ANNO XII -N. 7-8-9 LUGLIO-AGOSTO-SETTEMBRE 1959 RAS.SEGNA MENSILE DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I PUBBLIClAZIO'NE DI SEBYIZIO I LA CORTE COSTITUZIONALE I l SUI RAPPORTI TRA LO STATO E LA REGIONE SICILIANA LEGGI E DECRETI -Potere di decretazione d'urgenza; non spetta alla Regione siciliana. (Corte Cost., n. 50 del 1959, Pres.: Azzariti: Rel.: Jaeger; Commissario dello Stato c. Regione siciliana). La emanazione di un atto legislativo, emesso in forma capace di attribuire alle sue disposizioni forza di legge, non pone in essere un conflitto di attribuzioni, ma una questione di legittimit� costituzionale. La questione di legittimit� costituzionale di una legge regionale pu� essere prop�sta in via diretta dallo Stato per qualsiasi motivo d'illegittimit� costituzionale anche soltanto formale, perch� la Regione eccede dalla sua competenza legislativa anche quando emana disposizioni in contrasto con la Costituzione. La Regione siciliana non pu� emanare decretilegge ma soltanto leggi. Trascriviamo il testo integrale della motivazione in diritto della sentenza. 1. La Regione ha opposto al ricorso le eccezioni di inammissibilit�, che si sono riferite, e che la Corte ritiene opportuno esaminare congiuntamente, anzich� singolarmente in relazione ai motivi del ricorso. Nelle deduzioni scritte, nella memoria e nella discussione orale la difesa della Regione ha svolto ampiamente la tesi che il ricorso dovrebbe venire dichiarato inammissibile, in particolare per quanto concerne il primo motivo, perch� la legge non consentirebbe qualsiasi ricorso in via principale fondato sulla violazione della Costituzione, ma solo quello per vizi di competenza. Perci� si � anche accennato in tali scritti alla figura del conflitto di attribuzione, che non ricorre e non pu� ricorrere nel caso del presente giudizio, il quale concerne la legittimit� di un atto legislativo, emesso in forma capace di attribuire alle sue disposizioni forza di legge, anche se poi si sostiene che esso sarebbe semplicemente un atto accessorio e di esecuzione di un precedente provvedimento amministrativo. Gli argomenti addotti dalla difesa della Regione a sostegno di questa tesi non sono da accogliere. Ij Si � affermato che nella specie dovrebbe consideI )rarsi applicabile, anche per il principio generale della unit� giurisdizionale, che escluderebbe la ammissibilit� di un trattamento diverso per la I ! Sicilia rispetto alle altre Regioni, la norma del-I 1'art. 127 della Costituzione. Si � poi detto che i questo disciplina anzitutto il controllo preventivo di legittimit� e lo contiene entro i limiti della queI I stione di competenza, come risulta dal tenore del quarto comma, che prevede il rinvio della legge I solo per il vizio di incompetenza; e che, d'altra l parte, il comma seguente deve considerarsi stretl tamente legato al quarto. Il controllo di legittiI mit� costituzionale che va tenuto ben distinto da quello sulla osservanza della ripartizione delle competenze, sempre secondo la difesa della Regione, sarebbe sempre regolato nel sistema co~ stituzionale italiano in modo del tutto diverso, e cio� attraverso la proposizione in via incidentale della questione di legittimit� costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge dello Stato e delle Regioni, cosi soltanto si potrebbe attuare infatti una duplice fase di controllo, esercitato prima ad opera del giudice del processo principale e successivamente, se del caso, della Corte costistituzionale. Senonch� questa Corte ha gi� avuto pi� volte occasione di interpretare l'art. 127 della Costituzione, anche in tema di ricorsi proposti dallo Stato contro le Regioni, ed ha ritenuto che la parola �competenza� usata in tale disposizione comprenda ogni violazione di norme costituzionali, quale che sia il vizio di legittimit� costituzionale denunciato, compreso quello di illegittimit� formale. Essa ha anche precisato recentemente che la Regione eccede dalla propria competenza legislativa non soltanto se legifera in materia non compresa nella specifica elencazione della norma statutaria, ma an�che quando emana disposizioni legislative in contrasto con la Costituzione, e che in tale caso vizio di incompetenza e v�zi� di illegittimit� costituzionale coincidono (sentenza 30 aprile 1959, n. 30); ed ha poi ritenuto tale principio valido per tutte le Regioni, compresa la Sicilia (sentenza 15 luglio 1959, n. 47). -88 La eccezione di inammissibilit� del ricorso per questa parte non pu� pertanto essere accolta. 2. Secondo la difesa della Regione, il ricorso del Commissario dello Stato sarebbe poi, per altro verso, inammissibile per acquiescenza: il decreto inlpugnato non costituisce il primo atto di intervento della Regione nella materia, vi eran9 stati per il passato il decreto assessoriale 27 aprile 1949, il decreto assessoriale 20 maggio 1950, e da ultimo, il decreto del Presidente della Regione 28 maggio 1959, n. 203/A, i quali tutti non hanno formato oggetto di ricorso per conflitto di attribuzlone. Con tale inattivit� lo Stato avrebbe riconosciuto, in modo specifico', la piena appartenenza della materia alla competenza regionale. .Anche su questo .punto, peraltro, la Oort.e costituzionale ha gi� avuto pi� volte occasione di pronunciarsi. Con sentenza 7 marzo 1957, n. 44, essa, pur non escludendo a priori che nei giudizi di legittimit� costituzionale proposti in via principale possano avere rilevanza preclusioni che spiegano effi.cacia nei giudizi inter partes, dichiarava che in tali giudizi non possono trovar pstoo istituti, come quello della inammissibilit� del ricorso per acquiescenza quali sono stati specialmente elaborati nella giurisprudenza amministrativa. Con la sentenza 16 dicembre 1958, n. 88, la Corte conferm!lva tale principio, osservando che il Collegio non si era discostato e non .riteneva di doversi discostare da questo indirizzo. E altrettanto ritiene nel caso del presente giudizio. 3. Respinte :le eccezioni di inammissibilit� proposte dalla difesa della Regione, si deve passare all'esame del primo motivo del ricorso del Commissario dello Stato, il quale sostiene che la Regione siciliana non pu� emanare decreti -legge, ma soltanto leggi. Lo Statuto speciale della Si�ilia non contiene alcuna disp�sizione e.Splicita sull'argomento. Da questa constatazione il Commissariato dello Stato deduce la conseguenza che i decreti -legge non sono ammissibili perch�, trattandosi di una forma eccezionale di attivit� legislativa, che importa una deroga alle regole di competenza, sarebbe stata necessaria una norma costituzionale apposit�. La difesa della Regione, al contrario, afferma che il potere di decretazione di urgenza trova il suo fondamento nello stato di necessit� e sussiste quindi anche nel silenzio della legge; aggiunge poi che esso corrisponde ad un principio generale dell'ordinamento positivo, desumibile da una pluralit� di norme, quali l'art. 77 della Costituzione, le legge 31 gennaio 1926, n' 100, l'art. 7 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E, gli artt. 153, 140, 251, 324 della legge comunale e provinciale del 1915 e l'art. 342 di quella del 1934, l'art. 353 Testo unico delle leggi sanitarie, ecc. Essa attribuisce poi un valore particolare alla norma contenuta, per le Regioni a Statuto ordinario, nell'art. 126 della Costituzione, che riconoscerebbe il potere di decretazione d'urgenza alla Giunta (rectius, Commissione di tre. membri) nominata a seguito dello scioglimento del Consiglio regionale. Essa ricorda anche la sentenza 7 febbraio 1950, n. 13, delP.Alta Corte per la Regione siciliana, che riconobbe l'applicabilit� alla Sicilia dell'arti� colo 76 della Costit11zione, con un procedimento analogico che dovrebbe valere anche per le norme sulla decretazione di urgenza; e osserva che ogni delegazione presuppone una particolare posizione dell'organo delegato, capace di esercitare il potere che gli viene conferito, e che, se il Governo regionale pu� emanare norme in base alla delegazione, non si vede perch� non potrebbe farlo ove sussistano le condizioni della decretazione di urgenza. Rileva poi gli inconvenienti e i pericoli di una soluzione negativa, contestando decisamente che su materie di competenza regionale possa emettere decreti -legge lo Stato. In quanto alle difficolt� di funzionamento della procedura di controllo preventivo su provvedimenti di urgenza regionale, afferma che il principio di urgenza dovrebbe prevalere comunque anche sui controlli previsti per le leggi ordinarie. � 4 . .Ad avviso della Corte, questi argomenti non possono condurre ad una soluzione affermativa del problema in esame, come non pu� trovare applicazione nella specie la tesi che attribuisce carattere ed effi.cacia di fonte del diritto alla necessita, poich� nell'ambito dell'ordinamento costituito non esiste alcuna possibilit� di derogare all'ordine delle competenze. N� il richiamo all'articolo 134 della Costituzione, n� quello all'art. 33 della legge 11 marzo 1953, n. 87, possono valere ai fini della presente causa, perch� n� l'una n� -l'altra norma prevedono o escludono espressamente la figura del decreto -legge. Nemmeno si pu� ritenere che dalle numerose disposizioni legislative ricordate dalla difesa della Regione, le quali regolano ipotesi molto diverse fra loro, e le regolano con soluzioni diverse, possa desumersi la sussistenza di un principio generale dell'ordinamento, per il quale gli organi del potere esecutivo sarebbero autorizzati a sostituirsi a quelli legislativi ogni qualvolta ravvisassero, o pretendessero di ravvisare, situazioni esigenti un pronto intervento del legislatore. L'art. 77 della Costituzione, approvato non senza opposizioni dall'Assemblea costituente, proclive a diffidare di possibili abusi da parte del potere esecutivo, subordina l'adozione di provvedimenti provvisori con forza di legge da parte del Governo a presupposti molto gravi (casi straordinari di necessit� e d'urgenza) ed esige adempiamenti successivi sottoposti a termini rigorosi, al punto che, se le Camere legislative chiamate a convertire in legge quei provvedimenti sono sciolte, esse devono essere convocate appositamente e riunirsi entro cinque giorni. Lo Statuto speciale della Regione siciliana, che non prevede siffatti provvedimenti provvisori, non contiene ovviamente neppiir� alcuna precisazione di presupposti, di termini e forme �pef la conversione, tanto che il Presidente della Regione ha ritenuto di dovere egli stesso dettare una disposizione apposita (art. 3). -89 Nessun argomento si pu� ricavare dalla esistenza in Sicilia di leggi di delegazione e tanto meno dalla giurisprudenza di questa Corte, che non ha avuto ancora occasione di esaminare ex professo la questione della ammissibilit� di siffatte leggi nell'ordinamento regionale siciliano. Anzi, del testo della legge regionale 26 gennaio 1949, n. 4jmodificata con le leggi 10 settembre 1949, n. 52, e� 3 gennaio 1952, n. 1), recante una �Delegazione temporanea di potest� legislativa al Governo della Regione �, poi rinnovata ripetutamente, si desumono argomenti in senso del tutto opposto. Nell'art. 1 di detta legge si leggeva invero una delegazione della potest� di emanare norme aventi forze di legge al Governo della Regione, oltre. tutto � su conforme parere delle Commissioni legislative permanenti dell'Assemblea, nei limiti delle rispettive competenze �, tanto in ordine alla organizzazione ed al funziona.mento provvisorio degli uffici e dei servizi della Regione, quanto � nei casi in cui sia opportuno provvedere con urgenza in rapporto alle c�ondizioni particolari ed alle esigenze proprie della Regione �. Il conferimento di una siffatta potest� legisla tiva di urgenza ai. Governo della Regione da parte dell'Assemblea regionale, per tempo determinato e previo parere vincolante delle Commissioni �egislative, dimostra che l'Assemblea, stessa ri conosceva che il Governo regionale non era gia investito di tale potest�, perch� non si poteva, ritenere applicabile, neppure in via analogica la norma contenuta nell'art. 77 della Costituzione della Repubblica. Perci� l'Assemblea credette di poter supplire, con una legge ordinaria, al di fetto di una norma attributiva di competenza. D'altra parte non sussistono le pretese analogie fra l'istituto della delegazione legislativa e quello della decretazione di urgenza, che si fondano su presupposti del tutto diversi. Il primo deriva in fatti da una unit� di intenti :fra l'organo titolare del potere legislativo ed il Governo, a cui le Assem blee stesse conferiscono la potest� di legiferare su materie, che difficilmente si presterebbero .ad essere regolate attraverso lunghi e complicati dibattiti da collegi molto numerosi; e, del resto, nel nostro sistema, l'esercizio del pot�re delegato � limitato nel tempo e vincolato a direttive pre cisate nella legge di delegazione. Tali presupposti non ricorrono invece nel caso del decreto -legge, che � un atto del quale il Governo si assume da solo tutta la responsabilit� e che deve trovare im mediata applicazione, cos� che l'accertamento della sussistenza delle condizioni di urgente neces sit� pu� aver luogo soltanto in un momento suc cessivo e quando le norme emanate hanno gi� prodotto effetti giuridici rilevanti e non sempre riparabili in casi di mancata conversione. Del tutto fuori di luogo � poi il richiamo alle P,isposizioni dell'art. 126 della Costituzione, dettato per le Regioni a Statuto ordinario: esse disciplinano una situazione veramente eccezionale, come � quella dello scioglimento di autorit� del Consiglio regionale e attribuiscono un potere molto diverso, di provvedere alla ordinaria amministrazione di competenza della Giunta regionale, com piendo tutti gli atti improrogabili, ad un organo straordinario nominato dal Presidente della Repubblica, ben distinto dall'organo titolare del potere esecutivo della Regione. Comunque, nello Statuto della Regione siciliana, esiste una norma apposita (art.�� 8), che non contiene neppure la menzione di quel potere; Giova rilevare, oltretutto, che nella vita delle Regioni pu� configurarsi assai pi� raramente la eventualit� di situazioni talmente gravi ed ur-� genti, da richiedere l'intervento immediato di atti � legislativi emanati dall'organo del Governo e ci�, non solo a causa delle limitazioni inerenti alla potest� legislativa delle Regioni che pu� essere esercita. ta solo su determinate materie rispetto alle quali situazioni del genere o non sono facilmente immaginabili o sono superabili mediante provvedimenti eccezionali di ordine diverso, come in materia sanitaria. Si deve tener presente infatti che i procedimenti per l'approvazione delle leggi possono svolgersi molto pi� speditamente ne�e Regioni, le quali hanno una sola assemblea legislativa, meno numerosa. Per tutte queste considerazioni la Corte non ritiene neppure di poter accogliere la tesi della difesa della Regione, la quale sostiene di ricavare un principio generale, che informerebbe il sistema dei nostri ordinamenti regionali, da alcune disposizioni di altri s�tatuti, come quelli del Trentino. Alto Adige e della Valle d'Aosta. Il sistema adottato dalla Costituente, nei limiti in cui si pu� parlare di sistema unitario, essendo ben note 1e diversit� sussistenti fra gli ordinamenti delle Regioni a Statuto speciale, che non consentono il ricorso a procedimenti analogici, � del tutto diverso. E lo dimostrano proprio le disposizioni ricordate dalla difesa della Regione, perch� l'art. 38, n. 5 dello Statuto della Regione Trentino-Alto Adige e l'art. 36 dello Statuto della Regione della Val d'Aosta, se vengono interpretati correttamente, in base ai termini in essi adoperati (prov'vedimenti, deliberazioni, ratifica), ben diversi da quelli usati nelle norme che disciplinano il potere di decretazione di urgenza, e se vengono posti in correlazione con l'intero testo e con altre particolari disposizioni (specialmente l'art. 10 dello Statuto del Trentino-Alto Adige), portano a riMnere che vi si preveda soltanto il potere di emanare dei provvedimenti amministrativi. Questa conclusione � poi confermata dalla osservazione che � pienamente coerente con il sistema che la Costituente, nel regolare la organizzazione delle Regioni, dettando le norme sull'esercizio delle varie potest�, abbia voluto osservare il principio della divisione dei poteri ancora pi� rigorosamente che nell'ordinamento c;ostituzionale dello Stato, garantendo anche in esse la massima osservanza dei princip� democratici; Il ricorso del Commissario dello Stato deve essere pertanto accolto per il primo motivo, proposto in via principale, senza che occorra� esaminare altre questioni, come quella concernente n�potere della Corte di controllare la sussistenza delle condizioni di necessit� e di urgenza, che n-on hanno ragione di essere, e gli altri motivi proposti in via subordinata. Rimangono pertanto d.el tutto impregiudicate anche le questioni riguardanti il contenuto del provvedimento e la competenza della Regione a disciplinare la materia. �. REGIONE SICILIANA -Conflitto di attribuzione Condizioni di ammissibilit� ..,-Annullamento degli atti da parte del Governo dello Stato -Autorizzazione ad aprire e gestire una casa da giuoco Incompetenza della Regione. (Corte Costituzionale, Sentenza n. 58 del 1959; Pres.: Perassi; �Rel.: Manca; Regione siciliana c.� Presidenza del Consiglio). ' Sussiste conflitto di attribuzione, ai sensi e per gli effetti preveduti dall'art. 39 legge .11 marzo 1953, n. 87, in.relazione all'art. 134 C�st., qu�ndo la Regione rivendica di fronte al.lo Stato la pro~ pria autonomia costituzionalmente-gar�ntita,� assumendo che il Governo dello Stato, eser�itando . nei suoi confronti un potere, che in base a.disposizioni dello Statuto speciale non gli 'spetterebbe, avrebbe illegittimamente illterferito nella sfera di sua competenza esclusiva. � � Il conflitto di attribuzione � configurabile non soltanto quando si assume che la Regione, con un suo atto amministrativo, abbia interferito nella sfera di competenza propria del Govern-o, organo del potere esecutivo, ma anche quando si deduce che l'atto regionale abbia inciso sulle attribuzioni del potere legislativo. � Nei giudizi di legittimit� costituzionale, anche se proposti in via principale, e nei giudizi per conflitto di attribuzione, non possono avere rilievo istituti, come quelli dell'inammissibilit� del ricorso per acquiescenza e per il carattere confermativo del provvedimento impugnato, quali sono stati elaborati dalla giurisprudenza amministrativa di guisa che la proposizione del ricorso in relazione a ciascun provvedimento � legittimata indipendentemente dal fatto che non sia stato impugnato un precedente provvedimento di contenuto sostanzialmente identico. Il potere generale di annullamento degli atti amministrativi illegittimi, enunciato nell'art. 6 T. U. leggi com. e proc., essendo demandato al Governo dello Stato, con particolari modalit�, in considerazione dell'interesse generale, che . ne condiziona e ne giustifical'esercizio, non pu� ritenersi attribuito alla Regione siciliana, la quale, per�, come ogni altra autorit� an;i.ministrativa, pu� annullare o revocare gli atti della propria amministrazione. Il predetto potere non pu� essere esercitato dal Governo sugli atti amministrativi della Regione qttando interferisca in questioni di rilevanza costituzionale attinenti al regolamento dei rapporti fra Stato e Regione, che d�nno luogo a conflitti di attribuzione, la cui risoluzione non pu� spettare che alla Corte Costituzionale, alla quale il sistema instaurato dalla Costituzione attribuisce competenza esclusiva con pienezza di effetti della decisione. L'autorizzazione all'esercizio del giuoco d'azzardo -intesa a rendere lecita un'attivit�, che la legge dello Stato considera illecita e p�ssibile di sanzione penale -trascende la sfera di com petenza attribuita alle Regioni poich�, in base agli artt. 3, 5 e 25 Cost., � precluso non soltanto alla Sicilia, ma anche alle altre Regioni, di emanare provvedimenti nella .materia penale. Trascriviamo il testo integrale in diritto della sentenza. I due ricorsi, discussi nella stessa udienza, per l� loro connessione, devono essere riuniti e decisi con unica sentenza. Come si � gi� accennato in precedenza, la Regione .ha impugnato il decreto del Presidente della Repubblica del 25 giugno 1959, n. 1098; perch� avrebbe violato la sfera di competenza costituzionale attribuita alla Regione, in quanto il Governo dello Stato avrebbe esercitato il p<;>tere di. annullamento d'ufficio su atti propri della Regione medesima, mentre tale potere spetterebbe al Govern� regionale; perch� il decreto del Capo dello Stato; avrebbe inciso nella materia del turismo �he rientra nel~a potest� normativa esclusiva attribuita alla Sicilia dall'art. 14, lettera n-) dello Statuto speciale; e perch� inoltre; alla deliberazione del Consiglio � dei Ministri che precedette l'enianazione del decreto di annullamento, non s�rebbe stato invitato a pa1tecipare il Presidente della Regione, ai sensi dell'art. 21 dello stesso Statuto. � � da premettere, come pure rileva la difesa della Regione, che, dati i termini nei quali � stato proposto il ricorso, esulano dall'ambito dell'attuale controversia la questione se spetti o meno al Governo dello Stato il potere di annullamento d'ufficio degli atti amministrativi nei confronti delle altre Regioni, e nei confronti degli enti locali che svolgono la loro attivit� nel �territorio regionale. Il tema del dibattito quindi, per quanto attiene all'�ccennato potere di annullamento, resta circoscritto ai rapporti fra lo Stato e la Regione siciliana. , Ai fini dell'ammissibilit� del ricorso l'Avvocatura dello Stato rileva che, nella questione generale che forma oggetto del primo motivo, si possono individuare due distinte censure. In quanto cio�, da un lato, la Regione rivendica ai propri Organi il potere� di annullare d'ufficio gli atti amministrativi da essa emanati e in quanto, dall'altro, si duole che il Governo dello Stato abbia esercitato tale potere nei confronti dell'Amministrazione regionale, con un atto di controllo non consentito dal sistema statutario. E mentre, in relazione al primo aspetto, non dubita dell'ammissibilit� del ricorso, poich� risulterebbe sicuramente delineato il conflitto di attribuzione, quale � configurato nell'art.�39 .della legge 11 marzo 1953, n. 87, dubita invece che il conflitto possa riscontrarsi sotto il secondo �aspetto. Deduce in proposito che, dovendosi ammettere che il potere generale di annulla~ mento spetta al Governo dello Stato, la questioue se questo potere possa correttamente esercitarsi anche rispetto agli atti amministrativi_emanJLt� dalla Regione, potrebbe dar luogo ad un giudizio ordinario circa la legittimit� degli atti medesimi, e non ad una controversia di carattere costituzionale di competenza di questa Corte. -91 L'eccezione non appare-fondata. Anzitutto essa presuppone gi� risoluto, nel senso sostenuto dalla �difesa dello Stato, il problema, che attiene invece al merito, se il potere di annullamento d'ufficio, di cui all'art. 6 del Testo unico della legge comunale e provinciale (approvato con decreto del 3 marzo 1934, n. 383) spetti alla Regione1 per quanto riguarda i propri atti, e non al Governo dello Stato. � da tener presente, in secondo luogo, che la difesa della Regione, come risulta diffusamente chiarito nella memoria, ha impugnato il decreto del Presidente della Repubblica, sostenendo, non soltanto che spetta agli organi regio,nali l'anzidetto potere, ma altres� che il Governo dello Stato, esercitandolo nei confronti della Regione, avrebbe illegittimamente interferito nella sfera di competenza propria della medesima, mediante un atto di controllo sugli atti amministrativi regionali; il quale, in base e disposizioni dello Statuto speciale, non potrebbe spettare al Governo dello Stato. Ora non pare dubitabile che, in queste censure, dato che la Regione rivendica di fronte allo Stato _la propria autonomia costituzionalmente garantita, che afferma essere stata lesa dal provvedimento statale, si riscontrino gli estremi del conflitto 'di attribuzione ai sensi e per gli effetti preveduti dall'articolo 39 della legge 11�m.arzo 1953, n. 87, in relazione all'art. 134 della Costituzione. Il primo motivo del ricorso pertanto, considerato sotto gli aspetti cui si riferisce l'Avvocatura, deve ritenersi ammissibile. Ma � anche ammissibile il secondo motivo, necessariamente collegato al primo, in quanto la difesa della Regione, come si � accennato, dedu�e che il �Governo, in particolare, avrebbe esercitato il c�ntrollo mediante il decreto di annullamento incidendo in una materia, quella turistica, che la Regione sostiene -rientri nella s�a esclusiva competenza legislativa e amministrativa. -Peraltro, pure relativamente a tale doglianza, si profila, nella memoria dell'Avvocatura, un'eccezione di inammissibilit� (sollevabile d�l resto anche di ufficio) che riguarda la configurabilit� del conflitto e quindi la competenza di questa Corte. Rispondendo ad una argomentazione della Regione, prospettata nel senso che lo Stato con l'esercizio del potere di annullamento verrebbe ad eludere, in certi casi, l'accennata;competenza, l'Avvocatura osserva che �l'argomentazione sarebbe fondata soltanto nella ipotesi in cui il vizio dell'atto annullato riguardasse la compete�za costituzionale, e sempre quando lo Stato rivendicasse a s� il potere che ritenesse non rientrare nella competenza della Regione�. Nella specie per altro, si chiarisce, gli organi regionali, con i provvedimenti annullati, avrebbero derogato all'art. 718 del Codice penale che vieta il giuoco d'azzardo. Di guisa, che, in relazione ai provvedimenti annullati con il decreto ora impugnato, non sorgerebbe alcuna questione costituzionale da decidersi in sede di 'conflitto di attribuzione, sia, perch� i provvedimenti anzidetti sarebbero viziati da �illegittimit� ordinaria �, sia perch� i provvedimenti stessi non avrebbero invaso la sfera di competenza riservata all'Amministrazione dello Stato, perch� neppure a quest'ultima sarebbe consentito derogare alle norme del codice penale, occorrendo invece un provvedimento di carattere legislativo. Senonch�, ci;rca il primo punto, occorre tener presente che la censura � dedoti{a dal ricorrente con particolare riferimento �alla motivazione del decreto di annullamento ora impugnato. Dalla quale risulta che � stata ritenuta la illegittimit� dei provvedimenti emanati dal Presidente e dell'Assessore regionale, in quanto �tali decreti erano intesi a consentire un'attivit� vietata dagli artt. 718-725 del Codice penale �. Ora la Regione (riferendosi espressamente a quanto dedotto nel ricoi:so proposto per lo Stato dal P-residente del Consiglio dei Ministri) oppone che i provvedimenti anzidetti, avevano per oggetto la costruzione di un Kursaal in Taormina, con una organizzazione complessa di carattere prevalentemente turistico ed alberghiero (materia questa di esclusiva competenza della Regione) e non comportavano perci� alcuna deroga alla legge penale, anche se, in questa organizzazione, era compreso il giuoco d'azzardo. Ai fini dell'ammissibilit� del secondo motivo del ricorso quindi, non si pu� fondatamente disconoscer. e che, anche sotto tale aspetto, . si configuri-� un conflitto di attribuzione d). competenza di questa Corte. Poi-ch� appunto la Regione, come si � detto, sostiene che il contenuto dei provvedimenti annullati rientri nella competenza -esclusiva, violata dal decreto di annullamento. Per quanto riguarda il secondo punto dell'argomentazione prospettata dalla _difesa dello Stato, � da osservare, �sempre ai fini della ammissibilit� del ricorso, che ammesso che alle norme del Codice penale si possa derogare soltanto con legge dello Stato e non con un provvedimento amministrativo, ci� non importa tuttavia che, nell'ipotesi dianzi configurata, si esca dall'ambito dell'art. 39 della legge 11 marzo 1953, n. 87. Questo dispone, com'� noto, che lo Stato, e per esso il Presidente del Consiglio dei Ministri, pu� proporre il ricorso per il regolamento di competenza davanti questa Corte, quando la Regione invade con un atto la sfera di competenza assegnata dalla Costituzione allo Stato medesimo.