ANNO XII -N. 5-6 MAGGIO-GIUGNO 1959 

RASSEGNA MENSILE 


�DELL'AVVOCATURA 


PU'BBLICJA.ZIO NE. DI SERVIZIO 


IL DIRITTO DI CRONACA EL'ART. 21 DELLA COSTITUZIONE 


In una recente� Sentenza il Tribunale di Verona 

(v. in� Foro It. �, 1959, II, 54) ha statuito che� non 
commette il delitto di diffamazione per mezzo 
della stampa il giornalista che, neH'esercizio del 
diritto di cronaca, riferisce fatti lesivi dell'onore 
e della reputazione altrui, purch� siano rispettati 
i limiti della verit� e della continenza, ossia la 
notizia appaghi un interesse generale consistente 
nel diritto dei cittadini di essere informati di quei 
fatti che interessano la collettivit� �. 
La tesi, consolidata in Giurisprudenza (V. Trib. 
Roma, 30-3-1957 in �Foro It �, 1958, I, 136 Trib. 
Roma, 23-5-1957, in �Foro It. �, 1957, II 
142 -Cass. � 23-4-1956, in � Giust. Pen. �, 1956, 
II, 815 -Oass. 1~-12-1955, in �Foro It. �, 1956, 
I, 4 -Trib. Milano, 13-6-1956, in � Giur. It. �, 
1956, II, 314 -Trib. Novara, 4-2-1956, ib. 196 -
Oass. Pen., 15-4-1955, in �Foro Pen. �, 1956, 395), 
condivisa dalla maggior parte della dottrina 

(V. .ALTAVILLA: Diritto di cronaca, in � Giust. Pen. �, 
1947 -NUVOLONE: Reat.i di Stampa, Giuffr�, Milano 
-NUVOLONE: Leggi penali e Oostituzione, 
Giuffr�, Milano -NUVOLONE: Diritto di cronaca 
e prova della verit�, in� Giust. Pen. �, 1954 -SABATINI: 
Limiti legali e limiti naturali del diritto� di 
cronaca, in �Giust. Pen. �, 1950 -SABATINI: Lo 
art. 21 della Oostituzione e l'art. 113 della legge di 
P. S., in � Giust. Pen. �, 1950 -GUARNIERI: Diritto 
.di cronaca e diffamazione a mezzo della stampa, in 
�Riv. It. Dir. Pen. �, 1952, 699) � stata -recentemente 
ribadita dal PUGLIESE, in polemica con il 
CARNELUTTI, in due articoli pubblicati sulla� Giurisprudenza 
Italiana� (1957, I, 1, 365) e sul �Foro 
Itali11no � (1958, I, 136). 

Secondo il predetto Autore conseguenza della 
affermazione dell'esistenza di un diritto di cronaca 
� la necessaria considerazione del diritto medesimo 
come discriminante dei delitti contro l'onore, 
dovendosi vedere nella pubblicazione dei fatti di 
cronaca, pur idonei in s� a menomare la fama, la 
reputazione o il decoro altrui, un'attivit� non punibile 
per il disposto dell'art. 51 C. p. 

Quanto ai presupposti per un lecito esercizio del 

� ]us narrandi il Pugliese Hindividua: 1) nella sussistenza 
ed attualit� di un interesse a conoscere i 
fatti narrati, in quanto utili al formarsi dell'opinione 
pubblica sia in materia politica� sia nelle 

altre materie che, nel momento storico attraversato, 
hanno rilev�nza per la Societ�; 2) nella verit� dei� 
fatti medesimi. � 

La tesi non ci sembra. che possa condividersi. 
Prima di illustrare la nostra opinione riteniamo 
utile, per�, ricordare tutte le argomentazioni 
addotte a sostegno della tesi contraria da parte 
degli Autori che hanno trattato il tema in esame. 

.;r primi studi della dottrina sono stati rivolti a 
ricercare se il diritto di narrare al publ;>lico i fatti 
che avvengono avesse o meno ricevuto tutela nella 
nostra nuova Carta Costituzionale. 

Secondo il Nuvolone, che per primo si � occupato 
del problema, la Costituzione ha senz'altro inteso 
tutelare il diritto di cronaca accanto al diritto di 
esprimere la propria opinione anche 'Se non ha 
fatto espressa menzione di un tale diritto. 

La tutela del jus narrandi -secondo il predetto 
Autore -si ricava indirettamente dall'art. 21 della 
Costituzione solo che si consideri che, garentendosi 
a tutti il diritto di manifestare il proprio pensiero, 
si � per ci� stesso voluto garentire a tutti la possibilit� 
di formarsi. una opinione liberamente. 

�Orbene dalla considerazione che per una libera 
formazione dell'opinione � condizione necessaria 
la conoscenza da parte di ogni membro. della collettivit� 
dei fatti che avvengono, il Nuvolone argomenta 
la giustificazione giuridica del diritto di 
cronaca e la sua implicita tutela nell'art. 21 citato. 

Fondamento di un tale diritto �, per il chiaro 
Autore, l'interesse della collettivit� ad essere informata 
degli avvenimenti pi� rilevanti da un punto 
\li vista sociale. 

Si aggiunge, altres�, che la configurazione del 
diritto di cronaca � quella di un diritto �funzionale 
�, diritto, cio� in ;funzione dell'altrui diritto 
all'informazione per il fine di un libero esercizio 
del diritto di opinione. 

La dottrina dominante, accettata senza discuterla 
una tale premessa, si � occupata diffusamente 
del pi� interessante problema dei limiti da 
riconoscersi al diritto di cronaca, specie in relazione 
al caso in cui la narrazione al pubblico di 
determinati fatti sia lesiva dell'onore e della reputazione 
altrui, ed ha ritenuto, concordemente, di 
individuarli unicamente nella veridicit� della narrazione 
e nella rilevanza sociale dei fatti narrati.. 


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-I 

I

-70


Si � cos� affermato -come si � gi� visto -che 
quando il diritto di cronaca venga esercitato con 
l'osser:vanza dei limiti anzidetti, debba ritenersi 
pienamente lecita anche� la lesione dell'onore e 
della� reputazione di un privato individuo. 

Una tale affermazione viene sorretta dalla dot


trina con la considerazione che il contrasto tra 

diritto di cronaca e diritto all'onore ed alla reputa


zione si riduce ad un vero e proprio conflitto tra 

utilitas publica ed utilitas privata, soddisfacendo 

il primo diritto un interesse sociale della collet


tivit� ed il secondo un interesse meramente indi


viduale, del privato. 

In proposito si osserva ancora, che la nostra 

Costituzione nella gerarchia dei valori ha posto la 

Societ� al di sopra dell'individuo, per cui l'interesse 

del privato, ogni qualvolta che entri in conflitto 

con un interesse della collettivit�, � irrimediabil


mente destinato a soccombere. 

I risultati cui perviene la dottrina dominante 

sono . stati recentemente sottoposti a critica da 

parte del Carnelutti (Il diritto alla vita privata 

in <cRiv. Trim. Dir. Pubblico �, 1955/3. A proposito 

della libert� di pensiero (Risposta ad un sorriso in 

�Foro It. �, 1957, IV, 143) il quale riaffermando 

l'esistenza di un diritto alla vita privata ha escluso 

che si possa pervenire al risultato di ritenere costi


tuzionalmente invalidi gli articoli del Codice penale 

che puniscono l'ingiuria e la diffamazione ed ha 

sostenuto, con una formula definita � parados


sale � dal Pugliese, che la vera libert� tutelata 

dall'art. 21 della Costituzione � la libert� di tacere. 

In realt� la tendenza oggi dominante in dottrina 

ed in giurisprudenza non pu� essere condivisa 

perch� essa poggia su di un'erronea premessa, d� 

un'assurda configurazione giuridica al diritto di 

cronaca e porta a conseguenze aberranti ed in 

aperto contrasto con il nostro ordinamento giuri


dico nella individuazione dei limiti della narra


zione e nella soluzione del conflitto tra il diritto 

di cronaca ed il diritto all'onore ed a11a reputa


zione. 

Parte da un'erronea premessa, in quanto il diritto 

di cronaca viene tutelato, a nostro avviso, dalla 

Costituzione non in maniera indiretta, come presup


posto implicito e necessario per l'esercizio in con


creto del diritto di opinione, ma in modo diretto 

come diritto Pi manifestare il"pensiero in una delle 

sue forme pi� classiche. 

La contraria tesi, infatti, cade nell'errore di 

ritenere sinonimi e perfettamente equivalenti i 

termini �pensiero � ed � opinione � con la conse


guenza di ritenere garantito dall'art. 21 della 

Costituzione il solo diritto di esprimere liberamente 

la propria opinione. 

In realt� la dizione dell'articolo in esame ha una 

portata molto pi� ampia e dev'essere qui attenta


mente vagliata. . 

Recita tale norma nel suo primo comma: � Tutti 

hanno diritto di manifestare liberamente il proprio 

pensiero con la parola, con lo scritto ed ogni altro 

mezzo di diffusione �. 

Ci� che va innanzitutto rilevato � che �pensiero � 
� termine amplissimo che non pu� essere confuso 
� con � opinione �, termine di portata minore con 

cui si designa il convincimento di taluno sopra 
una determinata questione in un dato campo: 
morale, religioso, scientifico, ecc. 

L'opinione � certamente una delle manifestazioni 
del pensiero tutelate dall'art. 21, ma non la 
sola, come invece fanno intendere di ritenere il 
Nuvolone e la maggior parte della dottrina. Contro 
l'equazione pensiero = opinione si schierano, 
oltretutto, gli stessi lavori preparatori, perch� 
da essi risulta chiaramente che il Costituente. 
volle escludere df!,lla formulazione dell'art. 21 il 
termine opinione accanto al termine pensiero, 
perch� lo ritenne gi� compreso in questo ultimo, 
come una delle sue manifestazioni. Da ci� si desume 
che il legislatore ebbe ben chiara la portata 
della dizione dell'art. 21 e che la restrizione � stata 
opera esclusiva degli interpreti. Giova, pertanto, 
assegnare all'art. 21 il suo ambito naturale di 
estensione e vederjj quali e quante siano le manifestazioni 
del pensiero che esso articolo garentisce 
e tutela. 

Non v'� dubbio che tra l� manifestazioni del 
pensiero rientri, in primo luogo, anche la critica, 
che pu� considerarsi una filiazione naturale della 
opinione, in quanto ogni opinione nasce sulla base 
di una critica e determina necessariamente una 
posizione critica negli atteggiamenti degli altri 

(v. CROCE: Filosofia della pratica -Laterza). Ancora 
rientra tra le manifestazioni del pensiero la creazione 
artistica: limitando, infatti, le manifestazioni 
del pensiero alla opinione ed alla critica si avrebbe 
riguardo esclusivamente al pensiero come intelletto 
mentre � nozione comune clrn il pensiero deve 
essere riguardato anche come fantasia. Appunto 
tra le manifestazioni del pensiero inteso come fantasia 
rientra la creazione artistica. � 
Non basta: � tra le manifestazioni del pensiero 
rientra, infine, la Storiografia o la Cronaca; forma 
che ha strettissima parentela �con la Creazione 
artistica e solo se ne differenzia perch� la rappresentazione 
dei fatti � qu� di continuo rischiarata 
daUa distinzione critica tra il reale ed il possibile, 
l'accaduto e l'immaginato, l'esistente e l'inesistente 
(Croce, op. cit.). 

In conclusione si deve, quindi, affermare che 
l'art. 21, tutelando tutte le manifestazioni del 
pensiero, garentisce direttamente sia il diritto di 
opinione; sia il diritto di critica come quello di 
creazione artistica e quello di cronaca. 

Data al termine �pensiero � la sua naturale 
estensione e ricompreso il diritto di cronaca nella 
tutela diretta dell'art. 21, si scorge subito l'inutilit� 
del ragionamento fatto dalla contraria dottrina 
per trovare un fondamento ed una giustificazione 
giuridica alla cronaca. � inesatto voler sostenere 
l'esistenza di un diritto di cronaca adducendone 
a fondamento un interesse della collettivit� . a 
conoscere i fatti socialmente rilevanti, innanzitutto, 
perch� non si comprende come un interesse 
della collettivit� possa costituire il fondamento di 
un diritto schiettamente individualistico e poi, 
perch� la giusta interpretazione dell'art. --2i-ci 
fa intendere che il diritto di cronaca � stato invece 
tutelato proprio come diritto del cittadino avente 
a fondamento l'interesse del medesimo di esser 


-71 


libero di manifestar� il proprio pensiero in ogni 
sua forma. Questa interpretazione corrisponde, 
d'altronde, alla genesi storica della tutela del 
�diritto in esame, che ha avuto le sue origini nella 
affermazione costituzionale dei c. d. diritti di 
libert�, iniziatasi negli Stati moderni con le �Dichiarazioni 
dei diritti� (Bills of l'ights), proclamate 
nei vari Stati dell'America Settentrionale dopo la 
Dichiarazione d'indipendenza (1776) e quindi, ad 
imitazione del metodo americano, in Francia 

nel 1789. 

