ANNO VI -N. 5 
MAGGIO 1953 

RASSEGNA MENSILE 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


PUBBLICAZIONE DI SERVIZIO 

SOMMARIO 


I. 
ARTIOOLI ORIGINALI 
I 

La oppo;;izione di t<przo da parte della pubblica Amministrazione per la tutela 
di diritti ed obblighi internazionali dello Stato Italiano, dell'avv. GASTONE 
DALLAitI, p. 109-115. 

II. NOTE DI DOTTRINA 
1) 
E. ALLORIO : Diritto Processuario tributario. (2" edizione pag. xv-595, 
Torino, U. T. E. T.) recensione critica di A. C., pag. 116-117. 

2) DE FIGUEIREDO: Inamissibilit� di costituzione di parte civile dello Stato 
nel processo per contrabbando. (� Giust. Pen. '" 1953, III, 309 e segg.) 
recensione critica di F. CHIAROTTI, pag. 117-118. 

3) 
OSVALDO POLI: Impo9ta di R. M.: privilegio dello Stato e responsabilit� 
solidale. (<<Rivista di Diritto Finanziario e Scienze delle Finanze>>, 
dicembre 1952, pag. 370) recensione critica di G. ZoBOLI, pag. 119-121. 

4) 
FERDINANDO SANTOSUOSSO: Limiti della (( restitutio in integrum)) conseguente 
all'annullamento di un atto e.9tintivo del rapporto di pubblico. 
impiego. (�Foro It. >>, 1953, IV, 7) recensione critica di L. LANCIA, 
pag. 121-122. 

III. RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA 
l) Amministrazione dello Stato -Rappresentanza in giudizio -Controversie 
tributarie (Corte di Cassazione), pag. 123-124. 
2) Atto amministrativo -Illegibilit� -Potere dell'a. g. o. (Corte di Cassazione), 
pag. 124-125. 
3) Atto amministrativo -Silenzio-rifiuto di organo incompetente (Consiglio 
di Stato) pag. 125. 

4) 
Espropriazione per pubblica utilit� -Occupazione temporanea oltre il 
biennio -Restituzione fondo -Competenza (Corte di Cassazione), 
pag. 125-127. 

IV. 
ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI DELLE CORTI DI 
MERITO 
1) Agricoltura -Agricoltori benemeriti -Recupero dei contributi (Tribunale 
di Roma), pag. 128-130. 
2) Autoveicoli assegnati in uso dal G. M. A. -Responsabilit� dell'aseegnatario 
-(Corte di Appello di Milano) pag. 130-131. 
3) Imposte e tasse -Natura tributaria dei contributi per l'uso delle bombole 
Ente Metano (Tribunale di Roma) pag. 131. 
4) Imposta sull'entrata -Solve et repete -Imposta suppletiva (Tribunale 
di Tren~o), pag. 132-133. 

V. 
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE, pag. 134-137. 
VI. INDICE SISTEMATICO DELLE CONSULTAZIONI, pag. 138-140. 

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ANNO VI -N. 5 MAGGIO 1953 

RASSEGNA MENSILE 


DELL'AVVOCATURA DELLO �STATO 


PUBBLICJAZIONE DI SERVIZIO 


LA OPPOSIZIONE DI TERZO DA PARTE DELLA PUBBLICA 
AMMINISTRAZIONE PER LA TUTELA DI DIRITTI 
�ED OBBLIGHI INTERNAZIONALI DELLO STATO ITALIANO 


SOMMARIO. -1. Limiti alla proponibilit� della opposizione 
di terzo. -2. Il pregiudizio della Pubblica Amministrazione 
nel campo del diritto pubblico e internazionale. 
-3. Configurabilit� delle azioni in opposizione 
sotto il profilo soggettivo. -4. Sotto il profilo oggettivo 
del pregiudizio. -5. Le pretese del cittadino contro lo 
stato straniero, occupante, alla restituzione dei beni. 


6. Il pregiudizio sotto il profilo della responsabilit� per 
atti del singolo. -7. E sotto il profilo della responsabilit� 
per atti di giurisdizione. 
1. La esperibilH� della opposizione di terzo da 
parte della Pubblica Amministrazione contro una 
sentenza che le arreca un pregiudizio giuridico, 
non presenta difficolt� concettuali o teoriche alla 
sua applicazione. Ma poich� i rapporti della Pubblica 
Amministrazione si estendono a zone sottratte 
alla disciplina del diritto privato, sia nel 
pi� evidente settore di rapporti di diritto pubblico 
interno, sia nel pi� delicato campo di rapporti 
internazionali, pu� apparire discutibile e delicata 
la possibilit� di una interferenza dell'Amministrazione 
in un rapporto giuridico, definito con sen
�benza passata in giudicato, che abbia affermato 
la esistenza di una situazione giuridica tra un privato 
e uno Stato straniero, situazione che essendo 
in contrasto con diritti e obblighi assunti dallo 
Stato italiano nel campo internazionale, sia produttiva 
di una concreta lesione giuridica dello 
Stato italiano. 
E poich� � evidente che l'esperibilit� della opposizione 
di terzo richiede che il pregiudizio giuridico 
si concreti nell'ambito dell'ordinamento giuridico 
interno, la difficolt� non consiste tanto nell'ammettere 
la possibilit� di una tutela -attraverso 
la opposizione di terzo -di un diritto pubblico 
di cui sia titolare l'Amministrazione, quanto 
di collegare ai rapporti giuridici internazionali pregiudicati, 
una pretesa giuridica soggettiva della 
Amministrazione titolare di tali rapporti, al loro 
rispetto nell'ordinamento interno da parte del 
singolo. � 

Il punto di contrasto tra pretese del singolo e 
pretese dello Stato italiano nei confronti dello 
Stato straniero, si pu� facilmente ipotizzare in 
quel caso anomalo di sovrapposizione coattiva 
dell'ordinamento di uno Stato sull'ordinamento 

giuridico interno di un altro, che si verifica a seguito 
della occupazione bellica da parte di un esercito 
invasore -e che storicamente si � attuato 
a danno dell'Italia nella occupazione bellica del 
1943-45 ad opera dell'esercito germanico. 


E il problema concreto che ha dato origini a 
queste indagini � sorto dall'esame della ammissibilit� 
di un intervento da parte dell'Amministrazione, 
in una controversia decisa con sentenza 
passata in giudicato e instaurata da un privato 
cittadino nei confronti della Repubblica federale 
tedesca, per ottenere il risarcimento del danno 
provocato dalla confisca di un autoveicolo da 
parte delle forze militari di occupazione. Le con


. crete ripercussioni internazionali della decisione, 
avevano posto l'Amministrazione nella necessit� 
di porre in essere un comportamento attivo, mantenuto 
per� nei limiti del rispetto della legge interna 
e della indipendenza del potere giudiziario, 
comportamento diretto ad eliminare le conseguenze 
dannose derivanti in campo internazionale 
dalla violazione degli impegni internazionali assunti 
con il Trattato di Pace. 

Il solo rimedio giuridico esperibile astrattamente 
in una ipotesi del genere era la opposizione di 
terzo -e la prima questione che si presenta � 
quella della legittimazione ad agire da parte della 
Pubblica Amministrazione, sia sotto il profilo soggettivo 
che oggettivo. 


Occorre, a questo punto, richiamare brevemente 
alcuni principi generali in materia di effetti soggettivi 
del giudicato. 


� principio comunemente affermato che la cosa 
giudicata non abbia valore che tra le parti e che 
i terzi non debbano risentirne influenza, salvo casi 
eccezionali. � questa la concezione dei limiti soggettivi 
della cosa giudicata (1) per cui i terzi sono 
distinti in due categorie: terzi giuridicamente interessati 
e terzi giuridicamente indifferenti. Il primo 
caso si ha quando il rapporto sostanziale. deciso 
dal giudice � collegato giuridicamente con un alt,ro -rapporto 
tra una delle parti ed il terzo, cosicch� 

(I) CHIOVENDA: Principi di dir. di Proc. Civ., par. 30. 

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la cosa giudicata formatasi sul primo rapporto 
importi necessariamente . una esclusione di impugnativa 
sul secondo. 

In ta.Ie caso trovano applicazione quegli istituti 
di origine germanica che permettono alla parte, 
che ha interesse a che una sentenza pregiudichi 
anche un terzo, di coinvolgerlo nella sfera di efficacia 
della sentenza (intervento coatto, chiamata 
in garanzia ecc.) e che permettono al terzo di 
tutelarsi dalle conseguenze dei giudizi inter alias 
ancora pendenti o gi� definiti, attraverso l'intervento 
principale o l'opposizione di terzo. 

Ma, nella realt� giuridica, la concezione dei 
limiti soggettivi della cosa giudicata (1) � necessariamente 
soggetta a temperamenti, per spiegare 
tutti i casi in cui ha luogo una estensione dell'autorit� 
del giudicato oltre la cerchia dei terzi giuridicamente 
interessati, in quanto se astrattamente 
pu� apparire �esatta, tale posizione giuridica, in 
pratica non � possibile determinare il limite tra 
interesse giuridico e indifferenza giuridica. 

Con maggiore rigore giuridico si richiama da 
altri Autori (2) il principio degli effetti giuridici 
riflessi della cosa giudicata sui rapporti giuridici 
con i terzi, e si riconosce che la misura della influenza 
del rapporto giuridico che dalla sentenza 
� stato, comunque, accertato, sul rapporto giuridico 
con il terzo � questione di diritto sostanziale, 
in quanto (3) la posizione dei terzi di fronte alla 
cosa giudicata � quella dei loro rapporti di fronte 
al rapporto deciso. Se tali rapporti sono dipendenti, 
nel senso che il rapporto deciso � pregiudiziale 
al loro, la cosa giudicata su tale rapporto si 
riflette in modo immediato sui rapporti di questi 
terzi qualificati, che risentono un pregiudizio o 
un vantaggio giuridico, non tanto dalla decisione 
quanto dal suo contenuto. Ma non sempre il rapporto 
del terzo influenzato dalla sentenza � subordinato 
da quello deciso, ma � talora indipendente 
da questo, nella origine (4) e nella sua permanenza, 
perch� � un rapporto concorrente, nel senso cio� 
che nei confronti dello stesso soggetto, pi� soggetti 
possono vantare una pretesa dipendente dallo 
stesso evento. E in tal caso si parla di un vincolo 
di coordinamento necessario tra il rapporto deciso 
e quello di cui i terzi sono titolari, che importa 
sempre una estensione a costoro della cosa giudicata. 


Ed � appunto sulla portata e sulla estensione 
del concetto di pregiudizio di un diritto sul quale 
la dottrina non � molto chiara, in quanto mentre 
concordemente lo si riconosce quando vengano 
contesta�ti diritti assoluti, vi � incertezza nello 
ammettere il pregiudizio giuridico per diritti relativi, 
per i quali esso sarebbe solo di fatto. 

Comunque non appare dubbio che un interesse 
giuridico alla opposizione vi sia, allorch� il terzo 
si affermi �titolare di un diritto assoluto, che, invece, 
la decisione abbia attribuito ad altri, e che 

(1) CHIOVENDA: Principi di dir. di Proc. Civ., 580. 
(2) Cfr. CARNELUTTI: Sistema, ed. 1926, vol. IV, n. 387; 
ALLORIO: La cosa giudicata rispetto ai terzi, Capo IV, 
n. 37-38. 
(3) ALLORIO: op. cit., n. 62. 
(4) ALLORIO: op. cit., n. 68. 
costituisce un titolo diverso per richiedere nei 

confronti del convenuto la attribuzione del godi


mento o della signoria sulla stessa cosa: come 

avviene nell'ipotesi dell'erede legittimo, che oppo


nendosi alla sentenza che riconosca all'erede te


stamentario il titolo al recupero di un bene ere


ditario, contesti la validit� del testamento e cio� 

la titolarit� del diritto ereditario della parte ad 

ottenere la cosa. 

Ma non pu�, neppure, dubitarsi che il pregiu


dizio che legittima l'opposizione sussista egual


mente in quei rapporti che, in senso lato, pos


sono dirsi di garanzia (1) e sui quali il terzo si 

sia impegnato ad un comportamento, che valga 

a limitare o ad escludere la responsabilit� del 

garantito: cos� la cosa giudicata tra assicurato 

contro i rischi civili e danneggiato si riflette sul


l'assicuratore, il quale pu� esperire la opposizione, 

a carattere revocatorio, che compete agi; aventi 

causa.. 

Ma nella ipotesi in cui al danneggiato � stato 

imposto dal garante l'obbligo giuridico di non 

rivolgersi al garantito, � chiaro che la violazione 

dell'obbligo importa un pregiudizio giuridico per 

il garante, che a tale comportamento si sia a sua 

volta impegnato verso i terzi e che quindi pu� 

esperire la opposizione in via principale, non tanto 

per un interesse riflesso, nei confronti del garan


tito, quanto per un interesse contrastante diret


tamente con quello del danneggiato. 

Nel campo del diritto privato, a tale ipotesi 

teorica pu� non corrispondere totalmente una fat


tispecie concreta. Ma, quando la questione si spo


sta e si trasferisce in quel campo intermedio tra 

diritto pubblico e privato, in cui il diritto del 

singolo trova limitazioni legislative, per esigenze 

pubblicistiche, che le Amministrazioni pubbliche 

possono nel loro interesse far valere, la possibilit� 

di applicazione degli istituti giuridici trova riscon


tro in casi nuovi ed in ipotesi non prevedibili nel 

diritto privato. 

2. E nel caso in esame si verifica appunto una 
situazione giuridica che fa sorgere i presupposti 
perch� nei confronti di un cittadino gi� titolare 
. di un diritto soggettivo e assoluto e di una pretesa 
ad un risarcimento per danni alla propriet�, 
sia esperibile un'azione giudiziaria da parte . di 
una pubblica Amministrazione, che rispetto allo 
speciale soggetto verso il quale la pretesa del singolo 
si rivolge, ha, per altro titolo, una pretesa 
patrimoniale di diversa natura giuridica, ma che 
esclude ed elide il diritto del privato, in quanto 
si riferisce al bene da costui perseguito. 

In altri termini allorch� la titolariet� di pretese 
internazionali da parte dello Stato italiano nei 
confronti di uno Stato straniero � consacrata in 
norme interne, queste norme, nell'ordinamento 
interno, fanno sorgere nella Amministrazione la 
pretesa giuridica a far valere quello che � diritto 
soggettivo internazionale come diritto soggettivo 
interno nei confronti di chiunque lo contesti. �--:E 
quindi la titolarit� di. pretese patrimoniali nel 

(1) ALLORIO: op. cit., 136-137. 

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campo internazionale � presupposto per far valere 
nell'ordinamento interno, quegli interessi patrimoniali 
ricollegati a tale pretesa per ottenerne 
il riconoscimento nei confronti di chi li contesti 

o intenda farli valere in nome proprio. 
L'adattamento del diritto interno all'ordinamento 
internazionale, sancito anche dall'art. 10 
della Costituzione avviene quando lo Stato approva 
in forma di legge e dichiara esecutivo in 
Italia l'accordo (1). N� occorrono norme specifiche 
di attuazione, per-riconoscere ai singoli cittadini 
dei diritti in base alle norme del diritto internazionale 
recepite nell'ordinamento interno (2). Ed 
egualmente deve dirsi per gli obblighi giuridici 
e per i doveri cui i cittadini sono assoggettati in 
virt� di norme internazionali divenute disposizioni 
di diritto interno. E come il magistrato deve 
applicare le norme internazionali divenute norme 
interne a favore del privato, il quale pu� adire 
direttamente l'autorit� giudiziaria per la tutela 
di tali pretese; se esse hanno carattere di diritti 
soggettivi perfetti, cosi deve dichiarare la inesistenza 
di un diritto soggettivo privato, allorch� 
le norme internazionali recepite nell'ordinamento 
interno abbiano concesso la titolarit� della pretesa 
giuridica ad altro soggetto (e cio� allo Stato) 
nel caso in cui tale pretesa debba esser fatta valere 
contro un soggetto internazionale (3). 

Come ulteriore conseguenza delle osservazioni 
di cui sopra, deve rilevarsi che lo Stato, con la 
pubblicazione del trattato e la sua recezione nel 
diritto interno assume l'obbligo internazionale di 
farne osservare le norme da parte dei propri organi 
e da parte dei propri cittadini. Ora, mentre 
per adeguare agli obblighi assunti il comportamento 
degli organi amministrativi, il legislatore 
interno potr� emanare norme di attuazione, ci� 
non � possibile nei confronti del potere giudiziario, 
in quanto ci� significherebbe un'ingerenza da parte 
del potere esecutivo, nella funzione giudiziaria. 
In tali casi la dottrina riconosce che; a parte il 
sindacato che nell'ordine internazionale pu� esser 
esercitato sugli atti di giurisdizione dello Stato, 

(1) ANZILLOTTI: Corso dir. Intern., 1928, 367; MoNAOO: 
Manuale di dir. Intern., 1949, 310. 
(2) DIENA: Dir. Internaz. I, par. 39 e 66; ANZILLOTTI: 
Il dir. Internaz. nei qiudizi interni, pag. 103. 
(3) La Suprema Corte non sembra r:er� completamente 
di questo avviso, nella decisione S. U. 30 a!rile 1951, 
n. 1059, ove ha affermato che l'ordine di_ esecuzione determina
� l'adattamento delle sole clausole che lo consentono, 
di quelle, cio�, risf etto alle quali sia possibile individuare 
il contenuto della norma interna corrispondente. 
A pi� forte ragione occorrono particolari norme espresse 
di diritto interno, quando lo Stato non solo vuole uniformare 
la sua condotta al principio di_ diritto internazionale, 
riconoscendo i relativi obbligati di fronte agli 
altri Stati, ma intende assumere e sancire obblighi diversi 
e pi� ampi e costituire diritti a favore di singoli, 
assumendo cos� obblighi non aventi contenuto internazionale"
� 
Senonch� la decisione 285 S. U. del 2 febbraio 1953, ha 
affermato cLe le rinuncie contenute nel Trattato di Pace 
sono operative di diritto nell'ordinamento interno, precludendo 
ai c;ttadini ogni azione nei confronti dello 
Stato Germanico. Ci� pertanto dimostra che la inserzione 
automatica delle ConvEmzioni internazionali nel 
diritto interno ha effetto immediato sui diritti e sugli 
obblighi dei singoli. 

per affermare una responsabilit� per atti giurisdizionali 
internazionalmente illegittimi (1) vi � 
l'obbligo dello Stato stesso di porre in essere tutti 
i mezzi giuridici consentiti dall'ordinamento interno 
per la rettifica o l'annullamento della decisione 
garantita dalla autorit� dalla cosa giudicata. 

E poich� l'ordinamento processuale italiano consente 
l'esperimento di una opposizione di terzo a 
favore di chi risenta un pregiudizio giuridico 
dalla decisione emanata su un rapporto tra altre 
parti -si tratta di vedere se, la peculiare natura 
dei rapporti intercorrenti tra le parti del precedente 
giudizio e le Amministrazioni che sono portatrici 
nel diritto interno dei qualificati interessi 
giuridici connessi agli obblighi internazionalmente 
assunti, consenta di fare ricorso a tale istituto 
allorch�, come nel caso in esame, sia le norme 
interne, sia le norme internazionnli recepite concedono 
ali' Amministrazione di pretendere da parte 
del singolo un determinato comportamento negativo. 


3. Tale pretesa, dati i molteplici aspetti assunti 
dalla questione, pu� profilarsi sotto un duplice 
punto di vista: 
a) sia sotto il profilo di un interesse patrimo


niale positivo, in quanto l'Amministrazione � 

stata riconosciuta dalla legge come esclusiva tito


lare di un diritto alla restituzione o all'indennizzo, 

in luogo del privato, nei confronti di un-dato sog


getto internazionale; 

b) sia sotto il profilo di un interesse negativo, 

in quanto l'obbligazione assunta in linea interna


zionale, di uno specifico comportamento dei pro


pri cittadini, fa sorgere una pretesa giuridica del


l'Amministrazione nei confronti di costoro ad ade


guarsi al comportamento ricbiesto e a pretendere 

che il comportamento in contrasto sia dichiarato 

giuridicamente invalido e inefficace. 

Ora, � noto che, per quanto riguarda la propo


nibilit� della domanda, di opposizione di terzo, sono 

necessarie due condizioni: e cio� che il terzo non 

sia stato parte del precedente giudizio e che vi 

sia stato un pregiudizio ad un proprio diritto. 

Sulla qualit� di terzo, rispetto al precedente 
giudizio, da parte della pubblica Amministrazione 
sorge la questione se la partecipazione al preceden-
be giudizio da parte del Pubblico Ministero 
possa precludere un intervento di terzo da parte 
di Amministrazioni dello Stato che sollevano pretese 
soggettive contrastanti con quella dell'attore. 
Ma una tale questione non pu� risolversi che in 
senso negativo. Il Pubblico Ministero, infatti, rappresenta 
un interesse generale alla esatta osservanza 
della legge ed alla attuazione della giustizia nel 
processo civile (2) ed il suo intervento ha lo scopo 
di esprimere il suo opinamento sulla decisione da 
adottare, per la pi� corretta applicazione della 
legge secondo il suo spirito (3). Tale interesse 
non ha nulla a che vedere con gli inter~_ssi che 
sono ricollegabili allo Stato come persona giuridica_ 

(1) Cfr. PAu: Responsabilit� internazionale dello Stato 
per atti di giurisdizione. Parte Il, cap. I. 
(2) CHIOVENDA: Principi, par. 12. 
(3) REDENTI: Profili pratici del Dir. Proc. Oiv., n. 164. 

-112 


pubblica, soggetto di diritti patrimoniali, dei quaJ!.� .. zionale, qualificata come occupazione bellica 


sono ti-boiari quegli uffici della Pubblica .Amministrazione 
che a quel dato ramo d.i pubblica attivit� 
provvedono. E tali uffici pubblici, quali portatori 
di pretese giuridiche in contrasto con la 
pretesa giuridica del privato possono legittimamente 
intervenire in un giudizio in qualit� di parti, 
per la tutela concreta di tali diritti. 

N � ha rilievo un'altra questione e, cio�, se la 
circostanza che il Ministero degli esteri, come 
organo di trasmissione di atti di procedura del 
precedente giudizio, sia venuto a conoscenza della 
vertenza, possa precludere ad esso l'azione in sede 
di opposizione. La conoscenza della vertenza come 
organo di trasmissione di atti, � una conoscenza 
di fatto, non giuridica, in quanto non d� luogo 
ad una vacatio in jus nei confronti dell' .Amministrazione, 
per cui possa dirsi che essa venga chiamata 
a far parte del precedente giudizio. N� l'ulteriore 
circostanza che il Ministero predetto, preoccupandosi 
delle reazioni di Stati stranieri al giu dizio 
in corso, possa. aver richiamato l'attenzione 
del Pubblico Ministero, e che questi a norma dell'art. 
70, ultimo comma, C.P.C., possa aver ritenuto 
conveniente l'intervento facoltativo a tutela 
del pubblico interesse, ad una esatta applicazione 
della legge, esclude che l'.Amministrazione possa 
poi attuare un'azione autonoma a tutela di una 
pretesa particolare che si identifica anzi, ha natura 
e finalit� diversissima dal pubblico interesse perseguito 
dal Pubblico Ministero. 

In sostanza, non sembra che la legittimazione 
ad agire, in opposizione da parte dell' .Amministrazione, 
sotto il profilo soggettivo possa seriamente 
contestarsi. 

4. Rimane il problema sostanziale e, cio�, resta 
a vedere se la legittimazione ad agire sussista 
sotto l'aspetto oggettivo della identificazione dell'interesse 
di cui l'.Amministrazione lamenta il 
pregiudizio. Perch�, infatti, l'opposizione sia proponibile 
occorre, ripetiamo, che il pregiudizio sia 
qualificato, cio�, si riferisca ad un vero e proprio 
diritto soggettivo della Pubblica .Amministrazione 
che deve esser fatto valere nei confronti dei privati. 
Si tratta, infatti, di determinare se ed in che 
limiti sia possibile, in concreto, alla pubblica .Amministrazione 
nel caso specifico di danni derivanti 
dalla occupazione bellica tedesca nel 1943-45, far 
valere nel diritto interno, e nei confronti dei privati 
quei diritti riconosciuti allo Stato italiano, 

o quegli obblighi da esso assunti con il Trattato 
di Pace, nell'ambito dell'ordinamento giuridico 
internazionale. La questione, quindi, va esaminata 
nel senso di accertare se la legge interna, in questa 
peculiare materia abbia configurato come un diritto 
delle .Amministrazioni dello Stato -che nell'ordinamento 
internazionale sono portatrici, come 
si � precedentemente rilevato, di quelle pretese 
giuridiche -le pretese stesse. 
Su questo punto -riteniamo, anzitutto -che 
possa affermarsi con sicurezza, che, per l'ordinamento 
interno italiano; titolare esclusivo del diritto 
a richiedere la restituzione dei beni pubblici 
e privati asportati dalle truppe di occupazione, 
men-tre esiste quella situazione giuridica interna-

deve ritenersi lo Stato occupato, il quale provveder� 
a mezzo degli organi a ci� delegati. 

Trattasi di un principio contemplato nella Sezione 
III della II e della IV Convenzione dell' .Aia 
del 1899 e del 1907 -sull'occupazione bellica -:e 
che si applica evidentemente anche nella ipotesi 
sfavorevole che lo Stato italiano sia soggetto passivo 
dell'occupazione bellica. 

