ANNO VI -N. 3 


RASSEGNA MENSILE 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


PUBBLICAZIONE DI SERVIZIO 

SOMMARIO 


I. 
ARTIOOLI ORIGINALI 
In tema di invenzioni degli impiegati dello Stato, dell'avv. L. TRACANNA, 
p. 
41-51. 
II.. NOTE DI DOTTRINA 

1) 
M. S. GIANNINI: La Repubblica Bociale italiana riBpetto allo Stato 
italiano, recensione critica, p. 52. 

2) GIUSEPPE GREOo: Ingiunzione fiscale e rilievi in ordine alla vidimazione 
del Pretore con riferimento alla interruzione della preBcrizione, recensione 
critica dell'avv. D. D'AVANZO, p. 52-54. 

3) 
ASTER ROTONDI: Le parti nel proceBso tributario -Contributo allo 
studio dell'onere della prova, recensione critica dell'avv. G. DEL GREOO, 

p. 54-58. 
4) M. GRISOLIA: La tutela delle cose d'arte, recensione �ritica, p. 58-59. 
III. RAOOOLTA DI GIUR.lSPRUDENZA 
' 

1) Avvocati e pro.curatori -Avvocatura dello Stato -Difesa facoltativa 
di enti pubblici -Non necessit� di mandato -Poteri, p. 60. 
2) Competenza e giurisdizione -Danni di guerra -Persona giuridica 
organo dello Stato, p. 60-63. 

3) 
Guerra -Perdita dei beni in Tunisia (D. L. 6 aprile 1948, n. 521 Commissione 
istituita ai sensi dell'art. 5 del detto decreto -Ha carattere 
amministrativo e non giurisdizionale, p. 63-64. 

4) Riscossione delle entrate patrimoniali -Procedimento di natura esecutiva-
Opposizione ad ingiunzione-Competenza per territorio, p. 64-65. 
5) Stranieri-Permesso di soggiorno -Revocabilit� -Motivazione, p. 65-67. 

6) 
Trasporto -Avarie e danni -Trasporto ferroviario -Liquidazione 
delle indennit� di perdita e di av�rie -Debito pecuniario -Rivalutazione 
monetaria -Inammissibilit�, p. 67. 

IV. 
ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI DELLE OORT! DI 
MERITO 
1) 
Competenza e giurisdizione -ENPAS -Controversia per il rimborso 
di spese per cure mediche tra il dipendente statale e l'Ente -Discrezionalit� 
dell'Ente nell'accertamento -Incompetenza della giurisdizione 
ordinaria, p. 68-69. 

2) 
Contratti agrari -Accertamento del diritto di proroga legale -Tacita 
riconduzione -Competenza sezione speciali7.zata -Disdetta, p. 69-70. 

V. 
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE, p. 71-72. 
VI. 
INDIOE SISTEMATIOO DELLE OONSULTAZIONI, p. 73-76, 
_j 



.ANNO VI -N. 3 MARZO 1953 


RASS.EGNA MENSILE 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


PUBBLICJA.ZIONE DI SERVIZIO 


IN TEMA DI INVENZIONI DEGLI IMPIEGATI DELLO STATO 


(A proposito di una recente sentenza della Corte di Cas~azione) 

Della particolare materia delle invenzioni dei 
dipendenti dello Stato (nel caso concreto, di un 
ufficiale superiore del Genio aeronautico addetto, 
con funzioni direttive, alla Direzione sup�riore degli 
Studi ed Esperienze dell'Aeronautica militare) la 
Corte di Cassazione a Sezioni Unite, in sede di 
regolamento di giurisdizione proposto dall'Amministrazione 
(sent. n. 1412 del 16 maggio 1952 in 
causa Scelzo contro Ministero Difesa .Aeronautica), 
� tornata ad occuparsi a distanza di oltre un ventennio 
dalle precedenti pronuncie (sent. 29 maggio 
1928 in causa Bettica, �Foro It. �, 1928, I, 981 e 
Relazione dell'Avvocatura dello Stato 1926-29, 

p. 229 segg. ), e, quel che pi� importa, per la prima 
volta dopo l'entrata in vigore del Decreto 29 giugno 
1939, n. 1127. 
La sentenza, per quanto abbia finora suscitato 
commenti favorevoli (cfr. RIBOLZI, in �Foro Padano 
�, novembre 1952, fascicolo 11, col. 1175; 
SORDELLI: ibidem col. 1179; FORMIGGINI, in (( Rivista 
di Diritto industriale �, 1952, parte II, pagine 
121 segg.) non ci ha lasciato convinti, sia per 
ci� che si riferisce alla soluzione delle questioni di 
giurisdizione concretamente proposte mediante il 
regolamento, sia per quanto attiene alla interpretazione 
che dell'art. 23 della vigente legge sui 
brevetti la Suprema Corte ha ritenuto di dare. 

* * * 

I principi affermati dalla Cassazione con la suindicata 
sentenza sono, in sintesi, i seguenti: 

1� In base al noto criterio discriminatore della 
competenza dell' .Autorit� giudiziaria da quella 
della giurisdizione amministrativa, sussiste la competenza 
della prima a conoscere di una controversia 
relativa alla determinazione della indennit� 
di espropriazione di brevetti industriali ai sensi 
degli articoli 60 e segg. del Decreto 29 giugno 1939, 

n. 1127, e ci� anche dopo che gli originari decreti 
di esproprio siano stati revocati con effetto ex 
tunc in quanto aventi ad oggetto brevetti gi� di 
spettanza dell' .Amministrazione militare. 
2� Le controversie nascenti in sede di interpretazione 
dell'art. 23 del Decreto 29 giugno 1939, 

n. 1127, in materia di invenzioni realizzate in 
costanza di rapporto di pubblico impiego, sono 
devolute alla competenza dell'Autorit� giudiziaria 
ordinaria e non del Consiglio di Stato in sede di 
giurisdizione esclusiva. 

3� Nel rapporto costituito ai sensi e per gli 
effetti di cui all'art. 23 del decreto 29 giugno 
1939 n. 1127 tra datore di lavoro ed inventore, la 
attivit� di invenzione non pu� essere considerata 
quale mera esplicazione di lavoro manuale od intellettuale, 
non potendosi prescindere dall'attivit� 
inventiva e dalla qualit� d'inventore che, quanto 
al riconoscimento del diritto di paternit� prevale 
su quella di prestatore di lavoro: �, quindi, da 
escludere che l'invenzione in parola trovi la sua 
causa nel contratto di lavoro o di impiego, bens� 
in esso unicamente l'occasione. 

4� Perch� possa verificarsi l'attribuzione al datore 
di lavoro dei diritti patrimoniali derivanti 
dall'invenzione, ai sensi dell'art. 23 del decreto 
29 giugno 1939, n. 1127, � necessario che nel contratto 
tra datore di lavoro ed inventore il corrispettivo 
pattuito sia in diretta correlazione con 
l'invenzione. 

* * * 

Cominciamo ad esaminare le varie questioni 
che la Suprema Corte era stata chiamata a decidere. 

Veniva proposta, anzitutto, una tipica e pura 
questione di giurisdizione, anche se insorta in una 
specie di fatto alquanto complessa. 

Si trattava, in breve, di questo. 

Nel periodo che va dal 1928 al 1938 un ufficiale 
del Genio aeronautico in s.p.e., preposto ratione 
off�cii all!l> Direzione degli studi ed esperienze in materia 
di armamento aeronautico era pervenuto a 
richiedere a proprio nome (servendosi della collaborazione 
dei tecnici e del materiale dell'.Amministrazione) 
il brevetto per numerosi congegni, 
tutti attinenti alla specifica materia dell' armame.nto 
aereo. I diritti inerenti a sette di queste doma:tide 
furono dall' .Amministrazione aeronautica formalmente 
espropriati, nell'interesse della difesa militare, 
ed immediatamente sottoposti ar vincolo 
del segreto, nel 1930-32, senza che fosse stato mal 
proceduto alla determinazione della indennit� (riservata 
ad un successivo provvedimento) e senza 
che questa (strano caso!) fosse stata mai chiesta 
dall'interessato, mediante l'esperimento dell'ap



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posito giudizio arbitrale: alla vigilia della seconda 
guerra mondiale (6 e 7 giugno 1940) i brevetti in 
questione erano stati svincolati dal segreto e rilasciati, 
non ravvisandosi in essi alcuna importanza 
per l'Amministrazione militare. 

L'interessato, convenendo in giudizio nel 1948 
l'Amministrazione innanzi al Tribunale di Roma, 
aveva espressamente e testualmente chiesto, in 
ordine ai sette brevetti espropriati (c'erano aitri 
undici brevetti sottoposti semplicemente a segreto, 
per i quali si chiedevano soltanto i danni in conseguenza 
della segretazione che si assumeva arbitraria), 
la indennit� di espropriazione: tanto che la 
difesa dell'Amministrazione aveva, fin dalla comparsa 
di risposta, eccepito che questa determinazione 
doveva competere, ai senzi dell'art. 63 della 
legge speciale, all'apposito collegio arbitrale avente 
carattere di giurisdizione speciale. 

Avvenne che, nelle more del giudizio, con altret


tanti decreti del Capo dello Stato, fu provveduto a 

revocare con effetto ex tunc (rectius ad annullare) i 

sette decreti di esproprio, con la espressa motiva


zione che essi erano mancanti di causa e di oggetto 

in quanto cadenti su cose (i diritti patrimoniali 

derivanti dalla invenzione) che, per il particolare 

rapporto tra inventore ed Amministrazione ai sensi 

dell'art. 23 del decreto 29 giugno 1939, n. 1127, 

dovevano ritenersi, ab initio, di pertinenza della 

Amministrazione stessa. 

Esibiti in giudizio questi provvedimenti di revoca, 
l'Amministrazione chiese che venisse dichiarato 
il difetto di giurisdizione del Tribunale in base 
agli articoli 2 e 4 della legge 20 marzo 1865 all. E: 
l'attore si limit� a contestare la legittimit� dell'acquisizione 
ed insistette per il suo originario petitum 
(la indennit� di espropriazione) con l'aggiunta che i 
. decreti stessi fossero dichiarati inesistenti e di nessun 
effetto; ad ogni buon conto l'attore stesso ritenne, 
altresi, di cautelarsi proponendo impugnativa giurisdizionale 
dei decreti innanzi al Consiglio di Stato. 

La insorta questione di giurisdizione venne decisa 

dal Tribunale in senso sfavorevole alla tesi sostenuta 

dall'Amministrazione con la motivazione seguente: 

ǥ� .-l'attore in questa sede ha chiesto la tutela del 

suo diritto all'indennit� avverso i decreti della Pub


blica Amministrazione che avrebbero posto illegitti


mamente nel nulla le espropriazioni gi� da tempo 

eseguite, senza affatto chiedere l'annullamento di 

tali decreti di revoca �. 

L'accenno alla esecuzione delle espropriazioni 

era, del tutto inesatto, in quanto l'Amministrazione 

non ebbe mai ad utilizzare le invenzioni in que


stione; parimenti inesatta in linea di fatto era l'affer


mazione secondo cui l'attore non aveva chiesto 

l'annullamento dei decreti di revoca: che, anzi, 

come si � detto, ne aveva, addirittura, chiesta la 

declaratoria di inesistenza. 

: Riproposta la questione, col regolamento di 

giurisdizione, alla Suprema Corte, questa ha rite


nuto la giurisdizione dell'Autorit� giudiziaria ordi


naria, per la considerazione che i decreti di esproprio 

non erano stati revocati per motivi di opportunit� 

o di convenienza, bensi �per una ragione di diritto 
e specificamente per la pretesa di essere l'Amministrazione 
proprietaria dei diritti di brevetto in forza 
dell'art. 23 del R. 1), ~9 giugno 1939, n. 1127 �. 
Ora, questa soluzione �� luogo, come si diceva 
in principio, a non poche perplessit�. 
Anzitutto, in base al criterio fondamentale sancito 
negli articoli 2 e 4 della legge 20 marzo 1865, 

n. 2248 all. E, presupposto, per l'esercizio della 
giurisdizione ordinaria nelle controversie tra privati 
e la Pubblica Amministrazione � che i primi facciano 
valere in giudizio un diritto subiettivo perfetto. Nel 
caso in esame, questo diritto subiettivo non poteva 
certamente riscontrarsi nel diritto (patrimoniale) 
sull'invenzione, essendo questo gi� stato affievolito 
e, quindi, ridotto ad interesse legittimo dall'esercizio 
concreto della pubblica potest� di espropriazione: 
del diritto personale dell'autore della invenzione 
ad avere il proprio nome riconosciuto ed inserito 
nel brevetto (quel diritto che la sentenza, con discutibile 
terminologia, chiama �diritto morale�) non 
poteva essere questione, sotto il profilo che a noi 
qui interessa, non essendo questo diritto toccato 
dalla espropriazione che si riferiva unicamente ai 
�diritti di privativa industriale inerenti alle domande 
di brevetto �, cio� esclu~ivamente ai diritti 
patrimoniali. 
N�, a giustificare la giurisdizione dell'Autorit� 
giudiziaria ordinaria, si poteva parlare, nel caso. 
concreto, di una definitiva acquisizione d(jl diritto 
alla indennit� di espropriazione; ci� per la fondamentale 
ragione, gi� intravista dal Tribunale, che 
in tanto pu� concepirsi sorto un diritto subbiettivo 
all'indennit� in conseguenza di una espropriazione, 
in quanto questa sia in s� legittima, specie per 
quanto attiene alla causa propria dell'atto espropriativo 
(pubblico interesse a procurarsi la propriet� 

o la disponibilit� di una cosa o di un diritto) ed 
all'oggetto della espropriazione stessa (cio� la cosa 
od il diritto necessari al conseguimento del fine 
pubblico e spettanti ad un soggetto diverso dalla 
Amministrazione): che se, invece, l'atto amministrativo 
di espropriazione risulti viziato di illegittimit� 
nei suoi presupposti, nella sua causa o nel suo 
obbietto, non si attua legittimamente quella conversione 
del bene espropriato nel diritto alla indennit� 
che costituisce la caratteristica conseguenza della 
espropriazione stessa. N � un diritto alla indennit� 
pu� concepirsi a s�, cio� completamente avulso ed 
indipendente dalla validit� dell'atto amministrativo 
a carattere negoziale (negozio di diritto pubblico) 
che sta alla base del procedimento espropriativo. 
Com'� noto, la Pubblica Amministrazione, nello 

esercizio del suo potere di autoimpugnativa o di 

autotutela, pu� provvedere direttamente a rimuo


vere le cause che invalidl1no i suoi atti, procedendo 

all'annullamento d'ufficio, con effetti ex tunc, di 

questi, e ci� senza incontrare normalmente alcun 

limite nei diritti od interessi spettanti ad altri 

soggetti, perch� da atti illegittimi od invalidi non 

pu� sorgere alcun diritto o tutela giuridica. 

Il potere di annullamento si concreta e si attua, 

a sua volta, in un atto amministrativo discrezionale, 

in quanto l'Amministrazione, anche se riconosca 

l'illegittimit� di un suo provvedimento, pu� aste


nersi dall'annullarlo per ragioni di equit�J� o ili con


venienza, per non turbare situazioni consolidate 

nel tempo, ecc. 

Discende da questi principi la logica e necessaria 
conseguenza che, allorquando da parte della 


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Amministrazione si provveda all'annullamento di 
ufficio, come nella specie, di un decreto di espropriazione, 
non possa l'Autorit� giudiziaria ritenersi 
competente, sotto nessun profilo, a decidere sulla 
indennit�. Ci� che non potrebbe fare se non a condizione 
e sul presupposto di considerare ancor valido 
il decreto di esproprio; quindi ripristinando, in 
aperta violazione dell'art. 4 della legge 20 marzo 
1865 all. E, la situazione che � stata, invece, rimossa 
dall'atto di annullamento. 

La Corte di Cassazione, alla quale era stato 
denunciato il vizio della sentenza del Tribunale per 
questa parte, ha ritenuto di confermare la sentenza 
per la considerazione principale che non si trattasse, 
nella specie, di revoca per motivi di opportunit�, 
bens� di revoca per una ragione di diritto e specificamente 
per la pretesa di essere essa .Amministrazione 
proprietaria dei diritti di brevetto in forza dell'art. 23 
del decreto 29 giugno 1939, n. 1127, e che, comunque, 
il �petitum � si concretasse sostanzialmente in un 
risarcime.nto danni. 

Quest'ultima considerazione non era, come si � 
detto, giustificata dagli atti di causa, dai quali, 
specie dal verbale delle conclusioni definitive, 
risulta che l'attore, di fronte all'acquisizione dei 
provvedimenti amministrativi di revoca non chiese 
il risarcimento del danno, ma si limit� a confermare 
il suo p1 titum originario concernente la indennit� 
di espropriazione. Ma neanche l'affermazione basata 
sulla causa o motivo non discrezionale della revoca 
(rectius annullamento) pu� valere, a nostro avviso, 
a far ritenere la giurisdizione ordinaria nelle fattispecie 
come quella in esame; sia perch� l'annullamento 
d'ufficio degli atti illegittimi non costituisce 
per la Pubblica Amministrazione un atto vincolato 
od obbligatorio, bens� un atto discrezionale avverso 
il quale pu� proporsi, come nella specie era stato 
proposto, ricorso giurisdizionale al Consiglio di 
Stato; sia perch�, dato questo carattere discrezionale 
dell'atto amministrativo, la ricerca della causa 

o motivo dell'annullamento sembra del tutto ininfluente 
ai fini della soluzione della questione di 
giurisdizione. 
Sar� innanzi alla competente sede giurisdizionale 
amministrativa che si disputer� se l'atto amministrativo 
di annullamento sia da considerare o meno 
legittimo in relazione ai diritti ed interessi del soggetto 
o dei soggetti che all'atto stesso sono interessati: 
ma, fino a quando quell'atto amministrativo 
non venga annullato in quella sede, � evidente 
che il Giudice ordinario non pu� disconoscerne 
l'esistenza ed il peculiare attributo della esecutoriet� 
(non sospesa, nella specie, da alcuna pronuncia 
del Consiglio di Stato), senza violare i prinmp1 
fondamentali stabiliti negli� articoli 2 e 4 della 
legge 20 marzo 1865, n. 2248 all. E. 

* * * 

Col ricorso per regolamento di giurisdizione la 
difesa dell'Amministrazione aveva, in secondo 
luogo, sostenuto il difetto di giurisdizione dell' .Autorit� 
giudiziaria, ai sensi degli articoli 29 e 30 del 

T. U. delle leggi sul Consiglio di Stato, a conoscere 
delle questioni nascenti dall'applicazione dell'articolo 
23 del decreto 29 giugno 1939 n. 1127, in 
dipendenza di invenzioni realizzate da impiegati 
dello Stato nelle particolari condizioni ipotizzate, 
appunto, da questo articolo. 

Con la soluzione sopra ricordata ai [nn. 2 e 3 (le 
due soluzioni devono essere consi.derate congiuntamente, 
in quanto si riferiscono allo stesso iter 
logico e giuridico) in sostanza le Sezioni Unite, 
richiamandosi alla loro precedente giurisprudenza 
circa la determinazione dei limiti della giurisdizione 
esclusiva del Consiglio di Stato ai sensi degli articoli 
29 e 30. del R. D. 26 giugno 1924, n. 1054, 
hanno affermato ilprincipio che, nella materia delle 
invenzioni compiute dai dipendenti di Pubbliche 
Amministrazioni anche nei casi ipotizzati dall'articolo 
23 del decreto 29 giugno 1939 n. 1127 sulle 
privative industriali (attivit� inventiva prevista 
come oggetto del rapporto), la pretesa di carattere 
patrimoniale trova nei rapporto di impiego non il 
titolo o causa, bens� solo l'occasione del suo sorgere. 
Per arrivare a questa conclusione la sentenza si 
serve della considerazione della speciale disciplina 
legislativa del diritto di brevetto ed, in particolare, 
della tutela del diritto (personalissimo) dell'autore 
dell'invenzione, elemento, quest'ultimo, che, anche 
nelle c. d. �invenzioni di servizio � (Diensterfindungen) 
prevalendo, quanto al riconoscimento della 
paternit� dell'invenzione, sulla prestazione di lavoro, 
impedirebbe di considerare l'attivlt� spesa in esecuzione 
del rapporto di impiego e di lavoro quale 
semplice prestazione di lavoro, sia pure intellettuale: 
in una parola, la invenzione del dipendente 
privato o del pubblico impiegato, anche se realizzata 
in esecuzione o nell'adempimento di un contratto 
o di un rapporto di lavoro o di impiego iii 
cui l'attivit� inventiva � prevista come oggetto 
del contratto o del rapporto (caso previsto dall'articolo 
23 del Decreto 29 giugno 1939 n. 1127) non 
farebbe mai parte del contenuto del rapporto di 
impiego o di lavoro, e, quindi, non potrebbe mai 
essere considerata in funzione di quest'ultimo, ma 
esclusivamente come legato ad esso da una relazione 
soltanto occasionale. 

La sentenza non si nasconde la difficolt� che una 
soluzione di tale genere incontra di fronte al chiaro 
disposto dell'art. 23 della vigente legge sui brevetti 
per invenzioni industriali (R. D. 29 giugno 1939 

n. 1127-) che, ipotizzando (( la invenzione fatta nella 
esecuzione o nell'adempimento di un contratto o di 
un rapporto di lavoro o di impiego in cui l'attivit� 
inventiva � prevista come oggetto del contratto o del 
rapporto �, contempla chiaramente l'attivit� di 
invenzione come facente parte del contenuto del 
rapporto di lavoro o di impiego: tuttavia, la sentenza 
ritiene di poter superare la difficolt� costituita 
dall'esplicito testo legislativo, per la considerazione 
dello speciale diritto �morale � spettante 
all'autore della invenzione, diritto che farebbe s� 
che l'attivit� inventiva non possa mai essere considerata 
quale facente parte del contenuto di un rapporto 
d'impiego o di lavoro e, quindi, l'invenzione 
non possa m(),i essere considerata in funzione � di 
quel rapporto, sebbene soltanto legata ad esso da 
un vincolo meramente occasionale. 
Arrivati a questo punto, com'� facile vedere, 
l'importanza della questione trascende l'aspetto 
formale-procedurale circa l'Autorit� gimisdizionale 


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-44


:competente a decidere� le relative controversie 
(Consiglio di Stato -Autorit� giudiziaria ordinaria), 
per toccare direttamente tutta la sostanziale 
disciplina che la nostra legge sui brevetti industriali 
.d� alle invenzioni di dipendenti (siano essi pubblici 

o privati). 
E, se l'importanza della questione di giurisdizione 
in concreto sottoposta all'esame della Suprema 
Corte e decisa con l'annotata sentenza era per 
-1'Amministrazione dello Stato veramente di mas-� 
sima, .ancor pi� generale si presenta il problema 
che c�ncerne il dubbio se la sentenza stessa abbia 
rettamente interpretato le disposizioni degli articoli 
23 e 24 del R. D. 29 giugno 1939 n. 1127, o se, 
invece, pur partendo da un apprezzabilissimo concetto 
circa la autonomia e la individualit� della 
idea inventiva e della sua realizzazione (l'invenzione), 
abbia finito col superare la positiva regolamentazione 
dettata dal legislatore per la particolare 
materia in esame: superamento che nessun interprete, 
per alto che sia, pu� compiere, in base ai 
ben noti principi fondamentali del nostro ordinamento 
giuridico. 

* * * 

Qual'�, dunque, il preciso signifi,cato degli articoli 
23 e 24 della vigente legge sui brevetti ~ 

Questi articoli riproducono quasi ad litteram gli 
articoli 22 e 23 del Decreto di riforma delle privative 
-industriali 13 settembre 1934, n. 1602, decreto 
che, �om'� noto, non � entrato mai in vigore ed � 
servito di base al legislatore nel 1939 (R. D. L. 
24 febbraio 1939, n. 317) per disporre una nuova 
organica disciplina della materia, attuata, appunto, 
con il Decreto 29 giugno 1939, n. 1127. 

Orbene, nell'art. 22 della legge del 1934 (art. 23 
della vigente legge del 1939) il legislatore ha contemplato 
un'unica categoria di invenzioni dei 
dipendenti pubblici o privati: quella categoria che, 
con terminologia desunta dalla dottrina germanica, 
si suole designare col nome di invenzioni di 
servizio (Diensterfindungen) (1). Nell'art. 23 della 
legge del 1934 (art. 24 della legge attui;tle) sono, 

1) La categoria delle invenzioni di servizio � stata positivamente 
considerata -anche se con regolamentazioni 
diverse -nelle varie leggi in materia di brevetti 
dei Paesi europei ed extra europei. 

Cosi, per la legge austriaca del 2 luglio 1925 (parag. 5-b, 
3� comma) �si considera come invenzione di servizio 
l'invenzione di un prestatore d'opera quando essa, per 
il suo oggetto, rientri nel campo di attivit� dell'impresa 
presso .la quale l'inventore presta servizio, e quando: 

a) l'attivit� che ha condotto all'invenzione fa parte delle 
mansioni" del prestatore d'opera; b) il prestatore d'opera 
ha avuto impulso all'invenzione dall'attivit� che egli 
esplica nell'azienda del principale; e) il risultato inventivo 
� stato sostanzfalmente facilitato dall'uso delle 
esperienze o dei mezzi della impresa '" . . . 

In queste leggi si trovano, talvolta, disciplinate con 
norme speciali le invenzioni dei dipendenti pubblici. 
Cosi la citata legge a\lstriaca (parag. 5-b, 2� comma) 
stabilisce che �se il rapporto di impiego � di diritto pubblico, 
il datore di lavoro, senza bisogno di contratto col 
prestatore d'opera, pu� pretendere l'invenzione in propriet� 
o in uso"� 

La legge danese fa divieto �l funzionario dello Stato 
in servizio, o che abbia lasciato il servizio da. meno di 
tre anni, di brevettare, senza l'autorizzazione del Ministero 
da cui il fui1zionario stesso dipende o dipendeva, 

invece, contemplate le invenzi@ni fatte in occasione 
del lavoro (Betriebesverwandte freie Erfindungen). 

Nel primo caso che, come vedremo, si scinde in 
due ipotesi a seconda che sia prevista e stabilita 
nel contratto o nel :rapporto nn~ retribuzione per 
l'attivit� inventiva (art. 23, 1� comma) od invece 
non lo sia (art. 23, 2� comma), la legge attribuisce 
-direttamente ed a titolo originario -al 
datore di lavoro i diritti patrimoniali nascenti 
dall'invenzione (diritti alla privativa italiana, alle 
privative estere, al segreto ed infi,ne alla propriet� 
della cosa fi.sica costituente l'obbietto della invenzione), 
mentre all'inventore spetta unicamente il 
�diritto morale� di dare il proprio nome all'invenzione. 


Nel secondo caso (art. 24 della vigente legge) i 
diritti patrimoniali spettano all'inventore mentre 
al datore di lavoro (od alla Pubblica Amministrazione) 
compete il diritto di prelazione per l'uso 
dell'invenzione o per l'acquisto del brevetto, verso 
corresponsione di un canone o prezzo da fissarsi 
con � deduzione degli aiuti che l'inventore abbia 
comunque ricevuti dal datore di lavoro per pervenire 
all'invenzione. 

Che i due articoli debbano intendersi nel senso ora 

precisato risulta chiaramente dalla Relazione mini


steriale alla legge del 1934 e dai lavori preparatori 

di questa stessa legge, oltre che, ovviamente, dalla 

interpretazione letterale e logica degli' articoli stessi. 

In tema di invenzioni degli inventori impiegati 

il progetto -afferma il Ministro (cfr. Relazione e 

R. D. 13 settembre 1934, n. 1602, Roma, Poligrafi.
co dello Stato 1934, p. 7 e 8) -contiene la 
seguente ripartizione: 
�a) invenzioni fatte dall'assuntore in adempimento 
di uno speciale incarico di ricerche e di studi, 
per la soluzione di problemi tecnici interessanti 
l'azienda, con o senza una particolare retribuzione 
dell'attivit� inventiva; 

<e b) invenzioni che rientrano nel campo di attivit� 
dell'azienda alla quale � addetto il prestatore 
d'opera, ma non negli obblighi contrattuali del'assuntore; 


qualsiasi invenzione, l'oggetto della quale si presuma 
compresa nell'ambito dell'attivit� ordinaria dell'ufficio 
presso il quale l'inventore presta o _prestava servizio. 
Per la legge svizzera le invenzioni dei funzionari sono 

disciplinate dalla legge federale sullo stato giuridico degli 

imp-iegati 30 gennaio 1927 (evidentemente in quanto si 

ritengono intimamente connesse col rapporto di impiego): 

le invenzioni realizzate dai funzionari in servizio appar


tengono allo Stato allorquando: 1) rientrano nell'am


bito della attivit� del funzionario e dei suoi obblighi di 

impiego; 2) siano il rii:iultato di esperienze ufficiali; 

3) interessino la difesa nazionale; 4) l'autorit� che ha 

nominato il funzionario se ne sia riservata la propriet�. 

In questi casi all'impiegato, analogamente a quanto 

dispone la nostra legge, spetta un premio da determi


narsi equitativamente. 