� Sfera di competenza che, data l'ampia formulazione della legge, non pu� che riferirsi allo Stato considerato nella sua unit� organica. Nei giudizi promossi ai sensi del citato art. 39 lo Stato, attraverso l'organo costituzionalmente qualificato, agisce o contraddice nei confronti della Regione, a tutela dell'ordinamento giuridico generale stabilito dalla CostituziOne e quindi a tutela dei poteri allo Stato stesso conferiti. Di guisa che il conflitto � configurabile, non soltanto quando si assume che la Regione, con un suo atto amministrativo, abbia interferito nella sfera di competenza propria del Governo, organo del potere esecutivo, ma anche quando; come nel caso, si deduce che l'atto regionale abbia inciso sulle attribuzioni del potere legislativo. Se fosse esatta la tesi, cui accenna la difesa dello Stato, alla competenza della Corte costituzionale si apporterebbero limitazioni" non autorizzate dalla formulazione della legge, che, come si � detto, � ampia e comprensiva, con� palese e non ammissibi -92 le deviazione dal sistema relativo al regolamento costituzionale dei rapporti fra lo Stato e le Regioni. Nel merito, circa la prima questione sottoposta all'esame di questa Corte, la difesa della Regione, come si � accennato, sostiene che il potere di annullare di ufficio, in sede governativa, gli atti del Presidente e degli Assessori regionali, sarebbe trasferito al Governo regionale. Potere, che, a quanto si assume, avrebbe caratteristiche analoghe a quello conferito al Governo dello Stato dall'art. 6 del Testo unico del 1934, per l'organo cui tale potere sarebbe devoluto, per le differenze sostanziali fra l'atto emanato nell'esercizio del potere 'medesimo e l'annullamento ordinario in via gerarchica, per le formalit� che ne condizionerebbero l'emanazione e per gli atti che potrebbero formarne oggetto. Tale tesi peraltro non pu� ritenersi fol).data. J_;e sentenze di questa Corte n. 24 del 1957 e 23 del 1959, pure ricordate dalle parti, sebbene concernenti, la prima la dichiarazione di illegittimit� di una disposizione legislativa regionale sarda attributiva alla Regione dell'accennato . potere di annullamento nei confronti degli atti degli enti locali, e la seconda l'applicazione di tale potere, da parte del Governo, ad un provvedimento di un comune della provincia di Bolzano, enunciano tuttavia principi di portata pi� generale, che chiariscono e precisano i caratteri fondamentali del potere di annullamento di ufficio disciplinato dal predetto Testo unico del 1934. Nella sentenza n. 24, infatti, si � posto in rilievo che detto potere eccezionale, pur rientrando nella categoria degli �tti di controllo in largo senso, (( presuppone per il suo esercizio una valutazione dell'interesse generale, che pu� essere fatta soltanto dagli organi supremi del potere esecutivo, e deve essere circondato da particolari garanzie, appunto in considerazione�della sua eccezionalit�, quali la pronuncia per decreto del Capo dello Stato, sentito il parere del Consiglio di Stato �. Nella successiva sentenza n. 23 del 1959, questi principi sono stati confermati, osservando che il potere di annullamento degli atti amministrativi illegittimi, quando lo esigano ragioni di interesse generale, � istituto che risale alla fondazione dello Stato italiano, e che, fin da allora, nonostante l'originaria mancanza di una norma di legge che lo disciplinasse, � stato costantemente considerato come manifestazione essenziale della legalit� e dell'unitariet� di direzione dell'ordinamento amministrativo dello Stato, e riconosciuto altres� applicabile a tutti gli atti amministrativi, da qualsfasi autorit� statale o autarchica promanassero. Se ne � perci� dedotto che questo speciale istituto, preordinato alla tutela della legalit� e dell'interesse generale, �non soltanto non contrasta con i principi costituzionali relativi all'organizzazione amministrativa dello Stato e alle autonomie locali, ma si inserisce in piena armonia nel sistema, concepito dall'art. 5 della Costituzione, nel quale il decentramento organico .e istituzionale � ordinato in modo da non contrastare col carattere unitario dello Stato�. E si aggiunge infine che, � a meno che urti con a_ltri precetti, non pu� ledere le autonomie il ripristino da parte dello Stato della legalit� turbata da atti degli enti pubblici�. Ora la ter:;i sostenuta dalla Regione � in contraf) to con tali principi .che devo:.o essere conferm~ ti. E, in base ai principi stessi, resta altres� superata l'obiezione con la quale si pone il dubbio, non fondato, che la norma del citato art. 6 contenga 1ln principio generale (in relazione agli atti amministrativi ai quali � stato ritenuto applicabile), il quale trascende l'ambito della materia cui si riferisce l'accennato Testo unico, secondo l'opinione accolta dalla dottrina e dalla costante giurisprudenza. Il richiamo quindi dell'anzidetta disposizione, contenuto nelle leggi ricordate negli scritti difensivi della Regione (in quella del 17 luglio �1890, n. 6972 sulle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza '(art. 52), nel Testo unico del 30 dicembre 1923, n. 3256, sulle bonifiche (art. 101) e nel Testo unico del 27 luglio 1934, n. 1265, delle leggi sanitarie) non significa, come si sostiene, che l'accennato potere, per l'eccezionalit� che lo contraddistingue, possa esercitarsi soltanto nei casi espressamente contemplati. Ma deve essere considerato quale applicazione del principio generale di cui � fatto cenno. Ed infatti la disposizione dell'art. 357 del Testo unico delle leggi sanitarie_, stabilisce che, per quanto concerne gli annullamenti di ufficio, si osservano le norme generali stabilite nel Testo unico della legge comunale e provinciale. Che d'altra parte il potere di annullamento, di cui si tratta, abbia carattere eccezionale, � generalmente riconosciuto, ma non nel senso sostenuto dalla difesa della Regione. L'eccezionalit� invero si ricollega al fatto che l'esercizio del potere stesso � attribuito ad un organo diverso da quelli cui � devoluto il potere ordinario di annullamento e che il Governo pu� discrezionalmente avvalersene soltanto quando, per la tutela dell'interesse generale, si manifesta la necessit� di ripristinare la legalit� turbata da atti amministrativi illegittimi (come ha gi� posto in rilievo la sentenza di questa Corte n. 23 del 1959), e non abbiano regolarmente funzionato gli organi ordinari di controllo. Ifche non esclude quindi che l'annullamento di ufficio possa esercitarsi anche al di fuori dei casi preveduti espressamente da norme legislative. Con quanto si � finora osservato peraltro non si nega che il Governo della Regione siciliana, come ogni altra Autorit� amministrativa, possa annullare o revocare gli atti della propria amministrazione, ma si intende ribadire, in relazione all'attuale controversia, il concetto che l'accennato potere attribuito in base all'art. 6 del Testo unico del 1934, come � disciplinato dalla legge statale, non pu� ritenersi attribuito alla Regione, essendo demandato al Governo dello Stato, con particolari modalit�, in considerazione dell'interesse generale che ne condiziona e ne giustifica l'esercizio. Per quanto riguarda l'altra quest�one, co.!leg!'Jita con la prima, relativa alla illegittimit� deWe~er: cizio di tale potere nei confronti dei provvedimenti emanati dal Presidente della Regione e dall'Assessore per il turismo e lo spettacolo, � da -93~ ricordare che la questione stessa come pure s1 e accennato, � prospettata negli scritti difensivi .della Regione e nella discussione orale, sotto due profili diversi. Sotto un primo profilo, di carattere generale, si fa rilevare che nessun atto di controllo pu� essere esercitato da organi centrali dello Stato riguardo all'attivit� amministrativa propria della Regione siciliana. Oi�, in quanto nello Statuto speciale, si trova delineato un sistema autonomo e compiuto di controllo sugli atti emanati dagli organi regionali. Sistema che renderebbe incompatibile con l'autonomia, garantita alla Regione da norme di carattere costituzionale, qualsiasi intervento da parte del Governo dello Stato. Sotto un profilo particolare (prospettato nel secondo motivo) la Regione osserva d'altra parte, come si � gi� rilevato, che l'atto di controllo non pu� essere dissociato dalla materia oggetto dei provvedimenti annullati, e che perci�, in quanto incide nella materia del turismo, il decreto impugnato avrebbe invaso la sfera di competenza della Regione. Secondo l'Avvocatura dello Stato, all'esame dell'accennata questione particolare osterebbe la considerazione che l'attivit� di controllo in genere ed il potere governativo di annullamento in specie, sono distinti ed autonomi rispetto alla materia oggetto del provvedimento annullato. Senonch�, nei giudizi per conflitto di attribuzione, come � espressamente stabilito dall'art. 39 della legge 11 marzo 1953, n. 87, un atto amministrativo .dello Stato, o della Regione, pu� essere impugnato quando abbia invaso la competenza costituzionale dell'uno o dell'altra. Siffatta violazione peraltro pu� sussistere in relazione all'atto per s� considerato e con riguardo all'oggetto cui l'atto si riferisce. Ora il decreto del Presidente della Repubblica � stato impugnato, si11 per se stesso, � opportuno qui ripeterlo, sostenendosi che il potere di annullamento spetta agli organi regionali, e che comunque il Governo dello Stato ha esercitato un controllo illegittimo sugli atti amministrativi della Regione, e sia per il suo contenuto, in quanto. avrebbe interferito in materia riservata alla Regione. Oi� chiarito ed essendosi ritenuta infondata la prima delle tre tesi prospettate dalla difesa regionale, ad avviso della Oorte, per decidere l'attuale controversia, si pu� prescindere dall'esaminare la seconda, circa rammissibilit� di un controllo da parte del Governo dello Stato sugli atti amministrativi della Regione siciliana; problema che perci� rimane del tutto impregiudicato. Infatti alla dichiarazione d'illegittimit� del decreto del Presidente della Repubblica si perviene, nel caso concreto, per l'assorbente motivo che il Governo, con un atto di controllo in sede amministra; tiva, ha interferito in una questione di rilevanza costituzionale attinente al regolamento dei rapporti fra lo Stato e la Regione siciliana. Questione che, come si � in precedenza accennato esaminando le eccezioni di inammissibilit� del ricorso, d� luogo ad un conflitto di attribuzione, la cui risoluzione perci� non pu� spettare che a questa Oorte. Alla quale il sistema instaurato dalla Oostituzione attribuisce compet~ siva, con pienezza di effetti Cl.ella deci1 che l'art. 38 della ricordata legge ste la Oorte, quando risolve il conflitto, n dichiara il potere al quale spettano le .� in contestazione, ma annulla altr�s�, l'att�'ViziaLv da incompetenza. Ora il decreto del Presidente della Repubblica � in evidente contrasto con tale sistema, il quale prevede un controllo di carattere giurisdizionale che, per la materia che forma oggetto del dibattito e per la natura dell'organo cui � attribuito, esclude necessariamente -come pure riconosce l'Avvocatura -l'intervento di qualsiasi altro organo dello Stato. Oontrollo pertanto che, mentre -rappresenta la suprema garanzia circa il regolamento dei rapporti fra lo Stato e le Regioni, nell'ambito dell'ordinamento giuridico, costituisce, in pari tempo, anche la pi� alta tutela dell'autonomia alle Regioni stesse attribuita dalla Oostituzione e dagli Statuti. Per tali considerazioni il ricorso della Regione, sotto l'aspetto ora. esaminato, deve ritenersi fon-" dato e, per conseguenza deve essere annullato il decreto del Presidente della Repubblica. Resta assorbito il terzo motivo dedotto, del resto, in linea subordinata. Occorr� pertanto esaminare il ricorso proposto dal Presidente del Oonsiglio dei Ministri, contro il decreto del Presidente della Regione 28 maggio 1959, Il. 283. La difesa della Regione deduce pregiudizialmente quattro motivi di inammissibilit�. Ool primo sostiene il difetto d'interesse, da parte dello Stato, ad ottenere l'annullamento del decreto anzidetto, che, si assume, sarebbe stato impugnato soltanto nella parte che riguarda l'autorizzazione all'esercizio del giuoco d'azzardo. Autorizzazione che sarebbe contenuta invece nel precedente provvedimento dell'Assessore per il turismo e lo spettacolo in data 27 aprile 1949, n. 1, confermato, su questo punto, dal successivo provvedimento del Presidente. Donde la inutilit� di un'eventuale pronunzia di annullamento di quest'ultimo decreto, perch� rivivrebbe quello emanato dall'Assessore, non impugnato e non pi� impugnabile per decorrenza del termine. L'assunto non � fondato. Oon la legge 18 maggio 1942, n. 669, contenente norme relative alla gestione, nel territorio dello Stato, durante la guerra, delle attivit� economiche esercitate nell'Africa Orientale, si stabili che gli enti, istituiti perl'esercizio delle attivit� anzidette, potevano, col consenso dei ministri per l'Africa italiana, per le Finanze e per le Oorporazioni, esercitarle anche al di fuori del territorio stesso, con l'esservanza delle disposizioni vigenti in materia. Oon decreto-legge del 22 aprile 1943, n.560, tale d�sposizione fu estesa anche agli enti che svol gevano le loro attivit� nella Libia. E pertanto, con decr�to interministeriale del 30 aprile 194 7, l'Ente turistico ed alberghiero della Libia (E; T. A.L.), istituito con decreto del 31 maggio 1935, n. 1410 con sede in Tripoli, fu autorizzato ad esercitare in Italia gestioni alberghiere e le altre attivit� economiche previste dall'art, 1 del ricordato de ..---i -H steriale, creto del 1935. Riferendosi �appunto -come ri sulta dalle premesse -al predetto decreto mini l'Assessore della Regione siciliana, nel 194 9,autorizz� lo stesso E.T.A.L. a svolgere, in Taormina, i programmi inerenti al proprio scopo e, anche a mezzo di dipendenti e di sub-concessionari, tutte le attivit� connesse con lo scopo anzidettO, gi� esercitate in Libia, compreso il giuoco d'azzardo. L'autorizzazione ministeriale, peraltro, venute a cessare le ragioni che l'avevano giustificata, fu revocata con successivo decreto del 3 maggio 1951 e cess� di avere effetto dalla data del decreto stesso. Quando perci� � �stato emanato il decreto del Presidente della Regione, ora impugnato, cio� nel 1959, l'E.T.A.L. non avrebbe potuto esercitare alcuna attivit� nel territorio dello Stato (anche ammesso che vi fosse c�mpreso il giuoco d'azzardo), e non avrebbe pi� potuto quindi net>pure esercitarla in Sicilia, dato che all'estensione dell'attivit� anzidetta faceva espresso riferimento, come presupposto necessario, il provvedimento dell'Assessore. Il quale pertanto (a parte che � rimasto privo di efficacia, non essendo stato registrato alla Corte dei conti) non pu� rivivere in seguito all'eventuale annulla mento del decreto impugnato. . � � pure infondato il secondo motivo di inammissibilit�, con il quale si deduce che il decreto del Presidente della Regione non sarebbe impugnabile,. in quanto, nella parte che ha formato oggetto del ricorso (l'autorizzazione ad esercitare il giuoco d'azzardo), avrebbe integralmente confermato il contenuto di quello precedente emanato dal1' Assessore. Questa Corte, con la sentenza n. 44 del 1957 ha chiarito � che nei giudizi di legittimit� costituzionale, anche proposti in via principale, non possono avere rilievo 'istituti, come quelli dell'inammissibilit� del ricorso per acquiescenza, e per il carattere confermativo del provvedimento impugnato, quali sono stati specialmente elaborati dalla giurisprudenza amministrativa�. Il principio, gi� applicato ai giudizi per conflitto di attribuzione con la sentenza n. 82 del 1958, deve essere ora confermato. In questi giudizi infatti, promossi dallo Stato o dalle Regioni, si discute della legittimit� di atti amministrativi, i quali per se stessi singolarmente considerati, costituiscono manifestazioni concrete ed autonome del potere che lo Stato o le Regioni, a seconda dei casi, �assumono di loro spettanza, in base alla Costituzione o� agli St�tuti speciali. Di guisa che la proposizione del ricorso in relazione a ciascun provvedimento � legittimata, indipendentemente dal fatto che non sia stato impugnato un precedente provvedimento di contenuto sostanzialmente identico. N� vi contrasta la sentenza di questa Corte n. 32 del 1958, perch�, nel caso allora esaminato (proroga del termine per l'adozione del libretto personale per i lavoratori agricoli in alcune provincie), il ricorso � stato dichiarato inammissibile, in quanto l'atto successivamente emanato aveva carattere meramente accessorio di quello precedente non impugnato. Non si pu� quindi porre in dubbio l'ammissibilit� dell'attuale ricorso. � pure da notare comunque che il decreto del Presidente della Regione, oltre ad essere stato emanato dar un'autorit� diversa, riguarda anche un diverso soggetto, cio� la societ� �A. Zagara � e non pi� l'ente pubblico E.T.A.L. cui si riferisce il decreto precedente, e che riphiama, � vero, le disposizioni gi� comprese in qUEst'ultimo e nelle modificazioni, ma le adotta integrandole e modificandole (art. 2) anche in qualche parte riguardante l'esercizio del giuoco d'azzardo. Per quanto concerne poi l'acquiescenza derivante dal comportamento dello Stato, per respingere l'eccezione basta considerare che il difetto di impugnazione di provvedimenti emanati da altra Regione nella materia del giuoco, non pu� ovviamente ritenersi incompatibile con la proposizione del ricorso relativamente ad atti promananti, come nel caso, da una Regione diversa; e che lo Stato non aveva alcuna ragione di impugnare il decreto dell'Assessore, in quanto era rimasto giuridicamente privo di effetto per mancata registrazione. Deduce infine la difesa della Regione l'inammissibilit� del ricorso per mancanza degli estremi del conflitto di attrib�zione, in relazione alla tesi scsten�ta dalla difesa dello Stato, che cio� il decreto del Presidente della Regione, conterrebbe una deroga ad una norma penale, circa la quale neppure il potere esecutivo sarebbe competente a provvedere. La questione peraltro � stata gi� e~aminata in relazione ai motivi di inammissibilit� nei riguardi del ricorso proposto dalla Regione. Non vi � perci� il caso di ripetere le osservazioni gi� esposte in proposito, per respingere ora, pure sotto questoprofilo, l'eccezi�ne di inammissibilit�. Nel merito l'Avvocatura sostiene, come si � in precedenza accennato, che il decreto del Presidente della Regione avrebbe, come principale e preminente oggetto, l'esercizio del giuoco d'azzardo, e che tutte le altre attivit� turistiche, albe~hiere e sportive, cui si riferisce il decreto stesso, sarebbero a questo subordinate. Con la conseguenza quindi dell'illegittimit� totale (e in questo senso appunto conclude la difesa dello Stato)� del decreto anzidetto, perch� l'esercizio del giuoco d'azzardo � vietato dal codice penale e il derogare a tale divieto esulerebbe dalla competenza regionale. A tale. tesi la Regione oppone in sostanza che, quando si tratta di una fattispecie complessa quale l'organizzazione di un Kursaal, la cui istituzione sia stata autorizzata nei comuni considerati stazioni di cura, di soggiorno o di turiemo (come appunto quello di Taormina), nell'organizzazione stessa resterebbero assorbite tutte le attivit� turistiche, alberghiere, artistiche e sportive, compreso l'esercizio del giuoco d'azzardo, che, per Ee stesso, isolatamente considerato, non sarebbe consentito. Di guisa che la disciplina giuridica della fattispecie anzidetta sarebbe queUa propria della or1rnnizzazione �e non quella particolare inerente all'attivit� vietata. Il decreto del Presidente della Regione quindi, avendo come oggetto n~tituzione del Kursaal, con tutte le attivit� di cui si � fattQ. c~nnD, resterebbe nell'ambito della competenza regionale, poich� riguarderebbe la materia del turismo. Com.e parimenti all'incremento del turismo, ampliando la competenza originariamente spettante ai comuni -9~ si riferirebbero, secondo la difesa della Regione, anche i provvedimenti emanati dallo Stato a favore dei comuni di S. Remo, di Campione e di Venezia � (decreti 22 dicembre 1927, n. 2448, 2 marzo 1933, n. 201 e 16 luglio 1936, n. 1404). In base ai quali provvedimenti, nei detti comuni, si � pure consentito, comprendendolo nel complesso delle attivit� turistiche, anche l'esercizio del giuoco d'azzardo. Senonch� pu� ammettersi che, nel decreto !le.I Presidente della Regione, in quanto ha autorizzato la societ�� .A..Zagara �a costruire in Taormina un Kursaal, alberghi ed altri locali adatti a manifestazioni turistiche, culturali e sportive e ad esercitare molteplici attivit�, compreso l'esercizio del giuoco d'azzardo, si possa riscontrare un'organizzazione complessa e multiforme. Pu� pure ritenersi che un;organizzazione siffatta possa essere ricondotta ad un concetto unitario da un punto di vista tecnico ed econom?co, per l'attuazione e lo sviluppo di un determinato programma, preordinato allo sviluppo turistico nel comune di Taormina. Ci� non significa per�, che, dal punto� di vista giuridico ed al fine specifico dell'attuale giudizio, ciascuna delle dette attivit�, sol perch� compresa nell'accennata organizzazione, venga ad assumere fisionomia diversa da quella cb,e le � propria, e che quirrdi ancheilgiuoco d'azzardo, considerato come reato, possa diventare un'attivit� senz'altro consentit;:t. Se ci� fosse esatto sarebbe del tutto agevole eludere la legge, tutte le volte che si istituissero or.ganizzazioni analoghe a quella cui si � accennato, il che ovviamente non � ammissibile. Ne deriva che, nel complesso contenuto del decreto ora .impugnato, le varie attivit� che la societ�� .A. Zagara� � autorizzata a svolgere devono essere mantenute distinte e distintamente considerate. Ci� dimostra che non pu� ess�re neppure accolta la tesi inversa. dedotta dalla difesa delle> Stato, che porterebbe all'annullamento totale del decreto, nel senso di un'assorbimento di tutte le altre attivit� in quella concernente l'esercizio del giuoco. Ora non pu� sorgere dubbio (e non � infatti contestato) che, per tutte quelle attinenti allo sviluppo e al potenziamento del turismo, alle quali si riferisce anche il decreto del Presidente della Repubblica del 9 aprile 1956, n. 510 (che ha trasferito all'amministrazione regionale le attribuzioni del Commissariato per il turismo), la competenza a p.rovvedere spetti esclusivamente alla Regione in base all'art. 14 lettera n) dello Statuto speciale. Non altrettanto deve dirsi invece per qu�nto concerne il giuoco d'azzardo, il cui esercizio (contrariamente a quanto rileva la difesa della Regione) � pure autorizzato d<i,l predetto decreto del Presidente della Regione, che ne disciplina le modalit� e stabilisce, fra l'altro, anche le percentuali dovute alla Regione, al comune di Messina e al comune di Taormina. � certo infatti che tale autorizzazione trascende la sfera di competenza attribuita alla Regione dallo Statuto speciale, poich�, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, che deve essere confermata ('sentenze n. 6 del 1956, nn. 21, 23 e 58 del 1957) in base agli artt. 3, 5 e 25 della Costituzione, � precluso non soltanto alla Sicilia, ma anche alle altre Regioni, di emanare provvedimenti nella ma teria penale, la quale invece � riservata