Tali norme -divenute legge interna a seguito 
dell'approvazione delle Convenzioni da parte dello 
Stato italiano -costituiscono non solo un obbligo 
giuridico del cittadino, di osservarle, ma escludono 
che nei confronti di uno Stato straniero egli possa 
proporre un'azione diretta ed immediata di restituzione 
e di ris;i,rcimento. 

5. � necessario, a questo punto, per�, precisare 
ulteriormente questi due profili di una possibile 
azione del singolo, nei confronti dello Stato occupan-!
Je. 
Per quanto riguarda la possibilit� della restituzione 
dei beni, asportati dall'esercito straniero 
occupante, sembra che possa, senz'altro, escludersi 
la possibilit� di configurare l'interesse del singolo 
alla restituzione, come un diritto del singolo nei 
confronti dello Stato straniero. 

Tale configurazione � stata anche recentemente 
negata dalla Suprema Corte, con decisione 285 
del 2 febbraio 1953 (�Mass. G.I. n, �1953, col. 78) 
che ha affermato la inesistenza di un diritto soggettivo 
azionabile alla restituzione. 

Ci sembra, infine, che una concezione del genere 
sia del tutto da escludere attraverso il richiamo 
alla legislazione interna che ha concretamente 
disciplinato le situazioni giuridiche derivanti dall'occupazione 
bellica del 1943-45 da parte delle 
truppe tedesche, sia per quanto riguarda i sin goli 
cittadini titolari di diritti su beni asportati. 

Va, infatti, ricordato che con decreto legislativo 
24 aprile 1948, n. 896 concernente la Riconsegna dei 
beni asportati dai tedeschi, � stato stabilito che i 
beni dei quali l'art. 77, n. 2 del trattato prevede 
la restituzione (art. 1), devono essere restituiti a 
chi dimostri di essere proprietario o detentore 
al momento della asportazione -tramite il Ministero 
dell'Industria (art. 5) il quale provvede al 
recupero attraverso l'opera di missioni per le restituzioni 
operanti in Germania e in .Austria (arg. 
ex art. 1) di intesa sempre con il Ministero del 
Tesoro. 

�, inoltre, da rilevare che i beni identificabili 
come beni nazionali e recuperati, divengono di 
propriet� dello Stato, se <e non sia stata presentata 

o sia stata rigettata la domanda di riconsegna e in 
ogni caso quelli per i quali l'interessato sia incorso 
nella decadenza del diritto di riconsegna (art. 4). 
Il Ministero del Tesoro, al quale vanno accreditate 
le somme ricavate dalla -vendita dei beni 
devoluti allo Stato (art. 17, in rei... all'art. 21) � 
quindi l'Amministrazione dello Stato che, nei e.on-_ 
fronti di privati, pu� vantare un diritto pubblico 
soggettivo all'acquisizione di beni nazionali recuperati, 
ed ha, pertanto, una legittimazione attiva � 
indiscutibile a contrastare la pretesa del privato 
che si faccia a richiedere in via giurisdizionale 

fil fffillm: 001 fil fffillm: 001 
-113 


nei confronti dello Stato tedesco quanto gli � consentito 
di chiedere solo in via amministrativa, ad 
un'amministrazione dello Stato italiano. Sot�to 
questo profilo, quindi, la tesi che la restituzione 
del bene privato asportato dalle truppe �tedesche 
costituisca un diritto del cittadino nei confronti 
dello Stato straniero � in contrasto con le norme 
del decreto legislativo 1948, n. 896, che riconoscono 
tale diritto esclusivamente all'amministrazione 
italiana e disciplinano, con norme di attuazione 
del trattato di pace, l'attivit� degli organi dello 
S�tato cui � demandato il recppero dei beni stessi, 
i quali nei confronti dell'ordinamento internazionale 
assumono una configurazione giuridica particolare 
di bene nazionale, che prescinde dalla 
posizione giuridica del titolare del � bene stesso 
nell'ordinamento interno e, quindi, escludono che 
costui possa esercitare un'at�tivit� giudiziaria a 
tutela diretta della propriet� nei confronti dello 
Sta�to straniero. 

6. Rimane l'altro aspetto del problema e, c10e, 
se sia configurabile la esistenza di un diritto sogget
�tivo del cittadino di uno Stato straniero ad 
o-ttenere il risarcimen-to del danno ad esso provoca;
to dallo Stato stesso. 
Su questo punto � noto che, dopo un certo travaglio 
giurisprudenziale e dottrinario, � stata riconosciuta 
la responsabili"t� dello Stato straniero, 
nei confronti del cittadino per un'attivit� di diritto 
privato svolta nel territorio italiano (1). 

Ma, per quanto concerne la responsabilit� diretta 
dello Stato straniero per atti di diritto pubblico 
(2) cio� compiuti jure imperi, non sembra 
che tale tesi, anche se autorevolmente propugnata 
in dottrina (3) possa essere accolta. 

In sostanza con essa si dovrebbe riconoscere 
la sindacabilit� da parte dell'autorit� giudiziaria 
sull'atto di imperio compiuto dallo stato belligerante 
in danno del cittadino dello Stato occupato. 


Ora, anche se � ammissibile un giudizio di legittimit� 
formale del provvedimento adottato, in 
relazione all'ordinamento giuridico della occupazione 
bellica stabilito dalle norme internazionali, 
non sembra che possa conseguire ad una pronuncia 
di illegit�timit� una condanna al risarcimento 
dei danni, dello Stato occupante a favore del singolo 
cittadino -qualora l'atto stesso fosse da 
considerare internazionalmente illegittimo. E nella 
specie la soluzione negativa si fonda su questi 
argomenti: 

1� per quanto concerne il giudizio di legittimit� 
dell'atto di prelevamento del bene appartenuto al 
privato cittadino, deve osservarsi che il territorio 
nazionale, al momento in cui si verifica il fatto 
dannoso � soggetto ad occupazione bellica da parte 
di forze armate nemiche, e che, pertanto, la pro


(1) Cass. Sez. Un., dee. n. 1631 del 21settembre1948. 
(2) Sulla esenzione dalla giurisdizione degli Stati 
esteri cfr. recentemente Tribunale Roma 15 novembre 
1952 e 28 gennaio 1952, cc Foro it. '" 1952, I, 796, con 
nota di SPERDUTI: L'esenzione degli stati esteri dalla giurisdizione 
e il principio della buona fede. 
(3) QUADRI: La giurisdizione sugli stati stranieri, 
pag. 127. 
1frtet� privata, in tale situazione giuridica internazionale, 
� oggetto di due poteri internazionalmente 
riconosciuti all'esercito occupante: quella 
di seques-tro e quella di requisizione. Tali poteri 
sono contemplati nella Sez. IU della II e della 
IV Convenzione dell'Aia del 1899 e del 1907, sull'occupazione 
bellica, e dai rispettivi regolamenti. 

La facolt� di sequestro � contempla'ta dal 2� 
comma dell'art. 53 dei due regolamenti, � si riferisce, 
nella formulazione del 1899, a: 

�Le mat�rial des chemins de fer, les t�legraphes 
... m�me appartenent a des personnes priv�es, 
sont �galement des moyens de nature � servir au 
operations de guerre, mais dovront �tre restitu�s, et 
les indennit�s seront r�gl�es � la paix �. La indicazione 
dei mezzi di trasporto ha carattere meramente 
esemplificativo, come si desume dalla pi� 
ampia formula usata nella corrispondente norma 
del Regolamento 1907 <e Tous le moyens affect�s 
sur terre, sur mer et dans les aires ... au transport 
des personnes ou des choses... �. 

Questo potere, che anche la legge di guerra italiana 
ampiamente riconosce -art. 60 legge 8 
luglio 1938, n. 1415 -pu� esser esercitato dalle 
autorit� militari senza bisogno di preventiva autorizzazione, 
come, invece, si richiede per il caso 
di cc requisition en nature pur les besoins de l' arm� 
d'occupations � dall'art. 52 di entrambi i regolamenti 
-che espressamente precisano cc Les req1tisitions... 
ne seront reclam�s qu'avec l'autorisation 
du commandant dans la localit� occup� �. 

Ma la indagine dell'autorit� giudiziaria sulla 
natura formale dell'atto non pu� oltrepassare i 
limiti che al magistrato sono posti dalla legge 
interna all'esame dell'atto amministra�tivo autoritativo. 


In sostanza le convenzioni internazionali, riconoscono 
all'occupante il potere di sostituirsi allo 
S�tato occupato nell'esercizio del potere di requisizione, 
cio�, di porre in essere quel f actum principis 
per cui il diritto di propriet� del privato pu� 
essere affievolito. 

E che il factum principis posto in essere dallo 
occupante possa esser recepito nell'ordinamen-to 
giuridico dello Stato occupato, non sembra dubitabile 
(16 ). 

Si parla, a tal proposito, di un obbligo giuridico 
internazionale di pat�, da parte dello Stato 
occupato, che, per�, si riferisce soltanto agli atti 
dello Stato occupante che siano riconosciuti internazionalmente 
legittimi, cio�, conformi alle norme 
internazionali sulla occupazione bellica. Si parla, 
infine, di recezione, come fatto giuridicamente 
rilevante, anzich� come atto: ma ci� non esclude 
che il fatto autoritativo dello Stato straniero si 
rifletta sull'ordinamento interno, con la stessa 
efficacia con la quale opera in tale ordinamento 
l'atto autoritativo dell'Amministrazione nell'esercizio 
di un pubblico potere. 

Il sindacato di legittimit� dell'autorit�..giudiziaria, 
anche se teoricamente concepibile per affermare 
la non conformit� della requisizione bellica 

(1) CAPOTORTI: L'occupazione nel diritto di guerra, 
pag. 103-192; BALLADORE PALLIERI: La guerra, pag. 334340. 

m&&.@f.i�UfilWff�ffi%MJ ~ m&&.@f.i�UfilWff�ffi%MJ ~ 
-114


alle norme internazionali, nei casi concreti rimane 
solo come affermazione generica ed astratta, in 
quanto la imprecisione dei limiti posti dalla legge 
all'attivit�. dello Stato occupante -importa la 
impossibilit�. del sindacato di eccesso di potere (1) 
che, d'altronde, non � ammesso neppure nei confronti 
dello Stato italiano, se non dinanzi al giudice 
amministrativo. 

Anche la giurisprudenza � orientata su questo 
punto in senso negativo. 

La Suprema Corte (2) concisamente risolve la 
questione affermando: �gli ordini dell'autorit� 
occupante in tempo di guerra costituiscono una 
esplicazione di potest�. sovrana che si estende al 
territorio occupato e si sovrappone ai poteri dello 
Stato Nazionale, e per tale loro natura sfuggono 
al sindacato di legit�timit� dell'autorit� giudiziaria 
n. 

La recente decisione delle Sezioni Unite 30 aprile 
1951, n. 1059, citata, conferma come le requisizioni 
effettuate in regime di occupazione bellica 
siano oggetto di disciplina internazionale -e che, 
comunque, le violazioni dai limiti e dalle condizioni 
dell'esercizio del potere di requisizione non 
importano responsabilit�. nei confronti dello Stato 
occupante -se non sul piano del diritto internazionale. 


2� Consegue da ci� la irrilevanza di una affermazione 
giurisdizionale di illegittimit�. dell'atto 
compiuto dallo Stato occupante in ispreto alle 
Convenzioni dell'Aia in quanto -come la predetta 
decisione ha osservato -�qualsiasi violazione 
dei limiti e delle condizioni poste da tale norma 
(dell'Aia) pu� determinare responsabilit� dello Stato 
(italiano) solamente sul piano internazionale e NON 
DIRETTA.MENTE VERSO GLI .ABIT.ANTI DELLO ST.ATO 
OCCUP.A.To, i quali non derivano n� dal decreto di 
esecutivit� della predetta Convenzione in Italia, n� 
dall'art. 62 della legge di guerra, il diritto di agire 
contro lo Stato italiano per pretesi atti illeciti del 
medesimo�. Infatti i� singoli non sono soggetti 
passivi di atti internazionalmente illeciti, i quali, 
quando arrechino loro danno, sono rilevanti di 
fronte allo Stato da cui questi ultimi dipendono 
e che abbia interesse a proteggere i suoi sudditi. 
Purtroppo nel caso attuale, le gravose norme di 
un duro tra�ttato di pace, hanno imposto allo 
Sta"to italiano la rinuncia alla tutela dei propri 
cittadini, impedendogli di chiedere l'indennizzo 
per i beni nazionali asportati e non restituiti. 

Tale obbligo internazionale, conferma che nel 
caso concre-to una domanda giudiziale di res-tituzione 
e risarcimento non � proponibile dal cittadino 
italiano nei confronti dello Stato straniero. 

7. Ma la configurazione del pregiudizio giuridico 
dell'Amministrazione va profilata sotto un 
altro aspetto per cos� dire negativo -e, cio�, 
per quanto riguarda il comportamento del cit�i;adino 
cb.e sia fonte diretta di responsabilit�. inter(
1) CIOCI: Rapporti tra lo Stato occupante e abitante 
nel territorio occupato, secondo l'ordinamento italiano, 
�F. It. �, 1953, I, 903. 
(2) Cass. Civ., II Sez., IO febbraio 1949, n. 218," 
�F. It. �, 1949, I, 334. 
nazionale dello Stato -per una sua attivit�. concreta 
o che ponendo in essere una situazione giuridica 
renda attuale la possibilit� del pregiudizio. 

Parte della dottrina riconosce, quanto al primo 
plmto che la responsabilit� dello Stato per fatto 
dell'individuo � una i;esponsabi�it�. internazionale 
per colpa ed anche responsabilit� riflessa (1). 
So-tto il primo aspetto la regola tradizionale � nel 
senso di affermazione una responsabilit�. internazionale 
dello Stato per i fatti lesivi di interessi 
internazionali protetti se lo Stato abbia omesso 
di esplicare la dovuta diligenza per conseguire da 
quegli individui sottoposti alla sua autorit�., il 
rispetto di quegli interessi, o, comunque, (fatto 
illecito omissivo), se indipendentemente da ci� 
abbia omesso di far ricostituire mediante adeguate 
prestazioni, l'ordine giuridico sociale cosi turbato 
(fatto illecito commissivo ). Quindi il ristabilimento 
dell'ordine giuridico internazionale cos� turbato �, 
dal diritto internazionale, addossato allo Stato 
come obbligo di responsabilit� derivante da una 
carenza o inefficacia dell'opera di prevenzione che 
lo Stato deve esplicare nell'ordinamento interno. 

E questo sembra possa verificarsi sia se il singolo 
compie azioni che costituiscono veri e propri 
fatti illeciti con riflessi internazionali (20) sia se 
il singolo pone in essere un'attivit�. giuridica che, 
di per s� lecita, contravviene ad un obbligo internazionale 
assunto dallo Stato. Non � dubbio che 
in questo caso, il potere che ha lo Stato di impedire 
che l'individuo ponga in esser atti che dall'ordinamento 
interno si possono riflettere nell'ordinamento 
internazionale -e il dovere dell'individuo 
di astenersi �dal compimento di tali atti, si trasformano, 
e qualificano allorch� si realizza il caso 
concreto di comportamento del singolo in contrasto 
con gli obblighi internazionali dello Stato, in 
un corrispondente obbligo dell'individuo (21). E 
la dottrina riconosce cb.e quando soggetto di un 
potere � lo Stato, pu� verificarsi che esso partecipi 
al rapporto concreto che discende dall'esercizio 
di un suo potere, in veste diversa da quella 
che assume quando esercita il potere da cui i rapporti 
stessi derivano (22) e che, comunque, il soggetto 
del potere ha il diritto di esser riconosciuto 
titolare di questa sua qualit�. e di conseguenza 
del potere (23). 

Concreta applicazione di tali principi si trova 
nel testo dell'art. 77, n. 4, del Trattato di pace, 
il quale contiene una rinuncia dello Stato italiano 
a nome di propri cittadini a qualsiasi azione giudiziaria 
nei confronti della Germania per i danni 
causati dalla occupazione bellica. 

La rinuncia -contenuta nel trattato -� divenuta 
operativa nel diritto interno al momento 
della pubblicazione in Italia del Trattato stesso. 
Tale manifestazione di volont� -se nei confronti 

(1) SPERDUTI: L'individuo nel diritto internazionale, 
pag. 123; MONACO: Manuale di dir. internazionale, pagine 
337-38. 
(2) MORELLI: Nozioni di dir. intern., pag. 352 seg., 
parla di fatti illeciti di evento. 
(3) ROMANO: Frammenti di un dizionario giuridico, 
pag. 104. Doveri, 173. Poteri. 
(4) ROMANO: op. cit., voce �Poteri >>, pag. 185. 
(5) ROMANO: op. cit., voce �Poteri�, pag. 202-3. 

-115 


delle Nazioni firmatarie del Trattato di pace costituisce 
un'obbligazione internazionale dello Stato 
italiano -nell'ordinamento interno � norma creatrice 
di un obbligo giuridico di cittadini di non 
iniziare azioni giudiziarie di danni nei confronti 
dello Stato tedesco, obbligo che non abbisogna di 
particolare statuizione legislativa per esser considerato 
operan-te. Su queS'to puu-to la decisione 
della Suprema Corte n. 285 gi� ricordata, conferma 
la esattezza deJla tesi. 

Lo Sta�to italiano ha, quindi, in relazione alla 
norma predetta, il potere di pretendere dai singoli 
cittadini e dai propri organi un comportamento 
conforme agli obblighi in-ternazionali dello Stato, 
resi operanti nell'ordinamento interno. Di conseguenza 
-se il cittadino, in ispreto a tale dovere, 
inizia un'at�tivit� giudiziaria, cui lo Stato italiano 
si � impegnato internazionalmente a rinunciare, 
sorge nell~ .Amministrazioni dello s�tato, cui � demandato 
il compito d.ella tutela degli interessi 
internazionali dello S�tato, una pretesa giuridica 
concreta, nei confron-ti del cittadino e che egli si 
astenga da tale azione e nel caso che questa abbia 
avuto esito favorevole con l'accoglimento della 
domanda da par-te dell'autorit� giudiziaria, hanno 
un'ulteriore pretesa giuridica e che la sentenza 
sia riformata perch� la decisione viene ad affermare 
la esistenza di un diritto di azione del singolo, 
che a costui, pi� non compete, in quan-to 
vi � un obbligo di non agere impoS'to ai cittadini 
in base al trat�tato di pace. 

Ora, l'osservanza del Trattato di pace -anche 
se, di per s� e nell'ordinamento interno pu� considerarsi 
osservanza di una norma giuridica � 
obbligazione internazionale dello S�tato -e so-tto 
questo aspet�to le .Amministrazioni dello Stato, 
allorch� un concreto rapporto processuale venga 
instaurato dal cittadino -possono legit-timamente 
intervenire, perch� non sia disconosciu-to 
il potere dello Stato a che vengano rispettati dai 
privati e non siano disconosciuti dall'autorit� giudiziaria 
tali obbligazioni. 

8. Ma un ulteriore profilo di responsabilit� internazionale 
dello Stato pu�, inoltre, prospettarsi 
allorch� un atto giurisdizionale disconosca l'esistenza 
di obblighi internazionali -in quanto 
rende in pratica inadempiente lo Stato agli accordi 
internazionali che tali obblighi impongono (1). 
Oltre alla responsabilit� derivante dal precedente 
comportamento omissivo -per non aver impedHo 
con i mezzi giuridici a disposizione l'instaurarsi 
dell'azione giudiziaria civile, nei confronti 
(1) Cfr. PAu: La responsahilit� internazionale dello 
Stato per atti di giurisdizione, pag. 30. 
di un atto costituente esercizio di un potere sovrano 
dello S�ta�to s-traniero, ques-to � un caso nel 
quale la dot�trina riconosce l'immediata insorgenza 
di una responsabilit� internazionale (1). 

L'illecito, in sostanza, si concreterebbe nel fatto 
stesso dell'esercizio dell'attivit�. giudiziarfa, indipendentemente 
dall'esito del processo. L'espletamento 
di mezzi riparatori consen-titi dall'ordinamento 
giudiziario, avrebbe in questo caso, carattere 
riparatorio e non impeditivo dell'illecito, il 
quale diviene definitivo al momento stesso in cui 
la violazfone della norma si verifica. E da ci� deriva 
come ulteriore conseguenza che non si applica 
il principio del previo esaurimento dei ricorsi interni 
(2) per cui la responsabilit� internazionale pu� 
farsi valere solo quando sia stato fatto ricorso a 
tutti i mezzi che l'ordinamento dello Stato -a 
cui si imputerebbe la violazione -offre per eliminare 
la violazione stessa. 

� quindi indifferente la circostanza che lo Stato 
straniero convenu-to in giudizio, sia rimasto contumace 
e quindi la decisione di condanna al risarcimento 
del danno sia passata in giudicato. 

L'illecito in-ternazionale consiste appunto nella 
violazione dell'obbligo di impedire l'esercizio del 
potere giudiziario in un caso in cui non era consentito 
ab initio (3) e quindi la definitivit� e la 
irreparabilit� dell'attivit� giurisdizionale iill,ziata 
in modo in-ternazionalmente illecito non sieno 
sana;te dalla possibilit� dell'ulteriore espletamento 
di ricorsi interni, che lo Stato straniero non � tenuto 
ad esperire. 

L'esperimento, quindi, da parte dello Stato nazionale 
dei rimedi giuridici consentiti dall'ordinamento 
interno, costituisce un'attivit� riparatoria 
dell'illecito internazionale. 

E sotto questo aspetto appare evidente ed attuale 
l'interesse dello Stato ad elidere il pregiudizio 
derivante dalla decisione dei propri organi 
giudiziari che sia internazionalmente illecita. 

Tale pregiudizio che � indubbiamente di ordine 
giuridico -anche se attiene alla personalit� pubblica 
internazionale dello Stato -si ripercuote 
nell'ordinamento interno, facendo sorgere nelle 
.Amministrazioni competenti, una pretesa concreta 
alla sua eliminazione, attraverso i rimedi giuridici 
consentiti dalla legge per la tutela dei diritti dei 
terzi dinanzi agli organi giurisdizionalmente amministrativi. 


GASTONE DALLARI 

AVVOOATO DELLO STATO 

(1) PAu: Op. cit., pag. 156. 
(2) PAU: op. cit., pag. 45; AGo: La regola del previo 
esaurimento di ricorsi interni in tema di dir. internazionale. 
� Arch. Dir. Pubbl. �, 1938, pag. 181. 
(3) Cfr. PAu, Op. cit., pag. 44. 

NOTE D I DOTTRI.NA 


E . 
.ALLORIO: Diritto Processuale tributario. (2a edizione 
pag. xv + 595, Torino, U.T.E.T.). 
L'edizione del 1942 del Diritto processuale tributario 
era divenuta una vera rarit� bibliografica. 
Fenomeno unico nel campo delle opere giuridiche 
di recente pubblicazione, questo libro era spesso 
elencato nei <e Desiderata� dei cataloghi di anti-� 
quariato, in compagnia di antichissime opere di 
alto pregio per i bibliofili: riconoscimento insolito, 
ma significativo della sua importanza. 

Legittimamente, quindi, l'illustre Autore dichiara 
nella prefazione, che l'opera riappare in seconda 
edizione �per desiderio e per insistente richiesta 
del pubblico � avvertendo, tuttavia, che la minuziosa 
revisione dell'opera ha lasciato sostanzialmente 
intatto il metodo e l'impianto della prima 
edizione. 

In realt�, si potrebbe precisare che la revisione 
-veramente minuziosa -si � appuntata sopra 
tutto sulle note: il testo . � rimasto in gran parte 
inalterato, se si eccettuano alcune pagine di aggiornamento, 
che precedono la parte di diritto 
processuale ricalcata sulla vecchia edizione. 

Le pagine di aggiornamento vertono su tre tesi 
che gi� informavano il pensiero dell'A. nel 1942, 
e che vengono ribadite: carattere costitutivo e 
non dichiarativo della imposizione (intesa come 
individuazione del soggetto dell'imposta, ci� che 
altri qualificano �accertamento JJ); carattere di interesse 
legittimo della situazione del singolo prima 
dell'imposizione; carattere giurisdizionale delle 
Commissioni amministrative, esplicanti una giurisdizione 
di annullamento. 

� evidente che le tre tesi mutuamente si sorreggono. 
Questa interdipendenza � talvolta cos� 
stret�ta, che porta a formulazioni rasentanti vere 
e proprie petizioni di principio: come il desumere 
l'esistenza di posizioni di interesse dall'esistenza 
di una giurisdizione di annullamento (pag. 21, 25); 
e ricavare poi il carattere giurisdizionale delle 
Commissioni dalla natura di giudicato delle loro 
decisioni, che pongono nel nulla l'imposizicne 

(p. 32). Il concetto di definitivit� della decisione, 
diverso dal giudicato in senso tecnico, non viene 
quindi n� accolto, n� sviluppato. 
In relazione all'esistenza di posizione di interessi, 
rispetto all'imposizione, poteva forse attend.ersi 
un cenno sulle recenti costruzioni del Consiglio 
di Stato, in ordine alla coesistenza di posizioni di 
diritti sogget�tivi e di interessi nell'iter impositivo 

(cfr. questa <e Rassegna))' 1952, 41). Ma, almeno 
nelle pagine introdu-ttive, nessun accenno � reperibile, 
il che �, d'altronde, perfettamell'te logico. 
Se si esclude, prima dell'accertamento, non solo 
l'esistenza di una imposizione in senso proprio, 
ma addirittura l'esistenza di un rapporto giuridico 
fra Finanza e contribuente (pag. 159), non 
sono neppure concettualmente configurabili quegli 
interessi legittimi, che il Consiglio di Stato ha 
ritenuto di poter ravvisare nella fase prodromica 
dell'imposizione. Dalla stessa prnmessa deriva la 
impossibilit� di configurare azioni di accertamento 
negativo dell'imposta prima dell'individuazione del 
contribuente; tema, codesto, gi� trattato daU' A. 
nella cc Giur. It. ))' 1952, I, 2, 349. 