Nessuna correlazione esiste, dunque, tra diritto 
di cronaca ed interesse o diritto della collettivit� 
ad essere informati dei fatti che avvengono, anche 
perch� della tutela di tale secondo' interesse o 
diritto � vano cercare un cenno nella nostra Costituzione. 
E ci� senza osservare che se davvero 
dovesse ritenersi tutelato dalla Costituzione un 
diritto della collettivit� di sapere, il diritto di 
cronaca.... finirebbe di essere un diritto per divenire 
un dovere: si arriverebbe a negare al giornalista 
la libert� di non narrare i fatti che avvengono privandolo 
di quella che il Carnelutti chiama �libert� 
di tacere�. 

In realt� tutto s'appiana e non v'� bisogno di 
mettere a sostegno del jus narrandi, l'interesse 
della collettivit� all'informazione solo che s'interpreti 
e s'intenda a modo l'art. 21, il quale, giova 
ripeterlo, ha inteso tutelare tra le manifestazioni 
del pensiero anche il racconto storico, la cronaca 
esclusivamente sulla considerazione dell'interesse 
individualistico del cittadino. 

Dalla configurazione da noi data al diritto di cronaca 
discende che il contrasto tra diritto di cronaca 
e diritto all'onore ed alla reputaz~one non pu� 
pi� essere risolto come conflitto tra utilitas publica 
ed utilitas privata ma come contrasto tra due utilitates 
privatae, tra due interessi individualistici: 
quello di esser libero di esprimere il proprio pensiero 
nella forma della narrazione e quello di non 
esser leso da alt;ri nel proprio onore e nella propria 
reputazione. 

Ora, premesso che tali interessi sono stati ritenuti 
entrambi meritevoli di tutela e tutelati dalla Costituzione 
rispettivamente negli artt. 21 e 2, non v'� 
dubbio che la soluzione del contrasto debba ricercarsi 
nella possibilit� di coesistenza dei due diritti 
senza. che venga mai ritenuta lecita l'invasione 
dell'uno nella sfera dell'altro (1). Il privato, quindi, 
non potr� dolersi se vengono narrati fatti realmente 
avvenuti che non possano ritenersi lesivi 
del suo onore e della sua reputazione ma il cronista 
non potr� offendere l'altrui onore e reputazione 
con la narrazione di fatti lesivi, anche se realmente 
avvenuti, senz'incorrere nelle sanzioni predisposte 
a tutela dell'individuo dagli articoli del 
Codice penale sull'ingiuria e sulla diffamazione. 

Opinare diversamente significherebbe ritenere 
costituzionalmente invalidi gli articoli del Codice 
penale su richiamati -come ha bene osservato 
il Carnelutti, -perch� l'art. 21 ha affermato 
non solo la libert� dei giornalisti di narrare al 

(1) In questo punto si veda la sentenza dalla Corte 
Costituzionale; n. 121, dell'S luglio 1957. 
pubblico i fatti avvenuti ma anche la libert� di 

ogni cittadino di �esprimere liberamente il proprio 

pensiero con la parola e con lo scritto �. 

D'altra parte nessuna giustificazione logica e 
giuridica pu� essere trovata ad un trattamento per 
cui si dovrebbe punire penalmente chi parlando con 
altri offenda la reputazione di una persona attribuendole 
un fatto determinato e mandare assolto 
chi tale reputazione offenda narrando gli stessi 
fatti al pubblico con un potente mezzo di diffusione, 
qual'� la stampa. Il che sarebbe come dire che la 
macroscopicit� delle conseguenze lesive � causa 
di esclusione dell'antigiuridicit� del fatto!!! 

L'aberrazione del risultato cui perviene la dottrina 
e la Giurisprudenza dominante � frutto, a 
n.ostro avviso, del fatto di essersi costantemente 
richiamate nelle indagini relative al diritto di 
cronaca a concetti non giuridici ma di natura politica 
o sociale, quali il carattere formativo della 
stampa al fine dell'educazione politica del cittadino, 
la utilitas che la collettivit� sappia i fatti che 
avvengono ecc; concetti che hanno contribuito a 
far perdere di vista il fine giuridico della ricerca. 

I limiti del diritto di cronaca vanno, a nostro 
parere, ricercati tenendo esclusivamente sott'occhio 
le disposizioni del nostro ordinamento positivo 
e la natura stessa del diritto. Oltre il limite 
gi� visto del rispetto dell'onore e della reputazione 
altrui riteniamo -e ci� in conformit� al pensiero 
dominante -che altro limite della cronaca sia 
quello della verit�. Questo limite discende dalla 
stessa nozione della cronaca che deve proporsi per 
sua natura la fedelt� al reale: la verit� dei fatti 
narrati � in altri termini condizione essenziale 
perch� si abbia cronaca e non racconto fantastico. 
N� valga a contestare ci� l'obbiezione che la cronaca 
in quanto prodotto di una visione individuale 
� necessariamente soggettiva perch� � molto facile 
replicare che in tal modo si confonde la narrazione 
obbiettiva dei fatti, che � la cronaca, con l'interpretazione 
soggettiva di essi che � valutazione, 
commento e come tale costituisce materia del diritto 
di critica e di opinione. 

Altro lim1te al diritto di cronaca � quello dell'ordine 
pubblico. � infatti assurdo pensare che in un 
ordinamento giuridi,co possano essere dallo Stato 
riconosciute e protette, come diritti dell'individuo, 
manifestazioni della sua attivit� contrarie all'ordine 
giuridico costituito. Si pu� quindi riconoscere 
un diritto di libert� all'individuo solo fino al limite 
in cui le manifestazioni della sua attivit� non 
siano contrarie all'ordine pubblico esistente, cio� 
alle Istituzioni ed ai principi fondamentali su cui 
riposa l'ordinamento giuridico dello Stato. Ultimo 
limite del diritto di cronaca � infine quello del buon 
costume. Sancisce infatti il sesto comma dell'art. 21 
della Costituzione: �Sono vietate le pubblicazioni 
a stampa gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni 
contrarie al buon costume. La legge stabilisce 
provvedimenti adeguati a reprimere le violazioni �. 

Il comma si divide in due parti: la prima .mn~e il 
limite del buon costume ad ogni manifestazione _ 
del pensiero con ogni mezzo di diffusione; la seconda 
rimette alla legge ordinaria i provvedimenti preven 
tivi e repressivi. 


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Sul concetto di buon costume non � il caso di 
soffermarsi. La letteratura in merito � gi� abbastanza 
copiosa e ad essa pertanto si rinvia. Esaminato 
il problema del diritto di cronaca nelle sue 
linee generali ed individuati i limiti che a tale 
diritto devono riconoscersi in quelli del rispetto 
dell'onore e della reputazione altrui, della,. verit� 
(limite logico derivante dall'essenza stessa della 
cronaca), dell'ordine pubblico (limite naturale) e 
del buon costume (limite derivante espressamente 
dalla legge), ci resta ora da fare una precisazione. 

Quando si � detto che l'art. 21 della Costituzione 
non ha ~vuto l'effetto di invalidare gli articoli che 
puniscono l'ingiuria e la diffamazione, si � voluto 
d!re che tutte le norme previste dal Codice penale in 
relazione ai due delitti. suddetti trovano applicazione 

quando l'offesa all'onore ed alla reputazione dell'o 
individuo avviene col mezzo della stampa nella 
forma della cronaca. Tra tali articoli merita un 
esame particolare l'art. 596 che disciplina l'istituto 

dell'exceptio veritatis. 

Tale istituto consente al colpevole dei delitti 
preveduti dall'art. 594 e dall'art. 595 di provare, 
in casi particolari, la verit� o la notoriet� del fatto 
attribuito alla persona offesa a propria discolpa 
e con effetto liberatorio. 

Osserviamo innanzitutto che il nostro Codice 
aveva tolto di mezzo tale istituto, previsto invece 
in casi particolari dall'art. 394 del Cod. 1889, non 
consentendo alcuna deroga_ al disposto del 1� comma 
dell'art. 596 C. p. _ 

L'exceptio veritatis � stata fo seguito reintrodotta 
nel nostro ordinamento dal D.IJ.L. 14 settembre 
1944, n. 288 (art. 5), che ha modificato il predetto 
art. 596. 

_ In via generale essa viene ammessa quando l., 

persona offesa domanda formalmente che il giudizio 

si estenda ad accertare la verit� o falsit!\ del fatto 

ad essa attribuito. 


Essa dev'essere altres� ammessa .1) se la persona 

offesa � un pubbJico ufficiale ed il fatto ad esso 

attribuito si riferisce all'esercizio delle sue -fun


zioni e 2) se per i� fatto attribuito alla persona o:ff~sa 

� tuttora aperto o si inizia contro di essa un proce


dimento penale. L'istituto come si � detto trova 

piena applicazione anche nel . campo del diritto 

di cronaca. Trova applicazione per� con gli stessi 
limiti previsti dall'art. 596. 

Cos�, per quanto riguarda l'ipotesi di offesa al 
pubblico ufficiale, ipotesi che dobbiamo ora considerare 
pi� da vicino, il cronista sar� ammesso a 
provare la verit� dei fatti le,sivi narrati solo se 
tali fatti si riferiscono ali' esercizio della sua funzione. 

Fuori di quest'ambito la narrazione di fatti che 
offendono il p. u. sar� punibile con esclusione di 
ogni exceptio veritatis, salva bene inteso l'ipotesi 
che l'exceptio venga formalmente concessa .dal p. u. 
in base al n. 3 dell'art. 596 C. p. 

Ci� si � voluto precisare per ribadire il concetto 
che il cronista non potr� mai invocare a discriminante 
la rilevanza sociale dei fatti privati del 

p. u. sulla considerazione, frequente in molti autori, 
che la collettivit� ha intereEse di conoscere anche 
fatti privati di persone che occupano cariche pubbliche 
al fin� di poter esercitare il diritto di opinione, 
di critica e di censura. Diritti, il cui esercizio 
-si afferma -contribuisce a favorire il 
costume. E difatti: se l"art. 21 non ha invalidato gli 
artt. 495 e segg. del Codice penale, se non si pu� 
pervenire all'aberrante risultato di ritenere applicabili 
tali norme solo alle. offese compiute con la 
parola e con lo scritto e non anche a quelle; ben 
pi� gravi, compiute con_ il mezzo della stampa, � 
da ritenere altresi che la tutela predisposta dallo 
ordinamento giuridico a favore del p. u. per 
quanto riguarda l:;i, su~ sfera di vita privata non 
pu� essere minore ma uguale a quella garantita al 
privato cittadino. 
Ragionare diversamente ~ignificherebbe ritenere 
la pubblica funzione un'infelicitas fati che priverebbe 
il p. u._ di uno dei diritti fondamentali dell'individuo: 
quello di non vedersi offeso, come privato 
cittadino, mediante la n,arrazione diffusa con il 
mezzo della stampa di fatti lesivi del suo onore 
e della sua reputazione. Giova, infine, osservare che 
quanto si � detto sul diritto di .cronaca e sui suoi 
limiti non pu� portare al risultato, paventato dai 
pi�, di soffocare la �libert� di stampa � ma pu� 
solo avere l'auspicabile effetto Q.i non far trasmodare 
la libert� in licenza. La eontraria tesi favorisce 
invece, l'abuso -e sovver.te in definitiva le basi stesse 
del nostro ordinamento giuridico. 

LUIGI MAZZ~LLA 


NOTE DI DOTTRINA 


E. 
BETTI: Se nei contratti conclusi con la Pubblica 
Amministrazione siano applicabili le garanzie richieste 
dell'art. 1341 C. c. (Acque, Bonifiche e Costruzioni, 
1959, 109 e segg.). 
Prendendo lo spunto dallo studio del Crisci sulla 
stessa Rivista (1958, 455) e dalla nota critica pub


. blicata in questa Rassegna,. 1959, 4, il Betti tenta 
di impostare il problema dell'applicabilit� dell'articolo 
1341 O.e. ai contratti conclusi con la P. A. 
su basi diverse. 
Scrive il chiaro giurista che la ratio juris della 
norma contenuta nel citato art. 1341 sta nel fatto 
che nel caso di condizioni generali unilateralmente 
predisposte dal proponente non pu� essere considerato 
valido il principio che � alla base della responsab�lit� 
contrattuale� e cio� il principio della autoresponsabilit�. 
Questo principio, infatti, postula 
l'esigenza che i contraenti concorrano nella :formulazione 
delle singole clausole contrattuali valutandone 
concretamente la portata economica e giuridica. 
Tale concorso non si verificherebbe invece quan,do 
si stipulino contratti con chi abbia gi� predisposto 
autonomamente condizioni generali� da valere per 
tutte le singole convenzioni. 
In questi casi il legislatore, per garantire sostanzialmente 
la libert� della parte contraente che non 
ha concorso alla preparazione delle condizioni generali, 
richiede con la norma contenuta nell'art. 1341 
che certe clausole particolarmente onerose siano 
approvate espressamente . e per iscritto. 
La ratio juris cos� esposta � tale da giustificare 
la sua validit� anche nei confronti delle condizioni 
generali predisposte dalla P.A., e ci� perch� queste 
condizioni generali, in quanto � esplicazione unilaterale 
di funzione normativa da parte di un'istanza 
iil posizione subordinata alla legge non hanno 
potere di derogare ad una disciplina legislativa, 
quando la derogabilit� sia consentita alla esplicazione 
bilaterale e consensuale dell'autonomia privata>>. 
Secondo il Betti sarebbe proprio per non aver 
tenuto presente questa subordinazione dei precetti 
dettati dall'autorit� amministrativa nei confronti 
della legge, che l'.:fo..vvocatura (nella nota sopracitata) 
avrebbe commesso l'errore di ritenere decisivo 
il rilievo secondo il quale l'art. 1341, a prescindere 
dai contratti stipulati in genere da pubbliche 
amministrazioni, sarebbe comunque inapplicabile 
a quelli stipulati con l'Amministrazione 
dello Stato perch� incompatibile con le particolari 
norme della contabilit� generale dello Stato. 

