ANNO VII -N. 5 


RASSEGNA MENSILE 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


PUBBLICAZIONE DI SERVIZIO 

SOMMARIO 

I. 
ARTICOLI ORIGINALI 
L'atto amministrativo recettizio, dell'avv. ALDO QuARTULLI, p. 85-88. 
II. NOTE DI DOTTRINA 
1) 
CoMBA e CORRADO : Il rapporto di lavoro nel diritto privato e pubblico, 
recensione critica dell'avv. VALENTE Snn, p. 89. 
2) ANDR� DE LAUBAD�RE: Du pouvoir de !.'administration d'imposer unilat�ralement 
des changements aux diBpositions des contrat8 administrati/ s, 

recensione critica dell'avv. GIUSEPPE GuGLIELMI, p. 89-92. 


III. RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA 
1) 
Competenza e giurisdizione -Poligoni di tiro militari pericolosi per la 
incolumit� e produttori di turbativa della propriet� dei privati (Corte 
di Cass.), p. 93-97. 

2) 
Contratti di guerra -Competenza del Commissariato di cui al D. L. 
25 marzo 1948, n. 674 -Nozione di contratti di guerra non ancora definiti 
(Corte di Cass.), p. 97-98. 

3) 
Imposta di registro -Proroga di societ� con scrittura privata -Data -
Opponibilit� al fisco (Corte di Cass.), p. 98-99. 

4) 
Notificazione -Ricorso al Consiglio di Stato -Notificazione all'Amministrazione 
presso l'Avvocatura dello Stato -Nullit� insanabile (Ccnsiglio 
di Stato), p. 99. 

5) 
Occupazione bellica -Repubblica sociale italiana -C.L.N.A.I. -Comando 
Militare Alleato -Confisca -Inefficacia di atti dispositivi (Corte di 
Cass.), p. 99-104. 

6) 
Trattato di pace -Danni di guerra a cittadini delle Nazioni Unite Concetto 
di persona trattata come nemica (Commissione di Conciliazione 
italo-americana), p. 104-106. 

IV. 
ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI DELLE CORTI DI 
MERITO 
1) Costituzione -Giudizio sulla costituzionalit� della legge -Competenza 
degli organi giurisdizionali (Trib. Genova), p. 107-108. 
2) Imposta straordinaria progressiva sul patrimonio -Applicabilit� del 
salve et repete (Corte App. Milano), 108-109. 

3) 
Procedimento civile -Rapporti fra Stato italiano e F:mdo internazionale 
di emergenza -Sostituzione processuale -Trasporto marittimo Termine 
di prescrizione (Trib. Genova), p. 109-111. 

V. 
SEGNALAZIONI DI DOTTRINA E GIURISPRUDENZA, p. 112-119. 
VI. 
INDICE SISTEMATICO DELLE CONSULTAZIONI, p. 120-123. 

�. 

ANNO VII -N. 5 MAGGIO 1954 

RASSEGNA MENSILE 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


PUBBLIVA.ZIONE DI SERVIZIO 


L'ATTO AMMINISTRATIVO RECET,.fIZIO 

(A proposito di una recente monografia) 

1. Nella sfera del diritto privato, com'� noto, 
la teoria dell'atto recettizio � stata costruita su 
due fondamentali elementi: il primo -consistente 
nella determinatezza del destinatario -non ha 
fornito spunto alcuno per motivi di dubbio; il 
secondo -relativo agli effetti della comunicazione 
sull'atto comunicato -ha dato, invece, motivo 
�a dissensi notevoli. Alcuni scrittori hanno considerato 
la comunicazione come elemento integrante 
dell'atto in quanto si risolverebbe in un modo 
di essere della dichiarazione, riguardata quale 
forma di esteriorizzazione dell'atto medesimo, sicch� 
questo non:potrebbefnon:ritenersi imperfetto 
prima dell'esaurimento del processo notificativo. 
Per converso, altri considerano solo come condizione 
di efficacia dell'atto la comunicazione, la 
quale non inciderebbe sulla perfezione dell'atto. 
� superfluo aggiungere che quest'ultima opinione 
� andata sempre pi� diffondendosi sino a divenire 
oggi del tutto dominante. 

Viceversa, nella sfera del diritto pubblico dove 
si � avuto un certo approfondimento solo 
nei rapporti internazionali -la teoria pu� dirsi 
ancora allo stato incandescente, sebbene sia in 
via di formazione una communis opinio. Infatti, 
prendendosi le mosse dal doppio concetto del carattere 
unilaterale della manifestazione da parte della 
Pubblica Amministrazione e della perfezione della 
volont� pubblica nel momento della sua dichiarazione, 
la maggior parte degli scrittori di diritto 
amministrativo considera la comunicazione dell'atto 
amministrativo recettizio come elemento di 
efficacia, mentre altri la ritengono requisito sostanziale 
dell'atto; il Sandulli reputa di risolvere 
il dissidio distinguendo fra atto e suo effetto giuridico 
e considerando la notificazione con valore 
costitutivo non del primo, ma del secondo. 

Per tentare di conferire alla teoria in parola 
una certa solidit� anche sul terreno del diritto 
pubblico, di recente il Daniele si � proposto di 
porre in rilievo la necessit� di una diversa impostazione 
del problema della recezione pubblicando 
il frutto delle sue meditazioni in una densa .monografia 
dal titolo eguale a quello della .presente 
recensione, nel n. 4 della � Rivista �trimestrale di 
Diritto pubblico� del 1953 (pp. 826-917). 

L'interesse del tema e l'autorit� dello scrittore 
consigliano un breve indugio sull'argomento. 

2. Il Daniele prende le mosse dal rilievo, secondo 
cui le divergenze dottrinali siano da porre 
in relazione alla non facile discriminazione dei 
concetti di perfezione e di efficacia degli atti amministrativi 
e alla non chiara costruzione del concetto 
di comunicazione necessaria accolto dai vari 
autori con diversa significazione. Precisato che 
perfetto � l'atto completo degli elementi costituivi 
richiesti dal diritto positivo e che efficace � l'atto 
che, oltre ad essere perfetto, � arricchito di elementi 
estrinseci richiesti per la sua concreta possibilit� 
di attuazione, critica la costruzione del 
Sandulli e puntualizza il problema centrale della 
teoria in parola nella determinazione del fondamento 
dell'onere o dell'obbligo della comunicazione, 
fondamento che egli riconduce ad una esigenza 
di pubblico interesse, meglio ancora alla 
necessit� di assicurare la collaborazione del destinatario 
per il raggiungimento dei fini dell'atto 
medesimo. 
Chiarito, poi, che per collaborazione s'intendono 
i comportamenti del soggetto destinatario 
necessari al raggiungimento dei fini degli atti o 
per volont� di legge (meri atti giuridici) o per 
volont� del dichiarante (negozi giuridici), il Daniele 
reputa, in via generale, necessaria la collaborazione 
del destinatario o quando l'atto sia diretto 
a provocare una reazione negoziale o quando 
l'atto abbia ad oggetto un comportamento obbligatorio 
e� giuridicamente sanzionato dal destinatario 
medesimo. 

Di qui la conseguenza duplice: 1) sono atti recettizi 
solo quelli che non possono raggiungere 
i fini essenziali senza la collaborazione lato sensu 
di un destinatario determinato; 2) non sarebbero 
atti recettizi quelli, la cui notificazione sia stabilita 
nell'esclusivo interesse del destinatario o ai 
fini della proposizione di impugnativa. 

Continuando nella sua acuta disamina, il Daniele 
tiene a distinguere l'effetto immediato e necessario 
della comunicazione (consistente nel produrre 
la recezione e nella costituzione di . p;rove 

o presunzioni della medesima) dagli effetti mediati 
ed eventuali (consistenti nella perfezione ed effi� 
cacia dell'atto comunicato). E poich� l'atto amministrativo 
� normalmente perfetto con la pronunzia 
dell'autorit�, onde i successivi adempimenti 

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restano al di fuori del processo formativo di esso, 

afferma: � 

a) che il concetto di atto recettizio va co


struito avendo riguardo non agli effetti mediati 

della comunicazione, ma all'obbligo od onere di 

una comunicazione determinato dalla necessit� di 

collahorazione del destinatario; 

b) che la questione se negli atti recettizi la 

comunicazione sia elemento di perfezione o requi


sito di efficacia va risolta in base alle disposizioni 

di diritto positivo regolanti le singole fattispecie; 

c) che la comunicazione, quando produce 

effetti mediati e non si fonde con la dichiarazione, 

deve di regola ritenersi stabilita ai soli fini della 
�efficacia dell'atto. � 
Nel capitolo III applica il principio della recezione 
alle varie categorie di atti amministrativi. _ 

Successivamente, il Daniele, distinto il concetto 

ampio di comunicazione (attivit� diretta a portare 
qualcosa a conoscenza di qualcuno) da un 
concetto pi� stretto (attivit� diretta a portare a 
conoscenza di qualcuno qualcosa che non consiste 
in una dichiarazione), segue, sulle orme del 
Carnelutti, la suddivisione in autonotificazione ed 
eteronotificazione, si occupa dei soggetti necessari 
della comunicazione e delle varie forme (scritte 
ed orali, indirette e dirette), rileva le particolari 
norme di legge regolanti la comunicazione degli 
_atti recettizi e, come regola generale per gli atti 
nei cui confronti non esiste alcuna prescrizione, 
fa richiamo al principio della libert� della scelta 
delle forme. Indica, quindi, �il momento in cui il 
processo di comunicazione debba intendersi compiuto, 
allorquando l'atto penetra nella sfera giuridica 
del destinatario (presunzione relativa di 
recezione) e tratta, dopo, dei vizi della comuni


cazione. 

Infine, il Daniele, si occupa degli effetti preli


minari dell'atto recettizio, e cio� degli obblighi 

ed oneri derivanti dall'emanazione dell'atto. Se 

l'atto � discrezionale, l'autorit� che lo ha emesso 

ha l'onere della comunicazione; se l'atto � vinco


lato, l'autorit� ha l'obbligo della comunicazione 

medesima. Il mancato adempimento dell'obbligo 

si risolve in un comportamento illegittimo della 

Pubblica Amministrazione. 

Quanto alla revoca o all'annullamento, se ne 

pu� parlare solo nei confronti degli atti esistenti e 

quindi degli atti recettizi, nei quali la comunica


zione sia requisito di efficacia. In ogni modo la 

revoca deve essere sempre fondata su un nuovo 

o diverso apprezzamento del pubblico interesse, 
mentre l'annullamento degli atti illegittimi � in 
facolt� della Pubblica Amministrazione. 
La forma � varia: pu� consistere nel ritiro del 
provvedimento o nel mancato esercizio dell'impulso 
alla trasmissione rispetto agli atti emessi discrezionalmente; 
rispetto agli atti vincolati occorre 
sempre un'espressa manifestazione di revoca. 

L'atto inefficace non pu� essere impugnato 
perch� non produttivo di lesione attuale e concreta, 
ma la giurisprudenza ne ha ammesso la 
impugnazione ove sia portato ad esecuzione. Gli 
atti esecutivi di un atto inefficace sono illegittimi 
e come tali possono essere impugnati ex se; in ogni 
modo, essi fanno sorgere il momento dal q�ale 

decorre il. termine per l'impugnativa dell'atto 
inefficace eseguito, per motivi che direttamente 
lo concernano. 

3. Abbiamo voluto riassumere con una certa 
larghezza lo studio qel Daniel~, non solo per dovere 
di informazione, ma anche per mettere in 
luce la nobilt� dello sforzo compiuto. Lavori meditati 
come questo non sono troppo frequenti. 
Tuttavia la difficolt� che presenta la materia, 
restia ad una sistemazione definitiva, ci sembra 
abbia impedito il raggiungimento di una conquista 
completa. Dopo la lettura rimane ancora qualche 
dubbio sui risultati ottenuti. Lo stesso Daniele, 
il quale ha compiuto ben pi� di un'opera di 
semplice dissodamento, ha avvertito di aver il 
proposito pi� di porre che di risolvere definitivamente 
i problemi affrontati. 

4. L'opera del Daniele parte da pos1z10ni non 
nuove. L'intuizione, sebbene non profondamente 
elaborata, dell'esistenza e della struttura degli atti 
amministrativi recettizi, come si � detto gi� trovava 
accoglimento nella dottrina giuridica. E sostanzialmente 
la dottrina aveva gi� individuato 
le particolari situazioni in relazione alle quali 
acquistava speciale rilevanza la comunicazione 
dell'atto (RANELLETTI: Teoria degli Atti� amministrativi 
speciali, 1945, p. 123). Del pari era gi� 
utilizzata la distinzione tra perfezione ed efficacia 
dell'atto (FORTI: I controlli, p. 747) e gi� si 
lavorava per distinguere le notificazioni dalle comunicazioni 
(o, secondo il CAMMEO, partecipazione) 
in base ad un criterio sostanziale in relazione 
allo scopo dell'atto. 
Merito del Daniele � stato indubbiamente quello 
di a;ver proposto un concetto unitario, ricomprendente 
tutte le situazioni cennate, le quali troverebbero 
un comune denominatore nella esigenza 
di collaborazione del privato con la Pubblica Amministrazione. 
Ora anche codesta nozione non � 
del tutto nuova essendo stata utilizzata, come 
fenomeno di confluenz!)i di diverse volont� verso 
un unico effetto a proposito della teoria dell'atto 
complesso e, in senso parzialmente diverso, a proposito 
dell'atto collettivo (FORTI: Diritto amministrativo, 
vol. II, p. 106) e dell'atto ricettizio. Nello 
studio presente viene invece adoperata al di fuori 
del campo negoziale in una ipotesi che non trova 
riscontro in precedenza. Ci� spiega gli atteggiamenti 
parzialmente diver!li, rispetto a quelli raggiunti 
in precedenza, che il Daniele ritiene di� 
dover precisare. 

5. Peraltro l'adozione del criterio della collaborazione 
ha portato ad un'elaborazione di situazioni 
che d� luogo a qualche perplessit�, potendo 
dirsi che essa sia imprecisa per eccesso e per 
difett�. 
Nel �caso in cui l'atto � diretto a. provare una 
reazione negoziale nel destinat!J.!+io, non pare difatti 
sia del tutto esatto considerare la comunicazione 
come elemento di efficacia dell'atto. � 
vero che l'atto non comunicato non determina 
alcun effetto; ma la produzione degli effetti non 
� qui subordinata alla comunicazione, bens� alla 


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reazione negoziale stessa dell'interessato, sicch� � 
questa, e non quella, la condizione di eseguibilit� 
dell'atto. 

Non pare invece sufficientemente giustificata 
l'esclusione dei casi in cui la comunicazione � prescritta 
o si rende necessaria a garanzia della situazione 
giuridica di cui l'interessato � titolare. Qui 
il particolare scopo cui mira la comunicazione, 
cio� la possibilit� per l'interessato di esperire i 
rimedi di legge contro l'atto, non impedisce che 
esso si atteggi secondo gli� schemi dell'atto recettizio, 
soprattutto in relazione alla inefficacia del 
provvedimento non comunicato. La giurisprudenza 
ha ammesso, ad es., la natura recettizia degli 
atti di risoluzione del rapporto di impiego e nei 
provvedimenti disciplinari proprio in base ad una 
esigenza di garanzia nell'interesse principalmente 
del privato e, subordinatamente, anche della Pubblica 
Amministrazione. 

� questa certo un'ipotesi che non s'inquadra 
facilmente nello schema proposto dal Daniele. 
Trattasi peraltro di una notevole categoria che, 
per completezza, si sarebbe dovuto additare, tanto 
pi� che, sul terreno pratico, l'Autore, ne ha riconosciuto, 
sicuramente, attraverso i singoli casi, il 
carattere recettivo. 

6. Nella vexata quaestio relativa alla struttura 
ed agli effetti dell'atto amministrativo recettizio 
il Daniele non assume una posizione unica e definitiva. 
In linea di principio, affermando l'autonomia 
dell'atto di comunicazione rispetto all'atto comunicato, 
esclude, in base al classico ragionamento 
della scuola tedesca, di cui si � reso esponente il 
Manigk, che il primo possa essere considerato come 
elemento di perfezione, e ritiene, quindi, che l'atto 
di comunicazione incida solo sull'efficacia del provvedimento. 
D'altra parte ammette che una soluzione 
diversa debba essere adottata in casi particolari 
o in presenza di norme di legge che dispongano 
in senso particolare. 

A questo punto la parziale difformit� delle 
opinioni del Daniele con la linea segu�ta dalla 
giurisprudenza avrebbe meritato un maggiore 
approfondimento. 

� vero che il Consiglio di Stato ha avuto occasione 
di affermare che la notifica e la comunicazione 
rappresentano di regola atti estrinseci e 
non costituiscono in conseguenza condizioni di 
validit� dell'atto amministrativo (Sez. V, 8 febbraio 
1946, n. 57; Sez. VI, 28 dicembre 1950, 

n. 455). Ed � da tale principio che il Consiglio di 
Stato ha tratto, come conseguenza, l'affermazione 
della sufficienza, ai fini della comunicazione della 
sola notifica del dispositivo (Sez. V, 14 aprile 1951, 
n. 956; Sez. V, 18 giugno 1949, in cc Foro Amm. �, 
1950, I, 96) oppure degli elementi essenziali dell'atto 
(Sez. IV, 3 agosto 1951, n. 533). 
Senonch� tale giurisprudenza non sembra che 
possa rif�rirsi agli atti recettizi. Sebbene un orientamento 
definitivo non sembri ancora fissato, 
sembra che la tendenza della giurisprudenza consista 
nell'a�coglimento della tesi che la comunicazione 
sia elemento di perfezione dell'atto. Meritevole 
di segnalazione � la decisione 21 ottobre 

1950, n. 1079, della Sez. V (in � Giur. Compi. Corte 

Cass. n, 1950, III, p. 895) che afferma essere l'atto 

recettizio non comunicato ridotto al rango di mero 

atto interno, privo di rilevanza giuridica per il 

destinatario. 

Un esame pi� diffuso sulle singole decisioni 
avrebbe potuto perci� enucleare qualche nuovo 
�concetto valido per una pi� sottile elaborazione 

della materia. 

7. Ma, prescindendo da tanto, l'adesione, in un 
tema cos� dibattuto e scottante, ad una delle tesi 
estreme espone necessariamente ad una serie di dubbi 
e di perplessit�, non troppo facilmente superabili. 
Ci sembra invero che tra la premessa teorica 

sostenuta dal Daniele, l'esigenza cio� di pubblico 

interesse della collaborazione tra privato e Pub


blica Amministrazione, e l'opinione della comuni


cazione come semplice elemento di efficacia e non 

di perfezione dell'atto, non si riesce a scorgere un 

rapporto di conseguenzialit�. 

Se scopo della comunicazione � quello di ottem


perare ad un'esigenza di pubblico interesse, l'inef


ficacia dell'atto non comunicato, dovrebbe essere 

intesa come mezzo riconnesso al perseguimento 

di tale finalit�. Senonch� � facile scorgere come 

l'inefficacia dell'atto, lungi dal facilitare il rag


giungimento dello scopo, costituisce una ulteriore 

remora all'azione amministrativa, ed � perci� in 

contrasto col meccanismo in cui dovrebbe invece 

essere inquadrata. 

In altri termini se si amme.tte l'inefficacia dell'atto 
per mancata od errata comunicazione, .non 
pu� allora parlarsi n� di fine esclusivamente pubblico 
n� di collaborazione del destinatario perch� 
ia premessa contrasta con la conseguenza, e si 
dovrebbe quindi porre il fondamento dell'istituto 
su basi diverse. 

8. Particolarmente scottante la questione si fa 
in ordine a due problemi di indole �pratica: la possibilit� 
di impugnazione degli atti esecutivi scaturenti 
da un atto amministrativo recettizio non 
ancora comunicato, e l'incidenza dell'istituto dell!li 
cc piena conoscenza� dell'atto ottenuta aliunde dall'interessato, 
sull'eseguibilit� e sulla impugnabilit� 
dell'atto. 
Sul primo punto il Daniele � per l'impugnativa 

degli atti di esecuzione con i normali mezzi ap


prestati dalla legge. 

Ma il punto merita qualche precisazion.e. 

Se l'esecuzione in parola si profila illegittima 

per qualche vizio degli atti in s� considerati, � 

ovvia l'ammissibilit� dell'impugnativa. 

Questa invece non pare ammissibile ove si fondi 

sulla sola illegittimit� dell'esecuzione per mancata 

comunicazione. L'atto di esecuzione non � impu


gnabile ex se in quanto rappresenta la logica con. 
seguenza di un atto precedente (Sez. VI, 27 febbraio 
1950, n. 59; 7 novembre 1950, n. 405). 

Il principio � temperato nel senso che il termine 
per impugnare, ove l'atto non sia stato in prece~ 
denza notificato, decorre dalla data dell'atto esecutivo, 
ma l'impugnativa riguarda l'atto originario, 
per yi.zi suoi propri, e non l'atto esecutivo, rispetto 
al quale pu� invocarsi solamente la sospensione. 


-88 


La difficolt� verrebbe invece superata, sotto ogni 
profilo, seguendo la teoria che la comunicazione 
valga a �perfezionare l'atto. In tal caso, difatti, 
l'illegittimit� dell'atto si determina automaticamente 
per la carenza del presupposto su cui l'atto 
esecutivo fonda; e per di pi� non pu� farsi alcuna 
questione circa la sua impugnabilit� ex se, essendo 
del tutto ovvia e pacifica la sua autonoma esi-� 
stenza, come primo comportamento esterno della 
Pubblica .Amministrazione che tocchi il privato. 

Sul secondo punto, di delicatissima rilevanza, 
giustamente il Daniele afferma che la piena conoscenza 
�ottenuta dall'interessato aliunde non incide 
sulla situazione sostanziale che rimane immutata. 
La norma che stabilisce la decorrenza del termine 
per il ricorso dal momento della piena conoscenza, 
ha infatti valore meramente processuale, e non 
pu� essere applicata, dato il suo carattere di specialit�, 
al di fuori del campo direttamente da essa 
regolato. N elio stesso senso si esprime il FORTI 
(Diritto Amm., II, p. 125). 

Ci pare, peraltro, che debba essere posta in 
luce questa peculiarit�: che non solo la situazione 
processuale non influisce sulla sostanziale, ma questa 
si presenta determinante su quella. Difatti se 
l'atto non pu� essere eseguito, l'impugnazione 
non � ammissibile per carenza d'interesse attuale 
a ricorrere. 

Il ricorso, giusta quanto ritenuto dalla giurisprudenza, 
sar� per� ammissibile di fronte alla 
esecuzione del provvedimento, rimanendo per� 
sempre la possibilit� di impugnazione dal momento 
in cui la situazione operativa dell'efficacia si perfezioni. 


E pertanto l'art. 36 del T. U. 26 giugno 1924, 

n. 1054, il quale, nella sua ampia dizione, non 
opera nessuna distinzione, deve ritenersi 'inapplicabile 
alla categoria degli atti recettizi. 
Rimane peraltro il dubbio che la soluzione possa 
essere l'inversa, e cio� che la norma processuale 
agisca sul terreno sostanziale. � quanto, ad es., 
recentissimamente sostiene l'Ottaviano nel suo 
studio sulla comunicazione degli atti amministrativi, 
per negare, in tesi, l'esistenza di atti amministrativi 
recettizi. Pur senza giungere a tale 
estremo, si potrebbe peraltro dubitare della sussistenza 
di un obbligo od onere di comunicazione 
laddove l'effetto diretto � immediato e cio� la 
conoscenza da parte del destinatario, si � prodotta. 
~�t .Anche qui l'opposta tesi sembrerebbe poter 
risolvere ogni difficolt�. Se l'atto non � perfetto 
� del tutto logico che la piena conoscenza non 

. possa 
segnarne l'inizio della impugnabilit� ed � 
logico perci� che l'art. 36 non trovi applicazione, 
poich� presupposto del ricorso � l'esistenza di un 
formale atto amministrativo, esistenza che, come 
� noto, coincide con il concetto di giuridica perfezione. 


9. In conclusione la monografia del Daniele 
rappresenta un nobile sforzo per raggiungere la 
sistemazione di un'ardua materia, restia ai reiterati 
tentativi finora esperiti. 
Restano da � segnalare, come cose di altissimo 
interesse, la disamina dei singoli atti recettizi, 
e l'indagine sulla disciplina delle comunicazioni, 
che offrono ai pratici strumenti di lavoro facili 
e sicuri. 

ALDO QUARTULLI 

AVVOCATO DELLO STATO 



NOTE D I DOTTRINA 


Oo:MJu''l"e OORRADO: Il rapporto di lavoro nel diritto 
privato e pubblico. Zappichelli, Torino. 

Il volume consta di due parti la prima sul rapporto 
di lavoro nel diritto� privato dovuta al professore 
Oorrado, la seconda sul rapporto di lavoro 
nel diritto pubblico, opera del prof. Oomba. Precede 
un'introduzione nella quale si studiano i 
princip� essenziali e in genere costituzionali del 
lavoro e della organizzazione sindacale. 

Di particolare interesse per la nostra Rassegna 
� la seconda parte che costituisce una monografia 
completa e informata sul rapporto di pubblico 
impiego, in verit� finora poco studiato in sede 
monografica salvo gli studi del Petroziello che 
rimonta al Trattato di Diritto amministrativo deZl'ORLANDO 
e del BALDI dell'immediato dopo guerra. 

Tuttavia prima di dare un cenno della monografia 
del prof. Oomba ci pare opportuno formulare 
alcune riserve e rilievi di carattere generale 
sul tentativo di considerare unitariamente come 
rapporti di lavoro sia quello privato che quello 
di pubblico impiego. 

Tale indirizzo potrebbe dare l'impressione che 
gli il. ravvisassero un vero e proprio rapporto 
di lavoro anche in quello di pubblico impiego e 
quindi ritenessero ad esso applicabili gli articoli 
del titolo III sui rapporti economici. 

In realt�, per quanto il problema non sia stato 
formulato e affrontato, l'unitariet� delle due parti 
non appare dal volume che anzi ne pone in risalto 
elementi distintivi, mentre la stessa organizzazione 
sindacale viene esclusa a sensi dell'art. 39 
della Oostituzione nella introduzione, per i pubblici 
impiegati. 

Rimane cos� semplicemente quella vaga tendenza 
sotto taluni aspetti a scambiarsi concetti 
tra 'l'impiego privato e quello pubblico che rende 
opportuna ed utile una trattazione affiancata dei 
due rapporti come quella realizzata dagli il., 
ma che renderebbe sommamente discutibile una 
trattazione unitaria la quale, a nostro avviso, 
mancherebbe addirittura di base. 

La monografia del prof. Oomba inizia col precisare 
il concetto di pubblico impiego ponendone 
in risalto gli elementi essenziali, le distinzioni e 
la natura � le fonti. Passa indi allo studio della 
nascita, svolgimento ed estinzione del rapporto, 
ponendo in risalto doveri e diritti degli impiegati, 
responsabilit� e sanzioni. 

Si tratta di un'esposizione chiara ed accurata 
dei principi tenendo presente l'orientamento della 
giurisprudenza, con osservazioni critiche e costruttive 
di rilievo. Su moltissimi punti sarebbe interessante 
soffermarsi, ci� che naturalmente � impossibile 
in questa recensione. Oi limiteremo a 
qualche accenno a questioni di interesse attuale. 

Oosi per es., a pagina 11 l'A. delimita come 
questione di specie per la mobilitazione civile l'affermazione 
giurisprudenziale che si possa prescindere 
nella costituzione del rapporto di pubblico 
impiego dalla volont� dell'interessato (� tuttavia 
da rilevare in proposito che la Sezione di controllo 
della Oorte dei Oonti ha negato, proprio nella 
stessa fattispecie, l'esistenza di un simile rapporto). 
A pagina 35 valuta l'espressione �contratto di 
diritt.:; privato� adoperata dalla legge del 1952 
per i salariati come prova di una mancanza di 
inserimento nell'ordinamento della Pubblica Amministrazione, 
ritenendoli di competenza del giudice 
del lavoro,~a sensi dell'art. 429, n. 4 del O.p.c. 

A pagina 116 e segg. si d� ampio risalto al dovere 
di fedelt� e si esclude che possa ammettersi per 
gli impiegati dello Stato il diritto di sciopero, con 
persuasive argomentazioni. 

E le citazioni potrebbero moltiplicarsi: effetti 
dell'annullamento di licenziamento, poteri dell'Amministrazione, 
garanzia amministrativa, articolo 
28 della Oostituzione. Moltissime questioni 
di viva concretezza e attualit�, ma soprattutto 
un'esposizione chiara, persuasiva, informata che 
rende questo studio di utilit� sopratutto didattico 
pur non escludendone l'utilit� pratica professionale. 

