ANNO VI -N. 11-12 
NOVEMBRE-DIOEMBRE 1953 

RASSEGNA MENSILE 


DELUAVVOCATURA DELLO STATO 


PUBBLICAZIONE DI SERVIZIO 

SOMMARIO 


I. 
ARTIOOLI ORIGINALI , 
Del regolamento di giurisdizione 
con particolare riferimento ad alcuni recenti 
orientamenti giurisprudenziali, dell'avv. B. BACOARI, p. 261-267. 

II. 
NOTE DI DOTTRINA 
1) S. LESSONA: La Giustizia amministrativa, recensione critica dell'avvocato 
s. F ARANDA, p. 268-271. 
2) 
A. SANTORO: L'esecuzione penale, recensione critica dell'avv. F. CmAROTTI, 
p, 271-273. 

III. RAOOOLTA DI GIURISPRUDENZA 
1) 
Amministrazione dello Stato -Ufficio Stralcio per la liquidazione delle 
associazioni sindacali fasciste -Rappresentanza e difesa in giudizio, 

p. 274-275. 
2) Amministrazione pubblica -Atto amministrativo -Pena pecuniaria per 
violazioni valutarie, p. 275-278. 
3) Cassazione -Ricorso contro decisione della Commissione Centrale Imposte 
dirette -Termine per la notifica, p. 278. 
4) Consiglio di Stato -Decisione su ricorso ex art. 27 n. 4 del T. U. 26 giugno 
1924, n. IOe-4 -Esecuzione del giudicato amministrativo -Estensione 
al decreto del Capo dello Stato che decide ricorso strll-ordinario, 

p. 278-280. 
5) Espropriazione per pubblica utilit� -Concordato sulla indennit� -Impugnazione 
-Termini, p. 280. 
6) Impugnazione in sede civile -Morte della parte dopo la pubblicazione 
della sentenza -Appalti pubblici -Risoluzione del contratto a sensi 
della legge 28 novembre 1940, n. 1772 -Valutazione del materiale in 
cantiere, p. 280-283. 
7) Notificazione -Foro erariale -Applicabilit� anche nei confronti di 
Amministrazioni pubbliche non statali, p. 283. 
8) 
Prescrizione -Prescrizione del diritto al risarcimento del danno -Decorrenza 
in caso di estinzione del reato per amnistia, p. 283-284. 

IV. 
ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI DELLE OORTI DI 
MERITO 
l) Omicidio e lesioni colpose -Esercitazioni e dimostrazioni di lancio di 
bombe -Ordine legittimo del superiore, p. 285. 
2) Imposta generale sull'entrata -Violazione -Misure cautelari ex art. 26 
legge 7 gennaio 1929, n. 4 -Crediti garantiti da dette misure, p. 286-288. 
3) Requisizioni -Occupazioni dipendenti da titolo non locativo di natura 
temporanea -Controversie, p. 288. 

V. 
SEGNALAZIONI DI DOTTRINA E GIURISPRUDENZA, p. 289-296. 
VI. 
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE, p. 297. 
VII. INDICE SISTEMATIOO DELLE OONSULTAZIONI, p. 298-302. 

ANNO VI -N. 11-12 
~OVEMBRE-DICEMBRE 1953 

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RASSEGNA� MENSILE 


DELL' AVVOCA1,URA DELLO STATO 


PUBBLitJA.ZIONE DI SERVIZIO 

DEL REGOLAMENTO DI GIURISDIZIONE CON PARTICOLARE RIFERIMENTO 
AD ALCUNI RECENTI ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI 


SOMMARIO. -Premessa -Natura giuridica -Soggetti 
ed oggetto -Funzione -Condizioni -Forme -Effetti. 

PREMESSA. La vastit�. del tema, che ci siamo proposti 
di prendere in esame, impone per se stessa dei 
limiti. Intendiamo fissarli in una breve premessa 
che yuole anche costituire uno schema della indagine'. 

Dell'istituto considereremo la natura giuridica i 
soggetti e l'oggetto del relativo rapporto proc~ssuale, 
la funzione, le condizioni e le forme, nonch� 
gli effetti, accennando ad alcune questioni, che si son 
po~te e si van ponendo in merito, alla luce soprattutto, 
dei pi� recenti orientamenti giurisprudenziali. 

Non terremo conto, invece, almeno ex professo, 
degli altri mezzi processu�li, con i quali pure la 
Corte Suprema pu� essere investita delle questioni 
di giurisdizione e, cio�, del normale ricorso per 
Cassazione contro la sentenza dei "giudici ordinari 
(art. 360 c.p.c. n. 1) o dei giudici speciali (art. 362 

c.p.c. primo comma) e del ricorso per cassazione, 
non soggett_o a termine, per la soluzione dei conflitti 
positivi o negativi di giurisdizione tra giudici speciali 
o tra questi e giudici ordinari o dei conflitti, cosidetti 
di attribuzione, tra la pubblica Amministrazione ed � 
il giudice ordinario (art. 362 c.p.c. secondo comma). 
Del regolamento di giurisdizione, infatti, tratteremo 
come mezzo per ottenere preventivamente 

. 
uua statuizione della Corte Suprema sulla giurisdizione, 
non come effetto della statuizione della 
C?rte Suprema stessa, che �, indubbiamente, quello 
d1. regolare la giurisdizione, anche se le questioni 
re.lative sono portate alla cognizi�ne di essa con 
il ricorso ordinario o con quello speciale, di cui si � 
detto. Adottando tale pi� ristretta accezione rimarremo 
aderenti anche alla terminologia del legislatore. 

Natura giuridica del regolamento di giurisdizione. 

La sistemazione, che normalmente suole darsi 
al regolamento di giurisdizione, � tra i mezzi di 
impugnazione; ma, mentre � esatto considerare 
mezzo d'impugnazione il ricorso ordinario, che tende 
a far regolare la giurisdizione, non altrettanto 
pu� dirsi del ricorso speciale, per le peculiarit�., 
che lo caratterizzano, data la situazione processuale 
anormale contro cui si rivolge, e sopratutto 
dell'istituto, che esaminiamo. 

In particolare, il regolamento preventivo di giurisdizione 
non postula la esigenza di un provvedime:
.to giurisdizionale; mentre appunto perch� si 
possa parlare di impugnazione, in senso processuale, 
� necessaria la esistenza di un siffatto provvedimento, 
contro il quale il gravame si rivolga. � 
vero, come vedremo, che il regolamento potrebbe 
essere esperito anche quando fosse intervenuta una 
sentenza, sempre che la causa non sia decisa nel 
merito in primo grado o, anche, in ogni stadio �e 
grado del giudizio, nell'ipotesi prevista dal secondo 
comma dell'art. 41 c.p.c.; ma basterebbe considerare 
che la esistenza di un provvedimento giudiziale 
non � essenziale, anzi � eccezionale ed ha 
comunque carattere accidentale, per escludere che 
l'istituto in esame abbia la natura di un mezzo di 
impugnazione. � 

Si dir� di pi�: anche� nelle ipotesi ora accennate 
non sembra che il regolamento vada diretto contro 
la sentenza, poich~ la legge nessuna distinzione 
pone, limitandosi a non escluderne l'esperibilit�., a 
seguito della pronuncia di una sentenza con determinati 
caratteri. 

Quanto si � osservato consente di non frazionare 
l'istituto, permettendo di attribuirgli un'unica natura 
giuridica, in qualsiasi ipotesi. Non mezzo di 
impugnazione, adunque, e mai, nonostante tale qualifica 
sia talvolta impropriamente usata in qualche 
sentenza (v. per� Cass: S. U. 14 maggio 1949 in 
� Giur. Compl. Cass. _Civ. �, 1949, II, 370), ma 
quella di istituto processuale sui generis, con carattere 
sempre facoltativo (Cass. 7 giugno 1950 in 
�Mass. G. I.�, 1950, 360) diretto a prevenire 
interferenze tra i poteri dello Stato ed a consentire, 
con economia di. giudizi, l� certezza del diritto 
di cui il processo � strumento essenziale. � ' 

Soggetti ed oggetto. 

Lo esperimento del regolamento di giurisdizione 
presuppone un giudizio in corso, e, quindi, uh rapporto 
processuale gi� instaurato (1): normalmente, 

(1) Riteniamo che il rapporto processuale non debba 
ess~r~ nullo, o, in altri termini che la questione sulla 
validit� del rapporto processuale sia preliniinare rispetto 
alla questione di giurisdizione. 

-262 


tutte e sole le parti (1) di questo rapporto e di 
quelli relativi a cause inscindibili sono legittimate 
(legitimatio ad processum) e proporre il regolamento 
di giurisdizione; una posizione speciale � riservata 
alla Pubblica Amministrazione, che non si:;i, parte 
in causa attraverso alcuno dei propri uffici, la 
quale, a mezzo del prefetto, con le condizioni e le 
forme, che si esamineranno, pu� chiedere che sia 
dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice 
ordinario a causa dei poteri attribuiti dalla legge 
alla Amministrazione stessa. 

Giudice per la soluzione delle questioni proposte 
con il regolamento di giurisdizione �, sempre e solo 
la Corte Suprema di Cassazione, che-decide a sezioni 
unite, con la presenza cio� di quindici membri. 

L'oggetto del rapporto processuale (2) posto con 
il regolamento di giurisdizione pu� essere vario: la 
qualificazione ci viene offerta dallo stesso articolo 41 
che lo determina indicando le questioni di giurisdizione, 
di cui allo art. 37, e, cio�, il difetto di 
giurisdizione del giudice ordinario nei confronti dei 
giudici speciali o della pubblica Amministrazione, 
da un lato, e nei confronti dello straniero, dall'altro. 

Precisiamo subito che non intendiamo affrontare 

in questa sede, le questioni di giurisdizione sopra 

accennate dal punto di vista dei rapporti tra le 

varie funzioni e nell'ambito della giurisdizione tra 

giudici ordinari e speciali, o tra giudici speciali, 

ovvero tra giudici italiani e stranieri, essendo .il 

nostro esame strettamente limitato all'istituto pro


cessuale del regolamento preventivo di giurisdizione. 

Riteniamo invece di dover accennare ad alcune 

questioni, essenzialmente processuali, che si di


battono sull'argomento. 

Tra queste la pi� importante e certo la pi� dibat


tuta � se sia o meno esperibile il regolamento di 

giurisdizione, quando il giudizio sia stato intra


preso davanti ad un giudice speciale ovverosia 

quando esso tende a far dichiarare il difetto di 

giurisdizione del giudice speciale, nel senso che nes


sun giudice pu� pronunciarsi sulla domanda, o, nel 

senso che su di essa pu� pronunciarsi solo il giu


dice ordinario, ovvero altro giudice speciale (3 ). 

I termini della questione sono ben noti perch� 

(1) Salvo, beninteso il giudice, che non � parte del 
rapporto processuale, anche se pu� considerarsi uno 
dei termini del rapporto stesso: non � mai infatti ammissibile 
la proposizione del regolamento di giurisdizione 
ex officio (Cass. 28 febbraio 1950, in cc Mass. Foro 
Ital. n, 1950, 110 e 21 giugno 1952, ivi 1952, 438). 
(2) Intendiamo per oggetto del rapporto processuale 
la domanda, ovverosia la causa, in senso tecnico, il 
thema decidendum, cio�, che si propone al giudice. 
(~) La differenza tra le varie ipotesi � profonda, ma 
per quel che interessa, non � necessario mantenere la 
distinzione: primo perch� per la legge, siamo sempre 
nell'ambito del difetto di giurisdizione (anche se pu� 
ad altri fini essere opportuno distinguere tra questioni 
di giurisdizione, in senso stretto o relativo, e quelle 
che la stessa legge, talvolta, chiama questioni di attri� 
buzioni, o assolute; poi, perch�, in relazione alla giurisdizione 
di altro giudice speciale, riteniamo essenziale 
la considerazione che, a differenza di quanto avviene 
per i giudici ordinari, ai giudici speciali non spetta altra 
giurisdizione all'infuori di quella positivamente, e sia 
pure in via generale (v. art. 103 Costituzione), determinata 
dalla legge, e conseguentemente che si tratti 
sempre di una questione di giurisdizione e non mai di 
competenza. 

di essi si � ampiamente occupata questa Rassegna. 
Per la soluzione negativa sia nei riguardi di tutti 
i giudizi speciali, sia, specialmente, per il Consiglio 
di Stato � tenacemente schierata la giurisprudenza 
di questo Consesso, (0.d.S. Sez ..V, dee. 18 giugno 
1948, in cc Rassegna di dir. pubbl. �, 1949, II, 694; 

O.d.S. Sez. V, dee. 8 gennaio 1949, ivi 1950, II, 
72; O.d.S. Sez. IV dee. 17 giugno 1949, in cc Foro 
Ital.>i, 1950, III, 177; O.d.S. Sez.-VI dee. 17 
ottobre 1950, in cc Foro Amm. �, 1950, I, 3,60 ed 
una parte della dottrina (1 ); per la soluzione positiva, 
dopo una sola pronuncia contraria (Oass. S.U. 
24 marzo 1943 in cc Foro Ital. n, 1943, I, 569) la 
giurisprudenza della Corte Suprema, ormai consolidata 
(Cass. S.U. 31 luglio 1947, in cc Foro Ital. n, 
1947, I, 709; Cass. S.U. 25 maggio 1949, in cc Giur. 
Compl. Cass. Civ.�, 1949, III quadr. 1659; Cass. 
S.U. 6 dicembre 1948, in cc Foro Amm. n, 1949, I, 
1, 65; Cass. S.U. 20febbraio1951, in cc Foro Amm. n, 
1951, II, 1, 81; Cass. S.U. 5 maggio 1952, in cc Mass. 
Foro Ital. �, 1952, 310 e da ultimo Cass. S.U. 
15 gennaio 1953, in cc Giur. Ital. n, 1953, I, 93) ed 
altra parte della dottrina (2). 
In uno scritto su questa Rassegna -al quale 
rimandiamo il lettore -gi� il di Ciommo ebbe ad 
occuparsi dell'argomento ed ader� alla tesi della 
ammissibilit� confutando, in modo molto convincente 
e piano, i vari argomenti, che i sostenitoi'i 
dell'altra tesi adducevano: da quello letterale, che 
iu una pi� recente formulazione � arrivato finanche 
a fondarsi sulla dizione dello art. 367 c.p.c. (che 
dispone il deposito cc nella cancelleria �) � quello 
storico. Da tale soluzione della ammissibilit� non 
sentiamo di doverci allontanare. 

Richiede, invero, la adesione ad una tesi siffatta 
la necessit� di una interpretazione estensiva della 
legge, ma � appunto la interpretazione, nelle sue 
varie forme, e con i suoi vari risultati, la funzione 
e l'obbiettivo dell'interprete. E la interpretazione, 
alla stregua anche dei principi informatori del 
nuovo codice di procedura civile, affermati nella 
stessa relazione, con un valore che trascende la 
mera dichiarazione programmatica (v. pure art.65 
dello ordinamento giudiziario e 111 della Costituzione), 
e realizzati nelle varie disposizioni (v. art. 362 
c.p.c.) non pu� che essere estensiva, nulla vietando, 
di massima, la applicazione, nella specie, di tale 
risultato interpretativo. 

I pretesi inconvenienti teorici e pratici, addotti 
per confutare la ammissibilit� in questi casi del 
regolamento preventivo di giurisdizione, a parte 

(1) BRACCI, cc Riv. di dir. proc. civ.>>, 1941, I, 190 
e seguenti; ZANOBINI, cc Foro Amministrativo n, 1942, 
IV, 7 e seguenti; BRUNELLI, cc Riv. di dir. pubbl. n, 
1943, II, 387; BENVENUTI cc Giur. ital. �, 1950, IV, p. 1 
e seguenti; TENTOLINI, cc Foro Ital. �, 1950, III, 1 77; 
impl. AzzARITI, cc Foro Ital. �, 1941, IV, 36; e, GurnCIARDI, 
cc La Giustizia Amministrativa�, 1953, p. 248249 
e 470-71; ANDRIOLI, Comm. II, 361; v. pure per 
un'ampia esposizione della tesi seguita. dal C. d. S. la 
relazione del Consiglio di Stato per gli" anni 1946, 1950. 
(2) LESSONA, (( Riv. di dir. proc. �, 1942, I;-22�0 seguenti; 
SATTA, cc Dir. proc. civ.�, 1948, 31; D'ALESSIO, 
cc Dir. Amm. n, 1949, II, 666; DI CIOMMO, cc Rass. Avvocatura 
Stato�, 1949, p. 201 e seguenti; GISMONDI, cc Foro 
Amm. �, 1940, I, 1, 358 e seguenti; PocHERRA, cc Rivista 
di dir. proc. �, 1950, II, 198. EuLA, Requisitoria in 
cc Giur. Ital. �, 1953, I, 93. 

-263 


lo scarso valore interpretativo, che agli inconve


nienti pu� attribuirsi, (1), non sussistono, o, co


munque, non sono tali da impedire la estensione 

di un istituto, la cui natura e la cui funzione, che 

appresso esamineremo, esigono la applicazione an


che alle giurisdizioni speciali (2). 

Resta ora da esaminare quale � l'oggetto del 

regolamento di giurisdizione proposto dalla Am


ministrazione, che non sia parte in causa (art. 41 

c.p.c., secondo comma). Indubbiamente � il difetto 

di giurisdizione del giudice ordinario a causa dei 

poteri attribuiti dalla legge alla Amministrazione 

stessa, per espressa ipotesi legislativa. Potrebbe 

avere ad oggetto una questione di difetto di giuri


sdizione del giudice ordinario nei confronti del giu


dice speciale~ O, anche del giudice speciale nei 

confronti del giudice ordinario, o di altro giudice . 

speciale, o a causa dei poteri della legge attribuiti 

alla Amministrazione stessa ~ 

Secondo taluni (3) il quesito non sarebbe confi


gurabile, in quanto in tutti questi casi la .Ammini


strazione non potrebbe non essere parte in causa. 

Senza voler qui discendere alla esemplificazione, 

noi riteniamo che, almeno nella sua genericit�, 

una tale affermazione non sia esatta, pur ammet


tendo che norma]mente ci� accadr� (4). 

(1) Trattasi, alle volte, di jnconvenienti (quali, ad 
esempio, la opJ crtunit� di una doppia pronuncia nella 
materia, che interessa), che sussisterebbero per il regolamento 
preventivo anche in relazione ad una causa pendente 
davanti ai giudici ordinari, e, dai quali, per ipotesi, 
l'istituto in esame, prescinde. 
(2) V. Di CIOMMO, op. e lpco cit. 
(3) GIUDICEANDREA, Le impugnazioni civili, 1952, 18. 
(4) Conforme, D'ALESSIO, op. e loco cit., che afferma 
esplicitamente quanto noi riteniamo e impl.. ZANOBINI, 
AzzARITI e BRACCI, ,op. e loco cit., i quali, per�, 
sono, in concreto, contrari a qualsiasi estensione dello 
istituto, previsto dal secondo comma dell'art. 41 c.p.c. 
oltre il caso espressamente previsto dalla legge. V. pure 
RANELLETTI; Le guarentigie della Pubblica Amministrazione, 
p. 520-521; MANCA, �Riv. di Dir. Pubbl. >>, 1932, 
I, 105 e CAMMEO, �Commentario >>, p. 924. Questi ultimi 
�fanno 
riferimento ad una questione, un tempo, molto 
discussa in dottrina ed in giurisprudenza (v. Cass. 28 
febbraio 1928., in �Foro !tal. �, 1928, I, 729), relativa 
alla esperibilit� del regolamento da parte della Pubblica 
Amministrazione, non parte in causa, per far dichiarare 
il difetto di giurisdizione del giudice ordinario 
nei confronti del giudice speciale, questione oggi risolta 
dal nuovo codice di procedura civile (ZANOBINI; Corso 
di dir. amm.vo, 1949, vol. II, p. 309) in senso negativo, 
come sosteniamo nel testo. Resta pur sempre, per�, la 
possibilit� di un giudizio davanti alle giurisdizioni speciali, 
in cui la Pubblica Amministrazione non sia parte 
in causa. Anche accogliendo il concetto pi� vasto di 
Pubblica Amministrazione, facendovi rientrare tutti gli 
enti pubblici diversi dallo Stato, negando quindi la 
possibilit� di applicazione del mezzo previsto dal secondo 
comma dell'art. 41 c.p.c., quando uno qualsiasi di questi 
enti sia parte per quanto la questione potrebbe non 
essere pacifica: v. Cass. Roma, 5 gennaio 1882; in �Foro 
!tal. �, 1882, I, 524; i limiti del presente studio impediscono, 
per�, di esaminare gli aspetti) bisogna .pur 
sempre considerare che, almeno, allo stato attuale della 
legislazione, le giurisdizioni speciali non sono soltanto 
quelle amministrative, anche se queste sono, di gran 
lunga le pi� numerqse e le pi� importanti, e che anche 
davanti ad esse � pur sempre possibile ipotizzare un 
giudizio in cui la Pubblica Amministrazione non sia 
parte in causa (contra ZANOBINI, Corso cit., vol. II, 

p. 112): un esempio, anche nella legislazione vigente, 
potrebbe essere costituito dalle controversie tra ricevitori 
ed esattori e simili davanti alla Corte dei Conti. 
Rileviamo, per�, subito che lei argomento letterale 
desumibile dalla contrapposizione della dizione 
usata nel secondo comma rispetto a quella 
usata nel primo pu� valere ad escludere la applicabilit� 
del mezzo, di cui si tratta, per le qu�stioni 
attinenti al difetto di giurisdizione del giudice ordinario 
Iiei confronti di quello speciale, difetto alla 
cui rilevabilit� potrebbe esser stato considerato 
sufficiente dal legislatore l'interesse delle parti, dato 
anche, sopratutto, il minore interesse della Pubblica 
Amministrazione a far rilevare un siffatto 
difetto di giurisdizione: a fortiori, altrettanto deve 
dirsi per il quesito riguardante l'ipotesi inversa 
(difetto di giurisdizione del giudice speciale nei 
confronti del giudice ordinario, o anche di altro 
giudice speciale). E, d'altra parte, nell'interpretare 
il comma secondo dell'art. 41 bisogna pur sempre 
tener� conto della eccezionalit� di un mezzo processuale 
posto a disposizione di un soggetto, che � 
terzo rispetto alla causa di merito, sia esso pure 
la Pubblica Amministrazione. 

Questa ultima considerazione non ci impedisce 
per� di ritenere, interpret�ndo estensivamente il 
secondo comma dell'art. 41. c.p.c., la esperibilit� 
del regolamento preventivo di giurisdizione da parte 
della Pubblica Amministrazione, che non sia 
parte in causa, per far dichiarare il difetto di 
giurisdizione del giudice speciale a causa dei poteri 
attribuiti dalla legge alla Amministrazione 
stessa, per quanto trattasi di ipotesi meramente 
teorica (la stessa rarit� della applicazione del mezzo 
in questione nella ipotesi espressamente prevista 
dal secondo comma dell'art. 41 c.p.c. ne � conferma). 
Comunque, in una ipotesi siffatta, non sarebbe 
valido l'argomento letterale, di cui si � detto poco 
prima e varrebbero in pieno tutti i motivi addotti 
per sostenere l'ammissibilit� del regolamento di 
giurisdizione, in via preventiva, davanti ai giudici 
speciali, esperito dalle parti in causa, senza 
che vi siano, nella specie, altri particolari argomenti 
per contestare quanto sosteniamo. 

Oggetto, infine del regolamento di giurisdizione 
pu� essere una questione attinente alla giurisdizione 
rispetto allo straniero. Vedremo trattando delle 
condizioni alcune caratteristiche dell'istituto in esame, 
quando ha ad oggetto una siffatta questione 
di giurisdizione. 

Osserviamo, intanto, per concludere su questo 
punto, che non � questione di giurisdizione quella, 
cui pu� dar luogo l'attribuzione ad arbitri di determinate 
controversie, poich� gli arbitri non costituiscono 
una giurisdizione speciale (1) bens� una giurisdizione 
costitutiva (2), o,. meglio, come taluno (3), 
efficacemente, li ha denominati, ausiliari del giudice. 
Non sar� dunque ammissibile in ipotesi del genere il 
regolamento preventivo di giurisdizione, trattandosi 
di una mera questione di competenza (Cass. 12 gennaio 
1950, in cc Giur. Ital. 1951, I, 1, 236; Cass. 
23 luglio 1952 in <<Mass. Foro Ital. �, 1952, 544). 

(1) Beninteso, quando si tratti di arbitrato e non 
di giurisdizione speciale: per la distinzione v. CALAMANDREI; 
Istituz. di dir. proc. civ., vol. II, p. 178 e ZANOBINI, 
Corso cit., vol. II, p. 302 e bibliografia ivi citata. 
(2) GIUDICEANDREA, op. cit., P� 6; ZANZUCCHI : Diritto 
processuale civile, I, p. 31. 
(3) CALAMANDREI, op. e loco cit. 

264 


Funzione del �regolamento di giurisdizione. 

Da quanto abbiamo detto sin qui evidente appare 
la funzione del regolamento di giurisdizione; 
esso tende ad ottener.e una pronuncia della Suprema 
Corte sulle questioni di giurisdizione, che 
il<: possono essere l'oggetto, in via preventiva. In 
tal modo, i soggetti legittimati ad esperirlo conseguono 
lo scopo di efiminare ogni incertezza sulle 
questioni di giurisdizione, relative ad un determinato 
processo, evitando di dover prima attendere 
lo' sviluppo, eventualmente -complesso, nelle varie 
fasi, con i relativi possibili pregiudizi, per poi 
ottenere magari una pronuncia, che dichiara il 
loro errore, e li costringe, se del caso e se ancora 
possibile, ad instaurare ex novo, dopo aver atteso 
un periodo di tempo variabile, ma sempre purtroppo 
lungo, a ricominciare da capo davanti alla 
Autorit� competente! 

Funzione, quindi, che vuol realizzare una semplificazione 
delle forme processuali, una migliore 
realizzazione della giustizia sostanziale, fornendo 
ai legittimati uno strumento che consente la maggior 
celerit� possibile per la realizzazione dell'interesse 
sostanziale, raggiungendo, nel contempo, 
una economia di giudizi,. 

Condizioni per la ammissibilit� del regolamento 
di giurisdizione. 

Condizione essenziale per la ammissibilit� del 
regolamento di giurisdizione � che vi sia un rapporto 
processuale (1) e che sulla domanda non 
si�vi pronuncia alcuna di merito. 

Dal momento della proposizione della domanda 

(2) �, dunque, proponibile dai legittimati il regol~
mento di giurisdizione (3) e fino a che non. ci 
sia una pronuncia di merito. Su questa espressione 
della leggl;l� varie questioni interpretative si sono 
agitate; da alcuni si � sostenuto che anche una 
pronuncia sulla giurisdizione, implicando l'esame 
del merito, . sia preclusiva per la proposizione del 
regolamento. Noi riteniamo, aderendo alla giurisprudenza 
(S.U. 23 aprile 1949 in cc Mass. Giur. Ital. �, 
1949, 257; Cass. 18 gennaio 1950, ivi, 1950, 36; 
Cass. 8 agosto 1952, in cc Mass. Foro Ital. ))' 1952, 
607; Cass. 8 maggio 1953, in cc Mass. Foro Ital. ))' 
1-953, 262; Cass. 24 giugno 1953, in cc Mass. Giur. 
Ital. ))' 1953, 427) che la priorit� logica della giu:-(
�)' Dunque, anche se il processo sia stato cancellato 
Elal ruolo finch� non sia estinto ed anche successivamente 
alla pubblicazione della sentenza, sempre che 
sussistano le condizioni di cui nel testo. 

(2) Sulla applicabilit� dell'Ist�tuto a( procedimenti 
speciali v. su questa Rassegna, 1950, p. 215 e seguenti, 
l'interessantissima nota di A. C. :, 
(3) Il BRACCI, op. e loco cit., ritiene che la proposiizione. 
del regolamento sia, possibile dalla iscrizione a 
ruolo sulla causa. Non vediamo per� come ci� possa 
giustificarsi teoricamente se il rapporto processuale 
deve ritenersi instaurato sin dalla proposizione della 
domanda e cio�, normalmente, dalla notifica dell'atto 
-introduttivo. 

risdizione rispetto al merito e la diversit� dell'esame 
da condurre per decidere su una questione 
di giurisdizione o sulla sussistenza in concreto delle 
condizioni della azione, (art. 386 c.p.c.) conducano 
ad escludere siffatta preclusione: in ci� � concorde 
buona parte della dottrina (1). Altro, per�, � a 
dirsi se la causa sia stata decisa sempre solo in 
ordine alla giurisdizione anche in secondo grado 
(Cass. S.U. 25 marzo 1953, in cc Giur. Ital. ))' 1953, 
I, 1, 567) poich�, infatti, in tal caso, la natura 
stessa e, ancor pi�, la funzione dello istituto, quale 
lo abbiamo delineato, ne escludono la applicabilit� 
(2): in tal caso (v. sent. ora citata), la Corte Suprema, 
sempre esattamente ricercando, al di sopra 
del formalismo, la volont� delle parti per realiz. 
zare, fin che � possibile, �1a giustizia sostanziale 
ha ritenuto che la domanda proposta per il regolamento 
di giurisdizione possa valere come ricorso 
ordinario per motivi attinenti alla giurisdizione. 

� ovvio poi che se si forma il giudicato sulla � 
giurisdizione il regolamento non � pi� ammissibile 
(Cass. S.U. 23 aprile 1949, 18 gennaio 1950; 8 agosto 
1952, 8 maggio 1953 gi� cit. e Cass. S;U. 16 
aprile 1952 in <<Mass. Foro Ital. )J, 1952, 246 ). Infatti, 
se in primo grado viene pronunciata una sentenza, 
sia essa definitiva o parziale, sulla giurisdizione, 
mentre alle parti legittimate non �, perci�, 
inibito di proporre il regolamento di giurisdizione, 
� consentito altres� la proposizione del gravame: 
anzi se, in pendenza del termine per proporre il 
gravame viene proposto il regolamento di giurisdizione, 
detto termine resta sospeso in attesa della 
decisione sul ricorso per regolamento, come resta 
sospeso il giudizio di secondo grado, se il ricorso 
viene proposto dopo la instaurazione del giudizio 
di impugnazione (3 ); ma, una volta intervenuta 
scadenza del termine per la proposizione del gravame, 
senza che sia stato proposto il regolamento 
di giurisdizione, il giudicato impedisce di riporre 
in discussione la giurisdizione, sia pure con il 

(1) AzzARITI, op. e lqco cit. (se il giudice ha pronunciato 
sulla giurisdizione tanto pu� proporsi appello che 
regolamento di giurisdizione; SATTA, op. e loco cit.; 
ZANOBINT, in cc Foro Amm. �, cit.; FAZZOLARI, in cc Giurisprudenza 
compl. Cass. '" 1945, I, 62 e 1946, I, 161; 
ANDRIOLI, Comm. cit. Contra: .CHIOVENDA, cc Istit. >>, 
1953, I, 162; ZANZUCCHI, cc Dir. proc. civ. '" vol. I, p. 45; 
BRACCI, op. cit., p. 194; v. pure N. G. in questa Rassegna, 
1949, p. 212 e seguenti; EULA, requis. cit. Una 
posizione singolare di fronte alla questione assume il 
REDENTI, cc Dir. proc. civ. >>, vol. I, p. 41 e seguenti, 
il quale intende che cc decisione nel merito� vada interpretata 
nel senso di sentenza definitiva e da ci� trae 
le necessarie conseguenze. 
(2) Non cos� per i giudizi, in unico grado, prima 
che interveng;oi, la pronuncia. La possibilit� di r�correre 
subito in Cassazione, addotta dal GIUDICEANDREA, 
op. cit. p. 20, a fondamento di �una contraria ed indiscriminata 
opinione, sussiste infattf' s�lo do:eo la pronuncia. 
Prima la funzione dell'istituto pu� -esplicarsi 
pienamente. � 
(3) In tal caso, se l'appello fosse fondato solo su 
motivi attinenti alla giurisdizione, il giudizio relativo, 
potrebbe, intervenuta la decisione sul regolamento, 
seguire, solo per le spese, incontrate sino a quel momento 
dalla parte vittoriosa. 

-265 


rimedio specialissimo del regolamento preventivo 
(1). Resta sempre, per�, ricorrendone gli estremi, 
.il ricorso per 1a soluzione dei conflitti positivi o 
negativi, con gli effetti che la relativa decisione 

produce. 

D'altra parte, invece, qualsiasi pronuncia di me


rito, intesa in senso cos� restrittivo, rende inam


missibile, senza possibilit� di distinzioni (2), il 

regolamento preventivo. In tal senso � la giuri


sprudenza ormai costante della Suprema Corte 

(Cass. S.U. 7 giugno 1950, in �Mass. Giur. Ital. n, 

1950, 360; Cass. S.U. 29 luglio 1950, in cc Mass. 

Foro Ital. �, 1950, 440, e, recentemente Cass. S.U. 

22 maggio 1953, ivi, 1953, 298 e Cass. S.U. 24 giu


gno 1953, in cc Mass. Giur. Ital. n, 1953, 427), che ha 

esattamente ritenuto che abbia valore preclusivo 

anche una pronuncia parziale di merito, (3) che 

riguardi soltanto alcuni capi della domanda (Cass. 

