ANN'O VI -N. 10 
OTTOBRE 1963 

RASSEGNA MEN'SILE 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


PUBBLICAZIONE DI SERVIZIO 

SOMMARIO 


I. 
ARTIOOLI ORIGINALI 
Note suZ diritto di sciopero del Presidente F. Rocco, p. 221-228. 
II. 
NOTE DI DOTTRINA 
1) M. NJGRO: Le decisioni amministrative, recensione critica dell'avvocato 
G. GUGLIELMI, P� 229-230. 
2) f.,.a giurisprudenza amministrativa nel periodo 1935-19-50, p. 230-231. 
3) )I. PAPALDO: Codice delle leggi sanitarie, p. 231. 
4) ,A. V. WENEDIKTOV: La prop1�iet� socialista dello Stato, recensione critica 
dell'avv. A. SALVATORI, p. 231-232. 

III. 
RAOOOLTA DI GIURISPRUDENZA 
l) Amministrazione pubblica -Atti diretti alla tutela dei beni patrimoniali 
-Azione possessoria -Proponibilit�, p. 233. 
2) Amministrazione pubblica -Rappresentanza della P. A. -Vocatio in 
jus -Indicazione di un organo diverso da quello che ha la rappresentanza 
dell'Ente -Nullit� insanabile, p. 233-234. 
3) Impiego pubblico -Impiegato statale -Aspettativa -Licenziamento 
per decorso periodo massimo -Eccesso di potere, p. 234-235. 
4) 
Imposte e tasse -Decisione definitiva della Commissione centrale Impugnabilit� 
immediata -Ricorso per cassazione -Ammissibilit�, 

p. 235-238. 
5) Imposta di registro -Corrispettivo in moneta estera -Ragguaglio in 
moneta nazionale -Controversie relative -Carattere -Cambio del 
giorno -Concetto, p. 238-241. 

IV. 
ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI DELLE CORTI DI 
MERITO 
l) 
Concessioni amministrative -Terreno di pertinenza del Demanio ferroviario 
-Contratto di affitto di fondi rustici -Competenza dell'A.G.O. 
a conoscere delle controversie relative -Inapplicabilit� della proroga 
prevista dal D.L.L. 5 aprile 1945, n. 157, p. 242-244. 

2) 
Ferrovie dello Stato -Appalti -Revisione prezzi non previste dal 
contratto di appalto -D. M. 3 settembre 1940, n. 857, art. 1664 C.C. 
-Deroga art. 326 Legge sui lavori pubblici e Capitolato generale di 
appalto, p. 244-243. 

3) 
Societ� -Societ� per azioni -Deliberazione di aumento di capitale Imposte 
e tasse -Imposta di negoziazione -Delibera di aumento di 
capitale -Tassabilit� delle nuove azioni, p. 245-247. 

V. 
SEGNALAZIONI DI DOTTRINA E GIURISPRUDENZA, p. 248-254. 
VI. 
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE, p. 255. 
VII. INDICE SISTEMATICO DELLE CONSULTAZIONI, p. 256-259. 

.ANNO VI -N. 10 OTTOBRE 1953 

RASSEGNA MENSILE 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


PUBBLIVA.ZIONE DI SERVIZIO 


NOTE SUL DIRITTO DI SCIOPERO 


SOMMARIO. -I. Premesse economiche: lo sciopero 
come strumento di difesa privata nelle contese collettive 
tra capitale e lavoro. -CAPO I: Natura giuridica 
del diritto di sciopero. 2. � un diritto soggettivo pubblico, 
che intercede tra il cittadino, che ne � titolare e lo Stato. 
Esso rientra nella categoria dei diritti di libert�. 3. 
L'ordinamento giuridico italiano e lo sciopero. 4. Inammissibilit� 
giuridica che il diritto di sciopero sia riferibile 
al cittadino, in quanto prestatore d'opera dello 
Stato. 5. L'art. 40 della Costituzione ha fatto cadere 
le sanzioni penali previste per l'astensione collettiva 
dal lavoro: dubbi per quanto concerne l'efficacia abrogativa 
delle sanzioni penali per il reato di serrata. 6. 
Il diritto di sciopero non � riferibile, neppure, ai dipendenti 
delle aziende autonome dello Stato ed a quelli 
degli enti autarchici territoriali. -CAPO II: Contenuto 
e limiti del diritto soggettivo di sciopero. 7. I diritti soggettivi 
pubblici ed, in particolare, quelli di libert� non 
sono illimitati e neppure, quindi, pu� essere tale il dirittq 
di sciopero. 8. Limiti consentiti al legislatore ordinario 
nei riguardi dei soggetti e fondamento giuridico dei 
limiti stessi. Inammissibile lo sciopero dei dipendenti 
dello Stato. 9. Problema dell'ammissibilit� dello sciopero 
per le aziende esercenti servizi pubblici. Conclusione 
positiva. 10. Temperamenti necessari per tale 
ammissibilit�. 11. Limiti oggettivi al diritto di sciopero: 
divieto dello sciopero politico, tutela della libert� 
del lavoro. 12. Modalit� obbligatorie nella procedura 
per l'esercizio legittimo del diritto di sciopero. 

1. Premesse economiche. -Sotto l'aspetto economico, 
che ne costituisce il contenuto sostanziale, 
lo sciopero e cio� l'astensione collettiva dal 
lavoro, rappresenta l'estrema ratio, l'ultima e non 
sempre decisiva arma, cui possono ricorrere i prestatori 
d'opera nei conflitti tra capitale e lavoro. 
Tali conflitti si risolvono -normalmente in 
una contesa per la ripartizione dei profitti quale 
retribuzione rispettiva da un lato del lavoro, dall'altro 
del capitale e dell'impresa. 

Non sempre, in verit�, gli investimenti di capitale 
consentono margini di profitti tali da soddisfare 
le anzidette contrapposte esigenze, ma queste 
possono trascurarsi e, se non sono conciliabili, sono 
causa di perniciose conseguenze economiche e sociali. 

Giacch� se le retribuzioni del lavoro risultano 

non sufficienti a far fronte alle minime necessit� 

della vita dei lavoratori un turbamento grave 

delle relazioni sociali fatalmente ne deriva. 

Parimenti se i margini di profitto del capitale 
e delle imprese si riducono oltre certi limiti o addirittura 
spariscono si rischia di allontanare il capitale 
dagli investimenti produttivi e di compromettere 
l'esistenza stessa delle imprese, con conseguenti 
danni economici e sociali. 

Non pu� disconoscersi che assai pi� agevole � 
il controllo pubblico su la capacit� delle mercedi 
di fronte alla entit� e qualit� delle prestazioni di 
lavoro, congruit� oggi considerata dalla carta 
costituzionale (art. 36) come un diritto del lavoratore, 
che non quello su i profitti del capitale e 
delle imprese, difficilmente accertabili nelle occulte 
pieghe dei bilanci dei datori di lavoro. 

.Arduo compito, invece, come ho detto � quello 
di determinare i limiti obiettivi di sopportabilit� 
da parte delle intraprese degli oneri salariali e 
delle altre retribuzioni senza per di pi� il pericolo 
di effetti talora, addirittura, controproducenti per 
gli interessi dei lavoratori. 

Ho osservato che lo sciopero tende a risolvere, 
con atto collettivo di forza, le contese fra capitale 
e lavoro. Occorre precisare che tali contese non 
concernono solamente le questioni fondamentali 
delle retribuzioni ai prestatori d'opera, ma involgono 
anche tutte le contestazioni riguardanti le 
modalit� e le condizioni del rapporto di lavoro, 
le quali spesso, ma non sempre, hanno un contenuto 
economico o esclusivamente economico. 

La citata norma costituzionale demanda, in particolare, 
alla legge di stabilire, obbligatoriamente, 
la durata massima della giornata lavorativa e sancisce 
il diritto al riposo settimanale ed a ferie 
annuali retribuite e non rinunciabili. 

� ovvio, poi, far presente che lo sciopero, come 
strumento economico di resistenza, si riferisce alla 
contese collettive tra datori di lavoro e prestatori 
d'opera e non gi� alle contestazioni individuali 
le quali, tuttavia, possono rappresentare la causa 
occasionale del ricorso allo sciopero-protesta. 

Pericolosa china questa dell'uso di quell'estremo 
rimedio dei conflitti economici collettivi per scopi 
non economici i quali ne possono paurosamente 
moltiplicare le manifestazioni, attraverso le indefinite 
occasioni di rimostranze estreme, con danni 
incalcolabili per l'economia pubblica e privata e 
per l'ordine e la pace sociali. 

Comunque, seppure degenerazioni � del ricorso 
allo sciopero ne alterino, talvolta, la natura e la 
funzione e, quindi, la giustificazione etica, non 
pu� negarsi -in linea di principio -che ove 
gli ordinamenti giuridici non riescano diversamente 
a soccorrere le forze del lavoro contro il prepotere, 
in qualche caso, pregiudizievole alla compagine 
economica e sociale dello Stato, l'autodifesa 


-222 


del contendente pi� debole, con la amm1ss1one in 
tesi e in diritto dello sciopero, sia. da considerarsi 
conforme ad un postulato logico di giustizia. socia.le, 
cui corrisponde anche un interesse economico generale, 
per la. crescente e ormai preponderante importanza 
spettante al fattore la.voro nel quadro dell'economia 
nazionale degli Stati democratici. 

Correlativamente potrebbe sostenersi, e viene 
sostenuto,-che anche il feno;meno economico della 
cos� detta cc serrata � sia. da ammettersi come fenomeno 
lecito, almeno quale controdif esa degli interessi 
contrapposti del capitale e delle imprese. Ma 
pu� seriamente dubitarsene non solo perch� taJi 
interessi rappresentano una forza maggiore nelle 
contese con i prestatori d'opera, ma anche perch�, 
come gi� ho accennato, la legittimit� della resistenza 
da parte dei portatori di questi interessi 
importa un giudizio ed un controllo pubblico assai 
pi� difficile o talora, addirittura, impossibile, mentre 
la. serrata che, in virt� di quella preponderante 
forza, pu� prolungarsi assai pi� dello sciopero si 
risolve in una sottrazione di lavoro socialmente 
deprecabile. 

Le premesse poste di ordine economico valgono 
ad illuminare e ad agevolare la soluzione del problema 
del diritto di sciopero; della sua natura 
giuridica; dei soggetti ai quali pu� riferirsi; dell'ampiezza 
del suo contenuto, cio� dei limiti al 
suo esercizio legittimo. 

CAPO I 

NATURA GIURIDICA DEL DIBITTO DI SCIOPERO 

2. Non par dubbio, innanzi tutto, che il diritto 
di sciopero abbia la natura di un diritto soggettivo 
pubblico, avente per titolare il singolo e rien. 
tri nella vasta categoria dei diritti di libert�, i quali, 
come � noto, assumono qualificazioni varie, in relazione 
al loro svariato contenuto: ad esempio diritto 
di libert� personale, di riunione e di associazione, 
di circolazione e soggiorno nel territorio dello 
Stato, di emigrazione, libert� di culto, di pensiero, 
ecc. (art. 13 e segg. costituzione della Repubblica). 

Essi costituiscono diritti propri della cc personalit� 
umana �, quasi diritti innati, sono come tali 
inalienabili, inrinunciabili, inprescrittibili e possono 
farsi valere principaliter verso lo Stato, che 
ne garantisce e pu� contrastarne il godimento, e 
verso coloro, privati singoli o associati, che ne 
contestino o ne ostacolino il regolare e indisturbato 
esercizio. 

I diritti di libert� hanno per contenuto non gi� 
un facere da parte di chicchessia, bensi un non 
facere, cio� l'obbligo di non invadere la sfera di 
autodeterminazione e di conseguente incontrollabile 
attivit� riservata al privato, che si risolve in 
un pati, cio� nel dovere da parte di tutti di sopportare, 
senza resistenze, le manifestazioni svariate 
della libert� consacrate dalla legge a favore 
dei titolari, anche se ci� porti pregiudizio ai propri 
particolari interessi. 

Queste osservazioni eliminano l'impressione suadente 
che il diritto di sciopero costituisca un diritto 
soggettivo privato, da farsi valere nei confronti 
dei privati singoli o associati, Non rileva, 

infatti, che il diritto di sciopero, costituendo uno 
strumento di coercizione della volont� di determinate 
persone fisiche o giuridiche (i datori di 
lavoro), possa ledere interessi economici specifici 
di queste persone e possa consentire di respingere 
per le vie legali anche eventuali rappresaglie in 
violazione del rapporto di lavoro (licenziamento, 
sanzioni punitive varie). La lesione di interessi 
di particolari categorie pu� ben configurarsi anche 
nell'esercizio di altri diritti di libert�, ma ci� non 
toglie che questi diritti siano tutti diritti assoluti 
di natura pubblicistica, tutelati erga omnes in analogia 
soltanto a certi diritti soggettivi privati, 

quali ad esempio il diritto di propriet�. 

Si tratta perci�, ripeto, di un diritto soggettivo 
pubblico che intercede tra il cittadino e lo Stato, 
il quale, per primo, � obbligato attraverso i suoi 
organi pubblici, a non invadere la sfera di libert� 
entro la quale il diritto di sciopero legittimamente 
pu� esplicarsi ed, anzi, a prestare la sua tutela 
contro ogni eventuale forma di resistenza a tale 
esplicazione da parte dei privati. 

Il diritto di astensione collettiva dal lavoro altro 

non �, infatti, se non la conseguenza del diritto 

di astensione individuale dal lavoro, che rientra 

nel concetto generale di libert� del singolo, nella 

sfera, cio�, riservatagli dalla legge. Se la legge 

restringe o limita tale diritto per la circostanza 

che l'astensione dal lavoro si esplica per concer


tato divisamento, contemporaneamente da parte 

di pi� prestatori d'opera o colpisce, addirittura, 

con sanzioni punitive l'astensione collettiva dal 

lavoro o sciopero, evidentemente questa forma 

di esplicazione della libert� individuale diviene 

illecita e di diritto di sciopero non � pi� a par


lare. 

3. La storia del nostro diritto pubblico ci fornisce 
l'esempio del comportamento vario dell'ordinamento 
giuridico nei riguardi dello sciopero. 
Prima dell'avvento del regime fascista lo scio


pero, come fenomeno economico era gi� penetrato 

nella coscienza popolare e nella prassi delle con 


tese collettive tra capitale e lavoro, ma, mentre 

sino al 1890 esso era considerato atto sedizioso 

penalmente represso, con la promulgazione del 

pi� liberale codice Zanardelli scompariva ogni 

traccia della sua repressione penale, pur senza 

che alcuna norma di legge consacrasse un diritto 

allo sciopero, ignorato, quindi, o tollerato dal 

diritto positivo. 

Fu il codice penale Rocco del 1930 che, di nuovo, 

ne contest� espressamente la legalit�, consideran


dolo sempre, al pari della serrata, come reato, di 

maggiore o minore gravit� a seconda dei casi, 

perseguibile perci� con sanzioni punitive varie 

(artt. 503, 504, 505, 506 e anche 330, 331, 332 e 

340 concernenti l'interruzione o l'abbandono dei 

pubblici servizi). 

Una profonda evoluzione legislativa si �, successivamente, 
verificata sino a capovolg'�re--l'ordinamento 
giuridico in materia, giacch�, come a 
tutti � noto, la costituzione repubblicana ha sancito 
solennemente all'art. 4() il diritto di sciopero, 
pur rinviandone, peraltro, alla legge la specifica 
regolamentazione. 


!Wfillli&i Wb ; fa !Wfillli&i Wb ; fa 
--223 


4. Per valutare la portata di quella radicale 
innovazione legislativa in rapporto ai soggetti del 
diritto di sciopero occorre esaminare, in primo 
luogo, lo scopo della nor:tna, che � quello come si 
� visto di intervenire sul terreno economico nei 
conflitti tra capitale e lavoro, ossia tra imprese 
le quali investono capitali per trarne profitti e 
prestatori d'opera al loro servizio. Tale scopo che 
corrisponde alle origini storiche del fenomeno, 
risulta anche chiaramente, per la costituzione italiana, 
dalla collocazione della norma relativa. 
Lo scopo stesso non appare raggiungibile nelle 
contese collettive tra lo Stato e i propri impiegati. 
Le retribuzioni di questi prestatori d'opera 
infatti, sono fissate con atti del Parlamento, ossia 
con leggi normali ovvero con leggi delegate, alle 
condizioni per� poste dall'organo legislativo, il 
quale, in ogni caso, ha la esclusiva competenza 
a reperire e ad assegnare al Governo i mezzi finan ziarii 
all'uopo necessari. 

Non si tratterebbe, quindi, in realt� di una 
contesa tra Governo e impiegati dipendenti, bens� 
di un conflitto tra questi ed il Parlamento, che � 
l'espressione massima della sovranit� dello Stato. 
Mancherebbe, per conseguenza, e sarebbe addirittura 
inconcepibile la possibilit� di una qualsiasi 
forma di coazione anche soltanto psicologica, me" 
diante l'arma dello sciopero su le determinazioni 
del Parlamento. Tanto pi� che gli stanziamenti 
di bilancio, per disposizione statutaria (art. 81 
della costituzione) sono subordinati alla provvida 
condizione della necessaria copertura della relativa 
spesa, la quale non pu� conseguirsi -ovviamente 
-che attraverso nuove imposizioni di tributi, 
ovvero mediante riduzioni di altre spese, a pregiudizio, 
cio�, della massa dei contribuenti, ovvero 
con il sacrificio di altre esigenze dello Stato implicanti 
valutazioni, in altri termini, che debbono 
essere riservate al giudizio sereno e sovrano del 
Parlamento e per nessuna ragione possono essere 
influenzate e, peggio ancora, imposte da una categoria 
di cittadini. 

Si aggiunga, in secondo luogo, che contestazioni 
del genere richiedono, necessariamente, due distinti 
soggetti di diritto i quali, nelle ipotesi comprese 
nella norma sono i prestatori d'opera e i datori 
di lavoro, singolarmente o collettivamente considerati 
non importa. 

Nel caso invece, di contese fra lo Stato ed i 
propri dipendenti non vi � duplicit� di soggetti 
di diritto, n� contrapposizione di interessi dei quali 
essi, rispettivamente siano titolari. Lo Stato � 
persona giuridica pubblica, anzi � la massima delle 
persone giuridiche pubbliche e, in quanto agisce 
mediante persone fisiche suoi prestatori di opera, 
trasforma questi in propri organi; gli interessi che 
lo Stato ed i suoi organi perseguono non possono 
essere distinti e tanto meno contrapposti; sono 
e restano interessi pubblici statuali che la persona 
giuridica persegue mediante l'opera dei propri 
dipendenti. 

Il cittadino pu�, bensi, vantare diritti soggettivi 
verso lo Stato, ma in quanto tale, in quanto cio� 
in rapporto di sudditanza generale con il medesimo, 
non gi� quale suo organo-prestatore d'opera, in 
quanto cio� legato al medesimo da un rapporto 

di sudditanza speciaie. In questo speciale rapporto 
sono concepibili solamente interessi legittimi dei 
singoli verso l'amministrazione dello Stato, tutelabili 
dinanzi alla giurisdizione amministrativa. 

Il diritto di sciopero, cos�, come limite-all'ingerenza 
altrui nella sfera di libert� accordata dalla 
legge all'astensione collettiva dal lavoro, pu� essere 
invocata dal cittadino nei confronti dello Stato 
esclusivamente per sollecitare la sua tutela contro 
arbitrarie invasioni di quella sfera di libert� 
da parte dei terzi e precisamente dei normali datori 
di lavoro, che la vogliano disconoscere ostacolandone 
l'esercizio oppure anche, per respingere ingerenze 
dello Stato stesso nei rapporti tra cittadino 
prestatore d'opera e terzi datori di lavoro, ma 
non gi� per impedire che lo Stato, eventualmente, 
intervenga per respingere l'uso dell'arma dello 
sciopero contro il cittadino suo prestatore d'opera 
in virt� del particolare rapporto con il medesimo 
istituito liberamente e non gi� contrattualmente: 
il rapporto di pubblico impiego. 

Sarebbe, sotto il profilo giuridico aberrante 
addirittura un'opposta soluzione la quale -in 
sostanza -rimetterebbe all'uso della forza dei 
privati un conflitto comunque sorto fra suoi organi 
e lo Stato, il cittadino prestatore d'opera al 
servizio del medesimo e il Parlamento, conflitto 
che, ove mai fosse configurabile, non potrebbe in 
ipotesi essere risoluto che da organi di conciliazione 
in via amichevole ovvero coattivamente per 
le vie legali da un terzo organo, superiore ad entrambi; 
il quale non potrebbe essere a mio giudizio 
che la Corte Costituzionale. 

5. Una terza considerazione, che si collega, in 
parte alla seconda, ora esposta, discende dallo 
esame del valore giuridico della norma sancita 
dall'art. 40 della Carta costituzionale, in rapporto 
alle disposizioni legislative preesistenti. 
Che tale norma abbia carattere immediatamente 
precettivo nessun dubbio e, quindi, essa � certo 
divenuta subito obbligatoria. Da taluni � stato 
posto in dubbio il carattere precettivo della norma, 
che avrebbe, invece, solo natura di principio programmatico, 
ma la tesi mi sembra insostenibile 
giacch� la circostanza che una norma primaria 
demandi la sua specifica esplicazione ad una successiva 
norma secondaria non significa inapplicabilit� 
del precetto sino a quando tale esplicazione 
pi� particolareggiata non sia intervenuta: cos� 
normalmente avviene per le norme regolamentari 
delegate di fronte alla norma legislativa, la quale 
non per questo non � immediatamente applicabUe. 

Quale norma generale quella costituzionale quantunque 
per ci� l'esercizio del diritto di sciopero 
sia rimesso ad una successiva regolamentazione 
della legge, � da ritenersi abbia fatto cadere, inesorabilmente, 
ogni altra norma contraria o con 
essa comunque incompatibile, e ci� in applicazione 
delle disposizioni preliminari previste dal�� codice 
civile su l'abrogazione, anche tacita, delle leggi. �


Conseguentemente non � discutibile, a mio avviso 
che le disposizioni del vigente codice penale 
pi� sopra citate, certo di carattere generale in 
quanto puniscano come reato lo sciopero, ossia 
l'astensione collettiva dal lavoro, sotto qualsiasi 



FFWFffmw& FFWFffmw& 
-224 


forma, anche qualificata in relazione alle persone 

dei soggetti debbano ritenersi abrogate dalla data 

di entrata in vigore della Costituzione, in quanto 

incompatibili con la norma costituzionale � per 

la contraddizion che nol consente n, di conside


rare reato l'esercizio di un diritto. L'abrogazione, 

la norma abrogata avendo anch'essa carattere 

generale, non pu� evidentemente far sopravvi


vere la sanzione penale in confronto di chiunque 

commetta il reato e quindi anche in confronto 

dei dipendenti dello Stato, scioperanti. 

Ad opposta conclusione penserei di dover giun


gere, per quanto dubbia la tesi, nei riguardi del 

reato di serrata pure previsto � dalle norme del 

codice penale vigente. 

La Costituzione, invero, non consacra il diritto 
di serrata parallelamente a quello di sciopero. La 
questione fu agitata in seno alla Commissione 
dei costituenti, ma, nel contrasto di opinioni al 
riguardo, si� prefer� non far menzione della serrata, 
pur da alcuni essendo stato espresso l'avviso 
che la legge ordinaria avrebbe dovuto contemplare 
un simile reato. Ora a me sembra che, rimanendo 
ignorata dalla Costituzione nel testo approvato, 
la figura della serrata, la tesi dell'abrogazione 
tacita di questo diverso reato sia difficilmente 
sostenibile. 

Certo, � da rilevare, la serrata dei datori di 
lavoro si risolve in una contrazione talora assai 
grave dell'offerta di lavoro e pu� cosi rappresentare 
un fenomeno contrastante con il principio 
programmatico dell'art. 4 della Costituzione che 
riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro. 

Assai meno sicura appare l'efficacia abrogativa 
della norma costituzionale nei confronti delle sanzioni 
disciplinari sancite dagli articoli 58 e 59 del 

R. D. 30 dicembre 1923, n. 2960: censura ovvero 
nei casi pi� gravi r~duzione dello stipendio per le 
assenze ingiustificate. 
Queste disposizioni, quali norme particolari 
concernenti il rapporto di pubblico impiego degli 
impiegati dello Stato, sembra, al contrario, siano 
sopravissute alla norma statutaria, in base al 
principio che la legge generale non deroga alla 
speciale se non per espressa statuizione, mentre, 
per le osservazioni pi� innanzi fatte il diritto di 
sciopero non potendosi riconoscere ai dipendenti 
dello Stato non � da considerarsi giustificata la 
assenza collettiva dovuta a sciopero. 

Egualmente la norma costituzionale non vale 
ad incrinare il principio generale di diritto, consacrato 
dalla concorde giurisprudenza della Corte 
di Cassazione e del Consiglio di Stato, che il lavoro 
non prestato da qualunque prestatore d'opera pubblico 
o privato non d� diritto a retribuzione quando 
la mancata prestazione, anche incolpevole del 
lavoro, non conservi il diritto a retribuzione in 
forza di disposizione espressa di legge o di con tratto. 


6. Alle stesse conclusioni, pur forse con qualche 
dubiezza, sembra doversi giungere anche per i 
dipendenti di quelle aziende dello Stato, aventi 
carattere di autonomia amministrativa e finanziaria 
e, spesso, di gestione industriale. In questi 
casi potrebbe, talvolta, superarsi l'eccezione che 
la contesa a contenuto economico verta tra pre


statori d'opera e Parlamento, potendosi la contesa 

stessa risolvere nell'ambito dell'amministrazione 

autonoma, per determinazione degli amministra


tori. Ma non � da trascurare la consid.erazione che, 

in definitiva, tali aziende gravano sempre sul bilan


cio dello Stato ed i relativi stanziamenti non sfug


gono alla competenza del Parlamento sovrano. 

Si aggiunga che l'altra obiezione gi� mossa alla 

ammissione del diritto di sciopero dei dipendenti 

dello Stato e, cio�, che manchino i due soggetti 

giuridici tra i quali la contesa sia sorta, vale anche 

in questi casi perch� gli impiegati delle aziende 

autonome dello Stato sono da considerarsi sem


pre dipendenti dello Stato e quindi organi del 

medesimo. 

Qualche maggior dubbio potrebbe semmai sor


gere nei riguardi dell'ammissibilit� del diritto di 

sciopero per i dipendenti degli enti pubblici autar


chici, a proposito dei quali alcune delle ragioni 

che hanno condotto a negare quel diritto ai dipen


denti dello Stato in parte non sussistono o si atte


nuano; ma sarei, tuttavia, di avviso di compren


derli nella esclusione dal diritto di sciopero. In 

particolare pi� difficile, direi quasi impossibile, 

contestare quel diritto ai dipendenti delle aziende 

autonome comunali o provinciali aventi carattere 

industriale. 

Infine propenderei nettamente per permettere 
il diritto di sciopero ai dipendenti di tutte quelle 
aziende �pubbliche, anche parastatali, che siano 
ammesse all'inquadramento sindacale, in quanto 
agiscano in regime di concorrenza nell'esplicazione 
della propria attivit� industriale o commerciale. 
In questi casi, bisogna riconoscere che le obiezioni 
mosse contro l'ammissibilit� dello sciopero 
dei dipendenti dello Stato non possano pi� reggere. 


CAPO II 

CONTENUTO E LIMITI DEL DIRITTO SOGGETTIVO 
DI SCIOPERO. 

7. Nel campo del diritto pubblico, per regola 
che pu� dirsi generale, i diritti subiettivi dei privati 
dai quali sorgono rapporti giuridici con lo 
Stato non sono, pu� dirsi, mai illimitati nel loro 
contenuto. 
Mentre i diritti soggettivi privati, di fronte ad 
alcune potest� dello Stato, costituendi diritti soggettivi 
pubblici del medesimo, si affievoliscono e 
residuano meri interessi legittimi, quali ad esempio 
il diritto di propriet� di fronte al diritto di 
espropriazione per pubblica utilit�, i diritti soggettivi 
pubblici soffrono -normalmente -limitazioni 
varie, le quali, talvolta, ne paralizzano 
l'esercizio. Ci� perch�, pur essendosi giunti, come 
� ben noto, storicamente attraverso la concezione 
dello Stato di diritto, alla configurazione di diritti 
soggettivi pubblici del cittadino verso �-lo �.Stato, 
non si � potuto contestare la esigenza che questo, 
espre'ssione della sovranit�, sia facoltizzato ad 
imporre dei limiti all'esercizio dei diritti soggettivi 
dei privati, nell'interesse supremo della collettivit� 
nazionale. 



-225


In particolare il diritto di libert�, nelle sue sva


riate configurazioni, soffre tutta una serie di limi
� tazioni pi� o meno gravi scontrandosi, per cos� 
dire, con diritti soggettivi poziori dello Stato; 
cosi, ad esempio, il diritto di libert� personale 
cede, innanzitutto, di fronte al diritto soggettivo 
di punire dello Stato, quando il cittadino incorra 


in una pena restrittiva della libert� personale. 

Gli esempi potrebbero moltiplicarsi e ci� spiega 

perch� sia inconcepibile giuridicamente l'esistenza 

di un diritto di sciopero illimitato non solo, come 

si � detto, con riferimento ai soggetti che ne siano 

titolari, bens� anche nei riguardi del suo oggettivo 

contenuto ed esercizio. 

