ANNO V -N. 5 
MAGGIO 1952 

RASSEGNA MENSILE 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


PUBBLICAZIONE DI SERVIZIO 

SOMMARIO 


I. ARTICOLI ORIGINALI 
In tema di profitti di regime (G. CALENDA), pag. 57-59. 
II. 
NOTE DI DOTTRINA 
1) M. G. FERINI: La responsabilit� precontrattuale dell'Amministrazione 
durante le operazioni d,z asta pubblica, recensione critica di R. BRONZll!
U, pag. 60-64. 
2) 
CINO VITTA: Gli effetti della svalutazione :monetaria negli atti della 
Pubblica Amministrazione, recensione critica di A. REBORI, pag. 64-67. 

III. 
RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA 
1) Acque pubbliche -Acque sotterranee -Usi di pubblico generale 
interesse -Estrazione artificiale (Corte di Cassazione), pag. 68-70. 
2) Esecuzione forzata-Somma contenuta nelle casse dell'Amministrazione 
ferroviaria -Impignorabilit� (Corte di Cassazione), pag. 70-71. 
3) Espropriazione per pubblica utili~� -Occupazione d'urgenza -Indennit� 
-Mancate offerte -Conseguenze -Svalutazione monetaria (Corte 
di Cassazione), pag. 71-72. 
4) 
Guerra -Poteri dell'occupante -Ordinanza in materia di commercio 
(Corte di Cassazione), pag. 72-73. 

IV. 
ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI DELLE CORTI DI 
MERITO 
1) 
Agricoltura -Agricoltori benemeriti -Decreto luogotenenziale 14 aprile 
1945, n. 250 -Recupero dei contributi (Tribunale di Perugia), pag. 74-75. 

2) 
Procedimento civile -Procedimenti di istruzione preventiva -Accertamento 
tecnico relativo a procedimento pendente avanti una giurisdizione 
speciale -Inanunissibilit� (Presidente Tribunale di Roma) pag. 75. 

V. 
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE, pag. 76-77. 
VI. INDICE SISTEMATICO DELLE CONSULTAZIONI, pag. 78-81. 

ANNO V .... N. 5 MAGGIO 1952 

RASSEGNA MENSILE 


DELL'AVVOCATURA DELLO �STATO 


PUBBLICAZIONE DI SEBVIZIO 


IN TEMA DI PROFITTI DI REGIME 


(RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA) 

In tema di profitti di regime si � avuto un numero 
abb�stanza considerevole di controversie, alcune 
gi� definite e altre ancora pendenti, tutte, poich� 
trattasi di materia nella quale � esclusa la normale 
giurisdizione ordinaria (art. 21 del decreto luogotenenziale 
26 marzo 1946, n. 134), unicamente in 
sede di ricorso per cassazione proposto in base 
all'art. 111 della Costituzione avverso decisioni 
della Commissione centrale. 

A proposito di tali ricorsi, pur riferendosi essi a 
decisioni della Commissione centrale, non conveniva 
rimettere in campo la nota questione del 
carattere giurisdizionale o meno delle Commissioni 
amministrative tributarie, la quale, risolta negativamente, 
avrebbe portato all'inammissibilit� dei 
ricorsi stessi. In altro caso, sul quale ci riserviamo 
di ritornare, e in cui la Commissione centrale aveva 
pronunziato in tema di profitti di guerra, la questione 
� stata sollevata dall'Avvocatura con esito 
sfavorevole. Ma in tema di profitti di regime la 
tesi del carattere amministrativo delle decisioni 
delle Commissioni non si sarebbe neanche potuta 
tentare, trattandosi di materia esclusivamente 
devoluta alle Commissioni stesse, e per la quale 
viene quindi a mancare il principale motivo cui 
quella tesi si affida, e cio� il fatto che le controversie 
su cui esse si pronunziano possano poi essere successivamente 
sottoposte al giudice ordinario. 

Invece, e soltanto per scrupolo difensivo, fu 
proposta l'eccezione di salve et repete. Su di essa 
il Supremo Collegio con una prima sentenza 18 gennaio 
1951, n. 154, in causa Agnoletto (est. Del 
Mastro), pubblicata in Foro it., 1951,.1, 426, con 
nota di Berliri, motiv� il rigetto affermando che 
l'avocazione dei profitti di regime non rientrasse 
nella materia tributaria, ma costituisse una SJ:tnzione 
corrispondente ad una responsabilit� per 
fatto illecito. Non � il caso di ripetere le ragioni, 
gi� illustrate dal Berliri nella nota suindicata, per 
le quali tale profilo lascia perplessi. E del resto il 
Supremo Collegio lo ha sempre pi� decisamente 
abbandonato nelle sentenze successive. . 

Infatti, in quella del 23 febbmio 1951, n. 492, 
in causa .Arpinati (est. Petrella), pubblicata in 
Foro it., 1951, 1, 717, pur senza riconoscere in 
modo esplicito che l'avocazione dei profitti di 
regime costituisca un tributo, ha tuttavia esaminato 
la questione del salve et repete esclusivamente 
in base a questo presupposto. 

E ha rilevato: cc Tale principio (del salve et repete) 
sancito per la proponibilit� dell'azione giudiziaria, 
pel caso cio� che della controversia tributaria 
sia ab initio, secondo l'ordine dei gradi del giudizio, 
investita l'Autorit� giudiziaria ordinaria, non � 
applicabile allorch� della controversia siano investite 
le Commissioni amministrative e contro la 
decisione della Commissione centrale si proponga 
ricorso per cassazione. In. questo caso il giudizio 
d'impugnazione davanti alla Corte Suprema � uno 
svolgimento, una prosecuzione del giudizio svoltosi 
davanti le Commissioni amministrative: dal 
che deriva che il preventivo pagamento del tributo, 
come non � condizione per l'ammissibilit� 
del ricorso alle Commissioni amministrative, non 
pu� essere condizione per l'ammissibilit� del 
ricorso alla Corte Suprema contro le decisioni della 
Commissione centrale �. 

E tale ratio decidendi appare in realt� ineccepibile. 
Essa ebbe un ulteriore sviluppo colla successiva 
sentenza 14 dicembre 1950 -6 aprile 1951, in 
causa Oreto (est. Moscati). 

� il caso di riportare per intero la relativa moti 
vazione, assolutamente fondamentale: 

<e Il principio del sulve et repete pare non possa 
trovare applicazione perch� la limitazione temporanea 
del potere di pronuncia, che tale principio 
implica, � incompatibile colla particolare funzione 
che la Suprema Corte � chiamata ad esercitare 
quale organo regolatore di tutte le giurisdizioni. Ed 
invero questa funzione, diretta a contenere tutti 
gli organi forniti di giurisdizione nei limiti dei 
poteri loro assegnati e a impedire che essi esercitino 
funzioni proprie di altri organi statali, non 
ha nulla a che vedere con l'ostacolo posto dalla 
legge sul contenzioso contro la esperibilit� della 
ordinaria azione giudiziaria nei diversi gradi di 
fronte alla esistenza di un atto amministrativo 
esecutivo, quale � quello dell'accertamento del 
tributo attuato col meccanismo !felle commis� 
sioni o degli altri organi amministrativi. 

<e Se la legge per un determinato accer~~mento, 
ha istituito degli organi giurisdizionali, soggettir. 
come tutti gli altri, al controllo delle Sezioni Unite 
della Cassazione, sarebbe una coutradizione in 
termine richiedere, per il ricorso, altri presupposti 
diversi da quelli normali, senza che la legge istitutiva 
li richieda. 


-Anr~ 

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�Per altro, anche per la parte con cui nel ricorso 
vengono sollevate questioni. le quali, vertendo 
sl�l'applicazione del de.creto legislativo 26 marzo 
1946, n. 134, che ha inquadrato l'avocazione dei 
profitti di regime nel sistema tributario, potrebbero 
essere assimilate a questioni tributarie, detto 
principio del solve et repete deve ritenersi ugualmente 
n<;>n operante. 

cc Infatti il ricorso per la violazione delle norme 
dettate da quel decreto viene proposto in virt� 
del diritto che l'articolo 111 della Costituzione 
riconosce ai cittadini di potere impugnare con 
ricorso in Cassazione per violazione di legge le 
sentenze di qualsiasi organo giurisdizionale, anche 
quando tale ricorso per la legge comune, com'� 
appunto nella specie, non potesse essere ammesso. 
Ora con questo diritto di gravame, che tende a 
sottoporre al controllo di legittimit� di questa 
Suprema Corte l'operato di qualsiasi giudice (esclusi 
soltanto il Consiglio di Stato e la Corte dei conti) 
viene indubbiamente concessa una garanzia statutaria 
e questa per sua natura deve essere considerata 
incondizionata ed incondizionabile, in modo cio� 
da non trovare ostacolo o limitazione di sorta nella 
sua attuazione in altre norme della legge comune. 

cc Aggiungasi che se la legge istitutiva, per ricezione 
automatica della accennata norma della 
Costituzione, ammette senza limite il ricorso per 
Cassazione, non � possibile estendervi quello ostacolo 
particolare tributario, che ha per presupposto 
una situazione del tutto diversa. 

cc Manca qui infatti un atto amministrativo di 
accertamento, il quale, con i preventivo meccauismo 
delle commissioni e degli analoghi rimedi 
amministrativi, costituisca la presunzione per la 
legittima riscossione provvisoria delle imposte, 
prima che il contribuente possa adire l'autorit� 
giudiziaria ordinaria nei diversi gradi e limitatamente 
ai settori consentiti, per una ulteriore revisione. 
Qui vi � invece un organo giurisdizionale soggetto 
immediatamente al controllo della Cassazione. 

cc E tale immediato controllo, come si � gi� 
accennato a proposito del mezzo precedente, non 
pu� subire altri ostacoli, se non quelli eventualmente 
segnati dalla procedura civile ordinaria. 
Ma n� nell'una, n� nell'altra � dato riscontrare, 
per alcun verso, l'ostacolo del preventivo pagamento 
del tributo. Se anche tal pagamento l'amministrazione 
pu� intanto richiedere in forza della 
esecutivit� del pronunziato di merito (qui della 
giurisdizione di secondo grado) ci� dipende dalla 
norma generale per cui il ricorso non sospende 
l'esecuzione del pronunziato di merito, non gi� 
da un'esecutivit� analoga a quella dei tributi ii. 

Nel merito si � trattato nella maggior parte dei 
casi di ricorsi coi quali si tendeva ad escludere 
in fatto l'esistenza del profitto accertato, e che 
furono pertanto di rigetto, come quello di cui alla 
prefata sentenza in causa Agnoletto. 

Fu invece accolto il ricorso Albini (sentenza 
4 dicembre 1951-12 gennaio 1952) col quale si 
deduceva che la Commissione centrale avesse 
ritenuto inammissibile la prova di cui al 1� comma 
dell'art. 10 del decreto n. 134 del 1946 (provenienza 
legittima degli incrementi patrimoniali) 
senza esaminare se ricorressero gli esterni dello 
�scarso rHievo n dell'azione politica svolta dal sog


getto, come previsto nel 30 comma dell'art. 6 del 
decreto medesimo. 

Nella causa Battaglia si present� la questione 
se fosse ammissibile in tema di profitti di regime 
il ricorso alla Commissione centrale senza l'indicazione 
dei motivi. 

La Commissione centrale aveva ritenuto la, negativa, 
fondandosi sull'art. 46 del regio decreto 8 luglio 
1937, n. 1516. Onde il ricorso del Battaglia alla 
Corte di cassazione. 

Il Supremo Collegio, con sentenza 12 aprile9 
giugno 1951 (est. Di Macco), ader� alla tesi del 
ricorrente. Consider� che e< nello stesso processo 
civile non � causa di nullit� dell'atto d'appello 
l'omessa specificazione dei motivi del gravame che 
investe la decisione nel suo complesso ll. Inoltre 
osserv� essere irrilevante il richiamo all'art. 46 
di cui sopra. Ci� perch� la detta norma anzi tutto 
va messa in relazione col fatto che normalmente 
la Commissione centrale esplica una giurisdizione 
di mera legittimit�, per cui si rende necessaria la 
menzione delle norme di cui si deduce la violazione; 
e poi la norma stessa si spiega considerando 
che nella normalit� dei casi il giudizio davanti la 
Commissione centrale si svolge senza intervento 
di parte, come stabilisce l'art. 48 del ripetuto 
decreto n. 1516: mentre per i profitti di regime 
ricorre una situazione diversa, sia perch� in questo 
caso la giurisdizione della Commissione centrale � 
anche di merito, ci� che permette d'interpretare 
la mancata indicazione dei motivi come un riferimento 
alle ragioni dedotte in prima istanza, sia 
perch� nel sistema della legge il giudizio della 
Commissione centrale ha luogo colla presenza della 
parte, ci� che le consente di svolgere ogni possibile 
deduzione anche quando non abbia presentato 
difese scritte. 

Devesi per altro aggiungere che il ricorso del 
Battaglia fu, tuttavia, respinto perch� la Commissione 
centrale, pur avendo dichiarato inammissibile 
il gravame, aveva aggiunto che nel merito 
l'appellante non aveva dedotta alcuna utile circostanza 
nuova. 

� ancora da ricordare la causa Arpinati nella 
quale il punto controverso era il seguente. 

Era accaduto che. la Commissione provinciale 
aveva bensi ridotto il profitto accertato dall'Ufficio, 
ma era pervenuta a tale riduzione nonostante 
che avesse attribuito, ad uno dei cespiti 
del contribuente, un valore maggiore di quello 
che al cespite stesso era stato assegnato dall'Ufficio: 
in sostanza, cio�, il giuoco dei vari elementi 
sui quali si fondava la determinazione dei profitti 
conseguiti aveva fatto si che per via di compensazione 
la cifra finale del profitto risultasse minore, 
sebbene uno dei cespiti fosse stato dalla Commissione 
provinciale ritenuto di valore pi� elevato. 

Il contribuente aveva proposto ricorso alla 

Commissione centrale, sostenendo che la Provin


ciale si fosse avvalsa della facolt� di aumentare i 

profitti accertati dall'Ufficio, come previsto dagli. 

art. 43 della legge sull'imposta di ricchezz11 mobile 

e 98 del relativo Regolamento (disposizione richia


mata nell'ultimo comma dell'art. 19 del decreto 

legislativo sui profitti di regime), e che pertanto la 

decisione della Provinciale dovesse esser considerata 

come proposta di nuovo accertamento avverso la 


-59 


quale gli fosse dato ricorso alla Commissione provinciale 
medesima. 
La Commissione Centrale respinse tale assunto; onde 
il ricorso per cassazione proposto dal contribuente. 

Si oppose da parte nostra che l'assunto avversario 
sarebbe stato giustificato se la materia del contendere 
fosse stata la tassazione del cespite di cui 
la Provinciale aveva aumentato il valore; invece 
l'oggetto dell'accertamento erano gli incrementi 
patrimoniali realizzati successivamente al' 3 gennaio 
1925 in dipendenza delle cariche fasciste, per 
cui quel cespite non veniva in considerazione se 
non come uno dei fattori dai quali risultava l'importo 
complessivo degli incrementi, sicch� solo di 
tale importo complessivo si doveva tener conto 
per stabilire se si trattasse di proposta di nuovo 
accertamento. E non di questo si trattava, se 
l'importo complessivo era minore. 

Colla suindicata sentenza 27 febbraio 1951 
(Foro it., 1951, 1, 717) le Sezioni Unite aderirono 
a tale p�nto di vista respingendo il ricorso. 

Ma la controversia pi� notevole � stata (J_uella 
concernente l'interpretazione del 30 comma dell'art. 
10 del ripetuto testo sui profitti di regime: 
cio� l'avocazione cui sono soggetti cc gli incrementi 
patrimoniali eccedenti in misura cosi ingente il 
normale da far presumere la partecipazione al mal 
costume fascista ii. 

La norma � certamente di non facile interpretazione: 
sia per quanto concerne l'identificazione 
dell'incremento normale, sia per la possibilit�. di 
attribuire l'anormalit� degli incrementi anche ad 
altri fattori non aventi nulla di comune col mal 
costume fascista. 

In relazione a quest'ultimo punto, pertanto, 
� stato sostenuto che la norma in esame non costituisse 
un titolo autonomo di avocazione, nel senso 
che per farsi luogo a questa non bastasse la sola 

�presenza di profitti eccessivi, ma occorresse anche 
qualche elemento che autorizzasse quanto meno 
la presunzione di un certo legame fra i profitti 
medesimi e l'attivit� esplicata dal soggetto durante 
il regime fascista o il comportamento da lui tenuto 
risp�tto al regime stesso. E, si �rgomentava, se 
quest'elemento manca, o, peggio, se addirittura 
emana dagli atti la prova che il processo di formazione 
e d'incremento del patrimonio del sogetto si 

� � svolto al di fuori di qualsiasi ingerenza politica, 
vien meno il presuppQSto dell'avocazione, cio� 
l'intima connessione fra l'elemento politico e il 
profitto conseguito, e l'avocazione assumerebbe 
il tal caso il carattere d'un'imposta su pretesi 
utili di congiuntura realizzati fra il 1925 e i 
1945 da ogni cittadino indipendentemente da 
qualsiasi elemento soggettivo, e indipendentemente 
anche dalla nozione di cc profitto di regime >> 
posta dalla legge, nonch� dal carattere politico e 
sanzionatorio della legge medesima. 
Tali posizioni vennero per la prima volta all'esame 
della Cassazione nelle cause Barbini e 
Oreto, nella prima delle quali esse erano rese pi� 
suggestive dal fatto che l'impugnata decisione 
della Commissione centrale aveva dato atto che 
<c il Barbini ha svolto tutta una vita di lavoro 
senz'alcuna interferenza o ingerenza politica n: tuttavia 
la Commissione aveva in base al 3� comma 
dell'art. 10 dichiarato avocabili 60 milioni. 

Ma il Supremo Collegio a Sezioni Unite, con 
due rispettive sentenze entrambe del 14 dicembre 
1950-6 aprile 1951 (est. rispettivamente Di Liberti 
e Moscati), dopo una diffusa confutazione delle 
elaborate difese dei ricorrenti, mantenne ferma la 
pi� rigorosa interpretazione dell'art. � 10 da noi 
sostenuta, riconoscendo che �(prima sentenza) cc l'attivit� 
politica fascista come causa di arricchimento 
illecito non � necessario elemento di fattispecie 
nell'ipotesi di profitto di regime che si fa nel penultimo 
comma dell'art. 10 pi� volte citato; e il titolo 
di avocazione che questo contempla �, contrariamente 
a quanto si sostiene in ricorso, un titolo 
autonomo a �se stante �. 

Senonch�, pur avendo le dette sentenze fissato 
tale criterio d'unterpretazione del 3� comma dell'art. 
10, esse accolsero i rispettivi ricorsi per violazione 
dell'ultimo comma, attinente alla determinazione 
della normalit� degli incrementi patrimoniali. 

Si � gi� accennato sopra come si presenti disagevole 
in concreto tale determinazione, pur tenendo 
conto degli elementi aH'uopo offerti dal ripetuto 
ultimo comma dell'art. 10 (cc entit� dell'attivit�. 
svolta, della natura e dimensione dell'impresa, del 
lavoro e del capitale impiegati�). Si tratta, infatti, 
di elementi i quali tendono a variare per le diverse 
aziende, dando luogo in tal modo a redditi diversi 
ognuno dei quali sar� il reddito dell'azienda cui 
si riferisce, e risultandone cos� alquanto astratto 
il concetto di cc reddito normale ii, il quale sembrerebbe 
presupporre una situazione la quale in tutti 
i suoi particolari fosse uniforme per tutte le aziende. 

Di fronte a tale difficolt�. la Commissione Centrale 
in alcuni casi, fra i quali quelli che diedero 
luogo alle due sentenze di cui sopra, ha assunto ad 
indice approssimativo della normalit� degli incrementi 
patrimoniali il reddito di ricchezza mobile accertato 
all'azienda, sia pure arrotondandolo di una 
certa quota che sarebbe dovuta corrispondere 
allo scarto fra il reddito accertatl'> e quello superiore 
effettivo. Ma era prevedibile che tale espe~ 
diente fosse ritenuto non corrispondente alla norma 
dell'ultimo comma dell'art. 10, la quale richiede 
un'indagine alquanto pi� complessa. E del resto, 
non potendosi per cc reddito normale ii intendere 
se non il reddito che si r;arebbe dovuto avere, sembra 
difficile ammettere che con ci� possa avere 
un qualche rapporto l'accertamento eseguito in 
sede di ricchezza mobile che, se mai, sta a indicare 
il reddito che si � avuto effettivamente, e che, 
come tale nessun elemento fornisce circa la cc normalit� 
� del reddito. 

Pertanto colle due sentenze di cui sopra il Supremo 
Collegio ha rinviato le rispettive controversie 
alla medesima Commissione Centrale per 
stabilire se l'eccedenza degli incrementi patrimoniali 
rispetto al normale fosse cosi ingente da far 
luogo all'ipotesi di cui al 30 comma dell'art. 10. � 

Nello stesso senso ha deciso altra successiva 
sentenza 10 agosto 1951 (est. Torrente) in causa 
Castellano, colla quale pronunzia venne tuttavia 
confermata la suindicata interpretazione del 30 com-�ma 
dell'art. 10, per quanto attiene alla sufficienza 
dell'elemento obbiettivo dell'incremento eccedente 
il normale per far luogo all'avocazione. 

