ANNO VII -N. 5 RASSEGNA MENSILE DELL'AVVOCATURA DELLO STATO PUBBLICAZIONE DI SERVIZIO SOMMARIO I. ARTICOLI ORIGINALI L'atto amministrativo recettizio, dell'avv. ALDO QuARTULLI, p. 85-88. II. NOTE DI DOTTRINA 1) CoMBA e CORRADO : Il rapporto di lavoro nel diritto privato e pubblico, recensione critica dell'avv. VALENTE Snn, p. 89. 2) ANDR� DE LAUBAD�RE: Du pouvoir de !.'administration d'imposer unilat�ralement des changements aux diBpositions des contrat8 administrati/ s, recensione critica dell'avv. GIUSEPPE GuGLIELMI, p. 89-92. III. RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA 1) Competenza e giurisdizione -Poligoni di tiro militari pericolosi per la incolumit� e produttori di turbativa della propriet� dei privati (Corte di Cass.), p. 93-97. 2) Contratti di guerra -Competenza del Commissariato di cui al D. L. 25 marzo 1948, n. 674 -Nozione di contratti di guerra non ancora definiti (Corte di Cass.), p. 97-98. 3) Imposta di registro -Proroga di societ� con scrittura privata -Data - Opponibilit� al fisco (Corte di Cass.), p. 98-99. 4) Notificazione -Ricorso al Consiglio di Stato -Notificazione all'Amministrazione presso l'Avvocatura dello Stato -Nullit� insanabile (Ccnsiglio di Stato), p. 99. 5) Occupazione bellica -Repubblica sociale italiana -C.L.N.A.I. -Comando Militare Alleato -Confisca -Inefficacia di atti dispositivi (Corte di Cass.), p. 99-104. 6) Trattato di pace -Danni di guerra a cittadini delle Nazioni Unite Concetto di persona trattata come nemica (Commissione di Conciliazione italo-americana), p. 104-106. IV. ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI DELLE CORTI DI MERITO 1) Costituzione -Giudizio sulla costituzionalit� della legge -Competenza degli organi giurisdizionali (Trib. Genova), p. 107-108. 2) Imposta straordinaria progressiva sul patrimonio -Applicabilit� del salve et repete (Corte App. Milano), 108-109. 3) Procedimento civile -Rapporti fra Stato italiano e F:mdo internazionale di emergenza -Sostituzione processuale -Trasporto marittimo Termine di prescrizione (Trib. Genova), p. 109-111. V. SEGNALAZIONI DI DOTTRINA E GIURISPRUDENZA, p. 112-119. VI. INDICE SISTEMATICO DELLE CONSULTAZIONI, p. 120-123. �. ANNO VII -N. 5 MAGGIO 1954 RASSEGNA MENSILE DELL'AVVOCATURA DELLO STATO PUBBLIVA.ZIONE DI SERVIZIO L'ATTO AMMINISTRATIVO RECET,.fIZIO (A proposito di una recente monografia) 1. Nella sfera del diritto privato, com'� noto, la teoria dell'atto recettizio � stata costruita su due fondamentali elementi: il primo -consistente nella determinatezza del destinatario -non ha fornito spunto alcuno per motivi di dubbio; il secondo -relativo agli effetti della comunicazione sull'atto comunicato -ha dato, invece, motivo �a dissensi notevoli. Alcuni scrittori hanno considerato la comunicazione come elemento integrante dell'atto in quanto si risolverebbe in un modo di essere della dichiarazione, riguardata quale forma di esteriorizzazione dell'atto medesimo, sicch� questo non:potrebbefnon:ritenersi imperfetto prima dell'esaurimento del processo notificativo. Per converso, altri considerano solo come condizione di efficacia dell'atto la comunicazione, la quale non inciderebbe sulla perfezione dell'atto. � superfluo aggiungere che quest'ultima opinione � andata sempre pi� diffondendosi sino a divenire oggi del tutto dominante. Viceversa, nella sfera del diritto pubblico dove si � avuto un certo approfondimento solo nei rapporti internazionali -la teoria pu� dirsi ancora allo stato incandescente, sebbene sia in via di formazione una communis opinio. Infatti, prendendosi le mosse dal doppio concetto del carattere unilaterale della manifestazione da parte della Pubblica Amministrazione e della perfezione della volont� pubblica nel momento della sua dichiarazione, la maggior parte degli scrittori di diritto amministrativo considera la comunicazione dell'atto amministrativo recettizio come elemento di efficacia, mentre altri la ritengono requisito sostanziale dell'atto; il Sandulli reputa di risolvere il dissidio distinguendo fra atto e suo effetto giuridico e considerando la notificazione con valore costitutivo non del primo, ma del secondo. Per tentare di conferire alla teoria in parola una certa solidit� anche sul terreno del diritto pubblico, di recente il Daniele si � proposto di porre in rilievo la necessit� di una diversa impostazione del problema della recezione pubblicando il frutto delle sue meditazioni in una densa .monografia dal titolo eguale a quello della .presente recensione, nel n. 4 della � Rivista �trimestrale di Diritto pubblico� del 1953 (pp. 826-917). L'interesse del tema e l'autorit� dello scrittore consigliano un breve indugio sull'argomento. 2. Il Daniele prende le mosse dal rilievo, secondo cui le divergenze dottrinali siano da porre in relazione alla non facile discriminazione dei concetti di perfezione e di efficacia degli atti amministrativi e alla non chiara costruzione del concetto di comunicazione necessaria accolto dai vari autori con diversa significazione. Precisato che perfetto � l'atto completo degli elementi costituivi richiesti dal diritto positivo e che efficace � l'atto che, oltre ad essere perfetto, � arricchito di elementi estrinseci richiesti per la sua concreta possibilit� di attuazione, critica la costruzione del Sandulli e puntualizza il problema centrale della teoria in parola nella determinazione del fondamento dell'onere o dell'obbligo della comunicazione, fondamento che egli riconduce ad una esigenza di pubblico interesse, meglio ancora alla necessit� di assicurare la collaborazione del destinatario per il raggiungimento dei fini dell'atto medesimo. Chiarito, poi, che per collaborazione s'intendono i comportamenti del soggetto destinatario necessari al raggiungimento dei fini degli atti o per volont� di legge (meri atti giuridici) o per volont� del dichiarante (negozi giuridici), il Daniele reputa, in via generale, necessaria la collaborazione del destinatario o quando l'atto sia diretto a provocare una reazione negoziale o quando l'atto abbia ad oggetto un comportamento obbligatorio e� giuridicamente sanzionato dal destinatario medesimo. Di qui la conseguenza duplice: 1) sono atti recettizi solo quelli che non possono raggiungere i fini essenziali senza la collaborazione lato sensu di un destinatario determinato; 2) non sarebbero atti recettizi quelli, la cui notificazione sia stabilita nell'esclusivo interesse del destinatario o ai fini della proposizione di impugnativa. Continuando nella sua acuta disamina, il Daniele tiene a distinguere l'effetto immediato e necessario della comunicazione (consistente nel produrre la recezione e nella costituzione di . p;rove o presunzioni della medesima) dagli effetti mediati ed eventuali (consistenti nella perfezione ed effi� cacia dell'atto comunicato). E poich� l'atto amministrativo � normalmente perfetto con la pronunzia dell'autorit�, onde i successivi adempimenti -86 restano al di fuori del processo formativo di esso, afferma: � a) che il concetto di atto recettizio va co struito avendo riguardo non agli effetti mediati della comunicazione, ma all'obbligo od onere di una comunicazione determinato dalla necessit� di collahorazione del destinatario; b) che la questione se negli atti recettizi la comunicazione sia elemento di perfezione o requi sito di efficacia va risolta in base alle disposizioni di diritto positivo regolanti le singole fattispecie; c) che la comunicazione, quando produce effetti mediati e non si fonde con la dichiarazione, deve di regola ritenersi stabilita ai soli fini della �efficacia dell'atto. � Nel capitolo III applica il principio della recezione alle varie categorie di atti amministrativi. _ Successivamente, il Daniele, distinto il concetto ampio di comunicazione (attivit� diretta a portare qualcosa a conoscenza di qualcuno) da un concetto pi� stretto (attivit� diretta a portare a conoscenza di qualcuno qualcosa che non consiste in una dichiarazione), segue, sulle orme del Carnelutti, la suddivisione in autonotificazione ed eteronotificazione, si occupa dei soggetti necessari della comunicazione e delle varie forme (scritte ed orali, indirette e dirette), rileva le particolari norme di legge regolanti la comunicazione degli _atti recettizi e, come regola generale per gli atti nei cui confronti non esiste alcuna prescrizione, fa richiamo al principio della libert� della scelta delle forme. Indica, quindi, �il momento in cui il processo di comunicazione debba intendersi compiuto, allorquando l'atto penetra nella sfera giuridica del destinatario (presunzione relativa di recezione) e tratta, dopo, dei vizi della comuni cazione. Infine, il Daniele, si occupa degli effetti preli minari dell'atto recettizio, e cio� degli obblighi ed oneri derivanti dall'emanazione dell'atto. Se l'atto � discrezionale, l'autorit� che lo ha emesso ha l'onere della comunicazione; se l'atto � vinco lato, l'autorit� ha l'obbligo della comunicazione medesima. Il mancato adempimento dell'obbligo si risolve in un comportamento illegittimo della Pubblica Amministrazione. Quanto alla revoca o all'annullamento, se ne pu� parlare solo nei confronti degli atti esistenti e quindi degli atti recettizi, nei quali la comunica zione sia requisito di efficacia. In ogni modo la revoca deve essere sempre fondata su un nuovo o diverso apprezzamento del pubblico interesse, mentre l'annullamento degli atti illegittimi � in facolt� della Pubblica Amministrazione. La forma � varia: pu� consistere nel ritiro del provvedimento o nel mancato esercizio dell'impulso alla trasmissione rispetto agli atti emessi discrezionalmente; rispetto agli atti vincolati occorre sempre un'espressa manifestazione di revoca. L'atto inefficace non pu� essere impugnato perch� non produttivo di lesione attuale e concreta, ma la giurisprudenza ne ha ammesso la impugnazione ove sia portato ad esecuzione. Gli atti esecutivi di un atto inefficace sono illegittimi e come tali possono essere impugnati ex se; in ogni modo, essi fanno sorgere il momento dal q�ale decorre il. termine per l'impugnativa dell'atto inefficace eseguito, per motivi che direttamente lo concernano. 3. Abbiamo voluto riassumere con una certa larghezza lo studio qel Daniel~, non solo per dovere di informazione, ma anche per mettere in luce la nobilt� dello sforzo compiuto. Lavori meditati come questo non sono troppo frequenti. Tuttavia la difficolt� che presenta la materia, restia ad una sistemazione definitiva, ci sembra abbia impedito il raggiungimento di una conquista completa. Dopo la lettura rimane ancora qualche dubbio sui risultati ottenuti. Lo stesso Daniele, il quale ha compiuto ben pi� di un'opera di semplice dissodamento, ha avvertito di aver il proposito pi� di porre che di risolvere definitivamente i problemi affrontati. 4. L'opera del Daniele parte da pos1z10ni non nuove. L'intuizione, sebbene non profondamente elaborata, dell'esistenza e della struttura degli atti amministrativi recettizi, come si � detto gi� trovava accoglimento nella dottrina giuridica. E sostanzialmente la dottrina aveva gi� individuato le particolari situazioni in relazione alle quali acquistava speciale rilevanza la comunicazione dell'atto (RANELLETTI: Teoria degli Atti� amministrativi speciali, 1945, p. 123). Del pari era gi� utilizzata la distinzione tra perfezione ed efficacia dell'atto (FORTI: I controlli, p. 747) e gi� si lavorava per distinguere le notificazioni dalle comunicazioni (o, secondo il CAMMEO, partecipazione) in base ad un criterio sostanziale in relazione allo scopo dell'atto. Merito del Daniele � stato indubbiamente quello di a;ver proposto un concetto unitario, ricomprendente tutte le situazioni cennate, le quali troverebbero un comune denominatore nella esigenza di collaborazione del privato con la Pubblica Amministrazione. Ora anche codesta nozione non � del tutto nuova essendo stata utilizzata, come fenomeno di confluenz!)i di diverse volont� verso un unico effetto a proposito della teoria dell'atto complesso e, in senso parzialmente diverso, a proposito dell'atto collettivo (FORTI: Diritto amministrativo, vol. II, p. 106) e dell'atto ricettizio. Nello studio presente viene invece adoperata al di fuori del campo negoziale in una ipotesi che non trova riscontro in precedenza. Ci� spiega gli atteggiamenti parzialmente diver!li, rispetto a quelli raggiunti in precedenza, che il Daniele ritiene di� dover precisare. 5. Peraltro l'adozione del criterio della collaborazione ha portato ad un'elaborazione di situazioni che d� luogo a qualche perplessit�, potendo dirsi che essa sia imprecisa per eccesso e per difett�. Nel �caso in cui l'atto � diretto a. provare una reazione negoziale nel destinat!J.!+io, non pare difatti sia del tutto esatto considerare la comunicazione come elemento di efficacia dell'atto. � vero che l'atto non comunicato non determina alcun effetto; ma la produzione degli effetti non � qui subordinata alla comunicazione, bens� alla -87 reazione negoziale stessa dell'interessato, sicch� � questa, e non quella, la condizione di eseguibilit� dell'atto. Non pare invece sufficientemente giustificata l'esclusione dei casi in cui la comunicazione � prescritta o si rende necessaria a garanzia della situazione giuridica di cui l'interessato � titolare. Qui il particolare scopo cui mira la comunicazione, cio� la possibilit� per l'interessato di esperire i rimedi di legge contro l'atto, non impedisce che esso si atteggi secondo gli� schemi dell'atto recettizio, soprattutto in relazione alla inefficacia del provvedimento non comunicato. La giurisprudenza ha ammesso, ad es., la natura recettizia degli atti di risoluzione del rapporto di impiego e nei provvedimenti disciplinari proprio in base ad una esigenza di garanzia nell'interesse principalmente del privato e, subordinatamente, anche della Pubblica Amministrazione. � questa certo un'ipotesi che non s'inquadra facilmente nello schema proposto dal Daniele. Trattasi peraltro di una notevole categoria che, per completezza, si sarebbe dovuto additare, tanto pi� che, sul terreno pratico, l'Autore, ne ha riconosciuto, sicuramente, attraverso i singoli casi, il carattere recettivo. 6. Nella vexata quaestio relativa alla struttura ed agli effetti dell'atto amministrativo recettizio il Daniele non assume una posizione unica e definitiva. In linea di principio, affermando l'autonomia dell'atto di comunicazione rispetto all'atto comunicato, esclude, in base al classico ragionamento della scuola tedesca, di cui si � reso esponente il Manigk, che il primo possa essere considerato come elemento di perfezione, e ritiene, quindi, che l'atto di comunicazione incida solo sull'efficacia del provvedimento. D'altra parte ammette che una soluzione diversa debba essere adottata in casi particolari o in presenza di norme di legge che dispongano in senso particolare. A questo punto la parziale difformit� delle opinioni del Daniele con la linea segu�ta dalla giurisprudenza avrebbe meritato un maggiore approfondimento. � vero che il Consiglio di Stato ha avuto occasione di affermare che la notifica e la comunicazione rappresentano di regola atti estrinseci e non costituiscono in conseguenza condizioni di validit� dell'atto amministrativo (Sez. V, 8 febbraio 1946, n. 57; Sez. VI, 28 dicembre 1950, n. 455). Ed � da tale principio che il Consiglio di Stato ha tratto, come conseguenza, l'affermazione della sufficienza, ai fini della comunicazione della sola notifica del dispositivo (Sez. V, 14 aprile 1951, n. 956; Sez. V, 18 giugno 1949, in cc Foro Amm. �, 1950, I, 96) oppure degli elementi essenziali dell'atto (Sez. IV, 3 agosto 1951, n. 533). Senonch� tale giurisprudenza non sembra che possa rif�rirsi agli atti recettizi. Sebbene un orientamento definitivo non sembri ancora fissato, sembra che la tendenza della giurisprudenza consista nell'a�coglimento della tesi che la comunicazione sia elemento di perfezione dell'atto. Meritevole di segnalazione � la decisione 21 ottobre 1950, n. 1079, della Sez. V (in � Giur. Compi. Corte Cass. n, 1950, III, p. 895) che afferma essere l'atto recettizio non comunicato ridotto al rango di mero atto interno, privo di rilevanza giuridica per il destinatario. Un esame pi� diffuso sulle singole decisioni avrebbe potuto perci� enucleare qualche nuovo �concetto valido per una pi� sottile elaborazione della materia. 7. Ma, prescindendo da tanto, l'adesione, in un tema cos� dibattuto e scottante, ad una delle tesi estreme espone necessariamente ad una serie di dubbi e di perplessit�, non troppo facilmente superabili. Ci sembra invero che tra la premessa teorica sostenuta dal Daniele, l'esigenza cio� di pubblico interesse della collaborazione tra privato e Pub blica Amministrazione, e l'opinione della comuni cazione come semplice elemento di efficacia e non di perfezione dell'atto, non si riesce a scorgere un rapporto di conseguenzialit�. Se scopo della comunicazione � quello di ottem perare ad un'esigenza di pubblico interesse, l'inef ficacia dell'atto non comunicato, dovrebbe essere intesa come mezzo riconnesso al perseguimento di tale finalit�. Senonch� � facile scorgere come l'inefficacia dell'atto, lungi dal facilitare il rag giungimento dello scopo, costituisce una ulteriore remora all'azione amministrativa, ed � perci� in contrasto col meccanismo in cui dovrebbe invece essere inquadrata. In altri termini se si amme.tte l'inefficacia dell'atto per mancata od errata comunicazione, .non pu� allora parlarsi n� di fine esclusivamente pubblico n� di collaborazione del destinatario perch� ia premessa contrasta con la conseguenza, e si dovrebbe quindi porre il fondamento dell'istituto su basi diverse. 8. Particolarmente scottante la questione si fa in ordine a due problemi di indole �pratica: la possibilit� di impugnazione degli atti esecutivi scaturenti da un atto amministrativo recettizio non ancora comunicato, e l'incidenza dell'istituto dell!li cc piena conoscenza� dell'atto ottenuta aliunde dall'interessato, sull'eseguibilit� e sulla impugnabilit� dell'atto. Sul primo punto il Daniele � per l'impugnativa degli atti di esecuzione con i normali mezzi ap prestati dalla legge. Ma il punto merita qualche precisazion.e. Se l'esecuzione in parola si profila illegittima per qualche vizio degli atti in s� considerati, � ovvia l'ammissibilit� dell'impugnativa. Questa invece non pare ammissibile ove si fondi sulla sola illegittimit� dell'esecuzione per mancata comunicazione. L'atto di esecuzione non � impu gnabile ex se in quanto rappresenta la logica con. seguenza di un atto precedente (Sez. VI, 27 febbraio 1950, n. 59; 7 novembre 1950, n. 405). Il principio � temperato nel senso che il termine per impugnare, ove l'atto non sia stato in prece~ denza notificato, decorre dalla data dell'atto esecutivo, ma l'impugnativa riguarda l'atto originario, per yi.zi suoi propri, e non l'atto esecutivo, rispetto al quale pu� invocarsi solamente la sospensione. -88 La difficolt� verrebbe invece superata, sotto ogni profilo, seguendo la teoria che la comunicazione valga a �perfezionare l'atto. In tal caso, difatti, l'illegittimit� dell'atto si determina automaticamente per la carenza del presupposto su cui l'atto esecutivo fonda; e per di pi� non pu� farsi alcuna questione circa la sua impugnabilit� ex se, essendo del tutto ovvia e pacifica la sua autonoma esi-� stenza, come primo comportamento esterno della Pubblica .Amministrazione che tocchi il privato. Sul secondo punto, di delicatissima rilevanza, giustamente il Daniele afferma che la piena conoscenza �ottenuta dall'interessato aliunde non incide sulla situazione sostanziale che rimane immutata. La norma che stabilisce la decorrenza del termine per il ricorso dal momento della piena conoscenza, ha infatti valore meramente processuale, e non pu� essere applicata, dato il suo carattere di specialit�, al di fuori del campo direttamente da essa regolato. N elio stesso senso si esprime il FORTI (Diritto Amm., II, p. 125). Ci pare, peraltro, che debba essere posta in luce questa peculiarit�: che non solo la situazione processuale non influisce sulla sostanziale, ma questa si presenta determinante su quella. Difatti se l'atto non pu� essere eseguito, l'impugnazione non � ammissibile per carenza d'interesse attuale a ricorrere. Il ricorso, giusta quanto ritenuto dalla giurisprudenza, sar� per� ammissibile di fronte alla esecuzione del provvedimento, rimanendo per� sempre la possibilit� di impugnazione dal momento in cui la situazione operativa dell'efficacia si perfezioni. E pertanto l'art. 36 del T. U. 26 giugno 1924, n. 1054, il quale, nella sua ampia dizione, non opera nessuna distinzione, deve ritenersi 'inapplicabile alla categoria degli atti recettizi. Rimane peraltro il dubbio che la soluzione possa essere l'inversa, e cio� che la norma processuale agisca sul terreno sostanziale. � quanto, ad es., recentissimamente sostiene l'Ottaviano nel suo studio sulla comunicazione degli atti amministrativi, per negare, in tesi, l'esistenza di atti amministrativi recettizi. Pur senza giungere a tale estremo, si potrebbe peraltro dubitare della sussistenza di un obbligo od onere di comunicazione laddove l'effetto diretto � immediato e cio� la conoscenza da parte del destinatario, si � prodotta. ~�t .Anche qui l'opposta tesi sembrerebbe poter risolvere ogni difficolt�. Se l'atto non � perfetto � del tutto logico che la piena conoscenza non . possa segnarne l'inizio della impugnabilit� ed � logico perci� che l'art. 36 non trovi applicazione, poich� presupposto del ricorso � l'esistenza di un formale atto amministrativo, esistenza che, come � noto, coincide con il concetto di giuridica perfezione. 9. In conclusione la monografia del Daniele rappresenta un nobile sforzo per raggiungere la sistemazione di un'ardua materia, restia ai reiterati tentativi finora esperiti. Restano da � segnalare, come cose di altissimo interesse, la disamina dei singoli atti recettizi, e l'indagine sulla disciplina delle comunicazioni, che offrono ai pratici strumenti di lavoro facili e sicuri. ALDO QUARTULLI AVVOCATO DELLO STATO NOTE D I DOTTRINA Oo:MJu''l"e OORRADO: Il rapporto di lavoro nel diritto privato e pubblico. Zappichelli, Torino. Il volume consta di due parti la prima sul rapporto di lavoro nel diritto� privato dovuta al professore Oorrado, la seconda sul rapporto di lavoro nel diritto pubblico, opera del prof. Oomba. Precede un'introduzione nella quale si studiano i princip� essenziali e in genere costituzionali del lavoro e della organizzazione sindacale. Di particolare interesse per la nostra Rassegna � la seconda parte che costituisce una monografia completa e informata sul rapporto di pubblico impiego, in verit� finora poco studiato in sede monografica salvo gli studi del Petroziello che rimonta al Trattato di Diritto amministrativo deZl'ORLANDO e del BALDI dell'immediato dopo guerra. Tuttavia prima di dare un cenno della monografia del prof. Oomba ci pare opportuno formulare alcune riserve e rilievi di carattere generale sul tentativo di considerare unitariamente come rapporti di lavoro sia quello privato che quello di pubblico impiego. Tale indirizzo potrebbe dare l'impressione che gli il. ravvisassero un vero e proprio rapporto di lavoro anche in quello di pubblico impiego e quindi ritenessero ad esso applicabili gli articoli del titolo III sui rapporti economici. In realt�, per quanto il problema non sia stato formulato e affrontato, l'unitariet� delle due parti non appare dal volume che anzi ne pone in risalto elementi distintivi, mentre la stessa organizzazione sindacale viene esclusa a sensi dell'art. 39 della Oostituzione nella introduzione, per i pubblici impiegati. Rimane cos� semplicemente quella vaga tendenza sotto taluni aspetti a scambiarsi concetti tra 'l'impiego privato e quello pubblico che rende opportuna ed utile una trattazione affiancata dei due rapporti come quella realizzata dagli il., ma che renderebbe sommamente discutibile una trattazione unitaria la quale, a nostro avviso, mancherebbe addirittura di base. La monografia del prof. Oomba inizia col precisare il concetto di pubblico impiego ponendone in risalto gli elementi essenziali, le distinzioni e la natura � le fonti. Passa indi allo studio della nascita, svolgimento ed estinzione del rapporto, ponendo in risalto doveri e diritti degli impiegati, responsabilit� e sanzioni. Si tratta di un'esposizione chiara ed accurata dei principi tenendo presente l'orientamento della giurisprudenza, con osservazioni critiche e costruttive di rilievo. Su moltissimi punti sarebbe interessante soffermarsi, ci� che naturalmente � impossibile in questa recensione. Oi limiteremo a qualche accenno a questioni di interesse attuale. Oosi per es., a pagina 11 l'A. delimita come questione di specie per la mobilitazione civile l'affermazione giurisprudenziale che si possa prescindere nella costituzione del rapporto di pubblico impiego dalla volont� dell'interessato (� tuttavia da rilevare in proposito che la Sezione di controllo della Oorte dei Oonti ha negato, proprio nella stessa fattispecie, l'esistenza di un simile rapporto). A pagina 35 valuta l'espressione �contratto di diritt.:; privato� adoperata dalla legge del 1952 per i salariati come prova di una mancanza di inserimento nell'ordinamento della Pubblica Amministrazione, ritenendoli di competenza del giudice del lavoro,~a sensi dell'art. 429, n. 4 del O.p.c. A pagina 116 e segg. si d� ampio risalto al dovere di fedelt� e si esclude che