ANNO V -N. 5 MAGGIO 1952 RASSEGNA MENSILE DELL'AVVOCATURA DELLO STATO PUBBLICAZIONE DI SERVIZIO SOMMARIO I. ARTICOLI ORIGINALI In tema di profitti di regime (G. CALENDA), pag. 57-59. II. NOTE DI DOTTRINA 1) M. G. FERINI: La responsabilit� precontrattuale dell'Amministrazione durante le operazioni d,z asta pubblica, recensione critica di R. BRONZll! U, pag. 60-64. 2) CINO VITTA: Gli effetti della svalutazione :monetaria negli atti della Pubblica Amministrazione, recensione critica di A. REBORI, pag. 64-67. III. RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA 1) Acque pubbliche -Acque sotterranee -Usi di pubblico generale interesse -Estrazione artificiale (Corte di Cassazione), pag. 68-70. 2) Esecuzione forzata-Somma contenuta nelle casse dell'Amministrazione ferroviaria -Impignorabilit� (Corte di Cassazione), pag. 70-71. 3) Espropriazione per pubblica utili~� -Occupazione d'urgenza -Indennit� -Mancate offerte -Conseguenze -Svalutazione monetaria (Corte di Cassazione), pag. 71-72. 4) Guerra -Poteri dell'occupante -Ordinanza in materia di commercio (Corte di Cassazione), pag. 72-73. IV. ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI DELLE CORTI DI MERITO 1) Agricoltura -Agricoltori benemeriti -Decreto luogotenenziale 14 aprile 1945, n. 250 -Recupero dei contributi (Tribunale di Perugia), pag. 74-75. 2) Procedimento civile -Procedimenti di istruzione preventiva -Accertamento tecnico relativo a procedimento pendente avanti una giurisdizione speciale -Inanunissibilit� (Presidente Tribunale di Roma) pag. 75. V. RASSEGNA DI LEGISLAZIONE, pag. 76-77. VI. INDICE SISTEMATICO DELLE CONSULTAZIONI, pag. 78-81. ANNO V .... N. 5 MAGGIO 1952 RASSEGNA MENSILE DELL'AVVOCATURA DELLO �STATO PUBBLICAZIONE DI SEBVIZIO IN TEMA DI PROFITTI DI REGIME (RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA) In tema di profitti di regime si � avuto un numero abb�stanza considerevole di controversie, alcune gi� definite e altre ancora pendenti, tutte, poich� trattasi di materia nella quale � esclusa la normale giurisdizione ordinaria (art. 21 del decreto luogotenenziale 26 marzo 1946, n. 134), unicamente in sede di ricorso per cassazione proposto in base all'art. 111 della Costituzione avverso decisioni della Commissione centrale. A proposito di tali ricorsi, pur riferendosi essi a decisioni della Commissione centrale, non conveniva rimettere in campo la nota questione del carattere giurisdizionale o meno delle Commissioni amministrative tributarie, la quale, risolta negativamente, avrebbe portato all'inammissibilit� dei ricorsi stessi. In altro caso, sul quale ci riserviamo di ritornare, e in cui la Commissione centrale aveva pronunziato in tema di profitti di guerra, la questione � stata sollevata dall'Avvocatura con esito sfavorevole. Ma in tema di profitti di regime la tesi del carattere amministrativo delle decisioni delle Commissioni non si sarebbe neanche potuta tentare, trattandosi di materia esclusivamente devoluta alle Commissioni stesse, e per la quale viene quindi a mancare il principale motivo cui quella tesi si affida, e cio� il fatto che le controversie su cui esse si pronunziano possano poi essere successivamente sottoposte al giudice ordinario. Invece, e soltanto per scrupolo difensivo, fu proposta l'eccezione di salve et repete. Su di essa il Supremo Collegio con una prima sentenza 18 gennaio 1951, n. 154, in causa Agnoletto (est. Del Mastro), pubblicata in Foro it., 1951,.1, 426, con nota di Berliri, motiv� il rigetto affermando che l'avocazione dei profitti di regime non rientrasse nella materia tributaria, ma costituisse una SJ:tnzione corrispondente ad una responsabilit� per fatto illecito. Non � il caso di ripetere le ragioni, gi� illustrate dal Berliri nella nota suindicata, per le quali tale profilo lascia perplessi. E del resto il Supremo Collegio lo ha sempre pi� decisamente abbandonato nelle sentenze successive. . Infatti, in quella del 23 febbmio 1951, n. 492, in causa .Arpinati (est. Petrella), pubblicata in Foro it., 1951, 1, 717, pur senza riconoscere in modo esplicito che l'avocazione dei profitti di regime costituisca un tributo, ha tuttavia esaminato la questione del salve et repete esclusivamente in base a questo presupposto. E ha rilevato: cc Tale principio (del salve et repete) sancito per la proponibilit� dell'azione giudiziaria, pel caso cio� che della controversia tributaria sia ab initio, secondo l'ordine dei gradi del giudizio, investita l'Autorit� giudiziaria ordinaria, non � applicabile allorch� della controversia siano investite le Commissioni amministrative e contro la decisione della Commissione centrale si proponga ricorso per cassazione. In. questo caso il giudizio d'impugnazione davanti alla Corte Suprema � uno svolgimento, una prosecuzione del giudizio svoltosi davanti le Commissioni amministrative: dal che deriva che il preventivo pagamento del tributo, come non � condizione per l'ammissibilit� del ricorso alle Commissioni amministrative, non pu� essere condizione per l'ammissibilit� del ricorso alla Corte Suprema contro le decisioni della Commissione centrale �. E tale ratio decidendi appare in realt� ineccepibile. Essa ebbe un ulteriore sviluppo colla successiva sentenza 14 dicembre 1950 -6 aprile 1951, in causa Oreto (est. Moscati). � il caso di riportare per intero la relativa moti vazione, assolutamente fondamentale: <e Il principio del sulve et repete pare non possa trovare applicazione perch� la limitazione temporanea del potere di pronuncia, che tale principio implica, � incompatibile colla particolare funzione che la Suprema Corte � chiamata ad esercitare quale organo regolatore di tutte le giurisdizioni. Ed invero questa funzione, diretta a contenere tutti gli organi forniti di giurisdizione nei limiti dei poteri loro assegnati e a impedire che essi esercitino funzioni proprie di altri organi statali, non ha nulla a che vedere con l'ostacolo posto dalla legge sul contenzioso contro la esperibilit� della ordinaria azione giudiziaria nei diversi gradi di fronte alla esistenza di un atto amministrativo esecutivo, quale � quello dell'accertamento del tributo attuato col meccanismo !felle commis� sioni o degli altri organi amministrativi. <e Se la legge per un determinato accer~~mento, ha istituito degli organi giurisdizionali, soggettir. come tutti gli altri, al controllo delle Sezioni Unite della Cassazione, sarebbe una coutradizione in termine richiedere, per il ricorso, altri presupposti diversi da quelli normali, senza che la legge istitutiva li richieda. -Anr~ -58 �Per altro, anche per la parte con cui nel ricorso vengono sollevate questioni. le quali, vertendo sl�l'applicazione del de.creto legislativo 26 marzo 1946, n. 134, che ha inquadrato l'avocazione dei profitti di regime nel sistema tributario, potrebbero essere assimilate a questioni tributarie, detto principio del solve et repete deve ritenersi ugualmente n<;>n operante. cc Infatti il ricorso per la violazione delle norme dettate da quel decreto viene proposto in virt� del diritto che l'articolo 111 della Costituzione riconosce ai cittadini di potere impugnare con ricorso in Cassazione per violazione di legge le sentenze di qualsiasi organo giurisdizionale, anche quando tale ricorso per la legge comune, com'� appunto nella specie, non potesse essere ammesso. Ora con questo diritto di gravame, che tende a sottoporre al controllo di legittimit� di questa Suprema Corte l'operato di qualsiasi giudice (esclusi soltanto il Consiglio di Stato e la Corte dei conti) viene indubbiamente concessa una garanzia statutaria e questa per sua natura deve essere considerata incondizionata ed incondizionabile, in modo cio� da non trovare ostacolo o limitazione di sorta nella sua attuazione in altre norme della legge comune. cc Aggiungasi che se la legge istitutiva, per ricezione automatica della accennata norma della Costituzione, ammette senza limite il ricorso per Cassazione, non � possibile estendervi quello ostacolo particolare tributario, che ha per presupposto una situazione del tutto diversa. cc Manca qui infatti un atto amministrativo di accertamento, il quale, con i preventivo meccauismo delle commissioni e degli analoghi rimedi amministrativi, costituisca la presunzione per la legittima riscossione provvisoria delle imposte, prima che il contribuente possa adire l'autorit� giudiziaria ordinaria nei diversi gradi e limitatamente ai settori consentiti, per una ulteriore revisione. Qui vi � invece un organo giurisdizionale soggetto immediatamente al controllo della Cassazione. cc E tale immediato controllo, come si � gi� accennato a proposito del mezzo precedente, non pu� subire altri ostacoli, se non quelli eventualmente segnati dalla procedura civile ordinaria. Ma n� nell'una, n� nell'altra � dato riscontrare, per alcun verso, l'ostacolo del preventivo pagamento del tributo. Se anche tal pagamento l'amministrazione pu� intanto richiedere in forza della esecutivit� del pronunziato di merito (qui della giurisdizione di secondo grado) ci� dipende dalla norma generale per cui il ricorso non sospende l'esecuzione del pronunziato di merito, non gi� da un'esecutivit� analoga a quella dei tributi ii. Nel merito si � trattato nella maggior parte dei casi di ricorsi coi quali si tendeva ad escludere in fatto l'esistenza del profitto accertato, e che furono pertanto di rigetto, come quello di cui alla prefata sentenza in causa Agnoletto. Fu invece accolto il ricorso Albini (sentenza 4 dicembre 1951-12 gennaio 1952) col quale si deduceva che la Commissione centrale avesse ritenuto inammissibile la prova di cui al 1� comma dell'art. 10 del decreto n. 134 del 1946 (provenienza legittima degli incrementi patrimoniali) senza esaminare se ricorressero gli esterni dello �scarso rHievo n dell'azione politica svolta dal sog getto, come previsto nel 30 comma dell'art. 6 del decreto medesimo. Nella causa Battaglia si present� la questione se fosse ammissibile in tema di profitti di regime il ricorso alla Commissione centrale senza l'indicazione dei motivi. La Commissione centrale aveva ritenuto la, negativa, fondandosi sull'art. 46 del regio decreto 8 luglio 1937, n. 1516. Onde il ricorso del Battaglia alla Corte di cassazione. Il Supremo Collegio, con sentenza 12 aprile9 giugno 1951 (est. Di Macco), ader� alla tesi del ricorrente. Consider� che e< nello stesso processo civile non � causa di nullit� dell'atto d'appello l'omessa specificazione dei motivi del gravame che investe la decisione nel suo complesso ll. Inoltre osserv� essere irrilevante il richiamo all'art. 46 di cui sopra. Ci� perch� la detta norma anzi tutto va messa in relazione col fatto che normalmente la Commissione centrale esplica una giurisdizione di mera legittimit�, per cui si rende necessaria la menzione delle norme di cui si deduce la violazione; e poi la norma stessa si spiega considerando che nella normalit� dei casi il giudizio davanti la Commissione centrale si svolge senza intervento di parte, come stabilisce l'art. 48 del ripetuto decreto n. 1516: mentre per i profitti di regime ricorre una situazione diversa, sia perch� in questo caso la giurisdizione della Commissione centrale � anche di merito, ci� che permette d'interpretare la mancata indicazione dei motivi come un riferimento alle ragioni dedotte in prima istanza, sia perch� nel sistema della legge il giudizio della Commissione centrale ha luogo colla presenza della parte, ci� che le consente di svolgere ogni possibile deduzione anche quando non abbia presentato difese scritte. Devesi per altro aggiungere che il ricorso del Battaglia fu, tuttavia, respinto perch� la Commissione centrale, pur avendo dichiarato inammissibile il gravame, aveva aggiunto che nel merito l'appellante non aveva dedotta alcuna utile circostanza nuova. � ancora da ricordare la causa Arpinati nella quale il punto controverso era il seguente. Era accaduto che. la Commissione provinciale aveva bensi ridotto il profitto accertato dall'Ufficio, ma era pervenuta a tale riduzione nonostante che avesse attribuito, ad uno dei cespiti del contribuente, un valore maggiore di quello che al cespite stesso era stato assegnato dall'Ufficio: in sostanza, cio�, il giuoco dei vari elementi sui quali si fondava la determinazione dei profitti conseguiti aveva fatto si che per via di compensazione la cifra finale del profitto risultasse minore, sebbene uno dei cespiti fosse stato dalla Commissione provinciale ritenuto di valore pi� elevato. Il contribuente aveva proposto ricorso alla Commissione centrale, sostenendo che la Provin ciale si fosse avvalsa della facolt� di aumentare i profitti accertati dall'Ufficio, come previsto dagli. art. 43 della legge sull'imposta di ricchezz11 mobile e 98 del relativo Regolamento (disposizione richia mata nell'ultimo comma dell'art. 19 del decreto legislativo sui profitti di regime), e che pertanto la decisione della Provinciale dovesse esser considerata come proposta di nuovo accertamento avverso la -59 quale gli fosse dato ricorso alla Commissione provinciale medesima. La Commissione Centrale respinse tale assunto; onde il ricorso per cassazione proposto dal contribuente. Si oppose da parte nostra che l'assunto avversario sarebbe stato giustificato se la materia del contendere fosse stata la tassazione del cespite di cui la Provinciale aveva aumentato il valore; invece l'oggetto dell'accertamento erano gli incrementi patrimoniali realizzati successivamente al' 3 gennaio 1925 in dipendenza delle cariche fasciste, per cui quel cespite non veniva in considerazione se non come uno dei fattori dai quali risultava l'importo complessivo degli incrementi, sicch� solo di tale importo complessivo si doveva tener conto per stabilire se si trattasse di proposta di nuovo accertamento. E non di questo si trattava, se l'importo complessivo era minore. Colla suindicata sentenza 27 febbraio 1951 (Foro it., 1951, 1, 717) le Sezioni Unite aderirono a tale p�nto di vista respingendo il ricorso. Ma la controversia pi� notevole � stata (J_uella concernente l'interpretazione del 30 comma dell'art. 10 del ripetuto testo sui profitti di regime: cio� l'avocazione cui sono soggetti cc gli incrementi patrimoniali eccedenti in misura cosi ingente il normale da far presumere la partecipazione al mal costume fascista ii. La norma � certamente di non facile interpretazione: sia per quanto concerne l'identificazione dell'incremento normale, sia per la possibilit�. di attribuire l'anormalit� degli incrementi anche ad altri fattori non aventi nulla di comune col mal costume fascista. In relazione a quest'ultimo punto, pertanto, � stato sostenuto che la norma in esame non costituisse un titolo autonomo di avocazione, nel senso che per farsi luogo a questa non bastasse la sola �presenza di profitti eccessivi, ma occorresse anche qualche elemento che autorizzasse quanto meno la presunzione di un certo legame fra i profitti medesimi e l'attivit� esplicata dal soggetto durante il regime fascista o il comportamento da lui tenuto risp�tto al regime stesso. E, si �rgomentava, se quest'elemento manca, o, peggio, se addirittura emana dagli atti la prova che il processo di formazione e d'incremento del patrimonio del sogetto si � � svolto al di fuori di qualsiasi ingerenza politica, vien meno il presuppQSto dell'avocazione, cio� l'intima connessione fra l'elemento politico e il profitto conseguito, e l'avocazione assumerebbe il tal caso il carattere d'un'imposta su pretesi utili di congiuntura realizzati fra il 1925 e i 1945 da ogni cittadino indipendentemente da qualsiasi elemento soggettivo, e indipendentemente anche dalla nozione di cc profitto di regime >> posta dalla legge, nonch� dal carattere politico e sanzionatorio della legge medesima. Tali posizioni vennero per la prima volta all'esame della Cassazione nelle cause Barbini e Oreto, nella prima delle quali esse erano rese pi� suggestive dal fatto che l'impugnata decisione della Commissione centrale aveva dato atto che <c il Barbini ha svolto tutta una vita di lavoro senz'alcuna interferenza o ingerenza politica n: tuttavia la Commissione aveva in base al 3� comma dell'art. 10 dichiarato avocabili 60 milioni. Ma il Supremo Collegio a Sezioni Unite, con due rispettive sentenze entrambe del 14 dicembre 1950-6 aprile 1951 (est. rispettivamente Di Liberti e Moscati), dopo una diffusa confutazione delle elaborate difese dei ricorrenti, mantenne ferma la pi� rigorosa interpretazione dell'art. � 10 da noi sostenuta, riconoscendo che �(prima sentenza) cc l'attivit� politica fascista come causa di arricchimento illecito non � necessario elemento di fattispecie nell'ipotesi di profitto di regime che si fa nel penultimo comma dell'art. 10 pi� volte citato; e il titolo di avocazione che questo contempla �, contrariamente a quanto si sostiene in ricorso, un titolo autonomo a �se stante �. Senonch�, pur avendo le dette sentenze fissato tale criterio d'unterpretazione del 3� comma dell'art. 10, esse accolsero i rispettivi ricorsi per violazione dell'ultimo comma, attinente alla determinazione della normalit� degli incrementi patrimoniali. Si � gi� accennato sopra come si presenti disagevole in concreto tale determinazione, pur tenendo conto degli elementi aH'uopo offerti dal ripetuto ultimo comma dell'art. 10 (cc entit� dell'attivit�. svolta, della natura e dimensione dell'impresa, del lavoro e del capitale impiegati�). Si tratta, infatti, di elementi i quali tendono a variare per le diverse aziende, dando luogo in tal modo a redditi diversi ognuno dei quali sar� il reddito dell'azienda cui si riferisce, e risultandone cos� alquanto astratto il concetto di cc reddito normale ii, il quale sembrerebbe presupporre una situazione la quale in tutti i suoi particolari fosse uniforme per tutte le aziende. Di fronte a tale difficolt�. la Commissione Centrale in alcuni casi, fra i quali quelli che diedero luogo alle due sentenze di cui sopra, ha assunto ad indice approssimativo della normalit� degli incrementi patrimoniali il reddito di ricchezza mobile accertato all'azienda, sia pure arrotondandolo di una certa quota che sarebbe dovuta corrispondere allo scarto fra il reddito accertatl'> e quello superiore effettivo. Ma era prevedibile che tale espe~ diente fosse ritenuto non corrispondente alla norma dell'ultimo comma dell'art. 10, la quale richiede un'indagine alquanto pi� complessa. E del resto, non potendosi per cc reddito normale ii intendere se non il reddito che si r;arebbe dovuto avere, sembra difficile ammettere che con ci� possa avere un qualche rapporto l'accertamento eseguito in sede di ricchezza mobile che, se mai, sta a indicare il reddito che si � avuto effettivamente, e che, come tale nessun elemento fornisce circa la cc normalit� � del reddito. Pertanto colle due sentenze di cui sopra il Supremo Collegio ha rinviato le rispettive controversie alla medesima Commissione Centrale per stabilire se l'eccedenza degli incrementi patrimoniali rispetto al normale fosse cosi ingente da far luogo