G. CALENDA 

NOTE DI DOTTRINA 


M. 
G. PERINI: La responsabilit� precontrattuale det1'
Amministrazione durante le operazioni di asta pubblica 
(<e Riv. Amm. della R. I. �, 1951, I, 449). 
Con questo lavoro l'.A. combatte la tesi concordemente 
affermata dalla dottrina e dalla giurisprudenza 
circa l'inammissibilit� di una responsabilit� 
precontrattuale della Pubblica Amministrazione 
per illegittimit� delle operazioni di asta 
pubblica o di ilicitazione privata. 

Premesso che la responsabilit� civile ha per 
presupposto la violazione di un diritto soggettivo, 
viene preliminarmente esaminato se in seguito 
all'avviso d'asta o all'invito di partecipare alla privata 
licitazione sorge nel privato destinatario il 
diritto soggettivo perfetto di intervenire e di partecipare 
alla gara, per modo che la violazione di� 
esso possa dar luogo al risarcimento dei danni. 

.A.Ila stregua dei principi di diritto privato, l'.A.. 
esclude che l'avviso d'asta o l'invito alla licitazione 
possa essere rapportato alla promessa unilaterale 
oppure alla proposta di contratto. 

La prima, infatti, vincola il promittente col 
verificarsi della condizione da lui apposta, mentre 
con l'invito l'Amministrazione non rimane in alcun 
modo vincolata a stipulare il contratto col migliore 
offerente, essend'b l'offerta migliore condizionata 
sempre all'atto di aggiudicazione, al quale soltanto 
pu� conferirsi la funzione di accertamento 
costitutivo del rapporto contrattuale. 

La proposta di contratto, d'altro canto, � revocabile 
solo fino al ricevimento della controparte, 
invece l'invito � sempre revocabile fino al momento 
dell'apertura della gara. 

Questi rilievi inducono l'Autore ad inquadrare 
gli atti summenzionati nella categoria dei cosi 
detti atti di ammissione, che si differenziano sotto 
pi� aspetti da quelli di autorizzazione e di concessione. 


L'autorizzazione, infatti, ha la funzione di permettere 
l'esercizio di quelle facolt� che rientrano 
normalmente nello status libertatis del soggetto 
privato, mentre tale non � la facolt� di partecipare 
alle pubbliche gare. La concessione, poi, ha 
la funzione di costituire diritti pubblici soggettivi 
di carattere assoluto, esercitabili cio� erga omnes, 
sia quando viene modificato lo status fondamentale 
del privato (cittadinanza, legittimazione, ecc.), 
sia quando viene conferito al destinatario di essa 
l'esercizio di potest� pubbliche (servizi pubblici), 
mentre l'interveniente alla gara ha tutto al pi� 
dei diritti .di carattere relativo, esercitabili cio� 
soltanto verso l'Autorit� che ha indetto ,la gara. 

Con gli atti di amrmss10ne i privati vengono 
sostanzialmente ammessi al godimento di servizi 
economici, culturali,. assistenziali, oppure anche 
all'esplicazione di attivit� di carattere pubblico, 
quale � appunto l'attivit� giuridica di partecipare 
alla gara. In quanto tali atti determinano un ampliamento 
della sfera giuridica del singolo, essi 
hanno l'efficacia -secondo l'.A.. -di costituire nel 
destinatario il diritto di intervenire e di partecipare 
alla gara. 

Tale diritto, per�, non � soltanto subordinato 
all'accertamento dei requisiti richiesti nell'atto 
d'invito ed in generale alla legittimit� degli atti 
del procedimento, ma � subordinato, soprattutto, 
all'esercizio del potere di revoca conferito alla 
Pubblica Amministrazione dall'art. 68 del regolamento 
di contabilit�. 

Con tale potere I'.Autorit� che ha indetto la 
gara pu� insindacabilmente escludere da essa 
qualsiasi concorrente, senza obbligo di motivazione 
e senza che l'escluso possa reclamare indennit� 
di sorta. 

Dopo avere accennato ai dubbi che possono 
sorgere sulla costituzionalit� di tall:l norma in rapporto 
all'art. 113 della Costituzione, l'.A. conclude 
la prima parte del lavoro affermando che il diritto � 
nascente dall'atto di invito � un diritto condizionato, 
cio� subordinato sempre alle esigenze d'interesse 
pubblico attuate attraverso il suddetto 
potere di revoca. 

Stabilito ci�, viene affrontato il secondo e pi� 
complesso problema di esaminare se sia ammissibile 
una responsabilit� dell'Amministrazione per 
violazione di tale diritto. 

Secondo l'A. il diritto condizionato perde la sua 
qualit� di diritto soggettiyo solo quando si verifica 
la condizione cui esso � subordinato, vale a dire 
allorch� l'Amministrazione agisce nei limiti � dei 
poteri ad essa attribuiti dalla legge, anche se tali 
poteri siano esercitati illegittimamente. 

Quando, invece, la Pubblica Amministrazione 
agisce oltre detti limiti, incorre nell'illecito che � 
fonte di responsabilit� civile. 

Per determinare, poi, in quali casi possa dirsi 
che l'Amministrazione abbia agito oltre i limiti 
dei poteri ad essa attribuiti non si pu� -secondo 
l'.A.. -far riferimento al criterio genera~e della 
distinzione tra violazione di norme stabilite a 
pena di nullit� o di semplice annullabilit�, giacch� 
occorrerebbe pur sempre ricercare se la norma 
violata � posta nell'esclusivo interesse del concorrente, 
perch� si abbia la violazione di un diritto 
soggettivo. Riceroa questa pressoch� impossibile 



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nella materia in esame perch� le norme regolatrici 
della procedura di gara sono a tutela tanto 
dell'interesse dell' .Amministrazione quanto del 
diritto del privato. 

Vengono quindi analizzati i limiti �dell'illecito 
dell' .Amministrazione dal punto di vista del diritto 
del concorrente. 

Poich� tale diritto consiste nella pretesa di 
intervenire e di partecipare alla gara, sussister�. la 
responsabilit�. dell' .Amministrazione se l'esclusione 
sia disposta da un organo incompetente (ad es. dal 
Presidente della gara e non dall'Autorit�. deliberante) 
oppure se la revoca dell'invito venga deliberata 
iu seguito a semplice riesame in merito, 
che riveli l'inopportunit�. originaria dell'atto. 

Inoltre, il concorrente ammesso alla gara ha il 
diritto che le operazioni si svolgono regolarmente 
e si concludano con l'atto di aggiudicazione, per 
modo che sorgerebbe la responsabilit�. dell'Amministrazione 
nel caso di rinvio disposto dal Presidente, 
oppure nei casi di chiusura della gara prima 
del termine stabilito, o di sospensione o di interruzione, 
fuori dei motivi di forza maggiore o di ordine 
pubblico. La stessa responsabilit�. dovrebbe ravvisarsi 
nei casi di annullamento dell'asta in seguito 
a rivelazione della scheda segreta, o per aggiudicazione 
iu favore di concorrente che versava in condizione 
di inammissibilit�. alla gara, essendo stato 
leso in tale ipotesi il diritto del migliore offerente 
dopo l'aggiudicatario, ed anche nel caso di non 
motivato diniego di aggiudicazione in favore del 
migliore offerente: 

Naturalmente -avverte in uUimo l'.A. -detta 
responsabilit�. va affermata solo nei limiti del 
danno eventualmente sub�to dal privato concorrente, 
come conseguenza, diretta del comportamento 
illecito dell' .Amministrazione, potendo il 
risarcimento consistere, in concreto, nel solo rimborso 
delle spese sostenute. 

La costruzione giuridica prospettata dal chiaro 
Autore, notevole per acutezza di analisi, rivela tuttavia 
lo sforzo da lui compiuto per piegare il rigore 
dei princip~ alla dimostrazione di una tesi alla quale 
non riteniamo che si possa aderire. 

Non � esatto, innanzi tutto, che sia ormai pacificamente 
ammessa una responsabilit� precontrattuale 
della Pubblica Amministrazione quando questa opera 
ed agisce nel campo strettamente privatistico. � vero, 
invece, che anche in tale campo la Pubblica Amministrazione 
attua e persegue scopi di carattere eminentemente 
collettivo, il che impone che essa sia 
sempre libera di determinarsi a contrattare secondo 
le mutevoli esigenze pubbliche, a cui gli interessi 
del singolo sono necessariamente subordinati. Conseguentemente, 
dove � esercizio di potere discrezionale 
riferentisi ad un'attivit� volitiva anteriore alla formazione 
del contratto, non � assolutamente ammissibile 
un sindacato diretto ad accertare se la Pubblica 
Amministrazione abbia agito con mancanza di 
-cautela o diligenza, cio� con colpa, perch� si verrebbe 
ad invadere evidentemente il campo dell'opportunit� 
dell'azione amministrativa (cfr. Oass., Sez. Unite, 

n. 1912 del 12 giugno 1951; Oass., Sez. Unica, 31 
gennaio 1948 in �F.A. �, II, 1, 33; Oass. 8 giugno 
1935 in �Riv. D. P. �, II, 423). 
Ma, prescindendosi da tale problema di carattere 
generale, esaminiamo se sia ammissibile una responsabilit� 
per danni della P'ubblica Amministrazione 
nella particola materia dell'asta pubblica o della privata 
licitazione regolata interamente dal diritto pubblico. 

Oome avverte lo stesso Autore, presuppasto di tale 
responsabilitd � la violazione di un diritto soggettivo 
perfetto, cio� di un interesse direttamente tutelato 
dalla norma giuridica. Ma egli ritiene che detta 
responsabilit� possa ugualmente ravvisarsi ove vi 
sia la violazione di un interesse legittimo, purch� 
questo appartenga alla categoria di un diritto condizionato, 
od affievolito, e la violazione consista nella 
competenza dell'organo che ha esercitato il potere di 
revoca, cui quel diritto � subordinato. 

Orbene questa tesi, come risulta chiaramente dalla 
sua enunciazione, viene fondata innanzi tutto sulla 
natura dell'interesse che sorge dagli atti iniziali del 
procedimento (avviso d'asta o invito alla privata 
licitazione) e che consiste nella facolt� di intervenire 

o di partecipare alla gara. Tale interesse dovrebbe 
identificarsi in un interesse legittimo, della categoria 
per� dei cos� detti diritti condizionati od affievoliti, 
in quanto � subordinato al potere di revoca conferito 
alla Pubblica Amministrazione dall'art. 68 del regolamento 
di contabilit�. 
Questa prima proposizione non sembra assolutamente 
esatta e l'errore risulter� evidente se si 
tiene distinta la posizione giuridica del concorrente 
che sia stato ammesso e che abbia partecipato eff ettivamente 
alla gara, da quella del destinatario dell'avviso 
o dell'invito che sia stato privato della facolt� 
di partecipare alla gara stessa. 

Invero, il contenuto del diritto del partecipante 
alla gara -come ritiene lo stesso Autore -� circoscritto 
alla pretesa che le operazioni vengono regolarmente 
e legittimamente svolte. 

Ora questa pretesa indubbiamente coincide con 
l'interesse della Pubblica Amminit1trazione ed � quindi 
nient'altro ohe un interesse legittimo, della categoria 
dei diritti occasionalmente protetti, o cos� detti 
diritti rifiessi. 

Infatti non pu� non convenirsi sul punto che le 
norme. della legge e del regolamento di contabilit� 
mirano prevalentemente, se non esclusivamente, alla 
tutela dell'interesse dell'Amministrazione che ha 
indetto la gara. Oi� risulta dal complesso delle norme 
che regolano il procedimento. 

Quando la legge stabilisce di rispettare la durata 
della gara, o vieta di rivelare intempestivamente la 
scheda segreta, o prescrive la continuit� delle operazioni 
e le altre formali~� delle offerte, si � tenuto di 
.mira innanzi tutto l'interesse della Pubblica .Amministrazione 
giacch� � evidente che se questa si propone 
di attuare, attraverso il procedimento d'asta o 
di licitazione, uno capo di carattere eminentemente 
collettivo, quale � quello di procurarsi i mezzi necessari 
(beni ed opere) per il migliore espletamento dei 
pubblici servizi, ha anche l'interesse a che le operazioni 
vengano svolte in modo da assicurarle le migliori 
condizioni per il futuro contratto. _ 

Oi� certamente non si verifica se la gara vienlf. 
chiusa prima del termine stabilito, impedendo cos� 
eventuali offerte piu vantaggiose, oppure se viene 
rivelata la scheda segreta, in modo da turbare la 
spontaneit� delle offerte, che � garanzia della loro 



-62


bontf�, oppure, ancora, nei casi di ingiustificato rinvio 
o di sospensione, che possono pregiudicare la 
tempestivit� e la sollecitudine delle operazioni. 


Oon ']_Uesto, naturalmente, non si intende di escludere 
che alle operazioni siano interessati anche i 
privati che ad esse partecipano, in quanto costoro, 
per il particolare rapporto in cui vengono a trovarsi, 
possono risentire un danno patrimoniale in conseguenza 
della irregolarit� e della illegittimit� del procedimento. 
Ma tale interesse non pu� essere diversamente 
definito che come interesse legittimo, protetto 
solo occasionalmente, o di rifiesso, dalla norma giuridica. 


Il caso limite accennato dallo stesso Autore, � 
dato dall'aggiudicatario che si vede annullare l' aggiudicazione 
per illegittimit� incorsa nel procedimento. 
Tale danno non � risarcibile perch� non rappresenta 
un danno giuridico, quale � quello derivante 
dalla violazione di un diritto direttamente 
tutelato dalla norma giuridica. 

Per conseguenza, tutta la casistica esaminata 
dall'Autore a partire dall'inizio della g'ara fino 
all'aggiudicazione � in rapporto all'interesse che 
hanno tutti i partecipanti, in coincidenza con quello 
�dell'Amministrazione, di pretendere l'osservanza delle 
norme regolatrici del procedimento. 

E tale interesse, qualunque sia la natura della 
violazione, si tratti di errata applicazione o interpretazione 
della legge, di inosservanza di norma 
stabilite a pena di nullit� o di annullabilU�, d'incom-� 

� petenza o di eccesso di potere, � tutelabile esclusivamente 
dinanzi alle giurisdizioni amministrative, col 
limitato effetto dell'anullamento dell'atto, e senza 
possibilit� di adire l'A.G.O. per il limite oggettivo 
imposto alla competenza di quest'ultima dall'art. 2 
della legge fondamentale del 20 marzo 1865, n. 2248, 
alleg. E. 

Be questa � la posizione giuridica del partecipante 
alla gara, non diversamente pu� atteggiarsi 
quella del destinatario dell'avviso o dell'invito che 
sia stato da essa illegittimamente escluso. 

Un primo punto riteniamo di dover chiarire, e 
cio� che gli atti iniziali del procedimento non sembra 
che possano essere equiparati all'ammissione del 
concorrente alla gara. Oi� risulta ben chiaro nel 
procedimento d'incanto, ove l'art. 65 del regolamento 
prescrive che l'avviso d'asta deve contenere, tra 
l'altro, i requisiti per essere ammessi alla gara. Il 
che sta a significare che l'ammissione viene deliberata 
in base ad un nuovo atto di volont� e di giudizio 
che viene emesso solo dopo che l'interessato, 
con l'esibizione d�i documenti e con il versamento 
del deposito, abbia manifestato di aspirare a concorrere. 

Quale � l'organo competente per tale ammissione? 
Innanzi tutto l'Autorit� che presiede la gara, cui � . 
devoluta appunto la funzione di accertare se l' aspirante 
abbia tutti i requisiti richiesti nell'avviso d'asta. 
Ma l'accertamento di uno dei detti requisiti, vale a 
dire quello della buona condotta, � riservato esclusivamente 
all'Amministrazione che ha indetto la gara. 

Difatti per l'art. 68 del regolamento di contabilit� 
l'Amministrazione deliberante pu� insindacabilmente 
escludere il concorrente dalla gara senza 
obbligo di motivazione e senza che quest'ultimo 
possa pretendere alcuna indennit�.. Tale speciale 
facolt�, prevista anche in materia di concorso per 

pubblico impiego, viene comunemente giustificata 
per il caso, peraltro eccezionale, che nonostante la 
documentazione prodotta, risulti da successive informazioni 
od accertamenti che il concorrente non sia 
persona da meritare l'assoluta fiducia dell' A mministrazione 
sotto il profilo della buona ��ndotta (moralit�, 
correttezza, ecc.). E poioh� trattasi di requisito 
essenziale che determina l'affidamento dell'Amministrazione 
si � lasciata a questa la piena ed insindadabile 
libert� di presciegliere i concorrenti, con cui 
intende che venga costituito il rapporto di gara, in 
base al quale essi possono divenire i probabili contraenti. 


Lo stesso principio vale nel procedimento di licitazione, 
giacch� l'art. 89 del regolamento espressamente 
richiama la norma dell'art. 68, per cui neppure 
l'invito pu� equipararsi all'ammissione, essendo 
questa subordinata sia all'accertamento dei 
requisiti generali, aCcertamento che � di competenza 
dell'Autorit� delegata, sia al definitivo assenso della 
Amministrazione che ha indetto la licitazione, circa 
il retjuisito della buon� condotta. E sarebbe superfiuo 
aggiungere che tale assenso, sia nell'incanto 
che nella licitazione, viene dato tacitamente, desumendosi 
dal mancato esercizio da parte dell' Amministrazione 
della speciale facolt� di cui all'art. 68. 

Da ci� deriva che, nonostante la imperfetta formula 
adoperata dal legislatore, il potere di esclusione 
(o meglio di non ammissione) del concorrente non 
pu� equipararsi al potere �generale di revoca, cui 
normalmente sono sottoposti gli atti amministrativi 
discrezionali. 

Infatti la revoca presuppone che sia gil� sorto il 

diritto di intervenire nella gara, mentre, come abbiamo 

visto, gli atti iniziali del procedimento non equival


gono all'ammissione del concorrente. 

La revoca, inoltre, riguar'da, in generale, l'inop


portunit� dell'atto per sopravvenuti motivi di pub


blico interesse. Nella specie, invece, data l'ampia 

formula della legge e gli scopi da questa perseguiti, 

l'esclusione pu� indubbiamente essere deliberata 

anche per inopportunit� originaria dell'invito. 

Questi rilievi inducono a ritenere che l'interesse 

dell'aspirante alla gara non pu� fondatamente defi


nirsi come diritto condizionato (od affievolito) ma 

soltanto come interesse occasionalmente protetto. 

Egli si trova in una situazione giuridica pari a 

quella del partecipante ammesso, onde se egli sia 

leso dal provvedimento di esclusione deliberato dalla 

Autorit� che presiede la gara, non vi � dubbio che 

potr� adire le giurisdizioni amministrative in sede 

di sindacato generale di legittimit�. 

Se la lesione avviene, invece, ad opera dell' Ammi


nistrazione deliberante, pu� sorgere il quesito se ed. 

in quali casi possa avvalersi della stessa protezione, 

dato che l'art. 68 prevede l'insindacabilit� del prov


vedimento ed esclude l'obbligo della motivazione. 

� stato infatti rilevato che, poich� la legge di con


tabilit� con/erisce alla Pubblica Amministrazione 

la facolt� di non motivare il provvedimento di esclu


sione, quest'ultimo potrebbe sfuggire al sindacato


sull'eccesso di potere, il che importerebbe una so


stanziale limitazione �della tutela giurisdizionale del 

concorrente, in contrasto con l'art. 113 della Oosti


tuzione (cfr. VITTA: D. A., vol. II, pag. 216). 



-63


Sen�nch�, a parte la questione circa la efficacia 
della norma costituzionale in relazione alla legislazione 
gi� in vigore all'a data della sua attuazione, 
occorre osservare che, se sussiste nel caso in esame 
una sostanziale limitazione della tutela giurisdizionale, 
questa non � ehe la naturale conseguenza della 
facolt� dell'Amministrazione deliberante di non rivelare 
i motivi del provvedimento di esclusione, secondo 
il suo insindacabile giudizio adottato nel caso conereto. 

Ora, perch� possa sostenersi, in ipotesi, la incostituzionalit� 
di tale precetto legislativo, bisognerebbe 
dimostrare che la Costituzione abbia in ogni caso 
imposto l'obbligo di motivare gli atti emessi dalla 
Pubblica Amministrazione revocando il principio 
generale .ricevuto in dottrina ed in giurisprudenza 
che, all'infuori delle decisioni giurisdizionali e degli 
altri atti in cu.i possa desumersi, espressamente .6 
tacitamente, l'obbligo della motivazione, tale obbligo 
non sussiste negli altri casi in cui, secondo la natura 
del provvedimento; vi � un ampio potere diserezionale 
della Pubblica Amministrazione (cfr. lo stesso 
VITTA, vol. I, pag. 389). 

