ANNO XII -N. 7-8-9 LUGLIO-AGOSTO-SETTEMBRE 1959 

RAS.SEGNA MENSILE 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


I

PUBBLIClAZIO'NE DI SEBYIZIO 

I 

LA CORTE COSTITUZIONALE I 
l 

SUI RAPPORTI TRA LO STATO E LA REGIONE SICILIANA 

LEGGI E DECRETI -Potere di decretazione d'urgenza; 
non spetta alla Regione siciliana. (Corte Cost., n. 50 
del 1959, Pres.: Azzariti: Rel.: Jaeger; Commissario 
dello Stato c. Regione siciliana). 

La emanazione di un atto legislativo, emesso 
in forma capace di attribuire alle sue disposizioni 
forza di legge, non pone in essere un conflitto di 
attribuzioni, ma una questione di legittimit� costituzionale. 


La questione di legittimit� costituzionale di 
una legge regionale pu� essere prop�sta in via diretta 
dallo Stato per qualsiasi motivo d'illegittimit� 
costituzionale anche soltanto formale, 
perch� la Regione eccede dalla sua competenza 
legislativa anche quando emana disposizioni in 
contrasto con la Costituzione. 

La Regione siciliana non pu� emanare decretilegge 
ma soltanto leggi. 

Trascriviamo il testo integrale della motivazione 
in diritto della sentenza. 

1. La Regione ha opposto al ricorso le eccezioni 
di inammissibilit�, che si sono riferite, e che la 
Corte ritiene opportuno esaminare congiuntamente, 
anzich� singolarmente in relazione ai motivi 
del ricorso. 
Nelle deduzioni scritte, nella memoria e nella 
discussione orale la difesa della Regione ha svolto 
ampiamente la tesi che il ricorso dovrebbe venire 
dichiarato inammissibile, in particolare per quanto 
concerne il primo motivo, perch� la legge non 
consentirebbe qualsiasi ricorso in via principale 
fondato sulla violazione della Costituzione, ma 
solo quello per vizi di competenza. Perci� si 
� anche accennato in tali scritti alla figura del 
conflitto di attribuzione, che non ricorre e non pu� 
ricorrere nel caso del presente giudizio, il quale 
concerne la legittimit� di un atto legislativo, emesso 
in forma capace di attribuire alle sue disposizioni 
forza di legge, anche se poi si sostiene che esso 
sarebbe semplicemente un atto accessorio e di 
esecuzione di un precedente provvedimento amministrativo. 


Gli argomenti addotti dalla difesa della Regione 
a sostegno di questa tesi non sono da accogliere. 

Ij 

Si � affermato che nella specie dovrebbe consideI 
)rarsi applicabile, anche per il principio generale 
della unit� giurisdizionale, che escluderebbe la 
ammissibilit� di un trattamento diverso per la I

!

Sicilia rispetto alle altre Regioni, la norma del-I 
1'art. 127 della Costituzione. Si � poi detto che i 
questo disciplina anzitutto il controllo preventivo 
di legittimit� e lo contiene entro i limiti della queI 


I

stione di competenza, come risulta dal tenore del 
quarto comma, che prevede il rinvio della legge I 
solo per il vizio di incompetenza; e che, d'altra l 
parte, il comma seguente deve considerarsi stretl 
tamente legato al quarto. Il controllo di legittiI 
mit� costituzionale che va tenuto ben distinto 
da quello sulla osservanza della ripartizione delle 
competenze, sempre secondo la difesa della Regione, 
sarebbe sempre regolato nel sistema co~ 
stituzionale italiano in modo del tutto diverso, 
e cio� attraverso la proposizione in via incidentale 
della questione di legittimit� costituzionale delle 
leggi e degli atti aventi forza di legge dello Stato 
e delle Regioni, cosi soltanto si potrebbe attuare 
infatti una duplice fase di controllo, esercitato 
prima ad opera del giudice del processo principale 
e successivamente, se del caso, della Corte costistituzionale. 


Senonch� questa Corte ha gi� avuto pi� volte 
occasione di interpretare l'art. 127 della Costituzione, 
anche in tema di ricorsi proposti dallo Stato 
contro le Regioni, ed ha ritenuto che la parola 
�competenza� usata in tale disposizione comprenda 
ogni violazione di norme costituzionali, 
quale che sia il vizio di legittimit� costituzionale 
denunciato, compreso quello di illegittimit� formale. 