� questa la ragione della spiegabile perplessit�, 
che io, tuttavia, non condivido di taluni Costituenti 
alla proclamazione solenne di un diritto 
di sciopero (del quale tace ad esempio la costituzione 
sovietica) ed � pure, sopratutto, la ragione, 
invece perfettamente aderente ai principi generali 
del diritto, � della conclusione alla quale saggiamente 
pervenne lAssemblea Costituente, dopo 
elevata discussione, negando �un diritto illimitato 
di sciopero, come aveva proposto la Commissione 
dei 75, ed approvando la pi� cauta formula inserita 
nel testo definitivo. Simile formula � la te~ 
stuale riproduzione della disposizione della nuova 
carta costituzionale francese la quale recita �le 
droit gr�ve s'exerce dans le cadre des lois qui le 
r�glementent >>. 

L'esigenza etica, poi, di non consentire in qualunque 
caso un diritto illimitato di sciopero a 
favore dei prestatori d'opera � rafforzata dalla 
diversit� di trattamento usata, per ragioni che 
io giustifico, nei confronti della serrata, che la 
Costituzione ha rifiutato di riconoscere come un 
diritto, neppure di resistenza all'altrui azione di 
forza, a favore dei datori di lavoro. 

Nessun dubbio, dunque, che la legge ordinaria 
la quale in esecuzione della norma costituzionale, 
sta per disciplinare la delicata materia abbia la 
facolt� di inserire talune limitazioni, derivanti 
dallo scopo della norma statutaria al diritto di 
sciopero, pur rispettando il principio costituzionale 
che lo sciopero costituisce un diritto del cittadino. 


Non conosco il testo del disegno di legge pre


disposto dal Governo e che sar� presto sottopo


sto alla discussione parlamentare, se non attra


verso le informazioni certo non complete, che la 

stampa ne ha dato. Penso, tuttavia, che le limi


tazioni e le modalit� di esercizio del diritto di 

sciopero, in conformit� anche delle considerazioni 

esposte potrebbero essere concretate secondo le 

direttive che appresso indicher�. 

a) Quanto ai soggetti attivi del diritto di scio.
pero cos� concluderei ad integrazione esplicativa 
dei rilievi gi� fatti: esclusione del diritto di scio


pero nei riguardi dei dipendenti tutti dello Stato. 

Una discriminazione tra dipendenti e dipendenti 

dello Stato non mi sembra agevole e potrebbe 

apparire arbitraria, non equa e, comunque, di 

attuazione pressoch� impossibile. 

Potrebbe, infatti, sostenersi che le ragioni ad


dotte per la soluzione negativa sussistano soltanto 

o principalmente per gli ]mpieg_ati i quali, esercitando 
una pubblica funzione, abbiano una rappresentanza 
dello Stato e siano perci� a giudizio di 
taluni da considerarsi p�r questa ragione veri e 
propri organi dello Stato mede.simo: esclusione, 
quindi, del diritto di sciopero soltanto nei riguardi 
di detta categoria di dipendenti dello Stato, tra 
i quali, evidentemente, sono da annoverarsi tutti 
i funzionari direttivi forniti di rappresentanza. 
Non sarebbero da comprendersi, invece, nella 
esclusione gli impiegati con attribuzioni meramente 
esecutive ed i salariati dello Stato. 
Simile tesi mi parrebbe fallace in diritto e pericolosa 
per le sue conseguenze. 

Ritengo, infatti, che l'estremo della rappresentanza 
non sia elemento necessario per integrare 
il concetto di organo. � concepibile anche l'organo 
sfornito di rappres1:mtanza: questo agisce, tuttavia, 
per la persona giuridica Stato il quale non 
pu� operare, se non per l'appunto, attraverso 
persone fisiche. 

L'elemento della rappresentanza � pi� rilevante 
nel campo dell'attivit� di diritto privato dello 
Stato e nel campo, in qualche modo affine, dei 
contratti di diritto pubblico, in cui soltanto (e 
non sempre definitivamente) i dipendenti forniti 
di rappresentanza, o forniti di mandato speciale, 
possono impegnare giuridicamente lo Stato, ma, 
in pi� lato senso, tutti i dipendenti dello Stato 
sono strett� da un rapporto organico con il medesimo 
e, normalmente, dai loro atti discendono 
responsabilit� per lo Stato, tranne i casi di responsabilit� 
personale esclusiva degli impiegati, concepita 
la responsabilit� della persona giuridica esattamente 
in questo caso come responsabilit� diretta. 

Certo pi� evidente � l'assurdit� di consentire 
lo sciopero ai capi e dirigenti delle amministrazioni 
dello Stato i quali siano forniti di rappresentanza 
di volont�, ma si tratta sempre in ogni 
caso di rapporto organico tra Stato e suoi dipendenti 
tutti. 

Ammettere, d'altra parte, ad usufruire del diritto 
di sciopero esclusivamente talune categorie 
di dipendenti, quali ad esempio gli impiegati esecutivi 
o anche i soli salariati dello Stato, urterebbe 
sempre contro i principi di diritto posti, 
costituirebbe un privilegio non ammissibile a loro 
favore e sarebbe causa delle stesse perniciose conseguenze 
ed egualmente della paralisi della vita 
dello Stato, con grave disordine della compagine 
interna amministrativa. 

Alle stesse conclusioni giungerei, come ho pi� 
sopra accennato, per i dipendenti delle aziende 
autonome dello Stato, degli enti autarchici minori 
-Regioni, Provincie e Comuni -seppure con argomentazioni 
in parte meno ferree, mentre ammetterei 
al diritto di sciopero i dipendenti delle aziende 
autonome provinciali e comunali a carattere industriale 
e i dipendenti degli altri enti pubblici inquadrabili 
sindacalmente perch� esercenti un'attivit� 
industriale o commerciale in regime di concor--renza. 


Per quanto concerne le sanzioni da introdurre 
nella legislazione allo scopo di reprimere il fatto 
illecito dello sciopero dei dipendenti statali e delle 
altre categorie di dipendenti pubblici ai primi 


-226


equiparabili, potrebbe sostenersi la giustificazione 

di un ripristino in questo settore di norme penali 

di repressione a carico degli scioperanti. 

Ma io, personalmente, penso che se pur sanzioni 
penali potrebbero essere consigliabili nei confronti 
dei promotori ed organizzatori dello sciopero, i 
maggiori e talvolta unici responsabili dell'infrazione 
al divieto che la legge dovrebbe porre, nei 
riguardi invece dei partecipanti allo sciopero potrebbe 
ritenersi sanzione sufficiente, repressiva e 
intimidatrice, un'adeguata punizione disciplinare, 
sempre che naturalmente, l'astensione collettiva 
concertata dall'ufficio, per le sue finalit� e le sue 
modalit� non integri gli estremi di reato previsto 
da altre disposizioni del Codice penale. 

Certo, d'altra parte che le sanzioni ora previste 

dalla legge sullo stato giuridico degli impiegati 

concernono un'ipotesi -l'assenza individuale ar


bitraria dal servizio -ben meno grave della volon


taria astensione collettiva la quale appare in netto 

contrasto anche con l'art. 98 della Costituzione 

che afferma i pubblici impiegati essere al servizio 

esclusivo della Nazione. 

Quanto, viceversa, alle garanzie specifiche da 
riconoscersi a favore di quei dipendenti, in sostituzione 
del diritto di sciopero, penserei, come pure 
ho gi� accennato, che, a prescindere da una soluzione 
non contenziosa delle contese attraverso 
commissioni di conciliazioni o arbitrati volontari, 
per i dipendenti dello Stato non sarebbe configurabile 
che il ricorso all'organo superiore ad entrambe 
le parti contendenti e cio� alla Corte Costituzionale. 
Oi� sia che le contese tra Stato e suoi 
dipendenti vogliano considerarsi, come in realt� 
parrebbe, un caso di conflitto tra organi di poteri 
diversi dello Stato -Parlamento cio� e organi 
del potere esecutivo -sia che il confli~to stesso 
voglia considerarsi verificato tra organi dello stesso 
potere esecutivo, Governo e prestatori di opera 
suoi organi. 

L'attribuzione ai contratti collettivi della facolt� 
di determinare retribuzioni e altre condizioni 
di lavoro con efficacia vincolante erga om.
nes non � rilevante per la questione giacch� le 
amministrazioni dello Stato non inquadrabili sindacalmente, 
non potrebbero mai sottostare a 
quelle determinazioni, in nessun caso d'altronde 
irrevocabilmente vincolanti. Resterebbe sempre 
di competenza del Governo e, in definitiva del 
Parlamento, di stabilire attribuzioni e condizioni 

di lavoro del personale dipendente. � 

L'unico rimedio contenzioso concepibile per le 

contese collettive fra lo Stato e i suoi dipendenti 

sarebbe perci�, ripeto, quello gi� adombrato del 

ricorso alla Oorte Costituzionale, da promuoversi, 

come � ovvioi non gi� dai singoli, bens� dalle orga


nizzazioni sindacali riconosciute. 

Penso che forse una simile particolare competenza 
della Oorte Costituzionale potrebbe essere 
inserita con legge ordinaria, trattandosi, in buona 
sostanza, di contemplare un caso di conflitti tra 
organi dello Stato, gi� previsti dalla carta costituzionale. 


Meno difficile la configurazione di organi, anche 

a carattere contenzioso, per la soluzione delle 

contese collettive tra dipendenti degli enti autar


chici territoriali e gli enti stessi giacch� quegli 
organi potrebbero bene costituirsi -super partes 
-con rappresentanze tratte dai poteri dello 
Stato. 

b) 9. Serio problema quello dell'ammissione 
ovvero esclusione del diritto allo sciopero dei 
dipendenti di aziende pubbliche o private esercenti 
pubblici servizi. 

Se si eccettuano le aziende autonome statali 
esercenti servizi pubblici, per le quali si rafforza 
la ragione della esclusione dal diritto di sciopero 
secondo l'opinione gi� da me pi� sopra espressa, 
sono d'avviso, pur non dissimulandomi la gravit� 
delle conseguenze, che alla soluzione affermativa 
-ammissione del diritto di sciopero debba, 
necessariamente pervenirsi. 

L'opposta soluzione, invero, incrinerebbe troppo 
profondamente il principio generale sancito dalla 
Costituzione che non � lecito distruggere, senza 
che soccorrano, in questi casi, le ragioni giuridiche, 
insuperabili, le quali hanno condotto a negare 
il diritto di sciopero ai dipendenti dello Stato 
e degli enti autarchici territoriali. Troppo numerose 
sono le aziende pubbliche e private esercenti 
servizi pubblici della pi� svariata natura e cos� 
evanescente il concetto stesso di servizio pubblico, 
per consentire l'esclusione. 

In sostanza, e fu osservato in seno all'Assemblea 
Costituente, se volesse adottarsi un simile 
criterio di discriminazione dovrebbe finirsi con il 
negare, per identica ragione il diritto di sciopero 
a buona parte degli addetti ai lavori agricoli, i 
quali concorrono ad assicurare l'alimentazi�ne 
pubblica, che � certo l'esigenza prima da soddisfare 
nel pubblico interesse. Pacificamente, quindi, 
a mio giudizio il diritto di sciopero va ammesso 
per i dipendenti delle aziende esercenti pubblici 
servizi che non appartengono allo Stato. 

10 . .A temperare la gravit� delle conseguenze 
incalcolabili per la vita civile, la sicurezza e la 
salute pubblica derivanti dallo sciopero nei servizi 
pubblici occorrerebbe, tuttavia che l'esercizio 
di questo estremo rimedio venisse, per tale 
settore circondato da eccezionali cautele e precisamente: 
10 da norme le quali, mediante turni obbligatori, 
anche modesti di personale assicurassero 
un minimo di funzionalit� ai servizi, in concorso 
anche con l'adozione dei provvedimenti di cui al 

n. 2, nel supremo interesse della collettivit�; 
20 che gli scioperanti non potessero opporsi 
a quelle organizzazioni di emergenza, le quali, 
a mezzo di personale straordinario o militare coadiuvassero 
negli anzidetti turni di lavoro, per 
evitare la totale paralisi dei servizi. 

Non si tratterebbe gi� di organizzazione del 
cosidetto e deplorato crumiraggio, bens� di m1ziative 
da adottarsi, d'intesa con �gli scioperanti 

o dai medesimi tollerate, le quali varrebbero 1Lnehe 
a non alienare le simpatie del pubblico per l'adozione 
ed il prolungamento eventuale dello sciopero, 
riducendone gli effetti dannosi sociali e civili, 
nei riguardi sopratutto delle classi umili di solito 
pi� colpite. 

m ,ld!Hl m ,ld!Hl 
-227 


c) 11. Limite oggettivo, al contenuto, cio�, del 
diritto di sciopero, derivante anch'esso dalla rile


. vata funzione e finalit� economica dello sciopero, 
dovrebbe concretarsi nel divieto assoluto dello 
sciopero a carattere politico. 
Il divieto, evidentemente, per essere efficace 
dovrebbe accompagnarsi con una sanzione penale 
specifica, aggravata per i promotori dello sciopero. 
Va da s� che, ove il ricorso a questa manifestazione 
di protesta collettiva, integrasse nelle sue 
finalit� o nel suo esercizio, gli estremi di reato 
pi� grave contro i poteri dello Stato, sarebbero 
da applicare le maggiori sanzioni previste dal 
Codice penale e che tale tipo di sciopero andrebbe 
colpito anche nelle sue forme dissimulate o attenuate 
di parziali interruzioni o di prestazioni dirette 
a turbare la regolarit� del lavoro, certo meno 
gravi, ma sempre meritevoli di repressione in 
relazione al fine illecito che possono proporsi. 
Delicato, indubbiamente, talvolta il problema 
del riconoscimento del carattere politico dello sciopero, 
ma sufficiente la garanzia che la cognizione 
dei reati � sempre affidata all'apprezzamento 
sereno ed obiettivo del magistrato penale. 
Altra limitazione oggettiva � rappresentata dalla 
esigenza, insopprimibile, della tutela della libert� 
del lavoro. � 
Se � da riconoscersi il diritto alla astensione 
collettiva dal lavoro � fuor di dubbio che al singolo 
prestatore d'opera non pu� farsi obbligo di 
una partecipazione allo sciopero decretato dalle 
organizzazioni sindacali e neppure -quando fosse 
considerato questo caso -deliberato per referendum 
da una maggioranza di prestatori d'opera. 
Il diritto soggettivo di sciopero va riferito come 
gi� fatto presente, al singolo prestatore d'opera 
e non gi� ad una qualsiasi organizzazione di lavoratori, 
bench� riconosciuta dalla legge, n� tali 
organizzazioni avrebbero titolo giuridico alcuno 
per costringere per le vie legali il lavoratore dissenziente 
a partecipare allo sciopero, costrizione 
neppure esercitabile da una qualsiasi maggioranza 
a danno di un singolo, senza palese violazione 
della libert� individuale. 
Di qui la necessit� anzi di garantire la libert� 
del lavoro a coloro i quali, per diverso apprezzamento 
personale su la necessit�, su la utilit� o 
su la opportunit� del ricorso a quell'estremo rimedio 
di forza rifiutassero di aderirvi. Conseguentemente 
impossibilit� di attribuire allo sciopero 
quel carattere totalitario, per volont� soltanto 
dei promotori, che rappresenta d'altronde spesso 
la ragione principale del suo insuccesso nelle controversie 
collettive. 
Naturalmente gli eventuali attentati alla libert� 
del lavoro cadrebbero sotto le sanzioni del 
Codice penale, gi� esistenti, concernenti la violenza 
privata (art. 610), senza bisogno quindi di creare 
sanzioni punitive nuove. 

d) 12. Circa le modalit� o'l;bligatorie procedurali 
per il legittimo esercizio del diritto di sciopero, 
per qualsiasi ipotesi di ricorso a tale forma 
di autodifesa degli interessi dei prestatori d'opera, 
riterrei potessero cosi, principalmente, fissarsi: 

1� per la proclamazione dello sciopero e per 
la sua cessazione, nella ipotesi che mancasse l'accordo 
fra tutte le organizzazioni sindacali o, quanto 
meno, fra quelle in complesso rappresentanti la 
maggioranza degli iscritti alle organizzazion~ ~tesse, 
dovrebbe -obbligatoriamente -richiedersi lo 
esperimento del referendum fra i prestatori d'opera 
interessati; 

2� in tutti i casi di sciopero ammesso dalla 
legge dovrebbe essere prescritto il tentativo di 
conciliazione da esperirsi mediante arbitrato. 

L'inosservanza delle accennate prescrizioni, da 
inserirsi nella legge ordinaria, dovrebbe importare 
anch'essa sanzioni penali, forse da prevedersi 
soltanto a carico dei promotori ed organizzatori 
dello sciopero. 

In tal modo si ridurrebbe il numero di proclamazioni 
di sciopero o di prolungamenti dei medesimi, 
a vantaggio della efficienza di questa arma 
divenuta legittima nella maggioranza dei casi, ma 
tuttavia insidiosa per l'economia collettiva e per 
la pace sociale. 

FERDINANDO ROCCO 

BIBLIOGRAFIA 

Numerosi gli studi monografici e gli articoli sul reato 
di sciopero nella letteratura giuridica fascista e assai 
pi� numeroai quelli sul diritto di sciopero secondo la 
nuova Costituzione italiana. 

Del diritto di sciopero si occupano anche commenti 
e scritti su la Costituzione italiana. 

Non presumo di offrire al lettore una bibliografia 
completa, tanto questa � ricca, ma mi limito a ricordare 
parecchi scritti, indicati per autori in ordine alfabetico, 
in grande prevalenza italiani per il maggiore 
interesse che per il nostro ordinamento giuridico presentano: 


AM:oRTH .ANTONIO: La Costituzione Italiana. Milano, 
Giuffr�, 1948, pag. 50. 

ARDAU GIORGIO: Limiti entro i quali i lavoratori esercitano 
un diritto ai sensi dell'art. 51 C. P., in "Giurisprudenza 
Italiana�, 1952, P. I, Sez. 2a, col. 127; Lo 
sciopero non � reato n� giusta causa di risoluzione del 
contratto a tempo determinato, in � Giurisprudenza 
Italiana>>, 1951, P. I, .Sez. 2a, col. 299; Requisiti attuali 
dello sciopero legittimo, in "Giurisprudenza Italiana
�, 1952, P. I, Sez. la, col. 321. 

BALLADORE-PALLIERI: La nuova Costituzione Italiana. 
Milano, Marzorati, 1948, pag. 50. 

BASCHIERI n'ESPINOSA E GIANNATTASIO: La CostituZIONE 
Italiana. Commento analitico. Firenze, Noccioli, 
1949, pag. 212 e segg. 

BARATIERI PAUL: Du droit de gr�ve en Grande Bretagne. 
"Revue de droit public de la science politique �, 1951, 

n. l, pag. 165. 
BATTAGLINI ERNESTO: I mezzi di autodifesa e di azione 
diretta nella crisi di regolamentazione collettiva dei rapporti 
di lavoro, in "Foro Padano'" 1951, P. IV, pa


gina 101. 
BERRUTI ADALBERTO: Il diritto di sciopero e i suoi 
limiti, in "Idea�, 1951, n. 12, pag. 664. 
BozzINI FRANCO: Sciopero e serrata, in <<Giornale d'Italia
� del 30 gennaio 1953. 
CALAMANDREI PIERO: Significato costituzionale del diritto 
di sciopero, in <(Rivista giuridica del lavoro�, 1952, 
fase. 4 e 5 ,P. I, pag. 221. �� � 

CARNELUTTI FRANCESCO: Teoria del regolamento collettivo 
dei rapporti del lavoro. Cedam, 1928, pag. 57. 
DE HULSTER JEAN: Le droit de gr�ve et sa r�glementa


tion. Paris, 1952, pag. 234. 
DE TARANTO AMILCARE: Lo sciopero e i dipendenti pubblici, 
in " Voce di Segretari e dipendenti enti locali �, 
1952, 8, 9, pag. 273. 


ID

mm ;e m 

-228


FERRAR! MARIO: Sciopero e serrata nei confronti della 
Costituzione, in cc Giurisprudenza Italiana�, 1951, 

P. II, col. 307. 
GALUPPO GIUSEPPE: La disciplina dei rapporti di lavoro: 
il diritto di sciopero dei dipendenti di enti pubblici, 
in cc L'Amministrazione Italiana�, 1952, pag. 412. 
GurccIARDr ENRICO: Ancora in tema di sciopero dei 
dipendenti pubblici, in cc Giurisprudenza Italiana >>, 
1951, disp. 11, P. III, col. 161. 

GIANNINI AMEDEO: Serrata e sciopero negli ordinamenti 
italiani, in cc Rivista di Politica Economica>>, 1952, 
pag. 425. 
LEVI ALESSANDRO: Il diritto di sciopero, in cc Commento 
sistematico alla Costituzione Italiana>>, Barbera, 1950, 
pag. 461. 
LYON-CAEN G�RARD: Il diritto di sciopero e il contratto 
individuale di lavoro, in cc Rivista Giuridica del lavoro >>, 
1952, fase. II, P. III, pag. 53. 
MALINVERNO RENATO: Il diritto di sciopero e lo sciopero 
dei dipendenti pubblici, nel giornale cc Il Tempo� 
del 30 dicembre 1953 e io gennaio 1954. 

MICELI GIUSEPPE: Il diritto di sciopero e la Costituzione, 
in cc Diritto del lavoro�, n. 9 e 10, P. II, pag. 367. 

MICELI ROSARIO: L'art. 502 Codice Penale � stato abrogato 
dall'art. 40 della Costituzione, in cc Diritto del 
lavoro>>, 1952, 7, 8, P. III, pa.g. 257. 

MIMIN PIERRE: La gr�ve enca.dr�e. cc Reoueil Dalloz �, 
1952, n. 33, cc Chronique >>, pag. 125. 
MoLITOR ERICH: Concetti e limiti dello sciopero secondo 
l'ordinamento tedesco, in cc Diritto del lavoro>>, 1953, 

n. 1 e 2, pag. 3. 
Rocco ARTURO: Diritto o delitto? A proposito dello sciopero 
nei servizi pubblici, in cc Idea Nazionale�. 30 gennaio 1920. 
SANTORO-PASSARELLI FRANCESCO: Autonomia collettiva, 
giurisdizione, di�ritto di sciopero, in cc Rivista Italiana 
per le scienze giuridiche>>, 1949, pag. 138. 
STENDARDI G. G.: Idee chiare sul diritto di sciopero, 
in cc Foro Padano>>, 1952, IV, pag. 153; Legittimit� 
dello sciopero secondo la Costituzione, in cc Foro Padano�, 
1951, P. I, col. 133. 

TABARELLI MARIO: Il diritto di sciopero, in cc Montecitorio
�, marzo 1953. 



NOTE DI DOTTRINA 


...................................................................................................................


MARIO NrnRo: Le decisioni amministrative. (Jovene, 

p. 153). 
Il Nigro, che accomuna con opportuno equilibrio 
le due qualit�, di studioso e di pratico del diritto 
amministrativo, prende lo spunto da uria serie di 
procedimenti contenziosi, il cui numero � andato 
via via aumentando in questi ultimi tempi, per 
esaminare la natura dei provvedimenti, che chiudono 
quei pro�edimenti e che egli definisce cc decisioni
�. � 

Il problema � di grande interesse, anche in relazione 
alla VI disposizione transitoria della Carta 
costituzionale, che, per�, a nostro avviso, va interpretata 
in senso difforme da quello, cui sembra 
aderisca l'autore. Il termine di cinque anni previsto 
dalla citata disposizione � meramente ordinatorio, 
come ha avuto occasione recentemente di 
confermare la Corte di Cassazione e, comu'nque, 
le giurisdizioni speciali esistenti debbono essere 
revisiona~e, ma non necessariamente soppresse. 

Anche la revisione, per�, impone che siano distinti 
nettamente gli organi di giurisdizione speciali 
dagli organi contenziosi non giurisdizionali. 

La difficolt� di questa distinzione � a tutti nota 
e per pi� di un organo si � discusso, in questi ultimi 
tempi, della natura giuri'sdizionale o amministrativa 
della sua attivit�. 

.Ai molti es;empi addotti dal. Nigro dovrebbe 
aggiungersi quello del Ministro, che decide sui 
ricorsi in materia di revisione dei prezzi degli appalti 
di opere pubbliche e delle pubbliche forniture. 
.A queste decisioni � stato riconosciuto, anche di 
recente, il carattere giurisdizionale. 

Il .Nigro ricerca, appunto, il criterio di discriminazione 
fra attivit� amministrati'va e giurisdizionale 
ed esattamente afferma che n� l'esistenza di 
una lite, n� lo sviluppo del procedimento in forma 
contenziosa sono elementi sufficienti per far affermare 
la natura giurisdizi'o'nale dell'attivit� e della 
deci.sione. 

Non riteniamo, per�, di poter concordare sulla 
affermazione che possa esservi giurisdizione anche 
senza lite. L'esistenza di una contesa � a nostro 
avviso, condizione necessaria, anche se non suffi~ 
ciente per l'esistenza della giurisdizione. 

Neppure il contraddittorio pu� essere assunto 

come criterio di discriminazione; ma non ci sembra 

che sia da respingere, come fa il Nigro, il criterio 

sostenuto dal Guicciardi, il quale distingue fra il 

contraddittorio giudiziario, diretto a garantire l'uguaglianza 
delle parti davanti al giudice, e quello 
contenzioso amministrativo, che � principalmente 
diretto a consentire il migliore svolgimento dell'azione 
amministrativa. 

Il suddetto criterio non ci sembra molto lontano 
da quello adottato dal Nigro, il quale pone in luce 
come la giurisdizione sia esercitata dallo Stato 
nell'interesse dei terzi litiganti e l'amministrazione 
contenziosa dello Stato anche (direi soprattutto) 
nel proprio in1Jeresse. 

La sentenza assolve il suo compito dicendo ius; la 
decisione amministrativa, invece, rappresenta una 
fase dello svolgimento dell'azione amministrativa. 

.Al rapporto fra l'atto e gl'interessi, che ad esso 
sono collegati, fa risc�ntro la diversa natura e le 
diverse finalit� del contraddittorio. 

Quello contenzioso non giurisdizionale tende immediatamente 
a fornire all'amministrazione utili 
elementi di giudizio per le proprie determinazioni 
e solo mediatamente ad assicurare alle parti una 
tutela dei propri interessi. 

N � riteniamo di poter aderire alla tesi esposta 
nel testo, s�corldo la quale l'attivit� giurisdizionale 
non pu� essere affidata che ad organi indipendenti. 
Il principio non trova fondamento nel diritto vigente 
e l'inverso � perfettamente ammissibile: ad 
un organo indipendente (giurisdiziOnale) pu� ben 
essere affidata ed in concreto � affidata un'attivit� 
amministrativa. 

Il principio affermato ci sembra pi� politico che 
giuridic'o . 

Premessa la distinzione fra attivit� giurisdizionale 
e attivit� amministrativa, il Nigro esamina, 
tentando di ridurli ad unit�, i concetti di procedimento 
contenzioso e organo contenzioso. 

In ordine al p'rimo concetto debbono farsi molte 
riserve: i procedimenti contenziosi attualmente vigenti 
sono numerosi e dissimili, per cui � molto 
difficile, se non impossibile, trarre dei principi generali, 
n� ad essi possono ap'plicar'si per alnalogia 
i principi del contradittorio giurisdizionale, che � 
sostanzialmente diverso e, come s'� vistO, tende a 
fini diversi. 

N� sembra potersi affermare che ogni vizio, sia 
pure essenziale, del procedimento si traduca in 
vizio della decisione. Questo effetto pu� riconoscersi 
solta.n:to ai vizi del procedimento che abbiano influito 
sU:Ua decisione. 



-230 


A proposito della legittimazione dell'organo contenzioso 
riteniamo che sia decisamente da respingere 
la teoria della incompatibilit� presunta, adottata 
in analogia coi principi, che regolano l'astensione 
e la ricusazione del giudice. 

Esattamente ritiene il Guicciardi che, mancando 
un principio generale, debba ritenersi sussistere la 
incom'Patibilit� soltanto quando sia espressamente 
prevista. 

N� l'incompatibilit� presunta pu� ricondursi all'eccesso 
di potere sintomatico, che, comunque, � 
un vizio della causa e non attie'ne alla legittimazione 
dell'organo. 

Le conseguenze aberranti di questa teoria non 
potevano sfuggire all'ingegno acuto dell'autore, che, 
infatti, ne limita l'applicazione �agli organi collegiali. 


La ricusazione del Prefetto o del Ministro � un 
assurdo logico, prima che giuridico. 

Sulla definizione della categoria abbiamo qualche 
perplessit�, sembrando piuttosto equivoco il 
termine decisione. Attraverso il procedimento contenzioso, 
infatti, l'Amministrazio'ne si determina o, 
come dice il Gian'nini M.S., attua la determinazione 
del voluto, ma non decide una controversia. 

Il Nigro, seguendo altri autori, ne fa una sottospecie 
degli accertamenti e pi� precisamente della 
sp'ecie accertamenti in senso giuridico, in contrapposto 
agli accertamenti in senso storico. 

Riprendendo l'analogia del cont'radittorio, l'autore 
fa rientrare in questa specie anche la sentenza 
di accertamento, ma questa ha efficacia obiettiva; 
la decisione amministrativa, invece, ha effetto solo 
per l'Amministrazione, .e perci�, si diversifica anche 
dal negozio giuridico di accertamento, che � 
diretto a terzi estranei al dichiarante. 

De�cisam�nt'e da respingere, poi, ci sembra la 
affermazione della natura vincolata delle decisioni. 

Pu� parlarsi di un loro effetto vincolante, ma 
� innegabile la natura discrezionale e a volte tecnicamente 
discrezionale dell'accertamento contenuto 
nella decisiohe. 

A nostro avviso il procedimento contenzioso non 
� idoneo a dar luogo a'd una categoria autonoma 
di atti. La d'ecisione � la determinazione del contenuto 
dell'atto amministrativo; essa pu� essere 
il frutto di un procedimento Iolgico non contenzioso, 
secorrdo la difficolt� e la delicatezza della situazione 
da acc~rtare, ma non muta natura per la 
diversit� del procedimento adottato. 