S.U. 27marzo1953, in <<Mass. Giur. Ital. ii, 1953, 150 
e Cass. S.U. 25 marzo 1953, in cc Mass. Foro Ital. n, 
1953, 165), sia pure limitandosi a dichiarate la 
estinzione della azione per prescrizione o decadenza, 
che, infatti, sono eccezioni attinenti al merito 
(Cass. S.U. 15 marzo 1951, in cc Mass. Giur. 
Ital. n, 1951, 177), o solo alcuna delle parti, nei 
confronti delle quali sia posta un'unica domanda, 
determinando, infatti, in tal caso, la inammissibilit� 
del regolamento nei confronti di una delle 
parti, la i11ammissibilit� nei confronti di tutti (Cass. 
S.U. 14 luglio 1953, in cc Mass. Foro Ital. n, 1953, 
439), il che � pure ineccepibile, trattandosi, in ipotesi, 
di una unica domanda, e, quindi, di un'unica 
causa, sia pure con pluralit� di parti. Salvo le preclusioni 
di cui si � detto, peraltro, non esiste un 
termine fisso per proporre il regolamento di giurisdizione 
(Oass. S.U. 18 gennaio 1950, cit.). 
Fermo restando come condizione essenziale la 
esistenza di un rapporto processuale, la proposizione 

(1) La questione � affrontata, ex professo, in una 
interessantissima nota di A. CHICCO in questa Rassegna, 
1950, p. 20 e seguenti. Trattandosi di decisioni 
del Consiglio di Stato, il principio ha valore anche nei 
riguardi delle decisioni interlocutorie, che, allo stato 
attuale della legislazione, sono impugnabili per Cassazione 
nell'ordinario termine di conoscenza avutane secondo 
legge (Cass. S. U. 18 gennaio 1950, in cc Foro 
Amm. �, 1950, II, 1, 46 e Cass. S. U. 31 luglio 1950, 
in �Foro Amm. >>, 1951, II, 1, 26): con la precisazione 
che le ordinanze (formalmente e sostanzialmente tali), 
pronunciate nel corso del giudizio amministrativo, non 
danno luogo alla formazione della cosa giudicata (C. d. 
S., Serv. V, 29 dicembre 1950, in "Foro Amm. >>, 1951, 
I, 2, 111. Del resto, la pronuncia interlocutoria del 
Consiglio di Stato o di qualsiasi altra giurisdizione speciale, 
indipendentemente dal passaggio in giudicato, 
se decide il merito preclude il regolamento di giurisdizione 
per ci� stesso, a' sensi del primo comma dell'articolo 
41 c.p.c. primo comma. Se invece la decisione interlocutoria 
non decide il merito, nel senso che si � chiarito 
nel testo, ma si limiti, anche implicitamente a decidere 
sulla giurisdizione, il regolamento ancora ammissibile, 
salvo che nei giudizi, che si svolgono, in unico 
grado e per i quali, come si � accennato la possibilit� 
di esperire il normale ricorso per Cassazione esclude 
l'ammissibilit� del regolamento preventivo (v. nota 18). 
In questi limiti � accettabile l'opinione espressa dal 
Guicciardi, op. cit. e loco cit. in nota. 
(2) V. per� ANDRIOLI, comm. cit., vol. I, art. 41. 
(3) Sempre che implichi decisione sul merito, anche 
se abbia forma di ordinanza, ma contenuto di sentenza 
Contira GIUDICEANDREA, op. cit. p. 21. 
del regolamento da parte della P.A. non parte 
in causa, di cui all'art. 41 c.p.c., secondo comma, 
non incontra le preclusioni ora accennate; perch� 
esso � proponibile in qualsiasi stato e grado del 
giudizio, purch� e finch� la giurisdizione steasa non 
sia stata affermata con sentenza passatain giudicato. 

Nell'ipotesi che il regolamento di giurisdizione 
abbia ad oggetto una questione di giurisdizione 
rispetto allo straniero, condizione per la ammissibilit� 
oltre quelle gi� esaminate � che lo straniero 
convenuto per una causa che non abbia per 
oggetto beni immobili situati all'estero, non abbia 
accettato espressamente o tacitamente la giurisdizione 
italiana. 

Forma del regolamento di giurisdizione. 

Le forme, mediante le quali il regolamento preventivo 
di giurisdizione va proposto sono diverse 
secondo che esso venga esperito dalle parti in 
causa o dalla Pubblica Amministrazione, a; sensi 
del secondo comma. O meglio, in questa ipotesi, 
la proposizione del regolamento, sempre ad opera 
delle parti, deve essere preceduta da una serie 
di attivit�, che preciseremo. 

L'istanza, dispone l'art. 41 primo comma c.p.c., 
si propone con ricorso a norma degli artt. 364 e 
seguenti. In sostanza trattasi di un normale ricorso 
davanti alla Cassazione (1 ). 

Nel caso previsto dal secondo comma dell'art. 41 
il ricorso a cura della parte pi� diligente deve 
essere proposto .nel termine perentorio di trenta 
giorni dalla notifica del decreto del capo dell'ufficio 
giudiziario, davanti al quale pende la causa. La 
notifica di questo decreto deve essere fatta a cura 
del Pubblico Ministero entro dieci giorni dalla 
pronuncia, sotto pena di decadenza della richiesta. 
La particolarit� sta, quindi, proprio in questa fase 
preliminare alla proposizione del ricorso, fase che 
ha inizio con la richiesta fatta dal prefetto con 
decreto motivato (2), decreto notificato, su richiesta 
del prefetto, alle parti ed al procuratore 
generale presso la Corte di Appello, se la causa 
pende davanti a questa o al Pubblico Ministero 
presso il Tribunale, in ogni altro caso, (3) e comu


(1) Omettiamo, pertanto, ogni considerazione in 
merito, salvo alcune osservazioni relative a questioni 
particolari. 
(2) Tale decreto � un vero e proprio atto amministrativo, 
con tutte le conseguenze che tale qualifica 
comporta, e non concreta, in alcun modo un intervento 
in senso processuale della P. A.: in tal senso BRACCI, 
op. e loco cit. p. 197: esso �leve sempre essere emesso 
dal prefetto della provincia, nella quale � il giudice 
della causa, quale che sia l'organo della P. A., nel cui 
interesse il regolamento viene promosso. In caso di 
revoca del decreto suddetto, il ricorso proposto a' sensi 
del secondo comma dell'art. 41 c.p.c. deve essere dichiarato 
inammissibile, anche se la parte pi� diligente fa 
propria la questione di giurisdizione sollevata dalla 
P. A. (Cass. S. U., 30 novembre 1950, in �Mass. Giurisprudenza 
!tal.>>, 1950, 663). Vedi in tal senso con 
lo svolgimento di valide argomentazioni �Rass. Avvocatura 
Stato>>, 1950, p. 217. 
(3) Se la causa pendesse davanti alla Corte di Cassazione, 
potendosi anche in questa fase esperire il regolamento 
di giurisdizione ex comma secondo art. 41 
c.p.c., il decreto prefettizio andrebbe notificato al procuratore 
generale presso la Corte SupFema; 

-266 


nicato da questo al capo dell'Ufficio giudiziario, 

davanti al quale pende la causa, e che provvede 

alla sospsensione con il decreto, di Cl� si � detto. 

In ogni caso, il ricorso per regolamento di giuri


sdizione deve essere preceduto dal deposito per il 

caso di soccombenza nella misura massima stabi


lita (Cass. 7 febbraio 1952, in �Mass. Foro Ital. �, 

1952, 73; Cass. S.U. 27 febbraio 1953, in �Mass. 

Giur. Ital. �, 1953, 126), salvo, beninteso, se la 

esenzione fosse espressamente prevista (Cass. S.U. 

23 giugno 1953, in �Mass. Giur. Ital. �, 1953, 421). 

Non va effettuato il deposito, appunto nel caso di 

regolamento promosso .ex art. 41 secondo comma 

(Cass. 31 marzo 1950, in �Mass. Foro Ital. 1950, 

183) n� va effettuato se, comunque, ricorrente � 

la P. A. 

Nel caso di domanda proposta davanti al giu


dice ordinario e di ricorso all'organo della giu


risdizione amministrativa, l'istanza per il regola


mento di gim�isdizione pu� essere proposta con un 

unico atto, corredato da un solo deposito per multa, 

e, nel caso di pi� domande o ricorsi intimamente 

connessi, pu� proporsi una unica istanza di regola


mento: cos� con un indirizzo, che va incondiziona


tamente approvato, come tendente ad eliminare 

le pastoie del formalismo ed a realizzare l'economia 

di giudizi, ha ritenuto la Corte Suprema (Cass. S.U. 

3 luglio 1953 in � Giur. Ital. �, 1953, I, 1, 737) in 

una recentissima sentenza. � stata pure ammessa 

la possibilit�. di una contemporanea proposizione 

del regolamento di giurisdizione e del regolamento 

di competenza, qualora dei due diversi mezzi ricor


rano rispettivamente le condizioni (Cass. 27 set


tembre 1952, in cc Giur. Ital. n, 1, 808), e anche 

ci� sembra ineccepibile, data la sostanziale diver


sit�. della natura e della funzione dei due mezzi. 

.Non potrebbe, per�, un ricorso proposto per 
� regolamento di competenza convertirsi in un ri


corso per regolamento di giurisdizione (Cass. S.U. 

7 giugno 1949, in cc Giur. Ital. n, 1949, 365 e Cass. 

Sez. II 6 aprile 1953, ivi 1953, 245 ), data la rile


vata diversit�.. 

Sempre nell'intento di realizzare la funzione del


l'istituto in esame � stato ritenuto che non � indi


spensabile nel ricorso per regolamento di giurisdi


zione la esposizione dei motivi su cui esso si fonda, 

essendo sufficiente la semplice esposizione dei fatti 

(Cass. S.U. 14 maggio 1949, in cc Giur. Compi. 

Cass. Civ. �, 1949, II, voi. 370), n� � necessario 

indicare l'organo che si ritiene abbia giurisdizione 

(Giur. costante; da ultimo Cass. S.U. 2 novembre 

1951, in cc Giur. Compi. Cass. Civ.�, 1951, III, 647). 

� da osservare ancora che il divieto dell'art. 372 

c.p.c. non trova applicazione nel caso di regolamento 
preventivo di giurisdizione, che consente 
alle parti di offrire in cassazione le prove documentali, 
che avrebbero potuto offrire in altra sede, se 
non si fossero avvalse del regolamento (Cass. S.U. 
8 marzo 1952, in cc Mass. Giur. Ital. �, 1952, 175 e 
27 febbraio 1953, ivi, 126). Vedremo, poi, esaminando 
gli effetti, la portata della pronuncia. Qui 
basti rilevare, per concludere su questo punto, che il 
processo deve essere riassunto, ricorrendone gli estremi, 
nel termine perentorio di sei mesi dalla comunicazione 
perch� resti ferma la pendenza della lite, 
da non confondersi con l'efficacia della statuizione. 
Effetti del regolamento di giurisdizione. 

Nell'esaminare gli effetti del regolamento di giurisdizione 
bisogna distinguere tra quelli che conseguono 
alla proposizione stei:i.sa, del regolamento 
e quelli che costituiscono il risultato della pronuncia 
della Corte Suprema. 

Tra i primi fondamentale � quello previsto dall'art. 
367 c.p.c.: la sospensione del processo, in 
relazione al quale la questione di giurisdizione � 
stata proposta con il regolamento; diciamo subito 
che non basta la mera proposizione del regolamento 
per la produzione di tale effetto; occorre che una 
copia del ricorso venga depositata, dopo la notificazione, 
cc nella carn:ielleria del giudice, davanti 
al quale pende il processo �, che deve provvedere 
alla sospensione con ordinanza non impugnabile. 
Formalmente diversa la procedura, pur essendo 
immutato l'effetto, nel caso che il regolamento 
venga proposto, a' sensi del secondo comma dell'art. 
41; in tale ipotesi sar�. sufficiente la comunicazione 
del decreto del prefetto al capo dell'ufficio 
giudiziario davanti a cui pende il processo, il quale 
provvede con decreto alla sospensione. 

Tralasciando l'esame di altre questioni di secondaria 
importanza e di carattere eccezionale, va 
considerata la possibilit�. da parte del giudice, davanti 
a cui pende la causa, per la quale � stato 
proposto il regolamento, di adottare i cosiddetti 
provvedimenti di urgenza. Il quesito assume. particolare 
rilevanza pratica in ordine alla possibilit�. 

o meno, dopo la proposizione del regolamento, di 
sospendere gli effetti dell'atto impugnato davanti 
al Consiglio di Stato o di revocare la sospensione 
gi�. accordata. � anzi, appunto, dalla impossibilit�. 
di adottare i provvedimenti di urgenza in genere 
e la sospensione degli effetti dell'atto impugnato 
o la revoca della sospensione gi� accordata in particolare 
che si � voluto dedurre la inammissibilit�. 
del regolamento preventivo per i giudizi pendenti 
se non avanti a tutti i giudici speciali, almeno 
davanti al Consiglio di Stato. 
Abbiamo gi�. detto di aderire alla tesi della ammissibilit� 
e non riteniamo che l'inconveniente ora 
prospettato (peraltro non peculiare alle giurisdizioni 
speciali), anche prescindendo dal carattere 
meramente accidentale e pratico di esso, che esclude 
la possibilit� di una soluzione per questa via del 
problema, sia decisivo. Anzitutto, taluno (1) ha 
sostenuto che i provvedimenti di urgenza siano 
adottabili da parte del giudice, davanti al quale 
pende la causa, nel momento stesso, in cui se ne 
spoglia emettendo l'ordinanza, non impugnabile, e 
questa tesi � stata seguita in una recente sentenza 
della Corte Suprem� (Cass. 15 gennaio 1953, eit.). 
A noi per�, ci� non sembra esatto (2), o, almeno, non 
sembra indiseriminatamente esatto. Al giudiee 
a quo la norma non attribuisce altro poteredovere 
che quello di sospendere il processo, e la 

(1) GIUDICEANDREA, op. cit., voi. II, p.... 23, >.'gomentando 
ex art. 48 e 699; ed EULA, resuisitoria cit. 
(2) V. in tal senso D1 CIOMMO, op. e loco cit.; :Q'ALESSIO, 
op. e loco cit.; GUICCIARDI, op. cit., P� 248 e, 
indirettamente (C.d.S., Serv. VI, 17 ottobre 1950, in 
�Foro Amm. >>, 1951, I, 3, 60). V. pure il C.d.S. nel 
quadriennio 1947-1950. 

-267 


sospensione, che opera ipso iure, anche se il giudice 
deve emettere un provvedimento meramente dichiarativo, 
impedisce che siano compiuti atti del procedimento 
(art. 298 c.p.c.), che abbiano carattere 
giurisdizionale, e quindi, impedisce la adozione del 
provvedimento di sospensione degli effetti dell'atto 
impugnato o di revoca della sospensione gi� 
accordata (1). 

� piuttosto -riteniamo -la portata stessa dell'inconveniente 
che si � voluta esagerare in ordine 
alla sospensione degli effetti dell'atto impugnato: 
questa dovrebbe essere di carattere tanto eccezionale, 
che unita alla rarit� della proposizione del 
regolamento preventivo (prima che si provveda in 
ordine alla sospensione degli effetti dell'atto da 
parte dell'autorit� adita) dovrebbe confinare in un 
campo meramente ipotetico �il pregiudizio incalcolabile 
ii che taluno configura, pregiudizio incalcolabile, 
che, poi, in relazione alla impossibilit� di 
revoca della sospensione gi�. accordata (in caso di 
proposizione del regolamento dopo la adozione del 
provvedimento di sospensione) neanche ipoteticamente 
dovrebbe sussistere, perch�, appunto in ipotesi, 
prima di concedere la sospensione stessa, 
ripetiamo eccezionalissima, nella volont� della legge 
si dovrebbe constatare la assenza proprio di questi 
pregiudizi incalcolabili. Senza dire che la procedura 
per 'il regolamento di giurisdizione, proposto 
in via preventiva, almeno nella previsione legislativa, 
deve essere una procedura celere e semplice. 

In sostanza, questo inconveniente seppure in 
pratica, talvolta, pu� sussistere, l'unico effetto che 
deve produrre, � quello di ricondurre negli stretti 
limiti previsti ed imposti dalla legge (2) il provvedimento 
di sospensione degli effetti dell'atto impugnato, 
specialmente perch� per le parti private, 
una volta ottenuta. la sospensione, la proposizione 
del regolamento preventivo, su un piano pratico, 
costituirebbe un vero espediente dilatorio. 

Ritenendo che proposto il regolamento di giurisdizione 
nel giudizio di merito non possano compiersi 
atti del procedimento, quid iuris degli atti 
compiuti in contravvenzione di detta norma ed in 
particolare, dato il maggiore interesse, dei provvedimenti 
giurisdizionali emessi dal giudice~ 

Varie soluzioni sono state prospettate. Si � configurata 
una sorta di condizione (esito del regolamento) 
sospensivo, cui gli atti in questione sarebbero 
sottoposti (Cass. 31 marzo 1950, n. 877) e si 
� sostenuta la nullit� di detti atti, argomentando 
dalla sospensione, ipso iure, operatasi in seguito 
alla proposizione del regolamento ed alla conseguente 
mancanza della potest� di giudicare da 
parte del giudice a quo. Pur non tacendo gli inconvenienti, 
che, in pratica, seguirebbero, ove la 
decisione della Corte Suprema dovesse attribuire la 
giurisdizione al giudice a quo, noi riteniamo esatta 

(1) Sul carattere giurisdizionale dei provvedimenti 
relativi alla sospensione degli effetti dell'atto impugnato, 
v. l'ampia nota pubblicata in questa Rassegna, 1948, 
n. 11-12, p. 27. 
(2) v. VARVESI in que~ta Rassegna, 1949, p. 1 e 
seguenti. 
3 

appunto per gli argomenti convincenti che la sostengono, 
la tesi della nullit�: certo, comunque, : che 
gli atti del procedimento compiuti in contravvenzione 
alle norme in esame non sarebbero in alcun 
caso produttivi di effetti, durante la pendenza del 
.regolamento, ed i provvedimenti giurisdizionali adottati 
dal giudice non potrebbero conseguentemente 
vincolare le parti ad osservarli e ad eseguirli. 

Non resta ora da esaminare che l'effetto conseguente 
alla pronuncia della Corte Suprema. Detta 
pronuncia regola definitivamente la giurisdizione e 
conserva il s-qo effetto vincolante per tutti i giudici, 
con un valore, che trascende il processo per investire 
la causa (1) salva, beninteso, in caso di 
ius superveniens, la proposizione di un nuovo regolamento 
sempre che ricorrano le condizioni di ammissibilit�. 


Se la Corte afferma la giurisdizione del giudice 
(o di uno dei giudici, in caso di conflitto virtuale), 
davanti al quale l'azione era stata proposta, il 
processo, giusta il secondo comma dell'art. 367 
c.p.c., va riassunto (2). Se la nega statuendo la 
giurisdizione di altro giudice, pi� che di riassunzione, 
deve parlarsi di proposizione ex novo dell'azione. 


Sembra poi, senz'altro, da ammettersi la possibilit� 
che la Corte, investita mediante il ricorso per 
regolamento preventivo di giurisdizione, statuisca 
la c.osiddetta improponibilit� assoluta della domanda, 
nel caso che nessun giudice abbia giurisdizione 
su questa (Cass. S.U. 29 maggio 1951, in 
cc Giur. Compl. Cass. civ.))' 1951, III, 427), sempre 
che una siffatta decisione possa seguire ad una 
delibazione della causa nei limiti imposti dalla 
natura e dalla funzione del regolamento di giurisdizione 
(3). 

� ovvio, poi, d'altra parte, che, se la giurisdizione 
viene affermata dalla Corte Suprema, la decisione 
di questa non pregiudica le questioni circa 
la pertinenza e la sussistenza dell'interesse protetto 
(v. art, 386 c.p.c.). 

Per concludere, osserveremo infine, che il ricorso 
per regolamento di giurisdizione, se irrituale 

o dichiarato estinto per rinuncia, pu�, in qualsiasi 
caso, (4) essere riproposto sempre che sussistano 
le condizioni altrove esaminate: e ci� � conseguenza 
di quanto abbiamo ritenuto a proposito della natura 
giuridica dell'istituto esaminato, perch� se non 
si tratta di impugnazione non pu� applicarsi il 
principio della �cosiddetta consumazione del gravame, 
disposto dall'art. 387 c.p.c. 
BENEDETI'O BACCARI 

A VVOOATO DELLO STATO 

(1) ZANOBINI; in ((Foro Amm. l>, cit.; GIUDIOEANDREA, 
Bp. cit., p. 26. 
(2) La riassunzione deve avvenire entro il termine 
perentorio di sei mesi dalla comunicazione della sentenza; 
in difetto il processo si estingue, con i conseguenti 
effetti. . 
(3) BERRI, nota in cc Giur. Compl. Cass. Civ:�,,� 1951, 
III, 429. 
(4) E quindi anche nell'ipotesi prevista dal secondo 
comma dell'art. 41 c.p.c.: � ovvio per� che occorre un 
nuovo decreto del prefetto. 

NOTE D I DOTTRINA 


S. 
LESSONA: La Giustizia Amministrativa. Bologna, 
Zanichelli, 1953. 
Questa nuova edizione ha mantenuto, come lo 
stesso A. avverte nella breve prefazione, il carattere 
originario di esposizione con finalit� essenzialmente 
didattiche; tuttavia i numerosi ed aggiornati richiami 
alla dottrina e giurisprudenza, unitamente 
al pregio della trattazione dei vari istituti attraverso 
i quali si realizza la giustizia amministrativa, 
rendono utile la consultazione dell'opera anche a 
coloro che, nella veste di giudici o di difensori, a 
tale realizzazione quotidianamente partecipano. 

Financo nella premessa � curata l'attualit� dei 
richiami; infatti l'A., trattando della teorica della 
separazione dei poteri, accenna all'ampio dibattito 
cui ha dato luogo in dottrina l'art. 5 della legge Sila, 
contenente una delegazione legislativa al Governo 
in tema di approvazione dei piani particolareggiati 
e di esproprio dei terreni soggetti alla riforma, e 
richiama le recentissime decisioni del Consiglio di 
Stato, che hanno ritenuto la natura amministrativa 
d13i decreti presidenziali emanati in base al ricordato 
art. 5. Come � noto, per�, successivamente le 
Sezioni Unite della Cassazione banno accolto il 
ricorso per regolamento di giurisdizione proposto 
dalla Amm.ne ed hanno dichiarato il difetto assoluto 
di giurisdizione del Consiglio di Stato (cfr. ricorso 
e sentenza in cc Rass. Avv. �, 1953, pagg. 85 
e 217). 

In questa breve recensione, prenderemo in particolare 
esame le questioni di maggior rilievo. 

L'A., nella prima parte dell'opera, tra_tta dei 
ricorsi amministrativi: nessuna questione degna di 
particolare rilievo in tema di opposizione; due questioni 
di rilievo, invece, in tema di ricorso gerarchico, 
la prima riguardante la definitivit� implicita, la 
seconda relativa alla proponibilit� di motivi nuovi 
in sede giurisdizionale. 

In ordine alla prima questione, l'A. si sofferma 
ampiamente a dimostrare come sia contrario al nostro 
diritto posit~vo, e precisamente all'art. 5 T. U. 
legge com. e prov. 1934, l'indirizzo giurisprudenziale, 
ormai consolidato che, accanto alla definitivit� 
originaria per la natura dell'organo e per disposizione 
di legge, ammette anch� una definitivit� 
originaria per la natura dell'atto (c. d. definitivit� 
implicita). Condividiamo tale critica, rilevando che 
tutt'al pi� di qu~st'ultima causa di definitivit� 
potrebbe ammettersi soltanto per gli atti contem


plati da leggi anteriori al citato T. U. 1934 e non 
revisionate, stante il carattere innovativo del principio 
sancito dal predetto art. 5. Del resto era questa 
l'opinione gi� seguita dal Consiglio di Stato 
nelle decisioni successive alla entrata in vigore del 

T. U. 1934 e fino al 1945, anno in cui rispuntarono 
fuori i provvedimenti definitivi impliciti (Sez. IV, 
dee. 11 aprile 1945) e si andarono sempre pi� affermando, 
anche a causa del disfavore con cui, senza 
sufficiente giustificazione, si guarda da molti al 
rimedio del ricorso gerarchico. In proposito, anzi, 
ci sembra di notare una certa perplessit� anche 
nell'A., il quale, mentre a pag. 23 sostiene l'opportunit� 
del ricorso gerarchico sia per la P. A., cui 
si offre la possibilit�. di rivedere i propri atti, sia 
per gli interessati, cui si offre un rimedio pi� semplice 
e rapido (e .aggiungiamo noi: pi� efficace e 
penetrante, investendo anche il merito dell'atto), 
a pag. 4 7 invece manifesta l'augurio che venga 
soppresso, nell'interesse sia dei privati che dalla 
P. A. 
L'A. ammette che possano proporsi, in sede giu


risdizionale, motivi nuovi non dedotti nel ricorso 

gerarchico. 

Non condividiamo tale opinione, giacch� non 

consideriamo affatto cc una semplice adduzione di 

inconveniente priva di giuridica rilevanza� il ri


lievo che, in siffatto modo, non si porrebbe la P. A. 

in condizione di compiere un completo riesame del� 

l'atto impugnato. 

Non bisogna, infatti, dimenticare che oggetto 

del ricorso giurisdizionale non � l'atto originaria


mente non definitivo bens� la decisione emessa 

sul ricorso gerarchico ed inoltre che l'autorit� am


ministrativa decidente non pu� annullare l'atto 

impugnato per motivi non dedotti nel ricorso ge


rarchico, salvo che non voglia far uso del potere di 

annullamento d'ufficio (nel solo caso del r. g. proprio 

e 
non anche in quello di r. g. improprio) agendo 

nella veste di superiore gerarchico e non gi� quale 

autorit� investita del ricorso gerarchico. 

Ora, se quest'ultima non pu� eliminare dall'atto 

impugnato i vizi non dedotti dal ricorrente, non si 
pu� logicamente ritenere che questi.ultimi si tra. 
sfondano nella decisione e diventino vizi ai questa,_ 


denunciabili col ricorso giurisdizionale. 

Condividiamo i rilievi dell' A. sia in ordine allo 
obbligo giuridico di decidere sul r. g., per il quale 
non pu� sussistere pi� alcun dubbio di fronte allo 
art. 5 T. U. L. C. e P. 1934 che ha disciplinato il 



-269


caso del silenzio dell'autorit� investita del r. g., 
sia in ordine alla motivazione della decisione, 
� tranne per quanto riguarda la questioni di puro 
diritto, per le quali una motivazione mancante 
insufficiente od erronea non pu� mai costituire, 
a nostro avviso, il vizio di eccesso di potere: infatti, 
se l'interpretazione ed applicazione della legge 
risulteranno erronee, ricorrer� il vizio di violazione 
di legge, se invece risulteranno esatte, la decisione 
non potr� essere annullata per eccesso di potere sol 
perch� non ha indicato l'iter interpretativo seguito 

o ne ha indicato uno erroneo. 
Pt;ir sostenere il contrario non sarebbe, infatti, 

sufficiente il rilievo che la decisione � emessa in 

sede contenziosa, giacch� trattasi pur sempre di 

un atto amministrativo e non gi� di un atto giuri


sdizionale e pertanto � alla funzione della moti


vazione degli atti amministrativi che occorre aver 

riguardo e non gi� alla .funzione della motivazione 

delle pronunzie giurisdizionali. 

In tema di ricorso straordinario, l'.A. ritiene pre


feribile l'opinione che ne nega l'ammissibilit� nel


l'attuale sistema costituzionale (in tal senso cfr. 

in �Rass . .Avv. �, 1948, fase. 10 e 1951, pagg. 39 

e segg.), ciononostante ne tratta diffusamente dato 

che in giurisprudenza � accolta l'opinione contra


ria e, pertanto, questo rimedio continua ad essere 

esperimentato. 

Circa il termine di 180 giorni per la proposi


zione del rie. straord., l'.A. sostiene che la decorrenza 

abbia inizio con la notificazione dell'atto e non 

anche con la piena cognizione che comunque ne 

abbia avuto l'interessato, e ci� perch� il [legislatore, 

a differenza di quanto ha fatto per il ricorso giu


risdizionale e per quello gerarchico, ha previsto 

esclusivamente la notificazione come forma idonea 

di mezzo di conoscenza in tema di ricorso straordi


nario. 

Per quanto il ragionamento sia condotto con 
acume e rigore logico, ci sembra preferibile l'opinione 
pi� larga, adottata dalla giurisprudenza, 
della equipollenza tra le due forme di acquisizione 
di conoscenza anche per quanto riguarda il rie. 
straord., evitando cosi di pervenire ad un risultato 
assurdo sotto ogni profilo e cio� di avere due date 
di decorrenza diverse per due ricorsi (straordinario 
e giurisdizionale al Cons. Stato) che sono alternativi. 


La parte seconda dell'opera riguarda i rimedi 

giurisdizionali e si apre con la Sez. I dedicata alle 

azioni giudiziarie. 

Trattando dell'intensit� del potere del giudice 

ordinario, l'.A., dalle regole contenute negli artt. 4 

e 5 della Legge del 1865 e dal loro spirito infor


matore (divisione ed indipendenza dei poteri) giu


stamente trae la conseguenza che, nei confronti 

della P . .A., non sono ammissibili n� sentenze costi


tutive n� sentenze di condanna ad un facere o 

non facere o ad un dare (salvo che si tratti di una 

somma di danaro), n� sentenze di mero accerta


mento allorch� siano fine a se stesse, per l'impos


sibilit� di chiedere all'autorit� amministrativa lo 

annullamento dell'atto amministrativo, n� infine 

le azioni possessorie e le c. d. quasi possessorie 

nonch� i provvedimenti 'cautelari atipici di cui 

all'art. 700 C. P. C. 

Per� l'.A., seguendo l'opinione prevalente, ritiene 
che il potere del g. o. non incontri i suddetti limiti 
di fronte agli atti privati della Pubblica .Amministrazione. 


In ci� naturalmente non ci pu� trovare �consenzienti, 
giacch� in primo luogo non pu� accogliersi 
la distinzione della attivit� dell'Amministrazione 
in pubblica e privata ed in secondo luogo perch� 
in ogni caso il divieto sarebbe sempre giustificato 
ed imposto dal principio della divisione dei poteri, 
che informa le disposizioni della Legge del 1865 
e che non consente al giudice ordinario di imporre 
un determinato comportamento alla Pubblica .Amministrazione 
o di sostituirsi ad essa neanche nel 
campo della c. d. attivit� privata. Infatti questa 
ultima esplica una funzione strumentale rispetto ai 
fini pubblici perseguiti dall'Amministrazione e 
conseguentemente, lungi dal costituire una specie 
,di compartimento stagno avulso dalla restante 
attivit� dell'Amministrazione, � invece strettamente 
collegata con questa ed il suo svolgimento 
in tanto � possibile in quanto intervenganoinecessari 
atti amministrativi precedenti, contemporanei 
e successivi, richiesti dalle varie leggi. 

La Sez. II � dedicata alla giurisdizione amministrativa. 
Dopo una breve premessa sulla giurisdizione 
amministrativa generale ed i suoi organi, 
l'.A. tratta delle funzioni giurisdizionali del Consiglio 
di Stato. 

.Ad una prima parte riguardante i vizi giuridici 
(di legittimit�) e amministrativi (di merito) nonch� 
lo scopo della giurisdizione amministrativa, 
giustamente ravvisato nella tutela dell'interesse 
individuale mentre l'osservanza del diritto obbiettivo 
da parte della Pubblica .Amministrazione ne 
� l'effetto riflesso, segue una seconda parte riguardante 
la competenza non esclusiva con giurisdizione 
di legittimit�. 

I principali argomenti di interesse attuale vi 
sono trattati con il consueto acume e con chiarezza; 
gli atti impugnabili, il valore del silenzio, gli atti 
politici, il valore e la portata dell'art. 113 della 
Costituzione, la distinzione tra interesse oggetto 
del ricorso (interesse in senso sostanziale) ed interesse 
al ricorso (interesse in senso processuale) ed 
infine la questione, per la verit� ormai superata, 
se il diritto possa farsi valere come interesse. Ci 
sembra peraltro che avrebbero meritata una trattazione 
pi� ampia, data la loro importanza teorica 
e pratica: il Capitolo sulla competenza del C. S. 
per le questioni su diritti pregiudiziali ed incidentali 
e quello relativo al criterio discriminatore della 
giurisdizione amministrativa da quella ordinaria, 
a proposito del quale sarebbe stato certamente 
utile conoscere il pensiero dell'egregio .A. sul problema 
della doppia tutela o tutela concorrente, che 
di recente ha formato oggetto di ampi ed interessanti 
dibattiti in dottrina e giurisprudenza (cfr., 
anche per le citazioni: � Rass . .Avv. �, 1952, pag. 41 
e segg.). 

Mentre condividiamo la conclusione dell'.A., secondo 
cui la competenza della giurisdizione ordinaria 
e amministrativa deve essere desunta dal 
concorso della causa petendi e del petitum (c. d. 
petitum sostanziale), non ci sembra invece di poter 
condividere la precisazione finale, secondo cui se 


-270 


si faccia questione di un diritto soggettivo perfetto 
(causa petendi) ma si chieda l'annullamento dell'atto 
(petitum), il G. O. deve dichiarare il proprio 
difetto di giurisdizione quanto all'oggetto della 
domanda ma deve decidere circa la legittimit� 
dell'atto amministrativo che si afferma lesivo del 
diritto, � essendo nella domanda di annullamento 
contenuta implicitamente quella di dichiarazione 
di illegittimit� �. 

Il G. O., infatti, cui viene richiesta una pronuncia 
(annullamento) che rientra nella competenza di 
altra giurisdizione, deve dichiarare il proprio difetto 
di giurisdizione, senza che possa trasformare la 
azione costitutiva promossa dall'interessato in 
azione puramente dichiarativa. 

L'A. tratta, poi, della competenza non esclusiva 
con giurisdizione anche di merito. La questione di 
carattere generale, che di recente � stata dibattuta 
in dottrina, se cio� la giurisdizione di merito 
si riferisca soltanto al potere di decisione (potere 
non soltanto di annullare ma anche di sostituire o 
riformare l'atto impugnato) od anche al potere di 
cognizione (esame del merito dell'atto, oltrecch� 
della legittimit�) � giustamente risolta dall'A. in 
questo secondo senso (cfr. nel primo senso: ROVELLI, 
Osservazioni, ecc., in �Scritti giuridici in onore di 

S. Romano�, vol. II; �.MORTH: Il merito dell'atto 
amministrativo). 
Fra le materie su cui il C. S. ha giurisdizione di 
merito, una particolare attenzione merita quella 
concernente l'obbligo della P. -A. di conformarsi 
al giudicato (art. 27, n. 4 T. U. 26 giugno 1924). 

L'A. anzitutto approva la giurisprudenza del 

C. S. circa l'applicazione analogica della norma 
in esame all'ipotesi in cui l'A. non si uniformi alle 
decfaioni delle giurisdizioni amministrative (senza 
distinzione alcuna tra dee. relative a diritti e dee. 
relative a interessi legittimi), mentre si limita a 
riferire in nota, senza commento, l'ulteriore applicazione, 
fatta dal C. S., alla mancata esecuzione 
dei decreti presidenziali emessi su ricorso straordinario. 
Approva altres� la giurisprudenza del C. S., che 
esclude ogni potere discrezionale della P. A. �in 
ordine alla esecuzione del giudicato, ritenendo a 
priori che nessun interesse pubblico possa essere 
prevalente rispetto a quello costituito dalla necessit� 
della osservanza delle pronuncie giurisdizionali. 

