ANNO XII -N. 3-4 MARZO-APRILE 1959 RASSEGNA MENSILE DELL'AVVOCATURA DELLO STATO PUBBLI�JA.ZIO.N ~J DI SEB VIZIO IN TEMA DI RESPONSABILIT�. DEGLI EREDI DEL CONTRIBUENTE Il R. D. L. 7 agosto 1936, n. 1639, sulla riforma degli ordinamenti tributari, contiene la norma di cui all'art.. 42, redatta nel senso che �gli eredi del contribuente che abbia presentato una dichiara zione o ricorso, o in confronto del quale sia stata iniziata una procedura di accertamento o di retti fica, hanno� l'obbligo di comunicare all'ufficio le loro generalit� ed il loro recapito per il prosegui mento degli atti in loro confronto �; e a detta norma fa seguito l'altra, di cui al capoverso, ove � detto che, in mancanza di quella comunicazione, �gli atti intestati al contribuente defunto sono validi anche se notificati ad uno solo degli eredi, quando, entro sei mesi "dalla morte del contribuente, sia stata eseguita agli eredi una notifica collettiva all'ultimo domicilio del contribuente stesso >>. La norma ha ultimamente formato oggetto di esame da parte della Oommissione centrale delle Imposte, nella decisione n. 93809 del 20 maggio 1957 (in Giurisprudenza Imposte, 1958, 495), ripor tata con una � massima >> formulata nel senso che Ǐ radicalmente nullo l'avviso di accertamento intestato agli eredi del contribuente e notificato ad uno solo di essi� . Per una pi� esatta valutazione giuridica della decisione � indispensabile fare riferimento alla situazione di fatto ivi ricorrente, indicata nel senso che � alla data del 28 marzo 1947 viveva in N. la signora M. D. V. che non present� mai denunzia� di propriet� agli effetti della imposta straordinaria. Essa decedette il 30 settembre 1952. Oltre un anno dopo, e precisamente il 20 ottobre 1953, l'ufficio . notific� l'accertamento del patrimonio concernente la D. V. (cc ora eredi>> come � precisato nell'atto di notifica) alla nipote Luisa T. che risulta essere figlia della defunta>>. E altro estremo di fatto, acclarato e reso noto in decisione, � che cc eredi della defunta M. D. V. sono le signore L. T. e M. L. >>. Va allora da tanto dedotto che l'avviso di accertamento � stato, nella specie, intestato alla contribuente deceduta, e che solo nell'atto di notifica del detto avviso, eseguito nei confronti della L. T. che � indicata inesattamente come cc nipote n, si fa seguire al nome della intestataria, perch� deceduta, la precisazione di cc ora eredi �. E i detti estremi di fatto, deducibili dal testo della decisione, inducono a far ritenere non eccessivamente esatta la � massima � innanzi riportata, che dovrebbe in rettifica essere invece formulata nel senso che� � radicalmente nullo l'avviso di accertamento intestato al contribuente deceduto e notificato ad uno solo degli eredi �. Nella decisione indicata la Commissione centrale osserva che cc oggetto della imposta � ilpatrimonio della D. V., ma, questa morta, tenute a pagare l'imposta erano le eredi, tali gi� al momento. dell'accertamento >>. E colui che deve pagare l'imposta �ha il diritto e l'interesse di vedersi notificati gli atti, onde constatare la regolarit� dell'accertamento e della liquidazione e, se del caso, svolgere regolari opposizioni nei modi consentiti dalla legge �: donde l'obbligo che se ne faccia notifica cc a tutti i soggetti passivi del tributo >>, Ohe l'amministrazione abbia il dovere di notificare gli atti a tutti gli eredi, e non ad. alcuno soltanto, dalla Oommissione centrale lo cc si desume anche dal disposto dell'art. 42, 2� capoverso, del R. D. L. 7 agosto 1936, n. 1639, bench� esso concerna una ipotesi alquanto diversa da quella in oggetto �. Il caso prospettato da tale disposizione -si nota -� che un contribuente abbia presentato una dichiarazione o un ricorso o che comunque si sia iniziata nei suoi confronti una qualche procedura. Ed �allora, se gli eredi non hanno comunicato all'ufficio le loro generalit� e il loro recapito, l'ufficio pu� notificare anche ad uno solo di esl;!i gli atti intestati al contribuente, purch�, entro sei mesi dalla morte di costui, abbia proceduto ad una notifica collettiva agli eredi nell'ultimo domicilio del contribuente defunto. Oh� se a ci� non adempie, la notifica deve essere effettuata a tutti gli eredi, uno per uno >>. Ma, cc se ci� � prescritto nel caso in cui la procedura sia stata iniziata nei confronti del contribuente, di poi morto, a maggior ragione (per la Oommissione), deve ritenersi necessaria la notifica a tutti gli eredi nel caso che la procedura si inizi dopo la morte del contribuente e quindi direttamente nei confronti degli eredi, e pur con riferimento al patrimonio del defunto >>. A noi sembra che, con la morte del contribuente, viene meno il soggetto passivo della imposizione tributaria, e non � quindi possibile pretendere che sia valido un accertamento intestato a contribuente deceduto. Ma l� ove il contribuente abbia presentato una dichiarazione o ricorso, o nei suoi con �-�� �-��- 42 fronti sia stata iniziata una procedura di accertamento o di rettifica, in linea eccezionale la legge dice .valido l'accertamento -e quindi un accerta-� mento che sia intestato al soggetto passivo della imposizione non pi� esistente -quando, nei sei mesi dalla morte, l'ufficio abbia eseguito una notiftca collettiva agli eredi del contribuente defunto, nell'ultimo domicilio del contribuente stesso. E se tanto abbia avuto luogo, gli atti intestati al contribuente defunto 'Sono validi anche se notifioati ad uno solo degli eredi. - . I I sto 1877 n. 4024, e art. 42 R. D. L. 7 agosto 1936, n. 1639 cit.), da determinarsi in base alle norme del diritto civile che regolano la successione per causa di morte. Ma si � avuto soltanto dubbio sul se, nel caso di pi� eredi, siano questi tenuti al pag11imento del debito solidalmente 'O soltanto in proporzione della loro �quota. Per l'art. '754 O. Q. gli eredi sonq tenuti verso i creditori al pagamento dei debiti e, pesi ereditari personalmente �in proporzione della loro quota ereditaria�; e da tale disposizione potrebbe anche Deve da ci� dedursi che, ove sia mancata la notifica collettiva, gli atti intestati al contribuente defunto e no.tifioati ad alcu:.i soltanto dei suoi eredi, debbano ritenersi nulli. Ma se gli atti siano intestati agli eredi del contribuente defunto, uno o pi� o tutti, e anche ad essi notifioQ>ti, non dovrebbe esserne dubbia la validit�. Alllll pari del come, mancata la notifica collettiva, gli atti intestati al contribuente defunto debbono aversi per validi se ne venga �fatt� notifica a tutti gli eredi. Non � un fuor d'opera qui richiamare il concetto della solidariet� nel debito d'imposta. Il soggetto �passivo della imposta � la persona che si �trova in una determinata relazione con la situazione di fatto che per la legge tributaria costituisce il presupposto materiale del tributo. E quando di fronte ad un unico presupposto materiale vengano a trovarsi pi� persone, esse sono solidalmente obbligate alla prestazione tributaria. Per l'art. 1188 O. c. del 1865 .la obbligazione in solido non si presumeva, ma doveva essere stipulata espressamente, tranne che non avesse luogo di diritto in forza di legge. Il vigente art. 1294 O. c. dispone ora invece che i condebitori sono tenuti in solido, se dalla legge o dal titolo non risulta diversamente: e nessuna legge tributaria esclude la solidariet�, che � invece in pi� casi sancita espressamente. Ma gi� sotto il� vigore dell'art. 1188 era opinione prevalente quella che riteneva imperante nel nostro sistema tributario, a guisa di principio generale, il carattere solidale della obbligazione incombente a pi� persone, di fronte ad un unico presupposto e quindi in relazione ad un unico !].ebito. La solidariet� della obbligazione tributaria si manifesta non soltanto nel debito d'imposta, ma in tutto il complesso dei doveri che al soggetto passivo derivano dal rapporto d'imposta {GIANNINI: I oonoetti fondamentali del dirittO tributario. Torino, 1956, 240), e quindi ogni obbligato � tenuto al pagamento della intera somma dovuta, e deve adempiere 'ai doveri formali imposti dalla legge. E per principio giurisprudenziale pacifico :..__ rispondente, d~l resto, in: pieno alle esigenze della logica tributaria -ciascuno dei debitori solidali rappresenta gli altri di fronte all'ente pubblico creditore; s� che gli atti di qualsiasi specie compiuti da quest'ultimo riguardo a uno di essi o gli accordi conclusi col medesimo esplicano la .loro efficacia in confronto a tutti gli altri debitori. Vale qui poi anche fare cenno alla suooessione nel debito d'im.posta a seguito della morte del contribuente, in quanto � notorio che il debito d'imposta, anche se non sia stato accertato prima della scomparsa del debitore, passa agli eredi (arg. articolo 64 legge sull'imposta mobiliare T. U. 24 ago- volersi dedurre che nel debito tributario del de ouius gli eredi subentrino in proporzione della loro quota ereditaria.� Ma l'art. 24 ultimo capoverso T. U. 17 ottobre 1922 n. 1401 sulla riscossione delle imposte dirette, dispone che �ciascuna partita di ruolo fa carico per intero non solo a chi vi � intestato, ma a ciascuno dei suoi eredi a termini del n. 3 dell'art. 1205 del codice civile (del 1865), e salvo il regresso contro i coobbligati giusta l'ultimo capove1so dello stesso �rticolo �.Nel c9dice vigente, per l'art. 1316 �l'obbligazione � indivisibile, quando la prestazione ha per oggetto una cosa o un fat~o che non � suscettibile di divisione per sua natura o per il modo in clii � stato considerato dalle parti contraenti �; e per l'art. 1318 �l'indivisibilit� opera anche nei confronti degli eredi del debitore o di quelli del creditore�. In base al citato art..24 T. U. 17 ottobre 1922 non � dubbio che per le imposte dirette la responsabilit� solidale degli eredi del debitore trovi titolo nella legge. � Ma il richiamo all'art. 1205 che l'art. 24 citato contiene � sembra racchiudere -riota esattamente il GIANNINI (op. cit., pag. 247) -un principio generale applicabile in tutto il diritto tributario, il principio, cio�, che l'obbligazione d'imposta debba per sua natura essere considerata, riguardo agli eredi, come un'obbligazione non suscettibile di divisione, con la conseguenza che ciascuno degli eredi � tenuto al pagamento dell'intero debito.,>. In sostanza -secondo l'A., ed esattamente a nostro giudizio -�quel carattere unitario della obbli� gazione d'imposta, nascente da mi presupposto unico, che costituisce il fondamento della solidariet� delle diverse persone partecipanti al presupposto, si manifesta anche nel caso in cui all'unico debitore originario subentrino pi� persone, determinando la solidariet� della loro obbligazione �. Alla luce dei suesposti concetti non � inopportuno riesaminare la norma dell'art. 42, ed in vista della solidariet� degli eredi nel debito tributario del de ouius a noi sembra ben chiaro che, li ove il contribuente abbia presentato una dichiarazione o un ricorso o in confronto del quale sia stata iniziata una procedura di accertamento o di rettifica, bene possa dall'ufficio� procedersi oltre nell'accertamento del tributo, facendo intestazione e notifica degli atti agli eredi o anche ad uno solo di essi. � invece chiaro che, venuto meno il soggetto passivo della imposizione tributaria, sarebbero nulli . gli atti ulteriori che venissero iiit�stati .!'il ~ontribuente defunto. Eccezionalmente, pur cos� inesattamente intestati, quegli atti potranno essere validi se se ne faccia notifica a tutti gli eredi, o ancora se se ne faccia notifica ad uno solo degli eredi, ma solo se, omessasi dagli eredi la dichiarazione delle loro cmt1--�~-!MWB'~ -43 generalit� e domicili, ad essi collettiv�mente abbia l'ufficio fatto una notifica nell'ultimo domicilio del contribuente defunto, entro i sei mesi dalla morte. E li poi ove non vi siano stati dichiarazioni o ricorsi da parte del contribuente n� sia stata nei suoi confronti iniziata procedura di accertamento o di rettifica, ogni iniziativa per un accertamento di ufficio, che abbia luogo successivamente alla morte del contribuente, non potr� essere presa che nei confronti degli eredi, o anche nei confronti di uno solo di essi in vista del loro vincolo di solidariet� nel debito tributario del de cuius, intestandosene ad essi i relativi atti di accertamento. La stessa Commissione centrale, con le decisioni a Sez. Un. n. 22893 del 20 maggio 1931 e n. 36273 del 20 aprile 1932, dichiara che Ǐ nullo per la inesistenza del destinatario l'avviso di accertamento intestato a persona defunta n, e poi ancora che � � radicalmente nullo l'accertamento intestato a persona defunta, ancorch� l'avviso sia stato dal messo consegnato ad uno o a tutti gli eredi�; e nella decisione n. 86539 del 20 novembre 1956 dichiara �canone fondamentale di diritto tributario che l'accertamento di un tributo pu� essere fatto soltanto contro un soggetto dotato sia di capacit� giuridica che di capacit� tributaria n, ed � �chiaro che una persona defunta manca di person?ilit� giuridica, di capacit� giuridica e di capacit� tributaria, e non pu� quindi essere intestataria di un accertamento tributario ii. In detta ultima decisione, puntualizzando la. fattispecie sottopostale ad esame, la Commissione centrale rileva che nella specie, ignorandosi dall'ufficio l'avvenuta morte del contribuente, l'accertamento fu fatto nei confronti di costui ed a lui intestato il relativo avviso: �stando cosi le cose, deve necessariamente ritenersi che l'accertamento di che trattasi sia radicalmente nullo �. Ma la stessa Commissione poi precisa che <e diversamente starebbero le cose, se l'avviso di accertamento fosse stato intestato genericamente agli eredi del contribuente defunto non nominativamente indicati, e l'unico erede avesse proposto reclamo impugnando nel merito l'accertamento senza eccepire la nullit� ii: fattispecie questa presa in es�me dalla Cassazione nella sentenza 10 febbraio-30 marzo 1943 (in causa Tag1iavia c. Ministero Finanze), col risul tato di ritenere che si trattasse di nullit� sanabile e sanata, il che invece non ricorre nel caso in esame in cui l'accertamento fu fatto in confronto di un Tizio, come se questi fosse vivo, e senza quindi fare nell'avviso di accertamento alcun accenno agli eredi. Vanno poi in merito citate altre due decisioni della Cassazione, n. 1229 e n. 1271 in date 11 e 12 aprile 1938 (Finanze c. Lanzone, in <e Foro It. n, 1938, I, 1240, con annotazione di INGROSSO: JJ!orte del contribuente e validit�, dell'accertamento, e in cc Giur. It. n, 1938, I, 1, 1011, con annotazione di PUGLIESE: Natura ed efficacia dell'avviso d'accertamento nel nostro diritto tributario), che dichiarano nullo l'avviso di accertamento tributario intestato a persona defunta, ma che dicono anche tale nullit� sanata e non pi� deducibile nel corso ulteriore del procedimento, �se l'erede, cui l'avviso sia pervenuto per notificazione fattane al suo domicilio, reclama alla Commissione di prima istanza, assumendo la qualit� ereditaria e difendendosi nel merito ii. Per la Cassazione � . principio generale che l'acertamento tributario deve essere rivolto ad un determinato soggetto avente capacit� tributaria, e cio� dotato di personalit� e d.1 capacit�"giuridica; ed � per essa allora evidente che la persona defunta, non potendo essere soggetto tributario, non pu� nemmeno essere intestataria di un accertamento, �donde la conseguenza che l'avviso di primo accertamento o di rettifica alla dichiarazione del contribuente, intestati allo stesso quando gi� sia defunto, debbano considerarsi nulli per mancanza appunto del soggetto idoneo alla imposizione ii. Ma la. nullit� di cui innanzi non � assolutamente insanabile, perch�, sempre al dire della Cassazione, (( non trattasi di un atto giurisdizionale, in cui la osservanza della forma costituisca una esigenza inderogabile, ma di un atto dell'amministrazione attiva, nel quale la forma � normalmente assorbita dal contenuto sostanziale della manifestazione di volont� dell'ente pubblico�. Nel caso di specie era pacifico che il resistente fosse l'unico erede del con . tribuente, e cio� il continuatore della personalit� giuridica dello stesso e il titolare per diritto di successione delle obbligazioni patrimoniali di lui; ed era provato che l'erede aveva reclamato alla Commissione di primo grado esclusivamente per la estimazione e dichiarando di assumere la qualit� ereditaria � e di aver ricevuto l'avviso di rettifica. Per attuare una piena rispondenza tra sostanza e forma, si sarebbe dovuto intestare all'erede l'avviso di rettifica. Ma la inosservanza di questo adempimento non ha riguardato la. sostanza del rapporto -e non lo. poteva, perch� il nuovo rapporto si era costituito per virt� di legge -bens� la forma dell'atto; e senza alcuna conseguenza, giacch� l'atto ha raggiunto il suo effetto, tanto che l'erede ha reclamato e si � difeso nel merito, e senza alcun interesse ad eccepire la nullit�, perch� questa non aveva determinato alcun diritto quesito. E qui torna applicabile il principio di diritto comune, � che le eccezioni formali non sono pi� ammissibili quando risulta che il vero obbligato ha ricevuto la notificazione, sia pure� irregolare, e si � opposta nei modi di legge contro la pretesa di cui dovrebbe rispondere; nonch� l'altro principio contenuto nell'art. 190 C. p. c. per cui la comparizione o la opposizione formale alla' pretesa sana tutte le nullit� come tali e restano salvi solamente i diritti che non si sarebbero acquisiti se la pretesa fosse stata dedotta mediante un atto valido, come la decadenza, 1a prescrizione, il giudicato e simili�. In con-. elusione -osserva la Corte Suprema -�l'avviso� di rettifica al nome di persona defunta � nullo; ma se l'erede, cui l'avviso � pervenuto per notifica al suo domicilio, reclama alla Commissione di prima istanza, assumendo la qualit� ereditaria e difendendosi nel merito, la nullit� della rettifica � sanata, e l'erede non pu� pi� dedurre la nullit� stessa nel corso ulteriore del procedimento >>. E, cosi risoltasi la questione, nella sentenza n. 1229 viene detto che le considerazioni adottate <e esimono nel caso concreto da ogni indagine sulla interpretazione e la portata dell'art. 42 del R. D. L. n. 1639 del 1936, che disciplina la notifica degli -44 atti successivi alla morte del contribuente )) mentre invece un pi� lungo ragionamento viene all'art. 42 dedicato dalla sentenza n. 1271, ove � detto che <e quella disposizione afferma il principio generale e per altro non contestato che, dopo la morte del contribuente, gli atti debbono di regola essere notificati agli eredi. E disciplina poi il modo di mettere l'amministrazione in grado di conoscere gli eredi del contribuente che abbia presentato una dichiarazione o ricorso o in confronto del quale sia stata iniziata una procedura di accertamento o di rettifica, facendo loro obbligo di comunicare le proprie generalit� e il recapito per il proseguimento degli atti nei loro confronti; e d� le norme per il caso in cui gli eredi non si uniformino a tale disposizione, soggiungendo come unica sanzione che in questa ipotesi gli atti intestati al contribuente defunto possono essere notificati anche ad uno solo degli eredi, se per� entro sei mesi .dalla morte sia stata eseguita una notifica collettiva agli eredi nell'ultimo domicilio del contribuente. Il che significa che ove concorrano questi requisiti, le notificazioni debbono farsi a tutti gli eredi, ancorch� costoro non abbiano adempiuto all'obbligo di far conoscere le proprie generalit�. Ma non � prevista n� disciplinata la possibilit� di una sanatoria da parte degli eredi agli avvisi e alle notificazioni