ANNO IV -N. 11-12 NovEMBRE�DicEMl\RE 1951 

RASSEGNA MENSILE 


& 

ELL' AVVOCATURA DELLO STATO 

PUBBLIVA.ZI01'E DI SERVIZIO 


ANCORA SULLA LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE 
DELLE LEGGI DI RIFORMA FONDIARIA 


A PROPOSITO DI UN PAR�RE �PRO VERITATE >> 

! Nella controversia giurisdizionale intorno �lla 
~�iforma agraria, mentre dall'una parte e dall'altra 
i:lel campo le schiere avversarie si apprestano allo 
scontro, � piaciuto all'Illustre Presidente Gaetano 
Azzariti di esprimere il proprio avviso in un lungo 
e motivato parere pro veritate. 

Riassumere il ricco ed elaborato pensiero dell'eminente 
giureconsulto, seguendone passo a passo 
l'ordito, sembra impresa assai ardua, e forse 
non rispondente ai fini di questa Rassegna; mentre 
invece � possibile ed utile descrivere la struttura 
dello studio in esame e dare conto criticamente 
delle conclusioni cui esso perviene. 

Dopo una breve� premessa, che identifica l'og


getto del parere (pagg. �3 e 8) nella validit� costi


tuzionale delle deleghe legislative contenute negli 

articoli 1, 2 e 12 della legge stralcio e 5 della legge 

Sila, l'.A. esamina l'istituto della delegazione legi


slativa secondo il diritto esistente prima e dopo la 

entrata in vigore della Costituzione (pagg. 9-21: 

ed � questa, senza dubbio, la parte pi� importante 

del lavoro) pervenendo alla conclusione della inco


stituzionalit� d'una delega del legislatore all'esecu-. 

tore per l'emanazione di atti, cihe per loro intrin


seca natura, sono amministrativi, tali debbono 

restare, e come tali debbono essere trattati, delega 

o non delega; per, quindi, applicare i principi suesposti 
alle quattro delegaziom sopra cennate (pagine 
22-64), delle quali tre, e co� quelle conferite 
dagli articoli 1 della legge stralcio, 5 legge Sila, e 12 
legge stralcio, escono irr'mediabilmente condannate, 
mentre un certo beneficio di dubbio si accorda 
a quella contenta nell'art. 2 legge stralcio. 
Dopo di che l'egregio scrittore affronta il problema 
del dove e del come far valere le ragioni di 
incostituzionalit� come sopra denunciate (pagine 
64-82 ed ultima): problema di automatica soluzione, 
una volta dissipato l'equivoco della << forza 
di legge>> degli atti delegati, cbe viceversa forza di 
legge non possono acquistare, per la loro intrinseca, 
connaturata ed ineliminabile natura di atti amministrativi 
non delegabili dal Parlamento al Governo. 
TI giudice di questi atti sar� in ogni caso il giudice 
competente a conoscere degli atti amministrativi 

o �degli effetti di questi: volta a volta il Consiglio 
di Stato o� 1a Magistratura ordinaria. 
Occorre qui raccomandare al cortese lettore di 
consider.are con attenzione i punti chiave di questa 
trattazione giuridica, in s� e per s� e nella loro 
rispettiva posizione topografica: ci� che ha pi� 
importanza di quanto non sia lecito supporre a 
prima vista. 

a) Pagine 9 e seguenti: la <<funzione legislativa >> 
consiste solo nella emanazione di norme giuridiche; 
e solo l'emanazione di norme giuridiche pu� formare 
oggetto di delegazione . .Altrimenti la delegazione 
� incostituzionale. 

b) Pagina 41 (e val la pena di trascrivere testl�almente): 


<< 10 i decreti emanati dal Governo, in base al 
c�ipoverso dell'art. 1 della legge stralcio sono sicu. 
rd.mente impugnabili dinanzi agli organi giurisdizibnali 
competenti, perch�, non essendo costituzitmalmente 
valida la delegazione, essi non hanno 
fdi'za di legge e sono quindi semplici atti amministrativi 
soggetti alle normali impugnazioni; 

� 20 quando pure si ritenesse valida la delegaz~
t:me, quei decreti sarebbero egualmente impugnabili,
in quanto, se non fossero rimasti nei limiti precisi .. 
della delegazione, essi non avrebbero acquistato 
f�rza di legge e sarebbero atti amministrativi sogg�tti 
a normali impugnazioni; 

<< 30 se poi si ritenesse che manca nella legge di 
delegazione una determinazione precisa di limiti, 
tale da consentire il giudizio se quei decreti siano 
rimasti o meno entro tali limiti, in questo caso non 
vi sarebbe delegazione valida costituzionalmente, 
e quindi i detti decreti rimarrebbero ugualmente 
atti amministrativi soggetti alle normali impugna2lioni 
)). 

c) Pagina 66: dopo avere ripetuto che la delegazione 
legislativa � invalida e nulla, l'.A. si 
pone il problema se gli artic_oli 1 e 12 legge stralcio 
e 5 legge Sila continuino �a spiegare qualche effetto, 
nel senso di potersi considerare norme attributive 
d'una competenza amministrativa. Egli � 
incline alla soluzione negativa, ma (trascriviamo) _ 
.1. non mi nascondo ... <<che possa preferirsi una 
Soluzione pi� mite, sia invocando la nota massima 
utile per inutile� non vitiatur, sia sostenendo che, 
dopo tutto, non sarebbe impossibile la conversione 
di una norma di delegazione legislativa in una 



-178 


norma di attribuzione di competenza amministrativa 
>>; 

Pagina 75 e seguen.ti: l'A. si preoccupa del fatto 
che il diritto attualmente in vigore non consente 
l'impugnativa in via principale e diretta di atti 
aventi forza d� legge, e scrive: 

cc Da ci� si potrebbe dedurre che i decreti emanati 
in base a delegazione, avendo valore di legge, 
non sono suscettibili di impugnazione diretta, 
contrariamente a quanto abbiamo detto precedentemente. 


cc L'argomentazione, come avvertivo, si basa 
su di un equivoco, il quale consiste nel considerare 
come oggetto della impugnazione un atto avente 
forza di legge, mentre ho gi� ripetutamente spiegato 
che i decreti possono essere impugnati in 
quanto sono atti amministrativi che non hanno 
forza di legge. Naturalmente, proposta l'impugnativa, 
bisogner� preliminarmente decidere se il 
decreto impugnato abbia o non abbia valore di 
legge: il che deriva dal decidere se la legge di delegazione 
sia o non sia costituzionalmente legittima. 
Se � illegittima, e quindi invalida, la delegazione non 
sussist�,� e quindi il decreto emanato dal Governo 
� semplice atto amministrativo, senza valore di 
legge contro del quale l'impugnazione proposta � 
ammissibile e potr� essere esamin\:tta nel merito. 
Se la delegazione � valida, il decreto avr� valore di 
legge e l'impugnazione dovr� essere considemta 
inammissibile �. 

* * * 

Apprenda da questo esempio il paziente lettore 
quali pericoli presenti il fare uso di artifici narrativi 

o delle cosi dette comodit� di trattazione. Giacch�, 
per esporre la storia di un qualsiasi uomo illustre 
ben pu� essere permesso di aprire il discorso al momento 
del fiorire delle sue opere, per poi, nel corso 
delle pagine, riandare al giorno della nascita ed ai 
fatti oscuri della fanciullezza. Ma i tempi reali e 
logici non sono i passi dell'esposizione: n� a chi 
usa siffatta tecnica � consentito sostenere essere 
stato Napoleone allievo della scuola di Brienne 
dopo la vittoria di Austerlitz, n� avere Goya dipinta 
la M aja desnuda prima di essersi recato a 
Madrid. 
Insomma, il paralogisma del Presidente Azzariti 
deriva dall'aver egli trattato il problema della 
proponibilit� della domanda che � problema essenzialmente 
attinente al processo, dopo aver approfondito 
e discusso, a dritto ed a torto, la questione 
della costituzionalit� delle deleghe (e dell'eccesso 
dalle deleghe) che � questione di merito, e dall'aver 
tenuto conto nella seconda parte topografica (e 
prima parte logiCa) del suo parere dei risultati 
conseguiti nella prima parte topografica (e seconda 
parte logica). 

L'errore risulta ancor pi� evidente se si confronta 
questo parere pro veritate con lo studio di 
Roehrssen nello stesso argomento. Senza essere 
entusiasti della singolare teoria dell'cc atto ammini1:
ltrativo di diritto naturale�, sostenuta dall'agregio 
Consigliere di Stato (e che, del resto, il Presidente 

suo lavoro, proprio per l'esatta valutazione dell'aspetto 
della proponibilit� della domanda nel 
complesso problema. 


In altre parole, nel parere che si esamina l'illustre 
A. avr� avuto -le sue ragioni di far precedere 
lo studio del fondo della questione a quello 
dei problemi pregiudiziali, n� sta� a noi giudicare 
sulla bont� di siffatte ragioni. Come risultato di 
questo studio si � ottenuto l'accertamento (dato 
per sicuro) della incostituzionalit� della delega, e 
la degradaz�orie (che insi~me � data per sicura e 
per dubbia) di questi atti in atti amministrativi. 
Diciamo che si sostiene insieme essere sicura e 
probabile questa degradazione, giacch� alle pagine 
41 e 76 si afferma esser� questi decreti veri atti 
amministrativi, in corpo, anima, natura, caratteri 
ed effetti, mentre a pag. 66 � data per dubbia l'attribuzione 
del Governo di emettere i decreti (non 
pi� legislativi) in questione come atti amministrativi, 
e si fa ricorso a tale fine ad una curiosa applicazione 
della regola dell'utile che non � viziato dall'inutile 
e dell'istituto della conversione. 


Naturalmente a tutto questo arabescare di concetti 
dovrebbe rimanere estrane� il problema della 
proponibilit� della domanda, la cui soluzione, appunto 
per la natura pregiudiziale della questione, 
dovrebbe precedere e non seguire l'esame del merito 
dei provvedimenti: anzi essere da� questo esame e 
dai risultati in tal sede ooneguiti del tutto autonomo 
ed indipendente. Senz� di che si vedrebbe funzionare 
a rovescio ed in maniera veramen.te impensata 
la macchinetta del tu hai torto, quindi ti nego 
il giudice, pervenendosi al risultato: le deleghe sono 
incostituzionali quindi adisci ... : Ohi? � lecito chie~ 
dersi. Giacch� se la materia rientri, poi, nelle attribuzioni 
del Consiglio di Stato, od in quelle della 
giurisdizione ordinaria � problema che non travaglia 
il Presidente Azzariti che a pag. 81 e seguenti del 
suo scritto indica promiscuamente l'uno e l'altra. 

Invece, appunto p�r l'inversione delle fasi di 
trattazione, sopra considerata, il risultato conseguito 
in sede di merito si utilizza per risolvere la 
pregiudiziale: il ricorso al OoIJ-siglio di Stato annienta 
i provvedimenti impugnati prima di essere 
proposto. 

* * * 

Ancora qualche rilievo critico, prima _di procedere 
alle necessarie rettifiche. 

Il vizio di legittimit� che travagli per. avventura 
un atto di diritto pubblico, tipizzato� e classificato 
in una certa categoria, � e resta un vizio (accidens) 
che incide su di una substantia preesistente e sta,bile: 
l'atto come sopra tipizzato e classificato. Ma 
non trasmuta questa substantia in altra. 

In altre parole, fuor del caso limite del dolo del 

-pubblico ufficiale, l'atto di un pubblico ufficio viziato 
di incompetenza assoluta (cio� l'atto posto in 
esame fuori delle attribuzioni istituzionali del-
l'organo) � un atto amministrativo viziato e n:on��u.n� � 
atto personale e privato dell'uomo-funzion�rio che� 
lo ha posto in essere, e come tale va trattato (che 
poi l'uomo-funzionario incorra in certe respon


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Azzariti utilizza ampiamente) dobbiamo ricono-s~b.ilit� � altro discorso): eppure t~le atto per defiscere 
ben altra aderenza alla realt� giuridica al mz10ne non poteva essere compmto dall'ufficio . 

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mentre poteva -almeno fisicamente -� essere 
commesso dal funzionario. Insomma, per questo 
il Consiglio di Stato, giudice di legittimit� degli 
atti amministrativi, non si trasferisce alla Pretura 
urbana, eventualmente competente a conoscere 
del mal fatto dell'uomo-funzionario. 

Il Tribunale che, disapplicando i princip� della 
legge 20 marzo 1865, n. 2248, all' E, si sostituisca 
alla Pubblica Amministrazione nell'emanazione di 
di un atto amministrativo, contenuto nel dispositivo 
di una sentenza, vedr� la sua sentenza gravata d'appe1lo 
e non impugnata avanti al Consiglio di Stato. 
Anche qui non si d� il caso di trasferimento della 
Corte d'Appello al Consiglio di Stato. 

Del pari l'atto, giuridicamente qualificato come 
legislativo, se sia viziato di incostituzionalit�, � e 
resta un atto legislativo viziato di incostituzionalit�, 
impugnabile nelle forme e nei limiti in cui si 
impugnano gli �atti eventi forza di legge J> per i 
quali sorga questione di costituz onalit�. � 

Ma, si dice, avrebbe potuto, avrebbe dovuto, 
essere atto ammin strativo e -dopo tutto-� stato 
emanato da un organo istituzionalmente competente 
ad emettere atti amministrativi. Gi�: ma 
�avrebbe potuto n ed �avrebbe dovuto n � confessione 
lampante che non lo �. Istituzionalmente 
competente ad emettere atti amministrativn Ma 
quali atti amministrativi~ Questi, che il legislatore 
del 1950 non considera come atti amministrativi, 
e che l' Azzariti stesso salva in tale qualifica solo 
benignitatis causa, con una barocca conversione 
di norme di legge? 

Noi pensiamo con vero stupore alle paradossali 
conseguenze cui questo trattamento di atto amministrativo 
usato alla legge delegata, quand'essa per 
carenze costituzionali non passi all'immaginario 
esame di maturit�. legislativa escogitato dall'Azzariti 
(ma non solo da questo scrittore: cfr. TOSATO: 
Le leggi di delegazione, Padova, 1931, pag. 195 segg. ), 
darebbe luogo, se invece che nel regime provvisorio 
della VII disposizione transitoria della Costituz:
one vivessimo nel regime definitivo dell'art. 134 
della Costituzione e della legge costituzionale 9 
febbraio 1948, n. 1. 

Il Consiglio di Stato, investito di una questione . 
di costituzionalit� di delega come l'attuale, se la 
ritiene fondata, dovrebbe esso giudicare validamente 
proposto il ricorso contro gli atti delegati, 
considerati come semplici atti aministrativi impromuovibili 
ad atti legislativi, e con ci� stesso 
considerare costituzionalmente illegittima la norma 
delegante. Ma, siccome tale norma delegante ed 
attribuitiva della virtuale ed ipotetica forza di 
legge � norma di legge ed essa va applicata sinch� 
non sia annullata dalla Corte costituzionale, il 
Consiglio dovrebbe sospendere il giudizio e rinviare 
le parti a munirsi (per la sola norma delegante: 
la delegata -s'� visto -deve essere atto amministrativo, 
se si vuole che il ricorso sia proponibile) 
di una decisione della Corte costituzionale. 

Ohe se, poi, la Corte costituzionale (che non pu� 
essa, si noti, giudicare della proponibilit� di un 
ricorso al Consiglio di Stato, e quindi deve promp1ziare 
nel merito) ritenga legittima e valida la legge 
di delegazione, � bravo chi sa dire che cosa suceecla. 
Giacch� Patto impugnato. avanti al Consiglio .cli 

Stato risulta non pi� amministrativo, Illi1 sacrosantamente 
legislativo; gi�, ma allora il ricorso al Consiglio 
di Stato si manifesta come ab origine improponibile, 
e nullamente, quindi, svoltosi l'incidente 
di costituzionalit� che su questo tronco si innesta. 
E la Corte costituzionale non avrebbe potuto essere 
adita per la nullit� dell'introduzione del giudizio 
principale. E allora? Vengono le vertigini 
so�o a pensarci. 

* * * 

La realt�, per fortuna, � pi� semplice; e la sua 
giusta considerazione porta a risultati diametralmente 
opposti a quelli cui perviene il Presidente 
Azzariti. 

Secondo l'art. 134 della Costituzione possono for. 
mare oggetto di sindacato di costituzionalit� � le 
leggi e gli atti aventi forza di legge n. Astrazione 
fatta dai problemi cui d� luogo l'ordinamento 
giuridico delle Regioni, e limitando l'esame agli 
atti dello Stato, pu� dirsi che oggetto di sindacato 
di legittimit� sono: le leggi vere e proprie (leggi in 
senso formale), i decreti-legge ed, appunto, i decreti 
delegati. 

Fra i vizi di costituzionalit� che questi atti possono 
presentare, � da tenere in primo piano, ai 
fini del presente studio, quel vizio di incompetenza 
aggravata, che � costituito dalla usurpazione di 
potere. In questo senso, e solo in questo senso, sembra 
possa fondatamente discorrersi di �eccesso di 
potere legislativo n. Ad esempio (citiamo da 0.ALAMANDREI: 
La illegittimit� costituzionale della legge 
nel processo civile, Padova, 1951, pag. 22) per 
stare al nostro problema (usurpazione di poter!'l 
legislativo commessa da organi governativi): se il 
Governo emani decreti legislativi in base ad una 
delegaz � one non accompagnata dalle limitazioni 
prescritte nell'art. 76 della Costituzione, ovvero 
ancora li em'.mi senza tener conto dei �principi� e 
criteri direttivi >> dettati nella legge di delega. In 
questo caso, come in quella di delegazione di poteri 
che 8i assumono non delegabili, sorge una questione 
di legittimit� costituz:onale. 

Va senz'altro, e per eliminare ogni possibile 
residuo di dubbio, rilevato che la questione relativa 
all'eccesso dalla delega � questione di legittimit� 
costituzionale di un atto avente for~a di legge 
e non questione di legittimit� ordinaria di un atto 
amministrativo. Cos� come questione di costituzionalit� 
e non di mera legittimit� � quella sulla 
delegabilit� o meno di certi poteri. 

Ci� era vero ieri, quando SANTI ROMANO 'Principi 
di diritto costituzionale generale, Milano, 1945, 
pag. 380) poteva scrivere che, fuor del caso 
limite della inesistenza giuridica della legge delegata, 
solo il potere legislativo poteva esercitare 
il controllo sull'osservanza dei limiti della delega 
giacch� �l'eccesso vizia la legge delegata, ma non 
ne determina l'invalidit�, e quindi essa rimane in 
vigore, ftnch� la stessa autorit� delegante non 
l'avr� annullata >>. 

Ci� � ancor pi� vero oggi se, con il BISCA.RETTI DI 
RUFFLA (Diritto costituzionale, Napoli, 1949, I, 
611, e II, 31), si"ritiene che l'art. 134 della Costituzione 
dia alla sola Corte costituzionale il controllo 
nel ristretto dei _confin} .deUa delega ~a parte del 



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Governo legislatore, cos� come, del resto si esprime 
il OALAMANDREI (op. e loc. cit ). 

Invero, come sembra abbia giustamente intuito 
ROEHRSSEN, si ha qui una illegittimit� costituzionale 
indiretta: la legge delegata che esor�biti dalla delega 
� direttamente in contrasto con la legge di delegazione, 
ma in ultima e decisiva analisi � in conflitto 
con gli articoli 76 e 77 della Costituzione, che affermano 
il dovere per la legge delegata di rispettare i 
limiti della delegazione (identica trama di ragionamento 
per le Jeggi regionali in BALLADORE-PALLIERI: 
Diritto costituzionale, Milano, 1949, pag. 235). In tal 

senso veggasi pure BASdH:rERr, BIANCfil D'ESPINOSA 
e GrANNATTASIO: La Oostituzione italiana, 
Firenze, 1939, pag. 303; SoLAZzr, nel Oommentario 
di OALAMANDREI e LEVI, II, 94; ecc. 

Ohe, quindi, si venga fuori ad invocare, oggi, 
il pensiero del TOSATO (cp. cit., pa.gg. 187 segg.) 
per dire che la legge delegata, in quanto esorbiti 
dalla delega � atto amministrativo, � manifesto 
errore. Tanto pi� manifesto � tanto pi� errore, in 
quanto TOSATO fondava la propria teoria sull'argomento 
che si traeva dalfinciso << Entro i limiti della 
delegazione >> di cui all'art. 3, n. 1 della troppo 
famosa legge 31 gennaio 1926, n. 100. 

Oggi questa base testuale � da credere alquanto 

superata, e quindi tutto il ragionamento inattuale. 

* * * 

Adunque, e qualunque faccia del prisma si con


sideri, tutte le questioni che si fanno circa le dele


ghe e gli atti delegati sono questioni di costituzio


nalit� di leggi o di atti aventi forza di legge ordi


naria. Non questioni di l gittimit� di atti ammini


nistrativi. 

Ora, l'atto avente fo1�za di legge ordinaria di per 

s�, ed in via immediata e diretta, non pu� costituire 

possibile oggetto di impugnativa. 

Deve preesistere un giudizio, civile, penale od 

amministrativo, reale et rite proposto, deve insomma 
�aversi per dato �n giudice validamente investito 
di un caso concreto, e cio� di una domanda o di un 
ricorso effettivamente ammissibili e proponibili. 

Questo giudice, nel suo piano, che � quello della 

decisione concreta della singola e specifica contro


versia, avente ad oggetto la pretesa civile, o quella 

punitiva dello Stato, ovvero appunto la domanda 

di annullamento di un a~to amministrativo, sen


tir� una delle parti assumere essere la premessa 

maggior del sillogismo giudiziario richiestogli, e 

cio� la legge applicabile al caso, invalidamente in


vocata �perch� travagliata da un vizio di illegitti


mit� costituzionale. Egli non viene adito, si badi, 

per dichiarare incostituzionale la legge: ma per ac


cogliere o respingere una domanda di condanna del 

convenuto (o de'l'imputato), ovvero per annullare 

un atto amministrativo. Sorge l'incidente di costi


tuzionalit� (� ... rilevata d'ufficio o sollevata da una 

delle parti nel corso di un giudizio �) la relativa 

questione non viene ritenuta dal giudice civile, 

penale od amministrativo �manifestamente>> in


fondata, il giudizio ordinario si sospende, e la sede 

del dibattito si trasferisce alla Corte costituzionale. 

Un quest'ultima sede non � pi� questione di acco


glimento o di reiezione di domande o di eccezioni, 
n� di annullamento di atti amministrativi, ma puramente 
e semplicemente di legittimit� costituzionale 
della legge. Probabilmente, come acutamente rileva 
OALAM:ANDREI (loc. cit.,.pag. 58 sog.), non � giurisdizionale 
l'�perato della Corte, n�, nonostante la 
terminologia usata nei testi; organo giurisdizionale 
la Corte medesima: contraddittorio fra le parti, 
domande ed eccezioni, persino ragione e torto, sono 
espressioni che in questa sede si trovano ad aver 
perduto valore. La Corte costituzionale dovr� dire 
costituzionalmente legittima od illegittima la legge 
non nel momento giurisdizionale concreto del dibattito 
inter partes, ma nel suo momento normativo 
astratto del comando cogente: funzione, pertanto, 
legislativa negativa (cfr. KELSEN, EISENMANN, e 
PERSICO, cit. in 0ALAMANDREI, op. cit., pag. 60, 
nota 1). Cosi si spiega l'art. 136 della Costituzione, 
che nega valore retroattivo alla dichiarazione� di 
incostituzionalit�, e stabilisce la validit� degli 
effetti prodottisi in base alla legge incostituzionale 
sino al giorno della pubblicazione della decisione. 

In conclusione: due procedimenti diversi, di 
natura e caratteri diversi: ordinario (civile, 
penale, amministrativo) l'uno, costituzionale 
l'altro, in un rapporto rispettivo come da innesco 
a carica esplosiva. Il giudizio civile, penale e 
amministrativo deve essere validamente proposto, 
perch� da esso consegua l'attivazione del 
�giudizio >> di costituzionalit�. N � la possibilit� 
che ad un giudizio ordinario segua un giudizio� 
costituzion~le, modifica gli estremi di proponibilit� 
e di ammissibilit� della domanda o del 
ricorso. 


Nell'attuale regime disciplinato dalla VII 
disposizione transitoria della Costituzione, viene 
a mancare la fase abrogativa erga omnes, l'opera 
del giudice ordinario si mantiene in limiti pi� 
ristretti, ad effetti circoscritti, ed ha carattere 
dichiarativo. 


In un giudizio civile, penale ed amministrativo, 
validamente iniziato e proposto, sorge 
questione circa la premessa maggiore dell'anzi 
cennato sillogismo giudiziario: circa la norma 


� applicabile al caso controverso. Il giudice, che 
-si ripete -deve essere posto in condizione 
di conoscere del fondo della questione (scil. deve 
trovarsi di fronte ad un atto amministrativo, 
gravato di ricorso in quanto atto amministrativo), 
ha un compitoi riconoscere l� norma 
applicabile al caso. Risolvere, cio�, un problema 
che � meramente di esistenza e di vigenza. Esistenza: 
e quindi accertamento dei requisiti di 
forma perch� un certo documento possa considerarsi 
�legge ed atto avente forza di legge � 
(e non � legge quella che non sia stata promulgata 
dal Presidente della Repubblica, e non � 
atto <<avente forza di legge J> il decreto-legge non 
deliberato dal Consiglio dei Ministri, od il decreto 
delegato emanato senza che esista alcuna delega). 
Vigenza: e pertanto accertamento della� -non avvenuta 
abrogazione dell'atto de quo in virt� 
di. una successiva norma della Costituzione, 
che -per essere immediatamente applicabile opera 
direttamente sul rapporto controverso ed 

abroga quindi la precedente disciplina legislativa. 