possa ammettersi per gli impiegati dello Stato il diritto di sciopero, con persuasive argomentazioni. E le citazioni potrebbero moltiplicarsi: effetti dell'annullamento di licenziamento, poteri dell'Amministrazione, garanzia amministrativa, articolo 28 della Oostituzione. Moltissime questioni di viva concretezza e attualit�, ma soprattutto un'esposizione chiara, persuasiva, informata che rende questo studio di utilit� sopratutto didattico pur non escludendone l'utilit� pratica professionale. Un'opera interessante gi� alla seconda edizione che merita di essere ampliata e di passare dalla forma scolastica della litografia alla stampa con ampio corredo di note cos� da farne una monografia veramente utile anche ai fini professionali. V. S. ANDR� DE LA1IBADERE: Du pouvoir de l'administration d'imposer unilat�ralement des changements aux dispositions des contrats administratifs. in KR~wue de Droit public n, 1954, pp. 36-63. L'Autore, dopo aver constatato la frequenza, con la quale � prevista nei �contratti amrmmstrativi � la facolt� dell'Amministrazione d'impor -90 re, nel corso della loro esecuzione, modificazioni o aggiunte, si propone il quesito se un tale potere debba considerarsi esistente, in base a un principio generale di diritto, rispetto a tutti i contratti amministrativi o, quanto meno, relativamente a quelli, che implicano una collaborazione del privato a pubblici servizi, si da costituire una caratteristica essenziale di questa categoria di contratti. La maggior parte degli autori, citati dal de Laubad�re, si � occ.upata della questione con particolare riferimento al contratto di pubblico appalto, rispetto al quale, �come esattamente nota l'autore, la questione ha un'importanza quasi esClusivamente teorica, giacch� tutti i capitolati d'oneri in concreto prevedono e regolano tale potere. Fino al 1945 la prevalente dottrina francese (JEZE: Principes generaux du Droit administratif) aveva ritenuto come naturale ai contratti amministrativi il potere dell'Amministrazione di aumentare o ridurre, in corso di esecuzione del contratto, le prestazioni d.a effettuare dal privato. Del principio era stata fatta concreta applicazione alla concessione di servizi pubblici, al contratto di pubblico appalto e di fornitura, al contratto di occupazione di beni demaniali, al contratto di arruolamento. Le norme contenute nelle leggi o nei capitolati erano considerate, secondo il de Laubad�re, come dettate per� regolare l'esercizio di questo potere, la cui esistenza risultava dai principi generali. Due limitazioni erano poste a questo potere: in primo luogo esso riguarderebbe il pubblico servizio e non i rapporti economici fra i contraenti; in secondo luogo tale potere di modificazione non potrebbe trasformare sostanzialmente il contratto n� eccedere le possibilit� tecniche ed economiche del contraente privato. L'Amministrazione sarebbe stata in ogni caso tenuta a indennizzare l'altro contraente per il pregiudizio arrecatogli. Successivamente il J �ze (in Revue de Droit public �, 1945, p. 257) precis� che questo potere non poteva considerarsi generale e comune a tutti i contratti amministrativi, bens� speciale a taluni di essi e, cio�, alla concessione di pubblici servizi, rispetto alla quale si poneva come estrinsecazione del normale potere regolamentare di organizzazione del pubblico servizio, ed al contratto di pubblico appalto. Dopo il Jez�, l'HUILLIER (Les contrats administratifs tiennent-ils lieu de lai � l'Administration ?, Dalloz, 1953, Chron, p. 87) riesaminando funditus la questione, ha escluso in via generale l'esistenza di un tale potere. .A tale conclusione l'Huillier perviene attraverso l'esame della giurisprudenza del Conseil d'Etat, che, a suo avviso, non avrebbe mai affermato e spesso avrebbe espressamente negato l'esistenza di questo potere, anche in relazione alla concessione di pubblici servizi. Secondo l'Huillier il potere dell' .Amministrazione di modificare con atto unilaterale il contratto, sussisterebbe soltanto in alcuni casi per effetto di una prassi amministrativa cos� costante da determinare una consuetudine. Il de Laubad�re si propone di esaminare anche egli ex novo tutta la giurisprudenza al fine di con . trollare l'esattezza della interpretazione datane dall'Huillier, ma limitando l'esame alla esistenza del potere, senza considerare n� i limiti n� le conseguenze patrimoniali del suo esercizio. Questo potere si presenta sotto due aspetti: il primo riguarda la facolt� di mettere fine anticipatamente al contratto, che, senza dubbio, � un aspetto del pi� generale potere di modificazione. Questo aspetto particolare del potere, che il J �ze chiama del rachat non contractuel, sussisterebbe certamente -secondo il de Laubad�re quando l'esecuzione del contratto amministrativo fosse divenuta inutile all'interesse generale e pi� non corrispondesse ai pubblici bisogni. La giurisprudenza citata, per�, sebbene contenga qualche espressione d'indole generale, riguarda i pubblici appalti, le forniture di guerra e il contratto d'hnpiego pubblico. Quanto al secondo aspetto del potere, consistente nella facolt� di modificare il contenuto e le modalit� del contratto, il de Laubad�re cita una famosa decisione del 21 marzo 1910 (Compagnie g�n�rale fran�aise des tramways) ed il suo commento da parte del commissario del Governo in relazione .al noto affare del � Gaz d'�clairage de Poissy �. Ci� per quanto riguarda le concessioni di pubblici servizi. Per gli altri contratti amministrativi la giurisprudenza citata � molto scarsa e ci�, secondo il de Laubad�re, si verifica sia perch� il potere di modificazione �, in genere, espressamente previsto nei contratti, sia perch� le �controversie hanno ad oggetto non il potere o il suo esercizio, ma le conseguenze patrimoniali di questo. Critica, poi, il de Laubad�re le tesi dell'Huillier e del J �ze e passa, infine, alla conclusione. Sulla base dell'innegabile potere dell' Amministrazione di regolare i pubblici servizi e di provvedere ai lavori pubblici, l'autore afferma l'esistenza di un generale potere di modificazione nei contratti importanti la diretta partecipazione del privato al funzionamento del pubblico servizio e di un analogo potere, relativamente agli altri contratti, quando il mutamento del contenuto o delle modalit� del contratto sia una conseguenza dell'esercizio dell'anzidetto potere di organizzazione del pubblico servizio. La questione, molto interessante, pu� proporsi in termini generali anche per il nostro ordinamento, che, per molti aspetti, � analogo a quello francese e le conclusioni, cui perviene l'autore, possono senz'altro condividersi. Occorre, per�, tener presente che la nostra dottrina non riconosce la categoria dei contratti amministrativi, quanto meno con l'ampiezza, con la quale � considerata dagli studiosi francesi, ritenendo che. essa non risponda a criteri rigorooa~ mente scientifici, se si eccettui quello soggettivo. Invero la circostanza che un contratto sia stipulato dallo Stato o da un Ente pubblico non � sufficiente a differenziarlo dagli altri analoghi con -91 tratti di diritto comune e la stessa dottrina francese -come si rileva dallo studio del de Laubad�re -� tuttora alla ricerca di un criterio obiettivo, che valga a differenziare nettamente la vasta categoria dei contratti amministrativi. Questa potrebbe, forse, identificarsi, nel nostro ordinamento giuridico, con il contratto di diritto pubblico o con la concessione-contratto, istituto, la cui esistenza va sempre pi� nettamente delineandosi e che presenta delle spiccate caratteristiche, che decisamente lo differenziano dal contratto di diritto privato. Questo attua un regolamento dei rapporti fra i due contraenti in via autonoma e principale; quella, invece, aderisce ad un atto autoritativo, che ne condiziona la esistenza (M. GALLO: I rapporti contrattuali nel . Diritto amministrativo, Padova, 1936, p. 192 e passim). Premessa del regolamento contrattuale dei rapporti � l'atto di concessione, col quale l'.Amministrazione conferisce al privato il potere di esercitare un pubblico servizio o di usare, in modo eccezionale, di un bene demaniale. Il contratto, in questi casi, � condizionato alla persistenza della concessione, il cui regolamento non � contrattuale, essendo posta in essere con atto unilaterale dell'amininistrazione, ancorch�, dal punto di vista formale, tale manifestazione di volont� risulti dal contratto-concessione. Trattasi, pur sempre, di esercizio di un potere pubblico. Nelle concessioni-contratto si verifica esattamente l'ipotesi prevista dal de Laubad�re, di una diretta partecipazione del privato alla funzione o al servizio pubblico. Per esse non v'� dubbio che sussista il potere dell'amministrazione di farne cessare l'efficacia o d'imporne la modificazione allorch� il pubblico interesse lo esiga (A. D. GIANNINI: Elementi di Diritto finanziario, p. 45 e segg.). La revoca delle concessioni, che risultino in contrasto con l'interesse generale, � considerata sempre ammissibile (M. GALLO, loc. cit.; RESTA: La revoca degli atti amministrativi, 1935, p. 127; ZANOBINI: Corso, vol. I, p. 264); essa importa come logico corollario il venir meno del contratto previsto per la regolamentazione dei rapporti nel corso della concessione. Questi principi sono applicabili, a nostro avviso, anche ai contratti di pubblico appalto e di pubbliche forniture, nei quali pure si riscontra una diretta partecipazione del privato al pubblico servizio e che non possono confondersi con i solo apparentemente analoghi contratti, regolati dal Oodice civile. A questo proposito ci sembra che sia degna di particolare attenzione la tesi sostenuta dall'Huillier: in tutti i contratti di pubblico appalto e di pubbliche forniture e nei relativi capitolati generali � previsto espressamente il potere dell' .Amministrazione di aumentare o diminuire le presta . zioni entro i limiti della capacit� tecnico-economica del privato contraente e sempre che ci� non importi una� modificazione sostanziale del contratto. Ma questo potere � generalmente considerato come spettante all' .Amministrazione in virt� di una norma giuridica (cfr. A. D. GIANNINI, loc. cit.) e non come facolt� nascente dal contratto. A nostro avviso, l'esistenza di tale norma pu� trarsi agevolmente dai principi generali del diritto amministrativo, secondo i quali tutta l'attivit� dell' .Amministrazione deve tendere al soddisfaci mento dell'interesse pubblico; e.ssa, comu,nque, � confortata dalla prassi costantemente seguita col convincimento della sua obbligatoriet� s� da dar luogo ad una vera e propria consuetudine, prae ter legem. L'anzidetto potere, a nostro avviso, non � attri buito ma limitato dall'art. 345 della legge 20 marzo 1865, all. F, che consente ali' .Amministrazione di aumentare o diminuire l'appalto entro il limite di un quinto. In mancanza di questa espressa norma limitativa dovrebbe, a nostro avviso, rico noscersi lo stesso potere nei limiti generali dianzi citati. Per compiutezza di esposizione riteniamo di dover accennare alle conseguenze patrimoniali dell'anticipata risoluzione del contratto. Il citato art. 345 prevede l'obbligo dell'Amministrazione di pagare i lavori eseguiti, le provviste e un de cimo dell'importo dei lavori ancora da eseguire e fino ai 4/5. Gli articoli 36 e 49 O. N. prevedono il diritto ad indennizzo nel caso che sia revocata una con cessione sul lido del mare superiore al biennio e che abbia importato impianti di difficile rimozione o opere stabili. L'indennizzo � ragguagliato a tante annualit� di ammortamento del costo delle opere, quanti sono gli anni, per i quali la concessione sarebbe dovuta ancora durare. Anche il T. U. sulle acque pubbliche prevede all'art. 48 il diritto ad un'indennit� quando la ,quantit� d'acqua concessa sia ridotta in conseguenza di opere compiute dall' .Amministrazione. In analogia di questo principio si ritiene dovuta l'indennit� anche nel caso di revoca della concessione per ragioni di pubblico interesse (ZANOBINI: Corso, vol. II, p. 75, cfr. articoli 45 e 47 T. U., 11 dicembre 1933, n. 1775). Queste norme, a nostro avviso, sono espressione di un principio generale, in base al quale riteniamo di poter affermare che la revoca deila concessione-contratto per ragioni di pubblico interesse sia sempre legittima, ma importi il diritto ad indennizzo secondo i principi dell'indennizzabilit� del danno arrecato nell'esercizio di attivit� legittima. Per i contratti di diritto privato tali norme non sembrano applicabili. La loro conformit� all'interesse pubblico deve essere valutata sempre con riferimento al momento della stipulazione e ci� ancorch� si proceda in tempo successivo allo annullamento, non revoca, dell'atto di approvazione (Oonsiglio di Stato, Sez. I, parere n. 791 del 1948 in << Rel. Oonsiglio di Stato))' 1947-50, II, p. 35; id. 17 maggio 1949, n. 961, ivi). In alcune ipotesi questi principi sembrano applicabili anche ai contratti di diritto privato, ma trattasi soltanto di apparenza. Sostanzialmente il contratto subisce una profonda modificazione per il mutamento dell'oggetto e se resta in vita -92 assume il carattere della concessione-contratto, rispetto alla quale si applicano le norme e i principi dianzi esaminati. Si pensi, per esempio, alla locazione di un im~ mobile facente parte del patrimonio disponibile dello Stato. Trattasi di contratto di diritto privato e come tale non revocabile. L'immobile pu�, per�, ricevere una pubblica destinazione (strade, opere di difesa, caserma) ed in tal caso � trasferito dal patrimonio disponibile al demanio o aJ. patrimonio indisponibile. Viene meno, in tale ipo tesi, o sostanzialmente si modifica l'oggetto del contratto, che, secondo i principi di diritto comune, dovrebbe risolversi. Se esso � compatibile con la pubblica destinazione del bene, per�, pu� continuare a produrre alcuni effetti, che sono quelli propri della concessione-contratto, ma la sua sopravvivenza � condizionata alla persistenza della compatibilit� con la pubblica destinazione, cessando la quale il contratto-concessione pu� essere revocato, salva, se ne ricorrono gli estremi, la corresponsione di un indennizzo. G. GUGLIELMI RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA COMPETENZA E GIURISDIZIONE � Poligoni di tiro militari pericolosi per l'incolumit� e produttori di turbativa della propriet� dei privati -Proponibilit� di azione di accertamento relativa a tale situazione. (Corte Cass., Sez. Un., Sent. n., 65/54 -Pres. Acampora; Est.: Liguori; P. M.: Pittiruti; conci. conf. Ministero Difesa contro Arrighini ed altri). A) Il criterio discriminatore della competenza fra Autorit� giudiziaria ed amministrativa va desunto dalla causa petendi e dal petitum, ma lo elemento preponderante � la causa petendi. B) Convenuta in giudizio l'Amministrazione militare da un gruppo di privati i quali, dolendosi che l'uso di certi poligoni di tiro impiantati in prossimit� di loro fondi sia pericoloso per la propriet� pubblica e disturbi il loro diritto di prop priet�, chiedano la rimozione dei poligoni e il risarcimento del danno, se il Giudice ordinario si convince dell'inesistenza di danni in concreto, pu� la sua sentenza, pur respingendo la domanda di risarcimento, accogliere la domanda degli attori nella sola parte in cui essi chiedono che il Giudice ordinario dichiari pericolosi detti poligoni e produttori di disturbo alle loro propriet�. Una tale declaratoria rientra nella giurisdizione ordinaria. Il caso era alquanto delicato. Gli attori avevano chiesto: � a) Riconoscersi che l'uso dei poligoni in oggetto, per trovarsi i poligoni stessi in mezzo all'abitato costituisce un pericolo intollerabile, sia per la quiete degli abitanti e proprietari, come anche gli attori della zona, sia per l'incolumit� delle persone, sia per la tranquilla usabilit� dei beni urbani e la libera coltivazione dei rustici deprezzandone il valore �. b) Dichiararsi illegittimo il detto uso ordinando la rimozione dei poligoni suddetti e la restituzione del terreno ai proprietari. c) Condannarsi l'Amministrazione al risarci mento dei danni derivanti dall'esecuzione dei tiri. Il Tribunale di Firenze emise sentenza colla quale, dopo aver ritenuto che la domanda di cui alla lett. b fosse stata dagli attori abbandonata e che non meri tasse accoglimento la domanda di risarcimento dei danni derivanti dall'esecuzione dei tiri � perch� troppo generica e vaga �, si limit� a dichiarare che (<l'uso dei poligoni di tiro ... per la loro ubicazione in mezzo all'abitato, costituisce un pericolo per la incolumit� personale degli attori, impedisce il pieno esercizio dei loro diritti, deprezza la loro propriet� �, La Corte d'Appello di Firenze, su nostro gravame, conferm� la pronunzia del Tribunale. E colla sentenza indicata in epigrafe la Corte di Cassazione a Sezioni UniteJha respinto il nostro ricorso. � opportuno riportarne la motivazione. cc Con l'unico mezzo di ricorso assume il ricorrente Ministero che, avendo la Corte di Appello confermato la sentenza dei primi giudici con la quale fu dichiarato ~chel.l'uso dei poligoni in contestazione " costituisce un pericolo per la incolumit� personale degli attori -attuali resistenti -impedisce il pieno esercizio dei loro diritti dominicali e deprezza la loro propriet� ", una tale astratta declaratoria di illegittimit�, emessa non come mezzo al fine di una� condanna ai danni, ma come fine principale ed unici) della pronunzia, sostanziandosi nel divieto di usare di detti poligoni, costituisce una inammissibile ingerenza nell'attivit� dell'Amministrazione, e quindi, un'applicazione a rovescio dei principi che concernono i limiti della giurisdizione ordinaria nei confronti dell'attivit� della Pubblica Amministrazione (violazione degli articoli 2 e 4 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E). Si soggiunge, poi, che se la domanda non ff)sse stata diretta a provocare quel divieto, avendo la Corte di merito disconosciuto la sussistenza di un danno la sentenza si risolverebbe in una pronuncia senza contenuto, non corrispondendo ad essa nessun interesse degli attori (violazione degli articoli 99 e 100 Codice procedura civile). cc Ma tanto l'una che l'altra censura, non hanno fondamento. � A dire del ricorrente Ministero la esattezza della prima delle prospettate interpretazioni attribuibili ;__ a suo avviso -all'emessa pronuncia, interpre tazione per la quale dichiara di propendere, trova elemento di conforto nelle richieste formulate dagli attuali resistenti, sia con la. citazione introduttiva del giudizio, che con le conclusioni sottoposte al Collegio. � Ed a tal fine, istituendo un raffronto tra tali richieste e la emessa pronuncia, si trae motivo per sostenere che essa, quantunque preceduta in motiva zione dall'affermazione che l'Autorit� giudiziaria non poteva revocare l'atto amministrativo, c_~e. aveva disposto la costruzione dei poligoni, si identifica_ nella sua astrattezza e quale fine a se stessa, in un divieto di usare di detti poligoni, il che costituisce un'inammissibile ingerenza del giudice ordinario nell'attivit� dell'Amministrazione, in contrasto pro -94 prio con i principi richiamati dalla sentenza dei primi giudici, confermata con quella impugnata. � Oos� precisato l'assunto del ricorrente in ordine alla prima delle esposte censure, non � il caso di attardarsi per dimostrare come le richieste formulate dagli attuali resistenti con la citazione e ripetute in sede di precisazione delle conclusioni da sottoporre al Oollegio, considerate sia isolatamente, che in correlazione con l'emessa declaratoria, e conseguentemente come elemento interpretativo della portata di essa, non conducono punto al dedotto difetto di giurisdizione. � � noto che tutte le volte in cui si fa questione di un diritto soggettivo leso da un atto o fatto della Pubblica Amministrazione, i Tribunali ordinari non possono revocare l'atto illegittimo n� il fatto illecito che si pretende lesivo, devono limitarsi a conoscerne gli effetti " in relazione all'oggetto dedotto in giudizio". � del pari incontroverso che il criterio discriminatore delle competenze fra Autorit� giudiziaria ed amministrativa va desunto dalla ragione giuridica della domanda (causa petendi) e dall'oggetto specifico di essa (petitum), ma da tali principi, della cui esattezza non si dubita, non � dato punto indurre quanto costituisce il punto centrale della censura, anche se non esplicitamente esposto, e cio� che l'adito tribunale non potesse conoscere della domanda proposta dall' Arrighini e dai suoi consorti di lite, per aver essi, invece di limitarsi a chiedere il semplice accertamento delle lesioni che ai loro diritti derivano dall'uso dei quattro poligoni ed il risarcimento degli eventuali danni, domandato in concreto anche la rimozione di detti polig(lni, istanza questa non consentita in questa sede, in quanto involgente la revoca dell'atto amministrativo che ne dispone la costruzione ''. � Questa Suprema O orte� non ignora le dispute che al riguardo si agitano specie in dottrina, sostenendosi, da un canto, che la competenza del giudice ordinario deve ritenersi esclusa tutte le volte in cui, pur lamentando la lesione di un diritto, si proponga una domanda diversa da quella che pu� essere a lui rivolta e, dall'altro, che in tal caso detta competenza non pu�, invece, essere disconosciuta ove le richieste dell'attore trascendano i limiti entro i quali � consentita la tutela giudiziaria nei confronti della Pubblica Amministrazione, tranne l'obbligo per il giudice adito di astenersi dal pronunciare la revoca o la modifica dell'atto amministrativo ritenuto lesivo, ma riesaminando la propria giurisprudenza, per la ve-� rit� non sempre uniforme, .ritiene di dover confermare il pi� recente orientamento (Sez. Un., 31 gennaio 1948, n. 144; Mass. Foro 1948, col. 31; 28 giugno 1948, n. 1017; Foro .Amm. 1949, p; II, Sez. l, col. 8), rispondente al secondo dei ricordati indirizzi dottrinari. Oom.e si � detto, il criterio discriminatore delle competenze tra Autorit� giudiziaria ed amministrativa va desunto dalla causa petendi e dal petitum, ma se si considera che la tutela giudiziaria nei confronti della Pubblica Amministrazione � accordata nel solo caso in cui si faccia questione della lesione di un diritto, e che per affermare o negare la competenza giudiziaria ogni preliminare indagine deve essere volta a stabilire il fondamento della pretesa dedotta in giudizio, evidentemente appare come l'elemento preponderante di individuazione sia costituito dalla ragione giuridica della domanda, ossia dalla causa petendi. cc Oon ci� non si vuole disconoscere che anche il petitum ha un'innegabile efficacia descriminatrice, e tanto meno negare, quanto fu fin qui ritenuto, e cio� che al fine di accertare se iJ dibattito sia impostato sulla violazione di un dir_itto soggettivo o di un semplice interesse legittimo, e conseguentemente se l'insorta controversia appartenga alla cognizione del giudice ordinario o di quello amministrativo, si debba aver riguardo alla causa petendi ed al petitum considerati nel loro complesso, ma unicamente precisare che ove la domanda sia costituita da pi� capi, e taluno di essi trascende 1/ limiti segnati alla competenza dell'Autorit� giudiziaria, non possa farsi questione di� giurisdizione del giudice adito, ma di semplici limiti nei quali va contenuta la pronuncia dello stesso. Ora, se � vero che gli attuali resistenti con la citazione introduttiva del giudizio e con le conclusioni prese all'udienza di rimessione della causa al Oollegio, ebbero, tra l'altro, a chiedere la rimozione dei poligoni in contestazione -declaratoria questa che, indubbiamente trascende i limiti segnati alla tutela giudiziaria, nei confronti della Pubblica Amministrazione -essendo stata una tale richiesta, al pari �di quella di danni, formulata in relazione al riconoscimento del pericolo e delle turbative derivanti dall'uso di detti poligoni, riconoscimento involgente l'accertamento della illegittimit� dell'atto amministrativo dedotto come lesivo, non pu� fondatamente sostenersi che la proposizione della cennata istanza di rimozione privasse il giudice ordinario della competenza a conoscere degli altri capi di domanda, che non si contesta, collegati alla lesione di un diritto� soggettivo. Nella specie, infatti, non sorge una questione di giurisdizione, ma unicamente di limiti di pronuncia. cc N � il richiamo alle richieste spiegate dai resistenti in sede di merito, vale come si vorrebbe dal ricorrente, a lumeggiare la portata della emessa pronuncia, e tanto meno, a far ritenere che, identificandosi essa con il divieto di usare dei poligoni, si sostanzi in una revoca dell'atto amministrativo che ne dispone la costruzione. Al riguardo vale appena osservare che, mentre la correlazione che si vuole istituire tra la domanda di rimozione e la declaratoria che ne occupa, confermata anche dalla Oorte di merito, trova conforto nei rilievi innanzi svolti, la significazione e portata di essa � resa manifesta, senza possibilit� di equivoci, dalla motivazione posta a sorreggerla, con la quale si ebbe cura di precisare che, non potendo l'Autorit� giudiziaria ordinare la chiesta rimozione, doveva limitarsi a richiamare la illegittimit� dell'uso dei poligoni, salvo poi, all'Autorit� amministrativa di revocare l'atto con il quale ne era stata disposta la costruzione e l'uso. E ben vero che la formula del dispositivo della sentenza di primo grado, tenuto fermo con quella denunciata, non pu�, avuto