ANNO VI -N. 5 MAGGIO 1953 RASSEGNA MENSILE DELL'AVVOCATURA DELLO STATO PUBBLICAZIONE DI SERVIZIO SOMMARIO I. ARTIOOLI ORIGINALI I La oppo;;izione di t<przo da parte della pubblica Amministrazione per la tutela di diritti ed obblighi internazionali dello Stato Italiano, dell'avv. GASTONE DALLAitI, p. 109-115. II. NOTE DI DOTTRINA 1) E. ALLORIO : Diritto Processuario tributario. (2" edizione pag. xv-595, Torino, U. T. E. T.) recensione critica di A. C., pag. 116-117. 2) DE FIGUEIREDO: Inamissibilit� di costituzione di parte civile dello Stato nel processo per contrabbando. (� Giust. Pen. '" 1953, III, 309 e segg.) recensione critica di F. CHIAROTTI, pag. 117-118. 3) OSVALDO POLI: Impo9ta di R. M.: privilegio dello Stato e responsabilit� solidale. (<<Rivista di Diritto Finanziario e Scienze delle Finanze>>, dicembre 1952, pag. 370) recensione critica di G. ZoBOLI, pag. 119-121. 4) FERDINANDO SANTOSUOSSO: Limiti della (( restitutio in integrum)) conseguente all'annullamento di un atto e.9tintivo del rapporto di pubblico. impiego. (�Foro It. >>, 1953, IV, 7) recensione critica di L. LANCIA, pag. 121-122. III. RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA l) Amministrazione dello Stato -Rappresentanza in giudizio -Controversie tributarie (Corte di Cassazione), pag. 123-124. 2) Atto amministrativo -Illegibilit� -Potere dell'a. g. o. (Corte di Cassazione), pag. 124-125. 3) Atto amministrativo -Silenzio-rifiuto di organo incompetente (Consiglio di Stato) pag. 125. 4) Espropriazione per pubblica utilit� -Occupazione temporanea oltre il biennio -Restituzione fondo -Competenza (Corte di Cassazione), pag. 125-127. IV. ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI DELLE CORTI DI MERITO 1) Agricoltura -Agricoltori benemeriti -Recupero dei contributi (Tribunale di Roma), pag. 128-130. 2) Autoveicoli assegnati in uso dal G. M. A. -Responsabilit� dell'aseegnatario -(Corte di Appello di Milano) pag. 130-131. 3) Imposte e tasse -Natura tributaria dei contributi per l'uso delle bombole Ente Metano (Tribunale di Roma) pag. 131. 4) Imposta sull'entrata -Solve et repete -Imposta suppletiva (Tribunale di Tren~o), pag. 132-133. V. RASSEGNA DI LEGISLAZIONE, pag. 134-137. VI. INDICE SISTEMATICO DELLE CONSULTAZIONI, pag. 138-140. WZCTFEEFF WZCTFEEFF ANNO VI -N. 5 MAGGIO 1953 RASSEGNA MENSILE DELL'AVVOCATURA DELLO �STATO PUBBLICJAZIONE DI SERVIZIO LA OPPOSIZIONE DI TERZO DA PARTE DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE PER LA TUTELA DI DIRITTI �ED OBBLIGHI INTERNAZIONALI DELLO STATO ITALIANO SOMMARIO. -1. Limiti alla proponibilit� della opposizione di terzo. -2. Il pregiudizio della Pubblica Amministrazione nel campo del diritto pubblico e internazionale. -3. Configurabilit� delle azioni in opposizione sotto il profilo soggettivo. -4. Sotto il profilo oggettivo del pregiudizio. -5. Le pretese del cittadino contro lo stato straniero, occupante, alla restituzione dei beni. 6. Il pregiudizio sotto il profilo della responsabilit� per atti del singolo. -7. E sotto il profilo della responsabilit� per atti di giurisdizione. 1. La esperibilH� della opposizione di terzo da parte della Pubblica Amministrazione contro una sentenza che le arreca un pregiudizio giuridico, non presenta difficolt� concettuali o teoriche alla sua applicazione. Ma poich� i rapporti della Pubblica Amministrazione si estendono a zone sottratte alla disciplina del diritto privato, sia nel pi� evidente settore di rapporti di diritto pubblico interno, sia nel pi� delicato campo di rapporti internazionali, pu� apparire discutibile e delicata la possibilit� di una interferenza dell'Amministrazione in un rapporto giuridico, definito con sen �benza passata in giudicato, che abbia affermato la esistenza di una situazione giuridica tra un privato e uno Stato straniero, situazione che essendo in contrasto con diritti e obblighi assunti dallo Stato italiano nel campo internazionale, sia produttiva di una concreta lesione giuridica dello Stato italiano. E poich� � evidente che l'esperibilit� della opposizione di terzo richiede che il pregiudizio giuridico si concreti nell'ambito dell'ordinamento giuridico interno, la difficolt� non consiste tanto nell'ammettere la possibilit� di una tutela -attraverso la opposizione di terzo -di un diritto pubblico di cui sia titolare l'Amministrazione, quanto di collegare ai rapporti giuridici internazionali pregiudicati, una pretesa giuridica soggettiva della Amministrazione titolare di tali rapporti, al loro rispetto nell'ordinamento interno da parte del singolo. � Il punto di contrasto tra pretese del singolo e pretese dello Stato italiano nei confronti dello Stato straniero, si pu� facilmente ipotizzare in quel caso anomalo di sovrapposizione coattiva dell'ordinamento di uno Stato sull'ordinamento giuridico interno di un altro, che si verifica a seguito della occupazione bellica da parte di un esercito invasore -e che storicamente si � attuato a danno dell'Italia nella occupazione bellica del 1943-45 ad opera dell'esercito germanico. E il problema concreto che ha dato origini a queste indagini � sorto dall'esame della ammissibilit� di un intervento da parte dell'Amministrazione, in una controversia decisa con sentenza passata in giudicato e instaurata da un privato cittadino nei confronti della Repubblica federale tedesca, per ottenere il risarcimento del danno provocato dalla confisca di un autoveicolo da parte delle forze militari di occupazione. Le con . crete ripercussioni internazionali della decisione, avevano posto l'Amministrazione nella necessit� di porre in essere un comportamento attivo, mantenuto per� nei limiti del rispetto della legge interna e della indipendenza del potere giudiziario, comportamento diretto ad eliminare le conseguenze dannose derivanti in campo internazionale dalla violazione degli impegni internazionali assunti con il Trattato di Pace. Il solo rimedio giuridico esperibile astrattamente in una ipotesi del genere era la opposizione di terzo -e la prima questione che si presenta � quella della legittimazione ad agire da parte della Pubblica Amministrazione, sia sotto il profilo soggettivo che oggettivo. Occorre, a questo punto, richiamare brevemente alcuni principi generali in materia di effetti soggettivi del giudicato. � principio comunemente affermato che la cosa giudicata non abbia valore che tra le parti e che i terzi non debbano risentirne influenza, salvo casi eccezionali. � questa la concezione dei limiti soggettivi della cosa giudicata (1) per cui i terzi sono distinti in due categorie: terzi giuridicamente interessati e terzi giuridicamente indifferenti. Il primo caso si ha quando il rapporto sostanziale. deciso dal giudice � collegato giuridicamente con un alt,ro -rapporto tra una delle parti ed il terzo, cosicch� (I) CHIOVENDA: Principi di dir. di Proc. Civ., par. 30. -110 la cosa giudicata formatasi sul primo rapporto importi necessariamente . una esclusione di impugnativa sul secondo. In ta.Ie caso trovano applicazione quegli istituti di origine germanica che permettono alla parte, che ha interesse a che una sentenza pregiudichi anche un terzo, di coinvolgerlo nella sfera di efficacia della sentenza (intervento coatto, chiamata in garanzia ecc.) e che permettono al terzo di tutelarsi dalle conseguenze dei giudizi inter alias ancora pendenti o gi� definiti, attraverso l'intervento principale o l'opposizione di terzo. Ma, nella realt� giuridica, la concezione dei limiti soggettivi della cosa giudicata (1) � necessariamente soggetta a temperamenti, per spiegare tutti i casi in cui ha luogo una estensione dell'autorit� del giudicato oltre la cerchia dei terzi giuridicamente interessati, in quanto se astrattamente pu� apparire �esatta, tale posizione giuridica, in pratica non � possibile determinare il limite tra interesse giuridico e indifferenza giuridica. Con maggiore rigore giuridico si richiama da altri Autori (2) il principio degli effetti giuridici riflessi della cosa giudicata sui rapporti giuridici con i terzi, e si riconosce che la misura della influenza del rapporto giuridico che dalla sentenza � stato, comunque, accertato, sul rapporto giuridico con il terzo � questione di diritto sostanziale, in quanto (3) la posizione dei terzi di fronte alla cosa giudicata � quella dei loro rapporti di fronte al rapporto deciso. Se tali rapporti sono dipendenti, nel senso che il rapporto deciso � pregiudiziale al loro, la cosa giudicata su tale rapporto si riflette in modo immediato sui rapporti di questi terzi qualificati, che risentono un pregiudizio o un vantaggio giuridico, non tanto dalla decisione quanto dal suo contenuto. Ma non sempre il rapporto del terzo influenzato dalla sentenza � subordinato da quello deciso, ma � talora indipendente da questo, nella origine (4) e nella sua permanenza, perch� � un rapporto concorrente, nel senso cio� che nei confronti dello stesso soggetto, pi� soggetti possono vantare una pretesa dipendente dallo stesso evento. E in tal caso si parla di un vincolo di coordinamento necessario tra il rapporto deciso e quello di cui i terzi sono titolari, che importa sempre una estensione a costoro della cosa giudicata. Ed � appunto sulla portata e sulla estensione del concetto di pregiudizio di un diritto sul quale la dottrina non � molto chiara, in quanto mentre concordemente lo si riconosce quando vengano contesta�ti diritti assoluti, vi � incertezza nello ammettere il pregiudizio giuridico per diritti relativi, per i quali esso sarebbe solo di fatto. Comunque non appare dubbio che un interesse giuridico alla opposizione vi sia, allorch� il terzo si affermi �titolare di un diritto assoluto, che, invece, la decisione abbia attribuito ad altri, e che (1) CHIOVENDA: Principi di dir. di Proc. Civ., 580. (2) Cfr. CARNELUTTI: Sistema, ed. 1926, vol. IV, n. 387; ALLORIO: La cosa giudicata rispetto ai terzi, Capo IV, n. 37-38. (3) ALLORIO: op. cit., n. 62. (4) ALLORIO: op. cit., n. 68. costituisce un titolo diverso per richiedere nei confronti del convenuto la attribuzione del godi mento o della signoria sulla stessa cosa: come avviene nell'ipotesi dell'erede legittimo, che oppo nendosi alla sentenza che riconosca all'erede te stamentario il titolo al recupero di un bene ere ditario, contesti la validit� del testamento e cio� la titolarit� del diritto ereditario della parte ad ottenere la cosa. Ma non pu�, neppure, dubitarsi che il pregiu dizio che legittima l'opposizione sussista egual mente in quei rapporti che, in senso lato, pos sono dirsi di garanzia (1) e sui quali il terzo si sia impegnato ad un comportamento, che valga a limitare o ad escludere la responsabilit� del garantito: cos� la cosa giudicata tra assicurato contro i rischi civili e danneggiato si riflette sul l'assicuratore, il quale pu� esperire la opposizione, a carattere revocatorio, che compete agi; aventi causa.. Ma nella ipotesi in cui al danneggiato � stato imposto dal garante l'obbligo giuridico di non rivolgersi al garantito, � chiaro che la violazione dell'obbligo importa un pregiudizio giuridico per il garante, che a tale comportamento si sia a sua volta impegnato verso i terzi e che quindi pu� esperire la opposizione in via principale, non tanto per un interesse riflesso, nei confronti del garan tito, quanto per un interesse contrastante diret tamente con quello del danneggiato. Nel campo del diritto privato, a tale ipotesi teorica pu� non corrispondere totalmente una fat tispecie concreta. Ma, quando la questione si spo sta e si trasferisce in quel campo intermedio tra diritto pubblico e privato, in cui il diritto del singolo trova limitazioni legislative, per esigenze pubblicistiche, che le Amministrazioni pubbliche possono nel loro interesse far valere, la possibilit� di applicazione degli istituti giuridici trova riscon tro in casi nuovi ed in ipotesi non prevedibili nel diritto privato. 2. E nel caso in esame si verifica appunto una situazione giuridica che fa sorgere i presupposti perch� nei confronti di un cittadino gi� titolare . di un diritto soggettivo e assoluto e di una pretesa ad un risarcimento per danni alla propriet�, sia esperibile un'azione giudiziaria da parte . di una pubblica Amministrazione, che rispetto allo speciale soggetto verso il quale la pretesa del singolo si rivolge, ha, per altro titolo, una pretesa patrimoniale di diversa natura giuridica, ma che esclude ed elide il diritto del privato, in quanto si riferisce al bene da costui perseguito. In altri termini allorch� la titolariet� di pretese internazionali da parte dello Stato italiano nei confronti di uno Stato straniero � consacrata in norme interne, queste norme, nell'ordinamento interno, fanno sorgere nella Amministrazione la pretesa giuridica a far valere quello che � diritto soggettivo internazionale come diritto soggettivo interno nei confronti di chiunque lo contesti. �--:E quindi la titolarit� di. pretese patrimoniali nel (1) ALLORIO: op. cit., 136-137. -111 campo internazionale � presupposto per far valere nell'ordinamento interno, quegli interessi patrimoniali ricollegati a tale pretesa per ottenerne il riconoscimento nei confronti di chi li contesti o intenda farli valere in nome proprio. L'adattamento del diritto interno all'ordinamento internazionale, sancito anche dall'art. 10 della Costituzione avviene quando lo Stato approva in forma di legge e dichiara esecutivo in Italia l'accordo (1). N� occorrono norme specifiche di attuazione, per-riconoscere ai singoli cittadini dei diritti in base alle norme del diritto internazionale recepite nell'ordinamento interno (2). Ed egualmente deve dirsi per gli obblighi giuridici e per i doveri cui i cittadini sono assoggettati in virt� di norme internazionali divenute disposizioni di diritto interno. E come il magistrato deve applicare le norme internazionali divenute norme interne a favore del privato, il quale pu� adire direttamente l'autorit� giudiziaria per la tutela di tali pretese; se esse hanno carattere di diritti soggettivi perfetti, cosi deve dichiarare la inesistenza di un diritto soggettivo privato, allorch� le norme internazionali recepite nell'ordinamento interno abbiano concesso la titolarit� della pretesa giuridica ad altro soggetto (e cio� allo Stato) nel caso in cui tale pretesa debba esser fatta valere contro un soggetto internazionale (3). Come ulteriore conseguenza delle osservazioni di cui sopra, deve rilevarsi che lo Stato, con la pubblicazione del trattato e la sua recezione nel diritto interno assume l'obbligo internazionale di farne osservare le norme da parte dei propri organi e da parte dei propri cittadini. Ora, mentre per adeguare agli obblighi assunti il comportamento degli organi amministrativi, il legislatore interno potr� emanare norme di attuazione, ci� non � possibile nei confronti del potere giudiziario, in quanto ci� significherebbe un'ingerenza da parte del potere esecutivo, nella funzione giudiziaria. In tali casi la dottrina riconosce che; a parte il sindacato che nell'ordine internazionale pu� esser esercitato sugli atti di giurisdizione dello Stato, (1) ANZILLOTTI: Corso dir. Intern., 1928, 367; MoNAOO: Manuale di dir. Intern., 1949, 310. (2) DIENA: Dir. Internaz. I, par. 39 e 66; ANZILLOTTI: Il dir. Internaz. nei qiudizi interni, pag. 103. (3) La Suprema Corte non sembra r:er� completamente di questo avviso, nella decisione S. U. 30 a!rile 1951, n. 1059, ove ha affermato che l'ordine di_ esecuzione determina � l'adattamento delle sole clausole che lo consentono, di quelle, cio�, risf etto alle quali sia possibile individuare il contenuto della norma interna corrispondente. A pi� forte ragione occorrono particolari norme espresse di diritto interno, quando lo Stato non solo vuole uniformare la sua condotta al principio di_ diritto internazionale, riconoscendo i relativi obbligati di fronte agli altri Stati, ma intende assumere e sancire obblighi diversi e pi� ampi e costituire diritti a favore di singoli, assumendo cos� obblighi non aventi contenuto internazionale" � Senonch� la decisione 285 S. U. del 2 febbraio 1953, ha affermato cLe le rinuncie contenute nel Trattato di Pace sono operative di diritto nell'ordinamento interno, precludendo ai c;ttadini ogni azione nei confronti dello Stato Germanico. Ci� pertanto dimostra che la inserzione automatica delle ConvEmzioni internazionali nel diritto interno ha effetto immediato sui diritti e sugli obblighi dei singoli. per affermare una responsabilit� per atti giurisdizionali internazionalmente illegittimi (1) vi � l'obbligo dello Stato stesso di porre in essere tutti i mezzi giuridici consentiti dall'ordinamento interno per la rettifica o l'annullamento della decisione garantita dalla autorit� dalla cosa giudicata. E poich� l'ordinamento processuale italiano consente l'esperimento di una opposizione di terzo a favore di chi risenta un pregiudizio giuridico dalla decisione emanata su un rapporto tra altre parti -si tratta di vedere se, la peculiare natura dei rapporti intercorrenti tra le parti del precedente giudizio e le Amministrazioni che sono portatrici nel diritto interno dei qualificati interessi giuridici connessi agli obblighi internazionalmente assunti, consenta di fare ricorso a tale istituto allorch�, come nel caso in esame, sia le norme interne, sia le norme internazionnli recepite concedono ali' Amministrazione di pretendere da parte del singolo un determinato comportamento negativo. 3. Tale pretesa, dati i molteplici aspetti assunti dalla questione, pu� profilarsi sotto un duplice punto di vista: a) sia sotto il profilo di un interesse patrimo niale positivo, in quanto l'Amministrazione � stata riconosciuta dalla legge come esclusiva tito lare di un diritto alla restituzione o all'indennizzo, in luogo del privato, nei confronti di un-dato sog getto internazionale; b) sia sotto il profilo di un interesse negativo, in quanto l'obbligazione assunta in linea interna zionale, di uno specifico comportamento dei pro pri cittadini, fa sorgere una pretesa giuridica del l'Amministrazione nei confronti di costoro ad ade guarsi al comportamento ricbiesto e a pretendere che il comportamento in contrasto sia dichiarato giuridicamente invalido e inefficace. Ora, � noto che, per quanto riguarda la propo nibilit� della domanda, di opposizione di terzo, sono necessarie due condizioni: e cio� che il terzo non sia stato parte del precedente giudizio e che vi sia stato un pregiudizio ad un proprio diritto. Sulla qualit� di terzo, rispetto al precedente giudizio, da parte della pubblica Amministrazione sorge la questione se la partecipazione al preceden- be giudizio da parte del Pubblico Ministero possa precludere un intervento di terzo da parte di Amministrazioni dello Stato che sollevano pretese soggettive contrastanti con quella dell'attore. Ma una tale questione non pu� risolversi che in senso negativo. Il Pubblico Ministero, infatti, rappresenta un interesse generale alla esatta osservanza della legge ed alla attuazione della giustizia nel processo civile (2) ed il suo intervento ha lo scopo di esprimere il suo opinamento sulla decisione da adottare, per la pi� corretta applicazione della legge secondo il suo spirito (3). Tale interesse non ha nulla a che vedere con gli inter~_ssi che sono ricollegabili allo Stato come persona giuridica_ (1) Cfr. PAu: Responsabilit� internazionale dello Stato per atti di giurisdizione. Parte Il, cap. I. (2) CHIOVENDA: Principi, par. 12. (3) REDENTI: Profili pratici del Dir. Proc. Oiv., n. 164. -112 pubblica, soggetto di diritti patrimoniali, dei quaJ!.� .. zionale, qualificata come occupazione bellica sono ti-boiari quegli uffici della Pubblica .Amministrazione che a quel dato ramo d.i pubblica attivit� provvedono. E tali uffici pubblici, quali portatori di pretese giuridiche in contrasto con la pretesa giuridica del privato possono legittimamente intervenire in un giudizio in qualit� di parti, per la tutela concreta di tali diritti. N � ha rilievo un'altra questione e, cio�, se la circostanza che il Ministero degli esteri, come organo di trasmissione di atti di procedura del precedente giudizio, sia venuto a conoscenza della vertenza, possa precludere ad esso l'azione in sede di opposizione. La conoscenza della vertenza come organo di trasmissione di atti, � una conoscenza di fatto, non giuridica, in quanto non d� luogo ad una vacatio in jus nei confronti dell' .Amministrazione, per cui possa dirsi che essa venga chiamata a far parte del precedente giudizio. N� l'ulteriore circostanza che il Ministero predetto, preoccupandosi delle reazioni di Stati stranieri al giu dizio in corso, possa. aver richiamato l'attenzione del Pubblico Ministero, e che questi a norma dell'art. 70, ultimo comma, C.P.C., possa aver ritenuto conveniente l'intervento facoltativo a tutela del pubblico interesse, ad una esatta applicazione della legge, esclude che l'.Amministrazione possa poi attuare un'azione autonoma a tutela di una pretesa particolare che si identifica anzi, ha natura e finalit� diversissima dal pubblico interesse perseguito dal Pubblico Ministero. In sostanza, non sembra che la legittimazione ad agire, in opposizione da parte dell' .Amministrazione, sotto il profilo soggettivo possa seriamente contestarsi. 4. Rimane il problema sostanziale e, cio�, resta a vedere se la legittimazione ad agire sussista sotto l'aspetto oggettivo della identificazione dell'interesse di cui l'.Amministrazione lamenta il pregiudizio. Perch�, infatti, l'opposizione sia proponibile occorre, ripetiamo, che il pregiudizio sia qualificato, cio�, si riferisca ad un vero e proprio diritto soggettivo della Pubblica .Amministrazione che deve esser fatto valere nei confronti dei privati. Si tratta, infatti, di determinare se ed in che limiti sia possibile, in concreto, alla pubblica .Amministrazione nel caso specifico di danni derivanti dalla occupazione bellica tedesca nel 1943-45, far valere nel diritto interno, e nei confronti dei privati quei diritti riconosciuti allo Stato italiano, o quegli obblighi da esso assunti con il Trattato di Pace, nell'ambito dell'ordinamento giuridico internazionale. La questione, quindi, va esaminata nel senso di accertare se la legge interna, in questa peculiare materia abbia configurato come un diritto delle .Amministrazioni dello Stato -che nell'ordinamento internazionale sono portatrici, come si � precedentemente rilevato, di quelle pretese giuridiche -le pretese stesse. Su questo punto -riteniamo, anzitutto -che possa affermarsi con sicurezza, che, per l'ordinamento interno italiano; titolare esclusivo del diritto a richiedere la restituzione dei beni pubblici e privati asportati dalle truppe di occupazione, men-tre esiste quella situazione giuridica interna- deve ritenersi lo Stato occupato, il quale provveder� a mezzo degli organi a ci� delegati. Trattasi di un principio contemplato nella Sezione III della II e della IV Convenzione dell' .Aia del 1899 e del 1907 -sull'occupazione bellica -:e che si applica evidentemente anche nella ipotesi sfavorevole che lo Stato italiano sia soggetto passivo dell'occupazione bellica. Tali norme -divenute legge interna a seguito dell'approvazione delle Convenzioni da parte dello Stato italiano -costituiscono non solo un obbligo giuridico del cittadino, di osservarle, ma escludono che nei confronti di uno Stato straniero egli possa proporre un'azione diretta ed immediata di restituzione e di ris;i,rcimento. 