alla competenza esclusiva �dello Stato. E la preclusione non sussiste soltanto nel senso (gi� esaminato da questa Corte) che le Regioni non possono n� creare nuove figure di reati, n~ richiamare, per violazione di norme regionali, sanzioni penali gi� comminate da leggi dello Stato, ma anche quando, come appunto si � verificato nella specie, il provvedimento � inteso a rendere lecita un'attivit�, cio� l'esercizio del giuoco d'azzardo, che dalla legge dello Stato � considerata illecita e passibile di sanzione penale. .Anche in questa ipotesi infatti derogando alle disposizioni della legge penale, le Regioni, vengono ad interferire in una materia che, sotto ogni aspetto, � sottratta alla loro competenza, per le ragioni che questa Corte ha gi� esposto nelle sentenze sopra ricordate. Da qua.nto si � finora osservato consegue che il decreto impugnato, nella parte che concerne l'esercizio e la disciplina del giuoco d'azzardo, non pu� ritenersi legittimo. .Appena occorre aggiungere che non ha fondamento la tesi dedotta dalla Regione in linea subordinata, nel senso cio� che l'autorizzazione ad esercitare il giuoco non deriverebbe direttamente dai provvedimenti emanati dalla Regione, bens� dall'autorizzazione gi� concessa all'E.T. .A.L. per esercitare il giuoco nella Libia. Di guisa che il contenuto del decreto dell'Assessore del 1949 consisterebbe nel permesso rilasciato all'E.T..A:L. di esercitare anche in Sicilia quelle attivit�, per le quali gi� aveva l'autorizzazione da organi dello Stato, autorizzazione che il decreto del Presidente della Regione avrebbe semplicemente confermato. Peraltro l'infondatezza di tali :rilievi risulta palese da quanto si � in precedenza osservato riguardo all'autonomia del decreto del Presidente della Regione rispetto al decreto dell'Assessore. L'autorizzazione alla societ� <i .A; Zagara �perci� � contenuta esclusivamente nel decreto anzidetto e non in qu�llo precedente dell'Assessore e non si pu� ricollegare al provvedimento ministeriale a favore dell'E.T.A.L. successivamente revocato. � da notare infine che la difesa della Regione in qualche accenno negli scritti' difensivi, e particolarmente nella discussione orale, ha prospettato anche la tesi che il decreto oggetto del ricorso potrebbe trovare giustificazione, in relazione al sistema adott'. oto dallo Stato,. in una perequazione di trattamento rispetto agli altri comuni cui si riferiscono i provvedimenti statali. Si deve per� osservare che le ragioni per le quali � dichiarata, nell'attuale giudizio, l'illegittimit� del decreto del Presidente della Regione, nella parte sopra indicata, portano, dal punto di vista processuale, a ritenere superata detta questione prospettata pure in subordine, la soluzione della quale comunque presupporrebbe l'indagine circa la legittimit� dei provvedimenti sta . tali emanati a favore di altri comuni; indagine che esula dai limiti dell'attuale controversia. . Sembra quasi superfiuo segnalare all'attenzione de-gli studiosi l'importanza, tanto essa � evidente, delle questioni trattate e decise dalla Oorte con le surriportate sentenze, che rappresentano, a nostro avviso,� una -96 pietra miliare nel faticoso cammino, che la Corte, con l'appassionata collaborazione dei difensori, dello Stato e delle Regioni, percorre nella interpretazione -spesso difficile e necessariamente � praetoria � dell'ordinamento regionale e nella identificazione e sistemazione dei nuovi istituti costituzionali sostanziali e processuali. In primo luogo la Corte, precisando e in parte ampliando concetti gi� espressi in precedenti sentenze, ha ritenuto che possa configurarsi il conflitto di attribuzione costituzionale in ogni controversia fra Stato e Regione, la quale involga una questione di rilevanza costituzionale attinente al regolamento dei rapporti fra i predetti enti e, quindi, la interpretazione di norme costituzionali relative alla ripartizione di competenza fra gli stessi, sempre che la controversia non tragga origine dalla emanazione di un atto legislativo, che non d� luogo a conflitto di attribuzione, ma a qitestione di legittimit� costituzionale. La Corte, inoltre, ha ritenuto di poter ravvisare il confiitto anche quando la Regione abbia, con un proprio atto ammi-nistrativo, invaso la sfera di attribuzione del potere legislativo, dovendosi gli enti in confiitto consider(J,re della loro unit�. A questa conclusione, peraltro, pu� pervenirsi anche in considerazione della limitata competenza della Regione, definita rigorosamente dalle norme Costituzionali ed ordinarie di attuazione, per cui ogni violazione delle predette norme impiica esorbitanza dai limiti �ai com petenza ed invasione nella sfera di competenza, ben pii� ampia e sotto certi aspetti illimitata, dello Stato. Con la prima sentenza, poi, la Corte ha non solo espressamente negato alla Regione siciliana il potere di decretazione di urgenza, ma ha fatto salva la questione se l'Assemblea regionale possa delegare alla Giunta l'esercizio della potest� legislativa ed ha, altres�, precisato che l'art. 38, n. 5, S.S.T.A. e l'articolo 36, S.S. V.A. non riguardano l'attivit� legislativa, ma quella amministrativa. Riteniamo pertanto, che possa negarsi alle Regioni, anche a Statuto speciale, sia il potere di decretazione di urgenza sia quello di emana.re decreti legislativi delegati. Per quanto riguarda particolarmente la Sicilia, occorre considerare che l'art. 20 dello Statuto speciale per la Regione siciliana, nel determinare le funzioni del Presidente della Giunta regionale, dispone che il Presidente e gli .Assessori� regionali, oltre alle funzioni esercitate in base agli artt. 12 (iniziativa legislativa ed emanazione dei regolamenti di esecuzione), 13, comma primo e secondo (controfirma e promulgazione delle leggi), 19, comma primo (predisposizione del bilancio), che potrebbero definirsi funzioni paral-egislative o politiche, svolgono nella Regione le funzioni esecutive ed amministrative concernenti le materie, di cui agli artt. 14, 15 e 17. L'art. 21 S.S.Si., attribuisce al Presidente la rappresentanza della Regione e, nel territorio di essa, la rappresentanza, altres�, del Governo dello Stato. Nessuna norma attribuisce alla Giunta regionale ed al suo Presidente quel potere legislativo, che eccezionalmente, in deroga, cio�, al principio della separazione dei poteri, confermato dalla vigente Costituzione repubblicana, l'art. 77 della Costituzione attribuisce al Governo dello Stato. Gliartt.14, 16, 17, 25 e 28 S.S.Si., inoltre, parlano espressamente, sempre ed esclusivamente, di leggi approvate dall'Assemblea regionale ed �, sopratutto, degna di attenzione la circostanza che gli articoli 25 e 28, i quali, a differenza dell'a.rt. 134 della Costituzione, che ne tr�tta congiitntamente, regolano la impugnativa delle leggi regionali distintamente da quella delle leggi statali, espressamente si riferiscono alle leggi dell'Assemblea regionale. La stessa precisa dizione si riscontra negli artt. 1 e 2 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, che si riferiscono alle leggi e agli enti aventi forza di legge della Repubblica (artt. 1 e 2, primo comma) e alle leggi di una Regione (art. 2, secondo comma). Il sistema di controllo costititzionale preventivo sulle leggi regionali, qual'� regolato dall'art. 127 della Costituzione per tutte le altre Regioni, anche a Statuto speciale, e dall'art. 28 dello Statuto per la Sicilia, la sospensione di efficacia del provvedimento legislativo, disposta dal predetto art. 127 primo e secondo comma, della Costituzione e dall'art. 29 dello Statuto speciale per la Regione siciliana, in vista del controllo da parte dello Stato e quella conseguente alla impugnazione escludono, anche in ipotesi, che il decreto- legge regionale possa raggiungere quegli effetti immediati, che l'urgenza richiede ed in 1Jista dei quali, sopratutto, � attribuita al Governo della Repubblica questo eccezionale potere di legislazione. La categoricit�, con la quale la Corte ha escluso che le Regioni possano emanare provvedimenti in materia penale, che gli artt. 3, 5 e 25 Cost. riservano alla legge dello Stato, induce, inoltre, a ritenere che non siano configurabili altre eccezioni, oltre quella ammessa con la sentenza n. 104 del 25 giugno 1957 in materia elettorale. Riteniamo, inoltre, che la Corte, pur senza assumere preciso atteggiamento in merito alla disputa, peraltro squisitamente dottrinaria, sulla qualificazione dell'ente- Regione, abbia mostrato di propendere per la tesi da noi sostenuta che ravvisa nella Regione un ente autarchico territoriale ad aittonomia costituzionalmente garantita. La sentenza, pur avendo precisato che il tema del dibattivo era limitato alla esistenza del potere generale di annullamento da parte dello Stato nei confronti della Regione siciliana, confermando che questo potere spetta esclusivamente allo Stato e non pu� considerarsi trasferito alla Regione, ha, a nostro avviso, confermato, altres�, che solo lo Stato p1t� annullare in ogni tempo gli atti illegittimi degli enti autarchici minori operanti nel territorio delle Regioni, anche a Statuto speciale, come, peraltro, potevasi gi� argomentare dalle precedenti sentenze n. 24 del 1957 e n. 23 del 1959, espressamente richiamate e confermate. Una delle questioni dibattute, quella relativa al potere dello Stato di annitllare gli atti amministrativi delle Regioni in genere e della Sicilia in ispecie quando fossero viziati d'illegittimit� ordinaria, � rimasta insoluta, ma, come espressamente la Corte ha avuto cura di precisare, del tutto impregiudicata. La sentenza, infatti, ha ritenuto �ss�orbente e sotto certi aspetti, pregiudiziale l'altro motivo. �� - D'altra parte � innegabile che, avendo ritenuto che l'atto della Regione esorbitava dai limiti della competenza di questa ed in.,.ideva la sfera di competenza ,,,. --97 riservata allo Stato, dando luogo a conflitto di attri buzione, la predetta questione non si poneva neppure, perch�, come, peraltro, aveva espressamente ricono sciuto lo Stato nelle sue difese scritte Ǐ fuor d'ogni dubbio che il potere governativo di annullamento non possa essere esercitato rispetto ad atti regionali che integrino gli estremi del conflitto di attri buzione devoluto alla cognizione esclusiva della Corte. Le norme costituzionali ed ordinai�ie sulle att1�i buzioni e il funzionamento della Corte Costituzionale e, in pai�ticolare quelle relative al confiitto di attri buzione hanno limitato il campo di applicazione dell'articolo 6 T. U. leggi com. �e proc., p1�evedendo uno specifico rimedio d'ordine costituzionale, che non tollera rimedi concorrenti ed al quale deve farsi necessariamente ricorso quando l'atto regionale ponga in essere i presupposti del conflitto di attribuzione costituzionale. La' questione, dunque, � rimasta del tutto impregiudicata, ma, a nostro avviso, della soluzione affermativa di essa non pu� dubitarsi, una volta ammesso che il potere generale di annullamento degli atti amministrativi illegittimi, quando lo esigano ragioni d'interesse pubblico, spetta soltanto al Governo dello Stato, perch� presuppone, per il suo esercizio, una valutazione dell'interesse generale, che pu� essere fatta solo dagli organi supremi del potere esecutivo. Come avevamo dedotto nelle difese scritte, non si riscontra nell'ordinamento giuridico alcuna norma o principio generale, che sancisca la immunit� degli atti delle Regioni a Statuto speciale dal potere governativo di �nnullamento. Sulla questione non risultano precedenti in termini; nella sentenza n. 23 del 16 aprile 1959, per�, la Corte Costituzionale ebbe a precisare che il potere governativo di annullamento � stato sempre ritenuto applicabile a tutti gli atti amministrativi, da qualsiasi autorit�, statale o autarchica, promanassero. Anche la dottrina se ne � occupata raramente, e, sopratutto, senza particolare approfondimento della questione. Il SANDULLI: Manuale di diritto amministrativo, �1959, pag. 235, si esprime negativamente, main forma dubitativa; lo ZANOBINI: Corso, 1955, III, p. 199, ne tace; contrario � il BonnA: .Atti del secondo convegno di studi regionali, 1958, pag. 26, che argomenta dall'art. 125 Cost.; contrari, sempre argomentando ex art. 125 Cost., sono il MORTATI: Ist. dir. pubbl. 1955, pag. 523; il GASPARRI: .Autonomia della Regione Sarda, pag. 181; il SAILIS: .Atti del I convegno di studi sulle Regioni, pag. 232; il BENAD~KTER: ivi, pag. 330; favorevoli, invece, sono fra altri, il MIELE: Comm. alla Cost. it., II, 368; il CESAREO: L'Autonomia della Regione Trentino-Alto .Adige p. 147. A nostro avviso, dall'art. 125 della Costituzione e dalle norme degli Statuti speciali, che disciplinano il controllo, di legittimit� e di merito degli atti ammi nistrativi regionali da parte di organi decentrati dello Stato, non pu� trarsi alcun argomento contrario al l'applicazione dell'art. 6 T. U. com. e prov. agli atti delle Regioni, stante l'assoluta diversit� tra il potere di controllo ordinario, preventivo, e il potere generale di annullamento, eccezionale, rep1�essivo, che si eser cita anche. su atti non soggetti ai controlli ordinari. Dalle norme costituzionali citate, invece, si trae un argomento di notevole importanza a fav�ore della tesi da noi sostenuta; se � ammesso il controllo sugli atti in via ordinaria che, com'� noto, � sintomo di una mag giore ~oggezione all'autorit� dello Stato, vuol dire che il sistema del controllo statale non contrasta in linea di principio con la autonomia della Regione, anche a Statuto Speciale. D'altra parte � innegabile c:fie le Regioni sono da considerare enti autarchici minori nell'unit� �dello Stato; anche se la loro autonomia � costituzionalmente garantita, esse non possono mai essere considerate sul piano medesimo dello Stato, con parit� di poteri, sottratte ad ogni controllo da parte degli organi cen trali dello Stato. Basterebbe accennare, per confer mare questa istituzionale soggezione della Regione allo Stato, all'art. 20 S.S.Si., nel quale � prevista l'esplicazione, da parte del Presidente e degli Asses sori regionali, di una �complessa attivit� amministra-. tiva da svolgere secondo le direttive del governo dello Stato, ed all'art. 8 S.S.Si., che prevede, sia pure in casi straordinari, una grave forma di con trollo sugli organi della Regione da parte dello Stato. Il potere del governo di annullare in qualunque e tempo gli atti dell'Amministrazione regionale vizia.ti d'illegittimit� e di restaurare, cos�, nell'esclusivo e superiore interesse generale, l'ordine giuridico vio lato, � una manifestazione del carattere unitario dell'ordinamento dello Stato, quale � espressamente e solennemente proclamato nell'art. 5 della Costitu zione e ribadito nell'art. 1 e nell'art. 5 S.S.Si., che sanzionano l'autonomia della Regione nella unit� dello Stato e l'esercizio delle funzioni regionali per il bene inseparabile dell'Italia e della Regione. Questo potere, naturalmente, potr� essere esercitato solo sugli atti amministrativi viziati di illegittimit� ordinaria, fra i quali, a nostro avviso, rientrano anche gli atti esorbitanti dalla competenza della Regione, quando la questione di competenza sia stata gi� decisa dalla Corte in sede di conflitto di attribuzione, sorto in relazione ad atto di identica natura. In questa ipotesi, infatti, l'atto non pone pi� in essere un conflitto di attribuzione, che � stato gi� risolto con sentenza, la quale, a nostro avviso, per quanto attiene alla soluzione della questione di competenza, ha� la stessa efficacia erga omnes che l'art. 30 legge 11 marzo 1953, n. 87, attribuisce alle sentenze, che decidono una questione di legittimit� costituzionale di una legge o di un atto avente forza di legge, ma viola il giudicato e, perci�, deve ritenersi affetto da un vizio di legittimit� ordinaria. G. G. NOTE DI DOTTRINA LUIGI GA.L.A.TERIA, �vrTTORI'o Z.AMMIT: Codice dei Tra.sporti in concessione (Le autolinee). Jandi, Sapi, 1959. L'iniziativa assunta dagli Autori va particolar mente segnalata non solo perch� mancava una raccolta delle norme sui trasporti in concessione, ma sopratutto perch� i criteri adottati si palesano i pi� idonei per la finalit� che un codice deve per seguire. In altre occasioni, abbiamo rilevato che una raccolta la quale si concretasse in un mero raggruppamento di norme sia pure attraverso una sistematica logica e cronologica, non potrebbe essere qualificata pienamente efficiente per gli scopi che devono essere perseguiti con questo particolare e moderno strumento di lavoro. L'autore di un codice deve aggiungere qualcosa� di personale al materiale lavoro di raccolta: la sistemazione dei singoli istituti che le norme disciplinano nella materia cui la raccolta si riferisce. La ricostruzione degli istituti attraverso le singole disposizioni consente anche una rapida �nformativa sul contenuto della materia e facilita, senza dubbio, la risoluzione dei casi singoli, in quanto si trovano raccolte e sistemate tutte le disposizioni relative a quel determinato istituto. Se si considera che, in materia di concessioni di autolinee, buona parte delle disposizioni sono affidate all'esercizio� del potere regolamentare; sar� dimostrata ancor pi� l'utilit� di una raccolta la quale contiene le numerosissime circolari emanate sia dagli organi centrali che da quelli periferici e ancora sia dagli organi statali che da quelli regionali. I criteri indicati trovano evidente applicazione nella raccolta che recensiamo, dove la ripartizione della materia � eseguita tenendo conto prima della organizzazione preposta a questo particolare settore del pubblico interesse e, poi, dell'esercizio delle funzioni attribuite ai singoli organi. Il coordinamento fra le singole disposizioni � reso, altres�, visibile attraverso l'uso, nelle specifiche norme, del corsivo, sempre restando il richiamo alla norma di cui si opera il coordinamento con quella riportatn, per esteso. Pu�, in tal modo, l'interprete assicurarsi della esattezza della operazione compiuta dagli autori, andando a riscontrare la norma richiamata in nota. Riteniamo che il lavoro compiuto dagli autori trover� pieno consenso, non solo nella numerosa categoria degli operatori economici particolarmente interessati all'importante settore dei trasporti in concessione, ma anche fra gli operatori del diritto ai quali una raccolta cos� ben sistematicamente eseguita rende pi� agevole l'applicazione della norma al caso concreto. A. T. LUCIANO ZANOBINI, ARNALDO BRACCI: Codice delle leggi sulla Pubblica Istruzione. Voi. I. Istruzione primaria. Il codice delle leggi sulla pubblica istruzione � stato dagli autori suddiviso in quattro volumi: il primo, sull'istruzione primaria, vede la luce in questi giorni. L'opera possiede le doti gi� note, patrimonio comune di tutta la collezione legislativa diretta dal prof. Guido Zanobini: l'aggiornamento, la completezza e l� chiarezza. In pi� aggiunge una grande agilit� di consultazione, per l'indovinata ripartizione, resa necessaria dalla quantit� di norme che, per l'una e l'altro verso, interessano gli studiosi della materia, i pratici e coloro che giornalmente la vivono. G. S. SILVIO DE SILVA, ToMMAso FRANCESCHINI: Codice delle pensioni militari. Vol. I: la legislazione sulle pensioni militari. Vede la luce il primo volume del Codice delle pensioni militari: raccolta di tutte le disposizioni di legge interessanti la materia, dal 1927 ad oggi, a cui far� seguito un secondo volume, con oltre 700 massime giurisprudenziali riferibili al periodo 1928-1958. Nella compilazione dell'opera gli autori hanno preferito al criterio sistematico il criterio cronologico che mBglio si presta nelle ipotesi di materia, come questa, non suscettibile di a:r.ticolazione. L'opera si presenta di grande utilit� li virt� specialmente del collegamento tra massima e norm� effettuato nell'indice analitico. G. S. RACCOLTA� DI GIU�RISPRUDENZA CASSAZIONE -Termini per ricorrere -Decisione della Commissione centrale delle imposte -Ricorso ai sensi dell'art. 111 della Costituzione. (Corte di Cassazione, Sez. I, Sent. n. 246/59; Pres.: Liguori; Est.: Arras; F. M. Caruso (conf.); Mancati c. Intendenza di Finanza di Roma). Il termine di sei mesi previsto dall'art. 146 del R.D. 30 dicembre 1923, n. 3269, non � applicabile al ricorso per cassazione, proposto ai sensi dello art. 111 della Costituzione, avverso una decisione della Commissione centrale delle imposte, pronunciata in materia di imposta di registro. Tale ricorso, in mancanza di un termine espressamente sancito dall'art. 111 della Costituzione, deve essere proposto nell'ordinario termine di sessanta giorni dalla notificazione della decisione, a norma dell'art. 325 C. p. c.. CASSAZIONE -Ricorso -Richiesta di trasmissione del fascicplo di ufficio -Procedimento svoltosi innanzi alla Commissione centrale delle imposte. (Corte di Cassazione, Sez. I, Sent. n. 2887/59; Pres.: Torrentet Est.: Bianchi; P. M. Silocchi (conf.); Poggi c. Amministrazione delle Finanze) . La norma dell'art. 368, ultimo comma, C. p. c. (relativa alla richiesta alla cancelleria del giudice che ha emesso la decisione impugnata, di trasmettere alla cancelleria della Corte di Cassazione il fascicolo di ufficio) non � applicabile al proced�mento svoltosi innanzi alla Commissione centrale delle imposte, procedimento regolato da norme anteriori al codice di .rito vigente (R.D.L. 7 agosto 19.36, n. 1639 e R.D. 8 luglio 1937, n. 1516), e che perci� non prevedevano neanche la formazione di un fascicolo di ufficio. Sulla prima massima la giurisprudenza della Corte di Cassazione � costante (vedi: Sentenza n. 3215 del 1953 in Rassegna �1953, pag. 278 e sentenza n. 703 del 1954 e 1561 del 1955). La seconda massima, sulla quale non risultano precedenti, risolve, in modo che ci sembra logico, un dubbio derivante dal coordinamento tra la norma dell'art. 111 della Costituzione e le disposizioni del Codice di Procedura civile in materia di ricorso per Cassazione. CASSAZIONE -Ricorso -Notificazione ad Amministrazione dello Stato -Nelle controversie per l'applicazione dell'imposta di registro -Norma della. legge n. 260 del 1958. (Corte di Cassazione, Sez. Un; Sent. n. 2529/1959; Pres.: Oggioni; Est.: Passanisi; P. M. Pomodoro (conf.); Zelaschi c. Proc. Sup. Registro Milano). Anche dopo l'entrata in vigore della legge 25 marzo 1958, n. 260, recante modificazioni alle norme sulla rappresentanza in giudizio dello Stato, de~e ritenersi inammissibile, nelle controversie per l'applicazione dell'imposta di registro, il ricorso per cassazione notificato al procuratore del registro anzich� all'Intendente di Finanza. Segnaliamo questa massima per evitare che essa possa essere interpretata in senso troppo estensivo. La fattispecie, infatti era quella di un ricorso per cassazione notificato al Procuratore del registro prima dell'entrata in vigore della legge n. 260. Evidentemente, dopo l'entrata in vigore di tale legge, i ricorsi per �cassazione, come anche le. citazioni, in materia di applicazione di imposta di regustro vanno notificati al Ministro per le Finanze. ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILITA-Oc cupazione temporanea -Indennit� -Decreto che determina l'indennit� -Inerzia della autorit� am ministrativa oltre il biennio -Lesione di diritto sog gettivo -Occupazioni temporanee -Termine bien nale di cui all'art. 73 della legge n. 2359 del 1865. (Corte di Cassazione, Sez. Un., Sent. n. 2603/59; Pres.: Oggioni; Est.: Pepe; P. M. Colli (conf.); INA-Casa c. Fonte). La facolt� attribuita al Prefetto dall'art. 72 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, di determinare le indennit� per l'occupazione temporanea anche con decreto. successivo a quello che autorizza l'occupazione, trova un limite nella durata della medesima, n� pu� protarrsi oltre il biennio; l'inerzia dell'autorit� amministrativa oltre tale limite si risolve in una lesione di diritto sogge.ttivo, tutelabile, come tale, davanti al giudice ordinario. L'art. 23 della legge 28 febbraio 1949, n. 43, sulla costruzione di case per i lavoratori detta solo alcune disposizioni particolari, ma non deroga al principio secondo il quale al termine biennale, di cui all'art. 73 della legge 25 giugno 1865, n. 2369, soggiacciono tutte le occupazioni di urgenza, senza distinzioni di sorta, qualunque ne sia la natura e lo scopo. Riproduciamo qui di seguito la motivazione della. sentenza della Suprema Corte a Sezioni Unite relativa alle due massime sopra ricavate. Per quanto concerne il ricorso principale della Gestione IN.A.