.ANNO IV -N. 5~6 . MAGGIO-GIUGNO 1951 ~�:' .RASSEGNA MENSILE :J-4: DELL'AVVOCATURA DELLO STAT.O PUBBLICJAZIONE DI SERVIZIO n ~ e. \: ,{.�.= :=: i'-;-.,L, r;� I T !�/, I.�r�.t.� r \ ~> � UN ASSURDO PROGETTO DI RIFORMA DEL CONTENZIOSO TRIBUTARIO SOMMARIO. --1. La pubblicazione del progetto di riform.a. -2. L'ordinamento amministrativo come presupposto della riforma. -3. Le linee generali del progetto di riforma. -4. La fase amministrativa della tutela del contribuente. -5. Le Commissioni amministrative; la loro composizione secondo il progetto e sua critica. -6. La fase giudiziaria della tutela del contribuente. -7. La soppressione del principio del salve et repete e sua critica. -8. Le altre innovazioni del progetto di riforma per la fase giudiziaria e loro critica. 9. La fase giudiziaria secondo la nostra proposta. _:_ 10. Il mantenimento della giurisdizione speciale delle Commissioni tributarie in materia di stima e la sua compatibilit� con la Costituzione. -11. La tutela dE:)l contribuente secondo lo schema da noi proposto; distinzione tra questioni di diritto e questioni di mera estimazione. -12. Conclusioni. @ 1. Sulla Rivista di Diritto fiinanziario e Scienza delle Finanze (fase. 2, giugno 1951, pagg. 99 e segg.) � stato pubblicato il testo con la relazione del progetto di riforma del contenzioso tributario preparato da una commissione composta da esperti estranei (caso pi� unico che raro in materia) sia ali' Amministrazione finanziaria sia l'A vvocatura dello Stato. Testo e relazione sono preceduti da una premessa del Ministro delle finanze che nell'avvertire, molto opportunamente, trattarsi solo di uno studio <<al quale non � impegnata in nessun modo l'Ammistrazione finanziaria n esprime l'augurio che esso valga comunque a portare a discussioni approfondite cos� << da consentire a chi domani sar� chiamato a risolvere il problema di vedere ben chiara la strada migliore n. Gf� in questa Rassegna (1949, pag. 233 e segg-) ci siamo occupati di questo grave problema, enun. ciandone i termini e proponendone le soluzioni che, secondo noi, meglio rispondono alle esigenze del progresso giuridico, economico e sociale in armonia con i precetti della Carta Costituzionale. In queHo studio abbiamo, altresi, formulato delle critiche in merito a certi progetti, di cui allora si aveva solo vaga notizia, ed abbiamo cercato di mettere in rilievo le incongruenze ed i pericoli di talune innovazioni ispirate pi� che da esigenze concrete dal desiderio di dar corso ad audaci esperimenti giuridico-amministrativi assolutamente inammissibili in un �campo cosi delicato come quello trib.utario. Il testo, qra pubblicato, conferma, purtroppo, quasi integralmente le nostre apprensioni e per quanto l'autorevole parola del Ministro delle finanze, che ha negato al progetto ogni carattere anche semplicemente ufficioso, sia tale da rassicurarci, riteniamo di non dovere indugiare a ribadire le nostre cr�tiche nella speranza che le nostre parole valgano a richiamare l'attenzione dei parlamentari, dei funzionari e degli studiosi pi� responsabili sulla gravit� ed importanza del problema, la cui soluzione non solo va meditata ed affrontata con minore semplicismo, ma .va anche coordinata con la riforma generale degli ordinamenti della Pubblica Amministrazione, ora allo studio, e con que!Ja definitiva del codice di rito civile. 2. Va premessa una osservazione di carattere generale. I progettisti hanno tenuto presente gli ordinamenti amministrativi quali essi sono con tutte le loro deficienze e non quali saranno, od almeno speriamo vivamente che saranno, dopo la tanto attesa riforma. Con ci� solo � palese la inattualit� del loro progetto, che pretende di innovare sul presupposto di ordinamenti amministrativi ormai superati ed oggetto, a loro volta, di riforme non ancora dei tutto delineate. Ed altrettanto � a dirsi per la parte del progetto che tocca profondamente il codice di procedura civile ignorando completamente gli studi ed i problemi posti dalla auspicata riforma del codice di procedura civile. � evidente che, partendo dal presupposto di una Amministrazione finanziaria in pieno disfunzionamento, di un ... nemico dal quale proteggere il cnntribuente, non si poteva giungere ad un proget. to meno antifiscale.. Ma codesto presupposto in gran parte .non esiste oggi e per il resto provvide riforme dovranno tendere ad eliminare le deficienze. Ed allora se il quadro che hanno avuto presente i progettisti non risponde alla realt� delle cose n� oggi n� _~anto meno vi risponder� domani quando l'Amministrazione finanziaria rinnovata nei suoi ordinamenti, nei suoi mezzi materiali e nei suoi organi potr� allacciare rapporti di reciproca fiducia con i eontribuenti, quando le norme di attuazione dei -108 princip� sanciti dall'art. 28 della Costituzione, rendendo personalmente responsabile il funzionario dei danni prodotti al contribuente, costituiranno una fortissima remora agli accertamenti esosi ed illegali, � evidente, che un siffatto progetto ispirato dalla pi� aspra diffidenza verso gli organi dell'Amministrazione finanziaria non potr� avere la bench� minima giustificazione n� razionale n� pratica. E d'altra parte il riordinamento dell'Amministrazione ed il principio della responsabilit� personale dei funzionari non potranno che ridurre i contrasti giudiziari rendendo, per ci� stesso, inutili le innovazioni da introdursi nel codice di procedura civile. 3. Le linee generali del progetto sono le seguenti: 1� la tutela del contribuente si attuerebbe in due fasi distinte: amministrativa e giudiziaria; 2� la fase amministrativa si svolgerebbe avanti le Commissioni tributarie, organi della Pubblica .Amministrazione e non giurisdizionali; queste Commissioni sarebbero ordinate per due gradi: una commissione per ogni provincia, con competenza di legittimit�, di merito e di estimazione e la Commissione centrale con competenza di legittimit� e merito escluse le questioni di estimazione. Verrebbe istituita, altres�, una giunta distrettuale di stima per dar pareri alla Commissione provinciale in materia di valutazione e di accertamenti di fatto la quale avrebbe le facolt� di convocare davanti a s� le parti per tentare un amichevole componimento; 3� la fase giudiziaria si svolgerebbe davanti sezioni specializzate costituite presso le preture, i tribunali, le corti di appello e si concluderebbe davanti la Corte di Cassazione ordinaria; la competenza dei giudici di primo grado sarebbe determinata in base al valore e, territorialmente, in base alla sede dell'ufficio tributario accertatore; verrebbe abolito il solve et repete_; la difesa in giudizio da parte di avvocati sarebbe solo facoltativa nei gradi di merito; il processo si inizierebbe mediante ricorso e non con citazione; la notificazione verrebbe fatta direttamente all'ufficio accertatore e non all' .Avvocatura dello Stato. 4..La lettura del testo integrale ci convince, ancor pi�, del buon fondamento di quanto avemmo occasione di rilevare nello scritto sopra citato, e, cio�, che l'unico punto del. progetto che sem bra meritevole di esser mantenuto � la riconfermata esigenza di attuare la tutela degli interessi del contribuente in due distinte fasi: amministrativa e giudiziaria. � questo infatti un sistema che si fonda su un principio generale che governa tutto l'ordinamento del contenzioso dello Stato: il prin cipio, cio�, che !'.Amministrazione abbia la pote st� di decidere preliminarmente essa stessa sul fondamento delle pretese avanzate dai privati, in rapporto ad una sua determinata attivit� che possa aver leso diritti soggettivi o interessi legit timi. � L'istituto 11el quale normalmente si concretizza il suesposto principio generale � il ricorso gerar chico; solo in via eccezionale, invero, l'esame preliminare delle controversie da parte dell' Amministra. zioue avviene attraverso organi collegiali I (commissioni, comitati, ecc.) dei quali fanno parte ~ estranei. ~ � vero che negli ultimi dec�.nni si sono molti-% plicati per numerose ragioni, non sempre ispirate w all'interesse dell' .Amministrazione, i comitati e le commissioni con funzioni amministrative delibe "I ranti, ma questa tendenza a diluire le responsa-t bilit� inerenti a determinate funzioni nelle delibe-~ razioni collegiali � stata giustamente deplorata ed, I in sede di studi per la riforma amministrativa, � ! stata considerata la opportunit� della loro sop-il pressione per restituire agli Uffici amministrativi ed ai funzionari ad essi preposti le relative responsa-' bilit�. .A nostro avviso poi, l'attribuzione di funzioni amministrative attive ad organi collegiali composti anche di estranei� alla Pubblica .Amministrazione mal si concilia con l'art. 28 della Costituzione il quale, come � noto, sancisce che: �I funzionari ed i dipendenti dello Stato e degli Enti pubblici sono direttamente responsabili secondo le leggi penali civili e amministrative degli atti compiuti in violazione di diritti �. Infatti, attraverso le deliberazioni degli organi collegiali sarebbe impossibile risalire alla responsabilit� personale dei singoli componenti il collegio rendendo inapplicabile l'art. 28 della Costituzione e privandosi cos� il cittadino del diritto di perseguire personalmente i funzionari eventualmente responsabili della lesione dei suoi diritti. ff P Da questa esigenza, vivamente sentita, di restaurare il ricorso gerarchico come un principio generale ed inderogabile dell'ordinamento amministrativo (ed esiste gi� il progetto di una legge generale della Pubblica Amministrazione che ne regolerebbe compiutamente la procedura) non pu� prescindere anche una riforma del contezioso tributario, non essendovi alcun ragionevole motivo che possa giustificare l'organizzazione in maniera del tutto diversa dei ricorsi amministrativi nella materia tributaria. In applicazione dei suenunciati criteri proponevamo nel precedente scritto di ordinare lo svolgimento della fase amministrativa delle controversie tributarie sulla base del ricorso gerarchico, pur senza del tutto escludere che, soprattutto per prestare ossequio alla tradizione, si potessero mantenere le Commissioni tributarie, ferma restando, in tal caso, la necessit� di eliminare da esse ogni carattere giurisdizionale, di riformarne l'ordinamento in modo da aversj una commissione distrettuale per le questioni di estimazione e una commissione provinciale per tutte le altre questioni, e di abolire la Commissione centrale. Come si � visto, il progetto ha escluso, per la fase amministrativa, la via del ricorso gerarchico e la relazione ne spiega succintamente i motivi che si riassumono nella intenzione di �suelli_re Jl meccanismo della fase amministrativa di tutela�. Per aver chiaro il significato di queste parole occorre tener presente che, secondo quanto risulta dalla relazione stessa, in un primo tempo si era pensato di accettare il principio del ricorso gerar -109 chico con ci�, per�, che l'autorit� decidente (Intendente, Ministro) dovesse sentire previamente il parere non vincolante delle Commissioni rispettivamente provinciali e centrale. Criticammo, a suo tempo (v. loc. cit.) questo sistema che rischierebbe di portare all'assurdo d'una riforma, fatta per semplificare, che moltiplicherebbe i difetti e la macchinosit� dell'ordinamento attuale. La relazione ammette che le numerose critiche e lo stesso suggerimento del Ministro, hanno consigliato l'abbandono del sistema, in un primo tempo proposto, ma non d� alcuna spiegazione dei motivi per i quali dovendosi snellire il ricorso gerarchico non si sia addivenuti puramente e semplicemente alla soppressione delle bardature che lo appesantivano, e, cio�, dell'obbligo della previa audizione delle Commissioni. In tal modo non si sarebbe fatto altro che adottare, anche nella materia tributaria, il sistema vigente per tutte le amministrazioni dello Stato, quale � codificato dall'art. 5 del T. U. della legge comunale e provinciale del 1934 e conformarsi alla tendenza all!!J quale abbiamo sopra accennato. Comunque, anche quando si volesse accettare per le suaccennate ragioni tradizionali, la procedura del ricorso alle commissioni, non si vede alcuna ragione perch� si dovrebbe alterare l'armonia dell'istituto giuridico relativo, introducendo quel monstrum della cc giurita distrettuale di stima >> organo misto con funzioni consultive ... provocate o spontanee, e con funzioni di amministrazione attiva per il tentativo di cc amichevole componi �mento� che non si sa bene in che cosa debba differenziarsi dal concordato, se non nella intenzione, alquanto ingenua, di nascondere l'usurpazione di quella che costituisce una gelosa prerogativa degli organi dell'Amministrazione finanziaria attiva. Ci sembra, quindi, che il sistema da noi proposto (commissione distrettuale per le questioni di valutazione e ricorso gerarchico o, in subordinata ipotesi, commissione provinciale per le altre questioni) sia da ritenersi il migliore, specialmente se sar� completato con l'abolizione della Commissione centrale, che non ha veramente alcuna seria ed obiettiva ragione di esistere, una volta riconosciutane la natura amministrativa, ove si pensi che, mentre per la sua composizione e la natura delle sue decisioni appare come un doppione della Corte Suprema, le sue pronunzie possono essere disattese, nella fase giudiziaria, da un tribunale, anzi, se si attuasse il sistema proposto nel progetto che esaminiamo, perfino da un pretore. 