-181 


Non apprezzamento della consistenza intrin


seca della �legge n o dell'atto avente forza di 
'legge a fronte della Costituzione, giacch� in tal 
guisa si avrebbe sostituzione -sia pure limitatamente 
al caso deciso -dal giudice al 
legislatore; ed un'attivit�, che pur se ispirata 
alle pi� ferme intenzioni di mantenersi nei 
limiti dello stretto diritto, fatalmente straripa 

nella politica. 

Ma in entrambi i casi, Corte costituzionale o 

VIII Disposizione transitoria, il giudizio << inne


sco n cio� la controversia concreta, deve essere 

validamente posto: non si attiva la questione di 

costituzionalit�, se non in presenza di un giudi


zio ordinario validamente apertosi. 

E non si d� valida apertura di giudizio avanti 

al Magistrato di legittimit� degli atti ammini


strativi se non su di un atto amministrativ.o. 

Questo deve preesistere al giudizio e, come tale, 

essere dedotto in giudizio: non deve invece, 

rivelarsi in corso di dibattito, e rivelarsi per 

effetto dell'asserita incostituzionalit� di un atto 

legislativo, in tale qualifica impugnato. 

Con gli espedienti, escogitati nel parere che si 

esamina, si pretende che il Giudice ordinario 

faccia di pi� di quanto la stessa Corte costituzio


nale non potrebbe: prendere in diretta considera


zione un atto avente forza di legge per annullarlo. 

E ci� senza il passaggio obbligato (tanto per 
il Giudice ordinario, quanto per la stessa Corte 
costituzionale) per il giudizio principale, onde 
l'incidente di costituzionalit� dovrebbe svilupparsi. 


* * * 

Ohe, poi, indipendentemente da ogni questione 
di proponibilit�, le argomentazioni del Presidente 
Azzariti non siano fondate nel merito, 
speriamo di aver gi� dimostrato nel precedente 
articolo di risposta allo studio del Consigliere 
Roehrssen. 

Resta da aggiungere solo una breve chiosa. 
Secondo la Costituzione della Repubblica, il 
Parlamento ha pi� di una funzione: costituente 
(art. 138); di controllo politico (art. 94); di 
accusa (art. 96); di elezione o nomina a certe 
caric)le primarie (articoli 83 e 135), ecc. Poi 
c'� la funzione legislativa cio� il fare le leggi 
(generali ed in singulos latae), con tutto il contenuto 
che una legge pu� avere, e che non � 
soltanto la posizione di norme giuridiche, come 
si � gi� detto e ripetuto: art. 70. Questa sola 
funzione � delegabile, non le altre (art. 76) ma 
� delegabile compiutamente, senza residui, n� 
eccezioni. 

*** 

I RAPPORTI TRA LO STATO E LA REGIONE SICILIANA 


NELLA GIURISPRUDENZA DELL'Al.TA CORTE COSTITUZIONALE 

SOMMARIO. -I. Premessa. -2. La competenza di legittimit� 
costituzionale spettante all'Alta Corte Costituzionale 
per la Regione siciliana. -3. I limiti interni della 
potest� legislativa della Regione siciliana. -4. Le leggi 
dello Stato e le leggi della Regione siciliana -L'applicazione 
immediata delle leggi dello Stato in Sicilia e l'incostituzionalit� 
delle leggi siciliane c.d. ricettizie. -5. Le leggi 
regionali che debbono contenere l'indicazione della causa. 


6. La competenza legislativa esclusiva (o primaria) e quella 
secondaria dell'Assemblea regionale siciliana. -7. Le 
principali controversie sorte fra lo Stato e la Regi�ne su 
questioni.di competenza legislativa: a) in materia di agricoltura 
e foreste; b) in materia di industria e commercio; 
c) miniere, cave, torbiere, saline; d) ordinamento 
degli uffici regionali; e) stato giuridico ed economico degli 
impiegati e funzionari della Regione. -8. Circoscrizione, 
ordinamento e controllo degli Enti locali regionali. 9. 
Le principali controversie sorte fra lo Stato e la Regione 
in ordine alla competenza legislativa complementare di 
questa ultima: a) istruzione media ed universitaria; 
b) disciplina del credito, delle assicurazioni e del risparmio; 
c) legislazione sociale. -10. La competenza legislativa 
della Regione in m;;,,teria di tributi. -11. La riscossione 
dei tributi da parte della~Regione siciliana. -12. Contenuto 
e limiti delle funzioni amministrative ed esecutive della 
Regione siciliana. -i3. La legge elettorale regionale. 
2 

PREMESSA 

L'innovazione pi� profonda introdotta dalla 
Costituzione nell'ordinamento dello Stato consiste 
nella sua trasformazione strutturale, mediante la 
creazione delle regioni. 

Il problema del regionalismo � antico in Italia 
e pu� dirsi che sia stato posto fin dagli albori del 
nostro Risorgimento, quando nel processo storico 
della unificazione nazionale si manifestarono in 
contrasto fra loro due tendenze: quella federalista 
e quella unitaria. Fu quest'ultima a trionfare: 
ma i fautori di un largo decentramento amministrativo, 
che trova la sua espressione pi� accentuata 
nelle autonomie regionali, non abbandonarono 
il proposito di attuare il loro programma e la 
occasione favorevole si � presentata quando il 
nostre Paese ha dovuto affrontare la crisi forse 
pi� grave della sua storia, quella segu�ta all'ultima 
guerra mondiale. 

In quel momento, le tradizionali tendenze regionalistiche, 
mai spente in Italia, trovarono nuova�forza 
nel generale movimento di reazione contro il 
centralismo autoritario che aveva dominato la 
struttura del nostro Stato nell'ultimo ventennio, 
mentre ad allentare i vincoli di unit� nazionale 



-182 


in alcune regioni concorrevano anche i risentimenti, 
molte volte giustifi.cati, contro una politica 
di trascuratezza e di abbandono, che le aveva 
messe in una condizione di inferiorit� nei confronti 
della media delle altre regioni. 

Questo avvenne soprattutto per la Sicilia, nella 
quale le tendenze regionaliste vennero esasperate 
fi.no a prospettare la eventualit� di una affermazione 
del separatismo, con minaccia concreta alla 
unit� nazionale, mentre lo stesso federalismo, che 
gi� questa unit�, cos� recente, avrebbe gravemente 
colpita, era considerato ancora una soluzione di 
ripiego dai pi� intransigenti sostenitori dell'autonomia 
dell'Isola. 

Malgrado l'asprezza degli attacchi, e la debolezza 
della situazione interna italiana, fu possibile resistere 
alle pressioni separatiste e, pur dovendosi 
risolvere il problema affrettatamente, e in modo 
indipendente dalla soluzione generale, che si sarebbe 
trovata solo con la nuova Oostituzione, lo 
Statuto siciliano, approvato con R.D.L. 15 maggio 
1946, n. 455, non solo non fece alcuna concessione 
al separatismo e al federalismo, ma rappresent� 
una riaffermazione solenne del principio 
dell'unit� nazionale come condizione e presupposto 
dell'autonomia dell'Isola. 

Questa posizione era naturalmente destinata a 
rafforzarsi e svilupparsi, e la Oostituzione, creando 
le regioni, ed innovando, come abbiamo detto, 
profondamente e radicalmente la struttura dello 
Stato unitario, pose senza possibilit� di dubbi il � 
principio che � poteri affidati ai nuovi enti dovessero 
trovare un limite �nsuperabile nella unit� ed 
indivisibilit� della repubblica, e cio� intendersi 
come una mera manifestazione di autonomia locale. 
Ma se pur solo di autonomia locale si tratta, 
non pu� negarsi che ci si trova in presenza di un 
tipo di autonomia del tutto nuovo nel nostro ordinamento, 
caratterizzato dalla potest� attribuita 
al nuovo ente di emanare norme giuridiche primarie, 
e cio� vere e proprie norme legislative . .Abbiamo, 
quindi, nel nostro Stato oramai due fonti di 
produzione di norme legislative, e cio� gli organi 
legislativi statali e quelli regionali, e per quanto la 
competenza1di questi ultimi sia limit~ta all'ambito 
regionale ed alle materie indicate nella Oostituzione, 
non per questo le loro leggi hanno, nella gerarchia 
delle fonti, una posizione inferiore alle leggi 
ordinarie. Una tale situazione implica necessariamente 
la possibilit� di conflitti di carattere giuridico, 
sia tra i due 13nti legiferanti, sia tra le due 
categorie di norme legislative; ed era quindi necessario 
che la Oostituzione istituisse l'organo 
.al quale fosse demandata la risoluzione di esse: 

tale organo �, come � noto, la Oorte costituzionale. 

A maggior ragione tale possibilit� di conflitti 
doveva essere prevista all'atto della creazione della 
Regione siciliana, dato che ad essa diversamente 
da quanto la Oostituzione ha stabilito per le regioni 
c.d. a Statuto normale, � stata attribuita 
dallo speciale Statuto la potest� legislativa esdusiva 
in determinate materie. Ed, infatti, con lo 
stesso Statuto venne istituito un organo speciale 
che quei conflitti giuridici ha competenza a risolvere 
e cio� l'Alta Oorte costituzionale per la Regione 
siciliana. 

L'attivit� di quest'organo � stata molto intensa, 
specialmente nei primi tempi, quando, cio�, la sensibilit� 
sia degli� organi della Regione, sia degli 
organi dello Stato peJ.' ogni atto che potesse significare 
un attentato alle rispettive sfere d� attribuzioni, 
era necessariamente piu acuta. 

Numerosi sono stati, perci�, i giudizi che l'.Alta 
Oorte ha defi.nito con la sua pronuncia. 

Ad oltre tre anni di distanza dall'inizio del funzionamento 
di questo organo costituzionale, appare 
perci� possibile ed opportuno un esame dei 
risultati della sua attivit�, attraverso una rassegna 
delle sue decisioni. 

Riteniamo che questa rassegna ci possa offrire 
un primo quadro dei rapporti tra lo Stato e la Regione 
siciliana, e possa costituire la base per l'esame 
pi� approfondito di particolari problemi, 
che interesseranno necessariamente anche i rapporti 
dello Stato con le altre Regioni, quando anch'esse 
cominceranno a funzionare. 

Il carattere di questo articolo vuol essere informativo, 
limitando gli spunti critici solo al minimo 
indispensabile. 

� chiaro, per�, che esso rappresenta solo l'avvio 
allo studio sistematico dell'importante argomento. 

IlA COMPETENZA DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE 

SPETTANTE ALL'ALTA 00RTE COSTITUZIONALE 

PER, LA REGIONE SICIUANA 

Fu proprio all'inizio del suo funzionamento che 
tocc� all' .Alta Oorte costituzionale di affrontare 
il problema forse pi� importante di tutti quelli 
che potessero presentarsi, il vero e proprio problema 
chiave dei rapporti fra la Regione e lo Stato. 

L'Assemblea costituente, in applicazione della 

XVII disposizione transitoria della Oostituzione, 

aveva infatti approvato una legge, la n. 2 del 26 feb


braio 1948, la quale disponeva: Lo Statuto della 

Regione siciliana, approvato con decreto legislativo 

15 maggio 1946, n. 455, fa parie delle leggi costitu


zionali della Repubblica ai sensi e per gli effetti 

dell'art. 116 della Costituzione. 

Ferma restando la procedura di revisione pre


i�eduta dalla Costituzione, le modifiche ritenute ne


cessarie dallo Stato o dalla Regione saranno, non ol


tre due anni dall'entrata del.la presente legge, appro


vate dal Parlamento nazionale e con legge ordinaria, 

udita l'Assemblea regionale della gicilia. 

Oontro questa legge fu proposta impugnazione 

dal Presidente della Regione siciliana avanti l'.Alta 

Oorte, sostenendosi che essa violava: 

a) l'articolo unico del R.D.L. 11 maggio 1946, 

n. 455, che approva lo Statuto della Regione siciliana; 
b) le disposizioni transitorie n. XVI e XVII 
della Oostituzione della Repubblica italiana; 
e) gli articoli 116, 123, 138 della stessa Oostituzione. 
In sostanza, la Regione assumeva che l'.Assem~ 
blea Oostituente non poteva, con una legge emanata 
in base alla XVII disposizione transitoria, 
delegare al Parlamento la facolt� di modifi.care 
lo Statuto siciliano, che, essendo da considerarsi 
legge costituzionale, poteva essere revisionato solo 



-183 


con la procedura prevista dall'art. 138 della Costituzione. 
� La tesi difensiva dello Stato fu del tutto lineare: 
essa parti dal presupposto che la citata legge 


n. 2 del 26 febbraio 1948, essendQ stata emanata 
dall'Assemblea costituente, fosse una legge costituzionale, 
e che come tale avesse la forza di modificare 
qualsiasi altra legge precedente. In conseguenza, 
non poteva riconoscersi ad essa il carattere 
di una violazione di altre norme della Costituzione, 
e tanto meno dello Statuto siciliano. Da ci� 
derivava l'assoluto difetto di giurisdizione dell'Alta 
Corte a 'conoscere della impugnativa proposta. 
Oon la sentenza n. 2 del 20 settembre 1948 (Pres.: 
Scavonetti, Rel.: Ortona, Est.: Vassalli, P.J\L Eula) 
l'Alta Corte accolse l'impugnativa della Regione. 

Sulla eccezione pregiudiziale della improponibilit� 
del ricorso, che investiva alle radici il problema 
dei rapporti tra' Stato e Regione, l'Alta 
Corte cos� motiv�: 

� Ritenuto non sussistere l'improponibilit� del 
ricorso, che la difesa dello Stato ha eccepito assumendo 
non potersi dare sindacato giurisdizionale di 
legittimit� costituzionale rispetto a un atto avente 
forma di legge costituzionale. L'art. 25 dello Statuto 
della Regione siciliana prevede che l'Alta 
Corte conosca della costituzionalit� delle leggi 
emanate dallo Stato " rispetto allo Statuto stesso e 
ai fini della efficacia delle medesime entro la Regione 
, , e la disposizione, parlando di leggi emanate 
dallo Stato-" rispetto allo Statuto ,, regionale, cio� 
di leggi concernenti lo Statuto stesso, non pu� che 
riferirsi alla materia formante oggetto della legge 
statuale. Il che � conforme alla funzione dell'Alta 
Corte, la quale, con poteri che la posteriore Carta 
costituzionale della Repubblica (art. 127) ha distribuito 
fra Corte costituzionale e Parlamento per 
ci� che concerne le leggi regionali ivi previste, � 
chiamata a dirimere i conflitti fra due ordinamenti 
giuridici: un controllo limitato alla costituzionalit� 
formale delle leggi rimarrebbe confinato nell'ambito 
di ciascun ordinamento e quindi inoperante rispetto 
al conflitto ipotizzato. Rimangono, pertanto, estranee 
alla definizione del punto in oggetto le considerazioni 
che pure sono state dottamente svolte dalla 
difesa delle due parti e dal Pubblico Ministero, 
circa la possibilit� che la legge costituzionale incontri 
limiti giuridici, come quelle che attengono 
al problema della legalit� costituzoinale nell'interno 
di uno stesso ordinamento giuridico �. 

Questa decisione riletta a distanza di tempo, e 
soprattutto alla luce dei numerosi commenti dottrinali 
ai quali ha dato lo spunto, appare pi� come 
il prodotto delle circostanze e del particolare momento 
politico che come il logie.o corollario di una 
sufficiente maturazione del grave problema e di una 
convincente motivazione. Infatti di questo problema 
cos� capitale l'Alta Corte dovette occuparsi 
troppo presto, quando, cio�, si considerava 
ancora istituita piuttosto per la difesa della autonomia 
dell'Isola che per essere la garante che quella 
autonomia non potesse mai costituire un'insidia 
per l'unit� dello Stato. 

Questa unit�, invero, si esprime nel campo giuridico 
proprio attraverso la Costituzione e le leggi 
costituzionali; � evidente, quindi, che parlare di 

un conflitto � fra due ordinamenti giuridici n anche 
quando esso sorgesse in relazione ad una legge 
costituzionale dello Stato, significherebbe distruggere 
quella unit� e porre l'ordinamento giuridico 
della Regione siciliana sullo stesso piano dell'ordinamento 
giuridico statale facendo cos�. de.Ha Regione 
un altro Stato. 

Di queste conseguenze si sono ben resi conto 
i commentatori della decisione, alcuni dei quali (si 
veda MoRTATI in cc Foro Padano� 1949, IV, 24-25 e 
GUELI in cc Foro Italiano n 1949, I, 115) si sono infatti 
espressi in modo decisamente contrario, rilevando 
il primo che l� tesi �seguita dall'Alta Corte potrebbe 
giustificarsi solo se gli ordinamenti statale e regionale 
si trovassero in posizione di assoluta parit� 
fra loro, potendo solo in tal caso il carattere 
costituzionale della legge statale rappresentare un 
fatto I meramente interno di questo ordinamento, 
obiettando il secondo che nel caso di impugnativa 
di legge costituzionale il giuqizio previsto dall'articolo 
25 dello Statuto siciliano dovrebbe compiersi 

� alla stregua di norme che starebbero fuori e sopra 
l'ordinamento dello Stato. 
Altri (SICA in cc Rass. Dir. Pubbl."� n, 1949, II, 
200 e seg.) volendo sostenere la sentenza hanno 
per� dovuto presupporre che la legge impugnata 

n. 2, del 26 febbraio 1948 non fosse una legge costituzionale 
vera e propria, fondando la loro tesi 
su una assurda d�fferrnza di qualit� tra i poter 
esercitati dall'Assemblea costituente prima e dopoi 
il gennaio 1948. 
Altri, infine, volendo seguire l'.Alta Corte fino alle 
pi� estreme conseguenze (ORLANDO CASCIO in cc Dir. 
Pubbl. della Regione siciliana�, 1949, 176), e non 
volendo e non potendo seriamente negare il carattere 
costituzionale alla legge impugnata, hanno 
escogitato strane teorie sulla ammissibilit� di � un 
conflitto fra due leggi costituzionali dello Stato 
susseguentisi a breve distanza di tempo ed emanate 
l'una dal potere che ha convocato la Costituente e 
l'altra dalla Costituente stessa �, per dedurne che 
� nei confronti della Costituzione, lo Statuto siciliano 
doveva costituire " presupposto e non oggetto 
,, e che nei confronti dello Statuto siciliano i 
poteri della Costituente dovevano intendersi limitati 
al semplice coordinamento >>; e non solo i poteri 
della Costituente, in quanto, secondo il suindicato 
Autore, lo Statuto siciliano non potrebb'essere 
nemmeno sottopost� alla procedura di revisione prevista 
dall'art. 138 della Costituzione, diversamente. 
da quanto ha ammesso la stessa Alta Corte nella 
decisione in esame. 

� evidente che; nella sua eccessivit�, � proprio 
questa la tesi cui linearmente conduce l'affermazione 
dell'Alta Corte, secondo la quale l'art. 25 
dello Statuto regionale le avrebbe attribuito la 
competenza a decidere della legittimit� di qualsiasi 
legge statale, sia pur costituzionale, la cui materia 
concerne lo Statuto stesso. Ma � anche evidente 
come proprio queste eccessive conseguenze 
non siano state volute dall'Alta Corte e .come la 
questione dellas ubordinazione assoluta dello Statuto_ 
e dell'ordinamento regionale siciliano alla potest� 
costituente degli organi legislativi dello Stato sia 
rimasta assolutamente impregiudicata anche a seguito 
di questa ben singolare decisione dell'Alta Corte. 


LIMITI INTERNI DELLA POTEST� LEGISLATIVA 

DELLA REGIONE SICILIANA 

La decisione n. 7 assume una fondamentale 
importanza in relazione alla soluzione che l'.Alta 
Corte ha dato alla questione concernente i limiti 
interni della potest� legislativa della Regione, questione 
che si sostanzia nelle seguenti proposizioni: 


1� se l'Assemblea regionale possa delegare 
l'esercizio della potest� legislativa al Governo 
regionale; 

2� se la delega, una volta ammessa, debba essere 
fatta solo nei limiti e con le modalit� previste 
nell'art. 76 della Costituzione, o se, invece, questo 
articolo costituisca solo una direttiva per gli organi 
legislativi regionali. 

Sul primo punto 1'.Alta Corte ha deciso che � la 
delegazione dell'esercizio di potest� legislativa al 
Governo trova la sua giustificazione in necessit� 
generalmente riconosciute, attesa l'estensione dell'intervento 
del pubblico potere nella vita economica 
e sociale. La delegazione, gi� ammessa nel 
silenzio di, precedenti Dostituzioni, ha trovato 
espresso riconoscimento nell'art. 76 della Carta 
costituzionale della Repubblica e non � stata vietata 
dallo Statuto della Regione. Naturalmente, 
dev'essere contenuta entro conf�.ni determinati 

. . ' 

variamente formulati nei diversi sistemi positivi, 
ad evitare un eccessivo, pericoloso spostamento 
dei normali limiti di competenza degli organi ii. 

Sul secondo punto, I'.Alta Corte Costituzionale 
ha cos� motivato: <<Nella Costituzione della Repubblica 
i limiti della delegazione legislativa sono indicati 
nell'art. 76: temporaneit�, oggetti definiti, 
posizione dei principi e criteri direttivi. �Detta 
norma, pur non avendo diretta applicazione rispetto 
agli organi della Regione, sancisce una direttiva 
che dev'essere osservata anche nella sfera regionale, 
nel senso che i limiti da essa posti, costituiscano un 
minimo di garen:zia che dev'essere rispettato in q.alsiasi 
ipotesi � � .Alla stregua di questi criteri l'Alta 
Corte, dopo avere affermato che la procedura di 
emanazione delle leggi delegate regionali, quale 
stabilita nella legge di delega, comportava garanzie 
maggiori di quelle minime previste dal citato 
art. 76, ha riconosciuto la legittimit� costituzionale 
della legge impugnata. 

LE LEGGI DELLO STATO 

E LE LEGGI DELLA REGIONE SICILIANA 

L'applicazione immediata delle leggi dello Stato in 
Sicilia e l'incostituzionalit� delle leggi siciliane c.d. 
ricettizie. 

.Assai spesso la Regione siciliana ha emanato 
provvedimenti legislativi con i quali ha preteso dichiarare 
applicabili nel territorio della Sicilia leggi 
dello Stato che gi� da tempo vigevano in quella 
Regione come in tutte le altre. Il legislatore siciliano, 
nell'emanare tali leggi (impropriamente 
chiamate ricettizie, dato che non si trattava di 
accogliere .norme di un ordinamento giuridico diverso 
perch� � sempre nell'ordinamento giuridico 

dello Stato che s'inserisce la legislazione siciliana, 

anche quella esclusiva), � partito coscientemente od 

incoscientemente dal presupposto che l'applicazione 

della legge statale trovi un limite territoriale nei 

riguardi della Sicilia; cJrn la legge :nazionale non si 

estenda automaticamente a tutto il territorio della 

Repubblica, una ed indivisibile, che, in altre parole 

le leggi non entrino, senz'altro in vigore in Sicili~ 

<< il quindicesimo giorno successivo alla, loro pubbli


cazione, salvo che le leggi stesse stabiliscano un 

termine diverso i> (art. 73 u.c. della Costituzione). 

La difesa dello Stato ha sempre sostenuto l'ille


gittimit� costituzionale delle leggi c.d. ricettizie in 

base ai seguenti argomenti: 

� fondamentale errore degli organi legislativi 

della Sicilia quello di credere che, per il fatto che 

uno Statuto speciale conferisce, in determinate 

materie, una potest� legislativa alla Regione sici


liana, non competa. pi� al legislatore dello Stato 

la potest� di carattere sovrano di emanare norme 

aventi contenuto giuridico obbligatorio per tutto il 

territorio dello Stato. 

Il legislatore siciliano confonde fa competenza 

generica soggettiva dello Stato ad emanare provve


dimenti legislativi con efficacia in tutto il territo


rio nazionale giusta l'art. 73 delJa Costituzione, 

con la competenza sostanziale, cio�, quella atti


nente alle varie materie, parte delle quali sono state 

deferite alla potest� del legislatore siciliano. 

Una legge statale -qualunque sia il suo conte


nuto e la materia disciplinata -� automaticamente 

efficace ed obbligatoria in tutto il territorio nazio


nale, perch� emana da un Ente che ha potest� di 

legiferare su tutto il territorio stesso. 

Certamente, una legge dello Stato, nei riguardi 

della Sicilia potr� essere costituzionalmente ille


gittima pe:rch� disciplinante, ad es. materia riser


vata, all'esclusiva competenza regionale dall'art. 14 

dello Stat.uto siciliano. 

Ma � evidente che altro � l'incostituzionalit� di 

una legge, altro � l'efficacia immediata ed obbliga


toria in tutto il territorio nazionale di una legge 

emanata dallo Stato, efficacia che persiste sino a che 

la legge in questione non sia stata dichiarata incosti


tuzionale dall' .Alta Corte per la Regione siciliana. 

Le leggi siciliane, c.d. ricettizie debbono, in con.
elusione, ritenersi costituzionalmente illegitUme per 
violazione dell'art. 73 u.c. della Costituzione, in 
relazione all'art. 5 della stessa . 

.A questa logica conclusione, per�, non ha creduto 
giungere lAlta Corte la quale ha ritenuto 
invece, di dover adottare una formula anodina e 
non impegnativa qualificando superff ue le leggi 

c.d. ricettizie della Regione siciliana. 
In tal senso si � pronunziata l'.Alta Corte in 
numerose decisioni: prima fra tutte quella, sotto 
altro aspetto basilare del 13 agosto 1948, n. 6 in 
materia tributaria �Diritto pubbl. Reg. sic.�, 1949, 
pag. 67); del 7 febbraio 1950, n. 4 (ibid. 1950, 
pag. 180 e segg.); del 20 novembre��1950, n. 11 
(ibid. pag. 186 e segg.), tutte in materia tribtil'.ar1a 
e 23 giugno 1950 sulla legge per la cooperazione. 

Naturalmente, anche con la formula adottata 
dall' .Alta Corte si � giunti al disconoscimento di 
ogni efficacia alle leggi siciliane di recezione. 


