ANNO XII -N. 5-6 MAGGIO-GIUGNO 1959 RASSEGNA MENSILE �DELL'AVVOCATURA PU'BBLICJA.ZIO NE. DI SERVIZIO IL DIRITTO DI CRONACA EL'ART. 21 DELLA COSTITUZIONE In una recente� Sentenza il Tribunale di Verona (v. in� Foro It. �, 1959, II, 54) ha statuito che� non commette il delitto di diffamazione per mezzo della stampa il giornalista che, neH'esercizio del diritto di cronaca, riferisce fatti lesivi dell'onore e della reputazione altrui, purch� siano rispettati i limiti della verit� e della continenza, ossia la notizia appaghi un interesse generale consistente nel diritto dei cittadini di essere informati di quei fatti che interessano la collettivit� �. La tesi, consolidata in Giurisprudenza (V. Trib. Roma, 30-3-1957 in �Foro It �, 1958, I, 136 Trib. Roma, 23-5-1957, in �Foro It. �, 1957, II 142 -Cass. � 23-4-1956, in � Giust. Pen. �, 1956, II, 815 -Oass. 1~-12-1955, in �Foro It. �, 1956, I, 4 -Trib. Milano, 13-6-1956, in � Giur. It. �, 1956, II, 314 -Trib. Novara, 4-2-1956, ib. 196 - Oass. Pen., 15-4-1955, in �Foro Pen. �, 1956, 395), condivisa dalla maggior parte della dottrina (V. .ALTAVILLA: Diritto di cronaca, in � Giust. Pen. �, 1947 -NUVOLONE: Reat.i di Stampa, Giuffr�, Milano -NUVOLONE: Leggi penali e Oostituzione, Giuffr�, Milano -NUVOLONE: Diritto di cronaca e prova della verit�, in� Giust. Pen. �, 1954 -SABATINI: Limiti legali e limiti naturali del diritto� di cronaca, in �Giust. Pen. �, 1950 -SABATINI: Lo art. 21 della Oostituzione e l'art. 113 della legge di P. S., in � Giust. Pen. �, 1950 -GUARNIERI: Diritto .di cronaca e diffamazione a mezzo della stampa, in �Riv. It. Dir. Pen. �, 1952, 699) � stata -recentemente ribadita dal PUGLIESE, in polemica con il CARNELUTTI, in due articoli pubblicati sulla� Giurisprudenza Italiana� (1957, I, 1, 365) e sul �Foro Itali11no � (1958, I, 136). Secondo il predetto Autore conseguenza della affermazione dell'esistenza di un diritto di cronaca � la necessaria considerazione del diritto medesimo come discriminante dei delitti contro l'onore, dovendosi vedere nella pubblicazione dei fatti di cronaca, pur idonei in s� a menomare la fama, la reputazione o il decoro altrui, un'attivit� non punibile per il disposto dell'art. 51 C. p. Quanto ai presupposti per un lecito esercizio del � ]us narrandi il Pugliese Hindividua: 1) nella sussistenza ed attualit� di un interesse a conoscere i fatti narrati, in quanto utili al formarsi dell'opinione pubblica sia in materia politica� sia nelle altre materie che, nel momento storico attraversato, hanno rilev�nza per la Societ�; 2) nella verit� dei� fatti medesimi. � La tesi non ci sembra. che possa condividersi. Prima di illustrare la nostra opinione riteniamo utile, per�, ricordare tutte le argomentazioni addotte a sostegno della tesi contraria da parte degli Autori che hanno trattato il tema in esame. .;r primi studi della dottrina sono stati rivolti a ricercare se il diritto di narrare al publ;>lico i fatti che avvengono avesse o meno ricevuto tutela nella nostra nuova Carta Costituzionale. Secondo il Nuvolone, che per primo si � occupato del problema, la Costituzione ha senz'altro inteso tutelare il diritto di cronaca accanto al diritto di esprimere la propria opinione anche 'Se non ha fatto espressa menzione di un tale diritto. La tutela del jus narrandi -secondo il predetto Autore -si ricava indirettamente dall'art. 21 della Costituzione solo che si consideri che, garentendosi a tutti il diritto di manifestare il proprio pensiero, si � per ci� stesso voluto garentire a tutti la possibilit� di formarsi. una opinione liberamente. �Orbene dalla considerazione che per una libera formazione dell'opinione � condizione necessaria la conoscenza da parte di ogni membro. della collettivit� dei fatti che avvengono, il Nuvolone argomenta la giustificazione giuridica del diritto di cronaca e la sua implicita tutela nell'art. 21 citato. Fondamento di un tale diritto �, per il chiaro Autore, l'interesse della collettivit� ad essere informata degli avvenimenti pi� rilevanti da un punto \li vista sociale. Si aggiunge, altres�, che la configurazione del diritto di cronaca � quella di un diritto �funzionale �, diritto, cio� in ;funzione dell'altrui diritto all'informazione per il fine di un libero esercizio del diritto di opinione. La dottrina dominante, accettata senza discuterla una tale premessa, si � occupata diffusamente del pi� interessante problema dei limiti da riconoscersi al diritto di cronaca, specie in relazione al caso in cui la narrazione al pubblico di determinati fatti sia lesiva dell'onore e della reputazione altrui, ed ha ritenuto, concordemente, di individuarli unicamente nella veridicit� della narrazione e nella rilevanza sociale dei fatti narrati.. WTWW1RPYT1.;zf'~~~~~~&ID7~~.J=..Wdf'.Jill:='Am':WB7&..m>'.dITT9.&~ffffff.4!Wffl -I I -70 Si � cos� affermato -come si � gi� visto -che quando il diritto di cronaca venga esercitato con l'osser:vanza dei limiti anzidetti, debba ritenersi pienamente lecita anche� la lesione dell'onore e della� reputazione di un privato individuo. Una tale affermazione viene sorretta dalla dot trina con la considerazione che il contrasto tra diritto di cronaca e diritto all'onore ed alla reputa zione si riduce ad un vero e proprio conflitto tra utilitas publica ed utilitas privata, soddisfacendo il primo diritto un interesse sociale della collet tivit� ed il secondo un interesse meramente indi viduale, del privato. In proposito si osserva ancora, che la nostra Costituzione nella gerarchia dei valori ha posto la Societ� al di sopra dell'individuo, per cui l'interesse del privato, ogni qualvolta che entri in conflitto con un interesse della collettivit�, � irrimediabil mente destinato a soccombere. I risultati cui perviene la dottrina dominante sono . stati recentemente sottoposti a critica da parte del Carnelutti (Il diritto alla vita privata in <cRiv. Trim. Dir. Pubblico �, 1955/3. A proposito della libert� di pensiero (Risposta ad un sorriso in �Foro It. �, 1957, IV, 143) il quale riaffermando l'esistenza di un diritto alla vita privata ha escluso che si possa pervenire al risultato di ritenere costi tuzionalmente invalidi gli articoli del Codice penale che puniscono l'ingiuria e la diffamazione ed ha sostenuto, con una formula definita � parados sale � dal Pugliese, che la vera libert� tutelata dall'art. 21 della Costituzione � la libert� di tacere. In realt� la tendenza oggi dominante in dottrina ed in giurisprudenza non pu� essere condivisa perch� essa poggia su di un'erronea premessa, d� un'assurda configurazione giuridica al diritto di cronaca e porta a conseguenze aberranti ed in aperto contrasto con il nostro ordinamento giuri dico nella individuazione dei limiti della narra zione e nella soluzione del conflitto tra il diritto di cronaca ed il diritto all'onore ed a11a reputa zione. Parte da un'erronea premessa, in quanto il diritto di cronaca viene tutelato, a nostro avviso, dalla Costituzione non in maniera indiretta, come presup posto implicito e necessario per l'esercizio in con creto del diritto di opinione, ma in modo diretto come diritto Pi manifestare il"pensiero in una delle sue forme pi� classiche. La contraria tesi, infatti, cade nell'errore di ritenere sinonimi e perfettamente equivalenti i termini �pensiero � ed � opinione � con la conse guenza di ritenere garantito dall'art. 21 della Costituzione il solo diritto di esprimere liberamente la propria opinione. In realt� la dizione dell'articolo in esame ha una portata molto pi� ampia e dev'essere qui attenta mente vagliata. . Recita tale norma nel suo primo comma: � Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, con lo scritto ed ogni altro mezzo di diffusione �. Ci� che va innanzitutto rilevato � che �pensiero � � termine amplissimo che non pu� essere confuso � con � opinione �, termine di portata minore con cui si designa il convincimento di taluno sopra una determinata questione in un dato campo: morale, religioso, scientifico, ecc. L'opinione � certamente una delle manifestazioni del pensiero tutelate dall'art. 21, ma non la sola, come invece fanno intendere di ritenere il Nuvolone e la maggior parte della dottrina. Contro l'equazione pensiero = opinione si schierano, oltretutto, gli stessi lavori preparatori, perch� da essi risulta chiaramente che il Costituente. volle escludere df!,lla formulazione dell'art. 21 il termine opinione accanto al termine pensiero, perch� lo ritenne gi� compreso in questo ultimo, come una delle sue manifestazioni. Da ci� si desume che il legislatore ebbe ben chiara la portata della dizione dell'art. 21 e che la restrizione � stata opera esclusiva degli interpreti. Giova, pertanto, assegnare all'art. 21 il suo ambito naturale di estensione e vederjj quali e quante siano le manifestazioni del pensiero che esso articolo garentisce e tutela. Non v'� dubbio che tra l� manifestazioni del pensiero rientri, in primo luogo, anche la critica, che pu� considerarsi una filiazione naturale della opinione, in quanto ogni opinione nasce sulla base di una critica e determina necessariamente una posizione critica negli atteggiamenti degli altri (v. CROCE: Filosofia della pratica -Laterza). Ancora rientra tra le manifestazioni del pensiero la creazione artistica: limitando, infatti, le manifestazioni del pensiero alla opinione ed alla critica si avrebbe riguardo esclusivamente al pensiero come intelletto mentre � nozione comune clrn il pensiero deve essere riguardato anche come fantasia. Appunto tra le manifestazioni del pensiero inteso come fantasia rientra la creazione artistica. � Non basta: � tra le manifestazioni del pensiero rientra, infine, la Storiografia o la Cronaca; forma che ha strettissima parentela �con la Creazione artistica e solo se ne differenzia perch� la rappresentazione dei fatti � qu� di continuo rischiarata daUa distinzione critica tra il reale ed il possibile, l'accaduto e l'immaginato, l'esistente e l'inesistente (Croce, op. cit.). In conclusione si deve, quindi, affermare che l'art. 21, tutelando tutte le manifestazioni del pensiero, garentisce direttamente sia il diritto di opinione; sia il diritto di critica come quello di creazione artistica e quello di cronaca. Data al termine �pensiero � la sua naturale estensione e ricompreso il diritto di cronaca nella tutela diretta dell'art. 21, si scorge subito l'inutilit� del ragionamento fatto dalla contraria dottrina per trovare un fondamento ed una giustificazione giuridica alla cronaca. � inesatto voler sostenere l'esistenza di un diritto di cronaca adducendone a fondamento un interesse della collettivit� . a conoscere i fatti socialmente rilevanti, innanzitutto, perch� non si comprende come un interesse della collettivit� possa costituire il fondamento di un diritto schiettamente individualistico e poi, perch� la giusta interpretazione dell'art. --2i-ci fa intendere che il diritto di cronaca � stato invece tutelato proprio come diritto del cittadino avente a fondamento l'interesse del medesimo di esser -71 libero di manifestar� il proprio pensiero in ogni sua forma. Questa interpretazione corrisponde, d'altronde, alla genesi storica della tutela del �diritto in esame, che ha avuto le sue origini nella affermazione costituzionale dei c. d. diritti di libert�, iniziatasi negli Stati moderni con le �Dichiarazioni dei diritti� (Bills of l'ights), proclamate nei vari Stati dell'America Settentrionale dopo la Dichiarazione d'indipendenza (1776) e quindi, ad imitazione del metodo americano, in Francia nel 1789. Nessuna correlazione esiste, dunque, tra diritto di cronaca ed interesse o diritto della collettivit� ad