PUBBLICAZIONE

RASSEGNA 

DI SE R fl'IZ I O

DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ANNO XIV -N. I0-12 Ottobre-Dicembre 1962 

-LA CORTE DEI CONTI NEL CENTENARIO 


�Davvero memoranda � la ricorrenza che viene 
oggi con tanta solennit� giustamente celebrata�. 

Queste parole del Presidente della Repubblica hanno 

sottolineato autorevolmente nell'Aula delle Sezioni 

Unite della Corte il 20 dicembre scorso l'importanza 

della cerimonia; la quale ha rivestito anche un parti


colare interesse, per quanti hanno a cuore il per


fezionamento dei nostri ordinamenti. ed il migliore 

funzionamento della Pubblica Amministrazione, per 

il vigoroso ed ampio discorso del Presidente Ferdi


nando Carbone, cos� interessante sia nelle annota


zioni storiche e nell'analisi delle attuali necessit� 

sia, soprattutto, nella visione di piu ampie future 

prospettive. 

Riportiamo qui di seguito tale discorso dal quale 

abbiamo stral�iato la sola pm�te introduttiva e finale: 

<<Questa odierna, non � e non pu� essere soltanto 
una commemorazione di pur assai memorandi 
fasti, ma, e soprattutto, una celebrazione vuol 
. essere che, dall'attenta e pensosa meditazione della 
esperienza del passato e dalla obiettiva considerazione 
e valutazione della realt� presente, tragga 
novello anelito e rinnovata freschezza di energie 
e di entusiasmo per scrutare pi� lontani orizzonti, 

per attingere pi� ardue mete. 

Nei cento anni test� compiuti -i primi cin


quanta tranquilli e sereni, i secondi, che ebbero 

inizio il 1911, contrassegnati da ben cinque guerre, 

da venti anni di dittatura e dal mutamento della 

forma istituzionale -dopo tanto 'succedersi di 

eventi storici, lieti e tristi, di profonde riforme 

politiche, sociali, economiche, in questi ultimi cento 

anni, dicevo, nei quali lo Stato ha cos� largamente 

dilatat� le sue funzioni, si � diversamente atteggiato, 

dandosi una nuova Costituzione, ha rinnovato le 

sue istituzioni parlamentari e di governo, ha creato 

nuovi organi locali dotati di funzioni legislative 

e non solo amministrative; in questi cento anni 

quali i dati evolutivi pi� salienti che, di riflesso, 

si colgono nella vita della Corte dei conti? e quali 

la mutazioni derivatene ai caratteri essenziali del-

l'organo? � 

Dal punto di vista istituzionale -pu� rispondersi 
subito -nessuna mutazione di appena apprezzabile 
rilievo, essendo sempre, durante il processo 
evolutivo, gli ordinamenti della Corte rimasti 
indenni da eversioni o riforme capaci di usurarne 

o alterarne appena l'essenza originaria, la quale, 
a ben guardare anzi, � rimasta meglio precisata 
e definita, non solo ma, da ultimo, solennemente 
riaffermata e rivalutata addirittura sul piano costituzionale. 
� questa, del resto, la forza propria delle grandi 
istituzioni dello Stato -coeve alla sua stessa 
nascita -� questa forza, appunto, che ne spiega 
-e ne giustifica la lunga, la eterna, la mai interrotta 
esistenza. 

Molte, invece, le mutazioni dal punto di vista 
funzionale, organizzativo, volte tutte, come esse 
risultano, ad un adeguamento costante, vigile, prudente 
che, senza alterare le caratteristiche essenziali 
della funzione, � venuto apprestando strumenti 
capaci di rilevare, nel suo nuovo, pi� ampio, 
diverso atteggiarsi, il fenomeno, la cui valutazione 
e definizione costituisce della funzione l'oggetto. 

Cos�, se quasi inalterata � rimasta la sfera di 
incidenza del controllo di legittimit� sugli atti del 
Governo e sui provvedimenti in genere delle Amministrazioni 
dello Stato -controllo che, specie 
in quanto tende a prevenire lesioni all'ordinamento 
giuridico, il quale difficilmente, e quasi mai a 
giudizio della coscienza pubblica, ne risulta sufficientemente 
reintegrato da postumi interventi con 
prevalente carattere di sanatoria a fatti compiuti, 
specie in quanto assolve questa funzione essenziale 
nello Stato di diritto, va tenuto gelosamente a 
riparo da innovazioni che, sino a quando almeno 
non siano stati messi bene a segno i congegni e le 
strutture dell'Amministrazione potrebbero riuscire 
oltremodo pregiudizievoli -se alterazioni, dicevo, 
degne di nota non si riescono in detta sfera a cogliere, 
per quanto, invece, concerne il controllo 
sulla gestione del bilancio dello Stato deve consta-tarsi 
come non tutte le pubbliche entrate oggi ad 
esso affl.�iscano e non tutte le spese pubbliche 
defluiscano da esso, donde -una volta assunto, 



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cio�, per certo questo fatto, senza indugiare a 
stabilirne le proporzioni, a indagarne le cause e a 
trarne materia di apprezzamenti che poco o punto 
ai fini in discorso rilevano -donde, dicevo, la 
necessit� per la Corte di seguire il duplice fenomeno, 
dell'entrata e della spesa pubblica, nel suo diverso 
svolgersi e, dunque, di procedere, per poterlo bene 
osservare e definire, ai necessari adattamenti, adeguamenti, 
rinnovamenti dei congegni e delle procedure 
del suo controllo. 

Molto opportunamente, perci�, � stata, a tal 
uopo, dal Governo promossa e dal Parlamento 
approvata, una nuova normativa intesa, appunto, 
a consentire, ai fini che si considerano, la pi� 
esatta osservazione di detto duplice fenomeno, 
venutosi cos� largamente e profondamente trasformando. 


Si sente spesso dire, peraltro, che trattasi di 
normativa insufficiente, inadeguata, di difficile e 
lenta applicazione. Ci� esatto del tutto non �, 
ma se pur vero fosse, dov.rebbe sempre riconoscersi 
che -per timida e rudimentale che tal normativa 
sia -la sua produzione, se non altro, vale a rendere 
possibile -il che era essenziale -l'orientamento 
dell'attivit� di controllo e di quella giurisdizionale, 
9he le � strettamente complementare, 
verso la nuova, tanto diversa dalla tradizionale, 
realt� fenomenica, che essa deve cogliere. 

Sar� l'applicazione in concreto di tale normativa 

ad indicare, poi, se e di quali perfezionamenti, 

chiarimenti, integrazioni, sviluppi essa necessiti. 

Frattanto non pu� dirsi, per�, che gli strumenti 

che gi� appresta -senza dubbio di difficile collaudo 

e taratura -siano rimasti del tutto inoperosi. La 

Corte, infatti -sensibile alle esigenze di norma


lizzazione e regolarizzazione, anche e specie in 

questo campo, energicamente proclamate dal go


verno e pienamente condivise dal Parlamento 


mentre ha gi�, da una parte, accentuato il ritmo 

delle sue deliberazioni sulle rendicontazioni gene


rali dello Stato, ha, dall'altra, riferito al Parla


mento -i primi tre volumi della relazione risul


tano gi� distribuiti mentre il quarto � in distribu


zione e il quinto in preparazione -in ordine 

alle risultanze del controllo sulle gestioni degli 
�Enti sovvenzionati dallo Stato. 

N�, a giudicare dalle prime reazioni, del tutto 

trascurabile � sembrato l'interesse -in disparte 

quello che pu� aver indotto a commenti non 

sempre esatti, appropriati e sereni -da tale do


cumento suscitato, cos� come dubbia non ne � 

apparsa l'iniziale utilit�, che non mancher�, pe


raltro, di farsi pi� manifesta quando la Corte sar� 

in grado -e spera di esserlo tra non molto 


di riferire al Parlamento, anno per anno e nei 

termini prescritti, sulla gestione di ogni singolo 

Ente, non solo, ma, nei limiti in cui ci� � per il 

momento consentito, di raccordare le risultanze 

di tali gestioni con quella del bilancio dello Stato. 

Situazione e prospettive queste che, in ogni modo, 

prescindono, come devono, dall'indagine, ad esse 

non strettamente pertinente -che non cessa dal


l'essere, sotto vari profili, a tratti ricorrenti pro


posta -sul se sia o meno opportuno e conveniente 

affidare ad organi diversi dall'Amministrazione di


retta dello Stato compiti gi� da questa assolti o 
che a questa non si reputi ex novo di attribuire. 
Basta, infatti, per i fini, che soltanto qui interessano, 
constatare che l'Ente pubblico, economico 

o non economico che sia, vive pleni; iuris nel nostro 
ordinamento giuridico. E potremmo aggiungere, 
con una precisazione che non si colora, certo, di 
troppo ardimento, come la genesi dell'Ente pubblico 
-una volta che risulti avvertita, acclarata, 
nella competente sede legislativa, la fondatezza e 
la sufficienza della esigenza sociale da cui esso 
trae origine -si presenti come naturale, :fisiologica, 
non solo, ma, lungi dal contrastare con i principi 
fondamentali dell'ordinamento giuridico, sociale, 
economico, ne colga e ne rifletta il richiamo: precisazione 
questa a cui penso rechi conforto il rilievo 
del contemporaneo propagarsi del fenomeno in 
tutti i Paesi civili. 
Vorrei, in altri termini, dire che l'apprezzamento 
sulla bont� della scelta fra l'uno e l'altro modo 
(diretto o indiretto cio�) di intervento dello Stato 
per realizzare il fine pubblico, non pu� �he essere 
squisitamente politico e lasciato agli organi, cui 
spetta, mentre ogni diversa valutazione, specie 
se strettamente giuridica, non pu� che subentrare 
solo allorch� la spinta sociale si sia esaurita trasformandosi 
nel fine istituzionale, all'Ente, dal 
provvedimento che lo crea, assegnato, con ogni 
opportuna delimitazione e precisazione di strutture 
e di modalit� per realizzarlo. 

Ohe se :fisiologica � -salvo, ripetesi, il giudizio 
politico che qui non interessa -la creazione dell'Ente, 
aspetti non del tutto :fisiologici, se non 
addirittura patologici, pu� denunciare la sua gestione, 
segnatamente quando i suoi organi reputino 
di continuare a fare bes� appello alla stessa istanza 
sociale assunta nel fine istituzionale dell'Ente, ma 
estensivamente, se non addirittura, inesattamente 
la interpretino, ovvero altre istanze, a tal fine 
del tutto estranee, presuppongano per coonestare 
-senza ulteriore espresso intervento dei competenti 
poteri -il perseguimento, cos� di fini diversi 
da quelli propri dell'Ente, come di altri che, pur 
da tali fini non evadendo, vengano attuati mediante 
ricorso a mezzi non consentiti o perseguiti 
al di l� dei prefissati argini, eludendo controlli o 
peggio rifiutando o ritardando la resa del conto. 

Sono ipotesi, ipotesi astratte, ma che la norma


tiva giuridica, nella sua astrattezza, deve avere ed 

ha, nella specie, avuto presenti per preordinare, 

come disciplinando il controllo della Corte dei conti 

ha preordinato, mezzi -forse, ripeto, ancora 

insufficienti ed inadeguati -volti a precludere 

adito ad irregolarit�, suscettibili di determinare 

arbitri e sperperi. 

Goda pur l'Ente di tutta la pi� ampia autonomia 
che gli � necessaria, non sia oggetto a vincoli, a 
limitazioni di sorta, ma il suo operato mai sottratto 
rimanga ad un controllo concomitante che, oltre 
tutto, si risolve, in definitiva, a sost.egno e conforto 
del suo efficace e corretto operare. Oontrello-� 
ovvio -che deve adattarsi alla variet� delle 
peculiari strutture, non creare difficolt� ed intralci 
di sorta, non temere dl abbandonare schemi tradizionali 
per assumerne nuovi, pi� agili nel dispie



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garsi, pi� spediti nel valutare e definire, il . tutto, 

si intende, senza mai intrinsecamente dismettere � 
�gli immutabili connotati che ne condizionano la 
essenza: estrinsecarsi, cio�, in forma esterna, pubblica 
e indipendente, solo in tal guisa potendo la 

funzione soddisfare l'esigenza che l'ha attivata. 

Esigenza che non � soltanto fondamentalmente 

ribadita nell'art. 100 della nostra Oostituzione, 

riaffermante il controllo della Oorte dei conti sulla 

gestione degli Enti che dalle finanze dello Stato 

traggono direttamente o indirettamente i loro mezzi 

di vita, ma che � stata, altres�, solennemente 

consacrata su un piano, direi quasi universale, 

nella risoluzione in proposito adottate dai rappre


sentanti di 64 Paesi partecipanti al Oongresso 

internazionale delle istituzioni supreme di con


trollo tenutosi di recente a Vienna. 

E nel procedere a questo ada.ttamento della 

attivit� di controllo alle particolari strutture degli 

Enti che vi sono assoggettati, va ben tenuto pre


sente come la Oorte, per assolvere utilmente il suo 

sindacato, men che restringerlo all'accertamento 

della conformit� dei singoli atti di gestione alla 

normativa accolta nelle leggi, negli statuti e nei 

regolamenti, nop. possa dispensarsi dall'estenderlo 

anche alla valutazione della gestione, considerata 

come la resultante dell'insieme di. tutti tali atti 

e dei comportamenti che ne costituiscono il tessuto 

connettivo, in viSta sempre di stabilire se, in defi


nitiva, la gestione abbia, nel suo complesso, per


seguito le finalit� istituzionali dell'Ente. Valuta


zione globale e conclusiva che potr� anche, per 

gli Enti economici, ed in particolare per quelli 

che inquadrano le partecipazioni dello Stato, ren


dere pi� agevole il giudizio sulla osservanza del 

precetto che li obbliga -rispettata, ripeto, la 

esigenza sociale, che ha determinato la creazione 

dell'Ente, e che, nella dimensione in cui � stata 

assunta, e in essa soltanto, vive ed � nel fine isti


tuzionale immanente -che li obbliga, dicevo, 

ad operare secondo criteri di economicit�; mentre 

per gli altri Enti pubblici non economici consentir� 

di rilevare se la loro attivit�, pur in piena auto


nomia svolta, risulti, nel suo complesso, conforme 

ai canoni e ai principi ~onda.mentali, alla cui os


servanza � sempre soggetta l'amministrazione, co


munque attuata, del pubblico denaro. 

* * * 

Sempre nel quadro dei riflessi evolutivi esercitati 
sul controllo dai mutamenti della realt� fenomenica 
che esso deve cogliere e valutare, degno di 
nota, sia pur per altro verso, � l'avvio ad attuazione 
dell'ordinamento regionale previsto dalla Oostitu 
zione, la cui precettistica, avanti ancora di trova 
compiuta esplicazione in apposite norme, ha gi� 
orientato l'attivit� di controllo della Oorte in 
forme -quali quelle realizzate, appunto, con la 
recente istituzione delle Delegazioni regionali consone 
al decentramento gi� in atto e capaci di 
seconda.me ogni ulteriore sviluppo. Il che induce 
a ulteriormente constatare come la Oorte dei conti, 
da organo a struttura tipicamente centralizzata quale 
fu concepita da coloro che per primi cos� la 

ristrutturarono a presidio della raggiunta unit� si 
sia in parte trasformata e tenda ulteriormente 
a trasformarsi, forse anche per la giurisdizione, in 
organo a struttura regionalmente decentrata. 

.Al quale ultimo proposito mi .sia concegtjto -:per 
la stretta connessione che con la materia del 
decentramento presenta questo cenno che inerisce 
al tema della giurisdizione, del quale terr� tra non 
guar� discorso -mi sia consentito, dicevo, rinnovare 
il voto, gi� espresso dalle Sezioni Riunite 
della Oorte -e confortato di recente dalla mozione 
conclusiva del Oonvegno nazionale degli studi amministrativi, 
tenutosi a Varenna -per una sollecita 
istituzione dei tribunali contabili regionali; 
organi questi che, per ovvie ragioni di struttura e 
di materia, vanno tenuti nettamente distinti dai 
tribunali amministrativi regionali, per rimanere 
omogeneamente e naturalmente inseriti nell'ordinamento 
della Oorte dei conti, senza che ci� comporti 
-come non ha comportato l'attuazione del 
decentramento -creazione di nuovi uffici, potendo 
all'uopo essere utilizzate le gi� esistenti Delegazioni 
regionali con lievissime integrazioni delle dotazioni 
di personale delle quali esse oggi dispongono. Si 
conseguir�, cos�, senza indugi, quel riassetto funzionale 
ed unitario del sistema giurisdizionale, in 
materia di responsabilit� contabile ed amministrativa 
degli amministratori e dipendenti degli Enti 
locali e delle istituzioni pubbliche di assistenza e 
beneficenza, la cui indeclinabile ed indifferibile 
necessit� viene avvertita, in modo sempre pi� 
pressante, a motiv-o delle attuali gravi carenze. 

* * * 

N� di minor rilievo � l'altro riflesso evolutivo 
che determina sul controllo l'attivit� degli Enti 
internazionali o addirittura sopranazionali: cito, 
a cagion di esempio, la Oomunit� europea del carbone 
e dell'acciaio, la Oomunit� economica europea, 
la Oomunit� europea dell'energia atomica, il Oonsiglio 
di Europa, il Board della Nato e quello delle 
infrastrutture, l'Agenzia internazionale dell'energia 
atomica, l'Agenzia europea per l'energia nucleare. 

Trattasi di enti che traggono, come � noto, i 
loro mezzi finanziari essenzialmente, se non unicamente, 
dalle contribuzioni poste a carico degli 
Stati aderenti e, dunque, i resultati dello svolgimento 
della loro azione, come della condotta della 
loro gestione, non possono ovviamente non riverberarsi 
sui bilanci nazionali: il che, appunto, ha 
sollecitato una ulteriore naturale espansione della 
funzione di controllo, nella sua sensibile aderenza 
a quella che potrebbe appellarsi la �metamorfosi � 
del suo oggetto, mediante la istituzione di appositi 
organi collegiali investiti di funzioni di controllo 
naturalmente esterno. 

* * * 

Questi sommari cenni sulla fondamentale� funzione 
del controllo completi, peraltro, non sareb-�bero 
se con una precisazione io non li concludesgi 
in ordine ai ritardi e agli intralci che da essa si 
sente di tanto in tanto affermare -derivereb



E JJli E JJli 
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hero allo spedito procedere dell'azione amm1mstrativa: 
ritardi, intralci che or si attribuiscono a, 
una pretesa duplicit� di controllo ed or si fanno 
senz'altro, direttamente discendere da una sorta 
di inconciliabilit�, se non addirittura di intolleranza, 
della esigenza del controllo rispetto a quelle 
di prontezza, speditezza, produttivit�, proprie dell'attivit� 
comunque volta, specie se dietro l'impulso 
di forti spinte sociali, a realizzare il fine 
pubblico. 

Ed invero che una duplicit� di controlli; men 
che esistente o soltanto paventabile, non sia neppure 
in astratto ipotizzabile, si fa manifesto appena 
considerando come il controllo, se rettamente inteso, 
nella sua unigena espressione non � e non 
pu� essere che unico ed unitario ed � quello e quello 
soltanto spettante alla Oorte dei conti, ogni altra 
attivit� -che pur di �controllo�, con la qualificazione 
di �interno �, assume talora il nome risolvendosi 
sempre, appunto perch� interna, in 
una vera e propria attivit� amministrativa epper� 
riconducibile djrettamente alla volont� e al potere 
dell'Amministrazione, nei cui confronti, invece, 
il �controllo �, per esser tale, deve restare in termini 
estranei e dialettici, senza di che non potrebbe 
assolutamente assolvere la funzione di �garanzia � 
a favore, non solta".lto dell'ordinamento giuridico 
e della collettivit�, ma ben anche dei singoli, siccome 
destinatari dell'azione amministrativa e, non 
da ultimo, degli stessi � controllati �. Ohe, se nella 
attivit� dell'Amministrazione possono apparire superflui 
-e qufndi causa di ritardo -interventi 
che impropriamente � controlli �, con la qualifica 
di �interni �, si nomano, questa � indagine che, 
qualunque ne sia la impostazione e il resultato, 
concerne esclusivamente la organizzazione della 
Amministrazione e giammai pu� toccare la funzione 
di controllo, riservata alla Oorte dei conti, controllo 
di cui la triplice indissociabile caratteristica di 
esterno, pubblico e.indipendente sintetizza in modo 
perfetto e categorico i connotati essenziali. 

Quanto, poi, alle esigenze di prontezza, di speditezza, 
di produttivit� niun dubbio che esse vadano, 
in sommo grado e con ogni impegno, rispettate 
nell'azione amministrativa, ma � altrettanto 
certo che nessuna di esse, e tutte esse insieme, 
mai possano prevalere su quella di un efficiente 
controllo, che � esigenza caratteristica ed irreversibile 
dello Stato di diritto, il quale � -e si realizza 
-in sostanza, quando sia, e pi� non � pi� 
non esiste -quando cessi di essere la resultante 
del funzionamento di un sistema armonico di 
controlli. 

Si renda pure tale funzionamento il pi� che possibile 
snello e pronto -la Corte, in ci� che la concerne, 
pone, e porr� sempre pi�, a tal fine ogni cura 
ed impegno -ma si sia molto guardinghi nel 
tentare altre vie ed altre soluzioni che, dall'apparire 
pi� semplici e agevoli, potrebbero, se sperimentate 
risultare nettamente controproducenti, ai fini che 
si son venuti sin qui considerando, specie in ci� 
che concerne la netta distinzione che deve sempre, 
nella sostanza, farsi tra le cose private e le pubbliche. 
Cercare di avvalersi di metodi, di tecniche, 
di indirizzi propri dell'amministrazione di quelle, 

nella gestione di qum;te pu� in vantaggio di tale 
gestione risolversi solo se ed in quanto ogni cura 
si ponga nell'evitare qualsiasi pericolo di considerare 
alla stessa stregua le une e le altre, nessuna 
confusione essendo pi� pericolosa di quella tra il 
privato e il pubblico segnatamente quando abbia 
in definitiva ad incidere sull'amministrazione del 
pubblico denaro. 

* * * 

Il controllo, peraltro, non esaurisce da solo la 
tematica delle attribuzioni della Oorte dei conti: 
un posto, del pari eminente, tra esse ha, infatti, 
quella giurisdizionale, la cui tipica natura obiettiva 
� caratterizzata dalla costante presenza e,� 
dall'attiva partecipazione del Procuratore Gene'rale 
in veste di pubblico ministero, che -nel solco di 
un'antica, luminosa tradizione -sempre e soltanto 
nell'interesse della legge agisce, in connessione 
diretta, s'intende, con la esplicazione delle funzioni 
istituzionali della Oorte, e dunque in essa organicamente 
inserito. E ci� senza dir delle altre attribuzioni, 
aventi ad oggetto la vigilanza sulla riscossione 
delle pubbliche entrate o di natura meramente 
consultiva: funzioni tutte, che, se in una 
sola multiforme addirittura non si fondono, a 
sostanziale unit� riconduce la diretta od indiretta 
attinenza alla finanza pubblica, delle materie, che 
ne costituiscono l'oggetto. 

Della giurisdizione della Oorte � maggiormente 
nota -a motivo dell'amplissima cerchia di soggetti 
che le sono interessati -quella relativa alle materie 
delle pensioni a carico dello Stato. e delle 
pensioni a carico di alcuni ent~ pubblici: tra le 
prime, in particolare, quelle di guerra, doloroso 
ed immane retaggio di recenti e antichi conflitti, 
retaggio i cui riflessi, per ci� che tocca la Corte, 
attingono, sotto l'aspetto quantitativo, cifre dell'ordine 
di grandezza di centinaia di migliaia di 
ricorsi. 

All'annosa aspettativa degli interessati non 
manca di corrispondere il premuroso anelito dei 
magistrati o dei funzionari, egualmente desiderosi 
di rendere sollecita giustizia. Ma la dedizione e il 
sacrificio non sono sufficienti ad annullare 'i limiti 
frapposti dal soverchiante numero dei giudizi e, 
pi� ancora, dalla esigenza di complesse istruttorie 
e di ponderati accertamenti medico-legali. Donde 
il deprecato protrarsi del corso temporale necessario 
per raggiungere la meta della definizione. 

Ma anche a ci� qualche rimedio non man�heranno 
di apprestare -ne nutriamo ancor pi� 
che fondata speranza, morale certezza -e gli 
effetti della istituzione, con provvida legge, noti 
ha guar� disposta, di altre due Sezioni giurisdizionali, 
e le emanande norme volte a realizzare 
-sono le parole di tale legge -una �strutturazione 
che, nel rispetto dei principii cos� del contradditorio 
come della motivazione e di ogni altra regola 
fondamentale del diritto processual� a tuj;el~ del 
cittadino, assicuri un andamento pi� semplice -e 
spedito della procedura dei giudizi �. � 

Trattasi, naturalmente, di rimedi che debbono 
operare in una situazione, la quale non soltanto 



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dalla esistenza di un ingente arretrato � resa grave, 
ma dal sopravvenire, e in numero sempre rilevante, 
.di nuovi ricorsi. Tendenza questa strettamente 
connaturale al sistema che, in disparte le ripetute 
riaperture di termini, legittima il gi� pensionato, 
per lo stesso aggravarsi della originaria invalidit� 
-quale semplice effetto sovente di null'altro che 
del progredire degli anni -a chiedere revisioni e 
lievita, quindi, l'afflusso dei ricorsi in numero quasi 
pari ai provvedimenti negativi dell'Amministrazione, 
che tutti, in genere, vengono impugnati. 

L'eccessivo carico, sicch�, non � soltanto un ef


fetto patologico dell'arr'i)trato, ma un effetto fisio


logico del sistema: ed � in questa visione che vanno 

predisposti ed utilizzati i mezzi per fronteggiarlo. 

D'altronde, non sotto l'aspetto del colossale 

carico soltanto � degna di nota la giurisdizione 

pensionistica, non potendo non essere altres� sotto


lineato, con legittimo vanto, l'apporto di una 

plurilustre giurisprudenza in tale materia cos� 

ardua e complessa; apporto che � pregiato frutto 

di una competenza maturata e affinata nel solco 

di una tradizione ormai secolare, e che si concreta 

in una equilibrata ed equanime elaborazione di 

istituti non sempre perfettamente definiti da una 

normativa, che si � andata stratificando su basi 

primigenie ormai largamente superate e che spesso 

ha tratto incitamento, per ulteriori progressi, dal


l'orientamento giurisprudenziale della Oorte. 

Senza, per�, indugiare su altre materie attratte 

nell'ambito del contenzioso pensionistico -come 

da ultimo quella, ad esempio, relativa alle prov


videnze a favore dei perseguitati politici antifa


scisti e razziali -certo � che la giurisdizione, per 

sua natura, tipicamente propria, caratteristica della 

Corte dei conti � e rimane quella riservatale nelle 

materie di conto e di responsabilit� amministrativa 

e contabile. Si atteggia tale riserva, infatti, come 

un razionale complemento dell'attivit� di controllo, 

alla quale � legata da un intimo nesso che ben 

traluce dallo stesso precetto costituzionale, l� dove, 

nell'affidare al legislatore ordinario la specifica


zione delle �altre� materie devolute alla giurisdi


zione della Oorte, espressamente e direttamente, 

invece, ad essa attribuisce quella, appunto, relativa 

alle materie di �contabilit� pubblica�. 

La quale espressione �contabilit� pubblica� 


notata appena che se ne sia la pi� vasta, se non 

addirittura generale portata rispetto a quella 

di � contabilit� di Stato � -basta da sola a farne 

manifesta la capacit� di attrarre nell'ambito della 

giurisdizione riservata alla Oorte, in aggiunta a 

quella che finora, per antica tradizione, le apparte


neva, tutta la pi� vasta materia che della conta


bilit� pubblica � venuta man mano facendo, e fa 

ora decisamente, parte per naturale effetto del gi� 

rilevato dilatarsi e, pi� ancora, del diverso atteg


giarsi e svolgersi per nuovi canali, del fenomeno 

dell'entrata e della spesa pubblica. 

In particolare, siffatta, del resto ovvia, consta


tazione, assume rilievo per ci� che concerne gli 

-enti pubblici beneficiari di contribuzioni statali, 

molto pi� in quanto alla natura e al contenuto della 

funzione di controllo, sulla gestione degli stessi 

.spettante alla Oorte, strettamente inerisce la esi


2 

genza di utilizzarne, ove necessario, i resultati, sul 
piano della responsabilit�, nei confronti degli amministratori, 
senza di che, � ovvio, il controllo 
perderebbe gran parte della sua efficacia e della 
stessa sua ragion d'essere. 

Oon l'assoggettamento, pertanto, di tali Enti 
al controllo della Oorte � da ritenere siansi realizzati 
in concreto i presupposti per ricondurre l'operato 
dei loro amministratori negli schemi di quella 
peculiare responsabilit�, il cui giudizio � naturalmente 
riservato alla giurisdizione contabile in virt�, 
appunto, del cennato precetto costituzionale, che, 
ben pu� dirsi, abbia puntualmente cos� seguito, 
anche in ci� che all'oggetto di tale giurisdizione 
attiene, la evoluzione del duplice fenomeno della 
entrata e della spesa pubblica nella sua nuova 
dialettica e nel suo nuovo inalveamento. 

Diversamente, se di tale evoluzione, cio�, non si 
fosse immediatamente, come si �, con la Oostituzione 
sensibilizzato, e non continuasse ancora a 
sensibilizzarsi, l'ordinamento giuridico una grave 
lacuna, non solo ma ancora pi� grave anomalia 
denuncerebbe perseguendo con i giudizi di conto 
e di responsabilit� soltanto i dipendenti dello Stato 
e lasciando da tali giudizi indenni gli amministratori 
degli Enti Pubblici, pel tramite dei quali lo 
Stato pur realizza, o partecipa a realizzare, con 
ingenti mezzi i suoi stessi fini. 

N� si dica che di siffatti giudizi potrebbe, nei 
confronti di detti amministratori, tener luogo 
quello del Parlamento, al quale la Oorte dove direttamente 
riferire. Il Parlamento, infatti, rilevata che 
abbia la responsabilit� degli amministratori, pu� 
bens�, utilizzando i suoi poteri politici, dare un 
giudizio politico capace di determinare, da parte 
del Governo, la sostituzione di essi, lo scioglimento 
degli organi di amministrazione, la gestione commissariale 
dell'Ente o altre conseguenze ancor pi� 
gravi, ma non � in grado di adottare, nei confronti 
dei responsabili, provvedimenti riparatori del genere 
di quelli che, nel rispetto delle necessarie 
garanzie, sono soltanto della giurisdizione propri. 

* * * 

Ohe se, concluso questo giro di orizzonte, necessariamente 
rapido e sommario, ci facessimo, avendo 
presente il quadro che ci ha offerto, a domandarci 
quale sia oggi la posizione della Oorte nei fondamentali 
ordinamenti dello Stato, la risposta scaturirebbe 
ovvia dalla constatazione che -adesso 
come cento anni orsono -la sua finalit� istituzionale 
resta pur sempre quella di garantire, nell'ordinamento 
giuridico e per spontanea reazione 
dello stesso, la legittimit� degli atti del Governo 
e la rispondenza, in particolare, degli atti di gestione 
del bilancio dello Stato alle leggi ed ai regolamenti. 


Posizione, dunque, sostanzialmente immutata e 

che si concreta in un'ambivalente guar.entigia 

dell'Esecutivo e del Parlamento. 

Guarentigia dell'Esecutivo -come ebbi modo 

in altra occasione di precisare -in quanto la 

pronunzia, il visto, la dichiarazione di regolarit�, 


--llllUF~ 

-124


la delibera di parificazione e gli altri mezzi espressivi, 
nei quali si estrinseca e si conclude la funzione 
di controllo assolta dalla Oorte, pongono il Governo 
nella condizione di offrire al Parlamento la prova 
costante della legittimit� dell'azione dell'Esecutivo, 
specie nella gestione del bilancio dello Stato, prova 
che indubbiamente la posizione del Governo, nel 
dialogo con il Parlamento, molto concorre a salvaguardare. 
Guarentigia dell'Esecutivo che tocca 
il suo acme con la pronunzia della Oorte, a Sezioni 
Riunite e con le forme della sua giurisdizione contenziosa, 
sul rendiconto generale dello Stato, pronunzia 
che condiziona la stessa iniziativa legislativa 
del Governo per l'approvazione di tale rendiconto 
da parte del Parlamento. 

Guarentigia, d'altro canto, del Parlamento, che 
in sede legislativa, trova dalle pronunzie della 
Oorte avallate, accreditate le risultanze, sototpostegli 
dal Governo, per l'approvazione del rendiconto 
generale dello Stato, di questo importantissimo 
documento che costitu� me della gestione del 
bilancio l'atto conclusivo, finale cos� come la relazione 
generale sulla. situazione economica del 
Paese e le leggi che approvano gli stati di previsione 
ne rappresentano gli atti introduttivi, iniziali. 
Guarentigia, ancora, del Parlamento che, per 
l'esercizio del suo potere ispettivo, utilizza i dati 
che la Oorte acquisisce, nello svolgimento della sua 
funzione di controllo, e deve al Parlamento direttamente 
riferire. � 

Posizione, adunque, di perfetto equilibrio e di 
assoluta equidistanza tra Governo e Parlamento 
che consente alla Oorte di poter, con appagante 

�efficacia, reciprocamente l'uno e l'altro affidare e 
garantire. 

Ohe una precisazione in proposito si renda necessaria 
non ha motivo di disconoscere la Oorte, alla 
cui attenzione anzi � ben presente l'ordine del 
giorno della Oamera dei Deputati, che una apposita 
normativa, appunto, auspica, la quale -ne sono 
le testuali parole -�realizzi nelle forme pi� efficaci 
il diretto collegamento tra i due rami del 
Parlamento e la Oorte dei conti al fine della piena 
attuazione del controllo sulla legittimit� degli atti 
del Governo e sulla gestione del bilancio dello Stato 
nonch� sulla gestione degli enti a cui lo Stato contribuisce 
in via ordinaria�. 

Vorrei, soltanto, io permettermi sommessamente 

segnalare la opportunit� che da tale precisazione 

risulti confermata e, occorrendo, meglio definita, 

detta posizione di equilibrio e di equidistanza in 

vista di evitare che un marcato inclinare della 

stessa verso l'uno o verso l'altro dei due poli 


Parlamento e Governo -sia pur vaghi apparenti 

sospetti ingeneri di tendenze verso forme di governo 

assembleare, nel primo caso, dispostico, nel secondo: 

forme l'una e l'altra involutive se non addirittura 

degenerative dello Stato di diritto, di questa 

luminosa conquista che essenzialmente-su un ar


monico sistema, appunto, di reciproche guarentigie 

poggia, di questa luminosa conquista che va gelo


samente tenuta al riparo e difesa anche dalle sem


plici apparenze comunque suscettibili di sminuirne 

il valore determinante che ha assunto nella civilt� 

moderna ii. 

I 

I

* * * 

L'Avvocatura dello Stato saluta con particolari 
sentimenti di i1ivissima cordialit� il centenario dell'antico 
e benemerito Istituto, fra i.piu fondamentali 
dell'ordinamento costituzionale dello Stato, al quale 
la legano solidissimi vincoli. 

I rapporti fra i Magistrati della Corte dei conti e 
gli Avvocati dello Stato, infatti, sono stati sempre 
improntati, per lunga tradizione, alla piu schietta 
cordialit�. Concorre a rinsaldare questa solidariet� 
l'affinit� delle funzioni, perch� le attivit� dei due 
Istituti, sia pure su piani ed in forme del tutto 
diversi e nella piu completa reciproca autonomia, 
confluiscono nel fine perseguito che � quello di assicurare, 
sempre meglio, la piena legittimit� dell'azione 
amministrativa affinch� si svolga in conformit� delle 
leggi. 

La corretta gestione della cosa pubblica, la tutela 
dei diritti dello Stato ed insieme la salvaguardia dei 
diritti" e degli interessi legittimi garantiti ai cittadini 
dalla Costituzione, costituiscono la sostanza concreta 
ed il� fine ultimo dell'attivit� dell'uno e dell'altr() 
Istituto. 

Negli ultimi decenni, poi, ulteriori motivi di solidariet� 
e cordialit� sono intervenuti; non pochi Avvocati 
de�lo Stato sono passati nei ruoli della Corte, e fra 
essi l'insigne compianto avv. Augusto Ortona, e 
l'attuale Presidente avv. Ferdinando Carbone. 

* * * 

L'importanza dei problemi trattati nel discorso del 
P1�esidente Carbone non ha bisogno di essere sottolineata; 
ognuno di essi, infatti, meriterebbe un approfondito 
esame. 

Sopratutto sulla funzione di controllo sull'Amministrazione 
dello Stato e sugli enti pubblici il discorse> 
ha posto l'accento e, a nostro avviso molto giustamente, 
perch� � quella funzione che maggiormente 
contraddistingue l'attivit� della Corte e ne caratterizza 
la posizione tra gli organi costituzionali dello Stato. 

In merito al controllo sull'Amministrazione dello� 

Stato, mentre concordiamo pienamente sulla inso


stituibilit� delle funzioni della Corte e sui pericolit 

ben superiori ai pretesi vantaggi, che deriverebber<> 

dalla istituzione di organi speciali, dalla Costituzione 

peraltro non previsti, non possiamo, tuttavia, non 

osservare che, probabilmente, nella immutabilit� dei 

criteri e delle modalit� del controllo esercitato dalla 

Corte � da cogliersi la spiegazione della tendenza 

recentemente manifestatasi di ricercare altre forme di 

controllo di pi� rapida attuazione. 

Non � questa certo la sede pi� opportuna per analiz


zare le ragioni di siffatta tendenza n� per tentare di 

el!aminare la possibilit� di eventuali perfezionamenti 

del sistema. Ci sembra, tuttavia, che nello stess& 

attuale sistema di controllo potrebbe trovarsi la 

possibilit� di conciliare l'esigenza d'un controlli> 

efficiente e conforme al dettato delf;'a'f't. 100 della 

Costituzione con la necessit� di adeguare l'aiion~ 

amministrativa alle, troppo spesso, urgenti contin


genze. Intendiamo riferirci alla possibilit� di esten


dere ad altre amministrazioni dello Stato, se non di. 


-125


generalizzare, il sistema di controllo vigente per le 
aziende autonome statali (F.S., P.TT., ecc., art. 28 

�T. U. 12 luglio 1934, n. 1214), e cio� controllo preventivo 
per gli atti di governo veri e propri (decreti 
presidenziali), controllo successivo per tutti gli altri 
provvedimenti che importino spesa. 

Questa estensione sembra possa avere, accanto al 
vantaggio dell'accelerazione della procedura di controllo, 
anche quello di attribuire ai funzionari amministrativi 
che emettono provvedimenti che impegnano 
spese, tutta la responsabilit� per i provvedimenti 
stessi (in relazione 'ai quali dovrebbe, evidentemente, 
essere abolita la prassi adottata dalle Aziende Auto1iome 
di richiedere il visto di controllo preventivo 
anche dove la legge non lo prevede). Sarebbero, poi, 
ridotti, se non completamente eliminati, i contrasti 
-non del tutto infrequenti -tra i rifiuti di visto 
preventivo da parte della Oorte e le pronuncie giurisdizionali 
che riconoscono dovuto dall'Amministrazione 
proprio l'atto che la Oorte rifiuta di vistare. 

�, infatti, noto che, nel caso di riscontro successivo, 
l'illegittimit� dell'atto vien fatta valere come titolo 
di responsabilit� a carico del funzionario che lo ha 
emanato e per tale responsabilit� il giudizio � devoluto 
alla Oorte dei Oonti in via esclusiva. 

L'estensione del sistema, attualmente limitato alle 
Aziende Autonome, implicherebbe un notevole rafforzamento 
del numero dei magistrati e del personale 
che esplica l'attivit� di controllo, in modo da rendere 
il riscontro successivo quanto pi� prossimo alla data 
dell'atto ad esso sottoposto, ma tale rafforzamento 
potrebbe, forse, essere realizzato in un tempo non 
lontano quando il naturale esaurimento del lavoro 
giurisdizionale relativo alle pensioni di guerra render� 
disponibili i magistrati e gli impiegati che vi 
sono ora impegnati. 

Il controllo sugli enti pone un acuto problema; 
quello che attiene alla estensione del controllo. 

Il Presidente della Oorte ha rilevato che il controllo 
sarebbe monco se non si estendesse anche alla valutazione 
economica della gestione al fine di stabilirne 
la rispondenza, nel suo complesso, ai fini istituzionali 
dell'Ente. 

Probabilmente, allo stato della legislazione vigente 
(legge n. 259 del 1958) questo controllo penetrante 
non appare consentito, ma il problema � di quelli 
che rivestono importanza fondamentale particolarmente 
in seno ad uno Stato che si avvia ad interventi 
sempre piu numerosi nell'economia nazionale, attraverso 
la istituzione di organismi la cui azione, 
svincolata da quei limiti che per l'Amministrazione 
dello Stato sono costituiti dai capitoli del bilancio, 
tende a sottarsi naturalmente ad ogni controllo che 
non sia quello politico del Parlamento. L'organizzazione 
di un controllo il piu penetrante ed efficace 
della Oorte su tali enti appare, perci�, una condizione 
essenziale per un ordinato sviluppo ed una corretta 
gestione di essi. 

Notiamo, infine, per quel che concerne la prossima 
attuazione dell'ordinamento regionale che il Presidente 
della Oorte, indicando nelle Delegazioni regio


nali, recentemente istituite, gli organi della nuova 
struttura decentrata del controllo, ha fatto richiamo 
al carattere naturalmente unitario della funzione � 
di controllo come conseguenza logico-giuridica del 
caratte;re unitario dello Stato. 

Questo autorevole richiamo all'unit� della funzione 
di controllo appare tanto piu necessario ed opportuno 
affinch� non si ceda alle eventuali prevedibili pressioni 
locali dirette ad ottenere la creazione in ogni 
Regione di vere e proprie Sezioni della Oorte, a pi� 

o meno ampia autonomia, col gravissimo pericolo 
di intaccare quella unitariet� della funzione di 
controllo che ne � caratteristica essenziale. 
Queste brevi note non hanno certo la pretesa di 
costituire� un adeguato commento alla vastit� ed 
importanza dei tempi affrontati ohe meriterebbero 
ben pi� ampio approfondimento. Esse tendono al 
limitato scopo di porre in rilievo alcuni dei temi di 
maggiore interesse che hanno formato oggetto del 
discorso, che pu� definirsi un punto fondamentale 
di riferimento per l'avvenire della Oorte e per la 
futura attivit� degli emeriti Magistrati che la compongono; 
discorso ohe sar� sempre ricordato per la 
ricchezza di pensiero, per la profondit� della conoscenza 
dei problemi propri dell'Istituto e di quelli 
pi� vasti della Pubblica Amministrazione e degli 
ordinamenti statali, e, sopratutto, per lo spirito da 
da cui � permeato e per la nobilt� dei sentimenti da 
cui � ispirato. 

