che��al�di�la��delle� disquisizioni�dottrinarie�sulla�natura�giuridica�privatistica�(�ente�privato�di� interesse�pubblico�;��societa�privata�di�diritto�speciale��...)�o�piu��marcata- mente�pubblicistica��la�RAI�riveste�tuttora�la�qualita��di�concessionaria�in� esclusiva�del�servizio�pubblico�radiotelevisivo�e�l'affidamento�in�concessione� del�servizio�comporta�ex�lege�l'attribuzione�alla�concessionaria�della�qualifica� di��societa��di�interesse�nazionale��ai�sensi�dell'art.�2461�c.c.�(sin�dall'art.�3,� comma�2,�legge�n.�103/1975;�da�ultimo,�art.�1,�legge�n.�206/1993). E�ovvio,�in�generale,�che�la�possibile�dismissione�dell'immane�patrimo- nio�tecnologico�della�RAI,�attuata�anche�attraverso�la�sostanziale�perdita� del�possesso�e/o�del�controllo�effettivo�di�proprie�societa��,�per�di�piu��a�favore� di�soggetti�stranieri,�merita�la�massima�attenzione�nell'interesse�generale�e� non�puo��sottrarsi�a�valutazioni�di�indirizzo�politico-amministrativo,�di�lata� discrezionalita��,�riconnesse�anche�a�contingenze�storiche.� Nella�specie�RAI�WAY�installa,�detiene�ed�esercisce�gli�impianti�tecnici� per�lo�svolgimento�del�servizio�pubblico�dato�in�concessione�alla�RAI.�Per- tanto,�non�deve�affatto�sorprendere�che�valutazioni�altamente�discrezionali� sul�valore�strategico�degli�impianti,�potenzialmente�idonei�anche�ad�utilizza- zioni�diverse�da�quelle�strettamente�connesse�con�il�servizio�radiotelevisivo,� quali�usi�nell'interesse�della�difesa,�della�sicurezza�pubblica,�della�protezione� civile�hanno�contribuito�al�formarsi,�per�ragioni�politiche�oltre�che�di�oppor- tunita��amministrativa,�della�decisione�di�impedire�la�cessione.� Al�riguardo,�nel�provvedimento�del�Ministro�sono�puntualmente�ester- nate�tali�valutazioni�e��le�predette�superiori�ragioni�di�opportunita�,�anche� connesse�all'attuale�momento�storico�,�in�ordine�alle�quali�deve�ribadirsi� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO l'altissimo�valore�potenziale�degli�impianti�di�trasmissione�e�di�collegamento� della�RAI�installati�su�tutto�il�territorio�nazionale�anche�ai�fini�della�possibile� utilizzazione�da�parte�di�soggetti�terzi,�quali�operatori�in�possesso�di�licenze� di�telecomunicazioni�(cd.��Tower�business�).� Nell'atto�del�Ministro�si�sottolinea�con�chiarezza�che���...la�loro�poten- zialita�di�applicazione�e�tale�da�poterli�sfruttare�anche�per�delicatissimi�compiti� disicurezzachesolounagestionerealmentericonducibile,�ancheindirettamente,� alla�parte�pubblica�ne�possa�garantire�la�piena�disponibilita��.� Al�riguardo,�deve�altres|��osservarsi�che�il�riconoscimento�della�natura�di� atto�di�indirizzo�politico,�altamente�discrezionale,�del�provvedimento�impu- gnato�discende,�a�ben�vedere,�dallo�stesso�inconsueto�comportamento� assunto�dalla�RAI�nella�vicenda.�In�effetti,�la�RAI��dopo�aver�mostrato� dapprima�di�voler�acquisire�la�preventiva�autorizzazione�ministeriale�a�ter- mini�della�Convenzione�Stato-RAI�e�dell'autorizzazione�intervenuta� l'11�novembre�1999�(come�e��documentato�e�dichiarato�nello�stesso�atto�di� ricorso)��e��poi�addivenuta�direttamente�alla�stipula�del�contratto�di�ces- sione,�avvertendo�pero��la�necessita��di�inserire�la�condizione�risolutiva�del� mancato�rilascio�entro�sei�mesi�da�parte�del�Ministero�del�nulla�osta�all'ope- razione.� Non�puo��sfuggire�che�tale�autorizzazione,�inopinatamente�configurata� come�mera��presa�d'atto�,�e��in�realta��volta�ad�ottenere�un�superiore�atto�di� assenso�politico��sanante��del�Ministro�delle�comunicazioni,�assai�ragione- volmente�richiesto�(ed�accettato),�del�resto,�anche�dallo�stesso�contraente� straniero�della�RAI.� A�prescindere�dalla�evidente�illegittimita��ed�irregolarita��di�un�siffatto� comportamento,�anche�in�termini�di�correttezza�e�buona�fede�nei�confronti� del�Dicastero�concedente,�cio��che�si�vuol�qui�sottolineare�e��che��a�voler� seguire�per�ipotesi�il�(seppur�anomalo)�iter�tenuto�nella�fattispecie�dalla� RAI��e��stata�la�stessa�concessionaria�pubblica�a�sottoporre�(rectius:�a�con- dizionare�in�senso�risolutivo)�il�contratto�di�cessione,�autonomamente�stipu- lato,�al�sempre�possibile�diniego�dell'Autorita��ministeriale�da�esercitarsi�nella� sua�piu��ampia�discrezionalita�.� In�altri�termini,�allorche�la�stessa�RAI�ha�inteso�sottrarsi,�sia�pure� erroneamente,�alla�regolare�richiesta�di�preventiva�autorizzazione�ammini- strativa,�non�e��dato�comprendere�come�possa�poi,�sotto�il�profilo�logico� ancor�prima�che�giuridico,�contestare�il�mancato�rilascio�dell'attestazione� favorevole�all'operazione�da�parte�del�Ministro:�al�riguardo,�basti�osser- vare�paradossalmente�che�il�Ministro�avrebbe�ben�potuto�esprimere�il�pro- prio�dissenso�limitandosi,�in�modo�del�tutto�legittimo�e�regolare�a�termini� del�contratto�di�cessione�stipulato�dalla�RAI,�ad�emettere�un�mero�immo- tivato�diniego�di��presa�d'atto��ovvero�semplicemente...�a�non�emettere�il� provvedimento�positivo,�cos|��facendo�avverare�ugualmente�la�condizione� risolutiva,�senza�possibilita��di�alcuna�contestazione�da�parte�dei�contraenti� interessati.� Sussiste,�pertanto,�il�difetto�assoluto�di�giurisdizione�del�giudice�ammni- strativo�o�quanto�meno�il�sindacato�giurisdizionale��seppur�ammissibile� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE qualora�si�ritenga�comunque�l'atto�di�natura�amministrativa�e�quindi�impu- gnabile��deve�contestare�di�fronde�all'amplissima�discrezionalita�politico- amministrativa�che�connota�l'atto�in�questione.� 3)�Inammissibilita�del�ricorso�avverso�atto�di�indirizzo�politico-amminis trativoper�inammissibilita�ab�originedella�richiesta�dellaRAI� L'inammissibilita�del�ricorso,�in�quanto�proposto�avverso�atto�di�indi- rizzo�politico-amministrativo�del�Ministro�delle�comunicazioni,�emerge� anche�da�un�ulteriore�ordine�di�considerazioni,�basato�sulla�ricognizione� nella�fattispecie�della�sostanziale�perdita�di�controllo�da�parte�della�RAI,� che�si�avra�modo�di�esaminare�piu�analiticamente�infra,�con�riferimento�ai� patti�parasociali�annessi�all'accordo�di�cessione.� Ai�fini�dell'eccezione�di�difetto�di�giurisdizione�prospettata,�basti�qui� anticipare�che,�alla�luce�di�un�effettivo�assetto�di�controllo�da�parte�del�Part- ner�o,�quantomeno,�di�controllo�congiunto�della�societa�,e�da�escludere�la� possibilita��anche�solo�in�astratto��della�facolta�di�avvalimento�di�societa� da�parte�di�RAI�per�lo�svolgimento�di�attivita�oggetto�della�concessione�del� servizio�pubblico,�prevista�dall'art.�1,�comma�5,�della�Convenzione�Stato- RAI�solo�nei�riguardi�di�societa�controllate.� Sotto�tale�profilo,�il�procedimento�di�autorizzazione�ivi�previsto��gia� conclusosi�con�l'atto�del�Ministro�pro-tempore�dell'11�novembre�1999�e�da� rinnovarsi�in�caso�di�un�mutamento�dell'assetto�di�controllo�(ossia�di�cessioni� di�quote�azionarie�della�societa�,�che�era�posseduta��al�momento�del�rilascio� dell'autorizzazione��dalla�RAI�al�99,9�%�e�da�RAI�Trade�allo�0,1%)�n on�avrebbe�potuto�neanche�astrattamente�essere�attivato�nel�caso�in�cui�la� RAI�intendesse�svolgere�attivita�inerenti�alla�concessione�del�servizio�pub- blico�attraverso�societa�controllate�da�altri�soggetti�ovvero�comunque�sotto- poste�ad�un�controllo�congiunto�con�altri�soggetti.� La�ragionevole�consapevolezza�di�non�poter�certo�ottenere�una�legit- tima�autorizzazione�preventiva�all'operazione�di�cessione�formulata�in�ter- mini�cos|�radicalmente�e�significativamente�diversi�da�quanto�originaria- mente�prospettato,�assentito�ed�attuato�con�il�primitivo�assetto�di�Rai� Way:�questa�e�forse�la�sola�ragione�plausibile�per�cercare�di�comprendere� l'inopinato�comportamento�della�RAI�che��ripetesi��dopo�aver� mostrato�di�muoversi�sin�dal�1999�nel�rispetto�della�disciplina�normativa� e�di�convenzione,�improvvisamente�ha�deciso�di�assumersi�la�responsabilita� di�addivenire�alla�autonoma�stipula�di�un�contratto�di�cessione,�senza� poter�sottrarsi�all'inserimento�della�condizione�risolutiva...�dell'autorizza- zione�ministeriale�(trasformatasi�in��presa�d'atto�);�per�di�piu�sotto�solleci- tazione�del�contraente�straniero,�come�riconosciuto�nello�stesso�atto�di� ricorso�(pag.�20,�sub�8.1).� Sotto�questo�profilo�e�appena�il�caso�di�rilevare�che:� a)�la�nota�del�28�marzo�2000�non�costituisce�(ne��puo�certo�costituire)� domanda�di�autorizzazione�preventiva�all'operazione�di�cessione,�perche��con� essa�non�si�e�sottoposto�l'atto�di�cessione�autonomamente�sottoscritto�il� 27�aprile�2001,�ivi�compresi�i�connessi�patti�parasociali;� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO b)�la�risoluzione�automatica�del�contratto,�disciplinata�all'art.�8�dello� stesso,�al�di�la�degli�effetti�concreti�tra�le�parti�e�elemento,�di�fatto�e�di�diritto,� ben�diverso�dalla�domanda�di�una�autorizzazione�preventiva�alla�conclusione� del�contratto.� In�questo�caso�dunque��chiaramente�corrispondente�alla�fattispecie� sottoposta�all'esame�del�Ministero��cio�che�la�RAI�chiedeva�attraverso�la� �presa�d'atto��era�in�realta�una�autorizzazione�a�derogare�il�dettato�del- l'art.�1,�comma�5,�della�Convenzione,�del�tutto�esulante�dall'esercizio�di� poteri�amministrativi�autorizzatori�tassativamente�previsti��secondo�il�prin- cipio�del�numerus clausus �in�capo�al�Ministero�e��piu�verosimilmente� �concretatesi�in�un�atto�di�indirizzo�politico.� E�evidente,�infatti,�che�un��via�libera��alla�cessione�del�controllo�della� societa�svolgente�rilevante�attivita�oggetto�della�concessione�del�pubblico�ser- vizio�altro�non�potesse�intendersi�che�come�manifestazione�di�precisa�volonta� politica�diretta�a�mutare�il�quadro�previsto�dalla�Convenzione,�di�cui�il�Mini- stro�delle�comunicazioni�e�garante�e�custode.� Anche�sotto�tale�profilo�il�ricorso�si�appalesa�inammissibile�per�difetto� di�giurisdizione.� 4) CompetenzadelMinistrodelleComunicazioni,ancheaisensidelD.lgs. 30 marzo 2001 n. 165 Dalle�considerazioni�esposte�discende�con�tutta�evidenza�la�pretestuo- sita�ed�infondatezza�del�motivo�di�ricorso�con�cui�si�lamenta�la�presunta� incompetenza�del�Ministro�ad�adottare�il�provvedimento.�Indipendente- mente�dalla�configurazione�del�provvedimento�impugnato�come�atto�poli- tico�in�senso�stretto�o�piu�in�generale�amministrativo,�il�potere�esercitato� attraverso�l'adozione�dell'atto�attiene,�invero,�proprio�all'indirizzo�politico� che�il�decreto�legislativo�n.�165/2001�riserva�all'autorita�di�direzione�poli- tico-amministrativa.� Non�si�vede,�infatti,�come�una�decisione�che�riguarda�le�scelte�fonda- mentali�che�fanno�capo�al�Ministro�delle�Comunicazioni�e�che�sono�da�ricon- nettersi�alla�tutela�di�diritti�costituzionalmente�garantiti�possa�essere�emessa� dal�dirigente�generale.� A�cio�si�aggiunga�che�la�stessa�primitiva�autorizzazione�in�data� 11�novembre�1999�fu�rilasciata�dal�Ministro�delle�Comunicazioni�pro tem- pore,�senza�mai�alcuna�contestazione�da�parte�dell'odierna�ricorrente.� 5) Manifestainfondatezzadelricorsopersussistenzadelpotereautorizza- torio del Ministro. Subordinatamente,�il�ricorso�rivela�in�ogni�caso�tutta�la�sua�manifesta� infondatezza,�anche�qualora�si�voglia�considerare�come�atto�amministrativo� di�diniego�dell'autorizzazione�il�provvedimento�impugnato.� Del�tutto�erronea,�infatti,�e�l'affermazione�contenuta�nel�ricorso�secondo� cui�il�Ministro�illegittimamente�e�contrariamente�a�quanto�richiesto�dalle� parti�si�sarebbe�ritenuto�investito�di�un�potere�autorizzatorio.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE221 Invero,�qualora�effettivamente�il�contratto�avesse�comportato�una�ces- sione�di�partecipazione�azionaria�minoritaria�senza�alcun�controllo�con- giunto,�si�sarebbe�rientrati�nella�previsione�di�cui�all'art.�1,�comma�5,�della� Convenzione�Stato-RAI,�che�stabilisce�la�necessita�di�preventiva�autorizza- zione�del�Ministero�a�svolgere�attivita�attinenti�al�servizio�dato�in�conces- sione�attraverso�societa�controllate.�Coerentemente�con�il�dettato�e�la�ratio� della�disposizione,�nel�provvedimento�autorizzatorio�dell'11�novembre�1999� si�stabiliva�espressamente�l'obbligo�di�richiedere�una�nuova�autorizzazione� per�il�caso�di�variazione�dell'assetto�di�controllo�(ossia�di�mutamento�della� partecipazione�azionaria,�senza�perdita�del�controllo).�Del�resto,�come�gia� evidenziato,�cio�e�espressamente�contenuto�anche�nelle�conclusioni�del�parere� dell'Autorita�per�le�Garanzie�nelle�Comunicazioni�deliberato�in�data� 1.�agosto�2001.� La�ratio�di�tale�autorizzazione�e�da�rinvenire�nel�fatto�che�alla�societa� partecipata�era�stata�trasferita�ogni�attivita�ed�organizzazione�concernente� la�pianificazione,�la�progettazione,�l'installazione,�la�realizzazione,�l'esercizio,� la�gestione,�la�manutenzione,�l'implementazione,�lo�sviluppo,�nonche�la�pro- prieta�degli�impianti�tecnici.� Al�riguardo,�e�appena�il�caso�di�ricordare�che�la�Convenzione,�all'art.�1,� comma�4,�comprende�l'installazione�e�l'esercizio�tecnico�degli�impianti�e�dei� connessi�collegamenti�di�tipo�fisso.�In�tale�contesto�normativo,�le�parti�non� potevano�procedere�all'alienazione�di�una�quota�azionaria��quand'anche� essa�non�avesse�comportato�la�perdita�del�controllo�su�RAI�WAY��senza� preventivamente�ottenere�l'autorizzazione�ministeriale,�ma�semplicemente� subordinandola�ad�una�presa�d'atto.� Del�resto�sul�valore�sostanziale�di�tale��presa�d'atto�,�come�gia�rilevato,� non�puo�sfuggire�che,�anche�in�base�alla�volonta�delle�parti,�essa�non�poteva� qualificarsi�come�mera�dichiarazione�di�scienza,�posto�che�si�chiedeva�esplici- tamente�di�verificare�la�conformita�della�cessione�con�il�rispetto�delle�condi- zioni�contenute�nella�Convenzione�Stato-RAI�e�nell'autorizzazione�del- l'11�novembre�1999.� Ben�diversa�poi,�rispetto�a�quella�prospettata�nella�richiesta,�si�e�rivelata� la�fattispecie�che��come�sopra�considerato��esulava�del�tutto�dalla�facolta� di�avvalimento,�prevista�dall'art.�1,�comma�5,�della�Convenzione�ed�oggetto� dell'autorizzazione�dell'11�novembre�99.� 6)�Infondatezza�del�ricorso�per�illegittimita�del�contratto�di�cessione� (perditadelcontrollodellaRAIsuRai�WayS.p.a.)� Dopo�aver�tentato�di�contestare�in�radice�la�sussistenza�del�potere�auto- rizzatorio�del�Ministro�ovvero�la�necessita�stessa�dell'autorizzazione,�la�cui� dimostrata�innegabile�sussistenza�rende�di�per�se�legittimo�anche�il�semplice� diniego�daparte�delMinistro�all'operazione�di�cessione,�la�RAI�pretende�cen- surare�anche�il�merito�dell'atto�impugnato,�sotto�il�profilo�del�presunto�man- tenimento�del�controllo�da�parte�della�RAI�sulla�societa�Rai�Way,�in�virtu� del�possesso�del�pacchetto�maggioritario�delle�azioni�(51%).� Anche�tale�censura�si�appalesa�priva�di�fondamento�per�le�seguenti�con- siderazioni.� 222RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO Per�meglio�inquadrare�la�fattispecie,�non�puo�prescindersi�dall'analisi� deireali�effettiche,in�virtu�del�contratto�di�cessione�e�dell'efficacia�dei� patti parasociali ad�esso�connessi,�il�controllo�su�RAI�WAI�S.p.a.�avrebbe� sub|�to.� Come�ben�evidenziato�nell'atto�impugnato,�i�patti�parasociali�sottoscritti� contestualmente�al�contratto�di�cessione�comportavano,�ai�sensi�dell'art�3,� lettera�C, che�per�ben�sedici�tipi�di�delibere�(approvazione�e�modifica�di�qual- siasi�business�plan�o�budget;�acquisto�di�partecipazione�in�societa�,�rami�d'a- zienda�etc;�sottoscrizione�di�contratti�di�finanziamento�per�impianti�di�entita� superiore�a�10�miliardi�per�singola�operazione�o�50�miliardi�per�il�totale�delle� operazioni;�modifica,�sospensione,�revoca�o�cessazione�di�ogni�tipo�di�con- senso�rilevante�per�la�societa�;�stipula�di�qualsiasi�rilevante�accordo,�ivi�com- preso�il�contratto�di�servizio�anche�con�soggetti�diversi�dalla�RAI;�decisione� circa�transazioni�o�azioni�legali�di�valore�superiore�a�10�miliardi;�rapporti�di� lavoro�e�deleghe;�finanziamenti;�conclusioni�di�contratti;�costituzione�di� societa�controllate;�costituzione�di�garanzie;�concessione�di�prestiti;�proposta� di�ammissione�a�quotazione�della�societa�;�accordi�di�consulenza�di�durata� superiore�a�dodici�mesi�o�di�importo�superiore�a�500�milioni;�stipula,�cessa- zione�o�modifica�di�qualsiasi�accordo�di�importo�superiore�a�10�miliardi�inci- dente�sulla�gestione�del�cd.�Tower business)�fosse�necessario�il�voto�favorevole� di�almeno�due�consiglieri�di�designazione�del�Partner�(ossia�del�socio�di� minoranza),�che�veniva�cos|�ad�assumere�un�vero�e�proprio�diritto�di�veto� sulla�conduzione�della�societa�.� L'art.�4,�poi,�prescriveva�che�il�controllo�fosse�affidato�al�socio�di�mino- ranza�(che�avrebbe�nominato�due�sindaci,�a�fronte�dell'unico�sindaco�di� nomina�RAI�).� Ma�la�dimostrazione�di�quanto�penetrante�fosse�il�controllo�strategico� del�socio�di�minoranza�risulta�vieppiu�dalla�creazione,�in�base�all'art.�6,�della� figura�del�Business Development Officer (BDO)�nominato�su�designazione� del�Partner,�previa�semplice�consultazione�con�la�RAI,�al�quale�per�espressa� previsione�contrattuale�sarebbero�spettati�poteri�di�guida�della�societa�,�com- parabili�o�addirittura�superiori�a�quelli�dell'amministratore�delegato�e�del� Consiglio�di�Amministrazione.� Acio�si�aggiunge�la�previsione�di�necessita�di�maggioranze�del�67�o� del�75%�in�assemblea�straordinaria�ed�una�limitata�durata�(1�anno)�del� divieto�di�concorrenza�del�Partner�nel�caso�di�perdita�della�qualita�di� socio.� Le�disposizioni�contenute�nei�patti�parasociali�hanno�condotto�alla� convinzione�che�la�cessione�della�partecipazione�azionaria�di�RAI�WAY� �formalmente�contenuta�nella�quota�minoritaria�del�49%��compor- tasse,�in�realta�,�il�sopravvenire�di�una�influenza�ed�ingerenza�del�Partner� ben�superiore�a�quella�che�gli�sarebbe�spettata�in�base�alla�propria�parteci- pazione�azionaria.�Tale�considerazione�appare,�del�resto,�confortata�dalla� delibera�in�data�8�agosto�2001�dell'Autorita�Garante�della�Concorrenza�e� del�Mercato,�che�ben�definisce�la�situazione�di�controllo�congiunto�che� sarebbe�andata�delineandosi�in�base�alla�sottoscrizione�del�contratto�e�dei� patti�parasociali.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE D'altra�parte,�che�il�rapporto�di�controllo�non�si�evinca�semplicemente�dalla� mera�partecipazione�azionaria,�ma�attenga�altres|�alla�effettiva�influenzadominante nell'assembleaoinvirtu�diparticolarivincolicontrattuali,e�datocheemergegia�dal- l'art.�2359,�primo�comma,�numeri�2)�e�3)�c.c.,�come�modificato�dall'art.�1�del�D.� lgs.�n.�127/1991,�in�cui�alla�nozione�di�controllo�interno�di diritto (per�la�maggio- ranzadelleazioni�possedute)si�affiancailcd.�controllointerno�difatto(perladispo- nibilita�dei�voti)�e�il�cd.�controllo�esterno (per�i�particolari�vincoli�contrattuali).� Come�e�noto,�infatti,�il�legislatore�ha�sempre�dimostrato�particolare� attenzione�alla�tematica�del��controllo��in�ambito�societario,�che�non�puo� essere�circoscritto�semplicisticamente�al�mero�possesso�del�pacchetto�aziona- rio�di�maggioranza.� Al�riguardo,�e�forse�appena�il�caso�di�rilevare�che��vi sono situazioni nellequalisipuo� avereunpoteredecisivonellesceltegestionalidiunasocieta� indipendentemente dalla partecipazione al capitale della societa� � (Fre�-Sbisa�,� �Societa� per azioni�,�Tomo�I,�1997,�452�ss.,�Commento�all'art.�2359�c.c.,� in��Commentario del codice civile Scialoja-Branca�,�a�cura�di�Galgano).� Sotto�tale�aspetto�e�utile�sottolineare�la�portata�dell'art.�2,�comma�18,� della�legge�31�luglio�1997�n.�249�che�considera�esistente�il�controllo�nella� forma�dell'influenza�dominante,�allorche�ricorra�anche�solo�una�delle� seguenti�condizioni:� �b)�sussistenza di rapporti, anche tra i soci, di caratterefinanziario e orga- nizzativooeconomicoidoneiaconseguireunodeiseguentieffetti:1)... ;2)... ;3)l'at- tribuzione di poteri maggiori rispetto a quelli derivanti dalle azioni o dalle quote possedute; 4) l'attribuzione a soggetti diversi da quellilegittimati in base all'assetto proprietario dipoterinella scelta degliamministratorie deidirigentidelle imprese; c)l'assoggettamentoadirezionecomune,chepuo� risultareancheinbase alle caratteristiche della composizione degli organi amministrativi o per altri significativi e qualificati elementi�. E�stato�osservato�in�proposito�che��la nuova norma ... intende affrancare la giurisprudenza, nel settore dell'individuazione delle posizioni dominanti nel mercato radiotelevisivo, da ogni necessita� di raffronto tra i componenti degli organi amministrativi, permettendole di desumere l'esistenza della �direzione comune� anche da ogni altro atto ofatto idoneo, in quanto significativo e quali- ficato, a rivelarlo� (Sacchi-Lodispoto,�Commento�all'art.�2,�commi�16-18,� L.�n.�249/1997,�in�Lipari,�Bocchini,�Stammati,�Sistema radiotelevisivo e Autorita� per le telecomunicazioni�,�2000,�388�ss.).� A�conferma,�del�resto,�della�sensibilita�del�legislatore�italiano�perlatematica� deipattiparasociali, vistiqualirilevantistrumentidicontrollo,�si�segnalano�anche� l'art.�2,�comma�5,�L.�n.�416/1981�nel�campo�dell'editoria�(settore�affine�a�quello� regolato�dalla�citata�legge�n.�249/1997),�e�piu�recentemente�gli�artt.�122�e�123,� D.lgs.�24�febbraio�1998�n.�58,�testo�unico�della�intermediazione�finanziaria.� In�altri�termini,�a�norma�di�legge,�ben�ha�operato�il�Ministro�nella�fatti- specie�non�limitandosi�ad�una�disamina�meramente�formalistica�del�contratto� di�cessione,�ma�analizzando�attentamente�la�peculiare�disciplina�dei�patti� parasociali�annessi�al�contratto,�da�cui�e�emersa�una�situazione�assai�diffe- rente�da�quella�ipotizzata,�con�sostanziale�perdita�del�controllo�da�parte�della� RAI�sulla�societa�Rai�Way�da�ritenersi�assolutamente�non�consentita�a�ter- mini�di�legge�e�di�convenzione.� 224RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO Del�resto,�sul�punto�ha�fugato�ogni�dubbio�la�stessa�nota�22�ottobre� 2001�indirizzata�dalla�Crown�Castle�al�Ministro�delle�Comunicazioni,�in�cui� sostanzialmente�si�ammette�il�significativo�ruolo�del�Partner�straniero�nella� gestione�della�societa�.� Va,�infine,�recisamente�contrastata�la�tesi�di�controparte�secondo�cui�le� valutazioni�sui�patti�parasociali�sarebbero�incongruenti�ai�fini�che�interessa- vano�il�Ministero,�dal�momento�che�riguardavano�il�solo��Tower business�.� A�prescindere�dalla�considerazione�che�non�risulta�dimostrato�il�limitato� effetto�al�solo��Tower business��dei�patti�parasociali�ma�che,�al�contrario,�le� delibere�di�cui�all'art.�3,�lettera�c)�riguardano�tutte�le�principali�attivita�della� societa�in�ogni�suo�settore,�la�circostanza��si�ripete�indimostrata��che�i� poteri�di�controllo�del�socio�minoritario�riguardassero�solo�l'attivita�connessa� con�la�fornitura�di�infrastrutture�wireless (torri�e�siti)�e�relativi�servizi�(c.d.� �Tower business�)�non�assume�affatto�rilievo�ai�fini�delle�valutazioni�che�ne� dovevano�conseguire�in�termini�di�controllo�congiunto�sulla�societa�.Ed� invero,�le�attivita�svolte�fanno�comunque�capo�ad�una�stessa�persona�giuri- dica,�ne�risultano�separazioni�contabili�o�strutturali�ovvero�sistemi�gestionali� separati�tali�da�poter�escludere�radicalmente�una�influenza�delle�decisioni� prese�nel��Tower business��rispetto�all'attivita�di�broadcasting.� Al�riguardo,�occorre�tuttavia�sottolineare�che�l'utilizzazione�degli�impianti� per�scopi�diversi�da�quelli�inerenti�il�servizio�pubblico�di�radiodiffusione�televi- siva�e�anch'essa�sottoposta,�ai�sensi�dell'art.�9�della�Convenzione,�a�preventiva� autorizzazione�del�Ministero,�che�non�ha�mai�inteso�estenderla�alla�New�Co.� TD�ne�nel�provvedimento�11�novembre�1999�(che�a�riguardo�rinvia�ad�una�suc- cessiva�e�mai�presa�determinazione,�all'esito�dell'adeguamento�degli�impianti� al�piano�nazionale�di�assegnazione�delle�frequenze),�ne�in�nessun�altro�atto.�Ne� consegue�che�la�cessione�del�controllo�di�tale�attivita�era�dunque�da�considerarsi� assolutamente�contraria�alle�disposizioni�della�convenzione.� 7) Quanto�al�lamentato�difetto di istruttoria,�va�osservato�che�l'atto�e� stato�preceduto�da�un'accurata�analisi�di�tutta�la�documentazione�riguar- dante�l'operazione�di�cessione�fornita�dalla�stessa�ricorrente,�oltre�che�dagli� esposti�circostanziati�inoltrati�dallo�SNATER�e�dalla�corrispondenza�inter- corsa�direttamente�tra�il�Ministro�e�la�Crown�Castle.� Peraltro,�rilevatosi�che�la�cessione�era�stata�preceduta�da�una�procedura� di�selezione,�l'Amministrazione�ha�richiesto�alla�RAI�tutta�la�documenta- zione�relativa�alla�gara,�che�e�stata�inviata�solo�in�parte.� Dall'esame�della�cronistoria�delle�varie�fasi�della�selezione,�in�particolare� e�emerso�il�dubbio�che�l'ultimo�rilancio�da�parte�dell'acquirente�fosse�avve- nuto�proprio�a�condizione�della�stipulazione�di�patti�parasociali�che�le�con- sentissero�il�controllo�congiunto�della�societa�.� In�merito�si�ritiene�opportuno,�ai�fini�di�una�completezza�dell'istruttoria� per�l'odierno�giudizio,�che�il�Collegio�disponga�l'acquisizione�della�completa� documentazione�da�parte�della�RAI�o�della�CCR�anche�per�verificare�se�il� Consiglio�di�amministrazione�della�concessionaria�fosse�effettivamente�al� corrente�del�mutamento�dei�patti�parasociali�avvenuto�in�corso�di�procedura� e�della�loro�reale�portata.� IL CONTENZIOSO NAZIONALE 8)�Sulla valutazione�degli�impianti��ancorche� , ripetesi, dall'atto del Ministro emerge con evidenza che nella fattispecie la complessiva valuta- zione non deve fondarsi sul mero presunto interesse commerciale della RAI, in quanto concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo �non puo� che richiamarsi quanto chiaramente affermato nell'atto impugnato. Il prezzo della cessione corrisponde invero ad una valutazione risalente al lontano 1991, come se nessun incremento di valore fosse nel frattempo intervenuto. Il contratto di cessione stipulato dalla RAI non appare comun- que adeguatamente supportato neppure sotto il profilo della convenienza commerciale dell'operazione, da ritenersi in ogni caso recessiva, come sopra sottolineato, rispetto alle preminenti esigenze di tutela del patrimonio tecnico operativo della RAI, di importanza strategica di assoluto rilievo, anche a livello internazionale. 9)�Quanto alla richiesta formulata dalla ricorrente, nella denegata ipo- tesi di annullamento dell'atto impugnato, di reintegrazione�informa�specifica� ed in particolare di ottenere da parte del giudice ad|�to una pronuncia che tenga luogo del provvedimento dell'Amministrazione, tale pretesa non merita alcun accoglimento. Vero e� che l'art. 35 del D.lgs. n. 80/1998, cos|� come modificato dal- l'art. 7 della legge n. 205/2000, ammette la possibilita� che il giudice disponga del risarcimento del danno �anche attraverso la reintegrazione in forma spe- cifica�, ma nel caso di specie non appare ammissibile tale tipo di pronuncia in quanto, come affermato in dottrina e in giurisprudenza, e� da ritenersi che il giudice non possa sostituirsi all'Amministrazione in un'attivita� altamente discrezionale, quale quella di autorizzare il trasferimento di quote azionarie possedute dalla Societa� concessionaria del servizio radiotelevisivo pubblico a societa� straniere. Si ritiene, invero, difficilmente configurabile in capo al giudice il potere di ordinare all'Amministrazione il comportamento da tenere o addirittura la facolta� di emanare l'atto in luogo dell'Amministrazione, in considerazione del fatto che �unapretesadelgenerepotra�trovaresoddisfazionesolonelgiudi- zio�di�ottemperanza��(Stevanato,�D.lgs.�80/1998�e�giurisdizione�esclusiva� delgiudiceamministrativo,�inparticolarenellamateriaedilizia�, in Rivista�giur.� edil., 1998, p. 605 e ss.; Virga,�La�reintegrazione�informa�specifica�, in Rivi- sta�giuridica�on�line; in tal senso si esprime anche T.A.R Sicilia, Catania, 18 gennaio 2000, n. 38). Al limite, con posizione �piu�convincente,�perche�rispettosa�del�rapporto� tra�giudizio�amministrativo�ed�area�riservata�all'azione�amministrativa��(cos|� CaringellA ed altri, �La�nuova�giurisdizione�esclusiva�del�giud.�amm.�dopo� la�legge�n.�205/2000�, Milano 2000, 509 ss.), la condanna ad unfacere�con- cretantesi anche nell'adozione di atti amministrativi puo� aver luogo solo laddove si controverta in materia di attivita� vincolata, nell'an�onel quid,e non di attivita� a significativo tasso di discrezionalita� (DE Palma,�Alcune� riflessionisulla�reintegrazione�informa�specifica�di�cui�all'art.�35�deld.lgs.� n.�80/1998�e�all'art.�11�del�d.d.l.�n.�S�3593�, in Rivista�Internet�di�diritto� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO pubblico,acura�di�G. Virga;�CarbonE ed�altri,��Osservatorio|sul|d.lgs.| n.|80/1998�,�in�Urbanistica|e|appalti,�1999,�1138�e�ss.;�T.A.R�Puglia,�Bari,� 17�maggio�2001,�n.�1761;�17�gennaio�2001,�n.�169�e�24�marzo�2000,�n.�1248;� T.A.R�Toscana,�Sez.�III,�27�ottobre�2000,�n.�2212;�T.A.R�Sicilia,� n.�38/2000�cit.).� Non�e�ammissibile�che�il�potere�giudiziario�interferisca�nelle�determina- zioni�dell'Amministrazione�di�indirizzo�politico-amministrativo�e�comunque� da�ritenersi�altamente�discrezionali,�fino�a�sostituirvisi,�pena�una�inaccetta- bile�violazione�del�principio�della�divisione�dei�poteri.�Del�resto,�basti�consi- derare�che�giurisdizione�esclusiva�non�implica�necessariamente�giurisdizione� di�merito.� La�ricorrente�chiede,�inoltre,�che�la�pronuncia�giudiziale�sostituisca�il� provvedimento�del�Ministro�con�effetto�retroattivo,�a�decorrere�dal� 27�aprile�2001:�pretesa�non�solo�assolutamente�inammissibile,�ma�oltre- tutto�inutile�dal�momento�che,�pur�a�voler�ammettere�una�reintegrazione� in�forma�specifica�sostitutiva�del�diniego�di�autorizzazione�annullato,�il� contratto�non�ritornerebbe�in�vita�sic|et|simpliciter|per�il�sopravvenire�del� provvedimento,�in�quanto�gia�risolto�e�caducato�neisuoieffetti,che� potranno�semmai�essere�ripristinati�in�un�secondo�momento�solo�dalle� parti�medesime.� Sotto�questo�profilo�e�inconferente�il�riferimento�in�ricorso�alla�sen- tenza�del�Consiglio�di�Stato,�Sez.�VI,�26�giugno�2001�n.�3463�che,�in�fatti- specie�peraltro�non�omologabile�alla�odierna�controversia,�non�ha�affatto� disposto�la�reintegrazione�in�forma�specifica,�neppure�richiesta,�puntualiz- zando�altres|��...cheesula|dalcompito|cognitivo|diquesto|Giudice|la|verifica| dei|riflessi|che|la|pronuncia|di|annullamento|del|diniego|di|autorizzazione|e�| idonea|a|sortire|sul|piano|della|perdurante|efficacia|del|contratto|stipulato| tra|le|societa�...,|evidente|essendo|che|spetta|alla|competenza|del|Giudice| civile,|gia�|ad|�to|al|riguardo,|la|cognizione|delle|controversie|relative|all'inter- pretazione|delcontratto...�| La�ricorrente�chiede,�altres|�,�in�subordine�il�risarcimentO deI dannI subiti.�Come�si�e�gia�accennato,�non�si�ritiene�che�nella�fattispecie�possa�con- figurarsi�l'ipotesi�di�danno�risarcibile,�atteso�che,�secondo�quanto�sostenuto� nello�stesso�atto�di�ricorso,�la�clausola�risolutiva�apposta�al�contratto�e�stata� voluta�dalle�parti�nel�dispiegamento�della�loro�libera�autonomia�contrattuale,� e�la�possibilita�del�suo�avveramento�era�prevista�ed�accettata�dalle�parti� medesime.� Del�resto,�la�RAI�avrebbe�dovuto,�o�quanto�meno�potuto,�usando�l'ordi- naria�diligenza,�attendere�preventivamente�il�rilascio�della�positiva�determi- nazione�ministeriale,�invece�di�addivenire�direttamente�alla�stipula�del�con- tratto�di�cessione:�con�cio�assumendosi�la�piena�responsabilita�nei�confronti� del�contraente�e�dell'Amministrazione�della�possibile�risoluzione�del�con- tratto�(il�che�rileva�anche�sotto�il�profilo�dell'art.�1227�c.c.)� Pertanto�non�e�imputabile�all'Amministrazione�alcun�comportamento� illecito�che�integri�la�fattispecie�di�danno�risarcibile�per�attivita�amministra- tiva�illegittima.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE E�infatti�risarcibile�il�danno�che�presenti�le�caratteristiche�dell'ingiusti- zia,�e�cioe�il�danno�arrecato�non�jure,�da�ravvisarsi�nel�danno�inferto�ad�un� soggetto,�per�effetto�di�altrui�attivita�,�in�difetto�di�una�causa�di�giustifica- zione�che�si�risolve�nella�lesione�di�un�interesse�rilevante�per�l'ordinamento.� In�ogni�caso�il�diritto�al�risarcimento�del�danno�ex�art.�2043�c.c.,�infatti,� ancorche�si�pretenda�assumere�svincolato�da�una�rigida�predeterminazione� della�posizione�giuridica�soggettiva�in�ipotesi�lesa�da�un�fatto�illecito,�ovvero� che�non�venga�piu�richiesta�la�lesione�contra�ius,�intesa�come�lesione�di�un� diritto�soggettivo,�non�implica�affatto�che�siano�venuti�meno�gli�ulteriori� requisiti�dell'illecito�aquiliano�(da�ultimo,�Cons.�Stato,�Sez.�IV,�14�giugno� 2001�n.�3169).� Cos|�e�da�escludere�anche�la�condanna�generica�al�risarcimento�del� danno�ove�non�sia�fornita,�come�nella�specie,�la�prova�rigorosa�dell'esistenza� del�danno�patrimoniale�e�del�nesso�eziologico�con�il�provvedimento�illegit- timo�annullato�(T.A.R�Friuli�Venezia�Giulia,�28�marzo�2000,�n.�314;�T.A.R� Toscana,�29�settembre�1999,�n.�249).� Nella�fattispecie,�in�virtu�della�pattizia�risoluzione�del�contratto,�la�RAI� ha�riottenuto�la�piena�disponibilita�dei�propri�beni,�di�indubbio�valore,�che� potra�dunque�gestire�o�riallocare�nel�rispetto�della�normativa,�assai�presumi- bilmente�con�anche�maggiore�profitto.� Ed�in�ogni�caso�rimane�del�tutto�indimostrata��oltre�che�elemento�di� valutazione,�nel�caso�della�concessionaria�pubblica,�comunque�non�esclusivo� e�determinante��la�reale�convenienza�economica�dell'operazione�di�cessione� (da�alcuni�osservatori�ritenuta�addirittura�una��svendita�),�ne�risulta�dimo- strata�una�eventuale�perdita�di�chance.� Al�riguardo,�e�appena�il�caso�di�osservare�che��secondo�la�prevalente�e� condivisa�opinione�giurisprudenziale,�la�perdita�di�chance�non�e�ravvisabile� allorche�l'attivita�rinnovatoria�discendente�dall'annullamento�giurisdizionale�del- l'atto�configuri�in�termini�di�mera�evenienza�il�soddisfacimento�dell'interesse� finale�del�ricorrente,�residuando�in�capo�all'Amministrazione�margini�di�apprez- zamento�discrezionale,�e�dunque�anche�la�possibilita�dell'adozione�di�un�altro� provvedimento�legittimo��(cos|�si�esprime�T.A.R�Puglia,�n.�1761/2001�cit.,� con�riferimento�altres|�a�T.A.R�Puglia,�Bari,�23�marzo�2000,�n.�1248;�17�gen- naio�2000,�n.�169;�T.A.R�Lombardia,�Brescia,�14�gennaio�2000,�n.�8;�T.A.R� Lombardia,�Milano,�15�aprile�1999,�n.�1190).� Tanto�premesso�e�considerato�in�fatto�e�in�diritto�il�Ministero�delle� Comunicazioni,�come�sopra�rappresentato�e�difeso,�fatta�salva�ogni�eventuale� istruttoria�utile�che�il�Giudice�intenda�disporre,� Conclude�affinche�il�T.A.R.�del�Lazio�ad|�to,�contrariis�reiectis,�voglia�dichia- rare�inammissibile,�improponibile�ed�in�ogni�caso�infondato�il�ricorso�intro- duttivo.�Con�vittoria�di�spese,�diritti�ed�onorari�del�giudizio.� Roma,�14�febbraio�2002� Avv. dellO StatO VittoriO CesaronI �. RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO doc. 4. �L'atto di intervento �ad opponendum� per lo SNATER � � �Interessa�allo�SNATER�entrare�senza�preamboli�in�medias res,cio�� significando�saltare�a�pie'�pari�le�sofisticate�deduzioni�e�le�congetture� in�cui�si�avvolge�la�ricorrente�azienda�radiotelevisiva��o�meglio,�il�suo�scaduto� presidente�Zaccaria��e�tracciare,�a�beneficio�dell'Ecc.mo�Collegio�giudicante,� un�quadro�realistico�delle�vicende�che�si�conclusero�con�il�censurato,�quanto� plausibile,�provvedimento�ministeriale�del�26�ottobre�2001.� Ci�si�accinge�dunque�a�quest'opera�ricostruttiva,�scopo�della�quale�e��da� un�lato�mettere�in�luce�i�difetti�di�sostanza�e�di�forma�che�viziarono�il�proce- dimento�complesso�a�formazione�progressiva,�sospensivamente�condizionato� alla��presa�d'atto�non�dissenziente��del�Ministro�delle�comunicazioni;�e�per� altro�verso�comprovare�la�validita��delle�ragioni�che�questi�colloco��a�fonda- mento�del�suo�dissenso.� Sia�indulgente�il�Tribunale,�al�cospetto�di�un'opera�che�altro�non�vuol� essere�se�non�una�schietta�impresa�di�maconnerie. Prima�di�procedere�oltre�giova�tuttavia�dar�conto,�in�breve,�dell'identita�� dello�SNATER�e�delle�ragioni�del�suo�intervento�in�questo�giudizio.� Trattasi�dell'organizzazione�sindacale�maggiormente�rappresentativa� nell'ambito�della�RAI,�operante�sull'intero�territorio�del�nostro�Paese�in� ogni�comparto�delle�comunicazioni,�firmataria�dei�contratti�collettivi�nazio- nali�dei�vari�settori�merceologici.�E�regolata�dallo�Statuto,�a�mente�del� quale�la�legale�rappresentanza�dell'Associazione�e��affidata�al�Segretario� Generale,�attualmente�nella�persona�del�sig.�A.�L.,�sottoscrittore�del�pre- sente�atto.� Sulla�vicenda�RAI�WAY�lo�Snater�e��intervenuto�assiduamente,�sin�dalle� prime�avvisaglie,�prendendo�posizione�avverso�la�vendita�d'una�parte�del�pac- chetto�azionario�prossima�alla�meta��e�contro�la�dismissione�degli�impianti.� La�sua�opposizione�motivata�dalla�difesa�del�posto�di�lavoro,�dei�livelli�retri- butivi,�della�sicurezza�degli�ottocento�lavoratori�dipendenti�dalla�neo�costi- tuita�RAI�WAY�S.p.a.,�si�e��articolata,�nell'arco�di�tre�anni,�in�numerose�ini- ziative�di�natura�sindacale�e,�da�ultimo,�nella�presentazione,�ai�sensi�del- l'art.�2409�c.c.,�d'un�esposto�(corredato�successivamente�da�due�articolate� memorie�integrative)�al�pubblico�ministero�presso�il�Tribunale�civile�di� Roma.�Alcune�lettere�sono�state�inviate�dal�segretario�L.�al�Ministro�delle� comunicazioni,�col�corredo�di�vari�atti,�in�vista�del�provvedimento�finale�di� �presa�d'atto��che�questi�avrebbe�emesso�nell'ottobre�2001�a�suggello�della� vendita.� Tutta�la�documentazione�sopra�mentovata�viene�messa�a�disposizione� dell'Ecc.mo�Tribunale,�affinche�si�giudichi�a�ragion�veduta�circa�la�legittima- zione�dell'O.S.�ad�intervenire�nel�presente�giudizio�e�l'esistenza�dell'interesse� che�ne�costituisce�il�giuridico�fondamento.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE 1.�L'operazione�parte�da�lontano.�Risulta�palese,�dalla�lettura�dei�docu- menti�disponibili,�che�essa�fu�a�lungo�meditata�e�conseguentemente�attuata.� Per�dirla�in�breve,�senza�scendere�in�un�eccesso�di�particolari:� Il�15�luglio�1999�RAI�S.p.a.�chiede�al�Ministero�delle�comunicazioni� l'autorizzazione�ad�avvalersi�d'una�societa�da�essa�controllata�per�lo�svolgi- mento,�ex art.�1,�comma�5,�del�decreto�del�Presidente�della�Repubblica� 28�marzo�1994,�delle��attivita�inerenti�all'espletamento�dei�servizi�concessi�� e,��qualora�occorresse�,�ai�sensi�dell'art.�9�dello�stesso�d.P.R.,�per�l'utilizza- zione�degli�impianti�tecnici�per�la�distribuzione�dei�servizi�di�telecomunica- zione�di�cui�all'art.�4,�comma�5,�della�legge�n.�249�del�1997.� Ad�iniziativa�ed�a�seguito�di�deliberazione�del�c.d.a.�di�RAI�S.p.a.,�viene� costituita�dal�Presidente�Roberto�Zaccaria�e�dal�Direttore�Generale�Pier� Luigi�Celli�(nonche�dal�dott.�Roberto�Di�Russo,�presidente�del�c.d.a.�di�RAI� Trade)�la�Newco�TD�S.p.a.�(29�luglio�1999),�la�cui�denominazione�sociale�e� modificata�successivamente�in�quella�di�RAI�WAY�(17�gennaio�2000).�Il�suo� capitale�sociale�e�detenuto�da�RAI�S.p.a.,�fatta�eccezione�dell'1%,�di�perti- nenza�di�RAI�Trade,�a�sua�volta�controllata��pressoche���interamente�dalla� stessa�RAI�S.p.a.).� Il�Ministero�delle�comunicazioni�rilascia�l'autorizzazione�chiesta�dal� Direttore�Generale�e�dal�Presidente�di�RAI�S.p.a.,�circondandola�di�cautele� e�precisando�che��l'estensione�dell'autorizzazione�per�l'utilizzazione�degli� impianti�per�la�distribuzione�di�servizi�di�telecomunicazioni�da�parte�della� menzionata�societa�Newco�TD�sara�presa�in�considerazione,�previa�richiesta� da�parte�di�codesta�concessionaria,�in�relazione�all'adeguamento�degli� impianti�al�piano�nazionale�di�assegnazione�delle�frequenze,�come�sancito� dall'art.�4,�comma�5,�della�legge�31�luglio�1997�n.�249�.� RAI�S.p.a.�conferisce�ed�apporta�a�RAI�Way,�con�effetto�1.�marzo� 2000,�il�ramo�d'azienda�denominato��Divisione�Trasmissione�e�Diffusione�,� conservando�la�titolarita�della�concessione�del�servizio�pubblico,�come�rego- lata�dalla�convenzione�di�cui�al�decreto�del�Presidente�della�Repubblica� 28�marzo�1994�e�dal�contratto�di�servizio:�contestualmente�l'assemblea� straordinaria�di�RAI�Way�delibera�di�aumentare�il�proprio�capitale�sociale� da�lire�1�miliardo�a�136�miliardi�mediante�emissione�di�13.500.000�nuove� azioni�ordinarie�da�assegnare�a�RAI�S.p.a.,�quale�corrispettivo�dell'apporto� del�ramo�d'azienda,�valutato�complessivamente�in�lire�135�miliardi�(29�feb- braio�2000).� RAI�S.p.a.�stipula�con�RAI�Way�un�contratto�mediante�cui�questa�si� obbliga�a�renderle,�mediante�gli�impianti�tecnici�conferiti,�le�prestazioni� necessarie�all'espletamento�dei�servizi�concessi,�come�da�Convenzione�e�Con- tratto�di�servizio,�precisandosi�che�delle�reti�e�degli�impianti,�RAI�Way�potra� usare�per�la�distribuzione�dei�servizi�di�telecomunicazioni,�ex lege 247/1997,� art.�4,�comma�5�(5�giugno�2000).� RAI�S.p.a.�stipula�un��contratto�di�compravendita�azionaria��con� Crown�Castle�International�Corporation,�societa�costituita�ed�operante� secondo�il�diritto�del�Delaware,�selezionata�dalla�stessa�RAI�il�23�febbraio� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO 2001�per�avviare�una�fase�di�trattativa�finale�sulle�condizioni�ed�i�termini�di� un'offerta�vincolante�per�l'acquisto�d'una�partecipazione�di�minoranza�nel� capitale�di�RAI�Way�S.p.a.�Mediante�tale�contratto�RAI�S.p.a.�vende�a� Crown�Castle�(e/o�ad�un�indefinito�partner)�un�numero�di�azioni�pari�al� 49%�dell'intero�pacchetto�azionario�di�RAI�Way,�da�essa�detenuto.�A�lato� della�compravendita�vengono�sottoscritti�i�Patti�Parasociali�ed�un�contratto� di�gestione.� 2.�Il�primo�punto�meritevole�di�attenzione�e��quello�relativo�alla�legitti- mita��della�costituzione,�da�parte�di�RAI�S.p.a.,�d'una�societa��controllata,�ai� sensi�dell'art.�1,�comma�5,�del�decreto�del�Presidente�della�Repubblica� 23�marzo�1994,�che�testualmente�dispone:��La�societa��concessionaria�puo��,� previa�autorizzazione�del�Ministero�delle�poste�e�delle�telecomunicazioni,� avvalersi,�per�attivita��inerenti�all'espletamento�dei�servizi�concessi,�di�societa�� da�essa�controllate�.� Deve�al�riguardo�sottolinearsi�che�la�facolta��cos|��attribuita�alla�conces- sionaria�si�riferisce�non�gia��allo�svolgimento�di�attivita��inerenti�ad�un�gene- rico��servizio�pubblico��bens|�,�precisamente,�all'espletamento�dei��servizi� concessi�.� Tali�sono,�secondo�l'art.�1�del�menzionato�d.P.R.,�i�servizi�di��diffusione� di�programmi�radiofonici�e�televisivi�,�per�l'appunto�concessi�a�RAI�S.p.a.� in�esclusiva�sull'intero�territorio�nazionale.� Dunque�l'autorizzazione�ad�avvalersi�di�societa��controllate�poteva�esser� legittimamente�richiesta�e�rilasciata�solo�con�riferimento�al�servizio�pubblico� di�diffusione�dei�programmi�radiotelevisivi.� 3.�Il�secondo�punto,�sempre�relativo�alla�costituzione�di�Newco��RAI- WAY�e�come�tale�connesso�al�primo,�riguarda�l'idoneita��,�ex lege,�della� societa��controllata�dalla�concessionaria,�a�gestire�contemporaneamente�il�ser- vizio�pubblico�di�diffusione�dei�programmi�radiotelevisivi�e�quello�di�distribu- zione�dei�servizi�di�telecomunicazione.�E�opinione�dello�scrivente�che,�alla� luce�d'una�corretta�interpretazione�della�legge�(art.�4,�comma�5,�legge� 31�luglio�1997,�n.�249;�artt.�5�e�9�decreto�del�Presidente�della�Repubblica� 28�marzo�1994)�tale�idoneita��non�sussistesse.� Dispone�infatti�la�prima�norma�teste�menzionata:� art.�4:��Gli�impianti�oggetto�di�concessione�radiotelevisiva�possono� essere�utilizzati�anche�per�la�distribuzione�di�servizi�di�telecomunicazioni.� In�tal�caso,�i�destinatari�di�concessioni�in�ambito�locale�sono�tenuti�alla� separazione�contabile�dell'attivita��radiotelevisiva�da�quella�svolta�nel�set- tore�delle�telecomunicazioni,�mentre�i�destinatari�di�concessioni�per�emit- tenti�nazionali�sono�tenuti�a�costituire�societa��separate�per�la�gestione� degli�impianti�.� Gia��nell'anno�1994�le�altre�due�norme�richiamate�disponevano:� art.�5:��La�societa��concessionaria�puo�,�previa�autorizzazione�del� Ministero�delle�poste�e�delle�telecomunicazioni,�avvalersi,�per�attivita��inerenti� all'espletamento�dei�servizi�concessi,�di�societa��da�essa�controllate�;� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE art.�9:��La�RAI�ha�la�facolta��di�utilizzare�gli�impianti�tecnici,�purche� non�risulti�di�pregiudizio�al�regolare�svolgimento�dei�pubblici�servizi�concessi� e�concorra�alla�equilibrata�gestione�aziendale,�per�la�predisposizione�e/o�il� transito�dei�programmi�radiofonici�e�televisivi�dall'estero�e�per�l'estero�richie- sti�da�altri�organismi�radiotelevisivi�informandone,�con�relazioni�periodiche,� il�Ministero�delle�poste�e�delle�telecomunicazioni.� L'utilizzazione�degli�impianti�tecnici�della�RAI�e��consentita�previa�auto- rizzazione�del�Ministero�delle�poste�e�delle�telecomunicazioni�che�stabilira��le� relative�condizioni,�sentita�la�concessionaria,�per:� a) l'organizzazione�e�la�effettuazione�di�conferenze�radiotelevisive;� b) l'organizzazione�e�la�realizzazione�di�programmi�televisivi�a�cir- cuito�chiuso;� c) il�transito�di�programmi�radiofonici,�televisivi�e�di�altri�segnali� generati�da�terzi,�nell'ambito�del�territorio�nazionale,�secondo�le�norme� vigenti;� d) ogni�altra�attivita��che�corrisponda�ai�fini�aziendali�e�consenta�il� massimo�rendimento�degli�impianti�e�dell'organizzazione�.� Ebbene,�mentre�il�decreto�del�Presidente�della�Repubblica�del�1994� faceva�gia��un�primo�passo,�differenziando�la�gestione�relativa�alla�diffusione� di�programmi�radiotelevisivi�e�consentiva��con�cio��ponendo�una�seria�limi- tazione��che�per�l'utilizzazione�degli�impianti�a�diversi�fini�la�concessiona- ria�si�avvalesse�di�societa��collegate�(ben�distinte,�non�solo�lessicalmente,�da� quelle�controllate,�di�cui�all'art.�1,�comma�5,�afferenti�ai��servizi�concessi�,� di�diffusione�dei�programmi�radiotelevisivi)�la�legge�del�1997�prescrive�peren- toriamente�che�per�la�gestione�degli�impianti�utilizzati�anche�per�la�distribu- zione�di�servizi�di�telecomunicazioni�(oltreche�,�quindi,�per�la�diffusione�di� programmi�radiotelevisivi)�la�concessionaria�(nazionale)�debba�avvalersi�di� societa��separate:�dove�la��separatezza��si�riferisce�evidentemente�non�gia�� all'emittente,�bens|��ai�soggetti�(societa��)�che�dovranno�incaricarsi�dell'uno�e� degli�altri�servizi.� E�se�tale�e��la�corretta�interpretazione�letterale�della�norma,�non�diversa� e��quella�riferibile�alla�ratio che�ispiro��il�legislatore:�desumibile��oltre�che� dalla�legge�nel�suo�insieme��proprio�dal�comma�5�dell'art.�4,�laddove�que- sto,�nel�disciplinare�la�distribuzione�dei�servizi�di�telecomunicazione�da�parte� dei�concessionari�in�ambito�locale,�dispone�che�essi�sono�tenuti�alla�semplice� �separazione�contabile��dell'attivita��radiotelevisiva��da�quella�svolta�nel� settore�delle�telecomunicazioni;�mentre,�per�cio��che�riguarda�i�destinatari�di� concessioni�per�emittenti�nazionali,�prescrive�che�per�la�gestione�dei�relativi� impianti�siano�costituite�societa���separate�.� La�differente�disciplina�e��stata�evidentemente�dettata�in�relazione� all'opportunita��d'una�separata�gestione�contabile�dell'attivita��radiotelevisiva� e�di�quella�delle�telecomunicazioni:�per�le�emittenti�nazionali�non�si�e��rite- nuta�sufficiente�la�mera�separazione�contabile�nell'ambito�d'una�stessa� societa��di�gestione�degli�impianti,�ma�si�e��reputata�necessaria�la��separa- RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO zione��delle�societa��che�gestiscono�i�due�settori.�E�cio��ben�si�comprende,�se� si�faccia�attenzione�agli�inconvenienti,�ai�grovigli�contabili�e�alle�irregolarita�� �se�non�peggio��che�comporterebbe�una�gestione�cui�tali�settori�faces- sero�unicamente�capo.� Sta�di�fatto�che�RAIWAY�fu�costituita�per�gestirli�insieme,�senza�che�le� riferite�disposizioni�di�legge��se�e��corretta�l'interpretazione�qui�data��fos- sero�in�alcun�modo�osservate.� 4.�Il�terzo�punto�riguarda�la�vendita�del�49%�del�pacchetto�azionario�di� Rai�WAY�a�Crown�Castle�e/o�ad�una�societa��da�questa�controllata�e�la�con- seguente�cessione�di�meta��dei�suoi�impianti�tecnici.� Sono�molteplici�le�considerazioni,�tutte�di�segno�negativo,�che�possono� farsi�al�riguardo,�ed�i�quesiti�che�da�esse�sono�generati.� Anzitutto�ci�si�chiede�se�sia�proprio�pacifico�che�la�concessione�in� esclusiva�del�servizio�pubblico�di�diffusione�di�programmi�radiofonici�e�tele- visivi�sarebbestatarinnovata�pervent'anni�aRAI�S.p.a.,�setraquesta� e�gli�impianti�tecnici�non�fosse�intercorso�un�rapporto�proprietario�al�cento� per�cento.� Si�ha�ragione�di�dubitarne,�giacche�e��il�senso�comune,�se�non�lo�spirito�e� la�lettera�delle�leggi,�che�induce�a�pensare�che�la�proprieta���e�quindi�la� piena�e�sicura�disponibilita��da�parte�della�concessionaria��d'una�rete�di� valore��incommensurabile�,�costituisca�una�garanzia�di�efficienza�di�tale� spessore�da�poter�essere�annoverata�tra�gli�elementi�decisivi�nella�concessione� del�servizio�pubblico.� In�secondo�luogo�ci�si�domanda��ma�e��interrogazione�retorica��se�la� vendita�del�49%�degli�impianti�tecnici�ad�una�societa��privata�(straniera,�fuori� dell'Unione�europea)�ed�il�programmato��coinvolgimento��di�tale�soggetto� nella�gestione�della�rete�(tale�e��il�disegno�dei�contraenti,�esplicitato,�come�in� seguito�si�vedra��,�nei�patti�parasociali)�non�sia�interpretabile�alla�stregua�d'un� surrettizio,�ma�autentico,�trasferimento�(illegittimo)�della�concessione�del�ser- vizio�pubblico�ad�un�soggetto�privo�dei�requisiti�a�fronte�dei�quali�la�conces- sione�stessa�fu�rinnovata.� Ancora:�fu�attuato�l'adeguamento�degli�impianti,�come�dispone�l'art.�4,� comma�5,�legge�31�luglio�1997,�al�piano�nazionale�di�assegnazione�delle�fre- quenze?� Interessa�sapere�se�esso�sia�stato�attuato�interamente,�ovvero�parzial- mente,�poiche�nel�procedimento�che,�originato�dalla�richiesta�di�autorizza- zione�ad�avvalersi�d'una�societa��controllata,�si�conclude�con�la��presa�d'atto� non�dissenziente��del�Ministro�delle�Comunicazioni,�ogni�vizio�travolge�per� nullita��l'intero�procedimento.� All'art.�7�dei�Patti�parasociali�si�ipotizza�invero�che�RAIWAY�perda� la�qualifica�di��controllata��di�RAI�S.p.a.�e�si�prevede�che�in�tal�caso� Crown�Castle�ne�assumera��il�controllo,�esercitando�il�diritto�di�prelazione� ivi�regolato.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE Da�ultimo,�ma�essenzialmente:�nella�stima�degli�impianti�ceduti�e�nella� determinazione�del�prezzo�delle�azioni�di�RAIWAY,�e�stato�considerato�n e�dubitiamo,�a�ragion�veduta��l'enorme�incremento�di�valore�cui�vanno� soggetti�a�causa�dello�sviluppo�dell'attivita�di�telecomunicazioni�con�essi�eser- citabile?� Se�non�fosse�stato�considerato,�saremmo�al�cospetto�d'una�svendita�di� beni�destinati�ad�un�pubblico�servizio�essenziale,�sulla�cui�censurabilita�non� occorre�spendere�parole�(si�consideri�peraltro�che�l'alienazione�di�tali�beni�e� interdetta,�ex art.�826�c.c.).� 5.�Sul�punto�della�vendita,�il�cui�approfondimento�e�essenziale�ai�fini�del� giudizio�circa�le�ragioni�poste�a�base�del��dissenso��ministeriale,�e�circa�la� �dissennatezza��dell'operazione,�si�impongono�ulteriori�riflessioni.� Si�consideri�anzitutto�che�la�vendita�del�49%�delle�azioni�di�RAI�WAY,� in�quanto�rappresentative�del�patrimonio�di�impianti�tecnici,�di�reti�di�tra- smissioni,�e�cosi�via,�si�traduce�per�un�verso�in�una�perdita�non�quantifica- bile,�ma�sicuramente�di�enormi�proporzioni,�degli�attuali�e�futuri�profitti�rea- lizzabili�mediante�l'ospitalita�,�sui�tralicci�di�proprieta�della�Societa�,�dei�ripeti- tori�di�telefonia�mobile�e�attraverso�la�capacita�,�attuale�e�soprattutto�futura,� di�trasporto�dei�segnali�di�telecomunicazione;�per�altro�verso,�specularmente,� in�un�gigantesco�affare�a�favore�della�corporation texana�Crown�Castle,�bene- ficiata�dopo�la�selezione�di�altre�compagnie,�della�cui�esclusione�non�e�stato� dato�alcun�conto.� Per�quel�che�in�particolare�riguarda�l'organizzazione�sindacale�interve- niente,�cio�si�traduce�nel�rischioso�trasferimento�ad�un�gruppo�finanziario� straniero��peraltro�neanche�appartenente�all'Unione�Europea��d'un�irri- petibile�patrimonio�tecnico�professionale�e�nel�pericolo�che�siano�messi�a� repentaglio�posti�di�lavoro,�livelli�retributivi�e�quant'altro�interessa�le�centi- naia�di�lavoratori�dipendenti�da�RAI�WAY.� Si�consideri�inoltre�che�la�stima�(�Valutazione�economica�della�Societa��)� effettuata�a�novembre�2000�su�incarico�di�Rai�S.p.a.�dalla�Corporate�Finance� Arthur�Andersen,�non�solo�porta�ad�un�risultato�inspiegabilmente�analogo� a�quello�raggiunto�dall'IRI�ben�dieci�anni�prima�(essendo�stati�obliterati�sia� la�svalutazione�del�danaro�che�il�sopravvenuto�incremento�del�valore�degli� impianti:�si�noti�inoltre�che�la�perizia�dell'IRI�fu�compiuta�in�un�momento� in�cui�la�capacita�di�trasporto�di�segnali�digitali�sembrava�dover�essere�risolta� esclusivamente�dai�satelliti�e�quindi�i�tralicci�erano�considerati�strutture�obso- lete,�costose�da�manutenere�e�non�utili�a�generare�profitti.�La�perizia�fu�fatta� nella�prospettiva�di�formulare�un�prezzo�basso�d'un�bene�ch'era�meglio�ven- dere�al�piu�presto)�ma�non�tiene�altres|�conto�dello�scenario�digitale�e�dei� mercati�di�riferimento:�in�particolare�delle�piattaforme�UMTS�e�DTT,�che� oggi�sono�considerate�aree�in�cui�maggiormente�si�svilupperanno�gli�affari� dell'immediato�futuro�(entro�il�2006).�In�tali�aree�l'utilizzazione�dei�tralicci�e� indispensabile�e�si�ipotizzano�volumi�di�affari�dell'ordine�di�migliaia�di� miliardi.�Nel�suo�recente�studio�pubblicato�su�un�quotidiano,�il�noto�analista� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO internazionale�Dom�Serafini�conferma�che�la�stima�di�Rai�Way�fatta�dalla� Arthur�Andersen,�se�comparata�con�realta��equivalenti�del�mercato�USA,�e�� inferiore�d'un�buon�60%�rispetto�ai�valori�correnti.� Peraltro,�circa�l'affidabilita��della�A.�Andersen,�non�e��certo�un�pettego- lezzo��anzi�ne�fornisce�la�misura��rammentare�la�recente�vicenda�della� bancarotta�della�Enron��primario�gruppo�internazionale�nel�settore�energe- tico��i�cui�bilanci�erano�certificati�proprio�da�quella�Corporate:�la�quale� �non�si�e��accorta��delle�enormi�falle�finanziarie�della�Enron�(pur�percependo� un�compenso�di�ben�27�milioni�di�dollari)�contribuendo�alla�sua�catastrofe.� Subito�dopo�l'affaire�della�Enron,�la�Arthur�Andersen�e��stata�esclusa�dal�Pre- sidente�degli�Stati�Uniti�da�ogni�incarico�di�valutazione�riguardante�i�bilanci� di�enti�pubblici.� Ed�ancora�contribuisce�al�disvelamento�degli�arcani�ricordare�che�gli� advisor della�RAI��cioe��Merryl�Linch�e�Lehman�Brothers,�menzionati�nel� ricorso��posseggono�quote�nella�Crown�Castle.�Tanto�risulta�dal�sito�Inter- net�di�NASDAQ/Crown�Castle.�In�particolare�Merryl�Linch�era�il�consulente� della�RAI�per�la�vendita�delle�azioni�di�Rai�WAY�e�Lehman�Brother�il�con- sulente�di�Crown�Castle�per�l'acquisto.� E�quanto�agli�arcani,�e��il�caso�di�notare�che�Crown�Castle�e��una�societa�� posseduta�dai�Fondi�di�investimento,�con�un�flottante�pari�all'80%,�che�ha� subito�forti�perdite�nel�corso�della�crisi�di�NASDAQ.�Il�suo�controllo�e��inde- finito�e�puo��passare�di�mano�in�mano�facilmente.�Di�qui�la�sua�inaffidabilita��,� che�si�estende�alla�CCR,�societa��di�diritto�italiano,�costituita�e�capitalizzata� allo�scopo�specifico�di�acquistare�le�quote�di�RAI�WAY�e�di�colonizzarla.� CCR�risulta�indebitata�per�tutto�il�valore�del�suo�capitale,�ma�ne�sono�ignoti� i�creditori.�In�caso�di�utili�avrebbe�esportato�valuta�verso�la�Gran�Bretagna� (UK)�e�presumibilmente�nel�Delaware,�Stato�esentasse,�dove�ha�sede�Crown� Castle.�Come�puo��constatarsi,�ci�si�trova�dinanzi�ad�una�sfrenata�ideologia� �marketing oriented�.� In�una�situazione�del�genere�di�quella�dianzi�delineata��suscettibile�e� meritevole�d'ulteriore�approfondimento,�in�ispecie�sotto�il�profilo�dei�reali� interessi�che�stanno�all'origine�della�costituzione�di�RAIWAY�e�della�demoli- zione�del�suo�patrimonio�(straordinario�patrimonio,�in�termini�sia�di�valore� degli�impianti�tecnici�che�di�professionalita��lavorative)��e��sembrata�quanto� meno�avventurosa�l'insistente�e�caparbia�richiesta�che�fosse�apposto�l'impri- matur�del�Governo,�nella�persona�del�Ministro�delle�comunicazioni,�nonche� quello�dell'Autorita��di�Garanzia.� 6.�L'organizzazione�sindacale�che�interviene�ad opponendum nel�presente� giudizio�ritiene�opportuno�soffermarsi�su�quello�che�nel�ricorso�della�RAI� (pag.�19)�e��definito���l'unico�profilo�dell'operazione�che�la�Convenzione,�e�le� parti�con�la�previsione�contrattuale,�rimette�alla�sua�(del�Ministro,�n.d.r.)� valutazione�in�ipotesi�di�cessione:�l'assetto�di�controllo�di�RAI�WAY�.� Sul�punto�la�difesa�della�RAI�svolge�analitiche�quanto�imbarazzate argomentazioni.�E�difatti�assai�arduo�contestare�al�Ministro�l'errore,�il�travi- samento�dei�contenuti�del�contratto�ed�il�difetto�assoluto�d'istruttoria,� IL|CONTENZIOSO|NAZIONALE quando|il|provvedimento|impugnato|sottolinea|per|un|verso|che|la|RAI,| anziche�richiedere|la|preventiva|autorizzazione,|anticipo�|il|perfezionamento| del|contratto|di|cessione,|e|per|altro|verso|che|i|patti|parasociali|conferivano| al|partner|un|potere|d'indirizzo|strategico|sull'attivita�|di|RAI|WAY,|addirit- tura|superiore|a|quello|del|socio|di|maggioranza.| Sulla|�necessita�|della|previa|autorizzazione�,|la|ricorrente|R.A.I.,|richia- mate|le|proprie|precedenti|deduzioni|circa|l'inconfigurabilita�|d'un|potere| autorizzatorio|del|Ministro|rispetto|�ad|operazioni|come|quella|per|cui|e�| causa�,|sostiene|che,|avendo|essa|�comunicato|preventivamente|l'operazione| di|cessione|al|Ministero|con|nota|del|28|marzo|2000�|ed|avendolo|nuova- mente|sollecitato|�ad|esprimersi|in|ordine|alla|cessione|con|nota|del|27|aprile| 2001|(omissis) risulta|specioso|il|rilievo|secondo|il|quale|la|RAI|non|avrebbe| richiesto|la|preventiva|autorizzazione|dell'operazione�.| Le|obiezioni|della|RAI|sono|inconsistenti,|come|peraltro|la|difesa|del| Ministro|ha|messo|in|luce.|Basti|qui|aggiungere|che|le|due|�note�|inviate| all'on.|Gasparri|dal|dott.|Zaccaria,|erano|non|gia�|formali|richieste|di|auto- rizzazione,|bens|�,|come|del|resto|si|afferma|nel|ricorso,|mere|sollecitazioni.| Ma|neppure|sul|cruciale|punto|della|�perdita|di|controllo�|di|RAI|WAY| le|avverse|deduzioni|colgono|nel|segno.|Infatti,|anche|se|si|accogliesse|l'inter- pretazione|restrittiva|proposta|nel|ricorso|(pag.|21|e|22)|circa|il|significato| da|attribuirsi|ai|termini|�controllo�|e|�influenza|dominante�,|non|sarebbe| possibile|sottrarsi|alla|soverchiante|tempra|di|talune|clausole|dei|patti|para- sociali|sottoscritti|da|RAI|S.p.a.,|CCR|S.r.l.|e|Crown|Castle|International| Corporation.| In|particolare|(non|senza|rimarcare|che|nel|preambolo|di|tali|patti|si|da�| grande|rilievo|all'impegno|di|RAI|WAY|di|fornire|alla|RAI,|tra|l'altro,|i|ser- vizi|relativi|alle|�reti|di|telecomunicazione|(omissis) avuto|particolare| riguardo|all'evoluzione|delle|tecnologie|digitali�)|osserva|il|concludente:| �con|l'art.|1|�si|intende|consentire|il|coinvolgimento|del|partner| nella|gestione|della|Societa�|�.| Il|reale|significato|di|questa|affermazione|si|coglie|alla|lettura|delle| successive|clausole|e|ne|costituisce|la|base.|Il|�coinvolgimento�,|difatti,| si|attuera�|con|un|vero|e|proprio|ordito|normativo,|mediante|il|quale|sara�| espressa|ed|attuata|la|posizione|dominante,|benche�socio|di|minoranza,| di|CCR;| �con|l'art.|2|si|dispone|che|il|c.d.a.|sara�|composto|�di|otto|membri,| cinque|dei|quali|saranno|nominati|dalla|RAI,|mentre|i|restanti|tre|saranno| nominati|dal|partner.|Il|Presidente|del|c.d.a.|sara�|nominato|previa|consulta- zione|con|la|RAI,|fra|i|consiglieri|designati|dal|partner|e|l'amministratore| delegato|sara�|nominato,|previa|consultazione|con|il|partner,|fra|i|consiglieri| designati|dalla|RAI�.| Senonche�il|successivo|art.|3|�premesso|che|�per|l'intera|durata|dei| presenti|Patti|parasociali|la|gestione|della|Societa�|sara�|svolta|in|conformita�| al|businnes-plan triennale,|che|includera�|un|budget|relativo|a|ciascun|eserci- RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO zio�annuale��a�sua�volta�prescrive�che�le�decisioni�relative�all'adozione�dei� business-plan e�dei�budget e�le�loro�eventuali�modifiche�potranno�essere�adot- tate�dal�c.d.a.�unicamente��con�il�voto�favorevole�di�almeno�due�consiglieri� di�designazione�del�partner�.� Lo�stesso�art.�3,�alla�lettera�C,�dispone�inoltre�che�lo�stesso�meccanismo� regga�le�delibere�del�c.d.a.