5. � necessario, a questo punto, per�, precisare ulteriormente questi due profili di una possibile azione del singolo, nei confronti dello Stato occupan-! Je. Per quanto riguarda la possibilit� della restituzione dei beni, asportati dall'esercito straniero occupante, sembra che possa, senz'altro, escludersi la possibilit� di configurare l'interesse del singolo alla restituzione, come un diritto del singolo nei confronti dello Stato straniero. Tale configurazione � stata anche recentemente negata dalla Suprema Corte, con decisione 285 del 2 febbraio 1953 (�Mass. G.I. n, �1953, col. 78) che ha affermato la inesistenza di un diritto soggettivo azionabile alla restituzione. Ci sembra, infine, che una concezione del genere sia del tutto da escludere attraverso il richiamo alla legislazione interna che ha concretamente disciplinato le situazioni giuridiche derivanti dall'occupazione bellica del 1943-45 da parte delle truppe tedesche, sia per quanto riguarda i sin goli cittadini titolari di diritti su beni asportati. Va, infatti, ricordato che con decreto legislativo 24 aprile 1948, n. 896 concernente la Riconsegna dei beni asportati dai tedeschi, � stato stabilito che i beni dei quali l'art. 77, n. 2 del trattato prevede la restituzione (art. 1), devono essere restituiti a chi dimostri di essere proprietario o detentore al momento della asportazione -tramite il Ministero dell'Industria (art. 5) il quale provvede al recupero attraverso l'opera di missioni per le restituzioni operanti in Germania e in .Austria (arg. ex art. 1) di intesa sempre con il Ministero del Tesoro. �, inoltre, da rilevare che i beni identificabili come beni nazionali e recuperati, divengono di propriet� dello Stato, se <e non sia stata presentata o sia stata rigettata la domanda di riconsegna e in ogni caso quelli per i quali l'interessato sia incorso nella decadenza del diritto di riconsegna (art. 4). Il Ministero del Tesoro, al quale vanno accreditate le somme ricavate dalla -vendita dei beni devoluti allo Stato (art. 17, in rei... all'art. 21) � quindi l'Amministrazione dello Stato che, nei e.on-_ fronti di privati, pu� vantare un diritto pubblico soggettivo all'acquisizione di beni nazionali recuperati, ed ha, pertanto, una legittimazione attiva � indiscutibile a contrastare la pretesa del privato che si faccia a richiedere in via giurisdizionale fil fffillm: 001 fil fffillm: 001 -113 nei confronti dello Stato tedesco quanto gli � consentito di chiedere solo in via amministrativa, ad un'amministrazione dello Stato italiano. Sot�to questo profilo, quindi, la tesi che la restituzione del bene privato asportato dalle truppe �tedesche costituisca un diritto del cittadino nei confronti dello Stato straniero � in contrasto con le norme del decreto legislativo 1948, n. 896, che riconoscono tale diritto esclusivamente all'amministrazione italiana e disciplinano, con norme di attuazione del trattato di pace, l'attivit� degli organi dello S�tato cui � demandato il recppero dei beni stessi, i quali nei confronti dell'ordinamento internazionale assumono una configurazione giuridica particolare di bene nazionale, che prescinde dalla posizione giuridica del titolare del � bene stesso nell'ordinamento interno e, quindi, escludono che costui possa esercitare un'at�tivit� giudiziaria a tutela diretta della propriet� nei confronti dello Sta�to straniero. 6. Rimane l'altro aspetto del problema e, c10e, se sia configurabile la esistenza di un diritto sogget �tivo del cittadino di uno Stato straniero ad o-ttenere il risarcimen-to del danno ad esso provoca; to dallo Stato stesso. Su questo punto � noto che, dopo un certo travaglio giurisprudenziale e dottrinario, � stata riconosciuta la responsabili"t� dello Stato straniero, nei confronti del cittadino per un'attivit� di diritto privato svolta nel territorio italiano (1). Ma, per quanto concerne la responsabilit� diretta dello Stato straniero per atti di diritto pubblico (2) cio� compiuti jure imperi, non sembra che tale tesi, anche se autorevolmente propugnata in dottrina (3) possa essere accolta. In sostanza con essa si dovrebbe riconoscere la sindacabilit� da parte dell'autorit� giudiziaria sull'atto di imperio compiuto dallo stato belligerante in danno del cittadino dello Stato occupato. Ora, anche se � ammissibile un giudizio di legittimit� formale del provvedimento adottato, in relazione all'ordinamento giuridico della occupazione bellica stabilito dalle norme internazionali, non sembra che possa conseguire ad una pronuncia di illegit�timit� una condanna al risarcimento dei danni, dello Stato occupante a favore del singolo cittadino -qualora l'atto stesso fosse da considerare internazionalmente illegittimo. E nella specie la soluzione negativa si fonda su questi argomenti: 1� per quanto concerne il giudizio di legittimit� dell'atto di prelevamento del bene appartenuto al privato cittadino, deve osservarsi che il territorio nazionale, al momento in cui si verifica il fatto dannoso � soggetto ad occupazione bellica da parte di forze armate nemiche, e che, pertanto, la pro (1) Cass. Sez. Un., dee. n. 1631 del 21settembre1948. (2) Sulla esenzione dalla giurisdizione degli Stati esteri cfr. recentemente Tribunale Roma 15 novembre 1952 e 28 gennaio 1952, cc Foro it. '" 1952, I, 796, con nota di SPERDUTI: L'esenzione degli stati esteri dalla giurisdizione e il principio della buona fede. (3) QUADRI: La giurisdizione sugli stati stranieri, pag. 127. 1frtet� privata, in tale situazione giuridica internazionale, � oggetto di due poteri internazionalmente riconosciuti all'esercito occupante: quella di seques-tro e quella di requisizione. Tali poteri sono contemplati nella Sez. IU della II e della IV Convenzione dell'Aia del 1899 e del 1907, sull'occupazione bellica, e dai rispettivi regolamenti. La facolt� di sequestro � contempla'ta dal 2� comma dell'art. 53 dei due regolamenti, � si riferisce, nella formulazione del 1899, a: �Le mat�rial des chemins de fer, les t�legraphes ... m�me appartenent a des personnes priv�es, sont �galement des moyens de nature � servir au operations de guerre, mais dovront �tre restitu�s, et les indennit�s seront r�gl�es � la paix �. La indicazione dei mezzi di trasporto ha carattere meramente esemplificativo, come si desume dalla pi� ampia formula usata nella corrispondente norma del Regolamento 1907 <e Tous le moyens affect�s sur terre, sur mer et dans les aires ... au transport des personnes ou des choses... �. Questo potere, che anche la legge di guerra italiana ampiamente riconosce -art. 60 legge 8 luglio 1938, n. 1415 -pu� esser esercitato dalle autorit� militari senza bisogno di preventiva autorizzazione, come, invece, si richiede per il caso di cc requisition en nature pur les besoins de l' arm� d'occupations � dall'art. 52 di entrambi i regolamenti -che espressamente precisano cc Les req1tisitions... ne seront reclam�s qu'avec l'autorisation du commandant dans la localit� occup� �. Ma la indagine dell'autorit� giudiziaria sulla natura formale dell'atto non pu� oltrepassare i limiti che al magistrato sono posti dalla legge interna all'esame dell'atto amministra�tivo autoritativo. In sostanza le convenzioni internazionali, riconoscono all'occupante il potere di sostituirsi allo S�tato occupato nell'esercizio del potere di requisizione, cio�, di porre in essere quel f actum principis per cui il diritto di propriet� del privato pu� essere affievolito. E che il factum principis posto in essere dallo occupante possa esser recepito nell'ordinamen-to giuridico dello Stato occupato, non sembra dubitabile (16 ). Si parla, a tal proposito, di un obbligo giuridico internazionale di pat�, da parte dello Stato occupato, che, per�, si riferisce soltanto agli atti dello Stato occupante che siano riconosciuti internazionalmente legittimi, cio�, conformi alle norme internazionali sulla occupazione bellica. Si parla, infine, di recezione, come fatto giuridicamente rilevante, anzich� come atto: ma ci� non esclude che il fatto autoritativo dello Stato straniero si rifletta sull'ordinamento interno, con la stessa efficacia con la quale opera in tale ordinamento l'atto autoritativo dell'Amministrazione nell'esercizio di un pubblico potere. Il sindacato di legittimit� dell'autorit�..giudiziaria, anche se teoricamente concepibile per affermare la non conformit� della requisizione bellica (1) CAPOTORTI: L'occupazione nel diritto di guerra, pag. 103-192; BALLADORE PALLIERI: La guerra, pag. 334340. m&&.@f.i�UfilWff�ffi%MJ ~ m&&.@f.i�UfilWff�ffi%MJ ~ -114 alle norme internazionali, nei casi concreti rimane solo come affermazione generica ed astratta, in quanto la imprecisione dei limiti posti dalla legge all'attivit�. dello Stato occupante -importa la impossibilit�. del sindacato di eccesso di potere (1) che, d'altronde, non � ammesso neppure nei confronti dello Stato italiano, se non dinanzi al giudice amministrativo. Anche la giurisprudenza � orientata su questo punto in senso negativo. La Suprema Corte (2) concisamente risolve la questione affermando: �gli ordini dell'autorit� occupante in tempo di guerra costituiscono una esplicazione di potest�. sovrana che si estende al territorio occupato e si sovrappone ai poteri dello Stato Nazionale, e per tale loro natura sfuggono al sindacato di legit�timit� dell'autorit� giudiziaria n. La recente decisione delle Sezioni Unite 30 aprile 1951, n. 1059, citata, conferma come le requisizioni effettuate in regime di occupazione bellica siano oggetto di disciplina internazionale -e che, comunque, le violazioni dai limiti e dalle condizioni dell'esercizio del potere di requisizione non importano responsabilit�. nei confronti dello Stato occupante -se non sul piano del diritto internazionale. 2� Consegue da ci� la irrilevanza di una affermazione giurisdizionale di illegittimit�. dell'atto compiuto dallo Stato occupante in ispreto alle Convenzioni dell'Aia in quanto -come la predetta decisione ha osservato -�qualsiasi violazione dei limiti e delle condizioni poste da tale norma (dell'Aia) pu� determinare responsabilit� dello Stato (italiano) solamente sul piano internazionale e NON DIRETTA.MENTE VERSO GLI .ABIT.ANTI DELLO ST.ATO OCCUP.A.To, i quali non derivano n� dal decreto di esecutivit� della predetta Convenzione in Italia, n� dall'art. 62 della legge di guerra, il diritto di agire contro lo Stato italiano per pretesi atti illeciti del medesimo�. Infatti i� singoli non sono soggetti passivi di atti internazionalmente illeciti, i quali, quando arrechino loro danno, sono rilevanti di fronte allo Stato da cui questi ultimi dipendono e che abbia interesse a proteggere i suoi sudditi. Purtroppo nel caso attuale, le gravose norme di un duro tra�ttato di pace, hanno imposto allo Sta"to italiano la rinuncia alla tutela dei propri cittadini, impedendogli di chiedere l'indennizzo per i beni nazionali asportati e non restituiti. Tale obbligo internazionale, conferma che nel caso concre-to una domanda giudiziale di res-tituzione e risarcimento non � proponibile dal cittadino italiano nei confronti dello Stato straniero. 7. Ma la configurazione del pregiudizio giuridico dell'Amministrazione va profilata sotto un altro aspetto per cos� dire negativo -e, cio�, per quanto riguarda il comportamento del cit�i;adino cb.e sia fonte diretta di responsabilit�. inter( 1) CIOCI: Rapporti tra lo Stato occupante e abitante nel territorio occupato, secondo l'ordinamento italiano, �F. It. �, 1953, I, 903. (2) Cass. Civ., II Sez., IO febbraio 1949, n. 218," �F. It. �, 1949, I, 334. nazionale dello Stato -per una sua attivit�. concreta o che ponendo in essere una situazione giuridica renda attuale la possibilit� del pregiudizio. Parte della dottrina riconosce, quanto al primo plmto che la responsabilit� dello Stato per fatto dell'individuo � una i;esponsabi�it�. internazionale per colpa ed anche responsabilit� riflessa (1). So-tto il primo aspetto la regola tradizionale � nel senso di affermazione una responsabilit�. internazionale dello Stato per i fatti lesivi di interessi internazionali protetti se lo Stato abbia omesso di esplicare la dovuta diligenza per conseguire da quegli individui sottoposti alla sua autorit�., il rispetto di quegli interessi, o, comunque, (fatto illecito omissivo), se indipendentemente da ci� abbia omesso di far ricostituire mediante adeguate prestazioni, l'ordine giuridico sociale cosi turbato (fatto illecito commissivo ). Quindi il ristabilimento dell'ordine giuridico internazionale cos� turbato �, dal diritto internazionale, addossato allo Stato come obbligo di responsabilit� derivante da una carenza o inefficacia dell'opera di prevenzione che lo Stato deve esplicare nell'ordinamento interno. E questo sembra possa verificarsi sia se il singolo compie azioni che costituiscono veri e propri fatti illeciti con riflessi internazionali (20) sia se il singolo pone in essere un'attivit�. giuridica che, di per s� lecita, contravviene ad un obbligo internazionale assunto dallo Stato. Non � dubbio che in questo caso, il potere che ha lo Stato di impedire che l'individuo ponga in esser atti che dall'ordinamento interno si possono riflettere nell'ordinamento internazionale -e il dovere dell'individuo di astenersi �dal compimento di tali atti, si trasformano, e qualificano allorch� si realizza il caso concreto di comportamento del singolo in contrasto con gli obblighi internazionali dello Stato, in un corrispondente obbligo dell'individuo (21). E la dottrina riconosce cb.e quando soggetto di un potere � lo Stato, pu� verificarsi che esso partecipi al rapporto concreto che discende dall'esercizio di un suo potere, in veste diversa da quella che assume quando esercita il potere da cui i rapporti stessi derivano (22) e che, comunque, il soggetto del potere ha il diritto di esser riconosciuto titolare di questa sua qualit�. e di conseguenza del potere (23). Concreta applicazione di tali principi si trova nel testo dell'art. 77, n. 4, del Trattato di pace, il quale contiene una rinuncia dello Stato italiano a nome di propri cittadini a qualsiasi azione giudiziaria nei confronti della Germania per i danni causati dalla occupazione bellica. La rinuncia -contenuta nel trattato -� divenuta operativa nel diritto interno al momento della pubblicazione in Italia del Trattato stesso. Tale manifestazione di volont� -se nei confronti (1) SPERDUTI: L'individuo nel diritto internazionale, pag. 123; MONACO: Manuale di dir. internazionale, pagine 337-38. (2) MORELLI: Nozioni di dir. intern., pag. 352 seg., parla di fatti illeciti di evento. (3) ROMANO: Frammenti di un dizionario giuridico, pag. 104. Doveri, 173. Poteri. (4) ROMANO: op. cit., voce �Poteri >>, pag. 185. (5) ROMANO: op. cit., voce �Poteri�, pag. 202-3. -115 delle Nazioni firmatarie del Trattato di pace costituisce un'obbligazione internazionale dello Stato italiano -nell'ordinamento interno � norma creatrice di un obbligo giuridico di cittadini di non iniziare azioni giudiziarie di danni nei confronti dello Stato tedesco, obbligo che non abbisogna di particolare statuizione legislativa per esser considerato operan-te. Su queS'to puu-to la decisione della Suprema Corte n. 285 gi� ricordata, conferma la esattezza deJla tesi. Lo Sta�to italiano ha, quindi, in relazione alla norma predetta, il potere di pretendere dai singoli cittadini e dai propri organi un comportamento conforme agli obblighi in-ternazionali dello Stato, resi operanti nell'ordinamento interno. Di conseguenza -se il cittadino, in ispreto a tale dovere, inizia un'at�tivit� giudiziaria, cui lo Stato italiano si � impegnato internazionalmente a rinunciare, sorge nell~ .Amministrazioni dello s�tato, cui � demandato il compito d.ella tutela degli interessi internazionali dello S�tato, una pretesa giuridica concreta, nei confron-ti del cittadino e che egli si astenga da tale azione e nel caso che questa abbia avuto esito favorevole con l'accoglimento della domanda da par-te dell'autorit� giudiziaria, hanno un'ulteriore pretesa giuridica e che la sentenza sia riformata perch� la decisione viene ad affermare la esistenza di un diritto di azione del singolo, che a costui, pi� non compete, in quan-to vi � un obbligo di non agere impoS'to ai cittadini in base al trat�tato di pace. Ora, l'osservanza del Trattato di pace -anche se, di per s� e nell'ordinamento interno pu� considerarsi osservanza di una norma giuridica � obbligazione internazionale dello S�tato -e so-tto questo aspet�to le .Amministrazioni dello Stato, allorch� un concreto rapporto processuale venga instaurato dal cittadino -possono legit-timamente intervenire, perch� non sia disconosciu-to il potere dello Stato a che vengano rispettati dai privati e non siano disconosciuti dall'autorit� giudiziaria tali obbligazioni. 8. Ma un ulteriore profilo di responsabilit� internazionale dello Stato pu�, inoltre, prospettarsi allorch� un atto giurisdizionale disconosca l'esistenza di obblighi internazionali -in quanto rende in pratica inadempiente lo Stato agli accordi internazionali che tali obblighi impongono (1). Oltre alla responsabilit� derivante dal precedente comportamento omissivo -per non aver impedHo con i mezzi giuridici a disposizione l'instaurarsi dell'azione giudiziaria civile, nei confronti (1) Cfr. PAu: La responsahilit� internazionale dello Stato per atti di giurisdizione, pag. 30. di un atto costituente esercizio di un potere sovrano dello S�ta�to s-traniero, ques-to � un caso nel quale la dot�trina riconosce l'immediata insorgenza di una responsabilit� internazionale (1). L'illecito, in sostanza, si concreterebbe nel fatto stesso dell'esercizio dell'attivit�. giudiziarfa, indipendentemente dall'esito del processo. L'espletamento di mezzi riparatori consen-titi dall'ordinamento giudiziario, avrebbe in questo caso, carattere riparatorio e non impeditivo dell'illecito, il quale diviene definitivo al momento stesso in cui la violazfone della norma si verifica. E da ci� deriva come ulteriore conseguenza che non si applica il principio del previo esaurimento dei ricorsi interni (2) per cui la responsabilit� internazionale pu� farsi valere solo quando sia stato fatto ricorso a tutti i mezzi che l'ordinamento dello Stato -a cui si imputerebbe la violazione -offre per eliminare la violazione stessa. � quindi indifferente la circostanza che lo Stato straniero convenu-to in giudizio, sia rimasto contumace e quindi la decisione di condanna al risarcimento del danno sia passata in giudicato. L'illecito in-ternazionale consiste appunto nella violazione dell'obbligo di impedire l'esercizio del potere giudiziario in un caso in cui non era consentito ab initio (3) e quindi la definitivit� e la irreparabilit� dell'attivit� giurisdizionale iill,ziata in modo in-ternazionalmente illecito non sieno sana;te dalla possibilit� dell'ulteriore espletamento di ricorsi interni, che lo Stato straniero non � tenuto ad esperire. L'esperimento, quindi, da parte dello Stato nazionale dei rimedi giuridici consentiti dall'ordinamento interno, costituisce un'attivit� riparatoria dell'illecito internazionale. E sotto questo aspetto appare evidente ed attuale l'interesse dello Stato ad elidere il pregiudizio derivante dalla decisione dei propri organi giudiziari che sia internazionalmente illecita. Tale pregiudizio che � indubbiamente di ordine giuridico -anche se attiene alla personalit� pubblica internazionale dello Stato -si ripercuote nell'ordinamento interno, facendo sorgere nelle .Amministrazioni competenti, una pretesa concreta alla sua eliminazione, attraverso i rimedi giuridici consentiti dalla legge per la tutela dei diritti dei terzi dinanzi agli organi giurisdizionalmente amministrativi. GASTONE DALLARI AVVOOATO DELLO STATO (1) PAu: Op. cit., pag. 156. (2) PAU: op. cit., pag. 45; AGo: La regola del previo esaurimento di ricorsi interni in tema di dir. internazionale. � Arch. Dir. Pubbl. �, 1938, pag. 181. (3) Cfr. PAu, Op. cit., pag. 44. NOTE D I DOTTRI.NA E . .ALLORIO: Diritto Processuale tributario. (2a edizione pag. xv + 595, Torino, U.T.E.T.). L'edizione del 1942 del Diritto processuale tributario era divenuta una vera rarit� bibliografica. Fenomeno unico nel campo delle opere giuridiche di recente pubblicazione, questo libro era spesso elencato nei <e Desiderata� dei cataloghi di anti-� quariato, in compagnia di antichissime opere di alto pregio per i bibliofili: riconoscimento insolito, ma significativo della sua importanza. Legittimamente, quindi, l'illustre Autore dichiara nella prefazione, che l'opera riappare in seconda edizione �per desiderio e per insistente richiesta del pubblico � avvertendo, tuttavia, che la minuziosa revisione dell'opera ha lasciato sostanzialmente intatto il metodo e l'impianto della prima edizione. In realt�, si potrebbe precisare che la revisione -veramente minuziosa -si � appuntata sopra tutto sulle note: il testo . � rimasto in gran parte inalterato, se si eccettuano alcune pagine di aggiornamento, che precedono la parte di diritto processuale ricalcata sulla vecchia edizione. Le pagine di aggiornamento vertono su tre tesi che gi� informavano il pensiero dell'A. nel 1942, e che vengono ribadite: carattere costitutivo e non dichiarativo della imposizione (intesa come individuazione del soggetto dell'imposta, ci� che altri qualificano �accertamento JJ); carattere di interesse legittimo della situazione del singolo prima dell'imposizione; carattere giurisdizionale delle Commissioni amministrative, esplicanti una giurisdizione di annullamento. � evidente che le tre tesi mutuamente si sorreggono. Questa interdipendenza � talvolta cos� stret�ta, che porta a formulazioni rasentanti vere e proprie petizioni di principio: come il desumere l'esistenza di posizioni di interesse dall'esistenza di una giurisdizione di annullamento (pag. 21, 25); e ricavare poi il carattere giurisdizionale delle Commissioni dalla