irregolari, perch� evidentemente tali sanatorie sono regolate dai principi generali del diritto JJ. Per quanto � stato detto fin qui non pu�� allora dirsi pacifica la interpretazione della disposizione di cui all'art. 42 che �, in effetti, logica fino ad un certo punto, in quanto impone agli eredi l'obbligo di fare denunzia delle loro generalit� e dei loro recapiti, ma poi sostanzialmente quasi non commina sanzioni per la inottemperanza a quell'obbligo, in quanto, vi sia o non vi sia stata quella denunzia, l'ufficio pu� continuare, senza plausibile giustificazione, a fare intestazione degli atti al contribuente defunto, ma deve sempre notificarli a tutti gli eredi, dei quali venga a conoscenza in base alla denunzia o con accertamento diretto; e l� ove alla denunzia dagli eredi non si addivenga, l'ufficio pu� soltanto fare notifica degli atti ad uno solo degli eredi, anzich� a tutti, se per� nei sei mesi' dalla morte del contribuente abbia fatto agli eredi una notifica collettiva all'ultimo domicilio del contribuente stesso. Migliore sistematica viene data al problema dal nuovo T. U. delle leggi sulle impQste dirette, approvato con D. P. 29 gennaio 1958, n. 645, e che va in applicazione dal 10 gennaio 1960 (art. 277). A decorrere da detta data l'art. 42 in esame � abrogato (art. 288), e sostituito dall'art. 16 ove � detto che �gli eredi rispondono in solido delle obbligazioni tributarie del soggetto)); -che �tutti i termini pendenti alla data della morte del soggetto, compresi il termine per la presentazione della dichiarazione ed il termine per ricorrere contro l'accertamento, sono prorogat� di sei mesi in favore degli eredi)); che �gli eredi del soggetto che abbia presentato una dichiarazione od un ricorso o in confronto del quale sia stata iniziata una procedura di accertamento o di rettifica hanno l'obbligo di comunicare all'ufficio le loro generalit�. In mancanza di tale comunicazione, fino a sei mesi dalla morte del contribuente, gli atti intestati allo stesso sono efficaci nei confronti degli eredi, anche se notificati ad uno solo di essi ovvero collettivamente ed impersonalmente nell'ultimo domicilio fiscale del defunto)). � quindi ora legislativamente sancito, quale principio generale, quello della responsabilit� solidale degli eredi nelle obbligazioni tributarie del de o�ius. Naturalmente, e ci� anche in ottemperanza a quanto � disposto nell'art. 8 del T. U., gli atti relativi al rapporto tributario, nel quale in � luogo del contribuente subentrano gli eredi, dovranno essere intestati non pi� al contribuente deceduto, ma alla persona degli eredi, con la conseguente nullit� di quegli atti se comunque dall'ufficio ne venga fatta intestazione al contribuente deceduto. E perch� la intestazione e conseguente notifica degli atti, in un rapporto gi� instaurato -per avvenuta presentazione di dichiarazione o di ricorso ovvero per avvenuto inizio di una procedura di accertamento o di rettifica -con un contribuente poi deceduto, possa essere fatta dall'ufficio agli eredi, la legge fa obbligo ai detti eredi, proprio per facilitare il lavoro dell'ufficio, di dare comunicazione delle loro generalit�. La sanzione per la inottemperanza a quest'obbligo � quella della efficacia nei confronti degli eredi degli atti che, fino a sei mesi dalla morte del contribuente, continuino ad essere intestati al contribuente deceduto e non pi� soggetto passivo del rapporto tributario, <e anche se notificati ad uno solo di essi ovvero collettivamente ed impersonalmente nell'ultimo domicilio fiscale del defunto JJ. E la eccezione trova ovvia giustifica nella esigenza che ha l'ufficio di essere messo in condizione di continuare a svolgere la procedura di accertamento senza inutili remore. La disposizione dell'art. 42 del R. D. L. n. 1639 del 1936, cosi modificata e sostituita, acquista ora logico significato ed elimina le inevitabili incertezze cui aveva dato luogo, e che lo sforzo degli interpreti non era purtroppo riuscito ad evitare. GIUSEPPE�AZZARITI AVVOCATO DELLO STATO frM frM NOTE DI DOTTRINA Annuario legale delle S~ciet� per azioni. A cura della � Associazione delle Societ� Italiane per azioni�. � una relazione periodica della giurisprudenza e dottrina in materia di societ� (sopratutto azionarie), sia per quanto riflette il diritto societaiio vero e proprio sia per quanto attiene al diritto tributario delle Societ�. La relazione � redatta con la massima cura e, quasi sempre con obiettivit�. Per quanto attiene alla parte che pi� ci interessa e cio� quella tributaria la consultazione del volumetto pu� considerarsi veramente preziosa, se non addirittura indispensabile, al fine di conoscere gli orientamenti e la evoluzione della giurisprudenza, particolarmente di quella della Commissione centrale delle Imposte. Scendendo a notazioni particolari, richiamiamo l'attenzione su la questione della tassabilit� in R.M. del valore di avviamento nel caso di trasformazione di societ� di capitali in societ� di persona, tesi sostenuta dalla Finanza ed avversata dall'Associazione. Si rileva, a questo proposito, che � in corso di esame al Parlamento un disegno di legge il quale dovrebbe risolvere la"'controversia in senso favorevole (sia pure per un �tempo limitato) alla tesi dell'Associazione (pag. 258). Interessantissima la trattazione relativa (pagina 312 e segg.) alla identificazione delle persone alle quali spetta di firmare la dichiarazione dei redditi della so.ciet�, assumendone. le relative responsabilit� civili e penali. A pag. 389, n. 42, si accenna alla questione della natura giuridica del concordato tributario, in ordine alla quale anche la Commissione centrale ha ormai aderito alla tesi della Corte di Cassazione, sempre sostenuta dall'Avvocatura, secondo la quale il concordato non ha natura bilaterale e convenzionale ma tinilaterale e di atto amministrativo. Per quanto riguarda la materia della imposta di registro, l'esame della giurisprudenza concerne sopratutto le pron�ncie della Commissione centrale. Perci�, questa parte del volume (pagg. 447 e segg.) pu� rappresentare una importante integrazione della nostra Relazione. Una stranezza che riteniamo di dover rilevare � l'accenno contenuto a pag. 562 al fatto che organi periferici dell'Amministrazione dei. LL. PP. sarebero in stato di ribellione nei confronti di una circolare della Presidenza del Consiglio .dei Ministri che invita le Amministrazioni ad ottemperare, in tema di revisione�di prezzi al noto parere dell'Av vocatura secondo il quale il contributo da ordinario contro la disoccupazione (legge 25 luglio .1952, n. 949) � da considerare un vero e proprio tributo con la conseguenza che non pu� essere calcolato come aumento di prezzo ai fini revisionali. A rendere pi� pregevole il volumetto contribuisce l'impaginazione e il formato che ne facilitano notevolmente la consultazione rapida. BREVI SEGNALAZIONI DI DOTTRINA Segnaliamo qui di seguito alcuni articoli e studi recentemente comparsi su riviste giuridiche, la cui conoscenza si appalesa opportuna, se non indispensabile: 1o Dal � Foro Italiano �, 1959: A. Cmcco: Appunto .sullo jus superveniens (I, 83). G. SANTUCCI: Responsabilit� per danni da reato ed intervento dell'ente pubblico nel processo penale (II, 10). -Si tratta di una nota sulla natura giuridica della responsabilit� della Pubblica Amminstrazione per fatto illecito del dipendente, problema che in questi ultimi tempi � �stato oggetto di numerose e non sempre chiare trattazioni. V. R. CASULLI: Considerazioni sulle promozioni del personale del soppresso Ministero dell'Africa Italiana (III, 76). U. FRAGOLA: I problemi successivi alla rimozione della sospensione dell'atto amministrativo (III, 92). 20 Dalla � Giurisprudenza Italiana �, 1959. F. BRIGNOLA: Sui presupposti della giurisdizione della Oorte dei conti in materia di responsabilit� amministrativa dei dipendenti pubblici (I. 1, 63). Si tratta di questione particolarmente interessante per quei casi di azione di rivalsa contro conducenti, specialmente militari, responsabili di danni derivanti dalla circolazione di autoveicoli della Amministrazione. E. GuICCIARDI: Indennizzo pei: i beni t'an'isini e competenza giurisdizionale (III, 7). -Nota adesiva alla giurisprudenza costante secondo la quale le pretese per indennizzi di beni perduti in forza del Trattato di pace e dei Trattati CQnnessi sono fondate su interessi legittimi. -46 R. VEcomoNE: Resistenza elastica dell'arbitrato previsto dal Capitolato Generale per gli appalti delle 00. PP. (I, 1, 401). C. MAGNANI: Sulla giurisdizione per la imp�ugnativa delle decisioni ministeriali nelle controversie doganali (I, 1, 531). -.Ampia e documentata nota che conclude con l'affermazione della competenza del Consiglio di Stato, anche dopo la sentenza della Corte Costituzionale che ha negato il carattere giutisdizionaJe alle decisioni del Ministro. 30 Dal .�Foro Padano n, 1959: .A.. WEILLER: Sulla prescrizione della pena pecuniaria comminata al trasgressore di norme valutarie (I, 207). E. CANNADA BARTOLI: Sull'indennit� dovuta ai cittadini italiani, in base alla legge 24 novembre 1948, �� n. 1493, per danni causati dal sequestro e dalla divulgazione di ritrovati tecnici (I, 565). -L'.A. � decisamente contrario alla giurisprudenza costante della Corte Suprema e del Consiglio di Stato che hanno riconosciuto il carattere di interesse legittimo alla pretesa relativa all'indennizzo per beni perduti all'estero in base al Trattato di Pace o in base ai Trattati connessi. 40 Dalla cc Rivista trimestrale di Diritto Pubblico n, 1959: .A. SANDULLI: Natura, funzione ed effetti delle pronunce della Corte Costituzionale sulla legittimitx delle leggi (pag. 23). -La indispensabile profonda conoscenza di questo studio � facilitata dalla lucidit� dell'esposizione e dalla importanza dei problemi in esso trattati. 5� Da � Giurisprudenza Costituzionale n, 1959: C. ESPOSITO: Controllo di costituzionalit� di leggi abrogate (pag. 24). G. CRISCI: I contratti stipulati con la Pubblica Amministrazione e l'art. 1341 O.O. �.Acque Bonifiche e Costruzioni n 1958, 455, e segg. Nel precedente numero di questa Rassegna (pag. 4) abbiamo recensito lo studio del Crisci in ordine all'argomento sopra indicato, e abbiamo. riprodotto letteralmente, commentandole, le frasi usate dall'Autore per� contestare l'argomento fondamentale adottato dalla Corte Suprema di Cassazione per-escludere l'applicabilit� dell'art. 1341 O.C. ai contratti stipulati con la Pubblica .Amministrazione, specie se statale. In relazione alla nostra recensione il Crisci ci ha fatto pervenire le seguenti precisazioni: �Mi riferisco alla recensione che codesta Rassegna ha dedicato al mio articolo cc I contratti stipulati con la Pubblica .Amministrazione e l'art. 1341 e.o. n, pubblicato nel fascicolo settembre-ottobre 1958 della Rivista cc .Acque ;Bonifiche costruzioni n. Non intendo discutere, in questa sede, le argomentazioni svolte nella re.censione, ..n� il suo tono polemico, tono non giustificato -mi sembra -' da uno scritto su argomento di carattere generale quale quello da me trattato. Ritengo solo doveroso richiamare l'attenzione degli organi responsabili della Rassegna su alcuni i Iapprezzamenti che incidono sulla mia persona in relazione, prevalentemente, alle funzioni da me esercitate, e che si basano su una interpretazione del mio pensiero che appare in netto contrasto con il contenuto obbiettivo dell'articolo, nonch� -aggiungo -con le mie intenzioni. Si afferma nella recensione: 1) che io abbia usato espressioni inopportune e un linguaggio non consono agli scritti giuridici nel denunciare l'istinto di sopraffazione dei funzionari e la sistematica deviazione dell'Amministrazione dai principii di imparzialit� e di giustizia; 2) che io mi sia in ci� richiamato proprio alla esperienza da me acquisita nel .l'esercizio di alte funzioni svolte nel campo della giustizia amministrativa. Quanto al primo punto, � evidente che l'accenno da me fatto alla possibilit� di deviazioni dell'azione amministrativa e alla eventualit� ipotetica del verificarsi di arbitrii <<che sfuggano ai controlli interni di merito � (accenno reso necessario dalla natura delle argomentazioni che intendevo confutare), non pu� essere generalizzato sino ad includere una indiscriminata denuncia dei sistematici eccessi della Pubblica .Amministrazione e dei suoi funzionari. Tanto pi� che il gi� chiaro significato delle espressioni in esame era� ribadito nel periodo immediatamente successivo (col. I, pag. 457, sub. b), in cui la natura patologica dell'eccesso di potere amministrativo � sottolineata dalla frase: cc A parte le prospettate ipotesi di carattere anormale �. Quanto al secondo punto, -che � il pi� grave in nessuna parte del mio articolo esiste il bench� minimo elemento che, discostandosi dai dati noti a chiunque abbia comuni nozioni di diritto amministrativo possa implicare un riferimento alla specifica esperienza acquisita nell'esercizio delle mie funzioni di magistrato amministrativo. Dovendo pertanto ritenere che il significato attribuito ai richiamati passi del mio articolo sia dovuto ad uno spiacevole equivoco penso che codesta Rassegna non abbia difficolt� a darne cortesemente atto n. Siamo lieti di pubblicare le precisazioni del dott. Crisci che chiariscono, senza possibilit� di ulteriori dubbi, la portata di alcune espressioni contenute nel suo studio che potevano offrire il campo ad interpretare in senso generale rilievi aventi solo contenuto particolare. . I WIWPJW~~~Amtii?~d?AitiPAWlMiVAM?~ MASSIMARIO DI GIURIS�PRUDENZA DELLA CORTE COSTITUZIONA.LE <ORDINATO SECONDO GLI ARTICOLI DELLA COSTITUZIONE) Art. 2 1) LAVORO -COLLOCAMENTO OJ3BLIGATORIO � ASSUNZIONE DEGLI APPRENDISTI (Legge 29 apri . le 1949, n. 264 e legge 19 geIUlaio 1955, n. 25). (Sentenza n. 30 dell'8 aprile 1958 -Pres.: Azzariti; Rel.: Petrocelli). Non sussiste contrasto determinante illegittimit� costituzionale tra le norme delle leggi 29 aprile 1949, n. 264, 19 gennaio 1955, n. 25 (concernente l'assunzione degli apprendisti) e l'art. 2 della Costituzione. 2) IMPOSTE E TASSE� LEGGI TRiBUTARIE -RETROATTIVITA (Legge 27 marzo 1954, n. 68). (Sentenza n. 81 del 30 dicembre 1958 -Pres:: Azzariti; Rel.: Battaglini). � Non sussiste contrasto determinante illegittimit� costituzionale tra le norme della legge 27 marzo 1954, n. 68 e l'art. 2 della Costituzione. Art. 3 1) LAVORO -COLLOCAMENTO OBBLIGATORIO� ASSUNZIONE DEGLI APPRENDISTI (Legge 29 apri. le 1949, n. 264 e 19 gennaio 1955, n. 25). (Sentenza n. 30 de11'8 aprile 1958 -Pres.: Azzariti; Rel.: Petrocelli). Non sussiste contrasto determinante illegittimit� costituzionale tra le norme delle leggi 29 aprile 1949, n. 264, 19 gennaio 1955, n. 25 e l'art. 3 della Costituzione. 2) CONTRATTI AGRARI -CONTRATTI DI AFFITTO DI FONDI RUSTICI -CANONI DEI FONDI RUSTICI IN CANAPA -RIDUZIONE (Legge 20 dicembre 1956, n. 1422 e legge 9 luglio 1957, n. 601). (Sentenza n. 53 del 14 luglio 1958 -Pres.: Azzariti; Rel.: Cassandro). La legge 20 dicembre 1956, n. 1422 che stabilisce riduzioni dei canoni di affitto in canapa dei fondi rustici nelle province della Campania � costituzionalmente illegittima per contrasto con l'art. 3 della Costituzione. Art. 4 1) LAVORO -COLLOCAMENTO OBBLIGATORIO ASSUNZIO, NE DEGLI APPRENDISTI (Legge 29 aprile 1949, n. 264 e legge 19 gennaio 1955, n. 25). (Sentenza n. 30 de11'8 aprile 1958 -Pres.: Azzariti; Rel.: Petrocelli). Non sussiste cont:rasto determinante illegittimit� costituzional� tra le norme delle leggi 29 aprile 1949, n. 264, 19 gennaio 1955, n. 25 e l'art. 4 della Costituzione. Art. 7 -Art. 8 1) LIBERTA RELIGIOSA � RELIGIONE DI STATO (Art. 724, lo comma, C. P.). (Sentenza n. 79 del 30 dicembre 1958 -Pres.: Azzariti; Rel.: Petrocelli), Non sussiste contrasto determinante illegittimit� . costituzionale tr~ l'art. 724, 10 comma, c. p. e gli artt. 7 e 8 della Costituzione. Art. 8 1) LIBERTA RELIGIOSA-CONFESSIONI RELIGIO� SE DIVERSE 1>..i..LA CATTOLICA -APERTURA DI TEMPI! O ORATORI (Legge 24 giugno 1929, n. 1159; R. D. 28 febbraio 1930, n. 289). (Sentenza n. 59 del 25 novembre 1958 -Pres.: Azzariti; Rel.: Petrocelli). Non sussiste contrasto determinante illegittimit� costituzionale tra l'art. 3 della legge 24 giugno 1929, n. 1159 e l'art. 8 della Costituzione. Gli artt. 1 e 2 del R. D.. 28 febbraio 1930, n. 289, regolanti l'apertura di tempii e oratori, sono costituzionalmente illegittimi per contrasto con gli articoli 8 e 19 della Costituzione. Art. 16 1) LAVORO � COLLOCAMENTO OBBLIGATORIO. ASSUNZIONE DEGLI APPRENDISTI (Legge 29 aprile 1949, n. 264 e legge 19 gennaio 1955, n. 25). (Sentenza n. 30 dell'8 aprile 1958 -Pres.: Azzariti; Rel.: Petrocelli). Non sussiste contrasto determinante illegittimit� costituzionale tra le �norme delle leggi 29 aprile 1949, n. 264, 19 g�nnaio 1955, n. 25 e l'art. 16 della Costituzione. rmmr~~~~ . I : ]Art. 19 . ' i . \' 1) LIBERT� RELIGIOSA -CONFESSIONI RELIGIOSE DIV~RSE DALLA CATTOLICA -APER� TU.fVl DI. TE~PII E ORATORI (R..D. 28 febbraio 1930, 'n. 289): (Sentenza n. 59 del 25 novembre 1958 -Pres.: Azzari.ti; Rei.: Petrocelli). Gli artt. 1 e 2 del R. D. 28 febbraio 1930, n. 289, regolanti l'apertura di tempii e oratori, sono costituzionalmente illegittimi per contrasto con gli articoli 8 e 19 della Costituzione. � Art. 21 ' 1) LIBERT� DI PENSIERO -APOLOGIA_DEL FASCISMO (Art. 5 legge 20 giugno 1952, n. 645). (Sentenza n. 74 del 6 dicembre 1958 -Pres.: Azzar.ii;i; Rel.: Cappi). Non sussiste contrasto determinante illegittimit� costituzionale fra la norma contenuta nell'art. 5 della legge 20 giugno 1952, n. 645, in riferimento alle norme contenute nella XII della disposizioni transitorie e finali e l'art. 21, 1� comma, della Costituzione. Art. 23 1) IMPOSTE E TASSE -LEGGI TRIBUTARIE -RETROATTIVIT� (Legge 27 marzo 1954, n. 68). (Sen. tenza n. 81 del 30 dicembre 1958 -Pres.: Azzariti; Rei.: Battaglini). Non sussiste contrasto determinante illegittimit� . costituzionale tra le norme della legge 27 marzo 1954, n. 68 e l'art. 23 della Costituzione. Art. 33 1). LIBERT� D'INSEGNAMENTO -ISTITUTI DI ISTRUZIONE PRIVATA -AUTORIZZAZIONE (Artt. 3 e 4 della legge 19 gennaio 1942, n. 86). (Sentenza n. 36.del 19 giugno 1958 -Pres.: Azzariti; .Rel.: Sandulli). Gli artt. 3 e 4 (comma 10, 20 e 30) della legge 19 gennaio 1942, n. 86 (che prevedono il divieto dell'apertura di Istituti non autorizzati e le misure amministrative e penali da adottare nel caso di attivazione di Istituti non autorizzati) sono costituzionalmente illegittimi per contrasto con l'art. 33 della Costituzione. Art. 38 1) LAVORO -IMPIEGO DI LAVORATORI AGRICOLI (D. L. C. P. S. 16 settembre 1947, ratificato con legge 17 maggio 1952, n. 621). (Sentenza n. 78 del 30 dicembre 1958 -Pres.: Azzariti; Rel.: Cosatti). Le norme, regolanti il massimo impiego di lavoratori agricoli, contenute _nel D. L. C. P. S. 16 settembre 1947, n. 929, ratificato con legge 17 maggio 1952, n, 621 sono costituzionalmente illegittime perch� in contrasto con l'art. 38 della Costituzione. 