ANNO IV -N. 11-12 NovEMBRE�DicEMl\RE 1951 RASSEGNA MENSILE & ELL' AVVOCATURA DELLO STATO PUBBLIVA.ZI01'E DI SERVIZIO ANCORA SULLA LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE DELLE LEGGI DI RIFORMA FONDIARIA A PROPOSITO DI UN PAR�RE �PRO VERITATE >> ! Nella controversia giurisdizionale intorno �lla ~�iforma agraria, mentre dall'una parte e dall'altra i:lel campo le schiere avversarie si apprestano allo scontro, � piaciuto all'Illustre Presidente Gaetano Azzariti di esprimere il proprio avviso in un lungo e motivato parere pro veritate. Riassumere il ricco ed elaborato pensiero dell'eminente giureconsulto, seguendone passo a passo l'ordito, sembra impresa assai ardua, e forse non rispondente ai fini di questa Rassegna; mentre invece � possibile ed utile descrivere la struttura dello studio in esame e dare conto criticamente delle conclusioni cui esso perviene. Dopo una breve� premessa, che identifica l'og getto del parere (pagg. �3 e 8) nella validit� costi tuzionale delle deleghe legislative contenute negli articoli 1, 2 e 12 della legge stralcio e 5 della legge Sila, l'.A. esamina l'istituto della delegazione legi slativa secondo il diritto esistente prima e dopo la entrata in vigore della Costituzione (pagg. 9-21: ed � questa, senza dubbio, la parte pi� importante del lavoro) pervenendo alla conclusione della inco stituzionalit� d'una delega del legislatore all'esecu-. tore per l'emanazione di atti, cihe per loro intrin seca natura, sono amministrativi, tali debbono restare, e come tali debbono essere trattati, delega o non delega; per, quindi, applicare i principi suesposti alle quattro delegaziom sopra cennate (pagine 22-64), delle quali tre, e co� quelle conferite dagli articoli 1 della legge stralcio, 5 legge Sila, e 12 legge stralcio, escono irr'mediabilmente condannate, mentre un certo beneficio di dubbio si accorda a quella contenta nell'art. 2 legge stralcio. Dopo di che l'egregio scrittore affronta il problema del dove e del come far valere le ragioni di incostituzionalit� come sopra denunciate (pagine 64-82 ed ultima): problema di automatica soluzione, una volta dissipato l'equivoco della << forza di legge>> degli atti delegati, cbe viceversa forza di legge non possono acquistare, per la loro intrinseca, connaturata ed ineliminabile natura di atti amministrativi non delegabili dal Parlamento al Governo. TI giudice di questi atti sar� in ogni caso il giudice competente a conoscere degli atti amministrativi o �degli effetti di questi: volta a volta il Consiglio di Stato o� 1a Magistratura ordinaria. Occorre qui raccomandare al cortese lettore di consider.are con attenzione i punti chiave di questa trattazione giuridica, in s� e per s� e nella loro rispettiva posizione topografica: ci� che ha pi� importanza di quanto non sia lecito supporre a prima vista. a) Pagine 9 e seguenti: la <<funzione legislativa >> consiste solo nella emanazione di norme giuridiche; e solo l'emanazione di norme giuridiche pu� formare oggetto di delegazione . .Altrimenti la delegazione � incostituzionale. b) Pagina 41 (e val la pena di trascrivere testl�almente): << 10 i decreti emanati dal Governo, in base al c�ipoverso dell'art. 1 della legge stralcio sono sicu. rd.mente impugnabili dinanzi agli organi giurisdizibnali competenti, perch�, non essendo costituzitmalmente valida la delegazione, essi non hanno fdi'za di legge e sono quindi semplici atti amministrativi soggetti alle normali impugnazioni; � 20 quando pure si ritenesse valida la delegaz~ t:me, quei decreti sarebbero egualmente impugnabili, in quanto, se non fossero rimasti nei limiti precisi .. della delegazione, essi non avrebbero acquistato f�rza di legge e sarebbero atti amministrativi sogg�tti a normali impugnazioni; << 30 se poi si ritenesse che manca nella legge di delegazione una determinazione precisa di limiti, tale da consentire il giudizio se quei decreti siano rimasti o meno entro tali limiti, in questo caso non vi sarebbe delegazione valida costituzionalmente, e quindi i detti decreti rimarrebbero ugualmente atti amministrativi soggetti alle normali impugna2lioni )). c) Pagina 66: dopo avere ripetuto che la delegazione legislativa � invalida e nulla, l'.A. si pone il problema se gli artic_oli 1 e 12 legge stralcio e 5 legge Sila continuino �a spiegare qualche effetto, nel senso di potersi considerare norme attributive d'una competenza amministrativa. Egli � incline alla soluzione negativa, ma (trascriviamo) _ .1. non mi nascondo ... <<che possa preferirsi una Soluzione pi� mite, sia invocando la nota massima utile per inutile� non vitiatur, sia sostenendo che, dopo tutto, non sarebbe impossibile la conversione di una norma di delegazione legislativa in una -178 norma di attribuzione di competenza amministrativa >>; Pagina 75 e seguen.ti: l'A. si preoccupa del fatto che il diritto attualmente in vigore non consente l'impugnativa in via principale e diretta di atti aventi forza d� legge, e scrive: cc Da ci� si potrebbe dedurre che i decreti emanati in base a delegazione, avendo valore di legge, non sono suscettibili di impugnazione diretta, contrariamente a quanto abbiamo detto precedentemente. cc L'argomentazione, come avvertivo, si basa su di un equivoco, il quale consiste nel considerare come oggetto della impugnazione un atto avente forza di legge, mentre ho gi� ripetutamente spiegato che i decreti possono essere impugnati in quanto sono atti amministrativi che non hanno forza di legge. Naturalmente, proposta l'impugnativa, bisogner� preliminarmente decidere se il decreto impugnato abbia o non abbia valore di legge: il che deriva dal decidere se la legge di delegazione sia o non sia costituzionalmente legittima. Se � illegittima, e quindi invalida, la delegazione non sussist�,� e quindi il decreto emanato dal Governo � semplice atto amministrativo, senza valore di legge contro del quale l'impugnazione proposta � ammissibile e potr� essere esamin\:tta nel merito. Se la delegazione � valida, il decreto avr� valore di legge e l'impugnazione dovr� essere considemta inammissibile �. * * * Apprenda da questo esempio il paziente lettore quali pericoli presenti il fare uso di artifici narrativi o delle cosi dette comodit� di trattazione. Giacch�, per esporre la storia di un qualsiasi uomo illustre ben pu� essere permesso di aprire il discorso al momento del fiorire delle sue opere, per poi, nel corso delle pagine, riandare al giorno della nascita ed ai fatti oscuri della fanciullezza. Ma i tempi reali e logici non sono i passi dell'esposizione: n� a chi usa siffatta tecnica � consentito sostenere essere stato Napoleone allievo della scuola di Brienne dopo la vittoria di Austerlitz, n� avere Goya dipinta la M aja desnuda prima di essersi recato a Madrid. Insomma, il paralogisma del Presidente Azzariti deriva dall'aver egli trattato il problema della proponibilit� della domanda che � problema essenzialmente attinente al processo, dopo aver approfondito e discusso, a dritto ed a torto, la questione della costituzionalit� delle deleghe (e dell'eccesso dalle deleghe) che � questione di merito, e dall'aver tenuto conto nella seconda parte topografica (e prima parte logiCa) del suo parere dei risultati conseguiti nella prima parte topografica (e seconda parte logica). L'errore risulta ancor pi� evidente se si confronta questo parere pro veritate con lo studio di Roehrssen nello stesso argomento. Senza essere entusiasti della singolare teoria dell'cc atto ammini1: ltrativo di diritto naturale�, sostenuta dall'agregio Consigliere di Stato (e che, del resto, il Presidente suo lavoro, proprio per l'esatta valutazione dell'aspetto della proponibilit� della domanda nel complesso problema. In altre parole, nel parere che si esamina l'illustre A. avr� avuto -le sue ragioni di far precedere lo studio del fondo della questione a quello dei problemi pregiudiziali, n� sta� a noi giudicare sulla bont� di siffatte ragioni. Come risultato di questo studio si � ottenuto l'accertamento (dato per sicuro) della incostituzionalit� della delega, e la degradaz�orie (che insi~me � data per sicura e per dubbia) di questi atti in atti amministrativi. Diciamo che si sostiene insieme essere sicura e probabile questa degradazione, giacch� alle pagine 41 e 76 si afferma esser� questi decreti veri atti amministrativi, in corpo, anima, natura, caratteri ed effetti, mentre a pag. 66 � data per dubbia l'attribuzione del Governo di emettere i decreti (non pi� legislativi) in questione come atti amministrativi, e si fa ricorso a tale fine ad una curiosa applicazione della regola dell'utile che non � viziato dall'inutile e dell'istituto della conversione. Naturalmente a tutto questo arabescare di concetti dovrebbe rimanere estrane� il problema della proponibilit� della domanda, la cui soluzione, appunto per la natura pregiudiziale della questione, dovrebbe precedere e non seguire l'esame del merito dei provvedimenti: anzi essere da� questo esame e dai risultati in tal sede ooneguiti del tutto autonomo ed indipendente. Senz� di che si vedrebbe funzionare a rovescio ed in maniera veramen.te impensata la macchinetta del tu hai torto, quindi ti nego il giudice, pervenendosi al risultato: le deleghe sono incostituzionali quindi adisci ... : Ohi? � lecito chie~ dersi. Giacch� se la materia rientri, poi, nelle attribuzioni del Consiglio di Stato, od in quelle della giurisdizione ordinaria � problema che non travaglia il Presidente Azzariti che a pag. 81 e seguenti del suo scritto indica promiscuamente l'uno e l'altra. Invece, appunto p�r l'inversione delle fasi di trattazione, sopra considerata, il risultato conseguito in sede di merito si utilizza per risolvere la pregiudiziale: il ricorso al OoIJ-siglio di Stato annienta i provvedimenti impugnati prima di essere proposto. * * * Ancora qualche rilievo critico, prima _di procedere alle necessarie rettifiche. Il vizio di legittimit� che travagli per. avventura un atto di diritto pubblico, tipizzato� e classificato in una certa categoria, � e resta un vizio (accidens) che incide su di una substantia preesistente e sta,bile: l'atto come sopra tipizzato e classificato. Ma non trasmuta questa substantia in altra. In altre parole, fuor del caso limite del dolo del -pubblico ufficiale, l'atto di un pubblico ufficio viziato di incompetenza assoluta (cio� l'atto posto in esame fuori delle attribuzioni istituzionali del- l'organo) � un atto amministrativo viziato e n:on��u.n� � atto personale e privato dell'uomo-funzion�rio che� lo ha posto in essere, e come tale va trattato (che poi l'uomo-funzionario incorra in certe respon t ~ I. 1 ! ~ 1' . I ~ ~ ~ Azzariti utilizza ampiamente) dobbiamo ricono-s~b.ilit� � altro discorso): eppure t~le atto per defiscere ben altra aderenza alla realt� giuridica al mz10ne non poteva essere compmto dall'ufficio . --=,,u� �' m www wwwo,m,. ,...,,... --~ - m=== f9 tRF&?TIfilEi liM = zu -� 179 I ifFQ Ul Ff mentre poteva -almeno fisicamente -� essere commesso dal funzionario. Insomma, per questo il Consiglio di Stato, giudice di legittimit� degli atti amministrativi, non si trasferisce alla Pretura urbana, eventualmente competente a conoscere del mal fatto dell'uomo-funzionario. Il Tribunale che, disapplicando i princip� della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all' E, si sostituisca alla Pubblica Amministrazione nell'emanazione di di un atto amministrativo, contenuto nel dispositivo di una sentenza, vedr� la sua sentenza gravata d'appe1lo e non impugnata avanti al Consiglio di Stato. Anche qui non si d� il caso di trasferimento della Corte d'Appello al Consiglio di Stato. Del pari l'atto, giuridicamente qualificato come legislativo, se sia viziato di incostituzionalit�, � e resta un atto legislativo viziato di incostituzionalit�, impugnabile nelle forme e nei limiti in cui si impugnano gli �atti eventi forza di legge J> per i quali sorga questione di costituz onalit�. � Ma, si dice, avrebbe potuto, avrebbe dovuto, essere atto ammin strativo e -dopo tutto-� stato emanato da un organo istituzionalmente competente ad emettere atti amministrativi. Gi�: ma �avrebbe potuto n ed �avrebbe dovuto n � confessione lampante che non lo �. Istituzionalmente competente ad emettere atti amministrativn Ma quali atti amministrativi~ Questi, che il legislatore del 1950 non considera come atti amministrativi, e che l' Azzariti stesso salva in tale qualifica solo benignitatis causa, con una barocca conversione di norme di legge? Noi pensiamo con vero stupore alle paradossali conseguenze cui questo trattamento di atto amministrativo usato alla legge delegata, quand'essa per carenze costituzionali non passi all'immaginario esame di maturit�. legislativa escogitato dall'Azzariti (ma non solo da questo scrittore: cfr. TOSATO: Le leggi di delegazione, Padova, 1931, pag. 195 segg. ), darebbe luogo, se invece che nel regime provvisorio della VII disposizione transitoria della Costituz: one vivessimo nel regime definitivo dell'art. 134 della Costituzione e della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1. Il Consiglio di Stato, investito di una questione . di costituzionalit� di delega come l'attuale, se la ritiene fondata, dovrebbe esso giudicare validamente proposto il ricorso contro gli atti delegati, considerati come semplici atti aministrativi impromuovibili ad atti legislativi, e con ci� stesso considerare costituzionalmente illegittima la norma delegante. Ma, siccome tale norma delegante ed attribuitiva della virtuale ed ipotetica forza di legge � norma di legge ed essa va applicata sinch� non sia annullata dalla Corte costituzionale, il Consiglio dovrebbe sospendere il giudizio e rinviare le parti a munirsi (per la sola norma delegante: la delegata -s'� visto -deve essere atto amministrativo, se si vuole che il ricorso sia proponibile) di una decisione della Corte costituzionale. Ohe se, poi, la Corte costituzionale (che non pu� essa, si noti, giudicare della proponibilit� di un ricorso al Consiglio di Stato, e quindi deve promp1ziare nel merito) ritenga legittima e valida la legge di delegazione, � bravo chi sa dire che cosa suceecla. Giacch� Patto impugnato. avanti al Consiglio .cli Stato risulta non pi� amministrativo, Illi1 sacrosantamente legislativo; gi�, ma allora il ricorso al Consiglio di Stato si manifesta come ab origine improponibile, e nullamente, quindi, svoltosi l'incidente di costituzionalit� che su questo tronco si innesta. E la Corte costituzionale non avrebbe potuto essere adita per la nullit� dell'introduzione del giudizio principale. E allora? Vengono le vertigini so�o a pensarci. * * * La realt�, per fortuna, � pi� semplice; e la sua giusta considerazione porta a risultati diametralmente opposti a quelli cui perviene il Presidente Azzariti. Secondo l'art. 134 della Costituzione possono for. mare oggetto di sindacato di costituzionalit� � le leggi e gli atti aventi forza di legge n. Astrazione fatta dai problemi cui d� luogo l'ordinamento giuridico delle Regioni, e limitando l'esame agli atti dello Stato, pu� dirsi che oggetto di sindacato di legittimit� sono: le leggi vere e proprie (leggi in senso formale), i decreti-legge ed, appunto, i decreti delegati. Fra i vizi di costituzionalit� che questi atti possono presentare, � da tenere in primo piano, ai fini del presente studio, quel vizio di incompetenza aggravata, che � costituito dalla usurpazione di potere. In questo senso, e solo in questo senso, sembra possa fondatamente discorrersi di �eccesso di potere legislativo n. Ad esempio (citiamo da 0.ALAMANDREI: La illegittimit� costituzionale della legge nel processo civile, Padova, 1951, pag. 22) per stare al nostro problema (usurpazione di poter!'l legislativo commessa da organi governativi): se il Governo emani decreti legislativi in base ad una delegaz � one non accompagnata dalle limitazioni prescritte nell'art. 76 della Costituzione, ovvero ancora li em'.mi senza tener conto dei �principi� e criteri direttivi >> dettati nella legge di delega. In questo caso, come in quella di delegazione di poteri che 8i assumono non delegabili, sorge una questione di legittimit� costituz:onale. Va senz'altro, e per eliminare ogni possibile residuo di dubbio, rilevato che la questione relativa all'eccesso dalla delega � questione di legittimit� costituzionale di un atto avente for~a di legge e non questione di legittimit� ordinaria di un atto amministrativo. Cos� come questione di costituzionalit� e non di mera legittimit� � quella sulla delegabilit� o meno di certi poteri. Ci� era vero ieri, quando SANTI ROMANO 'Principi di diritto costituzionale generale, Milano, 1945, pag. 380) poteva scrivere che, fuor del caso limite della inesistenza giuridica della legge delegata, solo il potere legislativo poteva esercitare il controllo sull'osservanza dei limiti della delega giacch� �l'eccesso vizia la legge delegata, ma non ne determina l'invalidit�, e quindi essa rimane in vigore, ftnch� la stessa autorit� delegante non l'avr� annullata >>. Ci� � ancor pi� vero oggi se, con il BISCA.RETTI DI RUFFLA (Diritto costituzionale, Napoli, 1949, I, 611, e II, 31), si"ritiene che l'art. 134 della Costituzione dia alla sola Corte costituzionale il controllo nel ristretto dei _confin} .deUa delega ~a parte del -180 Governo legislatore, cos� come, del resto si esprime il OALAMANDREI (op. e loc. cit ). Invero, come sembra abbia giustamente intuito ROEHRSSEN, si ha qui una illegittimit� costituzionale indiretta: la legge delegata che esor�biti dalla delega � direttamente in contrasto con la legge di delegazione, ma in ultima e decisiva analisi � in conflitto con gli articoli 76 e 77 della Costituzione, che affermano il dovere per la legge delegata di rispettare i limiti della delegazione (identica trama di ragionamento per le Jeggi regionali in BALLADORE-PALLIERI: Diritto costituzionale, Milano, 1949, pag. 235). In tal senso veggasi pure BASdH:rERr, BIANCfil D'ESPINOSA e GrANNATTASIO: La Oostituzione italiana, Firenze, 1939, pag. 303; SoLAZzr, nel Oommentario di OALAMANDREI e LEVI, II, 94; ecc. Ohe, quindi, si venga fuori ad invocare, oggi, il pensiero del TOSATO (cp. cit., pa.gg. 187 segg.) per dire che la legge delegata, in quanto esorbiti dalla delega � atto amministrativo, � manifesto errore. Tanto pi� manifesto � tanto pi� errore, in quanto TOSATO fondava la propria teoria sull'argomento che si traeva dalfinciso << Entro i limiti della delegazione >> di cui all'art. 3, n. 1 della troppo famosa legge 31 gennaio 1926, n. 100. Oggi questa base testuale � da credere alquanto superata, e quindi tutto il ragionamento inattuale. * * * Adunque, e qualunque faccia del prisma si con sideri, tutte le questioni che si fanno circa le dele ghe e gli atti delegati sono questioni di costituzio nalit� di leggi o di atti aventi forza di legge ordi naria. Non questioni di l gittimit� di atti ammini nistrativi. Ora, l'atto avente fo1�za di legge ordinaria di per s�, ed in via immediata e diretta, non pu� costituire possibile oggetto di impugnativa. Deve preesistere un giudizio, civile, penale od amministrativo, reale et rite proposto, deve insomma �aversi per dato �n giudice validamente investito di un caso concreto, e cio� di una domanda o di un ricorso effettivamente ammissibili e proponibili. Questo giudice, nel suo piano, che � quello della decisione concreta della singola e specifica contro versia, avente ad oggetto la pretesa civile, o quella punitiva dello Stato, ovvero appunto la domanda di annullamento di un a~to amministrativo, sen tir� una delle parti assumere essere la premessa maggior del sillogismo giudiziario richiestogli, e cio� la legge applicabile al caso, invalidamente in vocata �perch� travagliata da un vizio di illegitti mit� costituzionale. Egli non viene adito, si badi, per dichiarare incostituzionale la legge: ma per ac cogliere o respingere una domanda di condanna del convenuto (o de'l'imputato), ovvero per annullare un atto amministrativo. Sorge l'incidente di costi tuzionalit� (� ... rilevata d'ufficio o sollevata da una delle parti nel corso di un giudizio �) la relativa questione non viene ritenuta dal giudice civile, penale od amministrativo �manifestamente>> in fondata, il giudizio ordinario si sospende, e la sede del dibattito si trasferisce alla Corte costituzionale. Un quest'ultima sede non � pi� questione di acco glimento o di reiezione di domande o di eccezioni, n� di annullamento di atti amministrativi, ma puramente e semplicemente di legittimit� costituzionale della legge. Probabilmente, come acutamente rileva OALAM:ANDREI (loc. cit.,.pag. 58 sog.), non � giurisdizionale l'�perato della Corte, n�, nonostante la terminologia usata nei testi; organo giurisdizionale la Corte medesima: contraddittorio fra le parti, domande ed eccezioni, persino ragione e torto, sono espressioni che in questa sede si trovano ad aver perduto valore. La Corte costituzionale dovr� dire costituzionalmente legittima od illegittima la legge non nel momento giurisdizionale concreto del dibattito inter partes, ma nel suo momento normativo astratto del comando cogente: funzione, pertanto, legislativa negativa (cfr. KELSEN, EISENMANN, e PERSICO, cit. in 0ALAMANDREI, op. cit., pag. 60, nota 1). Cosi si spiega l'art. 136 della Costituzione, che nega valore retroattivo alla dichiarazione� di incostituzionalit�, e stabilisce la validit� degli effetti prodottisi in base alla legge incostituzionale sino al giorno della pubblicazione della decisione. In conclusione: due procedimenti diversi, di natura e caratteri diversi: ordinario (civile, penale, amministrativo) l'uno, costituzionale l'altro, in un rapporto rispettivo come da innesco a carica esplosiva. Il giudizio civile, penale e amministrativo deve essere validamente proposto, perch� da esso consegua l'attivazione del �giudizio >> di costituzionalit�. N � la possibilit� che ad un giudizio ordinario segua un giudizio� costituzion~le, modifica gli estremi di proponibilit� e di ammissibilit� della domanda o del ricorso. Nell'attuale regime disciplinato dalla VII disposizione transitoria della Costituzione, viene a mancare la fase abrogativa erga omnes, l'opera del giudice ordinario si mantiene in limiti pi� ristretti, ad effetti circoscritti, ed ha carattere dichiarativo. In un giudizio civile, penale ed amministrativo, validamente iniziato e proposto, sorge questione circa la premessa maggiore dell'anzi cennato sillogismo giudiziario: circa la norma � applicabile al caso controverso. Il giudice, che -si ripete -deve essere posto in condizione di conoscere del fondo della questione (scil. deve trovarsi di fronte ad un atto amministrativo, gravato di ricorso in quanto atto amministrativo), ha un compitoi riconoscere l� norma applicabile al caso. Risolvere, cio�, un problema che � meramente di esistenza e di vigenza. Esistenza: e quindi accertamento dei requisiti di forma perch� un certo documento possa considerarsi �legge ed atto avente forza di legge � (e non � legge quella che non sia stata promulgata dal Presidente della Repubblica, e non � atto <<avente forza di legge J> il decreto-legge non deliberato dal Consiglio dei Ministri, od il decreto delegato emanato senza che esista alcuna delega). Vigenza: e pertanto accertamento della� -non avvenuta abrogazione dell'atto de quo in virt� di. una successiva norma della Costituzione, che -per essere immediatamente applicabile opera direttamente sul rapporto controverso ed abroga quindi la precedente disciplina legislativa. -181 Non apprezzamento della consistenza intrin seca della �legge n o dell'atto avente forza di 'legge a fronte della Costituzione, giacch� in tal guisa si avrebbe sostituzione -sia pure limitatamente al caso deciso -dal giudice al legislatore; ed un'attivit�, che pur se ispirata alle pi� ferme intenzioni di mantenersi nei limiti dello stretto diritto, fatalmente straripa nella politica. Ma in entrambi i casi, Corte costituzionale o VIII Disposizione transitoria, il giudizio << inne sco n cio� la controversia concreta, deve essere validamente posto: non si attiva la questione di costituzionalit�, se non in presenza di un giudi zio ordinario validamente apertosi. E non si d� valida apertura di giudizio avanti al Magistrato di legittimit� degli atti ammini strativi se non su di un atto amministrativ.o. Questo deve preesistere al giudizio e, come tale, essere dedotto in giudizio: non deve invece, rivelarsi in corso di dibattito, e rivelarsi per effetto dell'asserita incostituzionalit� di un atto legislativo, in tale qualifica impugnato. Con gli espedienti, escogitati nel parere che si esamina, si pretende che il Giudice ordinario faccia di pi� di quanto la stessa Corte costituzio nale non potrebbe: prendere in diretta considera zione un atto avente forza di legge per annullarlo. E ci� senza il passaggio obbligato (tanto per il Giudice ordinario, quanto per la stessa Corte costituzionale) per il giudizio principale, onde l'incidente di costituzionalit� dovrebbe svilupparsi. * * * Ohe, poi, indipendentemente da ogni questione di proponibilit�, le argomentazioni del Presidente Azzariti non siano fondate nel merito, speriamo di aver gi� dimostrato nel precedente articolo di risposta allo studio del Consigliere Roehrssen. Resta da aggiungere solo una breve chiosa. Secondo la Costituzione della Repubblica, il Parlamento ha pi� di una funzione: costituente (art. 138); di controllo politico (art. 94); di accusa (art. 96); di elezione o nomina a certe caric)le primarie (articoli 83 e 135), ecc. Poi c'� la funzione legislativa cio� il fare le leggi (generali ed in singulos latae), con tutto il contenuto che una legge pu� avere, e che non � soltanto la posizione di norme giuridiche, come si � gi� detto e ripetuto: art. 70. Questa sola funzione � delegabile, non le altre (art. 76) ma � delegabile compiutamente, senza residui, n� eccezioni. *** I RAPPORTI TRA LO STATO E LA REGIONE SICILIANA NELLA GIURISPRUDENZA DELL'Al.TA CORTE COSTITUZIONALE SOMMARIO. -I. Premessa. -2. La competenza di legittimit� costituzionale spettante all'Alta Corte Costituzionale per la Regione siciliana. -3. I limiti interni della potest� legislativa della Regione siciliana. -4. Le leggi dello Stato e le leggi della Regione siciliana -L'applicazione immediata delle leggi dello Stato in Sicilia e l'incostituzionalit� delle leggi siciliane c.d. ricettizie. -5. Le leggi regionali che debbono contenere l'indicazione della causa. 