Essa ha anche precisato recentemente che la 
Regione eccede dalla propria competenza legislativa 
non soltanto se legifera in materia non 
compresa nella specifica elencazione della norma 
statutaria, ma an�che quando emana disposizioni 
legislative in contrasto con la Costituzione, e 
che in tale caso vizio di incompetenza e v�zi� di 
illegittimit� costituzionale coincidono (sentenza 
30 aprile 1959, n. 30); ed ha poi ritenuto tale principio 
valido per tutte le Regioni, compresa la 
Sicilia (sentenza 15 luglio 1959, n. 47). 



-88 



La eccezione di inammissibilit� del ricorso per 
questa parte non pu� pertanto essere accolta. 

2. Secondo la difesa della Regione, il ricorso 
del Commissario dello Stato sarebbe poi, per altro 
verso, inammissibile per acquiescenza: il decreto 
inlpugnato non costituisce il primo atto di intervento 
della Regione nella materia, vi eran9 stati 
per il passato il decreto assessoriale 27 aprile 1949, 
il decreto assessoriale 20 maggio 1950, e da ultimo, 
il decreto del Presidente della Regione 28 maggio 
1959, n. 203/A, i quali tutti non hanno formato 
oggetto di ricorso per conflitto di attribuzlone. 
Con tale inattivit� lo Stato avrebbe riconosciuto, 
in modo specifico', la piena appartenenza della 
materia alla competenza regionale. 
.Anche su questo .punto, peraltro, la Oort.e costituzionale 
ha gi� avuto pi� volte occasione di 
pronunciarsi. Con sentenza 7 marzo 1957, n. 44, 
essa, pur non escludendo a priori che nei giudizi 
di legittimit� costituzionale proposti in via principale 
possano avere rilevanza preclusioni che 
spiegano effi.cacia nei giudizi inter partes, dichiarava 
che in tali giudizi non possono trovar pstoo 
istituti, come quello della inammissibilit� del ricorso 
per acquiescenza quali sono stati specialmente 
elaborati nella giurisprudenza amministrativa. 
Con la sentenza 16 dicembre 1958, n. 88, 
la Corte conferm!lva tale principio, osservando 
che il Collegio non si era discostato e non 

.riteneva di doversi discostare da questo indirizzo. 
E altrettanto ritiene nel caso del presente 
giudizio. 

3. Respinte :le eccezioni di inammissibilit� proposte 
dalla difesa della Regione, si deve passare 
all'esame del primo motivo del ricorso del Commissario 
dello Stato, il quale sostiene che la Regione 
siciliana non pu� emanare decreti -legge, 
ma soltanto leggi. 
Lo Statuto speciale della Si�ilia non contiene 
alcuna disp�sizione e.Splicita sull'argomento. Da 
questa constatazione il Commissariato dello Stato 
deduce la conseguenza che i decreti -legge non 
sono ammissibili perch�, trattandosi di una forma 
eccezionale di attivit� legislativa, che importa 
una deroga alle regole di competenza, sarebbe 
stata necessaria una norma costituzionale apposit�. 
La difesa della Regione, al contrario, afferma 
che il potere di decretazione di urgenza trova il 
suo fondamento nello stato di necessit� e sussiste 
quindi anche nel silenzio della legge; aggiunge 
poi che esso corrisponde ad un principio generale 
dell'ordinamento positivo, desumibile da una pluralit� 
di norme, quali l'art. 77 della Costituzione, 
le legge 31 gennaio 1926, n' 100, l'art. 7 della legge 
20 marzo 1865, n. 2248, allegato E, gli artt. 153, 
140, 251, 324 della legge comunale e provinciale 
del 1915 e l'art. 342 di quella del 1934, l'art. 353 
Testo unico delle leggi sanitarie, ecc. Essa attribuisce 
poi un valore particolare alla norma contenuta, 
per le Regioni a Statuto ordinario, nell'art. 
126 della Costituzione, che riconoscerebbe 
il potere di decretazione d'urgenza alla Giunta 
(rectius, Commissione di tre. membri) nominata 

a seguito dello scioglimento del Consiglio regionale. 
Essa ricorda anche la sentenza 7 febbraio 1950, 