all'ipotesi di cui al 30 comma dell'art. 10. � Nello stesso senso ha deciso altra successiva sentenza 10 agosto 1951 (est. Torrente) in causa Castellano, colla quale pronunzia venne tuttavia confermata la suindicata interpretazione del 30 com-�ma dell'art. 10, per quanto attiene alla sufficienza dell'elemento obbiettivo dell'incremento eccedente il normale per far luogo all'avocazione. G. CALENDA NOTE DI DOTTRINA M. G. PERINI: La responsabilit� precontrattuale det1' Amministrazione durante le operazioni di asta pubblica (<e Riv. Amm. della R. I. �, 1951, I, 449). Con questo lavoro l'.A. combatte la tesi concordemente affermata dalla dottrina e dalla giurisprudenza circa l'inammissibilit� di una responsabilit� precontrattuale della Pubblica Amministrazione per illegittimit� delle operazioni di asta pubblica o di ilicitazione privata. Premesso che la responsabilit� civile ha per presupposto la violazione di un diritto soggettivo, viene preliminarmente esaminato se in seguito all'avviso d'asta o all'invito di partecipare alla privata licitazione sorge nel privato destinatario il diritto soggettivo perfetto di intervenire e di partecipare alla gara, per modo che la violazione di� esso possa dar luogo al risarcimento dei danni. .A.Ila stregua dei principi di diritto privato, l'.A.. esclude che l'avviso d'asta o l'invito alla licitazione possa essere rapportato alla promessa unilaterale oppure alla proposta di contratto. La prima, infatti, vincola il promittente col verificarsi della condizione da lui apposta, mentre con l'invito l'Amministrazione non rimane in alcun modo vincolata a stipulare il contratto col migliore offerente, essend'b l'offerta migliore condizionata sempre all'atto di aggiudicazione, al quale soltanto pu� conferirsi la funzione di accertamento costitutivo del rapporto contrattuale. La proposta di contratto, d'altro canto, � revocabile solo fino al ricevimento della controparte, invece l'invito � sempre revocabile fino al momento dell'apertura della gara. Questi rilievi inducono l'Autore ad inquadrare gli atti summenzionati nella categoria dei cosi detti atti di ammissione, che si differenziano sotto pi� aspetti da quelli di autorizzazione e di concessione. L'autorizzazione, infatti, ha la funzione di permettere l'esercizio di quelle facolt� che rientrano normalmente nello status libertatis del soggetto privato, mentre tale non � la facolt� di partecipare alle pubbliche gare. La concessione, poi, ha la funzione di costituire diritti pubblici soggettivi di carattere assoluto, esercitabili cio� erga omnes, sia quando viene modificato lo status fondamentale del privato (cittadinanza, legittimazione, ecc.), sia quando viene conferito al destinatario di essa l'esercizio di potest� pubbliche (servizi pubblici), mentre l'interveniente alla gara ha tutto al pi� dei diritti .di carattere relativo, esercitabili cio� soltanto verso l'Autorit� che ha indetto ,la gara. Con gli atti di amrmss10ne i privati vengono sostanzialmente ammessi al godimento di servizi economici, culturali,. assistenziali, oppure anche all'esplicazione di attivit� di carattere pubblico, quale � appunto l'attivit� giuridica di partecipare alla gara. In quanto tali atti determinano un ampliamento della sfera giuridica del singolo, essi hanno l'efficacia -secondo l'.A.. -di costituire nel destinatario il diritto di intervenire e di partecipare alla gara. Tale diritto, per�, non � soltanto subordinato all'accertamento dei requisiti richiesti nell'atto d'invito ed in generale alla legittimit� degli atti del procedimento, ma � subordinato, soprattutto, all'esercizio del potere di revoca conferito alla Pubblica Amministrazione dall'art. 68 del regolamento di contabilit�. Con tale potere I'.Autorit� che ha indetto la gara pu� insindacabilmente escludere da essa qualsiasi concorrente, senza obbligo di motivazione e senza che l'escluso possa reclamare indennit� di sorta. Dopo avere accennato ai dubbi che possono sorgere sulla costituzionalit� di tall:l norma in rapporto all'art. 113 della Costituzione, l'.A. conclude la prima parte del lavoro affermando che il diritto � nascente dall'atto di invito � un diritto condizionato, cio� subordinato sempre alle esigenze d'interesse pubblico attuate attraverso il suddetto potere di revoca. Stabilito ci�, viene affrontato il secondo e pi� complesso problema di esaminare se sia ammissibile una responsabilit� dell'Amministrazione per violazione di tale diritto. Secondo l'A. il diritto condizionato perde la sua qualit� di diritto soggettiyo solo quando si verifica la condizione cui esso � subordinato, vale a dire allorch� l'Amministrazione agisce nei limiti � dei poteri ad essa attribuiti dalla legge, anche se tali poteri siano esercitati illegittimamente. Quando, invece, la Pubblica Amministrazione agisce oltre detti limiti, incorre nell'illecito che � fonte di responsabilit� civile. Per determinare, poi, in quali casi possa dirsi che l'Amministrazione abbia agito oltre i limiti dei poteri ad essa attribuiti non si pu� -secondo l'.A.. -far riferimento al criterio genera~e della distinzione tra violazione di norme stabilite a pena di nullit� o di semplice annullabilit�, giacch� occorrerebbe pur sempre ricercare se la norma violata � posta nell'esclusivo interesse del concorrente, perch� si abbia la violazione di un diritto soggettivo. Riceroa questa pressoch� impossibile -61 nella materia in esame perch� le norme regolatrici della procedura di gara sono a tutela tanto dell'interesse dell' .Amministrazione quanto del diritto del privato. Vengono quindi analizzati i limiti �dell'illecito dell' .Amministrazione dal punto di vista del diritto del concorrente. Poich� tale diritto consiste nella pretesa di intervenire e di partecipare alla gara, sussister�. la responsabilit�. dell' .Amministrazione se l'esclusione sia disposta da un organo incompetente (ad es. dal Presidente della gara e non dall'Autorit�. deliberante) oppure se la revoca dell'invito venga deliberata iu seguito a semplice riesame in merito, che riveli l'inopportunit�. originaria dell'atto. Inoltre, il concorrente ammesso alla gara ha il diritto che le operazioni si svolgono regolarmente e si concludano con l'atto di aggiudicazione, per modo che sorgerebbe la responsabilit�. dell'Amministrazione nel caso di rinvio disposto dal Presidente, oppure nei casi di chiusura della gara prima del termine stabilito, o di sospensione o di interruzione, fuori dei motivi di forza maggiore o di ordine pubblico. La stessa responsabilit�. dovrebbe ravvisarsi nei casi di annullamento dell'asta in seguito a rivelazione della scheda segreta, o per aggiudicazione iu favore di concorrente che versava in condizione di inammissibilit�. alla gara, essendo stato leso in tale ipotesi il diritto del migliore offerente dopo l'aggiudicatario, ed anche nel caso di non motivato diniego di aggiudicazione in favore del migliore offerente: Naturalmente -avverte in uUimo l'.A. -detta responsabilit�. va affermata solo nei limiti del danno eventualmente sub�to dal privato concorrente, come conseguenza, diretta del comportamento illecito dell' .Amministrazione, potendo il risarcimento consistere, in concreto, nel solo rimborso delle spese sostenute. La costruzione giuridica prospettata dal chiaro Autore, notevole per acutezza di analisi, rivela tuttavia lo sforzo da lui compiuto per piegare il rigore dei princip~ alla dimostrazione di una tesi alla quale non riteniamo che si possa aderire. Non � esatto, innanzi tutto, che sia ormai pacificamente ammessa una responsabilit� precontrattuale della Pubblica Amministrazione quando questa opera ed agisce nel campo strettamente privatistico. � vero, invece, che anche in tale campo la Pubblica Amministrazione attua e persegue scopi di carattere eminentemente collettivo, il che impone che essa sia sempre libera di determinarsi a contrattare secondo le mutevoli esigenze pubbliche, a cui gli interessi del singolo sono necessariamente subordinati. Conseguentemente, dove � esercizio di potere discrezionale riferentisi ad un'attivit� volitiva anteriore alla formazione del contratto, non � assolutamente ammissibile un sindacato diretto ad accertare se la Pubblica Amministrazione abbia agito con mancanza di -cautela o diligenza, cio� con colpa, perch� si verrebbe ad invadere evidentemente il campo dell'opportunit� dell'azione amministrativa (cfr. Oass., Sez. Unite, n. 1912 del 12 giugno 1951; Oass., Sez. Unica, 31 gennaio 1948 in �F.A. �, II, 1, 33; Oass. 8 giugno 1935 in �Riv. D. P. �, II, 423). Ma, prescindendosi da tale problema di carattere generale, esaminiamo se sia ammissibile una responsabilit� per danni della P'ubblica Amministrazione nella particola materia dell'asta pubblica o della privata licitazione regolata interamente dal diritto pubblico. Oome avverte lo stesso Autore, presuppasto di tale responsabilitd � la violazione di un diritto soggettivo perfetto, cio� di un interesse direttamente tutelato dalla norma giuridica. Ma egli ritiene che detta responsabilit� possa ugualmente ravvisarsi ove vi sia la violazione di un interesse legittimo, purch� questo appartenga alla categoria di un diritto condizionato, od affievolito, e la violazione consista nella competenza dell'organo che ha esercitato il potere di revoca, cui quel diritto � subordinato. Orbene questa tesi, come risulta chiaramente dalla sua enunciazione, viene fondata innanzi tutto sulla natura dell'interesse che sorge dagli atti iniziali del procedimento (avviso d'asta o invito alla privata licitazione) e che consiste nella facolt� di intervenire o di partecipare alla gara. Tale interesse dovrebbe identificarsi in un interesse legittimo, della categoria per� dei cos� detti diritti condizionati od affievoliti, in quanto � subordinato al potere di revoca conferito alla Pubblica Amministrazione dall'art. 68 del regolamento di contabilit�. Questa prima proposizione non sembra assolutamente esatta e l'errore risulter� evidente se si tiene distinta la posizione giuridica del concorrente che sia stato ammesso e che abbia partecipato eff ettivamente alla gara, da quella del destinatario dell'avviso o dell'invito che sia stato privato della facolt� di partecipare alla gara stessa. Invero, il contenuto del diritto del partecipante alla gara -come ritiene lo stesso Autore -� circoscritto alla pretesa che le operazioni vengono regolarmente e legittimamente svolte. Ora questa pretesa indubbiamente coincide con l'interesse della Pubblica Amminit1trazione ed � quindi nient'altro ohe un interesse legittimo, della categoria dei diritti occasionalmente protetti, o cos� detti diritti rifiessi. Infatti non pu� non convenirsi sul punto che le norme. della legge e del regolamento di contabilit� mirano prevalentemente, se non esclusivamente, alla tutela dell'interesse dell'Amministrazione che ha indetto la gara. Oi� risulta dal complesso delle norme che regolano il procedimento. Quando la legge stabilisce di rispettare la durata della gara, o vieta di rivelare intempestivamente la scheda segreta, o prescrive la continuit� delle operazioni e le altre formali~� delle offerte, si � tenuto di .mira innanzi tutto l'interesse della Pubblica .Amministrazione giacch� � evidente che se questa si propone di attuare, attraverso il procedimento d'asta o di licitazione, uno capo di carattere eminentemente collettivo, quale � quello di procurarsi i mezzi necessari (beni ed opere) per il migliore espletamento dei pubblici servizi, ha anche l'interesse a che le operazioni vengano svolte in modo da assicurarle le migliori condizioni per il futuro contratto. _ Oi� certamente non si verifica se la gara vienlf. chiusa prima del termine stabilito, impedendo cos� eventuali offerte piu vantaggiose, oppure se viene rivelata la scheda segreta, in modo da turbare la spontaneit� delle offerte, che � garanzia della loro -62 bontf�, oppure, ancora, nei casi di ingiustificato rinvio o di sospensione, che possono pregiudicare la tempestivit� e la sollecitudine delle operazioni. Oon ']_Uesto, naturalmente, non si intende di escludere che alle operazioni siano interessati anche i privati che ad esse partecipano, in quanto costoro, per il particolare rapporto in cui vengono a trovarsi, possono risentire un danno patrimoniale in conseguenza della irregolarit� e della illegittimit� del procedimento. Ma tale interesse non pu� essere diversamente definito che come interesse legittimo, protetto solo occasionalmente, o di rifiesso, dalla norma giuridica. Il caso limite accennato dallo stesso Autore, � dato dall'aggiudicatario che si vede annullare l' aggiudicazione per illegittimit� incorsa nel procedimento. Tale danno non � risarcibile perch� non rappresenta un danno giuridico, quale � quello derivante dalla violazione di un diritto direttamente tutelato dalla norma giuridica. Per conseguenza, tutta la casistica esaminata dall'Autore a partire dall'inizio della g'ara fino all'aggiudicazione � in rapporto all'interesse che hanno tutti i partecipanti, in coincidenza con quello �dell'Amministrazione, di pretendere l'osservanza delle norme regolatrici del procedimento. E tale interesse, qualunque sia la natura della violazione, si tratti di errata applicazione o interpretazione della legge, di inosservanza di norma stabilite a pena di nullit� o di annullabilU�, d'incom-� � petenza o di eccesso di potere, � tutelabile esclusivamente dinanzi alle giurisdizioni amministrative, col limitato effetto dell'anullamento dell'atto, e senza possibilit� di adire l'A.G.O. per il limite oggettivo imposto alla competenza di quest'ultima dall'art. 2 della legge fondamentale del 20 marzo 1865, n. 2248, alleg. E. Be questa � la posizione giuridica del partecipante alla gara, non diversamente pu� atteggiarsi quella del destinatario dell'avviso o dell'invito che sia stato da essa illegittimamente escluso. Un primo punto riteniamo di dover chiarire, e cio� che gli atti iniziali del procedimento non sembra che possano essere equiparati all'ammissione del concorrente alla gara. Oi� risulta ben chiaro nel procedimento d'incanto, ove l'art. 65 del regolamento prescrive che l'avviso d'asta deve contenere, tra l'altro, i requisiti per essere ammessi alla gara. Il che sta a significare che l'ammissione viene deliberata in base ad un nuovo atto di volont� e di giudizio che viene emesso solo dopo che l'interessato, con l'esibizione d�i documenti e con il versamento del deposito, abbia manifestato di aspirare a concorrere. Quale � l'organo competente per tale ammissione? Innanzi tutto l'Autorit� che presiede la gara, cui � . devoluta appunto la funzione di accertare se l' aspirante abbia tutti i requisiti richiesti nell'avviso d'asta. Ma l'accertamento di uno dei detti requisiti, vale a dire quello della buona condotta, � riservato esclusivamente all'Amministrazione che ha indetto la gara. Difatti per l'art. 68 del regolamento di contabilit� l'Amministrazione deliberante pu� insindacabilmente escludere il concorrente dalla gara senza obbligo di motivazione e senza che quest'ultimo possa pretendere alcuna indennit�.. Tale speciale facolt�, prevista anche in materia di concorso per pubblico impiego, viene comunemente giustificata per il caso, peraltro eccezionale, che nonostante la documentazione prodotta, risulti da successive informazioni od accertamenti che il concorrente non sia persona da meritare l'assoluta fiducia dell' A mministrazione sotto il profilo della buona ��ndotta (moralit�, correttezza, ecc.). E poioh� trattasi di requisito essenziale che determina l'affidamento dell'Amministrazione si � lasciata a questa la piena ed insindadabile libert� di presciegliere i concorrenti, con cui intende che venga costituito il rapporto di gara, in base al quale essi possono divenire i probabili contraenti. Lo stesso principio vale nel procedimento di licitazione, giacch� l'art. 89 del regolamento espressamente richiama la norma dell'art. 68, per cui neppure l'invito pu� equipararsi all'ammissione, essendo questa subordinata sia all'accertamento dei requisiti generali, aCcertamento che � di competenza dell'Autorit� delegata, sia al definitivo assenso della Amministrazione che ha indetto la licitazione, circa il retjuisito della buon� condotta. E sarebbe superfiuo aggiungere che tale assenso, sia nell'incanto che nella licitazione, viene dato tacitamente, desumendosi dal mancato esercizio da parte dell' Amministrazione della speciale facolt� di cui all'art. 68. Da ci� deriva che, nonostante la imperfetta formula adoperata dal legislatore, il potere di esclusione (o meglio di non ammissione) del concorrente non pu� equipararsi al potere �generale di revoca, cui normalmente sono sottoposti gli atti amministrativi discrezionali. Infatti la revoca presuppone che sia gil� sorto il diritto di intervenire nella gara, mentre, come abbiamo visto, gli atti iniziali del procedimento non equival gono all'ammissione del concorrente. La revoca, inoltre, riguar'da, in generale, l'inop portunit� dell'atto per sopravvenuti motivi di pub blico interesse. Nella specie, invece, data l'ampia formula della legge e gli scopi da questa perseguiti, l'esclusione pu� indubbiamente essere deliberata anche per inopportunit� originaria dell'invito. Questi rilievi inducono a ritenere che l'interesse dell'aspirante alla gara non pu� fondatamente defi nirsi come diritto condizionato (od affievolito) ma soltanto come interesse occasionalmente protetto. Egli si trova in una situazione giuridica pari a quella del partecipante ammesso, onde se egli sia leso dal provvedimento di esclusione deliberato dalla Autorit� che presiede la gara, non vi � dubbio che potr� adire le giurisdizioni amministrative in sede di sindacato generale di legittimit�. Se la lesione avviene, invece, ad opera dell' Ammi nistrazione deliberante, pu� sorgere il quesito se ed. in quali casi possa avvalersi della stessa protezione, dato che l'art. 68 prevede l'insindacabilit� del prov vedimento ed esclude l'obbligo della motivazione. � stato infatti rilevato che, poich� la legge di con tabilit� con/erisce alla Pubblica Amministrazione la facolt� di non motivare il provvedimento di esclu sione, quest'ultimo potrebbe sfuggire al sindacato sull'eccesso di potere, il che importerebbe una so stanziale limitazione �della tutela giurisdizionale del concorrente, in contrasto con l'art. 113 della Oosti tuzione (cfr. VITTA: D. A., vol. II, pag. 216). -63 Sen�nch�, a parte la questione circa la efficacia della norma costituzionale in relazione alla legislazione gi� in vigore all'a data della sua attuazione, occorre osservare che, se sussiste nel caso in esame una sostanziale limitazione della tutela giurisdizionale, questa non � ehe la naturale conseguenza della facolt� dell'Amministrazione deliberante di non rivelare i motivi del provvedimento di esclusione, secondo il suo insindacabile giudizio adottato nel caso conereto. Ora, perch� possa sostenersi, in ipotesi, la incostituzionalit� di tale precetto legislativo, bisognerebbe dimostrare che