Esprimiamo anzitutto la nostra soddisfazione nel 
constatare che l'aspetto giuridico dell'attivit� contrattuale 
della P. A. desta sempre maggiormente l'interesse 
di studiosi ed uomini di dottrina, quali il 
Betti, che sono portati ad occuparsi sempre pi� frequentemente 
e diffusamente dei problemi, anche particolari, 
che si presentano sopratutto lungo le linee 
di frizione tra il diritto civile e il diritto amministrativo. 
Nei tempi attuali in cui l'attivit� economica 
dello Stato � in costante incremento il contributo della 
dottrina alla sistemazione giuridica di tale attivit� � 
destinato ad assumere un ruolo sempre pi� rilevante. 

Per quanto riguarda il tema particolare oggetto 
della nota del Betti riteniamo di dover aggiungere 
alcune precisazioni a quanto abbiamo avuto occasione 
di esporre, in precedenza, sull'argomento. 

A) Per sostenere che i capitolati generali d'onere 
emanati dall'Amministrazione dello Stato non possono 
derogare alle norme dell'art. 1341 O. c. occorrerebbe 
anzitutto dimostrare che essi vanno compresi 
nella vasta categoria delle condizioni generali di contratto, 
considerate dalla prima parte dell'articolo citato. 
Ora secondo quanto si des1tme dalla corretta 
interpretazione della norma. in esame le � condi.zioni 
generali >> devono avere come tratto caratteristico per 
.essere vincolanti la conoscibilit� di fatto. Esse cio� 
obbligano l'altra parte o perch� le conosceva o perch� 
�avrebbe dovuto conoscerle usando l'ordinaria diligenza)). 


� evidente che la nota distintiva cui si accenna 
non pu� essere colta in alcun modo nelle norme di 
diritto obiettivo,. le quali, vome � ben noto, sono 
vincolanti in forza del principio stabilito nell'art. 10 
delle disposizioni sulla legge in generale, cke, non 
fa alcun riferimento alla conoscenza. di fatto. Ora, se 
si ammette (e la giurisprudenza � pienamente conforme) 
che i capitolati generali d'oneri dell'Amministrazione 
statale hanno carattere reg(llamentare, se 
ne deduce che ad essi non pu� applicarsi il principio 
stabilito nell'art. 1341 prima parte del O. c., 
con l'ulteriore corollario che tanto meno pu� applicarsi 
la seconda parte dell'articolo stesso cke costituisce 
soltanto una deroga alla regola stabilita nel 
primo comma. 

In altri termini l'art. 1~41 detta le condizioni 
obiettive in presenza delle quali le <ccondizioni generali 
di contratto� predisposte da uno dei contraenti 
assumono il valore di �norme contrattuali� nei rapporti 
fra le parti. Ma tutto ci� non ha nulla a che 
vedere con i capitolati generali d'oneri cke per costante 
giurisp1 udenza hanno valore non gi� di clausole 
contrattuali ma di norme a carattere regolamentare, 
cio�, di norme di diritto obiettivo la cui forza, 



-74


vincolante non dipende dalla volont� delle parti ma 
direttamente dalla legge. 

Dal che discende, inconfutabilmente, la inapplicabilit� 
ad esse delle disp�siz,ioni dell'art. 1341 O. c. 
,B) Il Betti ci fa carico di aver male impostato 
la questione nei rapporti fra gli artt. 1341 e 1342 del 

O. c. e le disposizioni della Oontabilit� Generale 
dello Stato. 
Egli sostiene che la questione v,a posta nel senso 
che si debba preliminarmente accertare se le norme 
di contabilit�, nel sistema gerarchico delle norme; 
sottostiano alle disposizioni inderogabili del diritto 
comune, quali quella di cui all'art. 1341 C. c.; e tale 
questione, secondo l' A. non potrebbe che avere soluzione 
affermativa. . 

Quanto abbiamo esposto sub A) pone gi� in evidenza 
l'irrilevanza del7a questione po.~ta dal Betti 
relativamente al tema in discussione. Dimostrato, 
infatti, che alle norme regolamentari contenute nei 
capitolati generali d'oneri non si applica l'art. 1341 

O. c. non si vede quale contrasto po3sa sussistere fra 
le norme della contabilit� generale, ch,e a tale principi 
si ispirano, e l'art. 1341 O.e. 
Tuttavia per convincersi che la questione dianzi 
esposta va risolta in senso negativo basta osservare 
che i rapporti gerarchici tra le norme di una legge 
generale posteriore e le norme di una legge speciale 
anteriore, sono regolati, esclusivamente, dall'art. 15 
delle disposizioni sulla legge in generale e che questo 
articolo non consente altra soluzione che quella da 
noi indicata nella precedente nota. 

Se poi il rilievo dell' A. volesse significare che, 
pur essendo coesistenti, le norme del Oodice civile 
prevarrebbero. su quelle della contabilit� generale dello 
Stato, non pu� non osservarsi come sia vero proprio 
il contrario. Infatti le norme di contabilita 
generale per il loro carattere di norme speciali, dettate 
per la tutela del pubblico interesse e del retto 
funzionamento della pubblica amministrazione non 
possono non prevalere, derogUtndovi, sulle norme 
generali di diritto comune contenute nel codice 
civile. 

Per informazione dei lettori aggiungiamo che la 

giurisprudenza della 0f>rte Suprema continua ad 

essere orientata nel senso della inapplicabilit� dei 

ricordati due articoli del Oodioe civile ai contratti 

stipulati con l'Amministrazione statale, e ohe tale 

giu1isprudenza non � affatto oscillante, ma � soli


damente affermata. 

Osserviamo, infine, ohe qu.esta giurisprudenza � 
stata condivisa anche dal Oonsiglio di Stato il quale 
con parere dell'Adunanza Gen01�ale n. 600 del 27 dicembre 
1951 reso in sede di ricorso straordinario 
(Il Oonsiglio di Stato, 1952, 101) ebbe appunto a 
rilevare che ccNei confronti dei contratti con la P . .A. 
disciplinati da capitolati d'oneri non ricorre l'ipotesi 
dei contratti d'adesione o conclusi mediante 
formul)1ri di cui gli artt. 1341 e 1342 O.e.; tali capitolati 
hanno valore di norme obbiettive di carattere 
dispositivo, in quanto emanate in base ad autorizzazione 
legislativa, e pertanto non � dato ravvi


sare in esse la natura di clausole contrattuali 
predisposte da uno dei contraenti e soggette all'approvazione 
espressa dell'altra parte n. 

L. 
PAoLuccr: In te111a di Jegi_slazione sull'edilizia 
popolare: note sul termine cc assegnate n dell'art. 4 
della legge 10 marzo 1952, n. 113 (da cc La funzione 
amministrativa n, 1959, 317 e segg.) 
Scopo di questo lungo ed accurato studio � di 
stabilire che il termine �assegnate n adottato nell'art. 
4 della legge 10 marzo 1952, n. 113, non � 
usato in senso tecnico, non indica, cio�, quella precisa 
fase del procedimento amministrativo previsto 
dalla legge sulla edilizia economica e popolare che 
segue la prenotazione e precede l'occupazione, la 
stipulazione del mutuo individuale ecc., ma � usato 
in senso puramente lessicale e sta perci� ad indicare 
lo stesso concetto che pu� essere qualificato con i 
termini di attribuzione conferimento ecc. 

JJ'.A. effettua un esame completo della scarsa 

dottrina e giurisprudenza in materia ed indugia 

sopratutto sulla analisi di quella che pu� conside


rarsi la manifestazione giurisprudenziale fonda


mentale in questo campo e precisamente la deci


sione n. 383 della IV Sezione del Consiglio di Stato 

del 31 maggio 1954. La critica a questa decisione 

si fonda sopratutto sul rilievo che essa assume come 

argomento base il fatto che sia assurdo che il legi


slatore in una legge che prevede espressamente 

l'assegnazione come una fase precisa del procedi


mento amministrativo da essa regolato, usi lo stesso 

termine �assegnazionen in un significato generico in� 

vece di quello specifico e tecnico definito nella legge. 

L'.A., con copia di argomenti desunti anche dal


l'esame comparato di altre leggi regolanti materie 

analoghe, rileva che il suesposto ragionamento non 

pu� essere considerato decisivo, specie se messo di 

fronte agli inconvenienti che derivano dalla inter


pretazione seguita dal Consiglio di Stato. 

La conclusione del Paolucci � che il termine 

� assegnate n nell'art. 4 sopracitato, equivale gene


ricamente ad � attribuite n, << conferite n e simili 

e vuole stabilire una incapacit� ad essere soggetto 

di pretesa alla concessione di case in cooperative 

edilizie per coloro che si trovino nelle condizioni 

previste nell'art. 4, incapacit� che impedisce addi� 

rittura a colui che ne � colpito, di essere soggetto 

nel procedimento amministrativo relativo fin dal. 
l'inizio e cio� fin dalla prenotazione. 

Lo studio � lodevole per l'accuratezza e la seriet� 

della documentazione ed � interessante peroh� riguarda 

una materia ohe pur avendo rifiessi pratici molto 

notevoli non � stata finora oggetto di studi adeguati. 

Per una informazione pi� precisa dei lettori rin


viamo a questa Rassegna, 1954, pag. 231. . 

La questione trattata nello studio del Paoluooi non 

� di agevole soluzione, n� pu� dirsi ohe la giurispru


denza finora esistente possa considerarsi assoluta


mente sicura. 



RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA 


COMPETENZA � Regolamento � Ingiunzione ammini� 
strativa � Opposizione � Acque Pubbliche. 

COMPETENZA PER TERRITORIO � Tribunali Regio� 
nali Acque Pubbliche� Opposizione a ingiunzione amministrativa. 


COMPETENZA PER TERRITORIO� Tribunale Regionale 
delle Acque Pubbliche � Criterio del luogo rei 
sitae � Funzionalit�. (Corte di Cassazione, Sez. I, Sent. 

n. 26 del 9 gennaio 1959, Pres.: Siciliani; Est.: De Maio; 
P. M.: Cutrupia (dif.); Causa Az. Elettr. Consorz. 
Bolzano c. LL. PP.). 
Le opposizioni a ingiunzioni amministrative per 
crediti che si riconnettano a concessioni di acque 
pubbliche sono di competenza dei Tribunali Regionali 
delle Acque Pubbliche. 

La competenza territoriale a conoscerne � data 
per� non dalla sede dell'ufficio ingiungente, ma dal 
luogo rei sitae che qualifica la competenza territoriale 
dei Tribunali Regionali delle Acque Pubbliche. 

La ripartizione di competenze territoriali fra i 
Tribunali Regionali delle Acque Pubbliche � determinata 
dalla funzione ed � quindi inderogabile, 
prevalendo sulla competenza pure funzionale di 
cui all'art. 3 del T.U. 14 aprile 1910, n. 639. 

L'interesse di questa sentenza � dato non tanto 
dal principio che l'opposizione ad ingiunzione amministrativa 
attinente a crediti da concessione di 
acque pubbliche competa ai Tribunali Regionali 
delle Acque Pubbliche, o da quello della funzionalit� 
assoluta della ripartizione della competenza territoriale 
fra detti Tribunali (principi gi� altra volta affermat'i), 
ma dalla applicazione specifica che per la prima volta 
se ne � fatta in favore della ripartizione istituzionale 
delle competenze territoriali di detti tribunali e dalla 
prevalenza che si � data al criterio del luogo rei sitae 
rispetto a quello della sede dell'ufficio ingiungente. 

La meditazione a cui invita questa sentenza non 
riguarda perci� il fondamento o meno del principio 
per cui la competenza territoriale dei Tribunali Regionali 
delle Acque Pubbliche sia determinata imperativamente 
ed inderogabilmente dal criterio del 
luogo rei sitae (principio che apoditticamente si 
pone come esatto), ma riguarda invece le conseguenze 
che se ne traggono nelle relazioni con l'istituto specifico 
delle ingiunzioni amministrative e delle relative 
opposizioni. 

Nella causa decisa con l'annotata sentenza era 
avvenuto che l'opposizione fosse stata proposta davanti 
al Tribunale ordinario di Roma in ossequio 
all'art. 3 del T. U. 14 aprile 1910, n. 639, perch� l'ingiunzione 
era stata emessa a Roma; che quel Tribunale 
aveva ritenuto la propria incompetenza e la competenza 
invece del Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche, 

indicato in quella di Venezia, nel qual distretto la 
concessione che aveva dato causa all'ingiunzione 
era sita; che, riassunte le cause davanti a detto Tribunale 
Regionale, esso nutrendo dubbi circa la propria 
competenza aveva deferito d'ufficio il regolamento 
di competenza alla Suprema Oorte; che infine quest'ultima 
aveva in adesione alla tesi del Tribunale 
ordinario di Roma ritenuto la competenza del Tribunale 
Regionale delle Acque Pubbliche di Venezia, 
quale giudice del luogo della concessione. 