6. La competenza legislativa esclusiva (o primaria) e quella secondaria dell'Assemblea regionale siciliana. -7. Le principali controversie sorte fra lo Stato e la Regi�ne su questioni.di competenza legislativa: a) in materia di agricoltura e foreste; b) in materia di industria e commercio; c) miniere, cave, torbiere, saline; d) ordinamento degli uffici regionali; e) stato giuridico ed economico degli impiegati e funzionari della Regione. -8. Circoscrizione, ordinamento e controllo degli Enti locali regionali. 9. Le principali controversie sorte fra lo Stato e la Regione in ordine alla competenza legislativa complementare di questa ultima: a) istruzione media ed universitaria; b) disciplina del credito, delle assicurazioni e del risparmio; c) legislazione sociale. -10. La competenza legislativa della Regione in m;;,,teria di tributi. -11. La riscossione dei tributi da parte della~Regione siciliana. -12. Contenuto e limiti delle funzioni amministrative ed esecutive della Regione siciliana. -i3. La legge elettorale regionale. 2 PREMESSA L'innovazione pi� profonda introdotta dalla Costituzione nell'ordinamento dello Stato consiste nella sua trasformazione strutturale, mediante la creazione delle regioni. Il problema del regionalismo � antico in Italia e pu� dirsi che sia stato posto fin dagli albori del nostro Risorgimento, quando nel processo storico della unificazione nazionale si manifestarono in contrasto fra loro due tendenze: quella federalista e quella unitaria. Fu quest'ultima a trionfare: ma i fautori di un largo decentramento amministrativo, che trova la sua espressione pi� accentuata nelle autonomie regionali, non abbandonarono il proposito di attuare il loro programma e la occasione favorevole si � presentata quando il nostre Paese ha dovuto affrontare la crisi forse pi� grave della sua storia, quella segu�ta all'ultima guerra mondiale. In quel momento, le tradizionali tendenze regionalistiche, mai spente in Italia, trovarono nuova�forza nel generale movimento di reazione contro il centralismo autoritario che aveva dominato la struttura del nostro Stato nell'ultimo ventennio, mentre ad allentare i vincoli di unit� nazionale -182 in alcune regioni concorrevano anche i risentimenti, molte volte giustifi.cati, contro una politica di trascuratezza e di abbandono, che le aveva messe in una condizione di inferiorit� nei confronti della media delle altre regioni. Questo avvenne soprattutto per la Sicilia, nella quale le tendenze regionaliste vennero esasperate fi.no a prospettare la eventualit� di una affermazione del separatismo, con minaccia concreta alla unit� nazionale, mentre lo stesso federalismo, che gi� questa unit�, cos� recente, avrebbe gravemente colpita, era considerato ancora una soluzione di ripiego dai pi� intransigenti sostenitori dell'autonomia dell'Isola. Malgrado l'asprezza degli attacchi, e la debolezza della situazione interna italiana, fu possibile resistere alle pressioni separatiste e, pur dovendosi risolvere il problema affrettatamente, e in modo indipendente dalla soluzione generale, che si sarebbe trovata solo con la nuova Oostituzione, lo Statuto siciliano, approvato con R.D.L. 15 maggio 1946, n. 455, non solo non fece alcuna concessione al separatismo e al federalismo, ma rappresent� una riaffermazione solenne del principio dell'unit� nazionale come condizione e presupposto dell'autonomia dell'Isola. Questa posizione era naturalmente destinata a rafforzarsi e svilupparsi, e la Oostituzione, creando le regioni, ed innovando, come abbiamo detto, profondamente e radicalmente la struttura dello Stato unitario, pose senza possibilit� di dubbi il � principio che � poteri affidati ai nuovi enti dovessero trovare un limite �nsuperabile nella unit� ed indivisibilit� della repubblica, e cio� intendersi come una mera manifestazione di autonomia locale. Ma se pur solo di autonomia locale si tratta, non pu� negarsi che ci si trova in presenza di un tipo di autonomia del tutto nuovo nel nostro ordinamento, caratterizzato dalla potest� attribuita al nuovo ente di emanare norme giuridiche primarie, e cio� vere e proprie norme legislative . .Abbiamo, quindi, nel nostro Stato oramai due fonti di produzione di norme legislative, e cio� gli organi legislativi statali e quelli regionali, e per quanto la competenza1di questi ultimi sia limit~ta all'ambito regionale ed alle materie indicate nella Oostituzione, non per questo le loro leggi hanno, nella gerarchia delle fonti, una posizione inferiore alle leggi ordinarie. Una tale situazione implica necessariamente la possibilit� di conflitti di carattere giuridico, sia tra i due 13nti legiferanti, sia tra le due categorie di norme legislative; ed era quindi necessario che la Oostituzione istituisse l'organo .al quale fosse demandata la risoluzione di esse: tale organo �, come � noto, la Oorte costituzionale. A maggior ragione tale possibilit� di conflitti doveva essere prevista all'atto della creazione della Regione siciliana, dato che ad essa diversamente da quanto la Oostituzione ha stabilito per le regioni c.d. a Statuto normale, � stata attribuita dallo speciale Statuto la potest� legislativa esdusiva in determinate materie. Ed, infatti, con lo stesso Statuto venne istituito un organo speciale che quei conflitti giuridici ha competenza a risolvere e cio� l'Alta Oorte costituzionale per la Regione siciliana. L'attivit� di quest'organo � stata molto intensa, specialmente nei primi tempi, quando, cio�, la sensibilit� sia degli� organi della Regione, sia degli organi dello Stato peJ.' ogni atto che potesse significare un attentato alle rispettive sfere d� attribuzioni, era necessariamente piu acuta. Numerosi sono stati, perci�, i giudizi che l'.Alta Oorte ha defi.nito con la sua pronuncia. Ad oltre tre anni di distanza dall'inizio del funzionamento di questo organo costituzionale, appare perci� possibile ed opportuno un esame dei risultati della sua attivit�, attraverso una rassegna delle sue decisioni. Riteniamo che questa rassegna ci possa offrire un primo quadro dei rapporti tra lo Stato e la Regione siciliana, e possa costituire la base per l'esame pi� approfondito di particolari problemi, che interesseranno necessariamente anche i rapporti dello Stato con le altre Regioni, quando anch'esse cominceranno a funzionare. Il carattere di questo articolo vuol essere informativo, limitando gli spunti critici solo al minimo indispensabile. � chiaro, per�, che esso rappresenta solo l'avvio allo studio sistematico dell'importante argomento. IlA COMPETENZA DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE SPETTANTE ALL'ALTA 00RTE COSTITUZIONALE PER, LA REGIONE SICIUANA Fu proprio all'inizio del suo funzionamento che tocc� all' .Alta Oorte costituzionale di affrontare il problema forse pi� importante di tutti quelli che potessero presentarsi, il vero e proprio problema chiave dei rapporti fra la Regione e lo Stato. L'Assemblea costituente, in applicazione della XVII disposizione transitoria della Oostituzione, aveva infatti approvato una legge, la n. 2 del 26 feb braio 1948, la quale disponeva: Lo Statuto della Regione siciliana, approvato con decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, fa parie delle leggi costitu zionali della Repubblica ai sensi e per gli effetti dell'art. 116 della Costituzione. Ferma restando la procedura di revisione pre i�eduta dalla Costituzione, le modifiche ritenute ne cessarie dallo Stato o dalla Regione saranno, non ol tre due anni dall'entrata del.la presente legge, appro vate dal Parlamento nazionale e con legge ordinaria, udita l'Assemblea regionale della gicilia. Oontro questa legge fu proposta impugnazione dal Presidente della Regione siciliana avanti l'.Alta Oorte, sostenendosi che essa violava: a) l'articolo unico del R.D.L. 11 maggio 1946, n. 455, che approva lo Statuto della Regione siciliana; b) le disposizioni transitorie n. XVI e XVII della Oostituzione della Repubblica italiana; e) gli articoli 116, 123, 138 della stessa Oostituzione. In sostanza, la Regione assumeva che l'.Assem~ blea Oostituente non poteva, con una legge emanata in base alla XVII disposizione transitoria, delegare al Parlamento la facolt� di modifi.care lo Statuto siciliano, che, essendo da considerarsi legge costituzionale, poteva essere revisionato solo -183 con la procedura prevista dall'art. 138 della Costituzione. � La tesi difensiva dello Stato fu del tutto lineare: essa parti dal presupposto che la citata legge n. 2 del 26 febbraio 1948, essendQ stata emanata dall'Assemblea costituente, fosse una legge costituzionale, e che come tale avesse la forza di modificare qualsiasi altra legge precedente. In conseguenza, non poteva riconoscersi ad essa il carattere di una violazione di altre norme della Costituzione, e tanto meno dello Statuto siciliano. Da ci� derivava l'assoluto difetto di giurisdizione dell'Alta Corte a 'conoscere della impugnativa proposta. Oon la sentenza n. 2 del 20 settembre 1948 (Pres.: Scavonetti, Rel.: Ortona, Est.: Vassalli, P.J\L Eula) l'Alta Corte accolse l'impugnativa della Regione. Sulla eccezione pregiudiziale della improponibilit� del ricorso, che investiva alle radici il problema dei rapporti tra' Stato e Regione, l'Alta Corte cos� motiv�: � Ritenuto non sussistere l'improponibilit� del ricorso, che la difesa dello Stato ha eccepito assumendo non potersi dare sindacato giurisdizionale di legittimit� costituzionale rispetto a un atto avente forma di legge costituzionale. L'art. 25 dello Statuto della Regione siciliana prevede che l'Alta Corte conosca della costituzionalit� delle leggi emanate dallo Stato " rispetto allo Statuto stesso e ai fini della efficacia delle medesime entro la Regione , , e la disposizione, parlando di leggi emanate dallo Stato-" rispetto allo Statuto ,, regionale, cio� di leggi concernenti lo Statuto stesso, non pu� che riferirsi alla materia formante oggetto della legge statuale. Il che � conforme alla funzione dell'Alta Corte, la quale, con poteri che la posteriore Carta costituzionale della Repubblica (art. 127) ha distribuito fra Corte costituzionale e Parlamento per ci� che concerne le leggi regionali ivi previste, � chiamata a dirimere i conflitti fra due ordinamenti giuridici: un controllo limitato alla costituzionalit� formale delle leggi rimarrebbe confinato nell'ambito di ciascun ordinamento e quindi inoperante rispetto al conflitto ipotizzato. Rimangono, pertanto, estranee alla definizione del punto in oggetto le considerazioni che pure sono state dottamente svolte dalla difesa delle due parti e dal Pubblico Ministero, circa la possibilit� che la legge costituzionale incontri limiti giuridici, come quelle che attengono al problema della legalit� costituzoinale nell'interno di uno stesso ordinamento giuridico �. Questa decisione riletta a distanza di tempo, e soprattutto alla luce dei numerosi commenti dottrinali ai quali ha dato lo spunto, appare pi� come il prodotto delle circostanze e del particolare momento politico che come il logie.o corollario di una sufficiente maturazione del grave problema e di una convincente motivazione. Infatti di questo problema cos� capitale l'Alta Corte dovette occuparsi troppo presto, quando, cio�, si considerava ancora istituita piuttosto per la difesa della autonomia dell'Isola che per essere la garante che quella autonomia non potesse mai costituire un'insidia per l'unit� dello Stato. Questa unit�, invero, si esprime nel campo giuridico proprio attraverso la Costituzione e le leggi costituzionali; � evidente, quindi, che parlare di un conflitto � fra due ordinamenti giuridici n anche quando esso sorgesse in relazione ad una legge costituzionale dello Stato, significherebbe distruggere quella unit� e porre l'ordinamento giuridico della Regione siciliana sullo stesso piano dell'ordinamento giuridico statale facendo cos�. de.Ha Regione un altro Stato. Di queste conseguenze si sono ben resi conto i commentatori della decisione, alcuni dei quali (si veda MoRTATI in cc Foro Padano� 1949, IV, 24-25 e GUELI in cc Foro Italiano n 1949, I, 115) si sono infatti espressi in modo decisamente contrario, rilevando il primo che l� tesi �seguita dall'Alta Corte potrebbe giustificarsi solo se gli ordinamenti statale e regionale si trovassero in posizione di assoluta parit� fra loro, potendo solo in tal caso il carattere costituzionale della legge statale rappresentare un fatto I meramente interno di questo ordinamento, obiettando il secondo che nel caso di impugnativa di legge costituzionale il giuqizio previsto dall'articolo 25 dello Statuto siciliano dovrebbe compiersi � alla stregua di norme che starebbero fuori e sopra l'ordinamento dello Stato. Altri (SICA in cc Rass. Dir. Pubbl."� n, 1949, II, 200 e seg.) volendo sostenere la sentenza hanno per� dovuto presupporre che la legge impugnata n. 2, del 26 febbraio 1948 non fosse una legge costituzionale vera e propria, fondando la loro tesi su una assurda d�fferrnza di qualit� tra i poter esercitati dall'Assemblea costituente prima e dopoi il gennaio 1948. Altri, infine, volendo seguire l'.Alta Corte fino alle pi� estreme conseguenze (ORLANDO CASCIO in cc Dir. Pubbl. della Regione siciliana�, 1949, 176), e non volendo e non potendo seriamente negare il carattere costituzionale alla legge impugnata, hanno escogitato strane teorie sulla ammissibilit� di � un conflitto fra due leggi costituzionali dello Stato susseguentisi a breve distanza di tempo ed emanate l'una dal potere che ha convocato la Costituente e l'altra dalla Costituente stessa �, per dedurne che � nei confronti della Costituzione, lo Statuto siciliano doveva costituire " presupposto e non oggetto ,, e che nei confronti dello Statuto siciliano i poteri della Costituente dovevano intendersi limitati al semplice coordinamento >>; e non solo i poteri della Costituente, in quanto, secondo il suindicato Autore, lo Statuto siciliano non potrebb'essere nemmeno sottopost� alla procedura di revisione prevista dall'art. 138 della Costituzione, diversamente. da quanto ha ammesso la stessa Alta Corte nella decisione in esame. � evidente che; nella sua eccessivit�, � proprio questa la tesi cui linearmente conduce l'affermazione dell'Alta Corte, secondo la quale l'art. 25 dello Statuto regionale le avrebbe attribuito la competenza a decidere della legittimit� di qualsiasi legge statale, sia pur costituzionale, la cui materia concerne lo Statuto stesso. Ma � anche evidente come proprio queste eccessive conseguenze non siano state volute dall'Alta Corte e .come la questione dellas ubordinazione assoluta dello Statuto_ e dell'ordinamento regionale siciliano alla potest� costituente degli organi legislativi dello Stato sia rimasta assolutamente impregiudicata anche a seguito di questa ben singolare decisione dell'Alta Corte. LIMITI INTERNI DELLA POTEST� LEGISLATIVA DELLA REGIONE SICILIANA La decisione n. 7 assume una fondamentale importanza in relazione alla soluzione che l'.Alta Corte ha dato alla questione concernente i limiti interni della potest� legislativa della Regione, questione che si sostanzia nelle seguenti proposizioni: 1� se l'Assemblea regionale possa delegare l'esercizio della potest� legislativa al Governo regionale; 2� se la delega, una volta ammessa, debba essere fatta solo nei limiti e con le modalit� previste nell'art. 76 della Costituzione, o se, invece, questo articolo costituisca solo una direttiva per gli organi legislativi regionali. Sul primo punto 1'.Alta Corte ha deciso che � la delegazione dell'esercizio di potest� legislativa al Governo trova la sua giustificazione in necessit� generalmente riconosciute, attesa l'estensione dell'intervento del pubblico potere nella vita economica e sociale. La delegazione, gi� ammessa nel silenzio di, precedenti Dostituzioni, ha trovato espresso riconoscimento nell'art. 76 della Carta costituzionale della Repubblica e non � stata vietata dallo Statuto della Regione. Naturalmente, dev'essere contenuta entro conf�.ni determinati . . ' variamente formulati nei diversi sistemi positivi, ad evitare un eccessivo, pericoloso spostamento dei normali limiti di competenza degli organi ii. Sul secondo punto, I'.Alta Corte Costituzionale ha cos� motivato: <<Nella Costituzione della Repubblica i limiti della delegazione legislativa sono indicati nell'art. 76: temporaneit�, oggetti definiti, posizione dei principi e criteri direttivi. �Detta norma, pur non avendo diretta applicazione rispetto agli organi della Regione, sancisce una direttiva che dev'essere osservata anche nella sfera regionale, nel senso che i limiti da essa posti, costituiscano un minimo di garen:zia che dev'essere rispettato in q.alsiasi ipotesi � � .Alla stregua di questi criteri l'Alta Corte, dopo avere affermato che la procedura di emanazione delle leggi delegate regionali, quale stabilita nella legge di delega, comportava garanzie maggiori di quelle minime previste dal citato art. 76, ha riconosciuto la legittimit� costituzionale della legge impugnata. LE LEGGI DELLO STATO E LE LEGGI DELLA REGIONE SICILIANA L'applicazione immediata delle leggi dello Stato in Sicilia e l'incostituzionalit� delle leggi siciliane c.d. ricettizie. .Assai spesso la Regione siciliana ha emanato provvedimenti legislativi con i quali ha preteso dichiarare applicabili nel territorio della Sicilia leggi dello Stato che gi� da tempo vigevano in quella Regione come in tutte le altre. Il legislatore siciliano, nell'emanare tali leggi (impropriamente chiamate ricettizie, dato che non si trattava di accogliere .norme di un ordinamento giuridico diverso perch� � sempre nell'ordinamento giuridico dello Stato che s'inserisce la legislazione siciliana, anche quella esclusiva), � partito coscientemente od incoscientemente dal presupposto che l'applicazione della legge statale trovi un limite territoriale nei riguardi della Sicilia; cJrn la legge :nazionale non si estenda automaticamente a tutto il territorio della Repubblica, una ed indivisibile, che, in altre parole le leggi non entrino, senz'altro in vigore in Sicili~ << il quindicesimo giorno successivo alla, loro pubbli cazione, salvo che le leggi stesse stabiliscano un termine diverso i> (art. 73 u.c. della Costituzione). La difesa dello Stato ha sempre sostenuto l'ille gittimit� costituzionale delle leggi c.d. ricettizie in base ai seguenti argomenti: � fondamentale errore degli organi legislativi della Sicilia quello di credere che, per il fatto che uno Statuto speciale conferisce, in determinate materie, una potest� legislativa alla Regione sici liana, non competa. pi� al legislatore dello Stato la potest� di carattere sovrano di emanare norme aventi contenuto giuridico obbligatorio per tutto il territorio dello Stato. Il legislatore siciliano confonde fa competenza generica soggettiva dello Stato ad emanare provve dimenti legislativi con efficacia in tutto il territo rio nazionale giusta l'art. 73 delJa Costituzione, con la competenza sostanziale, cio�, quella atti nente alle varie materie, parte delle quali sono state deferite alla potest� del legislatore siciliano. Una legge statale -qualunque sia il suo conte nuto e la materia disciplinata -� automaticamente efficace ed obbligatoria in tutto il territorio nazio nale, perch� emana da un Ente che ha potest� di legiferare su tutto il territorio stesso. Certamente, una legge dello Stato, nei riguardi della Sicilia potr� essere costituzionalmente ille gittima pe:rch� disciplinante, ad es. materia riser vata, all'esclusiva competenza regionale dall'art. 14 dello Stat.uto siciliano. Ma � evidente che altro � l'incostituzionalit� di una legge, altro � l'efficacia immediata ed obbliga toria in tutto il territorio nazionale di una legge emanata dallo Stato, efficacia che persiste sino a che la legge in questione non sia stata dichiarata incosti tuzionale dall' .Alta Corte per la Regione siciliana. Le leggi siciliane, c.d. ricettizie debbono, in con. elusione, ritenersi costituzionalmente illegitUme per violazione dell'art. 73 u.c. della Costituzione, in relazione all'art. 5 della stessa . .A questa logica conclusione, per�, non ha creduto giungere lAlta Corte la quale ha ritenuto invece, di dover adottare una formula anodina e non impegnativa qualificando superff ue le leggi c.d. ricettizie della Regione siciliana. In tal senso si � pronunziata l'.Alta Corte in numerose decisioni: prima fra tutte quella, sotto altro aspetto basilare del 13 agosto 1948, n. 6 in materia tributaria �Diritto pubbl. Reg. sic.