LE LEGGI REGIONALI CHE DEBBONO CON'l'ENERE 
L'INDICAZIONE DELLA CAUSA 

Un'importantissima questione di carattere generale 
riguardante l'esercizio della potest� legislativa 
della Regione, sia pur riferito alla particolare legishtzione 
in materia tributaria, di cui all'art. 36 
dello Statuto, � stata sollevata, dinanzi all'Alta 
Corte, dalla difesa dello Stato. 

Con riferimento anche alla recente teoria propugnata 
dal OALAMANDREI, del sindacato di legittimit� 
costituzionale sostanziale delle leggi (1) si � sostenuto 
che l'Assemblea regionale deve indicare a 
quali particolari esigenze regionali ha inteso adattare 
la legislazione statale sulle imposte, appunto 
perch� la legislazione regionale complementare e, 
in particolare, quella tributaria � essenzialmente 
finalisti<;a ed, in tanto si giustifica in quanto vi 
siano particolari esigenze della Regione da soddisfare. 


Occorre, dunque, l'indicazione della causa. Se 
questa non � indicata, la legge regionale � viziata 
da illegittimit� costituzionale per violazione di 
legge e, cio�, dell'art. 36 dello Statuto. Se, poi, � 
indicata una causa non idonea per l'esercizio del 
suddetto potere legislativo si � di fronte ad un vizio 
di legitimit� configurante un eccesso di potere legislativo. 


La questione fu, pregiudizialmente, sollevata in 

occasione dell'impugnativa proposta dal Commis


sario dello Stato contro la legge regionale 4 marzo 

1950 � recante agevolazioni fiscali alle cooperative 

agricole di produzione e lavoro e di consumo i>. 

La causa non idonea era indicata nella relazione 

della commissione legislativa nella finalit� di �in


coraggiare ed aiutare la cooperazione, in genere, 

senza che fossero menzionati particolari scopi di 

carattere regionale �. 

L'Alta Corte, nella sua elaborata pronuncia del 
5 aprile 1950 (ined.) riconobbe che l'attivit� legislativa 
siciliana in materia tributaria �, in realt� 
stabilita con riferimento a determinati scopi pubbliei. 

� In tal caso, l'esercizio dell'attivit� legislativa, 

nei casi in cui nonsussistano gli interessi e, quindi, gli 

scopi per i quali detta attivit� deve provvedere, 

pu� essere riavvicinato al concetto d'incompetenza 

oppure a quello di violazione di legge quali sono 

figurati in rapporto alla giustizia amministrativa. 

� Ma anche in questi casi non � ammissibile un 

sindacato giurisdizionale sul contenuto della legge 

in esame, in quanto la causa dell'atto legislativo 

non consiste nel soddisfacimento di dette classi di 

interessi, ma risulta dal coordinamento di essi con 

tutte le altre. esigenze della vita sociale che si pre


sentano degne di protezione in varia misura. 

�Non � possibile applicare all'attivit� legislativa, 

anche subordinata, il concetto di eccesso di potere 

che, specialmente nella sua formulazione piu carat


teristica di sviamento di potere, presuppone una 

causa tipica dell'atto costituito dal raggiungimento 

di scopi pubblici particolarmente determinati �. 

(1) La illegittimit� costituzio.nale delle leggi nel processo 
civile, Padova, 1950, spec. pag. 27. 
Cos� in sostanza, l'Alta Corte qualific� come violazione 
della legge costituzionale � quei vizi di illegittimit� 
che pu� presentare l'atto legislativo '.in 
quanto non sussistono quegli interessi la cui disciplina 
� affidata particolarmente ad organi legislativi 
subordinati �. 

Alla stregua di questo concetto, l'Alta Corte 
pass� all'accertamento nel caso concreto, dell'esistenza 
degli interessi alla tutela dei quali la norma 
regionale intendeva provvedere. Fu riconosciuta 
l'esistenza degli interessi stessi ma l'impugnativa 
del Commissario dello Stato venne ugualmente 
accolta, e la legge dichiarata incostituzionale per 
motivi inerenti all'interpretazione dell'art. 36 dello 
Statuto. 

LA COMPETENZA LEGISLATIVA 
ESCLUSIVA (o primaria) E QUELLA SECONDARIA 
DELL'ASSEMBLEA REGIONALE SICILIANA 


La potest� legislativa della Regione siciliana, 
com'� noto, � o di carattere esclusivo o di carattere 
complementare. 

La prima, prevista e disciplinata dall'art. 14 
dello Statuto, trova limiti solo nell'ambito territoriale 
della legge, nelle leggi costituzionali � nelle 
riforme agrarie ed industriali da deliberarsi dalla 
Costituente �; inoltre, limitazioni particolari sono 
stabilite per singole materie, come ad es. quella 
dell'industria e commercio per cui � riservata alla 
legislazione statale la <e disciplina dei rapporti 
privati � (art. 14, lett. d). 

La seconda, prevista e disciplinata dall'art. 17 
dello Statuto incontra, oltre, naturalmente, i limiti 
generali di cui all'art. 14, quelli dei principi 
ed interessi generali cui s'informa la legislazione 
dello Stato e deve essere diretta a soddisfare alle 
condizioni particolari ed agli interessi propri della 
Regione. 


Un� particolare sottospecie (con alcune essenziali 
differenze) come vedremo, della legislazione 
complementare � quella in materia tributaria di 
cui all'art. 36 dello Statuto. 

Abbiamo gi� visto quale significato si debba 
attribuire al carattere di competenza legislativa 
esclusiva regionale, a proposito delle leggi cod 
dette ricettizie. 

La Regione potr� reagire, mediante l'impugnativa, 
contro leggi statali emanate in materia cui 
spetta alla Regione stessa competenza esclusiva 
ma non potr�, mai, impedire l'entrata in vigore e . 
l'efficacia delle leggi nazionali, fino al loro annullamento. 


La legge regionale anche in materia di competenza 
esclusiva � una legge rigorosamente limitata 
ad un determinato territorio e ci� non soltanto nel 
senso che essa spiega efficacia unicamente nell'ambito 
regionale (il che �, addirittura, lapalissiano) 
ma, soprattutto, nel significato che essa non pu� e 
non deve spiegare effetto pregiudizievole neJJe altre 
Regioni mediante una concorrenza dannosa e, .. 
quindi, inammissibile. 

Questo importante principio � stato ;:tffermato 
dall'Alta Corte fin da una delle prime sue decisioni: 
quella importantissima del 17 agosto 1948 (id. 


-186 


� 

1949, pag. 21 e 22) relativa alla legge regionale con 
cui si autorizzava l'emissione di titoli azionari al 
portatore. 

L'Alta Corte respinse il ricorso proposto dal 
Commissario dello Stato osservando, fra l'altro, 
che il limite territoriale imposto all'efficacia della 
legge regionale in questione non era stato violato. 

cc Non solo le azioni ~l portatore non possono 
essere emesse che da societ� le quali si costituiscono 
in Sicilia, ma le disposizioni degli articoli 3 
e 4 tendono ad assicurare nel modo pi� efficace 
che l'attivit� sociale si esplichi� per opere ed impianti 
localizzati in Sicilia o per iniziative aventi 
ivi la loro sede ed il loro centro d'irradiazione quando 
trattasi, come per le imprese armatoriali, di 
imprese che altra localizzazione non possono avere 
se non quelle dei rapporti di armamento n. 

* * * 

Sempre per quanto riguarda i rapporti fra le 
leggi dello Stato e quelle della Regione devesi rico-� 
noscere che non pu� mai parlarsi di esclusione 
di esercizio della potest� legislativa dello Stato o 
della Regione per pretesa preoccupazione o prevenzione. 


Questo principio � stato chiaramente affermato 
dall'Alta Corte nella decisione del 25 ottobre 1950, 

n. 3 (id. 1950, pag. 283) sull'impugnativa proposta 
contro la legge regionale riguardante cc agevolazioni 
fi.scali per i nuovi impianti industriali n. 
cc Ritenendo che l'emanazione della legge dello 
Stato, anche con speciale riferimento alla Regione, 
non importa preoccupazione o prevenzione clie dir 
si voglia, rispetto alla materia e, quindi, non esclude 
la potest� legislativa della Regione la quale pu� 
sempre esercitarsi il;l quei limiti che lo Statuto regionale 
segna ai rapporti tra legge dello Stato e 
legge regionale nelle diverse materie, cos� che pu� 
la Regione rivalutare normativamente le materie 
che abbiano formato oggetto della legge statuale, 
anche se non abbia questa ragione di proporre impugnativa 
d'illegittimit� costituzionale contro la 
legge stessa )), 

Questo, quanto ha affermato l'Alta Corte; tale 
ragionamento, naturalmente, vale per il caso inverso: 
il fatto che la Regione abbia legiferato in 
'ma, determinata materia (per cui non abbia competenza 
legislativa esclusiva) non costituisce 
ostacolo a che lo Stato legiferi efficacemente e validamente 
nella stessa materia. 

LE PRINCIPALI CONTROVERSIE 

SORTE FRA LO STATO E LA REGIONE SU QUESTIONI 

DI COMPETENZA LEGISLATIVA ESCLUSIVA 

A) In materia di agricoltura e foreste (art. 14 
lett. a ed e dello Statuto). -Meritano di essere 
ricordate due importantissime controversie sorte 
fra lo Stato e la Regione in materiadi riforma 
agraria. 

Si tratta di due impugnative che furtmo, di poi, 
riunite all'udienza: una proposta dal Commissario 
dello Stato contro la legge approvata dalla Assemblea 
regionale il 21 novembre 1950 e che s'intitola 

cc Riforma agraria: in Sicilia ll e l'altra proposta dal 
Presidente della Regione per l'annullamento (nel 
territorio della Sicilia) d~lla legge 21 ottobre 1950, 

n. 841, detta cc legge stralcio�. 
Per quanto riguarda l'impugnativa proposta 
dal Commissario, la difesa dello Stato sosteneva 
che la materia della riforma agraria dovevasi ritenere 
integralmente e costituzionalmente sottratta 
alla competenza della Regione in virt� dell'inciso 
contenuto nel proemio dell'art. 14 (senza pregiudizio 
delle riforme agrarie deliberate, ecc.) e che non 
poteva, in alcun modo, farsi rientrare in alcuna 
delle materie catalogate nello stesso art. 14 (agricoltura 
e foreste, incremento alla produzione agricola, 
ecc.). � 

Fu sostenuto che lo Stato non ha voluto riservarsi 
soltanto le direttive, i principi generali di poi trasfusi 
nell'art. 44 della Costituzione, ma si � attribuito 
la deliberazione, cio� la pratica e specifi.ca 
attuazione delle riforme. Che queste, poi, siano 
realizzate dall'Assemblea costituente e da altro 
organismo legislativo statale non ha importanza, 
tanto pi� che all'epoca dell'elaborazione dello 
Statuto siciliano non esisteva certamente una precisa 
distinzione fra potere legislativo della Costitu�nte 
e potere del legislatore ordinario. 

Fu dimostrato, inoltre, anche in base ai lavori 
preparatori dell'art. 44 della Costituzione che questa 
disposizione costituzionale ha affidato alla 
legge (cio� alla legge della Repubblica) e non alle 
leggi regionali il compito di << fi.ssare le regioni e le 
zone agrarie )), Tale compito, d'interesse spiccatamente 
nazionale, non pu� essere espletato che 
dal legislatore statale poich� esso solo pu� avere, 
del grave problema, una veduta d'insieme ed esso 
solo pu� contemperare gli interessi delle varie 
regioni. 

In via subordinata, la difesa dello Stato sosteneva 
che, per effetto dell'inciso dell'art. 14 dello Statuto 
si dovesse sempre ammettere che al legislatore statale 
spettasse una competeuza legislativa primaria 
in materia di riforma agraria, con effetto su tutto 
il territorio nazionale e che alla Regione spettasse 
solo potere di adattamento della legge nazionale 
alle speciali contingenze regionali. D'altra parte, 
tale potest� legislativa di adattamento non poteva 
dalla Regione siciliana essere esercitata nno a 
quando non fosse stata deliberata dallo Stato la legge 
sulla riforma agraria, non potendosi ritenere tale la 
�legge stralcio )), 

A tali argomenti la Regione opponeva che l'articolo 
14 dello Statuto, le attribuisce, indubbiamente, 
potest� legislativa esclusiva anche in tema 
di riforma agraria e fondiaria e che i soli limiti 
all'esercizio di tale potest� sono quelli specincatamente 
segnati dall'art. 44 della Costituzione, non 
quelli delle leggi ordinarie dello Stato. 

Per quanto riguarda, poi, l'impugnativa proposta 
dalla Regione, questa sosteneva con gli stessi 
argomenti di cui sopra, che lo Stato non ha potest� 
di legiferare in subjecta materia per� fa Sicilia.._ _ 

Al che la difesa dello Stato, oltre ad opporre � 
le considerazioni pi� sopra svolte nella vertenza 
dell'impugnativa proposta dalla Regione, opponeva 
che, in ogni caso, l'azione della Regione stessa si 
doveva ritenere inammissibile per intempestivit� 


~ 187 


(c_on conseguente carenza di diritto ed interesse) 
perch� f1ncora non era stato legislativamente disposto 
che la legge stralcio avrebbe trovato appli


. cazione in Sicilia. 

L'Alta Corte sicili�na, con salomonico giudizio 
pronunziando con sentenza del 23 dicembre 1950 
(ined.) respinse sia l'impugnativa proposta dal 
Commissario dello Stato che quella promossa dalla 

Regione. 

Respinse la prima per il fondamentale motivo 
che la legge regionale 21 novembre 1950 non sarebbe 
una legge di riforma agraria e fondiaria ma 
�raggruppa norme di portata prevalentemente 
agraria e norme di portata prevalentemente fondiaria 
che non portano sostanziali mo�.ifi.cazioni 
ai principi propri dell'ordinamento giuridico vigente 
eche�non esorbitano dalla competenza regionale n. 

Tale competenza si fonda -secondo l'Alta Corte 
-a seconda delle singole disposizioni della legge 
regionale, o sull'art. 14 (agricoltura, bonifi.ca e 
incremento della produzione agricola) o sull'art. 17 
(legislazione sociale). 

Respinse la seconda, accogliendo l'eccezione della 
difesa dello Stato relativa alla carenza d'interesse 
attuale ad impugnare la legge stralcio, non ancora 
estesa alla Sicilia. 

B) In materia di. industria e commercio (art. 14 
lett. d). -Un'importantissima controversia � 
sorta a seguito dell'impugnativa proposta dal 
Commissario dello Stato contro la legge siciliana 
del 1� ottobre 1947 recante �norme riguardanti le 
azioni di societ� di nuova costituzione nella Regione 
>>. Questa legge, in sostanza stabiliva che le azioni 
della societ� di nuova costituzione nella Regione 
siciliana, aventi come oggetto la costruzione di 
nuovi impianti industriali e le iniziative armatoriali 
nella regione stessa, possono essere al portatore. 

La difesa dello Stato sosteneva la piena incostituzionalit� 
della legge impostando alternativamente 
la sua tesi sulla violazione dell'art. 14 della 
lett. d o dell'art. 17 lett. e dello Statuto regionale. 

Si affermava che, nell'ipotesi in cui si volesse 
far rientrare la materia contemplata dalla legge in 
quella dell' cc industria e commercio >> per cui la Regione 
ha competenza esclusiva, si sarebbe pur sempre 
caduti in una violazione di norma costituzionale, 
in quanto che l'art. 14 lett. d fa salva allo 
Stato la disciplina dei rapporti privati. 

Ora, il R.D.L. 25 ottobre 1941, n. 1148 (conver


. tito in quella 9 febbraio 1942, n. 96 e susseguito 
da varie altre disposizioni), e che deroga all'articolo 
2355 e.e., � senza dubbio una norma che ha 
il diretto scopo di regolare rapporti privati, che si 
sostituisce al detto art. 2355 e.e. 

� una norma di diritto privato n� pi� n� meno di 
quello che lo era l'abrogata disposizione del Codice. 

Si sosteneva, poi, che nell'ipotesi in cui 'si volesse 
ritenere che la legge impugnata fosse stata emanata 
nell'esercizio del potere legislativo complementare 
di cui all'art. 17 lett. d : disciplina del credito, 
delle assicurazioni e del risparmio, fa legge regionale 
si doveva a maggior ragione ritenere illegittima dal 
punto di vista costituzionale perch� emanata in 
violazione dei �principi ed interessi generali cui 

s'informa la legislazione dello Stato n, principi consacrati, 
appunto, nel citato lR.D.IJ. 25 ottobre 
1941, n. 1148. � 

L'Alta Corte con la decisione 17 agosto 1948 
(che pi� sopra abbiamo avuto occasione di ricordare 
per altro scopo) disattese gli argomenti presentati 
dalla difesa dello Stato.� 

Ritenuto che la materia rientra nella legislazione 
esclusiva riservata alla Regione in materia d' � industria 
e commercio >> l'Alta Corte credette di dover 
superare l'inciso di cui alla lett. d dell'art. 14 
ritenendo che la disposizione del R.D.L. 25 ottobre 
1941 fosse cc determinata da contingenti valutazioni
� di politica economica e fi.nanziaria n e che 
la disposizione normale rimanesse sempre quella 
dell'art. 2355 c. c. 

La clausola cc salva la disciplina dei rapporti 
privati� nei suoi termini largamente approssimativi, 
dev'essere intesa nel senso pi� conveniente 
alla materia di cui trattasi; sicch�, riferita com'(, 
all'industria ed al commercio, il cui esercizio d� 
.luogo presso di noi a rapporti privati non pu� intendersi 
che in un signifi.cato pi� limitato e preciso 
di quello che ne importi il signifi.cato letterale e, 
cio�, con riferimento a quelle norme che pongono 
in essere il regime di diritto privato che ha la sua 
sede nel Codice civile e che vuolsi abbia a restare 

comune tra i cittadini dello Stato >>. 

Cosi l'Alta Corte respinse il ricorso del Commis


sario dello Stato. 

Non possiamo non formulare le pi� alte riserve su 

tale decisione; soprattutto per l'interpretazione cos� 

restrittiva data dall'Alta Corte all'inciso di cui 

all'art. 14 lett. d. Non si sa vedere perch� i �rapporti 

privati� si debbano ritenere soltanto quelli discipli


nati dal Codice civile e non anche quelli regolati 

da altre leggi speciali aventi, appunto, per iscopo 

di disciplinare i rapporti medesimi nella sfera del 

diritto medesimo. 

C) Miniere, cave, torbiere, saline (art. 14 let


tera h). -In tale materia merita di essere ricor


data la impugnativa proposta dal Commissario 

dello Stato contro la legge regionale del 17 feb


braio 1950, avente per oggetto: � disciplina della 

ricerca e della coltivazione di idrocarburi liquidi 

e gassosi >>. 

Tale importante legge dettava norme relative 

al permesso di ricerche degli idrocarburi, ricono


sceva al ricercatore che abbia adempiuto agli ob


blighi impostigli dalla legge e dal decreto di per. 

ni.esso di ricerca, il diritto ad ottenere la conces


sione dei giacimenti scoperti entro il perimetro 

stesso e disciplinava, con particolari disposizioni, la 

costruzione e l'esercizio delle condotte destinate 

al trasporto dei prodotti gassosi e petroliferi dal 

luogo di estrazione a quelli di trasformazione ed 

utilizzazione e regolava, infi.ne, la indennit� da 

attribuire al proprietario del suolo per la servit� 

derivante dalle costruzioni� delle condotte. 

La difesa dello Stato non contestaya ohe lo 

Statuto siciliano attribuisca alla Regione potest� _ 

legislativa esclusiva in materia di miniere, cave e 

torbiere e che la ricerca e coltivazione degli idro


carburi rientri in tale settore. 



::& �& fil H 
-188 


Pose in luce, per�, che la materia mineraria va 
distinta in un duplice ordine di attivit�: quella che 
ha per oggetto l'esercizio dei diritti che alla Regione 
spettano sulle miniere se ed in quanto fanno parte 
del �suo patrimonio indisponibile e l'attivit� che ha 
per suo contenuto l'esercizio dell'impresa mineraria. 
Questa seconda attivit� � vera e propria industria 
e va soggetta al limite stabilito dalla lettera d, 
dell'art. 14 dello Statuto; a sua volta l'esercizio 
dei diritti che alla Regione spettano sulle miniere 
non include certo la disciplina della materia delle 
indennit� derivanti dall'esercizio di una concessione 
concorrente o da una servit� di oleodotto. La stessa 
imposizione di una servit� coattiva sul fondo attraversato 
dalla condotta � un limite al diritto di propriet� 
che senza un'espressa disposizione statutaria, 
una legge regionale non pu� prevedere. 

Ma lAlta Corte, pronunziando con decisione del 
18 marzo 1950 (id. 1950, 87 e segg.), disattese gli 
argomenti prospettati dalla difesa dello St.ato, respinse 
il ricorso, ritenendo che tutte le disposizioni 
della legge regionale rimanevano nei limiti della 
potest� esclusiva spettante alla Regione (ex art. 14 
lett. h) che non trova i limiti posti all'art. 14 lettera 
d. 

D) Ordinamento degli Uffici regionali -E) Stato 

giuridico ed economico degli impiegati e funzionari 

della Regione (art. 14, lett. p e q). -Il Commis


sario dello Stato impugn� la legge regionale siciliana 

23 giugno 1950 concernente: <e Stato giuridico ed 

ordinamento gerarchico degli impiegati regionali �. 

L'impugnativa era diretta, soprattutto, a far di


chiarare l'illegittimit� costituzionale dell'art. 20 

della legge regionale con cui la Regione senz'altro 

si attribuiva la potest� di coprire i posti di ruolo 

delle Amministrazioni regionaJi col personale dello 

Stato che all'atto della pubblicazione di essa legge 

prestava servizio presso gli uffici che, in base allo 

Statuto della Regione ed agli accordi tra Governo 

centrale e quello regionale, appartengono all'or


dinamento regionale. 

Si sostenne dalla difesa dello Stato che una tale 

disposizione che prescinde dalla volont� degli in


teressati e dagli intendimenti dello Stato � in netto 

contrasto con I' VIII disposizione transitoria della 

Costituzione che prescrive che il passaggio alla 

Regione di funzionari e dipendenti dello Stato debba 

essere regolato con legge della Repubblica e con 

l'art. 43 dello Statuto. siciliano che demanda ad una 

Commissione paritetica di predisporre le norme rela


tive a tale passaggio. 

Si impugnavano, inoltre, per illegittimit� costi


tuzionale le norme degli articoli 5 e 24 della legge 

in quanto che esse non subordinavano l'apertura 

dei concorsi pubblici alla constatata impossibilit� 

di coprire i posti vacanti mediante la assunzione 

di elementi provenienti dai ruoli statali o da quelli 

degli enti locali, come prescritto dalla citata dispo


sizione vrn. . 

Si impugnavano, infine, le disposizioni degli ar


ti.toli 7 ed 8 che stabilivano che gli impiegati regio


mtli dovevano giurare fedelt� alla Regione siciliana. 

La richiesta di tale giuramento sembrava, in


fatti, in contrasto con. l'art. 98 della Costituzione 

che stabilisce che gli impiegati sono al servizio esclusivo 
della Nazione. 

L'Alta Corte pronunziando con sentenza del 
28 luglio 1950 ritenne, invece, la legittimit� costituzionale 
degli articoli 5 e 24 della legge impugnata 
in quanto che l'attivit� normativa per l'ammissione 
iagli impieghi cc � compresa >> indubbiamente cc nel 
potere legislativo della Regione �. Naturalmente il 
passaggio degli uffici e del personale sar� regolato 
dalle disposizioni transitorie �dell'art. 43 dello 
Statuto. 

Per quanto riguarda l'art. 20 1'.Alta Corte, << interpretando 
>> il contenuto di tale disposizione dichiar� 
che � l'assunzione del personale dello Stato, 
attualmente in servizio negli uffici della Regione, 
presuppone il consenso espresso dell'impiegato e 
nei rapporti dello Stato, l'applicazione dell'art. 43 

o esplicita adesione dell'Amministrazione >J, 
Ritenne, infine, costituzionale la norma che stabilisce 
l'obbligo, per l'impi,egato, di prestare giuramento 
di fedelt� alla Regione in quanto che la cc Regione 
siciliana � parte indissolubile della Nazione 
italiana�. 

In conclusione, per quanto I'.Alta Corte abbia 
creduto di dover respingere il ricorso del Commissario, 
ne ha ammesso, per via d'interpretazione (con 
singolare procedimento) la fondatezza per quasi 
tutti i capi di impugnativa. 

CIRCOSCRIZIONE ORDINAMENTO 

E CONTIWLLO DEGU ENTI LOCALI REGIONALI 

Oltre che nelle materie indicate nell'art.14 e sulle 

quali abbiamo gi� esposto quali siano state le con


troversie sorte e quali le soluzioni date dall'.Alta 

Corte, la Regione siciliana ha competenza legisla


tiva esclusiva anche in materia di circoscrizione, 

ordinamento e controllo degli enti locali regionali, 

in base all'art. 15 dello Statuto. 

� stato nell'esercizio di questa potest� legisla


tiva esclusiva che la Regione ha emanato la legge 

24 febbraio 1951 recante norme in materia di� orga


nizzazione degli organi e degli uffici amministrativi 

decentrati del Governo regionale '' nella quale si 

stabiliva quanto segue: 

a) si istituivano procure della Regione, uffici 

di nuova istituzione dipendenti dal Presidente della 

Regione con circoscrizione territoriale corrispon


dente a quella delle attuali provincie e con sede nei 

nove attuali capoluoghi di provincia; 

b) si attribuivano a tali procure regionali, nei 

limiti della rispettiva circoscrizione territoriale, le 

funzioni del Governo regionale relative ai poteri 

derivantigli dagli articoli 14, 15, 16, 17, 20, 21 e 31 

dello Statuto siciliano, compresi quindi in taU poteri 

quelli per il mantenimento dell'ordine pubblico 

e per le funzioni di polizia.; 

c) si stabiliva che i procuratori regionali sono 

nominati dal presidente regionale ed eserdtano per__ 


le materie sopra ricordate le funzioni dei prefetti. � 

Queste erano, in sintesi, le disposizioni pi� impor


tanti. contenute nella legge e che ne caratterizza


vano la portata; vi erano poi altre norme di impor



W71!l :: W71!l :: 
-189


tanza secondaria che riguardavano la istituzione di 
Comitati di controllo con le funzioni gi� spettanti 
.alle Giunte provinciali amministrative ed ai Consigli 
di Prefettura, ecc. 