Il Nigro, poi, � costretto a distinguere fra decisioni 
preliminari e finali ed attribuisce alle prime 
l'effetto di conlferire all'Amministrazione il potere 
di provvedere, donde la loro efficacia costitutiva. 

Riteniamo, invece, che il potere sia attribuito 
ali' Amministr�zione dalla legge e che la decisioneaccertamento 
sia soltanto un presupposto di legittimit� 
del provvedimento. 

La decisione non � legge per l'Amministrazione 
pi� di quanto la determinazione cosciente del volere 
lo sia per il singolo, entrambe sono espressioni 
di autonomia, mentre il comando � eteronomo. 

Sulla differenziazione delle decisioni dai pareri 
concordiamo con l'Autore, ma la questione � prin


cipalmente terminologica dal momento che il Nigro 
esclude dalla categoria dei .pareri quelli vincolanti, 
che effettivamente non sono pareri, ma determinazione 
del contenuto dell'atto amministrativo. 

Non ci sembra, per�, che tale differenziazione 
pos'sa fondarsi suira presenza o meno del procedimento 
contenzioso. 

La distinzione fra decisione e deliberazione ci 
sembra, poi, non del tutto esatta, trattandosi di 
termini n:on omogenei. 

Il Nigro esamina poi vari tipi concreti di decisioni, 
finali e preliminari. 

Fra le prime � il decreto del Presidente della 
R�pubblica su ricorso straordinario, che il Nigro 
ritiene ammissibile, ma di scarsa importanza dopo 
l'entrata in vigore della Carta costituzionale, che 
assicura la piena tutela giurisdizionale contro tutti 
gli atti amministrativi, ivi compreso il decreto 
presidenziale in esame (cfr. sull'argomento: � Rass. 
Avv. �, 1948, 10 1; 1951, 39; 1953, 1 e segg. infra 
pag. ). 

Fra le seconde il Njlgro colloca gli accertamenti 
fiscali e le decisioni delle Commissioni tributarie, 

In proposito non possiamo che dissentire dalle 
tesi esposte nel testo e riaffermare la n:�tura giurisdizionale 
delle deicisioni delle Commissioni e l'effetto 
non vincolante dell'accertamento non giurisdizionale, 
an'corch� concordato. L'accertamimto, di 
ufficio o su denunzia, ha effetto dichiarativo, il 
debito sorge nel momehto in cui si verificano i 
presupposti e l'accertamento non ha altro scopo 
che di renderlo liquido. 

A proposito della forma delle decisioni il Nigro 
afferma ch'esse debbono essere adottate nella sede 
dell'organo e comunicate o notificate al privato. 
N� l'una n� l'altra esigenza risultano dalla legge. 

Lo stesso riteniamo si pos'sa dire degli accidentalia 
negotii, che, secondo l'autore, non possono essere 
contenuti in una decisiooe. 

N� ci sembra che possa affermarsi il principio, 
sia pure tendenziale, dell'impugnabilit� delle decisioni 
in via autonoma. Tale principio potrebbe 
ammettersi soltaJJ.to per le decisioni finali, per le 
altre la lesione dell'interesse verificandosi soltanto 
con l'emanazione del provvedimento finale. 

. Non pu�, infatti, contestarsi che la decisione 
preliminare sia vincolante solo quanto al contenuto 
dell'atto, salva all'Amministrazione la facolt� 
di provvedere o meno. 

G. GUGLiiELMI 
La giurisprudenza amministrativa nel periodo 19351950. 
(Roma, Istituto Poligrafico dello Stato, 
.. 1952). 

Sotto questo titolo � stato pubblicato il repertorio 
della � Rivista amministrativa della-Re.p.bblica 
Italiana �, di cui appare superfluo mettere in 
rilievo la importanza come strumento di lavoro 
e di consultazione. 

La giurisprudenza raccolta nel volume � presentata 
con un opportuno contemperamento del 


B�:iiddl iilim:lil:ii:~+&&&P: 


-231


criterio alfabetico con quello sistematico; indici 
parzill.li molto �ccurati rendono agevole la consultazione 
delle voci pi� importanti. 

Nel volume in esame non ci si limita solo a segnalare 
la giurisprudenza amministrativa ma anche 
la legislazione e le circolari pi� notevoli. Sicch� 
pu� concludersi che si tratta di un'opera indispensabile 
per chiunque si occupi del diritto amministrativo 
sia come studioso che come professionista. 

N. 
PAPALDO: Codice delle leggi sanitarie. (A. Giuffr�, 
Milano, 1952). 
Nella preziosa collezione legislativa diretta da 
Guido Zanobini � ora comparsa, per la prima volta 
anche questa raccolta delle leggi sanitarie, curata, 
sotto la guida del prof. Papaldo, da una schiera 
di funzionari particolarmente esperti nella materia. 


Il metodo di presentazione delle leggi � quello 
seguito anche negli altri codici pubblicati nella 
collezione; cos� come sono ugualmente esaurienti 
ed accurati gli indici analitici, cronologici e sistematici 
che sono in calce al volume. 

Oltre alle leggi ed ai regolamenti sono riportate 
nel volume anche le ordinanze ministeriali e del1'
A.'O.I.S. sicch� si ha un panorama completo di 
tutta la veramente imponente mole di disposizioni 
normative che regolano questa complessa materia. 

A. 
V. WENEDIKTOV: La propriet� so.cialista dello 
Stato. (Ediz. Einaudi, 1953). 
Dopo la pubblicazione del libro dello Schlesinger, 
su la Teoria del Diritto nell'Unione Sovietica Einaudi, 
1952 � ora comparsa questa opera del W. 
che riguarda l'istituto certamente pi� importante 
del diritto sovietico. 

�, infatti, evidente che la disciplina giuridica 
della propriet� socialista dello Stato � alla base 
di tutto l'ordinamento dello Stato sovieti�o, in 
quanto la differenza essenziale che sussiste tra 
l'ordinamento economico socialista e tf_uello capitalista 
sta proprio nella titolarit� del diritto di 
propriet�. 

Questa differenza salta immediatamente agli occhi 
fin da un primo sguardo all'indice stesso del 
libro del W.., dal quale risulta che sono trattati 
nell'opera i'stituti che, secondo le nostre concezioni 
giur�diche, non fanno assolutamente parte 
del diritto di propriet�, (persone giuridiche, organi 
dello Stato) mentre sono completamente assenti istituti 
che tradizionalmente rientrano nello studio di 
tale diritto (ad es: servit�, jura in re aliena, ecc.). 

Il W. imposta tutto il suo studio su una definizione 
del diritto di propriet� che egli ritiene applicabile 
a tutti gli ordinamenti economici e giuridici; 
secondo W., invero, il diritto di propriet� � il 
� diritto di usare dei mezzi di produzione in virt� 
di un potere proprio e nel proprio interesse sulla 
base del sistema di rapporti classisti dominanti in 

quella data societ��. Il W. aggiunge che questa 
definizione obbliga cc quando si vogliono analizzare 
le forme di propriet� particolari ai vari sistemi 
giuridici a stabilire: 1� nel potere di chi si trovano i 
mezzi di produzione e 2� nell'interesse di chi essi 
vengano goduti>>. 

Posta questa premessa, ne discende logicamente 
che la parte pi� importante del libro � quella 
nella quale il W. si occupa della organizzazione da 
parte dello Stato, unico titolare della propriet� 
socialista, dell'esercizio del potere spettantegli sui 
beni come pr�prietario. 

Lo studio di tale organizzazione implica, anzitutto, 
lo studio degli organi dello Stato ai quali � 
dall'ordinamento sovietico affidata la titolarit� dell'esercizio 
del diritto di propriet�. 

Questi organi sono tutti persone giuridiche, s� 
che, a differenza del nostro diritto nel quale la 
personalit� degli organi dello Stato � un'eccezione, 
nel diritto sovieti�o tale personalit�, almeno per 
quegli organi che sono incaricati dell'esecuzi�ne di 
compiti statali di carattere economico (esecuzione 
del Piano), costituisce la regola. 

Il W. definisce tali organi come cc una collettivit� 
di operai e impiegati organizzata d,al11> Stato, 
avente a capo un dirigente responsabile, che lo 
Stato incarica della esecuzione di determinati compiti 
statali e al quale esso conferisce, per la esecuzione 
di questi compiti, una parte del fondo unitario 
oggetto della prdpriet� dello Stato >>. Questa definizione 
del W. ha dato origine a vivaci discussioni 
nella scienza giuridica sovietica e pu� dirsi che la 
maggioranza degli'rfscrittori ed anche il pensiero 
ufficiale dell'Istituto di Scienze giuridiche siano 
contro la tesi dell'A. Di tali discussioni si pu� 
avere un'informazione abbastanza completa per 
mezzo di articoli pubblicati sulla rivista cc Stato e 
Diritto Sovietfoo � (1952, n. 6 e 10). 

Ma l'interesse della trattazione da parte del W. 
del prdblema delle persone giuridiche sta, in modo 
particolare, nel fatto che egli giunge alla sua definizione 
attraverso un accurato esame del diritto 
compa~ato (specialmente autori tedeschi e francesi); 
ed � attraverso le critiche che egli muove alle tesi 
di tali autori che ci si pu� rendere conto abbastanza 
chiaramente della diversit� di concezione 
tra la scienza giuridica sovietica e la scienza giuridica 
dei paesi a diverso ordinamento. 

Un altro istituto trattato dal W. con particolare 
accuratezza e che presenta anche per noi un notevole 
interesse pratico, � quello della tutela del 
diritto della propriet� socialist� dello Stato, e particolarmente 
della tutela del possesso. Questo istituto 
� impostato su due presupposti fondamentali, 
assolutamente peculiari al diritto sovietico e incompatibili 
con il nostro ordinamento giuridico: 
1� la presunzione di propriet� a favore dello Stato 
e non a favore del possessore; 2� la inesistenza 
dell'istituto dell'usucapione. 

Anche nella trattazione dell'istituto del possesso 
il W. compie un accurato esame del diritto compa--rato 
mettendolo in relazione con le norme del diritto 
sovietico e, soprattutto, con l'interpretazione che 
di tali norme d� la giurisprudenza del c.d. cc Arbitrato 
di Stato �, unico organo giudiziario competente 
a decidere delle vertenze tra imprese statali. 



::illf.OOf$ii 

-232 


� appena il caso di rilevare come la summa 
divisio tra i beni, secondo il diritto sovietico, non 
sia quella tra beni mobili e beni immobili, ma tra 
mezzi fissi e mezzi circolanti, i quali ultimi soltanto 
sono suscettibili di divenire oggetto di contratti 
di compravendita tra le imprese che ne hanno la 
gestione. 

Anche alla disciplina giuridica dei contratti il 

W. dedica una parte, sia pure non notevole, del 
suo trattato, ma non pu� dirsi che in proposito 
egli abbia delle idee molto precise e che, comunque, 
apporti un contributo notevole alla risoluzione della 
questione, vivacemente dibattuta nella scienza sovietica, 
circa la natura giuridica di tale contratto. 
(Si veda in proposito in qiles't� Rassegna, 1952, 

p. 132-134). 
Larga parte dell'opera � poi dedicata ad infor" 
mazioni di carattere storico-giuridico sulla evoluzione 
della disciplina del diritto di propriet� socialista 
dello Stato dal 1917 in poi. 

A.S. 

RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA 


AMMINISTRAZIONE PUBBLICA � Atti diretti alla 
tutela dei beni patrimoniali -Azione possessoria � 
Proponibilit�. (Corte di Cass., Sez. Un., Sent. numero 
1980/53 -Pres.: Anichini; Est.: Moscati; P. M.: Macaluso 
-Amministrazione finanziaria contro Della Rosa). 

Gli atti della Pubblica Amministrazione diretti 
alla tutela dei beni patrimoniali, esulano dalla 
sfera delle attribuzioni di carattere amministrativo, 
non integrano cio� l'esplicazione di un'attivit� 
autoritaria amministrativa, con la potest� di comando, 
come avviene nel campo della difesa dei 
beni demaniali, bens�, per la materia cui si riferiscono 
e per l'oggetto che di questa forma il substrato, 
devono trovare attuazione nell'orbita del 
diritto privato e pertanto non sono assistiti da 
forza coattiva. 

Di conseguenza, l'Ente pubblico non � autorizzato 
a portare ad esecuzione la sua volont� con 
mezzi propri e coercitivi nei confronti di subietti 
che, quale che sia la pretesa di loro diritti per la 
conservazione del possesso di tali beni patrimoniali, 
trovansi in una situazione di fatto della quale 
non possono essere privati se non iussu iudicis. 

La Corte di Cassazione, confermando il principio 
ormai consolidato della proponibilit� dell'azione possessoria 
contro la Pubblica Amministrazione quando 
la stessa agisca iure privatorum � negato ad essa 
ogni potest� di diritto pubblico relativamente alla 
tutela dei beni patrimoniali. 

Nonostante l'ormai avvenuto consolidamento della 
giurisprudenza sul primo principio, .non possiamo 
accettare le tesi accolte dalla Suprema Corte su entrambi 
i punti decisi. 

Come si ebbe gi� occasione di precisare (cfr. �Rassegna 
Avvocatura�, 1951, p. 88) il limite imposto dallo 
art. 4 della legge 20 marzo 1865 all. E, ribadito dallo 
ultimo comma dell'art. 113 della Carta costituzionale, 
sussiste anche quando la Pubblica Amministrazione 
agisca iure privatorum; sussiste detto limite senza 
alcun dubbio, quando la Pubblica Amministrazione, 
come nella specie, agisce iure publico, sia pure fuori 
della sfera delle sue attribuzioni, essendo inconcepibile 
per il principio della divisione dei poteri, che il 
giudice si sostituisca all'Autorit� amministrativa e 
ne revochi l'atto, sia� pure illegittimo o illecito. Se 
una tale illiceit� sussista, se, cio�, abbia leso diritti 
soggettivi altrui, il giudice potr� conoscere degli 
effetti dell'atto, ma non potr� sospenderlo o revocarlo, 
come invece avviene in sede di azione possessoria. 

Ma, soprattutto, non possiamo concordare sul 

secondo principio, che nega alla Pubblica Ammini


strazione ogni potere pubblico in ordine alla tutela 

dei beni patrimoniali, sia pure disponibili. Se la 
legge attribuisce alla Pubblica Amministrazione il 
potere di disporre della propriet� privata, quando 
ragioni di pubblico interesse lo richiedano, non si 
vede perch� dovrebbe negarsi un potere analogo e 
naturalmente pi� lato relativamente ai beni patrimoniali 
propri della pubblica amministrazione. 
Questo potere, si noti, � espressamente regolato dalla 
legge per quanto attiene alla riscossione delle entrate 
di diritto patrimoniale. N� le norme del T. U. del 1910 
possono considerarsi eccezionali; esse disciplinano 
l'esercizio di un potere, la cui esistenza si evince dai 
principi generali dell'ordinamento giuridico. 

L'argomento a-contrario, che si vorrebbe ricavare 
dalla norma contenuta nell'art. 823 O. O., non convince 
affatto. Gol riconoscimento espresso che alla sola Autorit� 
amministrativa spetta la tutela dei beni demaniali 
e con la precisazione che anche in questo caso. di attribuzione 
esclusiva l'Autorit� pu� valersi dei mezzi ordinari 
a tutela della propriet� o del possesso non si volle 
certo negare che un analogo potere avesse la Pubblica 
Amministrazione relativamente ai beni patrimoniali. 

V'� di pi�: � pacifico che anche rispetto a detti 
beni, specialmente se appartenenti al patrimonio 
indisponibile, possano instaurarsi rapporti di diritto 
pubblico. Si pensi, ad esempio, alle concessioni forestali 
e minerarie, espressamente previste dalla legge, 
alle concessioni di alloggi di servizio ed in genere a 
tutti i rapporti, che sorgono, relativamente a beni patrimoniali, 
per il soddisfacimento di pubblici interessi. 

In questi casi � innegabile il potere pubblico della 
Amministrazione, che � rivolto non tanto alla tutela 
della propriet� e del possesso del bene patrimoniale, 
quanto alla tutela del servizio ed al soddisfacimento 
di pubblici interessi. 

Confidiamo, pertanto, in un riesame della questione 
da parte della Corte di Cassazione, almeno limitatamente 
al secondo principio affermato. 

G.G. 
AMMINISTRAZIONE PUBBLICA � Rappresentanza 
della P. A. � Vocatio in jus � Indicazione di un or� 
g�no diverso da quello che ha la rappresentanza 
dell'ente � Nullit� insanabile. (Corte di Cass., Sez. 
Un., Sent. n. 1583/53 -Pres.: Galizia; Est.: Gionta; 

P. M.: Eula -Ministero Lavori Pubblici e Gridi contro 
I.A.C.P., Bari -Corte di Cass., Sez. Un., Sent. 
n. 1804;/53 -Pres.: Anichini; Est.: Gionta; P. M.: De 
Martini -Ministero Lavori Pubblici contro De 'Cagno). 
Per la chiamata in giudizio dell'Amministrazione 
� indispensabile l'indicazione inscindibile della 
amministrazione medesima e dell'organo che ne 
ha la rappresentanza. 


-234


L'indicazione di un organo diverso (nella specie 
citazione del Ministero dei Lavori Pubblici in 
persona del capo di un ufficio del Genio Civile, 
anzich� del Ministro) produce la nullit� insanabile 
della vacatio injus, n� soccorre all'uopo il fatto che 
sia stata con esattezza nominata l'amministrazione 
che disimpegnava quel ramo di attivit� nell'ambito 
del quale � sorta la controversia o la circostanza 
che si sia costituita in giudizio l'Avvocatura dello 
Stato, la quale esercita soltanto lo jus postulandi. 

Le decisioni annotate hanno riconfermato un principio 
pacificamente ammesso da una giurisprudenza 
ormai consolidata, secondo il quale la violazione degli 
articoli 163 e 164 O.p.c., per le persone giudidiche 
in genere, e dell'art. 11 del T. U. 30 ottobre 1933, 

n. 1611, per l'Amministrazione dello Stato, che prescrivono 
che l'atto di citazione per la chiamata in 
causa delle persone giuridiche deve contenere, a pena 
di nullit�, l'indicazione dell'organo o ufficio che ne 
ha la rappresentanza in giudizio, importa l'invalidit� 
del rapporto processuale. 
E stato espressamente riconfermato che quella sanzione 
di nullit�, insanabile perch� attiene alla sostanza 
e al contenuto dell'atto di citazione, ha vigore non 
solo nei confronti dello Stato, ma anche di tutte le 
persone giuridiche in genere; che non � sufficiente 
per la costituzione del rapporto processuale il fatto 
che sia stata con esattezza indicata e chiamata in 
giudizio la amministrazione che disimpegna quel 
ramo di attivit� nell'ambito del quale � sorta la 
controversia; che la lacuna non � colmata neanche 
dalla costituzione in giudizio dell'Avvocatura dello 
Stato, la quale disimpegna soltanto la jus postulandi 
e il patrocinio della pubblica amministrazione. 

E, questa, come si � detto, una giurisprudenza costante: 
ma l'importanza delle decisioni in esame sta 
nell'avere risolto una perplessit� che in taluni aveva 
determinato la sentenza n. 1657 del 1949 delle stesse 
Sezioni Unite, con la quale era stata respinta l' eccezione 
di difetto di costituzione del rapporto processuale 
per erronea designazione dell'organo cui � devoluta 
la rappresentaznza del Gran Magistero dell'Ordine 
dei Santi Maurizio e Lazzaro. 

Avevano affermato le Sezioni Unite, in quella 
circostanza, che la rappresentanza di diritto di alcuni 
enti pubblici, spettante senza bisogno di mandato 
all'Avvocatura dello Stato, e in concreto assunta 
merce la sostituzione in giudizio, sana le eventuali 
irregolarit� incorse nella designazione dell'organo della 
persona giuridica pubblica che nell'atto giudiziale 
si qualifica erroneamente rappresentante dell'ente, 
quando non vi sia dubbio sull'indentit� dell'ente 
pubblico che sta in giudizio e non si esigano speciali 
autorizzazioni�per le liti attive e passive. 

L'oggetto di quel giudizio non aveva nulla a che 
fare con la materia in esame e con gli articoli 163 
del O.p.c. e 11 del R.D. n. 1611 del 1933, perch� 
l'errore nella designazione dell'organo si era prodotto 
nei confronti della giuridica attrice (rectius, nella 
specie ricorrente) e non di quella convenuta, e, non 
riguardando la chiamata in causa del convenuto, non 
impediva la regolare costituzione del rapporto process'u.
ale. 

Non tutti per� avevano compreso e qualche decisione 
di giudici di merito aveva fatto applicazione di 
quei principi nel diverso caso in cui l'erronea desi


gnazione dell'organo riguardava la persona giuridica 
convenuta in giudizio. Molto opportunamente, quindi, 
le Sezioni Unite hanno ora chiarito che non vi � 
contrasto tra le diverse pronuncie, dovendosi distinguere 
quel caso, in cui l'indicazione dell'organo, divergente 
dalle norme statuarie, era contenuta solo 
nel ricorso per cassazione proposto nell'interesse dell'ente 
stesso, dagli altri in cui riguarda l'ente convenuto. 


La sentenza n. 1583/53 non si � per� arrestata a 
questo chiarimento, opportuno perch� anche i meno 
avvertiti potessero comprendere nel loro giusto significato 
alcune espressioni forse un po' equivoche della 
sentenza n. 1657 del 1949, ed ha aggiunto che non 
si pu� escludere che anche per le amministrazioni 
statali possa ricorrere qualche singolo caso in cui 
l'entit� della deviazione, per essere di minima importanza, 
possa consentire sanatoria anche nell'ambito 
dei principi generali. 

L'affermazione appare corretta, perch� collegando 
con l'anche le amministrazioni dello Stato con gli 
enti pubblici considerati nella decisione del 1949, 
ha voluto chiarire che anche per le amministrazioni 
statali vale il principio che, mentre l'erronea indicazione 
dell'organo rappresentante l'amministrazione sta 
tale convenuta importa senz'altro la nullit� della 
citazione, nel caso in cui l'azione non sia stata 
promossa dalla stessa Amministrazione, il successivo 
comportamento processuale di essa, attraverso la co~ 
stit1tzione in giudizio, sana l'errore in cui si sia 
eventualmente incorsi nell'atto introduttivo. 

In questo senso si pu� intendere il significato di 
una sanatoria nell'ambito dei principi generali, determinata 
dall'entit� della deviazione; ma sarebbe 
stato pi� opportuno che per esprimere quel concetto 
si fossero adoperate parole pi� precise e meno generiche, 
onde evitare che anche a questa affermazione, 
come alla precedente, possa essere dato un diverso 
pi� ampio significato da qualche lettore meno avvertito. 

s.v. 
IMPIEGO PUBBLICO -Impiegato statale -Aspettativa 
-Licenziamento per decorso periodo massimo Eccesso 
di potere. (Cons. di Stato, Sez. IV, n. 821, 
23 set,tembre 1953 -Capizzi contro Ministero Africa 
Italiana). 

Incorre in eccesso di potere per manifesta contraddittoriet� 
l'Amministrazione che pretenda licenziare 
un impiegato per decorso del termine 
massimo di aspettativa previsto dalla legge, dopo 
aver dimostrato decorso tale termine, di considerare 
tuttora in corso il rapporto. 

Il principio affermato dal Consiglio di Stato � 
troppo grave perch� possa essere lasciato sotto silenzio. 


L'Amministrazione ha posto in aspettativa un 
funzionario, decorre il termine per l'aspettativa: 
l'Amministrazione per benevolenza o 'per omissione 
non procede a dichiarare la risoluzione del rapporto, ma 
cerca di sistemare il funzionamento altrove. 

E chiaro che in tal modo l'Amministrazione, sia 
pure per ragioni di equit�, non rispetta la legge: 
non fa, cio�, uso di un potere vincolato. 


TI ml! 

-235 


Sorgono allora spontanee due domande pu� il 
Consiglio di Stato censurare per eccesso di potere, 
qualsiasi sia la ragione addotta, l'uso da parte della 
Amministrazione di un potere vincolato? Evidentemente 
non perch� l'eccesso �di potere riguarda soltanto 
l'uso del potere discrezionale e non pu� investire 
l'uso del potere vincolato tassativamente dalla 
legge. Ora la manifesta contraddittoriet� non � che 
una figura dell'eccesso di potere. In tal caso anzi, 
il Consiglio di Stato ha violato i limiti della sua 
giurisdizione con chiaro eccesso di potere giurisdizionale. 
� 

Pu� il Consiglio di Stato ordinare, per qualsiasi 
motivo, alle Amministrazioni di non .rispettare la 
legge o deve in ogni caso ritenere illegittimo il comportamento 
della Amministrazione contrario alla 
volont� della legge~ Anche qui la risposta � facile: se 
da un lato c'� l'applicazione della legge e dall'altro 
un comportamento della Amministrazione che la viola 
non pu� darsi valore al comportamento illegittimo 
per render.e inapplicabile la volont� della legge in 
quanto in contrasto con esso. Ma tale comportamento 
deve essere considerato illegittimo e quindi irrilevante. 
La contraddizione, perchi� non c'� perch� il 
comportamento illegittimo non pu� avere alcun effetto. 
Manifesta contraddittoriet� pu� esservi infatti, solo 
tra due provvedimenti discrezionali legittimi. 

Si tratta di principi chiari e che si dovrebbero 
ritenere pacifici. � evidente che il Consiglio di Stato 
� stato indotto da suggerimenti equitativi a superarli; 
ma siamo convinti che la decisione non potr� non 
restare isolata. 

IMPOSTE E TASSE -Decisione definitiva della com� 
missione centrale -Impugnabilit� immediata � 
Ricorso per Cassazione � Ammissibilit�. (Corte di 
Cass., Sez. Un., Sent. n. 1911/53 -Pres.: Galizia; 
Est.: Tavolaro; P. M.) Eula -Comune Brescia contro 
Finanze). 

Contro la decisione della Commissione centrale 
dell~ imposte -che, dichiarata l'assoggettabilit� 
di un reddito a tributo, rimetta gli atti all'Ufficio 
accertatore perch� proceda a liquidazione in base 
a criterio diverso da quello precedentemente adottato 
-� immediatamente proponibile ricorso per 
Cassazione senza preventiva osservanza della norma 
del solve et repete, ove, nel frattempo, non sia 
intervenut,a la predetta nuova liquidazione del 
tributo medesimo. 

I. -Riportiamo il testo della motivazione di 
�questa importante decisione delle Sezioni Unite, che 
investe una questione di massima: 
Questione preliminare, prospettata, nella discussione 
orale dal P.M. -e dall'Avvocatura dello Stato e 
rilevabile peraltro di ufficio appunto perch� investe 
le proponibilit� della domanda e quindi la giurisdizione 
dell'autorit� giudiziaria, � quella; se, dichiarata 
dalla Commissione centrale delle imposte l'assoggettabilit� 
di un determinato reddito alla imposta 
(nella specie: di manomorta) e rimessi dalla stessa 
Commissione gli atti allo Ufficio accertatore, perch� 
proceda alla liquidazione della imposta in base a 
criterio diverso da quello precedentemente adottato, 
possa il contribuente contro tale decisione proporre 

ricorso all'Autorit� giudiziaria, per far dichiarare 
l'imposta non dovuta o non debba invece, per poter 
spiegare l'azione giudiziale, attendere che sia nuovamente 
liquidata l'imposta in via amministrativa, e 
cio� determinato nuovamente il quantum debeatur 
allo Stato. 

Pur riconoscendo la delicatezza della proposta 
questione, non esita il Supremo Collegio ad affermare 
che essa deve essere risolta nel senso che detta decisione 
� da considerare definitiva, in quanto chiude 
il giudizio presso la Commissione centrale, e che 
contro la decisione � senz'altro proponibile il ricorso 
ali'Autorit� giudiziaria. 

Invero il R.D. 7 agosto 1936, n. 1639, sulla 
riforma degli ordinamenti tributari, dopo avere 
(art. 28) demandato alle Commissioni tributarie �la 
risoluzione in via amministrativa delle controversie 
relative all'applicazione dell'imposta di registro, di 
successior1re e in surrogazione, di manomorta e ipotacarie 
�, dispone all'art. 29 che tutte le controversie 
relative all'applicazione della legge sono decise in 
primo grado dalle Commissioni provin�iali e in 
secondo grado dalla Commissione centrale, cc salvo 
il ricorso all'Autorit� giudiziaria nei modi e nei 
termini stabiliti dalle vigenti leggi�. E, mentre l'articolo 
36 dt3l R.D. 30 dicembre 1923, n. 3271, dichiara, 
per la riscossione della imposta e per il modo 
di decidere le controversie in materia, applicabile le 
disposizioni della legge di registro, l'art. 146 di detta 
legge (nel suo testo sostituito con R.D. 13 gennaio 
1936, n. 2313) dispone che in tutte le controversie 
cc riguardanti le tasse e le sopratasse �, le quali abbiano 
formato oggetto di decisione amministrativa, 
il termine per ricorrere all'Autorit� giudiziaria � 
di sei mesi dalla data di notificazione della decisione. 