Un'opera interessante gi� alla seconda edizione 
che merita di essere ampliata e di passare dalla 
forma scolastica della litografia alla stampa con 
ampio corredo di note cos� da farne una monografia 
veramente utile anche ai fini professionali. 

V. S. 
ANDR� DE LA1IBADERE: Du pouvoir de l'administration 
d'imposer unilat�ralement des changements aux 
dispositions des contrats administratifs. in KR~wue 
de Droit public n, 1954, pp. 36-63. 

L'Autore, dopo aver constatato la frequenza, 
con la quale � prevista nei �contratti amrmmstrativi 
� la facolt� dell'Amministrazione d'impor




-90 


re, nel corso della loro esecuzione, modificazioni o 
aggiunte, si propone il quesito se un tale potere 
debba considerarsi esistente, in base a un principio 
generale di diritto, rispetto a tutti i contratti 
amministrativi o, quanto meno, relativamente 
a quelli, che implicano una collaborazione 
del privato a pubblici servizi, si da costituire una 
caratteristica essenziale di questa categoria di contratti. 


La maggior parte degli autori, citati dal de Laubad�re, 
si � occ.upata della questione con particolare 
riferimento al contratto di pubblico appalto, 
rispetto al quale, �come esattamente nota l'autore, 
la questione ha un'importanza quasi esClusivamente 
teorica, giacch� tutti i capitolati d'oneri 
in concreto prevedono e regolano tale potere. 

Fino al 1945 la prevalente dottrina francese 

(JEZE: Principes generaux du Droit administratif) 

aveva ritenuto come naturale ai contratti amministrativi 
il potere dell'Amministrazione di aumentare 
o ridurre, in corso di esecuzione del contratto, 
le prestazioni d.a effettuare dal privato. Del principio 
era stata fatta concreta applicazione alla 
concessione di servizi pubblici, al contratto di 
pubblico appalto e di fornitura, al contratto di 
occupazione di beni demaniali, al contratto di 
arruolamento. 

Le norme contenute nelle leggi o nei capitolati 
erano considerate, secondo il de Laubad�re, come 
dettate per� regolare l'esercizio di questo potere, 
la cui esistenza risultava dai principi generali. 

Due limitazioni erano poste a questo potere: 
in primo luogo esso riguarderebbe il pubblico servizio 
e non i rapporti economici fra i contraenti; in 
secondo luogo tale potere di modificazione non 
potrebbe trasformare sostanzialmente il contratto 
n� eccedere le possibilit� tecniche ed economiche 
del contraente privato. L'Amministrazione sarebbe 
stata in ogni caso tenuta a indennizzare l'altro 
contraente per il pregiudizio arrecatogli. 

Successivamente il J �ze (in Revue de Droit 
public �, 1945, p. 257) precis� che questo potere 
non poteva considerarsi generale e comune a tutti 
i contratti amministrativi, bens� speciale a taluni 
di essi e, cio�, alla concessione di pubblici servizi, 
rispetto alla quale si poneva come estrinsecazione 
del normale potere regolamentare di organizzazione 
del pubblico servizio, ed al contratto di pubblico 
appalto. 

Dopo il Jez�, l'HUILLIER (Les contrats administratifs 
tiennent-ils lieu de lai � l'Administration ?, 
Dalloz, 1953, Chron, p. 87) riesaminando funditus 
la questione, ha escluso in via generale l'esistenza 
di un tale potere. .A tale conclusione l'Huillier 
perviene attraverso l'esame della giurisprudenza 
del Conseil d'Etat, che, a suo avviso, non avrebbe 
mai affermato e spesso avrebbe espressamente 
negato l'esistenza di questo potere, anche in relazione 
alla concessione di pubblici servizi. 

Secondo l'Huillier il potere dell' .Amministrazione 
di modificare con atto unilaterale il contratto, 
sussisterebbe soltanto in alcuni casi per effetto 
di una prassi amministrativa cos� costante da 
determinare una consuetudine. 

Il de Laubad�re si propone di esaminare anche 
egli ex novo tutta la giurisprudenza al fine di con


. trollare l'esattezza della interpretazione datane 
dall'Huillier, ma limitando l'esame alla esistenza 
del potere, senza considerare n� i limiti n� le conseguenze 
patrimoniali del suo esercizio. Questo 
potere si presenta sotto due aspetti: il primo riguarda 
la facolt� di mettere fine anticipatamente 
al contratto, che, senza dubbio, � un aspetto del 
pi� generale potere di modificazione. 

Questo aspetto particolare del potere, che il 
J �ze chiama del rachat non contractuel, sussisterebbe 
certamente -secondo il de Laubad�re quando 
l'esecuzione del contratto amministrativo 
fosse divenuta inutile all'interesse generale e pi� 
non corrispondesse ai pubblici bisogni. La giurisprudenza 
citata, per�, sebbene contenga qualche 
espressione d'indole generale, riguarda i pubblici 
appalti, le forniture di guerra e il contratto d'hnpiego 
pubblico. 

Quanto al secondo aspetto del potere, consistente 
nella facolt� di modificare il contenuto e le modalit� 
del contratto, il de Laubad�re cita una famosa 
decisione del 21 marzo 1910 (Compagnie g�n�rale 
fran�aise des tramways) ed il suo commento da 
parte del commissario del Governo in relazione 
.al noto affare del � Gaz d'�clairage de Poissy �. 
Ci� per quanto riguarda le concessioni di pubblici 
servizi. 

Per gli altri contratti amministrativi la giurisprudenza 
citata � molto scarsa e ci�, secondo il 
de Laubad�re, si verifica sia perch� il potere di 
modificazione �, in genere, espressamente previsto 
nei contratti, sia perch� le �controversie hanno ad 
oggetto non il potere o il suo esercizio, ma le conseguenze 
patrimoniali di questo. 

Critica, poi, il de Laubad�re le tesi dell'Huillier 
e del J �ze e passa, infine, alla conclusione. 

Sulla base dell'innegabile potere dell' Amministrazione 
di regolare i pubblici servizi e di provvedere 
ai lavori pubblici, l'autore afferma l'esistenza 
di un generale potere di modificazione nei 
contratti importanti la diretta partecipazione del 
privato al funzionamento del pubblico servizio e 
di un analogo potere, relativamente agli altri contratti, 
quando il mutamento del contenuto o delle 
modalit� del contratto sia una conseguenza dell'esercizio 
dell'anzidetto potere di organizzazione 
del pubblico servizio. 

La questione, molto interessante, pu� proporsi 
in termini generali anche per il nostro ordinamento, 
che, per molti aspetti, � analogo a quello francese 
e le conclusioni, cui perviene l'autore, possono 
senz'altro condividersi. 

Occorre, per�, tener presente che la nostra dottrina 
non riconosce la categoria dei contratti amministrativi, 
quanto meno con l'ampiezza, con 
la quale � considerata dagli studiosi francesi, ritenendo 
che. essa non risponda a criteri rigorooa~ 
mente scientifici, se si eccettui quello soggettivo. 
Invero la circostanza che un contratto sia stipulato 
dallo Stato o da un Ente pubblico non � sufficiente 
a differenziarlo dagli altri analoghi con



-91


tratti di diritto comune e la stessa dottrina francese 
-come si rileva dallo studio del de Laubad�re 
-� tuttora alla ricerca di un criterio obiettivo, 
che valga a differenziare nettamente la vasta 
categoria dei contratti amministrativi. 

Questa potrebbe, forse, identificarsi, nel nostro 
ordinamento giuridico, con il contratto di diritto 
pubblico o con la concessione-contratto, istituto, 
la cui esistenza va sempre pi� nettamente delineandosi 
e che presenta delle spiccate caratteristiche, 
che decisamente lo differenziano dal contratto 
di diritto privato. Questo attua un regolamento 
dei rapporti fra i due contraenti in via 
autonoma e principale; quella, invece, aderisce 
ad un atto autoritativo, che ne condiziona la 
esistenza (M. GALLO: I rapporti contrattuali nel 

. Diritto amministrativo, Padova, 1936, p. 192 e 
passim). Premessa del regolamento contrattuale 
dei rapporti � l'atto di concessione, col quale l'.Amministrazione 
conferisce al privato il potere di 
esercitare un pubblico servizio o di usare, in modo 
eccezionale, di un bene demaniale. Il contratto, 
in questi casi, � condizionato alla persistenza della 
concessione, il cui regolamento non � contrattuale, 
essendo posta in essere con atto unilaterale dell'amininistrazione, 
ancorch�, dal punto di vista 
formale, tale manifestazione di volont� risulti 
dal contratto-concessione. 

Trattasi, pur sempre, di esercizio di un potere 
pubblico. Nelle concessioni-contratto si verifica 
esattamente l'ipotesi prevista dal de Laubad�re, 
di una diretta partecipazione del privato alla funzione 
o al servizio pubblico. Per esse non v'� dubbio 
che sussista il potere dell'amministrazione di 
farne cessare l'efficacia o d'imporne la modificazione 
allorch� il pubblico interesse lo esiga (A. D. 
GIANNINI: Elementi di Diritto finanziario, p. 45 
e segg.). La revoca delle concessioni, che risultino 
in contrasto con l'interesse generale, � considerata 
sempre ammissibile (M. GALLO, loc. cit.; RESTA: 
La revoca degli atti amministrativi, 1935, p. 127; 
ZANOBINI: Corso, vol. I, p. 264); essa importa come 
logico corollario il venir meno del contratto previsto 
per la regolamentazione dei rapporti nel 
corso della concessione. 

Questi principi sono applicabili, a nostro avviso, 
anche ai contratti di pubblico appalto e di pubbliche 
forniture, nei quali pure si riscontra una 
diretta partecipazione del privato al pubblico 
servizio e che non possono confondersi con i solo 
apparentemente analoghi contratti, regolati dal 
Oodice civile. 

A questo proposito ci sembra che sia degna di 
particolare attenzione la tesi sostenuta dall'Huillier: 
in tutti i contratti di pubblico appalto e di 
pubbliche forniture e nei relativi capitolati generali 
� previsto espressamente il potere dell' .Amministrazione 
di aumentare o diminuire le presta


. zioni entro i limiti della capacit� tecnico-economica 
del privato contraente e sempre che ci� non 
importi una� modificazione sostanziale del contratto. 
Ma questo potere � generalmente considerato 
come spettante all' .Amministrazione in virt� 
di una norma giuridica (cfr. A. D. GIANNINI, loc. 

cit.) e non come facolt� nascente dal contratto. 

A nostro avviso, l'esistenza di tale norma pu� 

trarsi agevolmente dai principi generali del diritto 

amministrativo, secondo i quali tutta l'attivit� 

dell' .Amministrazione deve tendere al soddisfaci


mento dell'interesse pubblico; e.ssa, comu,nque, � 

confortata dalla prassi costantemente seguita col 

convincimento della sua obbligatoriet� s� da dar 

luogo ad una vera e propria consuetudine, prae


ter legem. 

L'anzidetto potere, a nostro avviso, non � attri


buito ma limitato dall'art. 345 della legge 20 marzo 

1865, all. F, che consente ali' .Amministrazione 

di aumentare o diminuire l'appalto entro il limite 

di un quinto. In mancanza di questa espressa 

norma limitativa dovrebbe, a nostro avviso, rico


noscersi lo stesso potere nei limiti generali dianzi 

citati. 

Per compiutezza di esposizione riteniamo di 

dover accennare alle conseguenze patrimoniali 

dell'anticipata risoluzione del contratto. Il citato 

art. 345 prevede l'obbligo dell'Amministrazione 

di pagare i lavori eseguiti, le provviste e un de


cimo dell'importo dei lavori ancora da eseguire 

e fino ai 4/5. 

Gli articoli 36 e 49 O. N. prevedono il diritto 

ad indennizzo nel caso che sia revocata una con


cessione sul lido del mare superiore al biennio e 

che abbia importato impianti di difficile rimozione 

o opere stabili. L'indennizzo � ragguagliato a tante 

annualit� di ammortamento del costo delle opere, 

quanti sono gli anni, per i quali la concessione 

sarebbe dovuta ancora durare. 

Anche il T. U. sulle acque pubbliche prevede 

all'art. 48 il diritto ad un'indennit� quando la 
,quantit� d'acqua concessa sia ridotta in conseguenza 
di opere compiute dall' .Amministrazione. 


In analogia di questo principio si ritiene dovuta 
l'indennit� anche nel caso di revoca della concessione 
per ragioni di pubblico interesse (ZANOBINI: 
Corso, vol. II, p. 75, cfr. articoli 45 e 47 T. U., 
11 dicembre 1933, n. 1775). Queste norme, a nostro 
avviso, sono espressione di un principio generale, 
in base al quale riteniamo di poter affermare 
che la revoca deila concessione-contratto per ragioni 
di pubblico interesse sia sempre legittima, 
ma importi il diritto ad indennizzo secondo i principi 
dell'indennizzabilit� del danno arrecato nell'esercizio 
di attivit� legittima. 

Per i contratti di diritto privato tali norme 
non sembrano applicabili. La loro conformit� all'interesse 
pubblico deve essere valutata sempre 
con riferimento al momento della stipulazione e 
ci� ancorch� si proceda in tempo successivo allo 
annullamento, non revoca, dell'atto di approvazione 
(Oonsiglio di Stato, Sez. I, parere n. 791 
del 1948 in << Rel. Oonsiglio di Stato))' 1947-50, 
II, p. 35; id. 17 maggio 1949, n. 961, ivi). 

In alcune ipotesi questi principi sembrano applicabili 
anche ai contratti di diritto privato, ma 
trattasi soltanto di apparenza. Sostanzialmente 
il contratto subisce una profonda modificazione 
per il mutamento dell'oggetto e se resta in vita 


-92


assume il carattere della concessione-contratto, 
rispetto alla quale si applicano le norme e i principi 
dianzi esaminati. 

Si pensi, per esempio, alla locazione di un im~ 
mobile facente parte del patrimonio disponibile 
dello Stato. Trattasi di contratto di diritto privato 
e come tale non revocabile. L'immobile pu�, 
per�, ricevere una pubblica destinazione (strade, 
opere di difesa, caserma) ed in tal caso � trasferito 
dal patrimonio disponibile al demanio o aJ. 
patrimonio indisponibile. Viene meno, in tale ipo


tesi, o sostanzialmente si modifica l'oggetto del 
contratto, che, secondo i principi di diritto comune, 
dovrebbe risolversi. Se esso � compatibile 
con la pubblica destinazione del bene, per�, pu� 
continuare a produrre alcuni effetti, che sono quelli 
propri della concessione-contratto, ma la sua 
sopravvivenza � condizionata alla persistenza della 
compatibilit� con la pubblica destinazione, cessando 
la quale il contratto-concessione pu� essere 
revocato, salva, se ne ricorrono gli estremi, la 
corresponsione di un indennizzo. 

G. GUGLIELMI 

RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA 


COMPETENZA E GIURISDIZIONE � Poligoni di tiro 
militari pericolosi per l'incolumit� e produttori di 
turbativa della propriet� dei privati -Proponibilit� 
di azione di accertamento relativa a tale situazione. 

(Corte Cass., Sez. Un., Sent. n., 65/54 -Pres. Acampora; 
Est.: Liguori; P. M.: Pittiruti; conci. conf. Ministero 
Difesa contro Arrighini ed altri). 

A) Il criterio discriminatore della competenza 
fra Autorit� giudiziaria ed amministrativa va 
desunto dalla causa petendi e dal petitum, ma lo 
elemento preponderante � la causa petendi. 

B) Convenuta in giudizio l'Amministrazione militare 
da un gruppo di privati i quali, dolendosi 
che l'uso di certi poligoni di tiro impiantati in 
prossimit� di loro fondi sia pericoloso per la propriet� 
pubblica e disturbi il loro diritto di prop 
priet�, chiedano la rimozione dei poligoni e il risarcimento 
del danno, se il Giudice ordinario si 
convince dell'inesistenza di danni in concreto, pu� 
la sua sentenza, pur respingendo la domanda di 
risarcimento, accogliere la domanda degli attori 
nella sola parte in cui essi chiedono che il Giudice 
ordinario dichiari pericolosi detti poligoni e produttori 
di disturbo alle loro propriet�. Una tale 
declaratoria rientra nella giurisdizione ordinaria. 

Il caso era alquanto delicato. 

Gli attori avevano chiesto: 

� a) Riconoscersi che l'uso dei poligoni in oggetto, 

per trovarsi i poligoni stessi in mezzo all'abitato 
costituisce un pericolo intollerabile, sia per la quiete 
degli abitanti e proprietari, come anche gli attori 
della zona, sia per l'incolumit� delle persone, sia 
per la tranquilla usabilit� dei beni urbani e la libera 
coltivazione dei rustici deprezzandone il valore �. 

b) Dichiararsi illegittimo il detto uso ordinando 

la rimozione dei poligoni suddetti e la restituzione 

del terreno ai proprietari. 

c) Condannarsi l'Amministrazione al risarci


mento dei danni derivanti dall'esecuzione dei tiri. 

Il Tribunale di Firenze emise sentenza colla quale, 

dopo aver ritenuto che la domanda di cui alla lett. b 

fosse stata dagli attori abbandonata e che non meri


tasse accoglimento la domanda di risarcimento dei 

danni derivanti dall'esecuzione dei tiri � perch� 

troppo generica e vaga �, si limit� a dichiarare che 

(<l'uso dei poligoni di tiro ... per la loro ubicazione 

in mezzo all'abitato, costituisce un pericolo per la 

incolumit� personale degli attori, impedisce il pieno 

esercizio dei loro diritti, deprezza la loro propriet� �, 

La Corte d'Appello di Firenze, su nostro gravame, 
conferm� la pronunzia del Tribunale. 

E colla sentenza indicata in epigrafe la Corte di 
Cassazione a Sezioni UniteJha respinto il nostro 
ricorso. 

� opportuno riportarne la motivazione. 

cc Con l'unico mezzo di ricorso assume il ricorrente 
Ministero che, avendo la Corte di Appello confermato 
la sentenza dei primi giudici con la quale fu 
dichiarato ~chel.l'uso dei poligoni in contestazione 
" costituisce un pericolo per la incolumit� personale 
degli attori -attuali resistenti -impedisce il pieno 
esercizio dei loro diritti dominicali e deprezza la 
loro propriet� ", una tale astratta declaratoria di illegittimit�, 
emessa non come mezzo al fine di una� 
condanna ai danni, ma come fine principale ed 
unici) della pronunzia, sostanziandosi nel divieto di 
usare di detti poligoni, costituisce una inammissibile 
ingerenza nell'attivit� dell'Amministrazione, e 
quindi, un'applicazione a rovescio dei principi che 
concernono i limiti della giurisdizione ordinaria nei 
confronti dell'attivit� della Pubblica Amministrazione 
(violazione degli articoli 2 e 4 della legge 20 
marzo 1865, n. 2248, all. E). Si soggiunge, poi, che 
se la domanda non ff)sse stata diretta a provocare 
quel divieto, avendo la Corte di merito disconosciuto 
la sussistenza di un danno la sentenza si risolverebbe 
in una pronuncia senza contenuto, non corrispondendo 
ad essa nessun interesse degli attori (violazione 
degli articoli 99 e 100 Codice procedura civile). 

cc Ma tanto l'una che l'altra censura, non hanno 

fondamento. 

� A dire del ricorrente Ministero la esattezza della 

prima delle prospettate interpretazioni attribuibili 

;__ a suo avviso -all'emessa pronuncia, interpre


tazione per la quale dichiara di propendere, trova 

elemento di conforto nelle richieste formulate dagli 

attuali resistenti, sia con la. citazione introduttiva 

del giudizio, che con le conclusioni sottoposte al 

Collegio. 

� Ed a tal fine, istituendo un raffronto tra tali 

richieste e la emessa pronuncia, si trae motivo per 

sostenere che essa, quantunque preceduta in motiva


zione dall'affermazione che l'Autorit� giudiziaria 

non poteva revocare l'atto amministrativo, c_~e. aveva 

disposto la costruzione dei poligoni, si identifica_ 

nella sua astrattezza e quale fine a se stessa, in un 

divieto di usare di detti poligoni, il che costituisce 

un'inammissibile ingerenza del giudice ordinario 

nell'attivit� dell'Amministrazione, in contrasto pro




-94 


prio con i principi richiamati dalla sentenza dei 
primi giudici, confermata con quella impugnata. 

� Oos� precisato l'assunto del ricorrente in ordine 
alla prima delle esposte censure, non � il caso di 
attardarsi per dimostrare come le richieste formulate 
dagli attuali resistenti con la citazione e ripetute 
in sede di precisazione delle conclusioni da sottoporre 
al Oollegio, considerate sia isolatamente, che 
in correlazione con l'emessa declaratoria, e conseguentemente 
come elemento interpretativo della portata 
di essa, non conducono punto al dedotto difetto 
di giurisdizione. 

� � noto che tutte le volte in cui si fa questione 
di un diritto soggettivo leso da un atto o fatto della 
Pubblica Amministrazione, i Tribunali ordinari 
non possono revocare l'atto illegittimo n� il fatto 
illecito che si pretende lesivo, devono limitarsi a 
conoscerne gli effetti " in relazione all'oggetto dedotto 
in giudizio". � del pari incontroverso che il criterio 
discriminatore delle competenze fra Autorit� giudiziaria 
ed amministrativa va desunto dalla ragione 
giuridica della domanda (causa petendi) e dall'oggetto 
specifico di essa (petitum), ma da tali principi, 
della cui esattezza non si dubita, non � dato punto 
indurre quanto costituisce il punto centrale della 
censura, anche se non esplicitamente esposto, e cio� 
che l'adito tribunale non potesse conoscere della 
domanda proposta dall' Arrighini e dai suoi consorti 
di lite, per aver essi, invece di limitarsi a chiedere 
il semplice accertamento delle lesioni che ai 
loro diritti derivano dall'uso dei quattro poligoni 
ed il risarcimento degli eventuali danni, domandato 
in concreto anche la rimozione di detti polig(lni, 
istanza questa non consentita in questa sede, in quanto 
involgente la revoca dell'atto amministrativo che 
ne dispone la costruzione ''. 

� Questa Suprema O orte� non ignora le dispute che 
al riguardo si agitano specie in dottrina, sostenendosi, 
da un canto, che la competenza del giudice ordinario 
deve ritenersi esclusa tutte le volte in cui, pur lamentando 
la lesione di un diritto, si proponga una domanda 
diversa da quella che pu� essere a lui rivolta 
e, dall'altro, che in tal caso detta competenza non 
pu�, invece, essere disconosciuta ove le richieste dell'attore 
trascendano i limiti entro i quali � consentita 
la tutela giudiziaria nei confronti della Pubblica 
Amministrazione, tranne l'obbligo per il giudice 
adito di astenersi dal pronunciare la revoca o la 
modifica dell'atto amministrativo ritenuto lesivo, ma 
riesaminando la propria giurisprudenza, per la ve-� 
rit� non sempre uniforme, .ritiene di dover confermare 
il pi� recente orientamento (Sez. Un., 31 gennaio 
1948, n. 144; Mass. Foro 1948, col. 31; 28 
giugno 1948, n. 1017; Foro .Amm. 1949, p; II, 
Sez. l, col. 8), rispondente al secondo dei ricordati 
indirizzi dottrinari. Oom.e si � detto, il criterio discriminatore 
delle competenze tra Autorit� giudiziaria 
ed amministrativa va desunto dalla causa petendi 
e dal petitum, ma se si considera che la tutela giudiziaria 
nei confronti della Pubblica Amministrazione 
� accordata nel solo caso in cui si faccia questione 
della lesione di un diritto, e che per affermare 

o negare la competenza giudiziaria ogni preliminare 
indagine deve essere volta a stabilire il fondamento 
della pretesa dedotta in giudizio, evidentemente appare 
come l'elemento preponderante di individuazione 
sia costituito dalla ragione giuridica della 
domanda, ossia dalla causa petendi. 

cc Oon ci� non si vuole disconoscere che anche il 
petitum ha un'innegabile efficacia descriminatrice, 
e tanto meno negare, quanto fu fin qui ritenuto, e 
cio� che al fine di accertare se iJ dibattito sia impostato 
sulla violazione di un dir_itto soggettivo o di un 
semplice interesse legittimo, e conseguentemente se 
l'insorta controversia appartenga alla cognizione 
del giudice ordinario o di quello amministrativo, si 
debba aver riguardo alla causa petendi ed al petitum 
considerati nel loro complesso, ma unicamente 
precisare che ove la domanda sia costituita da pi� 
capi, e taluno di essi trascende 1/ limiti segnati alla 
competenza dell'Autorit� giudiziaria, non possa 
farsi questione di� giurisdizione del giudice adito, ma 
di semplici limiti nei quali va contenuta la pronuncia 
dello stesso. Ora, se � vero che gli attuali resistenti 
con la citazione introduttiva del giudizio e con 
le conclusioni prese all'udienza di rimessione della 
causa al Oollegio, ebbero, tra l'altro, a chiedere la 
rimozione dei poligoni in contestazione -declaratoria 
questa che, indubbiamente trascende i limiti 
segnati alla tutela giudiziaria, nei confronti della 
Pubblica Amministrazione -essendo stata una tale 
richiesta, al pari �di quella di danni, formulata in 
relazione al riconoscimento del pericolo e delle turbative 
derivanti dall'uso di detti poligoni, riconoscimento 
involgente l'accertamento della illegittimit� 
dell'atto amministrativo dedotto come lesivo, non pu� 
fondatamente sostenersi che la proposizione della 
cennata istanza di rimozione privasse il giudice ordinario 
della competenza a conoscere degli altri capi 
di domanda, che non si contesta, collegati alla lesione 
di un diritto� soggettivo. Nella specie, infatti, non 
sorge una questione di giurisdizione, ma unicamente 
di limiti di pronuncia. 

cc N � il richiamo alle richieste spiegate dai resistenti 
in sede di merito, vale come si vorrebbe dal 
ricorrente, a lumeggiare la portata della emessa pronuncia, 
e tanto meno, a far ritenere che, identificandosi 
essa con il divieto di usare dei poligoni, si sostanzi 
in una revoca dell'atto amministrativo che ne 
dispone la costruzione. Al riguardo vale appena osservare 
che, mentre la correlazione che si vuole istituire 
tra la domanda di rimozione e la declaratoria 
che ne occupa, confermata anche dalla Oorte di merito, 
trova conforto nei rilievi innanzi svolti, la significazione 
e portata di essa � resa manifesta, senza 
possibilit� di equivoci, dalla motivazione posta a 
sorreggerla, con la quale si ebbe cura di precisare 
che, non potendo l'Autorit� giudiziaria ordinare la 
chiesta rimozione, doveva limitarsi a richiamare la 
illegittimit� dell'uso dei poligoni, salvo poi, all'Autorit� 
amministrativa di revocare l'atto con il quale 
ne era stata disposta la costruzione e l'uso. E ben 
vero che la formula del dispositivo della sentenza 
di primo grado, tenuto fermo con quella denunciata, 
non pu�, avuto riguardo alla finalit� ed effetti di 
una declaratoria di illegittimit�, ritenersi tecnicamente 
perfetta, ma da ci� a prete_rpd.ere che essa si 
identifichi con un divieto di uso dei poligoni ci._corre 
non poco: Il dichiarare, infatti, che tale uso costituisce 
un pericolo per l'incolumit� personale, che impedisce 
il pieno dominio dei diritti dominicali e che 
deprezza le contigue propriet� non pu� di certo equi



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pararsi ad un divieto, nemmeno implicito, di detto 
uso; un assunto siffatto trova contrasto non solo nei 
motivi che la emessa declaratoria sorreggono, ma 
nella stessa lettera di essa. 