natura di giudicato delle loro decisioni, che pongono nel nulla l'imposizicne (p. 32). Il concetto di definitivit� della decisione, diverso dal giudicato in senso tecnico, non viene quindi n� accolto, n� sviluppato. In relazione all'esistenza di posizione di interessi, rispetto all'imposizione, poteva forse attend.ersi un cenno sulle recenti costruzioni del Consiglio di Stato, in ordine alla coesistenza di posizioni di diritti sogget�tivi e di interessi nell'iter impositivo (cfr. questa <e Rassegna))' 1952, 41). Ma, almeno nelle pagine introdu-ttive, nessun accenno � reperibile, il che �, d'altronde, perfettamell'te logico. Se si esclude, prima dell'accertamento, non solo l'esistenza di una imposizione in senso proprio, ma addirittura l'esistenza di un rapporto giuridico fra Finanza e contribuente (pag. 159), non sono neppure concettualmente configurabili quegli interessi legittimi, che il Consiglio di Stato ha ritenuto di poter ravvisare nella fase prodromica dell'imposizione. Dalla stessa prnmessa deriva la impossibilit� di configurare azioni di accertamento negativo dell'imposta prima dell'individuazione del contribuente; tema, codesto, gi� trattato daU' A. nella cc Giur. It. ))' 1952, I, 2, 349. Per contro, ammessa la giurisdizionalit� delle decisioni delle Commissioni diviene un semplice corollario la loro impugnabilit� immediata in Cassazione, al qual proposito viene (in nota) citata la recente sentenza 17 aprile 1952, n. 1023, della Corte Suprema. L'argomento, che sarebbe di estremo interesse per alcune questioni collaterali (impossibilit� di impugnativa per le decisioni delle Commissioni provinciali in tema di valutazione; termini di proposizione; improponibilit� del ricorso coll'tro decisioni asserite inesistenti) non � stato per� approfondito. Le pagine introduttive dedicano invece un breve capitolo ai rappor-ti fra Amministrazioni e Autorit� giudiziaria, capitolo dominato dalla concezione dell' A. della continuazione davanti al giudice ordinario della funzione di annullamento propria delle Commissioni. Segue un capitolo sul solve et repete in cui l'A. difende il fondamento teorico della regola, ribadendo la tesi gi� sostenuta nella precedente edizione. Blanda difesa, peraltro, e pi� accademica che sostanziale, giacch� lo stesso A. si diffonde poi in una accurata autocritica: si ch� il lettore che cercasse nel capitolo la <e spiegazione della regola del solve et repete � (tale � il titolo), rimarrebbe piuttosto deluso, perch� vi ritroverebbe tutti gli argomenti per dimostrare come -secondo l'illustre Autore -il solve et repete sia, oggi, pressoch� inspiegabile. I contributi dati dalla nostra cc Rassegna � alla importante questione, sono peraltro presenti al l'A. ed ai revisori delle note (cfr. questa._cc Rass..e gna �, 1949, p. 257 e 1951, 107 e segg.), sebbene variamente apprezzati. L'argomento, che tocca nel vivo tutta la struttura dell'ordinamento tri butario, viene poi ripreso e sviluppato in uno stu dio sulla riforma del procedimento di imposizione -117 e sulla disegnata riforma del processo tributario, in cui 1'A. sostiene l'opportunit�. del mantenimento di organi giurisdizionali speciali. Sulla grave questione della compatibilit�. del permanere delle Commissioni, di fronte all'art. VI, � Disp. transitorie della Costituzione �, I'A. prende posizione in senso affermativo. Queste pagine di aggiornamento rappresentano senza dubbio, la parte pi� interessante dell'opera, per coloro che hanno la fortuna di possedere la precedente edizione. Il resto -a parte la diligentissima revisione delle note, che tuttavia rimangono necessariamente sommarie -si pu� leggere e meditare con rinnovato piacere e con inalterata utilit�., ma non presenta novit� di rilievo . .Anche le pagine sull'ingiunzione, e pe1fino le pagine sulla giurisdizione tributaria degli stati autoritari (Italia e Germania) sono rimaste inalterate, salvi lievi, ma necessari, ritocchi. La stesura originaria � rimasta immutata anche nella distinzione e nella numerazione dei paragrafi, ci� che facilita il raffronto tra le due edizioni. In realt�, un'opera basata su concetti cos� profondamente elaborati non poteva subire apprezzabili modificazioni in base a nuove teorie ed a nuove dottrine. La stessa levatura dell'opera la poneva -e la pone -al di sopra di correnti dottrinali e giurisprudenziali contingenti e mutevoli. Il Diritto processuale tributario, pur nella sua primitiva struttura, rimane quindi un'opera fondamentale, di altissima importanza teorica. E se si tengono presenti alcuni accorgimenti (nella nuova edizione � stato aggiunto un ampio indice sistematico all'indice analitico, gi� particolareggiato, della precedente), si pu� essere ben certi che l'opera -come si augura l'Autore -riuscir�. �utile ed accetta sia agli studiosi sia ai pratici cui � rivolta �. A. C. I. DE FIGUEffiEDO: Inammissibilit� di costituzione di parte civile dello Stah nel processo per contrabbando. (� Giust. Pen. �i 1953, III, 309 e segg.). Secondo l'A. la pretesa che sorge nello Stato quando da un fatto costituente contrabbando esso subisce il danno derivante dal mancato pagamento dei diritti, � pretesa di diritto pubblico perch� i diritti evasi sono tributi che lo Stato �impone � in virt� del suo potere sovrano esplicato nel campo del diritto amministrativo: poich� l'unica pretesa che possa essere fatta valere mediante la costitu zione di parte �civile nel processo penale � quella che tende alla riparazione degli effetti dannosi, d'indole civile, cagionati dal reato, escluso qual siasi carattere civilistico alla pretesa dello Stato nella riscossione dei tributi evasi, la costituzione di parte civile dello Stato nel processo per con trabbando non � ammissibile. Proprio perch� trattasi di una funzione ex iure imperii, l'art. 24 della legge doganale 25 settem bre 1940, n. 1424, sancisce la norma secondo cui i diritti dovuti e non pagati in tutto o in parte, sono riscossi dal contabile doganale colle norme stabilite dal Testo unico 14 aprile 1910, n. 639, delle disposizioni relative alla procedura � coattiva � per la riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato. Considerato poi che �la cognizione�, l'accertamento e la definizione della violazione sono dalla legge doganale attribuite espr~s~amente alla competenza del contabile doganale, si deduce che se, per assurdo, un'azione civile ordinaria venisse iniziata davanti al Giudice civile per il pagamento dei diritti evasi, il magistrato dovrebbe dichiarare subito, d'ufficio, la sua incompetenza trattandosi di materia che sfugge alla sua ��cognizione�. Ma oltre che per le ragioni di cui sopra, la inammissibilit�. della costituzione pu� essere sostenuta anche sotto il profilo della << mancanza dell'interesse ad agire �. Poich� il Tribunale, per l'art. 22 della legge 7 gennaio 1929, n. 4, ha il potere dovere di giudicare sull'obbligo d.el pagamento del tributo, alla stessa stregua del potere dovere di pronunciarsi sulla sussistenza o meno del reato, e se tale potere dovere l'autorit�. giudiziaria deve esplicare senza limitazione alcuna, lo Stato viene ad essere privo, quale parte offesa per tale mancato pagamento dei tributi evasi, di quell'interesse specifico �ad agire� quale parte civile per il riconoscimento di questo suo diritto leso. Viene, cio�, a mancare l'elemento pregiudiziale che sta alla base di ogni legittimazione processuale. I. -Recensiamo questa nota ad una ordinanza del Tribunale di Roma (28 agosto 1952, Pres. Gorga, imp. Aroidiaoo ed altri), ohe ha affermato la inammissibilit� della costituzione di parte civile dello Stato nel giudizio di contrabbando per mancanza di un danno patrimoniale, non per gli argomenti giuridici in essa contenuti, ohe abbiamo riportato nella formulazione, sia pure sintetica, del tutto uguale per�, quanto meno nelle conclusioni, a quella usata dall'A., ma per segnalare un precedente (riportato in una diffusa Rivista della materia) del quale � logico prevedere non mancher� di avvalm�si la difesa degli imputati in processi di contrabbando che, in mancanza di argomenti pi� consistenti, si trover� nella necessit� di servirsi di quelli contenuti nella nota che si recensisce. Di non rilevante consistenza appaiono e l'ordinanza (emessa da un Tribunale in periodo di canicola feriale), brevissimamente motivata, che non pu� riportarsi ad alcun precedente giurisprudenziale conforme, e la nota che, accettando le conclusioni, ma confutando la motivazione di quella, si richiama ad alcuni argomenti i quali, investendo questioni di fondo di varie branche del diritto, appaiono confusi e peregrini. L'A. confessa, ne riconosciamo il merito, di averli sottoposti ripetutamente all'attenzione di altre Magistrature senza esito positivo: in presenza della citata ordinanza del Tribunale di Roma li sottopone ora all'attenzione dei lettori de <<La Giustizia Penale ȓ senza possibilit�, per�, a nostro avviso, di migliore fortuna di quella incontrata presso i Tribunali, fatta eccezione della pronuncia che ha consigliato la stesura de_l.la nota. II. -La confusione ohe nella prima parte di essa viene fatta tra pretesa dello Stato ad imporre tributi e pretesa dello Stato alla riscossione dei tributi evasi � evidente: la prima si riferisce allo Stato inteso come �ente super partes � ohe vi provvede mediante atti -118 del potere legislativo, la seconda riguarda lo Stato considerato come << ente inter partes � che non pu� non ricorrere al Giudice ogni qual volta si trovi in contrasto con un appartenente alla collettivit� giuridicamente organizzata che lo costituisce. In materia di tributi lo Stato inteso in quel senso non ha nulla a che vedere collo Stato inteso in questo senso: il danno che l'Amministrazione subisce in caso di evasioni tributarie (l'argomento evidentemente riguarda qualsiasi evasione, e non solo quelle di cui alle leggi doganale e sui m-onopoli) � sicuramente di natura patrimoniale, di cui i riflessi di ordine tributario non escludono la ammissibilit� dell'esercizio dell!azione civile in sede penale per ottenerne il risarcimento. Il richiamo che l'A. fa all'art. 29 della legge Doganale 25 settembre 1940, n. 1424, secondo cui i diritti dovuti, e non pagati in tutto o in parte, sono riscossi dal contabile delle entrate patrimoniali dello Stato, per affermare che si verte in materia di funzione esplicata ex iure imperii (non si comprende per� al riguardo se l'A. intenda riferirsi alla funzione �splicata in sede d'imposizione di tributi od a quella esplicata in sede di riscossione di tributi evasi, per la confusione a cui si � precedentemente accennato), appare di nessuna consistenza: non per la particolare natura di certe entrate (ch� anche le entrate patrimoniali di carattere sicuramente privatistico beneficiano della stessa procedura), ma per lo status del soggetto a cui esse appartengono, � prevista la procedura di cui al Testo unico n. 639 del 1910. Senza dimenticare poi che in caso di opposizione alla richiesta della somma da pagarsi, subentra la competenza dell'Autorit� giudiziaria a risolvere la controversia determinatasi nella quale parte, e nulla pi�, � l'Amministrazione finanziaria, intesa come organo dello Stato considerato nella specie come ente inter partes. La deduzione poi che l'A. ritiene di dover trarre dalla competenza, in base all'art. 24 della citata legge n. 1424 del 1940, del contabile doganale alla riscossione dei� diritti dovuti e non pagati, secondo la quale, se per assurdo un'azione civile ordinaria venisse iniziata davanti al giudice civile per il pagamento dei diritti evasi, il magistrato dovrebbe dichiarare subito, d'ufficio, la sua incompetenza, trattandosi di materia che sfugge alla sua cognizione, � del tutto infondata: si insiste nel rilevare, richiamandoci al concetto in precedenza esposto, che il procedimento di evasione per la riscossione. di entrate patrimoniali, se costituisce un'agevolazione fatta ad un soggetto per la sua particolare qualit�, non esclude affatto la competenza dell'Autorit� giudiziaria a dirimere quella controversia che, in modo del tutto agevole, una delle parti (il contribuente) pu� far sorgere nei confronti dell'altra di cui contesti la pretesa tributaria. Nel procedimento d'ingiunzione si verifica, muta tis mutandis, situazione analoga: e non � certo lecito dubitare al riguardo della par condicio delle parti in contrasto colla fondamentale competenza del Giudice ordinario qualora la pretesa ili una di esse sia contrastata dall'altra. � evidente l'interesse dell'Amministrazione finan ziaria ad essere presente nel giudizio in cui ilMagi strato penale accerta la sussistenza di una viola zione criminosa dolosa di legge tributaria, per quelle chiare interferenze che il giudicato penale non pu� non esercitare nel giudizio civile che necessariamente consegue all'opposizione fatta dal contribuente moroso alla richiesta di pagamento del tributo evaso da parte del contabile doganale. Nulla vieta al Giudice penale di emanare sentenza che decida ari-Ohe dalla liquidazione dei danni, potendovi provvedere con gli strumenti di accertamento che la legge gli fornisce. III. -Il richiamo, test� fatto, all'interesse della Amministrazione ad essere presente nel giudizio penale, ci porta ad esaminare il secondo argomento a cui l'Autore fa ricorso per escludere l' ammissibilit� della costituzione di parte civile dello Stato in processo di contrabbando, quello relativo ad una pretesa mancanza di <<interesse ad agire�. Confessiamo che le espressioni di sufficienza colle quali l'A. supera la complessit� dell'argomento, con genericissimi richiami ad alcuni noti processualisti, non ci consentono di seguirne il pensiero. Non si vede proprio perch�, se, per l'art. 22 della legge 7 gennaio 1929, n. 4, qualora l'esistenza del reato dipenda dalla risoluzione di una controversia relativa al tributo, il J;ribunale a cui spetta la cognizione del reato, decide altret� di questa controversia, lo Stato venga ad essere privato, quale persona offesa per il mancato pagamento dei tributi evasi, dell'interesse specifico cc ad agire � quale parte civile per il riconoscimento del diritto leso. Appare esatta proprio l'affermazione contraria: � assui�do affermare, che nella subiecta materia l'interesse dello Stato � garantito dal Tribunale giudicante e dal rappresentante della pubblica accusa (come l'A. definisce il Pubblico Ministero, indulgendo ad espressione di bassa pratica giudiziaria), equivalendo ci� a sostenere che nei giudizi penali la difesa delle parti � inutile, bastando per l'amministrazione della giustizia il rigore del Pubblico Ministero e la lungimiranza del Giudice. In pratica, purtroppo, talvolta cos� �, ma in teoria, per fortuna, si � ancora lontani... da una pratica cos� poco commendevole. JV. -Le considerazioni che si sono fatte riguardano, � chiaro, le ipotesi di danno patrimoniale in casi di contrabbando di merce non sequestrata, cio� consumata (a cui si riferiscono sia la ordinanza sia la nota che si recensisce). Nella fattispecie, invece, in cui la merce contrabbandata non sia stata consumata, altro argomento � a conforto della costituzione di parte civile: quello relativo alla sussistenza di un danno extra patrimoniale. Ad esso deve farsi ricorso con estrema cautela, per non svisare la nozione dell'istituto della costituzione di parte civile con tendenze che lo screditano agli� occhi di coloro (e sono i pi� ed i meglio orientati) che non trascurano la natura eminentemente pubblicistica del processo penale e non indulgono ad invasioni della competenza tipica del Pubblico Ministero che si esprimono in autentiche mortificazioni. All'azione civile di risarcimento del danno deve fq,rs.i ricorso solo ' quando sia opportuno orientare il Giudice_ pa.naLe nella fattispecie in cui appaia complessa la soluzione di una controversia relativa al tributo, della qual soluzione gli effetti vanno oltre la sola decisione del caso contestato. F. OHI.A.ROTTI -119 OsvALDO POLI: Imposta di R. M.: privilegio dello Stato e responsabilit� solidale. (cc Rivista di Diritto Finanziario e Scienza delle Finanze �, dicembre 1952, pag. 370). Premesse alcune esattissime considerazioni circa la natura e i presupposti del privilegio speciale stabilito dall'art. 2759 Cod. civ .. e dall'art. 62 della legge 24 aprile 1877, n. 4021, l'.A. esamina la relazione tra lo stesso art. 62 e l'art. 63 della legge di R. M. rilevando come, essendo limitata la responsabilit�. solidale del cessionario d'azienda alle sole imposte dovute per l'anno del trasferimento e per quello anteriore, il privilegio speciale della Finanza possa risultare pure limitato in seguito all'avvenuta cessione; ci� sul presupposto che, sebbene i mobili e le merci attinenti all'esercizio, purch� in esso si trovino, possano essere espropriati a chiunque appartengano, � necessario altres� che il debitore dell'imposta abbia di tali beni la detenzione: il eh-e non avviene in caso di cessione regolarmente denunziata, in quanto da quel momento il cedente, non pi� debitore per l'imposta futura, non � comunque pi� detentore di quegli � stessi beni. Di conseguenza il privilegio dell'art. 62 potrebbe esercitarsi in danno del cessionario soltanto nell'ipotesi di mancata dichiarazione del trasferimento. L'.A. dopo aver ribadito la tesi, sempre sostenuta dall' .Amministrazione, per cui con I'espressione dell'art. 2759 cc imposta... dovuta per l'anno in corso e per il precedente � la legge intende riferirsi all'imposta iscritta nei ruoli, sia principali che suppletivi, di quei determinati anni, e non all'imposta accertata sul reddito prodotto in quegli stessi anni, manifesta poi il proprio avviso contrario al principio, affermato dalla Finanza, secondo cui per costituire solidalmente responsabile il cessionario non � necessaria l'avvenuta notifica al cedente dell'avviso di accertamento, sufficiente essendo, invece, la dichiarazione d'imposta presentata dal cedente all'Ufficio. Ricordati alcuni orientamenti della giurispru" denza in tema della presunzione di cessione sancita dal II comma dell'art. 63 di R. M., il P. esamina infine gli effetti giuridici della cessione di azienda sul rapporto tributario (escludendo che si concreti un� caso di successione nell'obbligazione), concludendo che la cessione, in quanto produttiva della �estinzione della vecchia obbligazione tributaria a carico del cedente '' e della cc nascita di una nuova obbligazione tributaria a carico del cessionario �, si configura come novazione soggettiva passiva; neppure la sanzione . di responsabilit�. solidale tra il cedente e il cessionario, disposta dalla legge al solo fine di rafforzare la garanzia per il pagamento del tributo, d�. luogo -ovviamente -a una ipotesi di successione nel debito d'imposta. L'interessante scritto ci offre lo spunto per alcune osservazioni sulla materia trattata. Anzitutto: � davvero esatto cho il privilegio speciale stabilito dall'art. 62 di R. M. non si possa far valere anche in danno del cessionario, se la cessione sia stata regolarmente denunciata ? Si deve premettere. su questo punto che l'art. 62 e l'art. 63 di R. M. hanno portata a direzione ben diverse: questo regola la responsabilit� personale del cessionario per il debito tributario dell'azienda ceduta (stabilendo in quali limiti e per qual tempo il cessionario sia debitore d'imp�sta), quello indica i beni sottoposti a garanzia reale per il soddisfacimento delle ragioni del fisco, indipendentemente dalla posizione del debitore o dei debitori d'imposta. Oi� chiarito oi sembra di poter f ondatamento affermare ohe per la riscossione dell'imposta, ancora dovuta dal cedente, la Finanza ha diritto di esercitare (puroh� ricorrano i requisiti di legge attinenti all'ubicazione e destinazione dei mobili e delle merci, il che per semplificazione di ragionamento diamo per presupposto) il privilegio di cui all'art. 62 anche se i mobili e le merci si trovano nella disponibilit� del cessionario regolarmente denunziato: costui, sebbene in tal caso non sia tenuto a rispondere solidalmente in virt� dell'art. 63 (oi� lo esporrebbe oon il suo intero patrimonio), dovr� tuttavia subire l'espropriazione, in quanto su quelle determinate cose in suo possesso grava un vincolo di natura reale, oost'ltuito dal privilegio speciale disposto dalla legge (egli si trover�, cio�, nella situazione del proprietario d'immobile ipotecato per debito altrui, o del proprietario o possessore di beni mobili e immobili soggetti al privilegio dell'art. 97 della legge di registro, per una imposta di registro da lui non dovuta). � La contraria opinione -ohe appare indicata dal Poli come pacifica -sembra in realt� basata sull'affermazione di un requisito giuridico del privi legio in esame, che dalla legge non risulta affatto, e ohe neppure pu� desumersi dai principi generali regolanti i diritti di prelazione: si dice,. infatti, ohe per l'esercizio del privilegio � necessaria la deten zione dei beni da parte del debitore, snaturando, in tal modo, il carattere e gli effetti del privilegio spe ciale, quali si evincono dagli artt. 2746 (mentre il privilegio generale si esercita su tutti i beni mobili del debitore, il privilegio speciale si esercita su determinati beni senz'altra precisazione) e 2747 (per cui il privilegio speciale cc pu� esercitarsi in pregiudizio dei diritti acquistati dai terzi posterior mente al sorgere di esso�). Sui beni ohe la legge indica come soggetti al privilegio speciale spetta al creditore, per il realizzo del credito garantito, il o.d. cc diritto di seguito �, mediante il quale la garanzia � assicurata indipendentemente dalle vicende che si riferiscono alla propriet� (e quindi a maggior ragione al possesso) del bene vincolato. A tale regolamenta zione sfuggono, tra i privilegi speciali, quelli o.d. cc possessuali n (artt. 2760 e 2761 Ood. civ.) ove l'eser cizio del diritto di prelazione � subordinato alla circo stanza che i beni si trovino nel possesso o nella deten zione del creditore: cessata tale situazione, il privile gio (che in questo caso ha pi� del diritto di ritenzione che del diritto reale di garanzia) non pu� pi� essere esercitato. Orbene, se tutti i diritti acquistati dai terzi posteriormente al sorgere del privilegio su quei /J,etermi-_ nati beni debbono cedere di fronte alla garanzia del creditore (B'ulla natura reale di questa garanzia v. ScANDALE, La Riscossione delle Imposte dirette, 1950, pag. 469, n. 949, con richiamo di giurisprudenza <1ella S.O.), non si vede come possa essere -120 salvato il diritto di propriet� del terzo cessionario, cio� di un terzo che ha acquistato dopo il sorgere del privilegio (la cui nascita, come � noto, coincide nella specie con il verificarsi del presupposto di fatto dell'imposizione, cio� con la produzione del reddito): pertanto, fino a quando le merci e i mobili di cui all'art. 2759 si trovano nei locali dell'esercizio aziendale, e ad esso esercizio sono destinati (fino a quando, cio�, sussiste la � particolare situazione cui il privilegio � subordinato >>, come prescrive l' articolo 2747) su di essi potr� legittimamente esercitarsi il privilegio della Finanza per tutti i tributi indicati nell'art. 62 di R. M., e il cessionario, anche regolarmente denunziato, dovr� rassegnarsi a subire la esecuzione, in quanto ha acquistato quei mobili e quelle merci gi� gravati del privilegio ad essi inerente, in modo indissolubile, per tutti i crediti di R. M. posti in riscossione nei ruoli principali e suppletivi dell'anno in corso e del precedente. Il che; evidentemente, non implica alcuna arbitraria estensione, olt1�e i limiti di tempo previsti da:ll' art. 63 di R. M., della re.