Da tutto il sistema della citate disposizioni si evince 
chiaramente che il ricorso all'Autorit� giudiziaria � 
ammissibile tosto che sia definito il procedimento 
dinnanzi alle Commissioni tributarie. E, se normalmente 
la definizione avviene mediante una decisione 
la quale non soltanto stabilisca che la imposta 
� dovuta, ma anche questa determini sul quantum, 
devesi egualmente ritenere che tale definizione si 
abbia anche nel caso, in verit� eccezionale, in 
cui la Commissione centrale, risolvendo tutte le 
questioni relative all'applicazione della imposta, 
ritenga questa dovuta, ma liquidabile con un criterio 
diverso, e, per la nuova liquidazione in base 
a detto criterio, rimetta gli atti all'Ufficio del 
registro. In tal caso il contribuente che si ritenga 
leso nel suo diritto da siffatta decisione, contro 
l'affermazione di un obbligo tributario che egli ritenga 
ingiusto e non conforme a legge, pu� ben ricorrere 
all'autorit� giudiziaria. Non deve egli attendere che 
s'instauri il nuovo procedimento di liquidazione e 
che anche questo venga definito. Concreto e attuale 
� il suo interesse a rimuovere l'affermazione della 
sussistenza dell'obbligo tributario in relazione a 
un determinato cespite, ormai definitivamente fatta 
in sede amministrativa con l'avvenuto pll(~si;i,ggio 
dal piano astratto al piano concreto. 

E, costituendo questo un punto fermo per la 
imposizione, non pu� sostenersi che sia l'Autorit� 
giudiziaria chiamata a un preventivo sindacato 
sul dovuto o sul non dovuto, il quale si risolverebbe 
in una interferenza sul comportamento della Pub



-236 


blica Amministrazione, o che manchi il contenuto 
di una controversia o di una decisione concreta. 

Collegata con la risolta questione � quella sollevata 
dall'Amministrazione delle Finanze nel ricorso 
incidentale, se sia nel caso in esame ammissibile 
il ricorso all'Autorit� giudiziaria, pur non avendo 
il Comune di Brescia ottemperato all'obbligo del 
pagamento dell'imposta, da comprovarsi mediante la 
esibizione della prescritta quietanza. E, contrariamente 
allo assunto dell'Amministrazione finanziaria, 
devesi ritenere che giustamente la Corte di merito 
abbia ritenuto l'azione proponibile, senza con ci� 
incorrere nella violazione degli articoli 6, comma 2�, 
della legge sull'abolizione del contenzioso amministrativo, 
e 149 della legge del registro, da porsi in 
correlazione con l'art. 36 della legge tributaria sulla 
manomorta. 

Invero il precetto del sol ve et repete ha come 
necessario presupposto la formulazione concreta della 
pretesa della Finanza, non solo in relazione all'an, 
ma soprattutto in relazione al quantum. Non essendo 
possibile un solvere ove il debito non sia liquido 
ed esigibile, il contribuente deve avere la esatta cognizione 
della somma formante oggetto della imposizione. 
E se la Commissione centrale con la sua decisione 
definitiva in ordine all'an deb.eatur abbia 
dichiarato non dovuta quella somma, non dovuto quel 
quantum dallo Ufficio accertatore indicato nella originaria 
proposta di accertamento in applicazione .di 
un erroneo criterio di liquidazione, � evidente che, 
non potendo pi� valere quella originaria indicazione 
dalla Commissione centrale posta nel nulla o meglio 
dichiarata illegittima, viene con ci� stesso a mancare 
praticamente il presupposto di� tale precetto e 
quindi ad essere inattuabile l'obbligo di ottemperarvi. 
Il precetto quindi � a questo caso di eccezione 
inapplicabile; e del tutto ingiustificato � l' assunto 
della Finanza che il contribuente, il quale per 
le ragioni suespresse sia legittimato a ricorrere all'Autorit� 
giudiziaria contro la decisione suindicata 
debba, per rendere ammissibile la sua azione, sostituire 
la propria diligenza a quella dell' U ff�cio del 
registro e provocare egli la liquidazione del tributo, 
per attendere poi, prima di adire il giudice ordinario, 
la definitiva decisione sulla liquidazione medesima. 

JJ. A) -MEZZI D'IMPUGNAZIONE DELLE DECI� 
SIONI DELLE COMMISSIONI TRIBUTARIE. 

B) IMPROPONIBILIT� DELLE AZIONI DI MERO ACCERTAMENTO 
NEGATIVO NEL PROCESSO TRIBUTARIO. 

A) Con tale sentenza le Sezioni Unite hanno ribadito 
il principio che la natura giurisdizionale delle 
Commissioni amministrative tributarie -gi� affermata 
in relazione all'art. 111 della Costituzione con 
sentenza n. 2164/1950 in causa Raccuglia-Finanze 
(1) -renda immediatamente impugnabili le decisioni 
definitive della Commissione centrale delle imposte, 
per violazione di legge sostanziale oltre che 

(1) �Giur. Compl. Cass. Civ.>>, 1951-I, pag. 98 e 
seguenti. Cfr. nello stesso senso: Salerni: Imposte straordinarie 
sul patrimonio nella dottrina e nella legislazione 
(ed. Giuffr�, 1951, p. 405 e nota 231-bis con altri richiami 
dottrinali e giurisprudenziali). 
formale (1), al fine di evitare il pregiudizio della 
preclusione, che conseguirebbe al decorso del termine 
di decadenza per la impugnativa delle decisioni 
medesime (2). 

Sotto tale riflesso sussiste, inve.ro, l'interesse imme" 
diato, cio� concreto e attuale del contribuente a proporre 
impugnativa per illegittimit� dello accertamento 
tributario; onde risulta esatta anche l'affermazione 
contenuta nella sentenza in rassegna, che debbasi 
prescindere dall'osservanza dell'obbligo del solve et 
repete (anche nella ipotesi di opposizione da parte 
del contribuente e non gi� solamente di azione diretta 
dell'Amministrazione) qualora nel frattempo, non fosse 
intervenuta la liquidazione del tributo controverso. 

B) Ben diverso si presenterebbe il caso ove si trattasse, 
invece, di una vera e propria azione di accertamento 
negativo; cio� di azione tendente a far 
dichiarare la illegittimit� del tributo prima che esso 
avesse trovato la propria soggettivazione con la 
concreta attuale percussione del soggetto .passivo a 
mezzo dello accertamento contro di lui diretto. 

(1) In questa Rassegna, 1952, 107 e segg. (Cass. Civ., 
Sez. I, sent. n. 1023/1952 in causa Castagna Firenze). 
ALLORIO: Diritto processuale tributario, Utet., 2a ed., 
1952-53, pp. 33-34. 

(2) Tale termine -che, come ha rilevato la Cassazione, 
� di sei mesi a' sensi dell'art. 146 della legge di 
registro, sostituito con R.D. 13 gennaio 1936, n. 2313 � 
applicabile, per espressi specifici richiami, a tutto il 
gruppo delle cosidette imposte sugli affari o sui trasferimenti 
di ricchezze (successioni, donazioni, manomorta, 
ecc.) e decorre dalla notificazione della decisione (la 
quale pu� essere anche delle Commissioni di merito: 
distrettuali o prvinciali), purch� trattisi di decisione 
definitiva ossia di decisione che dichiari la. legittimit� 
o meno del tributo nella sua concreta applicazione (an 
debeatur) oppure anche solamente nel quantum.
� ben intuitivo che, scelta la via della impugnazione 
di una decisione definitiva di una Commissione tributaria 
con ricorso per Cassazione per violazione di legge a' 
sensi dello art. 111 della Costituzione, la stessa questione 
non possa essere pi� riportata dinnanzi all'Autorit� giudiziaria 
di merito. Del pari (sia detto incidentalmente), 
intervenuta sentenza dei giudici ordinari di merito, deve 
ritenersi che la procedura amministrativa (a mezzo di 
ricorso alle Commissioni tributarie) eventualemnte iniziata 
(prima o contemporaneamente all'azione giudiziaria) 
sia stata implicitamente abbandonata anche 
quando non sia seguito formale atto di rinuncia. 

Ci� in osservanza del principio del ne bis in idem, 
che (anche in assenza di giudicato) preclude qualsiasi 
altra azione, pure quando essa sia alternativamente esercitabile, 
come pu�, in via eccezionale, avvenire in materia 
d'imposte indirette. 

Tale alternativit�, invece, non � ammessa per le imposte 
dirette, vigendo tuttora il principio del preventivo 
esperimento della procedura amministrativa dinnanzi ad 
almeno una delle Commissioni tributarie di merito. 
L'art. 22 del R.D.L. 7 agosto 1936, n. 1639 (convertito 
nella legge 7 giugno 1937, n. 1016) invero testualmente 
dispone: �l'Autorit� giudiziaria pu� essere adita dal 
contribuente anche dopo che sia intevenuta soltanto decisione 
definitiva della Commissione distrettuale o di quella 
provinciale, purch� la relativa imposta sia stata iscritta 
a ruolo'" 

Il che, per altro, presuppone il pagamento, quando 

meno, delle rate scadute prima della: notificazione della 

citazione (domanda) per rendere ammissibile l'opposi


zione giudiziale e, quindi, l'osservanza del salve et re


pete. 

(Per altre considerazioni sull'argomento cfr. la stessa 
�Rassegna dell'Avvocatura>>, 1952, pag. 107 e segg.; 
e BERLIRI, in �Foro It. >>, 1953, I, 1114, in nota alla 
sentenza in oggetto). 



-237 


In tal caso pi� che di difetto di giurisdizione, per 
preclusione temporanea conseguenziale alla inosser


. vanza della norma di diritto pubblico e non soltanto 
processuale (ossia di semplice �presupposto processuale 
necessario �) del solve et repete, si verserebbe 
in tema di difetto assoluto di giurisdfaione, il 
quale renderebbe improponibile la domanda giudiziale. 


Del che mostra di essersi reso esatto conto il Supremo 
Collegio (riconfermando implicitamente il 
principio della inammissibilit� delle azioni di mero 
accertamento negativo in materia tributaria) allorch� 
(con la stessa sentenza in rassegna) rileva: �Concreto 
e attuale � il suo interesse (l'interesse cio� del contribuente) 
a rimuovere l'affermazione della sussistenza 
dell'obbligo tributario in relazione a un determinato 
cespite, ormai definitivamente fatta in sede 
amministrativa con l'avvenuto passaggio dal piano 
astratto al piano concreto. E, costituendo questo 
un punto fermo per la imposizione, non pu� sostenersi 
che sia l' .Autorit� giudiziaria chiamata a un 
preventivo sindacato sul dovuto e sul non dovuto, 
il quale si risolverebbe in una interferenza sul 
comportamento della Pubblica .Amministrazione, 

o che manchi il contenuto di una controversia e di 
una decisione concreta �. 
Invero, in presenza della situazione giuridica 
precisata dalla decisione della Commissione centrale 
con la limitazione dei beni imponibili agli effetti della 
imposta di manomorta (limiti gi� noti al contribuente 
per effetto della decisione medesima e quindi non 
richiedenti la notifica di un nuovo avviso di accertamento) 
a ben riguardare la questione, nel caso come 
sopra deciso dalla Cassazione, non sussistevano gli 
estremi di azione meramente accertativa da parte del 
contribuente, della quale dottrina e giurisprudenza 
escludono l'ammissibilit�. 

L'.ALLORIO (1), infatti, sia pure per ragioni d'in.
dole pratica, si esprime contro l'ammissibilit� di 
tale azione attribuendo alla possibilit� di un'azione 
giudiziale (intesa a ottenere sentenza dichiarativa in 
ordine alla legittimit� del rapporto) �valore del tutto 
marginale nel quadro della disciplina e della teoria 
del processo tributario �; mentre, pi� esplicitamente, 

.A. D. GIANNINI (2) sostiene che il principio del 
solve et repete valga per una qualsiasi controversia 
d'imposta in senso lato e disconosce, da un punto di 
vista generale, che sia ammissibile un'azione di 
accertamento negativo, tranne che per le imposte 
aventi carattere suppletivo e per quelle ancora non 
scadute. 

A loro volta le Sezioni Unite della Cassazione, con 
sentenza del 26 luglio 1941 (3), definirono tale pretesa 
giuridicamente inconcepibile, perch� -avendo l' Amministrazione 
l'obbligo di uniformarsi alla decisione 
del giudice (a' sensi dell'art. 4 della legge 20 marzo 
1865, n. 2248, all. E -con la sua pretesa ricognitiva 
il contribuente riuscirebbe sempre nello intento 
di ottenere contro legge (art. 6 legge citata), senza 
previo pagamento, una decisione in materia d'imposta, 
vincolativa dell'Amministrazione anche agli 

(1) Op. citata pp. 224-225. . 
(2) Il rapporto giuridico d'imposta (Giuffr� ed., pp. 285 
e 291). 
(3) "Rivista legislazione fiscale �, 1942, 53. 
2 

effetti della esenzione. Pertanto il principio pu� ammettersi 
solo quando la legge stessa (per es. in sede di 
riparto) o le necessit� amministrative obblighino l'Amministrazione 
a domandare alla giurisdizione ordinaria 
un accertamento prelimina.re (che no'�} potesse 

o credespe di fare autoritariamente); ma non vale 
quando la iniziativa dell'accertamento parta dal contribuente, 
il quale, come si � accennato, potrebbe, per 
via obliqua, giungere a coartare l'Amministrazione 
nella potest� di esecuzione e a spogliarla di tale sua 
preminente situazione. 
Questo principio (che era stato affermato in altre 

precedenti sentenze) venne confermato dallo stesso 

Supremo Collegio con sentenze, rispettivamente, del 

31 maggio 1943 (1), n. 1349 e del 14 marzo 1948 (2). 

Per altro -anche sotto il profilo della natura 

giuridica del precetto del solve et repere -non 

potrebbe giungersi a diversa conclusione. 

Invero -sia che si consideri il precetto come 
particolare manifestazione o effetto del principio della 
esecutoriet� degli atti amministrativi (3); sia che 
si attribuisca al solve et repete la natura di una 
disposizione a carattere eccezionale, ispirata, praticamente 
ad obbligare o a coartare il contribuente per il 
puntuale pagamento della imposta o della tassa (4); 
sia, infine, che si voglia accettare la teoria dello 
.Allorio (5), il quale considera la questione sotto un 
altro aspetto, rilevando che, soltanto dal pagamento 
del tri'{Juto, potrebbe sorgere un diritto soggettivo perfetto 
al rimborso della somma indebitamente corrisposta 
-non si potrebbe, del pari, non pervenire 
alla conclusione generale della inammissibilit� delle 
azioni di mero accertamento nel processo tributario. 

Nella ipotesi del sol ve et repete come effetto del 
principio della esecutoriet� degli atti amministrativi 
non potrebbe, invero, disconoscersi che si verrebbe 
a domandare al giudice l'esercizio di un potere di 
revoca o di annullamento degli atti amministrativi, 
che non solo non gli � consentito, ma anzi gli � espressamente 
negato (citato art. 4 della legge 20 marzo 
1865, n. 2248 all. E). 

Inoltre, nel secondo dei casi come sopra enunciati 
(ossia nella ipotesi di solve et repete inteso come 
mezzo per assicurare la regolarit� delle entrate pubbliche 
con il puntuale pagamento delle imposte), 
risulta evidente che l'azione di accertamento verrebbe 
a eludere agevolmente tale fine e, in breve tempo, il 
precetto perderebbe qualsiasi valore od efficacia. 

Nella ipotesi, infine, del sol ve et repete considerato 
come mezzo per far sorgere il diritto al rimborso la 
domanda risulterebbe rivolta a giudice incompetente, 

(1) � Riv. leg. fisc. �, 1943, 302. 
(2) Ibidem 1948, 514. 
(3) D'ALESSIO: Istituzioni di diritto amministrativo, 
p. 157; JAitAOH: Sul fondamento giuridico del � solve et 
repete >>, �Riv. di Dir. fin. e Scienza delle Fin.>>, 1937, I, 
68; MORTARA: Commentario, vol. I, p. 232; BoRsI: Esecutoriet� 
degli atti amministrativi; TREVES: La presunzione 
di legittimit� degli atti amministrativi 1936, 157. 
(4) GIANNINI A. D.: Il solve et repete,i n � Riv. di 
Dir. pubblico�, 193'6, 349 e in �Istituzioni di diritto tributario>>, 
1948, 191; BERLmt A.: Appunti sulla regola del 
�solve et repete � nel diritto tributario, in <<La Corte dei 
Conti in sede giurisdizionale>>, 1933, 1 e segg., 41 e 
segg., 237 e segg.; BonnA: Di alcune opinioni in materia 
di � solve et repete �. 
(5) Op. citata, rag. 152. 

-238 

poich� il contribuente potrebbe essere, se mai, titolare 
soltanto di un interesse legittimo e non ancora di un 
diritto soggettivo perfetto. 

.A maggior ragione il principio del solve et repete 
non potrebbe trovare limitazione qiialora l'azione 
fosse rivolta contro l'obbligazione tributaria ancora non 
sorta o nota. In tal caso, invero, � di tutta evidenza 
che l'azione di accertamento troverebbe naturale preclusione 
nella mancanza dell'atto o della manifestazione 
di volont� della Pubblica .Amministrazione. �, 
invero, in siffatta ipotesi, l'azione si risolverebbe in 
una impugnativa di una intenzione in pieno contrasto 
con gli articoli 99 e 100 c. p. c. 

Conseguentemente si deve concludere che -in 
base alla stessa natura delle azioni di accertamento 
le quali debbono statuire in senso positivo o negativo 
su rapporti giuridici attuali e non futuri 


non sia assolutamente configurabile l'ammissibilit� 
di siffatte azioni, quando esse mirino a instaurare 
una controversia concernente obbligazioni tributarie 
non ancora sorte. 

Rimane, quindi, tuttora fermo il principio, aff ermato 
dalle S. U. della Cassazione., le quali -con sentenza 
del 14 marzo 1948, in causa Finanza contro 
Consorzio Derivati Vergella (1) -rilevarono la 
fondatezza del ricorso proposto dall' .Amministrazione, 
osservando, anzitutto, come, erroneamente, 
la sentenza impugnata avesse superato e disatteso 
la eccezione in ordine .alla temporanea incompetenza, 
per difetto di giurisdizione, del giudice ordinario a 
conoscere della proposta controversia d'imposta anche 
per inosservanza del precetto solve et repete, sul 
riflesso: a) che non ricorresse l'applicazione della 
norma tributaria, trattandosi di un'azione di mero 
accertamento negativo, con cui (senza alcun pregiudizio 
per la riscossione del tributo, che risultava 
gi� spontaneamente scontato, senza che fosse intervenuto 
alcun atto d'ingiunzione di pagamento) si 
chiedeva soltanto al giudice ordinario se, agli effetti 
della imposta, i contributi dovuti all'ente consorziale 
fassero da riconoscersi quali entrate imponibili, secondo 
quanto sosteneva la Finanza, o invece (secondo 
l'assunto del Consorzio) se potessero ritenersi esenti, 
in quanto mero rimborso delle spese dallo stesso anticipate, 
per conto delle ditte consorziate, nello adempimento 
del suo compito statutario di provvedere allo 
smercio dei prodotti: b) che, d'altra parte, il precetto 
del solve et repete fosse da ravvisarsi soltanto come 
motivo di procedibilit� del giudizio, in connessione col 
divieto fatto al giudice ordinario dallo art. 4 della 
legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E., di revocare 

o modificare la efficacia di un atto della pubblica 
amministrazione, che, per altro, nella specie, non era 
intervenuto, e per cui la inosservanza del precetto . 
non era da riconoscersi neppure come ostacolo all'ammissibilit� 
del capo della domanda riguardante 
la restituzione della imposta come sopra gi� pagata. 
E la stessa Corte Suprema, nel dare ragione 
della propria decisione, non omise di rilevare come 
la norma in parola -oltre a trovare applicazione 
in ogni controversia d'imposta, sia che s'impugni 
l'obbligo del tributo, che la determinazione della 
sua esatta misura -ricorra anche tutte le volte 

(1) � Riv. Leg. Fisc. �, 1948, col. 514 e segg. 
che la controversia, attraverso un'azione di mero 
accertamento, si risolva in un ostacolo per la 
pratica realizzazione della pronta ed esatta percezione 
del tributo : �ci� che, essenzialmente e 
ragionevolmente, sta a base dello indicato precetto 
legislativo, inteso ad assicurare, col previsto gettito 
delle pubbliche entrate, la stessa continuit� dei pubblici 
servizi. Per cui, se la non necessit� del previo pagamento 
della imposta pu� ammettersi quando sia la 
Pubblica .Amministrazione che, autorizzata dalla 
stessa legge o determinata da necessit� contingenti, 
si fa a richiedere al giudice un accertamento preliminare, 
che non pu� o non crede di stabilire autoritariamente. 
ci� non pu� ripetersi per un privato 
contribuente, posto che anche un giudizio di mero 
accertamento, da esso promosso, non eliminerebbe 
l'inconveniente che la declaratoria iuris lasci vincolata 
l' .Amministrazione alla decisione stessa anche 
agli effetti della esecuzione �. 

Le azioni di accertamento negativo debbono, 
perci�, considerarsi improponibili nel processo 
tributario, poich� mirano a neutralizzare l'attivit� 
dell'Amministrazione, oltre che ad eludere il tassativo 
e vincolante precetto del solve et repete e 
quindi a pervenire a un risultato contra legem, senza 
che tale presupposto processuale necessario possa 
ritenersi incompatibile con l'art. 111 della Costituzione, 
poich� non limita, ma ritarda solamente l' eventuale 
impugnazione del contribuente, rendendola esperibile 
soltanto dopo l'osservanza del precetto medesimo 
(1). 

ACHILLE SALERNI 

IMPOSTA DI REGISTRO � Corrispettivo in moneta 
estera � Ragguaglio in moneta nazionale -Controversie 
relative � Carattere -Cambio del giorno � 
Concetto. (Cass. Civ., E ez. I, n. 3486 dep. 23 ottobre 
1953 -P.M.: Caruso (dift.) -Finanze dello Stato contro 
Costa). 

Le controversie circa il ragguaglio in moneta 
nazionale di un corrispettivo in moneta estera, 
ai fini dell'imposta di registro, non costituiscono 
controversie di valutazione, ma di diritto. 

La legge 4 gennaio 1946, n. 2, che stabili la 
maggiorazione del 125 % sul tasso ufficiale di 
cambio per gli acquisti e le cessioni di moneta 
estera necessari al commercio internazionale, introdusse 
in sostanza una nuova parit� legale. Tale 
parit� legale, che rappresentava l'effettivo cambio 
del giorno, doveva quindi costituire la base per 
il ragguaglio in moneta nazionale del prezzo convenuto 
in moneta estera, ai fini dell'art. 30 della 
legge di registro e dell'art. 16 R. D. L. 7 agosto 
1936, n. 1639. 

In questi ultimi tempi si sono dibattute varie 
questioni di carattere tributario, per la soluzione 
delle quali si � dovuto ampiamente discutere il con


(1) SALERNI: Contributo alla teorica ael .(( salve et repete 
�, in base allo stato della legislazione e della giurispru-.denza 
anche sotto il rifiesso costituzionale, in Riv. di Dir. 
Fin. e Se. delle Fin.�, 1951, p. 49 e segg. -BELLI: 
Il cc solve et repete � e la Costituzione, in questa cc Rassegna
�, 1949, pp. 255-262. -SALVATORI: L'evoluzione 
del � salve et repete � nella recente giurisP,rudenza della 
Cassazione, in << Giur. Compi. Cass. ll, 1948, III, p. 147. 

239 


cetto di cambio. Oome � noto, attualmente il ragguaglio 
ai fini fiscali fra valuta estera e moneta nazionale 
� regolato dal D. L. 21 settembre 1949, n. 644, 
in relazione all'imposta doganale, alla tassa di bollo, 
all'imposta sulle assicurazioni e all'imposta sulla 
entrata. Nessuna norma regola espressamente, invece, 
un tale ragguaglio per altre imposte, e in particolare 
per l'imposta di registro. 

La portata del decreto del 1949 anche oltre il campo 
tributario -almeno, come conferma di un determinato 
orientamento -� stata messa in luce dallo 
�SC.ARELLI, in un'accurata nota pubblicata sul 
cc Foro It. �, 1953, I, 703. Ai richiami contenuti 
in detta nota si pu� aggiungere, per un quadr:o oompleto 
sull'argomento, la sentenza del Tribunale di 
Genova 1� settembre 1951, la cui sola massima � 
citata dall' Ascarelli, ed il cui testo � pubblicato per 
esteso sulla cc Giur. It. �, 1952, I, 302, 

L'Ascarelli, nel tentativo di porre un certo ordine 
terminologico, indica con il nome di cambio �la 
ragione effettiva di scambio dei prezzi monetari di 
un ordinamento, assunti nel loro valore nominale 
con i prezzi monetari di altri ordinamenti �; con 
il nome di parit�, invece, <e i rapporti legalmente 
fissati fra le monete � (cio�, il cos� detto cambio ufficiale). 
Oi� premesso l'Ascarelli riconosce che oggi e 
pi� precisamente, dopo il D. L. 28 novembre 1947, 

n. 1347 -la parit� della lira non sarebbe pi� regolata 
dal decreto legislativo 1� agosto 1947, n. 639 
(per il dollaro) e D. M. 2 agosto 1947 (per la sterlina 
e altre monete), ma dai rapporti introdotti dal 
D. L. 28 novembre 1947, n. 1347, i quali si sarebbero 
sostituiti praticamente ai cambi ufficiali. 
Per il periodo anteriore, invece, dovrebbero distinguersi 
due periodi, entrambi tuttavia dominati sempre 
ed unicamente dalla parit� legale data dal cos� 
detto cambio ufficia.le. E cio�, fino ai citati decreti 
dell'agosto 1947 si dovrebbe considerare operante la 
parit� legale fissata dal Bando del 1943; dopo i 
decreti dell'agosto, e per i pochi mesi anteriori alla 
entrata in vigore del D. L. 28novembre1947, n.1347, 
si dovrebbero considerare operanti le parit� introdotte 
dai due citati decreti dell'agosto 1947. Questi 
principi dovrebbero estendersi anche ai ragguagli 
previsti dalla legge di registro, almeno fino al riordinamento 
introdotto, ai fini fiscali, dal D. L. 21 
settembre 1949, n. 644. Questo decreto dovrebbe, 
infatti, secondo l' Ascarelli, intendersi applicabile 
anche all'imposta di registro, sebbene questa non vi 
sia esplicitamente menzionata. 

La sentenza annotata non ha accolto queste conclusioni. 
La Oorte Suprema ha, invece, affermato 
il principio -di grande importanza pratica secondo 
il quale in tema di imposta di registro il 
ragguaglio della moneta estera in moneta nazionale 
doveva farsi, anche nel periodo anteriore al D. L. 
del novembre 194 7, secondo la concreta e reale quantit� 
di moneta italiana ottenibile dall'Ufficio Oambi, 
senza alcun riferimento alla parit� ufficiale del Bando 
del 1943. Principio, di�iamo subito, applicabile anche 
dopo il decreto del novembre 1947, e perfino dopo 
il decreto del 1949, n. 644. 

� opportuno premettere, su un piano lessicale, 
che i significati attribuiti dall' Ascarelli alle parole 
cambio e parit� possono senz'altro accettarsi, purch� 
non ci si lasci impressionare o influenzare da 

criteri di vocabolario. La definizione di cambio da 
lui data corrisponde sostanzialmente a quel concetto 
economico di cambio che � comunemente accettato 
nel mondo bancario, e che null'altro significa,. se 
non cc il potere di acquisto che la moneta di .U'YJ certo 
paese ha nei confronti della moneta di un altro. Il 
cambio risulta perci� da un rapporto, in cui al 
nomenclatore si trova la quantit� di moneta estera 
che si scambia contro una certa quantit� di moneta 
nazionale segnata dal denominatore � (Enciclopedia. 
banca.ria., ed. 1942, voce <e Oambio �). 

Resta a vedere se, allorquando l'art. 16 del R. R. L. 
7 agosto 1936, n. 1639, prescrive che �i prezzi o 
corrispettivi in valuta estera o anche in valuta oro 
sono ragguagliati al cambio del giorno della stipulazione 
�, essa intenda riferirsi ad un ragguaglio 
astratto, o concreto: a quella che l'Ascarelli chiama 
parit� lega.le o al cambio nel senso, tecnicamente 
chiaro, sopra accennato; Domanda, tuttavia, che appare 
addirittura oziosa se si tiene presente come il 
prezzo espresso in valuta estera, valga come espressione 
di un valore venale; e che quindi, allorquando 
deve interpretarsi una norma di legge relativa al ragguaglio 
di un prezzo in moneta estera, debba pur 
sempre tenersi presente la portata strumentale del 
prezzo e del ragguaglio, come mezzo per stabilire il 
valore effettivo corrispondente a quel prezzo. 