Per contro, ammessa la giurisdizionalit� delle 
decisioni delle Commissioni diviene un semplice 
corollario la loro impugnabilit� immediata in Cassazione, 
al qual proposito viene (in nota) citata 
la recente sentenza 17 aprile 1952, n. 1023, della 
Corte Suprema. L'argomento, che sarebbe di estremo 
interesse per alcune questioni collaterali (impossibilit� 
di impugnativa per le decisioni delle 
Commissioni provinciali in tema di valutazione; 
termini di proposizione; improponibilit� del ricorso 
coll'tro decisioni asserite inesistenti) non � stato 
per� approfondito. Le pagine introduttive dedicano 
invece un breve capitolo ai rappor-ti fra 
Amministrazioni e Autorit� giudiziaria, capitolo 
dominato dalla concezione dell' A. della continuazione 
davanti al giudice ordinario della funzione 
di annullamento propria delle Commissioni. Segue 
un capitolo sul solve et repete in cui l'A. difende 
il fondamento teorico della regola, ribadendo la 
tesi gi� sostenuta nella precedente edizione. Blanda 
difesa, peraltro, e pi� accademica che sostanziale, 
giacch� lo stesso A. si diffonde poi in una accurata 
autocritica: si ch� il lettore che cercasse nel 
capitolo la <e spiegazione della regola del solve et 
repete � (tale � il titolo), rimarrebbe piuttosto 
deluso, perch� vi ritroverebbe tutti gli argomenti 
per dimostrare come -secondo l'illustre Autore 
-il solve et repete sia, oggi, pressoch� inspiegabile. 

I 
contributi dati dalla nostra cc Rassegna � alla 

importante questione, sono peraltro presenti al


l'A. ed ai revisori delle note (cfr. questa._cc Rass..e


gna �, 1949, p. 257 e 1951, 107 e segg.), sebbene 

variamente apprezzati. L'argomento, che tocca 

nel vivo tutta la struttura dell'ordinamento tri


butario, viene poi ripreso e sviluppato in uno stu


dio sulla riforma del procedimento di imposizione 



-117 


e sulla disegnata riforma del processo tributario, 
in cui 1'A. sostiene l'opportunit�. del mantenimento 
di organi giurisdizionali speciali. Sulla grave questione 
della compatibilit�. del permanere delle 
Commissioni, di fronte all'art. VI, � Disp. transitorie 
della Costituzione �, I'A. prende posizione in 
senso affermativo. 

Queste pagine di aggiornamento rappresentano 
senza dubbio, la parte pi� interessante dell'opera, 
per coloro che hanno la fortuna di possedere la 
precedente edizione. Il resto -a parte la diligentissima 
revisione delle note, che tuttavia rimangono 
necessariamente sommarie -si pu� leggere e meditare 
con rinnovato piacere e con inalterata utilit�., 
ma non presenta novit� di rilievo . .Anche le 
pagine sull'ingiunzione, e pe1fino le pagine sulla 
giurisdizione tributaria degli stati autoritari (Italia 
e Germania) sono rimaste inalterate, salvi lievi, 
ma necessari, ritocchi. La stesura originaria � 
rimasta immutata anche nella distinzione e nella 
numerazione dei paragrafi, ci� che facilita il raffronto 
tra le due edizioni. 

In realt�, un'opera basata su concetti cos� profondamente 
elaborati non poteva subire apprezzabili 
modificazioni in base a nuove teorie ed a nuove 
dottrine. La stessa levatura dell'opera la poneva 
-e la pone -al di sopra di correnti dottrinali 
e giurisprudenziali contingenti e mutevoli. 

Il Diritto processuale tributario, pur nella sua 
primitiva struttura, rimane quindi un'opera fondamentale, 
di altissima importanza teorica. E se 
si tengono presenti alcuni accorgimenti (nella 
nuova edizione � stato aggiunto un ampio indice 
sistematico all'indice analitico, gi� particolareggiato, 
della precedente), si pu� essere ben certi 
che l'opera -come si augura l'Autore -riuscir�. 
�utile ed accetta sia agli studiosi sia ai pratici 
cui � rivolta �. 

A. C. 
I. 
DE FIGUEffiEDO: Inammissibilit� di costituzione di 
parte civile dello Stah nel processo per contrabbando. 
(� Giust. Pen. �i 1953, III, 309 e segg.). 
Secondo l'A. la pretesa che sorge nello Stato 

quando da un fatto costituente contrabbando esso 

subisce il danno derivante dal mancato pagamento 

dei diritti, � pretesa di diritto pubblico perch� i 

diritti evasi sono tributi che lo Stato �impone � 

in virt� del suo potere sovrano esplicato nel campo 

del diritto amministrativo: poich� l'unica pretesa 

che possa essere fatta valere mediante la costitu


zione di parte �civile nel processo penale � quella 

che tende alla riparazione degli effetti dannosi, 

d'indole civile, cagionati dal reato, escluso qual


siasi carattere civilistico alla pretesa dello Stato 

nella riscossione dei tributi evasi, la costituzione 

di parte civile dello Stato nel processo per con


trabbando non � ammissibile. 

Proprio perch� trattasi di una funzione ex iure 

imperii, l'art. 24 della legge doganale 25 settem


bre 1940, n. 1424, sancisce la norma secondo cui 

i diritti dovuti e non pagati in tutto o in parte, 

sono riscossi dal contabile doganale colle norme 

stabilite dal Testo unico 14 aprile 1910, n. 639, 

delle disposizioni relative alla procedura � coattiva 
� per la riscossione delle entrate patrimoniali 
dello Stato. Considerato poi che �la cognizione�, 
l'accertamento e la definizione della violazione 
sono dalla legge doganale attribuite espr~s~amente 
alla competenza del contabile doganale, si deduce 
che se, per assurdo, un'azione civile ordinaria 
venisse iniziata davanti al Giudice civile per il 
pagamento dei diritti evasi, il magistrato dovrebbe 
dichiarare subito, d'ufficio, la sua incompetenza trattandosi 
di materia che sfugge alla sua ��cognizione�. 

Ma oltre che per le ragioni di cui sopra, la inammissibilit�. 
della costituzione pu� essere sostenuta 
anche sotto il profilo della << mancanza dell'interesse 
ad agire �. Poich� il Tribunale, per l'art. 22 
della legge 7 gennaio 1929, n. 4, ha il potere dovere 
di giudicare sull'obbligo d.el pagamento del tributo, 
alla stessa stregua del potere dovere di pronunciarsi 
sulla sussistenza o meno del reato, e se tale 
potere dovere l'autorit�. giudiziaria deve esplicare 
senza limitazione alcuna, lo Stato viene ad essere 
privo, quale parte offesa per tale mancato pagamento 
dei tributi evasi, di quell'interesse specifico 
�ad agire� quale parte civile per il riconoscimento 
di questo suo diritto leso. Viene, cio�, a 
mancare l'elemento pregiudiziale che sta alla base 
di ogni legittimazione processuale. 

I. -Recensiamo questa nota ad una ordinanza 
del Tribunale di Roma (28 agosto 1952, Pres. Gorga, 
imp. Aroidiaoo ed altri), ohe ha affermato la inammissibilit� 
della costituzione di parte civile dello 
Stato nel giudizio di contrabbando per mancanza di 
un danno patrimoniale, non per gli argomenti giuridici 
in essa contenuti, ohe abbiamo riportato nella 
formulazione, sia pure sintetica, del tutto uguale 
per�, quanto meno nelle conclusioni, a quella usata 
dall'A., ma per segnalare un precedente (riportato 
in una diffusa Rivista della materia) del quale � 
logico prevedere non mancher� di avvalm�si la difesa 
degli imputati in processi di contrabbando che, in 
mancanza di argomenti pi� consistenti, si trover� 
nella necessit� di servirsi di quelli contenuti nella 
nota che si recensisce. Di non rilevante consistenza 
appaiono e l'ordinanza (emessa da un Tribunale in 
periodo di canicola feriale), brevissimamente motivata, 
che non pu� riportarsi ad alcun precedente 
giurisprudenziale conforme, e la nota che, accettando 
le conclusioni, ma confutando la motivazione di 
quella, si richiama ad alcuni argomenti i quali, 
investendo questioni di fondo di varie branche del 
diritto, appaiono confusi e peregrini. L'A. confessa, 
ne riconosciamo il merito, di averli sottoposti ripetutamente 
all'attenzione di altre Magistrature senza 
esito positivo: in presenza della citata ordinanza del 
Tribunale di Roma li sottopone ora all'attenzione 
dei lettori de <<La Giustizia Penale ȓ senza possibilit�, 
per�, a nostro avviso, di migliore fortuna di 
quella incontrata presso i Tribunali, fatta eccezione 
della pronuncia che ha consigliato la stesura de_l.la nota. 

II. -La confusione ohe nella prima parte di essa 
viene fatta tra pretesa dello Stato ad imporre tributi 
e pretesa dello Stato alla riscossione dei tributi evasi 
� evidente: la prima si riferisce allo Stato inteso come 
�ente super partes � ohe vi provvede mediante atti 

-118


del potere legislativo, la seconda riguarda lo Stato 
considerato come << ente inter partes � che non pu� 
non ricorrere al Giudice ogni qual volta si trovi in 
contrasto con un appartenente alla collettivit� giuridicamente 
organizzata che lo costituisce. In materia 
di tributi lo Stato inteso in quel senso non ha 
nulla a che vedere collo Stato inteso in questo senso: 
il danno che l'Amministrazione subisce in caso di 
evasioni tributarie (l'argomento evidentemente riguarda 
qualsiasi evasione, e non solo quelle di cui alle 
leggi doganale e sui m-onopoli) � sicuramente di 
natura patrimoniale, di cui i riflessi di ordine tributario 
non escludono la ammissibilit� dell'esercizio 
dell!azione civile in sede penale per ottenerne il risarcimento. 


Il richiamo che l'A. fa all'art. 29 della legge Doganale 
25 settembre 1940, n. 1424, secondo cui i diritti 
dovuti, e non pagati in tutto o in parte, sono riscossi 
dal contabile delle entrate patrimoniali dello Stato, 
per affermare che si verte in materia di funzione 
esplicata ex iure imperii (non si comprende per� 
al riguardo se l'A. intenda riferirsi alla funzione 
�splicata in sede d'imposizione di tributi od a quella 
esplicata in sede di riscossione di tributi evasi, per 
la confusione a cui si � precedentemente accennato), 
appare di nessuna consistenza: non per la particolare 
natura di certe entrate (ch� anche le entrate 
patrimoniali di carattere sicuramente privatistico 
beneficiano della stessa procedura), ma per lo status 
del soggetto a cui esse appartengono, � prevista 
la procedura di cui al Testo unico n. 639 del 1910. 

Senza dimenticare poi che in caso di opposizione 
alla richiesta della somma da pagarsi, subentra la 
competenza dell'Autorit� giudiziaria a risolvere la 
controversia determinatasi nella quale parte, e nulla 
pi�, � l'Amministrazione finanziaria, intesa come 
organo dello Stato considerato nella specie come 

ente inter partes. 

La deduzione poi che l'A. ritiene di dover trarre 
dalla competenza, in base all'art. 24 della citata 
legge n. 1424 del 1940, del contabile doganale alla 
riscossione dei� diritti dovuti e non pagati, secondo 
la quale, se per assurdo un'azione civile ordinaria 
venisse iniziata davanti al giudice civile per il pagamento 
dei diritti evasi, il magistrato dovrebbe dichiarare 
subito, d'ufficio, la sua incompetenza, trattandosi 
di materia che sfugge alla sua cognizione, � del 
tutto infondata: si insiste nel rilevare, richiamandoci 
al concetto in precedenza esposto, che il procedimento 
di evasione per la riscossione. di entrate patrimoniali, 
se costituisce un'agevolazione fatta ad un soggetto 
per la sua particolare qualit�, non esclude affatto 
la competenza dell'Autorit� giudiziaria a dirimere 
quella controversia che, in modo del tutto agevole, 
una delle parti (il contribuente) pu� far sorgere nei 
confronti dell'altra di cui contesti la pretesa tributaria. 

Nel procedimento d'ingiunzione si verifica, muta


tis mutandis, situazione analoga: e non � certo 

lecito dubitare al riguardo della par condicio delle 

parti in contrasto colla fondamentale competenza 

del Giudice ordinario qualora la pretesa ili una di 

esse sia contrastata dall'altra. 

� evidente l'interesse dell'Amministrazione finan


ziaria ad essere presente nel giudizio in cui ilMagi


strato penale accerta la sussistenza di una viola


zione criminosa dolosa di legge tributaria, per quelle 

chiare interferenze che il giudicato penale non pu� 
non esercitare nel giudizio civile che necessariamente 
consegue all'opposizione fatta dal contribuente moroso 
alla richiesta di pagamento del tributo evaso da parte 
del contabile doganale. Nulla vieta al Giudice penale 
di emanare sentenza che decida ari-Ohe dalla liquidazione 
dei danni, potendovi provvedere con gli strumenti 
di accertamento che la legge gli fornisce. 

III. -Il richiamo, test� fatto, all'interesse della 
Amministrazione ad essere presente nel giudizio 
penale, ci porta ad esaminare il secondo argomento 
a cui l'Autore fa ricorso per escludere l' ammissibilit� 
della costituzione di parte civile dello Stato in 
processo di contrabbando, quello relativo ad una 
pretesa mancanza di <<interesse ad agire�. Confessiamo 
che le espressioni di sufficienza colle quali 
l'A. supera la complessit� dell'argomento, con genericissimi 
richiami ad alcuni noti processualisti, non 
ci consentono di seguirne il pensiero. 
Non si vede proprio perch�, se, per l'art. 22 della 
legge 7 gennaio 1929, n. 4, qualora l'esistenza del 
reato dipenda dalla risoluzione di una controversia 
relativa al tributo, il J;ribunale a cui spetta la cognizione 
del reato, decide altret� di questa controversia, 
lo Stato venga ad essere privato, quale persona offesa 
per il mancato pagamento dei tributi evasi, dell'interesse 
specifico cc ad agire � quale parte civile per il 
riconoscimento del diritto leso. Appare esatta proprio 
l'affermazione contraria: � assui�do affermare, 
che nella subiecta materia l'interesse dello Stato 
� garantito dal Tribunale giudicante e dal rappresentante 
della pubblica accusa (come l'A. definisce 
il Pubblico Ministero, indulgendo ad espressione di 
bassa pratica giudiziaria), equivalendo ci� a sostenere 
che nei giudizi penali la difesa delle parti � 
inutile, bastando per l'amministrazione della giustizia 
il rigore del Pubblico Ministero e la lungimiranza 
del Giudice. In pratica, purtroppo, talvolta 
cos� �, ma in teoria, per fortuna, si � ancora lontani... 
da una pratica cos� poco commendevole. 

JV. -Le considerazioni che si sono fatte riguardano, 
� chiaro, le ipotesi di danno patrimoniale in 
casi di contrabbando di merce non sequestrata, cio� 
consumata (a cui si riferiscono sia la ordinanza 
sia la nota che si recensisce). Nella fattispecie, invece, 
in cui la merce contrabbandata non sia stata 
consumata, altro argomento � a conforto della costituzione 
di parte civile: quello relativo alla sussistenza 
di un danno extra patrimoniale. Ad esso deve farsi 
ricorso con estrema cautela, per non svisare la nozione 
dell'istituto della costituzione di parte civile 
con tendenze che lo screditano agli� occhi di coloro 
(e sono i pi� ed i meglio orientati) che non trascurano 
la natura eminentemente pubblicistica del processo 
penale e non indulgono ad invasioni della competenza 
tipica del Pubblico Ministero che si esprimono 
in autentiche mortificazioni. All'azione civile 
di risarcimento del danno deve fq,rs.i ricorso solo ' 
quando sia opportuno orientare il Giudice_ pa.naLe 
nella fattispecie in cui appaia complessa la soluzione 
di una controversia relativa al tributo, della 
qual soluzione gli effetti vanno oltre la sola decisione 
del caso contestato. 

F. OHI.A.ROTTI 

-119


OsvALDO POLI: Imposta di R. M.: privilegio dello 
Stato e responsabilit� solidale. (cc Rivista di Diritto 
Finanziario e Scienza delle Finanze �, dicembre 
1952, pag. 370). 

Premesse alcune esattissime considerazioni circa 
la natura e i presupposti del privilegio speciale 
stabilito dall'art. 2759 Cod. civ .. e dall'art. 62 della 
legge 24 aprile 1877, n. 4021, l'.A. esamina la relazione 
tra lo stesso art. 62 e l'art. 63 della legge 
di R. M. rilevando come, essendo limitata la responsabilit�. 
solidale del cessionario d'azienda alle 
sole imposte dovute per l'anno del trasferimento 
e per quello anteriore, il privilegio speciale della 
Finanza possa risultare pure limitato in seguito 
all'avvenuta cessione; ci� sul presupposto che, 
sebbene i mobili e le merci attinenti all'esercizio, 
purch� in esso si trovino, possano essere espropriati 
a chiunque appartengano, � necessario altres� che 
il debitore dell'imposta abbia di tali beni la detenzione: 
il eh-e non avviene in caso di cessione regolarmente 
denunziata, in quanto da quel momento 
il cedente, non pi� debitore per l'imposta futura, 
non � comunque pi� detentore di quegli � stessi 
beni. Di conseguenza il privilegio dell'art. 62 potrebbe 
esercitarsi in danno del cessionario soltanto 
nell'ipotesi di mancata dichiarazione del 
trasferimento. 

L'.A. dopo aver ribadito la tesi, sempre sostenuta 
dall' .Amministrazione, per cui con I'espressione 
dell'art. 2759 cc imposta... dovuta per l'anno 
in corso e per il precedente � la legge intende riferirsi 
all'imposta iscritta nei ruoli, sia principali 
che suppletivi, di quei determinati anni, e non 
all'imposta accertata sul reddito prodotto in quegli 
stessi anni, manifesta poi il proprio avviso 
contrario al principio, affermato dalla Finanza, 
secondo cui per costituire solidalmente responsabile 
il cessionario non � necessaria l'avvenuta 
notifica al cedente dell'avviso di accertamento, 
sufficiente essendo, invece, la dichiarazione d'imposta 
presentata dal cedente all'Ufficio. 

Ricordati alcuni orientamenti della giurispru" 
denza in tema della presunzione di cessione sancita 
dal II comma dell'art. 63 di R. M., il P. esamina 
infine gli effetti giuridici della cessione di 
azienda sul rapporto tributario (escludendo che 
si concreti un� caso di successione nell'obbligazione), 
concludendo che la cessione, in quanto 
produttiva della �estinzione della vecchia obbligazione 
tributaria a carico del cedente '' e della 
cc nascita di una nuova obbligazione tributaria a 
carico del cessionario �, si configura come novazione 
soggettiva passiva; neppure la sanzione . di 
responsabilit�. solidale tra il cedente e il cessionario, 
disposta dalla legge al solo fine di rafforzare 
la garanzia per il pagamento del tributo, d�. 
luogo -ovviamente -a una ipotesi di successione 
nel debito d'imposta. 

L'interessante scritto ci offre lo spunto per alcune 
osservazioni sulla materia trattata. 

Anzitutto: � davvero esatto cho il privilegio speciale 
stabilito dall'art. 62 di R. M. non si possa 
far valere anche in danno del cessionario, se la cessione 
sia stata regolarmente denunciata ? 

Si deve premettere. su questo punto che l'art. 62 
e l'art. 63 di R. M. hanno portata a direzione ben 
diverse: questo regola la responsabilit� personale del 
cessionario per il debito tributario dell'azienda ceduta 
(stabilendo in quali limiti e per qual tempo 
il cessionario sia debitore d'imp�sta), quello indica 
i beni sottoposti a garanzia reale per il soddisfacimento 
delle ragioni del fisco, indipendentemente dalla 
posizione del debitore o dei debitori d'imposta. Oi� 
chiarito oi sembra di poter f ondatamento affermare 
ohe per la riscossione dell'imposta, ancora dovuta 
dal cedente, la Finanza ha diritto di esercitare (puroh� 
ricorrano i requisiti di legge attinenti all'ubicazione 
e destinazione dei mobili e delle merci, il che 
per semplificazione di ragionamento diamo per presupposto) 
il privilegio di cui all'art. 62 anche se i 
mobili e le merci si trovano nella disponibilit� del 
cessionario regolarmente denunziato: costui, sebbene 
in tal caso non sia tenuto a rispondere solidalmente 
in virt� dell'art. 63 (oi� lo esporrebbe oon il suo 
intero patrimonio), dovr� tuttavia subire l'espropriazione, 
in quanto su quelle determinate cose in suo 
possesso grava un vincolo di natura reale, oost'ltuito 
dal privilegio speciale disposto dalla legge (egli si 
trover�, cio�, nella situazione del proprietario d'immobile 
ipotecato per debito altrui, o del proprietario 

o possessore di beni mobili e immobili soggetti al 
privilegio dell'art. 97 della legge di registro, per una 
imposta di registro da lui non dovuta). 
� La contraria opinione -ohe appare indicata 

dal Poli come pacifica -sembra in realt� basata 

sull'affermazione di un requisito giuridico del privi


legio in esame, che dalla legge non risulta affatto, 

e ohe neppure pu� desumersi dai principi generali 

regolanti i diritti di prelazione: si dice,. infatti, ohe 

per l'esercizio del privilegio � necessaria la deten


zione dei beni da parte del debitore, snaturando, in 

tal modo, il carattere e gli effetti del privilegio spe


ciale, quali si evincono dagli artt. 2746 (mentre il 

privilegio generale si esercita su tutti i beni mobili 

del debitore, il privilegio speciale si esercita su 

determinati beni senz'altra precisazione) e 2747 

(per cui il privilegio speciale cc pu� esercitarsi in 

pregiudizio dei diritti acquistati dai terzi posterior


mente al sorgere di esso�). Sui beni ohe la legge 

indica come soggetti al privilegio speciale spetta al 

creditore, per il realizzo del credito garantito, il o.d. 

cc diritto di seguito �, mediante il quale la garanzia 

� assicurata indipendentemente dalle vicende che si 

riferiscono alla propriet� (e quindi a maggior ragione 

al possesso) del bene vincolato. A tale regolamenta


zione sfuggono, tra i privilegi speciali, quelli o.d. 

cc possessuali n (artt. 2760 e 2761 Ood. civ.) ove l'eser


cizio del diritto di prelazione � subordinato alla circo


stanza che i beni si trovino nel possesso o nella deten


zione del creditore: cessata tale situazione, il privile


gio (che in questo caso ha pi� del diritto di ritenzione 

che del diritto reale di garanzia) non pu� pi� essere 

esercitato. 

Orbene, se tutti i diritti acquistati dai terzi posteriormente 
al sorgere del privilegio su quei /J,etermi-_ 
nati beni debbono cedere di fronte alla garanzia del 
creditore (B'ulla natura reale di questa garanzia v. 

ScANDALE, La Riscossione delle Imposte dirette, 
1950, pag. 469, n. 949, con richiamo di giurisprudenza 
<1ella S.O.), non si vede come possa essere 


-120


salvato il diritto di propriet� del terzo cessionario, 
cio� di un terzo che ha acquistato dopo il sorgere 
del privilegio (la cui nascita, come � noto, coincide 
nella specie con il verificarsi del presupposto di 
fatto dell'imposizione, cio� con la produzione del 
reddito): pertanto, fino a quando le merci e i mobili 
di cui all'art. 2759 si trovano nei locali dell'esercizio 
aziendale, e ad esso esercizio sono destinati (fino 
a quando, cio�, sussiste la � particolare situazione cui 
il privilegio � subordinato >>, come prescrive l' articolo 
2747) su di essi potr� legittimamente esercitarsi 
il privilegio della Finanza per tutti i tributi indicati 
nell'art. 62 di R. M., e il cessionario, anche regolarmente 
denunziato, dovr� rassegnarsi a subire la 
esecuzione, in quanto ha acquistato quei mobili e 
quelle merci gi� gravati del privilegio ad essi inerente, 
in modo indissolubile, per tutti i crediti di 

R. M. posti in riscossione nei ruoli principali e 
suppletivi dell'anno in corso e del precedente. Il che; 
evidentemente, non implica alcuna arbitraria estensione, 
olt1�e i limiti di tempo previsti da:ll' art. 63 
di R. M., della re.~ponsabilit� solidale -persoriale 
-del cessionario: ma semplicemente un'applicazione 
del principio per cui i diritti reali possono 
farsi valere � erga omnes �. 
A nostro avviso, quindi, la disposizione di legge 
di cui il Poli, de jure condendo, auspica l'emanazione 
al fine di vedere evitate frodi mediante simulate 
cessioni, avrebbe, se emanata, puro carattere 
interpretativo, in quanto dal sistema attuale pu� 
agevolmente ricavarsi il principio della legittimit� 
dell'esercizio del privilegio con l'estensione di cui 
sopra. (Tale principio risulta del resto gi� affermato 
in dottrina: � � � � il privilegio segue l'attivit� della 
azienda, come onere reale, durante il ciclo di tempo 
stabilito dalla legge, il che conduce a ritenere che si 
deve aver riguardo all'attivit� stessa ai fini del decidere, 
e non gi� al modo come la cessione � avvenuta
�. SCANDALE, op. cit., pag. 486). 