essere informati dei fatti che avvengono, anche perch� della tutela di tale secondo' interesse o diritto � vano cercare un cenno nella nostra Costituzione. E ci� senza osservare che se davvero dovesse ritenersi tutelato dalla Costituzione un diritto della collettivit� di sapere, il diritto di cronaca.... finirebbe di essere un diritto per divenire un dovere: si arriverebbe a negare al giornalista la libert� di non narrare i fatti che avvengono privandolo di quella che il Carnelutti chiama �libert� di tacere�. In realt� tutto s'appiana e non v'� bisogno di mettere a sostegno del jus narrandi, l'interesse della collettivit� all'informazione solo che s'interpreti e s'intenda a modo l'art. 21, il quale, giova ripeterlo, ha inteso tutelare tra le manifestazioni del pensiero anche il racconto storico, la cronaca esclusivamente sulla considerazione dell'interesse individualistico del cittadino. Dalla configurazione da noi data al diritto di cronaca discende che il contrasto tra diritto di cronaca e diritto all'onore ed alla reputaz~one non pu� pi� essere risolto come conflitto tra utilitas publica ed utilitas privata ma come contrasto tra due utilitates privatae, tra due interessi individualistici: quello di esser libero di esprimere il proprio pensiero nella forma della narrazione e quello di non esser leso da alt;ri nel proprio onore e nella propria reputazione. Ora, premesso che tali interessi sono stati ritenuti entrambi meritevoli di tutela e tutelati dalla Costituzione rispettivamente negli artt. 21 e 2, non v'� dubbio che la soluzione del contrasto debba ricercarsi nella possibilit� di coesistenza dei due diritti senza. che venga mai ritenuta lecita l'invasione dell'uno nella sfera dell'altro (1). Il privato, quindi, non potr� dolersi se vengono narrati fatti realmente avvenuti che non possano ritenersi lesivi del suo onore e della sua reputazione ma il cronista non potr� offendere l'altrui onore e reputazione con la narrazione di fatti lesivi, anche se realmente avvenuti, senz'incorrere nelle sanzioni predisposte a tutela dell'individuo dagli articoli del Codice penale sull'ingiuria e sulla diffamazione. Opinare diversamente significherebbe ritenere costituzionalmente invalidi gli articoli del Codice penale su richiamati -come ha bene osservato il Carnelutti, -perch� l'art. 21 ha affermato non solo la libert� dei giornalisti di narrare al (1) In questo punto si veda la sentenza dalla Corte Costituzionale; n. 121, dell'S luglio 1957. pubblico i fatti avvenuti ma anche la libert� di ogni cittadino di �esprimere liberamente il proprio pensiero con la parola e con lo scritto �. D'altra parte nessuna giustificazione logica e giuridica pu� essere trovata ad un trattamento per cui si dovrebbe punire penalmente chi parlando con altri offenda la reputazione di una persona attribuendole un fatto determinato e mandare assolto chi tale reputazione offenda narrando gli stessi fatti al pubblico con un potente mezzo di diffusione, qual'� la stampa. Il che sarebbe come dire che la macroscopicit� delle conseguenze lesive � causa di esclusione dell'antigiuridicit� del fatto!!! L'aberrazione del risultato cui perviene la dottrina e la Giurisprudenza dominante � frutto, a n.ostro avviso, del fatto di essersi costantemente richiamate nelle indagini relative al diritto di cronaca a concetti non giuridici ma di natura politica o sociale, quali il carattere formativo della stampa al fine dell'educazione politica del cittadino, la utilitas che la collettivit� sappia i fatti che avvengono ecc; concetti che hanno contribuito a far perdere di vista il fine giuridico della ricerca. I limiti del diritto di cronaca vanno, a nostro parere, ricercati tenendo esclusivamente sott'occhio le disposizioni del nostro ordinamento positivo e la natura stessa del diritto. Oltre il limite gi� visto del rispetto dell'onore e della reputazione altrui riteniamo -e ci� in conformit� al pensiero dominante -che altro limite della cronaca sia quello della verit�. Questo limite discende dalla stessa nozione della cronaca che deve proporsi per sua natura la fedelt� al reale: la verit� dei fatti narrati � in altri termini condizione essenziale perch� si abbia cronaca e non racconto fantastico. N� valga a contestare ci� l'obbiezione che la cronaca in quanto prodotto di una visione individuale � necessariamente soggettiva perch� � molto facile replicare che in tal modo si confonde la narrazione obbiettiva dei fatti, che � la cronaca, con l'interpretazione soggettiva di essi che � valutazione, commento e come tale costituisce materia del diritto di critica e di opinione. Altro lim1te al diritto di cronaca � quello dell'ordine pubblico. � infatti assurdo pensare che in un ordinamento giuridi,co possano essere dallo Stato riconosciute e protette, come diritti dell'individuo, manifestazioni della sua attivit� contrarie all'ordine giuridico costituito. Si pu� quindi riconoscere un diritto di libert� all'individuo solo fino al limite in cui le manifestazioni della sua attivit� non siano contrarie all'ordine pubblico esistente, cio� alle Istituzioni ed ai principi fondamentali su cui riposa l'ordinamento giuridico dello Stato. Ultimo limite del diritto di cronaca � infine quello del buon costume. Sancisce infatti il sesto comma dell'art. 21 della Costituzione: �Sono vietate le pubblicazioni a stampa gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a reprimere le violazioni �. Il comma si divide in due parti: la prima .mn~e il limite del buon costume ad ogni manifestazione _ del pensiero con ogni mezzo di diffusione; la seconda rimette alla legge ordinaria i provvedimenti preven tivi e repressivi. -72 ........ Sul concetto di buon costume non � il caso di soffermarsi. La letteratura in merito � gi� abbastanza copiosa e ad essa pertanto si rinvia. Esaminato il problema del diritto di cronaca nelle sue linee generali ed individuati i limiti che a tale diritto devono riconoscersi in quelli del rispetto dell'onore e della reputazione altrui, della,. verit� (limite logico derivante dall'essenza stessa della cronaca), dell'ordine pubblico (limite naturale) e del buon costume (limite derivante espressamente dalla legge), ci resta ora da fare una precisazione. Quando si � detto che l'art. 21 della Costituzione non ha ~vuto l'effetto di invalidare gli articoli che puniscono l'ingiuria e la diffamazione, si � voluto d!re che tutte le norme previste dal Codice penale in relazione ai due delitti. suddetti trovano applicazione quando l'offesa all'onore ed alla reputazione dell'o individuo avviene col mezzo della stampa nella forma della cronaca. Tra tali articoli merita un esame particolare l'art. 596 che disciplina l'istituto dell'exceptio veritatis. Tale istituto consente al colpevole dei delitti preveduti dall'art. 594 e dall'art. 595 di provare, in casi particolari, la verit� o la notoriet� del fatto attribuito alla persona offesa a propria discolpa e con effetto liberatorio. Osserviamo innanzitutto che il nostro Codice aveva tolto di mezzo tale istituto, previsto invece in casi particolari dall'art. 394 del Cod. 1889, non consentendo alcuna deroga_ al disposto del 1� comma dell'art. 596 C. p. _ L'exceptio veritatis � stata fo seguito reintrodotta nel nostro ordinamento dal D.IJ.L. 14 settembre 1944, n. 288 (art. 5), che ha modificato il predetto art. 596. _ In via generale essa viene ammessa quando l., persona offesa domanda formalmente che il giudizio si estenda ad accertare la verit� o falsit!\ del fatto ad essa attribuito. Essa dev'essere altres� ammessa .1) se la persona offesa � un pubbJico ufficiale ed il fatto ad esso attribuito si riferisce all'esercizio delle sue -fun zioni e 2) se per i� fatto attribuito alla persona o:ff~sa � tuttora aperto o si inizia contro di essa un proce dimento penale. L'istituto come si � detto trova piena applicazione anche nel . campo del diritto di cronaca. Trova applicazione per� con gli stessi limiti previsti dall'art. 596. Cos�, per quanto riguarda l'ipotesi di offesa al pubblico ufficiale, ipotesi che dobbiamo ora considerare pi� da vicino, il cronista sar� ammesso a provare la verit� dei fatti le,sivi narrati solo se tali fatti si riferiscono ali' esercizio della sua funzione. Fuori di quest'ambito la narrazione di fatti che offendono il p. u. sar� punibile con esclusione di ogni exceptio veritatis, salva bene inteso l'ipotesi che l'exceptio venga formalmente concessa .dal p. u. in base al n. 3 dell'art. 596 C. p. Ci� si � voluto precisare per ribadire il concetto che il cronista non potr� mai invocare a discriminante la rilevanza sociale dei fatti privati del p. u. sulla considerazione, frequente in molti autori, che la collettivit� ha intereEse di conoscere anche fatti privati di persone che occupano cariche pubbliche al fin� di poter esercitare il diritto di opinione, di critica e di censura. Diritti, il cui esercizio -si afferma -contribuisce a favorire il costume. E difatti: se l"art. 21 non ha invalidato gli artt. 495 e segg. del Codice penale, se non si pu� pervenire all'aberrante risultato di ritenere applicabili tali norme solo alle. offese compiute con la parola e con lo scritto e non anche a quelle; ben pi� gravi, compiute con_ il mezzo della stampa, � da ritenere altresi che la tutela predisposta dallo ordinamento giuridico a favore del p. u. per quanto riguarda l:;i, su~ sfera di vita privata non pu� essere minore ma uguale a quella garantita al privato cittadino. Ragionare diversamente ~ignificherebbe ritenere la pubblica funzione un'infelicitas fati che priverebbe il p. u._ di uno dei diritti fondamentali dell'individuo: quello di non vedersi offeso, come privato cittadino, mediante la n,arrazione diffusa con il mezzo della stampa di fatti lesivi del suo onore e della sua reputazione. Giova, infine, osservare che quanto si � detto sul diritto di .cronaca e sui suoi limiti non pu� portare al risultato, paventato dai pi�, di soffocare la �libert� di stampa � ma pu� solo avere l'auspicabile effetto Q.i non far trasmodare la libert� in licenza. La eontraria tesi favorisce invece, l'abuso -e sovver.te in definitiva le basi stesse del nostro ordinamento giuridico. LUIGI MAZZ~LLA NOTE DI DOTTRINA E. BETTI: Se nei contratti conclusi con la Pubblica Amministrazione siano applicabili le garanzie richieste dell'art. 1341 C. c. (Acque, Bonifiche e Costruzioni, 1959, 109 e segg.). Prendendo lo spunto dallo studio del Crisci sulla stessa Rivista (1958, 455) e dalla nota critica pub . blicata in questa Rassegna,. 