La Costituzione, invece, non ha in alcuna guisa 
modificato il suesposto p1incipio, e ha inteso soltanto 
di eliminare i dubbi che per il passato venivano 
agitati circa quelle disposizioni di legge, assai frequenti 
in regime antidemoeratico, che limitavano in 
tutto od in parte la tutela giurisdizionale degli interessi 
legittimi, e perfino dei diritti soggettiVi, seguendo 
la corrente, soprattutto giurisprudenziale, secondo 
la quale tale limitazione in generale era da ritenersi 
inammissibile come che contraria alla coscienza 
sociale. 

D'altra parte, come � stato osservato dal Consiglio 
di Stato (cfr. parere 9 agosto 1948, in � Riv. Amm. n, 
1949, 286) la facolt� di non motivare il provvedimento 
di esclusione ben si giustifica col particolare ed 
intimo apprezzamento adottato dalla Pubblica Amministrazione 
in base a dati ed a notizie di carattere 
riservato, spesso difficilmente documentabili, e con 
l'opportunit�, altres�, che nell'interesse degli stessi 
concorrenti, non vengano rivelate le manchevolezze 
morali di costoro. 

Se, come � stato gi� rilevato, l'ammissione del 

concorrente � fondata su di un rapporto di carattere 

prettamente fiduciario, imporre l'obbligo di moti


vare il provvedimento di esclusione, per sindacare 

l'uso del potere fatto dall'Amministrazione delibe


rante, significherebbe snaturare quel rapporto fidu


ciario che presiede anche alle preliminari contratta


zioni tra privati. 

Fermo restando quindi il principio che la 

Pubblica Amministrazione deve agire nell'ambito 

della propria competenza e della osservanza della 

legge, per quanto attiene alla f<?rma del provvedimento, 

non � ammissibile estendere il sindacato giurisdi


zionale anche all'eccesso di potere, afferente ai motivi 

dell'esclusione, ove l'Amministrazione si sia avvalsa 

della facolt� di non motivare il provvedimento, non 

essendo tale facolt� in contrasto n� con lo spirito n� 

con la lettera della nuova Costituzione. 

Dimostrato, poi, che nella materia in esame non 

si versa nella ipotesi di diritti condizionati, cade la 

teor.ia circa una responsabilit� per danni della 

Pubblica Amministrazione che dovrebbe ravvisarsi 

allorquando la violazione del diritto 'del concorrente 

consista nell'incompetenza dell'�rgano che delibera 
l'esclusione ex art. 68 (cio� 'Autorit� che presiede 
la gara e non l'Amministrazione deliberante) o 
nell'inosservanza di norme stabilite a pena di nullit� 
(come la revoca per inopportunit� originaria dell'invito). 
Quanto al primo caso indubbiamente sussisterebbe 
l'illegittimit� del provvedimento, ma essa, come 
� stato precisato, ricadrebbe sotto il sindacato delle 
giurisdizioni amministrative. 

Quanto al seeondo, non sembra che sussista il 
lamentato vizio di nullit� giacch� l'art. 68 non prevede, 
come si � detto, un caso di revoca. 

D'altra parte, poieh� tale norma � tuttora operante 
(cfr. citato parere del O. d. S., 7 agosto 1948), ed essa 
non riconosce in nessun caso un diritto al risarcimento 
del danno, neppure limitatamente alle spese 
sostenute, non si vede come la teoria su esposta possa 
riguardare la materia in esame (1). 

Essa, pertanto, sembra anche in contrasto con lo 
spirito informatore della legge 20 marzo 1865, all. E, 
per cui la competenza dell'A.G.O. incontra un limite 
oggettivo ed inderogabile nella materia riguardante 
gl'interessi legittimi, appartengano questi alla categoria 
dei diritti condizionati od a quella dei diritti 
ri'flessi. Oi� implica che prima di discendere all'esam.e 
circa la natura della violazione l'A.G.O. deve preliminarm.
ente accertare se si versi in materia di diritti 
perfetti o di interessi legittimi, nel primo caso ritenendo 
la propria competenza, nel secondo respingendola. 

Ohe se quella ricerca potesse fare non � certamente 
in base alla natura della violazione o, per lo 
meno, soltanto in base ad essa, che si pu� ravvisare 
la linea di demarcazione tra diritto e interesse legittimo. 
Se cos� fosse, poich� ogni attivit� discrezionale 
�, almeno in parte, sempre � vincolata, per quanto 
attiene alla competenza dell'organo, alla forma ed 
agli altri requisiti dell'atto, ogni illegittimit� si tramuterebbe 
in illecit�, ogni interesse in diritto, sovvertendosi 
cos� l'ordine delle competenze e creando incertezze 
e confusione con danno soprattutto dei privati. 

Il eriterio distintivo � dato invece dall'esistenza o 

meno di un potere diserezionale ~dell'Amministra


zione, indipendentemente dagli organi che nell'in


terno di essa hanno quel potere esercitato e degli altri 
requisiti esteriori dell'atto. Di fronte a questo potere 
il diritto degrada in interesse legittimo, riceve cio� 
una minore tutela, onde qualunque sia la violazione, 
anche se riguardi l'incompetenza dell'organo nell'ambito 
della stessa Amministrazione, l'interesse 
legittimo resta tale ed �� protetto solo col sindacato 
generale di legittimit�, che porta unicamente all'annullamento 
dell'atto lesivo. 

N� potrebbe l'A. G. ritenere la propri competenzaa 

al limitato effetto di dichiarare l'illegittimit� dell'atto 

per incompetenza dell'organo che l'ha emesso, perch� 

come esattamente � stato rilevato in dottrina (VITTA: 

D. :A. vol. II, pag. 437) tale dichiarazione, pur riguardando 
la parte vincolata dell'atto, non avrebbe alcun 
risultato pratico, onde mancherebbe un interesse 
azionabile, non potendosi n� statuire sui �risarc�(
1) In realt� la tesi del FERINI � sostenuta anche 
dal RANELLETTI (Guarentigie, pag. 333) ma nel campo 
dell'espropriazione per p. u. ben diverso dal nostro, 
contra VITTA, D. A., vol. II, pag. 711). 

-64 


mento del danno, che � conseguenza soltanto della 
violazione di un diritto, n� sull'uso dei poteri discrezionali, 
che � alla base del provvedimento, n� sull'annullamento 
dell'atto stesso ostandovi l'art. 4 
della legge del 1865. 

Al risarcimento del danno non si potrebbe neppure 
pervenire ove l'atto lesivo fosse impugnato dinanzi 
alle giurisdizioni amministrative e da queste annullato 
per incompetenza, perch� tale ipotesi � generalmente 
ammissibile solo quando dette giurisdizioni 
giudicano in materia di competenza esclusiva rifuardante 
i diritti (cfr. Sez. Un., 6 dicembre 1928, �Giur. 
It.�, I, 552; 27 novembre 1928, � F.I. ii, 1939, I, 
519; 23 maggio 1946, Rep. �F. I. n, col. 898, n. 62), 
non gi� in materia di com71etenza di legittimit� 
rigitardante gli interessi legittimi. 

R. BRONZINI 
Orno VITr.A: Gli effetti della svalutazione monetaria 
negli atti della Pubblica Amministrazione (� Riv. 
.A.mm. n, 1951, I, 1), 

Profondo e, come sempre, limpido questo studio 
dell'illustre Scrittore su uno dei pi� tormentosi 
problemi di questo dopoguerra: la sv~lutazione. 

La trattazione consta di otto paragrafi. I primi 
due contengono l'impostazione del problema con . 
richiamo alla relativa disciplina, di cui l'Autore 
pone in particolare evidenza la parte innovativa 
rispetto al Codice del 1865. 

Il paragrafo terzo, corredato di ampi richiami 
giurisprudenziali, � tratta della svalutazione sui 
crediti derivanti da responsabilit� extracontrattuatuale. 
La rilevanza del deprezzamento monetario 
� qui concordemente ammessa in base al principio 
impiicito nell'art. 2058 Codice civile, secondo cui 
il creditore ha diritto ad avere una somma di denaro, 
corrispondente al valore del bene perduto nel 
momento del risarcimento (c.d. principio dell'equivalenza). 
.Analoga soluzione vale per i crediti, 
derivanti da obbligazioni contrattuali aventi per 
oggetto cosa diversa dal denaro e rimaste inadempiute: 
anche qui si ha in obligazione un. debito di 
valore e non di valuta. 

Quest'ultima viene in considerazione solo nel 

momento della soluzione, quando l'adempimento 

specifico non � possibile. 

I successivi paragrafi (4c7), dopo un accenno ai 

danni di natura permanente, derivati dall'esecu


zione di opera pubblica, dove l'Autore con.corda 

con la pi� recente giurisprudenza, che ritiene trat


tarsi di debito di valore, contengono una diffusa 

trattazione dell'incidenza della svalutazione sul


l'indennit� di espropriazione per pubblica utilit�. 

.Al riguardo, dopo aver esaminati e criticati gli 

argomenti addotti in contrario, specie dalla Cassa


zione, il Vitta sostiene che il debito di indennit�. 

� debito di valore, che si trasforma in valuta solo 

con la pronunzia giudiziale. La critica � impostata 

su alcune premesse che, a nostro avviso, non posso


no essere condivise, ma di ci� diremo pi� ampia


mente in nota. . 

Per ora � doveroso segnalare ci� che costituisce 

un indubbio pregio dello studio del Vitta: l'aver 

c10e messo in giusta luce gli argomenti equitativi 
che militano a favore dell'una e dell'altra soluzione. 


Senza indagare se l'equit� possa essere qui invocata 
quale fonte di diritto (contr.a Calusi, �Foro 
Pad. n, 1948, I, 767), � certo che, volendosi ad essa 
rifare non si deve aver riguardo ad una pretesa 
{lquit� unilaterale, che abbia di mira la protezione 
e la prevalenza di uno solo degli interessi in gioco, 
con esclusivo sacrificio dell'altro, ma a quella 
equit� che indirizzata, come deve essere, alla ricerca 
della giustizia del caso concreto, trascenda e domini 
il contrasto di int.eressi, la cui composizione va 
raggiunta con un. parziale e limitato sacrificio di 
ognuno di essi, secondo� esige giustizia: aequitas 
ipsa est iustitia, in quantum utilitates dirigit et 
exaequat. 

Non si deve dimenticare che il deposito di cui 
parla la legge fondamentale (art. 47), � fatto non 
soltanto quoad oustodiae, ma altres� quoad solutioni8. 
La custodia, che s.i realizza a beneficio dei 
terzi, aventi diritti reali sull'immobile espropriato, 
non � che un momento del rapporto: l'altro, che 
riguarda il pagamento, importa che, se la cosa 
depositata aumenta o diminuisce di valore, �ci� 
n.on si verifica a favore o a danno del deponente 
(espropriante), ma bens� di colui a beneficio del 
quale s.i effettua il deposito, cio� dell'espropriat.o. 

Tenuto presente questo, non � certo, in base 

alla equit� che si pu� dire all'espropriante che egli � 

tenuto, dopo qualche anno, a pagare delle somme 

non di rado rilevanti, non tanto perch� l'immobile 

espropriato vale, poniamo, centodieci, in luogo dei 

cento �depositati, ma proprio perch� questi cento, 

che gli ha gi� pagato in valuta avente allora un 

intrinseco valore, si sono ora volatilizzati ed egl� 

� tenuto a pagarla una seconda volta con l'attuale 

para.metro. 

Pu� darsi che il diritto, per sue particolari ra


gioni, esiga ci�; non certo l'equit�. Quest'ultima 

pu� tutt'al pi� richiedere che la rivalutazione si 

operi sulla differenza. Ed � questa la soluzione, 

che propone da ultimo il Vitta. I/aver messo in 

chiaro questo aspetto della questione costituisce, 

come si � detto, un suo merito indiscusso perch� 

troppo spesso ed a torto, ripeto, si � abusato, in 

materia, di un malinteso concetto di equit�, che 

ha finito con il pregiudicare ed intorbidare anche 

l'aspetto strettamente giuridico del problema. 

L'i�timo para.grafo (8) tratta dell'effetto della 

svalutazione sui contratti della Pubblica .Ammini


strazione ad esecuzione continuata o periodica: 

principalmente appalti e forniture. 

Per gli appalti -avverte il Vitta -l� disciplin&i 

del Codice � derogat~ dai decreti-legge 5 aprile 

1946, n. 226 e 6 dicembre 194 7, n. 1501. L'appalta


tore di opere pubbliche non ha un diritto perfetto 

verso l'Amministrazione alla revitiior>t> dei prezzi 

contrattuali, ma solta�to un interesse legittimo e 

perci�, in caso di rifiuto dell' .Amministrazionejnt!I-_ 

ressata, non pu� rivolgersi all'Autorit� giudiziaria, � 

ma deve ricorrere al Ministro che provvede, sentito 

il parere di una speciale Commissione. .Avverso 

questo provvedimento � dato ricorso al Consiglio 

di Stato, in sede di legittimit�. Questa tesi, com'� 


-65 

noto, � in contrasto con 1a gi'.urisprudeuz-a della 
Corte di :Cassazione che attribuisce, alla funzione 
del Ministro carattere giurisdizionale (v. in questa 
cc Rassegna n, 1948, fase. 5, pag. 17 e fase. 10, 
pag. 14). 

1. La parte centrale della trattazione concerne, 
come si � visto, l'incidenza della svalutazione sull'indennit� 
di espropriazione ed ivi l'Autore critica 
la soluzione accolta dalla Suprema Oorte con l'importante 
sentenza delle Sezioni Unite, 12 ottobre 
1949 (cc Foro It. �, 1949, I, 1025) e di poi seguita. 
con le sentenze 17 settembre 1949 (Rep. cc Foro It. �, 
1949, col. 596, nn. 71-73) e n. 1432 del 1951 (� Rass. 
Av'v. Stato�, 1951, pag. 140). 
L'autorit� di chi professa la soluzione criticata 
e quella del critico, ci impone di diffonderci sulla 
questione pi!U di quanto non lo consentirebbe la natura 
di ,questa rubrica. 

�Premessa comune al Vitta, e alla Suprema O orte � 
la nozione di debito di valore. 

Secondo l' Ascarelli, che fu il primo ad adottare 
la relativa terminologia, debiti di valore sono quelli 
cc il cui oggetto immediato � per legge o per negozio 
giuridico un determinato valore: il denaro � il mezzo 
per esprimere, come in linea generale, per liquidare 
detto debito, ma l'oggetto del debito � un valore, 
non una somma di denaro� (Ascarelli, cc 'Riv. di 
Dir. comm. �, 1930, I, 379). 

Il debito di valore � costantemente illiquido: esso 

� suscettibile di essere trasf armato in debito di valuta 

e ci� avviene normalmente con riferimento al dies 

solution�s, ma sino a tanto che ci� non si veri'f�ca, 

esso � e rimane debito .di valore, vale a dire obbliga 

il debitore a dare quel tanto di moneta, che corri


sponde, nel momento dell'adempimento o della tra


sformazione, al valore intrinseco della prestazione, 

cui egli � tenuto. 

Di converso il debito di valuta � sempre liquido. 

L'illiquidit�, se c'�, � qui soltanto relatiVa, o meglio 

apparente giacch� nella legge o nel negozio sono 

stabiliti i criteri oggettivi in base ai quali la presta


zione, avente per oggetto una somma di denaro, 

deve essere determinata, di modo che il debitore 

conosce sin dal momento in cui sorge l'obbligazione 

la somma che dovr� pagar� alla scadenza. 

Oos�, per citare un esempio, tratto dallo stesso 
Ascarelli (loc. cit., pag. 382, nota 2), � deito di 
valuta l'indennit� d'infortunio, ancorch� illiquida, 
in quanto il giudice per determinarla non fa che applicare 
i criteri stabiliti a priori dalla legge. 

2. Posti questi concetti, occorre ora stabilire se 
nella vendita il cc giusto prezzo�, ancorch� indeterminato, 
costititisca un debito di valore o di valuta. 
Solo in un secondo momento si vedr� se l'indennit� 
possa o no essere equiparata al cc giusto prezzo �. 
Nella vendita il prezzo sta con l'altro bene, oggetto 
di scambio, in un rapporto di equivalenza economica, 
oltre che giuridica: questa equivalenza �, 
di regola, soggettiva ed in questa ipotesi l'esatta 
determinazione del prezzo non pu� non essere che 
coeva al perfezionarsi del contratto, di cui � elemento 
costitutivo. 

Tuttavia in talune ipotesi, quali quelle previste 
dagli articoli 1473 e 1474 Oodice civile, l'equivalenza, 

come� ammettono �oncorili la dottri'na e ta g1ur1sprudenza, 
� di natura oggettiva; essa � cio� implicitamente 
ed obiettivamente determinata nel riferimento 
al (( prezzo di autorit� )) o ril (( prezzo corrente )) o al 
ccgiusto prezzo� (BARASSI: Teoria gen. delle obblig, 
vol. II, pag. 527; FERRI: Man. Dir. comm., pagina 
459). 

Senza questa equivalenza oggettiva non sarebbe 
dato di parlare nei casi suindicati di vendita per!
etta, soggetta a condiZione sospensiva per ci� che 
ha tratto alla sua efficacia (Oass, 28 febbraio 1944, 
cc Foro It. �, 1944-46, I, 149 e dottrina ivi richiamata), 
in quanto l'esistenza di un prezzo determinato 

o determinabile � requisito di validit� della vendita. 
�N iun dubbio che alle parti � dato di staccarsi 

dallo schema dell'art. 147 3 e aJffidare all'arbitrio 

mero e non boni viri del terzo di determinare il prezzo, 

ma in questo caso non si ha, per la mancanza di 

un elemento costitutivo, una vendita, ma solo un 

contratto in formazione, secondo la fattispecie pre


vista nell'art. 1349 Oodice civile. 

Debito di valuta adunq�ue il cc giusto prezzo � per 

questa sua implicita determinabilit�. 

Sin qui l'accordo tra Oorte 'Suprema e Vitta � 

pieno. <<Nessuno dubita -scrive infatti il se


condo -che in questo caso (art. 1474 Oodice civile) 

il prezzo sebbene originariamente non conosciuto 

sia debito di valuta�. 

,Un certo dissenso comincia invece a delinearsi 

sulla ragione di ci�. �Secondo ogni probabilit� 


scrive il prof. Vitta -debbono considerarsi debiti 

di valuta quelli che siano prontamente e inoppugna


bilmente liquidabili senza sentenza dell'autorit� giu


diziaria, ed in questo senso � debito di denaro quello 

del giusto prezzo di compra-vendita stabilito da terza 

persona, perch� la determinazione di questa � defini


tiva e non pu� ulteriormente impugnarsi dalle parti 

contraenti�. A queste ragioni non possiamo aderire. 

I criteri discriminativi, proposti dal Vitta, possono 

essere un utile indice per l'orientamento dell'inter


prete, ma non sono risolutivi. 

Un debito di valore pu� essere prontamente liquidabile, 
come avviene 'in taluni casi semplici di danno 
da fatto aquiliano, cos� come la liquidazione 
pu� essere definitiva ed inoppugnabile, si consideri, 
ad esempio, la liquidazione concordata fra le parti 

o affidata ad arbitri amichevoli compositori, senza 
che ci� trasf armi il debito di valore in debito di valuta 
La ragione per cui nelle ipotesi degli articoli 1473 
e 1474 si ha, sin dall'origine, un debito di valuta 
non sta nella prontezza, definitivit� ed inoppugnabilit� 
della liquidazione, ma nel fatto che in obligatione 
vi � una somma di denaro, oggettivamente 
determinabile. 

3. Data questa premessa, ia soluzione accolta 
dalla Suprema Oorte, relativamente alla qualificazione 
del debito di indennit�, appare non tanto 
esatta, quanto necessaria. Ed infatti, l'art. 39 della 
legge dispone testualmente che �l'indennit� consiste 
nel giusto prezzo che, a giudizio dei periti,avrebbe 
avuto l'immobile in una libera contrattazione 
di compra vendita �. 
L'analogia legis, posta giustamente in evidenza 
dalla Cassazione, tra la fattispecie del citato art. 39 
e quelle regolate dagli articoli 1473 e 1474 ultimo 
comma Oodice civile, non potrebbe essere pi� manifesta. 


-86 


Se net giusto prezzo, affidato alla determinazione 
del terzo o dei periti, sono impliciti criteri esclusivamente 
oggettivi di valutazione, esso �, per questa 
sua caratteristica, debito di valuta e non � consentito 
attribuirgli una qualificazione in contrasto con 
la sua natura sostanziale. 

Certo anche nel giusto prezzo che, sia detto per inciso, 
non � esclusivo alle sole cose mobili, � implicito, 
come in ogni altro umano giudizio, una limitata ed 
ineliminabile relativit�, ma di essa per la sicurezza 
e certezza del commercio giuridico, il legislatore ha 
ritenuto di non dover tener conto ed all'interprete 
non � dato, almeno in sede di applicazione della legge, 
di censurarlo. 