5. La smania di novit� e la ingiustificata diffidenza verso i funzionari dell'Amministrazione finanziaria hanno indotto gli autori del progetto a proporre anche la modifica della composizione delle commissioni, dalle quali dovrebbero essere totalmente esclusi i funzionari in servizio della Amministrazione :finanziaria, cio� proprio coloro ai quali, per l'ufficio che ricoprono, dovrebbe essere attribuita secondo i principi generali dell'ordinamento amministrativo cui abbiamo dianzi accennato, la competenza a decidere sui ricorsi gerarchici dei contribuenti; non solo, ma l'ostracismo dovrebbe colpire anche gli avvocati dello Stato, cio� coloro che, secondo l'ordinamento generale, sarebbero chiamati ad esprimere il preventivo parere legale sui ricorsi stessi. Ora � vero che la relazione avverte che il ricorso regolato dal progetto � un ricorso gerarchico improprio, ma che questa impropriet� gius-tifi.chi l'attribuzione della competenza a decidere ad organi collegiali dei quali non debbano far parte n� funzionari dell'Amministrazione attiva (cio� di quella Amministrazione della quale il ricorso tenda ad eccitare il riesame) n� i naturali consulenti di questa, ci sembra francamente eccessivo. Se non andiamo errati, sarebbe questo il primo esempio d'un tale organo nell'ordinamento giuridico italiano. Questa proposta di escludere dagli organi amministrativi, ai quali dovrebbe essere affidata la decisione dei ricorsi dei contribuenti contro l'operato degli organi inferiori dell'Amministrazione finanziaria, proprio i funzionari di questa, ci suggerisce, peraltro, un ordine di considerazioni di carattere pi� generale cui accenneremo brevemente. Quando l'art. 102 della Costituzione stabilisce che la funzione giurisdizionale � esercitata da magistrati ordinari, istituiti e regolati dalle norme dello ordinamento giudiziario, pon.e una norma che si ispira ad una pi� rigorosa applicazione del principio della divisione dei poteri, ossia della divisione delle funzioni. In applicazione di tale precetto lo stesso art. 102 dispone, poi, che non possono essere istituiti giudici straordinari o speciali. La norma, come risulta anche dai lavori preparatori, � stata posta per impedire, per l'avvenire, l'attribuzione di funzioni giurisdizionali ad organi del potere esecutivo o ad organismi amministrativi composti di funzionari (Ministro-Giudice, Comitati e Commissioni giurisdizionali, ecc.). Se questo � il principio ispiratore dell'art. 102 della Costituzione � facile dedurne (per quanto ci� non sia espressamente detto), che nel pensiero del legislatore costituente fosse implicito l'altro principio, che la funzione amministrativa sia esclusivamente lasciata ai funzionari amministrativi. Ci�, del resto, risponde alle esigenze concrete dei principi posti dalla Costituzione la quale, mentre rende direttamente responsabili i funzionari degli atti compiuti in violazione di diritti, sancisce che il magistrato � soggetto soltanto alla legge, appartiene ad un ordine autonomo ed indipendente da ogni altro potere, e non pu� essere tenuto responsabile dei propri atti compiuti in violazione di diritti, tranne il caso di dolo. In sostanza, alla diversit� delle funzioni (giurisdizionali ed amministrative) corrisponde una diversit� di status del funzionario e del magistrato, sicch� risponde ad una inderoga bile esigenza posta dai principi costituzionali che all'uno non venga attribuita la funzione dell'altro e viceversa. Del resto la stessa Magistratura tiene, giustamente, a mantenersi nella sfera de11a funzione.giurisdizionale e questa esigenza � stata sentita dal �legislatore ordinario quando ha posto la norma di cui all'ultimo comma dell'art. 10 della legge 24 maggio 1951, n. 392. In quell'occasione il relatore sen. Bo ebbe a scrivere: cc � appena il caso di -110 accennare al pensiero che ha mosso questa proposta, la quale non potr� non sembrare legittima a chi riflette che gli stessi motivi che impongono di aumentare gli emolumenti sconsigliano il conferimento ai magistrati di incarichi estranei alla funzione giurisdizionale �. Bisogna, quindi, concludere che nel caso che si vogliano mantenere le Commissioni tributarie con funzione amministrativa, esse dovrebbero essere composte di funzionari in attivit� di servizio o a rip?so, con esclusione dei magistrati ordinari. 6. Ma dove la fantasia innovatrice dei redattori del progetto ha trovato modo di sbizzarrirsi assumendo tutti gli aspetti di una eversione apocalittica � nella disciplina della fase giudiziaria della tutela del contribuente verso lAmministrazione finanziaria. I capisaldi di questa disciplina sono proprio quelli che avevamo segnalato nello studio pi� volte citato (riv. cit., pag. 241, n. 14) definendoli irrazionali e pericolosi e criticandoli pi� per uno scrupolo di completezza che perch� fqssimo con vinti della eventualit� d'una loro attuazione. Di queste nostre critiche, a differenza di quello che, come abbiamo visto, � accaduto per le critiche relative alla disciplina della tutela amministrativa, i progettisti non hanno tenuto alcun conto, nemmeno per confutarle, e, a leggere la relazione, si rimane veramente sorpresi nel vedere come, senza una parola di spiegazione, e nemmeno di semplice addio, si proponga l'abbandono di principi giuridici che da oltre un secolo dominano la fase giudiziaria del processo tributario e che hanno avuto il collaudo d'una esperienza i cui risultati sarebbe stato certamente opportuno esaminare e valutare obiettivamente. Dai cenni sintetici che abbiamo esposti all'inizio di questo scritto risulta gi� quali sono i principi giuridici che si intenderebbe abbandonare. Si esamineranno ora uno per uno per esprimere su di essi il nostro pensiero nel modo pi� chiaro possibile; ci sembra, infatti, doveroso non lasciare in ombra alcun lato del grave problema la cui soluzione avr� ripercussioni notevoli sulla vita economica e sociale del Paese, e che spetti proprio a coloro che istituzionalmente hanno svolto e svolgono la loro attivit� professionale nel delicato campo del processo tributario far capire ai meno informati quali sarebbero le inevitabili conseguenze della accettazione di questo progetto. 7. Ci� tanto pi� appare necessario, in quanto, come ripetiamo, la relazione � affatto reticente. Di questa reticenza la manifestazione pi� grave e ingiustificabile � quella che attiene alla questione della proponibilit� dell'azione giudiziaria,. La norma del progetto che regola tale punto (art. 17) cos�, testualmente, dispone: �L'azione giudiziaria pu� essere proposta anche prima della pubblicazione dei ruoli e prima che sia effettuato il pagamento del trvbuto, ma l'esercizio di essa in ogni caso non sospende la iscrizione a ruolo della imposta n� impedisce la esecuzione forzata per la riscossione del tributo �. . Come sj vede chiaramente con questa norma verrebbe eliminato ilprincipio detto, comunemente, del solve et repete che ha costituito, finora, uno dei cardini fondamentali del sistema tributario. Orbene, nella relazione che accompagna il progetto, non si spehd� nemmeno ��una parola per giustificare questa radicale innovazione, anzi, non si dice nemmeno una parola per far capire che si vuole toglier di mezzo il solve et repete, s� che, a chi leggesse superficialmente, la gravissima portata dell'art. 17 potrebbe addirittura sfuggire. Di fronte a questo assoluto silenzio, non nascondendo il nostro disagio nel constatare come valorosi giuristi tentino di sfuggire alla discussione (e nella specie, ci� � tanto pi� grave in quanto, secondo la dichiarazione del Ministro, il progetto dovrebbe proprio costituire �base pi� concreta di una pubblica discussione tra tecnici e giuristi� ), ci sentiamo autorizzati a pensare che gli estensori del progetto non abbiano stimato adeguato appoggio alla loro proposta eversiva nessuno dei molteplici argomenti che, specie in quest'ultimi tempi, con zelo degno di miglior causa, sono stati e sono esposti contro il principio del solve et repete, dipinto come un residuo dei tempi feudali e come una macchia per la nostra saggezza giuridica. Questi argomenti sono stati pi� volte ampia- r mente confutati (v. da ultimo in questa Rassegna, 1949, pag. 257 e segg.) e la conclusione alla quale ci sembra debba legittimamente pervenirsi si � che, esclusa in modo assoluto l'esistenza d'un contrasto tra il principio del solve et repete e la Costituzione, l'abolizione o il mantenimento del 9 solve et repete si riduca ad un problema di politica<;;� legislativa. E ci permettiamo di sperare che gli sforzati ed artificiosi attacchi non riusciranno a convincere il legislatore a distruggere un principio che costituisce il mezzo giuridico pi� efficace per conferire certezza e solidit� al bilancio dello Stato, sia pure nei modesti limiti consentiti dalla nostra situazione economica. N� si tenti di far credere che le esigenze del bilancio sarebbero ugualmente soddisfatte dalla riconosciuta possibilit� di riscuotere coattivamente il tributo, perch�, a parte la considerazione che questa possibilit� scaturisce gi�, ipso jure, dal carattere di atto amministrativo� che ha il provvedimento di imposizione, chiunque abbia esperienza nel campo tributario sa bene come sia difficile e non feconda di buoni risultati l'esecuzione fiscale nel nostro Paese, e come sia particolarmente agevole sfuggirvi da parte di coloro che dovrebbero pagare �i tributi pi� ingenti e che sanno trasformare il loro patrimonio in un impalpabile, se pur abbagliante, pulviscolo. E non si sfrutti, infine, l'argomento sentimentale della necessit� di agevolare la tutela giudiziaria dei piccoli contribuenti, perch�, come sa ogni modesto cultore di scienza delle finanze, la grande massa del popolo italiano paga i tributi incorporati nel prezzo dei beni e servizi� che consuma e non ha alcuna possibilit� giuridica o giudiziar�a di sfuggire ad essi. L'abolizione del solve et repete agevolerebbe solo i grossi contribuenti di tributi diretti, e si risolverebbe in una ulteriore facilitazione alle grosse evasioni fiscali. -� 111 R interesse, quindi, non solo dell'Amministrazione fi,nanziaria ma anche della massa dei contribaenti onesti che questo principio venga mantenuto poich� la sua abolizione aprirebbe nel sistema una grossa falla attraverso la quale avrebbero via libera i grandi evasori ed i grandi causidici affiancati da esperti patrocinatori, mentre la Finanza per far fronte al mancato incasso dovrebbe ricorrere ad altre imposizioni a danno degli altri contribuenti. 8. Passando ora alle altre innovazioni, poich� neanche per queste si da alcuna spiegazione dei motivi che hanno spinto ad abbandonare ilsistema vigente, non ci resta cb.e ripete:i;e succintaimente le obiezioni che formulammo nello studio pi� volte citato. � a) .Abolizione del foro dello Stato. -Nessun motivo giustifi,ca tale abolizione, tanto meno poi nella materia tributaria, nella quale anzi le esigenze d'un indirizzo unitario nella difesa giudiziale dell'Amministrazione, che costituiscono la ragione pacificamente accettata della istituzione del foro dello Stato (che non � un foro speciale ma il foro generale dell'Amministrazione) acquistano un peso tanto maggiore, quanto � pi� vivo qui il bisogno della certezza del diritto. b) .Abolizione della competenza esclusiva dei giudici collegiali. -Anche su questo �punto non abbiamo che a riferirci a quanto abbiamo gi� detto; cio� che la competenza del giudice collegiale @nelle controversie tributarie ha subito il collaudo favorevole d'una pratica quasi secolare e la esigenza' di mantenerla � stata riconosciuta in occasione delle varie riforme, anche recenti, del rito civile; sicch� la pretesa di abbandonare questo principio richiederebbe, per lo meno, delle ragioni nuove e serie che non sono neanche accennate. c) .Abolizione del patrocinio legale nei giudizi tributari. -Qui, a parte ogni considerazione concernente la difesa del contribuente, bisogna dire, per quanto riguarda l'Amministrazione, che la norma appare inattuabile senza una profonda riforma di tutto l'ordinamento dello Stato, secondo il quale la rappresentanza e difesa in giudizio del1' Amministrazione attiva sono funzioni attribuite per legge ed istituzionalmente ad un organo apposito, l'Avvocatura dello Stato, che tali funzioni esercita non su richiesta dei clienti, come un avvocato privato, ma per dovere di ufficio, ed al cui capo spetta decidere se una lite debba o m�no essere intrapresa o sostenuta. Ci� senza contare le assurdit� che deriverebbero dall'applicazione della norma circa la persona che do'vrebbe stare in giudizio per la cc parte� Amministrazione. d) Istituzione di sezioni specializzate e anche in Pretura. -Su questo punto, mentre richiamiamo le fondate argomentazioni esposte dallo Azzariti (in Foro It., 1949, IV, 17) in ordine alla impossibilit� di costituire tali sezioni collegiali presso i giudici singoli, rileviamo il pericolo di affidare la decisione di controversie involgenti questioni spesso delicate di diritto non alla dottrina giuridica, sia pur d'un solo magistrato, ma al buon senso di due esperti, che del collegio costituiscono la mag�gioranza. 