.ANNO IV -N. 5~6 . MAGGIO-GIUGNO 1951 ~�:' 

.RASSEGNA MENSILE :J-4: 


DELL'AVVOCATURA DELLO STAT.O 

PUBBLICJAZIONE DI SERVIZIO 

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UN ASSURDO PROGETTO DI RIFORMA 
DEL CONTENZIOSO TRIBUTARIO 


SOMMARIO. --1. La pubblicazione del progetto di 
riform.a. -2. L'ordinamento amministrativo come 
presupposto della riforma. -3. Le linee generali del 
progetto di riforma. -4. La fase amministrativa della 
tutela del contribuente. -5. Le Commissioni amministrative; 
la loro composizione secondo il progetto e sua 
critica. -6. La fase giudiziaria della tutela del contribuente. 
-7. La soppressione del principio del salve et 
repete e sua critica. -8. Le altre innovazioni del progetto 
di riforma per la fase giudiziaria e loro critica. 


9. La fase giudiziaria secondo la nostra proposta. _:_ 
10. Il mantenimento della giurisdizione speciale delle 
Commissioni tributarie in materia di stima e la sua 
compatibilit� con la Costituzione. -11. La tutela dE:)l 
contribuente secondo lo schema da noi proposto; distinzione 
tra questioni di diritto e questioni di mera estimazione. 
-12. Conclusioni. 
@ 

1. Sulla Rivista di Diritto fiinanziario e Scienza 
delle Finanze (fase. 2, giugno 1951, pagg. 99 e 
segg.) � stato pubblicato il testo con la relazione 
del progetto di riforma del contenzioso tributario 
preparato da una commissione composta da 
esperti estranei (caso pi� unico che raro in materia) 
sia ali' Amministrazione finanziaria sia l'A vvocatura 
dello Stato. 
Testo e relazione sono preceduti da una premessa 
del Ministro delle finanze che nell'avvertire, molto 
opportunamente, trattarsi solo di uno studio <<al 
quale non � impegnata in nessun modo l'Ammistrazione 
finanziaria n esprime l'augurio che esso 
valga comunque a portare a discussioni approfondite 
cos� << da consentire a chi domani sar� chiamato 
a risolvere il problema di vedere ben chiara 
la strada migliore n. 

Gf� in questa Rassegna (1949, pag. 233 e segg-) 
ci siamo occupati di questo grave problema, enun. 
ciandone i termini e proponendone le soluzioni 
che, secondo noi, meglio rispondono alle esigenze 
del progresso giuridico, economico e sociale in 
armonia con i precetti della Carta Costituzionale. 
In queHo studio abbiamo, altresi, formulato delle 
critiche in merito a certi progetti, di cui allora si 
aveva solo vaga notizia, ed abbiamo cercato di 
mettere in rilievo le incongruenze ed i pericoli di 
talune innovazioni ispirate pi� che da esigenze 
concrete dal desiderio di dar corso ad audaci 
esperimenti giuridico-amministrativi assolutamente 
inammissibili in un �campo cosi delicato come 
quello trib.utario. 

Il testo, qra pubblicato, conferma, purtroppo, 
quasi integralmente le nostre apprensioni e per 
quanto l'autorevole parola del Ministro delle finanze, 
che ha negato al progetto ogni carattere anche 
semplicemente ufficioso, sia tale da rassicurarci, 
riteniamo di non dovere indugiare a ribadire le 
nostre cr�tiche nella speranza che le nostre parole 
valgano a richiamare l'attenzione dei parlamentari, 
dei funzionari e degli studiosi pi� responsabili 
sulla gravit� ed importanza del problema, 
la cui soluzione non solo va meditata ed affrontata 
con minore semplicismo, ma .va anche coordinata 
con la riforma generale degli ordinamenti della 
Pubblica Amministrazione, ora allo studio, e con 
que!Ja definitiva del codice di rito civile. 

2. Va premessa una osservazione di carattere 
generale. 
I progettisti hanno tenuto presente gli ordinamenti 
amministrativi quali essi sono con tutte le 
loro deficienze e non quali saranno, od almeno 
speriamo vivamente che saranno, dopo la tanto 
attesa riforma. Con ci� solo � palese la inattualit� 
del loro progetto, che pretende di innovare sul 
presupposto di ordinamenti amministrativi ormai 
superati ed oggetto, a loro volta, di riforme non 
ancora dei tutto delineate. 

Ed altrettanto � a dirsi per la parte del progetto 
che tocca profondamente il codice di procedura 
civile ignorando completamente gli studi ed i 
problemi posti dalla auspicata riforma del codice 
di procedura civile. 

� evidente che, partendo dal presupposto di 
una Amministrazione finanziaria in pieno disfunzionamento, 
di un ... nemico dal quale proteggere 
il cnntribuente, non si poteva giungere ad un proget.
to meno antifiscale.. 

Ma codesto presupposto in gran parte .non esiste 
oggi e per il resto provvide riforme dovranno 
tendere ad eliminare le deficienze. Ed allora se 
il quadro che hanno avuto presente i progettisti 
non risponde alla realt� delle cose n� oggi n� _~anto 
meno vi risponder� domani quando l'Amministrazione 
finanziaria rinnovata nei suoi ordinamenti, 
nei suoi mezzi materiali e nei suoi organi 
potr� allacciare rapporti di reciproca fiducia con 
i eontribuenti, quando le norme di attuazione dei 



-108 


princip� sanciti dall'art. 28 della Costituzione, 
rendendo personalmente responsabile il funzionario 
dei danni prodotti al contribuente, costituiranno 
una fortissima remora agli accertamenti 
esosi ed illegali, � evidente, che un siffatto progetto 
ispirato dalla pi� aspra diffidenza verso gli organi 
dell'Amministrazione finanziaria non potr� avere 
la bench� minima giustificazione n� razionale n� 
pratica. 

E d'altra parte il riordinamento dell'Amministrazione 
ed il principio della responsabilit� personale 
dei funzionari non potranno che ridurre i 
contrasti giudiziari rendendo, per ci� stesso, inutili 
le innovazioni da introdursi nel codice di procedura 
civile. 

3. Le linee generali del progetto sono le seguenti: 
1� la tutela del contribuente si attuerebbe 
in due fasi distinte: amministrativa e giudiziaria; 

2� la fase amministrativa si svolgerebbe avanti 
le Commissioni tributarie, organi della Pubblica 
.Amministrazione e non giurisdizionali; queste 
Commissioni sarebbero ordinate per due gradi: 
una commissione per ogni provincia, con competenza 
di legittimit�, di merito e di estimazione 
e la Commissione centrale con competenza di legittimit� 
e merito escluse le questioni di estimazione. 
Verrebbe istituita, altres�, una giunta distrettuale 
di stima per dar pareri alla Commissione 
provinciale in materia di valutazione e di accertamenti 
di fatto la quale avrebbe le facolt� di convocare 
davanti a s� le parti per tentare un amichevole 
componimento; 

3� la fase giudiziaria si svolgerebbe davanti 
sezioni specializzate costituite presso le preture, 
i tribunali, le corti di appello e si concluderebbe 
davanti la Corte di Cassazione ordinaria; la competenza 
dei giudici di primo grado sarebbe determinata 
in base al valore e, territorialmente, in base 
alla sede dell'ufficio tributario accertatore; verrebbe 
abolito il solve et repete_; la difesa in giudizio 
da parte di avvocati sarebbe solo facoltativa nei 
gradi di merito; il processo si inizierebbe mediante 
ricorso e non con citazione; la notificazione 
verrebbe fatta direttamente all'ufficio accertatore 
e non all' .Avvocatura dello Stato. 

4..La lettura del testo integrale ci convince, 

ancor pi�, del buon fondamento di quanto avemmo 

occasione di rilevare nello scritto sopra citato, 

e, cio�, che l'unico punto del. progetto che sem


bra meritevole di esser mantenuto � la riconfermata 

esigenza di attuare la tutela degli interessi del 

contribuente in due distinte fasi: amministrativa 

e giudiziaria. � questo infatti un sistema che si 

fonda su un principio generale che governa tutto 

l'ordinamento del contenzioso dello Stato: il prin


cipio, cio�, che !'.Amministrazione abbia la pote


st� di decidere preliminarmente essa stessa sul 

fondamento delle pretese avanzate dai privati, 

in rapporto ad una sua determinata attivit� che 

possa aver leso diritti soggettivi o interessi legit


timi. � 

L'istituto 11el quale normalmente si concretizza 

il suesposto principio generale � il ricorso gerar


chico; solo in via eccezionale, invero, l'esame 
preliminare delle controversie da parte dell' Amministra.
zioue avviene attraverso organi collegiali 

I 
(commissioni, comitati, ecc.) dei quali fanno parte ~ 
estranei. ~ 

� vero che negli ultimi dec�.nni si sono molti-% 
plicati per numerose ragioni, non sempre ispirate w 
all'interesse dell' .Amministrazione, i comitati e le 
commissioni con funzioni amministrative delibe


"I 

ranti, ma questa tendenza a diluire le responsa-t 
bilit� inerenti a determinate funzioni nelle delibe-~ 
razioni collegiali � stata giustamente deplorata ed, I 
in sede di studi per la riforma amministrativa, � ! 
stata considerata la opportunit� della loro sop-il 

pressione per restituire agli Uffici amministrativi 
ed ai funzionari ad essi preposti le relative responsa-' 
bilit�. 

.A nostro avviso poi, l'attribuzione di funzioni 
amministrative attive ad organi collegiali composti 
anche di estranei� alla Pubblica .Amministrazione 
mal si concilia con l'art. 28 della Costituzione il 
quale, come � noto, sancisce che: �I funzionari 

ed i dipendenti dello Stato e degli Enti pubblici 
sono direttamente responsabili secondo le leggi 
penali civili e amministrative degli atti compiuti 
in violazione di diritti �. 

Infatti, attraverso le deliberazioni degli organi 
collegiali sarebbe impossibile risalire alla responsabilit� 
personale dei singoli componenti il collegio 
rendendo inapplicabile l'art. 28 della Costituzione 
e privandosi cos� il cittadino del diritto di perseguire 
personalmente i funzionari eventualmente 
responsabili della lesione dei suoi diritti. ff P 

Da questa esigenza, vivamente sentita, di restaurare 
il ricorso gerarchico come un principio generale 
ed inderogabile dell'ordinamento amministrativo 
(ed esiste gi� il progetto di una legge generale 
della Pubblica Amministrazione che ne regolerebbe 
compiutamente la procedura) non pu� prescindere 
anche una riforma del contezioso tributario, non 
essendovi alcun ragionevole motivo che possa giustificare 
l'organizzazione in maniera del tutto 
diversa dei ricorsi amministrativi nella materia 
tributaria. 

In applicazione dei suenunciati criteri proponevamo 
nel precedente scritto di ordinare lo svolgimento 
della fase amministrativa delle controversie 
tributarie sulla base del ricorso gerarchico, 
pur senza del tutto escludere che, soprattutto per 
prestare ossequio alla tradizione, si potessero 
mantenere le Commissioni tributarie, ferma restando, 
in tal caso, la necessit� di eliminare da esse ogni 
carattere giurisdizionale, di riformarne l'ordinamento 
in modo da aversj una commissione distrettuale 
per le questioni di estimazione e una commissione 
provinciale per tutte le altre questioni, e di 
abolire la Commissione centrale. 

Come si � visto, il progetto ha escluso, per la 
fase amministrativa, la via del ricorso gerarchico 
e la relazione ne spiega succintamente i motivi 
che si riassumono nella intenzione di �suelli_re Jl 
meccanismo della fase amministrativa di tutela�. 

Per aver chiaro il significato di queste parole 

occorre tener presente che, secondo quanto risulta 

dalla relazione stessa, in un primo tempo si era 

pensato di accettare il principio del ricorso gerar




-109 


chico con ci�, per�, che l'autorit� decidente (Intendente, 
Ministro) dovesse sentire previamente il 
parere non vincolante delle Commissioni rispettivamente 
provinciali e centrale. 

Criticammo, a suo tempo (v. loc. cit.) questo 
sistema che rischierebbe di portare all'assurdo 
d'una riforma, fatta per semplificare, che moltiplicherebbe 
i difetti e la macchinosit� dell'ordinamento 
attuale. La relazione ammette che le 
numerose critiche e lo stesso suggerimento del 
Ministro, hanno consigliato l'abbandono del sistema, 
in un primo tempo proposto, ma non d� alcuna 
spiegazione dei motivi per i quali dovendosi snellire 
il ricorso gerarchico non si sia addivenuti 
puramente e semplicemente alla soppressione delle 
bardature che lo appesantivano, e, cio�, dell'obbligo 
della previa audizione delle Commissioni. In tal 
modo non si sarebbe fatto altro che adottare, anche 
nella materia tributaria, il sistema vigente per 
tutte le amministrazioni dello Stato, quale � 
codificato dall'art. 5 del T. U. della legge comunale 
e provinciale del 1934 e conformarsi alla tendenza 
all!!J quale abbiamo sopra accennato. 

Comunque, anche quando si volesse accettare 
per le suaccennate ragioni tradizionali, la procedura 
del ricorso alle commissioni, non si vede 
alcuna ragione perch� si dovrebbe alterare l'armonia 
dell'istituto giuridico relativo, introducendo 
quel monstrum della cc giurita distrettuale di stima >> 
organo misto con funzioni consultive ... provocate 

o spontanee, e con funzioni di amministrazione 
attiva per il tentativo di cc amichevole componi
�mento� che non si sa bene in che cosa debba differenziarsi 
dal concordato, se non nella intenzione, 
alquanto ingenua, di nascondere l'usurpazione 
di quella che costituisce una gelosa prerogativa 
degli organi dell'Amministrazione finanziaria attiva. 
Ci sembra, quindi, che il sistema da noi proposto 
(commissione distrettuale per le questioni di 
valutazione e ricorso gerarchico o, in subordinata 
ipotesi, commissione provinciale per le altre questioni) 
sia da ritenersi il migliore, specialmente 
se sar� completato con l'abolizione della Commissione 
centrale, che non ha veramente alcuna seria 
ed obiettiva ragione di esistere, una volta riconosciutane 
la natura amministrativa, ove si pensi 
che, mentre per la sua composizione e la natura 
delle sue decisioni appare come un doppione della 
Corte Suprema, le sue pronunzie possono essere 
disattese, nella fase giudiziaria, da un tribunale, 
anzi, se si attuasse il sistema proposto nel progetto 
che esaminiamo, perfino da un pretore. 