48 Art. 40 1) SCIOPERO : IiIRITTO DI-SCIOPERO (art. 333 del Codice Penale). (Sentenza n. 4.6 del 2 luglio 1958. Pres.: Azzariti; Rei.: Petrocelli). Non sussiste contrasto determinante illegittimit� costituzionale tra l'art. 333 del C. p. e l'art. 40 della Costituzione. .A.rtt. 40-41 2) SERRATA -ESERCENTI DI PICCOLE INDUSTRIE O COMMERCI (Artt. 504-506 C. P.). (Sentenza n. 47 del 2 luglio 1958 -Pres.: Azzariti; Rel.: Gabrieli). Non sussiste contrasto determinante illegittimit� costituzionale tra le norme contenute negli articoli 504-506 C. p., che disciplinano � fa serrata di esercenti di piccole industrie o commerci, e gli artt. 40 e 41 della Costituzione. Art. 41 1) LAVORO -IMPIEGO DI LAVORATORI AGRICOLI (D. L. C. P. S. 16 settembre 1947, ratificato con legge 17 maggio 1952, n. 621). (Sentenza n. 78 del 30 dicembre 1958 -Pres.: Azzariti; Rel.: Cosatti). Le norme, regolanti il massimo impiego di lavoratori agricoli, contenute nel D. L. C. P. S. 16 settembre 1947, n. 929, ratificato con legge 17 maggio � 1952, n. 621, sono costituzionalmente illegittime perch� in contrasto con l'art. 41 della Costituzione. Art. 42 1) ACQUE PUBBLICHE -CORRISPONSIONE DI CA� NONE PER L'USO DI ACQUA PUBBLICA (Art: 7, 40 comma, R. D. L. 25 febbraio 1924, n. 456). (Sentenza n. 26 dell'8 aprile 1958 -Pres.: Azzariti; Rel:. Papaldo). Non sussiste contrasto determinante illegittimit� costituzionale tra l'art. 7, 4� comma, del R. D. L. 25 febbraio 1924, n. 456 e l'art, 42, 3� comma, d�lla Costituzione. 2) LAVORO -IMPIEGO DI LAVORATORI AGRICOLI (D. L. C. P. S. 16 settembre 1947, ratificato con legge 17 maggio 1952, n. 621). (Sentenza n. 78 del 30 dicembre 1958 -Pres.: Azzariti; Re!.: Cosatti). Le norme, regolanti il massimo impiego di lavoratori agricoli, contenute nel D. L. C. P. S.-,16--settembre 194 7, n. 929, ratificato c9n legge 17 maggio 1952, n. 621 sono costituzipnalmente illegittim, e perch� in contrasto con l'art. 42 della Costituzione. ----=--i -~ 8) PROPRI$T� PRIVATA� TRASFERIMENTI NON REGISTRATI (Art. 2, Io comma, R. D. L. 27 settem� bre 1941, n. 1015, convertito nella legge 29 dicem� bre 1941, n. 1470, e art. 1 legge 26 gennaio 1952, n. 291. (Sentenza n. 4 del 27 gennaio 1959 -:-Pres.: P.:irassi; Rel.: Castelli Avolio). �Non, sussiste contrasto det.erminante illegittimi~� costituzionale tra l'art. 2, 1� comma, del R. D. L. 27 settembre 1941, n. 1015, convertito nella legge 29 dicembre 1941, n. 1470, l'al't. 1 della legge � 26 gennaio 1952, n. 29 e l'art. 42 della Costituzione. I .Art. 44 I 1) LAVORO -IMPIEGO DI LAVORATORI AGRiCOLI 1 (D. L. C. P. S. 16 settembre 1947, ratificato con legge 17 gennaio 1952, n. 621). (Sentenza n. 78 del 30 di-11 cembre 1958 -Pres.: Azzariti; Rel. Cosatti). Le norme, regolanti il massimo impiego di lavoratori agricoli, contenute nel D. L. C. P. S. 16 settembre 1947, n. 929, ratificato con legge 17 maggio 1952, n. 621, sono costituzionalmente illegittime perch� in contrasto con l'art. 44 della Costituzione. RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE -Assegnazione di beni, gi� appartenenti allo Stato, alle Regwhi -Contro� versie -Competenza esclusiva della Corte Costitu� zionale. (Corte Cosvituzionale, Sent. n. 31, del 18 maggio 1959 -Pres. Azzariti. Rel: Cassandro -Presidente del Consiglio -Regione Siciliana). Liatto della Regione (o dello Stato) concernente un bene, della cui appartenenza si discuta, pu� costituire un atto d'invasione della sfera di com petenza costituzionale dello Stato (o della Regione), che, in quanto tale, � idoneo a dar luogo a un con flitto di attribuzione, ai sensi dell'art. 39 legge 11 marzi;> 1953, n. 87. � La competenza della Corte a giudicare dell'a partenenza di un bene allo Stato o alla Regione, come presupposto del legittimo esercizio delle po test� amministrative relative a quei beni, ricom prende, com'� ovvio, anche quella di stabilire, qua lora se ne dubiti, il momento in cui il passaggio del bene dallo Stato alla Regione ha avuto luogo. La cessazione dell'indisponibilit� di un bene, destinato a un fine o a 1].n servizio pubblico, presuppone una manifestazione di volont� dell'Aro. ministrazione, alla cui base � un giudizio sulla ido neit� del bene a perseguire i fini, alla cui soddisfa zione era stato destinato. Il momento, in cui � avvenuto il passaggio dei beni dallo Stato alla Regione, � quello dell'entrata in vigore dello Statuto e, pertanto, occorre far rife rimento alla condizione giuridica del b"ene in quel momento per accertare se esso sia� stato o meno trasferito alla Regione. Con questa sentenza, la. Corte Costituzionale, aooo gliendo integralmente le tesi sastenute dall'Avvooa tura ha affermato ohe la oontroversia sulla spettanza del potere di disporre dei beni situati nella Regione, appartenenti, all'atto dell'entrata in vigore dello Sta tuto Speoiale, allo Stato integra un oonfiitto di attri buzione, la � disponibilit� � o << appartenenza � del bene all'uno o all'altro ente dovendosi <Jonsiderare mero presupposto del legittimo eseroizio di questa potest�. Molto opportunamente la Corte ha posto in luoe ohe in questo genere di oontroversie. non pu� par larsi di << disponibilit� � oome sinonimo di << pro priet� � del bene; ma piuttosto di assegnazione alla Regione di beni o oategorie di beni dello Stato, in base alle norme oontenute negli artt. 32 e 33 S.S.Si., fatta in relazione alle funzioni pubbliohe attribuite alla Regione, per oui ogni questione relativa non pu� essere risolta se non oon riferimento alle rispettive sfere di oompetenza. Riteniamo, oonseguentemente, oome, d'altronde, avevamo gi� sostenuto (in questa <<Rassegna �, 1957, p. 188), ohe debba in ogni oaso esoludersi la giurisdizione dell'autorit� giudiziaria e oi� anohe quando si tratti di ben�i del patrimonio disponibile (in senso pa.rzialmente difforme si veda il MAZZELLA, in questa <<Rassegna �, 1958, p. 82). La oontroversia, infatti, ha sempre oome oggetto immediato e diretto la spettanza, allo Stato o alla Regione, del potere di eseroitare una potest� amministrativa in relazione al bene e deve essere risolta ponendo oome premessa maggiore del sillogismo una norma oostituzionale attributiva di oompetenza. Nel merito la Corte ha esoluso ohe l'immobile, il quale, al momento dell'entrata in vigore dello Statuto, era tuttora giuridioamente destinato a un servizio di oarattere nazionale, fosse passato alla Regione, affermando l'assoluta irrilevanza, ai fini del passaggio di beni dallo Stato alla Regione, di atti �di dismis. sione o, oomunque, di fatti suooessivi alla data di entrata in vigore dello Statuto. G. G. AMMINISTRAZIONE PUBBLICA -Giovent� Italiana -Commissario -Autorit� cui spetta la nomina. (Corte di Cass., Sez. III, Sent. n. 117/59 -Pres.: Lombardo; Est.: Giansiracusa; P. M.: Mazza (conf.) - Nurchi c. Commissariato Naz. G. I.). La nomina del Commissario Nazionale della Giovent� Italiana (G. I.), cui sono attribuiti ampi poteri di rappresentanza e di azione per provvedere alla conservazione del patrimonio dell'ente sino a quando non siano individuati e ripartiti i compiti e le attivit� deferiti dal R. D. L. 2 agosto 1943, n. 704 ai Ministeri della Difesa e della Pubblica Istruzione, spetta, sino a quando non si verifichi tale evento, al Presidente del Oonsiglio dei Ministri. Riportiamo la parte di motivazione ohe si riferisoe alla massima e ohe fa, oon sorupolo di dooumentazione e oon ohiarezza di argomenti, il punto sulla situazione giuridioa della Gioventu Italiana. Il ricorrente, premesso che il R. D. L. 2 agosto 1943, n. 704, defer� i compiti della G. I. L. al Ministero della Difesa e a quello della P. I. a seconda delle rispettive competenze, sostiene che, ammessa la sopravvivenza della G. I. L. sotto il mutato nome di Giovent� Italiana, tale ente deve considerarsi soggetto al controllo dei predetti Dicasteri, ai quali spettava la nomina dei Oommissari che si sono succeduti nella gestione straordinaria, mentre invece tale nomina fu disposta con decreto del Presidente del Oonsiglio dei Ministri. Pertanto irricevibile era la domanda proposta da un soggetto non regolarmente investito della carica e non legittimato quindi a promuovere il giudizio. Oppone la difesa del resistente che la pretesa mancanza di capacit� del Oommissario ad assumere nel giudizio la rappresentanza dell'Ente~ avrebbe dovuto essere ritualmente rilevata nei giudizi di merito per poter essere denuncifl,ta ora in Cassazione. Senonch�, quando l'atto amministrativo concerne la nomina ad una carica. determinata la -51 quale abiliti il soggetto a stare in giudizio in rappresentanza dell'Ente, la relativa eccezione pu� essere proposta anche per la prima volta in Cassazione perch� la legittimazione delle parti al processo attiene alla costituzione del rapporto processuale e quindi alla legittimit� del contraddittorio, costituendone il presupposto essenziale. L'eccezione � comunque priva di fondamento e� ci� argomentasi dalle vicissitudini legislative tratteggiate nella impugnata sentenza, che avendo accertato la regolarit� della nomina, statu� affermativamente, per implicito, circa la questione della legittimazione, onde non sussiste nemmeno il dedotto vizio di omessa pronuncia su questo punto. Col R. D. L. 2 agosto 1943, n. 704, fu soppresso � il P. N. F. sotto la cui egida era stata posta la G. I. L.; lo scioglimento non fu esteso a questa, perch� sebbene politicizzata come ogni istituzione del regime, la G. I. L. non era un'organizzazione propriamente di partito, bens� una persona giuridica di diritto pubblico (art. 7 R. D. L. n. 1839, del 27 agosto 1933) distinta dallo Stato, con patrimonio separato, onde attuare in piena autonomia compiti volti ad integrare talune :finalit� organizzative proprie dello Stato moderno. Non essendo la G. I. L. da cui deriva l'attuale G. I. organo del disciolto partito, � manifestarmente infondata, come apparve ai giudici di merito, la eccezione dedotta nella precorsa fase e che riecheggia in questa sede circa un preteso contrasto fra il D. L. 2 agosto 1943, n. 704, e la norma transitoria, XII della Costituzione che vieta la riorganizzazione sotto qualsiasi forma del disciolto partito fascista, giacch� non � ravvisabile alcuna :finalit� di partito negli scopi culturali, educativi e di addestramento ginnico che la G. I. persegue. Ci� � tanto vero che col citato decreto-legge (come gi� col decreto 27ottobre1937, n. 1839) i fini predetti furono considerati come un'integrazione necessaria delle funzioni organizzative dello Stato, e quindi, mutata la denominazione, furono tali compiti devoluti al Ministero della Guerra (ora della Difesa) e della Educazione Nazionale (ora della Pubblica Istruzione) congiuntamente alle relative attivit� e passivit� eventualmente comprese nella consistenza patrimoniale del soppresso partito fascista. Senonch�, la disposta successione nei poteri di vigilanza sull'Ente e sui beni messi a disposizione di questo, non pot� attuarsi subito per la complessit� delle operazioni che tale successione importava. E quindi, per il graduale effettivo passaggio di competenza e per la necessaria ripartizione secondo un piano da formarsi in base alla discriminazione dei fini e dei mezzi disponibili, fu istituita una gestione commissariale e fu nominato un Commissario Nazionale della G. I. al quale, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, furono attribuiti ampi poteri di rappresentanza e di azione per provveder:e alla conservazione del patrimonio dell'Ente sino a quando non fossero individuati e ripartiti i compiti e le attivit� spettanti ai Ministeri della Difesa e della Pubblica Istruzione. � di tutta evidenza che, sino a quando non .si verifichi tale evento, la nomina del Commissario rimane di competenza del Presidente del Consiglio � dei Ministri (senza intervento dei due ministri ora indicati), sia perch� trattasi di esecuzione di decreti legislativi, sia perch� la nomina degli organi direttivi di enti l:'liutarchici nazionali, quando non sia fatta con decreto del Presidente. della Renubblica, spetta ordinariamente al Presidente de� Consiglio dei Ministri. AMMINISTRAZIONE PUBBLICA -Rappresentanza Norma contenuta nel terzo comma art. 1 T. U. 1611 del 19�8-Applicabilit� anche dopo l'entrata in vigore della legge n. 260 del 1958. (Corte di Cass., Sez. I, Sent. n. 464/59 -Pres.: Lorizio; Est.: Stella R.; P. M.: Trotta (conf.) -Leonetti c. Finanze). La disposizione contenuta nel terzo comma dell'art. 1 del T. U. 30 ottobre 1933, n. 1611, secondo la quale � affetta da nullit� insanabile, da pronunziarsi anche d'ufficio, la notificazione delle citazioni, dei ricorsi e di qualsiasi atto di opposizione giudiziale contro la P. A., che non sia fatta presso il competente ufficio dell'Avvocatura dello Stato, trova applicazione anche dopo l'entrata in vigore della legge 5 marzo 1958, n. 260, la quale, mentre ha provveduto ad eliminare le cause di nullit� degli atti giudiziali dipendenti da errore d'identificazione dell'organo .investito della rappresentanza della P. A., nessuna nuova disposizione ha, invece, emanato in ordine agli errori nell'identificazione dell'Ufficio competente dell'Avvocatura dello Stato. Riportiamo la motivazione integrale della sentenza, ed esprimiamo la speranza ohe gli esaurienti e luoidi argomenti addotti siano suff�oienti a ohiarire definitivamente i rapporti tra la legge n. 260 del 1958 e il T. U. 30 ottobre 1933, n. 1611, almeno per quanto attiene alla assoluta neoessit� di notifioare i rioorsi per oassazione all' A vvooatura Generale dello Stato. L'eccezione di inammissibilit� del ricorso � fon data. Esso � stato notificato al Ministero delle Finanze, in persona del Ministro, e all'Intendenza di Finanza di Bari, in persona dell'Intendente, presso l'Avv:ocatura Distrettuale dello Stato di Bari, mentre doveva essere� notificata presso l'Avvocatura Generale dello Stato, in Roma, a norma dell'art. 2 del T. U. 30 ottobre 1933, n. 1611, in relazione all'art. 144 C. p. c., il detto art. 2, nel suo testo originario, nel primo comma, fatta salva la disposizione dell'atticolo successivo~ stabiliva che la cita-. zione, i ricorsi e qualsiasi atto di opposizione giudiziale devono essere notificati alle Amministrazioni dello Stato presso l'ufficio dell'Avvocatura dello Stato nel cui distretto ha sede l'autorit� giudiziaria innanzi alla quale � portata la causa, nella persona che la rappresenta secondo le norme organiche. Nel secondo comma disponeva che ogni altro atto giuridico e le sentenze devono essere notificati presso l'ufficio dell'Avvocatura dello Stato nel cui distretto ha sede l'autorit� giudiziaria -�presso _ cui pende la causa o che ha p:ronunciato la sentenza. Infine il terzo comma statuiva che le notificazioni di cui ai commi precedenti devono essere fatte presso la competente Avvocatura dello Stato a pena di nullit� da pronunciarsi anche. di ufficio. -52 Il successivo art. 12, poi, disponeva che per i giudizi innanzi ai pre~ori ed ai conciliatori, anche in sede di opposizione ad ingiunzione, come per quelli che si svolgono innanzi alle giurisdizioni amministrative o speciali od innanzi agli arbitri, le noti :fi,cazion� si fanno direttamente presso le .Amministrazioni. La legge 25 marzo 1958, n. 260; con l'art. 1 ha modificato il primo comma dell'art. 2 del T. U. del 1933, sostituendolo con il seguente testo: <<Tutte le citazioni, i ricorsi e qualsiasi atto di opposizione giudiziale, nonch� le opposizioni ad ingiunzione e gli atti istitutivi di giudizi che si svolgono innanzi alle giurisdizioni amministrative o. speciali, od innanzi agli arbitri, devono essere notificati alle ,Amministrazioni dello Stato presso l'ufficio dell'Avvocatura dello Stato nel di cui distretto ha sede l'autorit� giudiziaria innanzi alla quale � portata la c�usa, nella persona del Ministro competente n. Oon l'art. 2 ha abrogato l'art.12 del T. U. del 1933. Oon gli articoli successivi ha disposto che le noticazioni alle Amministrazioni dello Stato de"Vono essere fatte alla persona del Ministro in carica; che l'errore di identificazione della persona pu� essere eccepito dall' .Avvocatura dello Stato solo nella prima udienza, con la contemporanea indicazi�ne della persona alla quale l'atto doveva essere notificato; che la notificazione deve essere rinnovata nel termine stabilito dal gi�dice� quindi assolutamente�� certo che le innovazioni apportate al T. U. del 1933 dalla legge del 1958 aono due: una attiene alla soppressione della distinzione dagli altri giudizi, di quelli innanzi-ai pretori, ai conciliatori, alle giurisdizioni amministrative o speciali e agli arbitri, nel senso che anch� per questi le notificazioni si fanno presso l'Avvocatura dello Stato, anzich� direttamente presso le Amministrazioni. L'altra innovazione concerne l'organo che ra,pprl:1senta 1'.Amministrazione: tale organo � sempre .il ministro competente e l'err�re nella sua identificazione pu� essere concepito solo nella prima udienza, con la contemporane:t indicazione della persona alla quale doveva essere fatta la notificazione e con-la possibilit� di rinnovare l'atto, notificandolo a tMe pers:ona nel termine all'uopo stabilito dal giudice. Ness�na modificazione inve�e � stata� apportata in ordine all'onere di notificare le citazioni, i ricorsi e gli atti di opposizione giudiziale pre'sso l'ufficio dell'Avvocatura dello Stato, nel cui distretto ha sede l'autorit� giudiziaria, innanzi alla quale � portata la causa. E cos� pure � rimasta forma la disposizione del terzo comma dell'art. 2 del T. U. del 1933, secondo l� quale � affetta da nullit�, da pronunciarsi_ anche di ufficio, la notificazione che non sfa fatta presso la competente A VVMfl>ilura dello Stato, e cio� presso il competente uffic!O�dell'Avvocatura. Tale norma � stata costantemente interpretata da questo Supremo Oollegio nel senso che non � ammissibile la sanatoria prevista dall'ultimo. comma dell'art. 156 O. p. c., stante la rilevabilit� di ufficio della � nullit�, rilevabilit� che presuppone una preclusione dell'indagine, da parte del giudice, sulla sussistenza dell'effetto preiristo dall'ultimo comma dell'art. 156, vale a dire che l'atto abbia raggiunto lo scopo cui � destinato. N'on pu� quindi che essere confermato il principio dianzi enunciato, sul quale non ha inciso minimamente la nuova legge, che, mentre ha provveduto ad eliminare le cause di nullit� degli atti giudiziali dipendenti. da errori .di identificazione dell'organo investito della rappresentanza dell'Amministrazione, nessuna nuova disposizione ha emanato, in ordine agli errori nella identificazione dell'ufficio competente dell'Avvocatura dello Stato, e ci�, nonostante che l'interpretazione giurisprudenziale, come si � detto, fosse costante nel considerare anche codesti errori produttivi di una insanabile nullit�. Pertanto il ricorso deve essere dichiarato inam missibile. � AMMINISTRAZIONE PUBBLICA -Successione fra enti pubblici -Soppressione del partito fascista Successione dello Stato -Insussistenza -Debito della P. A. -Pagamento-Costituzione in mora -Inappli-� cabilit� dell'art. 1219 n. 2 C. C;-Mora nel pagamento -Insussistenza sino all'espletamento degli accertamenti e dei controlli prescritti dalla legge sulla contabilit� di Stato. (Ce>rte di Cass., Sez. I, Sent. n. 532/59 -Pres.: Fragali; Est.: Bianehi d'Espinosa; P. M.: Caldare: m (conf.) -Impresa Resta e Speranza c. Ammini� strazione Tesoro). .A seguito della soppressione del partito fascista, lo Stato a norma del R. D. L. 2 agosto 1943, n. 704 va configurato non quale successore nella situazione patrimoniale del disciolto partito, ma quale liquidatore dei beni del partito fascista. Secondo le norme che regolano i pagamenti dello Stato e degli Enti pubblici in generale, i pagamenti � stessi devono essere effettuati presso l'Amministrazione debitrice. Da ci� consegue l'inapplicabilit� della norma contenuta nel n. 3 dell'art. 1219 O. c. per cui non � necessaria la costituzione in mora quando � scaduto il termine se la prestazione deve essere eseguita. al domicilio del creditore. La P. A. non pu� considerarsi in mora per il pagamento di quanto dovuto, fino a che non abbia espletato gli accertamenti ed i controlli prescritti dalla legge sulla contabilit� dello Stato, in quanto, essendo la sua attivit� regolata da norme che la vincolano, l'eventuale ritardo non pu� essere attribuito a colpa. La seoon�da e la terza massima oostituisoono ormai giurisprudenza oostante della Corte Suprema. Riportiamo la. m,ptivazione relativa alla prima massima, la quale oi sembra risolva in modo ineooepibile la questione dei rapporti patrimoniali tra Stato e oessato p. n. f. Il punto in discussione ha invece per oggetto la questione, se lo Stato debba rispondere della mora anche per il periodo successivo allo scioglimento del partito fascista (agosto 1943);_ oppure se a tale data debbano intendersi cristallizzati i rapp_ort.! fra le parti, e, di conseguenza, il debito della Federazione. La societ� ricorrente afferma che il rapporto fra le. parti era ancora pendente nell'agosto 1943, non essendo stato ancora eseguito il collaudo delle opere eseguite; e che, di conseguenza, lo Stato rilev� le ~filillfil!"