9. Le osservazioni che abbiamo formulate consentono, a nostro avviso, di porre in luce qual'� la defi.cienza fondamentale del progetto: nori." aver voluto affrontare la questione centrale della riforma che si pu� riassumere nel quesito se il contenzioso tributario debba essere regolato unitariamente per tutte le controversie, sia quelle di pura estimazione, ~ia quelle di diritto, o se debbano, invece, esserci due discipline distinte, come avviene attualmente. Questo � il punto da risolvere prima di ogni altro; ed esso costituisce un problema di pura politica legislativa, nella cui soluzione non sembra debba darsi peso decisivo a nome costituzionali che, a prima vista, possano sembrare contrarie a certe soluzioni, tanto pi� ove si consideri che se la nostra Costituzione � del tipo cosiddetto rigido, ci� non signifi,ca, peraltro, che nella interpretazione non si debba cercare di renderla, nei limiti del possibile aderente alle esigenze concrete. Ed ove ci� non sia possibile si pone il problema politico di una sua eventuale modifi.cazione. Noi pensiamo che la dicotomia: questioni di pura estimazione, questioni di diritto, la quale � nata insieme con l'ordinamento tributario dello Stato italiano unitario, debba essere mantenuta perch� risponde alle esigenze della realt11 concreta, e consente di tutelare meglio gli interessi sia dell'Amministrazione, sia dei contribuenti. E qu�sta dicotomia (ed in ci� torniamo sopra al parere espresso in prece<!enza in questa Rassegna, 1949, pag. 243) deve portare ad escludere per la pura estimazione la competenza degli organi della giurisdizione ordinaria. Non �, infatti, possibile pensare di affidare a questi le molte vertenze che sorgono in materia di valutazione dell'imponibile in tutti i tributi diretti ed indiretti. A parte, invero, ogni �considerazione sulla mancanza di preparazione dei giudici in questa materia (il che porterebbe necessariamente ad identificare l'equit� di cui parla l'ultimo comma dell'art. 27 del progetto col mero arbitrio), � appena il caso di richiamare l'attenzione sulla inefficienza attuale, da ogni parte lamentata, dell'Amministrazione della.giustizia a causa della defi.cienza numerica (gi� in rapporto alla competenza attuale) dei magistrati e della deficienza di mezzi materiali. Sicch� � molto facile prevedere che, ove si accogliesse il progetto, la sua attuazione darebbe al nostro claudicante ordinamento giudiziario il colpo decisivo. Si deve avere, quindi, il coraggio di guardare in faccia la realt� e di concludere che, nella condizione attuale del nostro ordinamento giudiziario che � estremamente difficile se non utopistico sperare di modificare, la giurisdizione speciale delle commissioni tributarie in materia di estimazione dev'essere �mantenuta e che, in questa materia, l'azione avanti la giurisdizione ordinaria deve continuare ad escludersi. �� Sar�, poi, da vedere se, attribuendosi carattere di giurisdizione speciale alle Commissioni tributarie in materia di stima queste debbano ordinarsi su due gradi (distrettuale e provinciale) o su, un solo grado, salvo sempre il ricorso per cassazione ai sensi e nei limiti dell'art. 111 della Costituzione. Sar� da stabilire la composizione delle commissioni ed il modo di nomina dei loro membri s� da assicurare l'indipendenza dall' .Amministrazione finanziaria. ;Ma quello che dovr� evitarsi, � di affidare questioni di valutazioni di redditi e beni a chi non ha alcuna preparazione specifica in materia e conosce il commercio, l'industria e l'agricoltura solo nella ristrett3! esperienza di consumatore di prodotti, merci o servizi. 10. Contro la suesposta soluzione sembra si opponga� la lettera del ricordato art. 102 della Costituzione, sticondo la quale le liti concernenti .diritti soggettivi non potrebbero essere mai sottratte alla conwetenza dell'A.G.O., s� che il mantenimento della giurisdizione speciale delle commissioni in materia di estimazione dovrebbe esclUdersi o potrebbe ammettersi solo in concorso con la competenza dell'autorit� � giudiziaria. . Ci siamo resi e ci rendiamo tanto conto della gravit� di questa obiezione che, nel citato scritto comparso in questa Rassegna, avevamo proposto cb.e, ferma restando la distinzione di regolamenta zione delle due specie di liti, le controversie in materia di estimazione fossero attribuite a sezioni specializzate dei tribunali ordinari, ma, riprendendo un concetto gifl, accennato nello scritto medesimo, riteniamo ora di dover insistere sul punto che la norma transitoria n. VI che prevede la revisione delle giurisdizioni speciali, non pu� essere interpre tata nel senso che ne imponga l'abolizione e, meno ancor~, nel senso che tale abolizione sia operativa automaticamente alla scadenza dei cinque anni. In altri termini, a nostro avviso, l'espressione �revisione� starebbe a significare normalmente modificazione a fine di coordinamento e aboli zione solo in via eccezionale. Questa interpretazione avrebbe il pregio di rendere concretamente applicabile come norma permanente (quale � stata formulata) la disposi .zione di cui all'art. 111 della Costituzione, che presuppone la 'esistenza di giurisdizioni speciali diverse dal Consiglio di Stato e dalla Corte dei conti, ie sole eccettuate dalla revisione disposta nella VI disposizione transitoria. Invero se la Costituzione avesee veramente inteso, non solo�vietare la istitu zione di giurisdizioni speciali per l'avvenire, ma an che imporre l'abolizione di quelle esistenti, l'art. 111 che regola, in via normale e permanente, il ricorso per Cassazione anche per violazione di legge con tro le decisioni dei giudici speciali sarebbe inutile o, al pi�, avrebbe dovuto trovar posto nelle norme transitorie. Ora se � compatibile con la Costituzione il mantenimento di giurisdizioni speciali esistenti, ci sembra logica la conclusione che, conformemente al principio secondo il quale � attributo naturale della giurisdizione quello di decidere definitivamente in via esclusiva le liti che rientrano nella sua competenza,. le commissioni tributarie in materia d� stima, sul cui carattere giurisdizionale non � possibile aver dubbi, possano esser mantenute, modificate in sede di revisione con legge ordinaria per continuare a decidere, in via definitiva ed esclusiva, le controversie di estimazione. Ed allora, sgombrato il campo da queste contr.oversie, non vi sarebbe pi� alcuna ragione (per quanto ampiamente conte.stabile co.nw si � visto) per provocare quel cataclisma nel sistema vigente che il progetto si propone e le liti tra contribuenti e finanza concernenti questioni di diritto dovrebbero essere trattate, come � logico, al pari di .tutte le altre liti tra privati e Stato. 11. Riassumiamo qui le nostre conclusioni: 1� La tutela del contribuente verso l'Amministrazione dovrebbe essere disciplinata con criteri diversi, secondo che si tratti di liti concernenti questioni di mera valutazione dell'imponibile o altre questioni. 2� Per le liti concernenti questioni diverse dalla mera valutazione dell'imponibile la suddetta tutela dovrebbe essere ordinata su due fasi: amministrativa � giudiziaria. 3� La fase amministrativa dovrebbe, per evidenti ragioni di armonia giuridica, fondari:d sullo istituto del ricorso gerarchico in unico grado (intendente), esclusa la necessit� di organi consultivi speciali, diversi da quelli ordinari. Tuttavia, ove per puro ossequio alla tradizione si volessero mantenere le commissioni amministrative, anche qui il rico'rso dovrebbe ordinarsi per un unico grado (commissione provinciale) e la commissione dovrebbe esser composta in modo da essere veramente un organo dell'Amministrazione finan.ziaria(i::i sia pure integrato da altri elementi. Comunque, "' la Commissione centrale dovrebbe essere abolita. 40 Fase giudiziaria: le questioni di mera estimazione dovrebbero essere attribuite ad una giurisdizione speciale, che potrebbe essere quella attuale opportunamente revisionata in adempi mento del precetto contenuto nella VI disposizione transitoria della Costituzione. I criteri di revisione dovrebbero essere i seguenti: a) due gradi di giurisdizione (commissione distrettuale e commissione provinciale); b) composizione della commissione tale da assicurare la partecipazione dei rappresentanti delle categorie dei contribuenti in applicazione dell'ultimo comma dell'art. 102 della Costituzione; e) modo di nomina dei componenti ;tale da assicurare loro il massimo di indipendenza, in applicazione del 2� comma dell'art. 10$ della Costi-� tuzione; . d) obbligo della motivazione delle deci sioni anche ai fini del sindacato da parte della Corte Suprema ai sensi dell'art. 111 della Costituzione, in relazione alla analiticit� tdell'accertamento, prescritta dalla legge tributaria sostanziale. . 5� Per quanto riguarda le questioni diverse dalla semplice estimazione: a) mantenimento della comp.etenza colle giale con esclusione delle sezioni specializzate; b) procedura analoga a quella seguita per tutte le altre liti con lo Stato (foro dello Stato, notificazione all'Avvocatura, ecc.); e) mantenimento del 'Principio del solve et repete. -113 Ove per le questioni di mera estimazione si ritenesse di non poter prescindere dall'azione giu. diziaria ordinaria, ripetesi per mere ragioni di politica legislativa, si potrebbe allora, solo per le liti concernenti tali questioni, accettare lo schema formulato nel progetto, pur con tutte le riserve che abbiamo sopra formulato circa l'opportunit� di tale devoluzione di competenza ai giudici ordinari, che non pu� non lasciare giustamente perplesso chiunque abbia esperienza delle cause civili e della materia tributaria (si veda al riguardo anche un recente articolo dello Scandale sul quotidiano Il Tempo di Roma). 12. Per quanto ci consta, siamo stati, :finora, i soli a rispondere all'invito del Ministro delle :finanze r, p::trteciparc alla discussione su questo progetto. Ci risulta, invero, che nel recente convegno del personale amministrativo delle Intendenze di finanza � stata presentata una relazione da un alto funzionario sulla riforma, ma essa si � limitata alla fase amminl.strativa del cont"0nzioso tributario, mentre il problema va necessariamente guardato e trattato nel suo insieme. Lungi da noi l'idea di voler fare della retorica, ma non possiamo non rilevare che la materia del contenzioso tributario � quanto mai delicata sicch� una riforma non sufficientemente meditata pu� comprometterne il buon funzionamento che costituisce condizione essenziale per un sano ordinamento tributario, nell'interesse ad un tempo dello Stato e dei contribuenti. LA REDAZIONE ---JJK-JJWD D. I DOTTRINA ARNALDO DE VALLES: Regolamenti ministeriali e ordinanze generati.