Da ricordare, nella recente guerra, l'Ordinanza germanica 
del 12 luglio 1942 sul trattamento delle inven, 
zioni degli impiegati (La propri�ttJ� industrielle, 1942, 

p. 135) in base alla quale (� 3) ogni impiegato--� obbligato 
a cedere all'Amministrazione, dietro compenso, tutte 
le invenzioni comunque fatte in occasione di lavoro. 
Per una pi� ampia esposizione di diritto comparato 
nella particolare materia, vedi RrvA SANIOEVERINO: 
Il diritto di privativa nel contratto di lavoro, Roma 1932, 
cap. III, p. 181 e segg. 


-45 


ccc) inven~ioni estranee tanto agli obblighi 
contrattuali dell'assuntore quanto al campo di 
attivit� dell'azienda alla quale � addetto il prestatore 
d'opera n. 

Per le invenzioni del primo gruppo il progetto 
attribuisce i diritti derivanti dall'invenzione al datore 
di lavoro, eccetto il diritto al nome che resta 
inalienabilmente di spettanza dell'inventore. Attribuisce, 
inoltre, un equo premio all'inventore, qualora 
non sia prevista e stabilita nel contratto una speciale 
retribuzione in compenso dell'attivit� inventiva. 

I lavori preparatori della legge del 1934 spiegano 
chiaramente la formazione e la ragione delle due 
suindicate norme. 

Il progetto definitivo redatto da una Commissione 
presieduta da Donato Faggella ritenne eccessiva 
la soluzione contenuta in un primo progetto 
(Commissione Baroni) e in un secondo progetto 
(redatto dalla Confederazione dell'Industria) di assegnare 
al datore di lavoro tutte le invenzioni fatte 
cc in occasione del lavoro >> o per le quali l'inventore 
si fosse, comunque, giovato degli ausilii dell'azienda. 

Questa soluzione si ritenne dalla Commissione 
troppo lesiva degli interessi del prestatore d'opera, 
in base alla dottrina ed alla giurisprudenza formatesi 
sulla particolare materia. 

Quanto alla giurisprudenza, la �commissione 
ricord� le sentenze della Corte di Appello di Bologna 
14 gennaio 1927 e della Corte di Cassazione 
29 maggio 1928 in causa Bettica (cc Foro It. n, 1928, 
I, 981) che aveva ritenuto, esaminando concretamente 
i termini del contratto d'impiego, che l'invenzione 
fosse stata fatta cc in occasione n del rapporto 
e non nell'adempimento specifi,co dello stesso (Bettica, 
infatti, non era mai stato addetto od incaricato 
di studi od esperienze -cfr. sent. 21 marzo 1926 
in cc Foro It. �, 1926, I, 635 -e solo invocava a 
sostegno delle sue pretese la circolare Dall'Olio 
14 agosto 1917 in base alla quale qualunque ufficiale 
avrebbe potuto pretendere un compenso per 
ritrovati utili alla difesa aerea). 

La dottrina italiana, antecedente alla legge del 
1934, era riassunta in questi termini dal PIOLACASELLI 
(cc Foro It. n, 1910, I, 1183): cc La communis 
opinio in materia di invenzioni fatte da un operaio, 
impiegato od altro conduttore d'opera � 
questa: che se l'invenzione � da lui ottenuta in 
conseguenza di studi, di ricerche esperienze delle quali 
sia stato incaricato, il diritto di privativa spetta a chi 
gli ha dato l'incarico; se, invece, l'incarico non vi fu, 
il diritto competer� all'inventore, anche se l'invenzione 
fu resa possibile ed agevolata dalle sue mansioni 
o dai suoi mezzi industriali attinenti alle mansioni 
stesse n. 

Adunque, il chiaro signifi,cato dell'art. 23 della 
vigente legge sui brevetti � che l'articolo stesso 
comprende una sola categoria di invenzioni, le 

c. d. cc invenzioni di servizio n o, per meglio db:e, 
le invenzioni che rientrano negli obblighi contrattuali 
del prestatore d'opera. 
Per designare queste invenzioni il legislatore ha 
adoperato la espressione invenzioni fatte nella esecuzione 
o nell'adempimento di un contratto o di un 
rapporto di lavoro o di impiego, appunto per indicare 
che con l'invenzione si esegue, si adempie 
agli obblighi sorti dal contratto e dal rapporto. 

La sola differenza fra le ipotesi contemplate nel 
10 e nel 2� comma dell'art. 23 � che nel primo caso 
� prevista e nel secondo no cc una retribuzione in 
compenso dell'attivit� inventiva >i. Questa interpretazione 
� l'unica possibile sia di fronte al testo 
della legge, sia, come abbiamo �visto, in base ai 
lavori preparatori ed alla Relazione ministeriale 
alla legge del 1934, sia, come subito vedremo, in 
base al concetto stesso della cc invenzione di servizio 
>i quale trovasi affermato costantemente nella 
dottrina italiana dal principio del secolo ad oggi. 

Del resto, a pensare altrimenti, cio� a voler 
sostenere, coine � stato da qualche scrittore sostenuto, 
che l'art. 23 si riferisce nel 2� comma alle 
invenzioni fatte in <coccasione di lavoron, si cadrebbe 
nel palese assurdo di attribuire al 'legislatore . 
una volont� contraddittoria in quanto le stesse 
invenzioni (cc in occasione di lavoro�) nella ipotesi 
dell'ar-t. 23, 2� comma, sarebbero attribuite al datore 
di lavoro, mentre nell'articolo seguente (24) sareb-. 
bero attribuite al dipendente. Invero, ammettendo 
che il 20 comma dell'art. 23 della vigente legge si 
riferisca alle invenzioni occasionalmente fatte dal 
dipendente nella esecuzione o nell'adempimento 
del rapporto, non si saprebbe come differenziare la 
ipotesi legislativa del 2� comma dell'art. 23 da 
quella dell'art. 24 che certamente si riferisce alla 
occasione offer-ta dall'azienda o dalla Pubblica 
Amministrazione all'attivit� inventiva di manifestarsi, 
cio� alle invenzioni che la dottrina tedesca 
defi,uisce come libere ma connesse con l'azienda 
(B etriebsverwandte freie Erfindungen), occasionate 
dall'attivit� prestata del dipendente nell'azienda 

o nella Pubblica Amministrazione. 
N� sembra, inti,ne, accettabile, per le suesposte 
considerazioni e, comunque, tale da riportare sempre 
la questione nei limiti segnati dalla ipotesi del. 
10 comma, il tentativo fatto da qualche altro scrittore 
(1) nel senso di interpretare il 2� comma 
dell'art 23 come riferentesi alla ipotesi di una prestazione 
di caratterestra ordinario richiesta dall'imprenditore 
nel corso delrapporto e per la quale prestazione 
extra nol'l. venne stabilito uno speciale compenso. 

Del resto, si riferisca il 2� comma alla stessa 
ipotesi legislativa contemplata nel 1� o riguardi, 
invece, esso le invenzioni fatte cc in occasione di 
servizio� o nell'adempimento di altro speciale rapporto 
(non remunerato) inseritosi, ad un certo 
mo:.i.ento, nel rapporto principale, quel che a noi 
preme esaminare pi� da vicino � il preciso contenuto 
e l'esatta portata dell'art. 23 (sia pure, in ipotesi, 
considerato limitatamente al 1� comma) per quanto 
concerne le invenzioni realizzate dai dipendenti 
pubblici e privati nella esecuzione o nell'adempimento 
di un contratto o. di un rapporto di lavoro 

o di impiego. 
* * * 

Quanto alla precisa identificazione del contenuto 

della disposizione dell'art. 23, occorre, in primo 
luogo, domandarsi se, per le c. d. invenzioni di 
servizio (Diensterfingungen) occorre che l'attivit� �


(1) GRECO: Diritti sui beni immateriali, Torino 1948, 
p. 45f, ed ora FoRMIGGINI: Sulle invenzioni dei dipendenti 
dell'Amministmzione statale, in "Riv. Diritto industriale>>, 
1952, II, pp. 126-127. 

-46 


inventiva sia espressamente pattuita nel contratto 
d'impiego o di lavoro 1:1ppure essa possa implicitamente 
desumersi dal carattere delle funzioni o mansioni 
che il dipendente ha accettato di esercitare. 

In quest'ultimo senso � stato concordemente 
risposto dalla dottrina italiana e straniera, nonch� 
dalla nostra stessa giurisprudenza. 

Il fondamentale tratt~tista tedesco, il KoHLER 
(Manuale delle privative indusriali, trad. it. S.E.L., 
1912, p. 99 e segg.) cosi inizia la trattaziOne circa 
le invenzioni dei dipendenti: << Chi � impiegato in 
un affare altrui in modo che sia suo dovere di per!
ezionare i metodi tecnici ed i procedimenti, non 
solo � tenuto a dare all'affare tutti i per/ ezionamenti 
che scopre, ma inoltre se gli riesca durante tali 
suoi rapporti di fare altre invenzioni, deve renderne 
partecipe l'altro socio�. 

Lo stesso autore, dopo avere ampiamente spie


gato le ragioni umane, sociali e giuridiche che por
�tano alla attribuzione del diritto di privativa al 
datore di lavoro, esclude solo i casi in cui << o l'invenzione 
appartenga ad un campo per/ ettamente 
diverso, oppure quando l'impiegato deve effettuare 
delle attivit� puramente subordinate che non hanno 
nulla a che vedere con l'invenzione stessa, ed in 

modo particolare se egli fa delle ricerche all'infuori 

delle ore di studio, con materiale proprio ed in 

proprio laboratorio �. 

Il ProLA CASELLI scrivendo all'incirca alla stessa 

epoca (((Foro It. ))' 1910, I, 1183) cosi come 

abbiamo gi� visto, si esprime: <<La communis 

opinio in materia di invenzioni fatte da un operaio, 

impiegato o altro conduttore d'opera � questa: 

che se l'invenzione � da lui ottenuta in conseguenza 

di studi, di ricerche, esperienze delle quali sia stato 

incaricato, il diritto di privativa spetta a chi gli ha 

dato l'incarico ..... Se l'inventore ha chiebto od accet


tato di eseguire studi, ricerche, ed esperienze che 

condurranno alla invenzione, per incarico, agli 

stipendi od anche solo con i mezzi che un terzo gli 

ha fornito a tale scopo, si deve necessariamente 

ritenere per accordo tacito e salva l'ipotesi di una 

liberalit�, siasi inteso che il brevetto sp"'etter� a 

chi ha dato l'incarico �. 

Pi� tardi, nella monografia sulle privative industriali 
nel Dige!>to Italiano (Torino, 1908-1913, 
vol. XIX, parte 2a, n. 57, col 37) lo stesso Autore 
considera il caso in cui il padrone dell'azienda abbia 
commesso all'impiegato od all'operaio di fare studi 
e indagini allo scopo di perfezionare una macchina, 
un congegno, un metodo di fabbricazione, ecc. 
e che nel corso di tali studi ed indagini sia giunto 
ad un'invenzione.<< Questa -dice il Piola Caselliappartiene, 
per quanto riflette la privativa, al 
padrone dell'industria perch� � compresa nel contratto 
di lavoro: �, in sostanza, un obbietto della locazione 
d'opera �. 

L'Autore si chiede, poi, se tale obbietto deve 
<<risultare da un'esplicita. pattuizione del contratto 
d'impiego o di lavoro, o pu� presumersi dalle circostanze, 
e specialmente dalla natura dell'impiego�. 

E conclude in quest'ultimo senso, per la considerazione 
che << nessuna norma di legge o esigenza 
di diritto impone che il fatto risulti espressamente 
dichiarato dalle parti, in deroga al principio generale 
che ammette patti o cla\us-0le implicite �. 

Ed un altro autore nostro, la RIVA SANSEVERINO 
cosi determina l'obbietto della invenzione di 
servizio (Il diritto di privativa nel contratto di lavoro, 
Roma, 1932, p. 102): <<La categoria dell'invenzione 
di servizio appare contraddistinta dalla circostanza 
che l'attivit� inventiva costituisce� o fa parte 
delle mansioni contrattuali del debitore di lavoro. 
Ci� risulta esplicitamente quando nel contratto 
viene espressamente affidato all'impiegato l'incarico 
o in particolare di compiere (ed anzi, per 
l'incoercibilit� del fatto inventivo, di cercare di 
compiere) determinate invenzioni, riguardanti per 
esempio un determinato problema tecnico: o anche, 
in generale, di cercare di espletare un'attivit� inventiva 
a favore dell'impresa. 

<<L'ipotesi dell'invenzione di servizio pu� anche, 
ed � questo, anzi, il caso pi� frequente e plausibile, 
essere realizzata indirettamente nel senso che nel 
contratto di lavoro, pur non parlandosi espressamente 
di mansioni inventive, l'impiegato ha accettato 
l'incarico di dedicare le proprie cognizioni 
scientifiche e la propria esperienza tecnica per il 
perfezionamento dell'organizzazione dell'impresa 
in generale o di una sua sezione in particolare: 
incarico, questo, che pu� avere come propria, 
naturale e diretta conseguenza anche il compimento 
di una o pi� invenzioni� (1). 

Anche la giurisprudenza della Corte di Cassazione 
nella sentenza 5 aprile 1946, n. 384, ebbe a 
decidere che (( l'attivit� inventiva � dedotta in prestazione 
allorch� il lavoratore assume l'obbligo di 
eseguire studi e ricerche per la soluzione di problemi 
inventivi ... � (((Foro It. �, 1946, Mass. col. 97, n. 384). 

Abbiamo voluto riferire le parole dei succitati 
autori in quanto i casi da essi trattati hanno diretta 
attinenza con quello deciso dalla sentenza che 
annotiamo. 

Dunque, per riepilogare, il preciso contenuto 
della ipotesi formulata nell'art. 23 risulta chiaro: 
ogni qualvolta, anche nei casi in cui l'attivit� inventiva 
non sia espressamente dedotta nel contratto 
con una pattuizione ad hoc, il carattere della prestazione 
di servizio propria del dipendente (e che 
queo,to accetta con la conclusione 'del contratto o 
con l'assunzione all'impiego) � tale' da avere come 
probabile e diretta conseguenza il compimento di 
risultati inventivi, deve concludersi per la presenza 
della invenzione di servizio, ipotizzata, appunto, 
nell'art. 23 della vigente legge. 

In questo caso � chiaro che oggetto immediato 
del rapporto sono proprio i mezzi, cio� gli studi, le 
ricerche, le esperienze e le prove dirette a migliorare 
ed a perfezionare i prodotti ed i procedimenti 
di produzione: ma questo obbietto � tale che non 
pu� non comprendere in s� anche le conseguenze 

(1) Naturalmente, i succitati scritti del Piola Caselli 
e della Riva Sanseverino appartengono ad epoca in cui 
il problema delle invenzioni di dipendenti in genere e 
degli impiegati dello Stato in particolare, pur avendo 
trovato soluzione legislativa in altri Paesi europei �d 
extra europei, non era stato ancora in Italia risolto c-on�positive 
disposizioni di legge, quali, appunto gli articoli 
23 a 26 del vigente R. D. 29 giugno 1939, n. 1127 
(cfr. per lo stato della giurisprudenza e della legislazione 
in Italia e negli altri Paesi anteriormente alla nostra 
legge di riforma del 13 settembre 1934, n. 1602: RrvA 
SANSEVERnw: op. cit., parte III, capitoli I e III). 

-47 


proprie, dirette e naturali, anche se eventuali, di 
quella attivit� strumentale, cio� le invenzioni alle 
quali, in adempimento del suo obbligo contrattuale, 
l'addetto agli studi, ricerche, esperienze, ecc. concreta.
mente pervenga! 

Certamente, se egli perviene ad invenzioni che 
riguardano tutt'altro obbietto o materia da quella 
alla quale, per contratto, si indirizzano i suoi 
studi e le sue ricerche, l'inventore acquista un suo 
diritto autonomo al brevetto (salvo a vedere se 
questo debba essere, poi, trattato alla stregua 
dell'art. 24 della legge, oppure se svincolato da qualsiasi 
relazione col datore di lavoro -freie Erfindungen): 
in analoghe condizioni di trover� l'operaio 
il quale incaricato ad es., di costruire (non, quindi, 
di studiare o perfezionare) un determinato pezzo di 
una macchina, concepisce una diversa maniera di 
congegnare quello stesso pezzo e questa idea pu� 
costituire una invenzione direttamente brevettabile 
al nome dell'operaio stesso, legata alla vita 
dell'azienda dal fatto meramente occasionale che 
l'invenzione stessa � nata durante la esecuzione del 
rapporto di lavoro. 

Sostanzialmente diverso �, invece, il caso sopra 
descritto della invenzione alla quale pervenga chi 
si � contrattualmente obbligato (non importa se 
fin dall'inizio del rapporto o durante la esecuzione 
di esso mediante speciale incarico ad hoc) a prestare 
la sua attivit� per studi, ricerche, esperienze che 
hanno come risultato possibile (per quanto eventuale), 
essendo appunto normalmente dirette a 
questo scopo, il compimento di una o pi� invenzioni: 
qui l'attivit� inventiva � chiaramente, per 
quanto implicitamente, compresa nell'oggetto della 
locazione d'opera, come esattamente hanno ritenuto 
tutti i succitati autori. 

Le considerazioni ora esposte valgono in generale 
e cio� per le invenzioni dei:dipendenti sia di 
ditte private che di Pubbliche .Amministrazioni. 
Ma nei confronti di questi ultimi le considerazioni 
stesse acquistano speciale importanza, sol che si 
rifletta che le Pubbliche .Amministrazioni ed in 
particolare quelle militari (che d'ordinario sono 
interessate a controversie del genere di quella in 
esame) non assumono normalmente alle proprie 
dipendenze e con speciali rapporti e retribuzioni ad 
hoc gli �inventori ii, ma assegnano, con destinazioni 
di servizio, ad Uffici aventi compiti di studi, ricerche, 
esperienze, ecc. nei vari specifi.ci campi ed 
organizzati in modo che siano presenti tutte le 
'Condizioni pi� favorevoli ed i mezzi per pervenire 
alla invenzione, persone gi� facenti parte dell'.Amministrazione, 
senza all'uopo annettervi una specifica 
retribuzione. 

Giova ricordare che l'.Amministrazione militare 
ha la discrezionale facolt� di destinare gli ufficiali 
del Genio a laboratori e ad attivit� sperimentali 
(art. 16 del T. U. 13 marzo 1938, n. 596) e che, in 
particolare, nell' .Amministrazione aeronautica esisteva, 
all'epoca dei fatti ai quali si riferisce la sentenza 
che esaminiamo, una Direzione superiore 
di studi ed esperienze con compiti istituzionali di 
ricerche, studi, esperienze, progetti e prove di materiali 
di armamento. 

Si vedano nel senso da noi sostenuto: in generale, 
Relazione Avvocatura dello Stato 1926-1929: � .��� il 

rapporto di impiego pubblico � per sua natura 
tale da far ritenere sempre implicitamente dedotta 
nel rapporto stesso la facolt� di inventare, sempre 
quando questa si esplichi nell'ambito del servizio per 
'raggiungere miglioramenti e perfezionamenti che rientrano 
nelle finalit� del servizio, e siano u,tilizzat~ i 
mezzi e stabilimenti dell'Amministrazione ii. In particolare, 
per quanto attiene alle invenzioni compiute 
da ufficiali superiori o drJi ufficiali addetti a studi e 
ricerche cfr. KATZ E:dwrn in �Foro It. ))' 1921, 
I, 190; contra: FORMIGGINI: loc. cit., pp. 127-130. 

Per quest'ultimo .Autore leinven zioni realizzate 
da ufficiali, anche se addetti a studi ed esperienze, 
non rientrerebbero mai nella ipotesi legislativa 
dell'art. 23, 10 comma del Decreto 29 giugno 1939 

n. 1127, in quanto mancherebbe per essi una adeguata 
e specifica remunerazione dell'attivit� inventiva 
(non potendosi considerare tale l'attribuzione 
delle varie indennit� speciali di laboratorio, studi, 
ecc., eventualmente erogate). 
Dissentiamo apert:tmente da questo risultato che, 
oltre ad essere frutto di una inesatta interpretazione 
del contenuto dell'art. 23, � in perfetto contrasto 
con i surriferiti principi dottrinari e giurisprudenziali 
circa la possibilit� che l'attivit� inventiva 
venga implicitamente dedotta nella prestazione 
d'impiego, mediante, appunto, la destinazione 
di servizio ad Uffici aventi compiti istituzionali 
di ricerche, esperienze, studi, quali esistono nelle 
.Amministrazioni militari. Ohe questa destinazione 
non richieda, di per s�, onde integrare l'ipotesi 
prevista dalla legge, una speciale retribuzion� in 
aggiunta a quella che l'ufficiale percepisce per il 
proprio status (salve, naturalmente, le eventuali 
indennit� di studio, esperienze, ecc. oggettivamente 
connesse con la particolare destinazione) non 
sembra possa seriamente porsi in dubbio. L'ufficiale 
del Genio, specie se in servizio permanente effettivo 
e di grado elevato, ha l'obbligo giuridico di dedicare 
tutta la sua attivit� (ivi compresa anche quella 
che -stante la incoercibilit� del fatto inventivo 
-pu� condurre alla invenzione) per i miglioramenti 
e perfezionamenti che rientrano nelle 
fi.nalit� dell'Ufficio o Servizio al quale � addetto: 
quando questo Ufficio ha per compito istituzionale 
quello di procedere a ricerche, studi, esperienze 
in una particolarissima zona del settore di competenza 
dell' .Amministrazione militare, non si vede 
perch� dovrebbe richiedersi una remunerazione 
ad hoc dell'attivit� inventiva, quasi che gli ufficiali 
superiori del Genio militare potessero liberamente 
rifiutare quella destinazione col pretesto che essa 
sia estranea alle funzioni per le quali vennero 
inizialmente assunti nell' .Amministrazione militare 
o quasi che, mentre sono addetti agli Uffici 
studi ed esperienze, gli ufficiali compissero cosa 
diversa da quella che � l'espletamento degli obblighi 
propri del loro status. 

Qui sta la fondamentale e sostanziale differenza 
tra il rapporto di impiego pubblico e quello privato 
basato, quest'ultimo, su di un contratto che.realizza 
l'equilibrio economico delle prestazioni corrispet-._ 
tive: solo in quest'ultimo � poS'Sibile e necessario 
stabilire con ogni rigore, ai fini della valutazione 
delle pretese dell'impiegato, gli esatti confini della 
prestazione promessa in funzione della pattuita 


-48 


remunerazione (cfr. Relazione dell'Avvocatura 19261929, 
.cit. p. 231). Il Formiggini, dominato da 
una considerazione esclusivamente privatistica del 
rapporto di pubblico impiego, richederebbe addirittura 
un corpo di ufficiali inventori assunti ab 
initio in questa qualit� e remunerati (non si sa 
bene come) a questo scopo! Soluzione che, evidentemente, 
contrasta, anche a prescindere dalla 
sua inesattezza, con la realt� degli ordinamenti 
delle Amministrazioni militari di tutti i Paesi. 

Oonclitdendo su questo delicato punto: anche a 
non voler accettare le tesi, per cos� dire radicali, 
del ProLA CASELLI (Trattato, p. 250) e del KATZ 
(loc. cit .. in �Foro It. �, 1921, I, 190), per i quali 
le invenzioni realizzate dagli ufficiali specie di 
grado elevato e con funzioni direttive dovrebbero 
spettare senz'altro allo Stato in virt� del rapporto 
organico che lega i dipendenti allo Stato stesso, noi 
riteniamo che il criterio dettato dalla legge sia, 
per gli ufficiali come per gli impiegati statali in 
genere, ��quello della obbiettiva destinazione ad 
Uffic� o funzioni specificamente implicaio.ti attivit� 
inventiva, senza che sia, all'uopo, necessaria una 
specifica e separata remunerazione per l'attivit� 
inventiva stessa. 

Adunque, la destinazione di servizio ad uffici aventi 
i suindicati compiti integra senza dubbio la ipotesi 
legislativa prevista dall'art. 23 della legge 1939 come 
quella in cui �l'attivit� inventiva � prevista come 
oggetto del contratto o del rapporto � senza, che, a 
nostro avviso, possa avere influenza la presenza o 
meno di una particolare retribuzione per l'attivit� 
inventiva specie allorch� si tratti di ufficiali in servizio 
permanente effettivo. Questa era, precisamente, 
la situazione di specie, in cui le invenzioni, 
tutte relative a congegni d'armamento aeronautico, 
erano state ideate e realizzate nel periodo in cui lo 
inventore era stato a capo della Direzione superiore 
degli studi ed esperienze e dell'Ufficio centrale armamento 
dell'Aeronautica: e l'Amministrazione con la 
esibizione degli originali ordinamenti �di questi due 
uffici (risalenti ad epoca non sospetta in relazione 
all'inizio del giudizio) aveva dato la dimostrazione 
che i compiti e le attribuzioni degli uffici stessi tendevano, 
appunto, a promuovere il perfezionamento 
del materiale interessante la difesa aeronautica 
attraverso studi ed ideazioni atti a scoprire nuovi 
e pi� efficaci mezzi! 

* * * 

Defi,nito l'obbietto dell'art. 23, passiamo a preci


sarne la concreta applicazione e la portata. In questa 

sede, sempre ai fi,ni della questione che esaminiamo, 

ci preme fermare due concetti: 

1� che l'art. 26 del decreto 29 giugno 1939 

n. 1127, stabilisce a favore del datore di lavoro o 
della Pubblica Amministrazione una presunzione, 
nel senso che si presume fatta durante la esecuzione 
del rapporto l'invenzione per la quale sia stato 
chiesto il brevetto entro un anno dalla cessazione 
del rapporto stesso (ed in questa situazione si trovavano 
le invenzioni in q�estione). Trattasi evidentemente 
di presunzione assoluta che preclude al 
dipendente la prova contraria, mentre per i brevetti 
richiesti oltre l'anno � a carico del datore di lavoro 
o della Pubblica Amministrazione la prova della 
sussistenza degli estremi stabiliti dagli articoli 23 e 
24 della legge; 
20 che l'art. 23 attribuisce, come si ~ gi� accennato, 
a titolo originario al datore di lavoro od alla 
Pubblica Amministrazione i diritti patrimoniali 
derivanti dalle invenzioni, cio� allo stesso titolo per il 
quale attribuisce all'inventore il t< diritto morale� di 
essere riconosciuto autore dell'invenzione. Si tratta 
di una contitolarit� di diritti completamente autonomi, 
per quanto interdipendenti. 

Cos�, ad es., se il datore di lavoro decide, nella 
sua libera determinazione, di non chiedere la concessione 
del brevetto (ad es. perch� ritenga le invenzioni 
di nessuno o di scarsissimo valore), � chiaro 
che il dipendente, anche se versi nell'ipotesi dello 
art. 23, 20 comma della legge, non potr� far valere 
alcuna pretesa in ordine allo speciale premio, in 
quanto l'impegno a dare questo non pu� sorgere 
se non nella decisione del datore di lavoro di chiedere 
la concessione della privativa. 

* * * 

Da tutta l'esposizione che si � venuta facendo 
della legge, della dottriria e della giurisprudenza nella 
particolare materia risulta, anzitutto, clie l'attivit�, 
che � intellettuale e materiale insieme, diretta 
al fine di scoprire nuove invenzioni brevettabili pu� 
ben essere dedotta in un rapporto di locazione di 
opera, senza che a ci� si opponga la particolare 
natura del diritto d'invenzione individuale n� la 
speciale regolamentazione dettata per questo diritto 
nel nostro positivo ordinamento. 