N� si deve trascurare che nella stima dei periti 
il cui giudizio � formalmente (articoli 32-38) e sostanzialmente 
(artt. 39-45) vincolato da un particolare 
rigore, questo residuo di relativit� � ridotto al minimo, 
cos� da rendere la valutazione assai pi� oggettiva 
che non quella del terzo arbitratore, di cui agli articoli 
1473 e 1474 ultimo comma Codice civile. 

4. A queste conclusioni obietta ancora il Vitta: 
a) che vendita ed espropriazione sono istituti 
ilifferenti e che tale diversit� si riflette sul prezzo e 
sull'indennit� in modo da non consentire il ricorso 
all'analogia; 

b) che l'i'l'Jdennit� va ragguagliata al. denaro, in 

modo che, al momento in cui la si stabilisce defini


tivamente con la pronuncia giudiziale, essa possa 

servire a reintegrare il valore del bene perduto. 

Si potrebbe osservare che tali obiezioni sono gi� 

in gran parte superate. 

La prima dal rilievo che essendo il rapporto ana


logico tra prezzo e indennit� posto direttamente dalla 

legge, ogni ulteriore discussione � preclusa. 

La seconda dall'osservazione che il principio della 

reintegrazione del valore del bene perduto, con ri


guardo al giorno del pagamento, � riferibile, cos� 

astrattamente formulato, alle sole obbligazioni da 

responsabilit� extra contrattuale. 

Per le obbligazioni contrattuali, che comprendono, 
come '� noto, non solo quelle che derivano da un 
negozio, ma quelle che hanno la loro fonte in un 
rapporto giuridico preesistente tra le parti, vale il 
principio che esse obbligano a quanto vi � in obligatione. 


Solo, pertanto, dopo che si sia dimostrato che 
la indennit� � debito di valore, pu� essere invocato 
il principio dell'equivalenza 'con riferimento al 
giorno della soluzione e non viveversa. 

5. Pienamente d'accordo col Vitta che espropriazione 
e vendita sono istituti profondamente diversi: 
di natura privata con la fonte in un negozio, l'uno; 
di natura pubblicistica, culminante in un atto di 
autorit�, il quale racchiude il risultato finale di un 
procedimento, l'altro. 
Non bisogna tuttavia accentuare questa indiscussa 
autonomia al di l� di un certo punto, giacch� essa 
� dominata alle sue basi da una fondamentale unit� 
che si rammostra non soltanto nella disciplina generale, 
ma altres� nel regolamento di taluni momenti 
e situazioni degli anzidetti rapporti. 

Il preminente interesse pubblico, che domina la 
espropriazione, non esclude che si abbia in essa la 

concorrente, seppure subordinata, coesistenza di interessi 
e diritti privati, ai quali, in mancanza di 
una generale o speciale disciplina pubblicistica, 
si addice quel regolarrwnto privatistico che, senza 
contrastare con l'interesse pubblico, si conforma alla 
loro natura ed essenza. 

Questa commistione di elementi privati in rapporti 
di diritto pubblico � gi� stata da tempo messa in 
luce dalla dottrina (ORLANDO: Prin. di dir. amm., 
pag. 95; MEUCCI: Ist. di dir. amm., pag. 193), 
che non ha mancato altres� di ril�vare che vi sono 

� rapporti f ondame'ntalmente di diritto privato, che 
diventano pubblici solo perch� vi � in essi un elemento 
pubblico, cos� importante, da esigere la speciale 
tutela che compete a tale categoria di rapporti, ancorch� 
gli elementi privati siano in esso quantitativamente 
maggiori (FORTI: La nat. delle eone. 
amm., in cc Studi di Dir. pubb. n, vol. I; pag. 367). 
A questa sottospecie appartiene per l'appunto 
l'espropriazione per p.u., la quale, cc pur potendosi 
ravvicinare in fondo ad una compra vendita, esce 
dal diritto privato per la natura dell'interesse che 
mira principalmente a tutelare n (FORTI, op. cit., 
pag. 424). 
A tali rapporti va applicata non soltanto quella 
generale disciplina, che solo per ragioni storiche, 
ha avuto nel diritto privato la sua collocazione ed 
una pi� ampia e completa elaborazione, ma altres�, 
in via di analogia, quella disciplina privatistica, 
che sia pure con i necessari adattamenti, non contrasta 
con la sicura prevalenza dovuta al pubblico 
interesse (FORTI, op. cit., pag, 345, nota 36; GALLO: 
I rapp. eontratt. nel dir. amm., pag. 218 e passim). 
Tra vendita ed espropriazione esiste un'affinit� 
sostanziale e strutturale innegabile: entrambe adempiono 
ad una funzione di scambio tra una cosa ed 
il denaro ed in entrambe dominano gli elementi della 
corrispettivit� ed equivalenza. 
� bens� vero che l'effetto traslativo della propriet� 
� nell'una in dipendenza di un atto unilaterale 
dell'autorit�, mentre nell'altra esso � conseguente 
ad un in idem plaeitum eonsensus. Tuttavia dJ 
questi due atti diversi sono in gran parte comuni i 
presupposti e le condizioni. Nella vendita le due prestazioni, 
consegna e pagamento del prezzo, sono 
collegate in un sinallagma funzionale, che le rende 
strettamente interdipendenti e ne impone, di regola, 
l'adempimento contemporaneo (zug uro zug) con 
le con,~eguenze che dal sinallagma derivano: risolubilit�; 
exceptio inadimplenti non est adimplendum, 
ecc. 
Nell'espropriazione non "esiste un sinallagma funzionale, 
perch� ci� sarebbe incompatibile con la 
tutela del pubblico interesse, ma il pagamento dell'indennit� 
e l'autorizzazione all'occupazione, che 
sostituisce la consegna, diventano un momento della 
fase formativa del rapporto e ne precedono la perf ezione. 
L'art. 48 della legge vuole infatti non soltanto 
che � nel decreto sia indicato l'ammontare �ell~nihmnit� 
che fu assegnata con la perizia e di cui venne 
fatto il deposito o il pagamento n, ma esige anche che 
cc il prefetto pronunci l'espropriazione e autorizzi 
l'occupazione solo in seguito alla presentazione dei 
certificati comprovanti l'eseguito deposito o dei titoli 
giusti'/�cativi dell'effettuato p�gamento ''� 


' -67


Tutto ci� non deve far pensare ad un sinallagma 
genetico in cui il deposito o il pagamento dell'indenniti� 
sono collegati con il tra8ferimento e con l' autorizzazione 
all'occupazione, in modo da impedire, 
in mancanza di tale deposito o pagamento il perf e 
zionamento del rapporto (anche se questaconcezione 
pu� trovare qualche appoggio oltre che nel citato 
art. 48 anche negli articoli 834 e 838 Codice civile e 
42 della Costituzione}, ma � certo che senza deposito 

o pagamento dell'indennit�, il decreto di espropriazione 
deve essere dichiarato illegittimo, conw nulla o risolta 
deve essere dichiarata la vendita in cui il prezzo 
manca o non � stato soddisfatto. 
Vi � adunq,ue tra le prestazioni aventi per oggetto 
prezzo e indennit� un'identit� sostanziale, teleologica 
e in parte strittturale, tale da imporre ad esse, 
anche in difetto di un esplicito richiamo, l'identico 
trattamento, sempre, ben inteso, nei limiti in cui 
ci� non contrasta con la tutela del pubblico interesse. 

6. L'altra obiezione del Vitta si risolve nel pi� 
lato problema avente per oggetto la determinazione 
del momento a cui la stima deve aver riguardo. 
In dottrina il problema ha a?!uto varie soluzioni. 
Vi � chi ha ritenuto che il momento della stima coincide 
con quello della pubblicazione del piano particolareggiato, 
chi con quello della perizia, chi con 
quello dell'emanazione del decreto di espropriazione. 
Quest'ultima � la soluzione, che domina oggi senza 
contrasto in dottrina e in giurisprudenza (SABBATINI 
e BIAMONTI: Oomm., vol. I, pag. 622; 
ZANOBINI: Corso, vol. IV, pag. 303; OARUGNO: 
L'espropriazione per p. u., pag. 155; TURCIDARULO: 
L'espropriazicne per p. u., pag. 61, ecc. in 
� Giurisprudenza �; Cass. 7 maggio 1935, in �Foro 
It. �, 1935, I, 1324; Oass. 5 agosto 1935, in �Foro 
Amm. �, Il, 238 nonch� sentenze citate in cc Relaz. 
Avv. Stato l1, 1930-41, vol. I, 756; per la giurisprudenza 
meno recente 'Vedasi anche SABBATINI e BrAMONTI, 
op. cit., pag. 625). 

E mi 8embra quella esatta. 

Non nego che la concezione secondo cui occorre 
aver riguardo ad un momento anteriore al decreto 
(mai posteriore come vorrebbe il Vitta) ha un appoggio 
nella lettera e fu perci� autorevolmente sostenuta 
(MEuc01 : Ist., pag. 263; ROMANO : Principi, 
pa.g. 583), ma non pu� trascurarsi il principio basilare 
a tutti i rapporti di scambio, secondo cui le 
eventuali diminuzioni od aumenti di valore ricadono 
a danno o a vantaggio di colui al quale fu 
trasferita la propriet� (res perit emptori). 

L'espropriante non potrebbe, se il valore del bene 
fosse diminuito, invocare il dies solutionis per 
pagare una somma minore, cos� come l'espropriato 
non pu� ricftiedere una somma maggiore, se l' aumento 
si � verificato successivamente al giorno del 
trasferimento. 

Tanto i periti adunque, quanto l'autorit� giudi.
ziaria devonp aver riguardo non al dies solutionis, 
come ritiene il Vitta, n� al dies Iiquidationis, come 
� stato sostenuto per il passato, ma soltanto ed unicamente 
al dies obligationis, che, come si � visto, � 
il giorno dell'emanazione del decreto con il quale 
coincide il trasferimento della propriet�. 

Periti ed autorit� giudiziaria esercitano nella 
esplicazione di questa loro attivit� una funzione 

di mero accertamento; essi cio� stabiliscono in base 
a criteri oggettivi qual'� il giusto prezzo dell'immobile 
nel momento in cui l'effetto traslativo si � verificato, 
che � come dire nel momento in cui l'obbligazione � 
sorta e si � perfezionata. 

Esattamente quindi la Cassazione ha potuto dire 
che �sovrasta alla fase giudiziaria un ,cr.iterio di 
rettifica e di integrazione, inteso ad eliminare, con 
effetto meramente dichiarativo, gli even'tuali errori 
come ab initio inesistenti n. 

Ne si pu� dubitare che correggere un errore sia 
esercitare una funzione di esclusivo accertamento, 
dichiarare cio�, con effetto retroattivo, una situazione 
quale essa � in realt�, e che l'errore ha, a torto e 
provvisoriamente, modificata. 

L'obiezione, comune al Vitta e al Tribunale superiore 
delle Acque, che l'indennit� deve reintegrare 
il bene perduto, con riferimento al momento della 
liquidazione, sarebbe esatta solo se l'indennit� avesse 
una funzione riparatoria per la quale bisogna aver 
riguardo al momento del risarcimento, ma noi abbiamo 
gi� dimostrato che l'indennit� ha la funzione 
di costituire il corrispettivo in denaro dello scambio 
con la cosa nel momento in cui lo scambio si 
verifica. 

L'anfibologia propria del termine indennit� pu� 
aver dato appoggio all'opinione qui criticata, ma 
chiarito l'errore e tenuto presente che il termine indennit� 
ha nel nostro linguaggio due diversi significati, 
uno denotante l'importo dovuto a risarcimento 
del. danno derivato da un illecito, l'altro l'indennizzo 
dovuto a corrispettivo di un sacrificio legittimamente 
imposto, l'erroneit� dell'argomento appare manifesta. 

Ci� posto la soluzione accolta dalla Corte Suprema 
appare, dal punto di ;vista legale, ineccepibile. 

Altra e diversa � ovviamente la questione se, 
in sede di riforma legislativa, non sia equo adottare, 
per una giustizia distributiva dei rischi, la 
soluzione proposta dal Vitta con la sua prof onda 
esperienza, addossando all'espropriante la svalutazione 
incidente sull'eventuale supplemento di in� 
dennit�. 

Quello che ,qui preme rilevare � che a tale soluzione 
non si pu� ora giungere, perch� dove la legge 
provvede, non � dato far ricorso all'equit� a soli 
fini correttivi. 

Devo qui chieder venia ad altri studiosi, fra i quali 
ricordo, senza aver la pretesa di essere completo, 
il Calusi, il Carugno, il Casetta, il Materi, il Mosco, 
il Pallottino, il Pece e il Sanclulli, di non aver 
potuto, stante i limitati fini di questa recensione, 
richiamare e prendere in diretto esame i loro scritti. 

Devo poi chiedere scusa anche al cortese lettore 
se non ho esaminato l'altro aspetto della que8tione 
strettamente connesso con quello in esame, quali, 
cio�~ siano le conseguenze quando liquidatio culpa 
vel dolo differatur. Anche qui 'llale la giustificazione 
dei limiti, che mi sono inizialmente proposti. 
Accenno soltanto, in proposito, alla soluzione del 
Polacco (Le obblig. n:'.I dir. riv. ital., pag. 524), 
secondo il quale cc l'indugio acquisterebbe sitbito, 
in tal caso, quel carattere di imputabilit� Qb,e lo qualifica 
mora in senso tecnico n, giacch� anche se contrastata, 
mi sembra questa l'esatta soluzione. 

A. REBORI 

RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA 


ACQUE PUBBLICHE -Acque sotterranee -Usi di 2. Prima di esaminare le massime fissate dalla 

pubblico generaie interesse -Estrazione artificiale. 

sentenza � utile esporre brevemente le condizioni fi


(Corte di Cass., Sez. Unite, Sent. n. 217/52 -Soc. An. 

siche delle cinque sorgenti che sono state oggetto di

Acque di Cas.alotto c. Ministero dei Lavori pubblici, 
Comune di Catania e Soc. Idroelettrica Meridionale contestazione che sono dav1Jero non comuni e costidi 
Catania.) tuiscono un caso esemplare per l'applicazione dello 
� inciso >> di cui si' � detto avanti. 

1 . .Anche le acque estratte artificialmente dal Nel quinto elenco suppletivo delle acque pubbliche 
sottosuolo sono pubbliche ai sensi dell'art. 1 del per la Provincia di Catania approvato con regio deTesto 
Unico delle leggi sulle acque e sugli impianti rcreto 7 agosto 1936 vennero incluse le sorgenti Losano 
elettrici 11 dicembre 1933, n. 1775, quando ab-Oarcali, Tavolone, Consolazione, Madonna del Sanbiano 
od acquistino attitudine ad usi di pubblico gue alto e Madonna del Sangue basso. 
generale interesse. Le acque di dette sorgenti provengono dal massiccio 
L'inciso anche se artificialmente estratte dal sot-del monte Etna nel versante catanese e piu particotosuolo, 
sistemate e incrementate introdotto per la larmente verso Acireale. 
prima volta nel detto articolo del Testo Unico � Le pendici dell'Etna sul versante catanese verso 
pienamente conforme alla legge costituzionale. il mare, sono costituite attualmente da strati non 

regolarmente alternati di lava e di materiale �misto 

2. Il momento in cui deve valutarsi la capae 
detrisco prevalentemente argilloso, parzialmente 
cit� dell'acqua sotterranea ad usi di pubblico getrasformato 
dalla lava sopra incombente. 
nerale interesse � quello nel quale l'acqua affiora Sorvoliamo sulla genesi di una tale situazione geoalla 
superficie. Oi� �importa che se anche l'acqua� fisica, ricordando soltanto che queste masse di maportata 
alla luce sia la risultante della raccolta o teriale" compresso non costituiscono una completa 
del convogliamento di pi�cole scaturigini sotterseparazione 
fra i vari strati di lava, ma sono a forma 
ranee, singolarmente inidonee ad assolvere finalit� di lenti sicch� vi pu� essere comunicazione tra i vari 
di ordine generale, � in relazione alla portata glostrati 
di lava. . 
bale che deve determinarsene la natura giuridica. I movimenti vulcanici cui detta massa � andata 
soggetta hanno provocato dislocazioni e rotture che 

3. Il criterio stabilito dalla legge per riconoaccentitano 
la disformit� delle stratificazioni. 
scere la demanialit� delle acque sotterranee non In relazione alle piu recenti emersioni gli strati 
pu� essere derogato nemmeno quando siano ocsuperiori 
di tutta la massa sono quasi esclusivacorse 
per la estrazione opere di eccezionale immente 
formati di rocce laviche. Queste sia negli 
portanza. strati superiori che in quelli interni hanno tutte le 
caratteristiche delle roccie di natura eruttiva ed in 

1. La sentenza cho annotiamo � di grande imporparticolare 
di quelle basaltiche. 
tanza per la esatta interpretazione ed applicazione Tali rocce sono per propria natura impermeabili 
dell'art. 1 del Testo Unico delle disposizioni sulle ma il raffreddamento provoca in esse una diffusa 
acque e sugli impianti elettrici 11 dicembre 1933, nufessu 
razione e tale fenomeno provoca la cosidetta 
mero 1775; perch� ha detto una parola che spe
�permeabilit� in grande� facendo s� che pur senza 
riamo definitiva sull'inciso anche se artificialmente essf!re porose come le masse calcari, possono dar ~ 
estratte dal sottosuolo, sistemate e incrementate luogo ad una intensa circolazione idrica. 
inserito nella definizione delle acque pubbliche per Fatto il calcolo della pioggia ohe cade sul versante 
la prima volta nel Testo Unico suddetto. catanese dell'Etna, poich� quella che fluisce alla 
Speriamo� che l'insegnamento della Corte Suprema superficie � molto scarsa, deve ritenersi che il rimasia 
la parola definitiva perch� dopo quasi vent'anni nente coli nel sottosuolo attraverso la, fessu razione 
di applicazione della suddetta norma di legge vi era delle rocce. 
ancora qualche litigante tenace e qualche scrittore di Si verificano qui fenomeni analoghi a quelli che 
cose giuridiche affezionato ai vecchi concetti sulla si riscontrano nelle grandi pianure alluvionali pademanialit� 
delle acque, che ponevano il dilemma: dana e veneta, dove la presenza dei banchi discon


o l'inciso introdotto nella definizione dell'acqua pubtinui 
argillosi nelle alluvioni prevalentemente inblica 
dal Testo Unico non ha per nulla modificoerenti 
e permeabili regola la distribuzione e la circato 
la caratteristica delle acque pubbliche che � colazione dell'acqua sotterranea. La differenza fra 
quella di sorgere o fiuire ex naturali causa, o l'inle 
due formazioni consiste pUt che altro nella penciso 
� incostituzionale, perch� ha modificato le leggi denza degli strati, ma il fenomeno si svolge �f rri7J�o�� 
vigenti al momento della compilazione del Testo analogo. Solo che sulle falde dell'Etna data la preUnico, 
senza che i compilatori avessero i poteri per valenza della fessu razione verticale la circolazione 
attuare tale modificazione, idrica � prevalentemente in sonso verticale. 

-69 


Questo senso della circolazione� porta di conseguenza 
che l'emungimento delle acque del versante 
oatanese dell'Etna va fatto a mezzo di gallerie e non 
di pozzi. 

Cos� oper� la Societ� anonima Oasalotto soavando 
alcun.i chilometri di. galleria che adducon~ le acque 
del sottosuolo alle cinque sorgenti sopra indicate. 

. 3. La prima qtwstione sollevata dalla Sooiet� Acque 
di Oasalotto si pu� cos1. riassumere: ove all'inciso 
introdotto nella definizione delle acque pubbliche si 
vo~lia dare il significato che alle acque estratte artificial~
en_te .dal sottosuolo si debbano applicare gli 
stessi criteri che a quelle sorgenti e scorrenti naturalmente 
sulla superficie della terra l'inciso stesso � 
incostituzionale. ' 

La sentenza comincia con l'osservare: 

� � Ohe c?n. l'inciso in questione le acque sotterranee 
siano a~sir;iilate ;iel t;attamento giuridico alle acque 
superfici~li non e .seriamente contestabile, dopo l'interpretazione 
che. in tal senso ne ha dato nel non 
breve lasso di tempo trascorso, la prevalente dottrina 
e la costante giurisprudenza di questa Corte Suprema 
(senten.za 28 febbraio 1936, n. 686 14 luglio 1937 
n. 2478; 23 giugno 1939, n. 2147). 'La conferma del 
resto, se ne ha nella disposizione dell'art. 103 dello 
stesso Testo Unico, il quale, a proposito della ricerca 
e scoperta di acque sotterranee e dell'accertamento 
della loro qualit� da parte del Genio Civile 
subor~ina l'iscrizione di esse nell'elenco delle acqu; 
pu~bliche alla contestata esistenza dei requisiti fiss~
t~ :1-?ll'art. l,. mostrando cos� di riconoscere la riferibilita 
a tutte le acque superficiali o sotterranee della 
definizione di demanialit� in questo contenuta �. 
Ci� premesso la sentenza passa ad esaminare il 
carattere meramente dichiarativo e chiarificatore dell'.
inciso introdotto nella definizione dell'acqua publica 
osservando che l'aver la legge del 1919 fatto discendere 
la demania~it� dell'acqua dal solo criterio 
della possibilit� di utilizzarla per usi di pubblico 
generale. in_teresse, indica che questo criterio poteva 
adattarsi sia per le acque scorrenti in superficie sia 
per quelle estratte dal sottosuolo. 

