ANNO VI -N. 11-12 NOVEMBRE-DIOEMBRE 1953 RASSEGNA MENSILE DELUAVVOCATURA DELLO STATO PUBBLICAZIONE DI SERVIZIO SOMMARIO I. ARTIOOLI ORIGINALI , Del regolamento di giurisdizione con particolare riferimento ad alcuni recenti orientamenti giurisprudenziali, dell'avv. B. BACOARI, p. 261-267. II. NOTE DI DOTTRINA 1) S. LESSONA: La Giustizia amministrativa, recensione critica dell'avvocato s. F ARANDA, p. 268-271. 2) A. SANTORO: L'esecuzione penale, recensione critica dell'avv. F. CmAROTTI, p, 271-273. III. RAOOOLTA DI GIURISPRUDENZA 1) Amministrazione dello Stato -Ufficio Stralcio per la liquidazione delle associazioni sindacali fasciste -Rappresentanza e difesa in giudizio, p. 274-275. 2) Amministrazione pubblica -Atto amministrativo -Pena pecuniaria per violazioni valutarie, p. 275-278. 3) Cassazione -Ricorso contro decisione della Commissione Centrale Imposte dirette -Termine per la notifica, p. 278. 4) Consiglio di Stato -Decisione su ricorso ex art. 27 n. 4 del T. U. 26 giugno 1924, n. IOe-4 -Esecuzione del giudicato amministrativo -Estensione al decreto del Capo dello Stato che decide ricorso strll-ordinario, p. 278-280. 5) Espropriazione per pubblica utilit� -Concordato sulla indennit� -Impugnazione -Termini, p. 280. 6) Impugnazione in sede civile -Morte della parte dopo la pubblicazione della sentenza -Appalti pubblici -Risoluzione del contratto a sensi della legge 28 novembre 1940, n. 1772 -Valutazione del materiale in cantiere, p. 280-283. 7) Notificazione -Foro erariale -Applicabilit� anche nei confronti di Amministrazioni pubbliche non statali, p. 283. 8) Prescrizione -Prescrizione del diritto al risarcimento del danno -Decorrenza in caso di estinzione del reato per amnistia, p. 283-284. IV. ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI DELLE OORTI DI MERITO l) Omicidio e lesioni colpose -Esercitazioni e dimostrazioni di lancio di bombe -Ordine legittimo del superiore, p. 285. 2) Imposta generale sull'entrata -Violazione -Misure cautelari ex art. 26 legge 7 gennaio 1929, n. 4 -Crediti garantiti da dette misure, p. 286-288. 3) Requisizioni -Occupazioni dipendenti da titolo non locativo di natura temporanea -Controversie, p. 288. V. SEGNALAZIONI DI DOTTRINA E GIURISPRUDENZA, p. 289-296. VI. RASSEGNA DI LEGISLAZIONE, p. 297. VII. INDICE SISTEMATIOO DELLE OONSULTAZIONI, p. 298-302. ANNO VI -N. 11-12 ~OVEMBRE-DICEMBRE 1953 -----------�---- --------------- RASSEGNA� MENSILE DELL' AVVOCA1,URA DELLO STATO PUBBLitJA.ZIONE DI SERVIZIO DEL REGOLAMENTO DI GIURISDIZIONE CON PARTICOLARE RIFERIMENTO AD ALCUNI RECENTI ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI SOMMARIO. -Premessa -Natura giuridica -Soggetti ed oggetto -Funzione -Condizioni -Forme -Effetti. PREMESSA. La vastit�. del tema, che ci siamo proposti di prendere in esame, impone per se stessa dei limiti. Intendiamo fissarli in una breve premessa che yuole anche costituire uno schema della indagine'. Dell'istituto considereremo la natura giuridica i soggetti e l'oggetto del relativo rapporto proc~ssuale, la funzione, le condizioni e le forme, nonch� gli effetti, accennando ad alcune questioni, che si son po~te e si van ponendo in merito, alla luce soprattutto, dei pi� recenti orientamenti giurisprudenziali. Non terremo conto, invece, almeno ex professo, degli altri mezzi processu�li, con i quali pure la Corte Suprema pu� essere investita delle questioni di giurisdizione e, cio�, del normale ricorso per Cassazione contro la sentenza dei "giudici ordinari (art. 360 c.p.c. n. 1) o dei giudici speciali (art. 362 c.p.c. primo comma) e del ricorso per cassazione, non soggett_o a termine, per la soluzione dei conflitti positivi o negativi di giurisdizione tra giudici speciali o tra questi e giudici ordinari o dei conflitti, cosidetti di attribuzione, tra la pubblica Amministrazione ed � il giudice ordinario (art. 362 c.p.c. secondo comma). Del regolamento di giurisdizione, infatti, tratteremo come mezzo per ottenere preventivamente . uua statuizione della Corte Suprema sulla giurisdizione, non come effetto della statuizione della C?rte Suprema stessa, che �, indubbiamente, quello d1. regolare la giurisdizione, anche se le questioni re.lative sono portate alla cognizi�ne di essa con il ricorso ordinario o con quello speciale, di cui si � detto. Adottando tale pi� ristretta accezione rimarremo aderenti anche alla terminologia del legislatore. Natura giuridica del regolamento di giurisdizione. La sistemazione, che normalmente suole darsi al regolamento di giurisdizione, � tra i mezzi di impugnazione; ma, mentre � esatto considerare mezzo d'impugnazione il ricorso ordinario, che tende a far regolare la giurisdizione, non altrettanto pu� dirsi del ricorso speciale, per le peculiarit�., che lo caratterizzano, data la situazione processuale anormale contro cui si rivolge, e sopratutto dell'istituto, che esaminiamo. In particolare, il regolamento preventivo di giurisdizione non postula la esigenza di un provvedime: .to giurisdizionale; mentre appunto perch� si possa parlare di impugnazione, in senso processuale, � necessaria la esistenza di un siffatto provvedimento, contro il quale il gravame si rivolga. � vero, come vedremo, che il regolamento potrebbe essere esperito anche quando fosse intervenuta una sentenza, sempre che la causa non sia decisa nel merito in primo grado o, anche, in ogni stadio �e grado del giudizio, nell'ipotesi prevista dal secondo comma dell'art. 41 c.p.c.; ma basterebbe considerare che la esistenza di un provvedimento giudiziale non � essenziale, anzi � eccezionale ed ha comunque carattere accidentale, per escludere che l'istituto in esame abbia la natura di un mezzo di impugnazione. � Si dir� di pi�: anche� nelle ipotesi ora accennate non sembra che il regolamento vada diretto contro la sentenza, poich~ la legge nessuna distinzione pone, limitandosi a non escluderne l'esperibilit�., a seguito della pronuncia di una sentenza con determinati caratteri. Quanto si � osservato consente di non frazionare l'istituto, permettendo di attribuirgli un'unica natura giuridica, in qualsiasi ipotesi. Non mezzo di impugnazione, adunque, e mai, nonostante tale qualifica sia talvolta impropriamente usata in qualche sentenza (v. per� Cass: S. U. 14 maggio 1949 in � Giur. Compl. Cass. _Civ. �, 1949, II, 370), ma quella di istituto processuale sui generis, con carattere sempre facoltativo (Cass. 7 giugno 1950 in �Mass. G. I.�, 1950, 360) diretto a prevenire interferenze tra i poteri dello Stato ed a consentire, con economia di. giudizi, l� certezza del diritto di cui il processo � strumento essenziale. � ' Soggetti ed oggetto. Lo esperimento del regolamento di giurisdizione presuppone un giudizio in corso, e, quindi, uh rapporto processuale gi� instaurato (1): normalmente, (1) Riteniamo che il rapporto processuale non debba ess~r~ nullo, o, in altri termini che la questione sulla validit� del rapporto processuale sia preliniinare rispetto alla questione di giurisdizione. -262 tutte e sole le parti (1) di questo rapporto e di quelli relativi a cause inscindibili sono legittimate (legitimatio ad processum) e proporre il regolamento di giurisdizione; una posizione speciale � riservata alla Pubblica Amministrazione, che non si:;i, parte in causa attraverso alcuno dei propri uffici, la quale, a mezzo del prefetto, con le condizioni e le forme, che si esamineranno, pu� chiedere che sia dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario a causa dei poteri attribuiti dalla legge alla Amministrazione stessa. Giudice per la soluzione delle questioni proposte con il regolamento di giurisdizione �, sempre e solo la Corte Suprema di Cassazione, che-decide a sezioni unite, con la presenza cio� di quindici membri. L'oggetto del rapporto processuale (2) posto con il regolamento di giurisdizione pu� essere vario: la qualificazione ci viene offerta dallo stesso articolo 41 che lo determina indicando le questioni di giurisdizione, di cui allo art. 37, e, cio�, il difetto di giurisdizione del giudice ordinario nei confronti dei giudici speciali o della pubblica Amministrazione, da un lato, e nei confronti dello straniero, dall'altro. Precisiamo subito che non intendiamo affrontare in questa sede, le questioni di giurisdizione sopra accennate dal punto di vista dei rapporti tra le varie funzioni e nell'ambito della giurisdizione tra giudici ordinari e speciali, o tra giudici speciali, ovvero tra giudici italiani e stranieri, essendo .il nostro esame strettamente limitato all'istituto pro cessuale del regolamento preventivo di giurisdizione. Riteniamo invece di dover accennare ad alcune questioni, essenzialmente processuali, che si di battono sull'argomento. Tra queste la pi� importante e certo la pi� dibat tuta � se sia o meno esperibile il regolamento di giurisdizione, quando il giudizio sia stato intra preso davanti ad un giudice speciale ovverosia quando esso tende a far dichiarare il difetto di giurisdizione del giudice speciale, nel senso che nes sun giudice pu� pronunciarsi sulla domanda, o, nel senso che su di essa pu� pronunciarsi solo il giu dice ordinario, ovvero altro giudice speciale (3 ). I termini della questione sono ben noti perch� (1) Salvo, beninteso il giudice, che non � parte del rapporto processuale, anche se pu� considerarsi uno dei termini del rapporto stesso: non � mai infatti ammissibile la proposizione del regolamento di giurisdizione ex officio (Cass. 28 febbraio 1950, in cc Mass. Foro Ital. n, 1950, 110 e 21 giugno 1952, ivi 1952, 438). (2) Intendiamo per oggetto del rapporto processuale la domanda, ovverosia la causa, in senso tecnico, il thema decidendum, cio�, che si propone al giudice. (~) La differenza tra le varie ipotesi � profonda, ma per quel che interessa, non � necessario mantenere la distinzione: primo perch� per la legge, siamo sempre nell'ambito del difetto di giurisdizione (anche se pu� ad altri fini essere opportuno distinguere tra questioni di giurisdizione, in senso stretto o relativo, e quelle che la stessa legge, talvolta, chiama questioni di attri� buzioni, o assolute; poi, perch�, in relazione alla giurisdizione di altro giudice speciale, riteniamo essenziale la considerazione che, a differenza di quanto avviene per i giudici ordinari, ai giudici speciali non spetta altra giurisdizione all'infuori di quella positivamente, e sia pure in via generale (v. art. 103 Costituzione), determinata dalla legge, e conseguentemente che si tratti sempre di una questione di giurisdizione e non mai di competenza. di essi si � ampiamente occupata questa Rassegna. Per la soluzione negativa sia nei riguardi di tutti i giudizi speciali, sia, specialmente, per il Consiglio di Stato � tenacemente schierata la giurisprudenza di questo Consesso, (0.d.S. Sez ..V, dee. 18 giugno 1948, in cc Rassegna di dir. pubbl. �, 1949, II, 694; O.d.S. Sez. V, dee. 8 gennaio 1949, ivi 1950, II, 72; O.d.S. Sez. IV dee. 17 giugno 1949, in cc Foro Ital.>i, 1950, III, 177; O.d.S. Sez.-VI dee. 17 ottobre 1950, in cc Foro Amm. �, 1950, I, 3,60 ed una parte della dottrina (1 ); per la soluzione positiva, dopo una sola pronuncia contraria (Oass. S.U. 24 marzo 1943 in cc Foro Ital. n, 1943, I, 569) la giurisprudenza della Corte Suprema, ormai consolidata (Cass. S.U. 31 luglio 1947, in cc Foro Ital. n, 1947, I, 709; Cass. S.U. 25 maggio 1949, in cc Giur. Compl. Cass. Civ.�, 1949, III quadr. 1659; Cass. S.U. 6 dicembre 1948, in cc Foro Amm. n, 1949, I, 1, 65; Cass. S.U. 20febbraio1951, in cc Foro Amm. n, 1951, II, 1, 81; Cass. S.U. 5 maggio 1952, in cc Mass. Foro Ital. �, 1952, 310 e da ultimo Cass. S.U. 15 gennaio 1953, in cc Giur. Ital. n, 1953, I, 93) ed altra parte della dottrina (2). In uno scritto su questa Rassegna -al quale rimandiamo il lettore -gi� il di Ciommo ebbe ad occuparsi dell'argomento ed ader� alla tesi della ammissibilit� confutando, in modo molto convincente e piano, i vari argomenti, che i sostenitoi'i dell'altra tesi adducevano: da quello letterale, che iu una pi� recente formulazione � arrivato finanche a fondarsi sulla dizione dello art. 367 c.p.c. (che dispone il deposito cc nella cancelleria �) � quello storico. Da tale soluzione della ammissibilit� non sentiamo di doverci allontanare. Richiede, invero, la adesione ad una tesi siffatta la necessit� di una interpretazione estensiva della legge, ma � appunto la interpretazione, nelle sue varie forme, e con i suoi vari risultati, la funzione e l'obbiettivo dell'interprete. E la interpretazione, alla stregua anche dei principi informatori del nuovo codice di procedura civile, affermati nella stessa relazione, con un valore che trascende la mera dichiarazione programmatica (v. pure art.65 dello ordinamento giudiziario e 111 della Costituzione), e realizzati nelle varie disposizioni (v. art. 362 c.p.c.) non pu� che essere estensiva, nulla vietando, di massima, la applicazione, nella specie, di tale risultato interpretativo. I pretesi inconvenienti teorici e pratici, addotti per confutare la ammissibilit� in questi casi del regolamento preventivo di giurisdizione, a parte (1) BRACCI, cc Riv. di dir. proc. civ.>>, 1941, I, 190 e seguenti; ZANOBINI, cc Foro Amministrativo n, 1942, IV, 7 e seguenti; BRUNELLI, cc Riv. di dir. pubbl. n, 1943, II, 387; BENVENUTI cc Giur. ital. �, 1950, IV, p. 1 e seguenti; TENTOLINI, cc Foro Ital. �, 1950, III, 1 77; impl. AzzARITI, cc Foro Ital. �, 1941, IV, 36; e, GurnCIARDI, cc La Giustizia Amministrativa�, 1953, p. 248249 e 470-71; ANDRIOLI, Comm. II, 361; v. pure per un'ampia esposizione della tesi seguita. dal C. d. S. la relazione del Consiglio di Stato per gli" anni 1946, 1950. (2) LESSONA, (( Riv. di dir. proc. �, 1942, I;-22�0 seguenti; SATTA, cc Dir. proc. civ.�, 1948, 31; D'ALESSIO, cc Dir. Amm. n, 1949, II, 666; DI CIOMMO, cc Rass. Avvocatura Stato�, 1949, p. 201 e seguenti; GISMONDI, cc Foro Amm. �, 1940, I, 1, 358 e seguenti; PocHERRA, cc Rivista di dir. proc. �, 1950, II, 198. EuLA, Requisitoria in cc Giur. Ital. �, 1953, I, 93. -263 lo scarso valore interpretativo, che agli inconve nienti pu� attribuirsi, (1), non sussistono, o, co munque, non sono tali da impedire la estensione di un istituto, la cui natura e la cui funzione, che appresso esamineremo, esigono la applicazione an che alle giurisdizioni speciali (2). Resta ora da esaminare quale � l'oggetto del regolamento di giurisdizione proposto dalla Am ministrazione, che non sia parte in causa (art. 41 c.p.c., secondo comma). Indubbiamente � il difetto di giurisdizione del giudice ordinario a causa dei poteri attribuiti dalla legge alla Amministrazione stessa, per espressa ipotesi legislativa. Potrebbe avere ad oggetto una questione di difetto di giuri sdizione del giudice ordinario nei confronti del giu dice speciale~ O, anche del giudice speciale nei confronti del giudice ordinario, o di altro giudice . speciale, o a causa dei poteri della legge attribuiti alla Amministrazione stessa ~ Secondo taluni (3) il quesito non sarebbe confi gurabile, in quanto in tutti questi casi la .Ammini strazione non potrebbe non essere parte in causa. Senza voler qui discendere alla esemplificazione, noi riteniamo che, almeno nella sua genericit�, una tale affermazione non sia esatta, pur ammet tendo che norma]mente ci� accadr� (4). (1) Trattasi, alle volte, di jnconvenienti (quali, ad esempio, la opJ crtunit� di una doppia pronuncia nella materia, che interessa), che sussisterebbero per il regolamento preventivo anche in relazione ad una causa pendente davanti ai giudici ordinari, e, dai quali, per ipotesi, l'istituto in esame, prescinde. (2) V. Di CIOMMO, op. e lpco cit. (3) GIUDICEANDREA, Le impugnazioni civili, 1952, 18. (4) Conforme, D'ALESSIO, op. e loco cit., che afferma esplicitamente quanto noi riteniamo e impl.. ZANOBINI, AzzARITI e BRACCI, ,op. e loco cit., i quali, per�, sono, in concreto, contrari a qualsiasi estensione dello istituto, previsto dal secondo comma dell'art. 41 c.p.c. oltre il caso espressamente previsto dalla legge. V. pure RANELLETTI; Le guarentigie della Pubblica Amministrazione, p. 520-521; MANCA, �Riv. di Dir. Pubbl. >>, 1932, I, 105 e CAMMEO, �Commentario >>, p. 924. Questi ultimi �fanno riferimento ad una questione, un tempo, molto discussa in dottrina ed in giurisprudenza (v. Cass. 28 febbraio 1928., in �Foro !tal. �, 1928, I, 729), relativa alla esperibilit� del regolamento da parte della Pubblica Amministrazione, non parte in causa, per far dichiarare il difetto di giurisdizione del giudice ordinario nei confronti del giudice speciale, questione oggi risolta dal nuovo codice di procedura civile (ZANOBINI; Corso di dir. amm.vo, 1949, vol. II, p. 309) in senso negativo, come sosteniamo nel testo. Resta pur sempre, per�, la possibilit� di un giudizio davanti alle giurisdizioni speciali, in cui la Pubblica Amministrazione non sia parte in causa. Anche accogliendo il concetto pi� vasto di Pubblica Amministrazione, facendovi rientrare tutti gli enti pubblici diversi dallo Stato, negando quindi la possibilit� di applicazione del mezzo previsto dal secondo comma dell'art. 41 c.p.c., quando uno qualsiasi di questi enti sia parte per quanto la questione potrebbe non essere pacifica: v. Cass. Roma, 5 gennaio 1882; in �Foro !tal. �, 1882, I, 524; i limiti del presente studio impediscono, per�, di esaminare gli aspetti) bisogna .pur sempre considerare che, almeno, allo stato attuale della legislazione, le giurisdizioni speciali non sono soltanto quelle amministrative, anche se queste sono, di gran lunga le pi� numerqse e le pi� importanti, e che anche davanti ad esse � pur sempre possibile ipotizzare un giudizio in cui la Pubblica Amministrazione non sia parte in causa (contra ZANOBINI, Corso cit., vol. II, p. 112): un esempio, anche nella legislazione vigente, potrebbe essere costituito dalle controversie tra ricevitori ed esattori e simili davanti alla Corte dei Conti. Rileviamo, per�, subito che lei argomento letterale desumibile dalla contrapposizione della dizione usata nel secondo comma rispetto a quella usata nel primo pu� valere ad escludere la applicabilit� del mezzo, di cui si tratta, per le qu�stioni attinenti al difetto di giurisdizione del giudice ordinario Iiei confronti di quello speciale, difetto alla cui rilevabilit� potrebbe esser stato considerato sufficiente dal legislatore l'interesse delle parti, dato anche, sopratutto, il minore interesse della Pubblica Amministrazione a far rilevare un siffatto difetto di giurisdizione: a fortiori, altrettanto deve dirsi per il quesito riguardante l'ipotesi inversa (difetto di giurisdizione del giudice speciale nei confronti del giudice ordinario, o anche di altro giudice speciale). E, d'altra parte, nell'interpretare il comma secondo dell'art. 41 bisogna pur sempre tener� conto della eccezionalit� di un mezzo processuale posto a disposizione di un soggetto, che � terzo rispetto alla causa di merito, sia esso pure la Pubblica Amministrazione. Questa ultima considerazione non ci impedisce per� di ritenere, interpret�ndo estensivamente il secondo comma dell'art. 41. c.p.c., la esperibilit� del regolamento preventivo di giurisdizione da parte della Pubblica Amministrazione, che non sia parte in causa, per far dichiarare il difetto di giurisdizione del giudice speciale a causa dei poteri attribuiti dalla legge alla Amministrazione stessa, per quanto trattasi di ipotesi meramente teorica (la stessa rarit� della applicazione del mezzo in questione nella ipotesi espressamente prevista dal secondo comma dell'art. 41 c.p.c. ne � conferma). Comunque, in una ipotesi siffatta, non sarebbe valido l'argomento letterale, di cui si � detto poco prima e varrebbero in pieno tutti i motivi addotti per sostenere l'ammissibilit� del regolamento di giurisdizione, in via preventiva, davanti ai giudici speciali, esperito dalle parti in causa, senza che vi siano, nella specie, altri particolari argomenti per contestare quanto sosteniamo. Oggetto, infine del regolamento di giurisdizione pu� essere una questione attinente alla giurisdizione rispetto allo straniero. Vedremo trattando delle condizioni alcune caratteristiche dell'istituto in esame, quando ha ad oggetto una siffatta questione di giurisdizione. Osserviamo, intanto, per concludere su questo punto, che non � questione di giurisdizione quella, cui pu� dar luogo l'attribuzione ad arbitri di determinate controversie, poich� gli arbitri non costituiscono una giurisdizione speciale (1) bens� una giurisdizione costitutiva (2), o,. meglio, come taluno (3), efficacemente, li ha denominati, ausiliari del giudice. Non sar� dunque ammissibile in ipotesi del genere il regolamento preventivo di giurisdizione, trattandosi di una mera questione di competenza (Cass. 12 gennaio 1950, in cc Giur. Ital. 1951, I, 1, 236; Cass. 23 luglio 1952 in <<Mass. Foro Ital. �, 1952, 544). (1) Beninteso, quando si tratti di arbitrato e non di giurisdizione speciale: per la distinzione v. CALAMANDREI; Istituz. di dir. proc. civ., vol. II, p. 178 e ZANOBINI, Corso cit., vol. II, p. 302 e bibliografia ivi citata. (2) GIUDICEANDREA, op. cit., P� 6; ZANZUCCHI : Diritto processuale civile, I, p. 31. (3) CALAMANDREI, op. e loco cit. 264 Funzione del �regolamento di giurisdizione. Da quanto abbiamo detto sin qui evidente appare la funzione del regolamento di giurisdizione; esso tende ad ottener.e una pronuncia della Suprema Corte sulle questioni di giurisdizione, che il<: possono essere l'oggetto, in via preventiva. In tal modo, i soggetti legittimati ad esperirlo conseguono lo scopo di efiminare ogni incertezza sulle questioni di giurisdizione, relative ad un determinato processo, evitando di dover prima attendere lo' sviluppo, eventualmente -complesso, nelle varie fasi, con i relativi possibili pregiudizi, per poi ottenere magari una pronuncia, che dichiara il loro errore, e li costringe, se del caso e se ancora possibile, ad instaurare ex novo, dopo aver atteso un periodo di tempo variabile, ma sempre purtroppo lungo, a ricominciare da capo davanti alla Autorit� competente! Funzione, quindi, che vuol realizzare una semplificazione delle forme processuali, una migliore realizzazione della giustizia sostanziale, fornendo ai legittimati uno strumento che consente la maggior celerit� possibile per la realizzazione dell'interesse sostanziale, raggiungendo, nel contempo, una economia di giudizi,. Condizioni per la ammissibilit� del regolamento di giurisdizione. Condizione essenziale per la ammissibilit� del regolamento di giurisdizione � che vi sia un rapporto processuale (1) e che sulla domanda non si�vi pronuncia alcuna di merito. Dal momento della proposizione della domanda (2) �, dunque, proponibile dai legittimati il regol~ mento di giurisdizione (3) e fino a che non. ci sia una pronuncia di merito. Su questa espressione della leggl;l� varie questioni interpretative si sono agitate; da alcuni si � sostenuto che anche una pronuncia sulla giurisdizione, implicando l'esame del merito, . sia preclusiva per la proposizione del regolamento. Noi riteniamo, aderendo alla giurisprudenza (S.U. 23 aprile 1949 in cc Mass. Giur. Ital. �, 1949, 257; Cass. 18 gennaio 1950, ivi, 1950, 36; Cass. 8 agosto 1952, in cc Mass. Foro Ital. ))' 1952, 607; Cass. 8 maggio 1953, in cc Mass. Foro Ital. ))' 1-953, 262; Cass. 24 giugno 1953, in cc Mass. Giur. Ital. ))' 1953, 427) che la priorit� logica della giu:-( �)' Dunque, anche se il processo sia stato cancellato Elal ruolo finch� non sia estinto ed anche successivamente alla pubblicazione della sentenza, sempre che sussistano le condizioni di cui nel testo. (2) Sulla applicabilit� dell'Ist�tuto a( procedimenti speciali v. su questa Rassegna, 1950, p. 215 e seguenti, l'interessantissima nota di A. C. :, (3) Il BRACCI, op. e loco cit., ritiene che la proposiizione. del regolamento sia, possibile dalla iscrizione a ruolo sulla causa. Non vediamo per� come ci� possa giustificarsi teoricamente se il rapporto processuale deve ritenersi instaurato sin dalla proposizione della domanda e cio�, normalmente, dalla notifica dell'atto -introduttivo. risdizione rispetto al merito e la diversit� dell'esame da condurre per decidere su una questione di giurisdizione o sulla sussistenza in concreto delle condizioni della azione, (art. 386 c.p.c.) conducano ad escludere siffatta preclusione: in ci� � concorde buona parte della dottrina (1). Altro, per�, � a dirsi se la causa sia stata decisa sempre solo in ordine alla giurisdizione anche in secondo grado (Cass. S.U. 25 marzo 1953, in cc Giur. Ital. ))' 1953, I, 1, 567) poich�, infatti, in tal caso, la natura stessa e, ancor pi�, la funzione dello istituto, quale lo abbiamo delineato, ne escludono la applicabilit� (2): in tal caso (v. sent. ora citata), la Corte Suprema, sempre esattamente ricercando, al di sopra del formalismo, la volont� delle parti per realiz. zare, fin che � possibile, �1a giustizia sostanziale ha ritenuto che la domanda proposta per il regolamento di giurisdizione possa valere come ricorso ordinario per motivi attinenti alla giurisdizione. � ovvio poi che se si forma il giudicato sulla � giurisdizione il regolamento non � pi� ammissibile (Cass. S.U. 23 aprile 1949, 18 gennaio 1950; 8 agosto 1952, 8 maggio 1953 gi� cit. e Cass. S;U. 16 aprile 1952 in <<Mass. Foro Ital. )J, 1952, 246 ). Infatti, se in primo grado viene pronunciata una sentenza, sia essa definitiva o parziale, sulla giurisdizione, mentre alle parti legittimate non �, perci�, inibito di proporre il regolamento di giurisdizione, � consentito altres� la proposizione del gravame: anzi se, in pendenza del termine per proporre il gravame viene proposto il regolamento di giurisdizione, detto termine resta sospeso in attesa della decisione sul ricorso per regolamento, come resta sospeso il giudizio di secondo grado, se il ricorso viene proposto dopo la instaurazione del giudizio di impugnazione (3 ); ma, una volta intervenuta scadenza del termine per la proposizione del gravame, senza che sia stato proposto il regolamento di giurisdizione, il giudicato impedisce di riporre in discussione la giurisdizione, sia pure con il (1) AzzARITI, op. e lqco cit. (se il giudice ha pronunciato sulla giurisdizione tanto pu� proporsi appello che regolamento di giurisdizione; SATTA, op. e loco cit.; ZANOBINT, in cc Foro Amm. �, cit.; FAZZOLARI, in cc Giurisprudenza compl. Cass. '" 1945, I, 62 e 1946, I, 161; ANDRIOLI, Comm. cit. Contra: .CHIOVENDA, cc Istit. >>, 1953, I, 162; ZANZUCCHI, cc Dir. proc. civ. '" vol. I, p. 45; BRACCI, op. cit., p. 194; v. pure N. G. in questa Rassegna, 1949, p. 212 e seguenti; EULA, requis. cit. Una posizione singolare di fronte alla questione assume il REDENTI, cc Dir. proc. civ. >>, vol. I, p. 41 e seguenti, il quale intende che cc decisione nel merito� vada interpretata nel senso di sentenza definitiva e da ci� trae le necessarie conseguenze. (2) Non cos� per i giudizi, in unico grado, prima che interveng;oi, la pronuncia. La possibilit� di r�correre subito in Cassazione, addotta dal GIUDICEANDREA, op. cit. p. 20, a fondamento di �una contraria ed indiscriminata opinione, sussiste infattf' s�lo do:eo la pronuncia. Prima la funzione dell'istituto pu� -esplicarsi pienamente. � (3) In tal caso, se l'appello fosse fondato solo su motivi attinenti alla giurisdizione, il giudizio relativo, potrebbe, intervenuta la decisione sul regolamento, seguire, solo per le spese, incontrate sino a quel momento dalla parte vittoriosa. -265 rimedio specialissimo del regolamento preventivo (1). Resta sempre, per�, ricorrendone gli estremi, .il ricorso per 1a soluzione dei conflitti positivi o negativi, con gli effetti che la relativa decisione produce. D'altra parte, invece, qualsiasi pronuncia di me rito, intesa in senso cos� restrittivo, rende inam missibile, senza possibilit� di distinzioni (2), il regolamento preventivo. In tal senso � la giuri sprudenza ormai costante della Suprema Corte (Cass. S.U. 7 giugno 1950, in �Mass. Giur. Ital. n, 1950, 360; Cass. S.U. 29 luglio 1950, in cc Mass. Foro Ital. �, 1950, 440, e, recentemente Cass. S.U. 22 maggio 1953, ivi, 1953, 298 e Cass. S.U. 24 giu gno 1953, in cc Mass. Giur. Ital. n, 1953, 427), che ha esattamente ritenuto che abbia valore preclusivo anche una pronuncia parziale di merito, (3) che riguardi soltanto alcuni capi della domanda (Cass. S.U. 27marzo1953, in <<Mass. Giur. Ital. ii, 1953, 150 e Cass. S.U. 25 marzo 1953, in cc Mass. Foro Ital. n, 1953, 165), sia pure limitandosi a dichiarate la estinzione della azione per prescrizione o decadenza, che, infatti, sono eccezioni attinenti al merito (Cass. S.U. 15 marzo 1951, in cc Mass. Giur. Ital. n, 1951, 177), o solo alcuna delle parti, nei confronti delle quali sia posta un'unica domanda, determinando, infatti, in tal caso, la inammissibilit� del regolamento nei confronti di una delle parti, la i11ammissibilit� nei confronti di tutti (Cass. S.U. 14 luglio 1953, in cc Mass. Foro Ital. n, 1953, 439), il che � pure ineccepibile, trattandosi, in ipotesi, di una unica domanda, e, quindi, di un'unica causa, sia pure con pluralit� di parti. Salvo le preclusioni di cui si � detto, peraltro, non esiste un termine fisso per proporre il regolamento di giurisdizione (Oass. S.U. 18 gennaio 1950, cit.). Fermo restando come condizione essenziale la esistenza di un rapporto processuale, la proposizione (1) La questione � affrontata, ex professo, in una interessantissima nota di A. CHICCO in questa Rassegna, 1950, p. 20 e seguenti. Trattandosi di decisioni del Consiglio di Stato, il principio ha valore anche nei riguardi delle decisioni interlocutorie, che, allo stato attuale della legislazione, sono impugnabili per Cassazione nell'ordinario termine di conoscenza avutane secondo legge (Cass. S. U. 18 gennaio 1950, in cc Foro Amm. �, 1950, II, 1, 46 e Cass. S. U. 31 luglio 1950, in �Foro Amm. >>, 1951, II, 1, 26): con la precisazione che le ordinanze (formalmente e sostanzialmente tali), pronunciate nel corso del giudizio amministrativo, non danno luogo alla formazione della cosa giudicata (C. d. S., Serv. V, 29 dicembre 1950, in "Foro Amm. >>, 1951, I, 2, 111. Del resto, la pronuncia interlocutoria del Consiglio di Stato o di qualsiasi altra giurisdizione speciale, indipendentemente dal passaggio in giudicato, se decide il merito preclude il regolamento di giurisdizione per ci� stesso, a' sensi del primo comma dell'articolo 41 c.p.c. primo comma. Se invece la decisione interlocutoria non decide il merito, nel senso che si � chiarito nel testo, ma si limiti, anche implicitamente a decidere sulla giurisdizione, il regolamento ancora ammissibile, salvo che nei giudizi, che si svolgono, in unico grado e per i quali, come si � accennato la possibilit� di esperire il normale ricorso per Cassazione esclude l'ammissibilit� del regolamento preventivo (v. nota 18). In questi limiti � accettabile l'opinione espressa dal Guicciardi, op. cit. e loco cit. in nota. (2) V. per� ANDRIOLI, comm. cit., vol. I, art. 41. (3) Sempre che implichi decisione sul merito, anche se abbia forma di ordinanza, ma contenuto di sentenza Contira GIUDICEANDREA, op. cit. p. 21. del regolamento da parte della P.A. non parte in causa, di cui all'art. 41 c.p.c., secondo comma, non incontra le preclusioni ora accennate; perch� esso � proponibile in qualsiasi stato e grado del giudizio, purch� e finch� la giurisdizione steasa non sia stata affermata con sentenza passatain giudicato. Nell'ipotesi che il regolamento di giurisdizione abbia ad oggetto una questione di giurisdizione rispetto allo straniero, condizione per la ammissibilit� oltre quelle gi� esaminate � che lo straniero convenuto per una causa che non abbia per oggetto beni immobili situati all'estero, non abbia accettato espressamente o tacitamente la giurisdizione italiana. Forma del regolamento di giurisdizione. Le forme, mediante le quali il regolamento preventivo di giurisdizione va proposto sono diverse secondo che esso venga esperito dalle parti in causa o dalla Pubblica Amministrazione, a; sensi del secondo comma. O meglio, in questa ipotesi, la proposizione del regolamento, sempre ad opera delle parti, deve essere preceduta da una serie di attivit�, che preciseremo. L'istanza, dispone l'art. 41 primo comma c.p.c., si propone con ricorso a norma degli artt. 364 e seguenti. In sostanza trattasi di un normale ricorso davanti alla Cassazione (1 ). Nel caso previsto dal secondo comma dell'art. 41 il ricorso a cura della parte pi� diligente deve essere proposto .nel termine perentorio di trenta giorni dalla notifica del decreto del capo dell'ufficio giudiziario, davanti al quale pende la causa. La notifica di questo decreto deve essere fatta a cura del Pubblico Ministero entro dieci giorni dalla pronuncia, sotto pena di decadenza della richiesta. La particolarit� sta, quindi, proprio in questa fase preliminare alla proposizione del ricorso, fase che ha inizio con la richiesta fatta dal prefetto con decreto motivato (2), decreto notificato, su richiesta del prefetto, alle parti ed al procuratore generale presso la Corte di Appello, se la causa pende davanti a questa o al Pubblico Ministero presso il Tribunale, in ogni altro caso, (3) e comu (1) Omettiamo, pertanto, ogni considerazione in merito, salvo alcune osservazioni relative a questioni particolari. (2) Tale decreto � un vero e proprio atto amministrativo, con tutte le conseguenze che tale qualifica comporta, e non concreta, in alcun modo un intervento in senso processuale della P. A.: in tal senso BRACCI, op. e loco cit. p. 197: esso �leve sempre essere emesso dal prefetto della provincia, nella quale � il giudice della causa, quale che sia l'organo della P. A., nel cui interesse il regolamento viene promosso. In caso di revoca del decreto suddetto, il ricorso proposto a' sensi del secondo comma dell'art. 41 c.p.c. deve essere dichiarato inammissibile, anche se la parte pi� diligente fa propria la questione di giurisdizione sollevata dalla P. A. (Cass. S. U., 30 novembre 1950, in �Mass. Giurisprudenza !tal.