Di tali sentimenti � dato cogliere l'essenza in questi 
due brani detti a chiusura del discorso;� Indipendenza 
che tale � in quanto l'assolvimento nostro ci pone 
alla assoluta dipendenza della legge soltanto, ad ogni 
altra dipendenza, perci� stesso, sottraendoci. 

�Diversamente intesa e praticata l'indipendenza 
rischierebbe di risolversi in pregiudizio dell'adempimento 
del dovere, laddove, � certo, che indipendenti 
siamo per il dovere non dal dovere; in altri termini 
l'adempiere, pienamente, il dovere nostro � il fine, 
l'indipendenza, il mezzo per raggiungerlo �. 

E piu oltre; �Termino convinto di poter affermare 
come all'inizio di questo suo secondo secolo di vita 
nell'unit� d'Italia la Oorte altro essenzialmente non 
si propone, non ambisce, rispettosissima sempre 
degli altrui, ma nello stesso grado gelosa dei propri 
poteri, che di rendere sempre pi� di questi perfetto, 
spedito, efficiente l'esercizio, per nessun'altro scopo 
che quello di concorrere -assolvendo con assoluta 
dedizione ed appassionato impegno la sua missione, 
nell'interesse della societ� nazionale, dello Stato, 
come di tutte le entit� che allo Stato direttamente 
od indirettamente si ricolleghino -di concorrere, 
dicevo, a realizzare i presupposti e le condizioni perch� 
la Patria nostra sia -come la sognavano coloro 
che un secolo fa con la O orte dei conti, diedero inizio 
all'unit� nei civili magistrati, come tuttavia la 
sognamo noi -ognora piu grande, prospera, libera 
antesignana e garante con i propri sempre pi� ammodernati 
ordinamenti, entro i suoi confini e nel 
mondo, di ogni sociale ordinato progresso, nella 
pace e nella giustizia �. 


NOTE SULLtART. 17 DELLA LEGGE 24 MARZO l958t N. 195 


1) Con la decisione n. 248 del 1962, e con le 
altre che la ricalcano fedelmente, il Consiglio di 
Stato ha dichiarata la propria giurisdizione sui 
decreti del Capo dello Stato e del Ministro di Grazia 
e Giustizia, emessi in attuazione delle delibere del 
Consiglio Superiore della Magistratura, a' sensi 
dell'art. 17 della legge 24 marzo 1958, n. 195, e 
sulle stesse delibere del Consiglio Superiore, in 
quanto trasfuse nei decreti in parola. 

Non pu� certo imputarsi al S. O. A. un'insufficienza 
nella motivazione della pronuncia in esame. 
Sarebbe, infatti, bastato dire quel che si dice verso 
la :fine della decisione, e, cio�, che le delibere del 
Consiglio Superiore sono meri atti preparatori dei 
decreti di cui trattasi, decreti a cui non pu� essere 
negato il carattere di atti non solo oggettivamente, 
ma anche soggettivamente amministrativi, per 
tagliare corto ad ogni ulteriore indagine. 

Si vede che, per�, la Quarta Sezione si � resa 
conto della gravit� del problema affrontato ed 
ha voluto esaminarlo sotto ogni possibile punto 
di vista. Sono state, cos�, enunciate, nell'ordine, 
le seguenti proposizioni: 

a) al Consiglio Superiore della Magistratura 
devesi attribuire piuttosto il carattere di organo 
� di rilevanza costituzionale �, che non quello di 
organo � costituzionale �, sia perch� � discutibile � 
che l'amministrazione e la disciplina di un Corpo 
di persone investite di una pubblica funzione possa 
considerarsi supremo interesse dello Stato, sia 
perch� al vertice del potere giudiziario stala Corte 
di Cassazione e non il Consiglio Superiore, la cui 
funzione � meramente ausiliaria e strumentale 
rispetto all'esercizio della giurisdizione; 

b) ancorch� trattisi di Organo costituzionale 

vero e proprio, non esiste un principio che esenti 

dalla giurisdizione gli atti degli Organi costitu


nali (il Presidente della Repubblica ed il Governo 

possono vedere, volta a volta, annullati o disap. 
plicati i propri atti); 

_ e) n� esiste un principio che attribuisca agli 

Organi costituzionali giurisdizione esclusiva sui 

propri membri. Del resto, l'Ordine giudiziario 

come tale non � un Organo: l'Organo � -se mai 


il Consiglio Superiore al quale pu�, al massimo, 

riconoscersi giurisdizione in tema di verifica della 

regolarit� della nomina dei propri membri; 

. d) il precedente costituito dalla pronuncia 

delle Sezioni Unite 3 febbraio 1917 (Pres. ed est. 

MORTARA, pubbl. in Foro It., 1917, I, 551, con nota 

di BIAMONTI) citata nella decisione, � inutilizza


bile, una volta entrato in vigore l'art. 113 della 

Costituzione; 

e) le delibere del Consiglio Superiore, a parte 

la loro essenza di atti meramente preparatori di 

provvedimenti del Governo, potrebbero essere per


sino assoggettate, se considerate in s� e per s�, 

al sindacato di legittimit� del Consiglio di Stato, 

in quanto atti oggettivamente amministrativi, non 

esistendo alcun ostacolo di principio a che un 

Organo non inquadrato nel potere esecutivo possa 
assumere la qualit� di Organo di pubblica amministrazione 
ed essere soggetto al relativo regime 
giurisdizionale. 

Cos� riassunti con la maggiore obiettivit� (almeno 
riteniamo) gli argomenti del Consiglio di 
Stato, deve immediatamente soggiungersi che non 
pu� approvarsi n� l'impostazione data da quel 
Consesso alla questione, presa nel suo insieme, 
n� una sola delle tesi sopra enunciate. 

2) Alla Quarta Sezione del Consiglio di Stato � 
sfuggito il significato del principio dell'indipendenza 
della Magistratura, cosi come esso � accolto 
nel vigente sistema costituzionale. 

L'esercizio della funzione giurisdizionale � autonomo. 
Cio� il Giudice dipende soltanto dalla legge 
(sottoposta, ove occorra, alla prova di resistenza 
rispetto alla Costituzione): con la conseguenza che 
l'atto del potere esecutivo va applicato solo in 
quanto conforme alla legge. E uno. 

E due: l'Organo giurisdicente � autonomo. La 
sentenza non pu� essere emanata in obbedienza 
ad un ordine gerarchico, n� pu� essere riformata 

o annullata se non in sede giurisdizionale, attraverso 
la sequela dei gravami. 
Sin qui, siamo, al livello del Iustizbeamte della 
monarchia illuminata. O, forse, a quello del Giu dice 
delle Nozze di Figaro: non certo a quello del 
Magistrato secondo l'orientamento costante del 
diritto post-unitario, ora solennemente dichiarato 
negli artt. 104 e 105 della vigente Costituzione. 


L'autonomia � qui garantita non solo alla funzione 
giurisdizionale, non solo agli Organi che la 
esercitano, ma a quel Corpo di persone investite 
di una pubblica funzione (come testualmente dice 
il Consiglio di Stato) che costituisce l'Ordine giudiziario. 
Lo stato di queste persone e l'autogoverno 
di questo Corpo, sono affidati al Consiglio Superiore 
della Magistratura. L'art. 104 della Costituzione 
non pu� essere pi� chiaro. � La Magistratura 

(non soltanto la funzione giudiziaria o gli Organi 
giurisdizionali) costituisce un ordine autonomo ed 
indipendente da ogni altro potere �. 

Ohe l'autonomia e l'indipendenza della Magistratura 
siano strumentali rispetto all'esercizio 
libero della funzione giudiziaria � verit� che pu� 
essere condivisa da tutti. Ma � un errore dimen ticare 
che questa autonomia ed indipendenza dell'Ordine 
giudiziario stanno scritte nella Costituzione, 
e tenere solo presenti quelle della funzione 
e degli Organi giurisdizionali. 

3) Da questa autonomia ed indipendenza discende 
l'esigenza dell'autogoverno-. -Orgap.o __ di 
questo autogoverno � il Consiglio Superiore della 
Magistratura, annunziato, nella sua composizione, 
dall'art. 104 della Costituzione, e le cui attribuzioni 
sono fissate dal successivo art. 105. 


Tf 


-127 


Volendo tenere per buona la distinzione fatta 
dal Consiglio di Stato, la domanda che si pone 

� � questa: il Consiglio Superiore � organo costituzionale, 
ovvero organo di mera rilevanza costituzionale? 


La risposta non pu� essere che una: il Consiglio 
Superiore � organo costituzionale. Lo �, perch� a 
fondamento di ogni Stato di diritto � posto il principio 
della divisione dei poteri, e perch� la Carta 
del 1948 attua questo principio costituendo in 
ordine autonomo ed indipendente la Magistratura; 
perch� questa autonomia ed indipendenza postulano 
che ci sia un organo di autogoverno, e che 
quest'Organo di autogoverno sia del pari autonomo 
ed indipendente. Stiamo qui al vertice rappresentato 
dalle supreme esigenze dello Stato: supreme 
esigenze -si noti bene -come tali accolte e 
riconosciute dal testo della Costituzione . 

.A fronte di queste caratteristiche intrinseche, 
possono pure passare in seconda linea altr(j considerazioni, 
ancorch� pi� appariscenti: la presidenza 
attribuita al Capo dello Stato, la partecipazione 
di rappresentanti del Potere politico, con le garanzie 
connesse a questa partecipazione, ecc. 

Quindi, risulta erronea a proposizione che trattisi 
di Organo di mera rilevanza costituzionale, 
ed inappropriato il paragone con il Consiglio supremo 
di difesa. Nel testo dell'attuale Costituzione 
non c'� una norma che dica che le Forze .Armate 
costituiscono un ordine autonomo ed� indipendente 
da ogni altro potere dello Stato! 

Organo costituzionale -dotato di attribuzioni 
proprie: �spettano al Consiglio Superiore ..... )) (articolo 
105). 

Organo costituzionale che -evidentemente non 
fa parte n� del Potere legislativo, n� del Potere 
secutivo, ed i cui atti -per conseguenza non 
sono soggettivamente n� legislativi, n� amministrativi. 


4) Bastano queste constatazioni (ch� di mere 
constatazioni si tratta) per liberare il campo d'indagine 
dallo sterile e dal superfluo. 

Cos� perde rilievo la considerazione di cui al 

n. 1 lettera a), ove si pensi che la volont� della 
Costituzione � stata quella di garantire non solo 
la libert� della funzione giurisdizionale, non solo 
l'autonomia degli Organi di giustizia, ma l'indipendenza 
dell'Ordine giudiziario (proprio come 
cc Corpo di persone ll), ponendo le tre esigenze sullo 
stesso piano. E cade, del pari, l'argomento, svolto 
nella stessa sede, secondo il quale -se mai dovrebbe 
censiderarsi al vertice del Potere giudiziario 
(e sarebbe, quindi, interpretabile come Organo 
costituzionale) la Corte di Cassazione e non 
il Consiglio Superiore. Ripetiamo: nulla di eterodosso, 
se il Costituente avesse investito del potere 
di governo della Magistratura la Sede pi� alta 
dell'esercizio della funzione giurisdizionale. Fu 
fatta (in base a considerazioni politiche, che qui 
debbono sfuggire ad ogni giudizio) una scelta 
diversa. Ma ci� non toglie la natura di Organo 
costituzionale del Consiglio Superiore. 
Risulta inappropriato l'argomento (lettera b) 
che, dopo aver negato che i Magistrati facciano 

tutti, parte del Consiglio Superiore (o ne siano 
degli impiegati), restringe la possibile giurisdizione 
di quest'ultimo alla verifica dei poteri dei propri 
membri. 

Qui, a parte che si rientra nella tematica gi� 
nota della funzione, non si tratta di attr!b�zioni 
interne del Consiglio Superiore. Qui si tratta dell'autonomia, 
dell'indipendenza e dell'autogoverno (che 
ne � conseguenza ineluttabile) dell'Ordine giudiziario, 
e della sindacabilit� in sede di giurisdizione 
amministrativa di questi atti di autogoverno. 

In conclusione, allora, restano aperte due questioni 
di principio ed una di interpretazione di 
norme positive. 

Le questioni di principio sono: primo, se l'atto 
del Consiglio Superiore sia meramente preparatorio 
del provvedimento di esecuzione; e, secondo 
se il Consiglio di Stato abbia giurisdizione sugli 
atti amministrativi in senso soltanto oggettivo 

(i c. d. atti di tipo amministrativo). Ci� con una 
implicazione relativa alla sindacabilit� degli atti 
di Organi costituzionali. 
La questione d'interpretazione consiste nel vedere 
se l'art. 17 citato, nella sua attuale formulazione 
sia o meno costituzionalmente legittimo. 

Sappiamo bene che qui, in ultima analisi, si 
tratta di tre facce di uno stesso poliedro. Ma serve 
sempre avere un punto dal quale cominciare. 

5) Il decreto dell'Autorit� governativa atto 
finale? 

Si tratta di una di quelle tesi che, pi� vengono 
meditate e pi� risultano infondate. La Costituzione 
dice che certe attribuzioni spettan'J al Consiglio 
Superiore, non che spettano al Capo dello 
Stato od al Ministro e< sentito (o su conforme parere, 

o su conforme proposta, o quel che si voglia), ecc.)), 
E basterebbe questo solo per dimostrare che il 
dubbio non ha ragione d'essere. 
Ma v'ha di pi�. Se si fa questione di atto finale, 
si fa questione di procedimento; se si fa questione 
di procedimento, si fa questione di concorso di 
volont�: di volont� diseguali quanto si voglia, 
ma pur sempre concorrenti. 

Ora, che ci possa essere una volont� del Ministro 
che si spieghi sul contenuto del provvedimento 
� chiaramente impossibile. Ed � sufficiente 
al riguardo la lettera dell'art. 17, in conformit� 
delle deliberazioni del Oon'liglio Superiore. Senonch�, 
se il concorso della volont� del Ministro non gioca 
sul contenuto, si � costretti ad ammettere che 
(tacendo, come tace la legge a questo proposito) 
esso trovi luogo sul <<se >l e sul <<quando)) del provvedimento 
che si ritiene finale. Voleva dire questo 
il Consiglio di Stato? E come si concilia una simile 
proposizione non solo con l'art. 105, ma con lo 
stesso art. 104 della Costituzione: cio�, come pu� 
dirsi sussistere in tali condizioni quella autonomia 
e quella indipendenza dell'orline giudiziario tanto 
solennemente assicurate "? 

Si noti che l'Ordinamento giudiziario de:l -1912 
(legge 19 dicembre 1912, artt. 7, 10 e 11) riser---vava 
un �moderato potere di intervento)) (SS.UU. 
3 febbraio 1917) al Ministro Guardasigilli in tema 
di promozione di Magistrati, cos� che -allora 




-128 


sarebbe stato indubbiamente pi� agevole ravvisare 
nel provvedimento ministeriale di attuazione 
della delibera l'atto finale del pracedimento. 

Eppure con la citata sentenza delle Sezioni 
Unite del 1917 si escluse che il provvedimento 
governativo conforme alle delibere del Consiglio 
Superiore potesse essere oggetto di censura che 
coinvolgesse un apprezzamento relativo all'operato 
del Consiglio stesso. 

Vale la pena di leggere quella pronuncia, dove 
non pu� non colpire la perspicua severit� delle 
argomentazioni, segno indubbio delsensodiresponsabilit� 
che la permea. 

Del resto, non sembra neppure opportuno indugiare 
su considerazioni di questo genere di fronte 
al testo della legge n. 195. Il precetto costituzionale 
che stabilisce quel che spetta al Consiglio Superiore 
vi � testualmente ripetuto (art. 10: Attribuzioni 
del Consiglio Superiore); fra le Attribuzioni 
del Ministro (art. 14) non figura quella di provvedere 
-sia pure sulla base della volont� del 
Consiglio -in tema di stato e carriera dei Magistrati; 
i termini usati negli artt. 10, 11, 12, 13, 
15, 16, 17, ecc. per gli atti del Consiglio sono deliberare 
o provvedere, termini che nel linguaggio 
comune indicano una volont� costituita e compiuta 
in s� stessa; lo stesso art. 17, infine, con cerne 
(e lo dice ben chiaramente l'epigrafe) soltanto 
la Forma dei provvedimenti. 

Del resto, e per altra via, il Consiglio di Stato 
avrebbe potuto aver ben chiari i termini della 
questione, sol che avesse meditato sul testo della 
legge n. 195, e sulle possibilit� offerte ai vari soggetti 
che in quelle norme :figurano. 

Il Ministro pu� -� vero -ricorrere al Consiglio 
Superiore, ove ritenga che l'operato delle 
Commissioni sia illegittimo. Ma quando il Consiglio 
in plenum abbia pronunziato, non ha altra 
istanza di gravame, e deve (art. 17 della legge, in 
relazione all'art. 110 della Costituzione) provvedere 
in conformit� della delibera del Consiglio 
medesimo. Ci�, pur se sia convinto della illegittimit� 
della delibera, giacch� un suo provvedimento 
difforme violerebbe la legge e la Costituzione. 


Ora, se � vero che il controllo �esterno � della 
giurisdizione amministrativa ha carattere sostitutivo 
di quell'autocontrollo che risulti non esercitato 
in sede �interna J)' vale a dire costituisce sede 
di repressione di una illegittimit� che l'Amministrazione 
avrebbe potuto (soil. dovuto) non commettere, 
com'� ammissibile che il Consiglio di 
Stato censuri per illegittimit� l'atto del Ministro 
che � condizionato ad una delibera vincolante, e 
pi� che vincolante, giacch� il Ministro � tenuto 
a darvi esecuzione ? 

Cosi ragionandosi si farebbe del Consiglio di 
Stato un'istanza d'appello del Consiglio Superiore. 
E per giunta, un'istanza d'appello che pu� essere 
adita solo dal singolo Magistrato e mai dal Ministro, 
pur se quest'ultimo abbia sollevato questione 
di legittimit� dell'operato della Commissione. 
Basta questo per render convinti in due 
verit�: a) che l'atto del Ministro non � affatto 
quell'atto finale nel quale si possano censurare 

gli atti preparatori, e b) che le censure contro gli 
atti del Ministro possono concernere solo i vizi 
propri ed esclusivi di questi ultimi (1). 

Diversamente si avrebbe non una disarmonia, 
ma una vera e propriai deturpazione del siRtema 
del vigente diritto pubblico. 

La verit� � che l'interpretazione data dal Consiglio 
di Stato alle norme in esame segue piuttosto 
la glossa oscura che il testo chiaro . ..Al momento 
in cui venne emanata la legge nel Consiglio Superiore, 
da una parte, una esasperata (se pur giustificabile) 
gelosia delle attribuzioni del Potere giudiziario 
fece sorgere in alcuni commentatori il 
dubbio sulla legittimit� costituzionale di essa, 
ravvisandosi in quel testo quello che in realt� non 
c'era, ed indusse ad un processo, alle intenzioni 
del legislatore. Dall'altra, si tenne fermo questo 
tipo di interpretazione (piuttosto passionale che 
razionale) e si cerc� di difendere le disposizioni 
ormai vigenti (2). 

La verit� � ben diversa: i decreti del Capo dello 
Stato o del Ministro non sono che atti di mera 
esecuzione, senza autonomia giuridica di sorta. 
Servono in sostanza a rendere operanti le delibere 
del Consiglio Superiore prevalentemente nella zona 
della legge e del regolamento di contabilit� generale, 
legge e regolamento che non conoscono deliberazioni, 
ma veri e propri decreti emanati dal1'..
Autorit� amministrativa. 

In definitiva, con l'art. 17 si � voluto adempiere 
ad un'esigenza di carattere meramente tecnico, 
non gi� n� tradire la Costituzione, n� dettare una 
norma in conflitto con i precedenti artt. 10 e 14. 

(1) Da rilevare la contraddizione in cui cade TORRENTE 
(s. v.: Consiglio Superiore d(}lla Magistratura, 
in �Enciclopedia del Diritto J>. Paragrafo 7 (sotto l'epigrafe 
Il provvedimento esecutivo del Ministro): la necessiti�, 
di �calare " la delibera del Consiglio Superiore nella 
forma del decreto, discende dal fatto che nessuna norma 
costituzionale deroga -in relazione all'amministrazione 
finanziaria della Magistratura -al procedimento 
generale di cui agli artt. 81 e 100 della Costituzione 
(spesa approvata dalle Camere e disposta dal Governo, 
sotto il controllo della Corte dei Conti). Paragrafo 8 
(epigrafe: Impugnazione di tale provvedimento ..... ma se 
dice che � un provvedimento esecutivo!?): l'art. 24 
della Costituzione esige che nel decreto sia impugnabile 
la delibera (v. al riguardo, infra, n. 7). 
Forse in proposito ha giocato la suggestione operata 
dai lavori preparatori alla legge del 1958 (ma che cosa 
non si trova in questi lavori ? Si pensi che ad un certo 
ptmto tutto fu ridotto ad una questione di deferenza al 
Capo dello Stato), e dall'esempio del Consiglio di Stato 
francese. Ma la posizione di quell'Organo in Francia 
� ben diversa che in Italia. Per una informazione pi� 
ampia, v. SANTosuosso: Il Consiglio S1tperiore della 
Magistratura, 1958, 318. 

(2) Nel primo senso, GLINNI: Il Co't}_siglio Superiore 
della Magistratura, 1959, e Vrn1sTI: Gli aspetti in&.ostitu~-zionali 
del Consiglio Superiore della Magistratura, in 
� Rass. di dir. pubblico'" 1958, 517. Nel secondo, TORRENTE: 
l. cit. (per altro, con talune divergenze rispetto 
al pensiero esposto in occasioni precedenti). 

-129 


In conclusione: la deliberazione del Consiglio 
Superiore deve intendersi come atto finale del 

� procedimento, produttivo di effetti giuridici esterni 
secundum naturam sui generis (artt.12 e 13). L'atto 
del Governo � un provvedimento di mera esecuzione, 
inteso a portare a buon fine nell'ambito 
degli ordinamenti amministrativi econtabili quanto 
si � gi� perfezionato in sede di Ordine giudiziario. 
Nient'altro. 

6) Veniamo, ora, alla 'sindacabilit� dell'atto 
oggettivamente, ma non soggettivamente, amministrativo. 


� una seduzione che talvolta (e -del resto abbastanza 
di rado) tenta il Consiglio di Stato. 
Ed � una seduzione la cui fallacia � dimostrata 
non solo da una immemorabile tradizione dottrinaria 
e giurisprudenziale, non solo dall'art. 26 
del Testo unico 1924 delle leggi sul Consiglio di 
Stato, ma dalla stessa Costituzione della Repubblica, 
la quale in almeno tre articoli (100, 103 e 
113) richiede, specialmente quoad iuris dictionem, 
che la nozione di atto amministrativo sia integrata 
dall'elemento soggettivo (3). 

Del resto, a volere rimanere sul terreno dei principi, 
abbiamo altra volta dimostrato (in questa 
Rassegna 1951, 153 segg.; 1951, 177 segg.; 1952, 
85 segg. e spec. 96 segg.) che stabilire una nozione 
di atto amministrativo, prescindendo dal soggetto 
e dalla forma, insomma costruire la categoria dell'atto 
naturaliter amministrativo, � impresa vana. 
E la Suprema Corte R�golatrice ha accolto l'essenziale 
di questa tesi (Sent. 107 /53: cfr. pure la 
requisitoria EuLA, nella stessa Rassegna, 1953, 
205 segg.). 

Il Consiglio di Stato ha cercato di aggirare tali 
ostacoli, che deve aver tenuto certamente presenti, 
osservando che �vi sono casi in cui Organi 
appartenenti ad uno dei poteri dello Stato esercitano 
funzioni proprie di un altro potere�, che 
�i relativi atti seguono, per quanto riguarda la 
soggezione al potere giurisdizionale, il regime che 
� loro obiettivamente proprio �, che �non esiste, 
quindi, nessun ostacolo di principio a che un Organo 
non inquadrato nel potere esecutivo possa 
assumere la qualit� di Organo di pubblica amministrazione 
ed essere soggetto al relativo regime 
giurisdizionale>>. Dunque, una specie di metamorfosi 
nel soggetto, determinata dalla funzione: se 
un Organo non amministrativo esercita funzione 
amministrativa, per i relativi atti si qualifica come 
Organo amministrativo e soggiace al regime giurisdizionale 
della pubblica amministrazione. 

Ma: come si identifica la �funzione amministrativa
� di cui non � traccia (a differenza di quel 
che accade con la funzione legislativa e con la 
funzione giurisdizionale) nella Costituzione ~ Con 
l'emanazione di atti naturaliter amministrativi~ 

(3) In proposito, cfr. da ultimo A. SAvIGNANO: Gli 
atti amministrativi delle Camere parlamentari e la loro 
sindacabiUt�, in �Rassegna di diritto pubblico�, 1960, 
I, 626 segg., spec. pagg. 641 segg. (Il lavoro � notevole 
per la completezza dell'informazione). 
Ma allora, nonostante l'ingegnoso giro di pensiero 
della Sezione, si ricade in quel tipo di identificazione 
dell'atto obiettivamente amministrativo, che 
deve dirsi insostenibile (4). 

Ancora: quali sono gli esempi di ass<;>ggettamento 
al potere di giurisdizione, secondo le caratteristiche 
del potere esercitato, formulati nella 
pi� che diligente motivazione delle decisioni in 
esame~ Questi: i decreti legislativi ed i decreti 
legge soggetti alla Corte Costituzionale, pur se 
emanati dal Governo; le decisioni del Consiglio 
di Stato e della Corte dei Conti, sottoposte alla 
Corte di Cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione. 


Ora, nel primo esempio, la Corte Oostituzionale 
giudica � delle leggi e degli atti aventi forza di 
legge�, non degli �atti emanati da un'Autorit� 
legislativa o da un Corpo legislativo �. E la differenza 
fra i due casi � essenziale: quanta ne corre 
fra l'art. 134 e l'art. 113 della Costituzione. Nel 
primo, giurisdizione ratione obiecti, nel secondo 
ratione subiecti. 

Per quanto, poi, concerne la funzione regolatrice 
della Suprema Corte di Cassazione, a parte ogni 
considerazione teorica sull'unit� della giurisdizione 
e sull'assoggettamento di tutte le giurisdizioni 
al controllo della Cassazione, c'� da dire 
che questa soggezione � espressamente disposta 
dalla Costituzione, e che -quindi -il problema 
non sorge neppure. 

Se mai, l'esempio istruttivo avrebbe potuto 

essere quello dell'attivit� amministrativa affidata 

ad Organi giudiziari (volontaria giurisdizione, te


nuta dei registri dei privilegi su beni mobili regi


strati, ecc.). Si � mai pensato di ricorrere al Con


siglio di Stato avverso provvedimenti di questo 

tipo~ 

Eppure la teoria dell'atto �oggettivamente 1> 
amministrativo a questo porterebbe. L'Organo 
giurisdizionale esercita funzioni proprie di pubblica 
amministrazione, quindi i relativi atti dovrebbero 
seguire il regime che � loro proprio per quanto 
concerne il relativo sindacato. 

7) Si venga, ora, alla questione della immunit� 

dalla giurisdizione degli Organi costituzionali. 

Il Consiglio di Stato pone il problema sul piano 

dell'a priori, come -cio� -se si discutesse in 

astratto della validit� dell'equazione superiorem 

non recognoscens = legibus solutus, e confuta tale 

asserzione. 

Ora, va subito osservato che in questi termini 

il ragionamento � mal posto, e che del resto, nel 

merito, gli esempi addotti per sorreggere siffatta 

costruzione non sono affatto convincenti. 

Giacch�, se si fa questione del potere del Giu


dice ordinario di disapplicare l'atto amministra


tivo illegittimo, � chiaro che ci� discende dall'au


tonomia della funzione giurisdizionale (supra, n. 2), 

autonomia costituzionalmente garantita, e non 

(4) Tautologia gi� rilevata, se pure in chiave diversa, 
da Kelsen, e posta in evidenza da Giannini. V. SAVI� 
GNANO: l. cit. pag. 648, nota 33. 

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-130 


da un potere di sindacato diretto sulla pubblica 
amministrazione e sugli atti amministrativi; se 
gli atti del Presidente della Repubblica o dei Ministri 
possono essere annullati da parte del Consiglio 
di Stato, la proposizione � certamente vera 
quando questi Organi hanno qualifica di Organi 
di pubblica amministrazione (per chiarire, sono 
la pubblica amministrazione), ma � -quanto 
meno -da vedere che cosa succede per i veri 
e propri atti di Governo (dovendosi qui-a nostro 
avviso -negare la proponibilit� della domanda) 

e resta, in:fine, da dimostrare che la dichiarazione 
di illegittimit� costituzionale di un atto avente 
forza di legge da parte della Corte Costituzionale 
sia atto giurisdizionale o non piuttosto atto legislativo 
abrogativo. 

Sia dal suo primo sorgere la Corte Costituzionale 
si preoccup�, infatti di chiarire che la sua 
funzione era, s�, di controllo costituzionale nelle 
forme giudiziarie, ma non certo giurisdizionale 
stricto sensu (sentenza n. 2, 3 e 19 del 1956: cfr. 
GIANNINI in Giurispr. Oostituz., 1956, 902 segg. e 
ORIS.AFULLI, ivi, 929 segg.). 

Costruire, un sistema su basi di questo genere 
sembra, adunque, impresa alquanto imprudente. 
� 

Comunque, non � questo il punto. Ed, invero, 
se nel contesto giuridico attuale, si solleva la questione 
dell'Organo costituzionale per il Consiglio 
Superiore della Magistratura, lo si fa per impedirne 
l'annessione al territorio della pubblica amministrazione. 
In altre parole, perch� si constati 
che, secondo il vigente sistema del diritto pubblico, 
il Consiglio Superiore non � (n� pu� essere) 
inserito tra gli Organi amministrativi dello Stato, 
e che tale autonomia dall'Amministrazione gode 
di una tutela costituzionale, idonea a quali:ficare 
quel Consesso. 

Quindi (e qui si vede come sia mal posto il problema 
nella decisione esaminata) non � tanto questione 
di immunit� giurisdizionale in astratto, ma 
di difetto di giurisdizione in concreto del Consiglio 
di Stato, il cui sindacato ha per oggetto esclusivo 
gli atti delle .Autorit� amministrative. E cio�, e 
per restare nel tema: qualunque cosa si pensi in 
tema di garanzie giurisdizionali del singolo, � da 
escludere che nel nostro caso si versi nella zona 
di applicazione dell'art. 113 della Costituzione. 

Ch�, se poi si fa questione di art. 24 della Costi� 

tuzione, la conclusione, che � giocoforza trarre da 

siffatto argomento, � che su questa base si potr� 

affermare la giurisdizione di qualsiasi organo giu


dic~nte, ma non del Consiglio di Stato, al quale 

-si ripete -spetta un sindacato solo in zona 

di pubblica amministrazione (5). 

(5) Ed � questo l'ostacolo pi� grave a costruzioni 
come quella del TORRENTE (v. cit. in Enciclopedia del 
diritto). D'altra parte, se si nega l'applicabilit� dell'articolo 
113 della Costituzione, come si adempie all'art. 24? 
Il ricorso ai Tribunali ordinari � facilmente ammissibile 
in tema di gestione patrimoniale, ma non certo 
per i provvedimenti che si considerano. Qui non resta 
che o teorizzare sulla base delle considerazioni empi-
Sin qui le considerazioni che speci:ficamente si 
attagliano all'ipotesi che ora interessa. Ma, naturalmente, 
quanto si � venuto dicendo comporta 
una conseguenza -che siamo ben disposti a lasciare 
qualificare come empirica�� -in tema di 
giurisdizione sugli Organi costituzionali. E cio�: 
che fuori da una espressa previsione costituzionale 
� vana impresa cercare un giudice che possa conoscere 
degli atti degli Organi primari dello Stato. 
L'unico problema che a tale livello si pu� porre, 
come problema d'ordine generale, � quello del 
conflitto di attribuzioni. Ed osserviamo di sfuggita 
che proprio il germe per un conflitto di questo 
genere � stato seminato non dal Consiglio Superiore 
o dal Ministro, ma proprio dalle decisioni 
del Consiglio di Stato. Esclusa l'indebita invasione 
dell'Organo primario nella zona d'attribuzioni di 
altro Organo primario, non resta -di regola rimedio 
giurisdizionale di sorta. 

8) � chiaro, dopo l'esposizione sin qui fatta, come 
debba essere interpretato, nel sistema della legge 

n. 195 e della Costituzione della Repubblica, 
l'art. 17. 
Il ricorso al Consiglio di Stato in sede. di giurisdizione 
di legittimit� sugli atti amministrativi, 
� previsto unicamente per i decreti del Capo dello 
Stato o del Guardasigilli, per vizi propri ed esclusivi 
di questi provvedimenti. Tali vizi possono 
essere meramente formali, ovvero concernere la 
non conformit� degli atti in questione alle deliberazioni 
del Consiglio Superiore. Riteniamo che 
per via d'interpretazione possa trovare tutela 
avanti al S.C.A.. anche l'interesse del singolo Magistrato 
all'emanazione del decreto conforme alla 
delibera (inerzia ministeriale, silenzio-rifiuto, ecc). 

Non pu�, invece, avere ingresso avanti al Con


siglio di Stato in sede giurisdizionale la pretesa 

del singolo a sentir dichiarare illegittima, e quindi 

a sentir annullare, la deliberazione del Consiglio 

Superiore della Magistratura, pur se trasfusa in 

un provvedimento governativo. E non pu� tro


varla per due serie di ragioni: perch� qui non c'� 

attivit� che provenga da un Organo amministra


tivo, e perch� quanto opera il Consiglio Superiore 

ha luogo in seno all'ordine giudiziario e non in 

seno alla pubblica Amministrazione. 

Del resto, il Consiglio Superi�re, sia che trattisi 
di concorsi, che di scrutini, opera attraverso 
Commissioni. L'operato di queste Commissioni � 
soggetto a reclamo avanti al Consiglio (in plenum). 
L'art. 13 dice che in tema di scrutini �Il Consiglio 
Superiore giudica definitivamente anche nel merito 
n. L'art. 12, non contiene tale frase, ma basta 
guardare l'art. 54 delle norme di attuazione (D. P. 

richc esposte nel testo, oppure riconoscere natura giurisdizionale 
al ricorso al Consiglio Superiore in pleniim. 
Ed assai probabilmente � vero il seco:nd0 termine dell'alternativa, 
pur non svolgendosi siffatta attivit� -giurisdizionale 
in contraddittorio, ecc. Ma tutto -in 
definitiva -si riduce ad intendersi sul concetto 
di giurisdizione (impresa, del resto, tutt'altro che 
agevole). 



-131 


16 settembre 1958, n. 916) per concludere che in 
tema di concorsi, il giudizio � di legittimit� (� decisioni 
sui ricorsi n: secondo comma; cc quando non 
vi riscontri violazione di legge n: primo comma). 

Come a dire allora che l'assunzione e la carriera 
dei Magistrati non trova una sede che renda possibile 
il sindacato ~ La trova, ma l� dove � pQ.ssibile 
t~ovarla, in sede cio� di Ordine giudiziario, 
e non certo in quella di sindacato degli atti della 
pubblica .Amministrazione. 

.A ragionare diversamente si d� luogo ad un 
inedito vizio di illegittimit� costituzionale ex interpretazione. 
Non solo -volendo leggere nell'art. 17 
quello che non c'� -si violano, da una parte, 
gli artt. 104 e 105 della Costituzione, e dall'altra 
gli artt. 100, 103 e 113, ma si contraddice manifestamente 
alla stessa legge n. 195, la quale ha 
voluto tenere fede all'impegno costituzionale dell'autonomia 
dell'Ordine giudiziario, separando nettamente 
le attribuzioni del Consiglio Superiore da 
quelle del Ministro, consentendo al Magistrato 
una serie di riesame delle delibere delle Commissioni, 
avanti al Consiglio Superiore, organo costituzionalmente 
autonomo, ed attuando quella cc collaborazione 
di poteri � desiderata dal Consiglio di 
Stato l� dove essa appariva possibile, cio� soltanto 
nella zona degli adempimenti amministrativi e 
contabili. 

9) Da quanto precede risulta la fondamentale 

esattezza della sentenza delle Sezioni Unite del 

1917, e l'attualit� di questa pur nel vigente Ordi


namento costituzionale. 

Il Consiglio di Stato rileva un'incompatibilit� 

tra l'insegnamento della Corte Regolatrice e l'ar


ticolo 113 della Costituzione. E non � dato com 


prendere se questa incompatibilit� sia fatta discen


dere dalla teoria della giurisdizione sull'atto cc og


gettivamente n amministrativo, o da un supposto 

divieto al ricorso giurisdizionale, posto dall'Ordi


namento giudiziario allora vigente. 

Ora, come risulta dalle pagine che precedono, 

per quanto attiene al primo punto nulla � mutato 

nell'area della giurisdizione del Consiglio di Stato: 

nel 1917, cos� come ora, occorreva l'atto dell'au


torit� amministrativa perch� il S.C . .A. potesse 

affermare la propria giurisdizione. Non si vede 

-pertanto -dove (data la lettera e lo spirito 

del citato art. 113) le decisioni in esame abbiano 

potuto ravvisare l'elemento nuovo, idoneo a determinare 
un diverso orientamento. 

Per quanto attiene al secondo punto, le Sezioni 
Unite della Corte di Cassazione non pensarono 
neppur lontanamente all'esistenza di un divieto 
cc esterno � ad adire l'Organo .giurisdizionale (di 
modo che, caduto questo divieto, debba dirsi che 
la giurisdizione del Consiglio di Stato pu� ora liberamente 
espandersi). Un divieto di questo genere 
non stava scritto in nessuna legge, n� era desumibile 
dal sistema . 

� vero, invece, che le Sezioni Unite ebbero ben 
presente il principio della divisione dei poteri (oggi, 
se mai, manifestato in forma pi� categorica che 
nel 1917), che da questo principio trassero la conseguenza 
dell'autonomia (e dell'autogoverno) dell'Ordine 
giudiziario, che videro giustamente nel 
Consiglio Superiore un Organo non della pubblica 
.Amministrazione, ma del Potere giudiziario, ed 
infine che ritennero attivit� del potere giudiziario 
oltre quella finale (l'esercizio della funzione giurisdizionale) 
anche quella strumentale (il governo 
della Magistratura). Da qui, la conseguenza del 
difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato sull'operato 
del Consiglio Superiore della Magistratura, 
e ci� pur nell'ipotesi che tale operato fosse 
portato a concreta attuazione per via di atti dell'esecutivo. 


E vale la pena, in chiusura di questo forse troppo 
lungo discorso, ricordare che la Suprema Corte 
(sentenza citata, Foro Italiano, 1917, I, 552) cc considerato 
che il ricorso debba essere accolto per 
ragioni intuitive, che conviene deplorare siano 
sfuggite alla considerazione della IV Sezione del 
Consiglio di Stato, la quale bene avrebbe provveduto 
col riconoscere e dichiarare la propria incompetenza 
anche di ufficio, dando lodevole esempio 
di rispetto ai confini del proprio potere giurisdizionale 
>> osservava che ragionandosi diversamente 
cc si dileguerebbe la guarentigia data alla Magistratura 
per sottrarla efficacemente,.. all'arbitrio 
dell'Amministrazione. Imperocch� ... potendo essere 
esercitato il sindacato di legittimit� anche 
per il titolo dell'eccesso di potere, che nel giudizio 
sull'atto amministrativo autorizza all'esame del 
fatto e del merito, si aprirebbero agevolmente le 
porte alla revisione e modificazione dei giudizi 
del Consiglio Superiore della Magistratura da parte 
della IV Sezione �. 

FRANCESCO .AGR� 

A VVOOATO DELLO STATO 


NOTE DI DOTTRINA 


ANDRIOLI: Motivazione e dispositivo nelle sentenze 
della Corte Costituzionale (in << Riv. Trim. Dir. 
e Proc. Civile�, 1962, 2, p. 529). 

Attraverso un'acuta disamina dei vari testi 
legislativi, che dispongono relativamente alla questione 
di costituzionalit�, alla dichiarazione di 
illegittimit� ed all'effetto della inapplicabilit� (articoli 
134 e 136 Cost., artt. 23, 27, 28 e 30 legge 
11 marzo 1953, n. 87), l'.A. perviene alla conclusione 
che il legislatore, costituzionale e ordinario, 
usando come sinonimi le espressioni legge (e atto 
avente forza di legge), norma di legge e disposizioni 
di legge, � considerato unico l'oggetto della 
triplice sequenza, non precisando, per�, s'esso sia 
il testo o la norma. 

Il giudizio di costituzionalit�, secondo l'.A., consiste 
nel raffronto fra due norme, costituzionale 
l'una, ordinaria l'altra, che � necessario ridurre 
ad entit� commensurabili, operando sui due elementi, 
che compongono la proposizione normativa: 
la fattispecie e l'effetto. Precisa, inoltre, l'.A. che 
la proposizione normativa pu� derivare da uno o 
pi� testi, univoci o equivoci, onde il grave problema 
se la incompatibilit� con la Costituzione 
di una proposizione normativa tratta da testo 
equivoco o da pi� testi travolga o meno i testi 
stessi. 

L'.A. procede, poi, all'indagine volta ad accer


tare se l'interpretazione del testo ordinario e la 

conseguente scelta della propos1z10ne normativa 
si svolga in sede di giudizio di rilevanza, riservato 
al giudice a quo, o anche in sede di giudizio 
di manifesta infondatezza, di cui non � precluso 
alla Corte il riesame e conclude per l'unitariet� 
dell'operazione di raffronto, su cui incide il giudizio 
di manifesta infonda_tezza, come quello d� 
rilevanza. 

Conseguenza di tutto ci� � che la Corte svolge 
l'operazione di raffronto senza limiti, scegliendo 
liberamente l'interpretazione del testo e combinando 
nel modo, che ritiene pi� opportuno, i testi 
indicati nell'ordinanza di rinvio o nel ricorso al 
:fine di determinare la proposizione normativa 
ordinaria, che sottopone al giudizio di compatibilit� 
con la proposizione normativa costituzionale. 

L'.A. conclude questa disamina identificando nel 

o nei testi (da cui si trae proposizione normativa) 
l'oggetto della triplice sequenza: questione e dichiarazione 
d'illegittimit�, pronuncia d'inapplicabilit�. 
Il risultato dell'indagine, come sempre acuta, 
ci sembra da condividere anche perch� soddisfa 
l'esigenza, innegabile, della certezza del diritto, 
che, a nostro avviso, verrebbe meno se oggetto 
della triplice sequenza fosse la proposizione normativa 
tratta da uno o pi� testi, univoci o equivoci, 
che rimarrebbero in vita pur sempre anche 
se svuotati di contenuto a seguito di una o pi� 
pronuncie d'inapplicabilit�. 

G. G. 

.RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA 


CORTE COSTITUZIONALE 


COSTITUZIONE -Giurisdizioni speciali -Soppressione 
-Esclusione -Obbligo di revisione. (Corte 
Cost. 22 novembre 1962, n. 92-Pres.: Ambrosini; Rel.: 
Branca; Quaranta Giuliano -Caradente Giarrmio 
Giuseppe -Presidente del Consiglio). 