Per quanto si riferisce alla portata dell'espressione 
� anno in corso e precedente � negli artt. 62 di R. M. 
e 2759 Cod. civ., concordiamo incondizionatamente 
con l'interpretazione del Poli, in passato accolta 
pressoch� costantemente in giurisprudenza, e autorevolmente 
sostenuta in dottrina, anche di recente, 
di -fronte ai primi mutamenti di indirizzo della 
Magistratura (v. SCANDALE in � Giur. It. �, 1952, 
I, 2, col. 503, nota contraria alla sentenza 24 aprile 
1951 della Corte di Appello di Torino, in causa 
Finanze c. S.A.N.). 

Senonch� deve osservarsi che il pi� vicino, a noi 
noto, pronunciato della Suprema Corte a sezioni 
unite (sentenza 17 aprile-31 luglio 1952, in �Rivista 
Legislazione fiscale�, 1952, col. 1092, confermativa 
della citata decisione della Corte torinese) afferma 
decisamente il principio per cui per �anno in corso� 
deve intendersi l'anno di produzione del reddito e 
non quello d'iscrizione nei ruoli: pertanto il privilegio 
sarebbe limitato al credito d'imposta sul reddito 
degli ultimi due anni, con esclusione del tributo 
accertato negli ultimi due anni, ma riferito al reddito 
degli anni precedenti. Grave conseguenza, clve 
svuota in gran parte della sua efficacia e del suo 
significato la norma intesa a sottoporre alla garanzia 
specifica della Finanza gli strumenti di produzione 
del reddito, e che comporta la possibilit� pra


tica di preordinare facilmente evasioni e frodi ritardando 
con ogni mezzo l'accertamento: ci auguriamo, 
quindi, che il Supremo Collegio, alla prima occasione 
di riesame della delicata questione, riconfermi 
l'anteriore quasi consolidata giurisprudenza, ripudiando 
le recentissime deviazioni. 

* * * 

Non ci sembra, invece, di poter condividere il 
pensiero dell'autore dello scritto in esame, per quanto 
concerne i requisiti forma li necessari a costituire 
solidalmente debitore il cessionario, a sensi dello 
art. 63 di R. M.: secondo il Poli, tale responsabilit� 
sussisterebbe soltanto se all'atto della cessione 
sia gi� avvenuta la notifica al cedente dell'avviso di 
accertamento. 

La contraria soluzione (affermata dall'Amministrazione 
finanziaria nella circolare n. 6200 del 1937) 
per cui il cessionario � tenuto al pagamento -anche 
se l'accertamento non sia stato definito al momento 
del trasferimento dell'azienda -sulla base della 
semplice dichiarazione d'imposta del cedente, ancora 
suscettibile di rettifica da parte dell'Ufficio, trova il 
suo miglior fondamento nella natura stessa della 
obbligazione tributaria: questa sorge infatti (v. GIANNINI: 
Istituzioni di diritto tributario, 1948, pag.128 
e segg.) non appena si verifica il presitpposto di 
fatto previsto dalla legge (nella specie, produzione 
del reddito), dovendosi escludere che l'accertamento 
abbia funzione costituitiva rispetto al debito d'imposta. 
E poich� l'art. 63 di R. M. parla di �imposta 
dovuta �, e non di imposta accertata, � chiaro che il 
l�gislatore ha voluto estendere al cessionario l'incidenza 
dell'obbligazione tributaria, relativa a quel 
determinato periodo di tempo, nella sua integrit� 
(tanto reddito, tanta imposta) senza alcun riguardo 
alle vicende dell'accertamento. L'art. 36 della legge 
8 giugno 1931, n. 1231, non sembra di ostacolo a 
tale interpretazione, in quanto detta norma appare 
diretta principalmente a chiarire che il cessionario 
� responsabile anche per le imposte ancora da iscri-� 
vere a ruolo all'atto della cessione; n� d'altra parte 
risulta convincente l'osservazione che il cessionario 
n�n potrebbe essere tenuto responsabile per una imposta 
di cui non conosce l'ammontare, ma soltanto ove 
l'avviso non sia stato ancora notificato -nei 
limiti in cui lo impegna la dichiarazione d'imposta 
del cedente: al che pu� ben obbiettarsi, in primo 
luogo che il cessionario, il quale non rilever� una 
azienda senza averne ben conosciuta la vitalit� economica, 
ha tutti gli elementi per calcolare se quella 
dichiarazione abbia probabilit� di essere rettificata 

o meno; in secondo luogo che � assolutamente arbitrario 
far dipendere la misura della responsabilit� 
solidale (sancita dalla legge in modo uniforme ed 
obbiettivo) dal verificarsi, entro un momento dato, 
di un fatto (notifica dell'avviso di accertamento) che 
pu� cadere in tempi diversi rispetto ai vari contribuenti. 
Senza contare, poi, la ulteriore ovvia possibilit� 
di evasioni. � � � 

Che se, poi, si spinge il principio qui co~trastafo 
alle sue logiche conseguenze, si dovrebbe necessariamente 
ritenere che il cessionario -in quanto tenuto 
nei limiti della dichiarazione del cedente -potrebbe 

sottrarsi alla responsabilit� solidale nell'ipotesi in 


-121 


oui la dichiarazione non fosse stata presentata: oonolusione 
manifestamente assurda (v. art. 19, legge 
7 gennaio 1929, n. 4), ohe conferma per altra via 
oome la responsabilit� del cessionario comprenda 
il debito tributario sorto in relazione al presupposto 
di fatto stabilito dalla legge, senza alouna limitazione 
derivante dalla procedura di aooertamento. ~ 

G. ZOBOLI 
FERDINANDO 8.A.NTOSUOSSO: Limiti della (( rertitutio 
in integrum � conseguente all'annullamento di un 
atto estintivo del rapporto di pubblico impiego. 

(Foro It., 1953, IV, 7). 

L'argomento trattato dall'A. attiene al problema 
relativo alla retroa�ttivit� dell'annullamento degli 
atti amministrativi, problema di carattere generale, 
pi� volte dibattuto nellfli giurisprudenza e 
nella dottrina, soprattutto in relazione ai limiti 
eh.e, per effetti dommatici e pratici, si rende necessario 
porre alla retroattivit� di cui � parola. Lo 
argomento, quindi, ha dato luogo ad una ricca 
fioritura di scritti autorevoli, con conseguente 
enunciazione di tesi e principi, talvolta contrastanti; 
scrit�ti che sono, in gran parte, richiamati 
dall'A. insieme alla pregevole nota di M. S. GIANNINI: 
Sulla ripristinazione conseguente all'annullamento 
di un atto estintivo del rapporto d'impiego 
pubblico; pure pubblicata nel �Foro Italiano � 
(1942, III, 145). 

Quest'ultima nota, per�, ricca di riferimenti dottrinari 
e di richiami giurisprudenziali, dovette necessariamente 
limitarsi, per la decisione cui si riferiva, 
ad esaminare la retroattivit� dell'annullamento 
in relazione soltanto agli stipendi arretrati 
spettanti all'impiegato, senza tener conto di tutti 
gli altri corrispettivi (indennit� varie, compensi 
per� lavoro straordinario, gratifiche, ecc.) che lo 
impiegato medesimo avrebbe eventualmente percepito, 
nel periodo intercorso tra l'atto estintivo 
del rapporto e l'annullamento di tale atto. 

Da parte del Santosuosso, invece, l'indagine 
sui limiti della restitutio in integrum dell'impiegato 
riammesso in servizio � stata estesa sia agli stipendi 
arretrati che ai vari corrispettivi cui si � 
fatto cenno, nonch� ad altri vantaggi� di carattere 
economico (riduzioni ferroviarie, assistenza in 
caso di malattia, alloggi, mense, ecc.) conseguenti 
al sussistere del rapporto d'impiego. Da tale punto 
di vista, pu� dirsi quindi -e ci� senza intenzione 
di stabilire confronti -che lo studio del Santosuosso 
presenta un'apprezzabile completezza di 
indagine, ancb.e se, come lo stesso autore avverte, 
tutte le voci da lui esaminate non possono avere 
che un valore puramente esemplificativo, non 
esaurendo esse quanto prevedono le molteplici 
disposizioni sul trattamento economico dei dipendenti 
pubblici. 

Il Santosuosso parte dalla premessa che l'an


nullamento di atti risolutivi del rapp�rto d'impie-� 

go produca automaticamente l'effetto di far riac


quistare efficacia alle situazioni giuridiche pre


esistenti all'atto annullato. 

L'impiegato, cio�, ha diritto di veder reintegrata 
la sua posizione, � come se avesse prestato 
effettivamente servizio �. 

La premessa � certamente esatta, tuttavia, riteniamo 
che gli effetti ripristina,tori dell'annullamento 
non tanto riposino sulla fictio iuris richiamata 
dall'A. e che gi� da altri fu definita repugnante 
e aberrante in subiecta materia (cfr. S. 
ROM.A.No, Frammenti di un dizionario giuridico, 
Giuffr� ed., Milano 1947, pag. 204-207) quanto sul 
fatto che, a seguito dell'annullamento, viene meno, 
con effetti retroattivi, l'atto con cui fu disposta 
la risoluzione del rapporto. 

E tale retroattivit� si riferisce bensi alla qualificazione 
giuridica dell'impiegato, ma non anche 
alla situazione di fatto in cui, medio tempore, costui 
sia venuto a trovarsi. L'annullamento di un atto 
amministrativo, pur retroagendo, non porta, in 
vero, ad escludere che; per un certo periodo di 
tempo, l'atto ebbe esistenza e per di pi� produsse 
i suoi effetti: quod faotum est infeotum fieri nequit. 

Se l'impiegato, quindi, non ha prestato servizio 
nel suddetto periodo e se nessuna � finzione � 
autorizza, nella specie, a considerare come accaduto 
un fatto che non si sia verificato, devesi, per 
stabilire il trattamento economico che competa 
all'impiegato riammesso, preventivamente esaminare 
quali voci di tale trattamento possano attribuirsi, 
prescindendo dall'effettiva prestazione del 
servizio e dall'esistenza di altri presupposti di 
fatto, connessi con tale prestazione. 

Concordiamo con l'A. che l'annullamento del


l'atto risolutivo importi la reintegrazione nella 

funzione e nel grado e la corresponsione di una 

somma pari agli stipendi, che l'impiegato avrebbe 

percepito medio tempore, integrata da indennit� 

di funzione e assegno perequativo (corrispettivi 

questi ultimi, che seguono la sorte dello stipendio: 

art. 10 legge 11 aprile 1950, n. 130) e decurtata 

dai guadagni, ottenuti con l'attivit�, nel frattem


po, esplicata: ci� in esatta applicazione del prin


cipio della compensatio luori et daiuni. 

Le voci del trattamento economico fin qui esa


minate sono, per�, diretta e immediata conse


guenza (lel rapporto di pubblico impiego, normal


mente dovute in relazione allo status, alla quali


ficazione giuridica dell'impiegato e non gi� alla 

particolare situazione di fatto in cui quest'ultimo 

sia venuto, in un determinato momento, a tro


varsi. 

Non pu� dirsi altrettanto per le altre voci con


siderate dall' A.: il premio di presenza o d'interes


samento, le gratifiche in genere, i compensi per 

lavoro straordinario, i c.d. �casuali� e le varie inden


nit� per missione, percorrenza, residenza, presup


pongono la presenza in servizio dell'impiegato e 

l'effettivo rendimento di quest'ultimo, oppure 

rappresentano il rimborso di. una spesa sostenuta 

per l'esplicamento di attivit� e di funzioni, ine


renti al servizio. � ovvio, quindi, che la lo.ro cor


responsione debba rimanere esclusa tutte le volte �


che non ricorrano i presupposti di fatto dianzi 

richiamati: ci� si verifica sempre quando il rap


porto d'impiego sia stato risolto e pu� verificarsi 

anche in costanza del rapporto medesimo. Cosi, 

ad esempio, il premio di presenza non compete 


-122 


all'impiegato assente per malattia, mentre le gratifiche 
e, in particolare, i premi d'interessenza, previsti 
per il personale ferroviario, in tanto vengono 
corrisposti, in quanto dall'opera effettivamente prestata 
dall'impiegato l' .Amministrazione abbia tratto 
speciale e straordinario rendimento. 

Dobbiamo riconoscere che 1'.A. � pervenuto in 
gran parte alle nostre stesse conclusioni anche se 
ci� ha potuto fare pi� per un particolareggia�to 
esame del caso per caso che per esatta applicazione 
di un principio o di un criterio discretivo che 
lo stesso .A. ha omesso, peraltro, di enunciare. E 
certamente, deve ritenersi conseguenza proprio di 
tale omissione il fatto che il Santosuosso affermi 
esser dovuto per il periodo d'interruzione del rapporto, 
il premio di presenza all'impiegato riammesso 
in servizio, perch� sarebbe illegittimo il 
provvedimento dell' .Amministrazione che nega tale 
corrispettivo (( escludendo la normale diligenza 
aprioris�ticamente �. Richiamiamo, in proposito, 
quanto abbiamo gi� detto: il premio in parola 
in tanto compete in quanto ricorra il presupposto 
di fatto della presenza in servizio, indipendentemente 
da ogni altra considerazione sulle cause 
che abbiano eventualmente impedito il verificarsi 
di tale presupposto; considerazione che si 
renderebbe, invece, necessaria, qualora l'indennit� 
di presenza si considerasse alla stregua di un premio 
per la diligenza, sia pure normale, dell'impiegato 
. 

.Analoghe ragioni valgono per negare all'impiegato 
riammesso in servizio il compenso per lavoro 
straordinario, che l'.A. ritiene dovuto solo a determinate 
condizioni, ove ricorrano, cio�, presupposti 
tali da far presumere che sarebbe stato corrisposto 
medio tempore: il compenso per lavoro 
straordinario � giustificato non solo dall'effettiva 
presenza in servizio dell'impiegato, ma anche dalla 
circostanza che quest'ultimo abbia disimpegnato 
un lavoro quantitativamente e qualitativamente 
superiore a quello normalmente richiesto. Il compenso 
in parola quindi, non pu� corrispondersi, 
quando non ricorrano siffatti presupposti, i quali, 

a nostro avviso, devono sussistere in concreto e 
non per semplice presunzione. 

.Accenniamo da ultimo, ad alcuni vantaggi economici 
(assistenza in caso di malattia, riduzioni 
ferroviarie, alloggi, :r;uense, ecw.) che 1'.A., nella 
sua accurata indagine, non ha tralasciato di esaminare. 
Che tali vantaggi siano conseguenti al 
sussistere del rapporto di impiego e che l'impiegato 
possa aver subito un danno, per averli perduti 
a seguito dell'illegittima interruzione del rapporto, 
� certamente innegabile; ma non vediamo 
come -secondo quanto afferma l'.A. -possa la 
responsabilit� del danno in parola attribuirsi alla 
pubblica amministrazione. 

L'azione. di danni presuppone, invero, la colpa 
e la dichia'eazione d'illegittimit� dell'atto risolutivo 
del rapporto non implica di per s� il riconoscimento 
di tale colpa, la cui valutazione esula 
dal campo del giudizio amministrativo, dovendosi 
quest'ultimo limitare al triplice sindacato della 
incompetenza, dell'eccesso di potere e della violazione 
di legge. N� tale valut�zione potrebbe 
essere contenuta in una pronunzia dell'autorit� 
giudiziaria ordinaria, perch� questa verrebbe, in 
tal modo, a sindacare il comportamento discrezionale 
dell' .Amministrazione in una sfera, quindi, 
che � sottratta, in ogni caso, alla sua competenza. 

Se poi la colpa di cui � parola volesse ritenersi 
preesistente all'annullamento giurisdizionale dell'atto 
illegittimo, parimenti si cadrebbe in errore, 
dimenticando che gli atti amministrativi sono, 
per loro natura, non soltanto esecutori, ma anche 
assistiti dalla presunzione di legittimit�, finch� 
non siano annullati. 

Ma, a parte tali considerazioni, non possiamo 
omettere di segnalare come, anche a seguito di un 
pi� approfondito esame, debbano riconoscersi esatte 
molte delle conclusioni formulate dall'autore, 
cui va certamente il merito di aver alimentato 
il dibattito su un argomento per il quale le tesi 

e. i principi finora enunciati, in giurisprudenza e 
in dottrina,. non possono considerarsi del tutto 
definitivi. 
L. LANCI.A 

RACCOLTA _DI GIURISPRUDENZA 


AMMINISTRAZIONE DELLO STATO -Rappresentanza 
in giudizio -Controversie tributarie -Citazione 
di organo incompetente -Effetti. (R.D.L. 
8 agosto 1936, n. 1639). (Cass., Sez. I, sent. n. 585/52; 
Pres. Piacentini; Est. Tavolaro; P. M. Pafundi; Nicoletti 
contro Proc. Registro). 

A norma delle vigenti. disposizioni la rappresentanza 
legale in giudizio dell'amministrazione, 
in materia di controversie per l'applicazione dell'imposta 
di registro, spetta all'intendente di 
Finanza e nella persona di questo deve essere 
fatta la citazione, con notificazione presso l'A vvocatura 
dello Stato nel cui distretto ha sede 
l'autorit�. giudiziaria alla quale � portata la causa; 
a tale assunto non osta il complesso delle norme 
contenute nel regio decreto legge 7 agosto 1936, 

n. 1639. 
Pertanto la notificazione effettuata presso l'Avvocatura, 
con evocazione in giudizio di un organo 
amministrativo incompetente (nella specie: procuratore 
del registro) non sana la nullit�. della 
citazione, neppure se. l'organo incompetente si 
costituisce in giudizio eccependo poi tale nullit�. 

Riportiamo testualmente la motivazione in diritto 
della sentenza. 

�Con l'unico motivo, nel denunciare la violazione 
degli articoli 11 del testo unico delle leggi 
sulla rappresentanza e difesa dello Stato in giudizio, 
approvato con regio decreto 30 ottobre 1933, 

n. 1611; 145 e 147 del regio decreto 30 dicembre 
1923, n. 3269; 2, 3, 4 e 13 a 21, 22 a 32, 
e 39 a 44 del regio dereto 7 agosto 1936, n. 1639, 
si sostiene che erroneamente la Corte di Napoli 
abbia ritenuto che l'organo che rappresentava 
l'Amministrazione del demanio e delle tasse, in 
cui sono compresi gli uffici del registro, ed al quale 
doveva essere notificata la citazione in giudizio, 
a norma degli articoli 144 Cod. proc. civile e 11 
del su citato Testo unico, fosse l'Intendente di 
Finanza e non il procuratore del registro cui, in 
effeUi, la citazione medesima fu notificata. Ma la 
censura � priva di giuridico fondamento. 
Invero, per il combinato disposto degli artt. 144 
Codice proc. civile e 11 del Testo unico delle leggi 
sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello 
Stato, per i giudizi dinanzi ai Tribunali e alle 
Corti di appello � le citazioni, i ricorsi e qualsiasi 
atto di opposizione giudiziaria devono notificarsi 
alle amministrazioni dello Stato presso l'ufficio 

dell'Avvocatura dello Stato, nel cui distretto ha 
sede l'autorit� giudiziaria innanzi alla quale � 
portata la causa, nella persona che le rappresenta 
seaondo le leggi organiche�. 

In altri termini mentre le notificazioni vanno 
fatte presso l'Avvocatura dello Stato, gli atti di 
citazione e di o.pposizione devono essere fatte in 
persona degli organi esterni dell'Amministrazione 
dello Stato, ciascuno per il ramo di affari e di 
rapporti che rientrano nella sua competenza amministrativa. 


Ora il regolamento emanato con regio decreto 
25 giugno 1865, n. 2361, in ottemperanza al disposto 
dell'art. 11 della legge sull'abolizione del contenzioso 
amministrativo, specifica -in una tabella 
ad esso allegata ed alla quale fa richiamo 
l'art. 52 del su richiamato Testo unico del 1933 
-le autorit�. centrali e locali competenti ad agire 

o resistere in giudizio per ciascun ramo di amministrazione 
e secondo la rip?.rtizione stabilita dalle 
leggi amministrative. E, quali autorit� autorizzate 
a ricevere le citazioni in materia finanziaria 
e quindi quali persone in cui lo Stato pu� essere 
convenuto in giudizio per le controversie finanziarie, 
indica i direttori compartimentali delle 
tasse e del demanio, ai quali con regio d�creto 
26 settembre 1869, n. 5286, furono sostituiti gli 
Intendenti di Finanza. 
Vero � che le indicazioni contenute in detto 
regolamento si devono ritenere modificate in conseguenza 
dei nuovi organismi su�cessivamente 
formatisi nell'Amministrazione e delle modifi�azioni. 
avvenute nelle competenze. Ed � anche vero 
che particolarmente in materia di controversie per 
l'applicazione dell'imposta di registro, mentre 
l'art. 145, comma secondo della legge del registro 
30 dicembre 1923, n. 3269, disponeva 
che � contro l'ingiunzione, il debitore pu� reclamare 
in via amministrativa o proporre opposizione 
in via giudiziaria, con atto da notificarsi 
all'ufficio che emise l'ingiunzione� l'art. 147, 
comma secondo della stessa legge disponeva che 
l'Amministrazione del registro pu� essere rappresentata 
davanti ai Tribunali civili e alle Corti di 
appello dai propri funzionari a norma dei regolamenti 
in vigore, senza bisogno dell':tssistenza 

�di patrocinatori�. -


Ma, a prescindere dalla considerazione che nella 
specie non si tratta di opposizione ad ingiunzioni, 
ma di chiamata in giudizio dell'amministrazione 
per la condanna alla restituzione di un'imposta 



-124 


che si assume illegalmente percetta, � da rilevarsi 
che tali disposizioni furono modificate dall'art. 1 
del regio decreto 13 gennaio 1936, n. 2313, il quale 
ha sostitUito il testo dell'art. 147 con altro del 
seguente tenore: �La Decisione delle controversie 
giudiziali riguardanti le tasse e sopratasse, anche 
se insorte in sede di esecuzione, spetta in prima 
istanza, quando sia parte l'.Amministrazione dello 
Stato, al Tribunale civile del luogo dove risiede 
l'ufficio dell'Avvocatura di Stato, nel cui distretto 
trovasi l'ufficio che ha liquidato la tassa o la sopratassa 
controversa. .Anche gli atti di opposizione 
ad ingiunzione devono essere notificati presso la 
.Avvocatura dello Stato competente, giusta l'articolo 
11 del Testo unico 30 ottobre 1933, n. 1611 �. 
E, se sembra che mal si concilia col generale 
sistema della difesa delle cause nell'interesse dello 
Stato l'ultimo comma del nuovo testo dell'art. 147 
citato -per cui l'.Amministrazione del registro 
pu� essere rappre'lentata davanti ai Tribunali 
civili e alle Corti d'appello dai propri funzionari 
a norma dei regolamenti in vigore, senza bisogno 
dell'assistenza dei patrocinatori -non pu� dubitarsi 
che la rappresefftanza legale dell'amministrazione 
in giudizio secondo il su richiamato regolamento 
del 1865, modificato con decreto n. 5280 
del 1869, in materia di controversie per l'applicazione 
d'imposta di registro, spetti all'Intendente 

di Finanza e nella persona di questo debba essere 
fatta� la citazione, con notificazione presso l'.Avvocatura 
dello Stato nel cui distretto ha sede l'autorit�. 
giudiziaria innanzi alla quale � portata la 
causa. 

N� sulla rappresentanza legale dell'Amministrazione 
del registro in giudizio pu� esercitare 
alcuna influenza il complesso delle norme contenute 
nel regio decreto-legge 7 agosto 1936, n. 1639, 
sulla riforma degli ordinamenti tributari. Con tali 
norme si � voluta dare una nuova e pi� organica 
disciplina al procedimento tributario per l'accertamento 
dell'imposta e per la risoluzione in via 
amministrativa delle relative controversie. Si � 
voluta regolare meglio l'azione degli organi esecutivi 
dell'Amministrazione finanziaria. Ma in 
esse nulla ~ascia desumere che, disciplinando la 
a~ione dei procuratori del registro per l'applicazione 
e la riscossione dell'imposta di registro e per 
far valere le ragioni della finanza davanti alle 
Commissioni amministrative, la legge , del 1936 
abbia voluto innovare alle norme sulla rappresentanza 
generale dell'amministrazione finanziaria e 
tale rappresentanza conferire ai procuratori del 
registro, perch� possa nei loro confronti spiegarsi 
l'azione giudiziaria per far dichiarare l'illegittimit�. 
dell'imposizione del tributo. .Anzi l'art. 2 
di detta legge conferma esplicitamente il potere 
dell'Intendente di Finanza di rappresentare legalmente 
in giudizio l'.Amministrazione finanziaria. e 
gli riconosce particolare potere di vigilanza, col 
disporre testualmente: �Ferme le attuali attribuzioni 
conferite alle Intendenze di Finanza dalle 
leggi generali e speciali e dai regolamenti in vigore, 
le Intendenze medesime vigilano in particolare su 
tutte le pubbliche entrate�. 