�� In;'una nota pubblicata in F.I., 1951, IV, 97 il De Valles ripropone, come problema di classifica zione degli atti amministrativi, la opportunit� di distinguere i� regolamenti ministeriali� dalle� ordi nanze. generali�. Prescindendo dagli atti puramente leciti, dagli atti che si esauriscono nell'interno dell' .Amministra zione come ordini od istruzioni, e dagli atti speciali, nota il De Valles che non sempre hanno identica natura gli atti con cui si pongono� in essere nei con fronti dei cittadini i poteri, i diritti e le obbligazioni che la legge ha attribuito ali' .Amministrazione, cio� gli atti giuridici generali esterni dell'autorit� ammi nistrativa. Secondo il De Valles bisognerebbe distinguere: Regolamenti, che si individuano come atti contenenti norme giuridiche; destinati a tutti i cittadini; emanati, con la osservanza di determinate forme, solo da quelle autorit� cui la legge ne abbia attribuito la competenza; modificabili dalle stesse autorit� solo con provvedimenti di eguale forma, ma che, diversamente, non possono essere disattesi o der-ogati neanche dalla autorit� che li ha emanati; non esaurentisi in una serie di fattispecie. Ordinanze, che si individuano invece come ordini od ammissioni; non contengono norme giuridiche; si rivolgono anzich� alla generalit� dei cittadini, ad una pluralit� di destinatari individuabili secondo il loro stato; con l'ordinanza l' .Amministrazione esercita i propri poteri caso per caso o per una serie di fattispecie e per un tempo determinato e fissa le condizioni e le modalit� per tale esercizio e tale attuazione senza vincolarsi esenza vincolare i cittadini per il futuro. In taluni provvedimenti si trovano commisti elementi propri del regolamento con elementi caratteristici della semplice ordinanza. Fra i due tipi di provvedimenti, rileva il De Valles, possono riscontrarsi differenze oggettive, formali e soggettive. . Le disposizioni generali che racchiudono semplici provvedimenti si distinguono dalle disposizioni generali che costituiscono norme giuridiche in quanto chi emana queste ultime vuol perseguire tutti gli effetti propri del regolamento, cio� l'ind'erogabilit� che vincola anche chi l'ha emanato ad applicarne le norme in modo uniforme; l'efficacia erga omnes; la validit� nei confronti di tutti gli uffici amministrativi e degli organi di control�O; la capacit� di dar vita� a diritti perfetti o ad inte ressi legittimi dei singoli. La sussistenza della v.lllont� di ottenere gli effetti connaturali all9J norma giuridica regolamentare, si estrinseca nella forma dell'atto. Formalmente � raro trovare delle disposizioni ministeriali denomi nate regolam�nti; di solito tali disposizioni sono indi cate come� norme per l'esecuzione� o come� norme per l'�pplicazione �. Secondo il citato .A., l'unico criterio per distin guere il regolamento dall'ordinanza generale � il criterio formale: cio� la designazione di regolamento. Se poi con l'ordinanza generale l' .Amministra zione eccede i poteri che le sono stati conferiti, se lede i diritti o restringe la libert� dei cittadinioltre i limiti segnati dalla legge, l'atto sar� illegittimo per questo motivo, allo stesso modo per cui sarebbe ille gittimo un atto speciale, non per essere stato ema nato un regolamento che in realt� non esiste. Seguono, nella nota del De Valles, taluni corollari: la competenza ad emanare regolamenti deve essere attribuita a determinati organi da legge formale, di regola in forma espressa; si pu� avere un'attribuzione generale al Governo o speciale ad altri organi; i regolamenti generali del Governo vanno registrati alla Corte dei conti, inseriti nella Raccolta Uff�cia�e delle leggi e decreti e pubblicati nella Gazzetta Ufficiate (legge 31 gennaio 1926 e Norme sulla promulgazione e pubblicazione delle leggi e dei regolamenti); � i regolamenti particolari seguono sia per la loro formazione sia per la pubblicazione le regole proprie agli atti del loro autore; per i regolamenti ministeriali, mancando nel nostro ordinamento una , forma legale di pubblicazione degli atti ministeriali che valga erga omnes, bisogner� distinguere i regolamenti che interessano la generalit� dei cittadini -da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale -da quelli che hanno come destinatari persone che con l'.Amministrazione si trovano iq uno speciale rapporto di soggezione (impiegati, studenti, ecc.) e da quelli che regolano servizi offerti dal1'. Amministrazione ai cittadini (per queste ultime categorie basta la pubblicazione nel Bollettino del Ministero, che per� di per se non produce presunzione di conoscenza); le ordinanze generali, per entrare in vigore, non sono subordinate alla pubblicazione. Il De Valles conclude: non � il caso di lamentare un abuso nella emanazione di regolamenti ministeriali; l'abuso non consiste in un eccessivo numero di regolamenti ministeriali ma nella esorbitanza di -115 poteri conferiti alla Pubblica Anuninistrazione, svincolata troppo spesso dall'obbligo di �emanare regolamenti. L'abuso resta quindi circoscritto nel eampo della politica legislativa, mentre questione giuridica pu� sorgere solo quando un Ministro con provvedimento generale disponga in materia riservata al potere regolamentare, cio� disponga molto di pi� di quanto potrebbe disporre con uno o pi� provvedimenti speciali, cosa che avviene quando esso tocchi interessi dei cittadini garantiti dalla Costituzione o dalla legge o da regolamento ge nerale. *** . Le considerazioni del De Valles traggono spunto dalla nota a sentenza del Giannini M. S.: Sui Regolamenti ministeriali (nota a sentenza della Cassazione, Sezioni Unite 27 novembre 1950, n. 1126 in � F.I. l1, 1950, 10, 664). Sostanzialmente il De Valles non entra in polemica con il Giannini, ma fa rilevare l'equivoco in cui si -pu� facilmente incorrere in tema di potest� regolamentare nel caso che qualsiasi provvedimento di ordine generale di un Ministro sia considerato come vero e proprio regolamento. Pertanto la nota del De Valles vuole essere un richiamo degli studiosi alle considerazioni dello stesso -Autore espresse con la nota pubblicata nella Rivista di Diritto Pub blico, 1930, parte 1a, pag. 14.5. In tale precedente scritto il De Valles, � rilev?>to quanto gi� ammesso dalla pi� moderna dottrina in ordine alla non coin cidenza fra potest� discrezionale e potere regolamentare, si era chiesto in che cosa il decreto contenente � un regolamento si distingua dal decreto contenente un semplice provvedimento, e com� il regolamento, atto amministrativo, si distingua da altri atti, pur sempre soggettivamente amministrativi, ma che non pongono in essere norme giuridiche. Fin d'allora il De Valles aveva indicato come elemento distintivo: �l'elemento sostanziale contenuto nell'atto che impone il regolamento; cio� la volont� di imporlo come norma giuridica n. * * * Non � il caso di prendere in esame in questa sede il problema del fondamento giuridico del potere regolamentare, problema veramente arduo, ampiamente discusso in dottrina (S. ROMANO: Corso di Diritto aministrativo, 2a ed. 1932, pag. 49; O. RANELLETTI: Istituzioni di Diritto pubblico 5a ed. 1935, pag. 395; G. ZANOBINI: Corso di Diritto Amministrativo, 2a ed. 1939, vol. I, pag. 71; O. VITTA: Diritto amministrativo, 3a ed. 1948, vol. I, pag. 62; M. S. GIANNINI: Il potere discre.zionaledeUa P.A., Giuffr�, 1939, pag. 108 e le monografie in detta opera citate in nota n. 9 del Bodda, Raggi, Orosa e Betti; ed in questa stessa Rassegna, marzo 1949, pag. 69 e segg.: R. Dr 0IOMMO: La facolt� del potere esecutivo di emanare norme giuridich'e secondo la Costituzione). La questione � da ritenere prevalentemente di competenza della dottrina generale del diritto. Meglio muovere senz'altro dalla attribuzione di potest� regolamentare sancita dall'art.. 3 delle Disposizioni sulla legge in generale, e pi� particolarmente, per quanto concerne i regolamenti ministe ria.li, dal capoverso del .citato articolo: <<il potere regolamentare di altre autorit� � .esercitato nei limiti delle rispettive competenze in conformit� delle leggi particolari )), Posto per fermo che ciascun Ministro pu� em� nare regolamenti solo allor.ch� .vi sia. specificata mente autorizzato d� una legge, _r~sta da vedere se tutti i provv;edimenti di carattere generale ema nati da un Ministro debbansi considerare regola menti. _ La soluzione di tale dubbio precede logicamente _ogni indagine sugli eventuali vizi .del provvedi mento perch� non autorizzato da legge o esorbi tante rispetto ai limiti fissati dalla legge che lo autorizza,. poich� tali difetti sono imputabili ai regolamenti ministeriali ed a questi soltanto, non a qualsiasi altrQ :provvedimento di competenza d�l Ministro. Infatti, per mettere a fuoco l'interesse della que stione, questo ci sembra sfa da tenere presente: nei limiti della propria competenza ciascuna auto rit� amministrativa pu� emanare provve.dimenti amministrativi di ordine particolare (atti ammini strativi in senso stretto); invece, fermo sempre il limite della competenza, regolamenti potranno es3ere emanati solo da determinate autorit� ed a seguito di una specifica autorizzazione di legge. Inoltre l'obbligo della pubblicazione (nella Gaz zetta Uff�ciafo od in altri Bollettj_ni), che sussiste per i regolamenti, non vige per tutti gli altri provvedi menti. Quindi possiamo chiederci: � accettabile la tesi del De Valles che sostiene la coesistenza di regola menti ministeriali e di ordinanze generali dei Mi nistri? Ed in subordine, � accettabile il criterio suggerito dal De Valles per individuare gli uni e le altre? Il primo quesito crediamo debba risolversi, in certi limiti, positivamente. ' Si tratta di vedere se fra le disposizioni .comune mente intese come regolamenti, in quanto conte nenti disposizioni gener�li dirette anche a terzi estranei all''.Amministrazione, non si debbano isolare provvedimenti che hanno carattere generale, perch� interessano �ateg�rie. di p�rsone estranee all' Ammi nistrazione e concernono una serie di casi, ma non hanno la efficacia normativa dei regolamenti. Consideriamo la fattispecie presa in esame dalle Sez. Unite della Corte Suprema (sentenza 27 aprile 1950 sopra citata): l'art. 15 R. decreto-legge 1938, n. 1387, aveva fissato e bloccato i-prezzi dei servizi di pubblica necessit�; per eventuali aumenti di detti prezzi con lo stesso decreto-legge era stato attribuito un potere dispositivo al Capo del Governo, al Ministro delle corporazioni, al Ministro per le comunicazioni. Le << determinazioni ll dei Ministri con cui poi furono variati i prezzi sono state ritenute dal Giannini (in nota alla indicata sentenza) veri e propri regolamenti in quanto atti normativi contenenti � proposizioni di carattere generale ed astratto n ed in quanto � strumenti di -y;:i,:r:iazione della norma generale determinativa dei prezzi ll.; sono state invece ritenute dalle Sezioni Unite <<una esecuzione della norma giuridica che. contenev� sia il divieto di ma~giorazione sia la facolt� di derogarvi n, e pertanto non soggette a. pubblicazioni. [ IfJ@fo i m �_e fil! fj @MlZfi:i[ E lbMLb&l& J&i!lZ�:f& -116 Riteniamo che la Cc1,ssazione abbia ben deciso, e ci� non tanto perch� la determinazione del prezzo maggiorato sia semplice esecuzione della facolt� di aggiornare i prezzi concessa dalla citata legge (anche il regolamento ministeriale pu� dirsi costituisca esecuzione della legge che ne autorizza l'emanazione), bensi perch� obiettivamente la determinazione ministeriale non poneva in essere norme giuridiche valevoli erga omnes e Vincolanti l'Amministrazione a procede1re ~Ile medesime maggiorazioni i:q tutti i ci.si analoghi. Invero nella fattispecie esaminata dalle Sezioni Unite, il Ministro per le corpo,razioni, aveva stabilito cc l'aumento del prezzo dovuto, per determinati br�vi periodi di tempo, alla Societ~ Generale Elettrica della Sicilia dagli utenti di energia per usi industriali�, e tale provvedimento, pur diretto ad una pluralit� di interessati estranei alla Amministrazione, non poteva assurgere alla dignit� di regolamento mancando della astrattezza che caratterizza la norma regolamentare, esaurendosi cio� in una serie di fattispecie, senza vincolare -de jure -1'Amministrazione a consentire consimili maggiorazioni di prezzi in eguali fattispec!e. Vi sono dunque provvedimenti che sembrano differire dagli atti amministrativi in senso stretto perch� non sono diretti a produrre un effetto giuridico verso terzi solo in casi speciali, bensi in una serie di casi individualizzabili, anzich� singolarmente, come categoria; mentre si distinguono dai regolamenti perch� non dettano norme di carattere astratto, ma disposizioni valevoli per ciascuno dei casi comprensibili in una data categoria, uti singuli. Tuttavia non riteniamo possa sostenersi la esistenza autonoma di un particolare tipo di provvedimenti, detti dal De Valles cc ordinanze generali �, come categoria intermedia fra gli atti amministrativi in senso stretto ed i regolamenti. Le ordinanze generali non ci sembrano differire sostanzialmente dagli atti amministrativi in senso -stretto; esse presentano soltanto la particolare caratteristica di concernere, anzich� uno o pi� casi, una collettivit� indiscriminata di casi. Ma l'indole del provvedimento non muta secondo che il provvedimento concerna un caso, diversi casi, od una pluralit� indiscriminata di casi. Cos�, nella fattispecie esaminata dalle Sezioni Unite, la natura della cc determinazione � mini_steriale con la quale sono state maggiorate le tariffe della Societ� Generale Elettrica della Sicilia per l'energia industriale non � condizionata dal fatto che gli utenti siano stati molti o, per avventura, uno solo, ad es. le Ferrovie dello Stato. Conseguentemente i rilievi del De Valles a nostro avviso conservano valore esclusivamente come opportuno avvertimento a non lasciarsi ingannare dalle apparenze, cio� dal carattere generale del provvedimento, ad essere da ci� indotti a conside rare regolamenti anche comuni atti amministrativi, come tali non soggetti a pubblicazioni. Non riteniamo poi possa seguirsi il De Valles allorch� indica il modo di distinguere i regolamenti da quegli atti an'un.inistrativi ministeriali, dal De Valles �detti ordin�nze� generali, che ai regolamenti somigliano perch� .diretti