La Costituzione non ha voluto sopprimere le 
giurisdizioni speciali preesistenti; ma ha voluto 
sottoporle a revisione, la quale, comportando una 
scelta delicata fra la soppressione pura e semplice 
e la trasformazione, � stata affidata esclusivamente 
al Parlamento. 

Trascriviam'J la motivazione della sentenza. 

La difesa del Oaradente Giarruso denuncia la 
illegittimit� costituzionale delle norme citate (articoli 
82, 83 e 84 Testo unico 16 maggio 1960, n. 570) 
perch� la giurisdizione dei Oonsigli comunali, 
essendo stata disciplinata da leggi posteriori alla 
Costituzione, non potrebbe considerarsi come una 
di quelle giurisdizioni preesistenti, che la disp. VI 
ha temporaneamente salvato. La questione sotto 
tale aspetto � stata gi� decisa sia nella sentenza 

n. 42 del 1961 sia nell'ordinanza n. 11 del 1962, 
con cui la Corte ha stabilito che le norme impugnate 
e quelle analoghe, contenute nella legge 
n. 136 del 1956, hanno sostanzialmente riprodotto 
le disposizioni anteriori alla Costituzione; 
ma in questa causa vengono addotte nuove ragioni 
di incostituzionalit�, sulle quali occorre 
pronunciarsi. 
Secondo il Caradente Giarruso, la legge n. 136 
del 1956, di cui le norme impugnate sono una 
riproduzione letterale, non si sarebbe limitata a 
ripetere la legislazione precedente; ma avrebbe 
modificato in parte la disciplina relativa alla giurisdizione 
dei Consigli comunali: cio� avrebbe 
introdotto norme nuove, come l'obbligo dei Consigli 
comunali di decidere entro due mesi, l'impugnabilit�, 
presso lo stesso Consiglio comunale, 
delle decisioni adottate dal Consiglio in sede amministrativa, 
la natura giurisdizionale del ricorso 
alla G.P.A. 

Questa affermazione non � esatta: il semplice 
confronto degli artt. 53 e segg. del D.L.Lgt. n. 1 
del 1946 con le norme impugnate (e con l'art. 43 
della legge n. 136 del 1956) mostra subito che le 
pretese innovazioni non sussistono: l'obbligo di 
decidere entro due mesi e l'impugnabilit� delle 
deliberazioni emesse in sede amministrativa erano 

previsti anche dal D.L.Lgt. del 1946 (art. 54 

quarto comma, art. 55 terzo comma), mentre il 

carattere giurisdizionale del procedimento che si 

svolge dinanzi alla G.P.A., bench� non dichia


rato, era implicito nello stesso D.L.Lgt.; dimodo


ch� le leggi posteriori alla Costituzione si sono 

limitate, rispetto a quelle anteriori, a mutamenti 

che non vanno oltre la formulazione degli articoli. 

Se non ci sono state sostanziali innovazioni, � 

da escludere che possa considerarsi violato il 2a 

comma dell'art. 102, una norma che vieta sol


tanto l'introduzione di altre giurisdizioni speciali: 

non � un'altra giurisdizione quella che le leggi 

posteriori alla Costituzione hanno mantenuto tale 

quale era prima e quale sarebbe stata senza di 

esse. 

Si � denunciato il fatto che quelle leggi sono 

successive alla Costituzione, cio� sono state emanate 
nel tempo in cui ogni giurisdizione speciale 
doveva essere sottoposta a revisione dal Parlamento 
(disp. VI): poich� non hanno adempiuto 
a questo obbligo, esse sarebbero costituzionalmente 
illegittime; ma neanche questo, a parere della 
Corte, � un motivo di incostituzionalit�. Dalla 
disposizione VI si ricava anzi che l'Assemblea 
Costituente non ha voluto sopprimere le giurisdizioni 
speciali preesistenti ma sottoporle a revisione; 
che la revisione, comportando una scelta 
.delicata fra la soppressione pura e semplice e la 
trasformazione, � stata affidata esclusivamente al 
Parlamento; che, come si � stabilito in una precedente 
sentenza, il quinquennio, entro cui questa 
scelta doveva essere attuata, non � un termine 
perentorio; che perci� la mancata revisione d'una 
giurisdizione speciale ad opera d'una legge recente, 
non � materia di giudizio di legittimit� costitu


zionale. 

Posto ci�, quelle, tra le ulteriori denuncie, che 

riguardano la natura, la formazione e la composi


zione del collegio giudicante, si rivelano subito 

infondate. 

Infatti, che i Consigli comunali, pur giudicando 

in nome del popolo ed in ci� facendo parte della 

organizzazione unitaria dello Stato, non siano 

organi statali in senso stretto, si potrebbe anche 

ammettere; ma si tratterebbe a ogni modo di .una 

semplice anomalia connessa con la specialit� della -


giurisdizione e perci� non contrastante con norme 

costituzionali (art. 102), che si riferiscono sol


tanto alla magistratura ordinaria e alle sezioni 

specializzate. 


-134


.Analogo discorso vale per l'altro rilievo secondo 
cui i giudici collegiali, a norma della Oostituzione, 
dovrebbero essere sempre collegi perfetti, tali 
che non possano pronunciarsi senza la partecipazione 
di tutti i propri componenti. Effettivamente, 
che i collegi giudicanti siano collegi perfetti si 
ricava dalle norme dell'ordinamento giudiziario al 
quale rinvia il citato 1� comma dell'art. 102; ma 
queste norme non si estendono ai vecchi collegi 
competenti in materia di giurisdizione speciale. 

.Altrettanto si dica di quella denuncia con cui 
si afferma che, secondo la Oostituzione, una parte 
dei componenti d'ogni collegio giudicante devono 
essere giudici ordinari. Ci� � vero tutt'al pi� per 
le sezioni specializzate di vecchia e nuova istituzione; 
ma non per le preesistenti giurisdizioni speciali, 
fra le cui caratteristiche c'� proprio quella 
di una particolare composizione del collegio. 

Oon questo non si vuol dire che le vecchie giurisdizioni 
speciali, appunto perch� coperte dalla 
disposizione VI, sfuggano a qualunque giudizio 
di costituzionalit�. La Corte ritiene invece che 
anche presso gli organi di giurisdizione speciale 
debbano essere garantiti sia il diritto di difesa sia 
l'indipendenza e la imparzialit� del giudicante; 
indipendenza e imparzialit�, che, prima ancora 
d'essere scritte in disposizioni particolari della 
Oostituzione, come l'art. 108, riposano nel complesso 
delle norme costituzionali relative alla 
magistratura e al diritto di difesa. Perci� le denuncie 
avanzate in� proposito dal Oaradente Giarruso 
meritano la pi� attenta considerazione. 

Questi afferma innanzi .:tutto che il diritto di 
difesa sarebbe compromesso in un giudizio, come 
quello dei Oonsigli comunali, a cui partecipano 
anche i consiglieri che non conoscono le argomentazioni 
delle parti. Ma la censura, in concreto, 
non ha fondamento: nel contenzioso elettorale le 
argomentazioni delle parti sono avanzate soltanto 
col ricorso e colle controdeduzioni che qualunque 
interessato pu� presentare prima della seduta consiliare; 
dimodoch� tutti i consiglieri, anche quelli 
che sopraggiungano al momento della votazione, 
possono essere al corrente delle ragioni delle parti, 
consacrate negli scritti difrnsivi, e sono in grado 
di decidere. 

Resta un'ultima censura, piuttosto accennata 
che svolta: la deliberazione di rinvio, col richiamo 
agli artt. 104 e 130 della Oostituzione, e le deduzioni 
del Oaradente Giarruso negano che i Oonsigli 
comunali siano giudici indipendenti e imparziali. 
Ma neanche questa cemura pu� essere accolta, 
bench� la Corte non ne dissimuli il. peso. 

In verit�, se si allude all'indipendenza dell'organo 
giudicante da altri organi o poteri, pu� 
rispondersi che il controllo a cui � sottoposta la 
attivit� amministrativa dei Consigli comunali non 
implica n� rapporto gerarchico n� soggezione formale 
o sostanziale. Sotto questo aspetto il libero 
esercizio della potest� giurisdizionale sembra garantito 
proprio da quell'autonomia comunale, in 
cui sono confluite antiche tradizioni cittadine e 
moderne concezioni sull'investitura popolare. 

Se ci si riferisce all'indipendenza del giudice 

dagli interessi dedotti nel giudizio ( c.d. imparzia


lit�), a prima vista pu� sembrare che il Oonsiglio 
comunale sia un collegio giudicante composto 
dagli stessi interessati (consiglieri la cui elezione 
� contestata), 0io� un vero e proprio �giudice in 
caurn propria�. Ma a ben guardare la situazione � 
sostanzialmente diverrn. 

Innanzi tutto si deve tener conto del fatto che, 
quando sia contestata l'elezione di un singolo consigliere, 
egli non pu� partecipare alla deciEione 
(art. 275 legge comunale e provinciale). Inoltre, 
a rigore, neanche quando si contesti la nomina di 
tutti i componenti d'una lista o genericamente il 
risultato delle operazioni elettorali si pu� dire 
che il Oonsiglio comunale sia un giudice in cama 
propria: infatti, pi� che giudicare d'un suo interesse 
in contrasto con quello dell'eventuale ricorrente, 
esso giudica della legittimit� della propria 
composizione; il che ha sempre fatto e pu� fare 
in quanto � un collegio dotato di quella particolare 
autonomia che gli deriva, tradizionalmente, 
dal voto cittadino: ci� che da una precedente 
sentenza della Corte � .stato gi� rilevato (sentenza 

n. 42 del 1961) �. 
La sentenza, che si annota e nella q_'uale � ancora 
una tolta riaffermato il principio, gi� enunciato 
nella sentenza n. 41 del 1957 sulla sopravvivenza 
delle giurisdizioni speciali, c'induce a questo breve 
excursus sugli orientamenti dtlla dottrina e della 
giurisprudenza in merito alla questione, divenuta 
nuovamente attuale in relazione al noto progetto di 
riforma del contenzioso tributario. 

La dottrina si � ampiamente occupata, fin dalla 
entrata in vigore della Costituzione repubblicana, 
dell'argomento, che, peraltro, aveva gi� formato 
oggetto di vivaci discussioni alla Costit'l,f,ente (vedasi 
in proposito .ANDRIOLI: Le giurisdizioni speciali 
nella Costituzione della Repubblica, in lJir. Giur., 
1956, p. 117). 

Il MoRTATI (Il ricorso in Cassazione contro le 
decisioni dei giudici speciali, in �Giur. Gass. Civ. �, 
1949, I, 232), confermando l'avviso espresso alla 
Assemblea costituente, era per la perentoriet� del 
termine di cinque anni previsto dalla VI disposizione 
transitoria e per la categoricit� del divieto posto 
dall'art. 102, con la conseguenza di degradare il 
secondo comma dell'art. 113 Cost. a norma transitoria. 


Questi concetti erano ribaditi dall' .AzzARITI (Pro 
blemi attuali di diritto costituzionale, Milano, 
1951, 236) e dal LESSONA (Commentario sistematico 
alla Costituzione italiana, diretto da Calamandrei 
e Levi, Firenze, 1950, I, 206-11), il quale, 
a sua volta, restringeva la portata dell'art. 103 u.p. 
Cost. agli organi periferici correlativi al Consiglio 
di Stato (e alla Corte dei Conti, cio�, alle Giunte provinciali 
amministrative ed ai Consigli di Prefettura). 

In senso contrario si pronunziava il GUARINO 
(Contenzioso tributario e giurisdizioni speciali in 
�Foro it. �, 1954, III, pag. 114)', �il quale, dopo 
aver confutato la tesi della soppressione, -limitava 
il divieto dell'art. 102 Cost. al�e giurisdizioni speciali 
in materia civile e penale, escludendo quelle 
in materia amministrativa (e tributaria), espressamente 
previste dagli artt. 103, 108 e 111 Cost. 


-135


Il BASILE (Sulla permanenza delle giurisdizioni 
speciali in nota alla sentenza della Corte di Cassazione 
a Sezioni Unite 17 febbraio 1954, in �Riv. 
dir. proc.�, 1954, II, 81), dopo aver premesso che 
l'intenzione manifestata dai costituenti o da alcuni 
di essi poteva avere un valore interpretativo solo 
nella ipotesi, in cui la proposizione normativa non 
potesse trarsi con certezza dal combinato disposto 
dagli artt. 102, 103, 111 e VI transitoria della Costituzione, 
esprimeva l'avviso che l'art. 102 guardasse 
all'avvenire e nulla disponesse per le giurisdizioni 
speciali esistenti. 

Queste, peraltro, -avvertiva il predetto autore sono 
espressamente previste dall'art. 103 Cost., che 
affianca al Consiglio di Stato �altri organi di giustizia 
amministrativa�, e dal successivo art. 111, 
il quale prevede il ricorso per Cassazione contro le 
sentenze degli organi di giurisdizione speciale diversi 
da quelli enunciati nell'ultima parte del secondo e 
nel terzo comma (Tribunali militari, Consiglio di 
Stato e Corte dei conti). 

In base ad analoghe argomentazioni il SANDULLI 
(Sulla sopravvivenza delle giurisdizioni speciali 
al termine fissato per la loro revisione in �Giur. 
Cost. �, 1956, 965) escludeva che l'art. 102 Cost., 
essendosi espressamente limitato a vietare la istituzione 
(futura) di (nuove) giurisdizioni speciali, 
avesse soppresso o disposto la soppressione di quelle 
esistenti. D'altra parte, affermava il citato autore, 
la VI disposizione transitoria prevede la revisione 
delle giurisdizioni speciali esistenti, non la loro 
trasformazione in sezioni speciali, e il concetto di 
revisione non implica, almeno necessariamente, n� 
la soppressione, n� la trasformazione; la revisione 
deve tendere solo ad assicurare, in conformit� di 
altri precetti costituzionali, l'indipendenza dei giudici 
speciali, l'obiettivit� e la motivazione della sentenza, 
il diritto di difesa (artt. 108, 111 e 24 Cost.). 

L'ANDRIOLI (Le giurisdizioni speciali nella Oostituzione 
della Repubblica in �Dir. Giur. �, 1956, 

p. 117) dopo aver premesso, anche alla stregua della 
Relazione del Guardasigilli, che il principio della 
unit� della giurisdizione aveva gi� dominato il vigente 
codice di rito, ma non era e non poteva essere 
ritenuto un feticcio, a cui sacrificare ogni concreto 
interesse generale, riconosceva che il divieto di costituire 
giurisdizioni speciali, contenuto nell'art. 108 
Cost., � assoluto, nel senso che si riferisce ad ogni 
materia (civile, penale, amministrativa); ma � 
rivolto all'avvenire. L'art. 102, secondo il citato 
Autore, non riguarda in alcun modo le giurisdizioni 
speciali esistenti, rispetto alle quali � data al 
legislatore .. ordinario una triplice alternativa; sopprimerle, 
trasformarle in sezioni specializzate, sottoporle 
a revisione, cio�, conservarle adeguandole 
ai precetti costituzionali sulla motivazione e la indipendenza 
dei. giudici. 
Questo era lo stato della dottrina, quando interveniva 
la sentenza della Corte Costituzionale n. 41 
del 1957. In essa la Corte, dopo aver richiamato 
la sua precedente sentenza n. 12 del 1957 sul carattere 
giurisdizionale delle Commissioni Tributarie, 
escludeva la perentoriet� del termine di cinque anni, 
fissato dalla V I disposizione transitoria per la revisione 
delle giurisdizioni speciali esistenti all'atto 

dell'entrata in vigore della Costituzione, e, conseguentemente, 
affermava che queste continuano legitmamente 
a funzionare nella pienezza dei loro poteri 
e secondo le norme istitutive. 

Merita, a nostro avviso, particolare considerazione 
e induce a meditare, per�, la premessa,. di carattere 
generale, che, in questa sentenza, la Corte ritenne 
di dover fare. Dall'art. 102 Cost., si legge nella 
citata sentenza, si trae il principio direttivo della 
unit� della giurisdizione, che avrebbe portato alla 
soppressione e con effetto immediato delle giurisdizioni 
speciali esistenti se non fosse stato espressamente 
precisato che �non alla automatica soppressione 
doveva pervenirsi, sibbene alla loro revisione 
ad opera del legislatore ordinario �. La volont� di 
procedere alla revisione e no'fl, alla soppressione, 
secondo la citata sentenza, si ricava anche e chiaramente 
dagli artt. 103 e 111 Cost., nei quali si fa 
espresso riferimento a giurisdizioni speciali diverse 
dal Consiglio di Stato e dalla Corte dei Conti, ed 
ancor pi� espressamente dalla VI disposizione 
transitoria. �Da queste norme -concludeva su 
questo punto la sentenza -risulta per un verso la 
sopravvivenza delle giurisdizioni speciali all'entrata 
in vigore della Costituzione; per altro verso, l'obbligo 
del Parlamento di provvedere in conformit� dei 
principi costituzionali innanzi ricordati .... �. 

Con numerose altre sentenze ed ordinanze la Corte 
confermava la legittimit� del funzionamento delle 
varie giurisdizioni speciali esistenti all'atto della 
entrata in vigore della Costituzione (sentenza n. 41 
del 1960 sulla giurisdizione penale, attribuita dall'art. 
1238 Cod. Nav. al Capitano di porto; sentenze 
nn. 42, 43 e 44 del 1961 e Ordinanze nn. 11, 42 
e 44 del 1962 sulla giurisdizione, attribuita dagli 
artt. 82 e 83 T. U. 18 maggio 1950, n. 570 ai Consigli 
comunali e provinciali in materia elettorale). 
Di queste merita una menzione particolare la sentenza 
n. 42 del 1961, nella quale la Corte, espressamente 
richiamandosi alla precedente sentenza n. 41 
del 1957, ha ribadito il concetto, secondo il quale la 
nuova Costituzione non ha automaticamente soppresso 
le giurisdizioni speciali, gi� esistenti; ma ne 
ha disposto solo la revisione. In questa sentenza, 
peraltro, � affermato anche un altro principio, di 
particolare importanza, e che non pu� essere trasciirato 
in sede di revisione. Si discuteva di Commissioni 
Comunali per i tributi locali e ne era stata 
eccepita l'incostituzionalit� anche sotto il profilo 
che esse erano organi comunali, non dello Stato; 
la Corte respinse questo profilo, affermando che le 
disposizioni degli artt. 278-282 T. U. 14 settembre 
1931, n. 1175, che riguardano la istituzione, il funzionamento 
e la nomina dei componenti delle commissioni 
e il contenzioso dei Tributi locali -anche 
ad ammettere la natura di organo comunale delle 
commissioni e il carattere giurisdizionale delle funzioni 
ad esse attribuite -non contrastano con il 
principio posto dall'art. 101 Gost., per cui rientra 
nella competenza dello Stato l'organizzazione ed il 
funzionamento degli organi giurisdizional~, _essendo 
consentito allo Stato di attribuire con proprie leggi 
la funzione giurisd�1zionale ad organi appartenenti 
ad enti diversi dello Stato, i quali, in quanto esercitano 
le funzioni stesse e limitatamente all'eserc�



-136 


zio di esse, vengono a inserrirsi nell'organizzazione 
unitaria dello Stato. 

Un accenno alla interpretazione gi� data dello 
art. 102 Oost. � contenuto anche nell'ordinanza n. 44 
del 1961, ove si legge che la Oostituzione non ha soppresso 
il sistema del contenzioso elettorale, preesistente, 
ma di esso ha soltanto disposto la revisione. 
D'altra parte la O orte, nella richiamata sentenza 

n. 42 del 1961, pur senza decidere la questione se le 
funzioni attribuite al Parlamento dall'art. 66 Oost. 
fossero di natura giurisdizionale, non aveva trascurato 
di considerare questa disposizione costituzionale 
quale espressione del principio di conservazione 
della tradizionale potest� attribuita agli organi 
elettivi per la verifica dei poteri dei propri componenti 
(sul carattere giurisdizionale di tale funzione 
vedasi, in senso dubitativo, l'Elia, in nota a questa 
sentenza). 
Recentemente la questione � stata ripresa dal 

POTOTSCHNIG (Pronuncie elettorali del Consiglio 
comunale e funzione giurisdizionale, in �Giur. 
Oost. �, 1961, p. 1161). L'autore, che pur riconosce 
il carattere giurisdizionale della funzione di verifica 
dei poteri, attribuita dall'art. 66 Oost. al Parlamento, 
dall'art. 3 legge costituzionale 9 febbraio 
1948, n'. 1 alla Oorte e, sia pure con qualche perplessit�, 
dall'art. 29 legge 24 marzo 1958, n. 195 
al Oonsiglio Superiore della magistratura, esita a 
riconoscere, pur dando atto della ormai consolidata 
giurisprudenza contraria, tale carattere, alle funzioni 
attribuite ai Oonsigli, comunali e provinciali, 
in materia di contenzioso elettorale. Egli, comunque, 
postulata la natura giurisdizionale della funzione, 
accenna alla incompatibilit� del procedimento con 
le norme della Oostituzione, particolarmente con 
l'art. 111 Oost., che impone la motivazione di tutti i 
provvedimenti giurisdizionali, e con l'art. 25 Oost., 
in relazione all'effetto avocatorio prodotto dall'istanza 
degli interessati alla G.P.A. ove il Oonsiglio non 
abbia deciso in via definitiva sul ricorso nei due 
mesi dalla sua notificazione. 

Sopratutto l'A., facendo leva sul fatto che la legge 
23 marzo 1956, n. 136, pur riproducendo sostanzialmente 
norme anteriori alla Oostituzione, � e deve 
ritenersi legge nuova, ne ravvisa il contrasto con 
la VI disposizione transitoria della Oostituzione. 
Anche ammettendo che l'art. 102 Oost. vieti la istituzione 
di giudici speciali nuovi e diversi da quelli 
preesistenti, l'A. esclude che il Pa1�lamento possa legiferare 
in materia senza effettuare quella revisione, nel 
senso voluto dalla Oostituzione, che gli � imposta 
dalla VI disposizione transitoria. Questa revisione, 
secondo l'A. non potrebbe consistere solo in riforme 
processuali (contraddittorio, motivazione della decisione, 
assistenza del difensore), ma si ridurrebbe a 
questa alternativa; soppressione o trasformazione in 
giurisdizioni speciali. 

E a questo punto che interviene la sentenza annotata, 
nella quale la Oorte riaffr,rma la sua ormai 

consolidata interpretazione dell'art. 102, in relazione 
ai successivi artt. 108 e 111 ed alla VI disposizione 
transitoria della Oostituzione, nel senso, cio�, 
che questa non abbia soppresso il preesistente sistema 
del contenzioso elettorale, ma ne abbia solo disposto 
la revisione per adegua1'l,o ai prin<Jipi d�lla Costituzione. 


Alla stregua di questa consolidata ed autorevole 
interpretazione riteniamo, quindi, di poter senza 
altro affermare che la Oostituzione non ha soppresso 
n� ha disposto la soppressione delle giurisdizioni 
speciali preesistenti; ma ha lasciato il legislatore 
ordinario libero di sopprimerle, trasformarle in 
sezioni specializzate o conservarle, adfguando le 
norme, che le regolano, nella costituzione e nel funzionamento, 
ai principi della Oostituzione e delle 
altre leggi costituzionali. 

La tesi, da ultimo sostenuta dal Pototschnig, 
secondo la quale revisione equivale a soppressione o 
trasformazione in sezioni specializzate non � sorretta 
da alcun valido argomento e contrasta con lo 
insfgnamento autorevole della Oorte. 

Restano da esaminare due punti enunciati dal 
predetto autore; se sussista e possa essere pronunziata 
l'illegittimit� costituzionale di alcune delle 
norme, che rfgolano la composizione ed il funzionamento 
delle giurisdizioni speciali preesistenti; se al 
legislatore ordinario sia fatto assoluto divieto di 
dettare norme in materia senza procedere a revisione. 


Il primo quesito ci sembra di agevole soluzione, 
specie in relazione alla giurisprudenza della Oorte. 
Se la VI disposizione transitoria ha concesso un 
termine per la revisione, cio� per rendere compatibili 
con la Oostituzione le norme, che disciplinano 
le giurisdizioni speciali, con ci� stesso ha inteso 
consentire il loro provvisorio funzionamento in base 
a queste norme, ancorch� non conformi alla Oostituzione. 
Alcune di esse, perci�, sono in contrasto con 
i principi costituzionali, ma non ne pu� essere 
pronunziata l'illegittimit� costituzionale, avendo la 
Oostituzione espressamente consentito, sia pure in 
via temporanea, che continuassero ad avere applicazione. 


Sul secondo punto riteniamo di poter concordare, 
in linea di massima, con l'opinione espressa dal 
Pototschnig, nel senso, cio�, che la VI disposizione 
transitoria consenta la vigenza delle norme anteriori 
alla Oostituzione, ancorch� in contrasto con essa, 
ma vieti al legislatore ordinario di sostituire queste 
norme con altre anch'esse in contrasto con la Oostituzione 
ovvero di sostituirne solo alcune senza procedere 
alla completa revisione del sistema. Ma questo 
concetto, contrariamente a quanto assume l'autore 
citato, non pu� essere applicato alla legge 23 marzo 
1956, n. 136, che ha sostanzialmente riprodotto le 
stesse norme preesistenti per quanto riguarda il procedimento 
innanzi i Oonsigli comunali e provinciali. 


G. G. 

-137 CORTE 
DI CASSAZIONE 

AMMINISTRAZIONE PUBBLICA -Atto amministrativo 
-Forma -Attivit� materiale. 

REQUISIZIONI -Elemento sostanziale tipico -Apprensione 
del bene privato da parte della Pubblica 
Amministrazione. 

GUERRA -Mobilitazione civile di un'azienda per scopi 
di guerra -Conseguenze -Effetti. 

GUERRA -Contratti di guerra -Natura privatistica Differenza 
dalle requisizioni. 

GUERRA -Bando di guerra -Forma -Fattispecie. 

GUERRA -Danni di guerra -Nozione -Tutela -lnte.. 
resse legittimo. 

GUERRA -Stato di militarizzazione -Provvedimento 
costitutivo emesso a norma delle leggi di guerra Necessit�. 
(Corte di Cassazione, Sezioni Unite, Sentenza 
numero 1293/62 -Pres.: Verzi; Est.: Felicetti; P. M.: 
Maccarone (conf.) -Bianchi c. Ministero Difesa). 

Un atto amministrativo pu� sussistere indipendentemente 
dalla forma, ma, in tal caso occorre 
che sussista una attivit� materiale della P . .A., la 
quale riveli inequivocabilmente la volont� di conseguire 
il fine proprio dell'atto nel pubblico interesse 
e ne concreti i requisiti di sostanza. 

Elem�mto sostanziale tipico della requisizione � 
l'apprensione del bene privato con il passaggio 
di esso, in propriet� o in uso, alla P . .A. la quale 
ne acquista la disponibilit� e ne usa a suo piacimento 
in relazione alla pubblica finalit� che ha 
determinato l'atto. 

Dalla mobilitazione civile di una azienda per 
scopi di guerra deriva uno status soggettivo per 
il titolare implicante l'obbligo di prestare l'attivit� 
spiegata dalla azienda secondo le direttive 
dell'Amministrazione Militare, e legittima, quindi, 
l'iniziativa e gli ordini dell'Autorit� militare per 
tutto quanto attinente alla qualit�, tempo, luogo 
e requisiti specifici delle opere richieste. 

Deriva, altres�, un certo vincolo relativamente 

ai beni costituenti la azienda, nel senso che gli 

stessi debbano essere utilizzati unicamente per la 

produzione di opere pertinenti alla guerra o comun


que discrezionalmente ritenute tali dall' .Autorit� 

competente. 

Peraltro, da tali situazioni giuridiche non con


segue la giuridica impossibilit� di rapporti contrat


tuali fra l'Amministrazione Militare e il titolare 

dell'azienda inquadrabile nello schema dell'appalto 

entro i limiti imposti dalle finalit� d'interesse ge


nerale. e contingente perseguiti dall' .Amministra


zione; n� consegue l'apprensione delle attrezza


ture dell'azienda e il passaggio di essi in propriet� 

dell' .Amministrazione. 

Ranno natura contrattuale i rapporti instaurati 

fra la P . .A. e il privato per provvedere a necessit� 

belliche immediate ed indifferibili. L'art. ~ del 

R.D.L. 25 marzo 1948, n. 674 definisce �contratti 
di guerra� non solo i contratti stipulati ed approvati 
o soltanto stipulati, ma anche gli impegni 
sommari, le ordinazioni, i provvedimenti di autorit� 
e simili, comunque attinenti alle forniture, 
opere, lavori, e prestazioni, preordinati alla preparazione 
e alla condotta della guerra, ferme restando 
le disposizioni di legge sulle requisizioni. 
In tale disposizione, generica ed esemplificativa 
rientrano le varie situazioni nelle quali, per ragioni 
belliche contingenti, sono instaurati rapporti giuridici 
tra l'Amministrazione Militare e privati 
per la prestazione di opere, lavori, beni o servizi 
comunque attinenti alla preparazione e condotta 
della guerra, con espressa esclusione dei rapporti 
specificamente regolati d'alle leggi sulle requisi


zioni. 

L'Amministrazione � in essi parte preminente e 
dotata di poteri imperativi per tuttQ quanto attiene 
alla richiesta, esecuzione e retribuzione delle 
prestazioni. 

Ci� importa una limitazione dell'autonomia contrattuale 
della parte privata, ma non vale ad 
escludere la sostanziale natura di �contratti� in 
tali rapporti, i quali restano sempre inquadrabili 
negli schemi del diritto privato e rimangono nettamente 
distinti dalle requisizioni, espressamente 
lasciate al regolamento delle leggi che le disciplinano. 


Pertanto, la requisizione pu� essere ravvisata 

soltanto quando sussistono gli elementi tipici di 

essa, mentre le varie situazioni considerate nello 

art. 4 del R.D.L. n. 674 del 1948 danno luogo a 

contratti di guerra soggetti alla disciplina del 

R.D.L. 25 marzo 1948, n. 674. 
La potest� di �bando �, conferita all'autorit� 

militare in tempo di guerra dagli artt. 17 e 18 

del R.D. 8 luglio 1938, n. 1481, � per sua natura 

esercitabile in forma scritta e pubblica. Pertanto, 

non � ravvisabile un �bando di guerra � nelle 

dichiarazioni verbali di un comandante militare 

in un'adunanza privata. 

.A norma degli artt. 1, 3 lettera d e 4 della legge 

27 dicembre 1953, n. 965 � indennizzabile come 

danno di guerra la perdita di cose mobili o immobili 

adibite all'esercizio di un'attivit� professionale, 

commerciale o industriale determinata da fatto 

delle forze nemiche che abbia costretto il privato 

proprietario ad abbandonarle ovvero a subirne 

l'asportazione o la distruzione. 

Da tali eventi non deriva per il privato un di


ritto soggettivo perfetto tutelabile davanti ad 

organi giurisdizionali ordinari o speciali ma un 

interesse legittimo la cui tutela � proponibile sol


tanto in sede amministrativa. 

Lo stato di militarizzazione non pu� sorgere a 
posteriori da atto meramente dichiarativo, ma occorre 
un provvedimento costitutivo emesso dalla 
.Autorit� competente a norma delle leggi di guerra. 
Pertanto, l'attestazione posteriore circa la sussistenza, 
in passato, della militarizzazione, senza 


R ff

W ]~ 

-138 -. 


alcuna indicazione del provvedimento costitutivo 
di essa, non costituisce prova legale inoppugnabile, 
ma una semplice affermazione di conoscenza o di 
opinione, liberamente valutabile dal giudice. 

Trascriviamo la esauriente � e chiara motivazione 
di questa sentenza la cui importanza risulta evidente 
ove si consideri che la situazione dell'impresa Bianchi 
� la stessa di tutte le numerose imprese che in quella 
epooa lavoravano in Libia e furono costrette, per gli 
eventi bellici e per le esigenze militari, a spostarsi 
in Tunisia con tutte le attrezzature che in quella 
regione, caposaldo finale della guerra in Africa, 
andarono appunto perdute. 

Con il primo e secondo motivo del ricorso � 
denunciata la violazione delle norme disciplinanti 
il contratto in generale ed in particolare il contratto 
di appalto (art. 1325 e segg. O.e.) nonch� 
la falsa applicazione della legge 27 dicembre 1953, 

n. 965 sull'indennizzo dei danni di guerra e la violazione 
degli artt. 17 e 18 del R.D. 8 luglio 1938, 
n. 1415. Si sostiene che la Corte di merito abbia 
errato nel qualificare i rapporti, intercorsi in Africa 
Settentrionale fra l'impresa Bianchi e l'Autorit� 
Militare successivamente al 24 dicembre 1940, 
come normali rapporti contrattuali, soprattutto 
perch� mancava ogni accordo delle parti, essendo 
le condizioni di lavoro e l'attivit� dell'impresa 
regolati da ordini della suddetta autorit�, la quale 
-mediante una requisizione definita �atipica� 
-aveva privato il Bianchi della propriet� delle 
attrezzature della sua impresa, pur lasciandogliene 
il possesso. 
Tali censure non hanno fondamento. 

Essa riguardava la parte della motivazione della 
sentenza impugnata concernente il dichiarato difetto 
di giurisdizione in ordine alla pretesa di 
risarcimento per la perdita del cantiere, mentre 
�non vengono censurate le altre statuizioni relative 

agli altri capi di domanda. 

Va premesso che lo stesso ricorrente ammette 

la mancanza di un atto formale e specifico di 

requisizione della sua aiz�enda. Egli fonda la pro


. pria tesi sulla circostanza che nel dicembre 1940 
il Governatore Generale della Libia convoc� i 
titolari d'imprese di costruzioni operanti nella 
colonia e dichiar� loro verbalmente che le suddette 
imprese dovevano considerarsi �mobilitate 
a prestazioni di guerra � e tutte le attrezzature 
dovevano considerarsi �r�quisite ad esclusiva e 
completa disposizione dell'Amministrazione Militarti, 
restandone i titolari �custodi �, con divieto 
di disporne. In dipendenza di tale intimazione, le 
autorit� militari avrebbero posto in essere, una 
requisizione dell'azienda regolandone imperativamente 
l'attivit�, il che avrebbe determinato il 
trapasso dei beni alla P.A. senza lasciare adito 
a rapporti contrattuali -in ordine all'esecuzione 
delle opere imposte all'imprenditore -. � cos�, 
posta a base della censura in esame l'allegazione 
di una requisizione �di fatto� che escluderebbe 
la possibilit� di ravvisare, nello svolgimento dei 
rapporti tra il Bianchi e l'A.M., altro che le conseguenze 
della requisizione stessa, ed obblighe


rebbe la P.A. a corrispondere al Bianchi il corrispettivo 
delle attrezzature requisite, in seguito 
alla sopravvenuta perdita per causa bellica. Al 
riguardo si osserva. 

Si pu� ammettere che un atto amministrativo 
possa sussistere indipendentemente dalla forma, 
ma occorre in tal caso che sussista un'attivit� 
materiale della P.A. la quale riveli inequivocabilmente 
la volont� di conseguire il fine proprio dell'atto 
nel pubblico interesse e ne concreti i requisiti 
di sostanza. 

Elemento sostanziale tipico della requisizione 
in genere � l'apprensione del bene privato con il 
passaggio di esso, in propriet� o in uso, alla P.A., 
la quale ne acquista la disponibilit� e ne usa a 
suo piacimento in relazione alla pubblica :finalit� 
che ha determinato l'atto. 

Accertare quale sia stata l'attivit� della P.A. 
nel caso concreto e, in particolare, se vi sia stata 
l'apprensione del bene privato in uso o in propriet� 
� indagine in parte di fatto in parte di diritto. 


Tale indagine � stata nella specie compiuta 
negativamente dal giudice del merito, il quale 
ha dato ragione del proprio convincimento con 
criterio logico -giuridico che non risulta viziato 
da errori denunciabili in sede di legittimit�. 

La Corte ha accertato che le opere venivano 
eseguite non direttamente dall'Amministrazione 
Militare, avvalendosi dell'azienda del Bianchi ma 
da costui come titolare dell'impresa, con la sua 
organizzazione ed a proprio rischio, restando a 
lui l'assegnazione e la retribuzione degli operai, la 
propriet� e l'impiego delle attrezzature, la direzione 
e lo svolgimento dei lavori per l'esecuzione 
dei quali riceveva di volta in volta il compenso. 

Tutto ci� contrasta con quell'uso diretto del 
bene ch'� propriodella requisizione, la quale comporta 
per definizione l'effetto traslativo della propriet� 
o del godimento; onde il ricorrente � stato 
costretto ad ipotizzare una strana f<;>rma di requisizione, 
definita �atipica �, in virt� della quale la 
propriet� dei beni della sua azienda sarebbe passato 
all'Amministrazione militare mentre egli ne 
avrebbe conservato il possesso. 

Ma ci� non � conforme ai principi giuridici in 
quanto la requisizione importa il trasferimento 
della disponibilit� del bene e quindi del possesso 
di questo; n� appare conforme alla logica poich� 
l'Amministrazione Militare, per realizzare i propri 
fini, non avrebbe avuto necessit� di ricorrere ad 
un cos� anomalo sistema, essendole pi� che sufficiente 
la requisizione in uso -che lo stesso ricorrente 
esclude -e che, per altro, neppure avrebbe 
potuto essere posto a fondamento della domanda 
dato che,� per l'art. 73 della legge sulla requisizione 
n. 1741 del 1940, l'indennit� per la perdita 
della cosa requisita in uso spetta soltanto Ee il 
perimento � collegabile con nesso di causalit� 
all'uso della cosa stessa o a compo:t'tamento colpevole 
della P.A. E nella specie il perimento-Bi verific� 
per evento di guerra. 

Da ci� la necessit�, per il ricorrente, di sottrarsi 
all'applicazione del principio res perit domino allegando 
la requisizione in propriet�. Ma, per potersi 


n "� n "� 
-139


ritenere quanto egli sostiene, occorrerebbe ammettere 
che il Bianchi gestisse l'impresa per conto 
della P.A., perch� soltanto in tale ipotesi si potrebbe 
giustificare la permanenza della disponibilit� 
dei beni nonostante la perdita della propriet�. 
Senonch�, come si � rilevato, gli accertamenti 
di fatto della Oorte di merito -insindacabili 
in questa sede -lo escludono. 

N� dalle circostanze che l'ordine dal quale sarebbe 
derivata la requisizione imponeva di tenere 
a disposizione dell'Autorit� Militare i cantieri per 
l'esecuzione di opere diverse, con l'obbligo di 
non alienare le attrezzature, e che i lavori venivano 
richiesti con ordini particolari impartiti di 
volta in volta, deriva la conseguenza -esattamente 
esclusa dalla Oorte di merito -che la 
propriet� delle attrezzature fosse passata alla 

P.A. 
Trattasi, invero, di situazioni di per s� non idonee 
a produrre tale effetto giuridico; come inidonea 
allo stesso fine � l'altra circostanza (pure 
dedotta con il ricorso) che delle cennate attrezzature 
fosse stato redatto un inventario, perch� 
questo atto non basta a concretare un'apprensione 
(tanto meno un trasferimento di diritti) 
ben potendo essere disposto al mero scopo d'impedire 
alterazioni o dispersioni di beni senza ottenerne 
la titolarit� giuridica, ed anzi proprio nel 
presupposto che le cose inventariate rimangano al 
loro proprietario. 

Non risulta in contrasto con alcuna norma di 
diritto n� con alcun criterio di logica la (motivata) 
affermazione della Oorte secondo la quale 
-rimasto in realt� ineseguito l'ordine verbale, 
che, sostanzialmente preannunziava le requisizioni 
-il Bianchi continu� a concludere con la 

A.M. contratti di appalto, sia pure nella condizione 
di mobilitato civile. 
La deduzione del ricorrente secondo la quale la 
Oorte di merito avrebbe ravvisato un consenso 
del Bianchi l� dove non vi poteva essere perch� 
i lavori da eseguire gli venivano prescritti dalla 
Amministrazione Militare con atti imperativi contenenti 
fra l'altro, l'ammonizione che si poteva 
incorrere in sanzioni � per inadempimento ai doveri 
di mobilitazione�; come l'altra deduzione secondo 
la quale la stessa Oorte avrebbe errato nel ritenere 
che l'organizzazione dei mezzi necessari non 
fosse stato assunto dalla medesima Autorit�, non 
soltanto si infrangono di fronte al contrario avviso 
espresso dalla ripetuta Oorte in base a diversa 
valutazione delle risultanze processuali, ma risultano 
addi;rittura irrilevanti. 

La mobilitazione civile, disposta dal Governa


tore della Libia per tutte le aziende esistenti nel 

territorio con provvedimento dell'aprile 1941 al 

quale la Oorte di merito si � riferita non va con


fusa con la requisizione, sostenuta dal ricorrente, 

n� pu� ritenersi in contrasto con la stipulazione 

di contratti di appalto fra i titolari delle aziendp 

militari e l'Amministrazione Militare. 

Dalla mobilitazione civile di un'azienda per 
scopi di guerra deriva, uno status soggettivo per 
il titolare implicante l'obbligo di prestare l'attivit� 
spiegata dall'azienda stessa secondo le diret


4 

tive dell'Amministrazione Militare, il che legittima, 
quindi l'iniziativa e gli ordini dell'Autorit� 
militare per tutto quanto attinente alla qualit�, 
tempo, luogo e requisiti specifici delle opere richieste. 
Deriva, altres�, un certo vincolo relativamente 
ai beni costituenti l'azienda, D:�l senso 
che gli stessi debbano essere utilizzati unicamente 
per la produzione di opere pertinenti alla guerra 

o comunque discrezionalmente ritenute tali dalla 
Autorit� competente. 
Ma n� dall'una n� dall'altra situazione giuridica 
consegue la giuridica impossibilit� di rapporti 
contrattuali fra l'Amministrazione Militare 
e il titolare dell'azienda inquadrabili nello schema 
dell'appalto entro i limiti imposti dalle :finalit� di 
interesse generale e contingente perseguiti dalla 
Amministrazione, come non ne consegue -il che 
� decisivo ai fini diquesta causa -l'apprensione 
delle attrezzature dell'azienda e il passaggio di 
esse in propriet� dell'Amministrazione. 

Non giova rilevare in contrario che tiella specie 
difettasse la possibilit� di una libera contrattazione 
anche in relazione al compenso, poich� 
anche ci� pu� incidere sul particolare regolamento 
giuridico dei singoli rapporti in concreto posti iil 
essere� ed eseguiti ma non vale ad escluderne la 
sostanziale natura di contratti e tanto meno a 
trasformarli in requisizione di beni. 