1959, 4, il Betti tenta di impostare il problema dell'applicabilit� dell'articolo 1341 O.e. ai contratti conclusi con la P. A. su basi diverse. Scrive il chiaro giurista che la ratio juris della norma contenuta nel citato art. 1341 sta nel fatto che nel caso di condizioni generali unilateralmente predisposte dal proponente non pu� essere considerato valido il principio che � alla base della responsab�lit� contrattuale� e cio� il principio della autoresponsabilit�. Questo principio, infatti, postula l'esigenza che i contraenti concorrano nella :formulazione delle singole clausole contrattuali valutandone concretamente la portata economica e giuridica. Tale concorso non si verificherebbe invece quan,do si stipulino contratti con chi abbia gi� predisposto autonomamente condizioni generali� da valere per tutte le singole convenzioni. In questi casi il legislatore, per garantire sostanzialmente la libert� della parte contraente che non ha concorso alla preparazione delle condizioni generali, richiede con la norma contenuta nell'art. 1341 che certe clausole particolarmente onerose siano approvate espressamente . e per iscritto. La ratio juris cos� esposta � tale da giustificare la sua validit� anche nei confronti delle condizioni generali predisposte dalla P.A., e ci� perch� queste condizioni generali, in quanto � esplicazione unilaterale di funzione normativa da parte di un'istanza iil posizione subordinata alla legge non hanno potere di derogare ad una disciplina legislativa, quando la derogabilit� sia consentita alla esplicazione bilaterale e consensuale dell'autonomia privata>>. Secondo il Betti sarebbe proprio per non aver tenuto presente questa subordinazione dei precetti dettati dall'autorit� amministrativa nei confronti della legge, che l'.:fo..vvocatura (nella nota sopracitata) avrebbe commesso l'errore di ritenere decisivo il rilievo secondo il quale l'art. 1341, a prescindere dai contratti stipulati in genere da pubbliche amministrazioni, sarebbe comunque inapplicabile a quelli stipulati con l'Amministrazione dello Stato perch� incompatibile con le particolari norme della contabilit� generale dello Stato. Esprimiamo anzitutto la nostra soddisfazione nel constatare che l'aspetto giuridico dell'attivit� contrattuale della P. A. desta sempre maggiormente l'interesse di studiosi ed uomini di dottrina, quali il Betti, che sono portati ad occuparsi sempre pi� frequentemente e diffusamente dei problemi, anche particolari, che si presentano sopratutto lungo le linee di frizione tra il diritto civile e il diritto amministrativo. Nei tempi attuali in cui l'attivit� economica dello Stato � in costante incremento il contributo della dottrina alla sistemazione giuridica di tale attivit� � destinato ad assumere un ruolo sempre pi� rilevante. Per quanto riguarda il tema particolare oggetto della nota del Betti riteniamo di dover aggiungere alcune precisazioni a quanto abbiamo avuto occasione di esporre, in precedenza, sull'argomento. A) Per sostenere che i capitolati generali d'onere emanati dall'Amministrazione dello Stato non possono derogare alle norme dell'art. 1341 O. c. occorrerebbe anzitutto dimostrare che essi vanno compresi nella vasta categoria delle condizioni generali di contratto, considerate dalla prima parte dell'articolo citato. Ora secondo quanto si des1tme dalla corretta interpretazione della norma. in esame le � condi.zioni generali >> devono avere come tratto caratteristico per .essere vincolanti la conoscibilit� di fatto. Esse cio� obbligano l'altra parte o perch� le conosceva o perch� �avrebbe dovuto conoscerle usando l'ordinaria diligenza)). � evidente che la nota distintiva cui si accenna non pu� essere colta in alcun modo nelle norme di diritto obiettivo,. le quali, vome � ben noto, sono vincolanti in forza del principio stabilito nell'art. 10 delle disposizioni sulla legge in generale, cke, non fa alcun riferimento alla conoscenza. di fatto. Ora, se si ammette (e la giurisprudenza � pienamente conforme) che i capitolati generali d'oneri dell'Amministrazione statale hanno carattere reg(llamentare, se ne deduce che ad essi non pu� applicarsi il principio stabilito nell'art. 1341 prima parte del O. c., con l'ulteriore corollario che tanto meno pu� applicarsi la seconda parte dell'articolo stesso cke costituisce soltanto una deroga alla regola stabilita nel primo comma. In altri termini l'art. 1~41 detta le condizioni obiettive in presenza delle quali le <ccondizioni generali di contratto� predisposte da uno dei contraenti assumono il valore di �norme contrattuali� nei rapporti fra le parti. Ma tutto ci� non ha nulla a che vedere con i capitolati generali d'oneri cke per costante giurisp1 udenza hanno valore non gi� di clausole contrattuali ma di norme a carattere regolamentare, cio�, di norme di diritto obiettivo la cui forza, -74 vincolante non dipende dalla volont� delle parti ma direttamente dalla legge. Dal che discende, inconfutabilmente, la inapplicabilit� ad esse delle disp�siz,ioni dell'art. 1341 O. c. ,B) Il Betti ci fa carico di aver male impostato la questione nei rapporti fra gli artt. 1341 e 1342 del O. c. e le disposizioni della Oontabilit� Generale dello Stato. Egli sostiene che la questione v,a posta nel senso che si debba preliminarmente accertare se le norme di contabilit�, nel sistema gerarchico delle norme; sottostiano alle disposizioni inderogabili del diritto comune, quali quella di cui all'art. 1341 C. c.; e tale questione, secondo l' A. non potrebbe che avere soluzione affermativa. . Quanto abbiamo esposto sub A) pone gi� in evidenza l'irrilevanza del7a questione po.~ta dal Betti relativamente al tema in discussione. Dimostrato, infatti, che alle norme regolamentari contenute nei capitolati generali d'oneri non si applica l'art. 1341 O. c. non si vede quale contrasto po3sa sussistere fra le norme della contabilit� generale, ch,e a tale principi si ispirano, e l'art. 1341 O.e. Tuttavia per convincersi che la questione dianzi esposta va risolta in senso negativo basta osservare che i rapporti gerarchici tra le norme di una legge generale posteriore e le norme di una legge speciale anteriore, sono regolati, esclusivamente, dall'art. 15 delle disposizioni sulla legge in generale e che questo articolo non consente altra soluzione che quella da noi indicata nella precedente nota. Se poi il rilievo dell' A. volesse significare che, pur essendo coesistenti, le norme del Oodice civile prevarrebbero. su quelle della contabilit� generale dello Stato, non pu� non osservarsi come sia vero proprio il contrario. Infatti le norme di contabilita generale per il loro carattere di norme speciali, dettate per la tutela del pubblico interesse e del retto funzionamento della pubblica amministrazione non possono non prevalere, derogUtndovi, sulle norme generali di diritto comune contenute nel codice civile. Per informazione dei lettori aggiungiamo che la giurisprudenza della 0f>rte Suprema continua ad essere orientata nel senso della inapplicabilit� dei ricordati due articoli del Oodioe civile ai contratti stipulati con l'Amministrazione statale, e ohe tale giu1isprudenza non � affatto oscillante, ma � soli damente affermata. Osserviamo, infine, ohe qu.esta giurisprudenza � stata condivisa anche dal Oonsiglio di Stato il quale con parere dell'Adunanza Gen01�ale n. 600 del 27 dicembre 1951 reso in sede di ricorso straordinario (Il Oonsiglio di Stato, 1952, 101) ebbe appunto a rilevare che ccNei confronti dei contratti con la P . .A. disciplinati da capitolati d'oneri non ricorre l'ipotesi dei contratti d'adesione o conclusi mediante formul)1ri di cui gli artt. 1341 e 1342 O.e.; tali capitolati hanno valore di norme obbiettive di carattere dispositivo, in quanto emanate in base ad autorizzazione legislativa, e pertanto non � dato ravvi sare in esse la natura di clausole contrattuali predisposte da uno dei contraenti e soggette all'approvazione espressa dell'altra parte n. L. PAoLuccr: In te111a di Jegi_slazione sull'edilizia popolare: note sul termine cc assegnate n dell'art. 4 della legge 10 marzo 1952, n. 113 (da cc La funzione amministrativa n, 1959, 317 e segg.) Scopo di questo lungo ed accurato studio � di stabilire che il termine �assegnate n adottato nell'art. 4 della legge 10 marzo 1952, n. 113, non � usato in senso tecnico, non indica, cio�, quella precisa fase del procedimento amministrativo previsto dalla legge sulla edilizia economica e popolare che segue la prenotazione e precede l'occupazione, la stipulazione del mutuo individuale ecc., ma � usato in senso puramente lessicale e sta perci� ad indicare lo stesso concetto che pu� essere qualificato con i termini di attribuzione conferimento ecc. JJ'.A. effettua un esame completo della scarsa dottrina e giurisprudenza in materia ed indugia sopratutto sulla analisi di quella che pu� conside rarsi la manifestazione giurisprudenziale fonda mentale in questo campo e precisamente la deci sione n. 383 della IV Sezione del Consiglio di Stato del 31 maggio 1954. La critica a questa decisione si fonda sopratutto sul rilievo che essa assume come argomento base il fatto che sia assurdo che il legi slatore in una legge che prevede espressamente l'assegnazione come una fase precisa del procedi mento amministrativo da essa regolato, usi lo stesso termine �assegnazionen in un significato generico in� vece di quello specifico e tecnico definito nella legge. L'.A., con copia di argomenti desunti anche dal l'esame comparato di altre leggi regolanti materie analoghe, rileva che il suesposto ragionamento non pu� essere considerato decisivo, specie se messo di fronte agli inconvenienti che derivano dalla inter pretazione seguita dal Consiglio di Stato. La conclusione del Paolucci � che il termine � assegnate n nell'art. 4 sopracitato, equivale gene ricamente ad � attribuite n, << conferite n e simili e vuole stabilire una incapacit� ad essere soggetto di pretesa alla concessione di case in cooperative edilizie per coloro che si trovino nelle condizioni previste nell'art. 4, incapacit� che impedisce addi� rittura a colui che ne � colpito, di essere soggetto nel procedimento amministrativo relativo fin dal. l'inizio e cio� fin dalla prenotazione. Lo studio � lodevole per l'accuratezza e la seriet� della documentazione ed � interessante peroh� riguarda una materia ohe pur avendo rifiessi pratici molto notevoli non � stata finora oggetto di studi adeguati. Per una informazione pi� precisa dei lettori rin viamo a questa Rassegna, 1954, pag. 231. . La questione trattata nello studio del Paoluooi non � di agevole soluzione, n� pu� dirsi ohe la giurispru denza finora esistente possa considerarsi assoluta mente sicura. RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA COMPETENZA � Regolamento � Ingiunzione ammini� strativa � Opposizione � Acque Pubbliche. COMPETENZA PER TERRITORIO � Tribunali Regio� nali Acque Pubbliche� Opposizione a ingiunzione amministrativa. COMPETENZA PER TERRITORIO� Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche � Criterio del luogo rei sitae � Funzionalit�. (Corte di Cassazione, Sez. I, Sent. n. 26 del 9 gennaio 1959, Pres.: Siciliani; Est.: De Maio; P. M.: Cutrupia (dif.); Causa Az. Elettr. Consorz. Bolzano c. LL. PP.). Le opposizioni a ingiunzioni amministrative per crediti che si riconnettano a concessioni di acque pubbliche sono di competenza dei Tribunali Regionali delle Acque Pubbliche. La competenza territoriale a conoscerne � data per� non dalla sede dell'ufficio ingiungente, ma dal luogo rei sitae che qualifica la competenza territoriale dei Tribunali Regionali delle Acque Pubbliche. La ripartizione di competenze territoriali fra i Tribunali Regionali delle Acque Pubbliche � determinata dalla funzione ed � quindi inderogabile, prevalendo sulla competenza pure funzionale di cui all'art. 3 del T.U. 14 aprile 1910, n. 639. L'interesse di questa sentenza � dato non tanto dal principio che l'opposizione ad ingiunzione amministrativa attinente a crediti da concessione di acque pubbliche competa ai Tribunali Regionali delle Acque Pubbliche, o da quello della funzionalit� assoluta della ripartizione della competenza territoriale fra detti Tribunali (principi gi� altra volta affermat'i), ma dalla applicazione specifica che per la prima volta se ne � fatta in favore della ripartizione istituzionale delle competenze territoriali di detti tribunali e dalla prevalenza che si � data al criterio del luogo rei sitae rispetto a quello della sede dell'ufficio ingiungente. La meditazione a cui invita questa sentenza non riguarda perci� il fondamento o meno del principio per cui la competenza territoriale dei Tribunali Regionali delle Acque Pubbliche sia determinata imperativamente ed inderogabilmente