~ponsabilit� solidale -persoriale -del cessionario: ma semplicemente un'applicazione del principio per cui i diritti reali possono farsi valere � erga omnes �. A nostro avviso, quindi, la disposizione di legge di cui il Poli, de jure condendo, auspica l'emanazione al fine di vedere evitate frodi mediante simulate cessioni, avrebbe, se emanata, puro carattere interpretativo, in quanto dal sistema attuale pu� agevolmente ricavarsi il principio della legittimit� dell'esercizio del privilegio con l'estensione di cui sopra. (Tale principio risulta del resto gi� affermato in dottrina: � � � � il privilegio segue l'attivit� della azienda, come onere reale, durante il ciclo di tempo stabilito dalla legge, il che conduce a ritenere che si deve aver riguardo all'attivit� stessa ai fini del decidere, e non gi� al modo come la cessione � avvenuta �. SCANDALE, op. cit., pag. 486). Per quanto si riferisce alla portata dell'espressione � anno in corso e precedente � negli artt. 62 di R. M. e 2759 Cod. civ., concordiamo incondizionatamente con l'interpretazione del Poli, in passato accolta pressoch� costantemente in giurisprudenza, e autorevolmente sostenuta in dottrina, anche di recente, di -fronte ai primi mutamenti di indirizzo della Magistratura (v. SCANDALE in � Giur. It. �, 1952, I, 2, col. 503, nota contraria alla sentenza 24 aprile 1951 della Corte di Appello di Torino, in causa Finanze c. S.A.N.). Senonch� deve osservarsi che il pi� vicino, a noi noto, pronunciato della Suprema Corte a sezioni unite (sentenza 17 aprile-31 luglio 1952, in �Rivista Legislazione fiscale�, 1952, col. 1092, confermativa della citata decisione della Corte torinese) afferma decisamente il principio per cui per �anno in corso� deve intendersi l'anno di produzione del reddito e non quello d'iscrizione nei ruoli: pertanto il privilegio sarebbe limitato al credito d'imposta sul reddito degli ultimi due anni, con esclusione del tributo accertato negli ultimi due anni, ma riferito al reddito degli anni precedenti. Grave conseguenza, clve svuota in gran parte della sua efficacia e del suo significato la norma intesa a sottoporre alla garanzia specifica della Finanza gli strumenti di produzione del reddito, e che comporta la possibilit� pra tica di preordinare facilmente evasioni e frodi ritardando con ogni mezzo l'accertamento: ci auguriamo, quindi, che il Supremo Collegio, alla prima occasione di riesame della delicata questione, riconfermi l'anteriore quasi consolidata giurisprudenza, ripudiando le recentissime deviazioni. * * * Non ci sembra, invece, di poter condividere il pensiero dell'autore dello scritto in esame, per quanto concerne i requisiti forma li necessari a costituire solidalmente debitore il cessionario, a sensi dello art. 63 di R. M.: secondo il Poli, tale responsabilit� sussisterebbe soltanto se all'atto della cessione sia gi� avvenuta la notifica al cedente dell'avviso di accertamento. La contraria soluzione (affermata dall'Amministrazione finanziaria nella circolare n. 6200 del 1937) per cui il cessionario � tenuto al pagamento -anche se l'accertamento non sia stato definito al momento del trasferimento dell'azienda -sulla base della semplice dichiarazione d'imposta del cedente, ancora suscettibile di rettifica da parte dell'Ufficio, trova il suo miglior fondamento nella natura stessa della obbligazione tributaria: questa sorge infatti (v. GIANNINI: Istituzioni di diritto tributario, 1948, pag.128 e segg.) non appena si verifica il presitpposto di fatto previsto dalla legge (nella specie, produzione del reddito), dovendosi escludere che l'accertamento abbia funzione costituitiva rispetto al debito d'imposta. E poich� l'art. 63 di R. M. parla di �imposta dovuta �, e non di imposta accertata, � chiaro che il l�gislatore ha voluto estendere al cessionario l'incidenza dell'obbligazione tributaria, relativa a quel determinato periodo di tempo, nella sua integrit� (tanto reddito, tanta imposta) senza alcun riguardo alle vicende dell'accertamento. L'art. 36 della legge 8 giugno 1931, n. 1231, non sembra di ostacolo a tale interpretazione, in quanto detta norma appare diretta principalmente a chiarire che il cessionario � responsabile anche per le imposte ancora da iscri-� vere a ruolo all'atto della cessione; n� d'altra parte risulta convincente l'osservazione che il cessionario n�n potrebbe essere tenuto responsabile per una imposta di cui non conosce l'ammontare, ma soltanto ove l'avviso non sia stato ancora notificato -nei limiti in cui lo impegna la dichiarazione d'imposta del cedente: al che pu� ben obbiettarsi, in primo luogo che il cessionario, il quale non rilever� una azienda senza averne ben conosciuta la vitalit� economica, ha tutti gli elementi per calcolare se quella dichiarazione abbia probabilit� di essere rettificata o meno; in secondo luogo che � assolutamente arbitrario far dipendere la misura della responsabilit� solidale (sancita dalla legge in modo uniforme ed obbiettivo) dal verificarsi, entro un momento dato, di un fatto (notifica dell'avviso di accertamento) che pu� cadere in tempi diversi rispetto ai vari contribuenti. Senza contare, poi, la ulteriore ovvia possibilit� di evasioni. � � � Che se, poi, si spinge il principio qui co~trastafo alle sue logiche conseguenze, si dovrebbe necessariamente ritenere che il cessionario -in quanto tenuto nei limiti della dichiarazione del cedente -potrebbe sottrarsi alla responsabilit� solidale nell'ipotesi in -121 oui la dichiarazione non fosse stata presentata: oonolusione manifestamente assurda (v. art. 19, legge 7 gennaio 1929, n. 4), ohe conferma per altra via oome la responsabilit� del cessionario comprenda il debito tributario sorto in relazione al presupposto di fatto stabilito dalla legge, senza alouna limitazione derivante dalla procedura di aooertamento. ~ G. ZOBOLI FERDINANDO 8.A.NTOSUOSSO: Limiti della (( rertitutio in integrum � conseguente all'annullamento di un atto estintivo del rapporto di pubblico impiego. (Foro It., 1953, IV, 7). L'argomento trattato dall'A. attiene al problema relativo alla retroa�ttivit� dell'annullamento degli atti amministrativi, problema di carattere generale, pi� volte dibattuto nellfli giurisprudenza e nella dottrina, soprattutto in relazione ai limiti eh.e, per effetti dommatici e pratici, si rende necessario porre alla retroattivit� di cui � parola. Lo argomento, quindi, ha dato luogo ad una ricca fioritura di scritti autorevoli, con conseguente enunciazione di tesi e principi, talvolta contrastanti; scrit�ti che sono, in gran parte, richiamati dall'A. insieme alla pregevole nota di M. S. GIANNINI: Sulla ripristinazione conseguente all'annullamento di un atto estintivo del rapporto d'impiego pubblico; pure pubblicata nel �Foro Italiano � (1942, III, 145). Quest'ultima nota, per�, ricca di riferimenti dottrinari e di richiami giurisprudenziali, dovette necessariamente limitarsi, per la decisione cui si riferiva, ad esaminare la retroattivit� dell'annullamento in relazione soltanto agli stipendi arretrati spettanti all'impiegato, senza tener conto di tutti gli altri corrispettivi (indennit� varie, compensi per� lavoro straordinario, gratifiche, ecc.) che lo impiegato medesimo avrebbe eventualmente percepito, nel periodo intercorso tra l'atto estintivo del rapporto e l'annullamento di tale atto. Da parte del Santosuosso, invece, l'indagine sui limiti della restitutio in integrum dell'impiegato riammesso in servizio � stata estesa sia agli stipendi arretrati che ai vari corrispettivi cui si � fatto cenno, nonch� ad altri vantaggi� di carattere economico (riduzioni ferroviarie, assistenza in caso di malattia, alloggi, mense, ecc.) conseguenti al sussistere del rapporto d'impiego. Da tale punto di vista, pu� dirsi quindi -e ci� senza intenzione di stabilire confronti -che lo studio del Santosuosso presenta un'apprezzabile completezza di indagine, ancb.e se, come lo stesso autore avverte, tutte le voci da lui esaminate non possono avere che un valore puramente esemplificativo, non esaurendo esse quanto prevedono le molteplici disposizioni sul trattamento economico dei dipendenti pubblici. Il Santosuosso parte dalla premessa che l'an nullamento di atti risolutivi del rapp�rto d'impie-� go produca automaticamente l'effetto di far riac quistare efficacia alle situazioni giuridiche pre esistenti all'atto annullato. L'impiegato, cio�, ha diritto di veder reintegrata la sua posizione, � come se avesse prestato effettivamente servizio �. La premessa � certamente esatta, tuttavia, riteniamo che gli effetti ripristina,tori dell'annullamento non tanto riposino sulla fictio iuris richiamata dall'A. e che gi� da altri fu definita repugnante e aberrante in subiecta materia (cfr. S. ROM.A.No, Frammenti di un dizionario giuridico, Giuffr� ed., Milano 1947, pag. 204-207) quanto sul fatto che, a seguito dell'annullamento, viene meno, con effetti retroattivi, l'atto con cui fu disposta la risoluzione del rapporto. E tale retroattivit� si riferisce bensi alla qualificazione giuridica dell'impiegato, ma non anche alla situazione di fatto in cui, medio tempore, costui sia venuto a trovarsi. L'annullamento di un atto amministrativo, pur retroagendo, non porta, in vero, ad escludere che; per un certo periodo di tempo, l'atto ebbe esistenza e per di pi� produsse i suoi effetti: quod faotum est infeotum fieri nequit. Se l'impiegato, quindi, non ha prestato servizio nel suddetto periodo e se nessuna � finzione � autorizza, nella specie, a considerare come accaduto un fatto che non si sia verificato, devesi, per stabilire il trattamento economico che competa all'impiegato riammesso, preventivamente esaminare quali voci di tale trattamento possano attribuirsi, prescindendo dall'effettiva prestazione del servizio e dall'esistenza di altri presupposti di fatto, connessi con tale prestazione. Concordiamo con l'A. che l'annullamento del l'atto risolutivo importi la reintegrazione nella funzione e nel grado e la corresponsione di una somma pari agli stipendi, che l'impiegato avrebbe percepito medio tempore, integrata da indennit� di funzione e assegno perequativo (corrispettivi questi ultimi, che seguono la sorte dello stipendio: art. 10 legge 11 aprile 1950, n. 130) e decurtata dai guadagni, ottenuti con l'attivit�, nel frattem po, esplicata: ci� in esatta applicazione del prin cipio della compensatio luori et daiuni. Le voci del trattamento economico fin qui esa minate sono, per�, diretta e immediata conse guenza (lel rapporto di pubblico impiego, normal mente dovute in relazione allo status, alla quali ficazione giuridica dell'impiegato e non gi� alla particolare situazione di fatto in cui quest'ultimo sia venuto, in un determinato momento, a tro varsi. Non pu� dirsi altrettanto per le altre voci con siderate dall' A.: il premio di presenza o d'interes samento, le gratifiche in genere, i compensi per lavoro straordinario, i c.d. �casuali� e le varie inden nit� per missione, percorrenza, residenza, presup pongono la presenza in servizio dell'impiegato e l'effettivo rendimento di quest'ultimo, oppure rappresentano il rimborso di. una spesa sostenuta per l'esplicamento di attivit� e di funzioni, ine renti al servizio. � ovvio, quindi, che la lo.ro cor responsione debba rimanere esclusa tutte le volte � che non ricorrano i presupposti di fatto dianzi richiamati: ci� si verifica sempre quando il rap porto d'impiego sia stato risolto e pu� verificarsi anche in costanza del rapporto medesimo. Cosi, ad esempio, il premio di presenza non compete -122 all'impiegato assente per malattia, mentre le gratifiche e, in particolare, i premi d'interessenza, previsti per il personale ferroviario, in tanto vengono corrisposti, in quanto dall'opera effettivamente prestata dall'impiegato l' .Amministrazione abbia tratto speciale e straordinario rendimento. Dobbiamo riconoscere che 1'.A. � pervenuto in gran parte alle nostre stesse conclusioni anche se ci� ha potuto fare pi� per un particolareggia�to esame del caso per caso che per esatta applicazione di un principio o di un criterio discretivo che lo stesso .A. ha omesso, peraltro, di enunciare. E certamente, deve ritenersi conseguenza proprio di tale omissione il fatto che il Santosuosso affermi esser dovuto per il periodo d'interruzione del rapporto, il premio di presenza all'impiegato riammesso in servizio, perch� sarebbe illegittimo il provvedimento dell' .Amministrazione che nega tale corrispettivo (( escludendo la normale diligenza aprioris�ticamente �. Richiamiamo, in proposito, quanto abbiamo gi� detto: il premio in parola in tanto compete in quanto ricorra il presupposto di fatto della presenza in servizio, indipendentemente da ogni altra considerazione sulle cause che abbiano eventualmente impedito il verificarsi di tale presupposto; considerazione che si renderebbe, invece, necessaria, qualora l'indennit� di presenza si considerasse alla stregua di un premio per la diligenza, sia pure normale, dell'impiegato . .Analoghe ragioni valgono per negare all'impiegato riammesso in servizio il compenso per lavoro straordinario, che l'.A. ritiene dovuto solo a determinate condizioni, ove ricorrano, cio�, presupposti tali da far presumere che sarebbe stato corrisposto medio tempore: il compenso per lavoro straordinario � giustificato non solo dall'effettiva presenza in servizio dell'impiegato, ma anche dalla circostanza che quest'ultimo abbia disimpegnato un lavoro quantitativamente e qualitativamente superiore a quello normalmente richiesto. Il compenso in parola quindi, non pu� corrispondersi, quando non ricorrano siffatti presupposti, i quali, a nostro avviso, devono sussistere in concreto e non per semplice presunzione. .Accenniamo da ultimo, ad alcuni vantaggi economici (assistenza in caso di malattia, riduzioni ferroviarie, alloggi, :r;uense, ecw.) che 1'.A., nella sua accurata indagine, non ha tralasciato di esaminare. Che tali vantaggi siano conseguenti al sussistere del rapporto di impiego e che l'impiegato possa aver subito un danno, per averli perduti a seguito dell'illegittima interruzione del rapporto, � certamente innegabile; ma non vediamo come -secondo quanto afferma l'.A. -possa la responsabilit� del danno in parola attribuirsi alla pubblica amministrazione. L'azione. di danni presuppone, invero, la colpa e la dichia'eazione d'illegittimit� dell'atto risolutivo del rapporto non implica di per s� il riconoscimento di tale colpa, la cui valutazione esula dal campo del giudizio amministrativo, dovendosi quest'ultimo limitare al triplice sindacato della incompetenza, dell'eccesso di potere e della violazione di legge. N� tale valut�zione potrebbe essere contenuta in una pronunzia dell'autorit� giudiziaria ordinaria, perch� questa verrebbe, in tal modo, a sindacare il comportamento discrezionale dell' .Amministrazione in una sfera, quindi, che � sottratta, in ogni caso, alla sua competenza. Se poi la colpa di cui � parola volesse ritenersi preesistente all'annullamento giurisdizionale dell'atto illegittimo, parimenti si cadrebbe in errore, dimenticando che gli atti amministrativi sono, per loro natura, non soltanto esecutori, ma anche assistiti dalla presunzione di legittimit�, finch� non siano annullati. Ma, a parte tali considerazioni, non possiamo omettere di segnalare come, anche a seguito di un pi� approfondito esame, debbano riconoscersi esatte molte delle conclusioni formulate dall'autore, cui va certamente il merito di aver alimentato il dibattito su un argomento per il quale le tesi e. i principi finora enunciati, in giurisprudenza e in dottrina,. non possono considerarsi del tutto definitivi. L. LANCI.A RACCOLTA _DI GIURISPRUDENZA AMMINISTRAZIONE DELLO STATO -Rappresentanza in giudizio -Controversie tributarie -Citazione di organo incompetente -Effetti. (R.D.L. 8 agosto 1936, n. 1639). (Cass., Sez. I, sent. n. 585/52; Pres. Piacentini; Est. Tavolaro; P. M. Pafundi; Nicoletti contro Proc. Registro). A norma delle vigenti. disposizioni la rappresentanza legale in giudizio dell'amministrazione, in materia di controversie per l'applicazione dell'imposta di registro, spetta all'intendente di Finanza e nella persona di questo deve essere fatta la citazione, con notificazione presso l'A vvocatura dello Stato nel cui distretto ha sede l'autorit�. giudiziaria alla quale � portata la causa; a tale assunto non osta il complesso delle norme contenute nel regio decreto legge 7 agosto 1936, n. 1639. Pertanto la notificazione effettuata presso l'Avvocatura, con evocazione in giudizio di un organo amministrativo incompetente (nella specie: procuratore del registro) non sana la nullit�. della citazione, neppure se. l'organo incompetente si costituisce in giudizio eccependo poi tale nullit�. Riportiamo testualmente la motivazione in diritto della sentenza. �Con l'unico motivo, nel denunciare la violazione degli articoli 11 del testo unico delle leggi sulla rappresentanza e difesa dello Stato in giudizio, approvato con regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611; 145 e 147 del regio decreto 30 dicembre 1923, n. 3269; 2, 3, 4 e 13 a 21, 22 a 32, e 39 a 44 del regio dereto 7 agosto 1936, n. 1639, si sostiene che erroneamente la Corte di Napoli abbia ritenuto che l'organo che rappresentava l'Amministrazione del demanio e delle tasse, in cui sono compresi gli uffici del registro, ed al quale doveva essere notificata la citazione in giudizio, a norma degli articoli 144 Cod. proc. civile e 11 del su citato Testo unico, fosse l'Intendente di Finanza e non il procuratore del registro cui, in effeUi, la citazione medesima fu notificata. Ma la censura � priva di giuridico fondamento. Invero, per il combinato disposto degli artt. 144 Codice proc. civile e 11 del Testo unico delle leggi sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato, per i giudizi dinanzi ai Tribunali e alle Corti di appello � le citazioni, i ricorsi e qualsiasi atto di opposizione giudiziaria devono notificarsi alle amministrazioni dello Stato presso l'ufficio dell'Avvocatura dello Stato, nel cui distretto ha sede l'autorit� giudiziaria innanzi alla quale � portata la causa, nella persona che le rappresenta seaondo le leggi organiche�. In altri termini mentre le notificazioni vanno fatte presso l'Avvocatura dello Stato, gli atti di citazione e di o.pposizione devono essere fatte in persona degli organi esterni dell'Amministrazione dello Stato, ciascuno per il ramo di affari e di rapporti che rientrano nella sua competenza amministrativa. Ora il regolamento emanato con regio decreto 25 giugno 1865, n. 2361, in ottemperanza al disposto dell'art. 11 della legge sull'abolizione del contenzioso amministrativo, specifica -in una tabella ad esso allegata ed alla quale fa richiamo l'art. 52 del su richiamato Testo unico del 1933 -le autorit�. centrali e locali competenti ad agire o resistere in giudizio per ciascun ramo di amministrazione e secondo la rip?.rtizione stabilita dalle leggi amministrative. E, quali autorit� autorizzate a ricevere le citazioni in materia finanziaria e quindi quali persone in cui lo Stato pu� essere convenuto in giudizio per le controversie finanziarie, indica i direttori compartimentali delle tasse e del demanio, ai quali con regio d�creto 26 settembre 1869, n. 5286, furono sostituiti gli Intendenti di Finanza. Vero � che le indicazioni contenute in detto regolamento si devono ritenere modificate in conseguenza dei nuovi organismi su�cessivamente formatisi nell'Amministrazione e delle modifi�azioni. avvenute nelle competenze. Ed � anche vero che particolarmente in materia di controversie per l'applicazione dell'imposta di registro, mentre l'art. 145, comma secondo della legge del registro 30 dicembre 1923, n. 3269, disponeva che � contro l'ingiunzione, il debitore pu� reclamare in via amministrativa o proporre opposizione in via giudiziaria, con atto da notificarsi all'ufficio che emise l'ingiunzione� l'art. 147, comma secondo della stessa legge disponeva che l'Amministrazione del registro pu� essere rappresentata davanti ai Tribunali civili e alle Corti di appello dai propri funzionari a norma dei regolamenti in vigore, senza bisogno dell':tssistenza �di patrocinatori�. - Ma, a prescindere dalla considerazione che nella specie non si tratta di opposizione ad ingiunzioni, ma di chiamata in giudizio dell'amministrazione per la condanna alla restituzione di un'imposta -124 che si assume illegalmente percetta, � da rilevarsi che tali disposizioni furono modificate dall'art. 1 del regio decreto 13 gennaio 1936, n. 2313, il quale ha sostitUito il testo dell'art. 147 con altro del seguente tenore: �La Decisione delle controversie giudiziali riguardanti le tasse e sopratasse, anche se insorte in sede di esecuzione, spetta in prima istanza, quando sia parte l'.Amministrazione dello Stato, al Tribunale civile del luogo dove risiede l'ufficio dell'Avvocatura di Stato, nel cui distretto trovasi l'ufficio che ha liquidato la tassa o la sopratassa controversa. .Anche gli atti di opposizione ad ingiunzione devono essere notificati presso la .Avvocatura dello Stato competente, giusta l'articolo 11 del Testo unico 30 ottobre 1933, n. 1611 �. E, se sembra che mal si concilia col generale sistema della difesa delle cause nell'interesse dello Stato l'ultimo comma del nuovo testo dell'art. 147 citato -per cui l'.Amministrazione del registro pu� essere rappre'lentata davanti ai Tribunali civili e alle Corti d'appello dai propri funzionari a norma dei regolamenti in vigore, senza bisogno dell'assistenza dei patrocinatori -non pu� dubitarsi che la rappresefftanza legale dell'amministrazione in giudizio secondo il su richiamato regolamento del 1865, modificato con