riguardo alla finalit� ed effetti di una declaratoria di illegittimit�, ritenersi tecnicamente perfetta, ma da ci� a prete_rpd.ere che essa si identifichi con un divieto di uso dei poligoni ci._corre non poco: Il dichiarare, infatti, che tale uso costituisce un pericolo per l'incolumit� personale, che impedisce il pieno dominio dei diritti dominicali e che deprezza le contigue propriet� non pu� di certo equi -95 pararsi ad un divieto, nemmeno implicito, di detto uso; un assunto siffatto trova contrasto non solo nei motivi che la emessa declaratoria sorreggono, ma nella stessa lettera di essa. � N � a conforto di quanto si sostiene vale opporre che il Trjbunale prima, e la Corte di Appello poi, hanno proclamato la illegittimit� del cennato uso; non come mezzo al fine di una condanna ai danni, ma quale fine principale, ed unico della pronuncia. Ed invero, a prescindere nella specie i danni risultano chiesti, il che tronca alla base il mosso rilievo, e che l'aver i giudici di merito disattesa la domanda di indennizzo del pregiudizio conseguito dalla occupazione dei terreni, siccome non provato, e di quello derivato dai tiri, in quanto troppo genericamente esposto, non importa punto n� l'inesistenza di un danno risarcibile, n� che la domanda di indennizzo sia a ritenersi come non proposta, non � comunque esatto che la declaratoria di illegittimit� di un atto o di illiceit� di un fatto della Pubblica Amministrazione debba essere necessariamente collegata alla domanda di risarcimento di un danno in atto. .Ci� che la legge non dice, n� � lecito all'interprete modificarne il dettato, ipotizzando inesistenti limiti o condizioni all'applicazione di essa. Come � noto l'art. 4 della legge del 1865 dispone unicamente che, nel caso in cui la contestazione cada su di un diritto che si pretende leso da un atto dell'Autorit� amministrativa i tribunali si limiteranno a conoscere degli e.ffetti di esso in relazione all'oggetto dedotto in giudizio, senza, per altro, chiedere se la declaratoria di illegittimit� del 'comportamento della Pubblica Amministrazione sia accompagnata da una domanda di indennizzo. Vero � che, subito dopo l'entrata in vigore della citata legge, la giurisprudenza, interpretando razionalmente l'intenzione del legislatore e ritenendo il cittadino non sufficientemente garantito dalla semplice declaratoria di illegittimit�, espresse l'avviso, divenuto poi costante ed uniforme, che se la Pubblica Amministrazione non pu� essere obbligata alla reintegrazione in forma specifica o condannata a fare od omettere un determinato atto, nulla vieta che sia� almeno costretta a corrispondere una somma di danaro a titolo di indennizzo per la consumata violazione del diritto soggettivo del singolo. Ma dalla riconosciuta proponibilit� di una tale azione risarcitoria davanti ai tribunali ordinari non ne consegue punto quanto mostra di ritenere la difesa del Ministero, e cio� che la declaratoria di illegittimit� non possa essere chiesta quale fine a se stessa indipendentemente dalla esistenza in atto di un danno risarcibile e dalla proposizione della relativa domanda di indennizzo. N � basta, in quanto, il preteso collegamento, o meglio la inscindibilit� che si vuole esistente tra declaratoria 'di illegittimit� e domanda di danni, nel senso che la mancata proposizione di questa importi la improponibilit� della prima, � non solo resistita dalla chiara dizione dell'art. 4 della legge del 1865, ma � esclusa in modo inequivocabile, ove una tale norma si ponga in correlazione con l'art. 27, n. 4 del Testo Unico delle leggi sul Consiglio di Stato. Emergendo, infatti, da detta correlazione che il cittadino, il cui diritto soggettivo, sia stato leso da un atto della Pubblica Amministrazione, pu� chiedere alla stessa la revoca o la modifica dell'atto riconosciuto lesivo e come tale se l'Autorit� amministrativa non si conforma " al giudicato dei tribunali per quanto riguarda il caso deciso", pu� essere adito il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, al fine di ottenere l'adempimento del cennato obbligo da parte dell'Amministrazione, evidente appare come le due istanze su menzionate non siano affatto inscindibili, e, come nulla vieti �di proporre quella diretta alla declaratoria iuris di illegittimit� dell'atto amministrativo in via autonoma e quale fine a se stessa. cc Conclusione questa che dimostra anche l'inattendibilit� della seconda delle esposte doglianze mirante a far ritenere che esclusa l'esistenza di un danno la declaratoria �di illegittimit� si concreterebbe in una pronuncia priva di contenuto, censurabile a norma degli articoli 99 e 100 del codice di rito, non avendo gli istanti alcun interesse a provocarla. Se si considera, infatti, che l'interesse a proporre una domanda in giudizio, quale condizione specifica dell'azione, si concreta nella finalit� di congiungere un risultato utile dello stesso giudizio, risultato che pu�, com'� noto, essere diretto ad una declaratoria iuris, al riconoscimento di un diritto od al conseguimento di un bene ad altri dovuto, non � chi non veda, come aprendo la cennata declaratoria di illegittimit� l'adito ai ricorsi innanzi ricordati, a torto si contenda l'esistenza di un interesse a richiederne l'emissione disgiuntamente dall'eventuale domanda di danni. cc Tutto ci� non senza ril�vare che gli attuali resistenti con la citazione introduttiva del giudizio ebbero a chiedere anche la condanna del ricorrente Ministero ai danni derivati dall'occupazione del terreno e dai tiri, domanda che, come si � innanzi precisato, fu rigettata per mancanza di adeguata dimostrazione in ordine al primo capo e per indeterminatezza nella formulazione della seconda �. � motivo di soddisfazione che con questa sentenza la Corte Suprema sembri ritornare �ll' antico insegnamento in materia di discriminazione della competenza fra Giudice ordinario e Giudice amministrativo, abbandonando la tendenza che era andata affermandosi negli ultimi anni, la quale portava al risultato di stabilire la competenza in base all'impostazione che al privato piacesse fare delle proprie tesi in giudizio: tendenza circa la quale rimandiamo alle acute critiche di Dr OIOMMO in questa Rassegna (1950, p. 151; 1951, p. 47) (1). Torna dunque in onore con questo pronunziato la considerazione della causa petendi, cio� la valutazione obiettiva della materia del contendere, sulla quale valutazione non pu� non fondarsi la pronunzia relativa alla giurisdizione. Siccome tuttavia la sentenza si esprime come se da parte nostra ci si fosse, a sostegno del difetto di giurisdizione, richiamati proprio alla tesi che l'Avvocatura ha sempre contrastato, � da dire, unicamente per l'esattezza, che l'aver ritenuto ci� pu� esser.e dipeso solo da un equivoco. Ci si trovava in presenza di una situazione come questa: che gli attori avevano contemporaneamente domandato, oltre alla dichiarazione di periOolosit� dei poligoni e al risarcimento del danno, anche la (1) Vedi pure nella Relazione dell'Avvocatura generale dello Stato per gli anni 1942-60, vol-. I, p. 89 e seg. -96 rimozione dei poligoni stessi. Ora, diversamente da come pu� apparire in base alla lettura della sen tenza, non � gi� che, siccome l'ultimo di tali capi di domanda (rimozione dei poligoni) evidentemente esulava dal'.a competenza giudiziaria, perci� da parte nostra si sostenesse che il difetto di giurisdizione su questo capo si ripercuotesse sugli altri : invece era ovvio che, come giustamente la sentenza afferma, ogni capo di domanda dovesse agli. effetti della giu risdizione seguire indipendentemente dagli altri la propria sorte secondo il suo obiettivo contenuto. Sicch� nessuna conseguenza noi pretendevamo trarre dal difetto di giurisdizione sull'ordine di rimozione dei poligoni. Il nostro ricorso tendeva soltanto ad ottenere dal Supremo Collegio una chiarificazione del disposi tivo della sentenza dei giudici di merito: qual'era 'la portata di quella pura e semplice declaratoria di pericolosit� dei poligoni? Ben ci rendevamo conto che nel suo contenuto letterale essa non importava un divieto posto dal giudice alla Pubblica Amministrazione di usare di essi: ma, d'altro canto, posta questa premessa, a che si riduceva il valore di quella declaratoria? Noi ponevamo, insomma, questo dilemma: o c'� il divieto di usare i poligoni, e il difetto di giurisdizione � evidente; o non c'�, ed allora non si vede a quale apprezzabile interesse degli attori corrisponda quella pronunzia. La risoluzione che a tale dilemma ha dato .questa pregevole decisione delle Sezioni Unite, se pur si spiega con apprezzabili criteri equitativi, lascia tuttavia dal lato teorico qualche margine d'incertezzn .. Noi avevamo dedotto che la nota f �rmula dell' articolo 4, dover il giudice limitarsi a conoscere degli effetti dell'atto, era stato nella specie dai giudici di merito applicata a rovescio: tale formula implicava che l'illiceit� dell'uso dei poligoni non potesse essere dichiarata che come mezzo al fine di una condanna ai danni; essendo invece stata posta come fine principale ed unico della pronunzia, o questa doveva interpretarsi come destinata a costituire un ostacolo giuridico all'uso dei poligoni, ed era eccepibile il difetto di giurisdizione, ovvero la pronuncia si dissolveva in un nulla giuridico. La sentenza ha rilevato anzi tutto che " i danni risultano chiesti, il che tronca alla base il mosso rilievo". Ma, a nostro sommesso avviso, poich� qui si faceva questione di quelli che fossero "gli effetti" dell'atto dei quali soltanto poteva il giudice conoscere, l'importante non era che i danni fossero stati chiesti, ma che non si f assero riconosciuti gli estremi per accordarli; ed il problema era appunto di sapere che cosa avesse ulteriormente da fare il giudice ordinario una volta che non trovava l'esistenza di elementi per condannare ai danni. Inoltre, ed in sintesi, la ratio decidendi della sentenza � questa: non c'� il divieto di usare dei poligoni e perci� di difetto di giurisdizione non si pu� parlare; l'art. 4 della -legge del 1865 � stato bene applicato, perch� nulla vieta che " la declaratoria di illegittimit� possa esser chiesta quale fine a se stessa"; e, finalmente, la pronuncia che tale declaratoria contiene non pu� dirsi priva di contenuto perch�, se ad essa la Pubblica Amministrazione non si con/ armer�, il privato avr� il rime dio di cui all'art. 27 della legge sul Consiglio di Stato. In sostanza, dunque, secondo la sentenza, non � vero che quella declaratoria sia priva di contenuto; un "risultato utile" pei privati attori essa ce l'ha, ed � di abilitarli a pretendere dall'Amministrazione l'adempimento dell'obbligo di conformarsi al giudicato e, in mancanza, a servirsi del rimedio di cui all'art. 27, n. 4, della legge sul Consiglio di Stato. La questione � assai complessa e meriterebbe un pi� lungo discorso. Baster� qui limitarsi ad osservare anzi tutto questo. Posto il problema in tali termini per cui si postula l'esistenza di un giudicato che l'Amministrazione sia tenuta ad osservare circa l'illiceit� dell'uso dei poligoni, ci si porre su di un terreno che non pare si accordi troppo colle premesse da cui la sentenza esattamente muove: cio� che la ripetuta declaratoria non vada interpretata come un divieto dell'uso dei poligoni. � vero invece che, proprio perch� questo divieto non c'era e perch� il principio della divisione dei poteri non consentiva che ci fosse, bens� c'era un'astratta dichiarazione, si rimane perplessi a definire quali potessero esserne gli effetti. N �, ai fini d'identificare il risultato pratico di quella dichiarazione, pare esauriente il richiamo fatto dalla sentenza al rimedio dell'art. 27, n. 4: come se fosse stato ipotizzabile che gli attori, dopo il giudizio civile, ricorressero al Consiglio di Stato per far dichiarare tenuta l'Amministrazione a ...... . non usare ulteriormente' i poligoni. Pare evidente che ci� non fosse possibile. Andava tenuta presente la distinzione fra " atti " e "fatti", in relazione alla quale distinzione scrive il VITTA (1): cc L'atto contrario alla legge si denomina illegittimo e la sanzione che vi si accompagna � naturalmente la sua nullit�; il fatto invece contrario alla legge si dice illecito e ad esso si accompagna l'altra sanzione della responsabilita �. E poich� si trattava qui appunto non di atto illegittimo, ma di un fatto illecito, l'unica configurabile sanzione era il risarcimento del danno: escluso il danno, il Magistrato ordinario non aveva pi� nulla da dire sulla controversia. Non si vede perci� che cosa potessero gli attori aspettarsi dall'art. 27, n. 4. La peculiarit� del caso, vero caso clinico, sta dunque in questo: che qui c'era non un atto illegittimo ma un fatto illecito. E nella selva delle trattazioni dottrinali sull'interpretazione dell'art. 4 e circa i nessi di tale articolo col rimedio dell'art. 27, n. 4, il problema viene guardato sempre, per quanto ci risulta, sul presupposto che la dichiarazione d'illiceit� emessa dal giudice ordinario riguardi non un fatto ma un atto: e allora la discussione verte essenzialmente sul se in seguito a tale dichiarazione il privato abbia diritto alla revoca o modifica dell'atto e se la revoca o' modifica dell'a~to costituiscano esecuzione del giudicato del magistrato ordinario. Ma pur tenuto presente questo diverso ambito del problema, pare prevalente l'opinione che esprime il GurccrARDI quando esclude cc l'esist�nza di un obbligo generale ed assoluto dell' Amministrazionf} di revocare o modificare l'atto amministrativo rico (1) Diritto amminiBtrativo, vol. I, p. 287. -97 nosciuto dal giudice ordinario lesivo dei diritti individuali (1) n. A tale orientamento si richiama GuGLIELMI in questa Rassegna (2), quando scrive che l'art. 27, n. 4, �fonda il potere di annullare o modificare l'atto illecito coll'obbligo di conformarsi alla pronunzia d'illiceit�, d'onde deriva l'obbligo dell'Amministrazione di conformarsi al giudicato annullando o modificando l'atto illecito. Un tale obbligo non pu� intendersi nel senso che ad esso faccia riscontro un diritto soggettivo dell'altra parte all'annullamento n. N � pu� dirsi priva di elementi chiarificatori del complesso problema la costruzione del Guicciardi, che, prendendo le mosse dalla distinzione fra invalidit� e illiceit�, riferita la prima a quei vizi dell'atto amministrativo che attengono alla violazione di norme poste a tutela dell'interesse pubblico e la seconda a quelli che concernono la violazione di � norme poste a tutela dell'interesse privato (3), perviene alla conclusione che � dalle sentenze del giudice potr� derivare l'obbligo di risarcire il danno individuale, ma non mai quello della revoca o dell' annullamento �dell'atto amministrativo, se queste sono sanzioni repressive degli atti amministrativi invalidi (4) n. A questa soluzione dunque si perviene, o limitiamoci almeno a dire eh' � possibile pervenire, quando si � in presenza di un " atto ", suscettibile come tale di revoca o modifica. Ma qui mancava addirittura l'atto, e non c'era perci� addirittura nulla da annullare o modificare, mentre tutto si riduceva ad imporre un divieto ad una certa attivit� dell'Amministrazione; risultato cui a nessun intervento giurisdizionale era consentito di tendere. Perci� il rimedio dell'art. 27, n. 4, non avrebbe avuto la possibilit� di sboccare se non in uno sterile bis dell'astratta I declaratoria di c""i esso avrebbe preteso d'integrare gli effetti. G. OALENDA CONTRATTI DI GUERRA -Competenza del com missariato di cui al D. L. 25 marzo 1948 n. 674 Nozione di contratti di guerra non ancora definiti. (Corte Cass., Sez. Un., Sent. 22 ottobre-28 novembre 1953 -Pres.: Galizia; Est.: Mastropasqua; Proc. gen.: Pittiruti; concl. diff. -Causa Ministero Difesa contro Pistone Borgo). Devono considerarsi �non ancora definiti �, agli effetti degli articoli 1 e seg. del D. L. 25 marzo 1948 n. 674, anche quei contratti cui la� parte privata abbia dato completa esecuzione restando creditrice del corrispettivo che l'Amministrazione non abbia ancora soddisfatto. Nella Relazione dell'Avvocatura pel periodo 19421950 (vol. III, p. 310) fu gi� accennato alla questione sorta sull'interpretazione da darsi all'espressione � contratti di guerra non ancora definiti � di cui all'art. 1 del D. L. 25 marzo 1948, n. 674: poich� era stata avanzata l'opinione che dall'ambito del detto (1) L'obbligo dell'Autorit� amministrativa di conformarsi... , cc Archivio diritto pubblico>>, 1938, p. 262. (2) Anno 1953, pp. 1-11. (3) Concetti tradizionali e principi ricostruttori nella giustizia amministrativa. cc Archivio diritto pubblico>>, 1937, p. 51 e segg. (4) cc Archivio diritto pubblico"� 1938, p. 271. art. 1 si dovessero escludere quei contratti per i quali, avendo il privato adempito alla sua prestazione, altro non rimanesse a compiersi se non la Uquidazione o il pagamento del corrispettivo da parte dell' Amministrazione. Nella Relazione fu detto altres� che questa interpretazione <( avrebbe ridotto quasi al nulla le attribuzioni del Commissariato, in qu�nto l� prestazione dell'imprenditore era da considerarsi adempiuta anche nei contratti risoluti per sopravvenuta impossibilit� di esecuzione e sarebbero cos� state sottratte tutte queste liquidazioni a quelle norme di diritto sostanziale che costituiscono la parte essenziale del provvedimento, quale ad es., l'esclusione dei danni da ritardo di liquidazione n. E fu detto pure che fino ad allora la questione non aveva dato luogo a precedenti giurisprudenziali di rilievo. Di grande interesse � quindi questa perspicua sentenza con cui le Sezioni Unite, dopo che la Corte di Appello di Torino aveva creduto di aderire alla opinione restrittiva contrastata dall'Avvocatura, hanno accolto il nostro ricorso fissando il principio che l'esecuzione data dal privato al contratto-di guerra non basta ad escludere l'applicabilit� del D. L. n. 67 4 del 1948. Trascriviamo �la parte essenziale della motivazione: � La Corte d'Appello ha riconosciuto che nel caso si tratta bens� di "contratti di guerra" ma d'altra parte ha escluso che tali contratti possano anche considerarsi come "non ancora definiti" dal momento che la ditta Pistone Borgo aveva dal canto suo data completa esecuzione al contratto fornendo la prestazione dovu(a ed essendo rimasta ineseguita soltanto la controprestazione della Pubblica Amministrazione e cio� il pagamento del convenuto corrispettivo. (( Cos� argomentando per� la Corte di merito ha attribuito -lo si deve riconoscere -alla locuzione ''contratti non ancora definiti '', che si legge nell'art. 1 del decreto del 1948, un significato ingiustificatamente restrittivo e sicuramente non aderente n� alla lettera n� allo spirito della legge in relazione specialmente alla sua finalit�, in quanto si sono venuti a identificare i contratti ''non ancora definiti" con quelli in tutto od in parte ineseguiti o in corso di esecuzione e con riguardo inoltre unicamente alla prestazione di una sola delle parti e cio� del contraente privato. Se questa fosse stata la volont� legislativa, sarebbe stato del tutto agevole esprimerla in termini precisi, onde il fatto stesso che si � fatto uso di una locuzione che, anche se non del tutto propria, ha tuttavia nella sua genericit� un significato assai pi� ampio, rivela che altrettanto ampia si � voluto che fosse la portata della norma, come del resto era richiesto dalla finalit� che si intendeva conseguire, quella cio� di realizzare una sollecita, completa definizione dei rapporti attinenti a gestioni di guerra, particolarmente in considerazione del gran numero delle pratiche in sofferenza. Comunque, la pi� piana esegesi anche letterale della locuzione in esame, porta a considerare come "non ancora definiti" tutti quei contratti per i� quali permangono possibilit� di contestazioni di qualsiasi�� genere ed in relazione ad una qualsiasi delle prestazioni corrispettive, sicch�, in altri termini, restano esclusi dalle previsioni del decreto del 1948 soltanto -98 quei contratti nei quali, al momento della sua entrata in vigore, le prestazioni di tutte le parti erano state gi� eseguite, oppure ogni divergenza era stata irrevocabilmente appianata per effetto di giudicato e convenzionalmente fra le parti ed in virt� di accordo gi� debitamente approvato, cos� come, a tal riguardo, � chiaramente enunciato nel secondo comma dello art. 7 del testo di legge in discorso. cc Intesa nei sensi suddetti la locuzione '' contratti non ancora definiti ", deriva senz'altro che quelli oggetto del presente giudizio come tali vanno considerati e proprio per le pretese accampate dalla Pistone Borgo circa la rivalutazione del suo credito, che � stato addirittura prospettata come credito di valore anzich� di valuta. cc I giudici di appello hanno creduto di avvalorare la diversa interpretazione da essi accolta, ponendo in rilievo che le facolt� attribuite al commissario con l'art. 5 del decreto, sono conciliabili soltanto con un contratto ancora in tutto od in parte ineseguito, non essendo ipotizzabili le sospensioni, proroghe, rescissioni, risoluzioni e trasformazioni ivi previste in relazione a contratti nei quali il privato contraente abbia integralmente eseguita la sua prestazione e di questa l'Amministrazione abbia gi� tratta quella sua utilit� che si riprometteva di conseguire. Il rilievo � per� di facile confutazione anche solo considerando che fra le altre facolt� contemplate dal citato articolo, alla lettera c, � menzionata anche quella di eseguire la liquidazione generale del contratto, facolt� questa sicuramente compatibile per tutti i contratti, anche per quelli in cui la parte privata abbia gi� data intera esecuzione. cc Del resto � decisivo considerare che la sfera di competenza del Commissario � pur sempre quella enunciata nell'art. 1 del decreto e cio� " la sistemazione e liquidazione dei contratti di guerra non ancora definiti", nonch� il recupero dei contributi concessi dalle Amministrazioni statali per costruzioni, potenziamento, miglioramento, decentramento o altro spostamento di impianti o di attrezzature in relazione di contratti di guerra, e che per l'attuazione di tali compiti al Commissario sono stati attribuiti amplissimi poteri. Tanto che proprio il secondo comma dell'art. 5 premette che egli "ha facolt� di adottare tutti i provvedimenti che ritenga necessari" e soltanto dopo tale premessa. viene la enunciazione di particolari facolt�, il che ovviamente sta a significare che trattasi di enunciazione a carattere unicamente esplicativo, che non esaurendo tutti i poteri di cui il Commissario � investito, non � affatto diretta a limitarli, cosa che, oltre tutto, sarebbe in contrasto con la posta premessa. In definitiva, dunque, sussiste il temporaneo difetto di giurisdizione dell'Autorit� giudiziaria che � stato denunciato con il primo mezzo del ricorso incidentale proposto dal Ministero della Difesa Marina e ci� importa, con la cassazione senza rinvio della sentenza impugnata, l'annullamento dell'intero giudizio, in quanto questo, a seguito dell'entrata in vigore del D. L. 25 marzo 1948, n. 674, non poteva essere promosso senza il preventivo esperimento della procedura di liquidazione innanzi al Commissario con detto de.creto istituito �. G. C.ALEND.A IMPOSTA DI REGISTRO -Proroga di societ� con scrittura privata -Data -Opponibilit� al 'fi.sco. (Corte di Cass., Sez. I, Sent. n. 1280/53; Pres.: Acampora; Est.: Novelli; P. M.: Pafundi -Finanze contro Societ� Immobiliare, via Locatelli). � terzo in senso tecnico non qualsiasi estraneo all'atto, ma colui che � soggetto di un rapporto giuridico in conflitto con un altro rapporto giuri dico al quale non ha partecipato, ma che ha in comune con il primo l'altro soggetto. Pertanto, ai fini dell'art. 2704 Codice civile, il fisco non pu� essere considerato terzo. Nel caso in cui la proroga di una societ� con venuta con scrittura privata sotto l'impero del Codice di commercio, appare dal relativo atto anteriore alla scadenza del termine di durata della societ�, e l'atto di proroga viene presentato per �la registrazione nel termine di legge, ma dopo la scadenza della societ�, vale per il fisco, agli effetti del tributo, la data apparente dell'atto. � La tesi sostenuta dalla Finanza era che terzo � colui che in relazione alla data di una scrittura pri vata subisce, o pu� subire, pregiudizio o menoma zione nel suo diritto o nelle potest� che dalla legge gli sono riconosciute. Si aggiungeva, altres�, che quando � proprio la data dell'atto che assurge ad elemento determinante per la qualificazione tributaria di questo, ai fini dell'esatta percezione dell'imposta di registro, � chiaro che la Finanza entra in rapporto con tale atto in modo diverso da quello con cui entra in rapporto con gli atti in genere da sottoporre a registrazione. La Corte Suprema adottando la motivazione ripor tata nella prima massima, ha escluso la qualit� di terzo nella Finanza, pur dichiarando espressamente che appare difficile fornire una� nozione di terzo, in relazione al problema della data delle scritture private idonee a risolvere ogni possibile caso con creto. Non ci nascondiamo che la questione decisa ap pare molto delicata, ma non ci sembra che il cri terio fornito dalla Corte Suprema per riconoscere la qualit� di terzo sia scevro da dubbi, specie se si vuole adottare per escludere la suddetta qualit� nel fisco. Pare, invero, che proprio alla stregua del criterio enunciato nella prima massima possa riconoscersi al fisco la qualit� di