. � Ma -prosegue la sentenza -pur se carattere innovativo 
debba riconoscersi all'inciso in esame esatto 
� da ritenersi il rilievo della sentenza denunciata che 
cos� a.mpio fosse il co;itenuto della delega al potere 
esecutivo, da non lasciare alcun dubbio sulla inclus~
one in questa della facolt� di integrare la definizione 
delle acque pubbliche data dal decreto del 1919 
i~ modo. d~ eliminare le incertezze manifestatesi pe; 
l innan.zi circa la natura delle acque artificialmente 
estratte dal sottosuolo, sistemate e incrementate. 

�Infatti con l'art. 2 della legge 18 dicembre 1927 

n. 2695, si conferiva facolt� al Governo di emanar; 
�disposizioni 
relativamente fra l'altro " alla derivazione 
ed utilizzazione delle �acque superficiali e sotterran~
e ,, e si aggiungeva che la delega come sopra 
conferita doveva essere esplicata con la formazionee 
di un unico testo, nel quale fosse tenuto conto delle 
norme legislativ"e gi� emanate '' nonch� dellB modifiche 
e~ inte~r~zi?ni occorrenti per il coordinato ed organico 
disciplinamento dell'intera materia,,. L'essersi 
congiuntamente menzionate le acque superficiali e 
sotterranee in riguardo alla disciplina da darsi alla 

loro derivazione ed utilizzazione e l'essersi espressamente 
consentito, per l'integrale regolamento della 
r:iateria, di modificare ed integrare le norme vigenti, 
-importava necessariamente unit� di concezione circa 
la natura giuridica di tutte le acque esistenti -Sia nella 
superficie sia nel sottosuolo, e, per conseguenza impossibilit� 
di distinzione tra esse in ordine alla de


. manialit� �. 


4. Le parole sorgenti fluenti e lacuali che si leggono 
nella definizione delle acque pubbliche contenuta 
nell'art. 1 del Testo Unico non indicano come 
� evidente, i requisiti delle acque pubbliche: Esse 
stanno a indicare lo stato fisico in cui appaiono le 
a?que su:lla superficie della terra. Le acque infatti 
ci al!paiono o nel momento che sorgono, o nel �momento 
che, trovato un alveo, fiuiscono o quando si 
allargano in specchi d'acque . 
I requisiti dell'acqua pubblica sono: la portata o 
da sola o insieme col bacino imbrifero o con relazione 
al sistema idrografico che siano tali da far ritenere 
l.'attitudine dell'acqua ad usi di pubblico generale 
interesse. 

Malgrado l'evidenza di questi concetti la difesa 
della Oasalotto aveva sostenuto (attribuendo alle tre 
condizioni fisiche sopra indicate la qualit� di requisiti 
della pubblicit�), che le acque che sono artificialmente 
estratte dal suolo, per essere pubbliche debbano,
� prima che siano estratte, trovarsi nel 'sottosuolo 
quali sorgenti fiuenti o lacuali. 

La Suprema Corte ha rilevato acutamente come 
la legge stessa neghi questa concezione (che dal punto 
di vista irlrologico appare un assurdo). Essa ha rilevato: 
� 

<< ...il fatto che nel predetto articolo si parli delle 
acque sotterranee con riferimento alla loro estrazione 
sta a dimostrare che per riconoscere la loro demania~ 
lit� deve aversi riguardo piu che allo stato in cui si 
trovano nel sottosuolo, alle caratteristiche con cui si 
presentano all'atto della utilizzazione, normalmente 
corrispondente all'atto rlell'affioramento, poich� � 
in tal atto che, cessando di essere segregate al di sotto 
della superficie terrestre e di essere quindi sottratte 
ad ogni possibilit� di sfruttamento, ne � consentita 
la valuta.zione della capacit�, in concreto o in potenza, 
di soddisfare a pubblici generali interessi. 

<< Oi� importa che se anche l'acqua portata alla 
luce sia la risultante della raccolta e del convogliamento 
~i. piccole scaturiggini sotterranee, singolarmente 
inidonee ad assolvere finalit� di ordine generale, 
� in relazione alla portata globale che deve determinarne 
la natura giuridica �. 

5. Oon ci� la sentenza viene gi� a indicare l'esatto 
significato dell'art. 103 del Testo Unico in ordine al 
momento in cui questo prevede che si debba << accertare 
la quantit� d'acqua scoperta>>. Sosteneva la Societ� 
Oasalotto che la quantit� d'acqua scoperta dovesse 
misurarsi al momento in cui essa sprizzava 
dalla roccia nei condotti sotterranei. �Ma in qr.rel� momento 
l'acqua non affiorava ancora alla superficie �� 
terrestre sul piano d'impiego e la sentenza ha precisato 
che l'acqua scoperta � quella affiorata o fatta affiorare 
sul piano d'impiego, normalmente la superficie 
della terra. 

-70 


E giustamente nota la sentenza che i criteri dettati 
dall'art. 103 per riconoscere il carattere demaniale 
dell'acqua fatta affiorare dal sottosuolo sono gli stessi 
di quelli dettati dalla legge per le acque superficiali . .. 

Ed infatti l'art. 103 richiama per tali criteri l'articolo 
1. 

6. Il richiamo che fa l'art. 103 all'art. 1 in ordine 
ai criteri indicativi della demanialit� dell'acqua importa 
che non solo sia richiamato il criterio della portata 
dell'acqua, ma anche quelli sussidiari del bacino 
imbrifero e del sistema idrologico. 
E anche questo concetto la sentenza ha precisato 
con esattezza. 

Essa riferendosi sempre all'art. 103 dice: � .. :cos� 
non esclude che l'attitudine stessa debba essere stabilita 
non in rapporto soltanto alla sua particolare 
portata, ma anche in relazione al bacino imbrifero ed 
al sistema idrografico, e quindi alla incidenza� che 
questi in proposito abbiano o possano avere �. 

Ohe poi nella specie si potessero le acque di Oasalotto 
riferire ad un sistema idrografico, non aveva 
rilevanza ai fini della decisione della demanialit� 
delle acque stesse, bastando il solo elemento della 
portata a farne ritenere l'attitudine a usi di pubblico 
generale interesse. 

Oomunque la esistenza di un sistema idrografico 
sotterraneo era sta~o ammesso in via di fatto dal Tribunale 
Superiore delle Acque, per cui la sentenza ha 
rilevato �che l'assunto della Societ� ricorrente � resistito 
dalla insindacabilit� del giudizio di fatto in proposito 
contenuto nella sentenza impugnata �. 

7. L'ultimo argomento esposto dalla Oasalotto per 
sostenere la propriet� privata delle acque si pu� riassumere 
nell'affermazione che l'eccezionale lavoro occorso 
per portare in superficie quelle acque sott�rranee 
rende inapplicabile il normale criterio di legge 
p.er U riconoscimento della demanialit�: la attitudine 
ad usi di pubblico generale interesse non sarebbe 
dovuta all'acqua ma all'industria dell'uomo. 
Era evidente che questa tesi era un ritorno sotto 
altra forma alla superata teoria della demanialit� limitata 
solo alle acque sorgenti o fiuenti ex naturali causa. 

La Suprema Oorte ha respinto anche questoultimo 
tentativo della difesa della Oasalotto osservando: 

� Orbene � evidente che, una volta riconosciuta nelle 
acque in qiwstione, sia per la loro portata che pel 
sistema idrografico al quale esse appartengono l' elemento 
caratteristico della demanialit� e cio� l'attitudine 
ad usi di pubblico generale interesse, confermata 
per di piu dalla loro attuale destinazione a tali 
usi, non pu� che trovare piena applicazione la legge 
che ilige in materia, cui l'asserita particolarit� del 
caso non consente deroga )). 

E. G. 
ESECUZIONE FORZATA -Somme contenute nelle 
casse clell'Amministrazione ferroviaria -Impignorabilit�. 
(Corte di Cass., Sez. 3", Sent. n. 755-52 Presidente: 
Valenza -Estensore: Petrella -P. M.: 
Criscuoli -Ferrovie dello Stato c. Abramo).� 

Le somme contenute nelle casse delle stazioni 
ferroviarie non possono essere pignorate in esecuzione 
di sentenze di condanna pronunciate contro 
l'Amministrazione ,ferroviaria, 

Riportiamo testualmente la motivazione di questa 
perspicua sentenza, la quale ha fatto giustizia delle, 
purtroppo, numerose decisioni dei giudici di merito 
che, in aperta violazione del principio generale codificato 
nell'art. 4 della legge 20 marzo 1865, avevano 
ammesso la possi1filit� di misure eseoutfoe su 
somme contenute nelle casse della Amministrazione 
ferroviaria e, in genere, nelle casse dello Stato. 

Bench� la sentenza si apra con l'affermazione che 
non si possa ammettere �l'assoluta immunit�� dall'esecuzione 
delle somme che si trovino nelle casse 
dello Stato, tuttavia, come si evince facilmente il 
testo della decisione, la possibilit� di misure esecutive 
su queste somme � da considerarsi praticamente 
esclusa. Oom'� noto � questa la tesi costantemente difesa 
dall'Avvocatura dello Stato. (Si veda in questa 
�Rassegna�, 1950, p. 82, la critica alla sentenza 
del Tribunale di Messina, ora cassata). 

�Osserva il Supremo Oollegio che l'Amministrazione 
delle ferrovie, deducendo l'illegittimit� della 
azione esecutiva sul danaro trovato nella cassa della 
stazione di Mes.sina, censura con l'unico motivo del 
ricorso la sentenza impugnata sotto il profilo della 
violazione degli articoli 828 e 830 e.e. degli articoli 54 
e 55 della legge sulla contabilit� generale dello Stato 
18 novembre 1923, n. 2440, degli articoli 213 e 270 
del regolamento approvato con regio decreto 23 maggio 
1924, n. 827, e dell'art. 4 della legge 20 marzo 
1865, all. E, sull'abolizione del contenzioso amministrativo. 


Il ricorso � fondato. Non � dato affermare n� l'asso


luta libert� dell'esecuzione forzata sulle somme che 

si trovino nelle casse deW Amministrazione dello 

Stato e degli Enti autarchici minori, n� l'assoluta 

immunit� delle stesse dalla esecuzione; la limita


zione legale � determinata dalla destinazione con


creta, e non meramente astratta e potenziale, a un 

pubblico servizio. 

Oon la concreta destinazione vengono in confiitto 

gli interessi generali con quelli dei privati, e il con


fiitto deve essere risolto con la prevalenza dei primi. 

La legittimit� della destinazione non pu� essere 

ostacolata o paralizzata da azioni esecutive, senza 

che la funzione giurisdizionale, contro il disposto 

dell'art. 4 della legge 20 marzo 1865, allegato E, si 

sovrapponga a quella amministrativa, turbandone 

il regolare svolgimento. 

Tale principio non disconobbe sostanzialmente il 

Tribunale, il quale ne fece per� nella specie errata 

applicazione nel ritenere che mancasse la specifica 

destinazione del danaro a un pubblico servizio. 

La destinazione concreta non � da intendere nel 

senso che debba essere analiticamente �prestabilita la 

spesa per cui una determinata somma rinvenuta 

nella cassa di una amministrazione pubblica sar� 

erogata. 

La destinazione di una entrata a un pubblico ser


vizio si opera in virtu .della iscrizione di essa con. 

altre entrate nella parte attiva del bilancio, alla quale 

fa riscontro la parte passiva rappresentata dalle 

spese. 

Questo collegamento nel bilancio dell'attivo corvil 

passivo ha una portata non meramente contabile, ma 

anche giuridica, in quanto importa che le entrate 

previste devono essere destinate per i fini indicati 

sotto la figura contabile delle spese. 


?7F7 vr nrcsmmr:::wc 



-71 

La destinazione non si attua singolarmente per 
entrate, in modo che a determinate entrate debbano 
corrispondere determinate spese, ma si att1la indifferentemente 
per tutte le entrate, nel senso che queste, 
iscritte in bilancio, sono globalmente, nel loro insieme, 
destinate alle spese: onde il rilevato errore 
di esigere, ai fini della impignorabilit�, l' a'Ybalitica 
determinazione della erogazione alla quale un'entrata 
� destinata. 


Ora, poich� il danaro che si trovava nella cassa 
della stazione di Messina faceva parte, come le somme 
che si trovavano nelle casse delle altre stazioni e 
nelle casse compartimentali, delle entrate iscritte nel 
bilancio dell' Amninistrazione ferroviaria, la destinazione 
di esse a un servizio pubblico appare manifesta. 


Indubbiamente, come il Tribubale consider�, nel 

. servizio pubblico rientra anche il pagamento dei debiti 
che l'Amministrazione contrae nell'esplicazione 
del servizio, senonch� obbligare l'Amministrazione a 
volgere le entrate a una erogazione dfoersa da quelle 
a cui sono in bilancio destinate, importa una inammissibile 
sostituzione della potest� giurisdizionale 
alla funzione amministrativa. 

Non vale obiettare che nei bilanci vi � sernpre un 
fonda di riserva per spese impreviste, poich�, operandosi 
nel bilancio, come si � dianzi notato, globalmente 
la destinazione delle entrate alle spese, il fondo 
di riserva, per la deficienza delle entrate, pu� rima


.nere assorbito dalle spese previste. 

N � del pari vale obiettare che nel bilancio di ogni 
amministrazione, compresa quella ferroviaria, vi � 
sempre lo stq,nziamento di una somma per pagamenti 
dovuti in seguito a sentenze: rientra pur sempre 
nella discrezionalit� dell'Amministrazione disporre 
nel tempo, secondo le contingenze, l'attuazione 
delle erogazioni previste, dando la precedenza ad alcune 
rispetto ad altre (salvo, nei riguardi dei comuni 
e delle provincie, il potere conferito alla giunta provinciale 
amministrativa dagli articoli 104 e 153 del 
Testo Unico della legge comunale e provinciale), 
stabilire la somma che si trova in un dato momento 
in una determinata cassa e che fa parte. delle entrate 
iscritte in bilancio debba essere devoluta all'una o 
all'altra erogazione, il che naturalmente non esclude 
l'eventuale responsabilit� della Amministrazione per 
il ritardo nell'adempimento delle sue obbligazioni. 

Poich� l'azione esecutiva non poteva nella specie 
essere esercitata sul danaro contenuto nella cassa 
della stazione ferroviaria di Messina, la sentenza 
impugnata deve essere annullata senza rinvio �. 

ESPROPRIAZIONE PER P. U. -Occupazione d'urgenza 
-Indennit� -Mancata offerta -Conseguenze Svalutazione 
monetaria. (Corte di Cass., Sez. II, 
Sent. n. 1039-52 -Min. Difesa-Aeronautica contro 
Giaia). 

Il debito dell'Amministrazione per il pagamento 
delle indennit� derivanti da occupazioni di urgenza� 
diventa debito di valuta solo quando l'Amministrazione 
occupante determini unilateralmente la 
indennit� che intende pagare. 

Se e finch� questa determinazione non vi sia 
stata il debito � di valore e su di esso incide la 
svalutazione monetaria. 

Riportiamo anzitutto testualmente quella parte 
della motivazione della sentenza che vuole giustificare 
le massime sopra trascritte. 

(( Presupposto inderogabile di legittimit� di tutto 
il procedimento e la corresponsione della giusta indennit�. 
Nella occupazione di urgenza basta per� che 
la Pubblica Amministrazione ai sensi dell'art. 72 
della legge stabilisca provvisoriamente la indennit� 
da corrispondere col provvedimento, che autorizza 
la occupazione o con altro successivo. Ma almeno 
tale indicazione provvisoria da parte dell'ammontare 
della indennit� deve avere luogo, perch� l'interessato 
possa in condizione di accettarla e di disporne in 
relazione ai suoi bisogni. In mancanza, il procedimento 
verrebbe a perdere tl carattere di legittimit� 
per la carenza di uno dei presupposti, che lo condizionano, 
con la conseguenza che la Pubblica Amministrazione 
occupante dovrebbe rispondere non tanto 
della indennit� ma dei danni per atto illegittimo e 
non pi� per atto legittimo. Ma anche a prescindere 
da tale considerazione giuridica, � innegabile che 
nella ipotesi, in cui la Pubblica Amministrazione 
occupante non curi in alcun modo n� durante la 
occupazione n� succes~ivamente di indicare la indennit� 
che ritiene giusta essa non rende possibile lo 
scambio delle prestazioni corrispettive, non rende 
cio� attuabile la trasformazione del diritto di godimento 
del bene del cittadino nel corrispondente credito 

di valuta. E sino al momento della conversione, il 

cui avveramento dipende unicamente dalla Pubblica 

Amministrazione occupante, non pu� parlarsi di 

debito di valuta. 

Pertanto il principio della incidenza dei rischi 

relativi alla svalutazione monetaria non pu� essere 

applicato in danno del privato ma, se nel caso, fun


ziona in danno della Pubblica Amministrazione 

che resta titolare del danaro correlativo con tutte le 

conseguenze economiche e giuridiche, che ne derivano. 

� da rilevare ancora che non prestandosi alla deter


minazione della indennit� dovuta per la occupazione 

di urgenza e quindi allo scambio la Pubblica Ammi


nistrazione col suo comportamento cagiona al pri


vato, che non pu� interferire nella attivit� di essa, 

una situazione deteriore, in quanto non gli rende 

possibile la accettazione della indennit�. 

E tale considerazione ha la massima importanza 

ai fini della svalutazione moneta.ria, giacch� la dder


minazione della indennit� con la susseguente possibi


lit� di riscuoterla, darebbe al privato la possibilit� 

di evitare il danno economico derivante dal diminuito 

potere di acquisto della moneta col tempestivo inve


stimento della valuta in beni reali �. 

Non ci sembra di prendere un abbaglio se affer


miamo che questa sentenza rappresenta una nuova 

variazione nel tormentato tema della incidenza della 

svalutazione monetaria sull'ammontare delle inden


nit� di espropriazione o di occupazione di urgenza. 

E la variazione � tanto pi� inaspettata in quanto 

oramai si poteva pensare che la giurisprudenza 

della Suprema Corte, se non qiwlla dei giudici di 

merito, si fosse consolidata su alcuni principi ben 

fermi: il principio, ad es., che l'unica distinzione 

da farsi, ai fini della incidenza della svalutazione 

monetaria, fosse tra debiti originariamente pecuniari 

e debiti che pecuniari diventano solo avverandosi 



-7UUllllllllJJ!lllAI~ 

-n- 
!I 

certe condizioni e certi presupposti posteriori all'atto 

o fatto dal quale sorgono. 
Era proprio in applicazione di questi principi 
ohe la Corte Suprema (e proprio la stessa seconda 
sezione) aveva affermato nella sentenza Bianchetti 

(n. 1432-51) che la indennit� per occupazione temporanea 
va determinata �in base alla utilit� economica 
ohe i beni sono capaci di arrecare al proprietario 
nel tempo della occupazione�; e che, al pari 
ohe per la espropriazione, anche per l'indennit� di 
occupazione temporanea si ha �fin dall'origine 
obbligazione pecuniaria vera e propria, cui � applicabile 
il principio nominalistico �. 
In detta sentenza non si faceva alcuna riserva 
in ordine alla ciroostanz� che la indennit� fosse stata 

o meno determinata fin dall'origine ad opera della 
Amministrazione. Ma, anche su questo punto, � 
la stessa Corte Suprema che con la sentenza 28 giugno 
1951 (cc Mass. Foro lt. �, 1951, p. 420) afferma 
categoricamente e, ci sembra con ineccepibile logica 
giuridica che << alloroh� trattasi di obbligazione che 
si concreti sin dall'origine in un debito pecuniario, 
il fatto che l'ammontare di questo si debba accertare 
per poi procedere alla liquida~ione non pu� alterare 
la natura dell'obbligazione, trasformandola da debito 
di valuta in debito di valore )), 
Di fronte a questa giurisprudenza cos� univo�a, 
non riusciamo veramente a vedere come possa giitstifioarsi 
la sentenza in rassegna; d'altra parte basta 
leggerla per rendersi conto che la Corte ha voluto, 
pi� che altro, sanzionare un preteso comportamento 
colposo dell'Amministrazione, assumendo la svalutazione 
come risarcimento del danno cagionato da 
tale comportamento. Ma, se tale intenzione pu� essere 
in astratto commendevole, non possiamo esimerci dal 
rilevare come sia, quanto meno pericoloso scendere 
a simili valutazioni in sede di Cassazione, quando, 
cio�, le qitestioni sono ormai ben delimitate nella 
loro precisa portata giuridica e non consentono ulteriori 
incursioni nel campo del merito. 