n. 13, delP.Alta Corte per la Regione siciliana, 
che riconobbe l'applicabilit� alla Sicilia dell'arti� 
colo 76 della Costit11zione, con un procedimento 
analogico che dovrebbe valere anche per le norme 
sulla decretazione di urgenza; e osserva che ogni 
delegazione presuppone una particolare posizione 
dell'organo delegato, capace di esercitare il potere 
che gli viene conferito, e che, se il Governo regionale 
pu� emanare norme in base alla delegazione, 
non si vede perch� non potrebbe farlo ove sussistano 
le condizioni della decretazione di urgenza. 
Rileva poi gli inconvenienti e i pericoli di una 
soluzione negativa, contestando decisamente che 
su materie di competenza regionale possa emettere 
decreti -legge lo Stato. In quanto alle difficolt� di 
funzionamento della procedura di controllo preventivo 
su provvedimenti di urgenza regionale, 
afferma che il principio di urgenza dovrebbe prevalere 
comunque anche sui controlli previsti per 
le leggi ordinarie. � 
4 . .Ad avviso della Corte, questi argomenti 
non possono condurre ad una soluzione affermativa 
del problema in esame, come non pu� trovare 
applicazione nella specie la tesi che attribuisce 
carattere ed effi.cacia di fonte del diritto alla necessita, 
poich� nell'ambito dell'ordinamento costituito 
non esiste alcuna possibilit� di derogare 
all'ordine delle competenze. N� il richiamo all'articolo 
134 della Costituzione, n� quello all'art. 33 
della legge 11 marzo 1953, n. 87, possono valere 
ai fini della presente causa, perch� n� l'una n� 
-l'altra norma prevedono o escludono espressamente 
la figura del decreto -legge. 

Nemmeno si pu� ritenere che dalle numerose 
disposizioni legislative ricordate dalla difesa della 
Regione, le quali regolano ipotesi molto diverse 
fra loro, e le regolano con soluzioni diverse, possa 
desumersi la sussistenza di un principio generale 
dell'ordinamento, per il quale gli organi del potere 
esecutivo sarebbero autorizzati a sostituirsi 
a quelli legislativi ogni qualvolta ravvisassero, o 
pretendessero di ravvisare, situazioni esigenti 
un pronto intervento del legislatore. 

L'art. 77 della Costituzione, approvato non 
senza opposizioni dall'Assemblea costituente, proclive 
a diffidare di possibili abusi da parte del 
potere esecutivo, subordina l'adozione di provvedimenti 
provvisori con forza di legge da parte del 
Governo a presupposti molto gravi (casi straordinari 
di necessit� e d'urgenza) ed esige adempiamenti 
successivi sottoposti a termini rigorosi, al 
punto che, se le Camere legislative chiamate a 
convertire in legge quei provvedimenti sono sciolte, 
esse devono essere convocate appositamente e 
riunirsi entro cinque giorni. 

Lo Statuto speciale della Regione siciliana, che 
non prevede siffatti provvedimenti provvisori, 
non contiene ovviamente neppiir� alcuna precisazione 
di presupposti, di termini e forme �pef la 
conversione, tanto che il Presidente della Regione 
ha ritenuto di dovere egli stesso dettare una 
disposizione apposita (art. 3). 


-89


Nessun argomento si pu� ricavare dalla esistenza 
in Sicilia di leggi di delegazione e tanto meno dalla 
giurisprudenza di questa Corte, che non ha avuto 
ancora occasione di esaminare ex professo la questione 
della ammissibilit� di siffatte leggi nell'ordinamento 
regionale siciliano. Anzi, del testo della legge 
regionale 26 gennaio 1949, n. 4jmodificata con 
le leggi 10 settembre 1949, n. 52, e� 3 gennaio 1952, 

n. 1), recante una �Delegazione temporanea di 
potest� legislativa al Governo della Regione �, 
poi rinnovata ripetutamente, si desumono argomenti 
in senso del tutto opposto. 
Nell'art. 1 di detta legge si leggeva invero una 
delegazione della potest� di emanare norme aventi 
forze di legge al Governo della Regione, oltre. 
tutto � su conforme parere delle Commissioni 
legislative permanenti dell'Assemblea, nei limiti 
delle rispettive competenze �, tanto in ordine alla 
organizzazione ed al funziona.mento provvisorio 
degli uffici e dei servizi della Regione, quanto 
� nei casi in cui sia opportuno provvedere con 
urgenza in rapporto alle c�ondizioni particolari 

ed alle esigenze proprie della Regione �. 