Il ragionamento della Suprema Oorte � in sintesi 
il seguente: 

cc Nessun dubbio che per la materia sia competente 
il Tribunale Regionale delle A.eque Pubbliche, 
in una causa di opposizione a ingiunzione che investe 
la natura o la portata del titolo costitutivo 
del diritto di utenza, ma, quanto alla competenza 
territoriale, bisogna tener conto del principio, magari 
non espresso in termini sacramentali, ma promanante 
dal sistema disciplinatore delle acque 
pubbliche e dei suoi giudici, che la competenza 
territoriale � determinata dal luogo ove sono le 
acque, opere e beni oggetto di controversia �. 

<e Poich� l'elemento territoriale in questo caso 
inserisce alla funzione, la competenza territoriale 
� funzionale per ragione di ordine pubblico, quindi 
� inderogabile �. 

� N� vale derogarla la norma ex art. 3 del T.U., 

n. 639, del 1910 che d~volve la cognizione delle 
opposizioni ad ingiunzione, al giudice della sede 
dell'ufficio ingiungente. Tale norma suona, � vero, 
deroga a quelle di carattere generale, ina non � 
compatibile col sistema particolare delle leggi sulle 
acque pubbliche che determina un foro funzionale 
esclusivo �. 
IMPOSTE E TASSE� Casin� di gioco .. Sovraprezzo sui 
biglietti d'ingresso da devolvere al � soccorso invernale
� �Trasgressioni .. Sanzioni. (Corte di Cassazione, 
Sezione I, Sent. n. 2325/59, Pres. Torrente ; Est. 
Albanese; P. M. Maccarone -Soc. A. T. A. c. Finanze. 

1) In mancanza di una diversa regolamentazione 
inserita nella legge 22 novembre 1952, n. 1571, 
si deve applicare, nel caso di inosservanza degli 
obblighi derivanti dalla imposizione del sovraprezzo 
sui biglietti d'ingresso� nei casin� da gioco, 
l'identico sistema sanzionatorio previsto per i d�ritti 
erariali sui pubblici spettacoli, secondo il richiamo 
contenuto nell'art. 7 della citata legge, e 
la potest� di infliggere in concreto le relative pene. -pecuniarie 
deve ritenersi attribuita agli organi della 
Finanza, secondo il sistema normativo della legge 
7 gennaio 1929, n. 4, senza che ci� interferisca in 


-76 


modo alcuno nella gestione del Fondo . Nazionale 
di soccorso invernale, cui attende il Ministro del1 
'Interno. 

2) Le trasgressioni In materia di riscossione e 

versamente del sovraprezzo sui biglietti d'ingresso 

nei casin� da gioco, comportano una sanzione di 

carattere amministrativo, consistente nell'obbliga


zione del pagamento di una somma a titolo di pena 

pecuniaria; e per conseguenza deve ritenersi che 

nel determinare la misura della pena l'Intendente 

di Finanza ed il Ministro svolgono un'attivit� am


ministrativa, rispetto alla quale il giudice ordinario 

non pu� censurare la P. A. che in caso di pi� viola


zioni della stessa legge, abbia applicato pi� pene. 

distint.amente, anzich� pena unica, n� gli � consen


tito sostituirsi all'Amministrazione ai fini di una 

diversa graduazione della pena. 

3) Il termine di otto giorni dalla riscossione, 

stabilito dall'art. 3 della legge 22 novembre 1952, 

n. 1571, per il versamento (al Fondo Nazionale di 
soccorso invernale) dell'importo del sovraprezzo 
. riscosso sui biglietti d'ingresso nei casin� da gioco, 
dev'essere necessariamente riguardato come perentorio, 
sia in rapporto alla natura dell'imposizione, 
sia in vista della particolare esigenza connessa alla 
specifica destinazione del Fondo predetto. 

Ne deriva che, una volta scaduto il termine medesimo, 
e constatato dagli appositi organi di controllo 
che il versamento non � stato eseguito, la 
trasgressione si � con ci� consumata, senza che il 
successivo tardivo pagamento, cui il gerente della 
casa da gioco � in ogni caso tenuto,_ possa alterarne 
la sostanza. 

La Oorte Suprema ha affermato che l'applicabilit� 

del sistema normativo stabilito dalla legge 7 gen


maio 1929, n. 4, alle trasgressioni in materia di 

ri~cossione e versamento di sovraprezzi destinati 

al Fondo Nazionale di Soccorso I nve.rnale prescinde 

completamente dalla natura di tali sovraprezzi, ab


biano -cio� o meno carattere tributario. 

Richiamiamo particolarmente l'attenzione sulla 

seconda massima nella quale � riaffermata la giuri


sprudenza secondo la quale la fissazione della misura 

delle pene pecuniarie aventi carattere di sanzione am


ministrativa tra i limiti minimo e massimo stabiliti 

dalla legge costituisce attivit� riservata alla discrezio


nalitd dell'organo della P. A. competente, escluso ogni 

sindacato da parte de.ll' Autorit� giudiziaria. 

LOCAZIONI-Distruzione, danneggiamento dell'immobile 
locato -Ricostruzione -Necessit� dello sgombe.. 
ro dell'immobile -Accertamento tecnico erariale demandato, 
dall'art. 10 n. 1 legge 23 maggio 1950 

n. 253, all'Ufficio del Genio Civile -Natura giuridi� 
ca -Effetti. (Corte di Cassazione Sezione Un., Sent. 
n. 2102/59, Pres. Eu.Ia; Est. Duni; P. M.: Pomodoro 
�(conf.); Martinazzi c. Ufficio Genio Civile Venezia). 
L'accertamento tecnico demandato all'Ufficio 
del Genio Civile dall'art. 10, n. 1 della legge 23 maggio 
1950, n. 253, circa le condizioni tecniche dell'immobile 
da ricostruire o di cui debba d'urgenza 
essere assicurata la stabilit� e circa la necessit� 

dello sgombero dell'immobile locato onde far luogo 
alla esecuzione dei lavori, non rientra nella categoria 
dei provvedimenti amministrativi, con i quali 
si attua, ad opera di un'autorit� amministrativa, 
la realizzazione di un concreto interesse pubblico. 


A tal fine non � sufficiente che la legge attribuisca 
all'Ufficio del Genio Civile il giudizio tecnico sulle 
condizioni dell'immobile locato e sulla necessit� 
dello sgombero, alle quali � subentrato il diniego 
della proroga del contratto, perch� siffatto giudizio, 
pur doyendo informarsi ai criteri della discrezionalit� 
tecnica dell'amministrazione, non pone in 
essere anche una manifestazione di volont� del1'
organo che lo emette e non �, quindi, idoneo a 
spiegare di per s� gli effetti concreti che sono propri 
dei provvedimenti amministrativi. 

L'accertamento tecnico, di cui al citato art. 10, 

n. 1, non costituisce, n� modifica alcun rapporto 
di cui sia parte l'Amministrazione e non pu�, pertanto, 
incidere in modo autonomo sulla altrui sfera 
giuridica, ed esula altres� dalla esplicazione della 
funzione amministrativa, in quanto non si inserisce, 
anche come atto meramente preparatorio, in un 
procedimento amministrativo. Esso non si differenzia 
intrinsecamente dal parere che il giudice ha 
facolt� di richiedere ad un consulente tecnico, senza 
che a mutare la sua natura sia sufficiente la circostanza 
che la legge, in considerazione della particolare 
importanza della materia delle locazioni 
urbane e dei suoi riflessi economici e sociali, abbia 
ritenuto opportuno affidarlo, anche per assicurare 
una maggiore uniformit� di trattamento, ad un 
Ufficio pubblico specificamente qualificato dalla 
sua competenza tecnica. 
Il limite imposto dalla legge all'esercizio dei 
normali poteri istruttori da parte del giudice non 
importa necessariamente l'accettazione dell'accertamento 
dell'Ufficio del Genio Civile, giacch� il 
giudice � tenuto a stabilire se esso sia conforme a 
legge, ha il potere di interpretarne liberamente il 
contenuto, di rilevarne eventuali errori di valutazione, 
contraddizioni o palesi incongruenze, e pu� 
richiedere all'ufficio del Genio Civile le informazioni 
ed i chiarimenti necessari nonch� disp�orre la totale 
rinnovazione dell'accertamento. 

Pertanto, l'efficacia particolare attribuita dalla 
legge al parere del Genio Civile, con esclusione di 
ogni altro mezzo di prova sulla esistenza dei pre-supposti 
per il diniego della proroga; non lede in. 
alcun modo il diritto del cittadino alla tutela giurisdizionale 
e tanto meno incide su un suo interesse 
legittimo. 

La motivazione di questa sentenzrx, � sostanzialmente 
contenuta nelle massime sopra riportate. 

Questione interessante � quella se l'accertamento 

del Genio Oivile debba o possa precedere la fase giu


diziaria. 

La sentenza non si � espressamente occupata di 

questo problema ma ha incidentalmente ammesso che 

l'accertamento possa precedere la proposizione-ddla 

domanda giudiziale. 

Sull'argomento si veda il parere reso da questa 

Avvocatura Generale sotto la Voce: L�cazioni n. 83. 


-77 

STRADE -Autostrade -Accessi intermedi -Disciplina 
del traffico. (Corte di Cassazione, Sez. III, Sentenza 

n. 1551 del 1959, Pres.: Fresa~ Est.: Caizzi; P. M,,: Gedda 
(conf.); Drago c. Azienda Ant. Strade Statali). 
Pure essendo le autostrade, g�stite da concessionari, 
interdette agli attraversamenti, non pu� escludersi 
che sulle stesse vi siano accessi intermedi per 
l'ammissione e per l'uscita di veicoli. 

Peraltro, su tali accessi la circolazione deve essere 
regolata da agenti preposti alla disciplina del 
traffico. 

Ohe l'autostrada debba normalmente essere ritenuta 
cc strada chiusa n e quindi interdetta ad attraversamenti 
non esclude che sulla stessa vi possano essere 
ac�essi intermedi, sia per la immissione su di essa 
di altri veicoli, sia per poterne uscire. Oi� che deve 
ritenersi vieta;to �. che vi siano acc�ssi nei quali la 
circolazione non sia regolata. Tale principio, ch� 
risponde a criterii di logica e di necessit�, � stato 
sancito con gli artt. 2 e 125 lett. 6 delle nuove norme 
concernenti la disciplina della circolazione stradale 
d?' cui al D.P.R. 27 ottobre 1958, n. 966, ma era gi� 
efficiente nella regolamentazione della circolazione 
stradale come il caso di specie dimostra. 

Assurda � poi la pretesa di un diritto di precedenza 
assoluta ad onta della segnalazione di fermata e della 
esistenza in atto di una manovra di attraversamento,' 
ci� che, trattandosi di un accesso custodito e disciplinato 
da un agente della strada, varrebbe a sovvertire 
tutti i principii che presiedono alla regolamentazione 
del traffico. 

Decisivo era invece accertare se il conducente dell'Alfa 
Romeo avvicinandosi al punto di attraversamento 
avesse moderato la velocit� in modo da potere 
tempestivamente arrestare l'autoveicolo di fronte a 
qualsiasi evenienza inerente alla circolazione. 

� infatti principio di diritto indiscusso che gli 
utenti della strada devono usare la massima prudenza 
nell'avvicinarsi ad un crocevia o ad und'biforcazione, 
al fine di evitare inci�enti, e quindi, devono predisporsi 
ad attuare le manovre di arresto, indipendentemente 
anche da eventuale comportamento illecito 
da parte di altri conducenti, la cui possibilit� � im


plicitamente prevista dalle norme che disciplinano i 
limiti di velocit�. � 

N � giova il richiamo alle caratteristiche ed alle 
finalit� delle autostrade ed al carattere contrattuale 
del diritto di transito sulle medesime. 

La possibilit� di sviluppare 'elevate ve1o�it� su 
tali strade non pu� prescindere dalla necessit� dell'accesso 
e dall'uscita di essa di altri veicoli,� ci� che 
pu� importare anche l'attraversamento in senso trasversale 
alla normale direzione di marcia dell'autostrada, 
a condizione che ci� avvenga nei luoghi in 
cui la circolazione � regolata da agenti, guardiani o 
semafori, come nel caso di specie. 

Quanto poi al carattere contrattuale del transito; 
� appena il caso di osservare che il diritto dell'utente 
della strada non pu� in nessun caso limitare il diritto 
dell'Ente, cui la strada appartiene, di sorvegliare 
e disciplinare il traffico, delegandone le funzioni 
ad appositi agenti, in virt� delle norme di legge 
sulla circolazione ed anche delle particolari norme 
regolamentari eventualmente esistenti, che non possono 
essere ignorate o disconosciute dall'utente 
perch� comprese nella pr�visione delle parti contraenti. 


Il regolamento per l'uso e la viabilit� dell'ailtostrada 
Milano-Bergamo, .approvato con R. D. 3 ot-. 

� tobre 1929, n. 1896, con riferimento ai compiti isti~ � 
tuzionali spettanti all'Azienda Nazionale delle strade 
statali in base al Decreto-legge 27 giugno 1946, n. 38, 
sancisce l'obbligo per ogni conducente di osservare, 
oltre le norme della legge sulla circolazione 2 dicembre 
1928, n. 3179, anche le norme particolari del regolamento 
medesimo, tra cui sono non soltanto quella 
che obbliga a segnalare il passaggio alle cantoniere 
di accesso, ai bivii e dove esistano segnalazioni speciali 
o persone (art. 7), ma anche di essere padrone 
della velocit� del suo veicolo, cos� da poterla regolare 
in modo da evitare ogni pericolo per la sicurezza 
della persona e delle cose. 