L'ordinamento giuridico ha previsto lo stato 
di cose prospettato dal ricorrente e lo ha previsto 
nel senso di non escludere la natura contrattuale 
dei rapporti instaurati fra la P.A. e il privato, 
per l'esigenza di provvedere a necessit� belliche 
immediate ed indifferibili, come risulta dalla considerazione 
che l'art. 4 del R.D.L. 25 marzo 1948, 

n. 674 definisce �contratti di guerra� non solo 
i contratti stipulati ed approvato o soltanto stipulati, 
ma anche �gli impegni sommari, le ordinazioni, 
i provvedimenti di autorit� e simili; comunque 
attinenti alle forniture, opere, lavori e prestazioni 
preordinati alla preparazione e alla condotta 
della guerra, ferme restando le disposizioni di 
legge sulle requisizioni�. 
In tale disposizione, generica ed esemplificativa 

rientrano le varie situazioni nelle quali, per ragioni 

belliche contingenti, sono instaurati rapporti giu


ridici tra l'Amministrazione Militare e privati 

per la prestazione di opere, lavori-, beni o servizi 

comunque attinenti alla preparazione e condotta 

della guerra, con espressa esclusione dei rapporti 

specificamente regolati dalle leggi sulle requisi


zioni. 

� connaturale alla prima specie dei cennati 

rapporti -come particolarmente si deduce dal 

riferimento ai �provvedimenti di autorit� e si


mili� nonch� della considerazione della parti


colare gravit� ed importanza dell'interesse collet


tivo tutelato e dello stato di necessit� inerente 

alla guerra -che� l'Amministrazione Militare 

sia in essi parte preminente e dotata di poteri 

impel'ativi per tutto quanto attiene alla.richiesta, 

esecuzione e retribuzione delle prestazioni. 

Oi� importa bens� una limitazione dell'autonomia 
contrattuale della parte privata, ma per 
volont� del legislatore e non vale ad escludere 



-140 


ia sostanziale natura di �contratti� nei rapporti 
ln discorso, i quali restano pur sempre inquadrati 
negli schemi del diritto privato e rimangono altres� 
nettamente distinti dalle requisizioni, espressamente 
lasciate al regolamento delle leggi che le 
disciplinano. 

Pertanto, anche in virt� della richiamata norma 
di legge, la requisizione pu� essere ravvisata soltanto 
quando sussistono gli elementi tipici di 
essa, mentre le varie situazioni considerate fra 
le quali quella prospettata del ricorrente danno 
luogo a. contratti di guerra soggetti alle 
disposizioni del D.L. 25 marzo 1948, n. 674~ 

A questo propm;ito va considerato che la Corte 
di merito non ha mancato di rilevare che lo stesso 
ricorrente, prima d'instaurare il presente giudizio, 
si rivolse per l'appunto agli organi speciali 
istituiti con il sopra citato decreto per la � sistemazione 
e liquidazione dei contratti di guerra � 
e ne ottenne il pagamento residuo delle opere eseguite; 
in tal modo riconoscendo la natura contrattuale 
dei rapporti avuti con l'A.M., che oggi, 
contraddittoriamente, tenta di contestare. 

Non sussistono, quindi, ragioni apprezzabili per 
censurare l'accertamento della Corte secondo il 
quale l'asserita requisizione � atipica � non fu 
posta in essere e la propriet� delle attrezzature 
rimase al Bianchi. 

N� ha rilevanza la censura relativa all'interpretazione 
data dai giudici del merito ai poteri del1'
Autorit� Militare in base alla legge di guerra 
8 luglio 1938, n. ,1415, (interpretazione secondo 
la quale l'Autorit� suddetta non avrebbe neppure 
avuto la facolt� di ordinare requisizioni) poich� 
trattasi di un'argomentazione ad abundantium che 
la Corte ha creduto di addurre a conferma dello 
accertamento -fondato su molteplici altri elementi 
-che requisizione non vi fu. Non costituendo, 
pertanto, tale argomentazione la ratio 
decidendi della sentenza impugnata, non � neppure 
il caso di occuparsene: � solo opportuno 
osservare che l'invocata potest� di �bando� conferita 
in tempo di guerra dagli artt. 17 e 18 del 

R.D. 8 luglio 1938, n. 1415 richiamati dal ricorrente 
-qual che ne sia la portata -� per sua 
natura esercitabile in forma scritta e pubblica, 
si che non � ravvisabile un �bando di guerra� 
nelle dichiarazioni verbali di un comandante militare 
(nella specie, per altro, del Governatore di 
una colonia) in un'adunanza privata. 
In dipendenza di quanto sin qui esposto, risulta 
infondato l'assunto che la Corte del merito abbia 
falsamente applicato la legge 27 dicembre 1953, 

n. 968. 
Esclusa la requisizione -ed essendo fuori contestazione 
che il perimento delle attrezzature 
si verif�.c� a causa dell'occupazione nemica, che 
costrinse il proprietario di esse ad abbandonarle, 
esattamente la Corte di merito ha ravvisato 
ai soli fini dell'indagine sulla giurisdizione -gli 
estremi del danno di guerra. 

A norma, infatti, degli art. 1, 3 lettera d e 4 
della legge ora citata � per l'appunto indennizzabile 
come danno di guerra la perdita di cose mobili 

o in�11bili adibite all'esercizio di un'attivit� professionale, 
commerciale o industriale, determinata 
da fatto delle forze nemiche che abbia costretto 
il privato proprietario ad abbandonarle ovvero 
a subirne l'asportazione o la distruzione. 

E da tali eventi, come altre volte questo Supremo 
Collegio ha avuto occasione di rilevaret 
non deriva per il privato uri. diritto soggettivo 
perfetto tutelabile davanti ad organi giurisdizionali 
ordinari o speciali, ma un interesse legittimo 
la cui tutela � proponibile soltanto in sede amministrativa. 
(Cassazione 9 maggio 1955, n. 1320; 
25 ottobre 1954, n. 4087). 

Con il terzo motivo � denunciata l'omessa, insufficiente, 
contraddittoria motivazione della sentenza 
impugnata in ordine a punti decisivi della 
controversia. 

Con tale censura il ricorrente ha tentato d� 
portare al riesame della Corte Suprema le risultanze 
processuali, il che gli � inibito, e di prospettare 
come difetti di motivazione gli apprezzamenti 
di fatto delle Corte di merito non conformi 
alla tesi da lui sostenuta. 

La Corte ha esaminato, come emerge dalla. 
motivazione, tutta la documentazione prodotta, 
non esclusi gli �ordini� per l'esecuzione delle 
opere belliche commesse all'impresa Bianchi e 
per gli spostamenti della mano d'opera e delle 
attrezzature a secondo delle necessit� della guerra~ 
e ne ha dato interpretazione nel senso che essi 
non escludevano la persistenza di contrattazioni 
private, non dimostravano l'allegata requisizione 
delle attrezzature e tanto meno l'asserito trasferimento 
della propriet� di queste alla P.A. Valutazioni, 
queste, immuni da errori di logica o di 
diritto e solo difformi da quelle del ricorrente. 
Il quale, in sostanza, accusa la Corte di � travisamento, 
di fatti � senza avvertire che, ancorch� 
sussistere, questo non sarebbe denunciabile in 


sede di legittimit�. 

Il solo punto della censura in esame con il quale 
� prospettato un errore giuridico � quello che 
investe l'accertamento negativo della Corte di 
merito in ordine all'allegato status di militarizzazione. 


A questo riguardo i giudici del merito hanno� 
espresso il convincimento che non sussistesse. 
alcuna prova attestante l'emissione di un provvedimento 
della competente Autorit� idoneo a 
costituire lo status sopra cennato ed ha negato� 
valore ad una certificazione del Ministero della 
difesa, rilasciata su domanda dell'interessato nel 
1956, con la quale fu dichiarato che l'impresa 
Bianchi, durante l'ultimo conflitto, era stata 
�militarizzata ai soli effetti penali e disciplinari�. 
La Corte ha dichiarato di �disapplicare� tale certificazione, 
ma, in sostanza, l'ha disattesa. 

Di ci� si duole specificamente il Bianchi, ma 
a torto poich� lo stato di militarizzazione non 
pu� sorgere � a posteriori� da atto meramente 
dichiarativo, ma occorre un provvedimento costitutivo 
emesso dall'Autorit� competelit� a norma 
delle leggi di guerra; sicch� l'attestazione posfum-a .circa 
la sussistenza, in passato, delle militarizzazioni, 
senza alcuna indicazione del provvedimento 
costitutivo di essa, non costituisce prova legale 


-141


inoppugnabile ma una semplice affermazione di 
conoscenza o di opinione, liberamente valutabile 
dal giudice. 

Ci� senza dire (e la Corte di merito non ha mancato 
di rilevarlo) che nelle specie, secondo lo stesso 
tenore del documento, la pretesa militarizzazione 
dell'azienda Bianchi, sarebbe stata limitata �ai 
soli effetti penali e disciplinari �. Il che -riferendosi 
alle persone e non alle cose -lascerebbe 
comunque impregiudicata ogni questione in ordine 
all'asserita requisizione in propriet� dell'attrezzature 
dell'azienda suddetta. 

Il ricorso dev'essere, pertanto, rigettato. 

DOGANA -Presentazione della merce -Obbligo impo � 

sto al Capitano -Modalit� (art. 42 1.25 settembre 

1940 n. 1424)-Infrazione -Contravvenzione (art. 130 

stessa l.) -Operativit� -Fideiussione prestata dal 

raccomandatario. 

RESPONSABILITA' CIVILE -Risarcimento danni 

patrimoniali derivanti dal reato -Condanna da 

parte del giudice civile. 

CORTE COSTITUZIONALE -Questione di costituzionalit� 
-Rilevanza ai fini della decisione della 
causa -Preliminarit� rispetto alla delibazione di 
infondatezza. 

APPELLO -Eccezioni non riproposte -Presunzione di 
rinunzia (art. 346 cpc.). (Corte di Cassazione, Sezione 
I, Sentenza n. 2025/62 -Pres.: Verz�; Est.: Giannattasio; 
P.M. Colonnese '(conf.) -Soc. Cosulich c. 
Finanze). 

I) Il capitano della nave, che non provvede 
alla presentazione delle merci alla Dogana o non 
vi provvede con tutti gli adempimenti prescritti 
dall'art. 42 della legge doganale 25 settembre 
1940, n. 1424, commette violazione della ricordata 
norma, passibile di sanzione ai sensi dell'art. 130 
stessa legge -Per effetto di tale infrazione, 
spiega efficacia la fideiussione prestata dal raccomandatario 
della nave che approda in un porto 
della Repubblica (nella specie, Genova), con 
espressa rinuncia al beneficio d'escussione, per il 
pagamento delle multe, spese e diritti dovuti 
alla Finanza per le contravvenzioni ai regolamenti 
doganali, in cui sono incorsi i capitani de.i 
piroscafi da essi raccomandati. 

II) Il giudice civile, ove da un reato consegua un 
danno patrimoniale, pu� condannare l'autore di 
questo al risarcimento, anche se si � verificata 
l'estinzione, del reato. 

III) La questione di legittimit� costituzionale in 
tanto pU,� indurre il giudice a rimettere gli atti 
alla Corte Costituzionale e a sospendere il giudizio, 
in quanto si tratti di questione rilevante ai fini 
della risoluzione della causa nella quale la questione 
di legittimit� costituzionale viene sollevata, 
e l'accertamento di tale rilevanza � preliminare 
alla delibazione sulla manifesta o non manifesta 
infondatezza della questione stessa. 

IV) Se � vero che non � necessario proporre appello 
incidentale per la riproposizione delle domande 

e delle eccezioni, non accolte in primo grado, per 
la parte che non abbia interesse a proporre gravame 
per essere riuscita vittoriosa in causa per 
altra via, tale parte deve, tuttavia, sotto pena 
di incorrere nella presunzione di cui all'.art. 346 

C. p. c., espressamente riproporre in appello le 
eccezioni medesime in modo chiaro e preciso. 
La sentenza � cos� motivata: 

Con il primo motivo la ricorrente denunciando la 
violazione e la falsa applicazione degli artt. 34, 
42 e 130 della legge 25 settembre 1940, n. 1424, 
dell'art. 139 Regolamento 13 febbraio 1896, n. 65 
e degli artt. 1936 e segg. Codice civile, in relazione 
all'art. 360 n. 3 C.p.c., nonch� il vizio di omessa, 
insufficiente e contraddittoria motivazione su diverso 
punto decisivo della contraversia (art. 360 

n. 5 C.p.c.) assume che nessun fatto contravvenzionale 
era imputabile al comandante e quindi 
la fideiussione non poteva essere utilmente invocata. 
.Al riguardo la ricorrente sostiene che: a) la 
Corte di merito, ritenendo che la violazione di legge 
commessa dal comandante consistesse nella mancata 
presentazione delle merci alla Dogana di 
arrivo, ha errato perch� una tale violazione non � 
stata mai prospettata dalla controparte, ma non 
� mai esistita, perch� si provvide immediatamente 
alla presentazione delle merci alla Dogana 
mediante esibizione del manifesto del carico, di 
copia di esso in italiano e della polizza di carico, 
tanto che gli inviti di pagamento e le ingiunzioni 
identificano la causa petendi nel mancato scarico 
del manifesto merci in arrivo; b) nella specie non 
ricorreva alcuna violazione dell'art. 42 comma 2� 
legge doganale, giacch� la Dogana ha imputato 
al capitano soltanto di non aver curato l'appuramento 
del manifesto per determinate partite, n� 
comunque ricorrevano le circostanze di fatto che 
presuppongono quella violazione; c) � irrilevante 
il richiamo all'art. 34 legge doganale, perch� la 
Corte non ha dimostrato se e quale norma di quella 
legge sia stata violata; d) la Corte di merito, ritenendo 
. che il fatto contravvenzionale consistesse 
nella violazione dell'art. 139, comma 50 Regolamento 
13 febbraio 1896, n. 65 in relazione allo 
art. 130 comma 20 legge doganale, ha errato perch� 
quest'ultima disposizione si riferisce soltanto 
alle norme del nuovo emanando regolamento e 
non anche alle norme di quello del 1896: comunque 
la contravvenzione non ricorrerebbe ugualmente 
perch� il regolamento del 1896 non commina 
alcuna ammenda o pena pecuniaria a carico del 
comandante per il mancato appuramento del 
manifesto; e) anche ammessa la sussistenza del 
fatto contravvenzionale, questo non potrebbe essere 
imputato al comandante, poich� sarebbe 
stato commesso dall'impresa di sbarco (vigendo 
nel porto di Genova lo sbarco di amministrazione), 
onde la fideiussione prestata dalla raccomandataria 
verso la Dogana non sarebbe operante-per-_ 
ch� limitata ai reati commessi personalmente dal 
comandante. 
Tale motivo � infondato. Invero, dopo aver 
dato la definizione della linea doganale (art. 1), 


-142 

la legge doganale 25 settembre 1940, n. 1424 stabilisce 
all'art. 4 che il passaggio della linea doganale 
di merci soggette a diritti di confine fa sorgere 
a favore dello Stato il diritto all'imposta, e 
al successivo art. 5 aggiunge che al pagamento 
dell'imposta sono obbligati il proprietario della 
merce e tutti coloro per conto dei quali la merce 
� stata importata o esportata. L'art. 16 0.p.v., 
poi, per consentire alla Dogana di realizzare il 
suo credito, senza procedere a ricerche dirette 
alla identificazione del titolare e senza essere 
costretta a subire la remora di contestazioni, considera 
proprietario della merce colui che la presenta 
in dogana o la detiene al momento del passaggio 
della linea doganale, salvo, in ogni caso, il 
diritto della Dogana di accertare ad ogni effetto 
di legge, chi abbia effettivamente la propriet� 
della merce, oggetto delle operazioni doganali. 
L'art. 17 stabilisce quindi che ogni qualvolta sia 
prescritto al proprietario della merce di fare una 
dichiarazione o di compiere determinati atti, oppure 
di osservare speciali obbli.ghi o norme, il proprietario 
pu� agire all'uopo a mezzo di rappresentante. 

Se queste sono le norme che valgono in generale, 
una disciplina particolare e pi� semplice si ha 
allorquando le merci soggette a dogana formano 
oggetto di spedizione marittima. La situazione � 
sostanzialmente pi� semplice, perch� la Dogana 
si trova di fronte ad un soggetto, al quale meglio 
che ad ogni altro si possono riferire gli adempimenti 
di cui si tratta, poich� il capitano, oltre ad 
essere il r~ppresentante del vettore marittimo, � 
il detentore del carico per conto degli aventi diritto 
(art. 295 secondo comma e 887 Ood. nav.). 
I capitani -nozione questa nella quale sono 
compresi tutti i conduttori di navi (art. 34 primo 
comma legge doganale), -ove queste sono dirette 
ad un porto dello Stato entro la zona di vigilanza, 
devono essere muniti del �Manifesto del carico � 
(art. 36) contenente, fra l'altro, le indicazioni 
della specie del carico, e, secondo i casi, della quantit� 
in volume delle merci alla rinfusa, del numero, 
qualit� e peso lordo dei colli, dei documenti che 
accompagnano le merci, dei nomi dei destinatari 
di ogni partita (art. 37). Il capitano che approda 
in qualunque porto della Repubblica deve inoltre 
presentare alla Dogana il Manifesto del carico con 
gli altri documenti del trasporto (art. 38); e, per 
lo sbarco e la presentazione delle merci alla Dogana 
deve esibire, insieme con il manifesto del carico, 
una copia di esso, compilata in lingua italiana 
sul modello stabilito dal Ministero delle Finanze, 
nonc)l.� le polizze di carico e deve rendere conto, 
ad ogni richiesta della Dogana, delle merci iscritte 
a manifesto �(art. 42). Il complesso di tutti gli 
adempimenti che incombono al capitano � riassunto 
nell'art. 34 O.p.v. secondo cui i capitani 
sono responsabili della osservanza delle norme 
stabilite dalla legge doganale nei riguardi delle 
merci trasportate. Per l'inosservanza delle disposizioni 
citate e di altre contenute nella legge doganale 
il capitano � passibile di sanzioni penali (articoli 
117, 124, 130) e il pagamento delle multe e 
delle ammende non esime dall'obbligo del pagamento 
dei diritti doganali (art. 145). 

Precisato cos� il sistema della legge doganale, 
nella parte che pi� interessa l'attuale controversia, 
agevole � la critica alle singole censure che vengono 
mosse alla denunciata sentenza. La mancata presentazione 
delle merci alla Dogana, nei modi prescritti 
dalla legge, (e che la Corte di merito ha 
insindacabilmente accertato, perch� non � presentazione 
delle merci l'iscrizione di queste nel 
manifesto d'arrivo e l'esibizione del solo manifesto) 
costituisce infrazione alla norma del ricordato 
art. 42 il quale, come si � visto, pone proprio a 
carico del capitano lo sbarco e la presentazione 
delle merci alla Dogana. Anche se gli inviti e le 
ingiunzioni identificano la causa petendi nel mancato 
scarico (appuramento) del manifesto in arrivo, cio� 
della mancata corresp�onsione del diritto doganale, 
poich� l'appuramento del manifesto in realt� non 
� un atto del capitano o di un suo mandatario, 

o del vettore o dell'armatore, ma unicamente dell'Amministrazione 
doganale, il mancato appuramento 
non rappresenta altro che la sicura prova 
del mancato pagamento dei debiti doganali, cio� 
la dimostrazione della mancata presentazione, da 
parte del capitano, delle merci alla dogana d'arrivo. 
� ovvio che non debba trattarsi di una 
materiale presentazione del carico, ma poich� la 
legge precisa le modalit� di tale formale presentazione, 
esse non sono suscettibili di equipollenti 
ne possono essere compiute solo in parte. Non 
importa che al capitano non sia stata mossa direttamente 
alcuna contestazione, poich� la raccomandataria 
� a lui legata da un rapporto di solidariet� 
passiva. La responsabilit� personale dei raccomandatari 
delle navi -almeno nel porto di 
Genova -trae origine dall'atto di sottomissione 
rilasciato all'Amministrazione :finanziaria con il 
quale i raccomandatari hanno presentato fideiussione, 
con espressa rinuncia al beneficium excussionis, 
per il pagamento di tutte le multe, spese 
e diritti che fossero dovuti alla Finanza dello 
Stato a seguito delle contravvenzioni ai vigenti 
regolamenti doganali, in cui siano incorsi o potranno 
incorrere verso la Dogana i capitani e 
comandanti di piroscafi, di cui essi non sono raccomandatari. 
Non ha poi rilevanza alcuna eccepire che il 
capitano non sarebbe incorso in alcuna contravvenzione, 
perch� aveva affidato le operazioni di presentazione 
e relativo appuramento del manifesto 
ad una impresa di sbarco, cos� come si pratica 
nel porto di Genova, perch� l'art. 34 fa risalire 
ogni responsabilit�, accompagnata anche da sanzioni 
d'ordine penale (art. 130) per l'inosservanza 
delle norme stabilite dalla legge nei riguardi delle 
merci trasportate, sicch� non basta demandare 
all'impresa di sbarco, nel quadro dell'intero ciclo 
delle operazioni ad essa assumesse dal vettore 
marittimo la presentazione delle merci, anche 
tale impresa, agendo come mandataria del vettore 
marittimo e quindi del capitano, non copre 
qu�st'ultimo dalla responsabilit� per fattQ �9n-:_ 
travvenzione, dovendo sempre il capitano, come � 
stato precisato, rendere conto, ad ogni richiesta 
della Dogana, delle merci iscritte a manifesto 
(art. 42) e rimanendo sempre responsabile della 


-143 


osservanza di tali doveri fintantoch� non risulti 
che le merci siano state prese in consegna dalla 
Dogana nei recinti o magazzini di temporanea 
custodia ecc. (art. 139 Reg. 13 febbraio 1896, 

n. 65). N�, infine, vale sostenere l'inapplicabilit� 
alla specie del secondo comma dell'art. 130 della 
legge doganale che stabilirebbe le sanzioni per le 
violazioni delle norme che saranno contenute in 
un regolamento ancora da emanare, perch� la 
denunciata sentenza fa riferimento non gi� al 
secondo, ma al primo comma dell'art. 130 che 
determina le sanzioni per qualsiasi violazione 
della legge doganale, per la quale non sia comminata 
una sanzione speciale. 
Oon il secondo motivo la ricorrente, denunciando 
la violazione e la falsa applicazione degli artt. 2043 
segg. O.e. e dell'art. 385 O.p., in relazione all'articolo 
360 n. 3 O.p.c. assume che, essendosi prescritto 
il preteso reato, la Oorte di merito non 
poteva procedere all'accertamento del reato stesso, 
perch� il giudice civile � facoltizzato in via eccezionale 
a compiere tale accertamento esclusivamente 
nel caso che la parte lesa chieda il risarcimento 
di un danno non patrimoniale, e non anche 
nel caso che, come nella specie, si tratti di danno 
patrimoniale, nel qual caso il giudice civile ha 
semplicemente il potere-dovere di accertare la 
sussistenza dell'illecito civile e di stabilire le conseguenziali 
responsabilit�. Tale censura � fondata 
su di un palese equivoco, che prescinde dalla 
chiara disposizione dell'art. 198 O.p. secondo il 
quale �l'estinzione del reato... non importa la 
estinzione delle obbligazioni civili derivanti dal 
reato, salvo che si tratti delle obbligazioni indicate 
nei due articoli precedenti� (che qui, peraltro, 
non interessano). Oi� significa che il giudice 
civile, una volta che il danno patrimoniale discende 
da un reato (come nel caso di danno rappresentato 
dalla mancata riscossione del tributo) 
pu� benissimo condannare l'autore del reato al 
risarcimento del danno patrimoniale, anche se si 
� verificata l'estinzione del reato. La giurisprudenza 
invocata dalla ricorrente, secondo la quale 
al giudice civile, chiamato a conoscere delle conseguenze 
di un fatto illecito, � consentito accertare 
preventivamente se il fatto medesimo costituisce 
reato, ai fini della condanna ai danni non 
patrimoniali, solo quando sia intervenuta una 
causa di estinzione del reato, � esatta ma non 
riguarda il caso in esame, perch� se � vero che il 
giudice civile pu� risarcire il danno non patrimoniale 
compiendo tale accertamento, non � vero 
che l'autore del reato estinto o non, possa essere 
tenuto solo al risarcimento di danni non patrimoniali 
e non anche a quello dei danni patrimoniali. 

Oon il terzo motivo la ricorrente eccepisce in 
subordine l'illegittimit� costituzionale dell'articolo 
130 legge 25 settembre 1950, n. 1424, in relazione 
all'art. 23 della Oostituzione, assumendo che 
il comma 20 del citato art. 130 legge doganale, se 
avesse la portata indicata dalla Oorte di merito, 
sarebbe in contrasto con il citato art. 23 della 
carta costituzionale -il quale stabilisce la 
�riserva di legge� per tutte le prestazioni pecuniarie 
ed in particolare per quelle aventi natura 

di sanzione penale -perch�, disponendo che, 
�per violazione delle norme contenute nel regolamento 
per l'applicazione di questa legge pu� 
essere comminata nel regolamento stesso la pena 
dell'ammenda da L. 20 a L. 1000 � annette al 
potere esecutivo la determin�zione �dei presupposti 
della prestazione pecuniaria, i quali presupposti 
dovrebbero invece essere spedficati dal legi, 
slatore. 

La censura � infondata perch� gi� � stato dimostrato 
che la sentenza denunciata fa riferimento 
al primo e non al secondo comma dell'art. 130 
della legge doganale, per cui la questione di costituzionalit� 
sollevata, anche se fosse fondata sarebbe 
irrilevante. Infatti la questione di legittimit� 
costituzionale, in quanto pu� indurre il giudice 
a rimettere gli atti alla Oorte Oostituzionale 
e a sospendere il giudizio, in quanto si tratti di 
questione rilevante ai fini della risoluzione della 
causa nella quale la questione di legittimit� costituzionale 
viene sollevata; e l'accertamento di tale 
rilevanza � preliminare alla delibazione sulla 
manifesta o non manifesta infondatezza della 
questione stessa (Oassazione Sezioni Unite, 22 marzo 
1962, n. 593). 

Con il quarto motivo la ricorrente -denunciando 
la violazione e la falsa applicazione dell'art. 
27 legge 25 settembre 1940, n. 1424 e dello 
art. 2935 O.e., in relazione all'art. 360 n. 3 O.p.c. 
-assume che, contrariamente a quanto ritenuto 
dalla Oorte di merito, nella specie si era gi� verificata 
la prescrizione, perch�: a) il termine quinquennale 
di prescrizione non ha iniziato a decorrere 
dal 12 marzo 1955, data della bolletta rilasciata 
al ricevitore, in quanto tale bolletta si 
riferisce soltanto a somme depositate a garanzia 
dei diritti gravanti sulla merce; b) poich� la legge 
doganale non prevede espressamente l'ipotesi del 
mancato accertamento dei tributi, e poich� vanno 
applicati i principi generali in tema di prescrizione 
ed in particolare il disposto dell'art. 2935 
O.e., nella specie il termine di prescrizione ha 
cominciato a decorrere dal momento in cui le 
merci vennero sbarcate, se non addirittura dal momento 
in cui le merci passarono la linea doganale. 

Anche tale censura non ha fondamento. L'ecce


zione di prescrizione non fu esaminata dal Tribu


nale perch� ritenuta assorbita, non fu riproposta 

in appello dalla raccomandataria, se non nella 

comparsa conclusionale, cio� irritualmente. La 

Oorte d'Appello l'ha presa ugualmente in esame 

per respingerla, ma ci� non doveva fare, perch� 

se � vero che non � necessario proporre appello 

incidentale per la riproposizione delle domande 

e delle eccezioni non accolte in primo grado per 

la parte che non abbia interesse a proporre gra


vame per essere riuscita vittoriosa in causaper 

altra via, tale parte deve tuttavia, sotto pena di 

incorrere nella presunzione di cui all'art. 346 O.p.c., 

espressamente riproporre in appello le eccezioni 

medesime in modo chiaro e preciso (Cassazione 

14 febbraio 1959, n. 450). L'errore in cui � incorsa 

la Oorte di merito nell'esaminare l'eccezione non 

riproposta � privo dipratiche conseguenze, perch� 

l'eccezione � stata respinta; ma ove la Corte, fosse 


E* ::Wft filW': if E* ::Wft filW': if 
-144 


giunta ad opposta conclusione ed avesse accolta 
l'eccezione, sarebbe incorsa nel vizio di extrapetizione, 
per violazione dei limiti fissati dall'articolo 
112 C.p.c. (Cassazione 23 gennaio 1961, n. 100). 

A) Il CapUano della Nave, per le merci trasportate, 
concentra in s�, a norma del codice della Navigazione 
(art. 295, 2� comma e 305 e 312) la duplice 
figura di rappresentante del vettore marittimo e di 
detentore del carico per conto dell'avente diritto. 
Nel sistema della legge doganale, pertanto, esso, 
quale titolare, �atl' atto del passaggio della linea doganale, 
di un potere giuridico e fisico sulle merci 
trasportate, partecipa della categoria dei soggetti 
passivi dell'obbligazione tributaria nella nozione 
datane dal combinato disposto degli artt. 5 e 16 
della legge 1424 del 1940. Da ci� hanno origine 
gli adempimenti che, quali presupposti necessari 
per l'accertamento, la liquidazfone e la riscossione 
dei diritti doganali, la legge predetta impone, per 
le merci trasportate, al Capitano stesso sancendone, 
in via riassuntiva ed onnicomprensiva, la responsabilit� 
personale, per il caso di inosservanza (articolo 
34), in via penale (artt. 117, 124 e 130, primo 
comma) ed in via civile (art. 145). 

Di tali principi la sentenza annotata ha fatto 
buon uso in ordine all'istituto della presentazione 
delle merci alla dogana, traendone le dovute conseguenze. 
Dato, infatti, il ruolo svolto dalla presentazione 
delle merci nello accertamento e nella liquidazione 
dei diritti doganali e dato che la stessa si attua, 
nella disciplina legislativa, in maniera formale, 
attraverso l'esibizione di determinati documenti, la 
modalit� prescritte (�manifesto di carico� che, prodotto 
in copia, per le merci di sbarco, diventa �mani!
esto delle merci arrivate � e polizza di carico) non 
possono non essere di carattere tassativo, con conseguente 
obbligo per il Capitano di rendere conto 
delle merci iscritte a manifesto fino a quando le 
stesse non siano state prese in consegna materialmente 
dalla Dogana o non abbiano avuto ulteriore 
esito doganale (art. 42 della legge 1424 del 1940 e 
139 ultimo comma del Regolamento approvato con 
decreto 13 febbraio 1896, n. 65). L'inosservanza di 
tali adempimenti ed obblighi, non comportando una 
sanzione particolare, rientra nella previsioni dell'art. 
130 primo comma in relazione all'art. 34 e, 
dato il carattere contravvenzionale della stessa, 
porta con s� la responsabilit� personale del Capitano 
e con essa quella civile del raccomandatario 
che, per effetto di fideiussione prestata per il pagamento 
delle multe, spese e diritti, � al primo legato 
da un rapporto di solidariet� passiva. 

B) Le affermazioni contenute nella seconda e 
nella quarta massima costituiscono ius receptum. 
La causa estintiva toglie al fatto -reato l'efficienza 
giuridica penale, ma non quella civile che, per il 
preciso disposto dell'art. 198 del C.p., resta integra, 
salvo casi tassativi. 

Da ci� la conseguenza che, avvenuta la estinzione 
del reato, il giudice civile � abilitato, a norma del 
ricordato articolo, ad indagare se il fatto ascritto 
avrebbe avuto la natura di fatto -reato per dedurne 
l'obbligo al risarcimento d.ei danni siano essi patri


moniali o non patrimoniali (cfr. Cassazione 2 mag


gio 1939 in �Giustizia penale�, 1940, 11. 517). 

L'impugnazione della sentenza � riservata alla 
parte che sia rimasta totalmente o parzialmente 
soccombente, ma, per il. rispetto d,el principio fra 
il chiesto ed il pronunciato (art. 112 del C.p.c.) 
la presunzione di rinuncia posta dall'art. 346 del 

C.p.c. per le eccezioni che, non accolte in primo 
grado e, riservate alla parte, nno sono state riproposte 
in appello, opera anche per la parte che, riuscita 
vittoriosa, all'impugnazione suddetta manca di 
interesse. (Cfr. Cassazione, 450 del 14 febbraio 1959; 
2621 del 18 luglio 1958; 752 del 4 marzo ~957). 
O) Il carattere pregiudiziale che, nella delibazione 
riservata al giudice a quo, ai fini della introduzione 
del giudizio di legittimit� costituzionale in 
via incidentale, riveste l'esame della rilevanza e 
della perdnenza della questione rispetto alla non 
manifesta infondatezza della stessa, � nel sistema 
normativo. L'eccezione scaturisce dal processo che, 
non potendo essere altrimenti deciso, (art. 23 della 
legge n. 87 del 1953), resta sospeso con conseguente 
rimessione degli atti alla Corte Costituzionale. Diretta 
ad impedire l'applicazione della norma contestata, 
l'eccezione di risolve in un ostacolo alla prosecuzione 
del processo paralizzando il potere decisorio 
del Giudice (Cfr. MoRTATI: Istituzioni di 
Diritto Pubblico, pag. 639). Da ci� la necessit� 
obiettiva, per l'interesse pubblico connesso con l' attuazione 
della tutela giurisdizionale al caso concreto, 
che all'esame della manifesta o non manifesta 
infondatezza si passi solo dopo aver accertato che, 
trovando la causa la sua soluzione nell'applicazione 
della norma, la questione sollevata sia rilevante e 
pertinente ai fini_ della decisione di merito. (Ofr.: 
Corte Costituzionale, sentenza n. 59 del 13 luglio 
1960 e Cmcco e CoRONAS. L'interpretazione giudiziale 
della Costituzione in �La Corte Costituzionale
�, 1958, pag. 609 e segg.). 

IMPOSTA DI REGISTRO -Coobbligati solidali Opposizione 
ad ingiunzione -Integrazione del con 
traddittorio. 

IMPOSTA DI REGISTRO -Donazione fatta per scrittura 
privata -Tassabilit� -Diritto al rimborso per 
nullit� dell'atto. 

IMPOSTA DI REGISTRO -Corresponsione della rendita 
di fondi rustici, in precedenza donati, dai donatari 
al donante -Natura giuridica del rapporto Rendita 
vitalizia. 

RICORSO PER CASSAZIONE -Motivi prodotti nei 
termini di impugnazione in aggiunta a quelli formulati 
con il Ricorso -Inammissibilit�. (Cassazione 
I Sezione 6 aprile-19 giugno 1962, n. 1554 -Del Balzo 
Francesco e Del Balzo Federici Elena c. Finanze). 

I) Nell'opposizione ad ingiunzion� � fiscale __intl-_ 
mata a pi� coobbligati, il giudizio di impugnazione, � 
nel quale sono parte gli opponenti, non deve essere 
integrato mediante la chiamata di coloro che non 
avevano fatto opposizione. 



-H5


II) La donazione fatta per scrittura privata, 
nonostante la nullit� per vizio di forma, � soggetta, 
ai fini della imposta di Registro, alla tassazione 
corrispondente alla voce della tariffa, salvo 
rimanendo il diritto al rimborso della imposta 
pagata nel caso che i contraenti ottengano nella 
competente sede il giudicato dichiarativo della 
nullit� nei sensi previsti dall'art. 14 n. 2 della 
Legge di Registro 30 dicembre 1923, n. 3269. 

III) Il contratto con il quale i donatari di fondi 
rustici si obbligano, in maniera autonoma ed indipendente 
dalla donazione dei fondi predetti, a corrispondere 
al donante, vita natural durante, le 
rendite annuali degli stessi prodotti, integra gli 
estremi della rendita vitalizia. 

IV) ..Alla parte che ha ritualmente proposto 
Ricorso per Cassazione � precluso proporre ulteriori 
motivi di annullamento anche se il termine 
di impugnazione non sia scaduto. 

In diritto la sen~enza � cos� motivata: 

La Corte di merito accert� che, con rogito notarile 
del 1950, Giuseppe Federici aveva donato 
varie estensioni di terreno al figlio Francesco Q 
alle figlie Fanny, Elena e Maria, che, con successiva 
scrittura privata non datata, i figli del Federici 
ed i rispettivi mariti delle figlie si erano obbligati 
a versare al donante �vita natural durante�, 
tutte le rendite dei fondi donati, facendo riferimento 
al suindicato rogito notarile; che dopo, la 
registrazione, senza contestazioni, del rogito notarile, 
il Fisco riguardo alla successiva scrittura 
privata, qualificata come costituzione di rendita 
fondiaria, aveva notificato ingiunzione di pagamento 
della corrispondente imposta di registro 

sia ai costituenti della rendita (i quattro figli 

del Federici nonch� i rispettivi mariti delle figlie) 

sia al Federici, che l'aveva accettata, partecipando 

all'atto e sottoscrivendolo: ingiunzione che fu 

opposta unicamente da Elena Federici e dal marito 

Francesco Del Balzo. 

Ci�. premesso, i giudici di appello ritennero che 

la predetta scrittura privata contenesse una costi


tuzione di rendita, bench� qualificabile come 

rendita vitalizia, piuttosto che come rendita 

fondiaria (tesi d�l Fisco); che tuttavia l'opposta 

tassazione era da considerare legittima, in quanto 

la costituzione di rendita vitalizia si inquadrava 

nel disposto dell'art. 25 della vigente legge del 

registro, che l'ufficio finanziario aveva espressa


mente richiamata ed applicato nella liquidazione 

della controversa imposta. 

Col primo mezzo i coniugi Del Balzo rilevano 

la non integrit� del giudizio d'appello, e la conse


guente nullit� del giudizio stesso, per non evere 

la Corte di merito esteso il contraddittorio a tutti 

i sottoscrittori della menzionata scrittura privata, 

ai quali l'Ufficio tribunario notific�, per il paga


mento della tassa di registro, l'ingiunzione fiscale, 

che fu opposta unicamente da essi coniugi. 

In proposito � da notare che �tutte le parti 

-0ontraenti ;> sono, ai sensi dell'art. 93 T.U. 30 di


cembre 1923, n. 3269 �tenute solidalmente, vers� 
l'Amministrazione dello Stato, per il pagamento 
della tassa di registro �; e ci� sul presupposto dell'unit� 
ed inscindibilit� dell'obbligazione tributaria, 
onde ciascuno dei debitori � d'imposta � 
tenuto, verso il Fisco, al pagamento dell'intero 
tributo, che non � frazionabile. Da ci� deriva il 
principio, gi� affermato da questa Corte (Cassazione 
n. 616 del 1946), della mutua rappresentanza 
giudiziale dei codebitori d'imposta, nel senso che 
la risoluzione giudiziale della lite tributaria tra 
la Finanza ed uno degli obbligati al pagamento 
del tributo estende necessariamente i propri effetti 
nei confronti degli altri, che siano rimasti estranei 
alla controversia. Difatti, data l'unit� ed inscindibilit� 
dell'obbligazione tributaria, a seconda che 
la pronunzia giudiziale riconosca, o la escluda nei 
confronti del debitore, che � in lite con la Finanza, 
non pu� la stessa obbligazione, in quanto non 
suscettibile di frazionamento, non essere rispettivamente 
riconosciuta o esclusa anche nei confronti 
degli altri soggetti del rapporto tributario, i quali 
non abbiano partecipato al giudizio. � perci� 
da escludersi il litisconsorzio necessario tra i condebitori 
d'imposta nella lite tributaria, onde il 
contraddittorio � da ritenersi regolarmente costituito, 
nei confronti della Finanza, anche con la 
partecipazione al giudizio di uno solo dei cobbligati 
solidali. 

Oosicch�, nella specie, non occorreva che il 
giudizio di appello fosse integrato nei confronti 
di tutti coloro, contro i quali la Finanza aveva 
fatto valere, con la notifica dell'ingiunzione, la 
pretesa fiscale, laddove esso doveva considerarsi 
regolarmente costituito mediante la� partecipazione, 
quali contraddittori del Fisco, di quei soli soggetti 
del rapporto tributario (gli odierni ricorrenti), 
che si opposero all'ingiunzione stessa. Senza fondamento, 
dunque, i� primo mezzo prospetta la 
nullit� del procedimento di appello sotto l'erroneo 
profilo della non integrit� del contraddittorio. 

Col secondo mezzo i ricorrenti rilevano che 
l'atto privato, con cui i donatari costituirono la 
rendita vitalizia a favore del donante (Giuseppe 
Federici), sia del tutto autonomo rispetto all'anteriore 
atto pubblico di donazione, onde non 
potrebbe la costituzione di rendita qualificarsi 
come negozio a titolo oneroso, come se posto in 
essere dai donatari in corrispettivo della donazione 
ricevuta. Sicch�la rendita vitalizia dovrebbe 
ritenersi costituita, secondo i ricorrenti, a mezzo 
di un negozio di carattere gratuito, cio� di una 
donazione, con la conseguenza di dover soggiacere 
alle norme stabilite dalla legge per la donazione 
(art. 1872 O.e.), tra cui � quella che prescrive, 
ad substanstiam1 la formalit� dell'atto pubblico. 
Concludono i ricorrenti che la donazione 

della rendita vitalizia, essendo stata posta in 
essere a mezzo di scrittura privata, debba considerarsi 
giuridicamente inesistente, e q:q.il).di non 
suscettibile di imposizione tributaria. 

Orbene la Corte di merito non manc� di rilevare 
il carattere gratuito della controversa costituzione 
di rendita, in quanto fatta dai figli del 
Federici al padre, non in corrispettivo della rice



-146 


vuta donazione, ma per puro spirito di liberalit�, 
mediante �separato, autonomo, obbligo contrattuale 
�, assunto successivamente alla donazione 
stessa. Non ne trasse per� la Corte la lineare conseguenza 
che, essendo stata la rendita vitalizia 
costituita mediante donazione, ed essendo perci� 
sottoposta alle relative norme (art. 1872 comma 2� 
codice civile, non potesse sottrarsi alla formalit� 
dell'atto pubblieo, prescritta, per tale negozio, 
sotto pena di nullit� dell'art. 782 comma 1� codice 
civile. Erroneamente perci� la denunziata sentenza 
ritenne la validit� formale della costituzione 
di rendita, sul riflesso che fosse avvenuta mediante 
�una comune dichiarazione di obbligo �, suscettibile, 
come tale, di essere validamente espressa 

mediante scrittura privata. 

Tuttavia, pur avendo i giudici di appello errato 
nel non rilevare la nullit� formale della rendita 
vitalizia, -in quanto costituita mediante donazione 
non consacrata in atto pubblico -deve 
considerarsi esatta, per le ragioni che si esporranno 
la loro decisione affermativa della legittimit� 
della imposizione fiscale. 