Dire, infatti, che l'attivit� di studi, ricerche, ecc. 
diretta all'invenzione (tt l'attivit� inventiva� come 
la chiama la sentenza annotata) non pu� mai rientrare, 
ii:i. nessun caso, nella prestazione dell'opus 
contrattualmente promessa, per il carattere personalissimo 
dell'idea inventiva che la legge tutele: 
rebbe, quale diritto morale dell'inventore di essere 
riconosciuto autore dell'invenzione, in forma autonoma 
ed indipendente dall'attribuzione dei diritti 
patrimoniali, significa, a nostro sommesso avviso, 
omettere la considerazione che proprio per l'art. 23 
del Decreto 29 giugno 1939, n. 1127, l'attivit� inventiva 
� testualmente prevista come oggetto del contratto 

o del ra.pporto d'impiego, senza che a tale confi,gura.
zione legislativa faccia ostacolo l'esistenza del 
� diritto morale � dell'inventore di essere riconosciuto 
autore dell'invenzione. 
Del resto, se consideriamo l'altra categoria dei 
diritti assoluti su beni immateriali, cio� i diritti di 
propriet� intellettuale ed in particolare il diritto di 
autore, vediamo chiaramente come la natura giu~ 
ridica di questi diritti, che si scinde, anche qui, nel 
diritto morale dell'autore come diritto della personalit� 
e nei diritti patrimoniali a carattere reale consistenti 
nello sfruttamento economico dell'opera, nonosti 
minimamente alla possibilit� di ammettere 
una locatio operis nel caso di creazione dell'opera su 
commissione dell'editore. In questo caso, come nello 
analogo (ma pur diverso) caso, del contratto di 
edizione per opere da creare, la caratteristica della 
speciale natura dell'attivit� spirituale creativa della 
opera di ingegno, se importa una elasticit� del vin



-49 


colo a favore del debitore assai pi� ampia di quella cise attribuzioni del dipendente inventore e quale 
consentita nei normali rapporti di obbligazione, la concreta sfera di competenza dell'ufficio al quale 
non �, per�, tale da far disconoscere che proprio la� egli era addetto. Val la pena non dimenticare che, 
.attivit� creativa costituisce l'obbietto dell'obbligaallorch� 
si rientri, come certamente si rientrava 
zione, la quale pu� essere, quindi, inadempiuta per nella specie, nei limiti temporali della presunzione 
un fatto imputabile all'obbligato. stabilita dall'art. 26, le ipotesi in discussione possono 

.Anche in questo caso la legge speciale (legge 22 essere soltanto quelle previste dai due comma dello 
aprile 1941, n. 633) riconosce con una espressa art. 23 e dell'art. 24 della legge speciale, non quella 
disposizione (art. 120) la validit� del contratto di dell'invenzione libera ed indipendente, non colleedizione 
relativo ad opere da creare. gabile, cio�, in alcun modo con l'attivit� della Pub


.Adunque, l'esistenza dell'autonoma attivit� creablica 
.Amministrazione cui l'inventore � addetto. 
tiva ed il conseguente riconoscimento del diritto Orbene, per queste ipotesi, giustificato appariva 
morale che attiene alla personalit� dell'autore, e il dilemma proposto dalla difesa dell' .Amministrache 
non pu� essere n� locato n� comunque ceduto, zione con la richiesta di regolamento di giurisdizione 
non sono di ostacolo alla confi.gurazione di un partialla 
Suprema Corte: o si ammette che le controversie 
colare rapporto di locazione d'opera in cui l'attivit� circa la spettanza del premio, del canone o del 
inventiva, n�nostante le sue note di autonomia, prezzo, come controversie relative a diritti subbietlibert� 
e relativa incoercibilit�, venga, come tale, a tivi direttamente scaturenti dal rapporto di impiego 
costituire oggetto del rapporto o del contratto, a siano devolute alla cognizione della giurisdizione 
tutti gli effetti. esclusiva del Consiglio di Stato (articoli 29, n. 1, 

e 30 del T. U. 26 giugno 1924, n. 1054) della quale 

* * * 

giurisdizione ricorrono i presupposti sia subbiettivo 

Se, adunque, l'attivit� inventiva costituisce, nella che obbiettivo: o si ritiene che la speciale com.peipotesi 
dell'art. 23 del Decreto 29 giugno 1939 nu-tenza attribuita al Ministro dell'art. 25, 2� comma 
mero 1127, l'obbietto del contratto e del rapporto, della legge speciale (che concreta, a nostro avviso, 
� chiaro che le pretese patrimoniali scaturenti dal un caso di giurisdizione speciale analogo alla com.pefatto 
dell'acquisizione (che abbiamo visto essere tenza attribuita al Ministro della Difesa in materia 
a titolo originario) da parte del datore di lavoro o doganale, ed al Ministr� dei Lavori pubblici in m.atedella 
Pubblic.a .Amministrazione dei diritti patri-ria di revisione dei prezzi) non sia limitata alla 
m.oniali derivanti dall'invenzione, trovano la loro determinazione del quantum, m.a com.prenda anche 
radice, la loro causa proprio nel particolare rap-la decisione circa la spett�nza o meno del premio, 
porto concluso tra il datore di lavoro o la Pubblica canone o prezzo. Ed in quest'ultimo caso la deter.
Am.m.inistrazione ed il dipendente inventore. minazione del Ministro (che la legge dichiara insin-

Limitando il nostro discorso al caso delle inven-dacabile) sar� per sua natura definitiva ed esclusiva 

zioni realizzate dai dipendenti dello Stato, osser-di ogni altra giurisdizione, salvo il ricorso in Cassa


viam.o che se l' .Amministrazione, nell'ipotesi di cui zione per eccesso di potere od anche, per effetto 

al 10 comma dell'art. 23, abbia direttamente chiesto dell'art.111 della Costituzione, per violazione di legge. 

a proprio nome il brevetto per una determinata Occorre anche considerare che la tesi della cogni.


invenzione realizzata dall'impiegato nei limiti della zione dell'.Autorit� giudiziaria mentre veniva con


presunzione di cui all'art. 26, e da parte dell'impie-trastata dalla considerazione che qualora si ver


gato si contesti che nel particolare rapporto la sasse, come si sosteneva in via principale dall'.Am


attivit� inventiva fosse prevista come oggetto del ministrazione, nella ipotesi del 10 comma dell'art. 23 

contratto ed a tale scopo retribuita, sostenendosi sarebbe mancata, comunque, l'esistenza del diritto 

che invece il presente l'ipotesi del 2� com.ma dello soggettivo al premio, non essendo, in quel caso, pre


stesso art. 23 o addirittura l'ipotesi dell'art. 24, visto dalla legge alcun premio o com.penso, non 

quel che si deduce in giudizio con la contestazione poteva trovare fondamento, cosi come veniva ex 

del dipendente non � una pretesa patrimoniale di adverso sostenuto, in un preteso carattere generale 

per s� estranea al rapporto d'impiego in quanto della legge sui brevetti industriali: invero, su questo 

abbia origine da un titolo o rapporto diverso che ultimo punto, poteva fondatamente ribattersi che 

sia col primo soltanto occasionalmente collegato � la legge sui brevetti per la specifica parte cke attiene 

(quale sarebbe, ad esempio, la pretesa di cui ebbe alle invenzioni dei dipendenti statali (articoli 23 a 

ad occuparsi la sentenza della Cassazione, Sezioni 26) � una legge speciale che integra e deve arm.oniz


Unite 8 giugno 1951 n. 1470, ricordata dalla sen-zarsi con le altre norme regolatrici del pubblico 

tenza che annotiamo, in cui si controverteva circa impiego statale, del quale quegli articoli regolano 

un presunto obbligo dell'Amministrazione a fornire un aspetto singolo e particolare: quello delle inven


all' inpiegato vitto ed alloggio, oltre al trattamento zioni fatte dai dipendenti statali in costanza del 

economico normale), bensi una pretesa patrimoniale rapporto di impiego e con riferimento allo stesso. 

che im.pinge dirett�m.ente n!3ll'oggetto dell'obbliga-LaCassazione, conl'annotatasentenza, ha respinto 

zione (l'attivit� inventiva) e che ha il suo titolo la tesi favorevole alla giurisdizione amministrativa 

necessario nel particolare rapporto d'impiego nel sulla base, com.e si � visto, di considerazioni generali 

quale quella obbligazione � dedotta. attinenti ad un inesatto concetto di relazione occa-

La derivazione della pretesa dal rappo;rto d'im-sionale tra la pretesa ed il rapporto di impiego: 

piego � tanto diretta che non pu� la pretesa stessa senza decidere se in concreto si trattasse d'invenzione 

essere in alcun modo esaminata se non si esamini rientrante nell'oggetto del rapporto od a questo 

contemporaneamente l'intima e concreta struttura di legata da un semplice vincolo occasionale, e senza 

quel rapporto al une di accertare quali siano le pre-considerare che esisteva un concreto atto ammini



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-50 


��='��m& ; , rm 

strativo col quale la Pubblica Amministrazione 
aveva espressamente dichiarato di voler considerare 
il rapporto in questione come costituito ai s~nsi 
dell'art. 23, 1� comma della legge sui brevetti. 

La sentenza, come si diceva in principio, � stata 
fino ad ora commentata in senso favorevole dagli 
avvocati Ribolzi e Sordelli (ripset-tivamente in 
�Foro Padano �, novembre 1952, fscic. 11, col. 
1179; ibidem, col. 1179) con riferimento alla giurisprudenza 
del Consiglio di Stato e della Corte di 
Cassazione in tema di delimitazione della competenza 
esclusiva del Consiglio di Stato in materia 
di pubblico impiego. 

Il Ribolzi richiama, in proposito, la nota eccezione 
al principio della giuri:i1dizione esclusiva 
contenuta nell'art. 30 c. p. v. del T. U. della legge 
sul Consiglio di Stato (�questioni attinenti a diritti 
patrimoniali conseguenziali alla pronunzia di legittimit� 
dell'atto o provvedimento contro cui si 
ricorre�). Senonch� questo richiamo � fuori di proposito 
nella specifica questione perch�, com'� noto, 
per diritti conseguenziali l'art. 30 intende soltanto 
quelli che sorgono da una decisione che dichiari 
la illegittimit� di un atto amministrativo (tipico, 
il diritto al risarcimento del danno). 

Entrambi gli Autori, poi, considerano la specie 
di fatto esaminata dalla sentenza come pacificamente 
aJ di fuori della ipotesi dell'art. 23 della legge 
speciale (mentre la difesa dell'Amministrazione 
sosteneva perfettamente il contrario!), e mostrano 
di non intendere la portata generale dell'affermazione 
di principio fatta dalla sentenza stessa secondo 
cui � nel considerare l'invenzione effettuata ai sensi 
dell'art. 23 del R. D. 29 giugno 1939, n. 1127, non 
si pu� prescindere dall'attivit� inventiva e dalla 
qualit� di inventore che, quanto al riconoscimento 
del diritto di paternit�, prevale su quella di prestatore 
di lavoro ... �, quindi, da escludere che la 
invenzione in parola (cio� quella prevista dall'art. 23) 
trovi la sua causa nel contratto di lavoroo d'impiego; 
trova, invece, in esso unicamente l'occasione)). 

Ci� equivale a dire che in via generale ed in tutti 
i casi -ivi compresi quelli ipotizzati dall'art. 23 la 
pretesa dell'inventore non pu� mai avere origine 
dal rapporto d'impiego con l'Ente pubblico. 

Un altro autore, il FORMIGGINI, commentando 

in senso favorevole la sentenza (nella nuova� Rivi


sta di Diritto industriale))' 1952, II, pp. 121-131), 

non pu� nascondere la propria perplessit� di fronte 

al principio della � occasione )) anche nei casi ipotiz


zati dall'art. 23: <<nelle ipotesi dell'art. 23 non mi 

sembra possa negarsi che l'invenzione ha causa nel 

contratto d'impiego ... �. 

Questa affermazione del citato Autore mi sem


bra che sia in chiara contraddizione con la reiezione 

che, nello stesso commento, egli fa circa la giuri


sdizione esclusiva del Consiglio di Stato. Di questo 

stesso Autore abbiamo sopra ricordato la interpre


tazione, ohe non ci sembra esatta, degli articoli 

23 e 24 della vigente legge sui brevetti. 

Ora, il principio, ripetiamo, non ci sembra accet


tabile. 

Ohe il diritto d'invenzione, sia come diritto 

morale che come diritto patrimoniale, scaturisca 

da un fatto, qual'�, appunto, l'invenzione, essen


zialmente subbiettivo ed individuale, come sub-

biettive ed individuali sono tutte le creazioni dello 
ingegno umano, nessuno pu� mettere in dubbio. 
Ma ugualmente non pu� mettersi in dubbio che 
questo fatto, allorch� si verifichi nella esecuzione 

o nell'adempimento di un contratto di lavoro o di un 
rapporto d'impiego, riceva dalla legge quella particolare 
disciplina giuridica che � coi�.tenuta, appunto, 
nell'art. 23 del Decreto 29 giugno 1939 n. 1127, 
analogamente a quanto, per effetto della volont� 
delle parti, abbiamo visto avvenire in materia di 
-diritti d'autore (commissione di un'opera determinata, 
contratto di edizione per opere da crearsi ecc.). 
Questa particolare disciplina consiste, secondo 
il meccanismo proprio della posizione delle norme 
di diritto, nel sussumere il fatto dell'invenzione, 
in considerazione o funzione diretta del rapporto 
inventore-datore di lavoro, in due diverse regole, 
la prima delle quali attribuisce al datore di lavoro 
od alla Pubblica Amministrazione a titolo originario 
i diritti patrimoniali scaturenti dall'invenzione, 
mentre la seconda attribuisce all'inventore, allo 
stesso titolo, il diritto morale di essere riconosciuto 
autore dell'invenzione nonch�, qualora questa sia 
effettivamente brevettata dal datore di lavoro, un 
compenso patrimoniale (cc premio >l) in relazione 
all'importanza dell'invenzione. 

Non ci sembra possibile disconoscere che in questi 
casi i diritti del datore di lavoro e del dipendente, per 
quanto derivanti dal fatto dell'invenzione come 
causa immediata o remota, trovino la loro caiisa immediata 
e diretta proprio nel preciso disposto dello 
art. 23 che si basa sul riscontro di un particolare 
rapporto o contratto in cui l'attivit� inventiva sia 
prevista come oggetto del rapporto e del contratto. Di 
tal che su quelle pretese -hinc et inde spettanti non 
si pu� in alcun modo statuire se non si esamini 
contemporaneamente l'intima e concreta struttura 
di un determinato rapporto nel delicato congegno 
delle attribuzioni e funzioni affidate al dipendente, 
specie allorch� si tratti di un dipendente dell' Amministrazione 
dello Stato. Quale il giudice competente 
a decidere, in quest'ultimo caso, se in un concreto 
e determinato rapporto di pubblico impiego l'attivit� 
inventiva sia stata o meno dedotta come oggetto 
del rapporto, onde inferirP.e le conseguenze giuridiche 
di cui all'art. 23 della legge speciale"'? Per la giurisdizione 
esclusiva del Consiglio di Stato ricorrono, 
come si � visto, sia il presupposto soggettivo che 
quello oggettivo nonch� la ratio stessa della creazione 
di quella particolare competenza nella giurisdizione 
amministrativa, alla quale si � voluto attribuire, in 
via esclusiva, quell'esame delicato del congegno dei 
rapporti d'impiego statalo che innanzi all'Autorit� 
giudiziaria potrel;>be dar luogo a serie perplessit� ed a 
notevoli inconvenienti, come � avvenuto nella causa 
alla quale si riferisce l'annotata sentenza, in cui si � 
preteso di dedurre prove testimoniali intese a dimostrare 
che le attribuzioni del dipendente statale erano 
in realt� diverse da quelle attestate dalla documentazione 
originale ed autentica fornita daJla Pubblica 
Amministrazione! 

* * * 

Con l'affermazione contenuta nella quarta massima 
(sub 4) il Supremo Collegio ha dato.dell'art. 23 
del decreto 29 giugno 193~, n. 1127, una inter




-51


pretazione che non ci sembra assolutamente accettabile. 


Invero, non � esatto che presupposto o condizione 
per l'acquisto dei diritti patrimoniali della 
invenzione da parte del datore di lavoro, nel rapporto 
previsto dall'art. 23, sia la remunerazione 

. ad hoc dell'attivit� inventiva. Questo elemento �, 
com'� noto, richiesto per la fattispecie regolata dal 
1� comma dello stesso articolo ed, allorquando sia 
presente, esonera il datore di lavoro o la Pubblica 
.Amministrazione (vedremo subito in che senso 
deve intendersi in relazione a quest'ultima) dalla 
corresponsione dell'equo premio di cui al 2� comma. 

Nella ipotesi, poi, fatta da quest'ultimo � in quesione 
soltanto l'attribuzione, all'inventore, dell'equo 
premio, non .l'attribuzione dei diritti patrimoniali al 

datore di lavoro (o alla Pubblica Amministrazione) 
che avviene in tutti e due i casi, sia o meno prevista 
la remunerazione ad hoc dell'attivit� inventiva. 

Che, infi,ne, nella specie concreta fosse da escludere 
questa remunerazione �proyrio sulla base delle 
deduzioni a prova dell' .Amministrazione �militare � 
costituisce, anch'essa, una affermazione inesatta. 
V ero �, invece, che da parte dell' .Amministrazione, 
affermandosi in pieno l'applicabilit� del 1� comma 
dell'art. 23, si era dedotto che, trattand.osi di un 
ufficiale in s. p. e. del Genio aeronaut!co, dovesse 
essere decisiva, ai fi.ni dell'applicazione dell'articolo, 
la circostanza della stabile destinazione di servizio 
ad un ufficio avente esclusivamente compiti di 
ricerche, studi ed esperienze nella specifi.ca materia 
alla quale si riferivano i congegni brevettati. 

LUCIANO TRACANNA 

AVVOCATO DELLO STATO 

3 



NOTE D I DOTTRINA 


~------------------------------------------------------------------------------------


M. 
S. GUNNINI : La Repubblica sociale italiana 
rispetto allo Stato itali�no. (� Rivista Ha.liana 
di Scienze giuridiche�, 1951, pp. 330-417). 
Segnaliamo!alla particolare attenzione dei nostri 
lettori questo importante articolo del Giannini che 
contiene una rassegna documentata e completa di 
tutte le manifestazioni dottrinali e giurisprudenziali 
relative ai rapporti tra la Repubblica sociale italiana 
e l'ordinamento legittimo dello Stato. 

Il Giannini ha compiuto una ri�erca veramente 
esaurient� di tutte le suddette manifestazioni e ne 
ha fatto un inquadramento sistematico fondato su 
rigorose premesse scientifiche. 

La base dalla quale l' .Autore parte per la sua 
ricerca � il concetto della �irrilevanza della r. s. i. 
come ordinamento�; irrilevanza che sarebbe dichiarata 
dal nostro diritto positivo, principalmente con 
il D. L. L. n. 249 del 5 ottobre 1949 (p. 345). 

Come sa chiunque abbia seguito questa Rassegna 
(vedi: fase. V, 1948, fase. I, 1949 e passim) � questa 
del Giannini proprio la tesi sempre sostenuta dalla 
.Avvocatura dello Stato e non riusciamo a renderci 
conto del perch� l'.Autore, a p. 357 affermi che questa 
tesi � in parte infondata, in quanto non si 
potrebbe parlare di irrilevanza giuridica nei confronti 
degli atti della r. s. i., i quali �'almeno come 
fatti �non potevano non essere rilevanti; argomento 
che appare poco pi� di un gioco di parole. 

Comunque, partendo dall'esatta premessa sopra 
enunciata, il Giannini accetta o critica quelle manifestazioni 
giurisprudenziali e dottrinali che concordano 
o si distaccano dalla linea sopra tracciata (si 
accetta per esempio la inammissibilit� di una successione 
tra r. s. i. e Stato italiano, p. 34 7, e si respinge 
la tesi della repubblica sociale come stato nuovo o 
come organo del Reich, p. 333 ). 

Cosi si dimostra, con copia di documentazione 
giurisprudenziale, la natura costitutiva di tutte le 
norme del D. L. 249/44 (p. 361), nonch� il carattere 
di atto autonomo spettante alla c. d. convalida 

(p. 334), che �, pi� precisamente, l'atto con il quale 
si recepisce nell'ordinamento giuridico italiano l'atto 
irrilevante della r. s. i. (p. 367). 
Un punto sul quale non possiamo concordare 
con il Giannini � quello della impugnabilit� del 
ri:fi,uto di convalida (p. 368) e del rifiuto di declaratoria 
di inefficacia (p. 371). Come abbiamo sostenuto 
pi� volte anche in giudizio, il rif�,uto di convalida e, 
pi� ancora, il rif�,uto di declaratoria di inefficacia, 
quando si manifesta tacitamente, non � un atto 

negativo, ma un non atto, come tale non suscettibile 
di impugnativa. 

.Avrebbe forse meritato un maggiore approfondimento 
la questione della incidenza del D. L. n. 249/ 
44 sui procedimenti amministrativi svoltisi parte 
sotto l'impero della sedicente r. s. i. e parte nello 
ordinamento legittimo, come pure la questione 
della responsabilit� per danni da colpa acquiliana, 
cagionati da organi della r. s. i. (questione sulla 
quale, d'altronde, il Giannini ha gi� separatamente 
e perspicuamente scritto). 

Nella Relazione dell' .Avvocatura, in corso di 
pubblicazione, i problemi trattati dal Giannini 
saranno oggetto di largo esame, sotto il profilo 
della loro incidenza nel contenzioso dello Stato. 

Ma � superfluo mettere in rilievo come lo studio 
del Giannini debba essere conosciuto e consultato 
da tutti coloro che comunque abbiano necessit� 
di occuparsi dell'argomento. 

GIUSEPPE GRECO : Ingiunzione fiscale e rilievi in 
ordine alla vidimazione del pretore con riferimento 
alla interruzicne della prescrizione. (cc Riv. di Diritto 
Finanziario e Scienza delle finanze �, 1952, 
vol. XI, II).. 

Tra le varie questioni trattate nella sentenza 
annotata dal Greco (Cass. 13 febbraio 1951 in 
causa Selt-Valdarno contro Finanze), due meritano 
particolare rilievo: anzitutto quale dei termini di 
prescrizione previsti negli articoli 136 e 138 della 
legge 30 dicembre 1923, n. 3269, debba essere applicato 
all'imposta principaie di registro; e se detto 
termine di prescrizione possa essere validamente 
interrotto dalla notif�.ca di una ingiunzione fi.scale 
sprovvista di vidimazione da parte del pretore. 

La Cassazione ha ritenuto che -per gli atti 
che siano stati presentati alla registrazione -la 
imposta di registro, indipendentemente dalla sua 
particolare natura (principale, complementare, supplettiva), 
si prescriva nel termine di tre anni anzich� 
in un ventennio; avendo perci� rilevanza solamente 
il fatto dell'avvenuta registrazione~-Ha poi affermato 
che l'ingiunzione fiscale ha una propria funzione, 
indipendente oltre che antecedente a queUa 
di primo atto del procedimento coattivo di riscossione 
che le attribuisce la vidimazione apposta in 
calce dal pretore. Per cui tutti gli effetti di quella 


-53 


funzione :L che precisamente consiste nella determinazione 
amministrativa e nell'accertamento della 
obbligazione tributaria -restano fermi anche se 
dovesse mancare od essere difettosa la vidimazione 
che si � detta. Ed in particolare, efficacia di valido 
atto interruttivo della prescrizione del credito di 
imposta deve perci� riconoscersi ad una ingiunzione 
fiscale che fosse stata notificata pur cosi manchevole. 


All'esame di quest'ultima questione � circoscritta, 
appunto, la nota adesiva del Greco, il quale, dopo 
aver ribadito i principi'. enunciati dal Supremo Collegio, 
coglie l'occasione per precisare quale sia la 
funzione della vidimazione pretoria. 

Quanto per� al dibattuto argomento della sua 
natura giuridica -se essa cio� costituisca una 
attivit� amministrativa ovvero un'attivit� giurisdizionale 
-l'A. preferisce non prendere posizione; 
e si limita ad accennare al Visco, che, in 
contrasto con la predominante dottrina, ritiene 
trattarsi piuttosto di un atto di giurisdizione volontaria. 


Comunque � certo che il controllo da parte del 
pretore, sia esso amministrativo che giurisdizionale, 
non pu� estendersi al merito dell'ingiunzione, vale 
a dire non pu� aver per oggetto l'esistenza del 
credito d'imposta, verificandone ad es. la situazione 
di fatto ch'� il suo presupposto oggettivo e soggettivo, 
o la base imponibile, o lo stesso suo 
ammontare. 

D'altro canto, l'espressione letterale �vidimazione 
ed esecutoriet� � usata dal legislatore importa 
qualcosa di pi� d'un mero visto formale. � dato 
perci� al pretore verificare se l'ingiunzione sia regolare 
e conforme a legge, se sia stata ad es. emessa 
nelle forme e nei termini prescritti, e da quel determinato 
ufficio e per quel determinato tributo espressamente 
contemplati dalla legge. In definitiva, 
oggetto del controllo � l'esistenza, non la fondatezza, 
della pretesa dell'Amministrazione fi,nanziaria; e 
di una pretesa rivestita di formalit� estrinseche tali 
da farla rientrare tra quelle per le quali la legge 
consente Femissione dell'ingiunzione. 

Analoghe considerazioni sono pure da farsi, con 
le opportune modif�.che, per il procedimento di 
riscossione delle entrate patrimoniali ai sensi del 

T. U. 14 aprile 1910, n. 639. 
Tanto premesso, l'A. conclude riaffermando il 
principio che l'ingiunzione fiscale non vidimata o 
vidimata irregolarmente � nulla come atto esecutivo, 
ma valida ed efficace come atto di accertamento, 
e perci� idonea, ai sensi dell'art. 2943 Codice 
civile, ad interrompere la prescrizione del credito 
d'imposta. 

Difatti l'art. 140 della legge di registro -che 
en~era gli atti interruttivi cc peculiarmente fiscali � 
(tra i quali l'ingiunzione vidimata) -ha manifesto 
carattere esemplificativo, e non impedisce affatto 
l'applicazione, nel campo tributario, anche 
delle comuni cause interruttive previste dal Codice 
civile. 

1. Mentre per le imposte dirette sono ben distinte, 
in tanti atti separati e successivi, le varie fasi dello 
accertamento, dell'iscrizione a ruolo, dell'avviso di 
mora e dell'esecuzione esattoriale; per la maggior 
parte delle imposte indirette, invece, concorrono 
insieme e si confondono in un solo atto (la 
ingiunzione fiscale) la funzione dell'accertamento e 
quella, iniziale, di riscossione. 

Ci� nonostante � ugualmente possibile distinguere 
in vari momenti logici e cronologici l'iter attraverso 
cui l'ingiunzione si forma: anzitutto l'accertamento, 
proprio ed esclusivo dell'Ufficio finanziario e sottratto 
a qualsiasi sindacato da parte di terzi; quindi 
la vidim�zione pretorile, da cui deriva l'attribuzione 
dell'esecutivit�. Ultimato tale processo formativo, 
l'ingiunzione fiscale � veramente perfetta 
nel duplice suo aspetto di atto d'accertamento e di 
atto esecutivo, e si rende manifesta al debitore per 
mezzo di un'unica notifi.cazione. 

II. Posti questi concetti, esatte appaiono le conclusioni 
cui pervengono la Cassazione e l'egregio A. 
Eccessivo ci sembra soltanto l'avviso espresso da 
quest'ultimo circa il potere che avrebbe il pretore, 
a proposito delle entrate patrimoniali, di richiedere 
addirittura l'esibizione del titolo o dell'atto amministrativo 
su cui si fonda la pretesa creditoria. 
� per� da osservare che l'indagine compiuta dal1'
A. sarebbe certamente riuscita pi� completa ed 
efficace s'egli si fosse soffermato un poco sul punto 
relativo alla natura ed alla funzione giuridica della 
vidimazione. Non crediamo sia inopportuno, quindi, 
farne qui un cenno meno fugace. � noto che la 
giurisprudenza ha ormai ritenuto che l'ingiunzione 
fiscale costituisca un puro atto amministrativo 
(basti osservare, ad es., che contro di essa � dato 
ricorrere tanto all'Autorit� amministrativa che a 
quella giudiziaria, cosa che riuscirebbe inammissibile 
se si trattasse di un atto giurisdizionale); e 
che atto amministrativo sia pure il visto del pretore 
(cfr. Cass., 3 agosto 1943, n. 2029 in cc Giur. Imp. 
Reg. e Neg. �, 1944, n. 10, col. 33; Cass., 27 maggio 
1949, n. 1352, in �Foro It. �, I, 1171; Cass. Sez. 
Unite 4gennaio1949, n.1,in �Giur. Imp. Dir�, 1950, 

n. 115, col. 400). Ma la Cassazione ha affermato, 
altresi, che � l'ingiunzione fiscale acquista con la 
vidimazione del pretore, la forza intrinseca di titolo 
esecutivo e di precetto � (Cass. 30 marzo 1950, n. 868, 
in cc Giur. Compl. della Cass. �, II, n. 1279). 
Ne deriva che in essa ingiunzione fi,scale si presentano 
i caratteri insieme dell'esecutoriet�, propria 
d'ogni atto amministrativo, e dell'esecutivit�, 
propria del titolo esecutivo e del precetto. 
Di qui il problema -per la prima volta impostato 
e risolto, in termini veramente chiari e convincenti, 
dal Chicco (in cc Rassegna Avvocatura n, 1950, pagine 
132-135) -del come conciliare questo apparente 
e quasi inesplicabile contrasto di un atto 
amministrativo ch'� nello stesso tempo esecutorio 
ed esecutivo, ordine autoritativo ed atto processuale 
di parte, accertamento, titolo esecutivo e precetto. 

La soluzione di tale problema comincia per� a 

delinearsi, ove si consideri che l'ingiunzione fiscale 

costituisce un tipico atto non eseguibile diretta


menM in via amministrativa. 

Invero l'esecutoriet�, comunemente definita come 
la capacit� di un atto ad essere realizzato direttamente 
dall'Autorit� amministrativa -mentre per 
tutti gli atti amministrativi si manifesta c,ome potere 
di autoaccertamento -non per tutti si mani



-54


festa anche nelle pi� accentuate forme della piena 
autotutela; dato che il legislatore preferisce per 
taluni atti che l'esecuzione avvenga nelle ordinarie 
vie giudiziarie, anzich� in quelle dirette amministrative 
(cfr., sull'argomento, l'esauriente nota di 

G. Olmi in � Giur. Compl. della Oass. n, ,1950, II, 
p. 369). 
Questa eccezionale limitazione, legislativamente 
disposta, dell'esecutorit� amministrativa, risponde 
all'esigenza di meglio tutelare determinati diritti del 
cittadino (cfr. ZA~OBINI, Oorso, 1947, vol. I, p. 226: 

� VITTA: Diritto amministrativo, 1948, vol. I, p. 397}: 
e tale �' appunto il caso dell'ingiunzione fiscale, la 
cui esecuzione ( come osserva pure il BERLINI : 
Le leggi del registro, 1950, p. 351) il legislatore 
ha inteso subordinare al suggello del pretore, onde 
non sia senz'altro sacrifi,cato ai soliti criteri della 
presunzione di legittimit� e dell'esecutoriet� il 
diritto di propriet� privata. 