dal criterio del luogo rei sitae (principio che apoditticamente si pone come esatto), ma riguarda invece le conseguenze che se ne traggono nelle relazioni con l'istituto specifico delle ingiunzioni amministrative e delle relative opposizioni. Nella causa decisa con l'annotata sentenza era avvenuto che l'opposizione fosse stata proposta davanti al Tribunale ordinario di Roma in ossequio all'art. 3 del T. U. 14 aprile 1910, n. 639, perch� l'ingiunzione era stata emessa a Roma; che quel Tribunale aveva ritenuto la propria incompetenza e la competenza invece del Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche, indicato in quella di Venezia, nel qual distretto la concessione che aveva dato causa all'ingiunzione era sita; che, riassunte le cause davanti a detto Tribunale Regionale, esso nutrendo dubbi circa la propria competenza aveva deferito d'ufficio il regolamento di competenza alla Suprema Oorte; che infine quest'ultima aveva in adesione alla tesi del Tribunale ordinario di Roma ritenuto la competenza del Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche di Venezia, quale giudice del luogo della concessione. Il ragionamento della Suprema Oorte � in sintesi il seguente: cc Nessun dubbio che per la materia sia competente il Tribunale Regionale delle A.eque Pubbliche, in una causa di opposizione a ingiunzione che investe la natura o la portata del titolo costitutivo del diritto di utenza, ma, quanto alla competenza territoriale, bisogna tener conto del principio, magari non espresso in termini sacramentali, ma promanante dal sistema disciplinatore delle acque pubbliche e dei suoi giudici, che la competenza territoriale � determinata dal luogo ove sono le acque, opere e beni oggetto di controversia �. <e Poich� l'elemento territoriale in questo caso inserisce alla funzione, la competenza territoriale � funzionale per ragione di ordine pubblico, quindi � inderogabile �. � N� vale derogarla la norma ex art. 3 del T.U., n. 639, del 1910 che d~volve la cognizione delle opposizioni ad ingiunzione, al giudice della sede dell'ufficio ingiungente. Tale norma suona, � vero, deroga a quelle di carattere generale, ina non � compatibile col sistema particolare delle leggi sulle acque pubbliche che determina un foro funzionale esclusivo �. IMPOSTE E TASSE� Casin� di gioco .. Sovraprezzo sui biglietti d'ingresso da devolvere al � soccorso invernale � �Trasgressioni .. Sanzioni. (Corte di Cassazione, Sezione I, Sent. n. 2325/59, Pres. Torrente ; Est. Albanese; P. M. Maccarone -Soc. A. T. A. c. Finanze. 1) In mancanza di una diversa regolamentazione inserita nella legge 22 novembre 1952, n. 1571, si deve applicare, nel caso di inosservanza degli obblighi derivanti dalla imposizione del sovraprezzo sui biglietti d'ingresso� nei casin� da gioco, l'identico sistema sanzionatorio previsto per i d�ritti erariali sui pubblici spettacoli, secondo il richiamo contenuto nell'art. 7 della citata legge, e la potest� di infliggere in concreto le relative pene. -pecuniarie deve ritenersi attribuita agli organi della Finanza, secondo il sistema normativo della legge 7 gennaio 1929, n. 4, senza che ci� interferisca in -76 modo alcuno nella gestione del Fondo . Nazionale di soccorso invernale, cui attende il Ministro del1 'Interno. 2) Le trasgressioni In materia di riscossione e versamente del sovraprezzo sui biglietti d'ingresso nei casin� da gioco, comportano una sanzione di carattere amministrativo, consistente nell'obbliga zione del pagamento di una somma a titolo di pena pecuniaria; e per conseguenza deve ritenersi che nel determinare la misura della pena l'Intendente di Finanza ed il Ministro svolgono un'attivit� am ministrativa, rispetto alla quale il giudice ordinario non pu� censurare la P. A. che in caso di pi� viola zioni della stessa legge, abbia applicato pi� pene. distint.amente, anzich� pena unica, n� gli � consen tito sostituirsi all'Amministrazione ai fini di una diversa graduazione della pena. 3) Il termine di otto giorni dalla riscossione, stabilito dall'art. 3 della legge 22 novembre 1952, n. 1571, per il versamento (al Fondo Nazionale di soccorso invernale) dell'importo del sovraprezzo . riscosso sui biglietti d'ingresso nei casin� da gioco, dev'essere necessariamente riguardato come perentorio, sia in rapporto alla natura dell'imposizione, sia in vista della particolare esigenza connessa alla specifica destinazione del Fondo predetto. Ne deriva che, una volta scaduto il termine medesimo, e constatato dagli appositi organi di controllo che il versamento non � stato eseguito, la trasgressione si � con ci� consumata, senza che il successivo tardivo pagamento, cui il gerente della casa da gioco � in ogni caso tenuto,_ possa alterarne la sostanza. La Oorte Suprema ha affermato che l'applicabilit� del sistema normativo stabilito dalla legge 7 gen maio 1929, n. 4, alle trasgressioni in materia di ri~cossione e versamento di sovraprezzi destinati al Fondo Nazionale di Soccorso I nve.rnale prescinde completamente dalla natura di tali sovraprezzi, ab biano -cio� o meno carattere tributario. Richiamiamo particolarmente l'attenzione sulla seconda massima nella quale � riaffermata la giuri sprudenza secondo la quale la fissazione della misura delle pene pecuniarie aventi carattere di sanzione am ministrativa tra i limiti minimo e massimo stabiliti dalla legge costituisce attivit� riservata alla discrezio nalitd dell'organo della P. A. competente, escluso ogni sindacato da parte de.ll' Autorit� giudiziaria. LOCAZIONI-Distruzione, danneggiamento dell'immobile locato -Ricostruzione -Necessit� dello sgombe.. ro dell'immobile -Accertamento tecnico erariale demandato, dall'art. 10 n. 1 legge 23 maggio 1950 n. 253, all'Ufficio del Genio Civile -Natura giuridi� ca -Effetti. (Corte di Cassazione Sezione Un., Sent. n. 2102/59, Pres. Eu.Ia; Est. Duni; P. M.: Pomodoro �(conf.); Martinazzi c. Ufficio Genio Civile Venezia). L'accertamento tecnico demandato all'Ufficio del Genio Civile dall'art. 10, n. 1 della legge 23 maggio 1950, n. 253, circa le condizioni tecniche dell'immobile da ricostruire o di cui debba d'urgenza essere assicurata la stabilit� e circa la necessit� dello sgombero dell'immobile locato onde far luogo alla esecuzione dei lavori, non rientra nella categoria dei provvedimenti amministrativi, con i quali si attua, ad opera di un'autorit� amministrativa, la realizzazione di un concreto interesse pubblico. A tal fine non � sufficiente che la legge attribuisca all'Ufficio del Genio Civile il giudizio tecnico sulle condizioni dell'immobile locato e sulla necessit� dello sgombero, alle quali � subentrato il diniego della proroga del contratto, perch� siffatto giudizio, pur doyendo informarsi ai criteri della discrezionalit� tecnica dell'amministrazione, non pone in essere anche una manifestazione di volont� del1' organo che lo emette e non �, quindi, idoneo a spiegare di per s� gli effetti concreti che sono propri dei provvedimenti amministrativi. L'accertamento tecnico, di cui al citato art. 10, n. 1, non costituisce, n� modifica alcun rapporto di cui sia parte l'Amministrazione e non pu�, pertanto, incidere in modo autonomo sulla altrui sfera giuridica, ed esula altres� dalla esplicazione della funzione amministrativa, in quanto non si inserisce, anche come atto meramente preparatorio, in un procedimento amministrativo. Esso non si differenzia intrinsecamente dal parere che il giudice ha facolt� di richiedere ad un consulente tecnico, senza che a mutare la sua natura sia sufficiente la circostanza che la legge, in considerazione della particolare importanza della materia delle locazioni urbane e dei suoi riflessi economici e sociali, abbia ritenuto opportuno affidarlo, anche per assicurare una maggiore uniformit� di trattamento, ad un Ufficio pubblico specificamente qualificato dalla sua competenza tecnica. Il limite imposto dalla legge all'esercizio dei normali poteri istruttori da parte del giudice non importa necessariamente l'accettazione dell'accertamento dell'Ufficio del Genio Civile, giacch� il giudice � tenuto a stabilire se esso sia conforme a legge, ha il potere di interpretarne liberamente il contenuto, di rilevarne eventuali errori di valutazione, contraddizioni o palesi incongruenze, e pu� richiedere all'ufficio del Genio Civile le informazioni ed i chiarimenti necessari nonch� disp�orre la totale rinnovazione dell'accertamento. Pertanto, l'efficacia particolare attribuita dalla legge al parere del Genio Civile, con esclusione di ogni altro mezzo di prova sulla esistenza dei pre-supposti per il diniego della proroga; non lede in. alcun modo il diritto del cittadino alla tutela giurisdizionale e tanto meno incide su un suo interesse legittimo. La motivazione di questa sentenzrx, � sostanzialmente contenuta nelle massime sopra riportate. Questione interessante � quella se l'accertamento del Genio Oivile debba o possa precedere la fase giu diziaria. La sentenza non si � espressamente occupata di questo problema ma ha incidentalmente ammesso che l'accertamento possa precedere la proposizione-ddla domanda giudiziale. Sull'argomento si veda il parere reso da questa Avvocatura Generale sotto la Voce: L�cazioni n. 83. -77 STRADE -Autostrade -Accessi intermedi -Disciplina del traffico. (Corte di Cassazione, Sez. III, Sentenza n. 1551 del 1959, Pres.: Fresa~ Est.: Caizzi; P. M,,: Gedda (conf.); Drago c. Azienda Ant. Strade Statali). Pure essendo le autostrade, g�stite da concessionari, interdette agli attraversamenti, non pu� escludersi che sulle stesse vi siano accessi intermedi per l'ammissione e per l'uscita di veicoli. Peraltro, su tali accessi la circolazione deve essere regolata da agenti preposti alla disciplina del traffico. Ohe l'autostrada debba normalmente essere ritenuta cc strada chiusa n e quindi interdetta ad attraversamenti non esclude che sulla stessa vi possano essere ac�essi intermedi, sia per la immissione su di essa di altri veicoli, sia per poterne uscire. Oi� che deve ritenersi vieta;to �. che vi siano acc�ssi nei quali la circolazione non sia regolata. Tale principio, ch� risponde a criterii di logica e di necessit�, � stato sancito con gli artt. 2 e 125 lett. 6 delle nuove norme concernenti la disciplina della circolazione stradale d?' cui al D.P.R. 27 ottobre 1958, n. 966, ma era gi� efficiente nella regolamentazione della circolazione stradale come il caso di specie dimostra. Assurda � poi la pretesa di un diritto di precedenza assoluta ad onta della segnalazione di fermata e della esistenza in atto di una manovra di attraversamento,' ci� che, trattandosi di un accesso custodito e disciplinato da un agente della strada, varrebbe a sovvertire tutti i principii che presiedono alla regolamentazione del traffico. Decisivo era invece accertare se il conducente dell'Alfa Romeo avvicinandosi al punto di attraversamento avesse moderato la velocit� in modo da potere tempestivamente arrestare l'autoveicolo di fronte a qualsiasi evenienza inerente alla circolazione. � infatti principio di diritto indiscusso che gli utenti della strada devono usare la massima prudenza nell'avvicinarsi ad un crocevia o ad und'biforcazione, al fine di evitare inci�enti, e quindi, devono predisporsi ad attuare le manovre di arresto, indipendentemente anche da eventuale comportamento illecito da parte di altri conducenti, la cui possibilit� � im plicitamente prevista dalle norme che disciplinano i limiti di velocit�. � N � giova il richiamo alle caratteristiche ed alle finalit� delle autostrade ed al carattere contrattuale del diritto di transito sulle medesime. La possibilit� di sviluppare 