�che�intenda�assumere��le�seguenti�iniziative�� (segue�l'elenco�di�ben�15��iniziative�,�che�puo�ben�affermarsi�costituiscano� ed�anzi�esauriscano�ogni�possibile�attivita�imprenditoriale,�finanziaria�ed�eco- nomica�aziendale).� Risulta�quindi�con�chiarezza,�dal�combinato�disposto�delle�riferite� norme�contrattuali,�che�il�partner�assume,�proprio�in�relazione�al��core�busi- ness��di�RAI�WAY,�quella�posizione�di�pieno��controllo��e�di��influenza� dominante�,�irragionevolmente�negata�dalla�difesa�della�RAI.� A�cio�si�aggiunga�che�al�presidente�della�Societa�,�la�cui�nomina�spetta�al� partner,�sono�attribuiti�dallo�statuto�i�poteri�piu�significativi,�mentre�si�sta- glia�come�figura�di�importanza�secondaria,�se�non�trascurabile,�quella�del- l'amministratore�delegato,�la�cui�designazione�compete�a�RAI�S.p.a.�ed�i�cui� poteri�sono�pero�espressamente�limitati�dall'art.�6,�punto�B,�al�quale�rimanda� l'art.�3,�punto�F:� �l'art.�4�dei�Patti�attribuisce�al�partner�il�potere�di�nominare�due�dei� tre�sindaci�effettivi�che�formano�il�Collegio�sindacale.� Anche�in�questo�caso,�considerate�le�decisive�funzioni�affidate�ai�sindaci� dalla�legge�ordinaria,�e�difficile�disconoscere�l'ulteriore�egemonia�conferita�a� CCR�(e�a�Crown�Castle).� �in�virtu�dell'art.�5,�disciplinante�l'assemblea�dei�soci,�il�vantaggio� che�deriverebbe�a�RAI�S.p.a.�dalla�titolarita�del�51%�delle�azioni�di�RAI� WAY�viene�annullato.�Difatti�le�delibere�di�competenza�dell'assemblea� straordinaria�(decisive,�com'e�noto,�nella�gestione�delle�societa�)e�previsto� siano�assunte�con�la�maggioranza��sia�in�prima�che�in�seconda�convoca- zione��del�67%�dell'intero�capitale.�Inoltre�e�prevista�identica�maggioranza� per�le�delibere�dell'Assemblea�ordinaria�che�abbiano�ad�oggetto�gli�atti�di� disposizione�di�azioni�detenute�da�Rai�WAY,�la�distribuzione�di�dividendi,� la�remunerazione�dei�consiglieri,�le�materie�di�cui�all'art.�3,�par.�C�(cioe�le� 15�sopra�elencate)�l'acquisto�di�azioni�proprie�o�di�diritti�di�opzione.� Come�e�agevole�constatare,�trattasi�di�svuotamento�della�formale�mag- gioranza�azionaria.� �per�l'art.�6�e�riservata�esclusivamente�ai�consiglieri�nominati�dal� partner�la�designazione�del�direttore�della�funzione�sviluppo�di�business,�al� quale��l'amministratore�delegato�conferira�procura,�delegandogli�pieni� poteri,�equiparabili�ai�poteri�delegati�all'amministratore�delegato�dal�consi- glio�d'amministrazione,�limitatamente�alla�gestione�del�Tower Business (omissis).Per�Tower Business si�intende�la�fornitura�di�infrastrutture�wire- less�e�relativi�servizi�ad�operatori�wireless�(inclusi�operatori�telefonici,�ope- ratori�wireless �loca loop�,�operatori�Tetra,�UMTS�e�di�altra�tecnologia� mobile,�esistente�o�futura),�inclusa�la�locazione�di�siti/antenne�e�servizi�di� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE co-locazione,�servizi��built-to-suit�, programmazione�di�rete�e�design,� ricerca�ed�acquisizione�di�siti,�design�e�costruzione�di�siti,�installazione�e� �commissioning��di�siti,�ottimizzazione�della�rete,�manutenzione�delle�infra- strutture,�gestione�e�manutenzione�della�rete�e�relativi�servizi�di�trasmis- sione�a�microonde�o�fibre�.�(ibidem) E�qui�si�chiuderebbe�l'accerchiamento�della�RAI�ad�opera�di�Crown� Castle�(o,�se�si�preferisce,�di�CCR)�considerata�l'importanza�che�assume�il� Direttore�nello�scenario�produttivo�ed�imprenditoriale�della�Societa��,�anche� per�la�sua�inamovibilita��(la�procura�conferitagli�dall'A.D.�e��irrevocabile)�non- che�per�l'entita��delle�materie�a�lui�riservate�(in�particolare�il�marketing).� Ma�non�basta.�Il��coinvolgimento��del�partner�nella�gestione�prelude�r ivelando�al�tempo�stesso�il�concorde�disegno�dei�contraenti�di�espropriare� la�RAI�dell'intera�rete��al�programmato�trasferimento�del�pacchetto�azio- nario�nelle�mani�di�CCR��Crown�Castle.�E�in�verita��:� �l'art.�6,�punto�H,�prescrive:��I�soci�convengono�che�qualora�la� Societa��decidesse�di�vendere�o�comunque�trasferire�(in�tutto�o�in�parte)�la� rete�di�fibre�ottiche�situata�in�Roma�e�dintorni,�RAI�fara��in�modo�che�la� Societa��conceda�a�Crown�Castle�o�ad�una�controllata�di�Crown�Castle�il� diritto�di�prelazione,�alle�stesse�condizioni�offerte�da�qualunque�terzo,�per� l'acquisto�di�tale�rete�;� �l'art.�7,�punto�A,�dispone:��Le�parti�inoltre,�convengono�che�qua- lora�la�RAI�o�ogni�sua�controllata�intenda�cedere�o,�a�qualsiasi�titolo,�trasfe- rire�una�partecipazione�posseduta�in�ogni�controllata�della�RAI,�diversa� dalla�Societa��,�in�modo�tale�che�la�Societa��perda�la�qualifica�di�controllata� della�RAI,�questa�dovra��cedere�l'intera�partecipazione�posseduta�in�tale�con- trollata�e�Crown�Castle�(o�ogni�controllata�della�Crown�Castle�indicata�dalla� stessa�Crown�Castle)�avra��il�diritto�di�prelazione,�alle�stesse�condizioni,�per� l'acquisto�della�partecipazione�da�cedere�o�trasferire.�Il�diritto�di�prelazione� potra��essere�esercitato�solamente�sull'intera�quota�di�capitale�offerta�in�ven- dita�o�da�trasferire�;� �lo�stesso�art.�7,�punto�J,�prescrive�infine�che��nel�caso�in�cui�la�RAI� decidesse�di�cedere�o�trasferire�le�azioni�da�essa�detenute�nella�Societa��(fatto� salvo�il�caso�di�offerta�al�pubblico)�o�nel�capitale�delle�controllate�della�RAI� che,�direttamente�o�indirettamente,�possiedano�una�partecipazione�nella� Societa��,�e�da�tale�cessione�o�trasferimento�consegua�la�perdita�da�parte�della� Societa��della�qualifica�di�controllata�della�RAI,�la�RAI�dovra��cedere�o�trasfe- rire�tutte�le�suddette�azioni�mediante�una�procedura�di�vendita�aperta�al�pub- blico�e�il�partner�e�Crown�Castle�avranno�il�diritto�di�partecipare�a�tale�ven- dita�o�trasferimento�con�le�azioni�che�a�quella�data�il�partner�deterra��nella� Societa��o�con�le�azioni�detenute�nelle�controllate�di�Crown�Castle�che,�diret- tamente�o�indirettamente,�possiedano�in�quel�momento,�come�unica�attivita�� (ad�eccezione�della�cassa�ovvero�di�titoli�equivalenti)�una�partecipazione�nella� Societa���.� Sul�punto�in�esame�non�puo��dubitarsi�dunque��visto�il�cappio�stretto� al�collo�di�RAI�S.p.a.��che�la�qualifica�di�socio�di�maggioranza,�a�questa� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO attribuita�in�forza�della�formale�titolarita�del�51%�delle�azioni�di�RAIWAY,� si�riduca�ad�un�esangue�nomenjuris.�Il��controllo��e�l�'influenza�dominante�� sono�riferibili�unicamente,�per�virtu�dei�commentati�Patti�parasociali,�al� socio�minoritario.�Ogni�residuo�dubbio�si�dissolve�allorche�si�ha�occasione� di�constatare�che�viene�prefigurata�come�possibile,�anzi�probabile,�la�futura� abdicazione,�da�parte�della�concessionaria,�della�titolarita�del�51%�delle� azioni�della�Societa�strumentale�mediante�cui�viene�operativamente�gestito�il� servizio�pubblico.�L'ipotesi��anzi�il�disegno��si�staglia�nitidamente�nel- l'art.�7�dei�Patti�dianzi�chiosato,�laddove�si�prevede�che�RAIWAY�perda�la� qualifica�di��controllata��di�RAI�S.p.a.�e�che�in�tal�caso�Crown�Castle�ne� assuma�essa,�mediante�l'esercizio�del�diritto�di�prelazione,�il�controllo.� I�divieti�posti�dalla�legge�vengono�cos|�aggirati�con�convergente�medi- tata�manovra,�ascrivibile�a�concorde�volonta�di�entrambi�i�contraenti.�Per� quel�che�riguarda�i�sottoscrittori�di�parte�RAI,�non�possono�sottrarsi�a� responsabilita�risarcitoria,�quanto�meno�per�gli�ingentissimi�costi�della� spregiudicata�operazione,�coloro�che�hanno�negoziato�e�sottoscritto�i�Patti� parasociali�e�coloro�che�li�hanno�asseverati:�il�presidente�Zaccaria�e�il� direttore�generale�Cappon�(con�il�suo�predecessore�Celli)�in primis;gli� amministratori�ed�i�sindaci�di�RAI�S.p.a.,�e�di�RAIWAY.�Gia�lo�SNATER� ne�prefiguro�,�in�un�esposto�ed�in�due�successive�memorie�presentate�al� Pubblico�Ministero�presso�il�Tribunale�civile�di�Roma�(v.�all.)�la�responsa- bilita�per��gravi�irregolarita��,�ex art.�2409�cod.�civ.�Per�quanto�in�questa� sede�possa�valere,�quella�denuncia�viene�ribadita�fermamente,�non�foss'al- tro�che�per�consolidare�le�ragioni�che�il�Ministro�ha�posto�a�base�del�pro- prio�dissenso.� Reputa�in�conclusione�lo�Snater�che�siano�comprovate,�di�la�del�necessa- rio,�le��ragioni�di�opportunita���poste�dal�Ministro�a�base�del�diniego�di�auto- rizzazione:�ragioni�alle�quali,�del�resto,�ha�fornito�esauriente�e�dotta�motiva- zione�l'Avvocatura�dello�Stato�nella�sua�memoria.� Allo�stesso�modo�emerge�con�chiarezza�dalle�carte�processuali�la�fonda- tezza�del�centrale,�dirimente�rilievo,�secondo�cui�la�cessione�del�49%�delle� azioni�di�RAI�WAY,�alla�luce�soprattutto�delle�clausole�esposte�nei�Patti� parasociali��che�non�appaia�esagerato�definire�iugulatorie�(ma�con�il�condi- mento�d'una�inusitata�sindrome�di�Stoccolma,�che�sembra�aver�colpito�gli� amministratori�e�i�sindaci�di�RAI�S.p.a.)��conferirebbe�al�partner�un� �potere�d'indirizzo�strategico�dell'attivita�di�RAI�WAY�addirittura�superiore� a�quello�del�socio�di�maggioranza�.� Tali�sono�i�motivi�per�i�quali�la�maggioritaria�organizzazione�sindacale� della�RAI�interviene�nel�presente�giudizio�ad opponendum e�conclude�chie- dendo��fatte�proprie�le�deduzioni�e�conclusioni�della�difesa�erariale��per� il�rigetto�del�ricorso�di�RAI�S.p.a.,�con�favore�di�spese.� Saranno�prodotti�documenti�e�atti�di�cui�al�separato�elenco.� Roma,�22�febbraio�2002� Avv. CarlO d'Inzillo� . IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE doc. 5. �La sentenza del TAR Lazio, 12 marzo 2002, n. 1897. � � (Omissis) Fatto. La�Rai�ha�costituito,�in�data�29�luglio�1999,�con�Rai� Trade�S.p.a.�(totalmente�partecipata�dalla�stessa�Rai),�una�societa� denominata�Newcotd�S.p.a.�(denominazione�successivamente�mutata�in�Rai- Way),�con�capitale�sociale�da�essa�detenuto�per�intero,�allo�scopo�di�avvalersene� per�lo�svolgimento�delle�attivita�inerenti�all'installazione�e�all'esercizio�degli� impianti�tecnici.� Con�provvedimento�dell'11�novembre�1999�la�Rai�otteneva�l'autorizza- zione�ministeriale�a�tal�fine�prescritta�dall'art.�1,�quinto�comma�del�decreto� del�Presidente�della�Repubblica�28�marzo�1994�(contenente�l'approvazione� della�convenzione�tra�il�Ministero�delle�poste�e�delle�telecomunicazioni�e�la� Rai�per�la�concessione�in�esclusiva�del�servizio�pubblico�di�diffusione�circo- lare�di�programmi�sonori�e�televisivi�sull'intero�territorio�nazionale).�Quindi,� con�atto�di�conferimento�del�29�febbraio�2000,�trasferiva�a�RaiWay�il�ramo� aziendale�costituito�dalle�attivita�,�beni�e�organizzazione,�gia�assicurato�dalla� �Divisione�trasmissione�e�diffusione��della�stessa�Rai.� In�data�5�giugno�2000�le�due�societa�sottoscrivevano�un��contratto�di� fornitura�di�servizi�di�trasmissione�e�diffusione�,�con�il�quale�la�Rai�affidava� a�RaiWay�(ai�sensi�della�precitata�convenzione�e�dell'autorizzazione�ministe- riale�dell'11�novembre�1999)��la�fornitura�dei�servizi�relativi�all'installazione,� manutenzione�e�gestione�di�reti�di�telecomunicazioni�e�la�prestazione�di�ser- vizi�di�trasmissione,�distribuzione�e�diffusione�di�segnali�e�di�programmi� radiofonici�e�televisivi��e�RaiWay�si�impegnava�a�garantire�lo�svolgimento� di�tali�servizi��in�conformita�con�i�livelli�di�servizio,�copertura�e�continuita� previsti�dalla�convenzione�e�dal�contratto�di�servizio�,�stipulato�tra�la�Rai�e� l'Amministrazione�concedente.� Con�nota�prot.�n.�0079/11983�del�28�marzo�2000,�la�Rai�notiziava�il� Ministero�delle�comunicazioni�di�aver�proceduto�a�conferire�in��Rai�Way��il� ramo�aziendale�costituito�dall'ex��Divisione�diffusione�e�trasmissione��e�di� aver�avviato�la�procedura�di�collocamento�sul�mercato�di�una�quota�minori- taria,�non�superiore�al�49%,�della�sua�partecipazione�nel�capitale�di�RaiWay.� Con�contratto�di�compravendita,�sottoscritto�in�data�27�aprile�2001,�pre- vio�acquisto�della�partecipazione�detenuta�dalla�Rai�Trade�S.p.a.,�la�Rai� cedeva�alla�CCR�S.r.l.,�societa�indirettamente�controllata�da�Crown�Castle� Internazional�Corporation,�le�azioni�rappresentative�del�49%�del�capitale� della�RaiWay�contro�il�versamento�di�lire�791,4�miliardi�e�sottoscrivendo� con�il�partner�dei�patti�parasociali�finalizzati�a�disciplinare�l'esercizio�delle� rispettive�prerogative�di�soci.� Nel�contratto�di�compravendita�azionaria�si�stabiliva�l'automatica�riso- luzione�dell'accordo�di�cessione�nel�caso�di��mancato�rilascio�dell'incondizio- nata�autorizzazione�da�parte�dell'Autorita�garante�della�concorrenza�e�del� mercato,�ai�sensi�e�per�gli�effetti�della�legge�n.�287/1990�,��e/o�di�mancato� rilascio�da�parte�del�Ministero�dell'attestazione�di�conformita�dell'operazione� alla�convenzione�e�all'autorizzazione�dell'11�novembre�1999,�entro�il�termine� di�sei�mesi�dalla�data�di�stipulazione�del�contratto�(27�aprile�2001)�.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO Nella�medesima�data�di�sottoscrizione�del�contratto,�l'operazione�veniva� comunicata�alla�precitata�Autorita�garante�e�al�Ministero.� L'Autorita�antitrust�riteneva�di�non�dover�avviare�l'istruttoria�di�cui� all'art.�16,�quarto�comma,�della�legge�n.�287/1990�e�analoga�determinazione� veniva�assunta�dall'Autorita�per�le�garanzie�nelle�comunicazioni.� Diversamente,�il�Ministero,�nella�considerazione�che�l'operazione� dovesse�essere�preventivamente�autorizzata,�con�provvedimento�del�26�otto- bre�2001,�negava�la��presa�d'atto��della�cessione�della�partecipazione�aziona- ria�in�questione.� Conseguentemente,�la�Crown�Castle�chiedeva�la�risoluzione�del�con- tratto�e�la�Rai�provvedeva�alla�restituzione�del�prezzo�delle�azioni�e�gli�inte- ressi�maturati�dalla�data�di�stipulazione�del�contratto.� Asserendo�l'illegittimita�del�provvedimento�negativo,�la�Rai�e�insorta,� con�ricorso�notificato�in�data�23�novembre�2001,�chiedendone�l'annullamento� e�l'adozione�di�una�decisione�che,�disponendo�la�reintegrazione�in�forma�spe- cifica,�emetta�un�provvedimento�che�tenga�conto�della��presa�d'atto��negata� dal�Ministero�o,�in�subordine,�condanni�quest'ultimo�al�risarcimento�dei� danni�sub|�ti.� Dopo�aver�premesso�alcune�considerazioni�sulla�caratterizzazione�del- l'atto�impugnato�che,�in�ragione�della�sua�natura�ibrida,�dovrebbe�qualificarsi� come�dichiarazione�di�scienza�piuttosto�che�come�atto�autorizzatorio�(come� riferito�nell'atto�medesimo)�la�ricorrente�ne�deduce�l'illegittimita�per�incom- petenza,�eccesso�di�potere,�sotto�distinti�profili,�violazione�e�falsa�applica- zione�di�legge.� Costituendosi�in�giudizio�l'amministrazione�intimata�ha�replicato�alle� tesi�contenute�in�ricorso�del�quale�ha�eccepito,�in�via�preliminare,�l'inammis- sibilita�e,�nel�merito,�l'infondatezza.� Con�atto�notificato�in�data�25�febbraio�2002�ha�dispiegato�intervento�ad� opponendum�lo�SNATER,�nella�qualita�di�Sindacato�nazionale�autonomo� telecomunicazioni-radiotelevisioni.� Alla�pubblica�udienza�del�27�febbraio�2002,�sulle�conclusioni�delle�parti,� il�ricorso�e�stato�trattenuto�in�decisione.� Diritto 1.��Oggetto�dell'impugnativa�e�il�provvedimento�in�data� 26�ottobre�2001,�con�il�quale�il�Ministero�delle�comunicazioni�ha�espresso�il� proprio�diniego�alla��cessione�da�parte�della�Rai�a�CCR�S.r.l.�delle�azioni� rappresentative�del�49%�del�capitale�di�RaiWay�S.p.a.�.� La�determinazione�impugnata�risulta�preliminarmente�motivata�con�la� circostanza�che�il�contratto�di�cessione�delle�azioni�di�RaiWay�avrebbe� postulato�la�preventiva�autorizzazione�ministeriale;�e�cio�in�conformita�al� provvedimento�del�Ministro�delle�comunicazioni�dell'11�novembre�1999,� che�aveva�autorizzato�la�Rai�ad�avvalersi�di�una�societa�da�quest'ultima� controllata�per�lo�svolgimento�delle�attivita�inerenti�all'installazione�e�all'e- sercizio�degli�impianti�tecnici,�ai�sensi�dell'art.�1,�quinto�comma,�della�con- venzione��intervenuta�tra�il�Ministero�delle�poste�e�delle�telecomunica- zioni�e�la�Rai��approvata�con�decreto�del�Presidente�della�Repubblica� del�28�marzo�1994.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE241 La�mancata��presa�d'atto��in�ordine�all'intervenuta�operazione�commer- ciale�si�sostiene,�poi,�fondamentalmente�sulle�argomentazioni�di�seguito� riportate:� �gli�impianti�di�RaiWay�avrebbero�una��potenzialita�di�applicazione� tale�da�poterli�sfruttare�anche�per�delicatissimi�compiti�di�sicurezza��e��solo� una�gestione�realmente�riconducibile,�anche�indirettamente�alla�parte�pub- blica��potrebbe�garantirne�la�piena�disponibilita�;� ��la�valutazione�sugli�impianti�in�questione��sarebbe��analoga�a� quella�fatta�nel�lontanissimo�1991�dall'IRI�;� �i�patti�parasociali�sottoscritti�contestualmente�alla�stipula�del�con- tratto�di�compravendita�conferirebbero�al��partner�un�potere�di�indirizzo� strategico�dell'attivita�di�RaiWay�addirittura�superiore�a�quello�del�socio� di�maggioranza;� �in�conclusione,��il�controllo�di�RaiWay��non�farebbe��piu�capo� alla�concessionaria,�con�conseguente�alterazione�delle�condizioni�dell'autoriz- zazione�rilasciata�dal�Ministero�alla�Rai�con�provvedimento�11�novembre� 1999�.� 2.��Insorgendo�contro�il�provvedimento�ministeriale�negativo�la� societa�concessionaria�ne�contesta�la�legittimita�sostenendo�che�il�Ministero� avrebbe�agito�con�incompetenza,�in�carenza�di�un�potere�autorizzatorio�in� ordine�all'intervenuta�attivita�contrattuale,�con�eccesso�di�potere�per�svia- mento,�difetto�di�istruttoria�e�di�motivazione,�e,�nel�merito,�con�valutazioni� erronee�circa�l'asserita�perdita�di�controllo�da�parte�della�Rai�nei�confronti� della�societa�RaiWay.� 3.��Resistendo�al�ricorso�l'amministrazione�intimata�ne�eccepisce�l'i- nammissibilita�sotto�piu�profili:�per�carenza�di�interesse�all'impugnativa;�per� difetto�di�giurisdizione�del�giudice�amministrativo�in�relazione�al�rapporto� controverso�(che�si�innesterebbe�su�una�pretesa�attinente�a�diritti�soggettivi� derivanti�dal�contratto�di�cessione�di�una�partecipazione�azionaria)�e�alla� natura�dell'atto�impugnato�(che,�in�ragione�dell'ampia�discrezionalita� politico-amministrativa�che�lo�caratterizza,�si�atteggerebbe�ad�atto�politico�o� comunque�di�alta�amministrazione).� 4.��Ladisaminadelleeccezionipregiudizialiinordineall'ammissibilita�del� ricorso�postulalapreliminaredefinizionedellanaturadell'atto�impugnato.Anche,� perche�,�in�dissonanza�con�la�prospettazione�in�proposito�svolta�dalla�difesa�era- riale,�la�parte�ricorrente�attribuisce�all'atto�impugnato��natura�ibrida�,�sostanzial- mente�configurandolo,�poi,�come��dichiarazione�di�scienza�,�nella�considerazione� che�il�Ministero�sarebbe��stato�chiamato�dalle�parti�ad�esprimere�una�valutazione� sulla�regolarita�dell'operazione��(di�cessione�delle�azioni�di�RaiWay).� La�messa�a�fuoco�della�caratterizzazione�giuridica�dell'atto�impugnato� rende�pero�opportuna�la�puntuale�descrizione�dei�fatti�entro�cui�si�iscrive�la� vicenda�all'esame.� Con�provvedimento�dell'11�novembre�1999,�la�Rai�veniva�autorizzata� dal�Ministero�delle�comunicazioni��ai�sensi�dell'art.�1,�quinto�comma,�della� convenzione�Stato-Rai,�approvata�con�decreto�del�Presidente�della�Repub- 242RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO blica�28�marzo�1994��ad�avvalersi�di�una�societa�per�azioni,�la�Newcotd,� interamente�posseduta�e�controllata�dalla�stessa�Rai,�per�lo�svolgimento�delle� attivita�inerenti�all'installazione�e�all'esercizio�tecnico�degli�impianti�di�cui� all'art.�1,�quarto�comma,�lettera�a) di�detta�convenzione.� Nell'atto�autorizzativo�si�stabiliva�espressamente�che:��ogni�variazione� dell'attuale�assetto�di�controllo�della�New.Co.�TD�S.p.a.,�da�parte�di�codesta� Societa�,�deve�essere�preventivamente�autorizzata�da�questo�Ministero�.� In�seguito,�la�predetta�societa�Newcotd�mutava�la�propria�denominazione�in� RaiWay�S.p.a.,�alla�quale,�con�atto�del�29�febbraio�2000,�veniva�trasferito�il�ramo� aziendale�costituito�dall'ex��Divisione,�diffusione�e�trasmissione��della�stessa�Rai.� Nel�comunicare�al�Ministero�l'intervenuto�conferimento�a�RaiWay�del� predetto�ramo�aziendale,�la�Rai,�con�nota�del�28�marzo�2000,�dava�assicura- zione�del�fatto�che�l'operazione�non�aveva��comportato,�ai�sensi�di�quanto� disposto�nella�quarta�proposizione�del�citato�provvedimento�ministeriale�(id est:�dell'11�novembre�1999)�variazione�alcuna�dell'assetto�di�controllo�che,� per�tipologia,�forme�e�strumenti�di�acquisizione�e�di�mantenimento�rimane� quello�di�cui�all'art.�2359,�comma�1,�n.�1,�codice�civile�esistente�al�momento� del�rilascio�dell'autorizzazione�ad�avvalersi�di�societa�controllate�per�l'eserci- zio�delle�attivita�assentite�in�concessione�.�Soggiungeva,�poi,�la�Rai�che�il� proprio�consiglio�di�amministrazione,��all'esito�delle�procedure�selettive�� aveva��deliberato�di�conferire�alla�societa�Merrill�Lynch�l'incarico�sospensi- vamente�condizionato�all'omologazione�della�delibera�di�aumento�di�capitale� di�RaiWay�di�svolgere�le�funzioni�di�advisor�affinche�assista�la�Rai�nella�pro- cedura�di�collocamento�di�una�quota�minoritaria,�non�superiore�al�49%�e,� orientativamente,�non�inferiore�al�30%�della�sua�partecipazione�nel�capitale� RaiWay�.� Con�nota�del�27�aprile�2001,�la�Rai�informava�il�Ministero�delle�comuni- cazioni�di�aver�stipulato,�in�pari�data,�un�contratto�di�compravendita�avente� ad�oggetto�la�cessione��alla�CCR�S.r.l.,�societa�indirettamente�controllata� da�Crown�Castle�Internazional�Corp.,�le�azioni�rappresentative�del�49%�del� capitale�della�RaiWay,�mantenendo�quindi�la�titolarita�del�residuo�51%�del� capitale�sociale�.�Informava,�altres|�,�che,�contestualmente�alla�sottoscrizione� del�contratto�le�parti�avevano�sottoscritto�dei��patti�parasociali��finalizzati� a�disciplinare�l'esercizio�delle�rispettive�prerogative�dei�soci.� Al�contratto,�reso�subito�efficace�tra�le�parti,�accedevano�due�condizioni� risolutive�consistenti:�la�prima,�nel�mancata�rilascio�dell'autorizzazione�all'o- perazione�da�parte�dell'Autorita�garante�della�concorrenza�e�del�mercato,�ai� sensi�della�legge�n.�287/1990;�la�seconda,�nel�mancato�rilascio,�entro�sei�mesi� dalla�data�di�sottoscrizione�del�contratto,�di�una��presa�d'atto��da�parte�del� Ministero�delle�comunicazioni�dell'intervenuta�cessione�e�del�fatto�che�que- st'ultima�fosse�conforme��ai�termini�e�alle�condizioni�della�convenzione�e�del- l'autorizzazione,�con�particolare�riferimento�al�requisito�del�mantenimento� del�controllo�della�RaiWay�da�parte�della�scrivente�Rai�per�le�finalita�della� convenzione�e�dei�relativi�contratti�di�servizi�.� Approssimandosi�la�data�stabilita�per�la��presa�d'atto�,�la�Rai,�con�nota� del�18�ottobre�2001�indirizzata�al�Ministero,�nel�ripercorrere�le�fasi�salienti� del�procedimento,�puntualizzava�come��l'Autorita�del�garante�e�della�concor- IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE renza�del�mercato,�con�provvedimento�protocollo�n.�9859�dell'8�agosto�2001�� aveva��ritenuto�di�non�dover�avviare�l'istruttoria�di�cui�all'art.�16,�comma�4,� della�legge�n.�287/1990�e�che��analoga�determinazione��era��stata�assunta,� con�riferimento�all'operazione�in�parola,�dall'Autorita�per�le�garanzie�nelle� comunicazioni,�con�parere�del�6�agosto�2001�.�Sollecitava�pertanto�l'Ammi- nistrazione�al�rilascio��della�positiva�comunicazione�di�presa�d'atto�,�gia� richiesta�il�precedente�27�aprile,�ricordando�come,��sia�nel�caso�in�cui�non� fosse�rilasciata�alcuna�comunicazione�da�parte�del�Ministero�entro�il�predetto� termine�(del�26�ottobre�2001),�sia�nel�caso�in�cui�il�Ministero�rilasciasse�una� comunicazione�di�diniego�della�richiesta�presa�d'atto,�gli�accordi�negoziali� con�la�Crown�Castle�International�Corporation�perderebbero�di�efficacia,� con�conseguente�obbligo�di�restituzione�a�Crown�Castle�del�prezzo�delle� azioni�RaiWay,�pari�a�lire�791,4�miliardi�oltre�gli�interessi�maturati�dal� 27�aprile�2001�.� Avveniva,�intanto,�in�data�20�ottobre�2001,�che�il�Ministro�delle�comuni- cazioni,�sulla�base�di�un�esame�del�contratto�e�dei�patti�parasociali,�rappre- sentava�alla�Crown�Castle��la�netta�impressione��che��il�rispetto�formale�del- l'autorizzazione�(essendo�RaiWay�posseduta�al�51%�dalla�Rai)��poteva��non� essere�sufficiente�a�modificare�il�quadro�di�sostanziale�perdita�di�controllo� da�parte�della�Rai�di�un'attivita�di�rilevante�interesse�strategico�nazionale�.� Evidenziava,�altres|�,�come��i�fatti�dell'11�settembre�e�gli�sviluppi�successivi�� rendevano��ancora�piu�rilevanti�le�preoccupazioni�circa�le�possibili�limita- zioni�di�un�effettivo�esercizio�del�controllo�su�un�fondamentale�elemento�del� patrimonio�tecnologico�nazionale�da�parte�della�Rai�,�e�cio�imponeva�al� Ministero��un'attenta�considerazione�dei�preminenti�interessi�nazionali�.� Il�successivo�22�ottobre,�il�Presidente�della�societa�statunitense�replicava�che� i�patti�negoziali�conclusi�con�la�Rai�prevedevano�un�ruolo�decisivo�(decisive role)� di�Crown�Castle�nella�conduzione�(in the management)dell'attivita�del�Tower business e�un�ruolo�significativo�nella�gestione�dell'azienda�(anda significant role in themanagement ofRaiWay).�Rappresentava,�poi,�l'intenzione�di�Crown�Cas- tle,�qualora�il�Governo�avesse�deciso�di�procedere�ad�una�privatizzazione�degli� assets in�questione,�di�acquisire�il�pacchetto�di�maggioranza�della�societa�RaiWay� al�fine�di�poter�piu�compiutamente�realizzare�gli�obiettivi�prefissati.� Interveniva,�quindi,�e�infine,�l'atto�del�26�ottobre�2001�con�il�quale�il� Ministero�delle�comunicazioni�negava�la�presa�d'atto�richiesta�con�la�nota� del�27�aprile�2001�preliminarmente�rilevando�come�la�Rai,�anziche�richiedere� la�preventiva�autorizzazione,�cos|�come�stabilito�nel�provvedimento�del- l'11�novembre�1999,�aveva�anticipato�il�perfezionamento�del�contratto�di�ces- sione,�condizionandone�risolutivamente�l'efficacia�alla�mancata��presa� d'atto��dell'Amministrazione.�Soggiungeva�poi,�quanto�al�merito�dell'opera- zione�della�cessione�della�partecipazione�azionaria�in�questione,�che,��con- travvenendo�all'impegno�assunto�dalla�Rai�circa�il�mantenimento�del�con- trollo�di�RaiWay�e�posto�alla�base�dell'autorizzazione�rilasciata�in�data� 11�novembre�1999,�i�patti�parasociali��erano�tali��da�conferire�al�partner�un� potere�di�indirizzo�strategico�dell'attivita�di�RaiWay�addirittura�superiore�a� quello�del�socio�di�maggioranza�.� 244RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO 5.��Cos|�rappresentate�le�scansioni�fattuali�dell'articolata�vicenda,� deve�definirsi�coerentemente�alla�premessa�metodologica�sopra�enunciata� l'effettiva�portata�del�provvedimento�ministeriale�impugnato.�La�quale�va� delineata�sulla�base�dell'oggettivo�contenuto�dell'atto,�riguardato�in�connes- sione�sistematica�con�i�provvedimenti�e�le�attivita�a�cui�esso�accede.� 5.1.��Su�tale�considerazione�non�puo�certamente�aderirsi�alla�concet- tualizzazione�in�proposito�proposta�dalla�difesa�della�ricorrente.� Invero,�affermare�la�natura��ibrida��dell'atto�impugnato,�per�pervenire� poi�alla�conclusione�che�esso�si�qualifichi�come�una��dichiarazione�di� scienza�,�e�il�precipitato�di�una�ricostruzione�fattuale�e�giuridica�della� vicenda�che�non�trova�rispondenza�nei�termini�obiettivi�del�suo�reale�svolgi- mento.�Tale�ricostruzione�poggia,�infatti,�sul�dato�che�il�Ministro�sarebbe� stato�legittimamente�chiamato�dalle�parti�a�esprimere�una�valutazione�sulla� regolarita�dell'operazione�della�cessione�azionaria,�mentre�il�Ministro�mede- simo�si�sarebbe�erroneamente�ritenuto�investito�di�un�potere�autorizzatorio� esercitabile�in�via�preventiva.�Ma�un�siffatto�esito�di�considerazioni�conclu- sive�potrebbe�fondatamente�sostenersi�solo�ove�si�acceda�alla�tesi�dalla� sezione�non�condivisa�per�le�valutazioni�che�saranno�rassegnate�nel�prosieguo� che�la�condotta�della�Rai,�per�quel�che�attiene�alla�perfezionata�attivita�con- trattuale,�si�sia�attivata�e�mantenuta�nei�termini�stabiliti�dalla�convenzione�e� dal�provvedimento�autorizzatorio�dell'11�novembre�1999.� Quanto,�poi,�piu�specificamente�alla�natura�dell'atto�oggetto�dell'impu- gnativa,�sembra�difficilmente�predicabile�il�suo�carattere�di�dichiarazione�di� scienza�che,�come�e�noto,�vale�a�connotare�l'atto�per�i�suoi�profili�intellettivi� (consistendo�essa�nella�manifestazione,�da�parte�di�un�soggetto,�di�una�pro- pria�cognizione,�o�rappresentazione,�o�convinzione,�in�ordine�ad�una�data� situazione)�piuttosto�che�per�quelli�volontaristici�mirati�alla�produzione�di� ben�determinati�effetti.� Orbene,�sotto�tale�riguardo,�e�con�attenta�considerazione�al�contenuto�del- l'atto�ministeriale,�e�certo�che�quest'ultimo�si�caratterizza�per�il�suo�intentovolon- taristico�di�risolvere�l'efficacia�dell'attivita�contrattuale�posta�in�essere�dalla�Rai� con�il�partner�statunitense:�su�tale�non�confutabile�dato�l'atto�non�lascia�di�essere� un�provvedimento�amministrativo�in�quanto�manifestazione�di�volonta�posta�in� essere�da�un'autorita�amministrativa�nell'esercizio�di�una�potesta�pubblica.� Piu�precisamente,�e�come�si�e�enunciato�in�fatto,�ci�si�trova�al�cospetto�di� una�determinazione�autoritativa�con�la�quale�il�Ministro�delle�comunicazioni,� ponendosi�criticamente�nei�riguardi�della�richiesta�avanzata�dalla�Rai�del� rilascio�di�una��presa�d'atto��dell'operazione�commerciale�de qua,ne�ha� denunciato�il�carattere�anomalo�in�quanto�successiva,�e�non�preventiva�(sotto� forma�di�autorizzazione),�alla�stipula�del�contratto.� Con�la�stessa�determinazione,�poi,�il�Ministro,�sulla�base�di�valutazioni� implicanti�profili�di�ampia�discrezionalita�,�ha�negato�l'ammissibilita�dell'in- tervenuta�cessione�azionaria�per�l'opportunita�di�conservare�la�titolarita�degli� impianti,�in�capo�alla�societa�pubblica�concessionaria,�in�ragione�della�loro� rilevante�importanza�strategica,�e�per�l'ulteriore�considerazione�che�la�disci- plina�prevista�nei�patti�sociali�avrebbe�comportato�la�perdita,�da�parte�della� concessionaria�medesima,�del�controllo�di�RaiWay.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE 6.��Quanto�puntualizzato�in�ordine�alla�consistenza�dell'atto�impu- gnato�consente,�sotto�altro�verso,�di�disattendere�le�eccezioni�pregiudiziali�di� inammissibilita�del�ricorso�variamente�sollevate�dalla�difesa�dell'Amministra- zione�resistente.� 6.1.��Non�ha�pregio,�anzitutto,�la�prospettazione�secondo�cui�la�Rai,� in�considerazione�dell'attribuita�natura�di�semplice�dichiarazione�di�scienza� dell'atto�impugnato,�sarebbe�priva�di�interesse�a�coltivare�l'impugnativa.�Si�e� chiarita,�infatti,�l'esatta�portata�concettuale�dell'atto�ministeriale,�puntualiz- zandosi�come�un�approccio�sostanzialistico�non�consente�di�considerarlo�nel� senso�proposto�in�ricorso.� Sotto�altro�verso,�non�puo�accedersi�alla�tesi�del�difetto�di�giurisdizione� del�giudice�amministrativo�nel�rilievo�che�la�pretesa�della�ricorrente�atter- rebbe�esclusivamente�a�diritti�soggettivi�derivanti�dal�contratto�di�cessione� della�partecipazione�azionaria.� E�agevole,�in�proposito,�osservare�che�l'impugnativa�si�dirige�nei� riguardi�di�una�determinazione�ministeriale�cui�non�puo�negarsi�natura�prov- vedimentale.�Deve,�peraltro,�soggiungersi�che�la�situazione�all'esame�radica� certamente�una�controversia�in�materia�di�servizi�pubblici,�come�tale�devo- luta�ex lege alla�giurisdizione�esclusiva�del�giudice�amministrativo,�ai�sensi� dell'art.�33,�secondo�comma,�lettere�b) e�c),�del�decreto�legislativo�31�marzo� 1998,�n.�80,�come�modificato�dall'art.�7�della�legge�21�luglio�2000,�n.�205,� che�riserva�in�particolare�a�detto�giudice�le�controversie�rispettivamente:� �tra�amministrazioni�pubbliche�e�i�gestori�comunque�denominati�di�pubblici� servizi��(lettera�b.)�e��in�materia�di�vigilanza�e�di�controllo�nei�confronti�di� gestori�dei�pubblici�servizi��(lettera�c.).� In�proposito,�non�puo�dubitarsi�del�fatto�che�la�presente�fattispecie,� attinendo�a�questione�afferente�in�sostanza�la�materia�dei�pubblici�servizi� nel�settore�delle�telecomunicazioni,�rientri�nella�precitata�previsione�legi- slativa,�in�quanto�la�Rai�e�concessionaria�in�esclusiva�del�servizio�pubblico� radiotelevisivo.�Qualita�questa�che,�come�puntualmente�rammentato�anche� dalla�difesa�erariale,�comporta�l'attribuzione�alla�concessionaria�della�qua- lifica�di��societa�di�interesse�nazionale��ai�sensi�dell'art.�2461�del�codice� civile.� 6.2.��Ugualmente�da�disattendere�e�l'eccezione�pregiudiziale�di�inam- missibilita�del�ricorso�per�difetto�di�giurisdizione,�desunta�dalla�natura�di�atto� politico�del�provvedimento�impugnato,�come�tale�sottratto�al�sindacato�giuri- sdizionale�ai�sensi�dell'art.�31�R.D.�26�giugno�1924,�n.�1054�(testo�unico�delle� leggi�sul�Consiglio�di�Stato).� In�proposito,�ripetendo�concetti�fin�troppo�noti,�e�appena�il�caso�di� osservare�che,�nell'elaborazione�giurisprudenziale,�la�categoria�degli�atti�poli- tici�risulta�ristretta�a�quegli�atti�palesemente�estranei�alla�funzione�ammini- strativa�in�quanto�espressione�di�una�potesta�costituzionale�e�di�governo.� Trattasi,�in�particolare,�di�atti�di�cos|�pregnante�necessita�per�il�funziona- mento�del�nostro�sistema�costituzionale�che�non�sono�idonei�a�rifluire�lesiva- mente�in�via�diretta�su�interessi�individuali�e�non�sono,�pertanto,�suscettibili� di�essere�assoggettati�al�sindacato�giurisdizionale.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO Orbene,�per�quanto�il�provvedimento�impugnato�involga�la�responsabi- lita��politica�del�titolare�del�Dicastero,�non�puo��di�certo�affermarsi�che�il�con- tenuto�dell'atto�sia�permeato�di�un�cos|��totale�rilievo�e�significato�politico� da�giustificare�la�sua�sottrazione�alla�tutela�giurisdizionale�garantita�dal- l'art.�113�della�Costituzione�per�le�situazioni�soggettive�lese�dai�provvedi- menti�delle�autorita��amministrative.� 6.3.��Anche�l'ultima�eccezione�pregiudiziale,�che�fa�leva�sul�concetto� di�attivita���di�alta�amministrazione��per�inferire�la�non�giustiziabilita��del� provvedimento�ministeriale,�non�e��da�condividere.� Infatti,�anche�se�connotato�da�amplissima�discrezionalita��,�l'atto�di�alta� amministrazione�e��pur�sempre�un�vero�e�proprio�atto�amministrativo,�e�come� tale�sicuramente�sindacabile�in�sede�giurisdizionale;�sicche�,�per�tale�via,�l'as- serita�caratterizzazione�giuridica�del�provvedimento�ministeriale�non� potrebbe�essere�valorizzata�per�affermarne�la�sua�non�impugnabilita��.� 7.��Il�ricorso�e��pertanto�ammissibile.�Esso,�pero��,�non�merita�accogli- mento�alla�stregua�delle�considerazioni�che�seguono.� 7.1.��Non�e��anzitutto�fondato�l'iniziale�motivo�di�ricorso,�con�il�quale� e��dedotta�l'incompetenza�del�Ministro�ad�adottare�l'atto�impugnato.�Si� sostiene,�in�particolare,�che,�ai�sensi�dell'art.�4,�primo�comma,�del�decreto� legislativo�30�marzo�2001,�n.�165�(che�riproduce�pedissequamente�l'art.�3�del� decreto�legislativo�n.�29/1993)�l'adozione�degli�atti�e�dei�provvedimenti�di� competenza�dei�Ministeri�e�le�relative�responsabilita��spettano�ai�dirigenti�e� non�ai�ministri,�cui�compete�invece�l'indirizzo�politico-amministrativo.� 7.1.1.��Deve�al�riguardo�osservarsi�richiamando�argomentazioni�gia�� svolte�che�il�provvedimento�impugnato,�quale�esplicazione�di�potesta��di�vigi- lanza�e�di�controllo�rientranti�nell'ambito�della�responsabilita��politica�del� Ministro,�legittimamente�radica�in�capo�a�questi�la�competenza�dell'adozione� dell'atto.� Non�puo��,�poi,�sottacersi�come�puntualmente�rilevato�dalla�resistente�che� l'originaria�autorizzazione�dell'11�novembre�1999�ad�avvalersi�di�societa��con- trollata,�ai�sensi�della�convenzione�di�cui�al�decreto�del�Presidente�della� Repubblica�28�marzo�1994,�e��stata�rilasciata�dall'autorita��ministeriale�del� tempo�e�che�sulla�legittimita��di�tale�competenza�non�sono�mai�stati�adom- brati�dubbi�o�formulate�contestazioni.� 7.2.��Da�disattendere�e��anche�l'ulteriore�motivo,�con�il�quale�si�contesta� l'esistenza�in�capo�al�Ministro,�di�un�preventivo�potere�autorizzatorio�per�il�sem- plice�mutamento�della�partecipazione�azionaria�della�societa��controllata.� La�censura�merita�attenta�disamina�perche�attiene�all'aspetto�fondamen- tale�della�presente�controversia.� Sostiene�la�ricorrente�che�i�casi�in�cui�al�Ministero�spetta�un�potere� autorizzatorio,�rispetto�a�singole�operazioni�di�gestione,�sono�specificamente� e�tassativamente�individuate�dalla�convenzione�e�dal�contratto�di�servizio�e� che�l'ipotesi�ricorrente�nel�caso�di�specie��cessione�a�terzi�di�una�partecipa- zione�azionaria�nel�capitale�di�societa��costituita�dalla�Rai�ai�sensi�dell'art.�1,� quinto�comma,�della�convenzione��non�sarebbe�disciplinata�ne�dalla�con- venzione�medesima,�ne�dal�contratto�di�servizio.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE 7.2.1.��La�tesi�non�e��condivisibile�e�appare�smentita�da�una�piana� interpretazione�degli�atti�amministrativi�e�regolamentari�che,�in subiecta materia,�disciplinano�il�potere�autorizzatorio�ministeriale.� La�piu��volte�menzionata�previsione�contenuta�nell'art.�1,�quinto�comma,� della�convenzione�a�suo�tempo�intervenuta�tra�il�Ministero�delle�poste�e�delle� telecomunicazioni�e�la�Rai,�e�concedente�a�quest'ultima�in�esclusiva�sull'in- tero�territorio�nazionale�il�servizio�pubblico�di�diffusione�di�programmi� radiofonici�e�televisivi,�cos|��testualmente�dispone:��La�societa��concessionaria� puo��,�previa�autorizzazione�del�Ministero�delle�poste�e�delle�telecomunica- zioni,�avvalersi,�per�attivita��inerenti�all'espletamento�dei�servizi�concessi,�di� societa��da�essa�controllate�.� Va�soggiunto�che,�coerentemente�con�la�riportata�disposizione,�il�prov- vedimento�dell'11�novembre�1999��con�il�quale�il�Ministro�delle�comunica- zioni�aveva�autorizzato�la�Rai�ad�avvalersi�della�societa��per�azioni�Newcotd� per�lo�svolgimento�delle�attivita��inerenti�all'installazione�e�all'esercizio�degli� impianti�di�cui�all'art.�1,�quarto�comma,�della�convenzione��stabiliva� espressamente�che��ogni variazione�dell'attuale�assetto�di�controllo�della� New.�Co.�TD�S.p.a.�da�parte�di�codesta�societa��deve�essere�preventivamente� autorizzata�di�questo�Ministero�.� Orbene,�in�tale�contesto�dispositivo�che,�stante�la�sua�chiarezza,�non�puo�� essere�inteso�che�attraverso�l'elemento�filologico�delle�espressioni�letterali� impiegate�non�possono�trovare�posto�le�argomentazioni�della�parte�ricor- rente�della�non�necessita��della�preventiva�autorizzazione�ministeriale�nell'ipo- tesi�che�ne�occupa,�costituita�dal�mutamento�della�partecipazione�azionaria� della�societa��controllata.� A�parere�della�sezione�l'esistenza�del�preventivo�potere�autorizzatorio,� da�parte�del�Ministero,�era�chiaramente�desumibile�ex se dalla�riportata�pre- visione�di�cui�al�quinto�comma�dell'art.�1�della�convenzione,�che�postulava� l'autorizzazione�ministeriale�in�caso�di�avvalimento,�da�parte�della�concessio- naria,�di�societa��da�quest'ultima�controllate��per�attivita��inerenti�all'espleta- mento�dei�servizi�concessi�.� In�proposito�e��il�caso�di�puntualizzare�che�alla�societa��partecipata�era� stata�appunto�trasferita�ogni�attivita��e�organizzazione�concernente�la�pianifi- cazione,�la�progettazione,�l'installazione,�la�realizzazione,�l'esercizio,�la� gestione,�la�manutenzione,�l'implementazione,�lo�sviluppo,�nonche�la�pro- prieta��degli�impianti�tecnici,�e�che�la�convenzione�ricomprende,�tra�i�servizi� concessi,�(art.�1,�quarto�comma,�lettera�a.-)�l'installazione�e�l'esercizio�tecnico� degli�impianti�e�dei�connessi�collegamenti�di�tipo�fisso.� Sicche�,�come�condivisibilmente�sostenuto�dalla�difesa�dell'Ammini- strazione,�le�parti�non�avrebbero�potuto�procedere�all'alienazione�di�una� quota�azionaria�anche�quando�tale�operazione�non�avesse,�in�ipotesi,� comportato�la�perdita�di�controllo�su�RaiWay�senza�la�preventiva�auto- rizzazione�ministeriale.� Quand'anche,�poi,�dovesse�ritenersi,�in�via�meramente�ipotetica,�che� la�norma�della�convenzione�non�legittimi�l'interpretazione�patrocinata� da�questo�giudice�(il�che�fermamente�si�contesta)�non�potrebbe�comun- que,�e�in�alcun�modo,�confutarsi�che�il�provvedimento�autorizzatorio� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO dell'11�novembre�1999�vincolava�la�concessionaria�a�sottoporre�ad�auto- rizzazione�preventiva�ogni e qualsiasi mutamento dell'assetto�di�controllo� della�New.�Co�TD�e�quindi�di�RaiWay�(che�di�questa�aveva�assunto�la� denominazione).� Va,�in�proposito,�e�peraltro,�rammentato�che�anche�l'Autorita��per�le� garanzie�nelle�comunicazioni,�nell'esprimere�il�1.�agosto�2001�il�proprio� parere�favorevole�all'Autorita��garante�della�concorrenza�e�del�mercato�in� ordine��alla�valutazione�dell'operazione�di�concentrazione�,�avvertiva,�nelle� proprie�conclusioni,�che��l'operazione��doveva�intendersi��subordinata�al� rilascio�di�un'apposita�autorizzazione�da�parte�del�Ministero�delle�comunica- zioni,�ai�sensi�dell'art.�1,�comma�5,�del�decreto�del�Presdiente�della�Repub- blica�28�marzo�1994,�poiche�l'autorizzazione�rilasciata�alla�Rai�l'11�novembre� 1999,�per�lo�svolgimento�delle�attivita��inerenti�all'installazione�e�all'esercizio� degli�impianti�tecnici,�prevede�che�ogni�variazione�dell'attuale�assetto�di�con- trollo�della�societa��New.�Co�TD�S.p.a.�(ora�Rai�Way)�da�parte�della�Rai� debba�essere�preventivamente�autorizzata�dal�Ministero�stesso�.� Consegue,�dall'esposto�ordine�di�considerazioni,�che�la�ricorrente,�nell'o- perazione�commerciale�di�cessione�della�partecipazione�di�minoranza�in�Rai- Way,�ha�posto�in�essere�una�procedura�anomala�e�affatto�dissonante�dai�ter- mini�e�dalle�condizioni�imposte�dalla�convenzione�Stato-Rai�e�dall'autorizza- zione�ministeriale�intervenuta�in�data�11�novembre�1999,�prevedendo� arbitrariamente,�in�luogo�della�necessaria�e�preventiva�autorizzazione�for- male,�un�successivo�atto�di�assenso�ministeriale,�sotto�forma�di��presa� d'atto�,�con�funzione�di�condizione�risolutiva�del�gia��perfezionato�ed�efficace� contratto�di�cessione.� Ne�potrebbe�sostenersi,�come�pure�la�ricorrente�lascia�trasparire�in�sede� di�esposizione�fattuale�della�vicenda,�che�una�richiesta�di�autorizzazione�pre- ventiva�era�stata�comunque�avanzata�con�la�nota�del�28�marzo�2001.�Infatti,� tale�nota,�per�quel�che�qui�interessa�rilevare,�era�diretta�a�preannunciare�la� volonta��della�concessionaria�di�collocare�sul�mercato�una�quota�minoritaria� della�sua�partecipazione�nel�capitale�RaiWay�e�con�essa�non�era�stata�avan- zata�domanda�di�autorizzazione�preventiva�all'operazione�di�cessione,�attra- verso�la�sottoposizione�al�vaglio�ministeriale�dello�stipulando�contratto�di� cessione.� 8.��La�mancata�richiesta,�da�parte�della�concessionaria,�della�preven- tiva�autorizzazione�ministeriale�al�contratto�di�cessione,�e�la�conseguente� denuncia�dell'attivazione�di�una�procedura�anomala�nella�conclusione�dell'at- tivita��di�compravendita�in�questione,�costituiva�certamente�elemento�autono- mamente�significativo,�sotto�il�profilo�della�rilevanza�giuridica,�per�radicare� il�legittimo�diniego�dell'Autorita��ministeriale�all'invocata��presa�d'atto�.� Il�provvedimento�negativo�ministeriale�non�si�e��limitato,�pero��,ad�evi- denziare�l'anomalia�della�procedura�seguita�dalla�Rai�con�la�richiesta��presa� d'atto�.�Esso�si�compone,�infatti,�di�una�parte�ulteriore�in�cui,�con�valuta- zioni�attinenti�al�merito�dell'operazione�di�cessione�azionaria,�e�nel�rilievo� dell'opportunita��di�conservare�in�capo�alla�societa��concessionaria�la�titolarita�� degli�impianti�(indipendentemente�dalla�semplice�rilevanza�commerciale� degli�stessi,�perche�asseritamente�non�commensurabile�alla�loro�importanza� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE strategica),�si�afferma�l'inammissibilita�della�cessione,�cos|�come�disciplinata� nei�patti�parasociali�concordati�tra�le�parti,�in�quanto�foriera�di�una�sostan- ziale�perdita�di�controllo�di�RaiWay�da�parte�della�concessionaria�pubblica.� 8.1.��In�ordine�a�tale�parte�dispositiva�del�provvedimento�ministeriale� la�ricorrente�deduce�un�complesso�di�censure�mirate�a�denunciare�l'eccesso� di�potere,�sotto�svariati�profili,�in�cui�sarebbe�incorsa�l'Autorita�procedente� nell'attivita�valutativa�conducente�al�giudizio�finale,�secondo�cui�con�la�con- clusione�dei�patti�parasociali,�la�Rai,�contravvenendo�all'impegno�assunto�in� convenzione,�non�avrebbe�mantenuto�il�controllo�della�societa�(RaiWay)� della�quale�si�e�avvalsa�per�l'esercizio�dei�servizi�concessi.� 8.2.��Rileva�preliminarmente�la�sezione,�in�coerenza�con�la�natura� dell'atto�ministeriale,�in�parte�qua�connotato�da�sicuri�elementi�di�ampia� discrezionalita�cui�sono�commisti�anche�profili�valutativi�che�impingono�al� merito�tecnico�dell'operazione�in�questione�che�il�sindacato�giurisdizionale� di�legittimita��nella�specie�certamente�ammissibile,�vertendosi,�pur�sempre,� come�in�precedenza�argomentato,�al�cospetto�di�un�provvedimento�ammini- strativo��deve�mirare�a�saggiare�se,�attraverso�la�motivazione�dell'atto,�le� scelte�valutative�discrezionali�operate�dall'Amministrazione�presentino�pro- fili,�o�comunque,�sintomi�di�incongruita�.� 8.3.��In�proposito�valgano�le�seguenti�considerazioni.� Nell'atto�impugnato�si�evidenzia�come�i�patti�parasociali,�sottoscritti� dalle�parti�contestualmente�al�contratto�di�cessione,�conferivano�al�partner� un�potere�di�indirizzo�strategico�dell'attivita�di�RaiWay�superiore�a�quello� di�maggioranza.� Tanto�e�stato�desunto�da�un�complesso�di�elementi�valutativi�riferiti�ai� seguenti�settori�di�osservazione.� 1.�Gestione�della�societa�.� I�patti�parasociali�prevedevano�(art.�3,�lettera�c.-)�che,�per�l'approva- zione�di�sedici�delibere�(approvazione�e�modifica�di�qualsiasi�business�plan�o� budget;�acquisto�di�partecipazione�in�societa�,�rami�d'azienda�ect;�sottoscri- zione�di�contratti�di�finanziamento�per�impianti�superiori�a�dieci�miliardi� per�singola�operazione�o�cinquanta�miliardi�per�il�totale�delle�operazioni;� modifica,�sospensione,�revoca�o�cessazione�di�ogni�tipo�di�consenso�rilevante� per�la�societa�;�stipula�di�qualsiasi�rilevante�accordo,�ivi�compreso�il�contratto� di�servizio�anche�con�soggetti�diversi�dalla�Rai;�decisione�circa�transazioni�o� azioni�legali�di�valore�superiore�a�dieci�miliardi;�rapporti�di�lavoro�e�deleghe;� finanziamenti;�conclusioni�di�contratti;�costituzione�di�societa�controllate;� costituzione�di�garanzie;�concessioni�di�prestiti;�proposta�di�ammissione�a� quotazione�della�societa�;�accordi�di�consulenza�di�durata�superiore�a�dodici� mesi�o�di�importo�superiore�a�cinquecento�milioni;�stipula,�cessazione�o� modifica�di�qualsiasi�accordo�di�importo�superiore�a�dieci�miliardi�incidente� sulla�gestione�del�c.d.�Tower�business)�fosse�necessario,�su�un�consiglio�di� amministrazione�costituito�di�otto�elementi�(cinque�nominati�dalla�Rai�e�tre� dal�partner),�il�voto�favorevole�di�almeno�due�consiglieri�di�designazione�del� partner�(ossia�del�socio�di�minoranza).� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO 2.�Collegio sindacale. L'art.�4�prevedeva�una�prevalenza�nel�controllo�da�parte�del�socio�di� minoranza�dal�momento�che�questi�avrebbe�nominato�due�sindaci�a�fronte� dell'unico�sindaco�nominato�dalla�Rai.� 3.�Nomine. L'art.�6�prevedeva�la�creazione�del�Business Devolopment Officer,�figura� centrale�al�quale�delegare�pieni�poteri�equiparabili�ai�poteri�delegati�all'am- ministratore�delegato�dal�Consiglio�di�amministrazione,�limitatamente�alla� gestione�delle�attivita�della�societa�nel�Tower business,�di�rilevante�interesse� strategico.� 4.�Maggioranza in assemblea straordinaria. L'art.�5,�lettera�b),�prevedeva�una�maggioranza�del�67%�per�le�materie� di�competenza�dell'assemblea�straordinaria�sia�in�prima�che�in�seconda�con- vocazione,�con�conseguente�assegnazione�al�partner di�un�potere�di�blocco� sulle�delibere�di�detta�assemblea.� 5.�Divieto di concorrenza. L'art.�9,�lettera�a),�prevedeva�il�divieto�di�concorrenza�del�partner per�un� periodo�di�un�solo�anno�dalla�perdita�della�qualita�di�socio,�mentre�nella� prima�stesura�dei�patti�parasociali,�predisposti�dalla�Rai,�il�periodo�di�non� concorrenza�era�stabilito�in�cinque�anni.� 8.4.��Tutto�cio�premesso,�nell'obiettiva�considerazione�delle�situa- zioni�singolarmente�indicate,�sembra�plausibile�l'affermazione�di�fondo� sottesa�al�provvedimento�impugnato,�e�cioe�che�la�cessione�della�partecipa- zione�azionaria�di�RaiWay,�formalmente�contenuta�nella�quota�minorita- ria�del�49%,�comportasse�nella�sostanza�un'influenza�del�partner sostan- zialmente�superiore�a�quella�spettantegli�in�base�all'effettiva�partecipa- zione�azionaria.� In�proposito�non�puo�che�aderirsi�a�quanto�osservato�dalla�difesa�del- l'Amministrazione�in�ordine�agli�elementi�che,�in�base�della�stessa�disciplina� civilistica�(art.�2359�del�codice�civile,�come�modificato�dall'art.�1�del�decreto� legislativo�n.�127/1991,�che�contiene�la�definizione�di�societa�controllate),�val- gono�a�connotare�il�rapporto�di�controllo.�Il�quale�non�si�individua�soltanto� in�ragione�di�un�preciso�rapporto�giuridico�(come,�ad�esempio,�dalla�consi- stenza�della�partecipazione�azionaria;�c.d.�controllo�di�diritto:�art.�2359�del� codice�civile,�primo�comma,�n.�1),�ma�anche�per�effetto�di�un'influenza�domi- nante�esercitata�dalla�societa�su�altra�societa�in�virtu�di�particolari�vincoli� contrattuali�con�quest'ultima�(c.d.�controllo�di�fatto:�art.�2359�del�codice� civile,�primo�comma,�n.�3).� Orbene,�il�provvedimento�impugnato�con�procedimento�valutativo�che,� nei�limiti�del�sindacato�di�legittimita�,�appare�immune�da�vizi�logici�ha�perti- nentemente�valorizzato�la�nozione�di�controllo�di�fatto,�evidenziando�come� la�peculiare�disciplina�dei�patti�parasociali�annessi�al�contratto�rivelassero� un'ingerenza�del�partner�tale�da�configurare�un'influenza�dominante�nel�con- trollo�societario�di�RaiWay.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE Non�poteva,�poi,�non�considerarsi�che�una�tale�ingerenza�avrebbe�inte- ressato�un�settore�inerente�a�un�complesso�di�impianti�trasmittenti�e�di�colle- gamento�installati�su�tutto�il�territorio�nazionale,�utilizzabili�anche�per�servizi� a�terzi�di�assoluta�importanza�strategica�e�di�sicuro�rilievo�internazionale.� Non�sembra�ex adverso concludente�la�tesi�della�concessionaria�ricor- rente�tendente�a�minimizzare�la�consistenza�dei�patti�parasociali�ai�fini�della� vanificazione�del�controllo;�e�cio�nella�considerazione�che�quest'ultimo�appa- riva�comunque�positivamente�garantito�da�quanto�affermato,�in�sede�di� �principi�generali��(art.�1),�circa��l'effettivo�controllo�della�gestione�comples- siva�della�societa���che�non�avrebbe�non�potuto�non�rimanere��di�competenza� della�Rai,�quale�socio�di�maggioranza�.� Infatti,�e�sulla�base�dell'effettiva�portata�e�incidenza�di�tali�patti,�e� facendo�utilizzazione�della�categoria�civilistica�del�controllo�di�fatto,�che� l'Autorita�ministeriale�e�pervenuta�alla�considerazione�dell'attribuzione�al� partner di�un�potere�di�indirizzo�strategico�debordante�rispetto�alla�consi- stenza�quantitativa�della�rilevata�partecipazione�azionaria.� Quanto,�poi,�al�rilievo�che�i�patti�parasociali�non�avrebbero�potuto� considerarsi�concludenti�ai�fini�della�perdita�di�controllo�da�parte�della� Rai�sulla�societa�RaiWay,�e�il�caso�di�osservare�che�le�delibere�di�cui�al� precitato�art.�3,�lettera�c),�riguardavano�materie�interessanti�le�principali� attivita�della�societa�.� Peraltro,�non�e�senza�rilievo�la�circostanza�(e�cio�ulteriormente�invera�la� tesi�della�sostanziale�perdita�di�controllo�da�parte�della�concessionaria�sulla� societa�RaiWay)�che�e�stata�la�stessa�Crown�Castle,�nella�corrispondenza� intercorsa�con�il�Ministro�delle�comunicazioni�appena�prima�dell'adozione� del�provvedimento�impugnato,�a�riconoscere�che�i�patti�negoziali�che�accede- vano�al�contratto�di�cessione�della�partecipazione�azionaria�prevedevano�un� ruolo�di�grande�e�decisivo�rilievo�della�societa�statunitense�nella�gestione�di� RaiWay.� 9.��Alla�stregua�di�tutte�le�considerazioni�che�precedono�il�ricorso�va� respinto.� La�complessita�elanovita�delle�questioni�trattate�spingono�a�compen- sare�tra�le�parti�spese�di�lite�e�onorari�di�causa.� (omissis) � . Nelpubblicare�la�sentenza�dellaIIsezione�del�TAR�Laziosulla�questioneRAI� Way,�ilpensiero�commosso�della�redazione�va�alpresidente�Filippo�Marzano� che,�nel�settembre�di�quest'anno,�e�venuto�prematuramente�a�mancare.� Ipareri delcomitato consultivo Ipareri delcomitato consultivo PARERE DEL 23 OTTOBRE 2000 N. 108136. Cose�aventi�interesse�storico-artistico:�a)�beni�di�interesse�storico-artistico� di�proprieta�di�enti�pubblici�non�inseriti�negli�elenchi�previsti�dall'art.�4,�legge� 1.�giugno�1939,�n.�1089:�a�quali�condizioni�possa�ritenersi�sussistente�il�vincolo� ex�legge�n.�1089/1039�cit;�b)�societa�per�azioni�derivanti�da�trasformazione�di� entepubblicoeconomico�(nellaspecieFerroviedelloStatoS.p.a.):seaibenidi� interesse�storico-artistico�delle�ridette�societa�si�applichi�la�disciplina�di�cui� agli�articoli�4,�legge�n.�1089/39�e�5�D.Lgs.�n.�490/1999.�(Consultivo�n.�8177/00,� avv.�D'Amato).� �Un'iniziativa�di�tutela�assunta�dalla�Soprintendenza�ai�Beni�Culturali� ed�Ambientali�di�Palermo�riguardo�ad�edificio�delle�Ferrovie�dello�Stato� S.p.a.�(ordine�di�liberare�dal�traffico�veicolare�il�cortile�del��Palazzo�delle� Ferrovie�)�e�stata�ritenuta�illegittima�dal�Consiglio�di�Giustizia�Amministra- tiva�per�la�Regione�Siciliana�(sent.�148/200),�per�due�ordini�di�motivi�riassu- mibili�nei�seguenti�assunti:� laddove�i�beni�degli�enti�pubblici,�di�cui�all'art.�1�della�legge�1089/39,� non�siano�gia�inseriti�negli�elenchi�previsti�dall'art.�4�della�stessa�legge,�per- che�possa�ritenersi�sussistente�il�relativo��vincolo��l'Amministrazione�deve� �svolgere,�quanto�meno,�un'attivita�di�ricognizione�della�preesistente�situa- zione�fattuale�volta�all'accertamento�dell'esistenza�dei�presupposti�per�la�qua- lificazione�del�bene,�come�bene�di�interesse�artistico�e�storico�,�che�deve�pur� sempre��risultare�da�apposita�documentazione��approntata�dall'Amministra- zione�medesima;� il�trasferimento�del�bene,�gia�appartenente�all'azienda�Autonoma�delle� Ferrovie�dello�Stato,�all'Ente�Ferrovie�dello�Stato�e�la�successiva�trasforma- zione�di�questo�in�societa�per�azioni,�ha�comportato�l'inoperativita�del�gene- rale�vincolo�ex�lege�di�cui�alla�citata�norma�dell'art.�4�legge�n.�1089/39,�che� presuppone�la�natura�pubblica�del�bene,�in�quanto,�come�precisato�nella�sen- tenza�di�primo�grado�del�Tar�Sicilia�(sez.�1�sent.�359/1999),�la�legge� n.�210/1985�profondamente�mutato�sia�la�natura�giuridica�del�soggetto�di� titolarita�sia�quella�del�bene�in�questione.� In�sintesi�i�presupposti�per�l'assoggettamento�ex�lege�alle�prescrizioni� della�legge�n.�1089/39�non�si�sarebbero�mai�verificate�e,�nel�caso,�sarebbero� venuti�meno�con�la�trasformazione�dell'ente�in�societa�per�azioni.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO Quanto�alla�prima�affermazione,�e��solo�da�segnalare�che�essa�con- traddice�l'orientamento�secondo�il�quale,�allorche�il�bene�appartiene�ad� un�ente�pubblico,�la�legittimita��dell'intervento�dell'Amministrazione�com- petente�alla�tutela�dell'interesse�storico�artistico�non�presuppone�la�pree- sistenza�di�una�documentazione�di�valutazione�del�valore�del�bene�stesso,� essendo�sufficiente�che�l'intervento�rechi�la�motivazione�(oltre�che�della� necessita��dello�specifico�tipo�di�intervento)�dell'apprezzamento�di�discre- zionalita��tecnica�inerente�al�ritenuto�valore�del�bene�(cfr.�C.S.�VI�255/93,� VI�1061/95).� La�seconda�motivazione�attiene�ad�un�ordine�di�problemi�di�partico- lare�rilievo�per�l'attuale�evoluzione�dell'ordinamento�che,�nel�contesto� europeo,�si�va�rimodellando�con�l'attribuzione�a�soggetti�di�natura�priva- tistica,�di�struttura�societaria,�di�compiti�di�gestione�di�servizi�gia��diretta- mente�curati�da�amministrazioni�o�enti�pubblici�subentrando�nel�patrimo- nio�di�questi.� Al�di�la��di�ogni�osservazione�inerente�al�caso�in�cui�e��intervenuta�la� richiamata�pronunzia�(deliberata�in�data�anteriore�all'entrata�in�vigore�del� decreto�legislativo�n.�490/1999,�pur�se�depositata�successivamente)�ed�alla� mancanza�in�questa�di�approfondite�argomentazioni�motivazionali,�merita� attenzione�la�problematica�implicata,�che�puo��riguardarsi�sotto�i�due�aspetti:� della�ricomprensione�della�societa��per�azioni�derivante�da�trasformazione�di� ente�pubblico�economico�nell'ambito�dei�soggetti�cui�si�riferisce�l'art.�4�legge� n.�1089/1939�ed�ora�l'art.�5,�comma�1�del�decreto�legislativo�n.�490/1999;� ovvero,�del�perdurare�dell'assoggettamento�del�bene�di�interesse�artistico�sto- rico�alle�prescrizioni�della�legge�speciale,�per�vincolo�diretto�ex lege,�mal- grado�la�trasformazione�dell'ente�pubblico�in�soggetto�societario.� Nel�vigore�dell'art.�4�legge�n.�1089/1939,�il�problema�se�alcuni�tra�i�sog- getti�aventi�la�forma�di�societa��per�azioni�potessero�o�dovessero�essere�assi- milati,�per�ragioni�di�ordine�sostanziale,�agli�enti�pubblici�e/o�agli�enti�o� istituti�legalmente�riconosciuti�di�natura�privata�(fondazioni�e�associazioni),� pacificamente�ricompresi�nell'ambito�previsionale�della�norma,�era�stato� affrontato�dal�Tar�Lazio�(sez.�II�sent.�327/1995)�con�riguardo�a�banca�d'in- teresse�nazionale�(Banca�Commerciale�Italiana)�ed�era�stato�risolto�in�senso� positivo,�con�considerazioni�che�prescindevano�dalla�partecipazione�aziona- ria�dello�Stato�ed�erano�essenzialmente�riferite�al�regime�di�controllo�ed� ingerenza�governativa�operante�per�le�banche�d'interesse�nazionale�in�modo� non�dissimile�da�quanto�previsto�per�gli�istituti�di�credito�di�diritto�pubblico� (sicuramente�rientranti�nella�previsione�del�citato�art.�4�della�legge� n.�1089/1939).� Diverso�avviso�aveva�peraltro�manifestato�il�Consiglio�di�Stato�(sez.�VI� sent.�VI�176/98)�che,�nel�riformare�la�sentenza�di�prime�cure,�aveva�in�parti- colare�precisato�che:� l'individuazione�dei�soggetti�contemplati�dall'art.�4�legge�n.�1089/1939� doveva�essere�fatta�con�criteri�di�interpretazione�particolarmente�rigorosi,� per�la�considerazione,�oltre�che�delle�incisive�limitazioni�sul�diritto�di�pro- prieta��,�dell'esposizione�dei�soggetti�in�questione�ad�una�serie�di�sanzioni;� I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO l'assenza�di�fini�di�lucro�propria�di�alcune�tipologie�di�persone�giuridi- che�di�natura�privata�non�appariva�elemento�sufficiente�a�fondare�per�esse� un�regime�di�proprieta�diverso�da�quello�di�tutti�gli�altri�soggetti�privati,�al� di�la�delle�specifiche�limitazioni�all'acquisto�di�determinati�beni�patrimoniali� poste�dall'art.�17�C.C.�(norma�peraltro�gia�abrogata�dall'art.�13�legge� n.�127/1997,�poi�riformulato�con�l'art.�1�legge�n.�192/2000);� quel�che�appariva�elemento�unificante�e�qualificante�la�sussunzione� dei�soggetti�di�cui�all'art.�12�C.C.�sotto�la�disciplina�vincolistica�apprestata� per�gli�enti�pubblici�era�la�circostanza�della�ripetizione�della�loro�soggettivita� da�un�atto�costitutivo�dello�Stato,�che�le�differenzia�dalle�societa�per�azioni� le�quali�acquistano�soggettivita�nell'ordinamento�giuridico�per�effetto�diretto� del�perfezionamento�del,�procedimento�costitutivo,�senza�alcun�intervento� concessorio�da�parte�del�potere�statuale.�Il�nesso�genetico�tra�Stato�e�centri� di�istituzionali�di�imputazione�di�rapporti�giuridici�quali�le�associazioni�e�le� fondazioni�renderebbe�possibile�considerare�la�proprieta�in�capo�ad�essi�di� beni�di�rilevanza�culturale�subordinata�all'interesse�prioritario�statale,�giusti- ficando�la�sussistenza�automatica�del�vincolo�e�la�soggezione�all'obbligo�di� collaborazione�(in�cui�si�sostanzia�la�fornitura�degli�elenchi�descrittivi�dei� beni)�con�il�potere�da�cui�ripetono�il�loro�essere�persona.� Sul�punto�e�da�rilevare�che�l'art.�5,�comma�1,�del�sopravvenuto� D.Lgs.�n.�490/1999,�modificando�la�generica�espressione�dell'art.�4�legge� n.�1089/39�(�enti�ed�istituti�legalmente�riconosciuti�)�nell'attuale�piu�spe- cifica��enti�pubblici�e�persone�giuridiche�private�senza�fini�di�lucro�,�sem- brerebbe�aver�risolto�in�radice�ogni�questione�inerente�alla�riconducibilita� o�meno�delle�societa�per�azioni�all'ambito�soggettivo�considerato,�fon- dando�in�particolare�il�discrimine�tra�soggetti�privati,�al�fine�di�tale� riconducibilita�,�su�di�un�elemento�(il�fine�di�lucro)�preclusivo�di�un�recu- pero�in�detto�ambito�dei�soggetti�societari�che,�invece,�era�stato�svalutato� dal�Consiglio�di�Stato.� La�prospettiva�seguita�dal�D.Lgs.�n.�490/1999�sembrerebbe,�in�parti- colare,�togliere�peso�alle�argomentazioni�che,�sempre�al�fine�della�ricondu- cibilita�nell'ambito�soggettivo�in�questione,�potrebbero�trarre�alimento� dalla�specifica�genesi�dei�soggetti�societari�che�qui�interessano,�derivanti� dalla�trasformazione�di�enti�pubblici�economici�(a�loro�volta,�in�ipotesi,� succeduti�nei�compiti�e�nei�beni�di�strutture�dell'apparato�dell'amministra- zione�statale).