Valore effettivo, ben s'intende, rispetto alle norme 
di legge regolanti l'acquisto ed il cambio della moneta 
estera, non gi� il valore di questa moneta alla borsa 
nera, che nessuno vuole fare assurgere alla funzione 
di regolatrice del cambio. Tale valore effettivo e legale 
della moneta estera non � sempre, e non fu sempre 
ancorato ad un metro di ragguaglio uniforme. Un 
unico denominatore comune era stato fissato provvisoriamente 
con il Bando del 24 settembre 1943, n. 61 

A. O., sia rispetto al dollaro che alla sterlina. Tuttavia, 
appena cessata la guerra, tanto il Governo 
italiano quanto i Governi alleati si avvidero che un 
simile cambio, puramente fittizio, bloccava praticamente 
ogni esportazione dall'Italia, mentre indebitava 
sempre pi� gravemente verso l'estero la bilancia 
commerciale, Si provvide, allora, ad istituire 
la cos� detta quota. addiziona.le: chi voleva acquistare 
dollari dall'Ufficio Oambi, per pagamenti di 
merci estere, doveva pagare una quota addizionale 
di L. 125 in aggiunta alla parit� legale (che era, 
in base al Bando del 1943, di lire 100 per ogni dollaro); 
chi invece vendeva merci all'estero, per contro, 
riceveva per ogni dollaro non solo le lire 100 corrispondenti 
al cambio provvisorio del 1943, ma di 
pi�, la quota addizionale di lire 125. 
Questa quota era prevista inizialmente dal predetto 
decreto solo rispetto alle importazioni ed esportazioni, 
ma gi� il successivo D. L. 28 gennaio 1946 

n. 9, demandava al Ministero del Tesoro di estendere 
le quote addizionali ad altre operazioni, diverse 
dalle importazioni ed esportazioni. Avvalendosi di 
tale facolt�, il Ministro estese la quota addizionale 
(circolare 7 febbraio 1946, n. 1121, dell' Ufficjo Italiano 
Oambi) alle seguenti altre operazioni: 
a.) pagamenti e incassi di qualsiasi genere previsti 
dai nuovi accordi di clea.ring, entrati in vigore 
dal 30 novembre 1945 in poi; 

b) acquisti e vendite di valuta estera, concernenti 
spese per il mantenimento di rappresentanze 



moo 


-240 


diplomatiche e consolari italiane all'ester�, nonch� 
spese di viaggio di diplomatici che si recano all'estero; 

c) acquisti e vendite di valuta estera eseguiti 
rispettivamente contro addebitamento e accreditamento 
in un conto in lire libere; 

d) acquisti e vendite di valuta estera, relativi 
al regolamento di conti tra le .Amministrazioni postali, 
telegrafiche e telefoniche, nonch� tra le .Amministrazioni 
e Gompagnie di trasporti terrestri, mar�ttimi 
ed aerei; 

e) acquisti e vendite di valute estera, relativi 
al regolamento di noli terrestri, marittimi ed aerei; 

f) acquisti e vendite di valuta estera, relativi 
al regolamento di affari di assicurazione e di riassicurazione; 


g) acquisti di valuta estera rappresentanti rimesse 
che pervengono dall'estero alle banche nelle 
normali forme bancarie; 

h) acqitisti di valuta estera in dipendenza della 
negoziazione di banconote estere, di assegni bancari 

o 
di altri titoli esteri in genere; 
i) vendite di valuta �estera eseguite in dipendenza 
di assegnazione di carattere privato. 
In ottemperanza a queste disposizioni, per citare 
solo un esempio, l'accordo 2 marzo 1946 per il clearing 
con la Danimarca stabil� il .cambio di compensazione 
al corso ufficiale della sterlina, maggiorato 
della quota addizionale del 125 %� 

In realt� la maggiorazione (che veniva sostanzialmente 
ad aumentare il cambio, di cui costituita. un 
accessorio imposto dalla legge) tendeva ad avvicinare 
il costo effettivo della moneta straniera al costo legale, 
inteso per costo legale il cambio ufficiale pi� la quota 
di maggiorazione. 

Un ultimo passo avanti si fece con il D. L. L. 26 
marzo 1946, n. 139, il quale introdusse i cos� detti 
conti valutari. Si permise, cio�, agli esportatori 
di utilizzare il 50 % dei corrispettivi in moneta 
estera per determinati acquisti di merci, o per cessioni 
a terzi che provvedessero a quei determinati 
acquisti; e col D. M. 13 aprile 1946 e successive 
modifiche si stabilirono le norme di attuazione. N aturalmente 
il controvalore in lire del 50 % a disposizione 
degli esportatori dovette essere fissato dall'Ufficio 
Gambi in un ammontare diverso dall' ammontare 
cc cambio ufficiale pi� quota addizionale �, giacch� 
la valuta estera, utilizzata all'estero, aveva un 
valore in lire di gran lunga pi� elevato. Il potere 
di acquisto di 1000 dollari negli Stati Uniti era, 
infatti, di gran lunga superiore al potere di acquisto 
d.el controvalore in lire, dato dal cambio cc tasso 
ufficiale pi� tasso addizionale >>. Sorsero, cos�, i 
<e cambi relativi ai conti valutari 5.0 %>>. Tali cambi 
fissati dall'Ufficio Gambi italiano, nei primi mesi 
del 1946, erano, per il dollaro, i seguenti: 

aprile 1946 per 1 dollaro, L. 318; 
maggio 1946 per 1 dollaro, L. 357; 
giugno 1946 per 1 dollaro, L. 397; 
luglio 1946 per 1 dollaro, L. 441. 

L'ascesa di questi cambi,. gi� evidente nel 1936, 
divenne sempre pi� pronunciata .nel 1947, quando 
si giunse a lire 652 (aprile 1947) ed al.ire 770 (maggio 
1947) per dollaro . 

.Al << cambio conti valutari 50 %,)), J�s$ato in relazione 
all'uso all'estero del. 50 % disponibile, dovev�i 

poi necessariamente aggiungersi la fissazione di un 
cambio in Italia per l'ipotesi che l'esportatore non 
potesse o non volesse sfruttare all'estero la moneta 
accreditatagli nel cc conto valutario 50 %>>. E lo stesso 
art. 3 D. M. 13 aprili( 1946, fifls� il controvalore 
della moneta di conto, realizzata in Italia, nel cambio 
�tasso ufficiale >> + 125 %�. 

Da questa legislazione, piuttosto complessa e, per 
di pi�, complicata da interferenze normative dello 
stesso Ufficio Gambi, risulta tuttavia� chiara una 
conclusione : che ad un certo punto si ebbero in Italia, 
accanto alla parit� legale provvisoria (1 dollaro 

= 100 lire), altri metri monetari, derivanti da veri 
e propri cambi in senso tecnico: cambi non solo perfettamente 
leciti, ma testualmente regolati dalla legge. 
Essi erano bens� previsti in relazione a determinate 
categorie di cittadini ed a determinate operazioni 
commerciali: ma la loro sempre crescente estensione li 
rese, praticamente, di portata generale. La loro applicazione, 
ad ogni modo, doveva considerarsi costante 
in tema di registro, giacch� la necessit� di valutazione 
di un prezzo in moneta estera sorgeva e sorge normalmente 
in relazione a quei contratti di importazione 
ed esportazione, che ricadevano appunto sotto 
la disciplina del D. L. L. 4 gennaio 1946, n. 2. 
. L'errore di prospettiva dell' .Ascarelli consiste nel 
voler negare aprioristicamente la possibilit� di cambi 
mult:ipli. Certo, se si limita il concetto di cambio 
a quello di una parit� legale, riesce difficile ammettore 
l'esistenza di pi� parit�. La parit�, per essere 
tale, deve essere una: la stessa espressione di parit� 
multiple rappresenta una contraddizione in termini. 
Ma se ci si libera dalle strettoie terminologiche e bi 
considera che, in un certo periodo storico, partico� 
lari esigenze valutarie possono imporre diversi ragguagli 
legalmente disciplinati, la teoria dei cambi 
multipli acquista piena legittimit� e consistenza 

(CANSACOHI; Aspetti giuridici del monopolio dei 
cambi, in � Banca, Borsa e titoli di credito �, 1949, 
I, 258). 

Tutto ci� diviene di palmare evidenza rispetto alla 
particolare questione dell'imposta di registro applicabile 
al. controvalore in lire di moneta estera. Quando 
venne emanata la legge di registro, non solo non 
esist.eva cambio ufficiale, ma non esisteva neppure 
il concetto d� cambio ufficiale. Quando, perci�, nell'art 
. .30, ultimo comma, il legislatore fece riferimento 
al cambio come strumento di ragguaglio, non v'� 
alcun dubbio che intendesse riferirsi ad un concetto 
economico: e la precisazione <<al giorno della stipulazione 
>> ribadisce che il cambio fu colto, per cos� 
dire, nella sua realt� operante, come un quid variabile 
a seconda di un mercato, le cui leggi erano per 
l'appunto, leggi economiche. Il tentativo di cristallizzarlo 
.in una entit� astratta ed irreale come cambio 
ufficiale sembra quindi assolutamente inaccettabile. 

Sebbene sulla questione specifica non risultino 

precedenti in terminis, si possono ricordare alcune 

vertenze analoghe, sorte dopo l'altra guerra, in re


gime di cambi liberi divergenti dalla parit� legale. 

f#bb_ene i1:1-quell'epoca (1921) non v�gesse un_sis.~em_a 

di cambio ufficiale in senso tecnico, quale venne poi 

a concretarsi in regime di monopolio valutario, si 

so{Jtenne tuttavia che dovesse valere, ai fini dell'impo


st.a di registro, la parit� legale stabilita da 14na lon


tana legge del 24 agosto 1862, in luogo del cambio 



& i .kMF EL && fWWW&ll E !KdlidlWWWWMdff~@��~+ww ] 

-241 


reale. La Oorte Suprema, con due sentenze 11 marzo 
1930 <e Foro Ligure�, 1930, I, 243) e 25 aprile 19SO 

� (<C Giur. It. �, 1930, I, 1, 683), respinse questa tesi, 
osservando che cc nella determinazione del cambio 
da adattarsi ai singoli casi non era consentito allontanarsi 
dalla realt�, e la realt� nel 1921 era che 
la sterlina valeva ben pi� di lire 25,220 (tale era 
la parit� legale stabilita dalla legge del 1862). 

Se si tengono presenti queste osservazioni, si 
spiega facilmente come il D. L. 21 settembr.e 1949, 

n. 644, non abbia ritenuto neppure necessario regolare 
il ragguaglio per l'imposta di registro. Que~o 
ragguaglio devf} . avvenire oggi, come doveva avvenire 
prima, in re,lazione a quel cambio effettivo, 
che avvicina maggiormente il prezzo dichiarato al 
valore venale in comune commercio del bene o del 
servizio trosf erito. Deve avvenire, cio�, in rel.azione 
a quel cambio del giorno, che la legge in un determinato 
periodo e per determinate operazioni determina 
appunto -come si esprime la sentenza annotata 
-cc tenendo conto del rapporto fra le due monete, 
gi� esistente sul mercato internazionale�: e 
non gi� in relazione ad una irreale figura di cambio 
ufficiale. 

A. O. 
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ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI 
D E L L E C O R T I D I .M E R I T O 


CONCESSIONI AMMINISTRATIVE� Terreno di per� 
tinenza del demanio ferroviario � Contratto di af� 
'fitto di fondi rustici � Insussistenza � Competenza 
dell'A.G.O. a conoscere delle controversie relative � 
Inapplicabilit� della proroga prevista dal D. L. L. 
5 aprile 1945, n. 157. (Pret.: Anagni, Sent. 26 giugno 
19J3 -Est.: Pafundi -Ferrovie Stato contro Alteri 
Furio). 

Il rapporto posto in essere fra !'.Amministrazione 
ferroviaria ed il privato cittadino, avente 
per oggetto la concessione del godimento di un 
terreno demaniale, � un negozio giuridico di diritto 
pubblico (concessione~contratto), non un 
contratto di affitto di fondo rustico, soggetto alle 
norme comuni del diritto privato. 

.Alla concessione-contratto relativa ad un terreno 
demaniale non sono applicabili le norme che 
dispongono la proroga dei contratti di affitto di 
fondi rusti'ci. 

L'Autorit� giudiziaria ordinaria -e non .la 
Commissione circondariale prevista dal D.L.Lt. 
19 ottobre 1944, n. 311 (art. 4) e dal D.L.Lt. 5 
aprile 1945, n. 157 (art. 9) -� competente a conoscere 
della domanda di rilascio d'un terreno di 
pertinenza del demanio ferroviario che l'Amministrazione 
intenda promuovere nei confronti del 
concessionario, ancorch� si tratti di concessione 
per la coltivazione del fondo. 

1. Ohe i beni facenti parte del pubblico Demanio 
non sie no suscettibili di forma re oggetto di rapporti 
giuridici privatistici, per ta loro natura di � beni 
che""'servono al raggiungimento dei fini pubblici nel 
modo pi� diretto, soddisfacendo cio� immediatamente 
i pi� importanti bisogni della generalit� � 
(ZANOBINI, Corso, IV, p. 5) � principio non controverso 
cos� in dottrina come in giurisprudenza 
(vedi, fra l'altro, in questa� Rassegna� 1949, p. 215) 
che trova il proprio fondamento nell'art. 823 O.e., 
in forza del quale i beni demaniali � non possono 
formare oggetto di diritti a favore di terzi se non 
nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li 
riguardano >>. 
� pregio della sentenza del Pretore di Anagni 
avere chiarito, con esattezza e precisione di concetti 
giuridici, tale principio, facendone rigorosa applicazione 
alla specie decisa. 

Si trattava in particolare, d'un appezzamento di 
terreno di are 25, contiguo alla linea ferroviaria 

Roma-Gassino, concesso per la durata di anni nove 
a certo Alteri JJ'urio alle condizioni previste dal Oapitolato 
del Ministero delle Oomunicazioni del 29 
gennaio 1934, regolante l'affitto delle scarpate, dei 
terreni e delle piantagioni lungo la linea ferroviaria 
dello Stato. 

Di tale terreno l'Amministrazione chiedeva il 
rilascio per scadenza o risoluzione della concessione 
amministrativa di uso. Il concessionario si opponeva 
al rilascio ecc.ependo fra l'altro che, trattandosi 
di contratto di affitto di fondo rustico, questo doveva 
ritenersi prorogato ope legis alla scadenza, ai sensi 
della vigente legislazione vincolistica in materia di 
contratti agrari; e che pertanto competente a conoscere 
della domanda era la Oommissione circon.dariale 
agraria d.i Frosinone. 

La sentenza, accogliendo in pieno la tesi sostenuta 
dall'Avvocatura, ha ritenuto, in primo luogo, 
che il terreno del quale l'Amministrazione chiedeva 
il rilascio rientrasse fra quelli costituenti il c.d. demanio 
ferroviario (ancorch� si trattasse di terreno 
contiguo alla strada ferrata) in forza dell'art. 822 
O.e., secondo cui fanno parte del pubblico demanio 
le strade ferrate appartenenti allo Stato. 

Afferma testualmente in proposito la sentenza: 
�Per opinione concorde della giurisprudenza e della 
dottrina, le scarpate, le stazioni e i loro recinti ed 
i terreni di propriet� dello Stato limitrofi alle 

linee sono sottoposti al medesimo regime di demanialit� 
in quanto sono durevolmente destinati al 
servizio od all'uso del bene demaniale e costituiscono 
quindi pertinenza di esso (art. 817 O.e.). 

�Nel caso in esame il carattere di demanialit� 
del terreno � chiaramente confermato dalle particolari 
condizioni contenute nel capitolato richiamato 
nel contratto, condizioni che sarebbero state indubbiamente 
incompatibili con ogni ordinaria locazione 
di diritto privato. 

cc Tali clausole sono contenut� specialmente negli 
articoli 3 e 4 del capitolato, che � bene riferire p1:,?� 
esteso: 

Art. 3. -Sar� in facolt� d�ll'Amministrazione 
di risolvere l'affitto, dietro semplice avvtso,�-scritto 
ed in qualunque tempo, ogni qualvolta essa intendesse 
procedere alla vendita di tutto o di una parte 
del terreno affittato e delle sue adiacenze, o trarne 
altrimenti profitto, senza che ci� conferisca all' affittuario 
altro diritto all'infuori di quello della resti




-243


tuzione della quota non maturata del canone anticipatamente 
pagato. 

Art. 4. -Potr� l'Amministrazione in ogni 
tempo eseguire variazioni e lavori tanto sulle scarpate 
come sui terreni compresi nell'affitto, occuparne 
una parte qualsiasi, temporaneamente o permanentemente, 
mutarne le condizioni in qualsiasi modo, 
piantarvi alberi e siepi ed atterrare le piante di alto 
fusto e da scalvo ohe giudicher� opportuno, senza 
che l'affittuario possa pretendere alcuna indennit� 
a meno che, per effetto delle occupazioni e dei lavori 
di cui sopra, sia derivata una perdita di raccolto 
maggiore della decima parte del totale, nel qual caso 
verr� accordato un proporzionato rimborso o una 
proporzionale riduzione del canone, temporanea o 
permanente, come di ragione. 

Art. 5. -Gli agenti dell'Amministrazione, incaricati 
della sorveglianza della strada ferrata e 
delle sue adiacenze, potranno liberamente percorrere 
le scarpe ed i terreni affittati ed anche rimanervi 
per motivi di servizio, senza che l'affittuario possa 
impedirlo o pretendere alcuna indennit�. 

� Dai predetti articoli si desume chiaramente che 
l'Amministrazione delle Ferrovie, pur consentendo 
al privato di utilizzare a fini agricoli le scarpate 
ed i terreni contigui alle strade ferrate, ha inteso 
assicurarsi di poter in ogni caso espletare nei terreni 
stessi tutte le attivit� necessarie a conservare 
ed incrementare la efficienza del pubblico servizio 
ferroviario, sovrapponendosi con la propria autorit� 
di imperio agli interessi eventualmente contrastanti 
del concessionario. 

� A questi, pertanto, rimane il diritto condizionato 
di far propria l'utilit� agricola del terreno, ma 
l'interesse della coltivazione � sempre subordinato 
all'interesse prevalente del pubblico servizio, che pu� 
esigerne in qualsiasi tempo il parziale o totale sacrificio, 
dietro il semplice compenso della riduzione 
del canone anticipatamente pagato �. 

2. Dalla determinazione della natura del bene, 
oggetto della domanda di rilascio proposta dall'Amministrazione, 
la sentenza ha tratto poi la logica 
conseguenza in ordine alla qualificazione giuridica 
del rapporto intercorrente, in relazione al bene 
stesso, fra il privato e l'Amministrazione. 
Tale rapporto non pu� infatti altrimenti definirsi 
ohe come �concessione d'uso eccezionale su bene demaniale 
�; ed a questa definizione non pu� ritenersi 
ohe osti la forma di locazione rivestita dall'atto di 
concessione. 

I terreni demaniali, che direttamente o indiretta


mente assolvono ad una pubblica utilit�, possono 

anche essere impiegati temporaneamente a fine di 

produrre un reddito, ma non in relazione agli ordi


nari criteri e fini privatistici, sibbene per l'utilit� 

che in qualunque modo pu� derivarne al pubblico 

servizio, e quindi in coerenza e compatibilmente alla 

loro finale destinazione (pubblica utilit�). 

� Questi beni, per tal titolo, e sempre sotto tale 
aspetto, possono essere oggetto di temporaneo uso 
di privati, contro remunerazione ed in base a concessione 
amministrativa, la quale ha per carattere 
casuale (attraverso l'attivit� economica della P.A.) 
sempre il pubblico interesse; il ohe � decisivo per la 
qualificazione giuridica del negozio n (Oass. 30 no


vembre 1949, in << Riv. Amm. �, 1950, 326; � Giur. 
Oompl. Oass. Civ. n, 1949, III, 929 con nota). 

� Ohe il bene possa esser goduto dal privato cos� 
come ne godrebbe un conduttore, non appare circostanza 
dalla quale debba necessariamente _desumersi 
la sussistenza di un rapporto di locazione, essendo 
la natura del bene che determina ineluttabilmente 
la natura del rapporto giuridico ohe lo riguarda. 
~ �Poich� il bene � compreso nel patrimonio indisponibile 
dello Stato (a fortiori, quando il bene sia 
compreso nel pubblico demanio -N.d.R.)... � logico 
ohe una situazione giuridica, a favore del privato, 
in tanto possa sorgere, in quanto l'Autorit� amministrativa 
abbia previamente accertato la convenienza 
di far coesistere all'uso pubblico un uso privato della 
cosa; il che porta senz'altro nel campo del diritto 
pubblico ed alla figura della concessione>> (Oons. 
Stato, 31 marzo 1950, �Foro Amm. >>, 1950, I; 1; 
923; � Rass. Avv. n, 1950, 107; Cons. Stato 19 aprile 
1950, in � Giur. Oompl. Cass. Civ. �, 1950, III, 
760 con nota). 

3. Poste tali premesse, la sentenza � passata a 
decidere il punto: se alla specie fossero applicabili 
le norme che sanciscono la proroga in materia di 
contratti agrari, nei seguenti termini: 
�La risposta negativa appare evidente; infatti 
in primo luogo deve osservarsi che ci troviamo di 
fronte ad un atto amministrativo che riveste lo schema 
della locazionB ma che ne differisce profondamente 
per le sue essenziali caratteristiche; in secondo 
luogo non pu� definirsi contratto agrario una 
concessione avente per oggetto un bene demaniale, 
peroh� la funzione propria dei beni demaniali � 
quella di essere adibiti ai pubblici servizi e solo eccezionalmente 
e subordinatamente possono darsi in 
temporaneo uso a privati. 

� Inoltre nel caso in esame le clausole 3 e 4 del 
capitolato mettono in rilievo il carattere essenzialmente 
revocabile della concessione, ohe � perci� in 
contrasto insanabile con le disposizioni di proroga 
che tendono a dare stabilit� e durata ai rapporti 
schiettamente agrari. 

�In fattispecie analoga alla presente e nella quale 
forse era rneno evidente il carattere pubblicistico 
(locazione di parte di alveo di un fiume pubblico) 
la Corte di Cassazione a Sezioni Unite (sentenza 

n. 1067 del 1949) ha negato l'applicabilit� della 
proroga>> (vedi in � Rass. Avv. �, 1949, p. 215). 
Tali principi appaiono conformi a quelli concordemente 
affermati dalla giurisprudenza del Supremo 
Collegio anche per quanto attiene alla esclusione 
dalla proroga prevista dal regime vincolistico 
delle locazioni urbane, allorch� si verta in materia 
di concessioni di case economiche per ferrovieri 
(Oass. Civ. 13 dicembre 1949, n. 2581, in cc Riv. 
Amm. �, 1950, p. 395) ed in genere di rapporti oon 
i quali lo Stato attribuisca ai propri dipendenti il 
godimento di appartamenti di propriet� della P.A. 
(Cass. Civ. 30 novembre 1949 n. 2530, in cc Riv. 
1950, p. 396). 

4. Ineccepibile appare infine l'affermazione da 
parte del Pretore della propria competenza nella 
subietta materia, con esclusione di quella della CommissionQ 
per le controversie agrarie; esclusione che 

-244 


discende direttamente dalla legge, una volta aaotrtata 
la natura del rapporto e la impossibilit� di applicare 
allo stesso le norme relative ai contratti agrari 
di diritto privato. 

R. R. 
FERROVIE DELLO STATO � APPALTI � Revisioni 
prezzi non previste dal contratto di appalto � D. M. 
3 settembre 1940, n. 857: inesistenza preteso diritto 
soggettivo alla revisione � Art. 1664 Codice civile: 
Carattere dispositivo; sua deroga per art. 326 legge 
sui lavori pubblici e Capitolati generali di appalto. 

(Tribunale Roma, 29 maggio-7 luglio 19: 3 -Pres.: Elia; 
Est.: s�peziale -Fabrizi contro Amministrazione Ferrovie 
Stato). 

Non sussiste a favore dell'appaltatore diritto 
subiettivo ad ottenere la revisione dei prezzi stabiliti 
nei contratti per la esecuzione di opere appaltate 
dalla .Amministrazione delle Ferrovie dello 
Stato, quando tale revisione non sia prevista in 
apposita clausola contrattuale. 

Il D. M. n. 857 del 3 settembre 1940, con il 
quale il Ministro delle Comunicazioni (ora Trasporti) 
autorizzava il Servizio lavori e costruzioni 
delle Ferrovie dello Stato a presentare alla superiore 
approvazione proposte per la revisione prezzi 
non prevista dal contratto, non pu�, n� per la 
fonte da cui promana n� per il suo contenuto, 
dar luogo al sorgere del detto diritto subiettivo, 
L'art. 1664 Codice civile contiene una norma 
generale sulla quale prevale la norma speciale 
contenuta nell'art. 326 della Legge sui lavori 
pubblici. Lo stesso art. 1664 ha peraltro carattere 
dispositivo e pu� essere quindi derogato dalla 
volont� delle parti: la deroga ad �sso �, per i contratti 
di appalto interessanti l'Amministrazione 
delle Ferrovie dello Stato, contenuta nei Capitolati 
generali per la esecuzione delle opere appaltate 
dall'a detta .Amministrazione. 

� noto come, anteriormente alla emanazione del 

R.D.L. 21 giugno 1938, n. 1296, fosse pacificamente 
ritenuto, sulla base della legislazione vigente, che 
la revisione dei prezzi stabiliti nei contratti di ap~ 
palto di Opere pubbliche potesse essere accordata 
dalla Pubblica Amministrazione nell'ambito delle 
proprie facolt� discrezionali (cfr. TORRENTE: nota 
alla sentenza della Corte di Cassazione n. 345 del 
16 maggio 1945, in <e Foro It. �, 1944-46, I, col. 115; 
lodo arbitrale 10 agosto 1942, in �Foro It. �, 1942, 
voce Opere pubbliche nn. 75 e 76; Cass. 5 giugno 
1938, n. 2031, in e< Foro It. �, 1939, I, col. 44 e 
seguenti). 
Intervenute, con il citato R.D.L. 21 giugno 1938, 

n. 1296 e successive modificazioni, norme particolari 
a disciplinare la materia. veniva in dette norme 
esplicitamente stabilito che esse non erano applicabili 
ai lavori relativi ad opere appaltate dalle Amministrazioni 
dipendenti dal Ministero delle Comunicazioni. 
Di conseguenza per l'Amministrazione ferroviaria, 
compresa appunto fra tali amministrazioni, continuavano 
a valere le precedenti disposizioni. Le Ferrovie 
tuttavia non trascurarono di tenere nel debito 
conto il fenomeno, manifestatosi fin dall'inizio della 
guerra e divenuto via via pi� imponente, del pro


gressivo aumento nei costi sia della mano d'opera 
che dei materiali e, mentre per le variazioni nei 
costi della mano d'opera venne solitamente inserita 
nei contratti di appalto apposita clausola, che prevedeva 
la revisione dei.. prezzi in. dipend.enza di tali 
variazioni, per la variazione dei costi dei materiali, 
ed in genere per tutte le variazioni di prezzi non esplicitamente 
considerate in eventuali clausole contrattuali 
di revisione, l'Amministrazione ferroviaria non 
manc� di accordare agli appaltatori, sia pure nell'ambito 
della propria discrezionalit�, i compensi 
del caso, al fine di evitar loro i maggiori oneri derivati 
dagli aumenti dei costi intervenuti nel corso 
di esecuzione del contratto. 

Fu all'uopo emanato dal Ministro delle Comunicazioni 
il decreto n. 857 del 3 settembre 1940, con il 
quale il Servizio lavori e costruzioni delle Ferrovie 
dello Stato veniva autorizzato a presentare proposte 

<e 

alla approvazione delle Superiori Autorit�, per liquidare 
all'appaltatore un compenso per l'onere 
derivatogli in conseguenza delle variazioni dei prezzi 
verificatisi dopo la data di aggiudicazione dell' appalto
�. ~i 

Si trattava per� di un provvedimento che, come 
risulta chiaramente dalla formulazione di esso, si 
limitava esclusivamente a stabilire -direi -la 
procedura da seguire per l'eventuale esercizio, da 
parte degli organi competenti dell'Amministrazione 
ferroviaria, del detto potere discrezionale, di un 
provvedimento quindi che non poteva dar luogo al 
sorgere nell'appaltatore di un diritto soggettivo alla 
revisione, perch� con esso il Ministro non esauriva 
la propria discrezionalit� e non vincolava quindi 
la propria attivit�. La presentazione di proposte di 
revisione prezzi da parte del Servizio lavori e costruzioni 
lasciava sempre salvi i poteri spettanti, per 
legge, al Direttore generale, al Consiglio di amministrazione 
delle Ferrovie e al Ministro circa l'approvazione 
di dette proposte e conseguentemente circa 
ogni decisione sulle revisioni. 

Il Tribunale ha, nella sentenza che si annota, 
pienamente accolti questi concetti, sostenuti in giudizio 
dalla difesa dell'Amministrazione. 

L'attore fondava la pretesa avanzata in giudizio 
per ottenere dall'Amministrazione ferroviaria la revizione 
prezzi non prevista nei contratti di appalto, 
oltre che sul D. M. n. 857, anche sull'art. 1664 Codice 
civile, con il quale, innovandosi sull'art. 1640 
del Codice civile abrogato, � stata introdotta, nella 
materia degli appalti, la regola della rivedibilit� 
dei prezzi pattuiti, nei casi in cui si verifichi, 
per circostanze imprevedibili, un aumento o una 
diminuzione nel costo dei materiali o della mano 
d'opera. 

Anche in relazione a tale punto il Tribunale ha 
rettamente deciso, in primo luogo affermando che 
l'art. 1664 contiene una norma di diritto comune, 
sulla quale prevale la norma di diritto speciale sitlla � 
invariabilit� dei prezzi stabiliti nei contratti di appalto 
di Opere �Pubbliche, di cui aU'art. 326 della 
legge sui lavori pubblici; in secondo luogo affe.r.mando 
che detto art. 1664 contiene una norma di 
carattere dispositivo ... come agevolmente si evince 

cc 

dal disposto dell'art. 1469 Codice civile, secondo 

cui non sono soggette alla norma sulla eccessiva 

onerosit� i contratti aleatori per loro natura o 



-245 


per volont� delle parti: le parti possono dunque, 
pattuendo la invariabilit� dei prezzi, restituire 
al contratto di appalto l'originario carattere aleatorio, 
che esclude l'assoggettamento alle norme 
sulla eccessiva onerosit� sopravvenuta, ivi compresa 
quella dell'art. 1664, che in tali norrrie � 
una semplice applicazione (in tal senso: Relazione 
ministeriale n. 702) �. 

!li1l Tribunale ha quindi giustamente ricpnosciuto 
che per gli appalti di opere interessanti l' A mministrazione 
delle Ferrovie dello Stato la deroga all'articolo 
!664 Codice civile esiste ed � contenuta nel 
,Capitolato per la esecuzione di lavori a forniture per 
conto delle Ferrovie dello Stato e nel Capitolato generale 
amministrativo per gli appalti di detta Amministrazione, 
i quali stabiliscono, rispettivamente agli 
articoli 8 e 9, l'assoluta invariabilit� dei prezzi stabiliti 
nel contratto. 