GUERRA -Poteri dell'occupante -Ordinanza in materia 
di commercio. (Corte di Cass., Sez. 2a;, Sentenza 
125/52 -Presid.: Ferranti -Estens.; D'ApoIito 
-P. M.: Toro -Raffinerie Olii Miner&li c. Societ� 
Sol. Sieri). 

� riconosciuta internazionalmente allo Stato 
occupante la potest� di emanare, nel territorio 
occupato, norme giuridiche vincolanti i cittadini 
di questo, e l'esercizio di tale potest�, se contenuto 
entro i limiti fissati dal diritto internazionale, deve 
essere considerato pienamente legittimo. 

Deve pertanto ritenersi la generica liceit� di 
un ordine dell'autorit� tedesca occupante il territorio 
italiano, avente per oggetto limiti della circolazione 
delle merci e disciplina dei commerci; 
n� potrebbe ritenersi contrario al diritto delle 
genti che le sanzioni, specie di indole pecuniaria, 
per l'inosservanza delle prescrizioni sui commerci 
fossero attribuite �lla competenza di organi amministrativi 
o ad uffici esecutivi dello Stato occupante, 
anzich� ad organi giurisdizionali. 

La questione dei limiti delle facolt� dell'occupante 
in tema di giurisdizione � indubbiamente complessa. 

Inutile � il ricorso all'art. 43 del Regolamento an


nesso alla Co�nvenzione dell' Aja. Tale articolo con


cede all'occupante di �prendere tutte le misure che 

dipendano da lui allo scopo di stabilire e assicurare, 

per quanto gli sia possibile, l'ordine pubblico e la 

vita pubblica, rispettando, tranne assoluta impossi


bilit�, le leggi in vigore nel paese �; �ma � chiaro che 

questa arcaica norma non orienta per nulla nel mare 

magnum delle esigenze belliche dell'occupante, alle 

quali fanno riscontro poteri praticamente illimitati 

(ofr. sulla indeterminatezza dei limiti, Capotorti, 

in �Rass. di Dir. pubbl .. �, 1948, II, p. 21). 

Si � tentato, partendo dal concetto che la fonte 

giurisdizionale dell'occupante � complementare a 

quella normativa (Capotorti, in �Giur. Compl. Cass. 

Civ.J), 1946, 20 sem., tomo I, p.1.05 e segg.; particolar


mente p. 110) di fissare il criterio che l� dove l'occu


pante mantiene l'intelaiatura della legislazione pre


esistente, debba parimenti mantenere in vigore la 

competenza giudiziaria dello Stato occupato. A con


trariis, l� dove l'occupante � costretto ad emanare 

nuove norme dirette a disciplinare l'ordine pubblico 

e la vita pubblica, egli avrebbe contemporaneamente 

facolt� di giudicare, per garantire l'applicazione 

delle norme da esso stesso emanate. Tale criterio � 

accolto, fra gli altri, dal Curti Gialdino �Riv. Dir. 

proc. ciV.JJ, 1948, II, p. 249 e segg., particolarmente 

p. 24 7-248). Per il Miglia.zza, invece (I/occupazione 
bellica, p. 135), sarebbero genericamente lecite 
quelle modificazioni all'ordinamento giudiziario 
che rimangono nei limiti della necessit� di garantire 
il pacifico svolgimento della vita civile. Criterio lac 
tissimo, come ognuno vede, in base al quale l'attivit� 
giurisdizionale dell'occupante verrebbe posta sullo 
stesso piano di quella legislativa e amministrativa, 
sulla cui generica liceit� non sembrano sussistere 
dubbi (cfr. Cass., 3 ottobre 1951, <<Mass. Foro It.�, 
1951, p.632). E, infatti, questa equiparazione � in 
altra parte esplicitamente ammessa dal M igliazza 
(op. cit. p. 117, nota 3). 
Diversi furono invece i criteri elaborati dalla-giu


risprudenza. 

In occasione dell'esame della legalit� della istitu


zione di una sezione speciale presso il Tribunale di 

Bolzano, destinata a trattare in lingua tedesca i pro


cedimenti interessanti i nativi dell'Alto Adige, la 

Cassazione osserv� che �l� norme di diritto interna


zionale non legittimano senz'altro ed incondizionata


mente l'occupante ad istituire nel territorio dello 

Stato occupato propri organi di giustizia, n� a mo


dificare l'organizzazione giudiziaria come preesi


stente; concedono per� in linea eccezionale tale fa


colt� solo quando ricorrono valide ragioni di neces


8it� bellica o di. opportunit� e di prestigio politico 

da valutarsi -secondo lo spirito del diritto delle genti JJ 

(Cass., 24agosto1949, �Foro Pad.�, 1950, I, p. 13 

con nota; Giur. Compl. Cass. Civ., 1948, II, p. 796 

eon richiami). Con altra sentenza 21 gennaio 1950 

. (Mass. Foro 
It., 1950, 39) la Corte Suprema ribad� 
ohe � l'autorit� straniera (tedesca) non cadde in eccesso 
dei poteri conferitile dalle norme di� diritto internazionale 
)) con l'istituzione delle predette sezioni, --di 
cui conferm� la legalit�. Aggiunse, in appoggio 
a questa soluzione, che cc l'autorit� italiana, durante 
e dopo l'occupazione, non propose mai impugnative 

o semplici proteste contro l'istituzione ed il funzio

-73 


namento di tali sezioni�. Osservazione di discutibile 
fondamento, giacch� � evidente che il potere dell'occupante 
di emanare bandi, proclami e ordinanze 
aventi valore normativo va apprezzato unicamente 
in base al diritto internazionale; e su questo apprezzamento 
non pu� infiuire la passivit� dello Stato 
occupato, per il quale le norme dell'occupante rimangono 
un mero fatto (Cass., 24 febbraio 1950, Mass. 
Fvro It., 1950, p. 95). 

Ci� equivale a dire che anche per le pronunce giurisdizionali, 
l'inerzia dello �Stato occupato non ne 
determina autonaticamente e di per s� l'integrale ricezione; 
questa si verifica solo se ed in quanto siano 
rispettati i limiti stabiliti dal diritto internazionale, 
il cui superamento pu� essere legittimato solo da una 
legge dello Stato occupato, che ne riconosca l'incondizionata 
validit�. Il che, come � noto, avvenne ri � 
spetto alla sentenza dei Tribunali alleati (cfr. Cass., 
27 aprile 1951, Giur. �Compl. Cass. Civ., 1951, I, 

p. 262; sui limiti d'l questo riconoscimento, Cass., 
Sez. Un. Pen., 14lttglio1951, Foro Pad., 1951, p. 949 
e richiami). . 
Tirando le somme di tutte queste elaborazioni dottrinali 
e giurispruden.ziali, devesi riconoscere che il 
risultato non � molto confortante: in realt�, non (> 
possibile stabilire criteri esatti per determinare nel 
campo della giurisdizione -i limiti del potere 
dell'occupante. 

Senza dubbio, di fronte ad una assoluta impossibilit� 
di far funzionare la giustizia in una determinata 
zona di occupazione se non creando nuovi orga~
i, l'occupante ha il potere (anzi, meglio si direbbe 
il dovere) di provvedere con apposite norme (cfr., per 
una succinta casistica, la nota del De Nova, in <e Foro 
Pad., 1948, I, p, 663). Per contro, le ragioni di opportunit� 
e di prestigio ricordate dalla Cassazione appaiono 
meno convincenti, e sono, comunque, eccessivamente 
generiche anche se ricondotte sotto la spirituale 
egida del diritto delle genti. Concetto, codesto, 
di altissimo significato, ma scarsamente pratico. 

Neppure sembra esatto, almeno in una sua indi 

stinta applicazione, il principio che l'occupante possa 

sempre garantire l'applicazione di una nuova norma 

con nuovi giudici, o nuove sanzioni. Anche qui pre


vale invece l'altro principio, che ogni modificazione 

dell'app'arato giurisdizionale deve esser contenuta nei 

piu ristretti limiti; ed � chiaro che, salvo casi ecce-. 

zionali, non v'� alcuna necessit� di sottrarre deter


minate controversie, civili o penali, al giudice ordi


nario preesistente. 

Tuttavia, da questi principi si � discostata la sen


tenza oggi annotata: e la divergenza si rivela ancora 

piu� netta, se si tiene presente la fattispecie da essa 

decisa. 

Una societ� italiana si era /vista confiscare dalle 
autorit� di occupazione tedesche un certo quantitativo 
di merce soggetta a denuncia e da essa non denunciata. 
I tedeschi avevano poi consegnato la merce 
confiscata ad un'altra ditta �italiana, che la aveva 
venduta, previe regolari autorizzazioni. Terminata 
la guerra, la prima ditta rivendic� dalla seconda la 

merce, sostenendo l'esistenza di un indebito arricchimento 
in quanto illegittima sarebbe stata la confisca, 
operrtta dall'occupante su ordini del RUK (Rustung 
und K riegsproduktion ). 

Bastano questi cenni per comprendere come la 
sentenza non possa essere accettata neppure nella 
sua formulazione letterale e l� dove parla di �iranzioni 
pecuniarie n. La confisca pu� essere una sanzione 
civile o patrimoniale, ma non � esatto qualificarla 
� pecuniaria �. 

]Jfa l'aspetto piu grave � l'ammissione del generico 
potere dell'occupante non solo di creare nuovi giudici, 
ma perfino di creare nuovi giudici amministrativi 
speciali, competenti per una sanzione come la confisca. 
Lo stesso art. 46 del Regolamento annesso alla 
Convenzione dell' Aja precisa, nel secondo comma, 
che � la propri�t� priv�e ne peut pas �tre confisqu�e 
�. 

� vero che questa impossibilit� � prevista rispetto 
ad atti bellici, e non alla confisca come sanzione per 
determinfLte violazioni: ma � altrettanto certo che il 
rispetto per la propriet� del � cittadino dello Stato 
occupato � fonda mentale nel diritto delle genti, n� 
pu� essere calpestato mediante semplici ordini o fatti 
amministrativi. Di ci� si rese ben conto la Corte Suprema 
nella sentenza annotata, giacch� nella motivazione 
precis� che, per stabilire la liceit� della confisca, 
cc occorreva accertare se nell'ordine o bando o 
altro atto� che �quell'obbligo di denuncia imponeva, 
fosse stabilita per i contravventori la sanzione della 
confisca, della merce, e l'applicazione di essa fosse 
riserl'ata non com'era nel nostro ordinamento giuridico, 
all'Autorit� giudiziaria, ma a organi ed uffici 
esecutivi dello Stato occupante. La legalit� di una 
sanzione non pu� ammettersi se non nel presupposto 
della esistenza di una norma che tale sanzione 
abbia disposto. Senza questo riferimento mancherebbe 
il criterio per distingitere, nell'apprensione di 
un bene del privato da parte dell'occupatore, la comminatoria 
per una trasgressione ad ordine imperante, 
da quel pillage che per le consuetudini internazionali 
e per espressa nonna della Convenzione dell'Aja � 
interdetto. Se la �norma manca, � e11idente che l'esistenza 
o l'inesistenza di responsabilit� per il terzo 
cui la merce pervenga, potr� essere. �esaminata da 
altri punti di vista, ma non sitlla base della legalit� 
dell'atto�. 

Tutto ci� � certamente esatto. Anche l'occupante 
ha, nella discrezionalit� delle sue determinazioni, alcuni 
elementari limiti f'.Yrmali. Perch� una sanzione 
sia tale giuridicamente, deve derivare da una fonte 
normativa, riconosciuta dal diritto internazionale. 
Ma ci� non basta a render accettabile la creazione di 
giudici speciali, quando la materia non presenti 
aspetti eccezionali ricollegabili all'anormalit� della 
situazione, tali da sottrarla neces8ariamente alla 
competenza dei giudfoi ordinari. Tanto meno accettabile 
� la devoluzione della sanzione allo stesso ur 
ficio esecutivo, specie quando la sanzione incide nella 
sfera della privata propriet� del cittadino, come si 
1Jerifica per la confisca. 

��A. C. 



ORIENTAMENTI GIURISPR.UDENZIALI 
DELLE CORTI DI MERITO 


� 


AGRICOLTURA -Agricoltori benemeriti -Decreto 
luogotenenziale 14 aprile 1945, n. 250 -Recupero 
dei contributi. (Tribun<tle di Perugia -Sent. 4 settembre 
1951 -Presidente ed estensore: Melfi -Spinola 
Antonio ed altri c. Ministero Agricoltura, Finanze 
e Tesoro). 

Il decreto luogotenenziale 14 aprile 1945, n. 250, 
emesso in forza del potere legislativo conferito al 
Governo dal decreto legislativo luogotenenziale 
25 giugno 1944, n. 151, � perfettamente costituzionale 
e non deve essere successivamente convertito 
in legge. . 

Il citato decreto luogotenenziale n. 250 del 1945 
non crea un nuovo tributo a carico degli agricoltori 
cosiddetti b�nemeriti, ma solo dispone il ricupero 
a carico degli stessi dei contributi loro concessi 
con atto amministrativo dallo Stato durante 
il fascismo. 

Il contenuto del decreto luogotenenziale n. 250 
sopra citato, � pertanto tale da poter formare oggetto 
di norme poste da una legge ordinaria quale 
� appunto il citato decreto legislativo. 

I/accertameJ).to della somma da recuperare � 
fatto direttamente dall'Amministrazione e la somma 
stessa � riscossa con la procedura ed i privilegi 
felle imposte dirette. 

Contro l'accertamento gli interassati hanno azione 
di impugnativa che deve fondarsi su vizi 
concreti e specifici dell'accertamento medesimo. 

Sentenza notevole per la rilevanza ed il numero 
delle questioni acutamente decise. 
Il Tribunale ha accolto la tesi sostenuta dalla 
Avvocatura. 

Riportiamo qui di seguito quella parte della motivazione 
nella quale si respingono le eccezioni d1: 
incostituzionalit� sostanziale mosse avverso il decreto 
luogotenenziale n. 250 del 1945. 

� Si vuole poi intravedere un indice dell'asserita 
incostituzionalit� del contenuto precettivo del decreto 
n. 250 del 1945 nella violazione di principU 
di ordine morale e giuridico, che debbono guidare 
l'attivit� di ogn'i soggetto ed in particolare quella dello 
Stato, il quale pi� dei singoli non pu� sottrarsi uni-

l~teralmente ed anche per ci� arbitrariamente all'obbligo 
di mantenere la parola data ed osservare l'impegno 
assunto. Va subito rilevato che la violazione 
del comando etico in tanto va riconosciuta efficiente 
nel campo giuridico, solo in quanto vi sia una recezione 
nell'ordinamento del comando stesso, che cos� 
acquista un carattere che l'etica da sola non era capace 
a conferirgli. Quindi, l'infrazione di un obbligo non 
� � ipotizzabile nella sfera regolata dal diritto se non vi 
sia una prescrizione di questo, cui in tal guisa non 
venga ad ottemperarsi. Da parte dunque i riferimenti 
a canoni della morale; rimane ancora come espressione 
di una realt� attuale la considerazione che non 
omne quod licet honestum est. Il principio cui s'intende 
alludere e che trova la sua remota origine nella 
promessa del Pretore romano sui pacta conventa 
non ha anzitutto quel carattere di inderogabilit� che 
gli si vuol attribuire, poich� non � di per se solo il 
volere delle parti interessate, fattore idoneo a produrre 
il vincolo, ma questo sorge solo quando l'esame compiuto 
per le varie ipotesi, dia come risultato la convenienza 
di attribuire la rilevanza giuridica. Esame 
questo che si effettua in sede legislativa e viene condotto 
o per singole ipotesi specifiche o per categorie 
pi� vaste di casi. Ma, anche a prescindere da ci�, 
ed a prescindere dai vari esempi contenuti nella legge 
positiva in cui non ostante l'assunzione di un impegno, 
questo rimane �improduttivo di effetti; o perch� non 
sussista un requisito di forma, o perch� vi sia una 
norma contraria: come in materia di sponsali, l'ordinamento 
per la �sua natura originaria non subisce 
vincoli che� provengano dall'esterno e perci� stesso 
nel suo divenire non incontra ostacoli per precetti 
da esso stesso p�sti, che sono sempre suscettibili di 
caducarsi o di venire derogati. Quindi la legge farmale 
tale � quella che dispone il recupero dei contri


' .

buti, non poteva incontrare la limitazione asserita 
e di conseguenza non violava il principio di ordine 
generale .indicato. Altra censura che si muove al legislatore 
del 1945 � quella con citi si denuncia la vigla __ 
zione del principio di irrevocabilit� della donazione 
che sarebbe il derivato dell'altro piu a'mpio che prJdica 
irrevocabilit� di ogni elargizione, tanto pU1, quando 
questa � avvenuta in aderenza al disposto di una legge 



-75 

Un simile rilievo avrebbe avuto la sua ragione d' essere 
se la restituzione dei contributi trovasse il suo 
fondamento in un atto �amministrativo: di esso � possibile 
l'annullamento quando una rivalutazione della 
situazione in cui fu posto in essere, porta a concludere 
che inizialmente vi era un vizio particolare al 
tipo, ne � anche possibile la 'revoca quando l'oggetto 
valutazione � la situazione successiva alla emanazione. 
Per� in questa ipotesi vi � un limite costituito 
dall'intangibilit� del diritto acquisito dal soggetto 
estranea all'ente. Ma ogni riferimento a tali principi 
non ha senso nel caso in esame, dove si discute della 
validit� di un atto che, come si � detto, presenta 
tutti i requisiti della legge formale. Con esso venne 
tolto all'attribuzione patrimoniale della quale hanno 
goduto gli attori, quel fondamento di legittimit� che 

ad essa forniva la precedente legge del 31 e venne 
cos� a configurarsi un caso d'indebito oggettivo. 

� Si � individuata un'altra violazione nella retroattivit� 
della legge del 1945, che ha posto nel nulla 
-si dice -dei diritti quesiti. Il principio della 
irretroattivit� � per� un semplice principio programmatico, 
qualora lo si consideri da un punto di vista 
generale, acquista invece valore di norma costituzionale 
soltanto con la vigente O ostituzione (art. 5) 
limitatamente alla materia penale (cfr. sentenza 
Cassazione 12 dicembre 1950, n. 2714). Si � profilato 
quale un principio autonomo quello della tutela 
dei diritti quesiti, che si � voluto anche definire come 
pregiuridico: non ricorre per� questa pretesa autonomia 
in quanto la salvezza del diritto quesito � il 
rifiesso della irretroattivit� della norma, e non ha 
rilievo quel carattere pregiuridico, giacch�, come si 
� gi� avuto occasione di osservare, -un comando, che 
preesista all'ordinamento, � in s� stesso inconcepibile, 
perch� delle due l'una, o vi � una necessitas 
proveniente dall'esterno che ne imponga la recezione 
ed allora non � !1-parlarsi di ordinamento giuridico, 
connaturato ad un'organizzazione statuale, 
pflr cui si postulano come requisiti essenziali le 
caratteristiche dell'originariet� e dell' autosufficiznza, 

o questa nece8sitas non 11i �, ed allora il comando � 
tale solo perch� ad esse l'ordinamento imprime carattere 
cogente. 
� Occupano due degli ultimi posti nella lunga elencazione 
di violazioni che si addebitano al legislatore 
del 1945 le deduzioni con cui si � denunciata la contraddizione 
del decreto n. 250 con gli articoli 42 a 3 
della Costituzione. A parte il rilievo che questa nel 
1945 era ancora al di l� da venire e che in quel tempo 
vigeva una Costituzione fiessibile e non rigida come 
l'attuale, la dimostrazione della intrinseca erroneit� 
di tali deduzioni si ricava dalle osservazioni che seguono. 
Quanto al primo punto il principio di eguaglianza 
va rettamente inteso come volto a garantire 
la parit� tra tutti gli individui appartenenti alla 
collettivit�, parit� che non pu� subire alterazioni in 
dipendenza del ceto sociale, o del sesso, o della razza; 
viene con ci� riconosciuta la personalit� umana, 
come entit� base unica per la protezione e la partecipazione 
alla vita giuridica. 

<' Ma quale relazione possa correre tra tale principio 
e la materia in esame, non � dato comprendere, 
il che porta a concludere per l'inconf erenza del richiamo. 


�Quanto al secondo punto, la propriet� cui nella 
Costituzione si volle dare una disciplina, sotto certi 
aspetti semplicemente programmatica, � considerata 
nella sua configurazione tecnica del diritto reale; e 
questa � assolutamente estranea alla presente controversia, 
in cui si discute invece su un obbligo di 
restituzione di entit� patrimoniali, per la successiva 
invalidazione del titolo di acquisto. Si termina con 
l'asserire che non era assimilabile la trasformazione 
in una specie particolare di tributo del credito per il 
ricupero: anche se ci� fosse, si dovrebbe ripetere che 
non vi erano limiti del genere per l'organo cui spettava 
nel 1945 il compito di legiferare, ma occorre 
pur sempre aggiungere che nella sostanza mancano 
i presupposti del tributo, e che quella trasformazione 
non vi fu giacch� ad essa non equivale l'estensione 
alla materia dei contributi delle forme di esazione 
delle imposte"� 

PROCEDIMENTO CIVILE -Procedimenti di istruzione 
preventiva -Accertamento tecnico relativo a 
procedimento pendente avanti una giurisdizione 
speciale -Inammissibilit�. (Presidente Tribunale 
di Roma, Sez. I, 14 marzo 1952 -Navazza contro 
Mini~tero Finanze). 