Spettando, poi, all'Avvocatura dello Stato l'assi


stenza, il patrocinio e )a rappresentanza proces


suale dell' .Amministrazione dello Stato, ma non la 
rappresentanza sostanziale implicante la disponibilit�. 
del diritto o la capacit�. di agire, l'aver notificato 
presso l'Avvocatura la citazione, evocando 
in giudizio un organo_ amministrativo incompetente 
e violando quindi le norme riguardanti la 
rappresentanza organica dell'amministrazione come 
parte in causa non vale a sanare la citazione della 
nullit�. da cui � affetta e che � radicale: nemmeno 
se 'l'organo incompetente, citato, si costituisca in 
giudizio ed eccepisca poi tale nullit�.. 

Nonostante il carattere unitario della personalit�. 
dello Stato, esso pu� agire in giudizio ed essere 
convenuto in persona dei suoi organi esterni: ciascuno 
per il ramo di affari e di rapporti che rientrano 
nella sua competenza amministrativa. E il 
difetto di legittimazione passiva nell'organo convenuto, 
attenendo alla istituzione del rapporto 
processuale, importa di necessit�. carenza di giurisdizione 
nei confronti dell' .Amministrazione �. 

Qualunque possa ess'6re la nostra opinione dal 
punto di vista giuridico sulla esattezza dei principi 
affermati nella sentenza sopra riportata, riteniamo 
auspicabile che l'indirizzo giurisprudenziale con essa 
affermato dalla .Corte Suprema non sia soggetto ad 
ulteriori variazioni. 

La materia regolata dalle norme del Codice di 
Proc. civile e dalle leggi complementari, �quella nella 
quale � pi� opportuno che sia perseguita dai giudici 
la certezza del diritto a preferenza �ell' assoluta giustizia, 
la quale, forse, pii� che giustizia si ridurrebbe 
ad essere semplicemente giustezza di una tesi in 
confronto di un'altra. 

ATTO AMMINISTRATIVO -Illegittimit� � Disappli


cazione -Presupposto (Legge 20 marzo 1865, n.2248, 

alleg. E, art. 5). 

Illegittimit� -Potere dell'a.g.o. -Revoca -Inammissibilit� 
-Sentenza -Cassazione senza rinvio 


(R. decreto 8 marzo 1984, n. 888). (Cass. Civ., Sez. 
Un., sent. n. 2997, dep. 11 ottobre 1952; Pres. Anichini; 
Rel. Moscati; P. M. Macaluso (conf.); Spagnol 
(avv. De Cerbo e Villa) contro Peron (avv. Cipollone, 
Puchetti e Cortese). 
Presupposto per l'applicazione dell'art. 5, legge 

20 marzo 1865, n. 2248, all. E -secondo cui � 

consentita la disapplicazione degli atti ammini


strativi viziati da illegittimit�. -� che l'atto 

amministrativo non abbia ancora ricevuto attua


zione. 

L'autorit�. giudiziaria ordinaria ha il potere di 

decidere della legittimit�. degli atti posti in essere 

dalla pubblica .Amministrazione (nella specie: re


quisizione prefettizia in base all'art. 19 legge comu


nale e provinciale) per accertare se il diritto del 

privato esista e sia stato leso, con le conseguenti 

pronuncie di carattere patrimonial_~ ove i detti 

atti siano riconosciuti megittimi, ma non. p_u�_ 

revocare l'atto amministrativo (ordinando, nella 

specie, la retrocessione dell'immobile da parte 

dell'assegnatario, che ne prese il po.ssesso, a colui 

che l'immobile stesso aveva in conduzione all'epoca 

della requisizione). 


__. 125 


E qualora il giudice ordinario erroneamente si 
sia arrogato il potere di revocare l'atto amministrativo, 
la sentenza per la parte relativa va cassata 
senza rinvio. 

Oon l'annotata sentenza la Oorte di Oassazione, 
nell'affrontare il problema della disapplicazione 
degli atti amministrativi, prevista dall'art. 5, legge 
20 marzo 1865, n. 2248, all. E, ha sostanzialmente 
confermato che la citata norma non pu�, neppure 
indirettamente, annullare o superare il divieto posto 
dal precedente art. 4. Occon�e, inoltre, porre in rilievo 
che la Oorte, pur parlando di atti illegittimi, ha 
limitato la sfera di applicazione dell'art. 4 agli atti 
amministrativi lesivi di diritti soggettivi, che la pi� 
recente dottrina definisce, con maggiore propriet� 
di linguaggio, atti illeciti da contrapporre agli atti 
lesivi d'interessi legittimi, per cui � riservata la qualifica 
di atti illegittimi. Ma, a nostro avviso; la coesistenza 
delle due norme, e conseguentemente, l'applicazione 
dell'art. 5 senza vulnerare il principio sancito 
dall'art. 4 e senza, perci�, invadere la sfera riservata 
all' au,torit� amministrativa non pu� risolversi 
razionalmente se non negando che le due norme si 
riferiscono allo stesso genere di atti. Esse possono 
coesistere e forma re logicamente sistema soltanto �ove 
si riconosca che gli atti non conformi alla legge 
di cui all'art. 5, pur essendo analoghi ai provvedimenti 
illegalmente dati, di cui all'art. 650 Oodice . 
penale, sono sostanzialmente diversi sia dagli atti 
illegittimi, di oui all'art. 26 Testo unico delle leggi 
sul Oonsiglio di Stato, che dagli atti jlleciti, di cui 
all'art. 4 legge 20 marzo 1865, all' E. L'art. 5 funziona 
da limite al divieto del precedente art. 4 ed 
autorizza la disapplicazione soltanto dei regolamrmti 
e degli atti amministrativi privi dei requisiti estrinseci 
di legalit�. Il sindacato del giitdice ordinario 

o speciale, sulla legalit� estrinseca dei regolamenti 
e degli atti amministrativi si attua, pertanto, con la 
stessa ampiezza del sindacato sulla estrinseca costituzionalit� 
della legge. In tal senso � esatto dire che 
la norma contenuta nell'art. 5 poteva ricavarsi dai 
principi generali dell'ordinamento giuridico (sull'argomento 
cfr. �Rass. Avv. �, 1952, pag. 37-40). 
ATTO AMMINISTRATIVO -Silenzio-rifiuto a provvedere 
di organo incompetente -Inammissibilit� 
del ricorso -Assunzione di operai temporanei. 
Competenza dei Comandi locali. (Consiglio di Stato, 
Sez. VI, n. 278 del 24 febbraio 1953; Pres.: De Marco; 
Est.: Cossu; Ripaldi ed altri contro Difesa-Marina). 

Il silenzio della pubblica amministrazione integra 
la figura dell'atto amministrativo di rigetto 
della domanda ad essa proposta, soltanto nel caso 
in cui ci� che ha costituito oggetto della richiesta 
rientri nell'ambito della sua competenza. 

L'assunzione ed il licenziamento degli operai 
temporanei rientra nella competenza dell'autorit� 
locale ed �, pertanto, inammissibile il ricorso 
proposto contro il silenzio dell'amministrazione 
centrale (Ministero difesa-marina), che non aveva 
competenza a provvedere sulla domanda di riassunzione. 


La prima massima costituisce giurisprudenza 
consolidata del Oonsiglio di Stato, La seconda rappresenta 
l'esatta applicazione del principio alla f attispecie. 
La diffida andava rivolta al Oomando Marina, 
il cui eventuale silenzio-rifiuto poteva costituire 
oggetto di ricorso gerarchico al JYlinistero. 

ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT� -Occupazione 
temporanea mantenuta oltre il biennio e 
non trasformata in definitiva -Restituzione del 
fondo -Azione del proprietario -Competenza dell'Autorit� 
Giudiziaria ordinaria. (Corte di Cassaz., 
Sez. Un., sent. n 369/53; Pres.: Anichini; Est.: 
Sagna; P. M. Pafundi; Marotta c. Comune Avellino). 

Il proprietario pu� agire davanti al giudice ordinario 
per ottenere la restituzione del fondo qualora 
-decorso il termine del biennio fissato dalla legge 
25 giugno 1865, n. 2359 -l'ente pubblico, autorizzato 
all'occupazione temporanea, non abbia 
provveduto alla trasformazione della occupazione 
medesima in definitiva -mediante l'espletamento 
della procedura di espropriazione -e non abbia 
riconsegnato il fondo stesso alla scadenza del suddetto 
termine, decorrente dal giorno in cui la ripetuta 
occupazione ebbe luogo. 

La decisione � motivata con testuale riferimevto 
ai precedenti fissati nelle sentenze n. 153 del 1946 
(in <e Foro amm. � 1946, II, 42) e n. 1699 del 1941 
(in cc Giur. oo. pp. �, 1942, I, 26); con le quali il 
Supremo Oollegio -giudicando in identiche fattispecie 
-aveva sostanzialmente rilevato, che l'obiezione 
di difetto di giurisdizione dell'Autorit� giudiziaria 
ordinaria circa la richiesta di retrocessione 
di beni occupati in via di urgenza ai sensi dell'art. 71 
della legge sulle espropriazioni (e non espropriati, 
n� riconsegnati alla scadenza del biennio fissato dal 
successivo art. 73), non urtava contro il disposto 
dell'art. 4 della legge sull'abolizione del contenzioso 
amministrativo; in quanto <e � solo l'atto amministrativo 
compiuto in conformit� delle facolt� accordate 
dalla legge alla pubblica amministrazione, che 
pu� avere efficacia nei confronti dei privati sul terreno 
dei diritti civili�. Per cui e< cessati gli effetti 
del decreto di occupazione temporanea per l'inutile 
decorso dei due anni previsti dal cennato art. 13) 
non rimaneva che uno stato di fatto in contrasto 
con il diritto di propriet�, e cio� l'abusiva detenzione 
dell'area privata, ad eliminare il quale giustamente 
(il proprietario della medesima) pu� far valere davanti 
all'Autorit� giudiziaria il suo diritto alla restituzione 
dell'area, non potendo interferire in siffatta 
materia, con i caratteri iJ,ell'atto amministrativo, la 
contraria volont� del Oomune >>. 

La decisione non persuade. 

Ohe, infatti, la protratta occupazione di un bene, 
dopo la scadenza del biennio :ai legge, ponga in 
essere un illegittimo comportamento della P. A., deve 
senz'altro ammettersi; come pu� immediatamente 
consentirsi nell'opinione, che il Giudice ordinario sia 
competente a dichiarare tale illegittimit�, concretandosi 
il fatto lamentato nell'evidente lesione di un 
diritto soggettivo, e precisamente nella violazione di 
una norma dettata a diretta tutela del cittadino e 
consistente nel divieto di sottrarre -usando della 


-,126 


norma di cui al citato art. 71 -per oltre due anni 
il godimento del bene dell'avente diritto. 

Ma, tanto assodato sotto il profilo della proponibilit� 
dell'azione, va. subito aggiunto che la stessa pu� � 
anche risultare inammissibile, per l'eventuale inammissibilit� 
delle specifiche richioste rivolte al giudice 
adito, in relazione alle limitazioni poste alla costui 
competenza dell'art. 4 della legge 20 marzo 1865. 
Cos� come era indubbiamente capitato nella specie, 
data l'espressa istanza di restituzione del fonda occupato, 
avanzata dall'attore. 

N � ci sembra, che per superare le limitazioni accennate, 
potesse negarsi significato e portata di atto 
amministrativo al comportamento del Comune, che 
agli inviti di sgombero aveva opposta una chiara 
volont� negativa; poich� � risaputo che -ai fini 
dol richiamato art. 4 -per atto amministrativo 
non va inteso soltanto l'atto amministrativo in senso 
proprio, n� il negozio di diritto pubblico, ma pure 
l'attivit� materiale, il cos� detto fatto dell'amministrazione, 
come -ad esempio -la costruzione di 
un edificio (1) o la materiale occupazione di un 
bene (2). 

Di vero, gli stessi motivi di pubblico interesse che 
giustificano il �divieto di revoca degli atti amministrativi 
in senso proprio, valgono per gli atti materiali 
(3); nei quali � spesso implicita un volont�, 
i cui effetti non vi � alcuna ragione di trattare in 
modo difforme da quelli della volont� espressamente 
dichiarata (4). � 

E tanto, sempre a prescindere dalla considerazione, 
che lo stesso tenore dell'art. 4 pi� volte detto fa riferimento 
� ad un diritto che si pretende leso da un 
atto dell'autorit� amministrativa�, e quindi evidentemente 
-anche da un fatto amministrativo 
(5); e dal rilievo, che con il sanzionare l'obbligo 
di restituire il bene occupato, il Giudice viene a 
sostituire la propria volont� -pure se rivestita 
da una presunzione assoluta di cor,,formit� alla legge 
-alla volont� contra legem dell'Amministrazione: 
in sostanza, cio�, a costringere quest'ultima all'adempimento 
specifico della propria obbligazione, al compimento 
di un determinato atto amministrativo (riconsegna 
del fondo), che invece da nessun altro -all'infuori 
della stessa Amministrazione -pu� essere 
voluto e realizzato (6). 

A riprova, del resto, dell'esattezza di quanto s'� 
esposto, pu� ricordarsi che deroghe ai principi richiamati 
sono consentite solo in via d'eccezione, ed 
in forza di espresse norme di legge; come ad esempio, 
nel caso dell'art. 63 della legge sulle espropriazioni 

(1) Cass., 24 aprile 1930, in cc Giur. it. �, 1930, I, 1, 
702. 
(2) Cass., 22 giugno 1933, in cc Riv. arnm. �, 1933, 798. 
(3) ZANOBINI, cc Corso�, vol. II, 1945, pag. 107. 
(4) VITTA, cc Dir. Amm. �, voi. II, 1950, pag. 445. 
(5) RAGGI, cc Atti ammin. �, 1950, pag. 36; LENTINI, 
cc Giustizia amm. >>, pag. 147, n. 2. 
(6) GmOOIARDI, cc Giustizia amm. �, 1943, pag. 279; 
LESSONA, cc Giustizia arnm. �, 2a ediz., pag. 77. Per un 
caso in cui il Giudice ordinario aveva pronunciato contro 
l'Amministrazione una sentenza di condanna ad 
adempimento specifico, cassata senza rinvio dalla Corte 
Suprema: v. 22 gennaio 1942, in cc Foro amm. �, 1942, 
II, 15. V. pure, sempre sull'impossibilit� di ordinare 
alla P. A. di adempiere un suo obbligo in forma specifica: 
Cass., Sez. Un., 2 agosto 1950, n. 2303, in cc Foro It. �, 
1950, I, 1472. 
per pubblica utilit�, che permette all'Autorit� giudiziaria 
di p1�onunziare sentenze di condanna alla 
restituzione dei fondi espropriati quando -fatta 
la espropriazione -l'opera non sia stata eseguita 
nei termini concessi o prorogati (1). 

Nella specie quindi . -in cui una ipotesi eccezionale 
del genere certo non ricorreva -non pare 
che si sia esattamente giudicato, disponendo la riconsegna 
del bene contro l'evidente volont� del Comune 
di protrarre la propria -e sia pure illegittima occupazione. 
E ci sembra del resto che, ripudiando 
gli accennati precedenti del 1946edel1941, il Supremo 
Collegio -nel sottoporre a completo riesame la questione 
-aiirebbe potuto confortare il proprio diverso 
atteggiamento, richiamando l'esatta giurisprudenza 
che, sempre in tema di arbitraria occupazione di 
fondi, in sede di procedimento per espropriazione 
per pubblica utilit�, aveva fissata con le sentenze 
20 aprile 1932, n. 1433 (2) e 26 giugno 1931, numero 
2514 (3). Le quali, riconoscendo l'incompetenza 
del Giudice ordinario a provvedere sulla richiesta di 
riconsegna dei beni illeggittimamente appresi o 
trattenuti dalla P.� A. per l'insuperabile ostacolo 
opposto dall'art. 4 della legge abolitiva del contenzioso 
amministrativo, testualmente riconfermavano 
un indirizzo gi� sostanzialmente espresso nelle sen~ 
tenze 23 maggio 1921 (4) e 20 aprile 1923 (5). 

* * * 

Sembra, inoltre, il caso di aggiungere che -a 
nostro avviso e dati gli estremi della domanda il 
Giudice adito non avrebbe nemmeno potuto limitare 
il proprio pronunciato al riconoscimento della 
illegittimit� dol comportamento amministrativo, dichiarandosi 
incompetente soltanto rispetto all'istanza 
di restituzione. 

Se � esatto, invero, che il criterio discriminativo 
della competenza giudiziaria da quella amministrativa 
va fondamentalmente ricercato nella distinzione 
tra la lesione di un diritto e la lesione di un interesse, 
tuttavia � evidente che non � possibile prescindere 
dal diverso genere di sentenze di_cui sono riconosciuti 
capaci il Giudice civile da un lato, e quello amministrativo 
dall'altro. Per cui esattamente si afferma 
che il criterio della natura della controversia (causa 
petendi) si integra con quello della domanda (petitum), 
per determinare l'� effettivo obbietto dell'istanza� 
e -cio� -il cos� detto petitum sostanziale (6). 

Da tanto consegue,:che -ai fini della competenza 
-bisogna por mente a quanto in concreto si invoca 
dal Giudice, in funzione del titolo su cui la domanda 
� fondata; per cui il Magistrato ordinario dovr� 
dichiararsi incompetente non solo <J..Uando il f andamento 
della pretesa sia rappresentato dalla lesione di 

(1) V. per qualche altra rara eccezione: VITTA, op. 
cit., pag. 445. 
(2) V. in cc Riv. pubbl. app. �, 1932, I, 429. 
(3) V. in cc Riv. pubbl. app. �, 1931, I, 474. 
(4) V. in cc Foro it. �, 1921, I, 873. �� 
(5) V. in cc Foro it. �, 1923, I, 552.\V. pure�-per��caso 
identico a quello della sentenza annotata: App. Aquila, 
8 luglio 1924, in cc Foro it. �, 1924, I, 725. 
(6) Massima consolidata n. 47 in cc Foro It. �, Rep. 
1948, voce Competenza civile, n. 36; v."da ultimo: Cass., 
Sez. Un., 8 gennaio 1952, n. 12, in cc Mass. Foro It. �, 
col. 4. 

-127 ....... 


un interesse; ma pure quando l'oggetto della domanda 
-come sopra identificato -ecceda dai suoi poteri (1). 

In buona sostanza, cio�, e come esattamente nota 
il Lessona (2), il procedimento logico-giuridico 
da seguire in proposito dovr� essere il seguente, e 
precisamente: �dopo aver accertato se l'interessato 
agisca per la difesa di un suo diritto o di un suo 
interesse, dovr� esaminarsi ci� che gli si chiede in 
concreto ed il contenuto di tale domanda servir� a 

(I) ZANOBINI, "Corso�, vol. II, 1945, pag. 111. 
V. anche la giurisprudenza ivi citata nella nota n. 55. 
(2) LESSONA, �La Giustizia arnm. �, 2a ediz., Firenze, 
1946, pag. 107. 
confermare o negare la soluzione adottata, in base 
al criterio della causa petendi. Cos�: se l'interessato 
agisce a difesa di un diritto, saranno competenti i 
Tribunali ordinari; �ma se egli chieda lo annullamento 
dell'atto amministrativo lesivo, quella competenza 
dovr� essere negata. Corr�lativamerite se egli 
agisce a difesa di un interesse legittimo, saranno 
competenti gli organi della giustizia amministrativa; 
ma se egli chieda il risarcimento dei danni, la loro 
competenza dovr� essere negata �. 

Nella specie, pertanto, ad una declaratoria di 
incompetenza della M q,gistratura ordinaria, ci sembra 
che la Suprema Corte avrebbe dovuto comunque 
pervenire. 

G. d. G. 

ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI 
DELLE CORTI DI MERITO 


AGRICOLTURA � Agricoltori benemeriti -Decreto 
luogotenenziale 14 aprile 1945, n. 250 ed art. 3 
della legge 29 ottobre 1949, n. 906 � Recupero contributi. 
(Trib. di Roma, Sez. I, sent. 25 febbraio-28 
luglio 1952, Pres. Boccia; Est.: Santoni Rugiu -Soc. 
An. Agricoltori Ravennati c. Ministero Agricoltura 
e Foreste). 

Il decreto legisl. luogotenenziale 14 aprile 1945, 

n. 250, col quale fu disposto il recupero dei contributi 
s-traordinari che erano stati concessi a taluni 
agricoltori in applicazione del regio decreto-legge 
15 maggio 1931, n. 632, � abrogato per incompatibilit� 
con gli artt. 42, 53, 23 e 3 della Costituzione. 
L'art. 3 della legge 29 ottobre 1949, n. 906, che 
ha modificato le forme di riscossione stabilite dal 
citato decreto legisl. luogotenenziale n. 250 per il 
recupero di tali coU"tributi, � costituzionalmente 
illegittimo, per avere posto disppsizioni in contrasto 
con le citate norme costituzionali, senza che 
venisse seguita la procedura di approvazione prevista 
dall'art. 138 della Carta Costituzionale. 

Con la sentenza che si annota il Tribunale di 
Roma ha ritenuto che il decreto legisl. luogotenenziale 
14 aprile 1945, n. 250, che ha disposto il recupero 
dei contributi a suo tempo concessi a taluni agricoltori 
in applicazione del regio decreto-legge 15 maggio 
1931, n. 632, sia stato abrogato implicitamente per 
incompatibilit� con gli artt. 42, 53, 23 e 3 della 
Costituzione, e che l'art. 3 della legge 29 ottobre 
1949, n. 906, che ha modificato la procedura di 
riscossione per il recupero di tali contributi prevista 
dal citato decreto legisl. luogotenenziale del 1945, 
sia costituzionalmente illegittimo. 

Diciamo subito che l'esame svolto dal Tribunale 
sulla presunta illegittimit� costituzionale dell'art. 3 
della legge n. 906 � stato superfluo, in quanto, avendo 
esso dichiarato abrogato il decreto legisl. luogoten<mziale 
del 1945, l'inefficacia dell'art. 3, costUuiva una 
conseguenza logica, per il venir meno della legge di 
cui lo stesso articolo modificava la procedura di 
riscossione. In tanto, difatti, assume valore un eventuale 
esame sulla legittimit� costituzionale dello 
art. 3 della legge 29 ottobre 1949, in quanto sia ritenuto 
efficace il decreto legisl. luogotenenziale del 1945. 

Che relativamente alle norme entrate 'ln vigore 
prima della nuova Costituzione non sia ammissibile 

.il sindacato di legittimit� costituzionale � pacifico 
e di ci� d� atto la sentenza impugnata. 

Il problema, quindi, si riduce a vedere se il de<treto 
leg~sl. luogotenenziale 14 aprile 1945 sia stato abrogato 
per incompatibilit� con la nuova Costituzione, abrogazione 
che � ammessa dalla giurisprudenza e che 
in dottrina trova anche delle aff errnazioni discordi. 

Il Virga, per esempio (Origine, contenuto e valore 
delle dichiarazioni costituzionali, in <<Rassegna 
di dir. pubblico�, 1948, I, 278 e segg.), sostiene che 
non pu� parlar'si di invalidit� successiva di un atto 
giuridico per il sopravvenire di una norma contrastante 
di grado maggiore, posto che la validit� di 
quell'atto pu� sindacarsi con criteri dell'ordinamento 
vigente al momento dell'_emanazione dell'atto stesso. 
L'Esposito poi (Leggi vecchie e costituzione nuova, 
ecc., in << Giur. Ital. �, 1948, III, 81 e segg.), 
afferma che, possedendo le norme costituzionali una 
efficacia del tutto diversa di quella delle norme ordinarie, 
.non � possibile l'abrogazione di queste per 
effetto di quelle. 

La giurisprudenza ritiene che le norme ordinarie 
preesistenti alla costituzione possono essere abrogate 
da norme di questa di natura precettiva, mentre 
non possono venire meno per contrasto con norme 
costituzionali direttive; e ci� in quanto queste ultime, 
contenendo le linee direttive cui dovr� ispirarsi il 
legislatore ordinario, non hanno efficacia immediata 
e diretta, diversamente dalle altre, con la conseguenza 
che possono essere assunte per determinare 
l'illegittimit� costituzionale di norme ordinarie successive 
alla costituzione, non mai per considerare 
abrogate norme ordinarie preesistenti a quella. 

Questi principi sono accolti dal Tribunale, il 
quale per� ha ritenuto, come s'� accennato, che gli 
artt. 42, 53, 23 e 3 della Costituzione, che avrebbero 
abrogato implicitamente il decreto legisl. luogotenenziale 
n. 250 nel 1945, sono norme precettive. 

Quest'affermazione � in netto contrasto con il 
concetto di norma costituzionale precettiva, che � 
seguito dalla dottrina di gran lunga prevalente. 

(V. soprattutto, BISCARETTI DI RU:F.FIA, Sull'efficacia 
abrogante delle norme della Costituzione_ 
Italiana, in <<Foro Padano �, 1950, IV, 153 e seg. 
e bibliografia ivi citata) e dalla giurisprudenza, 
ed ha il torto, d'altra parte, di non considerare la 
vera natura del decreto legisl. luogotenenziale del 1945 
in esame. 

~W========H ~W========H 
-120 


Secondo quest'indirizzo una norma costituzionale 
si considera come precettiva quando � completa e 
concreta, � cio� suscettibile di immediata applicazione, 
senza che occorra l'emanazione di ulteriori 
norme per la sua efficacia. 

Se questa � la nozione di norma precettiva bisogna 
senz'altro escludere che abbiano efficacia precettiva 
le norme costituzionali indicate dal Tribunale. 