� N � a conforto di quanto si sostiene vale opporre 
che il Trjbunale prima, e la Corte di Appello poi, 
hanno proclamato la illegittimit� del cennato uso; 
non come mezzo al fine di una condanna ai danni, 
ma quale fine principale, ed unico della pronuncia. 
Ed invero, a prescindere nella specie i danni risultano 
chiesti, il che tronca alla base il mosso rilievo, 
e che l'aver i giudici di merito disattesa la domanda 
di indennizzo del pregiudizio conseguito dalla occupazione 
dei terreni, siccome non provato, e di quello 
derivato dai tiri, in quanto troppo genericamente 
esposto, non importa punto n� l'inesistenza di un 
danno risarcibile, n� che la domanda di indennizzo 
sia a ritenersi come non proposta, non � comunque 
esatto che la declaratoria di illegittimit� di un atto 

o di illiceit� di un fatto della Pubblica Amministrazione 
debba essere necessariamente collegata alla 
domanda di risarcimento di un danno in atto. .Ci� 
che la legge non dice, n� � lecito all'interprete modificarne 
il dettato, ipotizzando inesistenti limiti o 
condizioni all'applicazione di essa. Come � noto 
l'art. 4 della legge del 1865 dispone unicamente che, 
nel caso in cui la contestazione cada su di un diritto 
che si pretende leso da un atto dell'Autorit� amministrativa 
i tribunali si limiteranno a conoscere degli 
e.ffetti di esso in relazione all'oggetto dedotto in giudizio, 
senza, per altro, chiedere se la declaratoria di 
illegittimit� del 'comportamento della Pubblica Amministrazione 
sia accompagnata da una domanda 
di indennizzo. Vero � che, subito dopo l'entrata in 
vigore della citata legge, la giurisprudenza, interpretando 
razionalmente l'intenzione del legislatore e ritenendo 
il cittadino non sufficientemente garantito 
dalla semplice declaratoria di illegittimit�, espresse 
l'avviso, divenuto poi costante ed uniforme, che se 
la Pubblica Amministrazione non pu� essere obbligata 
alla reintegrazione in forma specifica o condannata 
a fare od omettere un determinato atto, nulla 
vieta che sia� almeno costretta a corrispondere una 
somma di danaro a titolo di indennizzo per la consumata 
violazione del diritto soggettivo del singolo. 
Ma dalla riconosciuta proponibilit� di una tale 
azione risarcitoria davanti ai tribunali ordinari non 
ne consegue punto quanto mostra di ritenere la difesa 
del Ministero, e cio� che la declaratoria di illegittimit� 
non possa essere chiesta quale fine a se stessa 
indipendentemente dalla esistenza in atto di un danno 
risarcibile e dalla proposizione della relativa domanda 
di indennizzo. N � basta, in quanto, il preteso collegamento, 
o meglio la inscindibilit� che si vuole 
esistente tra declaratoria 'di illegittimit� e domanda 
di danni, nel senso che la mancata proposizione di 
questa importi la improponibilit� della prima, � non 
solo resistita dalla chiara dizione dell'art. 4 della 
legge del 1865, ma � esclusa in modo inequivocabile, 
ove una tale norma si ponga in correlazione con 
l'art. 27, n. 4 del Testo Unico delle leggi sul Consiglio 
di Stato. Emergendo, infatti, da detta correlazione 
che il cittadino, il cui diritto soggettivo, sia 
stato leso da un atto della Pubblica Amministrazione, 
pu� chiedere alla stessa la revoca o la modifica 
dell'atto riconosciuto lesivo e come tale se l'Autorit� 
amministrativa non si conforma " al giudicato 
dei tribunali per quanto riguarda il caso deciso", 
pu� essere adito il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, 
al fine di ottenere l'adempimento del cennato 
obbligo da parte dell'Amministrazione, evidente 
appare come le due istanze su menzionate non siano 
affatto inscindibili, e, come nulla vieti �di proporre 
quella diretta alla declaratoria iuris di illegittimit� 
dell'atto amministrativo in via autonoma e quale 
fine a se stessa. 

cc Conclusione questa che dimostra anche l'inattendibilit� 
della seconda delle esposte doglianze mirante 
a far ritenere che esclusa l'esistenza di un danno la 
declaratoria �di illegittimit� si concreterebbe in una 
pronuncia priva di contenuto, censurabile a norma 
degli articoli 99 e 100 del codice di rito, non avendo 
gli istanti alcun interesse a provocarla. Se si considera, 
infatti, che l'interesse a proporre una domanda 
in giudizio, quale condizione specifica dell'azione, 
si concreta nella finalit� di congiungere 
un risultato utile dello stesso giudizio, risultato che 
pu�, com'� noto, essere diretto ad una declaratoria 
iuris, al riconoscimento di un diritto od al conseguimento 
di un bene ad altri dovuto, non � chi non 
veda, come aprendo la cennata declaratoria di illegittimit� 
l'adito ai ricorsi innanzi ricordati, a torto 
si contenda l'esistenza di un interesse a richiederne 
l'emissione disgiuntamente dall'eventuale domanda 
di danni. 

cc Tutto ci� non senza ril�vare che gli attuali resistenti 
con la citazione introduttiva del giudizio ebbero 
a chiedere anche la condanna del ricorrente 
Ministero ai danni derivati dall'occupazione del 
terreno e dai tiri, domanda che, come si � innanzi 
precisato, fu rigettata per mancanza di adeguata 
dimostrazione in ordine al primo capo e per indeterminatezza 
nella formulazione della seconda �. 

� motivo di soddisfazione che con questa sentenza 
la Corte Suprema sembri ritornare �ll' antico 
insegnamento in materia di discriminazione della 
competenza fra Giudice ordinario e Giudice amministrativo, 
abbandonando la tendenza che era 
andata affermandosi negli ultimi anni, la quale 
portava al risultato di stabilire la competenza in 
base all'impostazione che al privato piacesse fare 
delle proprie tesi in giudizio: tendenza circa la 
quale rimandiamo alle acute critiche di Dr OIOMMO 
in questa Rassegna (1950, p. 151; 1951, p. 47) (1). 

Torna dunque in onore con questo pronunziato 
la considerazione della causa petendi, cio� la valutazione 
obiettiva della materia del contendere, 
sulla quale valutazione non pu� non fondarsi la 
pronunzia relativa alla giurisdizione. 

Siccome tuttavia la sentenza si esprime come se 
da parte nostra ci si fosse, a sostegno del difetto 
di giurisdizione, richiamati proprio alla tesi che 
l'Avvocatura ha sempre contrastato, � da dire, unicamente 
per l'esattezza, che l'aver ritenuto ci� pu� 
esser.e dipeso solo da un equivoco. 

Ci si trovava in presenza di una situazione come 
questa: che gli attori avevano contemporaneamente 
domandato, oltre alla dichiarazione di periOolosit� 
dei poligoni e al risarcimento del danno, anche la 

(1) Vedi pure nella Relazione dell'Avvocatura generale 
dello Stato per gli anni 1942-60, vol-. I, p. 89 e seg. 

-96


rimozione dei poligoni stessi. Ora, diversamente da 

come pu� apparire in base alla lettura della sen


tenza, non � gi� che, siccome l'ultimo di tali capi 

di domanda (rimozione dei poligoni) evidentemente 

esulava dal'.a competenza giudiziaria, perci� da parte 

nostra si sostenesse che il difetto di giurisdizione su 

questo capo si ripercuotesse sugli altri : invece era 

ovvio che, come giustamente la sentenza afferma, 

ogni capo di domanda dovesse agli. effetti della giu


risdizione seguire indipendentemente dagli altri la 

propria sorte secondo il suo obiettivo contenuto. 

Sicch� nessuna conseguenza noi pretendevamo 

trarre dal difetto di giurisdizione sull'ordine di 

rimozione dei poligoni. 

Il nostro ricorso tendeva soltanto ad ottenere dal 

Supremo Collegio una chiarificazione del disposi


tivo della sentenza dei giudici di merito: qual'era 
'la portata di quella pura e semplice declaratoria di 
pericolosit� dei poligoni? Ben ci rendevamo conto 
che nel suo contenuto letterale essa non importava 
un divieto posto dal giudice alla Pubblica Amministrazione 
di usare di essi: ma, d'altro canto, posta 
questa premessa, a che si riduceva il valore di quella 
declaratoria? 

Noi ponevamo, insomma, questo dilemma: o c'� 
il divieto di usare i poligoni, e il difetto di giurisdizione 
� evidente; o non c'�, ed allora non si vede 
a quale apprezzabile interesse degli attori corrisponda 
quella pronunzia. 

La risoluzione che a tale dilemma ha dato .questa 
pregevole decisione delle Sezioni Unite, se pur si 
spiega con apprezzabili criteri equitativi, lascia tuttavia 
dal lato teorico qualche margine d'incertezzn .. 

Noi avevamo dedotto che la nota f �rmula dell' articolo 
4, dover il giudice limitarsi a conoscere degli 
effetti dell'atto, era stato nella specie dai giudici di 
merito applicata a rovescio: tale formula implicava 
che l'illiceit� dell'uso dei poligoni non potesse essere 
dichiarata che come mezzo al fine di una condanna 
ai danni; essendo invece stata posta come fine principale 
ed unico della pronunzia, o questa doveva 
interpretarsi come destinata a costituire un ostacolo 
giuridico all'uso dei poligoni, ed era eccepibile il 
difetto di giurisdizione, ovvero la pronuncia si dissolveva 
in un nulla giuridico. 

La sentenza ha rilevato anzi tutto che " i danni 
risultano chiesti, il che tronca alla base il mosso 
rilievo". Ma, a nostro sommesso avviso, poich� qui 
si faceva questione di quelli che fossero "gli effetti" 
dell'atto dei quali soltanto poteva il giudice conoscere, 
l'importante non era che i danni fossero stati 
chiesti, ma che non si f assero riconosciuti gli estremi 
per accordarli; ed il problema era appunto di sapere 
che cosa avesse ulteriormente da fare il giudice ordinario 
una volta che non trovava l'esistenza di elementi 
per condannare ai danni. 

Inoltre, ed in sintesi, la ratio decidendi della 
sentenza � questa: non c'� il divieto di usare dei 
poligoni e perci� di difetto di giurisdizione non si 
pu� parlare; l'art. 4 della -legge del 1865 � stato 
bene applicato, perch� nulla vieta che " la declaratoria 
di illegittimit� possa esser chiesta quale fine 
a se stessa"; e, finalmente, la pronuncia che tale 
declaratoria contiene non pu� dirsi priva di contenuto 
perch�, se ad essa la Pubblica Amministrazione 
non si con/ armer�, il privato avr� il rime


dio di cui all'art. 27 della legge sul Consiglio di 

Stato. 

In sostanza, dunque, secondo la sentenza, non � 
vero che quella declaratoria sia priva di contenuto; 
un "risultato utile" pei privati attori essa ce l'ha, 
ed � di abilitarli a pretendere dall'Amministrazione 
l'adempimento dell'obbligo di conformarsi al giudicato 
e, in mancanza, a servirsi del rimedio di cui 
all'art. 27, n. 4, della legge sul Consiglio di Stato. 

La questione � assai complessa e meriterebbe un 
pi� lungo discorso. Baster� qui limitarsi ad osservare 
anzi tutto questo. Posto il problema in tali termini 
per cui si postula l'esistenza di un giudicato 
che l'Amministrazione sia tenuta ad osservare circa 
l'illiceit� dell'uso dei poligoni, ci si porre su di un 
terreno che non pare si accordi troppo colle premesse 
da cui la sentenza esattamente muove: cio� che la 
ripetuta declaratoria non vada interpretata come un 
divieto dell'uso dei poligoni. � vero invece che, proprio 
perch� questo divieto non c'era e perch� il principio 
della divisione dei poteri non consentiva che 
ci fosse, bens� c'era un'astratta dichiarazione, si rimane 
perplessi a definire quali potessero esserne 
gli effetti. 

N �, ai fini d'identificare il risultato pratico di 
quella dichiarazione, pare esauriente il richiamo 
fatto dalla sentenza al rimedio dell'art. 27, n. 4: 
come se fosse stato ipotizzabile che gli attori, dopo 
il giudizio civile, ricorressero al Consiglio di Stato 
per far dichiarare tenuta l'Amministrazione a ...... . 
non usare ulteriormente' i poligoni. 

Pare evidente che ci� non fosse possibile. Andava 
tenuta presente la distinzione fra " atti " e "fatti", 
in relazione alla quale distinzione scrive il VITTA (1): 
cc L'atto contrario alla legge si denomina illegittimo 
e la sanzione che vi si accompagna � naturalmente 
la sua nullit�; il fatto invece contrario alla legge si 
dice illecito e ad esso si accompagna l'altra sanzione 
della responsabilita �. E poich� si trattava qui appunto 
non di atto illegittimo, ma di un fatto illecito, 
l'unica configurabile sanzione era il risarcimento 
del danno: escluso il danno, il Magistrato 
ordinario non aveva pi� nulla da dire sulla controversia. 
Non si vede perci� che cosa potessero gli 
attori aspettarsi dall'art. 27, n. 4. 

La peculiarit� del caso, vero caso clinico, sta dunque 
in questo: che qui c'era non un atto illegittimo 
ma un fatto illecito. E nella selva delle trattazioni 
dottrinali sull'interpretazione dell'art. 4 e circa i 
nessi di tale articolo col rimedio dell'art. 27, n. 4, 
il problema viene guardato sempre, per quanto ci 
risulta, sul presupposto che la dichiarazione d'illiceit� 
emessa dal giudice ordinario riguardi non un 
fatto ma un atto: e allora la discussione verte essenzialmente 
sul se in seguito a tale dichiarazione il 
privato abbia diritto alla revoca o modifica dell'atto 
e se la revoca o' modifica dell'a~to costituiscano esecuzione 
del giudicato del magistrato ordinario. 

Ma pur tenuto presente questo diverso ambito 
del problema, pare prevalente l'opinione che esprime 
il GurccrARDI quando esclude cc l'esist�nza di un 
obbligo generale ed assoluto dell' Amministrazionf} 
di revocare o modificare l'atto amministrativo rico


(1) Diritto amminiBtrativo, vol. I, p. 287. 

-97 


nosciuto dal giudice ordinario lesivo dei diritti individuali 
(1) n. A tale orientamento si richiama 
GuGLIELMI in questa Rassegna (2), quando scrive 
che l'art. 27, n. 4, �fonda il potere di annullare o 
modificare l'atto illecito coll'obbligo di conformarsi 
alla pronunzia d'illiceit�, d'onde deriva l'obbligo 
dell'Amministrazione di conformarsi al giudicato 
annullando o modificando l'atto illecito. Un tale 
obbligo non pu� intendersi nel senso che ad esso 
faccia riscontro un diritto soggettivo dell'altra parte 
all'annullamento n. 

N � pu� dirsi priva di elementi chiarificatori del 
complesso problema la costruzione del Guicciardi, 
che, prendendo le mosse dalla distinzione fra invalidit� 
e illiceit�, riferita la prima a quei vizi dell'atto 
amministrativo che attengono alla violazione 
di norme poste a tutela dell'interesse pubblico e la 
seconda a quelli che concernono la violazione di � 
norme poste a tutela dell'interesse privato (3), perviene 
alla conclusione che � dalle sentenze del giudice 
potr� derivare l'obbligo di risarcire il danno individuale, 
ma non mai quello della revoca o dell' annullamento 
�dell'atto amministrativo, se queste sono sanzioni 
repressive degli atti amministrativi invalidi (4) n. 

A questa soluzione dunque si perviene, o limitiamoci 
almeno a dire eh' � possibile pervenire, quando 
si � in presenza di un " atto ", suscettibile come 
tale di revoca o modifica. Ma qui mancava addirittura 
l'atto, e non c'era perci� addirittura nulla da 
annullare o modificare, mentre tutto si riduceva ad 
imporre un divieto ad una certa attivit� dell'Amministrazione; 
risultato cui a nessun intervento giurisdizionale 
era consentito di tendere. Perci� il rimedio 
dell'art. 27, n. 4, non avrebbe avuto la possibilit� 
di sboccare se non in uno sterile bis dell'astratta 

I 

declaratoria di c""i esso avrebbe preteso d'integrare 
gli effetti. 

G. OALENDA 
CONTRATTI DI GUERRA -Competenza del com


missariato di cui al D. L. 25 marzo 1948 n. 674 


Nozione di contratti di guerra non ancora definiti. 

(Corte Cass., Sez. Un., Sent. 22 ottobre-28 novembre 
1953 -Pres.: Galizia; Est.: Mastropasqua; Proc. gen.: 
Pittiruti; concl. diff. -Causa Ministero Difesa contro 
Pistone Borgo). 

Devono considerarsi �non ancora definiti �, agli 
effetti degli articoli 1 e seg. del D. L. 25 marzo 1948 

n. 674, anche quei contratti cui la� parte privata 
abbia dato completa esecuzione restando creditrice 
del corrispettivo che l'Amministrazione non abbia 
ancora soddisfatto. 
Nella Relazione dell'Avvocatura pel periodo 19421950 
(vol. III, p. 310) fu gi� accennato alla questione 
sorta sull'interpretazione da darsi all'espressione 
� contratti di guerra non ancora definiti � di cui 
all'art. 1 del D. L. 25 marzo 1948, n. 674: poich� 
era stata avanzata l'opinione che dall'ambito del detto 

(1) L'obbligo dell'Autorit� amministrativa di conformarsi... 
, cc Archivio diritto pubblico>>, 1938, p. 262. 
(2) Anno 1953, pp. 1-11. 
(3) Concetti tradizionali e principi ricostruttori nella 
giustizia amministrativa. cc Archivio diritto pubblico>>, 
1937, p. 51 e segg. 
(4) cc Archivio diritto pubblico"� 1938, p. 271. 
art. 1 si dovessero escludere quei contratti per i quali, 
avendo il privato adempito alla sua prestazione, altro 
non rimanesse a compiersi se non la Uquidazione o 
il pagamento del corrispettivo da parte dell' Amministrazione. 
Nella Relazione fu detto altres� che questa 
interpretazione <( avrebbe ridotto quasi al nulla le attribuzioni 
del Commissariato, in qu�nto l� prestazione 
dell'imprenditore era da considerarsi adempiuta anche 
nei contratti risoluti per sopravvenuta impossibilit� di 
esecuzione e sarebbero cos� state sottratte tutte queste 
liquidazioni a quelle norme di diritto sostanziale che 
costituiscono la parte essenziale del provvedimento, 
quale ad es., l'esclusione dei danni da ritardo di 
liquidazione n. E fu detto pure che fino ad allora la 
questione non aveva dato luogo a precedenti giurisprudenziali 
di rilievo. 

Di grande interesse � quindi questa perspicua sentenza 
con cui le Sezioni Unite, dopo che la Corte 
di Appello di Torino aveva creduto di aderire alla 
opinione restrittiva contrastata dall'Avvocatura, hanno 
accolto il nostro ricorso fissando il principio che 
l'esecuzione data dal privato al contratto-di guerra 
non basta ad escludere l'applicabilit� del D. L. 

n. 
67 4 del 1948. 
Trascriviamo �la parte essenziale della motivazione: 
� La Corte d'Appello ha riconosciuto che nel caso 
si tratta bens� di "contratti di guerra" ma d'altra 
parte ha escluso che tali contratti possano anche 
considerarsi come "non ancora definiti" dal momento 
che la ditta Pistone Borgo aveva dal canto suo 
data completa esecuzione al contratto fornendo la 
prestazione dovu(a ed essendo rimasta ineseguita 
soltanto la controprestazione della Pubblica Amministrazione 
e cio� il pagamento del convenuto corrispettivo. 


(( Cos� argomentando per� la Corte di merito ha 
attribuito -lo si deve riconoscere -alla locuzione 
''contratti non ancora definiti '', che si legge nell'art. 1 
del decreto del 1948, un significato ingiustificatamente 
restrittivo e sicuramente non aderente n� alla lettera 
n� allo spirito della legge in relazione specialmente 
alla sua finalit�, in quanto si sono venuti a identificare 
i contratti ''non ancora definiti" con quelli in 
tutto od in parte ineseguiti o in corso di esecuzione 
e con riguardo inoltre unicamente alla prestazione 
di una sola delle parti e cio� del contraente privato. 
Se questa fosse stata la volont� legislativa, sarebbe 
stato del tutto agevole esprimerla in termini precisi, 
onde il fatto stesso che si � fatto uso di una locuzione 
che, anche se non del tutto propria, ha tuttavia 
nella sua genericit� un significato assai pi� ampio, 
rivela che altrettanto ampia si � voluto che fosse 
la portata della norma, come del resto era richiesto 
dalla finalit� che si intendeva conseguire, quella cio� 
di realizzare una sollecita, completa definizione dei 
rapporti attinenti a gestioni di guerra, particolarmente 
in considerazione del gran numero delle pratiche 
in sofferenza. 

Comunque, la pi� piana esegesi anche letterale 
della locuzione in esame, porta a considerare come 
"non ancora definiti" tutti quei contratti per i� quali 
permangono possibilit� di contestazioni di qualsiasi�� 
genere ed in relazione ad una qualsiasi delle prestazioni 
corrispettive, sicch�, in altri termini, restano 
esclusi dalle previsioni del decreto del 1948 soltanto 



-98


quei contratti nei quali, al momento della sua entrata 
in vigore, le prestazioni di tutte le parti erano 
state gi� eseguite, oppure ogni divergenza era stata 
irrevocabilmente appianata per effetto di giudicato 
e convenzionalmente fra le parti ed in virt� di accordo 
gi� debitamente approvato, cos� come, a tal riguardo, 
� chiaramente enunciato nel secondo comma dello 
art. 7 del testo di legge in discorso. 

cc Intesa nei sensi suddetti la locuzione '' contratti 
non ancora definiti ", deriva senz'altro che quelli 
oggetto del presente giudizio come tali vanno considerati 
e proprio per le pretese accampate dalla 
Pistone Borgo circa la rivalutazione del suo credito, 
che � stato addirittura prospettata come credito di 
valore anzich� di valuta. 

cc I giudici di appello hanno creduto di avvalorare 
la diversa interpretazione da essi accolta, ponendo 
in rilievo che le facolt� attribuite al commissario con 
l'art. 5 del decreto, sono conciliabili soltanto con un 
contratto ancora in tutto od in parte ineseguito, non 
essendo ipotizzabili le sospensioni, proroghe, rescissioni, 
risoluzioni e trasformazioni ivi previste in 
relazione a contratti nei quali il privato contraente 
abbia integralmente eseguita la sua prestazione e di 
questa l'Amministrazione abbia gi� tratta quella sua 
utilit� che si riprometteva di conseguire. Il rilievo � 
per� di facile confutazione anche solo considerando 
che fra le altre facolt� contemplate dal citato articolo, 
alla lettera c, � menzionata anche quella di 
eseguire la liquidazione generale del contratto, facolt� 
questa sicuramente compatibile per tutti i contratti, 
anche per quelli in cui la parte privata abbia 
gi� data intera esecuzione. 

cc Del resto � decisivo considerare che la sfera di 
competenza del Commissario � pur sempre quella 
enunciata nell'art. 1 del decreto e cio� " la sistemazione 
e liquidazione dei contratti di guerra non ancora 
definiti", nonch� il recupero dei contributi concessi 
dalle Amministrazioni statali per costruzioni, potenziamento, 
miglioramento, decentramento o altro spostamento 
di impianti o di attrezzature in relazione 
di contratti di guerra, e che per l'attuazione di tali 
compiti al Commissario sono stati attribuiti amplissimi 
poteri. Tanto che proprio il secondo comma dell'art. 
5 premette che egli "ha facolt� di adottare tutti 
i provvedimenti che ritenga necessari" e soltanto dopo 
tale premessa. viene la enunciazione di particolari 
facolt�, il che ovviamente sta a significare che trattasi 
di enunciazione a carattere unicamente esplicativo, 
che non esaurendo tutti i poteri di cui il Commissario 
� investito, non � affatto diretta a limitarli, 
cosa che, oltre tutto, sarebbe in contrasto con la posta 
premessa. 

In definitiva, dunque, sussiste il temporaneo difetto 
di giurisdizione dell'Autorit� giudiziaria che 
� stato denunciato con il primo mezzo del ricorso 
incidentale proposto dal Ministero della Difesa Marina 
e ci� importa, con la cassazione senza rinvio 
della sentenza impugnata, l'annullamento dell'intero 
giudizio, in quanto questo, a seguito dell'entrata in 
vigore del D. L. 25 marzo 1948, n. 674, non poteva 
essere promosso senza il preventivo esperimento della 
procedura di liquidazione innanzi al Commissario 
con detto de.creto istituito �. 

G. C.ALEND.A 
IMPOSTA DI REGISTRO -Proroga di societ� con 
scrittura privata -Data -Opponibilit� al 'fi.sco. 

(Corte di Cass., Sez. I, Sent. n. 1280/53; Pres.: Acampora; 
Est.: Novelli; P. M.: Pafundi -Finanze contro 
Societ� Immobiliare, via Locatelli). 

� terzo in senso tecnico non qualsiasi estraneo 

all'atto, ma colui che � soggetto di un rapporto 

giuridico in conflitto con un altro rapporto giuri


dico al quale non ha partecipato, ma che ha in 

comune con il primo l'altro soggetto. Pertanto, 

ai fini dell'art. 2704 Codice civile, il fisco non pu� 

essere considerato terzo. 

Nel caso in cui la proroga di una societ� con venuta 
con scrittura privata sotto l'impero del 
Codice di commercio, appare dal relativo atto 
anteriore alla scadenza del termine di durata della 
societ�, e l'atto di proroga viene presentato per 
�la registrazione nel termine di legge, ma dopo la 
scadenza della societ�, vale per il fisco, agli effetti 

del tributo, la data apparente dell'atto. � 

La tesi sostenuta dalla Finanza era che terzo � 

colui che in relazione alla data di una scrittura pri


vata subisce, o pu� subire, pregiudizio o menoma


zione nel suo diritto o nelle potest� che dalla legge 

gli sono riconosciute. 

Si aggiungeva, altres�, che quando � proprio la 

data dell'atto che assurge ad elemento determinante 

per la qualificazione tributaria di questo, ai fini 

dell'esatta percezione dell'imposta di registro, � chiaro 

che la Finanza entra in rapporto con tale atto in 

modo diverso da quello con cui entra in rapporto 

con gli atti in genere da sottoporre a registrazione. 

La Corte Suprema adottando la motivazione ripor


tata nella prima massima, ha escluso la qualit� di 

terzo nella Finanza, pur dichiarando espressamente 

che appare difficile fornire una� nozione di terzo, 

in relazione al problema della data delle scritture 

private idonee a risolvere ogni possibile caso con


creto. 

Non ci nascondiamo che la questione decisa ap


pare molto delicata, ma non ci sembra che il cri


terio fornito dalla Corte Suprema per riconoscere 

la qualit� di terzo sia scevro da dubbi, specie se si 

vuole adottare per escludere la suddetta qualit� nel 

fisco. 

Pare, invero, che proprio alla stregua del criterio 

enunciato nella prima massima possa riconoscersi 

al fisco la qualit� di terzo, ove si rifietta che anzi


tutto il rapporto che si costituisce tra il fisco ed il 

contribuente � un rapporto giuridico; che questo 

rapporto giuridico non solo ha relazione con quello 

consacrato nell'atto da registrare ma anzi assume 

quest'ultimo come suo presupposto; che infine, pro


prio con quest'ultimo pu� entrare in confiitto quando 

la misura del tributo � diversamente stabilita in 

relazione alla qualificazione giuridica del rapporto 

di cui l'atto da registrare costituisce il documento. 

Per rendersi conto della gravit� della �questione 

basta rifiettere a quello che avverrebbe una volta che, 

una persona cui, alla stregua del crjte.rio enunciato 

dalla Corte Suprema non si potesse negare la qua:: 

lit� di terzo, impugnasse l'atto di proroga della 

societ� sostenendo che si tratti di una vera e propria 

cos#tuzione ex novo e che la societ� precedente 

debba considerarsi decaduta per scadenza� del termine. 


-99 


� evidente, invero, che per questo terzo la data 
che vale � quella della registrazione, posteriore cio� 
alla scadenza del termine. Sarebbe cos� riconosciuta 
nei suoi confronti come avvenuta la scadenza della 
societ� precedente e si attribuirebbe all'atto di proroga 
il valore di costituzione ex novo. Per il fisco, 
invece, continuerebbe ad esistere una societ� prorogata. 

L'altro argomento addotto dalla Corte a sostegno 
della sua decisione � quello pi� strettamente derivante 
dalla esegesi della legge di registro. 

� questo argomento ripreso ed ampliato dal BERLIRI 
(in � Giur. It. �, 1953, IV, 188), il quale si 
� reso conto della difficolt� di sostenere la tesi principale. 
e cio� della mancanza nel fisco della qualit� 
di terzo. 

Dicono dunque la Corte e il Berliri che se per 
la Finanza (nell'esercizio della sua potest� di imposizione 
ex lege di registro) dovesse valere, agli effetti 
di stabilire la certezza della data, l'art. 2704 del 
Codice civile, ne deriverebbe che il contribuente non 
potrebbe mai dimostrare di aver provveduto alla 
registrazione entro i venti giorni e dovrebbe quindi 
essere sempre assoggettato alla sopratassa per registrazione 
tardiva. 