ad una pluralit� di terzi estranei all'Amministrazione. Tale differenza, se condo il nostro A,,7 si accentrerebbe nella volont� dell'autorit� da cui promanano di imporre gli uni, a differenza degli altri, come norme giuridiche; volont� resa formalmente palese qualificando testualmente le disposizioni come regolamento. Anzitutto non pu� appaigare una distinzioni'\ fondata esclusivamente sulla denominazione del provvedimento, cio� dipendente dal fatto che l'autore presenti il provvedimento come regolamento oppure sotto la denominazione di norme di attuazione o di esecuzione. In secondo luogo, e principalmente, resta da vedere se il vigore regolamentare della norma debba necessariamente evincersi da una espressa volont� del suo autore e quindi dal criterio se non arbitrario almeno soggettivo di questo. Opiniamo invece che l'interprete possa e debba avvalersi di un criterio obiettivo nell'indagare se un provvedimento non qualificato testualmente come regolamento, sia da considerare regolamento o semplice atto amministrativo di ordine generale. Ilcriterio, a nostro avviso, potrebbe essere questo: nelle disposizioni dettate daun'autorit�amministrativa in uno o pi� casi singoli, oppure ancora per un complesso indiscriminato di casi c'� solo l'intento di provvedere per determinate fattispecie (poche o molte, di trascurabile entit� o di grande importanza, non importa), mentre nell'intento dell'A., e ci� che pi� importa, nella mens legis delle norme regolamentari, � insito il fine di disciplinare giuridicamente in tutto o in p"arte una determinata materia. � Forse � opportuno considerare preliminarmente il problema nei suoi elementi pregiuridici. In pra-@ tica le istanze della dinamica amministrativa impongono agli organi competenti di provvedere prontamente in ogni evenienza anche quando manchino precedenti od allorch� si tratti di un caso determinato da situazione eccezionale e contingente. La medesima esigenza pu� indurre alla emanazione di provvedimenti di ordine generale diretti pur sempre al solo fine di provvedere ad una congerie di casi singoli o per speciali contingenze. Solo in seguito al ripetersi di casi analoghi od al perpetuarsi delle condizioni apparse in un primo tempo come contingenti, si sentir� la necessit� di una regolamentazione, e solo allora si disporr� della necessaria esperienza che consentir� di procedere alla; regolamentazione giuridica. Sia consentito ricorrere alla efficacia chiarifica trice di una similitudine: altro � disporre un numero pi� o meno rilevante di argini o dighe lungo il corso di un fiume, altro � regolamentare il corso di un fiume; bench� nell'un caso come nell'altro, mezzi necessari ed idonei sono appunto gli argini e le dighe. Ci� � di intuitiva evidenza. Che si tratti di argini molteplici ma isolati o di regolamentazione organicarisulter� poi non tanto dalla finalit� che il progettista dichiari essersi proposto di cons�guire, quanto dal carattere funzionale delle opere stesse. Proprio nel carattere funzionale pu� cogliersi il rie~ca,to ~elemento distintivo: sar� infatti possibile giudicare� se un argine ha lo scopo limitato di protegi:;ere dalle acque un castello (o temporaneamente i lavori di fondazione di un po'1te, o un gruppo di storichevillti, od un ancor non precisato numero di case coloniche -117 ; da costruirsi in un'an'fla del fiume) sicch� l'argine sia da porre in diretta ed esclusiva correlazione con UJ:!.O dei cennati specifici e concreti compiti protettivi, oppure se l'argine ha il compito di disciplinare la violenza delle acque in modo da influenzare il corso del fiume normalizzandone la corrente. Il criterio non � quindi quantitativo: mentre diversi apprestamenti frammentari non valgono a disciplinare le acque, in altri casi una sola diga pu� essere sufficiente a regolamentarle. L'attivit�. amministrativa, considerata sotto l'aspetto giuridico, si svolge sia mediante provvedimenti specifici (per casi singoli o per una pluralit� di casi), sia mediante l'enianazione di norme regolamentari di carattere astratto. bisogner�. indagare di volta in volta se una o pi� disposizioni sono dirette, per quanto rilevabile dal loro stesso tenore, a provvedere per una o pfo fattispecie, oppure a dettare norma disciplinatrice della condotta presente e futura di terzi e dell'Amministrazione stessa. Solo in quest'ultima ipotesi ci si trover� in presenza di norme animate da quel carattere astratto e programmatico -validit�. erga omnes (compresa la stessa Amministrazione) e per casi ipotetici attuali o futuri -tipico del regolamento come di Og"J?-i norma giuridica, ed estraneo agli atti amministrativi in senso stretto. L'astrattezza ed il carattereprogrammatico sono, in ultima analisi, le sole sostanziali differenze fra la norma regolamentare e l'atto amministrativo in senso stretto; fra la ordinanza amministrativa e l'ordinanza giuridica, secondo la terminologia della .�,si dottrina tedesca; o, se si preferisce, fra ordine ammi w nistrativo ed ordine normativo (L. GALATERJ;A: Teoria giuridica degli ordini amministrativi, Giuffr�, 1950, pag. 69). Gi� il Romano (Corso di Diritto costituzionale, pag. 253) ha posto in evidenza che in contrapposto con le cc volizioni-azioni, concrete ed in atto�, la� volont� espressa dalla norma di legge deve essere sempre astratta, ed ha sottolineato che solo l'astrat, tezza � carattere essenziale della norma di legge, non anche la generalit� intesa quale, il � contemplare una classe o serie di fatti, azioni, individui, rapporti>>. In altri termini l'essere l'ordine generale non implica per ci� stesso che esso costituisca norma giuridica regolamentare. Sta all'interprete, in base al su ricordato criterio, stabilire caso per caso se una disposizione ministeriale sia da considerare ordine efficace per una pluralit� di casi o regolamento. Se le superiori considerazioni hanno un qualche fondamento, � da respingere la protesta del Giannini per l'eccessivo numero di regolamenti ministeriali non autorizzati da legge od eccedenti i limiti della delega, rilevando, come ha notato il De Valles, che in molti casi non si tratta di regolamenti ma di semplici atti amministrativi compresi nella competenza del Ministro. Ed � altres� da opporre alla critica mossa dal De Valles alla P.A., a suo avviso poco ossequiente all'obbligo di emanare regolamenti, che questi ultimi non possono essere improvvisati: non � che l'Amministrazione rifugga dallo emanare regolamenti. onde non restare legata al rispetto delle norme in essi contenute, ma � la effervescenza dei problemi che quotidianamente richiedono una soluzione amministrativa, a non consentire una immediata sistemazione regolamentare, ove si voglia ragionevolmente evitare la incongruenza e il danno di regolamenti soggetti poi a frequentissimi ritocchi, modificazioni o rifacimenti. Il che, per il buon andamento dell' Amministrazione e per i terzi che sulle norme regolamentari possono fondare diritti o interessi legittimi, produrrebbe inconvenienti maggiori di quelli che hanno provocato le critiche dei predetti � Autori. (F. A.) ANTONIO BERLIRT: Sulla natura giuridica e sulla disciplina dell'avocazione dei profitti di regime. Nota alla sentenza 18 gennaio 1951, n. 152 della Cassazione (Foro It. 19i�, gennaio, 426). La Corte Suprema nell'anno.tata sentenza afferma apoditticamente che l'avocazione dei profitti di regime non risponde al concetto di tributo ma a quello di responsabilit� per fatto illecito e tenta di suffragare s� reciso insegnamento sostenendo che il tributo, sotto qualsiasi specie lo si voglia considerare, non importa mai avocazione totale allo Stato �dei beni che colpisce, sibbene quello di quota o percentuale; cosicch� quando totale sia l'avocazione si esula completamente dal concetto di tributo per entrare in quello di confisca o di sanzione. Il carattere sanzionatorio sarebbe poi confermato dallo stesso decreto legislativo 27 luglio 1944, n. 159 che pone l'avocazione fra le sanzioni contro il fascismo e dal fatto che per adire le apposite Commissioni istituite per decidere tale materia, Commissioni aventi carattere giurisdizibnale, la legge non richiede il preventivo pagamento dell'importo accertato. Il Berliri kt,sorge recisamente contro siffatte proposizioni e facilmente dimostra l'erroneit� dei criteri seguiti dalla Cassazione, mettendo in iuce che la legislazione patria offre palesi esempi di imposizioni, pacificamente qualificate tributarie, che sono tali pur colpendo al 100 per .cento l'og getto dell'imposta (D.L. 17 maggio 1940, n. 598 istitutivo dell'imposta del 100 per cento sulle spese voluttuarie; decreto 27 dicembre 1940, n. 1714 che colpiva al 100 per cento i passaggi di riserv� a capitale; art. 18 del decreto 27 maggio 1946, n. 436 sull'avocazione dei profitti di contingenza; L. 24 settembre 1940, n. 1298 ad integrazione delle imposte sui profitti e sugli aumenti di patrimonio derivanti dalla guerra, istituite con RR. DD. 21 novembre 1915, n. 1643 e 14 novembre 1919, numero 2164); cosicch� viene a perdere ogni consistenza il primo argomento addotto dalla sentenza annotata. N � maggior difficolt� incontra l'Autore ad infirmare il secondo argomento, in quanto osserva che la Corte Suprema ha tralasciato di portare il suo esame su tutte le modificazioni subite dall'avocazione dei profitti di regime, la quale � stata di-sciplinata giuridicamente ex nO't'O dopo la prima affrettata veste datale dalla legge del 1944 e dalle sanzioni contro il fascismo venne definitivamente -118 svincolata col 'D.L. 26 marzo 19'16, n. 1;34 per essere inquadrata nel sistema tributario giust<L lo stesso titolo del decreto in parola. Ed allora -i1ota il Berliri -se la Cassazione ha, ritenuto di poter qualificare sanzione o confisca l'avocazione dei profitti di regime perch� contenuta inizialmente in una disposizione legislativa intitolata << sanzioni contro il fascismo��, oggi che la norma in esame � <e inquadrata nel sistema tributario >> giusta il titolo della nuova legge che ha sostituito, con profonde modifi,cazioni, l'originario precetto legislativo, la Cassazione doveva coerentemente adeguare il suo giudizio alla vigente disciplina che ha radicalmente trasformato l'istituto portandolo al rango di vera e propria imposta e trarre argomento contrario alla propria tesi dal titolo del D.L.L. n. 134, del 1946. Il Beriiri rafforza poi la propria critica rilevando come il concetto dell'avocazione (sanzione) appaia insostenibile rispetto ai profitti, del pari avo-� ca.bili a mente delPart. 5 del decreto n. 134, derivanti da requisizioni o da qualsiasi prestazione involontaria, poich� � ovvio non possa essere configurato. �fatto illecito n l'imposizione subita dal cittadino senza possibilit� di ribellione; cosi come repugna alla coscienza giuridica configurare illecita l'accettazione della nomina ad accademico d'Italia od a ministro di Stato, qualifiche che rientrano fra quelle che consentono l'avocazione. E poich� le avocazioni previste in virt� delle ipotesi ora menzionate sono regolate 'dalle stesse disposizioni che disciplinano gli altri casi, non vi � motivo giuridico per considerare fatti illeciti questi ultimi e negare tale qualifica ai primi. Ammette l'A. (ritiene esempio calzante l'art. 18 del decreto 27 maggio 1946 sulla avocazione dei profitti di contingenza) che il concetto di sanzione abbia -sia pure soltanto in parte -indirizzato il legislatore a disporre l'avocazione dei profitti di regime, ma considera giustificazione politica della norma, non suo contenuto giuridico questo arri�repens�e, tanto pi� che se si trattasse di respon sabilit� per fatto illecito avrebbe dovuto influire sulla misura della avocazione la maggiore o mi nore rilevanza dell'azione del responsabile, mentre ci� non � a�vvenuto. L'ultimo argomento addotto dalla sentenza a riprova del carattere non tributario dell'avocazione (esclusione del solve et repete) .appare al Berliri inconsistente poich� egli nega che il solve et repete costituisca la conseguenza logica ed inevitabile del principio della esecutoriet� degli atti amministrativi e lo qualifica semplice forma di coazione indiretta che il legislatore pu� a suo piacimento imporre o non ed osserva che in ogni caso l'obbligo del preventivo pagamento del tributo � circoscritto ai giudizi avanti l'autorit� giudiziaria e non trova quindi applicazione nei procedimenti che si svolgono avanti giudici speciali, di qualsiasi tipo, che non appartengano all'ordine giudiziario. Dopo siffatte premesse critiche l' A. svolge la parte costruttiva della nota giacch� giustamente avverte che per dimostrare il carattere tributario dell'avocazione non � sufficiente confutare gli argomenti addotti dalla Suprema Corte, ma sarebbe d'uopo accertare se l'aYocazione, ei:;aminata alla stregua della definizione dell'imposta, quale istituto giuridico, ne contenga tutti gli elementi essenziali. Il Berliri non