Non ha efficacia precettiva, difatti, l'art. 3 della 
Costituzione (che sancisce il principio generale della 
uguaglianza di tutti' i cittadini di ,fronte alla legge 
� senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di 
religione, di opinioni politiche, di condizioni personali 
e sociali�), come � stato ritenuto dalla Suprema 
Corte di Cassazione (Sez. I, sent. 127 del 17 gennaio 
1953, in �Foro I tal.�, 1953, I, 161 e segg.), 
la quale al riguardo afferma (col. 169): �Vero � che 
pm� escludere il carattere direttivo di detta norma 
(art. 51) si � ritenuto di poter fare richiamo all'art. 3 
che non sarebbe anch'esso, almeno nel 1� comma, 
una norma direttiva; ma la stessa collocazione 
dell'articolo tra i cc principi fondamentali� gi� 
basterebbe di per s� a dimostrare il contrario �. 

D'altra parte, va osservato che l'art. 3 della nuova 
Costituzione (il quale ripete sostanzialmente il contenuto 
del primo comma dell'art. 24 dello Statuto 
Albertino, per cui � tutti i regnicoli, qualunque sia 
il loro titolo e grado, sono uguali dinanzi alla legge �) 
non vieta che la legge ordinaria stabilisca disposizioni 
di favore per. persone che si trovino in determinate 
condizioni (per es. combattenti, invalidi di 
guerra, donne, ecc.) ovvero disposizioni particolari 
per talune categorie di soggetti (per esempio, profittatori 
di guerra), dato che il principio dell'uguaglianza 
� stato sempre inteso e va inteso non gi� in 
senso assoluto, che sarebbe indice di vera ingiustizia, 
ma in senso relativo, che non si determini cio� una 
disparit� di trattamento senza che sussistano particolari 
ragioni. Il che spiega perch�, anc"he nella 
recente legislazione, le donne siano escluse da taluni 
impieghi e lavori, perch� alcuni contributi siano richiesti 
a persone che hanno ricavato un particolare profitto. 

Ora, se pur sussistendo l'art. 3 della vigente Costituzione, 
� legitti.mo che il legislatore ordinario stabilisca 
delle eccezioni per talune categorie di persone, 
quando ricorrano particolari motivi, significa che 
quell'articolo non si pone immediatamente tra le 
norme ordinarie, ma ha bisogno di adattamenti e 
di svolgimenti, costituisce cio� un principio direttivo 
per il legislatore ordinario, il quale � tenuto ad assumerlo 
con quella relativit� che � insita nello scopo 
di esso. 

Il �Tribunale ha considerato abrogata il decreto 

legisl. luogotenenzial� 14 aprile 1945 anclie per effetto 

degli artt. 23 e 53 della Costituzione, ma il suo ra


gionamento al riguardo non trova riscontro nel con


tenuto di quelle due norme. 

Difatti, disponendosi in queste norme che � nes


suna prestazione pu� essere imposta se non in base 

a legge>> e che �tutti sono tenuti a concorrere .alle 

spese pubbliche in ragione della loro capacit� con


tributiva�, risulta evidente la loro programmaticit� 

ed altres� la mancanza di relazione fra esse e la que


stione di cui si tratta. 

Il Tribunale ha creduto di superare questa chiara 

situazione con un ragionamento artificioso e chi3, pe


raltro, � in contrasto con indiscussi principi di 
diritto. 

Scrive al riguardo il Tribunale: 

�In sostanza, se sul piano giuridico, come si e 
visto, non pu� parlarsi nella specie di rimborsi, 
bens� di prestazioni imposte ex' novo' sul piano 
economico il fine legislativo appa1�e espressamente 
quello dell'incremento patrimoniale; fine che non 
pu� in alcun modo essere compreso fra quelli che 
autorizzano l'imposizione della prestazione al di 
fuori IJ,el p1�incipio di proporzionalit�, e in base alla 
semplice conoscenza di un fatto meramente storico, 
quale la concessione di un contributo a norma della 
legislazione del tempo, sebbene richiederebbe un accertamento 
dell'attuale potenzialit� economica del 
soggetto, con il che si ritorna al concetto di presta" 
zione tributaria, al concetto cio� di contribuzione 
alle spese pubbliche in ragione della capacit� contributiva 
di ognuno (art. 53 prima Costituzione). 

Non pu� ritenersi costituzionalmente legittimo, 
in conclusione, da parte del legislatore ordinario la 
imposizione di prestazioni patrimoniali a 1norma 
dell'art. 23 della Costituzione, quando il fine sostanzialmente 
perseguito dalla stessa legge tende a prelevamenti 
di ricchezza in danno di singoli cittadini, 
violando in tal modo la regola ed i limiti pi� sopra 
illustrati. Senza di che il principio di eguaglianza 
dei cittadini pur solennemente proclamato, resterebbe 
privo di ogni garanzia di fronte alla legge, e 
il singolo cittadino potrebbe essere esposto a gravi 
oneri, personalmente impostigli, da veder distrutta 
ogni propria possibilit� di vita, mentre altri potrebbero 
godere indisturbati il proprio patrimonio >>. 

Ma, cos� argomentando, il Tribunale ha compiuto 
un sindacato di legittimit� costituzionale nei confronti 
di una norma preesistente alla Costituzione 
e, quello che � ancora peggio, nella formadell'eccesso 
di potere legislativo, che � escluso dal nostro sistema 
legislativo (art. 28 della legge 11 marzo 1953, n. 87). 

N� vale affermare, come ha fatto quel Collegio, che 
nel caso in esame cc dalla stessa legge ordinaria risulta 
il fine per cui s'impone la prestazione, fine 
d'altronde insito nella stessa espressione recupero 
che di per s� esclude ogni possibilit� di sacrificio del 
privato per ragioni d'interesse pubblico ... �, poich� 
in questo modo a parte che si confondono i motivi 
con la causa (le ragioni indicate nella premessa del 
decreto legisl. luogotenenziale 14 aprile 1945 costituiscono 
il motivo della legge, non gi� la causa di 
essa, la quale � data dalla corrispondenza di questa 
ad uno dei fini dello Stato e su cui non � ammissibile 
alcun sindacato) e si d� per dimostrato ci� che 
deve dimostrarsi e che nella specie non pu� dimostrarsi 
non essendo ammesso il sindacato sulla 
causa dell'atto legislativo. 

Se si � effettuato il recupero dei contributi significa 
che ci� s'� ritenuto rispondente all'interesse 
pubblico, cos� come si annulla l'atto amministrativo 
di un sussidio solo se, a parte i vizi di legittimit�, la 
ripetizione del sussidio risponde all'interesse P'!':bplico. 

In questi casi l'interesse pubblico costituisce il _ 

presupposto dell'atto; per cui � erroneo ritenere avulso 

dall'interesse pubblico un recupero di somma quando 

vi � la presunzione (assoluta nel caso di atto legisla


tivo) che esso � determinato dall'interesse pubblico 

stesso. 



-130


Il Tribunale si � richiamato pure all'art. 42 della 
Costituzione per affermare l'abrogazione del decreto 
legisl. luogotenenziale n. 250, ma, poich� ha assunto 
questa norma in funzione degli artt. 23 e 53 della 
stessa Costituzione, di cui ci siamo gi� occupati, 
non ei rimane ehe riportarci a quanto detto. 

Si erede opportuno aggiungere, tuttavia, ehe lo 
art. 42 non ha alcuna relazione con la situazione 
esaminata, riferendosi all'espropriazione per pubblica 
utilit�, la quale riguarda solo beni infungibili, 
laddove nel caso in esame vi � recupero di una somma 
di denaro, cio� di beni fungibili. 

Come si � gi� accennato, l'errore principale del 
Tribunale � di non aver considerato la vera natura 
del decreto legisl. luogotenenziale n. 250. Se esso, 
difatti, avesse soffermato la sua indagine sulla natura 
di questo decreto legisl. luogotenenziale avrebbe fatto 
a meno di dilungarsi su questioni non attinenti alla 
causa risolvendole per giunta in maniera errata. 

Quando, difatti, quel Collegio afferma che le somme 
legittimamente entrate nella sfera giuridica di disponibilit� 
del privato non sono soggette a rimborso e, 
pertanto, quando questo rimborso si sia disposto, 
la relativa prestazione deve configurarsi come sorta 
ex novo con tutti i limiti e le garanzie stabilite per 
il patrimonio del privato, dimostra di non avere 
individuato la natura dell'atto legislativo in base 
alla causa ehe gli d� vita e ehe � l'elemento ehe lo 
caratterizza nella sua essenza. 

L'atto amministrativo, ehe requisisce alcuni beni 
mobili ed ordina la consegna di essi al soggetto per 
eui era stata effettuata la requisizione, � completamente 
diverso dall'atto, che annulla la concessione 
di un sussidio a favore di un cittadino ehe si trovava 
in una particolare condizione ed ordina la restituzione 
dell'ammontare del sussidio stesso . . 

Come la causa distingue talune categorie di atti 
amministrativi da altri, ugualmente gli atti legisla
�tivi vanno distinti in relazione alla loro causa. Per 
eui, altro � _l'atto legislativo che trova la sua causa 
nella potest� di richiedere, in talune condizioni, 
una prestazione al privato al fine di provvedere ad 
un'opera pubblica, ad una spesa pubblica, ecc., altro 
� l'atto legislativo ehe ha come scopo di abrogare, per 
mutate esigenze sociali, una precedente legge. E se 
in questo caso, dell'invalidazione di questa legge, 
deriva nel privato il dovere di restituire quanto ha 
ricevuto, per essere venuto meno il titolo della concessione, 
non � corretto assimilare quest'obbligo di 
restituire all'obbligazione di dare; ehe pu� essere 
imposta al privato in virt� di altro potere. 

Nelle due ipotesi prospettate, per giudicare della 

validit� del titolo, occorre esaminare in primo luogo 

se il soggetto da eui esso proviene aveva la potest� 

di cui si � avvalso e se tale potest� si � manifestata 

legittimamente. 

Pertanto nel caso portato all'esame del Tribunale 

si trattava di vedere se il decreto legisl. luogotenenziale 

n. 250 potesse abrogare legittimamente il regio decreto 
legge . del 1931; eol quale erano stati concessi dei 
contributi ad agricoltori. 
La conclusione affermativa, secondo noi, avrebbe 
dovuto scaturire facilmente, cos� come � scaturita, 
in cause del tutto analoghe a quella di cui si tratta, 
al Tribunale di Perugia (sent. 4 settembre � 1951,. 
Presidente ed estensore JJfelfi, Spinola contro Mini


stero Agricoltura e Foreste, in �Rassegna Mensile 
dell'Avvocatura dello Stato�, 1952, 74) ed al Tribunale 
di Roma (sent. 24 aprile-15 ottobre 1951, 
Presidente Elia, estensore Tamburrino, Visconti di 
Modrone contro Ministero Agricoltura e Foreste) 
non potendosi attribuire� alcun rUievo alla circostanza 
ehe in virt� di tale abrogazione venivano meno 
dei diritti acquisiti dei privati, poieh� in simili 
situazioni, se la revoca non pu� operarsi mediante 
atto amministrativo, pu� attuarsi certamente con 
un provvedimento legislativo formale, posto ehe il 
principio della irretroattivit� non costituisce in 
materia civile un limite giuridico per gli organi 
legislativi. 

* * * 

Dopo quanto s'� detto appare chiara anche la 
infondatezza dell'altro assunto del Tribunale, se~ 
condo eui l'art. 3 della legge 29 ottobre 1949, n. 906 
� costituzionalmente illegittimo per essere in contrasto 
con gli artt. 42, 53, 23 e 3 della Costituzione. 

L'illegittimit� costituzionale dell'art. 3 della legge 

n. 906 � stata fondata dal Tribunale eselusivamente 
sul fatto ehe il decreto legislativo luogotenenziale n. 250 
del 1945, di cui esso. modificava la procedura di 
riscossione, era abrogato. 
Ma questa tesi � assolutamente errata, poich�, 
�come si � detto, dall'abrogazione del decreto legislativo 
luogotenenziale del 1945 sarebbe derivata l'inefficacia 
dell'art. 3 della legge del 1949, non gi� l'illegittimit'� 
costituzionale di questa. E ci� -anche ad ammettere, 
secondo il recente indirizzo della giurisprudenza 
(efr. Sezioni Unite Civili, Sentenza 15 gennaio 1953, 

n. 107, in �Foro Italiano �, 1953, I, 173; in dottrina 
nello stesso senso v. spe1Jialmente, �ZZARITI, Poteri 
spettanti ai giudici per il controllo di costit. delle 
leggi, in �Foro It. �7 1951, IV, 124 segg.; contro, 
fra gli altri, ESPOSITO, Leggi vecchie e costit. nuova, 
cit.), ehe al giudice ordinario spetti il controllo di 
legittimit� costituzionale nell'attuale momento in 
cui non � entrata in funzione la Corte Costituzionale 
-sia perch� questa norma, la quale si limita puramente 
a modificare la procedura di riscossione, non 
� in contrasto con alcuna disposizione costituzionale, 
sia pereh� la illegittimit� costituzionale, come qualsiasi 
vizio di illegittimit�, inerisce all'atto giuridico 
che si assume violato ovvero agli atti '.che intervengono 
per la sua formazione, ma non pu� mai derivare 
dall'atto di cui esso attua una modifica. 
O. CARBONE 
AUTOVEICOLI -Assegnazione in uso dal G.M.A. Responsabilit� 
dell'assegnatario -Decreto Legislativo 
22 gennaio 1948, n. 118 -Natura. (Corte di Appello 
di Milano, sent. 29 febbraio 1952, Sez. I, Pres. Tommasi, 
Est. Danzi: Bianchini contro Comerio e Ufficio 
Autotrasporti). 

L'equiparazione dell'assegnatario di un automezzo, 
a' sensi del decreto legislativo luogotenenziale 
21 gennaio 1945, n. 49, all'usufruttu3'!ioL in 
forza dell'art. 10 del decreto legislativo 22 gennai6 
1948, n. 118, si estende anche agli incidenti avvenuti 
prima dell'entrata in vigore di quest'ultimo 
provvedimento legislativo, data la sua natura interpretativa 
del primo. 


-131


La decisione della Corte Milanese viene a conferma1
�e l'indirizzo giurisprudenziale seguito gi� dal 
Tribunale di Milam,o (16 novembre 1950-26 maggio 
1951; Costa Carlo ed altri contro Coop. Camions e 
llfinistero Trasporti, inedita) e dalla Corte Suprema 
(9 marzo 1950, n. 612) in ordine alla natura interpretatiya 
del decreto legislativo. 22 gennaio 1948, n. 118. 

E noto che per accordo intervenuto tra la Commissione 
Alleata ed il Governo Italiano, tutti gli autoveicoli 
catturati al nemico di fabbricazione tedesca 
ed italiana furono ceduti allo Stato, disponendosi 
per i primi l'alienazione e per i secondi l'assegnazione. 
(Circolare del Ministero dei Trasporti numero 
2953/3000 del 29 marzo 1946). 

Il rapporto giuridico posto in essere con l'assegnazione 
veniva equiparato all'usufrutto, agli effetti 
dell'art. 2054 c. c., in forza dell'art. 10 del cennato 
decreto legislativo 1948, n. �l8, nessuna qualificazione 
al riguardo contenendo il decreto legislativo luogotenenziale 
21 gennaio 1945, n. 49. 

Per i fatti dannosi discendenti dalla, circolazione 
degli automezzi assegnati, e verificatisi nel periodo 
intercorrente tra l'emanazione del decreto legislativo 
luogotenenziale del 1945 e quella del decreto legislativo 
del 1948, si � fatta questione se la responsabilit� 
dovesse ricadere sul Ministero dei Trasporti, che 
aveva disposto l'assegnazione a mezzo dei suoi organi 
periferici, ovvero sull'assegnatario. 

L'efficacia retroattiva della norma contenuta nel


l'art. 10 cennato, avrebbe ovviamente conportato la 

soluzione . definitiva della questione nel senso della 

responsabilit� dell'assegnatario, efficacia appunto 

riconosciitta dalla Corte Milanese, affermandosi il 

carattere interpretativo del decreto legislativo del 1948. 

Tale statuizione accogliendo la tesi della Avvo


catura, merita ampio consenso, sia in quanto ha 

rettamente .escluso che potesse scorgersi nel decreto 

legislativo del 1948 una �innovazione � nella so


stanza della situazione giuridica posta in essere con 

il decreto legislativo litogotenenziale del 1945, in ci� 

confortata dallo stesso titolo della legge indicato quale 

<< Norme integrative �, sia in quanto, come anche la 

Corte Suprema nella citata sentenza ha affermato, lo 

Stato non avrebbe potuto accollarsi la �responsabilit� 

per la circolazione di migliaia di automezzi recupe


rati, ed assegnati in vista di un interesse generale, ma 

senza alcuna possibilit� di controllo rispetto ad essi. 

(R. O.) 
IMPOSTE E TASSE -Ente Metano -Contributi per 
l'uso delle bombole; natura tributaria. Opposizione 
ad ingiunzione -Solve et repete -Ricorso amministrativo; 
facoltativit�. Soggetti passivi del tributo; 
utenti. (Trib. Roma, II Sezione, n. 3642, del 20 aprile 
1953; Soc. Metano Roma-Finanza-Ente Metano). 

Il corrispettivo giornaliero per l'uso delle bombole 
per metano di cui all'art. 10 legge 8 luglio 
1950, n. 640, ha natura tributaria e, .pertanto, � 
imp~oponibile l'opposizione ad ingiunzione non 
preceduta dal pagamento del corrispettivo do-�>-uto 

(solve et repete). 

Il ricorso amministrativo, previsto daU'art. 21 
del regolamento approvato con Decreto Presi


denziale 16 dicembre 1950, n. 1121, � meramente 
facoltativo e non costituisce presupposto per la 
proponibilit� dell'azione giudiziaria. 

Al pagamento del corrispettivo suddetto sono 
tenuti gli utenti (di metano) e non i distri})utori di 
bombole. 

La prima massima � di ovvia esattezza. Il corrispettivo 
per l'uso delle bombole per metano � ima 
prestazione pecuniaria imposta a carico di una generalit� 
di cittadini (possessori delle bombole) per 
sopperire alle spese di un pubblico servizio, attuato 
per il soddisfacimento di interessi collettivi, fra i 
quali � prevalente quello alla pubblica incolumit�. 
Come esattamente ha osservato il Tribunale il corrispettivo 
in esame non pu� considerarsi come prezzo 
pagato ad una pubblica impresa sia perch� � imposto. 
per legge e non � dovuto in virt� di un negozio di 
diritto privato (cfr. art. 1 T. U. 14 aprile 1910, 

n. 639), sia perch� il fine collettivo esiste indipendentemente 
ed � di gran lunga prevalente sul vantaggio, 
che i singoli cittadini (contribuenti) ricavano dalla 
prestazione del servizio e sia infine, per l'indivisibilit� 
di quest'ultimo (cfr. <<Rassegna Avvocatura�, 
1952, pag. 148). 
Il secondo principio enunciato � in evidente contraddizione 
col precedente. Affermato il carattere tributario 
del corrispettivo, non poteva negarsi che il 
ricorso previsto dall'art. 21 del regolamento tendesse 
agli stessi fini del contenzioso tributario e fosse, 
perci�, da considerare presupposto per la proponibilit� 
dell'azione giudiziaria (Sez. Un. Cass. 9 ottobre 
1952, n. 2982: Caraccio~Vallarelli, in � Foro 
Italiano�, 1953, I, 1). Si aggiunga che, nella specie, 
l'art. 21 citato qualifica definitiva soltanto la deci


. sione emessa dal Comitato sul ricorso del contribuente. 
Da ci� � agevole dedurre la non definitivit� dell' accertamento 
effettuato dall'Ente Metano e l'improponibilit� 
dell'azione non preceduta dall'esaurimento dei 
rimedi amministrativi. 

Neppure esatta ci sembra la terza massima. Lo 
art. 10 si riferisce evidentemente agli utenti di bombole 
e non di metano. Dal combinato disposto degli 
artt. 6, 10 e 11 della legge, 29 e 34 del regolamento 
si evince che tenuti al pagamento del corrispettivo, 
di cui all'art. 10, sono i possessori di bombole, proprietari 
e non proprietari, e, cio�, coloro che di queste 
bombole facciano uso per l'esplicazione della 
loro attivit�. Tali non sono gli utenti del gas, consumatori, 
i quali detengono le bombole alieno nomine. 
Gli utenti di bombole, che ai sensi dell'art. 19 del 
regolamento, debbono essere iscritti in apposito registro 
e che, ai sensi dell'art. 10 della legge, sono obbligati 
al pagamento del tributo sono appunto quelli 
indicati all'art. 8 della legge e, cio�, i produttori 
di gas metano e i distributori di bombole. 

Su questi punti attendiamo la parola chiarificatrice 
della Suprema Corte, che siamo sicuri penetrer� lo 
spirito della legge, superando qualche perplessit�, 
in cui la non felice formulazione della legge e l'uso 
ambiguo e promiscuo del participio << utenti �pu� far 
incorrere l'interprete. 

G. GUGLIELMI 

-132


IMPOSTA SULL'ENTRATA -Solve et repete -Nozione 
di imposte suppletive. (Trib. Trento, 29 agosto 
1952 -Pres. Bertolotti; Est. Ponzielli -Vivaldi c. 
Finanza). 

Ha carattere principale, e importa perci� l'osservanza 
del precetto del solve et repete l'imposta 
generale entrata che, in sede di revisione della tassazione 
di una sentenza, sia stata applicata a un 
contratto formante obbietto della sentenza stc ssa 
la quale aveva scontato soltanto la tassa di registro, 
mentre era stata omessa ogni tassazione a 
titolo di imposta sulla entrata. 

Annotando la sentenza di cui sopra in� Foro I tal. �, 
1953, I, 259, il prof. Oocivera, approva, in linea 
di massima, l'accoglimento fatto dal Tribunale dell'eccezione 
del Solve et repete sollevata dalla difesa 
erariale sotto il profilo del. carattere principale e non 
suppletivo dell'imposta generale sull'entrata in discussione, 
ma formula qualche riserva circa l' applicazione 
del precetto anzidetto nella fattispecie concreta, 
per la possibile esclusione di esso in base al riliero 
prima facie dell'illegittimit� della pretesa della finanza, 
fatta valere, in sostanza, per la detta imposta 
entrata, direttamente con l'ingiunzione, senza che 
fosse prima intervenuta l'ordinanza intendentizia di 
condanna di cui alla legge 7 gennaio 1929, n. 4. 

Non possiamo essere d'accordo su tale riserva. 

Sul rilevato carattere principale, in ogni caso, 
dell'imposta generale entrata, agli effetti del solve et 
repete, non pu� che convenirsi pienamente, essendo 
ineccepibile il concetto che la possibilit� di configurare 
in tema di imposta generale sull'entrata l'ipotesi 
di un'imposta suppletiva cc resta esclusa dalla stessa 
natura n e struttura dell'imposta in parola che, com'� 
noto, non ammette un accertamento definitivo da parte 
dell'Amministrazione Finanziaria, essendo l'imposta 
dovuta dal contribuente all'atto in cui si verifica 
l'entrata mediante emissione obbligatoria di fattura 

o quietanza (art. 8 e segg. legge del 1940) �. (CocrVERA, 
loc. cit.). 
� anzi risaputo che siffatta struttura � propria 
non solo dell'imposta entrata, ma anche di quegli 
altri tributi, come ad es. il bollo, i quali si riscuotono 
mediante l'uso, rimesso obbligatoriamente allo stfsso 
contribuente, o di una speciale carta (carta bollata) 
ovvero di marche o altri contrassegni da applicarsi 
sulla carta comune, allorch� si tratti di redigere l'atto 
giuridico o venga posto in essere il negozio o il fatto 
giuridico costituente la situazione base dell'imposta. 

Trattasi, in altri termini, di quella categoria di 

tributi, che una parte della dottrina chiama tributi 

senza imposizione (.ALLORIO, Dir. Proc. tributario, 

Giuffr�, 1942, pag. 92), mentre altri parla di tributi 

il cui accertamento � rimesso allo stesso contribuente 

(GIANNINI: Rapp. giuridico di imposta, pag. 237 e 

segg.; BERLIRI: Proc. tributario amministrativo, 

pag. 117 e segg.) e ancora di auto-accertamento e 

�.i auto-applicazione della norma. 

Prescindendo dalla diversit� delle dizioni usate 
e dalle critiche rivolte ad alcuni dei concetti enunciati 
(come quello dell'auto-accertamento), tutti sono di 
accordo, in sostanza, nel, ritenere che per i tributi . 
in esame, non solo l'obbligo tributario in generale, 
ma anche la determinazione quantitativa dell'imposta, 
e l'obbligo di solutio da parte del debitore siano 

del tutto indipendenti da qualsiasi attivit� di accertamento 
e di imposizione della pubblica amministrazione, 
la quale interviene unicamente in tempo successivo, 
a scopo di revisione e di controllo circa 
l'esatto adempimento dell'obbligazione. 

E si � pure d'accord� nel ritenere ohe quest'ultima 
attivit� della finanza, n� ha efficacia costitutiva, n� 
� attivit� d'imposizione, essendone obbietto solo il 
discoprimento di un'obbligazione tributaria gi� perfetta, 
mentre essa pu� essere considerata costitutiva 
solo rispetto alle nuove obbligazioni che, a titolo di 
penalit� o di sopratasse, derivino al debitore dal mancato 
iniziale adempimento, (.ALLORIO op. cit., pag. 94). 