I principi accolti dal Tribunale a noi sembrano 
assolutamente ineccepibili, menfre non ci � parsa 
affatto persuasiva la motivazione della sentenza 
(cfr. questa �Rassegna �, aprile 1953~ pag. 96), con 
cui la Corte di Cassazione ha ritenuto di poter conciliare 
l'inconciliabile e cio� il principio della invariabilit� 
dei� prezzi stabiliti in contratti della Pubblica 
Amministrazione con l'applicabilit� agli stessi 
contratti (nella specie, per verit�, forniture e non 
appalti) delle disposizioni sulla eccessiva onerosit� 
sopravvenuta. 

Comunque, poich� in tale sentenza, a parte la cir" 
costanza che con essa � stato deciso su di una controversia 
avente ad oggetto un contratto di fornitura 
e non di appalto, la Corte di Cassazione ha mantenuto 
fermo il principio della invariabilit� dei prezzi, 
la decisione del Tribunale di Roma non � in definitiva 
in contrasto con l'orientamento della Suprema 
Corte. 

Gi� prima che nella sentenza che si annota il 
Tribunale di Roma aveva in altre decisioni (Sentenza 
30 maggio-14 ottobre 1950, Pres.: Boccia; 
Est.: Pascalino -C.R.A.S.E.A. contro Ferrovie, 
confermata dalla Corte di Appello di Roma, Sez. II 
Civ. con sent. 4 marzo-22 aprile 1952: Pres. Di 
Leva; Est.: Palumbo; Sent. 10 aprile-30 maggio 
1953; Pres.: Boccia; Est.: Gentile-Callar� contro 
/ferrovie), risolto negli stessi sensi le questioni esaminate. 


G. ALBISINNI 
SOCIETA � Societ� per azioni � Deliberazione di 
aumento di capitale -Eff�cacia prima dell'omologazione. 


IMPOSTE E TASSE -Imposta di negoziazione Delibera 
di aumento di capitale -Tassabilit� immediata 
delle nuove azioni. (Corte di Appello di Roma, 
Sez. I, Sent. dicembre 19:3 -Pres.: Zappia; Est.: Vallillo 
-Finanze dello Stato contro Soc. Monte Amiata). 

1. La deliberazione con la quale una Societ� 
per azioni stabilisce un aumento di capitale � 
immediatamente efficace nei confronti dei soci e 
dei terzi che ne sono a conoscenza, anche prima 
dell'omologazione da parte dell'Autorit� giudiziaria. 
Il controllo del Tribunale, nel quale consiste 
l'omologazione, � diretto a riconoscere se la deliberazione 
sia stata emessa in conformit� della legge, 
ma il riconoscimento non attribuisce alcuna par


ticolare qualifica alla deliberazione assembleare, 
la q�ale trae la sua immediata efficacia, nei rapporti 
interni, dai poteri dell'assemblea. 

2. L'imposta di negoziazione colpisce la semplice 
potenzialit� di trasferimento delle .azioni e 
dei titoli, prescindendo dalla loro effettiva circolazione. 
Sono, quindi, immediatamente tassabili le 
nuove azioni conseguenti ad una deliberazione di 
aumento di capitale, anche se i titoli non sono materialmente 
emessi, ed anche se la deliberazione di 
aumento non risulti ancora omologata. 
Questa pregevole sentenza della Corte di Appello 
di Roma affronta una questione nuova, sulla quale 
non esistono precedenti giurisprudenziali, all'infuori 
della sentenza rif armata dal Tribunale di Roma 
17 novembre 1952 (� Riv. Tribut. �, 1953, 520). 

Mentre l'omologazione delle deliberazioni assembleari 
� stata recentemente studiata e discussa in 
relazione ai limiti del sindacato dell'Autorit� Giudiziaria, 
sopratutto in occasione di vertenze dibattute 
davanti al Tribunale ed alla Corte di Torino (vedi 
� Riv. dir. comm. n, 1950, II, 196; � Giur. it. n, 1949, 
I, 2, 583; � Giur. it. n, 1951, I, 2, 442; �Foro it. n, 
1951, I, 1541), per contro la portata dell'omologazione 
come condizione di efficacia della deliberazione, 
nei riguardi dei soci e dei J,terzi, non ha trovato in 
giurisprudenza una adeguata elaborazione (cfr., per 
qualche accenno,1Cass.'{22 febbraio 1952, in � Riv. 
di dir. comm. �, f953, II, 4). 

N � la dottrina ha contribuito in modo persuasivo 
ad eliminare i dubbi sorti al riguardo. A parte alcune 
affermazioni che rappresentano soltanto opinioni 
non motivate (BRUNETTI; Societ�, vol. II, n. 763 
pag. 510; FERRI: Dir. comm. n. 195 pag. 250 (l'argomento 
� stato illustrato con qualche ampiezza 
soltanto dal FR� (Comm. al Cod. civ. dello Scialoia, 
Libro del Lavoro, pag. 554 sotto l'art. 2436), 
alla cui opinione accede l'attuale sentenza. 

Nel campo tributario, la questione ha naturalmente 
una importanza notevole, non solo in rapporto 
alla imposta di negoziazione (sulla quale vedi Corte 
di Appello di Napoli, 4 giugno 1946, � Mon. Trib. n, 
1947, 39) ma anche in rapporto all'imposta di 
registro, investendo il problema della regolarit� e 
legittimit� della percezione dell'imposta sull'atto 
costitutivo, prima dell'omologazione (cfr. cc Comm. 
Centr. �, 7 marzo 1949, cc Giur. imp. dir. n, 1951, 
col. 596). 

Per ci� che concerne particolarmente l'imposta 
di negoziazione, va infine osservato che, incidendo 
essa anche su titoli o azioni di societ� non ancora 
costituite -come � testualmente stabilito dalla 
legge -non possono avere alcuna infiuenza sull'onere 
tributario talune questioni recentemente discusse in 
ordine alla legittimit� delle delibere di aumento di 
capitali di societ� non registrate (su cui vedi cc Riv. 
di dir. comm. n, 1952, II, 346). 

Riportiamo per esteso l'elaborata motivazione della 
sentenza: 

� Tutta la disciplina del rapporto societario � -ispirata 
all'esigenza che la volont� della maggioranza, 
espressa nei limiti dell'atto costitutivo e della 
legge, si manifesti con l'attributo della imperativit�, 
salvo -in determinati casi -il diritto d'impugnativa 
(art. 2377 c. c.) e il diritto di recesso (art. 2437). 


-246


La volont� dell'assemblea si pone come volont� unitaria 
dell'ente ed � destinata a creare un vincolo 
giuridico per tutti i soci assumendo cos�, nei rapporti 
interni della societ�, una vera e propria funzione 
normativa. 

� La. pubblicit� della deliberazione modificativa 
dell'atto costitutivo (aumento di capitale) operantesi 
mediante il deposito e la iscrizione, nessuna influenza 
eser(/ita sulla validit� del negozio rispetto ai soci. A 
differenza della pubblicit� dell'atto di costituzione 
della societ�, che ha carattere� costitutivo in quanto fa 
assurgere la. societ� alla qualit� di persona giuridica 
(art. 2331), essa ha una portata semplicemente dichiarativa. 
Non � cio� una condizione di efficacia della 
deliberazione rispetto ai soci ed ai terzi consapevoli, 
ma un mezzo diretto a portarla legalmente a conoscenza 
di coloro che ne ignorano l'esistenza. 

� Oi� si desume� dal secondo comma dell'art. 2436 
che dispone: �Le modificazioni dell'atto costitutivo 
fino a che non sono iscritte, non possono essere opposte 
ai terzi, a meno che si provi che questi ne erano a 
conoscenza � e mette cos� in evidenza come, nei rigradi 
dei terzi non ignari e quindi anche, e a maggior 
ragione, nei riguardi dei soci, l'efficacia di tali deliberazioni 
non possa ricollegarsi all'iscrizione. E si 
desume con pi� intensa espressivit� dal primo comma 
dello stesso articolo, che richiama il io, il 2� e il 
3� comma dell'art. 2411 e non anche il 40, il quale 
stabilisce che la deliberazione concernente l'emissione 
di obbligazioni pu� essere eseguita soltanto dopo l'iscrizione 
(pubblicit� costitutiva). 

� Ma, nei rapporti interni, l'efficacia di una deliberazione 
con cui viene aumentato il capitale sociale, 
come non pu� essere subordinata all'iscrizione, cos� 
contrariamente all'opinione espressa nella sentenza 
appellata, non pu� essere subordinata all'omologazione 
del tribunale. 

� L'orriologazione, consistente in un controllo preventivo 
sull'adempimento delle condizioni stabilite 
dalla legge e quindi in un sindacato di legalit� (articolo 
2411, 2� comma), deve essere interpretata quale 
elemento della pubblicit�, che � richiesta o per rendere 
attuabili le deliberazioni, come nel caso di emissione 
di obbligazioni (art. 2411, 40 comma) o per 
rendere le deliberazioni opponibili ai terzi, che non 
ne abbiano gi� avuto conoscenza, come nel caso di 
modificazioni dell'atto costitutivo (art. 2436). Avuto 
riguardo agli effetti giuridici (costitutivi o dichiarativi) 
prodotti dalla pubblicit�, essa si presenta funzionalmente 
collegata con il deposito e con l'iscrizione, 
ma non pu� essere destinata ad integrare la volont� 
dell'assemblea e a imprimere alla deliberazione quella 
efficacia, di cui questa � gi� dotata in relazione 
alla disciplina regolamentatrice del rapporto sociale, 
prevista nelle norme contrattuali dell'atto costitutivo 
e dello statuto. 

<< Il controllo del tribunale, cio�, � diretto a riconoscere 
se l'atto � stato emesso in conformit� della legge, 
ma il riconoscimento non attribuisce all'atto una 
particolare qualifica o una determinata soggettivit� 
giuridica. 

�L'efficacia immediata della deliberazione, modificatrice 
dell'atto costitutivo, trova -in altri termini 
-la sua fonte nei poteri dell'assemblea, secondo 

�la regola generale, in base alla quale i soci, ancorch� 

non intervenuti i dissenzienti, sono vincolati dalle 
deliberazioni prese in conformit� della legge e dell'atto 
costitutivo (art. 2377, 1a comma). 

�La conferma di quanto si sostiene si rinviene 
nel fatto che i soci dissenzienti .dalla deliberazione 
riguardante il cambiamento dell'oggetto o del tipo 
della societ� o il trasferimento della sede sociale 
all'estero (e cio�� riguardanti modificazione dell'atto 
costitutivo) hanno diritto di recedere, ma devono 
presentare la dichiarazione di recesso nel termine 
perentorio di tre giorni dalla chiusura dell'assemblea 
(art. 2437), mentre invece se fosse esatto l'assunto 
che l'omologazione � condizione di efficacia della 
deliberazione sia per i soci, sia per i terzi non ignari, 
la dichiarazione di recesso dovrebbe essere presentata 
entro i tre giorni dalla data dell'omologazione. 

cc La diversa interpretazione si ispira al brano 
della Relazione sul libro del lavoro, in cui si legge: 
�la efficacia delle deliberazioni modificative dell'atto 
costitutivo resta per� in ogni caso subordinata sia 
di fronte ai soci, sia di fronte ai terzi, all' omologazione 
giudiziaria�. Ora, a parte il rilievo che i 
lavori preparatori e le relazioni alle leggi non hanno, 
come fonte di interpretazione della norma, un valore 
assoluto, non sembra che alle parole innanzi riportate 
debba attribuirsi il significato voluto dal Tribunale. 
Prescindendo dal considerare che l'omologazione non 
pu� essere idonea a rendere efficace la deliberazione 
verso i terzi perch� nei riguardi di costoro (ignari) 
.occorre sempre l'iscrizione ossia la pubblicit� (articolo 
2436 capov.) e che quindi nessun nesso di interdipendenza 
pu� sussistere fra il controllo esercitato 
dal giudice in sede di volontaria giurisdizione e l' operativit� 
della deliberazione verso i soggetti estranei 
alla societ�, il rapporto di subordinazione, sottolineato 
come essenziale, fra l'omologazione e la efficacia 
della deliberazione deve essere ovviamente inteso soltanto 
nel senso che, negata l'una, vien meno l'altra 
e non anche nel senso che l'omologazione sia un requisito 
indispensabile per la produzione di effetti i quali, 
come si � illustrato, si ricollegano -rispetto ai soci direttamente 
alla deliberazione e sono la nota caratteristica 
della funzione normativa riconosciuta alla 
assemblea. 

�Deve quindi concludersi, a questo punto, che 
la deliberazione, la quale modifica l'atto costitutivo, 
� un atto operante immediatamente verso i soci e i 
terzi non ignari salvo, in ipotesi, a caducarsi ove non 
venga omologata: la sua efficacia si estende poi ai 
terzi ignari dopo l'iscrizione, in funzione della quale 
l'omologazione � predisposta. 

� Questa conclusione conduce a porre in pi� chiaro 
risalto gli aspetti della presente controversia. 

�L'imposta di negoziazione (imposta in surrogazione 
del bollo e del registro) colpisce la semplice 
potenzialit� di trasferimento delle azioni e dei titoli 
prescindendo dalla loro effettiva circolazione; colpisce 
le entit� economiche rappresentate dalle azioni, 
e cio� il patrimonio sociale, anP.he se i titoli, per 
circostanze estranee alla loro natura, non .pos~ono 
essere negoziati per un certo tempo ed anche se lo 
statuto sociale ne abbia previsto la inalienabilit�. 

� In altri termini, secondo la consolidata giurisprudenza 
il debito tributario sorge in dipendenza 
del semplice fatto della creazione del titolo azionario; 


;WWFFmZFF 


-247 


esso si ricollega al diritto del socio. al titolo, e quindi 
ad un capitale economicamente determinato e gi� 
potenzialmente capace di essere negoziato e non presuppone 
necessariamente un titolo gi� incorporato 

nel documento. 
<c Oi� si desume, del resto, dall'art. 1 del D. L. 
5 settembre 194 7, n. 1173 che dispone: cc l'i1nposta 

� dovuta anche se le societ� non abbiano emesso i 
titoli rappresentativi del capitale o dei versamenti 

eseguiti in conto o a saldo di esso �. Se poi si considera 
che sono sottoposti a tributo le cartelle, i certifi-' 
cati, le azioni, o titoli di qualunque specie, provvisori 

o definitivi, emessi anche � a nome di societ� non 
ancora costituite >i risulta determinante la semplice 
volont� dei soci diretta a creare un capitale sociale: 
agli effetti dell'imposizione del tributo i s"ingoli elementi 
azionari si considerano cio� immediatamente 
negoziabili �. 

Lb ~ 

SEGNALAZIONI DI DOTTRINA 
E GIURISPRUD.E.NZA 


ASSETTO COSTITUZIONALE DELLO STATO 

Per gli atti del governo sussiste solo responsabilit� 
politica e non giuridica : i singoli ministri 
invece hanno una responsabilit� giuridica civile e 
penale (Trib. Lecce, 27 gennaio 1953; � Dir. e Giurispr. 
� 1953, 347). 

Il farmacista che per conto del Comune, pur 
senza essere legato da vero contratto, provvede in 
via continuativa alla fornitura di medicinali ai 
poveri, � ineleggibile, per potenziale conflitto di 
interessi, a consigliere comunale e a Sindaco. 
(Giunta Prov. Amm.va Potenza, 22 giugno 1953, 
Cont. 656, Avv. Potenza). 

DISCREZIONALIT�. 

Mentre di regola le modificazioni, innovazioni e 
trasformazioni della propriet� autorizzate dalla 
Pubblica Amministrazione possono ledere solo interessi 
dominati dal potere discrezionale di questa, 
quando esse limitino il diritto di propriet� del vicino 
si ha violazione di un diritto soggettivo, per cui � 
competente il Giudice ordinario. (Corte App. Napoli, 
26 giugno 1953, �Dir. e Giurispr. �, 1953, 389). 

GIURISDIZIONE. 

La parte in una concessione contratto, che attribuisce 
al cittadino veri diritti soggettivi, indennizzabili 
in caso di revoca, pu� rivolgersi di fronte 
ad una revoca motivata per motivi contrattuali 
al giuridice ordinario (applicazione alla concessione 
di gestione di ristorante in stazione ferroviaria). 
(Corte App. Ancona, 18 giugno 1953, Cont. 1149, 
Avv. Ancona). 

� quistione di competenza e non di giurisdizione 
l'indagine sulla validit� ed applicabilit� di una 
clausola compromissoria; e pertanto la sentenza 
che abbia giudicato solo sulla competenza degli 
arbitri � impugnabile soltanto col regolamento di 
competenza. (Corte App. Lecce, 12 ottobre 1953, 
Cont. 676/30, Avv. Lecce). 

Poich� l'intervento della Pubblica Amministra


zione in un accordo di compensazione privata � 

di mero controllo e in relazione a taluni aspetti di 

carattere pubblicistico, il giudice ordinario � compe


tente a conoscere della inadempienza dell'importa


tore o esportatore italiano, o di quella dell'importatore 
o esportatore straniero che abbia conseguenza 
anche sui rapporti fra i due primi. (Trib. Milano, 
18 settembre 1952, �Banca, Borsa e tit. Ored. �, 
1953, II, 366, con nota). 

ATTIVITA FORMALE DELLA PUBBLICA 
AMMINISTRAZIONE 


ATTO AMMINISTRATIVO. 

L'atto amministrativo pu� concretarsi in un fatto 
materiale come l'ordine di un sindaco di derivazione 
di un'acqua comunale dall'impianto di irrigazione 
in un orto privato. (Corte Cass., S. U., 13 
febbraio 1953, � Arch. Rie. Giur. �, 1953, 677). 

Pu� sostituire validamente la mancata appro


vazione di una transazione un comportamento 

univoco dell'autorit� di controllo dal quale si 

desuma la volont� di approvare la transazione. 

(Trib. Lecce, 26 maggio 1953, Cont. 1312/11, 

Avv. Lecce). 

Sono atti idonei di manifestazione della volont� 
di demolire un fabbricato il contratto di appalto e 
la relativa contabilit�. (Trib. Lecce, 21 luglio 1953, 

Cont. 307 /30, Avv. Lecce). 

Lo Statuto di un ente pubblico approvato con 

atto dello Stato ha rilevanza per i terzi che trattano 

con esso. (Corte Cass., 22 gennaio 1953, � Arch. 

Rie. Giur. �, 1953, 678). 

ATTIVITA SOSTANZIALE DELLA PUBBLICA 
AMMINISTRAZIONE 

ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT�. 

Solo l'occupante non il prefetto � legittimato 

passivo a contraddire in un'azione di risarcimento 

di danni per illegittimit� di un decreto di occupa-� 

zione di urgenza. (Trib. Ancona, 27 giugno 1953, 

Cont. 1411, Avv. Ancona). 

Occorre la forma scritta per aversi accettazione 

dell'indennit� di espropriazione da parte dei pro


prietari. (Corte App. Napoli, 11 luglio 1952, � Fo


ro Padano �, 1953, I, 1095). 

Non invalida un decreto di espropriazione n� la 

mancata fissazione in esso dell'indennit� n� la fissa




= 


-249 


zione di un'indennit� riferita ad una perizia di 
diversi anni prima, concretandosi in esso solo un 
criterio di valutazione impugnabile con l'opposizione 
di stima. (Trib. .Ancona, 27 giugno 1953, 
Cont. 1411, Avv. .Ancona). 

Il bene acquistato per espropriazione p. u., va 
attribuito a patrimonio indisponibile. (Trib. Lecce, 
3 giugno 1953, Cont. 622/30, Avv. Lecce). 

L'indennit� prevista dall'art. 46 legge espr. p. u. 
� dovuta solo quando il danno derivi direttamente 
dall'esecuzione dell'opera pubblica obiettivamente 
considerata. (Corte App. Genova, 4 giugno 1953, 
Cont. 14729, Avv. Genova). 

La mancata estrazione di ghiaia per un quantitativo 
eccedente quello della concessione non costituisce 
danno risarcibile. (Trib. Torino, 29 agosto 
1953, Cont. 10789, Avv. Torino). 

.Anche nel caso di indubbia impossibilit� di esecuzione 
dell'opera da parte dell'espropriante sussiste 
il diritto alla retrocessione degli immobili 
espropriati. � inammissibile la retrocessione nel 
caso che l'ente espropriante (ente economico della 
Cerealicoltura) sia messo .in liquidazione, perch� 
da questo fatto non si deduce l'impossibilit� di 
esecuzione dell'opera. (Corte App. Napdli, 20 dicembre 
1952 �Foro Padano �, 1953, I, 1084). 

L'indennit� nel caso di occupazione temporanea 

non preordinata ali' espropriazione non consiste 

negli interessi dell'indennit� di esproprio, ma nel


�'equiva�ente al mancato reddito dei beni occupati. 

Tale indennit� come quella di esproprio � debito 

di valuta. (Corte App. Napoli, 11luglio1952, � Fo


ro Padano �, 1953, I, 1095). 

L'occupazione .di urgenza non seguita da decreto 

di esproprio, diventa abusiva ed espone l'occu


pante al risarcimento dei danni (Trib. Ancona, 27 

giugno 1953, Cont. 1411, Avv. .Ancona). 

L'inattivit� della Pubblica Amministrazione, 

sebbene messa in mora, a determinare l'indennit� 

di occupazione d'urgenza, rende proponibile, sic


come negazione implicita, il reclamo all'autorit� 

giudiziaria ordinaria e senza limite di tempo, man


cando un provvedimento di determinazione del


l'indennit�. (Corte App. Napoli, 11 luglio 1952, 

�Foro Padano �, 1953, I, 1095). 

TRASPORTI. 

Competente alla causa di risarcimento danni in 

trasporto di persone � il Giudice del luogo in cui 

doveva aver termine il viaggio. (Trib. Roma, 30 

aprile 1953, � Temi Romana �, 1953, 207). 

Quando non sia stato assunto processo verbale 

di avaria di un trasporto ferroviario, la prova del 

danno pu� darsi con testimoni, mancando una 

norma che disponga la decadenza dell'azione in 

difetto di quel verbale. (Trib., Trento, 20 giugno 

1953, Cont. 246, Avv. Trento). 

La riconsegna di un carro ferroviario d� luogo 

llinche alla riconsegna della merce ivi contenuta; 

e per la contestazione di ammanchi occorre il con


traddittorio immediato dell'Amministrazione Fer


roviaria; � inidoneo ai fini della responsabilit� un 

accertamento fatto il giorno successivo allo scarico 

(Corte Cass.; 30 genn::iiio 1953, Cont. 2891/51, 

Avv. Generale). 

� Il debito per avarie o ammanchi nelle spedizioni 
comuni costituisce debito pecuniario. (Corte di 
Cass., 20 aprile 1953, Cont. 60155, Avv. Generale; 
17 marzo 1953, Cont. 4485/51, Avv. Generale; 8 
agosto 1952, � Riv. Dir. Comm. n, 1953, II, 253 
con nota prof. A. Asquini). 

Gli enti di riforma fondiaria, quando sia avvenuta 
la pubblicazione del piano particolareggiato di 
esproprio ma non sia ancora avvenuto il trasferimento 
dei beni, possono dare la disdetta di cui 
all'art. 6 della legge n. 230 e 17 legge n. 841 del 
1950. (Trib. Bari, 9 maggio 1953, Cont. n. 15278, 
12267, Avv. Bari). 

PROPRIET� INTELLETTUALE. 

In tema di brevettabilit� di procedimenti per la 
fabbricazione dei medicinali (l'esperienza francese) . 
Articolo del prof. P. RoUBIER (� Riv. Dir. Comm. ii, 
1953, I, 261). 

ATTIVITA NEGOZIALE DELLA PUBBLICA 
AMMINISTRAZIONE 

CONTABILIT� DELLO STATO. 

I principi generali della costituzione in mora del 
debitore si applicano anche quando debitrice � una 
pubblica Aministrazione. (Trib. Torino, 11 febbraio 
1953, �Foro Padano n, 1953, 1115. Quistione 
aperta). 

APPALTI E FORNITURE. 

I capitolati generali d'appalto hanno efficacia 

di diritto obbiettivo anche per i terzi. (Corte App. 

Genova, 4 giugno 1953, Cont. 14729, Avv. Genova). 

La norma di un capitolato generale (nella specie 

di concessione di esercizio di ristorante in stazione 

ferroviaria) che preveda disgiuntamente due san


zioni in caso d'infrazione, e cio� una pena pecu


niaria o lo scioglimento del contratto, pu� essere 

derogata da una clausola del capitolato speciale 

che per infrazione di particolare gravit� preveda 

il cumulo delle due sanzioni; n� � preclusa all'Am


ministrazione che abbia con un primo atto appli


cata la multa, la facolt� di stabilire, con altro atto, 

la risoluzione del contatto. (Corte App. .Ancona, 

18 giugno 1953, Cont. 1149, Avv. .Ancona). 

Gli ordini e le direttive impartite dall'Ammini


strazione dei LL. PP. non escludono la responsa


bilit� dell'appaltatore per l'inosservanza di norme 

regolamentari o di comune prudenza da osservarsi 

nella esecuzione dei lavori. (Corte App. Genova, 

23 aprile 1953, Cont. 16382, Avv. Genova; Corte 

App. Genova, 4 giugno 1953, Cont. 14729, Avv. Ge


nova). 

LA RESPONSABILITA NEI RIGUARDI 

DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE 

Gli eredi possono proporre azione pel risarcimento 
di danni per l'occupazione abusiva di un 
immobile del compendio ereditario ancorch� nella 
denuncia di� successione non abbiano indicato il 



-250"


valore di tale-credito non ancora liquido ed esigibile. 
(Trib. Trent�, 30 aprile 1953, Cont. 586, 
Avv. Trento). 

Il risarcimento dei danni patrimoniali ex delicto 
compete non iure haereditatis, bensi iure proprio e 
solo a coloro che col de cuius convivevano e da lui 
si attendevano aiuti materiali. (Trib. Trento, 20 
luglio 1953, Cont. 229, Avv. Trento). 

� ammissibile una responsabilit� dell' Amministrazione 
committente in concorso con quella dell'appaltatore 
per la trasgressione di norme di comune 
prudenza. (Corte App. Genova, 4 giugno 
1953, Cont. 14729, Avv. Genova. Quistione aperta). 

Se danneggiato mortalmente da un incidente 
stradale, per cui sia responsabile l'Amministrazione, 
sia un impiegato statale, l'indennizzo � rapportato 
al grado rivestito non a quello superiore in cui 
l'investito sarebbe all'epoca della liquidazione 
potuto esser promosso ; vanno calcolate, detratte 
le spese, le missioni normalmente compiute e gli 
straordinari che nei gradi inferiori integrano lo 
stipendio ; va per� detratta la pensione di riversibilit� 
dei familiari. (Corte .A.pp. Torino, 16 luglio 
1953, Cont. 8920, Avv. Torino). 

Poich� anche nell'organizzazione del servizio di 
viabilit� deve osservarsi il principio del � neminem 
ledere �, � responsabile l'Amministrazione se i propri 
operai abbiano lascito insegnalato un cumulo 
di pietrisco bitumato occupante quasi un terzo 
della strada, data la difficolt� di percepirlo e di 
distinguerlo da rappezzi stradali gi� livellati. (Trib. 
Bari, 28 aprile 1953, Cont. 13463, Avv. Bari). 

L'azione di rivalsa contro un dipendente responsabile 
di incidente stradale (azione che non si prescrive 
nel termine ordinario) comporta l'indagine 
sull'obbligo del dipendente di svolgere il servizio 
in modo da non procurare danni all'Amministrazione, 
quindi sulle modalit� di contenuto discrezionale, 
con cui il servizio fu disposto ed espletato; 
l'indagine non pu� perci� essere fatta dal giudice 
ordinario. (Corte App. Torino, 16 luglio 1953, 
Cont. 8920, Avv. Torino. Quistione aperta). 

L'azione di rivalsa dell'Amministrazione Pub


blica contro il suo dipendente conducente del vei


colo danneggiatore, non � soggetta alla prescri


zione presunta di che all'art. 2947 c. c. ed occorre 

una colpa che :implichi la violazione dell'obbligo 

di svolgP-re il servizio con diligenza. (Corte App. To


rino, 14 luglio 1953, �Foro Padano �, 1953, II, 70). 

ORGANIZZAZIONE INTERNA 
DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE 


IMPIEGO PmrnLICO. 

L'Istituto Poligrafico dello Stato � un ente pub


blico economico esplicante un'attivit� economica 

in regime di concorrenza; le controversie di lavoro 

spettano quindi alla Sezione lavoro della magistra


tura. (Corte Cass. 24 giugl).o 1953, Cont. 1592/52, 

Avv. Generale). 

Se l'impugnativa di un collocamento a riposo 

dell'impiegato di una Cassa di Risparmio � propo


sta al Ministro competente e dia luogo a un de


creto di quest'ultimo, non � ammessa altra impu


gnativa del provvedimento ministeriale che al 

Consiglio di Stato, avverandosi la degradazione del 
diritto a interesse legittimo. (Corte Cass., 19 giugno 
1953, Cont. 4924/51, Avv. Generale). 

BENI E MEZZI DELLO STATO 

ACQUE PUBBLICHE. 

L'Amministrazione dei Canali demaniali d'irrigazione 
cui competono ragioni d'acqua su un corso 
di acqua pubblica, pu� pretendere cl!e i terzi, per 
le acque da essi derivate dal detto rio le corrispondano 
dette ragioni. (Trib. Acque Torino, 10 luglio 
1953, Cont. 8950, Avv. Torino). 

Il canone di derivazione � dovuto dalla scadenza 
del termine originario per l'ultimazione dei lavori 
ancorch� gli altri (presentazione del progetto, espropriazione, 
�nizio e completamento dei lavori) siano 
stati prorogati ed � dovuto per l'anno in corso alla 
data del decreto ministeriale di decadenza ancorch� 
l'acqua non sia stata utilizzata (Tribunale Acque 
Torino, 20 giugno 1953, Cont. 171, Avv. Torino). 