.All'uopo � da notare che, secondo l'art. 11 
della legge di registro, le tasse, da essa stabilite, 
� sono dovute anche nei casi di registrazione di 
atti comunque nulli�, cio� di atti che possono 
essere affetti sia da nullit� relativa o annullabilit� 
sia da nullit� assoluta o radicale. Quest'ampia 
interpretazione � giustificata dalla stessa ampiezza 
letterale del testo legislativo, che, rendendo 
obbligatori� le tasse di registro anche nei 
casi di atti �comunque nulli�, non distingue tra 
le possibili ipotesi delle nullit�, comprendendole 
quindi tutte. Il che � del resto conforme alla ratio 
legis. Invero il legislatore, col richiamato disposto, 
mira ad impedire che le parti, simulando ad 
arte un negozio affetto da nullit�, sia pure 
assoluta, possano evadere l'imposta che dovrebbero 
scontare sul negozio realmente concluso, 
mentre, d'altro canto, vuole evitare le gravi difficolt� 
pratiche, in cui incorrerebbe la tassazione, 
qualora gli uffici del registro fossero tenuti a soprassedervi 
in vista di eventuali nullit�, di qualunque 
specie, da cui fossero eventualmente inficiati 
gli atti da tassare. � soltanto fatto salvo 
al contribuente, per ovvie ragioni di giustizia, il 
diritto alla retribuzione del tributo pagato riguardo 
ad atti, dichiarati nulli, con sentenza pronunciata 
in contraddittorio fra i contraenti e passata in 
giudicato, per vizio radicale, che, indipendentemente 
dalla volont� e dal consenso delle parti, 
inducl)i la loro nullit� fin dall'origine (art. 11 precitato 
in relazione al successivo art. 14 n. 2). 

Ora non v'ha dubbio che la donazione, redatta 

per mezzo di scrittura privata, invece che di atto 

pubblico, sia affetta da nullit� assoluta. Essa, 

infatti, � priva di uno dei requisiti essenziali del 

negozio che � la forma (atto pubblico), giusta 

l'art. 1325 O.e. n. 4, quando (come nel caso della 

donazione) � prescritta dalla legge sotto pena di 

nullit�. Il che importa che la donazione, fatta 

con scrittura privata, al pari di ogni altro negozio 

privo di uno qualsiasi dei requisiti essenziali indi


cati dal menzionato art. 1325, � affetta ai sensi 1 
dell'art. 1418 comma 2� e.e. da nullit�, che � da I 
considerarsi assoluta e radicale, in quanto pu� 
essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse, 
� inoltre rilevabile di ufficio dal giudice ne � suscettibile 
di sanatoria (art. 1421 e 1423 successivi). 

Ma giusta i suesposti rilievi, la innegabile nullit� 
assoluta della controversa donazione costitutiva 
di rendita non vale ad esimere l'atto dalla 
tassazione, mentre � fatta salva ai contraenti la 
restituzione del relativo tributo, ove essi ottengano, 
nella competente sede, il giudicato dichiarativo 
della nullit� nei sensi previsti dal richiamato 
art. 14 n. 2. 

N� pu� dirsi, al fine di sottrarre al tributo la 
donazione de qua, che essa, come negozio, privo 
di un requisito essenziale debba considerarsi giuridicamente 
inesistente, epper� non inquadrabile 
fra gli atti comunque nulli, sia pure in senso assoluto, 
che, a mente del ricordato art. 11, sono 
soggetti a tassazione. E ci� perch� -come si � 
notato -i contratti, privi di requisiti essenziali 
(come la contraversa donazione fatta con scrittura 
privata) rientrano secondo la disciplina del codice, 
nella categoria generale dei contratti nulli, laddove 
il codice stesso non contempla una separata 
categoria di negozi giuridicamente inesistenti, ipotizzati 
dalla prevalente dottrina in casi, del tutto 
abnormi, nei quali non esiste neppure di fatto, 
una qualsiasi fattispecie negoziale. 

Consegue che il contestato negozio, dovendo, 
secondo la disciplina legislativa, considerarsi nullo, 
e non giur�dicamente inesistente, non si sottrae, 
giusta l'art. 11 in parola, alla tassazione corrispondente 
alla sua qualificazione giuridica. Ma proprio 
sul punto qualificazione giuridica del contratto, 
si prospetta una ulteriore censura dei ricorrenti, 
nel senso che la denunziata sentenza avrebbe 
esorbitato dai limiti del thema decidendum, quali.: 
ficando come rendita vitalizia il contratto stesso, 
bench� tassato dal Fisco come rendita fondiaria. 
Senonch� il thema� decidendum verteva sulla legittimit� 
o meno della imposizione tributaria e su 
tal punto la Corte di merito limit� la propria pronunzia, 
ritenendo legittima la tassazione, pur precisando, 
nei sensi suaccennati, il nomcn iuris dell'atto 
sottoposto a tributo. N� par dubbio che il 
nomen iuris dell'atto in contestazione sia stato 
esattamente determinato, a dimostrazione della 
legittimit� della tassazione disposta dall'Ufficio 
tributario ai sensi dell'art. 24 della legge del registro, 
ove si consideri che i donatari si obbligarono, 
con la scrittura privata, a versare al donante 
�vita natural durante� tutte le rendite dei fondi 
donati, in guisa da attuare lo schema tipico della 
rendita vitalizia. 

Essendo perci� privo di pregio anche il secondo 

mezzo, il ricorso va rigettato, con la conseguente 

condanna dei ricorrenti alla perdita del deposito 

(art. 381 C.p.c.) mentre concorrono giusti motivi 

per dichiarare interamente compensate tra le .�� 

parti le spese di questo grado (art. 92 comma 2� 

O.p.c.). Vanno inoltre dichiarati inammissibili i 

�motivi aggiunti �, giacch�, alla stregua della 


-147 


costante giurisprudenza di questa Corte) le cui 
ragioni giustificative sarebbe superfluo stare ancora 
a ripetere -alla parte, la quale abbia ritualmente 
proposto ricorso per cassazione, � precluso proporre 
ulteriori motivi di annullamento, anche 
se il termine d'impugnazione non sia ancora scaduto. 


.A) L'affermazione contenuta nella prima massima 
� conseguenziale al principio per il quale la unit� 
inscindibile del debito di imposta ed il conseguente 
vincolo giuridico fra i soggetti dell'atto determina la 
rifiessione reciproca, sui condebitori, della intera 
procedura di accertamento dalla nascita alla estinzione. 
Da tale principio nel 1941 con la sentenza 

n. 2602 e nel 1946 con la sentenza n. 616 la Corte 
di Cassazione aveva gi� dedotto la mutua rappresentanza 
giudiziale dei condebitori di imposta, con 
la conseguenza che la risoluzione della lite tributaria 
svoltasi nei confronti di uno dei coobbligati estende 
i propri effetti anche a quelli che sono rimasti estranei 
alla lite stessa. (Cfr. anche sentenza n. 2138 del 
1957; n. 3228 del 1958) La qual cosa � assolutamente 
esatta e non contrasta con l'ulteriore principio per 
il quale la iscindibilit� formale oltre che sostanziale 
del vincolo tributario fra i coobbligati porta all'applicazione 
dell'art. 331 del C.p.c. (integrazione del 
contraddittorio in causa inscindibile) nel caso in 
cui l'opposizione sia stata introdotta da pi� coobbligati 
e, nella fase della impugnazione, la sentenza non 
sia stata gravata nei confronti di tutti coloro che 
presero parte al giudizio. L'applicazione suddetta, 
infatti, � la conseguenza necessitata del carattere 
pecutiare della solidariet� nel debito di imposta rispetto 
alla comune solidariet� di diritto privato e 
della infrazionabilit� dell'obbligazione tributaria. Di 
tale principio ha fatto applicazione la Corte di Cassazione 
nella sentenza n. 1476 del 1959 (con nota 
critica di .A. LENER in Foro Ital. 1960, I, 1803) 
e nel Contenzioso dello Stato 1956-1960, vol II, 
pag. 342, � stato posto in risalto che diversamente autorizzandosi 
cio�, nella fase di impugnazione la 
scissione dei rapporti processuali, si finirebbe, in 
concreto, per negare l'automatica estensione degli 
accertamenti e delle decisioni favorevoli e contrarie, 
sacrificando l'esigenza fondamentale dell'ordinamento 
tributario di giungere ad una soluzione unica, 
senza il rischio di pronunce difformi e' di disparit� 
di trattamento fra i soggetti passivi. 
B) Le affermazioni contenute nella seconda massima 
esigono una precisazione. Nessun dubbio che 
per il principio sancito negli artt. 11 e 12 della 
legge di Registro 30 dicembre 1923, n. 3269, secondo 
il quale le imposte stabilite sono dovute anche nei 
casi di registrazione di atti �comunque nulli � e, 
se percette legalmente, non possono essere restituite 
se non nei casi tassativamente indicati dalla legge 
stessa (art. 14 e 32 della Legge citata) la donazione 
fatta per scrittura privata, nonostante il difetto 
della forma pubblica, non si sottrae alla tassazione 
corrispondente alla voce della Tariffa. 

Il principio trae origine dal fatto che l'imposta 
di registro � collegata all'esistenza di un atto, anche 

se lo stesso non produca gli effetti ai quali � preordinato 
ed �, dal punto di vista pratico, giustificato 
dalle difficolt� della conseguenziale tassazione ove 
l'ufficio dovesse attenersi alla reale produzione degli 
effetti suddetti. Del pari, per�, nessun dybbio pu� 
sussistere sul fatto che il vizio di forma nella donazione 
per scrittura privata, pur determinando la 
nullit� radicale dell'atto non � sufficiente a configurare 
il diritto alla restituzione a norma dell' articolo 
14 n. 2 della Legge di Registro, anche se le 
parti ottengono nella sede competente la relativa 
pronuncia giudiziale con sentenza passata in giudicato. 


Il n. 2 dell'art. 14, nell'accezione fatta palese 
dal suo tenore letterale e finalistico, esige, infatti, 
oltre alla dichiarazione giudiziale della nullit� e del 
passaggio in giudicato della sentenza relativa, che 
il vizio determinante la nullit� sia indipendente 
dalla volont� e dal consenso delle parti. La retta 
interpretazione di tale requisito porta alla conseguenza, 
chiaramente illustrata dalla Corte di Cassazione 
nella sentenza 18 ottobre 1956, n. 3706 in 
Leg. Fiscale 1957, 143, che il vizio radicale che 
consente la restituzione � solo quello obiettivo, 
quello, in altre parole, che sia estraneo all'opera 
delle parti ed alla loro partecipazione al negozio. 
Laddove le parti, in violazione di norme imperative, 
quali quelle della forma negli atti di donazione, 
pongono in essere un atto, sia pure viziato, 
e dallo stesso conseguono uno scopo pratico, che 
possano coltivare anche dopo la pronuncia di nullit�, 
si � assolutamente fuori dal.la sfera ambientale 
del n. 2 dell'art. 14 citato (Cfr. Contenzioso dello 
Stato 1942-1950, nn. 321-333; 1951:1955 nn. 218219; 
1956-1960 n. 189. In tale senso, per le Corti 
di merito cfr. Corte Milano 6 novembre 1953 Finanze 
c. Societ� La Ferraglia e america ExportImport). 


C) La qualificazione giuridica contenuta nella 
terza massima � frutto di una peculiare situazione 
di specie. 

Essa, pertanto, non intacca il criterio per il 
quale ogni volta che il donatario, in concomitanza 
della donazione di fondi rustici, assume l'onere 
modale di corrispondere al donante le rendite che 
dai fondi saranno ritratte, si esuli dalla nozione 
di rendita vitalizia per rientrare in quella di rendita 
fondiaria a titolo gratuito. 

D) La preclusione per la parte che ha ritualmente 
proposto Ricorso per Cassazione di proporre ulteriori 
motivi di annullamento anche se il termine 
di impugnazione non � precluso, � la conseguenza 
necessitata del principio relativo alla consumazione 
del diritto di impugnazione e del disposto esplicito 
dell'art. 329 del C.p.c., per il quale l'impugnazione 
parziale di una sentenza importa acquiescenza per 
le parti non impugnate . 

.Al riguardo la Giurisprudenza della Corte di 
Cassazione � pacifica (Cfr. Sentenze 1938 aet 1960;_ 
2466 del 1958; 1285 del 1958 e 841 del 1958. Questa 
ultima in Giur. Civile 1958, pag. 1347 con note di 
richiamo). 

L. C. 

m: mammmmmmim ITimm 
�48 


IMPOSTE E TASSE -Imposta di fabbricazione 


Diritto all'abbuono -Prescrizione -Esibizione della 

bolletta doganale di esportazione -Necessaria per 

evitare la prescrizione. (Corte di Cassazione, Sezione 

i; Sentenza n. 1579/62 -Pres.: Celentano; Est.: 

Bartolomei; P.M. Maccarone (conf.) -Amministra


zione Finanze dello Stato c. Zucchi). 

Ai sensi degli artt. 15 D.L. 5 ottobre 1933, 

n. 1314 e 24 D.L. 30 ottobre 1952, n. 1323, in 
tanto pu� essere evitata la prescrizione del diritto 
all'abbuono dell'imposta di fabbricazione 
sugli oli di semi, che siano stati esportati all'estero 
direttamente dalle fabbriche o dalle raffinerie, 
in quanto, entro i termini prescrizionali, rispetti-
vamente stabiliti dai due provvedimenti legislativi, 
sia presentata dal contribuente, al competente 
ufficio :finanziario, non soltanto la domanda 
di abbuono1 ma anche la bolletta doganale di uscita, 
.attestante l'avvenuta esportazione della merce. 
Trascriviamo la motivazione della sentenza: 

La diversa interpretazione, adottata dalla Corte 
di merito, secondo la quale basterebbe, al :fine 
di evitare la prescrizione del diritto �ll'abbuono, 
la presentazione della domanda entro il termine 
prescrizionale, mentre la bolletta doganale potrebbe 
essere esibita ad libitum, conduce all'illogica 
conseguenza (certo non voluta dal legislatore) 
che sarebbe impedita sine die, merc� la sola richiesta 
del beneficio fiscale, la prescrizione del 
diritto all'abbuono, pur non fornendosi mai la 
prova del vantato diritto mediante l'esibizione 
del documento doganale. Tale rilievo conferma la 
-0pinione che, per potersi evitare la prescrizione 
del diritto all'abbuono, necessiti la presentazione, 
()ntro il termine prescrizionale, oltre della richiesta 
del beneficio tributario, dell'indicato documento 
comprovante il fondamento del dirittostesso. 

Sicch�, secondo la regolamentazione dell'arti<
lOli 15 precitato -prima che sulla stessa venisse 
.ad inserirsi la nuova disciplina transitoria, di cui 
si dir�, stabilita dall'art. 24 D.L. 30 ottobre 1952, 

n. 1323 -la soc. Zucchi, per evitare la prescrizione 
dei vantato diritto all'abbuono, avrebbe 
dovuto esibire, a corredo della domanda di abbuono, 
la bolletta doganale, recante la data del 
16 agosto 1952, entro il termine di cinque anni 
dalla data stessa, cio� entro il 16 agosto 1957. 
Senonch� sopravvenne la norma transitoria, 
contenuta nel menzionato art. 24 del D.L. n. 1323 
del 1952, che � del seguente tenore: �Il diritto 
all'abbuono dell'imposta di fabbricazione sugli oli 
di semi, che siano stati esportati all'estero direttamente 
dalle fabbriche o dalle raffinerie, non 
.ancora prescritto alla data di entrata in vigore 
del presente decreto, si prescrive nel termine di 
sessanta giorni a decorrere dalla data stessa�. 
In virt�, dunque, dell'ius superveniens, il diritto 
.all'abbuono, spettante all'Oleificio -che non si 
�ra ancora prescritto alla data di entrata in vigore 
del nuovo provvedimento legislativo (30 ottobre 
1952), giacch� il termine prescrizionale scadeva 
{come si � notato) il 16 agosto 1957 -veniva 

sottoposto ad una pi� breve prescrizione, che 
andava a compiersi entro sessanta giorni da quella 
stessa data, cio� entro il 29 dicembre 1952. Sicch� 
in questo pi� breve termine, fissato dell'ius 
superveniens, l'Oleificio, per evitare la prescrizione 
del diritto all'abbuono, avrebbe dovuto esibire 
all'ufficio :finanziario, a corredo della gi� inoltrata 
domanda di abbuono, il documento doganale comprovante 
il diritto medesimo. 

Nel risolvere una questione di diritto intertemporale 
insorta, per l'imposta di fabbricazione sugli 
oli di semi, con l'entrata in vigore del D.L. 30 ottobre 
1952, n. 1323 (restituzione della imposta percetta 
sui semi impiegati nella produzione di oli esportati 
all'Estero in luogo dell'abbuono sui prodotti 
finiti esportati direttamente dalle fabbriche o dalle 
raffinerie disposto dal R.D.L. 5 ottobre 1953, .n 1314) 
la sentenza annotata affronta e risolve esattamente 
il problema relativo al momento utile per la produzione 
della prova del fatto, da cui scaturisce il diritto 
al trattamento di favore fiscale. Dopo aver 
rinvenuto nella bolletta di esportazione il carattere 
di prova legale della situazione di fatto ipotizzata 
dalla norma (art. 15 ultimo comma R.D.L. 5 ottobre 
1933, n. 1314 e 13 del I.L.L. 30 ottobre 1952, 

n. 1323) ha precisato, la sentenza annotata, che la 
stessa va esibita in uno alla richiesta di abbuono 
ieri e di restituzione oggi, nel termine utile per lo 
esercizio del diritto relativo. Ci� risponde al principio 
generale per il quale la produzione della prova 
non pu� essere svincolata dai termini e dalle formalit� 
stabilite per l'attuazione di un diritto. Di tale 
principio � traccia anche nelle pronunce che la 
Corte di Cassazione ha emesso, per le agevolazioni 
fiscali in generale, in ordine al momento utile per 
la esibizione della documentazione a carattere probatorio 
dei presupposti di fatto ai quali � collegata 
la concessione di un particolare trattamento di 
favore fiscale (cfr. sentenza n. 376/62 della I Sezione 
in Rassegna Mensile, n. 7-9 del 1962, pag. 81 e 
sentenza n. 1710 del 1961 in Foro Italiano 1961, 1, 
1443). Nella sentenza 1710 del 1961, infatti, la 
Corte di Cassazione ha precisato che �... se la legge 
non impone al contribuente l'onere di produrre, al 
momento in cui fa registrare l'atto la documentazione 
giustificativa del beneficio fiscale e non fissa 
un termine di decadenza per l'esibizione stessa, 
questa ha il� valore di accertamento dei presupposti 
di fatto cui � condizionata la concessione del beneficio, 
cosicch� la prova pu� essere data in ogni tempo 
salvo il verificarsi della prescrizione �. 

IMPOSTE E TASSE -Competenza -Imposta generale 
sull'entrata -Controversie di semplice estimazione Controllo 
delle commissioni tribu~arie -Casi di 
competenza dell'Autorit� Giudiziaria Ordinaria. 

(Corte di Cassazione, Sezioni Unite, Sentenza numero 
2173/62 -Pres.: Tavolaro; Est.: Giannattasio; 

P.M. Reale -Coppola c. Amminist.ri_t.i�me Finanze 
Stato). 
In tema di imposta generale sull'entrata le controversie 
di semplice estimazione sono sottratte 
alla giurisdizione dell'autorit� giudiziaria ordina



--, 149 


ria nelle ipotesi in cui l'imposta sia dovuta in abbonamento 
e nelle quali l'accertamento � soggetto 
.al controllo delle commissioni tributarie: in materia 
di accertamento di violazioni invece, allorquando 
tale controllo � escluso dalla legge, anche 
le questioni di estimazione semplice appartengono 
.alla cognizione del giudice ordinario. 

La sentenza � pubblicata in Foro It. 1962, I, 1654. 

La questione � stata riproposta alla Corte Suprema 
con un ricorso in causa Finanze c. Soc. Parisi 
contro la sentenza della Corte di Appello di 
Napoli del 16 luglio 1962. 

Si trascrive la parte del ricorso che si riferisce 
al problema in esame: 

La sentenza della Corte di Appello di Napoli 
non pu� reggersi, adunque, sul profilo che la lite 
dedotta in giudizio involgesse una questione di 
estimazione complessa; e resta quindi a vedere se 
essa � meglio fondata sul profilo pi� generale indicato 
nella sentenza in esame. 

� da premettere, intanto, che la distinzione 
fra estimazione semplice e complessa -con le 
conseguenze che ne derivano in ordine alla giurisdizione 
del giudice ordinario -costituisce principio 
valido anche in tema di imposte indirette 
in genere, e di controversia in materia di I.G.E.: 
su questi punti vi � costante e copiosa giurisprudenza; 
e baster� ricordare qu� la gi� citata centenza 
20 ottobre 1956, n. 3784, e quella 24 giugno 
1957, n. 2427, pure delle Ecc.me Sezioni 
Unite. 

E per la verit� la sentenza impugnata questo 
principio non ha in toto rifiutato, ma ha ritenuto 
di porre una distinzione, a seconda della possibilit� 
per il contribuente di adire o meno le Commissioni 
delle imposte, precisando che, quando 
.questa possibilit� non sussiste, la controversia, 
pu� essere in ogni caso deferita al giudice ordinario 
.anche quando si tratti di questioni di puro fatto, 
.e cio� di estimazione semplice. 

Or siffatta distinzione non � nelle disposizioni 
di legge che -con carattere generale e valido 
Jler t.utti i tributi, compresa l'I.G.E., secondo 
.si � gi� rilevato -escludono la giurisdizione del 
:giudice ordinario quando la questione attenga 
.alla semplice estimazione; ed � quindi da escludere 
che essa possa essere introdotta dall'interJ)
rete. E, per restar nel campo della imposta sulla 
.entrata, non si pu�, senza cadere in illogica contradizione 
prima ancora che in violazione di legge, 
riconoscere in linea di principio che se si verte 
in questioni di semplice estimazione la giurisdizione 
del giudice ordinario � da escludere, e contemporaneamente 
affermare (senza, peraltro, che nes,
suna esplicita disposizione di legge ci� sancisca) 
�Che quella giurisdizionale sorge, anche in tema di 
estimazione semplice, a seconda del modo con il 
quale si fa luogo al pagamento dell'imposta ... 

La verit� � che il principio posto dall'art. 6 

della legge 25 marzo 1865, n. 2248 allegato E ha 

una portata generale (Cassazione, Sezioni Unite, 

�6 novembre 1956, n. 4150), n� pu� soffrire limi


tazioni, secondo ha avuto modo di ricordare an


che un acuto magistrato, commentando alcune 
sentenze rese in argomento (cfr. CELORIA, in Foro 
pad., 1957, I, 285). 

N� pu� sostenersi che la giurisdizione del giudice 
ordinario discende dall'art. 52 del R.D.L. 
9 gennaio 1940, n. 2, giacch� questa norma va 
messa in correlazione, ed armonizzata, con il 
principio generale ci:�ca il sorgere della giurisdizione: 
quella disposizione sta cio� a significare che 
la decisione del Ministro, resa in controversie per 
infrazioni alla legge sull'I.G.E., non si sottrae 
al controllo giurisdizionale del giudice ordinario, 
se ed in quanto questa giurisdizione puo essere 
esercitata in base ai principi generali. 

Del resto, a queste stesse conclusioni � g1a 
pervenuto, proprio in un caso di impugnativa 
di decreto ministeriale emesso per infrazioni 
all'I.G.E., codesta Ecc.ma Suprema Corte, affermando 
che non poteva il giudice indagare sulla 
infondatezza prima facie della pretesa tributaria, 
in quanto, trattandosi di valore attribuito ad un 
bene e sul quale era stato commisurato il tributo 
posto a carico del contribuente, si verteva in un 
caso di estimazione semplice, sottratto come 
tale alla giurisdizione del giudice ordinario (Cassazione, 
Sezioni Unite 24 giugno 1957, n. 2417). 

Il difetto di giurisdizione, sotto questo profilo, 
va dunque affermato, in materia di I.G.E., anche 
quando si tratti di imposta che non si riscuote 
in abbonamento, ed anche se all'accertamento si 
addiviene a sensi dell'art. 52 del decreto istitutivo 
della imposta. 

Dimostrato, cos�, l'errore giuridico nel quale 
� incorsa la sentenza impugnata la cui 
motivazione �, per una notevole parte, del tutto 
superflua, posto che non si era mai sostenuto che, 
nella specie, il Ministro provvedeva come giudice, 
per far derivare da ci� il difetto di giurisdizione 
del giudice ordinario: onde assolutamente inconferenti 
sono i richiami a talune pronuncie della 
Corte Costituzionale -, la difesa della Amministrazione 
potrebbe far punto su questo argomento. 


Peraltro si vuol qui, e sia pur brevemente, confutare 
l'argomento -di carattere paragiuridico, 
ma che non manca di influenzare talune sentenze: 
n� a questa influenza. si � sottratta quella ora 
denunciata -secondo il quale il difetto di giurisdizione 
del giudice ordinario, se affermato, priverebbe 
il contribuente di tutela giurisdizionale 
contro un atto della pubblica Amministrazione: 
nella specie contro il decreto del Ministro che 
accerta la evasione fiscale. 

Or qui pu� anzitutto farsi una prima conside


razione: posto che il provvedimento del Ministro 

� l'ultimo atto di un certo procedimento di natura 

contenziosa, e che si svolge in contradittorio, con 

l'osservanza di particol�ri norme (legge 7 gennaio 

1929, n. 4), � fuori di dubbio che la inosservanza 

delle norme che regolano il procedimento, invol


gendo questioni di diritto in ordine aii'�ccerta:_~ 

mento, pu� esser sempre dedotta in sede giurisdi


zionale (n�, per quel che qui interessa, ha impor


tanza stabilire quale giudice abbia giurisdizione in 

proposito). 


-150


Di poi non � da sottacere che, con recente sentenza 
delle Sezioni Unite, � stato precisato che i 
provvedimenti dal Ministero per le Finanze emessi 
a seguito di un procedimento contenzioso-amministrativo 
in materia di qualificazione, classificazione, 
accertamento di valore delle merci ai fini 
delle imposte doganali (e cio� relativamente a 
questioni che rientrano proprio nel concetto di 

�semplice estimazione) sono impugnabili avanti il 
Consiglio di Stato, in quanto attraverso l'accertamento 
di mero fatto, o di carattere tecnico, � 
leso un interesse legittimo e non un diritto soggettivo 
(Sezioni Unite, io febbraio 1961, n. 207); 
e tale sentenza trascende il caso deciso, per inquadrarsi 
in una pi� ampia ed armonica visione dei 
problemi e dei principi giuridici che si profilano 
nella controversa e delicata materia dei rapporti 
fra Finanza e contribuenti in tema di accertamento 
della sussistenza e della entit� della materia 
tassabile. 

S� che non � affatto esatto che, in questo settore, 
il contribuente sarebbe privo di tutela giurisdizionale. 
Comunque quel che interessa affermare 
in modo chiaro e non equivoco � che, se pur si 
volesse ammettere la giurisdizione del giudice 
ordinarici in questi particolari casi di semplice 
estimazione, tale giurisdizione dovrebbe esser contenuta 
al controllo sul piano giuridico dell'iter 
logico seguito per pervenire all'accertamento; dovendosi 
in ogni caso escludere, per la stessa ripartizione 
istituzionale delle attribuzioni tra i poteri 
dello Stato, che possa il giudice ordinario procedere 
ad indagini di mero fatto, che sostanzialmente 
dovrebbero condurre a rifare l'accertamento 
tributario in sede giudiziaria. 

PRO VE -Richiesta di informazione alla P.A. Facolt� 
discrezionale del giudice -Mancato esercizio 
-Insindacabilit� -Ordine di esibizione. 

PROCEDIMENTO CIVILE -Ordine di esibizione di 
documenti -Presupposti. 

RESPONSABILITA' CIVILE -Responsabilit� della 

P. A. -Prescrizione del diritto al risarcimento Domanda 
di pensiOne -Efficacia interruttiva della 
prescrizione -Mancanza. (Corte di Cassazione, Sezione 
III, sentenza n. 1597/62 -Pres.: Vistoso; Est.: 
La Porta; P.M.. Caldarera (conf.) -Ferri c. Minintero 
della Difesa). 

Il precetto dell'art. 213 O.p.c., per il quale 
il giudice pu� richiedere di ufficio informazioni 
alla Pubblica Amministrazione relativamente ad 
atti e documenti dell'Amministrazione medesima, 
attribuisce al giudice una facolt� discrezionale, 
il cui mancato esercizio non � suscettibile di sindacato 
per cassazione. 'L'onere della prova incombe 
sulla parte ed il giudice non � tenuto ad 
attivit� sostitutiva della mancata o deficiente 
attivit� delle parti. 

Il giudice pu� avvalersi della facolt� di ordinare 
l'esibizione di uno o pi� documenti in possesso 

di una parte o di un terzo, riconosciutaglia dall'art. 
210 0.p.c., quando la parte, che chieda lo 
ordine di esibizione, gli specifichi il contenuto dei 
documenti, in modo che egli possa liberamente 
ed insindacabilmente apprezzare ,la rilevanza e 
la necessit� di acquisirli al processo. In difetto 
di specificazione del contenuto dei documenti, il 
giudice � nell'impossibilit� di apprezzarne la rilevanza 
ai fini del decidere. 

L'atto interruttivo della prescrizione del diritto 
azionato va riguardato con riferimento al 
diritto che costituisce la materia del rapporto 
dedotto in giudizio. Pertanto, in tema di responsabilit� 
della pubblica .Amministrazione per fatto 
illecito, una domanda di pensione, diretta aJ 
Ministero del Tesoro per ottenere il conseguimento 
di un beneficio di natura assistenziale e 
non la reintegrazione del danno patito in conseguenza 
del fatto illecito, non essendo idonea a 
costituire in mora l'autore dell'illecito, non vale 
ad interrompere il corso della prescrizione del 
diritto al risarcimento. 

Trascriviamo la motivazione in diritto della sentenza: 


Col primo motivo del ricorso si censura l'impugnata 
sentenza per violazione degli artt. 112, 
116, 210, 213 O.p.c. e 2697 O.e., in relazione ai 
nn. 3 e 5 dell'art. 360 O.p.c., assumendosi che 
essa sia incorsa in errore nel rigettare la richiesta 
di trasmissione del fascicolo di pensione esistente 
presso il Ministero del Tesoro, per non avere esaminato 
la rilevanza di tale fascicolo ai fini della 
prova della avvenuta interruzione della prescrizione. 
Il ricorrente precisa che egli aveva regolarmente 
prospettato alla Corte di merito che al 
detto fascicolo era alligato anche quello del Ministero 
della Difesa-Esercito, nel quale erano contenute 
le numerose sollecitazioni rivolte al detto 
Ministero. 

La censura � priva di fondamento. Il precetto 
dell'art. 213 O.p.c., per il quale il giudice pu� 
richiedere di ufficio informazioni alla Pubblica 
.Amministrazione relativamente ad atti e documenti 
dell'amministrazione medesima, attribuisce 
al giudice una facolt� discrezionale, il cui 
mancato esercizio non � suscettibile di sindacato 
per cassazione. L'onere della prova incombe 
sulla parte ed il giudice non � tenuto ad attivit� 
sostitutiva della mancata o deficiente attivit� 
delle parti. Va ancora precisato che il giudice 
pu� avvalersi della facolt� di ordinare l'esibizione 
di uno o pi� documenti in possesso di una 
parte o di un terzo, riconosciutagli dall'art. 21(} 
O.p.c., quando la parte, che chieda l'ordine di esibizione, 
gli specifichi il contenuto dei documenti~ 
di maniera che egli possa liberamente ed insindacabilmente 
apprezzarne la rilevanza e la necessit� 
di acquistarli al processo. In dif~ttp di specificazione 
del contenuto dei documenti, il giudice .� 
nell'impossibilit� di apprezzarne la rilevanza a:ii 
fini del decidere. Il vago accenno a �numerose 
sollecitazioni� che sarebbero state rivolte al Ministero 
della Difesa e che sarebbero contenute ne] 


--151 


fascicolo esistente presso il Ministero del Tesoro, 
non era certamente idoneo a porre il giudice in 
grado di compiere l'apprezzamento sulla rilevanza 
e decisivit�. delle dette sollecitazioni al fine di dimostrare 
la pretel'la avvenuta interruzione della 
-prescrizione. 

Col secondo motivo si censura l'impugnata sentenza 
per violazione degli artt. 112, 115, 116, 210 
e 213 O.p.c. 1219 e 2943 O.e., 12 delle preleggi e 
360 nn. 3 e 5 0.p.c., per avere escluso che la richiesta 
di pensione presentata al Ministero del Tesoro 
costituisse un idoneo atto interruttivo della prescrizione, 
ritenendo applicabili, anche alla sfera 
dei rapporti di diritto sostanziale, le norme sulla 
rappresentanza processuale dello Stato. La censura 
non � fondata. 

La Corte di merito ha ritenuto che in tanto 
una dichiarazione di volont�. pu� dirsi essere stata 
fatta allo Stato, in quanto ci� avvenga attraverso 
l'organo che � investito della rappresentanza 
dello Stato m.edesim.o nel determinato settore che 
concerne la sua attivit�. e che, pertanto, una domanda 
rivolta ad un organo diverso da quello, 
che rappresenta l_o Stato nel settore cui attiene 
il rapporto controverso, � com.e non fo'sse pervenuta 
allo Stato. Questo Supremo Collegio non 
ritiene di poter condividere, nella sua assolutezza 
siffatta affermazione, perch�, com.e rileva la pi� 
recente dottrina pubblicistica, l'organo, riguardato 
nei confronti dei soggetti di diritto diversi 
dallo Stato, si presen,ta come lo Stato stesso in 
un suo particolare aspetto, ossia si presenta privo 
di personalit�. giuridica sua propria. Tuttavia, 
rileva che la decisione della Corte di merito � conforme 
a diritto e, quindi, non va cassata. Invero, 
correggendo, ai sensi dell'art. 384, com.ma secondo, 
O.p.c., la motivazione, a dimostrare ra infondatezza 
della pretesa del Ferri basta rilevare che 
la domanda di pensione non � atto valevole a 
costituire in mora l'obbligato al risarcimento del 
danno da fatto illecito. L'atto interruttivo va 
riguardato in riferimento al diritto che costituisce 
la materia del rapporto dedotto in giudizio. Ora, 
la domanda di pensione � diretta al conseguimento 
di un beneficio di natura assistenziale e 
non alla reintegrazione del danno patito in conseguenza 
del fatto illecito, ond'� che essa � inidonea 
a costituire in mora l'autore dell'illecito. 

Col terzo motivo si denuncia la violazione degli 
artt. 1362 e segg. e 2937 O.e., in relazione ai nn. 3 
e 5 dell'art. 360 O.p.c., assumendosi che la Corte 
di merito, con motivazione insufficiente e contraddittoria,, 
avrebbe erroneamente escluso che la 
lettera 11 marzo 1955 del Comando Militare Territoriale 
di Firenze contenesse un'im.plicitarin�ncia 
della Amministrazione ad avvalersi della prescrizione 
gi� maturata. .Anche tale censura � infondata. 
La Corte di merito ha rilevato che con 
la citata lettera il Comando Militare Territoriale 
si limit� a comunicare che la pratica era ancora 
all'esame del Ministero della Difesa-Esercito; che 
tale lettera non conteneva alcun apprezzamento 
e che, per i suoi termini vaghi e generici, non 
poteva intendersi com.e espressione di un com.portamento 
dell'.Am.ministrazione incompatibile con 

la volont�, di valersi della prescrizione. Tale apprezzamento, 
logicamente motivato ed im.m.une da 
vizi, essendo di mero fatto, si sottrae a censura. 

Per quanto concerne la prima massima rileviamo 
che la Oorte Suprema non ha esaminato la questione 
della applicabilit� dell'art. 213 nei confronti 
della Pubblica Amministrazione parte in causa, 
questione alla quale non si pu� dare che soluzione 
nfgativa. In proposito si veda in questo senso AN


DRIOLI: Com.mento al Codice di procedura Civile, 
ed. 1956, vol. II, pag. 139. Vedi anche Il Contenzioso 
dello Stato 1956-60, n. 738. 

Nella motivazione relativa all'ultima massima la 
Oorte Suprema ha tenuto a precisare che se il Ferri 
avesse rivolto domanda stragiudiziale per risarcimento 
di danni ex delicto ad organo dello Stato 
diverso da quello passivamente legittimato, la domanda 
sarebbe stata valida ad interrompere la prescrizione. 
Questa precisazione si inquadra nella 
tendenza manifestatasi nella giurisprudenza della 
Oorte di Cassazione dopo l'entrata in vigore della 
legge n. 260 del 1958 di considerare lo Stato sempre 
nella sua unit� a tutti gli effetti, anche processuali, 
tendenza che oltre ad urtare contro una precedente 
giurisprudenza costante della stessa Oorte, sembra 
in contrasto con i principi fondamentali della contabilit� 
dello Stato e della legge di bilancio. 

SENTENZA -Sentenza di appello che concluda una 
fase del processo su un punto della lite che non pu� 
pi� costituire oggetto di ulteriore esame -Sentenza 
de'f�nitiva -Riserva di ricorso differito -Irrilevanza. 

GUERRA -Legge n. 10 del 1951 -Requisizioni e danni 
cagionati con azfoni non di combattimento delle 
forze armate alleate -Indennizzo -Determinazione 
-Potere discrezionale della P. A. -Insussistenza 
-� Competenza dell'Autorit� giudiziaria ordinaria. 
(Corte di Cassazione, Elezioni Unite, Sentenza numero 
2114/62 -Pres.: Lombardo; Est.: Cannizzaro; 
P.M.: Criscuoli -Min. Tesoro c. Carotti). 

La sentenza di appello che, pur non esaurendo 
tutto il merito della causa, tuttavia concluda, 
davanti al giudice di appello, una fase del processo 
in relazione ad un punto della lite che non 
pu� pi� costituire oggetto di ulteriore esame, n� 
da parte del primo giudice n� da parte del giudice 
di appello, va annoverata tra le sentenze dEfinitive. 
Non ha, quindi, alcun valore, perch� priva di 
qualsiasi significato e processualmente inutile, la 
riserva di ricorso differito contro una sentenza 
del genere, che, per conseguenza, � direttamente 
suscettibile di ricorso per cassazione. (Nel caso 
trattavasi di sentenza di rigetto dell'appello proposto 
contro sentenza non definitiva di primo 
grado con cui era stata respinta l'eccezione pregiudiziale 
di difetto di giurisdizione deI giudice 
ordinario). 


La legge 9 gennaio 1951, n. 10, dettando nuove 
norme in ordine all'attribuzione ed alla determinazione 
degli indennizzi per requisizioni e danni 


-152 


cagionati con azioni non di combattimento dalle 
forze armate alleate, e comprendendo anche le 
requisizioni irregolari, disciplina in modo diverso 
dal precedente, oltre che integralmente e con carattere 
di assoluta autonomia, l'intera materia, 
riconfermando il diritto vero e proprio all'indennizzo 
da parte del cittadino e svincolando la determinazione 
dell'indennit� dai criteri gi� fissati dal 

R.D. n. 1741 del 1940. Conseguenza della nuova 
disciplina � che il mero riferimento all'equit�, 
come criterio per la determinazione dell'indennizzo, 
contenuto nell'art. 4 della citata legge 
n. 10 del 1951, non degrada il diritto conferito 
con l'art. 1 della stessa legge, e, perci�, non conferisce 
all' .Amministrazione un corrispondente potere 
discrezionale circa la determinazione dell'indennizzo 
medesimo, e che resta attribuita alla .Autorit� 
giudiziaria ordinaria la cognizione delle eventuali 
controversie in relazione alla liquidazione dell'indennit�, 
come poi, in via generale, � stato 
confermato con la legge 11 aprile 1957, n. 246. 
Trascriviamo la motivazione in diritto della 
sentenza: 

Con il� primo motivo l'amministrazione :finanziaria 
denunzia il difetto di giurisdizione del 
giudice ordinario in relazione all'art. 2 e seguenti 
della legge 9 gennaio 1951, n. 10, agli artt. 2 e 4 
della legge 20 marzo 1865, '11. 2248 allegato E e 
all'art. 361 O.p.c., in quanto sostiene che la liquidazione 
dell'indennizzo previsto dalla citata legge 

n. 10 del 1951 costituisce un atto amministrativo, 
come tale sottratto a qualsiasi sindacato del giudice 
ordinario. 
Ora, premesso che gi� questa Suprema Corte 
ha avuto occasione di rilevare che nel sistema 
della legge predetta il criterio equitativo stabilito 
dall'art. 4 per la determinazione dell'indennizzo 
non ha carattere diverso dai criteri obiettivi :fissati 
dall'art. 2 (del resto espressamente richiamati 
allo stesso art. 4) non si pu� non trarne la 
conseguenza logica che il mero riferimento alla 
equit� non degrada il diritto conferito con l'art. 1 
e, perci� stesso, non conferisce all'Amministrazione 
:finanziaria un corrispondente potere discrezionale 
circa la determinazione dell'indennizzo 
medesimo. Invero bisogna tener presente l'evoluzione 
della legislazione in materia e precisamente 
bisogna osservare che le norme dettate dal R.D. 
18 agosto 1940, n. 1741 e, poi, dal R.D. 21 giugno 
1941, n. 688 e dalia legge 3 dicembre 1942, 

n. 1819, non potevano prevedere le occupazioni 
effettuate dalle forze armate anglo-americane, n� 
le requisizioni disposte direttamente dalle stesse 
forze armate ovvero dalle .Autorit� dello Stato 
per conto di esse e che tuttavia, in ordine a tali 
occupazioni e requisizioni, si ritenne, in un primo 
tempo, di potere provvedere tramite appositi 
�Uffici di requisizione � applicando, agli effetti 
delle indennit�, i criteri di stima e il sistema del 
R.D. n. 1741 del 1940. Successivamente, per�, 
in vista dell'impegno espressamente assunto dallo 
Stato italiano con l'art. 76 del Trattato di pace 
e con l'art. 1 del Memorandum d'intesa firmato a 
, 


Washington il 14 agosto 1947, e, conseguentemente. 
in relazione al diritto soggettivo vero e proprio 
all'indennizzo riconosciuto al cittadino danneggiato, 
si ritenne di riordinare la materia mediante 
il R.D.L. 21 maggio 1946, n. 451, conJo scopo preciso 
di sottrarla alla applicazione del R.D. n. 1741 
del 1940 e successive modificazioni. Senonch� le� 
nuove norme non raggiunsero lo scopo, specialmente 
per quel che riguarda la liquidazione dei 
danni da requisizione, demandate, con altre operazioni, 
a speciali uffici centrali e periferici. Lo 
scopo predetto, in ultimo, venne raggiunto con 
la legge n. 10 del 1951, la quale, dettando nuove 
norme in ordine a l'attribuzione e alla determinazione 
degli indennizzi per requisizioni e danni 
cagionati con azioni non di combattimento dalle 
forze armate alleate e, comprendendo anche le 
requisizioni irregolari, disciplina in modo diverso� 
dal precedente, oltre che integralmente e con 
carattere di assoluta autonomia, l'intera materia~ 
riconfermando il diritto vero e proprio all'indennizzo 
da parte del cittadino e svincolando la determinazione 
dell'indennit� dai criteri gi� :fissati dal' 

R.D. n. 1741, che inizialmente, si ripete, era stato 
ritenuto estensibile ai danni conseguenti da azioni 
non di combattimento delle forze armate alleate. 
Conseguenza della nuova disciplina � stata l'attribuzione 
della cognizione delle eventuali controversie 
all'Autorit� giudiziaria ordinaria, come 
poi, in via generale, � stato confermato con la. 
legge 11 aprile 1957, n. 246, la quale, dopo di 
avere stabilito l'art. 1 la soppressione dei Comitati 
giurisdizionali territoriali e del Comitato giurisdizionale 
centrale per le controversie in materia. 
di requisizioni, istituiti ai sensi degli artt. 77 e 78 
del R.D. 18 agosto 1940, n. 1741 e successive 
modificazioni, all'art. 2 sancisce testualmente: �La 
cognizione delle controversie di cui all'art. 1 � 
devoluta al giudice ordinario per quanto attiene 
alla liquidazione dell'indennit� e al Consiglio di 
Stato per quanto riguarda la legittimit� del provvedimento 
di requisizione �. Non pare, quindi, che 
si possa dubitare che, non ricorrendo, nella specie, 
la seconda ipotesi prevista nella superiore norma, 
ma ricorrendo, pacificamente, la prima, il primo� 
motivo del ricorso � privo di fondamento in quanto 
la controversia in esamespetta alla cognizione del 
giudice ordinario, come � stato affermato nei due 
precedenti gradi del giudizio. 