In nessun caso, quindi, la O orte di merito, alla 
stregua degli accertamenti di fatto eseguiti, avrebbe 
potuto escludere la sussistenza di un nesso di causalit� 
efficiente fra la condotta del Drago ed il danno, avendo 
lo stesso mantenuto in prossimit� del casello tale 
elevatissima velocit� da non potersi fermare in tempo. 


ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI 
DELLE CORTI DI MERITO 


APPALTO -Consegna dell'opera compiuta dall'appaltatore 
al committente -Differenza col trasferimento 
di azienda. (Trib. Catania, Sent. 15 lugliol958 -Pres.: 
(est.) Cali:fi, INA-Casa c. Di Stefano). 

Il concetto di trasferimento di azienda non � per 

alcun verso assimilabile a quello derivante dalla con


segna dell'opera compiuta dall'appaltatore al com


mittente.. 

In conseguenza mentre nel primo trapassano allo 

acquirente cessionario l'esercizio dell'impresa e la 
responsabilit� per i rapporti giuridici connessi, 
nel secondo l'organizzazione, l'esercizio, i rischi ed 
i rapporti giuridici connessi gravano esclusivamente 
sull'appaltatore e gli am,iliari di questo non hanno 
che un diritto limitato al prezzo eventualmente 
non ancora versato, non mai al riconoscimento dei 
rapporti giuridi�i cui il committente deve ritenersi 
�estraneo e tanto meno al soddisfacimento di pretese 

patrimoniali oltre i limiti dell'art. 1676 O. c. 

Chiesto in giudizio dalla Gestione INA-GASA 

il rilascio di un alloggio abusivamente occupato dal 

convenuto, questi eccepiva, fra l'altro, di essere stato 

assunto durante la costruzione dell'edificio dalla ditta 

appaltatrice, quale custode del cantiere di lavoro e dei 

relativi materiali, e di essere stato dalla stessa ditta 

autorizzato ad occupare un alloggio nell'edificio ancora 

in corso di costruzione, al fine di meglio espletare il 

suo servizio. Assumeva il convenuto che con la con


segna dell'immobile ultimato alla Gestione, mentre 

egli ancora occupava l'alloggio, si era verificato il suo 

automatico passaggio alle dipendenze della Gestione 

INA-GASA, con le mansioni di custode, in applica


zione dell'art. 2112 O.e., e chiedeva pertanto in via 

riconvenzionale il pagamento del salario arretrato 

e della indennit� di licenziamento. 

Il Tribunale, con la sentenza sopra nominata, ha 

rigettato la tesi sostenuta dal convenuto. 

Invero, premessa la essenziale caratteristica del


l'azienda, di essere una universitas rerum, compren


dente cose mobili ed immobili, corporali ed immate


riali, rapporti giuridici, debiti, crediti, ecc., elementi 

tutti unificati dalla volont� dell'imprenditore nel 

quadro della organizzazione produttiva di beni o ser


vizi, il trasferimento di azienda sar� solo ammis


sibile quando, nel trasferimento dall'uno all'altro 

imprenditore di tutti o parte dei beni componenti 

l'azienda, non venga a sciogliersi il vincolo �organiz


zativo che tali beni univa in vista del fine propostosi 

dall'imprenditore (v. Oass. 10 ottobre 1956, n. 3446 

e numerose altre). 

� evidente allora che in nessun caso l'opera compiuta 
dall'appaltatore pu� considerarsi come elemento 
costitutivo della azienda, non essendovi alcun momento 

. 
in cui l'opera, compiuta o in corso di esecuzione, venga 
ad assumere una funzione produttiva entro l'organizzazione 
aziendale. 
� Ohe se anche, eccezionalmente, si ritenesse verificata 
tale ipotesi (una piccola parte dell'opera in corso 
di costruzione, nel caso esaminato dal Tribunale, 
era servita a meglio consentire al custode l'espletamento 
delle sue mansioni), occorrerebbe pur sempre 
che l'opera venisse trasferita conservando tale sua funzione 
di mezzo produttivo, il che � concettualmente 
impossibile quando invece viene trasferita l'opera 
finita, relativamente alla quale si � definitivamente 
chiuso il ciclo produttivo. 

Ritenuto inapplicabile l'art. 2112 O. c., il Tribunale 
non ha, logicamente, esaminata la connessa 
questione della applicabilit� di detto articolo alle 
Amministrazioni dello Stato e agli Enti pubblici 
in genere. Non � qui il luogo per un approfondito 
esame di detta questiOne, alla quale sembra doversi 
dare differente soluzione secondo si tratti di rapporto 
di lavoro o di impiego, e di assunzione della gestione 
diretta della azienda da parte dello Stato o di altro 
Ente pubblico. Non potendosi, ad esempio, ammettere 
che un rapporto di pubblico impiego nei confronti 
dello Stato poJsa sorgere senza che questo abbia a tal 
fine seguito la prevista procedura, sembra che in tal 
caso debba ritenersi ammissibile, al pi�, un compenso 
per l'opera prestata (con gli stessi limiti che regolano 
l'azione di indebito arricchimento verso lo Stato), 
senza alcun riconoscimento di quei diritti inerenti 
ad un vero e proprio rapporto di impiego pubblico, 
del quale dovrebbe negarsi l'esistenza, e senza, di conseguenza, 
diritto ad alcuna indennit� di licenziamento. 


Come r.isulta dalla seconda parte della massima, 
il Tribunale ha altr(}s� esaminato le differenze essenziali 
fra il citato art. 2112, e l'art. 1676, relativamente 
al quale ha ritenuto non sussistenti i presupposti 
di fatto per la sua applicazione (a: esistenza di un 
residuo debito del committente verso l'appaltatore; 

b: esistenza di un credito del convenuto verso lo appaltatore, 
derivante dall'opera prestata ai fini della esecuzione 
dell'appalto). 
Il Tribunale ha qualificato l'azione prevista dall'art. 
1676 come avente �mero carattere surrogatorio 
�; tale qualificazione � da ritenersi inesatta, pfJich� 
detta azione ha indubbiamente natura, caratteri 
ed effetti diversi da quelli della comune azienda surrogatoria. 
Cos�, ad esempio, il patrimonio dell'appalta




-79


tore non subisce alcun incremento quando si agisca 

ai sensi art. 1676, difformemente da quanto acca


drebbe agendo ew art. 2900 (v. Cass. 9 agosto 1952, 

n. 2630); l'azione diretta degli ausiliari non � impedita 
dal fallimento dell'appaltatore (v. RUBINO, 
Appalto, Torino 1954, pag. 53; VITALE, Appalto, 
Padova, 1938, pag. 376, ecc.); il credito dei dipendenti 
non � soggetto a concorso degli altri creditori 
dell'appaltatore (v. VITALI, in � Comm. Cod. civ.�, 
D'Amelio sub art. 1676) ecc. 
Allo stato attuale della dottrina, pur essendosi 
raggiunta sufficiente uniformit� di vedute sui particolari 
aspetti della efficacia dell'azione ew art. 1676, 

s.i � invece incerti sulla qualificazione giuridica di 
essa, considerandola alcuni quasi un istituto meramente 
processuale (CARNELUTTI: �non ... un diritto 
� materiale, ma semplicemente un diritto processuale 
verso il committente, Riv. Dir. Process. Civ.� 1935, 
II, 200; App. Napoli 19 maggio 1956 in � Giust. 
Civ. Mass. Mass. 1956, 172), altri, i pi�, una azione 
diretta non riconducibile sotto gli schemi della surrogatoria 
o della azione da gestione o da mandato o da illecito 
arricchimento (v. F. VOLTAGGIO LUCCHESI, 
in � Giust. Civ. � 1955, I, 388 e A.A. ivi citati) altri 
ancora un istituto ispirato a criteri pi� di equit� e 
di tutela del lavoro che di stretta applicazione di 
principi giuridici (v. SANTORO PASSARELLI ((Dir. 
Lavoro�, Napoli, 1951, pp. 209 segg.). Incidentalmente 
pu� osservarsi che quasi tutti gli A.A. che hanno 
trattato l'argomento, citano il Gabba quale sostenitore 
della identificazione della azione ew art. 1676 
(1645 cod. civ. 1865) come azione da illecito arricchimento. 
In realt� nella nota (in � Giur. It. >> 1902, 1. 
I, 397) cui si fa riferimento, il Gabba non solo non 
menziona una sola volta n� l'art. 1645 n� l'azione 
concessa ai dipendenti dell'appaltatore, ma anzi 
esclude esplicitamente che si possa ammettere in via 
generale, in base al cod. civ. 1865, l'esistenza di una 
cc azione de in rem verso per ingiustificata locupletazione 
�. 

Rigettando nel merito le domande attrici, anche 
con riferimento al citato art. 1676, non ha il Tribunale 
proceduto ad alcun esame sulla questione della 
applicabilit� di detto articolo all'appalto di 00. PP,. 
in rapporto agli articoli 351 e 357 della legge sui 
LL.PP. 

� Esattamente � stata rilevata, a tale proposito, 

(v. F. VOLTAGGIO LUCCHESI loc. cit.) la necessit� 
di un preliminare esame, che stabilisca se fra Ente 
appaltante e ditta appaltatrice sorga un rapporto 
da sussumersi esclusivamente nell'ambito del diritto 
pubblico (in tali termini, App. Trieste 26 gennaio 
1952, in � Giust. Civ. � 1953, I, 444 e A.A. citati in 
nota), con conseguente inapplicabilit� delle norme 
dettate per il corrispondente rapporto di diritto privato, 
o se invece si tratti di un rapporto solo in parte 
regolato da norme e principi del diritto pubblico, 
in relazione alla posizione di supremazia dell'Ente 
pubblico (v. ZANOBINI, Dir. Amm. IV, Milano, 
1955, pagg. 502 segg.). 
Se si segue tale secondo criterio, che in verit� appare 
pi� accettabile, e si ritiene che le norme pubblicistiche 
comportino solo cc deroghe � -sia pure numerose 
e importanti -alla regolamentazione prevista dal 
Cod. Civ. (v. Relaz. Avv. Stato 1951-55, I, 934 segg.), 

si dovr� ammettere l'applicabilit� dell'art. 1676 
ogni qualvolta esso non risulti incompatibile con i 
principi di cui agli artt. 351 e 357 della legge sui 
LL. PP. (v. R. Ricci, in Rass. Avv. Stato 1954, 193 
in nota a sent. App. Roma 25 novembre 1953). 

La Corte d'Appello di Roma, nella sentenza sopra 
citata, sembra riferirsi al caso di domanda ew art. 1676 
proposta in corso di esecuzione dei lavori: quando per� 
le opere siano gi� ultimate, e pi� ancora ove gi� eseguito 
il collaudo, vengono meno le limitazioni poste in 
materia di sequestri, pignoramenti e vincoli in genere 
sui crediti da appalto (v. Cass. 7 aprile 1954, n. 1089 
in �Giust. Civ.� 1954, I, 840), e, parallelamente, 
viene meno ogni motivo di inapplicabilit� dell'art. 
1676 (v. Cass. 19 ottobre 1954, n. 3870) in �Giust. 
Civ.�, 1955, I, 388). 

PQich� il Tribunale di Catania, nella sentenza esaminata 
si riferiva ad un caso in cui gi� da tempo era 
avvenuto il collaudo dell'opera e la consegna di essa 
all'Ente appaltante, la sua decisione, sebbene priva 
di motivazione sull'ultima questione sopra esaminata, 
� senz'altro da ritenere sostanzialmente esatta. 

P. D'AMICO 
I.G.E� � Art. 52 Legge sull'IGE � dinanzi a,ll'A.G.O. � 
Decadenza � Impugnativa a mezzo di ricorso per revocazione 
-Inapplicabilit� alle controversie in materia 
di I.G.E. (Trib. Lecce, Sent. 3 dicembre 1958, 
Pres.: Stefanizzo; Rel.: Motta, !AIA c. Finanze). 
1) L'art. 52 della legge 19 giugno 1940, n. 762 
dell'I.G.E. prevede che contro la ordinanza definitiva 
dell'Intendente di Finanza � consentito gravame 
dinanzi ali' A. G.O. nel termine di giorni 60 
dalla notificazione dell'ordinanza medesima. La 
proposizione del gravame oltre il termine predetto 
importa decadenza dell'esercizio dell'azione giudiziaria. 


2) La impugnativa a mezzo del ricorso per revocazione 
di cui alla legge n. 316, del 1910 non � applicabile 
alle controversie in materia di I.G.E. ma 
deve ritenersi in vigore solo per le controversie di 
natura civile (su tasse e sopratasse) relative all'imposta 
di bollo ed alle tasse sulle concessioni 
amministrative. 

La prima massima ribadisce un indirizzo pacifico: 

la brevit� e precettivit� del termine sancito dall'art. 52 

della legge organica sull'I.G.E., per l'esperimento 

dell'azione giudiziaria avverso i provvedimenti am


ministrativi dell'Intendente e del Ministro delle Fi


nanze, ne caratterizza la natura: non si dubita che 

sia comminato a pena di decadenza onde l'inosser


vanza comporta la improponibilit� dell'azione, rile


vabile d'ufficio vertendosi in materia sottratta alla 

disponibilit� delle parti. 

La seconda, per la quale non constano precedenti 

in termini, risponde sostanzialmente ad un'esatta 

interpretazione delle norme che informano la materia. 