� Ne�,�in�ragione�di�quella�che�appare�essere�una�sostanziale�continuita� della�disciplina,�sarebbe�prospettabile�un�problema�di�diritto�intertemporale� riguardo�alle�situazioni�pregresse.� Sotto�il�diverso�aspetto�oggettivo,�in�difetto�di�specifiche�previsioni�nelle� leggi�che�dispongono�la�trasformazione�di�enti�in�societa�per�azioni�e�ritenuta� (per�le�considerazioni�che�seguono)�l'insufficienza�di�un'eventuale�generica� previsione�di�acquisizione�da�parte�del�nuovo�soggetto�societario�dei�beni� gia�posseduti�dall'ente�trasformato�nel�precedente�loro�stato�di�fatto�e�di� diritto�(e�comunque�da�notare�che,�nel�caso�dell'Ente�Ferrovie�dello�Stato,� trasformato�in�societa�per�azioni�con�delibera�del�CIPE�12�agosto�1992,� l'art.�15�della�legge�n.�210/1985�istitutiva�dell'ente,�nel�disporre�la�successione� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO nei�beni�gia�di�pertinenza�dell'Azienda�Autonoma�Ferrovie�dello�Stato,�ha� precisato�che�di�questi�l'ente�aveva�la�piena�disponibilita�secondo�il�regime� civilistico�della�proprieta�privata,�con�l'unica�espressa�salvezza�dei��limiti�su� di�essi�gravanti�per�le�esigenze�della�difesa�nazionale�;�cfr.�SS.UU.� n.�8014/92),�il�connesso�passaggio�dei�beni�posseduti�al�regime�civilistico� ordinario�impone�di�considerare�se,�nel�caso�in�cui�prima�della�trasforma- zione�in�societa�per�azioni�i�beni�fossero�stati�ricompresi�negli��elenchi� descrittivi��previsti�dall'art.�4�legge�n.�1089/39�ed�ora�dall'art.�5�del�D.Lgs.,� possa�ritenersi�perdurare�l'assoggettamento�del�bene�allo�speciale�regime�di� tutela�riconnesso�alla�sua�qualita�,�malgrado�il�mutamento�della�natura�del� soggetto�titolare�(fermo�rimanendo�che�il�precedente�eventuale�passaggio�da� un�regime�demaniale�connesso�alla�titolarita�di�un'amministrazione�statale� ad�un�regime�di�proprieta�privata�dell'ente�pubblico�alla�prima�succeduto� avrebbe�comunque�condotto�all'obbligo�della�compilazione�degli�elenchi� descrittivi). E�poi�da�considerare�se�e�quale�salvaguardia�sia�possibile�adottare�nel� caso�in�cui�i�beni�di�interesse�storico-artistico�prima�della�trasformazione� del�soggetto�proprietario�non�fossero�stati�inseriti�negli�elenchi�anzidetti� (circostanza�non�impeditiva�dell'assoggettamento�allo�speciale�regime�di� tutela,�comunque�sostenuto�dalla�particolare�natura�dell'ente�titolare�consi- derata�nella�normativa�de qua,�dato�il�valore�meramente�dichiarativo�e�non� costitutivo�di�tali�elenchi,�di�finalita�meramente�individuativa).� Orbene,�avuto�sempre�specifico�riguardo�ai�beni�immobili�di�cui� all'art.�1�legge�1089/39��art.�2,�comma�1�lettera�a),�D.Lgs.�490/1999,�sem- bra�ineludibile�una�risposta�negativa�ai�prospettati�quesiti.� Una�volta�venuto�meno�il�dato�di�per�se��rilevante�dell'appartenenza�del� soggetto�proprietario�al�novero�di�quelli�contemplati�nell'art.�4�legge� n.�1089/39��art�5�D.Lgs.�n.�490/1999,�l'opponibilita�a�terzi�delle�prescri- zioni�limitative�della�legge�speciale�richiede�la�pubblicizzazione�del�vincolo� mediante�trascrizione�nei�registri�immobiliari,�come�e�per�i�beni�di�soggetti� diversi�da�quelli�anzidetti�e�per�beni�diversi,�pur�di�valore�culturale,�degli� stessi�soggetti�(quali�quelli�dell'art.�2�legge�n.�1089/39��art.�2,�comma�1�let- tera�b,�D.Lgs.�n.�490/1999;�cfr.�Cassaz.�n.�6496/90).� Ed�invero,�la�titolarita�del�bene�di�interesse�artistico�storico�da�parte� degli�enti�pubblici�o�assimilati:� da�un�lato,�con�riguardo,�al�titolare,�esclude�la�necessita�di�uno�speci- fico�provvedimento�amministrativo�di�vincolo�in�ragione�della�postulata�posi- zione�collaborativa�dello�stesso�soggetto�proprietario�(ritenuto�per�defini- zione�attento�alle�esigenze�di�tutela),�che�implica�in�linea�di�principio�il�nor- male�rispetto�del�regime�speciale�del�bene�medesimo�derivante�direttamente� dalla�legge�sul�presupposto�oggettivo�del�valore�del�bene,�gia�recepito�dalla� comune�estimazione�o�recepibile�in�base�a�dati�di�comune�significazione� (cfr.�Cassaz.�penale�III�sent.�5089�del�18�maggio�1982);� dall'altro,�rappresenta�per�se��stessa�circostanza�idonea�a�rendere��visi- bile��a�terzi�il�vincolo�di�legge�in�presenza�dell'accennato�carattere�intrinseco� del�bene�(dato,�quest'ultimo,�oggettivamente�rilevabile,�che�vale�a�differen- I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO ziare�la�situazione�in�esame�da�quella�concernente�i�beni,�di�medesima�appar- tenenza,�rientranti�nella�diversa�categoria�di�cui�all'art.�2�legge�n.�1089/39� �art.�2,�comma�1�lettera�b,�D.Lgs.�n.�490/1999,�per�i�quali�sono�necessarie� notificazione�e�trascrizione�di�un�provvedimento�di�vincolo).� In�altri�termini,�l'interesse�artistico-storico�presentato�dal�bene,�coniu- gato�all'appartenenza�di�questo�ad�un�soggetto�che�la�legge�considera��quali- ficato��alla�sua�conservazione,�mette�in�grado�chiunque�di�conoscere�l'esi- stenza�dei�vincoli�che�la�legge�direttamente�riconnette�alla�qualita�specifica� del�bene�medesimo.� Questo�spiega�perche�,�nel�concorso�dell'accennato�duplice�presupposto� (interesse�artistico-storico�presentato�dal�bene�in�se�considerato�e�sua�appar- tenenza�a�soggetto��qualificato�),�il�bene�sia�comunque�soggetto�al�regime� previsto�dalla�legge�speciale,�indipendentemente�dall'essere�stato�o�meno� incluso�negli�elenchi�descrittivi�(art.�4,�comma�3,�legge�n.�1089/39��art.�5,� comma�5,�D.Lgs.�n.�490/1999).� Ma,�se�il�profilo�soggettivo�dell'appartenenza�risulta�essenziale�per�il� rispetto�e�la�conoscibilita�del�regime�del�bene�al�di�la�di�qualsiasi�formalizza- zione�amministrativa,�appare�evidente�che�la�situazione�debba�apprezzarsi� in�modo�diverso�allorche�il�titolare�del�bene�piu�non�rientri�nella�categoria� dei�soggetti��qualificati��e�cessi�quindi�il�presupposto�nel�cui�perdurare�non� era�necessaria�(non�solo�l'imposizione�di�un�vincolo�amministrativo�ma�nep- pure)�una�formale�individuazione�del�bene�assoggettato�direttamente�ex lege al�regime�di�tutela�culturale.� In�siffatta�evenienza�sembra�sussistere�l'esigenza�di�una�pubblicizzazione� adeguata�di�un�tale�assoggettamento�e,�sia�per�le�diverse�modalita�di�ammini- strazione�e�gestione�della�societa�rispetto�all'ente,�sia�per�la�necessarieta�dei� requisiti�di�trascrivibilita�dell'atto�nei�registri�immobiliari��informati�al� principio�della�pubblicita�al�nome�^,�e�da�dubitare�che�a�tal�fine�possa�risul- tare�sufficiente�la�trascrizione�nei�registri�immobiliari�dell'elenco�descrittivo,� ove�esistente�e�recante�tutti�gli�elementi�di�sicura�identificazione�del�bene,� dovendosi�piuttosto�ritenere�necessario�un�apposito�provvedimento�ex�art.�6� D.Lgs.�n.�490/1999�nei�confronti�del�soggetto�attuale�proprietario,�secondo� quanto�dispone,�senza�deroghe,�l'art.�10,�comma�2,�dello�stesso�D.Lgs�per�i� beni�di�proprieta�privata.� A�fortiori,�nel�caso�in�cui�al�momento�della�trasformazione�dell'ente�in� societa�per�azioni�un�determinato�bene�non�risulti�inserito�negli�elenchi� descrittivi,�sembra�imprescindibile�la�necessita�dell'adozione�di�un�provvedi- mento�ex�art.�6�D.Lgs.�n.�490/1999.� Conclusivamente,�in�relazione�a�quanto�sin�qui�prospettato�e�da�valu- tare�l'opportunita�di�un�intervento�legislativo�che,�per�assicurare�una�con- tinuita�nel�regime�di�tutela�nei�casi�di�trasformazione�di�un�ente�pubblico� economico�in�societa�privata�con�acquisizione�da�parte�di�questa�del�patri- monio�del�primo,�disponga�che:�1)�per�i�beni�di�cui�all'art.�4�della�legge�n.� 1089/1999�e�dell'art.�5,�comma�1,�del�D.Lgs.�n.�490/1999,�la�trasforma- zione�dell'ente�pubblico�economico�proprietario�in�societa�per�azioni�abbia� l'effetto�di�rendere�automaticamente�applicabili,�in�via�cautelare,�le�dispo- sizioni�previste�dalla�sezione�I�del�Capo�II�e�dalle�sezioni�I�e�II�del� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO Capo�III�del�Titolo�I�del�D.Lgs.�n.�490/1999�(ovvero�che,�per�i�beni�anzi- detti,�nel�caso�della�trasformazione�di�cui�sopra,�restino�comunque�appli- cabili�le�disposizioni�sopra�precisate�sino�a�...);�2)�gli�indicati�effetti�cessino� allo�scadere�di�tre�anni�dalla�data�della�trasformazione�senza�che�sia�stata� notificata�e�trascritta�la�dichiarazione�di�cui�all'art.�8�dello�stesso�D.Lgs.� n.�490/1999;�3)�le�disposizioni�sopra�precisate�si�applichino�anche�alle�tra- sformazioni�gia�attuate�dal�1990,�con�decorrenza�in�tal�caso�del�termine� di�cui�al�punto�2)�dall'entrata�in�vigore�della�norma�in�cui�venga�tradotto� l'ipotizzato�intervento�legislativo�.� PARERE DELL'11 NOVEMBRE 2000 N. 115247. Rimborso�exart. 18D.L.n. 67/1997 �aldipendentestataledellespese da luisostenuteperdifendersiin unprocedimentopenale aperto asuo carico in dipendenza difatticonnessicon l'espletamento delservizio: sepossaspettareal dipendenteneiconfrontidelqualel'A.G. abbiadichiaratonondoversiprocedere essendo, il reato contestato, estinto per prescrizione �Art. 158 c.p. e art. 18 decreto legge 25 marzo 1997, n. 67, convertito in legge 23 maggio 1997, n. 135. (Consultivo�n.�4468/00,�avv.�Giannuzzi).� (omissis) �Il�diritto�al�rimborso�delle�spese�legali,�ex�art.�18�decreto- legge�n.�67/1997,�convertito�in�legge�con�modificazioni�dalla�legge� n.�135/1997,�e�riconosciuto�in�favore�dei�dipendenti�di�amministrazioni� statali�imputati�di�fatti-reato�connessi�con�l'espletamento�del�servizio�o� con�l'assolvimento�di�obblighi�istituzionali,�nei�cui�confronti�sia�stata� emessa�una�sentenza�o�un�altro�provvedimento�che�abbia�escluso�la�loro� responsabilita�.� La�sentenza�con�cui�il�giudice�penale�dichiara,�ai�sensi�dell'art.�531� c.p.p.,�la�prescrizione�del�reato,�proprio�perche�contiene�l'accertamento�della� sussistenza�di�una�causa�di�estinzione�del�reato�(tale�essendo�la�natura�della� prescrizione,�come�risulta�dalla�collocazione�sistematica�degli�articoli�157,� 158,�159,�160�e�161�c.p.,�che�concernono�tale�istituto,�nel�Capo�I�del�Titolo� VI,�del�Libro�I�del�codice�penale,�intitolato�all'estinzione�del�reato),�non�e� un�provvedimento�esclusivo�della�responsabilita�del�prevenuto�in�relazione� al�fatto�ascrittogli.� Cio�vale�tanto�piu�nel�caso�di�specie�in�cui�il�Tribunale�di�Grosseto,�come� risulta�espressamente�dalla�motivazione�della�sentenza�(cfr.�pagg.�3�e�4),�ha�rite- nuto�configurabile�il�reato�di�cui�al�capo�a) della�rubrica�nei�confronti�degli� impuntati�F.�e�B.,�i�quali�sono�stati�assolti�dalla�relativa�imputazione�solo�per- che�e�intervenuto�il�decorso�del�termine�prescrizionale�del�reato.� Dalle�suesposte�considerazioni�consegue�che�il�diritto�al�rimborso�delle� spese�legali�spetta�al�Dr.�B.�solo�relativamente�all'imputazione�di�cui�al�ca- po�b) della�rubrica�in�relazione�alla�quale�lo�stesso�e�stato�assolto�con�for- mula�piena.� (omissis)�� I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO PARERE DELL'11 NOVEMBRE 2000, N. 115248. Appalti di opere pubbliche: somme iscritte in riserva a titolo di risarci- mento del danno: cumulo di interessi e rivalutazoine monetaria sulle stesse: sespetti�edeventualmente in quali limiti�all'appaltatore. (Consul- tivo�n.�12975/00,�avv.�Linguiti).� �Il�quesito�che�viene�proposto�riguarda�il�problema�del�cumulo�degli� interessi�e�della�rivalutazione�in�caso�di�obbligazione�risarcitoria�insorta�nel- l'ambito�di�rapporti�contrattuali�di�appalto�di�opere�pubbliche.� Codesta�Amministrazione�dopo�aver�richiamato�il�contenuto�del�parere� reso�dalla�scrivente�con�nota�23�luglio�1997�n.�100152�(e�condiviso�dal�Consi- glio�di�Stato�2.�Sez.�con�parere�30�settembre�1998,�n.�1143/1998),�sottolinea� le�incertezze�interpretative�che��l'avvertenza��di�cui�al�punto�4�del�detto� parere�(�che�per�gli�interessi�sulle�somme�via�via�rivalutate�decorrono�dal�d|�� della�costituzione�in�mora�)�determina.� In�particolare,�partendo�da�tale��avvertenza�,�viene�prospettato�il� dubbio�che�la�messa�in�mora�ai�fini�della�decorrenza�degli�interessi�sia� necessaria�solo�per�le�somme�via�via�rivalutate�(non�occorrendo�messa� in�mora�per�ottenere�gli�interessi�sulla�somma�non�rivalutata)�ovvero� che�essa�sia�necessaria�anche�per�gli�interessi�sulla�stessa�somma�iniziale� non�rivalutata.� Si�richiede�pure,�una�volta�escluso�che�la�messa�in�mora�possa�essere� individuata�nella�apposizione�di�riserva,�quali�atti,�oltre�all'atto�introduttivo� di�vertenza�giudiziaria�o�arbitrale,�possono�rappresentare�messa�in�mora.� Come�e��stato�osservato�nel�citato�parere�l'inadempimento�della�obbliga- zione�contrattuale,�se�impossibile�la�prestazione�in�forma�specifica,�mette� capo�ad�una�obbligazione�risarcitoria�sostitutiva�che�ha�natura�di�debito�di� valore�tutte�le�volte�che�la�sua�traduzione�in�valuta�non�sia�originariamente� fissata�o�realizzabile�sulla�base�di�criteri�automatici�precostituiti�ma�sia�frutto� invece�di�una�operazione�di�liquidazione�per�equivalente�in�valuta�del�valore� della�obbligazione�originaria�rimasta�inadempiuta.� Quando��come�nel�caso�di�sospensioni�illegittime�o�anomalo�anda- mento�dei�lavori�di�appalto�imputabili�alla�committenza��la�prestazione�in� forma�specifica�(tempestiva�collaborazione�idonea�ad�evitare�la�sospensione� e�l'anomalo�andamento�dei�lavori)�non�sia�possibile,�la�liquidazione�per�equi- valente��deve�comprendere�sia�l'equivalente�del�bene�perduto�(e�quindi�la� rivalutazione�monetaria�dalla�sua�espressione�monetaria�al�momento�del� fatto)�sia�l'equivalente�del�mancato�godimento�di�quel�bene�o�del�suo�contro- valore�monetario�per�tutto�il�tempo�che�intercorre�tra�il�fatto�e�la�liquida- zione��(v.�Cass.�SS.UU.�17�febbraio�1995�n.�1712).� E�evidente�che,�una�volta�divenuta�necessaria�la�traduzione�in�valuta� della�obbligazione�contrattuale�originaria�inadempiuta�non�piu��eseguibile�in� forma�specifica�sara��necessaria�la�traduzione�in�valuta�anche�dei�benefici� che�sarebbero�conseguiti�dal�tempestivo�adempimento�della�obbligazione�di� base�(quella�originaria�tradotta�in�valuta),�sicche�se�la�traduzione�in�valuta� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO della�prima�avviene�in�ritardo�rispetto�al�momento�della�insorgenza�dell'ob- bligazione�risarcitoria�sostitutiva,�dovra�essere�tradotto�in�valuta�anche�il� danno�derivato�dal�tempo�intercorso�tra�insorgenza�dell'obbligazione�risarci- toria�e�sua�liquidazione.� Al�fine�di�risarcire�tale�secondo�danno�(lucro�cessante)��la�giurispru- denza�ha�adottato�la�categoria�degli�interessi�compensativi�(allargando�la�fat- tispecie�regolata�dall'art.�1499�c.c.)�che�prescindono�dalla�mora�e�dai�presup- posti�di�liquidita�ed�esigibilita�di�cui�all'art.�1282�c.c.��(v.�Cass.�SS.UU.� n.�1712/1995�cit.).� La�liquidazione�di�tale�danno�con�il�ricorso�agli�interessi�sulla�somma� liquidata�come�equivalente�dall'obbligazione�originaria�(danno�emergente)�e� �come�la�stessa�sentenza�ora�citata�suggerisce��soluzione�equitativa�e�di� comodo�che�ben�potrebbe�essere�sostituita�da�altre.�Deve�infatti�tenersi�conto� da�un�punto�di�vista�giuridico�che�gli�interessi�nel�caso�in�esame��costitui- scono�un�criterio�di�commisurazione�del�danno�da�ritardato�conseguimento� di�una�somma�di�denaro,�che�all'epoca�del�fatto,�era�per�definizione�non�riva- lutata��e�da�un�punto�di�vista�di�fatto�e�della�circostanza�che��il�tempo�tra� la�produzione�del�danno�e�la�sua�liquidazione�puo�essere�cospicuo�e�la�rivalu- tazione�ragguardevole��e�della�circostanza�che�il�tasso�degli�interessi�legali� puo�essere��come�e�stato�in�Italia�tra�il�1990�ed�il�1996��elevato�(10%).� Le�considerazioni�fin�qui�svolte�consentono�le�seguenti�affermazioni:� a) quand'anche�potesse�distinguersi�tra�obbligazioni�risarcitorie�di� inadempimenti�contrattuali�ed�obbligazioni�risarcitorie�di�illeciti�extracon- trattuali�ai�fini�del�regime�degli�interessi,�la�natura�e�funzione�dell'obbliga- zione�(commisurata�eventualmente�ad�interessi)�volta�a�ristorare�il�danno� derivante�dalla�mancata�disponibilita�di�una�somma�di�danaro�non�consen- tono�di�invocare�l'applicazione�della�regola�di�cui�all'art.�1224�c.c.�che�esige,� ma�solo�per�le�obbligazioni�pecuniarie�(quale�non�e�quello�in�esame),�la� messa�in�mora�ai�fini�della�decorrenza�di�veri�e�propri�interessi�quali�non� sono�quelli�di�cui�qui�si�discute�giacche�qui�gli�interessi�rappresentano�solo� (ed�eventualmente)�uno�dei�possibili�criteri�di�commisurazione�del�danno� per�il�ritardato�conseguimento�di�una�somma�di�danaro�(sostitutiva�di�un� adempimento�in�forma�specifica�divenuto�impossibile);� b) come�la�stessa�sentenza�n.�1712/1995�suggerisce�tale�forma�di� lucro�cessante�potra�essere�commisurato�agli�interessi�legali�sulla�somma� liquidata�per�danno�emergente,�ma�in�tal�caso�non�sin�dall'inizio�del�pro- dursi�del�danno�sulla�somma�valutata,�sebbene�su�somma�via�via�rivalu- tata�ad�evitare�che�il�creditore�possa�lucrare�un�compenso�per�danni�non� ancora�verificatisi�(se�la�rivalutazione�adegua�via�via�il�dovuto,�il�danno� da�ritardato�conseguimento�del�dovuto�dovra�commisurarsi�a�tale�progres- sivo�adeguamento);� c) come�sempre�la�stessa�sentenza�n.�1712/1995�suggerisce,�tale�forma� di�lucro�cessante�potra�anche�essere�liquidato�con�modalita�diverse�dal�cal- colo�degli�interessi�legali�per�tener�conto�della�eventualmente�ragguardevole� incidenza�della�rivalutazione�e/o�dell'eventualmente�alto�tasso�degli�interessi� legali,�non�escludendosi�neppure�che�possa�essere�provato�un�danno�diverso� e�maggiore;� I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO d) ed�e�proprio�in�funzione�di�circostanze�di�fatto�normalmente�ricor- renti�negli�illeciti�contrattuali�verificatisi�nello�svolgimento�di�rapporti�di� appalto�di�opere�pubbliche�e�gravemente�incidenti�sulle�pubbliche�risorse� che�e�stata�formulata��l'avvertenza��di�cui�al�punto�4�del�parere�richiamato� nel�foglio�in�riscontro�finalizzata�a�tentare�di�ridurre�l'incidenza�del�lucro�ces- sante,�una�volta�scelta�la�loro�commisurazione�da�parte�del�creditore�agli� interessi�legali,�modellando�cioe�alla�tipologia�del�bene�richiesto�(interessi)� la�utilizzabilita�di�una�disciplina�dettata�espressamente�per�diverso�tipo�di� situazione�(obbligazioni�pecuniarie)�e�richiedendo�quindi�(ex�art.�1224�c.c.),� ai�fini�della�decorrenza�degli�interessi,�la�messa�in�mora�che�a�stretto�rigore,� per�quanto�sopra�esposto�nel�punto�a),�non�puo�invece�esser�richiesta�nel� caso�in�esame.� Conclusivamente,�pertanto,�si�significa:� 1)�la�liquidazione�del�danno�da�illecito�contrattuale�deve�comprendere� tanto�il�danno�emergente�quanto�il�lucro�cessante;� 2)�la�produzione�del�danno�nel�caso�di�sospensioni�illegittime�o�ano- malo�andamento�dei�lavori�di�appalto�ha�inizio�con�il�verificarsi�dell'evento� dannoso,�e�si�incrementa�con�il�perdurare�dell'evento�dannoso;� 3)�conseguentemente�la�somma�liquidata�con�riferimento�al� momento�iniziale�dal�prodursi�del�danno�andra�rivalutata�dall'inizio�del� prodursi�del�danno�e�per�tutta�la�durata�dell'evento�dannoso�fino�alla� liquidazione;� 4)�il�mancato�conseguimento�della�somma�via�via�rivalutata�e�a�sua� volta�produttivo�di�danno�(lucro�cessante)�e�tale�danno�potra�essere�commi- surato�agli�interessi�legali�su�somma�via�via�crescente�in�forza�della�rivaluta- zione�senza�bisogno�di�messa�in�mora�ed�a�far�tempo�sempre�dal�tempo� medio�di�produzione�del�danno;� 5)�in�relazione�a�particolari�circostanze,�rappresentate�dal�rilevante� tempo�intercorso�tra�il�prodursi�del�danno�e�la�sua�liquidazione�e�della�conse- guente�ragguardevole�incidenza�della�rivalutazione,�detti�interessi�potranno� essere�riconosciuti�in�via�equitativa�ad�un�tasso�medio�rispetto�a�quello�legale� variato��come�e�noto��nel�tempo�ed�ora�pari�al�2,5%�o�come�il�parere� avvertiva��dalla�messa�in�mora�(individuandosi�messa�in�mora�in�qualsiasi� atto�scritto��diverso�dalla�semplice�riserva�apposta�in�contabilita��nel� quale�si�faccia�richiesta�di�tutti�i�danni�conseguiti�dal�comportamento�non� conforme�alle�obbligazioni�contrattuali).� Alla�luce�di�quanto�sopra,�mentre�non�puo�che�esprimersi�apprezza- mento�per�le�iniziative�assunte�da�codesta�Amministrazione�volte�a�ridurre� l'entita�degli�esborsi�risarcitori,�si�sottolinea�l'opportunita�di�evitare�che�irri- gidimenti�in�ordine�alla�decorrenza�degli�interessi�sostitutivi�del�lucro�ces- sante�o�alla�loro�misura�vanifichino�la�conclusione�di�transazioni�che,�per�la� determinazione�rigorosa�e�conveniente�per�la�P.A.�dei�parametri�di�individua- zione�dei�danni,�appaiono�vantaggiose�.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO PARERE DEL 17 NOVEMBRE 2000 N. 117457. Patrocinio delleAziendePoliclinici Universitari^Ricorso alTAR Catania ^Artt. 2 d.lgs. 21 dicembre 1999, n. 517; art. 44 T.U. 30 ottobre 1933, n. 164, d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502. (Consultivo�n.�8071/00,�avv.�Fiumara).� �L'art.�2,�comma�1�del�d.lgs.�21�dicembre�1999,�n.�517,�sulla�disci- plina�dei�rapporti�fra�il�Servizio�Sanitario�Nazionale�e�le�Universita��,� dispone�che�la�collaborazione�fra�l'uno�e�le�altre�si�realizza��attraverso� aziende�ospedaliero��universitarie,�aventi�autonoma�personalita��giuri- dica�.�Per�un�primo�periodo�transitorio,�aggiunge�il�comma�2,�le�aziende� saranno,�in�via�sperimentale,�di�due�tipologie�(per�poi�divenire�un�unico� modello�aziendale):�aziende��integrate�con�il�S.S.N.��se�costituite�in� seguito�a�trasformazione�dei�policlinici�universitari,�ovvero�aziende�inte- grate�con�l'Universita��se�costituite�mediante�trasformazione�dei�presidi� ospedalieri.� Per�la�prima�tipologia�il�comma�8�del�medesimo�art.�2�precisa�che�le� aziende�sono�costituite��con�autonoma�personalita��giuridica��dall'Universita�� e��operano�secondo�modalita��organizzative�e�gestionali�determinate�dall'a- zienda�in�analogia�alle�disposizioni�degli�articoli�3,�3-bis,3-ter e�4�del�d.lgs.� 30�dicembre�1992,�n.�502,�il�primo�dei�quali�al�comma�1-bis precisa�che�le� aziende�si�costituiscono�con�personalita��giuridica�pubblica�e�autonomia� imprenditoriale.�Non�cos|�,�invece,�avviene�per�la�seconda�tipologia,�per�la� quale�nel�regime�transitorio�il�comma�7�dell'art.�2,�rinvia,�per�la�costituzione,� al�procedimento�previsto�nell'art.�4�del�d.lgs.�30�dicembre�1992,�n.�502,�ma� non�anche�a�tutte�le�disposizioni�di�esso�richiamate�per�la�prima�tipologia.� Di�conseguenza,�mentre�nel�regime�transitorio�nuove�aziende��integrate� con�l'Universita����nel�senso�suddetto�continuano�ad�appartenere�funzional- mente�alla�struttura�universitaria,�con�ogni�ovvia�conseguenza�sotto�il�profilo� processuale�e�in�particolare�sotto�quello�del�patrocinio,�continuando�a�rima- nere�in�giudizio�le�Universita��per�le�aziende��integrate�con�il�S.S.N.��(cioe�� gli�ex�policlinici�universitari)�v'e��una�formale�e�sostanziale�separazione�dal- l'Universita��di�cui�strutturalmente�prima�facevano�parte.� La�normativa�di�base�e�transitoria�contenuta�nel�d.lgs.�n.�917/1999�e� quella�richiamata�del�d.lgs.�n.�502/1992�non�sono�sufficientemente�esplicative� riguardo�alla�rappresentanza�dei�nuovi�enti�e�alla�prosecuzione�dei�rapporti pendenti.�E�pero��da�ritenere�che,�costituite�le�nuove�aziende�dotate�di�auto- noma�personalita��giuridica,�(cioe��quelle��integrate�con�il.�S.S.N.�)�esse,�in� mancanza�di�una�espressa�disposizione�di�legge,�di�regolamento�o�di�altro� provvedimento�approvato�con�d.P.C.M.,�non�sono�rappresentate�e�difese�in� giudizio�dall'Avvocatura�dello�Stato�(art.�44�testo�unico�n.�1611/1933).� Ed�e��altres|��da�ritenere�che�dal�punto�di�vista�sostanziale�esse�suben- trano�nei�rapporti�giuridici�attivi�e�passivi�relativi�ai�beni�loro�assegnati�e� alle�attivita��di�loro�competenza�(l'art.�8�del�d.lgs�n.�517/1999�rimanda�a� protocolli�d'intesa,�e�a�decreti�interministeriali�la�regolamentazione�di� alcuni�rapporti�e�prevede�un'automatica�successione�solo�nei�rapporti�di� I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO lavoro�a�tempo�determinato,�ma�sembra�logico�ritenere�che�la�successione� sia�di�carattere�piu�ampio�e�generale,�potendo�riguardare,�magari,�a� seguito�delle�intese,�anche�tutti�i�rapporti�correnti�funzionalmente�legati� alla�attivita�dell'azienda).� Quale�che�sia,�comunque,�l'ampiezza�della�successione,�e�da�ritenere�che� essa,�dal�punto�di�vista�processuale�(che�e�l'oggetto�della�richiesta�di�parere)� si�inquadri�piu�nella�successione�a�titolo�particolare�che�non�in�quella�a�titolo� universale,�permanendo�in�vita�il�soggetto�originario�(l'Universita�):�cfr.�ana- logicamente�quanto�gia�precisato�con�il�Parere�di�quest'Avvocatura�20�aprile� 2000,�n.�44791�sulla�posizione�dell'E.T.I.,�trasmesso�con�comunicazione�di� servizio�14�giugno�2000,�n.�65/2000.� Di�conseguenza,�mentre�l'Avvocatura�non�puo�assumere�la�difesa�delle� nuove�aziende�(per�ora�quelle��integrate�con�il�S.S.N�.),�per�i�processi�pen- denti�per�i�quali�si�prospetta�la�successione�dell'azienda�nel�rapporto�contro- verso�occorrera�far�capo�al�disposto�dell'art.�111�cod.�proc.�civ.:�il�processo� prosegue�fra�le�parti�originarie,�cioe�fra�l'Universita�,�rappresentata�dall'Avvo- catura,�e�l'altra�parte,�salvo�l'intervento�in�causa�dell'azienda,�cui�l'Universita� vorra�comunicare�la�pendenza�della�lite�(non�appare�per�ora�opportuna�la� chiamata�in�causa,�in�considerazione�di�qualche�perplessita�sulla�successione� nel�rapporto),�con�eventuale�estromissione�dell'Universita�previo�il�consenso� prescritto�delle�parti:�in�ogni�caso�la�sentenza�pronunciata�spiega�i�suoi�effetti� anche�contro�l'azienda,�che�e�legittimata�ad�autonoma�impugnazione�.� PARERE DEL 17 NOVEMBRE 2000, N. 117697. Contenzioso�relativo�ai�canonirichiestidall'Amministrazionepergliattra- versamenti�aerei�di�terreni�diproprieta�dello�Stato,�con�linee�elettriche,�senza� infissione�a�terra�dipali�o�altri�manufatti�di�sostegno:�direttive�di�massima�^ Decreto�ministeriale�20�luglio�1990;�decreto�ministeriale�2�marzo�1999,�n.�258;� art.�121�e�ss.�R.D.�11�dicembre�1933,�n.�1775.�(Consultivo�n.�6563/00�e� n.�11791/00,�avv.�Albenzio).� �La�problematica�evidenziata�in�oggetto,�in�merito�alla�quale�e�stato� chiesto�l'orientamento�della�scrivente�Avvocatura�generale,�ruota�intorno�ai� due�decreti�ministeriali�20�luglio�1990�e�2�marzo�1999,�n.�258,�entrambi�ema- nati�ai�sensi�del�decreto�legge�27�aprile�1990,�n.�90�convertito�nella�legge� 26�giugno�1990,�n.�165,�sulla�cui�validita�e�legittimita�sono�pendenti�numerosi� contenzioni�presso�varie�Autorita�Giurisdizionali,�ordinaria,�amministrativa� e�specializzata,�in�Roma�e�presso�altre�sedi. E�,�pertanto,�senz'altro�opportuno�attendere�l'esito�di�quei�giudizi�prima� di�esprimere,�se�del�caso,�un�parere�in�ordine�al�comportamento�che�l'Ammi- nistrazione�dovra�tenere�in�seguito�ai�pronunciamenti�giudiziari.� Tuttavia,�anche�al�fine�di�uniformare�le�difese�nei�contenziosi�in�atto�e�di� dare�indicazioni�all'Amministrazione�per�il�periodo�intermedio,�si�ritiene�utile� esprimere�alcune�valutazioni�di�massima�nella�materia.� Com'e�noto,�il�primo�decreto�ministeriale�e�stato�annullato�dalla�deci- sione�del�TSAP�n.�35/1992,�confermata�dalla�sentenza�della�Cassazione� civile,�SS.UU.,�n.�10124/1994,�per�ragioni�di�ordine�esclusivamente�formale,� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO vale�a�dire�la�mancata�acquisizione�del�parere�del�Consiglio�di�Stato�e�la� mancata�comunicazione�al�Presidente�del�Consiglio�dei�Ministri,�adempi- menti�prescritti�dall'art.�17,�comma,�della�legge�n.�400/1988;�peraltro,�la�Cas- sazione,�con�sent.�n.�9551/1997,�ha�riformato�altra�sentenza�del�TSAP�simile� alla�citata�n.�35/1992�per�incompetenza�(a�favore�del�TRAP�quanto�alla�que- stione�della�debenza�delle�somme)�e�per�il�decorso�dei�termini�di�impugna- zione�del�decreto�ministeriale�n.�1990�dinanzi�al�TSAP.� Con�il�successivo�decreto�ministeriale�n.�258/1998�l'Amministrazione� finanziaria�ha�provveduto�a�sanare�la�situazione�venutasi�a�verificare,�ricon- fermando�in�toto�le�disposizioni�del�decreto�annullato�(salvo�per�cio�che�con- cerne�la�rivalutazione�dei�canoni�per�ricerca�di�idrocarburi�di�cui�all'art.�4,� materia�che�tuttavia�non�interessa�la�questione�in�oggetto)�ed�aggiungendo� l'art.�7�sulla�rivalutazione�dei�canoni�di�cui�e�questione.�E�nuovo�decreto�con- ferma�la�decorrenza�dell'aumento�dei�canoni�e�sovracanoni�in�esso�previsti�a� far�data�dal�1.�gennaio�1990�ed�ottempera�regolarmente�agli�adempimenti� formali�richiesti�dalla�legge.� La�Soc.�X�S.p.A.�contesta�la�debenza�delle�maggiorazioni�previste�dai� due�decreto�ministeriale�sulla�base�di�un�complesso�di�argomentazioni.� Con�riguardo�al�decreto�ministeriale�20�luglio�1990,�la�Soc.�X�sottolinea� che�esso�non�puo�spiegare�alcuna�efficacia�in�quanto�annullato�e�che,�in�ogni� caso,�i�canoni�per�gli�attraversamenti�aerei�con�linee�elettriche�senza�infis- sione�di�pali�esulano�dall'ambito�di�applicazione�del�decreto,�anche�in�consi- derazione�del�fatto�che�tali�attraversamenti�non�darebbero�luogo�ad�alcuna� forma�di�utilizzazione�dei�beni�del�demanio�o�del�patrimonio�dello�Stato.� La�corretta�ricostruzione�della�fattispecie�in�esame,�da�un�lato,�ed�un'at- tenta�lettura�del�decreto-legge�n.�90�e�dei�decreti�ministeriali�emessi�in�attua- zione�di�esso,�dall'altro,�mostrano�come�questa�argomentazione�della�Societa� X�priva�di�fondamento.� Il�primo�aspetto�della�questione�che�deve�essere�approfondito�consiste� nella�qualificazione�in�termini�d|�servitu�,�e�segnatamente�di�servitu�di�elet- trodotto,�del�passaggio�di�linee�elettriche�sui�fondi�e�sui�corsi�d'acqua�di� proprieta�privata�o�pubblica,�pur�senza�l'infissione�a�terra�di�manufatti�di� sostegno.� Com'e�noto,�la�servitu�e�definita�come�un��peso�imposto�sopra�un�fondo� per�l'utilita�di�un�altro�appartenente�a�diverso�proprietario��e,�pertanto,�le� due�condizioni�comunemente�individuate�affinche�si�possa�parlare�di�servitu� consistono�nella�utilita�e�nel�rapporto�tra�fondi�contigui.�Ora,�nel�caso�in� esame,�e�indubbio�che�il�proprietario�del�bene�al�di�sopra�del�quale�vengono� fatti�passare�gli�elettrodotti��ancorche�non�siano�infissi�a�terra�pali�o�men- sole��subisca�una�limitazione�nell'esercizio�del�suo�diritto,�talche�il�godi- mento�da�parte�sua�non�puo�dirsi�in�pieno;�in�particolare,�questa�conclusione� discende�dal�noto�principio�romanistico�secondo�cui�la�proprieta�si�estende� in�linea�verticale�anche�al�sottosuolo�e�nello�spazio�sovrastante,�teoricamente� all'infinito�(usque adsideraetadinferos).� L'art.�121�R.D.�n.�1775/33�fornisce�un�supporto�testuale�a�quanto� appena�osservato,�laddove�precisa,�comma�1,�lettera�a),�che�la�servitu�consi- ste,�fra�l'altro,�nel��far�passare�conduttori�elettrici�;�in�forza�di�tale�disposi- I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO zione,�per�i��semplici�attraversamenti�aerei�con�elettrodotti��senza�infis- sione�di�pali�o�di�mensole�e�senza�posa�di�cavi��...�di�beni�di�demanio�pub- blico��sono�stati�fissati�specifici�canoni�dalla�normativa�sopravvenuta� (art.�4,�comma�2,�legge�n.�1501/1961,�richiamata�dall'art.�14,�comma�1,�d.l.� n.�546/1981,�conv.�in�legge�n.�692/1981).� Lo�stesso�art.�121�del�Testo�unico��laddove�precisa�i�diversi�contenuti� possibili�della�servitu��di�elettrodotto��viene�interpretato�in�dottrina�(cfr.� Paterno�,�voce�Elettrodo�(servitu�di),in�Enciclopedia�giuridica�Treccani,� vol.�XII)�nel�senso�che�le�diverse�facolta��contemplate�come�spettanti�al�tito- lare�non�necessariamente�ricorrono�in�ogni�singola�fattispecie,�dovendo� invece�il�contenuto�effettivo�di�ciascuna�servitu��essere�desunto�dal�titolo� costitutivo.�Il�titolare�della�servitu��puo��esercitare,�in�altre,�parole,�solo�quei� poteri�che�sono�connessi�al�tipo�di�servitu��che�in�effetti�e��stata�creata�e�non� gli�altri�che,�sebbene�previsti�in�via�astratta�dall'art.�121,�non�sono�riconduci- bili�alla�servitu��in�concreto�costituita.�Pertanto,�la�definizione�contenuta�nel- l'art.�121,�secondo�cui��la�servitu��di�elettrodotto�conferisce�all'utente�la� facolta��di�collocare�ed�usare�condutture�sotterranee�od�appoggi�per�condut- tori�aerei�e�far�passare�conduttori�elettrici�su�terreni�privati�e�su�vie�e�piazze� pubbliche,�ed�impiantare�ivi�le�cabine�di�trasformazione�o�di�manovra�neces- sarie�all'esercizio�delle�condutture�,�deve�essere�interpretata�nel�senso�che�il� passaggio�dell'elettrodotto�su�fondi�di�proprieta��pubblica�o�privata�costituisce� servitu��di�elettrodotto�anche�se�cio��non�comporta�l'infissione�di�pali�o�di� mensole.� Per�quanto�riguarda�l'altra�caratteristica�fondamentale�della�servitu��,�vale� a�dire�l'esistenza�di�due�fondi�vicini,�vero�e��che�l'individuazione�del�fondo� dominante�e��nel�caso�di�specie�non�immediata�ma�occorre�considerare�che� si�e��in�presenza�di�un�tipo�particolare�di�servitu��che�la�legge�ha�tipizzato,�in� particolare�negli�artt.�121�e�ss.�del�testo�unico�n.�1775�del�1993.�Il�problema� della�individuazione�del�fondo�dominante�nella�servitu��di�elettrodotto,� comunque,�e��stato�risolto�in�dottrina�e�giurisprudenza�considerando�tale�i n�alcuni�casi��la�centrale�di�produzione�dell'energia�elettrica�e��in�altri� casi��lo�stesso�elettrodotto.� Deve�peraltro�essere�precisato�che�la�Societa��X�non�contesta,�com'e�� evidente,�la�astratta�configurabilita��di�una�servitu��avente�ad�oggetto�il�pas- saggio�di�conduttori�elettrici�su�fondi�privati�o�pubblici,�ma�sostiene�che� nella�fattispecie�in�esame�non�ricorrerebbe�tale�ipotesi�in�quanto�non�vi� sarebbe�alcuna�reale�utilizzazione�del�bene�a�causa�dell'assenza�di�pali�o� sostegni.� In�realta��,�su�questo�punto�la�Corte�di�Cassazione�ha�chiarito�con�la�sen- tenza�n.�1191�del�9�marzo�1978�che��poiche�un�fondo�possa�ritenersi�assog- gettato�a�servitu��di�elettrodotto�e��necessario�che�esso�sia�attraversato,�in�cor- rispondenza�della�colonna�d'aria�sovrastante,�da�condutture�elettriche�che�si� proiettino�verticalmente�su�di�esso�;�e,�con�la�sentenza�n.�4892�del�23�aprile� 1992�che��Il�carattere�amovibile�della�servitu��di�elettrodo...�non�incide�sul- l'obbligo�di�liquidare�il�relativo�indennizzo�sulla�base�dell'effettivo�valore�del� fondo�asservito...�.�Tali�principi�valgono�naturalmente�anche�per�i�beni� demaniali�e�di�conseguenza�al�proprietario�del�fondo�servente�va�corrisposta� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO un'indennita�che�nel�caso�di�specie�e�sostituita�dal�pagamento�di�un�canone� annuo�secondo�il�disposto�dell'art.�125�del�gia�citato�testo�unico�n.�1775�del� 1993�(sempre�fatto�salvo�l'ulteriore�indennizzo�per�l'eventuale�deprezzamento� del�fondo,�se�effettivamente�ricorrente,�anche�in�considerazione�dell'altezza� della�linea�elettrica�rispetto�al�suolo:�Trib.�Napoli�29�marzo�1980,�in�Rass. Giur. Enel,�1981,�501).� Se�gia�la�ricostruzione�della�fattispecie�in�esame�e�la�sua�collocazione�nel� sistema�delle�servitu�regolate�dagli�art.�121�e�segg.�Testo�Unico�sembrano� condurre�a�ritenerle�comprese�nella�disciplina�del�decreto�ministeriale�del� 1990,�e�di�conseguenza�anche�del�successivo�decreto�ministeriale�n.�258�del� 1998,�il�cui�art.�7�deve�considerarsi�avente�solo�funzione�interpretativa-c hiarificativa�e�non�innovativa,�ulteriore�conferma�di�tale�posizione�ricava� dall'esegesi�del�decreto-legge�n.�90/1990�(che�prevede�in�termini�generali�gli� aumenti�dei�canoni�e�demanda�alla�decretazione�ministeriale�la�normativa� di�dettaglio)�e�dei�due�provvedimenti�in�esame.� Il�principale�argomento�a�favore�della�tesi�che�qui�si�sostiene�puo�essere� tratto�dall'interpretazione�dell'art.�12,�comma�5,�del�decreto-legge� n.�90/1990.�Infatti�tale�norma,�da�un�lato,�prevede�in�termini�generali�che� �Con�decreto�del�Ministero�delle�Finanze,�di�concerto�con�il�Ministero�del� Tesoro,�...,�sono�stabiliti�i�criteri�per�la�rideterminazione,�a�decorrere�dall 'anno�1990,�dei�canoni,�proventi,�diritti�erariali�ed�indennizzi�comunque� dovuti�per�l'utilizzazione�dei�beni�immobili�del�demanio�o�del�patrimonio� indisponibile�dello�Stato��e,�d'altro�lato,�esclude�espressamente�dall'aumento� specifici�canoni,�vale�a�dire:� canoni�dovuti�per�le�concessioni�delle�grandi�derivazioni�ad�uso�idroe lettrico,�di�attingimento�di�acque�pubbliche�per�uso�potabile�o�di�irrigazione� agricola;� canoni�per�immobili�concessi�o�locati�ad�uso�alloggio�e�determinati� sulla�base�della�legge�27�luglio�1978,�n.�392,�o�dell'art.�16�del�decreto-legge� 2�ottobre�1981,�n.�546.� Pertanto,�appare�difficile�sostenere�che�i�canoni�dovuti�per�il�passaggio� di�elettrodotti�senza�infissione�di�pali�non�siano�ricompresi�negli�aumenti� disposti�con�i�decreti�ministeriali�in�esame.�Tanto�piu�che�l'art.�12�ha�espress amente�escluso�i�canoni�dovuti�ai�sensi�dell'art.�16�del�decreto-legge� n.�546/81��cioe�i�canoni�per�concessioni�demaniali�non�disciplinati�da� apposite�disposizioni�legislative,�compresi�quelli�dovuti�a�titolo�ricognitorio� �nulla�dicendo�con�riguardo�al�precedente�art.�14�dello�stesso�decreto-legge� n.�546/1981�che�contempla,�per�l'appunto,�al�primo�comma,�gli�attraversam enti�aerei�con�elettrodotti�senza�pali.� I�due�decreti�ministeriali,�dal�canto�loro,�contengono�una�serie�di�norme� che�fissano�la�misura�degli�aumenti�con�riguardo�a�specifici�tipi�di�canoni�e,� poi,�una�norma�di�chiusura�(art.�6�in�entrambi�i�decreti)�che�riguarda��tutti� i�canoni�annui,�proventi,�diritti�erariali�comunque�dovuti�per�l'utilizzazione� di�beni�del�patrimonio�disponibile,�indisponibile�e�del�demanio�pubblico�dello� Stato��con�l'esclusione�dei�canoni�contemplati�dalle�disposizioni�precedenti,� oltre�che�di�quelli�gia�esclusi�dall'art.�12,�comma�5,�del�decreto-legge� n.�90/1990.� I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO Ne�trova�alcun�fondamento�nella�lettera�della�legge�e�dei�due�decreti�la� tesi�secondo�cui�i�decreti�ministeriali�in�questione�si�riferirebbero�solo�ai� canoni�stabiliti�in�misura�non�fissa�restando�esclusi�quindi�quelli�relativi�agli� elettrodotti�stabiliti�in�misura�fissa�dalla�legge.� Anche�a�seguito�dell'emanazione�del�decreto�ministeriale�n.�258,�la�Soc.� X�insiste�nel�ritenere�non�dovute�le�maggiorazioni�in�oggetto,�in�particolare� ribadendo�le�argomentazioni�teste�considerate�e�contestando�inoltre�la�legitti- mita��stessa�di�tale�decreto,�che�la�Societa��ha�provveduto�ad�impugnare� dinanzi�alle�competenti�Autorita��Giudiziarie.� Le�argomentazioni�addotte�a�sostegno�di�tale�posizione�sono�state�con- testate�negli�atti�defensionali�depositati�dall'Avvocatura�dello�Stato,�sulla� base�delle�seguenti�considerazioni.� La�Soc.�sottolinea�innanzitutto�che�il�provvedimento�e��stato�emanato� ben�oltre�il�termine�previsto�dalla�legge�n.�165/1990.�Non�si�tratta�di�un�argo- mento�decisivo�se�si�considera,�da�un�lato,�che�il�termine�di�70�giorni�dall'e- manazione�del�decreto-legge�n.�90/1990�e��stato�rispettato�per�l'emanazione� del�decreto�originario�ma�non�poteva�esserlo�per�il�decreto�n.�258,�posto�che� l'annullamento�del�primo�e��intervenuto�dopo�quattro�anni�e,�d'altro�lato,� che�i�termini�fissati�dalla�legge�per�l'adozione�di�regolamenti�non�sono�consi- derati�perentori.�Sotto�quest'ultimo�profilo,�si�veda�il�parere�del�Consiglio�di� Stato,�sez.�consult.�att.�norm.,�4�luglio�1997,�n.�71/1997,�nella�quale�i�giudici� hanno�sottolineato,�in�primo�luogo,�che��la�potesta��regolamentare�e��imma- nente�nelle�attribuzioni�del�Governo��e,�inoltre,�che,��se�il�legislatore�ha�rite- nuto�demandare�alla�normazione�secondaria�il�completamento�della�disci- plina,�non�e��concepibile�che�la�disciplina�resti�lacunosa�e�la�legge�di�fatto� inapplicabile�.� Sempre�con�riguardo�al�decreto�n.�258�la�Soc.�sostiene,�sotto�un�altro� profilo,�che�l'illegittimita��del�provvedimento�discenderebbe�dalla�impossibi- lita��di�reiterare�un�atto�amministrativo�annullato�da�una�sentenza�definitiva� (nella�specie�la�sentenza�delal�Cassazione�n.�10124/1994).�In�merito�a�questo� rilievo,�si�osserva�che,�se�la�dottrina�e�la�giurisprudenza�escludono�l'ammissi- bilita��di�un�provvedimento�di�convalida�in�seguito�all'avvenuto�annullamento� del�provvedimento�viziato,�e�in�ogni�caso�la�c.d.�sanatoria�e��generalmente� esclusa�per�i�pareri,�non�si�puo��d'altra�parte�trascurare�che�il�decreto�del� 1990�e��stato�annullato�per�ragioni�meramente�formali�che�non�toccano�le� ragioni�sostanziali�poste�alla�base�della�contestata�maggiorazione�la�quale.�e�� espressamente�prevista�dalla�legge�n.�165/1990,�anche�con�indicazione�della� data�di�decorrenza�degli�aumenti�(anno�1990),�cos|��che�non�si�puo��neppure� sostenere�che�il�decreto�ministeriale�n.�258/1998�non�avrebbe�potuto�disporre� aumenti�retroattivi.� Inoltre,�l'inammissibilita��di�un�provvedimento�di�convalida�o�sanatoria� di�un�atto�gia��annullato�non�esclude,�com'e��evidente,�che�questo�possa� essere�rinnovato;�la�stessa�Societa��ricorrente�ammette,�del�resto,�che�i�due� decreti�non�hanno�un�contenuto�perfettamente�equivalente,�il�che�porte- rebbe�ad�escludere�la�natura�di�mera�convalida�o�sanatoria�del�decreto� n.�258,�nonostante�l'esplicita�qualificazione�in�tal�senso�contenuta�nel� preambolo.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO Nell'allegare,�per�le�Avvocature�distrettuali,�copia�di�alcuni�atti�defensio- nali�reperiti�presso�la�scrivente,�si�fa�riserva�di�comunicare�l'esito�dei�conten- ziosi�in�atto,�raccomandando�all'Amministrazione�di�rinnovare�periodica- mente�le�richieste�di�pagamento�dei�canoni�aggiornati�secondo�i�criteri�del� decreto�ministeriale�n.�258/1998�cos|�da�interrompere�il�decorso�dei�termini� prescrizionali�.� PARERE DEL 30 NOVEMBRE 2000 N. 122417. Rapporto tra foro erariale e foro inderogabile per le locazioni ^Artt. 25 e 661 c.p.c.; art. 7 T.U. 30 ottobre 1933 n. 1611. (Consultivo�9303/00,� avv.�Cosentino).� �Con�riferimento�alla�questione�sottoposta,�e�cioe�quella�se�il�foro�era- riale�ex�art.�25�c.p.c.�(e�correlate�disposizioni�del�testo�unico�n.�1611/1933)� prevalga�o�meno�sul�foro��inderogabile��fissato�dall'art.�661�c.p.c.�per�le� licenze�e�gli�sfratti�in�materia�locatizia,�questa�Avvocatura�Generale�osserva� quanto�segue.� 1.�Il�profilo�della�inderogabilita�(da�intendersi�come�impossibilita�di�deroga� pattizia�al�Foro�stabilito�per�legge)�appare�irrilevante,�o�comunque�non�idoneo,� al�fine�di�risolvere�la�questione�della�prevalenza,�in�quanto�esso�e�comune�ad� entrambe�le�fattispecie�legali�(nell'art.�661�c.p.c.�per�espressa�formulazione;�nel- l'art.�25�c.p.c.�per�pacifica�interpretazione�dottrinale�e�giurisprudenziale).� 2.�Piuttosto�parrebbero�alla�Scrivente�utilizzabili,�a�favore�della�tesi�di� prevalenza�del�Foro�erariale,�il�criterio�ermeneutico�di�specialita�e�quello�del- l'argomento�a contrario.� A) Quanto�al�primo�criterio�si�puo�ben�ritenere�sostenibile�la�natura� speciale�(o,�volendo,�anche�ultraspeciale)�della�competenza�del�Foro�erariale� rispetto�a�tutte�le�altre�competenze�territoriali�previste�dal�codice�di�rito� vigente�(ancorche�a�loro�volta�speciali,�com'e�per�l'art.�661�c.p.c.).�Si�tratta� peraltro,�e�da�avvertire,�di�un�criterio�di�non�assoluta�incontrovertibilita�,� anche�se�e�sulla�sua�base�che,�nell'ordinamento�previgente�all'introduzione� del�Giudice�unico�di�primo�grado,�trovava�probabilmente�spiegazione�il�feno- meno�della�c.d.�vis actractiva del�foro�erariale�in�grado�di�appello�dal�Pretore� al�Tribunale�(art.�7,�ult.�co.,�R.D.�30�ottobre�1933�n.�1611).�Si�rammenta�poi� che,�sempre�con�riferimento�all'ordinamento�previgente,�la�giurisprudenza�si� era�gia�espressa�nel�senso�della�prevalenza�del�Foro�erariale,�sia�pur�giustifi- cata�con�l'argomento�della�sua�natura�inderogabile,�proprio�in�tema�di�con- valida�di�sfratto,�ai�fini�della�individuazione�del�Tribunale�competente�(per� valore)�a�decidere�il�merito�dell'opposizione�alla�convalida�(cfr.�Cass.�Sez.�1� 25�maggio�1995�n.�5732;�cfr.�anche,�in�precedenza�nello�stesso�senso,�Cass.� Sez.�1.,�5�marzo�1988�n.�2309).� B) Quanto�all'argomento�a contrario,�esso�trova�fondamento�in�cio�,che,� per�quanto�attiene�alle�controversie�di�lavoro,�il�legislatore�ha�espressamente� escluso�la�competenza�del�foro�erariale�anche�quando�in�essa�sia�parte� un'Amm.ne�dello�Stato�(art.�40�D.lgs.�n.�80/1998,�che�ha�integrato�l'art.�413� c.p.c.,�cos|�come�gia�modificato�dall'art.�82�D.lgs.�n.�51/1998).�Da�cio�la�pos- sibilita�di�sostenere,�per�a contrario (ubi voluti dixit)�la�vigenza�della�regola� I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO del�Foro�erariale�(quando�sia�parte�un'Amministrazione�dello�Stato)�in�tutti� gli�altri�casi.�Si�tratta�anche�qui�di�argomento�non�incontrovertibile;�ed�e�,� per�di�piu�,�da�notare�che�la�deroga�de�qua,�proprio�per�la�sua�esclusivita� apparentemente�irrazionale,�e�stata�sospettata�di�illegittimita�costituzionale� e�quindi�gia�rimessa�al�giudizio�della�Corte�Cost.le�(cfr.�ord.�16�marzo�2000� del�Tribunale�di�Chieti,�in�Gazzetta�Ufficiale�27�settembre�2000,�n.�40�S.S.� R.0.�n.�534),�seppur�soltanto�con�riferimento�alla�difforme�disciplina�delle� controversie�previdenziali�di�cui�all'art.�442�c.p.c.� 3.�Cio�premesso,�ad�avviso�della�Scrivente,�la�tesi�della�prevalenza� del�Foro�erariale�nelle�controversie�di�cui�all'art.�661�c.p.c.�non�potra� non�essere�sostenuta,�quanto�meno�sino�a�che�non�intervenga�un�chiari- mento�in�sede�legislativa�(si�ha�notizia�che�e�in�corso�di�approvazione� una�modifica�dell'art.�7�del�R.D.�n.�1611/1933)�o�non�si�formi�un�indi- rizzo�giurisprudenziale�contrario;�e�cio�anche�perche�e�la�tesi�piu�favore- vole�all'interesse�pubblico�che�e�a�fondamento�della�regola�del�Foro�era- riale�(come�piu�volte�riconosciuto�dalla�giurisprudenza).�Stante�tuttavia�i� marginidiopinabilita�sopra�evidenziati�e�la�pendenza�dei�giudizi�di�legit- timita�costituzionale�il�cui�esito�potrebbe�influenzare�la�soluzione�della� questione�in�esame,�si�raccomanda�ponderazione�nell'uso�della�relativa� eccezione�di�incompetenza�(da�sollevarsi�comunque,�in�limine�litis,cioe� nella�comparsa�di�risposta,�a�pena�di�decadenza,�secondo�quanto�ora�pre- vede�il�nuovo�testo�dell'art.�38,�co.�2,�c.p.c)�.� PARERE DEL 9 DICEMBRE 2000 N. 125321. Giurisdizione�delle�commissioni�tributarie�sui�ricorsi�contro�il�ruolo�emesso� per�la�riscossione�di�tributiper�i�quali�la�cognizione�delle�controversie�e�riservata� alG.O.�inriferimentoalmomentodellapresentazionedeiricorsi^Art.�11,�co.� 5,�d.l.�13�maggio�1991,�n.�151,�convertito�con�legge�12�luglio�1991,�n.�202.� (Consultivo�n.�9979/1995,�avv.�Mando�).� �1.��Come�puntualmente�ricorda�codesta�Direzione�nella�nota�a� richiamo,�le�Sezioni�unite�(sentenze�n.�714�del�1999�e�121�del�2000)�hanno� ritenuto,�sulla�base�del�dettato�testuale�dell'art.�11�co.�5�del�decreto�legge� 13�maggio�1991�n.�151�convertito�con�legge�n.�202�del�1991�in�relazione�al� disposto�dell'art.�67�del�d.P.R.�n.�43�del�1988,�che�il�ricorso�contro�il�ruolo� nonche�i�relativi�avvisi�di�mora�fosse�devoluto�alla�giurisdizione�delle�com- missioni�tributarie�anche�per�i�tributi,�quali�quelli�doganali,�per�i�quali�la� cognizione�delle�controversie�avverso�gli�atti�di�accertamento�o�di�rettifica�e� riservata�al�G.O.:�di�tal�modo��e�nell'assunto�che�il�legislatore�avrebbe,� nella�sua�discrezionalita�,�inteso��uniformare�in�fase�di�riscossione�e�dopo�la� formazione�del�ruolo,�i�possibili�rimedi�giurisdizionali�,��e�stata�respinta� la�contraria�tesi�che�si�era�sostenuta�nell'interesse�di�codesta�Amministra- zione�e�di�cui�alle�circolari�ricordate�nella�nota�cui�si�risponde.� Non�resta�che�prendere�atto�dell'indirizzo�interpretativo�accolto�dalle� S.U.��pur�se�non�tutte�le�perplessita�,�collegate�all'affermato�diverso�regime� processuale�dei�ricorsi�avverso�gli�atti�di�accertamento�o�di�rettifica�(riservati� all'A.G.O.)�e�dei�ricorsi�contro�il�ruolo�e�gli�avvisi�di�mora�(devoluti�al�G.T.)� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO possono�in�astratto�ritenersi�dissolte��ed�adeguarsi�allo�stesso,�anche�nella� considerazione�che�oramai�l'art.�11,�co.�5�del�decreto�legge�n.�151/1991�cit.e� stato�definitivamente�abrogato�dall'art.�37�del�D.lgs.�n.�46�del�1999,�in�vigore� dal�1�luglio�1999�e�che�attualmente�la�giurisdizione�in�materia�e�da�ritenersi� quella�del�giudice�ordinario.� 2.��Per�il�periodo�anteriore�al�1.�luglio�1999�va,�da�un�lato,�tenuto�pre- sente�il�principio�affermato�dalle�S.U.�secondo�cui�anche�la�giurisdizione�delle� commissioni�tributarie�deve�essere�individuata,�in�applicazione�dell'art.�5� c.p.c.,�con�riguardo�al�momento�in�cui�la�domanda�giudiziale�e�stata�proposta;� e,�d'altro�lato,�va�considerata�la�evoluzione�normativa�che�ha�interessato�la� disposizione�di�cui�al�predetto�co.�5�dell'art.�11,�in�primo�tempo�abrogato�(con� effetto�dal�1.�aprile�1996�data�di�insediamento�delle�nuove�commissioni)�dal- l'art.�71,�co.�1�del�D.lvo�n.�546�del�1992�e�poi�``rimesso�in�vigore''�dall'art.�12� del�decreto�legge�n.�437�del�1996�convertito�dalla�legge�24�ottobre�1996�n.�556� (la�quale,�nell'introdurre�la�lettera�h) nelpredettoart.�12hasoppressonelcitato� art.�71�il�riferimento�all'art.�11,�co.�5,�del�decreto�legge�n.�151�del�1991).� In�relazione�a�tale�quadro��sentito�il�Comitato�consultivo,�che�si�e�espresso� in�conformita��sembra�da�concludere�che,�con�riguardo�ai�ricorsi�contro�il� ruolo�(ed�i�relativi�avvisi�di�mora)�in�tema�di�diritti�doganali�proposti�nel�periodo� dal�1.�aprile�1996�al�25�ottobre�1996�(e�cioe�per�il�periodo�nel�quale�il�co.�5�del- l'art.�11�in�esame�era�rimasto�abrogato),�vada�ritenuta�la�giurisdizione�del- l'A.G.O.,�sicche��gli�Uffici�potranno�continuare�ad�eccepire�il�correlativo�difetto� di�giurisdizione�delle�commissioni�tributarie�adite�dalla�parte�contribuente�(men- treavantiall'A.G.O.�nonverra�coerentementecontestatadall'Avvocaturalagiu- risdizione�dello�stesso�G.O.).�All'incontro,�per�i�medesimi�ricorsi�proposti�nel� periododalladatadientratainvigoredeldecretoleggen.�151/1991convertito� conlaleggen.�202del1991al31�marzo1996nonche��dal26�ottobre1996(giorno� successivo�alla�entrata�in�vigore�delle�modificazioni�introdotte�dalla�citata�legge� di�conversione�n.�556�del�1996)�al�30�giugno�1999�avanti�le�Commissioni�tributa- rie,�appare�opportuno�chegli�uffici�desistano�dalla�eccezione�di�difetto�di�giurisdi- zionedelle�stesse,�in�adesione�al�sopraricordato�indirizzo�delle�S.U.:�mentreper� le�controversie�introdotte�negli�stessi�periodi�avanti�l'A.G.O.�dara�da�coltivare� l'eccezione�di�difetto�di�giurisdizione�del�giudice�adito,�astenendosi�coerente- mente�dall'impugnare�le�sentenze�che�dichiarino�tale�difetto�di�giurisdizione,��a� favore��delle�commissioni�tributarie.�.� PARERE DEL 19 GENNAIO 2001 N. 5313. Problemiapplicatividellaleggen. 205/2000algiudiziopensionisticodinanzi alla Corte dei Conti: a) rappresentanza e difesa delle amministrazionidello Stato; b)regimediimpugnazionedelleordinanzecautelari ^Art. 420c.p.c.;art. 5legge 21 luglio 2000, n. 205; art. 6 legge 14 gennaio 1994, n. 19; artt. 21 e 28 legge 6 dicembre 1971, n. 1034. (Consultivo�n.�12909/00,�avv.�Criscuoli).� �Con�la�nota�che�si�riscontra�codesto�Ministero,�all'atto�dell'entrata�in� vigore�della�legge�21�luglio�2000,�n.�205,�ha�posto�alcuni�quesiti�in�relazione� al�disposto�dell'art.�5,�comma�2�della�legge�che,�in�materia�di�giudizi�pensio- nistici�dinanzi�alla�Corte�dei�Conti,�prevede�l'applicabilita�di�alcune�norme� del�rito�civile�del�lavoro.� I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO Un�primo�quesito�involge�la�rappresentanza�delle�Amministrazioni�dello� Stato�in�quel�tipo�di�giudizio�in�relazione�all'applicazione�dell'art.�420�c.p.c.;� codesto�Ministero,�ricordato�che�la�controparte�privata�deve�essere�assistita� da�un�difensore�in�base�alla�vigente�normativa�e�che�cio�si�verifica�anche�nella� fase�di�interrogatorio�libero�delle�parti�previsto�dall'art.�420�cit.,�ritenuto� che�allo�stato�il�giudizio�pensionistico�dinanzi�alla�Corte�dei�Conti�sia�total- mente�assimilato�a�quello�che�si�svolge�dinanzi�al�Tribunale�Amministrativo� Regionale,�ipotizza�che�dalla�modifica�legislativa�derivi�la.�necessita�di�un� patrocinio�dell'Amministrazione�assunto�dalla�scrivente�al�fine�di�garantire� pari�opportunita�processuali�e�l'opportunita�di�modificare�in�tal�senso�la�cir- colare�n.�5/1994�a�suo�tempo�diramata�in�materia�dalla�Presidenza�del�Con- siglio�dei�Ministri.�Il�quesito,�poi,�ricordando�i�limiti�posti�dall'indisponibilita� dei�diritti�previdenziali,�si�estende�all'esame�del�comportamento�processuale� da�tenere�dinanzi�al�giudicante�in�sede�di�tentativo�di�conciliazione.� Al�riguardo,�questa�Avvocatura�esprime�l'avviso�che�la�novella�legisla- tiva�in�esame�non�abbia�introdotto�modificazioni�del�rito�pensionistico�tali� da�rendere�inapplicabile�la�disposizione�recata�dall'art.�6�della�legge� n.�19/194�che�prevede�che�nei�giudizi�in�materia�pensionistica�le�Amministra- zioni�dello�Stato�possano�costituirsi�validamente�dinanzi�al�giudice�delle�pen- sioni�senza�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato�e�per�mezzo�un�proprio� dirigente�o�funzionario�appositamente�delegato.�Giova�in�proposito�ricordare� che�l'art.�420�c.p.c.,�oggi�applicabile�anche�dinanzi�alla�Corte�dei�Conti,�pre- vede�l'effettuazione�da�parte�del�giudice�di�un�interrogatorio�libero�di� entrambe�le�parti�finalizzato�al�tentativo�di�meglio�puntualizzare�ed�eventual- mente�conciliarne�le�posizioni�in�vista�della�composizione�della�lite�e�disci- plina�le�modalita�e�gli�effetti�del�tentativo�di�conciliazione.�Orbene,�poiche� nell'interrogatorio�libero�delle�parti�non�vi�sono�momenti�di�disposizione�del� diritto�(come�peraltro�si�verifica�nel�diverso�istituto�processuale�che�e�l'inter- rogatorio�formale),�non�si�vede�come�l'introduzione�del�tentativo�di�concilia- zione�e�del�previo�interrogatorio,�che�e�istituto�gia�da�anni�collaudato�nel�rito� del�lavoro,�possa�fungere�da�elemento�perturbatore�dell'impianto�processuale� delineato�con�la�circolare�n.�5/1994;�sara�,�infatti,�sufficiente�che�le�parti�siano� presenti�e�rispondano�alle�domande�del�giudicante�al�quale,�sulla�base�delle� risposte�ricevute�e�delle�rispettive�posizioni�illustrate�dalle�parti,�compete� ogni�valutazione�in�ordine�alla�sussistenza�di�uno�spazio�utilizzabile�ai�fini� della�conciliazione.�Resta�comunque�fermo�che�il�rappresentante�dell'Ammi- nistrazione�in�quella�sede�non�potra�disporre�del�diritto�dell'Amministrazione� rappresentata,�se�non�nei�limiti�indicati�dalla�legge,�sicche�non�potra�indursi� a�rinunce�e�transazioni�con�la�controparte�al�mero�fine�di�chiudere�la�lite.� Cio�non�tanto�in�considerazione�dell'art.�2113�c.c.�(richiamato�da�codesto� Ministero),�da�ritenersi�applicabile�alla�posizione�del�pensionato�e�che� espressamente�prevede�alcuni�casi�di�inapplicabilita�,�quanto�in�virtu�della� generale�indisponibilita�dei�diritti�della�pubblica�amministrazione�in�materia� pensionistica�(vedasi,�al�riguardo:�Corte�dei�Conti,�sez.�centr.�ap.�27�giugno� 1996,�n.�12).� In�tale�contesto�non�sembra�che�in�via�generale�si�renda�necessario�un� patrocinio�tecnico,�ma�soltanto�una�buona�conoscenza�della�materia�in�trat- RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� tazione�e�della�relativa�legislazione,�conoscenze�che�certamente�non�difettano� ad�un�dirigente�o�funzionario�dell'Amministrazione�interessata,�sicche�non�e� ipotizzabile�il�verificarsi�di�quella�disparita�di�opportunita�processuali�venti- lata�nella�nota�che�si�riscontra�nel�caso�in�cui�l'Amministrazione�non�sia�rap- presentata�dall'Avvocatura�dello�Stato�in�sede�di�tentativo�di�conciliazione�e� di�interrogatorio�libero�delle�parti�a�norma�dell'art.�420�c.p.c..�Certamente,� laddove�particolari�condizioni�e�situazioni�di�fatto�impongano�valutazioni�di� particolare�complessita�giuridica�ovvero�la�presenza�di�un�patrocinio�tecnico,� resta�fermo�quanto�gia�previsto�dalla�circolare�ministeriale�dianzi�richiamata� per�un'evenienza�del�genere;�l'Amministrazione�interessata�informera�tempe- stivamente�l'Avvocatura�dello�Stato�territorialmente�competente�che�dara� tutti�i�suggerimenti�da�caso�ovvero�decidera�di�assumere�in�proprio�la�condu- zione�processuale�della�causa.�Peraltro,�tale�possibilita�era�stata�oggetto�di� esplicita�previsione�nella�citata�circolare�ministeriale�che,�in�definitiva,�ad� avviso�della�scrivente�non�merita�di�essere�modificata.� Un�secondo�quesito�attiene�alla�eventuale�possibilita�di�impugnare�le� ordinanze�con�cui�la�Corte�dei�Conti,�in�accoglimento�delle�istanze�cautelari� presentatele,�abbia�disposto�la�sospensiva�del�provvedimento�impugnato.�Al� riguardo�codesta�Amministrazione�ricorda�che�nell'assenza�di�esplicita�nor- mativa�al�riguardo�non�ha�ritenuto�di�dover�proporre�appello�avverso�le�ordi- nanze�pronunciate�in�primo�grado�dal�giudice�delle�pensioni;�il�problema� sembrerebbe�porsi�nella�vigenza�della�novella�del�luglio�2000,�laddove�il� comma�1�dell'art.�5�fa�esplicito�riferimento�alla�fase�cautelare�del�processo� che�si�svolge�dinanzi�alla�Corte�dei�Conti�e�lascia�presumere�la�possibilita�di� applicare�per�analogia�l'art.�21�della�legge�n.�1034/1971,�anch'esso�modificato� dalla�medesima�legge�n.�205�e,�in�caso�positivo,�sempre�in�via�analogica,� modalita�e�termini�dell'impugnazione�indicati�nell'art.�28�della�legge� n.�1034/1971�come�modificato�dall'art.�3,�comma�2�della�legge�n.�205/2000.� Al�riguardo�si�osserva�che,�sino�all'entrata�in�vigore�della�novella�del�2000,� l'appello�al�Consiglio�di�Stato�delle�ordinanze�cautelari�del�giudice�amministra- tivo�di�primo�grado,�pur�correntemente�utilizzato�dagli�operatori�deldiritto�e�ori- gine�di�importanti�pronunce�giurisdizionali,�era�istituto�non�previsto�esplicita- mente�dalla�legge�istitutiva�dei�Tribunali�amministrativi�regionali;�esso�piuttosto� era�il�frutto�dell'elaborazione�giurisprudenziale�che,�sulla�base�soprattutto�dei� principi�generali�dell'ordinamento,�l'aveva�ritenuto�ammissibile.�Sulle�medesime� basi�ed�in�via�di�interpretazione�analogica,�la�scrivente�in�piu�di�un'occasione�ha� ritenuto�che�le�medesime�argomentazioni�che�secondo�il�giudice�amministrativo� giustificavano�l'appello�cautelare�si�rendessero�mutuabili�nel�processo�dinanzi�al� giudice�delle�pensioni�ed�ha�impugnato�diverse�ordinanze�cautelari�con�atti�di� appello�sui�quali�le�sezioni�centrali�della�Corte�dei�conti�hanno�regolarmente�e� pacificamente�pronunciato,�mai�ponendosi�il�problemadell'ammissibilita�dell'ap- pello�medesimo�(vedasi�Corte�Conti,�Sez.�Riunite,�24�marzo�1998,�n.�8).� Orbene,�oggi�che�l'appello�avverso�l'ordinanza�cautelare�ha�trovato�una� sua�codificazione�ed�un'esplicita�regolamentazione�dei�termini�e�delle�moda- lita�di�proposizione�e�che,�elemento�questo�non�trascurabile�sotto�il�profilo� interpretativo,�la�fase�cautelare�dinanzi�alla�Corte�dei�Conti�ha�trovato�espli- cita�previsione�nel�contesto�della�medesima�fonte�legislativa,�sembra�alla�scri- I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO vente,�che�a�maggior�ragione�la�normativa�sulla�fase�cautelare�del�processo� amministrativo�possa�trovare�applicazione�in�via�di�analogia�nel�processo� dinanzi�alla�Corte�dei�Conti�che,�si�ribadisce,�ha�sempre�fatto�mostra�di�con- dividere�tale�interpretazione�analogica�della�normativa�e�dell'elaborazione� giurisprudenziale�in�tema�d'impugnativa�cautelare�in�punto�di�applicabilita� nei�giudizi�aventi�ad�oggetto�le�materie�di�propria�competenza�.� PARERE DEL 19 GENNAIO 2001 N. 5315. Definibilita�ai�sensi�dell'art.�2-quinquies�d.l.�n.�564/1974�delle�liti�fiscali� originate�da�atto�di�accertamento�notificato�successivamente�al�31�dicembre� 1994�ma�basato�su�p.v.c.�notificato�al�contribuente�anteriormente�a�tale�data�^ Art.�2-quinquies�d.l.�30�settembre�1994�n.�564,�convertito�in�legge�30�novembre� 1994�n.�656.�(Consultivo�n.�2605/00,�avv.�Criscuoli).� �Nella�imminenza�della�scadenza�del�termine�per�proporre�ricorso�per� cassazione�avverso�la�sentenza�in�oggetto,�si�riscontra�la�nota�della�Direzione� Regionale�suindicata.�Al�riguardo�si�rappresenta�che�allo�stato�il�Ministero� delle�Finanze�non�ha�risposto�al�quesito�sottopostogli�dalla�scrivente�(nota� del�7�marzo�2000,�n.�25415,�costa�inviata�p.c.)�a�seguito�della�segnalazione� pervenuta�dalla�Direzione�regionale�in�indirizzo�circa�il�rilevante�numero�di� ricorsi�pendenti�che�involgono�la�medesima�questione.�Tuttavia,�pare�alla� scrivente�doversi�assumere�le�definitive�determinazioni�quanto�meno�con�rife- rimento�alla�causa�in�esame�che�e�stata�occasione�della�richiesta�di�parere.