Contro quest'ultima opinione, a tacer d'altro 
(e cio� che l'atto amministrativo di esecuzione del 
giudicato, come ogni altro atto amministrativo, 
deve trovare la sua giustificazione n_el perseguimento 
di un concreto interesse pubblico, che in, 
qualche caso pu� anche non coincidere con la esecuzione 
del giudicato), basterebbe osservare che, 
se il C. S. ha competenza di merito sui ricorsi proposti 
ex art. 27, n. 4 e pertanto deve valutare 
anche il merito dei provvedimenti adottati dalla 
Amministrazione, � giocoforza, ritenere che siffatto 
potere di valutazione spetti anche a quest'ultima, 
non riuscendo altrimenti a spiegarsi come possa 
sussistere una competenza di merito del C. S. in 
ordine ad atti amministrativi interamente vincolati 
quanto all'emanazione ed al contenuto. Tranne, 
beninteso, che la competenza di merito del C. S. 
non si intenda riferita soltanto al potere di decisione 

e non anche a quello di cogmz10ne, secondo una 
opinione che per� lo stesso A. ha dimostrato di 
non potere accogliere. 

Sul tema in esame rimandiamo in quanto � 
stato scritto diffusamente e ripetutamente nella 
nostra Rassegna (1948, fase. 4; 1950, pag. 127; 
1951, pag. 135; 1953, pag. 1 e segg.), nonch� nella 
Relazione per il decennio 1942-51, vol. 1. 

In tema di competenza esclusiva del C. S., � 
da rilevare la critica mossa dall' A. alla distinzione 
degli atti amministrativi in autoritari e paritari, 
con la quale il C. S. ha cercato di dare un fondamento 
alla tesi dell'inapplicabilit� del termine 
perentorio fissato dall'art. 36 T. U. 26 giugno 1924 
nei casi in cui il ricorso sia proposto a tutela di un 
diritto. 

Non ci convince per� la diversa giustificazione 
fornita dall'A. alla predetta tesi, e cio� che, per 
ritenere applicabile alle controversie in materia di 
diritti, il termine perentorio stabilito per i ricorsi 
in materia di interessi, sarebbe stato necessario 
un richiamo, che il legislatore invece non ha creduto 
di dover fare. 

Non concordiamo sulla necessit� di tale richiamo, 
dato che il legislatore, nel fissare il detto termine, 
ha inteso fare esclusivo riferimento al ricorso e 
non anche al suo contenuto. 

Circa la nota questione cui ha dato luogo l'interpretazione 
dell'art. 30 T. U. 26 giugno 1924, che 
riserva alla competenza del G. O. � le questioni 
attinenti a diritti patrimoniali conseguenziali alla 
pronuncia di legittimit�... �, l'A. critica l'opinione 
restrittiva che considera diritti conseguenziali 
solamente quelli che derivano non immediatamente 
dalla pronuncia di illegittimit� ma come conseguenza 
ulteriore della stessa, e ribadisce invece 
l'opinione, gi� espressa fin dall'attuazione della 
riforma, secondo cui devono considerarsi questioni 
conseguenziali tutte quelle che discendono dalla 
riconosciuta illegittimit� dell'atto amministrativo. 

Trattando, poi, delle singole materie attribuite 
alla competenza esclusiva del C. S., l'A. si sofferma 
particolarmente sui ricorsi relativi al rapporto di 
impiego, e, per quanto concerne la dibattutissima 
questione circa l'applicabilit� attuale dell'art. 429, 

n. 3 C. P. C., che ha dato luogo ad un contrasto 
non ancora sanato tra C. S. e Cassazione, aderisce 
alla soluzione adottata da quest'ultima. 
A.Ila parte relativa alla competenza, segue quella 
relativa al procedimento avanti al C. S. Le varie 
questioni vengono trattate con la consueta acutezza 
e chiarezza dall'A.; segnaliamo in particolare 
la trattazione relativa: 

a) all'eccezionale inizio del giudizio ad opera 

dell'Amministrazione, a mente degli artt. 33 e 

36 T. U. 26 giugno 1924 e 5 Reg. 17 agosto 1907; 

b) alla notifica del ricorso ed alla possibilit� 
di integrarla nei confronti dei controinteressati nel 
caso di errore riconosciuto scusabile dal C. S. (� 
noto il contrasto manifestatosi--tra la IV e la V 
Sez. C. S. in ordine alla necessit� o meno della 
notifica ad almeno uno dei controinteressati per 
potersi far luogo all'integrazione; l'A: aderisce a 
quest'ultima soluzione, ritenendo che la mancanza 
delle nuove norme regolamentari, cui fa rinvio la 
legge solo per quanto concerne il modo e le forme 


-271


relativi alla integrazione, non renda inoperante la 
legge stessa per quanto attiene all'esercizio dello 

� assoluto potere discrezionale attribuito al O. S. 
in materia); 
e) alla esclusione dell'interrogatorio e del giuramento 
dal novero dei mezzi istruttori ordinabili 
dalla giurisdizione di merito; 
d) al contenuto delle decisioni ed all'estensione 
soggettiva del giudicato. 
In ordine a quest'ultimo tormentatissimo argomento, 
l'A. riconosce esatta la tesi seguita dal O. S. 
di ammettere cio� l'estensione nei soli casi in cui 
sia resa necessaria dalla indivisibilit� del giudicato, 
ma precisa che il criterio della indivisibilit� va 
considerato in relazione all'oggetto dell'atto, ammettendo 
la estensione nel caso di atto oggettivamente 
complesso ed escludendola invece nel 
caso di atto oggettivamente collettivo, salvo, in 
questo ultimo caso, che la decisione riguardi un 
atto assolutamente nullo, per l'impossibilit� logica 
di considerare quest'atto giuridicamente inesistente 
per alcuni ed esistente per tutti gli altri. 
Nella trattazione dei mezzi di impugnativa contro 
le decisioni del O. S., ampio svolgimento viene 
dato al ricorso per cassazione. L'A. traccia un lucido 
quadro delle differenze esistenti tra la disposizione 
della legge 31 marzo 1877 e quella del vigente 

O. P. O. (art. 362): mentre la prima si riferiva al 
solo aspetto positivo della inosservanza della regola 
della separazione dei poteri (giurisdizione-funzione) 
e della separazione fra giurisdizione ordinaria e 
giurisdizione speciale nonch� fra giurisdizioni spe-:ciali 
fra di loro (giurisdizione-competenza), l'art. 362 
O. P. O. invece, con la pi� comprensiva formula 
� per motivi attinenti alla giurisdizione �, ha esteso 
il controllo della Cassazione all'aspetto negativo 
del vizio, cio� alla ipotesi di cui il giudice dichiari 
il proprio difetto di giurisdizione. 
Critica, quindi, la Cassazione per aver considerato 
come motivo attinente alla giurisdizione la 
composizione non conforme a legge di un organo di 
giurisdizione speciale (sentenza Sez. Un. 11 ottobre 
1952, che ha ritenuto carente di giurisdizione la 
Adunanza Plenaria del O. S., perch� composta 
di nove anzicch� di tredici membri), in quanto 
che, se teoricamente pu� anche dirsi che mancando 
la legittima �ostituzione manchi il presupposto 
per l'esercizio della funzione, si deve considerare 
tuttavia che l'art. 362 tende unicamente ad assicurare 
il rispetto della giurisdizione-funzione e 
della giurisdizione-competenza, reprimendo le relative 
usurpazioni: pertanto dove non vi � inosservanza 
di limiti si � al di fuori dell'ambito di applicazione 
dell'art. 362. Sull'argomento v. in questa 
Rassegna (1952, pag. 136-141). 

Nessuna questione di particolare rilievo nei 
capitoli dedicati alla G. P. A. 

Nella trattazione relativa al regolamento preventivo 
di giurisdizione, l'A. ritiene che si debba, 
in sede di interpretazione, colmare una pretesa 
lacuna degli artt. 37 e 41 O. P. O., che prevedono 
il predetto regolamento quando si affermi il difetto 
di giurisdizione del giudice ordinario, mentre le 
stesse esigenze (di evitare un inutile spreco di tempo 
e di attivit�) sussistono anche quando si affermi 
il difetto di giurisdizione di un giudice speciale. 

Tuttavia non sembra che la predetta lacuna legislativa 
esista, tanto vero che la giurisprudenza 
della Corte Suprema � chiaramente orientata verso 
l'ammissibilit� del regolamento preventivo di giurisdizione 
anche nei giudizi pendenti avanti giudioi 
speciali (v. supra). 

La pregevole opera si chiude con un'appendice, 
dedicata all'ordinamento della giustizia amministrativa 
nella Regione Siciliana e nell.a Valle d'Aosta. 

S.FARANDA 

.ARTURO SANTORO : L'esecuzione penale. Torino1 
1953. 

� lo sviluppo -avverte I'A. nella prefazione __, 
di un non recentissimo studio al quale, nella 
prima edizione, che risale all'ormai lontano 1931, 
era stato dato il titolo Fondamenti dell'esecuzione 
penale. � agevole comprendere, dalla modifi,ca che 
il titolo, espresso ora in termini pi� impegnativi, 
ha sub�to, quali siano stati gli intendimenti dell'A. 
in questa seconda edizione: cos� la dottrina del 
titolo esecutivo penale, gli ostacoli dell'esecuzione, 
l'esecuzione condizionale, l'esame approfondito dello 
svolgimento del rapporto giuridico esecutivo, delle 
cause .estintive di questo, se anche non hanno sminuito 
la natura squisitamente scientifica dell'inquadramento 
della materia, che gi� costituiva la caratteristica 
preminente della prima elaborazione, ne 
hanno certo notevolmente aumentato il valore di 
praticit� immediata che troppo spesso viene trascurato 
da studiosi del diritto. Un pi� attento riferimento 
alla legislazione vigente dei risultati raggiunti 
nella sistemazione dommatica della materia, 
per una pi� esatta interpretazione e formulazione 
della quale lo studio ha ragione di sussistere, la 
riprova insomma, agli effetti della pratica giudiziaria 
del diritto, della esattezza delle impostazioni 
teoriche, dovrebbero pi� solidamente ancorare gli 
studiosi alle esigenze alle quali, se non esclusivamente, 
certo in misura preminente, gli studi giuridici 
doVl'ebbero soddisfare. Ohe il Santoro abbia 
seguito questo criterio non par dubbio: e pur non 
trascurandosi l'eminente valore scienti:fi,co che alla 
monografia � da riconoscersi, si vuole qui, con 
soddisfazione, segnalare la pratica utilit� dell'opera, 
non riservata a cerchia sempre pi� ristretta 
di quei pochissimi iniziati cui compete la ventura 
di dilettarsi di teoria poco utile alla totalit� di 
coloro che del diritto fanno pratica quotidiana. 

2. Lo studio � ripartito in undici parti. Nella 
parte I, segnalata la immaturit� scientifica del 
tema, che trova riscontro nel fatto che ben pochi 
sono i lavori sull'argomento, attraverso una disamina 
delle varie teorie, l'A. giunge alla definizione 
in senso stretto della nozione medesima: poich� 
lesecuzione penale non � che lo j us puniendi (diritto 
soggettivo statuale di punire) nel suo concreto 
esercizio, essa costituisce attuazione della 
sentenza che, riconoscendo il predetto diritto di 
punire, dispone in conseguenza, infliggendo pene 
ed ordinando misure di sicurezza. Attraverso l'e--
fttilit?..JiliW.l~~~.e-~�����..:::MITTV"..:W"".4.07.4f.lliW7.4.07..i.llif@'.df.i.iff.J�W7.4.�}'Alillf



-272 


same dei rapporti che l'esecuzione penale ha con 
il diritto sostantivo e con il diritto processuale 
penale (in particolare, per quanto riguarda questo, 
dei rapporti con l'azione e con la sentenza), esame 
compiuto nella parte II, il Santoro giunge alla 
indentifi,cazione della natura dell'esecuzione medesima, 
che non costituisce, nel suo complessivo 
e generale svolgimento, attivit� giurisdizionale e 
nemmeno attivit� processuale, qualunque sia il concetto 
che della giurisdizione e del processo si possa 
avere (se mai tali concetti. non si identifi,chino, 
come vuole il Carnelutti, contro la prevalente dottrina 
processuale). Solo in via eccezionale� la sanzione 
stabilita dalla legge per l'esecuzione ha carattere 
giurisdizionale (cosi la fase incidentale, che 
risolve controversie, eventualmente anche tra lo 
Stato ed il condannato}: di regola la stessa Amministrazione 
ha il potere giuridico di eseguire la sentenza 
senza alcun bis-ogno di ulteriore mediazione 
del giudice o di altro organo appartenente alla 
giurisdizione. Caratteristica insomma dell'esecuzione 
penale � che l'Amministrazione attua da s� 

la sentenza (parte III). 

Il rapporto giuridico esecutivo, nei soggetti (attivo 
e passivo) e nell'oggetto (pene principali ed accessorie 
e misure di sicurezza: di vivo interesse sono le 
considerazioni fatte al riguardo di queste, esaminate 
nella economia del contenuto del rapporto 
esecutivo) che lo costituiscono, � trattato nella 
parte IV, che si sviluppa nello studio del concetto 
del titolo esecutivo penale, della distinzione delle 
specie dei titoli esecutivi penali, dell'annullamento 
dell'esecuzione (nei casi di abolitio criminis di an�rnllamento 
del giudicato in sede di revisione e di 
revoca da parte del giudice, legalmente investito 
ex novo dell'azione penale dal Procuratore della 
Repubblica, di decreto penale pronunciato dal Pretore 
fuori dei casi stabiliti dalla legge) e della 
capacit� di subire l'esecuzione. 

L'inizio, la modificazione e l'estinzione del rap


porto giuridico esecutivo sono diffusamente consi


derati (parti V e VI); cos� l'esecuzione impropria 

per la quale si intendono quei provvedimenti che 

consistono nell'annotazione o registrazione delle 

sentenze (reintegrazione dell'atto dichiarato falso 

dal giudice, iscrizione della sentenza penale nel 

casellario giudiziale) nella parte VII. 

3. L'esecuzione civile in materia penale � di particolare 
interesse per le questioni ad essa riferentisi 
che di frequente si presentano all'attenzione 
di coloro ai quali � affidata la tutela degli interessi 
patrimoniali della Pubblica Amministrazione offesi 
da comportamenti criminosi valutati in sede penale: 
in questi casi il titolo esecutivo penale, che 
interessa lo Stato per la realizzazione delle conseguenze 
del reato e delle misure di prevenzione, pu� 
dare origine ad un rapporto di diversa natura che 
interessa la Tubblica Amministrazione ai fi,ni delle 
restituzioni e del risarcimento dei danni da reato. 
L'argomento offre l'occasione, apprezzabilissima, 
all'A. di esaminare numerose questioni che hanno 
pi� travagliato la Giurisprudenza: cos� in materia 
di garanzie patrimoniali di esecuzione appare esattamente 
risolto il problema se le disposizioni dettate 
dal codice di procedura civile debbano valere 
anche per il sequestro conservativo disposto a garanzia 
dei crediti di cui all'art. 189 c.p. (soluzione 
negativa fatta eccezione per le norme di detto codice 
di rito circa i mobili pignorabili che sembrano 
applicabili). 

Un rilievo deve essere mosso all'A. sul punto in 
cui, nell'esame dei provvedimenti circa le cose in sequestro 
penale, viene considerato il contenuto dello 
art. 622 c.p.p., che regola la durata di detto 
sequestro e la �restituzione delle cose sequestrate. 
L'opinione personale del Santoro sul signifi,cato da 
attribuirsi al concetto di appartenenza, che per due 
volte � richiamato in quella norma, non appare 
accettabile: essa non tiene conto delle conseguenze 
che dalla confusione della appartenenza con la propriet� 
pu� derivare nella risoluzione dei gravi problemi 
di diritto penale (cos� nello studio sull'appartenenza 
come qualifi,cante l'oggetto della tutela 
penale in alcuni reati -articoli 314, 315 e 638 c.p. 
-o come delimitante il contenuto del diritto di 
confi,sca -art. 240 c.p.). confusione a cui i risultati 
della pi� recente dottrina, certo nota all'A., 
hanno posto rimedio. 

Gli incidenti di esecuzione costituiscono l'argomento 
preliminente della parte IX della monografi,
a in cui sono esaminati i controlli sull'esecuzione 
penale, e se anche la trattazione quasi di scorcio 
dell'argomento, dovuta alla ampiezza del quadro 
della esecuzione penale a cui � riferito, ne ha imposto 
uno svolgimento sintetico (rispetto ad altra 
ben nota recente trattazione organica e completa 
dei procedimenti incidentali di altro A.), non ha 
impedito per� al Santoro di trattare le 'questioni 
pi� importanti, fra le soluzioni delle quali ci piace 
ricordare (anche perch� riferentisi a recente fattispecie 
che ha riguardato la Pubblica Amministrazione) 
quella del problema se la disposizione dell'art. 
202 c.p.p., secondo la quale la impugnazione 
concernente gli interessi civili deve essere notificata 
alle altre parti, sia applicabile agli incidenti di esecuzione 
(soluzione negativa, non essendo la procedura 
incidentale mezzo ordinario di impugnazione); 
e l'altra data al problema se la procedura 
incidentale possa essere promossa anche da un 
terzo che fu estraneo al rapporto processuale ormai 
defi,nitivo (soluzione positiva). 

4. Dopo l'esame della cooperazione internazionale 
alla esecuzione (estradizione e riconoscimento 
di sentenze penali straniere), l'opera si chiude con 
alcune brevi considerazioni sull'asecuzione illegittima. 
Le segnaliamo con soddisfazione, non tanto 
per l'esatta impostazione del problema sulla natura 
dell'interesse che alla stregua della vigente 
legislazione vanta il condannato ad essere aiutato 
dallo Stato nelle sue necessit� conseguenti ad una 
esecuzione chiaritasi ingiusta, impostazione fatta 
in termini molto sintetici (onde chi volesse pi� a 
fondo documentarsi dovrebbe far ricorso a quegli 
studi che ex professo hanno trattato la questione, 
fra i quali preminente � quello ben noto del R-OCC\D ), 
quanto per la interpretazione che, dell'art. 24, ultimo 
capoverso della Costituzione, l'A. ci presenta. 
I,a dizione di questa norma (� la legge determina 
le condizioni ed i modi per la riparazione degli 
errori giudiziari�) ed alcuni pochi recenti episodi 


-273 


giudiziari che hanno richiamato l'attenzione della 
pubblica opinione, hanno spinto al riesame del 
problema, che ha avuto anche riscontro in progetti 
di riforma legislativa tendente ad estendere 
di molto il campo della riparazione alle vittime degli 
errori giudiziari. Sul punto occorre procedere 
con assoluta cautela: a prescindere dalla legislazione 
vigente che si richiama a questa impostazione 
dommatica, di cui il fondamento non appare 
contestabile, non � da dimenticare che mal si 
comprenderebbe come lo Stato possa essere ritenuto 
responsabile per la funzione sovrana della 
giuri~dizione che si esprime nel processo, onde 

neppure potrebbe essere ritenuto responsabile, nella 
veste di potere esecutivo, di una esecuzione rivelatasi 
illegittima, in quanto a questo potere spetta 
doverosamente l'attuare le decisioni dell' .Autorit� 
giudiziaria. Osserva esattamente il Santero che la. 
cennata norma della Costituzione si riferisce ai modi 
pi� adatti a riparare gli errori nelle pronuncia 
delle sentenze e non gi� ai danni subiti dalle vittime 
di tali errori: essa ha valore quindi di riaffermazione 
di un principio ben noto e non di rappresentazione 
orientativa della soluzione di un problema 
che � pi� di qualit� di uomini che di legislazione. 


FRANCO CHI.AROTTI 



RACCOLTA� DI GIURISPRUDENZA 


AMMINISTRAZIONE DELLO STATO -Ufficio stralcio 
per la liquidazione delle Associazioni sindacali 
fasciste -Rappresentanza e difesa in giudizio Nullit� 
del ricorso non notificato presso l'Avvocatura 
Generale dello Stato. (Corte Cass., Sez. Un. 
Civ. -Pres.: Acampora; Est.: Moscati; P. M.: Macaluso; 
9 luglio-14 agosto 1953 -Marinaro contro Confederazione 
Industriali in liquidazione). 

Gli uffici stralcio, costituiti con decreto ministeriale 
25 giugno 1949 in esecuzione dell'art. 5, 
del D. Legge O. P. S. 1 dicembre 1947, n. 1611, 
sono organi dell'Amministrazione diretta dello 
Stato (Ministero del lavoro e della previdenza 
sociale) e, pertanto, la loro rappresentanza e difesa 
in giudizio spetta necessariamente ali' .Avvocatura 
dello Stato, ai sensi dell'art. 1 R. D. 30ottobre1933, 

n. 1611. 
Pertanto � affetto da nullit� assoluta e insanabile 
il ricorso non notificato al domicilio legale. 

Con questa sentenza la Corte di Cassazione, accogliendo 
pienamente la tesi sostenuta dall'Avvocatura 
dello Stato, ha definitivamente affermato il principio 
che gli uffici stralcio per la liquidazione delle soppresse 
associazioni sindacali fasciste sono organi 
dell'Amministrazione diretta dello Stato. (Vedi in 
senso conforme Trib. Roma, 31 gennaio 1952 in 
�Rass. .Avv. �, 1952, pag. 190 e parzialmente conforme 
.Cass., Sez. Un., 18 gennaio 1953, retro 
pag. 94). 

Si applicano, pertanto, nei loro confronti tutte le 
norme relative alla rappresentanza e difesa dello 
Stato in giudizio, ivi compreso il principio del foro 
dello Stato. 

Per una migliore intelligenza della questione si 
ritiene opportuno trascrivere integralmente la chiara 
motivazione della sentenza. 

<<Fondata � l'eccezione preliminare d'inammissibilit� 
del ricorso. 

�Con D. L. L. del 23 novembre 1944, n. 639, vennero 
sciolte le Associazioni sindacali fasciste e si 
dispose la liquidazione delle medesime e furono 
determinati gli enti ai quali andavano devoluti i loro 
beni che residuassero disponibili dopo il pagamento 
dei creditori, ed infine fu fissato il termine, pi� volte 
prorogato, entro il quale dovevano essere chiuse le 
operazioni di liquidazione, disponendosi al riguardo 
che qualora esso fasse trascorso inutilmente, le operazioni 
di liquidazione sarebbero state affidate ad un 
ufficio stralcio. 

cc Con tale complesso di norme la materia fu regolata 
in conformit� del codice civile e delle relative 
disposizioni di attuazione (art. 11 e 21). 

�Il D. L. del 1944 dispose per la nomina di un 
liqitidatore e di un Comitato di sorveglianza, la cui 
attivit� doveva essere esplicata sotto la sorveglianza 
del Ministero del lavoro. 

cc Ma il perdurare delle operazioni di liquidazione, 
vari motivi di ordine pratico, e la necessit� di ridurre 
al minimo le spese di liquidazione, indussero il 
Governo ad avocare a s� il compimento della liquidazione 
e quindi sostituire ai commissari liquidatori 
gli uffici stralcio, al che si provvide col D. L. del 

C. P. S. n. 1611 del 1� dicembre 1947 (art. 5). 
� A capo di tali uffici furono perci� posti funzionari 
dello Stato, in servizio, onde si attu� l'istituto 
giuridico del controllo sostitutivo. 

�L'Amministrazione, quindi, che esercitava la 
vigilanza, si sostitu� al vigilato, assumendo la esplicazione 
di quella attivit� che per� pur essendo compiuta 
direttamente dall'amministrazione governativa non 
cessa di essere riferibile all'ente controllato. 

�Tale .sostituzione del commissario liquidatore 
con un ufficio statale, import� logicamente che al 
controllo esterno che su quello esercitava, come si � 
detto, il Ministero del Lavoro, e divenuto privo di 
significato a cagione della praticata sostituzione, 
subentr� il controllo gerarchico del Ministero stesso 
sull'ufficio stralcio, eh' � un suo ufficio dipendente, 
organo interno dell'Amministrazione. 

cc In sostanza fu attuato un sistema identico a quello 
che venne operato per la liquidazione degli Enti colo~ 
niali, disposta col D. L. n. 979 del 5 maggio 1948. 

�Detti uffici stralcio, al pari dei commissari liquidatori, 
di cui hanno preso il posto, stanno in giudizio, 
per gli enti soppressi, transigono e rinunziano alle 
liti, riconoscono debiti, accettano eredit� e donazioni, 
ecc., sempre per gli enti soppressi. 

cc Tali uffici, costituiti con decreto ministeriale 
del 25 giugno 1949, (G. U., n. 146), in esecuzione 
del ricordato art. 5 D. Legge C. P. S. n. 1611, del 
1� dicembre 1947, sono perci� organi dell'Amministrazione 
diretta dello Stato (Ministero del Lavoro e 
della Previdenza sociale) e pertanto la loro-rappresentanza 
e difesa in giudizio spetta necessariamente, 
e viene concretamente esercitata dall'Avvocatura 
Generale dello Stato, la quale l'attua ai sensi dello 
art. 1 decreto 30 ottobre 1933, n. 1611, la cui norme 
sicuramente devono ricevere applicazione anche quan




-270 


do, come nella specie, un organo dello Stato agisca 
quale liquidatore di un ente pubblico soppresso, pur 
rimanendo il patrimonio dell'ente in liquidazione, 
distinto e separato da quello statale. 

� Da ci� deriva che il ricorso, non notificato, nel 
domicilio legale (e neppure in quello originariamente 
elettivo) � affetto da nullit� assoluta, che non pu� dirsi 
sanata con la costituzione in giudizio dell'ufficio, non 
trattandosi di emendabile errore di notifica �. 

AMMINISTRAZIONE PUBBLICA � Atto ammini� 
strativo -Decreto del Ministro del Tesoro con cui 
viene in'flitta pena pecuniaria per violazioni valutarie. 
(Corte di Cass., Sez. Un., Sent. n. 2594/53 -
Pres.: Galizia; Est.: Lorizio; P. M.: De Martini -Ministero 
Tesoro contro Coop. Italiana Grandi Alberghi). 

Il decreto del Ministro del Tesor�i -con cui, 
in applicazione del R. D. L. 5 dicembre 1938, 

n. 1928, vien� inflitta una pena pecuniaria ai trasgressori 
delle norme vigenti in materia valutaria ha 
natura di atto amministrativo, che, in caso 
di illegittimit�, � lesivo di un diritto soggettivo 
perfetto, come tale, soggetto al sindacato dell'autorit� 
giudiziaria ordinaria allo scopo limitato di 
accertare la sussistenza della trasgressione o meno 
della legge valutaria e la responsabilit� del trasgressore. 
Trascriviamo anzitutto la perspicua motivazione 
di questa sentenza: 

�Nega l'Amministrazione del Tesoro la competenza 
del giudice amministrativo sostenendo che la 
�facolt�� che l'art. 2 del R. D. L. 5 dicembre 1938, 

n. 1928, attribuisce al Ministro competente (oggi 
Ministro del Tesoro) d'infliggere pena pecuniaria 
in certa misura (sino al quadruplo) ai trasgressori 
delle norme vigenti in materia valutaria, non va 
intesa -come potrebbe far supporre l'espressione 
� ha facolt� )) usata dalla legge -quale esercizio 
di poter discrezionale (discrezionalit� amministrativa) 
affidato al Ministro, bens� quale potere dovere 
del Ministro di osservare il disposto dello 
art. 4 della legge 7 gennaio 1929, n. 4 (contenente 
norme generali per la violazione delle leggi finanziarie) 
espressamente richiamato dall'art. 3 del menzionato 
R. D. L. n. 1928, e che concerne l'applicazione della 
pena pecuniaria conseguente alla concreta violazione 
della legge finanziaria. Il decreto del Ministro che 
irroga la pena pecuniaria apparterrebbe al diritto 
amministrativo unicamente per riguardo al soggetto 
che lo emana, ma in effetti sostanzierebbe l'adempimento 
di funzione giurisdizionale, intesa all' applicazione 
di pena di polizia; il JJ!inistro sarebbe giudice 
e contro il suo decreto sarebbe concesso il solo 
rimedio del ricorso a queste Sezioni Unite per difetto 
assoluto di giurisdizione nel Ministro giudice. E 
poich� nella specie di un tal difetto non si parla, 
contro il decreto del Ministro, di cui si tratta, non 
vi sarebbe possibilit� di gravame in qualunque sede. 
Osservano le S. U. che l'Amministrazione del 
Tesoro si appone esattamente nel contestare che la 
�facolt�)) data al Ministro dal citato art. 2 del D. L. 

n. 1928, importi discrezionalit� amministrativa che 
affievolisca ad interesse il diritto soggettivo del privato: 
tesi questa, della Compagnia Italiana Grandi 
Alberghi (C. I. G. A.) e degli altri resistenti. I quali 
puntano sulle espressioni: il Ministro � ha facolt� �, 

il Ministro �pu� � usate negli artt. 2-5-8 del decreto 

legge or menzionato, per affermare� che la legge lasci 

libero il Ministro non soltanto di stabilire il quantum 

della sanzione, ma anche d'infliggerla o rion inflig


gerla, libert� da intendersi non nel senso di capric


cio o di arbitrio, ma concepita in funzione dell'inte


resse pubblico, cui l'Amministrazione intende (discre


zionalit� amministrativa). 

Una cotale libert� del Ministro, sia piwe nei 

sensi esposti dai resistenti, non pare infatti compa


tibile con i fini per i quali il D. L. 5 dicembre 1938, 

n. 1928, fu emanato, e col pubblico interesse che 
con esso si intese tutelare. Interesse che come si 
riconosce dai resistenti -e di assicurare la provvista 
di divise estere e concentrare i mezzi di acquisto 
nei rapporti d'importazione e d'esportazione, si da 
realizzare il monopolio dello Stato negli scambi con 
l'estero. Interesse che nel giro di pochi anni ha 
assunto cos� fondamentale importanza nella politica 
economica dello Stato, da determinare l'istituzione 
di apposito Ministero per la sua cura. 
Orbene tutte le disposizioni emanate nella detta 
materia sono informate al cennato interesse ed a 
particolare carattere cogente. 

Gi� prima del D. L. n. 1928 del 1938 era stato 
provveduto con norme specifiche a regolare la cessione 
delle divise, facendosi obbligo alle banche, 
banchieri, ditte, societ� e persone giuridiche di 
qualsiasi natura, di nazionalit� italiana ed aventi 
sede nello Stato, e a tutti i cittadini italiani resiif,enti 
nello Stato, di cedere e trasferire all'Istituto nazionale 
per i cambi con l'estero, per .conto e nell'interesse 
del Tesoro dello Stato, tutti i loro crediti verso 
l'estero, nonch� i titoli esteri e i titoli italiani emessi 
all'estero da essi posseduti anche se depositati allo 
estero, punendosi i contravventori con l'ammenda e 
con pene pecuniarie (RR. DD. LL. 8 dicembre 1934, 

n. 1942, e 28 agosto 1935, n. 1614). Furono inoltre 
stabilite sanzioni contro le irregolarit� nella contabilit� 
e nella corrispondenza di banche e cambiavalute 
riguardanti affari relativi ad ogni mezzo che 
potesse servire a pagamenti fuori di� Italia, nonch� 
nella tenuta del registro per operazioni relative al 
commercio dei cambi da parte di chiunque vi fosse 
obbligato -sanzioni applicabili, nel caso di societ� 
od enti, anche alle persone del presidente, degli 
amministratori e dei sindaci oltre che ai funzionari 
ed impiegati che alle irregolarit� avessero concorso 
(R. D. L. 8 dicembre 1934, n. 1943). E con R. D. L. 
14 novembre 1935, n. 1935, era stato istituito il 
monopolio per l'acquisto dell'oro all'estero, disciplinandosi 
con norme minute il commercio dell'oro, 
irrogandosi pene per i trasgressori. 
Venne quindi promulgato il D. L. 5dicembre1938, 

n. 1928, al fine di regolare in modo completo e pi� 
esemplare la repressione delle infrazioni valutarie. 
Leggesi nella Relazione del Ministro al disegno di 
legge per la conversione in legge del detto D. L. 
(Camera dei Deputati, .Sessione 1934-39, -Documento 
n. 2742) che recenti attentati contro l'integrit� 
dell'economia valutaria dello Stato avevano 
fatto sorgere il problema della sufficienza dell'allora 
vigente sistema repressivo delle violazioni delle leggi 
valutarie allo scopo di prevenire tale attivit� gravemente 
lesiva degli interessi della Nazione e reprimere 

-276 -


in modo adeguato fatti dei quali la coscienza pubblica 
si sentiva gravemente ferita; e dopo aver detto che il 
sistema era meritevole di essere approvato e mantenuto, 
si dichiarava che la pi� recente esperienza imponeva 
alcune innovazioni, quali elevare la misura delle 
pene pecuniarie perch� la punizione riuscisse sempre 
adeguata alla mancanza, e raffigurare taluni 
fatti pi� gravi non pi� come semplici illeciti amministrativi 
punibili con sanzioni di carattere civile, 
ma come veri e propri delitti. Indi la Relazione 
illustra le singole disposizioni del decreto-legge, e 
dalla relativa esposizione appare manifesto il fine 
di conseguire la pi� energica repressione delle trasgressioni 
valutarie, aggravando altres� a tale scopo gli 
effetti di pi� circostanze soggettive ed oggettive del 
reato e del reo previste dal codice penale comune. 

E ci� sempre per la necessit� di difendere l' economia 
dello Stato e senza tacere il carattere anche morale 
e politico di talune disposizioni. 

Ci� stante, una cos� energica volont� di reprimere 
le trasgressioni val1ttarie contrasta col potere discrezionale 
del Ministro quale si sostiene dai resistenti. 
E ben altre considerazioni avvalorano l'esclusione 
di un tal potere del Ministro. All'uopo la citata 
Relazione da ragione dei motivi che consigliarono 
devolvere le trasgressioni in discorso alla diretta 
competenza del Ministro: accentrare le funzioni di 
repressione delle trasgressioni valutarie in organi 
centrali muniti al tempo stesso della necessaria competenza 
tecnica e giuridica in modo d'assicurare una 
applicazione uniforme della legge. E riferendosi 
alla norma (oggi caduta per effetto dell'art. 113 della 
Costituzione) che sottraeva i provvedimenti del Ministro 
a qualsiasi ricorso sia in via amministrativa che 
giurisdizionale, la Relazione confermava che tal 
norma tendeva all'ovvio fine di non sminuire la rapidit� 
e l'esemplarit� dell'applicazione delle pene, 
nonch� di garantire l'uniformit� nell'applicazione 
delle leggi valutarie, realizzata attraverso l' attribuzione 
delle relative funzioni ad organi centrali ed 
unitari. Rapidit�, quindi, della procedura: esemplarit� 
delle sanzioni. 