ritiene di poter seguire tale criterio, stimando che manchi a tutt'oggi una definizione pienamente soddisfaoonte sia del tributo in genere, sia dell'imposta, ma desume il carattere tributario dell'avocazione dai seguenti elementi : a) evoluzione storica dell'istituto; b) lettera della legge; e) disciplina giuridica dell'istituto. Sub a) D� grandissima importanza al fatto che l'avocazione, in origine compresa nel decreto 27 luglio 1944, n. 159 sulle sanzioni contro il fascismo, fu poi regolata ex novo dal decreto 22 settembre 1945, n. 623, venendo infine inquadrata nel sistema tributario col D.L.L. 26 marzo 1946, n. 134. le cui istruzioni, che al Berliri si presentano quasi come atti parlamentari attesa la delega al Governo, contengono espressioni di univoco valore rispetto alla natura tributaria dell'imposizione, tanto che il soggetto passivo viene qualificato quale << contribuente n. Sub b) Appare all'A. probante della mens legis fiscale il trasferimento (art. 1 D.L.L. n. 623 del W45) delle attribuzioni sulla avocazione dall'Alto commissario per le� sanzioni contro il fascismo al Ministero delle finanze, trasferimento collegato allo specifico intento (art. 3) di apportare alle norme correlative tutte quelle modifiche che si fossero rese necessarie anche per coordinare le norme stesse con ogni altra di carattere tributario. Coordina-@ merito, quindi, di disposizioni che debbono avere la stessa natura e che appunto per essere omogeneamente fiscali non possono non concernere se non la stessa materia, quella tributaria. Intento che il Berliri trova realizzato appieno nel D.L.L. n. 134 del 1946 che nel titolo � inquadramento nel sistema tributario dell'avocazione dei profitti di regime n offre certezza della qualifica d'imposta spettante alla avocazione medesima; qualifica ribadita dal termine << contribuente � applicato al soggetto passivo negli artt. 25, 27, 28 e 30 della norma in esame e che non poteva essere tecnicamente usata se non si fosse trattato d'imposta. Sub e) Infine, il Berliri si appoggia validamente alla palese identit� della struttura della avoca zione con quella dell'imposta sui profitti di guerra, pi� volte richiamata nel testo del decreto, e rileva che (art. 19, 10 comma) gli accertamenti.spettano agli Uffici distrettuali delle imposte dirette; che lo stesso art. 19 ai comma 3� e 40 estende all'avoca zione, salvo. espresse disposizioni in contrario, le norme valevoli per l'accertamento dei profitti di guerra, e ci� anche per la presentazione delle di chiarazioni da parte di coloro che vi sono tenuti; che l'art. 21 e l'art. 30, ultimo comma, richiamano per la risoluzione delle vertenze e per la riscossione del credito erariale le norme dettate -per l'imposta sui profitti di guerra. Ben a ragione l' A. conclude pertanto che non si possa dubitare del carattere tributario dell'avoca zione dei profitti di regime, dato il manifesto paral lelismo, anzi la quasi assoluta parificazione di tutto -119 l'iter della procedura, dalla presentazione. della denunzia alla riscossione del credito, ad una imposta vera B propria. Salvo dissenso su qualclHJ proposizione (del tutto marginale rispetto alla natura di tributo indubbiamente spettante all'avocazione dei profitti di ngime) quale, ad esempio, la q�ualifica data al solve et re-� pete, conveniamo pienamente sull'esattezza della serrata critica mossa del Berliri alla sentenza della Corte Suprern,a, i cui argomenti non appaiono e non sono convincenti. Pensiamo, anzi, che la stessa Cassazione non debba fermarsi a tale suo primo giudizio, giacchf. in due successive pronunzie, rese a Sezioni Unite, troviamo qualche elemento che ci induce a stimare possibile un riesame .della prima opinione. Infatti la sentenza 27febbraio1951, n. 492, pur mantenendo ferma la gi� dichiarata inapplicabilit� del solve et repete avanti la Corte Suprema in punto d'impugnativa di decisioni della Commissione centrale, non ha richiamato (lo nota anche il Berliri in breve commento nel Foro It. 1951, I, 718) i principi della sentenza n. 152, ma significativamente ha ammesso, sia pure in via di mera ipotesi, la possibilit� che .l'avocazione abbja carattere di tributo. L'altra pronunzia (n. 799 del 6 aprile 1951) compie un lieve passo in avanti, af fermando che l'avocazione, pur inquadrata nel sistema tributario per quel che riguarda l'accertamento e la esazione, non ha per� esclusivo carattere di tributo, il che, se mal non interpretiamo il pensiero della Su prema Corte, pu� anche significare tendenziale ab bandono del concetto di sanzione gi� affermato in modo s� reciso nella sentenza 18 gennaio 1951 ed un larvato avvicinamento alla tesi propugnata dall' A v vocatura. � vero che l'ammissione della Cassazione tende a minimizzare l'indubbio valore dell'inquadramento della avocazione nel sistema tributario, giaoch� di tal sistema parteciperebbe, secondo la Corte Suprema, soltanto per quanto attiene all'accertamento ed alla esazione, ma resta sempre da precisare, esclusa ormai la qualifica di confisca-sanzione, a qual categoria delle entrate dello Stato possa l'avocazione essere ricondotta. Non certo alle entrate di diritto privato cke per la loro stessa natura troppo si differenziano dall'istituto in esame ed �allora altro non resta se non la categoria (f,ei tributi alla quale la mens legis, la disciplina, formale e sostanziale nettamente l'ade guano: Inoltre se fosse da escludere il carattere tributario dell'avocazione, bisognerebbe concilia.re, e non � da11 vero facile. la possibilit� di concordato prevista dal l'art. 27 del D.L.L. n. 134 del 1946 con la natura di sanzione-confisca o con quella di. entr(lta di diritto privato; quando inve(Je � pacifico che il concordafo � uno degli istituti caratteristici dei tributi in genere ed ha tali e tante peculiarit� fiscali da rendere inconciliabile la sua inserzione quale mezzo per dirimere le controversie fra soggetto passivo .drell'avoca~ione ed ufficio impositore con �la natura non tributaria della avocazione stessa. � Da ultimo stimiamo, piu ottimisticamente del Berliri, possibile e tecnicamente piu suadente ricondurre l'indagine ai criteri desunti dalla scienza della finanza e dal diritto tributario. � stato -infatti gi� validamente sostenu.to che l'avocazione dei profitti di regime rivestiva i caratteri d'imposta straordinaria, reale, mobiliare, oggettiva, sin da quando aveva la sua disciplina nel. D.L.L. 2.7 luglio 1944 e nel D.L.L. 31 maggio 1945, n. 364 (D. A. FOLIGNO: Confisca dei beni ed avocazione dei profitti. di regime, Milano, Giuffr�, 1945, pag. 16-20) e, a fortiori, dopo l'entrata in vigore del D.L.L. 26 marzo 1946, n: 134 (D. .A. FOLIGNO: Confisca dei beni ed :.i,vocazione cit. -Appendice, Milano, Giuffr�, 1946, p. 9): caratteri riiwontrabili: A) dal punto di vista della scienza delle finanze, nel prelievo coattivo di parte della ricchezza privata, per esigenze di riparazioni del danno pubblico ove la prevalenza degli elementi politico e sociologici conferisce carattere extra fiscale all'avocazione ina non esclude l'elemento economico quale prestazione di servizi pubbli<fi ed indivisibili; B) dal punto di vista del diritto tributario, nella indubbia costituzione di un �rapporto giuridico di imposta; a) fra lo Stato e i soggetti alla sua potest� finanziaria; b) da una situazione di fatto: 1o il cui presupposto oggettivo � l'esistenza di un profitto if,i provenienza politica, ovvero l'esistenza di iin incremento patrimoniale, quale indice del profitto; 2� e si determina, per effetto di relazione fra quel presupposto e una persona fisica o giuridica; c) secondo una strutt�ra complessa: ossia: 1o con obbligazioni a carico del soggetto pas sivo (dichiarazioni) cui corrispondono poteri della Pubblica Amministrazione (richieste, ispezioni, ecc.); 20 e con il debito di imposta (prestazione pe cuniaria) determinabile in concreto attraverso un calcolo, secondo un criterio di capacit� contributiva che non si snatura solo perch� tale capacit� si iden tifichi con la totalit� dei profitti. Cosicch� bene � fondata la speranza che la Suprema Corte voglia condurre nuovo e pi� approfondito esame nell'interessante problema. � (E. M.) RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA APPALTO -Pubblica Amministrazione -Norme del capitolato generale -Richiamo nei contratti che interessino enti diversi dallo Stato -Natura. (Corte di Cass., Sez. I, Sent. n. 1761/51 -Pres. : Piacentini, Est.: Del Mastro, P.M.: Pomodoro-Martorelli contro Amministrazione Provinciale di Benevento). Le disposizioni del capitolato generale. per le opere dello Stato, in quanto emanate in base ad espressa autorizzazione legislativa, hanno valore di norme obiettive di carattere dispositivo. � per� evidente che la loro osservanza � obbligatoria soltanto se il contratto d'appalto interessa l'ente per il quale il capitolato generale fu predisposto e cio� lo Stato. � Ove pertanto l'appalto interessi un ente diverso dallo Stato, il rinvio che alle dette disposizioni si faccia nel contratto ha carattere ricettizio e la norma regolatrice richiamata non pu� avere che lo stesso carattere dell'atto giuridico che la richiama, ossia carattere contrattuale. In questa Rassegna (1948, fase. 1-2, pag. 7), nell'annotare la sentenza n. 1479-47 in causa Ministero dei trasporti contro Compagnia generale LL. PP., ponevamo in rilievo come la giurisprudenza secondo la quale veniva negata la natura giurisdizionale ai collegi arbitrali delle 00. PP., in quanto non disposti da una norma di legge non era in contrasto con la giurisprudenza della Corte Suprema stessa la quale attribuiva carattere normativo, sia pur regolamentare, al capitolato g�nerale di � appalto per le opere pubbliche. Avvertivamo altres� che 11i erano state affermazioni incidentali in senso contrario in sentenze della stessa Corte Suprema ma che ad esse non doveva darsi valore di mass�ima. Con la sentenza in esame queste nostre considerazioni trovano piena conferma e il carattere normativo del capitolato generale di appalto � stato nuovamente riaffermato, precisandone i confini. COMPROMESSO ED ARBITRI -Appalto di opera pubblica -Aggiudicazione -Controversie. (Corte di Cass., Sez. I, Sent. n. 1133-51 -Pres. : Carmada Bartoli, E':lt. : Celentano, P. M. : Eula-Scolari contro Provveditorato 00. PP. ~li.cllia). Avvenuta l'aggiudicazione di un appalto di oper~ pubblica, ed anche prima della stipula del relativo contratto, ogni controversia che sorga tra Ammh nistrazione e appaltatore � soggetta alla compe-� tenza del Collegio arbitrale previsto dal Capitolato generale delle Opere pubbliche. La Corte ha cos� motivato: In tema di. rapporti tra Amministrazione e deliberatario, la stipula del contratto ha, pi� che altro, carattere forma le in quanto il deliberatario resta vincolato (art. 336 legge 20 marzo 1865, n. 2248) dal momento in cui ha sottoscritto l'atto del deliberamento,. e tale atto, a norma dell'art. 16 della legge 18 novembre 1923 sulla Contabilit� generale dello Stato, non ha bisogno ormai pi� neanche di essere sottoscritto. Il predetto art. 16, a dirimere ogni _incertezza al riguardo, esplicitamente dispone, anzi, che i processi verbali di aggiudicazione definiti-va, in seguito ad incanti pubblici o a private licitazioni, equivalgono per ogni legale effetto al contratto. Per modo che, avvenuta che sia l'aggiudicazione, ogni controversia che success�'Vamente insorga fra Amministrazione appaltante e appaltatore, in natura non soltanto tecnica o contabile, ma anche di indole giuridica in relazione alle condizioni di� aggiudicazione medesima ed agli obblighi da essa derivanti, @) attiene all'esecuzione del contratto di appalto e rientra nella competenza del collegio arbitrale. La soluzione appare ineccepibile, ma naturalmente il pensiero della Corte Suprema va integrato nel senso che la validit� del contratto tra il Ministero e l'appaltatore, se non richiede la stipulazione di atto scritto, quando vi sia stata la aggiudicazione, richiede pur sempre i.l f armale decreto di approvazione da parte dell'Amministrazione, ai sensi delle norme sulla contabilit� generale dello Stato. DEMANIO -Beni patrimoniali indisponibili -Sac chi della sussistenza militare -Alienazione effettuata sotto l'imperio della r. s. i. -Inefficacia assoluta. (Corte di Cass., Sez. II civ., Sent. n. 1179-51 -Presidente: Russo, Est. : Cippo, P. M.: Modigliani -Ministero Difesa-Esercito contro Ditta Orvieto). Le norme del D.L.L. 5 ottobre 1944, n. 249, in quanto stabiliscono la inefficacia o irrilevanza giuridica di determinate manifestazioni di attivit� della r.s.i. hanno carattere dichiarativo, non san ciscono una inefficacia in senso tecnico, un divieto cio� di produzione di effetti giuridici per atti che ne sarebbero potuti essere capaci, ma confermano la irrilevanza degli atti stessi di fronte all'ordina.mento dello Stato italian�. L'alienazione di beni patrimoniali� dello Stato compiuta da organi della sedicente r.s.i., ��-atfo � privo di efficacia rispetto all'ordinamen.to giuridico dello Stato italiano. I sacchi della sussistenza militare son� beni patrimoniali indisponibili che non possono essere 121 I . la parte del terzo finch� non� ro destinazione in conformit� � . t ~aochi per mezzo di asta pub-" organi della sedicente r.s.i.