�, 1949, pag. 67); del 7 febbraio 1950, n. 4 (ibid. 1950, pag. 180 e segg.); del 20 novembre��1950, n. 11 (ibid. pag. 186 e segg.), tutte in materia tribtil'.ar1a e 23 giugno 1950 sulla legge per la cooperazione. Naturalmente, anche con la formula adottata dall' .Alta Corte si � giunti al disconoscimento di ogni efficacia alle leggi siciliane di recezione. LE LEGGI REGIONALI CHE DEBBONO CON'l'ENERE L'INDICAZIONE DELLA CAUSA Un'importantissima questione di carattere generale riguardante l'esercizio della potest� legislativa della Regione, sia pur riferito alla particolare legishtzione in materia tributaria, di cui all'art. 36 dello Statuto, � stata sollevata, dinanzi all'Alta Corte, dalla difesa dello Stato. Con riferimento anche alla recente teoria propugnata dal OALAMANDREI, del sindacato di legittimit� costituzionale sostanziale delle leggi (1) si � sostenuto che l'Assemblea regionale deve indicare a quali particolari esigenze regionali ha inteso adattare la legislazione statale sulle imposte, appunto perch� la legislazione regionale complementare e, in particolare, quella tributaria � essenzialmente finalisti<;a ed, in tanto si giustifica in quanto vi siano particolari esigenze della Regione da soddisfare. Occorre, dunque, l'indicazione della causa. Se questa non � indicata, la legge regionale � viziata da illegittimit� costituzionale per violazione di legge e, cio�, dell'art. 36 dello Statuto. Se, poi, � indicata una causa non idonea per l'esercizio del suddetto potere legislativo si � di fronte ad un vizio di legitimit� configurante un eccesso di potere legislativo. La questione fu, pregiudizialmente, sollevata in occasione dell'impugnativa proposta dal Commis sario dello Stato contro la legge regionale 4 marzo 1950 � recante agevolazioni fiscali alle cooperative agricole di produzione e lavoro e di consumo i>. La causa non idonea era indicata nella relazione della commissione legislativa nella finalit� di �in coraggiare ed aiutare la cooperazione, in genere, senza che fossero menzionati particolari scopi di carattere regionale �. L'Alta Corte, nella sua elaborata pronuncia del 5 aprile 1950 (ined.) riconobbe che l'attivit� legislativa siciliana in materia tributaria �, in realt� stabilita con riferimento a determinati scopi pubbliei. � In tal caso, l'esercizio dell'attivit� legislativa, nei casi in cui nonsussistano gli interessi e, quindi, gli scopi per i quali detta attivit� deve provvedere, pu� essere riavvicinato al concetto d'incompetenza oppure a quello di violazione di legge quali sono figurati in rapporto alla giustizia amministrativa. � Ma anche in questi casi non � ammissibile un sindacato giurisdizionale sul contenuto della legge in esame, in quanto la causa dell'atto legislativo non consiste nel soddisfacimento di dette classi di interessi, ma risulta dal coordinamento di essi con tutte le altre. esigenze della vita sociale che si pre sentano degne di protezione in varia misura. �Non � possibile applicare all'attivit� legislativa, anche subordinata, il concetto di eccesso di potere che, specialmente nella sua formulazione piu carat teristica di sviamento di potere, presuppone una causa tipica dell'atto costituito dal raggiungimento di scopi pubblici particolarmente determinati �. (1) La illegittimit� costituzio.nale delle leggi nel processo civile, Padova, 1950, spec. pag. 27. Cos� in sostanza, l'Alta Corte qualific� come violazione della legge costituzionale � quei vizi di illegittimit� che pu� presentare l'atto legislativo '.in quanto non sussistono quegli interessi la cui disciplina � affidata particolarmente ad organi legislativi subordinati �. Alla stregua di questo concetto, l'Alta Corte pass� all'accertamento nel caso concreto, dell'esistenza degli interessi alla tutela dei quali la norma regionale intendeva provvedere. Fu riconosciuta l'esistenza degli interessi stessi ma l'impugnativa del Commissario dello Stato venne ugualmente accolta, e la legge dichiarata incostituzionale per motivi inerenti all'interpretazione dell'art. 36 dello Statuto. LA COMPETENZA LEGISLATIVA ESCLUSIVA (o primaria) E QUELLA SECONDARIA DELL'ASSEMBLEA REGIONALE SICILIANA La potest� legislativa della Regione siciliana, com'� noto, � o di carattere esclusivo o di carattere complementare. La prima, prevista e disciplinata dall'art. 14 dello Statuto, trova limiti solo nell'ambito territoriale della legge, nelle leggi costituzionali � nelle riforme agrarie ed industriali da deliberarsi dalla Costituente �; inoltre, limitazioni particolari sono stabilite per singole materie, come ad es. quella dell'industria e commercio per cui � riservata alla legislazione statale la <e disciplina dei rapporti privati � (art. 14, lett. d). La seconda, prevista e disciplinata dall'art. 17 dello Statuto incontra, oltre, naturalmente, i limiti generali di cui all'art. 14, quelli dei principi ed interessi generali cui s'informa la legislazione dello Stato e deve essere diretta a soddisfare alle condizioni particolari ed agli interessi propri della Regione. Un� particolare sottospecie (con alcune essenziali differenze) come vedremo, della legislazione complementare � quella in materia tributaria di cui all'art. 36 dello Statuto. Abbiamo gi� visto quale significato si debba attribuire al carattere di competenza legislativa esclusiva regionale, a proposito delle leggi cod dette ricettizie. La Regione potr� reagire, mediante l'impugnativa, contro leggi statali emanate in materia cui spetta alla Regione stessa competenza esclusiva ma non potr�, mai, impedire l'entrata in vigore e . l'efficacia delle leggi nazionali, fino al loro annullamento. La legge regionale anche in materia di competenza esclusiva � una legge rigorosamente limitata ad un determinato territorio e ci� non soltanto nel senso che essa spiega efficacia unicamente nell'ambito regionale (il che �, addirittura, lapalissiano) ma, soprattutto, nel significato che essa non pu� e non deve spiegare effetto pregiudizievole neJJe altre Regioni mediante una concorrenza dannosa e, .. quindi, inammissibile. Questo importante principio � stato ;:tffermato dall'Alta Corte fin da una delle prime sue decisioni: quella importantissima del 17 agosto 1948 (id. -186 � 1949, pag. 21 e 22) relativa alla legge regionale con cui si autorizzava l'emissione di titoli azionari al portatore. L'Alta Corte respinse il ricorso proposto dal Commissario dello Stato osservando, fra l'altro, che il limite territoriale imposto all'efficacia della legge regionale in questione non era stato violato. cc Non solo le azioni ~l portatore non possono essere emesse che da societ� le quali si costituiscono in Sicilia, ma le disposizioni degli articoli 3 e 4 tendono ad assicurare nel modo pi� efficace che l'attivit� sociale si esplichi� per opere ed impianti localizzati in Sicilia o per iniziative aventi ivi la loro sede ed il loro centro d'irradiazione quando trattasi, come per le imprese armatoriali, di imprese che altra localizzazione non possono avere se non quelle dei rapporti di armamento n. * * * Sempre per quanto riguarda i rapporti fra le leggi dello Stato e quelle della Regione devesi rico-� noscere che non pu� mai parlarsi di esclusione di esercizio della potest� legislativa dello Stato o della Regione per pretesa preoccupazione o prevenzione. Questo principio � stato chiaramente affermato dall'Alta Corte nella decisione del 25 ottobre 1950, n. 3 (id. 1950, pag. 283) sull'impugnativa proposta contro la legge regionale riguardante cc agevolazioni fi.scali per i nuovi impianti industriali n. cc Ritenendo che l'emanazione della legge dello Stato, anche con speciale riferimento alla Regione, non importa preoccupazione o prevenzione clie dir si voglia, rispetto alla materia e, quindi, non esclude la potest� legislativa della Regione la quale pu� sempre esercitarsi il;l quei limiti che lo Statuto regionale segna ai rapporti tra legge dello Stato e legge regionale nelle diverse materie, cos� che pu� la Regione rivalutare normativamente le materie che abbiano formato oggetto della legge statuale, anche se non abbia questa ragione di proporre impugnativa d'illegittimit� costituzionale contro la legge stessa )), Questo, quanto ha affermato l'Alta Corte; tale ragionamento, naturalmente, vale per il caso inverso: il fatto che la Regione abbia legiferato in 'ma, determinata materia (per cui non abbia competenza legislativa esclusiva) non costituisce ostacolo a che lo Stato legiferi efficacemente e validamente nella stessa materia. LE PRINCIPALI CONTROVERSIE SORTE FRA LO STATO E LA REGIONE SU QUESTIONI DI COMPETENZA LEGISLATIVA ESCLUSIVA A) In materia di agricoltura e foreste (art. 14 lett. a ed e dello Statuto). -Meritano di essere ricordate due importantissime controversie sorte fra lo Stato e la Regione in materiadi riforma agraria. Si tratta di due impugnative che furtmo, di poi, riunite all'udienza: una proposta dal Commissario dello Stato contro la legge approvata dalla Assemblea regionale il 21 novembre 1950 e che s'intitola cc Riforma agraria: in Sicilia ll e l'altra proposta dal Presidente della Regione per l'annullamento (nel territorio della Sicilia) d~lla legge 21 ottobre 1950, n. 841, detta cc legge stralcio�. Per quanto riguarda l'impugnativa proposta dal Commissario, la difesa dello Stato sosteneva che la materia della riforma agraria dovevasi ritenere integralmente e costituzionalmente sottratta alla competenza della Regione in virt� dell'inciso contenuto nel proemio dell'art. 14 (senza pregiudizio delle riforme agrarie deliberate, ecc.) e che non poteva, in alcun modo, farsi rientrare in alcuna delle materie catalogate nello stesso art. 14 (agricoltura e foreste, incremento alla produzione agricola, ecc.). � Fu sostenuto che lo Stato non ha voluto riservarsi soltanto le direttive, i principi generali di poi trasfusi nell'art. 44 della Costituzione, ma si � attribuito la deliberazione, cio� la pratica e specifi.ca attuazione delle riforme. Che queste, poi, siano realizzate dall'Assemblea costituente e da altro organismo legislativo statale non ha importanza, tanto pi� che all'epoca dell'elaborazione dello Statuto siciliano non esisteva certamente una precisa distinzione fra potere legislativo della Costitu�nte e potere del legislatore ordinario. Fu dimostrato, inoltre, anche in base ai lavori preparatori dell'art. 44 della Costituzione che questa disposizione costituzionale ha affidato alla legge (cio� alla legge della Repubblica) e non alle leggi regionali il compito di << fi.ssare le regioni e le zone agrarie )), Tale compito, d'interesse spiccatamente nazionale, non pu� essere espletato che dal legislatore statale poich� esso solo pu� avere, del grave problema, una veduta d'insieme ed esso solo pu� contemperare gli interessi delle varie regioni. In via subordinata, la difesa dello Stato sosteneva che, per effetto dell'inciso dell'art. 14 dello Statuto si dovesse sempre ammettere che al legislatore statale spettasse una competeuza legislativa primaria in materia di riforma agraria, con effetto su tutto il territorio nazionale e che alla Regione spettasse solo potere di adattamento della legge nazionale alle speciali contingenze regionali. D'altra parte, tale potest� legislativa di adattamento non poteva dalla Regione siciliana essere esercitata nno a quando non fosse stata deliberata dallo Stato la legge sulla riforma agraria, non potendosi ritenere tale la �legge stralcio )), A tali argomenti la Regione opponeva che l'articolo 14 dello Statuto, le attribuisce, indubbiamente, potest� legislativa esclusiva anche in tema di riforma agraria e fondiaria e che i soli limiti all'esercizio di tale potest� sono quelli specincatamente segnati dall'art. 44 della Costituzione, non quelli delle leggi ordinarie dello Stato. Per quanto riguarda, poi, l'impugnativa proposta dalla Regione, questa sosteneva con gli stessi argomenti di cui sopra, che lo Stato non ha potest� di legiferare in subjecta materia per� fa Sicilia.._ _ Al che la difesa dello Stato, oltre ad opporre � le considerazioni pi� sopra svolte nella vertenza dell'impugnativa proposta dalla Regione, opponeva che, in ogni caso, l'azione della Regione stessa si doveva ritenere inammissibile per intempestivit� ~ 187 (c_on conseguente carenza di diritto ed interesse) perch� f1ncora non era stato legislativamente disposto che la legge stralcio avrebbe trovato appli . cazione in Sicilia. L'Alta Corte sicili�na, con salomonico giudizio pronunziando con sentenza del 23 dicembre 1950 (ined.) respinse sia l'impugnativa proposta dal Commissario dello Stato che quella promossa dalla Regione. Respinse la prima per il fondamentale motivo che la legge regionale 21 novembre 1950 non sarebbe una legge di riforma agraria e fondiaria ma �raggruppa norme di portata prevalentemente agraria e norme di portata prevalentemente fondiaria che non portano sostanziali mo�.ifi.cazioni ai principi propri dell'ordinamento giuridico vigente eche�non esorbitano dalla competenza regionale n. Tale competenza si fonda -secondo l'Alta Corte -a seconda delle singole disposizioni della legge regionale, o sull'art. 14 (agricoltura, bonifi.ca e incremento della produzione agricola) o sull'art. 17 (legislazione sociale). Respinse la seconda, accogliendo l'eccezione della difesa dello Stato relativa alla carenza d'interesse attuale ad impugnare la legge stralcio, non ancora estesa alla Sicilia. B) In materia di. industria e commercio (art. 14 lett. d). -Un'importantissima controversia � sorta a seguito dell'impugnativa proposta dal Commissario dello Stato contro la legge siciliana del 1� ottobre 1947 recante �norme riguardanti le azioni di societ� di nuova costituzione nella Regione >>. Questa legge, in sostanza stabiliva che le azioni della societ� di nuova costituzione nella Regione siciliana, aventi come oggetto la costruzione di nuovi impianti industriali e le iniziative armatoriali nella regione stessa, possono essere al portatore. La difesa dello Stato sosteneva la piena incostituzionalit� della legge impostando alternativamente la sua tesi sulla violazione dell'art. 14 della lett. d o dell'art. 17 lett. e dello Statuto regionale. Si affermava che, nell'ipotesi in cui si volesse far rientrare la materia contemplata dalla legge in quella dell' cc industria e commercio >> per cui la Regione ha competenza esclusiva, si sarebbe pur sempre caduti in una violazione di norma costituzionale, in quanto che l'art. 14 lett. d fa salva allo Stato la disciplina dei rapporti privati. Ora, il R.D.L. 25 ottobre 1941, n. 1148 (conver . tito in quella 9 febbraio 1942, n. 96 e susseguito da varie altre disposizioni), e che deroga all'articolo 2355 e.e., � senza dubbio una norma che ha il diretto scopo di regolare rapporti privati, che si sostituisce al detto art. 2355 e.e. � una norma di diritto privato n� pi� n� meno di quello che lo era l'abrogata disposizione del Codice. Si sosteneva, poi, che nell'ipotesi in cui 'si volesse ritenere che la legge impugnata fosse stata emanata nell'esercizio del potere legislativo complementare di cui all'art. 17 lett. d : disciplina del credito, delle assicurazioni e del risparmio, fa legge regionale si doveva a maggior ragione ritenere illegittima dal punto di vista costituzionale perch� emanata in violazione dei �principi ed interessi generali cui s'informa la legislazione dello Stato n, principi consacrati, appunto, nel citato lR.D.IJ. 25 ottobre 1941, n. 1148. � L'Alta Corte con la decisione 17 agosto 1948 (che pi� sopra abbiamo avuto occasione di ricordare per altro scopo) disattese gli argomenti presentati dalla difesa dello Stato.� Ritenuto che la materia rientra nella legislazione esclusiva riservata alla Regione in materia d' � industria e commercio >> l'Alta Corte credette di dover superare l'inciso di cui alla lett. d dell'art. 14 ritenendo che la disposizione del R.D.L. 25 ottobre 1941 fosse cc determinata da contingenti valutazioni � di politica economica e fi.nanziaria n e che la disposizione normale rimanesse sempre quella dell'art. 2355 c. c. La clausola cc salva la disciplina dei rapporti privati� nei suoi termini largamente approssimativi, dev'essere intesa nel senso pi� conveniente alla materia di cui trattasi; sicch�, riferita com'(, all'industria ed al commercio, il cui esercizio d� .luogo presso di noi a rapporti privati non pu� intendersi che in un signifi.cato pi� limitato e preciso di quello che ne importi il signifi.cato letterale e, cio�, con riferimento a quelle norme che pongono in essere il regime di diritto privato che ha la sua sede nel Codice civile e che vuolsi abbia a restare comune tra i cittadini dello Stato >>. Cosi l'Alta Corte respinse il ricorso del Commis sario dello Stato. Non possiamo non formulare le pi� alte riserve su tale decisione; soprattutto per l'interpretazione cos� restrittiva data dall'Alta Corte all'inciso di cui all'art. 14 lett. d. Non si sa vedere perch� i �rapporti privati� si debbano ritenere soltanto quelli discipli nati dal Codice civile e non anche quelli regolati da altre leggi speciali aventi, appunto, per iscopo di disciplinare i rapporti medesimi nella sfera del diritto medesimo. C) Miniere, cave, torbiere, saline (art. 14 let tera h). -In tale materia merita di essere ricor data la impugnativa proposta dal Commissario dello Stato contro la legge regionale del 17 feb braio 1950, avente per oggetto: � disciplina della ricerca e della coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi >>. Tale importante legge dettava norme relative al permesso di ricerche degli idrocarburi, ricono sceva al ricercatore che abbia adempiuto agli ob blighi impostigli dalla legge e dal decreto di per. ni.esso di ricerca, il diritto ad ottenere la conces sione dei giacimenti scoperti entro il perimetro stesso e disciplinava, con particolari disposizioni, la costruzione e l'esercizio delle condotte destinate al trasporto dei prodotti gassosi e petroliferi dal luogo di estrazione a quelli di trasformazione ed utilizzazione e regolava, infi.ne, la indennit� da attribuire al proprietario del suolo per la servit� derivante dalle costruzioni� delle condotte. La difesa dello Stato non contestaya ohe lo Statuto siciliano attribuisca alla Regione potest� _ legislativa esclusiva in materia di miniere, cave e torbiere e che la ricerca e coltivazione degli idro carburi rientri in tale settore. ::& �& fil H -188 Pose in luce, per�, che la materia mineraria va distinta in un duplice ordine di attivit�: quella che ha per oggetto l'esercizio dei diritti che alla Regione spettano sulle miniere se ed in quanto fanno parte del �suo patrimonio indisponibile e l'attivit� che ha per suo contenuto l'esercizio dell'impresa mineraria. Questa seconda attivit� � vera e propria industria e va soggetta al limite stabilito dalla lettera d, dell'art. 14 dello Statuto; a sua volta l'esercizio dei diritti che alla Regione spettano sulle miniere non include certo la disciplina della materia delle indennit� derivanti dall'esercizio di una concessione concorrente o da una servit� di oleodotto. La stessa imposizione di una servit� coattiva sul fondo attraversato dalla condotta � un limite al diritto di propriet� che senza un'espressa disposizione statutaria, una legge regionale non pu� prevedere. Ma lAlta Corte, pronunziando con decisione del 18 marzo 1950 (id. 1950, 87 e segg.), disattese gli argomenti prospettati dalla difesa dello St.ato, respinse il ricorso, ritenendo che tutte le disposizioni della legge regionale rimanevano nei limiti della potest� esclusiva spettante alla Regione (ex art. 14 lett. h) che non trova i limiti posti all'art. 14 lettera d. D) Ordinamento degli Uffici regionali -E) Stato giuridico ed economico degli impiegati e funzionari della Regione (art. 14, lett. p e q). -Il Commis sario dello Stato impugn� la legge regionale siciliana 23 giugno 1950 concernente: <e Stato giuridico ed ordinamento gerarchico degli impiegati regionali �. L'impugnativa era diretta, soprattutto, a far di chiarare l'illegittimit� costituzionale dell'art. 20 della legge regionale con cui la Regione senz'altro si attribuiva la potest� di coprire i posti di ruolo delle Amministrazioni regionaJi col personale dello Stato che all'atto della pubblicazione di essa legge prestava servizio presso gli uffici che, in base allo Statuto della Regione ed agli accordi tra Governo centrale e quello regionale, appartengono all'or dinamento regionale. Si sostenne dalla difesa dello Stato che una tale disposizione che prescinde dalla volont� degli in teressati e dagli intendimenti dello Stato � in netto contrasto con I' VIII disposizione transitoria della Costituzione che prescrive che il passaggio alla Regione di funzionari e dipendenti dello Stato debba essere regolato con legge della Repubblica e con l'art. 43 dello Statuto. siciliano che demanda ad una Commissione paritetica di predisporre le norme rela tive a tale passaggio. Si impugnavano, inoltre, per illegittimit� costi tuzionale le norme degli articoli 5 e 24 della legge in quanto che esse non subordinavano l'apertura dei concorsi pubblici alla constatata impossibilit� di coprire i posti vacanti mediante la assunzione di elementi provenienti dai ruoli statali o da quelli degli enti locali, come prescritto dalla citata dispo sizione vrn. . Si impugnavano, infine, le disposizioni degli ar ti.toli 7 ed 8 che stabilivano che gli impiegati regio mtli dovevano giurare fedelt� alla Regione siciliana. La richiesta di tale giuramento sembrava, in fatti, in contrasto con. l'art. 98 della Costituzione che stabilisce che gli impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione. L'Alta Corte pronunziando con sentenza del 28 luglio 1950 ritenne, invece, la legittimit� costituzionale degli articoli 5 e 24 della legge impugnata in quanto che l'attivit� normativa per l'ammissione iagli impieghi cc � compresa >> indubbiamente cc nel potere legislativo della Regione �. Naturalmente il passaggio degli uffici e del personale sar� regolato dalle disposizioni transitorie �dell'art. 43 dello Statuto. Per quanto riguarda l'art. 20 1'.Alta Corte, << interpretando >> il contenuto di tale disposizione dichiar� che � l'assunzione del personale dello Stato, attualmente in servizio negli uffici della Regione, presuppone il consenso espresso dell'impiegato e nei rapporti dello Stato, l'applicazione dell'art. 43 o esplicita adesione dell'Amministrazione >J, Ritenne, infine, costituzionale la norma che stabilisce l'obbligo, per l'impi,egato, di prestare giuramento di fedelt� alla Regione in quanto che la cc Regione siciliana � parte indissolubile della Nazione italiana�. In conclusione, per quanto I'.Alta Corte abbia creduto di dover respingere il ricorso del Commissario, ne ha ammesso, per via d'interpretazione (con singolare procedimento) la fondatezza per quasi tutti i capi di impugnativa. CIRCOSCRIZIONE ORDINAMENTO E CONTIWLLO DEGU ENTI LOCALI REGIONALI Oltre che nelle materie indicate nell'art.14 e sulle quali abbiamo gi� esposto quali siano state le con troversie sorte e quali le soluzioni date dall'.Alta Corte, la Regione siciliana ha competenza legisla tiva esclusiva anche in materia di circoscrizione, ordinamento e controllo degli enti locali regionali, in base all'art. 15 dello Statuto. � stato nell'esercizio di questa potest� legisla tiva esclusiva che la Regione ha emanato la legge 24 febbraio 1951 recante norme in materia di� orga nizzazione