III. Ci� serve dunque a spiegarci la ragione di 
essere della� esecutoriet�� (o meglio� esecutivit� n), 
la quale � impressa dalla vidimazione del pretore, 
coesiste con l'esecutoriet� amministrativa, ed � 
anzi di questa una vera e propria traduzione in 
termini giudiziari (cfr. Cmooo, testo cit.). Giacch� 
attraverso la vidimazione (cui � da riconoscersi una 
indubbia efficacia costitutiva e non soltanto dichia� 
rativa della esecutivit�), l'ingiunzione acquista i 
requisiti propri del titolo esecutivo, indispensabili 
perch� possa darsi luogo alla normale esecuzione forzata 
prevista dal nostro Codice di procedura civile. 
Quanta precede vale inoltre a dimostrarci che � 
in errore sia chi pretende ridurre la vidimazione ad 
elemento quasi del tutto irrilevante e superfluo, 
sia chi, viceversa, la dilata facendone un comando 
giudiziario di autorit� pari al decreto ingiuntivo. 

La vidimazione non pu� invero consistere in 
niente altro pi� che nella verifi.ca, ai limitati fini 
dell'esecuzione, della regolarit� formale dell'ingiunzione 
e rappresenta in definitiva un mero atto di 
controllo estrinseco e preventivo di legittimit�. 

D. D. 
ASTER ROTONDI : Le parti nei processo tributario. 

Contributo allo studio dell'onere della prova. ( �Ar


chivio Finanziario�, vol. III, 1953, p. 117). 

I. Scopo dello studio, come lo . stesso Autore 
dichiara, � quello di dimostrare � a quale concetto 
debba informarsi il nuovo diritto strumentale in 
materia tributaria �. E ci� per il motivo, che sembrando 
il legislatore ormai avvia.to con la cosiddetta 
preriforma Vanoni sulla strada della giusta imposta, 
ogni promettente disegno sarebbe in materia destinato 
a fallimento, se a giuste norme didiritto sostanziale 
non facessero riscontro norme altrettanto 
giuste di diritto processuale. 
Scopo quindi d'impegno, oltre che di largo e 
sempre vivo interesse; se � vero che considerazioni 
del genere gi� spingevano il Pugliese, nell'accingersi 
a porre tra i primi ordine sistematico nel 
diritto formale tributario, ad avvertire di dover 

richiamare l'attenzione sulla delicatezza :ed impor


tanza della materia, sembrando chiaro. che �un 

sistema fiscale per essere considerato buono,� non 

basta consti di ottime leggi finanziarie, sii tali leggi 

vengono male e parzialmente applicate� (1). 

In buona sostanza, 'quindi e nella considerazione 
che sarebbe evidentemente inutile lastricare 
la strada fiscale di buone intenzioni, se poi si 
volesse percorrerla con un carrozzone sgangherato 
e malsicuro; il Rotondi ha voluto offrire i~ proprio 
contributo per l'impostazione (e ci si consenta 
l'espressione) di un mezzo di trasporto suscettibile 
di permettere un tranquillo viaggio sulla tormentata 
strada dei rapporti tra Finanza e contribuente. 

II. Il lavoro � dedicato alla disamina di quello cP.e 
pu� dirsi il tema pi� delicato, complesso e dibattuto 
del processo tributario; e cio� del tema dell'onere o 
dell'incombenza della prova nella fase di accertamento 
del debito d'imposta. E la conclusione cui 
l'.Autore perviene, � che questo onere deve far carico 
alla Finanza in quanto titolare della pretesa contestata 
dal contribuente con il proprio ricorso e perci� 
in effetti attrice nel momento processuale; rispetto 
al quale la circostanza che il contraddittorio risulti 
promosso su iniziativa del soggetto passivo, non 
potrebbe costituire una buona ragione per affermare 
la legittimit� del rovesciamento della reciproca 
situazione delle parti sul piano sostanziale, allo 
scopo di desumerne la conseguenza che attore nel 
senso proprio dell'espressione sia il contribuente e 
non la Finanza. 
E la costruzione logica e giuridica per giungere 
alla conclusione accennata, parte dalla premessa 
che il diritto formale tributario non pu� non andare 
inquadrato, siccome sj>ecies a genus, in quello processuale 
civile, del quale gi� oggi ripeterebbe alcuni 
fondamentali motivi; per cui, attraverso il richiamo 
ai concetti di parte, di azione e di domanda (che 
andrebbero considerati del pari validi in materia, 
ad orita delle singolari situazioni cui d� luogo il 
rapporto giuridico d'imposta nel processo), bisognerebbe 
riconoscere che a seguito dell'opposizione 
si viene a determinare una situazione del tutto 
identica a quella del giudizio aperto con l'opposizione 
a decreto ingiuntivo, in quanto cc � il contribuente 
che deve assumere l'iniziativa del processo, 
e, perci�, egli � attore; ma egli non � titolare della 
pretesa in contestazione, perch� ne � sempre il 
soggetto passivo; dunque la stessa persona si trova 
ad avere due posizioni giuridicamente rilevanti: 
quella di attore in senso formale e quella di convenuto 
in senso sostanziale. Si ripetono, cio�, esattamente 
i motivi che caratterizzano il procedimento 
d'ingiunzione di cui l'accertamento fiscale, per la 
rilevanza politica della lite, rappresenta una specie �. 

L'accollo del peso della prova alla Finanza, non 
sarebbe, quindi, che una logica conseguenza dello 
inquadramento sistematico del processo tributario 
tra gli schemi di uno speciale procedimento di cognizione, 
con l'ovvia estensione al medesimo 4__ei :princip� 
correnti sulla distribuzione tra le parti dello 
onere probatorio. 

(1) PUGLIESE: La prova del processo tributario, Cedam, 
1935, p. 6. 

-

III. Tale teoria vuole anche esprimere un superamento 
delle opinioni che attualmente si dividono 
il campo sul tema, ed i cui risultati sarebbero non 
solo inappaganti, ma in s� anche contraddittori. 
Infatti, la tesi del Berliri (1), fondata specialmente 
su argomenti letterali tratti dai testi legislativi (2), 
e secondo cui il reclamo del contribuente va qualificato 
come l'atto d'opposizione e non quale azione 
di impugnativa (3), andrebbe respinta non in quanto 
inesatta per la fondatezza delle critiche opposte 
dall'Allorio (4), ma perch� incompleta; rifiutandosi 
in Berliri di trarre dalla propria teoria le ovvie conclusioni 
sul punto relativo alla posizione delle 
parti ed ai conseguenti loro doveri probatori nello 
svolgimento del processo. Nota infatti il Rotondi, 
che <e non fa mestieri attardarsi a ricercare e precisare 
se il ricorso sia opposizione o impugnativa, 
quando si conclude che attore � il contribuente (con 
tutte le conseguenze che derivano da tale sua posizione), 
e cio� si perviene precisamente laddove 
arrivano coloro che, traendo da ben altre premesse 
le logiche conseguenze, attribuiscono al ricorso il 
carattere proprio dell'impugnativa)) (5). 

(1) BERLIRI A.: Il processo trlb. amm. 1940, vol. I, 
p. 150 e segg.; voi. II, p. 3 e segg. Nello stesso senso: 
DEL R10, in �Giur. Imp. Dir.�, 1929, p. 35. 
(2) Articoli 98 e 107 del Regolamento 11 luglio 1907 
n. 560, per l'imposta di R. M.; art. 3, 2� comma della 
legge 2 maggio 1907 n. 222 sull'imposta di R. M., come 
modificato dall'art. 11 del R. D. L. 8-giugno 1936, n. 1231; 
articoli 31 e 32 del R. D. L. 8 luglio 1937 n. 1516 sulle 
commissioni tributarie; art. 19 del D. L. L. 26 marzo 
1946 n. 134 sui profitti di regime; art. 15 del R. D. L. 
27 maggio 1946 n. 436 sui profitti di contingenza. 
(3) Sulle conseguenze della diversa qualificazione, si 
tenga presente che, tra l'altro, nel primo caso risulta. 
rebbero consentiti: la variazione senza limiti dei motivi 
d'opposizione ad opera cos� del ricorrente come del giudice, 
trattandosi di motivi di resistenza posti a fondamento 
di semplici difese; il rilievo d'ufficio dell'incompetenza 
territoriale dell'ufficio impositore, facendo tale 
fatto venir meno un necessario presupposto della decisione 
di merito, quale la regolare costituzione dell'attore 
in giudizio; la sanatoria dei vizi di notifica dell'atto di 
imposizione, con la presentazione del reclamo da parte 
del contribuente; l'elevazione dell'ammontare dell'accertamento 
da parte deUa Finanza. (Vedi ALLORIO: Diritto 
proc. trib., 1942, p. 142 e segg.). 
(4) ALLORIO: op. cit., p. 134 e segg. 
(5) Questa conclusione ci sembra per� che sia frutto 
di incompleta interpretazione del pensiero del Berliri, 
che gi� nell'opera citata � esplicito nel senso. di assegnare 
alla Finanza la veste di attore (vedi in ispecie: �p, cit., 
voi. I, p. 157). Comunque, tale pensiero � ribadito in 
termini chiarissimi nella nota indubbiamente del Berliri 
medesimo, riportata sulla �Giur. Imp. Dir.�, 1947, 25 
e segg., a commento della sentenza 24 marzo 1947 n. 367 
della Cassazione. Che, poi, ad onta di tanto, non si concluda 
dal Berliri accollando alla Finanza l'onere della 
prova, � fatto derivante da diverso e specifico motivo: 
e cio� dalla circostanza che per il Berliri, essendo quello 
tributario un processo a carattere inquisitorio, non sussiste 
un onere della prova e non pu� perci� parlarsi della 
ripartizione di esso e quindi dell'obbligo dell'attore di 
dimostrare i fatti costitutivi del suo diritto e di quello 
del convenuto di provare i fatti estintivi (vedi in Op. 
cit., vol. II, p. 68). 
Per la tesi, invece, che nessuna delle parti nel processo 
tributario sia gravata da un onere di prova; ma spetti 
al giudice, dopo avere esperiti tutti i possibili mezzi 
istruttori, di apprezzarne liberamente le risultanze: V. 
MIOHELI: Aspetti e problemi della prova e della decisione 
nel processo tributario, in� Riv. Dir. Fin. Se. Fin.�, 1940, 
I, 234. Per il Pugliese, infine, l'onere della prova incombe 
senz'altro al contribuente (vedi: Op. cit;, p. 22 e segg.) 

55 

Ugualmente da respingere per il Rotondi sarebbe 
la tesi dell' Allorio (1); che, criticando la teoria precedentemente 
esposta, identifica nel ricorso del 
contribuente un'impugnativa, e quindi l'atto con 
il quale si instaura il processo tributario, nel quale 
conseguentemente il ruolo di attore viene. ad essere 
affidato al contribuente (2). Ed il motivo del dissenso 
si esprime fondamentalmente nel rilievo, 
che tale tesi trascurerebbe di considerare, che se 
l'iniziativa di reagire giudizialmente muove dal 
contribuente, � evidente che si ammette nel Fisco 
un potere di azione, rappresentante un prius logico 
e giuridico rispetto alla reazione. 

Del pari inappagante, infine, sarebbe la teoria che 
identifi,casse una citazione tributaria nell'avviso di 
accertamento (3), data l'evidente mancanza in esso 
degli elementi caratteristici della domanda giudiziale, 
e cio� la vocatio in jus e l'indicazione della 
udienza di trattazione. 

Allo scopo, quindi, di vedere realizzato un processo 
tributario capace di svolgerBi su una linea 
perfettamente coerente dall'impostazione teorica 
alle pratiche conseguenze, il Rotondi suggerisce 
come idonea la costruzione che innanzi si � delineata; 
e che, per maggiore chiarezza, vogliamo 
riportare puntualizzata come segue, usando le stesse 
espressioni del testo: 

a) l'opposizione a decreto d'ingiunzione � in 
realt� un mezzo d'impugnazione speciale, inteso ad 
ottenere la rescissione dello speciale procedimento, 
attraverso un ordinario processo di cognizione di 
prima ista:nza (4). Questo processo � caratterizzato 
dal fatto che l'opponente, che assume l'iniziativa 
del procedimento di cognizione, ha la veste formale 
di attore, perch� � egli il soggetto passivo del rapporto 
giuridico materiale, cio� � sostanzialmente 
nella posizione di convenuto; di tal che l'onere 
della prova incombe al ricorrente nonostante che 
la posizione formale dell'attore se l'assuma l'opponente; 


b) l'avviso di accertamento fiscale, in quanto 
manifestazione della volont� dello Stato che attua 
la norma di diritto materiale, spiega la sua efficacia 
per la presunzione di legittimit� che accompagna la 
nascita dell'atto amministrativo e che tiene luogo 
del decret� che il magistrato accorda quando accoglie 
la domanda d'ingiunzione. � soltanto nel momento 
in cui il soggetto passivo dell'imposizione si 
oppone all'accertamento, che nasce la lite tributaria, 
la quale fa venir meno la presunzione di legittimit� 
ed instanza il processo tributario. Nel quale 
il contribuente che si oppone all'accertamento, pur 

(1) ALLORIO, op. cit., p. 133 e segg. 
(2) Si tenga presente, eh"> ci� non ostante, per l'Allorio 
la prova farebbe carico al Fisco, per il motivo che stabilendo 
espressamente tutta una serie di norme la 
inversione della prova a favore della Finanza mediante 
presunzioni legali relative -per argomento a coritrario 
si avrebbe l'indiscutibile dimostrazione che dall'ordinamento 
positivo si � invece voluto di regola rovesciare 
l'onere probatorio dal contribuente alla Finatiz� (vedi: 
Op. cit., pp. 142 e 494 e segg.). 
(3) Questa teoria risulta appena accennata dall'Autore; 
e finora, per quanto ci consta, non � stata trattata 
da chicchessia. 
(4) In tal senso: V. GARBAGNATI: I procedimenti di 
ingiunzione e per convalida di sfratto, 1942, p. 89. 

-56 


conservando la veste di soggetto passivo della pretesa 
dell' .Amministrazione, assume l'iniziativa del 
processo: egli � ad un tempo attore e convenuto, 
attore in senso formale e convenuto in senso sostanziale; 


e) con l'opposizione all'avviso di accertamento 
si ripetono quindi esattamente i motivi che 
caratterizzano il procedimento d'ingiunzione, di 
cui lo accertamento f�,scale rappresenta una specie; 

d) conseguentemente � la regola del processo 
civile che pu� essere utilizzata anche nel processo 
tributario, con la conclusione che l'onere della prova 
deve incombere alla Finanza, per il fatto certo che 
essa � titolare della pretesa contestata mentre il 
contribuente resta il soggetto passivo di quella 
pretesa. 

4. Circa i singoli mezzi di prova, il Rotondi ne 
esamina due soltanto, e cio� il giuramento e le 
presunzioni. 
Per il primo, negata la impossibilit� concettuale 
di sua cittadinanza nel processo tributario, l' .Autore 
osserva che solo una ingiustif�,cata animosit� contro 
il contribuente potrebbe portare ad una esclusione 
legislativa; non potendosi affermare che in sede 
tributaria giurerebbe il falso chi in sede civile giurerebbe 
invece il vero. 

Per le seconde decisamente s'invoca un �calmiere 

delle presunzioni �, le quali andrebbero conservate 

solo nella fase di accertamento. 

In sede contenziosa, invece, dovrebbero essere 

abbandonate, poich� senza l'ausilio del giura


mento il contribuente -in difetto di altre pos


sibilit� di prova -sarebbe nell'impossibilit� di 

difendersi. 

In sostanza il processo tributario, -conclude 
il Rotondi, -va moralizzato informandolo a 
criteri razionali; �poich� solo raziocinio e senso 
etico portano preciimmente dove bisogna in materia 
arrivare, e cio� al rispetto della personalit� 
umana�. 

5. La costruzione delineata dal Rotondi, che 
abbiamo tentato di riassumere il pi� chiaramente 
possibile nei ristretti limiti consentiti da una rapida 
nota (e dobbiamo aggiungere, che la nostra non �� 
stata facile impresa, per la macchinosit� del sistema 
espositivo adottato dall'Autore, ulteriormente appesantito 
dai molteplici ed approfonditi richiami a 
teorie ed istituti del processo ordinario e di quello 
tributario interessanti in modo molto indiretto 
il tema trattato), non ci sembra affatto accettabile. 
Prescindendo, invero e per il momento dalle peculiari 
necessit� del diritto tributario e dai singolari 
atteggiamenti che in conseguenza deve assumere 
in materia quello processuale e che ovviamente non 
possono essere trascurati, se si intende fare opera 
veramente costruttiva utilizzabile nella preparazione 
degli strumenti legislativi che dovranno regolare 
la materia; due fondamentali e riteniamo 
insuperabili rilievi devono essere prospettati al 
Rotondi. 

Il primo � il seguente: anche a consentire sullo 
asserito carattere di mezzo d'impugnazione della 

oppos1z10ne a decreto ingiuntivo (1 ), � evidente 
che in tanto p�� dirsi che l'opponente -pur assumendo 
formalmente la veste di attore -in realt� 
sul piano sostanziale � convenuto, in quanto con 
l'opposizione si d� vita ad un procedimento d'impugnazione 
che costituisee una eontinuazione del 
processo di cognizione speciale e sommaria iniziatosi 
con il ricorso per ingiunzione: in quanto cio� 
il ricorrente ha gi� proposta una domanda giudiziale 
con il proprio ricorso, conseguendo un provvedimento 
giurisdizionale, che poi per l'intervenuta 
opposizione ed attraverso un procedimento in contraddittorio, 
sar� sostituito da altro provvedimento 
pronunciato in forma di sentenza (2). 

Perci�, per affermare -come fa il Rotondi allo 
scopo di desumere dal preteso parallelismo dei 
fenomeni giuridici quella identit� di situazioni ~che 
porterebbero ad una disciplina similare dei due 
processi -che con l'opposizione all'avviso di accertamento 
si verifica una situazione processuale analoga 
a quella indicata; ci sembra che bisognerebbe 
anzitutto dimostrare, che oggetto specif�,co del 
procedimento tributario di accertamento non � il 
diritto del cittadino che si pretende leso dalla imposizione 
illegale di farla annullare, ma � invece la 
declaratoria di fondatezza della pretesa della Finanza: 
in buona sostanza, cio�, bisognerebbe 
identif�,care nell'atto di accertamento un'equivalente 
della domanda giudiziale. 

Una tesi del genere sembra per� assolutamente 
insostenibile; e sia perch�, sul piano formale, mancherebbe 
proprio quella invocazione del giudice e 
quella chiamata del convenuto innanzi di esso che 
caratterizzano la domanda giudiziale (3); e sia 
perch�, sul piano sostanziale, l'atto di accertamento 
non tende affatto a costituire un rapporto processuale 
nemmeno in via eventuale, e vale a dire a 
conseguire l'attuazione della volont� della legge 
mediante l'intervento del giudice; ma tende, invece, 
ad accertare di per s� il debito tributario del contribuente. 


Quanto al secondo rilievo, va considerato che la 
conclusione cui perviene il Rotondi potrebbe essere 
accettata solo a patto di ritenere l'obbligazione 
tributaria in tutto simile ad un'obbligazione di 
mero diritto privato; e cio� solo se fosse possibile 
disconoscere, che la potest� d'impero dello Stato e 
degli altri enti pubblici impositori si estrinseca in 
veri atti amministrativi, assistiti dai principi della 
esecutoriet� e della presunzione di loro legitthnit�. 
Con la conseguenza, che l'impugnativa del cittadino 
da essi gravato non pu� non essere un'azione 

(1) Per quanto qui interessa non pare infatti necessario 
prendere partito nella questione assai controversa 
circa la natura da attribuire al giudizio di opposizione al 
decreto d'ingiunzione. Come � noto, da una parte il 
GARBAGNATI (Op. cit., p. 89 e segg.) ritiene di poterlo 
assimilare ad un vero e proprio giudizio d'impugnazione; 
dall'altra l'ANDRIOLI (Commento, vol. III, p. 306 e segg.) 
sostiene che esso �, prevalentemente, un giudizio di 
cognizione ordinaria; pur potendosi, da; �ltro punto di 
vista, riconoscere nel medesimo anche un giudizi�-aventeper 
oggetto la valutazione della conformit� del procedimento 
monitorio a diritto. 
(2) GARBAGNATI, Op. cit., p. 42 e 73. 
(3) Vedi in tal senso Tribunale di Roma, 27 ottobre 
1945, in cc Foro It. �, 1944-46, I; 261. 

-57 


diretta a contestare tale legittimit�, con tutti i 
relativi ed ovvi riflessi sul terreno processuale. 

N� si obbietti, �he appunto questa qualifica di 
atto amministrativo dovrebbe negarsi all'accertamento, 
per il motivo che raramente quello costituisce 
il cittadino debitore in senso tecnico verso 
l'.Amministrazione (bench� non siano affatto rari 
gli atti amministrativi che pongono a carico del 
soggetto passivo un'obbligazione di facere o altra 
analoga) come invece sempre accade con questo 
ultimo, diretto a fissare la misura del debito fiscale; 
poich� -prescindendo da altre considerazioni � 
chiaro che l'effetto spiegato evidentemente rappresenta 
una accidentalit�, che non influisce affatto 
sulla natura formalmente e sostanzialmente amministrativa 
all'atto d'accertamento (1). 

Ed allora, se tale indubitabile realt� si tiene 
presente, bisogna riconoscere che l'accertamento 
tributario -in quanto appunto atto amministrativo 
-deve godere pure esso della presunzione 
di legittimit�, che lo rende irrevocabile qualora 
l'intimato non insorga nel tempo e nelle forme di 
legge (2); e che consente alla Pubblica .Amministrazione 
di tradurre senz'altro in via concreta le proprie 
pretese, senza necessit� di un preventivo intervento 
del giudice diretto ad accertarne la legittimit�. Con 
l'immediata conseguenza, rispetto ad una successiva 
contestazione giudiziale, della dispensa della 
azione in lite e cio� della inversione dell'onere della 
azione (3); per cui � il contribuente che deve farsi 
attore per provare l'illegittimit� delle pretese medesime 
e quindi dell'atto amministrativo di accertamento. 
Trattandosi, cio�, di atto amministrativo, 
la Finanza gode evidentemente di una relevatio ab 
onere agendi, che in via diretta determina un rovesciamento 
di situazioni processuali; ed in via indiretta 
-e come ulterio:re ed ovvia sua conseguenza 
-l'obbligo per il contribuente attore di dare la dimostrazione 
dell'asserita illegittimit� della imposizjone. 

N � si osservi in contrario, che con l'impugnativa 
la ripetuta presunzione di legittimit� resterebbe 
distrutta, e quindi si troverebbe la Finanza sprovveduta 
d.ella possibilit� di godere nella lite degli 
effetti della cennata relevatio ab onere agendi; poich� 
� inveee risaputo, che le conseguenze giuridiche 
proprie dell'atto amministrativo restano ad esso 
connesse finch� non ne venga accertato un vizio e 
l'atto non venga posto nel nulla da un'autorit� 
competente ( 4 ). 

Perci� se la presunzione di legittimit� continua 
ad assistere l'atto di accertamento ad onta della 
impugnativa, il contribuente deve considerarsi 
attore non solo in senso formale, ma anche in via 
sostanziale e quindi tenuto ad offrire gli elementi 
necessari per sostenere la propria azione. 

E se a tanto si aggiunge, che l'applicazione di tali 
principi � ormai pacifica nell'ipotesi di entrate 
patrimoniali dello Stato (5), proprio non si vede 

(1) PUGLIESE, Op. cit., p. 24. 
(2) Cassaz., Sez. Un., 10 gennaio 1934, in cc Foro It. >l, 
1934, I, c. 669. 
(3) TREVES: La preBunzione di legittimit� degli atti 
amminiBtrativi, 1936, p. 165. 
(4) TREVES, Op. cit., p. 83. 
(5) Cass., 27 gennaio 1949 n. 113, in cc Giur. It. >>, 
1949, I, 1, 588. 
perch� debba seguirsi diversa strada nel caso di 
entrate di diritto pubblico, come quelle tributarie; 
alle quali -stando all'opinione del Rotondi dovrebbe 
farsi un dissimile e molto peggiore~ trattamento, 
senza che per altro la diversa regolamentazione 
possa logicamente e giuridicamente 
giustificarsi. 

6. Rispetto alle proposte relative al giuramento 
ed alle presunzioni, il meno che si possa dire � che 
l'Autore si sia lasciato prendere la mano da una 
preoccupazione teorica, e cio� dal desiderio di vedere 
il pi� possibile adeguato il processo :tributario a 
quello civile. 
Ora se � vero che sarebbe arbitrario ed ingiusti~ 
ficato porre un aprioristico rifiuto alla estensione dei 
principi di questo al primo, � altrettanto vero che 
il considerare il processo civile come un modello da 
imitare ad ogni costo � indirizzo da respingere 
senz'altro. 

Il processo tributario, infatti, ha autonome esigenze 
e particolari problemi, che non possono essere 
dimenticati, se non si vogliono fare soltanto inutili 
ed inconcludenti esercitazioni accademiche (1). 
Se ci si dimentica, cio�, che l'attivit� tributaria 
rappresenta l'aspetto pi� importante dell'attivit� 
amministrativa dello Stato, in quanto rivolta a 
procurare i mezzi indispensabili per adempiere alle 
fondamentali necessit� della collettivit�; se ci si 
dimentica che la ricerca della verit� nel settore 
tributario � estremamente diffic�ltosa, dati gli 
interessi profondamente contrastanti in giuoco, e 
che le difficolt� ridondano particolarmente a carico 
della Finanza, poich� fornire esaurienti ed ineccepibili 
prove dell'accertamento � certamente cosa 
molto pi� difficile e meno attuabile che ottenere 
da parte del contribuente la confessione del reddito 

o il riconoscimento di una data situazione a suo 
sfavore; se ci si dimentica che negare l'esistenza o 
una determinata estimazione del reddito � molto 
pi� facile che provare tale esistenza o questa estimazione; 
se si dimentica, infine, che l'attivit� di 
accertamento � costretta a muoversi su un terreno 
completamente estraneo all'Ente impositore, in 
quanto appartenente esclusivamente alla sfera di 
attivit� patrimoniale del contribuente, si rischia 
evidentemente di far crollare tutto l'edificio del 
contenzioso tributario e rendere impossibile la 
realizzazione alle pretese fiscali. 
E se poi si considera, che perfino nel recente 
progetto di riforma del contenzioso tributario (cui 
possono essere opposte critiche molteplici, ma non 
certamente quella di essere stato tenero per la 
Finanza) si esclude recisamente l'ammissibilit� del 
giuramento di parte e si consentono le presunzioni 
anche al di l� dei limiti di cui all'art. 2729, 2� comma 
del Codice civile (per il motivo che � rispetto al 
particolare oggetto dei processi [tributari] la posizione 
delle parti -contribuente e Finanza -� 
assai diversa�) (2), � di tutta evidenza che le osserva


(1) In tal senso, vedi GRIZIOTTI, in cc Riv. Dir. fin. 
Se. fin. �, 1951, I, p. 207. 
(2) Relazione al Ministro al progetto di riforma del 
contenzioso tributario, in cc Riv. Dir. fin. Se, fin.>>, 1952, 
I, p. 112. 

-58 


zioni e le proposte avanzate in proposito dal Rotondi 
quanto meno risentono di superfi,cialit� d'impostazione. 
Ed in tali condizioni una loro critica approfondita 
ci sembrerebbe almeno superflua. 

N � pare pertinente il richiamo ad elementi di 
natura etica, per a:ffel'marne la necessit� di una 
moralizzazione del processo tributario sotto 
il profi,lo che il diniego del giuramento e le presunzioni 
costituirebbero addirittura un'aggressione alla 
� personalit� umana � del contribuente; poich� le 
norme di diritto positivo sono evidentemente rivolte 
a regolare l'attivit� umaria per quello che gli uomini 
sono e non gi� per quello che dovrebbero essere. 
E dal momento che -pur senza voler essere pessimisti 
ad ogni costo, ma solo per tenersi alla realt� 
...:._ non pare che gli uomini siano molto cambiati 
attraverso i tempi, per cui ancora oggi non sapremmo 
trovare valide obbiezioni da opporre al 
pensiero di chi conosceva ottimamente i suoi simili, 
e pertanto riteneva che � gli uomini si dolgono pi� 
di un podere che sia loro tolto che d'uno fratello o 
padre che fussi morto, perch� fa morte si dimentica 
qualche volta, la roba mai� (21), � evidente che 
suggerimenti del genere di quelli avanzati dal Rotondi 
non sono destinati a portare nello scottante 
e delicato problema del processo tributario, quel 
positivo contributo che era nelle intenzioni del 
l'Autore. 

G. DEL GRECO 
M. 
GrusoLIA: La tutela delle cose d'arte. (Soc. Ed. 
�Foro Italiano�, pp. 546, Roma, 1953). 
Senza timore di esagerare possiamo definire 
questo libro come fondamentale nello studio e 
nella sistemazione della disciplina giuridica del 
patrimonio artistico italiano. Esso invero colma 
una lacuna della �scienza giuridica, in modo cosi 
completo che � da ritenere che qualsiasi successiva 
trattazione dell'argomento potr� solo aspirare ad 
assumere una funzione di integrazione di questa 
opera, nella quale l'A. ha trasfuso, oltre ad una 
vasta e ben selezionata cultura giuridica, una non 
facilmente eguagliabile esperienza amministrativa. 