� poi a rilevare che sono dichiarate applicabili 
norme .di specifico carattere penale, quali l'inflizione 
della pena pecuniaria a chiunque compia atti .idonei 
diretti in modo non equivoco a commettere la violazione 
valutaria, nonch� a chiunque agevoli il compimento 
della violazione o ne ostacoli l'accertamento 
(tentativo, correit�, favoreggiamento); le circostanze 
soggettive ed oggettive delle quali si deve tener conto 
per l'applicazione della pena. Norme queste che, 
insieme alle altre, concernenti la solidariet� fra pi� 
autori della medesima violazione per il pagamento 
della pena pecuniaria, l'esclusione dell'applicabilit� 
del principio della retroattivit� benigna della legge 
penale, la responsabilit� delle persone rivestite di 
autorit� o 'incaricate della direzione o della vigilanza 
sulla persona del trasgressore, noneh� quelle delle 
persone giuridiche per il fatto dei loro organi e 
dipendenti inquadrano la repressione dei fatti costituenti 
trasgressioni valutarie nel sistema generale 
della repr~ssione dell'illecito e danno alle sanzioni 
disposte dalla legge il carattere imperativo ed inderogabile 
di ogni sanzione rivolta a tal fine. 

E non va tralasciato che leggi sulle trasgressioni 

valutarie emanate anteriormente al� D. L. 5 dicem


bre 1938 contenevano sanzioni espresse in forma 
imperativa: cos� il cit. D. L. 8 dicembre 1934, n. 1942, 
concernente la cessione delle d~vise e la dichiarazione 
del possesso di titoli emessi all'estero, disponeva 
all'art. 5: � i contravventori saranno puniti con 
ammenda che il Ministro delle Finanze ha facolt� 
di stabilire fino ad importo, ecc. n, onde il potere 
discrezionale del Ministro era limitato alla misura 
della pena, la cui inflizione era imperativa tosto che 
si fossero verificati i presupposti di fatto e di diritto 
che davano luogo alla trasgressione. Parimenti lo 
art. 11 del D. L. 28 agosto 1935, n. 1614 <<ai contravventori 
. . . saranno inflitte dal Ministro pene 
pecuniarie che potranno giungere ecc. �; e il D. L. 
14 novembre 1935, n. 1635, sulla disciplina dell'oro: 
<< i trasgressori sono passibili di pena pecuniaria che 
il Ministro ha facolt� di stabilire sino al valore, 
ecc. �. E fu gi� osservato che il successivo D~ L. n. 1928 
.del 1938 ebbe lo scopo di rendere an<Jor pi� rigorosa 
la repressione delle trasgressioni in discorso. 

Da quanto esposto pare a queste S. U. insopprimibile 
la conclusione: se la speciale competenza del 
Ministro fu stabilita per la rapidit� della repressione 
e l'uniforme applicazione della legge; se nella applicazione 
della pena devono osservarsi disposizioni 
della legge penale; se le norme precedenti al D. L. 
del 1938 escludevano ogni potere discrezionale del 
Ministro nella inflizione della pena, e non � dubbio 
che il D. L. del 1938 intese rafforzare e rendere pi� 
esemplare la respressione -� necessit� escludere che 
la � facolt� � del Ministro, di cui � parola negli 
art. 2-5-8 di detto decreto legge, possa dal Ministro 
esercitarsi per fini diversi dall'applicazione della 
legge che costituisce lo scopo dell'azione amministrativa 
nello speciale campo della repressione delle 
violazioni delle leggi valutarie. Ogni considerazione 
di convenienza o di opportunit� non pit� portare a 
non applicare la legge quando siansi verificati i 
presupposti di fatto e di diritto della trasgressione 
valutaria a,i fini della legge e dell'effetto amministrativo 
che la legge intese conseguire. In mattria di 
trasgressioni valutarie non esiste altro interesse pubblico 
che la repressione della violazione, che solo 
permette allo Stato di realizzare ir pubblico fine 
inerente alla disciplina legale delle valute e sopra 
cennato. Ed esclusa ogni discrezionalit� del Mini.
stero nei sensi voluti dai resistenti, non pu� parlarsi 
di affievolimento ad interesse del diritto soggettivo 
e della conseguente competenza del giudice ammi


nistrativo. 

IL -Non possono peraltro le Sezioni Unite 

stimare consona al sistema della legge la tesi del~a 

Amministrazione del Tesoro circa la natura giuridica 

del decreto del Ministro che infligge la pena pecu


niaria a termini dell'art. 2 del D. L. n. 1928, di 

cui si tratta. Contraddicono ad un tale carattere la 

struttura e la stessa parola di esso decreto legge. Il 

quale, nell'art. 3, richiama talune disposizioni della 

legge 7 gennaio 1929, n. 4 conteneuti. norma generali 

per la repressione delle violazioni delle leggi finan


ziarie, e che presenta col D. L. n. 1928 affinit� pro


fonde. 

Non par dubbio anzi che il D. L. n. 1928 si muova 

nell'orbita della legge 7 gennaio 1929, n. 4, ed � noto 

che queste S. U., con pi� conformi decisioni, statu



-277 


rono che l'ordinanza con cui l'intendente di Finanza 
applica -ai termini di tal legge -sanzioni civili 
per la violazione delle norme dell,e leggi finanziarie 
che non costituisca reato e il successivo decreto del 

Ministro che decida sul ricorso proposto contro la 
ordinanza dell'Intendente, abbiano carattere di atti 
amministrativi. Distinguendo invero tra il caso in 
cui l'Intendenza di Finanza pronuncia con decreto 
motivato condanna all'ammenda e nel qual caso 
spettano a detto organo i poteri che il Codice di procedura 
attribuisce al Pretore e contro il decreto dello 
Intendente � ammessa opposizione che viene decisa dal 
Tribunale competente (art. 36 e� segg. cit. legge 7 
gennaio 1929); e il caso (art. 55 e segg. legge stessa) 
in cui l'Intendente irroga con ordinanza il pagamento 
di somma a titolo di pena pecuniaria, nel qual caso 
il trasgressore (se la pena pecuniaria superi le lire 
10.000) pu� proporre ricorso al Ministero delle Finanze, 
che provvede col decreto, queste Sezioni Unite 
dichiarano che l'attivit� svolta sul primo caso dallo 
Intendente di Finanza � di natura giurisdizionale, 
e che costituiscono invece atti amministrativi l' ordinanza 
dell'Intendente che infligge la pena pecuniaria 
e il decreto del Ministro che decide sul ricorso del 
trasgressore. 

Il carattere amministrativo dell'ordinanza dello 
Intendente e del decreto del Ministro fu desunto: 1o 
dalla qualit� degli organi chiamati ad emettere gli or 
detti provvedimenti, non avendo per s� n� l' I ntendente 
di Finanza, n� il Ministro poteri giu.risdizionali 
(attribuiti invece in modo espresso dalla legge 
nel caso di decreto �penale dell'Intendente: art. 36 
legge 7 gennaio 1929); 2� nella mancanza di un vero 
contradittorio nella procedura che disciplina l'applicazione 
della pena pec�uniaria mediante l'ordinanza 
dell'Intendente di Finanza, contraddittorio che manca 
totalmente nel ricorso contro l'ordinanza intendentizia, 
al Ministro, mentre � a.qsicurato nel caso di decreto 
penale dell'Intendente che d� luogo, se opposto, ad 
ordinario giudizio penale; 3� l'espressa dichiarazione 
di illecito amministrativo risultante dai lavori preparatori 
della legge del 1929. 

Situazione di diritto del tutto analogo si ha nel 
decreto legge 5 dicembre 1928, n. 1938, esso appunto 
distingue tra fatti, che per la loro gravit� e per gli 
elementi soggettivi ed oggettivi che in essi concorrono 
raffigura come veri e propri delitti puniti con la reclusione 
e pertanto devoluti alla cognizione del giudice 
penale (sono le ipotesi di reato specificamente indicate 
nell'art. 10) -ed illeciti amministrativi, punibili 
con sanzioni di carattere civile. La competenza del 
Ministro concerne questi ultimi e nella irrogazione 
delle relative pene pecuniarie manca del pari qualsiasi 
contraddittorio, che �, al contrario, assicurato 
per i fatti costituenti delitto. E pu� aggiungersi essere 
ripugnante all'emanazione di pronuncia giurisdizionale 
la preventiva audizione obbligatoria, sia 
pure non vincolante di corpo amministrativo, disposto 
dal primo comma dell'art. 11 del decreto legge in 
oggetto. Il quale poi richiama l'art. 3, secondo comma, 
della legge 7 gennaio 1929. n. 4, che definisce �di 
carattere civile � l'obbligazione del trasgressore al 
pagamento della somma inflitta a titolo di pena pecuniaria. 
Ed infine nella ricordata Relazione per la 

conversione in legge del decreto legge n. 1928, si 
dichiara in modo espresso che la violazione della 
legge valutaria non costituente reato a termini dello 
art. 10 del decreto legge, costituisce �illecito amministrativo 
�. 

Il decreto del Ministro, di cui si discute, ha pertanto 
natura di atto amministrativo, ed essendo caduta 
per effetto dall'art. 113 della Costituzione la disposizione 
dell'art. 11 del D. L. n. 1928 che sottraeva i 
provvedimenti emanati per l'accertamento delle violazioni 
in materia valutaria a qualsiasi ricorso sia in 
sede amministrativa che giurisdizionale, � tal decreto 
sindacabile a norma dei principi generali, nella specie 
fissati dagli art. 2 e 4 della fondamentale legge 20 
marzo 1865, n. 2448, alleg. E. Poich� trattasi di 
diritto soggettivo perfetto ( la qualit� basilare di diritto 
soggetti�vo non � contestata dai resistenti, per i quali 
il diritto soggettivo sarebbe affievolito -il che, 
pertanto si � detto, � da escludere), che si assume leso 

� dall'atto amministrativo (decreto del Ministro), competente 
� la giurisdizione ordinaria, investita del potere 
di conoscere della legittimit� dell'atto amministrativo, 
pur nonavendo potest� di revocare ne di modificare 
l'atto stesso. E al limitato fine di accertare la legittimit� 
o meno dell'atto amministrativo che si afferma 
lesivo del diritto soggettivo del privato, il Giudice 
ordinario ha potere di esaminare i presupposti di 
fatto e di diritto dell'asserita lesione; nella specie, 
della trasg.,�essione alla legge valutaria, allo scopo di 
accertare l'esistenza o meno della trasgressione e la 
responsabilit� del trasgressore. 
La questione di giurisdizione va pertanto definita 
nei sensi esposti ii. 
Riteniamo che questa sentenza, cos� esaurientemente 
motivata, possa essere accettata e considerata 
come un punto fermo nella materia delle infrazioni 
valutarie, la cui importanza per il contenzioso dello 
Stato in questi ultimi anni si � notevolmente accresciuta. 
L'Avvocatura aveva sostenuto, in linea principale, 
il carattere giurisdizionale dell'attivit� del Ministro 
per inferirne la insindacabilit� ulteriore da parte 
di altre autorit� giurisdizionali (con esclusione, 
naturalmente della Corte Suprema di Cassazione ai 
sensi dell'art. 111 della Costituzione). A sostegno di 
una tale tesi militavano argomenti abbastanza seri, 
quale, per esempio quello dell'analogia tra l'attivit� 
del Ministro in questo campo e quella del Ministro 
dei Lavori Pubblici nel campo della revisione dei 
prezzi, sulla cui natura giurisdizionale si � ormai 
pi� �volte pronunciata la stessa Corte Suprema in 
senso positivo. 
Ci rendiamo, tuttavia, conto della suggestione che 
inevitabilmente doveva esercitare sulla Corte Suprema 
la pi� evidente analogia con tutto il sistema delle 
sanzioni in materia finanziaria quale � regolato 
dalla legge 7 gennaio 1929, n. 4. 
D'altronde, l'interesse dell' A mministraziori:e era 
sopratutto quello di evitare che potesse essere soggetto -� 
ad un qualsiasi sindacato quell'aspetto pi� particolarmente 
discrezionale del potere del Ministro in 
questo campo, che � costituito dalla fissazione in 
concreto della sanzione pecuniaria. E su questo 
punto, con l'affermazione della competenza dell'auto



-278


rit� giudiziaria ordinaria e con la precisazione che 
il giudice ordinario � ha il potere di esaminare i presupposti 
di fatto e di diritto dell'asserita lesione . . . 
allo scopo di accertare l'esistenza o meno della trasgressione 
e la responsabilit� del trasgressore � ci 
sembra che lo scopo del nostro ricorso per regolamento 
di giurisdizione sia stato pienamente raggiunto. 


CASSAZIONE -Ricorso contro decisione della Commissione 
Centrale Imposte dirette in base all'articolo 
111 della Costituzione -Termine per la notifica. 
(Corte di Cass., Sez. Un., Sent. n. 3215 del 1953 -
Pres.: Acampora; Est.: Sagna; P. M.: Macaluso [diff.] -
Faravelli contro Finanze). 

Il ricorso in cassazione avverso le decisioni della 
Commissione Centrale imposte dirette dev'essere 
proposto dal contribuente nel termine di ~essanta 
giorni dalla notifica del dispositivo della decisione, 
notifica fatta a norma dell'art. 49 del R. D. 8 luglio 
1937, n. 1516. 

La massima � interessante perch� per la prima volta 
il Supremo Collegio s'� occupato del termine pel 
ricorso in Cassazione avverso le decisioni dei giudici 
speciali in base all'art. 111 della Costituzione. 

Pare ovvio, in mancanza di diversa disposizione 
espressa, che anche pel ricorso avverso tali decisioni 
debba valere il termine normale di 60 giorni di cui 
all'art. 325 Cod. Proc. Civ. Nel caso di cui si tratta, 
poich� da noi si eccepiva l'inammissibilit� del ricorso 
in quanto prodotto oltre tale termine, il ricorrente in 
via principale deduceva che non il termine di 60 
giorni dovesse applicarsi, bens�, trattandosi di ricorso 
avverso una decisione della Commissione Centrale 
delle Imposte, quello di 6 mesi di cui all'art. 34, 
10 comma, della legge 8 giugno 1936, n. 1231. E 
fin qui l'arbitrariet� della tesi era manifesta, poich� 
il detto termine di 6 mesi non ha nulla da vedere 
colla materia del ricorso per cassazione, riferendosi 
unicamente alla proposizione dell'azione giudiziaria 
in materia tributaria, quando sia intervenuta una 
decisione della Commissione Centrale. 

Ma subordinatamente il ricorrente sosteneva anche 
che, pur ritenuto applicabile il termine di 60 giorni, 
questo non fosse scaduto perch� era stato notificato 
il solo dispositivo della decisione e tale notifica non 
sarebbe stata valida a far decorrere il termine stesso. 
� su questo punto eh' � opportuno sia intervenuta 
una pronunzia del Supremo Collegio, a dirimere� ogni 
incertezza cui tale profilo potesse dar luogo: come 
infatti ha dato. luogo nella specie, in cui il Procuratore 
Generale d'udienza non ader� alla nostra 
eccezione d'inammissibilit�. Ma il Supremo Colleg~
o l'ha accolta riconoscendo che, poich� la notifica 
del solo dispositivo � pienamente valida ed � anzi 
la sola forma di notifica ammessa per le decisioni 
delle Commissioni tributarie (art. 49 del R. D. 
8 luglio 1937, n. 1516), � giuocoforza inferirne eh' essa 
sia idonea anche per far decorrere il termine pel 
ricorso ex art. 111 della Costituzione. 

G. C.ALENDA 
CONSIGLIO DI STATO -Decisione su ricorso ex 
art. 27, n. 4 del T. U. 26 giugno 1924, n. 1054 Natura 
giurisdizionale -Proponibilit� del ricorso 
alle Sezioni Unite della Cassazione per difetto di 
giurisdizione. 

LEGITTIMAZIONE ATTIVA -Proponibilit� del ricorso 
da parte del Ministero -Inammissibilit� 
del ricorso principale per difetto di legittimazione 
attiva -Validit� del ricorso incidentale proposto 
tempestivamente. 

ESECUZIONE DEL GIUDICATO AMMINISTRATIVO 
-Ammissibilit� del ricorso ai sensi dell'articolo 
27, n. 4 del T. U. delle leggi sul Consiglio di 
Stato. (Corte di Cass., Sez. Un. Civ., 8 luglio 1953 -
Pres.: Galizia; Est.: Torrente; P. M.: Eula, conforme Comune 
di Sant'Eufemia di Aspromonte, Capoferro 
ed altri contro Ministero Agricoltura e Foreste). 

Il pr�cedimento, che si instaura col ricorso pre


visto dall'art. 27, n. 4 del T. U. delle leggi sul Con


siglio di Stato, approvato con R. D. 26 giugno 1924, 

n. 1054, ha natura giurisdizionale e la relativa decisione 
� impugnabile con ricorso alle Sezioni Unite 
della Corte di Cassazione per difetto di giurisdizione. 
Legittimato a proporre il ricorso � il Ministero 
competente e non l'ente o l'autorit�, che emise il 

provvedimento annullato col giudicato, della cui 

inesecuzione si discute. 
L'impugnazione incidentale, tempestivamente 
proposta, conserva efficacia ancorch� l'impugnazione 
principale sia dichiarata inammissibile. 

� ammissibile il ricorso ex art. 27, n. 4 del 

T. U. 24 giugno 1924, n. 1054, diretto ad ottenere 
l'adempimento dell'obbligo dell'amministrazione di 
conformarsi al giudicato del �giudice amministrativo 
in materia di interessi legittimi. 
Il giudicato sulla illegittimit� di un atto del procedimento 
amministrativo, che, per il suo contenutQ 
negativo, abbia impedito il compimento di 
atti ulteriori, non priva l'amministrazione del suo 
potere discrezionale, relativamente a questi ultimi, 
n� le impedisce di ripetere la valutazione, osservando 
la pronunzia amministrativa, che diede 
luogo all'atto annullato e, pertanto, la decisione, 
che, in esecuzione di quel giudicato, si sostituisca 
all'amministrazione nell'esercizio dell'anzi'detta potest� 
discrezionale, eccede i limiti della giurisdizione, 
attribuita al Consiglio di Stato. 

CONSIGLIO DI STATO_ -Decisione su ricorso ex 
art. 27, n. 4 del T. U. 26 giugno 1924, n. 1054 Ricorso 
alle Sezioni Unite della Cassazione per motivi 
attinenti alla giurisdizione proposto dal Ministero 
Agricoltura e Foreste -Proponibilit�. 

ESECUZIONE D~L DECRETO DEL CAPO DELLO 
STATO, CHE DECIDE UN RICORSO STRAORDINARIO 
-Inammissibilit� del ricorso, di cui 
all'art. 27, n. 4 -Difetto di giurisdizione del Consiglio 
di Stato. (Corte di Cass., Sez. Un. Civ., 2 ottobre 
1953 -Pres.: Galizia; Est.: Torrente; P. M.: Pittiruti, 
conforme -Ministero Agricoltura e Foreste contro 
Diegoli). 

Legittimato a proporre il ricorso, avyerao _la 
decisione emessa dal Consiglio di Stato ai sensi 
dell'art. 27, n. 4, del T. U. 26 giugno 1924, 

n. 1054, � il Ministero Agricoltura e Foreste, che 
fu parte nel processo, ai sensi dell'art. 91 R. D. 
17 agosto 1907, n. 642. 

-279 


Il provvedimento emesso dal Presidente della 
Repubblica sul ricorso straordinario ha carattere 
amministrativo, non giurisdizionale e, pertanto, 
non � ammissibile, per ottenere l'esecuzione di esso, 
il ricorso al Consiglio di Stato ex art. 27, n. 4, del 

T. U. 26 giugno 1924, n. 1054. 
Oon queste due pregevoli sentenze la Corte di Cassazione 
ha risolto alcune delicate e complesse questioni 
relative al ricorso previsto dall'art. 27, n. 4, del T. U. 
delle leggi sul Consiglio di Stato, precisando la natura 
del particolare procedimento, cui quel ricorso d� 
luogo, i limiti di applicazione della norma e i soggetti, 
che, per essere parti di quel processo, debbono 
considerarsi legittimati, in via esclusiva, a proporre 
il ricorso alle Sezioni Unite della Cassazione per 
motivi attinenti alla giurisdizione (sulla questione 
vedi retro pag. 1-11). 

Su quest'ultimo punto riteniamo che la Cassazione 
abbia esattamente interpretato le norme, che regolano 
l'istituto, e, sopratutto, l'art. 91 del regolamento di 
procedura, approvato con R. D. 17 agosto 1907, 

n. 642. 
Il ricorso ex-art. 27, n. 4 � comunicato al Ministero 
competente e, cio�, a quello, cui fa capo l'autorit� 

o che esercita la vigilanza sull'ente, che ha emesso 
il provvedimento annullato o dichiarato illecito con 
la decisione, della cui inesecuzione si discute. 
Parti del processo, pertanto, sono esclusivamente il 
privato ricorrente ed il Ministero competente. L'autorit� 
o l'ente, che ebbero ad emettere il provvedimento 
annullato non sono parte in questo anomalo giudizio. 
Potr� discutersi de iure condendo se una tale anomalia 
sia conforme al sistema e, sopratutto, ai precetti 
della Costituzione, ma de iure condito non pu� 
riconoscersi la qualit� di parte che al Ministero. 

Quanto alla natura del procedimento ed all'ampiezza 
dei poteri attribuiti al Consiglio di Stato dall'art. 27, 

n. 4, la Corte ha affermato alcuni principi della 
massima importanza. Contro l'avviso, espresso dal 
Consiglio di Stato con la decisione n. 252 del 1950 
(�n <e Foro I tal. � 1951, III, 68), la Oort� ha precisato 
che trattasi di procedimento giurisdizionale (processo), 
che culmina in una decisione, atto giurisdizionale 
(sentenza) impugnabile con ricorso alle Sezioni 
Unite della Cassazione per motivi attinenti alla giugiurisdizione. 
Ha ritenuto, poi, la Corte che il ricorso ex art. 27, 

n. 4, previsto espressamente per ottenere l'adempimento 
dell'obbligo della autorit� amministrativa di 
conformarsi al giudicato dei Tribunali, che abbia 
riconosciuto la lesione di un diritto civile o politico, 
sia applicabile anche per ottenere l'adempimento 
dell'obbligo di conformarsi al giudicato del Consiglio 
di Stato in sede di gi'IJ,risdizione di legittimit�. 

Ha escluso, invece, ch'esso sia estensibile al decreto 

del Presidente della Repubblica, che abbia deciso un 

ricorso straordinario. 

Sul primo punto riteniamo di dover dissentire per 

le ragioni a suo tempo indicate (vedi retro pag. 1-11). 

N � ci sembrano del tutto convincenti le argomenta


zioni addotte dalle annotate sentenze. Ohe il privato 

abbia un interesse legittimo all'adempimento, da parte 

dell'autorit� amministrativa, dell'obbligo di confor


marsi al giudicato, del giudice ordinario o ammini


strativo, pu� senz'altro ammettersi. Da tale premessa, 

per�, deriva l'ammissibilit� di un ricorso in sede di 
giurisdizione generale di legittimit� contro il provvedimento, 
positivo o negativo, non conforme, ma non 
la possibilit� di estendere in via di analogia l'eccezionale 
rimedio previsto dal citato art. 27, n. 4. 

Sul secondo punto condividiamo pienamente e, 
data l'importanza della questione, riteniamo opportuno 
trascrivere integralment� la parte relativa della 
decisione: 

<e Or bene, per comune insegnamento, il provvedimento 
emesso dal Presidente della Repubblica sul 
ricorso straordinario ha, invece, carattere amministrativo. 
Tale natura risulta -come � noto -testualmente 
dal secondo comma dell'art. 27' il quale definisce 
il ricorso straordinario ricorso al Re in sede amministrativa 
�. Essa trova, poi, conferma nella regola, 
comunemente accolta, secondo cui il provvedimento 
emesso sul ricorso straordinario non preclude l'azione 
davanti al giudice ordinario, allorch� trattasi di 
diritti soggettivi e nell'ammissibilit� -sia pure 
entro ben precisi limiti (che da alcuno si vorrebbero 
ampliare ai sensi dell'art. 113 Costituzione) -di 
rimedi giurisdizionali avverso il provvedimento stesso. 
Se ci� � vero, � vano risalire alle lontane origini dello 
istituto per suffragare la tesi accolta dal Consiglio 
di Stato. Tanto pi� che tali origini non attestano 
della sua natura giurisdizionale. Nemmeno vale in 
senso contrario il parallelismo con il ricorso giurisdizionale 
al Consiglio di Stato; il parallelismo, come 
il .principio dell' alternativit�, sancito dall'art. 34 
del T. U., pi� volte citato, non elimina la diversit� 
di natura esistente tra i due tipi di ricorso; il regime 
dell' alternativit�, infatti, non � in chiave con l'identit� 
di natura tra i due istituti, bens� � determinato 
dall'esigenza di evitare che il Consiglio di Stato 
debba pronunziarsi due volte, in due sedi diverse 
(in adunanza generale ed in sezione semplice) sullo 
stesso affare. Del resto l' alternativit� sussiste anche 
tra ricorso giurisdizionale alla G.P.A. e ricorso amministrativo 
ordinario; non si vorr� da questo desumere 
l'estensione dell'art. 27, n. 4, al ricorso amministrativo. 

�N� vale ancora richiamarsi all'esperibilit� del 
rimedio della revocazione, il quale, per la sua natura, 
pu� anche ritenersi un istituto applicabile anche 
in materia amministrativa. 

� Se, dunque, il provvedimento emesso sul ricorso 
straordinario ha carattere amministrativo, anche a 
voler ammettere l'applicazione analogica dell'art. 27, 

n. 4 pi� volte citato, comunque, manca l'eadem ratio 
indispensabile per l'analogia. 
((Non vale a far defiettere queste Sezioni Unite 
dalla risoluzione accolta nemmeno l'argomento che si 
vuol trarre dall'obbligo dell'amministrazione di uniiormarsi 
al provvedimento �el Presidente della 
Repubblica. Quest'obbligo non ha, invero, il carattere 
assoluto e vincolante che � proprio del giudicato e 
che � connaturato con le caratteristiche proprie della 
attivit� giurisdizionale; esso discende, invece, dalla 
posizione di preminenza o di supremazia che spetta 
al Capo dello Stato. La sua efficacia � circoocritta 
nell'ambito della stessa amministrazione, senza avere �~ 
rilevanza esterna e senza dar luogo a quella forza 
tipica di coercizione in via eteronoma, che � costituita 
dall'esecuzione in via giurisdizionale >>. 

Contrariamente alla tesi sostenuta dall'Avvocatura, 
infine, la Corte ha ritenuto la sopravvivenza della 



-280


cos� detta giurisdizione di merito, nonostante la 
chiara dizione dell'art. 113 della Costituzione. 

A questa massima non possiamo aderire. L'articolo 
113 assicura ai cittadini la tutela giurisdizionale 
degli interessi legittimi contro tutti gli atti della 
pubblica amministrazione, ma non estende tale 
tutela agli interessi semplici e, comunque, limita il 
potere del giudice, ordinario o amministrativo, nei 
confronti della pubblica amministrazione all'annullamento 
dell'atto amministrativo. In nessun caso, 
perci�, il giudice potr� riformare o modificare il 
provvedimento e, tanto meno, porre con la sentenza 
l'equipollente dell'atto amministrativo, nella qual 
cosa, appunto, consiste la cos� detta girisdizione di 
merito. 

Riteniamo, pertanto, che questa non trovi pi� 
posto nell'attuale ordinamento costituzionale, che 
riserva esclusivamente alla pubblica amministrazione 
il riesame degli atti amministrativi sotto il 
profilo dell'opportunit�. 

Comunque, su questo importante argomento comparir� 
presto sulla Rassegna uno studio pi� approfondito. 


G. GUGLIELMI 
ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT� -Concordato 
sulla indennit� � Impugnazione � Termini. 
(Corte di Cass., Sez. Un., Sent. n. 1925/53 -Pres.: 
Galizia; Est.: Gionta; .P. M.: Eula (conf.) -Gerber ed 
altri contro Ministero Difesa Esercito e Ente Nazionale 
delle Tre Venezie). 

Le contestazioni relative a indennit� liquidate 
con concordato o accettate nella misrna offerta 
dell'esproprialite, ai sensi dell'art. 28 della legge 
25 giugno 1865, n. 2359, debbono proporsi, a pena 
di decadenza, nel termine di trenta giorni dalla 
notificazione del decreto di occupazione immediata 
dei beni espropriati emesso dal prefetto ai sensi 
del secondo comma dell'art. 30 della legge medesima. 

La Corte di Cassazione ha osservato: 

� Gli espropriati hanno sostenuto che la decadenza 
concerne solo l'opposizione fatta contro la stima dei 
periti, mentre nessun termine � prefisso per le contestazioni 
inerenti a indennit� liquidate con concordato 

o accettate nella misura offerta dall'espropriante. 
�Per la esatta interpretazione della legge deve 
essere per� tenuto presente che nel ricercare in qualmodo 
potessero essere proposte dinanzi all'autorit� 
giudiziaria tali contestazioni fu generalmente adottata 
l'opposizione prevista dall'art. 51 in quanto tutte le 
controversie si concretavano in realt� nella richiesta 
della giusta indennit� riconosciuta dalla legge senza 
che importasse apprezzabile differenza la diversit� 
del modo in cui la misura di essa era stata determinata. 
Con la adozione della opposizione fu altres� 
riconosciuta l'applicabilit� in tutte le ipotesi del termine 
di decadenza e ci� non per ammissione di necessaria 
conseguenza, ma sopratutto perch� man mano 
si era rafforzato il convincimento che intenzione del 
del legislatore, anche se apparentemente pi� ristretta 
era la lettera della disposizione, era stata quella di 
dettare una norma categorica per vietare in ogni 
ipotesi il prolungarsi delle contestazioni concernenti 
la misura dell'indenit� a fine non solo di sollecitare 

l'espletamento di tutto il procedimento, ma altres� di 
rendere certi e ben definiti i diritti degli interessati. 

�All'uopo, infatti, non soltanto all'art. 51 � adoperata 
la locuzione �trascorso questo termine si avr� 
definitivamente stabilita.~... � ma .il precetto � stato 
ripetuto pressoch� con le medesime parole nel s�uccessivo 
art. 54 in cui � stato prefisso il termine per l'opposizione 
da parte dei terzi � scorso il suddetto termine 
l'indennit� si avr� anche rispetto a essi definitivamente 
stabilita � e risulta ribadito ancora nel successivo 
art. 55; con il quale � disposto che �divenuta 
definitiva rispetto a tutti la determinazione dell' ammontare 
dell'intennit� e non essendovi n� iscrizione 
di diritti reali, n� altre opposizioni pu� essere disposto 
il pagamento �. 

IMPUGNAZIONE IN SEDE CIVILE -Morte della 
parte dopo la pubblicazione della sentenza � Notifica 
alla parte defunta presso il procuratore costituito 
� Validit�. 

PUBBLICI APPALTI -Risoluzione del contratto a 
sensi della Legge 28 novembre 1940, n. 1772 -Valutazione 
del materiale in cantiere � Prezzi di tariffa Applicabilit�. 
(Corte di Cass., Sez. I, Sent. n. 3196/53 -
Pres.: Piacentini; Est.: Albanese -Ministero dei Trasporti 
contro Ditta Florio Pietro). 

� validamente proposto il ricorso in Cassazione 
contro una parte defunta dopo la pubblicazione 
della sentenza, qualora il ricorso sia notificato, 
prima della notificazione della sentenza impugnata, 
alla parte defunta presso il procuratore costituito 
in giudizio. 

Negli appalti per opere pubbliche i materiali 
introdotti in cantiere sono assoggettati a vincoli 
particolari, che riflettono la specifica destinazione 
dei materiali stessi all'esecuzione dell'opera. Perci�, 
in caso di risoluzione del contratto di appalto 
a sensi dell'art. 2 della legge 28 novembre 1940, 

n. 1772, anche i materiali api� d'operavannovalutati 
secondo il criterio valevole per i lavori gi� 
eseguiti. 
L'Amministrazione appaltante deve quindi corrisponderne 
il valore ai prezzi contrattuali e non gi� 
ai prezzi correnti sul mercato nel momento della 
risoluzione del contratto. 

1) La Corte Suprema ha fissato alcuni importanti 
principi in tema di sopravvivenza nel processo della 
parte, in persona del procuratore costituito. Ed ha 
esaminato la questione con riferimento al periodo di 
tempo che intercorre fra la pubblicazione della sentenza 
e l'impugnazione: quel periodo, cio�, che il 
codice di procedura non regola espressamente, o almeno 
non regola in tutte le sue ipotesi. 

Durante il processo, � no(o che la morte della parte 
non vale di per s� ad interrompere il giudi$io, ove 
sia costituita a mezzo di procuratore: � Parte in 
senso formale continua ad essere l'autore, il che � 
possibile, anche dopo la sua morte, per effetto della 
rappresentanza del procuratore, la cui azione si 
protrae anche oltre i limiti della vita�> (CARNJ>Ll!TTI, 
Lezioni, vol. IV, pag. 167). Dopo la chiusura della 
.discussione, la morte della parte � pure irrilevante, 
a meno che non avvenga la riapertura dell'istruzione. 
Ma che cosa accade se la parte muore dopo la 
pubblicazione della sentenza? Il principio della 



-281


successione nel processo sembra imporre la prosecuzione 
nei confronti del successore (110 O.P.O.): ma 
questo principio non va applicato con assoluto automatismo, 
perch� esso opera nel processo -in caso 
di costituzione di procuratore -solo se la morte 
viene dichiarata o notificata. Resta a vedere se questa 
fictio di sopravvivenza (sempre che l'evento della 
morte non sia notificato) valga anche. per quel periodo 
che va dalla pubblicazione della sentenza al suo passaggio 
in giudicato. 

In questo periodo, come � ben noto, il giudizio rimane 
in vita, pur non essendo sul ruolo: gli effetti processuali 
della litispendenza permangono' integri, 
data l'unit� del rapporto processuale nelle sue varie 
fasi. � ben vero che, nonostante tdle unit� del giudizio 
come rapporto, le varie fasi si presentano autonome 
come procedimenti, tanto che occorre, nella fase 
di impugnazione, una nuova costituzione di procuratore. 
Ma nel nostro Oodice questa autonomia spiega 
interamente i suoi effetti solo dopo che l'impugnazione 
� proposta, non mentre � proposta. Oi� si 
ricava con sufficiente certezza da una serie di norme, 
che confermano la permanenza degli effetti della 
costituzione del procuratore nell'intervallo fra la 
pubblicazione della sentenza, e l'avvenuta proposizione 
dell'impugnazione. 