la Costituzione abbia in ogni caso imposto l'obbligo di motivare gli atti emessi dalla Pubblica Amministrazione revocando il principio generale .ricevuto in dottrina ed in giurisprudenza che, all'infuori delle decisioni giurisdizionali e degli altri atti in cu.i possa desumersi, espressamente .6 tacitamente, l'obbligo della motivazione, tale obbligo non sussiste negli altri casi in cui, secondo la natura del provvedimento; vi � un ampio potere diserezionale della Pubblica Amministrazione (cfr. lo stesso VITTA, vol. I, pag. 389). La Costituzione, invece, non ha in alcuna guisa modificato il suesposto p1incipio, e ha inteso soltanto di eliminare i dubbi che per il passato venivano agitati circa quelle disposizioni di legge, assai frequenti in regime antidemoeratico, che limitavano in tutto od in parte la tutela giurisdizionale degli interessi legittimi, e perfino dei diritti soggettiVi, seguendo la corrente, soprattutto giurisprudenziale, secondo la quale tale limitazione in generale era da ritenersi inammissibile come che contraria alla coscienza sociale. D'altra parte, come � stato osservato dal Consiglio di Stato (cfr. parere 9 agosto 1948, in � Riv. Amm. n, 1949, 286) la facolt� di non motivare il provvedimento di esclusione ben si giustifica col particolare ed intimo apprezzamento adottato dalla Pubblica Amministrazione in base a dati ed a notizie di carattere riservato, spesso difficilmente documentabili, e con l'opportunit�, altres�, che nell'interesse degli stessi concorrenti, non vengano rivelate le manchevolezze morali di costoro. Se, come � stato gi� rilevato, l'ammissione del concorrente � fondata su di un rapporto di carattere prettamente fiduciario, imporre l'obbligo di moti vare il provvedimento di esclusione, per sindacare l'uso del potere fatto dall'Amministrazione delibe rante, significherebbe snaturare quel rapporto fidu ciario che presiede anche alle preliminari contratta zioni tra privati. Fermo restando quindi il principio che la Pubblica Amministrazione deve agire nell'ambito della propria competenza e della osservanza della legge, per quanto attiene alla f<?rma del provvedimento, non � ammissibile estendere il sindacato giurisdi zionale anche all'eccesso di potere, afferente ai motivi dell'esclusione, ove l'Amministrazione si sia avvalsa della facolt� di non motivare il provvedimento, non essendo tale facolt� in contrasto n� con lo spirito n� con la lettera della nuova Costituzione. Dimostrato, poi, che nella materia in esame non si versa nella ipotesi di diritti condizionati, cade la teor.ia circa una responsabilit� per danni della Pubblica Amministrazione che dovrebbe ravvisarsi allorquando la violazione del diritto 'del concorrente consista nell'incompetenza dell'�rgano che delibera l'esclusione ex art. 68 (cio� 'Autorit� che presiede la gara e non l'Amministrazione deliberante) o nell'inosservanza di norme stabilite a pena di nullit� (come la revoca per inopportunit� originaria dell'invito). Quanto al primo caso indubbiamente sussisterebbe l'illegittimit� del provvedimento, ma essa, come � stato precisato, ricadrebbe sotto il sindacato delle giurisdizioni amministrative. Quanto al seeondo, non sembra che sussista il lamentato vizio di nullit� giacch� l'art. 68 non prevede, come si � detto, un caso di revoca. D'altra parte, poieh� tale norma � tuttora operante (cfr. citato parere del O. d. S., 7 agosto 1948), ed essa non riconosce in nessun caso un diritto al risarcimento del danno, neppure limitatamente alle spese sostenute, non si vede come la teoria su esposta possa riguardare la materia in esame (1). Essa, pertanto, sembra anche in contrasto con lo spirito informatore della legge 20 marzo 1865, all. E, per cui la competenza dell'A.G.O. incontra un limite oggettivo ed inderogabile nella materia riguardante gl'interessi legittimi, appartengano questi alla categoria dei diritti condizionati od a quella dei diritti ri'flessi. Oi� implica che prima di discendere all'esam.e circa la natura della violazione l'A.G.O. deve preliminarm. ente accertare se si versi in materia di diritti perfetti o di interessi legittimi, nel primo caso ritenendo la propria competenza, nel secondo respingendola. Ohe se quella ricerca potesse fare non � certamente in base alla natura della violazione o, per lo meno, soltanto in base ad essa, che si pu� ravvisare la linea di demarcazione tra diritto e interesse legittimo. Se cos� fosse, poich� ogni attivit� discrezionale �, almeno in parte, sempre � vincolata, per quanto attiene alla competenza dell'organo, alla forma ed agli altri requisiti dell'atto, ogni illegittimit� si tramuterebbe in illecit�, ogni interesse in diritto, sovvertendosi cos� l'ordine delle competenze e creando incertezze e confusione con danno soprattutto dei privati. Il eriterio distintivo � dato invece dall'esistenza o meno di un potere diserezionale ~dell'Amministra zione, indipendentemente dagli organi che nell'in terno di essa hanno quel potere esercitato e degli altri requisiti esteriori dell'atto. Di fronte a questo potere il diritto degrada in interesse legittimo, riceve cio� una minore tutela, onde qualunque sia la violazione, anche se riguardi l'incompetenza dell'organo nell'ambito della stessa Amministrazione, l'interesse legittimo resta tale ed �� protetto solo col sindacato generale di legittimit�, che porta unicamente all'annullamento dell'atto lesivo. N� potrebbe l'A. G. ritenere la propri competenzaa al limitato effetto di dichiarare l'illegittimit� dell'atto per incompetenza dell'organo che l'ha emesso, perch� come esattamente � stato rilevato in dottrina (VITTA: D. :A. vol. II, pag. 437) tale dichiarazione, pur riguardando la parte vincolata dell'atto, non avrebbe alcun risultato pratico, onde mancherebbe un interesse azionabile, non potendosi n� statuire sui �risarc�( 1) In realt� la tesi del FERINI � sostenuta anche dal RANELLETTI (Guarentigie, pag. 333) ma nel campo dell'espropriazione per p. u. ben diverso dal nostro, contra VITTA, D. A., vol. II, pag. 711). -64 mento del danno, che � conseguenza soltanto della violazione di un diritto, n� sull'uso dei poteri discrezionali, che � alla base del provvedimento, n� sull'annullamento dell'atto stesso ostandovi l'art. 4 della legge del 1865. Al risarcimento del danno non si potrebbe neppure pervenire ove l'atto lesivo fosse impugnato dinanzi alle giurisdizioni amministrative e da queste annullato per incompetenza, perch� tale ipotesi � generalmente ammissibile solo quando dette giurisdizioni giudicano in materia di competenza esclusiva rifuardante i diritti (cfr. Sez. Un., 6 dicembre 1928, �Giur. It.�, I, 552; 27 novembre 1928, � F.I. ii, 1939, I, 519; 23 maggio 1946, Rep. �F. I. n, col. 898, n. 62), non gi� in materia di com71etenza di legittimit� rigitardante gli interessi legittimi. R. BRONZINI Orno VITr.A: Gli effetti della svalutazione monetaria negli atti della Pubblica Amministrazione (� Riv. .A.mm. n, 1951, I, 1), Profondo e, come sempre, limpido questo studio dell'illustre Scrittore su uno dei pi� tormentosi problemi di questo dopoguerra: la sv~lutazione. La trattazione consta di otto paragrafi. I primi due contengono l'impostazione del problema con . richiamo alla relativa disciplina, di cui l'Autore pone in particolare evidenza la parte innovativa rispetto al Codice del 1865. Il paragrafo terzo, corredato di ampi richiami giurisprudenziali, � tratta della svalutazione sui crediti derivanti da responsabilit� extracontrattuatuale. La rilevanza del deprezzamento monetario � qui concordemente ammessa in base al principio impiicito nell'art. 2058 Codice civile, secondo cui il creditore ha diritto ad avere una somma di denaro, corrispondente al valore del bene perduto nel momento del risarcimento (c.d. principio dell'equivalenza). .Analoga soluzione vale per i crediti, derivanti da obbligazioni contrattuali aventi per oggetto cosa diversa dal denaro e rimaste inadempiute: anche qui si ha in obligazione un. debito di valore e non di valuta. Quest'ultima viene in considerazione solo nel momento della soluzione, quando l'adempimento specifico non � possibile. I successivi paragrafi (4c7), dopo un accenno ai danni di natura permanente, derivati dall'esecu zione di opera pubblica, dove l'Autore con.corda con la pi� recente giurisprudenza, che ritiene trat tarsi di debito di valore, contengono una diffusa trattazione dell'incidenza della svalutazione sul l'indennit� di espropriazione per pubblica utilit�. .Al riguardo, dopo aver esaminati e criticati gli argomenti addotti in contrario, specie dalla Cassa zione, il Vitta sostiene che il debito di indennit�. � debito di valore, che si trasforma in valuta solo con la pronunzia giudiziale. La critica � impostata su alcune premesse che, a nostro avviso, non posso no essere condivise, ma di ci� diremo pi� ampia mente in nota. . Per ora � doveroso segnalare ci� che costituisce un indubbio pregio dello studio del Vitta: l'aver c10e messo in giusta luce gli argomenti equitativi che militano a favore dell'una e dell'altra soluzione. Senza indagare se l'equit� possa essere qui invocata quale fonte di diritto (contr.a Calusi, �Foro Pad. n, 1948, I, 767), � certo che, volendosi ad essa rifare non si deve aver riguardo ad una pretesa {lquit� unilaterale, che abbia di mira la protezione e la prevalenza di uno solo degli interessi in gioco, con esclusivo sacrificio dell'altro, ma a quella equit� che indirizzata, come deve essere, alla ricerca della giustizia del caso concreto, trascenda e domini il contrasto di int.eressi, la cui composizione va raggiunta con un. parziale e limitato sacrificio di ognuno di essi, secondo� esige giustizia: aequitas ipsa est iustitia, in quantum utilitates dirigit et exaequat. Non si deve dimenticare che il deposito di cui parla la legge fondamentale (art. 47), � fatto non soltanto quoad oustodiae, ma altres� quoad solutioni8. La custodia, che s.i realizza a beneficio dei terzi, aventi diritti reali sull'immobile espropriato, non � che un momento del rapporto: l'altro, che riguarda il pagamento, importa che, se la cosa depositata aumenta o diminuisce di valore, �ci� n.on si verifica a favore o a danno del deponente (espropriante), ma bens� di colui a beneficio del quale s.i effettua il deposito, cio� dell'espropriat.o. Tenuto presente questo, non � certo, in base alla equit� che si pu� dire all'espropriante che egli � tenuto, dopo qualche anno, a pagare delle somme non di rado rilevanti, non tanto perch� l'immobile espropriato vale, poniamo, centodieci, in luogo dei cento �depositati, ma proprio perch� questi cento, che gli ha gi� pagato in valuta avente allora un intrinseco valore, si sono ora volatilizzati ed egl� � tenuto a pagarla una seconda volta con l'attuale para.metro. Pu� darsi che il diritto, per sue particolari ra gioni, esiga ci�; non certo l'equit�. Quest'ultima pu� tutt'al pi� richiedere che la rivalutazione si operi sulla differenza. Ed � questa la soluzione, che propone da ultimo il Vitta. I/aver messo in chiaro questo aspetto della questione costituisce, come si � detto, un suo merito indiscusso perch� troppo spesso ed a torto, ripeto, si � abusato, in materia, di un malinteso concetto di equit�, che ha finito con il pregiudicare ed intorbidare anche l'aspetto strettamente giuridico del problema. L'i�timo para.grafo (8) tratta dell'effetto della svalutazione sui contratti della Pubblica .Ammini strazione ad esecuzione continuata o periodica: principalmente appalti e forniture. Per gli appalti -avverte il Vitta -l� disciplin&i del Codice � derogat~ dai decreti-legge 5 aprile 1946, n. 226 e 6 dicembre 194 7, n. 1501. L'appalta tore di opere pubbliche non ha un diritto perfetto verso l'Amministrazione alla revitiior>t> dei prezzi contrattuali, ma solta�to un interesse legittimo e perci�, in caso di rifiuto dell' .Amministrazionejnt!I-_ ressata, non pu� rivolgersi all'Autorit� giudiziaria, � ma deve ricorrere al Ministro che provvede, sentito il parere di una speciale Commissione. .Avverso questo provvedimento � dato ricorso al Consiglio di Stato, in sede di legittimit�. Questa tesi, com'� -65 noto, � in contrasto con 1a gi'.urisprudeuz-a della Corte di :Cassazione che attribuisce, alla funzione del Ministro carattere giurisdizionale (v. in questa cc Rassegna n, 1948, fase. 5, pag. 17 e fase. 10, pag. 14). 1. La parte centrale della trattazione concerne, come si � visto, l'incidenza della svalutazione sull'indennit� di espropriazione ed ivi l'Autore critica la soluzione accolta dalla Suprema Oorte con l'importante sentenza delle Sezioni Unite, 12 ottobre 1949 (cc Foro It. �, 1949, I, 1025) e di poi seguita. con le sentenze 17 settembre 1949 (Rep. cc Foro It. �, 1949, col. 596, nn. 71-73) e n. 1432 del 1951 (� Rass. Av'v. Stato�, 1951, pag. 140). L'autorit� di chi professa la soluzione criticata e quella del critico, ci impone di diffonderci sulla questione pi!U di quanto non lo consentirebbe la natura di ,questa rubrica. �Premessa comune al Vitta, e alla Suprema O orte � la nozione di debito di valore. Secondo l' Ascarelli, che fu il primo ad adottare la relativa terminologia, debiti di valore sono quelli cc il cui oggetto immediato � per legge o per negozio giuridico un determinato valore: il denaro � il mezzo per esprimere, come in linea generale, per liquidare detto debito, ma l'oggetto del debito � un valore, non una somma di denaro� (Ascarelli, cc 'Riv. di Dir. comm. �, 1930, I, 379). Il debito di valore � costantemente illiquido: esso � suscettibile di essere trasf armato in debito di valuta e ci� avviene normalmente con riferimento al dies solution�s, ma sino a tanto che ci� non si veri'f�ca, esso � e rimane debito .di valore, vale a dire obbliga il debitore a dare quel tanto di moneta, che corri sponde, nel momento dell'adempimento o della tra sformazione, al valore intrinseco della prestazione, cui egli � tenuto. Di converso il debito di valuta � sempre liquido. L'illiquidit�, se c'�, � qui soltanto relatiVa, o meglio apparente giacch� nella legge o nel negozio sono stabiliti i criteri oggettivi in base ai quali la presta zione, avente per oggetto una somma di denaro, deve essere determinata, di modo che il debitore conosce sin dal momento in cui sorge l'obbligazione la somma che dovr� pagar� alla scadenza. Oos�, per citare un esempio, tratto dallo stesso Ascarelli (loc. cit., pag. 382, nota 2), � deito di valuta l'indennit� d'infortunio, ancorch� illiquida, in quanto il giudice per determinarla non fa che applicare i criteri stabiliti a priori dalla legge. 2. Posti questi concetti, occorre ora stabilire se nella vendita il cc giusto prezzo�, ancorch� indeterminato, costititisca un debito di valore o di valuta. Solo in un secondo momento si vedr� se l'indennit� possa o no essere equiparata al cc giusto prezzo �. Nella vendita il prezzo sta con l'altro bene, oggetto di scambio, in un rapporto di equivalenza economica, oltre che giuridica: questa equivalenza �, di regola, soggettiva ed in questa ipotesi l'esatta determinazione del prezzo non pu� non essere che coeva al perfezionarsi del contratto, di cui � elemento costitutivo. Tuttavia in talune ipotesi, quali quelle previste dagli articoli 1473 e 1474 Oodice civile, l'equivalenza, come� ammettono �oncorili la dottri'na e ta g1ur1sprudenza, � di natura oggettiva; essa � cio� implicitamente ed obiettivamente determinata nel riferimento al (( prezzo di autorit� )) o ril (( prezzo corrente )) o al ccgiusto prezzo� (BARASSI: Teoria gen. delle obblig, vol. II, pag. 527; FERRI: Man. Dir. comm., pagina 459). Senza questa equivalenza oggettiva non sarebbe dato di parlare nei casi suindicati di vendita per! etta, soggetta a condiZione sospensiva per ci� che ha tratto alla sua efficacia (Oass, 28 febbraio 1944, cc Foro It. �, 1944-46, I, 149 e dottrina ivi richiamata), in quanto l'esistenza di un prezzo determinato o determinabile � requisito di validit� della vendita. �N iun dubbio che alle parti � dato di staccarsi dallo schema dell'art. 147 3 e aJffidare all'arbitrio mero e non boni viri del terzo di determinare il prezzo, ma in questo caso non si ha, per la mancanza di un elemento costitutivo, una vendita, ma solo un contratto in formazione, secondo la fattispecie pre vista nell'art. 1349 Oodice civile. Debito di valuta adunq�ue il cc giusto prezzo � per questa sua implicita determinabilit�. Sin qui l'accordo tra Oorte 'Suprema e Vitta � pieno. <<Nessuno dubita -scrive infatti il se condo -che in questo caso (art. 1474 Oodice civile) il prezzo sebbene originariamente non conosciuto sia debito di valuta�. ,Un certo dissenso comincia invece a delinearsi sulla ragione di ci�. �Secondo ogni probabilit� scrive il prof. Vitta -debbono considerarsi debiti di valuta quelli che siano prontamente e inoppugna bilmente liquidabili senza sentenza dell'autorit� giu diziaria, ed in questo senso � debito di denaro quello del giusto prezzo di compra-vendita stabilito da terza persona, perch� la determinazione di questa � defini tiva e non pu� ulteriormente impugnarsi dalle parti contraenti�. A queste ragioni non possiamo aderire. I criteri discriminativi, proposti dal Vitta, possono essere un utile indice per l'orientamento dell'inter prete, ma non sono risolutivi. Un debito di valore pu� essere prontamente liquidabile, come avviene 'in taluni casi semplici di danno da fatto aquiliano, cos� come la liquidazione pu� essere definitiva ed inoppugnabile, si consideri, ad esempio, la liquidazione concordata fra le parti o affidata ad arbitri amichevoli compositori, senza che ci� trasf armi il debito di valore in debito di valuta La ragione per cui nelle ipotesi degli articoli 1473 e 1474 si ha, sin dall'origine, un debito di valuta non sta nella prontezza, definitivit� ed inoppugnabilit� della liquidazione, ma nel fatto che in obligatione vi � una somma di denaro, oggettivamente determinabile. 3. Data questa premessa, ia soluzione accolta dalla Suprema Oorte, relativamente alla qualificazione del debito di indennit�, appare non tanto esatta, quanto necessaria. Ed infatti, l'art. 39 della legge dispone testualmente che �l'indennit� consiste nel giusto prezzo che, a giudizio dei periti,avrebbe avuto l'immobile in una libera contrattazione di compra vendita �. L'analogia legis, posta giustamente in evidenza dalla Cassazione, tra la fattispecie del citato art. 39 e quelle regolate dagli articoli 1473 e 1474 ultimo comma Oodice civile, non potrebbe essere pi� manifesta. -86 Se net giusto prezzo, affidato alla determinazione del terzo o dei periti, sono impliciti criteri esclusivamente oggettivi di valutazione, esso �, per questa sua caratteristica, debito di valuta e non � consentito attribuirgli una qualificazione in contrasto con la sua natura sostanziale. Certo anche nel giusto prezzo che, sia detto per inciso, non � esclusivo alle sole cose mobili, � implicito, come in ogni altro umano giudizio, una limitata ed ineliminabile relativit�, ma di essa per la sicurezza e certezza del commercio giuridico, il legislatore ha ritenuto di non dover tener conto ed all'interprete non � dato, almeno in sede di applicazione della legge, di censurarlo. N� si deve trascurare che nella stima dei periti il cui giudizio � formalmente (articoli 32-38) e sostanzialmente (artt. 39-45) vincolato da un particolare rigore, questo residuo di relativit� � ridotto al minimo, cos� da rendere la valutazione assai pi� oggettiva che non quella del terzo arbitratore, di cui agli articoli 1473 e 1474 ultimo comma Codice civile. 