� Orbene,�codesta�Direzione�Regionale�ha�segnalato�che,�nei�due�gradi�di� giudizio�sin�qui�svoltisi,�il�competente�Ufficio�I.V.A.�ha�manifestato�il�pro- prio�avviso�contrario�alla�definizione�della�lite�ai�sensi�dell'art.�2-quinquies� del�decreto�legge�n.�564/1994,�convertito�in�legge�n.�656/1994�sotto�due� diversi�profili:�da�un�lato�perche�l'atto�impositivo�e�stato�notificato�dopo�il� 31�dicembre�1994,�dall'altro�perche�deve�ritenersi�che�la�precedente�notifica- zione�del�processo�verbale�di�constatazione�redatto�dall'Ufficio�Distrettuale� delle�Imposte�Dirette�ai�fini�delle�imposte�sul�reddito,�ancorche�contenesse�i� medesimi�rilievi,�avesse�valore�esclusivamente�per�queste�imposte.� In�sostanza�l'Ufficio�sostiene�che�le�liti�che�la�legge�indica�come�quelle� che�possono�insorgere�per�atti�notificati�entro�il�31�dicembre�1994�(ivi�com- presi�i�processi�verbali�di�constatazione�per�i�quali�non�sia�stato�notificato� l'atto�d'imposizione)�siano�le�liti�che�potrebbero�direttamente�derivare�dal� processo�verbale�di�constatazione�e�non�anche�le�altre�che�promanano�per� via�indiretta�dai�verbali�redatti�da�un�nucleo�di�verifica�competente�per� diverso�tipo�di�imposte;�queste�ultime�troverebbero�la�loro�origine�immediata� in�un�nuovo�processo�verbale�redatto�dall'ufficio�competente�nella�materia� in�questione�e�formalmente�autonomo�dal�primo,�comunque�contenente� rilievi�identici�a�quelli�gia�formulati�nel�primo�processo�verbale�e,�dunque,� gia�noti�al�contribuente.� Allo�stato�non�puo�che�confermarsi�il�punto�di�vista�sinteticamente� espresso�dalla�scrivente�nella�nota�inviata�dal�Ministero. E�avviso�della�scrivente�che�la�tesi�sostenuta�in�giudizio�dall'Ufficio,�fon- data�su�argomentazioni�e�valutazioni�di�natura�eccessivamente�formalistica,� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO non�possa�essere�condivisa�non�trovando�eccessivo�sostegno�nella�disposi- zione�agevolativa�contenuta�nell'art.�2-quinquies del�decreto�legge� n.�564/1994,�convertito�in�legge�n.�656/1994,�ed�anzi�finendo�col�perdere�di� vista�la�ratio ispiratrice�che�nell'occasione�ha�mosso�il�legislatore.� La�norma�teste�richiamata,�la�cui�rubrica�recita�genericamente��chiusura delle litifiscalipendenti� nel�disegnare�il�proprio�ambito�applicativo,�assimila� alle�liti�pendenti�dinanzi�agli�organi�della�giustizia�tributaria,�quelle�che� potenzialmente�potrebbero�insorgere�a�seguito�della�notificazione�entro�il� 31�dicembre�1994�di�atti�tra�i�quali�sono�esplicitamente�previsti�i�processi�ver- bali�di�constatazione�cui�non�abbia�ancora�fatto�seguito�la�notificazione�del- l'atto�impositivo.� Come�e�agevole�osservare,�la�lite�fiscale�pendente,�ai�fini�di�ammettere�la� possibilita�di�una�sua�chiusura�ai�sensi�della�normativa�in�esame,�e�anche� quella�che,�seppure�non�ancora�insorta�concretamente�per�la�mancanza�di� un�atto�impositivo,�da�impugnare,�potrebbe�comunque�insorgere�in�seguito� alla�notificazione�dell'atto�di�cui,�alla�data�del�31�dicembre�1994,�sia�gia�nota� al�contribuente�la�sussistenza�dei�presupposti.�Un�solo�limite,�dunque,�ha� inteso�porre�il�legislatore�alla�definibilita�delle�liti�fiscali�pendenti�cos|�indivi- duate:�quello�temporale�con�riferimento�alla�conoscenza�di�entrambe�le�parti� dei�motivi�che�potrebbero�dare�origine�alla�situazione�controversa.� Tale�essendo�il�contesto�normativo�in�cui�si�inquadra�la�fattispecie�in� esame�(e�quelle�analoghe�in�ordine�alle�quali�si�e�chiesto�se�sia�opportuno� insistere),�non�pare�alla�scrivente�che�la�tesi�restrittiva�sostenuta�dagli� uffici�possa�fondatamente�trovare�ingresso.�Al�di�la�dell'argomento�mera- mente�formale,�per�cui�la�notificazione�del�p.v.c.�ai�fini�dell'I.V.A.,�con� contestuale�avviso�di�rettifica,�comunque�contenente�identici�rilievi� rispetto�ad�analogo�p.v.c.�in�precedenza�notificato�ai�fini�delle�imposte� sulreddito,e�avvenuta�dopo�la�data�indicata�dalla�legge�come�limite�di� applicabilita�della�stessa,�sta�di�fatto�che�il�secondo�p.v.c.,�ancorche�for- malmente�autonomo�perche�redattoda�undiverso�ufficioperifericodella� medesima�Amministrazione,�si�e�limitato��per�esplicita�ammissione�di� codesta�Direzione�Regionale��a�riproporre�i�rilievi�gia�contenuti�nel� primo�p.v.c.�notificato,�come�si�e�visto,�anteriormente�alla�scadenza�fissata� dalla�legge.�Ne�consegue�che�il�contestuale�avviso�di�rettifica�emesso�ai�fini� dell'IVA,�in�realta�,�ha�trovato�la�sua�origine�nei�rilievi�contenuti�nel�p.v.c.� gia�noto�al�contribuente�sin�da�data�anteriore�al�31�dicembre�1994,�sicche� la�lite�che�e�scaturita�in�seguito�all'impugnazione�del�medesimo�avviso�di� rettifica�ben�puo�farsi�rientrare,�sotto�il�profilo�temporale,�tra�quelle�defi- nibili�a�norma�dell'art.�2-quinquies citato.� Peraltro,�essendosi�ammesso�che,�una�volta�che�aveva�ricevuto�la�comu- nicazione�dei�rilievi�sollevati�in�sede�di�verifica�fiscale,�ancorche�gli�stessi�fos- sero�emersi�da�un�controllo�finalizzato�all'accertamento�dell'imponibile�ai�fini� delle�imposte�sul�reddito,�l'Ufficio�I.V.A.�non�avrebbe�potuto�astenersi�dal� procedere�alla�rettifica�della�dichiarazione�del�contribuente�ai�diversi�fini�del- I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO l'imposta�sul�valore�aggiunto,�deve�concludersi�che,�anche�sotto�diverso�pro- filo,�la�disposizione�di�legge�in�rassegna�non�contiene�alcun�elemento�che� possa�indurre�l'interprete�ad�escludere�la�concreta�fattispecie�in�esame�dal� suo�ambito�applicativo.� Invero,�proprio�dall'affermazione�dell'ufficio�I.V.A.,�che�ha�inteso�recu- perare�a�tassazione�i�maggiori�ricavi�accertati�in�sede�di�verifica�effettuata� dall'Ufficio�delle�imposte�dirette�ed�indicati�nel�relativo�p.v.c.,�consegue�che� anche�la�lite�in�materia�di�I.V.A.,�gia��alla�data�della�notificazione�del�primo� processo�verbale,�si�trovava�allo�stato�potenziale�preso�in�considerazione�dal� legislatore�e�rientrava�tra�quelle�definibili�in�base�all'art.�2-quinquies,�nulla� rilevando,�ai�fini�che�interessano,�che�in�un�secondo�momento�(successivo�alla� scadenza�di�legge)�sia�intervenuta�la�notificazione�di�un�secondo�p.v.c.�non� contenente�elementi�e�rilievi�nuovi�e�riproponente�pedissequamente�i�rilievi� gia��contenuti�in�quello�precedentemente�notificato�al�contribuente�e,�dunque,� a�lui�gia��noti.� Per�i�motivi�indicati�la�Scrivente�si�asterra��dal�proporre�ricorso�per�cas- sazione�.� PARERE DEL 24 GENNAIO 2001 N. 7395. Ammissibilita�adunagaraperl'aggiudicazionedipubblicafornitura�diuna� medesima�impresa�sia�singolarmente,�sia�come�componente�di�un�raggruppa- mento�temporaneo�di�imprese�^Art.�13,�co.�4,�legge�11febbraio�1994�n.�109.� (Consultivo�n.�14335/00,�avv.�Cosentino).� �In�tema�di�partecipazione�alle�gare�per�l'appalto�diforniture�non�si�rin- viene,�ne�a�livello�di�normativa�comunitaria,�ne�a�livello�di�normativa�nazio- nale,�una�disposizione�espressa�di�divieto�della�simultanea�partecipazione�di� una�impresa�alla�stessa�procedura�di�gara�sia�a�livello�individuale�sia�quale� componente�di�una�associazione�temporanea�di�imprese�o�di�un�consorzio.� Tale�divieto�invece�e��espresso�nella�disposizione�relativa�agli�appalti�di� lavoripubblici�contenuta�nell'art.�13,�4.�comma,�1.�periodo�della�legge-quadro� 11�febbraio�1994�n.�109,�che�testualmente�recita:��e��fatto�divieto�ai�concor- renti�di�partecipare�alle�gare�in�piu��di�un'associazione�temporanea�o�consor- zio�di�cui�all'art.�10,�1�comma,�lettera�d)�ed�e)�ovvero�partecipare�alla�gara� anche�in�forma�individuale�qualora�abbia�partecipato�alla�gara�medesima�in� associazione�o�consorzio�.� Cio��premesso,�quand'anche�non�si�voglia�riconoscere�alla�norma� espressa,�ora�riferita,�la�valenza�di�principio�generale�valido�anche�al�di�fuori� della�materia�dei�lavori�pubblici�ed�applicabile�come�tale�in�tutte�le�procedure� di�gara�pubbliche�(per�forniture,�servizi�e�quant'altro),�il�divieto�di�simultanea� partecipazione�alla�gara�deve�comunque�ritenersi�vigente�anche�oltre�la�mate- ria�predetta�(lavori�pubblici).�Cio��per�la�fondamentale�ragione�che�tale� impossibilita��inerisce�alla�natura�stessa�dell'associazione�temporanea�di� imprese�(e�di�quei�consorzi�a�questa�equiparati),�istituto,�com'e��noto,�fondato� su�un�rapporto�di�mandato�con�rappresentanza�che�uno�o�piu��imprese�danno� ad�altra�impresa�mandataria,�per�cui�la�simultanea�possibilita��di�partecipa- RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO zione�equivarrebbe�ad�ammettere�la�possibilita�di�una�duplice�presenza�ad� uno�stesso�soggetto�alla�stessa�gara,�e�cioe�sia�in�proprio�che�per�(ovvero� quale)�mandatario�con�procura:�con�piu�che�evidente�violazione�del�principio� della�par condicio. Si�aggiunga�a�cio�anche�la�considerazione�che�il�divieto�di�cui�trattasi� (cos|�come�altri�analoghi:�cfr. ad�esempio�il�comma�5�dello�stesso�art.�13� legge-quadro)�ha�come�scopo�quello�di�garantire�la�correttezza�e�la�traspa- renza�delle�gare�pubbliche,�nell'interesse�principale�della�stessa�P.A.� Percio�si�ritiene�che�la�partecipazione�di�una�stessa�impresa�in�proprio�e� come�componente�(anche�se�solo�in�veste�di�mandante)�di�una�ATI�alla� medesima�gara�non�possa�essere�ammessa�e�vada�sanzionata�con�la�esclu- sione�di�entrambi�i�concorrenti�(impresa�singola�e�ATI).� Peraltro,�non�risultando�una�espressa�disposizione�di�legge�relativa�alla� gara�di�appalto�per�forniture�e�servizi,�ragioni�di�prudente�cautela�suggeri- scono�di�inserire,�nei�bandi�relativi�a�tali�appalti,�una�disposizione�dello� stesso�tenore�di�quella�di�cui�al�citato�art.�13,�comma�4,�legge�citata�.� PARERE DEL 5 FEBBRAIO 2001 N. 14720. Rappresentanza e difesa in giudizio delle istituzioni scolastiche autonome da parte dell'Avvocatura dello Stato ^T.U. 30 ottobre 1933, n. 1611; art. 21 legge 15 marzo 1997, n. 59. (Consultivo�n.�16507/00,�avv.�Zerman).� �Come�e�noto,�a�seguito�della�nuova�organizzazione�scolastica,�alle� scuole�e�stata�riconosciuta�la�personalita�giuridica�e�la�autonomia�didattica,� organizzativa�e�di�ricerca,�ai�sensi�dell'art.�21�legge�n.�59/1997�e�normativa� di�attuazione.� Gia�in�passato,�a�proposito�di�altre�amministrazioni�poi�soggettivizzate� si�era�posto�il�problema�se�tali�organizzazioni�autonome�potessero�essere�for- nite�di�personalita�giuridica�senza�che�venisse�meno�il�loro�inserimento�nel- l'apparato�organizzativo�dello�Stato�e�conseguentemente�la�regola�del�patro- cinio�della�Avvocatura�Generale�dello�Stato,�ai�sensi�dell'art.�1�R.D.� n.�1611/1933.� Al�riguardo�era�stato�ritenuto�dalla�Suprema�Corte�conciliabile�la�per- sonalita�giuridica�di�alcune�organizzazioni�con�la�veste�di�organi�dello� Stato,��poiche�,�se�di�regola�l'organo,�essendo�il�normale�mezzo�di�imputa- zione�ad�una�persona�giuridica�della�sua�azione,�non�ha�a�sua�volta�perso- nalita�giuridica�...�nel�nostro�ordinamento�e�accolto�il�principio�che�taluni� organi�(e,�a�maggior�ragione,�talune�organizzazioni,�anche�non�legate�da� rapporto�organico�con�lo�Stato)�possano�ricevere�la�personalita�giuridica� per�effetto�di�norme�eccezionali,�in�virtu�delle�quali�l'organo-persona�giuri- dica�si�istituisce�sempre�e�solo�quando�ricorrano�particolari�ragioni,�di� solito�di�carattere�patrimoniale,�cioe�per�dare�all'organo�maggiore�liberta� negoziale,�con�la�possibilita�di�percepire�proventi�diretti�in�corrispettivo� delle�prestazioni�erogate.� I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO La peculiarita� di tali soggetti e� che essi, da un lato si inseriscono in un quadro di rapporti interorganici e sono soggetti, a seconda dei casi, a poteri gerarchici o di direttiva ed a controlli generali o speciali; dall'altro hanno rapporti patrimoniali, propria contabilita� , propria organizzazione, e spesso proprio personale e propri beni� (Cass. 1984 n. 5544). Di conseguenza e� stato ritenuto obbligatorio il patrocinio dell'A.I.M.A., ai sensi dell'art. 1 R.D. 1611 cit., in quanto amministrazione dello Stato (Cass. 5544/1984 cit.). Egualmente e� stato deciso per altri organi soggettiviz- zati, quali il Fondo di previdenza del personale delle dogane (Cass.1983 n. 2993); la C.P.D.E.L. (Trib. Catania 8 marzo 1979), la Cassa per il Mezzo- giorno e l'Agenzia per la promozione dello sviluppo nel mezzogiorno (Trib. Catania 30 aprile 1991). Nell'ambito scolastico, a proposito degli Istituti gia� dotati di persona- lita� giuridica, era stato deciso che: �Gli istituti tecnici statali, anche se dotati di autonomia amministrativa, sono pur sempre enti strumentali dello Stato, la cui rappresentanza in giudizio, ai sensi dell'art. 1 testo unico 30 otto- bre 1933 n. 1611, spetta all'Avvocatura dello Stato automaticamente senza bisogno di specifiche investiture� (Tar Lombardia, Brescia, 2 novembre 1982 n. 390). Come, infatti, specificato dalla Suprema Corte (Cass. 10982/1996), la personalita� giuridica e� rilevante nei confronti dei terzi, finalizzata all'im- putazione alla Scuola delle attivita� negoziali e della responsabilita� civile, e quindi ad una maggiore agilita� di operazioni. Ma nei confronti dello Stato, l'Istituto dotato di personalita� giuridica permane nella sua qualita� di organo, sia pure con l'autonomia riconosciuta (cfr.anche Cass., sez. III, n. 2605/1997). Questa Avvocatura ritiene �allo stato �che gli istituti scolastici dotati di personalita� giuridica siano da considerarsi del tutto compenetrati nella organizzazione dello Stato, in ragione dei seguenti elementi: 1. ^inserimento del dirigente scolastico e del personale della scuola nel personale statale (cfr. D.Lgs. 29/1993 e successive modifiche); 2. ^responsabilita� , sia disciplinare che per risultati, del dirigente sco- lastico, nei confronti della Amministrazione statale; 3. ^reclutamento del personale della scuola su base territoriale e comunque, al di fuori delle singole scuole, non potendo le stesse provvedere a procedure di reclutamento (a tempo indeterminato), materia esplicitamente sottratta alla gestione delle scuole (v. art. 15 d.P.R. 275/1999); 4. ^limitata autonomia finanziaria, non potendo le scuole imporre tasse scolastiche per il corrispettivo servizio, se non per peculiari e specifiche attivita� ; 5. ^potere di vigilanza e controllo rimasto in capo alle strutture del Ministero, sia in relazione alla responsabilita� disciplinare dei Capi di Istituto, che alla possibilita� di scioglimento degli organi collegiali �in caso di persi- stenti e gravi irregolarita� o di mancato funzionamento�, ai sensi dell'art. 28, comma 7 testo unico n. 297/1994, non abrogato dall'art. 17 d.P.R. n. 275/1999. RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO La�autonomia�riconosciuta�ha�riguardo�alla�impostazione�organizza- tiva�e�didattica�della�scuola;�la�personalita�giuridica�fa�diventare�la�scuola� centro�di�imputazione�di�rapporti�nei�confronti�dei�terzi,�che�riguardino�sia� attivita�negoziali�sia�fatti�illeciti,�rimanendo��nei�rapporti�interni��l'Isti- tuto�scolastico,�organo�dello�Stato�(in�tal�senso�esplicitamente�Cass.� 10982/1996,�cit.).� Da�quanto�sopra�esposto�deriva,�quindi,�che�le�Scuole�sono�ammesse�al� patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato,�ai�sensi�dell'art.�1�R.D.�n.�1611/1933,� nonche�la�impossibilita�di�un�contrasto�giudiziale�con�lo�Stato.� A�tale�soluzione,�che�peraltro�e�data�per�pacifica�nei�primi�orientamenti� giurisprudenziali�(arg.�ex Tar�Lazio�III,�n.�8708/00�e�C.d.S.�VI,�n.�5835/00)� conformeranno�la�propria�condotta�anche�tutte�le�Avvocature�Distrettuali.� Sembra�opportuno�che�il�Ministero�in�indirizzo�comunichi�alle�istitu- zioni�scolastiche�il�proprio�conforme�orientamento�sull'argomento�.� PARERE DEL 5 MARZO 2001 N. 30628. Violazioni valutarie ^Successioni di leggi ^Applicazione dell'art. 23-bis� deld.P.R.n. 148/1988^Fattispeciediviolazionidileggipenalisuccessivamente depenalizzate ^Differenze rispetto alle fattispecie divenute lecite ^Legge 7 novembre 2000, n. 326. (Contenzioso�n.�15847/1999,�avv.�F.�Arena).� �La�legge�7�novembre�2000�n.�326�recante��Modifiche�al�testo�unico� approvato�con�decreto�del�Presidente�della�Repubblica�31�marzo�1988� n.�148,�in�materia�di�sanzioni�valutarie��introduce�il�principio�di�legalita�,�nel- l'accezione�di�cui�all'art.�2�del�codice�penale,�anche�nel�settore�delle�violazioni� valutarie.� In�particolare,�la�legge�in�commento�ha�abrogato�il�comma�secondo� dell'art.�23�del�d.P.R.�n.�148/1988�(il�cui�tenore�letterale,��le�sanzioni�ammi- nistrative�si�applicano�ai�fatti�commessi�quando�le�norme�valutarie�violate� erano�in�vigore,�anche�se�le�norme�medesime�sono�state�successivamente� modificate�in�senso�piu�favorevole�all'autore�della�violazione�,�aveva�costi- tuito�argomento�per�ritenere�inapplicabile�il�regime�penalistico�dell'abolitio criminis alle�sanzioni�amministrative�in�materia�valutaria)�e�soprattutto�ha� inserito�l'art.�23-bis,�in�forza�del�quale��Nessuno�puo�essere�assoggettato�a� sanzioni�se�non�in�forza�di�una�legge�entrata�in�vigore�prima�della�commis- sione�della�violazione�(primo�comma).�Nessuno�puo�essere�assoggettato�a� sanzioni�amministrative�per�un�fatto�che,�secondo�la�legge�posteriore�non� costituisce�violazione�punibile,�salvo�che�la�sanzione�sia�gia�stata�irrogata� con�provvedimento�definitivo.�In�tale�caso�il�debito�si�estingue,�ma�non�e� ammessa�la�ripetizione�di�quanto�pagato�(secondo�comma).��Segue�poi�un� terzo�comma�che�sancisce�l'applicabilita�della�legge�posteriore�piu�favore- vole�al�reo.� La�volonta�del�legislatore�di�estendere�anche�al�settore�in�parola�il�prin- cipio�di�legalita�,�con�tutta�l'ampiezza�con�il�quale�e�previsto�nel�diritto�penale� �terminando�cos|�un�percorso�iniziato�con�la�legge�n.�689/1981�e�proseguito� con�il�D.Lgs.�n.�472/1997,�in�materia�di�sanzioni�per�violazioni�tributarie� I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO appare�chiara�anche�alla�luce�della�lettura�dei�lavori�preparatori,�che�richia- mano�espressamente�anche�l'orientamento�della�Corte�di�Cassazione�in�forza� del�quale,�la�via�della�applicazione�analogica�dei�criteri�di�cui�all'art.�3� D.Lgs�n.�472/1997�agli�illeciti�valutari�e�stata�giudicata�non�percorribile.� Tuttavia,�l'applicazione�della�legge�de qua necessita�di�talune�brevi�indi- cazioni.� Il�primo�comma�del�nuovo�art.�23-bis,�a�parere�della�Scrivente,�va�inter- pretato�anche�alla�luce�dell'art.�40�della�legge�n.�689/1981�in�forza�del�quale� le�disposizioni�della�legge�generale�di�depenalizzazione��si�applicano�anche� alle�violazioni�commesse�anteriormente�all'entrata�in�vigore�della�presente� legge�che�le�ha�depenalizzate�.� Ritenendo�applicabile�anche�alla�nuova�normativa�il�principio�di�cui� alla�disposizione�teste�citata�(la�cui�valenza�generale�e�stata�riconosciuta� anche�dalla�giurisprudenza�della�Suprema�Corte,�in�occasione�di�pronunce� rese�in�fattispecie�depenalizzate�da�leggi�diverse�dalla�n.�689/1981,�(cfr.in� proposito�Cass.�n.�92�del�9�gennaio�1996),�ne�deriva�che�fattispecie�sottopo- ste,�al�momento�della�realizzazione,�a�sanzione�penale,�successivamente� depenalizzate�non�diventano,�in�applicazione�del�primo�comma�del- l'art.�23-bis legge�n.�326/00,�non�sanzionabili:�in�altri�termini,�l'espresso� assoggettamento�a�sanzione�penale�della�condotta�posta�in�essere�deve�rite- nersi�sufficiente�al�fine�di�applicare�la�sanzione�amministrativa,�in�quanto� la�ratio della�disposizione�di�cui�al�primo�comma�citato�non�e�quella�di�far� andar�esente�da�sanzione�comportamenti�che,�al�momento�della�loro�com- missione�erano�addirittura�sottoposti�al�piu�grave�regime�della�sanzione� penale,�bens|�quella�di�non�punire�comportamenti�leciti�al�momento�della� loro�realizzazione.� Nel�senso�suesposto,�si�ripete,�orienta�la�possibilita�di�applicazione�ana- logica�dell'art.�40�legge�n.�689/1981�cit.� Il�tenore�del�secondo�comma�dell'art.�23-bis,poi,inducelaScrivente� a�suggerire�a�codesta�Amministrazione�di�astenersi�dall'irrogare�sanzioni� tutte�le�volte�che�l'illiceita�di�una�determinata�fattispecie,�in�materia� di�violazioni�valutarie,�sia�venuta�meno�in�seguito�ad�un�mutamento� normativo.� Andra�peraltro�verificato�in�concreto�se�la�fattispecie�prima�sottoposta�a� sanzione�sia�divenuta�lecita�tout court �se�si�sia�cioe�verificata�una�abolitio criminis �ovvero�se�la�stessa�risulti�essere�sottoposta�ad�un�regime�sanzio- natorio�diverso,�nel�qual�caso�occorrera��in�applicazione�del�terzo�comma� dell'art.�23-bis �provvedere�ad�irrogare�la�sanzione�eventualmente�piu�favo- revole�prevista�dalla�nuova�disciplina.� Inoltre,�anche�nell'ipotesi�di�provvedimenti�divenuti�definitivi,�si�avverte� l'esigenza�che�codesta�Amministrazione�non�ponga�gli�stessi�in�esecuzione� (sempre�ove�si�tratti�di�fattispecie�successivamente�divenute�lecite),�atteso� che�l'ultimo�inciso�del�comma�secondo�dell'art.�23-bis prima�citato�sancisce� l'estinzione�ex lege di�detti�debiti�(al�riguardo�si�precisa,�cos|�rispondendo�al� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO quesito�di�cui�alla�nota�2�febbraio�2001,�prot.�232220�di�codesta�Amministra- zione,�che�la�dizione�di��debito�residuo��contenuto�nella�legge�va�intesa�nel� senso�di�somme�ancora�non�versate�sulla�base�di�provvedimenti�divenuti�defi- nitivi).�In�forza�della�medesima�disposizione,�peraltro,�non�dovranno�essere� accolte�eventuali�istanze�di�ripetizione�di�somme�gia�corrisposte�in�virtu�di� provvedimenti�divenuti�definitivi.� Si�precisa�al�riguardo�che�per�provvedimento�definitivo�deve�intendersi� un�provvedimento�che�non.�sia�stato�oggetto�di�impugnazione,�ovvero� avverso�il�quale�sia�stata�proposta�opposizione�rigettata�con�sentenza�passata� in�giudicato.�Tale�interpretazione�discende�dalla�gia�rilevata�evidente�inten- zione�del�legislatore�di�assimilare�il�regime�delle�sanzioni�per�violazioni�in� materia�valutaria�ai�principi�scolpiti�nell'art.�2�del�codice�penale�secondo� cui,�nell'ipotesi�di�abolitio criminis,�ove�vi�sia�stata�condanna�per�un�fatto� che�la�legge�posteriore�non�prevede�piu�come�reato��ne cessano l'esecuzione e gli effetti penali��(secondo�comma�art.�2�c.p.).� La�rilevata�assimilazione�della�nuova�disciplina�con�il�regime�penali- stico�consente�di�rispondere�al�quesito�posto�da�codesta�Amministrazione� con�la�nota�sopra�richiamata,�in�merito�alle�determinazioni�da�assumere� nei�confronti�di�crediti�le�cui�riscossioni�non�sono�state�portate�a�compi- mento�prima�dell'entrata�in�vigore�della�nuova�normativa:�ad�avviso�della� Scrivente�gli�unici�crediti�che�potranno�ritenersi�definitivamente�acquisiti� al�patrimonio�dell'Amministrazione�sono�quelli�gia�esatti�al�momento�del- l'entrata�in�vigore�della�legge�in�commento�sulla�base�di�provvedimenti�dive- nuti�definitivi.� Quanto�infine�alle�liti�pendenti,�la�Scrivente�suggerisce�di�procedere�alla� revoca�dei�provvedimenti�sanzionatori�relativi�a�fattispecie�divenute�lecite� liceita��da�valutare�alla�stregua�dei�criteri�suindicati��motivando�la�stessa� con�l'intervento�della�nuova�disciplina.� Una�volta�disposta�la�revoca,�s|�vorra�tempestivamente�informare�l'Av- vocatura�dello�Stato�competente,�inoltrando�copia�conforme�del�provvedi- mento�adottato,�al�fine�di�consentire�la�richiesta�di�cessazione�della�materia� del�contendere�con�compensazione�delle�spese�di�lite.� Peraltro,�occorrera�,�al�contrario,�resistere�in�giudizio,�ove�l'opposizione� al�provvedimento�d|�irrogazione�della�sanzione�sia�stata�presentata�fuori�ter- mine:�in�tal�caso,�infatti.�secondo�quanto�piu�sopra�gia�indicato,�deve�rite- nersi�che�il�provvedimento�sia�divenuto�definitivo�e,�dunque,�non�puo�trovare� applicazione�il�primo�inciso�del�secondo�comma�dell'art.�23-bis.E�appena�il� caso�di�rilevare,�da�ultimo,�che�l'opportunita�di�resistere�in�giudizio�in�siffatte� ipotesi�e�subordinata�al�versamento�da�parte�del�trasgressore�dell'importo� della�sanzione�o�di�parte�di�essa:�in�tal�caso,�infatti,�lo�stesso�non�avrebbe� diritto�a�ripetere�quanto�gia�versato;�al�contrario,�ove�nulla�fosse�stato�corri- sposto,�non�sussisterebbe�alcun�interesse�a�coltivare�l'eccezione�in�rito,�atteso� che,�come�sopra�visto,�nell'ipotesi�di�provvedimento�definitivo,�e�prevista�l'e- stinzione�del�debito�.� I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO PARERE DEL 7 MARZO 2001 N. 31976. Potere di rinuncia e transazione da parte del Comitato Agevolazioni isti- tuito presso il Ministro del Commercio con l'Estero �Art. 25 d.lgs. 31 marzo 1998 n. 143; art. 13 testo unico approvato con R.D. 30 ottobre 1933 n. 1611; art. 17, co. 25 e 26, legge 15 maggio 1997 n. 127. (Consultivo�n.�17856/1999,� avv.�Criscuoli).� �Con�la�nota�a�riscontro�codesto�Ministero,�ricordati�alcuni�precedenti� pareri�resi�dalla�scrivente�in�materia�di�poteri�di�rinuncia�e�transazione�del� soppresso�Comitato�istituito�presso�il�MINCOMES�ex lege n.�394/1981;� richiamati�altres|�il�parere�del�Ministero�del�Tesoro,�Dir.�Gen.�del�Tesoro� reso�con�nota�del�7�febbraio�1997,�n.�170129�e�quello�del�Consiglio�Stato�ivi� citato�in�ordine�al�Comitato�istituito�presso�il�Mediocredito�Centrale�S.p.a.� dalla�convenzione�stipulata�tra�il�Ministero�e�la�detta�banca�giusta�le�previ- sioni�di�cui�all'art�3�della�legge�n.�489/1993;�considerato�che�a�norma�del- l'art.�25�del�d.lgs.�n.�143/1998�e�stato�disposto�che�a�decorrere�dall'1.�gennaio� 1999�la�gestione�dei�due�Fondi�e�degli�interventi�ivi�indicati�fosse�trasferita� alla�S.�S.p.a.,�e�che�a�tal�fine�fossero�stipulate�apposite�convenzioni�tra�il� Ministero�del�Commercio�con�l'Estero�e�la�societa�medesima;�considerato� altres|�che�tra�i�due�enti�e�stata�stipulata�la�convenzione�del�16�ottobre�1998� che�all'art.�22�stabilisce�che�l'amministrazione�dei�diversi�fondi�istituiti�per� l'attuazione�dei�detti�interventi�e�affidata�ad�un�Comitato�istituito�presso�la� stessa�S.,�di�cui�e�espressamente�indicata�la�composizione�(comma�1),�e�che� il�Comitato�medesimo,�denominato�Comitato�Agevolazioni,�tra�le�proprie� competenze�annovera�quella�di�deliberare��in�ordine�alle�revoche,�alle�rinun- zie,�alle�transazioni�relative�alle�operazioni�medesime,�nonche�all'avvio�di� azioni�giudiziarie��(comma�3,�lettera�b); rilevato�che�al�momento�il�Comitato� Agevolazioni�ha�all'esame�alcune�proposte�transattive�di�considerevole�valore� economico;�riferisce�in�merito�ad�una�richiesta�di�parere�del�ridetto�Comitato� rivolta�a�codesto�Ministero�in�ordine�alla�propria�facolta�di�decidere�in� merito�a�rinunce�e�transazioni�ed�in�particolare�se�le�proprie�deliberazioni�in� materia�siano�soggette�alle�medesime�procedure�previste�dalla�legislazione� vigente�per�gli�organi�delle�amministrazioni�dello�Stato�(in�definitiva,�vista� la�sopravvenienza�dell'art.�17,�commi�25�e�26�della�legge�n.�127/1997,�se� debba�acquisirsi�al�riguardo�il�preventivo�parere�dell'Avvocatura�dello�Stato� ai�sensi�dell'art.�13�del�t.u.�approvato�con�R.D.�n.�1611/1933�e�succ.�mod.)�e� chiede�di�conoscere�l'avviso�di�questa�Avvocatura�in�merito�al�quesito.� Al�riguardo�si�osserva�quanto�segue.� Alla�S.p.a.�S.,�com'e�noto,�e�stata�attribuita,�ai�sensi�dell'art.�25,�com- ma�1�del�d.lgs.�n.�143/1998,�la�gestione�degli�interventi�di�sostegno�finanzia- rio�all'internazionalizzazione�del�sistema�produttivo;�a�norma�del�successivo� comma�3,�la�S.�S.p.a.�e�succeduta��nei�diritti,�nelle�attribuzioni�e�nelle�situa- zioni�giuridiche�dei�quali��era�titolare�il�M.�C.�S.p.a.�in�forza�di�leggi,�di� provvedimenti�amministrativi�e�di�contratti�relativi�alla�gestione�degli�inter- venti�di�sostegno�finanziario�(fra�di�essi�sono�espressamente�previsti�al� comma�1,�gli�interventi�disciplinati�del�d.l.�n.�251/1981,�convertito�in�legge� n.�394/1981).� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO La�medesima�norma�(comma�2)�ha�previsto�che�per�la�gestione�degli� interventi�la�S.p.a.�S.�stipula�apposite�convenzioni�con�il�Ministero�del�Com- mercio�con�l'estero.� Il�successivo�comma�4�prevede�il�trasferimento�dei�fondi�e�delle�disponi- bilita�finanziarie�previsti�dalle�leggi�di�cui�al�comma�1�(quindi,�anche�la�legge� n.�394/1981)�alla�S.�S.p.a.�entro�la�data�dell'1.�gennaio�1999.� La�convenzione�stipulata�il�16�ottobre�1998,�all'art.�2.,�prevede�l'istitu- zione�di�un�apposito�Comitato�presso�la�S.�S.p.a.�cui�e�affidata�l'amministra- zione�dei�fondi�in�questione�trasferiti�alla�societa�medesima;�in�particolare,� il�comma�3,�lettera�b)�dello�stesso�art.�2�indica�esplicitamente�tra�le�compe- tenze�del�Comitato�quella�di�deliberare�in�ordine��alle�revoche,�alle�rinunzie,� alle�transazioni�relative�alle�operazioni�medesime,�nonche�all'avvio�di�azioni� giudiziarie�.� Da�tale�quadro�d'assieme�emerge�che,�rispetto�alla�previgente�norma- tiva,�non�molto�e�cambiato�se�si�eccettuano�l'intervenuta�soppressione�del� Comitato�di�cui�al�d.l.�n.�251/1981,�convertito�in�legge�n.�394/1981�(art.�25,� comma�7�del�d.lgs.�n.�143/l998)�e�l'introduzione�dell'obbligo�di�stipulare�una� convenzione�che�disciplini�i�rapporti�tra�il�Ministero�del�Commercio�con�l'E- stero�e�la�S.p.a.�S.� Orbene,�seppure�puo�affermarsi�che�nel�delineato�contesto�giuridico� tanto�l'amministrazione�del�fondo�rotativo�che�la�gestione�operativa�degli� interventi�e�stata�attribuita�ad�un�soggetto�di�natura�non�pubblica�(S.p.a.),� nell'ambito�del�quale�e�stato�appositamente�istituito�un�Comitato�e�che�l'in- staurazione�dei�rapporti�giuridici�con�i�diversi�fruitori�dei�benefici�economici� derivanti�dagli�interventi�rientri�nella�competenza�della�medesima�societa�,la� quale�agisce�nella�qualita�di�soggetto�di�diritto�privato,�deve�anche�osservarsi� che,�rispetto�al�previgente�ordinamento,�nulla�e�mutato�in�ordine�alla�natura� eminentemente�pubblica�del�fondo�rotativo�istituito�con�il�d.l.�n.�251�citato� per�gli�interventi�di�sostegno�finanziario�all'esportazione�italiana.�Non�a�caso� la�convenzione�relativa�alla�gestione�del�fondo�di�cui�alla�legge�n.�295/1973� prevede�che�i�componenti�del�Comitato,�a�cominciare�da�quello�che�riveste� funzioni�di�Presidente,�siano�funzionari�dello�Stato�con�qualifica�dirigenziale;� non�a�caso�la�convenzione�prevede�che�il�Comitato�sia�tenuto�all'osservanza� della�legge�n.�241/1990�ed�agisca��nell'ambito�delle�modalita�e�dei�criteri�di� concessione�e�di�restituzione�fissati�con�decreto�del�Ministro�del�Commercio� con�l'Estero�diconcerto�con�ilMinistro�deltesoro,�delbilancio�edellaprogram- mazione�economica�ai�sensi�dell'art.�22,�comma�6�del�decreto�legislativo� 31�marzo�1998,�n.�143�.� Questi�profili,�ad�avviso�della�scrivente,�appaiono�sufficienti�per�ravvi- sare�che�tutt'oggi�permanga�l'obbligo�di�acquisire�il�parere�dell'Avvocatura� dello�Stato�in�ordine�alla�legittimita�(ed�alla�sussistenza�dei�relativi�presuppo- sti)�di�una�rinuncia�al�recupero�di�un�credito�ovvero�della�stipula�di�una�tran- sazione�che�per�propria�natura�comporta�necessariamente�la�coesistenza�del- l'aliquid�datum�e�dell'aliquid�retentum.� Invero,�il�fatto�che�il�Comitato�per�le�Agevolazioni�cui�la�Convenzione� stipulata�da�codesto�Ministero�ha�demandato�il�compito�di�amministrare�il� I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO fondo�rotativo�(art.�2,�comma�1),�sia�stato�istituito�convenzionalmente�nel- l'ambito�della�S.p.a.�S.,�sulle�ceneri�di�quello�preesistente�e�soppresso�con� provvedimento�legislativo,�non�pare�costituire�elemento�sufficiente�per�esclu- dere�(e�non�toglie)�che�transazioni�o�rinunce�aventi�ad�oggetto�denaro�appar- tenente�alla�mano�pubblica�seguano�l'iter�procedimentale�che�la�legge�pre- vede�per�le�transazioni�e�rinunce�delle�pubbliche�amministrazioni.�Del�resto,� non�puo�farsi�a�meno�di�prendere�atto�di�una�realta�indiscutibile�e�prevalente� nei�giorni�nostri:�nel�piu�recente�panorama�normativo�e�giurisprudenziale�la� dicotomia�tra�ente�pubblico�e�societa�di�diritto�privato�assume�contorni�sem- pre�piu�sfumati�e�va�stemperandosi�anche�in�considerazione�dell'indirizzo� derivante�dalla�normazione�comunitaria�che�prevede�un�impiego�sempre�cre- scente�dello�strumento�della�societa�per�azioni�per�il�perseguimento�di�finalita� di�interesse�pubblico.�Dette�societa�per�azioni,�che�sorgono�dalla�trasforma- zione�degli�enti�pubblici,�infatti,�conservano�connotazioni�proprie�della�loro� origine�pubblicistica�in�necessaria�correlazione�con�la�partecipazione�al�capi- tale�(esclusiva�o�di�maggioranza)�da�parte�dello�Stato�(si�pensi�ad�es.,�all'as- sunzione�delle�vesti�di�concessionaria�necessaria�di�tutte�le�attivita�in�prece- denza�riservate�o�attribuite�all'ente�trasformato,�di�cui�erano�la�finalita� stessa,�o�al�mantenimento�delle�attribuzioni�e�competenze�gia�spettanti� all'ente�pubblico).� Deve�in�proposito�ricordarsi�che�proprio�sulla�base�di�consimili�argo- mentazioni�la�Corte�Costituzionale�ha�a�suo�tempo�dichiarato�che��spetta� alla�Corte�dei�conti�esercitare�nei�confronti�delle�societa�per�azioni�costituite�a� seguito�della�trasformazione�dell'I.R.I.,�dell'E.N.I,�dell'I.N.A.�e�dell'E.N.E.L.� disposta�dall'art.�15�del�decreto�legge�11�luglio�1992,�n.�333,�convertito,�con� modificazioni,�nella�legge�8�agosto�1992,�n.�359,�il�potere�di�controllo�di�cui� all'art.�12�della�legge�21�marzo�1958,�n.�259,�controllo�da�esercitare,�nelleforme.� e�nei�limiti�in�precedenza�applicati,fino�a�quando�permanga�una�partecipazione� esclusiva�o�maggioritaria�dello�Stato�al�capitale�azionario�di�tali�societa��� (Corte�Cost.�n.�466/1993).� Sulla�base�delle�svolte�considerazioni,�ancorche�siano�da�tenere�presenti� le�fondamentali�differenze�esistenti�(e�sopra�evidenziate)�tra�il�Comitato�isti- tuito�presso�il�MINCOMES�ex�lege�n.�394/1981�e�l'attuale�Comitato�per�le� Agevolazioni�ed�ancorche�nella�fattispecie�in�esame�non�sia�individuabile� alcun�organo�pubblico�che�sia�interessato�alla�gestione�del�fondo�rotativo�in� questione�e�dei�relativi�rapporti�giuridici,�non�puo�escludersi�che�sussista�in� capo�al�comitato�Agevolazioni�o�in�capo�alla�S.�S.p.a.�l'obbligo�di�acquisire� il�parere�dell'Avvocatura�dello�Stato�in�merito�alla�legittimita�di�rinunce�o� transazioni�deliberate�dal�Comitato�medesimo.� In�definitiva,�vanno�confermate,�ancora�oggi,�le�conclusioni�assunte�nel� precedente�parere�reso�con�consultazione�del�14�febbraio�1996,�n.�16531,�sic- che�al�quesito�proposto�dal�Comitato�Agevolazioni�della�S.�S.p.a.�e�girato� alla�scrivente�da�codesto�Ministero,�deve�darsi�risposta�positiva:�ad�avviso� di�questa�Avvocatura�il�Comitato,�nel�deliberare�in�ordine�a�rinunce�o�transa- zioni,�e�soggetto�alle�procedure�previste�per�gli�organi�delle�amministrazioni� dello�Stato�.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO PARERE DEL 1S MARZO 2001 N. 34936. Legittimita�del�licenziamento�senza�preavviso�nei�confronti�di�un�dipen- dente�che�abbia�presentato�nel�corso�del�procedimento�disciplinare�le�proprie� dimissioni,�con�la�precisazione�di�non�osservare�i�termini�di�preavviso�^ C.C.N.L.�Compartoministeri,�articoli24,25,28-ter;�art.�124�d.P.R.�10�gennaio� 1957,�n.�3.�(Consultivo�n.�19419/2000,�avv.�Varrone).� �Con�la�nota�che�si�riscontra�codesto�Dicastero�ha�chiesto�di�conoscere� l'avviso�di�questo�G.�U.�in�ordine�alla�possibilita�di�adottare�il�provvedi- mento�disciplinare�del�licenziamento�senza�preavviso�nei�confronti�del� dipendente�D.C.,�nei�cui�confronti�e�stato�instaurato�relativo�procedimento� per�l'accertata�realizzazione�da�parte�dello�stesso�di�fatti�rientranti�nella� previsione�di�cui�all'art.�25,�punto�5,�lettera�c)�del�C.C.N.L.�(riguardante�la� commissione�in�genere�di�atti�e�fatti�dolosi,�non�ricompresi�nella�lettera�a),� anche�nei�confronti�di�terzi,�di�gravita�tale�da�non�consentire�la�prosecu- zione�neppure�provvisoria�del�rapporto�di�lavoro),�pur�avendo�quest'ultimo� presentato�in�pendenza�del�predetto�procedimento�disciplinare�le�proprie� dimissioni�a�decorrere�dal�1.�dicembre�u.s.�con�l'ulteriore�precisazione�di� non�voler�osservare�i�termini�di�preavviso�di�cui�all'art.�28-ter�del�contratto� collettivo�integrativo.� Ed,�invero,�pur�prevedendo�espressamente�il�comma�quarto�dell'art.�124� del�testo�unico�n.�3/1957�che�l'accettazione�(delle�dimissioni)�puo�essere�rifiu- tata�o�ritardata�per�motivi�di�servizio,�previo�parere�del�Consiglio�di�ammini- strazione,�o�quando�sia�in�corso�procedimento�disciplinare�a�carico�dell'im- piegato,�codesto�Ministero�dubita�che�la�norma�possa�trovare�applicazione� al�caso�di�specie�in�considerazione�del�fatto�che�il�rapporto�di�lavoro�con�il� predetto�dipendente�e�regolamentato�dal�C.C.N.L.�comparto�Ministeri�stipu- lato�in�attuazione�dell'art.�51�del�D.Lgs.�n.�29/1993.� Per�tal�motivo�si�domanda�se�in�caso�di�ritenuta�inapplicabilita�della� predetta�norma�alla�medesima�conclusione�possa�pervenirsi�alla�luce�della� disciplina�regolante�gli�istituti�del�procedimento�disciplinare�e�delle�dimis- sioni�(articoli�24,�25,�28-ter�del�C.C.N.L.).� In�caso�affermativo�se�gli�effetti�del�provvedimento�disciplinare�dovreb- bero�decorrere�dal�28�novembre�2000,�data�in�cui�il�dipendente�era�stato�con- vocato�per�essere�sentito�in�ordine�ai�fatti�e�non�si�e�presentato�cos|�come� previsto�dall'art.�24,�punto�3�del�C.C.N.L.�ovvero�dal�1.�dicembre�2000�data� coincidente�con�quella�delle�sue�dimissioni�dal�servizio.� Come�risulta�evidente�da�quanto�sopra�esposto�la�risoluzione�delle�que- stioni�sottoposto�da�codesto�Ministero�all'esame�di�questo�L.U.�dipende�in� primo�luogo�dalla�possibilita�di�ritenere�tuttora�applicabile�al�caso�di�specie� il�citato�art.�124�testo�unico�n.�3/1957.�Codesta�P.A.�nella�nota�che�si�riscon- tra�dubita�di�cio�in�considerazione�del�fatto�che�la�norma�in�questione�e�stata� disapplicata�dal�C.C.N.L.� Effettivamente�con�provvedimento�della�P.C.M.�29�agosto�1997�e�stato� approvato�accordo�integrativo�al�C.C.N.L.�il�cui�art.�8,�in�attuazione�del- l'art.�72�del�D.Lgs.�n.�29/1993,�fra�l'altro�prevede�che�con�riferimento�al�pre- cedente�art.�6�(riguardante�l'estinzione�del�rapporto�di�lavoro�regolata�dagli� I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO art.�28-ter,�28-quater,�28-quinques del�C.C.N.L.�da�tale�norma�introdotti)�e� inapplicabile�l'art.�124�del�d.P.R.�n.�3/1957.�Ebbene�tale�specifica�previsione,� ad�avviso�della�Scrivente,�rende�senza�dubbio�inoperante�nel�caso�di�specie� il�predetto�art.�124�sicche�non�puo�ritenersi�che�in�pendenza�del�procedi- mento�disciplinare�codesta�P.A.�abbia�la�mera�facolta�di�accettare�le�dimis- sioni�rassegnate�dal�D.C.�E�appena�il�caso�di�sottolineare�che�anche�in�man- canza�di�espressa�previsione�pattizia�si�sarebbe�dovuti�pervenire�alla�mede- sima�conclusione�in�virtu�di�quanto�previsto�dal�gia�citato�art.�72�del�D.Lgs.� n.�29/1993,�comma�primo,�ultima�parte,�che�ha�fissato�quale�termine�ultimo� di�operativita�delle�disposizioni�non�abrogate�regolanti�i�rapporti�di�pubblico� impiego�destinati�ad�essere�integralmente�assoggettati�alle�regole�del�diritto� comune�quello�della��sottoscrizione,�per�ciascun�ambito�di�riferimento,�del� secondo�contratto�collettivo�previsto�dal�decreto�.�Cio�che�nel�caso�di�specie� e�accaduto�con�la�sottoscrizione�dell'accordo�approvato�con�decreto�del�Pre- sidente�del�Consiglio�dei�Ministri�del�16�febbraio�1999.� Peraltro�come�chiarito�dall'Adunanza�Plenaria�del�Consiglio�di�Stato� con�decisione�n.�8/1997�non�e�precluso�alla�P.A.�di�esperire�o�portare�a�ter- mine�il�procedimento�disciplinare�nei�confronti�di�un�dipendente�cessato�dal� servizio�nelle�ipotesi�in�cui�sussista�un�interesse�giuridicamente�qualificato� dell'impiegato�o�della�stessa�Amministrazione,�a�una�valutazione�sotto�il�pro- filo�disciplinare�del�comportamento�tenuto�in�servizio�dal�dipendente� (si�pensi�ad�esempio�al�caso�del�dipendente�cautelarmente�sospeso�dal�servi- zio,�poi�dimesso�e�collocato�in�quiescenza,�nei�cui�confronti�la�P.A.�ha�tutto� l'interesse�ad�attivare�e/o�concludere�il�procedimento�disciplinare�allo�scopo� di�valutare�una�possibile�reintegrazione�patrimoniale�per�il�periodo�di� sospensione�cautelare).� Interesse�che�tuttavia�non�e�dato�scorgere�nel�caso�di�specie,�sicche�la� vicenda�in�ordine�alla�quale�si�e�chiesto�di�conoscere�l'avviso�di�questo�c.v.� deve�essere�esaminata�alla�luce�delle�previsioni�del�C.C.N.L.�regolante�il�rap- porto�di�lavoro�intercorso�fra�le�parti.� In�particolare�il�punto�2�della�norma�prevede�che��1'Amministrazione,� fatta�eccezione�per�il�rimprovero�verbale,�non�puo�adottare�alcun�provvedi- mento�disciplinare�nei�confronti�del�dipendente,�se�non�previa�contestazione� scritta�dell'addebito,�da�effettuare�tempestivamente�e,�comunque,�non�oltre� venti�giorni�da�quando�l'ufficio�istruttore�secondo�l'ordinamento�dell'ammi- nistrazione�e�venuto�a�conoscenza�del�fatto�(e�senza�aver�sentito�il�dipendente� a�sua�difesa�con�l'eventuale�assistenza�di�un�procuratore�ovvero�di�un�rappre- sentante�dell'associazione�sindacale�cui�egli�aderisce�o�conferisce�mandato).� Il�successivo�punto�3�nel�regolare�la�fase�successiva�dispone�che��la�con- vocazione�scritta�per�la�difesa�non�puo�avvenire�prima�che�siano�trascorsi� cinque�giorni�lavorativi�dalla�contestazione�del�fatto�che�vi�ha�dato�causa.� Trascorsi�inutilmente�quindici�giorni�dalla�convocazione�per�la�difesa�del� dipendente�la�sanzione�viene�applicata�nei�successivi�quindici�giorni�.� Particolare�rilievo�nel�caso�di�specie�assume�la�disposizione�contrattuale� cui�si�e�da�ultimo�fatto�cenno�la�quale�con�chiarezza�sanziona�le�fasi�del�pro- RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO cedimento�disciplinare�in�modo�tale�che�il�provvedimento�sanzionatorio�non� puo�essere�adottato�se�non�trascorsi�quindici�giorni�dalla�convocazione�senza� che�il�dipendente�abbia�svolto�alcuna�attivita�defensionale.�Ed,�invero,�l'ob- bligo�imposto�alla�P.A.�di�attendere�comunque�quindici�giorni�dalla�convoca- zione�prima�di�comminare�la�sanzione�disciplinare�consente�di�rispondere�al� quesito�posto�da�codesto�Ministero�prescindendo�dall'esame�di�alcune�deli- cate�questioni�di�principio�connesse�alla�peculiarita�della�fattispecie�(non�va� dimenticato�che�il�dipendente�assente�per�malattia�sia�al�momento�della�con- testazione�degli�addebiti�che�al�momento�in�cui�gli�fu�comunicata�la�convoca- zione�ha�disertato�quest'ultima�facendo�pervenire�lo�stesso�giorno�in�cui�essa� era�prevista,�ma�ben�piu�tardi�dell'ora�fissata,�una�richiesta�di�rinvio�per� motivi�di�salute.�Il�che�crea�un�forte�contrasto�fra�due�distinti�interessi�meri- tevoli�di�considerazione�e�tutela:�l'interesse�del�lavoratore�a�potersi�difendere� in�modo�completo�ed�efficace�e�l'interesse�del�datore�di�lavoro�a�concludere� con�la�massima�celerita�il�procedimento�disciplinare�tenendo�conto�dei�ter- mini�assai�ristretti�entro�i�quali�le�norme�contrattuali�gli�impongono�di�prov- vedere)�e�alla�imperfetta�formulazione�della�norma�contrattuale�(gravi�dubbi� infatti�sorgono,�con�riferimento�alla�individuazione�del�momento�da�cui�deve� farsi�decorrere�il�licenziamento�disciplinare�che�potrebbe�essere�quello�in�cui� si�chiude�il�procedimento�ovvero�quello�in�cui�e�concretamente�adottato�il� provvedimento�sanzionatorio).� Orbene�la�necessita�imposta�dalla�previsione�di�cui�al�citato�art.�25,� punto�2,�di�attendere�ulteriori�quindici�giorni�entro�i�quali�comunque�il� D.C.�poteva�svolgere�le�proprie�difese,�e�l'impossibilita�di�ipotizzare,�anche� in�un�caso�come�quello�considerato�(in�cui�il�dipendente�ha�implicitamente� manifestato�la�volonta�di�non�difendersi�non�rispondendo�alla�convocazione� con�rinvio�facendo�pervenire�giustificazioni�scritte,�non�nominando�un�pro- prio�procuratore�o�un�rappresentante�sindacale,�rassegnando�le�dimissioni� fin�dal�22�novembre�2000�e�rinunciando�il�successivo�30�novembre�a�rispet- tare�i�termini�di�preavviso),�la�volonta�del�lavoratore�di�non�avvalersi�di�detto� termine�in�considerazione�del�fatto�che�i�diritti�di�quest'ultimo,�e�in�partico- lare�il�diritto�alla�difesa,�sono�sostanzialmente�indisponibili�implicano�al�di� la�di�ogni�ragionevole�dubbio�che�alla�data�28�novembre�2000,�prevista�per� la�convocazione,�cos|�come�alla�data�del�successivo�1.�dicembre�2000�di� decorrenza�delle�dimissioni�presentate�dal�D.C.�il�procedimento�disciplinare� era�ancora�pendente.� In�presenza�di�siffatta�situazione,�non�essendovi�norma�contrattuale�di� tenore�analogo�a�quella�del�ricordato�art.�124�del�testo�unico�n.�3/1957,�che� consentiva�alla�P.A.�di�ritardare�o�rifiutare�le�dimissioni�rassegnate�dal� dipendente�sottoposto�a�procedimento�disciplinare,�e�che�il�D.C.�ha�inteso� rassegnare�le�proprie�dimissioni�dal�1.�dicembre�2000�senza�osservare�il�ter- mine�di�preavviso�di�cui�al�secondo�comma�dell'art.�28-ter del�C.C.N.L.,�lo� stesso�andra�considerato�a�tutti�gli�effetti�cessato�dal�servizio�a�decorrere� dalla�suddetta�data�e,�a�norma�del�comma�quarto�capoverso�codesta�Ammi- nistrazione��ha�diritto�di�trattenere�su�quanto�eventualmente�dovuto�al� medesimo�un�importo�corrispondente�alla�retribuzione�per�il�periodo�di� preavviso�da�questi�non�dato�.� I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO PARERE DEL 15 MARZO 2001, N. 35230. Natura giuridica degli accordi tra scuole per la costituzione di reti scolasti- che. Differenze rispetto alla partecipazione a consorzi pubblici o privati (art. 7 d.P.R. n. 275/1999) ^Art. 7 del d.P.R. 8 marzo 1999, n. 275; art. 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241; art. 25 della legge 8 giugno 1990, n. 142. (Consultivo�n.�18464/00,�avv.�Zerman).� �L'art.�7�del�d.P.R.�n.�275/1999,�prevede�tre�modalita�di�collaborazione� tra�Scuole�ed�altri�enti�pubblici�o�privati:� a)�gli�accordi�in�rete�tra�Scuole;� b)�le�convenzioni�con�enti�pubblici�o�privati;� c)�la�istituzione�o�l'adesione�a�consorzi�pubblici�o�privati.� L'accordo�in�rete�puo�avere�ad�oggetto�attivita�,�didattiche,�di�ricerca,� sperimentazione�e�sviluppo,�formazione�e�aggiornamento.� Ma�puo�anche�concernere�attivita�amministrative�delle�Scuole�o�addirit- tura�la�contabilita��ferma�restando�la�autonomia�dei�singoli�bilanci�.�Puo� riguardare�anche�l'acquisto�di�beni�o�servizi,�l'organizzazione�e�altre�attivita� coerenti�con�il�raggiungimento�delle�finalita�istituzionali.� La�competenza�per�l'approvazione�dell'accordo�spetta�al�Consiglio�di� Istituto�o�di�circolo�e��per�le�finalita�didattiche��al�collegio�dei�docenti� delle�singole�scuole�interessate.� Sotto�il�profilo�organizzativo,�l'accordo�individua�l'organo�responsabile� della�gestione�delle�risorse�e�del�raggiungimento�delle�finalita�del�progetto,� la�sua�durata,�le�sue�competenze�e�i�suoi�poteri,�nonche�le�risorse�professio- nali�e�finanziarie�messe�a�disposizione�dalla�rete�delle�singole�istituzioni.� L'accordo�e�depositato�presso�la�segreteria�delle�Scuole,�ove�gli�interes- sati�possono�prenderne�visione�ed�estrarne�copia.� Gli�accordi�in�rete�sono�aperti�a�tutte�le�istituzioni�scolastiche�che� intendano�parteciparvi�e�prevedono�iniziative�per�favorire�la�partecipa- zione�alla�rete�delle�istituzioni�scolastiche�che�presentino�situazioni�di� necessita�.� Quando�sono�istituite�reti�di�scuole,�gli�organici�funzionali�di�istituto� possono�essere�definiti�in�modo�da�consentire�l'affidamento�a�personale� dotato�di�specifiche�esperienze�e�competenze�di�compiti�organizzativi�e�di� raccordo�interistituzionale.� Dal�regime�sopra�esposto�emerge�il�carattere�associativo�della��rete�di� scuole�:�dalla�previsione�di�un�fondo�comune�a�quella�di�un�organo�respon- sabile�della�gestione�delle�risorse.� Occorre�a�tal�punto�chiedersi�quale�sia�la�natura�giuridica�delle��reti�tra� scuole�,�al�fine�di�applicare�la�disciplina�relativa,�per�quanto�non�regolato� dalla�norma.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO Al�riguardo��considerata�la�natura�pubblica�delle�scuole�facenti�parte� della�rete��sembra�che�gli�stessi�siano�riconducibili�alla�lata�previsione�del- l'art.�15�legge�241/1990(28)� In�base�a�tale�normativa,��le�amministrazioni�pubbliche�possono�sempre� concludere�tra�loro�accordi�per�disciplinare�lo�svolgimento�in�collaborazione� di�attivita��di�interesse�comune.� Per�detti�accordi�si�osservano,�in�quanto�applicabili,�le�disposizioni�pre- viste�dall'art.�11,�commi�2,�3�e�5�.� I�commi�richiamati�dall'art.�11�della�legge�n.�241/1990�(norma�che�disci- plina�gli�accordi�sostitutivi�di�provvedimenti),�prevedono�la�applicazione�ai� medesimi�dei��principi�del�codice�civile�in�materia�di�obbligazione�e�contratti� in�quanto�compatibili��(comma�2);�inoltre��gli�accordi�sostitutivi�di�provve- dimenti�sono�soggetti�ai�medesimi�controlli�previsti�per�questi�ultimi�� (comma�3),�e�infine:��1e�controversie�in�materia�di�formazione,�conclusione� ed�esecuzione�degli�accordi�di�cui�al�presente�articolo�sono�riservate�alla�giu- risdizione�esclusiva�del�giudice�amministrativo�.� Per�quanto�concerne�la�disciplina�relativa�alla�rete�tra�scuole,�si�ritiene� quindi�applicabile��in�virtu��dell'espresso�richiamo�dell'art.�15�L.�241/1990� �la�disciplina�codicistica,�per�le�parti�non�regolate�dall'art.�7�del�d.P.R.� n.�275/1999.� Sebbene�il�comma�2�art.�11�richiamato�faccia�espresso�riferimento�alle� obbligazioni�e�contratti�(e�non�quindi�al�libro�primo,�che�disciplina�le�persone� fisiche�e�giuridiche),�e��pur�vero�che�le�associazioni�vengono�costituite�con� contratto�(contratti�di�comunione�di�scopo,�categoria�diversa�da�quella�dei� contratti�di�scambio).� Pertanto,�in�virtu��del�suesposto�richiamo,�anche�la�disciplina�relativa�alle� associazioni�pare�applicabile�alle�reti�di�scuole,�nella�parti�non�regolate�dalla� normativa�es.�per�quanto�concerne�il�diritto�di�recesso�delle�singole�scuole� alla�rete,�o�in�relazione�alla�responsabilita��patrimoniale�per�le�obbligazioni� assunte�dalla�rete�di�scuole.� E�cio��perche�,�come�detto,�la�struttura�delineata�per�le�reti�di�scuole�ha� carattere�associativo�in�quanto�diretto�a�creare�un�vincolo�tra�le�scuole,�per� la�gestione�comune�di�interessi�delle�medesime.� Puo��sorgere,�pero��,�il�dubbio�circa�la�disciplina�da�applicare,�se�quella� relativa�alle�associazioni�riconosciute�o�non�riconosciute�come�persone� giuridiche.� (28)�Secondo�la�Corte�dei�Conti,�sez.�controllo�enti,�6/11/1998�n.�119:��Gli�accordi�di�pro- gramma�previsti�dal�decreto�legge�31�gennaio�1995�n.�26�convertito�dalla�legge�29�marzo�1995,� n.�95,�da�stipularsi�tra�Ministero�dell'Universita��ed�atenei�e�altri�soggetti�pubblici�e�privati�nell'am- bito�degli�strumenti�di�programmazione�del�sistema�universitario,�rientrano nell'ampio genere degli accordi organizzativi di cui all'art. 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e ad essi va attribuita natura negoziale;pertantoe��legittima�l'apposizione�a�tali�accordi�di�condizioni�sospensive�.� In�dottrina,�v.�UgO dI Benedetto:�L'attivita� amministrativa concordata�in�Manuale di diritto amministrativo,�Maggioli�1999,�473.�Galli:�Le convenzioni organizzative�,�in��Corso di diritto amministrativo��Cedam,�1996,�485�e�seg.� I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO Sembra�doversi�optare�per�la�seconda�ipotesi.� La�struttura�associativa�delle�reti�di�scuole,�non�determina�la�nascita�di� una�nuova�persona�giuridica,�pubblica�o�privata,�e�cio�per�un�duplice�ordine� di�ragioni.� Innanzitutto�la�personalita�giuridica�pubblica�e�sempre�conferita�con� legge,�s|�da�ipotizzarsi�unioni�di�enti�pubblici�senza�personalita�giuridica.� Inoltre,�la�configurazione�di�una�nuova�persona�giuridica�sembra�in�con- trasto�con�la�ratio della�normativa�di�riforma,�diretta�a�rendere�sempre�piu� indipendenti�(se�pure�permettendo�forme�di�collaborazione)�le�scuole,�evi- tando�di�creare�strutture�che�si�sostituiscano�alle�stesse.� Relativamente�semplice�sembra�la�differenza�di�struttura�tra�le�reti�di� scuole�e�le�convenzioni�con�universita�enti�pubblici�e�privati,�prevista�dal- l'art.�7,�comma�8�(�1e�scuole,�sia�singolarmente�che�collegate�in�rete�possono� stipulare�convenzioni�con�universita�statali�o�private,�ovvero�con�istituzioni,� enti,�associazioni�o�agenzie�operanti�sul�territorio�che�intendano�dare�il�loro� apporto�alla�realizzazione�di�specifici�obiettivi�)�e�9�(�anche�al�di�fuori�dell'i- potesi�prevista�dal�comma�1,�le�istituzioni�scolastiche�possono�promuovere�e� partecipare�ad�accordi�e�convenzioni�per�il�coordinamento�di�attivita�di� comune�interesse�che�coinvolgono,�su�progetti�determinati,�piu�scuole,�enti,� associazioni�del�volontariato�e�del�privato�sociale�).� I�predetti�accordi,�infatti,�sono�stipulati�anche�con�soggetti�diversi�dalle� scuole�e�diretti�a�soddisfare�specifiche�necessita�.� Piu�complessa�sembra,�invece,�la�distinzione�tra�le�reti�di�scuole�e�i�con- sorzi,�che�le�istituzioni�scolastiche�possono�costituire�o�a�cui�possono�aderire� (�le�istituzioni�scolastiche�possono�costituire�o�aderire�a�consorzi�pubblici�e� privati�per�assolvere�compiti�istituzionali�coerenti�col�Piano�dell'offerta�for- mativa�di�cui�all'art.�3�e�per�l'acquisizione�di�servizi�e�beni�che�facilitino�lo� svolgimento�dei�compiti�di�carattere�formativo�).� Come�e�noto�il�consorzio�costituisce�una�entita�giuridica�assai�variegata� e�presente�sia�nel�diritto�privato�che�in�quello�amministrativo.� Secondo�la�disciplina�civilistica�(art.�2662�cc.�e�segg.)�con�il�contratto�di� consorzio�piu�imprenditori�costituiscono�una�organizzazione�comune�per�la� disciplina�o�per�lo�svolgimento�di�determinate�fasi�delle�rispettive�imprese.� La�causa�del�contratto�di�consorzio�non�e�limitata�solamente�alla�disci- plina�della�concorrenza�tra�imprenditori,�ma�ha�un�ambito�piu�vasto,�grazie� al�quale�il�contratto�si�rivela�concepito�quale�strumento�di�collaborazione� generale�tra�imprese�diverse,�volto�a�realizzare�le�piu�razionali�ed�opportune� sinergie�(Cass.�3163/1985).� La�normativa�privatistica�distingue�i�consorzi�con�attivita�interna,�da� quelli�con�attivita�esterna�(art.�2612:�v.�in�particolare�art.�2613�sulla�rappre- sentanza�in�giudizio�e�2615�responsabilita�verso�i�terzi);�i�consorzi�volontari� da�quelli�obbligatori�(art.�2616�seg.).� Elemento�essenziale�del�contratto�di�consorzio�e�la�qualita�di�imprendi- tore�rivestita�dai�contraenti.� Tale�qualita�differenzia�i�consorzi�dalle�semplici�associazioni,�essendo� riconducibile�anche�il�medesimo�ai�contratti�di�carattere�associativo.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO Da�tempo�regolata�con�legge�e�anche�la�costituzione�di�consorzi�tra�enti� pubblici�(consorzi�amministrativi).� E�caratteristica�comune�a�tutti�i�consorzi�di�essere�organizzazioni�per- manenti�per�la�realizzazione�e�la�gestione�di�opere�o�servizi�di�interesse� comune�ai�vari�consociati,�senza�che�delle�opere�e�dei�servizi�diventi�titolare� il�consorzio.� Gia�il�testo�unico�della�legge�comunale�e�provinciale�del�1934�(r.d.� n.�383/1934),�prevedeva�la�costituzione�di�consorzi�pubblici�tra�enti�locali,�ai� quali�la�legge�espressamente�conferiva�il�carattere�di�enti�pubblici(29),�il�cui� carattere�economico�o�no,�dipendeva�dal�criterio�imprenditoriale�o�meno� con�cui�veniva�gestito�il�servizio.� Successivamente,�la�legge�n.�142/1990�(ordinamento�delle�autonomie� locali),�all'art.�25,�regola�la�costituzione�di�consorzi�tra�enti�locali��per�la� gestione�associata�di�uno�o�piu�servizi�e�l'esercizio�di�funzioni���secondo le norme previste per le aziende speciali di cui all'art. 23 in quanto compatibili�.� Secondo�l'interpretazione�giurisprudenziale,��nonostante�il�rinvio�alla� disciplina�delle�aziende�speciali,�contenuto�nell'art.�25�della�legge� n.�142/1990,�la�natura�giuridica�e�l'ambito�materiale�di�attivita�dei�consorzi� facoltativi�tra�enti�locali�non�coincide�con�quello�delle�aziende.�Oltre�ai�con- sorzi�istituiti�per�la�gestione�di�servizi�di�rilevanza�economico-- imprenditoriale,�possono�esistere�consorzi�destinati�allo�svolgimento�di�ser- vizi�sociali�e�di�funzioni,�mentre�i�primi�si�configurano��al�pari�delle� aziende�speciali��quali�enti�pubblici�economici,�i�secondi�hanno�natura�isti- tuzionale�� In�definitiva,�per�i�consorzi�pubblici�la�giurisprudenza�non�distingue� quelli�con�attivita�interna�od�esterna,�ma�quelli�aventi�carattere�imprendito- riale�o�no,�con�le�conseguenti�implicazioni�in�ordine�alla�giurisdizione�e�alla� disciplina�del�personale.� Occorre�quindi�chiedersi,�a�fronte�di�un�accordo�di�collaborazione�tra� scuole,�se�lo�stesso�sia�riconducibile�alla�figura�della�rete�tra�scuole��disci- plinata�dall'art.�7��commi�2�e�6��del�d.P.R.�n.�275/1999,�o�ad�un�consor- zio�previsto�dal�comma�10�dello�stesso�articolo.� In�realta�la�risposta�non�e�semplice,�e�sara�probabilmente�oggetto�di� analisi�giurisprudenziale.� Sembra,�al�riguardo,�potersi�ritenere�che�la�collaborazione�tra�scuole�e� altri�soggetti�rivesta�la�natura�di�consorzio�quando�la gestione sia connotata da autonomia rispetto alle singole scuole (30)(31).� (29)�v.�in�tal�senso:�Cass.�Sez.�Un.,�sent.�n.�4347�del�1981;�Sez.�Un.,�sent.�4272�del�1986.� (30)�v.�Tar�Lombardia,�1905/1997.� (31)�Sembra�non�potersi�escludere�la�natura�economico-imprenditoriale�di�alcuni�consorzi� creati�o�a�cui�aderiscono�le�scuole�(v.�art.�20�bozza�regolamento�di�contabilita�che�prevede�la� gestione�delle�aziende�agrarie�e�aziende�speciali�da�parte�delle�scuole�secondo�criteri�di�economi- cita�;�v.�inoltre�l'art.�28�decreto�interministeriale�28�maggio�1975:�istruzioni�amministrativo�conta- bili�per�le�scuole).�Senza�che�cio�significhi,�pero�,�che�la�Scuola�assuma�la�qualifica�di�imprenditore.� I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO Si�ritiene�infine�che�tale�gestione�debba�essere�finalizzata�ad�una�speci- fica�attivita��,�non�potendo�le�scuole�delegare�competenze�di�carattere�generale� �ad�esse�spettanti�per�legge,�ad�un�organismo�distinto�dalle�medesime(32).� Pertanto,�laddove�l'accordo,�sebbene�denominato��consorzio�,�sia�costi- tuito�da�una�pluralita��di�scuole�(e�solo�tra�esse),�per�finalita��di�carattere�gene- rale�e�senza�la�creazione�di�una�autonoma�organizzazione,�ci�si�trovera��di� fronte�ad�una�rete�di�scuole,�e�cioe��ad�una�struttura�di�carattere�associativo� di�cui�fanno�parte�le�singole�istituzioni�scolastiche.� Premesso�quanto�sopra�e�passando�all'esame�concreto�della�convenzione� qui�inviata,�ritiene�questo�G.U.,�che�l'accordo�in�questione,�sebbene�denomi- nato��consorzio�,�in�realta��abbia�natura�associativa�ove�non�si�sia�conte- stualmente�creata�(come�sembra),�una�autonoma�entita��organizzativa�(quindi� anche�con�bilancio�proprio).� Sembra,�nel�caso�di�specie,�che�l'accordo�sia�in�tutto�riconducibile�ad� una�rete�di�natura�associativa,�diretta�all'elaborazione�di�progetti�formativi� comuni�tra�le�scuole.� Sorge�invece�perplessita��circa�il�fine�costituito�dalla�generica�promozione� del��processo�di�realizzazione�dell'autonomia�organizzativa�e�didattica�� atteso�che�tale�scopo�pare�eccessivamente�generico�e�non�delegabile�dalle�sin- gole�scuole,�nonche�in�contrasto�con�lo�spirito�della�riforma�di�potenziare�la� concorrenzialita��tra�Scuole.� Sul�punto�si�prega�l'Ufficio�di�Gabinetto�di�esprimere�eventuali� osservazioni.� Egualmente�non�giuridicamente�corretto�sembra�l'affidamento�alla� �rete��della�rappresentanza��sindacale�,�atteso�che�anche�tale�materia�e��attri- buita�alle�singole�scuole�(che�saranno�sede�di�contrattazione�collettiva),�e� quindi�non�delegabile�alla��rete��(considerato�anche�che�l'accordo�in�rete� non�puo��avere�effetti�nei�confronti�delle�parti�sociali��le�OO.SS.��rimaste� estranee�all'accordo).� Il�finanziamento�della�rete�potra��effettuarsi�secondo�le�voci�di�contabi- lita��in�cui�rientrano�i�singoli�progetti�posti�in�essere�dalla�rete�(anche�su�tale� punto,�potra��meglio�esprimersi�il�Ministero�in�indirizzo),�nonche�dei�fondi� per�l'autonomia�assegnati�alle�singole�Scuole.� Inoltre,�i�predetti�consorzi�possono�essere�costituiti�per��l'acquisizione�di�servizi�e�beni�che� facilitino�lo�svolgimento�di�attivita�formative��e�quindi�con�rilevanza�economica,�sebbene�senza� scopo�di�lucro:�v.�al�riguardo�sent.�Cass.�Sez.�Un.�24/1999,�secondo�cui�un�consorzio�tra�Comuni� per�l'acquisto�di�materiale�scolastico�a�migliori�prezzi��palesa�una�indubbia�valenza�pubblicistica� in�quanto�preordinata�al�perseguimento�degli�interessi�dei�consorziati,�escludendo�ogni�scopo�di� lucro�degli�interessi�dei�consorziati�.� (32)�L'argomento�non�e��di�facile�approccio�e�sara��oggetto�di�valutazioni�dottrinali�e�giuri- sprundeziali.�V.�comunque�l'art.�8�D.Lgs.�n.�616/1977,�che�esclude�che�le�regioni,�nel�costituire� consorzi�per�la�gestione�di�servizi�possano�costituire��consorzi�generali�,�vale�a�dire�con�una� estesa�pluralita��di�competenze.