>>, 1950, 663). Vedi in tal senso con lo svolgimento di valide argomentazioni �Rass. Avvocatura Stato>>, 1950, p. 217. (3) Se la causa pendesse davanti alla Corte di Cassazione, potendosi anche in questa fase esperire il regolamento di giurisdizione ex comma secondo art. 41 c.p.c., il decreto prefettizio andrebbe notificato al procuratore generale presso la Corte SupFema; -266 nicato da questo al capo dell'Ufficio giudiziario, davanti al quale pende la causa, e che provvede alla sospsensione con il decreto, di Cl� si � detto. In ogni caso, il ricorso per regolamento di giuri sdizione deve essere preceduto dal deposito per il caso di soccombenza nella misura massima stabi lita (Cass. 7 febbraio 1952, in �Mass. Foro Ital. �, 1952, 73; Cass. S.U. 27 febbraio 1953, in �Mass. Giur. Ital. �, 1953, 126), salvo, beninteso, se la esenzione fosse espressamente prevista (Cass. S.U. 23 giugno 1953, in �Mass. Giur. Ital. �, 1953, 421). Non va effettuato il deposito, appunto nel caso di regolamento promosso .ex art. 41 secondo comma (Cass. 31 marzo 1950, in �Mass. Foro Ital. 1950, 183) n� va effettuato se, comunque, ricorrente � la P. A. Nel caso di domanda proposta davanti al giu dice ordinario e di ricorso all'organo della giu risdizione amministrativa, l'istanza per il regola mento di gim�isdizione pu� essere proposta con un unico atto, corredato da un solo deposito per multa, e, nel caso di pi� domande o ricorsi intimamente connessi, pu� proporsi una unica istanza di regola mento: cos� con un indirizzo, che va incondiziona tamente approvato, come tendente ad eliminare le pastoie del formalismo ed a realizzare l'economia di giudizi, ha ritenuto la Corte Suprema (Cass. S.U. 3 luglio 1953 in � Giur. Ital. �, 1953, I, 1, 737) in una recentissima sentenza. � stata pure ammessa la possibilit�. di una contemporanea proposizione del regolamento di giurisdizione e del regolamento di competenza, qualora dei due diversi mezzi ricor rano rispettivamente le condizioni (Cass. 27 set tembre 1952, in cc Giur. Ital. n, 1, 808), e anche ci� sembra ineccepibile, data la sostanziale diver sit�. della natura e della funzione dei due mezzi. .Non potrebbe, per�, un ricorso proposto per � regolamento di competenza convertirsi in un ri corso per regolamento di giurisdizione (Cass. S.U. 7 giugno 1949, in cc Giur. Ital. n, 1949, 365 e Cass. Sez. II 6 aprile 1953, ivi 1953, 245 ), data la rile vata diversit�.. Sempre nell'intento di realizzare la funzione del l'istituto in esame � stato ritenuto che non � indi spensabile nel ricorso per regolamento di giurisdi zione la esposizione dei motivi su cui esso si fonda, essendo sufficiente la semplice esposizione dei fatti (Cass. S.U. 14 maggio 1949, in cc Giur. Compi. Cass. Civ. �, 1949, II, voi. 370), n� � necessario indicare l'organo che si ritiene abbia giurisdizione (Giur. costante; da ultimo Cass. S.U. 2 novembre 1951, in cc Giur. Compi. Cass. Civ.�, 1951, III, 647). � da osservare ancora che il divieto dell'art. 372 c.p.c. non trova applicazione nel caso di regolamento preventivo di giurisdizione, che consente alle parti di offrire in cassazione le prove documentali, che avrebbero potuto offrire in altra sede, se non si fossero avvalse del regolamento (Cass. S.U. 8 marzo 1952, in cc Mass. Giur. Ital. �, 1952, 175 e 27 febbraio 1953, ivi, 126). Vedremo, poi, esaminando gli effetti, la portata della pronuncia. Qui basti rilevare, per concludere su questo punto, che il processo deve essere riassunto, ricorrendone gli estremi, nel termine perentorio di sei mesi dalla comunicazione perch� resti ferma la pendenza della lite, da non confondersi con l'efficacia della statuizione. Effetti del regolamento di giurisdizione. Nell'esaminare gli effetti del regolamento di giurisdizione bisogna distinguere tra quelli che conseguono alla proposizione stei:i.sa, del regolamento e quelli che costituiscono il risultato della pronuncia della Corte Suprema. Tra i primi fondamentale � quello previsto dall'art. 367 c.p.c.: la sospensione del processo, in relazione al quale la questione di giurisdizione � stata proposta con il regolamento; diciamo subito che non basta la mera proposizione del regolamento per la produzione di tale effetto; occorre che una copia del ricorso venga depositata, dopo la notificazione, cc nella carn:ielleria del giudice, davanti al quale pende il processo �, che deve provvedere alla sospensione con ordinanza non impugnabile. Formalmente diversa la procedura, pur essendo immutato l'effetto, nel caso che il regolamento venga proposto, a' sensi del secondo comma dell'art. 41; in tale ipotesi sar�. sufficiente la comunicazione del decreto del prefetto al capo dell'ufficio giudiziario davanti a cui pende il processo, il quale provvede con decreto alla sospensione. Tralasciando l'esame di altre questioni di secondaria importanza e di carattere eccezionale, va considerata la possibilit�. da parte del giudice, davanti a cui pende la causa, per la quale � stato proposto il regolamento, di adottare i cosiddetti provvedimenti di urgenza. Il quesito assume. particolare rilevanza pratica in ordine alla possibilit�. o meno, dopo la proposizione del regolamento, di sospendere gli effetti dell'atto impugnato davanti al Consiglio di Stato o di revocare la sospensione gi�. accordata. � anzi, appunto, dalla impossibilit�. di adottare i provvedimenti di urgenza in genere e la sospensione degli effetti dell'atto impugnato o la revoca della sospensione gi� accordata in particolare che si � voluto dedurre la inammissibilit�. del regolamento preventivo per i giudizi pendenti se non avanti a tutti i giudici speciali, almeno davanti al Consiglio di Stato. Abbiamo gi�. detto di aderire alla tesi della ammissibilit� e non riteniamo che l'inconveniente ora prospettato (peraltro non peculiare alle giurisdizioni speciali), anche prescindendo dal carattere meramente accidentale e pratico di esso, che esclude la possibilit� di una soluzione per questa via del problema, sia decisivo. Anzitutto, taluno (1) ha sostenuto che i provvedimenti di urgenza siano adottabili da parte del giudice, davanti al quale pende la causa, nel momento stesso, in cui se ne spoglia emettendo l'ordinanza, non impugnabile, e questa tesi � stata seguita in una recente sentenza della Corte Suprem� (Cass. 15 gennaio 1953, eit.). A noi per�, ci� non sembra esatto (2), o, almeno, non sembra indiseriminatamente esatto. Al giudiee a quo la norma non attribuisce altro poteredovere che quello di sospendere il processo, e la (1) GIUDICEANDREA, op. cit., voi. II, p.... 23, >.'gomentando ex art. 48 e 699; ed EULA, resuisitoria cit. (2) V. in tal senso D1 CIOMMO, op. e loco cit.; :Q'ALESSIO, op. e loco cit.; GUICCIARDI, op. cit., P� 248 e, indirettamente (C.d.S., Serv. VI, 17 ottobre 1950, in �Foro Amm. >>, 1951, I, 3, 60). V. pure il C.d.S. nel quadriennio 1947-1950. -267 sospensione, che opera ipso iure, anche se il giudice deve emettere un provvedimento meramente dichiarativo, impedisce che siano compiuti atti del procedimento (art. 298 c.p.c.), che abbiano carattere giurisdizionale, e quindi, impedisce la adozione del provvedimento di sospensione degli effetti dell'atto impugnato o di revoca della sospensione gi� accordata (1). � piuttosto -riteniamo -la portata stessa dell'inconveniente che si � voluta esagerare in ordine alla sospensione degli effetti dell'atto impugnato: questa dovrebbe essere di carattere tanto eccezionale, che unita alla rarit� della proposizione del regolamento preventivo (prima che si provveda in ordine alla sospensione degli effetti dell'atto da parte dell'autorit� adita) dovrebbe confinare in un campo meramente ipotetico �il pregiudizio incalcolabile ii che taluno configura, pregiudizio incalcolabile, che, poi, in relazione alla impossibilit� di revoca della sospensione gi�. accordata (in caso di proposizione del regolamento dopo la adozione del provvedimento di sospensione) neanche ipoteticamente dovrebbe sussistere, perch�, appunto in ipotesi, prima di concedere la sospensione stessa, ripetiamo eccezionalissima, nella volont� della legge si dovrebbe constatare la assenza proprio di questi pregiudizi incalcolabili. Senza dire che la procedura per 'il regolamento di giurisdizione, proposto in via preventiva, almeno nella previsione legislativa, deve essere una procedura celere e semplice. In sostanza, questo inconveniente seppure in pratica, talvolta, pu� sussistere, l'unico effetto che deve produrre, � quello di ricondurre negli stretti limiti previsti ed imposti dalla legge (2) il provvedimento di sospensione degli effetti dell'atto impugnato, specialmente perch� per le parti private, una volta ottenuta. la sospensione, la proposizione del regolamento preventivo, su un piano pratico, costituirebbe un vero espediente dilatorio. Ritenendo che proposto il regolamento di giurisdizione nel giudizio di merito non possano compiersi atti del procedimento, quid iuris degli atti compiuti in contravvenzione di detta norma ed in particolare, dato il maggiore interesse, dei provvedimenti giurisdizionali emessi dal giudice~ Varie soluzioni sono state prospettate. Si � configurata una sorta di condizione (esito del regolamento) sospensivo, cui gli atti in questione sarebbero sottoposti (Cass. 31 marzo 1950, n. 877) e si � sostenuta la nullit� di detti atti, argomentando dalla sospensione, ipso iure, operatasi in seguito alla proposizione del regolamento ed alla conseguente mancanza della potest� di giudicare da parte del giudice a quo. Pur non tacendo gli inconvenienti, che, in pratica, seguirebbero, ove la decisione della Corte Suprema dovesse attribuire la giurisdizione al giudice a quo, noi riteniamo esatta (1) Sul carattere giurisdizionale dei provvedimenti relativi alla sospensione degli effetti dell'atto impugnato, v. l'ampia nota pubblicata in questa Rassegna, 1948, n. 11-12, p. 27. (2) v. VARVESI in que~ta Rassegna, 1949, p. 1 e seguenti. 3 appunto per gli argomenti convincenti che la sostengono, la tesi della nullit�: certo, comunque, : che gli atti del procedimento compiuti in contravvenzione alle norme in esame non sarebbero in alcun caso produttivi di effetti, durante la pendenza del .regolamento, ed i provvedimenti giurisdizionali adottati dal giudice non potrebbero conseguentemente vincolare le parti ad osservarli e ad eseguirli. Non resta ora da esaminare che l'effetto conseguente alla pronuncia della Corte Suprema. Detta pronuncia regola definitivamente la giurisdizione e conserva il s-qo effetto vincolante per tutti i giudici, con un valore, che trascende il processo per investire la causa (1) salva, beninteso, in caso di ius superveniens, la proposizione di un nuovo regolamento sempre che ricorrano le condizioni di ammissibilit�. Se la Corte afferma la giurisdizione del giudice (o di uno dei giudici, in caso di conflitto virtuale), davanti al quale l'azione era stata proposta, il processo, giusta il secondo comma dell'art. 367 c.p.c., va riassunto (2). Se la nega statuendo la giurisdizione di altro giudice, pi� che di riassunzione, deve parlarsi di proposizione ex novo dell'azione. Sembra poi, senz'altro, da ammettersi la possibilit� che la Corte, investita mediante il ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione, statuisca la c.osiddetta improponibilit� assoluta della domanda, nel caso che nessun giudice abbia giurisdizione su questa (Cass. S.U. 29 maggio 1951, in cc Giur. Compl. Cass. civ.))' 1951, III, 427), sempre che una siffatta decisione possa seguire ad una delibazione della causa nei limiti imposti dalla natura e dalla funzione del regolamento di giurisdizione (3). � ovvio, poi, d'altra parte, che, se la giurisdizione viene affermata dalla Corte Suprema, la decisione di questa non pregiudica le questioni circa la pertinenza e la sussistenza dell'interesse protetto (v. art, 386 c.p.c.). Per concludere, osserveremo infine, che il ricorso per regolamento di giurisdizione, se irrituale o dichiarato estinto per rinuncia, pu�, in qualsiasi caso, (4) essere riproposto sempre che sussistano le condizioni altrove esaminate: e ci� � conseguenza di quanto abbiamo ritenuto a proposito della natura giuridica dell'istituto esaminato, perch� se non si tratta di impugnazione non pu� applicarsi il principio della �cosiddetta consumazione del gravame, disposto dall'art. 387 c.p.c. BENEDETI'O BACCARI A VVOOATO DELLO STATO (1) ZANOBINI; in ((Foro Amm. l>, cit.; GIUDIOEANDREA, Bp. cit., p. 26. (2) La riassunzione deve avvenire entro il termine perentorio di sei mesi dalla comunicazione della sentenza; in difetto il processo si estingue, con i conseguenti effetti. . (3) BERRI, nota in cc Giur. Compl. Cass. Civ:�,,� 1951, III, 429. (4) E quindi anche nell'ipotesi prevista dal secondo comma dell'art. 41 c.p.c.: � ovvio per� che occorre un nuovo decreto del prefetto. NOTE D I DOTTRINA S. LESSONA: La Giustizia Amministrativa. Bologna, Zanichelli, 1953. Questa nuova edizione ha mantenuto, come lo stesso A. avverte nella breve prefazione, il carattere originario di esposizione con finalit� essenzialmente didattiche; tuttavia i numerosi ed aggiornati richiami alla dottrina e giurisprudenza, unitamente al pregio della trattazione dei vari istituti attraverso i quali si realizza la giustizia amministrativa, rendono utile la consultazione dell'opera anche a coloro che, nella veste di giudici o di difensori, a tale realizzazione quotidianamente partecipano. Financo nella premessa � curata l'attualit� dei richiami; infatti l'A., trattando della teorica della separazione dei poteri, accenna all'ampio dibattito cui ha dato luogo in dottrina l'art. 5 della legge Sila, contenente una delegazione legislativa al Governo in tema di approvazione dei piani particolareggiati e di esproprio dei terreni soggetti alla riforma, e richiama le recentissime decisioni del Consiglio di Stato, che hanno ritenuto la natura amministrativa d13i decreti presidenziali emanati in base al ricordato art. 5. Come � noto, per�, successivamente le Sezioni Unite della Cassazione banno accolto il ricorso per regolamento di giurisdizione proposto dalla Amm.ne ed hanno dichiarato il difetto assoluto di giurisdizione del Consiglio di Stato (cfr. ricorso e sentenza in cc Rass. Avv. �, 1953, pagg. 85 e 217). In questa breve recensione, prenderemo in particolare esame le questioni di maggior rilievo. L'A., nella prima parte dell'opera, tra_tta dei ricorsi amministrativi: nessuna questione degna di particolare rilievo in tema di opposizione; due questioni di rilievo, invece, in tema di ricorso gerarchico, la prima riguardante la definitivit� implicita, la seconda relativa alla proponibilit� di motivi nuovi in sede giurisdizionale. In ordine alla prima questione, l'A. si sofferma ampiamente a dimostrare come sia contrario al nostro diritto posit~vo, e precisamente all'art. 5 T. U. legge com. e prov. 1934, l'indirizzo giurisprudenziale, ormai consolidato che, accanto alla definitivit� originaria per la natura dell'organo e per disposizione di legge, ammette anch� una definitivit� originaria per la natura dell'atto (c. d. definitivit� implicita). Condividiamo tale critica, rilevando che tutt'al pi� di qu~st'ultima causa di definitivit� potrebbe ammettersi soltanto per gli atti contem plati da leggi anteriori al citato T. U. 1934 e non revisionate, stante il carattere innovativo del principio sancito dal predetto art. 5. Del resto era questa l'opinione gi� seguita dal Consiglio di Stato nelle decisioni successive alla entrata in vigore del T. U. 1934 e fino al 1945, anno in cui rispuntarono fuori i provvedimenti definitivi impliciti (Sez. IV, dee. 11 aprile 1945) e si andarono sempre pi� affermando, anche a causa del disfavore con cui, senza sufficiente giustificazione, si guarda da molti al rimedio del ricorso gerarchico. In proposito, anzi, ci sembra di notare una certa perplessit� anche nell'A., il quale, mentre a pag. 23 sostiene l'opportunit� del ricorso gerarchico sia per la P. A., cui si offre la possibilit�. di rivedere i propri atti, sia per gli interessati, cui si offre un rimedio pi� semplice e rapido (e .aggiungiamo noi: pi� efficace e penetrante, investendo anche il merito dell'atto), a pag. 4 7 invece manifesta l'augurio che venga soppresso, nell'interesse sia dei privati che dalla P. A. L'A. ammette che possano proporsi, in sede giu risdizionale, motivi nuovi non dedotti nel ricorso gerarchico. Non condividiamo tale opinione, giacch� non consideriamo affatto cc una semplice adduzione di inconveniente priva di giuridica rilevanza� il ri lievo che, in siffatto modo, non si porrebbe la P. A. in condizione di compiere un completo riesame del� l'atto impugnato. Non bisogna, infatti, dimenticare che oggetto del ricorso giurisdizionale non � l'atto originaria mente non definitivo bens� la decisione emessa sul ricorso gerarchico ed inoltre che l'autorit� am ministrativa decidente non pu� annullare l'atto impugnato per motivi non dedotti nel ricorso ge rarchico, salvo che non voglia far uso del potere di annullamento d'ufficio (nel solo caso del r. g. proprio e non anche in quello di r. g. improprio) agendo nella veste di superiore gerarchico e non gi� quale autorit� investita del ricorso gerarchico. Ora, se quest'ultima non pu� eliminare dall'atto impugnato i vizi non dedotti dal ricorrente, non si pu� logicamente ritenere che questi.ultimi si tra. sfondano nella decisione e diventino vizi ai questa,_ denunciabili col ricorso giurisdizionale. Condividiamo i rilievi dell' A. sia in ordine allo obbligo giuridico di decidere sul r. g., per il quale non pu� sussistere pi� alcun dubbio di fronte allo art. 5 T. U. L. C. e P. 1934 che ha disciplinato il -269 caso del silenzio dell'autorit� investita del r. g., sia in ordine alla motivazione della decisione, � tranne per quanto riguarda la questioni di puro diritto, per le quali una motivazione mancante insufficiente od erronea non pu� mai costituire, a nostro avviso, il vizio di eccesso di potere: infatti, se l'interpretazione ed applicazione della legge risulteranno erronee, ricorrer� il vizio di violazione di legge, se invece risulteranno esatte, la decisione non potr� essere annullata per eccesso di potere sol perch� non ha indicato l'iter interpretativo seguito o ne ha indicato uno erroneo. Pt;ir sostenere il contrario non sarebbe, infatti, sufficiente il rilievo che la decisione � emessa in sede contenziosa, giacch� trattasi pur sempre di un atto amministrativo e non gi� di un atto giuri sdizionale e pertanto � alla funzione della moti vazione degli atti amministrativi che occorre aver riguardo e non gi� alla .funzione della motivazione delle pronunzie giurisdizionali. In tema di ricorso straordinario, l'.A. ritiene pre feribile l'opinione che ne nega l'ammissibilit� nel l'attuale sistema costituzionale (in tal senso cfr. in �Rass . .Avv. �, 1948, fase. 10 e 1951, pagg. 39 e segg.), ciononostante ne tratta diffusamente dato che in giurisprudenza � accolta l'opinione contra ria e, pertanto, questo rimedio continua ad essere esperimentato. Circa il termine di 180 giorni per la proposi zione del rie. straord., l'.A. sostiene che la decorrenza abbia inizio con la notificazione dell'atto e non anche con la piena cognizione che comunque ne abbia avuto l'interessato, e ci� perch� il [legislatore, a differenza di quanto ha fatto per il ricorso giu risdizionale e per quello gerarchico, ha previsto esclusivamente la notificazione come forma idonea di mezzo di conoscenza in tema di ricorso straordi nario. Per quanto il ragionamento sia condotto con acume e rigore logico, ci sembra preferibile l'opinione pi� larga, adottata dalla giurisprudenza, della equipollenza tra le due forme di acquisizione di conoscenza anche per quanto riguarda il rie. straord., evitando cosi di pervenire ad un risultato assurdo sotto ogni profilo e cio� di avere due date di decorrenza diverse per due ricorsi (straordinario e giurisdizionale al Cons. Stato) che sono alternativi. La parte seconda dell'opera riguarda i rimedi giurisdizionali e si apre con la Sez. I dedicata alle azioni giudiziarie. Trattando dell'intensit� del potere del giudice ordinario, l'.A., dalle regole contenute negli artt. 4 e 5 della Legge del 1865 e dal loro spirito infor matore (divisione ed indipendenza dei poteri) giu stamente trae la conseguenza che, nei confronti della P . .A., non sono ammissibili n� sentenze costi tutive n� sentenze di condanna ad un facere o non facere o ad un dare (salvo che si tratti di una somma di danaro), n� sentenze di mero accerta mento allorch� siano fine a se stesse, per l'impos sibilit� di chiedere all'autorit� amministrativa lo annullamento dell'atto amministrativo, n� infine le azioni possessorie e le c. d. quasi possessorie nonch� i provvedimenti 'cautelari atipici di cui all'art. 700 C. P. C. Per� l'.A., seguendo l'opinione prevalente, ritiene che il potere del g. o. non incontri i suddetti limiti di fronte agli atti privati della Pubblica .Amministrazione. In ci� naturalmente non ci pu� trovare �consenzienti, giacch� in primo luogo non pu� accogliersi la distinzione della attivit� dell'Amministrazione in pubblica e privata ed in secondo luogo perch� in ogni caso il divieto sarebbe sempre giustificato ed imposto dal principio della divisione dei poteri, che informa le disposizioni della Legge del 1865 e che non consente al giudice ordinario di imporre un determinato comportamento alla Pubblica .Amministrazione o di sostituirsi ad essa neanche nel campo della c. d. attivit� privata. Infatti questa ultima esplica una funzione strumentale rispetto ai fini pubblici perseguiti dall'Amministrazione e conseguentemente, lungi dal costituire una specie ,di compartimento stagno avulso dalla restante attivit� dell'Amministrazione, � invece strettamente collegata con questa ed il suo svolgimento in tanto � possibile in quanto intervenganoinecessari atti amministrativi precedenti, contemporanei e successivi, richiesti dalle varie leggi. La Sez. II � dedicata alla giurisdizione amministrativa. Dopo una breve premessa sulla giurisdizione amministrativa generale ed i suoi organi, l'.A. tratta delle funzioni giurisdizionali del Consiglio di Stato. .Ad una prima parte riguardante i vizi giuridici (di legittimit�) e amministrativi (di merito) nonch� lo scopo della giurisdizione amministrativa, giustamente ravvisato nella tutela dell'interesse individuale mentre l'osservanza del diritto obbiettivo da parte della Pubblica .Amministrazione ne � l'effetto riflesso, segue una seconda parte riguardante la competenza non esclusiva con giurisdizione di legittimit�. I principali argomenti di interesse attuale vi sono trattati con il consueto acume e con chiarezza; gli atti impugnabili, il valore del silenzio, gli atti politici, il valore e la portata dell'art. 113 della Costituzione, la distinzione tra interesse oggetto del ricorso (interesse in senso sostanziale) ed interesse al ricorso (interesse in senso processuale) ed infine la questione, per la verit� ormai superata, se il diritto possa farsi valere come interesse. Ci sembra peraltro che avrebbero meritata una trattazione pi� ampia, data la loro importanza teorica e pratica: il Capitolo sulla competenza del C. S. per le questioni su diritti pregiudiziali ed incidentali e quello relativo al criterio discriminatore della giurisdizione amministrativa da quella ordinaria, a proposito del quale sarebbe stato certamente utile conoscere il pensiero dell'egregio .A. sul problema della doppia tutela o tutela concorrente, che di recente ha formato oggetto di ampi ed interessanti dibattiti in dottrina e giurisprudenza (cfr., anche per le citazioni: � Rass . .Avv. �, 1952, pag. 41 e segg.). Mentre condividiamo la conclusione dell'.A., secondo cui la competenza della giurisdizione ordinaria e amministrativa deve essere desunta dal concorso della causa petendi e del petitum (c. d. petitum sostanziale), non ci sembra invece di poter condividere la precisazione finale, secondo cui se -270 si faccia questione di un diritto soggettivo perfetto (causa petendi) ma si chieda l'annullamento dell'atto (petitum), il G. O. deve dichiarare il proprio difetto di giurisdizione quanto all'oggetto della domanda ma deve decidere circa la legittimit� dell'atto amministrativo che si afferma lesivo del diritto, � essendo nella domanda di annullamento contenuta implicitamente quella di dichiarazione di illegittimit� �. Il G. O., infatti, cui viene richiesta una pronuncia (annullamento) che rientra nella competenza di altra giurisdizione, deve dichiarare il proprio difetto di giurisdizione, senza che possa trasformare la azione costitutiva promossa dall'interessato in azione puramente dichiarativa. L'A. tratta, poi, della competenza non esclusiva con giurisdizione anche di merito. La questione di carattere generale, che di recente � stata dibattuta in dottrina, se cio� la giurisdizione di merito si riferisca soltanto al potere di decisione (potere non soltanto di annullare ma anche di sostituire o riformare l'atto impugnato) od anche al potere di cognizione (esame del merito dell'atto, oltrecch� della legittimit�) � giustamente risolta dall'A. in questo secondo senso (cfr. nel primo senso: ROVELLI, Osservazioni, ecc., in �Scritti giuridici in onore di S. Romano�, vol. II; �.MORTH: Il merito dell'atto amministrativo). Fra le materie su cui il C. S. ha giurisdizione di merito, una particolare attenzione merita quella concernente l'obbligo della P. -A. di conformarsi al giudicato (art. 27, n. 4 T. U. 26 giugno 1924). L'A. anzitutto approva la giurisprudenza del C. S. circa l'applicazione analogica della norma in esame all'ipotesi in cui l'A. non si uniformi alle decfaioni delle giurisdizioni amministrative (senza distinzione alcuna tra dee. relative a diritti e dee. relative a interessi legittimi), mentre si limita a riferire in nota, senza commento, l'ulteriore applicazione, fatta dal C. S., alla mancata esecuzione dei decreti presidenziali emessi su ricorso straordinario. Approva altres� la giurisprudenza del C. S., che esclude ogni potere discrezionale della P. A. �in ordine alla esecuzione del giudicato, ritenendo a priori che nessun interesse pubblico possa essere prevalente rispetto a quello costituito dalla necessit� della osservanza delle pronuncie giurisdizionali. Contro quest'ultima opinione, a tacer d'altro (e cio� che l'atto amministrativo di esecuzione del giudicato, come ogni altro atto amministrativo, deve trovare la sua giustificazione n_el perseguimento di un concreto interesse pubblico, che in, qualche caso pu� anche non coincidere con la esecuzione del giudicato), basterebbe osservare che, se il C. S. ha competenza di merito sui ricorsi proposti ex art. 27, n. 4 e pertanto deve valutare anche il