'elevate ve1o�it� su tali strade non pu� prescindere dalla necessit� dell'accesso e dall'uscita di essa di altri veicoli,� ci� che pu� importare anche l'attraversamento in senso trasversale alla normale direzione di marcia dell'autostrada, a condizione che ci� avvenga nei luoghi in cui la circolazione � regolata da agenti, guardiani o semafori, come nel caso di specie. Quanto poi al carattere contrattuale del transito; � appena il caso di osservare che il diritto dell'utente della strada non pu� in nessun caso limitare il diritto dell'Ente, cui la strada appartiene, di sorvegliare e disciplinare il traffico, delegandone le funzioni ad appositi agenti, in virt� delle norme di legge sulla circolazione ed anche delle particolari norme regolamentari eventualmente esistenti, che non possono essere ignorate o disconosciute dall'utente perch� comprese nella pr�visione delle parti contraenti. Il regolamento per l'uso e la viabilit� dell'ailtostrada Milano-Bergamo, .approvato con R. D. 3 ot-. � tobre 1929, n. 1896, con riferimento ai compiti isti~ � tuzionali spettanti all'Azienda Nazionale delle strade statali in base al Decreto-legge 27 giugno 1946, n. 38, sancisce l'obbligo per ogni conducente di osservare, oltre le norme della legge sulla circolazione 2 dicembre 1928, n. 3179, anche le norme particolari del regolamento medesimo, tra cui sono non soltanto quella che obbliga a segnalare il passaggio alle cantoniere di accesso, ai bivii e dove esistano segnalazioni speciali o persone (art. 7), ma anche di essere padrone della velocit� del suo veicolo, cos� da poterla regolare in modo da evitare ogni pericolo per la sicurezza della persona e delle cose. In nessun caso, quindi, la O orte di merito, alla stregua degli accertamenti di fatto eseguiti, avrebbe potuto escludere la sussistenza di un nesso di causalit� efficiente fra la condotta del Drago ed il danno, avendo lo stesso mantenuto in prossimit� del casello tale elevatissima velocit� da non potersi fermare in tempo. ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI DELLE CORTI DI MERITO APPALTO -Consegna dell'opera compiuta dall'appaltatore al committente -Differenza col trasferimento di azienda. (Trib. Catania, Sent. 15 lugliol958 -Pres.: (est.) Cali:fi, INA-Casa c. Di Stefano). Il concetto di trasferimento di azienda non � per alcun verso assimilabile a quello derivante dalla con segna dell'opera compiuta dall'appaltatore al com mittente.. In conseguenza mentre nel primo trapassano allo acquirente cessionario l'esercizio dell'impresa e la responsabilit� per i rapporti giuridici connessi, nel secondo l'organizzazione, l'esercizio, i rischi ed i rapporti giuridici connessi gravano esclusivamente sull'appaltatore e gli am,iliari di questo non hanno che un diritto limitato al prezzo eventualmente non ancora versato, non mai al riconoscimento dei rapporti giuridi�i cui il committente deve ritenersi �estraneo e tanto meno al soddisfacimento di pretese patrimoniali oltre i limiti dell'art. 1676 O. c. Chiesto in giudizio dalla Gestione INA-GASA il rilascio di un alloggio abusivamente occupato dal convenuto, questi eccepiva, fra l'altro, di essere stato assunto durante la costruzione dell'edificio dalla ditta appaltatrice, quale custode del cantiere di lavoro e dei relativi materiali, e di essere stato dalla stessa ditta autorizzato ad occupare un alloggio nell'edificio ancora in corso di costruzione, al fine di meglio espletare il suo servizio. Assumeva il convenuto che con la con segna dell'immobile ultimato alla Gestione, mentre egli ancora occupava l'alloggio, si era verificato il suo automatico passaggio alle dipendenze della Gestione INA-GASA, con le mansioni di custode, in applica zione dell'art. 2112 O.e., e chiedeva pertanto in via riconvenzionale il pagamento del salario arretrato e della indennit� di licenziamento. Il Tribunale, con la sentenza sopra nominata, ha rigettato la tesi sostenuta dal convenuto. Invero, premessa la essenziale caratteristica del l'azienda, di essere una universitas rerum, compren dente cose mobili ed immobili, corporali ed immate riali, rapporti giuridici, debiti, crediti, ecc., elementi tutti unificati dalla volont� dell'imprenditore nel quadro della organizzazione produttiva di beni o ser vizi, il trasferimento di azienda sar� solo ammis sibile quando, nel trasferimento dall'uno all'altro imprenditore di tutti o parte dei beni componenti l'azienda, non venga a sciogliersi il vincolo �organiz zativo che tali beni univa in vista del fine propostosi dall'imprenditore (v. Oass. 10 ottobre 1956, n. 3446 e numerose altre). � evidente allora che in nessun caso l'opera compiuta dall'appaltatore pu� considerarsi come elemento costitutivo della azienda, non essendovi alcun momento . in cui l'opera, compiuta o in corso di esecuzione, venga ad assumere una funzione produttiva entro l'organizzazione aziendale. � Ohe se anche, eccezionalmente, si ritenesse verificata tale ipotesi (una piccola parte dell'opera in corso di costruzione, nel caso esaminato dal Tribunale, era servita a meglio consentire al custode l'espletamento delle sue mansioni), occorrerebbe pur sempre che l'opera venisse trasferita conservando tale sua funzione di mezzo produttivo, il che � concettualmente impossibile quando invece viene trasferita l'opera finita, relativamente alla quale si � definitivamente chiuso il ciclo produttivo. Ritenuto inapplicabile l'art. 2112 O. c., il Tribunale non ha, logicamente, esaminata la connessa questione della applicabilit� di detto articolo alle Amministrazioni dello Stato e agli Enti pubblici in genere. Non � qui il luogo per un approfondito esame di detta questiOne, alla quale sembra doversi dare differente soluzione secondo si tratti di rapporto di lavoro o di impiego, e di assunzione della gestione diretta della azienda da parte dello Stato o di altro Ente pubblico. Non potendosi, ad esempio, ammettere che un rapporto di pubblico impiego nei confronti dello Stato poJsa sorgere senza che questo abbia a tal fine seguito la prevista procedura, sembra che in tal caso debba ritenersi ammissibile, al pi�, un compenso per l'opera prestata (con gli stessi limiti che regolano l'azione di indebito arricchimento verso lo Stato), senza alcun riconoscimento di quei diritti inerenti ad un vero e proprio rapporto di impiego pubblico, del quale dovrebbe negarsi l'esistenza, e senza, di conseguenza, diritto ad alcuna indennit� di licenziamento. Come r.isulta dalla seconda parte della massima, il Tribunale ha altr(}s� esaminato le differenze essenziali fra il citato art. 2112, e l'art. 1676, relativamente al quale ha ritenuto non sussistenti i presupposti di fatto per la sua applicazione (a: esistenza di un residuo debito del committente verso l'appaltatore; b: esistenza di un credito del convenuto verso lo appaltatore, derivante dall'opera prestata ai fini della esecuzione dell'appalto). Il Tribunale ha qualificato l'azione prevista dall'art. 1676 come avente �mero carattere surrogatorio �; tale qualificazione � da ritenersi inesatta, pfJich� detta azione ha indubbiamente natura, caratteri ed effetti diversi da quelli della comune azienda surrogatoria. Cos�, ad esempio, il patrimonio dell'appalta -79 tore non subisce alcun incremento quando si agisca ai sensi art. 1676, difformemente da quanto acca drebbe agendo ew art. 2900 (v. Cass. 9 agosto 1952, n. 2630); l'azione diretta degli ausiliari non � impedita dal fallimento dell'appaltatore (v. RUBINO, Appalto, Torino 1954, pag. 53; VITALE, Appalto, Padova, 1938, pag. 376, ecc.); il credito dei dipendenti non � soggetto a concorso degli altri creditori dell'appaltatore (v. VITALI, in � Comm. Cod. civ.�, D'Amelio sub art. 1676) ecc. Allo stato attuale della dottrina, pur essendosi raggiunta sufficiente uniformit� di vedute sui particolari aspetti della efficacia dell'azione ew art. 1676, s.i � invece incerti sulla qualificazione giuridica di essa, considerandola alcuni quasi un istituto meramente processuale (CARNELUTTI: �non ... un diritto � materiale, ma semplicemente un diritto processuale verso il committente, Riv. Dir. Process. Civ.� 1935, II, 200; App. Napoli 19 maggio 1956 in � Giust. Civ. Mass. Mass. 1956, 172), altri, i pi�, una azione diretta non riconducibile sotto gli schemi della surrogatoria o della azione da gestione o da mandato o da illecito arricchimento (v. F. VOLTAGGIO LUCCHESI, in � Giust. Civ. � 1955, I, 388 e A.A. ivi citati) altri ancora un istituto ispirato a criteri pi� di equit� e di tutela del lavoro che di stretta applicazione di principi giuridici (v. SANTORO PASSARELLI ((Dir. Lavoro�, Napoli, 1951, pp. 209 segg.). Incidentalmente pu� osservarsi che quasi tutti gli A.A. che hanno trattato l'argomento, citano il Gabba quale sostenitore della identificazione della azione ew art. 1676 (1645 cod. civ. 1865) come azione da illecito arricchimento. In realt� nella nota (in � Giur. It. >> 1902, 1. I, 397) cui si fa riferimento, il Gabba non solo non menziona una sola volta n� l'art. 1645 n� l'azione concessa ai dipendenti dell'appaltatore, ma anzi esclude esplicitamente che si possa ammettere in via generale, in base al cod. civ. 1865, l'esistenza di una cc azione de in rem verso per ingiustificata locupletazione �. Rigettando nel merito le domande attrici, anche con riferimento al citato art. 1676, non ha il Tribunale proceduto ad alcun esame sulla questione della applicabilit� di detto articolo all'appalto di 00. PP,. in rapporto agli articoli 351 e 357 della legge sui LL.PP. � Esattamente � stata rilevata, a tale proposito, (v. F. VOLTAGGIO LUCCHESI loc. cit.) la necessit� di un preliminare esame, che stabilisca se fra Ente appaltante e ditta appaltatrice sorga un rapporto da sussumersi esclusivamente nell'ambito del diritto pubblico (in tali termini, App. Trieste 26 gennaio 1952, in � Giust. Civ. � 1953, I, 444 e A.A. citati in nota), con conseguente inapplicabilit� delle norme dettate per il corrispondente rapporto di diritto privato, o se invece si tratti di un rapporto solo in parte regolato da norme e principi del diritto pubblico, in relazione alla posizione di supremazia dell'Ente pubblico (v. ZANOBINI, Dir. Amm. IV, Milano, 1955, pagg. 502 segg.). Se si segue tale secondo criterio, che in verit� appare pi� accettabile, e si ritiene che le norme pubblicistiche comportino solo cc deroghe � -sia pure numerose e importanti -alla regolamentazione prevista dal Cod. Civ. (v. Relaz. Avv. Stato 1951-55, I, 934 segg.), si dovr� ammettere l'applicabilit� dell'art. 1676 ogni qualvolta esso non risulti incompatibile con i principi di cui agli artt. 351 e 357 della legge sui LL. PP. (v. R. Ricci, in Rass. Avv. Stato 1954, 193 in nota a sent. App. Roma 25 novembre 1953). La Corte d'Appello di Roma, nella sentenza sopra citata, sembra riferirsi al caso di domanda ew art. 1676 proposta in corso di esecuzione dei lavori: quando per� le opere siano gi� ultimate, e pi� ancora ove gi� eseguito il collaudo, vengono meno le limitazioni poste in materia di sequestri, pignoramenti e vincoli in genere sui crediti da appalto (v. Cass. 7 aprile 1954, n. 1089 in �Giust. Civ.� 1954, I, 840), e, parallelamente, viene meno ogni motivo di inapplicabilit� dell'art. 1676 (v. Cass. 19 ottobre 1954, n. 3870) in �Giust. Civ.�, 1955, I, 388). PQich� il Tribunale di Catania, nella sentenza esaminata si riferiva ad un caso in cui gi� da tempo era avvenuto il collaudo dell'opera e la consegna di essa all'Ente appaltante, la sua decisione, sebbene priva di motivazione sull'ultima questione sopra esaminata, � senz'altro da ritenere sostanzialmente esatta. P. D'AMICO I.G.E� � Art. 52 Legge sull'IGE � dinanzi a,ll'A.G.O. � Decadenza � Impugnativa a mezzo di ricorso per revocazione -Inapplicabilit� alle controversie in materia di I.G.E. (Trib. Lecce, Sent. 3 dicembre 1958, Pres.: Stefanizzo; Rel.: Motta, !AIA c. Finanze). 