Senza indugiare nell'esame se contro gli atti am-�� 

ministrativi sia consentito, come ulteriore rimedio 

amministrativo, il ricorso in revocazione, ai fini della 

presente nota � f$Ufficiente considerare che, costituendo 


-80 


esso una deroga fatta, in determinate ipotesi, al principio 
dell'irretrattabilit� ilel giudicato, mal si conviene 
in linea generale di fronte a pronunzie le quali, per 
la loro natura di atto amministrativo, hanno di contro 
il connotato giuridico della revocabilit� d'Ufficio. 

L'orientamento giurisprudenziale che ammette, in 
vista della particolare natura del rimedio, la possibilit� 
del ricorso in revocazione per i provvedimenti 
del Oapo dello Stato decisivi dei ricorsi straordinari, 
conforta la cennata opinione. 

La quale � altres� suffragata dal rilievo che, nei 
casi in cui � stata ravvisata l'opportunit�, .il ricorso 
in revocazione in sede amministrativa ha avuto 
espressa disciplina. 

Oos� gli artt. 6 e 7 della legge 22 maggio 1910, n. 316, 
sulla procedura dei ricorsi all'Intendente ed al Mini-� 
stro delle Finanze in tema di tasse sugli affari .e di 
riscossione degli altri proventi di servizi pubblici, 
abilitavano gli interessati a proporre ricorso in revocazione, 
nei termini indicati, per te ipotesi di errore 
di fatto o di calcolo o per recupero di documento 
decisivo. 

Tali norme per�, il cui campo di applicazione risultava 
gi� ben definito dalla legge, in prosieguo di 
tempo, attuandosi una pi� particolare distinzione 
e disciplina della materia, hanno ulteriormente ridotto 
la loro sfera di applicazione, sicch� oggi al ricorso 
in revocazione non pu� pi� attribuirsi carattere di 
rimedio generale nel �ampo delle imposte sugli affari, 
ma solo di rimedio caratteristico a determinati tributi 
e per specifiche controversie. 

Oon il regolamento n. 316, non si operava infatti 
distinzione alcuna tra controversie insorgenti dalla 
normale applicazione dei tributi e quelle derivanti 
da infrazioni, talch� le norme in essa contenute si 
estendevano, sia pure con inconvenienti, ad ogni 
questione. 

Per meglio disciplinare la materia, nel 1923 si 
oper� un intervento legislativo, attraverso due distinte 
leggi emanate quasi contemporaneamente, 
merc� le quali si regolavano separatamente le controversie 
non aventi carattere d'illecito (R. D. 19 aprile 
1923, n. 938), e per le quali fu espressamente richiamato 
il ricorso in revocazione (art. 1), dalle trasgressioni 
tributarie (R. D. 25 marzo 1923, n. 796), la cui 
minuziosa e completa disciplina tacque invece di un 
tale rimedio. 

Oon quest'ultima legge pertanto il ricorso in revo


cazion(} venne escluso per tutte le controversie� punibili 

con pena pecuniaria, senza distinzione tra illeciti 

civili e penalt; 
� 

Sono note infatti le discussioni insorte per iden


tificare se la pena pecuniaria ivi indicata avesse 

o meno essenza di pena e l'intervento legislativo alall'uopo 
predisposto, per attribuire carattere penale 
alle trasgressioni contemplate nel R. D. n. 776, e non 
attuato poi, in vista, appunto della pi� generale e 
completa rielaborazione �della materia operata dalla 
legge 7 gennaio 1929, n. 4 in cui, distinte le categorie 
di illecito e disciplinato la procedura ed i termini 
dei gravami amministrativi, alcun cenno si contiene 
del ricorso in revocazione. 
E quindi manifesto che un tal rimedio non possa 
sperimentarsi in .tema di illeciti, per essere stata 
abrogata con la nuova e completa disciplina, in base 

al prin�ipio contenuto nell'art. 15 delle disposizioni 
sulla legge in generale, le norme gi� dettate in materia 
dalla legge 1910, n. 316. 

Anche per le controversie non aventi natura di 
illecito, l'ambito di applicazione delle norme di cui 
al R. D. 1923, n. 938,� � stato per� notevolmente ristretto 
dalla legge 7agosto1936, n. 1639, per la riforma 
degli ordinamenti tributari che, demandando la risoluzione 
delle controversie relative alle imposte di registro, 
di successione ed in surrogazione, di manomorta 
e ipotecaria alla giurisdizione tributaria, ha limitato 
e per i pi� importanti tributi, la competenza dell' Intendente 
di Finanza (ulteriormente ridotta poi con 
il D. L. 28 dicembre 1946, n. 469 e successive modifiche 
per l'I.G.E. in abbonamento demandata alle 
commissioni), la quale quindi sussiste solo per le 
controversie di natura civile relative all'imposta di 
bollo (D: P. 25 �giugno 1953, n. 492), alle tasse sulle 
concessioni governative (D. P. 29 marzo 1953, n. 112) 
ed a pochi altri tributi (assicurazioni R. D. �923/3281; 
carte da giuoco-R. D. 1123/3277; documenti di trasporto 
1948/1173), e per le quali solo continua ad 
aver vigore il predetto ricorso in revocazione, del re.<?
to espressamente menzionato nelle singole leggi. 

PIETRO DE FRANOISCI 

I.G.E. 
-Privilegio -Art. 44 l. organica -Riferimento 
all'art. 2752 C. c. Limiti. (Tribunale di Roma, Sent. 6 
maggio 1959 -Pres.: Manna; Rel.: Marchetti -Finanze 
c. Fall. Donati) 
n riferimento all'art. 2752 c. c. contenuto nel~ 
l'art. 44 della legge sull'I.G.E. ha effetto solo per il 
grado del privilegio statuito e non per l'intero regolamento, 
che limita, com'� noto, il privilegio medesimo 
alle imposte iscritte nel ruolo dell'ultimo anno 

e di quello precedente. 

La massima surriferita accoglie in pieno la tesi 
sostenuta dalla Avvocatura dello Stato sulla �napplicabi.
lit� al privilegio per i crediti I.G:E. dei limiti 
temporali fissati dall'art. 1957 Codice civ. 1865 (oggi 
art. 2752) in relazione ai tributi diretti verso lo Stato. 

La massima ci trova ovviamente concordi in quant9 
riteniamo che la contraria tesi si fonda su una erronea 
interpretazione degli artt. 44 legge I.G.E. e 2752 
Ood. civile. 

Esaminiamo brevemente tali articoli: 

Dispone l'art. 44 della legge citata: 

�Il credito dello Stato per l'imposta non corrisposta 
a norma della presente legge e per le eventuali 
sopratasse, � privilegiato sulle generalit� dei 
mobili dei suoi debitori. Tale privilegio ha lo stesso 
grado del privilegio generale stabilito dall'art. 1957 
(ora 2752) del C. c., al quale � tuttavia posposto �. 

L'art. 2752 O. c. suona cos�: �hanno privilegio 
generale sui mobili del debitore i Qrediti dello Stato 
per ogni tributo diretto, eccettuato quello fondiario, 
iscritti nel ruolo principale dell'am/oo in cui l'esattore 
procede o interviene nella esecuzione e nel ruolo-�dell'anno 
precedente. Qualora si tratti di ruoli suppletivi 
il privilegio non pu� esercitarsi per un importo 
superiore a quello dell'ultimo biennio�. Il posto occu



pato da tale pr�vilegio nell'ordine� ai tutti gli aUri 
� stabilito dal successivo art. 2778 G. c. 
Dal raffronto dei due articoli appare ictu oculi 

�evidente che il riferimento dell'art. 44 legge suWI.G.E. 
all'art. 1957 Ood. 1865 (oggi art. 2752) ha il solo 
effetto di precisare la collocazione del privilegio generale 
mobiliare, istituito dalla legge sull'I.G;E., 
come privilegio autonomo nell'ordine di tutti i privilegi 
dettati dal Oodice civile. Oon .tale riferimento � 
in altre parole, non si vuole altro che. stabilire il grado 
di preferenza del suddetto privilegio il quale� rimane 
fuori del limiti temporali fissati per i crediti relativi 
a tributi diretti, essendo soggetto solo al termine 
di prescrizione di cui all'art. 45 della pi� volte citata 
legge sull'I.G.E. 

La parola grado usata come fulcro <J,el riferimento 
all'art. 1957 (ora 2752), come � stato esattamente 
affermato dal Tribunale di Roma nella Sent. 5 gennaio 
1951 (v. in cc Dir. Fall. � 1953, II, 56) ha un 
significato inequivocabile, essendo usata nel .senso 
dianzi precisato non solo dal legislatore di numerose 
leggi speciali istitutive di privilegi e comunemente 
dalla dottrina ma essendo stata accolta anche dal vigente 
codice civile, il quale ad esempio all'art. 2783 
cos� dispone: � quando dalla legge non risulta il grado 
di preferenza di un determinato privilegio speciale 
esso prende grado dopo ogni altro privilegio speciale 
regolato dal codice �. 

Ohiara dunque appare anche per la sistematica 
della norma in esame la volont� del legislatore diretta 
con il primo comma a stabilire il privilegio generale 
mobiliare e con il secondo comma a precisare il grado 
di preferenza nei confronti di tutti gli altri privilegi 
concorrenti, classificandolo in tale graduazione subito 
(topo il privilegi�� dei crediti .di cui all'art. 2752, solo 
a tal fine richiamato. 

Ad avvalorare la tesi suesposta, scaturente dalla 
semplice interpretazione letterale dell'art. 44, si possono 
aggiungere le considerazioni fatte in proposito 
dal Greco (.Autonomia del privilegio generale ex 
art. 44 sull'I.G.E. su � Dir. Fall. ii, 1952, II, 
197): 

1) Il privilegio del credito per l'I.G.E. � sorto in 
vista .di esigenze nuove delle Finanze dello Stato, che 
trovarono assetto organico in un tributo sostanzialmente 
nuovo nel suo profilo giuridico-economico, come 
privilegio del tutto autonomo (Trib. Napoli, 12 luglio 
1955). , 

2) L'interpretazione logica degli artt. 44, Legge 
sull'I.G.E. e 2752 O. c. induce ad escludere che il privilegio 
per i crediti I.G.E. possa essere regolato nella 
sostanza dall'art. 2752 O. c., e condizionato dai limiti 
temporali fissati in tale articolo perch� sostanzialmente 
diversa � la natura giuridica della imposta 
sulla entrata dai tributi regolari, ai fini del privilegio, 
dall'art. 2752 O. c. Infatti l'I.G.E.: 

a) � fondata non su di un accertamento diretto 
del reddito del soggetto della imposta ma sulla presunzione 
che l'entrata tassata denuncia la esistenza di 
un reddito; . 

b) viene riscossa non dall'esattore bens� dalla 
stessa Amministrazione Finanziaria e non mediante 
ruoli bens� di regola mediante il bollo (marche) o per 
alcune categorie in abbonamento con iscrizione di 
speciale articolo di campione; 

c) viene amministrata dalla Direzione Generale 
delle Tasse e delle Imposte Indirette sugli Affari 
ed � da considerarsi, secondo opinione non contrastata, 
tributo indiretto. 

In conclusione, pu� affermarsi che appare logicamente 
inapplicabile la speciale. disciplina dell'ar" 
ticolo 2752 O. c. al privilegio di cui all'art. 44 per il 
fatto che per l'I.G.E. mancano quegli elementi (esattore 
e ruolo) in funzione dei quali l'art. 2752 d(ltermina 
l'estensione temporale del privilegio del credito 
per tributi diretti (Trib. Roma 5 novembre 1951, in 
�Foro It. �, Rep. 1952, v. tassa sull'entrata n. 81). 

Ora poich� il richiamo all'art: 2752 O. c. vale come 
si � detto solo a determinare il grado del privilegio 
del credito I.G.E. e non anche a limitare la estensione 
temporale del privilegio, ne deriva che per stabilire 
tale estensione non pu� aversi riguardo, in mancanza 
di altra norma, che alla durata del termine prescrizionale 
di cui all'art. 45 Legge sull'I.G.E. 

Il che niente altro v.uol dire che il privilegio assiste 
il credito per I.G.E. dalla sua nasci,ta alla sua estinzione. 


LUIGI M.AZZELL.A 

PROCEDIMENTO -Mancata costituzione del contraddittorio 
-.Erronea citazione in giudizio dell'Amministrazione 
-Nullit� della sentenza. (Trib. Trieste, Sentenza 
12 dicembre 1958 -Pres.: (rel.); Falchi, Finanze 

c. Tantillo).. 
La mancata costituzione del contraddittorio per 
erronea� citazione in giudizio di organo dell'Amministrazione 
sfornito di rappresentanza d� luogo ad 
un'ipotesi di nullit� intrinseca (o inesistenza giuridica) 
della sentenza, che non consente al giudizio 
d'appello n� di rimettere la causa al primo giudice 
n� di trattenerla e di deciderla nel merito. � 

Aff�nch� si possa validamente citare in giudizio 
lo Stato occorrono, come � risaputo, l'individuazione 
esatta dell'Amministrazione che abbia la legitimatio � 
ad causam (titolarit� o disponibilit� del diritto) e 
e la individuazione dell'organo a cui spetta la rappresentanza 
processuale dell'Amministrazione. 