5. La smania di novit� e la ingiustificata diffidenza 
verso i funzionari dell'Amministrazione 
finanziaria hanno indotto gli autori del progetto 
a proporre anche la modifica della composizione 
delle commissioni, dalle quali dovrebbero essere 
totalmente esclusi i funzionari in servizio della 
Amministrazione :finanziaria, cio� proprio coloro 
ai quali, per l'ufficio che ricoprono, dovrebbe essere 
attribuita secondo i principi generali dell'ordinamento 
amministrativo cui abbiamo dianzi accennato, 
la competenza a decidere sui ricorsi gerarchici 
dei contribuenti; non solo, ma l'ostracismo dovrebbe 
colpire anche gli avvocati dello Stato, cio� coloro 
che, secondo l'ordinamento generale, sarebbero chiamati 
ad esprimere il preventivo parere legale sui 
ricorsi stessi. 

Ora � vero che la relazione avverte che il ricorso 
regolato dal progetto � un ricorso gerarchico 
improprio, ma che questa impropriet� gius-tifi.chi 
l'attribuzione della competenza a decidere ad 
organi collegiali dei quali non debbano far parte 
n� funzionari dell'Amministrazione attiva (cio� 
di quella Amministrazione della quale il ricorso 
tenda ad eccitare il riesame) n� i naturali consulenti 
di questa, ci sembra francamente eccessivo. 
Se non andiamo errati, sarebbe questo il primo 
esempio d'un tale organo nell'ordinamento giuridico 
italiano. 

Questa proposta di escludere dagli organi amministrativi, 
ai quali dovrebbe essere affidata la decisione 
dei ricorsi dei contribuenti contro l'operato 
degli organi inferiori dell'Amministrazione finanziaria, 
proprio i funzionari di questa, ci suggerisce, 
peraltro, un ordine di considerazioni di carattere 
pi� generale cui accenneremo brevemente. 

Quando l'art. 102 della Costituzione stabilisce 
che la funzione giurisdizionale � esercitata da magistrati 
ordinari, istituiti e regolati dalle norme dello 
ordinamento giudiziario, pon.e una norma che si 
ispira ad una pi� rigorosa applicazione del principio 
della divisione dei poteri, ossia della divisione 
delle funzioni. 

In applicazione di tale precetto lo stesso art. 102 
dispone, poi, che non possono essere istituiti giudici 
straordinari o speciali. La norma, come risulta 
anche dai lavori preparatori, � stata posta per 
impedire, per l'avvenire, l'attribuzione di funzioni 
giurisdizionali ad organi del potere esecutivo o 
ad organismi amministrativi composti di funzionari 
(Ministro-Giudice, Comitati e Commissioni 
giurisdizionali, ecc.). 

Se questo � il principio ispiratore dell'art. 102 
della Costituzione � facile dedurne (per quanto ci� 
non sia espressamente detto), che nel pensiero 
del legislatore costituente fosse implicito l'altro 
principio, che la funzione amministrativa sia 
esclusivamente lasciata ai funzionari amministrativi. 
Ci�, del resto, risponde alle esigenze concrete 
dei principi posti dalla Costituzione la quale, 
mentre rende direttamente responsabili i funzionari 
degli atti compiuti in violazione di diritti, 
sancisce che il magistrato � soggetto soltanto alla 
legge, appartiene ad un ordine autonomo ed indipendente 
da ogni altro potere, e non pu� essere 
tenuto responsabile dei propri atti compiuti in 
violazione di diritti, tranne il caso di dolo. 

In sostanza, alla diversit� delle funzioni (giurisdizionali 
ed amministrative) corrisponde una 
diversit� di status del funzionario e del magistrato, 
sicch� risponde ad una inderoga bile esigenza posta 
dai principi costituzionali che all'uno non venga 
attribuita la funzione dell'altro e viceversa. 

Del resto la stessa Magistratura tiene, giustamente, 
a mantenersi nella sfera de11a funzione.giurisdizionale 
e questa esigenza � stata sentita dal �legislatore 
ordinario quando ha posto la norma di 
cui all'ultimo comma dell'art. 10 della legge 24 
maggio 1951, n. 392. In quell'occasione il relatore 
sen. Bo ebbe a scrivere: cc � appena il caso di 



-110 


accennare al pensiero che ha mosso questa proposta, 
la quale non potr� non sembrare legittima 
a chi riflette che gli stessi motivi che impongono 
di aumentare gli emolumenti sconsigliano il conferimento 
ai magistrati di incarichi estranei alla 
funzione giurisdizionale �. 

Bisogna, quindi, concludere che nel caso che si 
vogliano mantenere le Commissioni tributarie 
con funzione amministrativa, esse dovrebbero 
essere composte di funzionari in attivit� di servizio 
o a rip?so, con esclusione dei magistrati ordinari. 


6. Ma dove la fantasia innovatrice dei redattori 
del progetto ha trovato modo di sbizzarrirsi assumendo 
tutti gli aspetti di una eversione apocalittica 
� nella disciplina della fase giudiziaria della 
tutela del contribuente verso lAmministrazione 
finanziaria. 
I capisaldi di questa disciplina sono proprio 
quelli che avevamo segnalato nello studio pi� 
volte citato (riv. cit., pag. 241, n. 14) definendoli 
irrazionali e pericolosi e criticandoli pi� per uno 
scrupolo di completezza che perch� fqssimo con vinti 
della eventualit� d'una loro attuazione. 

Di queste nostre critiche, a differenza di quello 
che, come abbiamo visto, � accaduto per le critiche 
relative alla disciplina della tutela amministrativa, 
i progettisti non hanno tenuto alcun conto, 
nemmeno per confutarle, e, a leggere la relazione, 
si rimane veramente sorpresi nel vedere come, 
senza una parola di spiegazione, e nemmeno di 
semplice addio, si proponga l'abbandono di 
principi giuridici che da oltre un secolo dominano 
la fase giudiziaria del processo tributario e che 
hanno avuto il collaudo d'una esperienza i cui 
risultati sarebbe stato certamente opportuno esaminare 
e valutare obiettivamente. 

Dai cenni sintetici che abbiamo esposti all'inizio 
di questo scritto risulta gi� quali sono i principi 
giuridici che si intenderebbe abbandonare. 
Si esamineranno ora uno per uno per esprimere 
su di essi il nostro pensiero nel modo pi� 
chiaro possibile; ci sembra, infatti, doveroso non 
lasciare in ombra alcun lato del grave problema 
la cui soluzione avr� ripercussioni notevoli sulla 
vita economica e sociale del Paese, e che spetti 
proprio a coloro che istituzionalmente hanno svolto 
e svolgono la loro attivit� professionale nel delicato 
campo del processo tributario far capire ai meno 
informati quali sarebbero le inevitabili conseguenze 
della accettazione di questo progetto. 

7. Ci� tanto pi� appare necessario, in quanto, 
come ripetiamo, la relazione � affatto reticente. 
Di questa reticenza la manifestazione pi� grave 
e ingiustificabile � quella che attiene alla questione 
della proponibilit� dell'azione giudiziaria,. 

La norma del progetto che regola tale punto 
(art. 17) cos�, testualmente, dispone: �L'azione 
giudiziaria pu� essere proposta anche prima della 
pubblicazione dei ruoli e prima che sia effettuato 
il pagamento del trvbuto, ma l'esercizio di essa in 
ogni caso non sospende la iscrizione a ruolo della 
imposta n� impedisce la esecuzione forzata per la 
riscossione del tributo �. 

. Come sj vede chiaramente con questa norma 
verrebbe eliminato ilprincipio detto, comunemente, 
del solve et repete che ha costituito, finora, uno dei 
cardini fondamentali del sistema tributario. 

Orbene, nella relazione che accompagna il progetto, 
non si spehd� nemmeno ��una parola per 
giustificare questa radicale innovazione, anzi, non 
si dice nemmeno una parola per far capire che si 
vuole toglier di mezzo il solve et repete, s� che, a 
chi leggesse superficialmente, la gravissima portata 
dell'art. 17 potrebbe addirittura sfuggire. 

Di fronte a questo assoluto silenzio, non nascondendo 
il nostro disagio nel constatare come valorosi 
giuristi tentino di sfuggire alla discussione 
(e nella specie, ci� � tanto pi� grave in quanto, 
secondo la dichiarazione del Ministro, il progetto 
dovrebbe proprio costituire �base pi� concreta 
di una pubblica discussione tra tecnici e giuristi� ), 
ci sentiamo autorizzati a pensare che gli estensori 
del progetto non abbiano stimato adeguato appoggio 
alla loro proposta eversiva nessuno dei molteplici 
argomenti che, specie in quest'ultimi tempi, 
con zelo degno di miglior causa, sono stati e sono 
esposti contro il principio del solve et repete, dipinto 
come un residuo dei tempi feudali e come una macchia 
per la nostra saggezza giuridica. 

Questi argomenti sono stati pi� volte ampia-

r 

mente confutati (v. da ultimo in questa Rassegna, 
1949, pag. 257 e segg.) e la conclusione alla quale 
ci sembra debba legittimamente pervenirsi si � 
che, esclusa in modo assoluto l'esistenza d'un 
contrasto tra il principio del solve et repete e la 
Costituzione, l'abolizione o il mantenimento del 9 
solve et repete si riduca ad un problema di politica<;;� 
legislativa. E ci permettiamo di sperare che gli 
sforzati ed artificiosi attacchi non riusciranno a 
convincere il legislatore a distruggere un principio 
che costituisce il mezzo giuridico pi� efficace 
per conferire certezza e solidit� al bilancio dello 
Stato, sia pure nei modesti limiti consentiti dalla 
nostra situazione economica. 

N� si tenti di far credere che le esigenze del 
bilancio sarebbero ugualmente soddisfatte dalla 
riconosciuta possibilit� di riscuotere coattivamente 
il tributo, perch�, a parte la considerazione 
che questa possibilit� scaturisce gi�, ipso jure, dal 
carattere di atto amministrativo� che ha il provvedimento 
di imposizione, chiunque abbia esperienza 
nel campo tributario sa bene come sia difficile 
e non feconda di buoni risultati l'esecuzione 
fiscale nel nostro Paese, e come sia particolarmente 
agevole sfuggirvi da parte di coloro che dovrebbero 
pagare �i tributi pi� ingenti e che sanno trasformare 
il loro patrimonio in un impalpabile, se pur abbagliante, 
pulviscolo. 

E non si sfrutti, infine, l'argomento sentimentale 
della necessit� di agevolare la tutela giudiziaria 
dei piccoli contribuenti, perch�, come sa ogni 
modesto cultore di scienza delle finanze, la grande 
massa del popolo italiano paga i tributi incorporati 
nel prezzo dei beni e servizi� che consuma e 
non ha alcuna possibilit� giuridica o giudiziar�a 
di sfuggire ad essi. L'abolizione del solve et repete 
agevolerebbe solo i grossi contribuenti di tributi 
diretti, e si risolverebbe in una ulteriore facilitazione 
alle grosse evasioni fiscali. 


-� 111 


R interesse, quindi, non solo dell'Amministrazione 
fi,nanziaria ma anche della massa dei contribaenti 
onesti che questo principio venga mantenuto 
poich� la sua abolizione aprirebbe nel sistema 
una grossa falla attraverso la quale avrebbero via 
libera i grandi evasori ed i grandi causidici affiancati 
da esperti patrocinatori, mentre la Finanza 
per far fronte al mancato incasso dovrebbe ricorrere 
ad altre imposizioni a danno degli altri contribuenti. 


8. Passando ora alle altre innovazioni, poich� 
neanche per queste si da alcuna spiegazione dei 
motivi che hanno spinto ad abbandonare ilsistema 
vigente, non ci resta cb.e ripete:i;e succintaimente 
le obiezioni che formulammo nello studio pi� volte 
citato. � 
a) .Abolizione del foro dello Stato. -Nessun 
motivo giustifi,ca tale abolizione, tanto meno poi 
nella materia tributaria, nella quale anzi le esigenze 
d'un indirizzo unitario nella difesa giudiziale 
dell'Amministrazione, che costituiscono la 
ragione pacificamente accettata della istituzione 
del foro dello Stato (che non � un foro speciale 
ma il foro generale dell'Amministrazione) acquistano 
un peso tanto maggiore, quanto � pi� vivo 
qui il bisogno della certezza del diritto. 

b) .Abolizione della competenza esclusiva dei 
giudici collegiali. -Anche su questo �punto non 
abbiamo che a riferirci a quanto abbiamo gi� 
detto; cio� che la competenza del giudice collegiale 

@nelle controversie tributarie ha subito il collaudo 
favorevole d'una pratica quasi secolare e la esigenza' 
di mantenerla � stata riconosciuta in occasione 
delle varie riforme, anche recenti, del rito 
civile; sicch� la pretesa di abbandonare questo 
principio richiederebbe, per lo meno, delle ragioni 
nuove e serie che non sono neanche accennate. 

c) .Abolizione del patrocinio legale nei giudizi 
tributari. -Qui, a parte ogni considerazione concernente 
la difesa del contribuente, bisogna dire, 
per quanto riguarda l'Amministrazione, che la 
norma appare inattuabile senza una profonda 
riforma di tutto l'ordinamento dello Stato, secondo 
il quale la rappresentanza e difesa in giudizio del1'
Amministrazione attiva sono funzioni attribuite 
per legge ed istituzionalmente ad un organo apposito, 
l'Avvocatura dello Stato, che tali funzioni 
esercita non su richiesta dei clienti, come un avvocato 
privato, ma per dovere di ufficio, ed al cui 
capo spetta decidere se una lite debba o m�no 
essere intrapresa o sostenuta. 

Ci� senza contare le assurdit� che deriverebbero 
dall'applicazione della norma circa la persona 
che do'vrebbe stare in giudizio per la cc parte� 
Amministrazione. 

d) Istituzione di sezioni specializzate e anche 
in Pretura. -Su questo punto, mentre richiamiamo 
le fondate argomentazioni esposte dallo 
Azzariti (in Foro It., 1949, IV, 17) in ordine alla 
impossibilit� di costituire tali sezioni collegiali 
presso i giudici singoli, rileviamo il pericolo di 
affidare la decisione di controversie involgenti 
questioni spesso delicate di diritto non alla dottrina 
giuridica, sia pur d'un solo magistrato, ma 

al buon senso di due esperti, che del collegio 
costituiscono la mag�gioranza. 