-Casa si denuncia con il primo mezzo la violazione dell'art. 23 della legge 28 febbraio 1949, n. 43, che disciplina l'espropriazione delle aree necessarie alla costruzione di case per lavoratori, nonch� la falsa applicazione dell'art. 73 della legge fondamentale sulle espropriazioni per causa di p. u. del 25 giugno 1965, n. 2359, riprospettandosi ancora una volta la tesi della inapplicabilit� oltre che in linea generale, in ordine soprattutto alla particolare disciplina dettata per la costruzione di case per lavoratori dalla citata legge del 1949, del limite biennale di durata massima stabilito dall'art. 73 della legge del 1865 per le occupazioni di -100 urgenza, in tutte le ipotesi in cui tali occupazioni per essere preordinate alla esecuzione di opere pubbliche, non che rivestire carattere temporaneo e contingente sin dall'origine rivelino un carattere di definitivit� si da risolv~rsi in effetti in una espropriazione anticipata. . L'inconsistenza peraltro di tale tesi � stata ripetutamente messa in rilievo da questa Suprema Corte in una serie di pronunciati (cfr. tra l'altro, sentenza n. 1702 del 29 maggio 1954, Comune di Francavilla a Mare c. Alesi ed altri; e per ultimo sentenza n.. 134 del 22 gennaio 1958, Provincia di Bologna c. Neri e n. 66 del 13 gennaio 1959, Gerini c. EUR e Prefetto di Roma) s� che non occorre su essa attardarsi. Basta all'uopo ricordare quanto fu gi� avvertito nei precedenti pronunciati, che cio� ove si dovesse le occupazioni di urgenza a scopo duraturo ritenere svincolate dal limite temporale, di cui all'articolo 73 della legge del 1865 verrebbe ad essere soppressa ogni garanzia del diritto di propriet�, consentendosi al beneficiario di procrastinare indefinitivamente nel tempo la sua occupazione senza la corresponsione di alcuna indennit� per la espropriazione, con pieno sovvertimento del principio consacrato nell'art. 42 della Costituzione, e basta mettere in luce d'altra parte l'equivoco, su cui si aggira ad ogni modo la tesi predetta, perdendo di vista il carattere di autonomia che ha la occupazzione di urgenza, la quale ancorch� preordinata alla esecuzione di una opera pubblica, non che essere fine a se stessa e poter identificarsi con la espropriazione per pubblica utilit� deve in ogni caso, per diventare definitiva, essere seguita da questa, come � fatto palese dall'ultimo comma dell'art. 73. N� la soluzione pu� essere diversa sotto il profilo particolare. Anzitutto dopo quanto � stato detto a proposito dell'art. 42 della costituzione, se anche fosse dato poter ravvisare nella legge 28 febbraio 1959, n. 43 sulle case per lavoratori una deroga al principio secondo cui al termine biennale soggiacciono tutte le occupazioni di urgenza, senza distinzione di sorta, qualunque ne sia la natura e lo scopo, della costituzionalit� di tale deroga sarebbe seriamente a dubitare. La verit� comunque � che la legge del 1949 non ha aflatto inciso sul principio predetto, lasciandolo del tutto inalterato, con l'art. 23 essa ha dettato solo alcune disposizioni particolari, con le quali, oltre ad estendere alla espropriazione per la costruzione di case per lavoratori le norme, che riflettono la determinazione dell'indennit� di esproprio stabilite dalla legge speciale 15 gennaio 1885, n. 2892 per il risanamento della citt� di Napoli (1� comma) ed oltre ad attribuire sempre ed in ogni caso al Prefetto il potere di smettere la dichiarazione di p. u. (2� comma) o la dichiarazione di indifferibilit� ed urgenza della costruzione di alloggi, agli effetti dell'occupazione temporanea, anche non ricorrendo gli estremi di urgenza qualificata richiesti dall'art. 71 della legge del 1885 (3o comma) ha con il quarto ed ultimo comma attribuito altresi ai proprietari dei beni espropriati il diritto alla retrocessione �se entro un anno dal decreto di espropriazione o dall'occupazione temporanea, ove abbia avuto luogo, non sia stato dato inizio alla costruzione effettiva della casa �. Queste le sole deviazioni della legge comune, le quali non toccano, come ognuno vece, il principio enunciato nell'art. 73 della legge del 1865 e del tutto vano appare lo sforzo delle ricorrente diretto a fare ravvisare una inconciliabilit� di quest'ul tima norma con quella dell'ultimo comma dell'articolo 23 della legge del 1949 avendo l'una norma e l'altra contenuto essenzialmente diverso diversi essendo i presupposti e diverso il fine cui l'una e l'altra sono ispirate. � In ordine alla questione di carattere generale (l3 massima) la Difesa dello Stato ha sempre sostenuto che sussiste prof onda distinzione tra le occupazioni di urgenza previste dall'art. 71 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, in relazione a necessit� contingenti e di particolare gravit� e quelle che trovano la loro spiegazione nell'esigenza di dare rapidamente inizio ad opere pubbliche in attesa del decreto di espropriazione. In sostanza il .termine biennale, previsto nell'art. 73 di detta legge, mentre trova giustificacazione per le occupazioni del primo tipo, in quanto � da evitare che occupazioni per ragioni .contingenti possano troppo a lungo protrarsi, non ha invece alcuna ragione di essere per le altre occupazione, e cio� per quelle che fin dall'inizio si presentarono col carattere della definitivit� e con la visione conconcreta di un'espropriazione che non potr� mancare. Tuttavia, in vista della contraria giurisprudenza della Suprema Oorte sul punto, la Didesa dello Stato non aveva ritenuto opportuno riproporre nella causa in parola la predetta questione di carattere generale. La circostanza che le Sezioni Unite hanno inteso, ciononostante, di riaffermare ancora una volta il loro punto di vista in materia, � sintomatico e dimostra che si tratta di orientamento giurisprudenziale ormai consolidato. * * * Per quanto riflette la questione .particolare, racchiusa nella seconda massima, sotto molteplici aspetti la Suprema Oorte avrebbe dovuto accogliere la tesi sostenuta nell'interesse della Gestione INA-Gasa. In sostanza l'inapplicabilit� del termine biennale alle occupazioni disposte per le opere previste dalla legge 28 febbraio 1949, n. 43 e successive integrazioni e modifiche, deriva dalla stessa legge ora menzionata e trova il suo motivd determinante nelle esigenze che condussero alla sua emanazione. Gi� da un punto di vista generale � da escludere che il principio racchiuso nell'art. 73 si ponga come presupposto inderogabil6, che impedisce qualsiasi eccezione. Tutt'altro; le eccezioni vi sono, prima fra tutte quella delle occupazioni militari (art. 74-76 legge sulla espropriazioni) per le quali � stato sempre ritenuto che il richiamo a preceaer�ti disposizioni della legge non comprende anche quella relativa -al termine biennale di cui trattasi. Altre eccezioni ancora sono ad esempio quelle di cui all'art. 18 del R.D. 26 febbraio 1940, n. 247, sull'ente di oolonizza� -101 zione del latifondo siciliano; ed all'art. 33 del T. U. sulle acque pubbliche 11 dicembre 1933, n. 1775 ((espropriazioni occorrenti per le grandi derii�azioni). Non vi � dunque un'impossibilit� concettuale che impedisca di allontanarsi dalla regola generale e che non consenta eccezioni, quando particolari esigenze di pubblico interesse lo rendano necessario. Nel caso in esame, al pari di quanto si verific. per le occupazioni militari, l'epropriazioni per p. u riceve una disciplina autonoma, la quale, in relazione all'ultimo comma dell'art. 23 si discosta dal normale procedimento di espropriazione, introducendo anche una norma del tutto nuova. Le peculiari esigenze che mossero il legislatore a provvedere in un settore particolarmente delicato, con provvedimento orientato contemporaneamente a due fini fondamentali -lenimento della disoccupazione e ricovero dei senza-tetto -indussero evidentemente a questa autonoma disciplina della materia. In particolare l'art. 23 della legge 28 febbraio 1949, n. 43, non fa alcun richiamo, n� riferimento all'art. 71, n� tanto meno all'art. 73 della legge sulla espropriazione per p. u. Oade, quindi, ogni possibile connessione esegetica. Esso invero prevede esclusivamente l'occupazione dell'area della quale � chiesta l'espropriazione. D'altro canto il congegno della legge in relazione ai piani e programma che regolano l'atti-. vit� della Gestione, esclude di per s� stesso che l'occupa. zione non possa essere seguita dalla espropriazione. Peraltro, regolando pe~� intero anche il problema della eventuale restituzione, l'art. 23 precisa nel 30 ed ultimo comma che le aree saranno restituite se entro un anno dal decreto di espropriazione o dalla occupazione temporanea, ove questa abbia avuto luogo, non sia stato dato infaio alla costruzione effettiva della casa. Dunque il legislatore, mentre tace del tutto sul termine biennale, astenendosi da qualsiasi specifico. richiamo delle norme stesse sull'espropriazione per p. u. (unico richiamo � quello alla legge per Napoli, ai fini della determinazione della indennit�), stabilisce un nuovo termine, che al pari di quello dell'art. 73 della legge del 1865 � a garanzia del proprietario, a carico del quale � avvenuta la occupazione o l'espropriazione, e tale nuovo terniine, che comporta una durata inferiore all'altro, di per s� stesso dimostra e conferma che �l'altro -quello di cui all'art. 73 -non � stato tenuto presente, n� si � voluto richiamare. In altri termini sussiste una logica del termine previsto dall'art. 23, mentre invece l'eventuale applicazione del termine biennale sarebbe contrario alla logica, perch� il rapporto fra l'uno e l'altro rivela manifestamente che la distinzione � stata ben chiara alla mente dcl legislatore. Il termine di nn anno posto all'inizio della costruzione sta ad evitare che possa trattenersi senza. scopo un bene che non riceve concreta utilizzazione: esso ten(le ad assicurare che l'a9�ea espropriata o occupata riceva di fatto e celermente concreta attiiazione in relazione allo scopo che tale occupazione o espropriazione~ ha reso necessario in vista cli esigenze di ordine generale qnali sono quelle delle costruzioni di � opere pubbliche. Ma tale termine, pertanto, � coerente e costituisce garanzia massima per il proprio rvte del bene, il quale proprietario entro breve termine -pi� breve di quello previsto dall'art. 73 sar� in condizione di conoscere se il bene sar� o meno definitivamente trattenuto. Dwoe quindi escludersi che possa, oltre il predetto termine di un anno, aggiitngersi anche quello biennale, che non sarebbe sorretto da nessuna ragione logica, in quanto che, con l'inizio delPopera allo scadere dell'altro termine, il terreno resta acquisito till'opera pu.bblica e l'opera non pu6 distruggersi. Esso non potrebbe valere neppure ad accelerare la procedura di espropriazione, che, com'� noto, dipende dal Prefetto e non dall' INA-Gasa. Mentre il termine dell'art. 3 � perci6 coerente e si inquadra perfettamente nelle finalit� della legge, perch� al tempo stesso tutela l'interesse pubblico alla costruzione dell'opera, e quello del privato alla retrocessione, il termine dell'art. 73 sarebbe estraneo a tali finalit� e mentre potrebbe avere qualche utilit� per il privato -comunque limitato, stante la maggiore garanzia che deriva dall'altro termine e cio� da quello di un anno portato dall'art. 23 -porrebbe in situazione critica gli stessi piani finanziari della Gestione dai quali dipende direttamente il rapido inizio della costruzione e la celere sua ultimazione; e non gi� il procedimento di espropriazione. Ed � appunto per queste ragioni che il legislatore del 1949 ha pensato di tutelare contemporaneo le contrapposte esigenze del proprietario e dell'ente esecutore dell'opera pubblica, introducendo, in sostituzione di quello ordinario, un nuovo termine, peraltro pi� breve, che quelle esigenze ha equamente tJontemperato. Ammettere che al termine di un anno possa aggiungersi anche quello. biennale, comporta un maggiore particolare aggravio a carico della Gestione; il che certamente non si � affatto voluto, proprio in vista della peculiare, specifica importanza che riveste l'opera, che alla Gestione medesima � stata commessa, nel conseguimento della duplice finalit� alla quale gi� si � fatto cenno. Una conferma della tesi da noi sostenuta � data dalla circostanza che nella legge si accomuna negli effetti la retrocessione l'occupazione e il decreto di esproprio: si parla cio� di retrocessione anche quando vi sia la semplice occupazione. In altri termini per il legislatore, superato il periodo di un anno, previsto dall'art. 23, ultimo comma, la situazione pu6 considerarsi cristallizzata ed assume carattere di definitivit�, proprio perch� oramai, anche in caso di semplice occupazione, non sussiste l'ostacolo del termine biennale, che � stato sostituito da quello annuale. Si � dunque in concreto in presenza di una particolare forma di occupazione di urgenza, autonomamente disciplinata e che ha una sua propria e specifica regolarnentazione per quanto attiene al termine, 1 che colpisce la Gestione per un fatto proprio -il ritardo nell'inizio della costruzione -e non per uu eventuale ritardo nella pronuncia dell'espropriazione ad altri addebitabile. E cos� come in altre espropriazioni speciali, non sussiste nella materia considerata possibilit� di applicazione del termine di cui all'art. 73 della. legge di espropriazione per p. u. Ma purt1�oppo i predetti argomenti non so'fbo �stati ritenuti validi e il principio qui affermato � stato confermato con la successiva sentenza delle Sezioni Unite n. 3204/59. T.I.J.G. ~l~WWWOOiKfl@i[@ftIDfilff~~~~l, -102 IMPOSTE E TASSE -Dogana -Controversie giudi� ziali -Rappresentanza dell'Amministrazione -Sol ve et repete -Applicabilit� del principio -Dogana Soggetto passivo dell'obbligazione tributaria -Obbli� gazione solidale con il proprietario della merce ~ Prescrizione -Interruzione. (Corte di Cassazione, Sezioni Unite, Sentenza n. 1539/59; Pres: Felici; Est. La Porta;_ P. M. Tavolaro (conf.); C. I. S. c. Am ministrazione Finanze). I -Nelle controversie in materia doganale la rappresentanza in giudizio dell'amministrazione finanziaria dello Stato spetta esclusivamente all'Intendente di Finanza della Provincia in cui ha sede l'ufficio di dogana interessato; osservate le norme relative al foro delle cause dello Stato ed alla notifica degli atti ad_ esse relativi. II -L'art. 6 legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato. E che esclude dall'osservanza del precetto del solve et repete le questiOni relative ai supplementi d'imposta, non trova applicazione in materia doganale, Pf::!ich� in questa l'articolo stesso � sostituito dall'art. 15 della legge 26 gennaio 1896, n. 20 (ora art. 24 legge 25 settembre 1940, n. 1424), che per i diritti doganali impone l'osservanza del solve et repete, senza alcuna distinzione tra imposta principale, complementare e suppletiva. III -Soggetti passivi dell'obbligazione tribu taria doganale sono coloro che presentano la merce in dogana, e la detengono al inorriento del pas saggio della linea doganale, e coloro per conto dei quali la merce medesima � stata importata, siano essi o meno proprietari della merce. Lo spedizioniere �, per le operazioni da lui compiute, debitore d'imposta, in quanto, a norma dell'art. 17 della stessa legge, � tenuto in via sussidiaria al pagamento, in luogo del proprietario, dell'imposta doganale. I due soggetti sono tenuti in solido nei confronti della Finanza, la quale pu�, quindi, liberamente eleggere se rivolgersi al debitore principale o al debitore sussidiario; e se essa ha interrotto la prescrizione contro uno di essi, la interruzione ha effetto anche contro l'altro, a norma dell'art. 1310 O.O. I -Oon l'entrata in vigore della legge 25 marzo 1958, n. 260, recante modificazioni alle norme sulla rappresentanza in giudizio dello Stato, la prima massima perde ogni rilievo. Allo stato tale rappresentanza, com'� noto, �, in ogni caso, affidata al competente Ministro. 11 -Di particolare importanza � invece la seconda massima. Anche a volere ammettere che si possa parlare di imposta doganale suppletiva (in contrapposizione ad imposte doganali principali e complementari), sta di fatto che l'art. 24 della vigente legge doganale, 25 settembre 1940, n. 1424 (che riproduce sostanzialmente l'art. 15 della legge 26 gennaio 1896, n. 20), prescrivendo che l'opposizione ad ingiunzione in materia 'doganale sia preceduta dal pagamento, non contiene la limitazione prevista, in generale, per supplementi di imposta, dall'art. 6 della legge 20 mar~o 1865, n. 2248, all, E. Oi� perch�, in materia doganale, la distinzione fra tributi principali, complementari e suppletivi non ha alcun giuridico effetto e perci� stesso non ha alcuna importanza pratica. La suddetta distinzione, nel nostro ordinamento tributario, in generale, �ssume rilevanza: a) sul termine di prescrizione, che, di regola, � pi�t breve per i supplementi; b) sul precetto del sol ve et repete, che, sempre di regola, non si applica per i supplementi medesimi; c) sugli effetti della opposizione proposta dal. debitore contro l'ingiunzione, effetti che solo in caso di imposta suppletiva hanno carattere sospensivo. Sotto il primo aspetto, deriva dall'art. 27 della legge doganale del 1940 che il termine di prescrizione in cinque anni � stabilito per tutti i tributi doganali e quindi anche (vedi lettera A. dell'art. 25) <<per i diritti liquidati e non riscossi in tutto o in parte, per qualsiasi causa, o dovuti in conseguenza di errori di calcolo nella liquidazione o di erronea applica zione della tariffa �. Segno pi� che evidente questo, che il _carattere suppletivo dell'imposta non � stato tenuto in alcun conto dal legislatore doganale e differenza di quanto dispone, ad esempio, la legge del registro negli art. 136 e segg. Sotto gli altri due profili, e particolarmente sotto il secondo (che � quello pi� interessante per la questione in esame) � piit che eloquente il silenzio del legislatore in una disposizione che -come quella dell'art. 24 della legge doganale 1940 -ha inteso disciplinare, in modo autonomo e comitnque discostandosi dalle norme usuali la procedura di riscossione dei diritti doganali (vedasi, ad esempio; il termine di opposi zione ingiunzione, portato a 15 giorni anzich� a 30 e diventato di carattere � perentorio � ). A porre' in evidenza l'esattezza della tesi secondo la quale non solo la lettera ma anche la ratio della norma sono nel senso che la regola del solve et repete sia applicata senza alcuna limitazione, sta la considerazfone che il legislatore ha usato nell' arti . colo 24 (vedasi il 1� comma) quella stessa ampia dizione � diritti dovuti alla Dogana e non pagati in tutto o in parte� che troviamo usata nel citato art. 27, lettera A., a proposito del termine prescrizionale. Valga altres�, l'altra considerazione che il maggior presidio per la riscossione dei tributi doganali, apprestato con l'applicazione in ogni caso del solve et repete, si ricollega alla particolare natura ed alle speciali esigenze della materia doganale. Tale materia, infatti, presenta caratteristiche spe ciali anche in confronto alle altre norme finanziarie, in quanto si collega, oltre che con le necessit� del pubblico erario, anche con le condizioni obbiettive dell'economia nazionale e con la necessit� della di fesa di quest'ultima. Di guisa che, potendosi dire che essa � imposta dalla realt� delle cose all'opera del-legislatore, resta per ci� stesso caratterizzata dalla assolutezza e dal rigore delle norme oltre che dalla loro natura frequentemente sanzionatoria. (v. Cassa zione Sez. Un. 23 gennaio 1936, in �Rep. Foro It. �, 1936, voce �Dogana� e �Foro A.mm.�, 1936,-~p.-71~ 40 e 42; per la dottrina v. TESORO: Principi di diritto tributario, pp. 439; Dr LORENZO: D. doganale pp. 293; D:i: LORENZO Corso, e(J,, 19471 p. 190). I I I I -103 III -In ordine alle restanti massime, � opportuno ricordare che nell'art. 5 della legge del 1940 � stabi �lito che al pagamento dell'imposta doganale sono tenuti solidalmente il proprietario e tutti coloro per conto dei quali la merce � stata importata o esportata. Laddove per proprietario, agli effetti della imposta stessa, deve indendrrsi, in senso lato, ed a termini della legge (art. 16), colui che presenta la merce stessa in Dogana e la detiene al momento del passaggio della linea doganale, salvo il diritto della Amministrazzione di accertare chi ne abbia l'effettiva propriet� ed agire contro lo stesso. Comunque sono indistintamente e solidalmente soggetti passivi dell'imposta in questione il presentatore o materiale detentore della merce, il proprietario di questa, colui per conto del qua'le si � effettuato il passaggio della linea doganale, indipendentemente dalle circostanze di essere o meno questi il proprietario della merce. Nella relazione della legge doganale, in ordine all'art. 5 � detto che �il primo comma-di questo articolo determina il soggetto passivo dell'obbligazione doganale. La disposizione � intesa a risolvere legislativamente un altro questito di notevole valore sistematico e pratico. Considerato che il fatto dal quale �sorge l'obbligazione � il passaggio della linea doganale, stabilito, in conformit� anche ad un indiscutibile criterio di giustfaia tributaria, non meno che per motivi di pratica opportunit�, che soggetti passivi sono tutti coloro i quali a detto passaggio hanno direttamente o indi.rettamente contribuito, indipendentemente dalla effettiva appartenenza della merce trasportata. La P . .A.., infatti, non ha n� mezzo n� modo di accertare, al momento della entrata della merce nel Regno, gli effettivi rapporti di diritto privato esistenti tra le persone tutte che hanno posto in essere il movimento della merce attraverso la linea doganale ii. Peraltro la legge nel disciplinare, l'istituto della rappresentanza del proprietario delle merci trasportate ai fini del rapporto d'imposta, dopo aver pre" cisato che detta rappresentanza pu� essere conferita a spedizioniere autorizzato, ovvero ad altre persone munite di mandato, stabilisce (art. 17) che cc lo spedizioniere, per le operazioni da lui compiute, � tenuto in via sussidiaria al pagamento dell'imposta� doganale in luogo del proprietario ''� In relazione alle operazioni predette, pertanto, lo spedizioniere, ai sensi di legge, assume la veste del responsabile d'imposta ed � anch'egli obbligato, solidalmente ai soggetti passivi della imposta, al pagamento del tributo. Ha rilevato al riguardo la Suprema Corte nella sentenza annotata che siffatta obbligazione (quella derivante dall'art. 17 a carico dello spedizioniere) trova giustificazione nel fenomeno della sostituzione della persona del proprietario con quella dello spedizioniere. � La. sostituzione invero, esige, una cautela per l'amministrazione finanziaria, cautela che � ap punto data dalla obbligazione ex lege del sostituto che, peraltro, ha veste di rappresentante del pro prietario della merce. Si tratta di un'obbligazione s�stitutiVa 'e, per tanto, autonoma, ma collegata a quella del pro prietario, onde i due soggetti, nei confronti della Finanza sono tenuti in solido. L'unicit� del debito accomuna i due debitori in una pluralit�, astratta, dal vincolo della solidariet�. Dalla solidariet� nasce la rappresentanza vicen devole dei due soggetti, dal momento del sorgere a quello della estensione del rapporto tributario. Consegue che la Finanza pu� liberamente eleg gere e rivolgersi al debitore principale di imposta ed al debitore sussidiario. Consegue, altresi, che gli atti interruttivi della prescrizione che siano compiuti nei confronti di questo ultimo estendano la loro efficacia alla per sona del primo, in virt� dell'espressa disposizione dell'art. 1310 O.e.� RESPONSABILITA' CIVILE-Inadempimento -Non colpevole della P. A. -Quando ha luogo. (Corte di Cassazione, Sez. I, Sent. n. 1878/58; Pres.: Torrente; Est.: Vistoso; P. M.: Cutrupia (conf.) -Soc. Forlini c. Amministrazione delle Finanze dello Stato). Durante il tempo necessario per il con:i.pletamento della pratica amministrativa di emissione del mandato, tempo che pu� essere di maggiore o minore durata a seconda delle esigenze di servizio e della maggiore o minore complessit� degli accertamenti da compiere, la P . .A.. non pu� ritenersi in mora nell'esecuzione del pagamento, non sussistendo, prim� che 'il mandato venga emesso, un diritto dell'interessato alla riscossione. S.olo dopo il compimento degli atti prescritti dalla legge sulla contabilit� perch� il pagamento possa essere autorizzato, l'ulteriore ritardo della P . .A.. diventa colpevole e sorge, conseguentemente l'obbligo degli interessi. Con questa sentenza la Corte Suprema ribadisce e rende ormai costante l'indirizzo giurisprudenziale gi� affermatosi con la sentenza n. 1601 del 1952 ('in questa Rassegna 1952, 143) e confermato con la sentenza n. 2291del1956 (in questa Rassegna 1956, pag. 184). Sull'argomento non abbiamo che da riportarci alle considerazioni gi� svolte in note alle sentenze suddette nello studio del Sa�varese (in questa Rassegna; 1952, pag. 156) e nella recensione dello Studio del Sandulli (in questa Ras�egna, 1953, pag. 19). ORIEN,TAMENTI GIURISPRUDENZIALI DELLE CORTI DI MERITO AMMINISTRAZIONE PUBBLICA -Responsabilit� Legge 20 aprile 1949 n. 264 in materia di avviamento al lavoro -Infortunio mortale avvenuto in un can tiere scuola -Pretesa responsabilit� del Ministero del Lavoro -Improcedibilit� della domanda. (Corte d'Appello di Roma, Sez. I, Sent. 30 aprile-3 ottobre 1958; Pres.: Felici; Rel.: Musumeci). La legge 20 aprile 1949, n. 264, che ha lo scopo di provvedere al lavoro degli operari rimasti involontariamente disoccupati, con la istituzione dei cantieri-scuola, riflette e disciplina un aspetto del compito assistenziale dello Stato, sebbene nel contempo possa fare raggiungere altre finalit� estranee a quella propria del Ministero del Lavoro ed inerenti ad altri dicasteri o ad altre amministrazioni autonome1 e persino ad attivit� di imprese private. La concessione-. dei cantieri scuola pu� essere, in: fatti, accordata sia a privati proprietari che ad amministrazioni pubbliche le quali assumono la gestione sia tecnica che amministrativa dei cantieri stessi e sia nei rapporti interni col personale addetto, sia nei rapporti coi terzi. Con questo frazionamento di compiti e trasferimento di funzioni dello Stato agli enti gestori, si viene a creare una situazione giuridica analoga a quella di un appalto di opere pubbliche, rispetto al quale lo Stato non risponde dei fatti che rimangono nella cerchia dell'attivit� autonoma, e che, in virt� del contratto, appartiene all'appaltatore e che questi e i suoi dipendenti debbano esplicare per Vesecuzione dell'opera. Che la legge preveda e regoli una ingerenza da parte dello Stato e con l'intervento non solo del Ministero del Lavoro, ma anche di quello dei LL. PP. e dell'.Agri coltura (art. 59), che limita e riduce la minimo la discrezionalit� del concessionario per ogni ramo di attivit�, non elimina tuttavia la iniziativa di detto concessionario e la sua autonomia e, quindi, in derivazione, la sua qualit� di esclucivo ed effettivo soggetto del rapporto di lavoro con gli addetti al cantiere, siano essi funzionari che semplici operai, i quali, in conseguenza al concessionario del cantiere e non mai allo Stato restano giuridicamente collegati. � solo nel concessionario predetto che si accentra la responsabilit�, come conseguenza del rapporto di lavoro che lo lega al proprio dipendente, per l'infortunio che abbia colpito il dipendente medesimo nell'esercizio delle mansioni allo stesso affidate. La legge 20 aprile 1949, n. 264, cos� come � reso palese nella sua intitolazione, ha lo scopo dichiarato di provvedere �in materia di avviamento al lavoro e di assistenza dei lavoratori involontariamente disoccupati �. Dunque cc avviamento al lavoro � e � assistenza dei lavoratori >> sono i fini propri delle legge nel quadro della specifica competenza propria della Ammini strazione del Lavoro. Esaminando da vicino la predetta legge, essa, in particolare, nel titolo I (art. 1 a 6) provvede all'istituzione della Oommissione Oentrale e dei Oomitati per l'avviamento al lavoro e ne fissa i compiti e le attribuzioni, sopprimendo i precedenti organismi in materia. Il titolo II (artt. 7 a 18), in tre capi, regola la disciplina del collocamento -definita �funzione pubblica� (art.