decreto n. 5280 del 1869, in materia di controversie per l'applicazione d'imposta di registro, spetti all'Intendente di Finanza e nella persona di questo debba essere fatta� la citazione, con notificazione presso l'.Avvocatura dello Stato nel cui distretto ha sede l'autorit�. giudiziaria innanzi alla quale � portata la causa. N� sulla rappresentanza legale dell'Amministrazione del registro in giudizio pu� esercitare alcuna influenza il complesso delle norme contenute nel regio decreto-legge 7 agosto 1936, n. 1639, sulla riforma degli ordinamenti tributari. Con tali norme si � voluta dare una nuova e pi� organica disciplina al procedimento tributario per l'accertamento dell'imposta e per la risoluzione in via amministrativa delle relative controversie. Si � voluta regolare meglio l'azione degli organi esecutivi dell'Amministrazione finanziaria. Ma in esse nulla ~ascia desumere che, disciplinando la a~ione dei procuratori del registro per l'applicazione e la riscossione dell'imposta di registro e per far valere le ragioni della finanza davanti alle Commissioni amministrative, la legge , del 1936 abbia voluto innovare alle norme sulla rappresentanza generale dell'amministrazione finanziaria e tale rappresentanza conferire ai procuratori del registro, perch� possa nei loro confronti spiegarsi l'azione giudiziaria per far dichiarare l'illegittimit�. dell'imposizione del tributo. .Anzi l'art. 2 di detta legge conferma esplicitamente il potere dell'Intendente di Finanza di rappresentare legalmente in giudizio l'.Amministrazione finanziaria. e gli riconosce particolare potere di vigilanza, col disporre testualmente: �Ferme le attuali attribuzioni conferite alle Intendenze di Finanza dalle leggi generali e speciali e dai regolamenti in vigore, le Intendenze medesime vigilano in particolare su tutte le pubbliche entrate�. Spettando, poi, all'Avvocatura dello Stato l'assi stenza, il patrocinio e )a rappresentanza proces suale dell' .Amministrazione dello Stato, ma non la rappresentanza sostanziale implicante la disponibilit�. del diritto o la capacit�. di agire, l'aver notificato presso l'Avvocatura la citazione, evocando in giudizio un organo_ amministrativo incompetente e violando quindi le norme riguardanti la rappresentanza organica dell'amministrazione come parte in causa non vale a sanare la citazione della nullit�. da cui � affetta e che � radicale: nemmeno se 'l'organo incompetente, citato, si costituisca in giudizio ed eccepisca poi tale nullit�.. Nonostante il carattere unitario della personalit�. dello Stato, esso pu� agire in giudizio ed essere convenuto in persona dei suoi organi esterni: ciascuno per il ramo di affari e di rapporti che rientrano nella sua competenza amministrativa. E il difetto di legittimazione passiva nell'organo convenuto, attenendo alla istituzione del rapporto processuale, importa di necessit�. carenza di giurisdizione nei confronti dell' .Amministrazione �. Qualunque possa ess'6re la nostra opinione dal punto di vista giuridico sulla esattezza dei principi affermati nella sentenza sopra riportata, riteniamo auspicabile che l'indirizzo giurisprudenziale con essa affermato dalla .Corte Suprema non sia soggetto ad ulteriori variazioni. La materia regolata dalle norme del Codice di Proc. civile e dalle leggi complementari, �quella nella quale � pi� opportuno che sia perseguita dai giudici la certezza del diritto a preferenza �ell' assoluta giustizia, la quale, forse, pii� che giustizia si ridurrebbe ad essere semplicemente giustezza di una tesi in confronto di un'altra. ATTO AMMINISTRATIVO -Illegittimit� � Disappli cazione -Presupposto (Legge 20 marzo 1865, n.2248, alleg. E, art. 5). Illegittimit� -Potere dell'a.g.o. -Revoca -Inammissibilit� -Sentenza -Cassazione senza rinvio (R. decreto 8 marzo 1984, n. 888). (Cass. Civ., Sez. Un., sent. n. 2997, dep. 11 ottobre 1952; Pres. Anichini; Rel. Moscati; P. M. Macaluso (conf.); Spagnol (avv. De Cerbo e Villa) contro Peron (avv. Cipollone, Puchetti e Cortese). Presupposto per l'applicazione dell'art. 5, legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E -secondo cui � consentita la disapplicazione degli atti ammini strativi viziati da illegittimit�. -� che l'atto amministrativo non abbia ancora ricevuto attua zione. L'autorit�. giudiziaria ordinaria ha il potere di decidere della legittimit�. degli atti posti in essere dalla pubblica .Amministrazione (nella specie: re quisizione prefettizia in base all'art. 19 legge comu nale e provinciale) per accertare se il diritto del privato esista e sia stato leso, con le conseguenti pronuncie di carattere patrimonial_~ ove i detti atti siano riconosciuti megittimi, ma non. p_u�_ revocare l'atto amministrativo (ordinando, nella specie, la retrocessione dell'immobile da parte dell'assegnatario, che ne prese il po.ssesso, a colui che l'immobile stesso aveva in conduzione all'epoca della requisizione). __. 125 E qualora il giudice ordinario erroneamente si sia arrogato il potere di revocare l'atto amministrativo, la sentenza per la parte relativa va cassata senza rinvio. Oon l'annotata sentenza la Oorte di Oassazione, nell'affrontare il problema della disapplicazione degli atti amministrativi, prevista dall'art. 5, legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, ha sostanzialmente confermato che la citata norma non pu�, neppure indirettamente, annullare o superare il divieto posto dal precedente art. 4. Occon�e, inoltre, porre in rilievo che la Oorte, pur parlando di atti illegittimi, ha limitato la sfera di applicazione dell'art. 4 agli atti amministrativi lesivi di diritti soggettivi, che la pi� recente dottrina definisce, con maggiore propriet� di linguaggio, atti illeciti da contrapporre agli atti lesivi d'interessi legittimi, per cui � riservata la qualifica di atti illegittimi. Ma, a nostro avviso; la coesistenza delle due norme, e conseguentemente, l'applicazione dell'art. 5 senza vulnerare il principio sancito dall'art. 4 e senza, perci�, invadere la sfera riservata all' au,torit� amministrativa non pu� risolversi razionalmente se non negando che le due norme si riferiscono allo stesso genere di atti. Esse possono coesistere e forma re logicamente sistema soltanto �ove si riconosca che gli atti non conformi alla legge di cui all'art. 5, pur essendo analoghi ai provvedimenti illegalmente dati, di cui all'art. 650 Oodice . penale, sono sostanzialmente diversi sia dagli atti illegittimi, di oui all'art. 26 Testo unico delle leggi sul Oonsiglio di Stato, che dagli atti jlleciti, di cui all'art. 4 legge 20 marzo 1865, all' E. L'art. 5 funziona da limite al divieto del precedente art. 4 ed autorizza la disapplicazione soltanto dei regolamrmti e degli atti amministrativi privi dei requisiti estrinseci di legalit�. Il sindacato del giitdice ordinario o speciale, sulla legalit� estrinseca dei regolamenti e degli atti amministrativi si attua, pertanto, con la stessa ampiezza del sindacato sulla estrinseca costituzionalit� della legge. In tal senso � esatto dire che la norma contenuta nell'art. 5 poteva ricavarsi dai principi generali dell'ordinamento giuridico (sull'argomento cfr. �Rass. Avv. �, 1952, pag. 37-40). ATTO AMMINISTRATIVO -Silenzio-rifiuto a provvedere di organo incompetente -Inammissibilit� del ricorso -Assunzione di operai temporanei. Competenza dei Comandi locali. (Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 278 del 24 febbraio 1953; Pres.: De Marco; Est.: Cossu; Ripaldi ed altri contro Difesa-Marina). Il silenzio della pubblica amministrazione integra la figura dell'atto amministrativo di rigetto della domanda ad essa proposta, soltanto nel caso in cui ci� che ha costituito oggetto della richiesta rientri nell'ambito della sua competenza. L'assunzione ed il licenziamento degli operai temporanei rientra nella competenza dell'autorit� locale ed �, pertanto, inammissibile il ricorso proposto contro il silenzio dell'amministrazione centrale (Ministero difesa-marina), che non aveva competenza a provvedere sulla domanda di riassunzione. La prima massima costituisce giurisprudenza consolidata del Oonsiglio di Stato, La seconda rappresenta l'esatta applicazione del principio alla f attispecie. La diffida andava rivolta al Oomando Marina, il cui eventuale silenzio-rifiuto poteva costituire oggetto di ricorso gerarchico al JYlinistero. ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT� -Occupazione temporanea mantenuta oltre il biennio e non trasformata in definitiva -Restituzione del fondo -Azione del proprietario -Competenza dell'Autorit� Giudiziaria ordinaria. (Corte di Cassaz., Sez. Un., sent. n 369/53; Pres.: Anichini; Est.: Sagna; P. M. Pafundi; Marotta c. Comune Avellino). Il proprietario pu� agire davanti al giudice ordinario per ottenere la restituzione del fondo qualora -decorso il termine del biennio fissato dalla legge 25 giugno 1865, n. 2359 -l'ente pubblico, autorizzato all'occupazione temporanea, non abbia provveduto alla trasformazione della occupazione medesima in definitiva -mediante l'espletamento della procedura di espropriazione -e non abbia riconsegnato il fondo stesso alla scadenza del suddetto termine, decorrente dal giorno in cui la ripetuta occupazione ebbe luogo. La decisione � motivata con testuale riferimevto ai precedenti fissati nelle sentenze n. 153 del 1946 (in <e Foro amm. � 1946, II, 42) e n. 1699 del 1941 (in cc Giur. oo. pp. �, 1942, I, 26); con le quali il Supremo Oollegio -giudicando in identiche fattispecie -aveva sostanzialmente rilevato, che l'obiezione di difetto di giurisdizione dell'Autorit� giudiziaria ordinaria circa la richiesta di retrocessione di beni occupati in via di urgenza ai sensi dell'art. 71 della legge sulle espropriazioni (e non espropriati, n� riconsegnati alla scadenza del biennio fissato dal successivo art. 73), non urtava contro il disposto dell'art. 4 della legge sull'abolizione del contenzioso amministrativo; in quanto <e � solo l'atto amministrativo compiuto in conformit� delle facolt� accordate dalla legge alla pubblica amministrazione, che pu� avere efficacia nei confronti dei privati sul terreno dei diritti civili�. Per cui e< cessati gli effetti del decreto di occupazione temporanea per l'inutile decorso dei due anni previsti dal cennato art. 13) non rimaneva che uno stato di fatto in contrasto con il diritto di propriet�, e cio� l'abusiva detenzione dell'area privata, ad eliminare il quale giustamente (il proprietario della medesima) pu� far valere davanti all'Autorit� giudiziaria il suo diritto alla restituzione dell'area, non potendo interferire in siffatta materia, con i caratteri iJ,ell'atto amministrativo, la contraria volont� del Oomune >>. La decisione non persuade. Ohe, infatti, la protratta occupazione di un bene, dopo la scadenza del biennio :ai legge, ponga in essere un illegittimo comportamento della P. A., deve senz'altro ammettersi; come pu� immediatamente consentirsi nell'opinione, che il Giudice ordinario sia competente a dichiarare tale illegittimit�, concretandosi il fatto lamentato nell'evidente lesione di un diritto soggettivo, e precisamente nella violazione di una norma dettata a diretta tutela del cittadino e consistente nel divieto di sottrarre -usando della -,126 norma di cui al citato art. 71 -per oltre due anni il godimento del bene dell'avente diritto. Ma, tanto assodato sotto il profilo della proponibilit� dell'azione, va. subito aggiunto che la stessa pu� � anche risultare inammissibile, per l'eventuale inammissibilit� delle specifiche richioste rivolte al giudice adito, in relazione alle limitazioni poste alla costui competenza dell'art. 4 della legge 20 marzo 1865. Cos� come era indubbiamente capitato nella specie, data l'espressa istanza di restituzione del fonda occupato, avanzata dall'attore. N � ci sembra, che per superare le limitazioni accennate, potesse negarsi significato e portata di atto amministrativo al comportamento del Comune, che agli inviti di sgombero aveva opposta una chiara volont� negativa; poich� � risaputo che -ai fini dol richiamato art. 4 -per atto amministrativo non va inteso soltanto l'atto amministrativo in senso proprio, n� il negozio di diritto pubblico, ma pure l'attivit� materiale, il cos� detto fatto dell'amministrazione, come -ad esempio -la costruzione di un edificio (1) o la materiale occupazione di un bene (2). Di vero, gli stessi motivi di pubblico interesse che giustificano il �divieto di revoca degli atti amministrativi in senso proprio, valgono per gli atti materiali (3); nei quali � spesso implicita un volont�, i cui effetti non vi � alcuna ragione di trattare in modo difforme da quelli della volont� espressamente dichiarata (4). � E tanto, sempre a prescindere dalla considerazione, che lo stesso tenore dell'art. 4 pi� volte detto fa riferimento � ad un diritto che si pretende leso da un atto dell'autorit� amministrativa�, e quindi evidentemente -anche da un fatto amministrativo (5); e dal rilievo, che con il sanzionare l'obbligo di restituire il bene occupato, il Giudice viene a sostituire la propria volont� -pure se rivestita da una presunzione assoluta di cor,,formit� alla legge -alla volont� contra legem dell'Amministrazione: in sostanza, cio�, a costringere quest'ultima all'adempimento specifico della propria obbligazione, al compimento di un determinato atto amministrativo (riconsegna del fondo), che invece da nessun altro -all'infuori della stessa Amministrazione -pu� essere voluto e realizzato (6). A riprova, del resto, dell'esattezza di quanto s'� esposto, pu� ricordarsi che deroghe ai principi richiamati sono consentite solo in via d'eccezione, ed in forza di espresse norme di legge; come ad esempio, nel caso dell'art. 63 della legge sulle espropriazioni (1) Cass., 24 aprile 1930, in cc Giur. it. �, 1930, I, 1, 702. (2) Cass., 22 giugno 1933, in cc Riv. arnm. �, 1933, 798. (3) ZANOBINI, cc Corso�, vol. II, 1945, pag. 107. (4) VITTA, cc Dir. Amm. �, voi. II, 1950, pag. 445. (5) RAGGI, cc Atti ammin. �, 1950, pag. 36; LENTINI, cc Giustizia amm. >>, pag. 147, n. 2. (6) GmOOIARDI, cc Giustizia amm. �, 1943, pag. 279; LESSONA, cc Giustizia arnm. �, 2a ediz., pag. 77. Per un caso in cui il Giudice ordinario aveva pronunciato contro l'Amministrazione una sentenza di condanna ad adempimento specifico, cassata senza rinvio dalla Corte Suprema: v. 22 gennaio 1942, in cc Foro amm. �, 1942, II, 15. V. pure, sempre sull'impossibilit� di ordinare alla P. A. di adempiere un suo obbligo in forma specifica: Cass., Sez. Un., 2 agosto 1950, n. 2303, in cc Foro It. �, 1950, I, 1472. per pubblica utilit�, che permette all'Autorit� giudiziaria di p1�onunziare sentenze di condanna alla restituzione dei fondi espropriati quando -fatta la espropriazione -l'opera non sia stata eseguita nei termini concessi o prorogati (1). Nella specie quindi . -in cui una ipotesi eccezionale del genere certo non ricorreva -non pare che si sia esattamente giudicato, disponendo la riconsegna del bene contro l'evidente volont� del Comune di protrarre la propria -e sia pure illegittima occupazione. E ci sembra del resto che, ripudiando gli accennati precedenti del 1946edel1941, il Supremo Collegio -nel sottoporre a completo riesame la questione -aiirebbe potuto confortare il proprio diverso atteggiamento, richiamando l'esatta giurisprudenza che, sempre in tema di arbitraria occupazione di fondi, in sede di procedimento per espropriazione per pubblica utilit�, aveva fissata con le sentenze 20 aprile 1932, n. 1433 (2) e 26 giugno 1931, numero 2514 (3). Le quali, riconoscendo l'incompetenza del Giudice ordinario a provvedere sulla richiesta di riconsegna dei beni illeggittimamente appresi o trattenuti dalla P.� A. per l'insuperabile ostacolo opposto dall'art. 4 della legge abolitiva del contenzioso amministrativo, testualmente riconfermavano un indirizzo gi� sostanzialmente espresso nelle sen~ tenze 23 maggio 1921 (4) e 20 aprile 1923 (5). * * * Sembra, inoltre, il caso di aggiungere che -a nostro avviso e dati gli estremi della domanda il Giudice adito non avrebbe nemmeno potuto limitare il proprio pronunciato al riconoscimento della illegittimit� dol comportamento amministrativo, dichiarandosi incompetente soltanto rispetto all'istanza di restituzione. Se � esatto, invero, che il criterio discriminativo della competenza giudiziaria da quella amministrativa va fondamentalmente ricercato nella distinzione tra la lesione di un diritto e la lesione di un interesse, tuttavia � evidente che non � possibile prescindere dal diverso genere di sentenze di_cui sono riconosciuti capaci il Giudice civile da un lato, e quello amministrativo dall'altro. Per cui esattamente si afferma che il criterio della natura della controversia (causa petendi) si integra con quello della domanda (petitum), per determinare l'� effettivo obbietto dell'istanza� e -cio� -il cos� detto petitum sostanziale (6). Da tanto consegue,:che -ai fini della competenza -bisogna por mente a quanto in concreto si invoca dal Giudice, in funzione del titolo su cui la domanda � fondata; per cui il Magistrato ordinario dovr� dichiararsi incompetente non solo <J..Uando il f andamento della pretesa sia rappresentato dalla lesione di (1) V. per qualche altra rara eccezione: VITTA, op. cit., pag. 445. (2) V. in cc Riv. pubbl. app. �, 1932, I, 429. (3) V. in cc Riv. pubbl. app. �, 1931, I, 474. (4) V. in cc Foro it. �, 1921, I, 873. �� (5) V. in cc Foro it. �, 1923, I, 552.\V. pure�-per��caso identico a quello della sentenza annotata: App. Aquila, 8 luglio 1924, in cc Foro it. �, 1924, I, 725. (6) Massima consolidata n. 47 in cc Foro It. �, Rep. 1948, voce Competenza civile, n. 36; v."da ultimo: Cass., Sez. Un., 8 gennaio 1952, n. 12, in cc Mass. Foro It. �, col. 4. -127 ....... un interesse; ma pure quando l'oggetto della domanda -come sopra identificato -ecceda dai suoi poteri (1). In buona sostanza, cio�, e come esattamente nota il Lessona (2), il procedimento logico-giuridico da seguire in proposito dovr� essere il seguente, e precisamente: �dopo aver accertato se l'interessato agisca per la difesa di un suo diritto o di un suo interesse, dovr� esaminarsi ci� che gli si chiede in concreto ed il contenuto di tale domanda servir� a (I) ZANOBINI, "Corso�, vol. II, 1945, pag. 111. V. anche la giurisprudenza ivi citata nella nota n. 55. (2) LESSONA, �La Giustizia arnm. �, 2a ediz., Firenze, 1946, pag. 107. confermare o negare la soluzione adottata, in base al criterio della causa petendi. Cos�: se l'interessato agisce a difesa di un diritto, saranno competenti i Tribunali ordinari; �ma se egli chieda lo annullamento dell'atto amministrativo lesivo, quella competenza dovr� essere negata. Corr�lativamerite se egli agisce a difesa di un interesse legittimo, saranno competenti gli organi della giustizia amministrativa; ma se egli chieda il risarcimento dei danni, la loro competenza dovr� essere negata �. Nella specie, pertanto, ad una declaratoria di incompetenza della M q,gistratura ordinaria, ci sembra che la Suprema Corte avrebbe dovuto comunque pervenire. G. d. G. ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI DELLE CORTI DI MERITO AGRICOLTURA � Agricoltori benemeriti -Decreto luogotenenziale 14 aprile 1945, n. 250 ed art. 3 della legge 29 ottobre 1949, n. 906 � Recupero contributi. (Trib. di Roma, Sez. I, sent. 25 febbraio-28 luglio 1952, Pres. Boccia; Est.: Santoni Rugiu -Soc. An. Agricoltori Ravennati c. Ministero Agricoltura e Foreste). Il decreto legisl. luogotenenziale 14 aprile 1945, n. 250, col quale fu disposto il recupero dei contributi s-traordinari che erano stati concessi a taluni agricoltori in applicazione del regio decreto-legge 15 maggio 1931, n. 632, � abrogato per incompatibilit� con gli artt. 42, 53, 23 e 3 della Costituzione. L'art. 3 della legge 29 ottobre 1949, n. 906, che ha modificato le forme di riscossione stabilite dal citato decreto legisl. luogotenenziale n. 250 per il recupero di tali coU"tributi, � costituzionalmente illegittimo, per avere posto disppsizioni in contrasto con le citate norme costituzionali, senza che venisse seguita la procedura di approvazione prevista dall'art. 138 della Carta Costituzionale. Con la sentenza che si annota il Tribunale di Roma ha ritenuto che il decreto legisl. luogotenenziale 14 aprile 1945, n. 250, che ha disposto il recupero dei contributi a suo tempo concessi a taluni agricoltori in applicazione del regio decreto-legge 15 maggio 1931, n. 632, sia stato abrogato implicitamente per incompatibilit� con gli artt. 42, 53, 23 e 3 della Costituzione, e che l'art. 3 della legge 29 ottobre 1949, n. 906, che ha modificato la procedura di riscossione per il recupero di tali contributi prevista dal citato decreto legisl. luogotenenziale del 1945, sia costituzionalmente illegittimo. Diciamo subito che l'esame svolto dal Tribunale sulla presunta illegittimit� costituzionale dell'art. 3 della legge n. 906 � stato superfluo, in quanto, avendo esso dichiarato abrogato il decreto legisl. luogoten<mziale del 1945, l'inefficacia dell'art. 3, costUuiva una conseguenza logica, per il venir meno della legge di cui lo stesso articolo modificava la procedura di riscossione. In tanto, difatti, assume valore un eventuale esame sulla legittimit� costituzionale dello art. 3 della legge 29 ottobre 1949, in quanto sia ritenuto efficace il decreto legisl. luogotenenziale del 1945. Che relativamente alle norme entrate 'ln vigore prima della nuova Costituzione non sia ammissibile .il sindacato di legittimit� costituzionale � pacifico e di ci� d� atto la sentenza impugnata. Il problema, quindi, si riduce a vedere se il de<treto leg~sl. luogotenenziale 14 aprile 1945 sia stato abrogato per incompatibilit� con la nuova Costituzione, abrogazione che � ammessa dalla giurisprudenza e che in dottrina trova anche delle aff errnazioni discordi. Il Virga, per esempio (Origine, contenuto e valore delle dichiarazioni costituzionali, in <<Rassegna di dir. pubblico�, 1948, I, 278 e segg.), sostiene che non pu� parlar'si di invalidit� successiva di un atto giuridico per il sopravvenire di una norma contrastante di grado maggiore, posto che la validit� di quell'atto pu� sindacarsi con criteri dell'ordinamento vigente al momento dell'_emanazione dell'atto stesso. L'Esposito poi (Leggi vecchie e costituzione nuova, ecc., in << Giur. Ital. �, 1948, III, 81 e segg.), afferma che, possedendo le norme costituzionali una efficacia del tutto diversa di quella delle norme ordinarie, .non � possibile l'abrogazione di queste per effetto di quelle. La giurisprudenza ritiene che le norme ordinarie preesistenti alla costituzione possono essere abrogate da norme di questa di natura precettiva, mentre non possono venire meno per contrasto con norme costituzionali direttive; e ci� in quanto queste ultime, contenendo le linee direttive cui dovr� ispirarsi il legislatore ordinario, non hanno efficacia immediata e diretta, diversamente dalle altre, con la conseguenza che possono essere assunte per determinare l'illegittimit� costituzionale di norme ordinarie successive alla costituzione, non mai per considerare abrogate norme ordinarie preesistenti a quella. Questi principi sono accolti dal Tribunale, il quale per� ha ritenuto, come s'� accennato, che gli artt. 42, 53, 23 e 3 della Costituzione, che avrebbero abrogato implicitamente il decreto legisl. luogotenenziale n. 250 nel 1945, sono norme precettive. Quest'affermazione � in netto contrasto con il concetto di norma costituzionale precettiva, che � seguito dalla dottrina di gran lunga prevalente. (V. soprattutto, BISCARETTI DI RU:F.FIA, Sull'efficacia abrogante delle norme della Costituzione_ Italiana, in <<Foro Padano �, 1950, IV, 153 e seg. e bibliografia ivi citata) e dalla giurisprudenza, ed ha il torto, d'altra parte, di non considerare la vera natura del decreto legisl. luogotenenziale del 1945 in esame. ~W========H ~W========H -120 Secondo quest'indirizzo una norma costituzionale si considera come precettiva quando � completa e concreta, � cio� suscettibile di immediata applicazione, senza che occorra l'emanazione di ulteriori norme per la sua efficacia. Se questa � la nozione di norma precettiva bisogna senz'altro escludere che abbiano efficacia precettiva le norme costituzionali indicate dal Tribunale. Non ha efficacia precettiva, difatti, l'art. 3 della Costituzione (che sancisce il principio generale della uguaglianza di tutti' i cittadini di ,fronte alla legge � senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali�), come � stato ritenuto dalla Suprema Corte di Cassazione (Sez. I, sent. 127 del 17 gennaio 1953, in �Foro I tal.