9. Le osservazioni che abbiamo formulate consentono, 
a nostro avviso, di porre in luce qual'� 
la defi.cienza fondamentale del progetto: nori." aver 
voluto affrontare la questione centrale della riforma 
che si pu� riassumere nel quesito se il contenzioso 
tributario debba essere regolato unitariamente per 
tutte le controversie, sia quelle di pura estimazione, 
~ia quelle di diritto, o se debbano, invece, esserci 
due discipline distinte, come avviene attualmente. 
Questo � il punto da risolvere prima di ogni 
altro; ed esso costituisce un problema di pura 
politica legislativa, nella cui soluzione non sembra 
debba darsi peso decisivo a nome costituzionali 
che, a prima vista, possano sembrare contrarie a 
certe soluzioni, tanto pi� ove si consideri che se la 
nostra Costituzione � del tipo cosiddetto rigido, 
ci� non signifi,ca, peraltro, che nella interpretazione 
non si debba cercare di renderla, nei limiti del 
possibile aderente alle esigenze concrete. Ed ove 
ci� non sia possibile si pone il problema politico 
di una sua eventuale modifi.cazione. 

Noi pensiamo che la dicotomia: questioni di 
pura estimazione, questioni di diritto, la quale 
� nata insieme con l'ordinamento tributario dello 
Stato italiano unitario, debba essere mantenuta 
perch� risponde alle esigenze della realt11 concreta, 
e consente di tutelare meglio gli interessi 
sia dell'Amministrazione, sia dei contribuenti. 

E qu�sta dicotomia (ed in ci� torniamo sopra 
al parere espresso in prece<!enza in questa Rassegna, 
1949, pag. 243) deve portare ad escludere per 
la pura estimazione la competenza degli organi 
della giurisdizione ordinaria. Non �, infatti, possibile 
pensare di affidare a questi le molte vertenze 
che sorgono in materia di valutazione dell'imponibile 
in tutti i tributi diretti ed indiretti. A parte, 
invero, ogni �considerazione sulla mancanza di 
preparazione dei giudici in questa materia (il che 
porterebbe necessariamente ad identificare l'equit� 
di cui parla l'ultimo comma dell'art. 27 del progetto 
col mero arbitrio), � appena il caso di richiamare 
l'attenzione sulla inefficienza attuale, da ogni 
parte lamentata, dell'Amministrazione della.giustizia 
a causa della defi.cienza numerica (gi� in rapporto 
alla competenza attuale) dei magistrati 
e della deficienza di mezzi materiali. Sicch� � 
molto facile prevedere che, ove si accogliesse il 
progetto, la sua attuazione darebbe al nostro claudicante 
ordinamento giudiziario il colpo decisivo. 

Si deve avere, quindi, il coraggio di guardare 
in faccia la realt� e di concludere che, nella condizione 
attuale del nostro ordinamento giudiziario 
che � estremamente difficile se non utopistico sperare 
di modificare, la giurisdizione speciale delle 
commissioni tributarie in materia di estimazione 
dev'essere �mantenuta e che, in questa materia, 
l'azione avanti la giurisdizione ordinaria deve continuare 
ad escludersi. �� 

Sar�, poi, da vedere se, attribuendosi carattere 
di giurisdizione speciale alle Commissioni tributarie 
in materia di stima queste debbano ordinarsi su 
due gradi (distrettuale e provinciale) o su, un solo 
grado, salvo sempre il ricorso per cassazione ai 



sensi e nei limiti dell'art. 111 della Costituzione. 
Sar� da stabilire la composizione delle commissioni 
ed il modo di nomina dei loro membri s� 
da assicurare l'indipendenza dall' .Amministrazione 
finanziaria. 

;Ma quello che dovr� evitarsi, � di affidare questioni 
di valutazioni di redditi e beni a chi non ha 
alcuna preparazione specifica in materia e conosce 
il commercio, l'industria e l'agricoltura solo nella 
ristrett3! esperienza di consumatore di prodotti, 
merci o servizi. 

10. Contro la suesposta soluzione sembra si 
opponga� la lettera del ricordato art. 102 della 
Costituzione, sticondo la quale le liti concernenti 
.diritti soggettivi non potrebbero essere mai 
sottratte alla conwetenza dell'A.G.O., s� che il 
mantenimento della giurisdizione speciale delle 
commissioni in materia di estimazione dovrebbe 
esclUdersi o potrebbe ammettersi solo in concorso 
con la competenza dell'autorit� � giudiziaria. . 
Ci siamo resi e ci rendiamo tanto conto della 

gravit� di questa obiezione che, nel citato scritto 

comparso in questa Rassegna, avevamo proposto 

cb.e, ferma restando la distinzione di regolamenta


zione delle due specie di liti, le controversie in 

materia di estimazione fossero attribuite a sezioni 

specializzate dei tribunali ordinari, ma, riprendendo 

un concetto gifl, accennato nello scritto medesimo, 

riteniamo ora di dover insistere sul punto che la 

norma transitoria n. VI che prevede la revisione 

delle giurisdizioni speciali, non pu� essere interpre


tata nel senso che ne imponga l'abolizione e, meno 

ancor~, nel senso che tale abolizione sia operativa 

automaticamente alla scadenza dei cinque anni. 

In altri termini, a nostro avviso, l'espressione 

�revisione� starebbe a significare normalmente 

modificazione a fine di coordinamento e aboli


zione solo in via eccezionale. 

Questa interpretazione avrebbe il pregio di 

rendere concretamente applicabile come norma 

permanente (quale � stata formulata) la disposi


.zione di cui all'art. 111 della Costituzione, che 

presuppone la 'esistenza di giurisdizioni speciali 

diverse dal Consiglio di Stato e dalla Corte dei conti, 

ie sole eccettuate dalla revisione disposta nella VI 

disposizione transitoria. Invero se la Costituzione 

avesee veramente inteso, non solo�vietare la istitu


zione di giurisdizioni speciali per l'avvenire, ma an


che imporre l'abolizione di quelle esistenti, l'art. 111 

che regola, in via normale e permanente, il ricorso 

per Cassazione anche per violazione di legge con 


tro le decisioni dei giudici speciali sarebbe inutile 

o, al pi�, avrebbe dovuto trovar posto nelle norme 

transitorie. 

Ora se � compatibile con la Costituzione il mantenimento 
di giurisdizioni speciali esistenti, ci 
sembra logica la conclusione che, conformemente 
al principio secondo il quale � attributo naturale 
della giurisdizione quello di decidere definitivamente 
in via esclusiva le liti che rientrano nella sua 
competenza,. le commissioni tributarie in materia 
d� stima, sul cui carattere giurisdizionale non � 
possibile aver dubbi, possano esser mantenute, 
modificate in sede di revisione con legge ordinaria 

per continuare a decidere, in via definitiva ed 
esclusiva, le controversie di estimazione. 

Ed allora, sgombrato il campo da queste contr.oversie, 
non vi sarebbe pi� alcuna ragione (per quanto 
ampiamente conte.stabile co.nw si � visto) per 
provocare quel cataclisma nel sistema vigente 
che il progetto si propone e le liti tra contribuenti 
e finanza concernenti questioni di diritto dovrebbero 
essere trattate, come � logico, al pari di .tutte 
le altre liti tra privati e Stato. 

11. Riassumiamo qui le nostre conclusioni: 
1� La tutela del contribuente verso l'Amministrazione 
dovrebbe essere disciplinata con criteri 
diversi, secondo che si tratti di liti concernenti 
questioni di mera valutazione dell'imponibile o 
altre questioni. 

2� Per le liti concernenti questioni diverse 
dalla mera valutazione dell'imponibile la suddetta 
tutela dovrebbe essere ordinata su due fasi: amministrativa 
� giudiziaria. 

3� La fase amministrativa dovrebbe, per evidenti 
ragioni di armonia giuridica, fondari:d sullo 
istituto del ricorso gerarchico in unico grado 
(intendente), esclusa la necessit� di organi consultivi 
speciali, diversi da quelli ordinari. Tuttavia, 
ove per puro ossequio alla tradizione si volessero 
mantenere le commissioni amministrative, anche 
qui il rico'rso dovrebbe ordinarsi per un unico 
grado (commissione provinciale) e la commissione 
dovrebbe esser composta in modo da essere veramente 
un organo dell'Amministrazione finan.ziaria(i::i 
sia pure integrato da altri elementi. Comunque, "' 
la Commissione centrale dovrebbe essere abolita. 

40 Fase giudiziaria: le questioni di mera 

estimazione dovrebbero essere attribuite ad una 

giurisdizione speciale, che potrebbe essere quella 

attuale opportunamente revisionata in adempi


mento del precetto contenuto nella VI disposizione 

transitoria della Costituzione. I criteri di revisione 

dovrebbero essere i seguenti: 

a) due gradi di giurisdizione (commissione 

distrettuale e commissione provinciale); 

b) composizione della commissione tale da 

assicurare la partecipazione dei rappresentanti 

delle categorie dei contribuenti in applicazione 

dell'ultimo comma dell'art. 102 della Costituzione; 

e) modo di nomina dei componenti ;tale da 

assicurare loro il massimo di indipendenza, in 

applicazione del 2� comma dell'art. 10$ della Costi-� 

tuzione; . 

d) obbligo della motivazione delle deci


sioni anche ai fini del sindacato da parte della Corte 

Suprema ai sensi dell'art. 111 della Costituzione, 

in relazione alla analiticit� tdell'accertamento, 

prescritta dalla legge tributaria sostanziale. 

. 5� Per quanto riguarda le questioni diverse 

dalla semplice estimazione: 

a) mantenimento della comp.etenza colle


giale con esclusione delle sezioni specializzate; 

b) procedura analoga a quella seguita per 

tutte le altre liti con lo Stato (foro dello Stato, 

notificazione all'Avvocatura, ecc.); 

e) mantenimento del 'Principio del solve 
et repete. 



-113 


Ove per le questioni di mera estimazione si 
ritenesse di non poter prescindere dall'azione giu.
diziaria ordinaria, ripetesi per mere ragioni di politica 
legislativa, si potrebbe allora, solo per le liti 
concernenti tali questioni, accettare lo schema formulato 
nel progetto, pur con tutte le riserve che 
abbiamo sopra formulato circa l'opportunit� di 
tale devoluzione di competenza ai giudici ordinari, 
che non pu� non lasciare giustamente perplesso 
chiunque abbia esperienza delle cause 
civili e della materia tributaria (si veda al riguardo 
anche un recente articolo dello Scandale sul quotidiano 
Il Tempo di Roma). 

12. Per quanto ci consta, siamo stati, :finora, 
i soli a rispondere all'invito del Ministro delle 
:finanze r, p::trteciparc alla discussione su questo 
progetto. Ci risulta, invero, che nel recente convegno 
del personale amministrativo delle Intendenze 
di finanza � stata presentata una relazione 
da un alto funzionario sulla riforma, ma essa si � 
limitata alla fase amminl.strativa del cont"0nzioso 
tributario, mentre il problema va necessariamente 
guardato e trattato nel suo insieme. 

Lungi da noi l'idea di voler fare della retorica, 
ma non possiamo non rilevare che la materia 
del contenzioso tributario � quanto mai delicata 
sicch� una riforma non sufficientemente meditata 
pu� comprometterne il buon funzionamento che 
costituisce condizione essenziale per un sano ordinamento 
tributario, nell'interesse ad un tempo 
dello Stato e dei contribuenti. 

LA REDAZIONE 

---JJK-JJWD 



D. I DOTTRINA 
ARNALDO DE VALLES: Regolamenti ministeriali e 
ordinanze generati.�� 

In;'una nota pubblicata in F.I., 1951, IV, 97 il 

De Valles ripropone, come problema di classifica


zione degli atti amministrativi, la opportunit� di 

distinguere i� regolamenti ministeriali� dalle� ordi


nanze. generali�. 

Prescindendo dagli atti puramente leciti, dagli 

atti che si esauriscono nell'interno dell' .Amministra


zione come ordini od istruzioni, e dagli atti speciali, 

nota il De Valles che non sempre hanno identica 

natura gli atti con cui si pongono� in essere nei con


fronti dei cittadini i poteri, i diritti e le obbligazioni 

che la legge ha attribuito ali' .Amministrazione, cio� 

gli atti giuridici generali esterni dell'autorit� ammi


nistrativa. 

Secondo il De Valles bisognerebbe distinguere: 
Regolamenti, che si individuano come atti contenenti 
norme giuridiche; destinati a tutti i cittadini; 
emanati, con la osservanza di determinate forme, 
solo da quelle autorit� cui la legge ne abbia attribuito 
la competenza; modificabili dalle stesse autorit� 
solo con provvedimenti di eguale forma, ma che, 
diversamente, non possono essere disattesi o der-ogati 
neanche dalla autorit� che li ha emanati; non 
esaurentisi in una serie di fattispecie. 

Ordinanze, che si individuano invece come ordini 
od ammissioni; non contengono norme giuridiche; 
si rivolgono anzich� alla generalit� dei cittadini, ad 
una pluralit� di destinatari individuabili secondo 
il loro stato; con l'ordinanza l' .Amministrazione 
esercita i propri poteri caso per caso o per una serie 
di fattispecie e per un tempo determinato e fissa 
le condizioni e le modalit� per tale esercizio e tale 
attuazione senza vincolarsi esenza vincolare i cittadini 
per il futuro. 

In taluni provvedimenti si trovano commisti 
elementi propri del regolamento con elementi caratteristici 
della semplice ordinanza. 

Fra i due tipi di provvedimenti, rileva il De 
Valles, possono riscontrarsi differenze oggettive, 
formali e soggettive. 

. Le disposizioni generali che racchiudono semplici 
provvedimenti si distinguono dalle disposizioni 
generali che costituiscono norme giuridiche in 
quanto chi emana queste ultime vuol perseguire 
tutti gli effetti propri del regolamento, cio� l'ind'erogabilit� 
che vincola anche chi l'ha emanato ad 
applicarne le norme in modo uniforme; l'efficacia 
erga omnes; la validit� nei confronti di tutti gli 
uffici amministrativi e degli organi di control�O; 

la capacit� di dar vita� a diritti perfetti o ad inte


ressi legittimi dei singoli. 