� 7) -attraverso lo specifico avviamento al lavoro e la determinazione dei compiti degli organi del collocamento, tutelandone anche lo svolgimento e l'organizzazione a mezzo di apposite norme. penali. Il titolo III (artt. 30 a 44) tratta dell'assistenza economica ai lavoratori involontariamente disoccupati, stabilendo le disposizioni in ordine alla assicurazione obbligatoria, agli assegni integrativi della indennit� di disoccupazione ed ai sussidi straordinari. Ool titolo IV (art. 45 a 65) la visuale si allarga e le attribuzioni del Ministero diventano pi� dirette e pi� ampie, perch� l'avviamento al lavoro e l'assistenza del lavoratore, si trasferiscono su di un piano di maggiore concretezza, in quanto sono rivolti all'addestramento professionale degli apprendisti artigiani, dei lavoratori in soprannumero e dei disoccupati. Sono sempre compiti di assistenza, ma che abbracciano una pi� ampia visuale e si rivolgono all'educazione in senso lato del lavoratore. � per cos� dire un avviamento qualificato, che si svolge attraverso corsi per disoccupati, che possono essere anche promossi direttarnente dal Ministero del Lavoro, ma che -almeno di regola; -sorgono su iniziativa di altre amministrazioni (Oomuni ed altri enti, associazioni etc) e corsi aziendali di riqualificazione affidati a determinate imprese industriali. Ora, proprio perch� il fine che si prefigge la legge, � pur sempre quello perseguito dal Ministero del Lavoro, ed � pi� segnatamente rivolto allo ((avviamento al lavoro � ed all'cc assistenza dei lavoratori involontariamente disoccupati �, � pi� che evidente che lo svolgimento concreto di tutte le attivit� contemplate nella legge, deve svolgersi e svilupparsi con la presenza continua ed immanente del Ministero del Lavoro, mentre attraverso i vari uffici centrali e periferici deve necessariamente filtrare la massa dei lavora. tori, che pu� essere avviata al lavoro e, in senso lato, assistita. E ci� perch� � proprio questo il compito che � affidato alla Amministrazione del Lavoro, la quale mancherebbe alla sua ftmzione se non seguisse il lavoratore, anche dopo la sua assunzione, cercando di preservarlo dalla disoccupazione. Nel quadro della materia trattata dal titolu I--V della legge, circa l'addestramento professionale dei lavoratori, � inserito armonicamente l'istituzione dei cantieri scuola (capo V), i quali sono promossi d'i ~FE?ZFFWf%i7?7777H ~FE?ZFFWf%i7?7777H -105 t rettamente, ma, il pi� delle volte, solo autorizzati, dal Ministero del Lavoro, di intesa con i Ministeri dell'Agricoltura e dei LL. PP., e merJ,tre assolvono a quelle che sono le peculiari finalit� proprie della AmministraziorJ,e, come gi� detto, rJ,ell'avviamerJ,to al lavoro e rJ,ell'assistenza al lavoratore, perseguorJ,O al tempo stesso finalit� che sono fuori dei compiti specifici e delle attribuzioni dell'Arnministrazione sudde. tta. Questi cantieri-scuola, invero, svolgono attivit� forestale e vivaistica di rimboschimento di sistemazione montana e di costruzione di opere di pubblica utilit� (art. 59). Essi, in altri termini, consentono l'avviamento al lavoro dei disoccupati attraverso l'esecuziorJ,e di particolari opere pubbliche, di spettanza dei Ministeri della Agricoltura e delle Foreste e dei Lavori Pubblici. Ai quali, cc nell'ambito delle rispettive competenze, � demandato il compito della approvazione dei progetti, della sorvegliarJ,za tecnica e del collaudo delle opere eseguite nei cantierin (art. 59, 20 comma), fornerJ,do altres� ccl'assistenza tecnican (art. 59, 30 comma), mentre al MirJ,istero del Lavoro SOrJ,O attribuite le sole modalit� organizzative (art. 59 50 comma). La concessiorJ,e ad aprire i predetti cantieri-scuola, pu� essere accordata sia a privati proprietari di terreni da rimboschimerJ,to, sia ad amministrazioni pubbliche, comuni, enti, consorzi, etc. (art. 60). � opportuno per altro avvertire che l'apertura del cantierescuola, anche quando la sua istituzione � promossa dal Ministero del Lavoro, vierJ,e sempre concessa ad altri e non � mai direttamente gestita dal Ministero medesimo. Infine (capo VI del titolo IV) al finanziamento dei predetti cantieri-scuola, provvede il ripetuto Ministero del Lavoro, di intesa corJ, quello del Tesoro, attingendo ad un fondo speciale (art. 63), costituito appunto per la ccqualificazione, il perfezionamento, e la rieducazione dei lavoratori italiani >>. Da tutto quanto precede risulta che ben chiari ed esattamente delimita.ti sono i compiti, che in materia sono affidati all'Amministrazione del Lavoro, compiti che restano circoscritti soltanto a quelli che rientrano nelle specifiche competenze, che segnano l'ambito preciso di attribuzione entro il quale pu� spingersi l'attivit� dell'Amministrazione medesima. La quale, in sostanza, attraverso l'opera assidua dei propri uffici centrali e periferici, pro1nuove pur sempre l'avviamento al lavoro e l'assistenza del lavoratore. La quale assistenza -come � ovvio e come � nelle finalit� della legislazione fo materia si svolge, anzi deve svolgersi, anche dopo che il lavoratore ha trovato impiego COrJ,Creto. Ma ci� posto � a.rJ,cora di assoluta evidenza che i compiti e le attribuzioni del Ministero del Lavoro, non possorJ,o scorJ,finare dai loro limiti naturali e rJ,on possono profilarsi se non come avviamento al lavoro eassistenza del lavoratore. Restringendo il discorso ai carJ,tieri-scuola, arJ,che quando questi siano promossi dal M foistero del Lavoro, � pur certo che le attribuzioni di questo devono intendersi limitate ad otterJ,ere, dopo lo specifico collocamento in cantiere del lavoratore, che questo riceva quell'addestramento e quella qualificazione che rientrano rJ,ei firJ,i persegui# dalla A mmfoistrazione del Lavoro, e rispetto ai quali si inserisce, con carattere strumentale, il particolare finanziamento, che, sempre a quei fini, e solo a quei fini � orientato. L'interesse cio� .alla esecuzione di quelle opere che il cantiere esegue nel campo del rimboschimento e delle opere pubbliche in genere"' e la 'ff!lati'Va assistenza tecnica, che certamente � fuori della competenza dell'Amministrazione del Lavoro, possono riferirsi solo ad altre Amministrazioni o Enti, ma giammzi alla stessa amministrazione del lavoro. E quel che pi� conta � che il rapporto che si crea tra questa ed il lavoratore, avviato al cantiere, � comunque un rapporto che gravita sul piano sociale dell'assistenza, che � nei fini dell'Amministrazione medesima, ricevendo una precisa e pntuale qualificazione e configurazione, che di per s� stessa esclude, nella marJ,iera pi� assoluta, la sussistenza di un rapporto di lavoro, il quale invece si stringe solo fra il lavoratore ed il privato o l'ente ai quali � stata assentita la concessione delle opere, e che queste esegue a mezzo del cantiere, nel proprio esclusivo interesse. Si deve quindi ritenere che non possa sussistere un rapporto di impiego o di lavoro tra gli operai .al cantiere e l'Ammfoistrazione del lavoro, n� questa pu� considerarsi resporJ,sabile, degli fofortuni verificatisi a danrJ,o degli operai stessi. E se a termini delle istruzioni ministeriali sui cantieri-scuola cc il Mfoistero esercita la propria alta m'gilanza su tutto il funzionamento dei cantieri sia direttamente, che a mezzo dei competenti uffici del lavoro e della massima occupazione�, tale �vigilanza non pu� condurre a diversa soluzione. Ove si tengano presenti le� finalit� che in materia devorJ,o essere perseguite, e ben giusto che il Ministero eserciti questa alta vigilanza svl funzionamento dei cantieri. Al Ministero, invero, interessa che gli operai vengano avviati al la'Coro secorJ,dO determinati criteri, ai quali deve presiedere ed interessa ancora che i cantieri stessi attuino irJ, concreto quelle funzioni sociali per cui vengono costituiti attraverso apposite COrJ,cessiorJ,i, di rieducazione e qualificazione del lavoratore, combattendo peraltro la disoccupazione. Del resto il fatto stesso che si parla di vigilanza, sta a significare che esiste una distinzione fra chi vigila e chi, come concessionario, esegue le opere nel proprio interesrn assumendo alla propria dipendenza le persone che vengono avviate al lavoro dagli vffici competenti. L'esercizio stesso di UrJ, controllo, comporta una necessaria duplicazione fra chi lo esercita e chi lo subisce. Ed � con quest'itltimo, comunque, che si crea il rapporto di lavoro, ed � su quest'ultimo soltanto che pu� ricadere la responsabilit� di cui all'articolo 2049 e.e. N� pu� d'altro canto disconoscersi che detta vilanza trova una spiegazione arJ,che nel fatto che il Ministero del Lavoro � ente finanziatore e come tale, ha interesse precipuo all'andamento delle opere in maniera che i fini perseguiti possano trovare pratica attuaziorJ,e e che il denaro pubblico che viene erogato attraverso il finanziamento riceva puntvale . destinazione, secondo l'fotento legislativo. Quanto alla vigilanza tecnica rispetto ai lavori, � da rilevare che, come abbiamo visto, essa � esercitata, anche attraverso specifica assistenza, dai Mini o:-106 steri dell'Agricoltura e delle Foreste e dei LL. PP. (art. 59, II-e, legge n. 264), i quali provvedono a costituire anche <cl' Ufficio Tecnico vigilatoren, di cui parlano dette istruzioni, nell'ambito delle relative competenze nel settore del rimboschimento e della esecuzione delle O'Jj.ere pubbl.iche. Il che peraltro come � anche evidente -non potrebbe neppure condurre ad una responsabilit� di dette amministrazioni, in quanto -giova ripeterlo -la responsabilit� di cui sopra pu� sussistere solo a carico del concessionario ed esecutore delle opere, con U quale si costituisce il rapporto di impiego o di lavoro. N � possono indurre in contrario avviso le �assunzioni)) degli allievi dei cantieri di cui parla la legge, e circa la tenuta di un registro di presenza, solo che si consideri che la cos� detta assunzione non � altro che 'U.na forma di avviamento al lavoro, mentre il registro di presenza � indispensabile per poter seguire il movimento degli operai e regolare, conseguentemente la specie concreta di assistenza, che viene esplicata sempre allo scopo di aiutare i disoccupati involontari. Ci troviamo, in altri termini, proprio in presenza di specifici compiti ed attribuzioni del Ministero del Lavoro, l'esercizio dei quali non vale comunque a svisare il rapporto fra detto Ministero ed il lavoratore, che permane nel vasto � campo dell'assistenza sociale. Torna opportuno, infine, porre in rilievo che le �Norme di gestione)) ministeriali, che regolano la attivit� dei �predetti cantieri stabiliscono espressamente, e non a caso (n. 2), che l'ente gestore assume appunto a proprio nome e nel proprio interesse la gestione del cantiere ed ogni conseguente responsabilit� verso i terzi, esclusa peraltro ogni responsabilit�. di rivalsa verso l'Amministrazione del lavoro. 8e il Ministero del Lavoro accorda concessioni di cantieri di rimboschimento, a termini della legge 21 aprile 1949, n. 264, tuttav'ia la propria azione resta circoscritta da un lato all'avviamento al lavoro ed all'assistenza del lavoratore, secondo i suoi compiti istituzionali, e dall'altro alla vigilanza che, oltre che dall'interesse dell'esatta e concreta attuazione dei fini perseguiti, deriva dalla funzione di finanziatore delle opere, voluta dalla legge, nella visione di un particolare interesse di carattere generale, che comunqu,e sempre da qii.el compito di assistenza procede. T. L. G. IMPOSTA DI REGISTRO -Atti dichiarati nulli Restituzione della imposta -Estremi. (Tribunale di Napoli, 14 novembre 1958; Pres.: Cesara; Est.: Liguori; Tozzoli Giuseppe c. Finanze). A norma dell'art. 14 n. 2 della legge di registro 30 dicembre 1923, n. 3269, la restituzione della tassa,� nel caso di atti dichiarati giudizialmente nulli, � consentita sempre che la nullit� dell'atto� insorga cc indipendentemente dalla volont� e dal consenso delle parti )), � IN TEMA DI RESTITUZIONE DI IMPOSTA DI REGISTRO Con normq, a carattere generale l'art. 12 del R.D. 30 dicembre 1923, n. 3269, che approva la legge del registro, dispone che.. le tasse regolarmente percette in conformit� della legge cc non possono essere resti tuite in caso di riforma, risoluzione, rescissione o anche per effetto di condizione risolutiva alla quale l'atto o il trasferimento si trovasse vincolato, n� per qiwlsiasi altro evento itlteriore, fuorch� nei casi pre visti dalla legge stessa )), Ed i casi che la legge prevede sono poi quelli indicati nel successivo art. 14, ove al n. 2 si dichiarano eccettuati dalla disposizione dell'art. 12 � gli atti dichiarati nulli, con sentenza pronunziata in contraddittorio fra i contraenti e passata in giudicato, per vizio radicale che, indi pendentemente dalla volont� e dal consens-0 delle parti, induca la nullit� dell'atto fin dalla sua 'originen. L'UcKMAR: IJa legge del registro, 50 ed., vol. I, pag. 225) si chiede se quell'inciso �indipendente mente dalla volont� e dal consenso delle parti n vada riferito al vizio dell'atto o alla nullit�. E dopo aver posto in luce che la dottrina e la giurisprudenza sono al riguardo discordi, osservq, che quell'incJ,so, secondo la dizione letterale e la sintassi, dovrebbe ritenersi si riferisca� alla nullit�: <e in altre parole, si tratterebbe di nullit� che sorge indipendentemente dalla volont� e dal consenso delle parti n. Ma, trat tandosi di vizio radicale, l'atto � affetto da nullit� e non da annullabilit�., e quindi nessuna infiuenza pu� avere la volont� delle parti; ed invero non si comprende quali nitllit� possano essere sanate dal consenso delle parti. <e Ed allora, se l'interpretazione letterale della legge toglie alla stessa qualsiasi significato ragionevole, sembra accettabile l'interpretazione di coloro che, pur non rispettando la sintassi, ritengono che l'�iciso .~i riferisca al vizio radicale, e cio� che il leg�islatore abbia. voluto indicare quel vizio a dar vita al qiwle siano rimasti assolutamente estranei il consenso e la volont� clelle parti )), Nella fattispecie sottoposta al giudizio del Tribunale di Napoli tal Tozzoli Giuseppe, con atto per notar De Maria da Cqpaccio in data 12 settembre 1951, vendeva 340 ettari di terreno, in agro si Canosa di Puglie, alla societ� cooperativa <<Contadini Ass�ciaM )) per il prezzo di lire 63 milioni. Nell'atto veniva dichiarato che le parti intendevano avvalersi .delle disposizioni di cui al D.L. 24 febbraio 1948, n. 114 sulla piccola propriet� contadina, in quanto la cooperativa acquistava al solo scopo di suddividere ed assegnare il terreno ai propri soci, lavoratori agricoli. L'ufficio del registro di Agropoli, cui veniva presentato l'atto per la registrazione, scontava l'imposta nella misura ridotta di cui all'art. 1 del menzionato decreto; ma in seguito, rilevatosi che le parti avevano omesso di presentare, al momento della reg'istrazione, i prescritti documenti di cui alle lettere a) e b) dell'art. 1 citato, e riconosciutasi dovuta la imposta normale, se ne faceva liquidazione e si notificava ai contraenti apposita ingiunzione di pagamento. In sede di decisione sulla opposizione alla �ingiunzione il Tribunale rileva, che al tempo della vendita, era in vigore la legge 21 ottobre 1950, n. 841 sullo scorporo dei latifondi, in esecuzione della quale fu -107 -. emanato il piano di espropriazione del 25 aprile 1951 che comprendeva anche il terreno oggetto della stipula. . E pertanto, in presenza della norma imperativa che lo destinava ad un determinato uso di utilit� pubblica, era evidente che il bene sottratto veniva alla libera contrattazione. E gi� altra sentenza, passata in cosa giudicata, aveva ritenuto e dichiarato la nullit� assoluta e radicale della menzionata vendita per illiceit� della causa, essendosi rilevato che da essa risultava l'intento espressamente dichiarato dalle parti di far conseguire alla contraente societ� cooperativa, in elusione alle norme imperative sullo scorporo, l'assegnazione dei terreni. Conseguentemente il Tribunale crede di dover dichiarare fondata la opposizione, ai sensi dell'art. 14 n. 2 della legge del registro, in quanto se le imposte di registro devono essere restituite, ove si tratti di atti dichiara.ti nulli con sentenza pronunziata in contradditorio tra i contraenti e passata in giudicato, per vizio radicale che, indipendentemente dalla volont� e dal consenso delle parti induca la nullit� dell'atto fin dalla sua origine, sarebbe un assurdo pretenderne il pagamento per poi consentire l'esercizio del diritto al rimborso. Ed in tal modo si presta quindi anche dal Tribunale adesione alla interpretazione del citato art. 14, n. 2, nel senso che l'inciso ccindipendentemente dal consenso e dalla volont� delle parti>> vada a riferito alla nullit� e non al vizio dell'atto. * * * * Sulla asserita assurdit� che dall'amministrazione si pretenda il pagamento della imposta liquidata per poi consentire l'esercizio del diritto al rimborso, vale riportare quanto � detto ultimamente fia GuGLIELMI e A.zzARITI:. Le imposte di registro, Torino 1959, pag. 199;. i quali esaminano il caso che uno degli eventi indicati dall'art. 14 in esame intervenga prima della registrazione dell'atto, ed affermano che se esso era soggetto a registrazione in termi.ne fisso, deve egualmente farsene registrazione con pagamento della imposta e delle eventuali sopratasse, salvo il diritto alla restituzione della sola imposta., ove sia tempestivamente richiesta, perch� � da escludersi ceche il debito d'imposta possa compensarsi col credito derivante dal diritto alla restituzione, il quale deve essere riconosciuto da.ll'amministrazione, in persona dell'organo competente, che non � il procuratore del registro, il quale mai potrebbe registrare un atto senza riscuotere l'imposta dovuta�. Per l'art. 11 le tasse stabilite dalla legge sono dovute anche nei casi di registrazione di atti comunque, nulU salva la restituzione nei casi espressamente indicati' dall'art. 14. E le tasse d�i registro regolarmente percette, lo abbiamo visto, non possono essere restituite in caso di riforma, risoluzione, rescissione o anche per effetto di condizione risolutiva alla quale l'atto o il trasferimento si trovasse vincolato, n� per qualsiasi altro evento ulteriore, fuorch� nei casi previsti dalla legge stessa. Il principio che l'imposta � dovuta su tutti gli atti comunque nulli ~ valido in ogni caso, e non � vulnerato dalla possibilit� di ottenerne il rimborso nei casi espressamente indicati, ma ne � solo temperato: q�indi non appare esatta (BERLIRI: Le leggi del registro, Milano, 1947 pag. 312) la formulazione dell'art. 14 che considera le sue disposizioni come delle eccezioni al principio formulate nel precedente art. 12 ccquasi che, per i casi in esso contemplati, l'atto nullo non fosse soggetto a registrazione o p-0tesse venir registrato senza il contemporaneo pagamento del tributo. Il rimborso d�ll'impo!Jta si pone, piuttosto, come una eccezione al principio della irrilevanza, ai fini della imposizione, di elementi estranei all'atto�. * * * Quanto alla interpretazione che dalla sentenza del Tribunale di Napoli viene data all'art. 14 n. 2, la decisione trova un precedente conforme in quella della Commissione Centrale� delle Imposte n. 1449 del 14 marzo ,1949, ove alla pari � detto che: cc per nullit� indipendenti dalla volont� e dal consenso delle parti devono intendersi le cosiddette nullit� assolute, anche se vi abbiano dato causa le parti �. Lo JAMMARINO: Commento alla legge sulle imposte di registro, Torino 1959, pag. 46, nota 7, pone in luce che per la Cassazione invece l'espressione cc indipendentemente dalla volont� e dal consenso delle parti � va riferita all'esistenza del vizio e non gi� al prodursi della nullit�, ossia alla causa e non all'effetto della nullit�; e poi riferisce quel che in merito � detto dal LINTAS: Lezioni per il corso dei volontari dell'amministrazione delle tasse, 1950, dispensa V, pag. 4, il quale crede di dover chiarire che cela frase nullit� radicale indipendente dalla volont� e dal consenso delle parti ha attraversato due fasi storfohe: nella prima, la frase venne interpretata nel senso che dovesse trattarsi di ccatti che non si potessero sanare con la volont� delle parti �; nella seconda, nel senso che dovesse trattarsi di ccatti che non furono posti in condizioni di nullit� per volont� delle parti�. E, ci� premesso, il citato autore dichiara di ritenere preferibile l'accoglimento di cc una teoria intermedia la quale, basandosi sulla volont� contrattuale (questo � in fondo lo scopo della legge), esclude dal rimborso solo i casi nei quali la nullit� sia stata cosciente ad entrambe le parti contraenti�. E lo JAMMARINO dice di convenire pienamente in tale interpretazione che, a suo giudizio, inquadra rettamente i termini della questione. Giova al riguardo ricordare che la legge di registro 21 aprile 1862, dopo avere con l'art. 77 stabilito che non si facesse luogo alla restituzione di tasse percette sugli atti dei quali per q1talsiasi causa fosse pronunziata in giudizio la nullit� e la rescissione, aveva eccettuato col successivo art. 58, tra gli altri, <<gli atti e contratti dichiarati nulli con sentenza pronunziata in contraddittorio e passata in giudicato per vizio radicale induttivo delle nullit� dell'atto sin dalla sua �origine�. In base a questa disposizione si era ritenitto che, ove il vizio radicale indncesse la nullit� dell'atto sin dalla sua origine, si dovesse, ai sensi del citato art. 78, concedere la ripetizione della tassa, e che la regola generale della non r�ipetibilit� della tassa, di cii.i al precedente articolo, si d~vesse limitare a quei vizi i quali non inducevano lct nullit� dell'atto fin dalla sua origine. Il legislatore del 1866, per�, espresse un diverso volere. Con l'art. 10 del decreto luogotenenziale 14 luglio 1866, n. 8121 si dispose in termini lati non doversi restituire la tassa .-108 �in caso di risoluzione, rescissione o riforma anche per effetto di condizione risolutiva alla quale l'atto o il trasferimento si trovasse espressamente vincolato�; con l'art. 11 n. 2 si eccettuarono bens� da tale regola gli atti nulli, ma si circoscrisse siffatta eccezione nei termini seguenti: cc gli atti dichiarati nulli con sentenza pronunziata in contraddittorio fra i contraenti e passata in giudicato per vizio radicale che, indipendentemente dalla volont� e dal consenso delle parti, induca la nullit� dell'atto fin dalla sua origine,,, e tale disposizione fu poi riprodotta nel Testo unico delle leggi sulle tasse di registro 20 maggio 1897, n. 217. A seguito pertanto dell'aggiunta dell'inciso, indipendentemente dalla volont� e dal consenso delle parti, si � allora osservato che il criterio ex . nunc et ex tunc non rimane pi� da solo a regolare la ripetizione della tassa pagata, ma che vi deve entrare anche l'altro della possibilit� o meno che l'anzidetta nullit� venga sanata per conferma o ratifica delle parti, e che � appena necessario accennare che, semprech� il vizio dell'atto possa essere tolto per conferma o ratifica, non possa dirsi indipendente dal consenso e dalla volont� delle parti, le quali vi possono rinunziare come meglio credono. Ed in applicazione della norma cos� ora esaminata la Cassazione di Roma (5 luglio 1920, in cc Foro It.