Sintomatica � la possibilit� di notificare l'atto 
d'impugnazione alla parte presso il procuratore costituito 
nei primo giudizio (330 O.P.O.): possibilit� 
che prescinde dalla concomitante elezione di domicilio, 
e che � ricollegata proprio ed unicamente al fatto 
della costituzione. Allo stesso procuratore si pu� 
notificare la sentenza, anche se la parte sia morto 
dopo la chiusura della discussione (285, 286 O.P.O.). 
Tutto ci� giustifica pienamente l'osservazione contenuta 
nella sentenza 11 dicembre 1950, n. 2708 della 
Oorte Suprema: �La rappresentanza processuale, 
come rapporto esterno, sopravvive alla estinzione della 
persona del mandante o alle cause modificatrici della 
sua capacit� giuridica, cos� come sopravvive alla stessa 
revoca della procura o alla rinuncia della medesima �. 

Alla luce di questi principi si pu� affrontare con 
maggiore sicurezza il problema della sopravvivenza 
della parte defunta, superando quella riluttanza che 
fece scrivere al Oobianchi: � Contesto che, sia pure 
presso il procuratore, l'appello possa essere notificato 
al morto, e che l'invito a comparire possa essere 
rivolto a lui (� Mon. Trib.�, 1949, 152, in nota 
alla sent. 8 aprile 1949 della O. di A. di Genova). 
Oos� crudamente impostata, la questione sembra 
esigere una soluzione negativa: ed in tal senso si era 
orientata effettivamente la giurisprudenza sotto l'impero 
del precedente codice (Oass. 4 maggio 1934, 

n. 1437 �Foro ital. �, 1934, I, 1597) Oass. 31 gennaio 
1938, n. 313; Oass. 31 marzo 1938, n. 1104). 
Ma il riordinamento delle norme sulla interruzione, 
nel nuovo codice, ha consentito alla Oorte Suprema 
di giungere ad una soluzione meno rigorosa, gi� 
delineata nella sentenza 18 luglio 1950, n. 1959 (che 
conferm� la citata sentenza della Oorte di Appello 
di Genova) e completata con nuove argomentazioni 
nella sentenza oggi annotata. 
La Oorte Suprema osserva che la legge positiva 
regola la notificazione dell'impugnazione contro la 
parte defunta dopo la notificazione della sentenza 
(328, 330 secondo comma O.P. O.), ma nulla dice 

per il caso che la parte da evocare in giudizio muoia 

prima della notificazione, sebbene dopo la pubblicazione 
della sentenza. Per questo caso, deve valere 
in tutto il suo vigore -secondo la Oorte Suprema il 
principio della sopravvivenza (!,ella parte in personata 
dal procuratore costituito. Il mandato di questi 
non viene meno per la sola morte (cfr. art. 85 O.P.O.); 
n� -come si � visto -vengono meno quegli 
effetti rifiessi della costituzione, di cui � traccia nello 
stesso art. 330 O.P.O., primo comma. 

Questo articolo si riferisce, nel citato comma, 
sempre alla parte originaria (�Se nell'atto di notificazione 
della sentenza la parte ha dichiarato la sua 
residenza ........ �). Ed unicamente la parte originaria, 
nel caso del primo comma, � la destinataria 
della notificazione dell'impugnazione come vocatus 
in judicium, n� si fa distinzione fra parte vivente o 
parte defunta. Questa distinzione viene invece chiaramente 
presupposta nel secondo comma, il quale ammette 
che se la parte � defunta dopo la notificazione, 
l'impugnazione possa essere notificata impersonalmente 
e collettivamente �agli eredi della parte (originaria) 
defunta �. 

Nel pensiero della O orte Suprema, la notificazione 
della sentenza acquista, quindi, una portata decisiva. 
Prima di questa, la parte originaria regolarmente 
costituita rimane astrattamente uno dei soggetti 
processuali, anche se � venuta meno, con la vita 
fisica, la sua stessa esistenza. Se, invece, questo 
evento si verifica dopo la notificazione della sentenza, 
la morte fisica � accompagnata definitivamente 
anche dalla morte processuale, n� l'avvenuta costituzione 
nel primo giudizio a mezzo di procuratore 
potrebbe assicurare una fittizia sopravvivenza. In 
un caso di tal genere, anche secondo il nuovo codice 
venne quindi deciso che l'appello notificato ad un 
defunto sia da considerare improcedibile (Oass. 
26 giugno 1951, n. 1699; il P. M. aveva concluso 
in senso difforme). E sempre in coerenza a tale principio, 
nel caso di un cambiamento di stato prima della 
notificazione, venne invece riconosciuta la piena 
validit� di una impugnativa notificata alla parte 
originaria (SS. UU. 28 maggio 1948, n. 801). 

Non v'� dubbio che la s-0luzione data dalla giurisprudenza 
della Oorte Suprema a questo curioso 
problema -ignorato, dalla dottrina, nia di evidente 
importanza pratica -appaia informata ad una 
imperiosa esigenza di giustizia. Non si pu� ammettere 
l'invalidit� di una notificazione dell'impugnazione 
presso il procuratore costituito della parte defunta, 
il quale potrebbe lasciare deliberatamente decorrere 
il termine di decadenza, annuale o prorogato (328 
O.P.O.), al so~o scopo di costituirsi tardivamente per 
eccepire l'improcedibilit�. E pu� comprendersi d'altronde, 
come questa esigenza di giustizia sia meno sentita 
nel caso in cui sia avvenuta la notificazione della 
sentenza. Infatti la parte soccombente pu� e deve, 
avvenuta la notificazione, provvedere immediatamente 
all'impugnativa, riducendo al minimo il rischio di 
successivi eventi che possono provocare mutamenti 
nello stato della controparte. Si aggiunga che �a noti-__ 

ficazione ha, di per s�, uno scopo ed un effetto acceleratore 
nella formazione del giudicato in senso for� 
male; ed � giusto che un tale effetto sia potenziato da 
una maggiore sensibilit� del giudizio anche rispetto 
agli e'Qenti pr~'Oisti dagli artt. 299 e 300 O.P.O., eventi 


~�� 


-282 


che sono normalmente irrilevanti (se non notificati) 
fino al momento dall'inizio del procedimento d'impugnativa. 
L'impulso dato dalla notificazione non solo 
opera direttamete nei confronti della parte in senso 
sostanziale, ma � provocato da questa (285 C.P.C.), 
con l'esplicazione di una attivit� che manca, invece 
rispetto alla sentenza pubblicata e non notificata. 

� questo continuato intervento della parte in senso, 
sostanziale che caratterizza il giudizio nel momento 
della notificazione della sentenza[ ed � la parte in 
senso sostanziale, che deve perci� essere evocata nel 
giudizio di impugnativa. 

In altri termini la sopravvivenza della parte delunta 
� una finzione che richiede la quiescenza del 
giudizio in una specie di statica immobilit� dopo la 
pubblicazione della sentenza; Se, invece, la parte 
(in senso sostanziale) si rende attiva con la notificazione 
della sentenza, alla finzione processuale subentra 
la realt� concreta, che domina il giudizio anche 
dopo la notificazione. Per conseguenza, qualora la 
parte muoia, dopo questo ritorno alla realt�, il giudizio 
deve proseguire nei confronti dei veri successori, 
con il solo temperamento della loro evocazione in giudizio 
in modo collettivo e impersonale. 

Quali che siano le critiche opponibili a questa 
soluzione, imperniata sulla notificazione della sentenza 
come fattore decisivo, devesi ad ogni modo rendere 
omaggio allo sforzo compiuto dalla Suprema 
Corte per ridurre le gravissime conseguenze di un 
evento, che nella maggior parte dei casi non si pu� 
in alcun modo conoscere. 

� facile comprendere come tale soluzione faccia 
sorgere altri problemi collaterali, che per� nella vertenza 
decisa con la sentenza annotata non furono 
discussi. Fra questi, il problema derivante da una 
mancata costituzione dei successori universali nel 
giudizio di impugnazione promosso contro il defunto. 
Pu� applicarsi e questa ipotesi il principio dell'interruzione 
del processo, per la premorienza della parte 
prima della costituzione (299 C.P.C.)? Sembra evidente 
che di interruzione non possa parlarsi nel caso 
di ricorso in cassazione, giacch� questo non richiede 
apertura dell'istruzione, n� prevede costituzione in 
senso tecnico, non essendovi una vocatio in jus. 
Il problema si atteggia invece diversamente nel procedimento 
di appello, e si riconnette all'altra questione 
degli effetti di una sentenza contro una parte defunta 
(cfr. PAVANINI: Sentenza nei confronti di un defunto, 
in �Riv. di dir. processuale civ. �, 1947, II, 
225 e segg.). Ma entrambe le questioni esorbitano 
dai limiti della presente nota, cos� come sono rimaste 
estranee all'�mbito della controversia, risolta dalla 
Corte Suprema con l'annotata sentenza. 

2) Non meno importante � la seconda massima, 
che risolve questioni sulle quali non risultano precedenti 
editi. 

� noto che nei contratti dei pubblici appalti vengono 
incluse pattuizioni, in virt� delle quali nelle 
situazioni mensili si comprendono non solo gli importi 
dei lavori eseguiti, ma anche gli importi dei 
materiali cos� detti� a pi� d'op,era �,cio� non utilizzati 
e non ancora incorporati nei lavori. Queste situazioni 
mensili costituiscono la base per il pagamento degli 
acconti (art. 11, R.D. 8 febbraio 1923, n. 422), con 
i quali si viene, praticamente, a pagare in parte e 

in via anticipata sia i lavori sia i 'materiali a pi� 
d'opera. Senonch�, quando per qualsiasi causa il 
contratto deve essere risolto, l'art. 345 della legge 
sulle opere pubbliche prevede che l'Amministrazione 
appaltante debba pagare i lavori eseguiti, nonch� �il 
valore dei materiali utili sistenti in cantiere �. 

Mentre per i lavori eseguiti si � sempre riconosciuto 
che il pagamento debba avvenire ai prezzi di tariffa, 
invece per i materiali esistenti in cantiere si � ritenuto 
dalla dottrina (VITALEVI:, .Appalto, pag. 263, 

n. 565) e da qualche raro lodo arbitrale, che essi debbano 
essere valutati ai prezzi correnti al tempo della 
risoluzione. 
� evidente come una simile tesi renda del tutto 
incoerente il sistema di pagamento dei materiali, 
che rimarrebbero pagati a prezzi di tariffa, per la 
parte inclusa nelle situazioni provvisorie e soddisfatta: 
a mezzo degli acconti, e ai prezzi del mercato, per la 
residua parte non coperta con gli acconti. 

Il problema sorse con una certa frequenza durante 
e dopo l'ultima guerra, in seguito all'emanazione 
della Legge 28 novembre 1940 n. 1772, che ammise la 
sospensione dei contratti di appalto da parte della 

P. A. � la correlativa facolt� dell'appaltatore di chiedere 
la risoluzione. In tal caso, analogamente a quanto 
era stabilito dall'art. 345 della legge sulle Opere 
pubbliche per l'ipotesi di risoluzione unilaterale da 
.parte della P. A., questa ha l'obbligo di pagare lo 
importq dei lavori eseguiti ed il valore dei materiali 
v.tili esistenti in cantiere. La dizione dell'art. 2 della 
legge del 1940 � sostanzialmente identica a quella 
adottata dall'art. 345 della legge sulle opere pubbliche, 
mentre differisce dalla disposizione emanata dopo la 
prima guerra mondiale con il R. D. L. 16 febbraio 
1919, n. 107, che precisava come il valore dei materiali 
dovesse determinarsi ai prezzi di contraito. 
L'omissione di questa precisazione, sia nell'art. 345 
legge sulle opere pubbliche sia nell'art. 2 della legge 
del 1940, starebbe a dimostrare, secondo alcuni, che 
il valore dei materiali debba apprezzarsi in base ad 
un processo di valutazione ex novo, riferito al momento 
della risoluzione. 
Questa tesi � stata giustamente respinta dalla Corte 
Suprema. Il fatto che i materiali passino in propriet� 
dell'Amministrazione solo al momento della risoluzione 
.non infiuisce sulla questione. Importante � stabilire 
non il momento del trasferimento o la necessit� di una 
stima, ma� la preesistenza o meno dei criteri di valutazione. 
Il termine �valore�, infatti, non presuppone 
necessariamente una traduzione in moneta 
attuale: n� le recenti discussioni sui debiti di valore 

o di valuta offrono elementi di �raffronto, poich� esse 
hanno avuto per oggetto situazioni in cui non esistevano 
elementi prestabiliti per la stima del valore. 
Al contrario, l� dove esistano pattuizioni o norme 
che fissino determinati prezzi o indennizzi, con una 
aestimatio anticipata, � stata rettamente esclusa 
ogni rivalutazione: appunto in virt� del principio 
che ogni qual volta devesi compiere l'aestimat:iD in 
relazione ad un metro monetario fermo, il corrispettivo 
non � suscettibile di mutamenti--(Oass. SS. UU. 
8 agosto 1952, n. 2589; in questa Rassegna, 1952, 

n. 228). 
Il processo di valutazione -al quale si � voluto 
dare tanto peso -� semplicemente un fattore 
costante in tutti i casi in cui occorre accertare un 


-283


� 


valore: ma nulla autorizza a ritenere che il termine 
di �valore � sia adoperato solo quando si debbano 
ricercare nuovi elementi per questo processo. Anzi, 
� facile riscontrare che molto spesso il legislatore ha 
adoperato il termine di �valore � anche in casi in 
cui gli elementi di valutazione sono predeterminati. 

Tipico �, a questo proposito, l'usufrutto di cose 
consumabili, in cui l'usufruttuario � tenuto� a pagarne 
il valore al termine dell'usufrutto secondo la stima 
convenuta �. Solo se manchi la stima, egli deve restituirne 
il valore �al tempo in cui finisce l'usufrutto>> 
(art. 995 Cod. Civ.). In questa disposizione il distacco 
del valore da un processo di valutazione ex novo � 
evidentissimo: e non altrimenti accade nel campo 
dell'appalto di opere pubblich<J, in cui il valore del 
materiale al termine dell'appalto (per esaurimento 

o per risoluzione) va trasformato inmoneta secondo 
i prezzi convenuti, funzionanti n� pi� n� meno che 
come stima preventiva del valore. 
Il ricorso a criteri di vocabolario � dunque fallace, 
Irrilevante �, d'altra parte, la distinzione, desunta 
dalla letterale dizione dell'art. 2 della legge del 1940. 
fra gli importi dei lavori e il valore dei materiali. 
La legge parla di <(importi � a proposito dei lavori 
semplicemente perch� questi, comprendendo materiale 
messo in opera, devono risultare da una operazione 
di somma dalla mano d'opera pi� il valore (prezzo) 
dei materiali: appropriato � quindi il ,termine di 
(( importo �, il cui significato lessicale � prevalentemente 
quello di ({ammontare�. Per contro, il costo 

o prezzo del materiale a pi� d'opera va calcolato �in s� 
e per s�, senza aggiunta di mano d'opera: da ci� il 
termine di (( valore ))' che meglio indica il costo intrinseco 
della materia non lavorata, cio� indipendentemente 
dalla messa in opera. 
La Corte Suprema ha trovato argomento, per ribadire 
la necessit� di una valutazione ai prezzi di tariffa 
anche dei materiali, nel fatto che questi -pur passando 
in propriet� dell'Amministrazione solo al 
momento della risoluzione -sono tuttavia vincolati 
alla loro destinazione all'opera pubblica, fin dal 
momento dell'introduzione in cantiere. Tesi, codesta, 
che era gi� affermata dalla migliore dottrina (CIANFLONE: 
L'Appalto di opere pubbliche, p. 385), e che 
� certamente esatta. 

L'intero contratto di appalto �, infatti, dominato 
in tutte le sue vicende dal principio fondamentale 
dell'invariabilit� dei prezzi: e questo principio vale 
anche nel momento della morte del contratto, sia 
questa provocata dal recesso unilaterale dell'Amministrazione 
o dalla domanda di risoluzione avanzata 
dall'appaltatore. 

A. CHICCO 
NOTIFICAZIONE � Foro erariale -Art. 11 R. D. 

n. 1611 del 1933 -Applicabilit� anche nei confronti 
di AmministraziOni pubbliche non statali rappresentate 
dall'Avvocatura dello Stato. (Corte di Cass., 
Sez. III, Sent. n. 2162/53 -Pres.: Pasquera; Est.: 
Guido; P. M.: Marmo; Ass. Naz. Partigiani Bolzano 
contro Comitato Naz. Giovent� Italiana). 
L'art. 11 del R. D. n. 1611 del 1933 per il quale 
le citazioni, i ricorsi e qualsasi atto di opposizione 
giudiziale devono essere notificati alle amministrazioni 
statali presso l'Avvocatura Generale dello 
Stato nel cui distretto ha sede l'autorit�. giudiziaria 

innanzi alla quale � portata la causa, ha vigore 
anche nel caso che la detta Avvocatura debba 
assumere, a norma dell'art. 43 stesso decreto, la 
rappresentanza o la difesa, avanti le autorit�. giudiziarie, 
di amministrazioni pubbliche non statali 
e di Enti sovvenzionati sottoposti a tutela o anche 
alla sola vigilanza dello Stato, qualora a ci� sia 
autorizzata da disposizione di legge, di regolamento 

o di altro provvedimento approvato con decreto 
del Presidente della Repubblica. In conseguenza 
� nullo il ricorso per cassazione notificato in Trento 
al Commissariato Nazionale della Giovent� Italiana, 
presso l'Ufficio Distrettetuale dell'Avvocatura 
Generale dello Stato. 
La sentenza appare ineccepibile. Essa presuppone, 
evidentemente, che il .Commissariato nazionale della 

G. I. non si fosse avvalso della facolt� di farsi rappresentare 
e difendere da un professionista privato. 
In tal caso, infatti, dovrebbe seguirsi la giurisprudenza 
gi� affermata dalla Corte Suprema con la 
sentenza 22 luglio 1942, n. 2121, secondo la quale, 
�se un ente pubblico, per il quale la rappresentanza 
e la difesa in giudizio pu� bens� essere assunta dalla 
Avvocatura dello Stato, ma non lo � necessariamente, 
abbia preferito farsi assistere da un patrono privato, 
la regola che prescrive l'esecuzione delle notificazioni 
presso l'ufficio dell'Avvocatura dello Stato non ha 
pi� ragione di essere )). 

PRESCRIZIONE -Prescrizione del diritto al risarci


mento del danno -Decorrenza in caso di estinzione 

del reato per amnistia. (Corte di Cass., Sez. III, Sent. 

n. 2608/53 -Pres.: Valenzi; Est.: Guido; P. M.: Reale Pennone 
contro Ministero dei Trasporti). 
La prescrizione biennale del diritto al risarcimento 
del danno prodotto dalla circolazione di 
veicoli, qualora il fatto che ha cagionato il danno 
sia considerato dalla legge come reato e questo 
venga dichiarato estinto per amnistia, decorre 
dalla data di estinzione del reato e cio� dalla data 
del provvedimento di clemenza e non della sentenza 
che lo applica: il principio vale anche nei 
casi in cui l'amnistia sia rinunciabile. 

Segnaliamo la massima di cui sopra come espressione 
di un giudizio nel quale per la prima volta � 
stata esaminata dalla Corte Suprema la nota questione 
del termine di decorrenza della prescrizione 
biennale del diritto al risarcimento del danno prodotto 
dalla circolazione dei veicoli, qualora il fatto 
che ha cagionato il danno sia considerato dalla legge 
come reato e questo venga dichiarato estinto per amnistia. 
La oscillante giurisprudenza dei giudici di 
merito pu� ritenersi superata dalla annotata decisione 
della Cassazione, che non si prospetta modificabile 
non tanto perch� di recente confermata in 
altra fattispecie (Corte di Cass., Sez. 3a, Sent. numero 
3318/53 -Pres.: Pasquera; Est.: Guido; P. 
M.: Marino -Colleoni contro Ministero della Difesa), 
quanto per la solidit� degli argomenti con "i quali 
la soluzione del problema � stata suffragata. Tali 
argomenti sono sostanzialmente quelli indicati in 
questa Rassegna (1952, 123-124) e riguardano 
rapporti di stretta connessione che sussistono fra 
l'art. 2947, ultimo comma, seconda parte, c. c. e 


-284 


'art. 183, 1� comma c. p., tenuto conto della natura 
dichiarativa del provvedimento col quale il giudice 
applica l'amnistia. 

Della sentenza di cui abbiamo riportato la massima 
� piuttosto da considerare in q1testa sede il 
punto nel quale la Suprema Oorte ha considerato 
se la soluzione adottata debba essere diversa nel 
caso in cui l'amnistia � rinunciabile. Nella specie 
l'amnistia era stata elargita con D. O. p. S. 22 giugno 
1946, n. 4, il quale, � noto, riprendendo una 
innovazione introdotta col precedente D. L. 29 marzo 
1946, n. 132, concedente amnistia per reati militari, 
ha disposto che l'amnistia non si applicasse 
qualora l'imputato dichiarasse di non volerne usufruire. 


Poich� la relazione del Ministro proponente la 
facolt� di rinuncia � definita cc condizione per l'applicabilit� 
del beneficio n, il ricorrente aveva sostenuto 
che tale facolt� sospendeva l'estinzione del reato, onde, 
almeno nella fattispecie in esame, a prescindere 
dalla soluzione del problema generale (in caso di 
amnistia cio� non rinunciabile) il termine di prescrizione 
doveva decorrere non dal provvedimento di 
clemenza del Oapo dello Stato, ma da quello dichiarativo 
di applicazione da parte del Giitdice. 

La Oorte Suprema ha al riguardo osservato ch� 
<e la parola condizione � stata usata impropriamente, 
dovendosi concepire la facolt� di rinuncia non gi� 

nell'asserito senso che -sospenda la estinzione del 
reato, ma piuttosto quale presupposto negativo per 
l'applicazione del beneficio �. 

L'osservazione nelle sue conclusioni � sicura'rnente 
esatta, anche se si svolge attraverso precisazioni di 
termini che, trasferiti iri una da altre branche del 
diritto, non hanno significato univoco. Si tratta 
8ostanzialmente di intendersi sul significato che a 
tali termini si suole dare. Ohe la dichiarazione dell'imputato 
di non voler usufruire della amnistia non 
possa considerarsi eone condizione sospensiva della 
estinzione del reato, non sembra d1tbbio. L'interpreta.
zione contraria a quella che qui si sostiene urta 
contro la lettera della formulazione della nota facolt�, la 
quale si esprime non in una dichiarazione di accettazione, 
ma in una dichiarazione di non accettazione. 
A qiwsta pu� quindi darsi valore risolutivo v 
non sospensivo: che poi la Oorte Suprema abbia 
preferito definirla presupposto negativo per l' applicazione 
del beneficio piuttosto che condizione risolutiva 
� questione di terminologia e sulla terminologia, 
s'� detto, basta intendersi. Oerto quando la Relazione 
al Decreto del O.p.S. parla di cc condizione per l'applicabilit� 
del beneficio � fa richiamo evidentemente 
ad una condizione sospensiva, il che, per le ragioni 
suesposte, � inesatto: si definisca poi la nota facolt� 
presupposto negativo o condizione risolutiva, la sostanza 
delle cose non muta. 

F. C. 

ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI 
DELLE CORTI DI MERITO 


OMICIDIO E LESIONI COLPOSE -Esercitazioni e 
dimostrazioni di lancio di bombe -Differenziazione Inosservanza 
di norme di sicurezza -Responsabilit� 
degli istruttori -Insussistenza -Ordine legittimo 
del superiore -Caso di non punibilit�. (Trib. Penale 
di Bolzano, 24 febbraio 1953 -Pres.: Radnich; Est.: 
Bert�; Imp. Tronti, Pirotta. e Comis). 

La norma regolamentare di sicurezza che dispone 

l'osservanza di particolari distanze nell'esecuzione 

di esercitazioni con bombe a mano non � riferibile 

al caso in cui l'esercitazione consista in una dimo


strazione pratica esplicativa dell'istruttore ai mili


tari, e non nel lancio di bombe da parte di 

costoro. 

Pertanto, qualora, per fatto imprevedibile ed 

inevitabile, si verifichi un evento luttuoso nel 

corso delli:t suddetta istruzione dimostrativa, non 

essendo stata osservata per esigenze didattiche, la 

distanza di sicurezza, la responsabilit�. dell'evento 

non va attribuita ai preposti all'istruzione, bensi 

a caso fortuito. 

Gli Ufficiali subalterni che eseguono l'ordine del 
. comandante del reparto nell'esecuzione di detta 

istruzione, non sono comunque punibili, non essendo 

l'ordine medesimo manifestamente criminoso. 

Il caso giudicato dal Tribunale di Bolzano si rife


risce ad un incidente verificatosi nel corso di una 

esercitazione militare di lancio di bombe a mano 

presso un reparto alpino, incidente nel quale trovava 

la morte un soldato ed altri cinque riportavano lesioni 

gravi. 

Il reparto, terminata l'istruzione teorica, stava 

assistendo sul terreno alla dimostrazione pratica del 

lancio, effettuata da un ufficiale: questi peraltro, nello 

eseguire la manovra, scivolando improvvisamente, 

perdeva l'equilibrio e cadeva a terra, mentre la bomba 

-sfuggitagli di mano -andava a scoppiare in 

mezzo al reparto, schierato ad una distanza di circa 

una decina di metri. 

Mentre l'inchiesta disposta ed eseguita dal comando 

militare attribuiva il luttuoso evento a pura fatalit�, 

l'autorit� giudiziaria inquirente incriminava di 

omicidio e lesioni colpose il comandante e i due altri 

ufficiali del reparto, rinviandoli a giudizio per con


corso in detti reati, e particolarmente per non aver 

tenuto conto nel disporre ed eseguire l'esercitazione 

delle cc norme di sicurezza� emanate dall'Ispettorato 

dell'Arma di Fanteria, che prescrivono fra lanciatori 
e reparti retrostanti una distanza di m. 30-40. 

Indiscutibile ormai la competenza dell'A.G.O. e 
non dei Tribunali Militari a giudicare anche dei 
reati commessi da militari -e ci� in quanto l'articolo 
264 O.P.M.P. resta implicitamente abrogato 
dalla norma dell'art. 103, ultima parte della Oostituzione, 
dichiarata immediatamente applicabile (per i 
criteri distintivi tra norme costituzionali programmatiche 
e norme costituzionali precettive vedi Oass. Pen. 
Sez . .I, 7 febbraio 1948 in Ricorso M arcian�) la 
difesa dell'Avvocatura, che assisteva gli ufficiali imputati 
ai sensi dell'art. 43 T. U. 30ottobre1933, n. 1611, 
si � valsa di due principali argomenti e cio�: 1o che 
le norme relative alle distanze di sicurezza non hanno 
carattere assoluto ed inderogabile, sicch� il comandante 
d'un reparto, apprezzandone liberamente il 
raggiunto addestramento, pu� limitare a propria 
discrezione; 2� che, comunque il regolamento citato 
dalla pubblica accusa era da osservare durante gli 
esercizi di lancio eseguiti dai s�ldati, mentre l'incidente 
si era verificato durante una dimostrazione di 
lancio eseguita da un'ufficiale, alla quale i militari 
dovevano assistere da vicino per sentire e vedere ogni 
particolare dell'istruzione, onde dissipare quel naturale 
senso di diffidenza verso gli ordigni bellici e 
raggiungere cos� verso gli stessi quella familiarit�, 
senza la quale il soldato non potr� mai farne utile uso. 

Il Tribunale ha accolto tale secondo argomento, 
mandando assolti gli imputati � per essere i fatti non 
punibili, perch�' derivati da caso fortuito�. 

Pi� esattamente tale formula avrebbe dovuto essere 
applicata nei confronti del solo comandante del 
reparto, mentre per i due ufficiali subalterni pi� appropriata 
si presentava la richiesta assoluzione � per 
non aver commesso il fatto >i. 

A tale formula il Tribunale avrebbe dovuto logicamente 
pervenire dopo aver affermato in sentenza che 
i due subalterni, quali �inferiori in grado � avrebbero 
potuto disobbedire al superiore soltanto se l'ordine 
impartito da costui fosse stato manifestamente criminoso, 
il che non era�. (cfr. Tribunale Supremo Militare, 
10 aprile 1945, n. 1814 in �Massimario delle._ 
Sentenze >i, anni 1942-1951). 

La sentenza, di cui non constano precedenti specifici, 
impugnata in un primo tempo dal P. M., � passata 
in giudicato, per mancata presentazione dei motivi 
di appello. (I. T.) 



-286 


IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA -Violazione 
-Misure cautelari ex art. 26 legge 7 gennaio 
1929, n. 4 -Applicabilit� -Crediti garantiti da dette 
misure -Pena pecuniaria e non anche tributo evaso Ipoteca 
legale. (Corte d'Appello di Firenze, Sez. I -
Pres.: Ambrosi; Est.: Berarducci -Amministrazione 
Finanziaria e Fallimento Spinelli: 24 gennai? 1953). 

1. La legge 7 gennaio 1929, n. 4, � una legge organica 
di carattere generale e le sue norme si applicano, 
senza bisogno di alcun esplicito richiamo, a 
tutte indistintamente le ipotesi di violazione alle 
leggi fi,nanziarie riguardanti i tributi del1o Stato, 
ad eccezione soltanto del caso in cui la legge concernente 
il singolo tributo contenga una deroga 
espressa a tali norme. 
2. L'art. 26 di detta legge, pertanto, data la 
natura di tributo erariale della Imposta generale 
entrata e la mancanza di una deroga espressa nella 
relativa legge istitutiva 9 gennaio 1940, n. 2, trova 
piena applicazione in tutte le violazioni concernenti 
tale tributo. 
3. I crediti che ai sensi dello art. 26 della legge 
7 gennaio 1929, n. 4, si sono intesi garantire con 
la ipoteca legale sui beni immobili del trasgressore 
e con il sequestro conservativo sui beni mobili 
del1o stesso, sono esclusivamente quelli per 
pena pecuniaria o ammenda e non anche quelli per 
imposta evasa. 
4. Non ricorre incertezza agli effetti di cui allo 
art. 2841 e.e. sullo ammontare del credito garantito 
da ipoteca legale ex art. 26 legge 7 gennaio 1929, 
n. 4, allorch� esso � indicato nel ricorso nel decreto 
autorizzativo e nella nota di iscrizicine, nello importo 
del tributo evaso ed in quello della pena 
pecuniaria compreso fra il minimo ed il massimo 
comminato in astratto dalla legge in relazione allo 
ammontare del tributo evaso. 
La prima e la seconda massima sono di ovvia esattezza. 
La Oorte d'Appello ha dovuto occitparsi ex 
professo dell'argomento, perch� il Tribunale di 
Grosseto nella sentenza 5-14 febbraio 1953, aveva 
affermato in via di principio che in tema di violazione 
I.G.E. le norme dell'art. 26 della legge 7 gennaio 
1929, n. 4, non trovano applicazione, in quanto 
l'art. '52 della legge istituti�va I.G.E. nel rinviare 
alle norme della legge 7 gennaio 1929, n. 4, fa espresso 
riferimento all'� accertamento)> alla cc cognizione>> 
ed alla cc definizione)> delle violazioni I.G.E. fra le 
quali non sarebbero comprese quelle dell'art. 26 citato, 
mirando esse a dare una garanzia per la realizzazione 
di determinati crediti. 

Dal disposto dell'art. 1 della legge 7 gennaio 1929, 

n. 4, in cui, in conformit� della difesa dello Stato, 
la Corte fiorentina ha scorto la ragione del decidere, 
deriva, senza ombra di dubbio, che le norme contenute 
in detta legge vanno applicate interamente ed automaticamente 
a tutte le violazioni delle leggi finanziarie 
che riguardano i tributi dello Stato, quale � 
certo la imposta generale entrata. Con dette norme 
infatti il legislatore ha inteso dare a tutti i disposti 
punitivi un assetto unico a tutela del fine superiore 
dello Stato alla repressione dei reati e degli illeciti 
finanziari. Di conseguenza, nello enunciare nello 
art. 1 il carattere di legge organica delle relative 
norme, ha stabilito che per paralizzare l'operativit� 
delle norme stesse non basta n� silenzio n� il mancato 
richiamo di una singola norma della legge 7 gennaio 
1929, n. 4, nella legge speciale concernente il 
tributo, ma occorre una cc dichiarazione espressa con 
specifico riferimento alle singole .disposizioni derogate 
o modificate l>. Esattamente il Lampis nel commento 
alle norme in esame, pag. 17, afferma che con 
tale disposizione cc non si viene a cristallizzare l'ordinamento 
giuridico e ad impedire il suo razionale 
sviluppo attraverso i bisogni che la pratica manifesta, 
ma si pone un richiamo al legislatore futuro 
affinch� consideri attentamente se la innovazione che 
sta per. introdurre sia realmente sentita o non sia 
frutto di una inadeguata valutazione delle esigenze 
dell'Amministrazione finanziaria. o anche di incomprensione 
della portata delle norme generali >>. 

La legge 7 gennaio 1929, ri. 4, pertanto, sotto il 
rifiesso in esame, integra una di quelle leggi che la 
dottrina definisce cc direttive )> nelle quali, pur di raggiungere 
il proprio intento, il legislatore non si � 
limitato a prescrivere la osservanza di precise formalit� 
per il caso di deroga, ma ha fatto derivare 
dall'inadempimento di detta formalit�, la assoluta 
inefficacia della norma di deroga. 

Tale essendo la portata e la natura della legge 
7 gennaio 1929, n. 4, al fini della ,~ua applicazione 
alle violazioni di norme tributarie, � ultronea ogni 
indagine sulla interpretazione, peraltro onnicomprensiva 
dell'art. 52 della legge istitutiva I.G.E. 19 
gi�agno 1940, n. 762. 

La terza Massima non ci trova consenzienti. 