L'accertamento preventivo, qual'� previsto dagli 
articoli. 696 e 697 c.p.c. in relazione agli articoli 
694 e 695, ha lo scopo di acquisire elementi obiettivi 
di fatto da utilizzare in un futuro giudizio 
davanti la stessa autorit� giudiziaria adita per 
l'accertamento. 

Le controversie relative alla determinazione di 
valore di un immobile trasferito, ai fini dell'imposta 
di registro, sono devolute, ai sensi dell'art. 29 
regio decreto-legge 7 agosto 1936, n. 1639, alla 
giurisdizione delle Commissioni distrettuali e provinciali, 
di cui al citato regio decreto-legge, salvo 
ricorso all'autorit� giudiziaria ordinaria per grave 
ed evidente errore di apprezzamento o per mancanza 
ed insufficienza di calcolo. 

Non potendo,. l'autorit� giudiziaria, in sede di 
giudizio, disporre accertamenti probatori circa la 
consistenza dell'immobile, devesi correlativamente 
escludere che il Presidente abbia la potest� di 
disporre, in via preventiva, l'accertamento della 
consistenza predetta. 

Il Navarra, assumendo di dover procedere ad ur


genti lavori di riparazione dell'immobile acquistato, 

aveva chiesto, in pendenza del ricorso proposto alla 

Commissione distrettuale delle imposte l'accerta 


mento dello stato di consistenza dell'immobile. 

Il Presidente del Tribunale, con ordinanza ampiamente 
motivata, ha rigettato l'istanza, esattamente 
decidendo nel senso che i procedimenti d'istruzione 
preventiva, di cui agli articoli 692 e. seguenti c.p.c., 
siano ammissibili soltanto quando la controversia, 
in vista della quale sono richiesti, rientri .r.ieHa competenza 
dell' autor� giudiziaria ordinaria e quando _ 
la stessa, in sede di merito, abbia il potere di disporre 
i mezzi di prova richiesti in via preventiva. 

In difetto di ci� l'accertamento preventivo sarebbe 

inutile e, soprattutto, estraneo alla previsione legi_: 

slativa. 



RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 


I PROVVEDIMENTI SONO ELENCATI SECONDO L'ORDINE 

DI PUBBLICAZIONE SULLA t GAZZETTA UFFICIALE, 

I. 
1. 
Legge 1� marzo 1952, n. 113 (G. U., n. 65): Ratifica 
con modificazioni del Decreto legislativo 30 settembre 
1947, n. 1174, concernente modi'.ficazioni alle disposizioni 
del T. U. 28 aprile 1938, n. 1156. 
Le modifiche al T. U. contenute nel Decreto legislativo 
30 settembre 1947, n. 1174, riguardavano esclusivamente 
l'abrogazione dell'art. 227 relativo alla misura 
di ripartizione delle spese comuni (escluse quelle per il 
consumo dell'acqua, assicurazione dell'edificio, ascensore 
e termosifone), l'aumento della q1.i:ota per le spese di 
manutenzione dei fabbricati sociali (da pagarsi insieme 
alla quota mensile di ammortamento), nonch� la estensione 
della indennit� di carovita ai portieri dipendent.i 
da cooperative edilizie a contributo statale. 

Nessuna norma di questo Decreto legislativo n. 117 4 
del 1947 riguardava, dunque, la materia delle prenotazioni 
ed assegnazioni degli alloggi cooperativi, materia 
che, al momento della emanazione del Decreto legislativo 
n. 1174, continuava ad essere regolata esclusiyamente 
dal T. U. 28 aprile 1938, n. 1165. 

La nuova legge mentre ha ratificato il Decreto legislativo 
n. 117 4 del 1947 modificando alcune delle norme 
di quest'ultimo, ha addirittura dettato un complesso 
di disposizioni completamente estranee alla materia regolata 
dal precedente Decreto legislat��o. Per questa parte, 
che costituisce la parte prevalente e pi� importante, 
la legge 1� marzo 1952 costituisce certamente uno ins 
novum che nulla ha a che vedere con la ratifica del 
Decreto legislativo del 1947: e si tratta di iu8 novum 
importantis>1imo nella particolare materia, specie nell'attuale 
periodo in cui dopo la concessione dei finanziamenti 
statali in base alle varie leggi che si sono succedute 
dal 1947 un poi, le cooperative sono entrate nella viva 
fase della realizzazione dei loro programmi costruttivi 
e si trovano, quindi, a dover procedere alle prenotazioni 
ed assegnazioni a favore dei soci che ne hanno diritto. 

A noi non compete, in questa sede, fare la esegesi 
particolareggiata delle nuove norme. Quel che ci preme 
rilevare � che esse importano un notevole mutamento 
della regolamentazione precedente sia per quanto attiene 
alla valutazione dei requisiti snbiettivi (articoli 
10 e 12) per ottenere gli alloggi costruiti col contributo 
dello Stato, sia per quanto attiene alle condizioni ostative 
alle assegnazioni (propriet� di altro alloggio, precedente 
assegnazione di alloggio a contributo statale, 
iscrizione nei ruoli per determinati redditi), condizioni 
che vengo~o sensibilmente attenuate dall'art. 4 della 

nuova legge nei confronti di quanto disposto dall'art. 4 
della precedente legge 2 luglio 1949, n. 40_8 (legge Tupini). 

In questa situazione, escluso, cosi come va certamente 
escluso, il carattere interpretativo della nuova 
legge, torna a ripetersi il problema (gi� sorto per la 
legge Tupini nei confronti delle leggi precedenti) se le 
nuove norme debbano applicarsi immediatamente ai 
rapporti non ancora compiuti od esauriti al momento 
della loro entrata in vigore, ovvero se le stesse debbano 
incontrare il limite del rispetto di situazioni giuridiche 
consolidate o di fatti compiuti: ed, in questa seconda 
ipotesi, quali siano, nella particolare materia, 
queste situazioni e questi fatti. 

Senza pretendere, in questa sede, di esaurire il problema 
ci baster� indicarne i termini. Parlare, nella particolare 
materia, di diritti quesiti sarebbe del tutto inesatto, 
(!.ato che, come venne affermato in una perspicua 
decisione delle Sezioni Unite della Cassazione (sent. 6 
aprile 1946, n. 396, in �Foro It. >;, 1946, I, p. 439) in 

tutta. la fase precedente alla stipula del miduo individitale 

non sono in questione diritti subbiettivi, bensi solo 

interessi legittimi, 

Si tratta, peraltro, in questa materia in cui marcatamente 
intima � la compenetrazione dell'elemento 
pubblicistico con quello privatistico, di interessi di particolare 
consistente strettamente connessi, anzi facenti 
parte di un procedimento che porta all'acquisto del 
diritto di propriet� da parte del socio, attraverso varie 
fasi (prenotazione, assegnazione, consegna, stipula del 
mutuo individuale) che corrispondono a situazioni giuridiche 
che gradualmente si evolvono verso l'obiettivo 
finale. Con l'assegnaz�ione-consegna l'interesse del socio 
aspirante alloggio ottiene, in concreto, una realizzazione 
completa tutelata, sotto certi aspetti, persino neHe 
forme di tutela dei diritti soggettivi (tanto che si parla, 
inesattamente a nostro avviso, di uno ius ad rem nell'assegnatario). 


Ma anche la prenotazione (quando avvenga con formale 
delibera della Cooperat,iva, cos� come normalmente 
previsto dall'art. 96 del T. U.) conferisce al socio una 
posizione di particolare consistenza, tale, ad es., che 
pu� essere trasmessa agli eredi (art. 115 del T. U., modificato 
dall'art. 13 della nuova legge). .. 

In pratica, poi, succede che, effettuata la prel)ota-.zione 
(anche sulla pianta dell'edificio non ancora costruito), 
i singoli prenotatari eseguano gli adattamenti 
e lo modifiche individuali negli alloggi incontrando notevoli 
spese, ecc., ecc. Ora, tutto questo non pu� certamente 
essere stato ignorato dal legislatore, n� pu�, 
quindi, ignorarlo o trascurarlo l'interprete. 



-77 '--


Ne consegue che la legge 10 marzo 1952, n. 113, dovr� 
applicarsi, per la parte innovativa, con ogni cautela 
nei riguardi delle situazioni giuridiche ormai consolidate 
in base alle precedenti norme pi� rigorose circa i requisiti 
per la prenotazione ed assegnazione degli alloggi, 
evitando scompigli e contestazioni nella non sempre 
tranquilla e pacifica vit.a delle cooperative edilizie a 
contributo statale. 

2. Legge 14 marzo 1952, n. 158 (G. U., n. 75): Riordinamento 
del Casellario giudiziale. 
Su questa legge avevamo gi� formulato delle osser.
vazioni in sede di e~mme del relativo disegno, in questa 
Rassegna, 1951, p. 103. 
Dal testo ora pubblicato risulta che tutti i difetti 
da noi rilevati sono stati eliminati. 

3. Legge 22 marzo 1952, n. 166 (G. U., n. 77): Istituzione 
di un Comitato esecutivo della Cassa per il Mezz~giorno 
e nuove norme per i P!'estit?'. esteri. 
Si veda in questa Ras8egna, 1951, p. 149. 

4. Decreto del Presidente della Repubblica 15 febbraio 1952, 
n. 328 (G. U., n. 94-S.O.): Approvazione del regolamento 
per l'esecuzione del Codice della navigazion.~. 
II. 
SENATO DELLA REPUBBLICA 
Disegno di legge n. 2354 (iniziativa governativa): Modificazioni 
al Codice penale. 

Nell'attesa che sia condotta a termine l'elaborazione 
del nuovo Codice penale, sul progetto del quale hanno 
gi� espresso pareri �le Universit�, gli Organi forensi e la 
Magistratura -elaborazione particolarmente c?mplessa 
in regime democratico -per la terza volta, dopo la 
caduta del regime fascista, sono proposte, col disegno 
di legge j,p esame, modifiche al Codice penale vigente. 
Si � avuto, la prima volta, il decreto legislativo 14 settembre 
1944, n. 288 e, successivamente la legge 11 settembre 
1947, n. 1317: si propongono ora ulteriori modificazioni 
che investono, alcune, la tutela delle istituzioni 
repubblicane contro gl{ attentati (� da qualsiasi 
parte essi provengono '" dice la relazione al disegno); 
altre un'attenuazione del rigore di certi istituti, della 
parte generale e di quella speciale, del Codice vigente, 
secondo la tradizione giuridica ispirata ai principi liberali 
e democratici del Codice del 1889. 

Tredici sono gli articoli del progetto : in~eressa accennare, 
fra le norme che propugnano una maggior tutela 
penale della struttura politica della Nazione, all'art. 2, 
il quale prevede una nuova figura di reato, procedibile 
di ufficio, nel caso del pubblico vilipendio della persona 
di un membro del Parlamento o di un membro del Governo 
con riferimento alle sue funzioni : allo stato della 
legislazione tale fattispecie configura il delitto di diffamazione 
procedibile a querela, che � raramente presentata, 
ritenendosi il diffamato non offeso nella sua onorabilit� 
come individuo, a danno evidentemente del prestigio 
delle supreme istituzioni dello Stato. 

Ad una forma di diffamazione procedibile di ufficio si 
richiama l'art. 4 in cui � equiparata l'offesa ad un Corpo 

politico, amministrativo o giudiziario od a una pubblica 
autorit� costituita in collegio recata al cospetto di essi 
(prevista dall'art. 342 del Codice; nel progetto si considera 
ora anche il caso dell'offesa ad un Corpo o reparto 
militare o militarizzato o di una sua rappresei;itanza) a 
quella recata pubblicamente (questa innovazione � senza 
altro accettabile) o comunicando con pi� persone : con 
diminuzione di pena nella ultima ipotesi, che nella vigente 
legislazione ci sembra trovi congrua sanzione gi� 
nell'art. 595 u. c. del Codice,� in una figura di reato di 
cui la procedibilit� a querela appare pi� coerente alle 
modalit� di offesa del bene tutelato dalla norma. 

Fra le norme del progetto che tendono all'attenuazione 
del rigore di alcuni istituti del Codice vigente sono da segnalare: 
a) l'art. 10, che prevede una speciale diminuzione 
di pena nel caso della provocazione di particolare 
rilievo (in tal modo si ritorna a due forme di provocazione, 
con diversi effetti, gi� considerate nel Codice del 
1889) ed un ampliamento delle nozioni dell'attenuante 
della minima importanza nella preparazione e nella esecuzione 
del reato (di cui all'art. 114 del Codice), facendosi 
riferimento nel progetto' ad �importanza secondaria�, 
anzich� a � minima importanza � ed aumentandosi la 
misura di riduzione della pena resa nel progetto obbligatoria; 
b) l'art. Il, che ripristina le lesioni preterintenzionali 
consistenti nel fatto di chi, con atti diretti a commettere 
il delitto di percosse, cagiona una�1esione personale 
(non � stata ripristinata invece la figura di lesioni 
pret.erintenzionali nella ipotesi in cui -gi� prevista dal 
legislatore del 1889 -con un fatto diretto a cagionare 
una lesione si producano conseguenze pi� gravi di quelle 
volute: e la giustificazione del parziale ritorno alla precedente 
disciplina dell'istituto � data dal Relatore al 
progetto, col richiamo ad una non ortodossa nozione 
della preterintenzione. Afferma invero il Relatore che 
�la preterintenzione, secondo il Codice, � ammissibile 
solo quando la conseguenza non voluta determinerebbe, 
se volute, il passaggio ad un titolo di reato diverso e non 
anche quando la conseguenza stessa, se voluta, importerebbe 
un semplice aggravamento del reato senza produrre 
mutamento del titolo �. Che�nel Codice vigente l'unico 
caso di delitto preterintenzionale sia quello di cui all'art. 
584, nel quale si ha il passaggio ad un titolo di reato 
diverso, � indubbio, ma non si pu� da ci� trarre la illazione 
che ha preteso il relatore al progetto in parte 
de qua, in quanto la nozione del delitto preterintenzionale 
� contenuta nell'art. 43, in cui si parla di evento 
dannoso o pericoloso pi� grave di quello voluto dall'agente, 
e non di passaggio ad un titolo di reato diverso. La 
nozione del ritorno alla meno recente disciplina solo parziale 
pu� essere piuttosto un'altra : pu� consistere, cio�, 
nella difficolt� di accertare nel caso concreto quale � 
stato l'elemento psicologico originario del commesso 
reato di lesioni gravi o gravissime. Sembra, per�, che sia 
parimenti difficile l'accertamento suddetto anche nella 
fattispecie di lesioni rispetto alla pretesa originaria 
intenzione del reato di percosse onde, ammessa la preterintenzionalit� 
in questo caso, non la si dovrebbe escludere 
nell'altro, non ripristinato nel Progetto. per ragioni 
teoriche che non appaiono attendibili; e) l'art. 13 in:.. 
fine che, per eliminare l'inconveniente delle condanne 
sproporzionate alla scarsa rilevanza del fatto commesso 
nelle ipotesi di furto aggravato, distingue le circostanze 
secondo la loro maggiore o minore gravit� e fissa per le 
une un aumento di pena maggiore che per le altre. 


INDI e E s I s T E-MA TI e o 
DELLE CONSULTAZIONI 


LA FORMULAZIONE DEL QUESITO NON RIFLETTE IN ALCUN MODO LA SOLUZIONE OHE NE � STATA DATA 

AMMINISTRAZIONE PUBBLICA. -I) Se l'O.N.C., 
per l'acquisto di un fondo da destinare ai suoi fini istituzionali, 
possa prescindere dall'autorizzazione, prevista 
dalla legge 5 giugno 1950, n. 1037, relativa agli acquisti 
di immobili da parte delle persone giuridiche (n. 127). 
-II) Se la Gestione Raggruppamento Autocarri (G. 
R.A.) abbia la natura di Amministrazione statale 

(n. 128). -III) Se il Commissariato della Giovent� 
Italiana, essendo tuttora in liquidazione, possa stare in 
giudizio in persona del Commissario pro tempore, nonostante 
che il R.D.L. 2 agosto 1949, n. 704, disponesse 
che i compiti, gi� demandati alla G.I.L., venivano deferiti 
ai Ministeri della Difesa e della Pubblica Istruzione, 
secondo le rispettive competenze (n. 129). 
ANTICHIT� E BELLE ARTI. -Se su cose, temporaneamente 
importate in Italia e non pi� esportate 
nel prescritto termine quinquennale riconosciute di 
interesse artistico, lo Stato possa esercitare il diritto di 
acquisto previsto dall'art. 39 della legge 1� giugno 1939, 

n. 1089 (n. 20). 
APPALTO. -I) Se l'anticipata consegna dei lavori, 
prevista, nei casi di urgenza, dall'art. 337 della legge sui 
lavori pubblici e disposizioni correlative, esenti l'Amministrazione 
dall'osservanza dei termini di cui agli articoli 
7 e 13 della legge stessa (n. 154). -II) Se l'appaltatore 
rimanga vincolato oltre detti termini, ove la 
mancata stipula del contratto dipenda da manchevolezze 
del progetto, per la cui esecuzione sia stata esperita la 
licitazione privata (n. 154). 

CINEMATOGRAFI. -Se il nuovo ordinamento della 
cinematografia, disposto con la legge 29 dicembre 1949, 
n_. 958, possa essere esteso al T�rritorio Libero di Trieste 
(almeno alla Zona A) (n. 7). 

COMPRAVENDITA. -Se in una compravendita 
possano porsi dei limiti alla disponibilit� della� propriet� 
da parte dell'acquirente, che non siano quelli stabiliti 
dall'art. 42 della Costituzione o da tassative disposizioni 
legislative (n. I). 

COMPROMESSI ED ARBITRI. -I) Se la potest� 
di nominare un arbitro per dirimere le controversie 
in materia di opere pubbliche tra impresa e amministrazione, 
gi� spettante al Governo Militare Alleato, a norma 
delle disposizioni contrattuali, competa, dopo la cessa


zione del medesimo governo, all'Amministrazione italiana 
(n. 5). -II) Se, cessato il G. M. A., possa richiedersi 
la nomina dell'arbitro al Presidente del Tribunale 
competente, a norma dell'art. 810 c.p.c. (n. 5). -III) Se, 

. 
in seguito alla cessazione del G.M.A., al quale � subentrata 
l'Amministrazione italiana, una clausola compromissoria, 
che attribuiva al Governo Alleato medesimo, 
la potest� di nomina di un arbitro, sia stata sostituita 
dalla clausola prevista dal capitolato generale delle 
opere pubbliche (n. 5). 

COMUNI E PROVINCIE. -I) Se l'occupazione di 
suolo comunale, a suo tempo occupato dalle Forze alleate 
e successivamente consegnato all'Amministrazione 
delle Poste e Telecomunicazioni, possa considerarsi, nei 
confronti di quest'ultima, come abusiva (n. 31). II) 
Se la Amministrazione delle Poste. e Telecomunicazioni 
sia tenuta al pagamento della tassa di plateatico 
per occupazione di suolo comunale (n. 31). -III) Se 
all'Autorit� governativa competa il controllo sostitutivo 
sugli organi ordinari di amministrazione di un 
ente pubblico istituzionale locale (nella specie Ente 
finanziario per il miglioramento culturale ed economico 
della provincia di Trento (n. 32). -IV) Se l'indennit� 
di contingenza da corrispondere al personale delle 
Esattorie delle imposte dirette, debba essere calcolata, 
ai sensi dell'art. 5 della norma integrativa dell'accordo 
collettivo di lavoro 28 marzo 1946, in base alla popolazione 
del Comune che � sede dell'esattoria o in base 
alla popolazione della localit�, nella quale in concreto 
il dipendente esattoriale presti il suo effettivo servizio 

(n. 33). -V) Se il provvedimento di scioglimento di 
amministrazione comunale, ai sensi dell'art. 149 del 
T. U. del 1915,per gravi motivi di ordinepubblico, possa 
considerarsi qtto politico (n. 34). 
CONCESSIONI. -I) Se il disegno di legge regionale, 
concernente l'acceleramento della procedura per la concessione 
delle terre incolte, possa dar adito ad impugnativa 
per motivi di illegittimit� costituzionale (n. 29). II) 
Se possa limitarsi il sindacato giurisdizionale sui 
decreti prefettizi di concessione di terre� ai soli casi di 
vizi di illegittimit� e di eccesso di potere (n: 29). -=Se 
le controversie derivanti dalla liquidazione dei rapporti 
fra le parti, nel caso in cui la Commissionenon accolga 
la domanda e la Cooperativa sia stata gi� immessa 
in possesso per decreto prefettizio, possano essere sottratte 
alla competenza dell'Autorit� giudiziaria (n. 29). 