>>, 1920, I, 913) ha deciso che rer la ripetizione della tassa pagata per un atto poi dichiarato nullo si richiede che il vizio dell'atto sia radicale, indipendente dal consenso e dalla volont� delle parti, e inducente la nullit� dell'atto stesso fin dalla sua origine;' per t�l modo tutte le nullit� derivanti da vizio di capacit� o di consenso ne rimangono escluse, essendo esse tutte sanabili per conferma, e vi rimangono compresg soltanto le nullit� estrinseche derivanti da inosservanza di formalit�. La legge ha cio� inteso riferirsi alla nozione della nullit� assoluta, che appunto per. vizio originario e attinente all'essenza dell'atto importa la inesistenza giuridica dell'atto stesso, e senza che l'effetto della nullit� dipenda dalla volont� delle parti, le quali non siano in facolt� di sanarlo con atti confermativi: occorre insomma che il vizio si attenga ad alcuno degli elementi costitutivi intrinsechi e formali di un negozio gforidico. La stessa autorit� giudiz�aria (Cassazione; Roma 17 maggio 1920, in �Foro It. ,,, 1920, I, 490) fa poi una analisi critica della norma, e pone in luce che se si dovessero ricondurre ad un principio logico generale le diverse categorie di eventi che, per l'art. 11 della legge di registro, rientrano nelle eccezioni alla regola della non restituzione delle tasse regolarmente percette, si sarebbe imbarazzati ad indicare una norma che funzionasse come criterio uniforme di determinazione dei .casi compresi in quelle categorie e, soprattutto a dare una plausibile ragione di giustificazione, dell'esclusione degli atti annullabili dal beneficio della eccezione. Invano si tent� di trovarla nel concetto informatore della tassa ifi registro, dicendo che questa, avendo di mira il contenuto e gli effetti giuridici dell'atto, permette la restituzione solo quando manca la esistenza legale della convenzione, quando nibil actum est. La logica giuridica e il concetto informatore della tassa di registro non avrebbero consentito alternativa diversa da quella racchiusa in questi due termini: o mantenere in tutto il suo rigore il principio della non restituzione delle tasse regolarmente percette, per qualunque causa e con qualunque effetto l'atto fosse venuto successivamente a cadere nel nulla; o, una volta adottato il temperamento deUa restituzione per gli atti dichiarati nulli�� con sentenza, comprendervi indistintamente tutti gli atti o assolutamente nulli o semplicemente annullabili. I concetti fondamentali della legge di registro re sisterebbero alla restituzione della tassa regolarmente percetta sugli atti poi dichiarati nulli, perch� una volta applicata regolarmente la tassa sopra un atto, ogni rapporto tra Finanza e contribuente in ordine all'avvenuta tassazione resta consumato, n� pu� ri sorgere a causa delle ulteriori sorti dell'atto, che non riguardano la Finanza. Se la legge ammette ecce zionalmente la res#tuzione per taluni casi di nullit� rivelatisi dopo la confezione e registrazione dell'atto � per una ragione di equit�, non essendo sembrato giusto che le parti dovessero sopportare la tassa di registro rer atti da cui non avevano tratto alcun profitto, e di fronte a questa ragione di equit� non avrebbe dovuto funzionare come criterio di differen ziazione la distinzione tra atti nulli e atti annullabili. N� a giustificazione della limitazione del temperamento alle nullit� assolute importanti inesistenza giuridica dell'atto, basterebbe il solito argomento del pericolo delle frodi in danno dell'erario, perch�, da una parte, sarebbe un caso troppo raro a verificarsi quello di due parti che, venute nella determinazione di risolvere un contratto per ottenere la restituzione della tassa pagata o per evitare il pagamento di altra tassa sopra l'atto di risoluzione in quanto operativo di retrocessione, ricorressero all'espediente costoso, e non sempre di esito sicuro, di pro11ocare d'accordo una sentenza �coll'osservanza di tutte le condizioni volute dall'art. 11, n. 2, e dall'altra, la limitazione del temperamento ai casi di nullit� assoluta non basta per la tutela dei legittimi interessi dell'amministrazione minacciata dal segnalato peri, colo della collusione di due parti apparentemente litiganti. Non si sa vedere, per esempio, come e perch� quel pericolo sussista e debba preoccu pare nel caso di dichiarata nullit� di un contratto per violenza che abbia viziato il consenso (vis com pulsiva) e non nel caso di violenza fisica (vis ab soluta) che esclude addirittura il consenso e rende il contratto giuridicamente inesistente. Le parti pos sono ben mettersi d'accordo per larvatamente stabi lite e fare funzionare come causa di nullit� tanto una vis compulsiva quanto una vis absoluta. Ma tuttavia si pone in luce che la irrazionale e incoerente norma restrittiva del temperamento equitativo ai casi di nullit� di pieno diritto (inesistenza giuridica) trov� posto nella legge italiana di registro, calcata sulla legge francese del 22 frimaio, anno VII. Il sistema della legge francese era informato all'angusto ed ingiusto concetto che la nullit� di un atto fosse sempre imp1ttabile, come una colpa personale, a coloro i quali avevano concorso a formarlo, e che essi dovessero sopportare la pena� del loro fallo con il pagamento della tassa senza speranza iti resti"' tuzione: concetto che aveva il suo cardine nella norma dell'art. 60 della legge 22 frimaio' anno VII, riprodotta testualmente nell'art. 76 della legge 21 aprile 109 1862, e che esercit� una perniciosa infiuenza sul temperamento che a quella rigida ma razionale e . prudente norma si cred� giusto di portare, tanto che la legge francese neppure consentiva restituzione di tassa percetta sopra un'aggiudicazione giudiziaria dichiarata nulla con sentenza, e perch� fosse ammesso un tal caso di restituzione ci volle il noto parere 22 ottobre 1808 del Consiglio di Stato, il quale fu, alla sua volta, tanto restrittivamente interpretato e applicato dalla giurisprudenza francese, in ossequio agli insegnamenti di M erlin, da far negare la restituzione della tassa nel caso di immobili appartenenti a minori di et� e aggiudicati al foro tutore, nonostante la intervenuta declaratoria di nullit� assoluta della aggiudicazione ai sensi degli artt. 450 e 1596 del codice Napoleone, se di quei beni vi era stata aggiudicazione davanti a un notaio e dovessero cos� dirsi non trasferiti mediante vendita giudiziaria. Fu cos� che i temperamenti portati alla rigida regola della non restitution de tout droit r�guli� rement per�u furono dominati dal concetto di for malismo astratto che, dando importanza decisiva alla considerazione che gli atti annullabili sus sistono e producono tutti gli effetti che sono pro pri alla loro natura finch� non vengano dichiarati nulli, vedeva la causa della nullit� di tali atti nella azione di annullamento con cui la parte interessata si determinava ad investirli e nella sentenza che l'ac coglieva, e cos� in un volontario ulteriore evento po steriore alla registrazione. Si neg� cos� la restituzione nei casi di nullit� relativa, ammettendola soltanto per gli atti nulli di pieno diritto, affetti da nullit� assoluta, come, secondo la terminologia della dottrina del tempo, si chiamavano gli atti giuridicamente inesistenti. .A questi concetti, prevalenti al tempo della sua compilazione, intese gi� di mantenersi fedelmente ligia la legge di registro italiana del 21 aprile 1862, e le leggi posteriori crederono di ribadirli e pi� net tamente formularli coll'aggiungere, dopo le parole vi zio radicale, la proposizione indipendentemente dalla volont� e dal consenso delle parti, la quale sta ap punto ad esprimere il concetto mutuato dalla legislazio ne e dalla giurisprudenza francese, che cio� nessuna re stituzione di tassa pu� essere accordata quando la nullit� � di tale natura che dipenda dalla volont� delle parti il provocare l'annullamento dell'atto, e quando la nullit� � tale da dover essere dichiarata dal giudice, producendosi dall'atto tutti gli effetti di un atto pienamente valido ed efficace fin quando non ne sia pronunziato l'annullamento. E dopo cos� avere l'una fatto cenno ai precedenti storici della disposizione e l'altra sottopostala ad esame critico, le due sentenze della Cassazione di Roma sono concordi nel dire che non si fa luogo a restituzione di tassa per la intervenuta declaratoria di nullit� dell'aMo, ogniqualvolta si tratti di nullit� che possa essere sanata con la ratifica o conferma, quindi nullit� relativa e non assoluta. E che la re stituzione della imposta possa solo avere luogo nei casi di nullit� assoluta lo dicono anche le altre sen tenze della Cassazione di Roma 6 luglio 1901 (�Fo ro It. �1901, I, 1457), 24 febbraio 1908 (ivi, 1908, I, 349), 12 febbraio 1912 (ivi, 1912, I, 269), 19 apri le 1912 (ivi, 1912, I, 938). D�i fronte alla ricorrente nullit� relativa, con la conseguente possibilit� della sicura valutazione e decisione della controversia, potrebbe anche aversi il dubbio che non abbia formato specifico oggetto d'esame la questione sul se, itel caso di nullit� ass()lU;ta, il ricorrere della volont� e del consenso delle parti, che eliminerebbero la possibilit� che si ottenga restitu zione della imposta, vada valutato con riferimento al vizio o alla sola nullit� dell'atto. Ma che la volont� e il consenso delle parti debbano avere riferimento al vizio dell'atto, e non all.a nullit�, lo dicono invece espressamente numerose altre deci sioni giurisprudenziali. E vale qui in merito citare ... la sentenza della Cassazione 25 gebbraio 1931 (in �. Giur. It. �, 1931, I, 1, 448) ove si afferma che, a norma del citato art. 14 n. 2, la restituzione della imposta di registro, nel caso di atti dichiarati nulli, � consentita quando si tratti di vizio radicale, che induca la nullit� dell'atto fin dalla sua origine, indipendentemente dalla volont� e dal consenso delle parti; ma che peraltro -e ci� in relazione alla lo~ cazione di un edificio con l'intesa di destinarlo come sede di giuochi d'azzardo -questa condizione non sussiste quando le parti stesse abbiano voluto concordemente creare il vizio produttivo della nullit�. E con la sentenza 22 giugno 1935 (rep. �Foro It. � 1935, voce Registro, n. 43-44) la Cassazione ribadisce che la disposizione dell'art. 14, n. 2 �per cui la tassa deve essere restituita quando l'autorit� giudiziaria abbia dichiarato la nullit� radicale della obbligazione allorch� tale nullit� sia indipendente dalla volont� delle parti, va intesa �nel senso che la nullit� non debba essere imputabile ai contraenti, e che tale non � la nullit� di un con tratto fondata su causa illecita . La Corte di .Appello di Brescia, con la sentenza 27 marzo 1935 (in �Foro It. �, 1935, I, 1257), in aderenza all'insegnamento della Cassazione, decide che �a norma dell'art. 14'lil.. 2 della legge di registro la restituzione della tassa, nel caso di atti dichiarati nulli, � consentita solo quando la causa del vizio inducente la nullit� non sia conosciuta e voluta dai contraenti �. Perch� non resti frustrato lo scopo della legge, � d'uopo che la disposizione che accorda il diritto alla restituzione sia mantenuto ne� con�etti che la lettera e lo spirito di essa chiaramente designano: e � poco monta che l'annullamento del contratto esuli dalla previsione delle parti, essendo ragionevole supporre che, tranne il caso di simulazione, l'intendimento dei contraenti si orienti verso la validit� e non verso la inefficacia del mezzo giuridico posto in essere �, in quanto � pi� esatto � invece il ritenere che, a determinare l'applicabilit� dell'eccezionale disposizione di favore relativa alla restituzione, occorra che la causa del vizio non sia conosciuta e voluta dai contraenti, perch� la imputabilit� del vizio funziona, nella specie, da criterio limite al diritto di ripetizione �. E la detta decisione trova poi, a sua volta, piena conferma nella sentenza della Cassazione 1� maggio 1936 (in cc Foro It. �, 1936, I, 771), che fa r�getto del ricorso avverso la stessa proposto, e ove ancora una volta si ribadisce che �la restituzione della tassa, nel caso di atti dichiar�ti giudizialmente nulli, � consentita solo quando la causa del vizio inducente -11() - la nullit� non sia conosciuta e voluta dai contraenti sia che la nullit� dipenda da illiceit� della causa ovvero, come nella specie, da difetto di forma (mandato verbale ad acquistare immobili)''� E qui si rileva che la disposizione dell'art. 14 n. 2 ha gi� formato oggetto d'esame da parte del Supremo Collegio, e che si � ritenuto: 1) che le nullit� le quali, dichiarate giudizialmente, danno diritto alla restituzione delle tasse percette sugli atti, sono soltanto quelle cosiff,dette radicali o assolute, ossia quelle che derivano da difetto di uno degli elementi intrinseci o requisiti essenziali richiesti , per la esistenza giuridica degli atti, e che si producono fin dall'origine senza bisogno di una manifestazione di volont�, di una domanda di annullamento degli� interessati; � 2) che non tutte le nullit� radicali o assolute sono state contemplate dal legislatore, il quale invece ha escluso i casi in cui i contraenti hanno voluto l'atto con il vizio che lo inficia e che, pertanto, non pu� dirsi indipendente dalla loro volont� e dal loro consenso. N � vi � alcun serio motivo per mutare tale indirizzo giurisprudenzi"ale, giacch� a favare di co�esta interpretazione stanno e la lettera e lo spirito della legge. Si vorrebbe da al01.mi invero argomentare dalla collocazione della espressione � indipendentemente dalla volont� e dal consenso delle parti)) per dedurre che l'indipendenza della volizione dei contraenti � riferita non alla esistenza del vizio, ossia alla causa della nullit�, ma al prodursi della nullit�, allo effetto cio� della nullit�, il quale deve verificarsi ipso jure immediatamente e senza uopo di un particolare com-� portamento dell'interessato. L'argomento per� non ha pregio, poich� richiedendosi che debba trattarsi, per l'applicazione del suddetto articolo, di �vizio radicale che induca la nullit� dell'atto fin dalla sua origine))' non era davvero necessario che il legislatore aggiungesse la nota espressione per significare che la nullit� debba prodursi all'infuori della volont� e del consenso delle parti. Basta all'uopo considerare che le nullit�, le quali per un vizio radicale inficiano l'atto fin dall'origine, sono appunto le nullit� cosiddette assolute, che si proaucono immediatamente ed ipso jure senza che dal consenso e dalla volont� delle parti possa dipendere la ratifica o meno dell'atto viziato; cosicch� non occorreva che il legislatore con� quell'inciso in esame esprimesse un concetto che era gi� reso chiaramente noto dalle altre parole usate. E con la lettera armonizza lo spirito della legge: poich� �. manifesto che il legislatore ha inteso favorire quei contraenti i quali sono meritevoli di particolare riguardo in quanto non hanno voluto il vizio produttivo della nullit� radicale. � noto, infatti, che la disposizione dell'articolo 14 n. 2 costituisce una eccezione di carattere equitativo alla norma generale, per la quale la tassa, rappresentando il corrispettivo del servizio che lo Stato rende ai privati con la registrazione, � dovuta e non � ripetibile per tutti gli atti anche e comunque nulli. Ora, � di intuitiva evidenza che il legislatore, nel temperare il rigore del principio della irrepetibilit�, abbia tenuto presente i casi meritevoli di speciale considerazione, ossia� i casi in cui le parti non abbiano voluto l'atto nullo, e non anohe quelli in citi la nullit� sia stata voluta dai contraenti, qual-i con l'atto, sia pure viziato, hanno per� sempre inteso conseguire uno scopo pratico. Ed invano si fa distinzione tra nullit� derivanti da causa illecita e nullit� derivanti da vizio di forma, perch� tanto la causa illecita quanto �la forma di rich�esta ad substantiam costititiscono elementi essenziali del negozio giuridico, la cui mancanza induce sempre la nullit� originaria e radicale del negozio stesso. Al sicuro indirizzo della Cassazione si adeguano poi le corti di merito. La Corte di Appello di Catania (2 giugno 1945, Soc. Grandi Alberghi Siciliani c. Finanze, inedita) si � occupata della questione se un contratto nullo per inidoneit� dell'oggetto potesse o meno dare luogo a restituzione della imposta; e pur rico'(l,oscendone la nullit� assoluta e radicale, ha rilevato che le parti avevano espressamente voluto il contratto nullo, nella forma in cui era stato stipulato si che la nullit� non poteva dirsi indipendent� dalla volont� delle parti, e ha quindi negato il chiesto rimborso. La stessa Corte (30 maggio 1945, Firenze c. Strano e Mazza Tedeschi, inedita) ha avuto ad occuparsi di analoga questione in ordine ad un atto di transazione stipulato da un erede beneficiario senza l'omologazione del Tribunale. E pur essendosi deciso che sussistesse nella specie una nullit� assoluta, � stata esclusa la possibilit� del rimborso della tassa, giacch� le parti stesse avevano voluto il vizio che inficiava l'atto, omettendo deliberatamente di sottoporre la transazione all'approvazione del Tribunale. E la partecipazione della volont� delle parti alla causa di nullit� � stato pii re il motivo fonda mentale che ha indotto a negare il rimborso, in un caso in cui un falsus procurator aveva venduto ad altri, consapevoli della mancanza di procura, un immobile di propriet� di un terzo (C. A. V�nezia, 26 marzo 1946, Ostan e altri c. Finanze, inedita). Vi sono casi in cui la volont� e il consenso delle parti si riferiscono tanto al vizio che inficia l'atto, quanto come effetto mediato alla nullit� che .ne deriva. E in tali casi non pu� esservi dubbio che non competa per l'art. 14 n. 2 restituzione di tassa, una volta cltte vizio dell'atto e nullit� dello stesso sono dipendenti dalla volont� e dal consenso delle parti. N ormalmente, ad impedire la restituzione della tassa pagata, � sufficiente stabilire che l'annullamento dell'atto non � indipendente dalla volont� e dal consenso delle parti, senza bisogno di ricercare che non sia anche indipendente il vizio che vi d� luogo. Ma, ove la declaratoria di nullit� non dipenda dalla volont� e dal consenso delle parti, perch� possa ottenersi il rimborso della imposta pagata � necessario che da quel consenso e da quella volont� sia anche indipendente il �izio che alla declaratoria di nullit� ha dato luogo. Il criterio pi� sicuro per distinguere la nullit� radicale e assoluta che valga a legittimare il rimborso della imposta sta nello stabilire se sussista possibilit� di conferma o ratifica da parte dei contraenti. Il che vale quanto dire che la indipendenza dalla �volont� delle parti, per configurare� la nullit� legittimante il rimborso, deve essere totale: nel �senso -�he n� la volont� delle parti deve aver dato luogo alla nullit�, n� la volont� delle parti deve poterla sanare. In tal senso si � pronunziata sostanzialmente la Corte -111 di Appello di Milano (6 novembre 1953, Finanze c. Soc. La Ferraglia e American Export Import, inedita), che esclude la restituzione dell'imposta in un caso di nullit� per violazione di norme imperative, osservando che �l� dove le parti abbiano voluto concordemente creare il vizio produttivo della nullit� o, con pi� precisa enunciazione, l� dove la esistenza del vizio risulti imputabile ai contraenti, � da dire che questi ultimi, ponendo in essere b.n atto sia pure viziato, hanno inteso conseguire uno scopo pratico; ed in questo caso la restituzione di quanto percetto per la registrazione dell'atto non adeguerebbe le conseguenze alla norma, e quindi ai principi (artt. 11 e 12) che regolano la materia>>. In relazione all'indirizzo giurisprudenziale ora esa minato � allora necessario riconoscere che la deci sione discorde del Tribunale di Napoli segna una opinione assolutamente isolata ed evidentemente errata Si � detto (BERLIRI: Le leggi del registro, op. cit., pag. 317) non esatto il ragionamento della Cassazione, l� ove da essa si osserva che, se � richiesto ai fini della restituzione della imposta il ricorrere di un vizio radicale che induca la nullit� dell'atto fin dalla sua origine, e cio� di uno de quei vizi che producono la nullit� immediatamente ed ispo iure senza che possa comunque dipenderne la ratifica dal consenso e dalla volont� delle parti, deve anche dirsi non ammissibile che l'inciso in esame dell'art. 14 n. 2 abbia riferimento alla nullit� e non al vizio, in quanto� vi sarebbero dei casi�sia pure eccezionalissimi, nei quali una nullit� pu� essere sanata: esempio classico quello delle donazioni e dei testamenti che possono venir ratificati dall'erede che vi abbia dato esecuzione (artt. 590 e 799 O.c.)n. Ma il testamento non rientra nella categoria giuridica del contratto, e la donazione pur essendo un contratto non rientra nella sfera di applicazione della legge del registro, in quanto � sottoposta invece con le successioni ad un proprio ed unico regime fiscale Ed � quindi un fuor d'opera ii voler ricorrere ai detti due casi, dichiarati eccezionalissimi, e che comunque non rientrano nella giuridica orbita d'infiuenza della norma in esame, per credersi autorizzati a poter comunque attribuire un significato ed una ragione giustificativa a quella �richiesta indipendenza dalla dalla volont� e dal consenso delle parti n ove la si voglia dire, per una mera ragione di sintassi, riferita alla nullit� e non al vizio. N� vale il dire (BERLIRI, op. loc. cit.) che ((non � ben chiaro perch� chi pone in essere un atto nullo, sapendo che � nullo, sia meno meritevole di chi lo pone ignorando tale nullit�, quasi che l'ignoranza potesse essere un merito o il compiere un atto nullo un demerito�, e che �ad ogni modo, anche�ad ammettere tale originale concezione, per poter accordare il rimborso nell'un caso e negarlo nell'altro, bisognerebbe considerare l'imposta come una pena, tesi evidentemente difficile a sostenersi �, perch�, come anche bene � stato precisato, con la regolare applicazione e percezione della tassa sopra un atto, ogni rapporto tra la Finanza e il contribuente si esaurisce n� co �munque pu� rivivere a seguito ed a causa delle sorti ulteriori di quell'atto. E se il legislatore, in casi eccezionali, ammette a favore del contribuente la restituzione della imposta pagata, � solo per una ragione di equit�, che verr� usata e riconosciuta -c sembra a noi ovvio -solo a favore d'i chi lo meriti: e� non sono e non possono essere anche in situazione di meritare detto provvedimento equitativo quei che abbiano coscientemente e volontariarnente dato luogo al vizio che poi genera la nullit� del contratto. Non � allora l'imposta che va considerata come una pena, ma � l'atteggiamento dei contribuenti che pu� non essere tale da meritare loro l'agevolazione equitativa di ottenere in quei .casi la restituzione dell'imposta. GIUSEPPE AZZARITI IMPOSTE E TASSE-Sanzioni civili-Estensione della responsabilit�. (Tribunale di Genova, Sez. I, Sent. 23 dicembre 1958 -25 marzo 1959; Pres.: Sgro; Est.: Scala -Pimpinelli c. Finanze). Le sanzioni civili della sopratassa e della pena pecuniaria, anche se inflitte ad una societ�, postulano pur sempre una persona fisica respoi;i.sabile della trasgressione. Per conseguenza il rappresentante della Societ� non pu� considerarsi prima facie estraneo all'obbligo di pagare la sopratassa, dovuta per violazioni alla legge sull'I.G.E., verificatesi durante il periodo in cui egli aveva la rappresentanza dell'ente. IN TEMA DI SANZIONI CIVILI TRIBUTARIE A CARICO DELLE SOCIET�. Trascriviamo, nella parte essenziale, la motivazione della sentenza: ((Dal rapporto tributario non scaturiscono soltanto l'obbligo di pagare e il corrispondente diritto di esigere il tributo, quando si verifichino i presupposti di fatto stabiliti dal''ordinamento giuridico, ma una serie di altri obblighi e diritti, di vario contenuto e di varia natura. Cos�, allo scopo di rendere possibile e pi� agevoli l'ac�ertamento e la riscossione del tributo, e di evitare le frodi, il legislatore impone, non solo al contribuente, ma anche ad altre persone, speciali doveri di cooperazione con l'Ufficio Finanziario, la cui trasgressione determina l'applicazione di apposite sanzioni, penali e amministrative, previste dalla legge. In particolare, quando il soggetto d'imposta sia un ente collettivo, la persona fisica che ne ha la legale rappresentanza (amministratore e liquidatore) � personalmente responsabile del preciso e tempestivo adempimento degli obblighi tributari stabiliti per il soggetto stesso e incorre perci� in caso di trasgressione, nelle relative sanzioni, sia penali sia amministrative. Vero �, per quanto riguarda le sanzioni amministrative (sopratasse, pene pecuniare) che le stesse hanno carattere di obbligazioni civili e non di reato ma esse possono sfuggire al principio penalistico della responsabilit� personale, in quanto hanno una finalit� fondamentale regressiva, e .soggetto passivo della repressione non pu� essere che l'autore della violazione. -112 I principi di diritto suesposti si desumono dalle norme di legge che disciplinano, sia dal punto di vista sostanziale che da quello processuale, l'applicazione delle sanzioni fiscali. Sotto il primo aspetto, � fondamentale la norma contenuta nell'art. 12 della legge. 