~�mmmrnrnm:&i&11mmrnm&rnm:rn1rnifilrnfiliirnWllfilrnmmmmmrnrnmrn�rn1 rnrnIDmmrn4rnrnrn1rnnmlfol rnrn~mmmrnirnWillrnmmHmmrnm�]filrn~rn. -'.5'3 - obbligazioni, attive e passive, del disciolto pal'tito, assumendo la stessa posizione di questo, anche per ci� che riguarda la perdurante inadempienza contrattuale. La tesi, cosi formulata, sarebbe certamente esatta, ove ne fosse esatto il presupposto; che lo Stato debba porsi quale successore (sia pure intravires) del partito fascista, subentrando automati camente in tutti i rapporti, attivi e passivi. In tal caso, evidentemente, essendo in mora la Federazione di Taranto (il collaudo avrebbe dovuto essere eseguito entro 12 mesi dall'ultimazione dei lavori, e non era stato eseguito cinque anni dopo), lo Stato considerato successore, avrebbe perdurato nella situazfone d!inadempimento, e dovrebbe rispondere delle conseguenze della mora fino al giorno dell'adempimento; a nulla rilevando, per cui � in mora, la indiscutibile sopravvenuta impossibilit� di eseguire il collaudo a seguito degli eventi bellici susseguitisi dal settembre 1943. Ma tali considerazioni, in astratto, esatte, sono superate, ove si configuri lo Stato (cosi come ha fatto l� sentenza impugnata) non come successore, ma come liquidatore dei beni del partito fascista. In tal caso, soppresso il partito fascista al 6 agosto 1943, ne consegue la cristallizzazione a tale data dei rapporti debitorii e creditorii: salva, s'intende, la eventuale responsabilit�, ben distinta, cui lo Stato sia andato incontro per fatto proprio, cio� per colpa nell'esercizio delle funzioni di liquidatore (e questo punto forma oggetto di altri motiVi di ricorso). E la tesi adottata dalla Corte d'Appello (contro la quale � diretto in modo particolare il secondo motivo del ricorso) appare pienamente esatta, alla luce dell'interpretazione delle leggi che deliberarono lo scioglimento del partito fascista, sia attraverso la formulazione letterale delle norme, sia attraverso la mens legis. Non vi � dubbio (come afferma la societ� ricorrente) che il R. D. L. 2 agosto 1943, n. 704, stabilendo (art. 1) che �il partito nazionale fascJsta � soppresso �, abbia determinato l'estinzione istantanea di tale persona giuridica pubblica, nonch� degli altri enti ed organizzazioni dipendenti, forniti di personalit� giuridica. Ma, da questa estinzione istantanea, non consegue che lo Stato sia subentrato, quale successore e senza soluzi�ne di continuit�, nella posizione giuridica del partito, come titolare dei rapporti attivi e passivi di esso, e che perci� il patrimonio del Partito si sia devoluto istantaneamente �allo Stato. P:u�, certamente, in linea generale, ammettersi che l'estinzione di una persona giuridica pubblica produca tali conseguenze, assumendosi lo Stato i fini particolari che in precedenza erano propri della persona giuridica soppressa; ma ci� non avviene, allorch� la legge disponga diversamente, com'� accaduto nel caso concreto. Ci� risulta dalla lettera delle disposizioni contenute nel ricordato R. D. L. n. 704, e confermate dagli artt. 38 e 39 del successivo D. L. L. 27 luglio 1944, n. 159. L'art. 9 del primo decreto dispone infatti che �alla liquidazione delle attivit� e delle passivit� del p. n. f. e delle organizzazioni di cui al precedente art. 1 provvede il Ministero per le Finanze� (successivamente il Ministero per il Te 'SOro); mentre l\.nt. 10 pi�ecisa che <;le attivit� 1�e8i:. duate dalla liquidazione del patrimonio del p. n: f_., sono devolute allo Stato �; la coordinazione delle due disposizioni dimostrando chiaramente che la devoluzione allo Stato delle attivit� residue avviene in un momento successivo all'1,1;vv�i�uta liquidazione; e che perci� l'Amministrazione del Tesoro si pon� soltanto come liqu�datore, non quale successore nella situazione patrimo�lial� del disciolto partito. La distinzione fra i due momenti, e le due diverse figure che assume lo Stato (in un primo momento, �liquidatore; poi, destinatario delle attivit� residue), � dimostrata dalla� circostanza che la liquidazione non � eseguita da quelle Amministrazioni cui i beni in definitiva saranno devoiuti (come avrebbe dovuto accadere, se si fosse trattato di rapporto necessario, in cui lo Stato fosse subentrato in tutti i rapporti del disciolto partito), ma dalla sola Amministrazione delle finanze (poi del Tesoro); mentre le attivit� sono destinate a div�rse Amministrazioni, o anche cedute, con decreto, a Enti pubblici diversi dallo Stato (art. D. L. L. n. 159 del 1945. Si tratta, in definitiva, di un procedimento analogo a quello che, nel diritto privato, si presenta in materia di societ�; nelle quali. � ammessa la trasformazione che non � costituzione di nuova societ�, e la fusione, mediante le quali la nuova societ� assume diritti ed obblighi della societ� estinta, (artt. 2498 e 2504 C. c.), ma � prevista altresi la liquidazione della societ�, cui consegue l'estinzione della stessa; e, pi:� ancora, all'ipotesi prevista per le associazioni riconosciute, la cui estinzione pu� essere dichiarata dall'autorit� governativa (art. 27 O. c.); ed in cui, disposto lo scioglimento, si procede alla liquidazione (art. 30), soltanto esaurita la quale, i beni � che restano n, sono devoluti in conformit� dello Statuto, o, in difettQ, secondo i provvedimenti dell'autorit� governativa. . Del resto, anche ad esaminare la mens legis, risulta chiaro che lo Stato non pu� essere configurato come successore del disciolto partito fascista; ove si consideri che, lungi dall'assumersi direttamente i fini che il detto partito si proponeva, per effetto del rivolgimento politico di cui il decreto n. 704 insieme ad altri provvedimenti contemporanei costitui l'attuazione sul piano giuridico, lo Stato intese ripudiare quei fini (mantenimento di un regime totalitario a partito unico), e, mutando la propria struttura, adottare un regime del tutto diverso (demO<lratico, a pluralit� di partiti); onde sarebbe certamente assurdo parlare di perpetraretazione dei fini, e perci� di successione dello Stato, alla persona giuridica soppressa. COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Giurisdizione dei Tribunali delle acque -Procedimento di delimi� tazione sopravvenuto in corso di causa -Irrilevanza ai fini della giurisdizione -Riforma fondiaria, na~ura ed effetti del decreto legislativo di espropriazione. (Oass., Sez. Un., 30 luglio 1958, n. 2763-Pres.: Eula; Est.: Mastrapasqua; P. M.: Pafundi (conf.) --T�mborrino c. Ministero LL. PP.). - La giurisdizione dei tribunali delle acque pubbliche non viene meno se, nel corso del procedimento, sia, in tutto o in parte, revocato il provve -54: dimento di inclusione delle acque in contesta~ione nell'elenco delle acque pubbliche in conseguenza del procedimento di fissazione dei limiti fra le acque demaniali interne e il demanio marittimo, ai sensi dell'art. 31 C. nav. Questo, infatti, non significa riconoscimento da parte della P. A. della natura privata delle acque, ma, anzi, presuppone la loro demanialit�. Il contenuto volitivo del provvedimento di espropriazione, ancb.e se adottato in forma legislativa, il che, peraltro; non ne esclude il contenuto sostanzialmente amministrativo, si esaurisce nella espropriazione, nel trasferimento, cio�, coattivo del bene da un soggetto, che ne figura proprietar~o, ad un altro, che lo acquisisce a titolo originario; ma non attrib�isce o riconosce al soggetto passivo della espropriazione la propriet� del bene, n� sanziona la sua natura patrimoniale privata. Oon la prima massima la Corte ha confermato la applicabilit� del principio della perpetuatio jurisdictionis, escludendo che il mutamento di classificazione del bene demaniale, effettuato in corso di giudizio, avesse rilevanza sulla giurisdizione dei tribunali delle acque pubbliche, lti quale andava considerata con riferimento allo stato di fatto e di diritto esistente al momento della proposizione della domanda. In proposito occorre, a nostro avviso, tener pres�nte che il giudizio avverso l'inclusione di acque negli elenchi, di cui all'art. 1 T. U. 11 dicembre 1933, n. 1775, ha ad oggetto immediato e diretto la legittimit� del provvedimento, della quale la natura demaniale delle a�que � il presupposto. FJsso, pertanto, e la sentenza che lo conclude, non possono aver riguardo che allo stato, di fatto e di diritto, esistente al momento della inclusione delle acque in elenco. La seconda massima _�, a nostro avviso, di ovvia esattezza non potendo attribuirsi al. proced�mento espropriativo, in qualunque forma effettuato, uti contenuto ed un effetto del .tutto estraneo alla sua �natura ed ai suoi s�opi. Per la migliore comprensione delle questioni trattate, anch,e in relazione all'ulteriore giudizio, conclusosi con, $entenza del Tribunale di Lecce (infra ..... ) riteniamo opp�rtuno trascrivere in parte qua la motivazione della annotata sentenza. Le censure che in tal modo si _muovono alla sen . tenza impugnata sono ingiustificate, ed in proposito � anzi opportuno rilevare che innanzi al Tribunale Superiore l'odierno ricorrente ha sempre sostenuto la irrilevanza dei sopravvenuti provvedimenti amministrativi attributivi di parte delle acque al demanio marittimo, osservando che quei provvedimenti non alteravano affatto i termini della controversia di cui era investito il Tribunale Superiore tanto che in tali sensi formulava specifica conclusione puntualmente trascritta nella intestazione della sentenza denunciata. Comunque, mentre � sicuramente esatto, ai fini della competenza, il riferimento fatto dalla ~entenza impugnata al principio della perpetuatio iurisdictionis quanto all'interesse della prouuncia � da osservare che, non soltanto era ammesso senza riserve -come si � sopra detto ...,.-dallo stesso odierno ricorrente allora appellante, ma era ed �, in ogni caso agevolmente _riconoscibile, non solo per parte, ma per la totalit� delle acque, dato che la cancellazione di parte di queste dall'elenco delle acque demaniali interne non ha, nel caso, significato di riconoscimento da parte d�lla P. A. della loro natura privata, finalit� cui era ed � fondamentalmente diretta l'azi�ne del ric�rrente, dal momento che detta cancellazione era conseguente alla fissazione dei cc limiti >> del demanio marittimo effettuata a norma dell'art. 31 del Codice della navigazione, operazione che ha luogo, come esplicitamente � anche chiarito nella relazione al Re (paragrafo 39), esclusivamente nei confronti di acque demaniali interne, sicch� la demanialit� di queste costituisce addirittur~ presupposto per la fissazione dei cc limiti >> del demanio marittimo. La questione quindi relativa alla legittimit� o meno, dei provvedimenti amministrativi in discorso, affatto risolta, nemmeno per implicito, dalla sentenza impugnata la quale l'ha anzi espressamente riservata ad altra sede, non costituiva in alcun modo antecedente necessario della decisione demandata al '.l'ribunale Superiore, sicch� non ricorreva affatto l'ipotesi prevista dall'art. 295 C. p. c. per la sospensione del processo ivi pendente. Con il terzo motivo si ripropone la tesi dal ricorrente. sostenuta, senza fortuna; in sede di merito secondo la quale il riconoscimento della natura demaniale delle acque in disputa troverebbe osta colo insormontabile nel D. P. R. del 18 dicembre 1951 con il quale, in applicazione della legge 21 ottobre 1950, n. 841, comunemente nota come legge stralcio, vennero espropriati nei confronti del Tamborino, con altri terreni, anche poco pi� di 59 ettari di incolto produttivo in localit� Fontanelle, nella quale estensione, secondo pretende il ricorrente, sarebbero comprese anche le sponde del lago omonimo. Avendo il menzionato decreto, in quanto emesso in forma di delega legislativa, valore di legge ordinaria, ed avendo l'espropriazione per presupposto, in relazione anche alle previste sue finalit�, la natura privata dei beni che ne sono oggetto, tale natura, sia dello specchio lacustre che delle sue sponde costituenti insieme unicit� inscindibile, non potrebbe, a dire del ricorrente, pi� essere contestata, o comunque essere posta in dubbio, onde avrebbe errato il Tribunale Superiore nel negare che un simile effetto possa discendere dal menzionato decreto Presidenziale in tal modo violandolo; mentre se dubbio fosse sorto in ordine alla legittimit� costituzionale del decreto stesso, la sentenza imP,.ugnata avrebbe violato altres� l'art. 23 della legge 11marzo1953, n. 87, sul funzionamento della Corte Costituzionale, che fa obbligo al giudice di rimettere a detta Corte le questioni di legittimit� costituzionale dj disposizioni di leggi o di altri atti aventi forza di legge, anche tali censure sono inconsistenti. Del tutto esattamente, infatti, la sentenza impugnata ha considerato che il contenuto volitivo del provvedimento di espropriazione, anche se adottato, come nel caso, in forma legislativa, il che peraltro non ne esclude il contenuto sostanzialmente amministrativo,. si e-Saurisce nella espropriazione, nel trasferimento cio� coattivo del bene contemplato da un soggetto che ne figura proprietario ad un altro che lo acquisisce a titolo. originario. Il provvedimento quindi non es -55 sendo nel suo contenuto normativo diretto ad attribuire e ri~onoscere al soggetto passivo dell'espropriazione la propriet� del bene espropriato, n� a sanzionare la natura patrimoniale privata del bene stesso, lascia impregiudicate le questioni relative, per cui del tutto legittimamente il Tribunale regionale prima, e quello superiore poi, hanno affrontato l'indagine circa la natura demaniale del complesso idrico in discussione. Ohe se poi, in via di ipotesi, si fossero espropriati anche beni non espropriabili per la loro natura demaniale e sia ci� attribuibile ad errore, oppure costituisca anche eccesso dall~ delega legislativa, che prevede appunto la espropriazione di terreno di propriet� privata, con conseguente configurabilit� di una illegittimit� costituzionale del decreto delegato, a parte l'evidente difetto d'interesse del Tamborino a sollevare simili questioni in relazione a beni demaniali, � cosa che non ha rilevanza nel giudizio in esame, dal momento che in qualunque ipotesi deve escludersi che quel decreto valga a qualificare la natura del bene, sicch� non a proposito si denuncia la violazione dell'art. 23 della legge n. 87, del 1953. COMPETENZA E GIURISDIZIONE -;-Ricorso per regolamento di giurisdizione; inammissibilit�; conversione in ricorso per motivi attinenti alla giurisdi� zione -Ricorso per motivi attinenti alla giurisdizione e regolamento di competenza; proposizione contemporanea.; ammissibilit�. ESPROPRIAZIONE PER P. U. -Espropriazione dopo il decorso del biennio di occupazione; legittimit�; giurisdizione del Consiglio di Stato. (Corte di Cass., Sez. Un., Sent. 13 gennaio 1959, n. 66 -Pres.: Oggioni; Est.: Favara; P. M.: Pomodoro (0onf.) -Gerini Alessandro c. Ente Autonomo Esposizione Universale di Roma (E.U.R.) e Prefetto di Roma). Il ricorso per regolamento. di giurisdizione, pro posto nei termini di cui all'art. 325 O. p. c., pu� valere, quando sia inammissibile, come ricorso per motivi attinenti alla giurisdizione, ai sensi dell'ar ticolo 360, n. 1 O. p. c., sempre che ne abbia i requi siti formali e sostanziali. � ammissibile la contemporanea proposizione del ricorso per motivi attinenti alla giurisdizione . e del regolamento di competenza, il quale dovr� essere deciso successivamente, sempre che non sia assorbito dalla pronunzia sulla giurisdizione. I Tribunali regionali delle acque pubbliche sono organi della Magistratura ordinaria, sia pure con rito speciale, e, pertanto, della loro competenza deve conoscere, in sede di regolamento, la Sezione singola della Corte di Cassazione e-non le Sezioni Unite. Il potere della P . .A. di procedere alla espropriazione del bene sussiste ancorch� sia decorso il biennio dall'occupazione temporanea, a suo tempo disposta, ed il proprietario dell'immobile occupato abbia instaurato, anteriormente al decreto di !3Spropriazione, giudizio per il risarcimento del danno derivante dalla mancata restituzione del bene, detenuto ormai senza causa. Ogni questione sulla .legittimit� del decreto di espropriazione �, perci�, devoluta alla cogmz10ne del giudice amministrativo, restando esclusa la giurisdizione dell' .Autorit� giudiziaria ordinaria. La domanda di risarcimento del danno, anche se estesa fino al controvalore dell'immobile o a somma superiore, non determina il trasf�rimento del bene indebitamente occupato oltre il biennio neppure quando, per effetto dei lavori eseguiti, la restituzione del bene sia divenuta impossibile; il risarcimento del danno, quale ne sia la misura, si riferisce sempre alla sola occupazione dell'immobile, in rapporto alla durata di essa. Con la prima massima la Corte non ha espressamente risolto ma ha presupposto come gi� risolta, in senso negativo, la questione dell'ammissibilit� del ricorso per regolamento di giurisdizione avverso le sentenze rese in grado. di appello ed ha applicato ancora una volta a questo istituto il principio della conversione dei mezzi d'impugnazione. La Corte ha del tutto trascurato, ritenendola giustamente assorbita, la questione dell'ammissibilit� del ricorso per regolamento di giurisdizione dopo una sentenza di merito, riformata in appello da altra che abbia litnitato la sua pronunzia alla giurisdizione ed alla competenza. Quest'ultima questione, in verit�, non dovrebbe presentare dubbi: la lettera e lo spirito dell'art. 41 C. p. c. escludono la proponibilit� del ricorso per regolamento di giurisdizione quando la causa sia stata decisa nel� merito in primo grado. Nessun rilievo, quindi, ha la circostanza che la sentenza di primo grado sia stata, poi, riformata, negandosi la giurisdiziOne o la competenza del primo gudice. La questione, nella specie, era assorbita dalla inam-. missibilit� del ricorso per regolo.mento preventivo di giurisdizione, che, come la Corte ha altre volte .ritenuto (Oass., 25 marzo 1953, n. 765, in cc Foro It. n, 1954, I, 59), non ha ragione d'essere contro le sentenze di secondo grado, ancorch� limitate alla giurisdizione. D'altra parte, la pronunzia nel merito in primo grado aveva, definitivamente precluso la proposizione del ricorso per regolamento preventivo di gurisdizione e non � concepibile la riviviscenza di una facolt�, preclusa, per effetto della riforma della sentenza di primo grado. Piuttosto perplessi lascia, invece, quanto meno da un punto di vista rigorosamente teorico, l'applicazione del principio della conversione al ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione rispetto al ricorso ordinario per Cassazione. � noto, infatti, oom� la Corte abbia piu volte escluso ohe il ricorso ew art. 41 C. p. o. sia un mezzo d'impugnazione e, conseguentemente, ohe sia ad esso applicabile il principio della consumazione processuale, enunciato negli articoli 358 e 387 C. p. o. (Oass., Sez. Un., 8 luglio 1957, n. 2706, Pres.: Zappulli; Est.: Oesaroni; P. M.: Roberto (diff.); Viglione -Ufficio Stralcio Confederazione Commercianti); id., 23 aprile 1949, n. 979). Se questa premessa � esatta, deve, a nostro avviso, dubitarsi della esattezza della massima suenunoiata: il ricorso per regolamento di giurisdizione polr� con-_ vertirsi in regolamento di competenza, nonostante ohe la legge lo qualifichi mezzo d'impugnazione, se ne ha i requisiti formali e sostanziali (Oass., I, 25 novem" bre 1958, n. 3782, Fumis-Pieri), peroh� entrambi tendono a� una immediata pronunzia su questione 56 pregiudiziale; ma non in 1�io01�so ordinario, pe1� la intima e sostanziale differenza fra que:sto, che � mezzo d'impugnazione, e quello che tale non �. La conver sione di un atto, che non � un mezzo di impugna zione, in un atto d'impugnazione ci sembra non per fettamente confm�me al sisterna. Dalla seconda massima, francamente, dissentiamo. Ohe sia. ammissibile la contemporanea proposizione del ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione e della istanza per regolamento di competenza �, a nostro avviso, un male necessario. Dopo una pronunzia in primo grado sulla com petenza, infatti, le parti, ove non intendano acquetarsi ad essa, debbono adfre direttamente la Oorte di Cas sazione � perch� pronunzi su questa e, ove sussista dubbio, sulla giurisdizione, che della prima � un pre supposto necessario. Ma il codice di rito prevede distintamente le due ipotesi e regola diversament!3, nella forma, nella legitimatio ad processum e nel rito, i due procedimenti, che, pertanto, debbono essere proposti congiuntamente, essendo innegabile l'inte resse delle parti all'immediata pronunzia su entrambe le questioni.