La sussistenza della v.lllont� di ottenere gli effetti 

connaturali all9J norma giuridica regolamentare, si 

estrinseca nella forma dell'atto. Formalmente � 

raro trovare delle disposizioni ministeriali denomi


nate regolam�nti; di solito tali disposizioni sono indi


cate come� norme per l'esecuzione� o come� norme 

per l'�pplicazione �. 

Secondo il citato .A., l'unico criterio per distin


guere il regolamento dall'ordinanza generale � il 

criterio formale: cio� la designazione di regolamento. 

Se poi con l'ordinanza generale l' .Amministra


zione eccede i poteri che le sono stati conferiti, se 

lede i diritti o restringe la libert� dei cittadinioltre 

i limiti segnati dalla legge, l'atto sar� illegittimo per 

questo motivo, allo stesso modo per cui sarebbe ille


gittimo un atto speciale, non per essere stato ema


nato un regolamento che in realt� non esiste. 

Seguono, nella nota del De Valles, taluni corollari: 

la competenza ad emanare regolamenti deve 
essere attribuita a determinati organi da legge 
formale, di regola in forma espressa; si pu� avere 
un'attribuzione generale al Governo o speciale ad 
altri organi; i regolamenti generali del Governo 
vanno registrati alla Corte dei conti, inseriti nella 
Raccolta Uff�cia�e delle leggi e decreti e pubblicati 
nella Gazzetta Ufficiate (legge 31 gennaio 1926 e 
Norme sulla promulgazione e pubblicazione delle 
leggi e dei regolamenti); � 

i regolamenti particolari seguono sia per la loro 
formazione sia per la pubblicazione le regole proprie 
agli atti del loro autore; per i regolamenti 
ministeriali, mancando nel nostro ordinamento una , 
forma legale di pubblicazione degli atti ministeriali 
che valga erga omnes, bisogner� distinguere 
i regolamenti che interessano la generalit� dei 
cittadini -da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale 
-da quelli che hanno come destinatari persone 
che con l'.Amministrazione si trovano iq uno speciale 
rapporto di soggezione (impiegati, studenti, 
ecc.) e da quelli che regolano servizi offerti dal1'.
Amministrazione ai cittadini (per queste ultime 
categorie basta la pubblicazione nel Bollettino del 
Ministero, che per� di per se non produce presunzione 
di conoscenza); 

le ordinanze generali, per entrare in vigore, 
non sono subordinate alla pubblicazione. 

Il De Valles conclude: non � il caso di lamentare 
un abuso nella emanazione di regolamenti ministeriali; 
l'abuso non consiste in un eccessivo numero di 
regolamenti ministeriali ma nella esorbitanza di 



-115 


poteri conferiti alla Pubblica Anuninistrazione, 
svincolata troppo spesso dall'obbligo di �emanare 
regolamenti. L'abuso resta quindi circoscritto nel 
eampo della politica legislativa, mentre questione 
giuridica pu� sorgere solo quando un Ministro con 
provvedimento generale disponga in materia riservata 
al potere regolamentare, cio� disponga molto 
di pi� di quanto potrebbe disporre con uno o pi� 
provvedimenti speciali, cosa che avviene quando 
esso tocchi interessi dei cittadini garantiti dalla 
Costituzione o dalla legge o da regolamento ge


nerale. 

*** . 

Le considerazioni del De Valles traggono spunto 
dalla nota a sentenza del Giannini M. S.: Sui Regolamenti 
ministeriali (nota a sentenza della Cassazione, 
Sezioni Unite 27 novembre 1950, n. 1126 
in � F.I. l1, 1950, 10, 664). 

Sostanzialmente il De Valles non entra in polemica 
con il Giannini, ma fa rilevare l'equivoco in 
cui si -pu� facilmente incorrere in tema di potest� 
regolamentare nel caso che qualsiasi provvedimento 
di ordine generale di un Ministro sia considerato 
come vero e proprio regolamento. Pertanto la nota 
del De Valles vuole essere un richiamo degli studiosi 
alle considerazioni dello stesso -Autore espresse 
con la nota pubblicata nella Rivista di Diritto Pub blico, 
1930, parte 1a, pag. 14.5. In tale precedente 
scritto il De Valles, � rilev?>to quanto gi� ammesso 
dalla pi� moderna dottrina in ordine alla non coin cidenza 
fra potest� discrezionale e potere regolamentare, 
si era chiesto in che cosa il decreto contenente

� 

un regolamento si distingua dal decreto contenente 
un semplice provvedimento, e com� il regolamento, 
atto amministrativo, si distingua da altri atti, pur 
sempre soggettivamente amministrativi, ma che 
non pongono in essere norme giuridiche. 

Fin d'allora il De Valles aveva indicato come 
elemento distintivo: �l'elemento sostanziale contenuto 
nell'atto che impone il regolamento; cio� la 
volont� di imporlo come norma giuridica n. 

* * * 

Non � il caso di prendere in esame in questa sede 
il problema del fondamento giuridico del potere 
regolamentare, problema veramente arduo, ampiamente 
discusso in dottrina (S. ROMANO: Corso di 
Diritto aministrativo, 2a ed. 1932, pag. 49; O. RANELLETTI: 
Istituzioni di Diritto pubblico 5a ed. 1935, 
pag. 395; G. ZANOBINI: Corso di Diritto Amministrativo, 
2a ed. 1939, vol. I, pag. 71; O. VITTA: Diritto 
amministrativo, 3a ed. 1948, vol. I, pag. 62; M. S. 
GIANNINI: Il potere discre.zionaledeUa P.A., Giuffr�, 
1939, pag. 108 e le monografie in detta opera citate 
in nota n. 9 del Bodda, Raggi, Orosa e Betti; ed in 
questa stessa Rassegna, marzo 1949, pag. 69 e 
segg.: R. Dr 0IOMMO: La facolt� del potere esecutivo 
di emanare norme giuridich'e secondo la Costituzione). 

La questione � da ritenere prevalentemente di 
competenza della dottrina generale del diritto. 

Meglio muovere senz'altro dalla attribuzione di 
potest� regolamentare sancita dall'art.. 3 delle Disposizioni 
sulla legge in generale, e pi� particolarmente, 
per quanto concerne i regolamenti ministe


ria.li, dal capoverso del .citato articolo: <<il potere 

regolamentare di altre autorit� � .esercitato nei 

limiti delle rispettive competenze in conformit� 

delle leggi particolari )), 

Posto per fermo che ciascun Ministro pu� em�


nare regolamenti solo allor.ch� .vi sia. specificata


mente autorizzato d� una legge, _r~sta da vedere 

se tutti i provv;edimenti di carattere generale ema


nati da un Ministro debbansi considerare regola


menti. 
_ La soluzione di tale dubbio precede logicamente 
_ogni indagine sugli eventuali vizi .del provvedi


mento perch� non autorizzato da legge o esorbi


tante rispetto ai limiti fissati dalla legge che lo 

autorizza,. poich� tali difetti sono imputabili ai 

regolamenti ministeriali ed a questi soltanto, non 

a qualsiasi altrQ :provvedimento di competenza 

d�l Ministro. 

Infatti, per mettere a fuoco l'interesse della que


stione, questo ci sembra sfa da tenere presente: 

nei limiti della propria competenza ciascuna auto


rit� amministrativa pu� emanare provve.dimenti 

amministrativi di ordine particolare (atti ammini


strativi in senso stretto); invece, fermo sempre il 

limite della competenza, regolamenti potranno 

es3ere emanati solo da determinate autorit� ed a 

seguito di una specifica autorizzazione di legge. 

Inoltre l'obbligo della pubblicazione (nella Gaz


zetta Uff�ciafo od in altri Bollettj_ni), che sussiste per 

i regolamenti, non vige per tutti gli altri provvedi


menti. 

Quindi possiamo chiederci: � accettabile la tesi 

del De Valles che sostiene la coesistenza di regola


menti ministeriali e di ordinanze generali dei Mi


nistri? Ed in subordine, � accettabile il criterio 

suggerito dal De Valles per individuare gli uni e le 

altre? 

Il primo quesito crediamo debba risolversi, in 

certi limiti, positivamente. ' 

Si tratta di vedere se fra le disposizioni .comune


mente intese come regolamenti, in quanto conte


nenti disposizioni gener�li dirette anche a terzi 

estranei all''.Amministrazione, non si debbano isolare 

provvedimenti che hanno carattere generale, perch� 

interessano �ateg�rie. di p�rsone estranee all' Ammi


nistrazione e concernono una serie di casi, ma non 

hanno la efficacia normativa dei regolamenti. 

Consideriamo la fattispecie presa in esame dalle 

Sez. Unite della Corte Suprema (sentenza 27 aprile 

1950 sopra citata): l'art. 15 R. decreto-legge 1938, 

n. 1387, aveva fissato e bloccato i-prezzi dei servizi 
di pubblica necessit�; per eventuali aumenti di 
detti prezzi con lo stesso decreto-legge era stato 
attribuito un potere dispositivo al Capo del Governo, 
al Ministro delle corporazioni, al Ministro per le 
comunicazioni. Le << determinazioni ll dei Ministri 
con cui poi furono variati i prezzi sono state ritenute 
dal Giannini (in nota alla indicata sentenza) 
veri e propri regolamenti in quanto atti normativi 
contenenti � proposizioni di carattere generale ed 
astratto n ed in quanto � strumenti di -y;:i,:r:iazione 
della norma generale determinativa dei prezzi ll.; 
sono state invece ritenute dalle Sezioni Unite <<una 
esecuzione della norma giuridica che. contenev� sia 
il divieto di ma~giorazione sia la facolt� di derogarvi 
n, e pertanto non soggette a. pubblicazioni. 

[ IfJ@fo i m �_e fil! fj @MlZfi:i[ E lbMLb&l& J&i!lZ�:f& 

-116 


Riteniamo che la Cc1,ssazione abbia ben deciso, 
e ci� non tanto perch� la determinazione del prezzo 
maggiorato sia semplice esecuzione della facolt� 
di aggiornare i prezzi concessa dalla citata legge 
(anche il regolamento ministeriale pu� dirsi costituisca 
esecuzione della legge che ne autorizza l'emanazione), 
bensi perch� obiettivamente la determinazione 
ministeriale non poneva in essere norme giuridiche 
valevoli erga omnes e Vincolanti l'Amministrazione 
a procede1re ~Ile medesime maggiorazioni i:q 
tutti i ci.si analoghi. Invero nella fattispecie esaminata 
dalle Sezioni Unite, il Ministro per le corpo,razioni, 
aveva stabilito cc l'aumento del prezzo 
dovuto, per determinati br�vi periodi di tempo, alla 
Societ~ Generale Elettrica della Sicilia dagli utenti 
di energia per usi industriali�, e tale provvedimento, 
pur diretto ad una pluralit� di interessati estranei 
alla Amministrazione, non poteva assurgere alla 
dignit� di regolamento mancando della astrattezza 
che caratterizza la norma regolamentare, esaurendosi 
cio� in una serie di fattispecie, senza vincolare 
-de jure -1'Amministrazione a consentire consimili 
maggiorazioni di prezzi in eguali fattispec!e. 

Vi sono dunque provvedimenti che sembrano 
differire dagli atti amministrativi in senso stretto 
perch� non sono diretti a produrre un effetto giuridico 
verso terzi solo in casi speciali, bensi in una 
serie di casi individualizzabili, anzich� singolarmente, 
come categoria; mentre si distinguono dai 
regolamenti perch� non dettano norme di carattere 
astratto, ma disposizioni valevoli per ciascuno dei 
casi comprensibili in una data categoria, uti singuli. 

Tuttavia non riteniamo possa sostenersi la esistenza 
autonoma di un particolare tipo di provvedimenti, 
detti dal De Valles cc ordinanze generali �, 
come categoria intermedia fra gli atti amministrativi 
in senso stretto ed i regolamenti. Le ordinanze 
generali non ci sembrano differire sostanzialmente 
dagli atti amministrativi in senso -stretto; esse 
presentano soltanto la particolare caratteristica di 
concernere, anzich� uno o pi� casi, una collettivit� 
indiscriminata di casi. Ma l'indole del provvedimento 
non muta secondo che il provvedimento 
concerna un caso, diversi casi, od una pluralit� 
indiscriminata di casi. Cos�, nella fattispecie esaminata 
dalle Sezioni Unite, la natura della cc determinazione 
� mini_steriale con la quale sono state maggiorate 
le tariffe della Societ� Generale Elettrica 
della Sicilia per l'energia industriale non � condizionata 
dal fatto che gli utenti siano stati molti 
o, per avventura, uno solo, ad es. le Ferrovie dello 
Stato. 

Conseguentemente i rilievi del De Valles a nostro 

avviso conservano valore esclusivamente come 

opportuno avvertimento a non lasciarsi ingannare 

dalle apparenze, cio� dal carattere generale del 

provvedimento, ad essere da ci� indotti a conside


rare regolamenti anche comuni atti amministrativi, 

come tali non soggetti a pubblicazioni. 

Non riteniamo poi possa seguirsi il De Valles 

allorch� indica il modo di distinguere i regolamenti 

da quegli atti an'un.inistrativi ministeriali, dal De 

Valles �detti ordin�nze� generali, che ai regolamenti 

somigliano perch� .diretti ad una pluralit� di terzi 

estranei all'Amministrazione. Tale differenza, se


condo il nostro A,,7 si accentrerebbe nella volont� 

dell'autorit� da cui promanano di imporre gli uni, 
a differenza degli altri, come norme giuridiche; 
volont� resa formalmente palese qualificando testualmente 
le disposizioni come regolamento. 

Anzitutto non pu� appaigare una distinzioni'\ 
fondata esclusivamente sulla denominazione del 
provvedimento, cio� dipendente dal fatto che l'autore 
presenti il provvedimento come regolamento 
oppure sotto la denominazione di norme di attuazione 
o di esecuzione. 

In secondo luogo, e principalmente, resta da 
vedere se il vigore regolamentare della norma debba 
necessariamente evincersi da una espressa volont� 
del suo autore e quindi dal criterio se non arbitrario 
almeno soggettivo di questo. 

Opiniamo invece che l'interprete possa e debba 
avvalersi di un criterio obiettivo nell'indagare se 
un provvedimento non qualificato testualmente 
come regolamento, sia da considerare regolamento o 
semplice atto amministrativo di ordine generale. 