7 gennaio 1929 n. 4 per la repressione delle violazioni delle leggi finanziarie, che sancisce la responsabilit� indiretta degli enti fornit� di personalit� giuridica (eccettuati lo Stato, le provincie, i Comuni e gli altri enti pubblici) per le violazioni commesse dai loro rappresentanti e dipendenti, per le quali sia stabilita una sanzione civile pecuniaria. In tali casi, a tenore della disposizione in esame, l'ente collettivo � obbligato, in solido con l'autore della violazione, al pagamento della pena pecuniaria o della sopratassa, il che significa che il debito verso la. finanza viene contratto personalmente dall'autore della violazione, e cio� dal rappresentante o dal dipendente dell'ente, cui sia imputabile la trasgressione, e che alla responsabilit� dell'ente si perviene solo attraverso un procedimento di estensione dell'obbligazione. Sotto il secondo aspetto, va richiamato l'art. 32 del R.D. 17 settembre 1931, n. 1608 sulle dichiarazioni dei redditi e sulle sanzioni in materia di imposte dirette, il quale, ai capoversi secondo e terzo recita testualmente: << Agli effetti della disposizione dell'art. 12 della legge 7 gennaio 1929, n. 4 (cio� quella pi� sopra esaminata), l'avviso relativo alla sopratassa o alla pena pecuniaria � notificato sia al contribuente, sia all'autore della violazione. Contro �'applicazione delle sopratasse e delle pene pecuniarie il contribuente e, nel caso preveduto nel precedente capoverso, anche l'autore della violazione, possono ricorrere alle commissioni amministrative nei termini e nei modi stabiliti per i reclami in materia di imposta di ricchezza mobile. In ogni caso l'accertamento � unico, e quando � divenuto definitivo, fa stato contro tutti coloro ai quali fu notificato l'applicazione delle sanzioni. Nonostante, dunque, le soprattasse si applichino con le medesime norme stabilite per l'accertamento e la riscossione delle varie imposte a cui, rispettivamente, si riferiscono, esse postulano la presenza di una persona fisica direttamente responsabile della violazione di legge da cui scaturiscono; tale persona fisica coincide, ovviamente, con quella del debitore d'imposta quando anche questi sia una persona fisica, ma ne rimane nettamente distinta quando debitore d'imposta sia un ente collettivo, appunto perch� diversa � la fonte dell'una e dell'altra obbligazione tributaria�. Le osservazioni de.l Tribunale di Genova portano un interessante contributo alla soluzione di quel rompicapo, che � il coordinamento dell'art. 12 legge 17 gennaio 1929, n. 4 con i precedenti articoli 9 e 10. � noto che una parte della dottrina (cfr. CARBONE e ToMAsICcmo: Le sanzioni fiscali p. 49) propende a ritenere che dell'illecito fiscale commesso dalla persona preposta ad U'�;i ente di fatto o di diritto rispondano direttamente questi, e non gi� quella persona che ha agito come loro organo. La sentenza annotata si pone da un opposto angolo di visuale, e investe la proposizione: responsabile diretto della violazione �, in primo luogo, la persona fisica (cio� colui che ha rappresentanza di un ente o � dipendente di un ente); responsabile in via solidale, l'ente. Pu� essere di qualche interesse rilevare che dallo stesso punto di vista si era posto anche il Tribunale di Firenze (sent. 6 agosto 1958, Capaccioli est. in << Giur. it. �, 1959, I, 2, 7709) cos� decidendo: << � individuabile un significato dell'art. 12, che non contrasta con l'art. 3, e che permette allo stesso art. 12, di operare in pieno: con le parole << nei casi preveduti nella prima parte degli artt. 9 e 10 �, questa norma ha inteso riferirsi alle fattispecie dell'autore materiale soggetto all'altrui autorit�, direzione o vigilanza (art. 9) ovvero legale rappresentante di persona giuridica, debitrice dell'imposta (art. 10). � Ed �, quella ora delineata, un'interpretazione semplice ed immediata dell'art. 12, perch� suggerita dalla stessa lettera. Nella norma si legge: �Nei casi preveduti nella prima parte dell'art. 9 e 10 �; e gli artt. 9 e 10, non descrivono �casi� di reati contravvenzionali, ma, genericamente riferendosi a tutto il settore delle contravvenzioni, descrivono, rispettivamente, le due accennate fattispecie, in cui le figure dell'autore materiale delle violazioni e del debitore dell'imposta, anzich� concentrate nella stessa persona, sono separate, e l'autore materiale � soggetto all'altrui autorit�, direzione o vigilanza oppure � il legale rappresentante di una persona giuridica, debitrice del tributo. Questi sono i casi degli artt. 9 e 10; e ad essi, palesemente, si riferisce l'art. 12 ii. L'esame, per�, delle varie leggi tributarie in materia di sanzioni, dimostra che soggetto imputabile dell'illecito fiscale non � sempre e solo -come ritiene il Tribunale di Genova -una persona fisica: molto spesso � direttamente la persona giuridica. Si pu� anzi, notare che per quest'ultima l'imputazione della violazione presuppone, in genere, un obbligo diretto tributario, a differenza di quel che accade per la persona fisica, che pu� anche rimanere estranea al tributo, pur rimanendo assoggettabile alla pena pecuniaria o alla sopratassa. Siffatta estraneit�, che permette di scindere la persona del << contribuente ii dalla persona dell'autore della violazione� � ben chiara nell'art. 32 R. D. 17 settembre 1931, n. 1608: ed � merito del Tribunale di Genova averla tenuta presente. Se un rappresentante di una societ� viola una disposizione fiscale, sanzionata da una pena pecuniaria, egli risponde direttamente della pena, ma non diviene per ci� solo obbligato anche al tributo, salvo che non esistano norme espresse, quale, ad esempio, l'art. 16 D. L. 27 maggio 1946, n. 436 in materia di profitti di guerra. Per contro, come si � detto, un ente fornito di personalit� giuridica pu� essere imputabile, e assoggettabile direttamente a sanzione fiscale (si intende, di carattere civile) solo in quanto sia, in pari tempo, debitore di imposta. Il Tribunale di Genova, nella sentenza qui annotata, sembra esitare ad ammettere la possibilit� di considerare imputabile una persona giuridica: ma questa esitazione � certamente ingiustificata. Non mancano, infatti, casi in cui �-questa imputabilit� � riconosciuta dalla stessa legge: e baster� ricordare l'art. 64 T. U. 9 maggio 1950, n. 203, in materia di imposta patrimoniale progressiva, -113 nonch�, l'art. 41 legge 5 gennaio 1956, n. 1, che prevede pene pecuniarie a carico diretto di 'istituti di . credito e di societ� per finanziamento. Del resto, non si � mai dubitato, in tema di imposte di registro, che una societ�, parte contraente in un atto pubblico, sia direttamente passibile di pena pecuniaria in casi di occiiltamento di valore, giusta l'art. 105 della legge del registro. Gi� posto, sorge il problema deWeventuale estensione della responsabilit� ad altre persone, q11ando la violazione sia imputabile direttamente. alla socfot�. La dottrina esclude una tale estensione (Dus: Teoria generale dell'illecito fiscale, pag. 263; SALERNI: Le imposte straordinarie sul patrimonio, p. 588), salvo norme particolari, tutt'altro che infrequenti: e ricordiamo qui il recente esempio dell'art. 12, legge 5 gennaio 1956, n. 1, che estende l'obbligo della sopratassa per incompleta dichiarazione a coloro che l'hanno sottoscritta come rappresentanti legali di societ� tassabili in base al bilancio. La questione � certamente delicata, ma la sentenza annotata suggeristJe alcune osservazioni, degni di nota. 'Quando il Tribunale di Genova rileva che le norme sulle sanzioni fiscali �postulano la presenza di una persona fisica)), centra il nucleo del problema. Appunto per il postulato cui accenna il Tribilinale, se non soccorressero norme espresse, e cio� gli articoli 10 e 12 della legge del 1929, sarebbe assai difficile estendere la responsabilit� del trasgressore all'ente. Ma il procedimento inverso (estensione della. responsabilit� dall'ente alla persona fisica), sarebbe, in ogni caso, assai meno ostico, giacch� � evidente che l'attivit� dell'ente si esplica sempre mediante la persona fisica. Dovrebbe, in altri termini, ammettersi che il sistema della legge del 1929 funzioni nell'una e nella altra direzione, estendendone la sanzione non solo dall'autore della violazione, persona fisica, all'ente, persona giuridica (art. 10 e 12); -ma anche dalla societ�, debitrice di imposta e passibile di sanzione, alla persona fisica che ne ha la direzione (artt. 9 e 12). Giova precisare,,� infine che tale estensione non si rifiette necessariamente sul tenore formale dell' ordinanza, perch� manca rispetto agii illeciti amministrativi, una norma corrispondente all'art. 36 della legge del 1929 e all'art. 490 G.p.p. � ovvio, tuttavia, che l'indicazione espressa dei vari trasgressori sia indispensabile nei casi di violazioni imputabili direttamente a pi� persone: ipotesi, appunto, dell' articolo 11, nettamente diversa dalla estensione dello obbligo di pagamento prevista dagli artt. 9, 10 e 12. Una analoga estensione �, del resto, legislativamente stabilita in alcune leggi speciali; � ben noto il caso delle societ� in liquidazione, che rispondono direttamente per eventuali violazioni, con la corresponsabilit� dei liquidatori (art. 45 R.D. 17 settembre 1931, n. 1608). Al che pu� aggiungersi che non sarebbe agevole comprendere perch� mai un amministratore unico, rappresentante legale di una societ� e incaricato della direzione e vigilanza su tutti gli affari sociali (ivi compresi gli adempimenti tributari) non debba rispondere in via solidale con la societ�. N � la lettera dell'art. 12, coordinato con l'articolo 9, esclude un'interpretazione diretta a far rientrare l'ente fra quelle �persone soggette alla altrui di rezionel> di cui parla l'art. 9; persone che incorrono direttamente nella sanzione, ma con automatica estensione del relativo obbligo alla �persona incaricata della direzione))' come ribadisce l'art. 12. Nella recente circolare 2 aprile 1959, n. 66162-16 (� Giust. Trib. ))' 1959, 468) Il Mfoistero ha credtito opportuno di stabilire che in questi casi il procedimento debba aver corso contro tutti coloro che siano tenuti in solido al pagamento della pena pecuniaria o della sopratassa, ivi comprese le persone e gli enti 'indicati nell'art. 12. Per i1erit�, questa estensione del procedimento risponde pi� a ragioni di opportunit� che di necessit�, posto che, come si � osservato, la responsabilit� prevista dall'art. 12 sorge ex lege dal rapporto che lega queste persone e questi enti all.'autore della violazione, indipendentemente dalla loro esplicita menzione nell'ordinanza. Alle person�e ed agli enti suddetti debbono essere eseguite le notificazioni fatte al trasgressore, cosi disponendo l'art. 59 della legge 7 gennaio 1929, n. 4: ma ci� non significa ancora che l'oirdinanza � debba dichiarare la responsabilit� di costoro diversamente nei confronti degli stessi mancherebbe il titolo per la riscossione della pena pecuniaria dovuta solidalmente con il trasgressore >> (cos� SPINELLI: Norme generali per la repressione delle violazioni d�lle leggi finanziarie, ed 1957, p. 210). Simile conclusione pare troppo rigorosa; e giustamente il Tribunale di Genova, nella sentenza annotata, ha dato scarsa importanza a questi aspetti formali, valutando l'obbligo del rappresentante unicamente in base al rapporto che lo legava alla societ�. A. CHICCO OPERE PUBBLICHE -Capitolato di appalto -Carat tere essenziale dei termini di cui agli artt. 7, 13, 14 -Risoluzione automatica del contratto di appalto Esclusione. (Corte d'Appello -Sezione Civile Catania 24 febbraio 1959; Pres.: Bertino; Est.: Paci -Florida �c. Amministrazione PP. TT.). Dal carattere di norme generali, non riguardanti� la tutela di interessi particolari di privati, che riveste il capitolato generale di appalto, consegue che i limiti posti alla attivit� della P. A. debbono considerarsi in funzione del fine pubblico perseguito; il che porta ad escludere che i termini fissati dagli artt. 7, 13 e 14 siano stabiliti nell'interesse esclusivo dell'appaltatore e tanto meno con carattere di assoluto rigore in favore di lui. L'attore sosteneva, nel merito, la tesi della risoluzione automatica del contratto di appalto per la mancata stipula del negozio entro i 2 mesi dall' aggiudicazione avvenuta per licitazione privata (art. 7,I co., cap. gen. appalto); ed inoltre che -avendo egli chiesto all'Amministrazione la restituzione della cauzione e l'esonero da essa, offrendo in cambio un ulteriore ribasso d'asta -la sua accettazione non conforme alla pro,posta equivaleva allo scioglimento del vincolo e ad una nuova proposta, non accettata dalla �Amministrazione: la quale era di conseguenza tenuta a restituire la cauzione provvisoria e non avrebbe potuto legittimamente incamerarla, come viceversa 114 fece. La O orte ha p'ienamente accolto le difese d'i merito della Amm'inistrazione: a) il termine di cu'i all'artic�lo 7 cap. gen. non � essenziale n� perentorio nf concesso a favore del privato, bens� in funzione dell'interesse pubblico (si veda �anche Oass. 8 aprile 1946, n. 400). Ohe il suo inutile decorso non valga a determinare la liberazione automatica del privato dagli obblighi assunti con l'originario deliberamento, risulta altres� dalla nozione stessa d'i tale termine, che presuppone un ritardo dello obbligato tale da togliere al cred'itore ogni interesse alla prestazione (arg. ex artt. 1457 e 1256 O.e.): il che non avviene nel caso di ritardo nella stip,ula del contratto di appalto il cui vincolo si � gi� perfezionato .con la redazione del verbale di aggiudicazione per licitazione privata (art. 16, IV co. R.D. 18 novembre 1923, n. 2440; Oass. Sez. Un. 10 luglio 1956, n. 2551, in � Giust. Civ. � 1956, I, 2051; Cass: 9 ottobre 1956, n. 3421; Oass. 21 febbraio 1958, n. 571, in � Giust. Civ. �, 1958, I, 406) -in quanto Vappaltatore pu� sempre riparare ad ipotetici pregiudizi mediante proroga del termine di ultimazione o mediante la revisione prezzi, e conserva in ogni caso interesse alla esecuzione del contratto. Ci� � confermato dalla considerazione che, anche quando il ritardo sia imputabile all'appaltatore (art. 14, VIII cc.), la legge non fa di.scendere da ci� l'automatica risoluzione del contratto, ma attribuisce all'Amministrazione il potere di convertire in perentorio il termine inizialmente non essenziale. Peraltro il carattere eventuale (art. 97 D.R. 23 maggid 1924, n. 827: �qualora si debba ... �) della stipula del contratto -a fini meramente tecnici ed amministrativi, e nell'esclusivo interesse della Amministrazione (Cass. Sez. Un. 29 luglio 1941, n. 2402 �Foro It. �, 1942, I, 355, nella parte motiva) -� ovviamente incompatibile con la natitra perentoria del termine di cui all'art. 7 (ehe f, norma �imperfetta�); mentre d'altro lato e per converso lo scioglimento. del vin�olo sancito dall'art. 13 cap. gen. presitppone appunto che un contratto vi debba essere e vi sia stato, ovvero che nel capitolato d'oneri o nello schema di contratto sia previsto un termine per l'approva . zione (art. 114 R.D. 1924, n. 827); b) Va comunque considerato che in base al sistema della legge, � tenuta altres� presente la facolt� dell'Amministrazione di procedere alla consegna dei lavori anche senza la stipulazione del contratto di appalto (art. 337, II co., legge sui LL. PP. 1895, all. F; art. 10, IV co., R.D. 25 maggio 1895, n. 350), l'Amministrazione medesima non pu� essere ritenuta in ogni caso inadempiente se la consegna dei lavori avvenga entro nove mesi dalla aggiudicazione (infatti: 2 mesi per l'eventuale stipula del contratto: art. 7; pi� 4 mesi per l'approvazione: art. 13; pi� 3 mesi per la consegna: art. 14); e) La tesi dell'accettazione non conforme alla proposta che equivarrebbe ad una nuova proposta perfettibile col consenso dell'Amministrazione, di pretta natura civilistica, non pu� evidentemente trovare ingresso in materia di pubblici appalti. Vi contrasta infatti -oltre al considerato principio della perfezione del vincol~ gi� in base al . verbale d'asta pubblica o licitazione privata -il principio che la prestazione e l'eventuale esonero dalla cauzione attengono all'esecuzione, non alla perfezione del negozio (art. 54 R.D. 23 maggio 1924, n. 827); negozio che peraltro non potrebbe stipularsi per trattativa privata (ch� tale sarebbe la presunta procedura della � nuova proposta )) da accettarsi da parte della P. A) al di fuori dei casi previsti dalle leggi sulla contabilit� dello Stato. P. I>E� r~ucA 'REQUISIZIONI -Indennizzi per danni e requ1s1z1oni operate dalle forze armate alleate -Liquidazione a saldo -Accettazione del pagamento mediante quietanza -Impugnativa del criterio di liquidazione con azione giudiziaria -Inammissibilit�. (Tdbunale di Napoli, Sent. n. 10919/57; Pres.: Cesaro; Est.: Mastrocinque -Rocca e Famiano c. Ministero Tesoro). La quietanza, rilasciata da creditori di somme dovute dallo Stato, non pu� ritenersi, di per s� stessa, acquiescenza al provvedimento ammini strativo che ha disposto il pagamento a saldo (1). L'accettazione del pagamento di somme, liqui date a saldo, determina, ope juris, secondo la le gislazione sulla contabilit� dello Stato, la estin zione dell'obbligazione dello Stato, e, di conse guenza, il creditore non pu� pi� impugnare l'atto amministrativo di liquidazione (2). IN TEMA DI PAGAMENTI DELLO STATO Abbiamo riportato entrambe le massime -anche se, come dalle su.ccessive osservazioni si potr� rilevare, la seconda assorbe e risolve la questione decisa sfa vorevolmente dalla prima -allo scopo di chiaril'e e precisare l'orientamento giurisprudenziale che di recente si � venuto a formare circa gli effetti che l' accet tazione del pagamento di somme, posta in essere dai creditori dello Stato mediante la riscossione ed il rilascio di quietanza, produce sulla estinzione aella obbligazione (la specie decisa riguarda gli effetti che vengono prodotti d,alla riscossione di somme corri sposte a titolo di indennizzo per danni e requisizioni operate dalle forze armate alleate.: legge 9 gennaio 1951, n. 10). La prima massima ha esattamente applicato il � principio secondo il quale il rilascio di quietanze da parte di creditori delfo Stato non importa, in ogni caso, acquiescenza al provvedimento amministrativo di liquidazione. Nella specie decisa, infatti i creditori, prima di riscuotet�e la somma e di rilasciare la relativa quietanza, avevano notificato l'atto di citazione col quale dichiaravano esplicitamente la volont� di non accettare la liquidazione perch� eseguita con erronei criteri. La sentenza che si annota hti, come si � detto, aderito alla giurisprudenza ordinaria ed amministrativa, la quale � decisamente orientata nel senso di escludere che lli riscossione di somme . ponga in essere l'acquiescenza al provvedimento di Uquidazione. L'acquiescenza tacita che viene qui in esame, secondo detta giurisprudenza (Oass.. 31 maggio 1952, n. 1584, <<Foro It. Mass. ))' col. 384; Oass. 14 giugno 1952, �Foro It. Mass. J>, col. 418; n. 1734; Oass. 7 aprile 1954, n. 1086, �Foro-It. Mass. �, col. 222; Oass. 10 luglio 1954, n. 2433 �Foro It. Mass.�, col. 488; Oass. 9 luglio 1957, n. 2735 � Mass. Foro It. ))' col 541; e la giurispru ----115 denza successivamente (}itata), si rileva da cc atti incompatibili con la volont� di avvalersi delle impugnazioni ammesse dalla legge n (art. 329 O.p.c.), ed essa n�n pu� desumersi dalla riscossione di somme, perch� tale fatto non rivela in modo certo e non equivoco la �intenzione di rinunciare all'impugnativa ovvero di accettare il provvedimento, a seconda che si concepisca l'acquiescenza come negozio processuale (qual'� la rinuncia) ovvero come negozio di diritto sostanziale (qual'� l'accettazione) (in tal senso la giurisprudenza ha fatto riferimento alla teoria subiettiva che, nel delimitare gli atti che precludono� la impugnazione, d� decisivo rilievo alla volont� di colui contro il quale la preclusione opera: cfr. Mr:J'.WLI: Tendenza della giurisprudenza italiana in tema di acquiescenza propria tacita cc Giur. It. n, 9155, IV, 123). Oodesto orientamento giurisprudenziale -specie ove si consideri quello amministrativo -pu� condividersi, ma con opportune riserve. Anzitutto sembra pi� esatto ricondurre l'acquiescenza, sia espressa, sia tacita, sotto il concetto di accettazione, piuttosto che sotto l'altro di rinuncia. Invero chi presta acquiescenza ad un provvedimento o ad una decisione, riconosce che essi sono legittimi, e li accetta integralmente. Se tuttavia da questa accettazione discende una rinuncia all'impugnativa, ci� non deriva dal fatto che a questa. si sia rinitnciato con la intenzione di sacrificare sia pure in parte le proprie ragioni, bens� deriva dal fatto che quella accettazione implica coscienza di non aver ragioni da far valere e, quindi, pone in essere una incompatibilit� con la proposizione dell'impugnativa (in tal senso Oon~ �siglio di Stato 14 maggio 1943, n. 236, cc Foro amm. ll, 1943, I, 2, 150). L'acquiescenza, cos� intesa, si� � applicata con maggiore frequenza in tema di riscossione di indennit� di licenziamento; e la relativa giurisprudenza � esatta, sia laddove ha ritenuto che la riscossione non significa accettazione del licenziamento, ne preclude la possibilit� di far valere eventuali illegittimit� dell'atto stesso1 la riscossione attennendo solo all'aspetto economico del rapporto di impiego (Consiglio di Stato, 21 maggio 1940, n. 297, cc Foro A.mm. n, 1940, I, 1, 251), sia laddove, sorgendo controversia limitatamente all'ammontare dell'indennit� corrisposta, ha ritenuto che la riscossione non pu� assumere, da sola, un significato concludente ed univoco di adesione alla liquidazione, ma va sempre esa,minato alla luce di altri elementi� (in tal senso dee. cit. n. 236) e, se seguita da quietanza, questa va interpretata nei limiti indicati dall'art. 2113 O.e. (Consiglio di Stato 8 novembre 1944, n. 23. cc Foro amm. ii, 1945, I, 2, 35). La seconda massima, anche se preceduta da altra sentenza (Tribunale Ancona 7 dicembre 1957, n. 670, confermata in appello, Giovagnoni contro Tesoro) ha particolare importanza: essa rappresenta un passo decisivo verso la pi� esatta interpretazione delle norme contenute nella legge di contabilit� generale dello Stato in tema di estinzione dell'obbligazione dello Stato a seguito dell'accettazione del pagamento di somme liquidate a saldo (e cos� supera la motivazione della sentenza emessa dallo stesso Tribimale di Napoli, 11 dicembre 2958, n. 7685, Marrone c. Tesoro). Ha precisato il Tribunale: cc L'eccezione della difesa erariale appare fondata per quanto attiene alla dedotta estinzione della obbligazione a carico dello Stato. Benvero l.ndipendentemente dalla quietanza la quale sta� ad attestare l'avvenuto pagamento da parte del Ministero del Tesoro dell'indennizzo liquidato in via amministrativa, la estinzione della obbligazione opera per effetto a.ell'a�cettazione del pagamento in virt� delle norme della legge sulla contabilit� generale dello Stato, Deve precisarsi che il -pagamento delle spese dello Stat� sia a mezzo di assegni a favore dei creditori da parte degli uffici amministrativi centrali sull'istituto incaricato del servizio di tesoreria (art. 55 delle legge sulla contabilit� generale dello Stato) che da parte dei funzionari delegati (art. 58) che mediante ordinativi diretti sulle tesorerie dello Stato (art. 68) � regolato dall'art. 55 della predetta legge, modificato con lo art. 1 del R.D.L. 10 maggio 1925, n. 597, il quale detta che la consegna dell'assegno al creditore ha luogo contro il rilascio di ricevuta ed estingue il debito per cui l'assegno viene emesso. in armonia con tali disposizioni l'art. 316 del reg., nel disporre che nessun assegno pu� essere consegnato all'intestatario dagli uffici amministrativi centrali e da quelli locali, se non previo ritiro di � apposita dichiarazione di ricevuta, stabilisce che la dichiarazione di ricevuta cos� firmata estingue il debito dell'amministrazione. L'art. 426 dispone per altro che non si possono accettare quietanze sotto riserve o condizioni. Esattamente, dunque, la difesa erariale rileva che il titolo di spesa, come qualsiasi atto amministrativo esecutorio, produce gli effetti suoi propri in relazione alla volont� dell'Amministrazione che � la sola decisiva alla formazione dell'atto per cui la volont� del privato assume rilievo solo in senso negativo (rifiutando la riscossione). Se tale riscossione si verifica, dunque, essa comporta di diritto la estinzione della obbligazione dello Stato. In base agli esposti principi considerandosi che H pagamento a favore degli attori � stato disposto ed eseguito a saldo di ogni diritto per quanto si riferisce ai danni subiti per la requisizione alleata, la domanda attrice deve essere rigettat::i, ll. Oome rilevasi dalla riportata motivazione, il tribunale ha implicitamente classificato l'atto di adempimento (o pagamento), da parte dello Stato di consegnare somme di danaro, tra i modi satisfattorii, rivolti a estinguere l'obbligazione, ma ne ha posto in rilievo due aspetti che lo differenziano dall'adempimento delle corrispondenti obbligazioni di diritto privato:� l'uno aspetto attiene alla natura dell'atto, che � 1milaterale; altro attiene al contenuto dell'atto stesso, che � determinato in modo esclusivo dagli organi statali; ed entrambi hanno decisiva rilevanza in ordine agli effetti prodotti, i quali consistono nell'estinguere ope legis l'obbligazione. Dal primo aspetto �occorre rileva,re che in diritto privato si discute se l'adempimento (o. pagamento) sia un contratto (cio� un negozio giuridico bilaterale) ovvero un atto unilaterale: la prima tesi assegna l'adempimento al tipo dei contratti sol1,tori cui accenna l'art. 1321; la seconda coritrasta tale natura ireci--sando che vi manca la caratteristica della dichiarazione di volont� e del consenso e che il pagamento pu� avvenire, con efficacia liberatoria per il solvens, -116 anche contro la volont� del creditore (MESSINEO: Manuale di dir. civ. e comm., II, 429). In diritto pubblico invece nessun dubbio pu� sorgere sulla natura dell'atto di pagamento, il quale non pu� essere che un atto unilaterale, cos� come � regolato dalla legislazione sulla contabilit� dello Stato: i pa.gamenti dei debiti dello Stato avvengono attraverso una manifestazione di volont� ch,e viene emessa solo dallo Stato, attraverso una dichiarazione unilaterale di volont�, la quale si forma, si perfeziona, si manifesta a seguito di un particolare procedimento e con particolari controlli qualsiasi sia la fonte, il titolo dell'obbligazione (Cass. sent. n. 1601 del 1952, � Rass. Avv. Stato n, 1952, 143): il procedimento ha inizio con l'impegno di spesa e, attraverso la liquidazione, giunge fino alla ordinazione, e cio� al titolo di spesa, con cui gli organi dell'Amministrazione debitrice determinano in cifra certa e liquida la prestazione che lo Stato deve adempiere e ordinano al competente. ufficio di effettuarne il pagamento. Il titolo di spesa � l'atto conclusivo del procedimento amministrativo contabile: contiene l'ordine di eseguire il pagamento. Ed ora veniamo all'altro aspetto, che integra il precedente; al contenuto cio�. Come rilevasi dalle esposte considerazioni, il contenuto � determinato in modo esclusivo dagli organi dell'amministrazione attraverso la liquidazione della spesa, che attiene appunto alla fase del pagamento. Tale liquidazione va tenuta distinta dall'atto di liquidazione dell'indennizzo (sulla distinzione v. in particolare SANDULLI: La posizione dei creditori pecuniari dello Stato, � Riv. Dir. Pubbl. n, 1952, 543 e la critica del TERRANOVA nella � Rass. Avv. Stato n, 1953, 21), il quale atto viene pure formato da organi