Gi� dalla sola lettura dell'indice-sommario si 

comprende non solo che si tratta di un'opera 

completa sulla materia, ma che questa � trattata 

in modo sistematico, e, cio�, secondo criteri vera


mente scientifi.ci, atti a dare del fenomeno giuri


dico una visione d'insieme e al tempo stesso pro


fonda. 

La prima parte dell'opera, divisa in tre capitoli, 

� dedicata allo studio dei precedenti storico-legi


slativi della disciplina giuridica vigente in materia, 

a 
un breve ma preciso e documentato cenno di 

legislazione comparata (di particolare importanza 

l'accenno alla legislazione della Chiesa, SS. Sede e 

Citt� del Vaticano nei riguardi della legislazione 

italiana) e alla tutela internazionale delle cose 

d'arte. 

(1) MAOHIAVELLI, nella lettera al Cardinale Giovanni 
dei Medici, riportata dal Russo a nota 11-12, p. 5 della 
Antologia Machiavellica, Le Monnier, 1935. 
La seconda parte concerne l'ordinamento italiano 
vigente nella materia della tutela delle cose d'arte. 

Oltre ad una critica ben centrata alla insufficienza 
della regolamentazione legislativa per quanto 
attiene alla defi.nizione del concetto di patrimonio 
artistico (insufficienza che soprattutto ha origine 
dal fatto di aver considerato le cose artistiche 
solo con riguardo alla loro appartenenza o meno 
allo Stato, per derivarne la natura demaniale), 
l'A. svolge una sua acuta tesi fondata sull'affermazfone 
che �il requisito dell'appartenenza in senso 
proprietaristico non � condizione essenziale alla 
tutela artistica, neanche quando essa appare 
maggiormente rilevante e, cio�, quando interviene 
come fattore determinante della stessa sfera di 
tutela ii (p. 206). 

A conclusione di una serrata disan;i.ina dell'argomento, 
il G. giunge all'affermazione, che ci sembra 
giusta, che� il bene artistico, anche non demaniale, 
� sempre bene di interesse pubblico, pur quando � 
di propriet� privata� (p. 209) e che <e si possa 
accedere all'idea di una categoria funzionale di 
beni di interesse pubblico nel diritto amministrativo 
accanto a quella dei beni demaniali i> (p. 226) 
e che, infine, non si possa �disconoscere il carattere 
reale al rapporto di tutela artistica, che, sotto il 
profilo pubblicistico, attua un rapporto diretto ed 
immediato tra la Pubblica Amministrazione e il 
bene, assolutamente preminente su quello dello 
stesso proprietario e valevole anche nei confronti 
di chiunque si .trovi o si venga. a trovare di fatto 
nel possesso del bene tutelato ii (p. 219). 

Nel capitolo secondo di questa seconda parte 
l'A. vuol dimostrare, sulla scorta della legislazione, 
che ha la sua fonte primaria nella legge del 1939, 
la esattezza della soluzione proposta in sede con cettuale 
circa la particolare natura dei beni artistici. 
La dimostrazione � condotta in base a criteri 
organici, dividendo la materia in tre punti: trattazione 
dell'oggetto della tutela artistica, dei soggetti 
della tutela, ed infine dei rapporti giuridici. 

Per quanto riguarda l'oggetto, rileviamo la deci


siva importanza dell'argomento della � notifica �, 

che � uno degli atti fondamentali per l'attribuzione 

alla cosa della qualit� di bene artistico. Secondo l'A., 

e ci sembra giustamente, la notifica non pu� essere 

confusa con quegli atti con i quali si riconosce o si 

attribuisce la demanialit� ai beni ( classifi.cazione, 

elenchi, ecc.), costituendo essa un atto avente 

carattere dichiarativo e non costitutivo che rappre


senta il presupposto indispensabile per l'applica


zione delle norme che regolano la tutela delle cose 

d'arte. 

Per quanto si riferisce ai soggetti, � notevole 

per la sua acutezza la trattazione relativa alla 

situazione giuridica degli enti ecclesiastici in materia 

di tutela dei beni artistici. L'A., e ci sembra giusta


mente, ritiene che � gli Enti ecclesiastici siano dalla 

nostra legge di tutela artistica posti sullo stesso 

piano degli Enti pubblici ii (p. 320), e che �il 

Ministro per la Pubblica Istruzione. ha sui beni 

degli Enti ecclesiastici i poteri riconosciutigli -in 


genere per i beni artistici degli Enti pubblici dalla 

legge del 1939; limitatamente per� ai beni di 

culto -e quindi non per tutte le cose d'arte degli 

Enti ecclesiastici -il Ministro proceder� d'accordo 



-59 


con l'.Autorit� ecclesiastica, in modo che quei 
poteri di tutela, a lui solo spettanti sui beni di che 
trattasi, si esercitino senza turbare le esigenze del 
culto (p. 323). 
� La parte centrale della trattazione � rappresentata 
dal paragrafo III cemcernente i rapporti 
giuridici che si possono costituire in base alla legge 
speciale sulla tutela artistica. Questo �paragrafo � 
diviso in tre sezioni, la prima delle quali riguarda 
la conservazione dei beni artistici, la seconda la 
circolazione e la terza le sanzioni. Probabilmente 
sarebbe stato opportuno trattare le sanzioni come 
argomento a s� stante, ma questa � un'osservazione 
puramente formale che non attiene alla sostanza 
della trattazione. 

La sezione relativa alla conservazione tratta la 
materia delle demolizioni, rimozioni, modificazioni, 
costruzioni, ricostruzioni di cose artistiche, 
particolarmente di immobili. � trattata poi minutamente 
la questione della conservazione degli 
immobili di interesse storico o artistico in rapporto 
all'ambiente che li circonda, con speciale riguardo 
alla applicazione dell'art. 21 della vigente legge 
del 1939 relativo alle distanze. Notiamo, peraltro, 
che non � qui affrontata la questione dell'applicabilit� 
dell'art. 21 in caso di ricostruzioni di immobili 
distrutti dalla guerra; com'� noto, taluno 
ritiene che in questi casi l'art. 21 non possa applicarsi, 
altri segue la tesi contraria che secondo 
noi � pi� giusta. Si noti che in una materia analoga 
(e, cio�, ricostruzione di immobili distrutti dalla 
guerra e sorgenti a distanze minori di quelle prescritte 
da strade nazionali e ferrate) la giurisprudenza 
ha seguito questa seconda tesi. � 

La sezione seconda del paragrafo concerne la 
circolazione delle cose d'arte, e, cio�, tutta la materia 
delle alienazioni e delle esportazioni, e le varie 
forme di acquisto coattivo da parte dello Stato. 

Il principio generale che l'.A. pone a fondamento 
di tutta la sua teoria in materia di circolazione 
delle cose artistiche � che �non � possibile parlare 
per le cose d'arte di propriet� privata di commerciabilit� 
e quindi escludere per esse l'usucapione 
e in genere il possesso� (p. 375). Nel concetto di 
cose di propriet� privata il G. comprende anche 
le cose appartenenti ad enti non pubblici. Pertanto 
egli dissente dalla impostazione della tesi sostenuta 

in questa Rassegna (1949, p. 54 e segg.) dall'.Arias 
in nota a sentenza del Tribunale di Firenze, alla 
quale rinviamo per l'esame degli argomenti contrari. 

Occorre dire che il G. nella esposizione del suo 
punto di vista � dominato da considerazioni di 
rispetto forse eccessivo per i . diritti dei . priva.ti 
sulle cose artistiche, e queste considerazioni sono 
~oprattutto riscontrabili nella trattazione della 
questione del diritto di prelazione e del diritto di 
acquisto che spettano allo Stato, rispettivamente, 
nei casi di alienazione delle cose d'arte e di esportazione. 


.A questo proposito ci sembra che non possa 
approvarsi il sistema segu�to dal G. di accomunare 
sotto una sola disciplina (p. 403 e segg.) il diritto 
di prelazione in caso di alienazione e il diritto di 
acquisto in caso di esportazione. Vero � che con 
recente sentenza del 23 gennaio 1953, in causa 
Ministero della Pubblica Istruzione contro Gianesi, 
la Corte Suprema di Cassazione ha confermato la 
sentenza del Tribunale di Roma la quale ha ritenuto 
essere il termine dei due mesi entro il quale 
si deve esercitare il diritto di acquisto in caso di 
esportazione non solo un termine di decadenza, 
ma tale da richiedere, perch� la decadenza sia 
evitata, che nei due mesi si addivenga anche alla 
notifica della volont� statale di acquistare (p. 402) 
cos� come avviene per il diritto di prelazione. Ma 
gli argomenti addotti da questa sentenza non ci 
sembrano decisivi, e su di essi ritorneremo in 
modo particolare in sede di commento. 

Dopo un preciso esame della materia relativa 
alle sanzioni (penali, civili ed amministrative) 
conseglienti alle violazioni dei divieti stabiliti dalle 
leggi sulla tutela artistica, il libro si occupa diffusamente 
anche della disciplina dei ritrovamenti 
delle cose d'arte, delle bellezze naturali e dell'organizzazione 
amministrativa della tutela artistica, 
che costituisce di per s� sola una trattazione unica 
nel suo genere e particolarmente documentata, 
grazie alla speciale competenza dell' .A., alto funzionario 
dell' .Amministrazione. 

Una accurata e bene scelta serie di note e un 
indice analitico, preciso ed organico completano 
l'opera, che va segnalata come pregevole ed indispensabile 
per chi ha occasione di interessarsi della 
materia trattata. 



RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA 


AVVOCATI E PROCURATORI -Avvocatura dello 
Stato -Difesa facoltativa di enti pubblici -Non necessit� 
di mandato -Poteri. (Corte di Cassazione, 
Sez. III, civ. -Pres.: Curcio; Est.: Bricarelli; P. M.: 
Pattinari-13 ottobre 1952-10 gennaio 1953 -Basilio 
d'Angi� contro Commissariato Nazionale Giovent� 
Italiana). 

Gli avvocati dello Stato, anche quando assumano 
la rappresentanza e difesa in giudizio di 
enti pubblici, per i quali t�le assunzione sia stata 
autorizzata ai sensi dell'art. 43 T. U. 30 ottobl'e 
1933, n. 1611, non hanno bisogno di mandato, 
bastando che consti della loro qualit�. 

In tal caso la rappresentanza e difesa in giudizio 
si svolge in toto secondo i principi che regolano 
l'azione dell'Avvocatura, la quale pu�, di propria 
iniziativa, e senza necessit� di alcun intervento o 
di particolare deliberazione dei soci rappresentati, 
proporre gravami e fare quanto altro occorre per 
la loro difesa. 

Trattasi di massime di ovvia esattezza. 

Il fatto che la Corte Suprema sia costretta ogni 
tanto a riaffermare la propria costante giurisprudenza 
in questa materia deriva da sporadiohe deviazioni 
delle sentenze delle Corti di merito, peraltro 
ormai ingiustificabili. 

COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Danni di guerra � 
Persona giuridica organo dello Stato. (Corte di Cassazione, 
Sez. Un., Sent. n. 1488/52 -Pres.: Mandrioli; 
Est.; Lonardo; P. M.: Pafundi (conf.) -Ministero 
Interno e Pubblica Istruzione contro Rosei ed 
altri, e viceversa). 

L'assunzione dell'obbligo dell'indennizzo da parte 
dello Stato per i danni di guerra non esclude la 
responsabilit� del privato o della Pubblica Amministrazione, 
cui debba riportarsi il fatto dannoso 
(alle persone, nella specie), secondo le norme 
del diritto comune (I). 

Non esiste incompatibilit� ed antinomia tra 
organizzazione statale ed attribuzione di personalit� 
giuridica (nella specie, Unione Nazionale 
Protezione Antiaerea -U.N.P.A.) (II). 

Si segnala questa sentenza con la quale le Sezioni 
Unite hanno esaminato sia la vexata quaestio 
della << sussidiariet� � della legislazione dei danni 
di guerra, sia l'�ammissibilit� � nel nostro diritto 
positivo della p~rsona giuridica organo dello Stato. 

Il caso, in sintesi, � il seguente: il 25 giugno 
1945, nei locali di un liceo-ginnasio di Milano, 
particolarmente affollato in occasione degli esami 
della sessione estiva, scoppiava un ordigno bellico 
che provocava la morte dei dodicenni Rosei Carlo, 
Casazza Franco e Veniani Pio. Tale ordigno si 
trovava in un cortile del detto Istituto, ove aveva 
sede il Comando provinciale dell'U.N.P.A., insieme 
ad altre bombe e strumenti di guerra. 

Convenuti dagli aventi causa i Ministeri dell'Interno 
e della Pubblica istruzione, nonch� l'ing. Magnani 
Giovanni, quale comandante provinciale dell' U.N. 
P.A., la Corte di Appello di Milano assolveva dalle 
domande proposte il Ministero della Pubblica istruzione, 
conif,annando gli altri due convenuti al risarcimento 
dei danni. 

(I) La Corte Suprema, chiamata a decidere sull'eccepito 
difetto di giurisdizione dell'A.G.O., versandosi 
in materia di danni di guerra, ha fissato il principio 
sopra riportato alla stregua delle seguenti considerazioni: 
a) tutto il sistema legislativo in materia, sin 
dal T. U. del 1919, n. 426, � informato al principio 
dell'� alternativit� � di diritti e cc sussidiariet�� di 
obblighi, potendo il danneggiato scegliere tra il risarcimento 
nei confronti dell'autore del fatto dannoso 
e l'indennizzo dello Stato; 

b) la pretesa del cittadino verso lo Stato non 
si concreta in un diritto subiettivo perfetto bens� 
nell'interesse legittimo ad una erogazione, .cos� che 
se si negasse al danneggiato la facolt� di rivolgersi 
contro l'autore del danno, la �concessione dell'indennizzo 
si risolverebbe non gi� in un beneficio, ma in 
una diminuzione del contenuto dei diritti del danneggiato 
stesso cui competono a tenore del diritto 
comune; 

c) la presunzione di cui al 4� comma dell'art. 1 
del D. Lgt 6 settembre 1946, n. 226, ha vigore e 
forza operante sempre ed unicamente ai fini della 
legge sul risarcimento dei danni di guerra.e nell'ambito 
di questa, non potendo trovare applicazione quando 
si tratti,. come nella specie, di fatto illecito riferibile 
specificatamente a colpa di un terzo, ed entri quindi 
in giuoco il diritto comune; 

d) la norma di cui al 4� comma dell'7Jrt.-10della 
L. 10 agosto 1950, nel fissare una presunzione 
pi� lata di quella sub c), fa salvo il diritto 
di rivalsa dello Stato verso i responsabili del fatto, 
confermando che se il danno di guerra � prodotto da 



-61


un terzo, come contro questo pu� agire lo Stato, che 
ha corrisposto l'indennizzo, cos� non pu� negarsi 
al danneggiato un'azione diretta contro il terzo stesso; 

e) la esclusione, nei confronti della Pubblica 
Amministrazione, di tale azione diretta del danneggiato 
contro la stessa Pubblica Amministrazione, cui 
� riferibile il fatto dannoso, non potrebbe essere accettata 
se non attraverso un'interpretazione arbitraria 
e restrittiva delle norme, non consentita""Tidalla 
lettera dei testi di legge. � 

Pu� rilevarsi come, in sostanza, � affrontato dalla 
Corte Suprema il quesito se sia sussidiario o meno 
l'� indennizzo� statale rispetto al �risarcimento�, 
in via generale, o solo quando quest'ultimo incomba 
ai terzi diversi dallo Stato. 

La soluzione positiva e generale adottata dalla 
sentenza annotata non pu� trovarci consenzienti. V a 
osservato innanzitutto che la Corte sembra aver escluso 
che nella specie potesse applicarsi la legislazione dei 
danni di guerra in quanto (supra sub e) la riferibilit� 
doll'� esplosione)) (a titolo di colpa) ad un 
autore avrebbe fatto entrare in giuoco il diritto comune: 
il che indurrebbe ad escludere il danno di 
guerra, ogni qualvolta sia possibile identificare l'autore 
del danno stesso. 

Siffattamente posta questa proposizione, se ne 
intende l'intrinseca contraddizione con il testo della 
sentenza tutta, con tale evidenza da dispensare da 
ulteriori considerazioni: basta qui fissare il punto 
che interessa, potere, cio�, un danno essere qualificato 
� di guerra �, e come tale ricadere sotto la speciale 
legislazione, e nello stesso tempo, in quanto riferi


bile alla colpa di un terzo, da questo dover essere 
risarcito a stregua della legge comune (1). Questo, 
del resto, la Corte ha affermato implicitamente, senza 
per� giungere a qualificare � danno di guerra )) quello 
in esame, anzi, come si � visto sopra, volendolo escludere, 
senza che ne sussistesse necessit� alcuna; invero 
l'eccepito difetto di giurisdizione veniva a cadere, 
ancorch� l'esplosione del 26 giugno 1946 fosse �danno 
di guerra �, sotto il profilo della riconosciuta azionabilit� 
delle pretese dei danneggiati per colpa aquiliana 
anche nei confronti della Pubblica Amministrazione. 


Ora, che il danneggiato possa, sui presupposti 
dianzi chiariti, pretendere l'indennizzo dello Stato 
ovvero il risarcimento da parte dell'autore del danno 
pu� essere concesso: la giurisprudenza delle Corti 
di �merito (2) ha riconosciuto infatti che sia dato 
scegliere al danneggiato l'una o l'altra via. 

Ma allorch� il danno sia riferibile allo Stato, 
attraverso il comportamento affermato colposo di un 
suo dipendente, si deve negare l'azionabilit� della 
pretesa diretta al �risarcimento ii da parte del leso 
in quanto la responsabilit� dello Stato, discendente 
dal fatto stesso del danno di guerra, fissata dalla legislazione 
speciale, preclude l'esame se nelle singole 
ipotesi si sia concretato o meno una sua responsabilit� 
ad altro titolo, �essendo intento primario (3) 

(1) Contra CASELLA, �Riv. Dir. Comm. >>, 1948, II, 
p. 274. 
(2) Appello di Napoli, 3 novembre 1947, in questa 
�Rassegna� 1948, 4, 14; idem, 19 maggio 1948, idem, 
1949, 10, 16 ed ivi richiami in dottrina e giurisprudenza. 
(3) SANDULLI, �Foro It. �, 1948, 1, 129, contra ALIOT� 
TA, � Giur. It. �, 1948, 1, 2, 269. 
della legge sui danni di guerra... quello di far gravare 
in modo uniforme sullo Stato, ripartendone 
equamente l'onere su tutti i cittadini, le conseguenze 
della guerra, da chiunque .~ubite... ii. 

Vero � che la legge fa salvo il diritto di rivalsa 
dello Stato verso �chiunque ii (art. 12 l-egge 1940), 
ma proprio tale legge, attribuendo allo Stato il diritto 
ad agire contro l'autore del danno, viene ad escludere 
ovviamente che possa agire contro se stesso allorch� 
l'autore � un suo funzionario. 

In tal modo � dalla legge che deriva"'la limitazione 
di una doppia pretesa verso lo Stato e non si vede 
come dovrebbe ricorrersi ad �una interpretazione 
� restrittiva ed arbitraria ii delle norme in esame 
quando � ben chiaro, tra l'altro, l'intento del legislatore 
diretto a far conseguire al danneggiato un 
� indennizzo �, a carico della collettivit�, e non gi� 
a far gravare su questa un �risarcimento l>. Se si 
consentisse nei riguardi dello Stato l'esperimento 
di azioni di diritto comune in subiecta materia si 
concederebbe parallelamente una ricerca di responsabilit� 
nei suoi stessi confronti, sia sugli atti che 
sui comportamenti, in funzione della guerra che 
legittima invece ogni attivit� e non permette, nell'immane 
sforzo imposto da ineluttabili circostanze 
l'adozione di criteri di scelta di comportamenti riconducibili 
alla prudenza, o diligenza del tempo di pace. 

Alla luce di queste brevissime osservazioni, s'intende 
come le argomentazioni seguite nella sentenza 
annotate, non riescano persuasive: perch�, ammessa 
la <<sussidiariet��, nel senso pi� volte chiarito, tra 
<< indennit� il e cc risarcimento �, quando l'autore del 
danno � cc terzo ii rispetto allo Stato, l'unico motivo 
posto dalla Corte a base della reiezione della tesi 
difensiva dell'Amministrazione � quella della inaccettabilit� 
della offerta interpretazione delle leggi in 
esame, che invece si rivela non solo autorizzata dalla 
<< lettera i> delle norme, bens� anche dalla ratio di 
queste stesse. La necessit�, quindi, che la questione 
venga riproposta � di per s� evidente. 

(II) Per intendere appieno la seconda massima � 
necessario richiamare in succinto i principali provvedimenti 
legislativi che interessano. . 
Con R. D. 30 agosto 1934, n. 15,W, veniva creata 
l'Unione Nazionale Protezione Antiaerea ed approvato 
.il relativo statuto, con il quale si riconosceva 
alla stessa la personalit� giuridica. 

Tale statuto veniva sostituito con R. D. 14 maggio 
1936, n. 1062, che, precisando i fini istituzio~ 
nali, sottoponeva a vigilanza del Ministero della 
Guerra l'U.N.P.A., estendendosi la sua attivit� su 
piano nazionale. Dichiarato lo stato di guerra, il 

R. D. L. 18 giugno 1940, n. 638, militarizzava 
l'U.N.P.A. e la metteva alle dipendenze del Ministero 
della Guerra, sostituito quindi dal Ministero 
dell'Interno con R. D. 5 maggio 1941, n. 410, presso 
il quale veniva istituita la Direzione generale per i 
servizi di protezione antiaerea. 
Con decorrenza 28 febbraio 1946 l' U.N.P.A. veniva 
sciolta per effetto del D. Lgt. 6 marzo 1946; n. 145. 

Dall'esame delle sovrariportate disposizioni legi,� 
slative la Corte Suprema ha tratto il convincimento 
che l' U.N.P.A. avesse perduto � l'autonomia funzionale 
connessa alla personalit� giuridica e fosse 
divenuta un organo del Ministero dell'Interno ... pur 



-62


conservando il nome ed il patrimonio �; di conseguenza 
ha respinto l'eccezione sollevata dall' A vvocatura 
di difetto di legittimazione passiva del Ministero 
dell'Interno convenuto, per il fatto illecito di 
un dipendente dell' U.N.P.A. 

La decisione della Suprema Corte regolatrice non 
pu� essere condivisa, in quanto nella specie doveva 
essere negata la natura di .� organo dello Stato � 
all' U .N.P.A. non sembrando avere rilievo decisivo 
quelle considerazioni che sono state poste a base della 
pronunzia. 

Non invero la �militarizzazione � dell' U.N.P.A. 
pu�rilevareaifinidellasua trasformazione in �organo� 
in quanto, a prescindere da ogni altra indagine, a 
tale tesi aderendo si verrebbe ad ammettere che una 
pleiade di Enti o persone giuridiche a loro tempo 
� militarizzate �, fossero parimenti divenuti organi 
dello Stato, il che � inammissibile. 

N� la �dipendenza� dell'U.N.P.A. dal Ministero 
dell'Interno, presso cui fu costituita la Direzione 
generale per i servizi della protezione antiarea 
(R. D. 5 maggio 1941, n. 410, sovra citato), 
pu� a ragione essere ritenuto elemento indubbio 
della cessazione della sfera autonoma dell'Ente, in 
quanto anche prima di tale disposizione legislativa 
l'U.N.P.A. era sottoposta a vigilanza del Ministero 
della Guerra senza che potesse venire ovviamente in 
questione la sua natura di Ente al di fuori della 
organizzazione statale in senso stretto. 

Tale dipendenza, che avrebbe comportato, secondo 
la Corte, la perdita dell'� autonomia funzionale� 
dell' U.N.P.A., non potrebbe al pi� significare altro 
che la istituzione di un vincolo pi� stretto della semplice 
vigilanza, ma sempre facendo salva quella autonomia 
di <e esistenza�, ineliminabile dal concetto di 

persona giuridica, separata da quello dello Stato, 
eppertanto non di questo organo. 

N� appare conferente in linea di diritto l'assumere 
la nomina governativa dei dirigenti dell' U.N.P.A. 
a elemento qualificante tale Ente <e organo statale �, 
in quanto � ben certo che simile elemento non � sufficiente 
ad attribuire tale particolare natura (1). 

La riprova invece che l' U.N.P.A. non � mai stato 
organo dello Stato � data da testi legi,~lativi, in particolare: 


1� dal R. D. L. 9 giugno 1943, �n. 588, che, 
nell'enumerare i servizi di guerra cui doveva sovrintendere 
il Ministero dell'Interno, dispone all'art. 3 
che sono tali quelli attribuiti cc alla Direzione generale 
per i servizi della protezione antiaerea, nonch� 
all'U.N.P.A. ed alla O.R.l.� limitatamente alla 
attivit� da questa esplicata nel campo della protezione 
antiaerea; 

20 dal D. Lgt. 6 marzo 1946, n. 175, che disponeva 
all'art. 1: cc l' U.N.P.A. � sciolta con decorrenza 
28 febbraio 1946�; all'art. 2: �Il Ministero dell'Interno 
provveder� alla liquidazione dell'Ente. I beni 
eventualmente disponibili, dopo effettuata la liquidazione, 
saranno devoluti all'Erario; 

Jo dal R. D. 8 giugno 1940, n. 779, sugli Enti 
non statali ai quali � mantenuta l'autorizzazione �ad 
avvalersi del patrocinio dell'Avvocatura delio Stato, 
che indica, al n. 5, l' U.N.P.A. 

(1) BERLIBI A., �Giur. It. >>, 1948, I, I, 436). 
Invero sub 1� vi ha la netta distinzione, ex lege, 
della Direzione generale per i servizi della protezione 
antiaerea dall' U.N.P.A. e dalla O.R.I.: non 
solo vi � accostamento tra questi due Enti, ma contrapposizione 
degli stessi di fronte alla cennata Direzione 
generale, cio� al Ministero dell'Interno, il ch:J 
sarebbe ovviamente inammissibile se l'U.N.P.A. 
fossestata un �organo �dello stessoMinistero,cos� come 
� inammissibile contrapporre, ad es., l'Intendenza 
di .Finanza alla Direzione generale delle Imposte 
indirette. Oon il provvedimento indicato sub 2� si 
ha la riprova della conservata autonomia dell' U.N 
P.A., sia in quanto non ha luogo, nel nostro ordinamento 
giuridico, cc liquidazione� di un organo statale, 
sia in quanto non si cc scioglie � ci� che non � 
pi� autonomo, essendo ipotizzabile al pi� una forma 
impropria di cc assorbimento �, sia, infine, in quanto 
se l'U.N.P.A. fosse stata organo dello Stato non 
vi era necessit� alcuna di una legge perch� il patrimonio 
passasse allo Stato stesso, trasferimento che 
in tal caso si sarebbe operato automaticamente (1). 

Da ultimo non va pretermesso che se l'U.N.P.A. 
� difesa dall'Avvocatura dello Stato, non in forza 
del T. U. 30 ottobre 1933, n. 1611, bens� per il R.D. 
sovra citato, sicuramente non � <e organo 11 dello Stato, 
poich� in tal caso non sarebbe stato d'uopo un provvedimento 
legislativo espresso (2). 

Ma la sentenza in esame non sembra poter reggere 
a fondate critiche anche sotto il profilo della 
compatibilit� della natura di organo in capo ad 
una persona giuridica. � noto che la dottrina e la 
giurisprudenza non escludono tale possibilit� ammettendola 
cc ipotesi non in s� e per s� impossibile, 
sebbene gli esempi che si � creduto di rinvenire nel 
diritto italiano non provano affatto che in questo 
essa sia realizzata (3) �. 

<e L'autarchia -si � osservato -comprende solo 
alcuni aspetti della vita dell'istituto, mentre questo, 
sotto altri, continua a far parte dell' A rmninistrazione 
dello Stato� (4), (5). 

Ammesso quindi un organo con personalit� giuridica, 
torna agevole considerare che simile Ente, 
se �da un lato dovrebbe essere astretto allo Stato da 
un rapporto organico, dall'altro dovr� essere a questo 
contrapponibile per l'essenza stessa della sua autonoma 
personalit� giuridica. Potrebbe cio� dirsi che 
tale Ente cc funzionalmente 11 � Stato, quale suo organo, 
eppertanto la scelta sia aei fini da raggiung~re 
sia dei comportamenti a tali fini necessari � rimessa 
allo Stato, ma cc soggettivamente 11 e cc oggettivamente 11 
� distinto dallo Stato stesso, s� che le loro sfere in 
alcun modo possano immedesimarsi. Sembrerebbe 
pi� facile parlare di Ente che �, volta a volta, organo 

o persona giuridica a secondo dell'attivit� che spie(
l} BERLIRI A., loco citato. 

(2} Sul problema della rappresentanza e difesa in 

giudizio da parte dell'Avvocatura dello Stato, cfr. RA


NELLETTI O., �Giur. It. >>, 1948, I, I, 465; BERLIRI A., 

loco citato. 