Ilcriterio, a nostro avviso, potrebbe essere questo: 
nelle disposizioni dettate daun'autorit�amministrativa 
in uno o pi� casi singoli, oppure ancora per un 
complesso indiscriminato di casi c'� solo l'intento 
di provvedere per determinate fattispecie (poche 

o molte, di trascurabile entit� o di grande importanza, 
non importa), mentre nell'intento dell'A., 
e ci� che pi� importa, nella mens legis delle 
norme regolamentari, � insito il fine di disciplinare 
giuridicamente in tutto o in p"arte una determinata 
materia. � 
Forse � opportuno considerare preliminarmente 
il problema nei suoi elementi pregiuridici. In pra-@ 
tica le istanze della dinamica amministrativa impongono 
agli organi competenti di provvedere prontamente 
in ogni evenienza anche quando manchino 
precedenti od allorch� si tratti di un caso determinato 
da situazione eccezionale e contingente. 
La medesima esigenza pu� indurre alla emanazione 
di provvedimenti di ordine generale diretti pur 
sempre al solo fine di provvedere ad una congerie 
di casi singoli o per speciali contingenze. Solo in 
seguito al ripetersi di casi analoghi od al perpetuarsi 
delle condizioni apparse in un primo tempo 
come contingenti, si sentir� la necessit� di una regolamentazione, 
e solo allora si disporr� della necessaria 
esperienza che consentir� di procedere alla; 
regolamentazione giuridica. 

Sia consentito ricorrere alla efficacia chiarifica


trice di una similitudine: altro � disporre un numero 

pi� o meno rilevante di argini o dighe lungo il corso 

di un fiume, altro � regolamentare il corso di un 

fiume; bench� nell'un caso come nell'altro, mezzi 

necessari ed idonei sono appunto gli argini e le 

dighe. 

Ci� � di intuitiva evidenza. Che si tratti di argini 
molteplici ma isolati o di regolamentazione organicarisulter� 
poi non tanto dalla finalit� che il progettista 
dichiari essersi proposto di cons�guire, quanto 
dal carattere funzionale delle opere stesse. Proprio 
nel carattere funzionale pu� cogliersi il rie~ca,to ~elemento 
distintivo: sar� infatti possibile giudicare� 
se un argine ha lo scopo limitato di protegi:;ere dalle 
acque un castello (o temporaneamente i lavori di 
fondazione di un po'1te, o un gruppo di storichevillti, 
od un ancor non precisato numero di case coloniche 




-117 


; 

da costruirsi in un'an'fla del fiume) sicch� l'argine 
sia da porre in diretta ed esclusiva correlazione con 
UJ:!.O dei cennati specifici e concreti compiti protettivi, 
oppure se l'argine ha il compito di disciplinare 
la violenza delle acque in modo da influenzare il 
corso del fiume normalizzandone la corrente. 

Il criterio non � quindi quantitativo: mentre diversi 
apprestamenti frammentari non valgono a 
disciplinare le acque, in altri casi una sola diga pu� 
essere sufficiente a regolamentarle. 

L'attivit�. amministrativa, considerata sotto l'aspetto 
giuridico, si svolge sia mediante provvedimenti 
specifici (per casi singoli o per una pluralit� 
di casi), sia mediante l'enianazione di norme regolamentari 
di carattere astratto. bisogner�. indagare 
di volta in volta se una o pi� disposizioni sono 
dirette, per quanto rilevabile dal loro stesso tenore, 
a provvedere per una o pfo fattispecie, oppure a 
dettare norma disciplinatrice della condotta presente 
e futura di terzi e dell'Amministrazione stessa. 

Solo in quest'ultima ipotesi ci si trover� in presenza 
di norme animate da quel carattere astratto e 
programmatico -validit�. erga omnes (compresa 
la stessa Amministrazione) e per casi ipotetici 
attuali o futuri -tipico del regolamento come di 
Og"J?-i norma giuridica, ed estraneo agli atti amministrativi 
in senso stretto. 

L'astrattezza ed il carattereprogrammatico sono, 
in ultima analisi, le sole sostanziali differenze fra la 
norma regolamentare e l'atto amministrativo in 
senso stretto; fra la ordinanza amministrativa e 
l'ordinanza giuridica, secondo la terminologia della 

.�,si dottrina tedesca; o, se si preferisce, fra ordine ammi


w nistrativo ed ordine normativo (L. GALATERJ;A: 
Teoria giuridica degli ordini amministrativi, Giuffr�, 
1950, pag. 69). 
Gi� il Romano (Corso di Diritto costituzionale, 
pag. 253) ha posto in evidenza che in contrapposto 
con le cc volizioni-azioni, concrete ed in atto�, la� 
volont� espressa dalla norma di legge deve essere 
sempre astratta, ed ha sottolineato che solo l'astrat,
tezza � carattere essenziale della norma di legge, 
non anche la generalit� intesa quale, il � contemplare 
una classe o serie di fatti, azioni, individui, 
rapporti>>. 
In altri termini l'essere l'ordine generale non 
implica per ci� stesso che esso costituisca norma 
giuridica regolamentare. Sta all'interprete, in base 
al su ricordato criterio, stabilire caso per caso se 
una disposizione ministeriale sia da considerare 
ordine efficace per una pluralit� di casi o regolamento. 
Se le superiori considerazioni hanno un qualche 
fondamento, � da respingere la protesta del Giannini 
per l'eccessivo numero di regolamenti ministeriali 
non autorizzati da legge od eccedenti i limiti della 
delega, rilevando, come ha notato il De Valles, che 
in molti casi non si tratta di regolamenti ma di 
semplici atti amministrativi compresi nella competenza 
del Ministro. Ed � altres� da opporre alla critica 
mossa dal De Valles alla P.A., a suo avviso 
poco ossequiente all'obbligo di emanare regolamenti, 
che questi ultimi non possono essere improvvisati: 
non � che l'Amministrazione rifugga dallo 
emanare regolamenti. onde non restare legata al 
rispetto delle norme in essi contenute, ma � la 

effervescenza dei problemi che quotidianamente 
richiedono una soluzione amministrativa, a non 
consentire una immediata sistemazione regolamentare, 
ove si voglia ragionevolmente evitare la incongruenza 
e il danno di regolamenti soggetti poi 
a frequentissimi ritocchi, modificazioni o rifacimenti. 
Il che, per il buon andamento dell' Amministrazione 
e per i terzi che sulle norme regolamentari 
possono fondare diritti o interessi legittimi, 
produrrebbe inconvenienti maggiori di quelli che 
hanno provocato le critiche dei predetti � Autori. 

(F. A.) 
ANTONIO BERLIRT: Sulla natura giuridica e sulla 
disciplina dell'avocazione dei profitti di regime. 

Nota alla sentenza 18 gennaio 1951, n. 152 della 

Cassazione (Foro It. 19i�, gennaio, 426). 

La Corte Suprema nell'anno.tata sentenza afferma 
apoditticamente che l'avocazione dei profitti 
di regime non risponde al concetto di tributo 
ma a quello di responsabilit� per fatto illecito e 
tenta di suffragare s� reciso insegnamento sostenendo 
che il tributo, sotto qualsiasi specie lo si 
voglia considerare, non importa mai avocazione 
totale allo Stato �dei beni che colpisce, sibbene 
quello di quota o percentuale; cosicch� quando 
totale sia l'avocazione si esula completamente dal 
concetto di tributo per entrare in quello di confisca 
o di sanzione. Il carattere sanzionatorio sarebbe 
poi confermato dallo stesso decreto legislativo 
27 luglio 1944, n. 159 che pone l'avocazione fra le 
sanzioni contro il fascismo e dal fatto che per adire 
le apposite Commissioni istituite per decidere tale 
materia, Commissioni aventi carattere giurisdizibnale, 
la legge non richiede il preventivo pagamento 
dell'importo accertato. 

Il Berliri kt,sorge recisamente contro siffatte 

proposizioni e facilmente dimostra l'erroneit� dei 

criteri seguiti dalla Cassazione, mettendo in iuce 

che la legislazione patria offre palesi esempi di 

imposizioni, pacificamente qualificate tributarie, 

che sono tali pur colpendo al 100 per .cento l'og


getto dell'imposta (D.L. 17 maggio 1940, n. 598 

istitutivo dell'imposta del 100 per cento sulle spese 

voluttuarie; decreto 27 dicembre 1940, n. 1714 

che colpiva al 100 per cento i passaggi di riserv� 

a capitale; art. 18 del decreto 27 maggio 1946, 

n. 436 sull'avocazione dei profitti di contingenza; 
L. 24 settembre 1940, n. 1298 ad integrazione delle 
imposte sui profitti e sugli aumenti di patrimonio 
derivanti dalla guerra, istituite con RR. DD. 21 
novembre 1915, n. 1643 e 14 novembre 1919, numero 
2164); cosicch� viene a perdere ogni consistenza 
il primo argomento addotto dalla sentenza 
annotata. 
N � maggior difficolt� incontra l'Autore ad 
infirmare il secondo argomento, in quanto osserva 
che la Corte Suprema ha tralasciato di portare il 
suo esame su tutte le modificazioni subite dall'avocazione 
dei profitti di regime, la quale � stata di-sciplinata 
giuridicamente ex nO't'O dopo la prima 
affrettata veste datale dalla legge del 1944 e dalle 
sanzioni contro il fascismo venne definitivamente 



-118 


svincolata col 'D.L. 26 marzo 19'16, n. 1;34 per 
essere inquadrata nel sistema tributario giust<L lo 
stesso titolo del decreto in parola. 

Ed allora -i1ota il Berliri -se la Cassazione ha, 
ritenuto di poter qualificare sanzione o confisca 
l'avocazione dei profitti di regime perch� contenuta 
inizialmente in una disposizione legislativa intitolata 
<< sanzioni contro il fascismo��, oggi che la norma 
in esame � <e inquadrata nel sistema tributario >> 
giusta il titolo della nuova legge che ha sostituito, 
con profonde modifi,cazioni, l'originario precetto 
legislativo, la Cassazione doveva coerentemente 
adeguare il suo giudizio alla vigente disciplina che 
ha radicalmente trasformato l'istituto portandolo 
al rango di vera e propria imposta e trarre argomento 
contrario alla propria tesi dal titolo del 

D.L.L. n. 134, del 1946. 
Il Beriiri rafforza poi la propria critica rilevando 
come il concetto dell'avocazione (sanzione) appaia 
insostenibile rispetto ai profitti, del pari avo-� 
ca.bili a mente delPart. 5 del decreto n. 134, derivanti 
da requisizioni o da qualsiasi prestazione 
involontaria, poich� � ovvio non possa essere configurato. 
�fatto illecito n l'imposizione subita dal 
cittadino senza possibilit� di ribellione; cosi come 
repugna alla coscienza giuridica configurare illecita 
l'accettazione della nomina ad accademico 
d'Italia od a ministro di Stato, qualifiche che rientrano 
fra quelle che consentono l'avocazione. 

E poich� le avocazioni previste in virt� delle ipotesi 
ora menzionate sono regolate 'dalle stesse disposizioni 
che disciplinano gli altri casi, non vi � motivo 
giuridico per considerare fatti illeciti questi 
ultimi e negare tale qualifica ai primi. 

Ammette l'A. (ritiene esempio calzante l'art. 18 

del decreto 27 maggio 1946 sulla avocazione dei 

profitti di contingenza) che il concetto di sanzione 

abbia -sia pure soltanto in parte -indirizzato 

il legislatore a disporre l'avocazione dei profitti 

di regime, ma considera giustificazione politica 

della norma, non suo contenuto giuridico questo 

arri�repens�e, tanto pi� che se si trattasse di respon


sabilit� per fatto illecito avrebbe dovuto influire 

sulla misura della avocazione la maggiore o mi


nore rilevanza dell'azione del responsabile, mentre 

ci� non � a�vvenuto. 

L'ultimo argomento addotto dalla sentenza a 
riprova del carattere non tributario dell'avocazione 
(esclusione del solve et repete) .appare al Berliri 
inconsistente poich� egli nega che il solve et repete 
costituisca la conseguenza logica ed inevitabile del 
principio della esecutoriet� degli atti amministrativi 
e lo qualifica semplice forma di coazione indiretta 
che il legislatore pu� a suo piacimento imporre 

o non ed osserva che in ogni caso l'obbligo del preventivo 
pagamento del tributo � circoscritto ai giudizi 
avanti l'autorit� giudiziaria e non trova quindi 
applicazione nei procedimenti che si svolgono 
avanti giudici speciali, di qualsiasi tipo, che non 
appartengano all'ordine giudiziario. 
Dopo siffatte premesse critiche l' A. svolge la 
parte costruttiva della nota giacch� giustamente 
avverte che per dimostrare il carattere tributario 
dell'avocazione non � sufficiente confutare gli argomenti 
addotti dalla Suprema Corte, ma sarebbe 

d'uopo accertare se l'aYocazione, ei:;aminata alla 
stregua della definizione dell'imposta, quale istituto 
giuridico, ne contenga tutti gli elementi essenziali. 
Il Berliri non ritiene di poter seguire tale 
criterio, stimando che manchi a tutt'oggi una definizione 
pienamente soddisfaoonte sia del tributo 
in genere, sia dell'imposta, ma desume il carattere 
tributario dell'avocazione dai seguenti elementi : 

a) evoluzione storica dell'istituto; 

b) lettera della legge; 

e) disciplina giuridica dell'istituto. 

Sub a) D� grandissima importanza al fatto che 
l'avocazione, in origine compresa nel decreto 27 luglio 
1944, n. 159 sulle sanzioni contro il fascismo, 
fu poi regolata ex novo dal decreto 22 settembre 
1945, n. 623, venendo infine inquadrata nel sistema 
tributario col D.L.L. 26 marzo 1946, n. 134. 
le cui istruzioni, che al Berliri si presentano quasi 
come atti parlamentari attesa la delega al Governo, 
contengono espressioni di univoco valore rispetto 
alla natura tributaria dell'imposizione, tanto che 
il soggetto passivo viene qualificato quale << contribuente 
n. 