Mancando, pertanto, in conclusione, la possibilit� 
di configurare, per quanto attiene ai tributi di che 
trattasi, un preventivo accertamento ed un possibile 
errore in cui questo sia incorso, ci� spiega anche l'impossibilit� 
della configurazione dell'imposta suppletiva. 

JJf.a, proprio le premesse anzicennate ci portano a 
dissentire dalla censura mossa al comportamento 
dell'Amministrazione nella fattispecie sotto il profilo 
del nessun potere che avrebbe avuto l'ispettore delle 
tasse (che oper� il rilievo) di accertare l'omesso pagamento 
dell'i. g. e. 

V a precisato anzitutto, in pitnto di fatto -circostanza 
questa che non risulta chiarita dal testo pubblicato 
della sentenza, ma che la difesa erariale aveva 
espressamente dedotto senza contrasto -che il rilievo 
ispettivo nella specie venne compiuto quando gi� 
era decorso il termine di prescrizione quinquennale 
per l'applicazione della sanzione per l'evasione dell'i. 
g. e., ai sensi dell'art. 17 della legge 7 gennaio 
1929, n. 4, mentre non era ancora decorso il normale 
termine decennale (art. 45 legge entrata) di prescrizione 
del tributo. 

Oi� premesso, l'appunto mosso all'ispettore di 
pretesa esorbitanza .dei suoi poteri, in . quanto egli 
avrebbe invaso il campo riservato esclusivamente allo 
Intendente, non appare fondato, giacch� nella specie, 
n� si doveva far luogo all'applicazione della sanzione, 
per cui fosse necessaria l'esplicazione della speciale 
competenza intendentizia attraverso la messa in moto 
del meccanismo processuale che culmina con l' ordinanza 
di condanna, n� comunque obbietto della attivit� 
dell'ispettore � stata l'applicazione della sanzione, 
essendosi egli limitato ad eccitare l'attivit� dei normali 
organi di riscossione per la percezione del tributo. 

Ora, per quanto concerne la riscossione del solo 

tributo, la indispensabil�t� della preventiva condanna 

intendentizia non � sancita affatto dalla legge, ch� 

anzi l'art. 18 della legge 7 gennaio 1929 espressa


mente ammette che cc quando il contravventore debba 

rispondere, oltreeh� della contravvenzione, del paga


mento del tributo, l'autorit� finanziaria 'pu� procedere 

alla riscossione del tributo medesimo senza attendere 

l'esito del giudizio penale�. 

Non possiamo perci� condividere, hella generalit� 

in cui � stato formulato, il principio avversariamente 

affermato (CocrvERA, loc. cit.) che l'imposta generale 

entrata cc in tanto � legalmente dovuta � in quanto 

si accerta, mediante un verbale, la-�violazione dell'ob


bligo imposto dalla legge di corrispondere l'imposta�, 

ed in quanto (si dice ancora) a tale accertamento segua 

l'accertamento sia del quantum dell'imposta dovuta 

sia delle sanzioni inflitte, ad esclusiva competenza 

dell'Intendente o del Ministro. 


-133 


Ci� sembra anzi ohe lo stesso oonoetto di un accertamento 
in materia di i. g. e., ohe, si dice, verrebbe 

� � compiuto dall'Amministrazione Finanziaria (Intendenza 
di Finari,za) non in via diretta, ma in oooasione 
della violazione aell' obbligo, suscettibile di sanzioni 
amministrative o penali))' si appalesi in contrasto oon 
la premessa sopra illustrata e data per paoifioa, cio� 
della non configurabilit� in materia di i. g. e. (cos� 
come per gli altri tributi della stessa categoria) di 
un accertamento tributario (in senso tecnico specifico) 
e della legale sussistenza dell'obbligo di pagamento 
indipendentemente da ogni accertamento o 
attivit� di imposizione dell'amministrazione finanziaria, 
la cui attivit�, in oaso di violazione dell' obl' 
obbligo, viene esplicata solo nel senso di discoprimento 
di un'obbligazione tributaria gi� perfetta. 
Dal che � lecito dedurre che nessun accertamento 
(nel senso tecnico anzidetto) era da compiersi, ed � 
stato compiuto nella fattispecie, n� dall'ispettore n� 
-da altri, per rendere riscuotibile il tributo, e che non 
si possa tacciare di esorbitanza dai suoi poter l'ufficio 
del registro per avere riscosso a mezzo di ingiunzione 
un'imposta, per la quale mancava l'ordinanza 
definitiva da parte dell'Intendente o del Ministro. 
Con siffatta aoousa, invero, si viene ad attribuire 
all'ordinanza intendentizia una portata ohe non le 
� propria, secondo il sistema della legge, peroi� ohe 
attiene all' aooertamento del tributo. 
La legge sull'i. g. e., � vero, parla (oome si evince 
ad es. dallo art. 52) di determinazione dell'imposta 
fatta con l'ordinanza dell'Intendente o col decreto 
del Ministro, insieme all'applicazione della penalit�; 
ma tale dizione non pu� indurre a confondere la 
natura sostanzialmente diversa che assume il provvedimento 
intendentizio rispetto all'uno e lill'altro obbietto. 
Per oi� ohe attiene all'applicazione della sanzione 
l'atto doll'Intendente � certamente costitutivo dell'obbligo 
di pagamento della penalit� infiitta, mentre 
per qu�anto attiene alla determinazione <Mll'imposta, 
si ha una pronuncia meramente dichiarativa, di 
una situazione giuridica gi� esistente, e di una obbligazione 
tributaria perfetta in tutti i suoi elementi, 
che doveva essere adempiuta e non lo � stato. Per 
questa parte l'Intendente viene ad esplicare un'attivit� 
di mera applicazione della norma tributaria che 
non si pu� per nulla considerare accertamento 
del tributo in senso tecnico -str1dturalmente consimile 
all'accertamento ohe 'viene compiuto da qualsiasi 
organo di applicazione delle norme giuridiche e 
particolarmente dagli organi giurisdizionali. 
Peraltro, nel campo del contenzioso tributario penale, 
la determinazione dell'obbligo tributario come 
presupposto dell'applicazione della sanzione � compito 
normalmente demandato dalla legge (art. 22 
legge 7 gennaio 1929, n. 4) all'ordinario magistrato 
penale, nei oasi in oui, per la natura della violazione 
(delitto) competente a conoscerne sia il tribunale e 
non l'intendente. Nello stesso ambito dell'imposta sull'entrata 
siffatta ipotesi si verifica -a sensi dello 
art. 33 ult. oomma della legge sull'i. g. e. -allorch� 
una qualsiasi delle violazioni da detta legge prevista 
si presenti connessa oon una corrispondente violazione 
della legge donagale avente carattere di delitto, 
considerandosi allora anohe delitto la contravvenzione: 
nessun dubbio che in tali casi � il giudice penale competente 
a determinare l'an e il quantum dell'i..g. e. 

che si assume evasa. Ma nessuno vorr� sostenere ohe 
in tali casi il giudice funga da organo accertatore del 
tributo e che sia l'accertamento da lui compiuto con dicio 
sine qua non per la legale esistenza dell'obbligo 
tributario e quindi per la legittimitr), della ris�os_sione. 

E per�, venuta meno, per qualsiasi ragione estintfoa, 
la perseguibilit� in linea penale della infrazione, 
il compito, oos� del giudice penale, come dello 
intendente di finanza quale organo cui � demandata 
specificamente la applicazione della sanzione, � esaurito, 
e non rimane ohe lo incombente del recupero 
iell'imposta, di spettanza dei normali organi di riscossione. 
Venendo in tali oasi a mancare il presupposto 
della speciale competenza intendentizia (come 
quella eventuale del giUdioe penale), viene a determinarsi 
oome una necessit� quel distacco della riscossione 
del tributo dall'esito del giudizio penale che 
gi� viene ammesso oome una possibilit� dall'art. 18 
della legge del 1929. 

Oltre la prescrizione, nel caso di specie verificatasi, 
altre cause estintive si possono presentare. 

Cos� la morte del contravventore, ove si accolga il 
principio ohe, anche per le violazioni non costituenti 
reato, tale evento tronchi la esperibilit� del procedimento 
tendente all'applicazione della sanzione nei confronti 
degli eredi, i quali debbono per� rispondere del 
tributo come obbligazione civile (v. ROTONDI, Appunti 
sull'obbligazione tributaria, Cedam, 1950, pag. 85). 

Ed altro oaso estintivo tipico nel quale si prescinde 
dall'ordinanza intendentizia � quello iiel pagamento 
del tributo fatto per usufruire di un condono ohe dal 
sovrano provvedimento di clemenza sia stato subordinato 
al pagamento stesso. In siffatta ipotesi il 
contribuente paga, e paga legalmente il tributo (ormai 
in maniera virtuale non essendo pi� consentita la 
tardiva apposizione delle marche), nella misura 
calcolata da esso stesso contribuente o indicatagli in 
via breve dall'amministrazione, e in seguito a tale 
pagamento non si fa pi� luogo a procedimento contravvenzionale, 
neppure per la determinazione del 
tributo, limitandosi inveoe l'autorit� amministrativa 
all'applicazione del condono �con provvedimento di 
mero accertamento delle condizioni alle quali l'atto 
di clemenza � subordinato n (11. Cass. Sez. Un., 
6 giugno 1950, in �Ji'oro I tal. ))' 1950, I, 1000). 

V a ancora rilevato che una giurisprudenza di 

varie corti di merito, consolidatasi oon la test� citata 

sentenza 6 giugno 1950 della Cassazione, la quale 

ha ammesso (pur in contrasto oon la tesi sostenuta 

dall'Amministrazione) la ripetibilit� da parte del 

contribuente della somma pagata per usufruire del 

condono mediante la, dimostrazione che l'imposta che 

si assumeva esatta non era dovuta, ha riconosciuto la 

esperibilit� in ogni oaso della relativa azione in sede 

oivile, entro il terrnine prescrizionale, in via autonoma, 

e non in via di irnpugnativa di precedente ordinanza 

determinativa del tributo. 

In conclusione, non oi sembra fondato l'appunto 

che la riscossione dell'i. g. e. nella fattispecie abbia 

costituito esplicazione di un sistema ille{J..�ile ohe 

avrebbe portato alla condanna del contribuente senza __ 

un regolare giudizio: tanto meno questa pretesa illega 

lit� sarebbe stata rilevabile prima facie s� da esclu 

dere l'applicazione del principio del solve et repete. 

E. ALBEGGIANI 

SEGNALAZIONI DI DOTTRINA 
E GIURIS PRUDE.NZA 


S'inizia con questo numero una nuova rubrica il 
cui scopo � quello di fornire sintetiche e tempestive notizie 
sul maggior numero di manifestazioni giurisprudenziali 
e dottrinali relative a materie che interessano 
il contenzioso statale. 

Carattere di questa rubrica � quello di fornire 
ai colleghi un utile stritmento di lavoro per te ricerche 
di dottrina e giut�isprudenza. � superfiuo rilevare.come 
la collaborazione a questa rubrica da parte di tutti i 
colleghi sia indispensabile, specie per fornire notizie 
di pronunzie giurisprudenziali inedite per la cui 
consultazione ci si potr� rivolgere all'Avvocatura che 
ha trattato la causa. 


Le segnalazioni debbono essere, per ovvi motivi, 
quanto pi� sollecite possibile e debbono essere inviate 
all'ufficio Rassegna. 

L'ATTIVIT� DELLAP. A. 
ATTIVIT� FORMALE 


ATTO AMMINISTRATIVO. 

� confermativo l'atto che dichiara, dopo un provvedimento 
precedente e un nuovo esposto, di non 
aver provvedimenti da adottare. (Cons. Stato, 
16 gennaio 1953. �Foro Ital. �; 1953, III, 62, nota). 

Per attuare l'obbligo di provvedere � necessaria 
la diffida formale a provvedere, con prefissione di 
termine, onde dar valore di rifiuto al silenzio della 

P. A. (Cons. Stato, �16 gennaio 1953. cc Foro Ital. n, 
1953, III, 62, nota). 
RICORSI. 

� possibile l'esame da parte dell'a. g. o. dell'atto 
amministrativo, e il diniego della sua applicazione, 
prima che l'atto sia stato eseguito. (Corte Cass., 
15 gen'laio 1953. << Giust. Civile�, gennaio 1953, 
72, nota). 

� competente l'a. g. o. nelle controversie relative 
a violazione di concessione contratto. (Corte Cass., 

S. U., 14 gennaio 1953. � Giust. Civile �, gennaio 
1953, 49 nota). 
Non sussiste obbligo della p. a. di riesame dell'atto 
amministrativo non pi� impugnabile per 
decorso di termini. (Cons. Stato, 16 gennaio 1953. 
�Foro Ital. n, 1953, III, 62, nota). 

� necessario il fondamento su eleme lti desunti 
da atti depositati dall' A. P. e non prima noti ali 
ricorrente, per l'ammissibilit� di motivi aggiunti 
al rie wso al giudice amministrativo. (Cons. Stato 
14 gennaio 1953. �Foro Ital. n, 1953, III, 88, nota). 

Non � ammissibile l'impugnazione per nuovi 
motivi di un atto su cui si � gi� giudicato per altri 
motivi. (Cons. Stato, 11 marzo 1952. cc Foro Ital. n, 
1953, III, 71, nota). 

L'ATTIVIT� DELLA P. A. 
ATTIVIT� SOSTANZIALE 


CULTURALI. 

� legittima la determinazione annuale con decreto 
del Presidente del Consiglio dei Ministri dei 
criteri da seguire dallo stesso per la concessione di 
nuo-ve licenze per l'esercizio di speUacoli cinematografici. 
(Cons. Stato, 30 dicembre 1952. cc Foro 
Ital. >>, 1953, III, 66, nota). 

TRASPORTI E TELECOMUNICAZIONI. 

Non � liberato il vettore che consegni le cose 
trasportate a destinatario diverso daU'originario su 
ordine di un rappresentante apparente del mittente. 
(Trib. Milano, 10 novembre 1952. �Foro 
Padano �, 1953, I, 324, nota, prof. Giorgianni). 

Sono imputabili all'Amm.ne Ferroviaria le anormalit� 
delle merci caricate su binari di raccordo se 
dipendano dalle accidentalit� del trasporto, e alla 
ditta raccordata, se le anormalit�� derivano dal 
modo del carico. (Corte Cass., 14 gennaio �195-3. 
cc Giust. Civile �, gennaio 1953, 66). 

� possibile provare con altri mezzi, esclusa la 
testimoniale e la prova su valori superiqri a quelli 
dichiarati, gli elementi per la liquidazione di un 



-135 


in,dennizzo che non risultino dalla lettera di vettura. 
(Corte Cass., 31 marzo 1952. Corti Brescia e Venezia, 
1952, 100). 

Non sono applicabili alle semplici autorizzazioni 
date da organi periferici dell'Amministrazione 
PP. TT. le limitazioni di responsabilit� previste 
dal Codice Postale per l'.Amministrazione e per le 
concessioni regolari. (Corte Cass., 22 febbraio 1952. 
Corti Brescia e Venezia, 1953, 88). 

ATTIVIT� DELLA P. A. 
ATTIVIT� NEGOZIALE 


APPALTATOR!. 

� revocabile la decisione reiettiva di un ricorso 
in sede giurisdizionale amministrativa contro il 
diniego di iscrizione nell'albo degli appaltatori di 
imposte di consumo, se i motivi della esclusione 
risultino infondati. (Cons. Stato; 27 agosto 1952. 
� Riv. Tribut. n, 1953, 259). 

Non � legittimo il diniego di iscrizione all'albo 
degli appaltatori di imposte di consumo di una 
ditta gi� in carica all'atto della istituzione del1'
Albo, se il provvedimento non sia stato motivato 
e i fatti non siano stati contestati. (Cons. Stato, 
27 agosto 1952. �Riv. Tribut. n, 1953, 259). 

RESPONSABILIT� DELLA P. A. 

� competente l'a. g. o. all'accertamento dell'obbligo 
della p. a. di concorrere con la pubblica forza 
alla esecuzione forzata. (Corte Cass., Reg. Giur. 
6 settembre 1952. �Foro Padano n, 1953, I, 249, 
nota). 

� responsabil~ la p. a. che non conceda la forza 
pubblica per i danni della mancata esecuzione, ove 
temporanee esigenze derivanti da altre pubbliche 
fupzioni non giustifichino il rifiuto. (Corte Appello, 

.. 
Roma, 29 maggio 1952. cc Foro Padano n, 1953, I, 
296, nota prof. Peretti Griva). 

� responsabile il Commissariato Giovent� Italiana 
dei danni causati ad immobili nei quali era 
stato istituito il campeggio, da avanguardisti e 
balilla ove risulti l'omissione .di vigilanza da parte 
dei preposti al campeggio. (OJrte Cass., 10 gennaio 
1953. cc Giust. Civile n, gennaio 1953, 25, nota). 

cc Sulla responsabilit� della P. A. >> (Parte I: La 
responsabilit� per atti illeciti. Parte II: La responsabilit� 
per atti illegittimi). (Articolo del Cons. Torrente 
Andrea, in cc Riv. di Dir. Pubbl. n, 1952. 

I 

ORGANIZZAZIONE INTERNA DELLA P. A. 

PUBBLICO IMPIEGO. 

� competente l'a. g. o. a conoscere dell'azione 
dell'impiegato contro la P. A. per il risarcimento 
del danno alla propria integrit� fisica determinato 
da violazione di norme di comune esperienza ed 

elementare prudenza da parte della p. a. (Corte 
Cass., . S. U., 10 gennaio 1953. cc Giust. Civile n, 
gennaio 1953, pag. 22, nota). 

� competente l'a . g. o. nelle controversie di 
impiego con gli enti economioi dell'agrieolt11ra. 
(Corte Cass., S. U. 24 marzo 1952. cc Foro Ital. n, 
1953, I, 371, nota). 

Non � ammissibile l'impugnazione immediata 
dell'invito della p. a. al concorrente di presentare 
i documenti per la rinnovazione di un concorso 
annullato. (Cons. Stato, 25 efbbraio 1952. cc Foro 
Ital. n, 1953, III, 73). 

� legittima la composizione con gli stessi membri 
della Commissione nel concorso rinnovato dopo 
l'annullamento del primo, e l'adozione degli stessi 
risultati del primo eliminati i vizi di questo. (Cons. 
Stato, 25 febbraio 1952. cc Foro Ita.I. n, 1953, III, 
74, nota avv. Nigro). 

Non � applicabile agli enti pubblici economici 
retti da regolamento organico il blocco dei licenziamenti 
in .Alta Italia. (Corte Cass., 27 marzo 1952. 
cc Foro Ital. n, 1953, I, 375, nota). 

Non sussiste un diritto di stabilit� del posto, nel 
rapporto d'impiego con enti pubblici economici 
quando sia non previsto nel contratto di lavoro. 
(Corte Cass., 17 aprile 1952. cc Foro Ital. n, 1953, 
I, 370, nota). 

� possibile la retroattivit� del provvedimento 
di aspettativa per motivi di salute. (Cons. Stato, 
23 gennaio 1953. cc Foro Ital. ))' 1953, III, 59, nota). 


Non � possibile dichiarare l'impiegato dimissionario 
d'ufficio, scaduto il termine massimo di aspettativa, 
ove non si proceda ad accertamenti del 
suo stato di salute e da esso l'impiegat'l non risulti 
abile. (Cons. Stato, 23 gennaio 1953. cc Foro Ital. n, 
1953, III, 59, nota). 


� applicabile anche ai dipendenti di enti pubblici 
retti da contratti collettivi, il divieto di cumulo 
fra pensione e trattamento di attivit�, ed � esperibile 
l'opzione anche se la situazione di cumulo 
si verifichi dopo la legge 12 aprile 1949, n. 149. 
(Corte Oass., 24 gennaio 1953. cc Foro Ital. n, 1953, 
I, 323 nota). 

Non � da ritenersi di ruolo (ai fini del computo 
dell'intero servizio pre1tato in altri ruoli del gruppo 
O per la promozione al grado XII) il personale a 
contratto del Ministero dell'Africa Italiana. (Cons. 
Stato, 4 marzo 1953, in cc Foro Ital. �, 1953, III, 
57, nota). 

� cumulabile l'indennit� di studio con quella 
di funzione per l'impiegato governa�tivo che sia 
professore universitario incaricato. (Cons. Stato, 
21 ottobre 1952. cc Foro Ital. �, 1953, III, 67, 
nota). 

� necessario notificare il ricorso contro il decreto�ministeriale 
che approva la graduatoria del concorso 
a cattedra, anche all'Universit� che ha 
richiesto il concorso. (Cons. Stato, 25 febbraio 
1952. cc Foro Ital. ))' 1953, III, 73 nota). 


-136 


BENI E MEZZI DELLO STATO 

BENI. 

Del procedimento dinanzi alla 8ezione specilile 
di Corte di Appello di Roma in materia di usi ci-Dici. 

Articolo del Cons. Siniscalchi Antonio. � Riv. di 
Dir. Pubbl. �, 1952, 876. 

CONTRIBUTI. 

Non ha natura tributaria e non soggiace al salve 
et repete il contributo dovuto dalle aziende produttdci 
all'Ente Nazionale Cellulosa e Carta. (Trib. 
Torino, 18 giugno 1952, in cc Riv. Tribut. �, 1953, 
pag. 259). 

� proponibile solo dopo la pubblicazione del ruolo 
e la definizione della procedura del ricorso amministrativo 
l'opposizione ai contributi unificati dell'agricoltura. 
(Corte Cass., S. U., 9 settembre 1952. 
cc Riv. Tribut. �, 1953, 245). 

I. G. E. 
Non � ammissibile il ricorso contro le decisioni 
delle Commissioni provinciali per errore di apprezzamento 
o insufficienza di calcolo. (Corte Cass., 

S. U., 14 giugno 1952. cc Forl Ital. �, 1953, I, 346, 
nota del dot�t. Napolitano). 
Sussiste il sindacato di legittimit� da parte della 
Commissione centrale anche per l'I.G.E. corrisposta 
in abbonamento. (Corte Cass., S. U., 6 giugno 
1952. cc Riv. Tribut. �, 1953, 244). 

IMPOSTE IN 
GENERE. 

Non � deducibile davanti all'a. g. o. il difetto 
di motivazione delle decisioni delle Commissioni 
Teibutarie come motivo di nullit� dell'atto d'imposizione; 
detto difetto peraltro � deducibile come 
mezzo di impugnazione. (Corte Cass., S. U., 14 giugno 
1952. cc Foro Ital. �, ~953, I, 376). 

Non � censurabile in Cassazione l'apprezzamento 
dei giudizi di meri-bo circa una duplicazione del 
tributo. (Corte Cass. S. U., 14 giugno 1952. cc Foro 

� applicabile il solve et repete ai giudizi di legittimit� 
della istituzione di una imposta. (Corte 
Cass., S. U., 8 aprile 1952. cc Riv. Tribut.. �, 1953, 
pag. 244). 

RlCCHEZZA 
MOBILE. 

Rivalutazione per conguaglio monetario. (Circ. 
Min. Finanze; 18 febbraio 1953, n. 250360. cc Riv. 
Tribut. �, 1953, pag. 267). 

RISCOSSIONE 
ENTRATE PATRIMONIALI. 

Non c'� obbligo nell'opponente di provare l'insussistenza 
del fatto da cui l'ingiunzione fa discendere 
la pretesa reaUzzata col procedimento per la 
riscossione coattiva delle entrate patrimoniali. 
(Trib. Roma, 8 ottobre 1952. G. R. A. Palmieri, 
inedita). 

Ha carattere esecutivo ai fini della competenza 
di che all'art. 7 del T. U., n. 1611 del 1933 il procedimento 
coattivo per la riscossione delle entrate 
patrimoniali (Corte Cass., 12 gennaio 1953. cc Giust. 
Civile�, gennaio 1953, 38, nota) .. 


RISCOSSIONE Il. DD. 

Il privilegio speciale R. M. ex art. 2759 c. c. � 
sottoposto al principio generale per i ruoli suppletivi 
dell'art. 2752 c. c. (Trib. Cremona, 4 agosto 
1952. cc Riv. Tribut. �, 1953, 249). 

� competente esclusivamente l'a. g. o. a conoscere 
dell'azione del contribuente che sottopos(;o 
ad esecuzione esattoriale abbia paga�to il tributo 
stante la reiezione da parte dell'Intendente di 
Finanza della opposizione ad atti esecutivi propposta. 
(Cons. S�tato, 23 dicembre 1952. cc Riv. 
Tribut. �, 1953, 245). 

SUCCESSIONE. 

Sussiste esonero da imposta degli eredi del cittadino 
morto durante la guerra in campo di concentramento. 
(Trib. Genova, 18 aprile 1952. cc Foro 
Padano JJ, 1953, I, 336, nota del dott. Zannini). 

Sono inquadrabili fra le dichiarative e non fra 
la traslative le decisioni anche nelle successioni 
esenti da tributo, a condizione per� della denunzia 
dei beni o della registrazione, prima della morte 
del de miius, del loro acquisto nel� patrimonio del 
de cuius. (Corte Cass., S. U., 24 marzo 1952. Corti 
Brescia e Venezia, 1953, 97). 

ATTIVIT� 
DELLA P. A. NEI RAPPORTI 
DI DIRITTO COMUNE 

DIRITTO CIVILE. 

" 

Rivive la persona giuridica estinta se nella legge ,. 
estintiva ne sia prevista la ricostituzione con altro 
nome e organizzazione e un tal provvedimento sia 
intervenuto. (Corte App. Roma, 27 febbraio 1953. 
cc Foro Ital. �, 1953, I, 385). 