terzo, ove si rifietta che anzi tutto il rapporto che si costituisce tra il fisco ed il contribuente � un rapporto giuridico; che questo rapporto giuridico non solo ha relazione con quello consacrato nell'atto da registrare ma anzi assume quest'ultimo come suo presupposto; che infine, pro prio con quest'ultimo pu� entrare in confiitto quando la misura del tributo � diversamente stabilita in relazione alla qualificazione giuridica del rapporto di cui l'atto da registrare costituisce il documento. Per rendersi conto della gravit� della �questione basta rifiettere a quello che avverrebbe una volta che, una persona cui, alla stregua del crjte.rio enunciato dalla Corte Suprema non si potesse negare la qua:: lit� di terzo, impugnasse l'atto di proroga della societ� sostenendo che si tratti di una vera e propria cos#tuzione ex novo e che la societ� precedente debba considerarsi decaduta per scadenza� del termine. -99 � evidente, invero, che per questo terzo la data che vale � quella della registrazione, posteriore cio� alla scadenza del termine. Sarebbe cos� riconosciuta nei suoi confronti come avvenuta la scadenza della societ� precedente e si attribuirebbe all'atto di proroga il valore di costituzione ex novo. Per il fisco, invece, continuerebbe ad esistere una societ� prorogata. L'altro argomento addotto dalla Corte a sostegno della sua decisione � quello pi� strettamente derivante dalla esegesi della legge di registro. � questo argomento ripreso ed ampliato dal BERLIRI (in � Giur. It. �, 1953, IV, 188), il quale si � reso conto della difficolt� di sostenere la tesi principale. e cio� della mancanza nel fisco della qualit� di terzo. Dicono dunque la Corte e il Berliri che se per la Finanza (nell'esercizio della sua potest� di imposizione ex lege di registro) dovesse valere, agli effetti di stabilire la certezza della data, l'art. 2704 del Codice civile, ne deriverebbe che il contribuente non potrebbe mai dimostrare di aver provveduto alla registrazione entro i venti giorni e dovrebbe quindi essere sempre assoggettato alla sopratassa per registrazione tardiva. L'errore di questo argomento . � evidente ove si rifietta che l'art. 2704 Codice civile attribuisce al terzo la facolt� di considerare l'atto come avente data non anteriore 'al giorno della registrazione o della morte o della sopravvenuta impossibilit� fisica di colui o di coloro che lo hanno sottoscritto ecc., ma non d� al terzo alcun diritto di pretendere che l'atto abbia una certa data anteriore ai suddetti eventi e, meno ancora, anteriore al giorno che dalle parti � indicato come quello in cui l'atto stesso � stato redatto. E nulla c'era, nelle tesi sostenute dalla Finanza nella causa in esame, che autorizzava ad attribuire all'Amministrazione tali assurde pretese. NOTIFICAZIONE -Ricorso al Consiglio di Stato Notificazione all'Amministrazione presso l'Avvocatura dello Stato -Nullit� insanabile. (Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, decisione n. 10 del 1953 - Pres.: Petrilli; Est.: D'Avino -Carbone Camillo e Civita Arturo contro Prefetto di Napoli e Opera pia Collegi riuniti Prin,cipe di Napoli). Il ricorso notificato presso l'Avvocatura distrettuale dello Stato anzich� all'autorit�, che ha emanato il provvedimento impugnato, � inammissibile ai sensi degli articoli 35 T. U. 26 giugno 1924, n. 1054 e 12 T. U. 30 ottobre 1933~ n. 1611. Con questa pregevole decisione il Consiglio di Stato in Adunanza plenaria ha eliminato il contrasto giurisprudenziale, che si era verificato fra le Sezioni del Consiglio di Stato ed il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, accogliendo la tesi pi� rigorosa, sempre sostenuta dall'Avvocatura. L'Adunanza plenaria ha fondato la sua decisione essenzialmente sull'autonomia del procedimento avanti le giurisdizioni amministrative rispetto al procedimento ordinario, per effetto della quale deve considerarsi inapplicabile al primo la norma conte~ nuta nell'art. 156 Codice procedura civile, e sulla esplicita sanzione di decadenza comminata dall' articolo 36 del T. U. delle leggi sul Consiglio di Stato. L'annotata decisione ha, altres�, posto in luce la ratio legis, che, attraverso la notificazione effettuata direttamente all'Amministrazione, tende non solo a consentirle l'esercizio della difesa diretta, ai sensi dell'art. 41 del T. U. n. 1054 del 1924, quanto a rendere immediatamente cc edotta l'Autorit�~ che ha emanato il provvedimento, dei vizi che eventualmente l'infirmano, affinch� nell'esercizio del potere di autotutela e nel soddisfacimento delle esigenze del pubblico interesse da eqsa istituzionalmente e primariamente perseguito, possa, se del caso, procedere d'ufficio ad annullarlo, revocarlo o modificarlo �. Per queste considerazioni non potrebbe neppure dirsi che l'atto, irritualmente notificato, abbia raggiunto il suo scopo, essendo esso pervenuto erJ, in forma irregolare all'Autorit� dopo i termini prescritti e quando poteva a buon diritto ritenere che il suo provvedimento fosse divenuto inoppugnabile. Con la stessa decisione l'Adunanza plenaria ha invece confermato la validit� della notificazione dei motivi aggiunti presso l'Avvocatura dello Stato, quando questa sia gi� costituita in giudizio in rappresentanza dell'Amministrazione. G. GUGLIELMI OCCUPAZIONE BELLICA -Non d� luogo a ordinamento giuridico. REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA -Carenza di legittimit� costituzionale. C.L.N.A.I.-COMANDO MILITARE ALLEATO -Poteri durante l'occupazione bellica nemica dei territori italiani. CONFISCA -Giudicato -Opponibilit� ai terzi -Retroattivit� -Acquisto a titolo originario. INEFFICACIA DI ATTI DISPOSITIVI -Scienza di provenienza dei beni da debitori di profitti avocati Irrilevanza -Sua derogabilit� -Inapplicabilit� dei principi della revocatoria -Esclusione dell'obbligo dello stato di rivalere il terzo del prezzo pagato - Opponibilit� allo Stato degli effetti del possesso anteriore. (Corte di Cass., Sez. Un., .Sent. n. 3541/53 - Pres.: Galizia; Est.: Gualtieri; P. M.: De Martini -Cella e S.E.I.M. contro Amministrazione Finanze -Amministrazione Finanze contro Cella, S.E.I.M., Guidi Mussolini eredi). 1. L'occupazione bellica d� vita non ad un nuovo ordinamento giuridico del territorio occupato, ma ad un rapporto di carattere internazionale per il quale il nemico occupante pu� esercitare le attivit� direttamente connesse colla guerra �e coll'ordine pubblico senza togliere allo Stato occupato la sovranit� sul predetto territorio (articolo 53 Ann�xe alla IV Convenzione Aja in data 18 ottobre 1907). 2. Il sedicente governo della cosiddetta r.s.i. era assolutamente carente di legittimit� costituzionale. 3. Il C.L.N.A.I. anche prima del D. L. 28.febbraio 1945, n. 73, esercitava poteri di governo nei .. territori soggetti all'occupazione bellica del tedesco. Il Comando Militare Alleato aveva un potere normativo e non soltanto limitato alla vita pubblica e all'ordine pubblico. -100 4. Entrambi i suddetti organismi, peraltro, non avevano alcun potere di autorizzare negozi giuridici da parte di privati, impegnando lo Stato italiano a rinunciare a far valere diritti futuri circa l'inefficacia di quei medesimi negozi. 5. Il provvedimento giudiziale che dispone la confisca dei beni, a' sensi della legislazione sulle sanzioni contro il fascismo, � opponibile ai terzi acquirenti dei beni stessi. La retroattivit� del D. L. L. 26 marzo 1946, n. 134, in tema di inefficacia de jure delle alienazioni di beni soggetti a confisca, prevale alla ultra.attivit� dei diritti acquisiti dall'acquirente e trova applicazione anche rispetto �a rapporti sorti nei territori occupati dal tedesco e sottoposti al sedicente governo della cosiddetta r.s.i. L'acquisto dei beni confiscati a mente del D. L. L. 26 marzo 1946, n. 134 ha luogo a titolo originario anche nei confronti del terzo acquirente. 6. L'inefficacia di atti dispositivi effettuati dopo il 25 luglio 1943 o dopo 1'8 settembre 1943 da soggetti a confisca, prevista dagli articoli 2, e 3 D. L. L. 26 marzo 1946, n. 134 cc salvo quanto disposto dall'art. 45 )) trova limitazione, soltanto, in relazione alle prime due ipotesi di quest'ultima norma: ossia nei casi di atti compiuti in adempimento di dovere morale o a scopo di pubblico vantaggio ovvero per pagamento di debito certo e liquido (art. 45, comma 1� e 2� D. L. L. cit.). Non pu� trovare, invece, applicazione l'ipotesi del 3� comma, nel quale si subordina l'inefficacia alla conoscenza, effettiva o possibile, che il dante causa fosse debitore di profitti di regime avocati. L'inefficacia sancita dalle suddette norme � inderogabile. .All'inefficacia anzidetta non si applicano, neppure in parte, i princip� della revocatoria ordinaria ond'� da ritenere, del tutto irrilevante il difetto di consilium fraudis in danno dello Stato. Il terzo acquirente, nei cui confronti sia stata dichiarata l'inefficacia dell'atto dispositivo e la assoggettabilit� dei beni a confisca non ha diritto ad ottenere dallo Stato il pagamento di una somma corrispondente a quella del prezzo di acquisto. L'inefficacia di diritto vale a rendere giuridicamente inefficaci fin dall'origine i trasferimenti in contestazione di fronte allo Stato, ma non anche a far sparire situazioni di fatto, medio tempore, verificatesi, quale il possesso dei beni in� questione. 1. La prima .massima ricalca principi giurisprudenziali gi� consolidati dal Supremo Collegio. La motivazione della sentenza annotata reca talune pi� decise definizioni che riteniamo opportuno pubblicare: cc Durante il tempo della dominazione tedesca e del condominio della sedicente repubblica sociale italiana, alla quale mancava il crisma della legittimit� costituzionale, l'Italia del nord era pur sempre soggetta alla sovranit� ed alle leggi dello Stato legittimo, sebbene in quella parte del territorio nazionale la predetta sovranit� fosse di fatto e temporaneamente resa inoperante dall'occupazione militare nemica e l'ordinamento giuridico dello Stato legittimo fosse ivi rimasto, a causa della impossibilit� di pubblicare le nuove leggi, in istato di cristallizzazione, cessato dopo la liberazione. Manc�, dunque, una soluzione di continuo nella dipendenza dell'Italia del nord dall'ordinamento giuridico dello Stato legittimo, unico valevole per tutto il territorio nazionale )}. 2. La seconda massima � cos� motivata: cc N emmeno l'ordinamento di fatto della repubblica sociale italiana determin� la suddetta soluzione di continuo. Tale affermazione � giustificata in pieno dall'assoluta carenza di legittimit� costituzionale di detto governo, e non vale il dire che il fatto di avere lo Stato legittimo sentito il bisogno di dichiarare inefficaci (art. l, n. 2 del D. L. L. 5 ottobre 1944, n. 249) le leggi della repubblica di Sal�, e di mantenere ferme in parte le sentenze emanate in base alle predette leggi, dimostri che l'ordinamento giuridico di detta repubblica ebbe una giuridica esistenza, giacch� i provvedimenti legislativi emanati dallo Stato legittimo nel senso di cui sopra ed in altri sensi, furono diretti ad ovviare agli inconvenienti di un ormai insopprimibile stato di fatto, negando, a seconda dei casi, o conferendo il carattere di legittimit� a situazioni sorte in applicazione delle leggi della suddetta repubblica e recependo talvolta nel proprio ordinamento quel tanto che meritava di essere recepito, senza per� giammai ammettere che la sovranit� dello Stato legittimo fasse, sia pure per un istante, venuta meno nell'Italia del nord. � dunque gravemente inesatto il dire che nel caso di specie applicando retroattivamente il D. L. L. 26 marzo 1946, n. 134, si viene ad estendere retroattivamente l'efficacia normativa dello stesso decreto ad un territorio che nel tempo in cui sorsero i rapporti in esame non era soggetto alla sovranit� ed alle leggi dello Stato italiano )}. Non esitiamo a ritenere pi� corrette talune pronuncie precedenti, che qualificavano il sedicente governo della cosiddetta r.s.i. cc governo insurrezionale)) (S. U., 25 maggio 1949, n. 133; cfr. anche Cass. II, 22 agosto 1949, n. 2385, in cc Giur. It. )) 1950, I, 1, 437). 3. Le massime relative ai poteri del C.L.N.A.I. e del Comando Militare Alleato trovano precedenti nelle sentenze delle Sezioni Unite 23 febbraio 1950, n. 465, e 13 gennaio 1951, n. 81. 4. Questa massima trova esauriente motivazione nei rilievi circa cc l'inammissibilit� di una rinuncia preventiva a diritti futuri )} inconfigurabile secondo i principi generali; circa l' cc impossibilit� che la condotta dello Stato italiano fasse vincolata per il tempo successivo alla cessazione della guerra)} (pi� precisamente si sarebbe potuto parlare di inconcepibilit� di un vincolo, sulla futura attivit� legislativa dello Stato); e circa l'inattendibilit� di una cc dispensa n nel nostro ordinamento giuridico. 5. La quinta massima trova fondamento in un duplice ordine di considerazioni, secondo che il prov: vedimento di confisca abbia natura civile o penal�. �, infatti, noto che, nella soggetta materia, coesistono provvedimenti dell'una e dell'altra specie, in dipendenza di un ben noto mutamento della giuri -101 sprudenza delle Sezioni Unite (gi� illustrato in que sta Rassegna: FOLIGNO: Cenni giuridici intorno alla confisca dei beni, 1950, pp. 97, 101, e in Rela zione, 1942-1950, III, n. 323). Nel caso, pi� frequente, in cui il provvedimento abbia natura penale, dovrebbe valere il principio secondo il quale la sentenza penale fa stato erga omnes, nei limiti e alle condizioni di cui all'art. 28 Codice procedura penale. Nella fattispecie decisa dalla sentenza annotata, le Sezioni Unite rilevarono peraltro: �Non � pos sibile parlare di giudicato penale nella presente ver tenza, nella quale � stato gi� deciso dalla Corte di Cassazione, in conformit� alla giurisprudenza del tempo, che la confisca di cui trattasi � una sanzione .civile �. Ma, al riguardo si osserva: � vero che, nel .caso, la confisca era stata disposta per ordinanza, avente carattere sostanziale di sanzione civile specifica: ma era pure sempre un provvedimento f armale del giudice penale, relativo ad un rapporto attribuito alla sua competenza, in vista dell'accertamento incidentale di uno o pi� reati, e per�, si dovrebbe ritenere, egualmente, applicabile l'art. 28 Codice procedura .penale. Non � aberrante questa concezione (che �, tuttavia, del legislatore) perch�, alla base della pronuncia sta un accertamento incidentale di natura penale, per ci� affidato al giudice penale e per ci� di carattere oggettivo, valevole erga omnes. (In altri casi, l'ordinamento giuridico prevede l'accertamento incidentale di un reato non opponibile a terzi: in �tema di risarcimento del danno non patrimoniale da reato estinto; ma tale rapporto � attribuito alla cognizione del giudice civile). Le Sezioni Unite rilevarono poi: �La tesi accam pata dal Cella e dalla Seim, col mezzo in esame, va considerata come esattamente confutata e respinta dalla Corte di merito in base alla considerazione che, coi due decreti su menzionati, la legge volle intro durre un'eccezione alla inopponibilit� del giudicato civile ai terzi. �Ricorrendo, come necessariamente 'devesi fare nel caso in esame, al criterio della interpretazione sto rica, oltre che �lettera.le, e tenendo il dovuto conto del clima storico in cui il D. L. L. 26 marzo 1946, n. 134 e il D. L. C. p. S. 19 novembre 1946, n. 392, furono emanati, si deve ammettere che il legislatore, in considerazione del carattere sanzionatorio, personale e pubblicistico della confisca, erroneamente dedotto, come si � visto, a sostegno dell'applicabilit� dell'art. 2909 Codice civile, intese introdurre una eccezione al predetto articolo col sottrarre il giudizio emesso dal Tribunale sulla confisca e confermato dalla Corte di Cassazione attraverso un procedimento contenzioso, ma sommario e camerale, a qualsiasi possibilit� di contestazioni o di opposizione da parte dei terzi eventualmente interessati. cc Ohe la decisione emessa in detto procedimento debba valere anche in confronto dei terzi acquirenti dei beni della persona soggetta a confisca, si desume in modo incontestabile dall'art. 4 del citato decreto n. 392 del 1946, nel quale si dispone che l'Intendenza di Finanza, dopo di avere chiesta ed ottenuta la trascrizione dell'ordinanza di confisca presso la conservatoria dei registri immobiliari,� determina con suo decreto i singoli beni mobili ed immobili sottoposti a confisca ed in base alla suddetta ordinanza ed al suo decreto intima agli aventi causa del soggetto a confisca, o ai terzi possessori o detentori, la consegna o il rilascio di detti beni entro il termine di 40 giorni e procede ad esecuzione amministrativa nel caso di inutile decorso di detto termine. � � ben vero che chiunque ha interesse di opporsi all'esecuzione della confisca pu� proporre la relativa azione davanti all'Autorit� giudiziaria competente per valore e per territorio (art. 5 del decreto n. 392 del 1946) ma con tale opposizi�ne si possono, secondo la pi� attendibile interpretazione della citata dispo~izione, far valere tutte le eccezioni attinenti ai presupposti dell'inefficacia e dell'esattezza del decreto intendentizio, ma non si pu� impugnare quanto � stato ritenuto e deciso con l'ordinanza di confisca, in ordine alla sussistenza del delitto o dei delitti fascisti e alla applicabilit� della sanzione della confisca, anche perch� non si pu� ammettere che il giudice civile competente per materia e per valore a mente dell'art. 5 del decreto sopra citato, riesamini una materia che il legislatore ritenne di devolvere in modo esclusivo a giudici penali, la competenza di alcuni dei quali (sezione della Corte di Cassazione indicata nell'art. 6 del decreto n. 159 del 1944) ha caratter.e funzionale �. 6. In relazione al principio della retroattivit� delle norme in esame, le Sezioni Unite motivarono come segue: � La suddetta volont� di legge si desume dal non avere il legislatore fatto alcuna distinzione fra atti posti in essere durante l'occupazione tedesca e il do~ninio della sedicente repubblica sociale italiana ed atti posti in essere dopo la liberazione dell'alta Italia, e dall'avere lo stesso legislatore voluto colpire con gli articoli 2 e 3 del suddetto decreto, anche il cosiddetto collaborazionismo, il quale si era manifestato soprattutto durante l'occupazione tedesca dell'Italia del nord, e quindi prima dell'andata in vigore del D. L. L. 26 aprile 1946, n. 134. cc La retroattivit� pu� colpire anche i diritti quesiti quando ci� sia previsto dalla legge (Cass. civ., 17 agosto 1951, n. 2531 e 23 marzo 1949, n. 666). L'inefficacia degli acquisti di beni soggetti alla confisca di cui trattasi fu prevista dal decreto di cui sopra (se tale previsione mancasse l'art. 2, n. 2 e l'art. 3 del decreto citato sarebbero come non scritti) anche per il caso che detti acquisti f assero avvenuti prima che lo stesso decreto venisse emanato �. 7. Sul punto relativo al carattere originario dell'acquisto da confisca, la Corte Suprema si � richiamata al � comune insegnamento della dottrina, la quale a ragione esclude la possibilit� di applicare agli acquisti della specie in esame, i principi della successione a titolo particolare o universale o della espropriazione per causa di pubblica utilit�, e ravvisa negli stessi acquisti una soluzione di continuo nella catena dei trasferimenti del bene confiscato n. 8. La sesta massima segna il punto di arrivo di una dibattuta questione in tema di interpretazione .. delle norme di rinvio. Infatti, allorquando una disposizione rinvii ad un'altra per modificare la sfera di applicazione di un dato precetto, si sottintende sempre la condizione che se le fattispecie legislative -102 contenute nella norma richiamata siano molteplici il rinvio debba ritenersi limitato a quelle non incom patibili con la norma rinviante. In termini, il caso del rinvio all'art. 45 D. L. L. 26 marzo 1946, n. 134, contenuto negli articoli 2 e 3 del D. L: L. citato. Il tentativo di trasferire tutte le tre ipotesi contemplate nell'art. 45 alla confisca appariva, invero, quale procedimento a carattere interpolativo (come aveva notato acutamente il Tribunale di Bologna, in altra� controversia analoga decisa con sentenza 22 marzo 1949, in Rassegna, 1949, 157). Ma, non meno arbitraria doveva ritenersi l' applieazione ad litteram dell'art. ,15 comma 30, Opportunamente, le Sezioni Unite ritennero: cc � razionalmente incomprensibile, che il legislatore abbia voluto porre come presupposto legale dell'inefficacia in esame la conoscenza di cui sopra, perch� non � dato comprendere quale nesso logico esista tra il fatto di sapere che il proprio dante causa aveva gi� sub�to l'avocazione di profitti del regime ed era debitore dei medesimi e la inefficacia rispetto allo Stato dell'acquisto di beni soggetti per legge a confisca per ragioni indipendenti dalla suddetta avocazione. cc � chiaro quindi che la disposizione di cui al terzo comma dell'art. 45, essendo strettamente inerente all'avocazione dei profitti del regime e logicamente estranea al fonda mento razionale e al meccanismo giuridico della confisca in questione, non vale e non � applicabile quando si tratti di detta confisca�. 9. La massima relativa all'inderogabilit� del�a efficacia degli atti dispositivi � stata cos� motivata: cc L'inderogabilit� delle suddette norme ed in particolare dell'inefficacia di cui all'art. 2 del D. L. L. 26 marzo 1946, n. 134, � chiaramente desumibile dalla lettera dello stesso articolo, nel quale si dice, usando una formula imperativa, che gli atti in esso indicati (n. 1 e 2 del comma 10) "sono privi di effetto verso lo Stato" e dalla lettera dell'art. 45, comma 40, nel quale con formula non meno imperativa si dice che l'azione per la dichiarazione d'inefficacia � proposta dall'intendente di finanza. � La suddetta inderogabilit� � confermata anche dalla considerazione che la dichiarazione d'inefficacia � preordinata al fine di dare piena attuazione alla confisca, e questa � talmente inderogabile, che normalmente va dichiarata d'ufficio dal giudice penale, come si desume dal 3� comma dell'art. 1 del citato decreto, nel quale si legge che la confisca � ordinata dall'Autorit� giudiziaria che pronuncia la condanna�. 10. Per l'inestensibilit� dell'inefficacia dei princip� dell'azione revocatoria le Sezioni Unite hanno ritenuto: cc Il fondamento razionale, il fine praticogiuridico i presupposti di fatto, ed il regolamento legislativo dell'azione revocatoria ordinaria appaiono ictu oculi del tutto estranei alla speciale azione promossa dall'Amministrazione delle Finanze, specialmente se si consideri che tale azione tende ad ottenere soltanto l'accertamento preventivo dell'inefficaci� di diritto prevista dall'art. 2 del D. L. L. 26 marzo 1946, n. 134, attraverso un giudizio nel quale il terzo acquirente o il possessore dei beni confiscati possa far valere, contro la predetta inefficacia, tutte quelle ragioni ed eccezioni che avrebbe potuto far valere in sede di opposizione da lui promossa se la predetta Amministrazione, scegliendo la via della autotutela, si fosse val$_a del proce.<limento esecutivo previsto nell'art. 4 del decreto n. 392 del 1946 �. 11. L'esclusione dell'obbligo, per lo Stato che ha attuato la confisca, di pagare al terzo acquirente il prezzo versato per l'acquisto, trova fondamento non soltanto nel principio dell'acquisto a titolo originario, ma, altres�, nella testuale disposizione dell' articolo 4 D. L. 19 novembre 1946, n. 392. La Suprema Corte ha cos� motivato: cc Ed � logico che tanto sia stato dalla legge voluto, giacch� la confisca in esame, istituto di diritto pubblico indiscutibilmente sanzionatorio, sarebbe per cos� dire, un'arma spuntata se lo Stato, di fronte ai trasferimenti a scopo elusivo, facili ad attuarsi in previsione della confisca, fosse obbligato a rimborsare al terzo acquirente il prezzo da lui erogato per l'acquisto della cosa soggetta a confisca. � appunto per tale considerazione che le confische del genere di quella in esame della quale si hanno �esempi in leggi non pi� in vigore contro i denigratori della Patria all'estero ed in leggi doganali ancora in vigore, furono sempre disciplinate in modo da incidere, se del caso, sui diritti dei terzi, senza far sorgere a favore dei medesimi alcun diritto all'indennizzo. -�Esattamente, quindi, la Corte di merito ha ritenuto che per ottenere la restituzione del prezzo il . Cella e la Seim devono far valere, se del caso, le loro ragioni contro gli eredi di Mussolini, del quale lo Stato ha incamerato, mediante la confisca, non il patrimonio, di cui fanno parte elementi passivi e diritti non soggetti a confisca, ma i beni specificati nell'ordinanza di confisca o da specificarsi con successivo decreto dell'intendente di finanza, fra i quali rientrano senza dubbio, quelli in contestazione. cc Non a proposito viene invocato,-per sostenere il contrario di quanto sopra, l'obbligo delle parti di addivenire, per evitare indebiti arricchimenti o per attuare la reductio ad pristinum, alla reciproca restituzione di quanto ricevuto in esecuzione. del contratto commutativo divenuto nullo o dichiarato risolto, giacch�, prima di tutto, nei casi della specie in esame, i trasferimenti dei beni confiscati inter partes non si risolvono ipao jure e non divengono nulli in conseguenza dell'attuata confisca, la quale, come si � visto, importa soltanto un'inefficacia de jure in confronto dello Stato, ed in secondo luogo l'obbligo di restituzione sopra accennato � operativo soltanto fra le parti e non pure in confronto dello Stato. cc Si dice, infine, ripetendo con diverse parole concetti gi� espressi, che la sanzione della confisca non riguardava n� il Cella n� la Seim e perci� l'incameramento dei beni di Mussolini doveva avvenire deductio aere alieno, ma � agevole rispondere: a) che la confisca in esame cqq�. come � dalla legge regolata non colpisce il patrimonio della ..per~ sona soggetta a confisca o l'insieme indiscriminato di tutti gli elementi atti dello stesso patrimonio, ma deve colpire cespiti da determinarsi prima o poi e con tutta esattezza con apposito provvedimento; -103 b) e che dalle precisazioni eseguite fino ad oggi nel caso di specie non risulta che lo Stato abbia incamerato il prezzo riscosso da Mussolini in corrispettivo dei beni venduti al Cella ed alla Seim, prezzo che, stando alla notoriet� delle vicissitudini della suddetta persona, serv� presumibilmente a ben altro eh~ ad arricchire lo Stato in danno del Cella e della Seim�. 