4. A queste conclusioni obietta ancora il Vitta: a) che vendita ed espropriazione sono istituti ilifferenti e che tale diversit� si riflette sul prezzo e sull'indennit� in modo da non consentire il ricorso all'analogia; b) che l'i'l'Jdennit� va ragguagliata al. denaro, in modo che, al momento in cui la si stabilisce defini tivamente con la pronuncia giudiziale, essa possa servire a reintegrare il valore del bene perduto. Si potrebbe osservare che tali obiezioni sono gi� in gran parte superate. La prima dal rilievo che essendo il rapporto ana logico tra prezzo e indennit� posto direttamente dalla legge, ogni ulteriore discussione � preclusa. La seconda dall'osservazione che il principio della reintegrazione del valore del bene perduto, con ri guardo al giorno del pagamento, � riferibile, cos� astrattamente formulato, alle sole obbligazioni da responsabilit� extra contrattuale. Per le obbligazioni contrattuali, che comprendono, come '� noto, non solo quelle che derivano da un negozio, ma quelle che hanno la loro fonte in un rapporto giuridico preesistente tra le parti, vale il principio che esse obbligano a quanto vi � in obligatione. Solo, pertanto, dopo che si sia dimostrato che la indennit� � debito di valore, pu� essere invocato il principio dell'equivalenza 'con riferimento al giorno della soluzione e non viveversa. 5. Pienamente d'accordo col Vitta che espropriazione e vendita sono istituti profondamente diversi: di natura privata con la fonte in un negozio, l'uno; di natura pubblicistica, culminante in un atto di autorit�, il quale racchiude il risultato finale di un procedimento, l'altro. Non bisogna tuttavia accentuare questa indiscussa autonomia al di l� di un certo punto, giacch� essa � dominata alle sue basi da una fondamentale unit� che si rammostra non soltanto nella disciplina generale, ma altres� nel regolamento di taluni momenti e situazioni degli anzidetti rapporti. Il preminente interesse pubblico, che domina la espropriazione, non esclude che si abbia in essa la concorrente, seppure subordinata, coesistenza di interessi e diritti privati, ai quali, in mancanza di una generale o speciale disciplina pubblicistica, si addice quel regolarrwnto privatistico che, senza contrastare con l'interesse pubblico, si conforma alla loro natura ed essenza. Questa commistione di elementi privati in rapporti di diritto pubblico � gi� stata da tempo messa in luce dalla dottrina (ORLANDO: Prin. di dir. amm., pag. 95; MEUCCI: Ist. di dir. amm., pag. 193), che non ha mancato altres� di ril�vare che vi sono � rapporti f ondame'ntalmente di diritto privato, che diventano pubblici solo perch� vi � in essi un elemento pubblico, cos� importante, da esigere la speciale tutela che compete a tale categoria di rapporti, ancorch� gli elementi privati siano in esso quantitativamente maggiori (FORTI: La nat. delle eone. amm., in cc Studi di Dir. pubb. n, vol. I; pag. 367). A questa sottospecie appartiene per l'appunto l'espropriazione per p.u., la quale, cc pur potendosi ravvicinare in fondo ad una compra vendita, esce dal diritto privato per la natura dell'interesse che mira principalmente a tutelare n (FORTI, op. cit., pag. 424). A tali rapporti va applicata non soltanto quella generale disciplina, che solo per ragioni storiche, ha avuto nel diritto privato la sua collocazione ed una pi� ampia e completa elaborazione, ma altres�, in via di analogia, quella disciplina privatistica, che sia pure con i necessari adattamenti, non contrasta con la sicura prevalenza dovuta al pubblico interesse (FORTI, op. cit., pag, 345, nota 36; GALLO: I rapp. eontratt. nel dir. amm., pag. 218 e passim). Tra vendita ed espropriazione esiste un'affinit� sostanziale e strutturale innegabile: entrambe adempiono ad una funzione di scambio tra una cosa ed il denaro ed in entrambe dominano gli elementi della corrispettivit� ed equivalenza. � bens� vero che l'effetto traslativo della propriet� � nell'una in dipendenza di un atto unilaterale dell'autorit�, mentre nell'altra esso � conseguente ad un in idem plaeitum eonsensus. Tuttavia dJ questi due atti diversi sono in gran parte comuni i presupposti e le condizioni. Nella vendita le due prestazioni, consegna e pagamento del prezzo, sono collegate in un sinallagma funzionale, che le rende strettamente interdipendenti e ne impone, di regola, l'adempimento contemporaneo (zug uro zug) con le con,~eguenze che dal sinallagma derivano: risolubilit�; exceptio inadimplenti non est adimplendum, ecc. Nell'espropriazione non "esiste un sinallagma funzionale, perch� ci� sarebbe incompatibile con la tutela del pubblico interesse, ma il pagamento dell'indennit� e l'autorizzazione all'occupazione, che sostituisce la consegna, diventano un momento della fase formativa del rapporto e ne precedono la perf ezione. L'art. 48 della legge vuole infatti non soltanto che � nel decreto sia indicato l'ammontare �ell~nihmnit� che fu assegnata con la perizia e di cui venne fatto il deposito o il pagamento n, ma esige anche che cc il prefetto pronunci l'espropriazione e autorizzi l'occupazione solo in seguito alla presentazione dei certificati comprovanti l'eseguito deposito o dei titoli giusti'/�cativi dell'effettuato p�gamento ''� ' -67 Tutto ci� non deve far pensare ad un sinallagma genetico in cui il deposito o il pagamento dell'indenniti� sono collegati con il tra8ferimento e con l' autorizzazione all'occupazione, in modo da impedire, in mancanza di tale deposito o pagamento il perf e zionamento del rapporto (anche se questaconcezione pu� trovare qualche appoggio oltre che nel citato art. 48 anche negli articoli 834 e 838 Codice civile e 42 della Costituzione}, ma � certo che senza deposito o pagamento dell'indennit�, il decreto di espropriazione deve essere dichiarato illegittimo, conw nulla o risolta deve essere dichiarata la vendita in cui il prezzo manca o non � stato soddisfatto. Vi � adunq,ue tra le prestazioni aventi per oggetto prezzo e indennit� un'identit� sostanziale, teleologica e in parte strittturale, tale da imporre ad esse, anche in difetto di un esplicito richiamo, l'identico trattamento, sempre, ben inteso, nei limiti in cui ci� non contrasta con la tutela del pubblico interesse. 6. L'altra obiezione del Vitta si risolve nel pi� lato problema avente per oggetto la determinazione del momento a cui la stima deve aver riguardo. In dottrina il problema ha a?!uto varie soluzioni. Vi � chi ha ritenuto che il momento della stima coincide con quello della pubblicazione del piano particolareggiato, chi con quello della perizia, chi con quello dell'emanazione del decreto di espropriazione. Quest'ultima � la soluzione, che domina oggi senza contrasto in dottrina e in giurisprudenza (SABBATINI e BIAMONTI: Oomm., vol. I, pag. 622; ZANOBINI: Corso, vol. IV, pag. 303; OARUGNO: L'espropriazione per p. u., pag. 155; TURCIDARULO: L'espropriazicne per p. u., pag. 61, ecc. in � Giurisprudenza �; Cass. 7 maggio 1935, in �Foro It. �, 1935, I, 1324; Oass. 5 agosto 1935, in �Foro Amm. �, Il, 238 nonch� sentenze citate in cc Relaz. Avv. Stato l1, 1930-41, vol. I, 756; per la giurisprudenza meno recente 'Vedasi anche SABBATINI e BrAMONTI, op. cit., pag. 625). E mi 8embra quella esatta. Non nego che la concezione secondo cui occorre aver riguardo ad un momento anteriore al decreto (mai posteriore come vorrebbe il Vitta) ha un appoggio nella lettera e fu perci� autorevolmente sostenuta (MEuc01 : Ist., pag. 263; ROMANO : Principi, pa.g. 583), ma non pu� trascurarsi il principio basilare a tutti i rapporti di scambio, secondo cui le eventuali diminuzioni od aumenti di valore ricadono a danno o a vantaggio di colui al quale fu trasferita la propriet� (res perit emptori). L'espropriante non potrebbe, se il valore del bene fosse diminuito, invocare il dies solutionis per pagare una somma minore, cos� come l'espropriato non pu� ricftiedere una somma maggiore, se l' aumento si � verificato successivamente al giorno del trasferimento. Tanto i periti adunque, quanto l'autorit� giudi. ziaria devonp aver riguardo non al dies solutionis, come ritiene il Vitta, n� al dies Iiquidationis, come � stato sostenuto per il passato, ma soltanto ed unicamente al dies obligationis, che, come si � visto, � il giorno dell'emanazione del decreto con il quale coincide il trasferimento della propriet�. Periti ed autorit� giudiziaria esercitano nella esplicazione di questa loro attivit� una funzione di mero accertamento; essi cio� stabiliscono in base a criteri oggettivi qual'� il giusto prezzo dell'immobile nel momento in cui l'effetto traslativo si � verificato, che � come dire nel momento in cui l'obbligazione � sorta e si � perfezionata. Esattamente quindi la Cassazione ha potuto dire che �sovrasta alla fase giudiziaria un ,cr.iterio di rettifica e di integrazione, inteso ad eliminare, con effetto meramente dichiarativo, gli even'tuali errori come ab initio inesistenti n. Ne si pu� dubitare che correggere un errore sia esercitare una funzione di esclusivo accertamento, dichiarare cio�, con effetto retroattivo, una situazione quale essa � in realt�, e che l'errore ha, a torto e provvisoriamente, modificata. L'obiezione, comune al Vitta e al Tribunale superiore delle Acque, che l'indennit� deve reintegrare il bene perduto, con riferimento al momento della liquidazione, sarebbe esatta solo se l'indennit� avesse una funzione riparatoria per la quale bisogna aver riguardo al momento del risarcimento, ma noi abbiamo gi� dimostrato che l'indennit� ha la funzione di costituire il corrispettivo in denaro dello scambio con la cosa nel momento in cui lo scambio si verifica. L'anfibologia propria del termine indennit� pu� aver dato appoggio all'opinione qui criticata, ma chiarito l'errore e tenuto presente che il termine indennit� ha nel nostro linguaggio due diversi significati, uno denotante l'importo dovuto a risarcimento del. danno derivato da un illecito, l'altro l'indennizzo dovuto a corrispettivo di un sacrificio legittimamente imposto, l'erroneit� dell'argomento appare manifesta. Ci� posto la soluzione accolta dalla Corte Suprema appare, dal punto di ;vista legale, ineccepibile. Altra e diversa � ovviamente la questione se, in sede di riforma legislativa, non sia equo adottare, per una giustizia distributiva dei rischi, la soluzione proposta dal Vitta con la sua prof onda esperienza, addossando all'espropriante la svalutazione incidente sull'eventuale supplemento di in� dennit�. Quello che ,qui preme rilevare � che a tale soluzione non si pu� ora giungere, perch� dove la legge provvede, non � dato far ricorso all'equit� a soli fini correttivi. Devo qui chieder venia ad altri studiosi, fra i quali ricordo, senza aver la pretesa di essere completo, il Calusi, il Carugno, il Casetta, il Materi, il Mosco, il Pallottino, il Pece e il Sanclulli, di non aver potuto, stante i limitati fini di questa recensione, richiamare e prendere in diretto esame i loro scritti. Devo poi chiedere scusa anche al cortese lettore se non ho esaminato l'altro aspetto della que8tione strettamente connesso con quello in esame, quali, cio�~ siano le conseguenze quando liquidatio culpa vel dolo differatur. Anche qui 'llale la giustificazione dei limiti, che mi sono inizialmente proposti. Accenno soltanto, in proposito, alla soluzione del Polacco (Le obblig. n:'.I dir. riv. ital., pag. 524), secondo il quale cc l'indugio acquisterebbe sitbito, in tal caso, quel carattere di imputabilit� Qb,e lo qualifica mora in senso tecnico n, giacch� anche se contrastata, mi sembra questa l'esatta soluzione. A. REBORI RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA ACQUE PUBBLICHE -Acque sotterranee -Usi di 2. Prima di esaminare le massime fissate dalla pubblico generaie interesse -Estrazione artificiale. sentenza � utile esporre brevemente le condizioni fi (Corte di Cass., Sez. Unite, Sent. n. 217/52 -Soc. An. siche delle cinque sorgenti che sono state oggetto di Acque di Cas.alotto c. Ministero dei Lavori pubblici, Comune di Catania e Soc. Idroelettrica Meridionale contestazione che sono dav1Jero non comuni e costidi Catania.) tuiscono un caso esemplare per l'applicazione dello � inciso >> di cui si' � detto avanti. 1 . .Anche le acque estratte artificialmente dal Nel quinto elenco suppletivo delle acque pubbliche sottosuolo sono pubbliche ai sensi dell'art. 1 del per la Provincia di Catania approvato con regio deTesto Unico delle leggi sulle acque e sugli impianti rcreto 7 agosto 1936 vennero incluse le sorgenti Losano elettrici 11 dicembre 1933, n. 1775, quando ab-Oarcali, Tavolone, Consolazione, Madonna del Sanbiano od acquistino attitudine ad usi di pubblico gue alto e Madonna del Sangue basso. generale interesse. Le acque di dette sorgenti provengono dal massiccio L'inciso anche se artificialmente estratte dal sot-del monte Etna nel versante catanese e piu particotosuolo, sistemate e incrementate introdotto per la larmente verso Acireale. prima volta nel detto articolo del Testo Unico � Le pendici dell'Etna sul versante catanese verso pienamente conforme alla legge costituzionale. il mare, sono costituite attualmente da strati non regolarmente alternati di lava e di materiale �misto 2. Il momento in cui deve valutarsi la capae detrisco prevalentemente argilloso, parzialmente cit� dell'acqua sotterranea ad usi di pubblico getrasformato dalla lava sopra incombente. nerale interesse � quello nel quale l'acqua affiora Sorvoliamo sulla genesi di una tale situazione geoalla superficie. Oi� �importa che se anche l'acqua� fisica, ricordando soltanto che queste masse di maportata alla luce sia la risultante della raccolta o teriale" compresso non costituiscono una completa del convogliamento di pi�cole scaturigini sotterseparazione fra i vari strati di lava, ma sono a forma ranee, singolarmente inidonee ad assolvere finalit� di lenti sicch� vi pu� essere comunicazione tra i vari di ordine generale, � in relazione alla portata glostrati di lava. . bale che deve determinarsene la natura giuridica. I movimenti vulcanici cui detta massa � andata soggetta hanno provocato dislocazioni e rotture che 3. Il criterio stabilito dalla legge per riconoaccentitano la disformit� delle stratificazioni. scere la demanialit� delle acque sotterranee non In relazione alle piu recenti emersioni gli strati pu� essere derogato nemmeno quando siano ocsuperiori di tutta la massa sono quasi esclusivacorse per la estrazione opere di eccezionale immente formati di rocce laviche. Queste sia negli portanza. strati superiori che in quelli interni hanno tutte le caratteristiche delle roccie di natura eruttiva ed in 1. La sentenza cho annotiamo � di grande imporparticolare di quelle basaltiche. tanza per la esatta interpretazione ed applicazione Tali rocce sono per propria natura impermeabili dell'art. 1 del Testo Unico delle disposizioni sulle ma il raffreddamento provoca in esse una diffusa acque e sugli impianti elettrici 11 dicembre 1933, nufessu razione e tale fenomeno provoca la cosidetta mero 1775; perch� ha detto una parola che spe �permeabilit� in grande� facendo s� che pur senza riamo definitiva sull'inciso anche se artificialmente essf!re porose come le masse calcari, possono dar ~ estratte dal sottosuolo, sistemate e incrementate luogo ad una intensa circolazione idrica. inserito nella definizione delle acque pubbliche per Fatto il calcolo della pioggia ohe cade sul versante la prima volta nel Testo Unico suddetto. catanese dell'Etna, poich� quella che fluisce alla Speriamo� che l'insegnamento della Corte Suprema superficie � molto scarsa, deve ritenersi che il rimasia la parola definitiva perch� dopo quasi vent'anni nente coli nel sottosuolo attraverso la, fessu razione di applicazione della suddetta norma di legge vi era delle rocce. ancora qualche litigante tenace e qualche scrittore di Si verificano qui fenomeni analoghi a quelli che cose giuridiche affezionato ai vecchi concetti sulla si riscontrano nelle grandi pianure alluvionali pademanialit� delle acque, che ponevano il dilemma: dana e veneta, dove la presenza dei banchi discon o l'inciso introdotto nella definizione dell'acqua pubtinui argillosi nelle alluvioni prevalentemente inblica dal Testo Unico non ha per nulla modificoerenti e permeabili regola la distribuzione e la circato la caratteristica delle acque pubbliche che � colazione dell'acqua sotterranea. La differenza fra quella di sorgere o fiuire ex naturali causa, o l'inle due formazioni consiste pUt che altro nella penciso � incostituzionale, perch� ha modificato le leggi denza degli strati, ma il fenomeno si svolge �f rri7J�o�� vigenti al momento della compilazione del Testo analogo. Solo che sulle falde dell'Etna data la preUnico, senza che i compilatori avessero i poteri per valenza della fessu razione verticale la circolazione attuare tale modificazione, idrica � prevalentemente in sonso verticale. -69 Questo senso della circolazione� porta di conseguenza che l'emungimento delle acque del versante oatanese dell'Etna va fatto a mezzo di gallerie e non di pozzi. Cos� oper� la Societ� anonima Oasalotto soavando alcun.i chilometri di. galleria che adducon~ le acque del sottosuolo alle cinque sorgenti sopra indicate. . 3. La prima qtwstione sollevata dalla Sooiet� Acque di Oasalotto si pu� cos1. riassumere: ove all'inciso introdotto nella definizione delle acque pubbliche si vo~lia dare il significato che alle acque estratte artificial~ en_te .dal sottosuolo si debbano applicare gli stessi criteri che a quelle sorgenti e scorrenti naturalmente sulla superficie della terra l'inciso stesso � incostituzionale. ' La sentenza comincia con l'osservare: � � Ohe c?n. l'inciso in questione le acque sotterranee siano a~sir;iilate ;iel t;attamento giuridico alle acque superfici~li non e .seriamente contestabile, dopo l'interpretazione che. in tal senso ne ha dato nel non breve lasso di tempo trascorso, la prevalente dottrina e la costante giurisprudenza di questa Corte Suprema (senten.za 28 febbraio 1936, n. 686 14 luglio 1937 n. 2478; 23 giugno 1939, n. 2147). 