79 


CONTABILIT� GENERALE DELLO STATO. I) 
Se sia valida l'aggiudicazione ad un'impresa, quando 
essendo previsto tra le condizioni di ammissibilit� alla 
gara che la Direzione tecnica dell'Impresa stessa, sia 
tenuta da un ingegnere o da un architetto, regolarmente 
iscritto nell'Albo professionale, risulti, dopo l'aggiudicaz.
ione, che il nominativ~ designato non era� iscritto 
regolarmente (n. 86). -II) Se la riscossione dei mandati 
per il pagamento dei debiti per forniture ai partigiani 
implichi accettazione della liquidazione dei de.biti 
stessi come fatta all'Amministrazione (n. 87). -III) Se 
la formula � pagamento a saldo per la fornitura, ecc. �, 
per la quale il creditore quietanza, equivalga all'altra 
� dichiaro di non aver pi� nulla a pretendere � (n. 87). 

CONTRIBUTI. -I) Se i contributi speciali sulla 
distribuzione dei prodotti pE;Jtroliferi, istituiti col regio 
decreto-legge 6 aprile 1944, n. 106, abbiano natura di 
tributi (n. 1). -II) Se sia opportuno sperimentare 
le azioni per conseguire i contributi sui quantitativi di 
prodotti petroliferi, assegnati e non usufruiti, quando 
il sistema di assegnazione sia aV"Venuto mediante carte 
carburante o buoni di prelevamento, rilasciati dalle 
autorit� competenti (n. 1). -III) Se sia opportuno 
sperimentare le dette azioni, quando si sia proceduto 
all'assegnazione a seguito di specifica richiesta delle 
ditte interessate (n. 1). 

DEMANIO. -I) Se i ghiacciai facciano parte del 
Demanio pubblico dello Stato (n. 80). -II) Se i terreni, 
che costituiscono le pareti del ghiacciaio, siano da considerarsi 
demaniali (n. 80). 

ESECUZIONE FISCALE. -Se sia ammissibile la 
possibilit� di atti esecutivi sui beni della Gestione Raggruppamento 
Autocarri (G.R.A.) (n. 23). 

ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT�. I) 
Se il diritto di retrocessione dei beni espropriati, di 
cui agli articoli 60 e 63 della legge sull'espropriazione 
per causa di pubblica utilit� sia prescrittibile (n. 71). II) 
Se sia possibile la retrocessione dei beni non utilizzati, 
ove, in corso del pro�edimento di esproprio, sia 
intervenuta l'alienazione consensuale del bene (n. 71). 
-III) Se, in mancanza di termine espresso o prorogato 
per l'esecuzione dell'opera, il lungo decorso del 
tempo, che renda incompatibile l'esecuzione delle medesime, 
possa legittimare la richiesta di retrocession~ 
dei beni (n. 71). 

FERROVIE. -I) Se gli agenti delle Ferrovie dello 
Stato, danneggiati politici, ai quali � stata conferita a 
titolo di revisione carriera la promozione a fuochista 
con decorrenza 1� gennaio 1924, ai sensi dell'art. 8 del 
decreto legislativo 12 dicembre 1947, n. 1488, possano 
essere ammessi a sostenere, sempre al suddetto titolo, 
gli esami per macchinista in conto della sessione indetta 
con il decreto ministeriale 27 febbraio 1934, n. 2310, 
cui non potevano partecipare a suo tempo per difetto 
di nomina a fuochista (n. 146). -II) Se, in caso di cessazione 
di concessioni di ferrovie all'industria pri;vata 
prima della scadenza, lo Stato possa vantare un diritto 
di propriet� sui materiali acquistati col suo contributo 

o soltanto un diritto di credito al rimborso del contributo 
per la quota corrispondente alla residua durata della 
concessione stessa (n. 147). -III) Se il diritto di credito 
dello Stato debba essere ragguagliato ad una quota 
parte del valore attuale dei materiali, corrispondenti 
alla detta residua percentuale di cpntributo (n.147). IV) 
Se possa pretendersi risarcimento di danni dalla 
Amministrazione delle Ferrovie dello Stato, p�r non 
aver questa messo a disposizione del richiedente il 
materiale ferroviario occorrente alla ripresa di un film 
nell'ora richiesta, ove l'Amministrazione medesima.non 
abbia assunto alcun impegno formale in tal senso (n. 148). 

IMPIEGO PRIVATO. -I) Se l'indennit� di contingenza 
da corrispondere al personale delle Esattorie delle 
imposte dirette, debba essere calcolata, ai sensi dell'art. 
5 delle norme integrative dell'accordo collettivo 
di lavoro 28 marzo 1946, in base alla popolazione del 
Comune che � sede della esattoria o in base alla popolazione 
della localit�, nella quale in concreto il dipendente 
esattoriale presti il suo effettivo servizio (n. 22). II) 
Se la legge sull'impiego privato (art. 6, 3� comma) 
riferisca la conservazione del posto in caso di malattia 
dell'intero rapporto o soltanto a un periodo ristretto 
di servizio, come per le ferie (n. 23). 

IMPIEGO PUBBLICO. -I) Se il nuovo procedimento 
disciplinare, che si effettua dopo l'annullamento, 
in sede di ricorso gerarchico del prece�ente procedi~ 
mento, abbia carattere di giudizio di rinvio (n. 292). II) 
Se nel nuovo procedimento l'interessato possa proporre 
istanza di ricusazione, ai sensi delle disposizioni � 
dell'art. 61 (Io comma) e dell'art. 64 (n. 3) del c. p. p., 
richiamate dall'art. 11 del regio decreto 13 settembre 
1940, n. 1469 (n. 292). -III) Se gli agenti delle Ferrovie 
dello Stato, danneggiati politici, ai quali � stata conferita 
a titolo di revisione carriere la promozione a 
fuochista con decorrenza lo gennaio 1924, ai sensi dell'art. 
8 del decreto legislativo 12 dicembre 1947, n. 1488, 
possano essere ammessi a sostenere, sempre al suddetto 
titolo, gli esami per macchinista in conto della sessione 
indetta con il decreto ministeriale 27 febbraio 1934, 

n. 2310, cui non potevano partecipare a suo tempo 
per dif�tto di nomina a fuochista (n. 293). -IV) Se 
una trasgressione disciplinare commessa quando erano 
in vigore determinate norme possa essere punita a norma 
di altre disposizioni frattanto intervenute (n. 294). V) 
Se l'art. 15 del decreto legislativo 3 settembre 1946, 
n. 143, a norma del quale � consentito, agli effetti della 
riliquidazione della pensione, il cumulo del servizio prestato 
dall'impiegato prima dell'allontanamento per 
motivi razziali o politici con quello reso o computato 
valido posteriormente, sia applicabile soltanto agli impiegati 
che non abbiano potuto godere del beneficio 
di siffatto cumulo, ai sensi dell'art. 10 del decreto luogotenenziale 
19 ottobre 1944, n. 301, perch� non pi� in 
possesso del requisito dell'et� o perch� colpiti da inabilit� 
sopravvenuta (n. 295). -VI) Se, in linea di principio, 
le dimissioni di ufficio siano applicabili agli impie� 
gati non di ruolo (n. 296). -VII) Se un direttore distrettuale 
dell'UNRRA-Casas possa adottare prOVY.edirrienti 
in ordine alla risoluzione del rapporto di impiego dei. 
dipendenti dell'Amministrazione (n. 296). -VIII) Se 
l'indennit� di funzione e l'assegno perequativo, istituiti 
con la legge 11 aprile 1950, n. 130 (recante norme per 
l'aumento degli stipendi, paghe o retribuzioni dei dipendenti 
statali), siano da considerarsi quali� retribuzioni 


;: 


-80 

equivalenti " allo stipendio, ai sensi dell'art. 2 del decreto 
presidenziale 5 gennaio 1950, n. 180 e siano, pertanto, 
pignorabili e sequestrabili (n. 297). -IX) Se 
possa revocarsi il provvedimento di nomina di un sot� 
tufficfale. del C.E.M.M., essendo emerso, in sede di revisione, 
che egli aveva prestato servizio (non operativo) 
nella Marina della v.s.i. dal settembre 1943 alla data 
della liberazione (n. 298). 

IMPOSTA SULL'ENTRATA. -Se un'impresa possa 
ottenere il rimborso delle somme pagate per i.g.e. e 
per imposta di registro, dato che nell'atto di cottimo 
con l'Amministrazione � stabilita la relativa esenzione, 
ove detta esenzione non trovi riscontro in norme legislative, 
che l'autorizzino (n. 29). 

IMPOSTE E TASSE. -I) Se l'Amministrazione 
delle Poste e Telecomunicazioni sia tenuta al pagamento 
della tassa di plateatico per occupazione di suolo comunale 
(n. 171 ). -II) Se, a norma del decreto n. 107 
del 26 febbraio 1948, concernente la riduzione della 
addizionale sull'imposta di fabbricazione, debba la 
riduzione applicarsi, nei casi in cui il debito di imposta 
non sia ancora completamente estinto, solo per il quantitativo 
di merce non ancora coperto nei pagamenti 
gi� eseguiti sotto il precedente regime d'imposta pi� 
elevato (n. 172). -III) Se, nei casi in cui il debito di 
imposta non sia ancora completamente estinto, debba 
la riduzione ulteriore dell'imposta medesima, disposta. 
dal successivo decreto n. 1419 del 1948, applicarsi a 
tutto l'imponibile accertato sotto il regime d'imposta 
pi� elevato (n. 172). 

INFORTUNI SUL LAVORO. -Se esista l'obbligo 
dell'assicurazione infortuni del personale domestico, 
~ipendente dall'Amministrazione militare (n. 28). 

INVALIDI DI GUERRA. -Se l'Opera Nazionale 
per gli Invalidi di guerra possa assistere gli invalidi nel 
periodo intercorrente tra la data di emanazione del 
decreto ministeriale che riconosce il diritto alla pensione 
di guerra e la data, spesso anteriore, dalla quale decorre 
la pensione stessa, o nella quale sia riportata la lesione 

o l'infermit� (n. 1). 
IPOTECHE. -Se le societ� assicuratrici, che garantiscono 
la copertura della ca~zione di esercizio con immobili, 
debbano dimostrare, oltre che la libert� dei 
fondi offerti in garenzia delle ipoteche, anche la rinunzia 
o l'estinzione di privilegi fiscali sul loro patrimonio, 
come quello previsto dal T. U. 9 maggio 1950, n. 203, 
sull'applicazione dell'imposta straordinaria sul patrimonio 
(n. 7). 

LOCAZIONI. -I) Se, in caso di mancata inserzione 
nei contratti stipulati tra il titolare di ricevitorie postali 
.e il proprietario dell'immobile locato della clausola 
prevista dall'art. 52 del Regolamento 1937, n. 2161, 
relativa al diritto di subentro in luogo del gestore da 
parte dell'Amministrazione, possa tale pretesa farsi 
egualmente valere (n. 64). -II) Se l'obbligazione del 
conduttore di pagare il nuovo canone, determinato a 
norma della legge 23 maggio 1950, n. 253, sorga solo 
al momento in cui il locatore gli porta a conoscenza di 
.volersi avvalere. della disposizione di legge (n. 64). 

MINIERE. ~ Se il disegno.di legge regionaie, <1oncernente 
la nomina di oomrnis1;1ari straordinari per il 
riassetto delle aziende minerarie della Regione, possa 
dar adito ad impugnativa per motivi di ,illegittimit� 
costituzionale (n. 5) .. 

NAVI. -I) Se la olausola dell'art. 12 del contratto 
di trasporto marittimo del sale, stipulato con la Societ� 
Lloyd Mediterraneo, debba intendersi nE;Jl senso che 
la promessa dell'Am;ministrazione di, effE;Jttuare, quando 
le sia possibile .e nella misura consentita di;tlle contin,
genze, la discarica o il carico contemporaneo dei natanti 
sia una facolt� non..controllabile dalla controparte e, 
quindi, non ..costituisca un vero obbligo contrattuale 
con le relative consegue:p.ze per il mancato adempimento 
(n. 51). -II) Se L'Amministrazione abbia diritto 
al ~ompenso per despatch-money, qualora, per 
effetto del mancato :computo tra le stallie dei quantitativi 
di sale esistenti a bordo ~ mome'nt~ dell'inizio 
del turno di carico (o discarico), si riesca a caricare (o 
discaricare) in un termine inferl.9re �a quello assegnato 
per le stallie (n. 51). 

OPERE PUBBLICHE. -;--I). S,e le opere da eseguire 
a norma della legge 20 ,marzo. 19-;il, n. 366, sulla disciplina 
del}a raccolta,. trasporto e smaltimento dei. rifiuti 
urbani, debbano essere approv~~e dalla speciale Com~ 
missione prevista dalla legge stessa, atteso che la Commissione 
medesima non � attualmente costituita (n. 21). 
-II) Se la anticipata c�nsegna dei lavori, prevista, 
nei casi di urgenza;, dall'art. '337 della legge sui lavori 
pubblici e disposizioni correlative, esenti l'Amministrazione 
dall'osservanza dei ter~ini 'di cui agli articoli 7 
e 13 della legge stessa (n. 22). -III) Se l'appaltatore 
rimanga vincolato oltre detti termini, ove la mancata 
stipula del contratto dipenda da manchevolezze del 
progetto, per la cui ;esecuzion~ sia stata esperita la licitazione 
privata (n. 22). -IV) Se, per la validit� della 
cessione di un contratto di opere pubbliche, sia necessario 
che la cessione medesima venga fatta nello stesso 
atto col quale si stipul'a il contr!!-tto definitivo (art. 334 
legge 20 marzo 1865, n. 2248) (n. 23). -V) Se l'incameramento 
della cau:i'ione provvisoria sia dipendente 
dal danno che sia potuto derivare all'Amministrazione 
dalla mancata stipulazione del contratto definitivo 
'(n. 23)�. -VI)' Se la pote13t� di nominare un arbitro per 
dirimere le controversie tra ~mpres� e Amministrazione, 
gi� spettante' al Governo Militare Alleato a norma delle 
disposizioni contrattuali, competa, dopo la cessazione 
del medesimo governo all'Amministrazione italiana 

(n. 24). -VII) Se, cessato il G.M.A. 'possa richiedersi 
la nomina dell'arbitro al Presidente del Tribunale competente, 
a norma dell'art. 810 c;p.c.. (n. 24). -VIII) Se, 
in seguito alla cessazione del G.M.A., al quale � subentrata 
l'Amministrazione italiana, una clausola compromissoria, 
che attribuiva al Governo alleato medesimo 
la potest� di nomina di un arbitro, sia stata costituita 
dalla clausola prevista dal Capitolato generale delle 
opere pubbliche (n. 24). -IX) Se gli interessi per 
ritardo di pagamento alle imprese dEtl;>b.ano essere liquidati 
in ogni caso nella misura del terzo legale. previ�lto 
dall'art. 40 de} C.G.A. {n. 25). -X) Se sia risarcibile 
il danno dovuto a sospensione dei lavori per fatto dell'Amministrazione 
(n. 25). --,--XI) Se sia dovuto un 
compenso a,ll'Impresa per maggiori oneri derivati dallo 
spo13tamento della sede di un'opera disposto dall'Ammi

-81


nistrazione per aver dovuto effettuare scavi su terreno 
di diversa natura (n. 26). -XII) Se un'impresa possa 
ottenere il rimborso di maggior i.g.e. che incida sui 
mandati per l'addizionale applicata, considerato che, 
ove i lavori fossero stati consegnati tempestivamente, 
i mandati sarebbero stati riscossi prima dell'intervento 
dell'addizionale (n. 27). -XIII) Se debbano essere 
corrisposti interessi per il ritardo nel collaudo, ove il 
collaudo sia stato effettuato oltre il limite stabilito nel 
Capitolato (n. 28). 

PRESCRIZIONE. -I) Se il diritto di retrocessione 
dei beni espropriati, di cui agli articoli 60 e 63 della 
legge sull'espropriazione per causa di pubblica utilit� 
sia prescrittibile (n. 9). -II) Se la pres,crizione degli 
assegni a carico dello Stato, non percepiti dal titolare 
defunto, decorra contro gli eredi minori nel termine di 
due o di cinque anni (n. 10). 

PROFITTI DI REGIME. -Se la facolt� concessa 
all'Intendenza di Finanza, ai sensi dell'art. 43 del decreto 
legislativo 26 marzo 1946, n. 134, di disporre che 
il pagamento dei profitti di regime venga eseguito mediante 
versamento diretto in Tesoreria, possa essere 
esercitata dopo che sia stato iscritto a ruolo tutto o 
parte del debito di avocazione (n. 63). 

REGIONI. -I) Se la legge regionale siciliana 5 dicembre 
1950, n. 29, concernente agevolazioni fiscali 
alle imprese armatoriali violi i limiti posti alla competenza 
legislativa regionale in materia tributaria dagli 
articoli 4 e 36 dello Statuto (n. 25). -II) Se il disegno 
di legge regionale, concernente la nomina di commissari 
straordinari per il riassetto delle aziende minerarie 
della Regione, possa dar adito ad impugnativa per motivi 
di illegittimit� costituzionale (n. 26). -III) Se il disegno 
di legge regionale concernente �Aiuti all'industria 
vinicola siciliana � possa dar adito ad impugnativa per 
motivi di incostituzionalit� (n. 27). -IV) Se il disegno 
di legge regionale, concernente l'acceleramento 
della procedura per la concessione delle terre incolte, 
possa dar adito ad impugnativa per motivi di illegittimit� 
costituzionale (n. 28). 

RESPONSABILIT� CIVILE. -I) Se il Commissariato 
della Giovent� Italiana, possa stare in giudizio 
in persona del Commissario pro tempore, nonostante 
che il R.D.L. 2 agosto 1949, n. 704, disponesse che i 
compiti, gi� demandati alla G.I.L., venivano deferiti 
ai Ministeri della Difesa e della Pubblica Istruzione, 
secondo le rispettive competenze (n. 124). -II) Se 
l'assoluzione dell'imputato, per perdita della cap�cit� 
d'intendere e di volere al momento del fatto, osti allo 
esercizio dell'azione in sede civile da parte dei danneggiati 
(n. 125). -III) Se, a norma dell'art. 2047 c. c., 
l'Amministrazione possa essere condannata al risarci


mento dei danni, dipendenti dal fatto commesso dallo 
agente in stato di incapacit� di intendere e di volere 

(n. 125). -IV) Se debba senz'altro escludersi la responsabilit� 
del conducente un automezzo militare, ove 
l'investimento sia avvenuto in seguito allo sbandamento 
dell'autoveicolo, provocato dalla rottura� di �un pneumatico 
(n. 126). 
SOCIET�. -Se la sottoscrizione condizionata del 
negozio di opzione di azioni sociali sia illegittima e 
invalidi, quindi, il negozio stesso oppure si abbia semplicemente 
per non apposta (n. 41). 

TITOLI DI CREDITO. -Se sia illegittima e invalidi 
il negozio di opzione la sottoscrizione condizionata 
di azioni sociali (n. 4). 

TRASPORTO. -I) Se la clausola dell'art. 12 del 
contratto di trasporto marittimo del sale, stipulato con 
la Societ� Lloyd Mediterraneo, debba intendersi nel 
senso che la promessa dell'Amministrazione di effettuare, 
quando le sia possibile e nella misura consentita 
dalle contingenze, la discarica o il carico contemporaneo 
dei natanti sia una facolt� non controllabile dalla controparte 
e, quindi, non costituisca un vero obbligo contrattuale 
con le relative conseguenze per il mancato 
adempimento (n. 22). -II) Se l'Amministrazione abbia 
diritto al compenso per despatch-money qualora 
per effetto del mancato computo tra le stallie dei quantitativi 
di sale esistenti a bordo al momento dell'inizio 
del turno di carico (o discarico), si riesca a caricare (o 
discaricare) in un termine inferiore a quello assegnato 
per le stallie (n. 22). 

TRATTATO DI PACE. -I) Se, a norma del Memorandum 
di Washington sulla sorte dei beni nemici, 
possa procedersi alla vendita di un bene che al momento 
di entrata in vigore del memorandum stesso, apparteneva 
ad un tedesco residente in Italia e che, dopo 
tale data, per trasferimento mortis causa, sia passato 
in propriet� di tedeschi residenti in Germania (n. 43). II) 
Se il residuo della liquidazione dei beni fascisti nel 
Territorio Libero di Trieste debba essere devoluto alla 
Amministrazione del Territorio medesimo, a norma 
dell'Annesso X al Trattato di pace (n. 44). -III) Se 
il termine �partecipazione indiretta� di cui all'art. 78 
del Trattato di pace, debba intendersi nel senso che 
quando sussista un qualsivoglia interesse economico 
finanziario di un cittadino delle N. U. al capitale di 
una societ� italiana, questi ha diritto di essere indennizzato 
nella misura della sua quota di interessi dei 
danni di guerra sofferti dalla societ� medesima (n. 45). 
-IV) Se il nuovo ordinamento della cinematografia, 
disposto con la legge 29 dicembre 1949, n. 958, possa 
essere esteso al Territorio Libero di Trieste (almeno 
alla Zona A) (n. 46). 



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