12. Sulla delicata questione relativa alle conseguenze giuridiche del possesso dei beni confiscati la difesa dell'Avvocatura aveva cos� argomentato: La confisca di carattere sanzionatorio si ricollega, pi� che ai casi di confisca repressiva, alla confisca di diritto amministrativo o, meglio, al tipo dell'acquisto a titolo originario, per effetto dello jus eminens dello Stato. In quanto sanzione, essa persegue -direttamente, in modo immediato -una pretesa satisfattoria su determinati beni: anzitutto per attribuzione allo Stato di quei beni in relazione alla qualitas che l'affetta indelebilmente, della loro appartenenza, in un dato periodo, a certi soggetti e alla conseguente destinazione oggettiva dei beni stessi all'appagamento di un pubblico interesse dello Stato; poi, per attribuzione, allo Stato stesso, di un diritto patrimoniale, eliminandosi, nel contempo, il mezzo con cui l' attivit� sanzionata potrebbe ripetersi. La confisca di carattere sanzionatorio appunto perch� ordinata cc in modo immediato alla soddisfazione di un pubblico interesse � opera, come potere immediato e diretto sui beni. Ora, non si � mai dubitato che l'immediata destinazione di una cosa al soddisfacimento di pubblico interesse determini un acquisto a titolo originario un rapporto fra lo Stato e la cosa stessa, con elisione di ogni altra situazione giuridica intessuta intorno alla medesima. Questa � la ragione dell'inefficacia sancita dall'art. 2 D. L. L. 26 marzo 1946" n. 134. � Orbene, mentre la sentenza della Corte milanese ha, correttamente, respinto -sul presupposto del carattere originario della confisca -l'istanza dei S.E.I.M.-Cella per la ripetizione, nei confronti della Pubblica Amministrazione, del prezzo pagato, essa ha, poi, ritenuto configurabile e compatibile con la ritenuta originariet� della confisca e la conseguenziale inefficacia dei negozi dispositivi, una situazione di <( possesso >> da parte degli acquirenti rispetto all'oggetto di quei medesimi negozi. Invece, come l'acquirente (bench� dominus -in virt� di un titolo valido �di trasferimento -verso tutti) non pu� considerarsi proprietario nei confronti dello Stato; cos�, egli (cc possessore �, di buona o mala fede, erga omnes) non pu� far valere il possesso della cosa nei confronti dello Stato. Anche la relazione con la cosa, oltre che il titolo, si rende inopponibile alla Pubblica Amministrazione (sull'inopponibilit�, come forma di inefficacia a tutela del terzo, V. BETTI, Teoria generale del negozio giuridico, Torino, 1950, p. 461). Infatti, l'inefficacia ex tunc, comminata per gli atti dispositivi, � un rifiesso dell'acquisto a titolo originario dei beni confiscati, come destinazione loro a soddisfacimento d'un pubblico generale interesse, che non pu� limitare i suoi effetti. alla '' propriet� �, ma deve, necessariamente, estendersi anche al <( pos sesso �, come a qualunque altra situazione di diritto o di fatto (giuridicamente rilevante). E ci� per la fondamentale ragione che i beni destinati al soddi �sf acimento di pubblico interesse acquistano carattere di intangibilit� (quasi publicatio ); . in.. altri termini non sono consentite (e se compiute, sono inefficaci) modificazioni che potrebbero manifestarsi irrilevanti, se non dannose, per il raggiungimento del fine pubblico. Non difettano esempi di tale f enomeno, nel nostro ordinamento: l'istituto generale del commissum, quale modo istantaneo di acquisto della propriet� e non trasferimento coattivo; l'istituto particolare della dicatio ad patriam, nelle sue mol teplici . manifestazioni (facolt� dello Stato di proi bire la rimozione dell'oggetto e di ordinarne il ritorno alla primitiva sede, Cons. Stato, IV, 3 febbraio 1933 in �Foro Amm. �, 1933, I, 1, 95; ovvero con siderare caduta la cosa, rimossa, nell'esclusiva pro priet� della collettivit�, e per essa dello Stato, che . ne � la concreta personificazione, Cass., II, 20 luglio 1929, in '' Giur. It. �, 1929, I, 1, 1139). Anche il bottino militare (nel linguaggio corrente; preda bellica) d� luogo ad un acquisto, a titolo originario e tronca tutti i rapporti di diritto privato comunque intessuti intorno alla cosa, fosse essa, gi� appartenuta allo Stato italiano, predata dal nemico e da questo poi alienata (cfr. Cass. Civ. I, Sent. za n. 774/50 in� Rassegna Avvocatura Stato�, 1950, 108); fosse essa, invece, di originaria appartenenza di privati cui il nemico l'avesse requisita, con o senza diritto, con o senza corrispettivo del prezzo (cfr. in arg. OAPOTORTI: Incidenza di azioni belliche avversarie su rapporti giuridici interni, in <<Foro Pen. �, 1947, 249). Non diverso il fenomeno della esclusione del di ritto a qualsiasi indennizzo o rimborso� nel proce dimento di espropriazione per pubblica utilit� per riparazioni, e miglioramenti effettuati dopo la pub blicazione dell'avviso di deposito del piano di esecu zione (art. 13 legge 25 giugno 1865, n. 2359; art. 39 legge 17 agosto 1942, n. 1150) ovverosia a far tempo dalla esistenza di una destinazione della cosa a pub blico interesse (cfr. OARUGNO: L'espropriazione per pubblica utilit�, Milano, 1946, 154). D'altra parte, il possesso � una situazione sostan ziale, � soltanto, ((relativo)) alla propriet� o ad altro diritto (reale, per l'art. 1140 C. c.). (Solo agli effetti della tutela possessoria, ha carattere cc assoluto >> e salvo che nei confronti della Pubblica Amministra zione). � Perci� il possesso � configurabile soltanto nei con fronti del venditore, non anche nei confronti dello Stato che, nel confiscare, non ne diviene successore. Ci� premesso, non poteva configurarsi attivit� del �possessore>> (di buona o mala fede, a questi effetti, non importa) rivolta ad apportare riparazioni, addizioni e miglior�e; n� insorgenza, nei confronti della Pubblica Amministrazione di diritto subiettivo avente ad oggetto quelle cc spese �. E trattavasi di eccezione rilevabile ex officio. L'ordinamento giuridico non lascia, tuttavia, sus-- sistere situaziQni abnormi e non esclude di ritenere quelle cc spese � come utile versione. La sentenza delle Sezioni Unite ha, invece, ripudiato tali principi, con sommaria motivazione (sulla -104 quale non possiamo non formulare delle riserve) nella quale si legge: << La confisca pu� essere opposta al terzo acquirente come presupposto della inefficacia del trasferimento, ma non pu� essergli opposta come fatto giuridico produttivo degli effetti radicali prospettati dall'Amministrazione delle Finanze, giacch� la legge non ha inteso trattare allo stesso modo il suddetto acq1drente e la persona soggetta a confisca �. Il che, in altra parte della sentenza �, invece, negato, laddove estende al terzo gli effetti dell'acquisto -da parte dello Stato -a titolo originario, e laddove riguarda il processo per la declaratoria di inefficacia come una fase del procedimento di confisca. DARIO FOLIGNO TRATTATO DI PACE -Danni di guerra a cittadini delle Nazioni Unite -Concetto di persona trattata come nemica. (Commissione di Conciliazione italoamericana, Decis. n. 22 del 19 febbraio 1954 -Stati Uniti d'America contro� Governo della Repubblica Italiana). Le << persone trattate come nemiche �, ai sensi e per gli effetti dell'art. 78 del Trattato di pace, sono soltanto coloro contro le quali le Autorit� italiane, in tempo di guerra, abbiano adottato provvedimenti concreti ed effettivi diretti a porle sullo stesso piano dei cittadini nemici e non quelle contro le quali vi sarebbe stata la possibilit� astratta di adottare tali provvedimenti. Pertanto, un'apolide di razza ebraica che ha, abbandonato l'Italia dopo l'entrata in vigore della legislazione razziale, ma prima dello scoppio della guerra, non pu� pretendere lo speciale risarcimento previsto dall'art. 78 del Trattato di pace per la perdita dei suoi beni avvenuta in Italia per fatto di guerra. L'importanza della decisione in esame � facilmente comprensibile, ove si rifletta alla gravit� delle conseguenze che sarebbero derivate dall'interpretazione del termine cc trattate come nemiche � nel senso estensivo sostenuto dal rappresentante del Governo degli Stati Uniti. Per chiarire la portata del successo ottenuto dalla nostra tesi, sar� opportuno esaminare a fondo la questione valendoci degli argomenti sottoposti al giudizio della Commissione. << Riteniamo preliminare ad ogni disputa in ter mini giuridici lo stabilire l'esatto significato dal punto di vista filologico, del termine treated as, trait�s comme, che figura nei testi inglese e francese del Trattato, e ci� anche in relazione al rimanente contesto della norma del paragrafo 9, lettera a) del l'art. 78 del Trattato di pace. Trattare in italiano, traiter in francese, to treat in inglese, sono tre verbi che hanno una comune etimologia nel tractare latino. Il quale verbo perduto assai presto ogni contatto con l'originario trahere di cui � forma frequentativa (unici riferimenti let terari in questo senso a noi noti in Ennio, cit. da M:uCREzro, Saturn. 6, ed in LACROBIO, III, 902), assume con valore autonomo l'identica somma di significati ohe attualmente hanno i corrispondenti italiano e francese, e -abbiamo fondati motivi per credere -quello inglese. Esso, infatti, significa, nelle accezioni pi� comuni: I) Toccare, palpare (CICERONE: Tusculane, 5, 38: � Ea, quae gustamus, olfaeimus, tractamus, in ea ipsa, ubi sentimus, parte versantur �; PLAU'.I'O: Miles, II, 6, 30: �tractavisti hospitam ante aedes meas �; VIRGILIO: Eneide, III, 501: cc aret Pe~lis et ad tactum tractantis dura resistit �, etc.). Ed e in questo senso che il medico italiano o francese ci rassicura sull'inesistenza del pericolo di una peri.: tonite, dicendoci che �l'addome � trattabile � o che cc l' abdomen est traitable �. In inglese si domanda all'ortopedico: � How would you treat a sprained ankle? �. (Concise Oxford). Ed il chirurgo britannico, per ridurre un arto rotto cc treats the fraction >>. II). Esercitare un'azione a contatto, generalmente chimica ma -se pur meno frequentemente anche fisica, lavorare (LUCREZIO: De rer. nat., V, 951): <e Nec dum res igni scibant. tractare ... >>; id., V, 1288: << Aere solum terrae tractabant ... �, ecc.). Dove� non � chi non veda l'origine dell'espressione del chimico: <<La cellulosa trattata con acido nitrico, ecc. �, o dall'agronomo: �Questo terreno va trattato con i superfosfati ... �, ecc. Lo stesso in francese: � Cet ouvrier traite bien son ouvrage �1 ovvero: � Le cuivre trait� avec l' acide ... >>. E lo stesso ancora, e principalmente in inglese: e< must next be treated with sulphuric acide ll, facendo fede anche qui il Coincise Oxford Dictionary. III) Gestire, amministrare, curare (CICERONE: c. Verr., 10: cc Eras tu quaestor; pecuniam publicam tu tractabas)) (ove si manifesta pregnante il senso di maneggiare:); da qui occuparsi (SVETON: Aug., 33: �De negotiis ad Senatum referendis tractare �); da qui, infine, negoziare. Onde, in italiano, trattare gli affari, ecc., onde trattare una convenzione od un accordo, onde, infine, trattare una causa. Ed in francese � traiter les aff aires �, � traiter avec l' ennemi �, � cet auteur traite de Dieu �, ecc. Ed in inglese (citiamo sempre dal Coincise Oxford): present, express ... in lit�rature or art. -treat-ing: negotiate terms, handle, discuss, ecc. Onde in italiano: Trattato (internazionale) e Trattato (sCientifico). In francese: � Trait� (de paix) � e � Trait� (de droit public) �. Ed in inglese la sostantivazione del participio passato << treated � in �treaty >> ed in cc treatise >>. IV) Ed infine, trascurando alcuni significati secondari e per tornare a quel che ora<< trattiamo n: agire verso qualcuno in una certa maniera (il� vecchio FORCELLINI: Totius latinitatis Lexicon, Padova, 1831, s.v. cc tractare ll, qui spiega cc agere cum aliquo �, e non pu� essere pi� chiaro). Esempi in Cicerone (Fam., I, 3): cc Omnibus. rebus lum ita tractes, ut intelligat meam commendationem non volgarem fuisse � (ivi, XIII, 27); << N ec liberalius nec honorificentius potuisse tract-are-ne-0 se praesentem, nec rem f amiliarem absentis patroni ))' in SALLUSTIO (Catil., 40): � Placidius tractare plebem �, ed infine in LrvIO (III, 14): �Paulatim permulcendo tractandoque mansuef ecerant plebem ))' dove -105 � evidente la derivazione in via di metafora di questo ultimo significato (che � accarezzare) dal primo toccare, dal secondo agire a contatto e dal terzo maneggiare. Pertanto, non considerare, non stimare o ritenere, con un giudizio astratto o con una previsione puramente teoretica, ma esplicare certe determinate e specifiche azioni concrete (atti e fatti) verso una determinata persona. Ci sembra utile richiamare a questo proposito, le CLVI e CLVIII Lettere persiane di Montesquieu, dove � appunto questione di traiter e traitement (e che specie di trattamento!), e chiederci come questo <e trattamento� s'accordi con il cc Donner a quelqu'un tel ou tel titre � o cc Par extension, donner telle ou telle qualif�cation bonne ou mauvaise � une personne ou � une chose �, di cui al buon vecchio Littr�. Ovvero porre a noi stessi la questione circa il titolo o la qualificazione che il povero Sindor dava alla cagnetta Zinzoline (cc qui n'�tait point faite � ces traitements �) nell'allungarle il memorando calcio di cui al capitolo XXVI dei BijoU:x di DIDEROT. La verit� � che i dizionari, in genere, possono offrire s� dati ed elementi utili per risolvere una questione, ma non offrono la soluzione bell'e fatta. Ora, fuor da ogni estremismo teoretico, e mantenendoci in una posizione di giusto equilibrio, � certo che nell'cc .Agir bien ou mal avec quelqu'un � (che � poi, il primo dei significati che per cc traiter � d� il popolare Larousse e che corrisponde al primo e fondamentale significato del Coincise Oxford: cc .Act towards, Behave to �) v'ha talvolta un substrato di giudizio, di considerazione, di apprezzamento (normalraente agisco bene verso qualcuno perch� lo considero favorevolmente, e viceversa). Ed � appunto da questo substrato che si ricava il senso di cc to consider or regard � di cc donner un titre n, ecc. Ma tale elemento di giudizio si fa derivare, in ogni caso, da azioni concrete e specifiche, da atteggiamenti effettivi, ecc., ex rebus ipsis et factis. Se, per esempio, la Curia Romana tratta qualche cosa come un immediato suggerimento dell'Inferno � certo che essa �giudica o considera�, ma � certo del pari che essa si comporta (Behaves to) ed agisce verso (.Acts towards) questo qualche cosa in un senso determinato esorcistico e condannatorio. E ci� per De Quincey, citato a p. 30 del Riassunto. Del pari se il Clero fu trattato come ostacolo alla diffusione della conoscenza, � sicuro che tale frase . indica non solo una considerazione astratta, ma una opera effettiva diretta a rimuovere (o a rafforzare, secondo il lato della barricata) questo ostacolo. E ci� per lo Shorter Oxford, ivi. Ma v'ha di pi�. E cio� che il comportamento o l'azione, onde si identifica il trattare, pu� non solo non coincidere con il cc to consider or regard �, ma addirittura essere in netta antitesi con questo. L'esempio tratto da RACINE (.Athalie, II, 5) di cui a p. 31 del Riassunto, �denota un'esatta corrispondenza tra comportamento e stima (cc gli atti di affettuosa confidenza e di rispettosa devozione che mi rivolge il Siriano indicano come egli mi consideri insieme sorella e regina�). Ma quando si narra degli stravaganti e pittoreschi rapporti tra Federico II di Prussia ed il Signor de Voltaire le cose cambiano, e come I Si apprende dallo stesso Voltaire (citiamo da La vie priv�s du Roi de Prusse ou M�moires pour servir � la vie de M.r de Voltaire �crits par lui meme, ed. dalla Librairie des Bibliophiles, Parigi, 1886) che il Sovrano considerava e riguardava lo scrittore come una specie di valletto alle belle lettere, intrigante e diffamatore, nonch� di alquanto discutibile correttezza. E Voltaire contraccambiava qualificando il Re come uno squilibrato falso filosofo, malato di letteratura, fisicamente e moralmente tarato, sordidamente avaro, sessualmente anormale, eccetera. Dopo di che, in quel clima psicologico tutto femminile che caratterizz� i rapporti fra i due personaggi, Federico dava a Voltaire dell'uomo divino, e Voltaire dava a Federico del Salomone. E qui si vede in piena luce come traiter stia a designare il compimento di attivit� materiali, che normalmente dovrebbe coincidere con una certa stima e considerazione, ma che ben pu� divergerne. Fondamentale � l'atto o il fatto, derivazione eventuale il giudizio psicologico. Fin qui l'aspetto filologico della questione. Ma occorre soggiungere che quando si ponga il problema .della de verborum significatione in un qualsiasi testo giuridico � buona norma prendere il termine nella sua accezione pi� comune e pi� sicura, respingendo -di regola -i significati particolari e derivativi. Ora, il significato pi� comune di traiter e di to treat � proprio quello di cc agire con opere e fatti concreti e specifici verso una determinata persona in una determinata maniera �. In sostanza resta immanente, pur nei pi� modern~ significati del termine, quel tanto di attivit� m,ateriale che contrassegna il radicale latino del verbo in questione. E non vediamo perch� da questo elemento dovrebbe prescindersi nel comune linguaggio giuridico. Ci� per _quanto riguarda i testi inglese e francese del Trattato di pace. E potremmo dispensarci da ogni ulteriore indagine, data la perfetta coincidenza di risultati di questa ricerca e -quanto meno la non incompatibilit� del significato come sopra conseguito con la portata del testo russo. Ma v'ha di pi�. E cio� che -considerando nell'insieme la somma di significati dati per rassmatrivat da Makarow e da 0' Brien -pu� agevolmente rilevarsi come, pur esistendo nel termine una forte componente di cc giudizio � o di cc considerazione �, questo giudizio o considerazione non sono di indole generale ed astratta, non si pongono cio� come cc previsione a priori �, ma -al contrario derivano da un apprezzamento concreto ed effettivo di una fattispecie specifica ed individuata. In particolare nel Trattato del Diritto amministrativo sovietico di STUDENIKIN ed altri, ed. 1950, p. 15, il verbo � usato per la �trattazione >> di questioni e di problemi di carattere legale. Ond'� che nel caso di cc rassmatrivat >> relativo ad un soggetto sotto l'imperio di certe leggi, non apparisce sufficiente il mero dictum normativo, ma occorre quanto meno la considerazione effettiva.ed individuale del soggetto (cfr. regarder avec attention,._ analyser ... examiner; to inspect ... , to examine, eccetera�). Non osiamo occuparci di filologia slava ma per una considerazione legislativa astratta, a quanto -106 dato di sapere, sembra assai pi� appropriato il termine priedussmatrivat, e per una stima od un giudizio generico il verbo scitat. Del resto non esiste nella lingua russa altro termine che possa sostituire rassmatrivat nell'accezione di (( trattare concretamente qualcuno come )) ' non e, essendo possibile nel testo di una Convenzione internazionale o d'una legge far uso del verbo otnositsa data la sua forma riflessiva che non consente l'uso di un complemento oggetto, e -meno che mai la costruzione in forma passiva, indispensabile in un giro di frase e di pensiero come quello che ne occupa. Per terminare con questa interessante ricerca, � il caso ora di considerare quel che rimane della frase in istudio: � under the laws in force in Italy �, � aux termes de la l�gislation en vigueur en Italie �. cc Under the laws � � espressione assai pi� bella ed ade rente al concetto giuridico espresso nel paragrafo 9 dell'art. 78 che non cc by virtue of the laws �. Oi sembra che essa valga a delineare proprio lo svolgimento di una certa attivit� sotto un certo ordinamento giuridico assai pi� precisamente che non cc by virtue �. . Le leggi comandano, ed � sotto questo comando che � stato usato un certo trattamento. Oos� come cc sotto �, in una disquisizione storica, vale come rafforzativo del concetto di cc al tempo di i> denotando non solo un puro e semplice riferimento cronologico, ma una vera e propria localizzazione dell'evento in un certo ambiente politico e culturale. Analogo discorso va fatto per il testo francese con l'avvertenza che aux termes � espressione letterariamente meno soddisfacente che non sia � under the laws �. Anche qui, tuttavia, perch� l'argomento abbia pregio, il testo avrebbe dovuto dire cc par les lois �. F . .AGR� ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI DELLE CORTI DI MERITO COSTITUZIONE -Giudizio sulla costituzionalit� della legge -Competenza degli organi giurisdizionali. (Tribunale di Genova, Sent. 1� marzo 1954 -Pres. ed Est.: Secco -Musio Sale contro Statb Italiano). Gli organi giurisdizionali (ordinari o speciali) sono incompetenti a decidere sulla domanda colla quale taluno impugni direttamente ed immediatamente la costituzionalit� di una legge, anche se l'attore chieda che l'organo adito si limiti a trasmettere gli atti alla Corte costituzionale per .il giudizio di costituzionalit�. In questo giudizio l'attore pretendendo di essere presidente e legale rappresentante di un c.d. movimento di diritti del cittadino, aveva citato lo Stato Italiano in persona del Presidente della Repubblica, nonch� il Presidente del Consiglio dei Ministri, per ottenere la declaratoria di illegittimit� costituzionale della legge 31 marzo 1953, n. 148, contenente modificazioni al T. U. sulla legge elettorale politica. L'attore chiedeva, in via preliminare, che il Tribunale adito provvedesse ai sensi dell'art. 23 della legge 31 marzo 1953, n. 87, perch� fosse dichiarata dalla Corte costituzionale l'illegittimit� costitu,zionale della legge impugnata. Il Tribunale, invece che arrestarsi all'esame dei motivi che avrebbero precluso l'esame della domanda attrice, e cio� al difetto di legittimazione attiva e al difetto di legittimazione passiva, ha......:.. e secondo noi saggiamente -preferito affrontare la sostanza della controversia per evitar� che rimanesse anche il minimo dubbio sull'assoluta infondatezza dell'azione proposta. Riteniamo sufficiente riportare testualmente la motivazione della sentenza che, per quanto ci risulta, � la prima che finora si � occupata diffusamente della questione. � Oggetto della domanda attrice � la trasmissione degli atti del presente giudizio alla Corte costituzionale a' sensi dell'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87, aff�nch� questa dichiari l'illegittimit� costituzionale della legge 31 marzo 1953, n. 148, per violazione dell.'art. 48, 2� e 30 comma e dell'art. 3, 1 o comma ed art. 72 ultimo capoverso della Costituzione, e la sospensione del giudizio di merito nel quale poi dovrebbe essere statuito il diritto degli attori a poter esprimere il proprio convincimento elettorale mediante voto personale e uguale, libero e segreto, intesa tale costituzionale espressione nel senso che il vota non pu� essere assoggettato a limitazioni e valutazioni differenziate a seconda delle opinioni politiche e della elezione personale al voto medesimo validamente manifestata da essi cittadini colla condanna dello Stato al risarcimento dei danni nella misura di lire una. cc L'errore, in cui cade la difesa attrice, � grave e manifesto. cc Infatti parte attrice, instaurando un giudizio di legittimit� costituzionale della vigente legge elettorale politica avanti questo Tribunale, sia pure, perch� vengano trasmessi gli atti alla Corte costituzionale, previa sospensione del giudizio, ed allo scopo non gi� di far accertare la violazione di un diritto soggettivo, ma l'esistenza di una legge contraria alla Costituzione, disconosce il fondamento elementare e indiscutibile dell'azione privata, la quale ha per presupposto l'esistenza di una fattispecie legale, che corrisponda con quella di fatto, invocata dall'attore e cio� un diritto soggettivo. cc Nella specie gli attori non si dolgono che sia stato leso in concreto il loro diritto secondo la legge all'elettorato attivo, ma invocano un giudicato del Tribunale; che dia atto, dopo che la legge 31 marzo 1953 fosse dichiarata illegittima costituzionalmente dalla Corte costituzionale, che essi hanno diritto a votare secondo i presupposti dell'art. 48 della Costituzione. � In sostanza gli stessi attori riconoscono che nessun diritto soggettivo a loro proprio � stato violato, ma si dolgono unicamente che sia stata approvata e promulgata una legge che asseriscono contraria alla Costituzione, la cui illegittimit� costituzionale