L'errore di questo argomento . � evidente ove si 
rifietta che l'art. 2704 Codice civile attribuisce al 
terzo la facolt� di considerare l'atto come avente data 
non anteriore 'al giorno della registrazione o della 
morte o della sopravvenuta impossibilit� fisica di 
colui o di coloro che lo hanno sottoscritto ecc., ma 
non d� al terzo alcun diritto di pretendere che l'atto 
abbia una certa data anteriore ai suddetti eventi e, 
meno ancora, anteriore al giorno che dalle parti � 
indicato come quello in cui l'atto stesso � stato redatto. 

E nulla c'era, nelle tesi sostenute dalla Finanza 
nella causa in esame, che autorizzava ad attribuire 
all'Amministrazione tali assurde pretese. 

NOTIFICAZIONE -Ricorso al Consiglio di Stato Notificazione 
all'Amministrazione presso l'Avvocatura 
dello Stato -Nullit� insanabile. (Consiglio di 
Stato, Adunanza plenaria, decisione n. 10 del 1953 -
Pres.: Petrilli; Est.: D'Avino -Carbone Camillo e Civita 
Arturo contro Prefetto di Napoli e Opera pia 
Collegi riuniti Prin,cipe di Napoli). 

Il ricorso notificato presso l'Avvocatura distrettuale 
dello Stato anzich� all'autorit�, che ha emanato 
il provvedimento impugnato, � inammissibile 
ai sensi degli articoli 35 T. U. 26 giugno 1924, 

n. 1054 e 12 T. U. 30 ottobre 1933~ n. 1611. 
Con questa pregevole decisione il Consiglio di 
Stato in Adunanza plenaria ha eliminato il contrasto 
giurisprudenziale, che si era verificato fra le 
Sezioni del Consiglio di Stato ed il Consiglio di 
Giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, 
accogliendo la tesi pi� rigorosa, sempre sostenuta 
dall'Avvocatura. 

L'Adunanza plenaria ha fondato la sua decisione 
essenzialmente sull'autonomia del procedimento avanti 
le giurisdizioni amministrative rispetto al procedimento 
ordinario, per effetto della quale deve considerarsi 
inapplicabile al primo la norma conte~ 
nuta nell'art. 156 Codice procedura civile, e sulla 
esplicita sanzione di decadenza comminata dall' articolo 
36 del T. U. delle leggi sul Consiglio di Stato. 

L'annotata decisione ha, altres�, posto in luce la 
ratio legis, che, attraverso la notificazione effettuata 
direttamente all'Amministrazione, tende non solo 
a consentirle l'esercizio della difesa diretta, ai sensi 
dell'art. 41 del T. U. n. 1054 del 1924, quanto a 
rendere immediatamente cc edotta l'Autorit�~ che ha 
emanato il provvedimento, dei vizi che eventualmente 
l'infirmano, affinch� nell'esercizio del potere 
di autotutela e nel soddisfacimento delle esigenze del 
pubblico interesse da eqsa istituzionalmente e primariamente 
perseguito, possa, se del caso, procedere 
d'ufficio ad annullarlo, revocarlo o modificarlo �. 


Per queste considerazioni non potrebbe neppure 
dirsi che l'atto, irritualmente notificato, abbia raggiunto 
il suo scopo, essendo esso pervenuto erJ, in 
forma irregolare all'Autorit� dopo i termini prescritti 
e quando poteva a buon diritto ritenere che il suo 
provvedimento fosse divenuto inoppugnabile. 


Con la stessa decisione l'Adunanza plenaria ha 
invece confermato la validit� della notificazione dei 
motivi aggiunti presso l'Avvocatura dello Stato, 
quando questa sia gi� costituita in giudizio in rappresentanza 
dell'Amministrazione. 


G. GUGLIELMI 
OCCUPAZIONE BELLICA -Non d� luogo a ordinamento 
giuridico. 


REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA -Carenza di 
legittimit� costituzionale. 


C.L.N.A.I.-COMANDO MILITARE ALLEATO -Poteri 
durante l'occupazione bellica nemica dei territori 
italiani. 


CONFISCA -Giudicato -Opponibilit� ai terzi -Retroattivit� 
-Acquisto a titolo originario. 


INEFFICACIA DI ATTI DISPOSITIVI -Scienza di 
provenienza dei beni da debitori di profitti avocati Irrilevanza 
-Sua derogabilit� -Inapplicabilit� dei 
principi della revocatoria -Esclusione dell'obbligo 
dello stato di rivalere il terzo del prezzo pagato -
Opponibilit� allo Stato degli effetti del possesso 
anteriore. (Corte di Cass., Sez. Un., .Sent. n. 3541/53 -
Pres.: Galizia; Est.: Gualtieri; P. M.: De Martini -Cella 
e S.E.I.M. contro Amministrazione Finanze -Amministrazione 
Finanze contro Cella, S.E.I.M., Guidi Mussolini 
eredi). 


1. L'occupazione bellica d� vita non ad un 
nuovo ordinamento giuridico del territorio occupato, 
ma ad un rapporto di carattere internazionale 
per il quale il nemico occupante pu� esercitare 
le attivit� direttamente connesse colla guerra 
�e 
coll'ordine pubblico senza togliere allo Stato 
occupato la sovranit� sul predetto territorio (articolo 
53 Ann�xe alla IV Convenzione Aja in data 
18 ottobre 1907). 

2. Il sedicente governo della cosiddetta r.s.i. era 
assolutamente carente di legittimit� costituzionale. 
3. Il C.L.N.A.I. anche prima del D. L. 28.febbraio 
1945, n. 73, esercitava poteri di governo nei .. 
territori soggetti all'occupazione bellica del tedesco. 
Il Comando Militare Alleato aveva un potere 
normativo e non soltanto limitato alla vita pubblica 
e all'ordine pubblico. 



-100 


4. Entrambi i suddetti organismi, peraltro, non 
avevano alcun potere di autorizzare negozi giuridici 
da parte di privati, impegnando lo Stato italiano 
a rinunciare a far valere diritti futuri circa 
l'inefficacia di quei medesimi negozi. 
5. Il provvedimento giudiziale che dispone la 
confisca dei beni, a' sensi della legislazione sulle 
sanzioni contro il fascismo, � opponibile ai terzi 
acquirenti dei beni stessi. 
La retroattivit� del D. L. L. 26 marzo 1946, 

n. 134, in tema di inefficacia de jure delle alienazioni 
di beni soggetti a confisca, prevale alla ultra.attivit� 
dei diritti acquisiti dall'acquirente e trova 
applicazione anche rispetto �a rapporti sorti nei 
territori occupati dal tedesco e sottoposti al sedicente 
governo della cosiddetta r.s.i. 
L'acquisto dei beni confiscati a mente del D. 

L. L. 26 marzo 1946, n. 134 ha luogo a titolo 
originario anche nei confronti del terzo acquirente. 
6. L'inefficacia di atti dispositivi effettuati dopo 
il 25 luglio 1943 o dopo 1'8 settembre 1943 da 
soggetti a confisca, prevista dagli articoli 2, e 3 
D. L. L. 26 marzo 1946, n. 134 cc salvo quanto 
disposto dall'art. 45 )) trova limitazione, soltanto, in 
relazione alle prime due ipotesi di quest'ultima 
norma: ossia nei casi di atti compiuti in adempimento 
di dovere morale o a scopo di pubblico 
vantaggio ovvero per pagamento di debito certo 
e liquido (art. 45, comma 1� e 2� D. L. L. cit.). 
Non pu� trovare, invece, applicazione l'ipotesi 
del 3� comma, nel quale si subordina l'inefficacia 
alla conoscenza, effettiva o possibile, che il dante 
causa fosse debitore di profitti di regime avocati. 
L'inefficacia sancita dalle suddette norme � 
inderogabile. 

.All'inefficacia anzidetta non si applicano, neppure 
in parte, i princip� della revocatoria ordinaria 
ond'� da ritenere, del tutto irrilevante il difetto 
di consilium fraudis in danno dello Stato. 

Il terzo acquirente, nei cui confronti sia stata 
dichiarata l'inefficacia dell'atto dispositivo e la 
assoggettabilit� dei beni a confisca non ha diritto 
ad ottenere dallo Stato il pagamento di una somma 
corrispondente a quella del prezzo di acquisto. 

L'inefficacia di diritto vale a rendere giuridicamente 
inefficaci fin dall'origine i trasferimenti in 
contestazione di fronte allo Stato, ma non anche 
a far sparire situazioni di fatto, medio tempore, 
verificatesi, quale il possesso dei beni in� questione. 

1. La prima .massima ricalca principi giurisprudenziali 
gi� consolidati dal Supremo Collegio. La 
motivazione della sentenza annotata reca talune pi� 
decise definizioni che riteniamo opportuno pubblicare: 
cc Durante il tempo della dominazione tedesca 
e del condominio della sedicente repubblica sociale 
italiana, alla quale mancava il crisma della legittimit� 
costituzionale, l'Italia del nord era pur sempre 
soggetta alla sovranit� ed alle leggi dello Stato legittimo, 
sebbene in quella parte del territorio nazionale 
la predetta sovranit� fosse di fatto e temporaneamente 
resa inoperante dall'occupazione militare nemica 
e l'ordinamento giuridico dello Stato legittimo 
fosse ivi rimasto, a causa della impossibilit� di pubblicare 
le nuove leggi, in istato di cristallizzazione, 
cessato dopo la liberazione. Manc�, dunque, una 
soluzione di continuo nella dipendenza dell'Italia 
del nord dall'ordinamento giuridico dello Stato legittimo, 
unico valevole per tutto il territorio nazionale )}. 

2. La seconda massima � cos� motivata: cc N emmeno 
l'ordinamento di fatto della repubblica sociale 
italiana determin� la suddetta soluzione di continuo. 
Tale affermazione � giustificata in pieno dall'assoluta 
carenza di legittimit� costituzionale di 
detto governo, e non vale il dire che il fatto di avere 
lo Stato legittimo sentito il bisogno di dichiarare 
inefficaci (art. l, n. 2 del D. L. L. 5 ottobre 1944, 
n. 249) le leggi della repubblica di Sal�, e di mantenere 
ferme in parte le sentenze emanate in base 
alle predette leggi, dimostri che l'ordinamento giuridico 
di detta repubblica ebbe una giuridica esistenza, 
giacch� i provvedimenti legislativi emanati dallo 
Stato legittimo nel senso di cui sopra ed in altri 
sensi, furono diretti ad ovviare agli inconvenienti 
di un ormai insopprimibile stato di fatto, negando, 
a seconda dei casi, o conferendo il carattere di legittimit� 
a situazioni sorte in applicazione delle leggi 
della suddetta repubblica e recependo talvolta nel 
proprio ordinamento quel tanto che meritava di 
essere recepito, senza per� giammai ammettere che 
la sovranit� dello Stato legittimo fasse, sia pure 
per un istante, venuta meno nell'Italia del nord. � 
dunque gravemente inesatto il dire che nel caso di 
specie applicando retroattivamente il D. L. L. 26 
marzo 1946, n. 134, si viene ad estendere retroattivamente 
l'efficacia normativa dello stesso decreto 
ad un territorio che nel tempo in cui sorsero i rapporti 
in esame non era soggetto alla sovranit� ed 
alle leggi dello Stato italiano )}. 
Non esitiamo a ritenere pi� corrette talune pronuncie 
precedenti, che qualificavano il sedicente governo 
della cosiddetta r.s.i. cc governo insurrezionale)) 

(S. U., 25 maggio 1949, n. 133; cfr. anche Cass. II, 
22 agosto 1949, n. 2385, in cc Giur. It. )) 1950, I, 
1, 437). 
3. Le massime relative ai poteri del C.L.N.A.I. 
e del Comando Militare Alleato trovano precedenti 
nelle sentenze delle Sezioni Unite 23 febbraio 1950, 
n. 465, e 13 gennaio 1951, n. 81. 
4. Questa massima trova esauriente motivazione 
nei rilievi circa cc l'inammissibilit� di una rinuncia 
preventiva a diritti futuri )} inconfigurabile secondo 
i principi generali; circa l' cc impossibilit� che la 
condotta dello Stato italiano fasse vincolata per il 
tempo successivo alla cessazione della guerra)} (pi� 
precisamente si sarebbe potuto parlare di inconcepibilit� 
di un vincolo, sulla futura attivit� legislativa 
dello Stato); e circa l'inattendibilit� di una cc dispensa 
n nel nostro ordinamento giuridico. 
5. La quinta massima trova fondamento in un 
duplice ordine di considerazioni, secondo che il prov: 
vedimento di confisca abbia natura civile o penal�. 
�, infatti, noto che, nella soggetta materia, coesistono 
provvedimenti dell'una e dell'altra specie, in 
dipendenza di un ben noto mutamento della giuri

-101 


sprudenza delle Sezioni Unite (gi� illustrato in que


sta Rassegna: FOLIGNO: Cenni giuridici intorno 

alla confisca dei beni, 1950, pp. 97, 101, e in Rela


zione, 1942-1950, III, n. 323). 

Nel caso, pi� frequente, in cui il provvedimento 

abbia natura penale, dovrebbe valere il principio 

secondo il quale la sentenza penale fa stato erga 

omnes, nei limiti e alle condizioni di cui all'art. 28 

Codice procedura penale. 

Nella fattispecie decisa dalla sentenza annotata, 

le Sezioni Unite rilevarono peraltro: �Non � pos


sibile parlare di giudicato penale nella presente ver


tenza, nella quale � stato gi� deciso dalla Corte di 

Cassazione, in conformit� alla giurisprudenza del 

tempo, che la confisca di cui trattasi � una sanzione 
.civile �. 

Ma, al riguardo si osserva: � vero che, nel .caso, 

la confisca era stata disposta per ordinanza, avente 
carattere sostanziale di sanzione civile specifica: ma 
era pure sempre un provvedimento f armale del giudice 
penale, relativo ad un rapporto attribuito alla 
sua competenza, in vista dell'accertamento incidentale 
di uno o pi� reati, e per�, si dovrebbe ritenere, 
egualmente, applicabile l'art. 28 Codice procedura 
.penale. Non � aberrante questa concezione (che �, 
tuttavia, del legislatore) perch�, alla base della pronuncia 
sta un accertamento incidentale di natura 
penale, per ci� affidato al giudice penale e per ci� 
di carattere oggettivo, valevole erga omnes. (In altri 
casi, l'ordinamento giuridico prevede l'accertamento 
incidentale di un reato non opponibile a terzi: in 
�tema di risarcimento del danno non patrimoniale 
da reato estinto; ma tale rapporto � attribuito alla 

cognizione del giudice civile). 

Le Sezioni Unite rilevarono poi: �La tesi accam


pata dal Cella e dalla Seim, col mezzo in esame, 

va considerata come esattamente confutata e respinta 

dalla Corte di merito in base alla considerazione 

che, coi due decreti su menzionati, la legge volle intro


durre un'eccezione alla inopponibilit� del giudicato 

civile ai terzi. 

�Ricorrendo, come necessariamente 'devesi fare nel 

caso in esame, al criterio della interpretazione sto


rica, oltre che �lettera.le, e tenendo il dovuto conto 

del clima storico in cui il D. L. L. 26 marzo 1946, 

n. 134 e il D. L. C. p. S. 19 novembre 1946, n. 392, 
furono emanati, si deve ammettere che il legislatore, 
in considerazione del carattere sanzionatorio, personale 
e pubblicistico della confisca, erroneamente dedotto, 
come si � visto, a sostegno dell'applicabilit� 
dell'art. 2909 Codice civile, intese introdurre una 
eccezione al predetto articolo col sottrarre il giudizio 
emesso dal Tribunale sulla confisca e confermato dalla 
Corte di Cassazione attraverso un procedimento contenzioso, 
ma sommario e camerale, a qualsiasi possibilit� 
di contestazioni o di opposizione da parte 
dei terzi eventualmente interessati. 
cc Ohe la decisione emessa in detto procedimento 
debba valere anche in confronto dei terzi acquirenti 
dei beni della persona soggetta a confisca, si desume 
in modo incontestabile dall'art. 4 del citato decreto 

n. 392 del 1946, nel quale si dispone che l'Intendenza 
di Finanza, dopo di avere chiesta ed ottenuta la 
trascrizione dell'ordinanza di confisca presso la conservatoria 
dei registri immobiliari,� determina con 
suo decreto i singoli beni mobili ed immobili sottoposti 
a confisca ed in base alla suddetta ordinanza 
ed al suo decreto intima agli aventi causa del soggetto 
a confisca, o ai terzi possessori o detentori, la 
consegna o il rilascio di detti beni entro il termine 
di 40 giorni e procede ad esecuzione amministrativa 
nel caso di inutile decorso di detto termine. 

� � ben vero che chiunque ha interesse di opporsi 
all'esecuzione della confisca pu� proporre la relativa 
azione davanti all'Autorit� giudiziaria competente 
per valore e per territorio (art. 5 del decreto n. 392 
del 1946) ma con tale opposizi�ne si possono, secondo 
la pi� attendibile interpretazione della citata 
dispo~izione, far valere tutte le eccezioni attinenti 
ai presupposti dell'inefficacia e dell'esattezza del decreto 
intendentizio, ma non si pu� impugnare quanto 
� stato ritenuto e deciso con l'ordinanza di confisca, 
in ordine alla sussistenza del delitto o dei delitti 
fascisti e alla applicabilit� della sanzione della confisca, 
anche perch� non si pu� ammettere che il giudice 
civile competente per materia e per valore a 
mente dell'art. 5 del decreto sopra citato, riesamini 
una materia che il legislatore ritenne di devolvere in 
modo esclusivo a giudici penali, la competenza di 
alcuni dei quali (sezione della Corte di Cassazione 
indicata nell'art. 6 del decreto n. 159 del 1944) ha 
caratter.e funzionale �. 

6. In relazione al principio della retroattivit� delle 
norme in esame, le Sezioni Unite motivarono come 
segue: � La suddetta volont� di legge si desume dal 
non avere il legislatore fatto alcuna distinzione fra 
atti posti in essere durante l'occupazione tedesca e 
il do~ninio della sedicente repubblica sociale italiana 
ed atti posti in essere dopo la liberazione dell'alta 
Italia, e dall'avere lo stesso legislatore voluto colpire 
con gli articoli 2 e 3 del suddetto decreto, anche il 
cosiddetto collaborazionismo, il quale si era manifestato 
soprattutto durante l'occupazione tedesca dell'Italia 
del nord, e quindi prima dell'andata in 
vigore del D. L. L. 26 aprile 1946, n. 134. 
cc La retroattivit� pu� colpire anche i diritti quesiti 
quando ci� sia previsto dalla legge (Cass. civ., 
17 agosto 1951, n. 2531 e 23 marzo 1949, n. 666). 
L'inefficacia degli acquisti di beni soggetti alla confisca 
di cui trattasi fu prevista dal decreto di cui 
sopra (se tale previsione mancasse l'art. 2, n. 2 e 
l'art. 3 del decreto citato sarebbero come non scritti) 
anche per il caso che detti acquisti f assero avvenuti 
prima che lo stesso decreto venisse emanato �. 

7. Sul punto relativo al carattere originario dell'acquisto 
da confisca, la Corte Suprema si � richiamata 
al � comune insegnamento della dottrina, la 
quale a ragione esclude la possibilit� di applicare 
agli acquisti della specie in esame, i principi della 
successione a titolo particolare o universale o della 
espropriazione per causa di pubblica utilit�, e ravvisa 
negli stessi acquisti una soluzione di continuo 
nella catena dei trasferimenti del bene confiscato n. 
8. La sesta massima segna il punto di arrivo di 
una dibattuta questione in tema di interpretazione .. 
delle norme di rinvio. Infatti, allorquando una disposizione 
rinvii ad un'altra per modificare la sfera 
di applicazione di un dato precetto, si sottintende 
sempre la condizione che se le fattispecie legislative 

-102


contenute nella norma richiamata siano molteplici 

il rinvio debba ritenersi limitato a quelle non incom


patibili con la norma rinviante. 

In termini, il caso del rinvio all'art. 45 D. L. L. 
26 marzo 1946, n. 134, contenuto negli articoli 2 
e 3 del D. L: L. citato. 

Il tentativo di trasferire tutte le tre ipotesi contemplate 
nell'art. 45 alla confisca appariva, invero, 
quale procedimento a carattere interpolativo (come 
aveva notato acutamente il Tribunale di Bologna, 
in altra� controversia analoga decisa con sentenza 22 
marzo 1949, in Rassegna, 1949, 157). Ma, non 
meno arbitraria doveva ritenersi l' applieazione ad 
litteram dell'art. ,15 comma 30, 

Opportunamente, le Sezioni Unite ritennero: cc � 
razionalmente incomprensibile, che il legislatore 
abbia voluto porre come presupposto legale dell'inefficacia 
in esame la conoscenza di cui sopra, perch� 
non � dato comprendere quale nesso logico esista 
tra il fatto di sapere che il proprio dante causa 
aveva gi� sub�to l'avocazione di profitti del regime 
ed era debitore dei medesimi e la inefficacia rispetto 
allo Stato dell'acquisto di beni soggetti per legge a 
confisca per ragioni indipendenti dalla suddetta avocazione. 


cc � chiaro quindi che la disposizione di cui al 
terzo comma dell'art. 45, essendo strettamente inerente 
all'avocazione dei profitti del regime e logicamente 
estranea al fonda mento razionale e al meccanismo 
giuridico della confisca in questione, non 
vale e non � applicabile quando si tratti di detta 
confisca�. 

9. La massima relativa all'inderogabilit� del�a 
efficacia degli atti dispositivi � stata cos� motivata: 
cc L'inderogabilit� delle suddette norme ed in particolare 
dell'inefficacia di cui all'art. 2 del D. L. L. 
26 marzo 1946, n. 134, � chiaramente desumibile 
dalla lettera dello stesso articolo, nel quale si dice, 
usando una formula imperativa, che gli atti in esso 
indicati (n. 1 e 2 del comma 10) "sono privi di effetto 
verso lo Stato" e dalla lettera dell'art. 45, comma 40, 
nel quale con formula non meno imperativa si dice 
che l'azione per la dichiarazione d'inefficacia � proposta 
dall'intendente di finanza. 
� La suddetta inderogabilit� � confermata anche 
dalla considerazione che la dichiarazione d'inefficacia 
� preordinata al fine di dare piena attuazione 
alla confisca, e questa � talmente inderogabile, che 
normalmente va dichiarata d'ufficio dal giudice penale, 
come si desume dal 3� comma dell'art. 1 del 
citato decreto, nel quale si legge che la confisca � 
ordinata dall'Autorit� giudiziaria che pronuncia 
la condanna�. 

10. Per l'inestensibilit� dell'inefficacia dei princip� 
dell'azione revocatoria le Sezioni Unite hanno 
ritenuto: cc Il fondamento razionale, il fine praticogiuridico 
i presupposti di fatto, ed il regolamento 
legislativo dell'azione revocatoria ordinaria appaiono 
ictu oculi del tutto estranei alla speciale azione promossa 
dall'Amministrazione delle Finanze, specialmente 
se si consideri che tale azione tende ad ottenere 
soltanto l'accertamento preventivo dell'inefficaci� di 
diritto prevista dall'art. 2 del D. L. L. 26 marzo 
1946, n. 134, attraverso un giudizio nel quale il 
terzo acquirente o il possessore dei beni confiscati 
possa far valere, contro la predetta inefficacia, tutte 
quelle ragioni ed eccezioni che avrebbe potuto far 
valere in sede di opposizione da lui promossa se la 
predetta Amministrazione, scegliendo la via della 
autotutela, si fosse val$_a del proce.<limento esecutivo 
previsto nell'art. 4 del decreto n. 392 del 1946 �. 

11. L'esclusione dell'obbligo, per lo Stato che ha 
attuato la confisca, di pagare al terzo acquirente il 
prezzo versato per l'acquisto, trova fondamento non 
soltanto nel principio dell'acquisto a titolo originario, 
ma, altres�, nella testuale disposizione dell' articolo 
4 D. L. 19 novembre 1946, n. 392. La Suprema 
Corte ha cos� motivato: cc Ed � logico che tanto sia 
stato dalla legge voluto, giacch� la confisca in esame, 
istituto di diritto pubblico indiscutibilmente sanzionatorio, 
sarebbe per cos� dire, un'arma spuntata se 
lo Stato, di fronte ai trasferimenti a scopo elusivo, 
facili ad attuarsi in previsione della confisca, fosse 
obbligato a rimborsare al terzo acquirente il prezzo 
da lui erogato per l'acquisto della cosa soggetta a 
confisca. � appunto per tale considerazione che le 
confische del genere di quella in esame della quale 
si hanno �esempi in leggi non pi� in vigore contro i 
denigratori della Patria all'estero ed in leggi doganali 
ancora in vigore, furono sempre disciplinate 
in modo da incidere, se del caso, sui diritti dei terzi, 
senza far sorgere a favore dei medesimi alcun diritto 
all'indennizzo. 
-�Esattamente, quindi, la Corte di merito ha ritenuto 
che per ottenere la restituzione del prezzo il . 
Cella e la Seim devono far valere, se del caso, le loro 
ragioni contro gli eredi di Mussolini, del quale lo 
Stato ha incamerato, mediante la confisca, non il 
patrimonio, di cui fanno parte elementi passivi e 
diritti non soggetti a confisca, ma i beni specificati 
nell'ordinanza di confisca o da specificarsi con successivo 
decreto dell'intendente di finanza, fra i quali 
rientrano senza dubbio, quelli in contestazione. 

cc Non a proposito viene invocato,-per sostenere il 
contrario di quanto sopra, l'obbligo delle parti di 
addivenire, per evitare indebiti arricchimenti o per 
attuare la reductio ad pristinum, alla reciproca 
restituzione di quanto ricevuto in esecuzione. del contratto 
commutativo divenuto nullo o dichiarato risolto, 
giacch�, prima di tutto, nei casi della specie 
in esame, i trasferimenti dei beni confiscati inter 
partes non si risolvono ipao jure e non divengono 
nulli in conseguenza dell'attuata confisca, la quale, 
come si � visto, importa soltanto un'inefficacia de 
jure in confronto dello Stato, ed in secondo luogo 
l'obbligo di restituzione sopra accennato � operativo 
soltanto fra le parti e non pure in confronto dello 
Stato. 

cc Si dice, infine, ripetendo con diverse parole concetti 
gi� espressi, che la sanzione della confisca non 
riguardava n� il Cella n� la Seim e perci� l'incameramento 
dei beni di Mussolini doveva avvenire 
deductio aere alieno, ma � agevole rispondere: 

a) che la confisca in esame cqq�. come � dalla 
legge regolata non colpisce il patrimonio della ..per~ 
sona soggetta a confisca o l'insieme indiscriminato 
di tutti gli elementi atti dello stesso patrimonio, ma 
deve colpire cespiti da determinarsi prima o poi e 
con tutta esattezza con apposito provvedimento; 


-103


b) e che dalle precisazioni eseguite fino ad oggi 
nel caso di specie non risulta che lo Stato abbia incamerato 
il prezzo riscosso da Mussolini in corrispettivo 
dei beni venduti al Cella ed alla Seim, prezzo 
che, stando alla notoriet� delle vicissitudini della 
suddetta persona, serv� presumibilmente a ben altro 
eh~ ad arricchire lo Stato in danno del Cella e della 
Seim�. 

12. Sulla delicata questione relativa alle conseguenze 
giuridiche del possesso dei beni confiscati 
la difesa dell'Avvocatura aveva cos� argomentato: 
La confisca di carattere sanzionatorio si ricollega, 
pi� che ai casi di confisca repressiva, alla confisca 
di diritto amministrativo o, meglio, al tipo 
dell'acquisto a titolo originario, per effetto dello jus 
eminens dello Stato. 

In quanto sanzione, essa persegue -direttamente, 
in modo immediato -una pretesa satisfattoria su 
determinati beni: anzitutto per attribuzione allo 
Stato di quei beni in relazione alla qualitas che 
l'affetta indelebilmente, della loro appartenenza, in 
un dato periodo, a certi soggetti e alla conseguente 
destinazione oggettiva dei beni stessi all'appagamento 
di un pubblico interesse dello Stato; poi, per attribuzione, 
allo Stato stesso, di un diritto patrimoniale, 
eliminandosi, nel contempo, il mezzo con cui l' attivit� 
sanzionata potrebbe ripetersi. 

La confisca di carattere sanzionatorio appunto 
perch� ordinata cc in modo immediato alla soddisfazione 
di un pubblico interesse � opera, come potere 
immediato e diretto sui beni. 