Questa legge veniva impugnata dal Commissario 
dello Stato deducendosene la illegittimit� costituzionale 
per violazione degli articoli 15 e 16 dello 
Statuto siciliano. 

In sostanza ilCommissario sosteneva che l'art. 15 
dello Statuto, sopprimendo non soltanto gli enti 
pubblici ma anche le circoscrizioni provinciali ha 
posto ilprincipio negativo che ilnuovo ordinamento 
amministrativo regionale non possa adottare il criterio 
provinciale per la distribuzione territoriale 
delle competenze. Anzi, sarebbe affermato, con valore 
costituzionale, il principio positivo che il decentramento 
delle funzioni amministrative nella Regione 
debba avvenire soltanto sulla base di comuni 
e di consorzi volontari di comuni. 


Altro motivo di illegittimit� costituzionale il 
Commissario riscontrava nel fatto che venivano 
decentrate ai procuratori regionali le funzioni di 
polizia spettanti al Presidente della Regio;ne ai sensi 
dell'art. 31 dello Statuto. Secondo il Commissario 
queste funzioni di polizia spettano al Presidente 
regionale quale organo governativo, e perci� possono 
essere delegate ad altri funzionari regionali 
solo con legge dello Stato. Altro motivo di illegittimit� 
costituzionale si riscontrava nel fatto che la 
legge impugnata disciplinasse anche organi di giustizia 
amministrativa (G.P,A. e Consigli di Prefettura) 
materia sottratta totalmente alla legisla~ione 
regionale. 

lnfi.ne, un ultimo motivo di illegittimit� costituzionale 
veniva identifi.cato nell'art. 15 della legge 
il quale, convalidando gli atti compiuti in base alla 
legge statale 9 giugno 1947, n. 530 (modifi.cazioni 
al testo unico della legge comunale e provinciale) 
pareva volesse implicitamente affermare che questa 
legge statale, per avere efficacia in Sicilia, doveva 
essere recepita con apposita legge regionale. 

Con la citata decisione 24 febbraio 1951 l'Alta 
Corte costituzionale ha sostanzialmente riconosciuto 
la giustezza delle ragioni di impugnativa dedotte 
dal Commissario dello Stato. 

Infatti, dopo aver espressamente ammesso che 
la soppressione delle circoscrizioni provinciali e degli 
organi ed enti pubblici che ne derivano disposta 
dall'art. 15 dello Statuto siciliano cc signifi.ca che 

.tutta la preesistente organizzazione autarchica e 
governativa e base provinciale � destinata a scomparire 
in Sicilian, e che le provincie e le prefetture 
funzionano attualmente in via puramente provvisoria, 
ha affermato che lo Statuto siciliano ha attribuito 
all'Assemblea regionale la legislazione esclusiva 
in materia di regime degli enti locali e delle 
�circoscrizioni relative. Da queste affermazioni ha 
per� tratto la conclusione che oggetto del potere 
di legislazione esclusiva previsto dagli articoli15 e 16 
dello Statuto � un cc ordinamento � degli uffici regionali 
e degli enti locali, intendendosi per tale cc un 
complesso organico di norme giuridiche che disciplinino 
con completezza e con stabilit�, sia pure 
relative, la materia dell'art. 14, lett. p, e dell'art. 
15. 

L'interpretazione adottata, continua l'Alta Corte, 
�. confermata dall'art. 16 dello Statuto che � affida 
alla prima Assemblea regionale il compito di dar 
vita a questo ordinamento amministrativo, solenne 
formulazione statutaria che ha un significato se si 
tratti di un complesso organico di norme, ma che 
sarebbe superflua o addirittura incomprensibile 
se si riferisse a qualunque frammentaria legge in 
materia, provvisoria ed isolata�. 

Tanto premesso circa la natura della legge regionale 
da emanare, perch� essa risponda ai principi 
costituzionali sanciti nell'art. 15 u. p. e nell'art. 16 
dello Statuto siciliano, l'Alta Corte ha poi affermato 
che ccper quanto riguarda la sostanza, l'ordinamento 
degli Enti locali siciliani deve avere la sua 
base nei comuni e nei liberi consorzi comunali dotati 
della pi� ampia autonomia amministrativa e fi,nanziaria 
�. 

Per quanto concerne l'altro punto di illegittimit� 
costituzionale sollevato dal Commissario dello Stato 
circa la delega delle funzioni di polizia spettante al 
Presidente regionale ai sensi dell'art. 31 dello Statuto, 
l'Alta Corte ha esplicitamente riconosciuto 
che �il decentramento delle funzioni di polizia 
e di governo, che statutariamente competono al 
Presidente d'ella Regione quale organo dell'Amministrazione 
diretta dello Stato, pur essendo di per s� 
del tutto ragionevole... deve necessariament� 
avvenire con legge statale trattandosi di funzioni 
che sono esclusive dello Stato. Analogo rilievo; 
ha affermato infine l'Alta Corte, deve farsi a proposito 
delle norme della legge impugnata che modificano 
la composizione delle Giunte provinciali 
amministrative e dei Consigli di Prefettura quali 
organi della Giurisdizione amministrativa, trattandosi 
di materia di legislazione statale )), 

La illegittimit� costituzionale dedotta dal Commissario 
dello Stato in relazione all'art. 15 della 
legge impugnativa, in quanto come s'� visto, sembrava 
affermare implicitamente la necessit� che 
leggi statali fossero recepite con legge regionale 
per avere efficacia nella Regione, non � stata esaminata 
espressamente dall'Alta Corte, ma non vi � 
alcun motivo di ritenere che essa si sarebbe discostata 
in questo caso dalla sua giurisprudenza la 
quale, come abbiamo visto, esclude questa necessit� 
di ricezione. 

Riteniamo che la decisione di cui abbiamo diffusamente 
riportato le parti pi� importanti sia una �i 
quelle destinate ad avere un'influenza radicale nella 
materia dei rapporti tra Stato e Regione. Ci� soprattutto 
perch� essa ha dato modo all'Alta Corte 
di riaffermare, implicitamente, la essenziale subordinazione 
dell'ordi�amento giuridico regionale allo 
ordinamento giuridico statale. Infatti, i criteri 
adottati nella interpretazione degli articoli 15 e 16 
dello Statuto appaiono simili a quelli che si adottano 
per le leggi eccezionali, cosi confermandosi 
che l'attribuzione della potest� esclusiva della Regione 
dev'essere intesa come contenuta iie� limiti 

strettamente necessari per il co�seguimento degli 
scopi politici che dallo Statuto possono desumersi. 
Fuori di questi limiti riprende vigore la potest� 
legislativa statale. 



�I�m1t:czm1 

-190 

L.E PRINOIPALI OONTROVERSIE SORTE FRA LO STATO 
E. LA � RE.GIONE IN ORDINE ALLA COMPETENZA 
LEGISLA.TIVA. COMPLEMENTARE DI QUESTA. DLTIMA � 
(A.RT. 17 DELLO STATUTO) 

.A) Istruzione media ed universitaria (art. 17 � 
~et~. ~). -Con legge 12 marzo 1948 la Regione . 
ist1tm cc a decorrere dall'anno accademico 1947-48 
la facolt� di economia e commercio presso l'Universit� 
di Messina � e con legge successiva del 
18 marzo 1948 istitui la facolt� di agraria presso 
l'Universit� di Catania. 

Il Commissario dello Stato impugn� ambo le 
leggi ritenendo che esse avevano modificato la 
struttura di istituto che hanno e continuano ad 
avere carattere statale e la consistenza dei ruoli ' 
statali con effetti anche di oneri sul bilancio dello 
Stato. Fu sostenuto che un intervento diretto della 
Regione a mezzo di una legge che interferisce sullo 
ordinamento statale eccede la competenza che ai 
sensi dello Statuto (art. 17, lett. d) spetta all'Assemblea 
regionale ed apparisce, perci�, viziato d'incostituzionalit�. 
� 

Secondo l'Alta Corte, che decise con sentenza 
5 luglio 1948 (id. 1949, 67) le due leggi regionali 
erano state emanate nei limiti della potest� legislativa 
spettante alla Regione ex art. 17, lett. d), 
dello Statuto (limiti dei principi ed interessi generali 
cui si informa la legislazione dello Stato ed al 
fine di soddisfare alle condizioni particolari ed agli 
interessi propri alla Regione). 

Infatti -ha osservato l'Alta Corte -la facolt� 
di economia e commercio presso l'Universit� 
di Catania sono istituzioni regionali per tutti gli� 
effetti. Queste istituzioni provvedono ad esigenze 
particolari dell'insegnamento nell'Isola; non impongono 
oneri al bilancio dello Stato; sono finanziate 
da Enti locali e, per le integrazioni, dal Governo 
regionale; non offendono interessi nazionali; ma 
ad essi giovano almeno indirettamente; non sono 
in contrasto con i principi direttivi della legislazione 
ed �, anzi, stabilito nelle due leggi che la 
materia d'insegnamento ed il numero delle cattedre 
sar� regolato cc in conformit� al vigente 
ordinamento universitario �. 

Oon questi argomenti l'Alta Corte respinse il 
ricorso del Commissario. 

B) Disciplina del credito, delle assicurazioni e 
del risparmio. -La Regione siciliana, in data 
23 giugno 1950, approvava una legge riguardante 
I'� orario estivo del servizio sportelli bancari � 
eon tale legge si stabiliva l'orario unico nelle banche 
per il periodo che va dal 15 giugno al 30 settembre. 

Questa legge, in apparenza poco importante 
poteva, invece, avere gravi riflessi per l'economia 
bancaria nazionale, date le inevitabili ripercussioni 
al di l� del territorio della Regione. 

Perci� il Commissario dello Stato ritenne necessario 
impugnare tale legge per incostituzionalit� 
derivante dalla violazione dei limiti imposti alla 
po'test� legislativa complementare della Regione 
dall'art. 17, lett. e, dello Statuto. 

La difesa dello Stato sostenne: 

a) che non rientra nei principi generali cui 
s'informa la legislazione dello Stato fissare di autorit� 
l'orario di sportello degli istituti bancari; 

� b) non sussistono quelle condizioni particolari 
e quegli interessi propri della Regi�ne cui l'art. 17 
subordina l'esercizio della potest� legislativa complementare; 


c) l'imposizione in Sicilia di un orario diverso 
da quello praticato nelle altre regioni d'Italia 
avrebbe ripercussioni che andrebbero al di l� dell'ambito 
territoriale della R�gione; 

d) la legge offenderebbe un accordo bancario 
che riguarda l'orario spezzato il quale � frutto di 
laboriose trattative nazionali. 
� L'Alta Corte, con decisione 28 luglio 1950 (ined.) 

� accolse in pieno il ricorso del Commissario dello . 
Stato nel riflesso che la regolamentazione dell'orario 
di banca ha r.ipercussioni di portata nazionale. 

cc Nazionale � l'organizzazione; unitario ilsistema� 
le varie banche debbono funzion~re simultanea~ 
mente, apertura e chiusura debbono essere contemporanee, 
perch�, ad esempio, un assegno bancario 
presentato a qualunque banca nell'orario di 
apertura, possa essere subito pagato, accertandone 
la copertura presso la banca emittente >>. 

(J) Legislazione sociale, ecc. (art. 17, lett. /). Nella 
materia disciplinata dalla lett. /, dello 
art. 17, l'Alta Corte ha creduto dover comprendere 
il contenuto della legge regionale 22 dicembre 1948 
che istitui l'Ente siciliano per le case ai lavoratori 
persona giuridica di diritto pubblico, allo scopo d�. 
provvedere alla costruzione, nel territorio della 
Regione, di alloggi a tipo popolare da assegnare a 
lavoi;atori manuali salariati. Alla costruzione di 
tali case si. sarebbe provveduto in gran parte con 
somme stanziate sul bilancio regionale oltrech� col 
ricorso alle agevolazioni disposte con leggi dello 
Stato a favore dell'edilizia popolare. 
Contro tale legge il Commissario dello Stato proponeva 
impugnativa per motivi di illegittimit� 
costituzionale. 

La difesa dello Stato sostenne l'impugnativa 
sui seguenti principali argomenti: 

a) in primo luogo, l'ccedilizia popolare� non � 
una materia che rientri fra alcuna di quelle previste 
dagli articoli 14 e 17 dello Statuto; 

b) in secondo luogo la Regione non ha la potest� 
di creare persone giuridiche di qualunque ordine 
e meno che mai persone giuridiche pubbliche


, . ' ' 

ne vi e accenno a tale potest� nello Statuto della 
Sicilia che l'ammette solo per i comuni ed i consorzi 
dei comuni. 

Solo il Capo dello Stato pu� creare persone giuridiche 
(art. 12 O.O.); � 

c) in terzo luogo, vi � invasione nella sfera 
dei poteri normativi dello Stato per quanto attiene 
alle provvidenze statali a favore della edilizia 
popolare. 

L'Alta Corte pronunziando con sentenza 24 maggio 
1949(id.1949,185 e seg.) ritenne come si � detto, 
la competenza legislativa della Regione in materia 
ex art. 17, lettera /, dello Statuto :poich� la legislazione 
sociale comprende il regolamento di.tutte 
le provvidenze a favore dei lavoratori. 

Secondo l'Alta Corte, la Regione siciliana ben 
pu� creare persone giuridiche. Infatti, cc nel nostro 
ordinamento, le leggi nel creare persone giuridiche 
pubbliche operano funzionalmente al fine di rac



-191


cogliere un complesso di relazioni giuridiche in un 
centro di riferimento di norme e di unificare e concretare 
diritti, obblighi e potest� per il raggiungimento 
di fi,ni di pubblici interessi. 

�Da ci� deriva che nell'ambito della potest� 
normativa statutaria la Regione siciliana � legittimata 
a perseguire i suoi fi,ni anche avvalendosi di 
enti (persone giuridiche) la cui autonomia di gestione 
pu� apparire ... utile ed opportuna �. 

L'Alta Corte, infi,ne, non ritenne che la Regione 
avesse invaso la sfera dei poteri normativi dello 
Stato ma che si fosse limitata a far richiamo alle 
disposizioni di leggi statali in materia di provvidenze 
per l'edilizia popolare. 

Pertanto, l'Alta Corte respinse il ricorso. 

Devesi ancora ricordare che l'Alta Corte, con 
decisione 23 giugno 1950 (ined.) respinse il ricorso 
proposto dal Commissario dello Stato contro la 
legge regionale 4 maggio 1950 recante provvedimenti 
per la cooperazione. 

In contrasto con la difesa dello Stato che soste


neva che la materia della cooperazione ha carat


tere nazionale, non pu� non essere disciplinata che 

su scala nazionale ed � quindi sottratta alla pote


st� legislativa della Regione, l'Alta Corte credette 

far rientrare la legislazione cooperativistica nello 

ampio quadro della legislazione sociale e, cosi, 

riconobbe la competenza regionale in materia ex 

art. 17, lett. f dello Statuto. 

Non possiamo non rilevare, come questa tesi 

sembri un po' sforzata: non appare possibile infatti 

scorgere in un sistema di organizzazione economica 

(qual' � quello cooperativo) una fi.nalit� diretta di 

realizzare provvidenze di carattere sociale. 

LA COMPETENZA LEGISLATIVA DELLA REGIONE 

IN MATERI.A. DI TRIBUTI 

La materia in ordine alla quale � sorto il mag


gior numero di controversie fra lo Stato e la Regione 

�, indubbiamente, quella riguardante. l'esercizio 

della potest� legislativa della Regione siciliana in 

m3iteria di tributi. Anzi, pu� dirsi che in quasi 

tutte le controversie, l'aspetto fiscale � presente 

poich� spesso l'imposizione del tributo costituisce 

uno dei mezzi con cui la Regione cerca di raggiun


gere la realizzazione dei suoi fi,ni nelle attribuzioni 

riservatele dallo Statuto. 

Ma quali sono i limiti della potest� legislative 

della Regione, di cui � parola all'art. 26 dello 

Statuto~ 

N� l'art. 14 n� l'art. 17 dello Statuto che 

costituiscono la sedes materiae del campo della 

potest� legislativa della Regione fanno un qual


siasi accenno alla competenza legislativa in materia 

tributaria. 

Solo l'art. 26 ne parla, onde � d'uopo prendere 

a base tale norma statutaria per costruire, in rela


zione alle fi.nalit� generiche che ogni legislazione 

fi.scale si propone di raggiungere, un sistema il piu 

possibile organico in cui si debba ritener circo


scritta la compet~nza legislativa tributaria della 

Regione. 

Il principio sostenuto, nelle varie vertenze, dalla 

�ifesa dello Stato sembra, invero, il pi� aderente 

alla realt� della norma statutaria. Esso pu� 
riassumersi nei seguenti termini: 

Alla Regione siciliana spetta il potere legislativo 
di deliberare tributi propri, ma nessun trasferimento 
dello Stato alla Regione del potere d'imposizione 
e di disciplina dei tributi generali .erariali 
� mai avvenuto. 

Sommariamente accennando, indichiamo i principali 
argomenti su cui tale tesi si fonda: 

1� l'art. 36, primo comma dello Statuto siciliano 
che parla di tributi deliberati dalla Regione 
non accenna affatto ad un trasferimento della potest� 
legislativa in materia di tributi erariali, cio� 
propri dello Stato, alla Regione; 

2� tale trasferimento non � mai avvenuto, 
perch�, a tale scopo, sarebbe occorso il preventivo 
cc coordinamento con la fi,nanza dello Stato n, giusta 
l'art. 119 della Costituzione e non c'� stato 
nulla di tutto ci� n� ci poteva essere in sede di 
formazione di una legge costituzionale qual'� lo 
Statuto stesso; 

30 la disposizione dell'art. 36 relativa ai tributi 
deliberati dalla Regione devesi intendere riferita 
a quelli relativi ai servizi regionali, cio� ai tributi 
propri della Regione stessa, secondo l'espressione 
del citato art. 119 della Costituzione; 

40 non possono essere cc aeliberati dalla Re


gione n, tributi gi� esistenti perch� cc deliberati � 

dallo Stato; tanto meno, poi, i tributi non ancora 

esistenti. 

Il deliberare in materia significa possibilit� di 

sconvolgimento; cosa inammissibile di fronte ad 

una costituzione generale dello Stato che si preoc


cupa continuamente del mantenimento, dell'armo


nia dell'attivit� non solo fi.nanziaria ma anche 

amministrativa e di ogni natura della Regione 

con l'attivit� dello Stato (ved. art. 123 della 

Costituzione); 

� 5� la cc spettanza � dei tributi erariali alla Re


gione va intesa nel senso di una destinazione di 

proventi alla Regione stessa, com'� fatto palese 

anche dal disposto dell'art. 2 del decreto legisla


tivo 12 aprile 1948, n. 507 il quale -ben si noti 

-non parla di imposizione diretta dei tributi era


riali spettanti alla Regione, ma, soltanto, di riscos


sione dei medesimi da parte di quest'ultima. � 

I tributi erariali sono, quindi, � deliberati � sol


tanto dallo Stato. 

Diametralmente opposta �, naturalmente, la 

tesi sostenuta dalla difesa della Regione (1). 

Essa sostiene che ogni cc deliberazione >> riguar


dante i tributi � di esclusiva competenza della 

Regione. � 

Questa tesi si fonda sul presupposto che per 

l'assegnazione dei tributi alla Sicilia sia seguito 

il metodo cos� detto della separazione che importe


rebbe l'attribuzione alla Sicilia di una determinata 

cf!itegoria di tributi, sui quali la Regione acquiste-� 

rebbe la potest� pi� piena. Quei tributi cesserebbero 

di essere tributi dello Stato e diverrebbero tributi 

(1) Vedasi l'acute. monografia di SALVATORE ORLANDO 
CASOIO : Lo Statuto sfoiliano n�lla giurisprud�nza del 
l'Alta Oorte, cap. IV: La potest� tributaria� regionale 
ed i suoi limiti, in " Il Diritto pubblico della Regione 
siciliana>>, 1950, pag. 79 e segg. 

-192 


regionali e la Regione potrebbe emanare, per l� 
loro regolamentazione, norme giuridiche primarie. 
� Ma � chiaro che tale presupposto e le conseguenze 
che se ne vorrebbero trarre sono profondamente 
errate. 

Non � affatto vero, in primo luogo, che alla Regione 
siciliana lo Statuto abbia concesso certi 
tributi in modo esclusivo, di maniera che questi 
cessino di essere anche tributi erariali e che la Regione 
possa, sui medesimi, legiferare con norme 
giuridiche primarie. 

Nessuna disposizione dello Statuto autorizza 
una simile ardita interpretazione, ma anzi, il complesso 
delle norme statutarie la smentisce in 
pieno. 

Non l'autorizza l'art. 36 che parla di deliberazione, 
da parte della Regione, di tributi per il fabbisogno 
:finanziario della Regione stessa, �ma non 
dice affatto che una simile potest� deliberativa 
possa riguardare i tributi erariali n� tanto meno 
che escluda la potest� dello Stato in materia tributaria. 


Non l'art. 36 che esclude, precisamente, il metodo 
della separazione per confermare quello della 
quota (nei riguardi del reddito da attribuire agli 
stabilimenti ed impianti industriali esistenti nella 
Regione). 

Non, infine, l'art. 39 che stabilisce che� il regime 
doganale della Regione � di esclusiva competenza 
dello Stato. � Questo articolo � artificiosamente 
interpretato dalla difesa della Regione nel senso 
che la competenza tributaria dello Stato � limitata 
ai soli tributi doganali. 

� chiaro, invece, che tale disposizione significa 
che, in materia doganale, lo Stato ha potest� deliberativa 
ed amministrativa esclusiva, senza che la 
Regione possa, in alcun modo, interferirvi. 

L'interpretazione della Regione � -quasi ve 
ne sia bisogno -resistita dall'art. 2 del decreto 
legge 12 aprile 1948, n. 507, sulla cc disciplina dei 
rapporti finanziari fra lo Stato e la Regione siciliana 
� che parla di riscossione dei tributi da parte 
della Regione e non parla di attribuzione, n� tanto 
meno di attribuzione esclusiva di tributi erariall 
alla Regione. 

L'Alta Corte ha seguito in materia una vera e 
propria �via di mezzo � tra le due opposte teorie 
sopra enunciate. 

Essa ha precisato il suo pensiero, in proposito, 
nella fondamentale sentenza del 13 agosto 1948 
(pi� sopra citata, ibid 1949, pag. 67) con cui veniva 
respinto il ricorso proposto dal Commi~sario dello 
StatC! contro la legge regionale 16 giugno 1948, 
recante: �Norme per l'applicazione nel territorio 
della Regione siciliana del decreto legge 25 novembre 
1947, n. 1283, relativo all'istituzione di un'addizionale 
straordinaria alla I.G.E. �. 

L'Alto Consesso ritenne che l'espressione �tributi 
deliberati � di cui all'art. 36 vale ad affermare 
mia potest� della Regione di deliberare e cio� di 
legiferare nella materia delle imposte erariali ad 
elilsa assegnate. 

.. Per� tale potest� va coordinata con la potest� 
legislativa tributaria dello Stato che si esplica 
con efficacia obbligatoria anche nel territorio della 

Sicilia. �� questa un'esigenza di ordine politico e 
giuridico (cfr. pure art. 119 della Carta costituzionale) 
ed � in piena aderenza con il principio 
fondamentale enunciato nell'art. 1 dello Statuto 
per cui la Sicilia � costituita in regime autonomo 
entro la unit� politica dello Stato italiano, sulla 
base dei principi democratici ..... la potest� legisla" 
tiva della Regione non pu� essere esercitata in 
modo indipendente da quella dello Stato, ma in 
determinati limiti >>. Un primo limite che vale per 
tutte le leggi ordinarie, comprese quelle regionali, 
� dato dalle norme costituzionali. 

�Un secondo limite � costituito dai principi e 
dagli interessi generali cui s'informa la legislazione 
dello Stato (giusta l'espressione che leggesi nello 
art. 17 dello Statuto per la Sicilia). 

�Un terzo limite ha la sua base nella territorialit� 
del potere della Regione, la quale importa non solo 
che la legge regionale abbia efficacia entro i confini 
della Regione, ma che non debba turbare con le sue 
disposizioni gli interessi ed i rapporti tributari 
nel resto del territorio della Repubblica >>. 

Quest'ultimo limite, in una sentenza successiva 
venne chiarito nel senso che la legislazione tributaria 
regionale �non deve turbare con dirette ripercussioni 
i rapporti tributari nel territorio nazionale 
(sentenza 16 gennaio 1949 relativa alla legge regionale 
avente per oggetto la Istituzione� dell'Ente 
Case per i lavoratori (ibid, 1949 pag. 185) �. 

Venne, d'altra parte, precisato dall'Alta Corte 
che: �i limiti della legislazione siciliana in materia 
tributaria non sono gli stessi della materia della 
legislazione ex art. 17 dello Statuto. 