degli organi e degli uffici amministrativi decentrati del Governo regionale '' nella quale si stabiliva quanto segue: a) si istituivano procure della Regione, uffici di nuova istituzione dipendenti dal Presidente della Regione con circoscrizione territoriale corrispon dente a quella delle attuali provincie e con sede nei nove attuali capoluoghi di provincia; b) si attribuivano a tali procure regionali, nei limiti della rispettiva circoscrizione territoriale, le funzioni del Governo regionale relative ai poteri derivantigli dagli articoli 14, 15, 16, 17, 20, 21 e 31 dello Statuto siciliano, compresi quindi in taU poteri quelli per il mantenimento dell'ordine pubblico e per le funzioni di polizia.; c) si stabiliva che i procuratori regionali sono nominati dal presidente regionale ed eserdtano per__ le materie sopra ricordate le funzioni dei prefetti. � Queste erano, in sintesi, le disposizioni pi� impor tanti. contenute nella legge e che ne caratterizza vano la portata; vi erano poi altre norme di impor W71!l :: W71!l :: -189 tanza secondaria che riguardavano la istituzione di Comitati di controllo con le funzioni gi� spettanti .alle Giunte provinciali amministrative ed ai Consigli di Prefettura, ecc. Questa legge veniva impugnata dal Commissario dello Stato deducendosene la illegittimit� costituzionale per violazione degli articoli 15 e 16 dello Statuto siciliano. In sostanza ilCommissario sosteneva che l'art. 15 dello Statuto, sopprimendo non soltanto gli enti pubblici ma anche le circoscrizioni provinciali ha posto ilprincipio negativo che ilnuovo ordinamento amministrativo regionale non possa adottare il criterio provinciale per la distribuzione territoriale delle competenze. Anzi, sarebbe affermato, con valore costituzionale, il principio positivo che il decentramento delle funzioni amministrative nella Regione debba avvenire soltanto sulla base di comuni e di consorzi volontari di comuni. Altro motivo di illegittimit� costituzionale il Commissario riscontrava nel fatto che venivano decentrate ai procuratori regionali le funzioni di polizia spettanti al Presidente della Regio;ne ai sensi dell'art. 31 dello Statuto. Secondo il Commissario queste funzioni di polizia spettano al Presidente regionale quale organo governativo, e perci� possono essere delegate ad altri funzionari regionali solo con legge dello Stato. Altro motivo di illegittimit� costituzionale si riscontrava nel fatto che la legge impugnata disciplinasse anche organi di giustizia amministrativa (G.P,A. e Consigli di Prefettura) materia sottratta totalmente alla legisla~ione regionale. lnfi.ne, un ultimo motivo di illegittimit� costituzionale veniva identifi.cato nell'art. 15 della legge il quale, convalidando gli atti compiuti in base alla legge statale 9 giugno 1947, n. 530 (modifi.cazioni al testo unico della legge comunale e provinciale) pareva volesse implicitamente affermare che questa legge statale, per avere efficacia in Sicilia, doveva essere recepita con apposita legge regionale. Con la citata decisione 24 febbraio 1951 l'Alta Corte costituzionale ha sostanzialmente riconosciuto la giustezza delle ragioni di impugnativa dedotte dal Commissario dello Stato. Infatti, dopo aver espressamente ammesso che la soppressione delle circoscrizioni provinciali e degli organi ed enti pubblici che ne derivano disposta dall'art. 15 dello Statuto siciliano cc signifi.ca che .tutta la preesistente organizzazione autarchica e governativa e base provinciale � destinata a scomparire in Sicilian, e che le provincie e le prefetture funzionano attualmente in via puramente provvisoria, ha affermato che lo Statuto siciliano ha attribuito all'Assemblea regionale la legislazione esclusiva in materia di regime degli enti locali e delle �circoscrizioni relative. Da queste affermazioni ha per� tratto la conclusione che oggetto del potere di legislazione esclusiva previsto dagli articoli15 e 16 dello Statuto � un cc ordinamento � degli uffici regionali e degli enti locali, intendendosi per tale cc un complesso organico di norme giuridiche che disciplinino con completezza e con stabilit�, sia pure relative, la materia dell'art. 14, lett. p, e dell'art. 15. L'interpretazione adottata, continua l'Alta Corte, �. confermata dall'art. 16 dello Statuto che � affida alla prima Assemblea regionale il compito di dar vita a questo ordinamento amministrativo, solenne formulazione statutaria che ha un significato se si tratti di un complesso organico di norme, ma che sarebbe superflua o addirittura incomprensibile se si riferisse a qualunque frammentaria legge in materia, provvisoria ed isolata�. Tanto premesso circa la natura della legge regionale da emanare, perch� essa risponda ai principi costituzionali sanciti nell'art. 15 u. p. e nell'art. 16 dello Statuto siciliano, l'Alta Corte ha poi affermato che ccper quanto riguarda la sostanza, l'ordinamento degli Enti locali siciliani deve avere la sua base nei comuni e nei liberi consorzi comunali dotati della pi� ampia autonomia amministrativa e fi,nanziaria �. Per quanto concerne l'altro punto di illegittimit� costituzionale sollevato dal Commissario dello Stato circa la delega delle funzioni di polizia spettante al Presidente regionale ai sensi dell'art. 31 dello Statuto, l'Alta Corte ha esplicitamente riconosciuto che �il decentramento delle funzioni di polizia e di governo, che statutariamente competono al Presidente d'ella Regione quale organo dell'Amministrazione diretta dello Stato, pur essendo di per s� del tutto ragionevole... deve necessariament� avvenire con legge statale trattandosi di funzioni che sono esclusive dello Stato. Analogo rilievo; ha affermato infine l'Alta Corte, deve farsi a proposito delle norme della legge impugnata che modificano la composizione delle Giunte provinciali amministrative e dei Consigli di Prefettura quali organi della Giurisdizione amministrativa, trattandosi di materia di legislazione statale )), La illegittimit� costituzionale dedotta dal Commissario dello Stato in relazione all'art. 15 della legge impugnativa, in quanto come s'� visto, sembrava affermare implicitamente la necessit� che leggi statali fossero recepite con legge regionale per avere efficacia nella Regione, non � stata esaminata espressamente dall'Alta Corte, ma non vi � alcun motivo di ritenere che essa si sarebbe discostata in questo caso dalla sua giurisprudenza la quale, come abbiamo visto, esclude questa necessit� di ricezione. Riteniamo che la decisione di cui abbiamo diffusamente riportato le parti pi� importanti sia una �i quelle destinate ad avere un'influenza radicale nella materia dei rapporti tra Stato e Regione. Ci� soprattutto perch� essa ha dato modo all'Alta Corte di riaffermare, implicitamente, la essenziale subordinazione dell'ordi�amento giuridico regionale allo ordinamento giuridico statale. Infatti, i criteri adottati nella interpretazione degli articoli 15 e 16 dello Statuto appaiono simili a quelli che si adottano per le leggi eccezionali, cosi confermandosi che l'attribuzione della potest� esclusiva della Regione dev'essere intesa come contenuta iie� limiti strettamente necessari per il co�seguimento degli scopi politici che dallo Statuto possono desumersi. Fuori di questi limiti riprende vigore la potest� legislativa statale. �I�m1t:czm1 -190 L.E PRINOIPALI OONTROVERSIE SORTE FRA LO STATO E. LA � RE.GIONE IN ORDINE ALLA COMPETENZA LEGISLA.TIVA. COMPLEMENTARE DI QUESTA. DLTIMA � (A.RT. 17 DELLO STATUTO) .A) Istruzione media ed universitaria (art. 17 � ~et~. ~). -Con legge 12 marzo 1948 la Regione . ist1tm cc a decorrere dall'anno accademico 1947-48 la facolt� di economia e commercio presso l'Universit� di Messina � e con legge successiva del 18 marzo 1948 istitui la facolt� di agraria presso l'Universit� di Catania. Il Commissario dello Stato impugn� ambo le leggi ritenendo che esse avevano modificato la struttura di istituto che hanno e continuano ad avere carattere statale e la consistenza dei ruoli ' statali con effetti anche di oneri sul bilancio dello Stato. Fu sostenuto che un intervento diretto della Regione a mezzo di una legge che interferisce sullo ordinamento statale eccede la competenza che ai sensi dello Statuto (art. 17, lett. d) spetta all'Assemblea regionale ed apparisce, perci�, viziato d'incostituzionalit�. � Secondo l'Alta Corte, che decise con sentenza 5 luglio 1948 (id. 1949, 67) le due leggi regionali erano state emanate nei limiti della potest� legislativa spettante alla Regione ex art. 17, lett. d), dello Statuto (limiti dei principi ed interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato ed al fine di soddisfare alle condizioni particolari ed agli interessi propri alla Regione). Infatti -ha osservato l'Alta Corte -la facolt� di economia e commercio presso l'Universit� di Catania sono istituzioni regionali per tutti gli� effetti. Queste istituzioni provvedono ad esigenze particolari dell'insegnamento nell'Isola; non impongono oneri al bilancio dello Stato; sono finanziate da Enti locali e, per le integrazioni, dal Governo regionale; non offendono interessi nazionali; ma ad essi giovano almeno indirettamente; non sono in contrasto con i principi direttivi della legislazione ed �, anzi, stabilito nelle due leggi che la materia d'insegnamento ed il numero delle cattedre sar� regolato cc in conformit� al vigente ordinamento universitario �. Oon questi argomenti l'Alta Corte respinse il ricorso del Commissario. B) Disciplina del credito, delle assicurazioni e del risparmio. -La Regione siciliana, in data 23 giugno 1950, approvava una legge riguardante I'� orario estivo del servizio sportelli bancari � eon tale legge si stabiliva l'orario unico nelle banche per il periodo che va dal 15 giugno al 30 settembre. Questa legge, in apparenza poco importante poteva, invece, avere gravi riflessi per l'economia bancaria nazionale, date le inevitabili ripercussioni al di l� del territorio della Regione. Perci� il Commissario dello Stato ritenne necessario impugnare tale legge per incostituzionalit� derivante dalla violazione dei limiti imposti alla po'test� legislativa complementare della Regione dall'art. 17, lett. e, dello Statuto. La difesa dello Stato sostenne: a) che non rientra nei principi generali cui s'informa la legislazione dello Stato fissare di autorit� l'orario di sportello degli istituti bancari; � b) non sussistono quelle condizioni particolari e quegli interessi propri della Regi�ne cui l'art. 17 subordina l'esercizio della potest� legislativa complementare; c) l'imposizione in Sicilia di un orario diverso da quello praticato nelle altre regioni d'Italia avrebbe ripercussioni che andrebbero al di l� dell'ambito territoriale della R�gione; d) la legge offenderebbe un accordo bancario che riguarda l'orario spezzato il quale � frutto di laboriose trattative nazionali. � L'Alta Corte, con decisione 28 luglio 1950 (ined.) � accolse in pieno il ricorso del Commissario dello . Stato nel riflesso che la regolamentazione dell'orario di banca ha r.ipercussioni di portata nazionale. cc Nazionale � l'organizzazione; unitario ilsistema� le varie banche debbono funzion~re simultanea~ mente, apertura e chiusura debbono essere contemporanee, perch�, ad esempio, un assegno bancario presentato a qualunque banca nell'orario di apertura, possa essere subito pagato, accertandone la copertura presso la banca emittente >>. (J) Legislazione sociale, ecc. (art. 17, lett. /). Nella materia disciplinata dalla lett. /, dello art. 17, l'Alta Corte ha creduto dover comprendere il contenuto della legge regionale 22 dicembre 1948 che istitui l'Ente siciliano per le case ai lavoratori persona giuridica di diritto pubblico, allo scopo d�. provvedere alla costruzione, nel territorio della Regione, di alloggi a tipo popolare da assegnare a lavoi;atori manuali salariati. Alla costruzione di tali case si. sarebbe provveduto in gran parte con somme stanziate sul bilancio regionale oltrech� col ricorso alle agevolazioni disposte con leggi dello Stato a favore dell'edilizia popolare. Contro tale legge il Commissario dello Stato proponeva impugnativa per motivi di illegittimit� costituzionale. La difesa dello Stato sostenne l'impugnativa sui seguenti principali argomenti: a) in primo luogo, l'ccedilizia popolare� non � una materia che rientri fra alcuna di quelle previste dagli articoli 14 e 17 dello Statuto; b) in secondo luogo la Regione non ha la potest� di creare persone giuridiche di qualunque ordine e meno che mai persone giuridiche pubbliche , . ' ' ne vi e accenno a tale potest� nello Statuto della Sicilia che l'ammette solo per i comuni ed i consorzi dei comuni. Solo il Capo dello Stato pu� creare persone giuridiche (art. 12 O.O.); � c) in terzo luogo, vi � invasione nella sfera dei poteri normativi dello Stato per quanto attiene alle provvidenze statali a favore della edilizia popolare. L'Alta Corte pronunziando con sentenza 24 maggio 1949(id.1949,185 e seg.) ritenne come si � detto, la competenza legislativa della Regione in materia ex art. 17, lettera /, dello Statuto :poich� la legislazione sociale comprende il regolamento di.tutte le provvidenze a favore dei lavoratori. Secondo l'Alta Corte, la Regione siciliana ben pu� creare persone giuridiche. Infatti, cc nel nostro ordinamento, le leggi nel creare persone giuridiche pubbliche operano funzionalmente al fine di rac -191 cogliere un complesso di relazioni giuridiche in un centro di riferimento di norme e di unificare e concretare diritti, obblighi e potest� per il raggiungimento di fi,ni di pubblici interessi. �Da ci� deriva che nell'ambito della potest� normativa statutaria la Regione siciliana � legittimata a perseguire i suoi fi,ni anche avvalendosi di enti (persone giuridiche) la cui autonomia di gestione pu� apparire ... utile ed opportuna �. L'Alta Corte, infi,ne, non ritenne che la Regione avesse invaso la sfera dei poteri normativi dello Stato ma che si fosse limitata a far richiamo alle disposizioni di leggi statali in materia di provvidenze per l'edilizia popolare. Pertanto, l'Alta Corte respinse il ricorso. Devesi ancora ricordare che l'Alta Corte, con decisione 23 giugno 1950 (ined.) respinse il ricorso proposto dal Commissario dello Stato contro la legge regionale 4 maggio 1950 recante provvedimenti per la cooperazione. In contrasto con la difesa dello Stato che soste neva che la materia della cooperazione ha carat tere nazionale, non pu� non essere disciplinata che su scala nazionale ed � quindi sottratta alla pote st� legislativa della Regione, l'Alta Corte credette far rientrare la legislazione cooperativistica nello ampio quadro della legislazione sociale e, cosi, riconobbe la competenza regionale in materia ex art. 17, lett. f dello Statuto. Non possiamo non rilevare, come questa tesi sembri un po' sforzata: non appare possibile infatti scorgere in un sistema di organizzazione economica (qual' � quello cooperativo) una fi.nalit� diretta di realizzare provvidenze di carattere sociale. LA COMPETENZA LEGISLATIVA DELLA REGIONE IN MATERI.A. DI TRIBUTI La materia in ordine alla quale � sorto il mag gior numero di controversie fra lo Stato e la Regione �, indubbiamente, quella riguardante. l'esercizio della potest� legislativa della Regione siciliana in m3iteria di tributi. Anzi, pu� dirsi che in quasi tutte le controversie, l'aspetto fiscale � presente poich� spesso l'imposizione del tributo costituisce uno dei mezzi con cui la Regione cerca di raggiun gere la realizzazione dei suoi fi,ni nelle attribuzioni riservatele dallo Statuto. Ma quali sono i limiti della potest� legislative della Regione, di cui � parola all'art. 26 dello Statuto~ N� l'art. 14 n� l'art. 17 dello Statuto che costituiscono la sedes materiae del campo della potest� legislativa della Regione fanno un qual siasi accenno alla competenza legislativa in materia tributaria. Solo l'art. 26 ne parla, onde � d'uopo prendere a base tale norma statutaria per costruire, in rela zione alle fi.nalit� generiche che ogni legislazione fi.scale si propone di raggiungere, un sistema il piu possibile organico in cui si debba ritener circo scritta la compet~nza legislativa tributaria della Regione. Il principio sostenuto, nelle varie vertenze, dalla �ifesa dello Stato sembra, invero, il pi� aderente alla realt� della norma statutaria. Esso pu� riassumersi nei seguenti termini: Alla Regione siciliana spetta il potere legislativo di deliberare tributi propri, ma nessun trasferimento dello Stato alla Regione del potere d'imposizione e di disciplina dei tributi generali .erariali � mai avvenuto. Sommariamente accennando, indichiamo i principali argomenti su cui tale tesi si fonda: 1� l'art. 36, primo comma dello Statuto siciliano che parla di tributi deliberati dalla Regione non accenna affatto ad un trasferimento della potest� legislativa in materia di tributi erariali, cio� propri dello Stato, alla Regione; 2� tale trasferimento non � mai avvenuto, perch�, a tale scopo, sarebbe occorso il preventivo cc coordinamento con la fi,nanza dello Stato n, giusta l'art. 119 della Costituzione e non c'� stato nulla di tutto ci� n� ci poteva essere in sede di formazione di una legge costituzionale qual'� lo Statuto stesso; 30 la disposizione dell'art. 36 relativa ai tributi deliberati dalla Regione devesi intendere riferita a quelli relativi ai servizi regionali, cio� ai tributi propri della Regione stessa, secondo l'espressione del citato art. 119 della Costituzione; 40 non possono essere cc aeliberati dalla Re gione n, tributi gi� esistenti perch� cc deliberati � dallo Stato; tanto meno, poi, i tributi non ancora esistenti. Il deliberare in materia significa possibilit� di sconvolgimento; cosa inammissibile di fronte ad una costituzione generale dello Stato che si preoc cupa continuamente del mantenimento, dell'armo nia dell'attivit� non solo fi.nanziaria ma anche amministrativa e di ogni natura della Regione con l'attivit� dello Stato (ved. art. 123 della Costituzione); � 5� la cc spettanza � dei tributi erariali alla Re gione va intesa nel senso di una destinazione di proventi alla Regione stessa, com'� fatto palese anche dal disposto dell'art. 2 del decreto legisla tivo 12 aprile 1948, n. 507 il quale -ben si noti -non parla di imposizione diretta dei tributi era riali spettanti alla Regione, ma, soltanto, di riscos sione dei medesimi da parte di quest'ultima. � I tributi erariali sono, quindi, � deliberati � sol tanto dallo Stato. Diametralmente opposta �, naturalmente, la tesi sostenuta dalla difesa della Regione (1). Essa sostiene che ogni cc deliberazione >> riguar dante i tributi � di esclusiva competenza della Regione. � Questa tesi si fonda sul presupposto che per l'assegnazione dei tributi alla Sicilia sia seguito il metodo cos� detto della separazione che importe rebbe l'attribuzione alla Sicilia di una determinata cf!itegoria di tributi, sui quali la Regione acquiste-� rebbe la potest� pi� piena. Quei tributi cesserebbero di essere tributi dello Stato e diverrebbero tributi (1) Vedasi l'acute. monografia di SALVATORE ORLANDO CASOIO : Lo Statuto sfoiliano n�lla giurisprud�nza del l'Alta Oorte, cap. IV: La potest� tributaria� regionale ed i suoi limiti, in " Il Diritto pubblico della Regione siciliana>>, 1950, pag. 79 e segg. -192 regionali e la Regione potrebbe emanare, per l� loro regolamentazione, norme giuridiche primarie. � Ma � chiaro che tale presupposto e le conseguenze che se ne vorrebbero trarre sono profondamente errate. Non � affatto vero, in primo luogo, che alla Regione siciliana lo Statuto abbia concesso certi tributi in modo esclusivo, di maniera che questi cessino di essere anche tributi erariali e che la Regione possa, sui medesimi, legiferare con norme giuridiche primarie. Nessuna disposizione dello Statuto autorizza una simile ardita interpretazione, ma anzi, il complesso delle norme statutarie la smentisce in pieno. Non l'autorizza l'art. 36 che parla di deliberazione, da parte della Regione, di tributi per il fabbisogno :finanziario della Regione stessa, �ma non dice affatto che una simile potest� deliberativa possa riguardare i tributi erariali n� tanto meno che escluda la potest� dello Stato in materia tributaria. Non l'art. 36 che esclude, precisamente, il metodo della separazione per confermare quello della quota (nei riguardi del reddito da attribuire agli stabilimenti ed impianti industriali esistenti nella Regione). Non, infine, l'art. 39 che stabilisce che� il regime doganale della Regione � di esclusiva competenza dello Stato. � Questo articolo � artificiosamente interpretato dalla difesa della Regione nel senso che la competenza tributaria dello Stato � limitata ai soli tributi doganali. � chiaro, invece, che tale disposizione significa che, in materia doganale, lo Stato ha potest� deliberativa ed amministrativa esclusiva, senza che la Regione possa, in alcun modo, interferirvi. L'interpretazione della Regione � -quasi ve ne sia bisogno -resistita dall'art. 2 del decreto legge 12 aprile 1948, n. 507, sulla cc disciplina dei rapporti finanziari fra lo Stato e la Regione siciliana � che parla di riscossione dei tributi da parte della Regione e non parla di attribuzione, n� tanto meno di attribuzione esclusiva di tributi erariall alla Regione. L'Alta Corte ha seguito in materia una vera e propria �via di mezzo � tra le due opposte teorie sopra enunciate. Essa ha precisato il suo pensiero, in proposito, nella fondamentale sentenza del 13 agosto 1948 (pi� sopra citata, ibid 1949, pag. 67) con cui veniva respinto il ricorso proposto dal Commi~sario dello StatC! contro la legge regionale 16 giugno 1948, recante: �Norme per l'applicazione nel territorio della Regione siciliana del decreto legge 25 novembre 1947, n. 1283, relativo all'istituzione di un'addizionale straordinaria alla I.G.E. �. L'Alto Consesso ritenne che l'espressione �tributi deliberati � di cui all'art. 36 vale ad affermare mia potest� della Regione di deliberare e cio� di legiferare nella materia delle imposte erariali ad elilsa assegnate. .. Per� tale potest� va coordinata con la potest� legislativa tributaria dello Stato che si esplica con efficacia obbligatoria anche nel territorio della Sicilia. �� questa un'esigenza di ordine politico e giuridico (cfr. pure art. 119 della Carta costituzionale) ed � in piena aderenza con il principio fondamentale enunciato nell'art. 1 dello Statuto per cui la Sicilia � costituita in regime autonomo entro la unit� politica dello Stato italiano, sulla base dei principi democratici ..... la potest� legisla" tiva della Regione non pu� essere esercitata in modo indipendente da quella dello Stato, ma in determinati limiti >>. Un primo limite che vale per tutte le leggi ordinarie, comprese quelle regionali, � dato dalle norme costituzionali. �Un secondo limite � costituito dai principi e dagli interessi generali cui s'informa la legislazione dello Stato (giusta l'espressione che leggesi nello art. 17 dello Statuto per la Sicilia). �Un terzo limite ha la sua base nella territorialit� del potere della Regione, la quale importa non solo che la legge regionale abbia efficacia entro i confini della Regione, ma che non debba turbare con le sue disposizioni gli interessi ed i rapporti tributari nel resto del territorio della Repubblica >>. Quest'ultimo limite, in una sentenza successiva venne chiarito nel senso che la legislazione tributaria regionale �non deve turbare con dirette ripercussioni i rapporti tributari nel territorio nazionale (sentenza 16 gennaio 1949 relativa alla legge regionale avente per oggetto la Istituzione� dell'Ente Case per i lavoratori (ibid, 1949 pag. 185) �. Venne, d'altra parte, precisato dall'Alta Corte che: �i limiti della legislazione siciliana in materia tributaria non sono gli stessi della materia della legislazione ex art. 17 dello Statuto. �In una direzione, essi sono pi� vasti perch� la legislazione tributaria non deve necessariamente tenere conto delle condizioni e degli interessi particolari della Regione. L'interesse tributario o che sia dello Stato o che sia della Regione � sempre quello di provvedere entrate -all'Ente pubblico. In un altro senso i limiti sono pi� ristretti perch� le leggi tributarie della Regione siciliana devono informarsi ' in particolare, ai principi che si desumono dalle varie leggi tributarie dello Stato>> (decisione 5 aprile 1950 sull'impugnativa della legge siciliana 4 marzo 1950 recante agevolazioni fiscali alle cooperative agricole di produzione e lavoro di consumo.