'La conferma del resto, se ne ha nella disposizione dell'art. 103 dello stesso Testo Unico, il quale, a proposito della ricerca e scoperta di acque sotterranee e dell'accertamento della loro qualit� da parte del Genio Civile subor~ina l'iscrizione di esse nell'elenco delle acqu; pu~bliche alla contestata esistenza dei requisiti fiss~ t~ :1-?ll'art. l,. mostrando cos� di riconoscere la riferibilita a tutte le acque superficiali o sotterranee della definizione di demanialit� in questo contenuta �. Ci� premesso la sentenza passa ad esaminare il carattere meramente dichiarativo e chiarificatore dell'. inciso introdotto nella definizione dell'acqua publica osservando che l'aver la legge del 1919 fatto discendere la demania~it� dell'acqua dal solo criterio della possibilit� di utilizzarla per usi di pubblico generale. in_teresse, indica che questo criterio poteva adattarsi sia per le acque scorrenti in superficie sia per quelle estratte dal sottosuolo. . � Ma -prosegue la sentenza -pur se carattere innovativo debba riconoscersi all'inciso in esame esatto � da ritenersi il rilievo della sentenza denunciata che cos� a.mpio fosse il co;itenuto della delega al potere esecutivo, da non lasciare alcun dubbio sulla inclus~ one in questa della facolt� di integrare la definizione delle acque pubbliche data dal decreto del 1919 i~ modo. d~ eliminare le incertezze manifestatesi pe; l innan.zi circa la natura delle acque artificialmente estratte dal sottosuolo, sistemate e incrementate. �Infatti con l'art. 2 della legge 18 dicembre 1927 n. 2695, si conferiva facolt� al Governo di emanar; �disposizioni relativamente fra l'altro " alla derivazione ed utilizzazione delle �acque superficiali e sotterran~ e ,, e si aggiungeva che la delega come sopra conferita doveva essere esplicata con la formazionee di un unico testo, nel quale fosse tenuto conto delle norme legislativ"e gi� emanate '' nonch� dellB modifiche e~ inte~r~zi?ni occorrenti per il coordinato ed organico disciplinamento dell'intera materia,,. L'essersi congiuntamente menzionate le acque superficiali e sotterranee in riguardo alla disciplina da darsi alla loro derivazione ed utilizzazione e l'essersi espressamente consentito, per l'integrale regolamento della r:iateria, di modificare ed integrare le norme vigenti, -importava necessariamente unit� di concezione circa la natura giuridica di tutte le acque esistenti -Sia nella superficie sia nel sottosuolo, e, per conseguenza impossibilit� di distinzione tra esse in ordine alla de . manialit� �. 4. Le parole sorgenti fluenti e lacuali che si leggono nella definizione delle acque pubbliche contenuta nell'art. 1 del Testo Unico non indicano come � evidente, i requisiti delle acque pubbliche: Esse stanno a indicare lo stato fisico in cui appaiono le a?que su:lla superficie della terra. Le acque infatti ci al!paiono o nel momento che sorgono, o nel �momento che, trovato un alveo, fiuiscono o quando si allargano in specchi d'acque . I requisiti dell'acqua pubblica sono: la portata o da sola o insieme col bacino imbrifero o con relazione al sistema idrografico che siano tali da far ritenere l.'attitudine dell'acqua ad usi di pubblico generale interesse. Malgrado l'evidenza di questi concetti la difesa della Oasalotto aveva sostenuto (attribuendo alle tre condizioni fisiche sopra indicate la qualit� di requisiti della pubblicit�), che le acque che sono artificialmente estratte dal suolo, per essere pubbliche debbano, � prima che siano estratte, trovarsi nel 'sottosuolo quali sorgenti fiuenti o lacuali. La Suprema Corte ha rilevato acutamente come la legge stessa neghi questa concezione (che dal punto di vista irlrologico appare un assurdo). Essa ha rilevato: � << ...il fatto che nel predetto articolo si parli delle acque sotterranee con riferimento alla loro estrazione sta a dimostrare che per riconoscere la loro demania~ lit� deve aversi riguardo piu che allo stato in cui si trovano nel sottosuolo, alle caratteristiche con cui si presentano all'atto della utilizzazione, normalmente corrispondente all'atto rlell'affioramento, poich� � in tal atto che, cessando di essere segregate al di sotto della superficie terrestre e di essere quindi sottratte ad ogni possibilit� di sfruttamento, ne � consentita la valuta.zione della capacit�, in concreto o in potenza, di soddisfare a pubblici generali interessi. << Oi� importa che se anche l'acqua portata alla luce sia la risultante della raccolta e del convogliamento ~i. piccole scaturiggini sotterranee, singolarmente inidonee ad assolvere finalit� di ordine generale, � in relazione alla portata globale che deve determinarne la natura giuridica �. 5. Oon ci� la sentenza viene gi� a indicare l'esatto significato dell'art. 103 del Testo Unico in ordine al momento in cui questo prevede che si debba << accertare la quantit� d'acqua scoperta>>. Sosteneva la Societ� Oasalotto che la quantit� d'acqua scoperta dovesse misurarsi al momento in cui essa sprizzava dalla roccia nei condotti sotterranei. �Ma in qr.rel� momento l'acqua non affiorava ancora alla superficie �� terrestre sul piano d'impiego e la sentenza ha precisato che l'acqua scoperta � quella affiorata o fatta affiorare sul piano d'impiego, normalmente la superficie della terra. -70 E giustamente nota la sentenza che i criteri dettati dall'art. 103 per riconoscere il carattere demaniale dell'acqua fatta affiorare dal sottosuolo sono gli stessi di quelli dettati dalla legge per le acque superficiali . .. Ed infatti l'art. 103 richiama per tali criteri l'articolo 1. 6. Il richiamo che fa l'art. 103 all'art. 1 in ordine ai criteri indicativi della demanialit� dell'acqua importa che non solo sia richiamato il criterio della portata dell'acqua, ma anche quelli sussidiari del bacino imbrifero e del sistema idrologico. E anche questo concetto la sentenza ha precisato con esattezza. Essa riferendosi sempre all'art. 103 dice: � .. :cos� non esclude che l'attitudine stessa debba essere stabilita non in rapporto soltanto alla sua particolare portata, ma anche in relazione al bacino imbrifero ed al sistema idrografico, e quindi alla incidenza� che questi in proposito abbiano o possano avere �. Ohe poi nella specie si potessero le acque di Oasalotto riferire ad un sistema idrografico, non aveva rilevanza ai fini della decisione della demanialit� delle acque stesse, bastando il solo elemento della portata a farne ritenere l'attitudine a usi di pubblico generale interesse. Oomunque la esistenza di un sistema idrografico sotterraneo era sta~o ammesso in via di fatto dal Tribunale Superiore delle Acque, per cui la sentenza ha rilevato �che l'assunto della Societ� ricorrente � resistito dalla insindacabilit� del giudizio di fatto in proposito contenuto nella sentenza impugnata �. 7. L'ultimo argomento esposto dalla Oasalotto per sostenere la propriet� privata delle acque si pu� riassumere nell'affermazione che l'eccezionale lavoro occorso per portare in superficie quelle acque sott�rranee rende inapplicabile il normale criterio di legge p.er U riconoscimento della demanialit�: la attitudine ad usi di pubblico generale interesse non sarebbe dovuta all'acqua ma all'industria dell'uomo. Era evidente che questa tesi era un ritorno sotto altra forma alla superata teoria della demanialit� limitata solo alle acque sorgenti o fiuenti ex naturali causa. La Suprema Oorte ha respinto anche questoultimo tentativo della difesa della Oasalotto osservando: � Orbene � evidente che, una volta riconosciuta nelle acque in qiwstione, sia per la loro portata che pel sistema idrografico al quale esse appartengono l' elemento caratteristico della demanialit� e cio� l'attitudine ad usi di pubblico generale interesse, confermata per di piu dalla loro attuale destinazione a tali usi, non pu� che trovare piena applicazione la legge che ilige in materia, cui l'asserita particolarit� del caso non consente deroga )). E. G. ESECUZIONE FORZATA -Somme contenute nelle casse clell'Amministrazione ferroviaria -Impignorabilit�. (Corte di Cass., Sez. 3", Sent. n. 755-52 Presidente: Valenza -Estensore: Petrella -P. M.: Criscuoli -Ferrovie dello Stato c. Abramo).� Le somme contenute nelle casse delle stazioni ferroviarie non possono essere pignorate in esecuzione di sentenze di condanna pronunciate contro l'Amministrazione ,ferroviaria, Riportiamo testualmente la motivazione di questa perspicua sentenza, la quale ha fatto giustizia delle, purtroppo, numerose decisioni dei giudici di merito che, in aperta violazione del principio generale codificato nell'art. 4 della legge 20 marzo 1865, avevano ammesso la possi1filit� di misure eseoutfoe su somme contenute nelle casse della Amministrazione ferroviaria e, in genere, nelle casse dello Stato. Bench� la sentenza si apra con l'affermazione che non si possa ammettere �l'assoluta immunit�� dall'esecuzione delle somme che si trovino nelle casse dello Stato, tuttavia, come si evince facilmente il testo della decisione, la possibilit� di misure esecutive su queste somme � da considerarsi praticamente esclusa. Oom'� noto � questa la tesi costantemente difesa dall'Avvocatura dello Stato. (Si veda in questa �Rassegna�, 1950, p. 82, la critica alla sentenza del Tribunale di Messina, ora cassata). �Osserva il Supremo Oollegio che l'Amministrazione delle ferrovie, deducendo l'illegittimit� della azione esecutiva sul danaro trovato nella cassa della stazione di Mes.sina, censura con l'unico motivo del ricorso la sentenza impugnata sotto il profilo della violazione degli articoli 828 e 830 e.e. degli articoli 54 e 55 della legge sulla contabilit� generale dello Stato 18 novembre 1923, n. 2440, degli articoli 213 e 270 del regolamento approvato con regio decreto 23 maggio 1924, n. 827, e dell'art. 4 della legge 20 marzo 1865, all. E, sull'abolizione del contenzioso amministrativo. Il ricorso � fondato. Non � dato affermare n� l'asso luta libert� dell'esecuzione forzata sulle somme che si trovino nelle casse deW Amministrazione dello Stato e degli Enti autarchici minori, n� l'assoluta immunit� delle stesse dalla esecuzione; la limita zione legale � determinata dalla destinazione con creta, e non meramente astratta e potenziale, a un pubblico servizio. Oon la concreta destinazione vengono in confiitto gli interessi generali con quelli dei privati, e il con fiitto deve essere risolto con la prevalenza dei primi. La legittimit� della destinazione non pu� essere ostacolata o paralizzata da azioni esecutive, senza che la funzione giurisdizionale, contro il disposto dell'art. 4 della legge 20 marzo 1865, allegato E, si sovrapponga a quella amministrativa, turbandone il regolare svolgimento. Tale principio non disconobbe sostanzialmente il Tribunale, il quale ne fece per� nella specie errata applicazione nel ritenere che mancasse la specifica destinazione del danaro a un pubblico servizio. La destinazione concreta non � da intendere nel senso che debba essere analiticamente �prestabilita la spesa per cui una determinata somma rinvenuta nella cassa di una amministrazione pubblica sar� erogata. La destinazione di una entrata a un pubblico ser vizio si opera in virtu .della iscrizione di essa con. altre entrate nella parte attiva del bilancio, alla quale fa riscontro la parte passiva rappresentata dalle spese. Questo collegamento nel bilancio dell'attivo corvil passivo ha una portata non meramente contabile, ma anche giuridica, in quanto importa che le entrate previste devono essere destinate per i fini indicati sotto la figura contabile delle spese. ?7F7 vr nrcsmmr:::wc -71 La destinazione non si attua singolarmente per entrate, in modo che a determinate entrate debbano corrispondere determinate spese, ma si att1la indifferentemente per tutte le entrate, nel senso che queste, iscritte in bilancio, sono globalmente, nel loro insieme, destinate alle spese: onde il rilevato errore di esigere, ai fini della impignorabilit�, l' a'Ybalitica determinazione della erogazione alla quale un'entrata � destinata. Ora, poich� il danaro che si trovava nella cassa della stazione di Messina faceva parte, come le somme che si trovavano nelle casse delle altre stazioni e nelle casse compartimentali, delle entrate iscritte nel bilancio dell' Amninistrazione ferroviaria, la destinazione di esse a un servizio pubblico appare manifesta. Indubbiamente, come il Tribubale consider�, nel . servizio pubblico rientra anche il pagamento dei debiti che l'Amministrazione contrae nell'esplicazione del servizio, senonch� obbligare l'Amministrazione a volgere le entrate a una erogazione dfoersa da quelle a cui sono in bilancio destinate, importa una inammissibile sostituzione della potest� giurisdizionale alla funzione amministrativa. Non vale obiettare che nei bilanci vi � sernpre un fonda di riserva per spese impreviste, poich�, operandosi nel bilancio, come si � dianzi notato, globalmente la destinazione delle entrate alle spese, il fondo di riserva, per la deficienza delle entrate, pu� rima .nere assorbito dalle spese previste. N � del pari vale obiettare che nel bilancio di ogni amministrazione, compresa quella ferroviaria, vi � sempre lo stq,nziamento di una somma per pagamenti dovuti in seguito a sentenze: rientra pur sempre nella discrezionalit� dell'Amministrazione disporre nel tempo, secondo le contingenze, l'attuazione delle erogazioni previste, dando la precedenza ad alcune rispetto ad altre (salvo, nei riguardi dei comuni e delle provincie, il potere conferito alla giunta provinciale amministrativa dagli articoli 104 e 153 del Testo Unico della legge comunale e provinciale), stabilire la somma che si trova in un dato momento in una determinata cassa e che fa parte. delle entrate iscritte in bilancio debba essere devoluta all'una o all'altra erogazione, il che naturalmente non esclude l'eventuale responsabilit� della Amministrazione per il ritardo nell'adempimento delle sue obbligazioni. Poich� l'azione esecutiva non poteva nella specie essere esercitata sul danaro contenuto nella cassa della stazione ferroviaria di Messina, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio �. ESPROPRIAZIONE PER P. U. -Occupazione d'urgenza -Indennit� -Mancata offerta -Conseguenze Svalutazione monetaria. (Corte di Cass., Sez. II, Sent. n. 1039-52 -Min. Difesa-Aeronautica contro Giaia). Il debito dell'Amministrazione per il pagamento delle indennit� derivanti da occupazioni di urgenza� diventa debito di valuta solo quando l'Amministrazione occupante determini unilateralmente la indennit� che intende pagare. Se e finch� questa determinazione non vi sia stata il debito � di valore e su di esso incide la svalutazione monetaria. Riportiamo anzitutto testualmente quella parte della motivazione della sentenza che vuole giustificare le massime sopra trascritte. (( Presupposto inderogabile di legittimit� di tutto il procedimento e la corresponsione della giusta indennit�. Nella occupazione di urgenza basta per� che la Pubblica Amministrazione ai sensi dell'art. 72 della legge stabilisca provvisoriamente la indennit� da corrispondere col provvedimento, che autorizza la occupazione o con altro successivo. Ma almeno tale indicazione provvisoria da parte dell'ammontare della indennit� deve avere luogo, perch� l'interessato possa in condizione di accettarla e di disporne in relazione ai suoi bisogni. In mancanza, il procedimento verrebbe a perdere tl carattere di legittimit� per la carenza di uno dei presupposti, che lo condizionano, con la conseguenza che la Pubblica Amministrazione occupante dovrebbe rispondere non tanto della indennit� ma dei danni per atto illegittimo e non pi� per atto legittimo. Ma anche a prescindere da tale considerazione giuridica, � innegabile che nella ipotesi, in cui la Pubblica Amministrazione occupante non curi in alcun modo n� durante la occupazione n� succes~ivamente di indicare la indennit� che ritiene giusta essa non rende possibile lo scambio delle prestazioni corrispettive, non rende cio� attuabile la trasformazione del diritto di godimento del bene del cittadino nel corrispondente credito di valuta. E sino al momento della conversione, il cui avveramento dipende unicamente dalla Pubblica Amministrazione occupante, non pu� parlarsi di debito di valuta. Pertanto il principio della incidenza dei rischi relativi alla svalutazione monetaria non pu� essere applicato in danno del privato ma, se nel caso, fun ziona in danno della Pubblica Amministrazione che resta titolare del danaro correlativo con tutte le conseguenze economiche e giuridiche, che ne derivano. � da rilevare ancora che non prestandosi alla deter minazione della indennit� dovuta per la occupazione di urgenza e quindi allo scambio la Pubblica Ammi nistrazione col suo comportamento cagiona al pri vato, che non pu� interferire nella attivit� di essa, una situazione deteriore, in quanto non gli rende possibile la accettazione della indennit�. E tale considerazione ha la massima importanza ai fini della svalutazione moneta.ria, giacch� la dder minazione della indennit� con la susseguente possibi lit� di riscuoterla, darebbe al privato la possibilit� di evitare il danno economico derivante dal diminuito potere di acquisto della moneta col tempestivo inve stimento della valuta in beni reali �. Non ci sembra di prendere un abbaglio se affer miamo che questa sentenza rappresenta una nuova variazione nel tormentato tema della incidenza della svalutazione monetaria sull'ammontare delle inden nit� di espropriazione o di occupazione di urgenza. E la variazione � tanto pi� inaspettata in quanto oramai si poteva pensare che la giurisprudenza della Suprema Corte, se non qiwlla dei giudici di merito, si fosse consolidata su alcuni principi ben fermi: il principio, ad es., che l'unica distinzione da farsi, ai fini della incidenza della svalutazione monetaria, fosse tra debiti originariamente pecuniari e debiti che pecuniari diventano solo avverandosi -7UUllllllllJJ!lllAI~ -n- !I certe condizioni e certi presupposti posteriori all'atto o fatto dal quale sorgono. Era proprio in applicazione di questi principi ohe la Corte Suprema (e proprio la stessa seconda sezione) aveva affermato nella sentenza Bianchetti (n. 1432-51) che la indennit� per occupazione temporanea va determinata �in base alla utilit� economica ohe i beni sono capaci di arrecare al proprietario nel tempo della occupazione�; e che, al pari ohe per la espropriazione, anche per l'indennit� di occupazione temporanea si ha �fin dall'origine obbligazione pecuniaria vera e propria, cui � applicabile il principio nominalistico �. In detta sentenza non si faceva alcuna riserva in ordine alla ciroostanz� che la indennit� fosse stata o meno determinata fin dall'origine ad opera della Amministrazione. Ma, anche su questo punto, � la stessa Corte Suprema che con la sentenza 28 giugno 1951 (cc Mass. Foro lt. �, 1951, p. 420) afferma categoricamente e, ci sembra con ineccepibile logica giuridica che << alloroh� trattasi di obbligazione che si concreti sin dall'origine in un debito pecuniario, il fatto che l'ammontare di questo si debba accertare per poi procedere alla liquida~ione non pu� alterare la natura dell'obbligazione, trasformandola da debito di valuta in debito di valore )), Di fronte a questa giurisprudenza cos� univo�a, non riusciamo veramente a vedere come possa giitstifioarsi la sentenza in rassegna; d'altra parte basta leggerla per rendersi conto che la Corte ha voluto, pi� che altro, sanzionare un preteso comportamento colposo