1) L'art. 52 della legge 19 giugno 1940, n. 762 dell'I.G.E. prevede che contro la ordinanza definitiva dell'Intendente di Finanza � consentito gravame dinanzi ali' A. G.O. nel termine di giorni 60 dalla notificazione dell'ordinanza medesima. La proposizione del gravame oltre il termine predetto importa decadenza dell'esercizio dell'azione giudiziaria. 2) La impugnativa a mezzo del ricorso per revocazione di cui alla legge n. 316, del 1910 non � applicabile alle controversie in materia di I.G.E. ma deve ritenersi in vigore solo per le controversie di natura civile (su tasse e sopratasse) relative all'imposta di bollo ed alle tasse sulle concessioni amministrative. La prima massima ribadisce un indirizzo pacifico: la brevit� e precettivit� del termine sancito dall'art. 52 della legge organica sull'I.G.E., per l'esperimento dell'azione giudiziaria avverso i provvedimenti am ministrativi dell'Intendente e del Ministro delle Fi nanze, ne caratterizza la natura: non si dubita che sia comminato a pena di decadenza onde l'inosser vanza comporta la improponibilit� dell'azione, rile vabile d'ufficio vertendosi in materia sottratta alla disponibilit� delle parti. La seconda, per la quale non constano precedenti in termini, risponde sostanzialmente ad un'esatta interpretazione delle norme che informano la materia. Senza indugiare nell'esame se contro gli atti am-�� ministrativi sia consentito, come ulteriore rimedio amministrativo, il ricorso in revocazione, ai fini della presente nota � f$Ufficiente considerare che, costituendo -80 esso una deroga fatta, in determinate ipotesi, al principio dell'irretrattabilit� ilel giudicato, mal si conviene in linea generale di fronte a pronunzie le quali, per la loro natura di atto amministrativo, hanno di contro il connotato giuridico della revocabilit� d'Ufficio. L'orientamento giurisprudenziale che ammette, in vista della particolare natura del rimedio, la possibilit� del ricorso in revocazione per i provvedimenti del Oapo dello Stato decisivi dei ricorsi straordinari, conforta la cennata opinione. La quale � altres� suffragata dal rilievo che, nei casi in cui � stata ravvisata l'opportunit�, .il ricorso in revocazione in sede amministrativa ha avuto espressa disciplina. Oos� gli artt. 6 e 7 della legge 22 maggio 1910, n. 316, sulla procedura dei ricorsi all'Intendente ed al Mini-� stro delle Finanze in tema di tasse sugli affari .e di riscossione degli altri proventi di servizi pubblici, abilitavano gli interessati a proporre ricorso in revocazione, nei termini indicati, per te ipotesi di errore di fatto o di calcolo o per recupero di documento decisivo. Tali norme per�, il cui campo di applicazione risultava gi� ben definito dalla legge, in prosieguo di tempo, attuandosi una pi� particolare distinzione e disciplina della materia, hanno ulteriormente ridotto la loro sfera di applicazione, sicch� oggi al ricorso in revocazione non pu� pi� attribuirsi carattere di rimedio generale nel �ampo delle imposte sugli affari, ma solo di rimedio caratteristico a determinati tributi e per specifiche controversie. Oon il regolamento n. 316, non si operava infatti distinzione alcuna tra controversie insorgenti dalla normale applicazione dei tributi e quelle derivanti da infrazioni, talch� le norme in essa contenute si estendevano, sia pure con inconvenienti, ad ogni questione. Per meglio disciplinare la materia, nel 1923 si oper� un intervento legislativo, attraverso due distinte leggi emanate quasi contemporaneamente, merc� le quali si regolavano separatamente le controversie non aventi carattere d'illecito (R. D. 19 aprile 1923, n. 938), e per le quali fu espressamente richiamato il ricorso in revocazione (art. 1), dalle trasgressioni tributarie (R. D. 25 marzo 1923, n. 796), la cui minuziosa e completa disciplina tacque invece di un tale rimedio. Oon quest'ultima legge pertanto il ricorso in revo cazion(} venne escluso per tutte le controversie� punibili con pena pecuniaria, senza distinzione tra illeciti civili e penalt; � Sono note infatti le discussioni insorte per iden tificare se la pena pecuniaria ivi indicata avesse o meno essenza di pena e l'intervento legislativo alall'uopo predisposto, per attribuire carattere penale alle trasgressioni contemplate nel R. D. n. 776, e non attuato poi, in vista, appunto della pi� generale e completa rielaborazione �della materia operata dalla legge 7 gennaio 1929, n. 4 in cui, distinte le categorie di illecito e disciplinato la procedura ed i termini dei gravami amministrativi, alcun cenno si contiene del ricorso in revocazione. E quindi manifesto che un tal rimedio non possa sperimentarsi in .tema di illeciti, per essere stata abrogata con la nuova e completa disciplina, in base al prin�ipio contenuto nell'art. 15 delle disposizioni sulla legge in generale, le norme gi� dettate in materia dalla legge 1910, n. 316. Anche per le controversie non aventi natura di illecito, l'ambito di applicazione delle norme di cui al R. D. 1923, n. 938,� � stato per� notevolmente ristretto dalla legge 7agosto1936, n. 1639, per la riforma degli ordinamenti tributari che, demandando la risoluzione delle controversie relative alle imposte di registro, di successione ed in surrogazione, di manomorta e ipotecaria alla giurisdizione tributaria, ha limitato e per i pi� importanti tributi, la competenza dell' Intendente di Finanza (ulteriormente ridotta poi con il D. L. 28 dicembre 1946, n. 469 e successive modifiche per l'I.G.E. in abbonamento demandata alle commissioni), la quale quindi sussiste solo per le controversie di natura civile relative all'imposta di bollo (D: P. 25 �giugno 1953, n. 492), alle tasse sulle concessioni governative (D. P. 29 marzo 1953, n. 112) ed a pochi altri tributi (assicurazioni R. D. �923/3281; carte da giuoco-R. D. 1123/3277; documenti di trasporto 1948/1173), e per le quali solo continua ad aver vigore il predetto ricorso in revocazione, del re.<? to espressamente menzionato nelle singole leggi. PIETRO DE FRANOISCI I.G.E. -Privilegio -Art. 44 l. organica -Riferimento all'art. 2752 C. c. Limiti. (Tribunale di Roma, Sent. 6 maggio 1959 -Pres.: Manna; Rel.: Marchetti -Finanze c. Fall. Donati) n riferimento all'art. 2752 c. c. contenuto nel~ l'art. 44 della legge sull'I.G.E. ha effetto solo per il grado del privilegio statuito e non per l'intero regolamento, che limita, com'� noto, il privilegio medesimo alle imposte iscritte nel ruolo dell'ultimo anno e di quello precedente. La massima surriferita accoglie in pieno la tesi sostenuta dalla Avvocatura dello Stato sulla �napplicabi. lit� al privilegio per i crediti I.G:E. dei limiti temporali fissati dall'art. 1957 Codice civ. 1865 (oggi art. 2752) in relazione ai tributi diretti verso lo Stato. La massima ci trova ovviamente concordi in quant9 riteniamo che la contraria tesi si fonda su una erronea interpretazione degli artt. 44 legge I.G.E. e 2752 Ood. civile. Esaminiamo brevemente tali articoli: Dispone l'art. 44 della legge citata: �Il credito dello Stato per l'imposta non corrisposta a norma della presente legge e per le eventuali sopratasse, � privilegiato sulle generalit� dei mobili dei suoi debitori. Tale privilegio ha lo stesso grado del privilegio generale stabilito dall'art. 1957 (ora 2752) del C. c., al quale � tuttavia posposto �. L'art. 2752 O. c. suona cos�: �hanno privilegio generale sui mobili del debitore i Qrediti dello Stato per ogni tributo diretto, eccettuato quello fondiario, iscritti nel ruolo principale dell'am/oo in cui l'esattore procede o interviene nella esecuzione e nel ruolo-�dell'anno precedente. Qualora si tratti di ruoli suppletivi il privilegio non pu� esercitarsi per un importo superiore a quello dell'ultimo biennio�. Il posto occu pato da tale pr�vilegio nell'ordine� ai tutti gli aUri � stabilito dal successivo art. 2778 G. c. Dal raffronto dei due articoli appare ictu oculi �evidente che il riferimento dell'art. 44 legge suWI.G.E. all'art. 1957 Ood. 1865 (oggi art. 2752) ha il solo effetto di precisare la collocazione del privilegio generale mobiliare, istituito dalla legge sull'I.G;E., come privilegio autonomo nell'ordine di tutti i privilegi dettati dal Oodice civile. Oon .tale riferimento � in altre parole, non si vuole altro che. stabilire il grado di preferenza del suddetto privilegio il quale� rimane fuori del limiti temporali fissati per i crediti relativi a tributi diretti, essendo soggetto solo al termine di prescrizione di cui all'art. 45 della pi� volte citata legge sull'I.G.E. La parola grado usata come fulcro <J,el riferimento all'art. 1957 (ora 2752), come � stato esattamente affermato dal Tribunale di Roma nella Sent. 5 gennaio 1951 (v. in cc Dir. Fall. � 1953, II, 56) ha un significato inequivocabile, essendo usata nel .senso dianzi precisato non solo dal legislatore di numerose leggi speciali istitutive di privilegi e comunemente dalla dottrina ma essendo stata accolta anche dal vigente codice civile, il quale ad esempio all'art. 2783 cos� dispone: � quando dalla legge non risulta il grado di preferenza di un determinato privilegio speciale esso prende grado dopo ogni altro privilegio speciale regolato dal codice �. Ohiara dunque appare anche per la sistematica della norma in esame la volont� del legislatore diretta con il primo comma a stabilire il privilegio generale mobiliare e con il secondo comma a precisare il grado di preferenza nei confronti di tutti gli altri privilegi concorrenti, classificandolo in tale graduazione subito (topo il privilegi�� dei crediti .di cui all'art. 2752, solo a tal fine richiamato. Ad avvalorare la tesi suesposta, scaturente dalla semplice interpretazione letterale dell'art. 44, si possono aggiungere le considerazioni fatte in proposito dal Greco (.Autonomia del privilegio generale ex art. 44 sull'I.G.E. su � Dir. Fall. ii, 1952, II, 197): 1) Il privilegio del credito per l'I.G.E. � sorto in vista .di esigenze nuove delle Finanze dello Stato, che trovarono assetto organico in un tributo sostanzialmente nuovo nel suo profilo giuridico-economico, come privilegio del tutto autonomo (Trib. Napoli, 12 luglio 1955). , 2) L'interpretazione logica degli artt. 44, Legge sull'I.G.E. e 2752 O. c. induce ad escludere che il privilegio per i crediti I.G.E. possa essere regolato nella sostanza dall'art. 2752 O. c., e condizionato dai limiti temporali fissati in tale articolo perch� sostanzialmente diversa � la natura giuridica della imposta sulla entrata dai tributi regolari, ai fini del privilegio, dall'art. 2752 O. c. Infatti l'I.G.E.: a) � fondata non su di un accertamento diretto del reddito del soggetto della imposta ma sulla presunzione che l'entrata tassata denuncia la esistenza di un reddito; . b) viene riscossa non dall'esattore bens� dalla stessa Amministrazione Finanziaria e non mediante ruoli bens� di regola mediante il bollo (marche) o per alcune categorie in abbonamento con iscrizione di speciale articolo di campione; c) viene amministrata dalla Direzione Generale delle Tasse e delle Imposte Indirette sugli Affari ed � da considerarsi, secondo opinione non contrastata, tributo indiretto. In conclusione, pu� affermarsi che appare logicamente inapplicabile la speciale. disciplina dell'ar" ticolo 2752 O. c. al privilegio di cui all'art. 44 per il fatto che per l'I.G.E. mancano quegli elementi (esattore e ruolo) in funzione dei quali l'art. 2752 