dovrebbe essere dichiarata dalla Corte costituzionale in via preliminare. N � si comprende poi in che cosa dovrebbe consistere questo giudizio di merito successivo alla dichiarazione di illegittimit� della legge impugnata, ripristinando evidentemente la dichiarazione d'invalidit� della legge pronunciata in ipotesi dalla Corte costituzionale nei cittadini lo stato di diritto antecedente e di conseguenza eliminando ogni ragione di doglianza relativa ai diritti politici, che spettano ai cittadini in forza della Costituzione. cc In sostanza la stessa difesa attrice riconosce che nessun diritto soggettivo vi � in contestazione tra_ gli attori e lo Stato Italiano, che comunque legittimi un giudizio purchessia avanti l'Autorit� giudiziaria ordinaria, ma intende valersi della via giudiziaria ordinaria per enunciare, anche in sede incompetente, -108 la sua tesi circa l'inconstituzionalit� della legge elet torale politica e far trasmettere da questo Tribunale gli atti alla Oorte costituzionale. cc Oos� stando i fatti, non � chi non veda come al lume delle norme stesse invocate dagli istanti, la domanda dagli stessi proposta non possa venire accolta. �Invero l'art. 23 legge 11 marzo 1953, n. 87, non prevede il caso che un'Autorit� giurisdizionale sia investita di ur�a domanda autonoma di dichiarazione di illegittimit� costituzionale di una legge, la quale, si risolve ovviamente colla dichiarazione di incompetenza dell' .Autorit� adita, ma regola l'ipotesi che per la definizione di una controversia per un diritto soggettivo si debba risolvere pregiudizialmente una questione di legittimit� costituzionale, stabilendo in questo caso la trasmissione degli atti alla Oorte costituzionale o la sospensione del giudizio in corso. Ora l'adire un Tribunale, perch� trasmetta gli atti alla Oorte costituzionale per dichiarare la illegittimit� costituzionale d� una legge non pu� dar luogo che alla dichiarazione di incompetenza del Tribunale adito, non essendo compito delle Autorit� giurisdizionali di fungere da organi di trasmissione alla Oorte costituzionale, ove questa rimessione di atti non trovi la sua giustificazione processuale nella necessit� di far decidere dalla Oorte una questione preliminare di legittimit�, da cui dipenda la definizione del giudizio avanti il Tribunale. cc Sembra poi quasi superfiuo porre in evidenza che l'Autorit� giurisdizionale investita sic et simpliciter di una questione esclusiva di legittimit� costituzionale non abbia poteri di sorta per respingerla con un'ordinanza, che ne dichiari la manifesta infondatezza a sensi del citato art. 23, legge n. marzo 1953, in quanto questo potere di disattendere per palese infondatezza una questione di legittimit� costituzionale � demandato al giudice ordinario solo nell'ipotesi che l'esame della questione di legittimit� costituzionale sia preliminare al giudizio su un diritto soggettivo, che legittimi l'opportunit� della sospensiva del giudizio stesso o l'ordinanza di dichiarazione di infondatezza della questione proposta. � evidente come una diversa soluzione porti alla conseguenza di investire arbitrariamente l'Autorit� giurisdizionale di un potere autonomo di delibazione di questioni di legittimit� costituzionali, che-si estrinseca, come si � visto, colla facolt� di trasmettere o meno gli atti alla Oorte costituzionale nella ipotesi del citato art. 23, mentre � palese che tale competenza non compete all'Autorit� giurisdizionale, se non in quanto l'esercizio di questo potere si manifesti necessario per la definizione di questioni su diritti soggettivi �. IMPOSTA STRAORDINARIA PROGRESSIVA SUL PATRIMONIO -Applicabilit� del solve et repete anche per le rate non ancora scadute. (Corte Appello di Milano, Sez. I, Sent. n. 182/53, 15 dicembre 19526 febbraio 1953 -Pres.: Mottino; Est.: Vinci). L'imposta straordinaria progressiva sul patrimonio � una imposta istantanea, che colpisce, una tantum, il patrimonio delle persone fisiche esistenti al 28 marzo 1947 e non un'imposta periodica. Si tratta, pertanto, di unica obbligazione, sorta quando si verific� il presupposto della imposizione tributaria. Il precetto del solve et repete, deve, quindi, spiegare tutta la sua efficacia se l'obbligazione non � stata integralmente adempiuta, prima della instaurazione del giudizio, nulla rilevando il beneficio della rateizzazione, concesso per altri fini. La sentenza della Oorte di Appello di Milano, non impugnata e passata in giudicato, ha integralmente accolto la tesi sostenuta dall'Avvocatura. La dilazione mediante un pagamento rateizzato nei vari modi previsti dall'art. 52 del T. U. 9 maggio 1950, n. 203, non � idonea a mutare la natura giuridica dell'imposta progressiva sul patrimonio, che � istantanea e non periodica, e che ha, come suo presupposto, la consistenza patrimoniale del contribuente in un determinato momento (GIANNINI: Isti� tuzioni di Diritto tributario, p. 245). Il principio del solve et repete deve, quindi, trovare applicazione non solo per le rate gi� scadute ma in relazione all'intero debito di imposta. V a dichiarata, pertanto, inammissibile anche la domanda di restituzione limitata alle somme pagate in adempimento delle rate scadute ove non sia stato soddisfatto l'intero tributo; ch�, oltre tutto l'esame nel merito di una siffatta domanda implicherebbe o almeno, potrebbe implicare una pronuncia valevole per la intera imposizione. N � costituisce motivo per disapplicare il principio del solve et repete in relazione all'intero ammontare del tributo la mancanza della cartella esattoriale che, al pari delle altre pratiche difficolt� allo integrale adempimento del tributo, non pu� avere alcuna giuridica rilevanza sul rapporto d'imposta gi� perfetto in tutti i termini. L'unico argomento di un certo rilievo a favore di una contraria tesi � il richiamo, contenuto nel T. U., all'imposta di ricchezza mobile. E gli unici precedenti giurisprudenziali, in materia, rifiettenti l'imposta straordinaria sul patrimonio, di cui ai decretilegge 22 aprile 1920, n. 494, e 5 febbraio 1922, n. 78 (1), pur riconoscendo l'applicabilit� del solve et repete, sembrano limitarla alle sole rate scadute con riferimento agli articoli 56 del decreto-legge n. 494 del 1920, 59, del decreto legge n. 78 del 1922 e n. 120 del regolamento 11 luglio 1907, n. 560 (Oass. S. U., 19 aprile 1933, in cc Relazione dell'Avvocatura dello Stato per gli anni 1930-1941 �, n. 789 e cc Monitore del Tribunale�, 1933, n. 682). Ma il richiamo alle norme dell'imposta di ricchezza mobile, contenuto in quelle disposizioni, cui fa riferimento la sentenza, ora citata, della Suprema Oorte, era ben pi� ampio (1) Precedenti giurisprudenziali sulla imposta straordinaria progressiva sul patrimonio, di cui al T. U. del 1950, non risultano in argomento. Degli autori, che si sono occupati della materia soltanto il SALERNI (Le imposte straordinarie sul patrimonio nella dottrina e nella legislazione, p. 243) affronta la questione sosten�ndo che "condizione sine qua non per l'ammissibilit� della citazione e della opposizione giudiziale � che l'atto giu~ diziale medesimo sia preceduto dal pagamento delle rate d'imposta scadute�, mentre l'UKMAR (Le imposte straordinarie sul patrimonio, 1, par. 107, p. 185) si limita ad una generica affermazione sull'applicabilit� del solve et repete all'imposta, di cui si tratta. -109 di quello contenuto nell'art. 50 del T. U. n. 203 del 1950. Comunque, prescindendo da ogni altra considerazione, sussiste una essenziale differenza fra le due imposte. L'imposta di ricchezza mobile tende a gravare il reddito man mano che questo si produce (GIANNINI, op. cit., ed. 1948, p. 321), anche se per ragioni pratiche si assume come indice del reddito colpito quello di un periodo anteriore tanto � che la cessazione definitiva del reddito, durante il periodo di imposta, costituisce causa di immediata estinzione del relativo rapporto: con il pagamento delle rate scadute, nella imposta di ricchezza mobile, cio�, si soddisfa tutta l'imposta, di cui fino a quel momento il contribuente � debitore per essersene verificato il presupposto, e non �, quindi, a parlarsi di dilazione. Mentre, tutt'altro, come si � accennato, deve ritenersi per l'imposta patrimoniale progressiva, nella quale, invece, la rateizzazione del debito rientra, in ogni caso, nella categoria delle dilazioni, in relazione alle quali la costante giurisprudenza ha, sempre, ritenuto, in accoglimento della tesi dell'Avvocatura, che la eccezione del solve et repete deve essere accolta con riferimento anche alle rate non scadute (Cassazione, S. U. 24 luglio 1926 in <e Giur. It. �, 1926, I, 1, 1168; Cass. S. U. 31 maggio 1943 in �Giurisprudenza It. n, 1943, I, 1, 400). E ci� anche se si tratta della rateizzazione prevista esplicitamente e generalmente dalla legge, senza bisogno di un apposito provvedimento da parte della Autorit� amministrativa, data la natura ed i caratteri dell'imposta straordinaria progressiva sul patrimonio, dei quali si � detto, ed ai quali, essenzialmente, bisogna aver riguardo per stabilire se si � o meno in presenza di una dilazione, quale mera facilitazione di pagamento (2). B. BACCARI PROCEDIMENTO CIVILE -Rapporti fra Stato italiano e Fondo internazionale d'emergenza -Sostituzione processuale -Trasporto marittimo -Ter~ mine di prescrizione. (Tribunale di Genova, Sez. I, Sent. 7-27 gennaio 1954 -Pres.: Martino; Est.: Grisolia -Amministrazione Aiuti Internazionali contro Societ� Dani). 1. Per l'art. 7, lett. c, dell'accordo fra il Governo italiano e il Fondo internazionale di emergenza per l'infanzia, accordo approvato con D. L. 13 (2) In principio, quindi, il criterio adombrato dalla Suprema Corte nelle sentenze, indicate nel testo, e secondo il quale, in materia d'imposte dirette in genere, il salve et repete sarebbe applicabile o meno alle rate non ancora scadute rispettivamente se la rateizzazione derivasse da provvedimento dell'Autorit� amministrativa o dalla legge, non sembra accettabile, poich�, prescindendo dalla natura dell'imposta, non pu� essere decisivo. �, infatti, soltanto vero che nel primo caso il salve et repete � sempre applicabile anche per le rate non scadute, in quanto, in ogni caso, come si legge nella motivazione delle sentenze suddette, l'Autorit� amministrativa non pu� rinunciarvi e la dilazione, che essa concede, ha come presupposto, sia pure implicito, l'accettazione dell'accertamento, la cui impugnazione, facendo venir meno quel presupposto, fa perdere altres� il beneficio della dilazione. aprile 1948, n. 909, il Governo italiano si assunse l'espletamento e la risoluzione di tutte le cause per azioni di danno contro il Fondo. Poich� nel concetto di � soluzione di cause � � compreso anche il concetto di transazione, devesi ritenere che in virt� del predetto art. 7 lo Stato italiap.o abbia la facolt� non solo di difendere in giudizio il Fondo a mezzo dell'Avvocatura dello Stato, ma anche di sostituirsi ad esso processualmente, facendo valere in nome proprio i suoi diritti. 2. Per l'art. 438 del Codice della navigazione le azioni derivanti da trasporti marittimi da Genova a Beyrouth sono soggette alla prescrizione semestrale, essendo Beyrouth un paese bagnato dal Mediterraneo, sebbene posto fuori di Europa. La prima massima � conforme alla giurisprudenza formatasi per altri enti, per i quali si verific� la sostituzione ope legis dello Stato italiano, con effetti sostanziali e processuali (cfr., per l'I.R.O., questa Rassegna 1950, 114 e 1952, 192). La seconda massima concerne una delicata questione di diritto marittimo, sulla quale non risultano precedenti della Corte Suprema. � noto che il criterio accolto dal legislatore per graduare i termini prescrizionali del trasporto marittimo � la maggiore o minore distanza del viaggio (cfr. Relazione al Codice della navigazione n. 247). Questo criterio gi� fondava l'art. 926 del Codice di commercio, ma nel Codice civile del 1942 (art. 2951) e nel Codice della navigazione (art. 418, 438) ha ricm.'1do -almeno nelle intenzioni del legislatore un'applicazione pi� precisa. L'art. 926 fissava un termine breve (semestrale) per taluni viaggi determinati ed un termine pi� lungo (annuale) per tutti gli altri viaggi. Nella nuova codificazione il sistema sembra, a tutta prima, invertito: il termine pi� breve appare fissato come termine generale (1� comma), mentre il termine pi� lungo viene stabilito per taluni viaggi determinati (2� comma). Questa inversione non creerebbe difficolt�, se -come avveniva nel vecchio Codice di commercio per il termine breve i casi di applicazione del termine prolungato fossero stati precisati con una formulazione positiva; ma la nuova codificazione ha, invece, indicato i casi di termine prolungato per modum exclusion{s, e, per di pi�, con una formulazione disgiuntiva, che non solo d� luogo a notevoli incertezze di interpretazione, ma che, in definitiva, d� al capoverso la sostanza di una norma generale. Per meglio chiarire lo spirito dell'art. 438 Codice della navigazione, � opportuno premettere un' avvertenza: e cio�, che dal rapporto fra le due codificazioni emerge piuttosto una riduzione dell'ambito territoriale del termine pi� breve, che non un ampliamento. L'art. 926 Codice commercio, infatti, stabiliva il breve termine semestrale non solo per i trasporti fra le piazze europee e le piazze asiatiche ed africane sul Mediterraneo, ma anche per i trasporti sul canale di Suez, sul Mar Nero e sul Mar Rosso, nonch� (( per le piazze interne congiunte ad un� delle .. marittime anzidette mediante strada ferrata)), L'articolo 438, per contro, facendo riferimento ai �paesi bagnati dal Mediterraneo �, usa una espressione certamente pi� restrittiva. Sia i paesi bagnati dal Mar -110 d'Azov, sia i paesi bagnati dal Mar Rosso o dal Mar Nero, sia i paesi interni collegati f erroviariamente con i paesi bagnati dal Mediterraneo, non rientrano pi� nell'ambito del termine semestrale. L'espressione cc Mare Mediterraneo � esclude, infatti, ogni estensione ad altri mari, anche geograficamente compresi nel pi� lato concetto di bacino del Mediterraneo. Questo punto � gi� stato esaminato da una diffusa sentenza 22 settembre 1951 del Tribunale di Napoli (<< Giur. It. �, 1952, I, 2, 655), le cui osservazioni si possono, al riguardo, pienamente condividere: � Resta da esaminare -rileva il Tribunale di Napoli -quale sia il valore della dizione "Mediterraneo", se cio� con questo termine il legislatore abbia voluto comprendere anche il Mare di Marmara e il Mar Nero, che esso forma, ovvero abbia inteso riferirsi al solo specchio di acqua compresa tra i tre stretti, Gibilterra, Suez e Dardanelli. A parere del Tribunale � da accogliersi la seconda soluzione, come pi� conforme alla lettera del riferimento e all'intento del legislatore. Ed invero dalla differente dizione, indubbiamente pi� lata, di " bacino del Mediterraneo" usata dal legislatore nell'art. 166 Codice di procedura civile e dall'espresso richiamo, a fianco del Mediterraneo, del Mar Nero nell'abrogato art. 962 Codice civile e del Mar Nero e Mar d'Azov nell'art. 59 del Codice per la Marina mercantile, come in altri. numerosi esempi ricorrenti nelle leggi marittime complementari, pu� dedursi che il legislatore non ha mai inteso comprendere nella dizione � "Mediterraneo" anche i mari da questi formati oltre lo Stretto dei Dardanelli, e quando ha dovuto riferirsi a questi mari ha sentito sempre la necessit� di farne espresso richiamo �. (Si veda successivamente, nella stessa causa ma in senso contrario, la sentenza App. Napoli 4 luglio 1953, in � Giur. It. �, 1954, I, 2, 77). La pubblicazione del Regolamento al Codice della navigazione (Decr. Pres. 15 febbraio 1952, n. 328) ha, del resto, legislativamente confermato questa verit�, che � fisica ancor prima che giuridica: e cio�, che il Mediterraneo non comprende n� il Mar Nero n� il Mar Rosso, che vengono esplicitamente dichiarati cc fuori di esso� (art. 266, 267 Regolamento). Sembra, dunque, sufficientemente dimostrato che l'art. 438 Codice della navigazione, limiti notevolmente l'ambito di applicazione del termine breve gi� fissato dall'art. 926, pur prendendo in considerazione come circostanza rilevante -al pari dell' articolo 926 -l'essere, o non essere, il trasporto eff ettuato in paesi bagnati dal Mediterraneo. Questa circostanza, come � ben noto, non viene invece tenuta. pre~ente per il trasporto terrestre, che impernia la disciplina temporale della prescrizione sul fatto che il trasporto sia effettuato dentro o fuori l'Europa (art. 2951 Codice civile). Il che � perfettamente logico, posto che il mare entra in considerazione come via di comunicazione solo per i trasporti marittimi o per i trasporti misti, e non per i trasporti terrestri. Ma, mentre una delimitazione di ambito marittimo per un trasporto esclusivamente terrestre sarebbe assurda, non � altrettanto assurda una concomitante delimitazione terrestre per un trasporto marittimo, giacch� questo pu� non esaurirsi in paesi bagnati �dal Mediterraneo. Ci� spiega come il 2� comma dell'art. 438 del Codice della navigazjone contenga una duplice indicazione: trasporti che hanno inizio o termine fuori d'Europa, oppure trasporti che hanno inizio o termine fuori dei paesi bagnati dal Mediterraneo. Questa duplicit� di criteri non toglie che il centro di gravit�, per equilibrMe o graduare il termine prescrizionale, rimanga pur sempre spostato dalla terraferma al mare. Anche nel richiamo all'ambito europeo, come criterio determinativo di una disciplina temporale della prescrizione, il legislatore ha tenuto presenti i peculiari aspetti del trasporto marittimo. Sono sufficienti cognizioni geografiche elementari, per comprendere come un trasporto via mare da una piazza del Mediterraneo ad un porto del Baltico non possa essere regolato come se le distanze per mare fossero uguali a quelle del viaggio per terra. Fra Genova e K iel un trasporto marittimo si muove per linee esterne, mentre il corrispondente viaggio per terra si muove per linee interne, di gran lunga pi� brevi. Diviene chiaro, cos�, come non sia affatto contrastante con i principi informatori della legislazione marittima (Corte di Appello di Genova, 27 giugno 1953, cc Temi Genov. �, 1953, 321) applicare -nell'ipotesi di un trasporto in Europa, ma fuori del Mediterraneo -un termine prolungato, mentre per il trasporto terrestre varrebbe il termine normale. In realt�, il termine prolungato del trasporto marittimo � identico al termine normale del trasporto terrestre, e cio�, un anno. E l'applicazione di un termine identico per due trasporti che percorrono distanze enormemente diverse, non vulnera il principio della pi� rapida definizione dei rapporti nascenti dai viaggi via mare, se l'identit� del termine per il trasporto marittimo cela una sproporzione (in difetto) in confronto dell'uguale termine, stabilito per il trasporto terrestre. Del tutto conseguente, quindi, � l'ammissione, per i trasporti nell'ambito europeo ma fuori del Mediterraneo, di un termine prolungato. Ma altrettanto coerente � l'ammissione di uguale termine prolungato per' i trasporti aventi inizio o termine fuori di Europa, sebbene in paesi bagnati dal Mediterraneo. Il criterio '' ambito europeo" era gi� considerato rilevante dall'art. 926 Codice di commercio, che assoggettava al termine semestrale le spedizioni in Europa, e al termine annuale le spedizioni in altro luogo, cio� fuori d'Europa, ad eccezione di quelle in piazze marittime asiatiche o africane sul Mediterraneo, sul Canale di Suez o sul Mar Rosso. Il Codice della navigazione, come si � visto, ha accentuato l'importanza del criterio che diremo "Mediterraneo " ma non ha potuto eliminare il criterio ' ' europeo". Questo criterio risponde non solo a ragioni geografiche, ma politiche; �, inoltre, il solo criterio valido per graduare il termine generale della prescrizione nel trasporto terrestre (art. 2951 Codice civile). Si aggiunga che, nell'intento del legislatore, sia il trasporto per via di terra sia il trasporto per via d'acqua, avrebbero dovuto ricevere una disciplina il pi� possibile uniforme; intento r~so palese dal fatto che le norme del capo VIII del Codice -cimle,f uro no previste come applicabili a tutti i trasporti, in quanto non fossero derogate dal Codice della N avigazione e dalle leggi speciali (art. 1680 Codice civile). -111 Pu� dirsi, quindi, che il criterio europeo mantenga un carattere di generalit� anche nel trasporto marittimo; e rispetto a siffatto criterio le eccezioni stabilite dal Codice della navigazione, pur giustificate, vanno interpretate in modo restrittivo, e non oltre i casi ed i tempi in esse considerati. Alla luce di questi princip~, il regolamento temporale, ai fini della prescrizione, di un trasporto marittimo da Genova a Beyrouth -nel Mediterraneo, ma fuori d'Europa -non offre difficolt� di sorta. Il fatto che esso termini fuori dei confini politici dell'ambito europeo, � sufficiente a rendere applicabile il termine annuale. Ed anche per questa ipotesi appare chiaro come sia mantenuto fermo il principio della riduzione del termine per il trasporto marittimo rispetto al trasporto terrestre: giacch� al termine annuale, riconosciuto per il primo, corrisponde il maggior termine di diciotto mesi, stabilito per il secondo. Infine, non � inopportuno rilevare ancora che se vera fosse la tesi accolta nella sentenza annotata, l'art. 438 avrebbe dovuto essere stilato in modo diverso. Un'immaginaria creazione di un unico ambito territoriale -come se il Mare N ostrum fosse da considerare un lago europeo -avrebbe richiesto, infatti, una formulazione non disgiuntiva, ma congiuntiva. L'adozione, invece, della particella disgiuntiva, dimostra che il legislatore ha posto sullo stesso �piano, ai fini del prolungamento del termine; sia il fatto che il trasporto abbia inizio o termine fuori d'Europa, sia il fatto che il trasporto abbia inizio o termine fuori del Mediterraneo. Gi� si � osservato come questa indicazione dei casi di termine prolungato per modum exclusionis possa apparire meno chiara di una formulazione positiva. Ma non � difficile passare dall'indicazione negativa del capoverso dell'art. 438 ad una formulazione positiva dei casi (inversi) di applicazione del termine breve, semplicemente avvalendosi di un processo logico. E� da questo trapasso. logico ris.ulta con accresciuta evidenza il principio che, per il termine breve, occorre la cumulativa ricorrenza di quei requisiti la cui esclusione, per il termine prolungato, � prevista in modo alternativo. Forse questa verit� pu� apparire pi� manifesta, se il processo logico di cui � la conclusione viene collaudato con riferimento ad altri campi, in cui simili processi sono adoperati a comprovare dati di intuitiva certezza. La geometria conosce, fra le altre, la seguente proposizione negativa: � Un parallelogramma con lati disuguali ovvero con angoli disuguali, non � un quadrato�. Se da questa proposizione si vuole passare ad una definizione positiva del quadrato, si giunge a questa seconda proposizione: cc Un quadrato � un parallelogramma con lati uguali E con angoli uguali�. Soltanto con questa cumulativa indicazione, infatti, si possono escludere i rombi, che hanno lati uguali ma angoli disuguali, o i rettangoli, che hanno gli angoli eguali ma i lati disuguali. L'excursus pu� apparire curioso: ma lo schema del trapasso logico � identico, anche per precisare positivamente i casi in cui si applica il termine prescrizionale breve dell'art. 438. Ed il trapasso logico porta inevitabilmente alla conclusione che il termine breve vale soltanto per i trasporti aventi inizio o termine in paesi posti in Europa E bagnati dal Mediterraneo. A. C. SEGNALAZIONI DI DOTTRINA E GIURIS PRUDENZA ACQUE PUBBLICHE 1. L'utente dell'acqua pubblica che non ancora abbia ottenuto il riconoscimento amministrativo dell'utenza, � titolare solo di un interesse e non pu� agire che davanti al Tribunale superiore AA. PP. in sede di legittimit�. (Corte Cass., S. U., 22 febbraio 1954, Cont. 63006, Avv. Generale). (Vedi: Costituzione, 1). AMMINISTRAZIONE PUBBLICA 1. L'A.G.I.P. malgrado la partecipazione dello Stato al capitale azionario non � persona giuridica pubblica, non integrando il controllo economico dello Stato-gli estremi della tutela e vigilanza; le controversie d'impiego spettano quindi al giudice ordinario. (Corte Cass., S. U., 27 febbraio 1954, n. 581). 2. Poich� i beni della ex G.I.L. sono stati attribuiti ai Ministeri della Difesa e della Pubblica Istruzione, il Commissario della Giovent� Italiana agisce come organo dello Stato e deve quindi agire davanti al foro dello Stato. (Trib. Ferrara, 8 luglio 1953, Cont. 7268, Avv. Bologna: questione pendente in sede di regolamento di competenza). APPALTO 1. Approvato senza riserve il conto finale la domanda di risarcimento per tardato pagamento del credito risultante spetta al giudice ordinario e non a quello arbitrale, di cui al Capitolato generale lavori pubblici, a nulla rilevando che sia altres� denunciato il ritardo con cui il collaudo sia stato effettuato. (Corte Cass., 23 febbraio 1954, n. 522). 2. Le questioni di imposta sono escluse dallo arbitrato del Capitolato generale opere pubbliche che riguarda solo le controversie relative all'esecuzione dell'appalto. (Trib. Bologna, 2 febbraio 1954, Cont. 7366, Avv. Bologna). (Vedi: Imposta di registro, 5; Ricostruzione, 1, 4). APPELLO (Vedi: Solve et repete, 2). ARBITRATO 1. Due controversie connesse di competenza l'una degli arbitri, l'altra del giudice ordinario, sono entrambe devolute alla giurisdizione ordinaria siccome prevalente. (Corte Cass., 23 febbraio 1954, n. 522). ATTO .AMMINISTRATIVO / 1.