dell'Amministrazione, assumendo la svalutazione come risarcimento del danno cagionato da tale comportamento. Ma, se tale intenzione pu� essere in astratto commendevole, non possiamo esimerci dal rilevare come sia, quanto meno pericoloso scendere a simili valutazioni in sede di Cassazione, quando, cio�, le qitestioni sono ormai ben delimitate nella loro precisa portata giuridica e non consentono ulteriori incursioni nel campo del merito. GUERRA -Poteri dell'occupante -Ordinanza in materia di commercio. (Corte di Cass., Sez. 2a;, Sentenza 125/52 -Presid.: Ferranti -Estens.; D'ApoIito -P. M.: Toro -Raffinerie Olii Miner&li c. Societ� Sol. Sieri). � riconosciuta internazionalmente allo Stato occupante la potest� di emanare, nel territorio occupato, norme giuridiche vincolanti i cittadini di questo, e l'esercizio di tale potest�, se contenuto entro i limiti fissati dal diritto internazionale, deve essere considerato pienamente legittimo. Deve pertanto ritenersi la generica liceit� di un ordine dell'autorit� tedesca occupante il territorio italiano, avente per oggetto limiti della circolazione delle merci e disciplina dei commerci; n� potrebbe ritenersi contrario al diritto delle genti che le sanzioni, specie di indole pecuniaria, per l'inosservanza delle prescrizioni sui commerci fossero attribuite �lla competenza di organi amministrativi o ad uffici esecutivi dello Stato occupante, anzich� ad organi giurisdizionali. La questione dei limiti delle facolt� dell'occupante in tema di giurisdizione � indubbiamente complessa. Inutile � il ricorso all'art. 43 del Regolamento an nesso alla Co�nvenzione dell' Aja. Tale articolo con cede all'occupante di �prendere tutte le misure che dipendano da lui allo scopo di stabilire e assicurare, per quanto gli sia possibile, l'ordine pubblico e la vita pubblica, rispettando, tranne assoluta impossi bilit�, le leggi in vigore nel paese �; �ma � chiaro che questa arcaica norma non orienta per nulla nel mare magnum delle esigenze belliche dell'occupante, alle quali fanno riscontro poteri praticamente illimitati (ofr. sulla indeterminatezza dei limiti, Capotorti, in �Rass. di Dir. pubbl .. �, 1948, II, p. 21). Si � tentato, partendo dal concetto che la fonte giurisdizionale dell'occupante � complementare a quella normativa (Capotorti, in �Giur. Compl. Cass. Civ.J), 1946, 20 sem., tomo I, p.1.05 e segg.; particolar mente p. 110) di fissare il criterio che l� dove l'occu pante mantiene l'intelaiatura della legislazione pre esistente, debba parimenti mantenere in vigore la competenza giudiziaria dello Stato occupato. A con trariis, l� dove l'occupante � costretto ad emanare nuove norme dirette a disciplinare l'ordine pubblico e la vita pubblica, egli avrebbe contemporaneamente facolt� di giudicare, per garantire l'applicazione delle norme da esso stesso emanate. Tale criterio � accolto, fra gli altri, dal Curti Gialdino �Riv. Dir. proc. ciV.JJ, 1948, II, p. 249 e segg., particolarmente p. 24 7-248). Per il Miglia.zza, invece (I/occupazione bellica, p. 135), sarebbero genericamente lecite quelle modificazioni all'ordinamento giudiziario che rimangono nei limiti della necessit� di garantire il pacifico svolgimento della vita civile. Criterio lac tissimo, come ognuno vede, in base al quale l'attivit� giurisdizionale dell'occupante verrebbe posta sullo stesso piano di quella legislativa e amministrativa, sulla cui generica liceit� non sembrano sussistere dubbi (cfr. Cass., 3 ottobre 1951, <<Mass. Foro It.�, 1951, p.632). E, infatti, questa equiparazione � in altra parte esplicitamente ammessa dal M igliazza (op. cit. p. 117, nota 3). Diversi furono invece i criteri elaborati dalla-giu risprudenza. In occasione dell'esame della legalit� della istitu zione di una sezione speciale presso il Tribunale di Bolzano, destinata a trattare in lingua tedesca i pro cedimenti interessanti i nativi dell'Alto Adige, la Cassazione osserv� che �l� norme di diritto interna zionale non legittimano senz'altro ed incondizionata mente l'occupante ad istituire nel territorio dello Stato occupato propri organi di giustizia, n� a mo dificare l'organizzazione giudiziaria come preesi stente; concedono per� in linea eccezionale tale fa colt� solo quando ricorrono valide ragioni di neces 8it� bellica o di. opportunit� e di prestigio politico da valutarsi -secondo lo spirito del diritto delle genti JJ (Cass., 24agosto1949, �Foro Pad.�, 1950, I, p. 13 con nota; Giur. Compl. Cass. Civ., 1948, II, p. 796 eon richiami). Con altra sentenza 21 gennaio 1950 . (Mass. Foro It., 1950, 39) la Corte Suprema ribad� ohe � l'autorit� straniera (tedesca) non cadde in eccesso dei poteri conferitile dalle norme di� diritto internazionale )) con l'istituzione delle predette sezioni, --di cui conferm� la legalit�. Aggiunse, in appoggio a questa soluzione, che cc l'autorit� italiana, durante e dopo l'occupazione, non propose mai impugnative o semplici proteste contro l'istituzione ed il funzio -73 namento di tali sezioni�. Osservazione di discutibile fondamento, giacch� � evidente che il potere dell'occupante di emanare bandi, proclami e ordinanze aventi valore normativo va apprezzato unicamente in base al diritto internazionale; e su questo apprezzamento non pu� infiuire la passivit� dello Stato occupato, per il quale le norme dell'occupante rimangono un mero fatto (Cass., 24 febbraio 1950, Mass. Fvro It., 1950, p. 95). Ci� equivale a dire che anche per le pronunce giurisdizionali, l'inerzia dello �Stato occupato non ne determina autonaticamente e di per s� l'integrale ricezione; questa si verifica solo se ed in quanto siano rispettati i limiti stabiliti dal diritto internazionale, il cui superamento pu� essere legittimato solo da una legge dello Stato occupato, che ne riconosca l'incondizionata validit�. Il che, come � noto, avvenne ri � spetto alla sentenza dei Tribunali alleati (cfr. Cass., 27 aprile 1951, Giur. �Compl. Cass. Civ., 1951, I, p. 262; sui limiti d'l questo riconoscimento, Cass., Sez. Un. Pen., 14lttglio1951, Foro Pad., 1951, p. 949 e richiami). . Tirando le somme di tutte queste elaborazioni dottrinali e giurispruden.ziali, devesi riconoscere che il risultato non � molto confortante: in realt�, non (> possibile stabilire criteri esatti per determinare nel campo della giurisdizione -i limiti del potere dell'occupante. Senza dubbio, di fronte ad una assoluta impossibilit� di far funzionare la giustizia in una determinata zona di occupazione se non creando nuovi orga~ i, l'occupante ha il potere (anzi, meglio si direbbe il dovere) di provvedere con apposite norme (cfr., per una succinta casistica, la nota del De Nova, in <e Foro Pad., 1948, I, p, 663). Per contro, le ragioni di opportunit� e di prestigio ricordate dalla Cassazione appaiono meno convincenti, e sono, comunque, eccessivamente generiche anche se ricondotte sotto la spirituale egida del diritto delle genti. Concetto, codesto, di altissimo significato, ma scarsamente pratico. Neppure sembra esatto, almeno in una sua indi stinta applicazione, il principio che l'occupante possa sempre garantire l'applicazione di una nuova norma con nuovi giudici, o nuove sanzioni. Anche qui pre vale invece l'altro principio, che ogni modificazione dell'app'arato giurisdizionale deve esser contenuta nei piu ristretti limiti; ed � chiaro che, salvo casi ecce-. zionali, non v'� alcuna necessit� di sottrarre deter minate controversie, civili o penali, al giudice ordi nario preesistente. Tuttavia, da questi principi si � discostata la sen tenza oggi annotata: e la divergenza si rivela ancora piu� netta, se si tiene presente la fattispecie da essa decisa. Una societ� italiana si era /vista confiscare dalle autorit� di occupazione tedesche un certo quantitativo di merce soggetta a denuncia e da essa non denunciata. I tedeschi avevano poi consegnato la merce confiscata ad un'altra ditta �italiana, che la aveva venduta, previe regolari autorizzazioni. Terminata la guerra, la prima ditta rivendic� dalla seconda la merce, sostenendo l'esistenza di un indebito arricchimento in quanto illegittima sarebbe stata la confisca, operrtta dall'occupante su ordini del RUK (Rustung und K riegsproduktion ). Bastano questi cenni per comprendere come la sentenza non possa essere accettata neppure nella sua formulazione letterale e l� dove parla di �iranzioni pecuniarie n. La confisca pu� essere una sanzione civile o patrimoniale, ma non � esatto qualificarla � pecuniaria �. ]Jfa l'aspetto piu grave � l'ammissione del generico potere dell'occupante non solo di creare nuovi giudici, ma perfino di creare nuovi giudici amministrativi speciali, competenti per una sanzione come la confisca. Lo stesso art. 46 del Regolamento annesso alla Convenzione dell' Aja precisa, nel secondo comma, che � la propri�t� priv�e ne peut pas �tre confisqu�e �. � vero che questa impossibilit� � prevista rispetto ad atti bellici, e non alla confisca come sanzione per determinfLte violazioni: ma � altrettanto certo che il rispetto per la propriet� del � cittadino dello Stato occupato � fonda mentale nel diritto delle genti, n� pu� essere calpestato mediante semplici ordini o fatti amministrativi. Di ci� si rese ben conto la Corte Suprema nella sentenza annotata, giacch� nella motivazione precis� che, per stabilire la liceit� della confisca, cc occorreva accertare se nell'ordine o bando o altro atto� che �quell'obbligo di denuncia imponeva, fosse stabilita per i contravventori la sanzione della confisca, della merce, e l'applicazione di essa fosse riserl'ata non com'era nel nostro ordinamento giuridico, all'Autorit� giudiziaria, ma a organi ed uffici esecutivi dello Stato occupante. La legalit� di una sanzione non pu� ammettersi se non nel presupposto della esistenza di una norma che tale sanzione abbia disposto. Senza questo riferimento mancherebbe il criterio per distingitere, nell'apprensione di un bene del privato da parte dell'occupatore, la comminatoria per una trasgressione ad ordine imperante, da quel pillage che per le consuetudini internazionali e per espressa nonna della Convenzione dell'Aja � interdetto. Se la �norma manca, � e11idente che l'esistenza o l'inesistenza di responsabilit� per il terzo cui la merce pervenga, potr� essere. �esaminata da altri punti di vista, ma non sitlla base della legalit� dell'atto�. Tutto ci� � certamente esatto. Anche l'occupante ha, nella discrezionalit� delle sue determinazioni, alcuni elementari limiti f'.Yrmali. Perch� una sanzione sia tale giuridicamente, deve derivare da una fonte normativa, riconosciuta dal diritto internazionale. Ma ci� non basta a render accettabile la creazione di giudici speciali, quando la materia non presenti aspetti eccezionali ricollegabili all'anormalit� della situazione, tali da sottrarla neces8ariamente alla competenza dei giudfoi ordinari. Tanto meno accettabile � la devoluzione della sanzione allo stesso ur ficio esecutivo, specie quando la sanzione incide nella sfera della privata propriet� del cittadino, come si 1Jerifica per la confisca. ��A. C. ORIENTAMENTI GIURISPR.UDENZIALI DELLE CORTI DI MERITO � AGRICOLTURA -Agricoltori benemeriti -Decreto luogotenenziale 14 aprile 1945, n. 250 -Recupero dei contributi. (Tribun<tle di Perugia -Sent. 4 settembre 1951 -Presidente ed estensore: Melfi -Spinola Antonio ed altri c. Ministero Agricoltura, Finanze e Tesoro). Il decreto luogotenenziale 14 aprile 1945, n. 250, emesso in forza del potere legislativo conferito al Governo dal decreto legislativo luogotenenziale 25 giugno 1944, n. 151, � perfettamente costituzionale e non deve essere successivamente convertito in legge. . Il citato decreto luogotenenziale n. 250 del 1945 non crea un nuovo tributo a carico degli agricoltori cosiddetti b�nemeriti, ma solo dispone il ricupero a carico degli stessi dei contributi loro concessi con atto amministrativo dallo Stato durante il fascismo. Il contenuto del decreto luogotenenziale n. 250 sopra citato, � pertanto tale da poter formare oggetto di norme poste da una legge ordinaria quale � appunto il citato decreto legislativo. I/accertameJ).to della somma da recuperare � fatto direttamente dall'Amministrazione e la somma stessa � riscossa con la procedura ed i privilegi felle imposte dirette. Contro l'accertamento gli interassati hanno azione di impugnativa che deve fondarsi su vizi concreti e specifici dell'accertamento medesimo. Sentenza notevole per la rilevanza ed il numero delle questioni acutamente decise. Il Tribunale ha accolto la tesi sostenuta dalla Avvocatura. Riportiamo qui di seguito quella parte della motivazione nella quale si respingono le eccezioni d1: incostituzionalit� sostanziale mosse avverso il decreto luogotenenziale n. 250 del 1945. � Si vuole poi intravedere un indice dell'asserita incostituzionalit� del contenuto precettivo del decreto n. 250 del 1945 nella violazione di principU di ordine morale e giuridico, che debbono guidare l'attivit� di ogn'i soggetto ed in particolare quella dello Stato, il quale pi� dei singoli non pu� sottrarsi uni- l~teralmente ed anche per ci� arbitrariamente all'obbligo di mantenere la parola data ed osservare l'impegno assunto. Va subito rilevato che la violazione del comando etico in tanto va riconosciuta efficiente nel campo giuridico, solo in quanto vi sia una recezione nell'ordinamento del comando stesso, che cos� acquista un carattere che l'etica da sola non era capace a conferirgli. Quindi, l'infrazione di un obbligo non � � ipotizzabile nella sfera regolata dal diritto se non vi sia una prescrizione di questo, cui in tal guisa non venga ad ottemperarsi. Da parte dunque i riferimenti a canoni della morale; rimane ancora come espressione di una realt� attuale la considerazione che non omne quod licet honestum est. Il principio cui s'intende alludere e che trova la sua remota origine nella promessa del Pretore romano sui pacta conventa non ha anzitutto quel carattere di inderogabilit� che gli si vuol attribuire, poich� non � di per se solo il volere delle parti interessate, fattore idoneo a produrre il vincolo, ma questo sorge solo quando l'esame compiuto per le varie ipotesi, dia come risultato la convenienza di attribuire la rilevanza giuridica. Esame questo che si effettua in sede legislativa e viene condotto o per singole ipotesi specifiche o per categorie pi� vaste di casi. Ma, anche a prescindere da ci�, ed a prescindere dai vari esempi contenuti nella legge positiva in cui non ostante l'assunzione di un impegno, questo rimane �improduttivo di effetti; o perch� non sussista un requisito di forma, o perch� vi sia una norma contraria: come in materia di sponsali, l'ordinamento per la �sua natura originaria non subisce vincoli che� provengano dall'esterno e perci� stesso nel suo divenire non incontra ostacoli per precetti da esso stesso p�sti, che sono sempre suscettibili di caducarsi o di venire derogati. Quindi la legge farmale tale � quella che dispone il recupero dei contri ' . buti, non poteva incontrare la limitazione asserita e di conseguenza non violava il principio di ordine generale .indicato. Altra censura che si muove al legislatore del 1945 � quella con citi si denuncia la vigla __ zione del principio di irrevocabilit� della donazione che sarebbe il derivato dell'altro piu a'mpio che prJdica irrevocabilit� di ogni elargizione, tanto pU1, quando questa � avvenuta in aderenza al disposto di una legge -75 Un simile rilievo avrebbe avuto la sua ragione d' essere se la restituzione dei contributi trovasse il suo fondamento in un atto �amministrativo: di esso � possibile l'annullamento quando una rivalutazione della situazione in cui fu posto in essere, porta a concludere che inizialmente vi era un vizio particolare al tipo, ne � anche possibile la 'revoca quando l'oggetto valutazione � la situazione successiva alla emanazione. Per� in questa ipotesi vi � un limite costituito dall'intangibilit� del diritto acquisito dal soggetto estranea all'ente. Ma ogni riferimento a tali principi non ha senso nel caso in esame, dove si discute della validit� di un atto che, come si � detto, presenta tutti i requisiti della legge formale. Con esso venne tolto all'attribuzione patrimoniale della quale hanno goduto gli attori, quel fondamento di legittimit� che ad essa forniva la precedente legge del 31 e venne cos� a configurarsi un caso d'indebito oggettivo. � Si � individuata un'altra violazione nella retroattivit� della legge del 1945, che ha posto nel nulla -si dice -dei diritti quesiti. Il principio della irretroattivit� � per� un semplice principio programmatico, qualora lo si consideri da un punto di vista generale, acquista invece valore di norma costituzionale soltanto con la vigente O ostituzione (art. 5) limitatamente alla materia penale (cfr. sentenza Cassazione 12 dicembre 1950, n. 2714). Si � profilato quale un principio autonomo quello della tutela dei diritti quesiti, che si � voluto anche definire come pregiuridico: non ricorre per� questa pretesa autonomia in quanto la salvezza del diritto quesito � il rifiesso della irretroattivit� della norma, e non ha rilievo quel carattere pregiuridico, giacch�, come si � gi� avuto occasione di osservare, -un comando, che preesista all'ordinamento, � in s� stesso inconcepibile, perch� delle due l'una, o vi � una necessitas proveniente dall'esterno che ne imponga la recezione ed allora non � !1-parlarsi di ordinamento giuridico, connaturato ad un'organizzazione statuale, pflr cui si postulano come requisiti essenziali le caratteristiche dell'originariet� e dell' autosufficiznza, o questa nece8sitas non 11i �, ed allora il comando � tale solo perch� ad esse l'ordinamento imprime carattere cogente. � Occupano due degli ultimi posti nella lunga elencazione di violazioni che si addebitano al legislatore del 1945 le deduzioni con cui si � denunciata la contraddizione del decreto n. 250 con gli articoli 42 a 3 della Costituzione. A parte il rilievo che questa nel 1945 era ancora al di l� da venire e che in quel tempo vigeva una Costituzione fiessibile e non rigida come l'attuale, la dimostrazione della intrinseca erroneit� di tali deduzioni si ricava dalle osservazioni che seguono. Quanto al primo punto il principio di eguaglianza va rettamente inteso come volto a garantire la parit� tra tutti gli individui appartenenti alla collettivit�, parit� che non pu� subire alterazioni in dipendenza del ceto sociale, o del sesso, o della razza; viene con ci� riconosciuta la personalit� umana, come entit� base unica per la protezione e la partecipazione alla vita giuridica. <' Ma quale relazione possa correre tra tale principio e la materia in esame, non � dato comprendere, il che porta a concludere per l'inconf erenza del richiamo. �Quanto al secondo punto, la propriet� cui nella Costituzione si volle dare una disciplina, sotto certi aspetti semplicemente programmatica, � considerata nella sua configurazione tecnica del diritto reale; e questa � assolutamente estranea alla presente controversia, in cui si discute invece su un obbligo di restituzione di entit� patrimoniali, per la successiva invalidazione del titolo di acquisto. Si termina con l'asserire che non era assimilabile la trasformazione in una specie particolare di tributo del credito per il ricupero: anche se ci� fosse, si dovrebbe ripetere che non vi erano limiti del genere per l'organo cui spettava nel 1945 il compito di legiferare, ma occorre pur sempre aggiungere che nella sostanza mancano i presupposti del tributo, e che quella trasformazione non vi fu giacch� ad essa non equivale l'estensione alla materia dei contributi delle forme di esazione delle imposte"� PROCEDIMENTO CIVILE -Procedimenti di istruzione preventiva -Accertamento tecnico relativo a procedimento pendente avanti una giurisdizione speciale -Inammissibilit�. (Presidente Tribunale di Roma, Sez. I, 14 marzo 1952 -Navazza contro Mini~tero Finanze). L'accertamento preventivo, qual'� previsto dagli articoli. 