d(ltermina l'estensione temporale del privilegio del credito per tributi diretti (Trib. Roma 5 novembre 1951, in �Foro It. �, Rep. 1952, v. tassa sull'entrata n. 81). Ora poich� il richiamo all'art: 2752 O. c. vale come si � detto solo a determinare il grado del privilegio del credito I.G.E. e non anche a limitare la estensione temporale del privilegio, ne deriva che per stabilire tale estensione non pu� aversi riguardo, in mancanza di altra norma, che alla durata del termine prescrizionale di cui all'art. 45 Legge sull'I.G.E. Il che niente altro v.uol dire che il privilegio assiste il credito per I.G.E. dalla sua nasci,ta alla sua estinzione. LUIGI M.AZZELL.A PROCEDIMENTO -Mancata costituzione del contraddittorio -.Erronea citazione in giudizio dell'Amministrazione -Nullit� della sentenza. (Trib. Trieste, Sentenza 12 dicembre 1958 -Pres.: (rel.); Falchi, Finanze c. Tantillo).. La mancata costituzione del contraddittorio per erronea� citazione in giudizio di organo dell'Amministrazione sfornito di rappresentanza d� luogo ad un'ipotesi di nullit� intrinseca (o inesistenza giuridica) della sentenza, che non consente al giudizio d'appello n� di rimettere la causa al primo giudice n� di trattenerla e di deciderla nel merito. � Aff�nch� si possa validamente citare in giudizio lo Stato occorrono, come � risaputo, l'individuazione esatta dell'Amministrazione che abbia la legitimatio � ad causam (titolarit� o disponibilit� del diritto) e e la individuazione dell'organo a cui spetta la rappresentanza processuale dell'Amministrazione. Riportandoci adesso per un momento ad altro punto del diritto processuale, dobbiamo ritenere, che siano configurabili casi di vera e propria inesistenza giuridica della sentenza, quando cio�-quest'ultima risulti inficiata da vizi materiali o intrinseci, per diietto assoluto degli elementi costitutivi: dei soggetti (privati o pubblici del processo) o dell'oggetto (impossibilit� materiale o giuridica), ad esempio: sentenza resa a non iudice, sentenza emessa che sia rispettato il contraddittorio o sentenza che ordini il divorzio. In questi casi, come abbiamo detto, di inesistenza giuridica, per la rimozione degli effetti della sentenza � sufficiente una semplice eccezione senza limitazione� di tempo quanto alla proponibilit�, e non occorre l'esperimento di un mezzo di impugnazione. La dottrina ritiene che la questione del contraddittorio rientri fra i presupposti processuali, quelli cio� che condizionano l'emanazione di un provvedimento quale che sia e che, per converso, �la questione della legittimazione ad agire sia una questione di -82 merito che soltanto infiuirebbe sulla emanazione di un provvedimento favorevole. � � per contrario da ritenere, sulle orme della prevalente, e pi� recente giurisprudenza, che la questione della legitimatio ad causam rientri anch'essa nella categoria dei presupposti processuali: in altri termini, noi ravvisiamo pi� corretto procedere ad un accostamento tra questione di legittimazione ad agire e questione del contraddittorio, riconoscere cio� nel principio del contraddittorio una portata sostanziale, nel senso appunto che non una qualunque parte, ma la giusta parte debba essere citata, dal che si deriva che la questione della legittimazione ad agire non attiene al merito del giudizio ma proprio all'esistenza del contraddittorio, con la conseguenza che il difetto di essa � rilevabile d'ufficio. La legitimatio ad causam quindi, interessa la legittimit� del contraddittorio e la validit� della sua costituzione, per il che il dif�tto di essa induce la inesistenza giuridica della sentenza eventualmente emessa nei confronti di un soggetto non legittimato ad agire. La sentenza in data 12 dicembre 1958, del Tribunale di Trieste prende appunto in esame il caso della violazione del principio del contraddittorio (art. 101 C.p.c.) sotto la specie della citazione di un organo di Amministrazione sfornita di legitimatio ad causam: Invero, da tutte le disposizioni in vigore in tema di riscossione delle spese di giustizia, si ricava che la titolarU� del diritto e qu�ndi la legitimatio ad causam, in questa materia, spetta all'Amministrazione delle Finanze e che ai Cancellieri � esclusivamente demandata una funzione esecutiva, quella cio� di curare la riscossione delle somme dovute all'Erario dello Stato; fuori dell'ambito dell'esecuzione i Cancellieri non hanno pi� alcuna veste processuale e la loro attivit� non pi� � riferibile all'Amministrazione delle Finanze-Demanio. Pertanto, in un giudizio successivo di opposizione all'esecuzione e quindi di cognizione essendo indispensabile citare l'Amministrazione delle Finanze, la citazione per contro del Cancelliere carente di legitimatio ad causam comporta, per i motivi esposti pi� sopra, una viola zione del principio del contraddittorio e quindi, come rettamente ha giudicato il Tribunale di Trieste, la inesistenza giuridica della sentenza; ed infatti la citazione di un organo fornito di rappresentanza � indispensabile per la presenza della parte-Stato nel processo. N� tal difetto consente di rimettere la causa al primo Giudice: esatto, a tal proposito, il rilievo del Tribunale di Trieste, che la deroga che l'art. 354 O.p.c. apporta al principio generale dell'art. 161-I-c per il quale tutte le nullit� (formali) si fanno valere attraverso i mezzi di impugnazione non � passibile di interpretazione estensiva (per la tassativit� delle ipotesi; cfr. �NDRIOLI, Commento, 1956, voi. II, p. 4 78 e segg.; lcARDI, Foro Pad. 1946, I, 469; Cass. 20 luglio 1943, n. 1894, 29 luglio 1947, n. 1242, 10 novembre 1954, n. 4209, contra: Satta �Dir. Proc. Civ.; Giuffr�, anno 1953). Potrebbe, inoltre, opportunamente rilevarsi che dei vizi importanti nullit� intrinseca o materiale della sentenza, l'art. 354 in esame menziona solamente l'avvenuta illegittima estromissione di una delle parti e la mancata �integrazione �del contradditorio, quella cio� riguardante il caso che la decisione non possa pronunciarsi che in confronto di pi� parti, e che r1,on sia stata disposta l'integrazione del contraddittorio quando il processo appunto sia stato promosso da alcune o contro alcune solamente di esse; l'ipotesi, in altre parole, � quella del litisconsorzio necessario, cio� quella della pluralit� di parti nel processo; la fattispecie giudicata dal Tribunale di Trieste con la surrichiamata decisione concerne invece tutt'altra ipotesi, quella cio� di assenza dal giudizio di una delle due parti. � Non � possibile, nemmeno nella ipotesi che ci occupa, che il Giudice di Appello trattenga la causa decidendola nel merito, in quanto . una domanda assolutamente nulla non ha il potere di instaurare un valido rapporto processuale e in quanto ci� non � consentito allorch� ci si trovi davanti ad una nullit� sostanziale dell'atto di citazione che abbia dato luogo ad inesistenza del giudizio di 1� grado per aver impedito la costituzione del contraddittorio. LUCIO SIN.AGRA INDICE SIS'l,EMATICO DELLE CONSULTAZIONI LA FORMUL�ZIONE DEL QUESITO_ NON RIFLETTE IN ALOUN MODO LA SOLUZIONE OHE NE � STA'l'� DATA ACQUE PUBBLICHE RICERCA DI ACQUE SOTTERRANEE. -1) Se, ai sensi dell'art. 102 del T. U. 11 dicembre 1933, n. 1775, una riserva per ricerche di acque sotterranee a favore della Regione Siciliana debba essere limitata nel tempo (n. 60). 2) Se debba procedersi a pubblicazione sulla Gazzetta Uffeciale del decreto dell'Assessorato della Regione Siciliana che stabiliva detta riserva (n. 60). AGENTI DIPLOMATICI E CONSOLARI DEPOSITI DI DENARO. -Se l'Amministrazione dello Stato debba rispondere verso l'interessato per il fatto di un'Ambasciata all'estero, che avendo ricevuto un deposito di denaro per conto di un cittadino italiano, abbia trascurato di effettuare il cambio della moneta posta fuori corso dalla legge di quel Paese (n. 4). AGRICOLTURA E FORESTE INFORTUNI NELLE FORESTE DEMANIALI. -Se le somme dovute all'l.N.A.I.L. a rimborso delle rendite da esso corrisposte agli operai per indennit� relative ad infortuni verificatesi in foreste demaniali prima che queste fossero trasferite alle Regioni debbano passare a carico delle Regioni stesse (20). ALBERGHI VINCOLI. -Se il vincolo alberghiero 'concernente la locazione e la vendita degli immobili adibiti ad uso d'albergo, pensione o locanda, ai sensi della legge 24 luglio 1936, n. 1692, si estenda anche alle pertinenze dello edificio, quali parchi o giardini (13). AMMINISTRAZIONE PUBBLICA DECENTRAMENTO. -1) Se nell'ambito delle competenze stabilite con D. P. R. 4 febbraio 1955, n. 72, sul decentramento dei servizi del Ministero delle Finanze, sia possibile procedere ad avocazioni o sostituzioni non previste dalla legge (n. 237). I. N. A. -2) Se l'Istituto Nazionale per le Assicu. razioni sia un'Azienda di Stato ovvero un Ente Autonomo esercente un pubblico servizio (n. 238). -3) Se l'I.N.A. rientri nella categoria dei soggetti previsti dalla lett. e) dell'art. 78 del T. U. 9 maggio 1950, n. 203, esenti dall'imposta proporzionale sul patrimonio (n. 238). UNRRA-CASAS. -4) Quale sia la natura giuridica dell'UNRRA-Casas ai fini e per gli effetti della legge 25 marzo 1958, n. 260 (n. 239). -5) Quale sia l'organo legittimato a stare in giudizio per l'UNRRA-Casas (n. 239). APPALTO SUPPLENTE. -Se, ai sensi dell'art. 9 del Capitolato Generale sulle 00. PP. tutti i mandati di pagamento emessi successivamente alla morte del titolare deil'impresa appaltatrice siano di spet~anza del supplente, quando quest'ultimo prosegue i lavori su espresso invito dell'Amministrazione appaltante (n. 245). ASSICURAZIONI ASSICURAZIONI CREDITI ALL'ESPORTAZIONE. -1) Quale sia, nel sistema delineato dagli artt. 2 della legge 22 dicembre 1953, n. 955 e 7 del D. P. 22 marzo 1954, n. 172, il cc periodo di assicurazione in corso al momento della comunicazione .o della conoscenza � considerato dall'art. 1896 del C. c. ai fini dello scioglimento del contratto di assicurazione per cessazione del rischio (n. 52). ASSICURAZIONE CREDITI ALL'ESPORTAZIONE -AUJ.\IENTO COSTI DI PRODUZIONE. -2) In quale periodo debbano essersi verificate, ai sensi dell'art. 6 del D. P. 23 settembre 1958 n. 1276, le variazioni dei costi di produzione per poter costituire sinistro risarcibile agli effetti dello art. 2 della legge 3 dicembre 1957 n. 1198 (n. 53). -3) Quali siano i criteri per determinare le variazioni dei costi di produzione in base all'art. 6 del D. P. 23 settembre 1958, n. 1276 (n. 53). l.N.A. -IMPOSTA STRAORDINARIA SUL PATRIMONIO. 