merito dei provvedimenti adottati dalla Amministrazione, � giocoforza, ritenere che siffatto potere di valutazione spetti anche a quest'ultima, non riuscendo altrimenti a spiegarsi come possa sussistere una competenza di merito del C. S. in ordine ad atti amministrativi interamente vincolati quanto all'emanazione ed al contenuto. Tranne, beninteso, che la competenza di merito del C. S. non si intenda riferita soltanto al potere di decisione e non anche a quello di cogmz10ne, secondo una opinione che per� lo stesso A. ha dimostrato di non potere accogliere. Sul tema in esame rimandiamo in quanto � stato scritto diffusamente e ripetutamente nella nostra Rassegna (1948, fase. 4; 1950, pag. 127; 1951, pag. 135; 1953, pag. 1 e segg.), nonch� nella Relazione per il decennio 1942-51, vol. 1. In tema di competenza esclusiva del C. S., � da rilevare la critica mossa dall' A. alla distinzione degli atti amministrativi in autoritari e paritari, con la quale il C. S. ha cercato di dare un fondamento alla tesi dell'inapplicabilit� del termine perentorio fissato dall'art. 36 T. U. 26 giugno 1924 nei casi in cui il ricorso sia proposto a tutela di un diritto. Non ci convince per� la diversa giustificazione fornita dall'A. alla predetta tesi, e cio� che, per ritenere applicabile alle controversie in materia di diritti, il termine perentorio stabilito per i ricorsi in materia di interessi, sarebbe stato necessario un richiamo, che il legislatore invece non ha creduto di dover fare. Non concordiamo sulla necessit� di tale richiamo, dato che il legislatore, nel fissare il detto termine, ha inteso fare esclusivo riferimento al ricorso e non anche al suo contenuto. Circa la nota questione cui ha dato luogo l'interpretazione dell'art. 30 T. U. 26 giugno 1924, che riserva alla competenza del G. O. � le questioni attinenti a diritti patrimoniali conseguenziali alla pronuncia di legittimit�... �, l'A. critica l'opinione restrittiva che considera diritti conseguenziali solamente quelli che derivano non immediatamente dalla pronuncia di illegittimit� ma come conseguenza ulteriore della stessa, e ribadisce invece l'opinione, gi� espressa fin dall'attuazione della riforma, secondo cui devono considerarsi questioni conseguenziali tutte quelle che discendono dalla riconosciuta illegittimit� dell'atto amministrativo. Trattando, poi, delle singole materie attribuite alla competenza esclusiva del C. S., l'A. si sofferma particolarmente sui ricorsi relativi al rapporto di impiego, e, per quanto concerne la dibattutissima questione circa l'applicabilit� attuale dell'art. 429, n. 3 C. P. C., che ha dato luogo ad un contrasto non ancora sanato tra C. S. e Cassazione, aderisce alla soluzione adottata da quest'ultima. A.Ila parte relativa alla competenza, segue quella relativa al procedimento avanti al C. S. Le varie questioni vengono trattate con la consueta acutezza e chiarezza dall'A.; segnaliamo in particolare la trattazione relativa: a) all'eccezionale inizio del giudizio ad opera dell'Amministrazione, a mente degli artt. 33 e 36 T. U. 26 giugno 1924 e 5 Reg. 17 agosto 1907; b) alla notifica del ricorso ed alla possibilit� di integrarla nei confronti dei controinteressati nel caso di errore riconosciuto scusabile dal C. S. (� noto il contrasto manifestatosi--tra la IV e la V Sez. C. S. in ordine alla necessit� o meno della notifica ad almeno uno dei controinteressati per potersi far luogo all'integrazione; l'A: aderisce a quest'ultima soluzione, ritenendo che la mancanza delle nuove norme regolamentari, cui fa rinvio la legge solo per quanto concerne il modo e le forme -271 relativi alla integrazione, non renda inoperante la legge stessa per quanto attiene all'esercizio dello � assoluto potere discrezionale attribuito al O. S. in materia); e) alla esclusione dell'interrogatorio e del giuramento dal novero dei mezzi istruttori ordinabili dalla giurisdizione di merito; d) al contenuto delle decisioni ed all'estensione soggettiva del giudicato. In ordine a quest'ultimo tormentatissimo argomento, l'A. riconosce esatta la tesi seguita dal O. S. di ammettere cio� l'estensione nei soli casi in cui sia resa necessaria dalla indivisibilit� del giudicato, ma precisa che il criterio della indivisibilit� va considerato in relazione all'oggetto dell'atto, ammettendo la estensione nel caso di atto oggettivamente complesso ed escludendola invece nel caso di atto oggettivamente collettivo, salvo, in questo ultimo caso, che la decisione riguardi un atto assolutamente nullo, per l'impossibilit� logica di considerare quest'atto giuridicamente inesistente per alcuni ed esistente per tutti gli altri. Nella trattazione dei mezzi di impugnativa contro le decisioni del O. S., ampio svolgimento viene dato al ricorso per cassazione. L'A. traccia un lucido quadro delle differenze esistenti tra la disposizione della legge 31 marzo 1877 e quella del vigente O. P. O. (art. 362): mentre la prima si riferiva al solo aspetto positivo della inosservanza della regola della separazione dei poteri (giurisdizione-funzione) e della separazione fra giurisdizione ordinaria e giurisdizione speciale nonch� fra giurisdizioni spe-:ciali fra di loro (giurisdizione-competenza), l'art. 362 O. P. O. invece, con la pi� comprensiva formula � per motivi attinenti alla giurisdizione �, ha esteso il controllo della Cassazione all'aspetto negativo del vizio, cio� alla ipotesi di cui il giudice dichiari il proprio difetto di giurisdizione. Critica, quindi, la Cassazione per aver considerato come motivo attinente alla giurisdizione la composizione non conforme a legge di un organo di giurisdizione speciale (sentenza Sez. Un. 11 ottobre 1952, che ha ritenuto carente di giurisdizione la Adunanza Plenaria del O. S., perch� composta di nove anzicch� di tredici membri), in quanto che, se teoricamente pu� anche dirsi che mancando la legittima �ostituzione manchi il presupposto per l'esercizio della funzione, si deve considerare tuttavia che l'art. 362 tende unicamente ad assicurare il rispetto della giurisdizione-funzione e della giurisdizione-competenza, reprimendo le relative usurpazioni: pertanto dove non vi � inosservanza di limiti si � al di fuori dell'ambito di applicazione dell'art. 362. Sull'argomento v. in questa Rassegna (1952, pag. 136-141). Nessuna questione di particolare rilievo nei capitoli dedicati alla G. P. A. Nella trattazione relativa al regolamento preventivo di giurisdizione, l'A. ritiene che si debba, in sede di interpretazione, colmare una pretesa lacuna degli artt. 37 e 41 O. P. O., che prevedono il predetto regolamento quando si affermi il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, mentre le stesse esigenze (di evitare un inutile spreco di tempo e di attivit�) sussistono anche quando si affermi il difetto di giurisdizione di un giudice speciale. Tuttavia non sembra che la predetta lacuna legislativa esista, tanto vero che la giurisprudenza della Corte Suprema � chiaramente orientata verso l'ammissibilit� del regolamento preventivo di giurisdizione anche nei giudizi pendenti avanti giudioi speciali (v. supra). La pregevole opera si chiude con un'appendice, dedicata all'ordinamento della giustizia amministrativa nella Regione Siciliana e nell.a Valle d'Aosta. S.FARANDA .ARTURO SANTORO : L'esecuzione penale. Torino1 1953. � lo sviluppo -avverte I'A. nella prefazione __, di un non recentissimo studio al quale, nella prima edizione, che risale all'ormai lontano 1931, era stato dato il titolo Fondamenti dell'esecuzione penale. � agevole comprendere, dalla modifi,ca che il titolo, espresso ora in termini pi� impegnativi, ha sub�to, quali siano stati gli intendimenti dell'A. in questa seconda edizione: cos� la dottrina del titolo esecutivo penale, gli ostacoli dell'esecuzione, l'esecuzione condizionale, l'esame approfondito dello svolgimento del rapporto giuridico esecutivo, delle cause .estintive di questo, se anche non hanno sminuito la natura squisitamente scientifica dell'inquadramento della materia, che gi� costituiva la caratteristica preminente della prima elaborazione, ne hanno certo notevolmente aumentato il valore di praticit� immediata che troppo spesso viene trascurato da studiosi del diritto. Un pi� attento riferimento alla legislazione vigente dei risultati raggiunti nella sistemazione dommatica della materia, per una pi� esatta interpretazione e formulazione della quale lo studio ha ragione di sussistere, la riprova insomma, agli effetti della pratica giudiziaria del diritto, della esattezza delle impostazioni teoriche, dovrebbero pi� solidamente ancorare gli studiosi alle esigenze alle quali, se non esclusivamente, certo in misura preminente, gli studi giuridici doVl'ebbero soddisfare. Ohe il Santoro abbia seguito questo criterio non par dubbio: e pur non trascurandosi l'eminente valore scienti:fi,co che alla monografia � da riconoscersi, si vuole qui, con soddisfazione, segnalare la pratica utilit� dell'opera, non riservata a cerchia sempre pi� ristretta di quei pochissimi iniziati cui compete la ventura di dilettarsi di teoria poco utile alla totalit� di coloro che del diritto fanno pratica quotidiana. 2. Lo studio � ripartito in undici parti. Nella parte I, segnalata la immaturit� scientifica del tema, che trova riscontro nel fatto che ben pochi sono i lavori sull'argomento, attraverso una disamina delle varie teorie, l'A. giunge alla definizione in senso stretto della nozione medesima: poich� lesecuzione penale non � che lo j us puniendi (diritto soggettivo statuale di punire) nel suo concreto esercizio, essa costituisce attuazione della sentenza che, riconoscendo il predetto diritto di punire, dispone in conseguenza, infliggendo pene ed ordinando misure di sicurezza. Attraverso l'e-- fttilit?..JiliW.l~~~.e-~�����..:::MITTV"..:W"".4.07.4f.lliW7.4.07..i.llif@'.df.i.iff.J�W7.4.�}'Alillf -272 same dei rapporti che l'esecuzione penale ha con il diritto sostantivo e con il diritto processuale penale (in particolare, per quanto riguarda questo, dei rapporti con l'azione e con la sentenza), esame compiuto nella parte II, il Santoro giunge alla indentifi,cazione della natura dell'esecuzione medesima, che non costituisce, nel suo complessivo e generale svolgimento, attivit� giurisdizionale e nemmeno attivit� processuale, qualunque sia il concetto che della giurisdizione e del processo si possa avere (se mai tali concetti. non si identifi,chino, come vuole il Carnelutti, contro la prevalente dottrina processuale). Solo in via eccezionale� la sanzione stabilita dalla legge per l'esecuzione ha carattere giurisdizionale (cosi la fase incidentale, che risolve controversie, eventualmente anche tra lo Stato ed il condannato}: di regola la stessa Amministrazione ha il potere giuridico di eseguire la sentenza senza alcun bis-ogno di ulteriore mediazione del giudice o di altro organo appartenente alla giurisdizione. Caratteristica insomma dell'esecuzione penale � che l'Amministrazione attua da s� la sentenza (parte III). Il rapporto giuridico esecutivo, nei soggetti (attivo e passivo) e nell'oggetto (pene principali ed accessorie e misure di sicurezza: di vivo interesse sono le considerazioni fatte al riguardo di queste, esaminate nella economia del contenuto del rapporto esecutivo) che lo costituiscono, � trattato nella parte IV, che si sviluppa nello studio del concetto del titolo esecutivo penale, della distinzione delle specie dei titoli esecutivi penali, dell'annullamento dell'esecuzione (nei casi di abolitio criminis di an�rnllamento del giudicato in sede di revisione e di revoca da parte del giudice, legalmente investito ex novo dell'azione penale dal Procuratore della Repubblica, di decreto penale pronunciato dal Pretore fuori dei casi stabiliti dalla legge) e della capacit� di subire l'esecuzione. L'inizio, la modificazione e l'estinzione del rap porto giuridico esecutivo sono diffusamente consi derati (parti V e VI); cos� l'esecuzione impropria per la quale si intendono quei provvedimenti che consistono nell'annotazione o registrazione delle sentenze (reintegrazione dell'atto dichiarato falso dal giudice, iscrizione della sentenza penale nel casellario giudiziale) nella parte VII. 3. L'esecuzione civile in materia penale � di particolare interesse per le questioni ad essa riferentisi che di frequente si presentano all'attenzione di coloro ai quali � affidata la tutela degli interessi patrimoniali della Pubblica Amministrazione offesi da comportamenti criminosi valutati in sede penale: in questi casi il titolo esecutivo penale, che interessa lo Stato per la realizzazione delle conseguenze del reato e delle misure di prevenzione, pu� dare origine ad un rapporto di diversa natura che interessa la Tubblica Amministrazione ai fi,ni delle restituzioni e del risarcimento dei danni da reato. L'argomento offre l'occasione, apprezzabilissima, all'A. di esaminare numerose questioni che hanno pi� travagliato la Giurisprudenza: cos� in materia di garanzie patrimoniali di esecuzione appare esattamente risolto il problema se le disposizioni dettate dal codice di procedura civile debbano valere anche per il sequestro conservativo disposto a garanzia dei crediti di cui all'art. 189 c.p. (soluzione negativa fatta eccezione per le norme di detto codice di rito circa i mobili pignorabili che sembrano applicabili). Un rilievo deve essere mosso all'A. sul punto in cui, nell'esame dei provvedimenti circa le cose in sequestro penale, viene considerato il contenuto dello art. 622 c.p.p., che regola la durata di detto sequestro e la �restituzione delle cose sequestrate. L'opinione personale del Santoro sul signifi,cato da attribuirsi al concetto di appartenenza, che per due volte � richiamato in quella norma, non appare accettabile: essa non tiene conto delle conseguenze che dalla confusione della appartenenza con la propriet� pu� derivare nella risoluzione dei gravi problemi di diritto penale (cos� nello studio sull'appartenenza come qualifi,cante l'oggetto della tutela penale in alcuni reati -articoli 314, 315 e 638 c.p. -o come delimitante il contenuto del diritto di confi,sca -art. 240 c.p.). confusione a cui i risultati della pi� recente dottrina, certo nota all'A., hanno posto rimedio. Gli incidenti di esecuzione costituiscono l'argomento preliminente della parte IX della monografi, a in cui sono esaminati i controlli sull'esecuzione penale, e se anche la trattazione quasi di scorcio dell'argomento, dovuta alla ampiezza del quadro della esecuzione penale a cui � riferito, ne ha imposto uno svolgimento sintetico (rispetto ad altra ben nota recente trattazione organica e completa dei procedimenti incidentali di altro A.), non ha impedito per� al Santoro di trattare le 'questioni pi� importanti, fra le soluzioni delle quali ci piace ricordare (anche perch� riferentisi a recente fattispecie che ha riguardato la Pubblica Amministrazione) quella del problema se la disposizione dell'art. 202 c.p.p., secondo la quale la impugnazione concernente gli interessi civili deve essere notificata alle altre parti, sia applicabile agli incidenti di esecuzione (soluzione negativa, non essendo la procedura incidentale mezzo ordinario di impugnazione); e l'altra data al problema se la procedura incidentale possa essere promossa anche da un terzo che fu estraneo al rapporto processuale ormai defi,nitivo (soluzione positiva). 4. Dopo l'esame della cooperazione internazionale alla esecuzione (estradizione e riconoscimento di sentenze penali straniere), l'opera si chiude con alcune brevi considerazioni sull'asecuzione illegittima. Le segnaliamo con soddisfazione, non tanto per l'esatta impostazione del problema sulla natura dell'interesse che alla stregua della vigente legislazione vanta il condannato ad essere aiutato dallo Stato nelle sue necessit� conseguenti ad una esecuzione chiaritasi ingiusta, impostazione fatta in termini molto sintetici (onde chi volesse pi� a fondo documentarsi dovrebbe far ricorso a quegli studi che ex professo hanno trattato la questione, fra i quali preminente � quello ben noto del R-OCC\D ), quanto per la interpretazione che, dell'art. 24, ultimo capoverso della Costituzione, l'A. ci presenta. I,a dizione di questa norma (� la legge determina le condizioni ed i modi per la riparazione degli errori giudiziari�) ed alcuni pochi recenti episodi -273 giudiziari che hanno richiamato l'attenzione della pubblica opinione, hanno spinto al riesame del problema, che ha avuto anche riscontro in progetti di riforma legislativa tendente ad estendere di molto il campo della riparazione alle vittime degli errori giudiziari. Sul punto occorre procedere con assoluta cautela: a prescindere dalla legislazione vigente che si richiama a questa impostazione dommatica, di cui il fondamento non appare contestabile, non � da dimenticare che mal si comprenderebbe come lo Stato possa essere ritenuto responsabile per la funzione sovrana della giuri~dizione che si esprime nel processo, onde neppure potrebbe essere ritenuto responsabile, nella veste di potere esecutivo, di una esecuzione rivelatasi illegittima, in quanto a questo potere spetta doverosamente l'attuare le decisioni dell' .Autorit� giudiziaria. Osserva esattamente il Santero che la. cennata norma della Costituzione si riferisce ai modi pi� adatti a riparare gli errori nelle pronuncia delle sentenze e non gi� ai danni subiti dalle vittime di tali errori: essa ha valore quindi di riaffermazione di un principio ben noto e non di rappresentazione orientativa della soluzione di un problema che � pi� di qualit� di uomini che di legislazione. FRANCO CHI.AROTTI RACCOLTA� DI GIURISPRUDENZA AMMINISTRAZIONE DELLO STATO -Ufficio stralcio per la liquidazione delle Associazioni sindacali fasciste -Rappresentanza e difesa in giudizio Nullit� del ricorso non notificato presso l'Avvocatura Generale dello Stato. (Corte Cass., Sez. Un. Civ. -Pres.: Acampora; Est.: Moscati; P. M.: Macaluso; 9 luglio-14 agosto 1953 -Marinaro contro Confederazione Industriali in liquidazione). Gli uffici stralcio, costituiti con decreto ministeriale 25 giugno 1949 in esecuzione dell'art. 5, del D. Legge O. P. S. 1 dicembre 1947, n. 1611, sono organi dell'Amministrazione diretta dello Stato (Ministero del lavoro e della previdenza sociale) e, pertanto, la loro rappresentanza e difesa in giudizio spetta necessariamente ali' .Avvocatura dello Stato, ai sensi dell'art. 1 R. D. 30ottobre1933, n. 1611. Pertanto � affetto da nullit� assoluta e insanabile il ricorso non notificato al domicilio legale. Con questa sentenza la Corte di Cassazione, accogliendo pienamente la tesi sostenuta dall'Avvocatura dello Stato, ha definitivamente affermato il principio che gli uffici stralcio per la liquidazione delle soppresse associazioni sindacali fasciste sono organi dell'Amministrazione diretta dello Stato. (Vedi in senso conforme Trib. Roma, 31 gennaio 1952 in �Rass. .Avv. �, 1952, pag. 190 e parzialmente conforme .Cass., Sez. Un., 18 gennaio 1953, retro pag. 94). Si applicano, pertanto, nei loro confronti tutte le norme relative alla rappresentanza e difesa dello Stato in giudizio, ivi compreso il principio del foro dello Stato. Per una migliore intelligenza della questione si ritiene opportuno trascrivere integralmente la chiara motivazione della sentenza. <<Fondata � l'eccezione preliminare d'inammissibilit� del ricorso. �Con D. L. L. del 23 novembre 1944, n. 639, vennero sciolte le Associazioni sindacali fasciste e si dispose la liquidazione delle medesime e furono determinati gli enti ai quali andavano devoluti i loro beni che residuassero disponibili dopo il pagamento dei creditori, ed infine fu fissato il termine, pi� volte prorogato, entro il quale dovevano essere chiuse le operazioni di liquidazione, disponendosi al riguardo che qualora esso fasse trascorso inutilmente, le operazioni di liquidazione sarebbero state affidate ad un ufficio stralcio. cc Con tale complesso di norme la materia fu regolata in conformit� del codice civile e delle relative disposizioni di attuazione (art. 11 e 21). �Il D. L. del 1944 dispose per la nomina di un liqitidatore e di un Comitato di sorveglianza, la cui attivit� doveva essere esplicata sotto la sorveglianza del Ministero del lavoro. cc Ma il perdurare delle operazioni di liquidazione, vari motivi di ordine pratico, e la necessit� di ridurre al minimo le spese di liquidazione, indussero il Governo ad avocare a s� il compimento della liquidazione e quindi sostituire ai commissari liquidatori gli uffici stralcio, al che si provvide col D. L. del C. P. S. n. 1611 del 1� dicembre 1947 (art. 5). � A capo di tali uffici furono perci� posti funzionari dello Stato, in servizio, onde si attu� l'istituto giuridico del controllo sostitutivo. �L'Amministrazione, quindi, che esercitava la vigilanza, si sostitu� al vigilato, assumendo la esplicazione di quella attivit� che per� pur essendo compiuta direttamente dall'amministrazione governativa non cessa di essere riferibile all'ente controllato. �Tale .sostituzione del commissario liquidatore con un ufficio statale, import� logicamente che al controllo esterno che su quello esercitava, come si � detto, il Ministero del Lavoro, e divenuto privo di significato a cagione della praticata sostituzione, subentr� il controllo gerarchico del Ministero stesso sull'ufficio stralcio, eh' � un suo ufficio dipendente, organo interno dell'Amministrazione. cc In sostanza fu attuato un sistema identico a quello che venne operato per la liquidazione degli Enti colo~ niali, disposta col D. L. n. 979 del 5 maggio 1948. �Detti uffici stralcio, al pari dei commissari liquidatori, di cui hanno preso il posto, stanno in giudizio, per gli enti soppressi, transigono e rinunziano alle liti, riconoscono debiti, accettano eredit� e donazioni, ecc., sempre per gli enti soppressi. cc Tali uffici, costituiti con decreto ministeriale del 25 giugno 1949, (G. U., n. 146), in esecuzione del ricordato art. 5 D. Legge C. P. S. n. 1611, del 1� dicembre 1947, sono perci� organi dell'Amministrazione diretta dello Stato (Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale) e pertanto la loro-rappresentanza e difesa in giudizio spetta necessariamente, e viene concretamente esercitata dall'Avvocatura Generale dello Stato, la quale l'attua ai sensi dello art. 1 decreto 30 ottobre 1933, n. 1611, la cui norme sicuramente devono ricevere applicazione anche quan -270 do, come nella specie, un organo dello Stato agisca quale liquidatore di un ente pubblico soppresso, pur rimanendo il patrimonio dell'ente in liquidazione, distinto e separato da quello statale. � Da ci� deriva che il ricorso, non notificato, nel domicilio legale (e neppure in quello originariamente elettivo) � affetto da nullit� assoluta, che non pu� dirsi sanata con la costituzione in giudizio dell'ufficio, non trattandosi di emendabile errore di notifica �. AMMINISTRAZIONE PUBBLICA � Atto ammini� strativo -Decreto del Ministro del Tesoro con cui viene in'flitta pena pecuniaria per violazioni valutarie. (Corte di Cass., Sez. Un., Sent. n. 2594/53 - Pres.: Galizia; Est.: Lorizio; P. M.: De Martini -Ministero Tesoro contro Coop. Italiana Grandi Alberghi). Il decreto del Ministro del Tesor�i -con cui, in applicazione del R. D. L. 5 dicembre 1938, n. 1928, vien� inflitta una pena pecuniaria ai trasgressori delle norme vigenti in materia valutaria ha natura di atto amministrativo, che, in caso di illegittimit�, � lesivo di un diritto soggettivo perfetto, come tale, soggetto al sindacato dell'autorit� giudiziaria ordinaria allo scopo limitato di accertare la sussistenza della trasgressione o meno della legge valutaria e la responsabilit� del trasgressore. Trascriviamo anzitutto la perspicua motivazione di questa sentenza: �Nega l'Amministrazione del Tesoro la competenza del giudice amministrativo sostenendo che la �facolt�� che l'art. 2 del R. D. L. 5 dicembre 1938, n. 1928, attribuisce al Ministro competente (oggi Ministro del Tesoro) d'infliggere pena pecuniaria in certa misura (sino al quadruplo) ai trasgressori delle norme vigenti in materia valutaria, non va intesa -come potrebbe far supporre l'espressione � ha facolt� )) usata dalla legge -quale esercizio di poter discrezionale (discrezionalit� amministrativa) affidato al Ministro, bens� quale potere dovere del Ministro di osservare il disposto dello art. 4 della legge 7 gennaio 1929, n. 4 (contenente norme generali per la violazione delle leggi finanziarie) espressamente richiamato dall'art. 3 del menzionato R. D. L. n. 1928, e che concerne l'applicazione della pena pecuniaria conseguente alla concreta violazione della legge finanziaria. Il decreto del Ministro che irroga la pena pecuniaria apparterrebbe al diritto amministrativo unicamente per riguardo al soggetto che lo emana, ma in effetti sostanzierebbe l'adempimento di funzione giurisdizionale, intesa all' applicazione di pena di polizia; il JJ!inistro sarebbe giudice e contro il suo decreto sarebbe concesso il solo rimedio del ricorso a queste Sezioni Unite per difetto assoluto di giurisdizione nel Ministro giudice. E poich� nella specie di un tal difetto non si parla, contro il decreto del Ministro, di cui si tratta, non vi sarebbe possibilit� di gravame in qualunque sede. Osservano le S. U. che l'Amministrazione del Tesoro si appone esattamente nel contestare che la �facolt�)) data al Ministro dal citato art. 2 del D. L. n. 1928, importi discrezionalit� amministrativa che affievolisca ad interesse il diritto soggettivo del privato: tesi questa, della Compagnia Italiana Grandi Alberghi (C. I. G. A.) e degli altri resistenti. I quali puntano sulle espressioni: il Ministro � ha facolt� �, il Ministro �pu� � usate negli artt. 2-5-8 del decreto legge or menzionato, per affermare� che la legge lasci libero il Ministro non soltanto di stabilire il quantum della sanzione, ma anche d'infliggerla o rion inflig gerla, libert� da intendersi non nel senso di capric cio o di arbitrio, ma concepita in funzione dell'inte resse pubblico, cui l'Amministrazione intende (discre zionalit� amministrativa). Una cotale libert� del Ministro, sia piwe nei sensi esposti dai resistenti, non pare infatti compa tibile con i fini per i quali il D. L. 5 dicembre 1938, n. 1928, fu emanato, e col pubblico interesse che con esso si intese tutelare. Interesse che come si riconosce dai resistenti -e di assicurare la provvista di divise estere e concentrare i mezzi di acquisto nei rapporti d'importazione e d'esportazione, si da realizzare il monopolio dello Stato negli scambi con l'estero. Interesse che nel giro di pochi anni ha assunto cos� fondamentale importanza nella politica economica dello Stato, da determinare l'istituzione di apposito Ministero per la sua cura. Orbene tutte le disposizioni emanate nella detta materia sono informate al cennato interesse ed a particolare carattere cogente. Gi� prima del D. L. n. 1928 del 1938 era stato provveduto con norme specifiche a regolare la cessione delle divise, facendosi obbligo alle banche, banchieri, ditte, societ� e persone giuridiche di qualsiasi natura, di nazionalit� italiana ed aventi sede nello Stato, e a tutti i cittadini italiani resiif,enti nello Stato, di cedere e trasferire all'Istituto nazionale per i cambi con l'estero, per .conto e nell'interesse del Tesoro dello Stato, tutti i loro crediti verso l'estero, nonch� i titoli esteri e i titoli italiani emessi all'estero da essi posseduti anche se depositati allo estero, punendosi i contravventori con l'ammenda e con pene pecuniarie (RR. DD. LL. 8 dicembre 1934, n. 1942, e 28 agosto 1935, n. 1614). Furono inoltre stabilite sanzioni contro le irregolarit� nella contabilit� e nella corrispondenza di banche e cambiavalute riguardanti affari relativi ad ogni mezzo che potesse servire a pagamenti fuori di� Italia, nonch� nella tenuta del registro per operazioni relative al commercio dei cambi da parte di chiunque vi fosse obbligato -sanzioni applicabili, nel caso di societ� od enti, anche alle persone del presidente, degli amministratori e dei sindaci oltre che ai funzionari ed impiegati che alle irregolarit� avessero concorso (R. D. L. 8 dicembre 1934, n. 1943). E con R. D. L. 14 novembre 1935, n. 1935, era stato istituito il monopolio per l'acquisto dell'oro all'estero, disciplinandosi con norme minute il commercio dell'oro, irrogandosi pene per i trasgressori. Venne quindi promulgato il D. L. 5dicembre1938, n. 1928, al fine di regolare in modo completo e pi� esemplare la repressione delle infrazioni valutarie. Leggesi nella Relazione del Ministro al disegno di legge per la conversione in legge del detto D. L. (Camera dei Deputati, .Sessione 1934-39, -Documento n. 2742) che recenti attentati contro l'integrit� dell'economia valutaria dello Stato avevano fatto sorgere il problema della sufficienza dell'allora vigente sistema repressivo delle violazioni delle leggi valutarie allo scopo di prevenire tale attivit� gravemente lesiva degli interessi della Nazione e reprimere -276 - in modo adeguato fatti dei quali la coscienza pubblica si sentiva gravemente ferita; e dopo aver detto che il sistema era meritevole di essere approvato e mantenuto, si dichiarava che la pi� recente esperienza imponeva alcune innovazioni, quali elevare la misura delle pene pecuniarie perch� la punizione riuscisse sempre adeguata alla mancanza, e raffigurare taluni fatti pi� gravi non pi� come semplici illeciti amministrativi punibili con sanzioni di carattere civile, ma come veri e propri delitti. Indi la Relazione illustra le singole disposizioni del decreto-legge, e dalla relativa esposizione appare manifesto il fine di conseguire la pi� energica repressione delle trasgressioni valutarie, aggravando altres� a tale scopo gli effetti di pi� circostanze soggettive ed oggettive del reato e del reo previste dal codice penale comune. E ci� sempre per la necessit� di difendere l' economia dello Stato e senza tacere il carattere anche morale e politico di talune disposizioni. Ci� stante, una cos� energica volont� di reprimere le trasgressioni val1ttarie contrasta col potere discrezionale del Ministro quale si sostiene dai resistenti. E ben altre considerazioni avvalorano l'esclusione di un tal potere del Ministro. All'uopo la citata Relazione da ragione dei motivi che consigliarono devolvere le trasgressioni in discorso alla diretta competenza del Ministro: accentrare le funzioni di repressione delle trasgressioni valutarie in organi centrali muniti al tempo stesso della necessaria competenza tecnica e giuridica in modo d'assicurare una applicazione uniforme della legge. E riferendosi alla norma (oggi caduta per effetto dell'art. 113 della Costituzione) che sottraeva i provvedimenti del Ministro a qualsiasi ricorso sia in via amministrativa che giurisdizionale, la Relazione confermava che tal norma tendeva all'ovvio fine di non sminuire la rapidit� e l'esemplarit� dell'applicazione delle pene, nonch� di garantire l'uniformit� nell'applicazione delle leggi valutarie, realizzata attraverso l' attribuzione delle relative funzioni ad organi centrali ed unitari. Rapidit�, quindi, della procedura: esemplarit� delle sanzioni. � poi a rilevare che sono dichiarate applicabili norme .di specifico carattere penale, quali l'inflizione della pena pecuniaria a chiunque compia atti .idonei diretti in modo non equivoco a commettere la violazione valutaria, nonch� a chiunque agevoli il compimento della violazione o ne ostacoli l'accertamento (tentativo, correit�, favoreggiamento); le circostanze soggettive ed oggettive delle quali si deve tener conto per l'applicazione della pena. Norme queste che, insieme alle altre, concernenti la solidariet� fra pi� autori della medesima violazione per il pagamento della pena pecuniaria, l'esclusione dell'applicabilit� del principio della retroattivit� benigna della legge penale, la responsabilit� delle persone rivestite di autorit� o 'incaricate della direzione o della vigilanza sulla persona del trasgressore, noneh� quelle delle persone giuridiche per il fatto dei loro organi e dipendenti inquadrano la repressione dei fatti costituenti trasgressioni valutarie nel sistema generale della repr~ssione dell'illecito e danno alle sanzioni disposte dalla legge il carattere imperativo ed inderogabile di ogni sanzione rivolta a tal fine. E non va tralasciato che leggi sulle trasgressioni valutarie emanate anteriormente al� D. L. 5 dicem bre 1938 contenevano sanzioni espresse in forma imperativa: cos� il cit. D. L. 8 dicembre 1934, n. 1942, concernente la cessione delle d~vise e la dichiarazione del possesso di titoli emessi all'estero, disponeva all'art. 5: � i contravventori saranno puniti con ammenda che il Ministro delle Finanze ha facolt� di stabilire fino ad importo, ecc. n, onde il potere discrezionale del Ministro era limitato alla misura della pena, la cui inflizione era imperativa tosto che si fossero verificati i presupposti di fatto e di diritto che davano luogo alla trasgressione. Parimenti lo art. 11 del D. L. 28 agosto 1935, n. 1614 <<ai contravventori . . . saranno inflitte dal Ministro pene pecuniarie che potranno giungere ecc. �; e il D. L. 14 novembre 1935, n. 1635, sulla disciplina dell'oro: << i trasgressori sono passibili di pena pecuniaria che il Ministro ha facolt� di stabilire sino al valore, ecc. �. E fu gi� osservato che il successivo D~ L. n. 1928 .del 1938 ebbe lo scopo di rendere an<Jor pi� rigorosa la repressione delle trasgressioni in discorso. Da quanto esposto pare a queste S. U. insopprimibile la conclusione: se la speciale competenza del Ministro fu stabilita per la rapidit� della repressione e l'uniforme applicazione della legge; se nella applicazione della pena devono osservarsi disposizioni della legge penale; se le norme precedenti al D. L. del 1938 escludevano ogni potere discrezionale del Ministro nella inflizione della pena, e non � dubbio che il D. L. del 1938 intese rafforzare e rendere pi� esemplare la respressione -� necessit� escludere che la � facolt� � del Ministro, di cui � parola negli art. 2-5-8 di detto decreto legge, possa dal Ministro esercitarsi per fini diversi dall'applicazione della legge che costituisce lo scopo dell'azione amministrativa nello speciale campo della repressione delle violazioni delle leggi valutarie. Ogni considerazione di convenienza o di opportunit� non pit� portare a non applicare la legge quando siansi verificati i presupposti di fatto e di diritto della trasgressione valutaria a,i fini della legge e dell'effetto amministrativo che la legge intese conseguire. In mattria di trasgressioni valutarie non esiste altro interesse pubblico che la repressione della violazione, che solo permette allo Stato di realizzare ir pubblico fine inerente alla disciplina legale delle valute e sopra cennato. Ed esclusa ogni discrezionalit� del Mini. stero nei sensi voluti dai resistenti, non pu� parlarsi di affievolimento ad interesse del diritto soggettivo e della conseguente competenza del giudice ammi nistrativo. IL -Non possono peraltro le Sezioni Unite stimare consona al sistema della legge la tesi del~a Amministrazione del Tesoro circa la natura giuridica del decreto del Ministro che infligge la pena pecu niaria a termini dell'art. 2 del D. L. n. 1928, di cui si tratta. Contraddicono ad un tale carattere la struttura e la stessa parola di esso decreto legge. Il quale, nell'art. 3, richiama talune disposizioni della legge 7 gennaio 1929, n. 4 conteneuti. norma generali per la repressione delle violazioni delle leggi finan ziarie, e che presenta col D. L. n. 1928 affinit� pro fonde. Non par dubbio anzi che il D. L. n. 1928 si muova nell'orbita della legge 7 gennaio 1929, n. 4, ed � noto che queste S. U., con pi� conformi decisioni, statu -277 rono che l'ordinanza con cui l'intendente di Finanza applica -ai termini di tal legge -sanzioni civili per la violazione delle norme dell,e leggi finanziarie che non costituisca reato e il successivo decreto del Ministro che decida sul ricorso proposto contro la ordinanza dell'Intendente, abbiano carattere di atti amministrativi. Distinguendo invero tra il caso in cui l'Intendenza di Finanza pronuncia con decreto motivato condanna all'ammenda e nel qual caso spettano a detto organo i poteri che il Codice di procedura attribuisce al Pretore e contro il decreto dello Intendente � ammessa opposizione che viene decisa dal Tribunale competente (art. 36 e� segg. cit. legge 7 gennaio 1929); e il caso (art. 55 e segg. legge stessa) in cui l'Intendente irroga con ordinanza il pagamento di somma a titolo di pena pecuniaria, nel qual caso il trasgressore (se la pena pecuniaria superi le lire 10.000) pu� proporre ricorso al Ministero delle Finanze, che provvede col decreto, queste Sezioni Unite dichiarano che l'attivit� svolta sul primo caso dallo Intendente di Finanza � di natura giurisdizionale, e che costituiscono invece atti amministrativi l' ordinanza dell'Intendente che infligge la pena pecuniaria e il decreto del Ministro che decide sul ricorso del trasgressore. Il carattere amministrativo dell'ordinanza dello Intendente e del decreto del Ministro fu desunto: 1o dalla qualit� degli organi chiamati ad emettere gli or detti provvedimenti, non avendo per s� n� l' I ntendente di Finanza, n� il Ministro poteri giu.risdizionali (attribuiti invece in modo espresso dalla legge nel caso di decreto �penale dell'Intendente: art. 36 legge 7 gennaio 1929); 2� nella mancanza di un vero contradittorio nella procedura che disciplina l'applicazione della pena pec�uniaria mediante l'ordinanza dell'Intendente di Finanza, contraddittorio che manca totalmente nel ricorso contro l'ordinanza intendentizia, al Ministro, mentre � a.qsicurato nel caso di decreto penale dell'Intendente che d� luogo, se opposto, ad ordinario giudizio penale; 3� l'espressa dichiarazione di illecito amministrativo risultante dai lavori preparatori della legge del 1929. Situazione di diritto del tutto analogo si ha nel decreto legge 5 dicembre 1928, n. 1938, esso appunto distingue tra fatti, che per la loro gravit� e per gli elementi soggettivi ed oggettivi che in essi concorrono raffigura come veri e propri delitti puniti con la reclusione e pertanto devoluti alla cognizione del giudice penale (sono le ipotesi di reato specificamente indicate nell'art. 10) -ed illeciti amministrativi, punibili con sanzioni di carattere civile. La competenza del Ministro concerne questi ultimi e nella irrogazione delle relative pene pecuniarie manca del pari qualsiasi contraddittorio, che �, al contrario, assicurato per i fatti costituenti delitto. E pu� aggiungersi essere ripugnante all'emanazione di pronuncia giurisdizionale la preventiva audizione obbligatoria, sia pure non vincolante di corpo amministrativo, disposto dal primo comma dell'art. 11 del decreto legge in oggetto. Il quale poi richiama l'art. 3, secondo comma, della legge 7 gennaio 1929. n. 4, che definisce �di carattere civile � l'obbligazione del trasgressore al pagamento della somma inflitta a titolo di pena pecuniaria. Ed infine nella ricordata Relazione per la conversione in legge del decreto legge n. 1928, si dichiara in modo espresso che la violazione della legge valutaria non costituente reato a termini dello art. 10 del decreto legge, costituisce �illecito amministrativo �. Il decreto del Ministro, di cui si discute, ha pertanto natura di atto amministrativo, ed essendo caduta per effetto dall'art. 113 della Costituzione la disposizione dell'art. 11 del D. L. n. 1928 che sottraeva i provvedimenti emanati per l'accertamento delle violazioni in materia valutaria a qualsiasi ricorso sia in sede amministrativa che giurisdizionale, � tal decreto sindacabile a norma dei principi generali, nella specie fissati dagli art. 2 e 4 della fondamentale legge 20 marzo 1865, n. 2448, alleg. E. Poich� trattasi di diritto soggettivo perfetto ( la qualit� basilare di diritto soggetti�vo non � contestata dai resistenti, per i quali il diritto soggettivo sarebbe affievolito -il che, pertanto si � detto, � da escludere), che si assume leso � dall'atto amministrativo (decreto del Ministro), competente � la giurisdizione ordinaria, investita del potere di conoscere della legittimit� dell'atto amministrativo, pur nonavendo potest� di revocare ne di modificare l'atto stesso. E al limitato fine di accertare la legittimit� o meno dell'atto amministrativo che si afferma lesivo del diritto soggettivo del privato, il Giudice ordinario ha potere di esaminare i presupposti di fatto e di diritto dell'asserita lesione; nella specie, della trasg.,�essione alla legge valutaria, allo scopo di accertare l'esistenza o meno della trasgressione e la responsabilit� del trasgressore. La questione di giurisdizione va pertanto definita nei sensi esposti ii. Riteniamo che questa sentenza, cos� esaurientemente motivata, possa essere accettata e considerata come un punto fermo nella materia delle infrazioni valutarie, la cui importanza per il contenzioso dello Stato in questi ultimi anni si � notevolmente accresciuta. L'Avvocatura aveva sostenuto, in linea principale, il carattere giurisdizionale dell'attivit� del Ministro per inferirne la insindacabilit� ulteriore da parte di altre autorit� giurisdizionali (con esclusione, naturalmente della Corte Suprema di Cassazione ai sensi dell'art. 111 della Costituzione). A sostegno di una tale tesi militavano argomenti abbastanza seri, quale, per esempio quello dell'analogia tra l'attivit� del Ministro in questo campo e quella del Ministro dei Lavori Pubblici nel campo della revisione dei prezzi, sulla cui natura giurisdizionale si � ormai pi� �volte pronunciata la stessa Corte Suprema in senso positivo. Ci rendiamo, tuttavia, conto della suggestione che inevitabilmente doveva esercitare sulla Corte Suprema la pi� evidente analogia con tutto il sistema delle sanzioni in materia finanziaria quale � regolato dalla legge 7 gennaio 1929, n. 4. D'altronde, l'interesse dell' A mministraziori:e era sopratutto quello di evitare che potesse essere soggetto -� ad un qualsiasi sindacato quell'aspetto pi� particolarmente discrezionale del potere del Ministro in questo campo, che � costituito dalla fissazione in concreto della sanzione pecuniaria. E su questo punto, con l'affermazione della competenza dell'auto -278 rit� giudiziaria ordinaria e con la precisazione che il giudice ordinario � ha il potere di esaminare i presupposti di fatto e di diritto dell'asserita lesione . . . allo scopo di accertare l'esistenza o meno della trasgressione e la responsabilit� del trasgressore � ci sembra che lo scopo del nostro ricorso per regolamento di giurisdizione sia stato pienamente raggiunto. CASSAZIONE -Ricorso contro decisione della Commissione Centrale Imposte dirette in base all'articolo 111 della Costituzione -Termine per la notifica. (Corte di Cass., Sez. Un., Sent. n. 3215 del 1953 - Pres.: Acampora; Est.: Sagna; P. M.: Macaluso [diff.] - Faravelli contro Finanze). Il ricorso in cassazione avverso le decisioni della Commissione Centrale imposte dirette dev'essere proposto dal contribuente nel termine di ~essanta giorni dalla notifica del dispositivo della decisione, notifica fatta a norma dell'art. 49 del R. D. 8 luglio 1937, n. 1516. La massima � interessante perch� per la prima volta il Supremo Collegio s'� occupato del termine pel ricorso in Cassazione avverso le decisioni dei giudici speciali in base all'art. 111 della Costituzione. Pare ovvio, in mancanza di diversa disposizione espressa, che anche pel ricorso avverso tali decisioni debba valere il termine normale di 60 giorni di cui all'art. 325 Cod. Proc. Civ. Nel caso di cui si tratta, poich� da noi si eccepiva l'inammissibilit� del ricorso in quanto prodotto oltre tale termine, il ricorrente in via principale deduceva che non il termine di 60 giorni dovesse applicarsi, bens�, trattandosi di ricorso avverso una decisione della Commissione Centrale delle Imposte, quello di 6 mesi di cui all'art. 34, 10 comma, della legge 8 giugno 1936, n. 1231. E fin qui l'arbitrariet� della tesi era manifesta, poich� il detto termine di 6 mesi non ha nulla da vedere colla materia del ricorso per cassazione, riferendosi unicamente alla proposizione dell'azione giudiziaria in materia tributaria, quando sia intervenuta una decisione della Commissione Centrale. Ma subordinatamente il ricorrente sosteneva anche che, pur ritenuto applicabile il termine di 60 giorni, questo non fosse scaduto perch� era stato notificato il solo dispositivo della decisione e tale notifica non sarebbe stata valida a far decorrere il termine stesso. � su questo punto eh' � opportuno sia intervenuta una pronunzia del Supremo Collegio, a dirimere� ogni incertezza cui tale profilo potesse dar luogo: come infatti ha dato. luogo nella specie, in cui il Procuratore Generale d'udienza non ader� alla nostra eccezione d'inammissibilit�. Ma il Supremo Colleg~ o l'ha accolta riconoscendo che, poich� la notifica del solo dispositivo � pienamente valida ed � anzi la sola forma di notifica ammessa per le decisioni delle Commissioni tributarie (art. 49 del R. D. 8 luglio 1937, n. 1516), � giuocoforza inferirne eh' essa sia idonea anche per far decorrere il termine pel ricorso ex art. 111 della Costituzione. G. C.ALENDA CONSIGLIO DI STATO -Decisione su ricorso ex art. 27, n. 4 del T. U. 26 giugno 1924, n. 1054 Natura giurisdizionale -Proponibilit� del ricorso alle Sezioni Unite della Cassazione per difetto di giurisdizione. LEGITTIMAZIONE ATTIVA -Proponibilit� del ricorso da parte del Ministero -Inammissibilit� del ricorso principale per difetto di legittimazione attiva -Validit� del ricorso incidentale proposto tempestivamente. ESECUZIONE DEL GIUDICATO AMMINISTRATIVO -Ammissibilit� del ricorso ai sensi dell'articolo 27, n. 4 del T. U. delle leggi sul Consiglio di Stato. (Corte di Cass., Sez. Un. Civ., 8 luglio 1953 - Pres.: Galizia; Est.: Torrente; P. M.: Eula, conforme Comune di Sant'Eufemia di Aspromonte, Capoferro ed altri contro Ministero Agricoltura e Foreste). Il pr�cedimento, che si instaura col ricorso pre visto dall'art. 27, n. 4 del T. U. delle leggi sul Con siglio di Stato, approvato con R. D. 26 giugno 1924, n. 1054, ha natura giurisdizionale e la relativa decisione � impugnabile con ricorso alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione per difetto di giurisdizione. Legittimato a proporre il ricorso � il Ministero competente e non l'ente o l'autorit�, che emise il provvedimento annullato col giudicato, della cui inesecuzione si discute. L'impugnazione incidentale, tempestivamente proposta, conserva efficacia ancorch� l'impugnazione principale sia dichiarata inammissibile. � ammissibile il ricorso ex art. 27, n. 4 del T. U. 24 giugno 1924, n. 1054, diretto ad ottenere l'adempimento dell'obbligo dell'amministrazione di conformarsi al giudicato del �giudice amministrativo in materia di interessi legittimi. Il giudicato sulla illegittimit� di un atto del procedimento amministrativo, che, per il suo contenutQ negativo, abbia impedito il compimento di atti ulteriori, non priva l'amministrazione del suo potere discrezionale, relativamente a questi ultimi, n� le impedisce di ripetere la valutazione, osservando la pronunzia amministrativa, che diede luogo all'atto annullato e, pertanto, la decisione, che, in esecuzione di quel giudicato, si sostituisca all'amministrazione nell'esercizio dell'anzi'detta potest� discrezionale, eccede i limiti della giurisdizione, attribuita al Consiglio di Stato. CONSIGLIO DI STATO_ -Decisione su ricorso ex art. 27, n. 4 del T. U. 26 giugno 1924, n. 1054 Ricorso alle Sezioni Unite della Cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione proposto dal Ministero Agricoltura e Foreste -Proponibilit�. ESECUZIONE D~L DECRETO DEL CAPO DELLO STATO, CHE DECIDE UN RICORSO STRAORDINARIO -Inammissibilit� del ricorso, di cui all'art. 27, n. 4 -Difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato. (Corte di Cass., Sez. Un. Civ., 2 ottobre 1953 -Pres.: Galizia; Est.: Torrente; P. M.: Pittiruti, conforme -Ministero Agricoltura e Foreste contro Diegoli). Legittimato a proporre il ricorso, avyerao _la decisione emessa dal Consiglio di Stato ai sensi dell'art. 27, n. 4, del T. U. 26 giugno 1924, n. 1054, � il Ministero Agricoltura e Foreste, che fu parte nel processo, ai sensi dell'art. 91 R. D. 17 agosto 1907, n. 642. -279 Il provvedimento emesso dal Presidente della Repubblica sul ricorso straordinario ha carattere amministrativo, non giurisdizionale e, pertanto, non � ammissibile, per ottenere l'esecuzione di esso, il ricorso al Consiglio di Stato ex art. 27, n. 4, del T. U. 26 giugno 1924, n. 1054. Oon queste due pregevoli sentenze la Corte di Cassazione ha risolto alcune delicate e complesse questioni relative al ricorso previsto dall'art. 27, n. 4, del T. U. delle leggi sul Consiglio di Stato, precisando la natura del particolare procedimento, cui quel ricorso d� luogo, i limiti di applicazione della norma e i soggetti, che, per essere parti di quel processo, debbono considerarsi legittimati, in via esclusiva, a proporre il ricorso alle Sezioni Unite della Cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione (sulla questione vedi retro pag. 1-11). Su quest'ultimo punto riteniamo che la Cassazione abbia esattamente interpretato le norme, che regolano l'istituto, e, sopratutto, l'art. 91 del regolamento di procedura, approvato con R. D. 17 agosto 1907, n. 642. Il ricorso ex-art. 27, n. 4 � comunicato al Ministero competente e, cio�, a quello, cui fa capo l'autorit� o che esercita la vigilanza sull'ente, che ha emesso il provvedimento annullato o dichiarato illecito con la decisione, della cui inesecuzione si discute. Parti del processo, pertanto, sono esclusivamente il privato ricorrente ed il Ministero competente. L'autorit� o l'ente, che ebbero ad emettere il provvedimento annullato non sono parte in questo anomalo giudizio. Potr� discutersi de iure condendo se una tale anomalia sia conforme al sistema e, sopratutto, ai precetti della Costituzione, ma de iure condito non pu� riconoscersi la qualit� di parte che al Ministero. Quanto alla natura del procedimento ed all'ampiezza dei poteri attribuiti al Consiglio di Stato dall'art. 27, n. 4, la Corte ha affermato alcuni principi della massima importanza. Contro l'avviso, espresso dal Consiglio di Stato con la decisione n. 252 del 1950 (�n <e Foro I tal. � 1951, III, 68), la Oort� ha precisato che trattasi di procedimento giurisdizionale (processo), che culmina in una decisione, atto giurisdizionale (sentenza) impugnabile con ricorso alle Sezioni Unite della Cassazione per motivi attinenti alla giugiurisdizione. Ha ritenuto, poi, la Corte che il ricorso ex art. 27, n. 4, previsto espressamente per ottenere l'adempimento dell'obbligo della autorit� amministrativa di conformarsi al giudicato dei Tribunali, che abbia riconosciuto la lesione di un diritto civile o politico, sia applicabile anche per ottenere l'adempimento dell'obbligo di conformarsi al giudicato del Consiglio di Stato in sede di gi'IJ,risdizione di legittimit�. Ha escluso, invece, ch'esso sia estensibile al decreto del Presidente della Repubblica, che abbia deciso un ricorso straordinario. Sul primo punto riteniamo di dover dissentire per le ragioni a suo tempo indicate (vedi retro pag. 1-11). N � ci sembrano del tutto convincenti le argomenta zioni addotte dalle annotate sentenze. Ohe il privato abbia un interesse legittimo all'adempimento, da parte dell'autorit� amministrativa, dell'obbligo di confor marsi al giudicato, del giudice ordinario o ammini strativo, pu� senz'altro ammettersi. Da tale premessa, per�, deriva l'ammissibilit� di un ricorso in sede di giurisdizione generale di legittimit� contro il provvedimento, positivo o negativo, non conforme, ma non la possibilit� di estendere in via di analogia l'eccezionale rimedio previsto dal citato art. 27, n. 4. Sul secondo punto condividiamo pienamente e, data l'importanza della questione, riteniamo opportuno trascrivere integralment� la parte relativa della decisione: <e Or bene, per comune insegnamento, il provvedimento emesso dal Presidente della Repubblica sul ricorso straordinario ha, invece, carattere amministrativo. Tale natura risulta -come � noto -testualmente dal secondo comma dell'art. 27' il quale definisce il ricorso straordinario ricorso al Re in sede amministrativa �. Essa trova, poi, conferma nella regola, comunemente accolta, secondo cui il provvedimento emesso sul ricorso straordinario non preclude l'azione davanti al giudice ordinario, allorch� trattasi di diritti soggettivi e nell'ammissibilit� -sia pure entro ben precisi limiti (che da alcuno si vorrebbero ampliare ai sensi dell'art. 113 Costituzione) -di rimedi giurisdizionali avverso il provvedimento stesso. Se ci� � vero, � vano risalire alle lontane origini dello istituto per suffragare la tesi accolta dal Consiglio di Stato. Tanto pi� che tali origini non attestano della sua natura giurisdizionale. Nemmeno vale in senso contrario il parallelismo con il ricorso giurisdizionale al Consiglio di Stato; il parallelismo, come il .principio dell' alternativit�, sancito dall'art. 34 del T. U., pi� volte citato, non elimina la diversit� di natura esistente tra i due tipi di ricorso; il regime dell' alternativit�, infatti, non � in chiave con l'identit� di natura tra i due istituti, bens� � determinato dall'esigenza di evitare che il Consiglio di Stato debba pronunziarsi due volte, in due sedi diverse (in adunanza generale ed in sezione semplice) sullo stesso affare. Del resto l' alternativit� sussiste anche tra ricorso giurisdizionale alla G.P.A. e ricorso amministrativo ordinario; non si vorr� da questo desumere l'estensione dell'art. 27, n. 4, al ricorso amministrativo. �N� vale ancora richiamarsi all'esperibilit� del rimedio della revocazione, il quale, per la sua natura, pu� anche ritenersi un istituto applicabile anche in materia amministrativa. � Se, dunque, il provvedimento emesso sul ricorso straordinario ha carattere amministrativo, anche a voler ammettere l'applicazione analogica dell'art. 27, n. 4 pi� volte citato, comunque, manca l'eadem ratio indispensabile per l'analogia. ((Non vale a far defiettere queste Sezioni Unite dalla risoluzione accolta nemmeno l'argomento che si vuol trarre dall'obbligo dell'amministrazione di uniiormarsi al provvedimento �el Presidente della Repubblica. Quest'obbligo non ha, invero, il carattere assoluto e vincolante che � proprio del giudicato e che � connaturato con le caratteristiche proprie della attivit� giurisdizionale; esso discende, invece, dalla posizione di preminenza o di supremazia che spetta al Capo dello Stato. La sua efficacia � circoocritta nell'ambito della stessa amministrazione, senza avere �~ rilevanza esterna e senza dar luogo a quella forza tipica di coercizione in via eteronoma, che � costituita dall'esecuzione in via giurisdizionale >>. Contrariamente alla tesi sostenuta dall'Avvocatura, infine, la Corte ha ritenuto la sopravvivenza della -280 cos� detta giurisdizione di merito, nonostante la chiara dizione dell'art. 113 della Costituzione. A questa massima non possiamo aderire. L'articolo 113 assicura ai cittadini la tutela giurisdizionale degli interessi legittimi contro tutti gli atti della pubblica amministrazione, ma non estende tale tutela agli interessi semplici e, comunque, limita il potere del giudice, ordinario o amministrativo, nei confronti della pubblica amministrazione all'annullamento dell'atto amministrativo. In nessun caso, perci�, il giudice potr� riformare o modificare il provvedimento e, tanto meno, porre con la sentenza l'equipollente dell'atto amministrativo, nella qual cosa, appunto, consiste la cos� detta girisdizione di merito. Riteniamo, pertanto, che questa non trovi pi� posto nell'attuale ordinamento costituzionale, che riserva esclusivamente alla pubblica amministrazione il riesame degli atti amministrativi sotto il profilo dell'opportunit�. Comunque, su questo importante argomento comparir� presto sulla Rassegna uno studio pi� approfondito. G. GUGLIELMI ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT� -Concordato sulla indennit� � Impugnazione � Termini. (Corte di Cass., Sez. Un., Sent. n. 1925/53 -Pres.: Galizia; Est.: Gionta; .P. M.: Eula (conf.) -Gerber ed altri contro Ministero Difesa Esercito e Ente Nazionale delle Tre Venezie). Le contestazioni relative a indennit� liquidate con concordato o accettate nella misrna offerta dell'esproprialite, ai sensi dell'art. 28 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, debbono proporsi, a pena di decadenza, nel termine di trenta giorni dalla notificazione del decreto di occupazione immediata dei beni espropriati emesso dal prefetto ai sensi del secondo comma dell'art. 30 della legge medesima. La Corte di Cassazione ha osservato: � Gli espropriati hanno sostenuto che la decadenza concerne solo l'opposizione fatta contro la stima dei periti, mentre nessun termine � prefisso per le contestazioni inerenti a indennit� liquidate con concordato o accettate nella misura offerta dall'espropriante. �Per la esatta interpretazione della legge deve essere per� tenuto presente che nel ricercare in qualmodo potessero essere proposte dinanzi all'autorit� giudiziaria tali contestazioni fu generalmente adottata l'opposizione prevista dall'art. 51 in quanto tutte le controversie si concretavano in realt� nella richiesta della giusta indennit� riconosciuta dalla legge senza che importasse apprezzabile differenza la diversit� del modo in cui la misura di essa era stata determinata. Con la adozione della opposizione fu altres� riconosciuta l'applicabilit� in tutte le ipotesi del termine di decadenza e ci� non per ammissione di necessaria conseguenza, ma sopratutto perch� man mano si era rafforzato il convincimento che intenzione del del legislatore, anche se apparentemente pi� ristretta era la lettera della disposizione, era stata quella di dettare una norma categorica per vietare in ogni ipotesi il prolungarsi delle contestazioni concernenti la misura dell'indenit� a fine non solo di sollecitare l'espletamento di tutto il procedimento, ma altres� di rendere certi e ben definiti i diritti degli interessati. �All'uopo, infatti, non soltanto all'art. 51 � adoperata la locuzione �trascorso questo termine si avr� definitivamente stabilita.~... � ma .il precetto � stato ripetuto pressoch� con le medesime parole nel s�uccessivo art. 54 in cui � stato prefisso il termine per l'opposizione da parte dei terzi � scorso il suddetto termine l'indennit� si avr� anche rispetto a essi definitivamente stabilita � e risulta ribadito ancora nel successivo art. 55; con il quale � disposto che �divenuta definitiva rispetto a tutti la determinazione dell' ammontare dell'intennit� e non essendovi n� iscrizione di diritti reali, n� altre opposizioni pu� essere disposto il pagamento �. IMPUGNAZIONE IN SEDE CIVILE -Morte della parte dopo la pubblicazione della sentenza � Notifica alla parte defunta presso il procuratore costituito � Validit�. PUBBLICI APPALTI -Risoluzione del contratto a sensi della Legge 28 novembre 1940, n. 1772 -Valutazione del materiale in cantiere � Prezzi di tariffa Applicabilit�. (Corte di Cass., Sez. I, Sent. n. 3196/53 - Pres.: Piacentini; Est.: Albanese -Ministero dei Trasporti contro Ditta Florio Pietro). � validamente proposto il ricorso in Cassazione contro una parte defunta dopo la pubblicazione della sentenza, qualora il ricorso sia notificato, prima della notificazione della sentenza impugnata, alla parte defunta presso il procuratore costituito in giudizio. Negli appalti per opere pubbliche i materiali introdotti in cantiere sono assoggettati a vincoli particolari, che riflettono la specifica destinazione dei materiali stessi all'esecuzione dell'opera. Perci�, in caso di risoluzione del contratto di appalto a sensi dell'art. 2 della legge 28 novembre 1940, n. 1772, anche i materiali api� d'operavannovalutati secondo il criterio valevole per i lavori gi� eseguiti. L'Amministrazione appaltante deve quindi corrisponderne il valore ai prezzi contrattuali e non gi� ai prezzi correnti sul mercato nel momento della risoluzione del contratto. 