La Corte ha cos� motivato: cc ���� i crediti che si 
sono intesi garantire con l'ipoteca legale in esame 
sono esclusivamente quelli per pena pecuniaria e non 
gi� anche quelli per la imposta evasa. La norma 
dello art. 26 va, infatti, interpretata inquadrandola 
nella legge che la contiene (la quale disciplina non 
gi� la riscossione dei tributi, bens� esclusivamente 
le repressioni delle violazioni delle leggi finanziarie 
per le qua.li � prevista la comminatoria di pene 
pecuniarie) ma, soprattutto, tenendo presente la lettera 
della norma stessa, la quale testualmente dice: 
cc in base al processo verbale di constatazione di una 
contravvenzione di competenza dell'Intendente di 
Finanza e delle violazioni di una norma per la 
quale sia stabilita una pena pecuniaria e quando vi 
sia pericolo nel ritardo, l'Intendente pu� chiedere 
al Presidente del Tribunale competente l'iscrizione 
di ipoteca legale sui beni del trasgressore. . . . >> 

Secondo tale lettera la volont� del legislatore � 
infatti chiara nel senso di concedere la garanzia 
ipotecaria all'eventuale credito dello Stato per pena 
pecuniaria comminata per la contravvenzione di competenza 
dell'Intendente di Finanza e per qualunque 
altra violazione di legge finanziaria anche non costituente 
contravvenzione. Il che trova conferma, pertanto, 
nel capoverso dello stesso art. 26 che estende 
l'applicazione della norma cc anche contro le persone 
e gli Enti civilmente responsabili dell'ammenda e 
delle pene pecuniarie ))' con ci� ribad:en.do che i crediti 
sono esclusivamente quelli attinenti all.e. pene_ 
pecuniarie in genere, comminate per le violazion"i 
delle leggi finanziarie. Trattasi in altri termini di 
una garanzia analoga a quella concessa dall'art. 189 

n. 1 del codice penale ed � ovvio che da esso sono 
esclusi i crediti per l'imposta evasa, i quali" sono gi� 

�
�-
287 


garantiti dal privilegio loro concesso dal codice civile 
(articoli 2752, 2758, 2759, 2771 e 2722) o dalla legge 
speciale ad ogni singolo tributo quale, per il caso che 
qui interessa, il R.D.L. 9gennaio1940, n. 2, istitutivo 
dell'I.G.E. che all'art. 44 concede al credito relativo 
all'imposta evasa privilegio sulla generalit� dei mobili 
del debitore. 

La lettera dell'art. 26 citato, la sedes materiae 
di quest'ultimo, il raffronto dello stesso con l'art. 189 

n. 1 codice penale, che contiene per il P.M. una 
norma equivalente per i casi di reato comune, su 
cui la Corte ha posto l'accento per dare la ragione 
del suo decidere, ad un esame approfondito, escludono 
siffatta interpretazione. 
Detto articolo infatti, contenuto neZ titolo riguardante 
le norme di procedura, dice soltanto che il 
provvedimento cautelativo � consentito a richiesta 
dell'Intendente di Finanza, quando ricorre un fatto 
contravvenzionale o una infrazione punibile con pena 
pecuniaria e quando vi sia pericolo nel ritardo, che 
necessariamente consegue alla cognizione, all' accertamento 
ed alla .definizione con conseguente realizzazione 
del contesto, ma non indica i crediti che con 
il ridetto provvedimento cautelativo restano garantiti. 

La contravvenzione di competenza dell'Intendente 
di Finanza e le violazioni di una norma, per la 
quale sia stabilito una pena pecuniaria, costituisce 
pertanto, al pari del pericolo per il ritardo, un elemento 
di fatto necessario per abilitare l'Intendente 
a richiedere ed attuare le particolari misure cautelari. 
La norma perci� dell'art. 26 pone soltanto le condizioni 
per l'esercizio di quest'ultima facolt�, ma non 
anche la limitazione della ipoteca o del sequestro 
all'ammontare della ammenda o della pena pecuniaria. 


Dal che � logico dedurre che la garanzia ipotecaria 
o del sequestro conservativo, richiesto ed. attuato 
dall'Intendente, organo dell'Amministrazione attiva 
ed in rappresentanza della stessa, a tutela delle ragioni 
creditorie della Finanza, riguarda i crediti 
constatati nel verbale della P.T.I. ed abbraccia tutti 
gli interessi civili dello Stato che si riconnettono alla 
violazione tributaria, ivi compreso il tributo alla cui 
evasione consegue, come anello alla catena, l'ammenda 

o la pena pecuniaria a seconda che si versi in tema 
di contravvenzione o di illecito civile (Vedi LAMPil:l: 
Norme per la repressione delle violazioni delle leggi 
fi,nanziarie, pag. 86; SPINELLI: La repressione delle 
violazioni dell~ leggi finanziarie nelle Scienze e nel 
Diritto, pag. 309). 
N � giova il rilievo che pur fa la Corte Fiorentina 
sul privilegio che il codice civile o la legge speciale 
conferisce al tributo, giacch� la evasione oggetto dello 
accertamento, sia essa dolosa o meno � indice, in 
costanza del pericolo per il ritardo, di una situazione 
economico-patrimoniale del contribuente affatto tranquillante 
per cui il solo privilegio, per lo pi� mobiliare, 
come per l'I.G.E. integra una ben scarsa garanzia. 
Se invero, nei casi in cui l'obbligazione 
tributaria segue il suo svolgimento normale, il privilegio 
� sufficiente, presumendosi il pagamento spontaneo, 
nei casi in cui in detto svolgimento interviene 
il fatto patologico della evasione e del pericolo per 
il ritardo detto privilegio non � pi� sufficiente e di 
necessit� il legislatore, per l'interesse che si riconnette 
alle entrate pubbliche, nel conf m:ire agli organi 

preposti all'accertamento ed alla riscossione il potere 
di richiedere una sicura garanzia per le sanzioni 
pecuniarie, non poteva non conferirlo ed a fortiori 
per il tributo evaso che vi ha dato origine. 

Il che � in perfetta armonia con la eooluzione sto� 
rica della norma dell'art. 26 ridetto: l'art. 4 infatti 
del decreto 25 marzo 1923, n. 726, cui � subentrato il 
26 della legge 7 gerinaio 1929, n. 4, con le sole modifiche 
concernenti le condizioni per l'esercizio �delle 
particolari facolt� e l'intervento del Presidente del 
Tribunale e non anche la estensione della garanzia 
stabiliva di gi� che l'Intendente di Finanza poteva 
provvedere a tutti gli atti cautelativi che avesse ritenuto 
necessari a garantire cc i diritti dell'Erario � fra 
i quali per la natura propria dell'obbligazione gfaridica 
di imposta, non puo non essere compreso il 
tributo evaso. 

La mancanza della pretesa limitazione che gi� 
risulta chiara dalla interpretazione della norma, dalla 
s.ua sedes materia.e, dalla ratio legis che presiede alla 
facolt� intendentizia e dai precedenti legislativi, resta 
peraltro confermata,.-secondo lo SPINELLI: Preleggi 
penali fi,nanzfarie, pag. 261 -dall'art. 42 dello 
stessa legge 7 gennaio 1929, n. 4, laddove si stabilisce 
che nei casi di violazione costituente reato alla revoca 
di diritto del decreto di condanna, sopravvivono 
cc gli atti compiuti dall'Intendente a garanzia della 
esecuzione per gli effetti civili >> fra i quali il citato 
Autore mostra chiaramente di comprendere il tributo 
evaso, che, a suo giudizio -che per� non si condivide 
-riterrebbe non esservi necessit� di diversamente 
tutelare. 

Un'ultima considerazione: la Corte ha fatto richiamo 
all'art. 189 n. 1 codice penale per dedurne che anche 
quest'ultimo, che indubbiamente contiene una norma 
equivalente al 26 della legge 7 gennaio 1929, n. 4, 
nella dizione pena pecitniaria ed ogni altra somma 
dovuta all'Erario, escluse il tributo evaso. 

Ammesso senza contrasto che in detto numero 1 
del 189 c.p. il legislatore ha inteso riferirsi alle 
pene pecuniarie ed alle altre sanzioni disciplinari 
conseguenti alla condanna penale sta di fatto che 
il ridetto 189 c.p. contiene altri numeri nei quali 
precisa che la ipoteca legale giova anche agli interessi 
patrimoniali della parte lesa, fra i quali, per rimanere 
nei limiti della ragione e del diritto, non pu� 
non rientrare l'interesse dello Stato alla percezione 
del tributo oggetto della evasione, tutelabile, in via 
di principio, nelle evasioni fiscali in genere costituenti 
reato anche con la costituzione di parte civile 
in sede penale. (Vedi questa Rassegna n. 5 del 
maggio 1953, nota dell'avv. Chiarotti, pag. 118). 

La quarta massima non richiede particolari commenti. 
L'indicazione della somma per cui l'iscrizione 
� presa rientra negli scopi della specialit� e 
della pubblicit� dell'ipoteca. A sodisfare per� tale 
requisito � sufficiente, per la tutela degli interessi 
che a detta specialit� dell'ipoteca si riconnettono, la 
indicazione della somma massima fino alla quale 
potr� arrivare la liqiddazione finale del credito. La 
ipoteca ex art. 26 legge 7 gennaio 1929, n. 4, � ri-._ 
chiesta ed iscritta nella fase iniziale del contesto 
tributario, per cui la indicazione in una somma a 
titolo di pena pecuniaria applicabile fra il minimo 
ed il massimo comminato in astratto dalla legge � 
una necessit� imprescindibile. In tali casi, come in 

! 

~.AV.Jt.Vll.AVffff..i.lliID7Af'k..ff~~~..::mr"'ff..::%W"~l~~~D~~ 



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-288 


molti altri che si rinvengono nel campo delle obbligazioni 
civilistiche, manca la liquidazione finale ma � 
indicata la cifra massima fino alla cui concorrenza 
la garanzia � presa, bastando questa indicazione per 
la tittela degli interessi del terzo. 

L. CORRE.A.LE 
REQUISIZIONI -Requisizioni di guerra e occupa


. 
zioni dipendenti da titolo non locativo di natura 
temporanea -Controversie che ne derivano e natura 
del provvedimento finale -Impugnabilit�. (Tribrmale 
Genova, 15 ottobre 1953 -Pres.: Secco; 
Est.: Gallesio Piuma -Finanze dello Stato contro 
Perelli). 

Le requisizioni di guerra rientrano fra le occupazioni 
dipendenti da titolo non locativo di natura 
temporanea, disciplinate dall'art. 32 della legge 
23 maggio 1950, n. 253. 

Le relative controversie devono essere decise dal 
pretore del luogo in cui � sito l'immobile con ordinanza 
non appellabile quando la pretesa appaia 
fondata e non sia contestata. 

Fuori di tale ipotesi la controversia deve essere decisa 
con sentenza del giudice competente per valore. 

La delimitazione della sfera di applicabilit� dell'articolo 
32 della legge 23 maggio 1950, n. 253, ha dato 
luogo, sebbene la legge abbia solo pochi anni di vita, 
e notevoli contrasti di opinione in sede dottrinale e 
giurisprudenziale. 

Sulla portata sostanziale, e con particolare riferimento 
alle requisizioni, va segnalata la tendenza, 
sopra tutto giurisprudenziale, a distinguere due tipi 
di requisizioni: le requisizioni di guerra in senso 
lato, che hanno dato vita a rapporti precari e transitori, 
intimamente legati alle contingenze di guerra e 
allo sfollamento e le requisizioni di carattere pi� 
duraturo, connesse alla crisi edilizia e per le quali 
l'autorit� requirente ha stabilito il pagamento di un 
congruo corrispettivo a carico dell'occupante. 

Per le prime devesi ritenere essersi verificata la 
caducazione ope ligis (decreto-legge 12 aprile 1946, 

n. 319, 6 settembre 1946, n. 86 e 26 aprile 1947, 
n. 264) con la conseguente applicabilit� ad esse dell'art. 
32 della legge, mentre le seconde si sarebbero 
trasformate in contratti di locazione coatta cio� in 
quei contratti, che argutamente legge Scialoja ha definito 
la categoria dei <<contratti obtorto collo ii (Scialoja, 
in <<Foro Ital. �, 1950, I, 406). 
Vedasi in proposito Cass. Sezioni Unite, 30 gennaio 
1951, in << Giur. Ital. >i, 1951, I, 315 con nota 
del M assari e in �Foro I tal. >i, 1951, I, 1371 con nota 
del Pedata; Cass. 18 maggio 1951, in �Foro Ital. ii, 
1951, I, 1512 con nota del Tabet . 

.Altrettanto, se non ancora pi� controversa, appare 
la portata processuale della norma: tuttavia, salvo 
lievi varianti, � dominante l'opinione secondo la 
quale il pretore deve decidere la causa con ordinanza, 
solo quando la domanda attrice gli appaia fondata e 
il convenuto non compaia o comparendo non si opponga. 
Negli altri casi, la lite deve essere decisa con 
sentenza dal giudice competente per valore. 

(Cass. 12 marzo 1953, n. 594, in <<Foro Ital. n, 
1953, I, 643 e in dottrina: TABET: Le locazioni 
urbane nella legge vine., pag. 394; PIAZZESE; La 
nuova disc. vine. delle loc. degli immobili urbani, 

pag. 240 e in �Foro Pad. �, 1951, I, 1053; GIUDICE


ANDREA: Locazioni e subi. imm. urb., pag. 315; 

DE MARTINI: Giust. civ., 1951, pag. 102). 

Questa interpretazione suscita qualche perplessit�. 
Come si � rilevato altrove (�Riv. Dir. Proc. �, 1953 
I, 55), la legge ai fini di risolvere con speditezza ed 
economia la controversia tra proprietario ed occupante, 
il cui titolo ha perduto la propria efficacia, 
ha previsto uno speciale provedimento, scevro da 
formalit�, il quale si chiude sempre, quale che sia il 
comportamento del convenuto, con ordinanza decisoria 
emessa dal pretore, alla cui competenza esclusiva 
� devoluta la cognizione della causa. 

Si ha qui in sostanza una situazione che presenta, 
sotto l'aspetto formale, molta analogia con 
quella disciplinata dagli art. 29 e 30 della legge 30 giugno 
1942, n. 194, per la liquidazione degli onorari 
e spese dovuti dal cliente al proprio patrono. 

Anche a proposito di questa speciale procedura, la 
dottrina e la giurisprudenza si erano sforzate, in un 
primo tempo, di delimitare l'ambito dello speciale 
procedimento e competenza alle sole controversie vertenti 
sulla misura degli onorari (ANDRIOLI, �Foto 
Ital. n, 1943, col. 293; ZAPPAROLI, �Giur. compl. Cass. 
civ.�, 1948, I, pag. 128 e Giur. ivi citata), ma giustamente 
si � opposta a tale indirizzo la Suprema Corte, 
statuendo che la disciplina processuale di cui alle 
citate disposizioni � applicabile non solo quando si 
tratti di decidere sulla misura della liquidazione, ma 
anche quando vere e proprie questioni di merito 8Ull'an 
debeatur siano prospettate dalle parti (Cass. 8 
agosto 1945 in �Foro Ital. n, 1946, I, 377, id. 22 
febbraio 1948 in � Giur. compl. Cass. civ.�, l. c.), in 
quanto il giudice investito della causa devesi ritenere, 
di regola, competente a conoscere di tutte le questioni 
che essa presenta decidendole con unico promJedimento 
finale. 

Se poi questo, come avviene per le due leggi dianzi 
citate, � un'ordinanza, non � a,mmissibile, come ha 
esattamente rilevato il Tribunale, l'appello per il fondamentale 
principio che avverso i provvedimenti . 
emessi in forma di ordinanza non per errore del 
giudice, ma per specifica disposizione di legge, non 
sono ammessi i mezzi di impugnazione previsti dall'art. 
323 c.p.c., quali che siano le questioni che 
formarono oggetto della decisione (� Mass. cons. �, 

n. 136 in �Mass. Foro Ital. ))' 1951, col. 152). 
Altra e diversa la questione se amJerso l'ordinanza 
stessa sia ammissibile, per il di8posto dell'art. 111 
della Costituzione, il ricorso per cassazione. 

Lo aveva escluso con una giurisprudenza che lasciava 
dubbiosi (vedi << Riv. Dir. Proc. n, l.c.), la 
Suprema Corte (Cass. 15 marzo 1952 in << Mass. 
Foro ]tal. �, col 173, n. 689; id. 5 luglio 1952 i-vi 
col. 482, n. 2025; id 11 novembre 1952 ivi col. 713, 

n. 3666, con richiami), ma da ultimo la stessa Corte 
con la perspicua senteriza, resa a sezioni unite il 
30 luglio 1953 (�Foro Ital. ;i, 1953, I 1248) � andata 
in contrario avviso. 

E ci sembra qitesta soluzione gi'lf_St(t, giacch� il 
contrario equivale a riconoscere al legislatore Qrdfdia-. 
rio il potere di eludere, qualificando ordinanza � 

decreto un provvedimento di carattere decisorio, il 
fondamentale precetto contenuto nell,art. 111 della, 

I' 

Costituzione. 

(.A..R.) 


SEGNALAZIONI DI DOTTRINA 
E GIURISPRUDENZA 


ASSETTO COSTITUZIONALE DELLO STATO 

LE REGIONI 

� incostituzionale la legge regionale che estende 
agli enti pubblici dipendenti dalla Regione il trattamento 
tributario stabilito per le Amministri;i,zioni 
dello Stato (A. C. Reg. Sic., 22 gennaio 1953, cc Riv. 
Amm. Rep. It. �, 1953, II, 548). 

L'assemblea regionale siciliana ha potest� esclusiva 
in materia di agricoltura e le leggi statali non 
costituzionali non trovano in Sicilia alcuna applicazione. 
(Trib. Enna, 9 aprile 1953, cc Foro Padano �, 
1953, IV, 153 con nota Cons. E. Favara). 

Intorno alla potest� tributaria della Regione Siciliana, 
art. prof. A.D. GIANNINI, in cc Riv. Dir. 
Navig. �, 1953, II, 81. 

CONFLITTI DI ATTRIBUZIONE 

Ove la Pubblica Amministrazione oltrepassi i 
limiti della discrezionalit� e agisca fuori delle 
regole di comune prudenza, violando il precetto 
del neminem laedere, la cognizione delle conseguenze 
di un tale comportamento lesivo di diritti 
soggettivi, appartiene all'autorit� giudiziaria ordinaria. 
(Corte Cass., S. U. 25 febbraio 1953. cc Riv. 
Corte Conti�, 1953, IV, 190). 

REGOLAMENTO DI GIURISDIZIONE 

Non rientrano fra le controversie previste nell'art. 
72 legge sulla riscossione delle imposte, e 
quindi non spettano al Consiglio di Stato ma al 
giudice ordinario le controversie tra l'esattore e gli 
amministratori di una societ� per azioni sul debito 
di costoro per i profitti di contingenza della Societ�, 
insoluti, se si sostenga che tali profitti si siano 
prodotti dopo la cessazione dalla carica degli amministratori. 
(Corte Cass., S. U., 2maggio1953, cc Riv. 
Legisl. Fisc. �, 1953, 1468). 

Sebbene il privato possa impugnare l'ordinanza 
di rilascio emessa dall'Istituto autonomo per le 
case popolari ai sensi del D.L.L. n. 387 del 1945, 
costituente atto amministrativo, e ci� davanti al 
giudice ordinario nei limiti propri di tale impugnativa, 
tuttavia � di competenza del giudice 
amministrativo l'impugnazione quando l'assegna


zione dell'alloggio sia fatta solo come corrispettivo 
di prestazione di servizio. (Corte Cass., S. U., 
18 maggio 1953. cc Riv. Amm. Rep. It. �, 1953, II, 
555). 

Proposto e rinunciato il ricorso alle Sezioni Unite 
per regolamento di giurisdizione, ed estintosi cosi 
il processo, tutte le altre parti possono, senz'uopo 
di ricorso incidentale nel processo rinunciato proporre 
per proprio conto altro simile ricorso, fino a 
che la causa non sia decisa nel merito. (Corte Cass., 

S. U., 2 maggio 1953, cc Riv. Leg. Fisc. �, 1953, 1468). 
L'ATTIVIT� DELL'AMMINISTRAZIONE 
SOTTO L'ASPETTO FORMALE 


ATTO AMMINISTRATIVO 

Sebbene di regola gli atti amministrativi debbano 
essere rivestiti di forma scritta i provvedimenti 
contingibili ed urgenti del sindaco in materia di 
igiene possono essere adottati anche oralmente. 
(Corte Cass., 17 luglio 1953, �Foro Padano n, 
1953, II, 73). 

� competente l'aut�rit� �giudiziaria ad ordinare 
il rilascio dei locali che la pubblica amministrazione 
detiene senza alcun titolo. (Corte App. Firenze, 
4 aprile 1953, Cont. 12783, Avv. Firenze). 

GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA 

Il diritto soggettivo come presupposto dell'interesse 
legittimo, art. del prof. E. CANNADA-BARTOLI, 
cc Riv. Trim. Dir. Pubbl. n, 1953, 334. 

Le Associazioni Sindacali non sono legittimate 
ad agire in giudizio per la tutela dei diritti ed interessi 
della intera categoria. (Cons. Stato, 31 marzo 
1953, cc Amm. It. �, 1953, 868. 

� soggetto al termine di decadenza e non a 
quello di prescrizione il ricorso contro l'atto discrezionale 
dell'Amministrazione Ferroviaria che ex 
art. 101 Reg. pers. ferr. dispone di non corrispondere 
le competenze trattenute durante la sospen-sione 
cautelare dall'impiego, nonostante l'esito 
favorevole del giudizio penale.' (Cons. Stato, 16 dicembre 
1953, cc Riv. Amm. Rep. It. �, 1953, 500. 

� inammissibile l'impugnativa al Consiglio di 
Stato in sede di esecuzione del giudicato contro la 



-290 


mancata esecuzione di un decreto ingiuntivo essendo 
la funzi.one . del Consiglio di Stato in tale sede 
solo un completamento della giurisdizione ordinaria 
ove questa � limitata dall'art. 4 legge n. 2248 del 
1865 (Cons. Stato, 30 dicembre 1952, << Riv. .Amm. 
Rep. It n, 1953, 492. 

L'.ATTIVIT� SOST.ANZI.ALE 

BENEFICENZA 

� inammissibile l'intervento del Ministro dell'Interno 
nei giudizi riguardanti istituzioni di beneficenza 
non eretti in enti morali. (Trib. Trento, 
8 agosto 1953, Cont. 686, .Avv. Trento). 

ESPROPRIAZIONI PER PUBBLICA UTILIT� 

Il decreto di espropriazione va notificato al proprietario 
effettivo del fondo non a quello apparente 
dai registri censuari. (Trib. Sup. .Acque, 24 febbraio 
1953, << Riv. .Amm. Rep. It. n, 1953, II, 559. 

L'occupazione di suolo da parte dell'Amministrazione 
in pendenza della espropriazione e prima che 
sia espletato il procedimento per una occupazione 
d'urgenza � abusiva e obbliga al risarcimento del 
danno; ma non � ammesso il recupero una volta 
intervenuto il decreto di esproprio, e tanto meno � 
ammesso l'acquisto per� accessione della opera 
pubblica costruita. (Trib. Potenza, 14 ottobre 
1953, Cont. 145, .Avv. Potenza). 

Sulla natura della indennit� di espropriazione per 

p. u., art. del dott. E. CAPACCIOLI, (( Riv. Trim. Dir. 
Pubbl. ))' 1953, 362. 
L'indennit� dovuta per espropriazione per pubblica 
utilit� costituisce debito di pecunia anche per 
la parte liquidata in via supplementare. (Trib. Sup. 
.Acque, 24 febbraio 1953, << Riv. .Amm. Rep. It. n, 
1953, 555). 

L'edificabilit� del suolo espropriato p�r pubblica 
utilit�, deve ai fini dell'indennizzo desumersi da 
condizioni obbiettive in atto al momento della 
espropriazione come lo sviluppo edilizio della zona 
gi� fornita d'impianti e servizi pubblici, l'inclusione 
in un piano regolatore in corso di esecuzione, ecc., 
e non da mere aspettative derivanti da possibilit� 
potenziali. (Trib. Potenza 14 ottobre 1953, Cont. 
145 .Avv. Potenza). 

TRASPORTI 

Natura dei provvedimenti dell'Amministrazione 
in materia di autotrasporti e rapporti dei diritti e 
interessi dei concessionari di autotrasporti con le 
esigenze della circolazione, art. dell'avv. M. MASSAI 
<< Riv. Giur. Circ. Trasporti n, 1953, 678. 

L'azione di risarcimento danni delle Ferrovie 
dello Stato contro chi abbia usato di concessioni di 
viaggio fuori dei casi per cui le concessioni stesse 
sono rilasciate, sono fondate sul fatto illecito e 
quindi sono soggette a prescrizione quinquennale 
(Corte .App. Bari, 17 giugno 1953, Cont. 13107, 
.Avv. Bari). 

Il fatto dedotto a fondamento dell'azione di 
danno per trasporto ferroviario di persone pu� 
costituire o no � anormalit� del servizio )) a seconda 

che il fatto si ricolleghi o no ad una violazione di 
norme particolari o generali disciplinanti il servizio. 
(Corte Cass., 24 luglio 1952, � Riv. Giur. Circ. 
Trasp. n, 1953, 497, con nota .Avv. M. MASSARI). 

Sono illegittimi e inapplicabili gli aumenti delle 
tariffe per il noleggio di carrello ferroviario vigenti 
all'epoca del relativo contratto, se tali aumenti 
siano disposti con ordini di servizio dell'Amministrazione, 
anzich� con decreti del Ministro dei 
Trasporti. (Trib. Potenza 21 ottobre 1953, Cont. 
233 .Avv. Potenza). 

.ATTIVIT� PROFESS!ONALI ED INTELLETTUALI 

Appunto sulla <<invenzione di servizio n, art. dell'avv. 
.A. MUSATTI, (( Riv. Dir. Industr. n, 1953, I, 

131. 
Questioni di diritto d'autore, par. 4 -Concorso di 
diritti demaniali e diritti di autore -art. prof. .A. 
GIANNINI, << Riv. Dir. Ind. ))' 1953, I, 136. 

L'ATTIVIT� NEGOZIALE 

CONTABILIT� DELLO STATO 

Progetto e schema di contratto nella legge e nel 
regolamento di contabilit� dello Stato, art. del dott. 

p. PASTORE, (( .Amm. It. n, 1953, n. 11. 
I contratti con la Pubblica .Amministrazione 
sono obbligatori per la stessa solo dopo l'approvazione 
del Ministro competente. (Trib. Milano, 
28 maggio 1953, << Mon. Trib. n, 1953, 345). 

La risoluzione del contratto per eccessiva onerosit� 
non � applicabile ai contratti di diritto privato 
della pubblica amministrazione (Trib. Bari, 
12 marzo 1953, Cont. 12617, .Avv. Bari). 

L'organo competente a esprimere parere quando 
si tratti di promuovere o abbandonare giudizi � 
per la Regione Siciliana l'Avvocatura dello Stato 
e non il Consiglio di Giustizia .Amministrativa, tanto 
pi� quando si tratti di ricorsi al Consiglio di Stato 
(Cons. Giust . .Amm. Reg. Sic., parere 31 maggio 
1952. <<Dir. Pubbl. Reg. Sic. il, 1953, 198). 

AFPALTI 

Gli atti aggiuntivi per nuovi o maggiori lavori 
stipulati prima che sia chiuso il rapporto di appalto 
formante oggetto del contratto principale, sono 
sottoposti al regime giuridico della revisione dei 
prezzi dei lavori del contratto principale, ove tali 
atti non diano luogo alla formazione di un diverso 
rapporto obbligatorio. (Corte Conti, Sez. Contr., 
6 agosto 1952. << Riv. .Amm. Rep. It. n, 1953, 518). 

L.A 
RESPONSABILIT� NEI RIGUARDI 
DELL'.AMMINISTRAZIONE 
La presunzione di responsabilit� per i danni -ca~cagionati 
nell'esercizio di un'attivit� pericolosa � 
applicabile anche alla pubblica amministrazione, 
nella specie in ordine al mantenimento in funzione 
di una polveriera. (Corte .App. Milano, 4 agosto 
1953, �Foro Padano))' 1953, I, 1201). 



-291 


� proponibile l'azione di danno contro l'Ammi


nistrazione militare per l'esplosione di una bomba 
�a mano rinvenuta da un bimbo sul terreno dopo 
un'esercitazione militare, poich� la discrezionalit� 
della Pubblica .Amministrazione � limitata dalle 
norme di comune prudenza (Pret. Merano 26 otto


bre 1953, Cont. 380, .Avv. Trento). 

L'ORG.ANIZZ.AZIONE INTERNA 

PUBBLICO IMPIEGO 

� competente il giudice amministrativo nono


stante il contenuto patrimo�l.iale della pretesa se 

questa concerna diritti immediatamente derivanti 

dal rapporto d'impiego come il diritto allo stipendio, 

n� funziona la riserva al giudice ordinario delle 

questioni sui diritti patrimoniali conseguenziali 

perch� essa presuppone risolta dal giudice ammini


strativo la questione sulla legittimit� dell'atto 

amministrativo. (Corte Cass. S. U., 3 marzo 1953, 

�Eiv. Dir. Lav. �, 1953, 94). 

� competente il giudice ordinario sulla azione 

di danni contro l'Amministrazione che violando 

norme di comune prudenza abbia cagionato danno 

alla integrit� fisica del dipendente e ci� perch� il 

rapporto d'impiego costituisce solo l'occasione della 

pretesa. (Corte Cass. Sez. Un., 10 gennaio 1953, 

cc Riv. Dir. Lav. �, 1953, 93). 

Per aversi ai fini della competenza del giudice 

ordinario nelle controversie di lavoro l'Ente pubblico 

economico occorre che esso esplichi come impren


ditore un'attivit� che possa trovarsi in concorrenza 

con quella privata e che costituisca un mezzo per 

conseguire lucri, non per la diretta realizzazione di 

un fine pubblico. Gli istituti autonomi per le case 

popolari non sono enti pubblici economici. (Corte 

Cass., S. U. 8 maggio 1953, cc Dir. Lavoro�, 1953, 

378). 

L'incompatibilit� dell'impiego pubblico con la 

professione di geometra prevista dall'art. 7 del 

R.D.L. n. 274 del 1929 rimanda ai particolari regolamenti 
di ciascuna amministrazione, non al divieto 
generico di cui all'art. 96, R.D. 2360 del 1923. 
(Corte Cass., 28 gennaio 1953, cc Riv. Dir. Lavoro �, 
1953, 115). 
.Ai fini della sistemazione in ruolo di un avventizio 
non sono rilevanti le mansioni di fatto non regolarmente 
conferite. (Cons. Stato 21 marzo 1953, 
cc .Amm. It. �, 1953, 866). 

BENI E MEZZI DELLO ST.ATO 

DEMANIO E BENI PATRIMONIALI 

Le acque sotterranee, art. del dott. G. SCOTTI, 

cc .Acque, Bon. Costr. �, 1953, 233. 

L'azione del proprietario di un fondo contro il 

ricercatore abusivo di acque su esso fondo, � di 

competenza del giudice ordinario e non del Tribu


nale delle acque ove rimanga certo che l'opera non 

ha compromesso il regime delle acque, n� sia sorta 

contestazione sulla utilizzazione delle acque. (Corte 

Cass., S.U., 8 luglio 1953, cc Mon. Trib. >>, 1953, 336). 

Il possesso trentennale quale titolo all'uso delle 

acque pone solo un limite oltre il quale l'.Ammini


strazione non pu� andare, la concessione pu� quindi 
concernere un quantitativo minore di quello effettivamente 
utilizzato. (Trib. Sup. .Acque, 6 luglio 
1953, cc .Acque Bonif. Costr., �, 1953, 371). 

Le utenze di antico diritto esistenti nei te~ritori 
annessi dopo la guerra 1915-18, hanno la durata di 
trenta anni a decorrere dal 20 maggio 1923. (Trib. 
Sup. .Acque, 6 luglio 1953. cc .Acque Bon. Costr. �, 
1953, 371). 

Le utenze gratuite dei canali demaniali, posteriori 
all'unificazione del Regno e anteriori al 1� maggio 
1894 non possono essere gravate di canone se non 
previa espropriazione di esse da parte dello Stato 
con pagamento delle relative indennit�. (Corte 
Cass., S. U., 8 ottobre 1953, cc Foro Padano�, 1953, 
I, 1138). 

La occupazione senza titolo di locali in immobile 
in costruzione appartenente al patrimonio indisponibile 
dello Stato � illegittima, e l'occupante � 
tenuto senz'altro allo sgombro dei locali. (Pret. 
Bolzano, 3 ottobre 1953, Oont. da 816 a 822, .Avv. 
Trento). 

I regolamenti edilizi comunali e la legge urbanistica 
non sono applicabili nell'ambito del demanio 
marittimo. (Corte .App. Genova, 4 settembre 1952 
cc Ri'v. Dir. Navig. � 1953, II, 114 con nota Giud. 
dott. R . .Albano). 

L'Amministrazione ha diritto di chiedere la consegna 
.dei pioppi cresciuti sul bene concesso, e in 
confor}nit� alla concessione, o in mancanza il loro 
valore� attuale, trattandosi di debito di valore. 
(Trib. Cremona, 28 maggio 1953, Cont. 2500, .Avv. 
Brescia). 

Il proprietario di un fondo pu� opporsi con i ririmedi 
possessori alle ricerche minerarie da parte 
di terzi quando non sia stato notificato al detto 
proprietario il decreto autorizzante alle ricerche. 
(Corte Oass., S. U. 8 luglio 1953, cc Mon. Trib. �, 
1953, 336). 

IMPOSTE IN GENERE 

Non fa acquiescenza alla decisione della Commissione 
imposte l'Ufficio che consenta ad ul).a dilazione 
con riserva d'impugnativa poi proposta, nr~ 
a tale riserva si applicano le disposizioni degli articoli 
1341e1342 C. C. (Trib. l'Aquila, 9 ottobre 1953, 
Cont. 5463, .Avv. L'Aquila). 

La mancata notifica del decreto del Ministro che 
respinge il ricorso del contribuente contro l'ordinanza 
dell'Intendente di finanza di pagamento di 
imposta generale sull'entrata, ed altro, nonch� di 
pena pecuniaria non incide sulla sostanza del titolo. 
(Trib. l'Aquila 21 agosto 1953, Cont. 5474, .Avv. 
L'Aquila). 

Le decisioni delle Commissioni tributarie sono 
ben notificate nella sola parte dispositiva, potendo 
il contribuente rilevare i motivi col farsi rilasciare 
copia della decisione. (Comm. Oentr. Imp. 6 ottobre 
1952, cc Le Massime�, 1953, 223). 