�, 1953, I, 161 e segg.), la quale al riguardo afferma (col. 169): �Vero � che pm� escludere il carattere direttivo di detta norma (art. 51) si � ritenuto di poter fare richiamo all'art. 3 che non sarebbe anch'esso, almeno nel 1� comma, una norma direttiva; ma la stessa collocazione dell'articolo tra i cc principi fondamentali� gi� basterebbe di per s� a dimostrare il contrario �. D'altra parte, va osservato che l'art. 3 della nuova Costituzione (il quale ripete sostanzialmente il contenuto del primo comma dell'art. 24 dello Statuto Albertino, per cui � tutti i regnicoli, qualunque sia il loro titolo e grado, sono uguali dinanzi alla legge �) non vieta che la legge ordinaria stabilisca disposizioni di favore per. persone che si trovino in determinate condizioni (per es. combattenti, invalidi di guerra, donne, ecc.) ovvero disposizioni particolari per talune categorie di soggetti (per esempio, profittatori di guerra), dato che il principio dell'uguaglianza � stato sempre inteso e va inteso non gi� in senso assoluto, che sarebbe indice di vera ingiustizia, ma in senso relativo, che non si determini cio� una disparit� di trattamento senza che sussistano particolari ragioni. Il che spiega perch�, anc"he nella recente legislazione, le donne siano escluse da taluni impieghi e lavori, perch� alcuni contributi siano richiesti a persone che hanno ricavato un particolare profitto. Ora, se pur sussistendo l'art. 3 della vigente Costituzione, � legitti.mo che il legislatore ordinario stabilisca delle eccezioni per talune categorie di persone, quando ricorrano particolari motivi, significa che quell'articolo non si pone immediatamente tra le norme ordinarie, ma ha bisogno di adattamenti e di svolgimenti, costituisce cio� un principio direttivo per il legislatore ordinario, il quale � tenuto ad assumerlo con quella relativit� che � insita nello scopo di esso. Il �Tribunale ha considerato abrogata il decreto legisl. luogotenenzial� 14 aprile 1945 anclie per effetto degli artt. 23 e 53 della Costituzione, ma il suo ra gionamento al riguardo non trova riscontro nel con tenuto di quelle due norme. Difatti, disponendosi in queste norme che � nes suna prestazione pu� essere imposta se non in base a legge>> e che �tutti sono tenuti a concorrere .alle spese pubbliche in ragione della loro capacit� con tributiva�, risulta evidente la loro programmaticit� ed altres� la mancanza di relazione fra esse e la que stione di cui si tratta. Il Tribunale ha creduto di superare questa chiara situazione con un ragionamento artificioso e chi3, pe raltro, � in contrasto con indiscussi principi di diritto. Scrive al riguardo il Tribunale: �In sostanza, se sul piano giuridico, come si e visto, non pu� parlarsi nella specie di rimborsi, bens� di prestazioni imposte ex' novo' sul piano economico il fine legislativo appa1�e espressamente quello dell'incremento patrimoniale; fine che non pu� in alcun modo essere compreso fra quelli che autorizzano l'imposizione della prestazione al di fuori IJ,el p1�incipio di proporzionalit�, e in base alla semplice conoscenza di un fatto meramente storico, quale la concessione di un contributo a norma della legislazione del tempo, sebbene richiederebbe un accertamento dell'attuale potenzialit� economica del soggetto, con il che si ritorna al concetto di presta" zione tributaria, al concetto cio� di contribuzione alle spese pubbliche in ragione della capacit� contributiva di ognuno (art. 53 prima Costituzione). Non pu� ritenersi costituzionalmente legittimo, in conclusione, da parte del legislatore ordinario la imposizione di prestazioni patrimoniali a 1norma dell'art. 23 della Costituzione, quando il fine sostanzialmente perseguito dalla stessa legge tende a prelevamenti di ricchezza in danno di singoli cittadini, violando in tal modo la regola ed i limiti pi� sopra illustrati. Senza di che il principio di eguaglianza dei cittadini pur solennemente proclamato, resterebbe privo di ogni garanzia di fronte alla legge, e il singolo cittadino potrebbe essere esposto a gravi oneri, personalmente impostigli, da veder distrutta ogni propria possibilit� di vita, mentre altri potrebbero godere indisturbati il proprio patrimonio >>. Ma, cos� argomentando, il Tribunale ha compiuto un sindacato di legittimit� costituzionale nei confronti di una norma preesistente alla Costituzione e, quello che � ancora peggio, nella formadell'eccesso di potere legislativo, che � escluso dal nostro sistema legislativo (art. 28 della legge 11 marzo 1953, n. 87). N� vale affermare, come ha fatto quel Collegio, che nel caso in esame cc dalla stessa legge ordinaria risulta il fine per cui s'impone la prestazione, fine d'altronde insito nella stessa espressione recupero che di per s� esclude ogni possibilit� di sacrificio del privato per ragioni d'interesse pubblico ... �, poich� in questo modo a parte che si confondono i motivi con la causa (le ragioni indicate nella premessa del decreto legisl. luogotenenziale 14 aprile 1945 costituiscono il motivo della legge, non gi� la causa di essa, la quale � data dalla corrispondenza di questa ad uno dei fini dello Stato e su cui non � ammissibile alcun sindacato) e si d� per dimostrato ci� che deve dimostrarsi e che nella specie non pu� dimostrarsi non essendo ammesso il sindacato sulla causa dell'atto legislativo. Se si � effettuato il recupero dei contributi significa che ci� s'� ritenuto rispondente all'interesse pubblico, cos� come si annulla l'atto amministrativo di un sussidio solo se, a parte i vizi di legittimit�, la ripetizione del sussidio risponde all'interesse P'!':bplico. In questi casi l'interesse pubblico costituisce il _ presupposto dell'atto; per cui � erroneo ritenere avulso dall'interesse pubblico un recupero di somma quando vi � la presunzione (assoluta nel caso di atto legisla tivo) che esso � determinato dall'interesse pubblico stesso. -130 Il Tribunale si � richiamato pure all'art. 42 della Costituzione per affermare l'abrogazione del decreto legisl. luogotenenziale n. 250, ma, poich� ha assunto questa norma in funzione degli artt. 23 e 53 della stessa Costituzione, di cui ci siamo gi� occupati, non ei rimane ehe riportarci a quanto detto. Si erede opportuno aggiungere, tuttavia, ehe lo art. 42 non ha alcuna relazione con la situazione esaminata, riferendosi all'espropriazione per pubblica utilit�, la quale riguarda solo beni infungibili, laddove nel caso in esame vi � recupero di una somma di denaro, cio� di beni fungibili. Come si � gi� accennato, l'errore principale del Tribunale � di non aver considerato la vera natura del decreto legisl. luogotenenziale n. 250. Se esso, difatti, avesse soffermato la sua indagine sulla natura di questo decreto legisl. luogotenenziale avrebbe fatto a meno di dilungarsi su questioni non attinenti alla causa risolvendole per giunta in maniera errata. Quando, difatti, quel Collegio afferma che le somme legittimamente entrate nella sfera giuridica di disponibilit� del privato non sono soggette a rimborso e, pertanto, quando questo rimborso si sia disposto, la relativa prestazione deve configurarsi come sorta ex novo con tutti i limiti e le garanzie stabilite per il patrimonio del privato, dimostra di non avere individuato la natura dell'atto legislativo in base alla causa ehe gli d� vita e ehe � l'elemento ehe lo caratterizza nella sua essenza. L'atto amministrativo, ehe requisisce alcuni beni mobili ed ordina la consegna di essi al soggetto per eui era stata effettuata la requisizione, � completamente diverso dall'atto, che annulla la concessione di un sussidio a favore di un cittadino ehe si trovava in una particolare condizione ed ordina la restituzione dell'ammontare del sussidio stesso . . Come la causa distingue talune categorie di atti amministrativi da altri, ugualmente gli atti legisla �tivi vanno distinti in relazione alla loro causa. Per eui, altro � _l'atto legislativo che trova la sua causa nella potest� di richiedere, in talune condizioni, una prestazione al privato al fine di provvedere ad un'opera pubblica, ad una spesa pubblica, ecc., altro � l'atto legislativo ehe ha come scopo di abrogare, per mutate esigenze sociali, una precedente legge. E se in questo caso, dell'invalidazione di questa legge, deriva nel privato il dovere di restituire quanto ha ricevuto, per essere venuto meno il titolo della concessione, non � corretto assimilare quest'obbligo di restituire all'obbligazione di dare; ehe pu� essere imposta al privato in virt� di altro potere. Nelle due ipotesi prospettate, per giudicare della validit� del titolo, occorre esaminare in primo luogo se il soggetto da eui esso proviene aveva la potest� di cui si � avvalso e se tale potest� si � manifestata legittimamente. Pertanto nel caso portato all'esame del Tribunale si trattava di vedere se il decreto legisl. luogotenenziale n. 250 potesse abrogare legittimamente il regio decreto legge . del 1931; eol quale erano stati concessi dei contributi ad agricoltori. La conclusione affermativa, secondo noi, avrebbe dovuto scaturire facilmente, cos� come � scaturita, in cause del tutto analoghe a quella di cui si tratta, al Tribunale di Perugia (sent. 4 settembre � 1951,. Presidente ed estensore JJfelfi, Spinola contro Mini stero Agricoltura e Foreste, in �Rassegna Mensile dell'Avvocatura dello Stato�, 1952, 74) ed al Tribunale di Roma (sent. 24 aprile-15 ottobre 1951, Presidente Elia, estensore Tamburrino, Visconti di Modrone contro Ministero Agricoltura e Foreste) non potendosi attribuire� alcun rUievo alla circostanza ehe in virt� di tale abrogazione venivano meno dei diritti acquisiti dei privati, poieh� in simili situazioni, se la revoca non pu� operarsi mediante atto amministrativo, pu� attuarsi certamente con un provvedimento legislativo formale, posto ehe il principio della irretroattivit� non costituisce in materia civile un limite giuridico per gli organi legislativi. * * * Dopo quanto s'� detto appare chiara anche la infondatezza dell'altro assunto del Tribunale, se~ condo eui l'art. 3 della legge 29 ottobre 1949, n. 906 � costituzionalmente illegittimo per essere in contrasto con gli artt. 42, 53, 23 e 3 della Costituzione. L'illegittimit� costituzionale dell'art. 3 della legge n. 906 � stata fondata dal Tribunale eselusivamente sul fatto ehe il decreto legislativo luogotenenziale n. 250 del 1945, di cui esso. modificava la procedura di riscossione, era abrogato. Ma questa tesi � assolutamente errata, poich�, �come si � detto, dall'abrogazione del decreto legislativo luogotenenziale del 1945 sarebbe derivata l'inefficacia dell'art. 3 della legge del 1949, non gi� l'illegittimit'� costituzionale di questa. E ci� -anche ad ammettere, secondo il recente indirizzo della giurisprudenza (efr. Sezioni Unite Civili, Sentenza 15 gennaio 1953, n. 107, in �Foro Italiano �, 1953, I, 173; in dottrina nello stesso senso v. spe1Jialmente, �ZZARITI, Poteri spettanti ai giudici per il controllo di costit. delle leggi, in �Foro It. �7 1951, IV, 124 segg.; contro, fra gli altri, ESPOSITO, Leggi vecchie e costit. nuova, cit.), ehe al giudice ordinario spetti il controllo di legittimit� costituzionale nell'attuale momento in cui non � entrata in funzione la Corte Costituzionale -sia perch� questa norma, la quale si limita puramente a modificare la procedura di riscossione, non � in contrasto con alcuna disposizione costituzionale, sia pereh� la illegittimit� costituzionale, come qualsiasi vizio di illegittimit�, inerisce all'atto giuridico che si assume violato ovvero agli atti '.che intervengono per la sua formazione, ma non pu� mai derivare dall'atto di cui esso attua una modifica. O. CARBONE AUTOVEICOLI -Assegnazione in uso dal G.M.A. Responsabilit� dell'assegnatario -Decreto Legislativo 22 gennaio 1948, n. 118 -Natura. (Corte di Appello di Milano, sent. 29 febbraio 1952, Sez. I, Pres. Tommasi, Est. Danzi: Bianchini contro Comerio e Ufficio Autotrasporti). L'equiparazione dell'assegnatario di un automezzo, a' sensi del decreto legislativo luogotenenziale 21 gennaio 1945, n. 49, all'usufruttu3'!ioL in forza dell'art. 10 del decreto legislativo 22 gennai6 1948, n. 118, si estende anche agli incidenti avvenuti prima dell'entrata in vigore di quest'ultimo provvedimento legislativo, data la sua natura interpretativa del primo. -131 La decisione della Corte Milanese viene a conferma1 �e l'indirizzo giurisprudenziale seguito gi� dal Tribunale di Milam,o (16 novembre 1950-26 maggio 1951; Costa Carlo ed altri contro Coop. Camions e llfinistero Trasporti, inedita) e dalla Corte Suprema (9 marzo 1950, n. 612) in ordine alla natura interpretatiya del decreto legislativo. 22 gennaio 1948, n. 118. E noto che per accordo intervenuto tra la Commissione Alleata ed il Governo Italiano, tutti gli autoveicoli catturati al nemico di fabbricazione tedesca ed italiana furono ceduti allo Stato, disponendosi per i primi l'alienazione e per i secondi l'assegnazione. (Circolare del Ministero dei Trasporti numero 2953/3000 del 29 marzo 1946). Il rapporto giuridico posto in essere con l'assegnazione veniva equiparato all'usufrutto, agli effetti dell'art. 2054 c. c., in forza dell'art. 10 del cennato decreto legislativo 1948, n. �l8, nessuna qualificazione al riguardo contenendo il decreto legislativo luogotenenziale 21 gennaio 1945, n. 49. Per i fatti dannosi discendenti dalla, circolazione degli automezzi assegnati, e verificatisi nel periodo intercorrente tra l'emanazione del decreto legislativo luogotenenziale del 1945 e quella del decreto legislativo del 1948, si � fatta questione se la responsabilit� dovesse ricadere sul Ministero dei Trasporti, che aveva disposto l'assegnazione a mezzo dei suoi organi periferici, ovvero sull'assegnatario. L'efficacia retroattiva della norma contenuta nel l'art. 10 cennato, avrebbe ovviamente conportato la soluzione . definitiva della questione nel senso della responsabilit� dell'assegnatario, efficacia appunto riconosciitta dalla Corte Milanese, affermandosi il carattere interpretativo del decreto legislativo del 1948. Tale statuizione accogliendo la tesi della Avvo catura, merita ampio consenso, sia in quanto ha rettamente .escluso che potesse scorgersi nel decreto legislativo del 1948 una �innovazione � nella so stanza della situazione giuridica posta in essere con il decreto legislativo litogotenenziale del 1945, in ci� confortata dallo stesso titolo della legge indicato quale << Norme integrative �, sia in quanto, come anche la Corte Suprema nella citata sentenza ha affermato, lo Stato non avrebbe potuto accollarsi la �responsabilit� per la circolazione di migliaia di automezzi recupe rati, ed assegnati in vista di un interesse generale, ma senza alcuna possibilit� di controllo rispetto ad essi. (R. O.) IMPOSTE E TASSE -Ente Metano -Contributi per l'uso delle bombole; natura tributaria. Opposizione ad ingiunzione -Solve et repete -Ricorso amministrativo; facoltativit�. Soggetti passivi del tributo; utenti. (Trib. Roma, II Sezione, n. 3642, del 20 aprile 1953; Soc. Metano Roma-Finanza-Ente Metano). Il corrispettivo giornaliero per l'uso delle bombole per metano di cui all'art. 10 legge 8 luglio 1950, n. 640, ha natura tributaria e, .pertanto, � imp~oponibile l'opposizione ad ingiunzione non preceduta dal pagamento del corrispettivo do-�>-uto (solve et repete). Il ricorso amministrativo, previsto daU'art. 21 del regolamento approvato con Decreto Presi denziale 16 dicembre 1950, n. 1121, � meramente facoltativo e non costituisce presupposto per la proponibilit� dell'azione giudiziaria. Al pagamento del corrispettivo suddetto sono tenuti gli utenti (di metano) e non i distri})utori di bombole. La prima massima � di ovvia esattezza. Il corrispettivo per l'uso delle bombole per metano � ima prestazione pecuniaria imposta a carico di una generalit� di cittadini (possessori delle bombole) per sopperire alle spese di un pubblico servizio, attuato per il soddisfacimento di interessi collettivi, fra i quali � prevalente quello alla pubblica incolumit�. Come esattamente ha osservato il Tribunale il corrispettivo in esame non pu� considerarsi come prezzo pagato ad una pubblica impresa sia perch� � imposto. per legge e non � dovuto in virt� di un negozio di diritto privato (cfr. art. 1 T. U. 14 aprile 1910, n. 639), sia perch� il fine collettivo esiste indipendentemente ed � di gran lunga prevalente sul vantaggio, che i singoli cittadini (contribuenti) ricavano dalla prestazione del servizio e sia infine, per l'indivisibilit� di quest'ultimo (cfr. <<Rassegna Avvocatura�, 1952, pag. 148). Il secondo principio enunciato � in evidente contraddizione col precedente. Affermato il carattere tributario del corrispettivo, non poteva negarsi che il ricorso previsto dall'art. 21 del regolamento tendesse agli stessi fini del contenzioso tributario e fosse, perci�, da considerare presupposto per la proponibilit� dell'azione giudiziaria (Sez. Un. Cass. 9 ottobre 1952, n. 2982: Caraccio~Vallarelli, in � Foro Italiano�, 1953, I, 1). Si aggiunga che, nella specie, l'art. 21 citato qualifica definitiva soltanto la deci . sione emessa dal Comitato sul ricorso del contribuente. Da ci� � agevole dedurre la non definitivit� dell' accertamento effettuato dall'Ente Metano e l'improponibilit� dell'azione non preceduta dall'esaurimento dei rimedi amministrativi. Neppure esatta ci sembra la terza massima. Lo art. 10 si riferisce evidentemente agli utenti di bombole e non di metano. Dal combinato disposto degli artt. 6, 10 e 11 della legge, 29 e 34 del regolamento si evince che tenuti al pagamento del corrispettivo, di cui all'art. 10, sono i possessori di bombole, proprietari e non proprietari, e, cio�, coloro che di queste bombole facciano uso per l'esplicazione della loro attivit�. Tali non sono gli utenti del gas, consumatori, i quali detengono le bombole alieno nomine. Gli utenti di bombole, che ai sensi dell'art. 19 del regolamento, debbono essere iscritti in apposito registro e che, ai sensi dell'art. 10 della legge, sono obbligati al pagamento del tributo sono appunto quelli indicati all'art. 8 della legge e, cio�, i produttori di gas metano e i distributori di bombole. Su questi punti attendiamo la parola chiarificatrice della Suprema Corte, che siamo sicuri penetrer� lo spirito della legge, superando qualche perplessit�, in cui la non felice formulazione della legge e l'uso ambiguo e promiscuo del participio << utenti �pu� far incorrere l'interprete. G. GUGLIELMI -132 IMPOSTA SULL'ENTRATA -Solve et repete -Nozione di imposte suppletive. (Trib. Trento, 29 agosto 1952 -Pres. Bertolotti; Est. Ponzielli -Vivaldi c. Finanza). Ha carattere principale, e importa perci� l'osservanza del precetto del solve et repete l'imposta generale entrata che, in sede di revisione della tassazione di una sentenza, sia stata applicata a un contratto formante obbietto della sentenza stc ssa la quale aveva scontato soltanto la tassa di registro, mentre era stata omessa ogni tassazione a titolo di imposta sulla entrata. Annotando la sentenza di cui sopra in� Foro I tal. �, 1953, I, 259, il prof. Oocivera, approva, in linea di massima, l'accoglimento fatto dal Tribunale dell'eccezione del Solve et repete sollevata dalla difesa erariale sotto il profilo del. carattere principale e non suppletivo dell'imposta generale sull'entrata in discussione, ma formula qualche riserva circa l' applicazione del precetto anzidetto nella fattispecie concreta, per la possibile esclusione di esso in base al riliero prima facie dell'illegittimit� della pretesa della finanza, fatta valere, in sostanza, per la detta imposta entrata, direttamente con l'ingiunzione, senza che fosse prima intervenuta l'ordinanza intendentizia di condanna di cui alla legge 7 gennaio 1929, n. 4. Non possiamo essere d'accordo su tale riserva. Sul rilevato carattere principale, in ogni caso, dell'imposta generale entrata, agli effetti del solve et repete, non pu� che convenirsi pienamente, essendo ineccepibile il concetto che la possibilit� di configurare in tema di imposta generale sull'entrata l'ipotesi di un'imposta suppletiva cc resta esclusa dalla stessa natura n e struttura dell'imposta in parola che, com'� noto, non ammette un accertamento definitivo da parte dell'Amministrazione Finanziaria, essendo l'imposta dovuta dal contribuente all'atto in cui si verifica l'entrata mediante emissione obbligatoria di fattura o quietanza (art. 8 e segg. legge del 1940) �. (CocrVERA, loc. cit.). � anzi risaputo che siffatta struttura � propria non solo dell'imposta entrata, ma anche di quegli altri tributi, come ad es. il bollo, i quali si riscuotono mediante l'uso, rimesso obbligatoriamente allo stfsso contribuente, o di una