Sub b) Appare all'A. probante della mens legis 
fiscale il trasferimento (art. 1 D.L.L. n. 623 del 
W45) delle attribuzioni sulla avocazione dall'Alto 
commissario per le� sanzioni contro il fascismo al 
Ministero delle finanze, trasferimento collegato 
allo specifico intento (art. 3) di apportare alle norme 
correlative tutte quelle modifiche che si fossero rese 
necessarie anche per coordinare le norme stesse 
con ogni altra di carattere tributario. Coordina-@ 
merito, quindi, di disposizioni che debbono avere 
la stessa natura e che appunto per essere omogeneamente 
fiscali non possono non concernere se 
non la stessa materia, quella tributaria. Intento 
che il Berliri trova realizzato appieno nel D.L.L. 

n. 134 del 1946 che nel titolo � inquadramento nel 
sistema tributario dell'avocazione dei profitti di 
regime n offre certezza della qualifica d'imposta 
spettante alla avocazione medesima; qualifica ribadita 
dal termine << contribuente � applicato al 
soggetto passivo negli artt. 25, 27, 28 e 30 della 
norma in esame e che non poteva essere tecnicamente 
usata se non si fosse trattato d'imposta. 
Sub e) Infine, il Berliri si appoggia validamente 

alla palese identit� della struttura della avoca


zione con quella dell'imposta sui profitti di guerra, 

pi� volte richiamata nel testo del decreto, e rileva 

che (art. 19, 10 comma) gli accertamenti.spettano 

agli Uffici distrettuali delle imposte dirette; che lo 

stesso art. 19 ai comma 3� e 40 estende all'avoca


zione, salvo. espresse disposizioni in contrario, le 

norme valevoli per l'accertamento dei profitti di 

guerra, e ci� anche per la presentazione delle di


chiarazioni da parte di coloro che vi sono tenuti; 

che l'art. 21 e l'art. 30, ultimo comma, richiamano 

per la risoluzione delle vertenze e per la riscossione 

del credito erariale le norme dettate -per l'imposta 

sui profitti di guerra. 

Ben a ragione l' A. conclude pertanto che non si 

possa dubitare del carattere tributario dell'avoca


zione dei profitti di regime, dato il manifesto paral


lelismo, anzi la quasi assoluta parificazione di tutto 



-119 


l'iter della procedura, dalla presentazione. della 
denunzia alla riscossione del credito, ad una imposta 
vera B propria. 

Salvo dissenso su qualclHJ proposizione (del tutto 
marginale rispetto alla natura di tributo indubbiamente 
spettante all'avocazione dei profitti di ngime) 
quale, ad esempio, la q�ualifica data al solve et re-� 
pete, conveniamo pienamente sull'esattezza della 
serrata critica mossa del Berliri alla sentenza della 
Corte Suprern,a, i cui argomenti non appaiono e non 
sono convincenti. 

Pensiamo, anzi, che la stessa Cassazione non debba 
fermarsi a tale suo primo giudizio, giacchf. in due 
successive pronunzie, rese a Sezioni Unite, troviamo 
qualche elemento che ci induce a stimare possibile 
un riesame .della prima opinione. Infatti la sentenza 
27febbraio1951, n. 492, pur mantenendo ferma la gi� 
dichiarata inapplicabilit� del solve et repete avanti la 
Corte Suprema in punto d'impugnativa di decisioni 
della Commissione centrale, non ha richiamato (lo 
nota anche il Berliri in breve commento nel Foro It. 
1951, I, 718) i principi della sentenza n. 152, ma 
significativamente ha ammesso, sia pure in via di 
mera ipotesi, la possibilit� che .l'avocazione abbja 
carattere di tributo. L'altra pronunzia (n. 799 del 
6 aprile 1951) compie un lieve passo in avanti, af


fermando che l'avocazione, pur inquadrata nel sistema 

tributario per quel che riguarda l'accertamento e la 

esazione, non ha per� esclusivo carattere di tributo, 

il che, se mal non interpretiamo il pensiero della Su


prema Corte, pu� anche significare tendenziale ab


bandono del concetto di sanzione gi� affermato in 

modo s� reciso nella sentenza 18 gennaio 1951 ed un 

larvato avvicinamento alla tesi propugnata dall' A v


vocatura. 

� vero che l'ammissione della Cassazione tende a 

minimizzare l'indubbio valore dell'inquadramento 

della avocazione nel sistema tributario, giaoch� di 

tal sistema parteciperebbe, secondo la Corte Suprema, 

soltanto per quanto attiene all'accertamento ed alla 

esazione, ma resta sempre da precisare, esclusa ormai 

la qualifica di confisca-sanzione, a qual categoria 

delle entrate dello Stato possa l'avocazione essere 

ricondotta. Non certo alle entrate di diritto privato 

cke per la loro stessa natura troppo si differenziano 

dall'istituto in esame ed �allora altro non resta se non 

la categoria (f,ei tributi alla quale la mens legis, la 

disciplina, formale e sostanziale nettamente l'ade


guano: 

Inoltre se fosse da escludere il carattere tributario 

dell'avocazione, bisognerebbe concilia.re, e non � da11


vero facile. la possibilit� di concordato prevista dal


l'art. 27 del D.L.L. n. 134 del 1946 con la natura di 

sanzione-confisca o con quella di. entr(lta di diritto 
privato; quando inve(Je � pacifico che il concordafo 
� uno degli istituti caratteristici dei tributi in genere 
ed ha tali e tante peculiarit� fiscali da rendere inconciliabile 
la sua inserzione quale mezzo per dirimere 
le controversie fra soggetto passivo .drell'avoca~ione ed 
ufficio impositore con �la natura non tributaria della 
avocazione stessa. � 

Da ultimo stimiamo, piu ottimisticamente del Berliri, 
possibile e tecnicamente piu suadente ricondurre 
l'indagine ai criteri desunti dalla scienza della 
finanza e dal diritto tributario. � stato -infatti gi� 
validamente sostenu.to che l'avocazione dei profitti 
di regime rivestiva i caratteri d'imposta straordinaria, 
reale, mobiliare, oggettiva, sin da quando aveva 
la sua disciplina nel. D.L.L. 2.7 luglio 1944 e nel 

D.L.L. 31 maggio 1945, n. 364 (D. A. FOLIGNO: 
Confisca dei beni ed avocazione dei profitti. di regime, 
Milano, Giuffr�, 1945, pag. 16-20) e, a fortiori, 
dopo l'entrata in vigore del D.L.L. 26 marzo 
1946, n: 134 (D. .A. FOLIGNO: Confisca dei beni ed 
:.i,vocazione cit. -Appendice, Milano, Giuffr�, 1946, 
p. 9): caratteri riiwontrabili: A) dal punto di vista 
della scienza delle finanze, nel prelievo coattivo di 
parte della ricchezza privata, per esigenze di riparazioni 
del danno pubblico ove la prevalenza degli elementi 
politico e sociologici conferisce carattere extra 
fiscale all'avocazione ina non esclude l'elemento economico 
quale prestazione di servizi pubbli<fi ed indivisibili; 
B) dal punto di vista del diritto tributario, 
nella indubbia costituzione di un �rapporto giuridico 
di imposta; 
a) fra lo Stato e i soggetti alla sua potest� 
finanziaria; 
b) da una situazione di fatto: 

1o il cui presupposto oggettivo � l'esistenza di 

un profitto if,i provenienza politica, ovvero l'esistenza 

di iin incremento patrimoniale, quale indice del 

profitto; 

2� e si determina, per effetto di relazione fra 

quel presupposto e una persona fisica o giuridica; 

c) secondo una strutt�ra complessa: ossia: 

1o con obbligazioni a carico del soggetto pas


sivo (dichiarazioni) cui corrispondono poteri della 

Pubblica Amministrazione (richieste, ispezioni, ecc.); 

20 e con il debito di imposta (prestazione pe


cuniaria) determinabile in concreto attraverso un 

calcolo, secondo un criterio di capacit� contributiva 

che non si snatura solo perch� tale capacit� si iden


tifichi con la totalit� dei profitti. 

Cosicch� bene � fondata la speranza che la Suprema 
Corte voglia condurre nuovo e pi� approfondito 
esame nell'interessante problema. � 

(E. M.) 

RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA 


APPALTO -Pubblica Amministrazione -Norme del 
capitolato generale -Richiamo nei contratti che 
interessino enti diversi dallo Stato -Natura. (Corte 
di Cass., Sez. I, Sent. n. 1761/51 -Pres. : Piacentini, 
Est.: Del Mastro, P.M.: Pomodoro-Martorelli contro 
Amministrazione Provinciale di Benevento). 

Le disposizioni del capitolato generale. per le 
opere dello Stato, in quanto emanate in base ad 
espressa autorizzazione legislativa, hanno valore 
di norme obiettive di carattere dispositivo. � per� 
evidente che la loro osservanza � obbligatoria soltanto 
se il contratto d'appalto interessa l'ente per 
il quale il capitolato generale fu predisposto e cio� 
lo Stato. � 

Ove pertanto l'appalto interessi un ente diverso 
dallo Stato, il rinvio che alle dette disposizioni si 
faccia nel contratto ha carattere ricettizio e la norma 
regolatrice richiamata non pu� avere che lo 
stesso carattere dell'atto giuridico che la richiama, 
ossia carattere contrattuale. 

In questa Rassegna (1948, fase. 1-2, pag. 7), nell'annotare 
la sentenza n. 1479-47 in causa Ministero 
dei trasporti contro Compagnia generale LL. 
PP., ponevamo in rilievo come la giurisprudenza 
secondo la quale veniva negata la natura giurisdizionale 
ai collegi arbitrali delle 00. PP., in quanto 
non disposti da una norma di legge non era in contrasto 
con la giurisprudenza della Corte Suprema 
stessa la quale attribuiva carattere normativo, sia 
pur regolamentare, al capitolato g�nerale di � appalto 
per le opere pubbliche. 

Avvertivamo altres� che 11i erano state affermazioni 
incidentali in senso contrario in sentenze della 
stessa Corte Suprema ma che ad esse non doveva 
darsi valore di mass�ima. 

Con la sentenza in esame queste nostre considerazioni 
trovano piena conferma e il carattere normativo 
del capitolato generale di appalto � stato nuovamente 
riaffermato, precisandone i confini. 

COMPROMESSO ED ARBITRI -Appalto di opera 
pubblica -Aggiudicazione -Controversie. (Corte di 
Cass., Sez. I, Sent. n. 1133-51 -Pres. : Carmada Bartoli, 
E':lt. : Celentano, P. M. : Eula-Scolari contro 
Provveditorato 00. PP. ~li.cllia). 

Avvenuta l'aggiudicazione di un appalto di oper~ 
pubblica, ed anche prima della stipula del relativo 
contratto, ogni controversia che sorga tra Ammh 
nistrazione e appaltatore � soggetta alla compe-� 
tenza del Collegio arbitrale previsto dal Capitolato 
generale delle Opere pubbliche. 

La Corte ha cos� motivato: 

In tema di. rapporti tra Amministrazione e deliberatario, 
la stipula del contratto ha, pi� che altro, carattere 
forma le in quanto il deliberatario resta vincolato 
(art. 336 legge 20 marzo 1865, n. 2248) dal momento 
in cui ha sottoscritto l'atto del deliberamento,. 
e tale atto, a norma dell'art. 16 della legge 18 novembre 
1923 sulla Contabilit� generale dello Stato, non ha 
bisogno ormai pi� neanche di essere sottoscritto. 

Il predetto art. 16, a dirimere ogni _incertezza al 
riguardo, esplicitamente dispone, anzi, che i processi 
verbali di aggiudicazione definiti-va, in seguito ad 
incanti pubblici o a private licitazioni, equivalgono 
per ogni legale effetto al contratto. 

Per modo che, avvenuta che sia l'aggiudicazione, 
ogni controversia che success�'Vamente insorga fra 
Amministrazione appaltante e appaltatore, in natura 
non soltanto tecnica o contabile, ma anche di indole 
giuridica in relazione alle condizioni di� aggiudicazione 
medesima ed agli obblighi da essa derivanti, @) 
attiene all'esecuzione del contratto di appalto e rientra 
nella competenza del collegio arbitrale. 

La soluzione appare ineccepibile, ma naturalmente 
il pensiero della Corte Suprema va integrato 
nel senso che la validit� del contratto tra il Ministero 
e l'appaltatore, se non richiede la stipulazione di atto 
scritto, quando vi sia stata la aggiudicazione, richiede 
pur sempre i.l f armale decreto di approvazione da 
parte dell'Amministrazione, ai sensi delle norme sulla 
contabilit� generale dello Stato. 

DEMANIO -Beni patrimoniali indisponibili -Sac


chi della sussistenza militare -Alienazione effettuata 

sotto l'imperio della r. s. i. -Inefficacia assoluta. 

(Corte di Cass., Sez. II civ., Sent. n. 1179-51 -Presidente: 
Russo, Est. : Cippo, P. M.: Modigliani -Ministero 
Difesa-Esercito contro Ditta Orvieto). 


Le norme del D.L.L. 5 ottobre 1944, n. 249, 

in quanto stabiliscono la inefficacia o irrilevanza 

giuridica di determinate manifestazioni di attivit� 

della r.s.i. hanno carattere dichiarativo, non san


ciscono una inefficacia in senso tecnico, un divieto 

cio� di produzione di effetti giuridici per atti che ne 

sarebbero potuti essere capaci, ma confermano la 

irrilevanza degli atti stessi di fronte all'ordina.mento 

dello Stato italian�. 

L'alienazione di beni patrimoniali� dello Stato 

compiuta da organi della sedicente r.s.i., ��-atfo � 

privo di efficacia rispetto all'ordinamen.to giuridico 

dello Stato italiano. 