.Anche le .Amministrazioni provinciali e comunali _ 
sono tenute ad osservare il solve et repete che non 
ha carattere di semplice presupposto processuale, 
ma comporta se inosservato l'improponibilit� dell'azione. 
(Trib. Salerno, 5 maggio 1953, cc Imposte 
Consumo e Entrata�, 1953, 262). 


-292 


L'opposizione avverso l'ingiunzione di pagamento 
del Procuratore del registro per l'attuazione di 
un'ordinanza dell'Intendente di finanza di pagamento 
imposta generale sull'entrata e altro nonch� 
di pena pecuniaria, ordinanza confermata da decreto 
del Ministro delle Finanze, soggiace al solve, 
et repete. (Trib. L'Aquila, 21 agosto 1953, Cont. 
5474, .Avv. L'Aquila). 

L'inosservanza del solve et repete preclude la 
decisione anche sulla domanda di manleva nei confronti 
del proprietario della merce, proposta dallo 
spedizioniere doganale che � tenuto autonomamente 
alla obbligazione doganale. (Trib. Genova, 3 ottobre 
1953, Cont. 17644, .Avv. Genova). 

Rifiessioni economiohe e finanziarie sulla frode 
fiscale, art. dott. G. STEFANI, cc Riv. Dir. Fin. e 
Se. delle Finanze�, 1953, I, 262). 

IMPOSTE DffiETTE 

La denuncia di cessazione � un atto formale al 
quale non pu� sostituirsi altro mezzo o ricorso fatto 
dal contribuente. (Comm. Centr. Imp. 12 febbraio 
1953, cc Riv. Leg. Fisc. �, 1953, 1454). 

.Ai fini dell'imposta sul reddito agrario fuoriescono 
dal normale ciclo produttivo agrario quelle 
manipolazioni che di solito vengono fatte da estranei 
alla propriet� del fondo con particolari attrezzature 
tecniche. e industriali (caseificio sociale); 
vi rientrano invece anche quelle manipolazioni complementari 
e successive alla prima, che pret'ledano 
il consumo o la vendita o la consegna. (Comm. 
Centr. Imp., 26 maggio 1953, cc Riv. Leg. Fisc. n, 
1953, 1455). 

IMPOSTE INDffiETTE 

Circolare Dir. Gen. Tasse .Affari, Div. III, 11 luglio 
1953: Norme per l'applicazione della legge 
4 aprile 1953 sulle vigenti disposizioni tributarie per 
le cessioni di crediti, i mutui, gli appalti. (cc Riv. 
Legisl. Fisc. n, 1953, 1406) 

La legge n. 926 del 1949 di proroga di tutte le 
prescrizioni in materia d'imposte indirette sugliaffari 
riguarda anche i termini che venivano a 
scadere per la prima volta dopo il 31 dicembre 
1949 (Trib. Potenza, 20 novembre 1953, Cont. 
452/53, .Avv. Potenza). 

La decisione del magistrato non pu� essere opposta 
alla finanza che non sia intervenuta nel giudizio 
poich� il principio dell'efficacia erga omnes 
della sentenza del giudice ordinario non tocca l'autonomia 
degli organi finanziari che hanno la facolt� 
di accertare la natura del negozio giuridico. (Comm. 
Centr. Imp. 12 febbraio 1951, <( Riv. Leg. Fisc. n, 
1953, 1429). 

L'atto di t:msferimento di mobili ed immobili 
per un prezzo unico e indistinto, soggiace tutto 
all'aliquota d'imposta di registro prevista per i 
trasferimenti immobiliari e l'Ufficio, anche se nel 
frattempo sia intervenuto concordato sull'entit� 
dell'imponibile pu� correggere i criteri di tassazione 
seguiti all'atto della registrazione. (Comm. 
Centr. Imp., 25 maggio 1951, �Giust. Trib.�, 
1953, 544). 

I prezzi in valuta estera sono, ai fini dell'imposta 
di registro ragguagliati al cambio del giorno della 

stipulazione che in regime di cambi vincolati � 
dato dalle norme che stabiliscono il prezzo di acquisto 
e di cessione della valuta estera. (Corte Cass., 
20 aprile 1953, cc Riv. Leg. Fisc. n, 1953, 1451). 

L'imposta di registro per una convenzione enun� 
ciata in una sentenza � dovuta solo se la sentenza 
enunciata in una sentenza � dovuta solo se la sentenza 
abbia pronunciato su una domanda fondata 
nella convenzione. (Trib. Milano, 10 aprile 1953, 
(( Mon. Trib.�, 1953, 330). 

La sola iscrizione di un atto a repertorio consente 
gli accertamenti tributari e il ricupero dell'imposta 
sugli atti annotati s~bbene non rinvenuti. (Comm. 
Centr. Imp. 9 maggio 1951, cc Riv. Leg. Fisc. �, 
1953, 1435). 

I contratti di appalto per la costruzione di alloggi 
ai dipendenti delle provincie godono delle agevolazioni 
fiscali di cui all'art. 153 T.U. n. 1165 del 
1938, poich� le provincie sono comprese fra gli 
enti pubblici considerati in tale articolo. (Comm. 
Centr. Imp., 19 ottobre 1951, cc Riv. Leg. Fisc. �, 
1953, 1440). 

L'impegno di ampliare e migliorare una strada 
interpoderale pel transito di automezzi per trasporto 
di legname costituisce ai fini dell'imposta 
di registro un contratto di appalto, il cui corrispet~ 
tivo consiste nell'uso della strada per un certo 
periodo e nell'impegno dei frontisti di non permetterne 
durante tale periodo l'uso a terzi. (Trib. 
Potenza, 20 novembre 1953, Cont. 452/53, .Avv. 
Potenza). 

L'agevolazione quanto all'imposta di registro 
concessa con DD. LL. n. 322 del 1945 e n. 221 del 
1946 compete ai contratti di appalto per la ricostruzione 
o riparazione degli edifici danneggiati 
dalla guerra e non ha influenza il fatto che la casa 
ricostruita non sia identica alla precedente. Non 
compete invece per appalti d'impianti (come riscaldamento, 
ascensori e simili) a meno che non abbiano 
una specifica finalit� industriale, n� ai contratti 
autonomi di fornitura (come in zoccolatura, infissi, 
vetri e simili) in cui il valore della materia superi 
quello della prestazione di lavoro. (Comm. Centr. 
Imp., 1� aprile 1953, � Giust. Trib. �, 1953, 548). 
Conforme nella seconda parte della massima. 
(Comm. Centr. Imp., 6 ottobre 1952, cc Le massime �, 
1953, 223). 

Per il beneficio dell'imposta fissa di registro ai 
contratti di mutuo per la ricostruzione edilizia, 
tali contratti debbono essere corredati dell'attestazione 
delle competenti autorit� sulla veridicit� 
del danneggiamento per causa di guerra e contenere 
la dichlarazione che la stipulazione viene effettuata 
ai sensi del D.L. n. 221 del 1946 (Trib. Milano, 
15 giugno 1953, cc Mon. Trib.�, 1953, 345). 

L'atto di costituzione di un'associazione avente 
lo scopo di creare un luogo di riposo, ritrovo e 
svago senza fine di lucro soggiace alla sola imposta 
fissa di registro di cui all'art. 107 Tar. ali. A, 
legge di registro e non alla imposta di cui all'articolo 
81 della Tariffa. (Comm. Centr. Imp., -O febbraio 
1951, cc Giust. Trib. n, 1953, 544). 

Un impianto idrico per il rifornimento di acqua 
nella zona non rientra fra le case popolari cui si 
applicano le agevolazioni d'imposta di registro 
di cui all'art. 153 -lett. a), b), T. U. n. 1165 


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-293 

del 1935. Comunquti l'accertamento della finalit� 
di casa popolare spetta esclusivamente alla autori.
t� amministrativa. (Corte .App. Trieste, 22 magg10 
1953, Cont. 7292, .Avv. Trieste). 

Il contratto verbale di trasporto, ai fini dell'imposta 
di registro non � assimilabile al contratto 
verbale di appalto soggetto per l'art. 2 all. B. R. 

D.L. n. 1424 del 1937 a denuncia in termine fisso 
pena la registrazione di ufficio con relativa sopratassa 
(Trib. Brescia, 8 ottobre 1953. Cont. 29993197, 
.Avv. Brescia). 
Per la restituzione dell'imposta di successfone a 
seguito di annullamento del testamento, non � 
necessario che il contraddittorio con l'Amministrazione 
siasi svolto nello stesso giudizio di annullamento, 
potendosi esso instaurare anche con separato 
o successivo giudizio. (Corte Cass. 20 giugno 
1953, �Mon. Trib.))' 1953, 335). � 

La nuova legge sul bollo e le delegazioni tributarie, 

art. ~el dott...A..RoMANo, �.Amm. Ital. �, 1953, n. 11. 
� mnovat1va la norma di cui all'art. 6 D.L.L. 

n. 221 del 1946 secondo la qual� l'imposta generale 
sull'entrata sul commercio del burro � dovuta dal 
produttore all'atto della vendita con l'aliquota 
del 4 % una tantum. (Trib. Genova, 20 luglio 1953; 
Cont. 19585, .Avv. Genova). 
CONTRIBUTI SPECIALI 

Poich� i contributi unificati in agricoltura costituiscono 
un onere di natura tributaria determinato 
in misura fissa e in via di presunzione, non pu� il 
datore d'opera agricola trattenere ai dipendenti in 
isciopero oltre al salario anche i contributi nell'ammontare 
di una parte della somma erogata per l'assicurazione. 
(Corte Cass., 27 aprile 1953, cc Riv. .Amm. 
Rep. It. ))' 1953, II, 554). 

RISCOSSIONE 

Poich� il procedimento di che al T.U. n. 639 del 
1910 ha carattere esecutivo e tale resta anche 
quando contro l'ingiunzione sia proposta opposizione, 
competente ai sensi dell'art. 7 del T. U. 

n. 1611 del 1933 � il Giudice del luogo dell'autorit� 
eh~ ha emesso l'ingiunzione. (Corte Cass., 12 genna10 
1953, cc Riv. Dir. Fin. Se. Fin. ))' 1953, II, 
227, con nota avv. G. Greco). 
Le condizioni di cui agli artt. 633 e segg. C. P. C. 
per l'emissione del decreto ingiuntivo non si applicano 
alle ingiunzioni amministrative di che al 

T.U. n. 639 del 1910. (Trib. Caltagirone, 21 maggio 
1953, Cont. 17820, .Avv. Catania). 
Data l'autonomia del diritto tributario anche 
dopo l'entrata in vigore del Cod. Civ. del 1942 
continua ad aver vigore l'art. 49, T. U. n. 1401 
del 1922 sulla riscossione imposte dirette. (Corte 
Cass., 20 dicembre 1951, �Riv. Dir. Fin. Se. Fin. ii 
1953, II, 212 con nota dott. G. Zingali). 

Le quistioni riferentisi agli aggi esattoriali 
anche se agitate fuori della sede di rendiconto' 
spe~ta~o .~lla Corte . dei Conti riguardo a quegll 
enti d1 dmtto pubblico designati dal T. U. n. 1214 
del.19?4 ?.da leggi speciali: non riguardo agli altri 
enti di diritto pubblico sottoposti al giudice ordinario. 
(Corte Cass., S.U., 4 luglio 1953, � Riv. Leg. 
Fisc. ))' 1953, 1477). 

RAPPORTI DI DIRITTO COMUNE 

DIRITTO CIVILE 

Ove nelle more del giudizio il conduttore convenuto 
per sfratto per morosit� abbia rilasciato 
l'immobile va dichiarata cessata la materia del 
contendere. (Pret. Matera, 31 ottobre 1953, Cont. 
440, .Avv. Potenza). 

Ove per uno scontro fra autoveicoli si debba 
decidere se la precedenza di fatto prevalga su quella 
di diritto, si deve presumere la colpa del conducente 
che invoca la precedenza di fatto, salva la prova 
della colpa dell'altro, in quanto questi non abbia 
agito in modo da consentire al primo di avvalersi 
della precedenza di fatto, senza pericolo di collisione. 
(Corte .App. Firenze, 26 agosto 1953, � Giur. 
Tosc. ))' 1953, 511). 

�Il danno estetico non � danno morale ma incide 
sul patrimonio. Il coefficiente per la liquidazione 
d'invalidit� permanente va calcolato sull'et� del 
leso al momento della guarigione clinica delle lesioni 
e dal tal momento decorrono gli interessi. Il guadagno 
di una casalinga pu� valutarsi nella spesa 
occorrente per il salario e il mantenimento di una 
domestica . .Anche per l'invalidit� permanente minima 
(2 %) pu� ricorrersi al sistema della capitalizzazione 
in base al guadagno. (Corte .App. Firenze, 
18 aprile 1953, Cont. 12536, .Avv. Firenze). 

La prescrizione ex art. 294 7 C. C. (biennio dalla 
estinzione del reato) decorre dalla data del provvedimento 
di clemenza, non da quella della pronuncia 
giudiziale che la riconosce. Quindi una sentenza 
istruttoria che abbia assolto per amnistia, applicandone 
per� una successiva, non preclude, specie 
se non passata in giudicato, il riconoscimento della 
applicabilit� di una amnistia precedente, e quindi 
il maturarsi della prescrizione. (Corte .App. Firenze, 
21 agosto 1953, � Giur. Tosc.))' 1953, 507). 

La responsabilit� aquiliana concorre con quella 
contrattuale solo quando il fatto dannoso oltre a 
violare i diritti nascenti dal contratto riveste gli 
estremi dell'illecito penale. (Trib. Nicastro 26 giugno 
1952, �Foro Padano ii 1953, I, 1195); se leda 
uno dei diritti primari che l'ordinamento giuridico 
tutela in modo assoluto con applicazione alla materia 
del trasporto di persone talch� estinta per prescrizione 
l'azione contrattuale possa proporsi contro 
il vettore quella extracontrattuale fondata sul 
dolo o sulla colpa dei preposti al trasporto. (Corte 
.App. Napoli 21 novembre 1952, �Foro Padano))' 
1953, I, 1191). 

DIRITTO ECCLESIASTICO 

Lasciti testamentari per enti ecclesiastici da fondare 
art. del dott. D. BARILLARO. �Dir. Eccl. ))' 
1953, I, 219. 

PROCEDURA CIVILE 

I soggetti di diritto internazionale godono della 
immunit� della giurisdizione, solo quando, mantenendosi 
sul piano internazionale esplicano un'attivit� 
pubblicistica destinata ad incidere nelle relazioni 
fra Stato e Stato, non quando agendo jure 
privatorum concludano negozi di diritto privato 



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con altri soggetti non dotati di sovranit�. (Corte 
Cass., S. U., 14 luglio 1953, <�Mon. Trib.>>, 1953, 
351). 

L'opposizione all'ingiunzione di pagamento del 
procuratore del Registro deve essere opposta nei 
confronti dell'Intendente di Finanza~ legittimato 
passivo, anche se questi risiede in luogo diverso 
da quello dell'Ufficio ingiungente. (Trib. L'Aquila, 
21 agosto 1953, Cont. 5474, .Avv. L'Aquila). 

� improponibile per difetto di legittimazione 
passiva ad processum l'opposizione ad ingiunzione 
fiscale con cui sia chiamato in giudizio l'Ufficio del 
Registro anzich� l'Intendente di Finanza. (Trib. 
Firenze, 6 dicembre 1952, � Mon. Trib. n, 1953, 310). 

Il Corpo della Guardia di Finanza � rappresentato 
in giudizio solo dal Ministro delle Finanze. 
(Pret. Ispica, 29 ottobre 1953, Cont. 18273, .Avv. 
Catania). 

Il Commissariato per il Turismo � un organo con 
propria legittimazione processuale non un ufficio 
della Presidenza del Consiglio. � nulla quindi la 
vocatio in ius non fatta nei confronti del Commissariato 
per il Turismo in persona dell'Alto Commissario, 
ma fatta nei confronti della Presidenza del 
Consiglio. (Corte .App. L'Aquila, 28 luglio 1953, 
Cont. 4994, .Avv. L'Aquila). 

Il prefetto nella causa per la liquidazione delle 
indennit� di espropriazione non � parte in causa, 
comunque la citazione notificata a lui direttamente. 
� nulla. (Trib. Potenza, 14 ottobre 1953, Cont. 145, 
.Avv. Potenza). 

La nullit�. della citazione per chiamata in giudizio 
di un organo della .Amministrazione carente 
di rappresentanza � sanata soltanto se la costituzione 
dell'Avvocatura avvenga per l'organo munito 
di rappresentanza. Peraltro nello speciale procedimento 
dell'art. 30 legge n. 253 del 1950 il giudice 
deve concedere un termine al ricorrente per chiamare 
in giudizio l'organo competente. (Pret. Ispica, 
29 ottobre 1953, Cont. 18273, .Avv. Catania). 

L'indicazione del mese ed anno e non del giorno 

di comparizione nella copia della citazione d'appello 

notificata, rende nulla la citazione stessa, ed ove 

l'appellato si sia costituitq oltre i trenta giorni 

dalla notifica della sentenza impugnata, la sanatoria 

operando em nunc, non impedisce il passaggio in 

giudicato della sentenza. (Corte .App. Milano, 

18 giugno 1953, << Mon. Trib. n, 1953, 309). 

Opposta riconvenzionale per il rimborso delle 

spese di riparazione dal conduttore di un immobile 

convenuto per sfratto per finita locazione e accolta 

con sentenza parziale la domanda di sfratto, la 

causa pu� proseguire per la riconvenzionale e per 

la richiesta accessoria del locatore in ordine alla 

corresponsione degli affitti. (Trib. Bolzano, 7 otto


bre 1953, Cont. 93, .Avv. Trento). 

L'Amministrazione del Demanio pu� intervenire 

nella causa fra due concessionari successivi di beni 

demaniali per chiedere nei confronti di entrambi 

un certo numero di pioppi cresciuti nel bene con


cesso, e in conformit�. alla concessione. (Trib. 

Cremona, 28 maggio 1953, Cont. 2500 .Avv. Brescia). 

L'incertezza di una prova circa la sottrazione di 

cose pu� derivare anche dalle discordanti dichiara


zioni dei testi nell'istruttoria civile rispetto a qu.anto 

dichiarato in sede di polizia giudiziaria sugli stessi 

fatti per cui si era iniziata azione penale definita 
con amnistfa. (Corte .App. Trento, 19 novembre 
1953, Cont. 279, .Avv. Trento). 

Occorre querela di falso per negare effetti a un 
mandato alle liti quando la parte ..e .per essa il suo 
procuratore costituito, neghi di aver apposto la 
sua firma su un atto di citazione compilato da 
altro procuratore e da questi autenticata. (Corte 
.App. Bari, 5 maggio 1953, Cont. 14731, .Avv. Bari). 

Per le innovazioni della legge del 1951 possono 
dedursi in appello nuovi capitoli di prova testimoniale 
in aggiunta o complemento di quelli dedotti 
in primo grado o relativi a fatti diversi, non gi� 
quelli tendenti a rinnovare in .Appello la prova 
testimoniale gi� esaurita in primo grado o a dedurre 
per la prima volta in .Appello una prova intesa 
a neutralizzare le risultanze della prova esperita 
in prime cure dalla controparte. (Corte Cass., 
26 maggio 1953, � Mon. Trib. n 1953, 324). 

� inammissibile l'azione possessoria contro il 
privato autorizzato al possesso da un atto amministrativo. 
(Corte Cass., S. U., 27 febbraio 1953, 
�Riv. Corte Conti n, 1953, IV, 195). 

� inammissibile l'azione possessoria contro la 
Pubblica .Amministrazione anche in mancanza di 
un provvedimento amministrativo formale; potendo 
concretarsi l'atto ~mministrativo anche in 
un fatto materiale. (Corte Cass., S.U., 13 febbraio 
1953, �Riv. Corte Conti n, 1953, IV, 186). 

DIRITTO PEN.A.LE 

Un uso intempestivo di segnalazione, ingene


rando manovre inconsuete del conducente che pre


cede e determinando l'investimento, costituisqe 

elemento di colpa. Se l'eccesso di velocit� � dimo


strata dal fatto che il conducente investitore non 

sia riuscito a fermare rapidamente l'auto, deve 

tuttavia il giudice penale esaminar� l'eventuale 

concorso di colpa del leso ai fini della pena e del 

risarcimento del danno. (Corte Cass. Pen., 27 feb


braio 1953, � Riv. Giur. Circ. Trasp. n, 1953, 531). 

� colpevole di lesioni colpose il conduttore ferro


viario che ha dato il �pronti � quando uno sportello 

era ancora aperto e un viaggiatore vi stava scen


dendo, causando la partenza del treno e la caduta 

del viaggiatore; non il capotreno che abbia fatto 

partire il treno sulle segnalazioni dei conduttori. 

(Pret. Rovereto, 15 ottobre 1953, Cont. 837, .Avv. 

Trento). 

Non commette furto chi smantella opere militari 

e si appropri del materiale se risulti la sua buona 

fede per averne fatta richiesta alla competente auto


rit� e abbia ricevuto se non una autorizzazione 

regolare almeno promessa di accoglimento della 

richiesta. (Trib. Trento, 6 marzo 1953, Cont. 657, 

.Avv. Trento). 

L'attenuante del danno patrimoniale di speciale 

entit� non � applicabile al contrabbando. (Corte 

Cass. Pen., 2 luglio 1953, cc Riv. It. Dir. Pen. n, 

1953, 647). 

PROCEDURA PENALE 

Non � ammessa rinuncia da parte del difensore 
ai motivi di impugnazione. (Corte Cass., S. U., 
16 maggio 1953, �Riv. Pen. >> 1953, II, 955). 


-295 


L'inosservanza' dell'obl?Iigo per la parte civile 
di quantificare i danni sofferti non importa nullit� 
n� decadenza del diritto a pretendere il risarcimento 
per la cui liquidazione le parti possono essere 
rimesse al giudice civile e ci� sia se la parte civile 
abbia solo chiesta condanna generica ai danni da 
liquidarsi in separata sede (Corte Cass., 9 febbraio 
1953, �Riv. Pen. ii, 1953, II, 490); sia che abbia 
chiesto solo le spese del giudizio senza alcun accenno 
ai danni (Corte Cass., 28 aprile 1953, � Riv. Pen. ))' 
1953, II, 657). Contra: Obbligo della parte civile di 
determinare i danni nelle conclusioni, art. del Cons. 

A. GRrnco, � Riv. Pen. ))' 1953, II, 965; La mancata 
richiesta dei danni e la revoca tacita della costituzione 
di parte civile, art. dell'avv. S. ALEO, � Riv. 
Pen. >> 1953, II, 972. 
MATERIE SPECIALI 

P.N.F. 
� carente di legittimazione attiva la Societ� di 
mutuo soccorso che rivendichi i beni gi� appartenenti 
a una Societ� di mutuo soccorso scioltasi con 
delibera di molti anni prima e devoluti al p.n.f. 
con la stessa delibera, non trattandosi dello stesso 
ente anche se abbia assunto del primo il nome e lo 
statuto: n� l'azione di annullamento della delibera 
per coartazione pu� proporsi dalla societ�, bens� 
dai singoli soci. (Corte App. Genova, 7 novembre 
1953, Cont. 16429, Avv. Genova). 

La donazione al p.n.f. da parte dei soci di un 

circolo di cultura, dei propri locali, � viziata da 

violenza e perci� annullabile se determinata da 

pressioni e minacce di gerarchi locali, di ritiro della 

tessera chiusura del circolo e confisca dei beni so


ciali. Tuttavia all'annullamento non pu� seguire 

l'ordine di rilascio dell'immobile verso la Pubblica 

Amministrazione, perch� esso urterebbe contro la 

irrevocabilit� degli atti amministrativi. (Trib. Cata


nia, 26giugno1953, Cont. 16225, Avv. Catania). 

Le disciolte confederazioni sindacali fasciste sono 

rappresentate durante il procedimento di liquida


zione dai rispettivi uffici stralcio, e i loro beni non 

possono essere devoluti alle nuove associazioni sin


dacali se non alla fine della liquidazione e con atti 

dell'autorit� governativa. (Trib. Roma, 30 maggio 

1953, �Foro Padano))' 1953, I, 1262). 

ATTIVIT� CONNESSA CON LA GUERRA 

ECONOMIA 

Il D. L. n. 98 del 1948 si riferisce esclusivamente 
alle casse ed ai fondi per la gestione di prezzi o 
sopraprezzi aventi natura pubblicistica, non a 
quelle Casse Compensazioni sorte a seguito di 
accordi privati fra le categorie interessate. (Trib. 
Cremona, 2 luglio 1953, Cont. 3004, Avv. Brescia). 

REQUISIZIONI 

Nella requisizione in uso la perdita della cosa � 
a carico del proprietario requisito, salvo che non 
ricorra una colpevole condotta dell'ente requisitore 

o che il bene, in relazione all'utilit� che si intendeva 
ricavarne sia stato esposto ad un rischio che non 
sussisteva quando la cosa era nella disponibilit� 
del proprietario. (Corte Cass. 11 giugno 1953, 
cc Mon. Trib.))' 1953, 319). 

Cessate pel D.L. n. 264 del 1947 le requisizioni 
di guerra, la Gestione Raggruppamento Autocarri 
sarebbe ritenuta (anche ammessa l'esistenza della 
requisizione) divenuta occupante abusiva tanto pi� 
date le trattative intercorse per la stipulazione di 
una locazione (nella specie l'A.M.G. aveva requisito 
dei locali istallandovi il Truck Pool, li aveva 
poi derequisiti e al Truck Pool era subentrata la 
G.R.A.). (Corte App. Firenze, 4 aprile 1953, Cont. 
1278, Avv. Firenze). 

Anche se la nave requisita sia stata abbandonata 
dall'equipaggio presso un litorale occupato dal 
nemico si applica la equiparazione alla perdita 
di cui all'art. 1 R.D. n. 1601 del 1941; e l'Amministrazione 
non deve dal momento della sopravvenuta 
impossibilit� di utilizzare la nave alcuna indennit� 
di requisizione. (Corte App. Roma, 15 novembre 
1950 cc Riv. Dir. Navig. ))' 1953, II, 173 con nota 
prof. A. Lefebre D'Ovidio). 

Il risarcimento delle avarie per sinistri di guerra 
a navi requisite dallo Stato � limitato all'85 % 
della valutazione determinata con i criteri stabiliti 
dalla legge sulle requisizioni in forza dell'art. 4 
del D.L.L. n. 686 del 1945 la cui portata generale 
� confermata dall'art. 3, legge n. 728 del 1950. (Corte 
Cass�., 5 luglio 1952, cc Riv. Dir. Navig. )) 1953, II, 
96 con nota prof. A. Lefebre D'Ovidio). 

DANNI DI GUERRA 

L'assunzione del risarcimento dei danni di guerra 
da parte dello Stato non esclude la responsabilit� 
civile dell'Amministrazione se il danno sia stato 
causato da un comportamento illecito secondo le 
norme comuni. (Trib. Bari, 3 febbraio 1953, Cont. 
13340 Avv. Bari). 

REGIME VINCOLISTICO DELLE LOCAZIONI 

L'opposizione alla proroga per necessit� di re


carsi ad abitare la casa locata � giustificata quando 

l'ufficio sanitario del Comune dichiari specificamente 

inabitabile l'immobile occupato dal locatore. (Pret. 

Corleto Perticara, 23 ottobre 1953, Cont. 311, Avv. 

Potenza). 

Il Pretore deve decidere con ordinanza inimpu


gnabile le controversie di cui all'art. 32, legge n. 253 

del 1950 quando la pretesa attrice appaia fondata 

e non sia contestata: negli altri casi la controversia 

va decisa con sentenza dal Giudice competente 

per valore. (Trib. Genova, 5 febbraio 1953, Cont. 

19101, Avv. Genova). 

OCCUPAZIONE 

N� il Prefetto n� l'A.M.G. potevano modificare 
norme di legge vigenti nel territorio occupato se 
11011 con crdinanza pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, 
emessa della Commissione alleata. Il prov-� 
vedimento del Prefetto che invadendo il settore 
tributario e modificando la legge vigente abbia 
esorbitato dai limiti di attribuzione nella disc iplina 
dei prezzi � illegittimo. (Trib. Genova, 20 luglio 
1953, Cont. 19585, Avv. Genova). 


(::: (::: 
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Lo Stato occupante pu� impossessarsi dei beni 
dello Stato occupato ma non farne oggetto di 
contratto con i cittadini dello Stato occupato. (Trib. 
Milano 28 maggio 1953, �Mon. Trib.�, 1953, 345). 

TRATTATO DI PAOE 

L'Amministrazione del Tesoro � legittimata a 
riscuotere un credito ex tedesco per fornitura di 
merci a privati, a norma dell'accordo di Washington 
divenuto col D.L.L. n. 177 del 1948 legge dello 
Stato. (Trib. Trento, 6 novembre 1953, Cont. 
448, Avv. Trento). 

FINANZA STRAORDINARIA 

La responsabilit� degli amministratori cessati 
per i profitti di contingenza dovuti da una societ� 
� condizionata allo accertamento di competenza 

del giudice ordinario, che la; societ� derivi da una 
trasformazione o che vi sia sproporzione notevole 
fra il capitale sociale e il profitto; o che la societ� 
sia stata sciolta prima dell'accertamento o che la 
nuova societ� sia stata costituita .per creare una 
situazione d'insolvenza. (Corte Cass. S. U., 2 mag� 
gio 1953, �Riv. Leg. Fisc. n, 1953, 1469). 

Il terzo (che � dubbio se possa sollevare incidente 
di esecuzione davanti al giudice penale) deve 
agire solo davanti al giudice civile, se intenda far 
valere un diritto di garanzia sulla cosa confiscata, 
senza impugnare la confisca; se per� �l'Amministrazione 
abbia alienato la cosa confiscata l'azione 
deve proporsi contro il possessore il quale pu� 

o eccepire la risoluzione del diritto di garanzia a 
seguito della confisca o chiamare in garanzia l'Amministrazione 
venditrice. (Trib. Firenze, 7 maggio 
1953, Cont. 11721, Avv. Firenze). 

RASSEGNA. DI LEGISLAZIONE 


I PROVVEDIMENTI SONO ELENOATI SEOONDO L'ORDINE 

DI PUBBLIOAZIONE SULLA �GAZZETTA UFFIOIALE t 

1. 
Legge 6 ottobre 1953, n. 823 (G. U. n. 254): Proroga 
del termine di cui alla legge IO agosto 1950, n. 665, 
per il godimento delle agevolazioni tributarie previste 
dal D.L.L. 7 giugno 1945, n. 322 e successive modificazioni 
e integrazioni. 
Le agevolazioni tributarie in questione, per quanto 
riguarda gli appalti di opere pubbliche hanno formato 
oggetto di numerose consultazioni da parte dell'Avvocatura 
e di numerose vertenze giudiziarie, delle quali si 
� data notizia nelle apposite rubriche della Rassegna. 

2. 
D. P. R. 19 dicembre 1953, n. 922 (G. U. n. 292): Concessione 
di amnistia e indulto. 
Sono compresi nell'amnistia e nell'indulto anche alcuni 
reati finanziari. � da rilevare a questo proposito la imprecisione 
tecnica del decreto lai:ldove parla di amnistia 
e indulto per le cc infrazioni� prevedute dalle leggi sulla 

I.G.E. � evidente, invero, che queste infrazioni non possono 
essere altro che reati essendo assurdo concedere amnistia 
per violazioni di legge che non costituiscano reato 
e indulto per sanzioni che non siano vera e propria pena� 
(multa o ammenda quando si tratti di pena pecuniaria). 
3. �Legge 10 dicembre 1953, n. 932 (G. U. n. 297): Modificazione 
dell'art. 18 del regolamento per l'amministrazione 
del patrimonio e per la contabilit� generale dello 
Stato, approvato con R.D. 23 maggio 1924, n. 827. , 
Con questa legge si attribuisce all'Intendente di Finanza 
la sorveglianza amplissima sull'uso dei beni dello 
Stato per le esigenze dirette della Pubblica Amministrazione. 
L'art. 18 del regolamento limitava invece questa 

vigilanza solo all'uso dei locali. Si tratta di una legge 
di iniziativa parlamentare, che sconvolge, pi� di quello 
che si possa pensare, tutto il sistema delle attribuzioni 
amministrative in questa materia. � da rilevare, poi, 
una scorrettezza grave dal punto di vista della tecnica 
legislativa in quanto si � venuta ad inserire in un testo 
regolamentare una norma, anzi, una parola avente forza 
di legge. 

4. 
Legge 10 dicembre 1953, n. 936 (G. U. n. 298): Adeguamento 
degli originari limiti di somma previsti nella 
legge e nel regolamento di contabilit� generale dello Stato, 
nelle leggi e nei regolamenti contabili speciali e dell'articolo 
18 del T.U. delle leggi sull'ordinamento della 
Corte dei Conti. 
I suddetti limiti sono aumentati di 60 volte, aumento 
sempre insufficiente in relazione alle esigenze di snellimento 
delle procedure amministrative. 

5. 
Legge 16 dicembre 1953, n. 952 (G. U. n. 299): Modificazione 
all'art. 14 del D.L. 3 giugno 1943 n. 452, 
relativo ai passaggi di merci per il tramite di ausiliari 
del commercio. 
Si tratta di un ennesimo provvedimento legislativo che 
modifica le norme in materia di imposta. generale sull'entrata, 
contribuendo cos� alla notevole confusione gi� 
esistente in questo campo. Non � certo un modello di 
tecnica legislativa, sia per quanto riguarda la formulazione 
stessa della norma, sia per l'uso di termini assolutamente 
impropri, come il termine cc ditte� adoperato 
per cc imprese� o cc imprenditori>>, secondo la dizione del 
codice civile. 


INDICE SISTEMATICO 
DELLE CONSULTAZIONI 


LA FORMULAZIONE DEL QUESITO NON RIFLETTE IN ALCUN MODO LA SOLUZIONE CHE NE � STATA PRESA 

ACQUE PUBBLICHE. -I) Se l'Amministrazione 
della Difesa possa impugnare dinanzi al Tribunale Superiore 
delle Acque un decreto presidenziale concernente 
la concessione di una grande derivazione d'acqua (n. 24). 
-II) Se la domanda di concessione di grande derivazione 
d'acqua nel territorio della Regione Siciliana debba 
essere pubblicata, oltre che nella 3a parte della G. U. 
della Regione stessa, anche nella G. U. della Repubblica 

(n. 25). -III) Se la pubblicazione di detta domanda 
nella 2a parte della G. U. della Regione Siciliana possa 
tener luogo della pubblicazione nella G. U. della Repubblica 
(n. 25). 
AMMINISTRAZIONE PUBBLICA. -Se sia giuridicamente 
possibile un conflitto giurisdizionale tra due 
Amministrazioni dello Stato (n. 147). 