� Questi presupposti non sussistono dopo la sentenza di secondo grado, la quale � impugnabile col ricorso ordinario per Cassazione sia per motivi attinenti alla giurisdizione, sia per la competenza. Yiene meno, quindi, ogni necessit� dell'istanza per regolamento di competenza, la quale, peraltro, in questa ipotesi, dovrebbe essere decisa, contrariamente a quanto disposto dall'art. 43, 20 e 30 comma, O. p. c., dopo il ricorso� per motivi attinenti alla giurisdizione; essa sussiste solo quando si tratti di regolamento ne. cessario di competenza (Cass. II, 10 giugno 1958, . n. 1906, Lugara-Lugara), perch� in questo caso il ricorso ordinario � escluso. A nostro avviso, insomma, la simultanea proposizione di rimedi � ammissibile solo quando sia dovuta, cio�, imposta dalla legge. La terza massima rappresenta giurisprudenza consolidata (Cass. I, 5 ottobre 1954, n. 3090, Montecatini -Regione Trentino-Alto Adige e 21 settembre 1954, n. 3084, Soc. Idroelettrica Piemonte Regione Trentino-Alto Adige, in<< Acque, Bonifiche e Costruzioni n, p. 1954, 483 e 574) e non ha bisogno di ulteriore commento, almeno per quanto riguarda la sua prima parte. La seconda parte, nella quale si afferma che della competenza dei Tribunali delle acque conosce, in sede di regolamento, la Sezione singola della Oorte, esatta nella specie, lascia perplessi nella sua assolutezza. Non v'� dubbio che l'istanza per regolamento di competenza fra i Tribunali ordinari e quelli delle acque, quando sia proposta in relazione ad una senten.za dell'Autorit� giudiziaria ordinaria, com'era nella specie, di primo o di secondo grado ovvero di un Tribunale regional� delle acque, debba essere proposta e decisa nelle forme, nei termini e dall'Autorit� indicati negli artt. 42 e segg. O. p. c.; qualche dubbio sorge, invece, rispetto alla competenza per territorio dei vari Tribunali delle acque e, in genere, rispetto alle sentenze pronunziate dal Tribunale Superiore delle acque pubbliche quale giudice di secondo grado, limitatamente alla competenza. L'art. 161 T. U. 11 dicembre 1933, n. 177& di~ spone, infatti, che si fa luogo al regolamento di com petenza sul quale provvede entro trenta giorni il Presidente del Tribunale Superiore delle acque con ordinanza non soggetta a reclamo al collegio, n� a denuncia. per ca~sazione, n� a revoc;,zione, quando una medesima causa o. pi� cq,usf! fra lm�o connesse siano promosse davanti a due o pi� Tribunali delle acque o quando due o pi� Tribunali delle acque si siano dichiarati competenti o incompetenti a conoscere di una determinata controversia. L'ultimo comma del citato art. 61, escludendo la proponibilit� dello speciale regolamento di comp(Jtenza quando uno dei Tribunali abbia pronunziato la sentenza definitiva, implicitamente, ma chiaramente, ammette ch'esso possa essere proposto anche dopo una sentenza incidentale, che, ai sensi dell'art. 189 T. U., non .� impugnabile con appello immediato. Sorge, quindi, e in tutta la sua delicatezza, la questione della compatibilit� di questo Istituto con la istanza per regolamento di competenza, di cui all' articolo 42 O. p. c. Oh'esso possa essere proposto quando la stessa causa o pi� cause connesse,, promosse contemporq, neamente davanti a due o pi� Tribunali regionali, siano ancora in fase istruttoria e possa essere deciso con ordinanza del Presidente del Tribunale Superiore, non v'� dubbio. N� in questo caso l'art. 161 contrasta con l'art. 42 O. p. c. Molto dubbia, invece, � la soluzione della questione quando sia i]tata pronunziata sentenza, incidentale, sulla competenza. La Oorte di Cassazione ha avuto recentemente occasione di pronunziarsi, sia pure in via incidentale sul campo di applicazione dell'art. 161 (Cass. I, 9 gennaio 1959, n. 26, Pres.: Siciliani; Est.: De Majo; P. M.: Cutru:pia (diff.); Azienda Elettrica di Bolzano -LL. PP., in �Foro It. n, 1959, I, 231, con nota), in occasione di un confiitto di competenza sollevato d'ufficio, ai sensi dell'art. 45 O. p. c., dal Tribunale regionale di Yenezia. La Oorte, risolvendo il confiitto, ha affermato che l'art. 161 � norma di stretta applica~ione, limitata all'interno della giurisdizione specializzata, quando la medesima causa o pi� cause connesse siano pendenti avanti a due o pi� Tribunali delle acque; ma con ci� non pu� a nostro avviso, consi�erarsi risolta la questione, dovendo accertarsi se le sentenze dei Tribunali regionali siano soggette alla istanza per regolamento di competenza, di cui agli artt. 42 e 43 O. p. o., e se il confiitto reale, positivo o negativo, di competenza, previsto dall'art. 161 T. U. 11 dicembre 1933, n. 1775, possa ancora essere risolto con ordinanza del Pres�idente del Tribunale superiore. A nostro avviso, pur prescindendo dall'anomalia di un'ordinanza, che modifichi gli effetti di una sentenza, deve ritenersi che in questa parte l'art. 161 sia stato soppresso dalle norme del codice di rito, che hanno unitariamente disciplinato tutta la materia, attribuendo alla Oorte di Cassazione il potere di decidere, omisso medio, sulla competenza delle varie autorit� giudiziarie ordina.rie. D'altra parte, non ci sembra concepibile ammettere, nell'ambito della stessa giurisdizione, due giudici e due rimedi concorrenti, per cui si dovrebbe, ove si affermasse "la� sopra'l}_viv.f!nZa dell'arf,. 161, negare la proponibilit� dell'istanza ai regolamento di competenza, di cui agli artt. 42 e 43 O. p. c., contro le sentenze dei Tribunali regionali in tema di competenza per territorio. Questa improponibilit� sarebbe, per�, del tutto ingiustificata, anche -57 perche limitata alla competenza per territorio, e contraria al sistema int,rodotto dal vigente codice di rito; il quale ha voluto che le questioni di competenza fossero immediatamente e definitivamente risolte, effetto questo che pu� conseguire solo aUe pronun.zie della Corte regolatrice. In questi sensi ci sembra che abbia . sia pure implicitamente, deciso la Corte di Cassazione, ammettendo il conflitto, di cui all'art. 45 C. p. c., che contrasta col sistema dell'art. 161. Per quanto riguarda, poi, l'altra questione, cio�, la proponibilit� dell'istanza per regolamento di competenza, di cui all'art. 42 C. p. e-., contro le decisioni pronunziate dal Tribunale superiore, quale giudice di secondo grado, sulla competenza occorre tener presenti, da un lato, l'art. 200 T. U. 11 dicembre 1933, n. 1775, il quale ammette, contro le senten.ze del Tribunale superiore quale giudice di secondo grado, il ricorso alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, fra l'altro, per il motivo dell'incompetenza, e l'art. 42 C. p. c., il quale, secondo la consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione {Cass., II, 10 giugno 1958, n. 1906, Lugar�-Lugar�), � applicabile anche alle sentenze pronunziate in grado ili appello, le quali, se limitate alla competenza, sono impugnabili solo con l'istanza per regolamento di competenza. A riost1'o avviso l'art. 200 T. U. 11 dicembre 1933, n. 1775, dettato in vista della particolare composizione del Tribunale supetiore, � destinato a prevalere sull'art. 42 C. p. c. e, pertanto, le sentenze, incidentali, pronunziate dal Tribunale superiore sulla competenza non sono, a nostro avviso, soggette all'istanza per �regolamento di competenza, ma sono impugnabili esclusivamente con ricorso alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione insieme con la sentenza definitiva (art. 202 T. U.). La quarta massima � esatta, direi, anzi, che � di ovvia esattezza. Il potere di espropriazione sussiste indipendentemente dall'esercizio, corretto o meno, del potere di occupazione e dall'efficacia� di questa. Su questo punto � consolidata anche la giurisprudenza del Consiglio di Stato {Cons. Stato, V, 8 novembre 1952, n. 1327; Ad. gen. 30 gennaio 1954, n. 5; IV, 15 marzo 1957, n. 332 in<< Foro Amm. n, 1957, I, 463; 0ARUGNO: L'espropriazione per pubblica utilit�, Milano, 1958, p. 382 segg.), il quale ha avutG pi� volte occasione di affermare che i due procedimenti, di espropriazione e di occupazione, hanno causa e presupposti diversi e sono fra loro distinti e. indipendenti, sicch� la pendenza davanti l'autorit� giudiziaria ordinaria di una controversia relativa all'occupazione ultra-biennale non pu� influire in alcun �modo sulla espropriazione, n� questa paralizza l'azione giudiziaria (Cass., Sez. Un., 18 maggio 1956, n. 1708, in<< Mass. Foro It. �, 1956, col. 311). D'altronde, l'art. 73 della legge sull'espropriazione per pubblica utilit� � molto esplicito al riguardo. Esso. dispone che, occorrendo rendere definitiva un'oo-. cupazione temporanea, si procede ai sensi degli artt. 16 e segg., cio�, iniziando il procedimento espropriativo dalla designazione dei beni da espropriare e omettendo solo, perch� gi� sussistente, la dichiarazione di pubblica utilit� dell'opera, disciplinata dai precedenti art. 1 a 15. I due procedimenti� hanno un presypp�sto comune: la diohiarazione di pubblica utilit�; ma sono del tutto indipendenti tra l�ro, tanto � vero-che la espropriazi�ne, anche in presenza di una occupazione di urgenza, la quale normalmente � disposta nel corso del procedimento di espropriazione, segue il suo iter normale. N � i vizi . di un provvedimento influiscono sulla legittimit� dell'altro o si comunicano all'altro, com'� stato confermato dalla consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato, che, come s'� detto, ha considerato sempre autonomi i due procedimenti e i rispettivi provvedimenti conclusfoi. N� cessa questa autonomia per l'esistenza del comune presupposto di entrambi i procedimenti: la dichiarazione di pubblica utilit� dell'opera, provvedimento autonomo, impugnabile ex-se, che non rappresenta, perci�, una fase dell'uno; n� dell'altro procedimento, ma, come s'� detto pi� volte, un presupposto della legittimit� di entrambi. La quinta massima lascia molto perplessi, non tanto per la sua esattezza, quanto perch� potrebbe essere interpretata come un mutamento della giurisprudenza, che si andava consolidando in senso diverso, e un ritorno a principi, che si erano, a nostro avviso, non del tutto esattamente, andati via via abbandonando. Essa, perci�, ci induce a fare il punto della situazione sulle conseguenze del protrarsi dell' occupazione oltre il biennio e sui rapporti fra l'espropriazione e il risarcimento del danno. Non v'� dubbio e, in verit�, non � stato mai seriamente contestato, che la espropriazione tardiva, sopravvenuta, cio�, dopo il biennio di occupazione, non faccia venir meno il diritto al risarcimento del danno {Oass., Sez. Un. 18 maggio 1956, n. 1708, in �Mass. Foro It.. n, col. 311), che pui) considerarsi acquisito dal privato. Ma a nostro avviso, erra profondamente quella parte della dottrina {CARUGNO, loco citato), la quale pretende che il privato abbia acquisito il diritto al valore venale del bene. Questa teoria sarebbe, in parte, accettabile, solo se si ammettesse l'accessione inversa, l'attrazione reale, cio�, del fondo nella costruzione, di valore ed entit� prevalente, che la giurisprudenza ha, invece, costantemente escluso come principio generale {Oass., 12 giugno 1939, n. 198, in << Giur. op. pubbl. �, 1939, I, 706; id. 9 giugno 1941, in cc Dir. beni pubbl. �, 1941, 444; id. 9 novembre 1956, n. 4214, in cc Foro It. �, 1956, n. 782; contra Papaldo, in << Dir. beni pubblici �, 1939, p. 180 segg.); se si ammettesse, cio�, che il fondo privato, incorporato nell'opera pubblica, divenga propriet� pubblica per effetto e dalla data stessa dell'incorporazione. Questo fenomeno si verifica certamente rispetto ai beni del demanio necessario, indicati nel primo comma dell'art. 822 C. c.; nella ipotesi prevista dall'art. 946 C. c., ad esempio, il nuovo letto del fiume diviene propriet� dello Stato per il fatto stesso edal momento, in cui il fondo privato � stato stabilmente occupato dal fiume, che ha mutato letto. A nostro avviso il trasferimento di propriet� si verifica anche quando l'abbandono del vecchio alveo sia dovuto ai opere dell'uomo (art 94 7 C. c.) e, in genere, ogni volta che si tratti di uno dei beni di demanio indicati nel primo comma dell'art. 822 C. c. (lido del mare, porti, opere di difesaJ. ~cc.). In queste ipotesi, se l'acquisto della propriet� da parte dello Stato non sia dovuto a cause naturali, nel qual caso, .ovviamente, nulla � dovuto all'ex-proprietario, e sempre che non si sia proceduto ad espropriazione, l'indennit�, che normalmente � considerata d6vuta in base all'art. 46 della legge sull'espropriazione per pub .-58 blica utilit�, come indennizzo da atto legittimo, rappresenta il valore del fon do al momento del forzat() abbandono e della perdita, definitiva, della propriet�. Questo principio, che, come s'� detto, la giurispudenza non ritiene di poter applicare anche i beni indicati nel 2� comma dell'art. 822 a. c., i qualj fanno parte del demanio solo se appartengono, se, cio�, sono stati acquistati in propriet� dallo Stato, con un titolo di diritto privato o pubblico, e, in generale, a tutte le opere pubbliche, �da chiunque costruite, importa la duplice conseguenza della inutilit� di un successivo procedimento espropriativo, essendo gi� stata, rispettivamente, perduta ed acquistata la propriet�, e del diritto del privato al risarcimento del danno pari al valore del fondo definitivamente perduto. Esclusa la sua applicabilit� in via generale, e la. annotata sentenza conferma questa ormai consolidata giurisprudenza, debbono anche respingersi le due accennate conseguenze, onde la necessit� di un successivo atto di acquisto della propriet� e, conseguentemente, la ricerca dei criteri per la determinazione dell'indennizzo dovuto al privato. Quest'ultimo aspetto della questione deve, a nostro avviso, essere riesaminato funditus, non potendosi accettare il principio, secondo il quale il danno si concreta sempre nel �valore venale del fondo (Oass. Sez. Un., 8 febbraio 1957, n. 490 e 16 luglio 1957, n. 2904, in cc Mass. Foro It. �, 1957, 95, 570 e 907 e in cc .Acque Bonifiche e Costruzioni�, 1957, p. 316; 04.RUGNO; loco citato), che com'� noto, � stato affermato, abbandonandosi la tesi seguita dalla precedente giurisprudenza, la quale faceva corrispondere il danno alla mancata utilit�, conseguente alla mancata temporanea utilizzazione del fondo, sul presupposto del definitivo abbandono del fondo, della privazione del bene irreparabilmente sofferta (Sez. Un., n. 2904 del 1957, dianzi citata). Escluso questo effetto, deve a fortiori escludersi l'idea del danno permanente, al quale soltanto pu� corrispondere l'integrale valore del,1.fondo. A nostro avviso, la questione non � suscettibile di una soluzione unitaria e aprioristica, ma deve essere esaminata caso per caso e risolta, in base ai comuni principi di diritto, sostanziale e processuale, avendo riguardo agli interessi, entrambi degni di tutela, del proprietario del fondo e dell'occupante. Se, da una parte, deve escludersi che lo scadere del biennio privi la P. A. del potere di portare a termine ovvero d'iniziare il procedimento di espropriazione, deve, altres�, escludersi che il proprietario del bene, occupato ormai senza titolo, sia costretto a subire indefinitamente la occupazione. Decorso il biennio, questi ha certamente diritto alla restituzione del fondo e al' risarcimento del danno per la temporanea privazione del suo godimento. D'altra parte il giudice, per effetto del limite posto alla sua giurisdizione dall'art. 4 della legge abolitiva del contenzioso, non pu� ordinare la retrocessione del fondo occupato in modo permanente dall'opera pubblica, ma deve condannare l'occupante a risarcire il privato di questo ulteriore danno, che non � conseguent� alla occupazione ultra-biennale, ma alla mancata restituzione. Sono, dun'que, due ben distinti ed autonomi titoli di risarcimento; uno, relativo al danno temporaneo derivante dalla occupazione, che si concreta nel mancato godimento del fon do per la durata dell'occupazione (ultra biennale); l'altro, rela~ ;; tivo al danno permanente conseguente alla mancata !'':'restituzione, che implica il definitivo abbandono del ' fondo e si concreta nel suo valore. Questo danno permanente non sussiste non solo quando l'occupante restituisca il fondo, ma .anche quq,~do ce.ssi, e per effetto della sopravvenuta espropriazione indubbiamente cessa, l'obbligo di restituire il fondo, ormai, legittimamente acquistato. Se, perci�, nel corso del giudizio avente ad oggetto il risarcimento del danno temporaneo e la restituzione del fondo, o il risarcimento del danno permanente conseguente alla definitiva mancata restituzione del fondo, sopravviene la espropriazione, la domanda, per quanto attiene al secondo capo, non pu� non essere respinta, non sussistendo, come s'� detto, a carico dell'occupante alcun obbligo di restituire il fondo, da lui acquistato per effetto dell'espropriazione. Resta salvo, naturalmente, il diritto del privato proprietario al risarcimento del danno temporaneo derivante dalla occupazione ultrabiennale. Pu� darsi, invece, che nel corso del giudizio non intervenga il decreto di espropriazione e passi, cos�, in giudicato la sentenza, che dichiara tenuto l' occupante a restituire il fon do al proprietario e, conseguentemente, lo condanna, per il caso di mancata restituzione, al pagamento del suo 'integrale valore venale oltre, naturalmente, al risarcimento del danno temporaneo derivante dalla �occupazione. Ora non ci sembra contestabile che l'adempimento di guesta obbligazione, il pagamento, cio�, dell'integrale valore del fondo, che � il corrispettivo della permanente privazione del bene, anche se non trasferisce la propriet�, n� obbliga il proprietario a trasferirla, del che sopratutto potrebbe seriamente dubitarsi, attribuisce all'occupante il diritto di godere permanentemente del fondo e impedisce al proprietario ogni azione tendente a ottenerne nuovamente la restituzione. Si determina, cio�, una situazione ben nota al diritto romano classico: la sopravvivenza della propriet� quiritaria, ridotta a nudum nomen, accanto alla propriet� pretoria, che � tutelata anche contro il dominus, la cui rei vindicatio � paralizzata dall'exceptio� doli. Nel diritto vigente ogni ulteriore azione del dominus deve considerarsi, a nostro avviso, paralizzata dal principio, enunciato �nell'art. 2041 a. c., secondo il quale nemo locupletari potest curo aliena iactura. Pi� delicata � la questione nel caso, in cui l'occupante intenda procedere ad espropriazione per acquistare la piena propriet� del fon do occupato ovvero altri espropri nei confronti, ovviamente, dell'antico proprietario, al quale il fondo � rimasto ancora intestato nei registri fondiari. In entrambi i casi l'espropiante deve depositare l'indennit�, determinata secondo legge; n� � ipotizzabile una espropriazione senza deposito, categoricamente prescritto dalle norme in vigore. D'altra parte, l'indennit� depositata non _pu� essere pagata che al proprietario ed ai titolari di ius in re aliena, non all'occupante, ancorch� abbia pagato il valore del fondo, acquistando quella, che dianzi definivamo propriet� pretoria. � innegabile, per�, che in tal caso il proprietario venga ad_ arricchirsi senza una giusta causa a danno dell'occupante; al quale, pertanto, a nostro avviso spetter� ai sensi dell'art. 2041 a. c., la minor somma fra l'arricchimento e. il danno. ' G. G. ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI DELLE CORTI DI MERITO COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Azione diretta contro la classificazione di un bene demaniale -Im� proponibilit�. (Trib. Lecce, IO febbraio-11 marzo 1959 -Pres.: Micheli; Est.: Motta -Tamborrino c. Finanze e Marina Mercantile). Il cittadino non � portatore di un diritto sogget� tivo alla classificazione dei beni demaniali e, pertanto, � improponibile l'azione tendente ad ottenere l'accertamento, positivo, che un bene appartenga al demanio idrico o, negativo, ch'esso non appartenga al demanio marittimo. La massima � di ovvia esattezza, ma la sentenza merita di essere segnalata sia per la chiarezza della motivazione, nella quale si pone in luce la differenza sostanziale fra il procedimento di delimitazione del demanio marittimo, di cui all'art. 31 O. nav., e quello, di cui al successivo art. 32, sia per la particolarit� del caso deciso. Dopo la sentenza della Oorte di Oassazione la quale aveva definitivamente accertato la legittimit� della inclusione di tutto il complesso idrico nell'elenco delle acque pubbliche e, conseguentemente, escluso ch'esse avessero natura privata, l'interesse del Tamborrino, che su quelle acque aveva vantato un diritto di propriet�, alla loro classificazione nel demanio idrico o marittimo non poteva avere altra consistenza che dell'interesse legittimo, da far valere, eventualmente, nei modi e termini di legge, avanti la giurisdizione amministrativa con ricorso avverso il provvedimento, che aveva determinato i confini fra le acque interne e il demanio marittimo. Per una migliore comprensione della questione si trascrive comunque la parte di motivazione relativa alla questione, che interessa: 1) Col primo capo di domanda l'attore tende ad un accertamento per sentir � dichiarare che lo specchio .Alimini grande non fa parte del demanio pubblico marittimo e costituisce parte integrante del Lago .Alimini a tutti gli effetti � (prima conclusione dell'atto di citazione, reiterata nel verbale di precisazione sub. 3 delle conclusioni ivi formulate). Deve al riguardo osservarsi che tale accertamento, ancorch� qualificato dall'attore �negativo n, ne richiede e presuppone uno positivo, stante il particolare regime delle acque in questione, e la proposizione che viene ad esplicarsi appare al Collegio decisiva per i vari profili della causa. Tutte le acque del Lago .Alimini, nelle sue tre parti: .Alimini grande, .Alimini piccolo o Fontanelle, Canale �Lu strittu n, sono pubbliche e non propriet� privata: tale condizione giuridica � stata accertata -con valore di giudicato e con conseguente effetto preclusivo di riesame -attraverso la giurisdizione delle acque, dalla sentenza del Tribunale regionale sino a quella delle Sezioni Unite della Cassazione, che rigettava il ricorso avverso la decisione del Tribunale superiore delle acque in sede di gravame. Nell'ambito della qualificazione di acque pubbliche l'attuale iniziativa g�udiziaria del Tamborrino � diretta a far dichiarare che una parte del lago (lo specchio settentrionale) non costituisce demanio marittimo (art. 28 C. nav. di cui al R. D. ~O marzo 1942, n. 327) bensi demanio idrico (art. 1 T, U. sulle acque di cui al R. D. 11 dicembre 1933, n. 1775). La declaratoria di appartenenza di tutto il lago al demanio idrico viene espressamente riconosciuta, come petitum della controversia, dalla difesa dell'attore (veggasi pag. 3 �Replica �, 24 gennaio 1959) e involge, quindi, un accertamento a contenuto positivo, in quanto, perrimuovere l'inquadramento delle acque in contestazione nel demanio marittimo non si pu� che classificarle nel demanio idrico. Giova ricordare che lo status delle acque dell'.Alimini, dopo il lungo e travagliato iter giudiziario ed amministrativo, � il seguente: .Alimini piccolo e canale � Lu strittu n, sino alla chiusura che divide le acque salse da quelle dolci: demanio idrico (D.P.R. 7 dicembre 1951e10 febbraio 1956); .Alimini grande e restante parte del canale << Lu strittu n: demanio marittimo (decreto interministeriale 22 novembre 1955). L'attore nel presente giudizio non vanta pi� alcun diritto di propriet� sulle acque del Lago -come fece e poteva ritualmente fare innanzi la giurisdizione specializzata -ma vorrebb.e� ricondurre anche le acque dichiarate far parte del demanio marittimo in quelle dichiarate appartenere al demanio idrico. La dottrina insegna che scopo dell'azione di accertamento � di eliminare la incertezza intorno alla esistenza o modalit� di un rapporto giuridico ottenendo una sentenza di mero accertamento o dichiarativa: � altresi noto che la nozione di <e rapporto giuridico n, presuppone diritti soggettivi perfetti, e la incertezza che si tende di rimuovere con l'accertamento deve ricadere sulla esistenza o contenuto di <e diritti n. Onde concordemente si riconosce che l'azione di accertamento positiv:Q .� sempre coordinata al diritto, e l'azione di accertamentGnegativo richiede in ogni caso -ed almeno -l'interesse all'accertamento stesso. Le quali nozioni teoriche si sono qUi ricordate in quanto la difesa dell'attore, in presenza della eccezione delle Ammi -60 nistrazioni convenute di mancanza di un diritto soggettivo perfetto nel privato a sostegno delle richieste giudiziali, ha sostenuto potersi ammettere �l'a;zione di accertamento negativo anche in relazione ad una situazione gimidica ricollegabile an-� zich� ad un diritto p�rfetto ad un diritto affievolito � (veggasi pagina 6, cc comparsa conclusionale 7 gennaio 1959). Gi� si � ricordato che la proposta. azione tende sostanzialmente ad un aooertamento positivo: far parte anche l'Alimini Grande del demanio idrico, onde la inammissibilit� di una declaratoria del genere se non in relazione ad un diritto del privato, mentre, ove si voglia seguire la qualificazione data dall'attore di cc accertamento negativo �, manca in lui, in ogni caso, l'interesse ad agire (art. 100 C. p. c.). � legittimato solo chi � cc titolare del potere di azione riguardo al rapporto dedotto in giudizio n, ed il Tamborrino non .� titolare di alcun potere di azione con riferimento al rapporto gimidico controverso, n� � titolare di alcun diritto soggettivo. A tal proposito � da ricordare la conclusione cui si � test� pervenuti: essere restato escluso, con forza di giudicato, qualsiasi diritto di propriet� privata del Tamborrino su tutte le contese acque dell'Alimini, riconosciute di natura pubblica, per la loro destinazione -non solo attuale ma anche potenziale -ad usi di pubblico generale interesse. Infatti, il decreto interministeriale che per una parte di tali acque pubbliche le ha classificate cc beni del demanio marittimo � � emesso ai sensi degli artt. 28 e 31 del codice della navigazione. L'art. 28 contiene la elencazione dei beni che fanno parte� del demanio marittimo, l'art. 31 prevede la cc fissazione dei limiti )) del demanio marit� timo, nei confronti della propriet� demaniale (�canali, fiumi, altri corsi di acqua n), posta nella sfera di altra pubblica autorit� (Relazione minist. al C. nav. sub., n. 39). La delimitazione di zone del demanio marittimo, ai sensi del successivo art. 32 Co. nav., cc si esplica invece nei rapporti tra demanio marittimo e propriet� privata )) (Relazione e loco citati). Come osservarono le Sezioni Unite con la sentenza 30 luglio 1958, e come chiaramente si evince dalle richiamate norme del codice della navigazione, presupposto della fissazione dei limiti del demanio marittimo �� che le acque riconosciute beni aventi le caratteristiche per appartenere a tale demanio siano gi� acque pubbliche, giacch� i limiti sono appunto tra acque pubbliche interne (demanio idrico) e acque pubbliche del demanio marittimo. � Identificata la situazione gimidica delle acque dell'A.limini, � evidente che il Tamborrino, cos� � come qualsiasi altro privato, non pu� ottenere dalla Autorit� giudiziaria l'accertamento che un bene pubblico '(demaniale) rientri in una anzich� in un'altra categoria prevista per i beni pubblici. Nell'ambito della riconosciuta propriet� pubblica � estraneo il privato ai rapporti interni tra le varie branche.della P. A., e per i quali rapporti, in funzione del particolare atteggiarsi dell'interesse pubblfoo, i beni vengono ad inquadrarsi nelle varie categorie del demanio. Appare appena il caso di ricordare che il Tamborrino in questa sede, �riconosciuta -ormai- la inesistenza di un suo diritto di propriet� sul lago, si presenta come qualsiasi altro privato che pretendesse interloquire nella classificazione di un bene demaniale. Il privato non � portatore di un diritto soggettivo in base al qu~le possa ottenere l'accertamento giudiziario che un bene demaniale appartenga all'una o all'altra delle categorie, nelle quali si articola la propriet� pubblica. Ne consegue la improponibilit� del disaminato primo capo della domanda attrice. CONTABILIT� GEN�RALE DELLO STATO -Efficacia delle norme sulla contabilit� generale dello Stato -Legittimit� del versamento delle somme dovute al creditore �su conto corrente di questo, a richiesta dello stesso -Fatto estintivo dell'obbligazione -Applicazione in materia di indennizzi per danni derivati da requisizione alleata -Conseguenze. (Tribunale di Napoli, 11 ~dicembre 1958, n. 6396 Marrone C. Intendenza Finanza Napoli).. Le disposizioni contenute nella legge e nel regolamento sulla contabilit� generale dello Stato hanno piena efficacia vincolante sia nei confronti della P. A. sia nei confronti dei creditori di questa. Il R. D. 7 ottobre 1926, ri. 1759, prevede espressamente il pagamento delle spese dello Stato mediante versamento in conto corrente, subordinandolo solo alla !'ichiesta scritta del creditore e precisando che la dichiarazione di accreditamento sostituisce la quietanza. Per fo norme sulla contabilit� generale dello Stato l'effetto liberatorio dell'Amministrazione debitrice. non deriva dalla dichiarazione di ricevuta rilasciata dal creditore e che costituisce soltanto la prova dell'avvenuto pagamento, ma dal pagamento stesso. L'obbligazione a carico dello Stato di corrispondere l'indennizzo per le requisizioni alleate si estingue con l'accreditamento in conto corrente a favore del creditore, su richiesta scritta di questo, la cui domanda per la condanna al pagamento in suo favore di una maggior somma va, perci�, rigettata. IL PAGA.MENTO DEI DEBIDI DELLO STATO MEDIANTE VERSAMENTO IN C. C. Oon la sentenza, che qui si considera, il Tribunale di Napoli ha pienamente accolto le tesi svolte nell'interesse della convenuta Amministrazione del Tesoro dello Stato, giungendo, oo.n esatta interpretazione dei principi e delle norme applicate, a respingere le' domande dell'attore, laddove la specie di fatto rendeva quello in esame un caso limite. Infatti, l'ammontare dell'indennizzo liquidato, a' sensi della legge 9 gennaio 1951, n. 10 (oirca l'applicabilit� senza deroga alouna delle norme sulla contabilit� generale dello Staio in siffatta materia, vedi Cass. 26 ottobre 1956, n. 3969), per una requisizione disposta dagli alleati, in lire otto milioni ciroa nel decreto ministeriale 30 giugno 1953 era stato "Suoees'.'sivamente versato sul conto corrente postale dell'interessato, il quale aveva richiesto tale forma di pagamento con istanza del 27 ottobre 1952. Sicch�, in giudizio, pretendendo una somma di ol,tre cento miiioni � di Zir�, l'interessato stesso poteva asserire dli non aver appreso in alcun modo che la somma rappresentante l'importo dell'indennizzo liquidato in suo favore gli era stata accreditata a saldo e di aver invece ritenuto, dando di ci� comunicazione formale al Ministero competente, dopo l'accreditamento ma prima dell'ef fettiva riscossione, che tale somma costituiva un ac conto, a' sensi dell'art. 6 della citata legge, n. 10 del 1951. Orbene, mentre poteva ritenersi noto quanto ripor tato nella prima massima (cfr. in proposito Cass. 5 giugno 1952, in �Foro It. n, 1952, I, 845 e Cass. 16 gennaio 1957, in� Giust. Civ. n, 1957-1361; vedi per�, Tribunale di Milano 24 dicembre 1956, n. 5811 e Corte d'Appello di Milano 21 gennaio 1958 in causa Nardi-Tesoro) pur se ex adverso si svolgevano. varie argomentazioni in contrario, delicata appariva la questione adombrata in relazione a quanto ha for mato oggetto della seconda e della terza, facendosi ex adverso leva sulla mancanza nel caso di accredi tamento in conto corrente postale di una quietanza firmata dal creditore, alla quale so~tanto, secondo l' at tore, per la contabilit� generale dello Stato, si sarebbe potuto attribuire l'effetto di estinguere l'obbligazione (vedi esplicitamente in tale senso, Corte d'Appello di :Milano, 21 gennaio 1958 cit.). Ma su ci� il Tribu nale di Napoli nella sentenza di cui si tratta ha chia ramente statuito, motivando in modo sobrio e, tut tavia, esauriente. Ben vero, dato atto, innanzitutto, alla stregua del R. D. 7 ottobre 1926, n. 1759 (articolo unieo), della legittimit� del pagamento mediante accreditamento in conto corrente, il Tribunale ha rilevato come dalle varie norme sulla contabilit� generale dello Stato si evince che l'effetto liberatorio dell'Amministrazione debitrice deriva dal pagamento stesso e non dalle dichiarazioni di ricevuta rilasciate dal creditore. Queste costituiscono semplicemente la prova dell'avvenuto pagamento e sono sostituite nel caso di versamento su conto corrente dalle dichiarazioni di accreditamento (onde la prova dell'avvenuto pagamento � qui costituita dalla annotazione sul titolo di spesa degli estremi relativi con la firma del capo della sezione di tesoreria ovvero con la firma del capo dell'ufficio postale o del controllore, giusta il disposto del 3� comma dell'articolo unico del R. D. n. 17.59 del 1926, cit.). In particolare, nelle norme anzidette, mentre non si richiede che la quietanza debba necessariamente contenere una dichiarazione liberatoria ma si detta solo che essa �estingue l'obbligazione dello Stato n (art. 316 del regolamento, di cui al R. D. 23 maggio 1924, n~ 827) e che la stessa non si pu� accettare �sotto riserva o condizione n (art. 426 del medesimo regolamento), � notevole che il 5� comma dell'art. 55 del R. D. 18 novembre 1923, n. 2440, per il quale� la dichiarazione di ricevuta dell'assegno estingue il debito deWAmministrazione �; venne con l'art. 1 del R. D. L. 10 maggio 1925, n. 597, modificato nel senso che �la consegna dell'assegno ha luogo contro rilascio di ricevuta ed estingue il debito, per cui l'assegno viene emesso�. Dunque, la domanda azionata davanti al Giudice ' ordinario, a' sensi della citata legge n. 10 del 1951, avverso il provvedimento che ha definito il procedimento amministrativo previsto da tale legge, va .rigettata ove nei sensi precisati l'importo dell'indennizzo con q11el provvedimento liquidato sia stato pagato in conformit� delle norme sulla contabilit� generale dello Stato. Quindi anche se tale pagamento siasi effettuato mediante accreditamento in conto corrente, laddove non � prevista una quietanza a firma del creditore, la cui richiesta scritta, peraltro espressamente voluta � dalla indicata norma di legge che faculta siffatto mezzo di pagamento, esclude pure la possibilit� di invocare sul piano di una impropria e malintesa equit� -come nella specie si faceva ex adverso, non per� fondamentalmente -l'ignoranza dell'esatta causale del versamento, prescindendosi qui dalla questione dell'acquiescenza, richiamata per� in altre pronuncie nella stessa materia (cfr. Tribunale di Roma, 16 giugno 1956, in causa Soc. Florida-Tesoro e vedi pure Tribunale di Milano, 24 dicembre 1956 cit.). Ed, infatti, il creditore, se vuole meglio accertare la esatta causale di 11-n versamento in suo favore prima del pagamento, non deve, senza conoscerla come ritiene opportuno, richiedere la pi� conveniente (e pi� comoda) forma di incasso, pretendendo poi di poter tr(J,rre da questa gli ulteriori vantaggi della disponibilit� delle somme pagategli e della legittimit� di riservarsi altres� il diritto di ottenere somme maggiori, ci� che non sarebb.e consentito, come � pacifico, con le altre forme di pagamento previste dalle norme sulla contabilit� generale dello Stato. BENEDETTO BACCARI IMPOSTE E TASSE -Imposta complementare sul reddito -Detrazioni di imposte e tasse dal coacervo dei redditi tassabili -Imposta di successione -Non detraibilit�. (Tribunale di Firenze, Sez. I, 6 febhrlil>io 17 dicembre 1958 -Pres.: Perfetti; Est.: Capaccioli .-Finanze c. Gerard ved. Baldacci). 1. Dal coacervo dei redditi oggetto di tassazione nella imposta complementare sul reddito, istituita dal R. D. 30 dicembre 1923, n. 3062, sono ammesse in detrazione le sole imposte e tasse che servono alfa produzione del reddito o che afferiscono allo stesso. 2. La imposta di successione, pagata nell'anno nel quale i redditi tassabili sono stati prodotti; mancando di tali caratteri, non � ammessa in detrazione. 3. La detraibilit� della imposta del patrimonio ha carattere eccezionale e la sua previsione, nella legge speciale, � in deroga al sistema delle detrazioni. . 