speciale carta (carta bollata) ovvero di marche o altri contrassegni da applicarsi sulla carta comune, allorch� si tratti di redigere l'atto giuridico o venga posto in essere il negozio o il fatto giuridico costituente la situazione base dell'imposta. Trattasi, in altri termini, di quella categoria di tributi, che una parte della dottrina chiama tributi senza imposizione (.ALLORIO, Dir. Proc. tributario, Giuffr�, 1942, pag. 92), mentre altri parla di tributi il cui accertamento � rimesso allo stesso contribuente (GIANNINI: Rapp. giuridico di imposta, pag. 237 e segg.; BERLIRI: Proc. tributario amministrativo, pag. 117 e segg.) e ancora di auto-accertamento e �.i auto-applicazione della norma. Prescindendo dalla diversit� delle dizioni usate e dalle critiche rivolte ad alcuni dei concetti enunciati (come quello dell'auto-accertamento), tutti sono di accordo, in sostanza, nel, ritenere che per i tributi . in esame, non solo l'obbligo tributario in generale, ma anche la determinazione quantitativa dell'imposta, e l'obbligo di solutio da parte del debitore siano del tutto indipendenti da qualsiasi attivit� di accertamento e di imposizione della pubblica amministrazione, la quale interviene unicamente in tempo successivo, a scopo di revisione e di controllo circa l'esatto adempimento dell'obbligazione. E si � pure d'accord� nel ritenere ohe quest'ultima attivit� della finanza, n� ha efficacia costitutiva, n� � attivit� d'imposizione, essendone obbietto solo il discoprimento di un'obbligazione tributaria gi� perfetta, mentre essa pu� essere considerata costitutiva solo rispetto alle nuove obbligazioni che, a titolo di penalit� o di sopratasse, derivino al debitore dal mancato iniziale adempimento, (.ALLORIO op. cit., pag. 94). Mancando, pertanto, in conclusione, la possibilit� di configurare, per quanto attiene ai tributi di che trattasi, un preventivo accertamento ed un possibile errore in cui questo sia incorso, ci� spiega anche l'impossibilit� della configurazione dell'imposta suppletiva. JJf.a, proprio le premesse anzicennate ci portano a dissentire dalla censura mossa al comportamento dell'Amministrazione nella fattispecie sotto il profilo del nessun potere che avrebbe avuto l'ispettore delle tasse (che oper� il rilievo) di accertare l'omesso pagamento dell'i. g. e. V a precisato anzitutto, in pitnto di fatto -circostanza questa che non risulta chiarita dal testo pubblicato della sentenza, ma che la difesa erariale aveva espressamente dedotto senza contrasto -che il rilievo ispettivo nella specie venne compiuto quando gi� era decorso il termine di prescrizione quinquennale per l'applicazione della sanzione per l'evasione dell'i. g. e., ai sensi dell'art. 17 della legge 7 gennaio 1929, n. 4, mentre non era ancora decorso il normale termine decennale (art. 45 legge entrata) di prescrizione del tributo. Oi� premesso, l'appunto mosso all'ispettore di pretesa esorbitanza .dei suoi poteri, in . quanto egli avrebbe invaso il campo riservato esclusivamente allo Intendente, non appare fondato, giacch� nella specie, n� si doveva far luogo all'applicazione della sanzione, per cui fosse necessaria l'esplicazione della speciale competenza intendentizia attraverso la messa in moto del meccanismo processuale che culmina con l' ordinanza di condanna, n� comunque obbietto della attivit� dell'ispettore � stata l'applicazione della sanzione, essendosi egli limitato ad eccitare l'attivit� dei normali organi di riscossione per la percezione del tributo. Ora, per quanto concerne la riscossione del solo tributo, la indispensabil�t� della preventiva condanna intendentizia non � sancita affatto dalla legge, ch� anzi l'art. 18 della legge 7 gennaio 1929 espressa mente ammette che cc quando il contravventore debba rispondere, oltreeh� della contravvenzione, del paga mento del tributo, l'autorit� finanziaria 'pu� procedere alla riscossione del tributo medesimo senza attendere l'esito del giudizio penale�. Non possiamo perci� condividere, hella generalit� in cui � stato formulato, il principio avversariamente affermato (CocrvERA, loc. cit.) che l'imposta generale entrata cc in tanto � legalmente dovuta � in quanto si accerta, mediante un verbale, la-�violazione dell'ob bligo imposto dalla legge di corrispondere l'imposta�, ed in quanto (si dice ancora) a tale accertamento segua l'accertamento sia del quantum dell'imposta dovuta sia delle sanzioni inflitte, ad esclusiva competenza dell'Intendente o del Ministro. -133 Ci� sembra anzi ohe lo stesso oonoetto di un accertamento in materia di i. g. e., ohe, si dice, verrebbe � � compiuto dall'Amministrazione Finanziaria (Intendenza di Finari,za) non in via diretta, ma in oooasione della violazione aell' obbligo, suscettibile di sanzioni amministrative o penali))' si appalesi in contrasto oon la premessa sopra illustrata e data per paoifioa, cio� della non configurabilit� in materia di i. g. e. (cos� come per gli altri tributi della stessa categoria) di un accertamento tributario (in senso tecnico specifico) e della legale sussistenza dell'obbligo di pagamento indipendentemente da ogni accertamento o attivit� di imposizione dell'amministrazione finanziaria, la cui attivit�, in oaso di violazione dell' obl' obbligo, viene esplicata solo nel senso di discoprimento di un'obbligazione tributaria gi� perfetta. Dal che � lecito dedurre che nessun accertamento (nel senso tecnico anzidetto) era da compiersi, ed � stato compiuto nella fattispecie, n� dall'ispettore n� -da altri, per rendere riscuotibile il tributo, e che non si possa tacciare di esorbitanza dai suoi poter l'ufficio del registro per avere riscosso a mezzo di ingiunzione un'imposta, per la quale mancava l'ordinanza definitiva da parte dell'Intendente o del Ministro. Con siffatta aoousa, invero, si viene ad attribuire all'ordinanza intendentizia una portata ohe non le � propria, secondo il sistema della legge, peroi� ohe attiene all' aooertamento del tributo. La legge sull'i. g. e., � vero, parla (oome si evince ad es. dallo art. 52) di determinazione dell'imposta fatta con l'ordinanza dell'Intendente o col decreto del Ministro, insieme all'applicazione della penalit�; ma tale dizione non pu� indurre a confondere la natura sostanzialmente diversa che assume il provvedimento intendentizio rispetto all'uno e lill'altro obbietto. Per oi� ohe attiene all'applicazione della sanzione l'atto doll'Intendente � certamente costitutivo dell'obbligo di pagamento della penalit� infiitta, mentre per qu�anto attiene alla determinazione <Mll'imposta, si ha una pronuncia meramente dichiarativa, di una situazione giuridica gi� esistente, e di una obbligazione tributaria perfetta in tutti i suoi elementi, che doveva essere adempiuta e non lo � stato. Per questa parte l'Intendente viene ad esplicare un'attivit� di mera applicazione della norma tributaria che non si pu� per nulla considerare accertamento del tributo in senso tecnico -str1dturalmente consimile all'accertamento ohe 'viene compiuto da qualsiasi organo di applicazione delle norme giuridiche e particolarmente dagli organi giurisdizionali. Peraltro, nel campo del contenzioso tributario penale, la determinazione dell'obbligo tributario come presupposto dell'applicazione della sanzione � compito normalmente demandato dalla legge (art. 22 legge 7 gennaio 1929, n. 4) all'ordinario magistrato penale, nei oasi in oui, per la natura della violazione (delitto) competente a conoscerne sia il tribunale e non l'intendente. Nello stesso ambito dell'imposta sull'entrata siffatta ipotesi si verifica -a sensi dello art. 33 ult. oomma della legge sull'i. g. e. -allorch� una qualsiasi delle violazioni da detta legge prevista si presenti connessa oon una corrispondente violazione della legge donagale avente carattere di delitto, considerandosi allora anohe delitto la contravvenzione: nessun dubbio che in tali casi � il giudice penale competente a determinare l'an e il quantum dell'i..g. e. che si assume evasa. Ma nessuno vorr� sostenere ohe in tali casi il giudice funga da organo accertatore del tributo e che sia l'accertamento da lui compiuto con dicio sine qua non per la legale esistenza dell'obbligo tributario e quindi per la legittimitr), della ris�os_sione. E per�, venuta meno, per qualsiasi ragione estintfoa, la perseguibilit� in linea penale della infrazione, il compito, oos� del giudice penale, come dello intendente di finanza quale organo cui � demandata specificamente la applicazione della sanzione, � esaurito, e non rimane ohe lo incombente del recupero iell'imposta, di spettanza dei normali organi di riscossione. Venendo in tali oasi a mancare il presupposto della speciale competenza intendentizia (come quella eventuale del giUdioe penale), viene a determinarsi oome una necessit� quel distacco della riscossione del tributo dall'esito del giudizio penale che gi� viene ammesso oome una possibilit� dall'art. 18 della legge del 1929. Oltre la prescrizione, nel caso di specie verificatasi, altre cause estintive si possono presentare. Cos� la morte del contravventore, ove si accolga il principio ohe, anche per le violazioni non costituenti reato, tale evento tronchi la esperibilit� del procedimento tendente all'applicazione della sanzione nei confronti degli eredi, i quali debbono per� rispondere del tributo come obbligazione civile (v. ROTONDI, Appunti sull'obbligazione tributaria, Cedam, 1950, pag. 85). Ed altro oaso estintivo tipico nel quale si prescinde dall'ordinanza intendentizia � quello iiel pagamento del tributo fatto per usufruire di un condono ohe dal sovrano provvedimento di clemenza sia stato subordinato al pagamento stesso. In siffatta ipotesi il contribuente paga, e paga legalmente il tributo (ormai in maniera virtuale non essendo pi� consentita la tardiva apposizione delle marche), nella misura calcolata da esso stesso contribuente o indicatagli in via breve dall'amministrazione, e in seguito a tale pagamento non si fa pi� luogo a procedimento contravvenzionale, neppure per la determinazione del tributo, limitandosi inveoe l'autorit� amministrativa all'applicazione del condono �con provvedimento di mero accertamento delle condizioni alle quali l'atto di clemenza � subordinato n (11. Cass. Sez. Un., 6 giugno 1950, in �Ji'oro I tal. ))' 1950, I, 1000). V a ancora rilevato che una giurisprudenza di varie corti di merito, consolidatasi oon la test� citata sentenza 6 giugno 1950 della Cassazione, la quale ha ammesso (pur in contrasto oon la tesi sostenuta dall'Amministrazione) la ripetibilit� da parte del contribuente della somma pagata per usufruire del condono mediante la, dimostrazione che l'imposta che si assumeva esatta non era dovuta, ha riconosciuto la esperibilit� in ogni oaso della relativa azione in sede oivile, entro il terrnine prescrizionale, in via autonoma, e non in via di irnpugnativa di precedente ordinanza determinativa del tributo. In conclusione, non oi sembra fondato l'appunto che la riscossione dell'i. g. e. nella fattispecie abbia costituito esplicazione di un sistema ille{J..�ile ohe avrebbe portato alla condanna del contribuente senza __ un regolare giudizio: tanto meno questa pretesa illega lit� sarebbe stata rilevabile prima facie s� da esclu dere l'applicazione del principio del solve et repete. E. ALBEGGIANI SEGNALAZIONI DI DOTTRINA E GIURIS PRUDE.NZA S'inizia con questo numero una nuova rubrica il cui scopo � quello di fornire sintetiche e tempestive notizie sul maggior numero di manifestazioni giurisprudenziali e dottrinali relative a materie che interessano il contenzioso statale. Carattere di questa rubrica � quello di fornire ai colleghi un utile stritmento di lavoro per te ricerche di dottrina e giut�isprudenza. � superfiuo rilevare.come la collaborazione a questa rubrica da parte di tutti i colleghi sia indispensabile, specie per fornire notizie di pronunzie giurisprudenziali inedite per la cui consultazione ci si potr� rivolgere all'Avvocatura che ha trattato la causa. Le segnalazioni debbono essere, per ovvi motivi, quanto pi� sollecite possibile e debbono essere inviate all'ufficio Rassegna. L'ATTIVIT� DELLAP. A. ATTIVIT� FORMALE ATTO AMMINISTRATIVO. � confermativo l'atto che dichiara, dopo un provvedimento precedente e un nuovo esposto, di non aver provvedimenti da adottare. (Cons. Stato, 16 gennaio 1953. �Foro Ital. �; 1953, III, 62, nota). Per attuare l'obbligo di provvedere � necessaria la diffida formale a provvedere, con prefissione di termine, onde dar valore di rifiuto al silenzio della P. A. (Cons. Stato, �16 gennaio 1953. cc Foro Ital. n, 1953, III, 62, nota). RICORSI. � possibile l'esame da parte dell'a. g. o. dell'atto amministrativo, e il diniego della sua applicazione, prima che l'atto sia stato eseguito. (Corte Cass., 15 gen'laio 1953. << Giust. Civile�, gennaio 1953, 72, nota). � competente l'a. g. o. nelle controversie relative a violazione di concessione contratto. (Corte Cass., S. U., 14 gennaio 1953. � Giust. Civile �, gennaio 1953, 49 nota). Non sussiste obbligo della p. a. di riesame dell'atto amministrativo non pi� impugnabile per decorso di termini. (Cons. Stato, 16 gennaio 1953. �Foro Ital. n, 1953, III, 62, nota). � necessario il fondamento su eleme lti desunti da atti depositati dall' A. P. e non prima noti ali ricorrente, per l'ammissibilit� di motivi aggiunti al rie wso al giudice amministrativo. (Cons. Stato 14 gennaio 1953. �Foro Ital. n, 1953, III, 88, nota). Non � ammissibile l'impugnazione per nuovi motivi di un atto su cui si � gi� giudicato per altri motivi. (Cons. Stato, 11 marzo 1952. cc Foro Ital. n, 1953, III, 71, nota). L'ATTIVIT� DELLA P. A. ATTIVIT� SOSTANZIALE CULTURALI. � legittima la determinazione annuale con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dei criteri da seguire dallo stesso per la concessione di nuo-ve licenze per l'esercizio di speUacoli cinematografici. (Cons. Stato, 30 dicembre 1952. cc Foro Ital. >>, 1953, III, 66, nota). TRASPORTI E TELECOMUNICAZIONI. Non � liberato il vettore che consegni le cose trasportate a destinatario diverso daU'originario su ordine di un rappresentante apparente del mittente. (Trib. Milano, 10 novembre 1952. �Foro Padano �, 1953, I, 324, nota, prof. Giorgianni). Sono imputabili all'Amm.ne Ferroviaria le anormalit� delle merci caricate su binari di raccordo se dipendano dalle accidentalit� del trasporto, e alla ditta raccordata, se le anormalit�� derivano dal modo del carico. (Corte Cass., 14 gennaio �195-3. cc Giust. Civile �, gennaio 1953, 66). � possibile provare con altri mezzi, esclusa la testimoniale e la prova su valori superiqri a quelli dichiarati, gli elementi per la liquidazione di un -135 in,dennizzo che non risultino dalla lettera di vettura. (Corte Cass., 31 marzo 1952. Corti Brescia e Venezia, 1952, 100). Non sono applicabili alle semplici autorizzazioni date da organi periferici dell'Amministrazione PP. TT. le limitazioni di responsabilit� previste dal Codice Postale per l'.Amministrazione e per le concessioni regolari. (Corte Cass., 22 febbraio 1952. Corti Brescia e Venezia, 1953, 88). ATTIVIT� DELLA P. A. ATTIVIT� NEGOZIALE APPALTATOR!. � revocabile la decisione reiettiva di un ricorso in sede giurisdizionale amministrativa contro il diniego di iscrizione nell'albo degli appaltatori di imposte di consumo, se i motivi della esclusione risultino infondati. (Cons. Stato; 27 agosto 1952. � Riv. Tribut. n, 1953, 259). Non � legittimo il diniego di iscrizione all'albo degli appaltatori di imposte di consumo di una ditta gi� in carica all'atto della istituzione del1' Albo, se il provvedimento non sia stato motivato e i fatti non siano stati contestati. (Cons. Stato, 27 agosto 1952. �Riv. Tribut. n, 1953, 259). RESPONSABILIT� DELLA P. A. � competente l'a. g. o. all'accertamento dell'obbligo della p. a. di concorrere con la pubblica forza alla esecuzione forzata. (Corte Cass., Reg. Giur. 6 settembre 1952. �Foro Padano n, 1953, I, 249, nota). � responsabil~ la p. a. che non conceda la forza pubblica per i danni della mancata esecuzione, ove temporanee esigenze derivanti da altre pubbliche fupzioni non giustifichino il rifiuto. (Corte Appello, .. Roma, 29 maggio 1952. cc Foro Padano n, 1953, I, 296, nota prof. Peretti Griva). � responsabile il Commissariato Giovent� Italiana dei danni causati ad immobili nei quali era stato istituito il campeggio, da avanguardisti e balilla ove risulti l'omissione .di vigilanza da parte dei preposti al campeggio. (OJrte Cass., 10 gennaio 1953. cc Giust. Civile n, gennaio 1953, 25, nota). cc Sulla responsabilit� della P. A. >> (Parte I: La responsabilit� per atti illeciti. Parte II: La responsabilit� per atti illegittimi). (Articolo del Cons. Torrente Andrea, in cc Riv. di Dir. Pubbl. n, 1952. I ORGANIZZAZIONE INTERNA DELLA P. A. PUBBLICO IMPIEGO. � competente l'a. g. o. a conoscere dell'azione dell'impiegato contro la P. A. per il risarcimento del danno alla propria integrit� fisica determinato da violazione di norme di comune esperienza ed elementare prudenza da parte della p. a. (Corte Cass., . S. U., 10 gennaio 1953. cc Giust. Civile n, gennaio 1953, pag. 22, nota). � competente l'a . g. o. nelle controversie di impiego con gli enti economioi dell'agrieolt11ra. (Corte Cass., S. U. 24 marzo 1952. cc Foro Ital. n, 1953, I, 371, nota). Non � ammissibile l'impugnazione immediata dell'invito della p. a. al concorrente di presentare i documenti per la rinnovazione di un concorso annullato. (Cons. Stato, 25 efbbraio 1952. cc Foro Ital. n, 1953, III, 73). � legittima la composizione con gli stessi membri della Commissione nel concorso rinnovato dopo l'annullamento del primo, e l'adozione degli stessi risultati del primo eliminati i vizi di questo. (Cons. Stato, 25 febbraio 1952. cc Foro Ita.I. n, 1953, III, 74, nota avv. Nigro). Non � applicabile agli enti pubblici economici retti da regolamento organico il blocco dei licenziamenti in .Alta Italia. (Corte Cass., 27 marzo 1952. cc Foro Ital. n, 1953, I, 375, nota). Non sussiste un diritto di stabilit� del posto, nel rapporto d'impiego con enti pubblici economici quando sia non previsto nel contratto di lavoro. (Corte Cass., 17 aprile 1952. cc Foro Ital. n, 1953, I, 370, nota). � possibile la retroattivit� del provvedimento di aspettativa per motivi di salute. (Cons. Stato, 23 gennaio 1953. cc Foro Ital. ))' 1953, III, 59, nota). Non � possibile dichiarare l'impiegato dimissionario d'ufficio, scaduto il termine massimo di aspettativa, ove non si proceda ad accertamenti del suo stato di salute e da esso l'impiegat'l non risulti abile. (Cons. Stato, 23 gennaio 1953. cc Foro Ital. n, 1953, III, 59, nota). � applicabile anche ai dipendenti di enti pubblici retti da contratti collettivi, il divieto di cumulo fra pensione e trattamento di attivit�, ed � esperibile l'opzione anche se la situazione di cumulo si verifichi dopo la legge 12 aprile 1949, n. 149. (Corte Oass., 24 gennaio 1953. cc Foro Ital. n, 1953, I, 323 nota). Non � da ritenersi di ruolo (ai fini del computo dell'intero servizio pre1tato in altri ruoli del gruppo O per la promozione al grado XII) il personale a contratto del Ministero dell'Africa Italiana. (Cons. Stato, 4 marzo 1953, in cc Foro Ital. �, 1953, III, 57, nota). � cumulabile l'indennit� di studio con quella di funzione per l'impiegato governa�tivo che sia professore universitario incaricato. (Cons. Stato, 21 ottobre 1952. cc Foro Ital. �, 1953, III, 67, nota). � necessario notificare il ricorso contro il decreto�ministeriale che approva la graduatoria del concorso a cattedra, anche all'Universit� che ha richiesto il concorso. (Cons. Stato, 25 febbraio 1952. cc Foro Ital. ))' 1953, III, 73 nota). -136 BENI E MEZZI DELLO STATO BENI. Del procedimento dinanzi alla 8ezione specilile di Corte di Appello di Roma in materia di usi ci-Dici. Articolo del Cons. Siniscalchi Antonio. � Riv. di Dir. Pubbl. �, 1952, 876. CONTRIBUTI. Non ha natura tributaria e non soggiace al salve et repete il contributo dovuto dalle aziende produttdci all'Ente Nazionale Cellulosa e Carta. (Trib. Torino, 18 giugno 1952, in cc Riv. Tribut. �, 1953, pag. 259). � proponibile solo dopo la pubblicazione del ruolo e la definizione della procedura del ricorso amministrativo l'opposizione ai contributi unificati dell'agricoltura. (Corte Cass., S. U., 9 settembre 1952. cc Riv. Tribut. �, 1953, 245). I. G. E. Non � ammissibile il ricorso contro le decisioni delle Commissioni provinciali per errore di apprezzamento o insufficienza di calcolo. (Corte Cass., S. U., 14 giugno 1952. cc Forl Ital. �, 1953, I, 346, nota del dot�t. Napolitano). Sussiste il sindacato di legittimit� da parte della Commissione centrale anche per l'I.G.E. corrisposta in abbonamento. (Corte Cass., S. U., 6 giugno 1952. cc Riv. Tribut. �, 1953, 244). IMPOSTE IN GENERE. Non � deducibile davanti all'a. g. o. il difetto di motivazione delle decisioni delle Commissioni Teibutarie come motivo di nullit� dell'atto d'imposizione; detto difetto peraltro � deducibile come mezzo di impugnazione. (Corte Cass., S. U., 14 giugno 1952. cc Foro Ital. �, ~953, I, 376). Non � censurabile in Cassazione l'apprezzamento dei giudizi di meri-bo circa una duplicazione del tributo. (Corte Cass. S. U., 14 giugno 1952. cc Foro � applicabile il solve et repete ai giudizi di legittimit� della istituzione di una imposta. (Corte Cass., S. U., 8 aprile 1952. cc Riv. Tribut.. �, 1953, pag. 244). RlCCHEZZA MOBILE. Rivalutazione per conguaglio monetario. (Circ. Min. Finanze; 18 febbraio 1953, n. 250360. cc Riv. Tribut. �, 1953, pag. 267). RISCOSSIONE ENTRATE PATRIMONIALI. Non c'� obbligo nell'opponente di provare l'insussistenza del fatto da cui l'ingiunzione fa discendere la pretesa reaUzzata col procedimento per la riscossione coattiva delle entrate patrimoniali. (Trib. Roma, 8 ottobre 1952. G. R. A. Palmieri, inedita). Ha carattere esecutivo ai fini della competenza di che all'art. 7 del T. U., n. 1611 del 1933 il procedimento coattivo per la riscossione delle entrate patrimoniali (Corte Cass., 12 gennaio 1953. cc Giust. Civile�, gennaio 1953, 38, nota) .. RISCOSSIONE Il. DD. Il privilegio speciale R. M. ex art. 2759 c. c. � sottoposto al principio generale per i ruoli suppletivi dell'art. 2752 c. c. (Trib. Cremona, 4 agosto 1952. cc Riv. Tribut. �, 1953, 249). � competente esclusivamente l'a. g. o. a conoscere dell'azione del contribuente che sottopos(;o ad esecuzione esattoriale abbia paga�to il tributo stante la reiezione da parte dell'Intendente di Finanza della opposizione ad atti esecutivi propposta. (Cons. S�tato, 23 dicembre 1952. cc Riv. Tribut. �, 1953, 245). SUCCESSIONE. Sussiste esonero da imposta degli eredi del cittadino morto durante la guerra in campo di concentramento. (Trib. Genova, 18 aprile 1952. cc Foro Padano JJ, 1953, I, 336, nota del dott. Zannini). Sono inquadrabili fra le dichiarative e non fra la traslative le decisioni anche nelle successioni esenti da tributo, a condizione per� della denunzia dei beni o della registrazione, prima della morte del de miius, del loro acquisto nel� patrimonio del de cuius. (Corte Cass., S. U., 24 marzo 1952. Corti Brescia e Venezia, 1953, 97). ATTIVIT� DELLA P. A. NEI RAPPORTI DI DIRITTO COMUNE DIRITTO CIVILE. " Rivive la persona giuridica estinta se nella legge ,. estintiva ne sia prevista la ricostituzione con altro nome e organizzazione e un tal provvedimento sia intervenuto. (Corte App. Roma, 27 febbraio 1953. cc Foro Ital. �, 1953, I, 385). � revocabilei come fatto interno, la deliberazione del competente organo di un ente pubblico autorizzante l'alienazione di un bene. (Corte Cass., 12 gennaio 1953. cc Giust. Civile�, gennaio 1953, 47, nota). La rappresentanza degli enti economici dell'agricoltura spetta ai commissari liquidatori anzich� all'UNSEA. (Corte Cass., S. U., 24 marzo 1952. cc Foro Ital. �, 1953, I, 371, nota). Oneri reali e obbligazioni cc propter rem JJ. Nota a sentenza del prof. Biondo Biondi. cc Foro Padano �, 1953, I, 341. Oneri reali ed obbligazioni cc propter rem �: a proposito della distinzione fra diritti di credito e diritti reali. (Avv. CARLO ALBERTO FUNAIOLI, cc Giust. Civ. JJ' gennaio 1953, 163). :: :: -137 Non � risolubile una transazione per eccessiva onerosit� sopravvenuta. (Corte App; L'Aquila, . 