APPALTO. -I) Se l'Amministrazione Militare possa 
provvedere direttamente, ai sensi dell'art. 38 delle Condizioni 
generali di appalto del Genio militare, al pagamento 
delle mercedi agli operai non soddisfatte dall'appaltatore 
senza limiti nella esistenza di cessione dei crediti derivati 
dai lavori, ritualmente riconosciuta (n. 180). -II) Se 
l'Am'ministrazione, in caso di decesso dell'appaltatore, 
prima della formale stipulazione del contratto di cottimo 
fiduciario e del suo perfezionamento, possa far continuare 
al supplente, che l'appaltatore deceduto aveva presentato 
e che aveva firmato insieme con l'appaltatore medesimo, 
la minuta del contratto, i lavori gi� iniziati dal 
defunto imprenditore (n. 181). -III) Se sia ammissibile 
il ricorso alla procedura arbitrale in materia di revisione 
di prezzi di pubbliche forniture, ove non esista una 
specifica e autonoma clausola compromissoria (n. 182). 
-IV) Se sia ammissibile l'impugnativa del provvedimento 
emanato dal Ministro ai sensi dell'art. 3 del R. D. 

L. 13 giugno 1940, n. 901 (n. 182). -V) Se, prima 
della stipulazione del contratto, possano configurarsi 
diritti soggettivi dell'appaltatore nei confronti della 
Amministrazione (n. 182). -VI) Se possa procedersi 
alla revisione dei prezzi di un contratto di appalto, in 
cui sia inserita una clausola affermante la invariabilit� 
dei prezzi stessi e sia omessa, invece, la clausola di revisione 
dei prezzi (n. 183). 
ASSICURAZIONI. -I) Se il personale in serv1z10 
sulle navi traghetto dello Stretto di Messina debba essere 
assicurato dall'Amministrazione Ferroviaria presso la 
Cassa Marittima Meridionale contro gli infortuni e le 

malattie (n. 38). -II) Se l'Istituto Nazionale per le 
Assicurazioni contro gli infortuni sul lavoro possa considerare 
come non effettuata la denuncia dei lavori, prescritta 
dall'art. 8 del R. D. 17 agosto 1935, n. 1765, e la 
conseguente assicurazione degli operai, solo perch� 
posta in essere da chi si ritiene non sia il reale titolare 
dell'Impresa (n. 39). 

AVVOCATI E PROCURATORI. -I) Se sia ammessa 
l'assistenza e la rappresentanza legale del ricorrente 
da parte di un procuratore legale nei ricorsi amministrativi, 
proposti alla stessa autorit�, che ha emanato il 
provvedimento impugnato, e a quella gerarchicamente 
superiore (n. 21). -II) Se sia ammessa l'autenticazione 
della firma del ricorrente, nei casi di cui sopra, da 
parte del procuratore legale (n. 21). -III) Se la delega, 
erroneamente conferita, apposta in calce al ricorso e la 
autenticazione della firma del ricorrente, effettuate dal 
procuratore legale, inficino il ricorso, regolarmente firmato 
dalla parte (n. 21). -IV) Se l'autenticazione della 
firma del ricorrente, effettuata dal procuratore legale, 
integri gli estremi di alcun reato penalmente perseguibile 

(n. 21). 
CASE ECONOMICHE E POPOL~I. -I) Se, 
anteriormente all'atto di stipulazione del mutuo individuale, 
l'assegnatario di un alloggio cooperativo sia titolare 
di un diritto perfetto, tutelabile dinanzi al g. o. o 
soltanto di un interesse legittimo alla conservazione dello 
alloggio (n. 44). -II) Se la reintegrazione nell'alloggio 
cooperativo abbia la stessa natura dell'assegnazione 

(n. 44). -III) Se nell'ipotesi di diniego di reintegrazione 
nell'alloggio cooperativo di socio il quale, al momento 
in cui venne dichiarata decaduta, non aveva 
ancora stipulato il contratto di mutuo individuale, sussista 
la giurisdizione del Giudice ordinario (n. 44). -IV) 
Se agli eredi del socio dichiarato decaduto per motivi 
politici spetti di ottenere la reintegra dell'alloggio ove 
il dante causa abbia cessato di vivere anteriormente alla 
data di entrata in vigore del D. L. L. 16 novembre 1944, 
n. 425 (n. 44). 
COMUNI E PROVINCIE. I). Se i CoJ!lunj t~uti 
ad istituire un distaccamento di Vigili del Fuoco (art. 91, 
lett. d), n. 4 della legge Comunale e Provinciale) e che 
non lo abbiano ancora istituito, siano soggetti a contributi 
per i servizi antincendi, diversi da quelli dei Comuni 
che lo abbiano gi� istituito, alla data di entrata in vig�re 



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della legge 9 aprile 1951, n. 338 (n. 48). -II) Se nel 
caso in cui un procedimento penale ritorni nella fase 
istruttoria a seguito di trasmissione di tutti gli attf al 

P. M. a norma dell'art. 477 (ultimo comma) C. P. P., il 
provvedimento di sospensione della carica di Sindaco, 
adottato a sensi dell'art. 149 (5� comma) del T. U. 4 febbraio 
1915; n. 148, debba essere revocato (n. 49). III) 
Se la facolt� di sospensione, attribuita al Prefetto, 
relativamente alle elezioni dei Consigli Comunali, dallo 
art. 38 (ultimo comma) della legge 8 marzo 1951, n. 122, 
possa ritenersi estesa alle elezioni dei Consigli provinciali 
(n. 50). -IV) Se, a seguito della sospensione delle elezioni 
per il Consiglio provinciale, disposta in un Comune 
dal Prefetto, l'Ufficio elettorale centrale, possa sindacare 
la legittimit� del provvedimento prefettizio e astenersi 
dall'assegnazione del terzo dei seggi (n. 50). -V) Se, 
per il caso di elezioni, disposte in un solo Comune del 
Collegio, debbano osservarsi i termini previsti dall'art. 8 
del T. U. 5 aprile 1951, n. 203, o quelli stabliti dall'art. 69 
(cpv) dello stesso Testo Unico (n. 50). 
CONCESSIONI. -I) Se la proroga di una concessione 
concreti un quid navi rispetto alla concessione originaria 
(n. 35). -II) Se il particolare trattamento tributario 
di favore, previsto dal R. D. L. 1� luglio 1926, 

n. 1157 per alcuni tipi di concessioni, si applichi anche 
nel caso di proroga delle concessioni originarie 
(n. 35). 
CONTABILIT� GENERALE DELLO STATO. I) 
Se per il caso di licitazione privata sia richiesta, al 
mandatario, la procura speciale di cui all'art. 81 del 
Regolamento di contabilit� generale dello Stato (n. 107). 
-II) Se possa ritenersi impedimento idoneo a vincolare 
le somme colpite, ai sensi dell'art. 69 della legge di contabilit�, 
l'atto con il quale un terzo diffidi l'Amministrazione 
a non pagare ad un proprio creditore, senza precisare 
quali siano i suoi titoli di credito n� quale sia l'ammontare 
del credito medesimo e senza far richiamo a titoli esecutivi 
di cui sia in possesso (n. 108). -III) Se un ritardo 
nella stipulazione del contratto, che superi i due mesi, 
ma non vada oltre i sei, dia diritto all'aggiudicatario di 
considerarsi sciolto dall'impegno assunto, (n. 109). IV) 
Se la stazione appaltante abbia diritto, ai sensi delle 
vigenti norme, di disporre del deposito cauzionale provvisorio, 
versato dall'aggiudicatario, a garanzia dei propri 
impegni (n. 109). -V) Se il certificato civile negativo, 
prodotto dall'interessato, sia sufficiente a comprovare 
la capacit� di obbligarsi dell'interessato medesimo, 
in luogo dell'apposito certificato della Cancelleria del 
Tribunale competente attestante la capacit� a contrattare 
ai fini della partecipazione ad una gara (n. 110). VI) 
Se ed in quali limiti un ufficiale di complemento 
possa essere sottoposto al giudizio di responsabilit� 
contabile o amministrativa dinanzi alla Corte dei Conti 

(n. 11). -VII) Se un ufficiale di complemento, per 
effetto dell'ammanco di materiale di cui sia consegnatario, 
possa considerarsi responsabile contabile (n. 111). 
CORTE DEI CONTI. -I) Se ed in qua.li limiti un 
ufficiale di complemento possa essere sottoposto a.I giudizio 
di responsabilJt� contabile o amministrativa dinanzi 
alla Corte dei Conti (n. 2). -II) Se un ufficiale di 
complemento, per effetto dell'ammanco di materiali di 
cui sia consegnatario, possa considerarsi responsabile 
contabile (n. 2). 

COSTITUZIONE. -Se l'art. 53 della nuova Costituzione 
abbia valore precettivo o soltanto direttivo (n. 1). 

DANNI DI GUERRA. -I) Se il richiamo, che 
l'art. 2, n. 3 della legge 9 gennaio 1951, n. 10; fa ai criteri' 
di liquidazione stabiliti per gff infortuni sul lavoro 
dal R. D. L. 17 agosto 1953, n. 1765 e successive modifiche 
debba intendersi effettuato al solo fine del computo 
dell'indennizzo o anche ad ogni altro effetto, quale la 
attribuzione del diritto alla liquidazione (n. 36). -II) 
Se il requisito della� vivenza a carico� negli ascendenti, 
di cui all'art. 27 del R. D. L. 17 agosto 1935, n. 1765, 
sia condizione necessaria per l'attribuzione del diritto 
alla liquidazione agli ascendenti medesimi, in caso di 
morte dell'infortunato (n. 36). -�III) Se le norme 
della legge 9 gennaio 1951, n. 10, si applichino alle istanze 
d'indennizzo, presentate prima della sua entrata in 
vigore (n. 36). -IV) Se lo scoppio accidentale di un 
ordigno esplosivo possa essere considerato fatto di guerra, 

ai sensi dell'art. 10 (2� comma) della legge 10 agosto 1950, 

n. 648 (n. 37). -V) Se, qualora venga dimostrato che 
l'esplosione non sia stata accidentale, ma provocata da 
un minorenne o da un terzo, la colpa dei terzi possa 
ritenersi presunta o debba essere provata dall'Amministrazione 
(n. 37). 
DAZI DOGANALI. -Se sia giuridicamente fondata 
una richiesta dell'Amministrazione Ferroviaria per il 
pagamento, da parte di quella Finanziaria, dei canoni 
di affitto di focali ferroviari da adibire a uffici� doganali 

(n. 2). 
DEMANIO. -I) Se la rovina di un pezzo del cornicione 
di un palazzo demaniale, assegnato in uso gratnito 
ad un ente pubblico, sia regolata, agli effetti della responsabilit�, 
dalla norma dell'art. 2051 o da quella dello 
ftrt. 2053 C. C. (n. 91). -II) Se i beni del demanio 
pubblico possano essere soggetti ad espropriazione per 

p. u. (n. 92). -III) Se il consenso dell'Amministrazione 
allo stabilirsi di una servit� su beni demaniali possa 
dar luogo alla costituzione di un diritto soggettivo o 
soltanto ad una concessione amministrativa di uso, 
liberamente determinabile e revocabile da parte della 
Amministrazione stessa (n. 92). -IV) Se l'atto amministrativo, 
dichiarativo del passaggio dei beni dello 
Stato da una categoria giuridica ad un'altra, abbia rilevanza 
solo ai fini della regolamentazione del regime 
amministrativo dei beni dello Stato o anche per gli effetti 
giuridici che il passaggio stesso pu� produrre verso i 
terzi (n. 93). -V) Se, formatosi sull'alveo di un fiume 
un'alluvione in conseguenza delle difese costruite a 
monte e degli apporti di materiali di rifiuto da parte dei 
proprietari rivieraschi, venga a cessare automaticamente 
la demanialit� dell'alveo o sia all'uopo necessario apposito 
atto di classificazione (n. 93). 
DEPOSITO. -I) Se sia efficace, nei confronti della 
Cassa Depositi e Prestiti, debitrice delle somme depositate, 
la cessione di un deposito, notificata all'Amministrazione 
cauzionata e non all'Ufficio depositario (n. 15). 
-II) Se L'Amministrazione cauzionata possa ~.(Jicare 
la persona cui debba effettuarsi la restituzione (n. 15).III) 
Se possa ovviarsi all'omissione dell'indicazione degli 
estremi del deposito, richiesti dall'art. 99 del Regolamento 
23 marzo 1919, n. 1058, ove il deposito stesso 
sia comunque individuato sulla base di altri elementi 

(n. 15). 
~B..--Yl~&.J.tf'..::W'.AF~ff..::W""'G~..::W""'~.@"..::@:".m='AW'khE--=�'"~..::W'"..iV.WG..J ' 


-300 

DONAZIONI. -I) Se sia consentito alla P. A. effettuare 
donazioni (n. 23). -II) Se le donazioni da parte 
della P. A. debbano essere operate nelle forme proprie 
prescritte per le donazioni nel Codice civile (n. 23). III) 
Se l'Amministrazione ferroviaria possa donare 
un'area edificatoria di sua propriet� per la costruzione 
di una Chiesa posta in un centro di case per ferrovieri, 
al fine della soddisfazione delle esigenze spirituali e religiose 
dei propri dipendenti (n. 23). 

ELEZIONI. -I) Se la facolt� di sospensione, attribuita 
al Prefetto, relativamente alle elezioni dei Consigli 
Comunali, dall'art. 38 (ultimo comma) della legge 8 
marzo 1951, n. 122, possa ritenersi estesa alle elezioni 
dei Consigli provinciali (n. 2). -II) Se, a seguito della 
sospensione delle elezioni per il Consiglio provinciale, 
disposte in un Comune dal Prefetto, l'Ufficio elettorale 
centrale possa sindacare la legittimit� del provvedimento 
prefettizio e astenersi dall'assegnazione del 
terzo dei seggi (n. 2). -III) Se, per il caso di elezioni 
disposte in un solo Comune del Collegio, debbano osservarsi 
i termini previsti dall'art. 8 del T. U. 5 aprile 1951, 

n. 203, o quelli stabiliti dall'art. 69 (cpv.) dello stesso 
Testo Unico (n. 2). 
ESPROPRIAZIONE PER P. U. -I) Se i beni del 
Demanio pubblico possano essere soggetti ad espropriazione 
per p. u. (n. 88). -II) Se, nei casi di dichiarazione 
legislativa della pubblica utilit� e dell'urgenze di 
determinate opere, la rispondenza dell'impresa al fine 
pubblico e la coincidenza di questo con l'interesse del 
privato possano ritenersi riconosciute dallo stesso legislatore 
(n. 89). -III) Se in tali casi l'autorit� ammini<
itrativa sia dispensata dalla valutazione discrezionale, 
normalmente necessaria, della sussistenza di una causa 
di p. u., idonea a legittimare l'espropriazione (n. 89). 

FERROVIE. -I) Se l'infrazione al divieto di lancio 

di oggetti dai treni possa identificarsi senz'altro con la 

ipotesi del reato contravvenzionale di getto pericoloso 

di cose, previsto dall'art. 674 C. P. (n. 182). -II) Se 

sia giuridicamente fondata una richiesta dell'Ammini


strazione Ferroviaria per il pagamento, da parte di 

quella Finanziaria, dei canoni per affitto di locali ferro


viari da adibire a uffici doganali (n. 183). -III) Se 

l'Amministrazione delle Ferrovie possa donare un'area 

edificatoria di sue propriet� per la costruzione di una 

Chiesa, postlj. in un centro di case per ferrovieri al fine 

della soddisfazione delle esigenze spirituali e religiose 

dei propri dipendenti (n. 184). -IV) Se il personale in 

servizio sulle navi traghetto dello Stretto di Messina 

debba essere assicurato dall'Amministrazione Ferroviaria 

presso la Cassa Marittima Meridionale contro gli infor


tuni e le malattie (n. 185). -V) Se l'Amministrazione 

delle FF. SS. risponda della differenza tra il peso del 

carico, accertato alla partenza e il peso riscontrato allo 

arrivo, ove nessun ammanco si sia effettivamente veri


ficato (n. 186). -VI) Se la norma dell'art. 54 C. T. 

trovi applicazione nel caso di trasporti a carro (n. 186).


VII) Se le promozioni ad honorem degli agenti delle 

FF. SS. come disciplinate nel D. M. 9 giugno 1948 e nelle 

precedenti disposizioni, possano considerarsi come un 

vero e proprio sviluppo di carriera legato al ruolo (n. 187). 

-VIII) Se il beneficio della pl.'omozione ad honorem 

degli a.genti delle FF. SS. possa essere esteso agli agenti, 

ex esonerati politici, in sede di ricostruzione della car


riera (n. 187). 

GIUDIZIO CIVILE E PENALE. -Se la sentenza 
penale, la quale assolve l'imputato per insufficienza di 
prove sia preclusiva dell'azione civile tendente al risarcimento 
dei danni, ove questa si fondi su di una rigorosa 
disciplina della responsabilit� civile, come quella ex 
art. 2054 C. C., quando il dubbio, di cui alla sentenza 
stessa, verta sugli elementi subiettivi del reato, cio� 
sulla colpa (n. 3). 

GUERRA. -I) Se possa affermarsi il diritto dello 
Stato italiano e, per esso, dell'A.R.A.R., sui fortini 
ex tedeschi, edificati su terreni di propriet� privata 

(n. 121). -II) Se i principi di diritto comune in tema 
di accessione (art. 936 C. C.) si applichino ai bunkers 
ex tedeschi constituenti veri e propri mezzi bellici, edificati 
su terreni di propriet� privata (n. 121). -III) 
Se l'Amministrazione della Difesa pbssa considerarsi 
legittimata ad agire per l'esecuzione di un contratto, 
stipulato dalle Forze Armate Alleate per la bonifica di 
un campo minato (n. 122). -IV) Se lo Stato sia tenuto 
a provvedere alla bonifica di un fondo privato da ordigni 
esplosivi per effetto della deflagrazione di un deposito, 
provocata da fatto di guerra (n. 122). -V) Se 
il D. L. L. 12 aprile 1946, n. 320, concernente la bonifica 
dei c'tmpi minati, si applichi nel caso in cui, per effetto 
di evento di guerra, risultino interrati, in localit� non 
facilmente individuabile, ordigni esplosivi, la cui eliminazione, 
purrispondendo alle esigenze della pubblica incolumit�, 
ridondi anche a vantaggiq del privato proprietario 
e richieda gli accorgimenti propri della bonifica (n. 122). 
IMPIEGO PUBBLICO. -I) Se il periodo di servizio 
effettivo prestato in una categoria di personale, 
anteriormente alla data di decorrenz'.t dell'ammissione 
della categoria stessa all'Opera di Previdenza, possa 
essere computato ai fini della liquidazione dell'indennit� 
di buonuscita (n. 341). -II) Se, nel caso di passaggio 
ad una categoria iscritta all'Opera di Previdenza da 
epoca anteriore, possa l'interessato giovarsi della precedente 
iscrizione della cat~oria stessa, ai fini della liquidazione 
dell'indennit� di buonuscita (n. 341). -III) 
Se la sospensione obbligatoria del servizio dell'operaio 
colpito da mandato di cattura, ai sensi dell'art. 138 
del T. U. 31 novembre 1924, n. 2262, decorra dalla data 
di emissione del mendato o dalla data della notifica 
di esso (n. 342). -IV) Se l'efficacia retroattiva della 

. sospensione obbligatoria dal servizio dell'operaio colpito 
da mandato di cattura, ai sensi dell'art. 138 del T. U. 
31 novembre 1924, n. 2262, annulli i fatti verificatisi 
medio tempore, quali il servizio prestato e gli assegni 
percepiti in corrispettivo (n. 342). -V) Se possa procedersi 
a licenziamento di un operaio per essenza arbitraria 
per oltre 10 giorni, ove il medesimo si sia assentato 
mentre era colpito da mandato cli cattura (n. 342). VI) 
Se l'Amministrazione del Tesoro, per il cui tramite 
vengono effettuati i pagamenti delle altre Amministrazioni 
dello Stato, possa vantare diritto alcuno verso i 
beneficiari dei pagamenti stessi, ove questi siano stati� 
effettuati per somma superiore a quella dovuta, per 
errore o colpa dell'Amministrazione il!teressata (n. 343). 
-VII) Se l'cc Ente creditore" di cui all'art. 2 del l'. !J. 
639 del 1910 sia in ogni caso competente ad emett�re 
l'ingiunzione di pagamento (n. 343). VIII) Se l'Amministrazione 
dell'Interno sia competente ad emettere 
ingiunzione di pagemento per il recupero di assegni 
erroneamente corrisposti ad ex. impiegati (n. 343). 


-301


�. IMPOSTA DI REGISTRO. -I)� Se il particolare 
trattamento tributario di favore previsto dal R. D. L. 
1� luglio 1926, n. 1157 per alcuni tipi di concessioni, si 
applichi anche nel caso di proroga delle conc6ssioni originarie 
(n. 94). -II) Se il R. D. L. 15 novembre 1937, 

n. 1924, all. B, disponendo l'obbligo di denunciare, ai 
fini dell'imposta di registro, le convenzioni verbali di 
appalto, abbia assoggettato all'obbligo stesso anche le 
convenzioni verbali di trasporto (n. 95). -III) Se il 
contratto di trasporto possa assimilarsi, agli effetti 
tributari, a quello di appalto (n. 95). 
IMPOSTA SULL'ENTRATA. -I) Se possono coesistere 
trE!/ gli stessi soggetti le due ipotesi previste rispettivamente 
nel 2� e nel 3� comma :dell'art. 13 della legge 
19 giugno 1940, n. 762, nel senso, cio�, che vi possa essere 
un passaggio di merci a scopo di lavorazione, con contemporaneo 
mandato a vendere le merci lavorate in nome 
e per conto, o solo per conto, della ditta committente 

(n. 39). -II) Se, ammesso che tali rapporti coesistano, 
essi possano essere riferibili ad un Consorzio che provvede, 
a norma dello Statuto, alla filatura, torcitura ed, 
eventualmente, alla tessitura della seta ricavata dai 
bozzoli di scarto conferiti dai consorziati, ed altres� 
alla vendita del prodotto finito, per conto di questi 
ultimi, col successivo riporto degli utili netti, derivante 
dall'intera operazione (n. 39). 
IMPOSTE E TASSE. -I) Se l'art. 53 della nuova 
Costituzione abbia valore precettivo o soltanto direttivo 
(n. 220). -II) Se le esenzioni fiscali dalle imposte 
fondiarie, stabilite a favore dell'Opera Nazionale Combattenti, 
possano ritenersi abrogate per effetto dello 
art. 53 della nuova Costituzione (n. 220). -III) Se 
la Finanza possa attribuire un reddito, ai fini dell'applicazione 
dell'imposta fondiaria, diversamente dalle risultanze 
.dei dati catastali (n. 220). -IV) Se possa procedersi 
alla voltura di ufficio, oltre che nel caso di errore 
di registrazione (n. 220). V) Se le tasse maturate prima 
della conclusione del contratto di trasporto possano 
essere iscritte nella lettera di vettura e siano quindi a 
carico del destinatario (n. 221). -VI) Se le tasse dei 
Magazzini Generali possano essere considerate tasse 
tariffarie accessorie della Ferrovia mittente (n. 221). VII) 
Se l'imposta sul capitale estero, di cui all'art. 10 
del R. D. 30 dicembre 1923, n. 3280, sia applicabile a 
carico delle Societ� o C�mpagnie di Navigazione straniere, 
~ le cui navi fanno scalo nei porti italiani -le quali, 
peraltro, non costituiscono nello Stato una sede o una 
succursale o una filiale ma nominino semplicemente un 
agente marittimo generale o un raccomandatario (n. 222). 
-VIII) Se le leggi di proroga 'dei termini di prescrizione 
in materia tributaria siano applicabili alle infrazioni 
finanziarie costituenti reato (n. 223). -IX) Se 
le disciolte Associazioni sindacali fasciste siano tenute 
al pagamento d0ll'imposta di manomorta, fino alla loro 
definitiva liquidazione (n. 224). 

IPOTECA. -Se sia valida la concessione di ipoteca, 
deliberata dall'assemblea di una societ� in accomandita 
in liquidazione (n. 11). 

LOCAZIONE. -Se ed in quale caso possa il conduttore 
provvedere alle riparazioni urgenti e improrogabili 
necessarie per il ripristino degli stipiti di un immobile, 

locazione con contr�tto soggetto a proroga, procedendu 
poi al recupero delle relative spese nei confronti del locatore, 
mediante trattenuta sulla pigione (n. 74). 

LOTTO E LOTTERIE. -I) Se l'assegno vitalizio 
a carico dell'� Ente fondo per gli assegni vitalizi e straordinari 
al personale del lotto >>, negato alla vedova del 
ricevitore, perch� usufruisce di altra retribuzione a 
carattere continuativo, possa essere concesso a favore 
della figlia nubile, che ne faccia richiesta (non importa 
se maggiorenne o minorenne art. 107, lett. b) del R. D. L. 
19 ottobre 1939, n. 1933) (n. 11). -Il) Quale prescrizione 
si applichi alle rate scadute di detto assegno (11). 

NAVI. -I) Se l'imposta sul capitale estero di cui 

all'art. 10 del R. D. 30 dicembre 1923, n. 3280, sia appli


cabile a carico delle Societ� o Compagnie di Navigazione 
Straniere -le cui navi fanno scalo nei porti italiani '
le quali, peraltro, non costituiscano nello Stato, una 

sede o una succursale o una filiale ma nominino sempli


cemente un agente marittimo generale o un raccoman


datario (n. 58). -Il) Se ilpersonale -in servizio sulle 

navi traghetto dello Stretto di Messina debba essere 

assicurato dall'Amministrazione Ferroviaria presso la 

Cassa Marittima Meridionale contro gli infortuni e le 

malat~ie (n. 59). 

PESCA. -c:-I) Se una volta stabilite nel disciplinare 
di concessi0ne di derivazione d'acqua le clausole in 
favore della piscicultura, possa l'Autorit� concedente 

o il Ministero dell'Agricoltura imporre altri obblighi al 
concessionario (n. 2). -II) Se, in base al decreto di 
concessione di derivazione d'acqua, il concessionario 
acquisti un diritto reale all'uso dell'acqua (n. 2). -III) 
Se l'Autorit� che ha assentito la concessione di derivazione 
d'acqua possa procedere d'ufficio alla rivalutazione 
del contributo fissato nel disciplinare in una somma 
determinata; ~ favore della piscicultura, da versarsi una 
tantum (n. 2). 
PREVIDENZA ED ASSISTENZA. -I) Se il periodo 
del servizio effettivo prestato in una categoria di 
personale, anteriormente alla data di decorrenza della 
ammissione della categoria stessa all'Opera di Previdenza, 
possa essere computato ai fini della liquidazione 
dell'indennit� di buonuscita (n. 2). -II) Se, nel caso 
di passaggio ad una categoria iscritta all'Opera di Previdenza 
da epoca anteriore, possa l'interessato giovarsi 
della precedente iscrizione della categoria stessa, ai fini 
della liquidazione dell'indennit� di buonuscita (n. 2). 

PREZZI. -I) Se possa procedersi alla revisione 
dei prezzi di. un contratto di appalto, in cui sia inserita 
una chusola affermante la invariabilit� dei prezzi stessi 
e sia omess!'L, invece, la clausola di revisione dei prezzi 

(n. 16). II) Se sia ammissibile il ricorso alla procedura 
arbitrale in materia di revisione di prezzi di pubbliche 
forniture, ove non esista una specifica ed autonoma 
clausola compromissoria (n. 17). 
PROCEDIMENTO PENALE. -I) Se, qualora in 
un procedimento penale il giudice, risultando dal dibattimento 
che il fatto � diverso da quello per cui l'imputato 
� stato rinviato a giudizio, pronunzi ordinanza di 
trasmissione degli atti al P. M., a norma dell'art. 477 
(ultimo comma) C. P. P. e il processo torni nella fase 


-302 


istruttoria, rimangono invalidati l'atto contenente H 
fatto addebitato (sentenza del G. I. di rinvio a giudizio 

o richiesta del P.M. di citazione a giudizio) e il decreto 
di citazione che si basi su di esso (n. 3). -II) Se, nel 
caso in cui siano contestati diversi fatti, costituenti 
distinte ipotesi delittuose e la trasmissione degli atti al 
P. M. avvenga non per tutti ma per uno o pi� fatti soltanto, 
la sentenza di rinvio a giudizio o la richiesta di 
ci ta.zione a giudizio ,rimangono validi per i capi d'imputazione, 
per i quali non s� sia riscontrata diversit� fra 
il fatto contestato ed il fatto risultato ma non si sia 
giudicato per ragione di connessione o per altro motivo 
(n. 3). -III) Se, nel caso in cui il procedimento penale 
ritorni nella fase istruttoria a seguito di trasmissione di 
tutti gli atti al P. -M. a norma dell'art. 477 (ultimo 
comma) C.,P. P., il provvedimento di sospensione dalla 
carica di Sindaco, adottato ai sensi dell'art. 149 (59 
comma) del T. U. 4 febbraio 1915, n. 148, debba esse11e 
convocato (n. 3). 
RAPPORTI DI LAVORO. -I) Se il divieto di cui 
all'art. 2127 C. C., operi solo quando si ravvisi la 
figura del dipendente, legato da rapporto di lavoro, e 
interposto tra il datore di lavoro e i lavoratori (n. 25). II) 
Se il principio dell'art. 2127 G. C. possa applicarsi 
ove non vi sia una impresa, ma un lavoro affidato 
forse pure a cottimista, da chi non sia imprenditore, per 
proprio conto e nel proprio interesse (n. 25). 

REGIONI. -I) Se la domanda di concessione di 
grande derivazione d'acqua nel territorio della Regione 
Siciliana debba essere pubblicata, oltre che nella 3a 
parte della G. U. della Regione stessa, anche nella G. U. 
della Repubblica (n. 43). -II) Se la pubblicazione di 
detta domanda nella 2a parte della G. U. della Regione 
Siciliana possa tener luogo della pubblicazione nella 

G. U. della Repubblica (n. 43). 
RESPONSABILIT� CIVILE. -I) Se la sentenza 
penale, la quale assolve l'imputato per insufficienza di 
prove, sia preclusiva dell'azione civile tendente al risarcimento 
dei danni, ove questa si fondi su di una rigorosa 
disciplina della responsabilit� civile, come quella ex 
art. 2054 C. C., quando il dubbio, di cui alla sentenza 
stessa, verta sugli elementi subiettivi del reato, cio� 
sulla colpa (n. 140). -II) Se sia applicabile l'art. 2046 

C. C. quando il minore sia stato vittima di un fatto dannoso 
a cagione in parte della sua imprudenza, in parte 
dal fatto illecito altrui (n. 140). -III) Se la rovina di 
un pezzo di cornicione di un palazzo demaniale, assegnato 
in uso gratuito ad un ente pubblico, sia regolata, 
agli effetti della responsabilit�, dalla norma dell'art. 2051 
o da quella dell'art. 2053 e.e. (n. 141). 
RICORSI AMMINISTRATIVI. -I) Se sia ammessa 
l'assistenza e la rappresentanza legale del ricorrente da 
parte di un procuratore legale nei ricorsi amministrativi, 

proposti alla stessa autorit� che ha emanato il provvedimento 
impugnato, e a quella gerarchicamente superiore 

(n. 3). -II) Se sia ammessa l'autenticazione della 
firma del ricorrente, nei casi di cui sopra, da parte del 
procuratore legale (n. 3). � -III) Se la del�ga, erroneamente 
conferita, apposta in calce al ricorso, e l'autenticazione 
della firma del ricorrente effettuate dal procuratore 
legale, inficino il ricorso, regolarmente firmato 
dalla parte (n. 3). -IV) Se l'autenticazione della 
firma del ricorrente, effettuata dal procuratore legale, 
integri gli estremi di alcun reato penalmente perseguibile 
(n. 3). 
SINDACATI. -Se, in pendenza delle operazioni 
di liquidazione, sussista la personalit� delle aisciolte 
Associazioni Sindacali fasciste, sia pure al limitato fine 
delle operazioni suddette (n. 21). 

SPESE GIUDIZIALI. -I) Se il credito dello 
Stato per spese di giustizia costituisca un'obbligazione 
civile pecuniaria, i cui interessi sono soggetti alla prescrizione 
quinquennale (n.' 8). -II) Se la liquidazione 
degli interessi inerenti alle spese di giustizia possa farsi 
integralmente nei confronti del debitore, salvi gli effetti 
della prescrizione (n. S). 

STRADE. -Se la norma. di cui all'art. 1 (penultimo 
cpv.) del R. D. 8 dicembre 1933, n. 1740, possa ritenersi 
applicabile nel caso di costruzioni eseguite in prossimit� 
di un incrocio di strada statale con strada comunale 

(n. 7). 
.TRASPORTO. -I) Se le tasse maturate prima 
della conclusione del contratto di trasporto possano 
essere iscritte nella lettera di vettura e siano quindi a 
carico del destinatario (n. 27). -II) Se le tasse dei 
magazzini Generali possano essere � considerate tasse 
tariffarie accessorie della Ferrovia mittente (n. 27). III) 
Se il R. D. L. 15 novembre 1937, n. 1924, all. B, 
disponendo l'obbligo di denunciare, ai fini dell'imposta 
di registro, le convenzioni verbali di appalto, abbia 
assoggettato all'obbligo stesso anche le convenzioni 
verbali di trasporto (n. 28). -IV) Se l'obbligo della 
denuncia delle convenzioni verbali .di trasporto sussista 
unicamente quando il rapporto contrattuale, avente per 
oggetto un impegno a fermo e 1'1 cui esecuzione avvenga 
in tempi diversi attraverso la reintegrazione delle prestazioni, 
presupponga un'apposita organizzazione da parte 
dell'impresa trasportatrice con il conseguente rischio 
dell'impresa stessa (n. 28). -V) Se il contratto di 
trasporto possa 'assimilarsi, agli effetti tributari, a quello 
di appalto (n. 28). -. VI) Se l'Amministrazione delle 
FF. SS. risponda della differenza tra il peso del carico, 
accertato alla partenza e il peso riscontrato all'arrivo, 
ove nessun ammanco si sia effettivamente verificato 

(n. 29). -VII) Se la norma dell'art. 54 C. T. trovi 
applicazione nel caso di trasporti a carro. (n. 29).