�In una direzione, essi sono pi� vasti perch� la 
legislazione tributaria non deve necessariamente 
tenere conto delle condizioni e degli interessi particolari 
della Regione. L'interesse tributario o che 
sia dello Stato o che sia della Regione � sempre quello 
di provvedere entrate -all'Ente pubblico. In un 
altro senso i limiti sono pi� ristretti perch� le leggi 
tributarie della Regione siciliana devono informarsi 

' 

in particolare, ai principi che si desumono dalle 
varie leggi tributarie dello Stato>> (decisione 5 aprile 
1950 sull'impugnativa della legge siciliana 4 marzo 
1950 recante agevolazioni fiscali alle cooperative 
agricole di produzione e lavoro di consumo.� 


L'Alta Corte, per�, non ha mancato di avvertire1 
nella sentenza del 20 luglio 1949-7 febbraio 1950 
(ibid 1950, pag. 180) relativa alla legge regional~ 
avente ad oggetto �agevolazioni tributarie per la 
emissione di obbligazioni per la societ� per azioni� 
che la indicazione di tali limiti si doveva considerare, 
in in un certo senso, provvisoria perch� i limiti 
definitivi saranno stabiliti in sede del necessario 
coordinamento della potest� tributaria della Regione 
con quella dello Stato, vigendo in atto un 
provvisorio coordinamento dato dal citato D. L. 
12 aprile 1948, n. 507. 

� Questi principi in tema di comp~tenza legisla-_ 
tiva della Regione siciliana nella materia tributaria 
vennero confermati ed applicati nelle successive 
decisioni dell'Alta Corte. 

Cosi nella citata sentenza del 16 gennaio 1949 
(Ente Case per i lavoratori) l'Alto Consesso dichia;




--193 


rava l'illegittimit� costituzionale della norma regionale 
con cui si stabiliva per l'Ente la totale esen. 
zione dall'imposta sull'entrata e dalla tassa proporzionale 
di registro perch� tali esenzioni sono in contrasto 
con i principi generali della legislazione tri


butaria dello Stato. 

Cos�, nella sentenza, pure del 16 gennaio-1� ot


tobre 1949 (Giur. Compl. Cass. 1949, vol. III, pa


gina 1222), relativa alla legge regionale avente ad 

oggetto �sgravi fiscali per nuove costruzioni edi


lizie n l'Alta Corte dichiar� l'illegittimit� costitu


zion!:J.le di alcune disposizioni della legge .o perch� 

<e per la loro estensione ed entit� producono effetti 

che possono turbare i rapporti tributari n (es. l'art. 3 

che assoggetta alla sola tassa fissa di registro i 

conferimenti in societ�) o perch� (come l'art. 5 che 

esenta dalla imposta generale sull'entrata i corri 

spettivi dagli appalti) e< non � conforme alle di


rettive generali della legisla.zione che soltanto. in 

situazioni eccezionalissime che non si verifi.cano nel 

caso in esame, ha concesso l'e.senzione totale.n. 

Importante �, poi, la pronuncia dell' Alt:;i, Corte 

in data 20 luglio 1949 (cit. da Salvatore Orlando, 

op. cit. pag. 79) relativa alla legge regionale avente 

ad oggetto �agevolazioni tributarie per l'emissione 

di obbligazioni delle societ� per azioni)), 

Venne dichiarata l'illegittimit� costituzionale 

della disposizione con cui la Regione prorogava, di 

due anni rispetto alla Sicilia la durata dell'esen


zione dall'imposta di ricchezza mobile.e dalleimpo


ste di registro. ed ipotecarie afferenti alle obbliga


zioni di cui al D. L. C. P. S. 28 novembre 1947, 

n. 1332, perch� tale norma era suscettibile di effetti 
pregiudizievoli nel campo creditizio ed obbligazionario 
fuori dei limiti del territorio siciliano. 
Analogamente, nella sua decisione del 17 marzo 

1950 (ined.) sull'impugnativa della legge regionale 

14 febbraio 1950 avente ad oggetto �provvedimenti 

per lo sviluppo delle industrie in Sicilia )) alcune 

disposizioni. (che, per brevit� non ricorderemo) 

furono dichiarate illegittime dal punto di vista 

costituzionale o perch� suscettibili di effetti 

dannosi fuori del territorio o perch� in contra


sto coi principi generali del sistema tributario 

statale. 

Per analoghi motivi venne dichiarata l'incosti


tuzionalit� di varie norme della legge regionale 

riguardante le � agevolazioni fiscali per i nuovi 

impianti industriali)) (decis. 25 ottobre 1950 (ibid, 

1950, pag. 183 ). 

Infine, merita di essere ricordata la decisione 

5 aprile 1950 dell'Alta Corte, sul ricorso contro la 

legge regionale recante � agevolazioni fiscali alle 

cooperative agricole, di� produzione e lavoro e di 

consumo )) pi� sopra citata. 

Questa legge tributaria fu, giustamente, dichiarata 
in toto illegittima dal punto di vista costituzionale 
perch� l'esenzione tributaria veniva concessa 
alle cooperative alla sola condizione che operassero 
nella Regione siciliana, ma non era sancito 
che la cooperativa operasse soltanto nella Regione 
siciliana il che rendeva possibile che delle eccezionali 
provvidenze fiscali siciliane si avvantaggiassero 
anche le cooperative operanti in tutto il territorio 
dello Stato.. 

LA RISCOSSIONE DEI TRIBUTI 

DA PARTE DELLA REGIONE SICILIANA 

In tale importante materia, in un certo senso 
accessoria di quella relativa allapotest� legislativa 
region�le nel campo tributario, l'Alta Corte si � 
pronunziata con la decisione 16 marzo 1950 (ined.) 
sul ricorso proposto dal Commissario dello Stat� 
contro la legge regionale 8 febbraio 1950 avente 
per oggetto �provvedimenti in materia di riscossione 
d'imposte dirette nella quale si ripetevano, 
con alcune modificazioni, le. disposizioni della legge 
statale 15 dicembre 1949, n. 944. �� 

La difesa dello Stato appoggiava il ricorso pro� 
posto dal Commissario sui seguenti principali argomenti: 
� 

a) la riscossione delle imposte dirette non 
rientra fra le materie elencate negli articoli 14, 
15 e� 17; la relativa attivit� amrriinistrativa deve 
svolgersi, pertanto, ai sensi dell'art. 2, secon.do le 
direttive del Governo dello Stato; � 

b) la competenza, in materia, della Regione 
non pu� desumersi dall'art. 36, poich� tale articolo 
riguarda sol� i trib�.ti deliberati dalla Regione medesima 
e d'altra parte, la disciplina provvisoria dei 
rapporti :finanziari fra lo Stato e la Regione disposta 
con il decreto legislativo 12 aprile 1948, n. 507, 
aveva lasciato immutato il carattere statale delle 
imposte temporaneamente attribuite alla Regione; 

c) infine, che, anche ad�� ammettere che la riscossione 
potesse considerarsi funzione trasferibile 
alla Regione, il trasferimento dovrebbe essere 
disposto con legge dello Stato, ai sensi della Disposizione 
transitoria VIII della Costituzione. 

L'Alta Corte, invece, ritenne che la potest� di 
riscossione compete alla Regione � oltre che come 
necessaria conseguenza della. potest� deliberativa 
in materia di .tributi riconosciuta dalla Regione 
medesima, p'er l'espressa disposizione dell'art~ 37 
dello Statuto, nonch� dell'art. 2 del decreto legis1a~ 
tivo 12 aprile 1948, n. 507, che stabilisce che la 
Regione siciliana riscuote direttamente le entrate di 
sua spettanza)), 

D'altra parte, l'Alta Corte ritenne infondata la 
eccezione relativa alla necessit� dell"emanazione 
di una particolare legge dello Stato per il passaggio 
della funzione di riscossione dei tributi, che si dovrebbe 
desumere dal secondo comma della Disposizione 
VIII della Costituzione, per il motivo che 
ritenne inapplicabile tale norma al sistema regionale 
siciliano gi� funzionante, in base a specifiche 
disposizioni legislative, al momento dell'entrata 
in vigore della Costituzione. � 

Perci� respinse il ricorso, per illegittimit� totale 
della legge, e lo accolse, invece, nei riguardi di 
alcune particol�ri disposizioni. � 

Non possiamo non manifestare il nostro dissenso 
in ordine ai principi enunciati dall'Alta Corte. 

Non sappiamo vedere come la potest� generica 
per la Regione di riscuotere le imposte erariali la 
si possa desumere dall'art. 37 dello Statuto. Questa 
norma sembra, invece, avvalorare 1~o'J)inione 
contraria perch� attribuisce aUa Regione la facolt�, 
di 'riscossione di una quota d'imposta per ipotesi 
particolare: reddito accertato per le imprese 
ind�striali e commerciali che hanno la sede cen




.,,...,. 194.,.....,. 


trale fuori -del territorio della Regione, ma che in 
essa hanno stabilimenti ed impianti. 

Per quanto poi riguarda l'art. 2 del decreto 
legi~lativo 12 aprile 1948, n. 507, sul regolamento 
provvisor�o, non si �pu�, in tale norma scorgere 
altro che una df!lega temporanea alla Regione (e 
senza pregiudizio di un futuro regolamento diverso 
fra 1� St�to e Regione, anche in ordine alla riscossione 
delle imposte) della funzione amministrativa 
di riscossione di tributi che, per quanto spettanti 
11lla Regione stessa, ritornano ad essere tributi 
erariali, 

�Per quanto, infine, concerne il secondo comma 
dell'art. VIII Disposizioni transitorie (passaggio 
delle funzioni statali alle regioni mediante leggi 
della Repubblica) non ci sembra concludente la 
affermazione deJl' Alta Corte che questa norma non 
si applica alla Regione siciliana gi� funzionante 
con disposizioni statutarie proprie anteriori alla 
Costituzione. 

Questo argomento potrebbe avere un certo valore 
se nello Statuto siciliano fosse contenuta qualche 
�norma speciale disciplinante, in mo�o particolare, 
il passaggio delle dette funzioni (non � tale 
l'art. 43 che parla di passaggio di uffeci e di personale, 
come ha ripetutamente riconosciuto lAlta 
Corte). Ma poich� cosi non �, la norma costituzionale 
della Disposizione VIII transitoria ha un valore 
di norma generale che deve essere applicata indistintamente 
a tutte le regioni. 

CONTENUTO E LIMITI 

DELLE FUNZIONI AMMINISTRATIVE ED ESECUTIVE 

DELLA REGIONE SICILIANA 

Esaminiamo �ora quali sono -secondo la tesi 
sostenuta dalla difesa dello Stato -il contenuto, 
l'estensione ed i limiti delle funzioni amministra-
tive ed esecutive spettanti ai competenti organi 
della Regione siciliana. 
� Evidentemente, l'art. 20 dello Statuto siciliano 
costituisce non solo la base di partenza per tali 
indagini, ma la chiave stessa di volta di tale costruzione 
giuridica. Vediamo quali principi� scaturi� 
scoho dall'esame di tale disposizione di legge. 

A) La prima parte del primo comma dell'art. 20 

stabilisce una connessione fra le funzioni legislative 

e le funzioni amministrative della Regione; per 

quelle materie per cui lAssemblea regionale ha 

potest� legislativa sia esclusiva che complementare, 

gli Organi del potere .esecutivo della Regione (Pre


sidentEl ed Assessori regionaU) svolgono le relative 

funzioni �secutive ed amministrative. 

Per�, a differenza del passaggio della potest� 

legislativa che � automatico, che avviene ipso jure 

con l'entrata in vigore dello Statuto siciliano, il 

trasferimento delle funzioni amministrative ed 

esecutive richiede, come presupposto essenziale, 

�l'intervento �di ulteriori disposizioni emanate dal 

potere legislativo dello Stato le quali stabiliscono 

i termini, i modi e le forme del trapasso delle fun


"ziohi amministrative dallo Stato alle Regioni. 

Questo principio � affermato, in linea generale, 

dall'art. VIII,, secondo comma delle Disposizioni 

transitorie della Costituzione che testualmente 
stabilisce che �leggi della Repubblica regolano per 
ogni ramo della pubblica Amministrazione il passaggio 
delle funzioni statali attribuite alla Regione�. 

Da ci� deriva, evidentemente, che fino a quando 
il trasferimento delle funzioni di cui trattasi alla 
Regione non abbia avuto luogo, le istituzioni relative 
a tali servizi rimangono propriet� dello Stato. 

La dottrina comune trova, giustamente, la con ferma 
di tale principio fondamentale in varie norme 
di legge. Cosi il decreto legislativo 7 maggio 
1948, n. 789, riguardante la materia dell'agricoltura, 
all'art. 1 stabilisce che �le attribuzioni del Ministero 
di agricoltura e foreste nel territorio della 
Regione siciliana sono esercitate dall'.Amministrazione 
regionale ai sensi e nei limiti dell'art. 20 dello 
Statuto della Regione >>. Aggiunge, poi, l'art. 2 
che gli uffici periferici del detto Ministero diventano 
organi dell'Amministrazione regionale. 

Lo stesso tenore df questa norma dimostra come 
essa abbia inteso operare il trasferimento alla Regione 
delle funzioni ed attribuzioni ministeriali, 
trasferimento che sarebbe stato inutile, se gi� avvenuto 
in forza dello Statuto. 

Del resto, la stessa Regione siciliana, emanando 
la legge 8 luglio 1948, n. 35, �ordinamento dei Servizi 
dell'Assessorato per l'agricoltura e le foreste>> 
ha riconosciuto che la legge statale di devoluzione 
delle funzioni ha carattere costitutivo ed � 
necessaria perch� avvenga il trasferimento dei 
poteri amministrativi. 

Importantissima �, poi, la disposizione di carat


tere generale contenuta nel primo comma dell'art. 3 

del decreto legislativo 12 aprile 1M8, n. 507, per 

cui cc fino a quando non sar� intervenuto il pas


saggio alla Reg'ione dei servizi ad essa spettante 

e del personale addettovi, lo Stato continuer� a 

provvedere, per conto della Regione, al pagamento 

delle spese relative >>. Il che lascia chiaramente 

intendere che, fino a quando il passaggio non � 

avvenuto, gli uffici rimangono statali ed il perso


nale resta alle dipendenze dello Stato. 

� facile intendere quali inconvenienti derive


rebbero dal negare il principio sopra esposto della 

neces~it� di leggi statali per l'effettivo passaggio di 

funzioni ed uffici amministrativi dallo Stato alla 

Regione. 

Si giungerebbe all'assurdo giuridico, logico e poli


tico che organi amministrativi regionali verrebbero 

ad esercitare controlli non solo sull'ordinamento, 

ma anche sul personale statale, e che si stabilirebbe 

una strana ed inammissibile gerarchia per cui fun


zionari dello Stato verrebbero a dipendere dagli 

organi della Regione e, per le loro funzioni statali, 

non allo Stato ma alla Regione dovrebbero rispondere. 

Come questo sia addirittura incostituzionale (per


ch� contrario ai principi fondamentali dell'unit� 

finanziaria dello Stato) in materia di controlli 

contabili, � facile intendere. 

Persino quegli scrittori che, come il VmGA (1) 

accettano con riserva il principio dena�nece~sit� dj 

un preventivo trasferimento dallo Stato allaRegione 

delle funzioni amministrative (perch� questa possa 

(1) La Regione, GrUFFR�, 1949,. pagine 122-123. 

9'&E�EfilG &q 

' ' 

-195 


esercitare le funzioni medesime) di fronte alla gravissima 
conseguenza dell'inevitabile soggezione di 
organi statali ad organi regionali, nel caso che certe 
'funzioni siano esercitate dalla Regione senza tale 
trasferimento, sono costretti ad ammettere che: 
�quegli atti amministrativi che presuppongono 
una relazione gerarchica fra l'organo che li emana 
e l'organo destinatario, come ad es. le circolari e 
gli atti di controllo non possono essere compiuti 
dagli organi regionali :finch� gli uffici ai quali gli 
atti stessi si rivolgono non siano passati alla dipendenza 
della Regione �. 

B) La seconda parte del primo comma dello 
art. 20 dello Statuto siciliano stabilisce che sulle 
altre materie non comprese negli articoli 14, 15 e 17, 
il presidente e gli assessori regionali � svolgono 
un'attivit� amministrativa secondo le direttive del 
Governo dello Stato �. 

� evidente, quindi, che non si tratta di un'atti


vit� propria della Regione (in un campo in cui essa 

difetta di potest� legislativa) ma di una attivit� di 

carattere statale. 

Si tratta di funzioni che lo Stato ha la facolt� 
� di conferire o di non conferire alla Regione. 
Gli organi esecutivi di questa svolgono un'attivit� 
amministrativa secondo le direttive, ecc. 

Questo non pu� significare altro che essi svolgono 

non tutta l'attivit� ma solo quelle che l'Autorit� 

statale ha creduto di attribuire loro. L'aver lo Sta


tuto impiegato l'articolo determinato una anzich� 

l'articolo indeterminato la fa chiaramente inten


dere la volont� del legislatore. Si � voluto circo


scrivere questa specie di attivit� amministrativa 

entro precisi limiti e cio� quelli che lo Stato inten


der� fissare, secondo le circostanze e per fini di 

opportunit� di decentramento puramente burocra


tico e non istituzionale. 

In altre parole, nella seconda parte del primo 

comma dell'art. 20 dello Statuto si stabilisce un 

programma di decentramento burocratico che sar� 

svolto secondo criteri che solo lo Stato potr� valu


tare e precisare, perch� tali funzioni interessano 

soltanto lo Stato. 

Questo chiaro principio trova conferma -quasi 

ve ne fosse bisogno -nella norma contenuta nel 

secondo comma dell'art. 2 del citato decreto legi


slativo 7 maggio 1948, n. 789. 

Dopo aver stabilito che Knulla � innovato per 

quanto riguarda la vigilanza e la tutela sugli enti 

od organismi a carattere nazionale o interregio


nale �, il detto articolo aggiunge: cc tuttavia nei 

confronti degli uffici di detti �nti od organismi 

esistenti in Sicilia l'.Amministrazione regionale po


tr� svolgere le funzioni amministrative di cui allo 

art. 20 dello Statuto della Regione siciliana secondo 

le direttive del Governo dello Stato >>. 

Dalle premesse considerazioni deriva che comun


que si voglia concepire l'attivit� amministrativa 

affidata agli organi esecutivi della Regione in ma


teria in cui questa difetta di potest� legislativa e, 

cio�, o come una delegazione di attivit� ammini


strativa dallo Stato alla Regione o, come noi rite


niamo, come una attivit� dello Stato, esercitata 

dalla Regione che funge come circoscrizione ammi


nistrativa statale ed i eui organi agiscono come 

organi dell' .Amministrazione dello Stato, le conseguenze 
pratiche e giuridiche non cambiano. In 
nessun caso si tratta di una potest� propria della 
Regione, cio� che sia, organicamente ed istituzionalmente, 
dell'ente Regione. La potest� � e rimane 
statale; soltanto il suo esercizio � affidato alla Regione. 
Il contenuto di tale attivit� � determinata 
dagli organi centrali dello Stato che possono restringerlo 
od anche sopprimerlo per esigenze di carattere 
statale. 

Tutto l'ordinamento burocratico statale di vigilanza 
e di controllo sia che si tratti. di controllo 
amministrativo, o controllo di legittimit�, resta, 
naturalmente in vigore; tutta la gerarchia burocratica 
continua a funzionare senza nessun cambiamento. 
L'Amministrazione centrale conserva integri 
i suoi poteri e l'esercizio dei medesimi per quanto 
riguarda gli uffici statali o interregionali in Sicilia 
nei riguardi dei quali, tuttavia, pu� essere esercitata 
cc un'attivit� amministrativa>> dal presidente 
e dagli assessori della Regione (quali funzionari 
dello Stato) secondo le direttive del Governo dello 
Stato. 

Una diversa opinione non � neppure, logicamente, 
concepibile tali e tanti sarebbero gli assurdi e le 
illegalit� anche di carattere costituzionale cui la 
sua adozione. darebbe luogo! 

Basta osservare che sarebbe davvero strano per 
non dire grottesco -che il Governo dello 
Stato potesse dare cc direttive>> al presidente ed agli 
assessori della Regione, ma che, d'altra parte, si 
dovessero -in materia di funzioni amministrative 
che, lo ripetiamo, sono statali, e nei confronti 
di uffici statali, ritenere non applicabili e come 
abrogate per la Sicilia, le leggi fondamentali sulla 
organizzazione amministrativa dello Stato! 

Dovrebbero perdere ogni efficacia per la Regione 
siciliana leggi basilari dello Stato, come quelle sull'ordinamento 
gerarchico, sulla tutela e vigilanza 
degli uffici di Stato, sulla.contabilit� generale dello 
Stato, ecc. 

Questi argomenti furono svolti dalla difesa dello 
Stato nell'importantissima vertenza originata dall'impugnativa 
proposta dalla Regione siciliana contro 
la legge, statale 15 maggio 1950, n. 119, concernente 
la proroga del funzionamento degli uffici 
regionali di riscontro del Tesoro e la continuazione 
delle funzioni attribuite agli uffici decentrati della 
Corte dei Conti fino al 30 giugno 1952. 

La Regione sosteneva che la legge impugnata 

� incostituzionale perch� essa non contiene solo 

un'estensione del termine di vita dei vecchi uffici, 

ma ne allarga la competenza e.d invade la sfera di 

attribuzioni degli organi di riscontro propri della 

Regione nonch� della Sezione di controllo della 

Corte dei Conti istituita per la Sicilia. 

Il Presidente della Regione rivendicava, inoltre, 

la competenza di controllo sull'amministrazione 

di fondi statali attribuitigli in base all'art. 20 dello 

Statuto. 

Per controbattere tale impugnativa si �rendeva, 

evidentemente, necessario compiere un esame circa 

la natura, il contenuto ed i limiti delle funzioni 

amministrative ed esecutive della Regfone ed il 

risultato di tale esame � quello pi� sopra esposto. 



ii ETill i

TF

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-196


In applicazione dei principi svolti, la difesa dello 

Stato sosteneva che spettano agli uffici statali 
nella Regione siciliana: 
a) la gestione dei servizi od uffici attual


mente statali ma che passeranno in prosieguo di 
tempo alla Regione (art. 4:'3 dello .Statuto), in quanto 
che si tratta di funzioni amministrative concernenti 
le materie di cui agli articoli 14, 15 e 17 
(art. 20, prima parte del primo comma); 

b) gestioni di pertinenza st~tale svolte dalla 
Regione con i propri organi in relazione alla seconda 
parte del primo comma dell'art. 20 dello Statuto 
(�una attivit� amministrativa secondo le direttive 
del Governo dello Stato�) ma con fondi del bilancio 
statale (e ci� per un duplice ordine di motivi: perch� 
si tratta di controllare l'impiego di fondi attinenti 
al bilancio dello Stato e perch� si tratta di 
controllar�' l'operato di coloro� che maneggiano 
fondi dello Stato); 

c) gestioni di esclusiva pertinenza statale e 
che lo Stato non potr� mai affidare alla Regione 
(servizi militari aella Giustizia, ecc.). . 

Spettano, invece alla Ragioneria regionale presso 
lAssessorato della Finanza in Sicilia i riscontri delle 
gestioni di esclusiva competenza del bilancio regionale 
ed impiegati regionali. � 

L'Alta Corte, pronunziando con sentenza del 
. 3 giugno 1950 (ined.) riconobbe la pienalegittimit� 
costituzionale della legge statale 15 marzo 1950, 

n. 119. 
Nella molto succinta motivazione l'Alta Corte 
si limit� ad osservare che la proroga di cui all'art. 1� 
della suddetta legge non riguardava affatto n� la 
gestione di f6ndi esclusivamente regionali n� quella 
attivit� amministrativa fatta secondo le direttive 
del Governo dello Stato di cui all'art. 20 dello 
Statuto. 

Per quanto, poi, riguarda l'estensione data dall'art. 
3 sui rendiconti e conti giudiziali del 194849, 
deve �ritenersi che questa riguarda solo la 
gestione di competenza statale e non quella di 
competenza regionale (per gli effetti del passaggio 
dei servizi e del personal� di cui all'art. 43 dello 
Statuto) e quelle che per l'art. 20 dello Statuto 
siano sotto la diretta gestione e responsabilit� del 

.. presidente e degli assessori regionali. 

LA LEGGE ELETTORALE REGIONALE 

Per concludere questa breve Rassegna, esaminiamo 
ora la decisione emessa dall'Alta Corte in 
data 16 marzo 1951 in ordine alla legge regionale 

siciliana 22 febbraio 1951 dal titolo: �Elezione dei 
deputati all'Assemblea regionale si eliana �. � 

Il Commissario dello Stato aveva impugnato 
questa legge per un motivo di carattere generale e 
per diciotto motivi di carattere particolare. 

Il motivo di carattere generale consisteva nella 
denuncia di illegittimit� costituzionale della legge 
in parola per violazione dell'art. 3 dello Statuto 
regionale siciliano: secondo tale articolo la Regione 
siciliana potrebbe soltanto, nell'esercizio della sua 
potest� legislativa in materia elettorale, limitarsi 
ad un semplice adattamento alla Regione siciliana 
dei principi indicati non solo nella Costituzione.della 
Repubblica, ma anche nelle leggi app:i;ovate dalla 
Costituente e regolanti la materia delle elezioni 
politiche nel territorio dello Stato, leggi poi riunite 
in Testo Unico. 

Con la sopraindicata decisione l'Alta Corte ha 
affermato che � tutto ci� che attiene direttamente 
alla materia elettorale � competenza regionale �. 
Tuttavia, l'Alta Corte si � praticamente astenuta 
dall'esaminare a fondo il motivo principale e. generico 
di illegittimit� costituzionale dedotto dal Commissario 
dello Stato, rilevando che le leggi contenenti 
norme in materia di elezioni politiche, alle 
quali secondo il Commissario dello Stato dovrebb~ 
attenersi la Regione nell'esercizio della sua potest� 
legislativa in materia, contengono in sostanza i 
principi della Costituzione sull'elettorato ((adattati 
alle specifiche elezioni dei deputati e dei senatori, 
cosi come la legge regionale adatta gli stessi principi 
alle elezioni dei deputati regionali�. � 

Come si vede, la questione di fondo sollevata 
dal Commissario dello Stato, circa l'obbligo o meno 
della Regione di rispettare, oltre che i principi stabiliti 
nella Costituzione, anche quei principi, eventualmente 
diversi, contenuti nelle leggi in materia 
di elezioni politiche emanate dalla Costituente, non 

� stata decisa, essendosi escluso in fatto che 
sussistesse una diversit� tra i principi sopra 
indicati. 