� L'Alta Corte, per�, non ha mancato di avvertire1 nella sentenza del 20 luglio 1949-7 febbraio 1950 (ibid 1950, pag. 180) relativa alla legge regional~ avente ad oggetto �agevolazioni tributarie per la emissione di obbligazioni per la societ� per azioni� che la indicazione di tali limiti si doveva considerare, in in un certo senso, provvisoria perch� i limiti definitivi saranno stabiliti in sede del necessario coordinamento della potest� tributaria della Regione con quella dello Stato, vigendo in atto un provvisorio coordinamento dato dal citato D. L. 12 aprile 1948, n. 507. � Questi principi in tema di comp~tenza legisla-_ tiva della Regione siciliana nella materia tributaria vennero confermati ed applicati nelle successive decisioni dell'Alta Corte. Cosi nella citata sentenza del 16 gennaio 1949 (Ente Case per i lavoratori) l'Alto Consesso dichia; --193 rava l'illegittimit� costituzionale della norma regionale con cui si stabiliva per l'Ente la totale esen. zione dall'imposta sull'entrata e dalla tassa proporzionale di registro perch� tali esenzioni sono in contrasto con i principi generali della legislazione tri butaria dello Stato. Cos�, nella sentenza, pure del 16 gennaio-1� ot tobre 1949 (Giur. Compl. Cass. 1949, vol. III, pa gina 1222), relativa alla legge regionale avente ad oggetto �sgravi fiscali per nuove costruzioni edi lizie n l'Alta Corte dichiar� l'illegittimit� costitu zion!:J.le di alcune disposizioni della legge .o perch� <e per la loro estensione ed entit� producono effetti che possono turbare i rapporti tributari n (es. l'art. 3 che assoggetta alla sola tassa fissa di registro i conferimenti in societ�) o perch� (come l'art. 5 che esenta dalla imposta generale sull'entrata i corri spettivi dagli appalti) e< non � conforme alle di rettive generali della legisla.zione che soltanto. in situazioni eccezionalissime che non si verifi.cano nel caso in esame, ha concesso l'e.senzione totale.n. Importante �, poi, la pronuncia dell' Alt:;i, Corte in data 20 luglio 1949 (cit. da Salvatore Orlando, op. cit. pag. 79) relativa alla legge regionale avente ad oggetto �agevolazioni tributarie per l'emissione di obbligazioni delle societ� per azioni)), Venne dichiarata l'illegittimit� costituzionale della disposizione con cui la Regione prorogava, di due anni rispetto alla Sicilia la durata dell'esen zione dall'imposta di ricchezza mobile.e dalleimpo ste di registro. ed ipotecarie afferenti alle obbliga zioni di cui al D. L. C. P. S. 28 novembre 1947, n. 1332, perch� tale norma era suscettibile di effetti pregiudizievoli nel campo creditizio ed obbligazionario fuori dei limiti del territorio siciliano. Analogamente, nella sua decisione del 17 marzo 1950 (ined.) sull'impugnativa della legge regionale 14 febbraio 1950 avente ad oggetto �provvedimenti per lo sviluppo delle industrie in Sicilia )) alcune disposizioni. (che, per brevit� non ricorderemo) furono dichiarate illegittime dal punto di vista costituzionale o perch� suscettibili di effetti dannosi fuori del territorio o perch� in contra sto coi principi generali del sistema tributario statale. Per analoghi motivi venne dichiarata l'incosti tuzionalit� di varie norme della legge regionale riguardante le � agevolazioni fiscali per i nuovi impianti industriali)) (decis. 25 ottobre 1950 (ibid, 1950, pag. 183 ). Infine, merita di essere ricordata la decisione 5 aprile 1950 dell'Alta Corte, sul ricorso contro la legge regionale recante � agevolazioni fiscali alle cooperative agricole, di� produzione e lavoro e di consumo )) pi� sopra citata. Questa legge tributaria fu, giustamente, dichiarata in toto illegittima dal punto di vista costituzionale perch� l'esenzione tributaria veniva concessa alle cooperative alla sola condizione che operassero nella Regione siciliana, ma non era sancito che la cooperativa operasse soltanto nella Regione siciliana il che rendeva possibile che delle eccezionali provvidenze fiscali siciliane si avvantaggiassero anche le cooperative operanti in tutto il territorio dello Stato.. LA RISCOSSIONE DEI TRIBUTI DA PARTE DELLA REGIONE SICILIANA In tale importante materia, in un certo senso accessoria di quella relativa allapotest� legislativa region�le nel campo tributario, l'Alta Corte si � pronunziata con la decisione 16 marzo 1950 (ined.) sul ricorso proposto dal Commissario dello Stat� contro la legge regionale 8 febbraio 1950 avente per oggetto �provvedimenti in materia di riscossione d'imposte dirette nella quale si ripetevano, con alcune modificazioni, le. disposizioni della legge statale 15 dicembre 1949, n. 944. �� La difesa dello Stato appoggiava il ricorso pro� posto dal Commissario sui seguenti principali argomenti: � a) la riscossione delle imposte dirette non rientra fra le materie elencate negli articoli 14, 15 e� 17; la relativa attivit� amrriinistrativa deve svolgersi, pertanto, ai sensi dell'art. 2, secon.do le direttive del Governo dello Stato; � b) la competenza, in materia, della Regione non pu� desumersi dall'art. 36, poich� tale articolo riguarda sol� i trib�.ti deliberati dalla Regione medesima e d'altra parte, la disciplina provvisoria dei rapporti :finanziari fra lo Stato e la Regione disposta con il decreto legislativo 12 aprile 1948, n. 507, aveva lasciato immutato il carattere statale delle imposte temporaneamente attribuite alla Regione; c) infine, che, anche ad�� ammettere che la riscossione potesse considerarsi funzione trasferibile alla Regione, il trasferimento dovrebbe essere disposto con legge dello Stato, ai sensi della Disposizione transitoria VIII della Costituzione. L'Alta Corte, invece, ritenne che la potest� di riscossione compete alla Regione � oltre che come necessaria conseguenza della. potest� deliberativa in materia di .tributi riconosciuta dalla Regione medesima, p'er l'espressa disposizione dell'art~ 37 dello Statuto, nonch� dell'art. 2 del decreto legis1a~ tivo 12 aprile 1948, n. 507, che stabilisce che la Regione siciliana riscuote direttamente le entrate di sua spettanza)), D'altra parte, l'Alta Corte ritenne infondata la eccezione relativa alla necessit� dell"emanazione di una particolare legge dello Stato per il passaggio della funzione di riscossione dei tributi, che si dovrebbe desumere dal secondo comma della Disposizione VIII della Costituzione, per il motivo che ritenne inapplicabile tale norma al sistema regionale siciliano gi� funzionante, in base a specifiche disposizioni legislative, al momento dell'entrata in vigore della Costituzione. � Perci� respinse il ricorso, per illegittimit� totale della legge, e lo accolse, invece, nei riguardi di alcune particol�ri disposizioni. � Non possiamo non manifestare il nostro dissenso in ordine ai principi enunciati dall'Alta Corte. Non sappiamo vedere come la potest� generica per la Regione di riscuotere le imposte erariali la si possa desumere dall'art. 37 dello Statuto. Questa norma sembra, invece, avvalorare 1~o'J)inione contraria perch� attribuisce aUa Regione la facolt�, di 'riscossione di una quota d'imposta per ipotesi particolare: reddito accertato per le imprese ind�striali e commerciali che hanno la sede cen .,,...,. 194.,.....,. trale fuori -del territorio della Regione, ma che in essa hanno stabilimenti ed impianti. Per quanto poi riguarda l'art. 2 del decreto legi~lativo 12 aprile 1948, n. 507, sul regolamento provvisor�o, non si �pu�, in tale norma scorgere altro che una df!lega temporanea alla Regione (e senza pregiudizio di un futuro regolamento diverso fra 1� St�to e Regione, anche in ordine alla riscossione delle imposte) della funzione amministrativa di riscossione di tributi che, per quanto spettanti 11lla Regione stessa, ritornano ad essere tributi erariali, �Per quanto, infine, concerne il secondo comma dell'art. VIII Disposizioni transitorie (passaggio delle funzioni statali alle regioni mediante leggi della Repubblica) non ci sembra concludente la affermazione deJl' Alta Corte che questa norma non si applica alla Regione siciliana gi� funzionante con disposizioni statutarie proprie anteriori alla Costituzione. Questo argomento potrebbe avere un certo valore se nello Statuto siciliano fosse contenuta qualche �norma speciale disciplinante, in mo�o particolare, il passaggio delle dette funzioni (non � tale l'art. 43 che parla di passaggio di uffeci e di personale, come ha ripetutamente riconosciuto lAlta Corte). Ma poich� cosi non �, la norma costituzionale della Disposizione VIII transitoria ha un valore di norma generale che deve essere applicata indistintamente a tutte le regioni. CONTENUTO E LIMITI DELLE FUNZIONI AMMINISTRATIVE ED ESECUTIVE DELLA REGIONE SICILIANA Esaminiamo �ora quali sono -secondo la tesi sostenuta dalla difesa dello Stato -il contenuto, l'estensione ed i limiti delle funzioni amministra- tive ed esecutive spettanti ai competenti organi della Regione siciliana. � Evidentemente, l'art. 20 dello Statuto siciliano costituisce non solo la base di partenza per tali indagini, ma la chiave stessa di volta di tale costruzione giuridica. Vediamo quali principi� scaturi� scoho dall'esame di tale disposizione di legge. A) La prima parte del primo comma dell'art. 20 stabilisce una connessione fra le funzioni legislative e le funzioni amministrative della Regione; per quelle materie per cui lAssemblea regionale ha potest� legislativa sia esclusiva che complementare, gli Organi del potere .esecutivo della Regione (Pre sidentEl ed Assessori regionaU) svolgono le relative funzioni �secutive ed amministrative. Per�, a differenza del passaggio della potest� legislativa che � automatico, che avviene ipso jure con l'entrata in vigore dello Statuto siciliano, il trasferimento delle funzioni amministrative ed esecutive richiede, come presupposto essenziale, �l'intervento �di ulteriori disposizioni emanate dal potere legislativo dello Stato le quali stabiliscono i termini, i modi e le forme del trapasso delle fun "ziohi amministrative dallo Stato alle Regioni. Questo principio � affermato, in linea generale, dall'art. VIII,, secondo comma delle Disposizioni transitorie della Costituzione che testualmente stabilisce che �leggi della Repubblica regolano per ogni ramo della pubblica Amministrazione il passaggio delle funzioni statali attribuite alla Regione�. Da ci� deriva, evidentemente, che fino a quando il trasferimento delle funzioni di cui trattasi alla Regione non abbia avuto luogo, le istituzioni relative a tali servizi rimangono propriet� dello Stato. La dottrina comune trova, giustamente, la con ferma di tale principio fondamentale in varie norme di legge. Cosi il decreto legislativo 7 maggio 1948, n. 789, riguardante la materia dell'agricoltura, all'art. 1 stabilisce che �le attribuzioni del Ministero di agricoltura e foreste nel territorio della Regione siciliana sono esercitate dall'.Amministrazione regionale ai sensi e nei limiti dell'art. 20 dello Statuto della Regione >>. Aggiunge, poi, l'art. 2 che gli uffici periferici del detto Ministero diventano organi dell'Amministrazione regionale. Lo stesso tenore df questa norma dimostra come essa abbia inteso operare il trasferimento alla Regione delle funzioni ed attribuzioni ministeriali, trasferimento che sarebbe stato inutile, se gi� avvenuto in forza dello Statuto. Del resto, la stessa Regione siciliana, emanando la legge 8 luglio 1948, n. 35, �ordinamento dei Servizi dell'Assessorato per l'agricoltura e le foreste>> ha riconosciuto che la legge statale di devoluzione delle funzioni ha carattere costitutivo ed � necessaria perch� avvenga il trasferimento dei poteri amministrativi. Importantissima �, poi, la disposizione di carat tere generale contenuta nel primo comma dell'art. 3 del decreto legislativo 12 aprile 1M8, n. 507, per cui cc fino a quando non sar� intervenuto il pas saggio alla Reg'ione dei servizi ad essa spettante e del personale addettovi, lo Stato continuer� a provvedere, per conto della Regione, al pagamento delle spese relative >>. Il che lascia chiaramente intendere che, fino a quando il passaggio non � avvenuto, gli uffici rimangono statali ed il perso nale resta alle dipendenze dello Stato. � facile intendere quali inconvenienti derive rebbero dal negare il principio sopra esposto della neces~it� di leggi statali per l'effettivo passaggio di funzioni ed uffici amministrativi dallo Stato alla Regione. Si giungerebbe all'assurdo giuridico, logico e poli tico che organi amministrativi regionali verrebbero ad esercitare controlli non solo sull'ordinamento, ma anche sul personale statale, e che si stabilirebbe una strana ed inammissibile gerarchia per cui fun zionari dello Stato verrebbero a dipendere dagli organi della Regione e, per le loro funzioni statali, non allo Stato ma alla Regione dovrebbero rispondere. Come questo sia addirittura incostituzionale (per ch� contrario ai principi fondamentali dell'unit� finanziaria dello Stato) in materia di controlli contabili, � facile intendere. Persino quegli scrittori che, come il VmGA (1) accettano con riserva il principio dena�nece~sit� dj un preventivo trasferimento dallo Stato allaRegione delle funzioni amministrative (perch� questa possa (1) La Regione, GrUFFR�, 1949,. pagine 122-123. 9'&E�EfilG &q ' ' -195 esercitare le funzioni medesime) di fronte alla gravissima conseguenza dell'inevitabile soggezione di organi statali ad organi regionali, nel caso che certe 'funzioni siano esercitate dalla Regione senza tale trasferimento, sono costretti ad ammettere che: �quegli atti amministrativi che presuppongono una relazione gerarchica fra l'organo che li emana e l'organo destinatario, come ad es. le circolari e gli atti di controllo non possono essere compiuti dagli organi regionali :finch� gli uffici ai quali gli atti stessi si rivolgono non siano passati alla dipendenza della Regione �. B) La seconda parte del primo comma dello art. 20 dello Statuto siciliano stabilisce che sulle altre materie non comprese negli articoli 14, 15 e 17, il presidente e gli assessori regionali � svolgono un'attivit� amministrativa secondo le direttive del Governo dello Stato �. � evidente, quindi, che non si tratta di un'atti vit� propria della Regione (in un campo in cui essa difetta di potest� legislativa) ma di una attivit� di carattere statale. Si tratta di funzioni che lo Stato ha la facolt� � di conferire o di non conferire alla Regione. Gli organi esecutivi di questa svolgono un'attivit� amministrativa secondo le direttive, ecc. Questo non pu� significare altro che essi svolgono non tutta l'attivit� ma solo quelle che l'Autorit� statale ha creduto di attribuire loro. L'aver lo Sta tuto impiegato l'articolo determinato una anzich� l'articolo indeterminato la fa chiaramente inten dere la volont� del legislatore. Si � voluto circo scrivere questa specie di attivit� amministrativa entro precisi limiti e cio� quelli che lo Stato inten der� fissare, secondo le circostanze e per fini di opportunit� di decentramento puramente burocra tico e non istituzionale. In altre parole, nella seconda parte del primo comma dell'art. 20 dello Statuto si stabilisce un programma di decentramento burocratico che sar� svolto secondo criteri che solo lo Stato potr� valu tare e precisare, perch� tali funzioni interessano soltanto lo Stato. Questo chiaro principio trova conferma -quasi ve ne fosse bisogno -nella norma contenuta nel secondo comma dell'art. 2 del citato decreto legi slativo 7 maggio 1948, n. 789. Dopo aver stabilito che Knulla � innovato per quanto riguarda la vigilanza e la tutela sugli enti od organismi a carattere nazionale o interregio nale �, il detto articolo aggiunge: cc tuttavia nei confronti degli uffici di detti �nti od organismi esistenti in Sicilia l'.Amministrazione regionale po tr� svolgere le funzioni amministrative di cui allo art. 20 dello Statuto della Regione siciliana secondo le direttive del Governo dello Stato >>. Dalle premesse considerazioni deriva che comun que si voglia concepire l'attivit� amministrativa affidata agli organi esecutivi della Regione in ma teria in cui questa difetta di potest� legislativa e, cio�, o come una delegazione di attivit� ammini strativa dallo Stato alla Regione o, come noi rite niamo, come una attivit� dello Stato, esercitata dalla Regione che funge come circoscrizione ammi nistrativa statale ed i eui organi agiscono come organi dell' .Amministrazione dello Stato, le conseguenze pratiche e giuridiche non cambiano. In nessun caso si tratta di una potest� propria della Regione, cio� che sia, organicamente ed istituzionalmente, dell'ente Regione. La potest� � e rimane statale; soltanto il suo esercizio � affidato alla Regione. Il contenuto di tale attivit� � determinata dagli organi centrali dello Stato che possono restringerlo od anche sopprimerlo per esigenze di carattere statale. Tutto l'ordinamento burocratico statale di vigilanza e di controllo sia che si tratti. di controllo amministrativo, o controllo di legittimit�, resta, naturalmente in vigore; tutta la gerarchia burocratica continua a funzionare senza nessun cambiamento. L'Amministrazione centrale conserva integri i suoi poteri e l'esercizio dei medesimi per quanto riguarda gli uffici statali o interregionali in Sicilia nei riguardi dei quali, tuttavia, pu� essere esercitata cc un'attivit� amministrativa>> dal presidente e dagli assessori della Regione (quali funzionari dello Stato) secondo le direttive del Governo dello Stato. Una diversa opinione non � neppure, logicamente, concepibile tali e tanti sarebbero gli assurdi e le illegalit� anche di carattere costituzionale cui la sua adozione. darebbe luogo! Basta osservare che sarebbe davvero strano per non dire grottesco -che il Governo dello Stato potesse dare cc direttive>> al presidente ed agli assessori della Regione, ma che, d'altra parte, si dovessero -in materia di funzioni amministrative che, lo ripetiamo, sono statali, e nei confronti di uffici statali, ritenere non applicabili e come abrogate per la Sicilia, le leggi fondamentali sulla organizzazione amministrativa dello Stato! Dovrebbero perdere ogni efficacia per la Regione siciliana leggi basilari dello Stato, come quelle sull'ordinamento gerarchico, sulla tutela e vigilanza degli uffici di Stato, sulla.contabilit� generale dello Stato, ecc. Questi argomenti furono svolti dalla difesa dello Stato nell'importantissima vertenza originata dall'impugnativa proposta dalla Regione siciliana contro la legge, statale 15 maggio 1950, n. 119, concernente la proroga del funzionamento degli uffici regionali di riscontro del Tesoro e la continuazione delle funzioni attribuite agli uffici decentrati della Corte dei Conti fino al 30 giugno 1952. La Regione sosteneva che la legge impugnata � incostituzionale perch� essa non contiene solo un'estensione del termine di vita dei vecchi uffici, ma ne allarga la competenza e.d invade la sfera di attribuzioni degli organi di riscontro propri della Regione nonch� della Sezione di controllo della Corte dei Conti istituita per la Sicilia. Il Presidente della Regione rivendicava, inoltre, la competenza di controllo sull'amministrazione di fondi statali attribuitigli in base all'art. 20 dello Statuto. Per controbattere tale impugnativa si �rendeva, evidentemente, necessario compiere un esame circa la natura, il contenuto ed i limiti delle funzioni amministrative ed esecutive della Regfone ed il risultato di tale esame � quello pi� sopra esposto. ii ETill i TF �' -196 In applicazione dei principi svolti, la difesa dello Stato sosteneva che spettano agli uffici statali nella Regione siciliana: a) la gestione dei servizi od uffici attual mente statali ma che passeranno in prosieguo di tempo alla Regione (art. 4:'3 dello .Statuto), in quanto che si tratta di funzioni amministrative concernenti le materie di cui agli articoli 14, 15 e 17 (art. 20, prima parte del primo comma); b) gestioni di pertinenza st~tale svolte dalla Regione con i propri organi in relazione alla seconda parte del primo comma dell'art. 20 dello Statuto (�una attivit� amministrativa secondo le direttive del Governo dello Stato�) ma con fondi del bilancio statale (e ci� per un duplice ordine di motivi: perch� si tratta di controllare l'impiego di fondi attinenti al bilancio dello Stato e perch� si tratta di controllar�' l'operato di coloro� che maneggiano fondi dello Stato); c) gestioni di esclusiva pertinenza statale e che lo Stato non potr� mai affidare alla Regione (servizi militari aella Giustizia, ecc.). . Spettano, invece alla Ragioneria regionale presso lAssessorato della Finanza in Sicilia i riscontri delle gestioni di esclusiva competenza del bilancio regionale ed impiegati regionali. � L'Alta Corte, pronunziando con sentenza del . 