DEMANIO. 

Poich� i piazzali esterni ferroviari sono beni 
demaniali non si applicano le norme comuni sulla 
occupazione in buona fede del fondo attiguo. (Trib. 

�Lecce 19 agosto 1953, Cont. 663/114, Avv. Lecce). 

�Con la cessata destinazione di un bene pubblico 
a servizio pubblico si ha, tacitamente e anche prima 
di una formale dichiarazione la sua rnlassificazione 
da patrimonio indisponibile. (Trib. Lecce, 
3 giugno 1953, Oont. 622/30, Avv. Lecce). 

IMPOSTE IN GENERE. 

Il giudice ordinario pu� riesaminare il titolo giuridico 
posto dalla finanza a fondamento della tassazione 
e giustificare questa con una diversa definizione 
del negozio contenuto nell'atto tassato. (Corte 
Cass. 16 aprile 1953, � Riv. Trib. � 1953, 648). 

Il potere del giudice ordinario di annullare la 
decisione delle Commissioni Amministrative e di 
rinviare alle stesse per una nuova decisione, ai 
sensi dell'art. 29 R.D.L. n. 1639 del 1936 costituisce 
eccezione al principio generale che le controversie 
di semplice estiniazione sfuggano al giudice ordinario. 
(Trib. Genova, 10 maggio 1953, Cont. 19301, 
Avv. Genova). 

Bench� la sentenza del giudice ordinario abbia 
effetto erga omnes, la Finanza ha facolt� autonoma 
di accertare con criteri propri la natura del negozio 
giuridico sottoposto� a registro. (Comm. Centr. 
Imp. 12 febbraio 1951 �Le Massime� 1953, 203). 

In analogia al codice dirito l'istanza di revocazione 
proposta alla Commissione Provinciale sospende 
il termine per ricorrere alla Centrale fino 
alla notifica della decisione sulla revocazione 
(Oomm. Centr. Imp. S. U., 3 giugno��1952, � Riv. 
Trib. � 1953, 655 con nota avv. Florio). --�


L'inosservanza del termine per richiedere il rimborso 
di un'imposta indebitamente pagata, importa 
la decadenza dell'esercizio dall'azione di ripetizione 
successivamente proposta. (Trib. Ancona, 20 giugno 
1953, Cont. 1418, Avv. Ancona). 


251


(( SOLVE ET R�PETE )), 

� assolutamente eccezionale e limitata alle 
rare ipotesi in cui il fondamento dell'opposizione 
sia di intuitiva evidenza la deroga al solve et repete 
per insussistenza del credito prima facie. (~rib. 
Torino 20 maggio 1953, Cont. 10606, .Avv. Tormo). 

Per ~tabilre ai fini del solve et repete la qualit� 
di imposta (domplementare o suppletiva) � rilevante 
solo la natura intrinseca non la qualificazione 
�data dall'Ufficio. (Trib. Lecce, 28 aprile 
1953, Cont ....., .Avv. Lecce). . . 

L'eccezione di solve et repete va conoscmta prrma 
in quella di nullit� della citazione per difetto ?-Jlegittimazione 
passiva dell'organo convenuto m 
giudizio. (Trib. Catania, 7 luglio 1953, Cont. 17925, 
.Avv. Catania). 

L'opposizione del contribuente a falliment.o 
fiscale soggiace al solve et repete. (Corte .App. Milano 
18 marzo 1952, � Riv. Prat. Trib. �, 1953, 
II S08 con nota dott. Provini). 

L'impugnativa dell'ordinanza definitiva dell'Intendente 
di Finanza emessa ai sensi dell'art. 52 
della legge n. 762 del 1940 sul'I.G.E. � soggetta 
al solve et repete. (Trib. Lecce, 26 giugno 1953, 
Cont. 1602, .Avv. Lecce). 

Il solve� et repete si applica all'opposizione alla 
ingiunzione per imposta di registro. (Trib. ?atania, 
19 giugno 1953, Cont. 18169, .Avv. Catama). 

L'opposizione ad ingiunzione per imposta generale 
sull'entrata e relativa sopratassa, � soggetta 
al solve et repete. (Trib. Catania, 7 luglio 1953, 
Cont. 17925, .Avv. Catania). 

Il solve et repete funziona anche in materia di 
imposta generale sull'entrata e la man~ata p;oduzione 
del certificato di pagamento del tributo impedisce 
l'instaurazione di un rapporto processuale. 
(Trib. Catania, 8 aprile 1953, Cont. 17369, .Avvocato 
Catania). 

Si applica il solve et repete alla sopratassa costituita 
dalla penale del 10 % per omesso o tardato 
versamento della tassa erariale riscossa da imprese 
di trasporto per conto dello Stato. (Trib. Torino, 
13 maggio 1953, Cont. 642, .Avv. Torino). 

Si applica il solve et repete all'opposizione ad ingiunzione 
per il corrispettivo dell'uso di bombole 
per il metano dovuto a sensi dell'art. 10 legge 

n. 640 del 1940 all'Ente Nazionale Metano, avendo 
tal credito natura tributaria. (Trib. Genova 3 ottobre 
1953, Cont. 19206, .Avv. Genova, cfr. � Rassegna 
�, 1953, pag. 131). 
� suppletiva e perci� sottratta al solve et repete 
la richiesta di un'ulteriore tassa pretesa per il trasferimento 
di un immobile sinistrato dalla guerra, 
(gi� registrato con tassa fissa per l'attestazione 
del sindaco di danneggiamento oltre il terzo) 
quando un successivo accertamento del~'Ufficio 
Tecnico Erariale neghi tale estremo. (Trib. Torino, 
17 settembre 1953, Cont. 5, Avv. Torino). 

IMPOSTE DIRETTE. 

L'Aziende autonome e la sottoposizione dei loro 
redditi all'imposta di Ricchezza Mobile, articolo 
prof . .A. D. GIANNINI (cc Riv. Dir. Fin. �? 1?53! 
II, 3 ; commento in <c Banca, Borsa e Titoh di 
Credito � 1953, 1, 399). 

Per la legittimit� dell'accertamento induttivo � 
sufficiente la constatazione di circostanze positive 
da cui si desuma l'esistenza di un. certo reddito, 
salva al contribuente la prova dell'infondatezza di 
tali circostanze : la quistione � di semplioo estimazione 
sottratta al giudice ordinario. (Corte .Appello 
Genova, 28maggio1953, Cont.18255, .Avv. Genova). 

IMPOSTE INDffiETTE. 

�Oonti correnti bancari, contratto di conto corrente 
e imposta di registro; articolo dott. G. OLMI (cc Gi~. 
Compl. Cass. Civ. �, 1952, 2, 1, 13; commento m 
�Banca Borsa e Titoli di credito�, 1953, 1, 40). 

� co~tratto preliminare di vendita con solo effetti 
obbligatori e quindi registrabile con sola tassa fissa, 
l'atto che definito dalle parti cc compromesso preliminare 
fil vendita �, non contenga i dati catastali 
ma una generica indicazione dei fondi e preveda 
un ulteriore perfezionamento del contratto. (Trib. 
Trento 21 luglio 1953, Cont. 764, .Avv. Trento). 

L'attestazione del sindaco circa il danneggiamento 
di un immobile o1tre il terzo, per cause di 
guerra (attestazione che � equivalente a .que~a degli 
Uffici tecnici erariali) non pu� essere mficmta da 
una perizia senza il contradditorio delle parti. (~rib. 
Torino 17 settembre 1953, Cont. 5, .Avv. Tormo) . 

. L'es~nzione da ogni tassa sugli affari degli Istituti 
di Credito .Agrario si estende alla tassa di iscrizione 
di ipoteca giudiziale in base a decreto ingiuntivo 
contro un mutuatario moroso. (Corte .App. Torino 
12 giugno 1953, �Foro Padano�, 1953, II, 71).

n' deposito in pegno di titoli di stato ~ffettuat.o 
dal banchiere corrispondente a favore di un Istituto 
autorizzato a emettere assegni circolari e a 
garanzia della emissione degli st.essi � soggetto ali~ 
tassa fissa di cui aU'art. 55, Tariffa Ali. A legge di 
registro. (Corte .App. Roma, 28 aprile 1953, �Banca, 
Borsa e Tit. di Credito � 1953, II, 341, con nota). 

Il trasferimento ad altri, col consenso dell'.Amministrazione 
di un appalto aggiudicato ma non 
approvato, p~l quale vi sia stata ~a consegna ~ei 
lavori attua una cessione tassabile a nulla mfl.
uendo la non ancora intervenuta approvazione, 
avendo l'atto avuto effetto prima di essa. (Corte 
Cass., 16 aprile 1953, cc Riv. Trib. ))' 1953, 648 
con nota dott. Rastello). 

La tassazione con aliquota ridotta, dei finan


ziamenti per forniture allo Stato o delle cessioni 

di crediti verso lo Stato, concessa con la legge 

n. 2170 del 1936, non si applica se la cessione garantisca 
qualsiasi altro credito. (Corte .App. M~ssina, 
20 dicembre 1952, �Banca, Borsa e Tit. 
Cred. )) 1953 II, 292 con nota prof. E. Scandale). 
I te;mini fil prescrizione. delle imposte indirette 
sugli affari, qualunque ne sia la data di inizio, 
sono stati prorogati in forza della legge n. 926 del 
1949 e precedenti, al 31 dicembre 1951. (Corte .App. 
Lecce 19 giugno 1953, Cont. 1217/29, .Avv. Lecce). 

Pu� condannarsi l'.Amministrazione alle spese 
se pur essendo stata la causa promossa prima dei 
novanta giorni dal ricorso amministrativo, venga a 
conoscenza del giudice successivamente, e ci� per la 
necessit� di ricorrere in giudizio entro trenta giorni 
dall'ingiunzione per poterla sospendere. (Corte Oass., 
28 febbraio 1953, cc Riv. Trib.�, 1953, 643). 


-252 


La presunzione di liberalit� delle trasmissioni 

immobiliari fra parenti entro il terzo grado non 

presuppone n� l'assenza di discendenti nel vendi


tore n� l'impossidenza del compratore; essa vige 

finch� non si dimostri, con documenti certi, e 

contestuali o immediatamente precedenti all'atto 

un movimento di danaro dal compratore al ven


ditore che lasci intendere la sua causa. (Corte 

App. Lecce, 19 giugno 1953, Cont. 1217, Avv. 

Lecce). 

L'esenzione da tassa di trasferimento dell'as


segnazione dall'erede al legittimario, per la quota 

a questi riservata si fonda sul principio che il 

legittimario non acquista nulla di diverso dal suo 

proprio diritto successorio talch� il trasferimento 

si considera avvenuto o con la successione e non 

coll'atto di abbandono. (Corte App. Potenza, 23 

marzo 1953, Cont. 478, Avv. Potenza). 

Possono considerarsi quote di capitale sussidiario 

e come tali, con la procedura dell'art. 9 R. D. 

n. 1975 del 1938, assoggettarsi a imposta di 
negoziazione i crediti� dei soci col concorso di particolari 
circostanze (inadeguatezza del capitale 
sociale, esorbitanza delle sovvenzioni, continuit� 
dei finanziamenti assenza d'interesse, ecc.) (Tribunale 
Genova, 27 ottobre 1952, �Dir. Prat. Trib. � 
1953, II, 295). 
� dovuta l'imposta ipotecaria proporzionale 
per la prenotazione d'ipoteca (sistema tavolare), 
ma ne � dovuto il rimborso se la prenotazione sia 
cancellata per mancata iscrizione definitiva. (Tribunale 
Trento, 24 settembre 1953, Cont. 722, 
Avv. Trento). 

L'art. 2, del D. L. n. 322 del 1945 (tassa fissa 
nelle compravendite di immobili danneggiati o 
distrutti dalla guerra) non � applicabile all'iscrizione 
di ipoteca a favore del venditore, alla quale 
neppure � applicabile l'art. 4 stesso decreto (operazione 
di finanziamento). (Corte App. Napoli, 
31 marzo 1953, cc Dir. e Giurispr. �, 1953, 387). 

� discrezionale in materia di imposta generale 
sull'entrata l'attivit� dell'Amministrazione circa 
l'accertamento, i poteri di indagine ed i mezzi 
per adeguare la entrata imponibile a quella effettiva, 
n� � tenuta ad uniformarsi al bilancio 
nel controllo della denunzia presentata da una 
societ� per azioni. (Corte Cass., 15 giugno 1953, 
� Riv. Leg. Fisc. �, 1953, 1343). 

La determinazione dei prezzi di imperio mediante 
il computo dei costi dei prodotti, non tocca 
l'ambito dell'obbligazione tributaria relativa al 
pagamento della imposta generale sull'entrata. 
(Corte Cass., 15 giugno 1953, � Riv. Leg. Fisc. >>, 
1953, 1341). 

La formula apposta in una permuta �per la 
presente fornitura non va emessa fattura>> costituisce 
errore bilaterale di diritto, non volont� 
.dell'Amministrazione contraente di esonerare dall'imposta 
generale entrata; nel qual caso peraltro 
sarebbe nulla, n� varrebbe come promessa del 
fatto di un terzo. (Amministrazione finanziaria). 
(Trib. Roma, 15 giugno 1953, Cont. 1463/52, 
Avv. Generale). 

In materia di imposta generale sull'entrata la 
competenza del giudice ordinario, esclusi i giudizi 
di estimazione o di accertamento di mero 

fatto, � piena per la quistione di legittimit� obiet


tiva o subiettiva del tributo. (Corte Cass., 15 

giugno 1953, � Riv. Leg. Fisc. �, 1953, 1343). 

La non allegazione al verbale di accertamento 

dei documenti elencati, non ne vulnera l'efficacia 

probatoria. (Trib. Lecce, 26 giugno 1953, Cont. 

1602, Avv. Lecce). 

� esclusa la natura tributaria nel diritto fisso 

e nelle aliquote percepite dall'Ente Economico 

della Zootecnica per l'art. 14-a-b-c della legge 

n. 1723 del 1940; essi sono quindi soggetti a imposta 
generale sull'entrata. (Corte Cass. 22 giugno 
1953, � Riv. Leg. Fisc. �, 1953, 1337). 
Le sovvenzioni volontarie a Istituti di Cultura 
sono comprese nell'eccezione di cui all'art. 1 legge 

n. 762 del 1940, essendo obbiettivamente oblazioni. 
(Corte App. Aquila, 24 febbraio 1953, Cont. 
4874, Avv. Aquila). � 
I contributi a un consorzio di irrigazione di 
utenti d'acqua soggiacciono all'imposta generale 
entrata; n� ha rilievo il fatto che si tratti di semplice 
rimborso spese, poich� l'imposta colpisce 
ogni pagamento per un servizio n� � necessario un 
fine di lucro o di arricchimento. (Corte Cass., 1 
giugno 1953, � Riv. Leg. Fisc. �, 1953, 1341). 

CONTRIBUTI SPECIALI. 

Per la nave acquistata all'estero � dovuto il 
diritto di licenza di cui al R.D.L. n. 894 del 1935, 
col passaggio della linea doganale ancorch� venduta 
dal Governo Italiano a un armatoreitaliano. 
� nulla la clausola di esonero da imposizione dei 
tributi contenuta nel contratto di compravendita 
tra il Governo e il cittadino, per contrasto con 
norme imperative. (Trib. Lecce, 17 gennaio 1953, 
�Dir. e Giurispr. �, 1953, 347). 

ESAZIONE. 

L'opposizi�ne all'avviso di pagamento non impedisce 
l'emissione dell'ingiunzione fiscale. (Corte 
App. Lecce, 19 giugno 1953, Cont. 1217/29, Avvocatura 
Lecce). 

L'ingiunzione fiscale ha natura di atto amministrativo; 
il visto pretoriale ha solo natura di controllo 
di legittimit�, quindi la mancanza nella 
copia della menzione del visto esistente nell'originale, 
noil � motivo di nullit� dell'atto (stessa 
sentenza). 

Nell'ingiunzione fiscale non � richiesta, come 
lo � invece la indicazione esatta della causale del 
versamento, la data dell'emissione. (Trib. Torino, 
13 maggio 1953, Cont. 642, Avv. Torino). 

L'opposizione ad ingiunzione per imposta di 
registro non va proposta davanti al giudice dell'esecuzione 
ma davanti al Tribunale. (Trib. Torino, 
20 maggio 1953, Cont. 10606, Avv. Torino} . 

RAPPORTI DI DIRITTO COMUNE 

DIRITTO CIVILE. 

L'iscrizione di un veicolo nel Pubblico Registro 
Automobilistico costituisce presunzione di propriet� 
iuris tantum, contestabile perci� con ogni 
mezzo di prova, non sono per� sufficienti le infor



-253 


inazioni delle Autorit� di Polizia giudiziaria che 
11anno semplice valore di indizi insufficienti a 
viri.cere detta presunzione. (Corte App. Potenza, 
18 novembre 1952, Cont. 174, Avv. Potenza). 

La presunzione della buona fede consistente 
nell'ignoranza dei vizi che afferiscono al titolo � 
un principio generale del nostro ordinamento 
giuridico. (Trib. Lecce, 26 maggio 1953, Cont. 
1312/11, Avv. Lecce). 

L'atto con cui un Comune cedette gratuitamente 
un immobile all'O.N.B. per fronteggiare la 
spesa obbligatoria della somministrazione dei locali 
ai comitati comunali dell'Opera. non (i donazione, 
ma se anche lo fosse, non sarebbe viziata 
da incapacit�, !!� data la finalit� di pubblico interesse, 
da violenza morale (Corte App. Catania, 
8 maggio 1953, Cont. 16588, Avv.� Catania). 

L'atto di costituzione in mora non � mezzo 
idoneo a interrompere l'usucapione. (Trib. Lecce, 
26 maggio 1953, Oont. 1312/11, Avv. l.Jecce). 

PROCEDURA CIVILE. 

L'obbligazione che determina la competenza 
per territorio quando sia convenuta la Pubblica 
.Amministrazione (art. 25 c.p.c.) � quella originaria 
(nel trasporto di persone quella di trasportare 
indenne il viaggiatore) non quella derivata 

o sostitutiva (risarcimento di danni per sinistro). 
(Trib. Roma, 30 aprile 1953, << Temi Romana n, 
1953, 207). 
Se la data di comparizione contenuta in una 
citazione non corrisponde a quella destinata alla 
prima comparizione delle parti davanti all'istruttore 
e se il convenuto non si costituisca, va dichiarata 
la nullit� della citazione. (Corte .App. Roma, 
25 giugno 1953, �Temi Romana n, 1953, 193). 

� nulla e non sanata dalla costituzione per l'organo 
erroneamente citato, la citazione intimata, 
fuori Roma, al Ministero dei Trasporti in rappresentanza 
dell' .Amministrazione ferroviaria. (Tribunale 
Trento, 20 giugno 1953, Cont. 246, A vvocatura 
Trento). 

L'opposizione ad ingiunzione proposta nei confronti 
del direttore dell'Ufficio Atti Civili del Registro 
� improponibile per difetto di legittimazione 
dell'organo convenuto. (Trib. Catania, 27 marzo 
1953, Cont. 17384, Avv. Catania). 

La rappresentanza in giudizio dell'Amministra


zione finanziaria spetta all'Intendente di Finanza 

e non al Direttore dell'Ufficio Atti Civili del Re


gistro nei confronti del quale manca la legittima


zione passiva. (Trib. Catania, 24 luglio 1953, 

Cont. 17997, Avv. Catania; Trib. Catania, 22 

maggio 1953, Cont. 18119, Avv. Catania; Tribu


nale Catania, 15 maggio 1953, Cont. 18182, .Avv. 

Catania). � 

La stessa massima � stata adottata P.er quanto 

riguarda la rappresentanza del Fondo per il Culto. 

(Trib. Catania, 26 . giugno 1953, Cont. 18070, 

.Avv. Catania). 

� nulla e non pu� essere sanata dalla comparizione, 
la citazione fatta in materia di imposte di 
fabbricazione, all'Ingegnere Capo dell'Ufficio Tecnico 
delle Imposte di fabbricazione, e non all'Intendente 
di Finanza. Ta.le difetto di legittimazione 

3 

processuale pu� essere eccepito o rilevato d'ufficio 
in ogni stato e grado del processo. (Corte Appello 
Catania ... , Cont. 17449, Avv. Catania). 

La rappresentanza in giudizio di un Corpo di 
Vigili del Fuoco non spetta al Comandarnte ma 
al Presidente del Consiglio di Amministrazione. 
(Corte Cass. 17 giugno 1953, Cont. 1950/50, .Avvocatura 
Generale). 

L'Ufficio Stralcio di una soppressa confederazione 
fascista non � organo dello Stato e non 
� pertanto rappresentato dall' .Avvocatura dello 
Stato. (Trib. Salerno, 14 dicembre 1953 �Dir. e 
Giurispr. n, 1953, 355, questione aperta). 

Quando il giudice civile decida su un'azione 
autonoma rispetto a un precedente giudizio penale 
concluso con assoluzione perch� il fatto non 
costituisce reato, deve ritenere irrevocabili gli 
elementi di fatto che furono fonti di prova nel 
processo penale, riguardando la cosa giudicata 
non il solo dispositiyo ma anche la motivazione 
della sentenza. (Trib. Roma, 31 gennaio 1953, 
� Temi Romana n, 1953, 219). 

Non c'� litispendenza fra una procedura di 
esproprio in corso e una contemporanea azione 
di risarcimento danni per occupazione abusiva. 
(Trib. Trento, 30 aprile 1953, Cont. 586, .Avvocatura 
Trento). 

� ammissibile l'intervento in causa dopo sentenza 
parziale purch� prima della definitiva rimessione 
al Collegio. (Trib. Trento, 20 luglio 1953, 
Cont. 229, Avv. Trento). 

I documenti contabili del Banco di Napoli, 
malgrado la qualit� pubblica dell'ente e dei suoi 
funzionari non hanno la funzione documentaria 
degli atti pubblici. (Corte .App. Lecce, 19 giugno 
1953, Cont. 1217/29, .Avv. Lecce). 

La cosa giudicata formatasi tra le stesse parti 

e sulla medesima causa petendi vincola le parti, 

quando i presupposti di fatto e di diritto, siano 

gli stessi, anche se il petitum sia diverso. (Tribu


nale Torino, 29 agosto 1953, Cont. 10789, Avv. 

Torino). 

Sono improcedibili le istanze� proposte contro 

il contumace, se non gli sono state regolarmente 

notificate. (Trib. Trento, 20 luglio 1953, Cont. 229 

.Avv. Trento). 

Non � applicabile per analogia al decreto che 

liquida il compenso al consulente tecnico, il pro


cedimento dell'opposizione a decreto d'ingiun


zione. (Corte .App. Roma, 25 giugno 1953, �Temi 

Romana n, 1953, 194). 

La notifica di un ricorso per cassazione al Capo 

Compartimento che rappresenta l'.Amministrazione 

ferroviaria nei gradi precedenti anzich� al Ministro 

dei Trasporti d� luogo ad una semplice irregola


rit� non a nullit�. (Corte Cass., 27 febbraio 1953, 

� .Arch. Rie. Giurid. n, 1953, 691). 

Il decreto del giudice di cui all'art. 619 c.p.c. 

deve essere notificato nel termine perentorio ivi 

stabilito anche al debitore esecutato, a pena di 

improcedibilit� della azione per decadenza. (Pre


tura Trento, 4 settembre 1953, Cont. 647, Avv. 

Trento). 

Per gli strumenti necessari all'esercizio di im


prese capitalistiche, non vige l'impignorabilit� 

statuita per quelli di coloro che vivono del pro



-254 


prio lavoro intellettuale o manuale. (Trib. Torino, 
20 maggio 1953, Cont. 10606, Avv. Torino). 

Le parti lese che non abbiano ancora avuti 
liquidati i loro crediti per danni non possono opporsi 
alla esecuzione promossa da altri creditori 
aventi per l'art. 191 c.p. collocazione successiva; 
ma solo hanno diritto ad intervenire nel procedimento 
esecutivo affinch� sia accantonata e depositata 
una somma approssimativamente congrua 
per soddisfare i loro crediti. (Trib. Ancona, 2T 
giug�no 1953, Cont. 901, Avv. Aneona). 

DIRI'l"TO PENALE. 

Costituiscono falso in scrittura privata le aggiunte 
apposte falsamente per consumare un contrabbando, 
al foglio di transito di cui all'art. 5 
legge n. 1253 del 1950 per regolare il traffico fra 
il Tirolo Settentrionale e quello orientale. (Tribunale 
Pen. Bolzano, 25 febbraio 1953, Cont. 723, 
Avv. Trento). < 

� ricettatore colui ehe ottiene con estrema facilit� 
una somma di denaro notevolmente sproporzionata 
alle povere condizioni del concedente, 
quando sia notorio che questi disponeva del danaro 
per esserne venuto in possesso per via illecita. 
(Trib. Pen. Bolzano, 23 luglio 1953, Cont. 76, 
Avv. Trento). 

Gli atti fraudolenti per fare evadere danaro 
all'estero e impedire allo Stato la disciplina e il 
controllo valutario costituiscono dopo l'abrogazione 
della legge speciale n. 1037 del 1939, truffa aggravata. 
(Corte App. Roma, � Riv. Pen. i>, 1953, 853). 

�La condotta dell'offeso nei delitti colposi e 
la motivazione delle sentenze >i articolo Avv. 
Loasses, (� Riv. Pen. n, 1953, 597). 

PROCEDURA PENALE. 

L'inammissibilit� dell'opposizione a decreto pe


nale non pu� essere dichiarata al dibattimento ma 

deve esserlo prima del decreto di citazione. (Corte 

Cass., 15 aprile 1953, << Riv. Pen. n, 1953, 778). 

Non � necessario un verbale di ricezione, ma 
basta per la validit� di una impugnazione penale 
la data e firma apposti dal Cancelliere alla impugnazione 
ricevuta. (Corte App. Roma, 9 febbraio 
1953, �Temi Romana n, 1953, 227). 

QUESTIONI ATTINENTI AL P.N.F. 

Non basta per l'annullamento di un a.tto il particolare 
clima del fascismo occorrendo la prova 
della pretesa violenza secondo le caratteristiche 
dell'art. 1435 O.e. (Trib. Lecce, 26 maggio 1953, 
Oont. 1312/11, Avv. r~ecce). 

ATTIVIT� CONNESSA CON LO STATO 
DI GUERRA 


-IiEQUISIZIONI. 

Il Prefetto e il Ministro dell'Interno non sono 
legittimati a resistere alle domande relative alla 
misura dell'indennit� di un immobile requisito, 
tale capacit� spettando solo ai soggetti tenuti al 

pagamento. (Corte App. Potenza, 11 dicembre 
1952, Cont. 393, Avv. Potenza). 

Pur essendo la requisizione di un immobile, 
affine all'occupazione di urgenza, per la determinazione 
della indennit� non segue lo stesso procedimento, 
bens� quello particolare proprio in sede 
amministrativa, che non prevede termini di decad0nza. 
(Stessa sentenza). 

HEGIME VINCOLISTICO DELLE LOCAZIONI. 

Le proroghe delle locazioni non si applicano a 
quelle in cui per innesto di una parallela causa 
contrahendi la nascita o la permanenza del rapriorto 
sia subordinato a una qualit� del locatario 
e dai rapporti di questo col locatario: ove questi 
siano venuti meno, e tuttavia sia stata proseguita 
la locazione, si avr� per lo svincolo dalla parallela 
causa contrahendi, la sottoposizione della 
locazione alla progoga. (Trib. Lecce, 3 giugno, 
1953, Cont. 622/30, Avv. lJecce). 

EDILIZIA. 

Quando il Genio Civile sia intervento su richies.ta 
del privato, non � necessario l'atto formale per 
la legittimit� della demolizione di un fabbricato 
pericolante per incursioni aeree. (Trib. Lecce, 21 
luglio 1953, Cont. 307 /30, Avv. Lecce). 

LA R.S.I. 

La dichiarazione ministeriale di inefficacia di 
tutti gli ordini di servizio relativi alla circolazione 
di automezzi concerne le disposizioni generali 
con effetti permanenti, ma non colpisce l'ordine 
di impiego di automezzi rier l'esecuzione di altro 
ordine convalidato. (Corte App. Torino, 23 gennaio 
1953, �Foro Padano n, 1953, II, 72). 

OCCUPAZIONI BELLICHE � 

Un atto di imperio delle Forze Alleate non risultante 
da scritto ma solo menzionato nel processo 
verbale tra l'Amministrazione Militare e un 
Comune che, in ossequio a tale atto, avrebbe conferito 
al Comune certe baracche in uso gratuito 
con obbligo di custodia e manutenzione, non � 
legalmente provato; di conseguenza non sussiste 
responsabilit� per il Comune per la distruzione 
delle baracche ad opera di terzi ignoti. (Corte App. 
Lecce, 30 aprile1 953, Cont. 79/30, Avv. r~ecce). 

FINANZA STRAORDINARIA 

L'avocazione dei profitti di contingenza, pur 

non escludendosi anche un fine sanzionatorio, ha 

natura tributaria. (Corte Cass., S. U., 16 luglio 

1953, � Riv. Leg. Fisc. n, 1953;� 1378). 

Anche per i profitti di regime, quando ravoca


zione � subordinata a particolari condizioni o a 

mancata prova liberatoria, la sufficienza o meno 

della motivazione della Commissione Centrale � 

denunciabile per cassazione. (Corte Cass., S. U., 

16 luglio 1953, � Riv. Leg. Fisc. ii, 1953, 1357). 