-Anche un provvedimento avente forma di atto amministrativo ancorch� emanato da organi periferici, attraverso i quali si esplichi tuttavia l'attivit�, anche politica del Governo, pu� costituire atto politico se determinato nella sua causa da ragioni inerenti alla tutela dei superiori interessi della Nazione in contingenze eccezionali. (Corte Cass., S. U., 27 febbraio 1954, Cont. 1722/51, Avv. Generale). 2. La declaratoriet� di illegittimit� di un atto amministrativo che violi un diritto soggettivo pu� essere richiesta come fine a se stessa, indipendentemente dalla esistenza di un danno risarcibile, o della relativa richiesta. (Corte Cass., S. U., 15 gennaio 1954, Cont. 5713/52, Avv. Generale). 3. Il giudice non pu� ordinare alla Pubblica Amministrazione, la restituzione delle cose altrui (quadri) detenuti senza titolo ma pu� solo dichiarare l'illegittimit� del comportamento agli effetti del risarcimento dei danni. (Trib. Bologna, 21 aprile 1953, Cont. 6901, Avv. Bologna). 4. L'iscrizione nella matricola delle genti di mare (diritto soggettivo perfetto) pu� degradare ad interesse solo quando l'Amministrazione nella discrezionalit� consentitale sospenda temporaneamente le iscrizioni. Tale provvedimento per� non pu� essere preso con circolari. (Corte Cass., S. U., 27 gennaio 1954, Cont. 2668/52, Avv. Generale). (Vedi: Autoveicoli, 1; Comodato, 1; Donazione, 2; Sequestro, 1). AUTOVEICOLI 1. L'Ispettorato della Motorizzazione civile non assume responsabilit� verso le parti private col rilasciare il certificato di approvazione per una -113 automobile con numeri alterati di telaio e motore. (Corte App. di Bologna, 2 luglio 1953, Cont. 607 4, Avv. Bologna). (Vedi: Possesso, 1; Vendita, 1). AVVOCATURA DELLO STATO 1. Il Dopolavoro ferroviario non si identifica ai fini del patrocinio in giudizio con 1'Amministrazione dello Stato. (Corte Cass., 19 febbraio 1954, Cont. 26i5/51, Avv. Generale). CACCIA E PESCA (Vedi: Regioni, 1). CITAZIONE 1. La omissione o l'assoluta incertezza della indicazione dell'organo che rappresenta in giudizio la Pubblica Amministrazione, rende insanabilmente nulla la citazione n� vale sanatoria la costituzione in giudizio dell'Amministrazione se fatta per organo diverso da quello abilitato alla rappresentanza in relazione all'affare, ma designato dal foro davanti al quale l'Amministrazione � convenuta. (Corte Cass., 27 febbraio 1954, Cont. 1164/52, Avv. Generale). COMODATO 1. Una semplice lettera di un podest� a un Ente pubblico per la consegna di materiale a un Comitato per un Centro ospedaliero di guerra, quando poi tale materiale consegnato a vari ospedali sia andato disperso, non costituisce un comodato fra l'Ente pubblico e il Comune, occorrendo a ci� una formale delibera approvata. (Trib. Bologna, 28 aprile 1953, Cont. 5591, Avv. Bologna). COMPETENZA 1. Se la definizione di un appalto sia avvenuta in Roma, ma la forma del contratto formale sia avvenuta in Bologna, � competente il Tribunale di Bologna non quello di Roma, tanto pi� se i mandati di pagamento (dei quali s'impugna la trattenuta I.G.E.) sono pagabili presso l'Ufficio del Tesoro di Bologna. (Trib. Bologna 2 febbraio 1954, Cont. 7366, Avv. Bologna). (Vedi: Espropriazione per pubblica utilit�, 7; Previdenza ed Assistenza, 1; Requisizioni, .1, 2, 3). COMUNI E PROVINCIE 1. Un ente pubblico locale ha capacit� di donare. (Corte Cass., S. U., 17 novembre 1953, Cont. 2983/50, Avv. Generale). (Vedi: Donazione, 1). CONTABILIT� GENERALE DELLO STATO 1. Il fatto che un rapporto di diritto privato (come compravendita, locazione, amministrazione dei beni patrimoniali) sia attuato per asta pubblica e coi controlli cui la Pubblica Amministrazione � soggetta, non estende a tal rapporto il limite di cui all'art. 4, legge n. 2248 del 1865 all. E. (Corte Cass., S. U., 19 gennaio 1954, n. 90). CORTE DEI CONTI (Vedi: Impiego pubblico, 1). COSTITUZIONE 1. Con la Costituzione le sentenze del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche sono impugnabili in Cassazione anche per violazione di legge. (Corte Cass., S. U., 19 gennaio 1954, Cont. 66421, Avv. Generale). (Vedi: Propriet� intellettuale, 1). DANNI DI GUERRA 1. Contro il diniego dell'indennizzo di danni di guerra o contro una liquidazione asseritamente minore non pu� ricorrersi al giudice ordinario, mancando un diritto perfetto da fare valere. (Corte Cass., S. U., 22 febbraio 1954, Cont. 5015/52, Avv. Generale). 2. L'indennizzo dei danni di guerra non esclude la responsabilit� della stessa Pubblica Amministrazione per il fatto dannoso, secondo le norme del diritto comune. (Corte Cass., S. U., 16 febbraio 1954, Cont. 1245/51, Avv. Generale). (Vbdi: Responsabilit�, 1). DEMANIO (Vedi: Espropriazione per pubblica utilit�, 8). DIRITTO E INTERESSE 1. Spetta al Consiglio di Stato la pronuncia sul ricorso del proprietario di una casa di tolleranza contro la delibera amministrativa che abbia negato l'ulteriore rinnovo della licenza di esercizio. (Corte Cass., S. U., 19 gennaio 1954, Cont.. 3581/51, Avv. Generale). (Vedi: Danni di guerra, 1).. DISCREZIONALIT� 1. In tema di risarcimento del danno qualora il comportamento dell'agente abbia costituito una attivit� discrezionale connessa ad evento di guerra che imponeva immediatezza di decisioni nel supremo interesse in gioco, non � consentita indagine non solo sull'opportunit� e legittimit� dei provvedimenti ma anche sulle conseguenze di essi. (Corte Cass., S. U., 22 febbraio 1954, Cont. 5015/52, Avv. Generale). DONAZIONE 1. Per compiere validamente una donazione non occorre al Comune l'autorizzazione del prefetto ai sensi dell'art. 53, n. 3, legge comunale e pro -114 vinciale insostenibile a casi non previsti. (Corte Cass., S. U., 17 novembre 1953, Cont. 2983/50, Avv. Generale). 2. La mancata richiesta del parere del Consiglio di Prefettura voluto dail'art. 88 legge comunale e provinciale del 1934 (articolo non pi� in vigore), non importaiva la nullit� di una donazione, ma tutto al pi� semplice annullabilit�. (Corte Cass., S. U., 17 novembre 1953, Cont. 2983/50, Avv. Generale). 3. Non � contraria all'ordine pubblico o al buon costume, la donazione di un immobile da parte di un Comune a un locale fascio di combattimento o alla G.I.L., n� sulle espressioni retoriche di donazione al regime pu� fondarsi un giudizio di erroneit� dei motivi. (Corte Cass., S. U., 17 novembre 1953, Cont. 2983/50, Avv.. Generale). 4. Solo un'impossibilit� coeva all'acquisto conduce alla nullit� della donazione, quindi resta valida la donazione fatta per costruire sul suolo donato la casa del fascio, essendo l'impossibilit� della costruzione dovuta al successivo factum principis (soppressione del p.n.f.). (Corte App. Bologna, 18 febbraio 1954, Cont. 7343, Avv. Bologna). (Vedi: Comuni e Provincie, 1). ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT� 1. Pur essendo l'occupazione immediata. nei casi di urgenza ed indifferibilit� una presa di governo anticipata e definitiva, il trasferimento della propriet� si effettua sempre alla data del decreto di espropriazione. Se sia stato omesso ogni provvedimento successivo all'occupazione d'urgenza, il proprietario ha diritto a conseguire l'indennit� di occupazione che si concreta non riegli interessi sull'indennit� di espropriazione, ma nel mancato reddito per la privazione del possesso e del god�mento dell'immobile. (Corte Cass., S. U., 27 gennaio 1954, Cont. 846/52, Avv. Generale). 2. L'accettazione della somma offerta dall'espropriante all'espropriando, deve risultare da espressa dichiarazione scritta di quest'ultimo, non pu� quindi tal valore attribuirsi alla dichiarazione fatta in giudizio dal procuratore. (Corte Cass., S. U., 27 gennaio 1954, Cont. 846/52, Avv. Generale). 3. Poich� l'indennit� di espropriazione per pubblica utilit� � debito di valuta anche per la parte liquidata giudizialmente in pi� di quella offerta, la svalutazione monetaria � risarcibile solo se dimostrata la mora dell'espropriante. (Corte Cassazione, S. U., 27 gennaio 1954, n. 191). 4. I danni a propriet� contigue ad opere pubbliche e a queste ricollegantisi, sono risarcibili dall'Amministrazione Pubblica ai sensi del principio generale di cui all'art. 46 legge espropriazione pubblica utilit� anche se non sia ravvisabile quella colpa che consente al giudice ordinario di conoscerne se superi il confine del potere discretivo dell'Amministrazione. Occorre tuttavia che il danno sia permanente. (Corte Cass., S. U., 23 febbraio 1954, n. 516). 5. L'indennizzo ex art. 46 legge espropriazione per pubblica utilit�, va ristretto al danno obiettivo dell'immobile privato, escluso ogni altro pregiudizio economico. Esso � dovuto non solo quando l'opera pubblica sia stata causa unica del danno, ma anche quando siano concorse altre cause perch� non sia spezzat� il rapporto fra il danno e l'opera. (Corte Cass., S. u,, 23 febbraio 1954, n. 516). 6. L'imponibile netto che in mancanza di fitti entra in coacervo col valore venale nelle espropriazioni rette dalla legge di Napoli � quello del momento della espropriazione; non pu� quindi la Giunta speciale chiedere una nuova valutazione agli uffici finanziari anche se ritenga che per circostanze s�pravvenute l'imponibile sia inferiore a quello che dovrebbe essere. (Corte Cass., S. U., 27 gennaio 1954, n. 191). 7. Ogni controversia d'espropriazione aeronautica � di competenza della giunta arbitrale, per� se si tratti ancora di occupazione d'urgenza non seguita dagli incombenti necessari per trasformarla in espropriazione detta Giunta � carente di giurisdizione circa l'indennit� definitiva di espropriazione. (Corte Cass., S. U., 27 gennaio 1954, Cont. 846/52, Avv. Generale). � 8. Fin che l'opera pubblica non sia destinata al suo ,uso, i beni destinati alla sua esecuzione, siano essi gi� di prop�'iet� dell'Amministrazione, o acquistati per negozio privato od espropriazione non hanno natura di beni demaniali o di patrimonio indisponibile, bens� di patrimonio disponibile. (Corte Cass., S. U., 23 febbraio 1954, n. 517). FASCISMO 1. Con l'emanazione della legge n. 2484 del 1937 per l'autorizzazione del segretario del p.n.f. per gli acquisti di immobili da parte di fasci di combattimento, cess� per questa materia il vigore della legge n. 1037 del 1850. (Corte Cass., S. U., 17 novembre 1953, Cont. 2983/50, Avv. Generale). (Vedi: Amministrazione Pubblica, 2; Donazione, 3, 4). GIURISDIZIONE 1. Se la domanda proposta al giudice ordinario sia costituita di pi� capi impostati sulla violazione di un diritto, la richiesta ultronea della revoca dell'atto amministrativo non mette in questione la giurisdizione adita, ma solo i limiti in cui la pronuncia va contenuta. (Corte Cass., S. U., 15 gennaio 1954, Cont. 5713/52, Avv. Generale). 2. � sempre possibile modificare la statuizione sulla giurisdizione fino a che non si sia formato il giudicato nel merito o non si� sia pronunciata la Cassazione. (Corte Appello Bologna, I5 dicembre 1953, Cont. 6218, Avv. Bologna). (Vedi: Atto amministrativo, 3; Propriet� intellettuale, 2). -115 GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA 1. Il rifiuto dell' .Amministrazione di eseguire la decisione del giudice amministrativo annullante un licenziamento consente la domanda di risarcimento del danno al giudice ordinario, salva Fa.dizione al giudice amministrativo perch� ordini ailla .Am.ministrazione di eseguire la sua sentenza. (Corte Cass., 6 febbraio 1954, Cont. 63599, .Avv. Generale). (Vedi: Acque pubbliche, 1; Giurisdizione, 1). GUERRA (Vedi: Discrezionalit�, 1}. IMPIEGO PUBBLICO 1. Il ricorso alla Corte dei conti avverso un provvedimento cautelativo di ritenuta sugli stipendi pu� riguardare solo l'uso della relativa facolt� dell' .Amministrazione, non il merito della vertenza -responsabilit� del dipendente -che dovr� formare oggetto di separato giudizio. (Corte Cass., S. U., 22 febbraio 1954, Cont. 67164, .Avvocatura Generale). 2. Il rapporto di lavoro con le Terme di Salsomaggiore � di pubblico impiego ancorch� disciplinato dalle norme dell'impiego privato, ed � quindi di competenza del Consiglio di Stato. (Corte .Appello Bologna, 15 dicembre 1953, Cont. 6218, .Avv. Bologna). IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA 1. La pretesa di esonero-rimborso dell'I.G.E., versata dall'Amministrazione dei Lavori Pubblici a qu�lla finanziaria, e relativa al prezzo di un appalto, va rivolta contro l'.Amministrazionefinanziaria e non contro quella dei Lavori Pubblici. (Trib. Bologna, 2 febbraio 1954, Cont. 7366, .Avvocatura Bologna). IMPOSTA DI REGISTRO 1. � complementare, quindi soggetta al solve et repete, l'imposta di registro pretesa in restituzione di quella fissa percepita per la compravendita di un immobile sinistrato di guerra, quando risulti erroneo il certificato comunale circa la misura del danno oltre il terzo. (Trib. Bologna, 22 dicembre 1953, Cont. 7294, .Avv. Bologna). 2. La sentenza che per simulazione assoluta annulli un trasferimento immobiliare opera sotto l'aspetto tributario una retrocessione da tassare con imposta proporzionale. (Corte Cass., 16 novembre 1953, cc Le Massime))' 1954-99). 3. Dalla nullit� della vendita per simulazione assoluta sorge una nuova imposta di registro pel ritrasferimento, n� sussiste diritto al rimborso della prima imposta pagata. (Corte Cass., 25 gennaio 1954, Cont. 3606/51, .Avv. Generale). 4. L'opposizione ad accertamento di valore, proposta da un contraente, giova anche agli altri partecipi all'atto per convenzioni indipendenti da quella su cui verte l'opposizione. (Comm. Centrale Imposte, 23 marzo 1953, cc Le Massime))' 1954113, con nota sfavorevole). � 5. Il contratto di fornitura di ghiaia e sassetto, con consegna in luoghi determinati lungo le strade da riparare, � di appalto e non di fornitura per la prevalenza del facere e gode dei benefici fiscali di cui alle leggi n. 322 del 1945 e n, 221 del 1946, che si applicano anche agli appalti che pur non attuando immediatamente la ricostruzione, siano a questa necessari. (Corte .App. Bologna, 18 gennaio 1953, Cont. 7055, .Avv. Bologna). 6. Sul decreto ingiuntivo in base a cambiale, ma con condanna ad interessi moratori superiori al tasso legale, � dovuta l'imposta di titolo sull'ammontare degli interessi. (Comm. Centr. Imposte, 26 ottobre 1953, <e Le Massime))' 1954-104). (Vedi: Legittimazione processuale, 3; Ricostruzione, n. 2). IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE 1. La responsabilit� del cessionario di un'azienda per le imposte del cedente, � basata sulla presunzione della identit� oggettiva e della continuit� dell'azienda: la prova contraria deve avere per oggetto la insussistenza del rapporto di unit� e identit� fra l'azienda originaria e quella in concreto perseguita. (Trib. Ravenna, 5 luglio 1953, Cont. 6226, .Avv. Bologna). IMPOSTA DI SUCCESSIONE 1. Non sono deducibili dall'attivo di una successione, ai fini dell'imposta gli assegni su un conto corrente del de cuius emessi da un procuratore senza la scritta cc per procura i> o equivalente, omissione che comporta che i relativi assegni siano considerati propri di chi firma. (Tribunale Brescia, 18 marzo 1954, Cont. 3228, .Avvocatura Brescia). IMPOSTE IN GENERE 1. Le Camere di commercio godono per l'acquisto di immobili per la loro sede delle agevolaz~oni tributarie di cui all'art. 71 della legge n. 2011 del 1934, concesse agli aboliti Consigli provinciali delle Corporazioni. (Trib. Bologna, 17 giugno 1953, Cont. 7197, .Avv. Bologna). 2. Il privilegio di cui all'art. 2759 Codice civile e 62 della legge R. M., non pu� sorgere se non per un credito d'imposta che si trovi iscritto a ruolo. (Corte Cass., S. U., 27 gennaio 1954, n. 195). 3. � illegittima prima facie una pretesa��fiscale (e quindi � sottratta al solve et repete) quando notificata al contribuente oltre il termine di prescrizione fiscale. (Trib. Bologna, 22 dicembre 1953, Cont. 7294, .Avv. Bologna). -116 4. In materia di imposte dirette il giudizio avanti al giudice ordinario pu� avvenire solo quando la decisione delle Commissioni di merito non siano suscettibili per decorso di termini di ulteriore impugnazione, ovvero quando la controversia sia stata definita dalla Commissione centrale. (Corte Cass., S. U., 15 gennaio 1954, Cont. 63018, .Avv. Generale). (Vedi: Appalto, 2). INGIUNZIONE (Vedi: Imposta di registro, 6). INTERVENTO L'intervento di un terzo � principio comune ad ogni tipo di giudizio ed � ammissibile nelle controversie davanti alla Commissione dei� ricorsi in materia di brevetti. (Corte Cass., S. U., 17 febbraio 1954, Cont. 3344/52, .Avv. Generale). � LEGITTIMAZIONE PROCESSUALE 1. Non pu� confondersi la rappresentanza contrattuale della Pubblica .Amministrazione con quella giudiziale. I capi ufficio del Genio civile hanno la rappresentanza contrattuale non quella giudiziale che spetta ai Provveditori regionali opere pubbliche. (Corte .App. Bologna, 18 marzo 1954, Cont. 7231, .Avv. Bologna). 2. L'impugnazione giudiziale di una decisione della Commissione provinciale delle imposte in materia di valutazione va proposta nei confronti non del Procuratore del Registro, ma dell'Intendente di Finanza. (Trib. Caltanissetta, 26 marzo 1954, Oont. 517, .Avv. Caltanissetta). LOCAZIONE 1. .Anche �se rimane con la famiglia nello stesso appartamento, prima alloggio di servizio, l'ufficiale da quando percepisce l'indennit� di alloggio � tenuto personalmente verso il proprietario dell'appartamento, sia per canoni che per danni, restando estranea la Pubblica .Amministrazione. (Trib. Bologna, 12 febbraio 1954, Cont. 7156, .Avv. Bologna). OBBLIGAZIONI E CONTRATTI 1. .Alla presupposizione si pu� fare riferimento solo quando le parti non abbiano fatto alcuna dichiarazione di volont� rispetto agli elementi accidentali del negozio compiuto. (Corte Cassazione, S. U., 17 novembre 1953, Cont. 2983/50, .Avv. Generale). 2. Il factum principis (annullamento di un contratto da parte dell'occupante) non esonera il debitore che � tenuto a resistervi salvo che egli abbia fatto il possibile inutilmente per convincere l'occupante dell'illegittimit� del suo ordine o una tale azione si palesi superflua a priori o pericolosa per chi la svolge. (Corte Cass., S. U., 22 febbraio 1954, n. 486). OCCUPAZIONE 1. Poich� l'occupante ha l'obbligo di rispettare le)eggi del territorio occupato ogni attivit� legislativa o amministrativa che ecceda le manifestazioni della suprema autorit� di condotta della guerra e dell'ordine pubblico del territorio occupato, soggiace all'osservanza del diritto: la recezione nel nostro ordinamento a sensi dell'art. 1 del decreto-legge n. 162 del 1944, degli atti delle .Autorit� alleate si limita a quelli conformi ai principi del nostro ordinamento giuridico e del diritto internazionale. (Corte Cass., S. U., 22 febbraio 1954, n. 486). 2. Un cavallo abbandonato dall'esercito nemico � con l'abbandono di propriet� dello Stato italiano per preda bellica, e non pu� essere appreso da un privato che non dimostri la legittimit� del suo possesso. (Trib. Bologna, 27 ottobre 1953, Cont. 6042, .Avv. Bologna). 3. Stessa massima per un autobus, con l'aggiunta che chi se ne appropria rivendendolo e l'acquirente cittadino sanmarinese che abbia portato l'automezzo all'estero (San Marino), sono coobbligati in solido a risarcire allo Stato italiano i danni al valore della cosa alla data della sentenza e nelle condizioni reperimento senza che lo Stato attore sia tenuto ad esperire la revindica n� ad agire a San Marino .(Trib. Bologna, 16 giugno 1953, Cont. 6453, .Avv. Bologna). OMICIDIO E LESIONI COLPOSE 1. Il macchinista e l'aiuto macchinista di un treno non sono responsabili delle lesioni di un viaggiatore per brusca frenata conseguente allo ingiustificato azionamento da parte di altro viaggiatore del segnale d'allarme. (Pret. Bologna, 1� ottobre 1953, Cont. 8992, .Avv. Bologna). PERSECUZIONI RAZZIALI 1. La revindica ex D. L. L. n. 393 del 1946, relativa ai beni tolti ai perseguitati razziali sotto la r.s.i., come la revindica ex art. 948 Codice civile esige come condizione necessaria che il possesso e detenzione della cosa da parte del convenuto esista al momento della proposizione della domanda e a quello della decisione. (Corte Cass., 17 febbraio 1954, Oont. 393/53, .Avv. Generale). POSSESSO 1. L'acquisto di un automezzo di palese origine militare di marca estera, priva di t!lirg~ e di libretto di circolazione non pu� ritenersi fatto-in buona fede. (Trib. Bologna, 16 giugno 1953, Contenzioso 6453, .Avv. Bologna). (Vedi: Occupazione, 2, 3; Preda bellica, 1). 117 POSTE E TELEGRAFI 1. Poich� le cautele pel rilascio delle tessere . postali mirano a tutelare gli interessi dell' Amministrazione e delle persone i cui crediti possano essere riscossi presso gli uffici postali, l' Amministrazione postale non risponde verso il titolare di un assegno bancario riscosso da taluno che anche per colpa del dipendente dell'Amministrazione abbia ottenuto una tessera postale con le genera , lit� di detto titolare e l'abbia impiegata per riscuotere l'assegno. (Corte Cass., S. U., 17 febbraio 1954, Cont. 58474, Avv. Generale). 2. � illecito che il controllore postale nel rilascio di una tessera postale per cui occorrono due testimoni, la rilasci sapendo che uno solo dei testi poteva garantire dell'identit� del richiedente, non l'altro, che nella specie era lo stesso controllore che non conosceva detta persona. (Corte Cassazione, S. U., 17 febbraio 1954, Cont. 58474, Avvocatura Generale). PREDA BELLICA 1. Il possesso di buona fede che legittima lo acquisto di una cosa di preda bellica non pu� consistere nella persuasione che tale acquisto sia legittimo, ma nella ignoranza non colposa della qualit� di preda bellica della cosa acquistata. (Trib. Bologna, 27 ottobre 1953, Cont. 6042, Avvocatura Bologna). PREVIDENZA~ED ASSISTENZA 1. Appartiene alla giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato la domanda di danni contro un Istituto tecnico per omessa assicurazione di invalidit� e vecchiaia, quando sia contestato dall'istituto l'obbligo di provvedervi. Ci� perch� da un lato la domanda ha il suo titolo necessario nel rapporto di impiego e l'azione di danni davanti al giudice ordinario � ammissibile solo se la illegittimit� del comportamento della Pubblica .Amministrazione (che pu� consistere anche nel solo atteggiamento negativo) sia stata affermata dal giudice amministrativo ovvero sia riconosciuta dall'Amministrazione. (Corte App. Bologna, 7 maggio 1953, Cont. 6475, Avv. Bologna). PRIVILEGI (Vedi: Imposte in genere, 2). PROFITTI DI REGIME 1. Per i profitti di regime non vige il principio generale di attuare il processo tributario in due fasi (l'una davanti le CommissiOn'i e l'altra davanti al giudice ordinario), esclusione giustificata con la speciale fisionomia paratributaria, e col carattere di repressione politica degli illeciti arricchimenti. La Commissione amministrativa ha qualifica di giudice speciale nella materia. (Corte Appello Bologna, 11 marzo 1954, Cont. 6404, A vvocatura Bologna). PROPRIET� INTELLETTUALE 1. Il termine di cinque anni di cui all'art. VI delle disposizioni transitorie della Costituzione sulla revisione degli organi speciali di giurisdizione esistenti non ha natura perentoria, vigono ancora pertanto tali organi ancorch� non trasformati nel termine predetto. (Corte Cass., S. U., 17 febbraio 1954, Cont. 3344/52, Avv. Generale). 2. � costituzionalmente legittimo l'art. 71 Regio decreto n. 1127 del 1939, che devolve ad una speciale Commissione, con qualit� di organo di giurisdizione speciale, la decisione nei ricorsi contro i provvedimenti dell'Ufficio centrale dei brevetti. (Corte Cass., S. U., 17 febbraio 1954, Cont. 1199/53, Avv. Generale). (Vedi: Intervento, 1). REGIONI 1. Il provvedimento con cui il Presidente del Comitato provinciale della caccia per delega dell'assessore all'agricoltura vieta ogni caccia in una zona per l'annata venatoria � insindacabile dal giudice ordinario perch� discrezionale: non � quindi proponibile l'azione di un privato per avere la sovrappopolazione della selmggina danneggiato i suoi campi, non avendo al riguardo il privato che un diritto affievolito. (Trib. Caltanissetta, 4 febbraio 1954, Cont. 324, Avv. Caltanissetta). REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA 1. Gli atti della r.s.i. inefficaci o invalidati sono inesistenti per l'ordinamento giuridico, e irriferibili allo Stato che neppure risponde dell'operato del funzionario che nell'emetterli o applicarli abbia cagionato danni a terzi. (Corte Cass., 17 febbraio 1954, Cont. 393/53, Avv. Generale). REQUISIZIONI 1. Sebbene le requisizioni non formali siano devolute al Comitato giurisdizionale delle requisizioni, spetta al giudice ordinario liquidare i danni per una occupazione immobiliare senza titolo, quando alla mancanza di ogni forma si aggiunge il difetto assoluto di competenza ad ordinare la requisizione. (Trib. Bologna, 12 febbraio 1954, Cont. 7156, Avv. Bologna). 2. Nelle requisizioni di guerra il Comitato giurisdizionale centrale ha competenza sulla legittimit� della requisizione e sulla determinazione dell'indennit� non su tutte le altre controversie in cui si quistioni di diritti soggettivi rimaste alla competenza del giudice ordinario: fra queste rientrano l'applicazione dell'art. 1 decreto legge numero 264 del 1947 e il rilascio dell'immobile detenuto ormai senza titolo. (Corte Cass., S lJ., 27 febbraio 1954, Cont. 1967/50, Avv. Generale). 