3 giugno 1950 (ined.) riconobbe la pienalegittimit� costituzionale della legge statale 15 marzo 1950, n. 119. Nella molto succinta motivazione l'Alta Corte si limit� ad osservare che la proroga di cui all'art. 1� della suddetta legge non riguardava affatto n� la gestione di f6ndi esclusivamente regionali n� quella attivit� amministrativa fatta secondo le direttive del Governo dello Stato di cui all'art. 20 dello Statuto. Per quanto, poi, riguarda l'estensione data dall'art. 3 sui rendiconti e conti giudiziali del 194849, deve �ritenersi che questa riguarda solo la gestione di competenza statale e non quella di competenza regionale (per gli effetti del passaggio dei servizi e del personal� di cui all'art. 43 dello Statuto) e quelle che per l'art. 20 dello Statuto siano sotto la diretta gestione e responsabilit� del .. presidente e degli assessori regionali. LA LEGGE ELETTORALE REGIONALE Per concludere questa breve Rassegna, esaminiamo ora la decisione emessa dall'Alta Corte in data 16 marzo 1951 in ordine alla legge regionale siciliana 22 febbraio 1951 dal titolo: �Elezione dei deputati all'Assemblea regionale si eliana �. � Il Commissario dello Stato aveva impugnato questa legge per un motivo di carattere generale e per diciotto motivi di carattere particolare. Il motivo di carattere generale consisteva nella denuncia di illegittimit� costituzionale della legge in parola per violazione dell'art. 3 dello Statuto regionale siciliano: secondo tale articolo la Regione siciliana potrebbe soltanto, nell'esercizio della sua potest� legislativa in materia elettorale, limitarsi ad un semplice adattamento alla Regione siciliana dei principi indicati non solo nella Costituzione.della Repubblica, ma anche nelle leggi app:i;ovate dalla Costituente e regolanti la materia delle elezioni politiche nel territorio dello Stato, leggi poi riunite in Testo Unico. Con la sopraindicata decisione l'Alta Corte ha affermato che � tutto ci� che attiene direttamente alla materia elettorale � competenza regionale �. Tuttavia, l'Alta Corte si � praticamente astenuta dall'esaminare a fondo il motivo principale e. generico di illegittimit� costituzionale dedotto dal Commissario dello Stato, rilevando che le leggi contenenti norme in materia di elezioni politiche, alle quali secondo il Commissario dello Stato dovrebb~ attenersi la Regione nell'esercizio della sua potest� legislativa in materia, contengono in sostanza i principi della Costituzione sull'elettorato ((adattati alle specifiche elezioni dei deputati e dei senatori, cosi come la legge regionale adatta gli stessi principi alle elezioni dei deputati regionali�. � Come si vede, la questione di fondo sollevata dal Commissario dello Stato, circa l'obbligo o meno della Regione di rispettare, oltre che i principi stabiliti nella Costituzione, anche quei principi, eventualmente diversi, contenuti nelle leggi in materia di elezioni politiche emanate dalla Costituente, non � stata decisa, essendosi escluso in fatto che sussistesse una diversit� tra i principi sopra indicati. Nella decisione in esame, tuttavia, l'Alta Corte ha accolto alcuni dei motivi particolari di impugnazione sollevati dal Commissario dello Stato, tra i quali il pi� importante � quello che denuncia la illegittimit� costituzionale dell'art. 64 relativo alla immunit� parlamentare dei deputati regionali. CESARE ARIAS AVVOCATO DELLO STATO NOTE DI DOTTRINA FRAGOLA : Giustizia amministrativa nelle controversie doganali. �Foro ltal. � 1951, vol. III, 191. Nota di commento alla decisione 28 aprile 1950, n. 235 della IV Sezione del Consiglio di Stato - Manetti e Roberts contro Finanze -, la quale confermava il carattere giurisdizionale del provvedimento del Ministro per le Finanze in materia di controversie doganali, a sensi del T.U. 9 aprile 1911, n. 350; con la conseguente limitazione della impugnativa, a sensi dell'art. 26, ultimo comma, T. U. sul Consiglio di Stato, ai soli casi di incompetenza o eccesso di potere (in via a'Ssoluta). L'.A~ dichiara di dissentire dalla dottrina e dalla giurisprudenza dominanti, circa l'esattezza dei suesposti principi. .All'uopo egli premette un excursus attraverso la pi� autorevole dottrina, citando le opinioni di BoRSI �(Giustizia amministrativa, (( Cedam �, 1930, pag.154), secondo il quale la norma dell'art. 26 in parola sarebbe causata dall'importanza tradizionalmente riconosciuta alle materie doganali e di leva, per la sicurezza finanziaria e militare dello Stato; di D'.ALESSIO (Istituzione diritto dmministrativo italiano, �U.T.E.T. �; 1934, pag.�365) secondo il quale la natura giurisdizionale del provvedimento del 'Ministro mal si conformerebbe col principio dell'impugnabilit� al Consiglio di Stato, concessa solo per atti amministrativi (vedi per�, dello stesso D'.Alessio, la 1a edizione delle Istituzioni, vol. II, pag. 415, dove si conclude per� il carattere giurisdizionale della decisione ministeriale); di MORTARA (Commentario 3a edizione, vol. I, nn. 456, 464 e 466) il quale ammette trattarsi di provvedimento di natura giurisdizionale, sia pure singolare; e facendo riferimento, infine, a� due lavori monografici del RAGNISCO (Scritti in onore di Santi Romano, vol. II, pag. 458, e << Rivista diritto � pubblico �, 1942, vol. I, pag. 135) peraltro a carattere non dogmatico. Compiuta tale rassegna dottrinale, il Fragola osserva che la legge non attribuisce espressa�mente al Ministro la qualit� di giudice. Ed in mancanza di attribuzione espressa, non pu� seguirsi, secondo l'.A., la teoria del Ragnisco, ilquale ritiene che il carattere � giurisdizionale vada desunto da due elementi: a) previo parere di un corpo consultivo; b) dizione della legge, che dichiara inoppugna bile o definitiva la decisione ministeriale. Per quanto riguarda il primo elemento, osserva il Fragola che il parere obbligatorio su di una determinata controversia non trasforma la decisione adottata in pronuncia giurisdizionale. Per quanto riguarda il secondo elemento, l'.A. osserva che (( definitivit� � sta a significare soltanto non impu,gnabilit� in via gerarchica; espressione, peraltro, pleonastica nella specie, in quanto si tratta di provvedimento ministeriale, definitivo per sua natura; e (tnche l'espressione cc inoppugnabilit�� si riferisce solo a motivi di merito, non a quelli di legittimit�; comunque, oggi, illpresenza dell'art.113 della Costituzione, qu�lsiasi limitazione del genere sarebbe da ritenersi inammissibile; .A rincalzo di siffatte argomentazioni, l'.A. soggiunge, poi, che il principio della divisione dei poteri impedisce di ipotizzare la figura del ministrogiudice, per la eontaminatio che verrebbe a crearsi tra i due ordini, quello giudiziario e quello amministrativo. Ed inoltre, sempre secondo il Fragola, osterebbe alla qualificazione dogmatica del ministro-giudice cc lo scarso credito che ha presso di noi il procedimento dei ricorsi amministrativi ed in particolare del ricorso gerarchico >>. Ricorso, quest'ultimo, esperito dai cittadini pi� per ott�nere un provvedimento definitivo da impugnare poi al Consiglio di Stato, che per in.ti.ma convinzione della sua pratica opportunit�. Alla stregua di siffatti principi, ilFragola afferma che il ricorso al Ministro per le Finanze, in materia di qualificazioni di merci, � un ricorso gerarchico improprio. Conseguentemente, il cittadino che si ritenga leso nel suo interesse legittimo, dovrebbe potere impugnare il provvedimento ministeriale avanti al Consiglio di Stato per motivi di legittimit�, cio� incompeteJfza ed eccesso di potere; nell'ampio concetto di tale ultimo vizio, secondo l'.A., dovrebbe rientrare anche l'ipotesi di violazione di legge. Ma a questo punto, rileva l'.A., si � verificato un singolare processa di incrostazione dottrinale e giurisdizionaie. � Nel silenzio della legge, scrittori e giudici hanno ritenuto che l'espressione <<incompetenza ed eccesso di potere>> contenuta nel terzo comma dello art. 22 del T.U. 17 agosto 1907, n. 638, sul Consi� glio di Stato (riprodotto nel secondo comma dell'art. 26 del vigente T. U.) debba essere unificata sotto il paradigma dell'incompetenza assoluta; laddove, poi, gli stessi scrittori e giudici mantengono ontol�gicamente separate le medesime espressioni e( incompetenza ed eccesso di potere �, contenute nel primo comma dei citati articoli. Tllterpretazione aberrante, secondo l'.A., in quanto sig:ri�ficherebbe esclusione di ogni ricorso perch� � ben raro che in controversie doganali il Ministro pronunci su materia sottratta alla sua competenza. -198 Ooncludendo, I'A; auspica una revisione della dottrina e della giurisprudenza dominanti, nel senso di riconoscere la natura amministrativa delle decisioni ministeriali in questione, con la conseguente loro piena impugnabilit� avanti al Oonsiglio di Stato, anche per eccesso di potere in senso stretto (detourn�ment), e con esclusione del ricorso alla Oassazione e di ogni altra azione avanti ai tribunali ordinari. , 1. Non si pu� che esprimere il pi� netto dissenso nei confronti della nota del Fragola sulla delicata questione. � Si pu� rilevare, anzitutto, che la stessa doglianza che il Fragola muove alla dottrina e giurisprudenza dominanti, circa la figura del ministro-giudice, doglianza, cio�, di apoditticit� delle conclusioni, in contrasto col silenzio della legge, pu� agevolmente ritorcersi contro l'A. Questi, infatti, si limita ad affermare, sic et simpliciter che il ricorso al Ministro in tema di controversie doganali � un ricorso gerarchico improprio, rna non d� alcuna motivazione di tale assunto. Ora una critica alla teoria tradizionale impostata �su basi dogmatiche, quale l'A. si proponeva, avrebbe dovuto, quanto meno, avere dalla sua parte il medesimo peso di argomentazioni che militano a favore della concezione opposta. Giover� pertanto, qui di seguito, soffermarsi a dimostrare come la opinione del chiaro autore sia, quanto meno, fortemente discutibile e comunque non sorretta da alcuna seria argomentazione. 2. Ohe le giurisdizioni speciali possano sussistere anche fuori dell'ordinamento giudiziario, ordinario od amministrativo, non sembra possa revocarsi in dubbio. O'�, anzi, lo scopo per cui, nella passata e anche nella recente legislazione, furono creati degli organi giurisdizionali speciali fu ravvisato proprio nell'esigenza di chiamare a decidere determinate controversie, di natura squisitamente tecnica, elementi i quali, per le funzioni normalmente esercitate, fossero pi� qualificati che non i giudici ordinari, privi di regola, dei requisiti di specializzazione. I componenti di siffatte giurisdizioni, pertanto, il pi� delle volte venivano tratti del tutto fuori dei quadri dei giudici ordinari comprendendosi in questi anche i giudici amministrativi ordinari -e precisamente dai rami d,ella Amministrazione attiva o di determinate categorie di cittadini, aventi particolare conoscenza delle materie in contestazione. N� mai alcuno ebbe a dubitare che, per ci� solo, mancassero in siffatti organi decidenti i requisiti idonei a qualificarli veri e propri giudici speciali. D'altra parte, per la concreta sussistenza della funzione giurisdizionale, non fu mai richiesto alcun requisito soggettivo, ma si guard�, piuttosto, alla intrinseca natura della funZione esercitata, per valutare se questa fosse giurisdizionale o amministrativa (CHIOVENDA: Principi di diritto o di procedura 43 civile, edizione, pag. 293). Conseguentemente, la dottrina pi� autorevole anche oggi pone i seguenti requisiti per ravvisare l'esistenza della giurisdizione: a) l'esistenza di una controversia intorno a un diritto o ad un interesse legittimo; b) l'esistenza di un giudice indipendente; c) l'esistenza del contradditorio delle parti; d) un procedimento che termini con una pronuncia definitiva (VITTA : Diritto amministrativo, 1940, voi. II, pag. 409). Orbene, se si applicano siffatti criteri alle fattispecie in questione, si i;iscontrer�;� che tutti i requisiti richiesti sussistono. Per quanto riguarda il requisito sostanziale della esistenza di una controversia, esso consiste nella divergenza di opinione, di interpretazione e di interessi tra le due parti: amministrazione e privato. Oosi, per rimanere nel campo doganale, la divergenza consister� nell'applicazione di una o altra voce della tariffa, in relazione alla qualificazione della merce importata; e, nel campo della leva militare (l'altra ipotesi di ministro-giudice regolata dal T.U. sul Consiglio di Stato), la divergenza vertir� sull'operato dei commissari di leva, in relazione alle loro decisioni circa il reclutamento degli iscritti. N� meno reale � l'esistenza del primo dei requisiti c. d. formali; cio� l'esistenza di un giudice indipendente. Alla facile critica che il Ministro non potrebbe essere imparziale, per essere egli il ca,po dell'Amministrazione che contende col privato, si pu� fondatamente replicare: a) l'indipendenza va intesa nel senso di garantire l'obbiettivit� del giudizio, al di fuori di ogni influenza superiore sul giudice; timore, codesto, � non ravvisabile nelle ipotesi predette, in quanto, proprio perch� il Ministro � al vertice della gerarchia nell'Amministrazione, non sono da ipotizzarsi interventi diretti ad influenzare la sua decisione; b) a parte ci�, l'obbiettivit� di giudizio � garantita dal previo parere degli speciali corpi consultivi che assistono il Ministro; e p.recisamente, il Collegio dei periti doganali (art. 5 del T.U. 9 aprile 1911, n. 330} e, in materia di leva, la Commissione consultiva d'appello (art. 37 T. U. 24 febbraio 1938, n. 329): corpi consultivi entrambi composti di membri assolutamente scevri, per le funzioni normalmente esercitate, da qualsiasi possibile parzialit� di giudizio ..E se � vero che il parere di tali Collegi non �, giuridicamente, vincolante, sarebbe ingenuo sostenere che esso non sia, per�, di fatto, vincolante per i Ministri. N�, infine, sussiste alcun dubbio circa l'esistenza dei due ultimi requisiti forma,li, contraddittorio procedimento predeterminato per legge, in quanto tali requisiti risultano da tutto il complesso delle leggi speciali in materia. In conclusione, pu� affermarsi con tranquillante sicurezza che le due ipotesi esaminate contempl51no vere e proprie decisioni di decisioni di giurisdizioni speciali, e non decisioni amministrative su ricorsi gerarchici. Ad escludere siffatto rimedio amministrativo, gioyer� forse considerare un ultimo argomento, di carattere negativo e formale, ma non meno importante dei requisiti positivi dianzi esaminati. Con la codificazfone, se cosi pu� dirsi, delle norme sul ricorso gerarchico co"i1tenuta _neUo _ art. 5 della legge comunale e provinciale, � stato, � com'� noto, fissato il termine perentorio di 30 giorni per l'ammissibilit� di siffatto rimedio. Orbene, il termine per ricorrere, nelle ipotesi che ne occupano, ai Ministri interessati � ben diverso: 15 giorni in -199 materia doganale (art. 3 T. U. 1911); 90 giorni in materia di leva (art. 37 T. U.1938). E se, per quanto riguarda il ricorso al Ministro per le Finanze, il � T. U. che lo disciplina � anteriore alla legge comunale e provinciale, di guisa che l'argomento potrebbe anche apparire irrilevante, per quanto riguarda, invece, il ricorso in materia di leva, scientelnente il legislatore nel 1938 fiss� un termine diyerso da quello dei 30 giorni previsto dall'art. 5 citato; evidentemente, con ci� egli intese riconfermare che si era fuori del campo dei ricorsi gerarch,ici. � da rilevarsi, infine che, anche di recente, vigente Ja nuova Costituzione, le Sezioni Unite hanno ipotizzato la figura del ministro-giudice, non ravvisando alcuna difficolt� ontologica all'affermazione del principio (Sezioni Unite 5 agosto 1948, n. 1384, Societ� Bombrini-Parodi-Delfino contro Ministero Difesa-Esercito, in � Giur. Completa Cass. Civile n, 1948, voi. III, pag. 220, ed in questa cc Rassegna n, 1948, fase. 10, pag. 14). 3. Ci� premesso, giover� ora esaminare se la norma del secondo comma dell'art. 26 del T. U. sul Consiglio di Stato sia compatibile col nuovo assetto costituzionale dello Stato. Non pare difficile, in .proposito, dimostrare come la norma stessa debba ritenersi tacitamente abrogata dall'art. 111 della, Costituzione. Com'� noto, tale disposizione costituzionale stabilisce, nel secondo comma: cc Contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libert� personale, pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali � sempre ammesso ricorso in Cassazione per violazione di legge ... �. Ed � noto, altresi, come nelle prime pratiche applicazioni, tale precetto costituzionale sia stato oggetto di diverse interpretazioni. In una delle prime decisioni, in materia, la Corte Supr.ema, fondandosi su di un'interpretazione letteralistica della norma in parola, ebbe ad escluderne l'applicazione fuori dal campo strettamente . penale. La Corte, in altri termini, sostenne che l'espressione cc Sentenze e provvedimenti sulla libert� personale n dovesse essere intesa nel suo complesso, di guisa che anche la parola � sentenza � fosse da considerarsi collegata all'espressione �sulla libert� personale'' (Cass. Sez. Unite 14 luglio 1948, n. 1144, in cc Foro Ital. n, 1948, voi. I, pag. 721). Ma con successiva pronuncia, le Sez. Unite esaminavano funditus il problema, ponendo le basi per tutta la giuris:prudenza successiva. In tale Jecisione (Sez. Unite 9 aprile 1949, n. 838, in� Giur. Compl. Cass. Civ. ,>, 1949, vol. I, pag. 225), la Corte ebbe ad affermare, fondandosi anche sui lavori preparatori della Costituzione, che la norma dello art. 111 si applica, indistintamente, a tutte le giurisdizioni speciali; che essa ha immediato carattere precettivo e non programmatico; e che, conseguentemete, essa innova alle leggi anteriori che eventualmente vi contrastino. In dottrina, peraltro, non manc� qualche voce difforme, in relazione all'efficacia temporale della norma, che venne ricollegata alla VI Disposizione transitoria della Costituzione. Cosi il LESSONA: La funzione giurisdizionale, nel c� Commentario sistematico alla Costituzione ita liana n, diretto da Calamandrei e Levi, edizione Barbera, 1950, voi. II, pag. 221) si pone il problema se la norma dell'art. 111 della Costituzione non abbia solo un valore transitorio, dato che l'art. 102 sancisce il divieto di istituire giudici straordinari o speciali. In altre parole, I'A. si domanda se l''art. 111 non si debba applicare unicamente alle giurisdizioni speciali attualmente esistenti (esclusi il Consiglio di Stato, la Corte dei Conti e i Tribunali militari) e destinati ad essere sottoposti a revisione entro cinque anni, a mente proprio della VI Disposizione transitoria della Costituzione. L'Autore, tuttavia, risponde al quesito affermando che l'art. 111 ha valore potenziale destinato ad avere effetto concreto se ed in quanto se ne presenti la necessit�, cio� allorch�, per avventura, malgr�do la rev�sione imposta dalla VI Disposizione transitoria, qualche giurisdizione speciale abbia a rimanere esistente. Per quanto riguarda, inve�e, la presente fase transitoria, l'art. 111, secondo l'A., sarebbe privo di contenuto concreto e lascerebbe immutati i mezzi di impugnazione attualmente concessi dalle leggi ordinarie contro le sentenze delle giurisdizioni speciali. Viceversa, il MORTATI (Il ricorso in Cassazione � contro le sentenze delle giurisdizioni speciali, in nota alla citata sentenza delle Sez. Unite n. 838 del 1949, in cc Giur. Compl. Cass. Civile�, 1949, voi. I, pag. 230 segg.) adottata un'interpretazione pi� aderente all'economia della norma. Se al legislatore � fatto obbligo -osserva il Mortati -di sopprimere le giurisdizioni speciali esistenti, diverse da quelle espressamente mantenute in vita dalla Costituzione, se al legislatore � fatto divieto di istituirne di nuove, la norma dell'art. 111.non avrebbe alcun valore pratico; perch�, al di l� dei cinque anni consentiti dalla VI Disposizione transitoria mancherebbero addirittura i giudici, le cui sentenze potrebbero. impugnarsi alla Corte Suprema in applicazione dell'art. 111. Se questo pu� avere uno scopo, esso va ricercato nella sua applicabilit� immediata, relativamente alle decisioni degli organi di giurisdizione speciale attualmente esistenti. Tale tesi, come ognuno vede, � quella adottata dalla Cassazione nella sentenza annotata dal Mor tati; ed � quella che, comunque, attribuisce imme diata efficacia precettiva all'art. 111, quali che siano le sorti delle varie giurisdizioni speciali al termine dei cinque anni. La Corte Suprema, come si accennava dianzi, ha avuto a confermare l'indirizzo assunto con la fondamentale sentenza del 1949, si che ilprincipio pu� �considerarsi ormai ius reeeptum (Cass. 14 luglio 1950, n. 1899, in �Mass. Foro It. n, 1950, col. 391; Cass. 23 dicembre 1950, n. 2813, ivi, col. 576; Cass. 16 giugno 1951, n. 1582, in cc Mass. Giur. Ital n, 1951, col 443). Sulla scorta di tale indirizzo, non sembra dubbio che l'art. 26, secondo comma T. U. sul Consiglio di Stato debba ritenersi implicitamente abrogato dall'art. 111 della Costituzione. �� . _ Invero, se per il passato la norma in parola poteva sussistere malgrado la legge del 1877 sui conflitti (e l'art. 362 Codice procedura civile) in quanto tutte le suddette leggi avevano la medesima� effe -200 cacia qualitativa (si confrontino, sul problema della gerarchia delle fonti normative, gli studidello ZANOBINI: La gerarchia deUe fonti nel nuovo ordinamento. in �Commentario sistematico alla Costituzione �, citato, voi. I, pag. 47, e La potest� regolamentare e le norme della Costituzione, in �Rivista trimestrale di Diritto pubblico �, 1951, pag. 553), oggi tale sussistenza non pu� ulteriormente permanere, dato il carattere di �super-legge>> precettiva rivestito dall'art. 111 della Costituzione. Sul problema specifico ha gi� avrito ad esprimere la sua autorevole opinione l'AzzARITI (La nuova Costituzione e le leggi anteriori, in �Foro Ital. �, 1948, voi. IV, pag. 81) il quale, pur non prendendo posizione sulla questione se i provvedimeni ministeriali in materia di leva e di dogana abbiano natura amministrativa o giurisdizionale, tuttavia, per entrambe le ipotesi, ritiene che debbano trovare immediata applicazione le norme della Costituzione; vale a dire, nel caso si voglia ritenere il carattere amministrativo dei provvedimenti in parola, il ricors� al Consiglio di Stato (art. 113 Costituzione) dovrebbe essere esteso anche al vizio di violazione di legge; viceversa, nel caso si voglia ritenere il carattere giurisdizionale dei provvedimenti stessi, il ricorso dovrebbe essere proposto non pi� al Consiglio di Stato, bensi alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, in ossequio all'art. 111. E poich�, per ci� che dianzi si � esposto, non sembra seriamente contestabile la natura giurisdizionale dei provvedimenti ministeriali in materia di leva e di dogana, devesi concludere, -appunto, per l'abrogazione implicita della norma dell'art. 26, secondo comma, T. U. sul Consiglio di Stato e per la devoluzione dei relativi ricorsialla Corte Suprema di Cassazione~ 4. D'altra parte, il ricorso alla Corte Suprema a sensi dell'art. 111, nelle materie in argomento, appare pienamente ammissibile anche avuto riguardo all'oggetto dedotto in giudizio. � A tal fine, giova osservare che la Costituzione, disciplinando la delicata materia dei rapporti tra privato e Pubblica .Amministrazione non ha inteso decampare dei principi fondamentali, �rmai quasi secolari sul contenzios� amministrativo. Ne sono riprova gli articoli 24, 103 e 113 della Costituzione medesima, laddove si dettano norme per la tutela dei diritti e degli interessi dei singoli di fronte alla Pubblica.Amministrazione; norme strettamente col legate alla legge sul contenzioso del 1865 ed a quelle successive sui conflitti e sul Consiglio di Stato. Ci� posto, anche in costanza della nuova Costi tuzione, anzi, per esplicita conferma della stessa, continuano a trovare piena applicazione le norme fondamentali poste, in materia di discriminazione di competenza, dall'art. 2 della legge sul conten zioso, vale a dire: esistenza di un diritto soggettivo per la competenza di un'interesse legittimo per la competenza delle giurisdizioni amministrative (sal vo le note eccezioni). Orbene, allorch� l'art. 111 della Costituzione ammette il ricorso alla Corte di Cassazione perviolazione di legge contro le sentenze dei giudici speciali, non prescinde dal considerare che in tanto pu� essere ammesso il ricorso, in quanto vi sia un diritto soggettivo tutelabile. Ch� setale diritto non sussista, il ricorso per violazione di legge non pu� essere ammesso, senza che si cancelli l'art. 2 della legge sul contenzioso. Ma, in tema di controversie doganali e di leva militare, si verte proprio in tema di diritti soggettivi. Per quanto riguarda, invero, la qualificazione delle merci, � evidente che l'applicazione di una piuttosto che di altra voce della tariffa doganale importa l'incidenza maggiore o minore delle imposte doganali ci� che importa, a sua volta, l'attinenza ad un diritto patrimonale e del privato. E se tale conclusione � ovvia in materia doganale, ancora pi� evidente essa � in materia di leva militare, dove la decisione ministerial� attiene ed incide su di un diritto personale del privato. Questi, pertanto; allorch� si pretenda leso dalla decisione ministeriale in materia di dogana o di leva, deduce in giudizio diritti soggettivi perfetti, tutelabili, col ricorso per violazione di legge, avanti alla Corte Suprema di Cassazione. Vero � che una recente pronuncia delle Sezioni Unite (13 luglio 1951, n. 1948, in �Mass. Giur. Ital. �, 1951, col 538). in tema di impugnazione di pronuncie del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche nelle materie di cui all'art. 143 del T. U. del 1933 (cio� relative a interessilegittimi) ha escluso ogni discriminazione tra diritti soggettivi e interessi legittimi ai fini dell'impugnazione ex art. 111 della Costituzione; ma la questione merita di essere approfondita, per le conseguenze cui pu� dar luogo, e la soluzione test� accolta non pu� considerarsi definitiva. Comunque, tale soluzione non incide menomamente s�l problema in esame, in quanto, come si � detto, trattasi di diritti perfetti, tutelabili, in ultimo grado, avanti alla Corte di Cassazione secondo i principi tradizionali. 