�Secondo�Sandulli,��in�tal�modo�la�legislazione�mostra�di�voler�resi- stere�a�una�certa�tendenza�politica�a�concentrare�in�sede�unitaria�la�cura�dei�diversi�interessi�locali,� ultracomunali�.��La�devoluzione�delle�potesta��regionali�ai�consorzi�cos|��costituiti�suscita�problemi� costituzionali,�non�essendo�contemplata�dalla�Costituzione�,�op.�cit.,�495-496.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO Per�quanto�riguarda�altri�profili,�non�si�hanno�ulteriori�osservazioni�al� riguardo�.� PARERE DEL 22 MARZO 2001 N. 38467. Procedimentopenale�promosso�nei�confronti�di�dipendente�statale�in�conse- guenza�di�fatti�connessi�al�servizio�espletato�e�definito�con�declaratoria�di�pre- scrizione�del�reato:�se��ed�eventualmente�a�quali�condizioni��spetti�al�sud- detto�dipendente�ilrimborsodellespeselegalisostenuteperdifendersinelproce- dimento�di�cui�sopra��Art.�18�legge�23�maggio�1997�n.�135;�artt.�345�e�425� c.p.p.�(Consultivo�n.�9134/00,�avv.�Cimino).� �Si�riscontra�la�nota�in�epigrafe�per�rappresentare�che,�pur�apparendo� congrui�gli�importi�relativi�alle�spese�legali�riportati�nelle�fatture�e�nel�pro- spetto�di�parcella,�non�si�ravvisa,�nella�fattispecie,�l'applicabilita�dell'art.�18� legge�n.�135/1997.� Il�dettato�normativo�infatti,�consente�il�rimborso�delle�spese�legali�soste- nute�per�la�difesa�nei�giudizi�per�responsabilita�civile,�penale�od�amministra- tiva�in�conseguenza�di�fatti�od�atti�connessi�con�l'espletamento�del�servizio� o�con�l'assolvimento�di�obblighi�istituzionali,�solo�qualora�gli�stessi�si�conclu- dano�con�sentenza�o�provvedimento�che�escluda�la�loro�responsabilita�,�facendo,� evidentemente,�riferimento�a�decisioni�che,�valutando�nel�merito�la�contro- versia,�accertino�la�legittimita�dell'operato�dei�dipendenti.� Invero�risponde�alla��ratio��del�legislatore�che�la�P.A.�debba�accollarsi�le� spese�legali�sostenute�dai�dipendenti�in�quanto�apparirebbe�iniquo�far�gra- vare�sugli�stessi�i�costi�di�una�difesa�per�un�giudizio�in�cui,�verificata�la�corret- tezza�del�loro�operato�nell'esercizio�dellepropriefunzioni,�la�sentenza�riaffermi,� indirettamente,�la�legalita�dell'azione�amministrativa.� Orbene�tale�natura�non�puo�essere�riconosciuta�alla�sentenza�di�cui�si�e� allegato�il�dispositivo�atteso�che,�essendo�dipeso,�il�proscioglimento�per�non� luogo�a�procedere,�dalla�mancanza�di�querela,�il�carattere�di�condizione�di� procedibilita�della�stessa��e�tale�e�espressamente�dichiarata�nel�titolo�III� del�libro�V�del�c.p.p.�(confermativa�della�medesima�dizione�utilizzata�dal- l'art.�17�vecchio�testo)��determina�la�natura,�per�cos|�dire,�meramente��pro- cessuale��della�decisione,�essendo�stato�precluso�al�giudicante,�per�difetto� del�presupposto�per�l'esercizio�dell'azione�penale,�la�verifica�della�fondatezza� o�meno�del�reato�contestato.�.� PARERE DEL 7 MAGGIO 2001 N. 54325. Responsabilita�amministrativa�dei�funzionari�per�mancata�riscossione�di� dirittiindebitamentepercepitientro�ilterminediprescrizione:�se�ilfatto�dan- noso^aifinidella�decorrenza�deltermine�diprescrizionedell'azione�direspon- sabilita�^sia�da�ricollegarsi�alla�data�di�scadenza�del�termine�triennale�di�pre- scrizione�del�diritto�di�riscossione�^Distinzione�tra�diritti�spettanti�all'Ammini- strazione�italiana�e�risorse�proprie�della�Comunita�Europea�^Art.�1�della�legge� 14�gennaio�1994,�n.�20�in�tema�di�ripetizione�di�diritti�doganali.�(Consultivo� n.�20015/00,�avv.�De�Bellis).� �Con�la�nota�in�riferimento�codesta�Amministrazione�ha�chiesto�il� parere�della�Scrivente�in�ordine�alle�conseguenze�che�potrebbero�derivare� I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO sotto il profilo della responsabilita� amministrativa nei casi in cui alcuni Uffici doganali incaricati della riscossione di diritti indebitamente percepiti (a seguito di accertate irregolarita� ), abbiano lasciato inutilmente decorrere il termine triennale di decadenza di cui all'art. 221 del Reg. (CE) n. 2913/1992, con la conseguente impossibilita� di procedere al recupero. In particolare si chiede di sapere se il �fatto�dannoso� possa ritenersi avverato alla data di scadenza del suddetto termine triennale e se, di conse- guenza, dalla stessa data decorra il termine quinquennale di prescrizione del- l'azione di responsabilita� previsto dall'art. 1, comma 2 della legge n. 20/1994. A parere della Scrivente occorre distinguere l'ipotesi in cui il credito caduto in prescrizione sia costituito da diritti o tributi spettanti all'Ammini- strazione italiana, dal caso in cui si tratti di risorse proprie della Comunita� europea. Nel primo caso si configura un �danno�diretto� con la conseguenza che il �fatto�dannoso� si realizza nel momento dell'intervenuta prescrizione del cre- dito non riscosso; dalla stessa data iniziera� pertanto a decorrere il termine (quinquennale) di prescrizione dell'azione di responsabilita� amministrativa nei confronti dei soggetti responsabili. Nel secondo caso si e� invece in presenza di un �danno�indiretto� nel senso che e� causato ad un altro soggetto (la C.E.) che potra� in un secondo momento pretenderne il rimborso. In tale ipotesi la giurisprudenza prevalente della Corte dei conti (analo- gamente a quanto precisato dal Procuratore generale presso la Corte dei conti nella nota in indirizzo e coordinamento 28 febbraio 1998 prot. I.C./16), e� nel senso di ritenere che in caso di danno indiretto, la prescrizione decorre �dal�momento�del�passaggio�in�giudicato�della�pronuncia�di�condanna� al�risarcimento�dell'Amministrazione�nei�confronti�del�terzo�danneggiato� (Corte dei Conti, Sezioni Riunite, 29 gennaio 1997 n. 12), ovvero �solo�dal� momento�in�cui,�per�sentenza�di�condanna�dell'Amministrazione�al�risarcimento� del�danno�causato�dal�dipendente�al�terzo�o�per�atto�di�transazione,�l'evento� immediatamente��dannoso� per�il�terzo�lo�diventa�anche�per�l'Amministra- zione� (Corte dei conti Reg. Toscana, 15 giugno 1994 n. 37; Reg. Lazio 16 novembre 1994 n. 12; Reg. Sicilia 30 agosto 1999 n. 195; Reg. Calabria 16 giugno 1998 n. 9). In talune pronunce e� stato precisato che �l'evento�dannoso�puo� indivi- duarsi nell'atto (sentenza di condanna o transazione) che determina �in� modo�definitivo� il credito erariale, essendo irrilevante il successivo paga- mento (Corte dei conti Reg. Toscana, 16 luglio 1999 n. 805) o ancora piu� genericamente �l'obbligazione�assunta�si�sia�perfezionata�e�l'Amministra- zione�l'abbia�ritenuta�esistente�e�non�ragionevolmente�contestabile�(Corte dei Conti, Sez. III Pens. Civ. 29 marzo 1999, n. 57/A; nel senso pero� che il termine decorra dalla data del pagamento: Corte dei Conti, Sez. App. II 30 aprile 1998, n. 129). Solo in una isolata decisione si sostiene che �Ai�sensi�dell'art.�1,�comma� secondo,�della�legge�14�gennaio�1994,�n.�20,�modificata�dalla�legge�20�dicembre� 1996,�n.�639,�che�ha�innovato�in�tema�di�danno�e�di�decorrenza�del�relativo� diritto�al�risarcimento,�e�venuta�a�cadere�la�distinzione�tra�danno�diretto�e�indi- RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO retto, venendoadesserefissatoiltermineinizialedelladecorrenzaprescrizio- nale �in�ogni�caso��al momento della verificazione delfatto dannoso, cioe� del- l'attivita� , connessa allo svolgimento degli obblighi di servizio, dalla quale si e� originato ildanno, enonpiu�almomento incuiildannosi e�evidenziato��(Corte� dei�conti�Reg.�Lazio,�18�febbraio�1997,�n.�11).� Applicando�i�suddetti�principi�alla�seconda�ipotesi�sopra�evidenziata,�si� dovrebbe�quindi�ritenere�che�il��fatto dannoso��non�si�e�compiutamente�rea- lizzato�fino�a�che�la�Commissione�CE�non�addebiti�allo�Stato�italiano�la� somma�non�riscossa�per�prescrizione.� Cautelativamente�puo�ritenersi�che�il�termine�prescrizionale�decorra�dal� momento�in�cui�in�qualsiasi�modo�la�Commissione�dovesse�manifestare�l'in- tenzione�di�addebitare�la�somma�non�riscossa�allo�Stato�italiano�(anche�se,� come�rilevato,�la�prevalente�giurisprudenza�e�nel�senso�di�individuare�tale�ter- mine�nella�data�dell'effettivo�esborso�della�somma�o�quantomeno�in�una�sua� quantificazione�in�un�titolo).� Considerato�comunque�che�le�valutazioni�suddette�sono�di�stretta�com- petenza�della�Procura�presso�la�Corte�dei�conti,�valutera�codesta�Ammini- strazione�se�anticipare�il�momento�di�una�eventuale�denuncia�alla�data�in� cui�e�intervenuta�la�prescrizione�del�credito�da�riscuotere,�effettuando�una� segnalazione�al�suddetto�organo�(come�peraltro�previsto�a�pagina�6�della� citata�nota�di�indirizzo�del�P.G.)�.� PARERE DEL 15 MAGGIO 2001 N. 57844. Restituzione di diritti di confine versati per l'importazione di semilavorati impiegati per la costruzione di navi mercantili esportate verso Paesi terzi: a) se l'espressione �materie prime� debba essere interpretata in senso restrittivo ovvero possa estendersi anche ai semilavorati; b)�rilevanza, aifini della restitu- zione, della annotazione nei registri �materie prime� ^d.P.R.15 luglio 1954; d.P.R. 24 gennaio 1968; legge 5 luglio 1964, n. 639. (Consultivo�n.�19169/00,� avv.�Braguglia).� �1.��Dalla�nota�alla�quale�si�risponde�risulta�che�la�F.-C.N.I.�S.p.a.�h a�chiesto�la�restituzione�prevista�dal�d.P.R.�15�luglio�1954�in�relazione�all'e- sportazione,�verso�paesi�terzi,�di�navi�mercantili,�costruite�non�soltanto�con� l'utilizzo�di�ferro,�ghisa�ed�acciaio,�ma�anche�di�altri�materiali.�La�restitu- zione�e�stata�richiesta�con�riferimento�all'avvenuta�importazione�di�semilavo- rati,�che�sono�stati�utilizzati�per�la�costruzione�delle�navi�mercantili�successi- vamente�esportate.� In�ordine�a�tale�richiesta,�richiamata�la�consultazione�resa�dalla�Scri- vente�con�nota�12�giugno�1990,�n.�45850��CS�5813/1985��a�proposito�di� analoga�istanza�proposta�dalla�P.T.I.�S.p.a.,�codesta�Agenzia�rileva:� a) non�essere�dubbio�che�la�normativa�applicabile�sia�quella�conte- nuta�nel�decreto�del�Presidente�della�Repubblica�15�luglio�1954;� b) che�la�lettera�dell'art.�1�del�d.P.R.�citato�riguarda�la��...�restitu- zione�del�dazio�e�degli�altri�diritti�di�confine�pagati�sulle�materie�prime�impie- gate�nella�loro�fabbricazione...�,�mentreper�la�costruzione�delle�navi�mercan- tili�poi�esportate�la�F.�S.p.a.�ha�importato�ed�impiegato�semilavorati;� I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO c) che,�per�tale�ragione,�le�importazioni�dei�semilavorati�non�sono� state�annotate�nell'apposito�registro,�istituito�nel�1990��al�fine�di�individuare� e�comprovare�le�materie�prime�importate�ed�incorporate�nel�prodotto� finito...�;� d) che�tale�mancata�annotazione�impedisce�di�controllare�la�corri- spondenza�tra��materia�prima��importata�e�prodotto�finito�esportato,�con- trollo�necessario�data�la�natura�di��drawback��attribuita�alla�restituzione�pre- vista�dal�citato�d.P.R.�15�luglio�1954.� Cio��precisato,�codesta�Agenzia�rileva�ancora�che�oggi,�a�seguito�delle� mutate�tecniche�costruttive,�non�si�potrebbe�escludere�un'interpretazione� meno�restrittiva�dell'espressione��materie�prime��dovendosi�tuttavia�conti- nuare�a�tener�conto�dell'elemento��drawback�,�anche�in�considerazione�di� possibili�elementi�di�contrasto�con�la�normativa�comunitaria.� 2.��In�ordine�all'esposta�problematica�quest'Avvocatura�generale� osserva�quanto�segue.� 3.��Si�condivide�anzitutto�il�punto�di�vista�di�codesta�Agenzia�in� ordine�all'applicabilita��,�nel�caso,�del�d.P.R.�15�luglio�1954�(Gazzetta Ufficiale n.�190�del�20�agosto�1954).�Ed�invero,�come�si�ebbe�a�rilevare�nella�citata� consultazione�del�12�giugno�1990,�la�restituzione�in�questione�e��stata�sop- pressa�dall'art.�4�del�d.P.R.�24�gennaio�1968�(Gazzetta Ufficiale n.�137�del� 31�maggio�1968)�soltanto�per�quei�prodotti,�contemplati�dal�d.P.R.�15�luglio� 1954��...che�fruiscono�di�analoga�restituzione�ai�sensi�della�legge�5�luglio� 1964,�n.�639�.� Orbene,�i�prodotti�per�i�quali�la�F.�S.p.a.�ha�chiesto�la�restituzione� (�Navi�mercantili�a�propulsione�meccanica,�a�chiglia�metallica�:�n.�18�della� tabella�allegata�al�d.P.R.�15�luglio�1954),�pur�essendo�costruiti�prevalente- mente�in�ferro,�ghisa�ed�acciaio,�cioe��con�materiali�con�i�quali�sono�costruiti� i�prodotti�oggetto�della�restituzione�prevista�dalla�legge�5�luglio�1964,� n.�639,�non�sono�elencati�nella�tabella�annessa�alla�legge�stessa;�quindi�non� fruiscono�della�restituzione�di�cui�all'art.�1�della�legge�medesima.�La�suddetta� tabella�prevede�invero:��Navi�non�nominate�ne�comprese�altrove:�per�la� Marina�militare�;�non�gia��le�navi�mercantili�di�che�trattasi,�comprese�invece� nella�tabella�allegata�al�d.P.R.�15�luglio�1954.� Sicche�,�per�completare�il�pensiero�espresso�nella�piu��volte�citata�consul- tazione�del�12�giugno�1990,�non�possono�fruire�della�restituzione�ex�d.P.R.� 15�luglio�1954,�i�prodotti�ammessi�alla�restituzione�ex�lege�n.�639/1964�(la� legge�8�novembre�1973,�n.�773�ed�il�d.P.R.�7�settembre�1977,�n.�788,�non�rile- vano�al�riguardo),�in�quanto�elencati�nella�tabella�allegata�alla�legge�stessa,� anche�se�fabbricati�prevalentemente�in�ferro,�ghisa�ed�acciaio.� 4.��Nella�consultazione�del�12�giugno�1990�la�Scrivente,�interpre- tando�l'art.�1�del�d.P.R.�15�luglio�1954,�ha�ritenuto�che��il�presupposto�della� restituzione�risiede�nel�fatto�che�per�la�fabbricazione�dei�prodotti�ammessi� alla�restituzione�stessa�siano�state�impiegate�materie�prime�importate,�sulle� quali�siano�stati�pagati�dazio�od�altri�diritti�di�confine�.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO Tale�presupposto�va�qui�confermato,�dovendosi�soltanto�indagare�(inda- gine�non�occorrente�nella�fattispecie�oggetto�della�precedente�consultazione)� se�l'espressione��materie�prime��vada�necessariamente�assunta�in�senso�lette- rale�restrittivo,�ovvero�se�essa�possa�essere�interpretata�in�modo�(non�analo- gico,�ma)�estensivo,�s|�da�comprendervi�i�semilavorati�importati.� Malgrado�i�dubbi�derivanti�dall'assenza�di�precedenti,�la�Scrivente�pro- pende�per�l'affermativa.� A�prescindere�dagli�argomenti�della�F.�S.p.a.,�riferiti�alle�mutate�tecniche� costruttive�delle�navi,�va�in�primo�luogo�osservato�che�l'interpretazione� estensiva�e�diretta�a�ricercare�un�significato�che,�pur�essendo�gia�compreso� nella�norma,�da�essa�non�appare��prima facie�.�Cio�significa�che,�nel�caso,� pur�dovendosi�applicare�con�rigore�la�norma�(in�ossequio�anche�ad�esigenze� di�compatibilita�comunitaria),�la�sua�interpretazione�estensiva�non�appare� vietata.� In�secondo�luogo�va�rilevato�che,�se�e�vero�che�il�semilavorato�rappre- senta�un�momento�successivo�rispetto�alla�materia�prima,�e�pur�vero�che�esso� abbisogna�di�ulteriore�lavorazione�per�pervenire�al�prodotto�finito.�Sicche�,� sotto�tale�profilo,�puo�ritenersi�che�in�questo�ulteriore�e�necessario�processo� di�lavorazione,�il�semilavorato�costituisca�esso�stesso�materia�prima.� Per�tali�ragioni,�sembra�dunque�che�la�nozione��materie�prime��di�cui� alla�norma�all'esame�comprenda�anche�i�semilavorati�e�che,�di�conseguenza,� se�questi�sono�stati�importati�da�paesi�terzi,�se�su�di�essi�sono�stati�pagati� dazi�od�altri�diritti�di�confine�e�se,�infine,�i�semilavorati�sono�stati�impiegati� nella�costruzione�delle�navi�mercantili�successivamente�esportate�in�paesi� terzi,�spetta�la�restituzione�nella�misura�prevista�nella�tabella�allegata�al� d.P.R.�15�luglio�1954,�salva�l'ipotesi�contemplata�nell'art.�4�dello�stesso� d.P.R.� 5.��All'esposta�conclusione�non�sembra�essere�di�ostacolo�la�circo- stanza�che�i�dazi�od�altri�diritti�di�confine�pagati�all'importazione�dei�semila- vorati�potrebbero�comprendere�anche�valori�non�strettamente�attinenti�alle� �materie�prime�.� Tale�circostanza�appare�invero�non�rilevante,�posto�che,�a�norma�del- l'art.�6�del�d.P.R.�15�luglio�1954,�l'aliquota�(nel�caso,�l'1%)�dei�diritti�da�resti- tuire�e�rapportata�al�prezzo�di�fattura�rilasciata�all'acquirente�estero.�Si� tratta,�cioe�,�di�un'aliquota�forfettaria,�che�non�snatura�l'istituto�del��draw- back�,�come�dalla�Scrivente�gia�osservato�nella�precedente�consultazione�del� 1990�(punto�2).� 6. �Una�volta�che�la�F.�S.p.a.�abbia�provato:� a) l'importazione�da�paesi�terzi�di�semilavorati�sui�quali�ha�pagato� dazi�od�altri�diritti�di�confine;� b) che�i�semilavorati�importati�sono�stati�impiegati�nella�costruzione� di�navi�mercantili,�con�le�caratteristiche�descritte�nella�tabella�(n.�18)�allegata� al�d.P.R.�15�luglio�1954;� c) che�tali�navi�mercantili�sono�state�esportate�in�paesi�terzi,�non� appare�essere�d'ostacolo�all'accoglimento�delle�istanze�di�restituzione�il�fatto� che�le�importazioni�dei�semilavorati�non�siano�state�annotate�negli�appositi� registri��materie�prime��istituiti�nel�1990.� I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO Da�un�lato,�infatti,�l'annotazione�in�tali�registri�rappresenta�uno�stru- mento�di�controllo�in�vista�dell'eventuale�futura�restituzione;�non�gia�una� condizione�di�legge,�la�cui�mancata�osservanza�impedisca�il�diritto�alla�resti- tuzione�stessa.� Da�altro�lato,�la�mancata�annotazione�e�nel�caso�giustificabile�tenuto� conto�della�problematica�concernente�l'interpretazione�della�nozione��mate- rie�prime�.� E�chiaro,�tuttavia,�che�alla�mancata�annotazione�nei�registri�la�societa� istante�dovra�supplire�fornendo�la�prova�delle�circostanze�sopra�(all'inizio� del�punto�6)�indicate�e�di�quant'altro�ritenuto�necessario�da�parte�di�codesta� Agenzia.� Non�si�puo�invero�accedere�ad�una�sorta�di��presunzione�di�importa- zione��(cfr.�consultazione�12�giugno�1990,�pag.�4),�ne�rileva�che�l'aliquota�di� restituzione�sia�stabilita�in�modo�forfettario.� Questa�modalita�,�se�esclude�che�l'ammontare�della�restituzione�sia�limi- tato�all'ammontare�dei�dazi�od�altri�diritti�di�confine�pagati�all'importazione,� non�esclude,�invero�ed�in�base�al�preciso�disposto�dell'art.�1�d.P.R.�15�luglio� 1954,�che�all'importazione�delle�materie�prime��semilavorati�debbano� essere�stati�pagati�dazi�od�altri�diritti�di�confine�e�che�di�tali�pagamenti�chi� chiede�la�restituzione�debba�fornire�la�prova�.� PARERE DEL 21 MAGGIO 2001 N. 60347. Procedimento�imposizione�servitu�per�impianti�di�telecomunicazioni�ed� opere�accessorie:�a)�se�nel�silenzio�dell'art.�234�del�d.P.R.�n.�16|�56/1973�sia�da� considerarsi�omesso�il�subprocedimento�di�cui�all'art.�30�legge�n.�2359/1865;� b)�modalita�di�versamento�dell'indennita�di�esproprio;�c)�conseguenza�dell'occu- pazionedelfondoper�larealizzazione�delleoperesenza�emanazionedelprovve- dimento�di�asservimento�^R.D.�19�luglio�1941,�n.�1198;�d.P.R.�29�marzo�1973,� n.�156;�legge�12�marzo�1968,�n.�325;�legge�25�giugno�1865,�n.�2359.�(Consultivo� n.�15931/00,�avv.�Cosentino).� �Con�nota�del�13�settembre�1999�prot.�n.�588/1999/LL.PP.�codesta� Prefettura�ha�richiesto�parere�in�merito�alle�procedure�di�asservimento�coat- tivo�per�impianti�di�telecomunicazioni��procedure�disciplinate�dagli� artt.�233�ss.�del�decreto�Presidente�della�Repubblica�29�marzo�1973,�n.�156� �attraverso�l'articolazione�di�cinque�quesiti.�Questi�ultimi�individuano� due�diverse�e�distinte�ipotesi�di�procedure�ablatorie:�i�quesiti�di�cui�ai� numeri�1,�2,�3�concernono�l'ipotesi,�per�cos|�dire,�fisiologica�di�emanazione� del�decreto�definitivo�di�asservimento,�di�competenza�del�Prefetto,�e�vertono� in�particolare�sulle�modalita�di�pagamento�o�deposito�dell'indennita�,ai� sensi�dell'art.�234�d.P.R.�n.�156/1973,�i�quesiti�di�cui�ai�numeri�4�e�5�riguar- dano,�per�contro,�l'ipotesi��patologica�,�in�cui�vi�sia�stata�occupazione�del� fondo�con�realizzazione�delle�opere,�mancando�tuttavia�l'emanazione�del� provvedimento�finale�di�asservimento.� 1.��Con�il�quesito�n.�1�si�chiede�se�la�disposizione�di�cui�all'art.�234,� comma�III,�d.P.R.�n.�156/1973��in�forza�della�quale��il�Prefetto�emana�il� decreto�di�imposizione�di�servitu�(...)�dopo�essersi�accertato�del�pagamento� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO o�del�deposito�delle�indennita���stabilite�dal�Provveditorato�alle�Opere�Pub- bliche��sia�da�intendersi�come�norma�speciale�rispetto�alla�disciplina�det- tata�dagli�artt.�24�ss.�della�lege�25�giugno�1865,�n.�2359,�c.d.�legge�generale� in�materia�espropriativa:�nello�specifico,�si�chiede�se,�relativamente�alle�pro- cedure�di�asservimento�mediante�atto�della�P.A.�per�opere�di�telecomunica- zioni,�possa�ritenersi,�nel�silenzio�dell'art.�234,�omesso�il�subprocedimento� di�cui�all'art.�30�legge�n.�2359/1865,�come�novellato�dalla�legge�20�marzo� 1968,�n.�391,�subprocedimento�che�si�colloca�in�una�fase�antecedente�al�ver- samento�della�indennita�da�parte�dell'ente�espropriante�o�asservente,�svol- gentesi�dinanzi�al�Giudice�e�finalizzato�all'ordine�di�pagamento�o�deposito� della�indennita�stessa.� Sul�punto�giova�ricordare�che�la�materia�delle�servitu�coattive�per� impianti�di�telecomunicazioni�e�contenuta�negli�artt.�233�e�234�del�citato� d.P.R.��immediatamente�successivi�alle�norme�sull'esproprio�(art.�231)�e� sulle�limitazioni�legali�(art.�232)��che�dettano�una�normativa�scarna�ed� essenziale�rispetto�a�quella�dettagliatamente�prevista�dalla�legge� n.�2359/1865�e�successive�modifiche,�la�quale�risulta�applicabile,�se�non� derogata�da�norme�settoriali�o�speciali,�a�tutte�le��espropriazioni�dei�beni� immobili�o�di�diritti�relativi�ad�immobili�per�l'esecuzione�di�opere�di�pub- blica�utilita���(art.�1�legge�citata).� Ad�avviso�della�Scrivente,�in�favore�della�specialita�delle�norme�in� parola�puo�argomentarsi,�gia�ad�un�primo�avvicinamento,�dalla�formulazione� dell'art.�233�decreto�del�Presidente�della�Repubblica�n.�156/1973�che,�diversa- mente�da�quanto�disposto�per�gli�espropri�dell'art.�231,�comma�IV,�stesso� d.P.R.,�non�contiene�alcun�rinvio�di�tenore�generale�alla�procedura�e�alle� relative�fasi�subprocedimentali�delineate�dalla�legge�n.�2359/1865.�Al� riguardo,�la�giurisprudenza,�in�relazione�a�fattispecie�fra�loro�differenziate,� ha�avuto�modo�di�qualificare�gli�artt.�233�e�234�del�d.P.R.�citato�come�norme� speciali�idonee�sia�a�regolare�compiutamente�il�procedimento�per�la�imposi- zione�delle�suddette�servitu�sia�ad�assicurare�celerita�e�snellezza�procedurale� (cos|�,�Tar�Lombardia-Milano�5�aprile�1984,�n.�415;�Tar�Campania-Napoli� 23�novembre�1998,�n.�3526;�Cassazione�6�marzo�1998,�n.�2505).�Se�infatti� l'art.�234�da�un�lato�prevede�soltanto�la�pronuncia�del�decreto�di�asservi- mento�subordinatamente�al�versamento�della�indennita�,�senza�nulla�disporre� circa�la�fase�di�competenza�del�giudice�e�senza�rinviare�alla�legge�generale,� l'art.�233�dall'altro�si�limita�a�richiamare�l'art.�46�legge�n.�2359/1865,�il�quale� ultimo�prescrive�che�e�dovuta�una�indennita�ai�proprietari�dei�fondi�gravati� di�servitu�costituita�mediante�provvedimento�amministrativo.�Invero,�non� sembra�alla�Scrivente�che�tale�riferimento�possa�operare�come�integrale�rin- vio�al�subprocedimento�in�materia�di�indennita�di�cui�alla�legge�generale�ed� in�particolare�alla�norma�ex�art.�30�legge�citata,�in�forza�della�quale�il�paga- mento�o�deposito�e�preceduto�dall'ordine�di�competenza�del�giudice.�Come� rilevato�da�una�recente�pronuncia�giurisprudenziale�(cfr.�in�motivazione�Tar� Campania-Napoli�23�novembre�1998�n.�3526)�l'espresso�rinvio�all'art.�46�deve� intendersi,�in�sintonia�con�il�disposto�dell'art.�42�Cost.,�solo�come�afferma- zione�del�principio�della�debenza�della�indennita�,�principio�che�peraltro,�alla� stregua�della�formulazione�letterale�dell'ultimo�comma�dello�stesso�art.�46,� I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO in tanto trova applicazione rispetto alle servitu� regolate da leggi speciali in quanto sia in esse richiamato. La Scrivente ritiene quindi di concordare con quanto prospettato da codesta Prefettura relativamente al carattere di lex specialis per l'art. 234, comma III, d.P.R. n. 156/1973, in guisa che nel silen- zio ivi contenuto non trovi applicazione la disciplina generale, secondo il principio di tassativita� (ubi lex tacuit, noluit). Il profilo delle modalita� di pagamento o deposito della indennita� trova una regolamentazione semplifi- cata rispetto alla legge generale, potendosi saltare la fase giudiziale: tale con- clusione sulla estraneita� della normativa di settore rispetto alla legge generale risulta confermata dalla simmetrica deroga sul diverso profilo della compe- tenza per la determinazione della indennita� che lo stesso art. 234 assegna al Provveditorato alle opere pubbliche, e anteriormente al Genio Civile, non facendosi luogo alla perizia giudiziale prevista dagli artt. 32 ss. legge n. 2359/1865 per l'ipotesi di indennita� offerta ma non accettata dall'espro- priando. 2. �I quesiti di cui ai numeri 2 e 3 possono essere congiuntamente trattati. Essi pongono all'attenzione della Scrivente quanto espresso dal Consi- glio di Stato �Commissione speciale con il parere n. 1782/1970, in tema di modalita� di versamento della indennita� di esproprio, pur se al di fuori della materia concernente gli impianti di telefonia. Le opinioni ivi espresse pos- sono giovare ai fini della soluzione dei quesiti sottoposti. In primo luogo, quanto sopra sostenuto sul problema dei rapporti fra l'art. 30 legge n. 2359/1865 e l'art. 234 d.P.R. n. 156/1973, riguardante il procedimento di imposizione di servitu� di appoggio per impianti di teleco- municazioni, puo� trovare sostegno nelle considerazioni ed argomentazioni di cui al citato parere, secondo cui le previsioni della legge n. 2359/1865, come modificate dalla legge n. 391/1968, si applicano a quelle forme parti- colari di espropriazione che siano �regolate, per la fase attinente al paga- mento o al deposito dell'indennita� , mediante il richiamo alle norme generali sul trasferimento coattivo dei beni per causa di pubblica utilita� �: tale affer- mazione puo� acontrario leggersi nel senso che rispetto alle procedure abla- torie previste in apposite norme, le quali manchino di tale rinvio relativa- mente alle modalita� di pagamento o deposito della indennita� , non si faccia luogo alla applicazione o alla integrazione della disciplina generale nella normativa di settore. In secondo luogo, quand'anche non si ritenga di poter concludere per la specialita� della norma ex art. 234 e conseguentemente per la omissione del- l'ordine giudiziale di pagamento o deposito della indennita� , sembra parimenti sostenibile, sulla scorta del medesimo parere formulato dal Consiglio di Stato, che l'ente asservente possa comunque chiedere la pronuncia del decreto definitivo di asservimento, una volta provveduto al versamento della indennita� direttamente all'espropriando ovvero mediante deposito presso la Cassa depositi e prestiti, in assenza della pronuncia dell'ordine da parte del giudice. Nel menzionato parere n. 1782/1970, con riferimento a fattispecie in cui trova applicazione l'intera procedura di esproprio prevista dalla legge generale, si precisa tuttavia che, soprattutto a fronte di esigenze di celerita� , RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� l'espropriante�possa�sotto�la�propria�responsabilita�procedere�al�pagamento�o� deposito�della�indennita�senza�attendere�l'espletamento�della�fase�giudiziale.� Cio�in�quanto,�come�rilevato�dal�Consiglio�di�Stato�nel�suddetto�parere�e� come�ricordato�nell'ambito�del�quesito�n.�3�da�codesta�Prefettura,��ai�fini� della�legittimita�dell'atto�conclusivo�della�procedura�acquistano�rilevanza�il� deposito�o�il�pagamento�dell'indennita�e�non�l'ordine�emesso�a�carico�dell'e- spropriante�in�vista�della�esecuzione�di�tali�incombenti�.�Risulta�da�tale�affer- mazione�che�in�vista�della�imposizione�di�servitu�,�mediante�provvedimento� amministrativo,�rileva�in�ogni�caso�come�pregnante�non�il�subprocedimento� di�competenza�del�giudice,�bens|�la�prova�dell'avvenuto�pagamento�o�depo- sito�della�indennita�.� 3.��I�quesiti�4�e�5,�enunciati�in�apertura,�possono�essere�congiunta- mente�svolti.� In�relazione�ad�entrambi�puo�preliminarmente�osservarsi�che�l'interesse� della�P.A.,�alla�individuazione�di�una�procedura�di�sanatoria�per�le�ipotesi� �patologiche��di�asservimento�coattivo�deriva�dalla�circostanza�che,�con� riguardo�ai�diritti�reali�limitati,�non�e�configurabile�l'istituto�di�creazione�giu- risprudenziale�della�accessione�invertita�o�occupazione�acquisitiva,�secondo� cui�la�realizzazione�di�un'opera�pubblica�su�un�fondo�illegittimamente�occu- pato��la�quale�importi�la�radicale�ed�irreversibile�trasformazione�del�fondo� medesimo��se�da�un�lato�cagiona�un�illecito�aquiliano�dall'altro�produce� contestualmente�sia�l'estinzione�del�diritto�di�proprieta�del�privato�sia�l'acqui- sizione�a�titolo�originario�del�diritto�di�proprieta�in�capo�all'ente�costruttore,� divenendo�irrilevante�e�del�tutto�inefficace�un�eventuale�successivo�decreto� di�esproprio.�In�materia�di�servitu�,�infatti,�la�giurisprudenza�ha�escluso�che� l'apprensione�in�via�di�fatto�di�un�suolo�privato�sul�quale�sia�intervenuta�la� costruzione�dell'opera,�essendo�tuttavia�mancata�ab origine la�autorizzazione� ovvero�essendo�mancato�il�provvedimento�ablatorio�definitivo�successiva- mente�al�decreto�di�occupazione�di�urgenza,�determini�l'acquisto�del�diritto� di�servitu�in�capo�alla�P.A.�o�all'ente�asservente,�in�ragione�del�difetto�dei� necessari�presupposti�dell'accessione�invertita�(radicale�trasformazione�del� fondo�con�incorporazione�del�bene,�nell'opera�e�confliggenza�di�due�diritti� di�proprieta�):�dall'asservimento�sine titulo deriva�soltanto�un�illecito�di�carat- tere�permanente�che�legittima�il�proprietario�del�fondo�all'azione�risarcitoria� ex�art.�2043�cod.�civ.�(cfr.,�Cass.�SS.UU.�6�novembre�1989,�n.�4619;�Cass.� 20�febbraio�1991,�n.�1811;�Cass.�23�marzo�1992,�n.�3573;�Cass.�25�marzo� 1998,�n.�3158).�Con�specifico�riferimento�agli�asservimenti�operati�in�via�di� fatto�a�seguito�della�installazione�degli�impianti�telefonici�in�assenza�di�un� provvedimento�ablatorio,�la�giurisprudenza�ha�riconosciuto�la�risarcibilita� anche�in�forma�specifica,�ossia�mediante�rimozione�delle�opere,�della�lesione� del�diritto�soggettivo�del�privato�(Cass.�26�luglio�1994,�n.�6962).� Tenuto�conto�di�tali�preliminari�considerazioni,�la�Scrivente�e�chiamata� ad�esprimere�il�proprio�avviso�sulle�modalita�e�sugli�atti�da�porre�in�essere� al�fine�di�produrre�la�cessazione�dell'illecito�e�di�sanare�la�carenza�di�un� valido�titolo�ablatorio�per�l'asservimento�del�fondo��sul�quale�gia�siano� stati�realizzati�gli�impianti�di�telecomunicazioni��nella�specifica�ipotesi�in� cui�siano�inutilmente�decorsi�i�termini�per�l'adozione�del�decreto�definitivo� I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO� di�imposizione�della�servitu�.�Su�tale�punto�codesta�Prefettura�nel�quesito�di� cui�al�n.�5�ha�ricordato�un�precedente�parere�espresso�dalla�scrivente�(parere� n.�7189195�CS�in�data�22�marzo�1996).�Ivi,�con�riguardo�ad�un�caso�analogo,� relativo�alla�imposizione�di�servitu�per�posa�in�opera�di�metanodotti,�si�era� sostenuta�la�possibilita�di�sanatoria�della�situazione�di�asservimento�di�mero� fatto�del�fondo�conseguente�alla�mancata�adozione�del�provvedimento�finale� entro�i�termini�contenuti�nel�decreto�autorizzativo�della�occupazione�di� urgenza:�si�era�ritenuto�in�particolare�di�poter�riconoscere�la�legittimita�di� una�procedura�ablatoria�che�fosse�stata�avviata�previa�rinnovazione�dei�ter- mini�per�il�completamente�di�essa,�rinnovazione�da�effettuarsi�nel�primo�atto� dell'iter procedimentale�medesimo.� Peraltro�su�tali�questioni,�la�Scrivente�non�puo�ora�non�prendere�atto� dell'esistenza�di�un�orientamento�giurisprudenziale�che�esclude�la�sanabi- lita�,�mediante�integrazione�postuma,�nel�caso�di�omessa�indicazione�dei� termini�per�la�realizzazione�dei�lavori�e�degli�espropri�nel�corpo�del�primo� atto�del�procedimento�avente�ex�lege�valore�di�dichiarazione�di�pubblica� utilita�ovvero,�ove�intervenga,�nel�decreto�di�occupazione�di�urgenza,�ipo- tesi�assimilabile�a�quella�di�specie�caratterizzata�invece�dalla�sopravvenuta� scadenza�dei�termini�per�ritualmente�indicati�(cfr.�Consiglio�di�Stato,�Adu- nanza�plenaria,�26�agosto�1991,�n.�6;�Consiglio�di�Stato,�sez.�IV,�27�novem- bre�1997,�n.�1326;�Consiglio�di�Stato,�Sez.�V,�30�settembre�1998,�n.�1360;� Consiglio�di�Stato,�Sez.�VI,�26�luglio�2000�n.�4158.�In�particolare�in�questa� recente�pronuncia�il�C.d.S.�ha�approfondito�il�ricordato�orientamento�sino� ad�affermare�che:� 1)�nella�prassi�operativa�si�avverte�l'esistenza�di�un�nesso�di�strumen- talita�fra�procedimento�di�occupazione�d|�urgenza�e�procedimento�di�espro- prio,�costituendo�il�primo�un�vero�e�proprio�subprocedimento�del�secondo,� cos|�che�quest'ultimo�non�concreta�un�iter diverso�ed�autonomo;� 2)�laddove�l'amministrazione�abbia�tenuto�un�comportamento�ablato- rio�di�fatto,�senza�uniformarsi�al�procedimento�previsto�per�legge,�tale�com- portamento�non�puo�ricevere�ex post il�carattere�della�legalita�,�mediante�l'a- dozione�di�un�atto�che�contenga�i�termini�di�inizio�e�completamente�dei� lavori�e�della�procedura�di�esproprio,�cio�che�peraltro,�urterebbe�con�i�prin- cipiespressidallaadunanzaplenariaconladecisionen.�6del26�agosto�1991;� 3)�non�deve�attribuirsi�rilevanza�alla�considerazione�che,�non�potendo� operare�nel�caso�di�specie�l'istituto�della�accessione�invertita,�l'amministra- zione�non�perderebbe�il�potere�ablatorio�e�potrebbe�legittimamente�porre�in� essere�una�procedura�con�efficacia�sanante,�al�fine�di�evitare�la�demolizione� dell'opera�pubblica�gia�costruita:�il�potere�ablatorio��e�strumentale�ad�un'o- pera�da�realizzare,�non�ad�un'opera�gia�realizzata,�e�tanto�indipendentemente� dall'operativita�,�o�meno�dell'accessione�invertita�;� 4)�ove�manchi�un�valido�titolo�ablatorio,�la�realizzazione�in�via�di� fatto�dell'opera�integra�un�fatto�illecito�permanente�imputabile�all'Ammini- strazione.� Tenuto�conto�di�tale�indirizzo�giurisprudenziale,�ritiene�dunque�la�Scri- vente�non�piu�consigliabile�l'iter finalizzato�ad�una�postuma�costituzione� della�servitu�mediante�provvedimento�amministrativo;�e�addirittura�non� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� opportuno�che�le�Autorita�esproprianti�(e�cioe�la�Prefettura)�si�attivino�in�tal� senso.�Sara�infatti,�in�tali�casi,�interesse�e�cura�dell'Ente�asservente,�esposto� ad�una�situazione�di�permanente�responsabilita�nei�confronti�del�privato,� addivenire�alla�formazione�del�titolo�legittimante�il�diritto�di�servitu� mediante�lo�strumento�negoziale�del�contratto,�ad�efficacia�reale,�di�costitu- zione�della�servitu�medesima�ovvero,�nei�casi�previsti�dalla�legge,�rivolgen- dosi�all'Autorita�giudiziaria�civile�per�la�imposizione�mediante�sentenza�della� servitu�coattiva�ex art.�1032�cod.�civ.�.� PARERE DEL 5 GIUGNO 2001 N. 66082. Se l'amministrazione tenuta a versare direttamente al coniuge separato del proprio dipendente l'assegno di mantenimento, nel caso di sospensione dal servi- zio di quest'ultimo, sia obbligata a corrispondere per intero �oltre all'assegno di mantenimento al coniuge �anche l'assegno alimentare al dipendente ^ Art. 8 legge 1.dicembre 1970, n. 898, modificato dall'art. 12 legge 6marzo 1987, n. 74; art. 1 d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180. (Consultivo�n.�14403/00,� avv.�Tortora).� �Con�riferimento�al�quesito�proposto�si�ritiene�innanzitutto�necessario� premettere�che�il�provvedimento�di�distrazione�di�una�quota�degli�assegni� spettanti�al�dipendente�a�favore�del�coniuge�separato�o�divorziato�ha�una� struttura�ed�una�funzione�analoghe�a�quella�della�cessione�del�credito�(cfr.� Cass.�Sez.�1,�11�aprile�1978�n.�1690).�Tale�cessione�puo�,�aver�origine�da�un� provvedimento�giudiziale,�come�accade�in�materia�di�separazione�personale� dei�coniugi�o�come�accadeva�per�effetto�dell'originaria�stesura�dell'art.�8� legge�1.�dicembre�1970�n.�898,�oppure�puo�discendere�direttamente�dalla� legge,�come�prevede�l'attuale�versione�del�predetto�art.�8,�come�modificata� dall'art.�12�della�legge�6�marzo�1987�n.�74,�il�quale�consente�al�coniuge�al� quale�spetta�la�corresponsione�periodica�dell'assegno�divorziale�di��notificare� il�provvedimento�in�cui�e�stabilita�la�misura�dell'assegno�ai�terzi�tenuti�a�cor- rispondere�periodicamente�somme�di�denaro�al�coniuge�obbligato,�con�l'in- vito�a�versargli�direttamente�le�somme�dovute,�dandone�comunicazione�al� coniuge�inadempiente�.� Ora,�nel�caso�di�cessione�giudiziale�occorre�tener�conto�dell'individua- zione�dell'oggetto�della�cessione�operata�dal�Giudice,�atteso�che�un�obbligo� di�versamento�diretto�puo�configurarsi�solo�nell'ipotesi�in�cui�persista�un'ob- bligazione�dell'Amministrazione�per�il�titolo�individuato�dal�Giudice.�Cos|�,� nell'ipotesi�in�cui�il�Giudice�abbia�ordinato�all'Amministrazione�di�versare� direttamente�al�coniuge�cui�spetta�la�corresponsione�periodica�un�determi- nato�importo�dovuto�al�coniuge�obbligato�a titolo di retribuzione o�una�certa� quota�della�retribuzione,�qualora�il�coniuge�obbligato�perda�il�diritto�alla� retribuzione�(come�accade,�appunto,�nel�caso�della�sospensione�cautelare�dal� servizio�di�un�pubblico�dipendente)�l'Amministrazione�non�dovra�piu�versare� alcunche�all'altro�coniuge,�essendo�venuta�meno�la�propria�obbligazione�per� quel�titolo�(cfr.�art.�1409�c.c.).� Nell'ipotesi,�invece,�di�cessione�legale�e�nei�casi�in�cui�il�Giudice�abbia� indicato�l'obbligazione�del�terzo�in�modo�generico�(�tutte�le�somme�a�qual- I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO� siasi�titolo�dovute��o�analoghe�espressioni)�e�da�ritenersi�che�l'obbligo�del- l'Amministrazione�di�provvedere�al�versamento�diretto�dell'assegno�di�mante- nimento�persista�anche�nell'ipotesi�di�sospensione�cautelare�dal�servizio�del� coniuge�proprio�dipendente.�Tuttavia�in�tale�ipotesi�occorrera�tener�conto� del�disposto�del�sesto�comma�dell'art.�8�della�legge�1.�dicembre�1970�n.�898� (introdotto�dall'art.�12�della�legge�6�marzo�1987�n.�74),�il�quale�prevede�che� lo�Stato�e�gli�altri�Enti�di�cui�all'art.�1�del�d.P.R.�5�gennaio�1950�n.�180�non� possano�versare�al�coniuge�cui�spetta�la�corresponsione�periodica�oltre�la� meta�delle�somme�dovute�al�coniuge�obbligato,�comprensive�anche�degli� assegni�e�degli�emolumenti�accessori:�qualora,�dunque,�il�coniuge�obbligato� sia�stato�sospeso�cautelarmente�dal�servizio,�l'Amministrazione�non�potra� comunque�corrispondere�al�coniuge�cui�spetta�la�corresponsione�periodica� oltre�la�meta�dell'importo�dell'assegno�alimentare�che�viene�versato�al�pro- prio�dipendente�sospeso.� Si�sottolinea�che,�trattandosi�sostanzialmente�di�una�cessione�del� credito,�l'importo�da�versare�al�coniuge�cui�spetta�la�corresponsione�dovra� essere�sottratto�dalle�somme�dovute�al�dipendente�a�titolo�di�assegno� alimentare.� In�tutti�i�casi�in�cui,�per�effetto�di�quanto�sopra�stabilito,�l'Amministra- zione�debba�sospendere�l'erogazione�dell'assegno�di�mantenimento�o�modi- ficarne�l'importo,�si�ritiene�opportuno�che�si�provveda�ad�informare�tempe- stivamente�entrambi�i�coniugi�di�tale�circostanza,�affinche�possano,�se�lo� ritengono�opportuno,�richiedere�al�Giudice�provvedimenti�di�revisione�della� misura�dell'assegno�o�altre�misure�ritenute�necessarie�a�tutelare�i�propri� interessi�.� PARERE DEL 5 GIUGNO 2001 N. 66398. Diritto di accesso, diritto alla riservatezza e tutela del segreto industriale: sesiaassentibilelarichiestadiaccessoall'of ffertadiR.T.I.presentata ingara esplorativa da parte di impresa concorrente ^Legge 7 agosto 1990, n. 241. (Consultivo�n.�6036/01,�avv.�Caramazza).� �Con�la�nota�che�si�riscontra�codesto�Ministero�chiede�se�il�diritto�di� accesso�agli�atti�della�gara�di�un�concorrente�rimasto�soccombente�nella�gara� stessa�prevalga�o�meno�sul�diritto�alla�riservatezza�della�ditta�vincitrice�(con� particolare�riguardo�ai�dati�personali�delle�persone�fisiche�dello�staff opera- tivo�ed�al�know-how dell'impresa).� Deve�anzitutto�rilevarsi�che,�nella�specie,�l'accedente�sembrerebbe�aver� motivato�il�proprio�interesse�all'accesso�con�riferimento�alla�mera�partecipa- zione�al�procedimento�ex art.�10�legge�n.�241/1990,�il�che�sembrerebbe�ren- dere�il�relativo�diritto�recessivo�rispetto�alla�riservatezza�(Cons.�Stato,�A.P.,� 9�febbraio�1997�n.�5).� Non�puo�escludersi�tuttavia�che�l'ambigua�formula�usata�sottenda,� quanto�meno�in�prospettiva,�una�eventualita�di�tutela�giudiziaria�dei�pro- RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� pri�interessi,�nel�qual�caso�il�diritto�di�accesso,�nella�forma�attenuata�del� diritto�di�visione,�dovrebbe�far�premio�sulla�tutela�della�riservatezza�ex� art.�24,�II�comma,�lettera�d)�legge�n.�241/1990,�non�trattandosi,�nella�spe- cie,�a�quanto�e��dato�comprendere,�di�dati�sensibili�(cfr.�Cons.�Stato,�VI,� 26�febbraio�1999�n.�59).� Sembrerebbe�inoltre�da�approfondire�il�punto�dell'accessibilita��dei�dati� relativi�al�know-how�dell'impresa,�alcuni�dei�quali�potrebbero�risultare� coperti�non�tanto�dall'ostacolo�superabile�della�riservatezza�quanto�da�quello� non�superabile�del�segreto�(ad�esempio�il�segreto�industriale).� In�via�di�correntezza�ed�allo�stato�dei�fatti�sembra�potersi�suggerire�la� soluzione�pratica�di�consentire�l'accesso�mediante�visione�nei�soli�limiti� assentiti�dalla�ditta�vincitrice,�opportunamente�interpellata�in�via�preventiva.� Ove�il�relativo�diniego�dovesse�essere�totale�l'accesso�potra��essere�rifiu- tato�con�la�opposizione�del�limite�della�riservatezza�non�superato�dalla�alle- gazione�di�una�necessita��di�cura�e�difesa�dei�propri�interessi�da�parte�dell'ac- cedente�� PARERE DELL'8 GIUGNO 2001 N. 67783. Ammissibilita�di�autorizzazione�ex�art.�7�legge�n.�1497/1939�per�interventi� realizzatiabusivamente�inarea�vincolataeperiqualisiastataavanzata�istanza� di�sanatoria�alla�luce�dei�piu�recenti�orientamenti�del�Consiglio�di�Stato�^ Art.�151�del�testo�unico�d.lgs.�29�ottobre�1999�n.�490�^Art.�13�della�legge� 28febbraio�1985n.�47.�(Contenzioso�n.�40156/00,�avv.�Scaramucci).� �Con�le�note�a�riferimento�codesta�amministrazione�ha�posto�il�seguente� quesito:�se�l'amministrazione�preposta�alla�tutela�di�bene��ambientale��(nel- l'accezione�datane�dall'art.�138�del�testo�unico�menzionato�in�oggetto)�possa� emettere,�nel�caso�1'alterazione�dello�stato�dei�luoghi�sia�gia��abusivamente� avvenuta,�provvedimento�positivo�di�autorizzazione�ex�art.�151�del�predetto� testo�unico.�Il�quesito�e��posto�con�specifico�riferimento�al�caso�in�cui�il� responsabile�dell'abuso�abbia�chiesto�ed�ottenuto�(o�sia�nelle�condizioni�di� ottenere)�concessione�o�autorizzazione�edilizia�in�sanatoria�ai�sensi�delle� disposizioni��a�regime��(cioe��non�per�condono�edilizio)�contenute�nell'art.�13� della�legge�28�febbraio�1985�n.�47;�e�pero��esso�(quesito)�ha�portata�piu��ampia.� Giova�premettere�che�detto�art.�13�consente�il�rilascio�di�concessione�o� autorizzazione�edilizia�soltanto�quanto��l'opera�eseguita...�e��conforme�agli� strumenti�urbanistici�generali�e�di�attuazione�approvati�e�non�in�contrasto� (per�misura�di�salvaguardia)�con�quelli�adottati�...�;�non�ne�e��dunque�consen- tito�il�rilascio�in�assenza�(anche�per�annullamento)�di�strumenti�urbanistici� o�in�difformita��da�essi.�Poiche�l'art.�7�della�legge�urbanistica�17�agosto�1942� n.�1150�dispone�che�ciascun�P.R.G.�deve�indicare�anche�(e�prioritariamente)� �i�vincoli�da�osservare�nelle�zone�a�carattere�storico,�ambientale,�paesistico�� �disposizione�questa�sostanzialmente�confermata�o�recepita�dalle�leggi� regionali�in�materia�urbanistica��dovrebbe�in�concreto�essere�non�realizza- bile�il�caso�di�opera�eseguita�in�conformita��agli�strumenti�urbanistici�appro- vati�(o�anche�solo�adottati)�e,�al�tempo�stesso,�in�area�sottoposta�a�vincolo� comportante�inedificabilita��assoluta.� I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO� Come�noto,�discostandosi�da�orientamento�in�precedenza�emerso�in�sede� consultiva�(II�Sezione),�e�confermando�pronunce�del�T.A.R.�Lazio,�il�Consi- glio�di�Stato�(VI�Sezione)�ha�in�numerose�decisioni�rese�nel�corso�del�2000� ed�anche�recentemente�(dec.�n.�913�del�2001)�affermato�che�l'abusiva�esecu- zione�di�opera�(e�in�genere�l'abusiva�alterazione�dello�stato�dei�luoghi)�di� per�se�non�impedisce�all'amministrazione�preposta�alla�tutela�del�bene� ambientale�di�emettere�provvedimento�di�autorizzazione,�ancorche� �postuma��dell'opera�(o�alterazione)�eseguita�nella�sua�interezza�ovvero�sol- tanto�per�parte�di�essa.� La�VI�Sezione�e�pervenuta�a�tale�affermazione�dapprima�passando�attra- verso�una�interpretazione�dell'art.�15�della�legge�29�giugno�1939�n.�1497�(tra- sfuso�nell'art.�164�del�citato�testo�unico),�ove�e�previsto�che�l'amministrazione� possa,�in�esito�a�suo�apprezzamento�tecnico�discrezionale,�sanzionare�l'ille- cito�paesistico�con�l'irrogazione�di�una�sanzione�pecuniaria,�alternativa�alla� rimessione�in�pristino;�poiche�la�irrogazione�della�sola�sanzione�amministra- tiva�pecuniaria�comporta�non-demolizione,�contrasterebbe�con�il�criterio�di� �economia�dei�mezzi�giuridici��esigere�una�rimessione�in�pristino�finalizzata� unicamente�al�rientro�nella�legalita�ambientale�da�conseguirsi�poi�mediante� rituale�richiesta�di�autorizzazione�ex�art.�151�del�testo�unico�citato.�La�VI� Sezione�ha�in�decisioni�successive�affinato�le�sue�argomentazioni,�e�puntualiz- zato�condizioni�e�limiti�di�una�risposta�positiva�a�richiesta��postuma��di� autorizzazione�ambientale.� E�stato�cos|�affermato:� a)�che�la�valutazione�circa�l'assentibilita�o�meno�della�alterazione� dello�stato�dei�luoghi��non�muta�in�relazione�al�fatto�che�l'opera�sia�stata�rea- lizzata�o�meno�;�in�altre�parole,�detta�valutazione�deve�essere�effettuata�come� se�l'alterazione�dello�stato�dei�luoghi�non�fosse�gia�avvenuta�e�cioe�conside- rando�soltanto�l'anteriore�stato�dei�luoghi;� b)�che��costituisce�onere�dell'interessato,�in�tale�evenienza,�dimostrare� l'assenza�di�impatto�negativo�attraverso�la�produzione�della�documentazione� relativa�alla�condizione�dei�luoghi�anteatta�e,�per�l'effetto,�consentire�la�disa- mina�comparativa�tra�lo�stato�antecedente�e�quello�posteriore�all'edifica- zione;�il�giudizio�dovra�essere�conseguentemente�negativo,�con�correlativa�pos- sibilita�di�demolire�le�opere,�laddove�detto�raffronto�non�si�riveli�possibile,� stante�il�mancato�assolvimento�del�descritto�onere�da�parte�del�privato,�cos|� come�nel�caso�in�cui�la�realizzazione�dell'opera�abbia�cancellato�il�bene�sotto- posto�a�tutela;� c)�che�l'autorizzazione�postuma��non�costituisce�un�equipollente�per- fetto�dell'autorizzazione�preventiva,�in�quanto,�pur�precludendo�la�possibilita� di�pervenire�alla�demolizione�dell'edificio,�essa�lascia�intatto�in�testa�alla� competente�amministrazione�il�potere-dovere�di�infliggere�la�sanzione�pecu- niaria�di�cui�all'art.�15�della�legge�n.�1497�del�1939,�fermi�gli�ulteriori�even- tuali�profili�di�responsabilita�delineati�dall'ordinamento�.� Reputa�questa�Avvocatura�generale�che�l'orientamento�ormai�ripetuta- mente�espresso�dalla�VI�Sezione�possa�essere�accettato�anche�perche�improba- RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� bile�appare�un�nuovo�mutamento�della�giurisprudenza�amministrativa.�Del� resto,�l'orientamento�giurisprudenziale�riferito�puo�trovare�fondamento,� prima�e�piu�che�nell'art.�164�del�testo�unico�(come�tra�breve�si�dira�),�in�consi- derazioni�di�teoria�generale�delle�autorizzazioni�amministrative.� L'esito�positivo�di�un�procedimento�amministrativo�di�autorizzazione� (alias,�il�rilascio�della�richiesta�autorizzazione)�rimuove�un�limite�posto�dalla� legge�all'altrimenti�libero�esplicarsi�di�una�attivita�privata.�E�appena�il�caso� di�rammentare�che�moltissime�attivita�sono�sottoposte�a�regime�autorizzato- rio�(ad�esempio,�la�somministrazione�di�bevande�alcoliche,�la�guida�di�auto- veicoli,�l'esercizio�di�una�vasta�gamma�di�attivita�commerciali).�Il�comporta- mento�di�fatto�del�privato�il�quale�abusivamente�svolga�senza�autorizzazione� attivita�per�le�quali�avrebbe�dovuto�ottenere�autorizzazione�in�linea�di�princi- pio��cioe�in�assenza�di�norma�specifica�che�diversamente�disponga��non� e�sanzionato�anche�con�l'interdizione�dal�richiedere�per�il�futuro�l'autorizza- zione,�nonfa�venirmeno�lapotesta�amministrativa�diautorizzare�e�non�impe- dire�il�normale�esercizio�di�detta�potesta�.�Peraltro,�l'autorizzazione�e�in�linea� di�principio�rilasciata��ex�nunc�,�ossia�con�effetto�dalla�data�del�relativo� provvedimento,�e�non��ex�tunc�,�cioe�dalla�anteriore�data�di�inizio�dell'anzi- detto�abusivo�comportamento;�quindi�inesatta�e�la�locuzione�gergale�autoriz- zazione�in�sanatoria.�Il�comportamento�posto�in�essere�dal�responsabile�del- l'abuso�prima�della�autorizzazione�rimane�illecito�e�sanzionabile�(quando�pre- visto,�anche�penalmente);�la�sopravvenuta�autorizzazione�rileva�soltanto�se�e� per�quanto�essa�in�concreto�contraddica�il�tipo�di�sanzione�prevista�(ad�esem- pio,�la�rimessione�in�pristino�mediante�demolizione)�e�quindi�ne�impedisca� la�irrogazione.� Per�contro,�poco�soddisfacente�(e�forse�anche�erroneo)�appare�il�basare� l'interpretazione�soltanto�o�prevalentemente�sull'art.�164�del�testo�unico:�la� lettera�della�norma�non�consente�di�ravvisare�un�inespresso�limite�alla�scelta� tecnico-discrezionale�tra�le�due�sanzioni�alternative,�nel�senso�che�la�rimes- sione�in�pristino�possa�essere�disposta�solo�in�caso�di�non�compatibilita�del- l'opera�(o�alterazione)�con�i�valori�ambientali�tutelati�dal�vincolo,�e�solo� nel�caso�opposto�sia�irrogabile�la�sanzione�amministrativa�pecuniaria.�Del� resto,�quest'ultima�sanzione�rimane�in�pratica�l'unica�irrogabile�allor- quando�l'opera�(o�l'alterazione)�abbia�prodotto�l'irreversibile�distruzione� del�bene�ambientale.� Questa�Avvocatura�generale�condivide�con�codesta�amministrazione�le� preoccupazioni�per�atteggiamenti�eventualmente�poco�rigorosi�delle�ammini- strazioni�locali�o�regionali�preposte�alla�tutela�di�beni�ambientali;�anche�se,� a�livello�di�atti�amministrativi�formali,�nessuna�compressione�deriva�al�potere� statale�di�annullamento�dalla�circostanza�di�fatto�dell'essere�l'autorizzazione� stata�rilasciata�dopo�l'alterazione�dello�stato�dei�luoghi.� Per�prevenire�o�quanto�meno�ridurre�gli�ipotizzati�pericoli�di�una�lettura� non�rigorosa�del�riferito�orientamento�giurisprudenziale�appare�opportuno� rivolgere�alle�Regioni�suggerimenti�ed�indirizzi,�affinche�esse�e/o�gli�enti� locali�si�attengono�scrupolosamente�alle�indicazioni�sopra�riportate�sub�a),� b)�e�c).�In�particolare�e�bene�sia�ribadito�che�l'abusivo��fatto�compiuto�� non�soltanto�non�deve�in�alcun�modo�influenzare�l'apprezzamento�tecnico- I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO discrezionale da esprimersi sulla base dello stato dei luoghi quale era prima della abusiva alterazione in risposta alla richiesta �postuma� di autorizza- zione, ma impone una ancor piu� accurata ed esauriente motivazione dei provvedimenti positivi di autorizzazione; e, ad integrazione della indicazione sub a), gioverebbe aggiungere che neppure la �sanabilita� � dell'abuso agli effetti urbanistici (ex art. 13 cit.) puo� in alcun modo influenzare l'anzidetto apprezzamento. Inoltre, ad integrazione della indicazione sub b),e� bene sia suggerito di subordinare l'avvio e/o l'espletamento della istruttoria sulla richiesta �postuma� di autorizzazione alla esibizione, a cura del richiedente, di una adeguata documentazione circa lo stato dei luoghi anteriore all'esecu- zione dell'opera (o dell'alterazione). Parrebbe utile altres|� rammentare che la potesta� statale di annullamento puo� essere esercitata, oltre che sul �se� autorizzazione sia nella vicenda con- creta rilasciabile, anche sul �quantum� dell'irrogata alternativa sanzione amministrativa pecuniaria. L'art. 164 del testo unico pone parametri la cui inosservanza costituisce vizio di legittimita� ; per di piu� , una indebita minimiz- zazione del �danno arrecato� puo� risultare strumentale ad omessa irroga- zione della rimessione in pristino. All'irrogazione della sanzione pecuniaria non osta il rilascio (ripetesi, con effetti �ex nunc�) della autorizzazione. In proposito, il Consiglio di Stato ha giustamente affermato quanto segue: �circostanza che l'amministrazione, esercitando un potere nella sostanza conferito dallo stesso art. 15 (ora art. 164 del testro unico), abbia verificato la compatibilita� ambientale in via postuma, se, da un lato, esclude la compromissione sostanziale dell'integrita� paesaggistica, dall'altro, non cancella la violazione dell'obbligo, discendente dall'art. 7 (ora art. 151 del testo unico), di conseguire in via preventiva il titolo di assenso necessario per la realizzazione dell'intervento modificativo dell'assetto territoriale�. La sanzione pecuniaria di cui all'art. 164 del testo unico, per importo da questo non piu� denominato �indennita��, quando autorizzazione postuma e� rilasciata e quindi quando l'opera (o l'alterazione) eseguita e� valutata compa- tibile con le esigenze di tutela e� irrogata per punire l'abuso anteriormente commesso, abuso che la sopravvenuta autorizzazione non elimina (solo impedisce di sanzionare con la rimessione in pristino). Inesattamente, qual- che decisione giurisdizionale parla di �illecito formale�; in realta� l'illecito non pare possa cos|� definirsi neppure quando �ex post� non e� ravvisato danno ambientale. Quanto sin qui scritto non esaurisce la risposta al quesito posto. Si e� dianzi accennato ad autorizzazione per parte soltanto �strutturalmente separabile �del manufatto edificato; in tal caso, per la parte residua dovra� perseguirsi la rimessione in pristino ad opera e, qualora non si abbia ottem- peranza, a spese del responsabile dell'abuso. Piu� complesso il caso, probabilmente frequente, di opere la cui compati- bilita� con i valori ambientali e� pregiudicata soltanto da non essenziali conno- tati morfologici, o particolari costruttivi, od altre similari ragioni, rispetto alle quali la rimessione in pristino potrebbe essere reputata sanzione ecces- siva. La Scrivente sarebbe orientata a ritenere che, in tal caso, l'amministra- RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� zione�preposta�alla�tutela�dei�beni�ambientali�possa�legittimamente�subordi- nare�la�efficacia�o�addirittura�il�rilascio�dell'autorizzazione�all'ottemperanza� a�puntuali��prescrizioni��indicate�da�detta�amministrazione;�anche�qualora� tali��prescrizioni��manchino�potrebbe�aversi�l'intervento�di�annullamento�ex art.�151,�comma�4,�del�testo�unico�citato�s'intende�solo�per�non-legittimita�,� dell'organo�statale�competente.� Palese�la�delicatezza�di�quest'ultimo�argomento:�a�differenza�di�quanto� accade�allorquando�l'autorizzazione�e�chiesta�prima�dell'inizio�dei�lavori,�nel� caso�ora�considerato�l'ottemperanza�alle��prescrizioni��comporta�costi� aggiuntivi�eventualmente�cospicui.�Si�fa�comunque�riserva�di�tornare�sul� punto�in�occasione�di�vicende�concrete�.� PARERE DEL 5 LUGLIO 2001 N. 76843. Parere in materia di rimborso di spese legali in favore dei dipendenti del- l'Ente Nazionale delle strade (confronto con la normativa del C.C.N.L.; conflitto d'interessi; livello delle tariffe; applicazione della normativa ai giudizi dinanzi alla Corte dei Conti. (Consultivo�n.�17621/00,�avv.�Greco).� �Con�la�nota�che�si�riscontra�codesto�Ente�ha�rappresentato�alla�Scri- vente�l'insorgenza�di�alcuni�problemi�operativi�ed�interpretativi�che�scaturi- scono�dall'applicazione�delle�norme�che�prevedono�il�beneficio�dei�rimborso� delle�spese�legali�a�favore�dei�dipendenti�coinvolti�in�procedimenti�giurisdi- zionali.� Piu�in�particolare�viene�evidenziato�che�al�personale�si�applicava�la�pre- visione�di�cui�all'art.�20�del�d.P.R.�n.�335/1990,�cio�fino�all'entrata�in�vigore� dei�nuovo�contratto�collettivo;�che�l'Ente�era�soggetto�al�patrocinio�ex lege dell'Avvocatura�dello�Stato,�e�che�pertanto��in�linea�altres|�con�quanto� espressodallaScriventenellanotan.65757,dell'11�giugno1994�bisognava� ricondurre�la�possibilita�del�rimborso�alla�procedura�prevista�nella�norma� sopra�citata.� A�questo�proposito�e�stato�sottolineato�che�la�procedura�prevista�non� sempre�e�stata�seguita�dai�dipendenti�e�che�sono�insorte�controversie�al� riguardo.�Infatti�qualcuno�avrebbe�del�tutto�omesso�ogni�preventiva�comuni- cazione�dell'insorgenza�del�procedimento�presentando�direttamente,�una� volta�intervenuta�l'assoluzione,�la�richiesta�di�rimborso.�In�alcuni�casi�tale� omissione�sarebbe�dovuta�all'impossibilita�di�seguire�la�procedura�prevista� data�la�ristrettezza�dei�tempi�che�il�singolo�procedimento�imponeva.� Analogamente�e�stato�chiesto�ogni�utile�chiarimento�per�quanto� riguarda�poi�il�caso�in�cui�il�paventato�conflitto�di�interessi�valutato�ex ante �anche�sulla�base�di�una�prognosi�effettuata�sulla�scarsezza�degli�elementi� disponibili��che�aveva�portato�alla�negazione�dell'assunzione�degli�oneri�di� difesa,�non�sia�seguito�da�una�sentenza�di�condanna.� In�quest'ultima�fattispecie�ulteriori�dubbi�vengono�espressi�per�le�deci- sioni�(dichiarazione�di�prescrizione,�sentenze�di�c.d.�patteggiamento,�ecc.)� non�equiparabili�all'assoluzione.�A�questo�proposito�con�successiva�nota�del� 23�marzo�2001,�sono�stati�rappresentati�ulteriori�profili�di�possibili�contrasti� interpretativi�dati�dalla�previsione�delle�nuove�norme�pattizie.� I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO� Codesto�ente�ha�posto�poi�in�rilievo�che,�salvo�contrario�avviso,�sarebbe� orientato�a�liquidare��nei�casi�in�cui�ricorrono�i�presupposti��una�somma� totale�calcolata�seguendo�le�tariffe�minime�vigenti,�e�se�tale�criterio�(cfr.�nota� citata�del�23�marzo�2001,�n.�769)�sia�altres|�applicabile�ai�giudizi�per�i�quali� il�patrocinio�era�stato�concesso�durante�la�vigenza�dei�decreto�del�Presidente� della�Repubblica�n.�335/1990,�prima�dell'entrata�in�vigore�del�nuovo�CCNL.� Analoghi�problemi�sono�stati�in�merito�alla�nuova�normativa�contrat- tuale�medio tempore intervenuta.� A�questo�specifico�proposito�nel�richiamarsi�il�contenuto�dell'art.�52�del� CCNL�viene�chiesto�se�lo�stesso�possa�ritenersi�applicabile�anche�nel�giudizio� avanti�la�Corte�dei�Conti,�e�se�il�rimborso�possa�essere�esteso�anche�alle�con- sulenze�tecniche�di�parte.� In�relazione�a�quanto�prospettato�da�codesto�Ente�questa�Avvocatura� osserva�quanto�segue.� Per�quel�che�concerne�le�spese�di�giudizio�avanti�alla�Corte�dei�Conti�si� evidenzia�che�la�materia�e�stata�innovata�dall'entrata�in�vigore�dell'art.�3,� della�legge�n.�639/1996,�secondo�cui:��in�caso�di�definitivo�proscioglimento� ai�sensi�di�quanto�previsto�dal�comma�1�della�legge�14�gennaio�1994,�n.�20,� come�modificato�dal�comma�1�del�presente�articolo,�le�spese�legali�sostenute� dai�soggetti�sottoposti�al�giudizio�della�Corte�dei�Conti�sono�rimborsate�dal- l'Amministrazione�di�appartenenza�.� La�norma�in�questione,�cos|�come�specificato�dalla�medesima�Corte�dei� Conti�(cfr�SS.RR.�28�aprile�1997,�n.�42/A),�non�ha�valenza�retroattiva�e�trova� applicazione�soltanto�a�partire�dai�giudizi�che�hanno�inizio�dopo�la�sua� entrata�in�vigore.� Ancora,�secondo�quanto�posto�in�rilievo�dalla�Scrivente�nella�nota� n.�83479�del�13�luglio�1998,�a�cui�per�brevita�si�rinvia,�l'ipotesi�beneficiante� non�trova�applicazione�nelle�ipotesi�in�cui�il�dipendente�nella�fase�dell'invito� a�dedurre,�non�seguito�da�citazione,�si�sia�fatto�assistere�da�un�legale�di�pro- pria�fiducia.� Riguardo�poi�alla�possibilita�di�riconoscere�il�beneficio�del�rimborso� nelle�ipotesi�in�cui�non�sia�stata�rispettata�la�procedura�di�cui�all'art.�20�del� d.P.R.�n.�335/1990,�si�osserva,�fermo�restando�quanto�rilevato�nel�parere� espresso�dal�Comitato�Consultivo�di�questa�Avvocatura��nota�n.�65757,� dell'11�giugno�1994��che�possono�sussistere�ipotesi�in�cui�il�dipendente�e� nella�materiale�impossibilita�di�seguire�la�prescritta�procedura�in�presenza�di� termini�estremamente�brevi.�Si�pensi,�solo�per�fare�un�esempio,�a�tutta�l'atti- vita�difensiva�con�carattere�di�urgenza�che�puo�prospettarsi�nelle�ipotesi�degli� accertamenti�tecnici�non�ripetibili�degli�atti�di�perquisizione�e�sequestro�c ombinato�disposto�degli�artt.�360,�364,�365�C.P.P.�ovvero�per�quel�che� riguarda�i�giudizi�di�responsabilita�civile�alle�ipotesi�di�cui�al�libro�IV��pro- cedimenti�speciali��del�vigente�codice�di�procedura�civile,�in�particolare� capo�I�procedimento�di�ingiunzione;�capo�III�procedimenti�cautelari.