Riportandoci adesso per un momento ad altro punto 
del diritto processuale, dobbiamo ritenere, che siano 
configurabili casi di vera e propria inesistenza giuridica 
della sentenza, quando cio�-quest'ultima risulti 
inficiata da vizi materiali o intrinseci, per diietto 
assoluto degli elementi costitutivi: dei soggetti 
(privati o pubblici del processo) o dell'oggetto (impossibilit� 
materiale o giuridica), ad esempio: sentenza 
resa a non iudice, sentenza emessa che sia rispettato 
il contraddittorio o sentenza che ordini il divorzio. 
In questi casi, come abbiamo detto, di inesistenza giuridica, 
per la rimozione degli effetti della sentenza � sufficiente 
una semplice eccezione senza limitazione� di 
tempo quanto alla proponibilit�, e non occorre l'esperimento 
di un mezzo di impugnazione. 

La dottrina ritiene che la questione del contraddittorio 
rientri fra i presupposti processuali, quelli 
cio� che condizionano l'emanazione di un provvedimento 
quale che sia e che, per converso, �la questione 
della legittimazione ad agire sia una questione di 


-82 


merito che soltanto infiuirebbe sulla emanazione di 
un provvedimento favorevole. � 

� per contrario da ritenere, sulle orme della prevalente, 
e pi� recente giurisprudenza, che la questione 
della legitimatio ad causam rientri anch'essa nella 
categoria dei presupposti processuali: in altri termini, 
noi ravvisiamo pi� corretto procedere ad un accostamento 
tra questione di legittimazione ad agire e questione 
del contraddittorio, riconoscere cio� nel principio 
del contraddittorio una portata sostanziale, nel 
senso appunto che non una qualunque parte, ma la 
giusta parte debba essere citata, dal che si deriva che 
la questione della legittimazione ad agire non attiene 
al merito del giudizio ma proprio all'esistenza del 
contraddittorio, con la conseguenza che il difetto di 
essa � rilevabile d'ufficio. 

La legitimatio ad causam quindi, interessa la 
legittimit� del contraddittorio e la validit� della sua 
costituzione, per il che il dif�tto di essa induce la 
inesistenza giuridica della sentenza eventualmente 
emessa nei confronti di un soggetto non legittimato 
ad agire. 

La sentenza in data 12 dicembre 1958, del Tribunale 
di Trieste prende appunto in esame il caso della 
violazione del principio del contraddittorio (art. 101 
C.p.c.) sotto la specie della citazione di un organo di 
Amministrazione sfornita di legitimatio ad causam: 

Invero, da tutte le disposizioni in vigore in tema 
di riscossione delle spese di giustizia, si ricava 
che la titolarU� del diritto e qu�ndi la legitimatio 
ad causam, in questa materia, spetta 
all'Amministrazione delle Finanze e che ai Cancellieri 
� esclusivamente demandata una funzione esecutiva, 
quella cio� di curare la riscossione delle somme dovute 
all'Erario dello Stato; fuori dell'ambito dell'esecuzione 
i Cancellieri non hanno pi� alcuna veste processuale 
e la loro attivit� non pi� � riferibile all'Amministrazione 
delle Finanze-Demanio. Pertanto, in 
un giudizio successivo di opposizione all'esecuzione 
e quindi di cognizione essendo indispensabile citare 
l'Amministrazione delle Finanze, la citazione per 
contro del Cancelliere carente di legitimatio ad causam 
comporta, per i motivi esposti pi� sopra, una viola


zione del principio del contraddittorio e quindi, come 
rettamente ha giudicato il Tribunale di Trieste, la 
inesistenza giuridica della sentenza; ed infatti la citazione 
di un organo fornito di rappresentanza � indispensabile 
per la presenza della parte-Stato nel processo. 


N� tal difetto consente di rimettere la causa al primo 
Giudice: esatto, a tal proposito, il rilievo del Tribunale 
di Trieste, che la deroga che l'art. 354 O.p.c. 
apporta al principio generale dell'art. 161-I-c per il 
quale tutte le nullit� (formali) si fanno valere attraverso 
i mezzi di impugnazione non � passibile di 
interpretazione estensiva (per la tassativit� delle ipotesi; 
cfr. �NDRIOLI, Commento, 1956, voi. II, p. 4 78 
e segg.; lcARDI, Foro Pad. 1946, I, 469; Cass. 20 
luglio 1943, n. 1894, 29 luglio 1947, n. 1242, 10 novembre 
1954, n. 4209, contra: Satta �Dir. Proc. Civ.; 
Giuffr�, anno 1953). 

Potrebbe, inoltre, opportunamente rilevarsi che dei 
vizi importanti nullit� intrinseca o materiale della 
sentenza, l'art. 354 in esame menziona solamente 
l'avvenuta illegittima estromissione di una delle parti 
e la mancata �integrazione �del contradditorio, quella 
cio� riguardante il caso che la decisione non possa 
pronunciarsi che in confronto di pi� parti, e che r1,on 
sia stata disposta l'integrazione del contraddittorio 
quando il processo appunto sia stato promosso 
da alcune o contro alcune solamente di esse; l'ipotesi, in 
altre parole, � quella del litisconsorzio necessario, 
cio� quella della pluralit� di parti nel processo; la 
fattispecie giudicata dal Tribunale di Trieste con 
la surrichiamata decisione concerne invece tutt'altra 
ipotesi, quella cio� di assenza dal giudizio di una 
delle due parti. � 

Non � possibile, nemmeno nella ipotesi che ci occupa, 
che il Giudice di Appello trattenga la causa decidendola 
nel merito, in quanto . una domanda assolutamente 
nulla non ha il potere di instaurare un valido rapporto 
processuale e in quanto ci� non � consentito 
allorch� ci si trovi davanti ad una nullit� sostanziale 
dell'atto di citazione che abbia dato luogo ad inesistenza 
del giudizio di 1� grado per aver impedito la 
costituzione del contraddittorio. 

LUCIO SIN.AGRA 


INDICE SIS'l,EMATICO 
DELLE CONSULTAZIONI 


LA FORMUL�ZIONE DEL QUESITO_ NON RIFLETTE IN ALOUN MODO LA SOLUZIONE OHE NE � STA'l'� DATA 

ACQUE PUBBLICHE 

RICERCA DI ACQUE SOTTERRANEE. -1) Se, ai sensi 
dell'art. 102 del T. U. 11 dicembre 1933, n. 1775, una 
riserva per ricerche di acque sotterranee a favore della 
Regione Siciliana debba essere limitata nel tempo (n. 60). 

2) Se debba procedersi a pubblicazione sulla Gazzetta 
Uffeciale del decreto dell'Assessorato della Regione Siciliana 
che stabiliva detta riserva (n. 60). 

AGENTI DIPLOMATICI E CONSOLARI 

DEPOSITI DI DENARO. -Se l'Amministrazione dello 
Stato debba rispondere verso l'interessato per il fatto 
di un'Ambasciata all'estero, che avendo ricevuto un 
deposito di denaro per conto di un cittadino italiano, 
abbia trascurato di effettuare il cambio della moneta 
posta fuori corso dalla legge di quel Paese (n. 4). 

AGRICOLTURA E FORESTE 

INFORTUNI NELLE FORESTE DEMANIALI. -Se le 
somme dovute all'l.N.A.I.L. a rimborso delle rendite 
da esso corrisposte agli operai per indennit� relative ad 
infortuni verificatesi in foreste demaniali prima che 
queste fossero trasferite alle Regioni debbano passare 
a carico delle Regioni stesse (20). 

ALBERGHI 

VINCOLI. -Se il vincolo alberghiero 'concernente 
la locazione e la vendita degli immobili adibiti ad uso 
d'albergo, pensione o locanda, ai sensi della legge 24 luglio 
1936, n. 1692, si estenda anche alle pertinenze dello 
edificio, quali parchi o giardini (13). 

AMMINISTRAZIONE PUBBLICA 

DECENTRAMENTO. -1) Se nell'ambito delle competenze 
stabilite con D. P. R. 4 febbraio 1955, n. 72, sul 
decentramento dei servizi del Ministero delle Finanze, 
sia possibile procedere ad avocazioni o sostituzioni non 
previste dalla legge (n. 237). 

I. N. A. -2) Se l'Istituto Nazionale per le Assicu. 
razioni sia un'Azienda di Stato ovvero un Ente Autonomo 
esercente un pubblico servizio (n. 238). -3) Se 
l'I.N.A. rientri nella categoria dei soggetti previsti dalla 
lett. e) dell'art. 78 del T. U. 9 maggio 1950, n. 203, esenti 
dall'imposta proporzionale sul patrimonio (n. 238). 
UNRRA-CASAS. -4) Quale sia la natura giuridica 
dell'UNRRA-Casas ai fini e per gli effetti della legge 
25 marzo 1958, n. 260 (n. 239). -5) Quale sia l'organo 
legittimato a stare in giudizio per l'UNRRA-Casas 

(n. 239). 
APPALTO 

SUPPLENTE. -Se, ai sensi dell'art. 9 del Capitolato 
Generale sulle 00. PP. tutti i mandati di pagamento 
emessi successivamente alla morte del titolare deil'impresa 
appaltatrice siano di spet~anza del supplente, 
quando quest'ultimo prosegue i lavori su espresso invito 
dell'Amministrazione appaltante (n. 245). 

ASSICURAZIONI 

ASSICURAZIONI CREDITI ALL'ESPORTAZIONE. -1) Quale 
sia, nel sistema delineato dagli artt. 2 della legge 
22 dicembre 1953, n. 955 e 7 del D. P. 22 marzo 1954, 

n. 172, il cc periodo di assicurazione in corso al momento 
della comunicazione .o della conoscenza � considerato 
dall'art. 1896 del C. c. ai fini dello scioglimento del 
contratto di assicurazione per cessazione del rischio 
(n. 52). 
ASSICURAZIONE CREDITI ALL'ESPORTAZIONE -AUJ.\IENTO 
COSTI DI PRODUZIONE. -2) In quale periodo debbano 
essersi verificate, ai sensi dell'art. 6 del D. P. 23 settembre 
1958 n. 1276, le variazioni dei costi di produzione 
per poter costituire sinistro risarcibile agli effetti dello 
art. 2 della legge 3 dicembre 1957 n. 1198 (n. 53). -3) 
Quali siano i criteri per determinare le variazioni dei 
costi di produzione in base all'art. 6 del D. P. 23 settembre 
1958, n. 1276 (n. 53). 

l.N.A. -IMPOSTA STRAORDINARIA SUL PATRIMONIO. 4) 
Se l'Istituto Nazionale per le Assicurazioni sia una 
Azienda di Stato ovvero un ente autonomo esercente 
un pubblico servizio (n. 54). -5) Se 1'1.N.A. rientri 
nella categoria dei soggetti previsti dalla lett. e) dello 
art. 78 del T. U. 9 maggio 1950 n. 203, esenti dalla 
imposta sul patrimonio (n. 54). 
AUTOVEICOLI 

ISCRIZIONE DI IPOTECA LEGALE. -Se, ai fini della �iscrizione 
sugli autoveicoli, l'ipoteca legale prevista 
dall'art. 26 della legge 7 gennaio 1929, n. 4, possa parificarsi 
all'ipoteca prevista dall'art. 189 C. p. (n. 58). 



S4 


COMUNI E PROVINCIE 

AzmNDE MUNICIPALIZZATE. -Quale sia l'interpretazione 
degli artt. 12 e 24 della legge 5 gennfl,io 19ii6 

n. 1 relativamente alle dichiarazioni dei redditi per 
tutte le aziende gestite dai Comuni (n. 76). 
CONTRIBUTI E FINANZIAMENTI 

CONTRIBUTI DI RICOSTRUZIONE -AGEVOLAZIONI FI� 
SCALI. -Se l'esenzione tribut~ria prevista dall'art. 5 
del D. L. 7 giugno 1945, n. 322, sia applicabile anche 
al caso in cui il conferimento in denaro non preceda le 
opere di ricostruzione che costituiscono il fine della 
societ� a favore della quale il finanziamento viene fatto 

(n. 32). 
DONAZIONI 

OPERA. NAZIONALE MEZZOGIORNO D'ITALIA. -lJ Se 
l'art. 3 della legge 13 marzo 1958, n. 365, regoli la materia� 
riguardante l'autorizzazione alle istituzioni collegate 
con l'O.N.O.G. per ci� che concerne l'accettazione di 
lasciti o donazioni o l'acquisto di beni immobili (n: 31). 
-2) Se l'autorizzazione ad accettare una donazione 
da parte dell'Opera Nazionale Mez;wgiorno d'Italia sia 
concessa mediante decreto del Presidente dEll Consiglio 
dei Ministri (n. 31). 

EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE 

CASE PER TERREMOTATI. -1) Se, agli effetti della 
attuazione delle norme del D. P. R. 17 gennaio 1959, 

n. 2, che prevedono la cessione in vendita di tutti gli 
alloggi per terremotati in Messina, l'attuale appartenenza 
delle case in questione debba riconoscersi al Comune 
di Messina� ovvero all'Istituto Autonomo delle case 
popolari di Messina (n. 88). 
CONTRIBUTI .DELLA G:ESTI�NE. INA-CASA PRESCRI� 
ZIONE. -..,--2) Se ai contributi della Gestione INA-Casa 
di cui all'art. 5 lett. b-c) della legge 28 febbraio 1949, 

n. 43, si applichi la prescrizione decennale oppure quella 
qu�nouenn�le di cui all'art. 2948, n. 4 (n. 89). 
GESTIQNE INA-CASA. -ALLOGGI A RISC�TTO. -3) 
Se, in sede di stipulazione del c�ntratto defuiitivo di 
assegnazione degli alloggi a riscatto della Gestione INA-. 
Casa, la Gei:itione possa esigere dagli assegnatari il pagamento 
di rate di ammortamento che, pur rientrando 
nei limiti di costo stabiliti dalla legge, siano superiori 
alle cifre comunque ind~cate . nel bando di concorso 

(n. 90). -4) Se il rifiuto dell'assegnatario di ottemperare 
ai suoi obblighi dia luogo alla decadenz� �prevista 
dall'art. l 7 della legge (n. 90). � 
GESTIONE INA-CASA -CONTRIBUTO DI FOGNATURA. 5) 
Se alla Gestione INA-Casa compete. l'esenzione dal 
contributo di fogn~tura, sotto il profilo che le costruzioni 
eseguite in attuazione dei_ piani settennali debban� 
essere considerate come case economiche e popolari. 

(n. 91). -6) Se soggetto passivo del contributo di fognatura 
sia la Gestione oppure l'assegnatario dell'alloggio 
(n. 91). 
GESTIONE INA-CASA -PERSONALE.. -6) Se il trattamento 
aggiuntivo previsto dall'art: 9 D. L. 15 ottobre 
1955, che regola il rapporto di' lavoro intercorrente 

tra. la Gestione INA-Casa e il personale assunto direttamente, 
costituisca un fondo speciale integrativo del 
trattamento di quiescenza (n. 92). 

FALLIMENTO 

CESSIONE DI CREDITI. -1) Se, ai sensi dell'art. 67 
della legge fallimentare l'atto� di cessione di crediti 
ntervenuto poco prima della sentenza dichiarativa di 
fallimento debba essere qualificato come mezzo anorimali;
i di pagamento (n. 47). 

RAPPRESENTANZA IN GIUDIZIO DELL'AMMINISTRA ZIONE 
NELLA DOMANDA DI INSINUAZIONE DI CREDITO. 2) 
Se il procuratore del Registro possa inoltrare personalmente, 
in qualit� di parte legittimata ad processum, 
la domanda di insinuazione di un credito al passivo del 
fallimento (n. 4;8). 

FERROVIE 

AGENTI FERROVIARI -INDENNIT� DI BUONUSCITA. 1) 
�Se ai sensi dell'art. 158 dello S. G. (Legge 26 marzo 
1958, n. 425) gli agenti ferroviari dimissionari volontari, 
che non abbiano ancora conseguito il diritto allo 
assegno di pensione, abbiano titolo al!'indennit� di 
buonuscita (n. 283). -2) Se, ai sensi dell'art. 159 
dello stesso S. G. i dipendenti decaduti dall'impiego 
per cause diverse dalla perdita della cittadinanza conservino, 
col diritto alla pensione o all'indennit� una 
tant.rn, anche quello alla indennit� di buonuscita (n. 283) 
-3) Se competa ai dipendenti in prova dimissionari o 
decaduti dall'impiego il rimborso dei contributi trattenuti 
in favore dell'Opera di Previdenza (n. 283). 

COSTRUZIONI IN VICINANZA DELLE SEDI FERROVIARIE. 
-:---4) Se_ per le aree costituenti il compendio immobiliare 
ferroviario trovano applicazione le disposizioni del 
Codice civile che dispongono i limiti di distanza per le 
costruzioni delle propriet� a confine. e le disposizioni dei 
regolamenti edilizi locali (n. 284). 

IMPIEGO PUBBLICO 

AGENTI FERROVIARI -INDENNIT� DI BUONUSCITA. 
1) Se, _ai s_ensi dell'art, 158 dello S. G. (Legge 26 marzo, 
1958,. n, 425) gli agenti ferroviari dimissionari volontaPi, 
che non abbii;tno ancora conseguito il diritto allo 
assegno di pensione, abbiano titolo dell'indennit� di 
buonuscita (n. 487). -2) . Se, ai se.si dell'art. 159 
dello stesso S. G. i dipendenti decaduti dall'impiego 
per cause diverse dalla perdita della cittadinanza conservino, 
col diritto alla pensione o all'indennit� uua tant.
um, anche quello alla indennit� di buonuscita (n. 487). 
-3) Se competa� ai-dipendenti in prova dimissionari. 

o decaduti dall'impiego il rimborso dei contributi trattenuti 
i;n favore dell'Opera di Previdenza (n. 487). 
IMPIEGATO STATALE -BIGAMIA. -4) A chi debb� 

~ssere attribuita l'indennit� per cessazione del rapporto 

<Ji impiego, nel C�J.SO di bigamia del dipendente dece


duto (n._ 488). �� � 

IMPIEGATO STATALE -INFORTUNIO PER COLPA TERZI. 
-5) Se lo Stato, che sia tenuto a corrispondere la 
pensione 'privilegiata al proprio dipendente infortunato 


_, 85 


in occasione di servizio e per colpa di un terzo, possa 
agire in rivalsa contro quest'ultimo (n. 489). 

IMPORTAZIONE-ESPORTAZIONE 

AssIOURAZIONE OREDITI ALL'ESPORTAZIONE. -1) Quale 
sia, nel sistema delineato dagli artt. 2 della legge 22 dicembre 
1953, n. 955 e 7 del D. P. 22 marzo 1954, n. 172, 
il cc periodo di assicurazione in corso al momento della 
comm1icazione o della conoscenza� considerato dallo 
art. 1896 del C. c. ai fini dello scioglimento del �ontratto 
di assicurazione per cessazione del rischio (n. 18). 

AssIOURAZIONE OREDITI ALL'ESPORTAZIONE -AuMENTO 
DI OOSTI DI PRODUZIONE. -2) In quale periodo 
debbano essersi verificat�, ai sensi dell'art. 6 del D. P. 
23 settembre 1958, n. 1276, le variazioni dei costi di pro� 
duzione per poter costituire sinistro risarcibile agli effetti 
dell'art. 2 della legge 3 dicembre 1957, n. 1198 (n. 19). 3) 
Quali siano i criteri per determinare le variazioni dei 
costi di produzione in base all'art. 6 del D. P. 23 settembre 
1958; n. 1276 (n. 19). 

IMPOSTA DI BOLLO 

C.R.I. -1) Se, ai sensi 'del R. D. L. IO agosto 1928, 
n. 2034, alla Croce Rossa Italiana competa la prenotazione 
a debito per gli atti giudiziari o se tali atti debbano 
essere redatti in bollo (n. 13). 
DIPLOMI o OERTIFIOATI DI STUDI<'. -2) Se sia obbligatorio 
l'uso della carta bollata per tutte le richieste scritte 
di diplomi o certificati di studio sia da parte di al=i 
che da parte di insegnanti (n. 14). 

I.N.A.M. -3) Se l'esenzione assoluta dall'imposta 
di bollo, prevista dall'art. 35 della legge Il gennaio 1943, 
n. 138, e 122 del R. D. L. 4 ottobre 1935, n. 1287, dovrebbe 
ritenersi ancora operante in favore dell'Istituto Nazionale 
Assicurazioni Malattie anche posteriormente all'entrata 
in vigore dell'art. 47 del D. P. R. 25 giugno 1953, n. 492 
(n. 15). 
IMPOSTA DI REGISTRO 

VENDITE TRA PARENTI. -Se, ai sensi dell'art. 5 
del D. L. 8 marzo 1945, n. 90, le certificazioni bancarie 
sulla provenienza del prezzo siano idonee a vincere la 
presunzione di liberalit� stabilita dalla legge per le vendite 
tra parenti (n. 154). 

IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA 

.CONTRATTI DI PERMUTA E VENDITA. -Se, agli effetti 
tributari il criterio distintivo tra vendita e permuta 
debba ricercarsi nel maggior valore tra il danaro e la 
cosa in natura che si scambiano in corrispettivo di altro 
bene (nella specie scambio di macchina nuova con .altra 
macchina usata pi� danaro) (n. 82). 

IMPOSTE E TASSE 

AZIENDE MUNIOIPALIZZATE. -1) Quale sia l'interpretazione 
degli artt. 12 e 24 della legge 5 gennaio 1956, 

n. 1 relativamente alla dichiarazione dei redditi per 
tutte le aziende gestite dai Comuni (n. 324). 
I.N.A. -IMPOSTA STRAORDINARIA SUL PATRIMONI0;�2) 
Se l'I.N.A. sia una Azienda di Stato ovvero un Ente 
autonomo esercente un pubblico servizio (n. 325). 3) 
Se l'Istituto Nazionale per le Assicurazioni (I.N.A.) 
rientri nella categoria dei soggetti previsti dalla lett. e) 
dell'art. 78 del T. U. 9 maggio 1950 n. 203 esenl>i dalla 
imposta proporzionale sul patrimonio (n. 325). 
INFORTUNI SUL LAVORO 

INFORTUNI NELLE FORESTE DEMANIALI. -Se le somme 
dovute all'I.N.A.I.L. a rimborso delle rendite da esso 
corrisposte agli operai per indennit� relative ad infortun:i 
verificatisi in foreste demaniali prima che queste fossero 
trasferite alle Regioni debbano passare a carico delle 
Regioni stesse (h. 43). 

ISTRUZIONE SUPERIORE 

DIPLOMI E LAUREE. -1) Se possa ritenersi illegale 
il rilascio di diplomi o di attestazione o di titoli diversi 
da quelli disciplinati dalla legge, da parte di associazioni 
culturali dietro pagamento o esborso di somme di denaro 

(n. 10). 
2) Se possa ritenersi sussistere reato nel caso che la 
persona che urio di quei titoli abbia ottenuto dietro 
esborso di somme di denaro fosse stato tratto deliberatamente 
in inganno sul valore effettivo del titolo conseguito 
(n. 10). 

METANO 

PROPRIET� DELLE BOMBOLE. -Se, ai sensi dell'art. 3 
della legge n. 640 del 1950, la presunzione di propriet� 
delle bombole a favore dell'E.N.I. si applichi nei confronti 
delle Arri.ministrazioni Statali, comprese le Aziende 
Autonome (n. 3). 

NAVE E NAVIGAZIONE 

SINISTRI MARITTIMI. -Se il verbale d'inchiesta 
formale sui sinistri marittimi debba essere inviato al 
Procuratore della Repubblica, ai sensi dell'art. 1241 
Cod. nav., ove la Commissione d'inchiesta stessa abbia 
espresso il parere che il fatto sia avvenuto per dolo o 
colpa di persone non soggette alla giurisdizione italiana 

. (n. 100). 

. ORFANI DI GUERRA 

1) Se l'art. 3 della legge 13 marzo 1958, n. 365 regoli 
Ja materia riguardante l'autorizzazione alle istituzioni col� 
legate conI'O.N.O. G. per ci� che concerne l'accettazione di 
lasciti o donazioni o l'acquisto di beni immobili (n. 2). 2) 
Se l'autorizzazione ad accettare una donazione da parte 
dell'Opera Nazionale Mezzogiorno d'Italia sia concessa 
mediante decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 
(n. 2). 

OPERE PUBBLICHE 

REVISIONE DI PREZZI. -Se, rispetto ai contratti 
eseguiti dall'E.R.I.C.A.S. a mezzo di appaltatori, siano 
legittime le revisioni dei prezzi operate, non in base alle 
leggi che�disciplinan0 la materia, bens� con i criteri det� 


-S6 


tati dall'art. 9 della convenzione n. 38 in data 8 marzo 
1949 stipulata con l'Ente per la Ricostruzione del Cassinate 
(n. 49). 

PENSIONI 

PRIVILEGIATE -RIVALSA DELLO STATO. -Se lo Stato, 
che sia tenuto a corrispondere la pensione privilegiata 
al proprio dipendente infortunato in occasione di servizio 
e per colpa di un terzo, possa agire in rivalsa contro 
quest'ultimo (n. 88). 

PREZZI 

REVISIONE DI PREZZI. -Se, rispetto ai contratti 
eseguiti dall'E.RI.CAS. a mezzo di appaltatori, siano 
legittime le revisioni dei prezzi operate, non in base alle 
leggi che disciplinano la materia, bens� con i criteri 
dettati dall'art. 9 della convenzione n. 38 in data 8 marzo 
1949 stipulata con l'Ente per la Ricostruzione del 
Cassinate (n. 42). 

REGIONI 

REGIONE SICILIANA -RICERCA DI ACQUE SOTTER� 
RANEE. -1) Se, ai sensi dell'art. 102 del T. U. 11 dicembre 
1933,.n. 177 5, una riserva per ricerca di acque sotterranee 
a favore della Regi�ne Siciiliaha; debba essere 
limitata nel tempq (n. 77). -2) Se debba procedersi 
a pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del decreto dello 
Assessorato della Regione Siciliana che stabiliva la suddetta 
riserva (n. 77). 

RICOSTRUZIONE 

AGEVOLAZIONI FISCALI. -Se l'esenzione tributaria 
prevista dall'art. 5 del D. L. 7 giugno 1945, n. 322, sia 
applicabile anche al caso in cui il conferimento in denaro 
non preceda le opere di ricostruzione che costituiscono 
il fine della societ� a favore della quale il finanziamento 
viene fatto (n. 8). 

(7103898) &oma, 1959 -Istitnto Poligrafico llello Stato -G. C