1) La Corte Suprema ha fissato alcuni importanti principi in tema di sopravvivenza nel processo della parte, in persona del procuratore costituito. Ed ha esaminato la questione con riferimento al periodo di tempo che intercorre fra la pubblicazione della sentenza e l'impugnazione: quel periodo, cio�, che il codice di procedura non regola espressamente, o almeno non regola in tutte le sue ipotesi. Durante il processo, � no(o che la morte della parte non vale di per s� ad interrompere il giudi$io, ove sia costituita a mezzo di procuratore: � Parte in senso formale continua ad essere l'autore, il che � possibile, anche dopo la sua morte, per effetto della rappresentanza del procuratore, la cui azione si protrae anche oltre i limiti della vita�> (CARNJ>Ll!TTI, Lezioni, vol. IV, pag. 167). Dopo la chiusura della .discussione, la morte della parte � pure irrilevante, a meno che non avvenga la riapertura dell'istruzione. Ma che cosa accade se la parte muore dopo la pubblicazione della sentenza? Il principio della -281 successione nel processo sembra imporre la prosecuzione nei confronti del successore (110 O.P.O.): ma questo principio non va applicato con assoluto automatismo, perch� esso opera nel processo -in caso di costituzione di procuratore -solo se la morte viene dichiarata o notificata. Resta a vedere se questa fictio di sopravvivenza (sempre che l'evento della morte non sia notificato) valga anche. per quel periodo che va dalla pubblicazione della sentenza al suo passaggio in giudicato. In questo periodo, come � ben noto, il giudizio rimane in vita, pur non essendo sul ruolo: gli effetti processuali della litispendenza permangono' integri, data l'unit� del rapporto processuale nelle sue varie fasi. � ben vero che, nonostante tdle unit� del giudizio come rapporto, le varie fasi si presentano autonome come procedimenti, tanto che occorre, nella fase di impugnazione, una nuova costituzione di procuratore. Ma nel nostro Oodice questa autonomia spiega interamente i suoi effetti solo dopo che l'impugnazione � proposta, non mentre � proposta. Oi� si ricava con sufficiente certezza da una serie di norme, che confermano la permanenza degli effetti della costituzione del procuratore nell'intervallo fra la pubblicazione della sentenza, e l'avvenuta proposizione dell'impugnazione. Sintomatica � la possibilit� di notificare l'atto d'impugnazione alla parte presso il procuratore costituito nei primo giudizio (330 O.P.O.): possibilit� che prescinde dalla concomitante elezione di domicilio, e che � ricollegata proprio ed unicamente al fatto della costituzione. Allo stesso procuratore si pu� notificare la sentenza, anche se la parte sia morto dopo la chiusura della discussione (285, 286 O.P.O.). Tutto ci� giustifica pienamente l'osservazione contenuta nella sentenza 11 dicembre 1950, n. 2708 della Oorte Suprema: �La rappresentanza processuale, come rapporto esterno, sopravvive alla estinzione della persona del mandante o alle cause modificatrici della sua capacit� giuridica, cos� come sopravvive alla stessa revoca della procura o alla rinuncia della medesima �. Alla luce di questi principi si pu� affrontare con maggiore sicurezza il problema della sopravvivenza della parte defunta, superando quella riluttanza che fece scrivere al Oobianchi: � Contesto che, sia pure presso il procuratore, l'appello possa essere notificato al morto, e che l'invito a comparire possa essere rivolto a lui (� Mon. Trib.�, 1949, 152, in nota alla sent. 8 aprile 1949 della O. di A. di Genova). Oos� crudamente impostata, la questione sembra esigere una soluzione negativa: ed in tal senso si era orientata effettivamente la giurisprudenza sotto l'impero del precedente codice (Oass. 4 maggio 1934, n. 1437 �Foro ital. �, 1934, I, 1597) Oass. 31 gennaio 1938, n. 313; Oass. 31 marzo 1938, n. 1104). Ma il riordinamento delle norme sulla interruzione, nel nuovo codice, ha consentito alla Oorte Suprema di giungere ad una soluzione meno rigorosa, gi� delineata nella sentenza 18 luglio 1950, n. 1959 (che conferm� la citata sentenza della Oorte di Appello di Genova) e completata con nuove argomentazioni nella sentenza oggi annotata. La Oorte Suprema osserva che la legge positiva regola la notificazione dell'impugnazione contro la parte defunta dopo la notificazione della sentenza (328, 330 secondo comma O.P. O.), ma nulla dice per il caso che la parte da evocare in giudizio muoia prima della notificazione, sebbene dopo la pubblicazione della sentenza. Per questo caso, deve valere in tutto il suo vigore -secondo la Oorte Suprema il principio della sopravvivenza (!,ella parte in personata dal procuratore costituito. Il mandato di questi non viene meno per la sola morte (cfr. art. 85 O.P.O.); n� -come si � visto -vengono meno quegli effetti rifiessi della costituzione, di cui � traccia nello stesso art. 330 O.P.O., primo comma. Questo articolo si riferisce, nel citato comma, sempre alla parte originaria (�Se nell'atto di notificazione della sentenza la parte ha dichiarato la sua residenza ........ �). Ed unicamente la parte originaria, nel caso del primo comma, � la destinataria della notificazione dell'impugnazione come vocatus in judicium, n� si fa distinzione fra parte vivente o parte defunta. Questa distinzione viene invece chiaramente presupposta nel secondo comma, il quale ammette che se la parte � defunta dopo la notificazione, l'impugnazione possa essere notificata impersonalmente e collettivamente �agli eredi della parte (originaria) defunta �. Nel pensiero della O orte Suprema, la notificazione della sentenza acquista, quindi, una portata decisiva. Prima di questa, la parte originaria regolarmente costituita rimane astrattamente uno dei soggetti processuali, anche se � venuta meno, con la vita fisica, la sua stessa esistenza. Se, invece, questo evento si verifica dopo la notificazione della sentenza, la morte fisica � accompagnata definitivamente anche dalla morte processuale, n� l'avvenuta costituzione nel primo giudizio a mezzo di procuratore potrebbe assicurare una fittizia sopravvivenza. In un caso di tal genere, anche secondo il nuovo codice venne quindi deciso che l'appello notificato ad un defunto sia da considerare improcedibile (Oass. 26 giugno 1951, n. 1699; il P. M. aveva concluso in senso difforme). E sempre in coerenza a tale principio, nel caso di un cambiamento di stato prima della notificazione, venne invece riconosciuta la piena validit� di una impugnativa notificata alla parte originaria (SS. UU. 28 maggio 1948, n. 801). Non v'� dubbio che la s-0luzione data dalla giurisprudenza della Oorte Suprema a questo curioso problema -ignorato, dalla dottrina, nia di evidente importanza pratica -appaia informata ad una imperiosa esigenza di giustizia. Non si pu� ammettere l'invalidit� di una notificazione dell'impugnazione presso il procuratore costituito della parte defunta, il quale potrebbe lasciare deliberatamente decorrere il termine di decadenza, annuale o prorogato (328 O.P.O.), al so~o scopo di costituirsi tardivamente per eccepire l'improcedibilit�. E pu� comprendersi d'altronde, come questa esigenza di giustizia sia meno sentita nel caso in cui sia avvenuta la notificazione della sentenza. Infatti la parte soccombente pu� e deve, avvenuta la notificazione, provvedere immediatamente all'impugnativa, riducendo al minimo il rischio di successivi eventi che possono provocare mutamenti nello stato della controparte. Si aggiunga che �a noti-__ ficazione ha, di per s�, uno scopo ed un effetto acceleratore nella formazione del giudicato in senso for� male; ed � giusto che un tale effetto sia potenziato da una maggiore sensibilit� del giudizio anche rispetto agli e'Qenti pr~'Oisti dagli artt. 299 e 300 O.P.O., eventi ~�� -282 che sono normalmente irrilevanti (se non notificati) fino al momento dall'inizio del procedimento d'impugnativa. L'impulso dato dalla notificazione non solo opera direttamete nei confronti della parte in senso sostanziale, ma � provocato da questa (285 C.P.C.), con l'esplicazione di una attivit� che manca, invece rispetto alla sentenza pubblicata e non notificata. � questo continuato intervento della parte in senso, sostanziale che caratterizza il giudizio nel momento della notificazione della sentenza[ ed � la parte in senso sostanziale, che deve perci� essere evocata nel giudizio di impugnativa. In altri termini la sopravvivenza della parte delunta � una finzione che richiede la quiescenza del giudizio in una specie di statica immobilit� dopo la pubblicazione della sentenza; Se, invece, la parte (in senso sostanziale) si rende attiva con la notificazione della sentenza, alla finzione processuale subentra la realt� concreta, che domina il giudizio anche dopo la notificazione. Per conseguenza, qualora la parte muoia, dopo questo ritorno alla realt�, il giudizio deve proseguire nei confronti dei veri successori, con il solo temperamento della loro evocazione in giudizio in modo collettivo e impersonale. Quali che siano le critiche opponibili a questa soluzione, imperniata sulla notificazione della sentenza come fattore decisivo, devesi ad ogni modo rendere omaggio allo sforzo compiuto dalla Suprema Corte per ridurre le gravissime conseguenze di un evento, che nella maggior parte dei casi non si pu� in alcun modo conoscere. � facile comprendere come tale soluzione faccia sorgere altri problemi collaterali, che per� nella vertenza decisa con la sentenza annotata non furono discussi. Fra questi, il problema derivante da una mancata costituzione dei successori universali nel giudizio di impugnazione promosso contro il defunto. Pu� applicarsi e questa ipotesi il principio dell'interruzione del processo, per la premorienza della parte prima della costituzione (299 C.P.C.)? Sembra evidente che di interruzione non possa parlarsi nel caso di ricorso in cassazione, giacch� questo non richiede apertura dell'istruzione, n� prevede costituzione in senso tecnico, non essendovi una vocatio in jus. Il problema si atteggia invece diversamente nel procedimento di appello, e si riconnette all'altra questione degli effetti di una sentenza contro una parte defunta (cfr. PAVANINI: Sentenza nei confronti di un defunto, in �Riv. di dir. processuale civ. �, 1947, II, 225 e segg.). Ma entrambe le questioni esorbitano dai limiti della presente nota, cos� come sono rimaste estranee all'�mbito della controversia, risolta dalla Corte Suprema con l'annotata sentenza. 2) Non meno importante � la seconda massima, che risolve questioni sulle quali non risultano precedenti editi. � noto che nei contratti dei pubblici appalti vengono incluse pattuizioni, in virt� delle quali nelle situazioni mensili si comprendono non solo gli importi dei lavori eseguiti, ma anche gli importi dei materiali cos� detti� a pi� d'op,era �,cio� non utilizzati e non ancora incorporati nei lavori. Queste situazioni mensili costituiscono la base per il pagamento degli acconti (art. 11, R.D. 8 febbraio 1923, n. 422), con i quali si viene, praticamente, a pagare in parte e in via anticipata sia i lavori sia i 'materiali a pi� d'opera. Senonch�, quando per qualsiasi causa il contratto deve essere risolto, l'art. 345 della legge sulle opere pubbliche prevede che l'Amministrazione appaltante debba pagare i lavori eseguiti, nonch� �il valore dei materiali utili sistenti in cantiere �. Mentre per i lavori eseguiti si � sempre riconosciuto che il pagamento debba avvenire ai prezzi di tariffa, invece per i materiali esistenti in cantiere si � ritenuto dalla dottrina (VITALEVI:, .Appalto, pag. 263, n. 565) e da qualche raro lodo arbitrale, che essi debbano essere valutati ai prezzi correnti al tempo della risoluzione. � evidente come una simile tesi renda del tutto incoerente il sistema di pagamento dei materiali, che rimarrebbero pagati a prezzi di tariffa, per la parte inclusa nelle situazioni provvisorie e soddisfatta: a mezzo degli acconti, e ai prezzi del mercato, per la residua parte non coperta con gli acconti. Il problema sorse con una certa frequenza durante e dopo l'ultima guerra, in seguito all'emanazione della Legge 28 novembre 1940 n. 1772, che ammise la sospensione dei contratti di appalto da parte della P. A. � la correlativa facolt� dell'appaltatore di chiedere la risoluzione. In tal caso, analogamente a quanto era stabilito dall'art. 345 della legge sulle Opere pubbliche per l'ipotesi di risoluzione unilaterale da .parte della P. A., questa ha l'obbligo di pagare lo importq dei lavori eseguiti ed il valore dei materiali v.tili esistenti in cantiere. La dizione dell'art. 2 della legge del 1940 � sostanzialmente identica a quella adottata dall'art. 345 della legge sulle opere pubbliche, mentre differisce dalla disposizione emanata dopo la prima guerra mondiale con il R. D. L. 16 febbraio 1919, n. 107, che precisava come il valore dei materiali dovesse determinarsi ai prezzi di contraito. L'omissione di questa precisazione, sia nell'art. 345 legge sulle opere pubbliche sia nell'art. 2 della legge del 1940, starebbe a dimostrare, secondo alcuni, che il valore dei materiali debba apprezzarsi in base ad un processo di valutazione ex novo, riferito al momento della risoluzione. Questa tesi � stata giustamente respinta dalla Corte Suprema. Il fatto che i materiali passino in propriet� dell'Amministrazione solo al momento della risoluzione .non infiuisce sulla questione. Importante � stabilire non il momento del trasferimento o la necessit� di una stima, ma� la preesistenza o meno dei criteri di valutazione. Il termine �valore�, infatti, non presuppone necessariamente una traduzione in moneta attuale: n� le recenti discussioni sui debiti di valore o di valuta offrono elementi di �raffronto, poich� esse hanno avuto per oggetto situazioni in cui non esistevano elementi prestabiliti per la stima del valore. Al contrario, l� dove esistano pattuizioni o norme che fissino determinati prezzi o indennizzi, con una aestimatio anticipata, � stata rettamente esclusa ogni rivalutazione: appunto in virt� del principio che ogni qual volta devesi compiere l'aestimat:iD in relazione ad un metro monetario fermo, il corrispettivo non � suscettibile di mutamenti--(Oass. SS. UU. 8 agosto 1952, n. 2589; in questa Rassegna, 1952, n. 228). Il processo di valutazione -al quale si � voluto dare tanto peso -� semplicemente un fattore costante in tutti i casi in cui occorre accertare un -283 � valore: ma nulla autorizza a ritenere che il termine di �valore � sia adoperato solo quando si debbano ricercare nuovi elementi per questo processo. Anzi, � facile riscontrare che molto spesso il legislatore ha adoperato il termine di �valore � anche in casi in cui gli elementi di valutazione sono predeterminati. Tipico �, a questo proposito, l'usufrutto di cose consumabili, in cui l'usufruttuario � tenuto� a pagarne il valore al termine dell'usufrutto secondo la stima convenuta �. Solo se manchi la stima, egli deve restituirne il valore �al tempo in cui finisce l'usufrutto>> (art. 995 Cod. Civ.). In questa disposizione il distacco del valore da un processo di valutazione ex novo � evidentissimo: e non altrimenti accade nel campo dell'appalto di opere pubblich<J, in cui il valore del materiale al termine dell'appalto (per esaurimento o per risoluzione) va trasformato inmoneta secondo i prezzi convenuti, funzionanti n� pi� n� meno che come stima preventiva del valore. Il ricorso a criteri di vocabolario � dunque fallace, Irrilevante �, d'altra parte, la distinzione, desunta dalla letterale dizione dell'art. 2 della legge del 1940. fra gli importi dei lavori e il valore dei materiali. La legge parla di <(importi � a proposito dei lavori semplicemente perch� questi, comprendendo materiale messo in opera, devono risultare da una operazione di somma dalla mano d'opera pi� il valore (prezzo) dei materiali: appropriato � quindi il ,termine di (( importo �, il cui significato lessicale � prevalentemente quello di ({ammontare�. Per contro, il costo o prezzo del materiale a pi� d'opera va calcolato �in s� e per s�, senza aggiunta di mano d'opera: da ci� il termine di (( valore ))' che meglio indica il costo intrinseco della materia non lavorata, cio� indipendentemente dalla messa in opera. La Corte Suprema ha trovato argomento, per ribadire la necessit� di una valutazione ai prezzi di tariffa anche dei materiali, nel fatto che questi -pur passando in propriet� dell'Amministrazione solo al momento della risoluzione -sono tuttavia vincolati alla loro destinazione all'opera pubblica, fin dal momento dell'introduzione in cantiere. Tesi, codesta, che era gi� affermata dalla migliore dottrina (CIANFLONE: L'Appalto di opere pubbliche, p. 385), e che � certamente esatta. L'intero contratto di appalto �, infatti, dominato in tutte le sue vicende dal principio fondamentale dell'invariabilit� dei prezzi: e questo principio vale anche nel momento della morte del contratto, sia questa provocata dal recesso unilaterale dell'Amministrazione o dalla domanda di risoluzione avanzata dall'appaltatore. A. CHICCO NOTIFICAZIONE � Foro erariale -Art. 11 R. D. n. 1611 del 1933 -Applicabilit� anche nei confronti di AmministraziOni pubbliche non statali rappresentate dall'Avvocatura dello Stato. (Corte di Cass., Sez. III, Sent. n. 2162/53 -Pres.: Pasquera; Est.: Guido; P. M.: Marmo; Ass. Naz. Partigiani Bolzano contro Comitato Naz. Giovent� Italiana). L'art. 11 del R. D. n. 1611 del 1933 per il quale le citazioni, i ricorsi e qualsasi atto di opposizione giudiziale devono essere notificati alle amministrazioni statali presso l'Avvocatura Generale dello Stato nel cui distretto ha sede l'autorit�. giudiziaria innanzi alla quale � portata la causa, ha vigore anche nel caso che la detta Avvocatura debba assumere, a norma dell'art. 43 stesso decreto, la rappresentanza o la difesa, avanti le autorit�. giudiziarie, di amministrazioni pubbliche non statali e di Enti sovvenzionati sottoposti a tutela o anche alla sola vigilanza dello Stato, qualora a ci� sia autorizzata da disposizione di legge, di regolamento o di altro provvedimento approvato con decreto del Presidente della Repubblica. In conseguenza � nullo il ricorso per cassazione notificato in Trento al Commissariato Nazionale della Giovent� Italiana, presso l'Ufficio Distrettetuale dell'Avvocatura Generale dello Stato. La sentenza appare ineccepibile. Essa presuppone, evidentemente, che il .Commissariato nazionale della G. I. non si fosse avvalso della facolt� di farsi rappresentare e difendere da un professionista privato. In tal caso, infatti, dovrebbe seguirsi la giurisprudenza gi� affermata dalla Corte Suprema con la sentenza 22 luglio 1942, n. 2121, secondo la quale, �se un ente pubblico, per il quale la rappresentanza e la difesa in giudizio pu� bens� essere assunta dalla Avvocatura dello Stato, ma non lo � necessariamente, abbia preferito farsi assistere da un patrono privato, la regola che prescrive l'esecuzione delle notificazioni presso l'ufficio dell'Avvocatura dello Stato non ha pi� ragione di essere )). PRESCRIZIONE -Prescrizione del diritto al risarci mento del danno -Decorrenza in caso di estinzione del reato per amnistia. (Corte di Cass., Sez. III, Sent. n. 2608/53 -Pres.: Valenzi; Est.: Guido; P. M.: Reale Pennone contro Ministero dei Trasporti). La prescrizione biennale del diritto al risarcimento del danno prodotto dalla circolazione di veicoli, qualora il fatto che ha cagionato il danno sia considerato dalla legge come reato e questo venga dichiarato estinto per amnistia, decorre dalla data di estinzione del reato e cio� dalla data del provvedimento di clemenza e non della sentenza che lo applica: il principio vale anche nei casi in cui l'amnistia sia rinunciabile. Segnaliamo la massima di cui sopra come espressione di un giudizio nel quale per la prima volta � stata esaminata dalla Corte Suprema la nota questione del termine di decorrenza della prescrizione biennale del diritto al risarcimento del danno prodotto dalla circolazione dei veicoli, qualora il fatto che ha cagionato il danno sia considerato dalla legge come reato e questo venga dichiarato estinto per amnistia. La oscillante giurisprudenza dei giudici di merito pu� ritenersi superata dalla annotata decisione della Cassazione, che non si prospetta modificabile non tanto perch� di recente confermata in altra fattispecie (Corte di Cass., Sez. 3a, Sent. numero 3318/53 -Pres.: Pasquera; Est.: Guido; P. M.: Marino -Colleoni contro Ministero della Difesa), quanto per la solidit� degli argomenti con "i quali la soluzione del problema � stata suffragata. Tali argomenti sono sostanzialmente quelli indicati in questa Rassegna (1952, 123-124) e riguardano rapporti di stretta connessione che sussistono fra l'art. 2947, ultimo comma, seconda parte, c. c. e -284 'art. 183, 1� comma c. p., tenuto conto della natura dichiarativa del provvedimento col quale il giudice applica l'amnistia. Della sentenza di cui abbiamo riportato la massima � piuttosto da considerare in q1testa sede il punto nel quale la Suprema Oorte ha considerato se la soluzione adottata debba essere diversa nel caso in cui l'amnistia � rinunciabile. Nella specie l'amnistia era stata elargita con D. O. p. S. 22 giugno 1946, n. 4, il quale, � noto, riprendendo una innovazione introdotta col precedente D. L. 29 marzo 1946, n. 132, concedente amnistia per reati militari, ha disposto che l'amnistia non si applicasse qualora l'imputato dichiarasse di non volerne usufruire. Poich� la relazione del Ministro proponente la facolt� di rinuncia � definita cc condizione per l'applicabilit� del beneficio n, il ricorrente aveva sostenuto che tale facolt� sospendeva l'estinzione del reato, onde, almeno nella fattispecie in esame, a prescindere dalla soluzione del problema generale (in caso di amnistia cio� non rinunciabile) il termine di prescrizione doveva decorrere non dal provvedimento di clemenza del Oapo dello Stato, ma da quello dichiarativo di applicazione da parte del Giitdice. La Oorte Suprema ha al riguardo osservato ch� <e la parola condizione � stata usata impropriamente, dovendosi concepire la facolt� di rinuncia non gi� nell'asserito senso che -sospenda la estinzione del reato, ma piuttosto quale presupposto negativo per l'applicazione del beneficio �. L'osservazione nelle sue conclusioni � sicura'rnente esatta, anche se si svolge attraverso precisazioni di termini che, trasferiti iri una da altre branche del diritto, non hanno significato univoco. Si tratta 8ostanzialmente di intendersi sul significato che a tali termini si suole dare. Ohe la dichiarazione dell'imputato di non voler usufruire della amnistia non possa considerarsi eone condizione sospensiva della estinzione del reato, non sembra d1tbbio. L'interpreta. zione contraria a quella che qui si sostiene urta contro la lettera della formulazione della nota facolt�, la quale si esprime non in una dichiarazione di accettazione, ma in una dichiarazione di non accettazione. A qiwsta pu� quindi darsi valore risolutivo v non sospensivo: che poi la Oorte Suprema abbia preferito definirla presupposto negativo per l' applicazione del beneficio piuttosto che condizione risolutiva � questione di terminologia e sulla terminologia, s'� detto, basta intendersi. Oerto quando la Relazione al Decreto del O.p.S. parla di cc condizione per l'applicabilit� del beneficio � fa richiamo evidentemente ad una condizione sospensiva, il che, per le ragioni suesposte, � inesatto: si definisca poi la nota facolt� presupposto negativo o condizione risolutiva, la sostanza delle cose non muta. F. C. ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI DELLE CORTI DI MERITO OMICIDIO E LESIONI COLPOSE -Esercitazioni e dimostrazioni di lancio di bombe -Differenziazione Inosservanza di norme di sicurezza -Responsabilit� degli istruttori -Insussistenza -Ordine legittimo del superiore -Caso di non punibilit�. (Trib. Penale di Bolzano, 24 febbraio 1953 -Pres.: Radnich; Est.: Bert�; Imp. Tronti, Pirotta. e Comis). La norma regolamentare di sicurezza che dispone l'osservanza di particolari distanze nell'esecuzione di esercitazioni con bombe a mano non � riferibile al caso in cui l'esercitazione consista in una dimo strazione pratica esplicativa dell'istruttore ai mili tari, e non nel lancio di bombe da parte di costoro. Pertanto, qualora, per fatto imprevedibile ed inevitabile, si verifichi un evento luttuoso nel corso delli:t suddetta istruzione dimostrativa, non essendo stata osservata per esigenze didattiche, la distanza di sicurezza, la responsabilit�. dell'evento non va attribuita ai preposti all'istruzione, bensi a caso fortuito. Gli Ufficiali subalterni che eseguono l'ordine del . comandante del reparto nell'esecuzione di detta istruzione, non sono comunque punibili, non essendo l'ordine medesimo manifestamente criminoso. Il caso giudicato dal Tribunale di Bolzano si rife risce ad un incidente verificatosi nel corso di una esercitazione militare di lancio di bombe a mano presso un reparto alpino, incidente nel quale trovava la morte un soldato ed altri cinque riportavano lesioni gravi. Il reparto, terminata l'istruzione teorica, stava assistendo sul terreno alla dimostrazione pratica del lancio, effettuata da un ufficiale: questi peraltro, nello eseguire la manovra, scivolando improvvisamente, perdeva l'equilibrio e cadeva a terra, mentre la bomba -sfuggitagli di mano -andava a scoppiare in mezzo al reparto, schierato ad una distanza di circa una decina di metri. Mentre l'inchiesta disposta ed eseguita dal comando militare attribuiva il luttuoso evento a pura fatalit�, l'autorit� giudiziaria inquirente incriminava di omicidio e lesioni colpose il comandante e i due altri ufficiali del reparto, rinviandoli a giudizio per con corso in detti reati, e particolarmente per non aver tenuto conto nel disporre ed eseguire l'esercitazione delle cc norme di sicurezza� emanate dall'Ispettorato dell'Arma di Fanteria, che prescrivono fra lanciatori e reparti retrostanti una distanza di m. 30-40. Indiscutibile ormai la competenza dell'A.G.O. e non dei Tribunali Militari a giudicare anche dei reati commessi da militari -e ci� in quanto l'articolo 264 O.P.M.P. resta implicitamente abrogato dalla norma dell'art. 103, ultima parte della Oostituzione, dichiarata immediatamente applicabile (per i criteri distintivi tra norme costituzionali programmatiche e norme costituzionali precettive vedi Oass. Pen. Sez . .I, 7 febbraio 1948 in Ricorso M arcian�) la difesa dell'Avvocatura, che assisteva gli ufficiali imputati ai sensi dell'art. 43 T. U. 30ottobre1933, n. 1611, si � valsa di due principali argomenti e cio�: 1o che le norme relative alle distanze di sicurezza non hanno carattere assoluto ed inderogabile, sicch� il comandante d'un reparto, apprezzandone liberamente il raggiunto addestramento, pu� limitare a propria discrezione; 2� che, comunque il regolamento citato dalla pubblica accusa era da osservare durante gli esercizi di lancio eseguiti dai s�ldati, mentre l'incidente si era verificato durante una dimostrazione di lancio eseguita da un'ufficiale, alla quale i militari dovevano assistere da vicino per sentire e vedere ogni particolare dell'istruzione, onde dissipare quel naturale senso di diffidenza verso gli ordigni bellici e raggiungere cos� verso gli stessi quella familiarit�, senza la quale il soldato non potr� mai farne utile uso. Il Tribunale ha accolto tale secondo argomento, mandando assolti gli imputati � per essere i fatti non punibili, perch�' derivati da caso fortuito�. Pi� esattamente tale formula avrebbe dovuto essere applicata nei confronti del solo comandante del reparto, mentre per i due ufficiali subalterni pi� appropriata si presentava la richiesta assoluzione � per non aver commesso il fatto >i. A tale formula il Tribunale avrebbe dovuto logicamente pervenire dopo aver affermato in sentenza che i due subalterni, quali �inferiori in grado � avrebbero potuto disobbedire al superiore soltanto se l'ordine impartito da costui fosse stato manifestamente criminoso, il che non era�. (cfr. Tribunale Supremo Militare, 10 aprile 1945, n. 1814 in �Massimario delle._ Sentenze >i, anni 1942-1951). La sentenza, di cui non constano precedenti specifici, impugnata in un primo tempo dal P. M., � passata in giudicato, per mancata presentazione dei motivi di appello. (I. T.) -286 IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA -Violazione -Misure cautelari ex art. 26 legge 7 gennaio 1929, n. 4 -Applicabilit� -Crediti garantiti da dette misure -Pena pecuniaria e non anche tributo evaso Ipoteca legale. (Corte d'Appello di Firenze, Sez. I - Pres.: Ambrosi; Est.: Berarducci -Amministrazione Finanziaria e Fallimento Spinelli: 24 gennai? 1953). 1. La legge 7 gennaio 1929, n. 4, � una legge organica di carattere generale e le sue norme si applicano, senza bisogno di alcun esplicito richiamo, a tutte indistintamente le ipotesi di violazione alle leggi fi,nanziarie riguardanti i tributi del1o Stato, ad eccezione soltanto del caso in cui la legge concernente il singolo tributo contenga una deroga espressa a tali norme. 2. L'art. 26 di detta legge, pertanto, data la natura di tributo erariale della Imposta generale entrata e la mancanza di una deroga espressa nella relativa legge istitutiva 9 gennaio 1940, n. 2, trova piena applicazione in tutte le violazioni concernenti tale tributo. 3. I crediti che ai sensi dello art. 26 della legge 7 gennaio 1929, n. 4, si sono intesi garantire con la ipoteca legale sui beni immobili del trasgressore e con il sequestro conservativo sui beni mobili del1o stesso, sono esclusivamente quelli per pena pecuniaria o ammenda e non anche quelli per imposta evasa. 