4. La norma posta nell'art. 136 lettera b) del T. U. sulle imposte dirette approvato con D. P. 29 gennaio 1958 laddove enuncia il criterio dell'afferenza al reddito delle imposte e tasse ammesse in detrazione dal coacervo dei redditi tassabili con la imposta complementare ha carattere interpretativo dell'art. 8 n. 2 del R. D. 3062 del 1923. LA DISCIPLINA DELLE DETRAZIONI IN REf.;AZIONE ALLA IMPOSTA COMPLEMENTARE A) La soluzione che la sentenza in esame, contrariamente a quanto aveva ritenuto la Commissione Centrale delle Imposte, ha dato al problema delle -62 detrazioni da apportare, ai fini della imposta .complementare sul reddito, al coacervo dei redditi tassabili, � derivata da una interpretazione delle norme positive che ha tenuto conto non solo del criterio puramente letterale, unico e solo preso in considerazione �dalla Commissione Centrale e dalla Dottrina che ad essa ha plaudito (vedi, OICOGNANI .A., in cc Diritto e Trib. n, 1956, II, 209 e segg.; BOIDI: l'Imposta Compl. sul redd. n, 1956, 277) ma anche logico e finalistico. B) L'esame, infatti, che di tali norme si faccia nei limiti imposti dalla str�ttura che la legge istitutiva 30 dicembre 1923, n. 3062, ha dato alla imposta in questione, con particolare riguardo ai criteri di valutazione del reddito ed alle neoessit� eoonomicogiuridiche che oaratterizzano la riduzione al netto del coacervo dei redditi, porta a r#enere che ammessi in detrazione non sono indisoriminatamente tutti i carichi tributari che fanno" oapo al soggetto passivo dell'imposta, ma soltanto quelli ohe, colpendo in via diretta ed immediata la capacit� contributiva del soggetto passivo, serbano determ~:riati caratteri ed assolvono determinate esigenze politico-economi ohe tributarie. L'oggetto della imposta cornplementar..e ohiaramente individuato dalla legge istitutiva, � dato dalla somma dei redditi appartenenti ad una persona fisioa, discriminati, tradotti al netto, fusi in unica somma sulla quale si applioa l'aliquota; in modo tale che i singoli redditi perdono la loro individualit� e sono colpiti dalla imposta non direttamente nel loro singolo amrnontare, ma indirettamente sul r�ddito complessivo di cui fanno parte in assoluta e perfetta fusione (Oass. 17 dicembre 1935, in <e Giur. Imp. Dirette n, 1936, 186). Detta imposta, di oonseguenza, afferisoe al frutto del capitale e, tipicamente ricorrente, nella alternativa di oolpire il reddito prodotto o il reddito prodotto e risparmiato, colpisce, nella struttura attribuitale dalla legge istitutiva, il reddito prodotto (artt. 1 e 7 legge citata). Di qui, ai fini della determinazione della base imponibile, la riduzione al netto del reddito complessivo attraverso due gruppi distinti di detrazioni: l'uno di carattere oggettivo che concerne gli oneri che diminuiscono la disponibilit� del reddito (artt. 8 e 10 della legge istitutiva), l'altro di carattere soggettivo che, operato sul reddito epurato dagli oneri predetti, concerne i oariohi di famiglia oon ohiaro riferimento a quanto infiuisce n�gativamente sulla capaoit� contributiva del soggetto passivo (art. 4 del D. L. 19 luglio 1933, n. 1027). L'art. 8 della legge istitutiva, posto nel capo relativo alla valutazione del reddito, segue infatti l'art. 6 in oui � precisato che il reddito complessivo, al lordo, va valutato con il metodo analitico del computo dei singoli redditi prodotti nell'anno precedente (il metodo induttivo o deduttivo � stato posto nel 1932, in via eccezionale e subordinata, riferendosi ai fini ridetti, al tenore di vita del oontribuente); segue l'art. 7 in cui � indicato il criterio di valutazione di tali singoli redditi e, disciplinando la epurazione del complesso del reddito ottenuto attraverso l'applicazione dei due precedenti artt. 6 e 7), precede l'art. 10, che, posto a chiusura delle norme relative al gruppo di detrazioni di carattere oggettivo (oneri che diminu� scono la disponibilit� del reddito), precisa fra l'altro che non � considerato inerente alla produzione del reddito tutto quanto costituisce semplice erogazione di reddito .e non onere necessario per la percezione del reddito stesso. In tale posizione topogt<J;ftoa, l'esame ohe detl'arl. 8 si faccia non solo dal punto di vista letterale, ma, come richiedono le norme di ermeneutica, anche dal punto di vista sistematico logico e finalistico, rivela che esso � posto a disciplina di quel lavoro di riduzione del complesso dei redditi accertati attraverso l'applioazione dei criteri posti nei precedenti artt. 6 e 7, da reddito complessivo lordo a reddito complessivo netto. � In seno, infatti, alle-norme che fissano i criteri di valutazione del reddito tassabile, nella .sua prima parte l' artioolo ridetto contiene la comunicazione del prinoipio delle detrazioni e precisa che queste ultime consistono negli oneri ohe passer� ad indicare in modo tassativo, nelle parti seguenti, purch� non rientrino fra quelli gi� detraibili ai fini della valutazione dei singoli redditi soggetti all'applicazione delle imposte reali, e che in quanto tali, hanno contribuito alla formazione dell'oggetto della imposta complementare. Di conseguenza, poich� onere � un termine che, nella sua accezione logico-giuridica, implioa un'attivit� che, stimolando l'interesse di una determinata persona, ha un oarattere puramente strumentale e si risolve in un peso sopportato al fine di assicurarsi un effetto utile, la preois111Zion:e che segue, per la quale deve trattarsi di oneri che non siano gi� detraibili ai fini delle imposte speoiali reali, sta a indicare che gli oneri riddetti devono essere inerenti al complesso dei redditi oggetto dell'imposta. Dato che le imposte reali, per loro natura, colpiscono il reddito netto nella sua piena entit� e rappresentano in sostanza, una quota parte del reddito tassabile, la preoisazione ohe gli oneri che passer� ad enunciare saranno ammessi in quanto non rientrano fra quelli detraibili ai fini. della imposta speciale, posta in relazione alla portata da attribuirsi al termine onere, � infatti indicativa del fatto che dalla detrazione restano esoluse quelle entit� ohe lo Stato preleva dal reddito tassabile e non costituiscono onere neoessario che preceda o accompagni la produzione del reddito o sia ad esso inerente. In attuazione del prinoipio cos� enunoiato e delimitato di riduzione al netto del oomplesso dei redditi accertati con metodo analitico (artt. 6 e 7) l'art. 8 in questione, passa, nella seconda parte ad enunoiare in concreto quali sono gli oneri detraibili e precisa che gli stessi vanno dalle spese e perdite sopportate nell'anno per la produziqne dei singoli redditi alle imposte e tasse di ogni speoie compresa quella straordinaria sul patrimonio in quanto effettivamente corrisposta nell'anno preso a caleQlo; dalle annualit� passive a oarico del contribuente e acoertate come reddito nei confronti del percepiente alle ritenute sulle pensioni, ai premi di assicurazione sulla vita, ai contributi che per legge o per contratto �sono versati a casse di previdenza o di soccorso. Ora, se si tiene conto della necessaria interdipen denza fra la prima e la seconda parte dell' artioolo (<<gli oneri seguenti ... �) e della posizione topografioa e sistematica dello stesso, nonch� del resultato finale -63 che esso deve assicurare (acq,uisire la base i,mponibUe mediante la riduzione al netto del complesso dei red diti) si ha la certezza che le singole voc�i di oneri detra,ibili sono, per forza di cose, caratterizzate dal l'elemento comune della inerenza al reddito per il rag g,iungimento del quale costituiscono appunto onere necessario. O) In tale stato d,i cose, per l'applicazione in � concreto delle detrazioni, nell'ambito stesso di ogni singola voce detraibile un lavoro di discriminazione � f iwri discussione. Tale lavoro, eseguito sulla voce relativa alle im poste e tasse di ogni genere porta a ritenere che im poste e tasse detraibili sono soltanto quelle che affe rendo, per le ragioni gi� precisate, la produzione dei redditi tenuti a calcolo per la 'determinazione dell'og getto della imposta complementare, colpiscono in via diretta ed immediata la capacit� contributiva del contribuente e non anche le altre imposte con parti colare riguardo a quelle che colpiscono il patrimonio, che tale carattere non hanno. D) Di qui l'esclusione totale e definita delle im poste di successione. Tali imposte, non afferiscono affatto alla produzione dei redditi rilevanti ai fini della complementare, ma, colpendo il patrimonio nel momento dinamico del trasferimento dal de cuius all'erede, si aggiungono alle imposte percette vivente il de cuius e chiudono il ciclo della produttivit� di questo ultimo completando, in un certo senso, la tas sazione del reddito complessivo dello stesso (cc Imposta sull'asse ii, vedi SERR.ANO: Le imposte di successione, pag. 22). L'errore fondamentale in cui cade l'opposta solu zione �, perci�, quella di aver voluto considerare il ?i. 2 dell'art. 8 avulso dal resto dell'articolo,-dalle parti che lo precedono!e"':da.,,quelle che lo seguono e di avere, di conseguenzalad;,esso attribuito la posi zione di un principio di carattere generale quale quello di ritenere detraibili le imposte di qualunque specie inerenti o meno alla produzione dei redditi colpiti, incidenti o meno sulla effettiva e concreta capacit� contributiva dello stesso. � agevole, al contrario, osservare che, diversamente il n. 2 dell'art. 8 mancherebbe di una spiegazione razionale e l�gica quale i principi posti nella prima parte dell'art. 8 hanno attribuito all'istituto della detrazione in aderenza all'oggetto della imposta e fini rebbe per abbracciare non solo le imposte sul capitale ma tutte le imposte comunque pagate dal contribuente ivi compresa l'imposta di registro, l'I.G.E., le tasse scolastiche, l'imposta di consumo, e quanto altro nella vita quotidiana, per il conseguimento di determinare utilit�, � necessario pagare sotto forma d'imposta, tasse e contributi. N� pu� fondatamenle obiettarsi che una giusti ficazione la detrazione dell'intero carico tributario troverebbe nel carattere di obbligatoriet� delle imposte e delle tasse, in quanto che, a parte il fatto che vi sono pure talune spese e perdite con pari carattere di obbligatoriet�, non � questo il criterio rilevante per determinare la intrinseca capacit� contributiva del soggetto passivo, ma quella della incidenza diretta ed indiretta. F) Da ci� la esattezza della 2a massima relativa al carattere eccezionale della previsione specifica, ai fini della detrazione, della imposta patrimoniale, in s� non afferente al reddito. Tale imposta pagata a rate, incide in realt� in misura ricorrente sul reddito del soggetto passivo, ma in quanto estranea per la sua� natura il suo oggetto ed il suo contenuto al sistema delle detrazion�i, abbisogna necessariamente di una norma apposita. E) Di ovvia esattezza �, infine, l'affermazione per la quale la norma recata dall'art. 136 lettera b) del T. U. sulle Imposte Dirette, approvato con D. P. 29 gennaio 1958 � interpretativa dell'art. 8 n. 2 del R. D. n. 3062 del 1923. Detta norma, destinata ad entrare in vigore il 1� gennaio 1960 precisa che le imposte e tasse detr,aibili ai fini della imposta complementare sono quelle afferenti i .redditi singolarmente e nel loro complesso, ad esclusione della imposta complementare. Dato il sistema che informa, nella materia in oggetto, l'istituto della detrazione e le fondamenta, chiaramente individuate nella sentenza in e-ame, sulle qiv1li il sistema stesso � poggiato, la norma contenuta nell'art. 136 lettera b) del T. U. non deroga affatto all'art. 8 n. 2, ma ne precisa i termini di applicazione in stretta osservanza dei limiti posti dalla legge di delegazione, .3 gennaio 1956, n. 1. � una normx di tipica portata interpretativa che mal si concilia con le riserve sulla sua costituzionalit� sollevate in dottrina (vedi U. UKMAR, in �Diritto e Pratica Trib. ))' 1959, I, 21-25). LEONIDA OORREALE OBBLIGAZIONI -OBBLIGAZIONE DI VALORE E OBBLIGAZIONE PECUNIARIA-Principio nominalistico -Pagamento di corrispettivo del godimento di immobile occupato senza titolo -Natura pecuniaria del debito. (Tribunale di Perugia, Sent. 6 agosto 1958 Pres..: Giovannelli; Est.: Canaletti -Difesa Esercito c. Dominici). � di natura pecumaria e soggetta pertanto al principio nominalistico sancito dall'art. 1277 O. c. l'obbligazione avente per oggetto il pagamento di un corrispettivo del godimento di un immobile occupato senza titolo. Per debito di valore, deve intendersi, infatti, solo quello che si concretizza in una prestazione di moneta determinata attraverso il processo di liquidazione di un'obbligazione non costituita in danaro. Nel considerare la sentenza, sopra massimata, � necessario porre subito in evidenza che la stessa riguarda una fattispecie tutta particolare consistente nel permanere del concessionario al godimento di un immobile demaniale dopo scaduta l'iniziale concessione ed in attesa che si perfezionasse il nuovo atto di concessione, gi� concordato anche nel corrispettivo. � In relazione a queste circostanze il Tribunale, pur riconoscendo che l'utilizzazione del bene da parte dell'ex concessionario veniva ad essere senza titolo, ha tuttavia ritenuto che dal rapporto di fatto potesse derivare unicamente un'obbligazione al pagamento di somma, quale corrispettivo del godimento dell'immobile, come gi� in precedenza quando le parti erano -64 tJincolate dal rapporto di concessione, che imponeva a.ppunto il pagamento di. un canone. A questa conclusione il Tribunale � stato evidente �mente indotto dalla peculiarit� della situazione, in relazione anche a quell'orientamento giurisprudenziale che, con applicazione estensiva del principio nominalistico, ha ritenuto obbligazione pecuniaria non solo quella che sorge specificamente in contemplazione del debito di una somma di danaro, bens� ogni altra che si concreti nell'obbligo di corrispondere una determinata quantit� di moneta, anche se in f unzione di valore di scambio (cfr. Oass., 13 giugno 1957, n. 2217, Grassi c. Soc. Depositi costieri del1' Adriatico). La soluzione adottata nella sentenza in rassegna non sembra per� che possa venire generalizzata a tu.tti i casi in cui si verta in materia di occupazione c godimento senza titolo di un bene. In questi oasi, invero, chi, senza esserne legittimato, sottrae la cosa al godimento del proprietario e di altro avente diritto induce una menomazione, per effetto della mancata utilizzazione della cosa stessa, nel patrimonio di. esso soggetto. L'obbligazione che da ci� � originata�dovrebbe ricondursi ad un rapporto di danno od anche al principio dell'arricchimento senza causa. Pertanto, la pretesa che venga avanzata dal titolare del bene contro chi lo abbia indebitamente goduto sembra appropriatamente da inquadrare fra quelle del tipo risarcitorio, in quanto cio� tendente a ristabilire un equilibrio economico turbato. Conseguente. mente, il debito verrebbe a presentarsi come debito di valore e non di valuta. Rispetto, particolarmente, all'occupazione� senza titolo di un immobile, non potr� parlarsi di obbliga zione originariamente pecuniaria, perch� infatti l'oc cupante sar� s� tenuto a corrispondere una� determi nata somma, ma non gi� come corrispettivo di altra prestazione, sibbene come equivalente di quella utilit.� che il proprietario dell'immoMle non ha potuto rea lizzare proprio per effetto dell'occupazione abusiva. In questo caso, per la determinazione dell'entit� del compenso richiesto si dovr� procedere propriamente ad una aestimatio rei, alla valutazione cio� del van taggio economico che il proprietario avrebbe potuto trarre dalla cosa sottratta alla sua disponibilit�. Ci� anche se l'indagine valutativa resti limitata ai soli frutti della cosa medesima, ove non vi sia stata distru zione della stessa. Torneranno allora applicabili tutti i criteri giuri dici concernenti la determinazione di un indennizzo e particolarmente quello che la liquidazione, e cio� la commutazione del tantundem pecuniario, non pu� compiersi che sulla base del ragguaglio al potere di acquisto della moneta nel momento in cui la liquida zione viene operata. OBBLIGAZIONI -Prescrizione del diritto al risarcimento danni per occupazione arbitraria di bene demaniale -Decorrenza. (Pretore di Trento, Sentenza 13 dicembre 1959 -Zeni c. Finanze). La prescrizione del diritto dell'Amministrazione al risarcimento dei danni derivanti dalla occupazione arbitraria di un bene demaniale decorre dalla data della cessazione dell'occupazione. La.fattispecie da cui ha tratto lo spunto la presente sentenza si riferisce ad una delle tante occupazioni arbitrarie da parte di privati di beni patrimoniali indisponibili (capannone di una caserma militare) nell'immediato dopoguerra in regime di Governo Militare Alleato. All'atto in cui l'Amministrazione -venuta a termine l'occupazione -richiese a mezzo di ingiunzione fiscale la corresponsione di un indennizzo, si vide opposta una serie di eccezioni fra cui quella della prescrizione del diritto alla percezione dell'indennizzo stesso (art. 2947 C. c.). Per respingere tale eccezione il Pretore ha rilevato che l'occupazione, essendo senza titolo, deve essere considerata fatto illecito e che tale carattere di illiceit� si protrae nel tempo fino alla cessazione della stessa occupazione. Pertanto quale dies a quo per il computo del termine quinquennale di prescrizione (articolo 2947 C. c.: �giorno in cui il fatto si � verificata >> non pu� essere preso in considerazione quello dell'inizio dell'occupazione, ma quello in cui essa ha avuto fine. Durante tale periodo, infatti, il diritto dell'Amministrazione proprietaria a disporre dell'immobile, era stato posto nell'impossibilit� di essere esercitato a causa della condotta arbitraria, e quindi illecita, dell'occupante. A �sostegno di tale tesi la sentenza ha richiamato analogicamente il concetto di reato permanente e la decorrenza del termine di prescrizione previsto per tale reato dall'art. 158 C. p. (�dal giorno in cui � cessata la permanenza�). L'accostamento appare esatto e la decisione va segnalata specie rispetto al malvezzo di certi giudicati tendenti a mutuare concetti privatistici, proprio del rapporto di locazione, a beni pubblici non assoggettabili a detta disciplina. N � sarebbe giusto opporre che l'inerzia dell'Amministrazione danneggiata a far valere i propri diritti non la pu� salvare dagli effetti della prescrizione (cfr. sia pure in diversa ipotesi Oass. 27 gennaio 1948, n. 111, in � Mass. Foro It. >i, 1948, voce Prescrizione, n. 1) dato appunto che la mancata disponibilit� del bene costituente il danno non ha come fatto generatore un'azione istantanea, ma bens� un comportamento illecito a carattere continuativo, in costanza del quale il termine di prescrizione non pu� iniziare a decorrere. ITALO TELOHINI ,�wn ,�wn INDICE S I S T E M A T I C �O DELLE CONSULTAZIONI C.A FORMUL.AZIONE DEL QUESITO NON RIFLETTE IN .ALCUN MODO L� SOLUZIONE OHE NE � .ST�T� D�T� ACQUE PUBBLICHE CONCESSIONI DI GRANDI DERIVAZIONI. -1) Se spetti allo Stato provvedere in merito alle concessioni di grandi derivazioni di acque pubbliche esistenti nella Regione Trentino-Alto Adige, che interessano la difesa o servizi di carattere nazionale (n. 58). RICERCA. -2) Se le Amministrazioni dello Stato debbano munirsi dell'autorizzazione prevista dall'art. 95 del T. U. s�lle acque pubbliche quando intendano ricercare e utilizzare acque sotterranee sui fondi demaniali o patrimoniali ad esse in uso, quando l'utilizzazione attenga all'ambito del servizio pubblico cui i fondi sono destinati (n. 59). AGENTI DIPLOMATICI E CONSOLARI DEPOSITO; -Se l'Amministrazione degli Affari Esteri possa essere ritenuta responsabile della perdita dei depositi, effettuati in base alla legge consolare da parte di connazionali all'estero, di valori delle successioni presso i vari Consolati, quando la perdita derivi da fatto di guerra (n. 3). AMMINISTRAZIONE PUBBLICA COMITATO NAZIONALE RICERCHE NUCLEARI. -1) Se il Comitato Nazionale per le ricerche nucleari sia organo interno dell'Amministrazione statale (n. 233). Se il Comitato Nazionale per le ricerche nucleari ha capacit� patrimoniale e di assumere impegni verso terzi (n. 233). DONAZIONI IMMOBILIARI ALLO STATO -AUTORIZZAZIONE. -3) Se lo Stato abbia bisogno della autorizzazione prevista dalla legge 5 giugno 1850, n. 1307, per accettare donazioni immobiliari (n. 234). I.C.E. -4) Se ed in quali limiti l'I.C.E. possa acquistare azioni di societ� commerciali (n. 235). NOMINE TEMPORANEE A PUBBLICI UFFICI. -5) Se la norma di cui all'art. 14 legge comunale e provinciale secondo la quale coloro che sono stati nominati a tempo ad un pubblico ufficio rimangono in carica fino all'insediamento dei successori, ancorch� sia trascorso il termine prefisso, costituisca principio generale per tutti i casi analoghi (n. 236). AUTOVEICOLI. TASSA DI cmcoLAZIONE. -Se, anche dopo l'emanazione del T. U. 5 febbraio 1953, n. 39, gli autoveicoli della G. R. A. godano della esenzione dalla tassa di circolazione stabilita con l'art. 16 D. L. 13 aprile 1948, n. 321 (n. 57) . AVVOCATI E PROCURATORI RAPPRESENTANZA DELL'AvvoCATURA. -1) Se l'Avvocatura dello Stato possa assumere, ai sensi dell'art. 44 del T. U. 30 ottobre 1933, n. 1611, la difesa degli agenti ferroviari denunciati all'A. G. per infedeli dichiarazioni doganali, da essi fatte nell'esercizio delle funzioni di dichiaranti doganali (n. 45). 