(3) SANTI ROMANO: Frammenti di un 0iz.ionario giuridico, 
Giuffr�, 1947, p. 158. 
(4) ZANOBINI: Corso Diritto amministrativo, I, p;---161. 
(5) Cassazione 25 giugno 1941, n. 1921, Ministero 
Interni contro Marcelletti, in �Rep. Foro It. �, 1941,_ 
53; idem 22 maggio 1948, n. 781, Ente Econ. Zootecnia 
contro Comune Castelmassa, in �Foro It. >>, 1949, 
I, 249. 

-63


ga (1) ma, a parte la difficolt� della identificazione 
di questa attivit�, in tal modo il problema, a nostro 
modesto avviso, non � affrontato e risolto, ma semplicemente 
eliminato. 

Perch� invero si avrebbe un Ente in alcuni casi 
organo, non venendo quindi in considerazione la 
sua autonoma personalit�, in altri invece persona 
giuridica e null'altro: � evidente che siff attamente 
ponendo la questione, si � al di fuori del problema 
cc persona giuridica-organo �, nonch� del ragionamento 
seguito dalla Corte che ammette la � compatibilit� 
� della persona giuridica � con � l'organo e 
non �alternativamente� con questo. 

La conseguenza che deve trarsi logicamente sul 
piano sostanziale, ammettendo la doppia natura 
dell'Ente, � che il problema della imputazione allo 
Stato dell'attivit� dell'Ente stesso, s� che le azioni 
di questo sono azioni dello Stato (2), trova un limite 
insuperabile nell'autonomia patrimoniale derivante 
dalla personalit� giuridica. Esattamente si � osservato 
che in ordine alla responsabilit� per fatti od . 
atti illeciti nell'esercizio di un'attivit� organica, 
ancorch� riferibile allo Stato, dell'eventuale risarcimento 
risponder� il patrimonio della persona giuridica 
(3); diversamente opinando verrebbe ad eliminarsi 
la base prima (oggettiva) della �personalit�� 
dell'Ente. . 

Sotto questo profilo l'annotata sentenza, chiamando 
a rispondere del fatto illecito di un dipendente dell' 
U .N.P.A. il Ministero dell'Interno ha disapplicato 
i principi da essa stessa posti, quando ha ammesso 
la conservazione del cc nome e del patrimonio � 
dell' U.N.P.A., pur funzionalmente diventata organo 
dello Stato, e quindi,. in evidente contraddizione, ha 
fatto risentire gli effetti di quell'atto sul patrimonio 
dell'Amministrazione. 

Al riguardo si osservi che proprio la sentenza 
della stessa Corte n. 1921 del 25 giugno 1941, citata 
in nota (9), conforta l'esattezza del rilievo test� fatto, 
in quanto, poich� � dato leggere nella massima che 
nel nostro diritto positivo vi sarebbero cc cospicui ed 
innegabili esempi di partizioni e sfere di amministrazione 
diretta statuale aventi personalit� giuridica, 
cui spesso viene associata l'autonomia della 
gestione �, si deve dedurre che le conseguenze patrimoniali 
del fatto o dell'atto dell'Ente ricadano sulla 
sua sfera autonoma, dallo stesso gestita, e che altrimenti 
non avrebbe ragione di esistere. 

Ulteriore conseguenza, sul piano processuale, � che 
l'Ente, persona giuridica-organo, non pu� che stare 
in giudizio esso stesso, in persona del suo organo cui 
� demandata la rappresentanza. 

Cos� il Consiglio Nazionale delle Ricerche � rappresentato 
dal suo presidente (art. 7 D. L. L; 1� 
marzo 1945, n. 82), ancorch� qualificato �organo 
dello Stato con personalit� giuridica, e gestione autonoma
� (art. 1); l'Istituto Centrale di Statistica definito 
cc Istituto di Stato, con personalit� giuridica� 
(art. 1 R. D. L. 27 maggio 1929, n. 1285), � 

(1) RANELLETTI: Diritto pubblico, Giuffr�, 1949, II 
e III, p. 16. 
(2) KELSEN: Teoria generale del diritto dello Stato, 
Comunit�, 1952, p. 196. 
(8) FRAGOLA U., �Foro It. �, 1950, IV, 84; in questa 
�Rassegna�, 1950, p. 167. 
rappresentato dal suo presidente (art. 8); cos� anche 
l'Azienda Foreste Dern;aniali che � rappresentata dal 
�direttore� (art. 10 R. D. L. 17 febbraio 1927, 

n. 324). 
Cos� infine l' U.N.P.A., per la quale la rappresentanza 
giuridica � devoluta al << pre8idente generale
� (a1i. 13 R. D. 14 maggio 1936, n. 1062). 

Agli esempi sovra citati si � rifatta anche la Corte 
Suprema nella citata sentenza del 1941 e per tale 
motivo essi si riJhiamano per dimostrare l'esattezza 
di quanto qui si assume, spiegare cio� i suoi effetti, 
anche sul piano processuale, la natura di persona 
giuridica dell'Ente. 

La Corte, invece, ha respinto l'eccezione di difetto 
di legittimazione passiva del Ministero dell'Interno 
il quale, per legge (D. Lgt. 6 marzo 1946, n. 145, 
completamente ignorato nei suoi effetti nella sentenza 
annotata), � il liquidatore dell' U.N.P.A. e solo 
quindi in tale veste poteva essere convenuto in giudizio. 


Sembra. quindi poter concludere che, ammessa la 
figura � persona giuridica-organo �, e ritenuta questa 
compatibile con l'ordinamento giuridico vigente (1), 
debbasi rettamente arrivare a quelle conseguenze che 
ne rispettino la natura intrinseca; � autonomia � 
cio� sul piano sostanziale e processuale da un canto, 
vincolo cc funzionale � con l'Amministrazione dall'altro. 


. Ch� se si negano le prime, si esclude di per s� 
quella � personalit� giuridica � che non solo la legge 
attribuisce, ma la Corte Suprema deve riconoscere, 
e l'interprete non pu� ignorare. 

R. C. 
GUERRA -Perdita dei beni in Tunisia (D. L. 6 aprile 
1948, n. 521) -Commissione istituita ai sensi dello 
art. 5 del detto decreto -Ha carattere amministrativo 
e non giurisdizionale. (Corte di Cassazione, Sez. 
Unite -Sent. n. 235/53 -Pres.: Azara; Est.: Torrente; 
P. M.: Pittiruti -Ministero Tesoro e Bilancio 
contro Romano). 

La Commissione istituita ai sensi dell'art. 5 del 

D.L. 6 aprile 1948, n. 521, per la liquidazione della 
indennit� per la perdita dei beni italiani in Tunisia, 
non ha carattere giurisdizionale, ma natura 
meramente amministrativa. 
Con il D. L. 6 aprile 1948, n. 521, relativo alla 
liquidazione dell'indennit� per la perdita dei beni 
dei cittadini italiani in Tunisia, in applicazione 
dell'art. 79 del Trattato di pace il legislatore ha 
voluto attribuire alla Pubblica .Amministrazione 
un potere discrezionale nella determinazione dell'indennizzo 
stesso e, conseguentemente, natura 
d'interesse legittimo e non gi� di diritto soggettivo 
perfetto alla pretesa del danneggiato. , 

Pertanto, avverso la determinazione dell'indennizzo, 
fissata dalla Commissione amministrativai 
istituita ai sensi dell'art. 5 del citato decreto, 
il danneggiato pu� agire per la tutela dei propri 
interessi, davanti al competente giudice amministrativo. 


(1) Cfr. in questa �Rassegna'" 1950, p. 167. 

-64 


Riteniamo [opportuno riportare integralmente la 
pregevole motivazione della sentenza: 

�Risulta infatti, dal complesso delle disposizioni 
contenute nel decreto legislativo 6 aprile 1948, numero 
521, con il quale si provvede al risarcimento 
per la perdita dei beni in Tunisia in applicazione 
dell'art. 79 del Trattato di pace, che il legislatore 
attribu� alla Pubblica Amministrazione un potere 
discrezionale nella determinazione dell'indennizzo. 
Di questa volont� legislativa � indice il disposto 
dell'art. 2, secondo il quale l'indennizzo, lungi dall'essere 
uguale al valore dei beni o ad una quota di 
essi invece " � genericamente commisurato al loro 
valore venale in comune commercio, con riferimento 
al mese di gennaio 1948 ,,. 

�Si aggiunge a ci� che, secondo l'art. 4, 20 comma, 
la liquidazione viene dichiarata definitiva 
qualora l'indennit� richiesta non ecceda un milione 
di lire, mentre sul piano esegetico conforta nell'opinione 
accolta la espressione (art. 5, 1� comma): " la 
Commissione ... determina,, che pone in luce il carattere 
costitutivo dell'attivit� della Pubblica Amministrazione. 


cc Corrobora l'assunto anche l'istituzione dell'apposita 
Commissione che procede alla determinazione 
della indennit�, commissione composta da magistrati, 
da funzionari della Pubblica Amministrazione e da 
esperti. 

cc La creazione di uno specifico organo mal si concilierebbe 
con l'idea di attribuire alla determinazione 
dell'indennit� il carattere di una mera offerta della 
Pubblica Amministrazione che il privato � libero di 
non accettare, come sarebbe il caso, se al singolo 
spettasse un diritto soggettivo azionabile davanti al 
giudice ordinario. 

cc Se questi argomenti sono notevoli, carattere risolutivo 
e assorbente ha, secondo l'avviso delle Sezioni 
Unite, il richiamo contenuto nell'art. 11 del 
decreto legislativo suindicato alla legislazione sui 
danni di guerra. Essa costituisce sicura manifestazione 
della volont� legislativa di attribuire alla pretesa 
del proprietario la stessa natura che in via generale 
le � stata riconosciuta in materia di danni di 
guerra. Natura, cio�, secondo la giurisprudenza di 
questa Corte e del Consiglio di Stato, di interesse 
legittimo. Ci� perch� l'imponente massa dei pregiudizi 
patrimoniali che l'ultima guerra ha imposto ai 
singoli, vuoi per effetto immediato e diretto dei fatti 
bellici, vuoi, indirettamente, per le ripercussioni cui 
la guerra ha dato luogo, ha reso necessario di adeguare 
il risarcimento alle disponibilit� del bilancio, 
dando luogo ad una liquidazione limitata che si 
concilia, in base ad una valutazione che non pu� 
essere riserbata alla Pubblica Amministrazione, con 
questa superiore esigenza. N � giova richiamarsi all'art. 
79 del trattato di pace per sostenere che, essendosi 
obbligata l'Italia verso la Potenza firmataria a 
indennizzare i singoli intestatari, questi sarebbero 
titolari di un diritto soggettivo perfetto. 

cc Anche se non si volesse ritenere che il Trattato, 
per la sua natura di convenzione internazionale, 
produce effetti solo tra le Parti contraenti e non attribuisce 
diritti ai singoli che non sono dotati di soggettivit� 
giuridica nella sfera del diritto internazionale, 
per la sua stessa letterale dizione, lungi �all' 
attribuire immediatamente e direttamente diritti ai 

singoli medesimi, vincolava l'Italia soltanto ad ap


portare nel proprio ordinamento quelle modifiche 

legislative che erano necessarie per realizzare l'in


tento che le Parti contraenti si proponevano. 

�Esso, quindi, avrebbe assunto forza e vigore 
nell'ordinamento interno mediante t>apposita e specifica 
legislazione che avrebbe determinato le modalit� 
e la natura dell'indennizzo. � perci� delle disposizion� 
di diritto interno che siffatta natura deve 
essere determinata. 

�Ritenuta, in base ai rilievi che precedono, la 
natura discrezionale del potere attribuito alla Pubblica 
Amministrazione, viene ad essere per logica 
conseguenza esclusa la giurisdizione del giudice ordinario. 
Ed il ricorso deve, quindi, per questo verso 
accogliersi. 

�Queste Sezioni Unite non possono, invece, seguire 
la ricorrente Amministrazione nell'ulteriore tesi 
secondo la quale la Commissione costituita in base 
al suindicato provvedimento legislativo avrebbe carattere 
giurisdizionale. A tacer d'altro, l'attribuzione 
di siffatta natura contrasterebbe con l'art. 102 della 
Costituzione secondo cui non possono essere costituite 
giurisdizioni speciali. Le �commissioni hanno, invece, 
natura amministrativa e rispetto agli atti di 
liquidazione dell'indennit� il singolo pu� agire, per 
la tutela dei propri interessi legittimi, davanti al 
competente giudice amministrativo �. 

I principi affermati sono senza dubbio applicabili 
ad ogni altra ipotesi d'indennizzo per la perdita 
di be'lti in applicazione dell'art. 7 9 del Trattato di 
pace. Al lume di essi potr�, altres�, essere riesaminata 
l.a questione, certamente analoga, dell'interesse 
all'indennizzo per beni requisiti, acquistati o danneggiati 
dagli Alleati nel territorio italiano e di cui 
alla legge 9 gennaio 1951, n. 10. Esclusa la riferibilit� 
allo Stato italiano dei fatti ed atti compiuti 
dalle forze armate alleate per provvedere ai propri 
bisogni e non all'amministrazione del territorio; 
escluso, altres�, che dal Trattato di pace derivi direttamente 
cd immediatamente un diritto in capo al 
privato, requisito o danneggiato, la questione della 
natura dell'interesse dovr� essere risolta .esclusivamente 
alla stregua della legge 9 gennaio 1951, n. 10, 
nella ~nterpretazione della quale, per�, non potranno 
non tenersi presenti i princip'l su enunciati. Ora 
sembra innegabile che la citata legge n. 1O, almeno 
per quanto riguarda i danni, la cui disciplina � 
stata decisamente unificata in confronto a quella 
attuata dal D. L. 21 maggio 1946, attribuisce alla 
Pubblica Amministrazione un potere discrezionale 
nella determinazione dell'indennizzo. 

G. G. 
RISCOSSIONE DELLE ENTRATE PATRIMONIALI� 
Procedimento -Natura esecutiva -Opposizione ad 
ingiunzione -Competenza per territorio. (Cass. III, 
12 gennaio 1953, n. 54 -Pres.: Valenzi; Est.: Marcone; 
P. M. : Azara conforme -Magazzese contro 
Amministrazione finanziaria. 

Il procedimento coattivo per la riscossione delle 
entrate patrimoniali dello Stato e degli altri Enti 
pubblici, previsto dal T. U. 14 aprile 1910, n. 639, 
ha .carattere esecutivo e non pu� essere assimilato 
al comune procedimento monitorio. 


-65 


Ad esso � applicabile l'art. 7 T. U. 30 ottobre 
1933, n. 1611, che fa eccezione al foro erariale 
per i procedimenti esecutivi, e l'opposizione alla 
ingiunzione, secondo il disposto dell'art. 3 citato 
nel T. U. n. 639 del 1910, dev'essere proposta davanti 
l'Autorit� giudiziaria competente per valore 
del luogo, in cui ha sede l'uffcio emittrnte. 

Emessa l'ingiunzione, vidimata e resa esecutoria 
dal Pretore e notificata si entra senz'altro nella 
fase esecutiva ed ogni sentenza emessa nel relativo 
procedimento si deve considerare decisione in sede 
di esecuzione, sia che riguardi la nullit� delt itolo, 
sia che concerna la forma della procedura seguita. 

La legge sulla rappresentanza e difesa d~llo Stato 
in giudizio ha carattere generale e contiene, in via 
tassativa, le eccezioni alla sua applicazione. 

Con l'annotata sentenza la Corte di Cassazione 

ha riaffermato il principio, gi� consolidato vigente 

l'abrogato Codice di procedura civile, della natura 

esecutiva del procedimento, che s'instaura con l'in


giunzione, prevista dal T. U. n. 639 del 1910 (con


fronta Cassazione 27 febbraio 1949, n. 113 e 30 

maggio 1950, n. 868), precisando che l'intimato non 

instaura, con l'opposizione, un giudizio di cogni


zione neppure quando la contestazione sia fondata 

su motivi sostanziali attinenti alla legittimit� della 

somma richiesta. La Corte ha, altres�, precisato che 

al procedimento in esame, disciplinato integralmente 

dalla legge speciale, la quale ha dettato una procedura 

diversa dall'ordinaria, pi� spedita e pi� semplice, al 

fine precipuo di consentire agli enti pubblici di ri


scuotere le entrate che sono indispensabili per assol


vere agli scopi pubblici loro affidati, non sono ~p


plicabili le comuni norme della procedura esecu


tiva ordinaria (articoli 27, 480, 615, 617 C. p. c.). 

L'opposizione, pertanto, va proposta in ogni caso 

con �citazione davanti al giudice competente per valore 

del luogo in cui ha sede l'ufficio, che ha emesso la 

ingiunzione (art. 3 T. U. 1910), ferme restando le 

norme di cui al T. U. 30 .ottobre 1933, n. 1611, 

sulla notificazione presso l'Avvocatura dello Stato e, 

a nostro avviso, quelle richiamate dall'art. 52 del 

T. U. citato sulla indicazione dell'organo fornito del 
potere di stare in giudizio per l'Amministrazione. 
(In senso conforme alla sentenza in esame: sentenza 
n. 3206/52 della III Sezione Finanze contro 
Vaninetti). 

G. G. 
STRANIERI -Permesso di soggiorno -Revocabilit� Motivazione. 
(Cons. di Stato, Sez. IV, decis. n. 208 
del 27 febbraio 1952 -Pres.: Papaldo; Est.: Pierro; 
Rie.: Starkov). 

Il nostro ordinamento positivo prevede l'isti


tuto del permesso di soggiorno degli stranieri, ivi 

compresi gli apolidi, nel territorio dello Stato. 

Il permesso anzidetto pu� essere ritirato dalla 

Autorit� competente qualora, a suo giudizio discre


zionale, siano sopravvenute circostanze che abbiano 

determinato un mutamento nelle �sigenze del pub


blico interesse, nel corso delle quali il permesso fu 

rilasciato. 

Il provvedimento con cui la Pubblica Ammi


nistrazione revoca il permesso di soggiorno non 

richiede l'obbligo della motivazione avendo la 

P. A.. in tale materia facolt� di agire secondo 
il proprio apprezza.mento delle esigenze di pubblico 
interesse. 
SULL'ALLONTANAMENTO DEGLI STRANIERI 
DAL TERRITORIO DELLO STATO 


1. Con questr: decisione (1) il Consiglio di Stato 
ha ritenuto che l'Autorit� di Pubblica Sicurezza pu� 
limitare o revocare in qualsiasi momento il permesso 
di soggiorno rilasciato a stranieri e che il relativo 
provvedimento non richiede obbligo di motivazione, 
avendo la Pubblica Amministrazione in questa materia 
facolt� di agire secondo il proprio apprezzamento 
delle esigenze del pubblico interesse. 
La decisione � stata sottoposta a critica da parte 
dello J emolo (2) e del Virga (3): il primo ha esaminato 
entrambe le questioni affrontate dal Consiglio 
di Stato; il secondo ha limitato la :ma indagine ai 
poteri della Pubblica Amministrazione per il rimpa


trio degli stranieri. 

La prima questione non ci risulta che abbia precedenti 
specifici, l'altra si riallaccia al problema della 
motivazione degli atti amministrativi, ma con caratteristiche 
proprie, stante il potere riconosciuto alla 
Pubblica Amministrazione in questa materia e su 
cui si dir� oltre. 

Sia lo J emolo sia il Virga sono concordi nel ritenere, 
contrariamente a quanto affermato dalla ricordata 
decisione, che l'allontanamento dello straniero 
dal territorio della Repubblica possa aver luogo solo 
mediante provvedimento di espulsione da adottarsi 
dal Ministro dell'Interno, a norma dell'art. 150 del 

T. U. delle leggi di P. S., o merc� foglio di via obbligatorio 
per disposizione dei prefetti competenti 
secondo il disposto dell'art. 152 del citato T. U., nel 
caso in cui lo straniero non sappia dare contezza 
di s� o sia sprovvisto di mezzi. 
Di conseguenza, l'allontanamento dello straniero 
mediante revoca del permesso di soggiorno non troverebbe 
riscontro nel nostro sistema amministrativo in 
cui il permesso di soggiorno � previsto con conte~uto 
e finalit� diverse da quelle assunte dalla decisione 
in esame. 


2. Queste critiche, secondo noi, si dimostrano 
infondate, quando si determini la natura giuridica 
del permesso di soggiorno, quale risulta dal complesso 
delle norme relative alla permanenza degli stranieri 
nel territorio dello Stato, e si assuma l'espulsione 
e l'allontanamento mediante foglio di via obbligatorio 
dello straniero con lo scopo che ha voluto attribuire 
la legge a quei due istituti. . . 
L'art. 142 del T. U. di P. S. dispone che gli stranieri 
hanno l'obbligo di presentarsi entro tre giorni 
dal loro ingresso nel territorio dello Stato all'Autorit� 
di P. S. �per dare contezza di s� e fare la dichiarazione 
di soggiorno�. L'art. 262 del Regolamento al T. U. 
di P. S. approvato con R. D. 6 maggio 1940, n. 635, 

(1) In �Raccolta compl. della giur. del Con. di Stato��-� 
1952, p. 156 e segg. ' 
(2) JEMOLO: L'espulsione dello straniero, in cc Foro It. �, 
1952, III, p. 108 e segg. � 
(3) VraGA: Il diritto di soggiorno degli stranieri, in 
�Rivista di Polizia '" 1952, p. 542 segg. 

-66 


poi, stabilisce che l'Autorit� di P. S., esaminati 
i documenti che lo straniero esibisce per comprovare 
la sua dichiarazione, cc gli rilascia ricevuta qualora 
nulla osti alla permanenza di lui � nel territorio della 
Repubblica. Lo stesso articolo aggiunge che cc il 
possesso della ricevuta costituisce per ogni effetto la 
prova dell'adempimento da parte dello straniero dello 
obbligo derivante dall'art. 145 della legge � e che tale 
ricevuta deve essere esibita <<ad ogni richiesta dagli ufficiali 
ed agenti di P. S. �. � 

Sebbene l'espressione della legge sia poco felice 
nell'indicare il permesso di soggiorno come �ricevuta�, 
tuttavia, dal contenuto dell'art. 262 del Regolamento 
citato si deduce facilmente che si tratta di un'autorizzazione 
amministrativa. 

Difatti, disponendo questa norma che l'Autorit� 
di P. S., esaminati i documenti che lo straniero esibisce 
per comprovare la sua dichiarazione ed accertata 
l'identit� del dichiarante, <<gli rilascia ricevuta qualora 
nulla osti alla permanenza di lui nella Repubblica 
�, bisogna logicamente ritenere che quell'autorit� 
svolge un'attivit� discrezionale al di fuori del 
puro e semplice esame dei documenti. 

D'altra parte, poich� il documento rilasciato in 
dipendenza di tale valutazione discrezionale permette 
allo straniero di rimanere nel territorio dello Stato posto 
che per l'art. 262, 3� comma quel documento 
deve essere esibito cc ad ogni richiesta degli ufficiali 
ed agenti della pubblica sicurezza� -deriva che 
la ricevuta in esame o permesso di soggiorno rientra 
nella categoria delle autorizzazioni amministrative. 

Il Virga esclude che si tratti di un'autorizzazione 
amministrativa, nella considerazione che il rilascio 
della ricevuta in esame sia cc subordinato all'accertamento 
che lo straniero abbia adempiuto tutti gli obblighi 
prescritti per un suo regolare ingresso nel territorio 
dello Stato � ed abbia lo scopo, pertanto, di dimostrare 
l'osservanza di un obbligo da parte dello straniero 
(1). Quest'autore in sostanza ritfone che la ricevuta 
di cui all'art. 262 rientri fra gli atti amministrativi 
di natura certificativa, la cui emanazione si riporta 
ad un'attivit� vincolata dall'Amministrazione. 

Ma quest'opinione non trova alcun riscontro nello 
art. 262, il quale, se lascia all'Amministrazione la 
facolt� di valutare l'opportunit� o meno della permanenza 
dello straniero in Italia, significa che ad essa 
ha voluto attribuire una potest� discrezionale, analoga 
a quella che ad essa spetta relativamente all'ingresso 
dello straniero nel territorio dello Stato. Se si fosse 
voluto stabilire che l'Amministrazione non ha il 
potere cc di rilasciare o meno il permesso di soggiorno �, 
ma ha solo l'obbligo di attestare l'adempimento di 
un dovere da parte dello straniero come ritiene il 
Virga (1), non si sarebbe aggiunto l'inciso �qualora 
nulli osti alla permanenza �, il quale postula un . 
potere discrezionale e non gi� la semplice attestazione 
dell'adempimento di un obbligo. 

Si aggiunge da parte di ques'autore che la tesi, 
che nega al permesso di soggiorno la natura di 
autorizzazione amministrativa, trova conforto nello 
art. 142 del T. U., il quale esenta dall'obbligo della 
dichiarazione di soggiorno gli stranieri che si trattengono 
per diporto nel territorio dello Stato per un tempo 
non superiore a due mesi. 

(1) VIRGA, Op. cit., p. 544. 
Ma la norma citata non esenta affatto gli stranieri 
che si trovano nelle accennate condizioni dall'obbligo 
della dichiarazione di soggiorno, piuttosto dispone 
che essi << devono fare soltanto la prima dichiarazione 
d'ingresso �, cio� sono tenuti a dare contezza di s� ed a 
fare la dichiarazione di cui all'a�rt. U2 del T. U. di 

P. S. senza essere obbligati a rinnovarla ogni qualvolta 
trasferiscono la loro residenza da uno ad altro comune. 
Ohe il permesso di soggiorno costituisca un'autorizzazione 
amministrativa si ricava peraltro da altre 
considerazioni. 

L'ingresso dello straniero nel territorio dello Stato 
avviene in base ad un visto d'ingresso sul passaporto, 
visto che senza dubbio d� luogo ad 1m'autorizzazione 
amministrativa. Questo visto d'ingresso viene emesso 
con la semplice presentazione del passaporto da parte 
del titolare, qualora questi non rientri in categorie 
di persone che gi� risultano non gradite per particolari 
ragioni. Si tratta, perci�, di un'autorizzazione 
che viene data senza svolgere speciali indagini di 
polizia relativamente alla persona. 

Nei tre giorni successivi a quello dell'ingresso, 
invece, lo straniero � tenuto, a norma dell'art. 142 del 

T. U. di P. S., a presentarsi all'Autorit� di P. S. per 
fornire tutti i chiarimenti che saranno richiesti. Sar� 
in questo momento, quindi, che l'Autorit� di P. S. 
esaminer� la posizione dello straniero e rilascer� la 
ricevuta o permesso di soggiorno qualora nulli osti 
alla sua permanenza nel territorio dello Stato. 
Da questo sistema della legge discende che la prima 
autorizzazione � provvisoria, la seconda ha un certo 
carattere di stabilit�, dal momento che viene data 
dopo un'indagine di polizia relativa alla persona. 

�Il fatto che questa seconda autorizzazione di polizia 
sia necessaria ogni qual volta lo straniero stabilisca 
il suo domicilio in un nuovo comune -salvo che 
egli si trattenga nel territorio dello Stato per non oltre 
tre mesi, caso questo in cui, come s'� visto, � sufficiente 
l'autorizzazione nel primo comune -si spiega f acilmente 
tenendo presente che particolari ragioni, di 
carattere militare, di polizia, ecc., consigliano l'Autorit� 
di P. S. di essere in grado di conoscere in ogni 
momento quali e quanti stranieri si trovino nel territorio 
di un comune. 

Ora, se il permesso di soggiorno costituisce una 
autorizzazione amministrativa, e pi� precisamente 
un'autorizzazione di polizia (e su ci� non sembra 
possa essere dubbio per quei motivi di carattere letterale 
ed ontologico gi� messi in rilievo), deriva che 
esso pu� essere revocato quando vengano meno le 
condizioni che ne avevano determinato il rilascio, 
quando cio� nuove ragioni ostino alla permanenza 
dello straniero nel territorio dello Stato. Questo potere 
di revoca appartiene alla stessa autorit� che aveva 
concesso il permesso di soggiorno e non ha nulla da 
vedere col diverso potere di espulsione e di allontanamento 
mediante foglio di via obbligatorio, che spetta 
al Ministero dell'Interno ed al Prefetto in virt� degli 
articoli 150 e 152 del T. U. 

Il potere di revoca discende dalla natura dell'atto 
ed incontra un limite in quello stessli generale interesse 
pubblico che condiziona la concessione �elper�� 
.messo di soggiorno, interesse che misura l'opportunit� 
e della concessione e della revoca del permesso stesso. 

Invece, i poteri di espulsione dello straniero e di 
allontanamento mediante foglio di via obbligatorio, 



-67 


rispettivamente attribuiti al Ministro dell'Interno ed al 
Prefetto territorialmente competente dagli articoli 150 
e 152 del T. U., trovano la loro giustificazione nel perseguimento 
di diversi e particolari interessi pubblici: il 
primo nell'opportunit� di allontanare lo straniero condannato 
per delitto ovvero denunziato per una contravvenzione 
alle disposizioni del titolo V, capo I, del T. U.; 
il secondo nell'opportunit� di respingere dal territorio 
dello Stato gli stranieri che non sappiano dare contezza 
di s� o siano sprovvisti di mezzi di sostentamento. 