� In�sostanza�codesto�Ente�dovra�valutare�caso�per�caso,�secondo�gli� atti�e�la�fattispecie�concreta,�se�sussistevano�ipotesi�particolari�che�impedi- vano�al�dipendente�di�rispettare�il�procedimento�previsto�dalla�normativa� beneficiante.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� A�questo�proposito,�seppure�il�Consiglio�di�Stato�piu�di�una�volta�in�pro- nunciamenti�espressi�in�sede�consultiva�(cfr.�C.d.S.,�sez.�III,�13�febbraio�1996� n.�69/96;�C.d.S.,�Comm.�Speciale�Pubblico�Impiego,�6�maggio�1996,� n.�4/1996;C.d.S.,sez.III,28�luglio1998,n.�903/1998),haaffermatol'esistenza� di�un�principio�generale�di�rimborsabilita�delle�spese�legali�sostenute�dal�dipen- dente�e�dall'agente�per�fatti�connessi�all'attivita�istituzionale��sempre�che�vi� sia�stata�una�decisione�liberatoria�e�non�sussista�alcun�conflitto�di�interesse�i n�sede�giurisdizionale�(cfr.�C.d.S.,�sez.�V,�sent.�n.�2242�del�15�febbraio�2000)� pronunciandosi�sull'analoga�normativa�di�cui�all'art.�67�del�d.P.R.� n.�268/1987,�che�assicura�il�patrocinio�ai�dipendenti�degli�Enti�locali,�in�forme� del�tutto�analoghe�alla�normativa�esistente�a�favore�dei�dipendenti�di�codesto� Ente,�ha�avuto�modo�di�sottolineare�che�non�puo�essere�trascurato��il�mancato� rispetto�delle�regole�procedurali�che�governano�l'assunzione,�da�parte�dell'am- ministrazione,�delle�spese�legali�...�il�profilo�evidenzia�la�sostanziale�ecceziona- lita�del�rimborso�delle�spese�legali,�necessariamente�circondata�da�garanzie�pro- cedimentali�che�non�hanno�valore�puramente�formale,�ma�mirano�ad�accertare� lapresenzadeinecessaripresupposti�sostanziali�dellapretesa�...�.� Analogamente�e�a�dirsi�per�l'aspetto�posto�in�rilievo�riguardo�alla�possi- bilita�di�dare�corso�al�rimborso�nell'ipotesi�in�cui�non�vi�sia�stata�pronuncia� liberatoria�ma�solo�pronuncia�non�equiparabile�all'assoluzione�(sentenza�di� patteggiamento,�dichiarazione�di�prescrizione,�ecc.).�A�questo�proposito�non� puo�non�porsi�preliminarmente�in�rilievo�una�apparente�improprieta�delle� disposizioni�pattizie�le�quali�oltre�ad�essere�in�contrasto�tra�loro�(l'art.�17� richiede�che��non�siano�accertati elementi�di�dolo�o�colpa�grave�...�;�quando� l'art.�52�presuppone�che��non�siano�ravvisabili elementi�di�dolo�o�colpa� grave�...)��quando�l'art.�20,�del�citato�d.P.R.�4�agosto�1990,�n.�335,�richie- deva�espressamente�che�la�responsabilita�dovesse�essere�esclusa��non�sem- bra�tengano�conto�di�quanto�previsto�nello�stesso�testo�ove�si�parla�di�con- flitto�di�interessi�(art.�52)�ovvero�di�parte�lesa�(art.�17).� In�sostanza�l'apparente�improprieta�che�una�prima�lettura�potrebbe�deter- minare�non�puo�non�tenere�conto�dei�quadro�di�insieme�dei�sistema�e�della�ratio sottesa�chiaramente�all'istituto.�Bisognera�allora�a�questo�proposito�operare� una�distinzione�di�fondo�tenendo�conto�proprio�di�quel�conflitto�di�interessi�o� di�quella�lesione�che�le�norme�vogliono�esclusi�affinche�si�arrivi�al�rimborso.� A�questo�proposito�e�da�rilevare�che�il�rimborso�e�dovuto�solo�se�vi�e� stata�una�pronuncia�liberatoria�piena,�non�ammettendosi�la�possibilita�del� rimborso�delle�spese�nell'ipotesi�di�assoluzioni�conseguite�con�formule�mera- mente�processuali.� Nel�caso�in�cui�codesto�Ente�abbia�poi�negato�l'assunzione�della�difesa� sulla�base�di�un�giudizio�valutativo�negativo�espresso�ex ante,�smentito�poi� da�una�decisione�assolutoria�piena,�non�pare�possano�sussistere�ragioni�per� escludere�il�rimborso.� E�pur�vero�che�il�dato�testuale�delle�norme�prese�in�esame�porterebbe�a� conclusioni�difformi,�e�pero�altrettanto�vero�che�la�sopravvenienza�di�un�dato� qual�e�quello�di�una�sentenza�di�assoluzione�piena�non�puo�essere�trascurato� quanto�meno�nell'influenza�che�questo�rivestiva�sul�provvedimento�preceden- temente�emesso.� I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO� In�ogni�caso�e�bene�sempre��data�l'evidente�difficolta�posta�in�rilievo� di�valutare�ex�ante�in�base�ad�atti�estremamente�incompleti�se�assumere�o� meno�la�difesa,�ovvero�consentire�la�scelta�di�un�proprio�difensore,�fare� espressa�riserva�di�ripetizione,�ovvero�subordinare�il�rimborso�delle�spese� all'esito�dei�giudizio�e�solo�ove�questo�sia�pienamente�favorevole.� Per�quel�che�concerne�poi�i�criteri�di�liquidazione�non�puo�che�osservarsi� che�codesto�Ente�nella�scelta�diretta�del�legale�e�libero�di�convenire�con�que- st'ultimo��salvo�sempre�il�rispetto�dell'art.�4,�1.�comma�prestazioni�in� materia�civile�e�dell'art.�1,�4.�comma,�tariffe�penali�di�cui�al�decreto�ministe- riale�5�ottobre�1994,�n.�585��le�modalita�anche�sotto�il�profilo�economico� della�prestazione.� Dubbi�sorgono�invece�riguardo�alla�portata�delle�norme�se�queste�fos- sero�lette�nel�senso�di�imporre�al�legale,�nel�caso�in�cui�questo�sia�scelto�dal� dipendente,�che�pertanto�e�obbligato�nei�suoi�confronti,�ad�uniformarsi�ai�cri- teri�fissati�dall'Ente�per�il�rimborso.� Il�legale�e�infatti,�in�questa�seconda�ipotesi,�legato�ad�un�rapporto�pro- fessionale�unicamente�con�il�proprio�cliente�da�cui�ha�avuto�conferito�il�rela- tivo�mandato,�ed�e�libero�di�pretendere�da�quest'ultimo,�sempre�nel�rispetto� delle�tariffe�professionali,�la�somma�ritenuta�opportuna.� In�realta�la�norma�si�rivolge�unicamente,�e�non�potrebbe�essere�altri- menti,�al�dipendente,�ponendo�in�rilievo�che�nel�caso�in�cui�appunto�si� rivolga�ad�un�legale�di�sua�fiducia,�indipendentemente�da�quanto�corrisposto� al�difensore�stesso�sara�rimborsato�solo�sulla�base�dei��criteri��e�dei��principi� fissati�per�la�determinazione�dei�compensi�dei�legali�dell'Ente�stesso�.� A�questo�proposito�e�opportuno�che�detti�criteri�vengano�esplicitamente� e�compiutamente�portati�a�conoscenza�e�preventivamente�comunicati�ai� dipendenti�istanti.� La�decorrenza�della�disposizione�pattizia�non�potra�essere�retroattiva� poiche�peggiorativa,�pertanto�per�i�procedimenti�aperti�sotto�la�vigenza�del- l'art.�20�del�d.P.R.�n.�335/1990,�varranno�le�tariffe�secondo�le�normali�oscilla- zioni�di�cui�al�decreto�ministeriale�n.�585/1994,�cit.�.� PARERE DELL'8 OTTOBRE 2001 N. 108773. Individuazione�dei�criterida�seguirsiper�l'adozione�delfermo�amministra- tivoatuteladicreditiderivantidafatticausativididannoerariale,�inpendenza� di�giudizio�contabile�e/o�penale,�con�particolare�riguardo�a:�a)�possibilita�di� individuare�un�valore�minimo�al�di�sopra�del�quale�attivare�la�misura�delfermo� amministrativo;�b)�spettanza�o�meno�di�interessi�e�rivalutazione�sulle�somme,� gia�sottoposte�a�fermo�amministrativo�poi�revocato,�spettanti�al�dipendente�a� titolo�di�emolumenti�stipendiali,�pensionistici�o�assistenziali�^Art.�69�R.D.� 18�novembre�1923�n.�2440.�(Consultivo�5139/00,�avv.�Basilica).� �Con�note�del�30�marzo�2000�e�del�12�gennaio�2001�e�stato�chiesto�un� parere�in�ordine�ad�alcuni�criteri�guida,�in�materia�di�fermo�amministrativo,� da�adottare�nel�particolare�caso�di�dipendenti�sottoposti�ad�indagini�della� magistratura�penale�e/o�contabile�in�conseguenza�della�presunta�commis- sione�di�fatti�causativi�di�danno�erariale.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� 1.�In�particolare,�con�nota�del�30�marzo�2000�prot.�n.�97289�si�chiede�se� possa�ritenersi�corretto�procedere�al�fermo�limitatamente�al�caso�in�cui�si� sia�gia�disposto�da�parte�della�Magistratura�penale�il�rinvio�a�giudizio�per� fatti�di�reati�che�abbiano�provocato�un�danno�all'Erario�e,�in�ogni�caso,�solo� nel�caso�in�cui�il�danno�causato�sia�effettivamente�consistente.� 1.1�Sul�punto�la�Scrivente�non�puo�non�richiamare�i�principi�generali�in� materia�fissati�dalla�giurisprudenza�ordinaria�ed�amministrativa�nonche�dalle� circolari�(Min.�Tesoro�n.�21/1999�in�atti)�e�direttive�in�materia.� Come�e�noto,�il�fermo�amministrativo�e�un�provvedimento�di�autotutela� che,�proprio�per�la�sua�natura�cautelare�ed�intrinsecamente�provvisoria,�ai� sensi�dell'art.�69�Reg.�con.�gen.�Stato�(R.D.�n.�2440/1923),�presuppone�solo� una�mera��ragione�di�credito��e�percio��puo�essere�adottato�non�solo�quando� il�diritto�di�credito�a�cautela�del�quale�e�disposto�sia�stato�definitivamente�accer- tato�ma�anche�quando�il�credito�sia�contestato�ma�sia�ragionevole�sostenere�l'esi- stenza��(in�tal�senso:�Cons.�Stato,�Sez.�IV,�27�febbraio�1998,�n.�350;�ma�v.� anche,�Cass.�Civ.,�Sez.�I,�28�novembre�1989,�n.�5170).� La�norma�di�riferimento,�invero,�non�esige,�quale�ulteriore�requisito,�che� il�diritto�al�recupero�sia�stato�definitivamente�accertato;�la�misura�cautelare� in�esame�resta,�di�conseguenza,�adottabile�anche�in�previsione�di�una�com- pensazione�eventuale�e�futura. E�altrettanto�noto�pero�che�il�richiamato�concetto�di�ragione�di�credito� risulta�insuscettibile�di�una�definizione�rigorosa.� Ampliando�troppo�tale�concetto,�si�incorrerebbe,�in�effetti,�nel�rischio�di� concedere�tale�misura�anche�per�pretese�dell'Amministrazione�che,�pur�appa- rendo�primafacie�fondate,�potrebbero�poi�rivelarsi,�alla�luce�di�piu�approfon- diti�accertamenti,�inesistenti�o�addirittura�temerarie,�finendo�con�il�consentire� veri�e�propri�illeciti,�lesivi�di�diritti�soggettivi�del�privato.� Sempre�in�errore�si�incorrerebbe�radicando�il�concetto�di�ragione�di�cre- dito�a�quei�rigorosi�requisiti�di�certezza,�liquidita�ed�esigibilita�richiesti�per� la�compensazione�legale�ex�art.�1243�c.c.�primo�comma�che�finirebbero�per� vanificare�l'essenza�stessa�dell'istituto�e�l'esigenza�cautelare�che�assolve.� Percio�l'unico�criterio�affidabile�continua�ad�essere�quello�che�fa�leva�sul� c.d.fumus�boni�iuris,�dovendosi�trattare,�in�buona�sostanza,�di�provvedimenti� in�cui�la�pretesa�dell'Amministrazione�sia�caratterizzata�da�una��ragionevole� apparenza�di�fondatezza��(nella�Circolare�21/1999�si�esplicita�ulteriormente� il�concetto,�con�utili�osservazioni�alle�quali�si�fa�rinvio).� 1.2�Tornando�al�quesito�di�specie,�alla�luce�di�quanto�appena�conside- rato�puo�essere�utile�adottare�il�fermo�amministrativo�ogniqualvolta�la�pre- tesa�dell'Amministrazione�si�fondi�su�fatti�che�siano�gia�stati�oggetto�di�valu- tazione�da�parte�della�Magistratura�penale�e/o�contabile,�come�nel�caso�di� un�militare�gia�sottoposto�a�rinvio�a�giudizio.� Se,�tuttavia,�la�soluzione�in�tale�ipotesi�e�piu�sicura,�non�altrettanto�puo� dirsi�nel�caso�in�cui,�pur�non�essendovi�rinvio�a�giudizio,�sia�possibile�preve- dere,�attraverso�una�congrua�valutazione�dell'accaduto,�che�il�dipendente� abbia�presumibilmente�arrecato�all'Erario�un�danno�consistente�e�l'Ammini- strazione,�gia�nella�fase�delle�indagini�preliminari,�possa�facilmente�supporre� I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO� che�l'Autorita�Giudiziaria�Penale�e/o�contabile�procedera�quanto�prima�al� rinvio�a�giudizio�o�comunque,�non�accogliera�la�richiesta�di�archiviazione.� Si�pensi,�a�mero�titolo�esemplificativo,�al�caso�conclamato�di�flagranza�di� reato�ovvero�all'ipotesi�di�cui�la�notitia�criminis�sia�partita�dalla�stessa�Ammi- nistrazione�che�sta�per�adottare�il�fermo�e�che�la�stessa�disponga,�per�tale� motivo,�di�elementi�istruttori�tali�da�far�ritenere,�con�un�ragionevole�margine� di�certezza,�tanto�l'effettiva�commissione�di�un�reato�quanto�la�produzione� di�un�danno�erariale.� Nelle�ipotesi�descritte�ove�si�ritenga�che�il�ritardo�nell'adozione�del� fermo�possa�essere�pregiudizievole�potrebbe�anche�ritenersi�sufficiente�la� mera�richiesta�di�rinvio�a�giudizio�da�parte�del�P.M.�Ma�si�tratta,�come�e�evi- dente,�di�ipotesi�che�l'Amministrazione�dovra�valutare�attentamente�caso�per� caso,�che�sfuggono�ad�ogni�possibile�classificazione�astratta.� 1.3�In�ogni�caso,�e�passando�all'esame�dell'ulteriore�quesito�di�cui�alla� nota�del�30�marzo�2000,�non�sembra�possa�identificarsi�quale�sicuro�criterio� direttivo�per�l'adozione�della�misura�in�esame,�quello�relativo�all'entita�del� danno�subito,�in�quanto�la�fissazione�a�priori�di�una�soglia�minima�(che�il� Comando�indica�a�titolo�esemplificativo�in�L.�100.000.000),�potrebbe�risul- tare�arbitraria�e,�pertanto,�in�contrasto�con�quel�criterio�di�imparzialita�che� deve�informare�l'attivita�amministrativa.� L'opinabilita�dell'adozione�di�un�determinato�valore�di�riferimento�si� coglie�proprio�nell'esempio�suggerito�da�codesta�P.A.�ovvero�quello�di�un� unico�procedimento�per�piu�militare�o�di�piu�procedimenti�accorpati�in�sede� di�indagine,�qualora�la�predetta�soglia�sia�raggiunta�solo�da�alcuni�tra�i� dipendenti�coinvolti.�Per�tali�casi,�in�effetti,�l'adozione�del�fermo�solo�per� alcuni�dipendenti�e�non�per�altri,�potrebbe�risultare�effettivamente�arbitraria� e�fondare�probabili�impugnazioni�per�eccesso�di�potere.� Per�le�esposte�considerazioni�si�deve�concludere�nel�senso�che�ogni�crite- rio�va�ragguagliato�alla�situazione�concreta�e�valutato�caso�per�caso�(in�rela- zione�allo�stato�del�giudizio�penale�instaurato�o�instaurando�nei�confronti� del�dipendente,�all'entita�del�danno�e�via�dicendo).� 2.�Il�parere�chiesto�con�la�nota�del�12�gennaio�2001�riguarda�il�caso�in� cui,�venute�a�cessare�le�esigenze�cautelari�a�seguito�del�recupero�del�credito� erariale,�si�sia�proceduto�alla�revoca�del�fermo�e�alla�restituzione�delle�somme� ad�esso�sottoposte.�Si�pone,�dunque,�il�dubbio�se,�sulle�somme�trattenute� siano�dovuti,�al�momento�della�restituzione,�gli�interessi�legali�e�la�rivaluta- zione�monetaria.� In�proposito�occorre�precisare�che��ove�il�vincolo�abbia�investito� somme�dovute�al�dipendente�per�crediti�di�lavoro�(stipendi�o�altri�emolu- menti)��la�P.A.,�pur�agendo�nell'ambito�di�un'attivita�lecita,�e�tenuta�al� ristoro�integrale�e�deve�percio�corrisponde�anche�gli�interessi�e�la�rivaluta- zione:�infatti,�per�tale�tipo�di�crediti�si�prescinde�dalla�causa�del�ritardo�per� l'attribuzione�dei�predetti�accessori�(ex�multis:�Cons.�Stato,�Sez.�VI,�13�luglio� 1993,�n.�524).� Sono,�del�pari,�dovuti�gli�interessi�ove�siano�state�vincolate�somme�che� costituivano�crediti�certi,�liquidi�ed�esigibili,�poiche�in�tal�caso�opera� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� l'art.�1282�cod.�civ.�Si�trattera�qui�di�interessi�cd.�corrispettivi,�dovuti�in�forza� del�principio�della�cd.�naturale�fecondita�del�danaro�(assolutamente�pacifico� in�giurisprudenza).�Percio�potrebbe�essere�qui�opportuno�accantonare�le� somme�vincolate�in�un�deposito�fruttifero.� Pertanto,�solo�nelle�ipotesi�residuali,�in�cui�le�somme�fermate�non�si�rife- riscono�a�credito�che�hanno�i�connotati�prescritti,�le�esigenze�cautelari�che� avevano�reso�opportuna�l'adozione�del�fermo�giustificano�la�restituzione�delle� somme�senza�corresponsione�di�interessi�o�di�rivalutazione.� Diverso�ancora�il�caso�in�cui�l'Amministrazione�abbia�agito�disponendo� il�fermo�sulla�base�di�presupposti�arbitrari�o�comunque�insussistenti�ovvero� il�caso�in�cui�la�stessa�ritardi,�senza�giustificato�motivo,�la�restituzione�delle� somme�incamerate,�pur�essendo�da�tempo�cessate�le�esigenze�cautelari�che� avevano�dato�luogo�al�fermo.� In�tal�caso,�il�creditore�che�agisca�in�giudizio,�per�l'annullamento�e/o�la� disapplicazione�del�provvedimento�di�fermo�puo�,�a�ragione,�chiedere�la�corre- sponsione�degli�interessi�di�mora�e�comunque�il�risarcimento�del�danno,�a� far�data�dalla�illegittima�adozione�del�fermo�ovvero�dalla�data�in�cui�l'Ammi- nistrazione�avrebbe�dovuto�presumibilmente�procedere�alla�restituzione.� Si�ritiene,�conclusivamente,�che�di�fronte�alle�richieste�di�interessi�e/o�di� rivalutazione�che�provengano�dai�creditori�destinatari�di�provvedimenti�di� fermo,�codesta�Amministrazione�debba�valutare�le�singole�fattispecie�alla� luce�dei�principi�suesposti,�anche�al�fine�di�evitare�la�proposizione�di�possi- bili�azioni�giudiziarie�che�possano�vedere�soccombente�l'Amministrazione� convenuta�.� PARERE DEL 20 OTTOBRE 2001 N. 114121. Inapplicabilita�del�criterio�del��foro�erariale��alle�controversie�in�materia� di�previdenza�e�assistenza�quando�l'Amministrazione�convenuta�fruisce� del�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato�^Art.�444�c.p.c.�(Consultivo� n.�6944/01,�avv.�Scino).� �La�sentenza�della�Corte�d'Appello�di�Catanzaro�n.�41/01�e�in�linea�con� l'orientamento�invalso�nella�giurisprudenza�di�legittimita�,�avendo�la�Cassa- zione�ritenuto�l'inapplicabilita�del�Foro�Erariale�alle�controversie�in�materia� di�previdenza�e�assistenza�quando�l'Amministrazione�convenuta�fruisca�della� rappresentanza�in�giudizio�dell'Avvocatura�dello�Stato�(Cass.,�Sez.�Lav.,� 7�giugno�2001,�n.�7699;�Cass.�Sez.�Lav.,�n.�2871�del�27�febbraio�2001),�sulla� base�dell'asserita�specialita�proprio�del�criterio�di�competenza�stabilito�dal- l'art.�444�c.p.c.� Peraltro,�tale�interpretazione�assicurerebbe,�secondo�la�Cassazione,� un'applicazione�piu�conforme�a�Costituzione�dell'art.�444�c.p.c.,�novellato� dall'art.�86�del�decreto�legge�n.�51/1998,�sia�rispetto�alle�controversie�in�cui� i�beneficiari�di�tutela�assistenziale�e�previdenziale�abbiano�come�contro- parte�soggetti�non�fruenti�la�difesa�erariale�che�a�quelle�previste�dall'art.�413� c.p.c.,�quinto�e�sesto�comma,�come�inseriti�dall'art.�40�del�decreto�legge� n.�80/1998�/e�non�del�decreto-legge�n.�51/1998,�come�erroneamente�indi- cato).�(Cass.�Sez.�Lav.�n.�9637�del�21�luglio�2000;�idem,�n.�1941�del�19�feb- braio�2000).� I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO�3151 La�Corte�Suprema�ha,�d'altronde,�confermato,�proprio�con�riferimento� ai�giudizi�di�assistenza�e�previdenza�di�cui�all'art.�444�c.p.c.�(come�modificato� dall'art.�86�del�decreto�legge�n.�51/1998),�e�dopo�l'intervenuta�soppressione� dell'Ufficio�del�Pretore�e�l'istituzione�del�Tribunale�in�funzione�monocratica,� che�le�regole�sulla�competenza�per�territorio�sono�derogate�alla�stregua�del� c.d.��foro�erariale��solo�nei�procedimenti�davanti�ai�Giudici�in�sede�di� appello�(Cass.�Sez.�Lav.,�n.�13923�del�21�ottobre�2000;�idem,�n.�14629�del� 28�dicembre�1999).� Cio�premesso,�ed�in�attesa�di�un�intervento�legislativo�di�coordinamento� dell'art.�7�R.D.�n.�1611/33�con�le�norme�introdotte�dal�decreto�legge� n.�51/1998,�si�ritiene�inopportuno�continuare�a�sostenere�nei�giudizi,�quale� quello�oggi�in�esame,�in�materia�previdenziale�la�tesi�dell'applicabilita�del� foro�erariale,�come�suggerito�da�codesta�Avvocatura�Distrettuale.� Cio�in�quanto�tale�tesi�estrema�difficilmente�potrebbe�superare�il�vaglio� di�un�eventuale�giudizio�di�costituzionalita�.� Per�contro,�al�fine�di�evitare�che�si�affermi�la�tesi�opposta,�secondo�la� quale�per�tutte�le�cause�nelle�quali�oggi�decide�il�Tribunale�in�composizione� monocratica�non�troverebbe�applicazione�il�foro�erariale,�occorre�coltivare� l'eccezione�di�incompetenza�ai�sensi�dell'art.�6�R.D.�n.�1611/33�e�dell'art.�25� c.p.c.�per�tutti�e�soli�quei�giudizi�per�i�quali�in�precedenza�il�foro�erariale�tro- vava�applicazione,�con�esclusione,�pertanto,�di�quelle�controversie�(ad�esem- pio�i�giudizi�gia�di�competenza�pretorile)�per�le�quali,�in�precedenza,�il�foro� erariale�non�trovava�pacificamente�applicazione.� Tale�tesi�c.d.�intermedia�e�,�peraltro,�in�linea�con�la�giurisprudenza�della� Corte�Costituzionale�che,�a�partire�dalle�sentenze�numeri�119/1963�e� 118/1964,�ha�ritenuto�giustificata�la�regola�del�foro�erariale,�tra�l'altro,�nell'e- sigenza�di�concentrare�-in�vista�di�un�minor�costo�e�di�un�miglior�svolgi- mento�del�servizio�(cui�fa�richiamo�l'art.�97�Cost.),�e�percio�a�vantaggio�del- l'intera�collettivita�(ridondante�anche�a�beneficio�degli�stessi�eventuali�avver- sari�dello�Stato�in�giudizio)�-gli�Uffici�dell'Avvocatura�dello�Stato�(cos|� anche�C.�Cost.,�n.�12/1974)�.� PARERE DEL 17 DICEMBRE 2001 N. 134001. Difensore�civico�istituito�presso�la�Regione�Campania;�individuazione�delle� relative�potesta�,�della�portata�dei�suoi�provvedimenti,�nonche�degli�eventuali� obblighi�che�ne�derivano�in�capo�ad�Amministrazioni�statali�^Individuazione� delleAmministrazionistatalidestinatariedidettiprovvedimenti^Art.�8legge� 8giugno�1999�n.�142;�art.�16�legge�24febbraio�1997�n.�27.�(Consultivo� n.�16874/01,�avv.�Caramazza).� �In�riferimento�al�quesito�posto�da�codesta�Avvocatura�distrettuale�con� nota�n.�1549/01�GER�del�17�settembre�2001�avente�ad�oggetto�la�richiesta�di� chiarimenti�da�parte�del�Ministero�per�i�beni�e�le�attivita�culturali�in�ordine� �all'effettiva�portata�dei�provvedimenti�del�difensore�civico�,�agli��obblighi� eventuali�derivanti�a�carico�dell'Amministrazione��nonche�alla�potesta�rico- nosciuta�in�capo�a�detto�soggetto�locale�si�rileva�quanto�segue.� 3161RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� L'istituto�del�difensore�civico�e�,�come�e�noto,�derivato�da�quello�dell'Om- budsman�svedese,�tradizionalmente�deputato�al�controllo�della�regolarita�del- l'azione�delle�autorita�amministrative�e�attraversa,�in�questi�anni,�un�periodo� di�grande�popolarita�.�L'istituto�ha�trovato�nella�Scandinavia�il�suo�ambiente� piu�congeniale,�ma�ha�dato�vita,�negli�anni�del�dopoguerra,�ad�un�vero�e�pro- prio�irraggiamento,�paragonabile�a�quello�del�Consiglio�di�Stato�francese�nel- l'Ottocento.�Si�deve�pero�notare�che�nel�passaggio�dal�suo�Paese�di�origine� ai�Paesi�di�adozione�ha�subito�dei�cambiamenti�che�ne�hanno�alterato,�e�qual- che�volta�non�poco,�la�sua�genuina�essenza.�Cos|�,�in�particolare,�mentre�in� Svezia�l'Ombudsman�e�nominato�dal�Parlamento,�in�Nuova�Zelanda,�che�e� uno�dei�Paesi�che�lo�hanno�adottato�e�nominato�dal�Capo�dello�Stato�e�in� Francia�e�in�Gran�Bretagna�e�nominato�dal�Governo.�Inutile�sottolineare�il� valore�differenziale�del�dato.�Sembra�pertanto�piu�opportuno�soffermarsi� preliminarmente,�su�quale�sia�l'essenza�ed�il�funzionamento�dell'istituto�cos|� come�caratterizzato�nel�suo�Paese�di�origine,�la�Svezia,�senza�scendere�ad�un� analitico�esame�delle�variazioni�ed�adattamenti�che�l'istituzione�ha�subito� nei�vari�Paesi�che�l'hanno�adottata�e�tuttavia�indicandone�alcuni�tra�i�piu� importanti.� Oltre�ai�piu�congeniali�Finlandia,�Danimarca�e�Norvegia,�l'istituto�e� stato�introdotto�in�Inghilterra,�Germania�Federale,�Israele,�Spagna,�Nuova� Zelanda,�Francia�e�Portogallo.� L'espressione��Ombudsman�,�tradotta�in�Francia�con�il�termine� �me�diateur�,�in�Inghilterra�con�quello�di��parliamentary�commissioner�ed� in�Italia�con�quello�di��difensore�civico��significa,�letteralmente��uomo�che� fa�da�tramite�.� La�sua�originaria�funzione�di�intermediazione�si�svolgeva�tra�Parla- mento�e�Governo,�mentre�attualmente�la�funzione�mediatrice�si�e�trasferita� al�rapporto�cittadino-Stato.� L'Ombudsman�svedese�fu�istituito�nel�1809,�come�erede�di�un�piu� antico�istituto,�tuttora�esistente:�il�Cancelliere�di�Giustizia,�risalente�al� 1713.�Esso�nacque�come�strumento�di�controllo�del�Parlamento�sul� Governo�perche�,�ai�primi�dell'Ottocento,�non�esisteva�in�Svezia�l'istituto� della�responsabilita�ministeriale.�Con�l'introduzione�di�essa�l'Ombudsman� si�trasformo�:�il�suo�compito�non�fu�piu�quello�di�controllare�l'attivita�del� Governo�ma�quello�di�garantire�la�legalita�dell'azione�della�pubblica� amministrazione.�Le�sue�funzioni�si�sono�quindi�evolute�in�una�attivita� paragiurisdizionale�di�controllo�della�correttezza�dell'operato�dei�funzio- nari�amministrativi.� L'istituto�contraddice�in�maniera�piuttosto�evidente�le�teorie�classiche� della�divisione�dei�poteri:�l'Ombudsman�e�infatti�nominato�fiduciariamente� dal�Parlamento,�dal�quale�puo�essere�in�ogni�momento�revocato�quando�que- sta�fiducia�viene�meno�e�trova,�quindi,�la�sua�legittimazione�nel�potere�legi- slativo,�opera,�pero�,�attraverso�atti�che�sono�formalmente�atti�di�natura� amministrativa,�controllando�tutte�le�attivita�della�pubblica�amministrazione.� Gli�effetti�della�sua�attivita�,�infine,�sono�paragonabili�agli�effetti�di�una�atti- vita�di�tipo�giurisdizionale.�Si�tratta�quindi�di�un�organo�che�si�colloca�oriz- zontalmente,�attraverso�i�tre�poteri�tradizionali.� I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO�3171 L'attivita�di�controllo�dell'Ombudsman si�esercita�su�tutti�i�pubblici�fun- zionari�con�tre�sole�eccezioni:�i�membri�del�Governo,�che�rispondono�diretta- mente�al�Parlamento;�i�membri�del�Parlamento,�che�rispondono�direttamente� nei�confronti�dell'elettorato�e�gli�organi�elettivi�delle�comunita�locali,� anch'essi�responsabili�direttamente�nei�confronti�dei�loro�elettori.�Di�fronte� a�tutti�gli�altri�pubblici�funzionari�l'Ombudsman esercita�il�suo�potere�di�con- trollo�(che�e�appunto�un�potere�di�controllo�sulle�persone�e�non�sugli�atti).�I� mezzi�a�sua�disposizione�sono�estremamente�vasti�e�variati.�Puo�prendere� visione�di�qualunque�documento�dell'amministrazione,�che�ad�esso�non�puo� opporre�l'esistenza�di�alcun�segreto�Puo�assistere�a�qualunque�attivita�ammi- nistrativa,�ad�ogni�deliberazione�d'ufficio,�ad�ogni�seduta�di�tribunale,�ad� ogni�camera�di�consiglio.�Egli�esercita�il�suo�controllo�non�soltanto�sui�fun- zionari�amministrativi,�ma�anche�sui�giudici,�ovviamente�non�per�sindacare� il�merito�delle�decisioni,�ma�limitatamente�agli�aspetti�formali�dell'attivita�,� ad�esempio�criticando�l'eccessivo�ritardo�con�cui�un�certo�giudice�ha�reso� una�sentenza.� Ove�riscontri�un�difetto�nell'attivita�della�pubblica�amministrazione,� l'Ombudsman puo�,�nei�casi�gravi,�promuovere�l'azione�penale�dando�mandato� al�Cancelliere�di�giustizia�di�perseguire�penalmente�il�funzionario�che�abbia� commesso�dei�reati.�Nei�casi�meno�gravi,�puo�iniziare�l'azione�disciplinare.� Nei�casi�meno�gravi�ancora�puo�indirizzare�al�funzionario�una�lettera�di�cri- tica,�il�che�rappresenta�pero�gia�una�riprovazione�di�notevole�peso,�tale�da� poter�pregiudicare�una�carriera.�L'Ombudsman puo�inoltre�indirizzare�racco- mandazioni�al�Governo�e�al�Parlamento��al�quale�comunque�riferisce� periodicamente��perche�ciascuno,�nell'ambito�della�propria�competenza,� adotti�i�provvedimenti�atti�ad�ovviare�a�carenze�normative.�A�volte�succede� infatti�che,�nel�controllare�una�disfunzione�segnalata�da�un�cittadino�o�da� un�organo�di�stampa�o�anche�rilevata�d'ufficio�l'Ombudsman si�accorga�che� quella�disfunzione�non�e�dovuta�a�una�colpa�del�funzionario�incaricato,�ma� ad�un'effettiva�insufficienza�della�legge�o�del�regolamento�che�disciplinano� quella�materia.� Con�questo�si�e�gia�implicitamente�notato�in�virtu�di�quali�canali� giungono�all'Ombudsman le�notizie�su�cui�fonda�la�sua�iniziativa:�denunce� dei�singoli�cittadini,�denunce�dei�mass-media,�indagini�d'ufficio.�Molto� importanti�sono�i�rapporti�che�l'Ombudsman mantiene�con�la�stampa.� Sono�previste�due�conferenze�stampa�all'anno�e�tutta�la�corrispondenza� in�arrivo�e�in�partenza�dal�suo�ufficio�viene�posta�su�un�tavolo�all'ingresso� a�disposizione�della�stampa,�con�la�sola�ovvia�eccezione�delle�notizie�di� carattere�riservato,�riguardanti�ad�esempio�precedenti�sanitari�di�una�per- sona�o�segreti�militari.� Si�tratta,�in�definitiva,�di�un�istituto�veramente�singolare�ed�affascinante� e�non�puo�quindi�sorprendere�che�sia�stato�adottato�da�tanti�Paesi�a�modello,� anche�se�molte�volte�e�mancata�la�volonta�di�recepire�il�sistema�svedese�con� tutte�le�sue�implicazioni.� Come�si�e�notato,�infatti,�spesso�il�trapianto�e�stato�effettuato�con�acco- modamenti�tendenti�a�rendere�l'istituto�piu�compatibile�con�le�tradizionali� ripartizioni�dei�poteri.�E�pacifico�comunque�in�Svezia�che�l'Ombudsman rap- presenta�una�garanzia�aggiuntiva�rispetto�a�quella�della�giurisdizione�e�non� certo�alternativa.� 3181RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Nell'ordinamento�italiano�l'istituto�non�trova�cittadinanza�nella�Costi- tuzione�e�la�sua�istituzione�e�avvenuta�ad�opera�di�alcune�leggi�regionali� basate,�in�tre�casi,�su�disposizioni�statutarie�(Toscana,�art.�,�61,�Lazio,� art.�38;�Liguria,�art.�14)�e�nei�rimanenti�casi�sulla�potesta�legislativa�regio- nale�ex�art.�117�Cost.� Nella�legislazione�statale�piu�recente�l'istituto�e�stato�previsto�con�riferi- mento�alle�autonomie�locali�dall'art.�8�della�legge�142/1990,�che�ha�previsto� la�possibilita�di�creazione�statutaria�del�difensore�civico��il�quale�svolge�un� ruolo�di�garante�dell'imparzialita�e�del�buon�andamento�della�pubblica� amministrazione,�segnalando�anche�di�propria�iniziativa�gli�abusi,�le�disfun- zioni,�le�carenze�e�i�ritardi�dell'Amm.ne�nei�confronti�dei�cittadini��(norma� reiterata�dall'art.�11�del�D.Lgs�18�agosto�2000�n.�267).� La�legge�n.�27/1997�(c.d.��Bassanini�bis�)�prelude,�poi,�all'istituzione�di� un�Ombudsman nazionale�prevedendo,�all'art.�16,�che��...�fino�all'istituzione� del�difensore�civico�nazionale�a�difensori�delle�regioni�su�sollecitazione�di�cit- tadini�...�esercitano�...�anche�nei�confronti�delle�Amm.ni�periferiche�dello� Stato�le�medesime�funzioni�di�richiesta,�proposta,�sollecitazione�e�informa- zione�che�i�rispettivi�ordinamenti�attribuiscono�agli�stessi�nei�confronti�delle� strutture�regionali�...��in�tal�modo�riconoscendo�al�difensore�civico�regionale� specifiche�attribuzioni�intertemporali�anche�nei�confronti�delle�autorita� amministrative�statuali.� Per�quanto�riguarda�il�caso�di�specie,�la�L.R.�Campania�11�agosto�1978� n.�23,�istitutiva�del�difensore�civico�presso�la�Regione�Campania,�prevede� espressamente�che�il�difensore�civico�possa�esercitare�i�suoi�poteri�di�con- trollo�solo��su�richiesta��di��singoli�Enti�o�formazioni�sociali��(art.�2�comma� 1)�ed�anzi�precisa�ulteriormente�che�tale�richiesta�deve�prendere�la�consi- stenza�di�un�vero�e�proprio��ricorso�,�addirittura�alternativo�a�quello�giuri- sdizionale�o�amministrativo.� Il�difensore�civico�campano�non�puo�,per�contro,operare�ex officio se� non�per��procedimenti�ed�atti�di�natura�identici�a�quelli�per�i�quali�sia�stato� richiesto�il�suo�intervento��(art.�2,�3.�comma),�mentre�per�qualunque�altra� anomalia�conosciuta�o�rilevata�in�via�ufficiosa�il�difensore�civico�ha�un� mero�potere�di�referto�al�Consiglio�regionale�(art.�2,�4.�comma)�Tale�nor- mativa,�pur�non�congruente�con�l'istituto�del�difensore�civico�nelle�sue�fon- damentali�connotazioni,�costituisce�tuttavia�il�diritto�positivo�regionale� applicabile�nella�specie�in�virtu�del�rinvio�operato�dall'art.�16�legge� n.�127/1997.� Poiche�non�risulta�dalla�documentazione�in�atti�che�vi�sia�stato,�nel� caso�in�esame,�alcun�ricorso�al�difensore�civico�campano,�deve�ritenersi� quindi�che�il�provvedimento�del�difensore�civico�abbia�nei�confronti�del� Ministero�dei�beni�e�delle�attivita�culturali�il�valore�di�mero�referto,�per� quanto�autorevole.�Referto�a�seguito�del�quale�il�Ministero�potra�assumere� tutte�le�iniziative�che�riterra�opportune�(e�doverose)�in�relazione�alle�noti- zie�ricevute�.� Contributi didottrina Contributi didottrina Pubblica amministrazione e tutela del cittadino (*)� Sommario: 1.�^Introduzione: la giustizia amministrativa in Italia. 2. ^L'evo- luzione del sistema. 3. ^La riforma difine millennio. 4. ^La tutela risarci- toriadegliinteressilegittimi.5. ^Leprospettivedellanuovagiustiziaammi- nistrativa. Considerazioni conclusive. 1.�Introduzione: la giustizia amministrativa in Italia. 1.�Pubblica�Amministrazione�e�tutela�del�cittadino:�il�tema�di�questo� convegno�riecheggia�l'antico�e�tormentato�problema�della�giustizia�nell'am- ministrazione,�una�giustizia�che,�in�Italia,�dopo�oltre�un�secolo�di�travagliato� e�non�certo�rettilineo�percorso,�non�appare�ancora�aver�trovato�un�suo� assetto�definitivo,�nonostante�la�profonda�riforma�di�fine�millennio.� Si�tratta�di�una�riforma�radicale,�connotata�da�due�peculiari�caratteri- stiche.� La�prima�e�quella�di�aver�realizzato�la�improvvisa�e�violentissima�accele- razione�di�linee�di�tendenza�in�lenta�e�faticosa�evoluzione�ultracentenaria.� La�seconda�e�quella�di�aver�avuto,�come�concordi�e�sinergici�autori,�tutti� i�poteri�dello�Stato�in�sintonia�fra�loro.� A�dare�il�via�fu�il�legislatore�delegante�della�legge�15�marzo�1997,�n.�59,� che�indico�fra�i�principi�e�criteri�direttivi�la��estensione�della�giurisdizione� del�giudice�amministrativo�alle�controversie�aventi�ad�oggetto�diritti�patrimo- niali�conseguenziali,�ivi�compreso�quello�relativo�al�risarcimento�del�danno�.� Segu|�il�legislatore�delegato,�con�il�D.Lgs.�31�marzo�1998,�n.�80,�che,�nell'at- tuare�la�delega,�devolvette�alla�giurisdizione�esclusiva�anche�le�tre�nuove� materie�dei�servizi�pubblici,�dell'urbanistica�e�dell'edilizia.�Intervennero�poi� le�Sezioni�Unite�della�Cassazione�con�la�celeberrima�sentenza�22�luglio� (*)�Relazione�tenuta�al�Convegno�di�Studi�cos|�intitolato,�organizzato�dalla�Societa�Ita- liana�Avvocati�Amministrativisti�presso�la�sede�del�Consiglio�di�Stato�il�18�giugno�2002,�in� occasione�dell'attribuzione�del�Premio�Sorrentino�2002.� 3202RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� 1999,�n.�500,�che�infranse�il�dogma�della�irrisarcibilita�degli�interessi�legittimi,� il�Consiglio�di�Stato,�con�la�decisione�30�marzo�2000,�n.�1�dell'Adunanza� Plenaria�ed�ancora,�in�dissonanza,�le�Sezioni�Unite�della�Cassazione�con�le� sentenze�n.�71�e�72�del�30�marzo�2000.� Fu�poi�la�volta�della�Corte�costituzionale,�che,�con�la�sentenza�17�luglio� 2000,�n.�292,�sanziono�un�eccesso�di�delega�nel�decreto�delegato� n.�80/1998.�Il�Parlamento,�infine,�con�la�legge�21�luglio�2000,�n.�205�(appro- vata�in�via�definitiva�dal�Senato�appena�48�ore�dopo�la�pubblicazione�della� sentenza�della�Corte)�(1),�sostituendo,�con�modifiche,�gli�artt.�33,�34�e�35� del�decreto�delegato,�elimino�ogni�questione�di�eccesso�di�delega,�ed�estese� la�tutela�risarcitoria�a�tutte�le�aree�nelle�quali�il�giudice�amministrativo�eser- cita�giurisdizione.� 2.�L'evoluzione del sistema. Questa�sintonia�fra�legislativo,�esecutivo�e�giudiziario�rappresenta�vera- mente�una�novita�singolare�nella�storia�della�giustizia�amministrativa�ita- liana,�caratterizzata,�invece,�in�tutte�le�sue�tappe�precedenti,�da�divaricazioni� quasi�schizofreniche.� Il�legislatore�liberale�del�1865�voleva�certamente�un�modello�di�giu- stizia�di�stampo�anglosassone�in�cui�la�Pubblica�Amministrazione,�in� condizioni�di�parita�con�gli�amministrati,�fosse�assoggettata�al�giudizio� del�giudice�ordinario.� Da�quella�riforma�nacque,�invece,�come�ben�sappiamo,�una�amministra- zione�sottratta�a�qualunque�giudizio�quando�avesse�operato�autoritativa- mente,�in�quanto�l'esecutivo�rivendico�il��mistico�privilegio��dell'esenzione� dalla�responsabilita�civile�secondo�l'antico�principio�del��the King can do no wrong��ed�il�giudiziario�segu|�l'esecutivo�per�questa�strada,�dopo�qualche�ini- ziale�apertura�nel�senso�voluto�dal�legislatore,�sotto�la�suggestione�anche�di� una�difesa�approntata�ad hoc dall'esecutivo�con�la�istituzione�della�Avvoca- tura�Erariale.�Il�legislatore�dovette�quindi�correre�ai�ripari,�istituendo�nel� 1889�la�IV�Sezione�del�Consiglio�di�Stato,�con�il�dichiarato�intento�di�creare� un�corpo�amministrativo�deputato�ad�un�controllo�interno�di�legalita�dell'a- zione�amministrativa�e�con�salvezza�cos|�del�principio�di�unita�ed�unicita� della�giurisdizione.� Ne�nacque�invece,�per�reazione�giurisprudenziale�secondata�dall'esecu- tivo,�un�giudice�amministrativo�sul�modello�francese,�con�competenza�peral- tro�limitata�al�solo�contenzioso�di�annullamento.� Il�contenzioso�di�piena�giurisdizione�doveva�seguire�solo�nel�1923,�e� solo�per�alcune�particolari�materie�(in�pratica�per�il�pubblico�impiego)�e� con�esclusione,�in�ogni�caso,�della�tutela�risarcitoria,�sempre�riservata�al� giudice�ordinario.� (1)�R. Tiscini,�La giurisdizione esclusiva, in�Il processo davanti al giudice amministrativo a� cura�di�B.�Sassani�e�R.�Villata,�Torino,�2001,�327.� CONTRIBUTI�DI�DOTTRINA� La�Costituzione�repubblicana�del�1947�recep|�con�precisione�notarile�la� giustizia�amministrativa�italiana�nella�bizzarra�configurazione�pretoria�che� aveva�acquisito�in�un�cinquantennio�di�vita.� Consacro�,�in�particolare,�la�figura�dell'interesse�legittimo�come�situa- zione�giuridica�soggettiva�sostanziale�contrapposta�al�diritto�soggettivo�e� consacro�il�discrimine�diritto-interesse�come�criterio�di�individuazione� della�giurisdizione�ordinaria�o�amministrativa,�cristallizzando,�cos|�,l'unico� caso�al�mondo�di�sistema�dualistico.�Cioe�di�sistema�di�giustizia�ammini- strativa�in�cui�il�contenzioso�della�Pubblica�Amministrazione�non�e�cono- sciuto�da�un�solo�giudice�(ordinario�nei�sistemi�di�common law,�ammini- strativo�nei�sistemi�dell'Europa�continentale�a�regime�amministrativo)�ma� da�due�diversi�giudici,�competenti�a�seconda�del�tipo�di�situazione�sogget- tiva�tutelata.� Naturalmente�la�tradizione�schizofrenica�italiana�in�materia�di�giu- stizia�amministrativa�non�si�sment|�,�e�la�seconda�meta�del�secolo�scorso� vide�legislatore�e�giudici�ordinari�e�amministrativi�impegnati�in�un'opera� se�non�di�forzatura�certo�di�divaricazione�rispetto�al�dettato�del�legisla- tore�costituzionale.� Il�legislatore�ordinario�introdusse,�con�continui�e�ripetuti�interventi,� nuovi�casi�di�giurisdizione�esclusiva�(nella�legge�istitutiva�dei�TAR�addirit- tura�per��clausola�generale�)�e�la�giurisprudenza�attribu|�natura��esclusiva�� a�molti�casi�di�giurisdizione�innominatamente�attribuita�al�giudice�ammini- strativo.�Quest'ultimo,�poi,�opero�una�lenta�progressiva�erosione�del�rigoroso� divieto�di�intromettersi�nei�rapporti�di�dare�ed�avere.� La�prima�rottura�fu�il�riconoscimento�del�diritto�del�dipendente�pubblico� alla�percezione�degli�arretrati,�poiche�non�conseguenziali�ma�coessenziali� con�l'annullamento�del�licenziamento.� Corollario�normativo�del�principio�fu�l'art.�26,�comma�3,�della�legge�isti- tutiva�dei�TAR�che�consent|�al�giudice�amministrativo,�in�sede�di�giurisdi- zione�esclusiva,�di�condannare�l'Amministrazione�al�pagamento�di�somme� di�cui�risultasse�debitrice(2).� Giudice�amministrativo�e�Cassazione�riconobbero,�poi,�negli�anni�'80,� fra�i�crediti�retributivi�del�pubblico�dipendente�coessenziali�con�il�rapporto�e� non�conseguenziali�ad�un�annullamento,�anche�gli�interessi�corrispettivi�e�la� rivalutazione�monetaria.� Si�realizzava�dunque�una�lenta�e�progressiva�crescita�della�giurisdizione� esclusiva,�gia�giunta�negli�anni�90�a�sopravanzare�statisticamente�come� numero�di�contenziosi�quella�di�legittimita�,�il�che�comportava�che�il�modello� di�processo�sul�rapporto�tendesse�ad�informare�di�se�il�modello�di�processo� sull'atto�e�che�il�criterio�di�discrimine�fra�le�giurisdizioni�tendesse�a�spostarsi� dalla�situazione�tutelata�alla�materia.� (2)�A. Romano,�Giurisdizione ordinaria e giurisdizione amministrativa dopo la legge n. 205 del 2000, in�Dirittoprocessuale amministrativo,�2001,�602�ss.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� 3.�La riforma difine millennio. La�riforma�di�fine�millennio,�orchestrata�in�coro�polifonico�di�legislativo,� esecutivo�e�giudiziario,�in�piena�sintonia�fra�loro,�ha�poi,�come�si�e�visto,�ful- mineamente�accelerato,�portato�a�compimento�e�addirittura�sviluppato�la� linea�evolutiva�che�si�era�andata�lentamente�e�faticosamente�dipanando:� a) con�la�trasformazione�del�criterio�di�discrimine�fra�le�due�giurisdi- zioni�da�quello�della�situazione�tutelata�a�quello�della�materia;� b) con�la�attribuzione�al�giudice�amministrativo�della�tutela�risarcito- ria�oltre�a�quella�cassatoria;� c) con�la�estensione�di�tale�tutela�anche�ai�pregiudizi�derivanti�dalla� lesione�degli�interessi�legittimi.� Il�sistema�italiano�di�giustizia�amministrativa�somiglia�ormai�molto�da� vicino�ad�un�modello�monistico�di�tipo�francese,�anche�se,�naturalmente,�per- mangono�in�vita,�al�di�fuori�delle�materie�di�giurisdizione�esclusiva,�il�criterio� discretivo�diritto-interesse,�la�giurisdizione�del�giudice�ordinario�sui�diritti�e� quella�generale�di�legittimita�del�giudice�amministrativo.� Se�cos|�non�fosse�sarebbe�difficile�ritenere�la�riforma�del�2000�conforme� a�Costituzione.� Ma,�da�un�lato,�la�giurisdizione�esclusiva�abbraccia�praticamente�la� parte�piu�rilevante�del�contenzioso�pubblico,�il�diritto�dell'economia;�dal- l'altro�l'eclissi�dell'amministrazione�provvedimentale�e�la�sua�sostituzione� con�modelli�privatistici�consensuali�riducono�sensibilmente�l'area�del�conten- zioso�cassatorio�tradizionale.� Giurisdizione�del�giudice�ordinario�sui�diritti�e�giurisdizione�generale�di� legittimita�del�giudice�amministrativo�appaiono,�quindi,�poco�piu�che�aree� residuali.� 4.�La tutela risarcitoria degli interessi legittimi. La�piu�dirompente�delle�novita�introdotte�dal�legislatore�del�2000�e� indubbiamente�quella�contenuta�nel�quarto�comma�del�novellato�art.�35�del� decreto�delegato,�che�cos|�corre:��il�primo�periodo�del�terzo�comma�del- l'art.�7�della�legge�6�dicembre�1971,�n.�1034,�e�sostituito�dal�seguente:�Il�tribu- nale�amministrativo�regionale,�nell'ambito�della�sua�giurisdizione,�conosce� anche�di�tutte�le�questioni�relative�all'eventuale�risarcimento�del�danno,� anche�attraverso�la�reintegrazione�in�forma�specifica,�e�agli�altri�diritti�patri- moniali�conseguenziali�.� La�volonta�del�legislatore�fu�sicuramente�quella�di�devolvere�al�giudice� amministrativo,�in�blocco,�l'intera�materia�della�tutela�risarcitoria�degli�inte- ressi�legittimi,�come�risulta�anche�dal�confronto�fra�l'originario�progetto�ed� il�testo�definitivo�della�legge(3)�e�come�emerge�evidente�dalla�esigenza�storica� di�superare�l'eccezione�dualistica�italiana,�facendo�confluire�anche�il�nostro� processo�nella�grande�tradizione�monistica�continentale�dei�sistemi�di�giusti- zia�amministrativa(4).� (3)�R. Tiscini, op. cit., 364� (4)�M. Nigro,�Giustizia amministrativa, Bologna�1984,�54�e�ss.� CONTRIBUTI�DI�DOTTRINA�3232 Numerosi�peraltro�sono�i�dubbi�che�si�prospettano�in�proposito.� Innanzitutto:�la�potesta�del�giudice�amministrativo�di�conoscere�della� domanda�risarcitoria�per�lesione�di�interesse�legittimo�e�legata�o�no�alla�con- testuale�o�previa�proposizione�di�un'azione�di�annullamento?�Ed�in�caso�di� risposta�negativa,�a�fronte�di�atti�amministrativi�non�impugnati�o�non� piu�impugnabili,�o�impugnati�con�insuccesso�per�motivi�formali,�chi�e�compe- tente�a�conoscere�dell'azione�aquiliana�nei�termini�prescrizionali,�l'AGO� o�il�G.A.?.� La�mia�impressione�e�che�vada�in�ogni�caso�esclusa�una�residua�compe- tenza�del�giudice�ordinario,�quale�che�sia�il�fondamento�che�si�voglia�dare� alla�protezione�aquiliana�dell'interesse�legittimo.� O�si�ritiene,�infatti,�che�tale�protezione�sia�ormai�con�esso�coessenziale� nel�quadro�dell'ordinamento�ed�allora�essa�fara�parte�della�sua��tutela��ai� sensi�dell'art.�103�Costituzione,�oppure�si�ritiene�che�il�risarcimento�del� danno�da�lesione�di�interesse�legittimo�sia��particolare�materia��attribuita� al�G.A.�in�sede�di�giurisdizione�esclusiva.�Nel�primo�caso,�peraltro,�la�con- temporanea�o�preliminare�tutela�cassatoria�sembrerebbe�necessaria�attesoche� il�giudice�amministrativo�opererebbe�in�sede�di�giurisdizione�generale�di�legit- timita�.�Nel�secondo,�verificandosi�in�tema�di�giurisdizione�esclusiva,�il�sinda- cato�sull'atto�potrebbe�avvenire�sotto�forma�di�disapplicazione.� La�concentrazione�della�tutela�nelle�mani�del�giudice�amministrativo� sembra�comunque�la�piu�opportuna�per�vari�motivi.� Sembra�pacifico,�anzitutto,�che�solo�il�giudice�amministrativo,�previa� valutazione�del�comportamento�della�pubblica�amministrazione,�possa�con- cedere�la�tutela�risarcitoria�attraverso�la�reintegrazione�in�forma�specifica(5).� Sempre�il�giudice�amministrativo�sembra,�poi�ed�in�generale,�il�piu�qua- lificato�a�valutare�se�ed�in�che�misura�l'illegittimo�comportamento�della�p.a.� ridondi�in�danno�risarcibile(6).� Appare�facile,�inoltre,�ipotizzare�casi�in�cui�l'annullamento�dell'atto�sod- disfi�integralmente�le�pretese�del�ricorrente�e,�per�contro,�casi�in�cui�il�ricor- rente�sia�ormai�diventato�indifferente�alla�pronuncia�cassatoria�ed�attenda� invece�solo�da�un�tantundem la�realizzazione�del�suo�interesse.� Estremamente�delicati�e�di�elettiva�competenza�del�giudice�amministra- tivo�appaiono,�ancora,�i�casi�di�lesione�di�interesse�pretensivo�quando�questo� non�sia�a�soddisfazione�pre-regolata�ma�occorra�invece�integrare�la�valuta- zione�con�giudizi�prognostici�connessi�con�l'esercizio�di�una�discrezionalita� tecnica�od�addirittura�amministrativa.�Giudizi�prognostici�che�non�possono� (5)�E. D'Aste,�La reintegrazione in forma specifica nel giudizio davanti al giudice ammini- strativo,�in�TAR,�2000�n.�10;�F. Caringella,�Giudice amministrativo e risarcimento del danno,in� IlnuovoProcesso Amministrativo a�cura�di�F.�Caringella�e�M.�Protti,�Milano,�2001,�672.� (6)�R. Villata,�La riforma, in�Ilprocesso dinanzi algiudice amministrativo a�cura�di�B.�Sas- sani�e�R.�Villata,�Torino,�2001,�4.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� prescindere�da�una�approfondita�valutazione�dell'azione�amministrativa� adottata�ed�adottanda.�Altre�delicate�questioni�potranno�sorgere�dalla�risar- cibilita�degli�interessi�meramente�formali�o�partecipativi�e�tutta�da�scrivere�e� l'incidenza�in�questa�nuova�materia�dell'art.�1227�c.c..� Il�problema,�infatti,�e�se�ed�in�che�misura�la�omessa�impugnazione�di�un� atto�o�di�un�silenzio�e�la�omessa�richiesta�di�sospensiva�possano�elidere�o� diminuire�la�responsabilita�dell'Amministrazione�sub specie di�fatto�colposo� del�creditore.� La�questione�e�aperta�e�non�credo�sarebbe�coerente�con�il�sistema�che� chiamato�a�risolverla�fosse�il�giudice�ordinario.� Un'ultima�notazione:�e�stato�giustamente�osservato�che�se�nei�rapporti� di�diritto�privato�la�soluzione�di�una�lite�e�a�costo�zero�per�la�collettivita�,� quale�che�essa�sia,�lo�stesso�non�accade�nei�rapporti�di�diritto�amministrati- vo�(7)�dove�l'annullamento��ad�esempio�di�un�concorso�con�migliaia�di�can- didati�o�di�una�gara�di�appalto�gia�aggiudicato��puo�causare�un�danno�gra- vissimo�alla�collettivita�rappresentando,�al�tempo�stesso,�un�ristoro�minimo� per�l'interesse�del�ricorrente.� Sarebbe�veramente�auspicabile�che�un�intervento�legislativo,�o�forse� anche�soltanto�qualche�audace�invenzione�giurisprudenziale,�introducesse� nel�nostro�ordinamento�quella�possibilita�per�il�giudice�di�graduare�e�sce- gliere�fra�gli�strumenti�di�tutela�cassatori�e�risarcitori�quelli�che�riescano�a� dare�al�privato�il�massimo�del�ristoro�con�il�minimo�possibile�sacrificio�del� bene�pubblico,�cos|�come�e�pragmaticamente�previsto�dall'ordinamento� comunitario�(8)�e,�sia�pure�con�modalita�diverse,�da�quello�francese�(9).� 5.�Le prospettive della nuova giustizia amministrativa. Considerazioni conclusive. Dicevo�all'inizio�della�mia�relazione�di�una�tradizionale�e�storica�disso- ciazione�fra�poteri�dello�Stato�in�occasione�di�tutte�le�riforme�della�giustizia� amministrativa�e�notavo�come�la�riforma�di�fine�millennio�avesse�invece�fatto� registrare�una�insolita�consonanza�fra�le�varie�componenti�di�legislativo,�ese- cutivo�e�giudiziario.� Per�completezza�debbo�pero�aggiungere�che�anche�in�questa�occasione� una�dissociazione�vi�e�stata,�dissociazione�evidentemente�immancabile�ogni- qualvolta�si�affrontino�i�temi�scottanti�della�giustizia�amministrativa.� Il�Parlamento�italiano,�nella�sua�XIV�legislatura,�pur�essendo�in�conso- nanza�con�esecutivo�e�giudiziario�e�entrato�in�contraddizione�...�con�se�stesso.� Quello�stesso�Parlamento,�infatti,�che�attraverso�i�lavori�della�Commis- sione�bicamerale�aveva�portato�al�Consiglio�di�Stato�in�sede�costituente�l'at- tacco�piu�virulento�che�esso�abbia�mai�dovuto�fronteggiare,�revocandone�in� dubbio�la�stessa�sopravvivenza,�attraverso�la�sua�attivita�legislativa�ordinaria� (7)�S. Giacchetti, La riforma infinita del processo amministrativo,�in�www.Giust.it 1999.� (8)�S. Giacchetti, Laresponsabilita�patrimoniale, dell'amministrazionenelquadrodelsupe- ramento della dialettica diritti soggettivi �interessi legittimi,in�Il Consiglio di Stato,�2000,�2043� (9)�A.R. Tassone, op. loc. cit. CONTRIBUTI�DI�DOTTRINA�3252 ha�posto�il�Consiglio�di�Stato�al�vertice�di�un�plesso�giurisdizionale�ammini- strativo�enormemente�arricchito�di�competenze�e�di�strumenti�istruttori�cau- telari�e�decisori,�nel�quadro�di�quella�che�puo�definirsi�la�piu�radicale�riforma� della�nostra�giustizia�amministrativa�effettuata�da�un�secolo�in�qua.� Riforma�rivoluzionaria�in�se�ed�ancor�piu�radicale�ove�si�pensi�al�nuovo� scenario�planetario,�che�contempliamo�all'alba�del�terzo�millennio.� La�crisi�di�ideologie�fino�a�ieri�egemoni,�i�nuovi�equilibri�politici�e�l'im- petuoso�progresso�tecnologico�hanno�portato�al�trionfo�di�un�mercato�ormai� �globalizzato��(e�quanto�diverso�da�quello�di�Adamo�Smith!),�con�un�conse- guente�predominio�dell'economia�sulla�politica�fino�a�ieri�impensabile.� Per�limitarci�al�nostro�Paese�possiamo�constatare�come�i�grandi�rivolgi- menti�di�fine�millennio�abbiano�innescato�una�corsa�verso�il�privato�volta�a� raggiungere�la�meta�di�quello�che�e�stato�definito,�con�suggestiva�immagine,� lo��Stato�minimo�.� Il�fine�ultimo�da�raggiungere�e�,�poi,�quello�di�una�economia�regolata� dalle�leggi�del�mercato�e�della�concorrenza�invece�che�dallo�Stato�attraverso� il�potere�di�indirizzo�e�di�gestione�diretta.�Il�che�comporta,�pero�,�che�venga� istituito�un�sistema�generale�di�controllo�del�mercato�e�della�concorrenza,�a� tutela�dei�consumatori.� Come�gia�osservava,�infatti,�un�liberista�della�statura�di�Luigi�Einaudi� �un�mercato�e�innanzitutto�caratterizzato�dai�carabinieri�che�ne�fanno�rispet- tare�le�regole�(10).� L'interesse�pubblico�sotteso�all'economia,�dunque,�che�una�volta�trovava� la�sua�soddisfazione�attraverso�l'indirizzo�e�l'intervento�diretto�si�e�ritratto� dall'uno�e�dall'altro,�e�tende�pero�adesso�a�realizzarsi�attraverso�una�funzione� di�regolazione,�a�garanzia�della�corretta�osservanza�delle�regole�della�concor- renza�e�del�mercato�(11),�con�conseguente�fioritura�di�una�istituzione�pubblica� finora�ignota�al�nostro�ordinamento:�le�autorita�indipendenti,�che�rappresen- tano,�dunque,�le�legittime�eredi�del�carabiniere�ottocentesco�nel�nuovo�Stato� neo-liberista.� Altra�conseguenza�della�privatizzazione�e�del�trionfo�dei�mercati�e�il� fatto,�per�certi�aspetti�paradossale,�della�imposizione�di�procedure�di�tipo� pubblicistico�ai�soggetti�privati�esercenti�funzioni�di�particolare�rilievo�econo- mico,�con�conseguente�attrazione�nella�giurisdizione�del�giudice�amministra- tivo�di�controversie�interprivate�che�impongono�il�ricorso�ad�una�nozione� �ampliata��di�pubblica�amministrazione(12).�Si�verifica�qui�il�paradosso�di� una�privatizzazione�che,�lungi�dal�sottrarre�competenze�al�giudice�ammini- strativo,�per�contro,�le�accresce�e�il�paradosso�si�ripete�anche�per�altro� aspetto�della�privatizzazione�e�dell'avanzata�del�mercato:�come�si�accennava,� (10)�F. Bonelli, Le privatizzazioni delle imprese pubbliche, Milano�1996,�1.� (11)�N. Irti, Il�diritto�della�transizione,�in�Riv. it. dir.priv. 1997,�11�e�ss.� (12)�S. Cassese,�La nozione comunitaria di pubblica amministrazione,in�Giornale dir. amm. 1996,�915;�F. Fracchia,�Lagiurisdizioneesclusivadelgiudiceamministrativo, cit., 599.� 3262RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO infatti, l'interesse pubblico nell'economia, prima soddisfatto con l'esercizio del potere di programma e di indirizzo e con la gestione diretta, tende a spostarsi, con la privatizzazione, nel momento della regolazione del mercato e della concorrenza e nella tutela dei consumatori a mezzo di autorita� indipendenti. Orbene, tali autorita� , anche se investite di funzioni pubbliche neutrali da �magistrature economiche� non possono essere considerate nel nostro ordi- namento altro che autorita� amministrative, in quanto tali assoggettate, secondo le regole generali, al sindacato naturale del giudice amministrativo, come d'altronde espressamente previsto in numerosi casi. Attraverso il sindacato degli atti delle autorita� indipendenti, il giudice amministrativo restera� dunque il giudice dell'interesse pubblico nell'econo- mia anche nella nuova epifania regolatrice. Il ruolo del giudice amministrativo italiano risulta dunque profonda- mente innovato e potenziato dai rivolgimenti di fine secolo e soprattutto da quello culminato con la legge 21 luglio 2000, n. 205. Rivolgimenti che lo hanno portato da un originario controllo formale di legalita� degli atti all'attuale giudizio sostanziale sui contrapposti interessi confliggenti, anche a livello macroeconomico (13), come note e recentissime vicende hanno dimostrato. Giudizio sostanziale particolarmente ficcante in quanto ormai armato anche di quella tutela risarcitoria che, nelle dimensioni della macroeconomia, puo� risultare davvero temibile per chiunque. Non bisogna dimenticare, infatti, che l'istituto della responsabilita� ,spe- cialmente nella sua dimensione aquiliana, ha costituito fin da tempi lontani un potente strumento di controllo sociale. Non a caso il potere esecutivo ha sempre cercato di vietarne al giudiziario l'uso nei propri confronti e poi, retrocedendo su posizioni difensive via via piu� arretrate, di limitarne quanto piu� possibile e quanto piu� a lungo possibile l'uso. La storia della progressiva erosione dei privilegi della pubblica Amministrazione in materia aquiliana e� troppo nota per doverla ora ripercorrere. Quello che e� stato da sempre un potente strumento di controllo sociale e� andato, poi, crescendo di importanza nei tempi piu� recenti in una fase defi- nita di �espansione incontrollabile�(14) lungo due direttrici: da un lato attra- verso la tendenza a riconoscere come degni di tutela giuridica un sempre maggior numero di interessi che non erano prima protetti(15) (e l'esperienza italiana e� paradigmatica in questo senso); dall'altro, soprattutto nel diritto nordamericano, attraverso la tendenza a liquidare in molti casi i danni in misura maggiore (e a volte molto maggiore) del pregiudizio arrecato. Si (13) S.�Giacchetti, La responsabilita� patrimoniale. (14) A.�De�Vita, Al crocevia degli itinerari dei diritti europei,in Politica del Diritto, 2000, 537. (15) S.�Rodota� , Ilproblema della responsabilita� civile, Giuffre� , Milano, 1966, 24. CONTRIBUTI�DI�DOTTRINA�3272 tratta�dell'istituto�del�c.d.��danno�punitivo��previsto�per�tutta�una�serie�di� casi�che�vanno�dalla�clausola�generale�della�punizione�di�comportamenti�par- ticolarmente�riprovevoli�a�quelli�derivanti�dalla�violazione�della�legislazione� anti-trust�o�anti-corruzione,�ai�danni�ambientali,�ai�danni�causati�dal�produt- tore�per�prodotti�difettosi�(16).� Non�e�forse�azzardato�presumere�che�l'�irresistibile�vento�dell'O- vest��(17)�che�soffia�verso�l'Europa�dalle�coste�della�potenza�egemone�faccia� prima�o�poi�penetrare�tali�strumenti�potenziatori�dell'istituto�della�responsa- bilita�aquiliana�anche�nel�nostro�ordinamento,�da�qualche�tempo�ben�dispo- sto�ad�importare�istituti�giuridici�tipici�della�tradizione�anglo-americana.� Tutto�quanto�sin�qui�detto�sembrerebbe�aprire�dunque�uno�scenario�di� �magnifiche�sorti�e�progressive��per�il�giudice�amministrativo�italiano.� Ma�...c'e�un�ma.�Anzi,�forse�piu�d'uno.� Innanzitutto�il�giudice�amministrativo�italiano,�per�far�fronte�ai�suoi� nuovi�e�poderosi�compiti,�dovra�attrezzarsi�con�strumenti�processuali��un� codice�di�procedura��e�risorse�umane��aumento�di�organici��allo�stato� assolutamente�inadeguati,�con�conseguente�crisi�funzionale�durante�i�tempi� necessari�per�l'adozione�degli�strumenti�normativi�occorrenti.� In�secondo�luogo�sembra�indispensabile�anche�l'intervento�del�legisla- tore�costituzionale�perche�possa�essere�completato�il�disegno�riformatore� avviato,�con�un�compiuto�passaggio�dal�sistema�dualistico�a�quello�moni- stico�di�giustizia�amministrativa,�in�quanto,�a�Costituzione�invariata,�non�e� sicuramente�possibile,�a�tacer�d'altro,�la�estensione�totale�della�giurisdizione� esclusiva�(18).� La�Corte�costituzionale,�gia�investita�di�alcune�questioni,�con�due�trava- gliatissime�ordinanze�di�inammissibilita�(19)�ha�per�ora�deciso�di�non�deci- dere,�ma�si�ha�ragione�di�ritenere�che�avra�occasione�di�ritornare�in�futuro� sul�problema,�ove�il�Costituente�non�provveda�in�tempo�utile.� In�terzo�luogo�va�notato�che�la�riforma�in�esame�tende,�in�certo�qual� modo,�ad�omologare�il�giudice�amministrativo�al�giudice�civile,�indebolen- done�le�caratteristiche�differenziali�tradizionali,�che�si�ridurrebbero�alla�sola� natura�soggettiva�di�una�delle�parti�della�controversia.� In�tale�circostanza�potra�il�giudice�amministrativo�continuare�ad� essere�considerato�giudice�speciale�o�non�verra�considerato�piuttosto�giu- dice�specializzato�(20)?� (16)�G. Broggini,�Compatibilita�di�sentenze�statunitensi�di�condanna�al�risarcimento�di��punit ive�damages��con�il�diritto�europeo�della�responsabilita�civile,�in�Europa�e�diritto�privato,�1999,�479.� (17)�L. Mazzella, L'irresistibile�vento�dell'Ovest,�Roma,�2001.� (18)�R. Tiscini,�op.�cit.�324� (19)�Ord.�16�aprile�2002,�numeri�122�e�123�in�Foro�it.,�2002,�I,�1265�ss.� (20)�A. Romano,�op.�cit.,�628.� 3282RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Tutto�cio�non�potra�non�pesare�sulle�scelte�che�il�Costituente�prossimo� venturo�dovra�fare�soprattutto�in�tema�di�rapporti�fra�Consiglio�di�Stato�e� Cassazione.� Le�soluzioni�astrattamente�possibili�sono�numerose�e�vanno�dalla�ricor- ribilita�incondizionata�in�Cassazione�delle�sentenze�del�Consiglio�di�Stato� alla�erezione�del�Consiglio�di�Stato�in�Corte�amministrativa�equiordinata�alla� Cassazione�secondo�il�modello�tedesco�con�o�senza�istituzione�di�un�Tribu- nale�misto�dei�conflitti�secondo�il�modello�francese.� La�scelta�definitiva�e�naturalmente�rimessa�al�Parlamento.�Auguriamoci� che�provveda�con�equilibrio�e�saggezza.� Avv. IgnaziO FrancescO CaramazzA Vice Avvocato Generale dello Stato CONTRIBUTI�DI�DOTTRINA�3292 La ragionevole durata del processo alla luce di una recente proposta di modifica della legge Pinto 1.�La�lentezza�eccessiva�della�giustizia�rappresenta�un�grave�pericolo�per� lo�Stato�di�diritto,�al�punto�da�comprometterne�l'efficacia�e�la�credibilita� (sentenze�della�Corte�europea�dei�diritti�dell'uomo�28�giugno�1978,�Konig,e� 27�ottobre�1994,�Katte�Klitsche�de�la�Grange).�Con�la�ratifica�della�Conven- zione�europea�per�la�salvaguardia�dei�diritti�dell'uomo�e�delle�liberta�fonda- mentali,�gli�Stati�si�sono�obbligati�ad�organizzare�i�propri�sistemi�giudiziari� in�modo�da�soddisfare�l'esigenza�posta�dall'art.�6,�paragrafo�1,�che�ogni�causa� sia�decisa�in�un�tempo�ragionevole.� Anche�la�Carta�dei�diritti�fondamentali�dell'Unione�europea,�all'art.�47,� secondo�comma,�impone�che�la�causa�sia�esaminata��entro�un�termine�ragio- nevole�,�ma�e�alla�giurisprudenza�della�Corte�di�Strasburgo�che�bisogna�far� capo�per�conoscere�l'ultradecennale�elaborazione�del�diritto�ad�una�giustizia� celere.�Infatti,��si�trattaforse�del�diritto�la�cui�inosservanza�e�stata�sanzionata� conpiu�determinazioneefrequenza,�datocheunagiustiziaritardatae�intaluni� casi�estremi�sinonimo�di�giustizia�denegata�(1).� A�partire�da�una�nota�decisione�del�1987�(sentenza�25�giugno�1987,� Captano)�(2)�la�Corte�Europea�ha�cominciato�a�condannare�regolarmente� lo�stato�italiano�per�l'eccessiva�durata�dei�processi,�consolidando�il�princi- piosecondocui�ciascunordinamento,da�unlatodeveconferire�ai�propri� giudici�poteri�e�strutture�adeguate�a�garantire�il�rapido�svolgimento�del� procedimento,�dall'altro�deve�garantire�che�questi�poteri�possano�essere� effettivamente�esercitati,�affinche�i�processi�non�superino�certi�tempi�rite- nuti�ragionevoli.� Il�15�luglio�1999,�il�Comitato�dei�Ministri�del�Consiglio�d'Europa�ha� adottato�la�risoluzione�n.�437(3),�avente�ad�oggetto�il�problema�della�durata� delle�procedure�civili�in�Italia,�in�cui��pur�constatando�con�soddisfazione� l'aumento�di�efficienza�e�rapidita�delle�decisioni�adottate��ha�deciso�di�rie- saminare�la��questione�italiana��dopo�un�anno�per�accertare�la�validita�delle� misure�preannunciate�dal�governo,�tra�le�quale�vi�era�appunto�la�proposta� di�legge�n.�3813/S,�e�cioe�il�c.d.�disegno�di�legge�Pinto,�inteso�a�disciplinare� la�riparazione�equitativa�in�caso�di�violazione�del�termine�ragionevole�del� processo�e�ad�introdurre��un�mezzo�efficace�di�ricorso�interno�in�materia�di� durata�delle�procedure�.� Con�l'entrata�in�vigore�della�legge�Pinto,�nel�marzo�2001,�non�pochi� autori�hanno�sottolineato�come�si�trattasse�in�realta�di�uno�strumento�mera- (1)�DE Salvia,�Lineamenti�di�diritto�europeo�dei�diritti�dell'uomo,�Padova,�1992.� (2)�In�Foro�Italiano,�1987,�IV,�385.� (3)�In�La�durata�ragionevole�delprocesso,�Quaderni�del�C.S.M.,n.�113,�2000,�403.