Ora, non si � mai dubitato che l'immediata destinazione 
di una cosa al soddisfacimento di pubblico 
interesse determini un acquisto a titolo originario 
un rapporto fra lo Stato e la cosa stessa, con elisione 
di ogni altra situazione giuridica intessuta 
intorno alla medesima. Questa � la ragione dell'inefficacia 
sancita dall'art. 2 D. L. L. 26 marzo 1946" 

n. 134. � 
Orbene, mentre la sentenza della Corte milanese 
ha, correttamente, respinto -sul presupposto del 
carattere originario della confisca -l'istanza dei 
S.E.I.M.-Cella per la ripetizione, nei confronti 
della Pubblica Amministrazione, del prezzo pagato, 
essa ha, poi, ritenuto configurabile e compatibile 
con la ritenuta originariet� della confisca e la conseguenziale 
inefficacia dei negozi dispositivi, una 
situazione di <( possesso >> da parte degli acquirenti 
rispetto all'oggetto di quei medesimi negozi. 

Invece, come l'acquirente (bench� dominus -in 
virt� di un titolo valido �di trasferimento -verso 
tutti) non pu� considerarsi proprietario nei confronti 
dello Stato; cos�, egli (cc possessore �, di buona o mala 
fede, erga omnes) non pu� far valere il possesso 
della cosa nei confronti dello Stato. Anche la relazione 
con la cosa, oltre che il titolo, si rende inopponibile 
alla Pubblica Amministrazione (sull'inopponibilit�, 
come forma di inefficacia a tutela del terzo, 

V. BETTI, Teoria generale del negozio giuridico, 
Torino, 1950, p. 461). 
Infatti, l'inefficacia ex tunc, comminata per gli 
atti dispositivi, � un rifiesso dell'acquisto a titolo 
originario dei beni confiscati, come destinazione loro 
a soddisfacimento d'un pubblico generale interesse, 
che non pu� limitare i suoi effetti. alla '' propriet� �, 

ma deve, necessariamente, estendersi anche al <( pos


sesso �, come a qualunque altra situazione di diritto 

o di fatto (giuridicamente rilevante). E ci� per la 
fondamentale ragione che i beni destinati al soddi
�sf acimento di pubblico interesse acquistano carattere 
di intangibilit� (quasi publicatio ); . in.. altri termini 
non sono consentite (e se compiute, sono inefficaci) 
modificazioni che potrebbero manifestarsi 
irrilevanti, se non dannose, per il raggiungimento 
del fine pubblico. Non difettano esempi di tale f enomeno, 
nel nostro ordinamento: l'istituto generale del 
commissum, quale modo istantaneo di acquisto 
della propriet� e non trasferimento coattivo; l'istituto 

particolare della dicatio ad patriam, nelle sue mol


teplici . manifestazioni (facolt� dello Stato di proi


bire la rimozione dell'oggetto e di ordinarne il ritorno 

alla primitiva sede, Cons. Stato, IV, 3 febbraio 

1933 in �Foro Amm. �, 1933, I, 1, 95; ovvero con


siderare caduta la cosa, rimossa, nell'esclusiva pro


priet� della collettivit�, e per essa dello Stato, che . 

ne � la concreta personificazione, Cass., II, 20 luglio 

1929, in '' Giur. It. �, 1929, I, 1, 1139). 

Anche il bottino militare (nel linguaggio corrente; 
preda bellica) d� luogo ad un acquisto, a titolo originario 
e tronca tutti i rapporti di diritto privato 
comunque intessuti intorno alla cosa, fosse essa, gi� 
appartenuta allo Stato italiano, predata dal nemico 
e da questo poi alienata (cfr. Cass. Civ. I, Sent. 
za n. 774/50 in� Rassegna Avvocatura Stato�, 1950, 
108); fosse essa, invece, di originaria appartenenza 
di privati cui il nemico l'avesse requisita, con o 
senza diritto, con o senza corrispettivo del prezzo 
(cfr. in arg. OAPOTORTI: Incidenza di azioni belliche 
avversarie su rapporti giuridici interni, in 
<<Foro Pen. �, 1947, 249). 

Non diverso il fenomeno della esclusione del di


ritto a qualsiasi indennizzo o rimborso� nel proce


dimento di espropriazione per pubblica utilit� per 

riparazioni, e miglioramenti effettuati dopo la pub


blicazione dell'avviso di deposito del piano di esecu


zione (art. 13 legge 25 giugno 1865, n. 2359; art. 39 

legge 17 agosto 1942, n. 1150) ovverosia a far tempo 

dalla esistenza di una destinazione della cosa a pub


blico interesse (cfr. OARUGNO: L'espropriazione per 

pubblica utilit�, Milano, 1946, 154). 

D'altra parte, il possesso � una situazione sostan


ziale, � soltanto, ((relativo)) alla propriet� o ad altro 

diritto (reale, per l'art. 1140 C. c.). (Solo agli effetti 

della tutela possessoria, ha carattere cc assoluto >> e 

salvo che nei confronti della Pubblica Amministra


zione). � 

Perci� il possesso � configurabile soltanto nei con


fronti del venditore, non anche nei confronti dello 

Stato che, nel confiscare, non ne diviene successore. 

Ci� premesso, non poteva configurarsi attivit� 

del �possessore>> (di buona o mala fede, a questi 

effetti, non importa) rivolta ad apportare riparazioni, 

addizioni e miglior�e; n� insorgenza, nei confronti 

della Pubblica Amministrazione di diritto subiettivo 

avente ad oggetto quelle cc spese �. E trattavasi di 

eccezione rilevabile ex officio. 

L'ordinamento giuridico non lascia, tuttavia, sus--


sistere situaziQni abnormi e non esclude di ritenere 

quelle cc spese � come utile versione. 

La sentenza delle Sezioni Unite ha, invece, ripudiato 
tali principi, con sommaria motivazione (sulla 


-104 


quale non possiamo non formulare delle riserve) 
nella quale si legge: << La confisca pu� essere opposta 
al terzo acquirente come presupposto della inefficacia 
del trasferimento, ma non pu� essergli opposta 
come fatto giuridico produttivo degli effetti radicali 
prospettati dall'Amministrazione delle Finanze, 
giacch� la legge non ha inteso trattare allo stesso modo 
il suddetto acq1drente e la persona soggetta a confisca
�. 

Il che, in altra parte della sentenza �, invece, 
negato, laddove estende al terzo gli effetti dell'acquisto 
-da parte dello Stato -a titolo originario, e 
laddove riguarda il processo per la declaratoria di 
inefficacia come una fase del procedimento di confisca. 

DARIO FOLIGNO 

TRATTATO DI PACE -Danni di guerra a cittadini 
delle Nazioni Unite -Concetto di persona trattata 
come nemica. (Commissione di Conciliazione italoamericana, 
Decis. n. 22 del 19 febbraio 1954 -Stati 
Uniti d'America contro� Governo della Repubblica 
Italiana). 

Le << persone trattate come nemiche �, ai sensi 
e per gli effetti dell'art. 78 del Trattato di pace, 
sono soltanto coloro contro le quali le Autorit� 
italiane, in tempo di guerra, abbiano adottato 
provvedimenti concreti ed effettivi diretti a porle 
sullo stesso piano dei cittadini nemici e non quelle 
contro le quali vi sarebbe stata la possibilit� astratta 
di adottare tali provvedimenti. 

Pertanto, un'apolide di razza ebraica che ha, 
abbandonato l'Italia dopo l'entrata in vigore della 
legislazione razziale, ma prima dello scoppio della 
guerra, non pu� pretendere lo speciale risarcimento 
previsto dall'art. 78 del Trattato di pace per la 
perdita dei suoi beni avvenuta in Italia per fatto 
di guerra. 

L'importanza della decisione in esame � facilmente 
comprensibile, ove si rifletta alla gravit� delle 
conseguenze che sarebbero derivate dall'interpretazione 
del termine cc trattate come nemiche � nel senso 
estensivo sostenuto dal rappresentante del Governo 
degli Stati Uniti. 

Per chiarire la portata del successo ottenuto dalla 
nostra tesi, sar� opportuno esaminare a fondo la 
questione valendoci degli argomenti sottoposti al giudizio 
della Commissione. 

<< Riteniamo preliminare ad ogni disputa in ter


mini giuridici lo stabilire l'esatto significato dal 

punto di vista filologico, del termine treated as, 

trait�s comme, che figura nei testi inglese e francese 

del Trattato, e ci� anche in relazione al rimanente 

contesto della norma del paragrafo 9, lettera a) del


l'art. 78 del Trattato di pace. 

Trattare in italiano, traiter in francese, to treat 

in inglese, sono tre verbi che hanno una comune 

etimologia nel tractare latino. Il quale verbo perduto 

assai presto ogni contatto con l'originario trahere 

di cui � forma frequentativa (unici riferimenti let


terari in questo senso a noi noti in Ennio, cit. da 

M:uCREzro, Saturn. 6, ed in LACROBIO, III, 902), 

assume con valore autonomo l'identica somma di 

significati ohe attualmente hanno i corrispondenti 

italiano e francese, e -abbiamo fondati motivi per 
credere -quello inglese. 
Esso, infatti, significa, nelle accezioni pi� comuni: 

I) Toccare, palpare (CICERONE: Tusculane, 5, 

38: � Ea, quae gustamus, olfaeimus, tractamus, in 
ea ipsa, ubi sentimus, parte versantur �; PLAU'.I'O: 
Miles, II, 6, 30: �tractavisti hospitam ante aedes 
meas �; VIRGILIO: Eneide, III, 501: cc aret Pe~lis 
et ad tactum tractantis dura resistit �, etc.). Ed e in 
questo senso che il medico italiano o francese ci 
rassicura sull'inesistenza del pericolo di una peri.: 
tonite, dicendoci che �l'addome � trattabile � o che 
cc l' abdomen est traitable �. In inglese si domanda 
all'ortopedico: � How would you treat a sprained 
ankle? �. (Concise Oxford). Ed il chirurgo britannico, 
per ridurre un arto rotto cc treats the fraction >>. 
II). Esercitare un'azione a contatto, generalmente 
chimica ma -se pur meno frequentemente anche 
fisica, lavorare (LUCREZIO: De rer. nat., V, 
951): <e Nec dum res igni scibant. tractare ... >>; id., 
V, 1288: << Aere solum terrae tractabant ... �, ecc.). 
Dove� non � chi non veda l'origine dell'espressione 
del chimico: <<La cellulosa trattata con acido nitrico, 
ecc. �, o dall'agronomo: �Questo terreno va trattato 
con i superfosfati ... �, ecc. Lo stesso in francese: 
� Cet ouvrier traite bien son ouvrage �1 ovvero: � Le 
cuivre trait� avec l' acide ... >>. E lo stesso ancora, e 
principalmente in inglese: e< must next be treated 
with sulphuric acide ll, facendo fede anche qui il 

Coincise Oxford Dictionary. 

III) Gestire, amministrare, curare (CICERONE: 

c. Verr., 10: cc Eras tu quaestor; pecuniam publicam 
tu tractabas)) (ove si manifesta pregnante il 
senso di maneggiare:); da qui occuparsi (SVETON: 
Aug., 33: �De negotiis ad Senatum referendis tractare 
�); da qui, infine, negoziare. Onde, in italiano, 
trattare gli affari, ecc., onde trattare una convenzione 
od un accordo, onde, infine, trattare una causa. 
Ed in francese � traiter les aff aires �, � traiter avec 
l' ennemi �, � cet auteur traite de Dieu �, ecc. Ed in 
inglese (citiamo sempre dal Coincise Oxford): present, 
express ... in lit�rature or art. -treat-ing: negotiate 
terms, handle, discuss, ecc. 
Onde in italiano: Trattato (internazionale) e Trattato 
(sCientifico). In francese: � Trait� (de paix) � e 
� Trait� (de droit public) �. Ed in inglese la sostantivazione 
del participio passato << treated � in �treaty 
>> ed in cc treatise >>. 

IV) Ed infine, trascurando alcuni significati 
secondari e per tornare a quel che ora<< trattiamo n: 
agire verso qualcuno in una certa maniera (il� 
vecchio FORCELLINI: Totius latinitatis Lexicon, 
Padova, 1831, s.v. cc tractare ll, qui spiega cc agere 
cum aliquo �, e non pu� essere pi� chiaro). 

Esempi in Cicerone (Fam., I, 3): cc Omnibus. rebus 
lum ita tractes, ut intelligat meam commendationem 
non volgarem fuisse � (ivi, XIII, 27); << N ec 
liberalius nec honorificentius potuisse tract-are-ne-0 
se praesentem, nec rem f amiliarem absentis patroni ))' 
in SALLUSTIO (Catil., 40): � Placidius tractare plebem 
�, ed infine in LrvIO (III, 14): �Paulatim permulcendo 
tractandoque mansuef ecerant plebem ))' dove 


-105 


� evidente la derivazione in via di metafora di questo 
ultimo significato (che � accarezzare) dal primo 
toccare, dal secondo agire a contatto e dal terzo 
maneggiare. 

Pertanto, non considerare, non stimare o ritenere, 
con un giudizio astratto o con una previsione puramente 
teoretica, ma esplicare certe determinate e 
specifiche azioni concrete (atti e fatti) verso una 
determinata persona. Ci sembra utile richiamare 
a questo proposito, le CLVI e CLVIII Lettere 
persiane di Montesquieu, dove � appunto questione 
di traiter e traitement (e che specie di trattamento!), 
e chiederci come questo <e trattamento� s'accordi con 
il cc Donner a quelqu'un tel ou tel titre � o cc Par 
extension, donner telle ou telle qualif�cation bonne 
ou mauvaise � une personne ou � une chose �, di 
cui al buon vecchio Littr�. Ovvero porre a noi stessi 
la questione circa il titolo o la qualificazione che il 
povero Sindor dava alla cagnetta Zinzoline (cc qui 
n'�tait point faite � ces traitements �) nell'allungarle 
il memorando calcio di cui al capitolo XXVI 
dei BijoU:x di DIDEROT. 

La verit� � che i dizionari, in genere, possono offrire 
s� dati ed elementi utili per risolvere una questione, 
ma non offrono la soluzione bell'e fatta. Ora, 
fuor da ogni estremismo teoretico, e mantenendoci 
in una posizione di giusto equilibrio, � certo che 
nell'cc .Agir bien ou mal avec quelqu'un � (che � 
poi, il primo dei significati che per cc traiter � d� 
il popolare Larousse e che corrisponde al primo e 
fondamentale significato del Coincise Oxford: cc .Act 
towards, Behave to �) v'ha talvolta un substrato di 
giudizio, di considerazione, di apprezzamento (normalraente 
agisco bene verso qualcuno perch� lo considero 
favorevolmente, e viceversa). 

Ed � appunto da questo substrato che si ricava 
il senso di cc to consider or regard � di cc donner un 
titre n, ecc. Ma tale elemento di giudizio si fa derivare, 
in ogni caso, da azioni concrete e specifiche, 
da atteggiamenti effettivi, ecc., ex rebus ipsis et 
factis. Se, per esempio, la Curia Romana tratta 
qualche cosa come un immediato suggerimento dell'Inferno 
� certo che essa �giudica o considera�, ma 
� certo del pari che essa si comporta (Behaves to) 
ed agisce verso (.Acts towards) questo qualche cosa 
in un senso determinato esorcistico e condannatorio. 
E ci� per De Quincey, citato a p. 30 del Riassunto. 
Del pari se il Clero fu trattato come ostacolo alla 
diffusione della conoscenza, � sicuro che tale frase 

. indica non solo una considerazione astratta, ma una 
opera effettiva diretta a rimuovere (o a rafforzare, 
secondo il lato della barricata) questo ostacolo. E 
ci� per lo Shorter Oxford, ivi. 

Ma v'ha di pi�. E cio� che il comportamento o 
l'azione, onde si identifica il trattare, pu� non solo 
non coincidere con il cc to consider or regard �, ma 
addirittura essere in netta antitesi con questo. 

L'esempio tratto da RACINE (.Athalie, II, 5) di 
cui a p. 31 del Riassunto, �denota un'esatta corrispondenza 
tra comportamento e stima (cc gli atti di 
affettuosa confidenza e di rispettosa devozione che 
mi rivolge il Siriano indicano come egli mi consideri 
insieme sorella e regina�). Ma quando si narra 
degli stravaganti e pittoreschi rapporti tra Federico 
II di Prussia ed il Signor de Voltaire le cose cambiano, 
e come I Si apprende dallo stesso Voltaire 

(citiamo da La vie priv�s du Roi de Prusse ou 
M�moires pour servir � la vie de M.r de Voltaire 
�crits par lui meme, ed. dalla Librairie des Bibliophiles, 
Parigi, 1886) che il Sovrano considerava e 
riguardava lo scrittore come una specie di valletto 
alle belle lettere, intrigante e diffamatore, nonch� di 
alquanto discutibile correttezza. E Voltaire contraccambiava 
qualificando il Re come uno squilibrato 
falso filosofo, malato di letteratura, fisicamente e 
moralmente tarato, sordidamente avaro, sessualmente 
anormale, eccetera. 

Dopo di che, in quel clima psicologico tutto femminile 
che caratterizz� i rapporti fra i due personaggi, 
Federico dava a Voltaire dell'uomo divino, e 
Voltaire dava a Federico del Salomone. E qui si 
vede in piena luce come traiter stia a designare il 
compimento di attivit� materiali, che normalmente 
dovrebbe coincidere con una certa stima e considerazione, 
ma che ben pu� divergerne. 

Fondamentale � l'atto o il fatto, derivazione eventuale 
il giudizio psicologico. 

Fin qui l'aspetto filologico della questione. 

Ma occorre soggiungere che quando si ponga il 

problema .della de verborum significatione in un 
qualsiasi testo giuridico � buona norma prendere il 
termine nella sua accezione pi� comune e pi� sicura, 
respingendo -di regola -i significati particolari 
e derivativi. Ora, il significato pi� comune di traiter 
e di to treat � proprio quello di cc agire con opere 
e fatti concreti e specifici verso una determinata persona 
in una determinata maniera �. 

In sostanza resta immanente, pur nei pi� modern~ 
significati del termine, quel tanto di attivit� 
m,ateriale che contrassegna il radicale latino del 
verbo in questione. E non vediamo perch� da questo 
elemento dovrebbe prescindersi nel comune linguaggio 
giuridico. 

Ci� per _quanto riguarda i testi inglese e francese 
del Trattato di pace. E potremmo dispensarci da 
ogni ulteriore indagine, data la perfetta coincidenza 
di risultati di questa ricerca e -quanto meno la 
non incompatibilit� del significato come sopra 
conseguito con la portata del testo russo. 

Ma v'ha di pi�. E cio� che -considerando nell'insieme 
la somma di significati dati per rassmatrivat 
da Makarow e da 0' Brien -pu� agevolmente 
rilevarsi come, pur esistendo nel termine una 
forte componente di cc giudizio � o di cc considerazione 
�, questo giudizio o considerazione non sono 
di indole generale ed astratta, non si pongono cio� 
come cc previsione a priori �, ma -al contrario derivano 
da un apprezzamento concreto ed effettivo 
di una fattispecie specifica ed individuata. 

In particolare nel Trattato del Diritto amministrativo 
sovietico di STUDENIKIN ed altri, ed. 1950, 

p. 15, il verbo � usato per la �trattazione >> di questioni 
e di problemi di carattere legale. 
Ond'� che nel caso di cc rassmatrivat >> relativo ad 
un soggetto sotto l'imperio di certe leggi, non apparisce 
sufficiente il mero dictum normativo, ma occorre 
quanto meno la considerazione effettiva.ed individuale 
del soggetto (cfr. regarder avec attention,._ 
analyser ... examiner; to inspect ... , to examine, 
eccetera�). 

Non osiamo occuparci di filologia slava ma per 
una considerazione legislativa astratta, a quanto 


-106 


dato di sapere, sembra assai pi� appropriato il termine 
priedussmatrivat, e per una stima od un giudizio 
generico il verbo scitat. 

Del resto non esiste nella lingua russa altro termine 
che possa sostituire rassmatrivat nell'accezione 
di (( trattare concretamente qualcuno come )) ' non e, 
essendo possibile nel testo di una Convenzione internazionale 
o d'una legge far uso del verbo otnositsa 
data la sua forma riflessiva che non consente l'uso 
di un complemento oggetto, e -meno che mai la 
costruzione in forma passiva, indispensabile in 
un giro di frase e di pensiero come quello che ne 
occupa. 

Per terminare con questa interessante ricerca, � 
il caso ora di considerare quel che rimane della frase 
in istudio: � under the laws in force in Italy �, � aux 
termes de la l�gislation en vigueur en Italie �. cc Under 
the laws � � espressione assai pi� bella ed ade


rente al concetto giuridico espresso nel paragrafo 9 
dell'art. 78 che non cc by virtue of the laws �. 

Oi sembra che essa valga a delineare proprio lo 
svolgimento di una certa attivit� sotto un certo ordinamento 
giuridico assai pi� precisamente che non 
cc by virtue �. . 

Le leggi comandano, ed � sotto questo comando 
che � stato usato un certo trattamento. 

Oos� come cc sotto �, in una disquisizione storica, 
vale come rafforzativo del concetto di cc al tempo di i> 
denotando non solo un puro e semplice riferimento 
cronologico, ma una vera e propria localizzazione 
dell'evento in un certo ambiente politico e culturale. 

Analogo discorso va fatto per il testo francese con 
l'avvertenza che aux termes � espressione letterariamente 
meno soddisfacente che non sia � under the 
laws �. Anche qui, tuttavia, perch� l'argomento abbia 
pregio, il testo avrebbe dovuto dire cc par les lois �. 

F . .AGR� 

ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI 
DELLE CORTI DI MERITO 


COSTITUZIONE -Giudizio sulla costituzionalit� della 
legge -Competenza degli organi giurisdizionali. 

(Tribunale di Genova, Sent. 1� marzo 1954 -Pres. ed 
Est.: Secco -Musio Sale contro Statb Italiano). 

Gli organi giurisdizionali (ordinari o speciali) 
sono incompetenti a decidere sulla domanda colla 
quale taluno impugni direttamente ed immediatamente 
la costituzionalit� di una legge, anche se 
l'attore chieda che l'organo adito si limiti a trasmettere 
gli atti alla Corte costituzionale per .il 
giudizio di costituzionalit�. 

In questo giudizio l'attore pretendendo di essere 
presidente e legale rappresentante di un c.d. movimento 
di diritti del cittadino, aveva citato lo Stato 
Italiano in persona del Presidente della Repubblica, 
nonch� il Presidente del Consiglio dei Ministri, per 
ottenere la declaratoria di illegittimit� costituzionale 
della legge 31 marzo 1953, n. 148, contenente modificazioni 
al T. U. sulla legge elettorale politica. 

L'attore chiedeva, in via preliminare, che il Tribunale 
adito provvedesse ai sensi dell'art. 23 della 
legge 31 marzo 1953, n. 87, perch� fosse dichiarata 
dalla Corte costituzionale l'illegittimit� costitu,zionale 
della legge impugnata. 

Il Tribunale, invece che arrestarsi all'esame dei 
motivi che avrebbero precluso l'esame della domanda 
attrice, e cio� al difetto di legittimazione attiva e al 
difetto di legittimazione passiva, ha......:.. e secondo noi 
saggiamente -preferito affrontare la sostanza della 
controversia per evitar� che rimanesse anche il minimo 
dubbio sull'assoluta infondatezza dell'azione 
proposta. 

Riteniamo sufficiente riportare testualmente la motivazione 
della sentenza che, per quanto ci risulta, 
� la prima che finora si � occupata diffusamente 
della questione. 

� Oggetto della domanda attrice � la trasmissione 
degli atti del presente giudizio alla Corte costituzionale 
a' sensi dell'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87, 
aff�nch� questa dichiari l'illegittimit� costituzionale 
della legge 31 marzo 1953, n. 148, per violazione 
dell.'art. 48, 2� e 30 comma e dell'art. 3, 1 o comma 
ed art. 72 ultimo capoverso della Costituzione, e la 
sospensione del giudizio di merito nel quale poi 
dovrebbe essere statuito il diritto degli attori a poter 
esprimere il proprio convincimento elettorale mediante 
voto personale e uguale, libero e segreto, intesa tale 
costituzionale espressione nel senso che il vota non 

pu� essere assoggettato a limitazioni e valutazioni 
differenziate a seconda delle opinioni politiche e della 
elezione personale al voto medesimo validamente 
manifestata da essi cittadini colla condanna dello 
Stato al risarcimento dei danni nella misura di lire 
una. 

cc L'errore, in cui cade la difesa attrice, � grave 
e manifesto. 

cc Infatti parte attrice, instaurando un giudizio di 
legittimit� costituzionale della vigente legge elettorale 
politica avanti questo Tribunale, sia pure, perch� 
vengano trasmessi gli atti alla Corte costituzionale, 
previa sospensione del giudizio, ed allo scopo 
non gi� di far accertare la violazione di un diritto 
soggettivo, ma l'esistenza di una legge contraria alla 
Costituzione, disconosce il fondamento elementare 
e indiscutibile dell'azione privata, la quale ha per 
presupposto l'esistenza di una fattispecie legale, che 
corrisponda con quella di fatto, invocata dall'attore 
e cio� un diritto soggettivo. 

cc Nella specie gli attori non si dolgono che sia 
stato leso in concreto il loro diritto secondo la legge 
all'elettorato attivo, ma invocano un giudicato del 
Tribunale; che dia atto, dopo che la legge 31 marzo 
1953 fosse dichiarata illegittima costituzionalmente 
dalla Corte costituzionale, che essi hanno diritto a 
votare secondo i presupposti dell'art. 48 della Costituzione. 


� In sostanza gli stessi attori riconoscono che nessun 
diritto soggettivo a loro proprio � stato violato, 
ma si dolgono unicamente che sia stata approvata 
e promulgata una legge che asseriscono contraria 
alla Costituzione, la cui illegittimit� costituzionale 
dovrebbe essere dichiarata dalla Corte costituzionale 
in via preliminare. N � si comprende poi in che cosa 
dovrebbe consistere questo giudizio di merito successivo 
alla dichiarazione di illegittimit� della legge 
impugnata, ripristinando evidentemente la dichiarazione 
d'invalidit� della legge pronunciata in ipotesi 
dalla Corte costituzionale nei cittadini lo stato 
di diritto antecedente e di conseguenza eliminando 
ogni ragione di doglianza relativa ai diritti politici, 
che spettano ai cittadini in forza della Costituzione. 

cc In sostanza la stessa difesa attrice riconosce che 
nessun diritto soggettivo vi � in contestazione tra_ 
gli attori e lo Stato Italiano, che comunque legittimi 
un giudizio purchessia avanti l'Autorit� giudiziaria 
ordinaria, ma intende valersi della via giudiziaria 
ordinaria per enunciare, anche in sede incompetente, 



-108 


la sua tesi circa l'inconstituzionalit� della legge elet


torale politica e far trasmettere da questo Tribunale 
gli atti alla Oorte costituzionale. 

cc Oos� stando i fatti, non � chi non veda come al 
lume delle norme stesse invocate dagli istanti, la 
domanda dagli stessi proposta non possa venire accolta. 

�Invero l'art. 23 legge 11 marzo 1953, n. 87, 
non prevede il caso che un'Autorit� giurisdizionale 
sia investita di ur�a domanda autonoma di dichiarazione 
di illegittimit� costituzionale di una legge, 
la quale, si risolve ovviamente colla dichiarazione 
di incompetenza dell' .Autorit� adita, ma regola l'ipotesi 
che per la definizione di una controversia per 
un diritto soggettivo si debba risolvere pregiudizialmente 
una questione di legittimit� costituzionale, stabilendo 
in questo caso la trasmissione degli atti alla 
Oorte costituzionale o la sospensione del giudizio in 
corso. 

Ora l'adire un Tribunale, perch� trasmetta gli atti 
alla Oorte costituzionale per dichiarare la illegittimit� 
costituzionale d� una legge non pu� dar luogo 
che alla dichiarazione di incompetenza del Tribunale 
adito, non essendo compito delle Autorit� giurisdizionali 
di fungere da organi di trasmissione 
alla Oorte costituzionale, ove questa rimessione di 
atti non trovi la sua giustificazione processuale nella 
necessit� di far decidere dalla Oorte una questione 
preliminare di legittimit�, da cui dipenda la definizione 
del giudizio avanti il Tribunale. 

cc Sembra poi quasi superfiuo porre in evidenza 
che l'Autorit� giurisdizionale investita sic et simpliciter 
di una questione esclusiva di legittimit� 
costituzionale non abbia poteri di sorta per respingerla 
con un'ordinanza, che ne dichiari la manifesta 
infondatezza a sensi del citato art. 23, legge n. 
marzo 1953, in quanto questo potere di disattendere 
per palese infondatezza una questione di legittimit� 
costituzionale � demandato al giudice ordinario solo 
nell'ipotesi che l'esame della questione di legittimit� 
costituzionale sia preliminare al giudizio su un 
diritto soggettivo, che legittimi l'opportunit� della 
sospensiva del giudizio stesso o l'ordinanza di dichiarazione 
di infondatezza della questione proposta. 