696 e 697 c.p.c. in relazione agli articoli 694 e 695, ha lo scopo di acquisire elementi obiettivi di fatto da utilizzare in un futuro giudizio davanti la stessa autorit� giudiziaria adita per l'accertamento. Le controversie relative alla determinazione di valore di un immobile trasferito, ai fini dell'imposta di registro, sono devolute, ai sensi dell'art. 29 regio decreto-legge 7 agosto 1936, n. 1639, alla giurisdizione delle Commissioni distrettuali e provinciali, di cui al citato regio decreto-legge, salvo ricorso all'autorit� giudiziaria ordinaria per grave ed evidente errore di apprezzamento o per mancanza ed insufficienza di calcolo. Non potendo,. l'autorit� giudiziaria, in sede di giudizio, disporre accertamenti probatori circa la consistenza dell'immobile, devesi correlativamente escludere che il Presidente abbia la potest� di disporre, in via preventiva, l'accertamento della consistenza predetta. Il Navarra, assumendo di dover procedere ad ur genti lavori di riparazione dell'immobile acquistato, aveva chiesto, in pendenza del ricorso proposto alla Commissione distrettuale delle imposte l'accerta mento dello stato di consistenza dell'immobile. Il Presidente del Tribunale, con ordinanza ampiamente motivata, ha rigettato l'istanza, esattamente decidendo nel senso che i procedimenti d'istruzione preventiva, di cui agli articoli 692 e. seguenti c.p.c., siano ammissibili soltanto quando la controversia, in vista della quale sono richiesti, rientri .r.ieHa competenza dell' autor� giudiziaria ordinaria e quando _ la stessa, in sede di merito, abbia il potere di disporre i mezzi di prova richiesti in via preventiva. In difetto di ci� l'accertamento preventivo sarebbe inutile e, soprattutto, estraneo alla previsione legi_: slativa. RASSEGNA DI LEGISLAZIONE I PROVVEDIMENTI SONO ELENCATI SECONDO L'ORDINE DI PUBBLICAZIONE SULLA t GAZZETTA UFFICIALE, I. 1. Legge 1� marzo 1952, n. 113 (G. U., n. 65): Ratifica con modificazioni del Decreto legislativo 30 settembre 1947, n. 1174, concernente modi'.ficazioni alle disposizioni del T. U. 28 aprile 1938, n. 1156. Le modifiche al T. U. contenute nel Decreto legislativo 30 settembre 1947, n. 1174, riguardavano esclusivamente l'abrogazione dell'art. 227 relativo alla misura di ripartizione delle spese comuni (escluse quelle per il consumo dell'acqua, assicurazione dell'edificio, ascensore e termosifone), l'aumento della q1.i:ota per le spese di manutenzione dei fabbricati sociali (da pagarsi insieme alla quota mensile di ammortamento), nonch� la estensione della indennit� di carovita ai portieri dipendent.i da cooperative edilizie a contributo statale. Nessuna norma di questo Decreto legislativo n. 117 4 del 1947 riguardava, dunque, la materia delle prenotazioni ed assegnazioni degli alloggi cooperativi, materia che, al momento della emanazione del Decreto legislativo n. 1174, continuava ad essere regolata esclusiyamente dal T. U. 28 aprile 1938, n. 1165. La nuova legge mentre ha ratificato il Decreto legislativo n. 117 4 del 1947 modificando alcune delle norme di quest'ultimo, ha addirittura dettato un complesso di disposizioni completamente estranee alla materia regolata dal precedente Decreto legislat��o. Per questa parte, che costituisce la parte prevalente e pi� importante, la legge 1� marzo 1952 costituisce certamente uno ins novum che nulla ha a che vedere con la ratifica del Decreto legislativo del 1947: e si tratta di iu8 novum importantis>1imo nella particolare materia, specie nell'attuale periodo in cui dopo la concessione dei finanziamenti statali in base alle varie leggi che si sono succedute dal 1947 un poi, le cooperative sono entrate nella viva fase della realizzazione dei loro programmi costruttivi e si trovano, quindi, a dover procedere alle prenotazioni ed assegnazioni a favore dei soci che ne hanno diritto. A noi non compete, in questa sede, fare la esegesi particolareggiata delle nuove norme. Quel che ci preme rilevare � che esse importano un notevole mutamento della regolamentazione precedente sia per quanto attiene alla valutazione dei requisiti snbiettivi (articoli 10 e 12) per ottenere gli alloggi costruiti col contributo dello Stato, sia per quanto attiene alle condizioni ostative alle assegnazioni (propriet� di altro alloggio, precedente assegnazione di alloggio a contributo statale, iscrizione nei ruoli per determinati redditi), condizioni che vengo~o sensibilmente attenuate dall'art. 4 della nuova legge nei confronti di quanto disposto dall'art. 4 della precedente legge 2 luglio 1949, n. 40_8 (legge Tupini). In questa situazione, escluso, cosi come va certamente escluso, il carattere interpretativo della nuova legge, torna a ripetersi il problema (gi� sorto per la legge Tupini nei confronti delle leggi precedenti) se le nuove norme debbano applicarsi immediatamente ai rapporti non ancora compiuti od esauriti al momento della loro entrata in vigore, ovvero se le stesse debbano incontrare il limite del rispetto di situazioni giuridiche consolidate o di fatti compiuti: ed, in questa seconda ipotesi, quali siano, nella particolare materia, queste situazioni e questi fatti. Senza pretendere, in questa sede, di esaurire il problema ci baster� indicarne i termini. Parlare, nella particolare materia, di diritti quesiti sarebbe del tutto inesatto, (!.ato che, come venne affermato in una perspicua decisione delle Sezioni Unite della Cassazione (sent. 6 aprile 1946, n. 396, in �Foro It. >;, 1946, I, p. 439) in tutta. la fase precedente alla stipula del miduo individitale non sono in questione diritti subbiettivi, bensi solo interessi legittimi, Si tratta, peraltro, in questa materia in cui marcatamente intima � la compenetrazione dell'elemento pubblicistico con quello privatistico, di interessi di particolare consistente strettamente connessi, anzi facenti parte di un procedimento che porta all'acquisto del diritto di propriet� da parte del socio, attraverso varie fasi (prenotazione, assegnazione, consegna, stipula del mutuo individuale) che corrispondono a situazioni giuridiche che gradualmente si evolvono verso l'obiettivo finale. Con l'assegnaz�ione-consegna l'interesse del socio aspirante alloggio ottiene, in concreto, una realizzazione completa tutelata, sotto certi aspetti, persino neHe forme di tutela dei diritti soggettivi (tanto che si parla, inesattamente a nostro avviso, di uno ius ad rem nell'assegnatario). Ma anche la prenotazione (quando avvenga con formale delibera della Cooperat,iva, cos� come normalmente previsto dall'art. 96 del T. U.) conferisce al socio una posizione di particolare consistenza, tale, ad es., che pu� essere trasmessa agli eredi (art. 115 del T. U., modificato dall'art. 13 della nuova legge). .. In pratica, poi, succede che, effettuata la prel)ota-.zione (anche sulla pianta dell'edificio non ancora costruito), i singoli prenotatari eseguano gli adattamenti e lo modifiche individuali negli alloggi incontrando notevoli spese, ecc., ecc. Ora, tutto questo non pu� certamente essere stato ignorato dal legislatore, n� pu�, quindi, ignorarlo o trascurarlo l'interprete. -77 '-- Ne consegue che la legge 10 marzo 1952, n. 113, dovr� applicarsi, per la parte innovativa, con ogni cautela nei riguardi delle situazioni giuridiche ormai consolidate in base alle precedenti norme pi� rigorose circa i requisiti per la prenotazione ed assegnazione degli alloggi, evitando scompigli e contestazioni nella non sempre tranquilla e pacifica vit.a delle cooperative edilizie a contributo statale. 2. Legge 14 marzo 1952, n. 158 (G. U., n. 75): Riordinamento del Casellario giudiziale. Su questa legge avevamo gi� formulato delle osser. vazioni in sede di e~mme del relativo disegno, in questa Rassegna, 1951, p. 103. Dal testo ora pubblicato risulta che tutti i difetti da noi rilevati sono stati eliminati. 3. Legge 22 marzo 1952, n. 166 (G. U., n. 77): Istituzione di un Comitato esecutivo della Cassa per il Mezz~giorno e nuove norme per i P!'estit?'. esteri. Si veda in questa Ras8egna, 1951, p. 149. 4. Decreto del Presidente della Repubblica 15 febbraio 1952, n. 328 (G. U., n. 94-S.O.): Approvazione del regolamento per l'esecuzione del Codice della navigazion.~. II. SENATO DELLA REPUBBLICA Disegno di legge n. 2354 (iniziativa governativa): Modificazioni al Codice penale. Nell'attesa che sia condotta a termine l'elaborazione del nuovo Codice penale, sul progetto del quale hanno gi� espresso pareri �le Universit�, gli Organi forensi e la Magistratura -elaborazione particolarmente c?mplessa in regime democratico -per la terza volta, dopo la caduta del regime fascista, sono proposte, col disegno di legge j,p esame, modifiche al Codice penale vigente. Si � avuto, la prima volta, il decreto legislativo 14 settembre 1944, n. 288 e, successivamente la legge 11 settembre 1947, n. 1317: si propongono ora ulteriori modificazioni che investono, alcune, la tutela delle istituzioni repubblicane contro gl{ attentati (� da qualsiasi parte essi provengono '" dice la relazione al disegno); altre un'attenuazione del rigore di certi istituti, della parte generale e di quella speciale, del Codice vigente, secondo la tradizione giuridica ispirata ai principi liberali e democratici del Codice del 1889. Tredici sono gli articoli del progetto : in~eressa accennare, fra le norme che propugnano una maggior tutela penale della struttura politica della Nazione, all'art. 2, il quale prevede una nuova figura di reato, procedibile di ufficio, nel caso del pubblico vilipendio della persona di un membro del Parlamento o di un membro del Governo con riferimento alle sue funzioni : allo stato della legislazione tale fattispecie configura il delitto di diffamazione procedibile a querela, che � raramente presentata, ritenendosi il diffamato non offeso nella sua onorabilit� come individuo, a danno evidentemente del prestigio delle supreme istituzioni dello Stato. Ad una forma di diffamazione procedibile di ufficio si richiama l'art. 4 in cui � equiparata l'offesa ad un Corpo politico, amministrativo o giudiziario od a una pubblica autorit� costituita in collegio recata al cospetto di essi (prevista dall'art. 342 del Codice; nel progetto si considera ora anche il caso dell'offesa ad un Corpo o reparto militare o militarizzato o di una sua rappresei;itanza) a quella recata pubblicamente (questa innovazione � senza altro accettabile) o comunicando con pi� persone : con diminuzione di pena nella ultima ipotesi, che nella vigente legislazione ci sembra trovi congrua sanzione gi� nell'art. 595 u. c. del Codice,� in una figura di reato di cui la procedibilit� a querela appare pi� coerente alle modalit� di offesa del bene tutelato dalla norma. Fra le norme del progetto che tendono all'attenuazione del rigore di alcuni istituti del Codice vigente sono da segnalare: a) l'art. 10, che prevede una speciale diminuzione di pena nel caso della provocazione di particolare rilievo (in tal modo si ritorna a due forme di provocazione, con diversi effetti, gi� considerate nel Codice del 1889) ed un ampliamento delle nozioni dell'attenuante della minima importanza nella preparazione e nella esecuzione del reato (di cui all'art. 114 del Codice), facendosi riferimento nel progetto' ad �importanza secondaria�, anzich� a � minima importanza � ed aumentandosi la misura di riduzione della pena resa nel progetto obbligatoria; b) l'art. Il, che ripristina le lesioni preterintenzionali consistenti nel fatto di chi, con atti diretti a commettere il delitto di percosse, cagiona una�1esione personale (non � stata ripristinata invece la figura di lesioni pret.erintenzionali nella ipotesi in cui -gi� prevista dal legislatore del 1889 -con un fatto diretto a cagionare una lesione si producano conseguenze pi� gravi di quelle volute: e la giustificazione del parziale ritorno alla precedente disciplina dell'istituto � data dal Relatore al progetto, col richiamo ad una non ortodossa nozione della preterintenzione. Afferma invero il Relatore che �la preterintenzione, secondo il Codice, � ammissibile solo quando la conseguenza non voluta determinerebbe, se volute, il passaggio ad un titolo di reato diverso e non anche quando la conseguenza stessa, se voluta, importerebbe un semplice aggravamento del reato senza produrre mutamento del titolo �. Che�nel Codice vigente l'unico caso di delitto preterintenzionale sia quello di cui all'art. 584, nel quale si ha il passaggio ad un titolo di reato diverso, � indubbio, ma non si pu� da ci� trarre la illazione che ha preteso il relatore al progetto in parte de qua, in quanto la nozione del delitto preterintenzionale � contenuta nell'art. 43, in cui si parla di evento dannoso o pericoloso pi� grave di quello voluto dall'agente, e non di passaggio ad un titolo di reato diverso. La nozione del ritorno alla meno recente disciplina solo parziale pu� essere piuttosto un'altra : pu� consistere, cio�, nella difficolt� di accertare nel caso concreto quale � stato l'elemento psicologico originario del commesso reato di lesioni gravi o gravissime. Sembra, per�, che sia parimenti difficile l'accertamento suddetto anche nella fattispecie di lesioni rispetto alla pretesa originaria intenzione del reato di percosse onde, ammessa la preterintenzionalit� in questo caso, non la si dovrebbe escludere nell'altro, non ripristinato nel Progetto. per ragioni teoriche che non appaiono attendibili; e) l'art. 13 in:.. fine che, per eliminare l'inconveniente delle condanne sproporzionate alla scarsa rilevanza del fatto commesso nelle ipotesi di furto aggravato, distingue le circostanze secondo la loro maggiore o minore gravit� e fissa per le une un aumento di pena maggiore che per le altre. INDI e E s I s T E-MA TI e o DELLE CONSULTAZIONI LA FORMULAZIONE DEL QUESITO NON RIFLETTE IN ALCUN MODO LA SOLUZIONE OHE NE � STATA DATA AMMINISTRAZIONE PUBBLICA. -I) Se l'O.N.C., per l'acquisto di un fondo da destinare ai suoi fini istituzionali, possa prescindere dall'autorizzazione, prevista dalla legge 5 giugno 1950, n. 1037, relativa agli acquisti di immobili da parte delle persone giuridiche (n. 127). -II) Se la Gestione Raggruppamento Autocarri (G. R.A.) abbia la natura di Amministrazione statale (n. 128). -III) Se il Commissariato della Giovent� Italiana, essendo tuttora in liquidazione, possa stare in giudizio in persona del Commissario pro tempore, nonostante che il R.D.L. 2 agosto 1949, n. 704, disponesse che i compiti, gi� demandati alla G.I.L., venivano deferiti ai Ministeri della Difesa e della Pubblica Istruzione, secondo le rispettive competenze (n. 129). ANTICHIT� E BELLE ARTI. -Se su cose, temporaneamente importate in Italia e non pi� esportate nel prescritto termine quinquennale riconosciute di interesse artistico, lo Stato possa esercitare il diritto di acquisto previsto dall'art. 39 della legge 1� giugno 1939, n. 1089 (n. 20). APPALTO. -I) Se l'anticipata consegna dei lavori, prevista, nei casi di urgenza, dall'art. 337 della legge sui lavori pubblici e disposizioni correlative, esenti l'Amministrazione dall'osservanza dei termini di cui agli articoli 7 e 13 della legge stessa (n. 154). -II) Se l'appaltatore rimanga vincolato oltre detti termini, ove la mancata stipula del contratto dipenda da manchevolezze del progetto, per la cui esecuzione sia stata esperita la licitazione privata (n. 154). CINEMATOGRAFI. -Se il nuovo ordinamento della cinematografia, disposto con la legge 29 dicembre 1949, n_. 958, possa essere esteso al T�rritorio Libero di Trieste (almeno alla Zona A) (n. 7). COMPRAVENDITA. -Se in una compravendita possano porsi dei limiti alla disponibilit� della� propriet� da parte dell'acquirente, che non siano quelli stabiliti dall'art. 42 della Costituzione o da tassative disposizioni legislative (n. I). COMPROMESSI ED ARBITRI. -I) Se la potest� di nominare un arbitro per dirimere le controversie in materia di opere pubbliche tra impresa e amministrazione, gi� spettante al Governo Militare Alleato, a norma delle disposizioni contrattuali, competa, dopo la cessa zione del medesimo governo, all'Amministrazione italiana (n. 5). -II) Se, cessato il G. M. A., possa richiedersi la nomina dell'arbitro al Presidente del Tribunale competente, a norma dell'art. 810 c.p.c. (n. 5). -III) Se, . in seguito alla cessazione del G.M.A., al quale � subentrata l'Amministrazione italiana, una clausola compromissoria, che attribuiva al Governo Alleato medesimo, la potest� di nomina di un arbitro, sia stata sostituita dalla clausola prevista dal capitolato generale delle opere pubbliche (n. 5). COMUNI E PROVINCIE. -I) Se l'occupazione di suolo comunale, a suo tempo occupato dalle Forze alleate e successivamente consegnato all'Amministrazione delle Poste e Telecomunicazioni, possa considerarsi, nei confronti di quest'ultima, come abusiva (n. 31). II) Se la Amministrazione delle Poste. e Telecomunicazioni sia tenuta al pagamento della tassa di plateatico per occupazione di suolo comunale (n. 31). -III) Se all'Autorit� governativa competa il controllo sostitutivo sugli organi ordinari di amministrazione di un ente pubblico istituzionale locale (nella specie Ente finanziario per il miglioramento culturale ed economico della provincia di Trento (n. 32). -IV) Se l'indennit� di contingenza da corrispondere al personale delle Esattorie delle imposte dirette, debba essere calcolata, ai sensi dell'art. 5 della norma integrativa dell'accordo collettivo di lavoro 28 marzo 1946, in base alla popolazione del Comune che � sede dell'esattoria o in base alla popolazione della localit�, nella quale in concreto il dipendente esattoriale presti il suo effettivo servizio (n. 33). -V) Se il provvedimento di scioglimento di amministrazione comunale, ai sensi dell'art. 149 del T. U. del 1915,per gravi motivi di ordinepubblico, possa considerarsi qtto politico (n. 34). CONCESSIONI. -I) Se il disegno di legge regionale, concernente l'acceleramento della procedura per la concessione delle terre incolte, possa dar adito ad impugnativa per motivi di illegittimit� costituzionale (n. 29). II) Se possa limitarsi il sindacato giurisdizionale sui decreti prefettizi di concessione di terre� ai soli casi di vizi di illegittimit� e di eccesso di potere (n: 29). -=Se le controversie derivanti dalla liquidazione dei rapporti fra le parti, nel caso in cui la Commissionenon accolga la domanda e la Cooperativa sia stata gi� immessa in possesso per decreto prefettizio, possano essere sottratte alla competenza dell'Autorit� giudiziaria (n. 29). 