� revocabilei come fatto interno, la deliberazione 
del competente organo di un ente pubblico autorizzante 
l'alienazione di un bene. (Corte Cass., 
12 gennaio 1953. cc Giust. Civile�, gennaio 1953, 
47, nota). 

La rappresentanza degli enti economici dell'agricoltura 
spetta ai commissari liquidatori anzich� 
all'UNSEA. (Corte Cass., S. U., 24 marzo 1952. 
cc Foro Ital. �, 1953, I, 371, nota). 

Oneri reali e obbligazioni cc propter rem JJ. Nota 
a sentenza del prof. Biondo Biondi. cc Foro Padano
�, 1953, I, 341. 

Oneri reali ed obbligazioni cc propter rem �: a 
proposito della distinzione fra diritti di credito e 
diritti reali. (Avv. CARLO ALBERTO FUNAIOLI, 
cc Giust. Civ. JJ' gennaio 1953, 163). 


:: :: 
-137 


Non � risolubile una transazione per eccessiva 
onerosit� sopravvenuta. (Corte App; L'Aquila, 
. 17 giugno 1952. �Foro Ital. �, 1953, I, 411, 

nota). 

Non � ammissibile la presunzione a c�rico di 
entrambi i conducenti se dallo scontro siano derivati 
danni ad un solo veicolo. (Corte Cass., 22 agosto 
1952. �Foro Ital. �, 1953, I, 452, nota). 

Sono applicabili integralmente le tabelle di 
costituzione di rendita vitalizia senza decurtazione 
della giovane et� della vittima (caso di omici<lio 
colposo) o dell'anticipata Tiscossione del capitale. 
(Corte Cass. Pen., 28 maggio 1952. �Foro Ital. >>, 
1953, II, 56, nota). 

Rivalutazione per conguaglio monetario. (Studio 
del dott. ROSARIO GRILLO, � Giust. Tribut. e II. 
DD. �, 1953, 145). 

� ammissibile la sospensione della prescrizione 
anche se il termine scada dopo il 15 ottobre 1946. 
(Corte Cass, 26 luglio 1952. �Foro Ital. �, 1953, I, 
337, nota). 

� applicabile la prescrizione breve originaria 
anche dopo una condanna generi caal risarcimento 
dei danni. (Corte Cass., 11 settembre 1952. �Foro 
Ital. �, 1953, I, 331, nota). 

PROCEDURA CIVILE. 

� nulla radicalmente la sentenza affetta da illegittima 
costituzione del collegio e la causa va 
rimessa al primo giudice dal giudice di appello. 
(Corte Cass., S. U., 7 febbraio 1953. �Foro Padano �, 
1953, I, 245, nota del prof. Garbagnati). 

� nulla la citazione generica del Prefetto in 
rappresentanza dell'Amministrazione dello Stato 
(vedi � Rass. Avvocatura�, 1951, pag. 143). (Corte 
App. Bologna, 15 gennaio 1953. �Foro Padano �, 
1953, I, 282, nota). 

Non � ammissibile la proposizione in unico atto 
del ricorso per regolamento <li competenza e di 
quello ordinario. (Corte Rass., 28 aprile 1952. 
<<Foro Ita.l. �, 1953, I, 447, nota dell'avv. Giannandrea). 


Non � impugnabile l'ordinanza con cui il Presidente 
del Tribunale abbia nominato un arbitro . 
(Corte App. Torino, 31 dicembre 1952. <<Foro 
Padano�, 1953, I, 284, nota). 

PROCEDURA PENALE. 

� concedibile di ufficio la provvisionale in giudizio 
di appello penale. (Corte Cass. Pen., 15 ottobre 
1952. <<Foro Ital. �, 1953, II, 42. 

LEGISLAZIONE STRAORDINARIA 

DANNI DI GUERRA. 

Non � valido il patto di riservadel contributo 
statale di ricostruzione all'alienante di un immobile 
danneggiato dalla guerra, e non � ripetibile il 
contlibuto pagato all'acquirente. (Corte Cass., 
14 febbraio 1953. <<Foro Ital. �, 1953, I, 313. 
(Nota dott. CoLETTI; <<Foro Padano�, 1953, I, 
242 (nota). 

LEGISLAZIONE RAZZIALE. 

Non � esperibile l'azione di resc1ss10ne della 
vendita dei beni da parte degli israeli'ti stranieri r,e 
l'alienazione sia anteriore alla data di vigore della 
legge n. 1420 del 1942. (Corte App. Milano, 24 febbraio 
1953. <<Foro Ital. �, I, 278, nota). 

� esperibile l'azione, da parte di cittadini israeliti, 
di annullamento delle alienazioni immobiliari intervenute 
fra le date di vigore del regio decretolegge 
n. 1728 del 1938 e del regio decreto-legge 

n. 126 del 1939; mentre l'azione di rescissione lo � 
per le alienazioni intervenute tra il 6 ottobre 1938 
e la data di vigore del regio decreto-legge n. 1728 
del 1938. (Corte Cass., 30 agosto 1952. <<Foro Ital. >> 
1953, I, 342, nota). 
TRATTATO DI PACE. 

Non sono proponibili le domande di indennizzo 
per confisca di beni italiani da parte delle Potenze 
Alleate in conto di riparazioni, senza l'effettiva 
utilizzazione dei beni stessi a tale scopo. Applicazione 
ai beni in Etiopia. (Corte Cass., S. U., 7 ottobre 
1952, in � Giust. Civile�, gennaio 1953, 121). 


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INDICE SISTEMATICO 
DELLE CONSULTAZ-IONI 


LA FORMULAZIONE DEL QUESITO NON RIFLETTE IN ALCUN MODO LA SOLUZIONE CHE NE � STATA DATA 

AMMINISTRAZIONE PUBBLICA. -I) Se le Pubbliche 
Amministrazioni siano tenute a fornire agli agenti 
delle imposte estratti o copie di documenti o ogni altra 
notizia utile ai fini dell'accertamento tributario (n. 143). 
-II) Se il segreto di ufficio, cui sono tenuti nella loro 
attivit� i funzionari dello Stato e altre persone, vincolate 
al segreto professionale, sia di per s� sufficiente ad impe� 
dire i controlli e le indagini su detta attivit� da parte 
degli agenti delle imposte ai fini tributari (n. 143). III) 
Se i Consorzi Provinciali dei Macellai costituiscano 
veri .e propri consorzi, ai quali siano applic�bili le disposizioni 
degli articoli 2602 e segg. C. C. (n. 144). -IV) Se 

possa estendersi ai liquidatori di un consorzio la responsabilit� 
eccezionale prevista per i liquidatori delle societ� 
(n. 144). �-V) Quali siano le norme che regolano 
le autorizzazioni necessarie per gli acquisti della "Giovent� 
Italiana� nonch� per l'accettazione di donazioni 
e di lasciti disposti in suo favore (n. 145). 

ANTICHITA' E BELLE ARTI. -Se la Basilica 
dei SS. XII Apostoli, di propriet� della Santa Sede, 
sia sottratta alla vigilanza ed ingerenza del Ministero 
della Pubblica Istruzione per quanto concerne la sua 
conservazione e, pertanto, l'esecuzione di restauri (n. 23). 

APPALTO. -I) Se, per effetto del fallimento dello 
appaltatore, il contratto di appalto, si sciolga di diritto 
per il combinato disposto dell'art. 9 del Capitolato 
Generale d'Appalto e dell'art. 81 della legge fallimentare, 
quando nei 20 giorni dalla dichiarazione di fallimento 
non sia stato autorizzato il subentro del curatore n� si 
sia provveduto alla nomina del supplente (n. 171). I) 
Se, intervenuto il fallimento dell'appaltatore, ed in 
difetto della nomina di un supplente, possa l'Amministrazione, 
in epocasuccessiva, rescindere il contrattodi appalto 
per inadempienze intervenute anteriormente (n. 171). III) 
Se l'Amministrazione possa far valere, nei confronti 
del fallimento, ai sensi dell'art. 56 della legge 
fallimentare, in sede di compensazione, tutti i diritti 
derivantile dalla liquidazione finale delle rispettive 
partite di dare e di avere (n. 171). --IV Se il ricorso 

avverso l'applicazione di penabilit�, presentato fuori 
termine, possa ritenersi ritualmente proposto, ove, successivamente 
alla presentazione, venga riaperto il suddetto 
termine (n. 172). 

ASSOCIAZIONI. -I) Se, nell'ordinamento giuridico 
italiano, i partiti politici abbiano natura di associazioni 
di fatto (n. 2). -II) Se le Sezioni dei Partiti Politici 

abbiano carattere di autonomia rispetto alla Direzione 
del Partito (n. 2). -III) Se delle obbligazioni di una 
Sezione risponda la persona che ha agito in nome e 
per conto della medesima (n. 2). 

AUTOVEICOLI. -I) Se la mancanza dei prescritti 
cartelli indicatori renda inoperante la deroga, stabilita 
dall'art. 29 (2� comma) c. s. al principio della precedenza 
spettante ai veicoli provenienti da strade dichiarate di 
grande circolazione (n. 42). -II) Se sia ammissibile 
un'azione di responsabilit� contro l'Ente cui compete 
la manutenzione della strada, qualora non sia apposto 
il cartello indicatore previsto dall'art. 29 c. s. (2� comma, 
inciso) (n. 42). � 

AVVOCATI E PROCURATORI. -Se la norma del 
Regio decreto 26 marzo 1931, n. 305 debba interpretarsi 
nel senso che il patrocinio dell'Avvocatura dello Stato 
possa concedersi alla Provincia solo nelle cause nei 
confronti di locatori di immobili, adibiti ad uso di 
corpi di polizia, oppure in tutte le controversie in cui 
le Provincie medesime siano coinvolte per i rapporti 
giuridici sorti nel destinare un immobile al servizio di 
accasermamento dei suddetti corpi (n. 19). 

CONTABILITA' GENERALE DELLO STATO. I) 
Se sia ammissibile, a favore dello Stato, la compensazione 
di crediti e di debiti verso le singole Amministrazioni, 
ove il credito sia divenuto liquido ed esigibile 

(n. 104). -II) Se il credito dell'Amministrazione possa 
ritenersi liquido ed esigibile, ove l'ingiunzione di pagamento, 
emessa ai sensi del T. U. n. 639 del 1910, non 
aia stata opposta nei temini di rito (n. 104). -III) Se 
il Regio decreto-legge, 2 giugno 1946, n. 480, che stabilisce 
le norme per il pagamento degli acquisti all'estero, 
comporti alcuna deroga alle norme della legge di contabilit� 
e, particolarmente, all'art. 10 di questa (n. 105). 
-IV) Se, una transazione possa stipularsi mediante 
scambio di lettere, ai sensi dell'art. 17 della legge di 
contabilit� generale dello Stato (n. 105). 
DANNI DI GUERRA. -I) Se l'art. 10, comma quarto, 
della legge 10 agosto 1950, n. 648 .$ia applicabile ove 
l'invalidit� o la morte del minore siano derivanti cl,alla 
esplosione di un ordigno, abbandonato, in tempo di 
pace, nel corso di normali esercitazioni militari (n. 34). 
-II) Se lo spostamento di linee elettriche e telefoniche, 
disposto per ordine delle FF.AA. alleate sia regolato 
dalle norme degli artt. 122 e 126 del T. U. 11 dicembre 



-139 


1933, n. 1165 nonch� dall'art. 183 del Codice postale 

(n. 35). -III) Se lo spostamento di linee elettriche e 
telefoniche, effettuato in ottemperanza ad ordine della 
autorit�. militare alleata, possa considerarsi come servizio 
alla stessa prestato e, pertanto, indennizzabile ai 
sensi dell'art. 1, lett. b della legge 9 gennaio 1951, n. IO 
(n. 35). -IV) Se la rimessione della. linea elettrica o 
telefonica nello stato originario, effettuata senza alcuna 
imposizione da parte della competente autorit�, possa 
considerarsi indennizzabile (n. 35). 
ENTI E BENI ECCLESIASTICI. -Se la Basilica 
dei SS. XII Apostoli, di propriet� della Santa Sede, 
sia sottrattata alla vigilanza ed ingerenza del Ministero 
della Pubblica Istruzione per quanto concerne la sua 
conservazione e, pertanto, l'esecuzione di restauri (n. 20): 

ESECUZIONE FISCALE. -I) Se i be'ni di una 
ferrovia concessa all'industria privata possa formare 
oggetto di esecuzione per debito d'imposta (n. 26). II) 
Se i beni di una ferrovia, concessa all'industria privata, 
possano formare oggetto di esecuzione per debito 
di imposta, nonostante che la gestione del servizio sia 
stata affidata ad un commissario governativo (n. 26). 
-III) Se il Commissario governativo sia personalmente 
responsabile, nella gestione dell'azienda, alla 
stessa stregua del liquidatore, in base all'art. 45 del 

T. U. 17 settembre 1931, n. 1608 (n. 26). 
ESPROPRIAZIONE PER P. U. -Se, trascorrn 
il termine improrogabile del biennio, previsto dall'art. 73 
della legge sull'espropriazione per p. u., possa procedersi 
a nuovo occupazione del fondo, ai sensi dell'art. 7 della 
legge sulla abolizione del contenzioso amministrativo 

(n. 81). 
FALLIMENTO. -I) Se, per effetto del fallimento 
dell'appaltatore, il contratto di appalto, si sciolga il diritto 
per il combinato disposto dell'art. 9 del Capitolato 
Generale d'Appalto e dell'art. 81 della legge fallimentare, 
quando nei 20 giornl dalla dichiarazione di 
fallimento non sia stato autorizzato il subentro del 
curatore n� si sia provveduto alla nomina del supplente 

(n. 9). -II) Se, intervenuto il falliment.o dell'appaL 
tatore, ed in difetto della nomina di un supplente, possa 
l'Amministrazione, in epoca successiva, rescindere il 
contratto di appalto per inadempienze intervenute anteriormente 
(n. 9). -III) Se l'Amministrazione possa 
far valere, nei confronti del fallimento ai sensi dello 
art. 56 della legge fallimentare, in sede di compensazione, 
tutti i diritti derivantile dalla liquidazione finale delle 
rispettive partite di dare e di avere (n. 9). 
FERROVIE. -I) Se i beni di una ferrovia, concessa 
all'industria privata, possano formare oggetto di esecuzione 
per debito d'imposta (n. 164). -II) Se i beni 
di una ferrovia, concessa alla industria privata, possano 
formare oggetto di esecuzione per debito di imposta, 
nonostante che la gestione del servizio sia stata affidata 
ad un commissario governativo (n. 164). -III) Se il 
Commissario governativo sia personalmente responsabile, 
nella gestione dell'azienda, alla stessa stregua del 
liquidatore, in base all'art. 45 del T. U. 17 settembre 
1931, n. 1608 (n. 164)' -IV) Se per le spedizioni di 
scaglie di marmo, dirette ad uno stabilim�nto chimico 
per la produzione del cemento, sito nel territorio della 
zona industriale Apuana, spettino le agevolazioni tarif


farie di cui all'art. 11 del Regio decreto-legge 24 luglio 
1938, n. 1266 (n. 165). -V) Se la concessione, accordata 
dall'Amministrazione delle FF.SS. ad una Ditta, 
per il cambio di merce bagnata, nella quale si concreti 
una liquidazione forfetaria del danno, in deroga allo 
art. 58 CC. TT., e, nello stesso tempo, un'agevolazione 
tariffaria, sia valida, ove non sia disposta in via particolare 
dal Ministro o, quanto m�no, dallo stesso autorizzata 
in via generale (n. 166). -VI) Se i funzionari 
dell'Amministrazione ferroviaria, nominabili in una 
Commissione di esami di concorso interno in rappresentanza 
del personale, possano essere designati, da un 
Sindacato di categoria, tra persone estranee al sindacato 
stesso (n. 167). 

FILIAZIONE. -Se, ai sensi delle vigenti norme 
in materia di quiescenza, tra i figli siano compresi anche 
quelli naturali (n. 3). 

IMPIEGO PRIVATO. -I) Se nel rapporto privato 
di lavoro siano ammesse le dimissioni di ufficio (n. 28). 
-II) Se il diniego del dipendente a riassumere servizio 
possa integrare la giusta causa per la risoluzione 
del contratto di lavoro (n. 28). -III) Se un dirigente 
di azienda possa essere obbligato a prestare servizio 
alle dipendenze di dirigente di pari grado, durante il 
normale rapporto di lavoro (n. 28). -IV Se, rispetto 
ai dipendenti delle Terme Demaniali ricorra la giurisdizione 
esclusiva del Consiglio di Stato (n. 29). V) 
Se il blocco dei licenziamenti riguardi anche i dipendenti 
delle Terme Demaniali di Salsomaggiore (n. 29). 

IMPIEGO PUBBLICO. -I) Se i funzionari della 
Amministrazione ferroviaria, nominabili in una Commissione 
di esame di concorso interno, in rappresentanza 
del personale possano essere designati, da un Sindacato 
di categoria, tra persone stranee al sindacato stesso 

(n. 324). -II) Se il candidato, il quale, gi� ammesso 
a concorso, ne sia poi escluso per avere superato i limiti 
di et�, come da modifica introdotta nel relativo bando 
e regolamento pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, possa 
pretendere il ristoro delle spese incontrate per la documentazione, 
ecc. (n. 325). -III) Se, rispetto ai dipendenti 
delle Terme Demaniali ricorra la giurisdizione 
esclusiva del Consiglio di Stato (n. 326). -IV) Se li 
blocco dei licenziamenti riguardi anche i dipendent~ 
delle Terme Demaniali di Salsomaggiore (n. 326). -V) Se, 
dopo l'entrata in vigore del Trattato di pace, possa considerarsi 
vigente la legge 18 marzo 1942, n. 669 (n. 327). 
IMPOSTA DI REGISTRO. -Se l'obbligo del pagamento 
della tassa di registro, incombente su coloro 
che facciano uso della sentenza, si riferisca soltanto a 
coloro che intendano avvalersi della sentenza stessa 
per trarre comunque profitto dalle statuizioni in essa 
contenute o anche a coloro i quali, ritenendosi da essa 
ingiustamente danneggiati, mirino a modificarne o a 
distruggerne in un giudizio successivo gli effetti (n. 85). 

IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE. -Se sia 
ammissibile la tassazione unica dell'imposta di R. M., 
in base a bilancio, anche nel caso di pluralit� di aziende 
unitariamente organizzate, quando possa ravvisarsi 
un organismo unico ed autonomo, ove, nel contempo 
non perdano carattere ed individualit� propria i singoli 
complessi aziendali, onde la maggiore azienda risulta 
composta (n. 4). 


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IMPOSTE E TASSE. -I) Se la sanzione, prevista 
dalla norma dell'art. 20 del decreto legge luogotenenziale 
20 aprile 1945, n. 223, sia applicabile a carico degli 
esercenti la vendita di liquori e di prodotti assimilati, 
congiuntamente alla sanzione di cui all'art. 38 del decreto 
legge 6 ottobre 1948, n. 1200, oppure debba ritenersi 
abrogata da quest'ultima norma (n. 201). -II) Se 
il mancato rinnovo di licenza equivalga a mancanza 
di licenza (n. 201). -III) Se le Pubbliche Amministrazioni 
siano tenute a fornire agli agenti delle imposte 
estratti o copie di docun1.enti o con ogni altra notizia 
utile ai fini dell'accertamento tributario (n. 202). -IV) Se 
il segreto di ufficio, cui sono tenuti nelle loro attivit� i 
funzionari dello Stato e altre presone, vincolate al 
segreto professionale, sia per s� sufficiente ad impedire 
i controlli e le indagini su dette attivit� da parte degli 
agenti delle imposte ai fini tributari (n. 202). -V) Se 
il termine di cui all'art. 1, lett. b), della legge 4 dicembre 
1939, n. 2026, sia stabilito a pena di decadenza 

(n. 203). -IV) Se il detto termine debba avere fo.izio 
da data certa e, quindi, da comunicazione formale 
della Dogana (n. 203). -VII) Se la deliberazione di 
emissione di nuove azioni sia di per s� sufficiente a 
legittimare l'applicazione dell'imposta di ,negoziazione, 
indipendentemente dalla materiale esecuzione della 
delibera medesima (n. 204)' ~ VIII) Se l'Assessore 
per le Finanze della Regione Siciliana sia competente a 
decidere in merito ai ricorsi prodotti da trasgressori 
avverso le ordinanze di condanna emesse dagli Intendenti 
di Finanza (delle circoscrizioni della Sicilia), ai sensi 
della legge 7 gennaio 1929, n. 4 (n. 205). -IX) Se in 
tema di esenzioni o agevolazioni fiscali, l'accertamento 
dei presupposti di fatto sia sottoposto alla competenza 
giudiziaria (n. 206). -X) Se l'esenzione concessa pel 
dazio doganale sui materiali destinati a ricerche petrolifere, 
possa ritenersi estesa, allo stato della legislazione, 
al diritto di licenza (n. 207). -XI) Se l'accertamento 
del reddito in base a bilancio, ai fini della R. M., una 
volta definito, costituisca un presupposto indiscutibile 
per l'applicazione dell'imposta straordinaria sui profitti 
di guerra (n. 208). 
INFORTUNI SUL LAVORO. -I) Se sia possibile 
estendere il trattamento assicurativo alle categorie di 
personale non di ruolo, per le quali la legge non prevede 
l.'assicurazione contro gli infortuni (n. 31). -II) Se 
possa porsi alcun onere a carico dell'Amministrazione, 
ove l'infortunio, occorso in servizio al personale non di 
ruolo, sia da attribuirsi a colpa dell'infortunato o a 
forza maggiore (n. 31). -III) Se l'Amministrazione 
sia tenuta a titolo di responsabilit� civile, ove la causa 
dell'infortunio risalga ad essa medesima (n. 31). 

MATRIMONIO. -I) Se ilrateo di pensione di guerra, 
rimasto insoluto per morte del militare, debba essere 
devoluto ai successibili ex lege oppure alla vedova, la 
quale, prima della morte del marito aveva ottenuto da 
un Tribunale eccleasiastico una sentenza che dichiarava 
la nullit� del matrimonio concordatario, non seguita 
per� dalla seconda sentenza conforme a norma delle 

vigenti disposizioni canoniche (n. 8). -II) Se un 
ufficiale in servizio permanente effettivo, cui sia stato 
negato l'assenso al matrimonio gi� celebrato, abbia 
diritto alle quote complementari di carovita per la moglie, 
dalla quale viva legalmente separato in forza di provvedimento 
giudiziale (n. 9}. 

NAVI. -I) Se il contratto �alla parte'' dia vita ad 
un vero e proprio contratto di lavoro (n. 54). -II) Se 
gli equipaggi, arruolati con contratto alla parte, abbiano 
diritto alla corresponsione della retribuzione delle giornate 
di grandi ricorrenze nazionali (n. 54). 

PENSIONI. -I) Se, ai sensi delle vigenti norme in materia 
di quiescenza tra i figli siano compresi anche quelli 
naturali (n. 54). -II) Se il rateo di pensioni di guerra, 
rimasto insoluto per morte del militare, debba essere 
devoluto ai successibili ex lege oppure alla vedova la 
quale, prima della morte del marito aveva ottenuto da 
un Tribunale ecclesiastico una sentenza che dichiarava 
la nullit� del matrimonio concordatario non seguita per� 
dalla seconda sentenza conforme a norma delle vigenti 
disposizioni canoniche (n. 55). 

PROPRIETA'. -I) Se la svalutazione monetaria 
incida nella liquidazione delle indennit� stabilite dallo 
art. 936 c. c. (n. 7). 

REGIONI. -I) Se l'Assessore per le Finanze della 
Regione Siciliana sia competente a decidere in merito 
ai ricorsi prodotti dai trasgressori avverso le ordinanze 
di condanna emesse dagli Intendenti di Finanza (delle 
circoscrizioni della Sicilia) ai sensi della legge 7 gennaio 
1929, n. 4 (n. 37). -II) Se, ai sensi dell'art. 14 (2� comma) 
dello Statuto Sardo, la Regione succeda allo Stato nella 
propriet� dei beni patrimoniali disponibili, che, solo 
successivamente alla entrata in vigore dello Statuto, 
lo Stato medesimo abbia deciso di destinare a servizio 
di sua competenza (n. 38). 

REQUISIZIONI. -Se il Commissariato per la sistemazione 
e la liquidazione dei contratti di guerra, istituito 
con decreto legge 25 marzo 1948, n. 674, sia competente 
nei rapporti di requisizione posti in essere in Libia 

(n. 101). 
SENTENZA. -Se l'obbligo del pagamento della 
tassa di registro, incombente su coloro che facciano 
uso della sentenza, si riferisca soltanto a coloro che intendano 
avvalersi della sentenza stessa per trarre comunque 
profitto dalle statuizioni in essa contenute o 
anche a coloro i quali, ritenendosi da essa ingiustamente 
danneggiati, mirino a modificarne o a distruggerne in 
un giudizio successivo gli effetti (n. 6). 

TRATTATO DI PACE. -I) Se la svalutazione 
monetaria incida nella liquidazione delle indennit� stabilite 
dall'art. 936 c. c. (n. 49). -II) Se l'art. 78 del 
Trattato di Pace sia applicabile ai casi in cui i beni, 
appartenenti a cittadini ex nemici, siano stati requisiti 
prima della dichiarazione di guerra (n. 49). 

(1100716) Roma, 1953 -Istituto Poligrafico dello Stato . G. C.