dell'Amministrazione secondo le particolari norme ed i pa.rticolari criteri previsti dalla legge 9 gennaio 1951, n. 10, essendo esso riservato alla competenza esclusiva di tali organi (salvo, s'intende, l'azione giudiziaria che il creditore voglia .successivamente promuovere). Tuttavia, pur essendo distinte e autonome la liquidazione della spesa e la liquidazione dell'indennizzo, gli effetti che da esse derivano non sorio diversi; anzi quelli prodotti dalla seconda vengono assorbiti dalla prima (che � successiva rfel tempo), giacch� la fase del pagamento, nella quale rientra la liquidazione della spesa, non � altro che l'attuazione del credito per l'indennizzo liquidato: �rappresenta la condizione su cui si svolge e si esaurisce il rapporto obbligatorio, costituendo appunto la prestazione dedotta in obbligazione �. E se, come si � detto, l'atto di pagamento, come qualsiasi ordine o atto amministrativo esecutorio, non pu� essere determinato, nel suo contenuto e nei suoi limiti, che dai soli organi amministrativi competenti, anche gli effetti che esso produce non possono essere se non quelli che l'amministrazione ha inteso disporre in conformit� alla legislazione sulla contabilit� dello Stato. Il pagamento produce gli effetti che sono estrinsecazione dell'ordine disposto dall'amministrazione; e consistono: nell'estinguere l'obbligazione dello Stato; nessuna rilevanza potendo spiegare la volont� del privato, la quale pu� manifestarsi o in senso positivo (con la quietanza) o in senso �negativo (rifiutando la riscossione), ma non con formule intermedie, appunto perch� a privato pu� solo risciwtere o non ri8C'uoterc: tertium non datur; � la legge che lo vieta: l'art. 426 R.D. 23 marzo 1924, n. 826 �non si possono accettare quietanze sotto riserve o condizioni >>. Se il creditore riscuote, accetta il pagamento senza riserva; se non riscuot�, rifiuta i� pagamento; ma non pu� seguire una via intermedia, riscuotere cio� con riserva, perch� --,--si ripete -l'ordine d�i pagamento (il t'itolo di spesa) sp'�ega gli effetti suoi propri, senza che il destinatario possa comunque modificarli: pu� accettarli o non accettarli, ma se li accetta, li accetta quali sono, e non in modo diverso. E gli effetti, se si verificano (ove cio� la riscossione abbia l1wgo), si verificano in pieno, in tutta la loro integrit�, nel senso di estinguere la obbligazione dello Stato. Di qui ha origine, e solo cos� si spiega, la disposizione ecce � zionale dell'art. 426 (non si possono accettare quietanze sotto riserve o condizioni); di qui hanno origine, e solo cos� si spiegano, le altre disposizioni eccezionali che disciplinano in modo particolare il procedimento contabile dei debiti dello Stato; le quali disposizioni prevedono che la dichiarazione di ricevuta rilasciata dal privato estingue la 'obbligazione dello Stato. Inf atti l'art. 316, reg. cit. relativo alla emissione di assegni dispone: � la dichiarazione di ricevuta estingue il debito dell'Amministrazione�; l'art. 55 l. cit. dispone: la consegna dell'assegno ... estingue il debito per cui l'assegno viene emesso�; l'art. 58, l. cit. (che disciplina il pagamento da parte dei funzionari delegati), richiama l'art. 55 �gli assegni vengono emessi nelle forme;previste dal cit. art. 55 n, e quindi con i medesimi effetti; l'art. 63 (che disciplina il �pagamento mediante ordinativi dell'Amministrazio� ne Centrale) richiama pure l'art. 55 �mediante ordinativi emessi con la procedu.ra, di cui all'art. 55� e quindi pure con i medesimi effetti. Sono in armonia con le disposizioni ora citate, le altre norme del regolamento: l'art. 314 �detti documenti costituiscono la prova dell'estinzione dell'obbligazione �, e l'art. 435 <<i titoli di spesa producono effetti definitivi �. In conclu.sione, una volta che il pagamento di somme da parte dello Stato viene disposto, il privato desi'inatario ha due soluzioni: o riscuote o non riscuote; ma se riscuote, accetta il pagamento cos� come � 8tato disposto, e se � stato disposto a saldo, egli riscuote pure a saldo con l'effetto liberatorio di estinguere l'obbligazione, perch� la riscossione senza riserve di somme corrisposte a saldo non lascia pi� sussistere alcun rapporto obbligatorio, in conformit� all'art. 462 e a tutte le altre disposizioni citate. Agli esposti principi della legge di contabilit� dello Stato si informa la legge 9 gennaio 1951, n. 10, la quale ammette solo pagamenti a saldo, in quanto prevede in casi eccezionali pagamenti per acconti: all'art. 6 i pagamenti per acconti possono essere corrisposti solo se sussistono difficolt� obiettive, con la conseguenza che il pagamento per acconto non pu� essere esteso, per legge, oltre i casi previsti (conforme alla legge n. 10 � pure la legge 17 agosto 1940, n. 1741 sulle requisizioni italiane) (� appena il caso di accennare che la giurisprudenza ��d�l Consiglio di Stato, laddove ha esaminato la riscossione ai somme da parte di impiegati dello Stato, liquidate, com'� ovvio, secondo la legge di contabilit�, non ha mai esaminato la rilevanza ohe nei sensi sopra esposti m WTTWW?F ggpp:q wfWFDfW?HtW-'/%7Eillf~&~~::filrff~~~~~1 -117 la quietanza pu� spiegare in ordine all'impugnativa ehe suecessivamente l'interessato proponga). Occorre aggiungere che le premesse considerazioni, le quali riguardano il pagamento eseguito mediante emissione di mandati, riscossi poi dai creditori previo rilascio di quietanza, si rossono estendere al pagamento eseguito mediante versamento in conto corrente postale, giacch� il R.D. 7ottobre1926, n.1759, articolo unico, subordina tale forma di pag�mento alla richiesta scritta del creditore ed aggiunge che la dichiarazione di accreditamento sostituisce la quie tanza (art. cit. 3� comma). Ne consegue cke, anche con la forma dell'accreditamento sul O.e., il creditore, che ha gi� ricevuto notizia della somma liquidata, e viene sollecitato a rilasciare lli dichiarazione, accetta il pagamento, con l'effetto ij,i estingu�r�, nei sensi sopra esposti, la obbligazione dello Stato (da tale punto di vista non si pu� condividere la sentenza della Corte di Appello di Milano, 19 novembre 1957 21 gennaio 1958, Boe. Oostr. Nardi c. Ministero del Tesoro). UGO G.ARGIULO � INDICE S I S T E MA TI C.O DELLE e�o N s u L T A zI oN I [,A FORMULAZIONE DEL QUESITO NON RIFLETTE IN ALCUN llfODO LA SOLUZIONE CHE NE � STATA DATA AMMINISTRAZIONE PUBBLICA LIQUIDAZIONE DI ENTI SUPERFLUI.-Quale sia l'interpretazione e l'applicazione della� legge 4 dicembre 1956, n. 1404, concernente la soppressione e la mess& in liquidazione ovvero la incorporazione in enti similari degli enti pubblici e quelli comunque interessanti la finanza statale, i cui scopi siano cessati o non siano pi� perseguibili o_che si trovino in condizioni di disi::esto(n�. 240 ANTICHIT� E BELLE ARTI DEMANIO STORICO ARTISTICO -ALLOGGIO. -Se il godimento di alcuni locali di un palazzo appartenente al demanio storico-artistico possa concretare un rapporto di locazione o dia luogo ad una concessione (n. 41). APPALTI APPALTI DI 00. PP. -REVISIONE DEI PREZZI. -1) Se il D.L.C.P.S. 6 dicembre 1947, n. 1501 sulla revisione dei prezzi nei contratti di pubblico appalto possa ritenersi incostituzionale (n. 246). CESSIONE DI CREDITI. -2) Quale sia la natura giuridica dei contratti mediante i quali le imprese appaltatrici di lavori dichiarano di cedere ad Istituti di credito, a garanzia dei finanziamenti che esse ottengono per l'esecuzione dei lavori stessi, i crediti derivanti dai contratti di appalto (n. 247). 3) A chi debbaessere pagato ilcorrispettivodell'appalto nel caso di fallimento delle ditte appaltatrici (n. 247). GARA -DITTE IN STATO DI FALLIMENTO. -4) Se possano essere ammesse alle gare per gli appalti ditte o persone fallite che siano state autorizzate dai Tribunali competenti alla continuazione temporanea dell'esercizio dell'impresa (n. 248). ASSICURAZIONI ASSICURAZIONI SULLA RESPONSABILIT� CIVILE. 1) Se il danneggiato possa promuovere un'azione diretta o (in caso negativo) un'azione surrogatoria contro l'assicuratore del responsabile civile (n. 55). PIGNORAMENTO PREZZO TERZI. -2) Se in materia d� assicurazione sulla responsabilit� civile, il danneggiato, che abbia ottenuto una sentenza di condanna passata in giudicato e divenuta esecutiva contro il responsabile civile, possa promuovere un pignoramento presso ter:t i sull'indennit� che a tale responsabile � dovuta dall'assicuratore (n. 55). BORSA AGENTI DI CAMBIO. -Se, non essendovi st.ato mandato di cattura l'adozione del provvedimento di sospensione cautelare dell'agente di cambio sottoposto a procedimento penale rientri nella competenza di merito del Ministero del Tesoro ai sensi dell'art. 1 e dell'art. 16 del R.D.L. 30 giugno 193:?, n. 815 (n. 15). CINEMATOGRAFIA CORTOMETRAGGI NAZIONALI. -Se possa essere autorizzata la stampa in bianco e ner.o di cortometraggi gi� presentati nella edizione a colori ed ammessi come tali alla programmazione obbligatoria. In caso affermativo, oe i predetti cortometraggi che siano stati valutati dai Comitati di esperti nella edizione a colori debbano nuovamente essere sottoposti all'esame dei Comitati stessi nella edizione in bianco e nero per stabilire se permangano anche in qnesta seconda edizione i requisiti necessari per l'ammissione alla programmazione obbligatoria (n. 27). COMMERCIO DISTRIBUTORI VIVERI LA PROVVIDA. -Se, ai sensi dell'art. 183, n. 1, del Testo unico per la Finanza locale, i Distributori Viveri de La Provvida siano soggetti all'imposta di licenza (n. 15). CONTRIBUTI E FINANZIAMENTI CONTRIBUTI DI RICOSTRUZIONE -MUTUO IPOTECA� RIO. -1) Se l'Istituto Nazionale per il Finanziamento della Ricostruzione possa consentire a volontarie riduzioni delle ipoteche iscritte a garanzia dei finanziamenti, al di fuori dei casi tassativamente previsti dalla legge (n. 33). FONDO PER L'INCREMENTO EDILIZIO. -2) Quali siano gli effetti conseguenti alla rinunzia o alla estinzione anticipata dei mutui concessi �i sensi della legge 1 Oagosto 1950,n. 715, concernente la costituzione di un fondo per l'incremento edilizio (n; 34). DANNI DI GUERRA DQNTRIBUTI DI RICOSTRUZIONE. -Se debba considerarsi distrutto per fatto di guerra ai fini della _gon_c.essione del contributo di ricostruzione, un immobile che sia Stato demolito su ordine del Sindaco perch� ritenuto pericolante in contrasto con il precedente accertamento del Genio Civile (n. 95). -119 DEMANIO ABUSIVA OCCUPAZIONE DI BENI DELLO STATO. -I) Nel caso di occupazione di immobile statale (demaniale o patrimoniale), quali azioni sono a disposizione della Amministrazione per ottenere, conla restituzione o anche indipendentemente da essa, di rivalersi della mancata util�zzazione dell'immobile (n. 151). ALLOGGI DEMANIALI. -2) Se nel concetto di ((alloggi demaniali� si ricomprendano non soltanto le abitazioni date in� concessione a talune categorie di impiegati dello Stato che siano situate nell'interno di immobili appartenenti al demanio propriamente detto o al patrimonio indisponibile dello Stato ma anche gli alloggi posti in immobili facenti parte del patrimonio disponibile (n. 152). 3) Se l'Amministrazione possa usare dei poteri di autotutela ordinando il rilascio forzoso dei locali, anche contro coloro che abitino in alloggi situati in immobili del patrimonio disponibile dello Stato (n. 152). 4) Se, per quanto concerne gli alloggi demaniali, le mansioni di portiere debbano essere affidate ad un dipendente dell'Amministrazione o ad un estraneo (n. 152). 5) Se l'autorit� concedente possa.ordinare per sup�riori esigenze di pubblico interesse il rilascio dell'alloggio dato in concessione al proprio dipendente anche prima della scadenza del termine originariamente stabilito nell'atto di concessione (n. 152). DEMANIO STORICO-ARTISTICO -ALLOGGIO. -6) Se il godimento di alcuni enti locali di un palazzo appartenente al demanio storico-artistico possa concretare un rapporto di locazione o dia luogo ad una concessione (n. 153). EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE COOPERATIVE EDILIZIE -ESENZIONI TRIBUTARIE. Se debbano trovare applicazione le agevolazioni fiscali concesse per le cooperative edilizie al caso di mutui contratti da dette cooperative in nome proprio e per conto esclusivo dei soci (n. 93). ESECUZIONE FISCALE ESATTORE. -I) Se l'esattore possa domandare al1' Amministrazione finanziaria il rimborso delle spese giudiziali sostenute per resistere in cause di opposizioni proposte dai contribuenti in sede di riscossione (n. 48). FALLIMENTO. -2) Se il disposto dell'art.. 97, Legge 17 �ottobre .1922, sia applicabile anche nel caso in cui l'Esattore proceda per il recupero di crediti per i quali, a norma dell'art. 9 del D. L~ 1� novembre 1949, n. 367, � concesso all'Istituto creditore di avvalersi delle norme e dei privilegi stabiliti per la riscossione delle imposte dirette (n. 49). ESPROPRIAZIONE PER P. U. UTILIZZAZIONE RELITTI PER NUOVA OPERA. -Quale sia la procedura da seguire nel caso che l'Amministrazione si trovi nella necessit� di utilizzare per una opera diversa da quella che ne aveva cagionato l'esproprio alcune zone di terreno, aventi ai sensi dell'art. 60, legge 1865, carattere di .relitti (n. 150). FALLIMENTO APPALTO -:-CESSIONE DI CREDITI. -I) Quale sia la natura giuridica dei contratti mediante i quali le imprese appaltatrici di lavori dichiarano di cedere adistituti di credito, a garanzia dei finanziamenti:che esse ot-� tengono per l'esecuzione dei lavori stessi, i crediti deri ' vanti dai contratti di appalto (n. 49). 2) A chi debba essere pagato ilcorrispettivo dell'appal. to nel caso di fallimento delle ditte appaltatrici (n. 49). APPALTO -DITTE IN STATO FALLIMENTARE. -3) Se possano essere ammesse alle gare per gli appalti ditte o persone fallite che siano state autorizzate. dai Tribunali competenti alla continuazione temporanea dell'esercizio delrimpresa (n. 50). ESECUZIONE FISCALE. -4) Se il disposto dell'art. 97, legge 17 ottobre 1'922, sia applicabile anche nel caso in cui l'Esattore proceda per il recupero di crediti per i quali, a norma dell'art. 9 del D. L. 1� novembre 1949, n. 367, � concesso all'Istituto creditore di avvalersi delle norme e dei privilegi stabiliti per la riscossione delle imposte dirette (n. 51). INSINUAZIONE AL PASSIVO FALLIMENTARE. -5) Se gli Uffi.ci Distrettuali possano insinuare nel passivo fallimentare del contribuente i crediti per imposte e sovrimposte dirette sulla base degli avvisi di accertamento(n.5 2). FERROVIE DISTRIBUTORI VIVERI LA PROVVIDA. -1) Se, ai sensi dell'art. 183, n. 1, del Testo unico per la Finanza Locale, i Distributori Viveri de La Provvida siano soggetti all'imposta di licenza (n. 285). PENSIONE DI RIVERSIBILIT� �-REVOCA. -2) Se, concessa ai sensi dell'art. 8 del R.D.L. 27 novembre 1919, n. 2373, il trattamento eccezionale di pensione ad un orfano maggiorenne di un agente ferroviario, possa farsi luogo alla revoca del decreto concessivo di pensione nel caso che venga meno anche una sola delle condizioni richieste dal suddetto art. 8 (n. 286). PERSQNALE -PROVENIENTE DALLA AMMINISTRAZIONE A.I. -3) Se la preclusione posta dall'ultimo comma dell'art. 7 del D.P.R. 3 giugno 1955, n. 591, per il personale sistemato in ruolo nelle Ferrovie dello Stato in base alla legge 30 novembre 1952, n. 1844, sia applicabil� anche al personale proveniente dalla Amministrazione Africa Italiana, che abbia ottenuto la nomina nei ruoli o;rganici dell'Amministrazione Ferroviaria in forza del D.P.R. 22 novembre 1954, n. 1179 (n. 287). POSSESSO ABUSIVO DELLA �ClHAVE TRIPLA>>. -4) Quali sanzioni sono applicabili ai detentori abusivi della cc chiave tripla >> che � attrezzo regolamentare in dotazione soltanto ad alcune categorie del personale ferroviario. Quali sanzioni sono d'altro canto applicabili contro coloro che risultino aver fatto indebito u:Elo �della chiave predetta (n. 288). STATO GIURIDICO DEL PERSONALE DELLE FF. SS. 5) Se l'elencazione delle qualifiche contenuta nell'art. 198 -120 dello S.G. del personale ferroviario, approvato con legge 26 marzo 19i;i8, n. 425, sia di stretta interpretazione o se abbia, al contrario, valore meramente indicativo (n. 289). 6) Se, per l'ammissione ai benefici previsti dalla legge le qualifiche indicate nell'art. 198 debbano essere possedute alla data del 23 marzo 1939 (n. 289). 7) Se possa godere dei benefici in questione il personale ohe, pur avendo rivestito le qualifiche ammesse dall'articolo 198 oit., tuttavia, alla data del 26 marzo 1939, ne rivestiva altre non ammesse (n. 289). IMPIEGO PUBBLICO COTTIMISTI. -1) Se nel rapporto ohe viene a costituirsi tra l'Amministrazione delle Finanze e taluni oott�misti, i quali prestano la loro attivit� per servizi di carattere eccezionale e contingente presso gli uffici delle imposte dirette e del catasto, si riscontrino gli estremi .del lavoro subordinato e pertanto sussiste l'obbligo di provvedere nei confronti di tali cottimisti alle assicurazioni sociali obbligatorie (n. 490). DIPENDENTI DELL'ENPAS -INQUADRAMENTO DEI RUOLI. -2) Se possa farsi luogo all'inquadramento nella carriera direttiva del personale di concetto dipendente dall'ENPAS, in analogia con quanto attuato per taluni ruoli del personale delle Amministrazioni dello Stato dagli artt. 56 e 57 D.P.R. 11 gennaio 1956, n. 1.6 (n. 491). INSEGNANTI ALL'ESTERO -ASSEGNI DI'SEDE. -3) Se, ai sensi della legge 27 ottobre 1951, n. 1288, al personale insegnante non di ruolo in servizio all'esterodebba essere corrisposto l'assegno di sede (n. 492). PERSONALE PROVENIENTE DALL'AMMINISTRAZIONE A.I. -4) Se la preclusione posta dall'ultimo comma del1' art. 7 D.P.R. 3 giugno 1955, n. 591, per il personale sistemato in ruolo nelle Ferrovie dello Stato in base alla legge 30 novembre 1952, n. 1844, sia applicabile anche al personale proveniente dall'Amministrazione A.I., che abbia ottenuto la nomina nei ruoli organici della Amministrazione Ferroviaria in forza del D.P.R. 22 novembre 1954, n. 1179 (n. 493). STATO GIURIDICO DEL PERSONALE DELLE FF.SS. 5) Se l'elencazione delle qualifiche contenuta nell'art. 198 dello S.G. del personale ferroviario, approvato con legge 26 marzo 1958, n. 425, sia di stretta interpretazione o se abbia, al contrario, valore meramente indicativo (n. 494). 6) Se, per l'ammissione ai benefici previsti dalla legge, le qualifiche indicate nell'art. 198 debbano essere possedute alla data del 23 marzo 1939 (n. 494). 7) Se possa godere dei benefici in questione il personale che, pur avendo rivestito le qualifiche ammesse dall'articolo 198 cit., tuttavia, alla data del 26 marzo 1939, ne rivestiva altre non ammesse (n. 494). IMPOSTA DI REGISTRO CONCORDATO TRIBUTARIO. -Se, per effetto della solidariet� tributaria, debba essere annullato il concordato stipulato in materia di imposta di registro da un Ufficio finanziario, quando gi� era decorso il termine per impugnare l'accertamento di maggior valore notificato agli altri contribuenti e il predetto accertamento era quindi divenuto definitivo (n. 155). IMPOSTA DI SUCCESSIONE DEDUZIONE PASSIVIr�. -Se, a� fini dell'imposta . sulle successioni debbano considerarsi compresi nel com pendio immobiliare gli immobili venduti dal de cuius con scrittura privata registrata in epoca posteriore alla morte, ma nel termine di legge (n. 25). I.G.E. RIVALSA. -1) Se sia consentito agli appaltatori i quali abbiano assunto le esecuzioni delle opere ammesse ai contributi stabiliti dalla legge 3 agosto 1940, Ii. 589, di esercitare il diritto di rivalsa d�lla I.G.E. nei confronti degli enti appaltanti beneficiari dei contributi stessi (n. 83). VENDITA A MEZZO DI COMMISSIONARI. -2) Se sia tenuta al pagamento dell'I.G.E.. evasa una ditta produttrice di automezzi nel caso che la societ� commissionaria abbia posto in essere, in nome proprio, i� contratti di vendita di autoveicoli con gli aquirenti, senza versare il relativo tributo per I.G.E. (n. 84). 3) Se, nell'ipotesi positiva, la ditta produttrice sia tenuta al pagamento della pena pecuniaria (n. 84). IMPOSTE E TASSE INSINUAZIONE AL PASSIVO FALLIMENTARE. -Se gli Uffici .Distrettuali possano insinuare nel passivo fallimentare del contribuente i crediti per imposte e sovrimposte dirette sulla base degli avvisi di accertamento (n. 326). IPOTECA CONTRIBUTI DI RICOSTRUZIONE -MUTUO IPOTECARIO. -Se, l'Istituto Nazionale per il Finanziamento' della Ricostruzione possa consentire a volontarie riduzioni delle ipoteche iscritte a garanzia dei finanziamenti, al di fuori dei casi tassativamente previsti dalla legge (n. 14). ISTRUZIONE INSEGNANTI ALL'ESTERO -ASSEGNI DI SEDE. -Se, ai sensi della legge 27 ottobre 1951, n. 1288, al personale insegnante non di ruolo in servizio all'estero debba essere corrisposto l'assegno di sede (n. 11). LAVORO COTTIMISTI PER SERVIZI DELLA AMMINISTRAZIONE FINANZIARIA. -Se nel rapporto che viene a costituirsi fra l'Amministrazione delle Finanze e taluni cottimisti, i quali prestano la loro attivit� per servizi di carattere eccezionale e contingente presso gH �ffici delle imposte dirette e del catasto, si riscontrino gli estrercl del ravoro subordinato e pertanto sussiste l'obbligo di provvedere nei confronti di tali cottimisti alle assicurazioni sociali obbligatorie (n. 23). -121 LOCAZIONI DEMANIO STORIOO-ARTISTIOO. -Se il godimento di alcuni locali di un palazzo appartenente al demanio storico-artistico possa concret.are un rapporto di locazione Q dia luogo ad una concessione (n. 109). MILITARI INFORTUNIO DI DIPENDENTE MILITARE. -Se la legge 1� novembre 1957, n. 1140, sia applicabile nel caso in cui, successivamente alla sua entrata in vigore, sorga la ne- 0essit� di provvedere a spese di cura o di protesi in conseguenza di un eventq dannoso derivante da causa di ser. vizio subito dal dipendente militare anteriormente ail'emanazione della legge stessa (n. 10). NOTIFICAZIONE PUBBLIOA AMMINISTRAZIONE. -Se un atto possa esse re validamente notificata ad una Pubblica Amministrazione nelle ore in cui gli Uffici sono chiusi (n. 13). OBBLIGAZIONI E CONTRATTI INTERESSI. -Se, ai fini della costituzione in mora del debitore, sia sufficiente che la richiesta di pagamento venga fatta dal creditore mediante semplice cartolina {n. 37). OPERE PUBBLICHE APPALTI DI OPERE PUBBLIOHE -REVISIONE DEI PREZZI. -Se il D.L.C.P.S. 6 dicembre 1947, n. 1501, sulla revisione dei prezzi nei contratti di pubblica appalto possa ritenersi incostituzionale (n. 50). PENSIONI PENSIONE DI RIVERSIBILIT� -REVOCA. -Se, concesso ai sensi dell'art. 8 del R.D.L. 27 novembre 1919, n. 2373, il trattamento eccezionale di pensione ad un orfano maggiorenne di un agente ferroviario, possa farsi luogo alla revoca del decreto concessivo di pensione nel -0aso che venga meno anche una sola delle condizioni richieste dal suddetto art. 8 (n. 89). PIGNORAMENTO ASSIOURAZIONE SULLA RESPONSABILIT� CIVILE. -Sein materia di assicurazione sulla responsabilit� civile, il danneggiato, che abbia ottenuto una sentenza di co.ndanna passata in giudicato e divenuta esecutiva contro il responsabile civile, possa promuovere un pignoramento presso terzi sull'indennit� che a tale responsabile � dovuta dall'assicuratore (n. 3). PREZZI REVISIONE DI PREZZI -APPALTO DI 00. PP. -Se il D.L.C.P.S. 6 dicembre 1947, n. 1501, sulla revisione dei prezzi nei contratti di pubblico appalto po11sa ritenersi incostituzionale (n. 43). REGIONI REGIONE SIOILI.A.NA -IMPRESE ARMATORI.A.LI -AGE� VOL.A.ZIONI FISCALI. -Se, dopo la pronuncia della Corte Costituzionale che ha dichiarato la illegittimit� della legge regionale siciliana 23 aprile Hl58, n. 13; recante proroga delle agevolazioni fiscali per lo sviluppo delle attivit� armatoriali, possano tassarsi, ai fini della imposta di R.M., i redditi ammessi al beneficio tributario sotto l'impero di quella legge (n. 78). RESPONSABILIT� CIVILE ASSICURAZIONE -PIGNORAMENTO. -1) Se il danneggiato possa promuovere un'azione diretta (o in caso negativo) un'azione surrogatoria contro l'assicuratore di responsabile civile (n. 188). 2) Se in materia di assicurazione sulla responsabilit� civile, il danneggiato, che abbia ottenuto una sentenza di condanna passata in giudicato e divenuta esecutiva contro il responsabile civile, possa promuovere un pignoramento presso terzi sull'indennit� che a tale responsabile � dovuta dall'assicuratore �(n. 188). RICOSTRUZIONE CONTRIBUTI DI RICOSTRUZIOHE. -Se debba considerarsi distrutto per fatto di guerra, ai fini della concessione del contributo di ricostruzione, un immobile che sia stato demolito su ordine del Sindaco perch� ritenuto pericolante in contrasto con il precedente accertamento del Genio Civile (n. 9). SOCIET� INTESTAZIONE CERTIFICATI AZIONARI. -Se ai sensi dell'art. 6 della legge 4 dicembre 1956, n. 1404, i certificati azionaridellesociet� in cui lo Stato abbia la propriet� dell'intero capitale o la maggioranza di esso, debbano essere intestati al Ministero del Tesoro o al Ministero per le Partecipazioni Statali (n. 86). SPESE GIUDIZIALI ESECUZIONE FISCALE. -Se l'esattore possa domandare all'Amministrazione Finanziaria il rimborso delle spese giudiziali sostenute per resistere in causa di opposizioni proposte dai contribuenti in sede di riscossione (n. 13). SUCCESSIONI SUCCESSIONE DELLO STATO. -Se la devoluzione dell'eredit� allo Stato, ai sensi dell'art. 586 O.e., debba essere preceduta dallo stato di giacenza dell'eredit� stessa (n. 59). TRATTATI E CONVENZIONI INTERNAZIONALI ACCORDO ITALIA-EGITTO 10 SETTEMBRE 1946. -Se lo Stato sia responsabile verso un gruppo di italiani, i quali, gi� funzionari presso i Tribunali misti in Egitto e licenziati nel giugno 1940, non hanno potuto 'far valere tutti i loro diritti verso il �Governo egiziano, perch� il Governo italiano aveva rinunziato, con l'Accordo del 10 settembre 1946, ad ogni domanda di risarcimento dei suoi cittadini (n. 10). ~;::;r I ! I I