Nella decisione in esame, tuttavia, l'Alta Corte 
ha accolto alcuni dei motivi particolari di impugnazione 
sollevati dal Commissario dello Stato, tra i 
quali il pi� importante � quello che denuncia la 
illegittimit� costituzionale dell'art. 64 relativo alla 
immunit� parlamentare dei deputati regionali. 

CESARE ARIAS 

AVVOCATO DELLO STATO 



NOTE DI DOTTRINA 


FRAGOLA : Giustizia amministrativa nelle controversie 
doganali. �Foro ltal. � 1951, vol. III, 191. 

Nota di commento alla decisione 28 aprile 1950, 

n. 235 della IV Sezione del Consiglio di Stato -
Manetti e Roberts contro Finanze -, la quale 
confermava il carattere giurisdizionale del provvedimento 
del Ministro per le Finanze in materia 
di controversie doganali, a sensi del T.U. 9 aprile 
1911, n. 350; con la conseguente limitazione della 
impugnativa, a sensi dell'art. 26, ultimo comma, 
T. U. sul Consiglio di Stato, ai soli casi di incompetenza 
o eccesso di potere (in via a'Ssoluta). 
L'.A~ dichiara di dissentire dalla dottrina e 
dalla giurisprudenza dominanti, circa l'esattezza 
dei suesposti principi. .All'uopo egli premette un 
excursus attraverso la pi� autorevole dottrina, 
citando le opinioni di BoRSI �(Giustizia amministrativa, 
(( Cedam �, 1930, pag.154), secondo il quale 
la norma dell'art. 26 in parola sarebbe causata dall'importanza 
tradizionalmente riconosciuta alle 
materie doganali e di leva, per la sicurezza finanziaria 
e militare dello Stato; di D'.ALESSIO (Istituzione 
diritto dmministrativo italiano, �U.T.E.T. �; 
1934, pag.�365) secondo il quale la natura giurisdizionale 
del provvedimento del 'Ministro mal si 
conformerebbe col principio dell'impugnabilit� al 
Consiglio di Stato, concessa solo per atti amministrativi 
(vedi per�, dello stesso D'.Alessio, la 1a 
edizione delle Istituzioni, vol. II, pag. 415, dove 
si conclude per� il carattere giurisdizionale della 
decisione ministeriale); di MORTARA (Commentario 
3a edizione, vol. I, nn. 456, 464 e 466) il quale 
ammette trattarsi di provvedimento di natura 
giurisdizionale, sia pure singolare; e facendo riferimento, 
infine, a� due lavori monografici del 
RAGNISCO (Scritti in onore di Santi Romano, vol. II, 
pag. 458, e << Rivista diritto � pubblico �, 1942, 
vol. I, pag. 135) peraltro a carattere non dogmatico. 


Compiuta tale rassegna dottrinale, il Fragola 
osserva che la legge non attribuisce espressa�mente 
al Ministro la qualit� di giudice. Ed in mancanza di 
attribuzione espressa, non pu� seguirsi, secondo l'.A., 
la teoria del Ragnisco, ilquale ritiene che il carattere 

� giurisdizionale vada desunto da due elementi: 
a) previo parere di un corpo consultivo; 
b) dizione della legge, che dichiara inoppugna


bile o definitiva la decisione ministeriale. 

Per quanto riguarda il primo elemento, osserva il 
Fragola che il parere obbligatorio su di una determinata 
controversia non trasforma la decisione 
adottata in pronuncia giurisdizionale. Per quanto 

riguarda il secondo elemento, l'.A. osserva che 
(( definitivit� � sta a significare soltanto non impu,gnabilit� 
in via gerarchica; espressione, peraltro, 
pleonastica nella specie, in quanto si tratta di 
provvedimento ministeriale, definitivo per sua natura; 
e (tnche l'espressione cc inoppugnabilit�� si 
riferisce solo a motivi di merito, non a quelli di 
legittimit�; comunque, oggi, illpresenza dell'art.113 
della Costituzione, qu�lsiasi limitazione del genere 
sarebbe da ritenersi inammissibile; 

.A rincalzo di siffatte argomentazioni, l'.A. soggiunge, 
poi, che il principio della divisione dei 
poteri impedisce di ipotizzare la figura del ministrogiudice, 
per la eontaminatio che verrebbe a 
crearsi tra i due ordini, quello giudiziario e quello 
amministrativo. Ed inoltre, sempre secondo il Fragola, 
osterebbe alla qualificazione dogmatica del 
ministro-giudice cc lo scarso credito che ha presso 
di noi il procedimento dei ricorsi amministrativi ed 
in particolare del ricorso gerarchico >>. Ricorso, 
quest'ultimo, esperito dai cittadini pi� per ott�nere 
un provvedimento definitivo da impugnare poi al 
Consiglio di Stato, che per in.ti.ma convinzione 
della sua pratica opportunit�. 

Alla stregua di siffatti principi, ilFragola afferma 
che il ricorso al Ministro per le Finanze, in materia 
di qualificazioni di merci, � un ricorso gerarchico 
improprio. Conseguentemente, il cittadino che si 
ritenga leso nel suo interesse legittimo, dovrebbe 
potere impugnare il provvedimento ministeriale 
avanti al Consiglio di Stato per motivi di legittimit�, 
cio� incompeteJfza ed eccesso di potere; 
nell'ampio concetto di tale ultimo vizio, secondo 
l'.A., dovrebbe rientrare anche l'ipotesi di violazione 
di legge. 

Ma a questo punto, rileva l'.A., si � verificato un 
singolare processa di incrostazione dottrinale e 
giurisdizionaie. � 

Nel silenzio della legge, scrittori e giudici hanno 
ritenuto che l'espressione <<incompetenza ed eccesso 
di potere>> contenuta nel terzo comma dello 
art. 22 del T.U. 17 agosto 1907, n. 638, sul Consi� 
glio di Stato (riprodotto nel secondo comma dell'art. 
26 del vigente T. U.) debba essere unificata 
sotto il paradigma dell'incompetenza assoluta; laddove, 
poi, gli stessi scrittori e giudici mantengono 
ontol�gicamente separate le medesime espressioni 
e( incompetenza ed eccesso di potere �, contenute 
nel primo comma dei citati articoli. Tllterpretazione 
aberrante, secondo l'.A., in quanto sig:ri�ficherebbe 
esclusione di ogni ricorso perch� � ben 
raro che in controversie doganali il Ministro pronunci 
su materia sottratta alla sua competenza. 



-198 


Ooncludendo, I'A; auspica una revisione della 
dottrina e della giurisprudenza dominanti, nel 
senso di riconoscere la natura amministrativa 
delle decisioni ministeriali in questione, con la 
conseguente loro piena impugnabilit� avanti al 
Oonsiglio di Stato, anche per eccesso di potere in 
senso stretto (detourn�ment), e con esclusione del 
ricorso alla Oassazione e di ogni altra azione avanti 
ai tribunali ordinari. 
, 1. Non si pu� che esprimere il pi� netto dissenso 
nei confronti della nota del Fragola sulla delicata 
questione. � 

Si pu� rilevare, anzitutto, che la stessa doglianza 
che il Fragola muove alla dottrina e giurisprudenza 
dominanti, circa la figura del ministro-giudice, doglianza, 
cio�, di apoditticit� delle conclusioni, in 
contrasto col silenzio della legge, pu� agevolmente 
ritorcersi contro l'A. Questi, infatti, si limita ad 
affermare, sic et simpliciter che il ricorso al Ministro 
in tema di controversie doganali � un ricorso gerarchico 
improprio, rna non d� alcuna motivazione di 
tale assunto. 

Ora una critica alla teoria tradizionale impostata 

�su basi dogmatiche, quale l'A. si proponeva, avrebbe 
dovuto, quanto meno, avere dalla sua parte il 
medesimo peso di argomentazioni che militano a 
favore della concezione opposta. Giover� pertanto, 
qui di seguito, soffermarsi a dimostrare come la 
opinione del chiaro autore sia, quanto meno, fortemente 
discutibile e comunque non sorretta da alcuna 
seria argomentazione. 

2. Ohe le giurisdizioni speciali possano sussistere 
anche fuori dell'ordinamento giudiziario, 
ordinario od amministrativo, non sembra possa 
revocarsi in dubbio. O'�, anzi, lo scopo per cui, 
nella passata e anche nella recente legislazione, 
furono creati degli organi giurisdizionali speciali 
fu ravvisato proprio nell'esigenza di chiamare a 
decidere determinate controversie, di natura squisitamente 
tecnica, elementi i quali, per le funzioni 
normalmente esercitate, fossero pi� qualificati che 
non i giudici ordinari, privi di regola, dei requisiti 
di specializzazione. I componenti di siffatte giurisdizioni, 
pertanto, il pi� delle volte venivano tratti 
del tutto fuori dei quadri dei giudici ordinari comprendendosi 
in questi anche i giudici amministrativi 
ordinari -e precisamente dai rami d,ella 
Amministrazione attiva o di determinate categorie 
di cittadini, aventi particolare conoscenza delle 
materie in contestazione. 
N� mai alcuno ebbe a dubitare che, per ci� solo, 
mancassero in siffatti organi decidenti i requisiti 
idonei a qualificarli veri e propri giudici speciali. 

D'altra parte, per la concreta sussistenza della 
funzione giurisdizionale, non fu mai richiesto alcun 
requisito soggettivo, ma si guard�, piuttosto, alla 
intrinseca natura della funZione esercitata, per valutare 
se questa fosse giurisdizionale o amministrativa 
(CHIOVENDA: Principi di diritto o di procedura 

43

civile, edizione, pag. 293). Conseguentemente, 
la dottrina pi� autorevole anche oggi pone i seguenti 
requisiti per ravvisare l'esistenza della giurisdizione: 

a) l'esistenza di una controversia intorno a 

un diritto o ad un interesse legittimo; 

b) l'esistenza di un giudice indipendente; 

c) l'esistenza del contradditorio delle parti; 

d) un procedimento che termini con una pronuncia 
definitiva (VITTA : Diritto amministrativo, 
1940, voi. II, pag. 409). 


Orbene, se si applicano siffatti criteri alle fattispecie 
in questione, si i;iscontrer�;� che tutti i requisiti 
richiesti sussistono. 


Per quanto riguarda il requisito sostanziale della 
esistenza di una controversia, esso consiste nella 
divergenza di opinione, di interpretazione e di 
interessi tra le due parti: amministrazione e privato. 
Oosi, per rimanere nel campo doganale, la 
divergenza consister� nell'applicazione di una o 
altra voce della tariffa, in relazione alla qualificazione 
della merce importata; e, nel campo della 
leva militare (l'altra ipotesi di ministro-giudice 
regolata dal T.U. sul Consiglio di Stato), la divergenza 
vertir� sull'operato dei commissari di leva, 
in relazione alle loro decisioni circa il reclutamento 
degli iscritti. 


N� meno reale � l'esistenza del primo dei requisiti 
c. d. formali; cio� l'esistenza di un giudice indipendente. 
Alla facile critica che il Ministro non 
potrebbe essere imparziale, per essere egli il ca,po 
dell'Amministrazione che contende col privato, si 
pu� fondatamente replicare: 

a) l'indipendenza va intesa nel senso di garantire 
l'obbiettivit� del giudizio, al di fuori di ogni 
influenza superiore sul giudice; timore, codesto, 

� non ravvisabile nelle ipotesi predette, in quanto, 
proprio perch� il Ministro � al vertice della gerarchia 
nell'Amministrazione, non sono da ipotizzarsi 
interventi diretti ad influenzare la sua decisione; 

b) a parte ci�, l'obbiettivit� di giudizio � garantita 
dal previo parere degli speciali corpi consultivi 
che assistono il Ministro; e p.recisamente, il Collegio 
dei periti doganali (art. 5 del T.U. 9 aprile 1911, 

n. 330} e, in materia di leva, la Commissione consultiva 
d'appello (art. 37 T. U. 24 febbraio 1938, 
n. 329): corpi consultivi entrambi composti di 
membri assolutamente scevri, per le funzioni normalmente 
esercitate, da qualsiasi possibile parzialit� 
di giudizio ..E se � vero che il parere di tali 
Collegi non �, giuridicamente, vincolante, sarebbe 
ingenuo sostenere che esso non sia, per�, di fatto, 
vincolante per i Ministri. 
N�, infine, sussiste alcun dubbio circa l'esistenza 
dei due ultimi requisiti forma,li, contraddittorio 
procedimento predeterminato per legge, in quanto 
tali requisiti risultano da tutto il complesso delle 
leggi speciali in materia. 

In conclusione, pu� affermarsi con tranquillante 
sicurezza che le due ipotesi esaminate contempl51no 
vere e proprie decisioni di decisioni di giurisdizioni 
speciali, e non decisioni amministrative su 
ricorsi gerarchici. Ad escludere siffatto rimedio 
amministrativo, gioyer� forse considerare un ultimo 
argomento, di carattere negativo e formale, ma 
non meno importante dei requisiti positivi dianzi 
esaminati. Con la codificazfone, se cosi pu� dirsi, 
delle norme sul ricorso gerarchico co"i1tenuta _neUo _ 
art. 5 della legge comunale e provinciale, � stato, � 
com'� noto, fissato il termine perentorio di 30 giorni 
per l'ammissibilit� di siffatto rimedio. Orbene, il 
termine per ricorrere, nelle ipotesi che ne occupano, 
ai Ministri interessati � ben diverso: 15 giorni in 


-199


materia doganale (art. 3 T. U. 1911); 90 giorni in 
materia di leva (art. 37 T. U.1938). E se, per quanto 
riguarda il ricorso al Ministro per le Finanze, il 
� T. U. che lo disciplina � anteriore alla legge comunale 
e provinciale, di guisa che l'argomento potrebbe 
anche apparire irrilevante, per quanto riguarda, 
invece, il ricorso in materia di leva, scientelnente 
il legislatore nel 1938 fiss� un termine diyerso da 
quello dei 30 giorni previsto dall'art. 5 citato; 
evidentemente, con ci� egli intese riconfermare 
che si era fuori del campo dei ricorsi gerarch,ici. 
� da rilevarsi, infine che, anche di recente, vigente 
Ja nuova Costituzione, le Sezioni Unite 
hanno ipotizzato la figura del ministro-giudice, non 
ravvisando alcuna difficolt� ontologica all'affermazione 
del principio (Sezioni Unite 5 agosto 1948, 

n. 1384, Societ� Bombrini-Parodi-Delfino contro 
Ministero Difesa-Esercito, in � Giur. Completa 
Cass. Civile n, 1948, voi. III, pag. 220, ed in 
questa cc Rassegna n, 1948, fase. 10, pag. 14). 
3. Ci� premesso, giover� ora esaminare se la 
norma del secondo comma dell'art. 26 del T. U. sul 
Consiglio di Stato sia compatibile col nuovo assetto 
costituzionale dello Stato. Non pare difficile, in 
.proposito, dimostrare come la norma stessa debba 
ritenersi tacitamente abrogata dall'art. 111 della, 
Costituzione. 
Com'� noto, tale disposizione costituzionale stabilisce, 
nel secondo comma: 

cc Contro le sentenze e contro i provvedimenti 
sulla libert� personale, pronunciati dagli organi 
giurisdizionali ordinari o speciali � sempre ammesso 
ricorso in Cassazione per violazione di legge ... �. 

Ed � noto, altresi, come nelle prime pratiche 
applicazioni, tale precetto costituzionale sia stato 
oggetto di diverse interpretazioni. 

In una delle prime decisioni, in materia, la Corte 
Supr.ema, fondandosi su di un'interpretazione letteralistica 
della norma in parola, ebbe ad escluderne 
l'applicazione fuori dal campo strettamente 

. penale. 
La Corte, in altri termini, sostenne che 
l'espressione cc Sentenze e provvedimenti sulla libert� 
personale n dovesse essere intesa nel suo complesso, 
di guisa che anche la parola � sentenza � 
fosse da considerarsi collegata all'espressione �sulla 
libert� personale'' (Cass. Sez. Unite 14 luglio 1948, 

n. 1144, in cc Foro Ital. n, 1948, voi. I, pag. 721). 
Ma con successiva pronuncia, le Sez. Unite esaminavano 
funditus il problema, ponendo le basi 
per tutta la giuris:prudenza successiva. In tale 
Jecisione (Sez. Unite 9 aprile 1949, n. 838, in� Giur. 
Compl. Cass. Civ. ,>, 1949, vol. I, pag. 225), la Corte 
ebbe ad affermare, fondandosi anche sui lavori 
preparatori della Costituzione, che la norma dello 
art. 111 si applica, indistintamente, a tutte le giurisdizioni 
speciali; che essa ha immediato carattere 
precettivo e non programmatico; e che, conseguentemete, 
essa innova alle leggi anteriori che 
eventualmente vi contrastino. 

In dottrina, peraltro, non manc� qualche voce 
difforme, in relazione all'efficacia temporale della 
norma, che venne ricollegata alla VI Disposizione 
transitoria della Costituzione. 

Cosi il LESSONA: La funzione giurisdizionale, nel 
c� Commentario sistematico alla Costituzione ita


liana n, diretto da Calamandrei e Levi, edizione 
Barbera, 1950, voi. II, pag. 221) si pone il problema 
se la norma dell'art. 111 della Costituzione non 
abbia solo un valore transitorio, dato che l'art. 102 
sancisce il divieto di istituire giudici straordinari 

o speciali. 
In altre parole, I'A. si domanda se l''art. 111 
non si debba applicare unicamente alle giurisdizioni 
speciali attualmente esistenti (esclusi il 
Consiglio di Stato, la Corte dei Conti e i Tribunali 
militari) e destinati ad essere sottoposti a revisione 
entro cinque anni, a mente proprio della VI Disposizione 
transitoria della Costituzione. 

L'Autore, tuttavia, risponde al quesito affermando 
che l'art. 111 ha valore potenziale destinato 
ad avere effetto concreto se ed in quanto se 
ne presenti la necessit�, cio� allorch�, per avventura, 
malgr�do la rev�sione imposta dalla VI Disposizione 
transitoria, qualche giurisdizione speciale 
abbia a rimanere esistente. Per quanto riguarda, 
inve�e, la presente fase transitoria, l'art. 111, 
secondo l'A., sarebbe privo di contenuto concreto 
e lascerebbe immutati i mezzi di impugnazione 
attualmente concessi dalle leggi ordinarie contro 
le sentenze delle giurisdizioni speciali. 

Viceversa, il MORTATI (Il ricorso in Cassazione � 
contro le sentenze delle giurisdizioni speciali, in nota 
alla citata sentenza delle Sez. Unite n. 838 del 1949, 
in cc Giur. Compl. Cass. Civile�, 1949, voi. I, pag. 230 
segg.) adottata un'interpretazione pi� aderente 
all'economia della norma. Se al legislatore � fatto 
obbligo -osserva il Mortati -di sopprimere le 
giurisdizioni speciali esistenti, diverse da quelle 
espressamente mantenute in vita dalla Costituzione, 
se al legislatore � fatto divieto di istituirne 
di nuove, la norma dell'art. 111.non avrebbe alcun 
valore pratico; perch�, al di l� dei cinque anni consentiti 
dalla VI Disposizione transitoria mancherebbero 
addirittura i giudici, le cui sentenze potrebbero. 
impugnarsi alla Corte Suprema in applicazione 
dell'art. 111. Se questo pu� avere uno scopo, 
esso va ricercato nella sua applicabilit� immediata, 
relativamente alle decisioni degli organi di giurisdizione 
speciale attualmente esistenti. 

Tale tesi, come ognuno vede, � quella adottata 

dalla Cassazione nella sentenza annotata dal Mor


tati; ed � quella che, comunque, attribuisce imme


diata efficacia precettiva all'art. 111, quali che 

siano le sorti delle varie giurisdizioni speciali al 

termine dei cinque anni. 

La Corte Suprema, come si accennava dianzi, 
ha avuto a confermare l'indirizzo assunto con la 
fondamentale sentenza del 1949, si che ilprincipio 
pu� �considerarsi ormai ius reeeptum (Cass. 14 luglio 
1950, n. 1899, in �Mass. Foro It. n, 1950, 
col. 391; Cass. 23 dicembre 1950, n. 2813, ivi, col. 
576; Cass. 16 giugno 1951, n. 1582, in cc Mass. Giur. 
Ital n, 1951, col 443). 

Sulla scorta di tale indirizzo, non sembra dubbio 

che l'art. 26, secondo comma T. U. sul Consiglio 

di Stato debba ritenersi implicitamente abrogato 

dall'art. 111 della Costituzione. �� . _ 

Invero, se per il passato la norma in parola poteva 
sussistere malgrado la legge del 1877 sui conflitti 
(e l'art. 362 Codice procedura civile) in quanto 
tutte le suddette leggi avevano la medesima� effe




-200


cacia qualitativa (si confrontino, sul problema della 
gerarchia delle fonti normative, gli studidello ZANOBINI: 
La gerarchia deUe fonti nel nuovo ordinamento. 
in �Commentario sistematico alla Costituzione �, 
citato, voi. I, pag. 47, e La potest� regolamentare 
e le norme della Costituzione, in �Rivista trimestrale 
di Diritto pubblico �, 1951, pag. 553), oggi tale 
sussistenza non pu� ulteriormente permanere, 
dato il carattere di �super-legge>> precettiva rivestito 
dall'art. 111 della Costituzione. 

Sul problema specifico ha gi� avrito ad esprimere 
la sua autorevole opinione l'AzzARITI (La nuova 
Costituzione e le leggi anteriori, in �Foro Ital. �, 
1948, voi. IV, pag. 81) il quale, pur non prendendo 
posizione sulla questione se i provvedimeni ministeriali 
in materia di leva e di dogana abbiano natura 
amministrativa o giurisdizionale, tuttavia, per 
entrambe le ipotesi, ritiene che debbano trovare 
immediata applicazione le norme della Costituzione; 
vale a dire, nel caso si voglia ritenere il carattere 
amministrativo dei provvedimenti in parola, il ricors� 
al Consiglio di Stato (art. 113 Costituzione) 
dovrebbe essere esteso anche al vizio di violazione 
di legge; viceversa, nel caso si voglia ritenere il 
carattere giurisdizionale dei provvedimenti stessi, 
il ricorso dovrebbe essere proposto non pi� al Consiglio 
di Stato, bensi alle Sezioni Unite della Corte 
di Cassazione, in ossequio all'art. 111. 

E poich�, per ci� che dianzi si � esposto, non 
sembra seriamente contestabile la natura giurisdizionale 
dei provvedimenti ministeriali in materia 
di leva e di dogana, devesi concludere, -appunto, 
per l'abrogazione implicita della norma dell'art. 26, 
secondo comma, T. U. sul Consiglio di Stato e per 
la devoluzione dei relativi ricorsialla Corte Suprema 
di Cassazione~ 

4. D'altra parte, il ricorso alla Corte Suprema 
a sensi dell'art. 111, nelle materie in argomento, 
appare pienamente ammissibile anche avuto riguardo 
all'oggetto dedotto in giudizio. 
� A tal fine, giova osservare che la Costituzione, 

disciplinando la delicata materia dei rapporti tra 

privato e Pubblica .Amministrazione non ha inteso 

decampare dei principi fondamentali, �rmai quasi 

secolari sul contenzios� amministrativo. Ne sono 

riprova gli articoli 24, 103 e 113 della Costituzione 

medesima, laddove si dettano norme per la tutela 

dei diritti e degli interessi dei singoli di fronte alla 

Pubblica.Amministrazione; norme strettamente col


legate alla legge sul contenzioso del 1865 ed a quelle 

successive sui conflitti e sul Consiglio di Stato. 

Ci� posto, anche in costanza della nuova Costi


tuzione, anzi, per esplicita conferma della stessa, 

continuano a trovare piena applicazione le norme 

fondamentali poste, in materia di discriminazione 

di competenza, dall'art. 2 della legge sul conten


zioso, vale a dire: esistenza di un diritto soggettivo 

per la competenza di un'interesse legittimo per la 

competenza delle giurisdizioni amministrative (sal


vo le note eccezioni). 

Orbene, allorch� l'art. 111 della Costituzione 
ammette il ricorso alla Corte di Cassazione perviolazione 
di legge contro le sentenze dei giudici speciali, 
non prescinde dal considerare che in tanto 
pu� essere ammesso il ricorso, in quanto vi sia un 

diritto soggettivo tutelabile. Ch� setale diritto non 
sussista, il ricorso per violazione di legge non pu� 
essere ammesso, senza che si cancelli l'art. 2 della 
legge sul contenzioso. 

Ma, in tema di controversie doganali e di leva 
militare, si verte proprio in tema di diritti soggettivi. 
Per quanto riguarda, invero, la qualificazione 
delle merci, � evidente che l'applicazione 
di una piuttosto che di altra voce della tariffa 
doganale importa l'incidenza maggiore o minore 
delle imposte doganali ci� che importa, a sua volta, 
l'attinenza ad un diritto patrimonale e del privato. 

E se tale conclusione � ovvia in materia doganale, 
ancora pi� evidente essa � in materia di leva militare, 
dove la decisione ministerial� attiene ed incide 
su di un diritto personale del privato. 

Questi, pertanto; allorch� si pretenda leso dalla 
decisione ministeriale in materia di dogana o di 
leva, deduce in giudizio diritti soggettivi perfetti, 
tutelabili, col ricorso per violazione di legge, avanti 
alla Corte Suprema di Cassazione. 