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RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 


I PROVVEDIMENTI SONO ELENCA.TI SECONDO L'ORDINE 

DI PUBBLICAZIONE SULLA �GAZZETTA. UFFICIALE' 

1. 
D.P. 25 giugno� 1953, n. 492 (G. U., n. 155 S.O.): Nuove 
nomie sull'irrvposia di bollo. 
Si tratta delle norme emanate i11 l.Jasc alla delega 
legislativa contenuta nella legge 27 dit:embl'e 1932, numero 
3596. Si veda in questa Rassegna, 1953, pag. 33. 

Da segnalare in particolar modo l'art. 8 il quale, a 
completa modifica delle precedenti norme in materia 
(ait. OR. D. 30 dicemb1�e 1913, IL 3268) stabilisce che nel 
rapporti con lo Stato o con enti a questo parificati agli 
effetti tributari, la imposta di bollo, nonostante qualunque 
patto contrario, sta a carico esclusivo dell'altra 
parte. Non si applicano pertanto pi� le norme contenutt' 
nell'art. 94 della vigente legge di registro (richiamato 
nel predetto art. \�)' secondo il quale, nei rapporti con 
lo Stato, vi erano dei casi in cui la imposta non gravava 
sulla parte privata, e pertanto l'atto ne era praticamente 
esente. 

Nell'art. 59 della tabella ali. �) alla legge � poi confermato 
che sono esenti dal bollo solo gli atti e contratti 
posti in essere tra due o pi� amministrazioni dello 
Stato o di enti parificati per legge agli effetti tributa!
�i allo Stato. 

2. 
D,P. 9 luglio 1953, n. 693 (G.U. n. 217): Auto1'izzazione 
all'Avvocatura dello Stato di assumere la rappresentanza 
e la difesa nei giudizi attivi e passivi davanti le au.torit� 
giudiziarie, i collegi Mbitrali e le giu1�isdizioni 
amministrative speciali del Comando in Capo !!'orze 
Alleate Settore Sud Europa, con sede in Napoli, e dei 
Comandi NAT0 da esso dipendenti stabiliti in Italia. 
L'autorizzazione all'Avvocatura alla suddetta difesa 
e rappresentanza in giudizio � basata sugli articoli 48 
in relazione all'_art. 43 del testo unico 30 ottobre 1933, 

n. 1611, considerandosi i Comandi sunnominati come 
rappresentanze di amministrazioni di Stato estere. 
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INDICE SISTEMATICO 
DELLE CONSULTAZI.ONI 


LA FORMULAZIONE DEL QUESITO NON RIFLETTE IN ALOUN MODO LA SOLUZIONE OHE NE � ST.ATA PRESA 

AGRICOLTURA. -Se sia ammissibile l'intervento 
del Ministero dell'Agricoltura e Foreste nel giudizio 
proposto dall'ex proprietario avverso l'Ente di riforma 
fondiaria in punto all'espropriazione di un fondo 

(n. I). 
APPALTO. -I) Se l'esecuzione in danno di un 
contratto di fornitura o di provvista, disposta dalla 

P. A., possa considerarsi quale esecuzione del primitivo 
contratto (n. 177). -Il) Se, ai sensi del Capitolato generale 
d'oneri, di cui al D. l\II. 26 ottobre 1938, n. 882 
(art. 41), la confisca della cauzione e l'esecuzione in 
danno, siano ricollegate al caso della � rescissione del 
contratto (n. 177). -III) Se l'inosservanza, da parte 
dell'.Arruninistrazione, del termine di due mesi, stabilito 
dall'art. 7 del C. G. di Appalto per la stipulazione 
del contratto di appalto, dia diritto all'appaltatore di 
ottenere la liberazione degli obblighi assunti con l'atto 
di deliberamento (n. 178). -IV) Se la sospensione dei 
lavori, ordinata per lo studio di varianti e contenuta 
entro un periodo ragionevole di tempo, possa considerarsi 
legittima, ai sensi e per gli effetti dell'art. 35 del 
Capitolato Generale 00. PP. (n. 179). 
CASE ECONOMICHE E POPOLARI. --I) Quale 
sia il momento in cui sorge nell'assegnatario il diritto 
all'alloggio INA-Casa, agli effetti della trasferibilit� del 
medesimo agli eredi in caso di morte dell'assegnatario 

(n. 42). -II) Se chi sia soltanto comproprietario di 
un'abitazione nella circoscrizione possa concorrere all'assegnazione 
di alloggi INA-Casa con promessa di 
vendita (n. 43). 
COMUNI E PROVINCIE. -I) Se l'Amministrazione 
dello Stato sia tenuta a risarcire i danni riportati da 
una guardia comunale mentre collaborava coi militari 
dell'Arma dei Carabinieri all'arresto di un pregiudicato 

(n. 46). -II) Se l'Istituto di Previdenza ed Assistenza 
per i dipendenti del Comune di Roma sia persona giuridica 
pubblica (n. 47). -III) Se i Comlmi possano 
accordare prestiti ai propri dipendenti contro cessione 
di quote di stipendio o di salario (n. 47). -IV) Se l'Istituto 
di previdenza e di assistenza per i dipendenti del 
Comune di Roma possa concedere prestiti ai dipendenti 
del Comune stesso contro cessione di quote di stipendio 
o di salario (n. 47). 
CONCESSIONI. -I) Se l'atto, con il quale l'Anuninistrazione 
FF. SS. concede, in applicazione dell'art. 7 

del R.D.L. 25 gennaio 1940, n. 9, riduzioni tariffarie 
su merci spedite o ricevute, concreti llll contratto commerciale 
o una vera e propria concessione amministrativa 
(n. 34). -II) Se la concessione, con la quale l'Amministrazione 
FF. SS. concede, ai sensi della norma succitata, 
abbuoni di tariffa, appartenga al tipo di quello 
traslativo o a quello delle costitutive (n. 34). -III) Se 
il rapporto che scaturisce dall'atto di concessione suddetto, 
si instauri esclusivamente fra l'Amministrazione 
FF. SS. e il soggetto concessionario, mittente o destinatario, 
rimanendo del tutto estraneo il soggetto che 
in realt� riceve la merce spedita dal concessionario o 
spedisce la merce ricevuta del pari dal concessionario 

(n. 34). -IV) Se, nel caso in cui il concessionario sia 
soltanto mittente o destinatario, sussista un solo rapporto, 
quello di concessione, ovvero coesistano due rapporti, 
l'uno di concessione, intercorrente tra l'Amministrazione 
e il concessionario, il quale potr� essere il 
mittente o il destinatario della merce spedita, e l'altro 
scaturente dal contratto di trasporto posto in essere 
fra l'Amministrazione stessa e il concessionario o tra 
l'Amministrazione ed un terzo (n. 34). -V) Se l'esecuzione 
parziale, accordata dall'Amministrazione per le 
merci spedite o ricevute dal concessionario, sia di natura 
obiettiva o subiettiva, applicabile, cio�, solo nei 
confronti di quel soggetto, che sia, al tempo stesso, 
parte del contratto cli trasporto e parte del rapporto 
scaturito dall'atto di concessione (n. 34). -VI) A chi 
spetti la titolarit� del diritto cli reclamo diretto ad 
ottenere il rimborso delle tasse pagate senza che fosse 
applicato l'abbuono (n. 34). -VII) Se il diritto, costituito 
in capo al privato concessionario e tendente ad 
ottenere la riduzione della tariffa, sia soggetto alla prescrizione 
ordinaria o a quella am1uale discendente dal 
contratto cli trasporto (n. 34). 
CONFISCA.. -Quale sia l'efficacia del decreto di 
condono in materia di confisca (n. 12}. 

CONTRATTI DI GUERRA. ---Se per contratti di 
guerra �definiti� ai sensi dell'art. 1 D. L. 25 marzo 
1948, n. 674, debbano intendersi quelli che hanno raggiunto 
una sistemazione <<irrevocabile '" che eselucla 
ogni possibilit� di contestazioni, anche se completa




~ 257 

mente eseguiti con la prestazione di una delle parti, 
ma non ancora con la controprestazione dell'altra (numero 
19). 

CONTRIBU'fI. --Se un'azienda industriale possa 
ottenere la concessione del contributo, previsto dall'art. 
5 della legge 13 febbraio 1952, n. 50, sulle spese 
gi� sostenute per il ripristino dei locali e degli impianti 
della sua industria, danneggiati da ~alamit� pubbliche, 
come per la ricostruzione delle scorte distrutte 

(n. 6). 
DAZI DOGANALI. --I) Se gli atti di garanzia, previsti 
dall'art. 150 (3o comma del Regolamento Doganale 
siano da considerarsi validi a tempo indetenninato 
oppure debbano essere rinnovati di anno in anno 

(n. l). -II) Se sia consentita la conferma o sia necessario 
ff rinnovo integrale annuale dell'atto di garanzia 
di cui all'art. 221 del Regolamento Doganale (n, 1). 
-III) Da quale momento decorra la prescrizione del 
credito dell'Amministrazione per pena pecuniaria comminata 
al capitano della nave, nei confronti del capitano 
stesso e della Societ� di navigazione, debHrice 
solidale (n. 1). 
DEMANIO. -I) Se possano <lesmnersi dal diritto 
positivo criteri precisi per la delimitazione del demanio 
marittimo (n. 90). -II) Se su beni del patrimonio indisponibile 
dello Stato possano permanere diritti reali 
di servit�, in precedenza costituiti da un Comune (numero 
90). 

ELETTRICITA'. -Se la nonna dell'art. 129 del 

T.U. sulle acque e sugli impianti elettrici trovi applicazione 
solo in riferimento alle linee costruite dall'Amministrazione 
e in servizio diretto per la trazione ferroviaria 
(n. 1). 
E:NTI E BENI ECCLESIASTICI. -Se la Congregazione 
religiosa del "Fratelli delle Scuole Cristiane n 
possa considerarsi ente di diritto pubblico, nell'ordinamento 
italiano, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 20 
della legge 21 novembre 1949, n. 914. (n. 21). 

ESECUZIONE FISCALE. -Se nell'ipotesi di pignoramenti 
esattoriali di somme dovute dall'Amministrazione 
dei LL. PP. per lavori dati in appalto ai 
contribuenti, per effetto dell'impignorabilit� delle somme 
ex art. 351 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato 
F, possa rendersi una dichiarazione di terzo nettamente 
negativa (n. 27). 

ESPROPRIAZIONE PEH P. U. -I) Se in caso di 

mancata accettazione da parte della� Ditta espropriata 

dalla stima redatta dagli Uffici del Genio Civile ai sensi 

dell'art. 4 del R.D.L. 29 aprile 1915, n. 582, debba es


sere provocata dal Prefetto la perizia giudiziale (n. 86). 

-II) Se i decreti prefettizi di espropriazione emanati 

dopo parecchi anni dall'inizio della relativa procedura 

possano essere censurati sotto il profilo dell'eccesso di � 
�potere (n. 87). -III) Se gli accordi sull'indennit� inter


venuti tra l'Amministrazione espropriante ed i privati 

preordinati all'espropriazione, perdano validit� ed effi


cacia ove il decreto prefet.tizio segna a lunghi anni di 

distanza (n. 87). 

FERROVIE. -I) Se il reclamo amministrativo, 
proposto ai sensi dell'art. 40 della C.LlVI., possa ritenersi 
inammissibile, ove non sia corredato dal duplicato 
della lettera di vettura (n. 175). -Il) Se, ai sensi 
e in applicazione del R.D.L. 18 gennaio 1932, u. 43,. il 
Ministro dei Trasporti possa disporre per la variazione 
della disposizione del R.D.L. 31 ottobre 1873, n. 1687, 
relativa all'obbligo per il macchinista di emettere segnalazioni 
acustiche all'approssimarsi dei passaggi a 
livello principali (n. 176). -III) Se, in caso di stazione 
semplicemente cc allacciata n (cio�, con semplice binario 
cli raccordo di esclusivo uso della ferrovia concessionaria), 
le spese per i lavori, che si rendessero necessari 
successivamente alla realizzazioll.e dell'impianto, in 
relazione a modifiche nella detta. stazione, debbano far 
carico sempre e comunque alla ferrovia concessionaria, 
prescindendo da ogni considerazione sulle esigenze di 
servizio che abbiano consigliato i lavori .di modifica 

(n. 177). -IV) Se sia necessario ottenere dall'Amministrazione 
FF. SS. il concenso nelle ipotesi di costruzioni 
cli linee telefoniche, incrocianti elettrodotti ferroviari: 
preesistenti, posti su terreni non cli propriet� 
della Amministrazione stessa (n. 178). --V) Se le "irregolari 
condizioni n del carro ferroviario previste dal 2� 
conuna dell'.art. 34 delle CC. TT. per il trasporto di cose 
sulle Ferrovie dello Stato; agli effetti di un parziale 
esonero cli responsabilit� dell'Amministrazione, possano 
concretarsi esclusivamente nella mancanza di pul�zia 
e nella esistenza di guasti manifestamente apparenti 
nella cassa e nel pavimento oppure anche nella mancanza 
cli idoneit� specifica del carro per il carico della 
merce da trasportare (n. 179). -VI) Se sia ammissibile 
la possibilit� di concorso fra la responsabilit� contrattuale 
e la responsabilit� extracontrattuale dell'Amministrazione 
FF. SS. per danni subiti dai viaggiatori 
(n. 180). -VII) Se l'anormalit� clelservizio ferroviario 
possa essere dedotta dal viaggiatore come causa di responsabilit� 
dell'Amministrazione nel caso in cui la 
anormalit� stessa sia ben nota al viaggiatore al momento 
del perfezionamento del contratto (n. 180). VIII) 
Se l'atto, con il quale l'Amministrazione FF. SS. 
concede, in applicazione dell'art. 7 del R.D.L. 25 gennaio 
1940 n. 9, riduzioni tariffarie su merci spedite o 
ricevute, concreti un contratto cormnerciale o una vera 
e propria concessione amministrativa (n. 181). -IX) Se 
la concessione, con la quale l'Amministrazione FF.SS. 
concede, ai sensi della norma succitata, abbuoni cli 
tariffa, appartenga al tipo cli quelle traslative o cli quello 
delle costitutive (n. 181). -X) Se il rapporto che scaturisce 
dall'atto di concessione suddetto, si instauri 
esclusivamente fra l'Amministrazione FF. SS. e il soggetto 
concessionario, mittente o destinatario, rimanendo 
del tutto estraneo il soggetto che in realt� riceve la 
merce spedita dal concessionario o spedisce la merce 
ricevuta del pari dal concessionario (n. 181). -XI) 
Se, nel caso in cui il concessionario sia soltanto mittente 
o destinatario, sussista tm solo rapporto, quello 
di concessione, ovvero coesistano due rapporti, l'tmo 
di concessione, intercorrente tra l'Amministrazione e il 
concessionario, il quale potr� essere il mittente o.il .destinatario 
della merce spedita e l'altro scattITente dal �contratto 
di trasporto posto in essere fra l'Amministrazione 
e il concessionario o tra l'Amministrazione ed 
un terzo. (n. 181). -XII) Se l'esenzione parziale accordata 
dall'Amministrazione per le merci spedite o ricevute 
dal concessionario, sia cli natura obiettiva o subie

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258 


tiva, applicabile, cio�, solo nei confronti di quel soggetto 
che sia, al tempo stesso, parte del contratto di 
trasporto e parte del rapporto scaturito dall'atto di 
concessione (n. 181). -XIII) A chi spetti la titolarit� 
del diritto di reclamo diretto ad ottenere il rimborso 
delle tasse pagate senza che fosse applicato l'abbuono 

(n. 181). -XIV) Se il diritto, costituito in capo al 
privato concessionario e tendente ad ottenere la riduzione 
della tariffa, sia soggetto alle prescrizione ordinaria 
o a quella annuale discendente dal contratto di trasporto 
(n. 181). 
IMPIEGO PRIVATO. -Se il personale, assunto 
direttamente dalla G.H.A. (art. 12 dei D. L. 13 aprile 
1948, n. 321), abbia la qualit� di dipendente stata�e 

(n. 30). 
IMPIEGO PUBBLICO. -I) Se un ex funzionario 
del Genio Civile, titolare di una pensione privilegiata, ai 
sensi dell'art. 189, 3� comma, del T. U. 21 febbraio 1895, 

n. 70, possa cumulare il trattamento economico di 
quiescenza con lo stipendio derivantegli dall'incarico di 
insegnante in un Istituto Tecnico e con il trattamento 
economico (c.d. �diaria integrativa") stabilito dall'art. 3 
del R. D. 6 febbraio 1927, n. 268, per gli ex impiegati 
del Ministero dei LL. PP. collocati a riposo, incaricati 
di eseguire collaudi (n. 337). -II) Se lo stesso funzionario 
abbia diritto a partire del giorno dell'entrata in 
vigore del D.L. 17 aprile 1948, n. 926, che ha stabilito 
nuove indennit� per i funzionari dei LL. PP. a riposo, 
incaricati di eseguire collaudi, al compenso doppio previgto 
dall'art. 2 del D. L. 926 citato per gli ex impiegati 
collocati a riposo senza diritto a pensione (n. 337). III) 
Se possa revocarsi il trasferimento ottenuto da un 
insegnante in virt� di una graduatoria di merito, nella 
cui formazione l'insegnante stesso abbia conseguito un 
determinato punteggio in base ad un certificato, poi 
risultato falso (n. 338). -IV) Se il personale, assunto 
direttamente dalla G.H.A. (art. 12 del D. L. 13 aprile 
1948, n. 321), abbia la qualit� di dipendente statale 
(n. 339). -V) Se la legge 5 giugno 1951, n. 376 che prevede 
i ruoli transitori, possa trovare appli�azione nei confronti 
del personale della G.R.A. (n. 339). -VI) Se il 
vincitore di un concorso abbia diritto allo stipendio dal 
giorno della effettiva prestazione di servizio o dalla 
data di decorrenza della nomina, ove il ritardo nell'inizio 
della prestazione stessa sia dovuto a fatto dell'Amministrazione 
(n. 340). 
IMPOSTA DI REGISTHO. -I) Se siano applicabili 
le agevolazioni tributarie di cui ai DD. LL. 322 del 1945 
e 221 del 1946, ai contratti di compravendita degli 
edifici di8trntti o danneggiati, quando oggetto della 
distruzione o del danneggiamento sia un piano dell'edificio, 
che non ne integri il terzo, ancorch� sia l'unica 
propriet� del titolare (n. 91). -II) Se, agli effetti 
tributari, l'assegnazione al legittimario da parte dell'erede, 
di altri bfilni ereditari, sul riconoscimento che la 
quota a lui riservata sia stata lesa a tacitazione della 
quota stessa, integri una divisione ereditaria o un trasferimento 
(n. 92). -III) Quale sia la natura della tassa 
sul valore occultato rispetto alla tassa dovuta sull'atto 
principale (n. 93). -IV) Se, nel caso in cui l'atto, contenente 
l'occultazione, goda del privilegio della tassa 
fissa, qualunque sia il prezzo o il valore del bene formante 
oggetto dell'atto stesso, possa ritenersi che sul 

maggior prezzo occultato sia originariamente dovuta 
una maggiore imposta (n..93). -V) Se l'acquisizione, 
per sequestro da parte della polizia Tributaria, della 
controscrittura o della prova dell'occultazione sia mezzo 
idoneo ai fini dell'art. 1015 della legge di Registro (n. 93). 

IMPOSTA SULL'ENTRATA. --I) Se il pagamento 
dell'I.G.E., col sistema dell'abbonamento, oltre ad 
attenere alla modalit� della riscossione del tributo, 
concerna altres� �l'accertamento del tributo medesimo 

(n. 38). -II) Se la disposizione contenuta nell'art. 37 
del D. L. 9 gennaio 1940 n. 2 si riferisca soltanto alla 
irregolare modalit� di pagamento (effettuato, cio�, in 
un modo anzich� in un altro) o anche al sistema di accertamento 
(n. 38). 
IMPOSTE E TASSE. -I) Se gli atti e i contratti 
aventi per oggetto la preparazione del pietrisco, tratto 
dalle pietre, di cui all'art. 3 della legge 29 dicembre 1949, 

n. 955, siano ammessi al beneficio tributario previsto 
dall'art. 4 della legge stessa (n. 216). -II) Se l'autorit� 
giudiziaria possa, in materia tributaria, porre a 
base della propria decisione elementi cl.i fatto diversi 
da quelli accertati in sede amministrativa, che non 
concernano la semplice estimazione dei reddit,i (n. 217). 
-III) Se le � radicali trasformazioni " di un immobile, 
previste dall'art. 28 della legge 8 giugno 1936 n. 1321, 
debbano intendersi nel senso di un totale rifacimento 
dell'immobile stesso (n. 217). -IV) Se il regolamento 
tributario dei contratti posti in essere dallo Stato possa 
essere esteso ai contratti posti in essere, per conto e 
nell'interesse dello Stato, da terzi (n. 218). -V) Se 
l'Amministrazione Finanziaria, nell'esercizio illegittimo 
della facolt� prevista dall'art. 18 del T. U. 5 luglio 
1951, n. 573, leda un vero e proprio diritto o soltanto 
un interesse del contribuente (n. 219). -VI) Se la 
P. A., nel procedere all'accertamento dei presupposti di 
fatto cui � dalla legge condizionato l'assoggettamento 
del privato ad un determinato tributo, eserciti un potere 
discrezionale (n. 219). -VII) Se contro i provvedimenti 
adottati dall'Amministrazione Finanziaria ai sensi dell'art. 
18 del T. U. 5 luglio 1951, n. 573, siano esperibili 
ricorsi alle Commissioni amministrative (n. 219). VIII) 
Se il provvedimento amministrativo emesso dall'Intendente 
o dal Ministro ai sensi dell'art. 18 del T. U. 
5 luglio 1951, n. 573 debba formare oggetto di ricorso 
autonomo da esperirsi entro trenta giorni dalla notificazione 
(n. 219). 
LEGGI DECRETI E REGOLAMENTI. -I) Se 
l'eccesso di delega legisJativa faccia degradare la legge 
delega in atto amministrativo (n. 9). -II) Se l'inosservanza 
dei limiti temporali, spaziali e di oggetto costituiscano 
eccesso di delega, sindacabile in sede giurisdizionale 
(n. 9). -III) Se l'eccesso di delega per inosservanza 
dei principi e criteri direttivi, dati dal Parlamento 
al Governo formi esclusivamente materia di 
sindacato politico (n. 9). 

MANDATO. -Se il mandatario generale ad negotia 
possa rendere, per conto del mandante la dichiarazione 
giurata cli cui all'art. 11 del D. L. 8 m�ggio 1946, n. 428 

(n. 4). 
NAVI. -I) Se sia valida la clai.1sola, stampata a 
tergo della polizza di carico, cori la quale sia riservata 
al solo armatore la facolt� di nominare i liquidatori di 
avarie di propria fiducia, che non sia stata approvata 


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specificamente per iscritto da tutte le parti (n. 56). II) 
Se gli atti di garanzia, previsti dall'art. 150 (3a comma) 
<lel Regolamento doganale siano da considerarsi validi 
a tempo indeterminato oppure debbano essere rinnovati 
di anno in anno (n. 57). -III) Da quale momento 
decorra la prescrizione del credito dell'Amministrazione 
per pena pecuniaria comminata per infrazioni al capitano 
della nave, nei confronti del capitano stesso e della 
Societ� di navigazione debitrice solidale (n. 57). 

PENA. -I) Quale sia la natura delle pene pecuniarie 
(n. 4). -II) Se le pene pecuniarie possano subire 
una riduzione in applicazione di norme non penali 

(n. 4). -III) Se la procedura di esecuzione dello Stato 
per il soddisfacimento del suo credito pecuniario verso 
il condannato sia subordinata al divieto di azioni esecutive 
individuali di cui all'art. 51 della legge fallimentare 
(n. 4). 
PENSIONI. -I) Se un funzionario del Genio Civile, 
titolare di una pensio11e privilegiata, ai sensi dell'art. 
189, 3a comma, del T. U. 21 febbraio 1895, n. 70, 
possa cumulare il trattamento economico di quiescenza 
con lo stipendio derivantegli dall'incarico di insegnante 
in un Istituto Tecnico e con il trattamento economico 

(c.d. "diaria integrativa�) stabilita dall'art. 3 del R. D. 
6 febbraio 1927, n. 268, per gli impiegati del Ministero 
dei LL. PP. collocati a riposo, incaricati di eseguire 
collaudi (n. 58). -II) Se lo stesso funzionario abbia 
diritto, a partire dal giorno dell'entrat� in vigore del 
D. L. 17 aprile 1948; n. 926, che ha stabilito nuove 
indennit� per i funzionari dei LL. PP. a riposo, incaricati 
di eseguire collaudi, al compenso doppio previsto dall'art. 
2 del D. L. 926 citato per gli ex impiegati collocati 
a riposo senza diritto a pensione (n. 58). -III) Se, 
ai fini del raggiungimento dei 35 anni di servizio, occorrenti 
per il collocamento a riposo obbligatorio degli 
agenti di P. S. (art. 277, ultimo comma, del R. D. 30 
novembre 1930, n. 1629), possa tenersi conto del servizio 
prestato quale carabiniere ausiliario anteriormente 
all'arruolamento nella P. S. (n., 59). 
POLIZIA. -Se le evoluzioni degli automezzi della 
Polizia ai fini del mantenimento dell'ordine pubblico 
siano atti legittimi ai fini dell'art. 7 dle T. U. della leggi 
di P.S. (n. 2). 

POSTE. -Se sia ammissibile l'intervento principale 
dell'Amministrazione PP. TT. nel giudizio di rilascio 
pendente tra il proprietario dell'immobile, adibito 
ad uso di ricevitoria e il ricevitore subentrante, ove 
nel contratto di locazione, stipulato col precedente ricevitore, 
non sia stata inserita la clausola di cui all'art. 240 
del R. D. 25 luglio 1940, n. 1077 (n. 35). 

PREVIDENZA ED ASSISTENZA. -I) Se l'Istituto 
di Previdenza ed Assistenza per i dipendenti del Comune 
di Roma sia persona giuridica pubblica (n. 1). -II) 
Se l'Istituto di Previdenza ed Assistenza per i dipendenti 
del Comune di Roma possa concedere prestiti ai dipendenti 
del Comune stesso contro cessione di quote di 
stipendio o di salario (n. 1). 

REGIONE. -Se la Regione siciliana abbia la facolt� 
di istituire depositi franchi (n. 42). 

H.ESPONSABILITA CIVILE. -Se le evoluzioni degli 
automezzi di polizia ai fini del mantenimento dell'ordine 
pubblico siano atti legittimi ai fini dell'art. 7 del 

T. U. delle leggi di P. S. (n. 139). 
SERVIT�. -Se su beni del patrimonio.i1�.disponibile 
dello Stato possano permanere diritti reali di servit�, 
in precedenza costituiti da un Comune (n. 13). 

SINDACATI. -Se siano dovuti gli interessi di mora 
sui debiti scaduti delle disciolte Confederazioni fasciste, 
quando non sia stata ancora disposta la liquidazione 
generale dei beni (n. 20). 

SOCIETA. -Se la concentrazione di aziende debba 
avvenire obbligatoriamente per atto pubblico (n. 49). 

STAMPA. -I) Se nel fatto, che un quotidiano romano 
invia ad altra citt�, nel primo pomeriggio di ogni 
sabato, la sua edizione serale napoletana, non intera~ 
mente stampata, ma con uno spazio in bianco, che, 
da una tipografia locale, non indicata, viene completato 
con la stampatura delle estrazioni del lotto di quella 
citt�, possa ravvisarsi la violazione di cui all'art. 2 
(ultimo comma) della legge 8 febbraio 1948, n. 47 (n. 2). 
-II) Se, nella cennata fattispecie, possa ravvisarsi la 
contravvenzione prevista dall'art. 662 c. p. (n. 2). 

SUCCESSIONI~. -Se, agli effetti tributari, l'assegnazione 
al legittimario da parte dell'erede, di altri beni 
ereditari, sul riconoscimento che la quota a lui riservata 
sia stata lesa e a tacitazione della quota stessa, integri 
una divisione ereditaria o un trasferimento (n. 36). 

TASSA DI BOLLO. -I) Se per le tasse di bollo, 
corrisposte in modo ordinario o straordinario con la 
applicazione delle marche, abbia vigore il principio, 
espressamente sancito per l'imposta sull'entrata (articolo 
47 del R. D. L. 3 gennaio 1940, n. 2), che, una volta 
soddisfatta la tassa, non si fa luogo a rimborso qualunque 
sia la sorte futura dell'atto, per il quale essa 
vada riscossa. (n. 9). -II) Se il detto principio abbia 
vigore, ove la tassa di bollo venga corrisposta in modD 
virtuale (n. 9). 

TELEFONO. -Se Ria necessario ottenere dall'Amministrazione 
FF. SS. il consenso nelle ipotesi di costruzione 
di linee telefoniche, incrocianti elettrodotti ferroviari 
preesistenti, posti su terreni non di propriet� 
dell'Amministrazione stessa (n. 9). 

TRASPORTO. -I) Se il reclamo amministrativo, 
proposto ai sensi dell'art. 40, della C. I. M., possa ritenersi 
inammissibile, ove non sia corredato dal duplicato 
della lettera di vettura (n. 25). -II) Se le �irregolari 
condizioni� del carro ferroviario, previste dal 2a comma 
dell'art. 34 delle CC. TT. per il trasporto di cose sulle 
FF. SS., agli effetti di un parziale esonero di responsabilit� 
dell'Amministrazione possano concretarsi esclusivamente 
nella mancanza di pulizia o nella..esistenza 
di guasti manifestamente apparenti nella cassa e nel 
pavimento oppure anche dalla mancanza di idoneit� 
specifica del carro per il carico della merce da trasportare 

(n. 26). 

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(1105270) Roma, 1953 � Istituto Poligrafico dello St.ato -G. C.