� evidente come una diversa soluzione porti alla 
conseguenza di investire arbitrariamente l'Autorit� 
giurisdizionale di un potere autonomo di delibazione 
di questioni di legittimit� costituzionali, che-si estrinseca, 
come si � visto, colla facolt� di trasmettere o 
meno gli atti alla Oorte costituzionale nella ipotesi 
del citato art. 23, mentre � palese che tale competenza 
non compete all'Autorit� giurisdizionale, se 
non in quanto l'esercizio di questo potere si manifesti 
necessario per la definizione di questioni su 
diritti soggettivi �. 

IMPOSTA STRAORDINARIA PROGRESSIVA SUL 
PATRIMONIO -Applicabilit� del solve et repete 
anche per le rate non ancora scadute. (Corte Appello 
di Milano, Sez. I, Sent. n. 182/53, 15 dicembre 19526 
febbraio 1953 -Pres.: Mottino; Est.: Vinci). 

L'imposta straordinaria progressiva sul patrimonio 
� una imposta istantanea, che colpisce, 
una tantum, il patrimonio delle persone fisiche 
esistenti al 28 marzo 1947 e non un'imposta periodica. 


Si tratta, pertanto, di unica obbligazione, sorta 
quando si verific� il presupposto della imposizione 
tributaria. 

Il precetto del solve et repete, deve, quindi, 
spiegare tutta la sua efficacia se l'obbligazione 
non � stata integralmente adempiuta, prima della 
instaurazione del giudizio, nulla rilevando il beneficio 
della rateizzazione, concesso per altri fini. 

La sentenza della Oorte di Appello di Milano, 
non impugnata e passata in giudicato, ha integralmente 
accolto la tesi sostenuta dall'Avvocatura. 

La dilazione mediante un pagamento rateizzato 
nei vari modi previsti dall'art. 52 del T. U. 9 maggio 
1950, n. 203, non � idonea a mutare la natura 
giuridica dell'imposta progressiva sul patrimonio, 
che � istantanea e non periodica, e che ha, come suo 
presupposto, la consistenza patrimoniale del contribuente 
in un determinato momento (GIANNINI: Isti� 
tuzioni di Diritto tributario, p. 245). 

Il principio del solve et repete deve, quindi, 
trovare applicazione non solo per le rate gi� scadute 
ma in relazione all'intero debito di imposta. 

V a dichiarata, pertanto, inammissibile anche la 
domanda di restituzione limitata alle somme pagate 
in adempimento delle rate scadute ove non sia stato 
soddisfatto l'intero tributo; ch�, oltre tutto l'esame 
nel merito di una siffatta domanda implicherebbe 

o almeno, potrebbe implicare una pronuncia valevole 
per la intera imposizione. 
N � costituisce motivo per disapplicare il principio 
del solve et repete in relazione all'intero ammontare 
del tributo la mancanza della cartella esattoriale 
che, al pari delle altre pratiche difficolt� allo 
integrale adempimento del tributo, non pu� avere 
alcuna giuridica rilevanza sul rapporto d'imposta 
gi� perfetto in tutti i termini. 

L'unico argomento di un certo rilievo a favore di 
una contraria tesi � il richiamo, contenuto nel T. U., 
all'imposta di ricchezza mobile. E gli unici precedenti 
giurisprudenziali, in materia, rifiettenti l'imposta 
straordinaria sul patrimonio, di cui ai decretilegge 
22 aprile 1920, n. 494, e 5 febbraio 1922, 

n. 78 (1), pur riconoscendo l'applicabilit� del solve 
et repete, sembrano limitarla alle sole rate scadute 
con riferimento agli articoli 56 del decreto-legge n. 494 
del 1920, 59, del decreto legge n. 78 del 1922 e n. 120 
del regolamento 11 luglio 1907, n. 560 (Oass. S. U., 
19 aprile 1933, in cc Relazione dell'Avvocatura dello 
Stato per gli anni 1930-1941 �, n. 789 e cc Monitore 
del Tribunale�, 1933, n. 682). Ma il richiamo alle 
norme dell'imposta di ricchezza mobile, contenuto in 
quelle disposizioni, cui fa riferimento la sentenza, 
ora citata, della Suprema Oorte, era ben pi� ampio 
(1) Precedenti giurisprudenziali sulla imposta straordinaria 
progressiva sul patrimonio, di cui al T. U. del 
1950, non risultano in argomento. Degli autori, che si 
sono occupati della materia soltanto il SALERNI (Le 
imposte straordinarie sul patrimonio nella dottrina e nella 
legislazione, p. 243) affronta la questione sosten�ndo 
che "condizione sine qua non per l'ammissibilit� della 
citazione e della opposizione giudiziale � che l'atto giu~ 
diziale medesimo sia preceduto dal pagamento delle 
rate d'imposta scadute�, mentre l'UKMAR (Le imposte 
straordinarie sul patrimonio, 1, par. 107, p. 185) si limita 
ad una generica affermazione sull'applicabilit� del solve 
et repete all'imposta, di cui si tratta. 

-109 


di quello contenuto nell'art. 50 del T. U. n. 203 
del 1950. 

Comunque, prescindendo da ogni altra considerazione, 
sussiste una essenziale differenza fra le due 
imposte. 

L'imposta di ricchezza mobile tende a gravare il 
reddito man mano che questo si produce (GIANNINI, 
op. cit., ed. 1948, p. 321), anche se per ragioni pratiche 
si assume come indice del reddito colpito quello 
di un periodo anteriore tanto � che la cessazione 
definitiva del reddito, durante il periodo di imposta, 
costituisce causa di immediata estinzione del relativo 
rapporto: con il pagamento delle rate scadute, 
nella imposta di ricchezza mobile, cio�, si soddisfa 
tutta l'imposta, di cui fino a quel momento il contribuente 
� debitore per essersene verificato il presupposto, 
e non �, quindi, a parlarsi di dilazione. 

Mentre, tutt'altro, come si � accennato, deve ritenersi 
per l'imposta patrimoniale progressiva, nella 
quale, invece, la rateizzazione del debito rientra, in 
ogni caso, nella categoria delle dilazioni, in relazione 
alle quali la costante giurisprudenza ha, sempre, ritenuto, 
in accoglimento della tesi dell'Avvocatura, che 
la eccezione del solve et repete deve essere accolta 
con riferimento anche alle rate non scadute (Cassazione, 
S. U. 24 luglio 1926 in <e Giur. It. �, 1926, 
I, 1, 1168; Cass. S. U. 31 maggio 1943 in �Giurisprudenza 
It. n, 1943, I, 1, 400). 

E ci� anche se si tratta della rateizzazione prevista 
esplicitamente e generalmente dalla legge, senza 
bisogno di un apposito provvedimento da parte della 
Autorit� amministrativa, data la natura ed i caratteri 
dell'imposta straordinaria progressiva sul patrimonio, 
dei quali si � detto, ed ai quali, essenzialmente, 
bisogna aver riguardo per stabilire se si � 

o meno in presenza di una dilazione, quale mera 
facilitazione di pagamento (2). 
B. BACCARI 
PROCEDIMENTO CIVILE -Rapporti fra Stato italiano 
e Fondo internazionale d'emergenza -Sostituzione 
processuale -Trasporto marittimo -Ter~ 
mine di prescrizione. (Tribunale di Genova, Sez. I, 
Sent. 7-27 gennaio 1954 -Pres.: Martino; Est.: Grisolia 
-Amministrazione Aiuti Internazionali contro 
Societ� Dani). 

1. Per l'art. 7, lett. c, dell'accordo fra il Governo 
italiano e il Fondo internazionale di emergenza 
per l'infanzia, accordo approvato con D. L. 13 
(2) In principio, quindi, il criterio adombrato dalla 
Suprema Corte nelle sentenze, indicate nel testo, e secondo 
il quale, in materia d'imposte dirette in genere, 
il salve et repete sarebbe applicabile o meno alle rate 
non ancora scadute rispettivamente se la rateizzazione 
derivasse da provvedimento dell'Autorit� amministrativa 
o dalla legge, non sembra accettabile, poich�, prescindendo 
dalla natura dell'imposta, non pu� essere 
decisivo. 
�, infatti, soltanto vero che nel primo caso il salve 
et repete � sempre applicabile anche per le rate non 
scadute, in quanto, in ogni caso, come si legge nella 
motivazione delle sentenze suddette, l'Autorit� amministrativa 
non pu� rinunciarvi e la dilazione, che essa 
concede, ha come presupposto, sia pure implicito, l'accettazione 
dell'accertamento, la cui impugnazione, facendo 
venir meno quel presupposto, fa perdere altres� 
il beneficio della dilazione. 

aprile 1948, n. 909, il Governo italiano si assunse 
l'espletamento e la risoluzione di tutte le cause 
per azioni di danno contro il Fondo. Poich� nel 
concetto di � soluzione di cause � � compreso anche 
il concetto di transazione, devesi ritenere che in 
virt� del predetto art. 7 lo Stato italiap.o abbia 
la facolt� non solo di difendere in giudizio il Fondo 
a mezzo dell'Avvocatura dello Stato, ma anche 
di sostituirsi ad esso processualmente, facendo 
valere in nome proprio i suoi diritti. 

2. Per l'art. 438 del Codice della navigazione 
le azioni derivanti da trasporti marittimi da Genova 
a Beyrouth sono soggette alla prescrizione semestrale, 
essendo Beyrouth un paese bagnato dal 
Mediterraneo, sebbene posto fuori di Europa. 
La prima massima � conforme alla giurisprudenza 
formatasi per altri enti, per i quali si verific� la 
sostituzione ope legis dello Stato italiano, con effetti 
sostanziali e processuali (cfr., per l'I.R.O., questa 
Rassegna 1950, 114 e 1952, 192). 

La seconda massima concerne una delicata questione 
di diritto marittimo, sulla quale non risultano 
precedenti della Corte Suprema. 

� noto che il criterio accolto dal legislatore per 
graduare i termini prescrizionali del trasporto marittimo 
� la maggiore o minore distanza del viaggio 
(cfr. Relazione al Codice della navigazione n. 247). 
Questo criterio gi� fondava l'art. 926 del Codice di 
commercio, ma nel Codice civile del 1942 (art. 2951) 
e nel Codice della navigazione (art. 418, 438) ha 
ricm.'1do -almeno nelle intenzioni del legislatore un'applicazione 
pi� precisa. L'art. 926 fissava un 
termine breve (semestrale) per taluni viaggi determinati 
ed un termine pi� lungo (annuale) per tutti 
gli altri viaggi. Nella nuova codificazione il sistema 
sembra, a tutta prima, invertito: il termine pi� breve 
appare fissato come termine generale (1� comma), 
mentre il termine pi� lungo viene stabilito per taluni 
viaggi determinati (2� comma). Questa inversione 
non creerebbe difficolt�, se -come avveniva nel 
vecchio Codice di commercio per il termine breve i 
casi di applicazione del termine prolungato fossero 
stati precisati con una formulazione positiva; ma 
la nuova codificazione ha, invece, indicato i casi 
di termine prolungato per modum exclusion{s, e, 
per di pi�, con una formulazione disgiuntiva, che 
non solo d� luogo a notevoli incertezze di interpretazione, 
ma che, in definitiva, d� al capoverso la 
sostanza di una norma generale. 

Per meglio chiarire lo spirito dell'art. 438 Codice 
della navigazione, � opportuno premettere un' avvertenza: 
e cio�, che dal rapporto fra le due codificazioni 
emerge piuttosto una riduzione dell'ambito territoriale 
del termine pi� breve, che non un ampliamento. 
L'art. 926 Codice commercio, infatti, stabiliva 
il breve termine semestrale non solo per i trasporti 
fra le piazze europee e le piazze asiatiche ed africane 
sul Mediterraneo, ma anche per i trasporti 
sul canale di Suez, sul Mar Nero e sul Mar Rosso, 
nonch� (( per le piazze interne congiunte ad un� delle .. 
marittime anzidette mediante strada ferrata)), L'articolo 
438, per contro, facendo riferimento ai �paesi 
bagnati dal Mediterraneo �, usa una espressione certamente 
pi� restrittiva. Sia i paesi bagnati dal Mar 



-110 


d'Azov, sia i paesi bagnati dal Mar Rosso o dal Mar 
Nero, sia i paesi interni collegati f erroviariamente 
con i paesi bagnati dal Mediterraneo, non rientrano 
pi� nell'ambito del termine semestrale. L'espressione 
cc Mare Mediterraneo � esclude, infatti, ogni estensione 
ad altri mari, anche geograficamente compresi 
nel pi� lato concetto di bacino del Mediterraneo. 
Questo punto � gi� stato esaminato da una diffusa 
sentenza 22 settembre 1951 del Tribunale di Napoli 
(<< Giur. It. �, 1952, I, 2, 655), le cui osservazioni 
si possono, al riguardo, pienamente condividere: 

� Resta da esaminare -rileva il Tribunale di 
Napoli -quale sia il valore della dizione "Mediterraneo", 
se cio� con questo termine il legislatore 
abbia voluto comprendere anche il Mare di Marmara 
e il Mar Nero, che esso forma, ovvero abbia 
inteso riferirsi al solo specchio di acqua compresa 
tra i tre stretti, Gibilterra, Suez e Dardanelli. A 
parere del Tribunale � da accogliersi la seconda soluzione, 
come pi� conforme alla lettera del riferimento 
e all'intento del legislatore. Ed invero dalla differente 
dizione, indubbiamente pi� lata, di " bacino 
del Mediterraneo" usata dal legislatore nell'art. 166 
Codice di procedura civile e dall'espresso richiamo, 
a fianco del Mediterraneo, del Mar Nero nell'abrogato 
art. 962 Codice civile e del Mar Nero e Mar 
d'Azov nell'art. 59 del Codice per la Marina mercantile, 
come in altri. numerosi esempi ricorrenti nelle 
leggi marittime complementari, pu� dedursi che il 
legislatore non ha mai inteso comprendere nella dizione
� "Mediterraneo" anche i mari da questi formati 
oltre lo Stretto dei Dardanelli, e quando ha 
dovuto riferirsi a questi mari ha sentito sempre la 
necessit� di farne espresso richiamo �. 

(Si veda successivamente, nella stessa causa ma in 
senso contrario, la sentenza App. Napoli 4 luglio 
1953, in � Giur. It. �, 1954, I, 2, 77). 

La pubblicazione del Regolamento al Codice della 
navigazione (Decr. Pres. 15 febbraio 1952, n. 328) 
ha, del resto, legislativamente confermato questa verit�, 
che � fisica ancor prima che giuridica: e cio�, 
che il Mediterraneo non comprende n� il Mar Nero 
n� il Mar Rosso, che vengono esplicitamente dichiarati 
cc fuori di esso� (art. 266, 267 Regolamento). 

Sembra, dunque, sufficientemente dimostrato che 
l'art. 438 Codice della navigazione, limiti notevolmente 
l'ambito di applicazione del termine breve gi� 
fissato dall'art. 926, pur prendendo in considerazione 
come circostanza rilevante -al pari dell' articolo 
926 -l'essere, o non essere, il trasporto eff ettuato 
in paesi bagnati dal Mediterraneo. 

Questa circostanza, come � ben noto, non viene 
invece tenuta. pre~ente per il trasporto terrestre, che 
impernia la disciplina temporale della prescrizione 
sul fatto che il trasporto sia effettuato dentro o fuori 
l'Europa (art. 2951 Codice civile). Il che � perfettamente 
logico, posto che il mare entra in considerazione 
come via di comunicazione solo per i trasporti 
marittimi o per i trasporti misti, e non per i trasporti 
terrestri. Ma, mentre una delimitazione di ambito 
marittimo per un trasporto esclusivamente terrestre 
sarebbe assurda, non � altrettanto assurda una concomitante 
delimitazione terrestre per un trasporto 
marittimo, giacch� questo pu� non esaurirsi in paesi 
bagnati �dal Mediterraneo. Ci� spiega come il 2� 
comma dell'art. 438 del Codice della navigazjone 

contenga una duplice indicazione: trasporti che hanno 
inizio o termine fuori d'Europa, oppure trasporti 
che hanno inizio o termine fuori dei paesi bagnati 
dal Mediterraneo. 

Questa duplicit� di criteri non toglie che il centro 
di gravit�, per equilibrMe o graduare il termine prescrizionale, 
rimanga pur sempre spostato dalla terraferma 
al mare. Anche nel richiamo all'ambito 
europeo, come criterio determinativo di una disciplina 
temporale della prescrizione, il legislatore ha 
tenuto presenti i peculiari aspetti del trasporto marittimo. 
Sono sufficienti cognizioni geografiche elementari, 
per comprendere come un trasporto via mare 
da una piazza del Mediterraneo ad un porto del 
Baltico non possa essere regolato come se le distanze 
per mare fossero uguali a quelle del viaggio per terra. 
Fra Genova e K iel un trasporto marittimo si muove 
per linee esterne, mentre il corrispondente viaggio 
per terra si muove per linee interne, di gran lunga 
pi� brevi. 

Diviene chiaro, cos�, come non sia affatto contrastante 
con i principi informatori della legislazione 
marittima (Corte di Appello di Genova, 27 giugno 
1953, cc Temi Genov. �, 1953, 321) applicare -nell'ipotesi 
di un trasporto in Europa, ma fuori del 
Mediterraneo -un termine prolungato, mentre per 
il trasporto terrestre varrebbe il termine normale. In 
realt�, il termine prolungato del trasporto marittimo 
� identico al termine normale del trasporto terrestre, 
e cio�, un anno. E l'applicazione di un termine 
identico per due trasporti che percorrono distanze 
enormemente diverse, non vulnera il principio della 
pi� rapida definizione dei rapporti nascenti dai viaggi 
via mare, se l'identit� del termine per il trasporto 
marittimo cela una sproporzione (in difetto) in confronto 
dell'uguale termine, stabilito per il trasporto 
terrestre. 

Del tutto conseguente, quindi, � l'ammissione, per 
i trasporti nell'ambito europeo ma fuori del Mediterraneo, 
di un termine prolungato. Ma altrettanto 
coerente � l'ammissione di uguale termine prolungato 
per' i trasporti aventi inizio o termine fuori di Europa, 
sebbene in paesi bagnati dal Mediterraneo. 

Il criterio '' ambito europeo" era gi� considerato 
rilevante dall'art. 926 Codice di commercio, che 
assoggettava al termine semestrale le spedizioni in 
Europa, e al termine annuale le spedizioni in altro 
luogo, cio� fuori d'Europa, ad eccezione di quelle 
in piazze marittime asiatiche o africane sul Mediterraneo, 
sul Canale di Suez o sul Mar Rosso. Il 
Codice della navigazione, come si � visto, ha accentuato 
l'importanza del criterio che diremo "Mediterraneo 
" ma non ha potuto eliminare il criterio ' ' europeo". 
Questo criterio risponde non solo a ragioni 
geografiche, ma politiche; �, inoltre, il solo criterio 
valido per graduare il termine generale della prescrizione 
nel trasporto terrestre (art. 2951 Codice 
civile). Si aggiunga che, nell'intento del legislatore, 
sia il trasporto per via di terra sia il trasporto per 
via d'acqua, avrebbero dovuto ricevere una disciplina 
il pi� possibile uniforme; intento r~so palese dal 
fatto che le norme del capo VIII del Codice -cimle,f 
uro no previste come applicabili a tutti i trasporti, 
in quanto non fossero derogate dal Codice della N avigazione 
e dalle leggi speciali (art. 1680 Codice 
civile). 



-111 


Pu� dirsi, quindi, che il criterio europeo mantenga 
un carattere di generalit� anche nel trasporto 
marittimo; e rispetto a siffatto criterio le eccezioni 
stabilite dal Codice della navigazione, pur giustificate, 
vanno interpretate in modo restrittivo, e non 
oltre i casi ed i tempi in esse considerati. 

Alla luce di questi princip~, il regolamento temporale, 
ai fini della prescrizione, di un trasporto 
marittimo da Genova a Beyrouth -nel Mediterraneo, 
ma fuori d'Europa -non offre difficolt� di 
sorta. Il fatto che esso termini fuori dei confini politici 
dell'ambito europeo, � sufficiente a rendere applicabile 
il termine annuale. Ed anche per questa ipotesi 
appare chiaro come sia mantenuto fermo il principio 
della riduzione del termine per il trasporto 
marittimo rispetto al trasporto terrestre: giacch� al 
termine annuale, riconosciuto per il primo, corrisponde 
il maggior termine di diciotto mesi, stabilito 
per il secondo. 

Infine, non � inopportuno rilevare ancora che se 
vera fosse la tesi accolta nella sentenza annotata, 
l'art. 438 avrebbe dovuto essere stilato in modo diverso. 
Un'immaginaria creazione di un unico ambito 
territoriale -come se il Mare N ostrum fosse 
da considerare un lago europeo -avrebbe richiesto, 
infatti, una formulazione non disgiuntiva, ma 
congiuntiva. L'adozione, invece, della particella disgiuntiva, 
dimostra che il legislatore ha posto sullo 
stesso �piano, ai fini del prolungamento del termine; 
sia il fatto che il trasporto abbia inizio o termine 
fuori d'Europa, sia il fatto che il trasporto abbia 
inizio o termine fuori del Mediterraneo. 

Gi� si � osservato come questa indicazione dei 
casi di termine prolungato per modum exclusionis 

possa apparire meno chiara di una formulazione 
positiva. Ma non � difficile passare dall'indicazione 
negativa del capoverso dell'art. 438 ad una formulazione 
positiva dei casi (inversi) di applicazione del 
termine breve, semplicemente avvalendosi di un processo 
logico. E� da questo trapasso. logico ris.ulta con 
accresciuta evidenza il principio che, per il termine 
breve, occorre la cumulativa ricorrenza di quei requisiti 
la cui esclusione, per il termine prolungato, � 
prevista in modo alternativo. 

Forse questa verit� pu� apparire pi� manifesta, 
se il processo logico di cui � la conclusione viene 
collaudato con riferimento ad altri campi, in cui 
simili processi sono adoperati a comprovare dati di 
intuitiva certezza. La geometria conosce, fra le altre, 
la seguente proposizione negativa: � Un parallelogramma 
con lati disuguali ovvero con angoli disuguali, 
non � un quadrato�. Se da questa proposizione 
si vuole passare ad una definizione positiva 
del quadrato, si giunge a questa seconda proposizione: 
cc Un quadrato � un parallelogramma con lati 
uguali E con angoli uguali�. Soltanto con questa 
cumulativa indicazione, infatti, si possono escludere 
i rombi, che hanno lati uguali ma angoli disuguali, 
o i rettangoli, che hanno gli angoli eguali ma 
i lati disuguali. 

L'excursus pu� apparire curioso: ma lo schema 
del trapasso logico � identico, anche per precisare 
positivamente i casi in cui si applica il termine 
prescrizionale breve dell'art. 438. Ed il trapasso 
logico porta inevitabilmente alla conclusione che il 
termine breve vale soltanto per i trasporti aventi 
inizio o termine in paesi posti in Europa E bagnati 
dal Mediterraneo. 

A. C. 

SEGNALAZIONI DI DOTTRINA 
E GIURIS PRUDENZA 


ACQUE PUBBLICHE 

1. L'utente dell'acqua pubblica che non ancora 
abbia ottenuto il riconoscimento amministrativo 
dell'utenza, � titolare solo di un interesse e non 
pu� agire che davanti al Tribunale superiore AA. 
PP. in sede di legittimit�. (Corte Cass., S. U., 
22 febbraio 1954, Cont. 63006, Avv. Generale). 
(Vedi: Costituzione, 1). 

AMMINISTRAZIONE PUBBLICA 

1. L'A.G.I.P. malgrado la partecipazione dello 
Stato al capitale azionario non � persona giuridica 
pubblica, non integrando il controllo economico 
dello Stato-gli estremi della tutela e vigilanza; 
le controversie d'impiego spettano quindi al giudice 
ordinario. (Corte Cass., S. U., 27 febbraio 
1954, n. 581). 
2. Poich� i beni della ex G.I.L. sono stati attribuiti 
ai Ministeri della Difesa e della Pubblica 
Istruzione, il Commissario della Giovent� Italiana 
agisce come organo dello Stato e deve quindi agire 
davanti al foro dello Stato. (Trib. Ferrara, 8 luglio 
1953, Cont. 7268, Avv. Bologna: questione pendente 
in sede di regolamento di competenza). 
APPALTO 

1. Approvato senza riserve il conto finale la 
domanda di risarcimento per tardato pagamento 
del credito risultante spetta al giudice ordinario 
e non a quello arbitrale, di cui al Capitolato generale 
lavori pubblici, a nulla rilevando che sia altres� 
denunciato il ritardo con cui il collaudo sia 
stato effettuato. (Corte Cass., 23 febbraio 1954, 
n. 522). 
2. Le questioni di imposta sono escluse dallo 
arbitrato del Capitolato generale opere pubbliche 
che riguarda solo le controversie relative all'esecuzione 
dell'appalto. (Trib. Bologna, 2 febbraio 
1954, Cont. 7366, Avv. Bologna). 
(Vedi: Imposta di registro, 5; Ricostruzione, 1, 4). 

APPELLO 

(Vedi: Solve et repete, 2). 

ARBITRATO 

1. Due controversie connesse di competenza 
l'una degli arbitri, l'altra del giudice ordinario, 
sono entrambe devolute alla giurisdizione ordinaria 
siccome prevalente. (Corte Cass., 23 febbraio 
1954, n. 522). 
ATTO .AMMINISTRATIVO 

/ 

1.-Anche un provvedimento avente forma di 
atto amministrativo ancorch� emanato da organi 
periferici, attraverso i quali si esplichi tuttavia 
l'attivit�, anche politica del Governo, pu� costituire 
atto politico se determinato nella sua causa 
da ragioni inerenti alla tutela dei superiori interessi 
della Nazione in contingenze eccezionali. 
(Corte Cass., S. U., 27 febbraio 1954, Cont. 1722/51, 
Avv. Generale). 

2. La declaratoriet� di illegittimit� di un atto 
amministrativo che violi un diritto soggettivo 
pu� essere richiesta come fine a se stessa, indipendentemente 
dalla esistenza di un danno risarcibile, 
o della relativa richiesta. (Corte Cass., S. U., 
15 gennaio 1954, Cont. 5713/52, Avv. Generale). 
3. Il giudice non pu� ordinare alla Pubblica 
Amministrazione, la restituzione delle cose altrui 
(quadri) detenuti senza titolo ma pu� solo dichiarare 
l'illegittimit� del comportamento agli effetti 
del risarcimento dei danni. (Trib. Bologna, 21 aprile 
1953, Cont. 6901, Avv. Bologna). 
4. L'iscrizione nella matricola delle genti di 
mare (diritto soggettivo perfetto) pu� degradare 
ad interesse solo quando l'Amministrazione nella 
discrezionalit� consentitale sospenda temporaneamente 
le iscrizioni. Tale provvedimento per� non 
pu� essere preso con circolari. (Corte Cass., S. U., 
27 gennaio 1954, Cont. 2668/52, Avv. Generale). 
(Vedi: Autoveicoli, 1; Comodato, 1; Donazione, 2; 
Sequestro, 1). 

AUTOVEICOLI 

1. L'Ispettorato della Motorizzazione civile non 
assume responsabilit� verso le parti private col 
rilasciare il certificato di approvazione per una 

-113 


automobile con numeri alterati di telaio e motore. 
(Corte App. di Bologna, 2 luglio 1953, Cont. 607 4, 
Avv. Bologna). 

(Vedi: Possesso, 1; Vendita, 1). 

AVVOCATURA DELLO STATO 

1. Il Dopolavoro ferroviario non si identifica 
ai fini del patrocinio in giudizio con 1'Amministrazione 
dello Stato. (Corte Cass., 19 febbraio 1954, 
Cont. 26i5/51, Avv. Generale). 
CACCIA E PESCA 

(Vedi: Regioni, 1). 