4) Se l'Istituto Nazionale per le Assicurazioni sia una Azienda di Stato ovvero un ente autonomo esercente un pubblico servizio (n. 54). -5) Se 1'1.N.A. rientri nella categoria dei soggetti previsti dalla lett. e) dello art. 78 del T. U. 9 maggio 1950 n. 203, esenti dalla imposta sul patrimonio (n. 54). AUTOVEICOLI ISCRIZIONE DI IPOTECA LEGALE. -Se, ai fini della �iscrizione sugli autoveicoli, l'ipoteca legale prevista dall'art. 26 della legge 7 gennaio 1929, n. 4, possa parificarsi all'ipoteca prevista dall'art. 189 C. p. (n. 58). S4 COMUNI E PROVINCIE AzmNDE MUNICIPALIZZATE. -Quale sia l'interpretazione degli artt. 12 e 24 della legge 5 gennfl,io 19ii6 n. 1 relativamente alle dichiarazioni dei redditi per tutte le aziende gestite dai Comuni (n. 76). CONTRIBUTI E FINANZIAMENTI CONTRIBUTI DI RICOSTRUZIONE -AGEVOLAZIONI FI� SCALI. -Se l'esenzione tribut~ria prevista dall'art. 5 del D. L. 7 giugno 1945, n. 322, sia applicabile anche al caso in cui il conferimento in denaro non preceda le opere di ricostruzione che costituiscono il fine della societ� a favore della quale il finanziamento viene fatto (n. 32). DONAZIONI OPERA. NAZIONALE MEZZOGIORNO D'ITALIA. -lJ Se l'art. 3 della legge 13 marzo 1958, n. 365, regoli la materia� riguardante l'autorizzazione alle istituzioni collegate con l'O.N.O.G. per ci� che concerne l'accettazione di lasciti o donazioni o l'acquisto di beni immobili (n: 31). -2) Se l'autorizzazione ad accettare una donazione da parte dell'Opera Nazionale Mez;wgiorno d'Italia sia concessa mediante decreto del Presidente dEll Consiglio dei Ministri (n. 31). EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE CASE PER TERREMOTATI. -1) Se, agli effetti della attuazione delle norme del D. P. R. 17 gennaio 1959, n. 2, che prevedono la cessione in vendita di tutti gli alloggi per terremotati in Messina, l'attuale appartenenza delle case in questione debba riconoscersi al Comune di Messina� ovvero all'Istituto Autonomo delle case popolari di Messina (n. 88). CONTRIBUTI .DELLA G:ESTI�NE. INA-CASA PRESCRI� ZIONE. -..,--2) Se ai contributi della Gestione INA-Casa di cui all'art. 5 lett. b-c) della legge 28 febbraio 1949, n. 43, si applichi la prescrizione decennale oppure quella qu�nouenn�le di cui all'art. 2948, n. 4 (n. 89). GESTIQNE INA-CASA. -ALLOGGI A RISC�TTO. -3) Se, in sede di stipulazione del c�ntratto defuiitivo di assegnazione degli alloggi a riscatto della Gestione INA-. Casa, la Gei:itione possa esigere dagli assegnatari il pagamento di rate di ammortamento che, pur rientrando nei limiti di costo stabiliti dalla legge, siano superiori alle cifre comunque ind~cate . nel bando di concorso (n. 90). -4) Se il rifiuto dell'assegnatario di ottemperare ai suoi obblighi dia luogo alla decadenz� �prevista dall'art. l 7 della legge (n. 90). � GESTIONE INA-CASA -CONTRIBUTO DI FOGNATURA. 5) Se alla Gestione INA-Casa compete. l'esenzione dal contributo di fogn~tura, sotto il profilo che le costruzioni eseguite in attuazione dei_ piani settennali debban� essere considerate come case economiche e popolari. (n. 91). -6) Se soggetto passivo del contributo di fognatura sia la Gestione oppure l'assegnatario dell'alloggio (n. 91). GESTIONE INA-CASA -PERSONALE.. -6) Se il trattamento aggiuntivo previsto dall'art: 9 D. L. 15 ottobre 1955, che regola il rapporto di' lavoro intercorrente tra. la Gestione INA-Casa e il personale assunto direttamente, costituisca un fondo speciale integrativo del trattamento di quiescenza (n. 92). FALLIMENTO CESSIONE DI CREDITI. -1) Se, ai sensi dell'art. 67 della legge fallimentare l'atto� di cessione di crediti ntervenuto poco prima della sentenza dichiarativa di fallimento debba essere qualificato come mezzo anorimali; i di pagamento (n. 47). RAPPRESENTANZA IN GIUDIZIO DELL'AMMINISTRA ZIONE NELLA DOMANDA DI INSINUAZIONE DI CREDITO. 2) Se il procuratore del Registro possa inoltrare personalmente, in qualit� di parte legittimata ad processum, la domanda di insinuazione di un credito al passivo del fallimento (n. 4;8). FERROVIE AGENTI FERROVIARI -INDENNIT� DI BUONUSCITA. 1) �Se ai sensi dell'art. 158 dello S. G. (Legge 26 marzo 1958, n. 425) gli agenti ferroviari dimissionari volontari, che non abbiano ancora conseguito il diritto allo assegno di pensione, abbiano titolo al!'indennit� di buonuscita (n. 283). -2) Se, ai sensi dell'art. 159 dello stesso S. G. i dipendenti decaduti dall'impiego per cause diverse dalla perdita della cittadinanza conservino, col diritto alla pensione o all'indennit� una tant.rn, anche quello alla indennit� di buonuscita (n. 283) -3) Se competa ai dipendenti in prova dimissionari o decaduti dall'impiego il rimborso dei contributi trattenuti in favore dell'Opera di Previdenza (n. 283). COSTRUZIONI IN VICINANZA DELLE SEDI FERROVIARIE. -:---4) Se_ per le aree costituenti il compendio immobiliare ferroviario trovano applicazione le disposizioni del Codice civile che dispongono i limiti di distanza per le costruzioni delle propriet� a confine. e le disposizioni dei regolamenti edilizi locali (n. 284). IMPIEGO PUBBLICO AGENTI FERROVIARI -INDENNIT� DI BUONUSCITA. 1) Se, _ai s_ensi dell'art, 158 dello S. G. (Legge 26 marzo, 1958,. n, 425) gli agenti ferroviari dimissionari volontaPi, che non abbii;tno ancora conseguito il diritto allo assegno di pensione, abbiano titolo dell'indennit� di buonuscita (n. 487). -2) . Se, ai se.si dell'art. 159 dello stesso S. G. i dipendenti decaduti dall'impiego per cause diverse dalla perdita della cittadinanza conservino, col diritto alla pensione o all'indennit� uua tant. um, anche quello alla indennit� di buonuscita (n. 487). -3) Se competa� ai-dipendenti in prova dimissionari. o decaduti dall'impiego il rimborso dei contributi trattenuti i;n favore dell'Opera di Previdenza (n. 487). IMPIEGATO STATALE -BIGAMIA. -4) A chi debb� ~ssere attribuita l'indennit� per cessazione del rapporto <Ji impiego, nel C�J.SO di bigamia del dipendente dece duto (n._ 488). �� � IMPIEGATO STATALE -INFORTUNIO PER COLPA TERZI. -5) Se lo Stato, che sia tenuto a corrispondere la pensione 'privilegiata al proprio dipendente infortunato _, 85 in occasione di servizio e per colpa di un terzo, possa agire in rivalsa contro quest'ultimo (n. 489). IMPORTAZIONE-ESPORTAZIONE AssIOURAZIONE OREDITI ALL'ESPORTAZIONE. -1) Quale sia, nel sistema delineato dagli artt. 2 della legge 22 dicembre 1953, n. 955 e 7 del D. P. 22 marzo 1954, n. 172, il cc periodo di assicurazione in corso al momento della comm1icazione o della conoscenza� considerato dallo art. 1896 del C. c. ai fini dello scioglimento del �ontratto di assicurazione per cessazione del rischio (n. 18). AssIOURAZIONE OREDITI ALL'ESPORTAZIONE -AuMENTO DI OOSTI DI PRODUZIONE. -2) In quale periodo debbano essersi verificat�, ai sensi dell'art. 6 del D. P. 23 settembre 1958, n. 1276, le variazioni dei costi di pro� duzione per poter costituire sinistro risarcibile agli effetti dell'art. 2 della legge 3 dicembre 1957, n. 1198 (n. 19). 3) Quali siano i criteri per determinare le variazioni dei costi di produzione in base all'art. 6 del D. P. 23 settembre 1958; n. 1276 (n. 19). IMPOSTA DI BOLLO C.R.I. -1) Se, ai sensi 'del R. D. L. IO agosto 1928, n. 2034, alla Croce Rossa Italiana competa la prenotazione a debito per gli atti giudiziari o se tali atti debbano essere redatti in bollo (n. 13). DIPLOMI o OERTIFIOATI DI STUDI<'. -2) Se sia obbligatorio l'uso della carta bollata per tutte le richieste scritte di diplomi o certificati di studio sia da parte di al=i che da parte di insegnanti (n. 14). I.N.A.M. -3) Se l'esenzione assoluta dall'imposta di bollo, prevista dall'art. 35 della legge Il gennaio 1943, n. 138, e 122 del R. D. L. 4 ottobre 1935, n. 1287, dovrebbe ritenersi ancora operante in favore dell'Istituto Nazionale Assicurazioni Malattie anche posteriormente all'entrata in vigore dell'art. 47 del D. P. R. 25 giugno 1953, n. 492 (n. 15). IMPOSTA DI REGISTRO VENDITE TRA PARENTI. -Se, ai sensi dell'art. 5 del D. L. 8 marzo 1945, n. 90, le certificazioni bancarie sulla provenienza del prezzo siano idonee a vincere la presunzione di liberalit� stabilita dalla legge per le vendite tra parenti (n. 154). IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA .CONTRATTI DI PERMUTA E VENDITA. -Se, agli effetti tributari il criterio distintivo tra vendita e permuta debba ricercarsi nel maggior valore tra il danaro e la cosa in natura che si scambiano in corrispettivo di altro bene (nella specie scambio di macchina nuova con .altra macchina usata pi� danaro) (n. 82). IMPOSTE E TASSE AZIENDE MUNIOIPALIZZATE. -1) Quale sia l'interpretazione degli artt. 12 e 24 della legge 5 gennaio 1956, n. 1 relativamente alla dichiarazione dei redditi per tutte le aziende gestite dai Comuni (n. 324). I.N.A. -IMPOSTA STRAORDINARIA SUL PATRIMONI0;�2) Se l'I.N.A. sia una Azienda di Stato ovvero un Ente autonomo esercente un pubblico servizio (n. 325). 3) Se l'Istituto Nazionale per le Assicurazioni (I.N.A.) rientri nella categoria dei soggetti previsti dalla lett. e) dell'art. 78 del T. U. 9 maggio 1950 n. 203 esenl>i dalla imposta proporzionale sul patrimonio (n. 325). INFORTUNI SUL LAVORO INFORTUNI NELLE FORESTE DEMANIALI. -Se le somme dovute all'I.N.A.I.L. a rimborso delle rendite da esso corrisposte agli operai per indennit� relative ad infortun:i verificatisi in foreste demaniali prima che queste fossero trasferite alle Regioni debbano passare a carico delle Regioni stesse (h. 43). ISTRUZIONE SUPERIORE DIPLOMI E LAUREE. -1) Se possa ritenersi illegale il rilascio di diplomi o di attestazione o di titoli diversi da quelli disciplinati dalla legge, da parte di associazioni culturali dietro pagamento o esborso di somme di denaro (n. 10). 2) Se possa ritenersi sussistere reato nel caso che la persona che urio di quei titoli abbia ottenuto dietro esborso di somme di denaro fosse stato tratto deliberatamente in inganno sul valore effettivo del titolo conseguito (n. 10). METANO PROPRIET� DELLE BOMBOLE. -Se, ai sensi dell'art. 3 della legge n. 640 del 1950, la presunzione di propriet� delle bombole a favore dell'E.N.I. si applichi nei confronti delle Arri.ministrazioni Statali, comprese le Aziende Autonome (n. 3). NAVE E NAVIGAZIONE SINISTRI MARITTIMI. -Se il verbale d'inchiesta formale sui sinistri marittimi debba essere inviato al Procuratore della Repubblica, ai sensi dell'art. 1241 Cod. nav., ove la Commissione d'inchiesta stessa abbia espresso il parere che il fatto sia avvenuto per dolo o colpa di persone non soggette alla giurisdizione italiana . (n. 100). . ORFANI DI GUERRA 1) Se l'art. 3 della legge 13 marzo 1958, n. 365 regoli Ja materia riguardante l'autorizzazione alle istituzioni col� legate conI'O.N.O. G. per ci� che concerne l'accettazione di lasciti o donazioni o l'acquisto di beni immobili (n. 2). 2) Se l'autorizzazione ad accettare una donazione da parte dell'Opera Nazionale Mezzogiorno d'Italia sia concessa mediante decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (n. 2). OPERE PUBBLICHE REVISIONE DI PREZZI. -Se, rispetto ai contratti eseguiti dall'E.R.I.C.A.S. a mezzo di appaltatori, siano legittime le revisioni dei prezzi operate, non in base alle leggi che�disciplinan0 la materia, bens� con i criteri det� -S6 tati dall'art. 9 della convenzione n. 38 in data 8 marzo 1949 stipulata con l'Ente per la Ricostruzione del Cassinate (n. 49). PENSIONI PRIVILEGIATE -RIVALSA DELLO STATO. -Se lo Stato, che sia tenuto a corrispondere la pensione privilegiata al proprio dipendente infortunato in occasione di servizio e per colpa di un terzo, possa agire in rivalsa contro quest'ultimo (n. 88). PREZZI REVISIONE DI PREZZI. -Se, rispetto ai contratti eseguiti dall'E.RI.CAS. a mezzo di appaltatori, siano legittime le revisioni dei prezzi operate, non in base alle leggi che disciplinano la materia, bens� con i criteri dettati dall'art. 9 della convenzione n. 38 in data 8 marzo 1949 stipulata con l'Ente per la Ricostruzione del Cassinate (n. 42). REGIONI REGIONE SICILIANA -RICERCA DI ACQUE SOTTER� RANEE. -1) Se, ai sensi dell'art. 102 del T. U. 11 dicembre 1933,.n. 177 5, una riserva per ricerca di acque sotterranee a favore della Regi�ne Siciiliaha; debba essere limitata nel tempq (n. 77). -2) Se debba procedersi a pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del decreto dello Assessorato della Regione Siciliana che stabiliva la suddetta riserva (n. 77). RICOSTRUZIONE AGEVOLAZIONI FISCALI. -Se l'esenzione tributaria prevista dall'art. 5 del D. L. 7 giugno 1945, n. 322, sia applicabile anche al caso in cui il conferimento in denaro non preceda le opere di ricostruzione che costituiscono il fine della societ� a favore della quale il finanziamento viene fatto (n. 8). (7103898) &oma, 1959 -Istitnto Poligrafico llello Stato -G. C