5. In conclusione: la delicata questione esaminata dal Fragola, se pur poteva dar luogo a taluni dubbi interpretativi circa la competenza del Consiglio diStato,anteriormenteall'entratain vigore della Costituzione, non pu�, oggi, essere altrimenti risolta se non alla stregua della Costituzione mede-sima. Posta, cio�, la natura giurisdizionaledei provvedimenti ministeriali in tema di leva e di dogana, posta la concreta titolarit� nel privato di un diritto soggettivo perfetto nelle materie in questione, non pu� non applicarsi l'art. 111, secondo comma, d�Jla Costituzione, sostituendosi in tal guisa, al controllo meramente estrinseco del Consiglio di Stato sui provvedimenti stessi, ilcontrollo intrinseco -comprendente anche la violazione di legge -della Corte Suprema di Cassazione. M. SAVARESE A. PESENTI: Della natura e della sistemazione giuridica di alcune contribuzioni che nascono da11a disciplina dei prezzi. �Studi parmensi �, 1950. L'interessante studio del prof. Pesenti-ha lo scopo di esaminare la essenza e la natura, dal punto di vista :finanziario e giuridico, di alcune contribuzioni imposte, sotto varia� denominazione, per la perequazione del prezzo di -201 alcune merci o prodotti. Con acuta disamina del fenomeno l'A. spiega come si pervenne all'istituzione delle casse o fondi conguaglio, che ebbero appunto lo scopo di consentire, per alcune merci, la fissazione di un prezzo unitario per tutto il territorio dello Stato ed inferiore al costo delle imprese marginali. Premessa la necessit�. di non privare il mercato nazionale di tutta la quantit�. producibile di un dato bene, al fine di impedire che le imprese, le quali producevano a costi pi� elevati, fossero indotte o costrette a sospendere la produzione, lo Stato, regolatore dei prezzi e del mercato, non aveva che tre vie da seguire; fissare come prezzo massimo quello delle imprese marginali, fissare prezzi diversi per ciascuna provincia, istituire le casse conguaglio. Il primo sistema avrebbe favorito la formazione di extra-profitti di contingenza, peraltro avocabili in parte ai sensi della legislazione vigente; il secondo, possibile soltanto quando la differenza di costo fosse in funzione, esclusiva o quasi, del luogo di produzione, avrebbe costretto cittadini di una provincia a pagare una merce a prezzo molto maggiore degli altri cittadini, il che sarebbe stato iniquo, specialmente se la merce fosse. di natura primaria e tale da influire, col suo prezzo, sul costo degli altri prodotti. Col terzo sistema, che poi � quello maggiormente usato, lo Stato ha fissato il prezzo, unico per tutto il territorio o per vaste zone, in misura intermedia fra i costi marginali, imponendo un contributo a carico delle imprese pi� favorite ed a favore di quelle che producevano a costi maggiori. Le casse conguaglio. sono state espressamente disciplinate dal Decreto ministeriale 20 ottobre 1945 (in Gazzetta U ff�ciale 21 gennaio 1946) dal Decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 15 settembre 1947, n. 896 e, infine, dal Decreto legislativo 26 gennaio 1948, n. 98. Dal punto di vista economico-finanziario l'A. ritiene che tali contribuzioni, sovraprezzi o quote di prezzi siano da considerare tributi. Analogamente aveva ritenuto lo J annaccone per le quote concorso, dovute dagli enti ecclesiastici non soppressi al Fondo per il culto. Per una rigorosa dimostrazione del suo assunto l'A. esamina le varie forme d'intervento dello Stato nel mercato, classificandole, secondo lo scopo, in azioni per mantenere la redditivit�. aziendale, per c�rreggere il rapporto economico tra investimento-risparmio-consumo, per sostenere il mercato diconsumo, per il miglioramento sociale. Queste azioni d'intervento interessano l'attivit�. finanziaria, perch� determinano entrate o uscite, ma nella dotazione iniziale o nei risultati di gestione. Per sopperire alle uscite lo Stato pu� devolvere una parte delle entrate normali oppure costituire nuovi organi o enti. Questa seconda ipotesi si scinde, secondo che lo Stato assegni al nuovo organo o ente una dotazione iniziale o lo autorizzi a procurarsi le entrate necessarie. La prima ipotesi non d� luogo a problemi; la seconda fa sorgere, nel primo caso, quello della violazione dell'art. 39 Regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440 e dei principi generali della unit�. del bilancio e della sottoposizione di tutte le spese ai normali controlli. Nel terzo caso sorge il � sovraprezzo ii (Fondo di soccorso invernale, legge 9 dicetnbre 1949, n. 877). � � �� Ritiene l'A. che non sussista alcun dubbio trattarsi di entrate tributarie, quando soggetto impositore sia lo Stato o un ente pubblico creato dallo Stato. Qualche dubbio potrebbe sussistere nel caso di ente pubblico minore autorizzato a procurarsi le entrate. Secondo l'A. siamo in presenza di un ente pubblico finanziario e, quindi, di un'obbligazione tributaria ogni qual volta l'ente persegua un fine pubblico, abbia ricevuto una investitura statale, che gli deleghi il potere tributario, riscuota contributi. Elemento non necessario per tale qualifica, ma complementare, � la devoluzione allo Stato dei profitti di gestione. Fatte queste premesse, l'A. passa ad esaminare specificamente le contribuzioni (sovraprezzi, quote, ecc.), di cui all'art. 1 Decreto legislativo 26 gennaio 1948, n. 98, e vi riscontra tutti gli estremi del tributo. Le casse conguaglio, infatti, sono costituite per un fine pubblico, sia pure extrafiscale, quale la perequazione del prezzo. Questa, garantendo la funzionalit� della produzione, costituirebbe, altresi, la causa dell'imposizione, la quale viene attuata secondo la. capacit�. contributiva. Sussiste anche l'altro aspetto del rapporto tributario; l'ente impositore, che, nella specie, � lo Stato e la coattivit� dell'imposizione, assicurata con le sanzioni, previste agli articoli 8 e 9, Decreto legislativo 98. In definitiva le contribuzioni o sovraprezzi costituiscono, secondo l'A., imposte extrafiscali a carico del consumatore. Premesso ci� l'A. passa a dimostrare l'illegiti. mit� di tali tributi. Sia per l'art. 30 dello Statuto Albertino, che per l'art. 23 della Costituzione i tributi possono essere imposti soltanto con legge. Deve trattarsi di legge formale, che stabilisca l'imposizione, non essendo sufficiente una legge generica di delega. Questa, d'altra parte, anche ai sensi dell'art. 3 Legge 31 gennaio 1926, n. 100, dovrebbe precisare i limiti della delega. Le contribuzioni in esame sarebbero, perci�, tutte illegittime. L'A., per�, rendendosi conto della gravit� dell'affermazione, si propone di vagliarne l'esattezza alla stregua delle varie norme, ch� hanno regolato la materia nel periodo 1938-1950. Per gli anni dal 1938 al 1940 nessuna norma legittimava le casse di conguaglio, che, pertanto, debbono considerarsi incostituzionali. Con l'entrata in vigore della Legge 21 maggio 1940, sull'organizzazione della nazione in guerra, possono considerarsi legittime le casse conguaglio. create con decreti ministeriali fino al 16 aprile 1946, data di cessazione dello stato di guerra. Da tale data e fino all'entrata in vigore della Costituzione sono l~gittime soltanto le contribuzioni imposte con Decreto legislativo; dopo l'entrata in vigore della Costituzione � necessaria la legge. I due decreti legislativi 15 settembre 1947 e 26 gennaio 1948 .._ 202 non sono idonei ad .attribuire al Governo e tanto meno al C.I.P. la potest� tributaria. Il secondo provvedimento sarebbe, altres�, in violazione del-� l'art. 76 della Costituzione, ove s'intendesse di delega, perch� questa sarebbe indefinita e illimitata. Infine l'.A. passa ad indicare alcune anomalie di contorno, quali l'incertezza dei soggetti d'imposta, attivo e passivo, la circostanza che le esenzioni sono modificate con circolari, l'incertezza sul contenzioso. Lo studio1 che in certi punti � molto suggestivo, non riesce altrettanto convincente. Gli esempi stessi addotti dall'.A. dimostrano che i sovraprezzi in questione non sono tributi, di questi difettando l'essenza. � pacifico, sia nella scienza finanziaria che nella scienza giuridica, amministrativa o tributaria, che il tributo costituisca un'entrata dello Stato o dell'ente pubblico. Prima, perci�, di procedere all'analisi del rapporto � necessario accertare se la prestazione imposta sia a favore dell'ente impositore e se le somme riscosse entrino a far parte del suo patrimonio. Se si verifica un'entrata, potr� discutersi della sua natura ed accertare se si tratti di tributo e, in caso positivo, se sia un'imposta o una tassa. Ma l'elemento pregiudiziale � questo: la prestazione imposta deve costituire un'entrata dell'ente; se ci� non �, ogni ricerca sulla sua natura � vana. Nella specie i sovra prezzi o contribuzioni sono imposte a favore di altre imprese. Le casse conguaglio amministrano o gestiscono le somme versate e in linea teorica dovrebbero chiudere in pareggio, perch� i sovraprezzi imposti a carico delle imprese a costo minore dovrebbero essere pari alle integrazioni a favore delle imprese, che producono a costi superiori al prezzo d'imperio. Dico dovrebbero, � perch� � naturale che il calcolo � fatto in via presuntiva e preventiva e tenendo conto delle spese di gestione. Dire che lo Stato potrebbe imporre un tributo alle imprese, che, producendo a costi inferiori, realizzano un extra-profitto, e concedere sovvenzioni alle altre imprese e che il sistema delle casse conguaglio � sostanzialmente identico, non � rilevante. Da un punto di vista finanziario i due fenomeni potranno anche essere identici, ma giuridicaml:lnte sono diversi. Il diritto � forma ed � al modo di attuarsi di un fenomeno economicofinanziario che il giurista deve aver riguardo. Nel primo caso si avrebbe un'imposta e una sovvenzione, nel secondo si ha l'attuazione di un fenomeno diverso, cpe potrebbe definirsi mutualistico o consortile. Lo Stato, cio�, dispone una comunione parziale degli utili e delle perdite fra i produttori di un medesimo bene e tale comunione o consorzio attua mediante la istituzione della cassa conguaglio, organo statale, che gestisce i sovraprezzi (art. 1 Decreto legislativo 98, 1948). L'importo di questi non entra mai a far parte del patrimonio dello Stato, il quale, a mezzo delle Casse lo amministra. Cura, cio�, la riscossione del sovraprezzo al fine di versarlo alle altre imprese, adealmente consorziate. Nessuna' integrazione a carico del bilancio dello Stato � prevista e le integrazioni- prezzo sono fatte esclusivamente con l'importo dei ,sovraprezzi riscossi. Giuridicamente, ed in parte anche economicamente, il sistema � ben diverso da quello del tributo- sovvenzione. In questo i due rapporti sono indipendenti, anche se il tributo � di scopo. Le somme riscosse entrano nelle casse dello Stato, che pu� destinarle, in tutto o in parte, al pagamento delle sovvenzioni. Ma il rapporto tributario fra lo Stato e il contribuente � del tutto indipendente dall'altro, non tributario, ma concessionale, fra lo Stato e il beneficiario della sovvenzione, che � pagata indipendentemente dalla riscossion� del sovra prezzo-tributo. Nel caso delle casse conguaglio, invece, il rapporto � unitario e la integrazione-prezzo � pagata solo con le somme riscosse a titolo di sovraprezzo e se queste sono riscosse. Le somme stesse non entrano mai, neppure fittiziamente, nelle casse dello Stato, che amministra o fa amministrare le somme stesse nell'interesse esclusivo delle imprese a costo maggiore. Il primo sistema � quello seguito per le quote concorso e per il soccorso invernale. Qui abbiamo il duplice rapporto: tributario e sovvenzionale, ma le congrue e i soccorsi sono pagati direttamente dallo Stato (Fondo culto e Fondo soccorso invernale) indipendentemente dalla riscossione . delle quote concorso e dei sovra prezzi e, in gran� parte, con somme tratte dalle entrate ordinarie (patrimoniali o tributarie). V'� di pi�: nella specie l'.A. prescinde del tutto dalla complessit� del fenomeno. L'imposizione del sovraprezzo non sta a s�, ma � intimamente connessa e, potrei dire, trova la sua causa nella fissazione del prezzo. L'una e l'altra sono contenute nello stesso ed unico provvedime:rito, che � inscindibile. Quell'imposizione trova la sua causa nel prezzo fissato ed �, a sua volta, causa di questo: trattasi di provvedimento complesso e non di provvedimenti indipendenti. Lo Stato autorizza a vendere ad un prezzo superiore a quello prima fissato a condizione che una parte di questo prezzo sia versato ad altre imprese produttrici dello stesso prodotto. Le prime, soggetti dell'autorizzazione e dell'imposizione, noo potrebbero vendere al nuovo prezzo �e non versare il sovraprezzo. Cosi facendo, esse non solo si arricchirebbero illecitamente, ma verrebbero a violare le norme penali della disciplina dei prezzi. Dal dilemma non sembra potersi uscire: o il provvedimento � legittimo e il sovraprezzo, legittimamente riscosso, dev'essere versato, tramite le �casse conguaglio, alle altre imprese; o il provvedimento � illegittimo, unitariamente considerato, e la vendita a quel prezzo, maggiorato del sovraprezzo, � penalmente illecita. La premessa del sistema � la deficienza dell'offerta rispetto alla domanda, per effetto della quale ogni impresa vender� tutto il prodotto. Donde l'assoluta mancanza d'interesse, anche sotto questo profilo, dell'impresa soggetta al sovraprezzo a lamentarsi del provvedimento. N � � legittimato ad agire, per l'eventuale illegittimit� del sopraprezzo, l'utente, che non ha alcun diritto ad acquistare quella merce ad un prezzo piuttosto che ad un altro. Si verifica, cio�, un feno~eno analogo alle imposte di consumo o di IH IH filill Ml dbhll b ,Q L!fai fai i&&k fui li ili 1M �mf& -203 fabbricazione dove soggetto del rapporto tributario non � il consumatore, anche se in definitiva �l'imposta ricada su di lui. Il consumatore o utente non � mai legittimato ad agire contro l'imposizione del tributo. Nella specie in esame non � neppure legittimato il produttore per mancanza d'interesse economico e per l'illiceit� della sua azione, ~he conseguirebbe alla dichiarata illegittimit� del provvedimento. Si noti a tal proposito che il C.I.P., per effetto del Decreto legislativo 19 ottobre 1944, n. 347, non ha solo la potest� di :fissare i prezzi massimi, ma quella di determinare i_ prezzi, :fissandola con �fficacia assolutamente obbligatoria. La giurisprudenza � appunto in questi -sensi. Il Tribunale di Cagliari, con sentenza 26 settembre\30 ottobrel950 (So�iet� anonima Industria Conciaria c . .Alto Commissariato Sardegna), riteneva cc legittimo il contributo imposto sulle pelli esportate, costituendo un modus accessorio all'autorizzazione alla esportazione e non un tributo 1>. Il Tribunale di Catania, con sentenza 5 luglio 1949 (Ferlito-Prefetto), riteneva cc legittimo l'aumento del prezzo della soda ... 11. Precisava, altres�, cbe cc manca ogni interesse dell'acquirente il quale non ha diritto ad acquistare a prezzo diverso da quello :fissato dalla autorit�. n. La Corte di Appello di Milano, con sentenza 16 febbraio-20 aprile 1951, confermando la sentenza 23 marzo-5 maggio 1949 del Tribunale di Milano (Galvani c. .Alto Commissario dell'alimentazione) dichiarava legittimo il contributo imposto sul latte e destinato alla cassa conguaglio latte di Milano. Precisava la Corte che << la speciale destinazione dei contributi porta nettamente ad escludere che essi abbiano carattere tributario ericada. no, perci�, sotto la norma generale, gi� sancita dall'art. 30 dello Statuto ed ora dall'articolo 23 della Costituzione 11 e che <<nell'attuazione di tali compiti (disciplina dei consumi ed approvvigionamenti) rientra il potere di emanare le disposizioni ritenute idonee ad assicurare la costante uniformit� del prezzo dei singoli prodotti e ad evitare le eventuali sperequazioni, derivanti dalla diversit� delle fonti e dei mezzi di produzione del prodotto �. cc Le quote anzidette non incidevano sul prezzo del latte per effetto della ripercussione di un tributo, ma costituivano sostanzialmente e dal punto di vista economico e sotto l'aspetto giuridico un elemento costitutivo del costo� del prodotto 11. Con la predetta sentenza la Corte di Milano si uniformava all'insegnamento della Suprema Corte (sentenza 14 maggio 1947, n. 753), la quale aveva definito arbitraria la qualificazione di tributo della maggiorazione del prezzo dell'olio di oliva, autorizzato in relazione alle spese di ammasso. Di recente le Sezioni Unite (20 dicembre 1950, n. 2792, Soc. S. Erasmo c. Presidenza del Consiglio, in cc Mass. Foro it. �, 1950, pag. 572) hanno avuto occasione di pronunziarsi sulla legittimit� del contributo imposto dal Ministero dell'agricoltura sulle ditte produttrici ed a favor� di enti controllori, decidendo che tale contributo ha natura di rimborso spesa e non di tributo. Pertanto, poteva essere legittimamente imposto con decreto ministeriale. Esclusa la natura tributaria dei sovraprezzi, cade ogni dubbio sulla legittimit� dell'imposizione. Ma i dubbi non sussisterebbero neppure se ai sovraprezzi dovesse riconoscersi natura tributaria. In questo caso potrebbe aderirsi alla tesi del Pesenti nel senso, cio�, della legittimit� costituzionale dei sovraprezzi imp�sti fino alla cessazione dello stato di guerra (15 aprile 1946) e della illegittimit� di quelli imposti successivamente a tale data con provvedimento non legislativo. Questa ultima illegittimit�, per�, � priva di conseguenze giuridiche e frustranea si appalesa ogni distinzione temporale. Il Decreto legislativo 26 gennaio 1948, n. 98, tempestivamente presentato per la conversione in legge, non contiene una delega al potere esecutivo di legiferare in materia tributaria, bens� contiene qualche COE\a di diverso e di pi�: la ratifica di tutti i sovraprezzi, comunque denominati e comunque imposti; Con questo provvedimento, che ha l'efficacia formale della legge e della cui legittimit� costitu~ zionale non pu� dubitarsi, sono stati ratificati tutti i sovraprezzi, comunque imposti, e sanate tutte le casse conguaglio, comunque sorte, con l'unico obbligo di uniformare gli organi di gestione e di revisione a quelli previsti dal Decreto legislativo n. 98. � vano cercare in questo una delega, perch� questa attiene al futuro mentre il Decreto legislativo 26 gennaio 1948, n. 98 guard� al passato, che non � suscettibile di delega, ma di ratifica. Con queste le contribuzioni imposte hanno ricevuto il crisma formale della legge ed i provvedimenti, che le imposero, hanno ricevuto l'efficacia formale di legge. Se alle contribuzioni in esame dovesse riconoscersi il carattere tributario, potrebbe discutersi della legittimit� soltanto relativamente a quelle, imposte per la p'rima volta successivamente al 26 gennaio 1948. Il potere di modificare la contribuzione gi� imposta e legislativamente ratificata �, infatti, conferito al C.I.P. dal Decreto legislativo . 10 maggio 1947, n. 896, e della legittimit�. costituzionale di questo provvedimento non pu� certo dubitarsi. G. GUGLIELMI mm �cwt 1[fil! ;; mm �cwt 1[fil! ;; RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA ACQUE PUBBLICJl,E -Canali demaniali -Derivazioni gratuite -Obbligo di manutenzione -Cessazione. della gratuit� -Effetti. (Trib. Sup. Acque pubbliche - Pres.: Gallo, Est.: D'Apolito, 28 aprile 1951 -Amministrazione Canali Cavour contro Consorzio Grancia di Gazzo). I diritti perpet~i di derivazione e di uso sulle acque dei canali demaniali, costituiti anteriormente al trentennio precedente all'entrata in vigore del regio decreto legge 25 febbraio 1924, n. 456, per effetto dell'art. 7 p. p. cit. regio decreto-legge sono convertiti in diritti precari e temporanei. Gli usi e derivazioni, che si fossero costituiti, in qualunque epo�a, a titolo non oneroso, e quelli, anche a titolo oneroso, che originassero da atti dei cessati Stati anteriori all'unificazione sono assoggettati senz'altra indagine al canone stabilito dall'Amministrazione_. Per i diritti di uso e derivazione costituiti dallo Stato italiano unificato a titolo oneroso o per i quali lo Stato stesso avesse accettato l'affrancazione dei canoni esistenti, l'applicazione del nuovo canone era subordinata alla restituzione, a titolo d'indennit� di esproprio, di quanto l'erario avesse introitato per affrancazione dei canoni o prezzo del di ritto d'acqua. Costituito nel 1855 un diritto di derivazione � perpetu�o e gratuito con l'obbligo per il privato di provvedere alla manutenzione delle opere demaniali .(cavi, edifici, ecc.), esistenti sul fondo e divenuto il diritto stesso temporaneo ed oneroso, per effetto del regio decreto-legge 25 febbraio 1924, n. 456; non resta perci� il privato liberato dal suo obbligo di manutenzione. Le prime due massime sono pacifiche e la sentenza ha il merito di averne precisato la portata, facendone retta applicazione al caso deciso. La terza va ulterio1'mente precisat(J, nel senso, cio�, che il temperamento al principio dell'onerosit� di tutte le utenze, introdotto con l'art. 7 u. p. regio decreto- legge n. 456, si applica soltanto alle conQessioni in atto al .1924, e fino alla scadenza della stessa. Il principio della temporaneit� agisce indipendentemente da quello dell'onerosit�; anche le utenze costituite dallo St.rtto italiano con corrispettivo o per le quali era stato riscosso il capitale di affrancazione debbono considerarsi limitate nel tempo per effetto del primo principio e l'impossibilit� di applicare senz'altro il secondo valeva soltanto per la durata dell'utenza, secondo la nuova legislazione. La quarta massima, di cui non constano precedenti, � di particolare importanza. Il Consorzio non aveva contestato il diritto dell'Amministrazione all'imposizione del canone, ma aveva sostenuta che tale imposizione, eliminando la gratuit� della prestazione di acqua, avesse fatto venir meno il suo obbligo di manutenzione. Con chiara e precisa motivazione l'annotata sentenza ha respinto le tesi del Consorzio, decidendo cio�, che corrispettivo dell'obbligo di manutenzione p�trebbe considerarsi la pre.