� ;ti previsti dalla massima pre almente la motivazione di que~ a il pregio di fare il punto con e nella questione della sistema �.s.i. nell'ordinamento giuridico elaborazione dottrinale e. giuriroblema della sistemazione nelao italiano degli atti della r.s.i. t� svolta dalla r.s.i. si qualifica 1rdinamento diverso dallo Stato wincipio della pluralit� degli ~de la necessit� di una norma di so la quale uno degli ordinauello dellq Stato italiano, attri �idica all'attivit� dell'altro ordi: a r.s.i., consideri, cio�, come svolto in seno all'altro ordina to n. 249 del 1944 in quanto sta (/, di determinati atti dell'attivit� o in sostanza e confermano che :ssere recipiti nell'ordinamento riferiti in qualsiasi modo allo 'alienazione dei beni patrimoipiuta da organi della sedicente : presenta gi� per s� come atto spetto all'ordinamento giuridico indipendente dalla formale di1acia espressa, per tale categoria i. 249 del 1944 �. :amente ineccepibile la motivain ordine al punto della inappli3 a beni patrimoniali indisponimpre sostenuta dall'Avvocatura isso i giudici di merito ha avuto ~llata era della Corte di Appello Requisizione in uso di un com' commerciale o professionale - ientare, quando � dovuta, arti' n. 1741 del 1940 -Ritardo nella la indennit�. (Corte di Cass., Sezio4/ 951 -Pres.: Curcio -Est.: Lomerto -Min. Difesa-Esercito contro ~erriere Pugliesi). . requisizione in uso di un com commerciale o professionale, mentare � dovuta, a termini reto n. 17 41 del 18 agosto 1940, nella liquidazione dell'indennit� to conto solo del valore venale e lito industriale o commerciale o 1 mezzo della cosa requisita se t che la requisizione riguardi un bene singolo costituente mezzo indispensabile per l'esercizio di una delle predette attivit�, sia che riguardi il complesso di beni organizzati. li'indennit� supplementare � altres� dovuta se, colpendo la requisizione soltanto una parte dei beni organizzati, �l'indennit� mensile venga liquidata senza tener conto del reddito degli altri beni non requisiti i quali siano rimasti improduttivi. Ir. La Pubblica Amministrazione non pu� considerarsi in mora per il pagamento fin quando non abbia esplicato tutti gli accertamenti e controlli prescritti secondo una determinata procedura cui � tenuta per legge. In ordine alla prima massima la Oorte ha �os� statuito: :, Gol primo motivo si denunzia la violazione e falsa applicazione dell'art. 60 in rapporto agli artt. 55, 56 e 57 del decreto 18 agosto 1940, n. 1741, per avere il Comitato giurisdizionale centrale per le controversie in materia di requisizioni riconosciuto alla Societ� Acciaierie e Ferriere Pugliesi il diritto all'indennizzo una tantum mentre la possibilit� di corrispondere detto indennizzo, ai sensi del citato art. 60, sarebbe ammessa solo per i casi di requisizione parziale, cio� di requisizione di entit� patrimoniale facente parte di un complesso industriale, commerciale o professionale, e non anche nei casi, come � quello di cui si discute, in cui la requisizione ha per oggetto l'intero stabilimento industriale, in tutto il suo complesso. La censura � fondata. La concisa motivazione della sentenza denunciata in cui � stato omesso ogni esame sul contenuto e sulle finalit� dell'art. 60, fa pensare che il Comitato giuri sdizionale centrale abbia ritenuto applicabile la norma in esame in ogni caso in cui la cosa requisita in uso sia mezzo indispens,abile per l'esercizio di un'attivit� industriale, commerciale o professionale, qualunqu.e sia l'ampiezza della requisizione e comunque questa incida nella sfera patrimoniale di colui cui appartiene il ~ene requisito. Una siffatta interpretazione non aderisce alla fina lit� della norma contenuta nell'art. 60. L'indennit� serve a risarcire il danno economico che subisce colui che � privato della cosa requisita, danno economico che non sempre si esaurisce e si identifica, ove si tratti, come nella specie, di requisi zione in uso, nella perdita del godimento della cosa. Talvolta infatti la requisizione pu� avere, per la parti colare destinazione e funzione del bene requisito, pi� ampie ripercussioni di queWe che normalmente deri rano dal fatto della privazione del bene stesso. Oi� pu� avvpnire sia quando del complesso di beni organizzati per l'esercizio d'una impresa vengano requisiti soltanto alcuni la cui difficolt� di rapida sostituzione, e fino a quando questa non si effettui, renda impo~ibile il funzionamento dell'impresa, sia quando la requisizione colpisca l'intero complesso di beni organizzati (o anche una cosa singola non fa cente parte di una organizzazione) il aual'e per la sua destinazione, sia il mezzo indispensabile per l'esercizio di una industria, di un commercio o di una prof es sione. Nel primo caso l'indennit� limitata ai soli beni requisiti non copre l'intero danno restando scoperto quello che deriva dall'impossibilit� di uso degli altri ~ri d�l 1941, !1a questione. in,o � esatta. Ja legittimit� ~.tale accerta ~inistrazione !~ l~nza sarebbe ~to: la duplice hto all'Inten !opposizione. a !eato l'autorit� !attivit� giuri iua qualit� di lalere in giudi d'el pagamento 1! (G. B.) !ritto al risarc�� fso .di estinzione [iello di .Brescia, ~ontr~ Ministero '.: iitto al risarci folazione di vei ~to il danno sia i'e questo venga borre dalla data lata del provve !sentenza che lo i sentenza di cui i'che ci sembra di I ~ Giuseppe che il ~uto prescritto il Inno, basandosi s~ !letterale dell'arti-. ~nfronti dei terz~, 1es a quo non dia ~renza del termine la applicazione del inza. Tale assurito !La questione se.il_ iirt. 2947 Ood. Civ. ~rcimento del danno ~li, debba decorrere ~ legge come reato, --124 e questo � estinto in seguito ad amnistia) dalla data di entrata in vigore del provl!edimento di clemenza, oppure dalla data della sentenza che.dichiara la estinzione del reu,to, � gi� stata risolta da questa Corte �On sentenza 8-16 novembre 1950, nella causa Volpi contro Ferrovie dello Statn; ne gli argomenti svolti dall'appellante nella presente controversia possono indurre in diverso avviso. Fu rilevato in quella decisione che la distinzione fra le due ipotesi, che il reato 8ia estinto per causa diversa dalla prescrizione, o <Jhe 8ia intervenuta sentenza irrevocabile. nel giudizio penale, non avrebbe avuto ragione di essere formulata nell'art: 2947, se anche per la prima ipotesi il termine di prescrizione dovesse decJrrere dalla sentenza che dichiara l'estinzione. � In tai caso sarebbe stata sufficiente. l'unica ipotesi della sentenza irrevocabile, essendo noto che anche la sentenza dichiarativa dell'estinzione � soggetta ad impugnazione da parte del pubblico ministero, e quindi ad essa dovre1>be estendersi il requisito della irrevocabilit�. O, pi� esattamente, si sarebbe specificato che il termine decorre dalla data della sentenza che dichio. ra estinto il reato, o dalla data della sentenza irrevocabile intervenuta nel giudizio penale. Fu inoltre posto in evidenza che la distinzione contemplata dal-� l'art. 2947 � in perfetta armonia col dispu8to del primo comma dell'art. 183 c. p. secondo il qitale "le cause di estinzione del reato o della pena operano nel momento in cui esse intervengono ''. Dal che si desume che il decreto di amnistia esercita immediatamente e in pieno diritto la sua efficacia; e che la sentenza, la quale non fa che riconoscere la sussistenza delle condizioni richieste per la applicazione di esso, � dic}/,iarativa ed ha effetto retroattivo al giorno in cui il decreto di amnistia � entrato in vigore �. Abbiamo omesso l'altra parte della motivazione in cui sono confutate peregrine argomentazioni dell'ap pellante che il giudice di secondo grado doveva pur valutare, ma che in sede dogmatica non meritano considerazioni. Ci indugiamo, piuttosto, in una materia che non ha precedenti giurisprudenziali della Corte Suprema (almeno a nostra conoscenza); per precedenti di Corti di merito, oltre la sentenza della stessa Corte ricordata in questa di cui si annota la massima, cons. in senso contrario (Corte App. Bari, J5 giugno B48, in �Rep. F.I. ))' 1949, 1282, 9), a rilM1are came i due argomenti posti a base della sentenza della Corte di Brescia (lettera del 3� comma, ultima parte.dell'art. 2947 e.e. ed armonia della distinzione contenuta in� questa norma colle disposizioni di cui al 1o Q._omma dell'art. 183 c.p.), siano rappresentati in termini di cui la conclusione � indubbiamente esatta, ma con incertezza di ordine sistematico facilmente rilevabile. Preso atto infatti che il legislatore penale dispone ch,e (< le cause di estinzione del reato o della pena operino nel momento in cui esse intervengono (art. 183, 1� comma c.p.); non solo � inesatta l'interpretazione che dell'art. 2947, ultimo comma, seconda parte c.p., l'appellante pretendeva dare nella fattispecie in esam[J, ma sarebbe contraria alla unitariet� del sistema legislativo una formulazione di questa norma del codice civile diversa da quella adottata dal legislatore del 1942 (nel codice del 1865 non si rinviene norma corrispondente, cos� come in quello penale del 1889 non esiste disposizione corrispondente a quella di cui al 1� comma, dell'art. J83 c. p.), secondo la quale sussiste distinzione netta tra i casi definiti con sentenza irrevocabile nel giudizio penale ed i casi di estinzione di reato per causa diversa dalla prescrizione. Intendiamo cio� affermare che una formulazione diversa dell'ultima parte, 2� capoverso, dell'art. 2947 e.e. non sarebbe stata possibile (onde non � neppure a parlarsi di interpretazione nei sensi pretesi dall'appellante della norma in esame), se non si fosse voluto disattendere le conseguenze che necessariamente deb-e�.. i bono trarsi dal criterio accolto nell'art. 183, primo f,'Wf ~ comma c.p., in sede di una delle preminenti applicazioni di esso. La distinzione, insomma, della cennata norma civile � una conseguenza inevitabile dell'esaminata norma penale: cos� �, perck� non potrebbe essere altrimenti a meno che si volesse indul� gere a quella incertezza che sempre deriva dalla difformit� del sistema. Parlare quindi di armonia che appare, secondo la Corte di Brescia, sussistere quasi per caso � non rendersi conto della connessione molto pi� stretta, in parte de qua., tra i due rami del diritto. (F. O.) .RASSEG�NA DI LEGISLAZIONE I .PROVVEDIMENTl SONO ELENCATI SECONDO L'ORJJIN� DI PUBBLICAZIONE SULLA e GAZ7.'ETTA Ufi'P'IOTALE � I. L Legge 18 maggio 1951, n. 328 (G.U. n. 115): Attribuzioni e. funzionamento degli organi delle Amministrazioni provinciali. -Cos� come si � fatto per i Comuni, dopo la loro ricostruzione su base elettiva, anche per le Amministrazioni provinciali � stata richiamata in vigore la legge comunale e provinciale del 4 febbraio 1915, n. 148. � da notare che, mentre per i Comuni fu richiamata solo questa legge, per le Provincie la presente legge richiama in vigore anche le modificazioni apportate con il R. decreto 30 dicembre 1923, n. 2839. 2. Legge 18 maggio 1951, n. 333 (G. U. n. 117): Norme interpretative ed integrative della legge 21 ottobre 1950 n. 841, concernente l'espropriazione, la bonifica, la trasformazione e l'assegnazione dei terreni a�i contadini. La legge n. 841 � stata commentata in questa Rassegna, 1950, pag. 204. Secondo quanto abbiamo detto ivi, noi non dubitiamo della perfetta costituzionalit� dell'art. 2 della presente legge che disciplina in modo particolare il . metodo per valutare i terreni soggetti ad esproprio, quando non siano colpiti dall'imposta straordinaria progressiva sul patrimonio. Di notevole importanza gli art. 5 e 6 che tendono ad ovviare a! gravi inconvenienti, lamentati da pi� parti, e derivanti dal sistema invalso tra i proprieta;ri dei terreni espropriandi, i quali, prima dell'espropriazione, tagliavano piantagioni, asportavano impianti, opere, ecc. per venderli ad un prezzo certamente maggiore di quello che avrebbero ricavato in sede espropriativa. Un dubbio che pu� sorgere nell'applicazione dell'art. 6 � quello che concerne la legittimazione ad agire per"il risarcimento del danno. Potrebbe infatti sostenersi che l'ente espropriante non possa considerarsi danneggiato dalla distruzione o deterioramento degli impianti, piantagioni, ecc. in quanto il valore di questi non sarebbe compreso nella relativa indennit� di espropriazione, Ci sembra, tuttavia, che possa obiettarsi che l'ente espropriante � il titolare dell'interesse economico-sociale alla conservazione in efficienza dei terreni espropriati, atteso lo scopo della espropriazione, e sia quindi ben legittimato a far valere la pretesa al risarcimento del danno previsto dall'art. 6. 