4. Non ricorre incertezza agli effetti di cui allo art. 2841 e.e. sullo ammontare del credito garantito da ipoteca legale ex art. 26 legge 7 gennaio 1929, n. 4, allorch� esso � indicato nel ricorso nel decreto autorizzativo e nella nota di iscrizicine, nello importo del tributo evaso ed in quello della pena pecuniaria compreso fra il minimo ed il massimo comminato in astratto dalla legge in relazione allo ammontare del tributo evaso. La prima e la seconda massima sono di ovvia esattezza. La Oorte d'Appello ha dovuto occitparsi ex professo dell'argomento, perch� il Tribunale di Grosseto nella sentenza 5-14 febbraio 1953, aveva affermato in via di principio che in tema di violazione I.G.E. le norme dell'art. 26 della legge 7 gennaio 1929, n. 4, non trovano applicazione, in quanto l'art. '52 della legge istituti�va I.G.E. nel rinviare alle norme della legge 7 gennaio 1929, n. 4, fa espresso riferimento all'� accertamento)> alla cc cognizione>> ed alla cc definizione)> delle violazioni I.G.E. fra le quali non sarebbero comprese quelle dell'art. 26 citato, mirando esse a dare una garanzia per la realizzazione di determinati crediti. Dal disposto dell'art. 1 della legge 7 gennaio 1929, n. 4, in cui, in conformit� della difesa dello Stato, la Corte fiorentina ha scorto la ragione del decidere, deriva, senza ombra di dubbio, che le norme contenute in detta legge vanno applicate interamente ed automaticamente a tutte le violazioni delle leggi finanziarie che riguardano i tributi dello Stato, quale � certo la imposta generale entrata. Con dette norme infatti il legislatore ha inteso dare a tutti i disposti punitivi un assetto unico a tutela del fine superiore dello Stato alla repressione dei reati e degli illeciti finanziari. Di conseguenza, nello enunciare nello art. 1 il carattere di legge organica delle relative norme, ha stabilito che per paralizzare l'operativit� delle norme stesse non basta n� silenzio n� il mancato richiamo di una singola norma della legge 7 gennaio 1929, n. 4, nella legge speciale concernente il tributo, ma occorre una cc dichiarazione espressa con specifico riferimento alle singole .disposizioni derogate o modificate l>. Esattamente il Lampis nel commento alle norme in esame, pag. 17, afferma che con tale disposizione cc non si viene a cristallizzare l'ordinamento giuridico e ad impedire il suo razionale sviluppo attraverso i bisogni che la pratica manifesta, ma si pone un richiamo al legislatore futuro affinch� consideri attentamente se la innovazione che sta per. introdurre sia realmente sentita o non sia frutto di una inadeguata valutazione delle esigenze dell'Amministrazione finanziaria. o anche di incomprensione della portata delle norme generali >>. La legge 7 gennaio 1929, ri. 4, pertanto, sotto il rifiesso in esame, integra una di quelle leggi che la dottrina definisce cc direttive )> nelle quali, pur di raggiungere il proprio intento, il legislatore non si � limitato a prescrivere la osservanza di precise formalit� per il caso di deroga, ma ha fatto derivare dall'inadempimento di detta formalit�, la assoluta inefficacia della norma di deroga. Tale essendo la portata e la natura della legge 7 gennaio 1929, n. 4, al fini della ,~ua applicazione alle violazioni di norme tributarie, � ultronea ogni indagine sulla interpretazione, peraltro onnicomprensiva dell'art. 52 della legge istitutiva I.G.E. 19 gi�agno 1940, n. 762. La terza Massima non ci trova consenzienti. La Corte ha cos� motivato: cc ���� i crediti che si sono intesi garantire con l'ipoteca legale in esame sono esclusivamente quelli per pena pecuniaria e non gi� anche quelli per la imposta evasa. La norma dello art. 26 va, infatti, interpretata inquadrandola nella legge che la contiene (la quale disciplina non gi� la riscossione dei tributi, bens� esclusivamente le repressioni delle violazioni delle leggi finanziarie per le qua.li � prevista la comminatoria di pene pecuniarie) ma, soprattutto, tenendo presente la lettera della norma stessa, la quale testualmente dice: cc in base al processo verbale di constatazione di una contravvenzione di competenza dell'Intendente di Finanza e delle violazioni di una norma per la quale sia stabilita una pena pecuniaria e quando vi sia pericolo nel ritardo, l'Intendente pu� chiedere al Presidente del Tribunale competente l'iscrizione di ipoteca legale sui beni del trasgressore. . . . >> Secondo tale lettera la volont� del legislatore � infatti chiara nel senso di concedere la garanzia ipotecaria all'eventuale credito dello Stato per pena pecuniaria comminata per la contravvenzione di competenza dell'Intendente di Finanza e per qualunque altra violazione di legge finanziaria anche non costituente contravvenzione. Il che trova conferma, pertanto, nel capoverso dello stesso art. 26 che estende l'applicazione della norma cc anche contro le persone e gli Enti civilmente responsabili dell'ammenda e delle pene pecuniarie ))' con ci� ribad:en.do che i crediti sono esclusivamente quelli attinenti all.e. pene_ pecuniarie in genere, comminate per le violazion"i delle leggi finanziarie. Trattasi in altri termini di una garanzia analoga a quella concessa dall'art. 189 n. 1 del codice penale ed � ovvio che da esso sono esclusi i crediti per l'imposta evasa, i quali" sono gi� � �- 287 garantiti dal privilegio loro concesso dal codice civile (articoli 2752, 2758, 2759, 2771 e 2722) o dalla legge speciale ad ogni singolo tributo quale, per il caso che qui interessa, il R.D.L. 9gennaio1940, n. 2, istitutivo dell'I.G.E. che all'art. 44 concede al credito relativo all'imposta evasa privilegio sulla generalit� dei mobili del debitore. La lettera dell'art. 26 citato, la sedes materiae di quest'ultimo, il raffronto dello stesso con l'art. 189 n. 1 codice penale, che contiene per il P.M. una norma equivalente per i casi di reato comune, su cui la Corte ha posto l'accento per dare la ragione del suo decidere, ad un esame approfondito, escludono siffatta interpretazione. Detto articolo infatti, contenuto neZ titolo riguardante le norme di procedura, dice soltanto che il provvedimento cautelativo � consentito a richiesta dell'Intendente di Finanza, quando ricorre un fatto contravvenzionale o una infrazione punibile con pena pecuniaria e quando vi sia pericolo nel ritardo, che necessariamente consegue alla cognizione, all' accertamento ed alla .definizione con conseguente realizzazione del contesto, ma non indica i crediti che con il ridetto provvedimento cautelativo restano garantiti. La contravvenzione di competenza dell'Intendente di Finanza e le violazioni di una norma, per la quale sia stabilito una pena pecuniaria, costituisce pertanto, al pari del pericolo per il ritardo, un elemento di fatto necessario per abilitare l'Intendente a richiedere ed attuare le particolari misure cautelari. La norma perci� dell'art. 26 pone soltanto le condizioni per l'esercizio di quest'ultima facolt�, ma non anche la limitazione della ipoteca o del sequestro all'ammontare della ammenda o della pena pecuniaria. Dal che � logico dedurre che la garanzia ipotecaria o del sequestro conservativo, richiesto ed. attuato dall'Intendente, organo dell'Amministrazione attiva ed in rappresentanza della stessa, a tutela delle ragioni creditorie della Finanza, riguarda i crediti constatati nel verbale della P.T.I. ed abbraccia tutti gli interessi civili dello Stato che si riconnettono alla violazione tributaria, ivi compreso il tributo alla cui evasione consegue, come anello alla catena, l'ammenda o la pena pecuniaria a seconda che si versi in tema di contravvenzione o di illecito civile (Vedi LAMPil:l: Norme per la repressione delle violazioni delle leggi fi,nanziarie, pag. 86; SPINELLI: La repressione delle violazioni dell~ leggi finanziarie nelle Scienze e nel Diritto, pag. 309). N � giova il rilievo che pur fa la Corte Fiorentina sul privilegio che il codice civile o la legge speciale conferisce al tributo, giacch� la evasione oggetto dello accertamento, sia essa dolosa o meno � indice, in costanza del pericolo per il ritardo, di una situazione economico-patrimoniale del contribuente affatto tranquillante per cui il solo privilegio, per lo pi� mobiliare, come per l'I.G.E. integra una ben scarsa garanzia. Se invero, nei casi in cui l'obbligazione tributaria segue il suo svolgimento normale, il privilegio � sufficiente, presumendosi il pagamento spontaneo, nei casi in cui in detto svolgimento interviene il fatto patologico della evasione e del pericolo per il ritardo detto privilegio non � pi� sufficiente e di necessit� il legislatore, per l'interesse che si riconnette alle entrate pubbliche, nel conf m:ire agli organi preposti all'accertamento ed alla riscossione il potere di richiedere una sicura garanzia per le sanzioni pecuniarie, non poteva non conferirlo ed a fortiori per il tributo evaso che vi ha dato origine. Il che � in perfetta armonia con la eooluzione sto� rica della norma dell'art. 26 ridetto: l'art. 4 infatti del decreto 25 marzo 1923, n. 726, cui � subentrato il 26 della legge 7 gerinaio 1929, n. 4, con le sole modifiche concernenti le condizioni per l'esercizio �delle particolari facolt� e l'intervento del Presidente del Tribunale e non anche la estensione della garanzia stabiliva di gi� che l'Intendente di Finanza poteva provvedere a tutti gli atti cautelativi che avesse ritenuto necessari a garantire cc i diritti dell'Erario � fra i quali per la natura propria dell'obbligazione gfaridica di imposta, non puo non essere compreso il tributo evaso. La mancanza della pretesa limitazione che gi� risulta chiara dalla interpretazione della norma, dalla s.ua sedes materia.e, dalla ratio legis che presiede alla facolt� intendentizia e dai precedenti legislativi, resta peraltro confermata,.-secondo lo SPINELLI: Preleggi penali fi,nanzfarie, pag. 261 -dall'art. 42 dello stessa legge 7 gennaio 1929, n. 4, laddove si stabilisce che nei casi di violazione costituente reato alla revoca di diritto del decreto di condanna, sopravvivono cc gli atti compiuti dall'Intendente a garanzia della esecuzione per gli effetti civili >> fra i quali il citato Autore mostra chiaramente di comprendere il tributo evaso, che, a suo giudizio -che per� non si condivide -riterrebbe non esservi necessit� di diversamente tutelare. Un'ultima considerazione: la Corte ha fatto richiamo all'art. 189 n. 1 codice penale per dedurne che anche quest'ultimo, che indubbiamente contiene una norma equivalente al 26 della legge 7 gennaio 1929, n. 4, nella dizione pena pecitniaria ed ogni altra somma dovuta all'Erario, escluse il tributo evaso. Ammesso senza contrasto che in detto numero 1 del 189 c.p. il legislatore ha inteso riferirsi alle pene pecuniarie ed alle altre sanzioni disciplinari conseguenti alla condanna penale sta di fatto che il ridetto 189 c.p. contiene altri numeri nei quali precisa che la ipoteca legale giova anche agli interessi patrimoniali della parte lesa, fra i quali, per rimanere nei limiti della ragione e del diritto, non pu� non rientrare l'interesse dello Stato alla percezione del tributo oggetto della evasione, tutelabile, in via di principio, nelle evasioni fiscali in genere costituenti reato anche con la costituzione di parte civile in sede penale. (Vedi questa Rassegna n. 5 del maggio 1953, nota dell'avv. Chiarotti, pag. 118). La quarta massima non richiede particolari commenti. L'indicazione della somma per cui l'iscrizione � presa rientra negli scopi della specialit� e della pubblicit� dell'ipoteca. A sodisfare per� tale requisito � sufficiente, per la tutela degli interessi che a detta specialit� dell'ipoteca si riconnettono, la indicazione della somma massima fino alla quale potr� arrivare la liqiddazione finale del credito. La ipoteca ex art. 26 legge 7 gennaio 1929, n. 4, � ri-._ chiesta ed iscritta nella fase iniziale del contesto tributario, per cui la indicazione in una somma a titolo di pena pecuniaria applicabile fra il minimo ed il massimo comminato in astratto dalla legge � una necessit� imprescindibile. In tali casi, come in ! ~.AV.Jt.Vll.AVffff..i.lliID7Af'k..ff~~~..::mr"'ff..::%W"~l~~~D~~ w w -288 molti altri che si rinvengono nel campo delle obbligazioni civilistiche, manca la liquidazione finale ma � indicata la cifra massima fino alla cui concorrenza la garanzia � presa, bastando questa indicazione per la tittela degli interessi del terzo. L. CORRE.A.LE REQUISIZIONI -Requisizioni di guerra e occupa . zioni dipendenti da titolo non locativo di natura temporanea -Controversie che ne derivano e natura del provvedimento finale -Impugnabilit�. (Tribrmale Genova, 15 ottobre 1953 -Pres.: Secco; Est.: Gallesio Piuma -Finanze dello Stato contro Perelli). Le requisizioni di guerra rientrano fra le occupazioni dipendenti da titolo non locativo di natura temporanea, disciplinate dall'art. 32 della legge 23 maggio 1950, n. 253. Le relative controversie devono essere decise dal pretore del luogo in cui � sito l'immobile con ordinanza non appellabile quando la pretesa appaia fondata e non sia contestata. Fuori di tale ipotesi la controversia deve essere decisa con sentenza del giudice competente per valore. La delimitazione della sfera di applicabilit� dell'articolo 32 della legge 23 maggio 1950, n. 253, ha dato luogo, sebbene la legge abbia solo pochi anni di vita, e notevoli contrasti di opinione in sede dottrinale e giurisprudenziale. Sulla portata sostanziale, e con particolare riferimento alle requisizioni, va segnalata la tendenza, sopra tutto giurisprudenziale, a distinguere due tipi di requisizioni: le requisizioni di guerra in senso lato, che hanno dato vita a rapporti precari e transitori, intimamente legati alle contingenze di guerra e allo sfollamento e le requisizioni di carattere pi� duraturo, connesse alla crisi edilizia e per le quali l'autorit� requirente ha stabilito il pagamento di un congruo corrispettivo a carico dell'occupante. Per le prime devesi ritenere essersi verificata la caducazione ope ligis (decreto-legge 12 aprile 1946, n. 319, 6 settembre 1946, n. 86 e 26 aprile 1947, n. 264) con la conseguente applicabilit� ad esse dell'art. 32 della legge, mentre le seconde si sarebbero trasformate in contratti di locazione coatta cio� in quei contratti, che argutamente legge Scialoja ha definito la categoria dei <<contratti obtorto collo ii (Scialoja, in <<Foro Ital. �, 1950, I, 406). Vedasi in proposito Cass. Sezioni Unite, 30 gennaio 1951, in << Giur. Ital. >i, 1951, I, 315 con nota del M assari e in �Foro I tal. >i, 1951, I, 1371 con nota del Pedata; Cass. 18 maggio 1951, in �Foro Ital. ii, 1951, I, 1512 con nota del Tabet . .Altrettanto, se non ancora pi� controversa, appare la portata processuale della norma: tuttavia, salvo lievi varianti, � dominante l'opinione secondo la quale il pretore deve decidere la causa con ordinanza, solo quando la domanda attrice gli appaia fondata e il convenuto non compaia o comparendo non si opponga. Negli altri casi, la lite deve essere decisa con sentenza dal giudice competente per valore. (Cass. 12 marzo 1953, n. 594, in <<Foro Ital. n, 1953, I, 643 e in dottrina: TABET: Le locazioni urbane nella legge vine., pag. 394; PIAZZESE; La nuova disc. vine. delle loc. degli immobili urbani, pag. 240 e in �Foro Pad. �, 1951, I, 1053; GIUDICE ANDREA: Locazioni e subi. imm. urb., pag. 315; DE MARTINI: Giust. civ., 1951, pag. 102). Questa interpretazione suscita qualche perplessit�. Come si � rilevato altrove (�Riv. Dir. Proc. �, 1953 I, 55), la legge ai fini di risolvere con speditezza ed economia la controversia tra proprietario ed occupante, il cui titolo ha perduto la propria efficacia, ha previsto uno speciale provedimento, scevro da formalit�, il quale si chiude sempre, quale che sia il comportamento del convenuto, con ordinanza decisoria emessa dal pretore, alla cui competenza esclusiva � devoluta la cognizione della causa. Si ha qui in sostanza una situazione che presenta, sotto l'aspetto formale, molta analogia con quella disciplinata dagli art. 29 e 30 della legge 30 giugno 1942, n. 194, per la liquidazione degli onorari e spese dovuti dal cliente al proprio patrono. Anche a proposito di questa speciale procedura, la dottrina e la giurisprudenza si erano sforzate, in un primo tempo, di delimitare l'ambito dello speciale procedimento e competenza alle sole controversie vertenti sulla misura degli onorari (ANDRIOLI, �Foto Ital. n, 1943, col. 293; ZAPPAROLI, �Giur. compl. Cass. civ.�, 1948, I, pag. 128 e Giur. ivi citata), ma giustamente si � opposta a tale indirizzo la Suprema Corte, statuendo che la disciplina processuale di cui alle citate disposizioni � applicabile non solo quando si tratti di decidere sulla misura della liquidazione, ma anche quando vere e proprie questioni di merito 8Ull'an debeatur siano prospettate dalle parti (Cass. 8 agosto 1945 in �Foro Ital. n, 1946, I, 377, id. 22 febbraio 1948 in � Giur. compl. Cass. civ.�, l. c.), in quanto il giudice investito della causa devesi ritenere, di regola, competente a conoscere di tutte le questioni che essa presenta decidendole con unico promJedimento finale. Se poi questo, come avviene per le due leggi dianzi citate, � un'ordinanza, non � a,mmissibile, come ha esattamente rilevato il Tribunale, l'appello per il fondamentale principio che avverso i provvedimenti . emessi in forma di ordinanza non per errore del giudice, ma per specifica disposizione di legge, non sono ammessi i mezzi di impugnazione previsti dall'art. 323 c.p.c., quali che siano le questioni che formarono oggetto della decisione (� Mass. cons. �, n. 136 in �Mass. Foro Ital. ))' 1951, col. 152). Altra e diversa la questione se amJerso l'ordinanza stessa sia ammissibile, per il di8posto dell'art. 111 della Costituzione, il ricorso per cassazione. Lo aveva escluso con una giurisprudenza che lasciava dubbiosi (vedi << Riv. Dir. Proc. n, l.c.), la Suprema Corte (Cass. 15 marzo 1952 in << Mass. Foro ]tal. �, col 173, n. 689; id. 5 luglio 1952 i-vi col. 482, n. 2025; id 11 novembre 1952 ivi col. 713, n. 3666, con richiami), ma da ultimo la stessa Corte con la perspicua senteriza, resa a sezioni unite il 30 luglio 1953 (�Foro Ital. ;i, 1953, I 1248) � andata in contrario avviso. E ci sembra qitesta soluzione gi'lf_St(t, giacch� il contrario equivale a riconoscere al legislatore Qrdfdia-. rio il potere di eludere, qualificando ordinanza � decreto un provvedimento di carattere decisorio, il fondamentale precetto contenuto nell,art. 111 della, I' Costituzione. (.A..R.) SEGNALAZIONI DI DOTTRINA E GIURISPRUDENZA ASSETTO COSTITUZIONALE DELLO STATO LE REGIONI � incostituzionale la legge regionale che estende agli enti pubblici dipendenti dalla Regione il trattamento tributario stabilito per le Amministri;i,zioni dello Stato (A. C. Reg. Sic., 22 gennaio 1953, cc Riv. Amm. Rep. It. �, 1953, II, 548). L'assemblea regionale siciliana ha potest� esclusiva in materia di agricoltura e le leggi statali non costituzionali non trovano in Sicilia alcuna applicazione. (Trib. Enna, 9 aprile 1953, cc Foro Padano �, 1953, IV, 153 con nota Cons. E. Favara). Intorno alla potest� tributaria della Regione Siciliana, art. prof. A.D. GIANNINI, in cc Riv. Dir. Navig. �, 1953, II, 81. CONFLITTI DI ATTRIBUZIONE Ove la Pubblica Amministrazione oltrepassi i limiti della discrezionalit� e agisca fuori delle regole di comune prudenza, violando il precetto del neminem laedere, la cognizione delle conseguenze di un tale comportamento lesivo di diritti soggettivi, appartiene all'autorit� giudiziaria ordinaria. (Corte Cass., S. U. 25 febbraio 1953. cc Riv. Corte Conti�, 1953, IV, 190). REGOLAMENTO DI GIURISDIZIONE Non rientrano fra le controversie previste nell'art. 72 legge sulla riscossione delle imposte, e quindi non spettano al Consiglio di Stato ma al giudice ordinario le controversie tra l'esattore e gli amministratori di una societ� per azioni sul debito di costoro per i profitti di contingenza della Societ�, insoluti, se si sostenga che tali profitti si siano prodotti dopo la cessazione dalla carica degli amministratori. (Corte Cass., S. U., 2maggio1953, cc Riv. Legisl. Fisc. �, 1953, 1468). Sebbene il privato possa impugnare l'ordinanza di rilascio emessa dall'Istituto autonomo per le case popolari ai sensi del D.L.L. n. 387 del 1945, costituente atto amministrativo, e ci� davanti al giudice ordinario nei limiti propri di tale impugnativa, tuttavia � di competenza del giudice amministrativo l'impugnazione quando l'assegna zione dell'alloggio sia fatta solo come corrispettivo di prestazione di servizio. (Corte Cass., S. U., 18 maggio 1953. cc Riv. Amm. Rep. It. �, 1953, II, 555). Proposto e rinunciato il ricorso alle Sezioni Unite per regolamento di giurisdizione, ed estintosi cosi il processo, tutte le altre parti possono, senz'uopo di ricorso incidentale nel processo rinunciato proporre per proprio conto altro simile ricorso, fino a che la causa non sia decisa nel merito. (Corte Cass., S. U., 2 maggio 1953, cc Riv. Leg. Fisc. �, 1953, 1468). L'ATTIVIT� DELL'AMMINISTRAZIONE SOTTO L'ASPETTO FORMALE ATTO AMMINISTRATIVO Sebbene di regola gli atti amministrativi debbano essere rivestiti di forma scritta i provvedimenti contingibili ed urgenti del sindaco in materia di igiene possono essere adottati anche oralmente. (Corte Cass., 17 luglio 1953, �Foro Padano n, 1953, II, 73). � competente l'aut�rit� �giudiziaria ad ordinare il rilascio dei locali che la pubblica amministrazione detiene senza alcun titolo. (Corte App. Firenze, 4 aprile 1953, Cont. 12783, Avv. Firenze). GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA Il diritto soggettivo come presupposto dell'interesse legittimo, art. del prof. E. CANNADA-BARTOLI, cc Riv. Trim. Dir. Pubbl. n, 1953, 334. Le Associazioni Sindacali non sono legittimate ad agire in giudizio per la tutela dei diritti ed interessi della intera categoria. (Cons. Stato, 31 marzo 1953, cc Amm. It. �, 1953, 868. � soggetto al termine di decadenza e non a quello di prescrizione il ricorso contro l'atto discrezionale dell'Amministrazione Ferroviaria che ex art. 101 Reg. pers. ferr. dispone di non corrispondere le competenze trattenute durante la sospen-sione cautelare dall'impiego, nonostante l'esito favorevole del giudizio penale.' (Cons. Stato, 16 dicembre 1953, cc Riv. Amm. Rep. It. �, 1953, 500. � inammissibile l'impugnativa al Consiglio di Stato in sede di esecuzione del giudicato contro la -290 mancata esecuzione di un decreto ingiuntivo essendo la funzi.one . del Consiglio di Stato in tale sede solo un completamento della giurisdizione ordinaria ove questa � limitata dall'art. 4 legge n. 2248 del 1865 (Cons. Stato, 30 dicembre 1952, << Riv. .Amm. Rep. It n, 1953, 492. L'.ATTIVIT� SOST.ANZI.ALE BENEFICENZA � inammissibile l'intervento del Ministro dell'Interno nei giudizi riguardanti istituzioni di beneficenza non eretti in enti morali. (Trib. Trento, 8 agosto 1953, Cont. 686, .Avv. Trento). ESPROPRIAZIONI PER PUBBLICA UTILIT� Il decreto di espropriazione va notificato al proprietario effettivo del fondo non a quello apparente dai registri censuari. (Trib. Sup. .Acque, 24 febbraio 1953, << Riv. .Amm. Rep. It. n, 1953, II, 559. L'occupazione di suolo da parte dell'Amministrazione in pendenza della espropriazione e prima che sia espletato il procedimento per una occupazione d'urgenza � abusiva e obbliga al risarcimento del danno; ma non � ammesso il recupero una volta intervenuto il decreto di esproprio, e tanto meno � ammesso l'acquisto per� accessione della opera pubblica costruita. (Trib. Potenza, 14 ottobre 1953, Cont. 145, .Avv. Potenza). Sulla natura della indennit� di espropriazione per p. u., art. del dott. E. CAPACCIOLI, (( Riv. Trim. Dir. Pubbl. ))' 1953, 362. L'indennit� dovuta per espropriazione per pubblica utilit� costituisce debito di pecunia anche per la parte liquidata in via supplementare. (Trib. Sup. .Acque, 24 febbraio 1953, << Riv. .Amm. Rep. It. n, 1953, 555). L'edificabilit� del suolo espropriato p�r pubblica utilit�, deve ai fini dell'indennizzo desumersi da condizioni obbiettive in atto al momento della espropriazione come lo sviluppo edilizio della zona gi� fornita d'impianti e servizi pubblici, l'inclusione in un piano regolatore in corso di esecuzione, ecc., e non da mere aspettative derivanti da possibilit� potenziali. (Trib. Potenza 14 ottobre 1953, Cont. 145 .Avv. Potenza). TRASPORTI Natura dei provvedimenti dell'Amministrazione in materia di autotrasporti e rapporti dei diritti e interessi dei concessionari di autotrasporti con le esigenze della circolazione, art. dell'avv. M. MASSAI << Riv. Giur. Circ. Trasporti n, 1953, 678. L'azione di risarcimento danni delle Ferrovie dello Stato contro chi abbia usato di concessioni di viaggio fuori dei casi per cui le concessioni stesse sono rilasciate, sono fondate sul fatto illecito e quindi sono soggette a prescrizione quinquennale (Corte .App. Bari, 17 giugno 1953, Cont. 13107, .Avv. Bari). Il fatto dedotto a fondamento dell'azione di danno per trasporto ferroviario di persone pu� costituire o no � anormalit� del servizio )) a seconda che il fatto si ricolleghi o no ad una violazione di norme particolari o generali disciplinanti il servizio. (Corte Cass., 24 luglio 1952, � Riv. Giur. Circ. Trasp. n, 1953, 497, con nota .Avv. M. MASSARI). Sono illegittimi e inapplicabili gli aumenti delle tariffe per il noleggio di carrello ferroviario vigenti all'epoca del relativo contratto, se tali aumenti siano disposti con ordini di servizio dell'Amministrazione, anzich� con decreti del Ministro dei Trasporti. (Trib. Potenza 21 ottobre 1953, Cont. 233 .Avv. Potenza). .ATTIVIT� PROFESS!ONALI ED INTELLETTUALI Appunto sulla <<invenzione di servizio n, art. dell'avv. .A. MUSATTI, (( Riv. Dir. Industr. n, 1953, I, 131. Questioni di diritto d'autore, par. 4 -Concorso di diritti demaniali e diritti di autore -art. prof. .A. GIANNINI, << Riv. Dir. Ind. ))' 1953, I, 136. L'ATTIVIT� NEGOZIALE CONTABILIT� DELLO STATO Progetto e schema di contratto nella legge e nel regolamento di contabilit� dello Stato, art. del dott. p. PASTORE, (( .Amm. It. n, 1953, n. 11. I contratti con la Pubblica .Amministrazione sono obbligatori per la stessa solo dopo l'approvazione del Ministro competente. (Trib. Milano, 28 maggio 1953, << Mon. Trib. n, 1953, 345). La risoluzione del contratto per eccessiva onerosit� non � applicabile ai contratti di diritto privato della pubblica amministrazione (Trib. Bari, 12 marzo 1953, Cont. 12617, .Avv. Bari). L'organo competente a esprimere parere quando si tratti di promuovere o abbandonare giudizi � per la Regione Siciliana l'Avvocatura dello Stato e non il Consiglio di Giustizia .Amministrativa, tanto pi� quando si tratti di ricorsi al Consiglio di Stato (Cons. Giust . .Amm. Reg. Sic., parere 31 maggio 1952. <<Dir. Pubbl. Reg. Sic. il, 1953, 198). AFPALTI Gli atti aggiuntivi per nuovi o maggiori lavori stipulati prima che sia chiuso il rapporto di appalto formante oggetto del contratto principale, sono sottoposti al regime giuridico della revisione dei prezzi dei lavori del contratto principale, ove tali atti non diano luogo alla formazione di un diverso rapporto obbligatorio. (Corte Conti, Sez. Contr., 6 agosto 1952. << Riv. .Amm. Rep. It. n, 1953, 518). L.A RESPONSABILIT� NEI RIGUARDI DELL'.AMMINISTRAZIONE La presunzione di responsabilit� per i danni -ca~cagionati nell'esercizio di un'attivit� pericolosa � applicabile anche alla pubblica amministrazione, nella specie in ordine al mantenimento in funzione di una polveriera. (Corte .App. Milano, 4 agosto 1953, �Foro Padano))' 1953, I, 1201). -291 � proponibile l'azione di danno contro l'Ammi nistrazione militare per l'esplosione di una bomba �a mano rinvenuta da un bimbo sul terreno dopo un'esercitazione militare, poich� la discrezionalit� della Pubblica .Amministrazione � limitata dalle norme di comune prudenza (Pret. Merano 26 otto bre 1953, Cont. 380, .Avv. Trento). L'ORG.ANIZZ.AZIONE INTERNA PUBBLICO IMPIEGO � competente il giudice amministrativo nono stante il contenuto patrimo�l.iale della pretesa se questa concerna diritti immediatamente derivanti dal rapporto d'impiego come il diritto allo stipendio, n� funziona la riserva al giudice ordinario delle questioni sui diritti patrimoniali conseguenziali perch� essa presuppone risolta dal giudice ammini strativo la questione sulla legittimit� dell'atto amministrativo. (Corte Cass. S. U., 3 marzo 1953, �Eiv. Dir. Lav. �, 1953, 94). � competente il giudice ordinario sulla azione di danni contro l'Amministrazione che violando norme di comune prudenza abbia cagionato danno alla integrit� fisica del dipendente e ci� perch� il rapporto d'impiego costituisce solo l'occasione della pretesa. (Corte Cass. Sez. Un., 10 gennaio 1953, cc Riv. Dir. Lav. �, 1953, 93). Per aversi ai fini della competenza del giudice ordinario nelle controversie di lavoro l'Ente pubblico economico occorre che esso esplichi come impren ditore un'attivit� che possa trovarsi in concorrenza con quella privata e che costituisca un mezzo per conseguire lucri, non per la diretta realizzazione di un fine pubblico. Gli istituti autonomi per le case popolari non sono enti pubblici economici. (Corte Cass., S. U. 8 maggio 1953, cc Dir. Lavoro�, 1953, 378). L'incompatibilit� dell'impiego pubblico con la professione di geometra prevista dall'art. 7 del R.D.L. n. 274 del 1929 rimanda ai particolari regolamenti di ciascuna amministrazione, non al divieto generico di cui all'art. 96, R.D. 2360 del 1923. (Corte Cass., 28 gennaio 1953, cc Riv. Dir. Lavoro �, 1953, 115). .Ai fini della sistemazione in ruolo di un avventizio non sono rilevanti le mansioni di fatto non regolarmente conferite. (Cons. Stato 21 marzo 1953, cc .Amm. It. �, 1953, 866). BENI E MEZZI DELLO ST.ATO DEMANIO E BENI PATRIMONIALI Le acque sotterranee, art. del dott. G. SCOTTI, cc .Acque, Bon. Costr. �, 1953, 233. L'azione del proprietario di un fondo contro il ricercatore abusivo di acque su esso fondo, � di competenza del giudice ordinario e non del Tribu nale delle acque ove rimanga certo che l'opera non ha compromesso il regime delle acque, n� sia sorta contestazione sulla utilizzazione delle acque. (Corte Cass., S.U., 8 luglio 1953, cc Mon. Trib. >>, 1953, 336). Il possesso trentennale quale titolo all'uso delle acque pone solo un limite oltre il quale l'.Ammini strazione non pu� andare, la concessione pu� quindi concernere un quantitativo minore di quello effettivamente utilizzato. (Trib. Sup. .Acque, 6 luglio 1953, cc .Acque Bonif. Costr., �, 1953, 371). Le utenze di antico diritto esistenti nei te~ritori annessi dopo la guerra 1915-18, hanno la durata di trenta anni a decorrere dal 20 maggio 1923. (Trib. Sup. .Acque, 6 luglio 1953. cc .Acque Bon. Costr. �, 1953, 371). Le utenze gratuite dei canali demaniali, posteriori all'unificazione del Regno e anteriori al 1� maggio 1894 non possono essere gravate di canone se non previa espropriazione di esse da parte dello Stato con pagamento delle relative indennit�. (Corte Cass., S. U., 8 ottobre 1953, cc Foro Padano�, 1953, I, 1138). La occupazione senza titolo di locali in immobile in costruzione appartenente al patrimonio indisponibile dello Stato � illegittima, e l'occupante � tenuto senz'altro allo sgombro dei locali. (Pret. Bolzano, 3 ottobre 1953, Oont. da 816 a 822, .Avv. Trento). I regolamenti edilizi comunali e la legge urbanistica non sono applicabili nell'ambito del demanio marittimo. (Corte .App. Genova, 4 settembre 1952 cc Ri'v. Dir. Navig. � 1953, II, 114 con nota Giud. dott. R . .Albano). L'Amministrazione ha diritto di chiedere la consegna .dei pioppi cresciuti sul bene concesso, e in confor}nit� alla concessione, o in mancanza il loro valore� attuale, trattandosi di debito di valore. (Trib. Cremona, 28 maggio 1953, Cont. 2500, .Avv. Brescia). Il proprietario di un fondo pu� opporsi con i ririmedi possessori alle ricerche minerarie da parte di terzi quando non sia stato notificato al detto proprietario il decreto autorizzante alle ricerche. (Corte Oass., S. U. 8 luglio 1953, cc Mon. Trib. �, 1953, 336). IMPOSTE IN GENERE Non fa acquiescenza alla decisione della Commissione imposte l'Ufficio che consenta ad ul).a dilazione con riserva d'impugnativa poi proposta, nr~ a tale riserva si applicano le disposizioni degli articoli 1341e1342 C. C. (Trib. l'Aquila, 9 ottobre 1953, Cont. 5463, .Avv. L'Aquila). La mancata notifica del decreto del Ministro che respinge il ricorso del contribuente contro l'ordinanza dell'Intendente di finanza di pagamento di imposta generale sull'entrata, ed altro, nonch� di pena pecuniaria non incide sulla sostanza del titolo. (Trib. l'Aquila 21 agosto 1953, Cont. 5474, .Avv. L'Aquila). Le decisioni delle Commissioni tributarie sono ben notificate nella sola parte dispositiva, potendo il contribuente rilevare i motivi col farsi rilasciare copia della decisione. (Comm. Oentr. Imp. 6 ottobre 1952, cc Le Massime�, 1953, 223). .Anche le .Amministrazioni provinciali e comunali _ sono tenute ad osservare il solve et repete che non ha carattere di semplice presupposto processuale, ma comporta se inosservato l'improponibilit� dell'azione. (Trib. Salerno, 5 maggio 1953, cc Imposte Consumo e Entrata�, 1953, 262). -292 L'opposizione avverso l'ingiunzione di pagamento del Procuratore del registro per l'attuazione di un'ordinanza dell'Intendente di finanza di pagamento imposta generale sull'entrata e altro nonch� di pena pecuniaria, ordinanza confermata da decreto del Ministro delle Finanze, soggiace al solve, et repete. (Trib. L'Aquila, 21 agosto 1953, Cont. 5474, .Avv. L'Aquila). L'inosservanza del solve et repete preclude la decisione anche sulla domanda di manleva nei confronti del proprietario della merce, proposta dallo spedizioniere doganale che � tenuto autonomamente alla obbligazione doganale. (Trib. Genova, 3 ottobre 1953, Cont. 17644, .Avv. Genova). Rifiessioni economiohe e finanziarie sulla frode fiscale, art. dott. G. STEFANI, cc Riv. Dir. Fin. e Se. delle Finanze�, 1953, I, 262). IMPOSTE DffiETTE La denuncia di cessazione � un atto formale al quale non pu� sostituirsi altro mezzo o ricorso fatto dal contribuente. (Comm. Centr. Imp. 12 febbraio 1953, cc Riv. Leg. Fisc. �, 1953, 1454). .Ai fini dell'imposta sul reddito agrario fuoriescono dal normale ciclo produttivo agrario quelle manipolazioni che di solito vengono fatte da estranei alla propriet� del fondo con particolari attrezzature tecniche. e industriali (caseificio sociale); vi rientrano invece anche quelle manipolazioni complementari e successive alla prima, che pret'ledano il consumo o la vendita o la consegna. (Comm. Centr. Imp., 26 maggio 1953, cc Riv. Leg. Fisc. n, 1953, 1455). IMPOSTE INDffiETTE Circolare Dir. Gen. Tasse .Affari, Div. III, 11 luglio 1953: Norme per l'applicazione della legge 4 aprile 1953 sulle vigenti disposizioni tributarie per le cessioni di crediti, i mutui, gli appalti. (cc Riv. Legisl. Fisc. n, 1953, 1406) La legge n. 926 del 1949 di proroga di tutte le prescrizioni in materia d'imposte indirette sugliaffari riguarda anche i termini che venivano a scadere per la prima volta dopo il 31 dicembre 1949 (Trib. Potenza, 20 novembre 1953, Cont. 452/53, .Avv. Potenza). La decisione del magistrato non pu� essere opposta alla finanza che non sia intervenuta nel giudizio poich� il principio dell'efficacia erga omnes della sentenza del giudice ordinario non tocca l'autonomia degli organi finanziari che hanno la facolt� di accertare la natura del negozio giuridico. (Comm. Centr. Imp. 12 febbraio 1951, <( Riv. Leg. Fisc. n, 1953, 1429). L'atto di t:msferimento di mobili ed immobili per un prezzo unico e indistinto, soggiace tutto all'aliquota d'imposta di registro prevista per i trasferimenti immobiliari e l'Ufficio, anche se nel frattempo sia intervenuto concordato sull'entit� dell'imponibile pu� correggere i criteri di tassazione seguiti all'atto della registrazione. (Comm. Centr. Imp., 25 maggio 1951, �Giust. Trib.