CITAZIONE 

1. La omissione o l'assoluta incertezza della 
indicazione dell'organo che rappresenta in giudizio 
la Pubblica Amministrazione, rende insanabilmente 
nulla la citazione n� vale sanatoria la 
costituzione in giudizio dell'Amministrazione se 
fatta per organo diverso da quello abilitato alla 
rappresentanza in relazione all'affare, ma designato 
dal foro davanti al quale l'Amministrazione 
� convenuta. (Corte Cass., 27 febbraio 1954, Cont. 
1164/52, Avv. Generale). 
COMODATO 

1. Una semplice lettera di un podest� a un Ente 
pubblico per la consegna di materiale a un Comitato 
per un Centro ospedaliero di guerra, quando 
poi tale materiale consegnato a vari ospedali sia 
andato disperso, non costituisce un comodato fra 
l'Ente pubblico e il Comune, occorrendo a ci� 
una formale delibera approvata. (Trib. Bologna, 
28 aprile 1953, Cont. 5591, Avv. Bologna). 
COMPETENZA 

1. Se la definizione di un appalto sia avvenuta 
in Roma, ma la forma del contratto formale sia 
avvenuta in Bologna, � competente il Tribunale 
di Bologna non quello di Roma, tanto pi� se i 
mandati di pagamento (dei quali s'impugna la 
trattenuta I.G.E.) sono pagabili presso l'Ufficio 
del Tesoro di Bologna. (Trib. Bologna 2 febbraio 
1954, Cont. 7366, Avv. Bologna). 
(Vedi: Espropriazione per pubblica utilit�, 7; Previdenza 
ed Assistenza, 1; Requisizioni, .1, 2, 3). 

COMUNI E PROVINCIE 

1. Un ente pubblico locale ha capacit� di donare. 
(Corte Cass., S. U., 17 novembre 1953, Cont. 
2983/50, Avv. Generale). 
(Vedi: Donazione, 1). 

CONTABILIT� GENERALE DELLO STATO 

1. Il fatto che un rapporto di diritto privato 
(come compravendita, locazione, amministrazione 
dei beni patrimoniali) sia attuato per asta pubblica 
e coi controlli cui la Pubblica Amministrazione � 
soggetta, non estende a tal rapporto il limite di 
cui all'art. 4, legge n. 2248 del 1865 all. E. (Corte 
Cass., S. U., 19 gennaio 1954, n. 90). 

CORTE DEI CONTI 

(Vedi: Impiego pubblico, 1). 

COSTITUZIONE 

1. Con la Costituzione le sentenze del Tribunale 
Superiore delle Acque Pubbliche sono impugnabili 
in Cassazione anche per violazione di legge. 
(Corte Cass., S. U., 19 gennaio 1954, Cont. 66421, 
Avv. Generale). 
(Vedi: Propriet� intellettuale, 1). 

DANNI DI GUERRA 

1. Contro il diniego dell'indennizzo di danni di 
guerra o contro una liquidazione asseritamente 
minore non pu� ricorrersi al giudice ordinario, 
mancando un diritto perfetto da fare valere. (Corte 
Cass., S. U., 22 febbraio 1954, Cont. 5015/52, 
Avv. Generale). 
2. L'indennizzo dei danni di guerra non esclude 
la responsabilit� della stessa Pubblica Amministrazione 
per il fatto dannoso, secondo le norme del 
diritto comune. (Corte Cass., S. U., 16 febbraio 
1954, Cont. 1245/51, Avv. Generale). 
(Vbdi: Responsabilit�, 1). 

DEMANIO 

(Vedi: Espropriazione per pubblica utilit�, 8). 

DIRITTO E INTERESSE 

1. Spetta al Consiglio di Stato la pronuncia 
sul ricorso del proprietario di una casa di tolleranza 
contro la delibera amministrativa che abbia 
negato l'ulteriore rinnovo della licenza di esercizio. 
(Corte Cass., S. U., 19 gennaio 1954, Cont.. 
3581/51, Avv. Generale). 
(Vedi: Danni di guerra, 1).. 

DISCREZIONALIT� 

1. In tema di risarcimento del danno qualora 
il comportamento dell'agente abbia costituito una 
attivit� discrezionale connessa ad evento di guerra 
che imponeva immediatezza di decisioni nel supremo 
interesse in gioco, non � consentita indagine 
non solo sull'opportunit� e legittimit� dei 
provvedimenti ma anche sulle conseguenze di essi. 
(Corte Cass., S. U., 22 febbraio 1954, Cont. 5015/52, 
Avv. Generale). 
DONAZIONE 

1. Per compiere validamente una donazione non 
occorre al Comune l'autorizzazione del prefetto 
ai sensi dell'art. 53, n. 3, legge comunale e pro

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vinciale insostenibile a casi non previsti. (Corte 
Cass., S. U., 17 novembre 1953, Cont. 2983/50, 
Avv. Generale). 

2. La mancata richiesta del parere del Consiglio 
di Prefettura voluto dail'art. 88 legge comunale 
e provinciale del 1934 (articolo non pi� in 
vigore), non importaiva la nullit� di una donazione, 
ma tutto al pi� semplice annullabilit�. (Corte 
Cass., S. U., 17 novembre 1953, Cont. 2983/50, 
Avv. Generale). 
3. Non � contraria all'ordine pubblico o al buon 
costume, la donazione di un immobile da parte 
di un Comune a un locale fascio di combattimento 
o alla G.I.L., n� sulle espressioni retoriche di donazione 
al regime pu� fondarsi un giudizio di erroneit� 
dei motivi. (Corte Cass., S. U., 17 novembre 
1953, Cont. 2983/50, Avv.. Generale). 
4. Solo un'impossibilit� coeva all'acquisto conduce 
alla nullit� della donazione, quindi resta 
valida la donazione fatta per costruire sul suolo 
donato la casa del fascio, essendo l'impossibilit� 
della costruzione dovuta al successivo factum principis 
(soppressione del p.n.f.). (Corte App. Bologna, 
18 febbraio 1954, Cont. 7343, Avv. Bologna). 
(Vedi: Comuni e Provincie, 1). 

ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT� 

1. Pur essendo l'occupazione immediata. nei casi 
di urgenza ed indifferibilit� una presa di governo 
anticipata e definitiva, il trasferimento della propriet� 
si effettua sempre alla data del decreto di 
espropriazione. Se sia stato omesso ogni provvedimento 
successivo all'occupazione d'urgenza, il 
proprietario ha diritto a conseguire l'indennit� di 
occupazione che si concreta non riegli interessi 
sull'indennit� di espropriazione, ma nel mancato 
reddito per la privazione del possesso e del god�mento 
dell'immobile. (Corte Cass., S. U., 27 gennaio 
1954, Cont. 846/52, Avv. Generale). 
2. L'accettazione della somma offerta dall'espropriante 
all'espropriando, deve risultare da espressa 
dichiarazione scritta di quest'ultimo, non pu� 
quindi tal valore attribuirsi alla dichiarazione 
fatta in giudizio dal procuratore. (Corte Cass., 
S. U., 27 gennaio 1954, Cont. 846/52, Avv. Generale). 
3. Poich� l'indennit� di espropriazione per pubblica 
utilit� � debito di valuta anche per la parte 
liquidata giudizialmente in pi� di quella offerta, 
la svalutazione monetaria � risarcibile solo se 
dimostrata la mora dell'espropriante. (Corte Cassazione, 
S. U., 27 gennaio 1954, n. 191). 
4. I danni a propriet� contigue ad opere pubbliche 
e a queste ricollegantisi, sono risarcibili 
dall'Amministrazione Pubblica ai sensi del principio 
generale di cui all'art. 46 legge espropriazione 
pubblica utilit� anche se non sia ravvisabile 
quella colpa che consente al giudice ordinario 
di conoscerne se superi il confine del potere 
discretivo dell'Amministrazione. Occorre tuttavia 
che il danno sia permanente. (Corte Cass., S. U., 
23 febbraio 1954, n. 516). 
5. L'indennizzo ex art. 46 legge espropriazione 
per pubblica utilit�, va ristretto al danno obiettivo 
dell'immobile privato, escluso ogni altro pregiudizio 
economico. Esso � dovuto non solo quando 
l'opera pubblica sia stata causa unica del danno, 
ma anche quando siano concorse altre cause perch� 
non sia spezzat� il rapporto fra il danno e 
l'opera. (Corte Cass., S. u,, 23 febbraio 1954, 
n. 516). 
6. L'imponibile netto che in mancanza di fitti 
entra in coacervo col valore venale nelle espropriazioni 
rette dalla legge di Napoli � quello del 
momento della espropriazione; non pu� quindi la 
Giunta speciale chiedere una nuova valutazione 
agli uffici finanziari anche se ritenga che per circostanze 
s�pravvenute l'imponibile sia inferiore a 
quello che dovrebbe essere. (Corte Cass., S. U., 
27 gennaio 1954, n. 191). 
7. Ogni controversia d'espropriazione aeronautica 
� di competenza della giunta arbitrale, per� 
se si tratti ancora di occupazione d'urgenza non 
seguita dagli incombenti necessari per trasformarla 
in espropriazione detta Giunta � carente di giurisdizione 
circa l'indennit� definitiva di espropriazione. 
(Corte Cass., S. U., 27 gennaio 1954, Cont. 
846/52, Avv. Generale). � 
8. Fin che l'opera pubblica non sia destinata 
al suo ,uso, i beni destinati alla sua esecuzione, 
siano essi gi� di prop�'iet� dell'Amministrazione, 
o acquistati per negozio privato od espropriazione 
non hanno natura di beni demaniali o di patrimonio 
indisponibile, bens� di patrimonio disponibile. 
(Corte Cass., S. U., 23 febbraio 1954, n. 517). 
FASCISMO 

1. Con l'emanazione della legge n. 2484 del 
1937 per l'autorizzazione del segretario del p.n.f. 
per gli acquisti di immobili da parte di fasci di 
combattimento, cess� per questa materia il vigore 
della legge n. 1037 del 1850. (Corte Cass., S. U., 
17 novembre 1953, Cont. 2983/50, Avv. Generale). 
(Vedi: Amministrazione Pubblica, 2; Donazione, 
3, 4). 

GIURISDIZIONE 

1. Se la domanda proposta al giudice ordinario 
sia costituita di pi� capi impostati sulla violazione 
di un diritto, la richiesta ultronea della 
revoca dell'atto amministrativo non mette in 
questione la giurisdizione adita, ma solo i limiti 
in cui la pronuncia va contenuta. (Corte Cass., S. U., 
15 gennaio 1954, Cont. 5713/52, Avv. Generale). 
2. � sempre possibile modificare la statuizione 
sulla giurisdizione fino a che non si sia formato 
il giudicato nel merito o non si� sia pronunciata 
la Cassazione. (Corte Appello Bologna, I5 dicembre 
1953, Cont. 6218, Avv. Bologna). 
(Vedi: Atto amministrativo, 3; Propriet� intellettuale, 
2). 


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GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA 

1. Il rifiuto dell' .Amministrazione di eseguire 
la decisione del giudice amministrativo annullante 
un licenziamento consente la domanda di risarcimento 
del danno al giudice ordinario, salva Fa.dizione 
al giudice amministrativo perch� ordini ailla 
.Am.ministrazione di eseguire la sua sentenza. (Corte 
Cass., 6 febbraio 1954, Cont. 63599, .Avv. Generale). 
(Vedi: Acque pubbliche, 1; Giurisdizione, 1). 

GUERRA 

(Vedi: Discrezionalit�, 1}. 

IMPIEGO PUBBLICO 

1. Il ricorso alla Corte dei conti avverso un 
provvedimento cautelativo di ritenuta sugli stipendi 
pu� riguardare solo l'uso della relativa facolt� 
dell' .Amministrazione, non il merito della 
vertenza -responsabilit� del dipendente -che 
dovr� formare oggetto di separato giudizio. (Corte 
Cass., S. U., 22 febbraio 1954, Cont. 67164, .Avvocatura 
Generale). 
2. Il rapporto di lavoro con le Terme di Salsomaggiore 
� di pubblico impiego ancorch� disciplinato 
dalle norme dell'impiego privato, ed � 
quindi di competenza del Consiglio di Stato. (Corte 
.Appello Bologna, 15 dicembre 1953, Cont. 6218, 
.Avv. Bologna). 
IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA 

1. La pretesa di esonero-rimborso dell'I.G.E., 
versata dall'Amministrazione dei Lavori Pubblici 
a qu�lla finanziaria, e relativa al prezzo di un 
appalto, va rivolta contro l'.Amministrazionefinanziaria 
e non contro quella dei Lavori Pubblici. 
(Trib. Bologna, 2 febbraio 1954, Cont. 7366, .Avvocatura 
Bologna). 
IMPOSTA DI REGISTRO 

1. � complementare, quindi soggetta al solve 
et repete, l'imposta di registro pretesa in restituzione 
di quella fissa percepita per la compravendita 
di un immobile sinistrato di guerra, quando 
risulti erroneo il certificato comunale circa la misura 
del danno oltre il terzo. (Trib. Bologna, 22 dicembre 
1953, Cont. 7294, .Avv. Bologna). 
2. La sentenza che per simulazione assoluta 
annulli un trasferimento immobiliare opera sotto 
l'aspetto tributario una retrocessione da tassare 
con imposta proporzionale. (Corte Cass., 16 novembre 
1953, cc Le Massime))' 1954-99). 
3. Dalla nullit� della vendita per simulazione 
assoluta sorge una nuova imposta di registro pel 
ritrasferimento, n� sussiste diritto al rimborso 
della prima imposta pagata. (Corte Cass., 25 gennaio 
1954, Cont. 3606/51, .Avv. Generale). 
4. L'opposizione ad accertamento di valore, 
proposta da un contraente, giova anche agli altri 
partecipi all'atto per convenzioni indipendenti da 
quella su cui verte l'opposizione. (Comm. Centrale 
Imposte, 23 marzo 1953, cc Le Massime))' 1954113, 
con nota sfavorevole). � 
5. Il contratto di fornitura di ghiaia e sassetto, 
con consegna in luoghi determinati lungo le strade 
da riparare, � di appalto e non di fornitura per 
la prevalenza del facere e gode dei benefici fiscali 
di cui alle leggi n. 322 del 1945 e n, 221 del 1946, 
che si applicano anche agli appalti che pur non 
attuando immediatamente la ricostruzione, siano 
a questa necessari. (Corte .App. Bologna, 18 gennaio 
1953, Cont. 7055, .Avv. Bologna). 
6. Sul decreto ingiuntivo in base a cambiale, 
ma con condanna ad interessi moratori superiori 
al tasso legale, � dovuta l'imposta di titolo sull'ammontare 
degli interessi. (Comm. Centr. Imposte, 
26 ottobre 1953, <e Le Massime))' 1954-104). 
(Vedi: Legittimazione processuale, 3; Ricostruzione, 

n. 2). 
IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE 

1. La responsabilit� del cessionario di un'azienda 
per le imposte del cedente, � basata sulla presunzione 
della identit� oggettiva e della continuit� 
dell'azienda: la prova contraria deve avere per 
oggetto la insussistenza del rapporto di unit� e 
identit� fra l'azienda originaria e quella in concreto 
perseguita. (Trib. Ravenna, 5 luglio 1953, 
Cont. 6226, .Avv. Bologna). 
IMPOSTA DI SUCCESSIONE 

1. Non sono deducibili dall'attivo di una successione, 
ai fini dell'imposta gli assegni su un 
conto corrente del de cuius emessi da un procuratore 
senza la scritta cc per procura i> o equivalente, 
omissione che comporta che i relativi assegni 
siano considerati propri di chi firma. (Tribunale 
Brescia, 18 marzo 1954, Cont. 3228, .Avvocatura 
Brescia). 
IMPOSTE IN GENERE 

1. Le Camere di commercio godono per l'acquisto 
di immobili per la loro sede delle agevolaz~oni 
tributarie di cui all'art. 71 della legge n. 2011 
del 1934, concesse agli aboliti Consigli provinciali 
delle Corporazioni. (Trib. Bologna, 17 giugno 1953, 
Cont. 7197, .Avv. Bologna). 
2. Il privilegio di cui all'art. 2759 Codice civile 
e 62 della legge R. M., non pu� sorgere se non 
per un credito d'imposta che si trovi iscritto a 
ruolo. (Corte Cass., S. U., 27 gennaio 1954, n. 195). 
3. � illegittima prima facie una pretesa��fiscale 
(e quindi � sottratta al solve et repete) quando 
notificata al contribuente oltre il termine di prescrizione 
fiscale. (Trib. Bologna, 22 dicembre 1953, 
Cont. 7294, .Avv. Bologna). 

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4. In materia di imposte dirette il giudizio 
avanti al giudice ordinario pu� avvenire solo 
quando la decisione delle Commissioni di merito 
non siano suscettibili per decorso di termini di 
ulteriore impugnazione, ovvero quando la controversia 
sia stata definita dalla Commissione centrale. 
(Corte Cass., S. U., 15 gennaio 1954, Cont. 
63018, .Avv. Generale). 
(Vedi: Appalto, 2). 

INGIUNZIONE 

(Vedi: Imposta di registro, 6). 

INTERVENTO 

L'intervento di un terzo � principio comune ad 
ogni tipo di giudizio ed � ammissibile nelle controversie 
davanti alla Commissione dei� ricorsi in 
materia di brevetti. (Corte Cass., S. U., 17 febbraio 
1954, Cont. 3344/52, .Avv. Generale). � 

LEGITTIMAZIONE PROCESSUALE 

1. Non pu� confondersi la rappresentanza contrattuale 
della Pubblica .Amministrazione con quella 
giudiziale. I capi ufficio del Genio civile hanno la 
rappresentanza contrattuale non quella giudiziale 
che spetta ai Provveditori regionali opere pubbliche. 
(Corte .App. Bologna, 18 marzo 1954, Cont. 7231, 
.Avv. Bologna). 
2. L'impugnazione giudiziale di una decisione 
della Commissione provinciale delle imposte in 
materia di valutazione va proposta nei confronti 
non del Procuratore del Registro, ma dell'Intendente 
di Finanza. (Trib. Caltanissetta, 26 marzo 
1954, Oont. 517, .Avv. Caltanissetta). 
LOCAZIONE 

1. .Anche �se rimane con la famiglia nello stesso 
appartamento, prima alloggio di servizio, l'ufficiale 
da quando percepisce l'indennit� di alloggio 
� tenuto personalmente verso il proprietario dell'appartamento, 
sia per canoni che per danni, 
restando estranea la Pubblica .Amministrazione. 
(Trib. Bologna, 12 febbraio 1954, Cont. 7156, 
.Avv. Bologna). 
OBBLIGAZIONI E CONTRATTI 

1. .Alla presupposizione si pu� fare riferimento 
solo quando le parti non abbiano fatto alcuna 
dichiarazione di volont� rispetto agli elementi 
accidentali del negozio compiuto. (Corte Cassazione, 
S. U., 17 novembre 1953, Cont. 2983/50, 
.Avv. Generale). 
2. Il factum principis (annullamento di un contratto 
da parte dell'occupante) non esonera il 
debitore che � tenuto a resistervi salvo che egli 
abbia fatto il possibile inutilmente per convincere 
l'occupante dell'illegittimit� del suo ordine o una 
tale azione si palesi superflua a priori o pericolosa 
per chi la svolge. (Corte Cass., S. U., 22 febbraio 
1954, n. 486). 

OCCUPAZIONE 

1. Poich� l'occupante ha l'obbligo di rispettare 
le)eggi del territorio occupato ogni attivit� legislativa 
o amministrativa che ecceda le manifestazioni 
della suprema autorit� di condotta della 
guerra e dell'ordine pubblico del territorio occupato, 
soggiace all'osservanza del diritto: la recezione 
nel nostro ordinamento a sensi dell'art. 1 
del decreto-legge n. 162 del 1944, degli atti delle 
.Autorit� alleate si limita a quelli conformi ai principi 
del nostro ordinamento giuridico e del diritto 
internazionale. (Corte Cass., S. U., 22 febbraio 
1954, n. 486). 
2. Un cavallo abbandonato dall'esercito nemico 
� con l'abbandono di propriet� dello Stato italiano 
per preda bellica, e non pu� essere appreso 
da un privato che non dimostri la legittimit� del 
suo possesso. (Trib. Bologna, 27 ottobre 1953, 
Cont. 6042, .Avv. Bologna). 
3. Stessa massima per un autobus, con l'aggiunta 
che chi se ne appropria rivendendolo e l'acquirente 
cittadino sanmarinese che abbia portato 
l'automezzo all'estero (San Marino), sono coobbligati 
in solido a risarcire allo Stato italiano i danni 
al valore della cosa alla data della sentenza e 
nelle condizioni reperimento senza che lo Stato 
attore sia tenuto ad esperire la revindica n� ad 
agire a San Marino .(Trib. Bologna, 16 giugno 
1953, Cont. 6453, .Avv. Bologna). 
OMICIDIO E LESIONI COLPOSE 

1. Il macchinista e l'aiuto macchinista di un 
treno non sono responsabili delle lesioni di un 
viaggiatore per brusca frenata conseguente allo 
ingiustificato azionamento da parte di altro viaggiatore 
del segnale d'allarme. (Pret. Bologna, 1� 
ottobre 1953, Cont. 8992, .Avv. Bologna). 
PERSECUZIONI RAZZIALI 

1. La revindica ex D. L. L. n. 393 del 1946, 
relativa ai beni tolti ai perseguitati razziali sotto 
la r.s.i., come la revindica ex art. 948 Codice civile 
esige come condizione necessaria che il possesso e 
detenzione della cosa da parte del convenuto esista 
al momento della proposizione della domanda e 
a quello della decisione. (Corte Cass., 17 febbraio 
1954, Oont. 393/53, .Avv. Generale). 
POSSESSO 

1. L'acquisto di un automezzo di palese origine 
militare di marca estera, priva di t!lirg~ e di 
libretto di circolazione non pu� ritenersi fatto-in 
buona fede. (Trib. Bologna, 16 giugno 1953, Contenzioso 
6453, .Avv. Bologna). 
(Vedi: Occupazione, 2, 3; Preda bellica, 1). 


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POSTE E TELEGRAFI 

1. Poich� le cautele pel rilascio delle tessere 
. postali mirano a tutelare gli interessi dell' Amministrazione 
e delle persone i cui crediti possano 
essere riscossi presso gli uffici postali, l' Amministrazione 
postale non risponde verso il titolare 
di un assegno bancario riscosso da taluno che anche 
per colpa del dipendente dell'Amministrazione 
abbia ottenuto una tessera postale con le genera


, lit� di detto titolare e l'abbia impiegata per riscuotere 
l'assegno. (Corte Cass., S. U., 17 febbraio 
1954, Cont. 58474, Avv. Generale). 

2. � illecito che il controllore postale nel rilascio 
di una tessera postale per cui occorrono due 
testimoni, la rilasci sapendo che uno solo dei testi 
poteva garantire dell'identit� del richiedente, non 
l'altro, che nella specie era lo stesso controllore 
che non conosceva detta persona. (Corte Cassazione, 
S. U., 17 febbraio 1954, Cont. 58474, Avvocatura 
Generale). 
PREDA BELLICA 

1. Il possesso di buona fede che legittima lo 
acquisto di una cosa di preda bellica non pu� 
consistere nella persuasione che tale acquisto sia 
legittimo, ma nella ignoranza non colposa della 
qualit� di preda bellica della cosa acquistata. 
(Trib. Bologna, 27 ottobre 1953, Cont. 6042, Avvocatura 
Bologna). 
PREVIDENZA~ED ASSISTENZA 

1. Appartiene alla giurisdizione esclusiva del 
Consiglio di Stato la domanda di danni contro 
un Istituto tecnico per omessa assicurazione di 
invalidit� e vecchiaia, quando sia contestato dall'istituto 
l'obbligo di provvedervi. Ci� perch� da 
un lato la domanda ha il suo titolo necessario nel 
rapporto di impiego e l'azione di danni davanti 
al giudice ordinario � ammissibile solo se la illegittimit� 
del comportamento della Pubblica .Amministrazione 
(che pu� consistere anche nel solo 
atteggiamento negativo) sia stata affermata dal 
giudice amministrativo ovvero sia riconosciuta 
dall'Amministrazione. (Corte App. Bologna, 7 
maggio 1953, Cont. 6475, Avv. Bologna). 
PRIVILEGI 

(Vedi: Imposte in genere, 2). 

PROFITTI DI REGIME 

1. Per i profitti di regime non vige il principio 
generale di attuare il processo tributario in due 
fasi (l'una davanti le CommissiOn'i e l'altra davanti 
al giudice ordinario), esclusione giustificata con 
la speciale fisionomia paratributaria, e col carattere 
di repressione politica degli illeciti arricchimenti. 
La Commissione amministrativa ha qualifica 
di giudice speciale nella materia. (Corte Appello 
Bologna, 11 marzo 1954, Cont. 6404, A vvocatura 
Bologna). 
PROPRIET� INTELLETTUALE 

1. Il termine di cinque anni di cui all'art. VI 
delle disposizioni transitorie della Costituzione 
sulla revisione degli organi speciali di giurisdizione 
esistenti non ha natura perentoria, vigono ancora 
pertanto tali organi ancorch� non trasformati nel 
termine predetto. (Corte Cass., S. U., 17 febbraio 
1954, Cont. 3344/52, Avv. Generale). 
2. � costituzionalmente legittimo l'art. 71 
Regio decreto n. 1127 del 1939, che devolve ad 
una speciale Commissione, con qualit� di organo 
di giurisdizione speciale, la decisione nei ricorsi 
contro i provvedimenti dell'Ufficio centrale dei 
brevetti. (Corte Cass., S. U., 17 febbraio 1954, 
Cont. 1199/53, Avv. Generale). 
(Vedi: Intervento, 1). 

REGIONI 

1. Il provvedimento con cui il Presidente del 
Comitato provinciale della caccia per delega dell'assessore 
all'agricoltura vieta ogni caccia in una 
zona per l'annata venatoria � insindacabile dal 
giudice ordinario perch� discrezionale: non � quindi 
proponibile l'azione di un privato per avere la 
sovrappopolazione della selmggina danneggiato i 
suoi campi, non avendo al riguardo il privato 
che un diritto affievolito. (Trib. Caltanissetta, 4 
febbraio 1954, Cont. 324, Avv. Caltanissetta). 
REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA 

1. Gli atti della r.s.i. inefficaci o invalidati sono 
inesistenti per l'ordinamento giuridico, e irriferibili 
allo Stato che neppure risponde dell'operato 
del funzionario che nell'emetterli o applicarli abbia 
cagionato danni a terzi. (Corte Cass., 17 febbraio 
1954, Cont. 393/53, Avv. Generale). 
REQUISIZIONI 

1. Sebbene le requisizioni non formali siano 
devolute al Comitato giurisdizionale delle requisizioni, 
spetta al giudice ordinario liquidare i danni 
per una occupazione immobiliare senza titolo, 
quando alla mancanza di ogni forma si aggiunge 
il difetto assoluto di competenza ad ordinare la 
requisizione. (Trib. Bologna, 12 febbraio 1954, 
Cont. 7156, Avv. Bologna). 
2. Nelle requisizioni di guerra il Comitato giurisdizionale 
centrale ha competenza sulla legittimit� 
della requisizione e sulla determinazione dell'indennit� 
non su tutte le altre controversie in 
cui si quistioni di diritti soggettivi rimaste alla 
competenza del giudice ordinario: fra queste rientrano 
l'applicazione dell'art. 1 decreto legge numero 
264 del 1947 e il rilascio dell'immobile detenuto 
ormai senza titolo. (Corte Cass., S lJ., 27 
febbraio 1954, Cont. 1967/50, Avv. Generale). 
3. Ritenuta dal giudice ordinario la cessazione 
di una requisizione a seguito del D. C. p. S. n. 264 
del 194 7, spetta ad esso giudice conoscere della 

-118


domanda di rilascio e disponibilit� dell'immobile 
gi� requisito, nonch� dei danni per la protratta 
occupazione. (Corte Cass., �S. U., 19 gennaio 1954, 
Cont. 697/51, Avv. Generale). 