3. Legge 22 marzo 1951, n. 337 (G. U. ~. 118): Condono di sanzioni per infrazioni alle leggi sul matrimonio dei militari. -Potrebbe dubitarsi della costituzionalit� di questa legge, in relazione all'art. 79 della Costituzione,* se si tien copto che, malgrado sia formulata come una estensione di condono gi� concesso (D.L.C. P.S. 20 agosto 1947, n. 1514) si tratta sostanzialmente di un nuovo condono che dovrebb'essere concesso dal Presidente della Repubblica nella forma previste dal citato art. 79. Pu� peraltro osservarsi che l'art. 79 si applica alle amnistie ed agli indulti di carattere penale, ma non ai condoni di sanzioni amministrative. II. SENATO DELLA REPUBBLICA !� Disegno di legge n. 1703 (iniziativa parlamentare): Elevazione del limite di et� per il collocamento a riposo de� funzionari statali con funzioni direttive. -Il testo del disegno di legge non sembra affatto in armonia con la relazione della Commissione. In particolare, non si riesce a capire se al compimento del 70� anno di et�' i funzionari direttivi debbano o soltanto possano essere collocati a riposo d'ufficio. Il testo del disegno d1 legge sembra debba intendersi nel primo senso; la relazione si esprime nel secondo senso. Se fosse cos� si sarebbe finito col togliere all'Amministrazione il potere di collocare a riposo funzionari direttivi che ab. biano compiuto i 65 anni, ferma restando la facolt� d1 trattenere in servizio anche quelli che abbiano olt.repassato i 7 O anni. 2. Disegno di legge n. 1766 (iniziativa governativa): Delega al Governo per l'emanazione dei testi unici in materia di organizzazione e di servizi dell'Amministra. zione delle poste� e telecomunicazioni e dell'Azienda di Stato per i servizi telefonici. -Non si tratta di una delega ad emanare un testo unico vero e proprio, per il quale forse il potere esecutivo non ha bisogn'O �di de�._ lega da parte del Parlamento, ma si tratta qui non solo di coordinare norme esistenti, ma di emanare norme nuove aventi forza di legge. Bench� la delega sia for. mulata in modo molto ampio, non sembra che si esca fuori dai confini segnati dall'art 76 della Costituzione. ~IWE1111"'"711'F7Wlf'"' ill!Rlil~ l SISTEMATICO I I DELLE e o� N su L T A zI �o N I LA FORMULAZIONE DEL QUESITO NON RIFLETTE IN ALCUN MODO LA SOLUZIONE OHE NE � STATA DATA AMMINISTRAZIONE PUBBLICA. -I) Quale sia la natura giuridica dell'UNSEA e degli UPSEA (n. 114). -II) Quale sia agli effetti tributari la natura giuridica dell'I.R.I. (n. 115). APPROVVIGIONAMENTI E CONSUMI. -Se la Amministrazione italiana debba rispondere del,, controvalore di merci sequestrate da una Prefettura d~lla r.s.i. in relazione a procedimento penale per violazione annonaria attribuita ad un cittadino italiano residente in terri torio successivamente passato ad altro Stato (n. 26). AUTOVEICOLI. -I) Se l'Autorit� amministrativa debba restituire una patente di guida ritirata in seguito ad un investimento, quando, durante l'istruzione penale, sia concesso il nulla osta per l'Autorit� giudiziaria (n. 32). -II) Quali siano i rapporti tra Autorit� giudiziaria e Autorit� amministrativa in materia di ritiro di patenti di guida in ~aso di investimenti automobilistici (n. 33). AVVOCATI E PROCURATORI. -Se l'UNSEA e gli USPEA siano difesi dall'Avvocatura dello Stato (n. 14)� BANCA. -Quale sia la responsabilit� d'una banca incaricata del servizio di cassa per conto di un ente Pubblico la quale paghi mandati formalmente o sostanzialmente falsi (n. 4). CINEMATOGRAFIA. Se la Societ� Autori ed Editori abbia diritto all'aggio per la riscossione dei diritti erariali sugli spettacoli anche in relazione a quelle so=e costituenti l'abbuono che ai sensi dell'art. 14 della legge 20 dicembre 1949, n. 958 spetta agli esercenti di sala cinematografica che proietti film nazionali (n. 6). CITTADINANZA. -Se il certificato di cittadinanza rilasciato dal Comune di residenza costituisca prova incontestabile della qualit� di cittadino (n. 7). COMPROMESSO ED ARBITRI. -Se ed in quali limiti possano compromettersi ad ar'f?itri le controversie sulla esclusione di �n socio dalla Societ� (n. 4). CONCESSIONE. -l) Se lo Stato italiano sia� tenuto 1n forza del Trattato di Pace ad indennizzare un cittadino delle Nazioni Unite al quale non sia stata rinnovata una concessione mineraria durante la guerra (n. 26). Il) Se possa ricostruirsi un atto di concessione amministrativa quando manchi qualsiasi documPnto che vi si riferisca (n. 27). DANNI DI GUERRA. -Se pos!la pagarsi l'indennizzo per danni di guerra spettante ad un assente, a colui il quale sia stato immesso nel possesso temporaneo dei beni di questo (n. 29). DIVISIONE. -Se sia necessario l'atto scritto per provare l'esistenza d'una divisione immobiliare .avvenuta prima dell'entrata in vigore del R. decreto 9 novembre 1916, n. 1525 (n. l). ENFITEUSI. -I) Quale sia la differenza tra l'aumento dei canoni enfiteutici disposto dall'art. IO della legge Il giugno 1925, n. 998, e l'aumento consentito dall'art. 962 del c. c. (n. 18). --II) Se un tacito accordo tra enfiteuta e concedente di sospendere il pagamento dei canoni valga a sospendere il corso della prescrizione quinquennale (n. 18). ENTI E BENI ECCLESIASTICI. -Se i diritti del sacerdote al supplemento di congrua siano da considerarsi beni mobili (n. 15). ESECUZIONE FISCALE. -Se l'esattore che abbia provocato la dichiarazione di fallimento di un� contribuente sia tenuto prima di chiedere la revoca della dichiarazione per annullamento dell'accertamento d'im� posta a chiedere il pagamento delle spese di giudizio (n. 22). ESPROPRIAZIONE PER P.U. -I) Se per fissare l'indennit� di espropriazione di aree sulle quali debbano costruirsi i fabbricati a carattere popolare ai sensi dell'art. 55 del decreto-legge IO aprile 1947, n. 261 (ora articolo � IO, legge 25 giugno 1949, n. 409) possa applicarsi la legge di Napoli (n. 66). -II) Se nel caso di occup~zione temporanea di aree per esigenze militari, sulle quali aree siano state co.struite delle opere, possa al momento della restituzione di esse ai proprietari,invece di rimettere le aree in pristino, corrispondersi il valore della sola superficie occupata dalle opere (n. 67). FERROVIE. -I) Se sia dovuto il rimborso di maggiori spese di viaggio dovute sostenere da un �viaggiatore per passare da un vagone ordinario invaso dal fumo ad.� un vagone letto (n. 131). -Il) Se sia applicabile il regolamento internazionale veicoli (RIV) per la disciplina dei rapporti tra l'Italia e la Francia per l'utilizzazione di carri francesi durante ilperiodo in cui l'Italia fu occupata dai tedeschi e dagli alleati (n. 132). -127 GU.ERRA. -I) Quale sia la regolamentazione dei rapporti relativi alle navi requisite che si trovarono nella �zona occupata dai tedeschi dopo 1'8 settembre 1943, in relazione al recupero di noli pagati per queste navi dal Governo della r.s.i. (n. 110). -II) Quali siano i criteri da seguire per la restituzione dei beni gi� asportati dai tedeschi e riconsegnati all'Italia dagli alleati (decretolegge 24 aprile 1948, n. 896) e se sia possibile la ripartizione proporzionale dei beni stessi nel caso di mancata prova dell'appartenenza specifica (n. 111). IMPIEGO PRIVATO. -Quale sia la definizione del (( dirigente(( ai fini della legge sull'impiego privato e del trattamento previdenziale (n. 20). IMPIEGO PUBBLICO. -I) Quali siano le norme da seguire per la effettuazione delle ritenute cautelari ed esecutive sullo stipendio (n. 265). -II) Se possa procedersi a ritenuta sullo stipendio di un impiegato per danni da costui arrecati ad altra Amministrazione al di fuori dell'esercizio delle sue funzioni o dell'adempimento del suo servizio (n. 265). -III) Quale sia il trattamento del pubblico impiegato in relazione alle ferie non godute (n. 266). -IV) Se presupposto essenziale per la ricostruzione della carriera di esonerati per motivi politici sia la conservazione da parte degli stessi della cittadinanza italiana (n. 267). -V) Se debba essere collocato a riposo il dipendente dello Stato il quale non abbia prestato giuramento di fedelt� alla repubblica per essersi trovato, al '.momento della entrata in vigore del decreto-legge 5 agosto 1947, n. 837 in territorio non soggetto alla sovranit� italiana, e si rifiuti, una volta rientrato nello Stato, di prestare il giuramento stesso (n. 268). IMPOSTA DI REGISTRO. -I) Quale sia il trattamento tributario da farsi-ad una convenzione con la quale un'impresa si impegna a costruire una centrale elettrica per conto dell'Amministrazione con passaggio della propriet� della centrale stessa allo scadere di un certo periodo (n. 68). -II) Se dal punto di vista della legge di registro debba considerarsi come unica una convenzione nella quale si stabilisca l'impegno per un'impresa di costruire una centrale elettrica per conto dell'Amministrazione e l'Amministrazione, quale parte di compenso, si impegna a traportare energia elettrica sulle proprie linee a favore dell'Impresa stessa (n. 68). . IMPOSTA SULL'ENTRATA. -Se debba pagarsi l'imposta sull'entrata da parte di una Societ� italiana che abbia acquistato all'estero come commissionaria di ditte italiane della carta che poi trasferiva in Italia alle sue committenti (n. 28). IMPOSTE E TASSE. -I) Se la Societ� Autori ed Editori abbia diritto all'aggio per la riscossione dei diritti erariali sugli spettacoli anche in relazione a quelle somme costituenti l'abbuono che ai sensi dell'art. 14 della legge 20 dicembre 1949, n. 958, spetta agli esercenti di sala cinematografica che proietti films nazionali (n. 160). II) Se l'I.R.I. sia equiparata agli effetti tributari alla Amministrazione dello Stato (n. 161). MATRIMONIO. -Se il genitore di uno dei coniugi divorziati all'estero sia legittimato a chiedere la deliberazione della sentenza di divor~io in Italia (n. 7). NAVI. -Quale sia la regolamentazione dei rapporti relativi alle navi requisite che si trovarono nella zona occupata dai tedeschi dopo 1'8 settembre 1943, in relazione al recupero di noli pagati per queste navi dal Governo della r.s.i. (n. 45). PENSIONI. -I) Se alle anticipazioni ed agli acconti di pensione sia applicabile la prescrizione biennale�prevista dall'art. 2 del R. decreto-legge 19 gennaio 1939, n. 295 (n. 45). -II) Se in caso di impedimento da parte dei titolari diretti i certificati di iscrizione di pensione possano effettuarsi anche a coloro che abbiano soltanto una procura per l'incasso della pensione stessa (n. 46). PREZZI. -Se i crediti dello Stato per il recupero delle differenze di prezzo su giacenze di cereali possano ritenersi privilegiati (n. 9). PRIGIONIERI DI GUERRA. -Se la restituzione delle somme erogate a famigliari di militari inesattamente considerati prigionieri di guerra debba far carico solo a coloro che le somme hall;no percepite o anche ai militari (n. 13). REGIONI. -Se contro un provvedimento prefettizio di occupazione temporanea d'urgenza di immobili per esigenze di accasermamento di forze di polizia, effettuata in Sicilia, debba ricorrersi in via gerarchica al Presidente della Regione o al Ministro dell'interno (n. 18). RESPONSABILITA' CIVILE. -I) Se una banca incaricata delle operazioni di cassa per conto di un ente pubblico debba rispondere dei pagamenti effettuati su mandati falsi compilati da un dipendente dell'ente stesso (n. 118). -II) Se l'Amministrazione possa transigere una vertenza derivante da investimento automobilistico commesso da un proprio dipendente acconsentendo ad accollare a quest'ultimo solo la n�et� della somma che essa deve pagare a titolo di risarcimento del danno (n. 119). SENTENZA CIVILE. -Se il genitore di uno dei coniugi divorziati all'estero sia legittimato a chiedere la deliberazione della sentenza di divorzio in Italia (n. 4). SOCIETA'. -Se ed in quali limiti possano compromettersi ad arbitri le controversie sulla esclusione di un socio dalla Societ� (n. 35). SUCCESSIONI. -Quale sia la natura giuridica del diritto dello Stato all'eredit� vacante (n. 27). TERREMOTI. -Se possa revocarsi da parte della Amministrazione per illegittimit� la concessione di un sussidio a danneggiati da terremoti (n. 7). TRANSAZIONE. -Se l'Amministrazione possa transigere una vertenza derivante da investimento automobilistico commesso da un proprio dipendente acconsentendo ad accollare a quest'ultimo solo la met� della somma che essa deve pagare a titolo di risarcimento del danno (n. 3). TRATTATO DI PACE. -I) Se lo Stato Italiano sia tenuto in forza del Trattato di Pace ad indennizzare un cittadino delle Nazioni Unite al quale non sia "st�ta rinnovata una concessione mineraria durante la guerra (n. 33). -II) Quale sia la disciplina dei rapporti tra lo Stato Italiano e la Francia in relazione all'uso di veicoli ferroviari francesi nel periodo della occupazione tedesca ed alleata in Italia (n. 34).