Sebbene, quindi, tutti e tre i poteri possano raggiungere 
lo stesso effetto di allontanare lo straniero 
dal territorio dello Stato, tuttavia ognuno di essi si 
differisce profondamente dall'altro per le particolari 
condizioni di fatto �che sono assitnte dalla legge a 
presupposto per la sua attuazione e per lo speciale 
fine che con esso s'intende perseguire. Il che � assai 
importante sia dal lato della legittirnit� dei relativi 
provvedimenti, la quale non pu� che sindacarsi in 
relazione al contenuto del potere da cui essi sono stati 
determinati, sia per le conseguenze che derivano da 
ciascuno di quei provvedimenti. Difatti, l'espulsione 
ha carattere sanzionatorio e porta come conseguenza 
che lo straniero � non pu� rientrare nel territorio dello 
Stato, senza una speciale autorizzazione del Ministro 
dell'Interno� (art. 151, 1� comma df!l, T. U.). 

L'allontanamento mediante foglio di via obbligatorio, 
previsto dall'art. 152 del T. U., trova la sua 
causa nel fatto che lo straniero non sappia dare 
contezza di s� e sia sprovvisto di mezzi e, pertanto, 
non pregiudica minimamente il rientro dello straniero� 
quando venga a cessare quella condizione. 

Invece, la revoca del permesso di soggiorno � determina 
dal fatto che particolari motivi ostino alla 
permanenza dello straniero nel territorio dello Stato, 
trova la sua causa cio� nel venir meno delle condizioni 
che avevano consigliato il rilascio di quel permesso, 
con la conseguenza che un eventuale rientro � subordinato 
ad una rigorosa valutazione di queste condizioni, 
diversamente da ci� che avviene nell'ipotesi 
prevista dall'art. 152, in cui l'allontanamento dello 
straniero � avvenuto per un particolare motivo e non 
gi� perch� rag.ioni di carattere generale ostavano alla 
permanenza dello straniero nel territorio dello Stato. 

In conclusione, pertanto, ci sembra che il Consiglio 
di Stato abbia esattamente assunto un potere di revoca 
del permesso di soggiorno, di carattere generale e che scaturisce 
dalla natura di autorizzazione amministrativa 
di quest'ultimo, diverso e distinto dai poteri di espulsione 
e di allontanamento mediante foglio di via obbligatorio 
dello straniero, i quali perseguono fini particolari. 

3. La forma usata dalla legge, per il rilascio del 
permesso di soggiorno � qualora nulla osti alla permanenza 
� dello straniero nel territorio della Repubblica, 
postula un provvedimento largamente discrezionale, 
posto che non � determinato alcun fine speciale 
cui � subordinato quel rilascio. Pertanto, il limite 
che incontra il potere discrezionale dell'amministrazione 
� caratterizzato solo dal fatto che la concessione 
del permesso di soggiorno non sia in contrasto con 
l'interesse pubblico, che essa deve perseguire in ogni 
sua attivit�, la quale non sia determinata dal conseguimento 
di scopi particolari. 
Correlativamente, anche il potere di revoca del permesso 
di soggiorno � largamente discrezionale ed ha 
come limite il perseguimento dell'interesse generale, 

dato che ogni potere non pu� che mani/estarsi con 
identico contenuto sia nell'adozione di un provved'imento 
sia nella revoca di esso. 

Pertanto, l'affermazione del Consiglio di Stato, 
secondo cui la revoca del permesso di soggiorno non 
ha bisogno di motivazione, � ri$pondente ..a.i principi 
giuridici che disciplinano la motivazione degli atti 
amministrativi. 

La motivazione, difatti, fuori dei casi .nei quali sia 
espressamente prevista dalla legge, � necessaria solo 
se l'atto� amministrativo, per la sua speciale natura, 
la richieda onde possa attuarsi il sindacato di legittimit�. 
Per gli atti largamente discrezionali, invece, 
i quali incontrano solo il limite generale dell'interesse 
pubblico, non vi � obbligo di motivazione, ma basta 
l'indicazione della norma da cui il potere discrezionale 
discende, essendo libero il giudizio dell'Amministrazione 
ed irrilevante ai fini del controllo di legittimit�, 
il processo logico di determinazione della volont� (1). 

Questi principi hanno trovato ormai una decisa 
conferma nella giurisprudenza del Consiglio di Stato, 
il quale, quindi, per la questione di cui trattasi, non 
ha fatto che ribad�re il suo precedente indirizzo. 

CARMELO CARBONE 

TRASPORTO -Avarie e danni -Trasporto ferroviario 
-Liquidazione delle indennit� di perdita e di 
avarie -Debito pecuniario -Rivalutazione monetaria 
-Inammissibilit�. (Cassazione, Sez. un., Sent. 

n. 214-53; -Pres. Mandrioli; Est.: Sagna; P. M.: Eula 
-Ministero Trasporti contro Bottari). 
Gli obblighi dell'Amministrazione ferroviaria 
anche in ordine alla liquidazione delle indennit� 
di perdita e di avaria debbono essere rigorosamente 
circoscritti nell'ambito dei precisi limiti stabiliti 
dalle condizioni e tariffe ferroviarie. 

In conseguenza, poich� l'aestimatio rei � soggetta 
e rimane vincolata ad un metro monetario precedentemente 
stabilito, l'obbligo del pagamento della 
indennit� costituisce una obbligazione di valuta 
originaria, cui � applicabile il principio nominalistico, 
onde il giudice non pu� adeguare le indennit� 
al valore delle cose perdute o avariate per colpa 
del vettore ferroviario, salvo il caso dell'interesse 
alla riconsegna previsto dall'art. 59 O.O. e TT., e 
deve applicare solamente le norme in vigore al 
tempo dell'accettazione del trasporto. 

La Corte suprema riconferma con questa sentenza 
l'indirizzo giurisprudenziale iniziato con la sentenza 

n. 2589 del 1952 (vedi in questa cc Rassegna n, 1932, 
p. 228). 
Un'ulteriore conferma si era gi� avuta con la sentenza 
n. 206 del 1953 in causa Ministero Trasporti 
contro Di Bella. 

Trattasi, quindi, di un indirizzo ormai costante 
sul quale si ritiene che la Corte Sitprema non avr� 
pi� necessit� di tornare, in quanto � da sperare che 
le Corti di merito si adegueranno al suo insegnamento. 

(1) In questo senso vedi da ultimo: Sez. IV, decisione 
27 del 4 aprile 1949, in cc Foro Amm. >>, 1949, I, 1, 227; 
vedi pure Il Consiglio di Stato nel quadriennio 1947-1950, 
Roma, 1952, vol. II, pp. 21-22. In merito p�r la dottrina 
vedi specialmente, IAOOARINO: Studi sulla motivazione, 
Roma, 1933, p. 201 segg. 

ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI 
DELLE CORTI DI MERITO 


COMPETENZA E GIURISDIZIONE -E. N. P. A. S. � 
Controversia per il rimborso di spese per cure mediche 
tra il dipendente statale e l'Ente -Discrezionalit� 
dell'Ente nell'accertamento -Incompetenza 
della giurisdizione ordinaria. (Tril:unale di Chieti, 
Sentenza 30 settemhre-18 ottobre 1952; in cause Rutolo 
e Nicolucci contro E. N. P. A. S. -Pres. ed Est.: 
Pierantoni). 

Il rimborso delle spese per cure mediche � dalla 
disposizione dell'art. 7 del D. L. 12 febbraio 1948, 

n. 147, subordinato alla valutazione riservata agli 
organi dell'E.N.P.A.S. della inerenza delle spese 
alla malattia; il carattere discrezionale di tale 
accertamento implica che in relazione alla misura 
del rimborso il dipendente statale abbia non un 
diritto soggettivo perfetto, ma un interesse legittimo 
tutelabile avanti gli organi di Giustizia amministrativa. 
Questione nuova e senza precedenti correttamente 
decisa dal Tribunale di Chieti. 
Alcuni dipendenti statali, avendo amtto dall'E.N. 

P.A.S. negato il rimborso di alcune cure mediche, 
ritenute dall'Ente non inerenti alla malattia, adirono 
il Tribunale, ai sensi dell'art. 459 C.p.c. per ottenere 
la condanna dell'Ente al pagamento di quanto 
,era stato loro negato, ritenendo trattarsi di controversia 
in materia di previdenza ed assistenza obbligatoria. 
L'E.N.P.A.S., assistito dall'Avvocatura dello Stato, 
ai sensi dell'art. 26 della legge 19 gennaio 1942, 

n. 22, dedusse il difetto di giurisdizione del giudice 
ordinario sotto un duplice profilo: 
a) dato che l'assistenza per i dipendenti statali 
� una assistenza sui generis, che costituisce parte 
integrante del rapporto d'impiego, le controversie 
relative debbono ritenersi controversie di pubblico 
impiego e quindi deferite alla giurisdizione esclusiva 
del Consiglio di Stato; 

b) data la natura di Ente pubblico dell' E .N. 
P.A.S., poich� l'apprezzamento sulla rimborsabilit� 
delle cure mediche � riservato alla discrezionalit� 
tecnico-amministrativa dell'Ente, ne consegue che 
per la pretesa al rimborso il dipendente non pu� 
vantare un diritto soggettivo, ma soltanto un interesse 
legittimo. 

Subordinatamente, qualora si fosse riconosciuta 
la giurisdizione del g'ludice ordinario, si contestavano 
le speciali competenze del Tribunale ex art. 456 
C.p.c., dato che il successivo art. 459 dichiara che 
le disposizioni del presente capo si applicano alle 
controversie in tema di previdenza ed assistenza 
obbligatoria dei rapporti di lavoro indicati nell' articolo 
425 C.p.c., dai quali � da escludere il rapporto 
di pubblico impiego devoluto alla giitrisdizione esclusiva 
del Consiglio di Stato. 

Dalla suddetta disposizione la difesa dell'E.N. 

P.A.S. traeva argomento per sostenere che si versasse 
in tema di controversia di pubblico impiego, 
dato che il legislatore aveva dovuto stabilire un perfetto 
parallelismo tra le controversie in materia di 
lavoro e quelle in tema di assistenza ed assicurazioni 
obbligatorie. Le prestazioni assistenziale dell' E .N. 
P.A.S. costituiscono, infatti, un complemento del 
trattamento economico del dipenente statale. 
Il Tribunale di Chieti, basandosi sulla natura di 
Ente pubblico distinto dallo Stato dell'E.N.P.A.S. 
ha ritenuto di non poter accogliere la tesi difensiva; 
ha invece accolto la tesi del difetto di.diritto sogget.., 
tivo in relazione al potere discrezionale conferito, in, 
subbietta materia all'Ente. 

La sentenza ha cos� motivato: 
�Al riguardo l'art. 7 D.L. 12 febbraio 1948, 


n. 147, che sostituisce l'art. 3 del precedente regolamento 
(R.D. 26 luglio 1924, n. 917) per l'esecuzione 
della legge istitutiva dell'E.N.P.A.S., cos� dispone: 
l'assistenza preveduta dal precedente art. 6 lett. a 
(cure medico-chirurgiche), lett. b (accertamenti diagnostici, 
farmaci ed altri mezzi terapeutici), lett. c 
(ricoveri in istituti di citra), � concessa mediante 
rimborso, nei limiti indicati dagli articoli successivi 
e dal regolamento, delle spese sostenute e documentate 
dal dipendente statale, che siano riconosciute 
pall' Ente inerenti alla malattia. 
� Dal chiaro tenore della disposizione suddetta si 
desume che il rimborso � subordinato alla valutarione, 
riservata agli organi deil'E.N.f.A.S. della 
inerenza della spesa della malattia; e il carattert 
discrezionale di tale accertamento implica che in 
relazione alla misura del rimborso il dipendente 
statale abbia non un diritto soggettivo, perfetto, ma 
soltanto un interesse legittimo. 



-69 


cc Appare poi evidente che il potere discrezionale 
spettante all'Ente � di natura non soltanto tecnica, 
ma anche amministrativa, giacch� la valutazione 
della inerenza della spesa alla malattia va fatta non 
solo in base a criteri tecnici, ma anche in relazione 
all'interesse collettivo, a;ff�nch� l'assistenza sia equamente 
riportata fra tutti i dipendenti statali, tenuto 
conto delle disponibilit� di bilancio e dell'interesse 
della intiera categoria. 

� Ci� si desume non soltanto dalla lettera ma anche 
dallo spirito della legge che, nel sistema delle varie 
disposizioni adottate, ha voluto assicurare all'Ente 
il potere discrezion�le di cui si � parlato in considerazione 
della facolt� concessa agli assistiti di avvalersi 
dell'opera di medici di loro fiducia, ed allo 
scopo di evitare sperequazioni, assicurando a tutti, 
con eguaglianza di trattamento, cure adeguate alla 
entit� della malattia. Naturalmente l'assistito � libero 
di avvalersi delle cure pi�. costose consigliate dal 
medico di fiducia, ma la m�ggior spesa rimane a � 
suo carico. 

cc A tali principi � appunto ispirata anche la norma 
di cui al 2� cpv. dell'art. 8 D.L. 12 febbraio 1948, 
che per gli interventi chirurgici di elezione prescrive 
la preventiva autorizzazione dell'Ente, allo. scopo di 
consentire quel controllo che in tale ipotesi � preventivo, 
mentre in altri casi � successivo, ma che sempre 
implica una valutazione s1tlla opportunit� o rimborsabilit� 
della spesa, e quindi l' esereizio di un 
potere discrezionale sottratto al sindacato dell'Autorit� 
giudiziaria. 

<< In base a tali considerazioni va senz'altro ripudiato 
l'assunto dell'attore secondo cui il controllo 
dell'E.N.P. .A.S. dovrebbe essere limitato all'accertamento 
che le spese siano state effettivamente sostenute 
e che i medicinali siano stati utilizzati su prescrizione 
del medico di fiducia. 

cc N � a diverso avviso pu� condurre la disposizione 
contenuta nell'art. 9, legge 19 gennaio 194'2, 

n. 22, nel quale si parla genericamente di azione per 
il conseguimento dell'assistenza sanitaria, e �da cui 
non pu� trarsi l'fCJ:azione che il legislatore abbia 
voluto riconoscere all'assistito il diritto di esperire 
l'azione giudiziaria per il rimborso delle spese 
sostenute. 
cc Il concetto di azione, come potest� di invocare la 
tutela giurisdizionale, non � esclusivo della giurisdizione 
ordinaria, e non pu� quindi limitarsi alla 
azione giudiziaria, ma comprende anche \l'azione 
proposta davanti agli organi della giurisdizion~ 
amministrativa. 

cc Del tutto irrilevante � poi il richiamo all'art. 23 
del Regolamento (R.D. 26 luglio 1942, n. 917) che 
si riferisce alle contestazioni sulla sede e natura 
della malattia, devolute al giudizio inappellabile di 
un C9llegio medico, e da cui non pu� trarsi argomento 
di sorta per sostenere l'esistenza di un diritto 
dell'assistito al rimborso totale delle spese sostenute �. 

In dottrina si confronti il LEVI (Istituzioni di 
legislazione sociale, 10 ed., pp. 67 e 210) che, 
dopo aver rilevato che non sono di regola soggetti 
alla legislazione sociale i dipendenti statali, pone 
in evidenza le forme speciali di previdenza per essi 
stabilite, fra cui principale quella attuata dall' E .N. 

P . .A.S. 
(G. B.) 
CONTRATTI AGRARI -Accertamento del diritto di 

proroga legale -Tacita riconduzione -Competenza 

sezione specializzata -Disdetta. (App. Catania 


Sezione specializzata agraria, 24 novembre 1952 -

Pres.: Verz�; Est.: Laurino -Ventura contro Croce 

Rossa Italiana). 

Va proposta innanzi alla Sezione specializzata 
agraria e non innanzi all'Autorit� giudiziaria ordinaria 
la domanda di rilascio di un fondo rustico 
in conseguenza della mancanza degli estremi della 
proroga legale (nella specie, della qualifi.ca di colti.
vatore diretto), ancorch� il conduttore riconosca 
in giudizio di non avervi diritto, invocando per 
altro motivo (nella specie, tacita riconduzione) la 

continuazione del godimento. 

La medesima Sezione � competente a conoscere 

della questione relativa alla tacita ricond.zione, 

dedotta dal convenuto. 

Per impedire la tacita riconduzione non � indi


spensabile la preventiva intimazione della licenza 

per fi,nita locazione ai sensi dell'iut. 657 O.p.c., 

ma basta la manifestazione non equivoca di una 

volont� contraria del locatore prima della scadenza 

del contratto. � 

Proposta azione di rilascio innanzi la Sezione 

specializzata agraria, ai sensi dell'art. 2 della legge 

26 giugno 1949, n. 353, modificato dall'articolo 1 

della legge 3 giugno 1950, n. 392, contro il condut


tore di un fondo rustico che oppone la proroga legale, 

viene meno la competenza della Sezione specializ


zata se il conduttore, costituitosi nel giudizio, rico


nosce di non avere diritto alla proroga legale e invoca 

piuttosto la tacita riconduzione? Questo � il quesito 

risolto con la prima delle massime sopra riportate 

dalla Sezione specializzata della Corte d'Appello 

di Catania. La soluzione adottata, in accoglimento 

della tesi sostenuta dalla Avvocatura, muove dalle 

seguenti considerazioni: l'azione di cui trattasi tende 

al rilascio in conseguenza dell'accertamento nega


tivo del diritto di proroga legale che il conduttore 

vantava anteriormente all'istituzione del giudizio; 

il riconoscimento che il convenuto conduttore fa in 

giudizio dell'inesistenza di codesto diritto, se vale a 

dispensare il giudice specializzato dalle indagini 

che altrimenti sarebbero necessarie al riguardo, non 

muta il carattere dell'azione che ha pur sempre come 

presupposto l'accertamento negativo del diritto di 

proroga legale; codesto accertamento, per la legisla


zione speciale vigente in materia, spetta esclusiva


mente alle Sezioni specializzate agrarie. Tale solu


zione � pienamente conforme all'orientamento della 

Suprema Corte di Cassazione,� secondo cui competenti 

a giudicare sulla esistenza del diritto alla proroga 

legale dei contratti agrari sono esclusivamente le 

Sezioni specializzate (di Tribunale o di Corte di 

.Appello) all'uopo istituite dalla legge. Si consultino, 

tra le altre, le sentenze delle Sezioni Unite, 2:3 feb


braio 1949, n. 331; 14 novembre 1949, n. 2481; 

25 novembre 1949, n. 2505 (cc Foro It. �, .1950, I, 

554 con nota contraria); 27 aprile 1950, n .. 1122 e 

Cass. 30 luglio 1950, n. 2244. 

Una volta affermata la competenza della Sezione 

specializzata sulla domanda di rilascio, evidente


mente ne discende anche la competenza della mede


sima Sezione a conoscere della tacita riconduzione, 


-70 


dedotta dal convenuto. Ed anche tale competenza ha 
affermato la Sezione specializzata agraria della Corte 
di Appello di Catania. Per� essa, per affermarla, 
mostra di considerare la tacita riconduzione come una 
questione pregiudiziale che sia necessario risolvere 
in via incidentale per giungere al provvedimento 
definitivo di rilascio. Il che non ci sembra del tutto 
esatto, perch� la pregiudizialit� presuppone l'esistenza 
di due questioni diverse, di cui quella pregiudiziale 
costituisce l'antecedente logico della decisione 
sulla questione principale. Invece il rapporto � di 
tacita riconduzione invocato da chi � convenuto per � 
il rilascio dell'immobile locato non d� luogo ad una 
questione diversa da quella proposta dall'attore, ma 
rimane entro l'ambito di essa, trattandosi pur sempre 
di decidere se quel medesimo rapporto di locazione 
sia tuttora esistente o meno. 

Neppure sembra che la deduzione in parola costituisca 
una vera e propria eccezione in senso tecnico; 
perch�, come si sa, questa ultima riguarda solo l' esistenza 
di quei fatti estintivi o impeditivi che portano 
al rigetto della domanda in quanto fatte valere dal 
convenuto (onere della eccezione). La tacita riconduzione 
invece non � assolutamente un fatto estintivo 

o modificativo del diritto del �locatore ad ottenere il 
rilascio, ma � piuttosto una circostanza che esclude 
addirittura l'esistenza del fatto costitutivo (l'illegittima 
detenzione) della domanda attrice. Per conseguenza 
di essa iZ giudice deve tener conto sol che ne 
abbia cognizione, indipendentemente dall'attivit� che 
al riguardo possa svolgere il convenuto, rientrando 
nei suoi poteri di ufficio il rilevare il difetto di una 
condizione dell'azione. E questa sembra essere appunto 
la vera ragione per cui il giudice specializzato 
competente a conoscere della domanda di rilascio 
di un fondo rustico, innanzi a lui proposta, 
appare altres� competente a conoscere della eventuale 
esistenza di una tacita riconduzione. 

Con la terza massima viene fatta giustizia della 
pretesa del conduttore per cui l'omessa intimazione 
della licenza preventiva prima della scadenza, secondo 
il procedimento preveduto nell'art. 657 C.p.c., 
importerebbe senz'altro la rinnovazione tacita del 
contratto di affitto. � stato invece correttamentedeciso 
che il potere giuridico del locatore d'impedire la 
tacita riconduzione non � affatto legato alla detta 
intimazione ma pu� esercitarsi con una qualsiasi 
disdetta anteriore alla scadenza. Decisione codesta 
che appare in armonia col principio affermato dal 
Supremo Collegio in tema di convalida di licenza 
per finita locazione, per cui la convalida ben pu� 
riferirsi ad una manifestazione di volont� per cessazione 
della locazione non contestuale alla citazione, 
ma espressa in una disdetta intimata anteriormente; 
manifestazione di volont� che conserva l'efficacia 
d'impedire la tacita rinnovazione del contratto ancorche 
la citazione per la convalida venga poi dichiarata 
nulla per vizi procedurali (Cass. 8 agosto 1942, 
Reper. dl'oro It.�, 1942, col. 873, n. 139; cfr. GARBAGNATI: 
I procedimenti di ingiunzione e sfratto, 

1949, p. 101; vedi anche Cass. 2!5 giugno 1945, 

n. 7 80). Il che vuol dire che la tacita riconduzione 
pu� benissimo essere impedita anche con un atto 
diverso dell'intimazione della licenza per finita locazione 
e della contestuale citazione per convalida di 
cui all'art. 657 C.p.c., e cio� con una qualsiasi mani!
estazione di volont� contraria del locatore fatta 
prima della scadenza. 
(A. N.). 

RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 


I PROVVEDIMENTI SONO ELENCATI SECONDO L'ORDINE 

DI PUBBLICAZIONE SULLA �GAZZETTA UFFICIALE� 

I. 
I. 
D. R. P. t I dicembre 1952, n. 4433 (G. U., n. 27): 
Norme per l'attuazione della legge, in corso di pubblicazione, 
che modifica la legge 17 luglio 1942, n. 907 sul 
monopolio dei sali e tabacchi. 

La legge alla quale le suddette norme di attuazione si 
riferiscono � quella n. 1641 dell'll luglio 1952. Questa 
legge non era affatto in corso di pubblicazione, ma era 
gi� stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, n. 275 del 
1952. In tal senso deve intendersi quindi rettificato il 
titolo del presente decreto presidenziale, titolo che non 
risulta abbia mai avuto precedenti nella nostra tecnica 
legislativa. 

2. 
D. R. P. 5 febbraio 1953, n. 39 (G. U., n. 33): Testo 
Unico delle leggi sulle tasse automobilistiche. 
Bench� si chiami tassa, si tratta di vera e propria 
imposta indiretta. Si segnala l'art. 39 relativo alle controversie 
concernenti l'applicazione del tributo. Vige naturalmente 
per tali controversie la competenza collegiale 
stabilita in materia di imposte in genere e si applica il 
Foro dello Stato. 

3. Legge 
13 febbraio 1953, n. 60 (G. U., n. 51): Incompatibilit� 
parlamentari. 
Si segnala per i riflessi che pu� avere sul contenzioso 
statale, la norma dell'art. 4, secondo la quale� i membri 
del Parlamento non possono assumere il patrocinio 
professionale, n�, in qualsiasi forma, prestare assistenza 

o consulenza ad imprese di carattere finanziario od 
economico in loro vertenze o rapporti di affari con lo 
Stato �. � questione delicata stabilire la portata della 
sopratrascritta norma, ma pare da escludersi che essa 
possa intendersi nel senso che la qualit� di membri del 
Parlamento negli avvocati che rappresentano e difendono 
le imprese sopraindicate in giudizi contro lo Stato, 
determini addirittura la perdita dello jus postulandi. 
Invero il giudizio sulla sussistenza degli estremi delle 
incompatibilit� spetta, ai sensi dell'art. 8 della legge in 
questione, alla Giunta delle Elezioni della Camera o del 
Senato, e trattasi evidentemente di una competenza che 
esclude la possibilit� di giudizi da parte di qualsiasi 
altro organo, anche giudiziario. 
4. Legge 
10 febbraio 1953, n. 62 (G. U., n. 52): Costituzione 
e funzionamento degli organi regionali. 
Si rinvia a quanto abbiamo gi� rilevato in questa 
Rassegna, 1951, p. 212. 

5. Legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1 (G. U., n. 62): 
Norme integrative della Costit,uzione concernenti la Corte 

costituzionale. 

6. Legge 
11 marzo 1953, n. 87 (G. U., n. 62): Norme sulla 
costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale. 
Si rinvia a quanto gi� diffusamente si � scritto in 
materia in questa Rassegna sin dal 1948. 

II. 
Disegno di legge n. 3008 (inidativa governa'iva): Modificazioni 
al Codice di procedura penale. 

Il disegno di legge consta di 17 articoli con i quali si 
provvede, in pendenza della riforma dell'intero Codit;J 
di procedura penale, a collegare alcune norme del vigente 
Codice di rito con la Costituzione: la revisione in parte 
qua tiene conto delle modifiche apportate dalla Commissione 
ministeriale nel noto Progetto di riforma del Codice 
rimesso al Ministro Guardasigilli nel 1950, circa il quale 
� tuttora in corso la raccolta del materiale di osservazioni 
e rilievi formulati dagli organi competenti. 

Il collegamento concerne, secondo quanto indica la 
Relazione al Progetto: a) la riduzione al minimo dei casi 
di limitazione della libert� personale per l'esigenza del 
processo penale; b) la sottoposizione rigorosa del fermo, 
delle perquisizioni e delle limitazioni alla libert� di corrispondenza, 
alla garanzia giurisdizionale; c) l'intervento 
della difesa nell'istruzione formale ed, infine, d) la impugnabilit� 
con ricorso per cassazione di tutte le sentenze 
e di tutti i provvedimenti sulla libert� personale. 

Non � il caso di indicare qui tutte le modifiche che 
sono apportate alle corrispondenti norme del C�d�ce vigente, 
ch� l'esposizione si risolverebbe nella trascrizione�degli 
articoli del Progetto. Fra quelle di maggior interesse 
preme segnalare: 

a) La limitazione della libert� a qualsiasi titolo 
sofferta in sede di custodia preventiva conta nella ese



-72 


cuzione della pena, anche se questa � stata inflitta per 
un reato diverso da quello al tjuafo consegu� la custodia 
preventiva e in u� distinto procedimento, purch� il reato 
stesso non sia stato commesso dopo la cessazione della 
custodia preventiva. � l'applicazione del principio defi'. 
nito con espressione immaginifica, della cc banca del carcere>>, 
entro i dovuti limiti naturalmente: colui il quale 
in sede di custodia preventiva � stato in carcere per un 
reato per il quale poi, a sentenza penale passata in giudicato, 
� risultato che nessuna pena detentrice avrebbe 
dovuto scontare, pu� fruire, a titolo di risparmio, del 
periodo trascorso in stabilimento di pena nella esecuzione 
di una condanna per un altro reato, purch� questo 
non sia stato commesso dopo la cessazione della custodia 
preventiva. La limitazione trova giustificazione nella 
necessit� di impedire che l'attuazione del principio suddetto 
si risolva in un incentivo al mal fare per colui il 
quale, sapendo di avere carcere a risparmio, sarebbe 
spinto a delinquere nella sicurezza di poter consumare 
per il ,nuovo reato la detenzione sofferta. 

b) L'intervento della difesa nei principali atti di 
istruzione (esperimenti giudiziali, perizie, perquisizioni 
domiciliari e ricognizioni, salvi i casi di impossibilit� 
e di urgenza), fatta esclusione dell'interrogatorio dell'imputato. 
Questa esclusione dalla Relazione, che si 
richiama all'analogo sistema segu�to dal precedente 
Codice del 1913 �elaborato in un clima di assoluta libert� 
politica e da uomini di sicura fede democratica �, � giustificata 
dalla opportunit� di consentire all'imputato 

di rispondere con la maggior franchezza possibile alle 
contestazioni che gli vengono mosse, al di fuori di ogni 
preoccupazione e suggestione derivante dalla presenza 
di terzi. Forse altre ragioni non sono state estranee alla 
limitazione, anche se esse, non difficilmente intuibili, 
potevano daila Relazione essere ��n8iderate assorbite 
da quella che � stata indicata. 

e) L'ammissibilit� del ricorso per cassazione, secondo 
l'art. 111 della Costituzione ormai ritenuto avente 
valore precettivo, per violazione di legge, di tutte le sentenze 
e tutti i provvedimenti sulla libert� personale 
emessi dal giudice, ordinario o speciale. 