Non ci sembra che la sentenza abbia risolto in 
modo esauriente i dubbi che avevamo prospettati con 
il ricorso, specie se si tien conto del diverso orientamento 
giurisprudenziale in materia, non tanto di 
indennizzi per danni di guerra quanto di indennizzi 
per la perdita di beni italiani all'estero ai sensi 
dell'art. 79 del Trattato di pace (V. in proposito 
su questa Rassegna 1959, pagg. 1 e segg.). 

Oi sembra, inoltre, opportuno richiamare l'orientamento 
della giurisprudenza della Corte Suprema 
in materia di impugnazione di decreto. del .Mini,._ 
stra del Tesoro che infligge sanzioni pecuniarie per 
infrazioni valutarie (V. Rassegna 1953, pag. 275), 
giurisprudenza secondo la quale la giurisdizione 
dell'Autorit� Giudiziaria � limitata all'accertamento 


-153 

della sussistenza dell'infrazione, esclusa ogni possibilit� 
di �rivalutare la misura della pena infiitta. 
Una applicazione analogica di questo principio 
potrebbe giustificare l'esclusione del potere della 
Autorit� Giudiziaria di rifare le valutazioni compiute 
dalla autorit� amministrativa ai sensi dell'art. 
4 della legge n. 10 del 1951, salvo a dichiararne 
la illegittimit� per inosservanza delle norme 
che regolano il procedimento relativo. 

SPESE GIUDIZIALI -Ingiunzione fiscale -Imme


diata azione giudiziaria -Condanna della P. A. alle 

spese -Estremi. (Corte di Cassazione, Sezione I, Sen


tenza n. 2049/62 -Pres.: C13lentano; Est.: Fresa; P.M.: 

Tavolaro (conf.) -Finanze c. Torre). 

A norma dell'art. 148 della legge di registro, 
l'amministrazione :finanziaria non pu� essere condannata 
alle spese di lite quando l'azione giudiziaria 
sia promossa senza previo ricorso in via 
amministrativa o prima di novanta giorni dalla. 
presentazione di esso. 

L'inosservanza di detta norma, mediante proposizione 
intempestiva dell'azione giudiziaria, pu� 
tuttavia ritenersi superata quando, portata la 
causa in discussione dopo il termine di novanta 
giorni, l'amministrazione resti soccombente senza 
avere preso alcuna determinazione entro il detto 
termine o una determinazione conforme a giustizia 
e sia quindi fallito lo scopo cui la norma 
medesima � preordinata, quello, cio�, di dare 
all'amministrazione la possibilit� di riesaminarti 
il proprio contrario convincimento, normalmente 
risultante dall'ingiunzione fiscale, e di esprimere 
avviso conforme a giustizia. 

Trascriviamo la motivazione in diritto della sentenza: 


Con unico motivo la ricorrente denuncia la 

violazione e la falsa applicazione degli artt. 145 

e 148 del R.D. 30 dicembre 1923, n. 3269, in rela


zione all'art. 31 del R.D.L. 7 agosto 1936, n. 1639 

e al R.D.L. 8 luglio 1937, n. 1516, nonch� il vizio 

di insufficienza ed illogica motivazione, il tutto 

in relazione all'art. 360 n. 3 e n. 5 C.p.c. 

In particolare deduce che, contrariamente a 

quanto ritenuto dalla Corte di merito, essa ammi


nistrazione non poteva essere condannata al 

pagamento delle spese del giudizio in quanto il 

contribuen,te aveva promosso l'azione giudiziaria 

senza avere preventivamente proposto domanda 

in via amministrativa e senza aver atteso il de


corso di novanta giorni dalla presentazione di 

tale domanda. 

La censura non � fondata. 

L'art. 148 del R.D. 30 dicembre 1923, n. 3269, 

dispone che l'amministrazione :finanziaria non pu� 

essere condannata alle spese di lite quando il 

contribuente abbia promosso l'azione giudiziaria 

senza esperire preventivamente la via ammini


strativa e prima di novanta giorni dalla presenta


zione della domanda. 

La norma, che indubbiamente pone l'Amministrazione 
in una situazione di privilegio, ha loscopo 
di consentire all'ufficio :finanziario la possibilit� 
di riesaminare, sulla base delle contestazioni 
del contribuente, la determinazione in precedenza. 
espressa e di emettere un prov'v�diment� conforme 
a giustizia. 

Con la disposizione in esame non viene peraltro 
stabilita alcuna preclusione ed il contribuente, 
che abbia ricevuta una intimazione fiscale, � libero� 
di promy.9vere l'azione giudiziaria indipendentemente 
dall'esperimento della via amministrativa. 
Sostiene, per�, la ricorrente che in tale caso l'Amministrazione 
non possa essere condannata al 
pagamento delle spese del giudizio ai sensi dello 
art. 91 C.p.c. La questione ha gi� formato oggetto� 
di esame da parte di questa Suprema Corte che, 
con decisioni (nn. 1472 del 1955, 920 del 1957 e 
2695 del 1959) ha ritenuto che la norma in esame 
debba essere interpretata nel senso che non � 
necessario che l'azione giudiziaria venga promossa 
dopo il decorso di novanta giorni dalla data di 
presentazione del ricorso amministrativo, ma � 
sufficiente che al passaggio in decisione della causa 
sia decorso tale termine senza che l'Amministrazione 
abbia adottato alcun provvedimento. Da 
tale lata interpretazione nonvi � motivo di discostarsi 
perch� essa risponde ad una perfetta esegesi 
della legge: � evidente, infatti, che dopo l'intimazione 
l'amministrazione ha avuto a sua disposizione 
tutto il periodo dalla legge accordatole per 
emettere un provvedimento conforme a giustizia 
e se non ha provveduto non pu� dirsi che non sia 
stato raggiunto lo scopo cui la norma � preordinata. 


Invero in tale ipotesi l'amminis.trazione viene 
per fatto da lei dipendente, a trovarsi nella situazione 
in cui sarebbe stata se fosse stato interposto� 
preventivamente il ricorso in via amministrativa 
ed essa avesse espresso giudizio negativo sulla 
pretesa dell'opponente ovvero non avesse preso� 
alcuna decisione nel termine previsto dall'art. 147 
della legge di registro. 

Proseguendo sulla via della interpretazione, pri-� 
ma estensiva, poi analogica, poi evolutiva dell' articolo 
148 della legge di registro, (v. sentenze nv,meri� 
1472/55, 920/57 e 2965/59) la Corte Suprema � 
giunta, con questa �sentenza, al traguardo della interpretazione 
abrogativa, eliminando puramente e� 
semplicemente la norma succitata dalnostro ordina-,. 
mento giuridico. 

Nel suo ricorso l'Avvocatura aveva, invero, posto� 
il problema in termini precisi; pu� il ricorso soltanto 
intempestivo essere equiparato, agli effetti 
dell'art. 148 L.R. al ricorso ... omesso~ 

La risposta affermativa della Corte Suprema ci 
sembra appoggiata ad argomenti pi� impressionanti 
dal punto di vista della politica legislativa che convincenti 
dal punto di vista strettamente giuridico. 

Dire che l'amministrazione alla quale &ia stata 
notificata opposizione in via giudiziaria si trova


nella situazione in cui sarebbe stata se fosse statointerposto 
preventivamente il ricorso in via amministrativa 
ed essa avesse espresso giudizio negativo� 

= 
= 
m :: 


-154 


sulla pretesa dell'opponente o non avesse adottato 
in merito alcuna decisione significa, infatti, modificare 
la formula dell'art. 148 e non interpretarla. 

La pretesa odiosit� dei privilegi del fisco o meglio 
dei privilegi dello Stato nei confronti dei singoli 
contribuenti non ci sembra motivo sufficiente a giu


stificare il fatto che il giudice si sostituisca al legislatore 
per abolirli. 

Appare, comunque, indispensabile che fattispecie 
dello stesso tipo di quella in esame (omissione 
assoluta del ricorso amministratiyo) siano riportate 
alla Suprema Corte per un nuovo giudizio. 

CONSIGLIO DI STATO 


AMMINISTRAZIONE PUBBLICA -Enti pubblici Poteri 
di controllo dello Stato -Nomina di Commissario 
straordinarl<i. (Consiglio di Stato, Sezione 
IV, Decisione n. 495 del 18 aprile 1962 -Pres.: 
D'Avino; Est.: Piga -Comune di Venezia c. Ministero 
Turismo e Spettacolo. 

� illegittimo il decreto del Ministro per il Turismo 
e lo Spettacolo con il quale si nomina un commissario 
straordinario alla Azienda Autonoma di 
Cura, Soggiorno e Turismo di Venezia con il compito 
di avviare l'attivit� dell'ente. 

Segnaliamo questa decisione (di cui appresso si 
trascrive la motivazione in diritto), non tanto in relazione 
al caso deciso, quanto per la sua importanza 
ai fini della chiarificazione giurisprudenziale del 
complesso problema dei limiti del potere di controllo 
sostitutivo dello Stato nei confronti degli enti pubblici. 
� 

Ci sembra opportuno rilevare a questo proposito 
che la decisione ha, in sostanza, accolto il principio 
che esista un potere generale di controllo sostitutivo 
anche. al di fuori dei casi espressamente previsti 
nelle singole leggi che riguardino specifici enti 
pubblici. 

� pregiudiziale l'esame del secondo motivo del 
ricorso con cui si deduce l'illegittimit� del provvedimento 
impugnato sul riflesso che in violazione 
dell'art. 15 del D.P.R. 27 agosto 1960, numero 
1042, senza alcuna ragione giuridicamente 
valida e con motivazione del tutto generica il 
Ministro del Turismo e dello Spettacolo ha nominato 
un commissario straordinario per provvedere 
agli adempimenti relativi all'avviamento dell'attivit� 
della .Azienda Autonoma per l'amministrazione 
della stazione di soggiorno e turismo 
di V~nezia. 

Nel merito il motivo � fondato. 

Riguardo a queste censure non ha consistenza 
l'eccezione di difetto di interesse sollevata dalla 
difesa dell'amministrazione e dell'Azienda resistente. 


L'interesse del Comune all'annullamento del 
provvedimento impugnato � implicito nel fatto 
che il Comune afferma di aver titolo esclusivo 
all'amministrazione degli interessi pubblici connessi 
al soggiorno e ai servizi turistici di Venezia. 
Di qui l'interesse a ricorrere avverso provvedimenti 
intesi ad avviare l'attivit� dell'azienda auto


noma e a dedurre tutte quelle censure che viziano 
i provvedimenti stessi e� che, se accertati in sede 
giurisdizionale, ne determinano l'annullamento. 

Giova premettere che il D.P.R. 27 agosto 1960, 

n. 1042, concernente il riordinamento delle aziende 
autonome di cura, soggiorno e turismo, allo articolo 
2, I0 comma, stabilisce che nei territori riconosciuti 
stazione di cura, soggiorno e turismo � 
istituita, per il conseguimento delle finalit� turistiche 
locali, la azienda autonoma di cura, soggiorno 
e turismo. L'art. 4 dello stesso decreto 
precisa che le aziende autonome di cura, soggiorno 
e turismo sono dotate di autonomia amministrativa 
ed hanno personalit� giuridica di diritto 
pubblico. Esse sono sottoposte alla vigilanza del 
Ministero del Turismo e dello Spettacolo. 
L'Avvocatura Generale dello Stato, per confutare 
la tesi del Comune, si richiama alle norme 
test� citate ed assume che nel diritto di vigilanza 
che spetta al Ministero del Turismo e dello Spettacolo 
sugli enti pubblici costituiti come aziende 
autonome di cura e soggiorno, � compreso, in 
circostanze eccezionali, il potere di nominare un 
commissario con il compito di avviare l'attivit� 
dell'ente. 

Questa affermazione rivela in modo chiarissimo 
il tentativo compiuto dall'Avvocatura di 
ricondurre la situazione per cui � causa nell'ambito 
di applicazione di alcuni principi generali, comunemente 
ricevuti, in tema di controlli statali sulle 
amministrazioni pubbliche. 

Tanto l'Avvocatura dello Stato che la difesa 
dell'Azienda autonoma riconoscono infatti che il 
provvedimento di cui si discute non pu� farsi 
rientrare nella previsione dell'art. 15 del D.P.R. 

n. 1042 del 1960, per il quale il Ministro per il 
turismo e lo spettacolo pu� procedere, sentito il 
prefetto, allo scioglimento del consiglio della 
azienda ed alla nomina di un commissario per 
accertare gravi de:fiicienze amministrative e altre 
irregolarit� tali da compromettere il normale funzionamento 
dell'azienda. 
Nondimeno essi ritengono che l'atto impugnato 
sia espressione di funzione di controllo e si inquadri 
nell'ambito dei poteri di vigilanza previsto 
nell'art. 4 e inerenti alla posizione pubblica caratteristica 
delle aziende autonome. Qri�sta imp_ost_azione 
del problema non pu� essere condivisa 
dalla Sezione. 

Non � necessario entrare nel vivo di un tema, 
tuttora assai controverso, quale quello dei con



�.xrn tI lL=m mm Eiima&mzwmrTE[mmzrz2 a 
-155 


trolli, per dimostrare che il provvedimento di cui 
si discute, per lo scopo concretamente perseguito 
e per il suo reale contenuto, non pu� essere qualificato 
come atto di controllo. 

La nomina del commissario dell'Azienda autonoma 
infatti non solo non ha avuto carattere 
sanzionatorio o disciplinare nei confronti di persone 
o di organi pubblici, ma non � obbiettivamente. 
in collegamento alcuno n� con l'attivit� 
dell'ente istituito ai sensi dell'art. 2 della legge, 
n� col comportamento di persone tenute a compiere 
gli atti essenziali per il funzionamento dell'ente. 


In mancanza di tali elementi � fin troppo evidente 
che l'intervento del Ministero del Turismo 
non pu� essere sindacato alla stregua dei principi 
sul contenuto e sui limiti della funzione di controllo. 


Occorre piuttosto esaminare la questione di 
legittimit� penetrando pi� a fondo nei presupposti 
e nelle finalit� del provvedimento al fine, 
anzitutto, di individuarne la natura giuridica e, 
quindi, di giudicare della sua validit� al lume delle 
regole proprie del tipo di atto concretamente 
emanato. 

Relativamente allo scopo del provvedimento � 
sufficiente ricordare quanto � dichiarato nel preambolo 
dell'atto, cio� che la nomina del commissario 
fu ritenuta opportuna al fine di provvedere 
agli adempimenti necessari all'avviamento della 
attivit� dell'ente. 

La finalit� dichiarata � dunque una di quelle 
caratteristiche delle potest� di amministrazione 
attiva -l'organizzazione di un soggetto di diritto 
pubblico. 

Ma che si tratti di un provvedimento di tipica� 
amministrazione attiva � altrettanto chiaramente 
dimostrato dal contenuto dell'atto. Si consideri 
che il provvedimento racchiude un precetto non 
sanzionatorio ma ordinatorio e che � inteso non 
a sostituire ma a formare la volont� dell'ente, 
anzi a costituire di fatto un ente che si ritiene. 
esistente de iure per effetto dell'art. 2 della legge. 

Una volta identificato e interpretato l'atto 
nei termini anzidetti, il giudizio sulla sua legittimit�, 
nella fattispecie odierna, si risolve nel 
giudizio sulla esistenza di un potere di supremazia 
speciale che legittimi il Ministero del Turismo e 
dello Spettacolo a compiere interventi di amministrazione 
attiva al di fuori di qualsiasi collegamento 
e riferimento con l'ordinaria esplicazione 
dell'attivit� degli enti �e di assumere iniziative 
per la loro stessa costituzione fuori delle forme 
previste agli artt. 8 e 9 della legge. 

Sembra evidente che un potere di supremazia 
del genere debba bens� essere ammesso anche nei 
rapporti tra Stato ed enti pubblici, ma nei soli 
limiti stabiliti dalle norme che espressamente lo 
riconoscono e che non possa costituire idonea 
base positiva ai fini del riconoscimento del potere 
stesso la generica previsione di una potest� di 
vigilanza. 

Le considerazioni svolte danno ragione dello 
accoglimento del ricorso sotto il profilo fin qui 
esaminato, tanto pi� che nel provvedimento impu


gnato non � contenuto il minimo accenno ai motivi 
che avrebbero indotto il Ministero del Turismo a. 
non dare inizio al procedimento di costituzione 
degli organi ordinari dell'azienda autonoma e a 
non eseguire gli adempimenti prescritti dagli 
artt. 8 e 9 del D.P.R. n. 1042 del 196o:':E si pu� 
anche fare a meno di affrontare la questione di 
legittimit� del decreto di nomina del commissari�' 
sotto l'aspetto, anch'esso dedotto nel ricorso, 
della mancata indicazione, nella motivazione del 
provvedimento, di elementi tali da poter far ritenere 
realizzata quella situazione eccezionale cui 
accenna l'Avvocatura dello Stato nella sua memoria. 

L'accoglimento del ricorso nei limiti segnati 
dalla motivazione che precede non esaurisce e non 
pu� far ritenere definito il processo. 

ASSOCIAZIONI SINDACALI -Associazioni di categoria 
-Tutela interessi degli associati -Ricorse> 
giurisdizionale -Legittimazione -Esclusione. 

SANITA' PUBBLICA -Disciplina dei prezzi -Specia� 
lit� medicinali -Competenza del Ministero Sanit� 
e Comitato dei prezzi -Coesistenza. 

APPROVVIGIONAMENTI E CONSUMI -Disciplina 
dei prezzi -Comitato dei prezzi -Atto preparatori<> 
-Criteri di massima -Legittimit�. 

APPROVVIGIONAMENTI E CONSUMI -Atti Amministrativi 
-Procedimento -Accertamenti preparatori 
affidati ad organi esecutivi -Legittimit� -Limiti. 

APPROVVIGIONAMENTI E CONSUMI -Disciplina 
dei prezzi -Competenza -Giunta in luogo del Comi� 
tato prezzi -Ragioni di urgenza -Insindacabilit�. 
(Consiglio di Stato, IV Sezione, Decisione n. 229 del 
7 marzo 1962 -Pres.: Bozzi; Est.: Landi -Societ� 
Laboratori Glaxo ed altri -Comitato Interministeriale 
prezzi -Ministero Industria � commercio t7 
Sanit�). 

Le .Associazioni di categoria non hanno veste 
per ricorrere a tutela di interessi che riguardano 
i singoli associa ti. 

In materia di disciplina dei prezzi delle specialit� 
medicinali, coesistono e sono fra loro compatibili 
le attribuzioni che competono al Ministero 
della sanit�, a norma della legge sanitaria. 
e del relativo regolamento, e quelle relative alla 
disciplina generale del mercato, conferite al Comitato 
dei prezzi: spetta, cio�, al Ministro della. 
sanit� determinare il prezzo base delle specialit� 
in sede di registrazione di autorizzazione, mentre 
compete al Comitato dei prezzi, con provvedimenti 
di contenuto generale, sul fondamento dei dati 
risultanti dagli atti dell'.AmministraziGne sanitaria, 
operare le opportune perequazioni, in rapporto 
alle sopravvenute variazioni delle componenti 
economiche del prezzo originariamente determinato. 


Il Comitato dei prezzi legittimamente pu�, con. 
atto interno e preparatorio, prestabilire criteri di 
massima da applicare a future determinazioni 
dei prezzi. 


-156 


L'organo competente ad adottare, con efficacia 
-esterna, un provvedimento (nella specie: Comitato 
<ientrale dei prezzi) legittimamente affida determinati 
lavori preparatori ad organi esecutivi singoli 

o riuniti in collegio, ma tale attivit� non pu� 
avere nessuna rilevanza esterna, se non in quanto 
.sia fatta propria dall'organo competente; nel caso, 
per�, che l'organo competente recepisca il lavoro 
preparatorio senza esercitare su di esso sufficiente 
<iritica e conseguente controllo, i possibili vizi 
del lavoro preparatorio possono divenire altrettante 
cause di invalidit� dell'atto finale. 
Le ragioni di urgenza in base alle quali, ai sensi 
-dell'art. 3 D.L. 15 settembre 1947, n. 896, La 
Giunta pu� sostituirsi al Comitato per adottare 
un provvedimento relativo alla disciplina dei prezzi, 

non sono sindacabili dal giudice di legittimit�. 

Trascriviamo la motivazione in diritto di questa 
lucida decisione la cui importanza non ha bisogno 
di essere sottolineata. 

Sulla legittimit� costituzionale delle norme sulla 
disciplina dei prezzi la Oorte Costituzionale si � 
pronunziata in senso positivo con la sentenza n. 103 
del 1957 (V. in I Giudizi di Costituzionalit� e il 
<Jontenzioso dello Stato, Relazione dell'Avvocatura 
Generale 1956-60, vol. I, n. 65). 

Occorre altres� rilevare che tra le parti ricorrenti 
� il dott. Antonio Cremisini, nella qualit� 
di Presidente dell'Associazione nazionale degli 
industriali dei prodotti chimico-farmaceutici. L'Associazione 
di categoria, come � costante giurispru<
lenza (v. da ultimo V Sezione, 29 ottobre 1960, 

n. 758) non ha veste per agire a tutela d'interessi 
che riguardino le singole ditte, e non esiste in 
questo caso nessuna situazione di specie, che 
possa, qualificando in modo particolare l'interesse 
-dell'Associazione, consentire di fare eccezione al 
-principio (cfr. IV Sezione, 3 marzo 1960, n. 399). 
I ricorsi, in quanto proposti dalla detta Associazione, 
sono pertanto inammissibili. Beninteso, ci� 
non si estende ai casi nei quali risulta che il dott. 
<Jremisini ha agito nella qualit� di procuratore di 
singole ditte interessate. 
Il primo motivo � inteso a contestare la competenza 
del Comitato interministeriale dei prezzi. 
Si rileva dai ricorrenti, che mentre nel sistema 
<lel D.L. 19 ottobre 1944, n. 347, i provvedimenti 
del Comitato dovevano essere fatti propri �dal 
Ministro competeitte �, il D.L. 15 settembre 1947, 
n, 896, ha attribuito (art. 6) efficacia diretta ai 
-provvedimenti in questione, ed ha inoltre (art. 18) 
<Jonservato in vigore �ogni altra disposizione in 
materia di prezzi che sia compatibile� con il decreto 
stesso. Ora, poich� i prezzi dei prodotti 
medicinali hanno una propria disciplina nel R.D. 
9 marzo 1927, n. 478, nonch� nell'art. 125 T.U. 
27 luglio 1934, n. 1265, i ricorrenti deducono che 
i prezzi stessi debbono ritenersi ricondotti �sotto 
la loro naturale disciplina �, la loro determinazione, 
cio�, deve ritenersi d'esclusiva competenza del 
Ministero della Sanit�. 

Tale tesi non pu� essere seguita. Essa dovrebbe 
:presupporre che abbiano identica natura ed iden


tica finalit� i poteri in materia di prezzi delle specialit� 
medicinali attribuiti dalle citate disposizioni 
all'Amministrazione sanitaria, e quelli del 
Comitato interministeriale dei prezzi; ed utilizza 
la formula dell'art. 18, che fa saJ.ve �le disposizioni 
compatibili �, allo scopo di sostenere, piuttosto, 
che la competenza del Comitato e quella 
del Ministro della Sanit� si risolvano in una duplicazione 
del medesimo potere, talch� la loro coesistenza 
� incompatibile. Tutto ci�, peraltro, non � 
esatto. 

Le norme del. R.D.L. 7 agosto 1925, n. 1732 
sono attualmente rifuse negli artt. 161 ss. del T .U. 
27 luglio 1934, n. 1265, e costituiscono la Sezione V 
del capo II del titolo II, sotto la rubrica � della 
produzione e del commercio di specialit� medicinali
�. L'art. 162 dispone che �nessuna specialit� 
medicinale pu� essere messa in commercio senza 
la registrazione da parte del Ministro per l'Interno � 
(oggi, del Ministro per la Sanit�). L'art. 174 aggiunge 
che �le condizioni necessarie per ottenere 
l'autorizzazione a produrre le specialit� medicinali 
e le modalit� con le quali possono essere 
registrate e messe in commercio, anche per quanto 
si riferisce al prezzo di vendita, le specialit� medicinali 
nazionali ed estere, sono determinate nel 
regolamento�. Tale regolamento (R.D. 3 marzo 
1927, n. 478) dispone in proposito: 

a) che nella domanda di registrazione della 
specialit� medicinale deve essere indicato �il 
prezzo fisso di vendita al pubblico e quello al 
farmacista � determinati in modo che la differenza 
tra i due prezzi assicuri al farmacista un 
utile non inferiore al 25 % sul prezzo di vendita 
al pubblico (art. 13, n. 7); 

b) che l'etichetta della specialit� deve contenere 
�il prezzo fisso di vendita al pubblico in 
moneta nazionale� (art. 15 n. 8); 

c) che il decreto che autorizza il commercio 
della specialit� deve contenere �il prezzo fisso di 
vendita al pubblico� (art. 18 n. 4). 

Infine, l'art. 27 disciplina la revoca della registrazione 
prevista in via generale dall'art. 164 del 
Testo unico, consentendola in quattro ipotesi: 
1) quando risulti che la specialit� medicinale non 
corrisponde alla composizione dichiarata e alle 
condizioni in base alle quali fu autorizzata; 2) quando 
la specialit� sia dimostrata dall'uso nociva; 
3) in caso di contravvenzione all'art. 80, cio� 
quando vengano adibite forme di pubblicit� vietate; 
4) in caso di mancato pagamento della tassa 
annua. 

Da tali disposizioni risulta che la determinazione 
del prezzo � dalla legge sanitaria e dal relativo 
regolamento considerata come un elemento della 
registrazione e della conseguente autorizzazione al 
commercio della specialit�. Il procedimento � 
disciplinato in relazione ad interessi tipicamente 
attribuiti all'Amministrazione della Sanit�, cio� 
alla salute pubblica ed alla disciplina delle professioni 
e delle arti sanitarie, e si conclude con -atti 
amministrativi speciali, concernenti il singolo prodotto; 
i quali possono essere riesaminati, ai fini 
della eventuale revoca, in base a considerazioni 
che concernono esse pure le singole specialit�. Non 


-157 


v'� nei testi ricordati alcuna disposizione, donde 
possa desumersi che il Ministero della Sanit� 
possa, in sede diversa da quella di registrazione 
ed autorizzazione, emettere atti amministrativi 
generali, autonomi rispetto all'accennato procedimento, 
che contengono statuizioni nella materia 
dei prezzi delle specialit� medicinali. 

Senonch�, la specialit� medicinale, una volta 
registrata ed autorizzata, viene immessa in mercato 
come �merce�, dimodoch� il suo corso commerciale 
incide sulla disciplina generale del mercato, 
affidata dalla legislazione vigente al Comitato 
interministeriale dei pressi. Quest'organo provvede 
nella materia, non pi� in vista degli interessi 
sanitari, bens� per il contemperamento degli interessi 
dei produttori e dei consumatori, come � 
sua normale funzione; e provvede quindi, non 
pi� con atti speciali, ma con atti generali (i provvedimenti 
prezzi) concernenti intere categorie di 
prodotti, secondo comuni presupposti ed in vista 
di comuni esigenze. Ohe la parziale concorrenza 
con la disciplina sanitaria importi che i prezzi 
determinati dal Comitato interministeriale debbano 
in questo caso considerarsi �prezzi fissi � e 
non �prezzi massimi � � mera accidentalit� , non 
sufficiente a dimostrare l'impossibilit� giuridica 
dell'esercizio del potere. Oi� che invece risulta 
dimostrato � che le due competenze non si identificano, 
non si sovrappongono, non sono incompatibili: 
il Ministro della Sanit� determina il 
prezzo-base della specialit� in sede di registrazione 
ed autorizzazione; il Comitato dei prezzi, sul 
fondamento dei dati risultanti dagli atti della 
Amministrazione sanitaria, opera in via generale 
le opportune perequazioni, in rapporto alle sopravvenute 
variazioni delle componenti economiche 
del prezzo originariamente determinato. Si tratta 
di poteri diversi, esercitati in relazione ad interessi 
diversi. 

Deve essere perci� rigettato il primo motivo del 
ricorso. 

In ordine logico, vanno quindi esaminati quelli 
tra i motivi aggiunti, che censurano la procedura 
seguita e la composizione degli organi deliberanti. 


Il 5� motivo aggiunto censura il procedimento. 
adottato nella specie, sotto vari profili, che peraltro 
sono infondati. 

Si sostiene anzitutto che il C.I.P. non avrebbe 

potuto adottare una deliberazione, come quella 

risultante dal verbale di riunione del 26 otto


bre 1960, con la quale non si modificavano diret


tamente i prezzi di vendita, bens� venivano sta


biliti criter� generali per procedere a future ridu


zioni. La censura non riguarda, evidentemente, 

quella parte del deliberato che � trasfusa nel 

provvedimento prezzi del 26 ottobre 1960, n. 898, 

bens� le parti che hanno costituito il fondamento 

dei successivi provvedimenti. Ora, se gli atti 

�esterni>) del C.I.P. (provvedimenti prezzi) si 

manifestano con un certo contenuto tipico, ci� 

non pu� importare che l'organo non possa legittimamente 
procedere ad atti preparatori, con 
efficacia meramente interna, e che in tali atti 
possano determinarsi i criteri di massima da osservare 
in futuri deliberati concernenti, come nella 
specie, unica materia, la cui trattazione presuppone 
un'ingente e complessa elaborazione. Il problema 
non � di legittimit� formale, bens� di sostanza. 
Tali deliberati non incontrano alcun divieto: 
ma, ovviamente, il loro contenuto, se illegittimo, 
influir�, viziandolo, sul contenuto dello 
atto esterno, definitivo, al quale fono preor 
dinati. 

Si deduce pure che � illegittima la deliberazione, 
contenuta nel � citato verbale 26 ottobre 
1960, d'affidare ad un apposito Comitato presso 
la Segreteria del C.I.P. il calcolo dei nuovi prezzi 
da sottoporre alla Giunta. Tale deliberato trova 
rispondenza nella proposta conclusiva della Commissione 
centrale prezzi, quale risulta dal verbale 
25 ottobre 1960. .Anche qui, bisogna distinguere 
il problema formale da quello di sostanza. In linea 
di legittimit� formale, non pare contestabile che 
l'organo competente possa affidare determinati 
lavori preparatori ad organi esecutivi, singoli o 
riuniti in collegio: beninteso, tale attivit� non 
pu� avere nessuna rilevanza esterna, se non in 
quanto sia fatta propria dall'organo competente. 
Nella sostanza per�, se l'organo competente recepisse 
il lavoro preparatorio senza esercitare su di 
esso sufficiente critica e conseguente controllo, i 
possibili vizi del lavoro preparatorio possono 
divenire altrettante came di invalidit� dell'atto 
finale. Sembra perci� opportuno (in relazione alle 
riserve chesi faranno in seguito sull'istruttoria 
e sulla motivazione degli impugnati provvedimenti) 
disporre che !'.Amministrazione chiarisca 
(ci� che non risulta dagli atti) come fu costituito 
l'anzidetto comitato presso la Segreteria del O.I.P., 
ed esibisca la documentazione delle operazioni 
da esso compiute (quanto meno, in relazione alle 
specialit� prodotte dalle ditte ricorrenti) posto 
che ai verbali della Giunta risultano allegati semplici 
elenchi. 

I ricorrenti sostengono poi che illegittimamente 
il C.I.P. ha delegato alla Giunta l'emanazione dei 
provvedimenti. L'art. 3 D.L. 15 settembre 1947, 

n. 896, consente, �in caso d'urgenza�, la sostituzione 
della Giunta al Comitato, salvo ratifica. In 
effetti, l'urgenza � segnalata dal Ministro della 
Sanit� nel verbale 26 ottobre 1960, ed � questione 
di merito, che il giudice di legittimit� non pu� 
sottoporre a sindacato; la delega della Giunta � 
contenuta nelle conclusioni del Presidente riprodotte 
in verbale, che, salvo le riserve che in se~ 
guito si esporranno sulla forma della verbalizzazione, 
si dichiarano approvate dal Comitato; e 
la ratifica segu� nella seduta del O.I.P. in data 
9 febbraio 1961, il cui verbale � in atti. Di conseguenza, 
� da escludere che la censura in esame sia 
fondata. 

ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI 
DELLE CORTI DI MERITO 


AMMINISTRAZIONE PUBBLICA -Liquidazione di 
enti superflui -Legge 4 dicembre 1956, n. 1404 Perentoriet� 
dei termini. (Tribunale di Brescia 6 giugno 
1962 -Min. Tesoro c. S.r.l. F.R.E.M.A.). 

Il termine di 60 giorni, previsto dall'art. 8 
legge 4 dicembre 1956, n. 1404. per la presentazione 
delle domande di riconoscimento di crediti 
verso enti in liquidazione, � perentoria. 

Per una maggior comprensione della delicata questione, 
sulla quale non esistono precedenti specifici 
(Rassegna 1961, p. 8) riportiamo integralmente la 
chiara motivazione della sentenza. 

La legge 4 dicembre 1956, n. 1404 prevede e 
disciplina un'apposita procedura amministrativa 
per la realizzazione di diritti nei confronti di 
determinati enti posti in liquidazione, stabilendo, 
in particolare, che le domande di riconoscimento 
dei crediti devono essere presentate nel termine 
di giorni sessanta dalla pubblicazione, sulla Gazzetta 
Ufficiale, del provvedimento di liquidazione 

o di avocazione al Ministero del Tesoro delle relative 
operazioni. L'art. 13 della stessa legge dispone, 
poi, che i crediti che non sono stati fatti valere 
nella procedura di liquidazione possono essere 
soddisfatti dopo il credito che dichiara chiusa la 
procedura medesima, sull'eventuale residuo. Dal 
sistema di tali disposizioni risulta evidente che il 
legislatore ha inteso prevedere e disciplinare che 
diverse situazioni: quella che un credito sia stato 
fatto valere nella procedura di liquidazione, secondo 
le forme ivi previste, e quella, invece, che 
il diritto non sia stato esercitato nel corso della 
gestione, stabilendo, in quest'ultima ipotesi, che 
il creditore potr� soddisfarsi soltanto sull'eventuale 
residuo. Non �, invece, prevista, n� trova luogo 
nel sistema sopra descritto, la terza ipotesi; cio� 
che un credito sia stato fatto valere nella procedura, 
ma tardivamente. La conseguenza, nelle 
soggette ipotesi, allora, si � che l'appellata, non 
avendo osservato l'onere di cui all'art. 8 della 
legg�, deve considerarsi decaduta dal diritto di 
far valere il suo credito in sede di liquidazione, 
salvo le facolt� riservatele dal disposto dell'art. 13. 
N� si pu� affermare che H termine di giorni 
sessanta, stabilito per la presentazione delle domande 
di riconoscimento dei crediti, non sia a 
pena di decadenza, in virt� del disposto dell'articolo 
152 O.p.c. Tale articolo, infatti, disponendo 
che i termini stabiliti dalla legge sono ordinatori, 
tranne che siano dichiarati espressamente perentori, 
si riferisce esplicitamente ai termini per il 
compimento di atti del processo ed alle relative 

sanzioni processuali, e non �, pertanto, applicabile 
nel caso in esame, trattandosi di termine per 
l'esercizio di un diritto di credito, con effetti evidentemente 
sostanziali. Infine � appena il caso di 
considerare l'argomento svolto dalla difesa della 
Societ� F.R.E.M.A., secondo cui il termine previsto 
dall'art. 8 legge 4 dicembre 1956 atterrebbe 
soltanto all'esperimento della procedura amministrativa 
ivi disciplinata, e sarebbe invece irrilevante 
qualora si adiscal'Autorit� giudiziaria direttamente, 
all'infuori cio� di tale procedura. Infatti 
la legge, istituendo e disciplinando un apposito 
procedimento per la realizzazione dei crediti 
nei confronti di determinati enti posti in liquidazione, 
evidentemente esclude che i crediti medesimi 
possano essere fatti valere in altro modo. 

Ritenuto, quindi, che la Societ� F.R.E.M.A., 
quando chiese il riconoscimento del proprio credito, 
era ormai decaduta, non avendo osservato� 
il termine previsto dall'art. 8 della legge citata~ 
la sentenza pronunciata dal giudice di primo 
grado deve essere riformata e la Societ� stessa 
deve essere condannata a rifondere all'appellante 
le spese e gli onorari di entrambi i gradi del giudizio. 


DOGANA -Azione di rimborso di diritti non dovuti 


Intestatario della bolletta -Legittimazione esclusiva. 

(Tribunale di Genova 28 maggio-12 luglio 1962, 

n. 1158 -Pres.: Riccomagno; Est.: Tanas -Soc_ 
Macchine Colorni c. Finanze.). 
In materia di diritti doganali, � legittimato a 
chiedere il rimborso dei diritti non dovuti solo 
l'intestatario della bolletta doganale. L'art. 29 
della legge doganale, infatti riconosce tale diritto 
al solo �.contribuente �, intendendo non certo tutti 
i possibili ed eventuali soggetti passivi dell'obbligazione, 
ma soltanto quello, fra i debitori, che 
ha adempiuto l'obbligazione, essendosi con questo 
ultimo consolidato il rapporto tributario. 

La clausola di vendita di una merce �franco 

sdoganata� non esclude che l'operazione di sdo


ganamento sia effettuata a nome e per conto del


l'acquirente nazionale, in conformit� all'intesta


zione della bolletta. 

QUESTIONI DI LEGITTIMAZIONE, IN TEMA DI RThIBORSO 
DI IIYIPOSTE NON DOVUTE. 

1) Colui che ha pagato una imposta non aov.uta�� 
ha certamente diritto a ripeterla; e si pu� ammettere 
che la natura della sua azione non muti per il fattoche 
il vincolo. fosse in origine esistente, e solo sue



' ' 
-159 


()essivamente sia venuto a mancare (Cassazione 
7 febbraio 1962. n. 235, Foro it. 1962, I, 676). 
Jlfa non � sempre agevole distinguere, nel gioco 
�ella traslazione, chi ha sopportato l'onere della 
imposta, e chi possa dirsi solvens dell'imposta nei 
�Confronti dello Stato. La sentenza annotata ha il 
merito di avere esattamente risolto questo problema, 
.apparentemente modesto, ma non privo di importanza 
pratica. 

La soluzione di questo problema sembra discen.
dere senza difficolt� dal tenore letterale dell'art. 2033 
C.c.; �Chi ha eseguito un pagamento non dovuto 
ha diritto di ripetere ci� che ha pagato �. Pare evidente 
che solo colui che ha effettuato un pagamento 
.abbia un simile diritto verso colui che l'ha ricevuto. 
La dottrina qualifica quest'azione come strettamente 
personale, tale, cio�, che non possa essere esperita 
se non dal solvens contro l'accipiens (BARBERO; 
Sistema istituzionale del diritto privato, vol. II, 

p. 722); e questi elementari concetti sono stati spesso 
ribaditi dalla giurisprudenza (Cassazione 1� agosto 
1960, n. 2253; Cassazione 9 luglio 1960, n. 1842; 
Cassazione 6 dicembre 1954, n. 4396), che ha messo 
in rilievo il ristretto ambito dell'azione, circoscritta 
fra il solvens e l'accipiens. 
Concetti elementari, si � detto. Eppure, non sono 
mancate decisioni, nelle quali la ripetizione di indebito 
venne estesa oltre l'ambito sopra accennato, 
ammettendo all'azione anche �la persona dalla cui 
legittima disponibilit� furono sottratte le cose, in 
buona o mala fede� {Cassazione 14 luglio 1949, 

n. 1801, Foro it. 1950, I, 1185 con nota critica di 
Distaso, e Giur. Compl. Cass. Civ. 1950, I, 278, 
pure con nota contraria di Longo). Infiu� senza 
dubbio su questo orientamento il diritto romano, 
al quale, del resto, la sentenza test� citata fece ampi 
e frequenti richiami; ma non meno decisamente 
influ� lo sta~o della giurisprudenza anteriore, alla 
quale la Suprema Corte ritenne di uniformarsi, 
senza accorgersi che la regolamentazione separata 
della condictio indebiti e dell'arricchimento inde. 
bito, introdotta dal codice del 1942, doveva condurre 
a diverse conclusioni. 

Se, infatti, � vero che l'azione di arricchimento 

� genericamente concessa alla persona che ha rice


vuto un danno dall'arricchimento altrui (art. 2041 

O.e., intestato appunto �azione generale di arric


chimento�), per contro l'azione di ripetizione di 

indebito � ammessa -come giustamente osserva 

il Longo -solo a favore di << chi ha eseguito un 

pagamento non dovuto � (art. 2033), �chi ha paga


to un d,ebito altrui>) (art. 2036), �colui che ha 

dato � una cosa determinata (art. 2037). 

Nonostante la chiarezza di queste norme, anche 
in tema di rimborso di imposte questi concetti o non 
sono stati tenuti presenti, o hanno subito pericolose 
deformazioni nella loro pratica applicazione. 
Un caso tipico fu offerto dalla sentenza 10 luglio 
1961 della Corte d'Appello di Genova (Dir. prat. 
trib. 1961, II, 359). Una societ� aveva fornito ad 
un cliente alcuni macchinari, e aveva regolarmente 
assolto sul corrispettivo in danaro l'imposta sull'entrata, 
rivalendosene, peraltro, sull'acquirente, cos� 
come la legge le permetteva (art. 6 legge 19 giugno 
1940, n. 762; art. 14 D.L. 3 maggio 1948, n. 799). 

A sua volta l'acquirente, dopo aver rimborsato il 
venditore, accortosi che l'imposta non era dovuta, 
ritenne di poter agire direttamente contro la Finanza, 
per sentir ordinare a quest'ultima il rimborso a 
suo favore di una imposta che, non lui, ..ma il suo 
dante causa aveva pagato all'erario. 