Il conferimento di una siffatta potest� legisla


tiva di urgenza ai. Governo della Regione da parte 

dell'Assemblea regionale, per tempo determinato 

e previo parere vincolante delle Commissioni 

�egislative, dimostra che l'Assemblea, stessa ri


conosceva che il Governo regionale non era gia 

investito di tale potest�, perch� non si poteva, 

ritenere applicabile, neppure in via analogica 

la norma contenuta nell'art. 77 della Costituzione 

della Repubblica. Perci� l'Assemblea credette 

di poter supplire, con una legge ordinaria, al di


fetto di una norma attributiva di competenza. 

D'altra parte non sussistono le pretese analogie 

fra l'istituto della delegazione legislativa e quello 

della decretazione di urgenza, che si fondano su 

presupposti del tutto diversi. Il primo deriva in


fatti da una unit� di intenti :fra l'organo titolare 

del potere legislativo ed il Governo, a cui le Assem


blee stesse conferiscono la potest� di legiferare 

su materie, che difficilmente si presterebbero .ad 

essere regolate attraverso lunghi e complicati 

dibattiti da collegi molto numerosi; e, del resto, 

nel nostro sistema, l'esercizio del pot�re delegato 

� limitato nel tempo e vincolato a direttive pre


cisate nella legge di delegazione. Tali presupposti 

non ricorrono invece nel caso del decreto -legge, 

che � un atto del quale il Governo si assume da 

solo tutta la responsabilit� e che deve trovare im


mediata applicazione, cos� che l'accertamento 

della sussistenza delle condizioni di urgente neces


sit� pu� aver luogo soltanto in un momento suc


cessivo e quando le norme emanate hanno gi� 

prodotto effetti giuridici rilevanti e non sempre 

riparabili in casi di mancata conversione. 

Del tutto fuori di luogo � poi il richiamo alle 
P,isposizioni dell'art. 126 della Costituzione, dettato 
per le Regioni a Statuto ordinario: esse disciplinano 
una situazione veramente eccezionale, 
come � quella dello scioglimento di autorit� del 
Consiglio regionale e attribuiscono un potere molto 
diverso, di provvedere alla ordinaria amministrazione 
di competenza della Giunta regionale, com 


piendo tutti gli atti improrogabili, ad un organo 
straordinario nominato dal Presidente della Repubblica, 
ben distinto dall'organo titolare del 
potere esecutivo della Regione. 

Comunque, nello Statuto della Regione siciliana, 
esiste una norma apposita (art.�� 8), che 
non contiene neppure la menzione di quel potere; 

Giova rilevare, oltretutto, che nella vita delle 
Regioni pu� configurarsi assai pi� raramente la 
eventualit� di situazioni talmente gravi ed ur-� 
genti, da richiedere l'intervento immediato di atti � 
legislativi emanati dall'organo del Governo e ci�, 
non solo a causa delle limitazioni inerenti alla potest� 
legislativa delle Regioni che pu� essere esercita.
ta solo su determinate materie rispetto alle quali 
situazioni del genere o non sono facilmente immaginabili 
o sono superabili mediante provvedimenti 
eccezionali di ordine diverso, come in materia 
sanitaria. Si deve tener presente infatti che 
i procedimenti per l'approvazione delle leggi 
possono svolgersi molto pi� speditamente ne�e 
Regioni, le quali hanno una sola assemblea legislativa, 
meno numerosa. 

Per tutte queste considerazioni la Corte non 
ritiene neppure di poter accogliere la tesi della 
difesa della Regione, la quale sostiene di ricavare 
un principio generale, che informerebbe il sistema 
dei nostri ordinamenti regionali, da alcune disposizioni 
di altri s�tatuti, come quelli del Trentino.
Alto Adige e della Valle d'Aosta. Il sistema adottato 
dalla Costituente, nei limiti in cui si pu� parlare 
di sistema unitario, essendo ben note 1e diversit� 
sussistenti fra gli ordinamenti delle Regioni 
a Statuto speciale, che non consentono il ricorso 
a procedimenti analogici, � del tutto diverso. E 
lo dimostrano proprio le disposizioni ricordate 
dalla difesa della Regione, perch� l'art. 38, n. 5 
dello Statuto della Regione Trentino-Alto Adige 
e l'art. 36 dello Statuto della Regione della Val 
d'Aosta, se vengono interpretati correttamente, 
in base ai termini in essi adoperati (prov'vedimenti, 
deliberazioni, ratifica), ben diversi da quelli usati 
nelle norme che disciplinano il potere di decretazione 
di urgenza, e se vengono posti in correlazione 
con l'intero testo e con altre particolari disposizioni 
(specialmente l'art. 10 dello Statuto del 
Trentino-Alto Adige), portano a riMnere che vi si 
preveda soltanto il potere di emanare dei provvedimenti 
amministrativi. 