3. Ritenuta dal giudice ordinario la cessazione di una requisizione a seguito del D. C. p. S. n. 264 del 194 7, spetta ad esso giudice conoscere della -118 domanda di rilascio e disponibilit� dell'immobile gi� requisito, nonch� dei danni per la protratta occupazione. (Corte Cass., �S. U., 19 gennaio 1954, Cont. 697/51, Avv. Generale). RESPONSABILIT� 1. Se la causa del danno oltre che nel fatto di guerra risieda in un concorrente fatto colposo del terzo, sussiste oltre al risarcimento del danno di guerra, quello di cui alle norme comuni, escluso peraltro il cumulo delle liquidazioni. (Corte Cassazione, S. U., 22 febbraio 1954, Cont. 5015/52, Avv. Generale). 2. Per aversi nesso fra danno e illecito occorre che con una prognosi obbiettiva si possa dire che era nell'ordine naturale delle cose non� disgiunte dall'ordine giuridico che l'illecito producesse quel danno. (Corte Cass., S. U., 17 febbraio 1954, Contenzioso 58474, Avv. Generale). 3. L'infiltrazione da un canale artificiale privato, che danneggi una strada e veicoli ivi circolanti, rende responsabile di questi ultimi danni il proprietario del canale e insieme l'ente titolare del demanio stradale, questi per omessa manutenzione ordinaria o straordinaria. (Corte Appello Bologna, 15 luglio 1953, Cont. 5917, Avv. Bologna). (Vedi: Atto amministrativo, 2; Danni di guerra, 2; Giustizia amministrativa, 1; Poste e Telegrafi, 1, 2; Repubblica sociale italiana, 1; Strade, 1). RICOSTRUZIONE 1. L'art. 1 della legge n. 771 del 1941 determina il concetto del contratto di appalto ai fini fiscali anche per quanto riguarda le agevolazioni di cui al D. L. L. n. 322 del 1945. Perci� non pu� considerarsi appalto un contratto misto di fornitura di materia e di mano d'opera quando la prima sia di valore �di gran lunga prevalente rispetto alla seconda. (Corte App. Brescia, 10 marzo 1954, Cont. 3040, Avv. Brescia). 2. Un contratto per la fornitura di impianti termoelettrici non rientra nel beneficio dell'imposta fissa di registro per le ricostruzioni di abitazioni distrutte e per l'attuazione dei piani di ricostruzione di cui alla legge n .. 409 del 1949. (Corte App. Brescia, 10 marzo 1954, Cont. 3040, A vvocatura di Brescia). 3. Anche dopo il D. L. n. 221 del 1946 occorre per ottenere i benefici fiscali di che al D. L. n. 322 del 1945 la dichiarazione scritta e contestuale che il contratto sia stipulato ai fini della ricostruzione bellica. (Trib. Bologna, 2 febbraio 1954, Cont. 7366, Avv. Bologna). 4. Solo i contratti di appalto e non quelli similari ancorch� tendenti alla ricostruzione o ripa~ razione godono dei benefici fiscali ex legge 322 del 1945 e 221 del 1946; per� per distinguere i contratti di appalto da quelli similari va fatto riferimento non alla legge fiscale n. 771 del 1941, ma alla legge civile in base alla quale la fornitura di materiale telefonico costituisce compravendita e non appalto. (Trib. Bologna, 28 giugno 1953, Cont. 7330, Avv. Bologna). SENTENZA 1. La revoca ex tunc di un atto amministrativo impugnato determina la cessazione della materia del contendere, che va dichiarata dal giudice, nel contrasto fra le parti su tale cessazione senza che in ci� fare incorra in eccesso di potere. (Corte Cass., S. U., 19 gennaio 1954, Cont. 60446, Avvocatura Generale). 2. Non occorrono quando sia cessata la materia del contendere le forme della rinunzia agli atti del giudizio o al merito della difesa; e il giudice deve darne atto anche di ufficio. (Corte Cass., S. U., 19 gennaio 1954, Cont. 697 /51, Avvocatura Generale). SEQUESTRO 1. Il sequestro di un apparecchio radio in periodo bellico per ragione di pubblica difesa e di ordine pubblico, � atto politico, per� la mancata restituzione a fine guerra lede un diritto soggettivo, non comportando il sequestro spossessamento definitivo. (Corte Cass., S. U., 27 febbraio 1954, Cont. 1722/51, Avv. Generale). SIMULAZIONE (Vedi: Imposta di registro, 2, 3). SOLVE ET REPETE. 1. Non si attua il temperamento della rilevabilit� prima facie dell'infondatezza della pretesa tributaria quando si ritenga che l'infondatezza della pretesa tributaria possa essere affermata apoditticamente e senza risolvere questioni di diritti. (Corte Cass., S. U., 27 gennaio 1954, n. 195). 2. Negata dal giudice d'appello l'applicabilit� del solve et repete ritenuta dal primo giudice, la controversia non va rimessa a detto primo giudice ma resta decisa nel merito dal giudice d'appello se l'indagine fatta attenga al merito cos� da risolvere in modo integrale e definitivo la controversia. (Corte Cass., S. U., 27 gennaio 1954, n. 195). STRADE 1. La deviazione su strada comunale per interruzione di strada statale, non obbliga l'A,N~A.S.S�. alla manutenzione della strada comunale, n� la rende responsabile di danni derivati ai veicoli per la maggiore usura di essa. (Corte App. Bologna, 15 luglio 1953, Cont. 5917, Avv. Bologna). -119 2 . .Anche per le strade a senso unico vige l'obbligo di tenere la mano destra. (Corte .App. Bologna, 9 luglio 1953, Cont. 6305, .Avv. Bologna). (Ved.i: Responsabilit�, 3). TABACCID 1. Se il processo penale per un furto nei locali di un concessionario di licenza di coltivazione di tabacchi sia definito per non luogo a procedere essendone rimasti ignoti gli autori, l'accertamento ai fini del discarico, dell'avere il concessionario nulla trascurato per la sorveglianza dei locali, accertamento non fatto nel giudizio penale, va fatto dal giudice civile e concludesi pel discarico senza che ci� violi gli articoli 2-4 della legge numero 2248 del 1865, ali. E. (Corte Cass., 16 gennaio 1954, Cont. 3718/51, .Avv. Generale -Corte Cass. 4febbraio1954, Cont. 3944/52, .Avv. Generale). VENDITA 1. � inadempimento contrattuale e non vizio redibitorio l'alterazione dei numeri di matricola sul telaio e sul motore. (Corte .App. Bologna, 2 . luglio 1953, Cont. 6074, .Avv. Bologna). VIOLAZIONI FINANZIARIE 1. La continuazione del reato ai sensi dell'articolo 8 della legge n. 4 del 1929 � diversa da quella dell'art. 81 Codice penale perch� � facoltativa, ragione per cui, pel principio del diritto del reo alla disposizione pi� favorevole, non si pu� dichiarare la continuazione se questa ha l'effetto di prolungare il corso della prescrizione. (Corte .Appello Pen. Brescia, 23 marzo 1954, Cont. 2998, .Avvocatura di Brescia). INDICE SISTEMATICO DELLE CO N S U L.T A Z I O N I LA FORMULAZIONE DEL QUESITO NON RIFLETTE IN ALOUN MODO LA SOLUZIONE OHE NE � STATA PRESA AGRICOLTURA. -Se l'Azienda di Stato per le Foreste demaniali sia tenuta a pagare i contributi, a favore dell'Ente Sila, di cui all'art. 8, lett. b, della legge 31 dicembre 1947, n. 1629, relativamente ai terreni di sua propriet�, ricadenti nel comprensorio (n. 2). AMMINISTRAZIONE PUBBLICA. -I) Se il commissario straordinario e i due vice commissari dell'Istituto Poligrafico dello Stato, nominati con decreto ministeriale 1� agosto 1952, costituiscano un organo collegiale (n. 149). -II) Se il Collegio dei revisori debba partecipare alle riunioni tra il commissario straordinario e i due vice commissari dell'Istituto Poligra:5.co dello Stato (n. 149). -III) A chi competa il potere deliberativo nell'Istituto Poligrafico dello Stato ai sensi del decreto ministeriale 1� agosto 1952 (n. 149). -IV) Se l'Amministrazione dello Stato possa impugnare in via giurisdizionale un decreto del Capo dello Stato (n. 150). ANTICHITA' E BELLE ARTI. -I) Se l'iscrizione di una zona archeologica negli appositi elenchi dei beni demaniali concreti il riconoscimento dell'interesse archeologico della medesima, secondo prescrive l'art. 822 (cpv.) C. c. (n. 26). -II) Se per ottenere la disponibilit� della detta zona archeologica, possa farsi ricorso a procedimenti di auto-tutela amministrativa (n. 26). APPALTO. -I) Se sull'appaltatore, il cui contratto sia stato sciolto per atto unilaterale dell'Amministrazione, ai sensi dell'art. 9 del Capitolato generale possano gravare le spese per le opere eseguite dopo lo scioglimento del contratto stesso (n. 189). -II) Se, sciolto il contratto di appalto, in seguito al fallimento dell'appaltatore, ai sensi dell'art. 9 del Capitolato generale, la curatela sia tenuta alla manutenzione delle opere fino al collaudo (n. 189). -III) Se, dopo lo scioglimento del contratto per atto unilaterale dell'Amministrazione, ai sensi dell'art. 9 del Capitolato generale, in seguito al fallimento dell'appaltatore, l'Amministrazione stessa possa contestare alla curatela una penalit� per ritardo nel compimento dell'opera (n. 189). -IV) Se, anche in caso di scioglimento del contratto, lo svincolo della cauzione possa avvenire solo dopo l'approvazione del collaudo (n. 189). -V) Se la richiesta dell'Amministrazione all'Impresa di procedere all'esecuzione anticipata del contratto, possa equivalere ad approvazione del medesimo (n. 190). -VI) Se, in caso di esecuzione anticipata del contratto, non approvato, spetti alle imprese appaltatrici, entro i limiti del quinto, il compenso per le opere eseguite, in proporzione della misura pattuita (n. 190). AUTOVEICOLI. -Se la sostituzione del servizio ferroviario su di una linea, di propriet� delle Ferrovie dello Stato, ma non ancora formalmente inclusa nella rete ferroviaria, con servizi automobilistici, ai sensi del Regio decreto 21 dicembre 1931, n. 1575, � possa dar adito ad opposizione da parte dei concessionari di autoservizi della zona interessante la linea medesima, sotto il profilo della mancata previa inclusione formale della linea nella rete delle Ferrovie dello Stato (n. 43). BANCHE. -Se il reato di emissione di assegno bancario a vuoto possa essere considerato quale reato contro la fede pubblica (n. 6). CASE ECONOMICHE E POPOLARI. -Se la Gestione I.N.A.-Casa possa fare ricorso alla procedura amministrativa di sfratto per rientrare in possesso di un alloggio, gi� assegnato con patto di futura vendita e al quale l'assegnatario abbia rinunziato (n. 45). CONCESSIONI. -I) Se la tassa di concessione governativa colpisca solo atti dell'Amministrazione dello Stato (n. 37). -II) Se, agli effetti del pagamento della tassa per l'esercizio di case da giuoco autorizzate, debba considerarsi concessionaria chi effettivamente eserciti la casa da giuoco, sia esso il Comune o un privato gestore, oppure, in ogni caso, il solo Comune (n. 37). III) Se, ai sensi dell'art. 7 del T. U. 30 dicembre 1923, n. 3279, l'esercente di una casa da giuoco, oltre al pagamento della tassa di concessione entro il mese di gennaio, debba corrispondere la tassa anche per l'eventuale periodo anteriore d'esercizio, inferiore ad un anno (n. 37). CONTABILITA' GENERALE DELLO STATO. I) Se la garanzia di solvenza dello Stato, assunta da Aziende ferrotranviarie nell'atto di cessione all'I.N.A. delle annualit� di sovvenzioni statali, abbia un reale. -121 effettivo contenuto (n. 116). -II) Se sia applicabile ai debiti dell'Amministrazione la norma dell'art. 1282 C. c., circa la decorrenza degli interessi nel momento della scadenza dei pagamenti non eseguiti (n. 116). III) Se lo Stato sia gravato dall'onere degli interessi sui debiti scaduti a causa della sospensione dei pagamenti segu�ta agli eventi del settembre 1943 (n. 116). -IV) Se, in forza del decreto.legge 19 aprile 1948, numero 517, si sia verificato un trasferimento puro e semplice allo Stato delle obbligazioni assunte dalle formazioni partigiane per la lotta di liberazione (n. 117). V) Se, ai sensi dell'art. 11 (2o comma) del decreto-legge 19 aprile 1948, n. 517, possa formare oggetto di contestazione giudiziaria il solo provvedimento di liquidazione (n. 117). CONTRABBANDO. -I) Se l'uso delle armi per la repressione del contrabbando, nelle particolari condizioni di legge, competa solo alla Guardia di Finanza, oppure, sempre nella ricorrenza oggettiva delle condizioni anzidette, anche a qualunque altro organo di polizia (n. 24). -II) Se, in linea di massima, la fuga del contrabbandiere possa considerarsi come una forma di resistenza all'autorit�, agli effetti della legittimit� del" l'uso delle armi da parte degli organi di Polizia (n. 24). COSE RUBATE O SMARRITE. -Se sia applicabile la particolare disciplina di cui all'art. 927 segg. C. c. nel caso in cui un oggetto smarrito sia stato rinvenuto in locali dell'Amministrazione dello Stato aperti al pubblico e, inoltre, il ritrovamento sia stato effettuato da un agente di pubblica sicurezza (n. 8). DANNI DI GUERRA. -Se l'obbligo dello Stato di indennizzare i cittadini italiani per i danni subiti alla loro propriet� industriale negli Stati Uniti d'America durante il periodo della guerra, ai sensi della legge 24 novembre 1948, n. 1493, debba intendersi esteso a tutti i danni suddetti oppure sia limitato alle somme che durante il periodo bellico sono state incamerate dall'Ufficio della propriet� straniera (O.A.P.) in dipendenza dell'uso ivi effettuato .di brevetti, ritrovati tecnici, invenzioni, ecc., appartenenti ai cittadini italiani (n. 40). DEMANIO. -I) Se, in base al piano regolatore particolareggiato, possa un Comune procedere ad espropri& zione nei confronti dei beni demaniali e delle Amministrazioni dello Stato, che detti beni hanno in consegna (n. 96). -II) Se l'iscrizione di una zona archeologica negli appositi elenchi dei beni demaniali concreti il riconoscimento dell'interesse archeologico della medesima, secondo prescrive l'art. 822 (cpv.) C. c. (n. 97). III) Se, per ottenere la disponibilit� di detta zona archeologica, possa farsi ricorso a procedimenti di autotutela amministrativa (n. 97). ENFITEUSI. -I) Se, intervenuti i decreti di approvazione delle autorit� competenti sui contratti di affrancazione di prestazioni enfiteutiche in danaro, possa ritenersi chiuso il ciclo contrattuale (n. 21). -II) Se sia applicabile all'affranco una nuova legge intervenuta dopo l'approvazione del medesimo da parte delle autorit� competenti e nelle more delle conseguenti annotazioni contabili da eseguirsi dall'Amministrazione (n. 21). ESPROPRIAZIONE PER P. U. -I) Se l'Ente espropriante, nel provvedere al deposito dell'indennit� di espropriazione, possa trattenere la somma anticipata al proprietario dell'area nel corso di trattative bonarie per l'acquisto anteriormente intercorso senza esito positivo (n. 93). -II) Se, per il recupero della somma eventualmente anticipata al proprietario dell'area nel corso di trattative bonarie per l'acquisto intervenuto anteriormente, senza esito positivo, l'Ente espropriante possa proporre opposizione sull'indennit� a norma dell'art. 56 della legge sull'espropriazione (n. 93). -III) Se, in base al piano regolatore particolareggiato, possa un Comune procedere ad espropriazione nei confronti di beni demaniali e delle Amministrazioni dello Stato, che detti beni hanno in consegna (n. 94). FERROVIE. -I) Se la sostituzione del servizio ferroviario su di una linea, di propriet� delle Ferrovie dello Stato, ma non ancora formalmente inclusa nella rete ferroviaria, con servizi automobilistici, ai sensi del Regio decreto 21 dicembre 1931, n. 1575, possa dar adito ad opposizione da parte dei concessionari di autoservizi della zona interessante la linea medesima, sotto il profilo della mancata previa inclusione formale, della linea nella rete delle Ferrovie dello Stato (n. 195). II) Se la formale inclusione .della linea nella rete delle Ferrovie dello Stato pos~ essere effettuata con decreto interministeriale (n. 195). -III) Se l'inquadramento del personale dell'ex concessionaria fra gli agenti delle Ferrovie dello Stato debba effettuarsi con apposita legge (n. 195). -IV) Se il detto personale possa essere mantenuto iscritto, fino alla messa in quiescenza al Fondo speciale di previdenza degli addetti ai pubblici servizi di trasporto (n. 195). -V) Se sia proponibile, nei confronti dell'Amministrazione ferroviaria, l'azione di risarcimento del danno che sia derivato al privato da mancata o inefficiente recinzione delle linee ferroviarie (n. 196). -VI) Se l'Amministrazione ferroviaria possa costituire validamente a proprio favore un diritto di pegno sui carri ferroviari privati, anche se a consegnarli non sia il proprietario effettivo ma persona che l'Amministrazione stessa, in buona fede, ritenga proprietario, ove, peraltro, sussista un titolo idoneo (n. 197). FILIAZIONE. -Se la madre, la quale dimostri che il figlio naturale viva effettivamente a suo carico, abbia diritto alla quota di. indennit� di carovita (n. 4). IMPIEGO PUBBLICO. -Se la madre, la quale dimostri che il figlio naturale viva effettivamente a suo carico, abbia diritto alla quota di indennit� di carovita (n. 355). IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE. -Se il rango privilegiato dei tributi di R. M. debba riconoscersi soltanto ai tributi relativi all'anno di produzione del reddito e a quello antecedente (n. 7). IMPOSTA SULL'ENTRATA. -I) Se l'I.G.E. sia dovuta su passaggi di merci, effettuati da intel'lllediari prima dell'importazione siano questi intermediari rap-��� presentanti di ditte estere o di ditte nazionali (n. 43). -II) Se sia dovuta l'I.G.E. su passaggi :materiali di merci, effettuati dopo l'importazione da rappresentanti alla ditta italiana da essi rappresentata (n. 43). -III) -122 Se sia dovuta l'I.G.E. su passaggi di merce effettuati �l.opo l'importazione da rappresentanti di ditte estere a ditte italiane (n. 43). IMPOSTE E TASSE. -I) Se la partecipazione del procuratore delle imposte sia ammessa nei giudizi avanti le Commissioni speciali tributarie provinciali (n. 230). -II) Se sia ammissibile l'intervento contemporaneo dell'Ispettorato compartimentale e del procuratore delle imposte (o del registro) alle adunanze della Commissione provinciale delle Imposte (n. 230). -III) Se la tassa di concessione governativa colpisca solo atti dell'Amministrazione dello Stato (n. 231). -IV) Se, agli effetti del pagamento della tassa per l'esercizio di case da gioco autorizzate, debba considerarsi concessionario chi effettivamente eserciti la casa da gioco, sia esso il Comune o un terzo privato gestore, oppure, in ogni caso, il solo Comune (n. 231). -V) Se, ai sensi dell'art. 7 del T. U. 30 dicembre 1923, n. 3279, l'esercente di una casa da gioco, oltre al pagamento della tassa.. di concessione entro il mese di gennaio, debba corrispondere la tassa anche per l'eventuale periodo anteriore d'esercizio, inferiore ad un anno (n. 231). VI) Se l'inosservanza formale, da parte della ditta fabbricante di fila.ti, delle modalit� prescritte per la presentazione delle denunce di inattivit� di fabbrica possano costituire motivo di decadenza per le ditte medesime a beneficiare dei previsti sgravi di imposta (n. 232). -Vll) Se l'acquirente di bene immobile possa pretendere di essere garantito dal venditore per il privilegio, stabilito dagli articoli 85 e 87 del D. P. R. 9 maggio 1950, n. 203, relativamente all'imposta straordinaria progressiva o proporzionale sul patrimonio, ove c;ia stato gi� effettuato l'accertamento fiscale a carico del venditore medesimo (n. 233). -VIII) Se l'acquirente possa pretendere detta garanzia, ove manchi l'accertamento fiscale a carico del venditore (n. 233). LOCAZIONE DI COSE. -Se l'utilizzazione, da parte di una provincia, di un proprio immobile per adibirlo a caserma delle forze di pubblica sicurezza, ai sensi. del precedente R. D. L. 9 dicembre 1930, n. 1850, abbia concretato un rapporto locativo tra la Provincia stessa e lo Stato {n. 77). LOTTO E LOTTERIE. -I) Se il rifiuto della vincita al lotto, a termine dell'art. 28 del R. D. 22 dicembre 1938, n. 1931, nel caso jn cui la bolletta presenti alterazioni o correzioni nei numeri vincenti, si riferisca soltanto al premio conseguito sulle sorti di cui facciano parte anche i numeri corretti o alterati (n. 12). -II) Se il disposto dell'art. 28 del R. D. 22 dicembre 1938, n. 1938, sia applicabile ai premi conseguiti sulle sorti, giocate sulla medesima bolletta, che diano luogo a vincite indipendentemente da tali numeri corretti o alterati (n. 12). MONOPOLI. -Se l'inosservanza da parte del titolare di magazzino di generi di monopolio dell'obbligo di corrispondere ai propri dipendenti gli stipendi, i salari e le indennit� dovute in base ai contratti di lavoro, importi la sospensione o la perdita del diritto del magazziniere medesimo ad ottenere, alla cessazione dell'appalto, la restituzione del deposito cauzionale versato a termini dell'art. 5 del R. D. 14 giugno 1941, n. 577 (n. 21). NAVI. -Se la condanna per emissione di assegno bancario a� vuoto importi la cancellazione dalle matricole della gente di mare (n. 60). NOTIFICA. -Se, ai sensi delle vigenti norme, gli ufficiali giudiziari abbiano diritto all'indennit� di tra. sferta, ogni qualvolta la notifica degli atti sia richiesta dalla Pubblica Amministrazione (n. 7). OBBLIGAZIONE E CONTRATTI. -Se la disposizione cautelativa dell'art. 505 del R. D. 25 maggio 1924, n. 827, trovi pi� fondamento di fronte alle norme dell'art. 2803 Codice civile (n. 34). OPERE PUBBLICHE. -I) Se sull'appaltatore, il cui contratto sia stato sciolto per atto unilaterale del1' Amministrazione, ai sensi dell'art. 9 del Capitolato generale, possano gravare le spese per le opere eseguite dopo lo scioglimento del contratto stesso (n. 36). -II) Se, sciolto il contratto di appalto, in seguito al fallimento dell'appaltatore, ai sensi dell'art. 9 del Capito. lato generale, la curatela sia tenuta alla manutenzione delle opere sino al collaudo (n. 36). -III) Se, dopo lo scioglimento del contratto per atto unilaterale della Amministrazione, ai sensi dell'art. 9 del Capitolato generale, in seguito al fallimento dell'appaltatore, l'Amministrazione stessa poE\sa contestare alla curatela una penalit� per ritardo nel compimento dell'opera (n. 36). -IV) se�, anche in caso di scioglimento del contratto, lo svincolo sulla cauzione possa avvenire solo dopo l'ap provazione del collaudo (n. 36). PEGNO. -Se la disposizione cautelativa dell'art. 505 del R. D. 25 maggio 1924, n. 827, trovi pi� fondamento di fronte alla norma dell'art. 2803 Codice civile (n. 1). PIANI REGOLATORI. -Se, in base al piano regolatore particolareggiato, possa un Comune procedere ad espropriazione nei confronti de! beni demaniali e delle Amministrazioni dello Stato, che detti beni hanno in consegna (n. 3). PROPRIETA' INDUSTRIALE. -Se l'obbligo dello Stato di indennizzare i cittadini italiani per i danni subiti alla loro propriet� industriale negli Stati Uniti d'America durante il periodo della guerra, ai sensi della lE)gge 24 novembre 1948, n. 1493, debba intendersi esteso a tutti i danni suddetti oppure sia limitato alle somme che durante il periodo bellico sono state incamerate dall'Ufficio della propriet� straniera (O.A.P.) in dipendenza dell'uso ivi effettuato di brevetti, ritrovati tecnici, invenzioni, ecc., appartenenti a cittadini italiani (n. 3). RAPPORTI DI LAVORO. -Se l'inosservanza, da parte del titolare di magazzino di generi di monopolio dell'obbligo di corrispondere ai propri dipendenti gli stipendi, i salari e le indennit� dovute in base ai contratti di lavoro, importi la sospensione o la perdita del diritto del magazziniere medesimo ad ottenere, alla cessazione dell'appalto, la restituzione del deposito cauzionale versato a termini dell'art. 5 del R. D. 14 giugno 1941, n. 577 (n. 26). REATO MILITARE. -I) Se le affermazioni, contenute in un esposto, diretto da un carabiniere in congedo al Ministero della Difesa, con le quali si offenda il pre -123 stigio e la reputazione del Ministro stesso, concretino gli estremi del reato di insubordinazione con ingiuria, previsto dall'art. 189 C.P.M. di pace (n. 1). -II) Se la �affermazioni contenute in un reclamo diretto da un militare in congedo al Ministro della Difesa e da questi trasmesso, per competenza alla Direzione generale Leva Sottufficiali e Truppa, le quali offendano il prestigio e la reputazione dei superiori del militare stesso,� possano fondatamente ritenersi venute a conoscenza, per ragioni di servizio, di due o pi� persone che siano militari, concretando, cos�, il reato di insubordinazione con ingiuria in assenza del superiore, previsto e punito dagli articoli 189 e 191 C.P.M. di pace (n. 1). TERREMOTI. -Se, anche ai fini della legge speciale 22 novembre 1937, n. 2105, sulle costruzioni in zone terremotate, una area privata possa considerarsi aperta al pubblico transito solo quando su di essa gravi un diritto di uso pubblico (n. 9). USO DELLE ARMI. -I) Se l'uso delle armi per la repressione del contrabbando, nelle particolari condizioni di legge, competa solo alla Guardia di Finanza, oppure, sempre nella ricorrenza oggettiva delle condizioni anzidette, anche a qualunque altro organo 'di Polizia (n. 4). -II) Se, in linea di massi:m,a, la fuga gel contrabbandiere possa considerarsi come una forma di resistenza all'Autorit�, agli effetti della legittimit� dell'uso delle armi da parte degli organi di Polizia (n. 4). VENDITA. -I) Se l'acquirente di bene immobile possa pretendere di essere garantito dal venditore per il privilegio, stabilito dagli articoli 65 e 87 del D.P.R. 9 maggio 1950, n. 203, relativamente all'imposta straordinaria, progressiva e proporzionale sul patrimonio, ove sia stato gi� effettuato l'accertamento fiscale a carico del venditore medesimo (n. 12). -II) Se l'acquirente possa pretendere detta garanzia, ove manchi l'accertamento fiscale a carico del venditore (n. 12). (U011395� Roma, 1954 � Istituto Poligrafico dello Stato � G. C.