In questa situazione la Corte di Genova consider� 
ammissibile l'azione, cos� argomentando: 

�Dato il vincolo solidale esistente fra le due 
Societ� in ordine all'obbligo del pagamento dell'imposta, 
il rimborso effettuato dalla societ� � B � 
(contribuente inciso) alla societ� �A� (contribuente 
percosso) ha operato ex lege la surrogazione 
del solvens nei diritti della societ� � A � 
verso l'Amministrazione finanziaria dello Stato 
a norma dell'art. 1203 O.e. Secondo il disposto 
del suddetto articolo, la surrogazione ha luogo di 
diritto, fra l'altro, a vantaggio di colui che, essendo 
tenuto con altri e per altri al pagamento 
del debito, aveva interesse a soddisfarlo. Nella 
specie il vincolo fra solvens ed accipirns � ancora 
pi� saldo, e l'interesse del solvens al soddisfacimento 
del debito si identifica addirittura nello 
obbligo del pagamento; onde appare evidente 
come nel caso in esame ricorrano, a maggior ragione, 
i presupposti della surrogazione legale �. 

Si pu� rendere omaggio allo spirito di equit� 
che� volle informare questa decisione, ma l'argomento 
addotto non pu� certamente convincere. La surrogazione 
ex art. 1203 n. 3 O.e., infatti, porta unicamente 
alla conseguenza che il condebitore solidale 
che ha adempiuto l'obbligazione, � surrogato nei 
diritti del creditore verso gli altri condebitori (cfr. 
Cassazione, 20 ottobre 1959, n. 2996). Nel caso 
preso in esame dalla Corte di Genova, il creditore 
era lo Stato, ed i condebitori le due societ�; e basta 
tener presente la configurazione del rapporto, per 
escludere una surrogazione di un condebitore nei 
diritti del condebitore verso il comune creditore. 
Del resto, quale sia il vero meccanismo della surrogazione 
appare chiaro nel particolare caso dello 
indebito soggettivo, regolato dall'art. 2036, terzo 
comma; il solvens � surrogato nei diritti del creditore 
verso il vero debitore (cfr. Appello Brescia 

28. ottobre 1960, Giur. it. 1962, I, 2, 110), secondo 
il congegno caratteristico della surrogazione legale 
del 1203 O.e., n. 3, con la sola differenza che il 
solvens, nell'indebito soggettivo, non � tenuto al 
pagamento, n� con il vero debitore, n� per il vero 
debitore. Ma il fatto che �A � abbia rimborsato a 
�B � il pagamento da questi effettuato al comune 
creditore �O �, non autorizza �A � a scavalcare 
�B �, nel ripetere a �O� l'indebito. Un siffatto 
scavalcamento non trova alcuna base dogmatica 
nella surrogazione legale. Anche volendo ravvisare 
in �B � il creditore (quale avente diritto verso lo 
Stato al rimborso dell'indebito) non � possibile 
configurare �A � come �colui che, esse/(bd,o tenuto 
con lo Stato o per lo Stato al pagamento, av<!.,va .. 
interesse a soddisfare �B �. La deformazione dello 
schema logico si rivela con estrema evidenza. 
Se, in una situazione di questo genere, si vuole 
trovare un rimedio idoneo a tutelare le ragioni del 


amETim f 3772* # 

-160


ass .-~ 

contribuente inciso questo rimedio pu� trovarsi o 
nell'esperimento di una azione di accertamento 
negativo del preteso obbligo tributario (accertamento 
al quale il condebitore ha indubbio interesse; 
cfr. Cassazione, 12 febbraio 1958, n. 428, Riv. 
Ieg. fisc. 1958, 1153), oppure in una azione di rimborso 
del contribuente inciso verso il contribuente 
percosso. Sembra, infatti, evidente che se l'imposta 
non � oggettivamente dovuta, il contraente persegu.
ito in sede di rivalsa pu� rifiutare al condebitore 
il pagamento dell'imposta non dovuta, o, se gi� 
l'ha pagata, pu� chiedere ilrimborso al suo accipiens. 
Resta ferma, inoltre, la possibilit� di una azione 
surrogatoria (art. 2900 O.e.) del contribuente inciso 
nei diritti del contribuente percosso, qualora costui 
trascurasse di esercitare l'azione di rimborso contro 
lo Stato (In tal senso sembra da interpretare Cassazione, 
12 novembre 1960, n. 3021, Riv. leg. :fisc. 
1961, 577). Ma ci� conferma, se pur ve ne fosse 
bisogno, che legittimato all'azione di ripetizione � 
unicamente il solvens: una sostituzione processuale 
pu� infatti configurarsi solo in quanto con essa si 

fanno per l'appunto valere �diritti ed azioni che 
spettano verso i terzi al proprio debitore �: cio�, 
diritti altrui. 

Si deve, dunque, concludere che l'azione di ripetizione 
di indebito oggettivo contro la Finanza, in 
materia tributaria, spetta solo a colui che ha pagato 
allo Stato l'imposta non dovuta (cfr. in tal senso 
Appello Genova 14 aprile 1959, in caus(X Bonas~, 
citata in I giudizi_ di costituzionalit� e il contenzioso 
dello Stato negli anni 1956-1960, vol. II. 

p. 391; Appello, Venezia, 9 giugno 1959, Rep. 
Foro it. voce �Tasse e imposte in genere� n. 128). 
Sarebbe davvero un male inteso spirito di semplificazione, 
quello che inducesse ad ammettere una 

azione di rimborso a favore di colui che non ha 

pagato l'accipiens, ancorch� l'onere del pagamento sia 

stato in definitiva, da lui sopportato economica


mente. La condictio indebiti ha, nel codice vigente, 

uno schema preciso, dal quale � rigorosamente deli


mitata; e appunto per questa sua rigidit�, la con


dictio generalmente non permette, nel caso di inde


bito soggettivo, che il solvens richieda il rimborso 

direttamente al vero debitore, sebbene quest'ultimo 

sia in definitiva, l'unico che si sia indebitamente 

arricchito (cfr. Cassazione, 10dicembre1954, n. 4415). 

E appena il caso di avvertire, infine, che le su


estese osservazioni vanno sempre riferite al solvens 

in senso giuridico, non al materiale pagatore. E' 

ovvio, infatti, che se il pagamento � da taluno ese


guito in nome di altra persona, questa, e non il 

primo�, va considerata giuridicamente il solvens 

dell'obbligazione. 

2) Questo rilievo tocca un aspetto diverso del problema. 
Stabilito, cio�, che solo il solvens sia legittimato 
all'azione di rimborso, si profila il problema 
dell'individuazione del solvens; problema non sempre 
facile, specie allorquando vi siano pi� condebitori 
di imposta, ognuno dei quali pu� avere avuto 
interesse alla estinzione dell'obbligazione. Sar� il 
contraente che ha pagato allo Stato l'imposta di 
registro non dovuta, o quello degli eredi che ha pagato 
l'imposta di successione, o quello, dei soggetti 
dell'atto economico, che ha assolto l'imposta sulla 

entrata, il contribuente legittimato all'azi.one di rimborso: 
e la sua individuazione avverr� normalmente 
in base alle quietanze rilasciate dagli uffici 
incaricati della riscossione. Solo eccezionalmente 
avverr� in base alle risultanze. di' altri registri di 
pubblici uffici, come accade per i pagamenti della 
imposta sull'entrata eseguiti mediante versamenti 
su conto corrente postale (cfr. art. 81 Regol., 26 gennaio 
1940, n. 10). In ogni caso, poich� una norma 
fondamentale del regolamento di contabilit� di Stato 
esige che le quietanze degli agenti di riscossione 
portino �l'indicazione di chi paga� (art. 240 R.D. 
23 maggio 1924, n. 827), l'intestazione della quietanza 
sar� decisiva per l'individuazione del solvens. 
Anche nel caso di colui che paga con danaro proprio, 
ma nell'interesse di altra persona facendo a 
quest'ultima intestare la quietanza, il solvens sar�, 
per lo Stato, unicamente la persona indicata in 
quietanza. 

Nel campo doganale, l'individuazione del solvens 

avviene in base alla cos� detta �bolletta doganale �, 

che � il solo documento attestante il pagamento dei 

diritti. (cfr. sul valore della bolletta, Appello Genova, 

30 ~giugno 1956, Foro pad. 1957, II, 7). 

Secondo l'art. 21 della legge doganale, la bolletta 

viene rilasciata �al pro'{>'rietario della merce �, cio� 

al dichiarante, o a colui che � considerato tale (arti


colo 16). La bolletta viene rilasciata al proprietario 

anche se questi � rappresentato da spedizioniere o 

da altro mandatario, i quali, pur assolvendo mate


rialmente il dazio, agiscono in nome e per conto 

del proprietario (art. 17). Nella pratica doganale, 

la bolletta non � che la dichiarazione, che si converte 

in �bolletta � mediante la registrazione e la riscos


sione dei diritti. 

Il solvens �, quindi, il dichiarante. Nei confronti 

della dogana non ha rilevanza alcuna che material


mente altri (generalmente uno spedizioniere) si sia 

per lui presentato in dogana, e abbia proceduto al 

pagamento. Solo l'intestatario della bolletta � legit


timato a chiedere il rimborso del dazio, esibendo la 

bolletta in suo possesso. Occorre, in altre parole, 

che il presentatore della bolletta ne sia anche l'inte


statario, poich� solo da questa coincidenza pu� 

derivare quella veste di �contribuente che ha pagato 

pi� del dovuto �che legittima la domanda di rimborso 

in base all'art. 29 della legge doganale. 

Su questo punto -e cio�, sull'insufficienza del 

solo possesso della bolletta per legittimare una do


manda di rimborso -le conclusioni cui � giunta 

la sentenza annotata sono ineccepibili. La bolletta 

non � certamente un titolo di credito al portatore. 

Esiste un caso -e un caso solo -in cui la legi


slazione doganale ammette la girata della bolletta, 

ed � il caso delle bollette di esportazione di merci, 

ammesse a restituzione di diritti (art. 260 Reg. 

doganale, modificato con D.P.R. 12 ottobre 1956, 

n. 1460). Ma questa girata, che le istruzioni ministeriali 
circondano di particolari cautele (fra l'altro, 
il giratario deve, in carta bollata autenticata_ d<J:. -notaio, 
manlevare la dogana da ogni responsabilit� � 
derivante dal pagamento fatto a suo favore) non pu� 
essere assimilata alla girata di un titolo di credito. 
La bolletta, infatti, non incorpora il rapporto sostanziale, 
come avviene per questi titoli (cfr. GRECO; 

-161


Valore ed effetti giuridici della bolletta doganale 
per il rimborso degli oneri fiscali in �Giust. fin. �, 
1958, 195): essa ha valore di semplice dooumento 
di legittimazione (Tribunale Napoli, 1� agosto 1957, 
Temi nap. I, 74). 

Esclusa l'equiparazione della bolletta ad un titolo 
all'ordine, ed anoor pi� l'equiparazione ad un titolo 
al portatore, � evidente ohe in nessun modo il 
semplice possesso della bolletta potrebbe, di per s�, 
legittimare una domanda di rimborso. 

E' possibile che il venditore di una merce estera 
si impegni, verso l'acquirente nazionale, a vendere 
la merce �franoo destino � o �franoo oonfine sdoganata 
� comprendendo, cio�, i diritti di confine e 
le spese di sdoganamento in fattura (cfr., su queste 
e simili espressioni, l'art. 96 del Reg. 26 gennaio 
1940, n. 10); ma anche in tal caso il rimborso del 
dazio pagato in ecoedenza spetta all'acquirentedichiarante, 
per conto del quale il pagamento � stato 
anticipato dal venditore. 

�E' logico -osserva a questo riguardo il RUBINO: 
Oompravendita p. 415 -che le spese di 
trasporto, comprese quelle di dazio e di dogana, 
sono a carico del compratore, il quale deve rimborsarle 
al venditore �. Oi� � vero: ma se � cos�, � ohiaro 
che se il venditore fosse ammesso a chiedere allo 
Stato il rimborso di somme gi� rimborsategli dallo 
aoquirente intestatario della bolletta, il venditore 
della merce estera finirebbe per arricohirsi indebitamente. 
D'altronde la soluzione non cambierebbe se 
la merce fosse venduta �franco confine �, cio� con 
l'onere dello sdoganamento a carico dell'aoquirente. 
Anche in questo oaso, infatti, e anzi a maggior 
ragione, solo l'acq1~irente che ha provveduto allo 
sdoganamento e ne ha sopportato le spese avrebbe 
diritto al rimborso di quanto indebitamente pagato. 


Giova, infine, ancora osservare che sull'indivi


duazione del proprietario della merce, intestatario 

della bolletta, non influiscono eventuali diverse inte


stazioni delle licenze di importazione. Oome � noto 

l'importazione di numerose merci � soggetta a parti


colari autorizzazioni del ministero del commercio 

estero, che vengono rilasciate a ditte specificamente 

indicate nelle licenze stesse. Tali ditte, peraltro, 

non sono sempre e necessariamente soggetti dal 

rapporto doganale, poich� la licenza pu� � essere 

oeduta contemporaneamente alla vendita della merce 

allo stato estero (art. 13 R.D.L. 14 novembre 1926, 

n. 1923; cfr. in argomento OIMMINO: La disciplina 
economica e giuridica del commercio con l'estero, 
p. 246 e segg.). Anzi, la diversit� di intestazione 
della bolletta induce a fondatamente ritenere che 
la merce, ammessa all'importazione sotto licenza 
di altra ditta, sia stata ceduta prima dello sdoganamento, 
perch� in oaso contrario si dovrebbe presumere 
una cessione vietata dalla legge. La legittimazione 
al rimborso del dazio, da parte del dichiarante-
acquirente, trae, quindi, conferma dall'eventuale 
non ooincidenza del dichiarante con la ditta 
intestataria della licenza di importazione, perch� 
questa diversit� di intestazioni rivela l'esistenza di 
una vendita anteriore allo sdoganamento. 
La sentenza a.nnotata ha esattamente colto lo svolgimento 
di queste oomplesse operazioni oommer


ciali, mettendo in evidenza taluni casi di interventi 
di spedizionieri in rappresentanza dell'acquirente, 
per le operazieni doganali, senza alcuna partecipazione 
del venditore titolare della licenza di importazione. 
Rilievo penetrante, ohe mette in luc~ un fatti> 
frequentissimo in questi rapporti. � 

In effetti, molto spesso il venditore della merce 
estera, titolare della lioenza di importazione, limita 
la sua opera all'operazione �on l'estero, sfruttand<> 
allo scopo i suoi ingenti capitali e l'apposita attrezzatura. 
Per le grandi imprese di scambi con l'estero, 
lo sdoganamento rappresenta una operazione marginale, 
che viene lasciata all'aoquirente (proprietario e 
soggetto del rapporto doganale) o viene materialmente 
compiuta da dipendenti della ditta titolare della 
licenza, ma sempre nell'interesse ed a spese dell'acquirente-
dichiarante. 

In realt�, la clausola �franco confine sdoganata �, 
che spesso viene pattuita nelle vendite di meroi 
estere, ha lo scopo di agevolare l' applioazione della 
imposta sull'importazione, che va calcolata sul 
valore della merce, aumentata dei dazi doganali e 
di ogni altro diritto dovuto per lo sdoganamento 
(art. 18 legge 19 giugno 1940, n. 762). In pari 
tempo, per�, la ditta titolare della licenza di importazione 
ha interesse a non figurare oome dichiarante 
(oio�, titolare del rapporto doganale), perch� in tal 
caso le sucoessive vendite nello Stato verrebber<> 
assoggettate ad imposta sull'entrata. Queste considerazioni 
svelano il vero scopo dell'intestazione 
della bolletta direttamente all'acquirente nazionale e 
non al titolare della licenza di importazione; � un<> 
scopo pratico, essenzialmente anti-fiscale. Per raggiungerlo 
senza pregiudicare la rapidit� dell'operazione 
di sdoganamento, entra in funzione la clausola 
�franoo confine sdoganata �, che permette al titolare 
della licenza di compiere le necessarie operazioni a 
spese e in nome del dichiarante, che �ha acquistat<> 
la merce all'estero. Ma se � cos�, � giusto che solo 
l'intestatario della bolletta possa chiedere il rimborso 
di diritti che egli ha gi� anticipato al venditore, <> 
che ha direttamente pagato alla dogana per ottenere 
lo sdoganamento. 

ADRIANO OHIOCO 

IMPOSTA DI REGISTRO -Sentenza di condanna a 
risarcimento di danni per occupazione illegittima Condanna 
al pagamento del valore venale dell'immobile. 
(Corte d'Appello di Palermo, 23 febbraio 1961 
-Pres.: Micela; Est,: Scarpulla -Finanze <J. Castellucci). 


La sentenza che accertata la illegittima occupazione 
di un immobile da parte della Pubblica. 
Amministrazione e la impossibilit� della sua restituzione 
condanna l'Amministrazione al pagamento, 
a titolo di risarcimento del dannq, �l'una. 
somma pari al valore venale dell'immobile deve._ 
essere tassata some sentenza di condanna al pagamento 
di somme (art. 115 tariffa allegato A) e 
non come sentenza traslativa della propriet� dell'immobile 
(art. 1 tariffa allegato A). 


-162 


Contro la sentenza � stato proposto ricorso per 
Cassazione per il motivo seguente: 

Violazione degli artt. 8 e 18 legge del registro 
approvata con R.D. 30 dicembre 1923, n. 3269 
in relazione all'art. 1 della tariffa allegato A alla 
stessa legge e all'art. 360 nn. 3 e 5 0.p.c. 

La Oorte di merito, ai fini della risoluzione della 
questione demandata al suo esame, ha ritenuto 
�determinante la considerazione che la sentenza 
del 26 agosto 1958 del Tribunale di Palermo 
non avrebbe realizzato un trasferimento di proJ>
riet�. 

Pur non contestando la difficolt� giuridica di 
-configurare un regolare e formale trasferimento 
della propriet� nelle statuizioni della precisata 
.sentenza, riteniamo che la conclusione accolta 
�dalla Oorte di merito sia indubbiamente semplici.
stica e sia contaminata dal vizio di non avere 
�considerato gli aspetti di specie del rapporto giu:
ridico sottoposto al suo esame e le particolari 
-disposizioni della legge del registro. 

* * * 

Va anzitutto tenuto presente che la Oorte di 
Palermo ha completamente omesso di considerare 
le conseguenze giuridiche del fatto che il bene 
immobile dei Castellucci era stato dal Oomune di 
Palermo appreso e reso strada pubblica, cio� 
�destinato alla pubblica funzione della viabilit�. 

Tale destinazione, pacificamente ammessa dai 
giudici di merito e concordemente riconosciuta 
dalle parti, comportava la sottoposizione di quell'immobile 
al regime del demanio pubblico. 

L'apprensione dell'immobile e la destinazione 
�di esso a strada, il suo inserimento nell'elenco dei 
beni formanti oggetto del demanio stradale, rendevano 
impossibile la coesistenza di un qualunque 
diritto o pretesa dominicale dei Oastellucci sull'immobile. 


Il bene immobile de quo non poteva essere pi� 
;suscettibile di privato dominio e veniva a trovarsi 
in una situazione giuridica che postulava ex natura 
-rerum la sua esclusiva utilizzazione uti civis (diritti 
civici): uso ordinario generale del bene pubblico, 
che esclude qualunque pretesa dominicale 
da parte di privati. � 

Si era venuto cos� a realizzare il trasferimento 

della propriet� del bene occupato, � vero, senza 

l'osservanza delle leggi sull'espropriazione per � 

p. u., ma per il quale il Tribunale di Palermo, 
adito dai proprietari del terreno, con la sentenza 
11 giugno-26 agosto 1958, ha attribuito l'intero 
valore venale del terreno a prezzo normale di trasferimento 
calcolato come in una libera contrattazione. 
In seguito a tale decisione, quindi, il patrimonio 
dei Oastellucci definitivamente evitto del terreno 
de quo � stato proporzionalmente reintegrato 
con una somma di danaro corrispondente al valore 
dello stesso, come se fosse stato liberamente 
venduto. 

* * "' 

.All'assorbente argomento test� esposto segue, a 
nostro avviso, il rilievo di non avere la Oorte di 
merito considerato che ai fini tributati non aggiunge 
o toglie nulla l� mancanza di un formale 
titolo di trasferimento e che, diversamente argomentando, 
il sorgere dell'obbligo per l'imposta 
di registro verrebbe fatto dipendere dalla volont� 
dei due soggetti fra i quali � intervenuto lo scambio 
del terreno con la somma di danaro mentre 
in realt� il debito d'imposta nasce nel momento 
stesso in cui si verifica quella particolare situazione 
di fatto, alla quale la legge ricollega l'imposta 
di registro, costituente il presupposto del tributo. 

Nella specie il presupposto ipotizzato dall'articolo 
1 della tariffa allegato A alla legge del registro 
non vi ha dubbio che si � verificato con il 
passaggio in giudicato della sentenza che ha attribuito 
ai Oastellucci l'intero valore venale del 
terreno. 

I soggetti processuali del giudizio definito con 
quella sentenza possono anche non avere pi� 
alcun interesse al provvedimento formale che 
dispone il trasferimento del bene: pu� tale provvedimento 
condizionare il sorgere dell'obbligazione 
tributaria? 

La Oorte palermitana non ha tenuto conto 
che il pagamento dell'integrale valore venale del 
terreno svuota di ogni contenuto il diritto di 
propriet� sul terreno stesso e determina quella 
situazione ben nota al diritto romano classico: 
la sopravvivenza della propriet� quiritoria, ridotta 
a nudum nomen, accanto alla propriet� 
pretoria, che � tutela anche contro il dominus, 
la cui rivendicatio � paralizzata dall'ewceptio doli. 

Anche secondo il nostro ordinamento giuridico 
il titolare di questo apparente diritto di propriet�, 
ombra vana fuor che nell'aspetto, non � legittimato 
ad esercitarlo in alcun modo. Forse che egli 
potr� invocare in suo favore il diritto d'accessione 
ex art. 934 O.e. e pretendere di acquistare per 
accessione la propriet� dell'opera pubblica eretta 
dalla P.A. GIAM:MAJ (Oassazione, 19 giugno 1961, 

n. 1440). Oos�, sempre a m� d'esempio, non pu� 
dubitarsi che, ai fini dell'imposta di successione, 
non possa essere sottoposto a questo tributo un 
immobile, gi� esistente nel patrimonio del de 
cuius, che sia stato oggetto di ablazione da parte 
della P.A., la quale abbia poi, prima dell'apertura 
della successione, corrisposto l'intero valore 
del terreno. 
La decisione di codesta Suprema Oorte del 
30 ottobre 1959, n. 3204 che la Oorte d'Appello 
di Palermo ha ritenuto di richiamare in autorevole 
appoggio al proprio decisum si riferiva a fattispecie 
diversa. 

Nel caso di questa esisteva il formale provvedimento 
di espropriazione; comunque, ai fini della 
questione tributaria in esame, le statuizioni di 
quella decisione non contrastano� con il nostro 
ordine di ragionamento. Oon quella sentenza codesto 
Supremo Oollegio ha affermato il principio che 
nel caso di impossibilit� di restituzione del bene 
la pronuncia che attribuisce l'intero valore vena.le 


FPE ,m::;;m FPE ,m::;;m 
-163 


del terreno a prezzo normale di trasferimento 
non � di ostacolo all'esercizio del potere di espropriazione 
della Pubblica .Amministrazione (Sentenza 
n. 66 del 1959). 

Del pari codesta Suprema Corte ha affermato 
che se, dopo la pronuncia del risarcimento dei 
danni, non interviene il decreto di espropriazione, 
il trasferimento di propriet� del bene non pu� 
avere luogo se non per mezzo di un contratto di 
compravendita o di un atto a contenuto negoziale, 
in genere, nel quale al prezzo viene sostituita la 
somma liquidata a titolo di equivalente del bene, 
elemento base per il risarcimento del danno. Ci� 
in quanto, nel caso in cui espropriante sia la pubblica 
amministrazione siincorrerebbe nell'assurdo 
giuridico di sostituire il giudice ordinario alla pubblica 
amministrazione nel perfezionamento della 
espropriazione. 

Ma a tale richiamo evidentemente non giova 
alla questione da decidere essendo evidente che 
laddove vi � provvedimento di esproprio o atto 
negoziale il problema non sorge. Il thema decidendum 
� un altro: qual'� la disciplina tributaria 
cui va soggetta la decisione giudiziaria che attribuisce 
l'intero valore venale dell'immobile a prezzo 
normale di trasferimento del quale il proprietario 
� stato privato dalla P . .A. fuori delle previsioni 
di legge quante volte manchi l'atto che disponga 
il formale trasferimento della propriet� ? 

� allora possibile ammettere che l'obbligazione 
tributaria sia affidata aUibito dei soggetti di quel 
rapporto processuale ? 

Di modo che se per un motivo qualsiasi il provvedimento 
che regolarizza formalmente la titolarit� 
del diritto reale non viene ad esistenza, perci� 
stesso non sorge l'obbligazione dell'imposta di 
registro. 

Tale conclusione viola manifestamente gli articoli 
8 e 18 della legge del registro. Infatti, l'art. 8 
di questa prevede che le tasse di registro debbano 
essere applicate secondo l'intrinseca natura 
e gli effetti degli atti o dei trasferimenti, se anche 
non vi corrisponda il titolo o la forma apparente. 

E nella specie gli elementi che postulano la 
conclusione cui la finanza ritiene debba pervenirsi 
sono senza dubbio pi� ampi di quelli richiesti 
dall'art. 8 citato. Non pu�, al riguardo, omettersi 
di considerare che il Comune di Palermo ha perfino 
inquadrato quel terreno fra i beni demaniali, 
in relazione al combinato disposto degli artt. 822 
e 824 O.e., destinandolo a strada s� che questo 
elemento basterebbe per provare l'avvenuto, pieno 
e irrevocabile trasferimento della propriet� del 
bene ai Castellucci per conseguire la cancellazione 
dell'immobile di loro propriet� dai registri catastali 
mentre si � venuta in tal modo a realizzare 
una situazione giuridica che sopravanza quella 
contemplata dall'art. 18 della legge del registro. 

E anche se si volessero obliterare tali considerazioni 
che pure dimostrano con dovizia di argomenti 
essersi nella specie verificata una situazione 
giuridica assimilabile pienamente a quella di un 
vero e proprio trasferimento immobiliare, la sentenza 
della Corte di merito avrebbe, del pari 
per altro verso, consumata una violazione dello 

art. I della tariffa allegato A) alla legge del registro. 


Invero nella sentenza denunciata non � dedicata 
alcuna considerazione alla circostanza che,. 
anche se si conviene nel mancato trasferimentodella 
propriet� del terreno, tuttavia quella decisione 
riconosce in pari tempo il pieno diritto in 
favore del Comune di Palermo di godere permanentemente 
del fondo: il che riporta la sentenza de 
qua sotto la disciplina tributaria del n. I della 
tariffa allegato A alla legge del registro, per essersi 
verificato il trasferimento dell'uw o del godimento 
del bene immobile. 

Tale situazione pur essendo stata lumeggiata. 
dalla difesa dell'Amministrazione non � stata oggetto 
di alcuna considerazione da parte della. 
Corte che si � limitata ad affermare l'inesistenza. 
del trasferimento di propriet�, incorrendo cos� 
manifestamente nella violazione delle norme ri-� 
chiamate. 

OBBLIGAZIONI -Obbligazioni solidali -Sentenza� 
pronunziata tra il creditore ed uno dei condebitori 
in solido -Inefficacia contro gli altri condebitori�. 

PRESCRIZIONE -Praescriptio (ex iudicato -Inappli


cabilit� nei confronti del condebitore solidale (non. 

condannato). 

La sentenza pronunziata tra il creditore ed 
uno dei condebitori in solido non ha effetto contro. 
gli altri condebitori solidali (estranei al processo) 
nemmeno per quanto attiene alla trasformazione 
della prescrizione breve (nella specie: biennale). 
in decennale a seguito di intervenuto giudicato. 
sulla condanna� (Tribunale Napoli, 6 maggio10 
giugno 1960, n. 3347, I Sezione Civile Pres.:. 
dott. Pisani; Rel.: prof. La Rocca e Corte .App. 
Napoli, 1� giugno-26 luglio 1962, n. � 1395; II Sezione 
Civile, Pres.: dott. Marmo; Rel. dott. Mililotti 
in causa .Angelotti con il prof. avv. Porzio. 
contro .Amministrazione della Difesa-Esercito con 
l'Avvocatura dello Stato). 

Con le sentenze di cui si � riportata la massima,. 
Tribunale (1) e Corte di Appello di Napoli hann<> 
risolto in senso negativo la questione dell'estensione 
della prescrizione da giudicato al coobbligato solidale 
non condannato. 

(1) La citata sentenza del Tribunale � riportata in. 
Diritto e Giurisprudenza, 1961, p. 151, con nota favo~ 
revole del prof. Scuto, nella quale, peraltro, dopo una 
minuziosa esposizione dei principi regolanti le obbligazioni 
solidali, si trascura il punto centrale della questione 
risolta dalla sentenza, lasciando l'impressione 
che non si distingua a sufficienza tra tale questione e 
l'altra della trasformazione o meno della pr~�!c:rizione. 
breve in decennale a seguito del passaggio in giudi-'--cato 
di sentenza sul solo an debeatur, questione questa 
ultima, cui si accenner� qui appresso, e la sola strettamente 
collegata alla portata dell'espressione �sentenza. 
di condanna>>, �Usata nell'art. 2953 0.C. 

-164 -

Benvero, nella specie, l'attore, atteso che il conducente 
di un autoveicolo dell'Amministrazione della 
Difesa-Esercito era stato condannato con sentenza 
passata in giudicato a risarcirgli il danno da lui 
subito in un incidente automobilistico, chiedeva la 
-0ondanna dell'anzidetta Amministrazione al pagamento 
della somma liquidata in quella sentenza e 
delle spese ivi accordate, oltre a quelle relative alla 
registrazione ed alle successive dell'esecuzione (infruttuosa) 
nei confronti del conducente stesso, il 
tutto con gli interessi e con vittoria di spese ed onorari 
del processo all'uopo instaurato. In tale pro-
0esso, partendo appunto dalla circostanza del mancato 
soddisfacimento a carico del conducente medesimo 
e dalla responsabilit� con lui della menzionata 
Amministrazione, l'attore sosteneva. l'applicabilit� 
nei confronti di questa della prescrizione decennale 
ex indicato e addirittura che pure le statuizioni sull'an 
e sul quantum contenute nella sentenza pronunziata 
nei confronti del solo conducente non potes


(2) Non era arrivato per vero l'attore ad eseguire 
senz'altro quella sentenza anche nei confronti dell'Amministrazione 
della Difesa-Esercito, rendendosi evidentemente 
conto solo per questo dell'erroneit� della sua 
tesi, ma se ci� avesse tentato sarebbe stato forse pi� 
conseguente giacch� nella causa instaurata contro la 
anzidetta Amministrazione questa, a suo avviso, avrebbe 
dovuto solo ... lasciarsi, in definitiva, condannare alle ... 
ulteriori spese del relativo giudizio ... che di vero e 
proprio giudizio a'7rebbe avu~o ben poco. 
Conferma dell'insostenibilit� di una tale tesi �, pure, 
del resto nelle conseguenze pratiche che essa comporterebbe. 
Senza andare molto lontano nelle ipotesi baster� 
pensare che un qualsiasi danneggiato anzich� 
convenire in giudizio, poniamo, l'Amministrazione della 
Difesa-Esercito, quale proprietaria di un autoveicolo, 
convenga il conducente, gi� militare di leva e quindi 
in congedo (onde l'Amministrazione pu� non averne 
notizie e con ogni probabilit� non ne avr�) davanti 
a un qualsiasi Tribunale d'Italia, dove, come quasi 
sempre accade in casi del genere, il convenuto resti 
contumace (come � accaduto nella specie) o compaia 
senza molto dire, cosi indirettamente avvalorando, 
pi� o meno, le pretese attrici; con il passaggio in giu<
licato della sentenz� emessa in un tal giudizio l'attore 
�chiamerebbe poi in causa l'Amministrazione perch� 

questa fosse condannata a pagare la somma liquidata 
in quella sentenza con le relative spese senza nulla 
poter dedurre e con l'obbligo di dover pagare pure le 
spese�. di questa sorta di giudizio di delibazione, non 
previsto dalla legge. Si potrebbe obbiettare che il responsabile 
civile, il quale non sia parte nel processo 
penale, pu� trovarsi in un'analoga situazione; ma, innanzitutto, 
la situazione potrebbe essere analoga non 
identica, sotto vari aspetti, ad esempio per il motivo, 
cui ora qui di seguito si accenner�, e, poi, soprattutto, 
per la posizione del responsabile civile rispetto alla 
sentenza pronunciata nel processo penale, in cui egli 
non sia intervenuto, nonostante la nota efficacia erga 
omnes del giudicato penale e forse appunto in relazione 
alle questioni che potevano farsi derivare dalla na


sero put porsi in discussione dalla convenuta, la 
quale avrebbe dovuto soggiacere sic et simpliciter 
a quelle statuizioni (2). 

Orbene, la avversa tesi sotto entrambi gli accennati 
aspetti � in contrasto con il fl:jsposto dell'articolo 
1306 O.e., primo comma. 

Pi� evidente � il contrasto laddove si sostiene 
che le statuizioni sull'an e sul quantum contenute 
nella sentenza pronunziata nei confronti di uno dei 
coobbligati solidali non possano piu porsi in discussione 
dagli altri coobbligati solidali, pure a voler introdurre 
temperamenti alla stregua di una distinzione 
tra fatti accertati e fatti non accertati ai quali solo 
potrebbe limitarsi la difesa di quei convenuti, giacch� 
tale distinzione sarebbe del tutto arbitraria rispetto 
al processo civile, priva come � di fondamento 
nella legge (3). N� in contrario pu� con giuridica 
rilevanza addursi come si faceva ex adverxo nel 
caso di specie, da cui trae spunto questa nota, la 
mancanza di autonomia tra le posizioni dei conde-

tura privatistica del rapporto su cui quello pu� per 
ipotesi incidere, si � dettata l'apposita norma dell'art. 
27 C.p.p., 
la quale non pu�, quindi, ovviamente, applicarsi oltre 
i limiti previsti e perfino sostituire il disposto dell'articolo 
2909 negli stessi processi civili, sia pure per particolari 
casi, i soli in definitiva, come meglio si vedr�, 
rilevanti. Del resto, la norma dell'art. 27 C.p.p., a parte 
l'efficacia erga omnes del giudicato penale in antitesi 
all'efficacia inter partes del giudicato civile, non potrebbe 
portare alle aberranti conseguenze sopra ipotizzate 
in rapporto ai giudizi civili in quanto da un canto 
non essendo il processo penale procrastinabile come 
quello civile e dall'altro essendo la competenza del 
giudice penale determinata senza possibilit� di fori 
alternativi o di deroga, almeno in principio, � consentito 
al responsabile civile di acclarare facilmente 
la pendenza del� processo penale a carico di colui per 
il cui fatto anch'egli � tenuto a di intervenire quindi, 
se vuole, nel processo stesso, in considerazione degli 

effetti previsti nel citato art. 27 C.p.p. 

(3) Il RuBINO in: Delle Obbligazioni nel Commentario 
del Codice Civile a cura di Scialoja e Branca, BolognaRoma, 
1957, a pag. 239 testualmente afferma: �l'inefficacia, 
verso gli altri consorti, di una sentenza sfavorevole 
importa, ~ caso di solidariet� passiva, che il debitore 
non solo non pu� valersi direttamente contro gli 
altri debitori di una sentenza di condanna ottenuta 
nei confronti del primo debitore, cio� valersene come 
titolo esecutivo per procedere senz'altro ad esecuzione 
forzata, ma neanche pu� promuovere un nuovo giudizio 
di cognizione tendente meramente ad accertare che 
la questione, decisa nel primo processo, si intenda 
decisa anche nei riguardi degli altri debitori ... bensi 
deve fare in pieno e per l'intero debito un nuovo processo 
che formalmente non � in alcun modo influenzato 
dal primo: cio� in esso il creditore deve riperc_grre.re .-nuovamente 
e per intero l'iter delle prove e il nuovo 
convenuto pu� liberamente opporgli qualsiasi eccezione 
che gli competa, sicch� il nuovo processo pu� anche 
avere esito diverso dal primo�! 

165 


bitori solidali, mancanza di autonomia che per 
quanto interessa dobrebbe appunto dimostrare (4) o, 
anche, argomentarsi dalla particolare disciplina del 
giuramento contenuto nell'art. 1305 O.e., la quale, 
<Jome ha esattamente rilevato la Oorte nella sentenza 
-0he qui si annota, non presuppone la efficacia sostanziale 
del giudicato civile a danno dei coobbligati 
solidali estranei al processo in quanto 1�iguarda 
la ben distinta ipotesi dei coobbligati solidali parti 
nel processo. 

Meno evidente ma tuttavia sussistente � il contrasto 
tra l'art. 1306 O.e., primo comma, e la trasformazione 
della prescrizione breve in decennale nei 
<Jonfronti dei condebitori solidali (estranei al pro-
0esso) a seguito di intervenuto giudicato sulla condanna 
pronunziata contro uno dei condebitori. N � 
sarebbero da farsi le considerazioni di cui appresso 
se la contraria opinione non si fondasse su taluni 
precedenti giurisprudenziali ed in particolare su 
una sentenza della stessa Oorte di Appello di Napoli 

(Oorte App. Napoli, 8 gennaio 1959, n. 9 in Foro 
Napoletano 1959, I, 69), la quale peraltro non 
risulta ancora passata in giudicato e la cui specie 
di fatto non risulta pubblicata (5). In questa sentenza 
la Oorte dopo aver confermato l'attuale orientamento 
giurisprudenziale circa la sostituzione per 
quanto riguarda il condannato della prescrizione 
decennale a quella breve in seguito al formarsi del 
giudicato sulla condanna generica al risarcimento 
dei danni (6) contenuta in una sentenza, nella specie, 
penale (7) si ponf! �l'interessante questione 

(4) Vedi pure nel senso della autonomia tra le posizioni 
dei condebitori solidali, in quanto il vincolo di 
solidariet� non d� luogo ad inscindibilit� di controversia, 
oltre a Cassazione, 6 novembre 1956, n. 4154 
e Cassazione, 21 giugno 1958, n. 2193, Cassazione, 
27 ottobre 1958, n. 3491; cfr. anche da ultimo Cassazione, 
6 luglio 1960, n. 1776 in Foro it. 1960, I, 
1488. 

(5) Una analoga decisione, pure favorevole alla opinione 
che qui si confuta, trovasi nella sentenza della 
Corte di appello di Trento 14 aprile 1958, in Rassegna 
Avvocatura Stato, 1958, 97, con nota contraria di.Pifferi 
e in Foro Pad. 1958, I, 484; v. pure in senso contrario 
alla citata sentenza della Corte di Trento, I giudizi di 
costituzionalit� ed il Contenzioso dello Stato, 1956-1960, 
vol. II, n. 60, p. 185. 
(6) Principio ormai consolidato nella giurisprudenza 
dopo la sentenza resa a sezioni unite dalla Corte di Cassazione: 
v. appunto Cassazione, S.U., 16 ottobrel958, 
n. 3292, in 'Foro it. 1958, I, 1614 con nota redazionale e, 
da ultimo, Cassazione, 24 luglio 1961, in Giust. civ. 
1961, I, 1547. 
(7) In realt�, nonostante le apparenze, emergenti 
anche dalla motivazione della sentenza di cui si tratta, 
il fatto che la condanna al risarcimento dei danni sia 
contenuta nella specie in una sentenza penale non 
sposta anche giusta quanto si rilever� nel testo i termini 
della questione attinente alla conseguente applicabilit� 
della prescrizione decennale in luogo di quella 
breve nei confronti del responsabile civile estraneo al 
processo, ossia di un coobbligato solidale, particolarmente 
caratterizzato, trattandosi di questione attinente 
dell'estensibilit� del nuovo termine prescrizionale 
al responsabile civile che non fu parte nel processo �. 
In proposito, la O orte, premettendo che �non pu� 
porsi in dubbio che il giudicato penale faccia staterga 
omnes, e quindi, anche nei c9nfronti dfJ respone 
sabile civile � e che l'interruzione della prescriziono 
contro uno dei debitori in solido ha effetto contro 
gli altri debitori (art. 1310 O.e.), conclude per la 
unicit� del regime della prescrizione, data la particolare 
natura (non meglio precisata) delle obbligazioni 
solidali, ed a m� di corollario risponde 
affermativamente alla questione postasi. 

Orbene, i salti logici e gli errori giuridici di un 
siffatto ragionamento sono molti, taluni dei quali 
messi in rilievo dalla stessa sentenza ora richiamata 
di cui si sono testualmente riportati alcuni brani 
appunto per dissipare le perplessit� che una prima 
parziale lettura potrebbe ingenerare. 

Benvero, intanto, l'art. 27 O.p.p., forse appunto 
in ragione della cosiddetta efficacia erga omnes del 
giudicato penale ed in relazione alle questioni che 
potevano derivare dalla natura privatistica su cui 
quello pu� incidere, ne fissa i limiti nei confronti 
del responsabile civile, oltre i quali proprio in rapporti 
privatistici non si pu� andare, e lascia del 
tutto impregiudicata la questione della eccepibilit� 
da parte di questo della prescrizione del diritto; 
anzi il secondo comma di tale articolo fa fondatamente 
pensare che il responsabile civile possa sollevare 
la questione se egli debba rispondere del danno 
cagionato dal reato anche in rapporto all'eventuale 

a rappor,to strettamente privatistico dal punto di vista 
sostanziale anche se trattato (e definito) dal punto di 
vista processuale in sede penale e nemmeno essa risolta 
dall'art. 27 C.p.p., in conformit� a ci� che su detto articolo 
s� � rilevato nel testo; del resto, da un canto la stessa 
questione come si � accennato � stata risolta analogamente 
in sede di processo civile dalla Corte di appello 
di Trento nella sentenza gi� citata e dall'altro nella 
sentenza di cui si tratta si fa in conclusione leva, sia 
pur senza fornire gli adeguati chiarimenti, sull' �unicit� 
del regime della prescrizione (civile) data la particolare 
natura delle obbligazioni solidali�. Un pi� lungo discorso 
potrebbe essere opportuno se, fondandosi la condanna 
al risarcimento dei danni contenuta in un giudicato 
penale sui fatti ivi accertati con efficacia erga omnes 
e in particolare, ex art. 27 C.p.p., nei confronti del 
responsabile civile (estraneo al processo penale), si 
volesse fare leva sulla ratio della prescrizione breve 
(v. in proposito, AzZARITI e ScARPELLO, in Commentario 
al codice civile diretto da Branca e Scialoja, citato, 
sub. art. 2947 p. 625 e segg.); ma tale argomentazione, 
che pu� valere con altre e dar fondamento nei riguardi 
del condannato anche nel processo civile (oltre che in 
quello penale) alla trasformazione della prescrizione 
breve in decennale, consentendolo la disposizione dell'art. 
2953 e.e. (v. pure sentenze citate alla nota 6), 
no~ potrebbe mai valere allo stesso effetto.. cc:mtro i 

principi e le norme del processo civile nei confronti del_: 
l'obbligato solidale estraneo ad un siffatto processo, 
ipotesi a cui ci si intende qui limitare, pur rilevando 
che su quella argomentazione da sola ben poco potrebbe 
in qualsiasi ipotesi fondarsi. 