Vero � che una recente pronuncia delle Sezioni 
Unite (13 luglio 1951, n. 1948, in �Mass. Giur. 
Ital. �, 1951, col 538). in tema di impugnazione di 
pronuncie del Tribunale Superiore delle Acque 
Pubbliche nelle materie di cui all'art. 143 del T. U. 
del 1933 (cio� relative a interessilegittimi) ha escluso 
ogni discriminazione tra diritti soggettivi e interessi 
legittimi ai fini dell'impugnazione ex art. 111 
della Costituzione; ma la questione merita di essere 
approfondita, per le conseguenze cui pu� dar luogo, 
e la soluzione test� accolta non pu� considerarsi 
definitiva. Comunque, tale soluzione non incide 
menomamente s�l problema in esame, in quanto, 
come si � detto, trattasi di diritti perfetti, tutelabili, 
in ultimo grado, avanti alla Corte di Cassazione 
secondo i principi tradizionali. 

5. In conclusione: la delicata questione esaminata 
dal Fragola, se pur poteva dar luogo a taluni 
dubbi interpretativi circa la competenza del Consiglio 
diStato,anteriormenteall'entratain vigore della 
Costituzione, non pu�, oggi, essere altrimenti risolta 
se non alla stregua della Costituzione mede-sima. 
Posta, cio�, la natura giurisdizionaledei provvedimenti 
ministeriali in tema di leva e di dogana, 
posta la concreta titolarit� nel privato di un diritto 
soggettivo perfetto nelle materie in questione, non 
pu� non applicarsi l'art. 111, secondo comma, d�Jla 
Costituzione, sostituendosi in tal guisa, al controllo 
meramente estrinseco del Consiglio di Stato sui 
provvedimenti stessi, ilcontrollo intrinseco -comprendente 
anche la violazione di legge -della 
Corte Suprema di Cassazione. 


M. SAVARESE 
A. 
PESENTI: Della natura e della sistemazione giuridica 
di alcune contribuzioni che nascono da11a 
disciplina dei prezzi. �Studi parmensi �, 1950. 
L'interessante studio del prof. Pesenti-ha 
lo scopo di esaminare la essenza e la natura, 
dal punto di vista :finanziario e giuridico, di 
alcune contribuzioni imposte, sotto varia� denominazione, 
per la perequazione del prezzo di 



-201


alcune merci o prodotti. Con acuta disamina 
del fenomeno l'A. spiega come si pervenne 
all'istituzione delle casse o fondi conguaglio, che 
ebbero appunto lo scopo di consentire, per 
alcune merci, la fissazione di un prezzo unitario 
per tutto il territorio dello Stato ed inferiore 
al costo delle imprese marginali. Premessa la 
necessit�. di non privare il mercato nazionale di 
tutta la quantit�. producibile di un dato bene, 
al fine di impedire che le imprese, le quali producevano 
a costi pi� elevati, fossero indotte o 
costrette a sospendere la produzione, lo Stato, 
regolatore dei prezzi e del mercato, non aveva 
che tre vie da seguire; fissare come prezzo massimo 
quello delle imprese marginali, fissare 
prezzi diversi per ciascuna provincia, istituire 
le casse conguaglio. Il primo sistema avrebbe 
favorito la formazione di extra-profitti di contingenza, 
peraltro avocabili in parte ai sensi della 
legislazione vigente; il secondo, possibile soltanto 
quando la differenza di costo fosse in funzione, 
esclusiva o quasi, del luogo di produzione, 
avrebbe costretto cittadini di una provincia a 
pagare una merce a prezzo molto maggiore degli 
altri cittadini, il che sarebbe stato iniquo, specialmente 
se la merce fosse. di natura primaria 
e tale da influire, col suo prezzo, sul costo 
degli altri prodotti. Col terzo sistema, che poi 
� quello maggiormente usato, lo Stato ha fissato 
il prezzo, unico per tutto il territorio o per vaste 
zone, in misura intermedia fra i costi marginali, 
imponendo un contributo a carico delle imprese 
pi� favorite ed a favore di quelle che producevano 
a costi maggiori. 

Le casse conguaglio. sono state espressamente 
disciplinate dal Decreto ministeriale 20 ottobre 
1945 (in Gazzetta U ff�ciale 21 gennaio 1946) 
dal Decreto legislativo del Capo provvisorio 
dello Stato 15 settembre 1947, n. 896 e, infine, 
dal Decreto legislativo 26 gennaio 1948, n. 98. 

Dal punto di vista economico-finanziario l'A. 
ritiene che tali contribuzioni, sovraprezzi o 
quote di prezzi siano da considerare tributi. 
Analogamente aveva ritenuto lo J annaccone 
per le quote concorso, dovute dagli enti ecclesiastici 
non soppressi al Fondo per il culto. 

Per una rigorosa dimostrazione del suo assunto 
l'A. esamina le varie forme d'intervento dello 
Stato nel mercato, classificandole, secondo lo 
scopo, in azioni per mantenere la redditivit�. 
aziendale, per c�rreggere il rapporto economico 
tra investimento-risparmio-consumo, per sostenere 
il mercato diconsumo, per il miglioramento 
sociale. Queste azioni d'intervento interessano 
l'attivit�. finanziaria, perch� determinano entrate 

o uscite, ma nella dotazione iniziale o nei risultati 
di gestione. 
Per sopperire alle uscite lo Stato pu� devolvere 
una parte delle entrate normali oppure 
costituire nuovi organi o enti. 

Questa seconda ipotesi si scinde, secondo che 
lo Stato assegni al nuovo organo o ente una 
dotazione iniziale o lo autorizzi a procurarsi le 
entrate necessarie. La prima ipotesi non d� 
luogo a problemi; la seconda fa sorgere, nel primo 
caso, quello della violazione dell'art. 39 Regio 

decreto 18 novembre 1923, n. 2440 e dei principi 
generali della unit�. del bilancio e della sottoposizione 
di tutte le spese ai normali controlli. 
Nel terzo caso sorge il � sovraprezzo ii (Fondo 
di soccorso invernale, legge 9 dicetnbre 1949, 

n. 
877). � � �� 
Ritiene l'A. che non sussista alcun dubbio 
trattarsi di entrate tributarie, quando soggetto 
impositore sia lo Stato o un ente pubblico creato 
dallo Stato. Qualche dubbio potrebbe sussistere 
nel caso di ente pubblico minore autorizzato a 
procurarsi le entrate. Secondo l'A. siamo in 
presenza di un ente pubblico finanziario e, 
quindi, di un'obbligazione tributaria ogni qual 
volta l'ente persegua un fine pubblico, abbia 
ricevuto una investitura statale, che gli deleghi 
il potere tributario, riscuota contributi. Elemento 
non necessario per tale qualifica, ma complementare, 
� la devoluzione allo Stato dei profitti 
di gestione. 
Fatte queste premesse, l'A. passa ad esaminare 
specificamente le contribuzioni (sovraprezzi, 
quote, ecc.), di cui all'art. 1 Decreto 
legislativo 26 gennaio 1948, n. 98, e vi riscontra 
tutti gli estremi del tributo. Le casse conguaglio, 
infatti, sono costituite per un fine pubblico, sia 
pure extrafiscale, quale la perequazione del 
prezzo. Questa, garantendo la funzionalit� della 
produzione, costituirebbe, altresi, la causa dell'imposizione, 
la quale viene attuata secondo la. 
capacit�. contributiva. 
Sussiste anche l'altro aspetto del rapporto tributario; 
l'ente impositore, che, nella specie, � lo 
Stato e la coattivit� dell'imposizione, assicurata 
con le sanzioni, previste agli articoli 8 e 9, Decreto 
legislativo 98. 
In definitiva le contribuzioni o sovraprezzi 
costituiscono, secondo l'A., imposte extrafiscali a 
carico del consumatore. 
Premesso ci� l'A. passa a dimostrare l'illegiti.
mit� di tali tributi. Sia per l'art. 30 dello Statuto 
Albertino, che per l'art. 23 della Costituzione i 
tributi possono essere imposti soltanto con legge. 
Deve trattarsi di legge formale, che stabilisca 
l'imposizione, non essendo sufficiente una legge 
generica di delega. Questa, d'altra parte, anche ai 
sensi dell'art. 3 Legge 31 gennaio 1926, n. 100, 
dovrebbe precisare i limiti della delega. Le contribuzioni 
in esame sarebbero, perci�, tutte illegittime. 
L'A., per�, rendendosi conto della gravit� dell'affermazione, 
si propone di vagliarne l'esattezza 
alla stregua delle varie norme, ch� hanno regolato 
la materia nel periodo 1938-1950. 
Per gli anni dal 1938 al 1940 nessuna norma 
legittimava le casse di conguaglio, che, pertanto, 
debbono considerarsi incostituzionali. Con l'entrata 
in vigore della Legge 21 maggio 1940, sull'organizzazione 
della nazione in guerra, possono considerarsi 
legittime le casse conguaglio. create con 
decreti ministeriali fino al 16 aprile 1946, data di 
cessazione dello stato di guerra. Da tale data e 
fino all'entrata in vigore della Costituzione sono 
l~gittime soltanto le contribuzioni imposte con 
Decreto legislativo; dopo l'entrata in vigore della 
Costituzione � necessaria la legge. I due decreti 
legislativi 15 settembre 1947 e 26 gennaio 1948 


.._ 202 


non sono idonei ad .attribuire al Governo e tanto 
meno al C.I.P. la potest� tributaria. Il secondo 
provvedimento sarebbe, altres�, in violazione del-� 
l'art. 76 della Costituzione, ove s'intendesse di 
delega, perch� questa sarebbe indefinita e illimitata. 

Infine l'.A. passa ad indicare alcune anomalie 
di contorno, quali l'incertezza dei soggetti d'imposta, 
attivo e passivo, la circostanza che le esenzioni 
sono modificate con circolari, l'incertezza sul 
contenzioso. 

Lo studio1 che in certi punti � molto suggestivo, 
non riesce altrettanto convincente. Gli esempi 
stessi addotti dall'.A. dimostrano che i sovraprezzi 
in questione non sono tributi, di questi difettando 
l'essenza. � pacifico, sia nella scienza finanziaria 
che nella scienza giuridica, amministrativa o tributaria, 
che il tributo costituisca un'entrata dello 
Stato o dell'ente pubblico. 

Prima, perci�, di procedere all'analisi del rapporto 
� necessario accertare se la prestazione imposta 
sia a favore dell'ente impositore e se le somme 
riscosse entrino a far parte del suo patrimonio. 
Se si verifica un'entrata, potr� discutersi della sua 
natura ed accertare se si tratti di tributo e, in 
caso positivo, se sia un'imposta o una tassa. Ma 
l'elemento pregiudiziale � questo: la prestazione 
imposta deve costituire un'entrata dell'ente; se 
ci� non �, ogni ricerca sulla sua natura � vana. 
Nella specie i sovra prezzi o contribuzioni sono 
imposte a favore di altre imprese. Le casse conguaglio 
amministrano o gestiscono le somme versate 
e in linea teorica dovrebbero chiudere in pareggio, 
perch� i sovraprezzi imposti a carico delle imprese 
a costo minore dovrebbero essere pari alle integrazioni 
a favore delle imprese, che producono a 
costi superiori al prezzo d'imperio. Dico dovrebbero, 

� perch� � naturale che il calcolo � fatto in via presuntiva 
e preventiva e tenendo conto delle spese di 
gestione. Dire che lo Stato potrebbe imporre un 
tributo alle imprese, che, producendo a costi 
inferiori, realizzano un extra-profitto, e concedere 
sovvenzioni alle altre imprese e che il sistema delle 
casse conguaglio � sostanzialmente identico, non 
� rilevante. Da un punto di vista finanziario i 
due fenomeni potranno anche essere identici, ma 
giuridicaml:lnte sono diversi. Il diritto � forma ed � 
al modo di attuarsi di un fenomeno economicofinanziario 
che il giurista deve aver riguardo. 

Nel primo caso si avrebbe un'imposta e una sovvenzione, 
nel secondo si ha l'attuazione di un 
fenomeno diverso, cpe potrebbe definirsi mutualistico 
o consortile. Lo Stato, cio�, dispone una 
comunione parziale degli utili e delle perdite fra i 
produttori di un medesimo bene e tale comunione 

o consorzio attua mediante la istituzione della 
cassa conguaglio, organo statale, che gestisce i 
sovraprezzi (art. 1 Decreto legislativo 98, 1948). 
L'importo di questi non entra mai a far parte 
del patrimonio dello Stato, il quale, a mezzo delle 
Casse lo amministra. Cura, cio�, la riscossione del 
sovraprezzo al fine di versarlo alle altre imprese, 
adealmente consorziate. Nessuna' integrazione a 
carico del bilancio dello Stato � prevista e le integrazioni-
prezzo sono fatte esclusivamente con l'importo 
dei ,sovraprezzi riscossi. 
Giuridicamente, ed in parte anche economicamente, 
il sistema � ben diverso da quello del tributo-
sovvenzione. In questo i due rapporti sono 
indipendenti, anche se il tributo � di scopo. Le 
somme riscosse entrano nelle casse dello Stato, 
che pu� destinarle, in tutto o in parte, al pagamento 
delle sovvenzioni. Ma il rapporto tributario fra lo 
Stato e il contribuente � del tutto indipendente 
dall'altro, non tributario, ma concessionale, fra lo 
Stato e il beneficiario della sovvenzione, che � 
pagata indipendentemente dalla riscossion� del 
sovra prezzo-tributo. 

Nel caso delle casse conguaglio, invece, il rapporto 
� unitario e la integrazione-prezzo � pagata solo 
con le somme riscosse a titolo di sovraprezzo e se 
queste sono riscosse. Le somme stesse non entrano 
mai, neppure fittiziamente, nelle casse dello Stato, 
che amministra o fa amministrare le somme stesse 
nell'interesse esclusivo delle imprese a costo maggiore. 


Il primo sistema � quello seguito per le quote 
concorso e per il soccorso invernale. Qui abbiamo 
il duplice rapporto: tributario e sovvenzionale, 
ma le congrue e i soccorsi sono pagati direttamente 
dallo Stato (Fondo culto e Fondo soccorso 
invernale) indipendentemente dalla riscossione . delle 
quote concorso e dei sovra prezzi e, in gran� parte, 
con somme tratte dalle entrate ordinarie (patrimoniali 
o tributarie). 

V'� di pi�: nella specie l'.A. prescinde del tutto 
dalla complessit� del fenomeno. L'imposizione 
del sovraprezzo non sta a s�, ma � intimamente 
connessa e, potrei dire, trova la sua causa 
nella fissazione del prezzo. L'una e l'altra sono 
contenute nello stesso ed unico provvedime:rito, 
che � inscindibile. Quell'imposizione trova la sua 
causa nel prezzo fissato ed �, a sua volta, causa 
di questo: trattasi di provvedimento complesso 
e non di provvedimenti indipendenti. Lo Stato 
autorizza a vendere ad un prezzo superiore a quello 
prima fissato a condizione che una parte di questo 
prezzo sia versato ad altre imprese produttrici 
dello stesso prodotto. Le prime, soggetti dell'autorizzazione 
e dell'imposizione, noo potrebbero vendere 
al nuovo prezzo �e non versare il sovraprezzo. 
Cosi facendo, esse non solo si arricchirebbero illecitamente, 
ma verrebbero a violare le norme 
penali della disciplina dei prezzi. Dal dilemma 
non sembra potersi uscire: o il provvedimento � 
legittimo e il sovraprezzo, legittimamente riscosso, 
dev'essere versato, tramite le �casse conguaglio, 
alle altre imprese; o il provvedimento � illegittimo, 
unitariamente considerato, e la vendita a quel 
prezzo, maggiorato del sovraprezzo, � penalmente 
illecita. 

La premessa del sistema � la deficienza dell'offerta 
rispetto alla domanda, per effetto della quale 
ogni impresa vender� tutto il prodotto. Donde 
l'assoluta mancanza d'interesse, anche sotto questo 
profilo, dell'impresa soggetta al sovraprezzo a 
lamentarsi del provvedimento. 


N � � legittimato ad agire, per l'eventuale illegittimit� 
del sopraprezzo, l'utente, che non ha 
alcun diritto ad acquistare quella merce ad un 
prezzo piuttosto che ad un altro. Si verifica, cio�, 
un feno~eno analogo alle imposte di consumo o di 


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-203 

fabbricazione dove soggetto del rapporto tributario 
non � il consumatore, anche se in definitiva 
�l'imposta ricada su di lui. Il consumatore o utente 
non � mai legittimato ad agire contro l'imposizione 
del tributo. Nella specie in esame non � neppure 
legittimato il produttore per mancanza d'interesse 
economico e per l'illiceit� della sua azione, 
~he conseguirebbe alla dichiarata illegittimit� del 
provvedimento. Si noti a tal proposito che il C.I.P., 
per effetto del Decreto legislativo 19 ottobre 1944, 

n. 347, non ha solo la potest� di :fissare i prezzi 
massimi, ma quella di determinare i_ prezzi, :fissandola 
con �fficacia assolutamente obbligatoria. 
La giurisprudenza � appunto in questi -sensi. Il 
Tribunale di Cagliari, con sentenza 26 settembre\30 
ottobrel950 (So�iet� anonima Industria Conciaria 

c . .Alto Commissariato Sardegna), riteneva cc legittimo 
il contributo imposto sulle pelli esportate, costituendo 
un modus accessorio all'autorizzazione alla 
esportazione e non un tributo 1>. Il Tribunale di 
Catania, con sentenza 5 luglio 1949 (Ferlito-Prefetto), 
riteneva cc legittimo l'aumento del prezzo 
della soda ... 11. Precisava, altres�, cbe cc manca ogni 
interesse dell'acquirente il quale non ha diritto 
ad acquistare a prezzo diverso da quello :fissato 
dalla autorit�. n. La Corte di Appello di Milano, 
con sentenza 16 febbraio-20 aprile 1951, confermando 
la sentenza 23 marzo-5 maggio 1949 del 
Tribunale di Milano (Galvani c. .Alto Commissario 
dell'alimentazione) dichiarava legittimo il 
contributo imposto sul latte e destinato alla cassa 
conguaglio latte di Milano. 
Precisava la Corte che << la speciale destinazione 
dei contributi porta nettamente ad escludere 
che essi abbiano carattere tributario ericada.
no, perci�, sotto la norma generale, gi� sancita 
dall'art. 30 dello Statuto ed ora dall'articolo 
23 della Costituzione 11 e che <<nell'attuazione di 
tali compiti (disciplina dei consumi ed approvvigionamenti) 
rientra il potere di emanare le disposizioni 
ritenute idonee ad assicurare la costante 
uniformit� del prezzo dei singoli prodotti e ad evitare 
le eventuali sperequazioni, derivanti dalla 
diversit� delle fonti e dei mezzi di produzione del 
prodotto �. cc Le quote anzidette non incidevano sul 
prezzo del latte per effetto della ripercussione di un 
tributo, ma costituivano sostanzialmente e dal punto 
di vista economico e sotto l'aspetto giuridico un 
elemento costitutivo del costo� del prodotto 11. 

Con la predetta sentenza la Corte di Milano si 
uniformava all'insegnamento della Suprema Corte 
(sentenza 14 maggio 1947, n. 753), la quale aveva 
definito arbitraria la qualificazione di tributo della 
maggiorazione del prezzo dell'olio di oliva, autorizzato 
in relazione alle spese di ammasso. 

Di recente le Sezioni Unite (20 dicembre 1950, 

n. 2792, Soc. S. Erasmo c. Presidenza del Consiglio, 
in cc Mass. Foro it. �, 1950, pag. 572) hanno 
avuto occasione di pronunziarsi sulla legittimit� del 
contributo imposto dal Ministero dell'agricoltura 
sulle ditte produttrici ed a favor� di enti controllori, 
decidendo che tale contributo ha natura di 
rimborso spesa e non di tributo. Pertanto, poteva 
essere legittimamente imposto con decreto ministeriale. 
Esclusa la natura tributaria dei sovraprezzi, 
cade ogni dubbio sulla legittimit� dell'imposizione. 
Ma i dubbi non sussisterebbero neppure se ai 
sovraprezzi dovesse riconoscersi natura tributaria. 

In questo caso potrebbe aderirsi alla tesi del 
Pesenti nel senso, cio�, della legittimit� costituzionale 
dei sovraprezzi imp�sti fino alla cessazione 
dello stato di guerra (15 aprile 1946) e della illegittimit� 
di quelli imposti successivamente a 
tale data con provvedimento non legislativo. Questa 
ultima illegittimit�, per�, � priva di conseguenze 
giuridiche e frustranea si appalesa ogni distinzione 
temporale. 

Il Decreto legislativo 26 gennaio 1948, n. 98, tempestivamente 
presentato per la conversione in 
legge, non contiene una delega al potere esecutivo 
di legiferare in materia tributaria, bens� contiene 
qualche COE\a di diverso e di pi�: la ratifica di tutti i 
sovraprezzi, comunque denominati e comunque imposti; 
Con questo provvedimento, che ha l'efficacia 
formale della legge e della cui legittimit� costitu~ 
zionale non pu� dubitarsi, sono stati ratificati 
tutti i sovraprezzi, comunque imposti, e sanate 
tutte le casse conguaglio, comunque sorte, con 
l'unico obbligo di uniformare gli organi di gestione 
e di revisione a quelli previsti dal Decreto legislativo 
n. 98. � vano cercare in questo una delega, 
perch� questa attiene al futuro mentre il Decreto 
legislativo 26 gennaio 1948, n. 98 guard� al passato, 
che non � suscettibile di delega, ma di ratifica. Con 
queste le contribuzioni imposte hanno ricevuto il 
crisma formale della legge ed i provvedimenti, che 
le imposero, hanno ricevuto l'efficacia formale di 
legge. 

Se alle contribuzioni in esame dovesse riconoscersi 
il carattere tributario, potrebbe discutersi 
della legittimit� soltanto relativamente a quelle, 
imposte per la p'rima volta successivamente al 
26 gennaio 1948. Il potere di modificare la contribuzione 
gi� imposta e legislativamente ratificata �, 
infatti, conferito al C.I.P. dal Decreto legislativo . 
10 maggio 1947, n. 896, e della legittimit�. costituzionale 
di questo provvedimento non pu� certo 
dubitarsi. 

G. GUGLIELMI 

mm �cwt 1[fil! ;; mm �cwt 1[fil! ;; 
RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA 


ACQUE PUBBLICJl,E -Canali demaniali -Derivazioni 
gratuite -Obbligo di manutenzione -Cessazione. 
della gratuit� -Effetti. (Trib. Sup. Acque pubbliche -
Pres.: Gallo, Est.: D'Apolito, 28 aprile 1951 -Amministrazione 
Canali Cavour contro Consorzio Grancia 
di Gazzo). 

I diritti perpet~i di derivazione e di uso sulle 
acque dei canali demaniali, costituiti anteriormente 
al trentennio precedente all'entrata in vigore del 
regio decreto legge 25 febbraio 1924, n. 456, per 
effetto dell'art. 7 p. p. cit. regio decreto-legge sono 
convertiti in diritti precari e temporanei. 

Gli usi e derivazioni, che si fossero costituiti, in 
qualunque epo�a, a titolo non oneroso, e quelli, 
anche a titolo oneroso, che originassero da atti 
dei cessati Stati anteriori all'unificazione sono 
assoggettati senz'altra indagine al canone stabilito 
dall'Amministrazione_. 

Per i diritti di uso e derivazione costituiti dallo 
Stato italiano unificato a titolo oneroso o per i quali 
lo Stato stesso avesse accettato l'affrancazione dei 
canoni esistenti, l'applicazione del nuovo canone 
era subordinata alla restituzione, a titolo d'indennit� 
di esproprio, di quanto l'erario avesse introitato 
per affrancazione dei canoni o prezzo del di


ritto d'acqua. 

Costituito nel 1855 un diritto di derivazione � 
perpetu�o e gratuito con l'obbligo per il privato di 
provvedere alla manutenzione delle opere demaniali 
.(cavi, edifici, ecc.), esistenti sul fondo e divenuto 
il diritto stesso temporaneo ed oneroso, per 
effetto del regio decreto-legge 25 febbraio 1924, 

n. 456; non resta perci� il privato liberato dal suo 
obbligo di manutenzione. 
Le prime due massime sono pacifiche e la sentenza 
ha il merito di averne precisato la portata, facendone 
retta applicazione al caso deciso. 

La terza va ulterio1'mente precisat(J, nel senso, cio�, 
che il temperamento al principio dell'onerosit� di 
tutte le utenze, introdotto con l'art. 7 u. p. regio decreto-
legge n. 456, si applica soltanto alle conQessioni 
in atto al .1924, e fino alla scadenza della stessa. Il 
principio della temporaneit� agisce indipendentemente 
da quello dell'onerosit�; anche le utenze costituite 
dallo St.rtto italiano con corrispettivo o per le 
quali era stato riscosso il capitale di affrancazione 
debbono considerarsi limitate nel tempo per effetto 
del primo principio e l'impossibilit� di applicare 
senz'altro il secondo valeva soltanto per la durata 
dell'utenza, secondo la nuova legislazione. 

La quarta massima, di cui non constano precedenti, 
� di particolare importanza. Il Consorzio non aveva 
contestato il diritto dell'Amministrazione all'imposizione 
del canone, ma aveva sostenuta che tale imposizione, 
eliminando la gratuit� della prestazione di 

acqua, avesse fatto venir meno il suo obbligo di manutenzione. 


Con chiara e precisa motivazione l'annotata sentenza 
ha respinto le tesi del Consorzio, decidendo 
cio�, che corrispettivo dell'obbligo di manutenzione 
p�trebbe considerarsi la pre.~tazione dell'acqua non la 
sua gratuit� e che, pertanto, continuando il Consorzio 
a ricevere l'acqua, dovesse lo stesso continuare a provvedere 
alla manutenzione dei cavi e degli edifici demaniali, 
nonos~ante che l'utenza, per effetto del regio 
decreto-legge 25 febbraio 1924, n. 456, fosse divenu'ta 
onerosa. 