~tazione dell'acqua non la sua gratuit� e che, pertanto, continuando il Consorzio a ricevere l'acqua, dovesse lo stesso continuare a provvedere alla manutenzione dei cavi e degli edifici demaniali, nonos~ante che l'utenza, per effetto del regio decreto-legge 25 febbraio 1924, n. 456, fosse divenu'ta onerosa. GIURISDIZIONI SPECIALI -Termine per l'impugnativa delle decisioni -Decorre dalla notificazione all'Amministrazione -Costituzione dell'Avvocatura dello Stato -Irrilevanza. (Consiglio di Stato -Adunanza plenaria, 17 dicembre 1951, n. 11 -Prefetto di Agrigento contro Caramazza e Pancano). Il testo dell'art .. 12 del R. decreto legge 30 ottobre 1933, n. 1611, derogando al principio generale fissato� nell'articolo precedente, �per cui le citazioni ed i ricorsi devono essere notificati alle Amministrazioni dello Stato, presso l'Ufficio dell'Avvocatura dello Stato competente, st�bilisce C-he per i giudizi dinanzi alle giurisdizioni amministrative, le notificazioni si fanno direttamente �presso le Amministrazioni. Tale regola non vale solamente per la notificazione dei ricorsi introduttivi ma anche per le notificazioni relative ai procedimenti di appello, ai quali non si applicano le regole dettate dagli articoli 285 e 170, 10 comma, c.p.c., poich� l'art. 12 cit. non distingue l'uno stadio dall'altro, e, in materia di appello aJ Consiglio di Stato, il principio di prccedura da applicare � quello degli articoli 87 Regolamento 17 agosto 1907, n. 642. e 60 Regolamento 17 agosto 1907, n. 643 i quali rinviano per le forme della notificazione delle decisioni, rispettivamente agli articoli 3 e 11, relativi alla notificazione dei ricorsi. La decisione merita qualche riserva. La stessa giurisprudenza del Consiglio di Stato, in tema di proposizion� di appello contro le decisioni. della G.P.A., poco prima di arrivare alla pronuncia della V Sezione, 1� dicembre 1951, n. 1533; ricordata dall'Adunanza plenaria nell'annotata decisione, aveva ritenuto irricevibile l'appello di un Comune, proposto oltre il 30� giorno dala notificazione della decisione della G.P.A. eseguita pr�sso l'av'l}_oca,~o domiciliatario (Sez. V, 8 giugno 1951, n. 520) rioolle-gandosi al precedente indirizzo giurisprudenziale che ha sempre considerata � la grande importanza che agli effetti procedurali ha la elezione di domicilio, mediante la quale la parte manifesta la volont� che -205 in questo siano fatte tutte le notificazioni che la riguardano e, quindi, anche quelle relative alla sentenza e aUa decisione che ordinano istruttorie o pongono fine alla controversia)) (Sez. V, 20 aprile 1928, n. 191, in << Giur. Ital. n, 1929, III, 143). Per pervenire a tale statuizione, era stato ritenuto che il rinvio dell'articolo 60 Regolamento, procedura davanti la G.P.A. (corrispettivo dell'art. 87 Regolamento proced'ura davanti al Consiglio di Stato) in materia di notificazione delle decisioni, alle << forme � stabilite per la notificazione dei ricorsi, fosse limitato << alle modalit� della notifica, ad esempio, consegna della copia del ricorso, relata da farsi in doppio originale ecc., ma non anche al }uogo (residenza, domicilio o dimora della controparte) )) onde si deduceva l'inapplicabilit�, alla notifica delle decisioni, dell'art. 11 Regolamento procedura davanti al Consiglio di Stato. Argomento confermativo si desumeva, poi dalla contrapposizione, nell'art. 60 Regolamento cit. (e cosi nell'art. 87 Regolamento cit. procedura. davanti al Consiglio di Stato) fra le <<forme� delle notificazioni ad istanza di parte e le << forme >> delle notificazioni ad istanza della P.A. con l'evidente corollario che la parola �forma� non potesse significare<< luogo)) di notificazione. Se tutto questo si era detto per le notificq,zioni delle decisioni della G.P.A. a maggior' ragione doveva confermarsi per le notificazioni delle decisioni del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione sicilana, regolate dall'art. 87 Regolamento procedura davanti al Consiglio di Stato; trattandosi di decisioni emesse in giudizi, per i quali � richiesta la assistenza di arvocato (art. 35 T. U. 1924, n. 1054) e per i quali � prevista la notificazione al domicilio eletto, del ricorso incidentale (art. 35 T. U. cit.) argomenti che -in altra fattispecie -avevano suggerito al Cammeo il rilievo che, nei giudizi dinanzi al Consiglio di Stato si dovesse (a rovescio di quanto ritenuto test� dall'adunanza plenaria) <<ricorrere in casi dubbi o quando manchi una norma precisa alle regole del giudizio di cassazione �; che << se dove le regole speciali sono esplicite e complete, non � lecito in-�ocare il Codice di procedura civile per chiarirle o integrarle, nei casi, invece dove le norme speciali difettino o richiedano una interpretazione � necessario e legittimo ricorrere ai principi analoghi del procedimento civile che dal piu al meno contengono i principi scientifici della materia � (nota a Dwisione IV, 13 luglio 1895, in << Giur. It. n, 1895, III, 375). Nella riaffermata unit� della giurisdizione nel vigente ordinamento costituzionale dello Stato sarebbe anacronistico che, dopo un giudizio svoltosi nelle forme del ricorso per cassazione e con l'obbligo di rappresentenza o di assistenza di avvocato iscritto nell'Albo speciale, si possa poi retrocedere, proprio per la notificazione della decisione, ad un tipo di procedimento meramente amministrativo. GUERRA -Occupazione tedesca -Preda bellica Vendita di materiali dello Stato a cittadini italiani Invalidit�. (Corte di Cass., Soz. I, Sent. n. 1551-1951 -Frcs.: Tii:i.contini, Est.: Celentano, P. M.: Criscuoli --Minist< so Difesa-Aeronautica contro Ambriola e Gr.daleta). L'art. 53 della Convenzione dell'Aja, del 1899, consente all'armata occupante di impadronirsi del numerario e dei valori, dei depositi d'armi, dei mezzi di trasporto, magazzini, approvvigionamento e, in genere, d'ogni cosa mobile appartenente allo Stato occupato, ma in quanto possano servire alle operazioni di guerra, non per farne commercio con i cittadini dello Stato occupato. GUERRA -Occupazione alleata -Preda bellica -Vendita di beni dello Stato a cittadini italiani -Validit� (Corte di Ct1.ss., Sez. Unite, Sent. n. 2644-1951 �-Presidente: Pellegrini, Est.: Petrella, P. M.: Maca.luso Salomone contro Ministero Difesa-Esercito). L'art. 53 della Convenzione dell'Aja del 1899 consente all'armata occupante di impadronirsi del numerario, dei valori, dei depositi d'arme, dei mezzi di trasporto, magazzini, approvvigionamenti, e, in genere, d'ogni cosa n:i,obile appartenente allo Stato occupato che sia idonea alle operazioni di guerra. L'armata occupante non solo pu� ritenere i beni di cui si sia appropriata, ma pu� anche trasferirli ad altri, se il trasferimento corrisponde ad esigenze militari. Con la prima sentenza la Corte Suprema ha riconosciuto la invalidit� della vendita ad un cittadino italiano di un autocarro gi� appartenente all'Amministrazione Aeronautica Militare predato dalle armate tedesche occupanti e da esse venduto. Con la seconda sentenza ha ammesso la validit� della vendita ad un cittadino italiano di due muli gi� appartenenti all'Amministrazione Militare italiana, predati dalle armate anglo-americane occupanti la Sicilia (prima dell'armistizio) e da esse venduti. La Corte Suprema ha affermato espressamente, nella seconda sentenza, di voler tener fermo l'insegnamento contenuto nella precedente perspicua ronunciap della la Sezione n. 774/50 in causa Colorni e Fattori contro Ministero Difesa-Esercito (v. in questa <<Rassegna ))' 1950, pag. 108). Peraltro, in questa sentenza, era detto testualmente: << � � � il principio di diritto internazionale formulato nella prima parte dell' articolo 53 della Convenzione dell' Aja, non ha la portata che 'il� ricorrente gli vorrebbe attribuire, nel senso cio� che lo Stato occupante possa appropriarsi di mezzi militari di trasporto, costituenti patrimonio indisponibile dello Stato italiano occupato, non solo ai fini della guerra, in quanto cio� essi siano in funzione di mezzi bellici, ma per farne addirittura commercio con gli stessi cittadini italiani. Di fronte a costoro � sempre in vigore la norma dell'ordinamento giuridico interno per cui essi non possono validamente acquistare beni che fanno parte del patrimonio indisponibile dello Stato e che non possono essere sottratti alla loro destinazione se non nei modi stabiliti dalle leggi che li riguardano (art. 826, comma 2�; 828, comma 20 C. C.)�. E la citata sentenza continuava affermando che un'interpretazione diversa da quella da essa data avrebbe significato << non contemperare le norme dell'ordinanento interno con quelle dell'ordinamento internazionale ... ma far soccombere l'ordinamento interno, anche in materia, alme.r.w di fronte ai cittadini od ai privati, disciplinata da norme attinenti all'ordine pubblico, per dare assoluta prevalenza a quello che, secondo l'interprete, dovrebbe essere l'ordinamento giuridico internazionale, con effetti protraentisi anche dopo cessata l'occupazione ... �. -206 Come possa conciliarsi questo chiaro insegnamento con l'affermazione contenuta nella sentenza riportata sopra (sub II) non riusciamo assolutamente a vedere. La Corte Suprema. ha ritenuto di poter aprire uno spiraglio nel muro granitico innalzato dalla oitata sentenza n. 774/50, facendo rientrare nel concetto di uso per fini bellici anche il trasferimento di beni dello Stato occupato a. cittadini del medesimo, ma ognuno vede che si tratta d'uno spiraglio attraverso il quale potrebbero passare cose ben piu grosse di un mulo. Potrebbe proprio passare quel gravissimo ed assurdo principio, gi� bollato dalla Cassazione stessa nella citata sentenza n. 774/50, secondo il quale l'ordinamento giuridico provvisorio istituito dallo Stato occupante in forza del suo diritto di guerra sopravviverebbe alla fine dell'occupazione subordinando a s� tutto il sistema giuridico dello Stato occupato. Di fronte a questa prospettiva, osiamo pensare che la sentenza delle Sezioni Unite sopra riportata abbia ceduto alle S'uggestioni equitative della fattispecie. IMPIEGO PRIVATO -Competenza -Dipendenti delle Terme di Salsomaggiore. {Corte di Cass., Sez. Unite Sent. n. 1886-51 -Pres.: Ferrara, Rel.: Messina' P. M.: Eula -Min;stero 'Finanze contro Bavagnoli/ Le Terme di Salsomaggiore costituiscono mia delle aziende patrimoniali dello Stato destinate ad un pubblico servizio, con funzione non speculativa, ma eminentemente sociale, che, con decreto legge n. 304 del 1937, vennero raggruppate nella Direzione generale del Demanio, fanente parte del Ministero delle Finanze. N� vale a snaturare la figura di organo dell'Amministrazione, sia pure con una certa autonomia amministrativa e contabile, la circostanza che la gestione dell'azienda � affidata ad un gestore, che pu� non essere scelto tra i funzionari dello Stato. Conseguentemente le c�ntroversie sul rapporto di impiego tra detta azienda ed i suoi impiegati appartengono alla competenza del Consiglio di Stato (art. 29, T. U. 1924, n. 1084) e non vale opporre in contrario la mancanza di una specifica ed organica disciplina del rapporto, regolato sino ad oggi dalle leggi sull'impiego privato. Il Supremo Collegio ha esaminato nella sentenza sopra riportata il problema di una azienda dello Stato in relazione alla competenza per i rapporti di lavoro con i propri dipendenti. Era da ritenersi che in riferimento all'elaborazione dei principi in tema di enti pubblici economici e soprattutto alle argomentazioni portate dalle sentenze pi� recenti, la Cassazione avrebbe dovuto ravvisare un rapporto di lavoro rientrante nella competenza del Giudice ordinario. Invece essa ha accolto il principio opposto con una motivazione ampia, ma a nostro avviso non esauriente e in contrasto con precedenti affermazioni contenute in numerose decisioni. Il rapporto che veniva sottoposto all'esame del Supremo Collegio aveva tre caratteristiche fondamentali: 1� L'attivit� delle Terme (azienda patrimoniale dello Stato) era attivit� organizzata ad impresa ed operante, sia pure con particolari finalit�, nel settore economico. 20 Il rapporto era disciplinato integralmente dalle norme sull'impiego privato e in particolare dalle disposizioni dei contratti collettivi di lavoro. � 30 La sua disciplina non subiva modifiche nel trapasso della gestione dal gestore per conto dello Stato al concessionar�o e vicev�'rsa; ed esso veniva _ assunto non dallo Stato, ma dal gestore. Appariva perci� pienamente e specificamente disciplinata la fatti8pecie dall'art. 2093 c. c., pi� volte richiamato in altre decisioni della Cassazione, e dal principio da esso portato per cui le imprese esercitate da enti pubblici sono soggette, nonostante la natura dell'ente gestore, alla disciplina collettiva e individuale dei rapporti di lavoro privati. Dall'applicazione di tale articolo discendevano logicamente le conseguenze altre volte lumeggiate dal S.C. (v. ad es. Sez. Unite 13 gennaio 1951, n. 78 A. T.A.C. contro Giannelli, in cc Dir. Lav. �, 1951, vol. II, e segg.): e cio� il legame tra l'attivit� dello Ente e la disciplina sostanziale del rapporto con la disciplina processuale: dove c'� attivit� economica e organizzazione a impresa, c'� pariteticit� contrattuale e non supremazia; e' � un rapporto privatistico e non di pubblico impiego. Non avrebbe senso una giurisdizione di organi della giustizia amministrativa per esaminare solo diritti soggettivi portati da contratti stipulati in posizione di parit�, n� un regolamento organico potrebbe escludere l'applicazione del contratto collettivo consentendosi tale esclitsione solo quando ci sia una apposita norma di legge in senso stretto, cio� di legge formale (art. 2068 c. c.). Tali principi che sono il frutto di una lunga e profonda elaborazione giurisprudenziale con intima aderenza alla realt�, e sembravano ormai fermi, ci sembra siano stati obliterati forse per ragioni di fattispecie, dalla sentenza in esame. L'art. 2093 c. c. (per cui le aziende gestite dagli enti pubblici restano per cos� dire come una proiezione degli enti, ma si staccano dalla disciplina propria dei rapporti con questi) �sclude infatti la possibilit� di considerare la disciplina da esso prevista come sussidiaria. Ripetere di fronte a tale articolo che il rinvio alle norme sull'impiego privato non trasforma il rapporto di impiego (come mostrerebbe il precedente della legge del 1924, n. 1825) significa dimenticare che ci� � vero qitando le norme dell'impiego privato siano richiamate in via sussidiaria ad integrare principi di diritto pubblico e in loro subordine, cio� quando si applichi l'art. 2129 c. c., ma non � pi� vero quando si applichi tutta la disciplina, ed essa sola, dell'impiego pri1iato, nel suo corpus compl�to compresa la contrattazione collettiva, come prevede appunto l'art. 2093 c. c. Dire che ripugna al sistema giuridico che l'ordinarnento interno dell'ente pubblico in genere, e dello Stato in ispecie, sia sottoposto all'imperio del diritto privato, � dimenticare che la giurisprudenza del Supremo Collegio ha ormai chiarito come tale repugnanza non sussista per gli enti economici e quindi per le imprese in gestione, a sensi dello art. 2093 e.e., e come anzi poteri di supremazia e "'interessf l�g_ittimi non siano pi� configurabili quando imperi (� disciplina paritaria del contratto collettivo. D'altra parte. la stessa esistenza della azienda (anche se in gestione da parte dello Stato per mezzo della figura del gestore) stava a indicare la separa -207 zione di essa dagli organi della Amministrazione e a porre in luce come appunto si trattasse di gestione di azienda economica unitariamente concepita. � esatto che l'azienda ha anche fini sociali e sanitari, ma la sua stessa natura di azienda patrimoniale dello Stato, e la stessa dipendenza dal Ministero delle finanze, e non dall'Alto Commissariato di Igiene e Sanit�, denota come sia prevalente la finalit� economica a cui � inspirata, appunto per il tramite del gestore, tutta l'attivit� dell'impresa, mentre gli elementi pubblicistici rilevati dalla sentenza restano tali e quali anche quando con il passaggio al concessionario, pacificamente, subentra la competenza del giudice del lavoro, e cio� non si presentano con carattere assorpente. D'altra parte la riprova di ci� si ha facilmente pensando che se lo Stato avesse istituito per la gestione delle Terme un ente pubblico nessuno negherebbe a tale ente la qualifica di ente pubblico economico. E l'esistenza del tramite, che frequentemente vale a trasformare il rapporto da pubblico in privato (v. ad es. i commessi degli ufficiali giudiziari), vale invece a porrein risalto il carattere strumentale dell'azienda concepita unitariamente, che non pu� sussumersi in alcun modo a parte integrante dell'Amministrazione statale perch� resta fuori della organizzazione interna di questa. In sostanza la critica ch� ci sembra debba farsi alla sentenza annotata � soprattutto di aver dimenti cata l'esistenza dell'art. 2093 c. c., il quale disciplina appunto le imprese esercitate o gestite dagli Enti pubblici e dallo Stato, e di aver voluto isolare la posizione processuale da quella della disciplina sostanziale del rapporto facendo prevalere la natura dell'Ente per cui conto avviene la gestione sulla disviplina privatistica piena ed integrale data al rapporto stesso, anche per quanto attiene assunzioni e licenziamenti. Con ci� la Corte Suprema ha segnato, riteniamo momentaneamente, una battuta di arresto nella sua giurisprudenza ormai decisa e costante, in tema di rapporti di lavoro e di impiego con enti pubblici che svolgono attivit� economica. Per questi motivi vogliamo auspicare che la Corte Suprema riesliwiini questo indirizzo per effetto del quale quando la gestione avvenga per conto dello Stato il rapporto, che pur non muta la sua disciplina sostanziale, viene giudicato dagli organi della Giustizia amministrativa, e quando avvenga a mezzo del concessionario viene sottoposto al Giudice ordinario; cos� un rapporto disciplinato dalle norme esclusive dello impiego privato e dai contratti collettivi, viene, a momenti, attratto nell'orbita del giudice amministrativo, che � quindi chiamato a giudicare non pi� di rapporti complessi, in cui si intrecciano interessi legittimi (prevalenti) e diritti soggettivi, (accessori), ma di meri rapporti di diritto soggettivo. ORIENTAMENTI GIU.RISPRUDENZIALI DELLE CORTI DI NIERI11 0 COMPETENZA -Rivendica di beni immateriali (titolo e avviamento di giornale) contro l'Amministra� zione dello Stato -Forum rei sitae -Localizzabilit� del titolo e dell'avviamento (art. 100 legge 22 apri� le 1951, n. 633; art. 25 c. p. c.). (Trib. di Roma, 26 luglio-31 ottobre 1951 -Pres. ed Est.: Boccia, Pappalardo -Presidenza Consiglio dei Ministri -Societ� Editrice Siciliana). Quantunque con intensit� e in maniera qualitativamente diversa per via della speciale natura delle res incorporales, anche i diritti esclusivi ed assoluti, che su di esse insistono e si atteggiano come diritti di propriet� molto simili a quello di signoria piena, sono tutelati dall'ordinamento con azioni di natura reale, classificabili fra le reivindicatorie, come quelle �che tendono, con efficacia appunto reale, ad accertare e ricondurre nella sfera del patrimonio degli aventi diritto con esclusione di ogni altro, la piena disponibilit� e il godimento delle res dedotte in giudizio. Le azioni anzidette contro lAmministrazione dello Stato debbono, pertanto, proporsi secondo il criterio di competenza del forum rei sitae; n� sussiste impossibilit� di localizzare nello spazio il titolo di giornale e l'avviamento, per la loro natura incorporale, poich� la localizzazione del titolo pu� e deve essere fatta con riferimento al luogo ove il titolo in questione fu ed � usato (arg. dagl(articoli 100 legge 22 aprile.1941, n. 636 e 1 legge 8 febbraio 1948, n. 47), e la localizzazione dell'avviamento scaturisce dalla sua natura di elemento dell'azienda, s� che non possa esistere in luogo diverso da quello dove l'azienda opera donde si irradia la sua attivit�. Fattispecie inconsueta per il contenzioso dello Stato, una contestazione giudiziale in ordine alla apparenza di diritti d'autore o diritti connessi; meno rara, e per�, moralmente delicata la controversia relativa all'appartenenza, allo Stato, di un avviamento aziendale; l'una e l'altra questione, sorte, in funzione della determinazione del foro competente . . ' ai sensi dell'art. 25 c.p.c., e per� necessariamente, ricondotte alla ricerca della natura giuridica di quei diritti. La sentenza, estesa con sobriet� e dogmatica precisione, suggerisce, dunque, talune considerazioni. 1� Il titolo di un giornale o Cli un periodico � rubricato fra i << diritti connessi � al diritto di autore (art. 100 legge 22 aprile 1941, n. 633), diritto reale su cose immateriali o diritto sui generis ancorati per� l'uno e l'altro -non solo ad una concrei~ Manifestazione deil'uso del titolo, individuabile nella pubblicazione e diffusione del giornale; -ma, so prattutto, al peculiare ca.rattere del titolo a.i giornale onde esso si pone come elemento concorrente di im'organizzazione, a se stante, che viene denominata. � testata � ossia come elemento centrale dell'azienda giornali,tica o eaitoriale. � nota la disputa agitata intorno alla natura giuridica del diritto di autore, individuata da taluni com!) diritto personale (anzi personalissimo rispetto ai c. d. diritti personali di credito), in vista della attivit� creativa psichica o intellettuale; da altri come diritto reale; da altri ancora quale diritto sui generis (cfr. per una larga discussione, DE RutiGIERO: Istituzioni di diritto civile, .Jl!Iessina, 1937, val. I, pag. 211; PIOLA CASELLI: Diritto di autore, Torino, 1927, pag. 22-61; Codice del diritto d'autore, Torino, 1943, pag. 190-201). Pi� attualistica �, peraltro, divenuta la controversia circa la natura giuridica della protezione accordata al << titolo dell'opera �. Il titolo dell'opera era disciplinato, nella abrogata �legge sul diritto di autore (decreto-legge 7 novembre 19?.5, n. 1950, conversione in legge generale 18 marzo 1926, n. 1562), dall'art. 3, che cos� statuiva: <<Il diritto d'autore si estende al titolo dell'opera quando non sia un titolo generico >>. La dottrina italiana, nel regime della legge del 1925, non era concorde sulla natura del diritto al titolo, sostenendo alcuni. che la difesa del titolo specifico fosse difesa di un elemento dell'opera, considerato esso stesso come opera tutelabile; sostenendo altri, che la tutela del titolo, anche se speci"/�co, dovesse trovare la sua ragione essenzialmente nella funzione individuatrice dell'opera, nei riguardi della quale il titolo adempie funzioni analoghe a quelle del marchio e del segno distintivo in genere, nei confronti del prodotto industriale. Questa seconda tesi veniva seguita dalla giurisprudenza, nonostante qualche incertezza al riguardo (Gass. civ. 22 febbraio 1939, <<Il diritto d'autore �, 1939, pag. 204, pel titolo Almanacco della donna italiana; Gass. civ. 26 giugno 1982, <<Il diritto d'autore�, 1932, n. 307, pel titolo Pinocchio; Gass. civ. 12 marzo 1937, <<Il diritto d'autore>> 1937, pag. 842, pel titolo Il medico in casa; App. Milano 22 dicembre 1.936, <<Il diritto d'autore�, 1937, pag. 496, per titol� del film L'Occidente d'oro. La vigente legge 22 aprile 1941, n. 633, ha codificato la dottrina e la prassi dominanti s"ulla interpretazione della legge del 1925, non disciplinando -essa la tutela del titolo fra le disposizioni sul diritto di autore, in senso stretto, ma fra quelle sui cosidetti << diritti connessi � in quanto << il diritto al titolo non ha la stessa natura del diritto d'autore, rna di quei