� infine da ricordare che il Progetto abbandona il 
sistema accolto dal vigente Codice il quale, pur mantenendo 
la distinzione fra nullit� assolute e relative, considera 
sanabili tutte le nullit�. Sono ben noti gli inconvenienti 
e le ingiustizie -delle quali d� atto anche la 
Relazione -che il principio accolto nel Codice ha creato, 
tanto che la giurisprudenza, per ovviare ad essi, ha fatto 
ricorso al concetto della inesistenza giuridica dell'atto, 
accertabile con impugnazione comunque ammissibile._ 
nel, presupposto che il legislatore se avesse preveduto 
un tale caso abnorme non avrebbe mancato di porvi 
rimedio. Il principio suddetto era gi� stato abbandonato 
dal Codice penale militare, vigente che ha stabilito essere 
insanabili le nullit� di cui all'art. 185 Codice procedura 
penal~; ne segue ora le orme il Progetto in esame con 
la norma che modifica questo articolo del Codice di rito 
penale. 


INDICE S �I S T E M A T I C O 
DELLE CONSULTAZIONI 


LA FORMULAZIONE DEL QUESITO NON RIFLETTE IN ALCUN MODO LA SOLUZIONE OHE NE � S'l'ATA PRESA 

AMMINISTRAZIONE PUBBLICA. -I) Se, ai sensi 
delle vigenti norme, l'Alto Commissariato per l'Igiene 
e per la Sanit� Pubblica possa fissare i prezzi delle specialit� 
medicinali (n. 138). -II) Se lo speciale Comitato 
interministeriale, istituito con D. L. L. 19 ottobre 1944, 

n. 347, abbia la facolt� di determinare i prezzi delle 
specialit� medicinali (n. 138). -III) Se l'Amministrazione 
Aiuti Internaz_ionali, istituita presso la Presidenza 
del Consiglio, abbia natura di Amministrazione statale 
(n. 139). 
APPALTO. -I) Se la Pubblica Amministrazione sia 
tenuta a risarcimento danni per la mancata approvazione 
del contratto di appalto (n. 161). -II) Se l'appaltatore 
debba essere ristorato delle somme inutilmente 
erogate per mantenere l'attrezza.tura� del cantiere, ove 
le sospensioni verificatesi nell'esecuzione dei lavori siano 
state determinate non da obiettive necessit� tecniche, 
ma dalla necessit� dell'Amministrazione di rallentare i 
lavori, in attesa della definizione di controversie sorte 
con le autorit� locali (n. 161). -III) Se l'appaltatore 
debba essere ristorato per le maggiori spese incontrate 
per la creazione di un'attrezzatura tecnica adeguata 
all'esecuzione dell'intero importo delle opere appaltate 
rispetto alle spese, di minore importo, occorrenti per la 
ridotta attrezzatura sufficiente all'esecuzione dei limitati 
lavori in effetti eseguiti (n. 161). -V) In quale 
misura vada costituito il deposito cauzionale nei pubblici 
appalti (n. 161). -Se l'Amministrazione sia tenuta 
al pagamento degli interessi relativi a quella parte del 
deposito cauzionale, che sia venuta a risultare in eccesso 
a causa del ridotto importo dei lavori effettivamente 
eseguiti (n. 161). -VII) Se sia ammessa la revisione 
dei prezzi di un contratto di opere pubbliche, di durata 
inferiore a sei mesi (n. 162). -VIII) Se sia ammessa 
la revisione dei prezzi di un contratto di fornitura, di 
durata inferiore a sei mesi (n. 162). -IX) Se sia condizione 
sufficiente per la riattivazione dei pagamenti, 
gi� sospesi in seguito alla morte del titolare dell'impresa 
appaltatrice del servizio di casermaggio, a favore di un 
erede minore assente, la nomina, effettuata dal Tribunale, 
del curatore speciale per la tutela e l'esercizio dei 
diritti relativi all'appalto del detto servizio (n. 163). 
...:__ X) Se il termine di due mesi, stabilito dall'art. 26 
del Capitolato speciale dei servizi di casermaggio, decorra, 
nelFipotesi prevista dall'art. 36 del Capitolato stesso, da 
quando gli eredi siano posti in condizione di agire quali 

appaltatori, cio� dal giorno della comunicazione della 
continuazione del servizio, disposta dall'Amministrazione 
(n. 163). -XI) Se il termine di cui all'art. 26, 
nel caso in cui tra gli eredi dell'appaltatore sia un minore 
assente, possa comunque decorrere da data anteriore 
alla nomina, da parte del Tribunale, del curatore speciale 
(n. 163) -XII). Se la Gestione I.N.A.-Casa, conferendo 
a terzi l'incarico di costruire, a norma dell'articolo 
Il della legge 28 febbraio 1949, n. 23, abbia 
rapporti diretti con le Imprese appaltatrici (n. 164). 
-XIII) Se, in conseguenza dell'inadempimento della 
Stazione appaltante per insolvenza, poesa l'Impresa 
appaltatrice rifiutarsi di consegnare.le costruzioni(n. 164). 
-X~V) Se la Gestione-I.N.A.-Casa possa sostituirsi 
alla insolvente Stazione appaltante nel pagare all'Impresa 
appaltatrice, in tutto o in parte, l'importo della 
spesa, in modo da ottenere la consegna dell'opera (n.164). 
-XV) Se possa ritenersi applicabile l'art. 40 del C. G. 
di A. del Ministero d~i Lavori pubblici ove il ritardo nel 
pagamento delle somme dipenda non dalla ritardata 
liquidazione amministrativa delle somme stesse, ma dal 
fatto eh~ la irregolare tenuta dei registri contabili abbia 
impedito il rilascio del certificato dei lavori (n. 165). XVI) 
Se l'eccezione "inadimplenti non est adimplendum 
" possa farsi valere nei c�nfronti della 'Pubblica 
Amministrazione (n. 165). -XVII). Se la sospensione 
dei lavori debba assqlutamente contestarsi nei modi 
prescritti dal Regolamento 28 maggio 1895 (n. 165). XVIII) 
Se il fallimento dell'impresa impedisca in ogni 

caso il provvedimento di rescissione in danno, da adottarsi 
eventualmente nei suoi riguardi (n. 165). 

ATTI AMMINISTRATIVI. -I) Se l'acquiescenza 
del privato ad un atto amministrativo, che concreti a 
suo carico un determinato obbligo (o la misura di un 
determinato obbligo) sia di ostacolo ad un'eventuale 
revoca o modifica dell'atto stesso da parte della Pubblica 
Amministrazione (n. 7). -II) Se il decorso dei t~rmini 
di impugnativa di un atto amministrativo preclude alla 
Pubblica Amministrazione l'esercizio del potere di revoca 
dell'atto stesso (n. 7). 

AUTOVEICOLI. -I) Se per le questioni concernenti 
la circolazione rotatoria dei veicoli debba farsi 
riferimento ai regolamenti comunali emanati in virt� 
della potest� normativa CC?ncessa ai Comuni dall'articolo 
128 del R.D. 8 dicembre 1933, n. 1740 ,(n. 40). 




-74 


II) Se i conducenti di veicoli siano tenuti ad osservare 
la circolazione rotatoria, anche quando non vi sia cartello 
indicatore, in un piazzale, al cui centro sia un albero, 
un monumento, un~aiuola o qualsiasi ostacolo o 
rialzo (n. 40). -III) Se i conducenti di veicoli siano 
tenuti ad osservare la circolazione rotatoria, in mancanza 
di cartello indicatore, in una piazza, al cui centro 
non sia alcun rialzo, ostacolo od impedimento (n. 40). 
-IV) Se una lettera di diffida a restituire possa ritenersi 
equipollente dell'atto �a mezzo ufficiale giudiziario 
" idoneo ad evitare la decadenza ai sensi e per gli 
effetti degli articoli 7 e 9 D. L. 22 gennaio 1948, n. 118 
sull'assegnazione di autoveicoli recuperati (n. 4i). 

AVVOCATI E PROCURATORI. -Se l'accettazione 
di un funzionario dello Stato (nella specie, di un ufficiale 
generale) di far parte di un �Comitato d'onore>>, costituito 
per iniziativa comunale, possa qualificarsi cc fatto 

o causa di servizio'" legittimante l'assunzione della 
difesa da parte dell'Avvocatura dello Stato, ai sensi 
dell'art. 44 del T. U. 30 ottobre 1933, n. 1611 (n. i8). 
BORSA. -I) Se l'agente di cambio possa qualificarsi, 
in relazione alla sua attivit�, persona privata investita 
di pubbliche funzioni (n. 5). -II) Se la sospensione 
a titolo cautelativo, prevista dall'art. 63 del R. D. 
30 dicembre 1923, n. 2960, concernente lo stato giuridico 
degli impiegati dello Stato, possa applicarsi, sulla 
base dei medesimi presupposti, anche agli agenti di 
cambio (n. 5). 

CASE ECONOMICHE E POPOLARI. -Se la disposizione 
di cui all'ultimo comma dell'art. i2 del D. L. L. 
5 aprile 1945, n. i4i, sia applicabile nel caso di assegnazione 
di alloggio di cooperativa a contributo statale 

(n. 40). 
COMPROMESSO ED ARBITRI. -I) Se contro i 
lodi arbitrali, previsti dall'art. 49 del Capitolato generale 
del Ministero dei Lavori pubblici sia esperibile altro 
rimedio se non l'azione di nullit� per i motivi di cui 
all'art. 829 C.p.c., io comma (n. 6). 

COMUNI E PROVINCIE. -I) Se il pass�ggio dello 
impiegato dal servizio alle dipendenze dello Stato a 
quello alle dipendenze della Provincia o del Comune, 
avvenuto ope legis, al di fuori, cio� di un atto volontario 
da parte dell'impiegato, concreti la cessazione dal servizio 
del medesimo, ai sensi e per gli effetti dell'art. 56 
del T. U. 26 febbraio i928, n. 619 (n. 4i). -II) Se 
l'impiegato, passato dal servizio alle dipendenze dello 
Stato a quello alle dipendenze della Provincia o del 
Comune volontariamente, possa chiedere il riscatto del 
periodo effettivo di servizio civile prestato allo Stato 

(n. 4i). -III) Se la prescrizione dell'indennit� di buonauscita, 
spettante, ai sensi dell'art. 56 del T.U. n. 619 
del i928, all'impiegato che passi volontariamente dal 
servizio alle dipendenze dello Stato a quello alle dipendenze 
della Provincia o del Comune decorra dal momento 
in cui il medesimo lascia il servizio dello Stato (n 4i). 
CONTABILITA' GENERALE DELLO STf\_TO. I) 
Se gli adempimenti prescritti dall'art. 294 del Regolamento 
di contabilit� di Stato siano stabiliti solo per la 
emissione del mandato di pagamento (n. 101). -II) 
Da qual momento debbano rettamente computarsi gli 

interessi di mora a carico dell'Amministrazione ,la quale 
abbia tardato l'emissione di mandati di pagamento 
dovuto per precedenti forniture (n. lOi). -III) Se la 
Pubblica Amministrazione sia tenuta al risarcimento 
danni per la mancata approvazione del contratto di 
appalto (n. 102). -IV) Se debba considerarsi efficace 
una diffida a non pagare effettuata contro l'Amministrazione 
Aiuti Internazionali (n. 103). 

CONTRIBUTI. -I) Se il beneficiario delle provvidenze 
previste dalla legge 23 aprile 1949, n. 165, abbia 
la propriet� assoluta del bestiame e degli strumenti 
agricoli, acquistati col contributo' del 40 % da parte 
dello Stato (n. 4). -II) Se lo Stato, ove l'ammesso alla 
concess.ione del contributo venga il bene prima che sia 
trascorso un quinquennio dalla concessione stessa, abbia 
alcun diritto sul bene o semplicemente un diritto di credito 
per la restituzione del contributo (n. 4). -III) 
Se il detto diritto di credito spetti allo Stato, ove il 
beneficiario abbia perduto la propriet� del bene per 
cause diverse dalla vendita (n. 4). -IV) Se sia pignorabile 
il bestiame acquistato dai coltivatori diretti con 
i contributi di cui all'art. 6 del D. L. C.p.S. io luglio i946, 

n. 3i (n. 4). 
DANNI DI GUERRA. -Se sia ammissibile l'intervento 
dell'Amministrazione in una causa, che verta 
tra committente ed appaltatore e riguardi il pagamento 
dell'opera appaltata, ad istanza dell'appaltante stesso 
il quale chieda la condanna dell'Amministrazione al 
pagamento dei contributi cli ricostruzione previsti dal 

D.L. 29 giugno 1949, n. 409 (n. 32). 
DEMANIO. -I) Se l'Amministrazione delle Finanze 
(Demanio dello Stato) sia titolare di un diritto dominicale 
sui beni demaniali dello Stato (n. 87). -II) Se 
lo Stato rimanga titolare dei diritti pubblici reali sorti 
a suo favore dopo l'entrata in vigore dello Statuto Regionale 
Siciliano (n. 87). -III) Se vi sia differenza tra 
linea doganale (marittima) e demanio marittimo (n. 88). 
-IV) Quale sia l'interpretazione dell'art. 2 del T.U. 
25 settembre i 940 sulla legge doganale, in relazione alla 
costruzione di edifici lungo il lido del mare fuori o nell'ambito 
dei porti e dei punti di approdo (n. 88). -V) 
Se, agli effetti dell'art. 2 suddetto, possa farsi distinzione 
tra edifici costruiti sul demanio marittimo ed edifici 
co"truiti su propriet� privata (n. 88). 

ESECUZIONE FORZATA. -'-Se sia pignorabile 
il bestiame acquistato dai coltivatori diretti con i contributi 
di cui all'art. 6 del D. L. C.p.S. io luglio 1946, n. 3i 

(n. i2). 
ESPROPRIAZIONE PER P.U. -I) Se il privato 
possa chiedere restituzione del fondo occupato in via 
urgente o temporanea quando sia scaduto il termine 
di un anno previsto dall'art. 23 della legge 28 febbraio 
1949, n. 43, prima dell'emanazione del decreto di espropriazione 
(n. 76). -II) Se la decadenza di cui all'articolo 
23, ultimo comma, della legge 28__ fobbraio 1949, 

n. 43, sia applicabile ove, intervenuto il decreto di occu-_ 
pazione, il privato consenta a dare il possesso del fondo 
(n. 76). -III) Se il decreto di svincolo, emesso dal Tribunale 
ai sensi dell'art. i della legge 3 aprile i926, 
n. 686, esoneri l'Amministrazione dalla Carna Depositi 
e Prestiti da ogni responsabilit� in ordine alla restitu

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zion".' del deposito (n. 77). -IV) Se il Tribunale possa 
revocare il decreto che autorizza lo svincolo dell'indennit� 
di esproprio depositata presso la Cassa Depositi 
e Prestiti (n. 77). 

FERROVIE. -I) Se sia sufficiente, perch� i medici 
fiduciari delle Ferrovie dello Stato abbiano titolo al 
trattamento previsto dall'art. 50 del Regolamento sanitario, 
approvato con D. M. 14 settembre 1949, n. 1048, 
che i medesimi abbiano compiuto complessivamente 
anni 9, mesi 6 e giorni 1 di servizio oppure se, a tal fine, 
sia necessario che il servizio stesso abbia avuto una 
durata effettiva di almeno dieci anni e un giorno (n. 157). 
-II) Se le norme contenute nel R.I.P. (Regolamento 
internazionafe per il trasporto dei carri privati) prevalgano 
su quelle del R.I.V. (Regolamento per il reciproco 
uso dei carri �in servizio internazionale) e su quelle di 
cui al Capitolato carri privati delle Ferrovie dello Stato 

(n. 158). -III) Se il richiamo contenuto nell'art. 7, 
punto 6, del Capitolato carri privati delle Ferrovie 
dello Stato debba intendersi come riferentesi al R.I.V. 
(n. 158). -IV) Se possa inserirsi nel Capitolato carri 
privati delle Ferrovie dello Stato una clausola, per la 
quale l'immatricolante sia tenuto all'osservanza delle 
norme del Capitolato stesso, anche se in contrasto o in 
deroga da quelle previste dal R.I.V. e dal R.I.P. e da 
altri regolamenti, o disposizioni di carattere amministrativo 
o governamentale esistenti o che venissero in 
futuro emanati, in quanto non riguardino interessi di 
terzi, che sono in ogni caso salvaguardati dai citati 
R.I.V. e R.I.P. (n. 158). -V) Se per il personale cont.
rattista, il cui rapporto con l'Amministrazione delle 
Ferrovie dello Stato � regolato dal contratto tipo, approvato 
con D. L. 25 aprile 1939, n. 2941, sia ammissibile 
la riapertura del procedimento disciplinare, sempre che, 
successivamente al provvedimento punitivo, emergano 
nuovi fatti o prove, che facciano ritenere errato il precedente 
giudizio (n. 159). -VI) Se il provvedimento di 
licenziamento adottato dal Direttore generale delle Ferrovie 
dello Stato ai sensi dell'art. 9 del citato contratto 
tipo, abbia carattere di definitivit� (n. 159). 
FERROVIE E TRANVIE. -I) Se la norma dell'art. 
10 del R.D.L. 19 ottobre 1923, n. 2311, possa ritenersi 
abrogata dalla successiva legislazione in materia 

(n. 160). -II) Se la norma dell'art. 12 del R.D. 8 gennaio 
1931, n. 148, debba applicarsi ogni qualvolta il 
lavoratore abbia raggiunto i venti anni di servizio. 
(n. 160). -III) Quale sia la natura della gestione commissariale 
di una societ� concessionaria di servizi ferroviari 
(n. 161). -IV) Quale sia la natura del contratto 
corrente tra la Gestione commissariale di detta societ� 
concessionaria e le ditte proprietarie degli automezzi 
adibiti dalla Gestione stessa al servizio gi� disimpegnato 
per via ferroviaria (n. 161). -V) Se i corrispettivi 
relativi alle prestazioni di detto servizio siano assoggettati 
all'imposta sull'entrata (n. 161). 
IMPIEGO PUBBLICO. -I) Se il difetto di giurisdizione 
del g.o. in materia patrimoniale, attinente al rapporto 
d'impiego, sussista anche quando il rapporto stesso 
sia cessato (n. 318). -II) Se l'Amministrazione, prima 
di procedere al recupero delle somme pagate in pi�: allo 
impiegato cessato dal servizio, debba determinare dette 
somme e la conseguente misura dell'addebito con provvedimento 
formale, da notificarsi all'interessato (n. 318). 

-III) Se il diritto dell'impiegato al pagamento degli 
stipendi arretrati, sorto in seguito alla pronuncia di 
illegittimit� del licenziamento da parte del Consiglio di 
Stato, costituisca un �diritto patrimoniale conseguenziale
� con la conseguenza che l'azione relativa, come 
tendente ad ottenere il risarcimento di danni, debba 
proporsi al g.o. (n. 319). -V) Se,_in caso di controversia 
per il pagamento di stipendi arretrati, possa tenersi 
conto di tutto quello che il dipendente, nel periodo 
in cui sia stato assente dal servizio, abbia guadagnato 
svolgendo� una quasiasi altra attivit� (n. 319). -V) 
Se il passaggio dell'impiegato dal servizio alle dipendenze 
dello Stato a quello alle dipendenze della Provincia 
o del Comune, avvenuto ope legis, al di fuori, 
cio�, di un atto volontario da parte dell'impiegato, concreti 
la cessazione dal servizio del medesimo, ai sensi 
e per gli effetti dell'art. 56 del T. U. 26 febbraio 1928, 

n. 619 (n. 320). -VI) Se l'impiegato, passato dal servizio 
alle dipendenze dello Stato a quello alle dipendenze 
della Provincia o del Comune volontariamente, 
possa chiedere il riscatto del periodo effettivo di servizio 
civile prestato allo Stato (n. 320). -VII) Se la prescrizione 
dell'indennit� di buonuscita spettante, ai sensi 
dell'art. 56 del T. U. n. 619 del 1928, all'impiegato che 
passi volontariamente dal servizio alle dipendenze dello 
Stato a quello alle dipendenze della Provincia o del 
Comune, decorr� dal momento in cui il medesimo lasci 
il servizio dello Stato (n. 320). 
IMPOSTA DI REGISTRO. -1) Se la vendita delle 
scorte agrarie agli amministratori in proprio, di poco 
anteriore alla vendita dei terreni alle societ� da essi 
amministrate, possa ritenersi preordinata al fine di sfuggire 
alle presunzioni dettate dall'art. 47 della legge di 
registro (n. 81). -II) Se la disposizione di cui all'ultimo 
comma dell'art. 12 del D.L.L. 5 aprile 1945, n. 141, 
sia applicabile nel caso di assegnazione di alloggio di 
cooperativa a contributo statale (n. 82). -III) Se la 
esenzione dalla tassa di registro ed ipotecaria disposta 
dall'art. 71 del T. U. delle leggi sui Consigli provinciali 
dell'economia corporativa per gli atti di acquisto, da 
parte di detti Consigli, di stabili destinati a loro sede, 
trovi applicazione, 'in relazione agli atti di acquisto 
posti in essere dalle Camere di commercio, industria ed 
agricoltura, ricostituite con il D.L.L. 21 settembre 1944, 

n. 315, ch� ha soppresso i Consigli provinciali dell'economia 
corporativa (n. 83). 
IMPOSTE E TASSE. -I) Se vi sia differenza tra 
la linea doganale (marittima) e il demanio marittimo 

(n. 189). -Il) Quale sia l'interpretazione dell'art. 2 
del T. U. 25 settembre 1940 sulla legge doganale, in 
relazione alla costruzione di edifici lungo il lido del 
mare fuori o nell'ambito dei porti e dei punti di approdo 
(n. 189). -III) Se, agli effetti dell'art. 2 suddetto, possa 
farsi distinzione tra edifici costruiti sul demanio marittimo 
ed edifici costruiti su propriet� privata (n. 189). 
-IV) Quale sia la natura giuridica dell'accertamento 
fiscale (n. 190). -V) Se possa ritenersi sorto, a favore 
di un contribuente, un diritto quesito, rispetto ad un 
determinato ammontare d'imposta, solo perch�.l'ammontare 
accertato non sia pi�: contestabile da parte sua 
(n. 190). -VI) Se la separazione dal coacervo legale 
del patrimonio degli ascehdenti di quei beni, dagli stessi 
assegnati ai discendenti nel decennio 28 marzo 193728 
marzo 1947, �per causa di seguito matrimonio�, 

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ai sensi dell'art. 3, comma 4�, lett. a, del T.U. 9 maggio 
1950, n. 203, competa nella sola ipotesi di donazione 
fatta in contemplazione di futuro matrimonio oppure 
anche nell'ipotesi di donazione disposta per effetto di 
matrimonio gi� celebrato e avvenuto (n. 191). -VII) 
Se l'esonero dall'obbligo della dichiarazione dei redditi 
per i dipendenti statali (e assimilati) sia espressamente 
previsto dalle vigenti disposizioni (n. 192). -VIII) 
Se i dipendenti della Gestione Raggruppamento Autocarri 
siano tenuti alla denuncia dei redditi (n. 192). 
-IX) Se il venditore della merce con la clausola "schiavo 
dogana � sia tenuto a provvedere a tutte le operazioni 
di sdoganamento, comprese le pratiche riflettenti 
la licenza d'importazione (n. 193). -X) Se la dispersione 
della merce, soggetta ad imposta, per effetto del 
capovolgimento dell'autobotte che la trasportava, verificatosi 
in seguito alla rottura dello sterzo, possa considerarsi 
prodotta da forza maggiore, nei rapporti fra il 
proprietario obbligato e la Finanza creditrice, ai fini 
del rimborso dell'imposta (n. 194). -XI) Se per l'articolo 
3 della legge 11 gennaio 1951, n. 25, il "caso lieve� 
e il � caso grave � richiesto rispettivamente per la riduzione 
e per il raddoppio delle pene, ricorrano solo nelle 
ipotesi estremi dell'irrogazione del minimo (L. 5000) 

o del massimo (L. 100.000) della pena (n. 195). -XII) 
Se gli elementi, gi� valutati per l'irrogazione delle pene 
base, possano essere nuovamente apprezzati per l'aumento 
o la diminuzione della pena stessa (n. 195). XIII) 
Se la recidiva, nell'irrogazione della pena, debba 
essere valutata per ultima (n. 195). -XIV) Se il diritto 
del 4 per mille a favore degli Uffici del Tesoro, applicato 
sui pagamenti disposti con mandati, sia dovuto 
quando i mandati medesimi vengano emessi a favore 
di Amministrazioni dello Stato (n. 196). -XV) Se l'originaria 
natura del credito estinto con il mandato sia 
rilevante al fine di stabilire l'obbligo di pagamento del 
diritto causale del 4 per mille (n. 196). 
PREZZI. -I) Se, ai sensi delle vigenti norme l'Alto 
Commissariato per l'Igiene e per la Sanit� pubblica 
possa fissare i prezzi delle specialit� medicinali (n. 12). 
-Il) Se lo speciale Comitat� interministeriale, istituito 
con D.L.L. 19 ottobre 1944, n. 347, abbia la facolt� 
cli determinare i prezzi delle specialit� medicinali (n. 12). 
-III) Se sia ammessa la revisione dei prezzi di un contratto 
di opere pubbliche, di durata inferiore a sei mesi 

(n. 13). -IV) Se sia ammessa la revisione dei prezzi 
di un contratto di fornitura di durata inferiore a sei mesi 
(n. 13). 
PROCEDIMENTO CIVILE.~ I) Se, in sede civile, 
l'ordine di esibizione, emesso dal giudice nei confronti 
di un terzo, sia coattivamente eseguibile (n. 19). -II) 
Entro quali limiti sia ammessa l'actio ad exhibendum 
nei confronti della Pubblica Amministrazione (n. 19). 
-III) Se nell'ordinanza giudiziale debbono essere indicati 
specificamente i documenti da esibire (n. 19). 

PROFITTI DI REGIME. -Se la norma dell'art. 45 
(comma 3�) D.L.L. 26 marzo 1946, n. 134, la quale pone 
come condizione per l'esperibilit� dell'azione di inefficacia 
prevista dall'art. 29 D.L.L. 27 luglio 1944, n. 159, 

la scienza nell'acquirente circa la qualit� nel dante 
causa, di profittatore del regime, vada intesa nel senso 
che l'acquirente debba conoscere solo che il suo dante 
causa abbia realizzato profitti di regime o che anche sia 
stato sottoposto a procedimento per l'avocazione (n. 65). 

REGIONI. -I) Se l'Amministrazione delle Finanze 
(Demanio dello Stato) sia titolare di un diritto dominicale 
sui beni demaniali dello Stato (n. 36). -II) 

.se lo Stato rimanga titolare dei diritti pubblici reali 

sorti a suo favore dopo l'entrata in vigore dello Statuto 

regionale siciliano (n. 36). 

RESPONSABILIT� CIVILE. -Se il pagamento, 
effettuato dall'Amministrazione, proprietaria dei veicoli, 
al danneggiato costituis�a; in ogni caso, titolo idoneo 
e necessario, per pro�edere alla iscrizione a campione 
e alla successiva emission� dell'ingiunzione prevista dal 

T.U. 16 aprile 1910 n. 639 nei confronti del �dipendente 
autore del danno (n. 134). 
SOCIET�. -Se un Consorzio agrario provinciale, 
del quale sia in corso la liquidazione coatta amministrativa, 
abbia �ncora giuridica esistenza e personalit� 

(n. 47). -II) Se il rifiuto di registrare un Consorzio 
agrario provinciale tra i Consorzi federati, a norma del 
D.L. 7 maggio 1948, n. 1235, importi senz'altro l'esclusione 
del Consorzio dalle Societ� cooperative contemplate 
nel decreto medesimo, con la conseguente impossibilit� 
di valersi della particolare denominazione a queste 
riservata (n. 47). 
STRADE. -I) Se, ai sensi delle vigenti norme, possano 
circolare sulle strade, anche comunali e provinciali, 
i carri armati e i mezzi cingolati, secondo le esigenze 
dell'Amministrazione militare (n. 6). -II) Se l'usura 

o il logorio stradale, strettamente dipendente dal solo 
fatto della circolazione dei veicoli in genere ammessi 
alla circolazione, possa far sorgere un diritto ad indennizzo 
da parte degli enti, cui compete la manutenzione 
della strada (n. 6). -III) Se ogni altro danno connesso 
con la circolazione, ma non consistente nella sola usura 
o logorio della strada, faccia sorgere il diritto all'indennizzo 
(n. 6). 
SUCCESSIONE. -I) Se sia condizione s.fficiente 
per la riattivazione dei pagamenti, gi� sospesi in seguito 
alla morte del titolare dell'impresa appaltatrice del servizio 
di casermaggio, a favore di un erede minore assente, 
la nomina, effettuata dal Tribunale, del curatore speciale 
per la tutela e l'esercizio dei diritti relativi all'appalto 
del detto servizio (n. 35). -II) Se il termine di due mesi, 
stabilito dall'art. 26 del Capitolato speciale dei servizi 
di casermaggio, decorra, nell'ipotesi prevista dall'art. 36 
del Capitolato stesso, da quando gli eredi siano posti in 
condizione di agire quali appaltatori, cio� dal giorno 
della comunicazione della continuazione del servizio, 
disposta dall'Amministrazione (n. 35). -III) Se il 
termine di cui all'art. 26, nel caso in cui tra gli eredi 
dell'appaltatore sia un minore assente, possa comunque 
decorrere da data anteriore alla nomina, da parte del 
Tribunale, del curatore speciale (n. 35). 

{9106741) noma, 1953 � Istituto Poligrafico dello Stato -G. �c.