GIURISDIZIONI SPECIALI -Termine per l'impugnativa 
delle decisioni -Decorre dalla notificazione 
all'Amministrazione -Costituzione dell'Avvocatura 
dello Stato -Irrilevanza. (Consiglio di Stato -Adunanza 
plenaria, 17 dicembre 1951, n. 11 -Prefetto 
di Agrigento contro Caramazza e Pancano). 

Il testo dell'art .. 12 del R. decreto legge 30 ottobre 
1933, n. 1611, derogando al principio generale 
fissato� nell'articolo precedente, �per cui le citazioni 
ed i ricorsi devono essere notificati alle Amministrazioni 
dello Stato, presso l'Ufficio dell'Avvocatura 
dello Stato competente, st�bilisce C-he per i 
giudizi dinanzi alle giurisdizioni amministrative, 
le notificazioni si fanno direttamente �presso le Amministrazioni. 


Tale regola non vale solamente per la notificazione 
dei ricorsi introduttivi ma anche per le notificazioni 
relative ai procedimenti di appello, ai 
quali non si applicano le regole dettate dagli articoli 
285 e 170, 10 comma, c.p.c., poich� l'art. 12 cit. 
non distingue l'uno stadio dall'altro, e, in materia 
di appello aJ Consiglio di Stato, il principio di prccedura 
da applicare � quello degli articoli 87 
Regolamento 17 agosto 1907, n. 642. e 60 Regolamento 
17 agosto 1907, n. 643 i quali rinviano per 
le forme della notificazione delle decisioni, rispettivamente 
agli articoli 3 e 11, relativi alla notificazione 
dei ricorsi. 

La decisione merita qualche riserva. 

La stessa giurisprudenza del Consiglio di Stato, in 
tema di proposizion� di appello contro le decisioni. 
della G.P.A., poco prima di arrivare alla pronuncia 
della V Sezione, 1� dicembre 1951, n. 1533; ricordata 
dall'Adunanza plenaria nell'annotata decisione, 
aveva ritenuto irricevibile l'appello di un Comune, 
proposto oltre il 30� giorno dala notificazione della 
decisione della G.P.A. eseguita pr�sso l'av'l}_oca,~o 
domiciliatario (Sez. V, 8 giugno 1951, n. 520) rioolle-gandosi 
al precedente indirizzo giurisprudenziale 
che ha sempre considerata � la grande importanza 
che agli effetti procedurali ha la elezione di domicilio, 
mediante la quale la parte manifesta la volont� che 



-205


in questo siano fatte tutte le notificazioni che la riguardano 
e, quindi, anche quelle relative alla sentenza e 
aUa decisione che ordinano istruttorie o pongono fine 
alla controversia)) (Sez. V, 20 aprile 1928, n. 191, in 
<< Giur. Ital. n, 1929, III, 143). Per pervenire a tale 
statuizione, era stato ritenuto che il rinvio dell'articolo 
60 Regolamento, procedura davanti la G.P.A. 
(corrispettivo dell'art. 87 Regolamento proced'ura 
davanti al Consiglio di Stato) in materia di notificazione 
delle decisioni, alle << forme � stabilite per la 
notificazione dei ricorsi, fosse limitato << alle modalit� 
della notifica, ad esempio, consegna della copia del 
ricorso, relata da farsi in doppio originale ecc., ma 
non anche al }uogo (residenza, domicilio o dimora 
della controparte) )) onde si deduceva l'inapplicabilit�, 
alla notifica delle decisioni, dell'art. 11 Regolamento 
procedura davanti al Consiglio di Stato. Argomento 
confermativo si desumeva, poi dalla contrapposizione, 
nell'art. 60 Regolamento cit. (e cosi nell'art. 87 
Regolamento cit. procedura. davanti al Consiglio di 
Stato) fra le <<forme� delle notificazioni ad istanza 
di parte e le << forme >> delle notificazioni ad istanza 
della P.A. con l'evidente corollario che la parola 
�forma� non potesse significare<< luogo)) di notificazione. 

Se tutto questo si era detto per le notificq,zioni delle 
decisioni della G.P.A. a maggior' ragione doveva 
confermarsi per le notificazioni delle decisioni del 
Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione 
sicilana, regolate dall'art. 87 Regolamento procedura 
davanti al Consiglio di Stato; trattandosi di decisioni 
emesse in giudizi, per i quali � richiesta la assistenza 
di arvocato (art. 35 T. U. 1924, n. 1054) e per i quali � 
prevista la notificazione al domicilio eletto, del ricorso 
incidentale (art. 35 T. U. cit.) argomenti che -in 
altra fattispecie -avevano suggerito al Cammeo il 
rilievo che, nei giudizi dinanzi al Consiglio di Stato 
si dovesse (a rovescio di quanto ritenuto test� dall'adunanza 
plenaria) <<ricorrere in casi dubbi o quando 
manchi una norma precisa alle regole del giudizio di 
cassazione �; che << se dove le regole speciali sono esplicite 
e complete, non � lecito in-�ocare il Codice di procedura 
civile per chiarirle o integrarle, nei casi, invece 
dove le norme speciali difettino o richiedano una 
interpretazione � necessario e legittimo ricorrere ai 
principi analoghi del procedimento civile che dal piu 
al meno contengono i principi scientifici della materia
� (nota a Dwisione IV, 13 luglio 1895, in 
<< Giur. It. n, 1895, III, 375). 

Nella riaffermata unit� della giurisdizione nel 
vigente ordinamento costituzionale dello Stato sarebbe 
anacronistico che, dopo un giudizio svoltosi nelle forme 
del ricorso per cassazione e con l'obbligo di rappresentenza 
o di assistenza di avvocato iscritto nell'Albo 
speciale, si possa poi retrocedere, proprio per la 
notificazione della decisione, ad un tipo di procedimento 
meramente amministrativo. 

GUERRA -Occupazione tedesca -Preda bellica Vendita 
di materiali dello Stato a cittadini italiani Invalidit�. 
(Corte di Cass., Soz. I, Sent. n. 1551-1951 
-Frcs.: Tii:i.contini, Est.: Celentano, P. M.: Criscuoli 
--Minist< so Difesa-Aeronautica contro Ambriola e 
Gr.daleta). 

L'art. 53 della Convenzione dell'Aja, del 1899, 
consente all'armata occupante di impadronirsi del 
numerario e dei valori, dei depositi d'armi, dei 
mezzi di trasporto, magazzini, approvvigionamento 

e, in genere, d'ogni cosa mobile appartenente allo 
Stato occupato, ma in quanto possano servire alle 
operazioni di guerra, non per farne commercio con i 
cittadini dello Stato occupato. 

GUERRA -Occupazione alleata -Preda bellica -Vendita 
di beni dello Stato a cittadini italiani -Validit� 
(Corte di Ct1.ss., Sez. Unite, Sent. n. 2644-1951 �-Presidente: 
Pellegrini, Est.: Petrella, P. M.: Maca.luso Salomone 
contro Ministero Difesa-Esercito). 

L'art. 53 della Convenzione dell'Aja del 1899 
consente all'armata occupante di impadronirsi del 
numerario, dei valori, dei depositi d'arme, dei 
mezzi di trasporto, magazzini, approvvigionamenti, 
e, in genere, d'ogni cosa n:i,obile appartenente allo 
Stato occupato che sia idonea alle operazioni di 
guerra. 

L'armata occupante non solo pu� ritenere i beni 
di cui si sia appropriata, ma pu� anche trasferirli 
ad altri, se il trasferimento corrisponde ad esigenze 
militari. 

Con la prima sentenza la Corte Suprema ha riconosciuto 
la invalidit� della vendita ad un cittadino 
italiano di un autocarro gi� appartenente all'Amministrazione 
Aeronautica Militare predato dalle armate 
tedesche occupanti e da esse venduto. 

Con la seconda sentenza ha ammesso la validit� 
della vendita ad un cittadino italiano di due muli 
gi� appartenenti all'Amministrazione Militare italiana, 
predati dalle armate anglo-americane occupanti 
la Sicilia (prima dell'armistizio) e da esse 
venduti. 

La Corte Suprema ha affermato espressamente, 
nella seconda sentenza, di voler tener fermo l'insegnamento 
contenuto nella precedente perspicua ronunciap 
della la Sezione n. 774/50 in causa Colorni e Fattori 
contro Ministero Difesa-Esercito (v. in questa <<Rassegna 
))' 1950, pag. 108). Peraltro, in questa sentenza, 
era detto testualmente: << � � � il principio di diritto 
internazionale formulato nella prima parte dell' articolo 
53 della Convenzione dell' Aja, non ha la portata 
che 'il� ricorrente gli vorrebbe attribuire, nel senso 
cio� che lo Stato occupante possa appropriarsi di 
mezzi militari di trasporto, costituenti patrimonio 
indisponibile dello Stato italiano occupato, non solo 
ai fini della guerra, in quanto cio� essi siano in funzione 
di mezzi bellici, ma per farne addirittura commercio 
con gli stessi cittadini italiani. Di fronte a 
costoro � sempre in vigore la norma dell'ordinamento 
giuridico interno per cui essi non possono validamente 
acquistare beni che fanno parte del patrimonio 
indisponibile dello Stato e che non possono essere 
sottratti alla loro destinazione se non nei modi stabiliti 
dalle leggi che li riguardano (art. 826, comma 2�; 
828, comma 20 C. C.)�. E la citata sentenza continuava 
affermando che un'interpretazione diversa da 
quella da essa data avrebbe significato << non contemperare 
le norme dell'ordinanento interno con quelle 
dell'ordinamento internazionale ... ma far soccombere 
l'ordinamento interno, anche in materia, alme.r.w di 
fronte ai cittadini od ai privati, disciplinata da norme 
attinenti all'ordine pubblico, per dare assoluta prevalenza 
a quello che, secondo l'interprete, dovrebbe essere 
l'ordinamento giuridico internazionale, con effetti 
protraentisi anche dopo cessata l'occupazione ... �. 


-206 


Come possa conciliarsi questo chiaro insegnamento 
con l'affermazione contenuta nella sentenza riportata 
sopra (sub II) non riusciamo assolutamente a vedere. 

La Corte Suprema. ha ritenuto di poter aprire uno 
spiraglio nel muro granitico innalzato dalla oitata 
sentenza n. 774/50, facendo rientrare nel concetto di 
uso per fini bellici anche il trasferimento di beni dello 
Stato occupato a. cittadini del medesimo, ma ognuno 
vede che si tratta d'uno spiraglio attraverso il quale 
potrebbero passare cose ben piu grosse di un mulo. 
Potrebbe proprio passare quel gravissimo ed assurdo 
principio, gi� bollato dalla Cassazione stessa nella 
citata sentenza n. 774/50, secondo il quale l'ordinamento 
giuridico provvisorio istituito dallo Stato occupante 
in forza del suo diritto di guerra sopravviverebbe 
alla fine dell'occupazione subordinando a s� 
tutto il sistema giuridico dello Stato occupato. 

Di fronte a questa prospettiva, osiamo pensare che 
la sentenza delle Sezioni Unite sopra riportata abbia 
ceduto alle S'uggestioni equitative della fattispecie. 

IMPIEGO PRIVATO -Competenza -Dipendenti delle 

Terme di Salsomaggiore. {Corte di Cass., Sez. Unite 

Sent. n. 1886-51 -Pres.: Ferrara, Rel.: Messina' 

P. M.: Eula -Min;stero 'Finanze contro Bavagnoli/ 
Le Terme di Salsomaggiore costituiscono mia 
delle aziende patrimoniali dello Stato destinate 
ad un pubblico servizio, con funzione non speculativa, 
ma eminentemente sociale, che, con decreto 
legge n. 304 del 1937, vennero raggruppate nella 
Direzione generale del Demanio, fanente parte del 
Ministero delle Finanze. N� vale a snaturare la 
figura di organo dell'Amministrazione, sia pure 
con una certa autonomia amministrativa e contabile, 
la circostanza che la gestione dell'azienda � 
affidata ad un gestore, che pu� non essere scelto tra 

i funzionari dello Stato. 

Conseguentemente le c�ntroversie sul rapporto 
di impiego tra detta azienda ed i suoi impiegati 
appartengono alla competenza del Consiglio di 
Stato (art. 29, T. U. 1924, n. 1084) e non vale opporre 
in contrario la mancanza di una specifica 
ed organica disciplina del rapporto, regolato sino 
ad oggi dalle leggi sull'impiego privato. 

Il Supremo Collegio ha esaminato nella sentenza 
sopra riportata il problema di una azienda dello Stato 
in relazione alla competenza per i rapporti di lavoro 
con i propri dipendenti. 

Era da ritenersi che in riferimento all'elaborazione 
dei principi in tema di enti pubblici economici e soprattutto 
alle argomentazioni portate dalle sentenze 
pi� recenti, la Cassazione avrebbe dovuto ravvisare 
un rapporto di lavoro rientrante nella competenza del 
Giudice ordinario. Invece essa ha accolto il principio 
opposto con una motivazione ampia, ma a nostro 
avviso non esauriente e in contrasto con precedenti 
affermazioni contenute in numerose decisioni. 

Il rapporto che veniva sottoposto all'esame del 
Supremo Collegio aveva tre caratteristiche fondamentali: 


1� L'attivit� delle Terme (azienda patrimoniale 
dello Stato) era attivit� organizzata ad impresa ed 
operante, sia pure con particolari finalit�, nel settore 
economico. 

20 Il rapporto era disciplinato integralmente 
dalle norme sull'impiego privato e in particolare dalle 
disposizioni dei contratti collettivi di lavoro. � 

30 La sua disciplina non subiva modifiche nel 
trapasso della gestione dal gestore per conto dello 
Stato al concessionar�o e vicev�'rsa; ed esso veniva _ 
assunto non dallo Stato, ma dal gestore. 

Appariva perci� pienamente e specificamente disciplinata 
la fatti8pecie dall'art. 2093 c. c., pi� volte 
richiamato in altre decisioni della Cassazione, e dal 
principio da esso portato per cui le imprese esercitate 
da enti pubblici sono soggette, nonostante la 
natura dell'ente gestore, alla disciplina collettiva 
e individuale dei rapporti di lavoro privati. 

Dall'applicazione di tale articolo discendevano 
logicamente le conseguenze altre volte lumeggiate dal 

S.C. (v. ad es. Sez. Unite 13 gennaio 1951, n. 78 A.
T.A.C. contro Giannelli, in cc Dir. Lav. �, 1951, 
vol. II, e segg.): e cio� il legame tra l'attivit� dello 
Ente e la disciplina sostanziale del rapporto con la 
disciplina processuale: dove c'� attivit� economica e 
organizzazione a impresa, c'� pariteticit� contrattuale 
e non supremazia; e' � un rapporto privatistico e non 
di pubblico impiego. Non avrebbe senso una giurisdizione 
di organi della giustizia amministrativa per 
esaminare solo diritti soggettivi portati da contratti 
stipulati in posizione di parit�, n� un regolamento 
organico potrebbe escludere l'applicazione del contratto 
collettivo consentendosi tale esclitsione solo 
quando ci sia una apposita norma di legge in senso 
stretto, cio� di legge formale (art. 2068 c. c.). 
Tali principi che sono il frutto di una lunga e profonda 
elaborazione giurisprudenziale con intima 
aderenza alla realt�, e sembravano ormai fermi, ci 
sembra siano stati obliterati forse per ragioni di fattispecie, 
dalla sentenza in esame. 

L'art. 2093 c. c. (per cui le aziende gestite dagli 
enti pubblici restano per cos� dire come una proiezione 
degli enti, ma si staccano dalla disciplina propria 
dei rapporti con questi) �sclude infatti la possibilit� 
di considerare la disciplina da esso prevista 
come sussidiaria. Ripetere di fronte a tale articolo 
che il rinvio alle norme sull'impiego privato non trasforma 
il rapporto di impiego (come mostrerebbe il 
precedente della legge del 1924, n. 1825) significa 
dimenticare che ci� � vero qitando le norme dell'impiego 
privato siano richiamate in via sussidiaria ad 
integrare principi di diritto pubblico e in loro subordine, 
cio� quando si applichi l'art. 2129 c. c., ma non 
� pi� vero quando si applichi tutta la disciplina, ed 
essa sola, dell'impiego pri1iato, nel suo corpus compl�to 
compresa la contrattazione collettiva, come 
prevede appunto l'art. 2093 c. c. 

Dire che ripugna al sistema giuridico che l'ordinarnento 
interno dell'ente pubblico in genere, e dello 
Stato in ispecie, sia sottoposto all'imperio del diritto 
privato, � dimenticare che la giurisprudenza del 
Supremo Collegio ha ormai chiarito come tale repugnanza 
non sussista per gli enti economici e quindi 
per le imprese in gestione, a sensi dello art. 2093 e.e., 
e come anzi poteri di supremazia e "'interessf l�g_ittimi 
non siano pi� configurabili quando imperi (� 
disciplina paritaria del contratto collettivo. 

D'altra parte. la stessa esistenza della azienda 
(anche se in gestione da parte dello Stato per mezzo 
della figura del gestore) stava a indicare la separa



-207 


zione di essa dagli organi della Amministrazione e a 
porre in luce come appunto si trattasse di gestione 
di azienda economica unitariamente concepita. 

� esatto che l'azienda ha anche fini sociali e sanitari, 
ma la sua stessa natura di azienda patrimoniale 
dello Stato, e la stessa dipendenza dal Ministero 
delle finanze, e non dall'Alto Commissariato 
di Igiene e Sanit�, denota come sia prevalente la finalit� 
economica a cui � inspirata, appunto per il tramite 
del gestore, tutta l'attivit� dell'impresa, mentre 
gli elementi pubblicistici rilevati dalla sentenza restano 
tali e quali anche quando con il passaggio al 
concessionario, pacificamente, subentra la competenza 
del giudice del lavoro, e cio� non si presentano 
con carattere assorpente. 

D'altra parte la riprova di ci� si ha facilmente pensando 
che se lo Stato avesse istituito per la gestione 
delle Terme un ente pubblico nessuno negherebbe a 
tale ente la qualifica di ente pubblico economico. E 
l'esistenza del tramite, che frequentemente vale a 
trasformare il rapporto da pubblico in privato (v. ad 
es. i commessi degli ufficiali giudiziari), vale invece 
a porrein risalto il carattere strumentale dell'azienda 
concepita unitariamente, che non pu� sussumersi 
in alcun modo a parte integrante dell'Amministrazione 
statale perch� resta fuori della organizzazione 
interna di questa. 

In sostanza la critica ch� ci sembra debba farsi 
alla sentenza annotata � soprattutto di aver dimenti


cata l'esistenza dell'art. 2093 c. c., il quale disciplina 
appunto le imprese esercitate o gestite dagli Enti 
pubblici e dallo Stato, e di aver voluto isolare la posizione 
processuale da quella della disciplina sostanziale 
del rapporto facendo prevalere la natura dell'Ente 
per cui conto avviene la gestione sulla disviplina 
privatistica piena ed integrale data al rapporto 
stesso, anche per quanto attiene assunzioni e licenziamenti. 


Con ci� la Corte Suprema ha segnato, riteniamo 
momentaneamente, una battuta di arresto nella sua 
giurisprudenza ormai decisa e costante, in tema di 
rapporti di lavoro e di impiego con enti pubblici che 
svolgono attivit� economica. 

Per questi motivi vogliamo auspicare che la Corte 
Suprema riesliwiini questo indirizzo per effetto del 
quale quando la gestione avvenga per conto dello Stato 
il rapporto, che pur non muta la sua disciplina sostanziale, 
viene giudicato dagli organi della Giustizia 
amministrativa, e quando avvenga a mezzo del concessionario 
viene sottoposto al Giudice ordinario; cos� 
un rapporto disciplinato dalle norme esclusive dello 
impiego privato e dai contratti collettivi, viene, a 
momenti, attratto nell'orbita del giudice amministrativo, 
che � quindi chiamato a giudicare non pi� di 
rapporti complessi, in cui si intrecciano interessi 
legittimi (prevalenti) e diritti soggettivi, (accessori), 
ma di meri rapporti di diritto soggettivo. 


ORIENTAMENTI GIU.RISPRUDENZIALI 
DELLE CORTI DI NIERI11 0 


COMPETENZA -Rivendica di beni immateriali (titolo 
e avviamento di giornale) contro l'Amministra� 
zione dello Stato -Forum rei sitae -Localizzabilit� 
del titolo e dell'avviamento (art. 100 legge 22 apri� 
le 1951, n. 633; art. 25 c. p. c.). (Trib. di Roma, 
26 luglio-31 ottobre 1951 -Pres. ed Est.: Boccia, 
Pappalardo -Presidenza Consiglio dei Ministri -Societ� 
Editrice Siciliana). 

Quantunque con intensit� e in maniera qualitativamente 
diversa per via della speciale natura 
delle res incorporales, anche i diritti esclusivi ed 
assoluti, che su di esse insistono e si atteggiano 
come diritti di propriet� molto simili a quello di 
signoria piena, sono tutelati dall'ordinamento con 
azioni di natura reale, classificabili fra le reivindicatorie, 
come quelle �che tendono, con efficacia 
appunto reale, ad accertare e ricondurre nella sfera 
del patrimonio degli aventi diritto con esclusione di 
ogni altro, la piena disponibilit� e il godimento delle 
res dedotte in giudizio. 

Le azioni anzidette contro lAmministrazione 
dello Stato debbono, pertanto, proporsi secondo il 
criterio di competenza del forum rei sitae; n� sussiste 
impossibilit� di localizzare nello spazio il titolo 
di giornale e l'avviamento, per la loro natura incorporale, 
poich� la localizzazione del titolo pu� e deve 
essere fatta con riferimento al luogo ove il titolo 
in questione fu ed � usato (arg. dagl(articoli 100 legge 
22 aprile.1941, n. 636 e 1 legge 8 febbraio 1948, 

n. 47), e la localizzazione dell'avviamento scaturisce 
dalla sua natura di elemento dell'azienda, s� 
che non possa esistere in luogo diverso da quello 
dove l'azienda opera donde si irradia la sua attivit�. 
Fattispecie inconsueta per il contenzioso dello 
Stato, una contestazione giudiziale in ordine alla 
apparenza di diritti d'autore o diritti connessi; meno 
rara, e per�, moralmente delicata la controversia 
relativa all'appartenenza, allo Stato, di un avviamento 
aziendale; l'una e l'altra questione, sorte, in 
funzione della determinazione del foro competente

. . ' 

ai sensi dell'art. 25 c.p.c., e per� necessariamente, 
ricondotte alla ricerca della natura giuridica di quei 
diritti. 

La sentenza, estesa con sobriet� e dogmatica precisione, 
suggerisce, dunque, talune considerazioni. 

1� Il titolo di un giornale o Cli un periodico � rubricato 
fra i << diritti connessi � al diritto di autore 
(art. 100 legge 22 aprile 1941, n. 633), diritto reale 
su cose immateriali o diritto sui generis ancorati 
per� l'uno e l'altro -non solo ad una concrei~ 
Manifestazione deil'uso del titolo, individuabile nella 
pubblicazione e diffusione del giornale; -ma, so


prattutto, al peculiare ca.rattere del titolo a.i giornale 
onde esso si pone come elemento concorrente 
di im'organizzazione, a se stante, che viene denominata. 
� testata � ossia come elemento centrale 
dell'azienda giornali,tica o eaitoriale. 

� nota la disputa agitata intorno alla natura 
giuridica del diritto di autore, individuata da taluni 
com!) diritto personale (anzi personalissimo rispetto 
ai c. d. diritti personali di credito), in vista della 
attivit� creativa psichica o intellettuale; da altri 
come diritto reale; da altri ancora quale diritto sui 
generis (cfr. per una larga discussione, DE RutiGIERO: 
Istituzioni di diritto civile, .Jl!Iessina, 1937, 
val. I, pag. 211; PIOLA CASELLI: Diritto di autore, 
Torino, 1927, pag. 22-61; Codice del diritto d'autore, 
Torino, 1943, pag. 190-201). 

Pi� attualistica �, peraltro, divenuta la controversia 
circa la natura giuridica della protezione 
accordata al << titolo dell'opera �. 

Il titolo dell'opera era disciplinato, nella abrogata 
�legge sul diritto di autore (decreto-legge 7 novembre 
19?.5, n. 1950, conversione in legge generale 
18 marzo 1926, n. 1562), dall'art. 3, che cos� statuiva: 

<<Il diritto d'autore si estende al titolo dell'opera 
quando non sia un titolo generico >>. 

La dottrina italiana, nel regime della legge del 
1925, non era concorde sulla natura del diritto al 
titolo, sostenendo alcuni. che la difesa del titolo specifico 
fosse difesa di un elemento dell'opera, considerato 
esso stesso come opera tutelabile; sostenendo 
altri, che la tutela del titolo, anche se speci"/�co, dovesse 
trovare la sua ragione essenzialmente nella 
funzione individuatrice dell'opera, nei riguardi della 
quale il titolo adempie funzioni analoghe a quelle 
del marchio e del segno distintivo in genere, nei confronti 
del prodotto industriale. Questa seconda tesi 
veniva seguita dalla giurisprudenza, nonostante 
qualche incertezza al riguardo (Gass. civ. 22 febbraio 
1939, <<Il diritto d'autore �, 1939, pag. 204, pel titolo 
Almanacco della donna italiana; Gass. civ. 26 
giugno 1982, <<Il diritto d'autore�, 1932, n. 307, 
pel titolo Pinocchio; Gass. civ. 12 marzo 1937, 
<<Il diritto d'autore>> 1937, pag. 842, pel titolo Il 
medico in casa; App. Milano 22 dicembre 1.936, 
<<Il diritto d'autore�, 1937, pag. 496, per titol� del 
film L'Occidente d'oro. 

La vigente legge 22 aprile 1941, n. 633, ha codificato 
la dottrina e la prassi dominanti s"ulla interpretazione 
della legge del 1925, non disciplinando -essa la 
tutela del titolo fra le disposizioni sul diritto di 
autore, in senso stretto, ma fra quelle sui cosidetti 
<< diritti connessi � in quanto << il diritto al titolo non 
ha la stessa natura del diritto d'autore, rna di quei