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� mente�deflattivo�dell'enorme�carico�di�ricorsi�pendenti�alla�Corte�di�Stra- sburgo,�cioe�uno�strumento�temporaneo�che�non�prevedendo�un'accelera- zione�dei�procedimenti�avrebbe�solo�aggravato�l'arretrato�delle�Corti�d'Ap- pello,�senza�risolvere�in�concreto�il�problema�dei�ritardi�della�giustizia(4).� 2.�A�poco�piu�di�un�anno�dall'introduzione�della�legge�n.�89/2001�tale� previsione�si�e�rivelata�corretta�ed�appare�a�tutti�evidente�la�necessita�di�un� nuovo�intervento�legislativo.�L'Avvocatura�dello�Stato,�cui�spetta�un�com- pito�gravoso�nella�gestione�dell'enorme�contenzioso�(5),�si�e�resa�diretta- mente�portatrice�di�un'istanza�di�revisione�della�legge�Pinto�(6).�All'indo- mani�dell'incontro�dell'Avvocato�Generale�dello�Stato�con�il�Presidente� Ciampi�e�pervenuta�alla�Presidenza�del�Consiglio�dei�Ministri�la�proposta� di�introdurre,�come�condizione�di�procedibilita�dell'azione�per�l'equa�ripara- zione,�un�tentativo�obbligatorio�di�conciliazione�tra�il�ricorrente�e�l'Ammi- nistrazione�interessata.� L'istituto�e�analogo�a�quello�disciplinato�dall'art.�38�comma�1.,�lette- ra�b) della�Convenzione�europea�di�salvaguardia�dei�diritti�dell'uomo�e�delle� liberta�fondamentali,�in�base�al�quale�la�Corte�europea�deve�mettersi�a�dispo- sizione�degli�interessati�per�tentare�di�pervenire�ad�un�regolamento amichevole della controversia nel�rispetto�dei�diritti�dell'uomo�riconosciuti�dalla�Conven- zione�stessa.�Si�tratta�di�un�procedimento�non�obbligatorio,�che�si�conclude� normalmente�con�la�liquidazione,�a�favore�del�ricorrente,�di�una�somma� determinata�dalla�cancelleria�della�Corte�in�base�agli�stessi�parametri�utiliz- zati�in�sede�contenziosa.� Dubbi�sono�stati�espressi�circa�l'opportunita�di�prevedere�una�defini- zione�negoziale�della�controversia�in�una�materia�cos|�delicata�come�quella� dei�diritti�fondamentali�dell'uomo.�In�realta�tali�perplessita�sono�prive�di�fon- damento,�giacche�la�soluzione�raggiunta�in�sede�di�regolamento�amichevole,� fondandosi��sul rispetto dei diritti dell'uomo quali sono riconosciuti dalla Con- venzione e dai suoi Protocolli�,�non�puo�essere�qualificata�come�un�mero� accordo�transattivo,�rivestendo�una�funzione�effettivamente�riparatoria�della� violazione�subita�dal�ricorrente(7).�Ne�si�potrebbe�seriamente�dubitare�dell'o- biettivo�deflattivo,�se�si�considera�che�a�Strasburgo�l'applicazione�dell'art.�38� ha�gia�consentito�la�conclusione�di�numerosi�accordi�transattivi,�con�la�con- seguente�cancellazione�dal�ruolo�dei�relativi�ricorsi.� (4)�E�quanto�peraltro�rilevato�dal�Comitato�dei�Ministri�del�Consiglio�d'Europa�il�2-3�otto- bre�2001�(vedi�il�comunicato�conclusivo).� (5)�Secondo�i�dati�forniti�dal�Dipartimento�del�Ministro�della�Giustizia�in�occasione�della� 783.�riunione�dei�Delegati�del�Comitato�dei�Ministri�svoltasi�il�19-20�febbraio�2002,�i�ricorsi�c oncentrati�soprattutto�nelle�Corti�d'Appello�di�Roma�e�di�Perugia,�competenti�per�processi�cele- brati�rispettivamente�nei�diritti�di�Napoli�e�di�Roma��ammontavano,�alla�data�del�12�febbraio� 2002,�2.255,�mentre�i�mass�media�parlano�addirittura�di�6.000�ricorsi.� (6)�Cfr.�a�tal�proposito�l'intervista�all'Avvocato�Generale�dello�Stato�pubblicata�il�26�feb- braio�2002�su�Il Sole 24-ore.� (7)�Cos|�M. Bertuzzi,�Violazione delprincipio della ragionevole durata delprocesso e diritto all'equa ripartizione,in�Giur. Merito,�2001,�IV,�1153.� CONTRIBUTI�DI�DOTTRINA� Di�qui�la�presentazione�da�parte�del�Governo�di�una�serie�di�emenda- menti�alla�legge�Pinto,�che�introducono�l'obbligo�di�una�comunicazione�del- l'interessato,�corredata�del�ricorso�introduttivo,�dei�verbali�delle�attivita� processuali,�nonche�delle�eventuali�decisioni�intervenute�nel�giudizio�a�quo,� all'ufficio�dell'Avvocatura�del�distretto�di�Corte�d'Appello�ove�si�e�svolto�o� si�sta�svolgendo�il�processo�dal�quale�e�derivato�il�pregiudizio�lamentato.�Il� progetto�governativo�prevede�altres|�un�termine�di�90�giorni�entro�il�quale� l'Avvocatura,�previa�acquisizione�presso�gli�uffici�giudiziari�degli�atti�e� documenti�ritenuti�rilevanti�e�sentite�le�Amministrazioni�interessate,�deve� formulare�una�proposta�transattiva�oppure�indicare�le�ragioni�che�non�con- sentono�il�raggiungimento�di�un�accordo.�Per�agevolare�la�definizione�della� controversia�si�e�introdotta�inoltre�la�possibilita�di�un�incontro�diretto�con� l'interessato.� L'atto�di�transazione,�titolo�esecutivo�nei�confronti�dell'Amministra- zione,�potrebbe�definire�anche�i�procedimenti�pendenti,�ove�l'Avvocatura�rite- nesse�opportuna�la�formulazione�di�una�proposta�transattiva.�In�tal�caso�la� Corte�d'Appello�dovrebbe�fissare�un'udienza�in�camera�di�consiglio�per�veri- ficare�l'eventuale�accettazione�della�proposta,�con�conseguente�estinzione�del� giudizio�dichiarata�con�decreto�del�Presidente�della�sezione�della�Corte�di� appello.�Nel�caso�in�cui,�invece,�non�si�pervenisse�ad�un�accordo,�la�Corte� d'Appello,�in�sede�di�decisione�del�procedimento,�potrebbe�condannare�il�vin- citore,�sulla�base�del�comportamento�assunto�nel�corso�delle�trattative,�al� pagamento�delle�spese�processuali.� Tale�ultima�disposizione�si�e�resa�indispensabile�per�rendere�obbligato- rio,�e�quindi�effettivamente�deflattivo,�il�tentativo�di�conciliazione.�La�previ- sione�di�un�vantaggio�concreto��o�di�un�possibile�svantaggio�in�caso�di� ingiustificato�rifiuto�della�proposta�transattiva�per�chi�concilia�e�,�di�fatto,� l'unico�strumento�per�rendere�efficace�l'introduzione�di�una�fase�preconte- ziosa�obbligatoria,�che�altrimenti�rischia�di�tradursi�solo�in�un'ulteriore,�inu- tile�fase�del�procedimento�di�riparazione(8).� Il�disegno�di�legge�governativo,�infine,�in�considerazione�della�grave� situazione�di�sovraccarico�dei�ruoli�in�numerose�Corti�d'Appello,�prevede� una�serie�di�criteri�di�priorita�per�la�trattazione�dei�processi�e�per�la�forma- zione�dei�ruoli.�In�particolare�alfine�di�assicurare�una�piu�rapida�definizione� delprocedimento�si�deve�tener�conto�sia�del�ritardo�accumulato�nel�corso�del� giudizio�a�quo,�sia�della�gravita�dei�danni�provocati�da�tale�ritardo.� 3.�Sorprendentemente�la�nuova�disciplina�dell'equa�riparazione�non�e� stata�oggetto�di�un�autonomo�provvedimento��come�del�resto�aveva�chie- sto�la�stessa�Avvocatura�dello�Stato��ma�e�stata�introdotta�in�sede�di�con- versione�del�decreto�legge�11�marzo�2002,�n.�28,�in�materia�di�contributo� (8)�Cfr.�in�tal�senso�le�riflessioni�di�A. Didone,�Appuntisulla�ragionevole�durata�delprocesso� civile,in�Giur.�It.,�2000,�IV,�871�per�il�quale��solo�prevedendo�un�vantaggio�per�chi�accetta�una�pro- posta�transattiva�si�puo�rendere�efficace�il�tentativo�di�conciliazione�e�non�prevedendolo�semplice- mente�come�obbligatorio�.� RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO unificato, che solo marginalmente riguardava la legge Pinto, prevedendone l'esenzione dal contributo. Tutto cio� proprio all'indomani del messaggio del Presidente della Repubblica con il quale, sulla base di rilievi di ordine costituzionale, veniva rinviato alle Camere, a norma dell'art. 74 della cost., il disegno di legge di conversione del decreto-legge 25 gennaio 2002 n. 4. In tale occasione il Capo dello Stato non solo aveva esortato il governo a seguire �criteririgorosinellapredisposizionedeidecreti-legge...�alloscopodi� evitare�che�il�testo�originario�venga�trasformato�fino�a�diventare�non�piu� rispondente�ai�presupposti�costituzionali�e�ordinamentali�, ma aveva anche affermato �l'esigenza�imprescindibile�che�identica�e�rigorosa�vigilanza�sia�eser- citatadagliorganidelle�Camerespecificamenteprepostiallaproduzionelegi- slativa,�segnatamente�dalle�Commissioni�competenti,�sia�in�sede�primaria�sia� in�sede�consultiva�. I dubbi sull'opportunita� di intervenire nella delicata materia dei diritti fondamentali dell'uomo in sede di conversione di decreto legge sono quindi stati fugati nel corso della seduta del 9 aprile 2002 della seconda commis- sione Giustizia del Senato in sede referente, nel corso della quale gli emenda- menti riguardanti la legge Pinto sono stati dichiarati improponibili, in quanto estranei all'oggetto del decreto legge, dal presidente Antonino Caruso, che ha espressamente accolto l'invito contenuto nel messaggio di Ciampi. 4. Resta dunque l'esigenza indefettibile di un immediato intervento del legislatore che risolva i problemi emersi nel corso dei primi mesi di applica- zione della legge Pinto. Come era prevedibile, infatti, un numero enorme di ricorsi, in particolar modo in prossimita� della scadenza del periodo transito- rio di cui all'art. 6, si e� riversato sulle Corti di Appello e sulle Avvocature, rischiando di provocare una paralisi generale. Cio� ha causato un inevitabile allungamento dei tempi dei procedimenti di riparazione, anche al di la� dei quattro mesi previsti dall'art. 3 comma 6 della legge: basti pensare che alcune udienze di trattazione sono gia� state rinviate al 2004. Di qui il possibile para- dosso di veder proposti ricorsi ex�legge Pinto per sanzionare l'irragionevole durata proprio dei procedimenti di riparazione. In pratica la legge n. 89/2001, introducendo un rimedio interno per sanzionare la violazione del termine ragionevole del processo, rischia di provocare proprio un gene- rale allungamento dei tempi dei processi e una paralisi generale del sistema giudiziario(9). Ma c'e� di piu� . Il decreto che definisce il procedimento riparatorio e� impugnabile per cassazione ai sensi dell'art. 3, sesto comma, della legge Pinto. Finora pochi ricorsi sono arrivati in Cassazione (erano solo 65 alla fine di febbraio del 2002), ma ove il contenzioso dovesse trasferirsi in massa dalle Corti d'Appello anche l'efficienza della Suprema Corte rischierebbe di (9) Tale pericolo peraltro era gia� stato paventato nel corso dei lavori parlamentari della legge Pinto dal sen. Russo nel suo intervento in Commissione Giustizia del Senato, seduta del 21 aprile 1999. CONTRIBUTI�DI�DOTTRINA� venire�compromessa.�Tutto�cio��quando�non�si�e��ancora�spenta�l'eco�dello� straordinario�evento�costituito�dall'Assemblea�generale�della�Corte�Suprema� di�Cassazione�tenutasi�a�Roma,�nell'Aula�Magna�del�Palazzo�di�Giustizia,� venerd|��23�aprile�1999,�per�discutere�sulla�cd.�crisi�della�Cassazione.�Gia��in� tale�occasione�il�Primo�Presidente�della�Cassazione�aveva�sottolineato�che� �l'ammissionegeneralizzatadelricorsopercassazione�perdipiu�in�un'epoca� di�generale�espansione�della�domanda�di�giurisdizione�e�di�flusso�incessante�e� disordinato�della�legislazione,�spesso�ambigua,�mai�consolidata,�e�percio�difficil- mente�conoscibile��investe�la�Corte�della�trattazione�di�un�grandissimo,�e�in� astratto�illimitato,�numero�di�ricorsi,�incompatibile�con�la�struttura�e�lafunzio- nalita�di�una�Corte�Suprema�.�Non�e��allora�un�caso�che�da�taluno�sia�stata� gia��prospettata�una�censura�di�illegittimita��costituzionale�della�legge� n.�89/2001,�in�relazione�all'art.�97�cost.,�richiamando�quanto�affermato�dalla� Corte�Costituzionale�con�la�nota�sentenza�n.�18/1989:��il�valore�dell'efficienza� dell'Amministrazione�della�Giustizia�(art.�97�Cost.)�puo�di�per�se�condurre� all'annullamento�di�norme�procedurali�(10).� Altro�rischio��ben�piu��grave�del�resto��e��quello�di�un�possibile� ricorso�degli�interessati�alla�Corte�Europea�ai�sensi�dell'art.�6�della�Conven- zione,�per�violazione�del�diritto�di�accesso�alla�giustizia,�o�ai�sensi�dell'art� 13,�per�carenza�di�un�rimedio�nazionale�per�la�tutela�effettiva�di�un�diritto� riconosciuto�dalla�Convenzione�(11).�Si�assisterebbe,�insomma,�ad�un�falli- mento�della�legge�Pinto�come�rimedio�interno�e�ad�una�conferma�delle�pes- simistiche�previsioni,�espresse�in�ambito�europeo�all'indomani�dell'entrata� in�vigore�della�legge,�in�base�alle�quali�entro�due�anni�si�sarebbe�assistito� ad�un�ritorno�alla�Corte�di�Strasburgo�di�tutti�i�ricorsi�allora�pendenti�(12).� Del�resto�e��noto�il�caso�di�un�cittadino�italiano�che,�dopo�aver�proposto� ricorso,�ex�art.�314�c.p.p.,�per�ottenere�l'equa�riparazione�per�l'ingiusta� detenzione�sofferta,�ha�ottenuto�a�Strasburgo�un�ulteriore�risarcimento�(tra� l'altro�in�sede�di�amichevole�composizione)�per�l'eccessiva�durata�dello� stesso�procedimento�riparatorio�(13).� E�evidente�dunque�che�soltanto�la�riduzione�del�numero�dei�processi� mediante�un�consistente�ricorso�alla�definizione�stragiudiziale�delle�vertenze� consentirebbe�di�alleggerire�i�ruoli�e�di�salvaguardare�l'efficienza�complessiva� (10)�La�tesi�dell'incostituzionalita��della�legge�Pinto�alla�luce�della�citata�pronuncia�della� Corte�Costituzionale�e��stata�formulata�da�C. Consolo,�Relazione�all'incontro�di�studio:�legge� Pinto.�Davvero�un�passo�avanti�verso�il�giusto�processo�in�tempi�ragionevoli?,�Venezia,�20�ottobre� 2001.� (11)�In�tal�senso�cfr.�Corte�Europea�dei�diritti�dell'uomo,�26�ottobre�2000,�KudlA c. Polo- nia,in�Corriere�Giuridico,�2001,�405.� (12)�Cfr.�V. Esposito,�co-agente�del�Governo�italiano�davanti�alla�Corte�dei�Diritti�del- l'Uomo,�Relazionesulla�situazione�delcontenzioso�italianopendentepresso�la�CorteEuropea�di�Stra- sburgo,�dopo�l'entrata�in�vigore�della�L.�n.�89�del�2001.� (13)�Il�caso�e��citato�da�A. Didone,�L'equa�riparazione�per�irragionevole�durata�del�processo� (riflessioni�a�prima�lettura�sulla�l.�89/2001),in�Questione�giustizia,�2001,�513.� RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO del meccanismo di riparazione, restituendogli quel carattere di effettivita� necessario, secondo la giurisprudenza della Corte di Strasburgo, a precludere la via del ricorso alla Corte Europea per omesso esaurimento delle vie di ricorso interno(14). Altro inconveniente legato alla risoluzione giudiziale del contenzioso tra Stato e cittadino riguarda la competenza dei procedimenti di riparazione, da determinarsi ai sensi dell'art. 11 c.p.p. Perplessita� sono state espresse in dottrina circa la legittimita� costituzionale di questo criterio, che violerebbe il principio del giudice naturale(15). La proposta dell'Avvocatura avrebbe consentito all'interessato di instaurare il tentativo di conciliazione diretta- mente presso l'ufficio dell'Avvocatura del distretto di Corte d'Appello ove si e� svolto il processo del quale si lamenta l'irragionevole durata, rendendo quindi piu� semplice e meno dispendioso per l'istante il procedimento di ripa- razione. L'effettivita� del rimedio offerto dalla legge Pinto viene infatti messa a dura prova quando, come e� gia� avvenuto, il ricorrente viene condannato al pagamento di spese processuali in misura doppia rispetto alla richiesta di equo indennizzo. Del resto la previsione di una fase precontenziosa obbligatoria produr- rebbe riflessi positivi anche per la difesa delle Amministrazioni da parte del- l'Avvocatura. Varra� ricordare che nei brevi termini previsti dalla legge Pinto (il ricorso con il decreto di fissazione dell'udienza deve essere notificato almeno quindici giorni prima dell'udienza e le memorie e i documenti devono essere depositati in cancelleria entro cinque giorni prima del- l'udienza) l'Avvocatura deve ottenere le informazioni relative al caso speci- fico dall'ufficio giudiziario competente e deve predisporre la memoria difen- (14) Si tratta del c.d. principio di sussidiarieta� , espresso dall'art. 35 della Convenzione che disciplina le condizioni di ricevibilita� dei ricorsi alla Corte Europea: �La�corte�nonpuo��essere�adita� se�non�dopo�l'esaurimento�delle�vie�di�ricorso�interno,�quale�e��inteso�secondo�iprincipi�di�diritto�inter- nazionalegeneralmente�riconosciutiedentro�unperiodo�diseimesiapartire�dalla�data�della�decisione� interna�definitiva�. (15) Cfr. a tal proposito M. Bertuzzi, Violazione�del�principio�della�ragionevole�durata�del� processo�e�diritto�all'equa�riparazione,in Giur.�merito, 2001, IV, 1153, per il quale potrebbe dubitarsi della conformita� della norma al principio del giudice naturale, �atteso�che�essa�determina�la�com- petenza�giudiziaria�utilizzando�un�criterio�di�collegamento�sostanzialmente�avulso�dalla�situazione�di� fatto�dedotta�in�giudizio�e,�comunque,�non�funzionale�al�bene�giuridico�che�intende�salvaguardare�. Piu� in generale si e� rilevato che la norma sembra individuare nel giudice l'unico responsabile del- l'irragionevole durata del processo, come si evince dalla Relazione al progetto della Legge Pinto: �Si�seguono�le�regole�valevoli�per�i�procedimenti�riguardanti�i�magistrati�perche�e��il�loro�operato�ad� essere�sottoposto�a�giudizio�. In realta� , rileva la migliore dottrina, e� l'intero sistema giudiziario ad essere sottoposto a giudizio e non il singolo organo giudicante (cfr. per alcune considerazioni in tal senso G. Santalucia, La�tutela�giudiziaria��interna��del�diritto�alla�ragionevole�durata�dei� processi:�quale�ruolo�per�il�giudice�ordinario?,in Questione�Giustizia, 2001, 528). Del resto il fine garantistico della disposizione �che dovrebbe salvaguardare l'indipendenza e l'autonomia dei giudicanti viene posto in dubbio da alcuni autori, tra cui E. Sacchettini, Piu��difficili�i�ricorsi�ai� giudici�di�Strasburgo�cos|��l'utente�si�ritrova�a�tutela�dimezzata,in Guida�al�diritto, 2001, fasc. 14, 18, per il quale la norma non riuscirebbe a garantire il principio di terzieta� del giudice. CONTRIBUTI�DI�DOTTRINA� siva.�Spesso,�pero�,�gli�atti�del�processo�a�quo�vengono�trasmessi�in�ritardo�e� l'Avvocato�dello�Stato�e�costretto�a�formulare�una�difesa�del�tutto�generica,� lasciando�che�sia�il�giudice�a�verificare,�mediante�l'esame�dei�fascicoli�del�giu- dizio,�l'attendibilita�delle�tesi�sostenute�dal�ricorrente.� L'introduzione�del�c.d.�accordo�transattivo�e�del�ben�piu�congruo�termine� di�90�giorni�consentirebbe�un�esame�adeguato�del�caso�specifico�e� l'eventuale�predisposizione,�ove�la�trattativa�non�andasse�a�buon�fine,�di�una� difesa�piu�efficace.�In�questa�prospettiva�l'Avvocatura�aveva�proposto�che� venisse�introdotto�nel�disegno�di�legge�l'obbligo�del�giudice�aquo�di�trasmettere� copia�del�fascicolo�di�causa�e�tutti�i�dati�necessari�per�la�transazione�e,�nei�casi� di�smarrimento�dei�fascicoli,�l'autorizzazione�ad�effettuare�una�valutazione� equitativa�e�a�tentare�di�raggiungere�una�soluzione�amichevole�della�vertenza.� Sempre�nell'ottica�di�una�maggiore�razionalizzazione�e�semplificazione�del- l'istruttoria�nella�fase�precontenziosa,�il�disegno�di�legge�governativo�aveva� inoltre�introdotto�un'ipotesi�di�contraddittorio�con�il�ricorrente,�mediante� la�previsione,�ove�l'Avvocatura�lo�ritenesse�necessario,�di�un�incontro�diretto� per�agevolare�la�definizione�della�controversia.�Evidentemente�per�raggiungere� l'obiettivo�prefissato,�ovvero�una�semplificazione�della�procedura�di�ripa- razione,�tale�fase�dovrebbe�rimanere�del�tutto�facoltativa,�lasciando�all'Av- vocatura�il�compito�di�individuare�i�casi�in�cui�sentire�in�contraddittorio�l'inte- ressato.� Altro�punto�sul�quale�appare�indispensabile�un�intervento�chiarifica- tore�del�legislatore�e�l'art.�4�della�legge�Pinto,�in�base�al�quale��la�domanda� di�riparazione�puo�essere�proposta�durante�la�pendenza�del�procedimento�nel� cui�ambito�la�violazione�si�assume�verificata�.�Sulla�base�di�questa�norma�i� giudici�hanno�dichiarato�ammissibili�anche�i�ricorsi�proposti�per�sanzionare� giudizi�ancora�pendenti�nel�grado�in�cui�si�assume�maturata�l'irragionevole� durata.�L'Avvocatura�ha�gia�evidenziato�nelle�sue�memorie�difensive�come� tale�interpretazione�apra�la�strada�ad�un�uso�strumentale�da�parte�dei�ricor- renti�degli�istituti�dell'astensione�e�della�ricusazione�del�giudice(16),�con� una�conseguente�vanificazione�delle�garanzie�costituzionali�di�cui�agli� artt.�25,�comma�1.,�97�e�111�cost.�Un�ulteriore�motivo�di�perplessita� riguarda�il�flusso�di�fascicoli�che�vengono�trasferiti�da�un�ufficio�giudiziario� all'altro,�stante�la�possibilita�prevista�dalla�legge�Pinto�di�ottenere�l'acquisi- zione�degli�atti�e�dei�documenti�del�procedimento�a�quo.Ebbene,�se�si� ammette�la�proponibilita�del�ricorso�anche�quando�il�processo�a�quo�e� ancora�pendente,�paradossalmente�il�ricorso�per�sanzionare�l'irragionevole� durata�del�processo�avra�come�principale�effetto�quello�di�rallentare�il�giudi- zio,�a�causa�degli�adempimenti�che�inevitabilmente�incomberebbero�sulle� cancellerie.� (16)�La�dottrina�peraltro�ha�gia�evidenziato�come�la�legge�Pinto�apre�la�strada�ad�una�situa- zione�generalizzata�di�possibili�astensioni�e�ricusazioni�dei�giudici,�anche�a�causa�del�criterio�di� competenza�individuato�dall'art.�3�della�legge;�cfr.�in�tal�senso�E. Sacchettini, op.cit.,in�Guida� al�diritto,�2001,�fasc.�14,�18.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� E�ovvio,�del�resto,�che�l'efficacia�delle�modifiche�alla�disciplina�dell'equa� riparazione�e�soprattutto�l'incisivita�del�ruolo�delle�Avvocature�dipendono� in�massima�parte�dalla�dotazione�di�personale�e�di�mezzi�di�cui�si�potra� disporre.�Al�riguardo�il�disegno�di�legge�prevedeva�l'individuazione,�con�suc- cessivo�regolamento�governativo,�delle�risorse�necessarie�e�delle�attrezzature,� anche�informatiche,�per�gli�uffici�dell'Avvocatura�dello�Stato�competenti�ad� espletare�l'istruttoria�della�fase�precontenziosa.�Proprio�una�maggiore�infor- matizzazione�delle�strutture�dell'Avvocatura�sembra�l'unica�via�percorribile� per�giungere�ad�una�gestione�efficiente�e�razionale�di�un�contenzioso�che� conta�ormai�varie�migliaia�di�cause.� 4.�Si�ha�ora�notizia�che�e�allo�studio�dell'ufficio�legislativo�della�Presi- denza�del�Consiglio�un�nuovo�progetto�di�modifica�della�legge�Pinto�che� riproduce,�con�alcuni�correttivi,�la�precedente�proposta�governativa.�Tra�le� novita�merita�di�essere�segnalata�la�possibilita�per�il�ricorrente�di�effettuare� personalmente,�senza�l'assistenza�di�un�avvocato,�la�comunicazione�che�avvia� il�procedimento�di�conciliazione.�Tale�modifica�e�volta�a�semplificare�il�pro- cedimento�riparatorio,�rendendolo�veramente�accessibile��e�quindi�effettivo� secondo�i�parametri�della�Corte�Europea��per�l'istante.� Viene�affrontata�anche�la�delicata�questione�relativa�ai�procedimenti�tri- butari,�escludendoli�dal�meccanismo�riparatorio�disciplinato�dalla�legge� 89/2001�e�prevedendo�per�i�soli�procedimenti�tributari�rilevanti�penalmente� che�il�ricorso�debba�essere�proposto�nei�confronti�del�Ministero�dell'Econo- mia�e�delle�Finanze,�al�quale�deve�altres|�essere�inviata�la�comunicazione�di� cui�all'art.�2-bis.� Il�legislatore�ha�quindi�accolto�l'impostazione��suffragata� dalla�giurisprudenza�della�Corte�Europea�(17)�e�recepita�anche�dai�giudici� nazionali(18)��che�esclude�dal�meccanismo�riparatorio�il�processo�tributa- rio,�in�quanto�tale�contenzioso�esula�dai�diritti�ed�obblighi�di�natura�mera- mente�civile�di�cui�all'art.�6�n.�1�della�Convenzione,�prevalendo�di�contro��la� natura�pubblica�del�rapporto�tra�contribuente�e�collettivita��(19).�In�ossequio� ai�principi�della�Convenzione�si�sono�quindi�escluse�dall'ambito�applicativo� della�legge�Pinto�tutte�le�controversie�inerenti�il�mero�potere�impositivo�dello� Stato,�per�ricomprendervi,�invece,�i�procedimenti�penalmente�rilevanti,�in� quanto�riconducibili�all'art.�6�n.�1,�seconda�parte�della�Convenzione.�Tale� impostazione��adeguando�il�rimedio�interno�alle�soluzioni�elaborate�in�sede� (17)�Cfr.�Corte�Europea�dei�diritti�dell'uomo��Sentenza�del�12�luglio�2001��FerrazzinI c.� Italia.� (18)�In�tal�senso:�Corte�d'Appello�di�Perugia�decreto�del�30�ottobre�2001.� (19)�Cos|�GiuseppE Dell'Aira,�Il�diritto�al�termine�ragionevole�delprocesso�e�la�tutela�con�le� procedureinterneprevistedallaleggen.�89/01�Processo�tributario,�processoamministrativo�epro- cesso�penale,�che�aveva�gia�sottolineato�l'esigenza�di�procedere�a��precisi�distinguo�sull'argomento� ritenendo�il�rimedio�esperibile�solo�quando�il�processo�abbia�avuto�ad�oggetto�un�indebito,�ovvero� un'ammenda,�la�quale�ultima�e�equiparabile�alla�sanzione�penale�e�risulterebbe�allora�riconducibile� allasecondapartedeltesto�dell'art.�6paragrafo�1�della�Convezione�.� CONTRIBUTI�DI�DOTTRINA� europea��chiude�la�strada�alle�sentenze�di�alcuni�giudici�nazionali(20)�che� hanno�ritenuto�ammissibile�la�domanda�di�equa�riparazione�anche�nel�con- tenzioso�tributario,�che,�e�bene�ricordarlo,�conta�in�Italia�centinaia�di� migliaia�di�cause��decise�spesso�dopo�molti�anni��con�il�rischio�di�aggra- vare�la�gia�delicata�situazione�della�Corti�d'Appello�impegnate�sul�fronte� della�legge�Pinto.� La�nuova�ipotesi�normativa�fissa�per�le�trattative�un�termine�di� 90�giorni,�ma�tace�sulla�possibilita��espressamente�prevista�invece�nella� precedente�proposta�di�legge��che�entro�lo�stesso�termine�l'Avvocatura� comunichi�le�ragioni�per�cui�non�ritiene�di�concludere�l'accordo�oppure�solle- citi�un�incontro�diretto�con�l'interessato�per�definire�la�controversia.�Il�pro- getto�inoltre��fugando�i�dubbi�avanzati�in�dottrina�circa�l'assenza�di�criteri� oggettivi�sui�quali�fondare�l'accordo�transattivo��prevede�che�l'accordo� transattivo�si�fondi�su�parametri�oggettivi�connessi�alla�durata�e�alla�tipolo- gia�del�procedimento,�tenuto�conto�altres|�,�della�condotta�processuale�della� parte�istante�e�dell'esito,�anche�potenziale,�del�giudizio�svoltosi�o�in�corso�di� svolgimento,�seguendo�gli�indirizzi�stabiliti�con�decreto�del�Presidente�del� Consiglio�dei�Ministri.� Il�nuovo�progetto�di�modifica�della�legge�Pinto�accentua,�infine,�il�pro- filo�sanzionatorio�per�chi�non�collabora�nella�fase�precontenziosa,�preve- dendo�l'esclusione�della�ripetizione�delle�spese�sostenute�dal�vincitore�o�la� condanna�delle�spese�sostenute�dal�soccombente,�ove�risulti�che�abbia�immo- tivatamente�rifiutato�di�aderire�alla�proposta�transattiva.� 5.�In�conclusione�l'allungamento�dei�tempi�delle�procedure�volte�ad� ottenere�un'equa�riparazione,�la�tendenza�ad�un�costante�aumento�dei� ricorsi�e�il�conseguente�rischio�di�una�paralisi�dell'intero�sistema�giudiziario� rendono�indefettibile�un�intervento�legislativo�di�modifica�della�legge�Pinto� che�preveda�incisivi�strumenti�deflattivi.�Cio�,�ovviamente,�in�attesa�di�un� intervento�di�ben�piu�ampio�respiro,�che�riformi�il�sistema�processuale�ita- liano,�semplificandolo�e�rendendolo�veramente��equo�,�soprattutto�alla�luce� della�riforma�dell'art.�111�cost.,�che�ha�inserito�i�principi delgiustoprocesso nel�dettato�costituzionale,�consentendo�al�giudice�delle�leggi�di��censurare quelledisposizioniprocessualicheprevedendo tempimortioformalita�super- flue appaiono incompatibili con l'esigenza che ilprocesso si definisca in termini ragionevoli��(21).� Avv. FedericO BasilicA Dott.ssA ChiarA SerafinI (20)�Cfr.�Corte�d'Appello�di�Perugia,�decreto�del�18��30�ottobre�2001,�in�Il Fisco,� n.�17/2002,�2676,�che�ha�ritenuto�ammissibile,�nel�processo�tributario,�la�domanda�ad�una�equa� riparazione�sotto�il�profilo�del�mancato�rispetto�del�termine�ragionevole�del�processo�in�quanto� �nullavietaallegislatorenazionalediprevederepericittadiniunatutelapiu� ampiadiquellaassicu- rata dalparagrafo 6 della Convenzione�.� (21)�In�tal�senso�si�veda�la�RelazionealParlamentosullo stato dell'amministrazione dellagiu- stizia nel 2001,�presentata�dal�C.S.M.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� L'esecuzione delle misure cautelari del giudice amministrativo (*)� La�fase�cautelare�del�giudizio�amministrativo,�com'e�noto,�e�stata�sensi- bilmente�innovata�dalla�legge�n.�205�del�2000�che�all'art.�3�prevede�una�disci- plina�piu�organica�rispetto�a�quella�recata�dalla�disciplina�previgente�del- l'art.�21�della�legge�n.�1034/1971.� La�legge�n.�205�ha�espressamente�previsto�la�possibilita�di�consentire�l'e- secuzione�delle�ordinanze�cautelari�mediante�l'attribuzione�al�giudice�degli� stessi�poteri�previsti�nel�giudizio�di�ottemperanza,�cogliendo�le�trasforma- zioni�piu�significative�del�processo�amministrativo�in�questi�ultimi�anni.� Le�insufficienze�normative,�prima�dell'emanazione�della�legge�n.�205,� hanno�lasciato�ampio�spazio�alla�funzione�pretoria�della�giurisprudenza�la� quale�ha�allargato�notevolmente�l'operativita�della�tutela�cautelare�con�lo� scopo�di�garantire�la�satisfattivita�della�sentenza�di�merito,�ricoprendo�un� ruolo�di�supplente�sia�integrativo�sia�creativo�delle�disposizioni�di�legge.� La�questione�era�stata,�infatti,�da�tempo�risolta�a�livello�giurispruden- ziale(1),�attraverso�l'elaborazione�del�principio�in�base�al�quale,�qualora�gli� effetti�caducatori�della�sospensione�non�fossero�stati�sufficienti�a�tutelare�in� via�cautelare�l'interesse�del�ricorrente,�l'effettivita�della�tutela�interinale� potesse�essere�realizzata�anche�mediante�strumenti�diversi�ed�ampiamente� eccedenti�la�pura�e�semplice�paralisi�degli�effetti�dell'atto�impugnato.� Il�giudice�puo�imporre�all'amministrazione�di�tenere�determinati�com- portamenti�anche�mediante�la�eventuale�nomina�di�un�commissario�ad acta che�si�sostituisca�alla�stessa,�proprio�come�nel�giudizio�di�ottemperanza(2).� (*)�Relazione�tenuta�presso�l'Universita�di�Ferrara�il�23�maggio�2002�in�occasione�del� convegno�su��Il nuovo giudizio cautelare amministrativo dopo la legge 21 luglio 2000, n. 205�. Per iriferimentialdiritto amministrativofrancesesiringrazia ilgiudiceBruno Bachini,primo consigliere presso il Tribunale Amministrativo di Parigi. (1)�F. Caringella, M. Protto,�Il nuovoprocesso,Giuffre�,�2001,�253.� (2)�Una�delle�maggiori�innovazioni�apportate�dalla�giurisprudenza�risalente�nel�tempo� al�giudizio�amministrativo�riguarda�proprio�il�processo�di�ottemperanza.�Per�un�excursus sul�punto�v. G. Sciullo,�Il comportamento dell'amministrazione nell'ottemperanza,in�Dir. proc. civ.,1997,�64�ss.;�L. Verrienti,voce�Giudizio di ottemperanza,in�Nov. Dig. Disc. pubbl.,�257�ss.� Cfr.,�inoltre,�I. Franco,�Processo amministrativo ordinario e ritiparticolari (dopo la legge 205/2000),in�www.diritto.it/articoli/amministrativo/franco3.html.��Detto�tipo�di�processo� nasce�dall'esigenza�di�ottenere�l'osservanza�del�giudicato�tanto�delle�corti�civili�che�il�giudice� amministrativo�decida�pronunciando�anche�in�merito,�fra�l'altro,�sui�ricorsi�diretti�ad�ottenere� l'adempimento�dell'obbligo�dell'autorita�amministrativa�di�conformarsi,�in�quanto�riguarda� il�caso�deciso,�al�giudicato�del�Tribunale�che�abbia�riconosciuto�la�lesione�di�un�diritto�civile� opolitico(comma�1,n.�4).� A�sua�volta,�l'art.�37�della�legge�istitutiva�dei�T.A.R.�estese�questo�tipo�di�azione�anche� all'ipotesi�di�esecuzione�del�giudicato�degli�stessi�giudici�amministrativi.�I�commi�3�e�4�rego- lano,�infatti,�la�competenza�a�decidere�su�tali�controversie��ripartendola�fra�Consiglio�di� Stato�e�TAR��dando�come�dato�naturale�e�scontato�che�l'esecuzione�del�giudicato�fosse� applicabile�anche�alle�sentenze�dei�giudici�amministrativi.� CONTRIBUTI�DI�DOTTRINA� Viene,�dunque,�data�copertura�legislativa�ai�noti�orientamenti�giurispru- denziali�risalenti�alla�decisione�dell'adunanza�plenaria�30�aprile�1982,�n.�6� che�costituisce�uno�dei�primi�capisaldi�in�tema�di�sospendibilita�di�provvedi- menti�non�oppositivi�(3).� Verificheremo,�dunque,�qual'e�l'incidenza�del�recepimento�normativo� nella�legge�n.�205�del�2000�degli�orientamenti�giurisprudenziali�e�dottrinali� che�nel�corso�del�tempo�sono�stati�elaborati.� L'art.�3�dell'art.�205�del�2000�prevede�che�il�giudice�abbia�gli�stessi�poteri� previsti�dall'art.�27,�n.�4,�del�t.u.�n.�1054/1924.� E�evidente�che�il�rinvio�operato�dall'art.�27,�n.�4,�del�t.u.�n.�1054�del� 1924,�concerne�solo�i�poteri�del�giudice�ma�non�attiene�alle�modalita�per�l'in- troduzione�del�giudizio.� La�norma�si�limita�a�prescrivere�una�istanza�motivata�e�notificata�alle� altre�parti,�per�cui�non�sarebbe�necessario,�come�nel�giudizio�di�ottempe- ranza,�notificare�un�atto�di�messa�in�mora,�in�quanto�potrebbe�comportare� ritardi�incompatibili�con�l'urgenza�di�provvedere.� Una�valutazione�d'insieme�di�questo�peculiare�rito�processuale�pone� subito�in�evidenza�la�notevole�importanza�che�esso�ha�assunto,�in�special� modo�nelle�leggi�piu�recenti,�considerato�che�il�meccanismo�tipico�del�mede- simo�viene�utilizzato�in�vari�altri�tipi�di�processo�come�una�sorta�di�rito� �passe-partout��per�risolvere�problemi�altrimenti�di�difficile�soluzione:�nel� giudizio�contro�il�silenzio�(4),�nella�fase�inerente�alla�determinazione�del� quantum1della�sentenza�di�condanna�al�risarcimento�del�danno,�ai�fini�dell'e- secuzione�delle�sentenze�non�passate�in�giudicato�e�non�sospese�dal�giudice� di�appello�(art.�33�della�legge�n.�1034/1971,�come�integrato�dall'art.�10�della� legge�205)(5).� Di�grande�rilievo�sotto�il�profilo�degli�strumenti�precipuamente�processuali,�e�,�poi,�la�gia� segnalata�invenzione�ad�opera�della�giurisprudenza,�del�commissario�ad1acta,�figura�precipua� e�caratteristica�di�questo�tipo�processuale,�che�si�e�rivelato�strumento�di�grande�efficacia� (costituisce,�a�tutt'oggi,�uno�dei�punti�di�forza�del�processo�amministrativo,�a�parte�certe�ambi- guita�sulla�sua�natura��nonche�sull'impugnabilita�dei�suoi�atti��mai�risolte).� Il�commissario�ad1acta1e�,�in�ogni�caso,�certamente�da�considerare�la�longa1manus1del� giudice,�il�quale�agisce�per�suo�tramite,�sostituendosi�all'amministrazione.�Trattandosi�di� giurisdizione�di�merito,�infatti�(art.�27.1,�n.�4)�del�R.D.�n.�1054/24),�e�consentito�e�anzi�indi- spensabile,�e�in�certo�modo�connaturato�al�giudizio�di�ottemperanza��al�giudice�sostituirsi� alla�p.a.�.� (3)�Cfr.�anche�Cons.�Stato,�Ad.�plen.,�30�aprile�1982,�n.�6,�Cons.1Stato11982,�I,�413.� (4)�Sull'ottemperanza�contro�il�silenzio�della�P.A.�vedi�la�sentenza�del�Cons.�Stato,�V� Sez.,�16�gennaio�2002,�n.�230,�in�Il1Cons.1di1Stato,�2002,�342,�con�nota�di�M. Antonucci,la� suddetta�sentenza�ha�contribuito�a�valorizzare�la�ratio1acceleratoria�dell'art.�2�della�legge� n.�205del2000,inquantoharitenutodiricondurreadununicogiudiziolafaserelativaalgiu- dizio�di�cognizione�per�la�dichiarazione�di�illegittimita�del�silenzio�inadempimento�e�il�giudizio� di�ottemperanza:�tale�giudizio�ha�un�duplice�oggetto,�di�accertamento�e�di�condanna�insieme.� (5)�G. Virga,�L'esecutivita�delle1sentenze1di1primo1grado1tra1giudizio1di1ottemperanza1e1 tutela1cautelare,in�www.giust.it/corte/cortecos_1998-406html1 3404RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Questa scelta del legislatore mostra di aderire, a prima vista, alle affer- mazioni di quella dottrina che ritiene che il potere esercitabile dal giudice della cautela debba essere di natura identica a quella del potere spettante al giudice di merito e quindi al giudice dell'ottemperanza. Al riguardo si deve, comunque, sottolineare che il fondamento e la ratio dell'ottemperanza cautelare si configurano in maniera diversa: non l'esigenza di adeguare l'ordinamento ad una certezza legale, qual e� quella che discende dal giudicato, bens|� l'esigenza di assicurare la serieta� della funzione giurisdi- zionale(6). L'indipendenza e l'autonomia dell'Amministrazione, prima ridimensio- nate in nome del principio di legalita� , ora sono ulteriormente sacrificate in nome del principio della effettivita� della tutela giurisdizionale. L'analogia con il giudizio dell'ottemperanza, anche nella nuova legge, viene a configurarsi solo parzialmente, in quanto l'ordinanza cautelare e� legata allo status quo ed e� quindi revocabile e l'esecuzione puo� legittimamente essere disposta solo a condizione che non dia luogo a situazioni irreversibili, ossia non determini una cristallizzazione tendenzialmente immodificabile della situazione controversa, consentendo di pervenire alla decisione finale re adhuc integra. Dalla suddetta disposizione, inoltre, potrebbe desumersi che il legisla- tore abbia riconosciuto al giudice amministrativo una giurisdizione anche di merito, nonostante il carattere provvisorio ed interinale della ordinanza di sospensiva, condizione ostativa, a prima vista, della cosiddetta ottemperanza cautelare. Naturalmente tale assunto presuppone l'accoglimento della tesi che per merito possa ritenersi non solo la decisione finale ma anche la stessa giurisdi- zione di merito, ravvisando nel giudizio cautelare una ipotesi di giurisdizione amministrativa estesa al merito (7). (6) Infatti, come incisivamente rilevato dalla Corte Costituzionale proprio in tema di poteri cautelari del giudice amministrativo, deve ritenersi connotato intrinseco della stessa funzione giu- risdizionale, nonche� dell'imprescindibile esigenza di credibilita� collegata al suo esercizio, il potere di imporre, anche coattivamente in caso di necessita� , il rispetto della statuizione contenuta nella pronuncia e, quindi, in definitiva, il rispetto della legge stessa. Una decisione di giustizia che non possa essere portata ad effettiva esecuzione (eccettuati i casi di impossibilita� dell'esecuzione in forma specifica) altro non sarebbe che un'inutile enunciazione di principi, con conseguente viola- zione degli articoli 24 e 113 della Costituzione, i quali garantiscono il soddisfacimento effettivo dei diritti e degli interessi accertati in giudizio nei confronti di qualsiasi soggetto; in questi termini la previsione di una fase di esecuzione coattiva delle decisioni di giustizia, in quanto connotato intrinseco ed essenziale della stessa funzione giurisdizionale, deve ritenersi costituzionalmente necessaria. Sentenza pubblicata in Cons. Stato, 1995, II, 1497. (7) In tal senso RomanO A., Tutela cautelare nelprocesso amministrativo e giurisdizione di merito,in Foro it, 1985, I, 2491, il quale lamenta come �intollerabilmente asfittica) e come una limitazione della tutela cautelare il fatto di non considerarla come sostituzione del giudice ammi- nistrativo all'amministrazione. CONTRIBUTI�DI�DOTTRINA� La�tutela�cautelare,�pertanto,�verrebbe�vista,�soprattutto�alla�luce�del� recente�intervento�legislativo,�come�un�caso�di�giurisdizione�amministrativa� estesa�al�merito,�in�cui�al�giudice,�anche�in�questa�fase,�verrebbe�conferita� una�netta�posizione�di�centralita�anche�nella�fase�di�esecuzione�cautelare.� D'altronde,�l'attuazione�delle�misure�cautelari�era�ormai�sentita�come�un� obbligo�dettato�dalle�esigenze�di�unitarieta�del�giudizio�cautelare�nonche� quale�mezzo�di�garanzia�per�l'effettivita�della�tutela�giurisdizionale(8).� La�Corte�costituzionale�si�era�al�riguardo�pronunciata�nel�1995�stabi- lendo�in�maniera�chiara�e�inequivocabile�che��la�previsione�di�una�fase�di�ese- cuzione�coattiva�delle�decisioni�di�giustizia,�in�quanto�connotato�intrinseco� ed�essenziale�della�stessa�funzione�giurisdizionale,�deve�ritenersi�costituzio- nalmente�necessaria(9)�.� E�questo�in�virtu�del�principio�che�tutti�i�soggetti�di�diritto,�ivi�compresi� gli�organi�di�rilevanza�costituzionale,�sono�egualmente�tenuti�al�rispetto�della� legge.� Questa�pronuncia�aveva�a�suo�tempo�acceso�il�dibattito�sul�contenuto�e� la�natura�dei�poteri�cautelari�del�giudice�amministrativo,�considerato�che�l'u- nico�provvedimento�cautelare�consentito�al�giudice�amministrativo�e�proprio� solo�ed�esclusivamente�la�sospensione�del�provvedimento�impugnato�e�che� sue�caratteristiche�essenziali�sono�la�provvisorieta�e�la�strumentalita�(10).� Come�e�possibile�garantire�l'esecutivita�della�tutela�cautelare�e�nel�con- tempo�rispettare�l'interinalita�del�processo�cautelare?� Naturalmente�acquista�rilevanza�l'affermazione�dell'autonomia�del�pro- cesso�cautelare�e�della�sua�valorizzazione,�che�rafforza�la�tesi�della�necessita� di�una�esecuzione�della�ordinanza(11),�proprio�per�obbedire�all'esigenza�di� assicurare�l'effettivita�della�tutela�del�giudice�cautelare.� (8)�F. Caringella, M. Protto,�Il�nuovoprocesso�amministrativo,�Giuffre�,�2001,�255.� (9)�Il�testo�del�ricorso�e�pubblicato�in�Gazzetta�Uff.�5�luglio�1995,�la�Serie�speciale,�n.�28,�63.� La�stenza�della�Corte�e�pubblicata�in�Cons.�St.,�1995,�II,�1947.� (10)�Per�una�disamina�dei�presupposti�v. E. Barbieri,�Sulla�strumentalita�delprocesso�caute- lare�amministrativo,in�Foro�amm.,�1987,�3175�e�dello�stesso�autore�Sull'esecuzione�delle�misure�di� tutela�cautelare�nelprocesso�amministrativo,in�Dir.proc.�amm.,�1996,�747,�750.� (11)�V. Salamone,�La�tutela�cautelare�nelprocesso�del�T.A.R.�Catania,in�www.diritto.it/arti- coli/amministrativo/salamone_sospens.html,10;�G. DI Gesu,�Tutela�cautelare�e�risarcitoria�nell'affi- damento�delle�Opere�Pubbliche,in�www.diritto.it/articoli/amministrativo/digesu.html,1�ss.,�12,�lad- dove�si�auspica�una�verifica�dell'eventuale�danno�che�anche�una�breve�sospensione�possa�arrecare� all'interesse�pubblico�alla�prosecuzione�della�procedura,�nonche�una�maggiore�attenzione�per�le� esigenze�di�difesa�riguardo�ai�tempi�tecnici�necessarie�delle�amministrazioni�dello�Stato�da�parte� dell'Avvocatura�dello�Stato�che,�in�quanto�ufficio�pubblico�e�regolato�da�specifici�iter.V.�Anche� A. Monaciliuni,�I�limiti�della�tutela�cautelare�nel�processo�amministrativo,in�www.giust.it/arti- coli/monacil_sospensive.htm,�2;�la�stessa�Corte�costituzionale,�nel�dichiarare�la�manifesta�infonda- tezza�della�questione�di�legittimita�costituzionale�dell'art.�21�L.�1034�del�1971�cos|�come�novellato� dalla�L.�205�del�2000,�sollevata�in�riferimento�agli�artt.�24�e�113�della�Costituzione,�nonche�dell'art.� 700�c.p.c.�sollevata�in�riferimento�agli�articoli�3,�24�e�113�della�Cost.,�dichiara�che�deve�escludersi� che�la�P.A.�si�trovi�in�una�posizione�privilegiata�in�ordine�al�sistema�delle�misure�cautelari�del�pro- cesso�amministrativo,�ordinanza�n.�179�del�2002,in�www.cortecostituzionale.it.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Tuttavia,�non�puo�sottacersi�che�tale�autonomia�non�puo�essere�avulsa� dal�contesto�unitario�del�processo,�in�quanto�l'importanza�centrale�che� viene�conferita�al�processo�cautelare�non�deve�essere�il�risultato�di�una� visione�parziale�(12).� Gia�nel�1982�il�Consiglio�di�Stato�si�era�pronunciato�nel�senso�che� l'esecuzione�delle�misure�cautelari�non�consentiva�il�formale�ricorso�al� giudizio�dell'ottemperanza�(13):�qualora�si�fosse�presentata�necessaria�la� successiva�fase�esecutiva,�il�giudice�della�sospensione�poteva�adottare� tutti�i�provvedimenti�necessari�fino�a�nominare�un�commissario�ad�acta,� affinche�alla�sospensione�venisse�data�concreta�attuazione,�ma�non�per� questo�poteva�ritenersi�che�il�giudice�esercitasse�una�giurisdizione�di� merito�(14).� La�stessa�Adunanza�plenaria�nella�suddetta�sentenza�ammette�l'esecu- zione�di�ordinanze�di�sospensione�rimaste�di�fatto�ineseguite,�ma�non�prevede� la�possibilita�di�ordinare�l'adozione�di�un�provvedimento.� Le�conseguenze�che�ne�sono�state�tratte�erano�tali�che�alla�luce�di�tali� asserzioni�la�tutela�dell'interesse�legittimo�oppositivo�era�garantita�appieno,� mentre�per�quanto�riguarda�l'interesse�legittimo�pretensivo�non�poteva�dirsi� lo�stesso,�proprio�in�considerazione�del�fatto�che�la�giurisdizione�di�merito� viene�consentita�solo�in�sede�di�giudizio�di�ottemperanza(15).� Proprio�in�merito�alla�tutela�degli�interessi�pretensivi�si�erano�formati� due�indirizzi.� Secondo�il�primo,�al�quale�aderisce�il�T.A.R.�Sicilia,�sez.�di�Catania(16),� il�giudice�amministrativo�nella�fase�cautelare�del�processo�di�legittimita� (12)�Sul�punto�E. Barberi,�Sulla�strumentalita�delprocesso�cautelare�amministrativo,�in�Foro� amm.,�1987,�3173.� (13)�Cons.�St.,�Ad�plen.,�30�aprile�1982,�in�Cons.�St., 1981, I, 413. (14)�Cos|�almeno�una�parte�della�dottrina.�Cfr.�al�riguardo;�V. Caianello,�Manuale�di�dir.� Proc.�Amm.co,Utet;�A. Travi,�voce�Sospensione�delprovvedimento�impugnato,in�Nov.�Dog.�Disc.� pubbl.,363�ss.;�I.F. Caramazza-F. Basilica, Appunti�sulla�tutela�cautelare�nelprocesso�ammini- strativo,inRass.�Avv.�Stato,�1992,�II,�1�ss.;�F. Caringella,�Corso�di�diritto�amministrativo,II,� Giuffre�Editore,�2001;�R. Villalta,�La�corte�costituzionale�frena�bruscamente�la�tendenza�ad� ampliare�la�tutelare�cautelare�nei�confronti�deiprovvedimenti�negativi,in�Dir.�Proc.�Amministrativo,� 1991,�794�ss.;�M. Renna,�Spunti�di�riflessioneper�una�teoria�delleposizionisoggettive��strumentali�� e�tutela�cautelare�degli�interessi��procedimentali��pretensivi,in�Dir.�Proc.�Amm.vo,1995,�811�ss.� Cfr.�inoltre�la�sentenza�della�Corte�costituzionale�8�settembre�1995�n.�419,�in�Cons.�St.,1995,�II,� 1947,�in�cui�si�dichiara�che�spetta�al�T.A.R.�Lazio,�in�sede�di�esecuzione�di�provvedimenti�caute- lari,�il�potere�di�emettere�ordini�nei�confronti�del�Consiglio�Superiore�della�Magistratura,� mediante�gli�atti�impugnati,�e�di�disporne,�in�caso�di�inottemperanza,�la�sostituzione�attraverso� la�nomina�di�un�commissario�ad�acta.� (15)�E. Barbieri,�Sull'esecuzione�delle�misure�di�tutela�cautelare�nel�processo�amministrativo,� in�Dir.proc.�amm.,�1996,�747,�752.� (16)�v.�ordinanza�18�maggio�1994,�n.�358�e�15�marzo�1995,�n.�178,�in�Giust.�amm.�sic.,�1996,� 372.� CONTRIBUTI DI DOTTRINA 3434 avrebbe gli stessi poteri che ha in sede di giurisdizione di merito e conseguen- temente potrebbe ordinare all'amministrazione l'adozione di tutti i provvedi- menti e di tutti i comportamenti ritenuti necessari per soddisfare l'interesse del ricorrente. Secondo un altro indirizzo, al quale aderisce anche il Consiglio di giusti- zia amministrativa per la Regione siciliana(17), il giudice amministrativo nella suddetta fase cautelare non avrebbe gli stessi poteri che ha in sede di giurisdizione di merito. Puo� esclusivamente ordinare all'amministrazione un facere solo a condi- zione che esso costituisca una conseguenza immediata e diretta della sospen- sione (esempio tipico: l'ammissione con riserva deve essere compatibile con la natura interinale della misura cautelare); non deve consentire al ricorrente di conseguire un'utilita� maggiore di quella che potrebbe ricavare dalla sen- tenza definitiva, al fine di non rendere inutile quest'ultima, la quale si pone come l'unica istanza in cui si possa accertare la legittimita� del provvedimento impugnato e quindi il conseguimento della giustizia nell'amministrazione. L'indicata divergenza giurisprudenziale ha dato luogo a ripetuti e siste- matici annullamenti in appello di ordinanze propulsive che, ad avviso del Consiglio di giustizia, non rispettavano i suddetti limiti. Il T.A.R. Sicilia sezione di Catania ha sottoposto la questione alla Corte Costituzionale con ordinanza 1O novembre 1995, n. 722(18), avvalendosi delle seguenti affermazioni: il potere esercitabile dal giudice amministrativo in sede cautelare e� di natura identica a quella del potere spettantegli in sede di merito e, conseguentemente, deve ritenersi che il giudice della cautela possa spingersi fin dove puo� quello dell'ottemperanza. In realta� e� opportuno liberare il campo da eventuali equivoci derivanti dal fatto che il termine merito ha, come e� noto, due diversi significati a seconda che si parli di processo di merito o di giurisdizione di merito. La locuzione processo di merito e� contrapposta a processo cautelare, e sta ad indicare la fase in cui si decide in via definitiva il ricorso, fermo restando che una questione rientrante nella giurisdizione di legittimita� resta in tale ambito. La locuzione giurisdizione di merito e� invece contrapposta a giurisdi- zione di legittimita� , e sta ad indicare che il giudice puo� avvalersi anche di poteri sostitutivi. Anche la sentenza della Corte Costituzionale n. 8 del 1o febbraio 1982(19) fa dichiaratamente riferimento al processo di merito e non alla giu- risdizione di merito; il processo di merito e� inteso come lo strumento che con- (17) Ordinanze 18 maggio 1994, n. 358 e 15 marzo 1995, n. 178, in Giurist. amm. sic., 1996, 372. (18) Ordinanza 1O novembre 1995, n. 722, in Gazz. Uff. Serie spec., n. 34 del 21 agosto 1996. (19) Corte cost., 1o febbraio 1982, n. 8 in www.cortecostituzionale.it La suddetta sentenza ha statuito che l'art. 125 Cost. sancisce il doppio grado per la giurisdizione dei Tribunali amministra- tivi regionali non solo per il processo di merito, ma anche per quello cautelare. RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� sente�di�anticipare,�sia�pure�a�titolo�provvisorio,�l'effetto�tipico�del�provvedi- mentofinale�delgiudice,che�e��quello�di�annullamento,�sempre�nell'ottica�della� giurisdizione�di�legittimita��.� D'altronde,�la�stessa�Corte,�con�successiva�sentenza�22�aprile�1991� n.�175�(20),�ha�precisato�che��le�sospensioni�ammesse�dalla�giurispru- denza�amministrativa,�in�presenza�di�dinieghi�o�di�omissioni�della�pub- blica�amministrazione...�in�nessun�caso,...�mirano�a�fare�ottenere�quel�sod- disfacimento�dell'interesse�sostanziale�che�solo�dall'azione�amministrativa� puo��essere�realizzato�.� Queste�erano�le�problematiche�che�si�agitavano�prima�della�riforma� della�legge�205�(21).� L'intervento�normativo�nel�suo�complesso,�nel�suo�intento�di�rifor- mare�anche�la�materia�dei�riti�accelerati,�non�e��tuttavia�esente�da�alcune� contraddittorieta��,�scaturenti�dal�fatto�che�mentre�al�giudice�adito�per�le� opportune�misure�attuative�si�assegnano�i�medesimi�poteri�del�giudizio� di�ottemperanza,�il�quadro�normativo�della�legge�ha�accentuato�i�carat- teri�di�strumentalita��e�provvisorieta��,�attribuendo�in�certo�qual�modo�un� significato�recessivo�al�provvedimento�cautelare�rispetto�al�giudizio�di� merito�(22).� (20)�Corte�cost.,�22�aprile�1991,�n.�175�in�Cons.�Stato,�1991,�II,�1497.� (21)�Per�avere�una�idea�dell'acceso�dibattito�che�si�e��acceso�in�passato�cfr.�S. Giacchetti,� L'esecuzionedellestatuizionigiudizialineiconfrontidellaP.A.elaforestadiScherwood,�inwww.giu- st.it/articoli/giacchetti_esecuzione.htm,�9,�il�quale�sancisce�che�potrebbe�ritenersi�periocolosa�la�tesi� di�conferire�al�giudice�della�cautela�poteri�di�merito,�perche��in�contrasto�con�un�ordinamento�fon- dato�sui�principi�della�separazione�dei�poteri,�della�responsabilita��e�del�consenso,�propri�di�una� democrazia�avanzata,�ad�una�pubblica�amministrazione�che�potra��anche�lavorare�male�che� comunque�risponde�di�cio��che�fa�sul�piano�gerarchico,�politico-elettorale�e�giudiziale�si�avrebbe�a� sostituire�d'autorita��un�giudice�che�potra��anche�essere�illuminato�ma�che�non�risponde�a�nessuno� e�che,�pur�se�esperto�giurista�e�in�perfetta�buona�fede,�non�puo��avere�quella�conoscenza�puntuale� e�concreta�della�situazione�controversa�che�ha�invece�chi�da�sempre�ci�vive�dentro.� Il�danno�per�il�buon�andamento�della�pubblica�amministrazione�e�per�il�sistema�democratico� potrebbe�essere�enorme.�Forse�e��il�caso�di�ricordare�che�nell'odierno�acceso�dibattito�sulla�revi- sione�costituzionale�dei�poteri�del�giudice�il�termine�garantismo�ricorre�spesso:�ma�ricorre�in�oppo- sizione�a�giurisdizionalismo,�come�esigenza�di�garanzia�contro�lo�strapotere�del�giudice:�e��cioe�� espressione�di�un'esigenza�sempre�piu��acutamente�avvertita�dalla�coscienza�sociale,�che�potrebbe� rendere�un�boomerang�l'esigenza�diametralmente�opposta�teorizzata�dal�T.A.R.�Pericolosa�perche�,� in�contrasto�con�un�ordinamento�fondato�sul�principio�di�legalita��,�si�traduce�nella�creazione�di� una�nuova�norma�di�costituzione�materiale�attributiva�di�poteri�speciali�e�innominati�al�giudice� amministrativo�in�sede�cautelare,�e�cioe��con�la�creazione�di�una�norma�rivoluzionaria.� Ma�a�quest'ultimo�riguardo�si�puo��osservare�che�non�e��detto�affatto�che�la�parte�debole�sia� necessariamente�il�ricorrente.�Questo�poteva�accadere�in�un�sistema�fondato�sugli�interessi�opposi- tivi;�ma�in�un�sistema�sempre�piu��fondato�sugli�interessi�pretensivi�e�sul�principio�dell'assalto�alla� diligenza,�per�cui�tutti�vogliono�dai�pubblici�poteri�piu��di�quanto�i�pubblici�poteri�possano�ragio- nevolmente�dare,�non�e��infrequente�che�sia�proprio�l'amministrazione�la�parte�debole.� Cfr.�dello�stesso�autore�Il�giudizio�di�ottemperanza�nella�giurisprudenza�del�Consiglio�di�giusti- zia�amministrativa,in�www.giust.it/articoli/giacchetti_ottemperanza.htm#8� (22)�CintoliO F.,�L'esecuzione�cautelare�tra�effettivita�della�tutela�e�giudicato�amministrativo,� in�Dir.�Proc.�Amm.vo,�I,�2002,�65.� CONTRIBUTI�DI�DOTTRINA�3454 Basti�considerare�l'accentuazione�della�connessione�tra�decisione�caute- lare�e�di�merito,�la�priorita�che�la�concessione�della�tutela�cautelare�comporta� nella�fissazione�della�data�di�trattazione�del�ricorso�nel�merito,�nonche��la� introduzione,�come�nel�sistema�francese,�del�pagamento�di�una�sanzione� qualora�dall'esecuzione�del�provvedimento�possano�derivare�effetti� irreversibili�(23).� La�ratio�sottesa�al�recepimento�normativo�del�diritto�giurisprudenziale� vivente�e�quella�di�garantire�il�principio�di�effettivita�della�tutela,�considerata� momento�qualificante�della�tutela�cautelare�laddove�il�momento�della�cogni- zione�e�dell'esecuzione�sembrano�strettamente�collegati.� Si�tratta�ora�di�verificare�quale�significato�si�deve�conferire�al�contenuto� precettivo�della�norma,�tenuto�conto�che�si�applicherebbero�i�principi�che�la� giurisprudenza�ha�elaborato�in�materia�di�ottemperanza.� Questo�anche�alla�luce�della�giurisprudenza�comunitaria(24),�nonche�� dell'art.�113�della�Costituzione.� Al�giudice�amministrativo�compete�il�potere�di�ingerirsi�due�volte�nell'at- tivita�dell'amministrazione:�prima�imponendo�una�linea�di�condotta�poi�effet- tuando�il�controllo�su�di�essa,�attraverso�la�sostituzione�coattiva.� La�trasformazione�del�processo�amministrativo�in�processo�di�accerta- mento�e�condanna�si�completa�con�l'introduzione�di�strumenti�esecutivi�che� realizzano,�fin�dalla�fase�cautelare,�la�sostituzione�del�giudice�all'amministra- zione,�annullando�l'idea�della�radicale�separazione�tra�le�due�funzioni.� Si�assiste,�dunque,�al�progressivo�abbandono�del�modello�tradizionale�e� all'accoglimento�del�modello�dell'integrazione,�come�gia�da�tanti�anni�era� stato�prospettato�(25).� (23)�Cfr.�al�riguardo�J. Berthoud, E. Coent-Bochard, V. Haim, O. Yeznikian,�L'exe�cu- tion�des�de�cisions�dejustice,in�AJDA,864�ss.�Piu�in�generale�J. Woehrling,�La�re�forme�du�conten- tieuxadministratifvue�des�tribunauxadministratifdepremiere�instance,in�Dir.�Proc.�Amm.,1995,� 842�e�sulla�Legge�n.�2000/597�del�30�giugno�2000�relativa�ai�re�fe�re�davanti�alle�giurisdizioni�ammi- nistrative,�C. Silvestri,�Il�sistema�dei�re�fe�re�s,in�Foro�it.,�1998,�V,�c.�9�ss.;�G. Paleologo,�Modo� di�lavoro�dei�consigli�di�stato�italiano�efrancese�in�sede�giurisdizionale,in�Estratto�dalvolume��Icon- siglidistato�diFranciaed'Italia,�acuradiGiovanniPaleologo�,Giuffre�,�1998,�15.�Per�una�panora- mica�sul�processo�amministrativo�tedesco�v.�W. Heilek,�Cenni�sulla�giustizia�amministrativa�in� Baviera/Germania,in�www.diritto.it/articoli/amministrativo/heilek.htm,�1�ss.� (24)�Corte�di�Giustizia�CE,�19�giugno�1990,�n.�213,�caso�Factortame,in�Foro�it.,�1990,�VI,�c.� 498.�Cfr.�al�riguardo�G. Barbagallo,�Influenze�dell'ordinamento�comunitario�sulla�tutela�giurisdi- zionale,in�Sovranazionalita�europea:�posizioni�soggettive�e�normazione,�Quaderni�del�Consiglio�di� Stato,�Torino,�2000,�32�nonche��E. Casetta,�Le�trasformazioni�del�processo�amministrativo,in� www.giust.it/articoli/casetta_trasformazioni.htm�p.�2,�in�cui�si�fa�riferimento�alle�decisioni�del�caso� Zuckerfabrik,�21�febbraio�1991,�C-143/88�e�C-92/89�e�del�caso�Atlanta,�9�novembre�1995,�C-465/� 93,�dove�si�enuncia�il�principio�in�base�al�quale�la�tutela�non�puo�limitarsi�alla�sospensione�dell'ef- ficacia�dell'atto�impugnato,�potendosi�estendere�alla�concessione�di�misure�positive.� (25)�M.�Nigro,�Il�giudicato�amministrativo�e�il�processo�di�ottemperanza,in�Il�giudizio�di� ottemperanza,�Atti�del�XXVII�convegno�di�studi�di�scienza�dell'amministrazione,�17-19�settembre,� Milano,�1983,�83;�A. Scola, A. Trentin,�Il�nuovo�processo�amministrativo,�Maggioli,�2�ed.�2002,� 66.� 3464RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� I�problemi�potrebbero�continuare�a�sussistere�in�ordine�ai�limiti�di� ammissibilita�delle�ordinanze�cosiddette�propulsive,�che�per�quanto�adottate� in�sede�di�giurisdizione�generale�di�legittimita�costituiscono�esercizio�di�stru- mentalita�cautelare�e�non�si�limitano�a�sospendere�l'efficacia�dell'atto�impu- gnato�ma�ordinano�anche�all'amministrazione�l'adozione�di�provvedimenti�o� comportamenti�ulteriori�a�diretta�tutela�dell'interesse�sostanziale�del� ricorrente.� In�base�all'orientamento�maggioritario�mancava�qualsiasi�elemento�per� poter�sostenere�che�nel�diritto�vivente�fosse�posto�il�principio�che�il�giudice� cautelare�avesse�gli�stessi�poteri�del�giudice�dell'ottemperanza(26).� La�stessa�Adunanza�plenaria,�con�la�sentenza�n.�6/1982,�ammette� l'esecuzione�di�ordinanze�di�sospensione�rimaste�di�fatto�ineseguite,� ma�non�prevede�affatto�la�possibilita�di�ordinare�l'adozione�di�un�provve- dimento.� Poco�prima�dell'entrata�in�vigore�della�legge�205/2000�il�Consiglio�di� Stato�si�era�pronunciato,�confermando�un�precedente�orientamento�(27)� con�ordinanza�30�maggio�2000�n.�2586,�nel�senso�che,�in�caso�di�annulla- mento�di�diniego�questo�potesse�essere�fatto�solo�con�sentenza�e�non� ordinato�all'amministrazione,�dimostrando�una�certa�propensione�per�la� sospensiva�tout�court,�coincidente�con�il�soddisfacimento�della�pretesa� del�ricorrente�(28).� Oggi�e�un�dato�assolutamente�acquisito�che�la�tutela�cautelare�non�vada� circoscritta�alla�sospensione�dei�provvedimenti�positivi,�ma�anche�a�quelli� negativi,�alla�luce�del�principio�di�effettivita�della�tutela�giurisdizionale,�al� fine�di�evitare�che�ad�un�intero�settore�di�interessi�legittimi�come�quello�degli� interessi�pretensivi,�venga�apprestata�una�tutela�parziale�e�inadeguata(29).� E�,�dunque,�evidente�come�la�legge�n.�205�segni�la�emersione�sul�piano� processuale�degli�interessi�legittimi�pretensivi�e�che�si�stia�delineando�una� Amministrazione�che�esercita�i�suoi�poteri�che�non�solo�incidono�negativa- mente,�ma�che�emanano�provvedimenti�ampliativi�della�sfera�giuridica�del� destinatario(30).� La�vicenda�delle�ordinanze�propulsive�culmina�nella�recente�ordinanza� del�Consiglio�di�Stato,�la�n.�253�del�9�gennaio�2001,�che�riconosce�senza� (26)�Cfr.�sul�punto�S. Giacchetti,�L'esecuzionedellestatuizionigiudiziali..,�cit.� (27)�Cons.�Stato,�V,�21�giugno�1996,�n.�1210,�in�Sospensive,6530.� (28)�G. saporito,�Sospensive�di�provvedimenti�negativi:�cosa�si�puo�imporre�all'amministra- zione?,in�www.giust.it/cds1*cds5_2000-2586.htm,2.� (29)�Sul�dibattito�relativo�alla�questione�prima�della�L.�205�del�2000�cfr.�A. Travi,�La�tutela� cautelare�nei�confronti�dei�dinieghi�diprovvedimenti�e�delle�omissioni�della�P.A.,in�Diritto�cautelare� nei�confronti�dei�dinieghi�diprovvedimentie�delle�omissioni�della�P.A.,in�Dirittoprocessuale�ammini- strativo,�I,�1990,331;�A. DI Cuia,�La�sospensione�dell'esecuzione�delprovvedimento�impugnato�nel� processo�amministrativo,in�www/us.untn.ot/cardozo/Obiter_dictum/dicuia.html,28.� (30)�Si�tratta�della�distinzione�classica�tra�Eingriffsverwaltung�e�Leistungsverwaltung.�Cfr.�al� riguardo�M. Clarich,�Introduzionealcommentoallalegge21luglio2000n.�202diriformadelpro- cesso�amministrativo,in�www.diritto.it/articoli/amministrativo/clarich.htmls,�5.� CONTRIBUTIEDIEDOTTRINAE3474 mezziEterminiEunaEequiparazioneEtraEgiudicatoEcautelareE(oEgiudicatoEaEfor- mazioneEprogressivaEperEusareEunaEterminologiaErisalenteEaENigro)(31)EeEgiu- dicatoEveroEeEproprio,EconEconseguenteEattrazioneEnell'ambitoEdelleEmisureE attuativeEdell'interoEregimeEdell'ottemperanza,EcheEvieneEdefinitaEottempe- ranzaEcautelare(32).E NonEsiEpuo�nascondere,Etuttavia,EunaEcertaEperplessita�cheEderivaEpro- prioEdallaEvalorizzazioneEinterpretativaEdell'art.E3EdellaEleggeE205/2000. E�EevidenteEcomeElaEcautelaEneiEconfrontiEdeiEprovvedimentiEnegativiE implichiEun'attivita�sostitutivaEdelEgiudiceEamministrativo,EinEquantoEe�voltaE adEanticipareEgliEeffettiEfavorevoliEperEilEricorrente.E Nell'ipotesi,EadEesempio,Edell'ammissioneEconEriservaEadEunaEprovaEoraleE diEunEconcorso,EilErigettoEdellaEdomandaEfinaleEdovrebbeEcomportareElaEcadu- cazioneEdellaEmisuraEcautelare;Ecos|�comeEpuo�portareEallaEmedesimaEconclu- sioneElaEconnotazioneEpretensivaEdell'interesseElegittimoEconferitaEaEchiE richiedeEun'autorizzazioneEambientaleEoElaEtensioneEversoEunEbeneEdellaEvitaE inEgenere(33).E Ora,Etuttavia,EnelEnuovoEprocessoEamministrativoEallaEaccentuazioneEdel- l'importanzaEdell'esecuzioneEdellaEfaseEcautelareEsiEaccompagnaEunEfenomenoE recessivoEdellaEstessa.E InnanziEtutto,ElaEfaseEesecutiva,ElungiEdall'essereEautonomaErispettoEaE quellaEcautelare,Ee�strettamenteEcorrelataEaEquellaEcautelare,EanziEsiEponeE comeEunaEmanifestazioneEdelEmedesimoEgiudizio.EInEsecondoEluogoElaEl.E205E faEesplicitoEricorsoEaEformeEalternativeEdiEstrumentiEdiEprotezioneEdellaEsitua- zioneEgiuridicaEsoggettivaEdelEricorrente,EcomeElaErisarcibilita�deiEdanniEeElaE conseguenteEpossibilita�diEcomminareElaEcauzioneEall'AmministrazioneElaE qualeEassicurerebbeEcos|�l'eventualeEobbligazioneErisarcitoriaEconEunEimpegnoE diEcarattereEfinanziario.EInfine,EnuovaEconfigurazioneElegislativaEdelEgiudizioE abbreviatoEex�art.E23-bis,EilEqualeEprevedeEinEdeterminateEmaterieEunoEspazioE applicativoEmoltoEridottoEdellaEsospensiva,EpotendoEilEgiudiceEchiamatoEaEpro- nunciarsiEsullaEdomandaEcautelare,EfissareElaEdataEdiEfissazioneEnelEmeritoE qualoraEaccertiElaEcompletezzaEdelEcontraddittorioEeElaEsussistenzaEdelEfumus� boni�iuris�eEdelEpericulum�inEmora(34).E TuttoEcio�potrebbeErealizzareEunEveroEeEproprioEridimensionamentoEdellaE portataEapplicativaEsiaEdellaEmisuraEcautelare,EsiaEdelleEmisureEesecutiveE stesse.E (31)EM.ENigro, Giustizia�amministrativa,EBologna,E1979,E228.E (32)ECons.EStato,Eord.E9EgennaioE2001,En.E253,EinECons.