2) Se l'Associazione Nazionale Famiglie Caduti in Guerra possa essere rappresentata e difesa 'in giudizio dalla Avvocatura dello Stato (n. 46). � CINEMATOGRAFIA EDIFICI PARROCCHIALI -SANTA SEDE. -Se l'apertura e l'esercizio di sale cinematografiche in edifici godenti delle immunit� previste dal Trattato del 1929 con la S. Sede siano regolati dalle stesse norme vigenti per tutte le altre sale cinematografiche esistenti nel territorio dello Stato (n. 26). COMUNI E PROVINCIE MESSI COMUNALI. -1) Se gli uscieri comunali, ai quali � demandato, fra gli altri compiti oltre la notifica degli atti giudiziari per gli uffici di conciliazione, anche quelli dell'Amministrazione Finanziaria, possano essere considerati impiegati dello Stato (n. 75). 2) Se per il pagamento dei compensi dovuti ai suddetti messi comunali si applichi il termine di prescrizione previsto dall'art. 2 del R. D. L. n. 295 del 1939 o quello dell'art. 2955 C. c. (n. 75). CONCESSIONI AMMINISTRATIVE IMPIANTO :�>ISTRIBUTORI CARBURANTI. -1) Se i pareri espressi dalle Commissioni consultive provinciali in ordine. agli adempimenti relativi apa installazione degli i~pianti distributori di carburante lungo le strade statali abbiano il valore di vincolare le attribuzioni demandate in materia alla competenza dell'ANAS (n. 60). ~ 2) Se sia legittimo il provvedimento ministeriale che ha istituito le speciali Commissioni consultive sopra indicate (n. 60). CONTRIBUTI E FINANZIAMENTI INDUSTRIALIZZAZIONE. MEZZOGIORNO. -1) Se iil �caso di prorogtJ, al termine decennale stabilito dalla legge per il rimborso dci prestiti relativi ai finanziamenti previsti dalla legge 9 maggio 1952, n. 261, i mutuatari possano ancora godere del concorso dello Stato nel pagamento degli interessi per il periodo della proroga (n. 30), ..m�AbJi&J&W.J&Jih&J&&,m;,,aJiib..&a :&Zhl&W.AfMiliBB~ '' 1:2 ,,&&1&J&1221u11a1LAW..J&i&0..&&L -66 PRIVILEGIO DI CUI ALL'ART. 7 D. L. lo NOVEMBRE 1944, N. 367. -2) Se ed in quali limiti il privilegio stabilito dall'art. 7 D. L. 1� novembre 1944, n. 367, a garanzia dei finanziamenti preveduti dal decr.eto stesso possa ritenersi esteso alle somme dovute dallo Stato all'Azienda finanziata (n. 31). DANNI DI GUERRA CONTRIBUTI DI RICOSTRUZIONE. -Se, ai sensi dell'articolo 6, ultimo comma, della legge 27 dicembre 1953 n. 968, per la concessione dei contributi diretti in, capitale per la riparazione di edifici danneggiati dalla guerra, nei casi di trasferimento del bene, il contributo da concedersi ai cessionari che non fossero venuti ancora in esistenza nel 1945, debba essere determinato in base al patrimonio ed �l reddito del cedente (n. 94). DAZI DOGANALI AGENTI FERROVIARI. -Se l'Avvocatura dello Stato possa assumere, ai sensi dell'art. 44 del T. U. 30 ottobre 1933, n. 1611, la difesa degli agenti ferroviari denunciati �ll'A. G. per infedeli dichiarazioni doganali, da essi fatte nell'esercizio delle funzioni di dichiaranti doganali (n. 12). DONAZIONI DONAZIONI IMMOBILIARI ALLO STATO. -Se lo Stato abbia bisogno della autorizzazione prevista dalla legge 5 giugno 1850, n. 1307, per accettare donazioni immobiliari (n.~. ~ EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE INA-CASA -OccUPAZIONE D'URGENZA zoNE TERREMOTATE. -Se alle occupazioni di urgenza disposte a favore della Gestione INA-Casa sia applicabile il maggior termine e la proroga, previste nell'art. 185 del T. U. 19 agosto 1917, n. 1399, che disciplina le occupazioni temporanee nei paesi colpiti dal terremoto del 1908 (n. 87). ESPROPRIAZIONE PER P. U. LEGGI REGIONALI. -1) Quale sia l'interpretazione della legge regionale 17 maggio 1956, n. 7, sulle espropriazioni per causa di pubblica utilit� (n. 148). RIMBORSO IMPOSTE FONDIARIE. -2) Se il rimborso delle imposte fondiarie, pagate dai preced�nti proprietari sugli immobili agli stessi espropriati da Amministrazioni dello Stato per esigenze dei propri servizi, debba essere effettuato.dalla Amministrazione Finanziaria (n. 149). FALLIMENTO IMPOSTA DI REGISTRO -COMMERCIANTE FALLITO. 1) Se, ai fini della legge del registro (art. 45, tab. All. D), possa considerarsi commerciante il fallito quando con un atto notorio si dichiara che egli ha esercitato ed eserciti attivit� commerciale (n. 45). IMPOSTA DI REGISTRO -CONCORDATO FALLIMENTARE. -2) Se l'imposta di registro sul concorqato fallimentare debba applicarsi sull'ammontare di tutti i crediti, compresi i privilegiati, o solo sui crediti chirografari (n. 46). FARMACIA SPECIALIT� MEDICINALI. -1) Se la produzwne d1 specialit� medicinali da vendere all'estero sia soggetta alla autorizzazione prevista dall'art. 161 T. U. leggi sanitarie (n. 7). 2) Se la produzione di specialit� medicinali da vendere all'estero sia soggetta alla registrazione prevista dall'art. 162 del T. U. leggi sanitarie (n. 7). FERROVIE % ' AGENTI FERROVIARI -DIFESA. -1) Se l'Avvocatura , ' 1 ' dello Stato possa assumere, ai sensi dell'art. 44 del T. U. ~ 30 otiiobre 1933, n. 1611, la difesa degli agenti ferroviari ~ r.~ denunciati all'A. G. per infedeli dichiarazioni doganali, da essi fatte nell'esercizio delle funzioni di dichiaranti doganali (n. 280). C.I.C.L. -2) Quali� siano i danni riportati dal materiale rotabile della Compagnia Internazionale Carrozze Letto per i quali debbano rispondere le FF. SS., ai sensi dell'art. 15 della Convenzione tra le Ferrovie e la Compagnia stessa (n. 281). ru TRASPORTO GENERI DI MONOPOLIO. -3) Se gli indennizzi per mancanze di generi di monopolio verificatesi durante il trasporto ferroviario siano commisurati per le FF. SS. al prezzo del costo industriale dei vari prodotti o al prezz? di vendita al pubblico (n. 282). 4) Se il principio valevole per le Ferrovie dello Stato valga anche per le societ� concessionarie (n. 282). I Iili IMPIEGO PRIVATO ENAL -INDENNIT� DI LIQUIDAZIONE. 1) Se in un rapporto di impiego privato le indennit� di liquidazione debbano essere commisurate alla retribuzione in I concreto percepita, anche se questa risulti maggiore di quella dovuta (n. 42). fil 2) Se, ai fini di determinare la base per il computo I delle indennit� di liquidazione si debba tener conto anche del compenso per lavoro straordinario, corrisposto in mi sura forfetaria mensile predeterminata nel suo ammon I tare, nonch� di tutte quelle gratificazioni che hanno @ assunto carattere di periodicit� e continuit� (n. 42). i 3) Se sia dovuta l'indennit� di preavviso al dipendente che sia stato conservato in servizio anche dopo J il compimento del limite di et� previsto nel regolamento dell'ente da cui dipende (n. 42). I IMPIEGO PUBBLICO I ASSISTENZA CREDITORIA DELL'ENPAS. -1) Se, ai sensi dell'art. 2 della legge 10 gennaio 1952, n. 38,l'ENPAS I possa concedere un piccolo prestito quando il dipendente ~ statale abbia in corso di ammortamento una cessione i nella misura di un quinto dello stipendio (n. 483). f IMPIEGATO STATALE -CESSIONI DI STIPENDIO, -2) Se j i tenenti e sottotenenti delle Forze Armate e tutti gli ufficiali del Corpo Guardie di P. S. possano contrarre prestiti contro cessione del quinto dello stipendio (n. 484). IMPIEGATO STATALE -DIMISSIONI. -3) Se, a.i sensi_ dell'art. 124 dello Statuto degli impiegati civili dello I Stato, l'Amministrazione possa accettare le dimissioni di un impiegato sottoposto a procedimento penale ovvero I debba attendere la conclusione del giudizio (n. 485). I . I -67 -67 PENE PECUNIARIE. -5) Se l'evasor� fiscale ha un diritto soggetti-vo all'applicazio:qe. delle riduzioni ,cli cui all'art. 8 d~lla 'legge 7 g~nnaio �~929, n,. 4,_ �� ~l �p. M. 1� settembre. 1931 e pertanto possa ac;lire l'Autorit�. G:iudiziaria a~erso qn'ordinaI).za inte~dentizia �~1. 'fine lii ottenere la limitazio~e della pen� pecvniarl�. com~ina. tagli (n. 319). � � T4SSA DI cmcoLAZIO~. -6) Se, anche dopo la emanazione del T. U. 5 febbraio ~953, n. 39, gli autoveicoli della G. R. A. godano della esenzione. dalla tassa di. circolazione stabilita con l'art. 16. D�. L. 13 aprile 1948, .n. 321 (320). � TASSA DI CONCESSIONE GOVERNATIVA. -.7) Se sia definitivo ed irrevocabile l'istituto della definizii>ne in via breve delle violazioni alle leggi finanziarie punibili con la pena pecuniaria prevista dall'art. 15 della legge 7 gennaio 1929, n. ~ (:q. 321). 8) Se gli ~ci. finanziari debban0, agli effetti della irp.posizione della �tassa di concessio;ne governativa sulle !lichiarazioni di pubblica utilit�. di che. all'art. 142 della t&riffa A~l. A a.I D. P. 20 marzo 1953, n .. 112, a~tenersi ~lla sp~sa risuJtante ,dal dec:r;eto, o possa..o valutar.e la spesa effett~va in via indipendente. (n. 322). VIOLAZIONI LEGGI FINANZIARm. -9) Se per ordinanza �definitiva �, dell'Intendente di Fin�nza, di �cui :.a.\lalegge 7 gennaio 1929, n. 4, debba intendersi, oltre q.elJA .per sua natura. inoppugnabile con ricorso al Mi� njstro -per essere la pena edittale inferiore.a L. 600.00.0 (art. 15 D. P. R. 4 febbraio 'J.955, n. 72) -anche quella div�ntitilt . in(Jpp�gnabile per mancata proposizione del rr�o:tso 'ger�rchfoo� nei termini� di l�g'ge; � se;�iri dip�ndenza della ritenuta. soluzione, sia proponibile' l'azione giudiziaria ordinaria. contro quest'ultimo provvediinento (n. 323). .. r� ., , '. INFORTUNI SUL LAVORO .. VIGrLJ DEL Fuoc�. -s~ una Cassa R�gionale Antincendi ' possa .valersi dell"azione surrogator�a, prevista dall'art�. 1916 del C. c., nei �confronti della persona che ha causato l'infortunio del vigile del fuoco volontario (n. 42). 'I LAVORO COWXRAT;TO DI <~ ,A.Jt;RUQLAM:r;)NTO ALLA P,ARTE �, Se in un co~tratto di � arruolamento alla parte �,. po,ssario essere posti a carico dei lavoratori gli oneri di previdenza ed assistenza sociale (n, 22).. LOCAZIONI �-:� .P:aoRQG:A �LEGALE. ~ l) 8-e eia a.mm.issibile l'azione del locatore diretta ad ottenere dal sub conduttore ,il rilascio dell'immobile, quando a causa della volontaria rinuncia tlel conduttore alla proroga legale;� sia �stato risolfo per muti.10 consenso il contratto di locazione (n. 108). RIS�LUZIONE DEL CONTRATTO. -2) Se sia ammis� sibila l'azione del locatore verso il sub conduttore p~r�tte'nere il pagamento dell'indennizzo r�lativo all'occut> aziorte da:I mom�'lnto in cui -Opera la risoluzione .del contratto d� locazione sino al giorno dell'�ffettivo � rilascfo (h. 108). . :' ' . l J ' ' blPlEGA.TO'STAT.ALE�-P:REVIDEN�ZA ED ASSISTENZA~ 4) Se l'ENPAS possa valersi dell'azione� surrogatoria, prevista dall'art. 1916 del C. c., nei c�nfronti della persona che ha causato la malattia dell'impiegato dello Stato e la conseguente assistenza dell'Ente medesimo� (n. 486). IMPOSTA �DI REGISTRO� Co~CIA.N~ FALLI~O. -1) Se, ai fin� d�;iila legge del registro (art. 45, tab. All. D), possa considerarsi commerciante il fallit~ quando con un atto notorio siaichfara che egli ha esercitato ed eserciti attivit�. commerciale (n.. 151). � CONCORDATO FALLIMENTARE. -:-2) Se l'imposta di registro sul: conco~dato fallimentare debba� applicarsi sull'an::mioritare di tutti i crediti, compresi i privilegfati, o solo sui crediti chirografari (n. 152). INDUsTRIALIWAZIONE M:il1ZZOGIORNO -' AGEVOLAZiONi FISCALI.'-3) Se par avere diritto all'agevolazione fiscale di cui all'art. �5 D~ L. 14 dicembre 1947, n. 1598, oecorra che le iniziative industriali sui fondi acquistati n�l trien� nio siano attuate dir�ttamente dal primo acquirente o possano irivece essere attuate da un locatari� (fi, 153). IG.E. SOCIET� -DIVIDENDI ALL'UNICO AZIONISTA. _:. S� siano soggetti ad imposta .generale sulla'. entrata. Ld�ividendi paga.ti da. una. societ�. per azioni p,l propl'.io ,azio� nista unico (n. 81). IMPOSTA DI SUCCESSIONE D1sPos1Z1�'.NE TEsTIDNTARIA A. FAVORE :D:i �NTI NON RICoNoscroTi:. __.: Se � la �disp�siz��ne test�.m�ntaria a favore di un Ente istituendo debba considerarsi sotto� posto ~lla C?,ndizi9ne sospensiva (b.p~opria) che abbia luogo il riconoscimento, co;n l'e~ttci .di .fa.J,' decoqere . dalla� data del decreto attr\llutivo di.tale riconosci.iento ia prescrizione decennale, di accettare l'eredit� (n. 24). I , �l , ~ \ � '"�: t "i~ .-~ , � '' ' . � ,1 IMPOSTE E TASSE � � � ' � "e ' .O , ' � ; l ' ' , ' i , e , � ~ ..! ' . IMPOSTA DI FABBR~CAZIONE SU:GLI SP�RITI. -.1) Se \Il materia di abbu~no imposta di fabbr1�azione su j>roci�tti dispersi per causa di forz� :rriaggior� viga la norma l.l�t i;~rt: 8 del D. L. 11 ottobre l949, ri.. 707, o ~iga ancora quella dell'art. 3q del D.l\f;:.~ ~,ugVo .19~4� (legg~ s~gli spiriti) (n. 316). � � � � � ' '1' ~ ~ ': .�� j� �, ., ' ' ~ ' IMPOSTA STRAORDIN.AlUA PROGRESSIVA SUL P.AiTRIMO� NIO. -2) Se persista il privilegio posto a garanzia del pagamento dell'imposta straordinaria progressiva sul patrimonio, nell'ipotesi in 'cui' l'ip�ri��oil� 'ch� appartenev� al coritrib�ente .all� data'del'2'S'hia~zo�'i947, sia . � � ,. ' . � "'")"�'~'�.�~(......, '1t~:1�~~� �. ,.., .. ,, . �: stato aggmdica~o a terzi a� segmto ai'espropriazione forzata (n. 317). . . " ' ,� ., ,., .. , 'li 3) Se il privilegio in �same si' estendawa.ne c'os� �~cedute all'immobile s�ccessivameqt~ 'al. 28 marzo� 1947 (n. 317). '� "�� .. I " ' '\ ~ ' ~ , :: IMPOSTE.FONDIARIE -RIMBORSO. -4) Se nr~wb.orE!O delle imposte fondiarie, pagate dai precedei�'.ti 'pr�prietari sugli. �mm�bili �ii.gli' stessi�~spropriati dai Amministrazioni dello Stato �per esigen~e � dei 1propri 's�rvizi, debba essere effettuato dall'Ainministrazidne'Finlinziaria (n. 318)�. .i 1 _, 68 MEZZOGIORNO INDUSTRIALIZZAZIONE -AGEVOLAZIONI ll'ISOALI. � 1) Se per avere diritto all'agevolazione fiscale di cui al l'art. 5 D. L. 14 dicembre 1947, n. 1598, occorra che le iniziative industriali. sui fondi acquistati nel ti:iennio siano attuate direttamente dal primo acquirente� o pos. sano essere invece attuate da un locatario (n. 9). . lND:USTRIALIZZAZiqNE -PROROGHE AL RIMBORSO DEI PRESTITI. -2) Se in caso di proroga al termine d�cennale stabilito dalla legge per il Hmborso dei prestiti relativi ai finanziamenti previsti dalla legge 9 maggio 1952; n. 261, i mutua.tari possano ancora godere d:el concorso ~Ilo�S~ato nel pagamento degli interessi per il periodo della proroga (n. 10).. MONOPOLIO TRASPORTO GENERI DI MONCJ?OLIO. -I) Se gli foden nizzi per mancanze d� generi di� monopolio verificatesi durante il trasporto ferroviario siano commisurati per te FF. SS. al prezzo del costo industriale dei vari pro dotti o al prezzo di vendita al pubblico (n. 34). 2)' Se il principio valevole per le Ferrovie dello Stato valga anche per le societ� concession�rie (n. 34). NAVE E IS'AVIGAZIONE GENTE DI MARE -IMMATRICOLAZIONE.~ 1) Se possa essere immatricolato tra� la gente di mare il c01,idann�to per peculato milit1tre (n. 98). MAR1~.MILITARIZZATI. --2) Quale sia, ai fini assistenziali. p�r infortuni e malattie, la posizione dei marit. timi militarizzati (n. 99).. PENA INTERDIZIONE. -Se debba applicarsi la interdizi<;me dai pubblici uffici a carico di chi sia stato condann�to alla pena della multa per un amrnpntare tale che, convertita in pena detentiva, a seguito di insolvibilit�; la pena stessa superi i tre anni di reclusione (n. 14). PIGNORAMENTO CUSTODE. -Se ricorrano gli estremi del reato previsto e punito dall'art. 334 C. p. nel fatto del custode che abbandona e fa trovare chiusa, nel giorno fissato per la vendita, la casa ove sontf i mobili pignorati cri. 2). PREVIDENZA ED ASSISTENZA CONTRATTO ALLA PARTE. -1) Se in un contratto di << arruolamento alla parte �, possano essere posti a carico dei lavoratori gli oneri di previdenza e assistenza sociale (n. 31). MARITTIMI MILITARIZZATI. -2) Quale sia, ai fini assistenziali per infortuni e malattie, la posizione dei marittimi militarizzati (n. 32). REGIONI REGIONE SIOILIANA -BENI PATRIMONIALI. -1) Se alla Regione Siciliana siano. stati trasferiti, in forza dell'. art. 33 dello Statuto, oltre i beq.i immobili del patri� monio dello Stato anche diritti immobiliari (n. � 74). REGlONE TRENTINo-ArEo ADIGE -CoNOESSIONI Dl GltANDl DERIVAZIONI. -2) Se spetti allo Stato pro'\1Ve� dere in merito alle concessioni di grandi derivazioni di acque pubbliche esistenti nella Regione Trentino-Alto Adige ohe interessano la -difesa o servizi di carattere nazionale (n. 75). REGIONE TRENTINO-ALTO ADIGE -ESPROPRIAZIONI PER P�BBLIOA UTILIT�. -3) Quale sia�l'interpretazione della legge regionale 17 maggio 1956, n. 7, sulle espropriaziohi per causa di pubblica utilit� (n. 76). RESPONSABILIT� CIVILE. UFFIOIALE GIUDIZIARIO. -Se ed in quali limiti l'ufficiale giudiziario sia responsabile di danni derivanti dalla mancata notifica d'un atto di appello dovuto a negligehza d'un aiutante da lui dipendente (n. 187). SANITARI PENSIONE AI SANITARI DIPENDENTI DAGLI ENTI LOCALI. � -Se l'Ospedale del Bambin Ges� in Roma, per le finalit� mediche ed assistenziali che persegue, debba ritenersi s<�;tratto alla tutela immunitaria di carattere internazionale ad esso spettante� a norma dell'art. 15 del Trattato fr� l'Italia e la S. Sede 11 febbraio 1929:, on�e il rapporto d'impiego dei sanitari rimanga assoggettato alle leggi italiane in materia di lavoro (n. 7). SERVIT� SER"1T� PUBBLIOHE. -Se, per imporre la inamovi� bjlit�. di una. linea elettrica, sia neeess�rio proced�re alla espropriazione dei terreni sottostanti o basti rendere pi� onerosa la servit� di el�ttrodotto, prevista dall'articolo 122 T. U. 11 dicembre 1933,. n. 1775, con il privare il proprietario del fondo servente della facolt�. di rich�edere lo spostamento della linea (n. 26) �. SOCIET� SooIET� PER AZIONI -I.G.E. -Se siano sogg!i}tti ad imposta generale aulla entrata i dividendi pagatf da una societ� per azioni al propr�o azionista unico (n. 85). STRADE IMPIANTO DISTRIBUTORI CARBURANTI. ___; 1) Se i pareri espressi dalle Co:mrriissioni consultive . provinciali in ordine agli adempimenti relativi alla installazione degli impianti distributori ,di carburante lungo ie strade statali abbiano il valore di vincolare le attribuzioni demandate in materia alla competenza dell'ANAS (n. 31). 2) Se sia legittimo il provvedimento ministeriale. che ha istituito le speciali commissioni consultive sopra indicate (n. 31). SUCCESSIONI SuocESSIONE DELLO STATO. -Se, devoluta l'eredit� allo Stato, ai sensi dell'art. 586 C. c. a seguito di rinuncia dei successibili per legge, taluni di costoro, non essendo ancora caduto in prescrizione il diritto di accettare l'eredit� medesima, possano, a norma delrart. 525 C. c., validamente revocare la precedente rinuncia ed acqui-� stare la qualit� di eredi, con le conseguenze patrimoniali che ne derivano (n. 58). TELEFONI SERVIT� TELEFONIOHE. -Se le norme sulle servit� relative all'impianto di telecomunicazioni possano applicarsi anche alle concessioni telefoniche ad uso privato (n. 20). (6110721) Roma,, 1959 � Istituto Poligra,fico llello Sta,t-0 � G. C