�, 1953, 544). I prezzi in valuta estera sono, ai fini dell'imposta di registro ragguagliati al cambio del giorno della stipulazione che in regime di cambi vincolati � dato dalle norme che stabiliscono il prezzo di acquisto e di cessione della valuta estera. (Corte Cass., 20 aprile 1953, cc Riv. Leg. Fisc. n, 1953, 1451). L'imposta di registro per una convenzione enun� ciata in una sentenza � dovuta solo se la sentenza enunciata in una sentenza � dovuta solo se la sentenza abbia pronunciato su una domanda fondata nella convenzione. (Trib. Milano, 10 aprile 1953, (( Mon. Trib.�, 1953, 330). La sola iscrizione di un atto a repertorio consente gli accertamenti tributari e il ricupero dell'imposta sugli atti annotati s~bbene non rinvenuti. (Comm. Centr. Imp. 9 maggio 1951, cc Riv. Leg. Fisc. �, 1953, 1435). I contratti di appalto per la costruzione di alloggi ai dipendenti delle provincie godono delle agevolazioni fiscali di cui all'art. 153 T.U. n. 1165 del 1938, poich� le provincie sono comprese fra gli enti pubblici considerati in tale articolo. (Comm. Centr. Imp., 19 ottobre 1951, cc Riv. Leg. Fisc. �, 1953, 1440). L'impegno di ampliare e migliorare una strada interpoderale pel transito di automezzi per trasporto di legname costituisce ai fini dell'imposta di registro un contratto di appalto, il cui corrispet~ tivo consiste nell'uso della strada per un certo periodo e nell'impegno dei frontisti di non permetterne durante tale periodo l'uso a terzi. (Trib. Potenza, 20 novembre 1953, Cont. 452/53, .Avv. Potenza). L'agevolazione quanto all'imposta di registro concessa con DD. LL. n. 322 del 1945 e n. 221 del 1946 compete ai contratti di appalto per la ricostruzione o riparazione degli edifici danneggiati dalla guerra e non ha influenza il fatto che la casa ricostruita non sia identica alla precedente. Non compete invece per appalti d'impianti (come riscaldamento, ascensori e simili) a meno che non abbiano una specifica finalit� industriale, n� ai contratti autonomi di fornitura (come in zoccolatura, infissi, vetri e simili) in cui il valore della materia superi quello della prestazione di lavoro. (Comm. Centr. Imp., 1� aprile 1953, � Giust. Trib. �, 1953, 548). Conforme nella seconda parte della massima. (Comm. Centr. Imp., 6 ottobre 1952, cc Le massime �, 1953, 223). Per il beneficio dell'imposta fissa di registro ai contratti di mutuo per la ricostruzione edilizia, tali contratti debbono essere corredati dell'attestazione delle competenti autorit� sulla veridicit� del danneggiamento per causa di guerra e contenere la dichlarazione che la stipulazione viene effettuata ai sensi del D.L. n. 221 del 1946 (Trib. Milano, 15 giugno 1953, cc Mon. Trib.�, 1953, 345). L'atto di costituzione di un'associazione avente lo scopo di creare un luogo di riposo, ritrovo e svago senza fine di lucro soggiace alla sola imposta fissa di registro di cui all'art. 107 Tar. ali. A, legge di registro e non alla imposta di cui all'articolo 81 della Tariffa. (Comm. Centr. Imp., -O febbraio 1951, cc Giust. Trib. n, 1953, 544). Un impianto idrico per il rifornimento di acqua nella zona non rientra fra le case popolari cui si applicano le agevolazioni d'imposta di registro di cui all'art. 153 -lett. a), b), T. U. n. 1165 w-r~~im:::::m�ff����rn=J'mill�:::::m,.ᥥ��,, -293 del 1935. Comunquti l'accertamento della finalit� di casa popolare spetta esclusivamente alla autori. t� amministrativa. (Corte .App. Trieste, 22 magg10 1953, Cont. 7292, .Avv. Trieste). Il contratto verbale di trasporto, ai fini dell'imposta di registro non � assimilabile al contratto verbale di appalto soggetto per l'art. 2 all. B. R. D.L. n. 1424 del 1937 a denuncia in termine fisso pena la registrazione di ufficio con relativa sopratassa (Trib. Brescia, 8 ottobre 1953. Cont. 29993197, .Avv. Brescia). Per la restituzione dell'imposta di successfone a seguito di annullamento del testamento, non � necessario che il contraddittorio con l'Amministrazione siasi svolto nello stesso giudizio di annullamento, potendosi esso instaurare anche con separato o successivo giudizio. (Corte Cass. 20 giugno 1953, �Mon. Trib.))' 1953, 335). � La nuova legge sul bollo e le delegazioni tributarie, art. ~el dott...A..RoMANo, �.Amm. Ital. �, 1953, n. 11. � mnovat1va la norma di cui all'art. 6 D.L.L. n. 221 del 1946 secondo la qual� l'imposta generale sull'entrata sul commercio del burro � dovuta dal produttore all'atto della vendita con l'aliquota del 4 % una tantum. (Trib. Genova, 20 luglio 1953; Cont. 19585, .Avv. Genova). CONTRIBUTI SPECIALI Poich� i contributi unificati in agricoltura costituiscono un onere di natura tributaria determinato in misura fissa e in via di presunzione, non pu� il datore d'opera agricola trattenere ai dipendenti in isciopero oltre al salario anche i contributi nell'ammontare di una parte della somma erogata per l'assicurazione. (Corte Cass., 27 aprile 1953, cc Riv. .Amm. Rep. It. ))' 1953, II, 554). RISCOSSIONE Poich� il procedimento di che al T.U. n. 639 del 1910 ha carattere esecutivo e tale resta anche quando contro l'ingiunzione sia proposta opposizione, competente ai sensi dell'art. 7 del T. U. n. 1611 del 1933 � il Giudice del luogo dell'autorit� eh~ ha emesso l'ingiunzione. (Corte Cass., 12 genna10 1953, cc Riv. Dir. Fin. Se. Fin. ))' 1953, II, 227, con nota avv. G. Greco). Le condizioni di cui agli artt. 633 e segg. C. P. C. per l'emissione del decreto ingiuntivo non si applicano alle ingiunzioni amministrative di che al T.U. n. 639 del 1910. (Trib. Caltagirone, 21 maggio 1953, Cont. 17820, .Avv. Catania). Data l'autonomia del diritto tributario anche dopo l'entrata in vigore del Cod. Civ. del 1942 continua ad aver vigore l'art. 49, T. U. n. 1401 del 1922 sulla riscossione imposte dirette. (Corte Cass., 20 dicembre 1951, �Riv. Dir. Fin. Se. Fin. ii 1953, II, 212 con nota dott. G. Zingali). Le quistioni riferentisi agli aggi esattoriali anche se agitate fuori della sede di rendiconto' spe~ta~o .~lla Corte . dei Conti riguardo a quegll enti d1 dmtto pubblico designati dal T. U. n. 1214 del.19?4 ?.da leggi speciali: non riguardo agli altri enti di diritto pubblico sottoposti al giudice ordinario. (Corte Cass., S.U., 4 luglio 1953, � Riv. Leg. Fisc. ))' 1953, 1477). RAPPORTI DI DIRITTO COMUNE DIRITTO CIVILE Ove nelle more del giudizio il conduttore convenuto per sfratto per morosit� abbia rilasciato l'immobile va dichiarata cessata la materia del contendere. (Pret. Matera, 31 ottobre 1953, Cont. 440, .Avv. Potenza). Ove per uno scontro fra autoveicoli si debba decidere se la precedenza di fatto prevalga su quella di diritto, si deve presumere la colpa del conducente che invoca la precedenza di fatto, salva la prova della colpa dell'altro, in quanto questi non abbia agito in modo da consentire al primo di avvalersi della precedenza di fatto, senza pericolo di collisione. (Corte .App. Firenze, 26 agosto 1953, � Giur. Tosc. ))' 1953, 511). �Il danno estetico non � danno morale ma incide sul patrimonio. Il coefficiente per la liquidazione d'invalidit� permanente va calcolato sull'et� del leso al momento della guarigione clinica delle lesioni e dal tal momento decorrono gli interessi. Il guadagno di una casalinga pu� valutarsi nella spesa occorrente per il salario e il mantenimento di una domestica . .Anche per l'invalidit� permanente minima (2 %) pu� ricorrersi al sistema della capitalizzazione in base al guadagno. (Corte .App. Firenze, 18 aprile 1953, Cont. 12536, .Avv. Firenze). La prescrizione ex art. 294 7 C. C. (biennio dalla estinzione del reato) decorre dalla data del provvedimento di clemenza, non da quella della pronuncia giudiziale che la riconosce. Quindi una sentenza istruttoria che abbia assolto per amnistia, applicandone per� una successiva, non preclude, specie se non passata in giudicato, il riconoscimento della applicabilit� di una amnistia precedente, e quindi il maturarsi della prescrizione. (Corte .App. Firenze, 21 agosto 1953, � Giur. Tosc.))' 1953, 507). La responsabilit� aquiliana concorre con quella contrattuale solo quando il fatto dannoso oltre a violare i diritti nascenti dal contratto riveste gli estremi dell'illecito penale. (Trib. Nicastro 26 giugno 1952, �Foro Padano ii 1953, I, 1195); se leda uno dei diritti primari che l'ordinamento giuridico tutela in modo assoluto con applicazione alla materia del trasporto di persone talch� estinta per prescrizione l'azione contrattuale possa proporsi contro il vettore quella extracontrattuale fondata sul dolo o sulla colpa dei preposti al trasporto. (Corte .App. Napoli 21 novembre 1952, �Foro Padano))' 1953, I, 1191). DIRITTO ECCLESIASTICO Lasciti testamentari per enti ecclesiastici da fondare art. del dott. D. BARILLARO. �Dir. Eccl. ))' 1953, I, 219. PROCEDURA CIVILE I soggetti di diritto internazionale godono della immunit� della giurisdizione, solo quando, mantenendosi sul piano internazionale esplicano un'attivit� pubblicistica destinata ad incidere nelle relazioni fra Stato e Stato, non quando agendo jure privatorum concludano negozi di diritto privato -294 con altri soggetti non dotati di sovranit�. (Corte Cass., S. U., 14 luglio 1953, <�Mon. Trib.>>, 1953, 351). L'opposizione all'ingiunzione di pagamento del procuratore del Registro deve essere opposta nei confronti dell'Intendente di Finanza~ legittimato passivo, anche se questi risiede in luogo diverso da quello dell'Ufficio ingiungente. (Trib. L'Aquila, 21 agosto 1953, Cont. 5474, .Avv. L'Aquila). � improponibile per difetto di legittimazione passiva ad processum l'opposizione ad ingiunzione fiscale con cui sia chiamato in giudizio l'Ufficio del Registro anzich� l'Intendente di Finanza. (Trib. Firenze, 6 dicembre 1952, � Mon. Trib. n, 1953, 310). Il Corpo della Guardia di Finanza � rappresentato in giudizio solo dal Ministro delle Finanze. (Pret. Ispica, 29 ottobre 1953, Cont. 18273, .Avv. Catania). Il Commissariato per il Turismo � un organo con propria legittimazione processuale non un ufficio della Presidenza del Consiglio. � nulla quindi la vocatio in ius non fatta nei confronti del Commissariato per il Turismo in persona dell'Alto Commissario, ma fatta nei confronti della Presidenza del Consiglio. (Corte .App. L'Aquila, 28 luglio 1953, Cont. 4994, .Avv. L'Aquila). Il prefetto nella causa per la liquidazione delle indennit� di espropriazione non � parte in causa, comunque la citazione notificata a lui direttamente. � nulla. (Trib. Potenza, 14 ottobre 1953, Cont. 145, .Avv. Potenza). La nullit�. della citazione per chiamata in giudizio di un organo della .Amministrazione carente di rappresentanza � sanata soltanto se la costituzione dell'Avvocatura avvenga per l'organo munito di rappresentanza. Peraltro nello speciale procedimento dell'art. 30 legge n. 253 del 1950 il giudice deve concedere un termine al ricorrente per chiamare in giudizio l'organo competente. (Pret. Ispica, 29 ottobre 1953, Cont. 18273, .Avv. Catania). L'indicazione del mese ed anno e non del giorno di comparizione nella copia della citazione d'appello notificata, rende nulla la citazione stessa, ed ove l'appellato si sia costituitq oltre i trenta giorni dalla notifica della sentenza impugnata, la sanatoria operando em nunc, non impedisce il passaggio in giudicato della sentenza. (Corte .App. Milano, 18 giugno 1953, << Mon. Trib. n, 1953, 309). Opposta riconvenzionale per il rimborso delle spese di riparazione dal conduttore di un immobile convenuto per sfratto per finita locazione e accolta con sentenza parziale la domanda di sfratto, la causa pu� proseguire per la riconvenzionale e per la richiesta accessoria del locatore in ordine alla corresponsione degli affitti. (Trib. Bolzano, 7 otto bre 1953, Cont. 93, .Avv. Trento). L'Amministrazione del Demanio pu� intervenire nella causa fra due concessionari successivi di beni demaniali per chiedere nei confronti di entrambi un certo numero di pioppi cresciuti nel bene con cesso, e in conformit�. alla concessione. (Trib. Cremona, 28 maggio 1953, Cont. 2500 .Avv. Brescia). L'incertezza di una prova circa la sottrazione di cose pu� derivare anche dalle discordanti dichiara zioni dei testi nell'istruttoria civile rispetto a qu.anto dichiarato in sede di polizia giudiziaria sugli stessi fatti per cui si era iniziata azione penale definita con amnistfa. (Corte .App. Trento, 19 novembre 1953, Cont. 279, .Avv. Trento). Occorre querela di falso per negare effetti a un mandato alle liti quando la parte ..e .per essa il suo procuratore costituito, neghi di aver apposto la sua firma su un atto di citazione compilato da altro procuratore e da questi autenticata. (Corte .App. Bari, 5 maggio 1953, Cont. 14731, .Avv. Bari). Per le innovazioni della legge del 1951 possono dedursi in appello nuovi capitoli di prova testimoniale in aggiunta o complemento di quelli dedotti in primo grado o relativi a fatti diversi, non gi� quelli tendenti a rinnovare in .Appello la prova testimoniale gi� esaurita in primo grado o a dedurre per la prima volta in .Appello una prova intesa a neutralizzare le risultanze della prova esperita in prime cure dalla controparte. (Corte Cass., 26 maggio 1953, � Mon. Trib. n 1953, 324). � inammissibile l'azione possessoria contro il privato autorizzato al possesso da un atto amministrativo. (Corte Cass., S. U., 27 febbraio 1953, �Riv. Corte Conti n, 1953, IV, 195). � inammissibile l'azione possessoria contro la Pubblica .Amministrazione anche in mancanza di un provvedimento amministrativo formale; potendo concretarsi l'atto ~mministrativo anche in un fatto materiale. (Corte Cass., S.U., 13 febbraio 1953, �Riv. Corte Conti n, 1953, IV, 186). DIRITTO PEN.A.LE Un uso intempestivo di segnalazione, ingene rando manovre inconsuete del conducente che pre cede e determinando l'investimento, costituisqe elemento di colpa. Se l'eccesso di velocit� � dimo strata dal fatto che il conducente investitore non sia riuscito a fermare rapidamente l'auto, deve tuttavia il giudice penale esaminar� l'eventuale concorso di colpa del leso ai fini della pena e del risarcimento del danno. (Corte Cass. Pen., 27 feb braio 1953, � Riv. Giur. Circ. Trasp. n, 1953, 531). � colpevole di lesioni colpose il conduttore ferro viario che ha dato il �pronti � quando uno sportello era ancora aperto e un viaggiatore vi stava scen dendo, causando la partenza del treno e la caduta del viaggiatore; non il capotreno che abbia fatto partire il treno sulle segnalazioni dei conduttori. (Pret. Rovereto, 15 ottobre 1953, Cont. 837, .Avv. Trento). Non commette furto chi smantella opere militari e si appropri del materiale se risulti la sua buona fede per averne fatta richiesta alla competente auto rit� e abbia ricevuto se non una autorizzazione regolare almeno promessa di accoglimento della richiesta. (Trib. Trento, 6 marzo 1953, Cont. 657, .Avv. Trento). L'attenuante del danno patrimoniale di speciale entit� non � applicabile al contrabbando. (Corte Cass. Pen., 2 luglio 1953, cc Riv. It. Dir. Pen. n, 1953, 647). PROCEDURA PENALE Non � ammessa rinuncia da parte del difensore ai motivi di impugnazione. (Corte Cass., S. U., 16 maggio 1953, �Riv. Pen. >> 1953, II, 955). -295 L'inosservanza' dell'obl?Iigo per la parte civile di quantificare i danni sofferti non importa nullit� n� decadenza del diritto a pretendere il risarcimento per la cui liquidazione le parti possono essere rimesse al giudice civile e ci� sia se la parte civile abbia solo chiesta condanna generica ai danni da liquidarsi in separata sede (Corte Cass., 9 febbraio 1953, �Riv. Pen. ii, 1953, II, 490); sia che abbia chiesto solo le spese del giudizio senza alcun accenno ai danni (Corte Cass., 28 aprile 1953, � Riv. Pen. ))' 1953, II, 657). Contra: Obbligo della parte civile di determinare i danni nelle conclusioni, art. del Cons. A. GRrnco, � Riv. Pen. ))' 1953, II, 965; La mancata richiesta dei danni e la revoca tacita della costituzione di parte civile, art. dell'avv. S. ALEO, � Riv. Pen. >> 1953, II, 972. MATERIE SPECIALI P.N.F. � carente di legittimazione attiva la Societ� di mutuo soccorso che rivendichi i beni gi� appartenenti a una Societ� di mutuo soccorso scioltasi con delibera di molti anni prima e devoluti al p.n.f. con la stessa delibera, non trattandosi dello stesso ente anche se abbia assunto del primo il nome e lo statuto: n� l'azione di annullamento della delibera per coartazione pu� proporsi dalla societ�, bens� dai singoli soci. (Corte App. Genova, 7 novembre 1953, Cont. 16429, Avv. Genova). La donazione al p.n.f. da parte dei soci di un circolo di cultura, dei propri locali, � viziata da violenza e perci� annullabile se determinata da pressioni e minacce di gerarchi locali, di ritiro della tessera chiusura del circolo e confisca dei beni so ciali. Tuttavia all'annullamento non pu� seguire l'ordine di rilascio dell'immobile verso la Pubblica Amministrazione, perch� esso urterebbe contro la irrevocabilit� degli atti amministrativi. (Trib. Cata nia, 26giugno1953, Cont. 16225, Avv. Catania). Le disciolte confederazioni sindacali fasciste sono rappresentate durante il procedimento di liquida zione dai rispettivi uffici stralcio, e i loro beni non possono essere devoluti alle nuove associazioni sin dacali se non alla fine della liquidazione e con atti dell'autorit� governativa. (Trib. Roma, 30 maggio 1953, �Foro Padano))' 1953, I, 1262). ATTIVIT� CONNESSA CON LA GUERRA ECONOMIA Il D. L. n. 98 del 1948 si riferisce esclusivamente alle casse ed ai fondi per la gestione di prezzi o sopraprezzi aventi natura pubblicistica, non a quelle Casse Compensazioni sorte a seguito di accordi privati fra le categorie interessate. (Trib. Cremona, 2 luglio 1953, Cont. 3004, Avv. Brescia). REQUISIZIONI Nella requisizione in uso la perdita della cosa � a carico del proprietario requisito, salvo che non ricorra una colpevole condotta dell'ente requisitore o che il bene, in relazione all'utilit� che si intendeva ricavarne sia stato esposto ad un rischio che non sussisteva quando la cosa era nella disponibilit� del proprietario. (Corte Cass. 11 giugno 1953, cc Mon. Trib.))' 1953, 319). Cessate pel D.L. n. 264 del 1947 le requisizioni di guerra, la Gestione Raggruppamento Autocarri sarebbe ritenuta (anche ammessa l'esistenza della requisizione) divenuta occupante abusiva tanto pi� date le trattative intercorse per la stipulazione di una locazione (nella specie l'A.M.G. aveva requisito dei locali istallandovi il Truck Pool, li aveva poi derequisiti e al Truck Pool era subentrata la G.R.A.). (Corte App. Firenze, 4 aprile 1953, Cont. 1278, Avv. Firenze). Anche se la nave requisita sia stata abbandonata dall'equipaggio presso un litorale occupato dal nemico si applica la equiparazione alla perdita di cui all'art. 1 R.D. n. 1601 del 1941; e l'Amministrazione non deve dal momento della sopravvenuta impossibilit� di utilizzare la nave alcuna indennit� di requisizione. (Corte App. Roma, 15 novembre 1950 cc Riv. Dir. Navig. ))' 1953, II, 173 con nota prof. A. Lefebre D'Ovidio). Il risarcimento delle avarie per sinistri di guerra a navi requisite dallo Stato � limitato all'85 % della valutazione determinata con i criteri stabiliti dalla legge sulle requisizioni in forza dell'art. 4 del D.L.L. n. 686 del 1945 la cui portata generale � confermata dall'art. 3, legge n. 728 del 1950. (Corte Cass�., 5 luglio 1952, cc Riv. Dir. Navig. )) 1953, II, 96 con nota prof. A. Lefebre D'Ovidio). DANNI DI GUERRA L'assunzione del risarcimento dei danni di guerra da parte dello Stato non esclude la responsabilit� civile dell'Amministrazione se il danno sia stato causato da un comportamento illecito secondo le norme comuni. (Trib. Bari, 3 febbraio 1953, Cont. 13340 Avv. Bari). REGIME VINCOLISTICO DELLE LOCAZIONI L'opposizione alla proroga per necessit� di re carsi ad abitare la casa locata � giustificata quando l'ufficio sanitario del Comune dichiari specificamente inabitabile l'immobile occupato dal locatore. (Pret. Corleto Perticara, 23 ottobre 1953, Cont. 311, Avv. Potenza). Il Pretore deve decidere con ordinanza inimpu gnabile le controversie di cui all'art. 32, legge n. 253 del 1950 quando la pretesa attrice appaia fondata e non sia contestata: negli altri casi la controversia va decisa con sentenza dal Giudice competente per valore. (Trib. Genova, 5 febbraio 1953, Cont. 19101, Avv. Genova). OCCUPAZIONE N� il Prefetto n� l'A.M.G. potevano modificare norme di legge vigenti nel territorio occupato se 11011 con crdinanza pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, emessa della Commissione alleata. Il prov-� vedimento del Prefetto che invadendo il settore tributario e modificando la legge vigente abbia esorbitato dai limiti di attribuzione nella disc iplina dei prezzi � illegittimo. (Trib. Genova, 20 luglio 1953, Cont. 19585, Avv. Genova). (::: (::: -296 Lo Stato occupante pu� impossessarsi dei beni dello Stato occupato ma non farne oggetto di contratto con i cittadini dello Stato occupato. (Trib. Milano 28 maggio 1953, �Mon. Trib.�, 1953, 345). TRATTATO DI PAOE L'Amministrazione del Tesoro � legittimata a riscuotere un credito ex tedesco per fornitura di merci a privati, a norma dell'accordo di Washington divenuto col D.L.L. n. 177 del 1948 legge dello Stato. (Trib. Trento, 6 novembre 1953, Cont. 448, Avv. Trento). FINANZA STRAORDINARIA La responsabilit� degli amministratori cessati per i profitti di contingenza dovuti da una societ� � condizionata allo accertamento di competenza del giudice ordinario, che la; societ� derivi da una trasformazione o che vi sia sproporzione notevole fra il capitale sociale e il profitto; o che la societ� sia stata sciolta prima dell'accertamento o che la nuova societ� sia stata costituita .per creare una situazione d'insolvenza. (Corte Cass. S. U., 2 mag� gio 1953, �Riv. Leg. Fisc. n, 1953, 1469). Il terzo (che � dubbio se possa sollevare incidente di esecuzione davanti al giudice penale) deve agire solo davanti al giudice civile, se intenda far valere un diritto di garanzia sulla cosa confiscata, senza impugnare la confisca; se per� �l'Amministrazione abbia alienato la cosa confiscata l'azione deve proporsi contro il possessore il quale pu� o eccepire la risoluzione del diritto di garanzia a seguito della confisca o chiamare in garanzia l'Amministrazione venditrice. (Trib. Firenze, 7 maggio 1953, Cont. 11721, Avv. Firenze). RASSEGNA. DI LEGISLAZIONE I PROVVEDIMENTI SONO ELENOATI SEOONDO L'ORDINE DI PUBBLIOAZIONE SULLA �GAZZETTA UFFIOIALE t 1. Legge 6 ottobre 1953, n. 823 (G. U. n. 254): Proroga del termine di cui alla legge IO agosto 1950, n. 665, per il godimento delle agevolazioni tributarie previste dal D.L.L. 7 giugno 1945, n. 322 e successive modificazioni e integrazioni. Le agevolazioni tributarie in questione, per quanto riguarda gli appalti di opere pubbliche hanno formato oggetto di numerose consultazioni da parte dell'Avvocatura e di numerose vertenze giudiziarie, delle quali si � data notizia nelle apposite rubriche della Rassegna. 2. D. P. R. 19 dicembre 1953, n. 922 (G. U. n. 292): Concessione di amnistia e indulto. Sono compresi nell'amnistia e nell'indulto anche alcuni reati finanziari. � da rilevare a questo proposito la imprecisione tecnica del decreto lai:ldove parla di amnistia e indulto per le cc infrazioni� prevedute dalle leggi sulla I.G.E. � evidente, invero, che queste infrazioni non possono essere altro che reati essendo assurdo concedere amnistia per violazioni di legge che non costituiscano reato e indulto per sanzioni che non siano vera e propria pena� (multa o ammenda quando si tratti di pena pecuniaria). 3. �Legge 10 dicembre 1953, n. 932 (G. U. n. 297): Modificazione dell'art. 18 del regolamento per l'amministrazione del patrimonio e per la contabilit� generale dello Stato, approvato con R.D. 23 maggio 1924, n. 827. , Con questa legge si attribuisce all'Intendente di Finanza la sorveglianza amplissima sull'uso dei beni dello Stato per le esigenze dirette della Pubblica Amministrazione. L'art. 18 del regolamento limitava invece questa vigilanza solo all'uso dei locali. Si tratta di una legge di iniziativa parlamentare, che sconvolge, pi� di quello che si possa pensare, tutto il sistema delle attribuzioni amministrative in questa materia. � da rilevare, poi, una scorrettezza grave dal punto di vista della tecnica legislativa in quanto si � venuta ad inserire in un testo regolamentare una norma, anzi, una parola avente forza di legge. 4. Legge 10 dicembre 1953, n. 936 (G. U. n. 298): Adeguamento degli originari limiti di somma previsti nella legge e nel regolamento di contabilit� generale dello Stato, nelle leggi e nei regolamenti contabili speciali e dell'articolo 18 del T.U. delle leggi sull'ordinamento della Corte dei Conti. I suddetti limiti sono aumentati di 60 volte, aumento sempre insufficiente in relazione alle esigenze di snellimento delle procedure amministrative. 