RESPONSABILIT� 

1. Se la causa del danno oltre che nel fatto di 
guerra risieda in un concorrente fatto colposo 
del terzo, sussiste oltre al risarcimento del danno 
di guerra, quello di cui alle norme comuni, escluso 
peraltro il cumulo delle liquidazioni. (Corte Cassazione, 
S. U., 22 febbraio 1954, Cont. 5015/52, 
Avv. Generale). 
2. Per aversi nesso fra danno e illecito occorre 
che con una prognosi obbiettiva si possa dire che 
era nell'ordine naturale delle cose non� disgiunte 
dall'ordine giuridico che l'illecito producesse quel 
danno. (Corte Cass., S. U., 17 febbraio 1954, Contenzioso 
58474, Avv. Generale). 
3. L'infiltrazione da un canale artificiale privato, 
che danneggi una strada e veicoli ivi circolanti, 
rende responsabile di questi ultimi danni 
il proprietario del canale e insieme l'ente titolare 
del demanio stradale, questi per omessa manutenzione 
ordinaria o straordinaria. (Corte Appello 
Bologna, 15 luglio 1953, Cont. 5917, Avv. Bologna). 
(Vedi: Atto amministrativo, 2; Danni di guerra, 
2; Giustizia amministrativa, 1; Poste e Telegrafi, 
1, 2; Repubblica sociale italiana, 1; Strade, 1). 

RICOSTRUZIONE 

1. L'art. 1 della legge n. 771 del 1941 determina 
il concetto del contratto di appalto ai fini fiscali 
anche per quanto riguarda le agevolazioni di cui 
al D. L. L. n. 322 del 1945. Perci� non pu� considerarsi 
appalto un contratto misto di fornitura 
di materia e di mano d'opera quando la prima 
sia di valore �di gran lunga prevalente rispetto 
alla seconda. (Corte App. Brescia, 10 marzo 1954, 
Cont. 3040, Avv. Brescia). 
2. Un contratto per la fornitura di impianti 
termoelettrici non rientra nel beneficio dell'imposta 
fissa di registro per le ricostruzioni di abitazioni 
distrutte e per l'attuazione dei piani di ricostruzione 
di cui alla legge n .. 409 del 1949. (Corte 
App. Brescia, 10 marzo 1954, Cont. 3040, A vvocatura 
di Brescia). 
3. Anche dopo il D. L. n. 221 del 1946 occorre 
per ottenere i benefici fiscali di che al D. L. n. 322 
del 1945 la dichiarazione scritta e contestuale 
che il contratto sia stipulato ai fini della ricostruzione 
bellica. (Trib. Bologna, 2 febbraio 1954, 
Cont. 7366, Avv. Bologna). 
4. Solo i contratti di appalto e non quelli similari 
ancorch� tendenti alla ricostruzione o ripa~ 
razione godono dei benefici fiscali ex legge 322 del 
1945 e 221 del 1946; per� per distinguere i contratti 
di appalto da quelli similari va fatto riferimento 
non alla legge fiscale n. 771 del 1941, ma 
alla legge civile in base alla quale la fornitura di 
materiale telefonico costituisce compravendita e 
non appalto. (Trib. Bologna, 28 giugno 1953, 
Cont. 7330, Avv. Bologna). 

SENTENZA 

1. La revoca ex tunc di un atto amministrativo 
impugnato determina la cessazione della materia 
del contendere, che va dichiarata dal giudice, nel 
contrasto fra le parti su tale cessazione senza che 
in ci� fare incorra in eccesso di potere. (Corte 
Cass., S. U., 19 gennaio 1954, Cont. 60446, Avvocatura 
Generale). 
2. Non occorrono quando sia cessata la materia 
del contendere le forme della rinunzia agli atti 
del giudizio o al merito della difesa; e il giudice 
deve darne atto anche di ufficio. (Corte Cass., 
S. U., 19 gennaio 1954, Cont. 697 /51, Avvocatura 
Generale). 
SEQUESTRO 

1. Il sequestro di un apparecchio radio in periodo 
bellico per ragione di pubblica difesa e di 
ordine pubblico, � atto politico, per� la mancata 
restituzione a fine guerra lede un diritto soggettivo, 
non comportando il sequestro spossessamento 
definitivo. (Corte Cass., S. U., 27 febbraio 1954, 
Cont. 1722/51, Avv. Generale). 
SIMULAZIONE 

(Vedi: Imposta di registro, 2, 3). 

SOLVE ET REPETE. 

1. Non si attua il temperamento della rilevabilit� 
prima facie dell'infondatezza della pretesa 
tributaria quando si ritenga che l'infondatezza 
della pretesa tributaria possa essere affermata 
apoditticamente e senza risolvere questioni di 
diritti. (Corte Cass., S. U., 27 gennaio 1954, n. 195). 
2. Negata dal giudice d'appello l'applicabilit� 
del solve et repete ritenuta dal primo giudice, la 
controversia non va rimessa a detto primo giudice 
ma resta decisa nel merito dal giudice d'appello 
se l'indagine fatta attenga al merito cos� 
da risolvere in modo integrale e definitivo la controversia. 
(Corte Cass., S. U., 27 gennaio 1954, 
n. 195). 
STRADE 

1. La deviazione su strada comunale per interruzione 
di strada statale, non obbliga l'A,N~A.S.S�. 
alla manutenzione della strada comunale, n� la 
rende responsabile di danni derivati ai veicoli per 
la maggiore usura di essa. (Corte App. Bologna, 
15 luglio 1953, Cont. 5917, Avv. Bologna). 

-119 


2 . .Anche per le strade a senso unico vige l'obbligo 
di tenere la mano destra. (Corte .App. Bologna, 
9 luglio 1953, Cont. 6305, .Avv. Bologna). 
(Ved.i: Responsabilit�, 3). 

TABACCID 

1. Se il processo penale per un furto nei locali 
di un concessionario di licenza di coltivazione di 
tabacchi sia definito per non luogo a procedere 
essendone rimasti ignoti gli autori, l'accertamento 
ai fini del discarico, dell'avere il concessionario 
nulla trascurato per la sorveglianza dei locali, 
accertamento non fatto nel giudizio penale, va 
fatto dal giudice civile e concludesi pel discarico 
senza che ci� violi gli articoli 2-4 della legge numero 
2248 del 1865, ali. E. (Corte Cass., 16 gennaio 
1954, Cont. 3718/51, .Avv. Generale -Corte 
Cass. 4febbraio1954, Cont. 3944/52, .Avv. Generale). 
VENDITA 

1. � inadempimento contrattuale e non vizio 
redibitorio l'alterazione dei numeri di matricola 
sul telaio e sul motore. (Corte .App. Bologna, 2 
. luglio 1953, Cont. 6074, .Avv. Bologna). 

VIOLAZIONI FINANZIARIE 

1. La continuazione del reato ai sensi dell'articolo 
8 della legge n. 4 del 1929 � diversa da quella 
dell'art. 81 Codice penale perch� � facoltativa, 
ragione per cui, pel principio del diritto del reo 
alla disposizione pi� favorevole, non si pu� dichiarare 
la continuazione se questa ha l'effetto di prolungare 
il corso della prescrizione. (Corte .Appello 
Pen. Brescia, 23 marzo 1954, Cont. 2998, .Avvocatura 
di Brescia). 

INDICE SISTEMATICO 
DELLE CO N S U L.T A Z I O N I 


LA FORMULAZIONE DEL QUESITO NON RIFLETTE IN ALOUN MODO LA SOLUZIONE OHE NE � STATA PRESA 

AGRICOLTURA. -Se l'Azienda di Stato per le 
Foreste demaniali sia tenuta a pagare i contributi, a 
favore dell'Ente Sila, di cui all'art. 8, lett. b, della legge 
31 dicembre 1947, n. 1629, relativamente ai terreni 
di sua propriet�, ricadenti nel comprensorio (n. 2). 

AMMINISTRAZIONE PUBBLICA. -I) Se il commissario 
straordinario e i due vice commissari dell'Istituto 
Poligrafico dello Stato, nominati con decreto ministeriale 
1� agosto 1952, costituiscano un organo collegiale 
(n. 149). -II) Se il Collegio dei revisori debba 
partecipare alle riunioni tra il commissario straordinario 
e i due vice commissari dell'Istituto Poligra:5.co 
dello Stato (n. 149). -III) A chi competa il potere deliberativo 
nell'Istituto Poligrafico dello Stato ai sensi 
del decreto ministeriale 1� agosto 1952 (n. 149). -IV) 
Se l'Amministrazione dello Stato possa impugnare in 
via giurisdizionale un decreto del Capo dello Stato 

(n. 150). 
ANTICHITA' E BELLE ARTI. -I) Se l'iscrizione 
di una zona archeologica negli appositi elenchi dei beni 
demaniali concreti il riconoscimento dell'interesse archeologico 
della medesima, secondo prescrive l'art. 822 
(cpv.) C. c. (n. 26). -II) Se per ottenere la disponibilit� 
della detta zona archeologica, possa farsi ricorso a procedimenti 
di auto-tutela amministrativa (n. 26). 

APPALTO. -I) Se sull'appaltatore, il cui contratto 
sia stato sciolto per atto unilaterale dell'Amministrazione, 
ai sensi dell'art. 9 del Capitolato generale possano 
gravare le spese per le opere eseguite dopo lo scioglimento 
del contratto stesso (n. 189). -II) Se, sciolto 
il contratto di appalto, in seguito al fallimento dell'appaltatore, 
ai sensi dell'art. 9 del Capitolato generale, 
la curatela sia tenuta alla manutenzione delle opere 
fino al collaudo (n. 189). -III) Se, dopo lo scioglimento 
del contratto per atto unilaterale dell'Amministrazione, 
ai sensi dell'art. 9 del Capitolato generale, in seguito 
al fallimento dell'appaltatore, l'Amministrazione stessa 
possa contestare alla curatela una penalit� per ritardo 
nel compimento dell'opera (n. 189). -IV) Se, anche 
in caso di scioglimento del contratto, lo svincolo della 
cauzione possa avvenire solo dopo l'approvazione del 
collaudo (n. 189). -V) Se la richiesta dell'Amministrazione 
all'Impresa di procedere all'esecuzione anticipata 

del contratto, possa equivalere ad approvazione del 
medesimo (n. 190). -VI) Se, in caso di esecuzione anticipata 
del contratto, non approvato, spetti alle imprese 
appaltatrici, entro i limiti del quinto, il compenso per 
le opere eseguite, in proporzione della misura pattuita 

(n. 190). 
AUTOVEICOLI. -Se la sostituzione del servizio 
ferroviario su di una linea, di propriet� delle Ferrovie 
dello Stato, ma non ancora formalmente inclusa nella 
rete ferroviaria, con servizi automobilistici, ai sensi del 
Regio decreto 21 dicembre 1931, n. 1575, � possa dar 
adito ad opposizione da parte dei concessionari di autoservizi 
della zona interessante la linea medesima, sotto 
il profilo della mancata previa inclusione formale della 
linea nella rete delle Ferrovie dello Stato (n. 43). 

BANCHE. -Se il reato di emissione di assegno 
bancario a vuoto possa essere considerato quale reato 
contro la fede pubblica (n. 6). 

CASE ECONOMICHE E POPOLARI. -Se la Gestione 
I.N.A.-Casa possa fare ricorso alla procedura 
amministrativa di sfratto per rientrare in possesso di 
un alloggio, gi� assegnato con patto di futura vendita 
e al quale l'assegnatario abbia rinunziato (n. 45). 

CONCESSIONI. -I) Se la tassa di concessione governativa 
colpisca solo atti dell'Amministrazione dello 
Stato (n. 37). -II) Se, agli effetti del pagamento della 
tassa per l'esercizio di case da giuoco autorizzate, debba 
considerarsi concessionaria chi effettivamente eserciti 
la casa da giuoco, sia esso il Comune o un privato gestore, 
oppure, in ogni caso, il solo Comune (n. 37). III) 
Se, ai sensi dell'art. 7 del T. U. 30 dicembre 1923, 

n. 3279, l'esercente di una casa da giuoco, oltre al 
pagamento della tassa di concessione entro il mese 
di gennaio, debba corrispondere la tassa anche per 
l'eventuale periodo anteriore d'esercizio, inferiore ad 
un anno (n. 37). 
CONTABILITA' GENERALE DELLO STATO. 
I) Se la garanzia di solvenza dello Stato, assunta da 
Aziende ferrotranviarie nell'atto di cessione all'I.N.A. 
delle annualit� di sovvenzioni statali, abbia un reale. 



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effettivo contenuto (n. 116). -II) Se sia applicabile 
ai debiti dell'Amministrazione la norma dell'art. 1282 

C. c., circa la decorrenza degli interessi nel momento 
della scadenza dei pagamenti non eseguiti (n. 116). III) 
Se lo Stato sia gravato dall'onere degli interessi 
sui debiti scaduti a causa della sospensione dei pagamenti 
segu�ta agli eventi del settembre 1943 (n. 116). 
-IV) Se, in forza del decreto.legge 19 aprile 1948, numero 
517, si sia verificato un trasferimento puro e semplice 
allo Stato delle obbligazioni assunte dalle formazioni 
partigiane per la lotta di liberazione (n. 117). V) 
Se, ai sensi dell'art. 11 (2o comma) del decreto-legge 
19 aprile 1948, n. 517, possa formare oggetto di contestazione 
giudiziaria il solo provvedimento di liquidazione 
(n. 117). 
CONTRABBANDO. -I) Se l'uso delle armi per la 
repressione del contrabbando, nelle particolari condizioni 
di legge, competa solo alla Guardia di Finanza, 
oppure, sempre nella ricorrenza oggettiva delle condizioni 
anzidette, anche a qualunque altro organo di polizia 
(n. 24). -II) Se, in linea di massima, la fuga del 
contrabbandiere possa considerarsi come una forma di 
resistenza all'autorit�, agli effetti della legittimit� del"
l'uso delle armi da parte degli organi di Polizia (n. 24). 

COSE RUBATE O SMARRITE. -Se sia applicabile 
la particolare disciplina di cui all'art. 927 segg. 

C. c. nel caso in cui un oggetto smarrito sia stato rinvenuto 
in locali dell'Amministrazione dello Stato aperti 
al pubblico e, inoltre, il ritrovamento sia stato effettuato 
da un agente di pubblica sicurezza (n. 8). 
DANNI DI GUERRA. -Se l'obbligo dello Stato 
di indennizzare i cittadini italiani per i danni subiti 
alla loro propriet� industriale negli Stati Uniti d'America 
durante il periodo della guerra, ai sensi della legge 
24 novembre 1948, n. 1493, debba intendersi esteso a 
tutti i danni suddetti oppure sia limitato alle somme 
che durante il periodo bellico sono state incamerate 
dall'Ufficio della propriet� straniera (O.A.P.) in dipendenza 
dell'uso ivi effettuato .di brevetti, ritrovati tecnici, 
invenzioni, ecc., appartenenti ai cittadini italiani 

(n. 40). 
DEMANIO. -I) Se, in base al piano regolatore 
particolareggiato, possa un Comune procedere ad espropri&
zione nei confronti dei beni demaniali e delle Amministrazioni 
dello Stato, che detti beni hanno in consegna 
(n. 96). -II) Se l'iscrizione di una zona archeologica 
negli appositi elenchi dei beni demaniali concreti 
il riconoscimento dell'interesse archeologico della medesima, 
secondo prescrive l'art. 822 (cpv.) C. c. (n. 97). 
III) Se, per ottenere la disponibilit� di detta zona archeologica, 
possa farsi ricorso a procedimenti di autotutela 
amministrativa (n. 97). 

ENFITEUSI. -I) Se, intervenuti i decreti di approvazione 
delle autorit� competenti sui contratti di 
affrancazione di prestazioni enfiteutiche in danaro, possa 
ritenersi chiuso il ciclo contrattuale (n. 21). -II) Se 
sia applicabile all'affranco una nuova legge intervenuta 
dopo l'approvazione del medesimo da parte delle autorit� 
competenti e nelle more delle conseguenti annotazioni 
contabili da eseguirsi dall'Amministrazione 

(n. 21). 
ESPROPRIAZIONE PER P. U. -I) Se l'Ente 
espropriante, nel provvedere al deposito dell'indennit� 
di espropriazione, possa trattenere la somma anticipata 
al proprietario dell'area nel corso di trattative bonarie 
per l'acquisto anteriormente intercorso senza esito positivo 
(n. 93). -II) Se, per il recupero della somma eventualmente 
anticipata al proprietario dell'area nel corso 
di trattative bonarie per l'acquisto intervenuto anteriormente, 
senza esito positivo, l'Ente espropriante 
possa proporre opposizione sull'indennit� a norma dell'art. 
56 della legge sull'espropriazione (n. 93). -III) 
Se, in base al piano regolatore particolareggiato, possa 
un Comune procedere ad espropriazione nei confronti 
di beni demaniali e delle Amministrazioni dello Stato, 
che detti beni hanno in consegna (n. 94). 

FERROVIE. -I) Se la sostituzione del servizio 
ferroviario su di una linea, di propriet� delle Ferrovie 
dello Stato, ma non ancora formalmente inclusa nella 
rete ferroviaria, con servizi automobilistici, ai sensi 
del Regio decreto 21 dicembre 1931, n. 1575, possa dar 
adito ad opposizione da parte dei concessionari di autoservizi 
della zona interessante la linea medesima, sotto 
il profilo della mancata previa inclusione formale, della 
linea nella rete delle Ferrovie dello Stato (n. 195). II) 
Se la formale inclusione .della linea nella rete delle 
Ferrovie dello Stato pos~ essere effettuata con decreto 
interministeriale (n. 195). -III) Se l'inquadramento 
del personale dell'ex concessionaria fra gli agenti delle 
Ferrovie dello Stato debba effettuarsi con apposita 
legge (n. 195). -IV) Se il detto personale possa essere 
mantenuto iscritto, fino alla messa in quiescenza al 
Fondo speciale di previdenza degli addetti ai pubblici 
servizi di trasporto (n. 195). -V) Se sia proponibile, 
nei confronti dell'Amministrazione ferroviaria, l'azione 
di risarcimento del danno che sia derivato al privato 
da mancata o inefficiente recinzione delle linee ferroviarie 
(n. 196). -VI) Se l'Amministrazione ferroviaria 
possa costituire validamente a proprio favore un 
diritto di pegno sui carri ferroviari privati, anche se 
a consegnarli non sia il proprietario effettivo ma persona 
che l'Amministrazione stessa, in buona fede, ritenga 
proprietario, ove, peraltro, sussista un titolo 
idoneo (n. 197). 

FILIAZIONE. -Se la madre, la quale dimostri 
che il figlio naturale viva effettivamente a suo carico, 
abbia diritto alla quota di. indennit� di carovita (n. 4). 

IMPIEGO PUBBLICO. -Se la madre, la quale 
dimostri che il figlio naturale viva effettivamente a 
suo carico, abbia diritto alla quota di indennit� di carovita 
(n. 355). 

IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE. -Se il rango 
privilegiato dei tributi di R. M. debba riconoscersi soltanto 
ai tributi relativi all'anno di produzione del reddito 
e a quello antecedente (n. 7). 

IMPOSTA SULL'ENTRATA. -I) Se l'I.G.E. sia 
dovuta su passaggi di merci, effettuati da intel'lllediari 
prima dell'importazione siano questi intermediari rap-��� 
presentanti di ditte estere o di ditte nazionali (n. 43). 
-II) Se sia dovuta l'I.G.E. su passaggi :materiali di 
merci, effettuati dopo l'importazione da rappresentanti 
alla ditta italiana da essi rappresentata (n. 43). -III) 



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Se sia dovuta l'I.G.E. su passaggi di merce effettuati 
�l.opo l'importazione da rappresentanti di ditte estere 
a ditte italiane (n. 43). 

IMPOSTE E TASSE. -I) Se la partecipazione del 
procuratore delle imposte sia ammessa nei giudizi avanti 
le Commissioni speciali tributarie provinciali (n. 230). 
-II) Se sia ammissibile l'intervento contemporaneo 
dell'Ispettorato compartimentale e del procuratore 
delle imposte (o del registro) alle adunanze della Commissione 
provinciale delle Imposte (n. 230). -III) Se 
la tassa di concessione governativa colpisca solo atti 
dell'Amministrazione dello Stato (n. 231). -IV) Se, 
agli effetti del pagamento della tassa per l'esercizio di 
case da gioco autorizzate, debba considerarsi concessionario 
chi effettivamente eserciti la casa da gioco, 
sia esso il Comune o un terzo privato gestore, oppure, 
in ogni caso, il solo Comune (n. 231). -V) Se, ai sensi 
dell'art. 7 del T. U. 30 dicembre 1923, n. 3279, l'esercente 
di una casa da gioco, oltre al pagamento della 
tassa.. di concessione entro il mese di gennaio, debba 
corrispondere la tassa anche per l'eventuale periodo 
anteriore d'esercizio, inferiore ad un anno (n. 231). VI) 
Se l'inosservanza formale, da parte della ditta fabbricante 
di fila.ti, delle modalit� prescritte per la presentazione 
delle denunce di inattivit� di fabbrica possano 
costituire motivo di decadenza per le ditte medesime 
a beneficiare dei previsti sgravi di imposta (n. 232). 
-Vll) Se l'acquirente di bene immobile possa pretendere 
di essere garantito dal venditore per il privilegio, 
stabilito dagli articoli 85 e 87 del D. P. R. 9 maggio 
1950, n. 203, relativamente all'imposta straordinaria 
progressiva o proporzionale sul patrimonio, ove c;ia 
stato gi� effettuato l'accertamento fiscale a carico del 
venditore medesimo (n. 233). -VIII) Se l'acquirente 
possa pretendere detta garanzia, ove manchi l'accertamento 
fiscale a carico del venditore (n. 233). 

LOCAZIONE DI COSE. -Se l'utilizzazione, da 
parte di una provincia, di un proprio immobile per 
adibirlo a caserma delle forze di pubblica sicurezza, 
ai sensi. del precedente R. D. L. 9 dicembre 1930, n. 1850, 
abbia concretato un rapporto locativo tra la Provincia 
stessa e lo Stato {n. 77). 

LOTTO E LOTTERIE. -I) Se il rifiuto della vincita 
al lotto, a termine dell'art. 28 del R. D. 22 dicembre 
1938, n. 1931, nel caso jn cui la bolletta presenti 
alterazioni o correzioni nei numeri vincenti, si riferisca 
soltanto al premio conseguito sulle sorti di cui facciano 
parte anche i numeri corretti o alterati (n. 12). -II) 
Se il disposto dell'art. 28 del R. D. 22 dicembre 1938, 

n. 1938, sia applicabile ai premi conseguiti sulle sorti, 
giocate sulla medesima bolletta, che diano luogo a vincite 
indipendentemente da tali numeri corretti o alterati 
(n. 12). 
MONOPOLI. -Se l'inosservanza da parte del titolare 
di magazzino di generi di monopolio dell'obbligo 
di corrispondere ai propri dipendenti gli stipendi, i 
salari e le indennit� dovute in base ai contratti di lavoro, 
importi la sospensione o la perdita del diritto 
del magazziniere medesimo ad ottenere, alla cessazione 
dell'appalto, la restituzione del deposito cauzionale versato 
a termini dell'art. 5 del R. D. 14 giugno 1941, 

n. 577 (n. 21). 
NAVI. -Se la condanna per emissione di assegno 
bancario a� vuoto importi la cancellazione dalle matricole 
della gente di mare (n. 60). 

NOTIFICA. -Se, ai sensi delle vigenti norme, gli 
ufficiali giudiziari abbiano diritto all'indennit� di tra. 
sferta, ogni qualvolta la notifica degli atti sia richiesta 
dalla Pubblica Amministrazione (n. 7). 

OBBLIGAZIONE E CONTRATTI. -Se la disposizione 
cautelativa dell'art. 505 del R. D. 25 maggio 
1924, n. 827, trovi pi� fondamento di fronte alle norme 
dell'art. 2803 Codice civile (n. 34). 

OPERE PUBBLICHE. -I) Se sull'appaltatore, il 
cui contratto sia stato sciolto per atto unilaterale del1'
Amministrazione, ai sensi dell'art. 9 del Capitolato 
generale, possano gravare le spese per le opere eseguite 
dopo lo scioglimento del contratto stesso (n. 36). -II) 
Se, sciolto il contratto di appalto, in seguito al fallimento 
dell'appaltatore, ai sensi dell'art. 9 del Capito.
lato generale, la curatela sia tenuta alla manutenzione 
delle opere sino al collaudo (n. 36). -III) Se, dopo lo 
scioglimento del contratto per atto unilaterale della 
Amministrazione, ai sensi dell'art. 9 del Capitolato 
generale, in seguito al fallimento dell'appaltatore, l'Amministrazione 
stessa poE\sa contestare alla curatela una 
penalit� per ritardo nel compimento dell'opera (n. 36). 
-IV) se�, anche in caso di scioglimento del contratto, 
lo svincolo sulla cauzione possa avvenire solo dopo l'ap


provazione del collaudo (n. 36). 

PEGNO. -Se la disposizione cautelativa dell'art. 505 
del R. D. 25 maggio 1924, n. 827, trovi pi� fondamento 
di fronte alla norma dell'art. 2803 Codice civile (n. 1). 

PIANI REGOLATORI. -Se, in base al piano regolatore 
particolareggiato, possa un Comune procedere 
ad espropriazione nei confronti de! beni demaniali e 
delle Amministrazioni dello Stato, che detti beni hanno 
in consegna (n. 3). 

PROPRIETA' INDUSTRIALE. -Se l'obbligo dello 
Stato di indennizzare i cittadini italiani per i danni 
subiti alla loro propriet� industriale negli Stati Uniti 
d'America durante il periodo della guerra, ai sensi della 
lE)gge 24 novembre 1948, n. 1493, debba intendersi 
esteso a tutti i danni suddetti oppure sia limitato alle 
somme che durante il periodo bellico sono state incamerate 
dall'Ufficio della propriet� straniera (O.A.P.) 
in dipendenza dell'uso ivi effettuato di brevetti, ritrovati 
tecnici, invenzioni, ecc., appartenenti a cittadini 
italiani (n. 3). 

RAPPORTI DI LAVORO. -Se l'inosservanza, da 
parte del titolare di magazzino di generi di monopolio 
dell'obbligo di corrispondere ai propri dipendenti gli 
stipendi, i salari e le indennit� dovute in base ai contratti 
di lavoro, importi la sospensione o la perdita del 
diritto del magazziniere medesimo ad ottenere, alla 
cessazione dell'appalto, la restituzione del deposito cauzionale 
versato a termini dell'art. 5 del R. D. 14 giugno 
1941, n. 577 (n. 26). 

REATO MILITARE. -I) Se le affermazioni, contenute 
in un esposto, diretto da un carabiniere in congedo 
al Ministero della Difesa, con le quali si offenda il pre



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stigio e la reputazione del Ministro stesso, concretino 
gli estremi del reato di insubordinazione con ingiuria, 
previsto dall'art. 189 C.P.M. di pace (n. 1). -II) Se la 

�affermazioni contenute in un reclamo diretto da un 
militare in congedo al Ministro della Difesa e da questi 
trasmesso, per competenza alla Direzione generale Leva 
Sottufficiali e Truppa, le quali offendano il prestigio e 
la reputazione dei superiori del militare stesso,� possano 
fondatamente ritenersi venute a conoscenza, per ragioni 
di servizio, di due o pi� persone che siano militari, 
concretando, cos�, il reato di insubordinazione con ingiuria 
in assenza del superiore, previsto e punito dagli 
articoli 189 e 191 C.P.M. di pace (n. 1). 

TERREMOTI. -Se, anche ai fini della legge speciale 
22 novembre 1937, n. 2105, sulle costruzioni in 
zone terremotate, una area privata possa considerarsi 
aperta al pubblico transito solo quando su di essa gravi 
un diritto di uso pubblico (n. 9). 

USO DELLE ARMI. -I) Se l'uso delle armi per 
la repressione del contrabbando, nelle particolari condizioni 
di legge, competa solo alla Guardia di Finanza, 
oppure, sempre nella ricorrenza oggettiva delle condizioni 
anzidette, anche a qualunque altro organo 'di Polizia 
(n. 4). -II) Se, in linea di massi:m,a, la fuga gel contrabbandiere 
possa considerarsi come una forma di 
resistenza all'Autorit�, agli effetti della legittimit� dell'uso 
delle armi da parte degli organi di Polizia (n. 4). 

VENDITA. -I) Se l'acquirente di bene immobile 
possa pretendere di essere garantito dal venditore per 
il privilegio, stabilito dagli articoli 65 e 87 del D.P.R. 
9 maggio 1950, n. 203, relativamente all'imposta straordinaria, 
progressiva e proporzionale sul patrimonio, 
ove sia stato gi� effettuato l'accertamento fiscale a 
carico del venditore medesimo (n. 12). -II) Se l'acquirente 
possa pretendere detta garanzia, ove manchi 
l'accertamento fiscale a carico del venditore (n. 12). 



(U011395� Roma, 1954 � Istituto Poligrafico dello Stato � G. C.