I sacchi della sussistenza militare son� beni 

patrimoniali indisponibili che non possono essere 



121 


I 
. 
la parte del terzo finch� non� 
ro destinazione in conformit� � 

. t 
~aochi per mezzo di asta pub-" 
organi della sedicente r.s.i.� 
;ti previsti dalla massima pre


almente la motivazione di que~
a il pregio di fare il punto con 
e nella questione della sistema
�.s.i. nell'ordinamento giuridico 

elaborazione dottrinale e. giuriroblema 
della sistemazione nelao 
italiano degli atti della r.s.i. 
t� svolta dalla r.s.i. si qualifica 
1rdinamento diverso dallo Stato 
wincipio della pluralit� degli 
~de la necessit� di una norma di 
so la quale uno degli ordinauello 
dellq Stato italiano, attri
�idica all'attivit� dell'altro ordi:
a r.s.i., consideri, cio�, come 
svolto in seno all'altro ordina


to n. 249 del 1944 in quanto sta


(/, di determinati atti dell'attivit� 

o in sostanza e confermano che 
:ssere 
recipiti nell'ordinamento 
riferiti in qualsiasi modo allo 

'alienazione dei beni patrimoipiuta 
da organi della sedicente 
: presenta gi� per s� come atto 
spetto all'ordinamento giuridico 
indipendente dalla formale di1acia 
espressa, per tale categoria 

i. 249 del 1944 �. 
:amente ineccepibile la motivain 
ordine al punto della inappli3 
a beni patrimoniali indisponimpre 
sostenuta dall'Avvocatura 
isso i giudici di merito ha avuto 
~llata era della Corte di Appello 

Requisizione in uso di un com' 
commerciale o professionale -
ientare, quando � dovuta, arti' 
n. 1741 del 1940 -Ritardo nella 
la indennit�. (Corte di Cass., Sezio4/
951 -Pres.: Curcio -Est.: Lomerto 
-Min. Difesa-Esercito contro 
~erriere Pugliesi). 

. requisizione in uso di un com


commerciale o professionale, 
mentare � dovuta, a termini 
reto n. 17 41 del 18 agosto 1940, 
nella liquidazione dell'indennit� 
to conto solo del valore venale e 
lito industriale o commerciale o 
1 mezzo della cosa requisita se 
t che la requisizione riguardi un 

bene singolo costituente mezzo indispensabile per 
l'esercizio di una delle predette attivit�, sia che 
riguardi il complesso di beni organizzati. 

li'indennit� supplementare � altres� dovuta se, 
colpendo la requisizione soltanto una parte dei beni 
organizzati, �l'indennit� mensile venga liquidata 
senza tener conto del reddito degli altri beni non 
requisiti i quali siano rimasti improduttivi. 

Ir. La Pubblica Amministrazione non pu� considerarsi 
in mora per il pagamento fin quando non 
abbia esplicato tutti gli accertamenti e controlli 
prescritti secondo una determinata procedura cui 
� tenuta per legge. 

In ordine alla prima massima la Oorte ha �os� 

statuito: 

:, Gol primo motivo si denunzia la violazione e falsa 
applicazione dell'art. 60 in rapporto agli artt. 55, 56 
e 57 del decreto 18 agosto 1940, n. 1741, per avere il 
Comitato giurisdizionale centrale per le controversie 
in materia di requisizioni riconosciuto alla Societ� 
Acciaierie e Ferriere Pugliesi il diritto all'indennizzo 
una tantum mentre la possibilit� di corrispondere 
detto indennizzo, ai sensi del citato art. 60, sarebbe 
ammessa solo per i casi di requisizione parziale, cio� 
di requisizione di entit� patrimoniale facente parte di 
un complesso industriale, commerciale o professionale, 
e non anche nei casi, come � quello di cui si discute, in 
cui la requisizione ha per oggetto l'intero stabilimento 
industriale, in tutto il suo complesso. La censura � 

fondata. 

La concisa motivazione della sentenza denunciata 

in cui � stato omesso ogni esame sul contenuto e sulle 

finalit� dell'art. 60, fa pensare che il Comitato giuri


sdizionale centrale abbia ritenuto applicabile la norma 

in esame in ogni caso in cui la cosa requisita in uso 

sia mezzo indispens,abile per l'esercizio di un'attivit� 

industriale, commerciale o professionale, qualunqu.e 

sia l'ampiezza della requisizione e comunque questa 

incida nella sfera patrimoniale di colui cui appartiene 

il ~ene requisito. 

Una siffatta interpretazione non aderisce alla fina


lit� della norma contenuta nell'art. 60. 

L'indennit� serve a risarcire il danno economico 

che subisce colui che � privato della cosa requisita, 

danno economico che non sempre si esaurisce e si 

identifica, ove si tratti, come nella specie, di requisi


zione in uso, nella perdita del godimento della cosa. 

Talvolta infatti la requisizione pu� avere, per la parti


colare destinazione e funzione del bene requisito, pi� 

ampie ripercussioni di queWe che normalmente deri


rano dal fatto della privazione del bene stesso. 

Oi� pu� avvpnire sia quando del complesso di beni 

organizzati per l'esercizio d'una impresa vengano 

requisiti soltanto alcuni la cui difficolt� di rapida 

sostituzione, e fino a quando questa non si effettui, 

renda impo~ibile il funzionamento dell'impresa, sia 

quando la requisizione colpisca l'intero complesso di 

beni organizzati (o anche una cosa singola non fa


cente parte di una organizzazione) il aual'e per la sua 

destinazione, sia il mezzo indispensabile per l'esercizio 

di una industria, di un commercio o di una prof es


sione. 

Nel primo caso l'indennit� limitata ai soli beni 

requisiti non copre l'intero danno restando scoperto 

quello che deriva dall'impossibilit� di uso degli altri 


~ri d�l 1941, 
!1a questione. 
in,o � esatta. 
Ja legittimit� 
~.tale accerta


~inistrazione 

!~ 

l~nza sarebbe 

~to: la duplice 

hto all'Inten


!opposizione. a 

!eato l'autorit�

!attivit� giuri


iua qualit� di 

lalere in giudi


d'el pagamento 

1! (G. B.) 

!ritto al risarc�� 
fso .di estinzione 
[iello di .Brescia, 
~ontr~ Ministero 


'.: 

iitto al risarci


folazione di vei


~to il danno sia 

i'e questo venga 

borre dalla data 

lata del provve


!sentenza che lo 

i sentenza di cui 
i'che ci sembra di 

I 
~ 
Giuseppe che il 
~uto prescritto il 
Inno, basandosi s~ 
!letterale dell'arti-. 
~nfronti dei terz~, 
1es a quo non dia 
~renza del termine 
la applicazione del 
inza. Tale assurito 
!La questione se.il_ 
iirt. 2947 Ood. Civ. 
~rcimento del danno 
~li, debba decorrere 
~ legge come reato, 



--124 


e questo � estinto in seguito ad amnistia) dalla data 
di entrata in vigore del provl!edimento di clemenza, 
oppure dalla data della sentenza che.dichiara la estinzione 
del reu,to, � gi� stata risolta da questa Corte 
�On sentenza 8-16 novembre 1950, nella causa Volpi 
contro Ferrovie dello Statn; ne gli argomenti svolti 
dall'appellante nella presente controversia possono 
indurre in diverso avviso. Fu rilevato in quella decisione 
che la distinzione fra le due ipotesi, che il reato 
8ia estinto per causa diversa dalla prescrizione, o <Jhe 
8ia intervenuta sentenza irrevocabile. nel giudizio penale, 
non avrebbe avuto ragione di essere formulata 
nell'art: 2947, se anche per la prima ipotesi il termine 
di prescrizione dovesse decJrrere dalla sentenza che 

dichiara l'estinzione. 

� In tai caso sarebbe stata sufficiente. l'unica ipotesi 
della sentenza irrevocabile, essendo noto che anche la 
sentenza dichiarativa dell'estinzione � soggetta ad impugnazione 
da parte del pubblico ministero, e quindi 
ad essa dovre1>be estendersi il requisito della irrevocabilit�. 
O, pi� esattamente, si sarebbe specificato che 
il termine decorre dalla data della sentenza che dichio.
ra estinto il reato, o dalla data della sentenza irrevocabile 
intervenuta nel giudizio penale. Fu inoltre 
posto in evidenza che la distinzione contemplata dal-� 
l'art. 2947 � in perfetta armonia col dispu8to del primo 
comma dell'art. 183 c. p. secondo il qitale "le 
cause di estinzione del reato o della pena operano nel 
momento in cui esse intervengono ''. Dal che si desume 
che il decreto di amnistia esercita immediatamente e 
in pieno diritto la sua efficacia; e che la sentenza, la 
quale non fa che riconoscere la sussistenza delle condizioni 
richieste per la applicazione di esso, � dic}/,iarativa 
ed ha effetto retroattivo al giorno in cui il decreto 

di amnistia � entrato in vigore �. 

Abbiamo omesso l'altra parte della motivazione in 

cui sono confutate peregrine argomentazioni dell'ap


pellante che il giudice di secondo grado doveva pur 

valutare, ma che in sede dogmatica non meritano 

considerazioni. 

Ci indugiamo, piuttosto, in una materia che non ha 

precedenti giurisprudenziali della Corte Suprema 

(almeno a nostra conoscenza); per precedenti di Corti 

di merito, oltre la sentenza della stessa Corte ricordata 

in questa di cui si annota la massima, cons. in senso 
contrario (Corte App. Bari, J5 giugno B48, in �Rep. 

F.I. ))' 1949, 1282, 9), a rilM1are came i due argomenti 
posti a base della sentenza della Corte di Brescia 
(lettera del 3� comma, ultima parte.dell'art. 2947 e.e. 
ed armonia della distinzione contenuta in� questa 
norma colle disposizioni di cui al 1o Q._omma 
dell'art. 183 c.p.), siano rappresentati in termini di 
cui la conclusione � indubbiamente esatta, ma con 
incertezza di ordine sistematico facilmente rilevabile. 
Preso atto infatti che il legislatore penale dispone 
ch,e (< le cause di estinzione del reato o della pena operino 
nel momento in cui esse intervengono (art. 183, 
1� comma c.p.); non solo � inesatta l'interpretazione 
che dell'art. 2947, ultimo comma, seconda parte c.p., 
l'appellante pretendeva dare nella fattispecie in esam[J, 
ma sarebbe contraria alla unitariet� del sistema legislativo 
una formulazione di questa norma del codice 
civile diversa da quella adottata dal legislatore del 
1942 (nel codice del 1865 non si rinviene norma corrispondente, 
cos� come in quello penale del 1889 non 
esiste disposizione corrispondente a quella di cui al 
1� comma, dell'art. J83 c. p.), secondo la quale 
sussiste distinzione netta tra i casi definiti con sentenza 
irrevocabile nel giudizio penale ed i casi di estinzione 
di reato per causa diversa dalla prescrizione. 
Intendiamo cio� affermare che una formulazione 
diversa dell'ultima parte, 2� capoverso, dell'art. 2947 

e.e. non sarebbe stata possibile (onde non � neppure 
a parlarsi di interpretazione nei sensi pretesi dall'appellante 
della norma in esame), se non si fosse voluto 
disattendere le conseguenze che necessariamente deb-e�.. i 
bono trarsi dal criterio accolto nell'art. 183, primo f,'Wf ~ 
comma c.p., in sede di una delle preminenti applicazioni 
di esso. La distinzione, insomma, della cennata 
norma civile � una conseguenza inevitabile 
dell'esaminata norma penale: cos� �, perck� non 
potrebbe essere altrimenti a meno che si volesse indul� 
gere a quella incertezza che sempre deriva dalla difformit� 
del sistema. Parlare quindi di armonia che 
appare, secondo la Corte di Brescia, sussistere quasi 
per caso � non rendersi conto della connessione molto 
pi� stretta, in parte de qua., tra i due rami del 
diritto. 

(F. O.) 

.RASSEG�NA DI LEGISLAZIONE 


I .PROVVEDIMENTl SONO ELENCATI SECONDO L'ORJJIN� 

DI PUBBLICAZIONE SULLA e GAZ7.'ETTA Ufi'P'IOTALE � 

I. 
L Legge 18 maggio 1951, n. 328 (G.U. n. 115): Attribuzioni 
e. funzionamento degli organi delle Amministrazioni 
provinciali. -Cos� come si � fatto per i Comuni, 
dopo la loro ricostruzione su base elettiva, anche per le 
Amministrazioni provinciali � stata richiamata in 
vigore la legge comunale e provinciale del 4 febbraio 
1915, n. 148. � da notare che, mentre per i Comuni fu 
richiamata solo questa legge, per le Provincie la presente 
legge richiama in vigore anche le modificazioni 
apportate con il R. decreto 30 dicembre 1923, n. 2839. 

2. 
Legge 18 maggio 1951, n. 333 (G. U. n. 117): Norme 
interpretative ed integrative della legge 21 ottobre 1950 
n. 841, concernente l'espropriazione, la bonifica, la trasformazione 
e l'assegnazione dei terreni a�i contadini. La 
legge n. 841 � stata commentata in questa Rassegna, 
1950, pag. 204. 
Secondo quanto abbiamo detto ivi, noi non dubitiamo 
della perfetta costituzionalit� dell'art. 2 della 
presente legge che disciplina in modo particolare il 

. metodo per valutare i terreni soggetti ad esproprio, 
quando non siano colpiti dall'imposta straordinaria 
progressiva sul patrimonio. Di notevole importanza 
gli art. 5 e 6 che tendono ad ovviare a! gravi inconvenienti, 
lamentati da pi� parti, e derivanti dal sistema 
invalso tra i proprieta;ri dei terreni espropriandi, i 
quali, prima dell'espropriazione, tagliavano piantagioni, 
asportavano impianti, opere, ecc. per venderli 
ad un prezzo certamente maggiore di quello che avrebbero 
ricavato in sede espropriativa. Un dubbio che pu� 
sorgere nell'applicazione dell'art. 6 � quello che concerne 
la legittimazione ad agire per"il risarcimento del 
danno. Potrebbe infatti sostenersi che l'ente espropriante 
non possa considerarsi danneggiato dalla distruzione 
o deterioramento degli impianti, piantagioni, 
ecc. in quanto il valore di questi non sarebbe 
compreso nella relativa indennit� di espropriazione, Ci 
sembra, tuttavia, che possa obiettarsi che l'ente espropriante 
� il titolare dell'interesse economico-sociale 
alla conservazione in efficienza dei terreni espropriati, 
atteso lo scopo della espropriazione, e sia quindi ben 
legittimato a far valere la pretesa al risarcimento del 
danno previsto dall'art. 6. 