79 CONTABILIT� GENERALE DELLO STATO. I) Se sia valida l'aggiudicazione ad un'impresa, quando essendo previsto tra le condizioni di ammissibilit� alla gara che la Direzione tecnica dell'Impresa stessa, sia tenuta da un ingegnere o da un architetto, regolarmente iscritto nell'Albo professionale, risulti, dopo l'aggiudicaz. ione, che il nominativ~ designato non era� iscritto regolarmente (n. 86). -II) Se la riscossione dei mandati per il pagamento dei debiti per forniture ai partigiani implichi accettazione della liquidazione dei de.biti stessi come fatta all'Amministrazione (n. 87). -III) Se la formula � pagamento a saldo per la fornitura, ecc. �, per la quale il creditore quietanza, equivalga all'altra � dichiaro di non aver pi� nulla a pretendere � (n. 87). CONTRIBUTI. -I) Se i contributi speciali sulla distribuzione dei prodotti pE;Jtroliferi, istituiti col regio decreto-legge 6 aprile 1944, n. 106, abbiano natura di tributi (n. 1). -II) Se sia opportuno sperimentare le azioni per conseguire i contributi sui quantitativi di prodotti petroliferi, assegnati e non usufruiti, quando il sistema di assegnazione sia aV"Venuto mediante carte carburante o buoni di prelevamento, rilasciati dalle autorit� competenti (n. 1). -III) Se sia opportuno sperimentare le dette azioni, quando si sia proceduto all'assegnazione a seguito di specifica richiesta delle ditte interessate (n. 1). DEMANIO. -I) Se i ghiacciai facciano parte del Demanio pubblico dello Stato (n. 80). -II) Se i terreni, che costituiscono le pareti del ghiacciaio, siano da considerarsi demaniali (n. 80). ESECUZIONE FISCALE. -Se sia ammissibile la possibilit� di atti esecutivi sui beni della Gestione Raggruppamento Autocarri (G.R.A.) (n. 23). ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT�. I) Se il diritto di retrocessione dei beni espropriati, di cui agli articoli 60 e 63 della legge sull'espropriazione per causa di pubblica utilit� sia prescrittibile (n. 71). II) Se sia possibile la retrocessione dei beni non utilizzati, ove, in corso del pro�edimento di esproprio, sia intervenuta l'alienazione consensuale del bene (n. 71). -III) Se, in mancanza di termine espresso o prorogato per l'esecuzione dell'opera, il lungo decorso del tempo, che renda incompatibile l'esecuzione delle medesime, possa legittimare la richiesta di retrocession~ dei beni (n. 71). FERROVIE. -I) Se gli agenti delle Ferrovie dello Stato, danneggiati politici, ai quali � stata conferita a titolo di revisione carriera la promozione a fuochista con decorrenza 1� gennaio 1924, ai sensi dell'art. 8 del decreto legislativo 12 dicembre 1947, n. 1488, possano essere ammessi a sostenere, sempre al suddetto titolo, gli esami per macchinista in conto della sessione indetta con il decreto ministeriale 27 febbraio 1934, n. 2310, cui non potevano partecipare a suo tempo per difetto di nomina a fuochista (n. 146). -II) Se, in caso di cessazione di concessioni di ferrovie all'industria pri;vata prima della scadenza, lo Stato possa vantare un diritto di propriet� sui materiali acquistati col suo contributo o soltanto un diritto di credito al rimborso del contributo per la quota corrispondente alla residua durata della concessione stessa (n. 147). -III) Se il diritto di credito dello Stato debba essere ragguagliato ad una quota parte del valore attuale dei materiali, corrispondenti alla detta residua percentuale di cpntributo (n.147). IV) Se possa pretendersi risarcimento di danni dalla Amministrazione delle Ferrovie dello Stato, p�r non aver questa messo a disposizione del richiedente il materiale ferroviario occorrente alla ripresa di un film nell'ora richiesta, ove l'Amministrazione medesima.non abbia assunto alcun impegno formale in tal senso (n. 148). IMPIEGO PRIVATO. -I) Se l'indennit� di contingenza da corrispondere al personale delle Esattorie delle imposte dirette, debba essere calcolata, ai sensi dell'art. 5 delle norme integrative dell'accordo collettivo di lavoro 28 marzo 1946, in base alla popolazione del Comune che � sede della esattoria o in base alla popolazione della localit�, nella quale in concreto il dipendente esattoriale presti il suo effettivo servizio (n. 22). II) Se la legge sull'impiego privato (art. 6, 3� comma) riferisca la conservazione del posto in caso di malattia dell'intero rapporto o soltanto a un periodo ristretto di servizio, come per le ferie (n. 23). IMPIEGO PUBBLICO. -I) Se il nuovo procedimento disciplinare, che si effettua dopo l'annullamento, in sede di ricorso gerarchico del prece�ente procedi~ mento, abbia carattere di giudizio di rinvio (n. 292). II) Se nel nuovo procedimento l'interessato possa proporre istanza di ricusazione, ai sensi delle disposizioni � dell'art. 61 (Io comma) e dell'art. 64 (n. 3) del c. p. p., richiamate dall'art. 11 del regio decreto 13 settembre 1940, n. 1469 (n. 292). -III) Se gli agenti delle Ferrovie dello Stato, danneggiati politici, ai quali � stata conferita a titolo di revisione carriere la promozione a fuochista con decorrenza lo gennaio 1924, ai sensi dell'art. 8 del decreto legislativo 12 dicembre 1947, n. 1488, possano essere ammessi a sostenere, sempre al suddetto titolo, gli esami per macchinista in conto della sessione indetta con il decreto ministeriale 27 febbraio 1934, n. 2310, cui non potevano partecipare a suo tempo per dif�tto di nomina a fuochista (n. 293). -IV) Se una trasgressione disciplinare commessa quando erano in vigore determinate norme possa essere punita a norma di altre disposizioni frattanto intervenute (n. 294). V) Se l'art. 15 del decreto legislativo 3 settembre 1946, n. 143, a norma del quale � consentito, agli effetti della riliquidazione della pensione, il cumulo del servizio prestato dall'impiegato prima dell'allontanamento per motivi razziali o politici con quello reso o computato valido posteriormente, sia applicabile soltanto agli impiegati che non abbiano potuto godere del beneficio di siffatto cumulo, ai sensi dell'art. 10 del decreto luogotenenziale 19 ottobre 1944, n. 301, perch� non pi� in possesso del requisito dell'et� o perch� colpiti da inabilit� sopravvenuta (n. 295). -VI) Se, in linea di principio, le dimissioni di ufficio siano applicabili agli impie� gati non di ruolo (n. 296). -VII) Se un direttore distrettuale dell'UNRRA-Casas possa adottare prOVY.edirrienti in ordine alla risoluzione del rapporto di impiego dei. dipendenti dell'Amministrazione (n. 296). -VIII) Se l'indennit� di funzione e l'assegno perequativo, istituiti con la legge 11 aprile 1950, n. 130 (recante norme per l'aumento degli stipendi, paghe o retribuzioni dei dipendenti statali), siano da considerarsi quali� retribuzioni ;: -80 equivalenti " allo stipendio, ai sensi dell'art. 2 del decreto presidenziale 5 gennaio 1950, n. 180 e siano, pertanto, pignorabili e sequestrabili (n. 297). -IX) Se possa revocarsi il provvedimento di nomina di un sot� tufficfale. del C.E.M.M., essendo emerso, in sede di revisione, che egli aveva prestato servizio (non operativo) nella Marina della v.s.i. dal settembre 1943 alla data della liberazione (n. 298). IMPOSTA SULL'ENTRATA. -Se un'impresa possa ottenere il rimborso delle somme pagate per i.g.e. e per imposta di registro, dato che nell'atto di cottimo con l'Amministrazione � stabilita la relativa esenzione, ove detta esenzione non trovi riscontro in norme legislative, che l'autorizzino (n. 29). IMPOSTE E TASSE. -I) Se l'Amministrazione delle Poste e Telecomunicazioni sia tenuta al pagamento della tassa di plateatico per occupazione di suolo comunale (n. 171 ). -II) Se, a norma del decreto n. 107 del 26 febbraio 1948, concernente la riduzione della addizionale sull'imposta di fabbricazione, debba la riduzione applicarsi, nei casi in cui il debito di imposta non sia ancora completamente estinto, solo per il quantitativo di merce non ancora coperto nei pagamenti gi� eseguiti sotto il precedente regime d'imposta pi� elevato (n. 172). -III) Se, nei casi in cui il debito di imposta non sia ancora completamente estinto, debba la riduzione ulteriore dell'imposta medesima, disposta. dal successivo decreto n. 1419 del 1948, applicarsi a tutto l'imponibile accertato sotto il regime d'imposta pi� elevato (n. 172). INFORTUNI SUL LAVORO. -Se esista l'obbligo dell'assicurazione infortuni del personale domestico, ~ipendente dall'Amministrazione militare (n. 28). INVALIDI DI GUERRA. -Se l'Opera Nazionale per gli Invalidi di guerra possa assistere gli invalidi nel periodo intercorrente tra la data di emanazione del decreto ministeriale che riconosce il diritto alla pensione di guerra e la data, spesso anteriore, dalla quale decorre la pensione stessa, o nella quale sia riportata la lesione o l'infermit� (n. 1). IPOTECHE. -Se le societ� assicuratrici, che garantiscono la copertura della ca~zione di esercizio con immobili, debbano dimostrare, oltre che la libert� dei fondi offerti in garenzia delle ipoteche, anche la rinunzia o l'estinzione di privilegi fiscali sul loro patrimonio, come quello previsto dal T. U. 9 maggio 1950, n. 203, sull'applicazione dell'imposta straordinaria sul patrimonio (n. 7). LOCAZIONI. -I) Se, in caso di mancata inserzione nei contratti stipulati tra il titolare di ricevitorie postali .e il proprietario dell'immobile locato della clausola prevista dall'art. 52 del Regolamento 1937, n. 2161, relativa al diritto di subentro in luogo del gestore da parte dell'Amministrazione, possa tale pretesa farsi egualmente valere (n. 64). -II) Se l'obbligazione del conduttore di pagare il nuovo canone, determinato a norma della legge 23 maggio 1950, n. 253, sorga solo al momento in cui il locatore gli porta a conoscenza di .volersi avvalere. della disposizione di legge (n. 64). MINIERE. ~ Se il disegno.di legge regionaie, <1oncernente la nomina di oomrnis1;1ari straordinari per il riassetto delle aziende minerarie della Regione, possa dar adito ad impugnativa per motivi di ,illegittimit� costituzionale (n. 5) .. NAVI. -I) Se la olausola dell'art. 12 del contratto di trasporto marittimo del sale, stipulato con la Societ� Lloyd Mediterraneo, debba intendersi nE;Jl senso che la promessa dell'Am;ministrazione di, effE;Jttuare, quando le sia possibile .e nella misura consentita di;tlle contin, genze, la discarica o il carico contemporaneo dei natanti sia una facolt� non..controllabile dalla controparte e, quindi, non ..costituisca un vero obbligo contrattuale con le relative consegue:p.ze per il mancato adempimento (n. 51). -II) Se L'Amministrazione abbia diritto al ~ompenso per despatch-money, qualora, per effetto del mancato :computo tra le stallie dei quantitativi di sale esistenti a bordo ~ mome'nt~ dell'inizio del turno di carico (o discarico), si riesca a caricare (o discaricare) in un termine inferl.9re �a quello assegnato per le stallie (n. 51). OPERE PUBBLICHE. -;--I). S,e le opere da eseguire a norma della legge 20 ,marzo. 19-;il, n. 366, sulla disciplina del}a raccolta,. trasporto e smaltimento dei. rifiuti urbani, debbano essere approv~~e dalla speciale Com~ missione prevista dalla legge stessa, atteso che la Commissione medesima non � attualmente costituita (n. 21). -II) Se la anticipata c�nsegna dei lavori, prevista, nei casi di urgenza;, dall'art. '337 della legge sui lavori pubblici e disposizioni correlative, esenti l'Amministrazione dall'osservanza dei ter~ini 'di cui agli articoli 7 e 13 della legge stessa (n. 22). -III) Se l'appaltatore rimanga vincolato oltre detti termini, ove la mancata stipula del contratto dipenda da manchevolezze del progetto, per la cui ;esecuzion~ sia stata esperita la licitazione privata (n. 22). -IV) Se, per la validit� della cessione di un contratto di opere pubbliche, sia necessario che la cessione medesima venga fatta nello stesso atto col quale si stipul'a il contr!!-tto definitivo (art. 334 legge 20 marzo 1865, n. 2248) (n. 23). -V) Se l'incameramento della cau:i'ione provvisoria sia dipendente dal danno che sia potuto derivare all'Amministrazione dalla mancata stipulazione del contratto definitivo '(n. 23)�. -VI)' Se la pote13t� di nominare un arbitro per dirimere le controversie tra ~mpres� e Amministrazione, gi� spettante' al Governo Militare Alleato a norma delle disposizioni contrattuali, competa, dopo la cessazione del medesimo governo all'Amministrazione italiana (n. 24). -VII) Se, cessato il G.M.A. 'possa richiedersi la nomina dell'arbitro al Presidente del Tribunale competente, a norma dell'art. 810 c;p.c.. (n. 24). -VIII) Se, in seguito alla cessazione del G.M.A., al quale � subentrata l'Amministrazione italiana, una clausola compromissoria, che attribuiva al Governo alleato medesimo la potest� di nomina di un arbitro, sia stata costituita dalla clausola prevista dal Capitolato generale delle opere pubbliche (n. 24). -IX) Se gli interessi per ritardo di pagamento alle imprese dEtl;>b.ano essere liquidati in ogni caso nella misura del terzo legale. previ�lto dall'art. 40 de} C.G.A. {n. 25). -X) Se sia risarcibile il danno dovuto a sospensione dei lavori per fatto dell'Amministrazione (n. 25). --,--XI) Se sia dovuto un compenso a,ll'Impresa per maggiori oneri derivati dallo spo13tamento della sede di un'opera disposto dall'Ammi -81 nistrazione per aver dovuto effettuare scavi su terreno di diversa natura (n. 26). -XII) Se un'impresa possa ottenere il rimborso di maggior i.g.e. che incida sui mandati per l'addizionale applicata, considerato che, ove i lavori fossero stati consegnati tempestivamente, i mandati sarebbero stati riscossi prima dell'intervento dell'addizionale (n. 27). -XIII) Se debbano essere corrisposti interessi per il ritardo nel collaudo, ove il collaudo sia stato effettuato oltre il limite stabilito nel Capitolato (n. 28). PRESCRIZIONE. -I) Se il diritto di retrocessione dei beni espropriati, di cui agli articoli 60 e 63 della legge sull'espropriazione per causa di pubblica utilit� sia prescrittibile (n. 9). -II) Se la pres,crizione degli assegni a carico dello Stato, non percepiti dal titolare defunto, decorra contro gli eredi minori nel termine di due o di cinque anni (n. 10). PROFITTI DI REGIME. -Se la facolt� concessa all'Intendenza di Finanza, ai sensi dell'art. 43 del decreto legislativo 26 marzo 1946, n. 134, di disporre che il pagamento dei profitti di regime venga eseguito mediante versamento diretto in Tesoreria, possa essere esercitata dopo che sia stato iscritto a ruolo tutto o parte del debito di avocazione (n. 63). REGIONI. -I) Se la legge regionale siciliana 5 dicembre 1950, n. 29, concernente agevolazioni fiscali alle imprese armatoriali violi i limiti posti alla competenza legislativa regionale in materia tributaria dagli articoli 4 e 36 dello Statuto (n. 25). -II) Se il disegno di legge regionale, concernente la nomina di commissari straordinari per il riassetto delle aziende minerarie della Regione, possa dar adito ad impugnativa per motivi di illegittimit� costituzionale (n. 26). -III) Se il disegno di legge regionale concernente �Aiuti all'industria vinicola siciliana � possa dar adito ad impugnativa per motivi di incostituzionalit� (n. 27). -IV) Se il disegno di legge regionale, concernente l'acceleramento della procedura per la concessione delle terre incolte, possa dar adito ad impugnativa per motivi di illegittimit� costituzionale (n. 28). RESPONSABILIT� CIVILE. -I) Se il Commissariato della Giovent� Italiana, possa stare in giudizio in persona del Commissario pro tempore, nonostante che il R.D.L. 2 agosto 1949, n. 704, disponesse che i compiti, gi� demandati alla G.I.L., venivano deferiti ai Ministeri della Difesa e della Pubblica Istruzione, secondo le rispettive competenze (n. 124). -II) Se l'assoluzione dell'imputato, per perdita della cap�cit� d'intendere e di volere al momento del fatto, osti allo esercizio dell'azione in sede civile da parte dei danneggiati (n. 125). -III) Se, a norma dell'art. 2047 c. c., l'Amministrazione possa essere condannata al risarci mento dei danni, dipendenti dal fatto commesso dallo agente in stato di incapacit� di intendere e di volere (n. 125). -IV) Se debba senz'altro escludersi la responsabilit� del conducente un automezzo militare, ove l'investimento sia avvenuto in seguito allo sbandamento dell'autoveicolo, provocato dalla rottura� di �un pneumatico (n. 126). SOCIET�. -Se la sottoscrizione condizionata del negozio di opzione di azioni sociali sia illegittima e invalidi, quindi, il negozio stesso oppure si abbia semplicemente per non apposta (n. 41). TITOLI DI CREDITO. -Se sia illegittima e invalidi il negozio di opzione la sottoscrizione condizionata di azioni sociali (n. 4). TRASPORTO. -I) Se la clausola dell'art. 12 del contratto di trasporto marittimo del sale, stipulato con la Societ� Lloyd Mediterraneo, debba intendersi nel senso che la promessa dell'Amministrazione di effettuare, quando le sia possibile e nella misura consentita dalle contingenze, la discarica o il carico contemporaneo dei natanti sia una facolt� non controllabile dalla controparte e, quindi, non costituisca un vero obbligo contrattuale con le relative conseguenze per il mancato adempimento (n. 22). -II) Se l'Amministrazione abbia diritto al compenso per despatch-money qualora per effetto del mancato computo tra le stallie dei quantitativi di sale esistenti a bordo al momento dell'inizio del turno di carico (o discarico), si riesca a caricare (o discaricare) in un termine inferiore a quello assegnato per le stallie (n. 22). TRATTATO DI PACE. -I) Se, a norma del Memorandum di Washington sulla sorte dei beni nemici, possa procedersi alla vendita di un bene che al momento di entrata in vigore del memorandum stesso, apparteneva ad un tedesco residente in Italia e che, dopo tale data, per trasferimento mortis causa, sia passato in propriet� di tedeschi residenti in Germania (n. 43). II) Se il residuo della liquidazione dei beni fascisti nel Territorio Libero di Trieste debba essere devoluto alla Amministrazione del Territorio medesimo, a norma dell'Annesso X al Trattato di pace (n. 44). -III) Se il termine �partecipazione indiretta� di cui all'art. 78 del Trattato di pace, debba intendersi nel senso che quando sussista un qualsivoglia interesse economico finanziario di un cittadino delle N. U. al capitale di una societ� italiana, questi ha diritto di essere indennizzato nella misura della sua quota di interessi dei danni di guerra sofferti dalla societ� medesima (n. 45). -IV) Se il nuovo ordinamento della cinematografia, disposto con la legge 29 dicembre 1949, n. 958, possa essere esteso al Territorio Libero di Trieste (almeno alla Zona A) (n. 46). w~~Jffiirumummmma > �