�Stato,E2001,EI,E120.ECriticoEe�F. Cin- tioli,EL'esecuzione�cautelare�tra�effettivita�della�tutela�e�giudicato�amministrativo,inEDir.�Proc.� Amm.vo,EI,E2002,E87EeEdelloEstessoEautore,EOsservazioni�sul�nuovoprocesso�cautelare�amministrativo,E inEUrb.�app.,2001,E237Ess.E (33)ECfr.EalEriguardoEG. Sorrentino,EIl�Giudice�amministrativo,�per�la�tutela�cautelare,�riuni- fica�ilpoteredistribuito�trapiu�organicompetenti�in�materia�ambientale,inEDirittoprocessuale�ammi- nistrativo,I,E1995,E155.E (34)ESulEpuntoEN. Saitta,ERiti�abbreviati�e�tutela�cautelare:�un�passo�indietro?,inEwww.giu- st.it/articoli/saittan-tutela�cautelare.htm,7.E 3484RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Il�sistema�francese�potrebbe�dare�uno�spunto�in�tal�senso,�considerato� che�in�tale�ordinamento�la�problematica�relativa�all'esecuzione�delle�mesures� d'urgence�e�appena�accennata�nel�dibattito�dottrinale(35),�sia�perche�il� ricorso�alla�cauzione�ha�fino�ad�ora�dato�buoni�risultati,�sia�perche�l'utilizzo� della�suspension�d'exe�cution�rimane�alquanto�circoscritto.� Vero�e�che�l'introduzione�della�legge�n.�2000-597�del�30�giugno�2000� relativa�ai�re�fe�re�davanti�alle�giurisdizioni�amministrative�potrebbe�cambiare� la�situazione,�in�quanto�ha�potenziato�la�tutela�cautelare�che,�di�fatto,�era� rimasta�poco�attuata.� E�curioso�vedere�come,�mentre�la�legge�205�tenta�di�porre�un�argine�al� successo�della�tutela�cautelare,�di�cui�l'attuale�processo�amministrativo�e�in� parte�vittima,�nell'ordinamento�francese�assistiamo�ad�un�fenomeno�quasi� contrario.� Considerato�che�il�dato�normativo�non�affronta�il�problema�che�scaturi- sce�da�una�equiparazione�tra�ordinanza�propulsiva�e�sentenza,�puo�darsi�che� lo�strumento�migliore�per�evitare�possibili�storture�sia�proprio�l'uso�della� cauzione.� L'art.�3�della�legge�205�del�2000�ha�infatti�introdotto�nel�processo�ammi- nistrativo�la�possibilita�di�subordinare�la�concessione�o�il�diniego�della� misura�cautelare�richiesta�dal�ricorrente�alla�prestazione�di�una�cauzione,� anche�mediante�fideiussione,�e�cio�sulla�base�della�possibilita�che�il�T.A.R.� ha�ora�di�conoscere�le�pretese�di�risarcimento�danni�derivanti�dal�comporta- mento�illegittimo�della�P.A.(36)� E�possibile,�comunque,�asserire�con�sicurezza�che�nel�nostro�ordina- mento�e�ora�possibile�rinvenire�un�disfavore�legislativo�nei�confronti�della� consolidazione�dell'assetto�di�interessi�sulla�base�dell'ordinanza�cautelare,�in� quanto�la�spinta�innovativa�e�ormai�tutta�proiettata�verso�l'accelerazione�del� processo�di�merito�e�in�ogni�caso�verso�l'esecuzione�coattiva�della�pronunzia� della�sentenza�di�primo�grado,�che�e�comunque�emanata�sulla�base�di�una� cognizione�piena(37).� L'arretramento�dei�poteri�dell'ottemperanza�proprio�all'emanazione� della�sentenza�esecutiva�in�primo�grado,�nonche�la�maggiore�accentuazione� (35)�R. Chapus,�Droit�du�contienteux�administratif,�9�ed.,�2001,�1036.� (36)�F. Brunetti,�Brevi�note�in�tema�di�cauzione�nel�nuovo�processo�amministrativo,in� www.giust.it/articoli/brunetti_cauzione.htm,2.� (37)�Sul�tema�G. Avanzini,�L'esecuzione�delle�sentenze�del�giudice�amministrativo�non�passate� in�giudicato�tra�dirittopositivo�ed�effettivita��della�tutela,in�Giur.�cost.,�1990,�1251�ss.,�sulla�pronun- cia�della�Corte�Costituzionale�12�dicembre�1998,�n.�406�che�ha�rigettato�la�questione�di�incostitu- zionalita�dell'art.�37�L.�1034/1971,�dell'art.�27�comma�1�n.�4�R.D.�1054/1024�e�degli�artt.�90�e�91� R.D.�642/1907�nella�parte�in�cui�prevedono�che�il�giudizio�di�ottemperanza�possa�essere�proposto� esclusivamente�avverso�le�sentenze�gia�passate�in�giudicato;�C. Cavalieri,�L'esecuzione�delle�sen- tenze�di�primo�grado�ex�art.�10�L.�205/2000:�una�estensione�del�giudizio�di�ottemperanza�o�speciale� procedimento�cautelare�inpendenza�delricorso�in�appello?�in�www.giust.it/articoli/calvieri_esecuzio- ne.htm;�G. Verde,�Attivita��delprincipio�nulla�executio�sine�titulo,in�Riv.�dir.�proc.,�1999,�963�ss.;� B. Graziosi,�Giudizio�di�ottemperanza�ed�esecuzione�delle�sentenze�di�primo�grado,in�Dir.�proc.� amm.,�1997,�451�ss.� CONTRIBUTI�DI�DOTTRINA�3494 di�un�concetto�di�giudicato�a�formazione�progressiva,�potrebbe�risolvere,�in� termini�deflattivi,�la�problematica�dell'ottemperanza�cautelare,�oltre�che� porre�un�freno�alla�cosiddetta�cautelarizzazione�del�processo�amministrativo.� Ne�d'altronde�puo�sottacersi�che�la�preferenza,�accordata�al�momento� acceleratorio�verso�la�definizione�del�giudizio�rispetto�al�momento�cautelare,� e�stata�da�sempre�perseguita�dal�legislatore,�che�gia�nel�lontano�1978�con�la� legge�n.�1,�all'art.�5,�in�materia�di�opere�pubbliche,�aveva�assegnato�al�giudice� il�termine�massimo�di�quattro�mesi�per�la�discussione�del�ricorso�e�limitato� a�solo�sei�mesi�la�durata�del�processo�cautelare.� Ora,�la�stessa�Corte�costituzionale,�con�la�recente�pronuncia�n.�179�del� 2002(38),�ha�dichiarato�che�nel�processo�amministrativo�la�tempestivita�ela� effettivita�della�tutela�anche�cautelare�sono�ormai�completamente�assicurate.� Al�fine,�dunque,�di�risolvere�potenziali�conflitti�e�soddisfare�le�esigenze� di�un�processo�giusto�e�tempestivo,�ma�nello�stesso�tempo�garantista�e�con� ampi�poteri�di�cognizione�e�di�esecuzione,�parrebbe�opportuno�avvalersi�del� criterio�della�natura�delle�cose(39),�che�suggerisce�di�utilizzare�le�esperienze� dell'epoca�in�cui�il�giurista�e�chiamato�ad�operare,�mantenendo�un'adeguata� aderenza�alla�realta�.� Avv. MariA VittoriA LumettI (38)�Ordinanza�della�Corte�cost.�n.�179�del�2002,�in�www.cortecostituzionale.it gia�alla�nota� n.�10.� (39)�Per�approfondimento�cfr.�F. Cintioli,�L'esecuzione cautelare tra effettivita� della tutela e giudicato amministrativo,in�Dir.�Proc. Amm.vo,�I,�2002,�63,�nonche�,�citati�dallo�stesso�autore:� Montesquieu,�Lo spirito delle leggi,�Prefazione,�Classici�politici,�a�cura�di�S. Cotta,Torino,� 1952;�F. Merusi,�La natura delle cose come criterio di armonizzazione comunitaria nella disciplina degli appaltipubblici,in�Riv. It. Dir. Pubbl. com.,�1997,�39;�G. DE GiorgI Cezzi,�Processo ammini- strativo e giurisdizione esclusiva: profili di un diritto in trasformazione,in�Dir. Proc. Amm.,2000,� 736.� RecensioniRecensioni GiustinA Noviello, PaolO Sordi, EnniO AntoniO Apicella, VitO TenorE (con coordinamento di GiustinA Tenore), �Le nuove controversie sul pubblico impiego privatizzato e gli uffici del contenzioso�, dopo il testo unicosulpubblicoimpiego,IIed., Milano,2001, conprefazionedell'Avvocato Generale dello Stato PliniO Sacchetto. Giunge�alla�seconda�edizione�questo�apprezzato�volume,�curato�da� quattro�studiosi�di�eclettica�estrazione�intermagistratuale,�che�per�i�suoi� vasti�ed�aggiornati�richiami�giurisprudenziali�e�dottrinali�si�colloca�come� un�sicuro�punto�di�riferimento�per�avvocati,�magistrati,�studiosi�e�per�i� pubblici�dipendenti�addetti�al�contenzioso�del�lavoro�presso�la�pubblica� amministrazione.� L'art.�68�del�d.lgs.�3�febbraio�1993,�n.�29,�oggi�art.�63,�d.lgs.�30�marzo� 2001,�n.�165�(testo�unico�sul�pubblico�impiego)�ha�devoluto�al�giudice�ordi- nario,�in�funzione�di�giudice�del�lavoro,�la�quasi�totalita�delle�controversie� relative�ai�rapporti�di�lavoro�alle�dipendenze�delle�pubbliche�amministra- zioni,�in�precedenza�spettanti�alla�giurisdizione�esclusiva�del�giudice� amministrativo.�Inoltre�la�difesa�della�pubblica�amministrazione,�per� la�maggior�parte�delle�controversie�lavoristiche,�viene�attribuita�ai�suoi� stessi�dipendenti,�che�dovranno�affrontare�in�prima�persona�l'udienza� (art.�417-bis c.p.c.)�in�luogo�dell'Avvocatura�dello�Stato�o�di�avvocati� interni�ed�esterni.� La�novella�legislativa�pone�rilevanti�problemi�di�carattere�giuridico�e�di� riconversione�professionale�per�avvocati,�magistrati�e,�soprattutto,�per�i�pub- blici�dipendenti�in�precedenza�addetti�ai�tradizionali�e�preesistenti��uffici�del� contenzioso�.� Il�volume,�alla�luce�del�recente�testo�unico�sul�pubblico�impiego�(d.lgs.� n.�165�del�2001)�e�dell'accordo�quadro�su�conciliazione�e�arbitrato�del�23�gen- naio�2001,�tende�a�fornire�un�lineare�quadro�di�riferimento�sulle�modifiche� sostanziali�e�processuali�intervenute�nel�contenzioso�lavoristico�contro�la� pubblica�amministrazione�alla�luce�dell'ormai�vasta�produzione�giurispru- denziale�e�dottrinale.�Di�entrambe�il�testo�da�conto�puntualmente,�senza�tut- tavia�ridursi�a�mera�esposizione�delle�varie�tesi�contrapposte.�Al�contrario,� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� su�ogni�questione�di�rilievo,�esso�prende,�meditatamente,�posizione,�s|�da� inserirsi�con�piena�dignita�ed�autorevolezza�scientifiche�nel�dibattito�sulla� materia.�Oltre�ai�doverosi�richiami�normativi,�giurisprudenziali�e�dottrinali,� il�volume�analizza�l'udienza�innanzi�al�giudice�del�lavoro�e�i�relativi�incom- benti�processuali.� Il�testo�offre�inoltre�utili�suggerimenti�sulle�tecniche�di�redazione�degli� atti�defensionali�e�sulla�impostazione�della�difesa�della�pubblica�amministra- zione,�mutuati�dall'esperienza�dell'Avvocatura�dello�Stato.�Vengono�infine� prospettate�alcune�soluzioni�per�la�migliore�organizzazione�degli�Uffici�per� la�gestione�del�contenzioso�del�lavoro.� Il�manuale,�nell'ormai�ampio�panorama�degli�studi�dedicati�al�conten- zioso�del�lavoro�pubblico,�si�caratterizza�per�la�attenta�ricognizione�di�tutta� la�giurisprudenza�intervenuta�in�materia,�basilare�referente�per�tutti�gli�ope- ratori�del�settore.� Il�testo�e�completato�da�un'ampia�appendice�contenente�le�decisioni� della�magistratura�del�lavoro�sulle�piu�attuali�questioni)�e�da�una�raccolta� dei�testi�normativi�rilevanti,�tra�cui�il�predetto�testo�unico�del�2001.� Cons. FilippO CurcurutO Consigliere della sezione lavoro della Corte di Cassazione ***� VitO poli, vitO tenore, �[ procedimenti amministrativi tipici e il diritto di accesso nelle forze armate� (nella giurisprudenza delle magistrature supe- riori), presentazione del Capo di Stato Maggiore della Difesa, Milano, 2002, pp. 743, prezzo 50 euro. L'accurato�ed�aggiornato�studio�monografico,�curato�da�due�magistrati� del�Consiglio�di�Stato�e�della�Corte�dei�Conti,�colma�una�rilevante�lacuna� editoriale,�fornendo,�alla�luce�dei�piu�autorevoli�apporti�giurisprudenziali�e� dottrinali,�sia�un�aggiornato�studio�riguardo�all'incidenza�della�legge�7�ago- sto�1990�n.�241�sull'attivita�dell'amministrazione�militare,�che�un'approfon- dita�trattazione�dei�principali�procedimenti�amministrativi�delle�forze�armate� (accesso�agli�atti,�procedimenti�disciplinari,�trasferimenti,�sospensioni�caute- lari,�valutazioni�in�sede�di�avanzamento,�reclutamento�del�personale,�valuta- zioni�sull'uso�di�stupefacenti�da�parte�di�militari,�etc.).� Il�testo,�attraverso�l'analisi�puntuale�della�ristrutturazione�dell'ammini- strazione�militare�(capitolo�I),�delle�norme�sul�procedimento�amministrativo� e�sul�diritto�di�accesso�(capitoli�II�e�III)�e�dei�piu�rilevanti�procedimenti�tipici� (capitoli�IV-VII),�costituisce�non�solo�un�saggio�scientifico�di�diritto�ammini- strativo�militare,�ma�anche�un�alto�contributo�manualistico�al�percorso�di� formazione�accademica�e�di�aggiornamento�istituzionale�del�personale�mili- tare�(ufficiali�e�sottufficiali),�ed�un�utile�referente��ricco�di�segnalazioni�giu- RECENSIONI�353 risprudenziali�e�dottrinali��per�una�migliore�comprensione�e�risoluzione,�da� parte�degli�uffici�amministrativi�delle�forze�armate,�delle�questioni�giuridico- amministrative�poste�dalla�realta�quotidiana.� Il�saggio,�per�l'autorevolezza�degli�autori,�l'aggiornamento�delle�fonti� normative�ed�il�taglio�volutamente�concreto�e��giurisprudenziale�,�rappre- senta,�infine,�un�valido�ausilio�per�gli�avvocati�interessati�al�contenzioso�mili- tare,�per�magistrati�amministrativi,�per�gli�addetti�agli�uffici�relazioni�con�il� pubblico�(u.r.p.)�e�per�il�personale�addetto�agli�uffici�del�contenzioso�delle� amministrazioni�militari.� Il�volume�e�completato�da�una�utile�appendice�normativa,�che�offre�al� lettore�i�principali�referenti�normativi�che�disciplinano�i�procedimenti�ammi- nistrativi�tipici�delle�forze�armate.� Degli�stessi�autori�e�imminente�l'uscita�di�un�aggiornato�codice�delle� leggi�amministrative�rilevanti�per�la�gestione�dei�procedimenti�tipici�delle� forze�armate.� Avv. EnniO AntoniO ApicellA Avvocato dello Stato Serviziinformatici estatistici Serviziinformatici estatistici DOMANDE DA PORSI QUANDO SI CERCA IN UNA BANCA DATI GIURIDICA �Per�un�avvocato�i�fatti�esistono�per�essere�sfidati�(...)�Questa�mela�non� e��una�mela.�Winser�ricordava�le�sagge�parole�del�suo�tutor alla�scuola�di�giu- risprudenza�di�quarant'anni�prima�mentre�il�grand'uomo�estraeva�una�mela� verde�dagli�abissi�della�sua�giacca�lisa�e�la�brandiva�davanti�a�se�per�farla� ispezionare�a�un�uditorio�prevalentemente�femminile:��Puo��sembrare una� mela,�ragazze,�puo��avere�l'odore di�una�mela,�la�consistenza di�una�mela��i nsinuante���ma�tintinna come�una�mela?���e�prende�da�un�cassetto�della� cattedra�un�vecchio�coltello�per�il�pane�e�colpisce.�La�mela�si�trasforma�in� una�pioggia�di�gesso.��(1)� Oggi�e��ancora�possibile�colpire la�mela�con�un�coltello�e�sfidare�cos|��i� fatti?� Oggi�e��ancora�valido�il�metodo�induttivo�per�cui�da�un�certo�numero�di� casi�particolari�si�arriva�a�una�conclusione�valida�per�una�ben�maggiore� estensione�di�casi?� La�premessa�per�cui�tali�possibilita��siano�ancora�valide�e��che�il�teatro�di� gioco�sia�quello�da�sempre�conosciuto,�quello�di�cui�i�protagonisti�ricordano� le�misure,�le�asperita��,�gli�echi,�in�una�parola�le�regole�e�tutte�le�possibilita�� che�quelle�regole�permettono.� Ma�i�protagonisti�di�oggi�conoscono�ancora�il�teatro�di�gioco?� Oltre�che�sull'esperienza�la�cognizione�delle�regole�si�basa�sulla�possibi- lita��di�venire�a�conoscenza�di�tutte�le�variabili�che,�nel�tempo,�interferiscono� nel�campo.� Per�cui�la�possibilita��per�i�protagonisti�di�continuare�a�conoscere�il�tea- tro�di�gioco�e��avere�la�continua�opportunita��di�accesso�a�tutti�gli�elementi� che�entrano�in�campo�e�modificano�le�regole.� Oggi�gli�addetti�in�campo�giuridico�hanno�questa�opportunita��?� La�risposta,�teorica,�e��senz'altro�affermativa.� Ma�la�risposta�empirica�e��coincidente�con�quella�teorica?� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Cioe��in�pratica�questa�opportunita��e��reale�ed�effettiva�o,�invece,�e��solo�in fieri? Vediamo�allora,�per�cercare�di�trovare�una�risposta�empirica,�come�in� effetti�funziona�questa�opportunita��.� Quando�parliamo�di�opportunita��di�essere�aggiornati�in tempo reale� delle�modifiche�delle�regole�in�campo�giuridico�parliamo�senz'alcun�dubbio� di�aggiornamento�in�rete.� Ora�ci�sono�due�modi�per�entrare�nella�rete:� Il�primo�e��quello�di�entrare��nella�rete�e�immagino�di�avere�le�stesse� sensazioni�di�un�antico�romano�che�entra�nella�Biblioteca�di�Alessandria.�L|�� c'e��tutto,�o�quasi,�ma�puo��anche�essere�molto�difficile�trovare�quello�che� cerco.�Da�cio��scaturisce�quello�che�ritengo�uno�degli�aspetti�(...)�piu��interes- santi�nell'utilizzo�della�rete:�l'addestramento�a�cercare�l'informazione�con� strategie�articolate�ed�efficaci;�la�possibilita��di�favorire�il�passaggio�(...)�da� fruitore�passivo�di�informazioni�preconfezionate�da�media�di�ogni�genere�a� cacciatore�attivo�di�informazione.�Lo�sviluppo�di�abilita��critiche�e�progettuali� (...).�La�possibilita��(...)�di�raffinare�la�ricerca�con�una�sorta�di�ragionamento� diagnostico�con�inclusioni�ed�esclusioni�(...)�la�possibilita��di�personalizzare� le�strategie�di�ricerca�(2);� Il�secondo�e��quello�del�faraone�che��rimprovero��Toth�per�aver� inventato�la�scrittura,�perche�,�sosteneva,�minacciava�di�distruggere�la� memoria�(...).�Qualunque�spostamento�della�sede�della�memoria�sembra� turbare�profondamente�l'uomo�e�ovviamente�ogni�tecnologia�comporta� una�dislocazione�di�questo�tipo:�l'invenzione�della�scrittura�ha�trasferito� la�memoria�dal�corpo�al�testo�(...)�quando�la�memoria�e�l'elaborazione�del- l'informazione�(ossia�il�pensiero)�mutano�sede�(...)�e��per�fare�qualcosa�di� nuovo�(...)�cos|��l'invenzione�dell'alfabeto�ha�reso�possibile�il�pensiero�indi- viduale��(3)�cos|��ora�la�creazione�della�rete�ha�dislocato�la�memoria�collet- tiva�in�un�non�luogo�diffuso�e�immateriale�su�tutto�il�globo�che�trascende� l'insieme�delle�somme�di�tutti�i�dati�in�esso�presenti�che�l'interazione�dei� dati�supera�la�semplice�addizione�per�l'intrecciarsi�degli�stessi�in�plurime� modalita��connettive.� La�prima�modalita��considera�la�rete�un�luogo�dove�cercare,�la�seconda� come�una�memoria�da�esplorare.�Questa�questione,�che�puo��sembrare�teo- rica,�implica�invece�una�differenziazione�di�base�dal�momento�che�anche�i�siti� si�distinguono�in�siti�di�luogo�e�siti�di�memoria.� Perche�il�problema�di�fondo�della�rete�e��la�sua�estensione.�Ma�estensione� di�che?�Estensione�in�che�senso?�E�cioe��un'estensione�spaziale�o�un'estensione� di�memoria?� In�campo�giuridico�e��un'estensione�di�tutte�le�norme�e�le�giurisdizioni�o� un'estensione�nelle�norme�e�nelle�giurisdizioni?� SERVIZI�INFORMATICI�E�STATISTICI� Sembra�un�paradosso,�ma�non�lo�e�.�Data�l'enorme�estensione�delle� norme�e�delle�giurisdizioni�e��fondamentale�capire�se�navigando�in�tale�mole� s'intravede�la�possibilita��spaziale�di�percorrerla�tutta�per�giungere�al�risultato� o�non�si�puo��far�altro�che�percorrere�mappe�prefissate�per�cercare�l'approdo� desiderato.� Quando�sfoglio�una�rivista�cartacea�so�cosa�cerco,�so�come�cercarlo,�mi� fermo�al�punto�voluto,�secondo�sistemi�di�ricerca�universalmente�riconosciuti� e�soprattutto�dati�una�volta�per�sempre.� Quando�invece�sfoglio�una�ricerca�in�rete�cosa�sfoglio?� Pagine�scelte�da�me�o�da�chi�ha�creato�quei�percorsi?� Un�utente�tempo�fa�mi�chiedeva:�ma�non�sara��limitante�cercare�in�un� universo�predeterminato,�scelto�da�altri?� Cioe��,�in�pratica,�non�saranno�i�compilatori�dei�repertori�a�fare�la�giuri- sprudenza,�e�non�certo�in�nome�del�popolo�italiano?�Altri�mi�chiedevano� invece:�ma�la�possibilita��casuale�di�trovare�proprio�la�sentenza�che�fa�al�caso� mio�non�viene�cos|��perduta?� Io�d'altronde�mi�sono�posto�spesso,�navigando,�un'altra�domanda:�ma�in� rete�quante�volte�devo�imparare�a�leggere?� Una�volta�imparato�l'alfabeto�arabo�da�sinistra�a�destra,�l'indicizzazione� cronologica�e�quella�un�po'�piu��soggettiva�dei�thesaurus, non�dovevo�piu�� andare�a�scuola�di�lettura.� In�rete�invece�ogni�sito,�ogni�rivista�on line, ha�le�sue�regole�di�lettura�a nche�cangianti�nel�tempo��e�devo�continuamente�imparare�a�leggere�i�vari� sistemi�di�lettura�che�i�creatori�di�siti�di�continuo,�per�legge�di�concorrenza,� s'inventano.� E�singolarmente�ad�ogni�sistema�di�lettura�ottengo�risultati�di�ricerca� diversi,�per�cui�ho�cominciato�a�farmi�la�confusa�domanda:�ma�la�legge�in� rete�e��la�legge�della�rete?� Chi�mi�conduce�cioe��ai�risultati�se�le�modalita��d'interrogazione�mutano� ad�ogni�carta�che�navigo?� Chi�determina�i�percorsi�se�quello�che�trovo�cambia�mutando�l'ordine� degli�addendi?� Non�e��che�ormai�la�giurisprudenza�suprema�e��quella�delle�scelte�edito- riali?� Domande�senza�risposte�perche�se�il�mezzo�e��nuovo�anche�i�conduttori� sono�costretti�a�navigare�a�tentoni.� Vediamo�un�esempio:�ho�scelto�una�questione�di�appalto,�i�titoletti�della� massima�recitano:�Appaltatore�&�Diritto�&�Obbligo�&�Danno�&�Terzo.� I�risultati�in�due�diverse�banche�dati�sono�rispettivamente:� 1.�data�base:� 2425�precedenti�alla�parola�Appaltatore;� 134�precedenti�aggiungendo�la�coppia�di�parole�Diritto�&�Obbligo;� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� 39�precedenti�aggiungendo�la�parola�Danno;� 15�precedenti�aggiungendo�la�parola�Terzo.� 2.�data�base:� 1715�precedenti�alla�parola�Appaltatore;� 37�precedenti�aggiungendo�la�coppia�di�parole�Diritto�&�Obbligo;� 10�precedenti�aggiungendo�la�parola�Danno;� 2�aggiungendo�la�parola�Terzo.� Cosa�determina�questa�differenza?� La�differenza�e�determinata�dall'intervento�umano:�le�massime�usano,�e� non�potrebbe�essere�altrimenti�essendo�create�da�uomini�dissimili,�parole� non�sempre�coincidenti.�Per�cui�quando�diciamo�che�la�Legge�in�Rete�e�la� Legge�della�Rete�non�parliamo�di�un�complotto�di�qualcuno,�o�peggio�di� qualcosa,�ma�dell'esistenza�di�un�meccanismo�interagente�di�uomini�e�mac- chine�che�determina�una�realta�aldila�di�qualsiasi�volonta�.� Come�reagire�a�questo�stato�di�fatto?�Dobbiamo�considerarla�una� �trasformazione�antropologica�che�ha�il�suo�perno�proprio�sul�(...)�pro- cesso�di�spersonalizzazione�che�alla�fine�potrebbe�implementare�la�trasfor- mazione�della�nostra�specie�in�un�unico�organismo�interagente:�un�animale� planetario,�o�un�gigantesco�computer�biologico,�una�collettivita�di�cervelli� collegati�tra�di�loro.��(4)� O�pensare�che�sia�un'esagerazione?�Ma�d'altronde�vediamo�come� Turani�nella�Repubblica�del�24�febbraio�2002�definisce��la�premessa�che� il�mercato�(cioe�l'insieme�delle�centinaia�di�migliaia�di�persone�che�tutti� i�giorni�comprano�e�vendono�titoli,�obbligazioni,�valute,�ecc.)�abbia,� attraverso�vie�misteriose,�una�sua�intelligenza,�una�sua�capacita�di�vedere� ``oltre''�.� Come�sfuggire�a�questa�sorta�di�intelligenza�collettiva�che�ci�plasma?� Agamben�suggerisce�una�possibilita�:��l'esilio�permette�di�pensare�una�via� d'uscita�(...).�Con�un�ardito�rovesciamento,�la�vera�essenza�(...)�dell'uomo� non�consiste�piu�nella�semplice�iscrizione�in�una�comunita�data,�ma�coincide� piuttosto�con�quell'elemento�inquietante�che�Sofocle�aveva�definito� ``superpolitico-apolide''.�(5)�cioe�io�soggetto�della�rete,�per�sfuggire�ai�per- corsi�prefissati,�mi�pongo�in�esilio�dalle�regole�di�consultazione,�scelgo�volta� per�volta�da�vero�superpolitico-apolide�le�modalita�d'interrogazione,�le�sintassi� di�ricerca,�le�strategie�di�navigazione�e�solo�cos|�m'impossesso�della�carta� del�mondo�ridiventando�soggetto�della�ricerca.�Ribadendo��La�necessita�di� essere�presente�al�gioco�(...)�per�riappropriarsi�(...)�di�una�cittadinanza�a� pieno�titolo�che�chiede�continuamente�di�progettare�e�di�riconfigurare�cio�di� cui�si�fa�esperienza�(6)� �Quando�gli�uomini�riacquisteranno�di�nuovo�un�rapporto�diretto�con�il� prodotto�del�loro�lavoro�si�assumeranno�anche�con�gioia�quella�responsabi- lita�del�lavoro�che�oggi�non�hanno�(7).� SERVIZI�INFORMATICI�E�STATISTICI� Il�cercatore in esilio e�quindi�il�navigatore�che�ha�capito�come�Starnone� che�il�mezzo�elettronico�da���una�sorprendente�mancanza�di�controllo�sulla� scansione�delle�sequenze.�(...)�La�macchina�mi�ha�piegato�alle�leggi�del�suo� funzionamento,�mi�ha�abbagliato�con�la�sua�velocita�,�con�le�sue�strepitose� prestazioni.�(...)�Il�testo�del�computer�e��abbagliante�ma�ingannevole,�quello� cartaceo�e��opaco�ma�sincero.��(8)� Per�cui�occorre��reimpastare�innanzitutto�dentro�di�noi�il�vecchio�e�il� nuovo.��(8)�Per�evitare�che�i��mutamenti�(...)�ci�cambino�in�profondita��.��(8)� Perche�il�pericolo��che�incombe�ora�(...)�ha�frammentato�la�nostra�psi- che�e�ci�ha�reso�schiavi�della�velocita����(9)�facendoci�correre��il�rischio�di� una�perdita�della�capacita��di�sintesi�e�degli�strumenti�culturali�necessari�per� esprimere�la�propria�identita��e�la�propria�conoscenza.��(10)� Sembra�un'esagerazione,�ma�se�sintetizziamo�l'allarme�di�Blonsky�e� Desnoes�nel�concetto�di��perdita�di�controllo��ci�accorgiamo�che� quest'espressione�fotografa�la�situazione�in�cui�operiamo�le�ricerche�giuridi- che.�La�necessita��della�velocita��e�l'immediatezza�delle�risposte�telematiche� non�ci�lasciano�il�tempo�di�porci�ne�domande�ne�dubbi�per�cui�siamo�sempre� piu��dipendenti�da�un�mezzo�che,�come�spiegavo�prima,�e��teleguidato��e� non�puo��essere�altrimenti�data�la�mole�dei�dati�e�le�necessita��della�concor- renza��dalle�scelte�editoriali.� Per�evitare�di�farsi�impostare�da�altri�le�possibili�scelte�processuali� occorre�sfuggire�alle�maglie�dei�percorsi�prefissati�dai�siti�editoriali�che�prede- terminano�le�modalita��e�le�vie�della�ricerca�e�impongono�risultati�giurispru- denziali�obbligati.� Da�qui�il�senso�del�percorso�evocato�da�Agamben:�scegliere�l'identita��di� cercatore in esilio per�divenire�soggetto della ricerca perche��farsi�soggetto�di� costruzione�del�sapere�vuol�dire�finalmente�a�pieno�titolo�farsi�artefice�del� mondo�(11)� Dott.�Tommaso�Capezzone� Bibliografia� (1)�John�Le�Carre�,�Single & single, Feltrinelli.� (2)�Maria�D'Ambrosio,�L'agire narrativo: verso la costruzione di un tes- suto �logico-sensoriale� in�Orizzonti multimediali della formazione, Napoli,� Liguori,�1999.� (7)�W.�Reich,�Psicologia di massa del fascismo, Milano,�Mondadori,� 1974.� (10)�A.�Sainati,�Supporto, soggetto, oggetto: forme di costruzione del sapere dal cinema ai nuovi media, 1998.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� WebgrafiA (2)�PaolO Renzi,�Favorisce�la�caccia,�di�conoscenza.� (3)�DerricK DE Kerckhove,�Tele�ma,�1998.� (4)�FrancO Prattico,�L'insegnante�del�duemila�sara�un�navigante�del� sapere.� (5)�GiorgiO Agamben,�Politica�dell'esilio.� (8)�DomenicO Starnone,�Una�macchina�portentosa,�fatata�che�ti�abba- glia�e�riesce�a�cambiarti.� (9)�MarshalL Blonsky, EdmundO Desnoes,�Non�bastapiu�fare�open- sare,�bisogna�apparire,�se�no�scompari.� SERVIZI�INFORMATICI�E�STATISTICI� LA BANCA DATI PROFESSIONALE DELL'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO La�banca�dati�professionale�dell'Avvocatura�dello�Stato�e�stata�realizzata� dal�Raggruppamento�di�imprese�che�assunto�l'appalto�della�realizzazione� del�Nuovo�Sistema�Informativo.� Ad�esso�ha�lavorato�la�dottoressa�Livia�Golisano�della�Unisys�Italia� S.p.a.,�supportata�dal�personale�tecnico�impegnato�nel�progetto.� La�realizzazione�della�banca�dati�e�stata�preceduta�da�una�fase�di�analisi� alla�quale�hanno�collaborato�gli�avvocati�dello�Stato�a�suo�tempo�incaricati,� al�fine�di�precisare�in�dettaglio�le�specifiche�esigenze�dell'Istituto�in�modo� che�l'applicazione�fosse�il�piu�possibile�rispondente�alle�necessita�operative�e� professionali�degli�avvocati�dello�stato.� La�banca�dati�e�ora�attiva�e�contiene�un�certo�numero�di�pareri�del� Comitato�Consultivo,�nonche�vari�atti�defensionali;�essa�sara�alimentata� anche�con�l'apporto�delle�Avvocature�Distrettuali,�dalle�quali�e�consultabile� attraverso�la�rete�geografica�dell'Avvocatura.� L'applicazione�restera�in�gestione�al�fornitore�durante�tutto�il�tempo�di� completamento�del�progetto�relativo�al�Nuovo�Sistema�Informativo;�successi- vamente�la�gestione�sara�assunta�direttamente�dall'Avvocatura�che�vi�provve- dera�con�i�propri�tecnici.� Per�la�segnalazione�di�eventuali�malfunzionamenti�e�utilizzabile�il� numero�telefonico�del�Presidio�263�(dott.�Livia�Golisano),�ovvero�il�servizio� assistenza�che�opera�anch'esso�presso�il�Presidio�e�risponde�al�numero�telefo- nico�520.� Come si cerca nella banca dati professionale dell'Avvocatura dello Stato Contenuto efunzioni della banca datiprofessionale La�banca�dati�professionale�contiene�il�testo�integrale�degli�atti�defensio- nali�e�dei�pareri�ritenuti�di�interesse�generale.� Essa�e�stata�pensata�con�l'obiettivo�di�consentire�agli�avvocati�dello�stato� di�mettere�a�disposizione�dei�colleghi�quel�prezioso�patrimonio�di�esperienza� e�di�professionalita�che�e�il�risultato�di�anni�di�attivita�e�di�studio,�al�fine�di� migliorare�la�qualita�del�servizio�reso�per�l'istituto�e�di�curare�al�meglio�l'inte- resse�pubblico.� La�banca�potra�diventare�utile�strumento�di�ausilio�professionale�non� solo�per�gli�avvocati,�ma�anche�per�lo�stesso�vertice�dell'Istituto�che�disporra� costantemente�della�possibilita�di�verificare�la�linea�assunta�dall'Avvocatura� nelle�principali�questioni�contenziose�e�consultive.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Documentipresentinella�banca�datiprofessionale�erelativiattributi� La�banca�dati�professionale�contiene�i�testi�integrali�degli�atti�e�dei� pareri,�ricercabili�per�parola�testuale.� I�documenti�sono�anche�corredati�di�informazioni�ulteriori�che�costitui- scono�attributi�dei�documenti�e�sono�utilizzabili�a�loro�volta�come�canale�di� ricerca.� Le�predette�informazioni�sono�in�larga�parte�recuperabili�dalla�base�dati� gestionale,�e�possono�essere�divisi�in�due�gruppi:� A)�Attributi�identificativi�del�documento�e�dell'affare�cui�esso�si�riferisce:� numero�e�tipo�di�affare,�avvocatura�di�pertinenza,�nome�avvocato,�nomi�delle� parti�difese�e�non�difese,�estremi�identificativi�del�documento�(estremi�di�pro- tocollo�della�lettera,�estremi�di�registrazione�dell'atto�notificato�o�depositato).� B)�Attributi�descrittivi�della�questione�giuridica:�riferimento�normativo,� schema�di�classificazione�(per�l'individuazione�della�materia),�titoletto� mobile,�eventuale�massima.� Modalita�di�selezione�dei�documenti�da�inserire�nella�banca�dati� La�banca�dati�professionale�e�orientata�al�servizio�dell'avvocato�dello� stato,�il�quale��oltre�alla�possibilita�di�consultare�la�banca�dati��ha�anche� l'opportunita�di�formarla�con�il�proprio�contributo,�proponendo�direttamente� i�propri�atti�defensionali�e�pareri�per�l'inserimento�nel�sistema.� Gli�atti�e�pareri�di�cui�avvocati�propongono�l'inserimento�verranno�tra- smessi��attraverso�la�rete�di�trasmissione�dati��in�un'area�di��anticamera�� per�essere�visionate�da�uno�o�piu��selettori�,�i�quali��riscontrata�la�rile- vanza,�la�non�ripetitivita�del�documento�rispetto�ad�altri�gia�presenti,�nonche� la�completezza�delle�informazioni�di�corredo��disporranno�l'inserimento� in�banca�dati.� La�soluzione�sopra�esposta�offre�il�pregio�di�decentrare�l'iniziativa�del� reperimento�dei�documenti�valutabili�ai�fini�dell'inserimento,�valorizzando�il� libero�apporto�degli�avvocati,�senza�perdere�il�vantaggio�di�affidare�ad�un� organismo�unitario�la�selezione�e�l'inserimento�del�materiale�proposto�con� criteri�omogenei.� La�ricerca� La�consultazione�della�banca�dati�e�fondata�su�modalita�di�interroga- zione�intuitive�e�si�avvale�anche�dell'ausilio�di�strumenti�di�guida.� Oltre�alle�ricerche�per�parola�testuale�e�possibile�effettuare�la�ricerca� sugli�attributi�identificativi�del�documento�e�dell'affare�cui�esso�si�riferisce� (numero�e�tipo�di�affare,�avvocatura�di�pertinenza,�nome�avvocato,�nomi� delle�parti,�estremi�identificativi�del�documento),�nonche�sugli�attributi� descrittivi�della�questione�giuridica�(riferimento�normativo,�schema�di�classi- ficazione,�titoletto�mobile,�eventuale�massima).� SERVIZI�INFORMATICI�E�STATISTICI� I�documenti�che�costituiscono�il�risultato�di�una�ricerca�possono�essere� accantonati�e,�con�un�unico�comando,�e�possibile�effettuarne�la�memorizza- zione�sul�PC�o�la�stampa.� Ciascun�avvocato�inoltre�ha�la�possibilita�di�memorizzare�e�conservare,� in�un'area�personale�gli�estremi�delle�ricerche�piu�frequenti�in�modo�che�i nterrogando�periodicamente�la�banca�dati��possa�tenersi�sempre�al�cor- rente�delle�novita�intercorse.� La ricerca dei documenti dell'Avvocatura I�documenti�archiviati�nella�banca�dati�professionale�della�Avvocatura� Generale�dello�Stato�sono�disponibili�in�modalita�Web�a�tutti�gli�utenti� abilitati.� Cio�significa�che,�tramite�il�browser�Internet Explorer,e�possibile�acce- dere�alle�informazioni�registrate�nella�suddetta�banca�dati.� Il�menu�permette�di�accedere�ad�un�certo�numero�di�funzionalita�che� saranno�descritte�in�dettaglio�nei�paragrafi�successivi.� La�stringa�di�ricerca�in�base�alla�quale�ricercare�i�documenti�ha�due� interfacce�disponibili:� la�maschera�di�ricerca semplice;� la�maschera�di�ricerca avanzata.� La maschera di ricerca semplice Tramite�la�maschera�di�ricerca�semplice�e�possibile�effettuare�la�ricerca� di�un�documento�riempiendo�almeno�un�canale�di�ricerca�tra�i�seguenti� campi:� anno�affare�(formato�4�cifre);� numero�affare;� numero�protocollo;� data�protocollo;� data�inserimento�documenti�in�banca�dati;� numero�(riferimenti�normativi);� anno�(riferimenti�normativi);� articolo�(riferimenti�normativi).� Nei�campi�data�protocollo�e�data�inserimento�e�possibile�la�ricerca�per� intervallo�di�valori.� Occorre�inserire�solo�la�prima�data�per�ricercare�documenti�protocollati� con�data�uguale�o�posteriore�a�quella�indicata.� Occorre�inserire�solo�la�seconda�data�per�ricercare�documenti�protocol- lati�con�data�uguale�o�anteriore�a�quella�indicata.� Volendo�cercare�solo�i�documenti�protocollati�in�una�specifica�data�ripe- terla�in�entrambe�i�campi.� Analoghe�considerazioni�valgono�per�la�data di inserimento dei�docu- menti�nella�banca�dati.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� I�campi�di�seguito�elencati�sono�inseriti�mediante�scelta�da�menu�a� tendina:� avvocatura;� tipo�affare;� tipo�documento;� fonti�tipiche�o�generiche�(riferimenti�normativi);� iterazione�articolo�(riferimenti�normativi).� Per�il�tipo documento se�nel�menu�a�tendina�sulla�sinistra�si�seleziona�la� voce��atto defensionale�,�e�abilitato�il�secondo�menu�dove�e�possibile�specifi- care�il�tipo�di�atto�defensionale.� Nella�parte�centrale�della�maschera�e�disponibile�la�ricerca,�sui�canali� testuali�di�seguito�elencati,�sulla�base�delle�parole�che�essi�contengono:� testo�del�documento;� massima;� titolo�mobile.� Per�ritrovare�i�documenti�che�contengono�contemporaneamente�piu�ter- mini,�digitarli�separati�da�uno�spazio,�ad�esempio:��casa sequestro��(ricerca� in�AND).� Per�ritrovare�documenti�che�contengono�uno�dei�termini�elencati�sepa- rarli�con�il�segno�uguale,�ad�esempio:��casa = sequestro��(ricerca�in�OR).� La�selezione�della�casella�di�scelta�corrispondente�al�testo,�alla�massima oal�titolo mobile permette�di�indicare�in�quale�canale�devono�essere�presenti� le�parole.� La�ricerca�con�espansione�delle�parole,�attivabile�selezionando�la�casella� di�scelta�espansione parole,�cerca�anche�le�parole�nella�forma�maschile,�nella� forma�femminile�e�nelle�declinazioni�verbali.� Il�tasto�pulisci�permette�di�ripulire�la�maschera�dai�valori�immessi.� Il�tasto�ricerca�avanzata�permette�di�accedere�alla�maschera�per�la� ricerca�avanzata.� La maschera di ricerca avanzata Tramite�la�maschera�di�ricerca�avanzata�la�ricerca�puo�essere�compiuta� anche�in�base�all'avvocato�redattore�dell'atto,�alla�parte�difesa�e�non�difesa,� ai�riferimenti�normativi,�alla�classificazione�in�base�alla�questione�giuridica.� Le�parti�che�compongono�la�stringa�della�ricerca�possono�essere�poste� tra�loro�in��AND��o�in��OR��e�indicarne�tramite�le�parentesi�la�precedenza� nell'esecuzione.� Avvocato Per�riempire�il�campo�avvocato bisogna�fare�clic�sul�collegamento�Avvo- cato situato�nella�parte�sinistra�della�pagina�di�ricerca�avanzata.� Successivamente�si�apre�la�finestra�che�consente�la�scelta�dell'avvocato� da�un�elenco�aggiornato�dinamicamente�dalla�banca�dati�professionale.� SERVIZI�INFORMATICI�E�STATISTICI� Per�reperire�il�nome�dell'avvocato�e�possibile,�alternativamente,�proce- dere�in�uno�dei�seguenti�modi:� inserire�le�prime�lettere�del�nome�avvocato�nella�casella�di�testo,�cio� permettera�di�scorrere�automaticamente�l'elenco�fino�al�prima�voce�corri- spondente,�nell'ipotesi�che�essa�esista;� scorrere�manualmente,�mediante�la�barra�di�scorrimento,�l'elenco� degli�avvocati�visualizzato�tramite�il�menu�a�tendina.� Per�trasferire�il�nome�dell'avvocato�nell'opportuno�canale�di�ricerca�della� maschera�di�ricerca�avanzata:�selezionare�un�nominativo�dall'elenco�e�fare� doppio�clic�su�di�esso.� Schema di classificazione questione giuridica Per�riempire�il�campo�materia bisogna�fare�clic�sul�collegamento�Materia situato�nella�parte�sinistra�della�pagina�di�ricerca�avanzata.� Successivamente�si�apre�la�finestra�che�consente�la�scelta�della�materia� da�un�elenco�aggiornato�dinamicamente�dalla�banca�dati�professionale.� Nella�parte�piu�alta�della�finestra�e�presente�la�lista�aree�di�interesse.�La� selezione�di�una�area�di�interesse�consente�di�ristringere�la�visualizzazione� alle�sole�voci�di�primo�livello�che�vi�fanno�riferimento.� Mediante�la�selezione�di�una�voce�di�primo�livello�e�possibile�visualiz- zare�tutte�le�relative�voci�di�secondo�livello�nel�riquadro�sottostante.� Mediante�la�selezione�di�una�voce�di�secondo�livello�e�possibile�visualiz- zare�tutte�le�relative�voci�di�terzo�livello�nel�riquadro�sottostante�e/o�di�spo- starla�all'interno�dell'opportuno�canale�di�ricerca�nella�pagina�principale.� Per�eseguire�la�ricerca�occorre�fare�le�seguenti�azioni:� 1.�scegliere�una�voce�dal�menu�a�tendina�Area di interesse per�restrin- gere�il�numero�voci�visualizzate�nell'area�di�testo�primo�livello.� 2.�fare�clic�su�una�voce�presente�nel�Primo livello per�visualizzare�le� eventuali�sottovoci�nell'area�di�testo�Secondo livello.� 3.�compariranno�le�voci�nell'area�di�testo�Secondo livello;� 4.�fare�clic�su�una�voce�presente�nel�Secondo livello per�visualizzare�le� eventuali�sottovoci�nell'area�di�testo�Terzo livello;� 5.�compariranno�le�voci�nell'area�di�testo�Terzo livello.� Per�trasferire�la�voce�scelta�nell'opportuno�canale�di�ricerca�della� maschera�di�ricerca�avanzata:�selezionare�una�voce�dall'elenco�e�fare�doppio clic su�di�essa.� Per�chiudere�la�finestra:�fare�clic�sul�tasto�Chiudi.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Parte difesa e parte non difesa Per�riempire�il�campo�parte difesa bisogna�fare�clic�sul�collegamento� Parte difesa situato�nella�parte�sinistra�dello�schermo�della�pagina�di�ricerca� avanzata.� Successivamente�si�apre�la�finestra�che�consente�la�scelta�della�parte� difesa�da�un�elenco�aggiornato�dinamicamente�dalla�banca�dati�professio- nale.� Per�eseguire�la�ricerca�occorre�fare�le�seguenti�azioni:� 1.�scrivere�la�parte�cercata�nella�casella�di�testo;� 2.�fare�clic�sul�tasto�ricerca per parole;� 3.�se�la�ricerca�ha�avuto�esito�positivo,�le�voci�cercate�compariranno� sottoforma�di�elenco�nella�area�di�testo�sottostante.� Per�trasferire�la�voce�scelta�nell'opportuno�canale�di�ricerca�della� maschera�di�ricerca�avanzata:�selezionare�una�voce�dall'elenco�e�fare�doppio clic su�di�essa.� Per�chiudere�la�finestra:�fare�clic�sul�tasto�Chiudi.� Mascheramento Inoltre�e�consentito�il�mascheramento�dei�termini,�utilizzando�nella� casella�di�testo�uno�o�entrambi�i�caratteri�?�e�*.� Il�carattere�?�permette�di�mascherare�un�singolo�carattere�nella�stringa�di� caratteri�da�ricercare.�Il�carattere�*�permette�di�mascherare�piu�caratteri.� Per�la�parte non difesa valgono�indicazioni�analoghe�a�quanto�qui�espo- sto�per�la parte difesa.� Riferimenti Normativi Per�riempire�il�campo�riferimenti normativi bisogna�fare�clic�sul�collega- mento�Riferimenti normativi situato�nella�parte�sinistra�dello�schermo�della� pagina�di�ricerca�avanzata.� Successivamente�si�apre�la�finestra�che�consente�la�scelta�dei�riferimenti� normativi�da�un�elenco�aggiornato�dinamicamente�dalla�banca�dati�profes- sionale.� Per�eseguire�la�ricerca�occorre�fare�le�seguenti�azioni:� 1.�riempire�almeno�uno�dei�canali�di�ricerca;� 2.�fare�clic�sul�tasto�OK;� 3.�se�la�ricerca�ha�avuto�esito�positivo,�le�voci�cercate�compariranno� sottoforma�di�elenco�nella�area�di�testo�sottostante.� Per�trasferire�una�voce�nell'opportuno�canale�di�ricerca�della�maschera� di�ricerca�avanzata:�selezionare�una�voce�dall'elenco�e�fare doppio clic�su�di� essa.� SERVIZI�INFORMATICI�E�STATISTICI� Per�eliminare�contemporaneamente�tutti�i�valori�immessi�nei�canali�di� ricerca�dei�riferimenti normativi:�fare�clic�sul�tasto�azzera campi.� Per�chiudere�la�finestra:�fare�clic�sul�tasto�Chiudi.� Testo, massima, titolo Per�riempire�il�campo�testo bisogna�fare�clic�sul�collegamento�Testo situato�nella�parte�sinistra�dello�schermo�della�pagina�di�ricerca�avanzata.� Successivamente�si�apre�la�finestra�che�permette�di�digitare�il�testo�nella� casella�di�testo�e�poi,�facendo�clic�sul�tasto�Aggiungi,�di�inserire�direttamente� nel�canale�di�ricerca�la�parola�scelta.� E�possibile�inserire�direttamente�piu�parole.�Si�e�scelto�di�utilizzare,�dove� le�funzionalita�dell'applicativo�lo�richiedevano,�la�seguente�convenzione� riguardo�ai�simboli�indicanti�gli�operatori�logici:� per�l'AND�logico�si�usa�il�singolo��spazio vuoto��tra�due�parole;� per�l'OR�logico�si�usa�il�simbolo��=��tra�due�parole.� Per�inserire�una�o�piu�parole�nel�campo�Testo della�maschera�di�ricerca� avanzata:� 1.�digitare�la�parola�da�cercare�nella�casella�di�testo;� 2.�fare�clic�sul�tasto�Aggiungi.� Per�consultare�i�sinonimi:�fare�clic�sul�tasto�Sinonimi.�Anche�questi�ter- mini�possono�essere�aggiunti�nel�canale�di�ricerca�eseguendo�le�operazioni� descritte�sopra.� Per�chiudere�la�finestra:�fare�clic�sul�tasto�Chiudi.� La�realizzazione�di�una�ricerca�avanzata�e�possibile�grazie�all'utilizzo� degli�operatori�logici�AND�e�OR�in�quanto�essi�permettono�di�combinare� ulteriormente�tra�loro�le�parole�nel�canale�di�ricerca.� I�termini�possono�essere�messi�in�relazione�anche�in�base�alla�distanza� tra�le�parole�tramite�il�pulsante��Vicino a�.� Tramite�il�pulsante��distanza tra le parole��presente�nel�menu�sulla�sini- stra�dello�schermo�puo�essere�variata�sia�la�distanza�tra�le�parole�sia�il�loro� ordine�di�presentazione.� Il�valore�standard�di�distanza�e�3.� Per eseguire la ricerca selezionare l'espressione cercata e premere il pulsante �CERCA� nella maschera. Per�la�massima eil�titolo valgono�indicazioni�analoghe�a�quanto�qui� esposto�per�il�testo.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Il risultato della ricerca Il�risultato�della�ricerca�riporta�le�seguenti�informazioni:� la stringa della ricerca eseguita; il numero dei documenti trovati; il numero dei documenti visualizzati. I�documenti�sono�presentati�in�ordine�decrescente�in�base�alla�data�di� inserimento�in�banca�dati�con�la�visualizzazione�dei�seguenti�elementi:� sigla avvocatura; tipo affare; numero affare; anno affare; titoletto mobile in minuscolo. In�virtu�della�stretta�integrazione�con�il�sistema�gestionale�un�collega- mento�ipertestuale�sul�codice�dell'affare�legale�consente�l'accesso�diretto�alle� informazioni�relative�allo�stato�all'affare.� Analogamente�dal�sistema�gestionale�e�possibile�visualizzarne�diretta- mente�i�documenti�pertinenti�presenti�nella�banca�dati�professionale.� Per�mezzo�di�ulteriori�collegamenti�ipertestuali�si�richiamano�le�seguenti� informazioni:� massima; dettagli che comprendono: parte�difesa;� parte�non�difesa;� riferimenti�normativi;� materia�(questione�giuridica);� avvocato;� dati�di�protocollo.� testo evidenziate; Il�testo�evidenziato�viene�mostrato�solo�quando�si�e�compiuta� una�ricerca�per�parola�sul�canale��testo�.�Le�parole�trovate�sono�in�grassetto� e�di�colore�blu.� testo informato Word. Richiamando�la�voce�testo�Word�il�documento�viene�aperto.�Con� il�pulsante�destro�del�mouse si�ha�la�possibilita�di�scaricare�il�documento�in� locale�senza�aprirlo.� titolo. Dott. CorradO DI BenedettO ^Dott.ssA LiviA GolisanO della�UNISYS ItaliA S.p.A. IndicisistematiciIndicisistematici 1 -ARTICOLI, NOTE, DOTTRINA, RECENSIONI La costituzione di parte civile nel processo penale. Atti1della1tavola1rotonda1 del171giugno12002.1Introduzione1di1LuigI Mazzella. Interventi1di:1 GuidO Calvi, PaolO VittoriO dI TarsiA dI Belmonte, GiovannI MariA Flick, GiuseppE Frigo, AntoniO Marini, GaetanO Pecorella, EmanuelE Squarcia. Comunicazioni1di:1GiannI CarlO Ferrero, StefanO Maccioni, UgO PiolettI .............. ..... pag.1 EnniO AntoniO Apicella, recensione1a:1Iprocedimenti amministrativi tipici e il diritto di accesso nelleforze armate, di1Vito1Poli,1Vito1Tenore1....1.....1�13521 FedericO Basilica, LuigI Mazzoncini, Il caso Raiway. Il diniego della cessione delle quote non denota un eccesso di potere. Il Tar Lazio torna ad occuparsi degli attipolitici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . �1821 FedericO Basilica, ChiarA Serafini, La ragionevole durata delprocesso alla luce di una recente proposta di modifica della legge Pinto . . . . . . . . . . . . . . �13291 MauriziO Borgo, Revoca della confisca nei procedimenti antimafia: regime delle spese utili alla conservazione dei beni . .. ... .. .. .. ... .. .. ... .. . �7161 TommasO Capezzone, Domande da porsi quando si cerca in una banca dati giuridica ... .. .. ... .. .. ... .. .. ... .. .. ... .. .. .. ... .. .. ... .. . �13551 IgnaziO FrancescO Caramazza, Pubblica Amministrazione e tutela del cittadino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . �13191 FilippO Curcuruto, recensione1a:1Le nuove controversie delpubblico impiego privatizzato e gli uf ff ici del contenzioso, di1GiustinA Noviello, PaolO Sordi, EnniO AntoniO Apicella, VitO TenorE ............ ..... �1351 370 RASSEGNAAVVOCATURADELLOSTATO CorradO DI Benedetto, LiviA Golisano, Come�si�cerca�nella�banca�dati� professionale�dell'Avvocatura�dello�Stato�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�pag.�361 OscaR Fiumara, Sulla�legittimita�delle�tariffe�professionaliforensi�.�.�.�.�.�.�.�.�.�� 46 OscaR Fiumara, Sull'illegittimita�di�un�regime�sanzionatorio�differenziato�dei� non�residenti�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�� 59 SergiO Laporta, L'indennita�difunzione�per�i�giudici�dipace�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�� 173 MariA VittoriA Lumetti, L'esecuzione�delle�misure�cautelari�del�giudice� amministrativo�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�� 338 SarrE Pirrone, Il�regime�tariffario�dell'importazione�delle�banane�.�.�.�.�.�.�.�.�.�� 137 RobertO Sarra, Ricorso�avverso�il�silenzio�dell'Amministrazione:�un�freno� all'estensione�dei�poteri�decisori�del�giudice�amministrativo�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�� 146 2-S�E�N�T�E�N�Z�E� CORTEDIGIUSTIZIAEUROPEA Plenum,�19febbraio2002,causaC-35/1999 Comunita�europee�^Concorrenza�^Tariffa�obbligatoria�degli�onorari�d'avvo- cato�^Deliberazione�del�Consiglio�nazionale�forense�^Approvazione�ministe- riale�^Compatibilita�.�.........................................pag.�46 Sez.5.,7marzo2002,causaC-145/1999 Comunita�europee�^Diritto�di�stabilimento�e�libera�prestazione�dei�servizi�^ Accesso�alla�professione�di�avvocato�ed�esercizio�della�stessa.�............o � 52 Sez.6.,19marzo2002,causaC-224/2000 Comunita�europee�^Principio�di�non�discriminazione�^Trasgressori�del�codice� della�strada�^Trattamento�differenziato�su�base�al�luogo�di�immatricolazione� del�veicolo�^Proporzionalita�...................................o � 60 CORTEDICASSAZIONE Sez.lavoro,16febbraio2002,n.2287 Procedimento�civile�^Lavoro�(controversie�di)�^Incompetenza�del�Pretore�(a� favore�del�Tribunale)�^Sopravvenuta�istituzione�del�giudice�unico�di�primo� grado�^Conseguenze�derivanti�dall'attribuzione�delle�controversie�al�Tribunale� in�composizione�monocratica�^Rilevanza�ai�soli�effetti�del�rito�applicabile.� Ordinamento�giudiziario�^Magistrati�onorari�^Giudici�di�pace�^Compensi�^ Indennita�giudiziaria�^Non�spetta.�..............................o � 173 INDICISISTEMATICI 371 TRIBUNALE DI REGGIO CALABRIA, sezo misure di prevenzione, 19marzo2002(senza numero) Misure�di�prevenzione�^Patrimoniali�^Legge�n.�575/1965�^Confisca�disposta� dal�Tribunale�e�successivamente�revocata�dalla�Corte�di�Appello�^Approvazione� conto�di�gestione�^Opposizione�dell'ex�proposto�in�ordine�alla�imputazione�delle� spese�sostenute�nell'ambito�del�relativo�procedimento�^Legittimazione�passiva� dell'Agenzia�delle�entrate�e�dell'Agenzia�del�demanio�^Non�sussiste�^Legitti- mazione�passiva�del�Ministero�dell'Economia�e�delle�Finanze�^Sussiste.� Misure�di�prevenzione�^Patrimoniali�^Legge�n.�575/1965�^Confisca�disposta� dal�Tribunale�e�successivamente�revocata�dalla�Corte�di�Appello�^Approvazione� conto�di�gestione�^Opposizione�dell'ex�proposto�in�ordine�alla�imputazione�delle� spese�sostenute�nell'ambito�del�relativo�procedimento�^Diversa�disciplina�delle� �spese�necessarie�o�utili�per�la�conservazione�e�l'amministrazione�dei�beni�� (art.�2-octies, primo�comma�della�legge�n.�575/1965)�e�delle��somme�per�il� pagamento�del�compenso�all'amministratore,�per�il�rimborso�delle�spese�da�lui� sostenute�per�i�suoi�coadiutori�e�quelle�di�cui�al�comma�4�dell'art.�2-septies�� (art.�2-octies, terzo�comma�della�legge�n.�575/1965)�^Imputabilita�allo�Stato� delle�sole�somme�di�cui�all'art.�2-octies,�terzo�comma�della�legge�n.�575/1965�pago 180 TRIBUNALEDITRENTO,20novembre2001,n.1029 Opposizione�ad�ingiunzione�fiscale�^Recupero�diritti�doganali�^Legittimita�del� ricorso�all'ingiunzione�fiscale�come�atto�di�accertamento�tributario.� Organizzazione�comune�del�mercato�europeo�delle�banane�^Interposizione�fitti- zia�di�operatori�c.d.��nuovi�arrivati��^Legittimita�dell'applicazione�del�regime� tariffario�intero�............................................o � 141 CONSIGLIODISTATO,Adunanza Plenaria, 9gennaio2002,n.1 Silenzio�della�P.A.�^Silenzio�rifiuto�^Art.�21-bis, legge�n.�1034/1971,�intro- dotto�dall'art.�2�legge�n.�205/2000�^Poteri/doveri�del�G.A.�^Verifica�della�pre- tesa�sostanziale�del�ricorrente�^Impugnazione�^Accertamento�della�violazione� dell'obbligo�di�provvedere�^Natura�vincolata�.......................o � 164 TRIBUNALEAMMINISTRATIVOREGIONALEDELLAZIO,sez.3.-bis, 6marzo2002,n.1682 Silenzio�della�P.A.�^Silenzio�rifiuto�^Art.�21-bis, legge�n.�1034/1971,�intro- dotto�dall'art.�2�legge�n.�205/2000�^Poteri/doveri�del�G.A.�^Verifica�della�pre- tesa�sostanziale�del�ricorrente�^Impugnazione�^Accertamento�della�violazione� dell'obbligo�di�provvedere�^Natura�vincolata�.......................o � 168 TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL LAZIO, sez.2., 12marzo2002,n.1897 Telecomunicazioni�^Servizio�pubblico�radiotelevisivo�^Negozio�di�cessione� azionaria�della�Rai�nella�societa�che�gestisce�installazione�ed�esercizio�degli� impianti�^Previa�autorizzazione�ministeriale�^Necessita�.� Competenza�e�giurisdizione�^Cessione�della�partecipazione�azionaria�della�Rai� nella�societa�affidataria�degli�impianti�tecnici�^Provvedimento�autorizzatorio� del�Ministro�delle�Comunicazioni�^Non�e�atto�politico^Giurisdizione�esclusiva� del�giudice�amministrativo.� 372 RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Competenza�e�giurisdizione�^Cessione�della�partecipazione�azionaria�della�Rai� nella�societa�affidataria�degli�impianti�tecnici�^Provvedimento�autorizzatorio� ^Rientra�nella�competenza�del�Ministro�delle�Comunicazioni.� Telecomunicazioni�^Servizio�pubblico�radiotelevisivo�^Cessione�del�capitale� azionario�della�societa�che�gestisce�gli�impianti�^Perdita�di�fatto�del�controllo� ^Provvedimento�negativo�del�Ministro�^Legittimita�.�...�.....�.....�.....�pago 239� 3�-P�ARERI� A.G.S.,�23�ottobre�2000,�n.�108136� Cose�aventi�interesse�storico-artistico:�a) beni�di�interesse�storico-artistico�di� proprieta�di�enti�pubblici�non�inseriti�negli�elenchi�previsti�dall'art.�4�legge� 1.�giugno�1939,�n.�1089:�a�quali�condizioni�possa�ritenersi�sussistente�il�vinc olo�ex�legge�n.�1089/39�cit; b) societa�per�azioni�derivanti�da�trasformaz ione�di�ente�pubblco�economico�(nella�specie�Ferrovie�dello�Stato�S.p.a.):� se�ai�beni�di�interesse�storico-artistico�delle�ridette�societa�si�applichi�la� disciplina�di�cui�agli�articoli�4�legge�n.�1089/1939�e�5�d.lgs.�n.�490/1999� (consultivo�n.�8177/2000,�avv.�D'Amato)�....�......�.....�.....�.....�pago 253� A.G.S.,�11�novembre�2000,�n.�115247� Rimborso�^ex�art.�18�d.-l.�n.�67/1997�^al�dipendente�statale�delle�spese�da�lui� sostenute�per�difendersi�in�un�procedimento�penale�aperto�a�suo�carico�in� dipendenza�di�fatti�connessi�con�l'espletamento�del�servizio:�se�possa�spett are�al�dipendente�nei�confronti�del�quale�l'A.G.�abbia�dichiarato�non� doversi�procedere�essendo,�il�reato�contestato,�estinto�per�prescrizione�.�.�.���258� A.G.S.,�11�novembre�2000,�n.�115248� Appalti�di�opere�pubbliche:�somme�iscritte�in�riserva�a�titolo�di�risarcimento� del�danno:�cumulo�di�interessi�e�rivalutazione�monetaria�sulle�stesse:�se� spetti�^edeventualmente�in�quali�limiti^all'appaltatore�...�.....�.....���259� A.G.S.,�17�novembre�2000,�n.�117457� Patrociniodelle�aziende�Policlinici�universitari�..�......�.....�.....�.....���262� A.G.S.,�17�novembre�2000,�n.�117697� Contenzioso�relativo�ai�canoni�richiesti�dall'Amministrazione�per�gli�attravers amenti�aerei�di�terreni�di�proprieta�dello�Stato,�con�linee�elettriche,�senza� infissione�a�terra�di�pali�o�altri�manufatti�di�sostegno:�direttive�di�massima���263� A.G.S.,�30�novembre�2000,�n.�122417� Rapporto�tra�foro�erariale�e�foro�inderogabile�per�le�locazioni�.�.....�.....���268� A.G.S.,9dicembre�2000,n.�125321� Giurisdizione�delle�commissioni�tributarie�sui�ricorsi�contro�il�ruolo�emesso� per�la�riscossione�di�tributi�per�i�quali�la�cognizione�delle�controversie�e� riservata�al�G.O.�in�riferimento�al�momento�della�presentazione�dei�ricorsi���269� INDICI�SISTEMATICI�373 A.G.S., 19 gennaio 2001, n. 5313 Problemi�applicativi�della�legge�n.�205/2000�al�giudizio�pensionistico�dinanzi� alla�Corte�dei�conti:�a) rappresentanza�e�difesa�delle�amministrazioni�dello� Stato;�b) regime�di�impugnazione�delle�ordinanzecautelari�.�.....�.....�pago 270� A.G.S., 19 gennaio 2001, n. 5315 Definibilita�ai�sensi�dell'art.�2-quinquies d.l.�n.�564/1974�delle�liti�fiscali� originate�da�atto�di�accertamento�notificato�successivamente�al�31�dicemb re�1994�ma�basato�su�p.v.c.�notificato�al�contribuente�anteriormente�a� tale�data�......�.....�.....�......�.....�......�.....�.....�.....���273� A.G.S., 24 gennaio 2001, n. 7395 Ammissibilita�ad�una�gara�per�l'aggiudicazione�di�pubblica�fornitura�di�una� medesima�impresa�sia�singolarmente,�sia�come�componente�di�un�raggrupp amentotemporaneo�di�imprese�.....�.....�......�.....�.....�.....���275� A.G.S., 5 febbraio 2001, n. 14720 Rappresentanza�e�difesa�in�giudizio�delle�istituzioni�scolastiche�autonome�da� partedell'Avvocatura�delloStato�....�.....�......�.....�.....�.....���276� A.G.S., 5 marzo 2001, n. 30628 Violazioni�valutarie�^Successioni�di�leggi�^Applicazione�dell'art.�23-bis del� d.P.R.�n.�148/1988�^Fattispecie�di�violazioni�di�leggi�penali�successivam ente�depenalizzate�^Differenze�rispetto�alle�fattispecie�divenute�lecite���278� A.G.S., 7 marzo 2001, n. 31976 Potere�di�rinuncia�e�transazione�da�parte�del�Comitato�Agevolazioni�istituito� presso�il�Ministero�del�Commercio�con�l'Estero�.....�.....�.....�.....���281� A.G.S., 15 marzo 2001, n. 34936 Legittimita�del�licenziamento�senza�preavviso�nei�confronti�di�un�dipendente� che�abbia�presentato�nel�corso�del�procedimento�disciplinare�le�proprie� dimissioni,�con�la�precisazione�di�non�osservare�i�termini�di�preavviso���284� A.G.S., 15 marzo 2001, n. 35230 Natura�giuridica�degli�accordi�tra�scuole�per�la�costituzione�di�reti�scolastiche.� Differenze�rispetto�alla�partecipazione�a�consorzi�pubblici�o�privati�(art.�7� d.P.R.�n.�275/1999)�.�.�.�.....�......�.....�......�.....�.....�.....���287� A.G.S., 22 marzo 2001, n. 38467 Procedimento�penale�promosso�nei�confronti�di�dipendente�statale�in�conseg uenza�di�fatti�connessi�al�servizio�espletato�e�definito�con�declaratoria�di� prescrizione�del�reato:�se�^ed�eventualmente�a�quali�condizioni�^spetti�al� suddetto�dipendente�il�rimborso�delle�spese�legali�sostenute�per�difendersi� nelprocedimento�di�cuisopra�......�.....�......�.....�.....�.....���292� 374RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� A.G.S., 7 maggio 2001, n. 54325 Responsabilita�amministrativa�dei�funzionari�per�mancata�riscossione�di� diritti�indebitamente�percepiti�entro�il�termine�di�prescrizione:�se�il�fatto� dannoso�^ai�fini�della�decorrenza�del�termine�di�prescrizione�dell'azione� di�responsabilita�^sia�da�ricollegarsi�alla�data�di�scadenza�del�termine� triennale�di�prescrizione�del�diritto�di�riscossione�^Distinzione�tra�diritti� spettanti�all'Amministrazione�italiana�e�risorse�proprie�della�Comunita� Europea�......�.....�.....�......�.....�......�.....�.....�.....�pago 292� A.G.S., 15 maggio 2001, n. 57844 Restituzione�di�diritti�di�confine�versati�per�l'importazione�di�semilavorati� impiegati�per�la�costruzione�di�navi�mercantili�esportate�verso�paesi�terzi:� a) se�l'espressione��materie�prime��debba�essere�interpretata�in�senso� restrittivo�ovvero�possa�estendersi�anche�ai�semilavorati;�b) rilevanza,�ai� fini�della�restituzione,�dellaannotazione�neiregistri�materieprime��....���294� A.G.S., 21 maggio 2001, n. 60347 Procedimento�di�imposizione�di�servizi�per�impianti�di�telecomunicazioni�ed� opere�accessorie:�a) se�nel�silenzio�dell'art.�234�del�d.P.R.�n.�156/1973�sia� da�considerarsi�omesso�il�subprocedimento�di�cui�all'art.�30�legge�n.�2359/� 1865;�b) modalita�di�versamento�dell'indennita�di�esproprio;�c) conse- guenza�dell'occupazione�del�fondo�per�la�realizzazione�delle�opere�senza� emanazione�del�provvedimento�di�asservimento�.....�.....�.....�.....���297� A.G.S., 5 giugno 2001, n. 66082 Se�l'amministrazione�tenuta�a�versare�direttamente�al�coniuge�separato�del� proprio�dipendente�l'assegno�di�mantenimento,�nel�caso�di�sospensione� dal�servizio�di�quest'ultimo,�sia�obbligata�a�corrispondere�per�intero�^oltre� all'assegno�di�mantenimento�al�coniuge�^anche�l'assegno�alimentare�al� dipendente�....�.....�.....�......�.....�......�.....�.....�.....���302� A.G.S., 5 giugno 2001, n. 66398 Diritto�di�accesso,�diritto�alla�riservatezza�e�tutela�del�segreto�industriale:�se� sia�assentibile�la�richiesta�di�accesso�all'offerta�di�R.T.I.�presentata�in�gara� esplorativa�da�partedi�impresa�concorrente�.�......�.....�.....�.....���303� A.G.S., 8 giugno 2001, n. 67783 Ammissibilita�di�autorizzazione�ex�art.�7�legge�n.�1497/1939�per�interventi�rea- lizzati�abusivamente�in�area�vincolata�e�per�i�quali�sia�stata�avanzata� istanza�di�sanatoria�alla�luce�dei�piu�recenti�orientamentoi�del�Consiglio� di�Stato�......�.....�.....�......�.....�......�.....�.....�.....���304� INDICI�SISTEMATICI� A.G.S.,5luglio 2001,n.76843 Parere�in�materia�di�rimborso�di�spese�legali�in�favore�dei�dipendenti�dell'Ente� Nazionale�delle�strade�(confronto�con�la�normativa�del�C.C.N.L.;�conflitto� d'interessi;�livello�delle�tariffe;�applicazione�della�normativa�ai�giudizi� dinanziallaCorte�deiconti)�.�.�......�.....�......�.....�.....�.....�pago 308� A.G.S., 8 ottobre 2001, n. 108773 Individuazione�dei�criteri�da�seguirsi�per�l'adozione�del�fermo�amministrativo� a�tutela�di�crediti�derivanti�da�fatti�causativi�di�danno�erariale,�in�pen- denza�di�giudizio�contabile�e/o�penale,�con�particolare�riguardo�a:� a) possibilita�di�individuare�un�valore�minimo�al�di�sopra�del�quale�atti- vare�la�misura�del�fermo�amministrativo;�b) spettanza�o�meno�di�interessi� e�rivalutazione�sulle�somme,�gia�sottoposte�a�fermo�amministrativo�poi� revocato,�spettanti�al�dipendente�a�titolo�di�emolumenti�stipendiali,�pen- sionistici�oassistenziali�.�......�.....�.....�......�.....�.....�....���311� A.G.S., 20 ottobre 2001, n. 114121 Inapplicabilita�del�criterio�del��foro�erariale��alle�controversie�in�materia�di� previdenza�e�assistenza�quando�l'Amministrazione�convenuta�fruisce�del� patrociniodell'Avvocatura�dello�Stato�.....�......�.....�.....�.....���314� A.G.S., 17 dicembre 2001, n. 134001 Difensore�civico�istituito�presso�la�Regione�Campania;�individuazione�delle� relative�potesta�dei�suoi�provvedimenti,�nonche�degli�eventuali�obblighi� che�ne�derivano�in�capo�ad�Amministrazioni�statali�^Individuazione�delle� Amministrazioni�statali�destinatarie�di�detti�provvedimenti�.�.....�.....���315