17 giugno 1952. �Foro Ital. �, 1953, I, 411, nota). Non � ammissibile la presunzione a c�rico di entrambi i conducenti se dallo scontro siano derivati danni ad un solo veicolo. (Corte Cass., 22 agosto 1952. �Foro Ital. �, 1953, I, 452, nota). Sono applicabili integralmente le tabelle di costituzione di rendita vitalizia senza decurtazione della giovane et� della vittima (caso di omici<lio colposo) o dell'anticipata Tiscossione del capitale. (Corte Cass. Pen., 28 maggio 1952. �Foro Ital. >>, 1953, II, 56, nota). Rivalutazione per conguaglio monetario. (Studio del dott. ROSARIO GRILLO, � Giust. Tribut. e II. DD. �, 1953, 145). � ammissibile la sospensione della prescrizione anche se il termine scada dopo il 15 ottobre 1946. (Corte Cass, 26 luglio 1952. �Foro Ital. �, 1953, I, 337, nota). � applicabile la prescrizione breve originaria anche dopo una condanna generi caal risarcimento dei danni. (Corte Cass., 11 settembre 1952. �Foro Ital. �, 1953, I, 331, nota). PROCEDURA CIVILE. � nulla radicalmente la sentenza affetta da illegittima costituzione del collegio e la causa va rimessa al primo giudice dal giudice di appello. (Corte Cass., S. U., 7 febbraio 1953. �Foro Padano �, 1953, I, 245, nota del prof. Garbagnati). � nulla la citazione generica del Prefetto in rappresentanza dell'Amministrazione dello Stato (vedi � Rass. Avvocatura�, 1951, pag. 143). (Corte App. Bologna, 15 gennaio 1953. �Foro Padano �, 1953, I, 282, nota). Non � ammissibile la proposizione in unico atto del ricorso per regolamento <li competenza e di quello ordinario. (Corte Rass., 28 aprile 1952. <<Foro Ita.l. �, 1953, I, 447, nota dell'avv. Giannandrea). Non � impugnabile l'ordinanza con cui il Presidente del Tribunale abbia nominato un arbitro . (Corte App. Torino, 31 dicembre 1952. <<Foro Padano�, 1953, I, 284, nota). PROCEDURA PENALE. � concedibile di ufficio la provvisionale in giudizio di appello penale. (Corte Cass. Pen., 15 ottobre 1952. <<Foro Ital. �, 1953, II, 42. LEGISLAZIONE STRAORDINARIA DANNI DI GUERRA. Non � valido il patto di riservadel contributo statale di ricostruzione all'alienante di un immobile danneggiato dalla guerra, e non � ripetibile il contlibuto pagato all'acquirente. (Corte Cass., 14 febbraio 1953. <<Foro Ital. �, 1953, I, 313. (Nota dott. CoLETTI; <<Foro Padano�, 1953, I, 242 (nota). LEGISLAZIONE RAZZIALE. Non � esperibile l'azione di resc1ss10ne della vendita dei beni da parte degli israeli'ti stranieri r,e l'alienazione sia anteriore alla data di vigore della legge n. 1420 del 1942. (Corte App. Milano, 24 febbraio 1953. <<Foro Ital. �, I, 278, nota). � esperibile l'azione, da parte di cittadini israeliti, di annullamento delle alienazioni immobiliari intervenute fra le date di vigore del regio decretolegge n. 1728 del 1938 e del regio decreto-legge n. 126 del 1939; mentre l'azione di rescissione lo � per le alienazioni intervenute tra il 6 ottobre 1938 e la data di vigore del regio decreto-legge n. 1728 del 1938. (Corte Cass., 30 agosto 1952. <<Foro Ital. >> 1953, I, 342, nota). TRATTATO DI PACE. Non sono proponibili le domande di indennizzo per confisca di beni italiani da parte delle Potenze Alleate in conto di riparazioni, senza l'effettiva utilizzazione dei beni stessi a tale scopo. Applicazione ai beni in Etiopia. (Corte Cass., S. U., 7 ottobre 1952, in � Giust. Civile�, gennaio 1953, 121). mm mm ;;; Lffilfalbl&i& rnka "i &imwr&lm � INDICE SISTEMATICO DELLE CONSULTAZ-IONI LA FORMULAZIONE DEL QUESITO NON RIFLETTE IN ALCUN MODO LA SOLUZIONE CHE NE � STATA DATA AMMINISTRAZIONE PUBBLICA. -I) Se le Pubbliche Amministrazioni siano tenute a fornire agli agenti delle imposte estratti o copie di documenti o ogni altra notizia utile ai fini dell'accertamento tributario (n. 143). -II) Se il segreto di ufficio, cui sono tenuti nella loro attivit� i funzionari dello Stato e altre persone, vincolate al segreto professionale, sia di per s� sufficiente ad impe� dire i controlli e le indagini su detta attivit� da parte degli agenti delle imposte ai fini tributari (n. 143). III) Se i Consorzi Provinciali dei Macellai costituiscano veri .e propri consorzi, ai quali siano applic�bili le disposizioni degli articoli 2602 e segg. C. C. (n. 144). -IV) Se possa estendersi ai liquidatori di un consorzio la responsabilit� eccezionale prevista per i liquidatori delle societ� (n. 144). �-V) Quali siano le norme che regolano le autorizzazioni necessarie per gli acquisti della "Giovent� Italiana� nonch� per l'accettazione di donazioni e di lasciti disposti in suo favore (n. 145). ANTICHITA' E BELLE ARTI. -Se la Basilica dei SS. XII Apostoli, di propriet� della Santa Sede, sia sottratta alla vigilanza ed ingerenza del Ministero della Pubblica Istruzione per quanto concerne la sua conservazione e, pertanto, l'esecuzione di restauri (n. 23). APPALTO. -I) Se, per effetto del fallimento dello appaltatore, il contratto di appalto, si sciolga di diritto per il combinato disposto dell'art. 9 del Capitolato Generale d'Appalto e dell'art. 81 della legge fallimentare, quando nei 20 giorni dalla dichiarazione di fallimento non sia stato autorizzato il subentro del curatore n� si sia provveduto alla nomina del supplente (n. 171). I) Se, intervenuto il fallimento dell'appaltatore, ed in difetto della nomina di un supplente, possa l'Amministrazione, in epocasuccessiva, rescindere il contrattodi appalto per inadempienze intervenute anteriormente (n. 171). III) Se l'Amministrazione possa far valere, nei confronti del fallimento, ai sensi dell'art. 56 della legge fallimentare, in sede di compensazione, tutti i diritti derivantile dalla liquidazione finale delle rispettive partite di dare e di avere (n. 171). --IV Se il ricorso avverso l'applicazione di penabilit�, presentato fuori termine, possa ritenersi ritualmente proposto, ove, successivamente alla presentazione, venga riaperto il suddetto termine (n. 172). ASSOCIAZIONI. -I) Se, nell'ordinamento giuridico italiano, i partiti politici abbiano natura di associazioni di fatto (n. 2). -II) Se le Sezioni dei Partiti Politici abbiano carattere di autonomia rispetto alla Direzione del Partito (n. 2). -III) Se delle obbligazioni di una Sezione risponda la persona che ha agito in nome e per conto della medesima (n. 2). AUTOVEICOLI. -I) Se la mancanza dei prescritti cartelli indicatori renda inoperante la deroga, stabilita dall'art. 29 (2� comma) c. s. al principio della precedenza spettante ai veicoli provenienti da strade dichiarate di grande circolazione (n. 42). -II) Se sia ammissibile un'azione di responsabilit� contro l'Ente cui compete la manutenzione della strada, qualora non sia apposto il cartello indicatore previsto dall'art. 29 c. s. (2� comma, inciso) (n. 42). � AVVOCATI E PROCURATORI. -Se la norma del Regio decreto 26 marzo 1931, n. 305 debba interpretarsi nel senso che il patrocinio dell'Avvocatura dello Stato possa concedersi alla Provincia solo nelle cause nei confronti di locatori di immobili, adibiti ad uso di corpi di polizia, oppure in tutte le controversie in cui le Provincie medesime siano coinvolte per i rapporti giuridici sorti nel destinare un immobile al servizio di accasermamento dei suddetti corpi (n. 19). CONTABILITA' GENERALE DELLO STATO. I) Se sia ammissibile, a favore dello Stato, la compensazione di crediti e di debiti verso le singole Amministrazioni, ove il credito sia divenuto liquido ed esigibile (n. 104). -II) Se il credito dell'Amministrazione possa ritenersi liquido ed esigibile, ove l'ingiunzione di pagamento, emessa ai sensi del T. U. n. 639 del 1910, non aia stata opposta nei temini di rito (n. 104). -III) Se il Regio decreto-legge, 2 giugno 1946, n. 480, che stabilisce le norme per il pagamento degli acquisti all'estero, comporti alcuna deroga alle norme della legge di contabilit� e, particolarmente, all'art. 10 di questa (n. 105). -IV) Se, una transazione possa stipularsi mediante scambio di lettere, ai sensi dell'art. 17 della legge di contabilit� generale dello Stato (n. 105). DANNI DI GUERRA. -I) Se l'art. 10, comma quarto, della legge 10 agosto 1950, n. 648 .$ia applicabile ove l'invalidit� o la morte del minore siano derivanti cl,alla esplosione di un ordigno, abbandonato, in tempo di pace, nel corso di normali esercitazioni militari (n. 34). -II) Se lo spostamento di linee elettriche e telefoniche, disposto per ordine delle FF.AA. alleate sia regolato dalle norme degli artt. 122 e 126 del T. U. 11 dicembre -139 1933, n. 1165 nonch� dall'art. 183 del Codice postale (n. 35). -III) Se lo spostamento di linee elettriche e telefoniche, effettuato in ottemperanza ad ordine della autorit�. militare alleata, possa considerarsi come servizio alla stessa prestato e, pertanto, indennizzabile ai sensi dell'art. 1, lett. b della legge 9 gennaio 1951, n. IO (n. 35). -IV) Se la rimessione della. linea elettrica o telefonica nello stato originario, effettuata senza alcuna imposizione da parte della competente autorit�, possa considerarsi indennizzabile (n. 35). ENTI E BENI ECCLESIASTICI. -Se la Basilica dei SS. XII Apostoli, di propriet� della Santa Sede, sia sottrattata alla vigilanza ed ingerenza del Ministero della Pubblica Istruzione per quanto concerne la sua conservazione e, pertanto, l'esecuzione di restauri (n. 20): ESECUZIONE FISCALE. -I) Se i be'ni di una ferrovia concessa all'industria privata possa formare oggetto di esecuzione per debito d'imposta (n. 26). II) Se i beni di una ferrovia, concessa all'industria privata, possano formare oggetto di esecuzione per debito di imposta, nonostante che la gestione del servizio sia stata affidata ad un commissario governativo (n. 26). -III) Se il Commissario governativo sia personalmente responsabile, nella gestione dell'azienda, alla stessa stregua del liquidatore, in base all'art. 45 del T. U. 17 settembre 1931, n. 1608 (n. 26). ESPROPRIAZIONE PER P. U. -Se, trascorrn il termine improrogabile del biennio, previsto dall'art. 73 della legge sull'espropriazione per p. u., possa procedersi a nuovo occupazione del fondo, ai sensi dell'art. 7 della legge sulla abolizione del contenzioso amministrativo (n. 81). FALLIMENTO. -I) Se, per effetto del fallimento dell'appaltatore, il contratto di appalto, si sciolga il diritto per il combinato disposto dell'art. 9 del Capitolato Generale d'Appalto e dell'art. 81 della legge fallimentare, quando nei 20 giornl dalla dichiarazione di fallimento non sia stato autorizzato il subentro del curatore n� si sia provveduto alla nomina del supplente (n. 9). -II) Se, intervenuto il falliment.o dell'appaL tatore, ed in difetto della nomina di un supplente, possa l'Amministrazione, in epoca successiva, rescindere il contratto di appalto per inadempienze intervenute anteriormente (n. 9). -III) Se l'Amministrazione possa far valere, nei confronti del fallimento ai sensi dello art. 56 della legge fallimentare, in sede di compensazione, tutti i diritti derivantile dalla liquidazione finale delle rispettive partite di dare e di avere (n. 9). FERROVIE. -I) Se i beni di una ferrovia, concessa all'industria privata, possano formare oggetto di esecuzione per debito d'imposta (n. 164). -II) Se i beni di una ferrovia, concessa alla industria privata, possano formare oggetto di esecuzione per debito di imposta, nonostante che la gestione del servizio sia stata affidata ad un commissario governativo (n. 164). -III) Se il Commissario governativo sia personalmente responsabile, nella gestione dell'azienda, alla stessa stregua del liquidatore, in base all'art. 45 del T. U. 17 settembre 1931, n. 1608 (n. 164)' -IV) Se per le spedizioni di scaglie di marmo, dirette ad uno stabilim�nto chimico per la produzione del cemento, sito nel territorio della zona industriale Apuana, spettino le agevolazioni tarif farie di cui all'art. 11 del Regio decreto-legge 24 luglio 1938, n. 1266 (n. 165). -V) Se la concessione, accordata dall'Amministrazione delle FF.SS. ad una Ditta, per il cambio di merce bagnata, nella quale si concreti una liquidazione forfetaria del danno, in deroga allo art. 58 CC. TT., e, nello stesso tempo, un'agevolazione tariffaria, sia valida, ove non sia disposta in via particolare dal Ministro o, quanto m�no, dallo stesso autorizzata in via generale (n. 166). -VI) Se i funzionari dell'Amministrazione ferroviaria, nominabili in una Commissione di esami di concorso interno in rappresentanza del personale, possano essere designati, da un Sindacato di categoria, tra persone estranee al sindacato stesso (n. 167). FILIAZIONE. -Se, ai sensi delle vigenti norme in materia di quiescenza, tra i figli siano compresi anche quelli naturali (n. 3). IMPIEGO PRIVATO. -I) Se nel rapporto privato di lavoro siano ammesse le dimissioni di ufficio (n. 28). -II) Se il diniego del dipendente a riassumere servizio possa integrare la giusta causa per la risoluzione del contratto di lavoro (n. 28). -III) Se un dirigente di azienda possa essere obbligato a prestare servizio alle dipendenze di dirigente di pari grado, durante il normale rapporto di lavoro (n. 28). -IV Se, rispetto ai dipendenti delle Terme Demaniali ricorra la giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato (n. 29). V) Se il blocco dei licenziamenti riguardi anche i dipendenti delle Terme Demaniali di Salsomaggiore (n. 29). IMPIEGO PUBBLICO. -I) Se i funzionari della Amministrazione ferroviaria, nominabili in una Commissione di esame di concorso interno, in rappresentanza del personale possano essere designati, da un Sindacato di categoria, tra persone stranee al sindacato stesso (n. 324). -II) Se il candidato, il quale, gi� ammesso a concorso, ne sia poi escluso per avere superato i limiti di et�, come da modifica introdotta nel relativo bando e regolamento pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, possa pretendere il ristoro delle spese incontrate per la documentazione, ecc. (n. 325). -III) Se, rispetto ai dipendenti delle Terme Demaniali ricorra la giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato (n. 326). -IV) Se li blocco dei licenziamenti riguardi anche i dipendent~ delle Terme Demaniali di Salsomaggiore (n. 326). -V) Se, dopo l'entrata in vigore del Trattato di pace, possa considerarsi vigente la legge 18 marzo 1942, n. 669 (n. 327). IMPOSTA DI REGISTRO. -Se l'obbligo del pagamento della tassa di registro, incombente su coloro che facciano uso della sentenza, si riferisca soltanto a coloro che intendano avvalersi della sentenza stessa per trarre comunque profitto dalle statuizioni in essa contenute o anche a coloro i quali, ritenendosi da essa ingiustamente danneggiati, mirino a modificarne o a distruggerne in un giudizio successivo gli effetti (n. 85). IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE. -Se sia ammissibile la tassazione unica dell'imposta di R. M., in base a bilancio, anche nel caso di pluralit� di aziende unitariamente organizzate, quando possa ravvisarsi un organismo unico ed autonomo, ove, nel contempo non perdano carattere ed individualit� propria i singoli complessi aziendali, onde la maggiore azienda risulta composta (n. 4). -140 IMPOSTE E TASSE. -I) Se la sanzione, prevista dalla norma dell'art. 20 del decreto legge luogotenenziale 20 aprile 1945, n. 223, sia applicabile a carico degli esercenti la vendita di liquori e di prodotti assimilati, congiuntamente alla sanzione di cui all'art. 38 del decreto legge 6 ottobre 1948, n. 1200, oppure debba ritenersi abrogata da quest'ultima norma (n. 201). -II) Se il mancato rinnovo di licenza equivalga a mancanza di licenza (n. 201). -III) Se le Pubbliche Amministrazioni siano tenute a fornire agli agenti delle imposte estratti o copie di docun1.enti o con ogni altra notizia utile ai fini dell'accertamento tributario (n. 202). -IV) Se il segreto di ufficio, cui sono tenuti nelle loro attivit� i funzionari dello Stato e altre presone, vincolate al segreto professionale, sia per s� sufficiente ad impedire i controlli e le indagini su dette attivit� da parte degli agenti delle imposte ai fini tributari (n. 202). -V) Se il termine di cui all'art. 1, lett. b), della legge 4 dicembre 1939, n. 2026, sia stabilito a pena di decadenza (n. 203). -IV) Se il detto termine debba avere fo.izio da data certa e, quindi, da comunicazione formale della Dogana (n. 203). -VII) Se la deliberazione di emissione di nuove azioni sia di per s� sufficiente a legittimare l'applicazione dell'imposta di ,negoziazione, indipendentemente dalla materiale esecuzione della delibera medesima (n. 204)' ~ VIII) Se l'Assessore per le Finanze della Regione Siciliana sia competente a decidere in merito ai ricorsi prodotti da trasgressori avverso le ordinanze di condanna emesse dagli Intendenti di Finanza (delle circoscrizioni della Sicilia), ai sensi della legge 7 gennaio 1929, n. 4 (n. 205). -IX) Se in tema di esenzioni o agevolazioni fiscali, l'accertamento dei presupposti di fatto sia sottoposto alla competenza giudiziaria (n. 206). -X) Se l'esenzione concessa pel dazio doganale sui materiali destinati a ricerche petrolifere, possa ritenersi estesa, allo stato della legislazione, al diritto di licenza (n. 207). -XI) Se l'accertamento del reddito in base a bilancio, ai fini della R. M., una volta definito, costituisca un presupposto indiscutibile per l'applicazione dell'imposta straordinaria sui profitti di guerra (n. 208). INFORTUNI SUL LAVORO. -I) Se sia possibile estendere il trattamento assicurativo alle categorie di personale non di ruolo, per le quali la legge non prevede l.'assicurazione contro gli infortuni (n. 31). -II) Se possa porsi alcun onere a carico dell'Amministrazione, ove l'infortunio, occorso in servizio al personale non di ruolo, sia da attribuirsi a colpa dell'infortunato o a forza maggiore (n. 31). -III) Se l'Amministrazione sia tenuta a titolo di responsabilit� civile, ove la causa dell'infortunio risalga ad essa medesima (n. 31). MATRIMONIO. -I) Se ilrateo di pensione di guerra, rimasto insoluto per morte del militare, debba essere devoluto ai successibili ex lege oppure alla vedova, la quale, prima della morte del marito aveva ottenuto da un Tribunale eccleasiastico una sentenza che dichiarava la nullit� del matrimonio concordatario, non seguita per� dalla seconda sentenza conforme a norma delle vigenti disposizioni canoniche (n. 8). -II) Se un ufficiale in servizio permanente effettivo, cui sia stato negato l'assenso al matrimonio gi� celebrato, abbia diritto alle quote complementari di carovita per la moglie, dalla quale viva legalmente separato in forza di provvedimento giudiziale (n. 9}. NAVI. -I) Se il contratto �alla parte'' dia vita ad un vero e proprio contratto di lavoro (n. 54). -II) Se gli equipaggi, arruolati con contratto alla parte, abbiano diritto alla corresponsione della retribuzione delle giornate di grandi ricorrenze nazionali (n. 54). PENSIONI. -I) Se, ai sensi delle vigenti norme in materia di quiescenza tra i figli siano compresi anche quelli naturali (n. 54). -II) Se il rateo di pensioni di guerra, rimasto insoluto per morte del militare, debba essere devoluto ai successibili ex lege oppure alla vedova la quale, prima della morte del marito aveva ottenuto da un Tribunale ecclesiastico una sentenza che dichiarava la nullit� del matrimonio concordatario non seguita per� dalla seconda sentenza conforme a norma delle vigenti disposizioni canoniche (n. 55). PROPRIETA'. -I) Se la svalutazione monetaria incida nella liquidazione delle indennit� stabilite dallo art. 936 c. c. (n. 7). REGIONI. -I) Se l'Assessore per le Finanze della Regione Siciliana sia competente a decidere in merito ai ricorsi prodotti dai trasgressori avverso le ordinanze di condanna emesse dagli Intendenti di Finanza (delle circoscrizioni della Sicilia) ai sensi della legge 7 gennaio 1929, n. 4 (n. 37). -II) Se, ai sensi dell'art. 14 (2� comma) dello Statuto Sardo, la Regione succeda allo Stato nella propriet� dei beni patrimoniali disponibili, che, solo successivamente alla entrata in vigore dello Statuto, lo Stato medesimo abbia deciso di destinare a servizio di sua competenza (n. 38). REQUISIZIONI. -Se il Commissariato per la sistemazione e la liquidazione dei contratti di guerra, istituito con decreto legge 25 marzo 1948, n. 674, sia competente nei rapporti di requisizione posti in essere in Libia (n. 101). SENTENZA. -Se l'obbligo del pagamento della tassa di registro, incombente su coloro che facciano uso della sentenza, si riferisca soltanto a coloro che intendano avvalersi della sentenza stessa per trarre comunque profitto dalle statuizioni in essa contenute o anche a coloro i quali, ritenendosi da essa ingiustamente danneggiati, mirino a modificarne o a distruggerne in un giudizio successivo gli effetti (n. 6). TRATTATO DI PACE. -I) Se la svalutazione monetaria incida nella liquidazione delle indennit� stabilite dall'art. 936 c. c. (n. 49). -II) Se l'art. 78 del Trattato di Pace sia applicabile ai casi in cui i beni, appartenenti a cittadini ex nemici, siano stati requisiti prima della dichiarazione di guerra (n. 49). (1100716) Roma, 1953 -Istituto Poligrafico dello Stato . G. C.