-166 


compimento della prescrizione. Correlativamente, poi, 
mentre l'art. 2909 O.e. stabilisce che l'accertamento 
contenuto nella sentenza passata in giudicato fa 
stato ad ogni effetto e quindi anche all'effetto della 
conversione della prescrizione breve in decennale 
�tra le parti, i loro eredi e gli aventi causa �e non 
anche tra i debitori solidali, l'art. 1306 O.e. citato 
testualmente conferma che �la sentenza pronunciata 
tra il creditore ed uno dei debitori in solido non ha 
effetto contro gli altri debitori �, senza altro specificare 
o distinguere. 

La Corte di appello di Napoli nella sentenza 
test� riportata, come si � visto, ha ritenuto di poter 
�derogare � alle disposizioni del codice civile sum'
tnenzionate in ragione della particolare �natura 
delle obbligazioni � solidali, apoditticamente richiamata, 
la quale imporrebbe un �regime unico� della 
prescrizione, ma, a parte ogni questione circa la 
costruibilit� dal niente di una deroga, � proprio 
l'assunta necessit� di un regime unico che non 
convince. 

Basta, infatti, considerare che l'art. 1310 O.e., 
dopo aver stabilito che �gli atti con i quali il creditore 
interrompe la prescrizione contro uno dei 
condebitori in solido hanno effetto nei confronti 
degli altri debitori �, aggiunge nel secondo comma 
che �la sospensione della prescrizione nei rapporti 
di uno dei condebitori in solido non ha effetto 
nei riguardi degli altri� (8) per ipotizzare vari 
casi di posizioni diverse in cui �possono venire a 
trovarsi i singoli debitori solidali nei riguardi del 
creditore; senza d�re che alla stregua del prevalente 

(8) In proposito, sembra interessante rilevare come 
la Corte di appello nella sentenza annotata abbia esattamente 
ritenuto che �l'effetto sospensivo, poi, almeno 
nel caso di atto con il quale si inizia un giudizio o nel 
caso che si proponga una domanda nel corso di esso 
(art. 2943 O.e., primo e secondo comma), � una funzione 
della pendenza del processo e della attesa della sentenza 
(arg. ex art. 2945 O.e., secondo comma, il quale stabilisce 
la sospensione sino al passaggio in giudicato della 
sentenza che definisce il giudizio)�, onde �esso effetto, 
quindi, � particolare al debitore, parte del giudizio, e 
non pu� estendersi agli altri condebitori �; laddove il 
Tribunale aveva ritenuto che �l'interruzione della preorientamento 
dottrinario e giurisprudenziale (9) 
non costituendo la solidariet� passiva regione di 
litisconsorzio necessario od anche solo di integrazione 
del contraddittorio in appello le ipotesi di 
posizioni diverse in cui .possono JJenire a trovarsi 
singoli coobbligati solidali risultano ancora maggiori. 


Infine, il voler derogare al principio dell'articolo 
2909 O.e., basilare nel vigente sistema. processuale 
civile, proprio per le obbligazioni solidali,, 
di cui qui � questione (senza voler con ci� approfondire 
la natura dei rapporti tra il conducente di 
un autoveicolo dell'Amministrazione, in regolare 
servizio, e� l'Amministrazione stessa), significherebbe 
non solo contraddire l'esplicito disposto dell'articolo 
1306 O.e., primo comma, del quale si � discorso,, 
ma pure svuotare di contenuto quel principio giacch� 
proprio in tali casi esso ha un concreto valore 
non potendo seriamente ipotizzarsene la rilevanza 
laddove non esiste alcun rapporto tra un soggetto,. 
nei cui confronti sia stata pronunciata una sentenza, 
ed un soggetto, nei cui �confronti alla sentenza 
stessa voglia darsi effetto; di fronte a che ogni dissertazione 
su elementi obbiettivi (a regime unico} 
ed elementi subbiettivi (a regime differenziato) nelle� 
obbligazioni solidali perde rilevanza come perde rilevanza 
ogni prolissa indagine sulla ratio delle singole 
norme che le disciplinano. 

Le sentenze annotate, pienamente conformi alletesi 
sostenute dall'Avvocatura, meritano concludendo,, 
adunque, incondizionata adesione. 

Avv. BENEDETTO BACCARI 

scr1z10ne mediante domanda giudiziale estende i suoi 
effetti (anche nei confronti del condebitore) per tutta 
la durata del giudizio, decorrendo il nuovo termine di 
prescrizione dal momento della formazione del giudicato 
(art. 2945 O.e., secondo comma) �. 

(9) Vedi nota (4) e le sentenze.ivi citate; adde in dottrina, 
RuDAN: In tema di opposizione a decreto ingiuntivo 
emesso contro pi� condebitori solidali nella cc Riv. 
Trim. dir. � e �Proc. civ. �, 1959, 689; cfr. pure LENER. 
in Foro it. 1956, I, 1515 e, contra, GARBAGNATI: Sulla 
estensione agli altri condebitori solidali degli efjetti della 
riforma della sentenza di condanna ottenuta da un sol�' 
condebitore, in �Foro Padano�, "1956, I, 863. 

INDICE SISTEMATICO 
DELLE CO N S U L T A Z I O.N I 


LA FORMULAZIONE DEL QUESITO NON RIFLETTE IN ALCUN MODO LA SOLUZIONE OHE NE E' STATA DATA 

AGRICOLTURA E FORESTE 

CONTRIBUTI PER ACQUISTO DI MACCHINE AGRICOLE. 

Quale sia l'interpretazione dell'art. 18, 1� comma, 
della legge 2 giugno 1961, n. 454, recante norme per la 
<ioncessione di contributi per acquisto di macchine 
agricole da parte degli agricoltori cc singoli o associati >> 

(n. 30). 
AMMINISTRAZIONE PUBBLICA 

ACQUISTO DI IMMOBILI DA PARTE DELLE AMMINISTRA� 

ZIONI DELLO STATO. 

1) s� sia necessaria l'autorizzazione governativa 
per gli acquisti di immobili fatti dalle Amministrazioni 
dello Stato (n. 264). 

2) Se per gli acquisti di aree occorrenti per la ese<
iuzione delle opere previste dal D.L. 1947 n. 261, fatti 
a titolo gratuito, le Amministrazioni debbano unifor


marsi alle norme della legge 5 giugno 1850, n. 1073 
(n. 264). 
CASSA PER IL MEZZOGIORNO -DIPENDENTI ASSUNTI 
CON CONTRATTO A TERMINE. 

3) Se le norme sulla disciplina del contratto di lavoro 
a tempo determinato, dettate con la legge 18 aprile 
1962, n. 230, siano applicabili ai contratti di lavoro 
per il personale assunto direttamente dalla Cassa del 
Mezzogiorno non proveniente dalle Amministrazioni 
dello Stato o dagli altri enti pubblici (n. 265). 

OssERV_ATORIO GEOFISICO DI TRIESTE. 

4) Se l'Osservatorio Geofisico di Trieste possa fruire 
del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato ai sensi dell'art. 
43 del T.U. 30 ottobre 1933, n. 1611 con riferimento 
al R.D. 27 marzo 1939, n. 654 (n. 266). 

ANTICHITA' E BELLE ARTI 

OPERE D'ARTE ABBANDONATE IN DOGANA. 

1) Se esistano norme che consentano l'apprensione 
da parte dello Stato delle opere d'arte abbandonate 
in Dogana (n. 48). 

ZONE VINCOLATE -LAVORI ESEGUITI SENZA AUTORIZ� 
ZAZIONE. 

2) Se l'Amministrazione debba procedere in via 
amministrativa alla sospensione o alla demolizione di 

lavori eseguiti senza autorizzazione in zone vincolate 

o soggette a vincolo ovvero se debba ottenere provvedimento 
dall'Autorit� giudiziaria (n. 49). 
APPALTO 

IMPOSTA FISSA DI REGISTRO -CONTRATTO DI APPALTO. 

1) Se sia fondata la richiesta di un'impresa, che ha 
stipulato un contratto di_ appalto con l'Amministrazione 
dei Lavori Pubblici, tendente ad ottenere il rim


borso dell'imposta ordinaria di registro pagata dalla 
impresa stessa per effetto di decadenza dal beneficio 
della registrazione a tassa fissa, conseguente a tardiva 
registrazione dell'atto di cottimo (n. 264). 

Nuovo CAPITOLATO GENERALE DI APPALTO PER LE 
OPERE DI COMPETENZA DEL MINISTERO DEI LAVORI 
PUBBLICI. 

2) Quali siano i riflessi del Nuovo Capitolato Generale 
approvato con D.P. 16 luglio 1962, n. 1063 sugli 
appalti di opere pubbliche stipulati prima della sua 
entrata in vigore (n. 265). 

REGIONE SICILIANA -LEGGE REGIONALE. 

3) Se la legge regionale 18 luglio 1961, n. 10 che 
detta norme particolari per la disciplina degli appalti 
di opere pubbliche nella Regione Siciliana si applichi 
anche alla esecuzione di gare pubbliche affidate dallo 
Stato in concessione alla Regione (n. 266). 

APPELLO 

GIUNTA PROVINCIALE AMMINISTRATIVA -CONTROLLO 
SOSTITUTIVO. 

Se la Giunta Provinciale Amministrativa possa nell'esercizio 
di poteri di controllo sostitutivo appellare 
contro una sentenza di Tribunale assolutoria di amministratori 
comunali dall'azione di responsabilit� intentata 
dal Comune (n. 6). 

AVVOCATI E PROCURATORI 

OSSERVATORIO GEOFISICO DI TRIESTE. 

Se l'Osservatorio Geofisico di Trieste possa fruire 
del patrocinio dell'Avvccatura dello Stato ai sensi dell'art. 
43 del T.U. 30 ottobre 1933, n. 1611 con riferimento 
al R.D. 27 marzo 1939, n. 654 (n. 57). 


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168 


CACCIA E PESCA 

CREDITO PESCHERECCIO -APPLICAZIONE LEGGE 27 DICEMBRE 
1956, N, 1457. 

Quali siano i provvedimenti che l'Amministrazione 
deve adottare nel caso di sottrazione da parte dei mutuatari 
dei beni sottoposti al privilegio previsto dall'articolo 
9 della legge 27 dicembre 1956, n. 1457 che ha istituito 
un fondo di rotazione per l'esercizio del credito 
peschereccio (n. 22). 

CINEMATOGRAFIA 

SPETTACOLI CINEMATOGRAFICI -DIVIETO DI A:l<IMISSIONE 
MINORI. 

Quali siano i rapporti tra l'art. 5 e 15 legga 21 aprile 
1962, n. 161, recante norme sulla revisione dei film e 
dei lavori teatrali e l'art. 78 del Testo Unico delle leggi 
di P.S. (n. 32). 

COMPROMESSO ED ARBITRI 

LODO ARBITRALE -CLAUSOLA COMPROMISSORIA. 

Se dalle clausole compromissorie attinenti a contratti 
di appalto stipulati dalle Amministrazioni dello 
Stato debba essere eliminata quella relativa alla rinuncia 
ad impugnare il lodo arbitrale per violazione delle 
regole di diritto (n. 15). 

COMUNI E PROVINCIE 

GIUNTA PROVINCIALE AMMINISTRATIVA -CONTROLLO 
SOSTITUTIVO. 

1) Se la Giunta Provinciale Amministrativa possa 
nell'esercizio di poteri di controllo sostitutivo appellare 
contro una sentenza di Tribunale assolutoria di amministratori 
comunali dell'azione di responsabilit� intentata 
dal Comune (n. 99). 

RICORSI AMMINISTRATIVI AVVERSO DECRETI PREFETTIZI � 

2) Quali siano i poteri del Ministro delle Finanze, 
chiamato col ricorso di cui all'art. 90 del Tasto Unico 
sulla Finanza locale a decidere, in via amministrativa , 

s.u controversie insorte tra persone -Comune e contribuenti 
-non a lui sogg3tte per vincolo gerarchico 
(n. 100). 
CONTABILITA' GENERALE DELLO STATO 

MANDATO. 

1) Se sia operativa nei confronti dell'Amministrazione 

dello 'stato la disposizione di cui all'art. 1396 e.e. che 

disciplina l'opponibilit� al terzo delle cause di estin


zione del potere di rappresentanza (n. 187). 

2) Se sia applicabile l'art. 1189 C.c. all'ipotesi del 

rappresentante apparente (n. 187). 

CONTRIBUTI E FINANZIAMENTI 

ALLUVIONI. 

1) Se, concesso ai sensi della legge 21 luglio 1959, 

n. 591, il contributo ad una azienda agricola intera EL 
illbillill l&'S&&& E 1EJ 

mente sommersa dalle acque, il relitto della vecchia 
azienda debba considerarsi acquisito al Demanio dello 
Stato ovvero se il suo valore di realizzo debba essere 
scomputato dal contributo concesso al proprietario 

(n. 41). 
CONTRIBUTI DI RICOSTRUZIONE -CESSIONE. 

2) Se sia valida la cessione del contributo per la 
ricostruzione di un immobile distrutto per eventi bellici 
allorch� la ricostruzione sia impossibile in sito a causa 
di precise e categoriche disposizioni di vincolo del piano 
regolatore generale (n. 42). 

CONTRIBUTI PER ACQUISTO DI MACCHINE AGRICOLE. 

3) Quale sia l'interpretazione dell'art. 18, 1� comma, 
della legge 2 giugno 1961, n. 454, recante norme per 
la concessione di contributi per acquisto di macchine 
agricole da parte degli agricoltori " singoli o associati " 

(n. 43). 
CREDITO PESCHERECCIO. 

4) Quali siano i provvedimenti che l'Amministrazione 
deve adottare nel caso di sottrazione da parte 
dei mutuatari dei beni sottoposti al privilegio previsto 
dall'art. 9 della legge 27 dicembre 1956, n. 1457 che 
ha istituito un fondo di rotazione per l'esercizio del 
credito peschereccio (n. 44). 

FINANZIAMENTI NAVALI GARANTITI DALLO STATO. 

5) Se la norma di cui all'art. 22 legge 8 marzo 1949, 

n. 75, -per la quale il privilegio goduto dai crediti 
per finanziamenti navali garantiti dallo Stato � preferito 
ad ogni altro diritto di prelazione ad eccezione 
di quelli derivanti dai privilegi ed ipoteche preesi. 
stenti -, deroghi all'ordine dei privilegi di cui agli 
artt. 2750 C.c. e 548 C. Nav. (n. 45). 
6) Se l'art. 5 legge 4 febbraio 1956, n. 54, contenente 
norme integrative riguardanti la gestione dei finanzia menti 
statali o garantiti dallo Stato, abbia abrogato 
l'ultimo comma dell'art. 21 legge n. 75 del 1949, che 
pone un limite massimo alla garanzia accordata dallo 
Stato ai finanziamenti navali, o se viceversa abbia 
modificato la norma stessa solo riguardo al contenuto 
della garanzia, estendendola ad altre voci di credito 
ma pur sempre nel massimale prefissato (n. 45). 

COSTITUZIONE 

ZONA DI RISPETTO -INSTALLAZIONE DI CARTELLI INDICATORI. 


Se possa ritenersi costituzionalmente illegittima la 
legge 17 agosto 1942, n. 1260 recante disposizioni circa 
la installazione di segnali indicatori per la zona di rispetto 
dell'Osservatorio di Monte Porzio Catone (n. 13). 

DANNI DI GUERRA 

RIPARAZIONI DI UFFICIO -RIMBORSO RATEALE. 

Quali siano i criteri in base ai quali possa accordarsi 
il rimborso rateale delle somme dovute per riparazioni 
di danni bellici quando venga a mancare la 



--169 


garanzia reale dell'iscrizione dell'ipoteca legale sull'immobile 
riparato per avere i danneggiati stessi alienato 
l'immobile prima della redazione degli atti di con


tabilit� finale (n. 111). 

DAZI DOGANALI 

OPERE D'ARTE ABBANDONATE IN DOGANA. 

Se esistano norme che consentano l'apprensione da 
parte dello Stato delle opere d'arte abbandonate in 
Dogana (n. 18). 

DEPOSITO 

SERVIZIO AMMINISTRATIVO DEI DEPOSITI -COMPETENZA. 

1) Se, ai sensi dell'art. 592 del regolamento di contabilit�, 
i depositi della Cassa DD.PP. siano regolati dalle 
speciali norme per essi stabilite dalla legge e dai regolamenti 
propri della Cassa stessa (n. 22). 


2) A chi spetti dirimere i conflitti che possono sorgere 
fra i vari organi ed uffici che sono chiamati ad 
applicare le leggi e i regolamenti sulla gestione della 
Cassa DD.PP. e sui servizi dei depositi (n. 22). 

EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE 

,ALLOGGI INA-CASA -MAGGIORAZIONE DEL COSTO MASSIMO 
A VANO. 

1) Quali siano le conseguenze giuridiche nel caso 
che si superi il costo massimo a vano in confronto a 
quello previsto all'atto della emissione del bando di 
prenotazione degli alloggi (n. 127). 

ROVINA DELLE COSTRUZIONI. 

2) Se la Gestione INA-Casa abbia l'obbligo di ricostruire 
gli alloggi nel caso di rovina delle costruzioni 
per fatto di forza maggiore (alluvioni, smottamento del 

terreno, ecc.). (n. 127) 

FALLIMENTO DELL'ASSEGNATARIO. 


ALLOGGI INA-CASA A RISCATTO 

3) Se nel caso di fallimento di un assegnatario di 
alloggio INA-Casa non ancora riscattato sia legittimo 
l'intervento del curatore fallimentare inteso a proce dere 
al riscatto anticipato dell'alloggio onde acquisirlo 
alla massa insieme agli altri beni del fallito (n. 128). 

GESTIONE :j:NA-CASA -ALLOGGI IN LOCAZIONE -REVOCA 
ASSEGNAZIONE. 

4) Se spetti alla Gestione INA-Casa revocare l'assegnazione 
di un alloggio in locazione quando l'assegnatario 
sia diventato comproprietario con la moglie di 
un altro appartamE!nto (n. 129). 

ISTITUTI AUTONOMI CASE POPOLARI -ACQUISTO DI AREE. 

5) Se ai contratti di acquisto di aree da parte degli 
Istituti Autonomi Case Popolari siano applicabili i 
benefici fiscali previsti dalla legge n. 408 del 1949 anche 
se siano stipulati dopo l'inizio o l'ultimazione della 
costruzione (n. 139). 

ESECUZIONE FISCALE 

RISCOSSIONE IMPOSTE INDIRETTE. 
Se sia applicabile nei rapporti fra Ricevitori provincia.
li l'istituto della delegazione previsti per -i rapporti 
fra esattori (n. 62). 

ESECUZIONE FORZATA 

ISTITUTI DI VENDITE GIUDIZIARIE. 

1) Se il compenso forfaitario previsto dall'art. 38 
del Regolamento Unico per gli Istituti di Vendite Giudiziarie 
sia dovuto nei soli casi di vendite relative a 
crediti di privati ovvero anche di quelle relative a crediti 
della P. A., accertati giudiziariamente e realizzati 
con la esecuzione forzata ordinaria (n. 29). 

LIBRETTI DI RISPARMIO POSTALI. 

2) Quale debba essere il comportamento dell'Amministrazione 
Postale in caso di esecuzione forzata su 
libretti di risparmio postali (n. 30). 

ESPROPRIAZIONE PER P.U. 

DEPOSITI PER INDENNIT� DI ESPROPRIAZIONE -CESSIONI. 


1) Se il cessionario della indennit� di espropriazione 
depositata presso la Cassa DD.PP. debba, per 
poter riscuotere il credito a lui ceduto, intervenire e 
partecipare all'accordo sulla distribuzione delle indennit� 
stesse (n. 173). 

ESPROPRIAZIONE IN DANNO DELL'AMMINISTRAZIONE FERROVIARIA. 


2) Se i beni appartenenti allo Stato siano suscettibili 
di procedimenti espropriativi (n. 174). 

3) Se i beni patrimoniali disponibili ed indisponibili 
degli enti pubblici siano soggetti a procedimenti ablatori 
quando sussista la causa espropriativa (n. 174). 

4) Se il conflitto che sorge tra Amministrazioni dello 
Stato debba trovare la sua soluzione in sede amministrativa 
(n. 174). 

INDENNIT� -ESPROPRIAZIONE DI IMMOBILI NON CEN SITI 
-DEPREZZAMENTO DI AZIENDA. 

5) Come calcolare l'indennit� di espropriazione secondo 
la legge di Napoli nel caso che i beni espropriati 
non siano censiti agli effetti dell'imponibile (n. 175). 

6) Se ad una impresa espropriata spetti il risarcimento 
dei danni per il deprezzamento dell'azienda o. 
quanto meno, per la demolizione di un magazzino materiali 
infiammabili (n. 175). 

FALLIMENTO 

ALLOGGI INA-CASA A RISCATTO -FALLIMENTO DELL'ASSEGNATARIO. 


1) Se nel �aso di fallimento di un assegnatario di 
alloggio INA-Casa non ancora riscattato sia legittimo 
l'intervento del curatore fallimentare inteso a procedere 
al riscatto anticipato dell'alloggio onde acquisirlo 
alla massa insieme agli altri beni del fallito (n. 67). 


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170


SPESE GIUDIZIALI. 

:2) Se la norma dell'art. 91 legge fallimentare (anticipazione 
da parte dello Stato delle spese giudiziali relative 
alla procedura fallimentare allorch� non vi sia 
nell'attivo il denaro occorrente) si applichi anche alle 
imposte di titolo (n. 68). 

FERROVIE 

::ESPROPRIAZIONE IN DANNO DELLA AMMINISTRAZIONE F.S. 

1) Se i beni appartenenti allo Stato siano suscetti
�.bili di procedimenti espropriativi (n. 336). 

2) Se i beni patrimoniali disponibili ed indisponibili 
degli enti pubblici siano soggetti a procedimenti abla
�tori quando sussista la causa espropriativa (n. 336). 

3) Se il conflitto che sorge tra Amministrazioni dello 
Stato debba trovare la sua soluzione� in sede ammini,
gtrativa (n. 336). 

.PERSONALE FERROVIARIO -LEGGE 27 GENNAIO 1962, 

N. 8. 
4) Quale sia l'interpretazione della legge 27 gennaio 
1962, n. 8 che stabilisce l'inquadramento, entro sei 
mesi dalla data di entrata in vigore della legge stessa, 
-del personale dell'Amministrazione delle F.S. avente 
-determinati requisiti nella qualifica di ispettore di 
_prima classe (n. 337). 

PERSONALE FERROVIARIO -UTILIZZAZIONE PERSONALE 
INIDONEO. 

5) Quale sia l'interpretazione del secondo comma 
�dell'art. 49 dello S.G. del personale delle F.S. relativo 
.alla utilizzazione del personale divenuto fisicamente 
�inidoneo, per cause non di servizio, alle funzioni della 
-qualifica rivestita (n. 338). 

IMPIEGO PUBBLICO 

�CASSA PER IL MEZZOGIORNO -DIPENDENTI ASSUNTI 
CON CONTRATTO A TERMINE. 

Se le norme sulla disciplina del contratto di lavoro 
.a tempo determinato, dettate con la legge 18 aprile 

1962, n. 230, siano applicabili ai contratti di lavoro 

per il personale assunto direttamente dalla Cassa del 
:Mezzogiorno non proveniente dalle Amministrazioni 
�dello Stato o dagli altri enti pubblici (n. 541). 

IMPOSTA DI BOLLO 

'TITOLI DI CREDITO -ASSEGNI BANCARI -POSDATAZIONE. 


1) Se fra i casi di materiale impossibilit� di presen
�tazione dell'assegno bancario, di cui all'art. 21 R.D.L. 

21 dicembre 1933, n. 1736, che consentono la postda
�tazione relativa all'assegno e la conseguente applicazione 
della tassa fissa di bollo, rientri nel caso dell'as;
segno emesso fuori piazza (n. 22). 

2) Se la tassa di bollo dovuta per gli assegni postda-
tati, fuori dei casi di tolleranza di cui all'art. 121 legge 

citata, sia fissata: 1) nella aliquota mmrma dell'l %, 

relativa alle cambiali con scadenza inferiore ad un mese, 

salvo all'Ufficio finanziario accertare e stabilire il fon


damento della maggior tassa pretesa in relazione allo 

eventuale maggior periodo di postdatazione; 2) nell'ali


quota fissa del 3 %, relativa alle cambiali con scadenza 

da 1 a 4 mesi, come per gli assegni emessi a vuoto; 

3) nell'aliquota del 12 %, relativa alle cambiali con 

scadenza superiore ai 6 mesi o in bianco, salvo che non 

risulti o che il privato non provi una minore durata 

della postdatazione (n. 22). 

IMPOSTA DI REGISTRO 

CONTRATTI DI COTTIMO FIDUCIARIO. 

1) Se il verbale redatto in relazione a gara ufficiosa 
espletata prima di stipulare il contratto di cottimo 
fiduciario per la esecuzione di lavori in economia possa, 
ai fini dell'imposta di registro, essere considerato verbale 
d'aggiudicazione ai sensi dell'art. 16 della legge 
di contabilit� valido come contratto (n. 183). 

CONTRATTI DI TRASPORTO -REGISTRAZIONE. 

2) Se i contratti verbali di trasporto siano soggetti 
a denunzia in termine fisso al pari dei contratti di appalto 

(n. 184). 
IMPOSTA FISSA DI REGISTRO -CONTRATTO DI APPALTO. 

2) Se sia fondata la richiesta di un'impresa, che 
ha stipulato un contratto di appalto con l'Amministrazione 
dei Lavori Pubblici, tendente ad ottenere il rimborso 
dell'imposta ordinaria di registro pagata dalla 
impresa stessa per effetto di decadenza dal beneficio 
della registrazione a tassa fissa, conseguente a tardiva 
registrazione dell'atto di cottimo (n. 185). 

ISTITUTI AUTONOMI CASE POPOLARI -ACQUISTO DI 
AREE. 

3) Se ai contratti di acquisto di aree da parte degli 
Istituti Autonomi Case Popolari siano applicabili i 
benefici fiscali previsti dalla legge n. 408 del 1949 anche 
se siano stipulati dopo l'inizio o l'ultimazione della 
costruzione (n. 186). 

SOCIET� -ENUNCIATIVA. 

4) Se, ai sensi dell'art. 28 allegato A alla legge di 
registro, sia assoggettata a tassa proporzionale di registro 
l'enunciativa di un finanziamento contenuta nella 
relazione del consiglio di amministrazione di una societ� 
e riportata nel passivo del bilancio della societ� stessa 

(n. 187). 
SOPRATASSA PER TARDIVA REGISTRAZIONE. 

5) Se alle integrazioni della sopratassa per tardiva 
registrazione richieste in occasione di supplemento di 
imposta, con l'ingiunzione a quest'ultimo relativa, sia 
applicabile la riduzione prevista dall'art. 104 -dell� -�� 
Legge di registro 30 dicembre 1923 n. 3269 per la sopratassa 
corrisposta prima dell'inizio degli atti coattivi 

(n. 188). 

-171 


IMPOSTA DI SUCCESSIONE 

RIFORMA AGHARIA -ASSEGNAZIONE FONDI 1-tUS'l'lCI. 

1) Se l'assegnazione di fondi rustici in attuazione 
della Riforma agraria possa configurarsi come contratto 
di vendita con patto di riservato dominio ex 
art. 1523 e.e. (n. 32). 

2) Se al contratto di assegnazione possa, di conseguenza, 
applicarsi il disposto di cui all'art. 4 del D.L. 

n. 
1749 del 1935, allegato A (n. 32). 
3) Se gli eredi dell'assegnatario subentrino nel rapporto 
jure successionis o jure proprio (n. 32). 
4) Su quale valore debba determinarsi l'imponibile 
della imposta di successione in ipotesi di subentro degli 
eredi dell'assegnatario (n. 32). 

I.G.E. 
RIVALSA VEHSO LO STATO -PUBBLICI'l'� SUI GIOHNALI. 

Se il trattamento tributario ai fini del diritto di rivalsa 
dell'I.G.E. delle prestazioni di pubblicit� sui 
giornali, quando non siano oggetto di contratto di 
appalto, sia, dopo l'entrata in vigore della legge 31 ottobre 
1961, n. 1196, rimasto identico a quello stabilito 
dalla legge fondamentale sull'I.G.E. e dalla legge 4 luglio 
1941, n. 770 (n. 99). 

IMPOSTA SUL PATRIMONIO 

IMPOSTA STRAORDINARIA PROGRESSIVA SUL PATRIMONIO. 

Se, dall'ammontare lordo del patrimonio complessivo 
debba essere detratta, ai sensi della lettera d) dell'art. 
23 del T.U. 9 maggio 1950; n. 203, l'imposta di 
donazione, relativa al trasferimento a titolo gratuito a 
discendenti di beni che, a norma della lettera a) del 
quarto comma ,del precedente art. 3, vanno considerati 
nel patrimonio dello ascendente ai fini dell'imposta 
straordinaria progressiva (n. 9). 

IMPOSTE E TASSE 

INGIUNZIONE TRIBUTARIA -OPPOSIZIONE. 

1) Se in sede di giudizio di opposizione ad ingiunzione 
tributaria possa l'Amministrazione chiedere in 
via riconvenzionale che il giudice accerti essere dovuta 
imposta per altro titolo (n. 353). 

RISCOSSIONE IMPOSTE INDIRETTE. 

2) Se sia �applicabile nei rapporti fra Ricevitori provinciali 
l'istituto della delegazione previsto per i rapporti 
fra esattori (n. 354). 

LAVORO 

APPALTI DI MANO D'OPERA. 

1) Sulla portata e sui limiti della legge 23 ottobre 
1960, n. 1369 che ha sancito il divieto di intermediazione 
e di interposizione nelle prestazioni di. lavoro 
negli appalti concessi dalle Aziende di Stato e dagli 
Enti Pubblici (n. 34). 

2) Se in forza, della legge 23 ottobre 1960, n. 1369 
e del D.P.R. 22 novembre 1961, n. 1192 debbano considerarsi 
vietati: 

a) l'appalto dei servizi di scambio degli effetti 
postali nelle stazioni ferroviarie (n. 34); 

3) b) l'appalto per la posa e la 'demolizione di linee 
telegrafiche e telefoniche a mezzo di squadre specializzate 
di operai (n. 34). 

4) Se siano soggetti alla disciplina di cui all'art. 2 
del D.P.R. 22 novembre 1961, n. 1192 i contratti di 
appalto relativi al trasporto degli effetti postali da 
un Ufficio all'altro, al trasporto ed al recapito dei pacchi 
a domicilio dei destinatari ed alla vuotatura delle 
cassette di impostazione nonch� i contratti relativi allo 
scambio degli effetti postali nelle stazioni ferroviarie 

(n. 34). 
5) Sulle modalit� e sui criteri da adottare nel deter� 
minare il raffronto del trattamento economico e la 
corrispondenza delle mansioni a norma dell'art. 2 del 

D.P.R. 22 novembre 1961, n. 1192 (n. 34). 
6) Se la legge 23 ottobre 1960, n. 1369 ed il D.P.R. 
22 novembre 1961, n. 1192 possano applicarsi ai contratti 
in corso di esecuzione alla data di entrata in 
vigore delle disposizioni (n. 34). 

MANDATO 

CONTABILIT� GENERALE DELLO STATO. 

1) Se sia operativa nei confronti dell'Amministrazione 
dello Stato la disposizione di cui all'art. 1396 C.c. 
che disciplina l'opponibilit� al terzo delle cause di 
estinzione del potere di rappresentanza (n. 8). 

2) Se sia applicabile l'art. 1189 C.c. all'ipotesi del 
rappresentante apparente (n. 8). 

NAVE E NAVIGAZIONE 

FINANZIAMENTI NAVALI GARANTITI DALLO STATO. 

1) Se la norma di cui all'art. 22 legge 8 marzo 1949, 

n. 75, -per la quale il privilegio goduto dai crediti 
per finanziamenti navali garantiti dallo Stato � preferito 
ad ogni altro diritto di prelazione ad eccezione 
di quelli derivanti dai privilegi ed ipoteche preesistenti-, 
deroghi all'ordine dei privilegi di cui agli artt. 2750 
C.c. e 548 C. Nav. (n. 107). 
2) Se l'art. 5 legge 4 febbraio 1956, n. 54, contenente 
norme integrative riguardanti la gestione dei finanziamenti 
statali o garantiti dallo Stato, abbia abrogato 
l'ultimo comma dell'art. 21 legge n. 75 del 1949, che 
pone un limite massimo alla garanzia accordata dallo 
Stato ai finanziamenti navali, o se viceversa abbia 
modificato la norma stessa solo riguardo al contenuto 
della garanzia, estendendola ad altre voci, di credito 
ma pur sempre nel massimale prefissato (n. 107). 

SENTENZE E DECRETI PENALI EMESSI DAI COMANDANTI 
DI PORTO. 

3) A chi sia affidata l'esecuzione delle sentenze e 
dei decreti (penali) di condanna emessi dai Comandanti 
di Porto ai sensi dell'art. 1238 C. Nav. (n. 108). 


_,,__ 172 


OPERE PUBBLICHE 

Nuovo CAPITOLATO GEN. DI APPALTO PER LE OPERE 
DI COMPETENZA DEL MINISTERO DEI LAVORI PUBBLICI. 

Quali siano i riflessi del nuovo capitolato generale 
approvato con D.P. 16 luglio 1962, n. 1063 sugli appalti 
di opere pubbliche stipulati prima della sua entrata in 
vigore (n. 52). 

PIGNORAMENTO 

SENTENZE E DECRETI PENALI EMESSI DAI COMANDANTI 
DI PORTO. 

A chi sia affidata l'esecuzione delle sentenze e dei 
decreti (penali) di condanna emessi dai Comandanti 
di Porto ai sensi dell'art. 1238 C. Nav. (n. 4). 

POLIZIA 

SPETTACOLI CINEMA'.rOGRAFICI -DIVIETO DI AMMIS� 
SIONE MINORI. 

Quali siano i rapporti tra l'art. 5 e 15 legge 21 aprile 
1962, n. 161, recante norme sulla revisione dei film e 
dei lavori teatrali e l'art. 78 del Testo unico delle leggi 
di P.S. (n. 28). 

POSTE E TELECOMUNICAZIONI 

APPALTI DI MANO D'OPERA RELATIVI A SERVIZI POSTALI. 

1) Sulla portata. e sui limiti della legge 23 ottobre 
1960, n. 1369 che ha sancito il divieto di intermediazione 
e di interposizione nelle prestazioni di lavoro 
negli appalti concessi dalle Aziende di Stato e dagli 
Enti pubblici (n. 86). 

2) Se in forza della legge 23 ottobre 1960, n. 1369 
e del D.P.R. 22 novembre 1961, n. 1192 debbano considerarsi 
vietati: 

a) l'appalto dei servizi di scambio degli effetti 
postali nelle stazioni ferroviarie (n. 86). 

b) l'appalto per la posa o la demolizione di 
telegrafiche e telefoniche a mezzo di squadre specializzate 
di operai (n. 86). 

4) Se siano soggetti alla disciplina di cui all'art. 2 
del D.P.R. 22 novembre 1961, n. 1192 i contratti di 
appalto relativi al trasporto degli effetti postali da 
un Ufficio all'altro, al trasporto ed al recapito dei pacchi 
a domicilio dei destinatari ed alla vuotatura delle 
cassette di impostazione nonch� i contratti relativi allo 
scambio degli effetti postali nelle stazioni ferroviarie 

(n. 86). 
5) Sulle modalit� e sui criteri da adottare nel determinare 
il raffronto del trattamento economico e la 
corrispondenza delle mansioni a norma dell'art. 2 del 

D.P.R. 22 novembre 1961, n. 1192 (n. 86). 
6) Se la legge 23 ottobre 1960, n. 1369 ed il D.P.R. 
22 novembre 1961, n. 1192 possano applicarsi ai contratti 
in corso di esecuzione alla data di entrata in 
vigore delle disposizioni (n. 86). 

BUONI POSTALI SuccEss10N1 -CONTROVERSIA SULLA 
PROPRIET�. 

1) Sul contenuto e sui limiti della giurisdizione volontaria. 


Se una controversia sulla p1�oprieti1 di buoni postali 
fruttiferi possa essere risolta in sede di giurisdizione 
volontaria (n. 87). 

2) Se l'autorit� giudiziaria possa con provvedimento 
emesso in camera di cons:iglio ord.in!!re all'Amministrazione 
il pagamento di buoni postali fruttiferi in favore 
di uno degli intestatari (n. 87). 

3) A quale ipotesi sia limitato, in tema di buoni 
postali fruttiferi, l'intervento dell'autorit� giudiziaria 
in sede di volontaria giurisdizione (n. 87). 

4) Sull'efficacia del provvedimento di volontaria giurisdizione 
nei confronti dei terzi (n. 87). 

LIBRETTI DI RISPARMIO POSTALI. 
5) Quale debba essere il comportamento dell'Amministrazione 
Postale in caso di esecuzione forzata �su 
libretti di risparmio postali (n. 88). 

PROPRIETA' 

ZONA DI RISPE'I'TO -INSTALLAZIONE DI CARTELLI INDI� 
CATORI. 

Se possa ritenersi costituzionalmente illegittima la 
legge 17 agosto 1942, n. 1260 recante disposizioni circa 
la installazione di segnali indicatori per la zona di rispetto 
dell'Osservatorio di Monte Porzio Catone (n. 30). 

REGIONI 

REGIONE SICILIANA -APPALTO DI 00. PP. 

Se la legge regionale 18 luglio 1961, n. 10 che detta 
norme particolari per la disciplina degli appalti di 
opere pubbliche nella Regione siciliana si applichi 
anche alla esecuzione di gare pubbliche affidate dallo 
Stato in concessione alla Regione (n. 101). 

RICOSTRUZIONE 

CONTRIBUTI DI RICOSTRUZIONE -CESSIONE. 

Se sia valida la cessione del contributo per la ricostruzione 
di un immobile distrutto per eventi bellici 
allorch� la ricostruzione sia impossibile in sito a causa 
di precise e categoriche disposizioni di vincolo del piano 
regolatore generale (n. 14). 

RIFORMA AGRARIA 

ASSEGNAZIONE FONDI RUSTICI. 

1) Se l'assegnazione di fondi rustici in attuazione 
della Riforma Agraria possa configurarsi come contratto 
di vendita con patto di riservato dominio ex 
art. 1523 e.e. (n. 3). 

2) Se al contratto di assegnazione possa, di conseguenza, 
applicarsi il disposto di cui all'art. 4 del D.L. 

n. 
1749 del 1935, allegato A (n. 3). ,. _ 
3) Se gli eredi dell'assegnatario subentrino nel rap-___ 
porto iure successionis o iure proprio (n. 3). 
4) Su quale valore debba determinarsi l'imponibile 
della imposta di successione in ipotesi di subentro 
degli eredi dell'assegnatario (n. 3). 


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SOCIETA' TERREMOTI 

IMPOSTA DI REGISTRO -ENUNCIATIVA. 

Se, ai sensi dell'art. 28 allegato A alla legge di registro, 
sia assoggettata a tassa proporzionale di registro 
l'enunciativa di un finanziamento contenuta nella 
relazione del consiglio di amministrazione di una societ� 
e riportata nel passivo del bilancio della societ� stessa 

(n. 98). 
SPESE GIUDIZIALI 

FALLIMENTO. 
Se la norma dell'art. 91 legge fallimentare (anticipazione 
da parte dello Stato delle spese giudiziali relative 
alla procedura fallimentare allorch� non vi sia 
nell'attivo il denaro occorrente) si applichi anche alle 
imposte di titolo (n. 14). 

SUCCESSIONI 

QUALIT� DI EREDE E DI LEGATARIO -CRITERI DI DI� 
STINZIONE. 

1) Se la qualit� di erede o di legatario debba rica


varsi dalla qualifica attribuita dal testatore o dalla 

natura delle disposizioni testamentarie (n. 66). 

2) Se perch� la condizione apposta ad un legato possa 
considerarsi impossibile � sufficiente una difficolt�, 
anche notevole, nell'adempimento, che non si risolva 
in una impossibilit� materiale e giuridica comunque 
di natura oggettiva (n. 66). 

3) Se la disposizione dell'art. 626 O.e. si applichi 

oltre che alle condizioni illecite anche a quelle impos


sibili (n. 66). 

4) Se per procedere alla ricostruzione della volont� 

del defunto, sotto il profilo del motivo determinante 

della disposizione, possa farsi ricorso anche ad elementi 

estranei al testamento (n. 66). 

5) Se possa considerarsi adempiuta la condizione nel 

caso in cui, per il perseguimento del medesimo risul


tato, si faccia ricorso a strumenti alquanto diversi 

nella forma d'attuazione da quelli previsti nella di


sposizione testamentaria, allorch� l'uso di questi ultimi 

risulti� �estremamente difficoltoso sul piano pratico 

(n. 66). 
COSTRUZIONI DI SOPRAELEVAZIONI IN ZONE SISMICHE. 

1) Quali siano le modalit� per la costruzione di piani 
superiori al primo (oltre al piano terreno) �in edifici 
situati in zone sismiche (n. 19). 
DISTANZE. 

2) Se le distanze prescritte dall'art. 12 del R.D.L. 

n. 2105 del 1937 debbono intercorrere fra i muri frontali 
di due edifici vicini ovvero relativamente ad altre 
costruzioni non facenti parte dell'edificio abitato (n. 19). 
TITOLI DI CREDITO 

ASSEGNI BANCARI -POSTDATAZIONE. 

I) Se fra i casi di materiale impossibilit� di presentazione 
dell'assegno bancario, di cui all'art. 21 R.D.L. 
21 dicembre 1933, n. 1736, che consentono la postdatazione 
relativa dell'assegno e la conseguente applicazione 
della tassa fissa di bollo, rientri il caso dell'assegno 
emesso fuori piazza (n. 12). 

2) Se la tassa di bollo dovuta per gli assegni postdatati, 
fuori dei casi di tolleranza di cui all'art. 121 legge 
citata, sia fissata: 1) nella aliquota minima dell'l %, 
relativa alle cambiali con scadenza inferiore ad un mese, 
salvo all'Ufficio finanziario accertare e stabilire il fondamento 
della maggior tassa pretesa in relazione alla 
eventuale maggiore periodo di postdatazione; 

2) Nell'aliquota fissa del 3 %, relativa alle cambiali 
con scadenza da 1 a 4 mesi, come per gli assegni emessi 
a vuoto; 

3) Nell'aliquota del 12 % rel~tiva alle cambiali con 
scadenza superiore ai 6 mesi o in bianco, salvo che 
non risulti o che il privato non provi una minore durata 
della postdatazione (n. 12). 

TRASPORTO 

CONTRATTI DI TRASPORTO -REGISTRAZIONE. 

Se i contratti verbali di trasporto siano soggetti a 
denuncia in termine fisso al pari dei contratti di appalto 
(n. 51). 


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