5. Legge 16 dicembre 1953, n. 952 (G. U. n. 299): Modificazione all'art. 14 del D.L. 3 giugno 1943 n. 452, relativo ai passaggi di merci per il tramite di ausiliari del commercio. Si tratta di un ennesimo provvedimento legislativo che modifica le norme in materia di imposta. generale sull'entrata, contribuendo cos� alla notevole confusione gi� esistente in questo campo. Non � certo un modello di tecnica legislativa, sia per quanto riguarda la formulazione stessa della norma, sia per l'uso di termini assolutamente impropri, come il termine cc ditte� adoperato per cc imprese� o cc imprenditori>>, secondo la dizione del codice civile. INDICE SISTEMATICO DELLE CONSULTAZIONI LA FORMULAZIONE DEL QUESITO NON RIFLETTE IN ALCUN MODO LA SOLUZIONE CHE NE � STATA PRESA ACQUE PUBBLICHE. -I) Se l'Amministrazione della Difesa possa impugnare dinanzi al Tribunale Superiore delle Acque un decreto presidenziale concernente la concessione di una grande derivazione d'acqua (n. 24). -II) Se la domanda di concessione di grande derivazione d'acqua nel territorio della Regione Siciliana debba essere pubblicata, oltre che nella 3a parte della G. U. della Regione stessa, anche nella G. U. della Repubblica (n. 25). -III) Se la pubblicazione di detta domanda nella 2a parte della G. U. della Regione Siciliana possa tener luogo della pubblicazione nella G. U. della Repubblica (n. 25). AMMINISTRAZIONE PUBBLICA. -Se sia giuridicamente possibile un conflitto giurisdizionale tra due Amministrazioni dello Stato (n. 147). APPALTO. -I) Se l'Amministrazione Militare possa provvedere direttamente, ai sensi dell'art. 38 delle Condizioni generali di appalto del Genio militare, al pagamento delle mercedi agli operai non soddisfatte dall'appaltatore senza limiti nella esistenza di cessione dei crediti derivati dai lavori, ritualmente riconosciuta (n. 180). -II) Se l'Am'ministrazione, in caso di decesso dell'appaltatore, prima della formale stipulazione del contratto di cottimo fiduciario e del suo perfezionamento, possa far continuare al supplente, che l'appaltatore deceduto aveva presentato e che aveva firmato insieme con l'appaltatore medesimo, la minuta del contratto, i lavori gi� iniziati dal defunto imprenditore (n. 181). -III) Se sia ammissibile il ricorso alla procedura arbitrale in materia di revisione di prezzi di pubbliche forniture, ove non esista una specifica e autonoma clausola compromissoria (n. 182). -IV) Se sia ammissibile l'impugnativa del provvedimento emanato dal Ministro ai sensi dell'art. 3 del R. D. L. 13 giugno 1940, n. 901 (n. 182). -V) Se, prima della stipulazione del contratto, possano configurarsi diritti soggettivi dell'appaltatore nei confronti della Amministrazione (n. 182). -VI) Se possa procedersi alla revisione dei prezzi di un contratto di appalto, in cui sia inserita una clausola affermante la invariabilit� dei prezzi stessi e sia omessa, invece, la clausola di revisione dei prezzi (n. 183). ASSICURAZIONI. -I) Se il personale in serv1z10 sulle navi traghetto dello Stretto di Messina debba essere assicurato dall'Amministrazione Ferroviaria presso la Cassa Marittima Meridionale contro gli infortuni e le malattie (n. 38). -II) Se l'Istituto Nazionale per le Assicurazioni contro gli infortuni sul lavoro possa considerare come non effettuata la denuncia dei lavori, prescritta dall'art. 8 del R. D. 17 agosto 1935, n. 1765, e la conseguente assicurazione degli operai, solo perch� posta in essere da chi si ritiene non sia il reale titolare dell'Impresa (n. 39). AVVOCATI E PROCURATORI. -I) Se sia ammessa l'assistenza e la rappresentanza legale del ricorrente da parte di un procuratore legale nei ricorsi amministrativi, proposti alla stessa autorit�, che ha emanato il provvedimento impugnato, e a quella gerarchicamente superiore (n. 21). -II) Se sia ammessa l'autenticazione della firma del ricorrente, nei casi di cui sopra, da parte del procuratore legale (n. 21). -III) Se la delega, erroneamente conferita, apposta in calce al ricorso e la autenticazione della firma del ricorrente, effettuate dal procuratore legale, inficino il ricorso, regolarmente firmato dalla parte (n. 21). -IV) Se l'autenticazione della firma del ricorrente, effettuata dal procuratore legale, integri gli estremi di alcun reato penalmente perseguibile (n. 21). CASE ECONOMICHE E POPOL~I. -I) Se, anteriormente all'atto di stipulazione del mutuo individuale, l'assegnatario di un alloggio cooperativo sia titolare di un diritto perfetto, tutelabile dinanzi al g. o. o soltanto di un interesse legittimo alla conservazione dello alloggio (n. 44). -II) Se la reintegrazione nell'alloggio cooperativo abbia la stessa natura dell'assegnazione (n. 44). -III) Se nell'ipotesi di diniego di reintegrazione nell'alloggio cooperativo di socio il quale, al momento in cui venne dichiarata decaduta, non aveva ancora stipulato il contratto di mutuo individuale, sussista la giurisdizione del Giudice ordinario (n. 44). -IV) Se agli eredi del socio dichiarato decaduto per motivi politici spetti di ottenere la reintegra dell'alloggio ove il dante causa abbia cessato di vivere anteriormente alla data di entrata in vigore del D. L. L. 16 novembre 1944, n. 425 (n. 44). COMUNI E PROVINCIE. I). Se i CoJ!lunj t~uti ad istituire un distaccamento di Vigili del Fuoco (art. 91, lett. d), n. 4 della legge Comunale e Provinciale) e che non lo abbiano ancora istituito, siano soggetti a contributi per i servizi antincendi, diversi da quelli dei Comuni che lo abbiano gi� istituito, alla data di entrata in vig�re -~- -299 della legge 9 aprile 1951, n. 338 (n. 48). -II) Se nel caso in cui un procedimento penale ritorni nella fase istruttoria a seguito di trasmissione di tutti gli attf al P. M. a norma dell'art. 477 (ultimo comma) C. P. P., il provvedimento di sospensione della carica di Sindaco, adottato a sensi dell'art. 149 (5� comma) del T. U. 4 febbraio 1915; n. 148, debba essere revocato (n. 49). III) Se la facolt� di sospensione, attribuita al Prefetto, relativamente alle elezioni dei Consigli Comunali, dallo art. 38 (ultimo comma) della legge 8 marzo 1951, n. 122, possa ritenersi estesa alle elezioni dei Consigli provinciali (n. 50). -IV) Se, a seguito della sospensione delle elezioni per il Consiglio provinciale, disposta in un Comune dal Prefetto, l'Ufficio elettorale centrale, possa sindacare la legittimit� del provvedimento prefettizio e astenersi dall'assegnazione del terzo dei seggi (n. 50). -V) Se, per il caso di elezioni, disposte in un solo Comune del Collegio, debbano osservarsi i termini previsti dall'art. 8 del T. U. 5 aprile 1951, n. 203, o quelli stabliti dall'art. 69 (cpv) dello stesso Testo Unico (n. 50). CONCESSIONI. -I) Se la proroga di una concessione concreti un quid navi rispetto alla concessione originaria (n. 35). -II) Se il particolare trattamento tributario di favore, previsto dal R. D. L. 1� luglio 1926, n. 1157 per alcuni tipi di concessioni, si applichi anche nel caso di proroga delle concessioni originarie (n. 35). CONTABILIT� GENERALE DELLO STATO. I) Se per il caso di licitazione privata sia richiesta, al mandatario, la procura speciale di cui all'art. 81 del Regolamento di contabilit� generale dello Stato (n. 107). -II) Se possa ritenersi impedimento idoneo a vincolare le somme colpite, ai sensi dell'art. 69 della legge di contabilit�, l'atto con il quale un terzo diffidi l'Amministrazione a non pagare ad un proprio creditore, senza precisare quali siano i suoi titoli di credito n� quale sia l'ammontare del credito medesimo e senza far richiamo a titoli esecutivi di cui sia in possesso (n. 108). -III) Se un ritardo nella stipulazione del contratto, che superi i due mesi, ma non vada oltre i sei, dia diritto all'aggiudicatario di considerarsi sciolto dall'impegno assunto, (n. 109). IV) Se la stazione appaltante abbia diritto, ai sensi delle vigenti norme, di disporre del deposito cauzionale provvisorio, versato dall'aggiudicatario, a garanzia dei propri impegni (n. 109). -V) Se il certificato civile negativo, prodotto dall'interessato, sia sufficiente a comprovare la capacit� di obbligarsi dell'interessato medesimo, in luogo dell'apposito certificato della Cancelleria del Tribunale competente attestante la capacit� a contrattare ai fini della partecipazione ad una gara (n. 110). VI) Se ed in quali limiti un ufficiale di complemento possa essere sottoposto al giudizio di responsabilit� contabile o amministrativa dinanzi alla Corte dei Conti (n. 11). -VII) Se un ufficiale di complemento, per effetto dell'ammanco di materiale di cui sia consegnatario, possa considerarsi responsabile contabile (n. 111). CORTE DEI CONTI. -I) Se ed in qua.li limiti un ufficiale di complemento possa essere sottoposto a.I giudizio di responsabilJt� contabile o amministrativa dinanzi alla Corte dei Conti (n. 2). -II) Se un ufficiale di complemento, per effetto dell'ammanco di materiali di cui sia consegnatario, possa considerarsi responsabile contabile (n. 2). COSTITUZIONE. -Se l'art. 53 della nuova Costituzione abbia valore precettivo o soltanto direttivo (n. 1). DANNI DI GUERRA. -I) Se il richiamo, che l'art. 2, n. 3 della legge 9 gennaio 1951, n. 10; fa ai criteri' di liquidazione stabiliti per gff infortuni sul lavoro dal R. D. L. 17 agosto 1953, n. 1765 e successive modifiche debba intendersi effettuato al solo fine del computo dell'indennizzo o anche ad ogni altro effetto, quale la attribuzione del diritto alla liquidazione (n. 36). -II) Se il requisito della� vivenza a carico� negli ascendenti, di cui all'art. 27 del R. D. L. 17 agosto 1935, n. 1765, sia condizione necessaria per l'attribuzione del diritto alla liquidazione agli ascendenti medesimi, in caso di morte dell'infortunato (n. 36). -�III) Se le norme della legge 9 gennaio 1951, n. 10, si applichino alle istanze d'indennizzo, presentate prima della sua entrata in vigore (n. 36). -IV) Se lo scoppio accidentale di un ordigno esplosivo possa essere considerato fatto di guerra, ai sensi dell'art. 10 (2� comma) della legge 10 agosto 1950, n. 648 (n. 37). -V) Se, qualora venga dimostrato che l'esplosione non sia stata accidentale, ma provocata da un minorenne o da un terzo, la colpa dei terzi possa ritenersi presunta o debba essere provata dall'Amministrazione (n. 37). DAZI DOGANALI. -Se sia giuridicamente fondata una richiesta dell'Amministrazione Ferroviaria per il pagamento, da parte di quella Finanziaria, dei canoni di affitto di focali ferroviari da adibire a uffici� doganali (n. 2). DEMANIO. -I) Se la rovina di un pezzo del cornicione di un palazzo demaniale, assegnato in uso gratnito ad un ente pubblico, sia regolata, agli effetti della responsabilit�, dalla norma dell'art. 2051 o da quella dello ftrt. 2053 C. C. (n. 91). -II) Se i beni del demanio pubblico possano essere soggetti ad espropriazione per p. u. (n. 92). -III) Se il consenso dell'Amministrazione allo stabilirsi di una servit� su beni demaniali possa dar luogo alla costituzione di un diritto soggettivo o soltanto ad una concessione amministrativa di uso, liberamente determinabile e revocabile da parte della Amministrazione stessa (n. 92). -IV) Se l'atto amministrativo, dichiarativo del passaggio dei beni dello Stato da una categoria giuridica ad un'altra, abbia rilevanza solo ai fini della regolamentazione del regime amministrativo dei beni dello Stato o anche per gli effetti giuridici che il passaggio stesso pu� produrre verso i terzi (n. 93). -V) Se, formatosi sull'alveo di un fiume un'alluvione in conseguenza delle difese costruite a monte e degli apporti di materiali di rifiuto da parte dei proprietari rivieraschi, venga a cessare automaticamente la demanialit� dell'alveo o sia all'uopo necessario apposito atto di classificazione (n. 93). DEPOSITO. -I) Se sia efficace, nei confronti della Cassa Depositi e Prestiti, debitrice delle somme depositate, la cessione di un deposito, notificata all'Amministrazione cauzionata e non all'Ufficio depositario (n. 15). -II) Se L'Amministrazione cauzionata possa ~.(Jicare la persona cui debba effettuarsi la restituzione (n. 15).III) Se possa ovviarsi all'omissione dell'indicazione degli estremi del deposito, richiesti dall'art. 99 del Regolamento 23 marzo 1919, n. 1058, ove il deposito stesso sia comunque individuato sulla base di altri elementi (n. 15). ~B..--Yl~&.J.tf'..::W'.AF~ff..::W""'G~..::W""'~.@"..::@:".m='AW'khE--=�'"~..::W'"..iV.WG..J ' -300 DONAZIONI. -I) Se sia consentito alla P. A. effettuare donazioni (n. 23). -II) Se le donazioni da parte della P. A. debbano essere operate nelle forme proprie prescritte per le donazioni nel Codice civile (n. 23). III) Se l'Amministrazione ferroviaria possa donare un'area edificatoria di sua propriet� per la costruzione di una Chiesa posta in un centro di case per ferrovieri, al fine della soddisfazione delle esigenze spirituali e religiose dei propri dipendenti (n. 23). ELEZIONI. -I) Se la facolt� di sospensione, attribuita al Prefetto, relativamente alle elezioni dei Consigli Comunali, dall'art. 38 (ultimo comma) della legge 8 marzo 1951, n. 122, possa ritenersi estesa alle elezioni dei Consigli provinciali (n. 2). -II) Se, a seguito della sospensione delle elezioni per il Consiglio provinciale, disposte in un Comune dal Prefetto, l'Ufficio elettorale centrale possa sindacare la legittimit� del provvedimento prefettizio e astenersi dall'assegnazione del terzo dei seggi (n. 2). -III) Se, per il caso di elezioni disposte in un solo Comune del Collegio, debbano osservarsi i termini previsti dall'art. 8 del T. U. 5 aprile 1951, n. 203, o quelli stabiliti dall'art. 69 (cpv.) dello stesso Testo Unico (n. 2). ESPROPRIAZIONE PER P. U. -I) Se i beni del Demanio pubblico possano essere soggetti ad espropriazione per p. u. (n. 88). -II) Se, nei casi di dichiarazione legislativa della pubblica utilit� e dell'urgenze di determinate opere, la rispondenza dell'impresa al fine pubblico e la coincidenza di questo con l'interesse del privato possano ritenersi riconosciute dallo stesso legislatore (n. 89). -III) Se in tali casi l'autorit� ammini< itrativa sia dispensata dalla valutazione discrezionale, normalmente necessaria, della sussistenza di una causa di p. u., idonea a legittimare l'espropriazione (n. 89). FERROVIE. -I) Se l'infrazione al divieto di lancio di oggetti dai treni possa identificarsi senz'altro con la ipotesi del reato contravvenzionale di getto pericoloso di cose, previsto dall'art. 674 C. P. (n. 182). -II) Se sia giuridicamente fondata una richiesta dell'Ammini strazione Ferroviaria per il pagamento, da parte di quella Finanziaria, dei canoni per affitto di locali ferro viari da adibire a uffici doganali (n. 183). -III) Se l'Amministrazione delle Ferrovie possa donare un'area edificatoria di sue propriet� per la costruzione di una Chiesa, postlj. in un centro di case per ferrovieri al fine della soddisfazione delle esigenze spirituali e religiose dei propri dipendenti (n. 184). -IV) Se il personale in servizio sulle navi traghetto dello Stretto di Messina debba essere assicurato dall'Amministrazione Ferroviaria presso la Cassa Marittima Meridionale contro gli infor tuni e le malattie (n. 185). -V) Se l'Amministrazione delle FF. SS. risponda della differenza tra il peso del carico, accertato alla partenza e il peso riscontrato allo arrivo, ove nessun ammanco si sia effettivamente veri ficato (n. 186). -VI) Se la norma dell'art. 54 C. T. trovi applicazione nel caso di trasporti a carro (n. 186). VII) Se le promozioni ad honorem degli agenti delle FF. SS. come disciplinate nel D. M. 9 giugno 1948 e nelle precedenti disposizioni, possano considerarsi come un vero e proprio sviluppo di carriera legato al ruolo (n. 187). -VIII) Se il beneficio della pl.'omozione ad honorem degli a.genti delle FF. SS. possa essere esteso agli agenti, ex esonerati politici, in sede di ricostruzione della car riera (n. 187). GIUDIZIO CIVILE E PENALE. -Se la sentenza penale, la quale assolve l'imputato per insufficienza di prove sia preclusiva dell'azione civile tendente al risarcimento dei danni, ove questa si fondi su di una rigorosa disciplina della responsabilit� civile, come quella ex art. 2054 C. C., quando il dubbio, di cui alla sentenza stessa, verta sugli elementi subiettivi del reato, cio� sulla colpa (n. 3). GUERRA. -I) Se possa affermarsi il diritto dello Stato italiano e, per esso, dell'A.R.A.R., sui fortini ex tedeschi, edificati su terreni di propriet� privata (n. 121). -II) Se i principi di diritto comune in tema di accessione (art. 936 C. C.) si applichino ai bunkers ex tedeschi constituenti veri e propri mezzi bellici, edificati su terreni di propriet� privata (n. 121). -III) Se l'Amministrazione della Difesa pbssa considerarsi legittimata ad agire per l'esecuzione di un contratto, stipulato dalle Forze Armate Alleate per la bonifica di un campo minato (n. 122). -IV) Se lo Stato sia tenuto a provvedere alla bonifica di un fondo privato da ordigni esplosivi per effetto della deflagrazione di un deposito, provocata da fatto di guerra (n. 122). -V) Se il D. L. L. 12 aprile 1946, n. 320, concernente la bonifica dei c'tmpi minati, si applichi nel caso in cui, per effetto di evento di guerra, risultino interrati, in localit� non facilmente individuabile, ordigni esplosivi, la cui eliminazione, purrispondendo alle esigenze della pubblica incolumit�, ridondi anche a vantaggiq del privato proprietario e richieda gli accorgimenti propri della bonifica (n. 122). IMPIEGO PUBBLICO. -I) Se il periodo di servizio effettivo prestato in una categoria di personale, anteriormente alla data di decorrenz'.t dell'ammissione della categoria stessa all'Opera di Previdenza, possa essere computato ai fini della liquidazione dell'indennit� di buonuscita (n. 341). -II) Se, nel caso di passaggio ad una categoria iscritta all'Opera di Previdenza da epoca anteriore, possa l'interessato giovarsi della precedente iscrizione della cat~oria stessa, ai fini della liquidazione dell'indennit� di buonuscita (n. 341). -III) Se la sospensione obbligatoria del servizio dell'operaio colpito da mandato di cattura, ai sensi dell'art. 138 del T. U. 31 novembre 1924, n. 2262, decorra dalla data di emissione del mendato o dalla data della notifica di esso (n. 342). -IV) Se l'efficacia retroattiva della . sospensione obbligatoria dal servizio dell'operaio colpito da mandato di cattura, ai sensi dell'art. 138 del T. U. 31 novembre 1924, n. 2262, annulli i fatti verificatisi medio tempore, quali il servizio prestato e gli assegni percepiti in corrispettivo (n. 342). -V) Se possa procedersi a licenziamento di un operaio per essenza arbitraria per oltre 10 giorni, ove il medesimo si sia assentato mentre era colpito da mandato cli cattura (n. 342). VI) Se l'Amministrazione del Tesoro, per il cui tramite vengono effettuati i pagamenti delle altre Amministrazioni dello Stato, possa vantare diritto alcuno verso i beneficiari dei pagamenti stessi, ove questi siano stati� effettuati per somma superiore a quella dovuta, per errore o colpa dell'Amministrazione il!teressata (n. 343). -VII) Se l'cc Ente creditore" di cui all'art. 2 del l'. !J. 639 del 1910 sia in ogni caso competente ad emett�re l'ingiunzione di pagamento (n. 343). VIII) Se l'Amministrazione dell'Interno sia competente ad emettere ingiunzione di pagemento per il recupero di assegni erroneamente corrisposti ad ex. impiegati (n. 343). -301 �. IMPOSTA DI REGISTRO. -I)� Se il particolare trattamento tributario di favore previsto dal R. D. L. 1� luglio 1926, n. 1157 per alcuni tipi di concessioni, si applichi anche nel caso di proroga delle conc6ssioni originarie (n. 94). -II) Se il R. D. L. 15 novembre 1937, n. 1924, all. B, disponendo l'obbligo di denunciare, ai fini dell'imposta di registro, le convenzioni verbali di appalto, abbia assoggettato all'obbligo stesso anche le convenzioni verbali di trasporto (n. 95). -III) Se il contratto di trasporto possa assimilarsi, agli effetti tributari, a quello di appalto (n. 95). IMPOSTA SULL'ENTRATA. -I) Se possono coesistere trE!/ gli stessi soggetti le due ipotesi previste rispettivamente nel 2� e nel 3� comma :dell'art. 13 della legge 19 giugno 1940, n. 762, nel senso, cio�, che vi possa essere un passaggio di merci a scopo di lavorazione, con contemporaneo mandato a vendere le merci lavorate in nome e per conto, o solo per conto, della ditta committente (n. 39). -II) Se, ammesso che tali rapporti coesistano, essi possano essere riferibili ad un Consorzio che provvede, a norma dello Statuto, alla filatura, torcitura ed, eventualmente, alla tessitura della seta ricavata dai bozzoli di scarto conferiti dai consorziati, ed altres� alla vendita del prodotto finito, per conto di questi ultimi, col successivo riporto degli utili netti, derivante dall'intera operazione (n. 39). IMPOSTE E TASSE. -I) Se l'art. 53 della nuova Costituzione abbia valore precettivo o soltanto direttivo (n. 220). -II) Se le esenzioni fiscali dalle imposte fondiarie, stabilite a favore dell'Opera Nazionale Combattenti, possano ritenersi abrogate per effetto dello art. 53 della nuova Costituzione (n. 220). -III) Se la Finanza possa attribuire un reddito, ai fini dell'applicazione dell'imposta fondiaria, diversamente dalle risultanze .dei dati catastali (n. 220). -IV) Se possa procedersi alla voltura di ufficio, oltre che nel caso di errore di registrazione (n. 220). V) Se le tasse maturate prima della conclusione del contratto di trasporto possano essere iscritte nella lettera di vettura e siano quindi a carico del destinatario (n. 221). -VI) Se le tasse dei Magazzini Generali possano essere considerate tasse tariffarie accessorie della Ferrovia mittente (n. 221). VII) Se l'imposta sul capitale estero, di cui all'art. 10 del R. D. 30 dicembre 1923, n. 3280, sia applicabile a carico delle Societ� o C�mpagnie di Navigazione straniere, ~ le cui navi fanno scalo nei porti italiani -le quali, peraltro, non costituiscono nello Stato una sede o una succursale o una filiale ma nominino semplicemente un agente marittimo generale o un raccomandatario (n. 222). -VIII) Se le leggi di proroga 'dei termini di prescrizione in materia tributaria siano applicabili alle infrazioni finanziarie costituenti reato (n. 223). -IX) Se le disciolte Associazioni sindacali fasciste siano tenute al pagamento d0ll'imposta di manomorta, fino alla loro definitiva liquidazione (n. 224). IPOTECA. -Se sia valida la concessione di ipoteca, deliberata dall'assemblea di una societ� in accomandita in liquidazione (n. 11). LOCAZIONE. -Se ed in quale caso possa il conduttore provvedere alle riparazioni urgenti e improrogabili necessarie per il ripristino degli stipiti di un immobile, locazione con contr�tto soggetto a proroga, procedendu poi al recupero delle relative spese nei confronti del locatore, mediante trattenuta sulla pigione (n. 74). LOTTO E LOTTERIE. -I) Se l'assegno vitalizio a carico dell'� Ente fondo per gli assegni vitalizi e straordinari al personale del lotto >>, negato alla vedova del ricevitore, perch� usufruisce di altra retribuzione a carattere continuativo, possa essere concesso a favore della figlia nubile, che ne faccia richiesta (non importa se maggiorenne o minorenne art. 107, lett. b) del R. D. L. 19 ottobre 1939, n. 1933) (n. 11). -Il) Quale prescrizione si applichi alle rate scadute di detto assegno (11). NAVI. -I) Se l'imposta sul capitale estero di cui all'art. 10 del R. D. 30 dicembre 1923, n. 3280, sia appli cabile a carico delle Societ� o Compagnie di Navigazione Straniere -le cui navi fanno scalo nei porti italiani ' le quali, peraltro, non costituiscano nello Stato, una sede o una succursale o una filiale ma nominino sempli cemente un agente marittimo generale o un raccoman datario (n. 58). -Il) Se ilpersonale -in servizio sulle navi traghetto dello Stretto di Messina debba essere assicurato dall'Amministrazione Ferroviaria presso la Cassa Marittima Meridionale contro gli infortuni e le malat~ie (n. 59). PESCA. -c:-I) Se una volta stabilite nel disciplinare di concessi0ne di derivazione d'acqua le clausole in favore della piscicultura, possa l'Autorit� concedente o il Ministero dell'Agricoltura imporre altri obblighi al concessionario (n. 2). -II) Se, in base al decreto di concessione di derivazione d'acqua, il concessionario acquisti un diritto reale all'uso dell'acqua (n. 2). -III) Se l'Autorit� che ha assentito la concessione di derivazione d'acqua possa procedere d'ufficio alla rivalutazione del contributo fissato nel disciplinare in una somma determinata; ~ favore della piscicultura, da versarsi una tantum (n. 2). PREVIDENZA ED ASSISTENZA. -I) Se il periodo del servizio effettivo prestato in una categoria di personale, anteriormente alla data di decorrenza della ammissione della categoria stessa all'Opera di Previdenza, possa essere computato ai fini della liquidazione dell'indennit� di buonuscita (n. 2). -II) Se, nel caso di passaggio ad una categoria iscritta all'Opera di Previdenza da epoca anteriore, possa l'interessato giovarsi della precedente iscrizione della categoria stessa, ai fini della liquidazione dell'indennit� di buonuscita (n. 2). PREZZI. -I) Se possa procedersi alla revisione dei prezzi di. un contratto di appalto, in cui sia inserita una chusola affermante la invariabilit� dei prezzi stessi e sia omess!'L, invece, la clausola di revisione dei prezzi (n. 16). II) Se sia ammissibile il ricorso alla procedura arbitrale in materia di revisione di prezzi di pubbliche forniture, ove non esista una specifica ed autonoma clausola compromissoria (n. 17). PROCEDIMENTO PENALE. -I) Se, qualora in un procedimento penale il giudice, risultando dal dibattimento che il fatto � diverso da quello per cui l'imputato � stato rinviato a giudizio, pronunzi ordinanza di trasmissione degli atti al P. M., a norma dell'art. 477 (ultimo comma) C. P. P. e il processo torni nella fase -302 istruttoria, rimangono invalidati l'atto contenente H fatto addebitato (sentenza del G. I. di rinvio a giudizio o richiesta del P.M. di citazione a giudizio) e il decreto di citazione che si basi su di esso (n. 3). -II) Se, nel caso in cui siano contestati diversi fatti, costituenti distinte ipotesi delittuose e la trasmissione degli atti al P. M. avvenga non per tutti ma per uno o pi� fatti soltanto, la sentenza di rinvio a giudizio o la richiesta di ci ta.zione a giudizio ,rimangono validi per i capi d'imputazione, per i quali non s� sia riscontrata diversit� fra il fatto contestato ed il fatto risultato ma non si sia giudicato per ragione di connessione o per altro motivo (n. 3). -III) Se, nel caso in cui il procedimento penale ritorni nella fase istruttoria a seguito di trasmissione di tutti gli atti al P. -M. a norma dell'art. 477 (ultimo comma) C.,P. P., il provvedimento di sospensione dalla carica di Sindaco, adottato ai sensi dell'art. 149 (59 comma) del T. U. 4 febbraio 1915, n. 148, debba esse11e convocato (n. 3). RAPPORTI DI LAVORO. -I) Se il divieto di cui all'art. 2127 C. C., operi solo quando si ravvisi la figura del dipendente, legato da rapporto di lavoro, e interposto tra il datore di lavoro e i lavoratori (n. 25). II) Se il principio dell'art. 2127 G. C. possa applicarsi ove non vi sia una impresa, ma un lavoro affidato forse pure a cottimista, da chi non sia imprenditore, per proprio conto e nel proprio interesse (n. 25). REGIONI. -I) Se la domanda di concessione di grande derivazione d'acqua nel territorio della Regione Siciliana debba essere pubblicata, oltre che nella 3a parte della G. U. della Regione stessa, anche nella G. U. della Repubblica (n. 43). -II) Se la pubblicazione di detta domanda nella 2a parte della G. U. della Regione Siciliana possa tener luogo della pubblicazione nella G. U. della Repubblica (n. 43). RESPONSABILIT� CIVILE. -I) Se la sentenza penale, la quale assolve l'imputato per insufficienza di prove, sia preclusiva dell'azione civile tendente al risarcimento dei danni, ove questa si fondi su di una rigorosa disciplina della responsabilit� civile, come quella ex art. 2054 C. C., quando il dubbio, di cui alla sentenza stessa, verta sugli elementi subiettivi del reato, cio� sulla colpa (n. 140). -II) Se sia applicabile l'art. 2046 C. C. quando il minore sia stato vittima di un fatto dannoso a cagione in parte della sua imprudenza, in parte dal fatto illecito altrui (n. 140). -III) Se la rovina di un pezzo di cornicione di un palazzo demaniale, assegnato in uso gratuito ad un ente pubblico, sia regolata, agli effetti della responsabilit�, dalla norma dell'art. 2051 o da quella dell'art. 2053 e.e. (n. 141). RICORSI AMMINISTRATIVI. -I) Se sia ammessa l'assistenza e la rappresentanza legale del ricorrente da parte di un procuratore legale nei ricorsi amministrativi, proposti alla stessa autorit� che ha emanato il provvedimento impugnato, e a quella gerarchicamente superiore (n. 3). -II) Se sia ammessa l'autenticazione della firma del ricorrente, nei casi di cui sopra, da parte del procuratore legale (n. 3). � -III) Se la del�ga, erroneamente conferita, apposta in calce al ricorso, e l'autenticazione della firma del ricorrente effettuate dal procuratore legale, inficino il ricorso, regolarmente firmato dalla parte (n. 3). -IV) Se l'autenticazione della firma del ricorrente, effettuata dal procuratore legale, integri gli estremi di alcun reato penalmente perseguibile (n. 3). SINDACATI. -Se, in pendenza delle operazioni di liquidazione, sussista la personalit� delle aisciolte Associazioni Sindacali fasciste, sia pure al limitato fine delle operazioni suddette (n. 21). SPESE GIUDIZIALI. -I) Se il credito dello Stato per spese di giustizia costituisca un'obbligazione civile pecuniaria, i cui interessi sono soggetti alla prescrizione quinquennale (n.' 8). -II) Se la liquidazione degli interessi inerenti alle spese di giustizia possa farsi integralmente nei confronti del debitore, salvi gli effetti della prescrizione (n. S). STRADE. -Se la norma. di cui all'art. 1 (penultimo cpv.) del R. D. 8 dicembre 1933, n. 1740, possa ritenersi applicabile nel caso di costruzioni eseguite in prossimit� di un incrocio di strada statale con strada comunale (n. 7). .TRASPORTO. -I) Se le tasse maturate prima della conclusione del contratto di trasporto possano essere iscritte nella lettera di vettura e siano quindi a carico del destinatario (n. 27). -II) Se le tasse dei magazzini Generali possano essere � considerate tasse tariffarie accessorie della Ferrovia mittente (n. 27). III) Se il R. D. L. 15 novembre 1937, n. 1924, all. B, disponendo l'obbligo di denunciare, ai fini dell'imposta di registro, le convenzioni verbali di appalto, abbia assoggettato all'obbligo stesso anche le convenzioni verbali di trasporto (n. 28). -IV) Se l'obbligo della denuncia delle convenzioni verbali .di trasporto sussista unicamente quando il rapporto contrattuale, avente per oggetto un impegno a fermo e 1'1 cui esecuzione avvenga in tempi diversi attraverso la reintegrazione delle prestazioni, presupponga un'apposita organizzazione da parte dell'impresa trasportatrice con il conseguente rischio dell'impresa stessa (n. 28). -V) Se il contratto di trasporto possa 'assimilarsi, agli effetti tributari, a quello di appalto (n. 28). -. VI) Se l'Amministrazione delle FF. SS. risponda della differenza tra il peso del carico, accertato alla partenza e il peso riscontrato all'arrivo, ove nessun ammanco si sia effettivamente verificato (n. 29). -VII) Se la norma dell'art. 54 C. T. trovi applicazione nel caso di trasporti a carro. (n. 29).