3. Legge 
22 marzo 1951, n. 337 (G. U. ~. 118): Condono 
di sanzioni per infrazioni alle leggi sul matrimonio dei 
militari. -Potrebbe dubitarsi della costituzionalit� 
di questa legge, in relazione all'art. 79 della Costituzione,* 
se si tien copto che, malgrado sia formulata 
come una estensione di condono gi� concesso (D.L.C. 
P.S. 20 agosto 1947, n. 1514) si tratta sostanzialmente 
di un nuovo condono che dovrebb'essere concesso dal 
Presidente della Repubblica nella forma previste dal 
citato art. 79. Pu� peraltro osservarsi che l'art. 79 si 
applica alle amnistie ed agli indulti di carattere penale, 
ma non ai condoni di sanzioni amministrative. 
II. 
SENATO DELLA REPUBBLICA 
!� 
Disegno di legge n. 1703 (iniziativa parlamentare): 

Elevazione del limite di et� per il collocamento a riposo 
de� funzionari statali con funzioni direttive. -Il testo 
del disegno di legge non sembra affatto in armonia 
con la relazione della Commissione. In particolare, 
non si riesce a capire se al compimento del 70� anno di 
et�' i funzionari direttivi debbano o soltanto possano 
essere collocati a riposo d'ufficio. Il testo del disegno 
d1 legge sembra debba intendersi nel primo senso; la 
relazione si esprime nel secondo senso. Se fosse cos� 
si sarebbe finito col togliere all'Amministrazione il 
potere di collocare a riposo funzionari direttivi che ab. 
biano compiuto i 65 anni, ferma restando la facolt� 
d1 trattenere in servizio anche quelli che abbiano olt.repassato 
i 7 O anni. 

2. Disegno di legge n. 1766 (iniziativa governativa): 
Delega al Governo per l'emanazione dei testi unici in 
materia di organizzazione e di servizi dell'Amministra. 
zione delle poste� e telecomunicazioni e dell'Azienda di 
Stato per i servizi telefonici. -Non si tratta di una 
delega ad emanare un testo unico vero e proprio, per 
il quale forse il potere esecutivo non ha bisogn'O �di de�._ 
lega da parte del Parlamento, ma si tratta qui non solo 
di coordinare norme esistenti, ma di emanare norme 
nuove aventi forza di legge. Bench� la delega sia for. 
mulata in modo molto ampio, non sembra che si esca 
fuori dai confini segnati dall'art 76 della Costituzione. 



~IWE1111"'"711'F7Wlf'"' ill!Rlil~ 


l 

SISTEMATICO I 
I 
DELLE e o� N su L T A zI �o N I 

LA FORMULAZIONE DEL QUESITO NON RIFLETTE IN ALCUN MODO LA SOLUZIONE OHE NE � STATA DATA 

AMMINISTRAZIONE PUBBLICA. -I) Quale sia 
la natura giuridica dell'UNSEA e degli UPSEA (n. 114). 
-II) Quale sia agli effetti tributari la natura giuridica 
dell'I.R.I. (n. 115). 

APPROVVIGIONAMENTI E CONSUMI. -Se la 
Amministrazione italiana debba rispondere del,, controvalore 
di merci sequestrate da una Prefettura d~lla r.s.i. 
in relazione a procedimento penale per violazione annonaria 
attribuita ad un cittadino italiano residente in terri 
torio successivamente passato ad altro Stato (n. 26). 

AUTOVEICOLI. -I) Se l'Autorit� amministrativa 
debba restituire una patente di guida ritirata in seguito 
ad un investimento, quando, durante l'istruzione penale, 
sia concesso il nulla osta per l'Autorit� giudiziaria (n. 32). 
-II) Quali siano i rapporti tra Autorit� giudiziaria e 
Autorit� amministrativa in materia di ritiro di patenti 
di guida in ~aso di investimenti automobilistici (n. 33). 

AVVOCATI E PROCURATORI. -Se l'UNSEA e gli 
USPEA siano difesi dall'Avvocatura dello Stato (n. 14)� 

BANCA. -Quale sia la responsabilit� d'una banca 
incaricata del servizio di cassa per conto di un ente 
Pubblico la quale paghi mandati formalmente o sostanzialmente 
falsi (n. 4). 

CINEMATOGRAFIA. Se la Societ� Autori ed 
Editori abbia diritto all'aggio per la riscossione dei diritti 
erariali sugli spettacoli anche in relazione a quelle so=e 
costituenti l'abbuono che ai sensi dell'art. 14 della legge 
20 dicembre 1949, n. 958 spetta agli esercenti di sala cinematografica 
che proietti film nazionali (n. 6). 

CITTADINANZA. -Se il certificato di cittadinanza 
rilasciato dal Comune di residenza costituisca prova incontestabile 
della qualit� di cittadino (n. 7). 

COMPROMESSO ED ARBITRI. -Se ed in quali 
limiti possano compromettersi ad ar'f?itri le controversie 
sulla esclusione di �n socio dalla Societ� (n. 4). 

CONCESSIONE. -l) Se lo Stato italiano sia� tenuto 
1n forza del Trattato di Pace ad indennizzare un cittadino 
delle Nazioni Unite al quale non sia stata rinnovata 
una concessione mineraria durante la guerra (n. 26). Il) 
Se possa ricostruirsi un atto di concessione amministrativa 
quando manchi qualsiasi documPnto che vi si 
riferisca (n. 27). 

DANNI DI GUERRA. -Se pos!la pagarsi l'indennizzo 
per danni di guerra spettante ad un assente, a colui il 
quale sia stato immesso nel possesso temporaneo dei beni 
di questo (n. 29). 

DIVISIONE. -Se sia necessario l'atto scritto per provare 
l'esistenza d'una divisione immobiliare .avvenuta 
prima dell'entrata in vigore del R. decreto 9 novembre 
1916, n. 1525 (n. l). 

ENFITEUSI. -I) Quale sia la differenza tra l'aumento 
dei canoni enfiteutici disposto dall'art. IO della 
legge Il giugno 1925, n. 998, e l'aumento consentito dall'art. 
962 del c. c. (n. 18). --II) Se un tacito accordo 
tra enfiteuta e concedente di sospendere il pagamento 
dei canoni valga a sospendere il corso della prescrizione 
quinquennale (n. 18). 

ENTI E BENI ECCLESIASTICI. -Se i diritti del 
sacerdote al supplemento di congrua siano da considerarsi 
beni mobili (n. 15). 

ESECUZIONE FISCALE. -Se l'esattore che abbia 
provocato la dichiarazione di fallimento di un� contribuente 
sia tenuto prima di chiedere la revoca della 
dichiarazione per annullamento dell'accertamento d'im� 
posta a chiedere il pagamento delle spese di giudizio 

(n. 22). 
ESPROPRIAZIONE PER P.U. -I) Se per fissare 
l'indennit� di espropriazione di aree sulle quali debbano 
costruirsi i fabbricati a carattere popolare ai sensi dell'art. 
55 del decreto-legge IO aprile 1947, n. 261 (ora articolo
� IO, legge 25 giugno 1949, n. 409) possa applicarsi 
la legge di Napoli (n. 66). -II) Se nel caso di occup~zione 
temporanea di aree per esigenze militari, sulle quali 
aree siano state co.struite delle opere, possa al momento 
della restituzione di esse ai proprietari,invece di rimettere 
le aree in pristino, corrispondersi il valore della sola 
superficie occupata dalle opere (n. 67). 

FERROVIE. -I) Se sia dovuto il rimborso di maggiori 
spese di viaggio dovute sostenere da un �viaggiatore 
per passare da un vagone ordinario invaso dal fumo ad.� 
un vagone letto (n. 131). -Il) Se sia applicabile il regolamento 
internazionale veicoli (RIV) per la disciplina 
dei rapporti tra l'Italia e la Francia per l'utilizzazione di 
carri francesi durante ilperiodo in cui l'Italia fu occupata 
dai tedeschi e dagli alleati (n. 132). 



-127


GU.ERRA. -I) Quale sia la regolamentazione dei rapporti 
relativi alle navi requisite che si trovarono nella 
�zona occupata dai tedeschi dopo 1'8 settembre 1943, in 
relazione al recupero di noli pagati per queste navi dal 
Governo della r.s.i. (n. 110). -II) Quali siano i criteri 
da seguire per la restituzione dei beni gi� asportati dai 
tedeschi e riconsegnati all'Italia dagli alleati (decretolegge 
24 aprile 1948, n. 896) e se sia possibile la ripartizione 
proporzionale dei beni stessi nel caso di mancata 
prova dell'appartenenza specifica (n. 111). 

IMPIEGO PRIVATO. -Quale sia la definizione del 
(( dirigente(( ai fini della legge sull'impiego privato e del 
trattamento previdenziale (n. 20). 

IMPIEGO PUBBLICO. -I) Quali siano le norme da 
seguire per la effettuazione delle ritenute cautelari ed 
esecutive sullo stipendio (n. 265). -II) Se possa procedersi 
a ritenuta sullo stipendio di un impiegato per 
danni da costui arrecati ad altra Amministrazione al di 
fuori dell'esercizio delle sue funzioni o dell'adempimento 
del suo servizio (n. 265). -III) Quale sia il trattamento 
del pubblico impiegato in relazione alle ferie non godute 

(n. 266). -IV) Se presupposto essenziale per la ricostruzione 
della carriera di esonerati per motivi politici sia la 
conservazione da parte degli stessi della cittadinanza 
italiana (n. 267). -V) Se debba essere collocato a riposo 
il dipendente dello Stato il quale non abbia prestato giuramento 
di fedelt� alla repubblica per essersi trovato, al 
'.momento della entrata in vigore del decreto-legge 5 agosto 
1947, n. 837 in territorio non soggetto alla sovranit� 
italiana, e si rifiuti, una volta rientrato nello Stato, di 
prestare il giuramento stesso (n. 268). 

IMPOSTA DI REGISTRO. -I) Quale sia il trattamento 
tributario da farsi-ad una convenzione con la quale 
un'impresa si impegna a costruire una centrale elettrica 
per conto dell'Amministrazione con passaggio della propriet� 
della centrale stessa allo scadere di un certo periodo 

(n. 68). -II) Se dal punto di vista della legge di registro 
debba considerarsi come unica una convenzione nella 
quale si stabilisca l'impegno per un'impresa di costruire 
una centrale elettrica per conto dell'Amministrazione e 
l'Amministrazione, quale parte di compenso, si impegna 
a traportare energia elettrica sulle proprie linee a favore 
dell'Impresa stessa (n. 68). . 
IMPOSTA SULL'ENTRATA. -Se debba pagarsi 
l'imposta sull'entrata da parte di una Societ� italiana che 
abbia acquistato all'estero come commissionaria di ditte 
italiane della carta che poi trasferiva in Italia alle sue 
committenti (n. 28). 

IMPOSTE E TASSE. -I) Se la Societ� Autori ed 
Editori abbia diritto all'aggio per la riscossione dei diritti 
erariali sugli spettacoli anche in relazione a quelle somme 
costituenti l'abbuono che ai sensi dell'art. 14 della 
legge 20 dicembre 1949, n. 958, spetta agli esercenti di 
sala cinematografica che proietti films nazionali (n. 160). 
II) Se l'I.R.I. sia equiparata agli effetti tributari alla 
Amministrazione dello Stato (n. 161). 

MATRIMONIO. -Se il genitore di uno dei coniugi 
divorziati all'estero sia legittimato a chiedere la deliberazione 
della sentenza di divor~io in Italia (n. 7). 

NAVI. -Quale sia la regolamentazione dei rapporti 
relativi alle navi requisite che si trovarono nella zona 

occupata dai tedeschi dopo 1'8 settembre 1943, in relazione 
al recupero di noli pagati per queste navi dal Governo 
della r.s.i. (n. 45). 

PENSIONI. -I) Se alle anticipazioni ed agli acconti 
di pensione sia applicabile la prescrizione biennale�prevista 
dall'art. 2 del R. decreto-legge 19 gennaio 1939, 

n. 295 (n. 45). -II) Se in caso di impedimento da parte 
dei titolari diretti i certificati di iscrizione di pensione 
possano effettuarsi anche a coloro che abbiano soltanto 
una procura per l'incasso della pensione stessa (n. 46). 
PREZZI. -Se i crediti dello Stato per il recupero 
delle differenze di prezzo su giacenze di cereali possano 
ritenersi privilegiati (n. 9). 

PRIGIONIERI DI GUERRA. -Se la restituzione 
delle somme erogate a famigliari di militari inesattamente 
considerati prigionieri di guerra debba far carico 
solo a coloro che le somme hall;no percepite o anche ai 
militari (n. 13). 

REGIONI. -Se contro un provvedimento prefettizio 
di occupazione temporanea d'urgenza di immobili per 
esigenze di accasermamento di forze di polizia, effettuata 
in Sicilia, debba ricorrersi in via gerarchica al Presidente 
della Regione o al Ministro dell'interno (n. 18). 

RESPONSABILITA' CIVILE. -I) Se una banca 
incaricata delle operazioni di cassa per conto di un ente 
pubblico debba rispondere dei pagamenti effettuati su 
mandati falsi compilati da un dipendente dell'ente stesso 

(n. 118). -II) Se l'Amministrazione possa transigere 
una vertenza derivante da investimento automobilistico 
commesso da un proprio dipendente acconsentendo ad 
accollare a quest'ultimo solo la n�et� della somma che essa 
deve pagare a titolo di risarcimento del danno (n. 119). 
SENTENZA CIVILE. -Se il genitore di uno dei coniugi 
divorziati all'estero sia legittimato a chiedere la 
deliberazione della sentenza di divorzio in Italia (n. 4). 

SOCIETA'. -Se ed in quali limiti possano compromettersi 
ad arbitri le controversie sulla esclusione di un 
socio dalla Societ� (n. 35). 

SUCCESSIONI. -Quale sia la natura giuridica del 
diritto dello Stato all'eredit� vacante (n. 27). 

TERREMOTI. -Se possa revocarsi da parte della 
Amministrazione per illegittimit� la concessione di un 
sussidio a danneggiati da terremoti (n. 7). 

TRANSAZIONE. -Se l'Amministrazione possa transigere 
una vertenza derivante da investimento automobilistico 
commesso da un proprio dipendente acconsentendo 
ad accollare a quest'ultimo solo la met� della 
somma che essa deve pagare a titolo di risarcimento del 
danno (n. 3). 

TRATTATO DI PACE. -I) Se lo Stato Italiano sia 
tenuto in forza del Trattato di Pace ad indennizzare un 
cittadino delle Nazioni Unite al quale non sia "st�ta rinnovata 
una concessione mineraria durante la guerra


(n. 33). -II) Quale sia la disciplina dei rapporti tra lo 
Stato Italiano e la Francia in relazione all'uso di veicoli 
ferroviari francesi nel periodo della occupazione tedesca 
ed alleata in Italia (n. 34).