Questa conclusione � poi confermata dalla osservazione 
che � pienamente coerente con il sistema 
che la Costituente, nel regolare la organizzazione 
delle Regioni, dettando le norme sull'esercizio 
delle varie potest�, abbia voluto osservare 
il principio della divisione dei poteri ancora pi� 
rigorosamente che nell'ordinamento c;ostituzionale 
dello Stato, garantendo anche in esse la massima 
osservanza dei princip� democratici; 

Il ricorso del Commissario dello Stato deve 
essere pertanto accolto per il primo motivo, proposto 
in via principale, senza che occorra� esaminare 
altre questioni, come quella concernente n�potere 
della Corte di controllare la sussistenza 
delle condizioni di necessit� e di urgenza, che n-on 
hanno ragione di essere, e gli altri motivi proposti 


in via subordinata. Rimangono pertanto d.el tutto 
impregiudicate anche le questioni riguardanti 
il contenuto del provvedimento e la competenza 
della Regione a disciplinare la materia. �. 

REGIONE SICILIANA -Conflitto di attribuzione Condizioni 
di ammissibilit� ..,-Annullamento degli 
atti da parte del Governo dello Stato -Autorizzazione 
ad aprire e gestire una casa da giuoco Incompetenza 
della Regione. (Corte Costituzionale, 
Sentenza n. 58 del 1959; Pres.: Perassi; �Rel.: Manca; 
Regione siciliana c.� Presidenza del Consiglio). 

' 

Sussiste conflitto di attribuzione, ai sensi e per 
gli effetti preveduti dall'art. 39 legge .11 marzo 
1953, n. 87, in.relazione all'art. 134 C�st., qu�ndo 
la Regione rivendica di fronte al.lo Stato la pro~ 
pria autonomia costituzionalmente-gar�ntita,� assumendo 
che il Governo dello Stato, eser�itando 

. nei suoi confronti un potere, che in base a.disposizioni 
dello Statuto speciale non gli 'spetterebbe, 
avrebbe illegittimamente illterferito nella sfera 
di sua competenza esclusiva. � � 

Il conflitto di attribuzione � configurabile non 
soltanto quando si assume che la Regione, con 
un suo atto amministrativo, abbia interferito 
nella sfera di competenza propria del Govern-o, 
organo del potere esecutivo, ma anche quando si 
deduce che l'atto regionale abbia inciso sulle 
attribuzioni del potere legislativo. � 

Nei giudizi di legittimit� costituzionale, anche 
se proposti in via principale, e nei giudizi per conflitto 
di attribuzione, non possono avere rilievo 
istituti, come quelli dell'inammissibilit� del ricorso 
per acquiescenza e per il carattere confermativo 
del provvedimento impugnato, quali sono 
stati elaborati dalla giurisprudenza amministrativa 
di guisa che la proposizione del ricorso in relazione 
a ciascun provvedimento � legittimata indipendentemente 
dal fatto che non sia stato impugnato 
un precedente provvedimento di contenuto sostanzialmente 
identico. 

Il potere generale di annullamento degli atti 
amministrativi illegittimi, enunciato nell'art. 6 

T. U. leggi com. e proc., essendo demandato al 
Governo dello Stato, con particolari modalit�, 
in considerazione dell'interesse generale, che . ne 
condiziona e ne giustifical'esercizio, non pu� ritenersi 
attribuito alla Regione siciliana, la quale, 
per�, come ogni altra autorit� an;i.ministrativa, 
pu� annullare o revocare gli atti della propria 
amministrazione. 
Il predetto potere non pu� essere esercitato dal 
Governo sugli atti amministrativi della Regione 
qttando interferisca in questioni di rilevanza costituzionale 
attinenti al regolamento dei rapporti 
fra Stato e Regione, che d�nno luogo a conflitti 
di attribuzione, la cui risoluzione non pu� spettare 
che alla Corte Costituzionale, alla quale il sistema 
instaurato dalla Costituzione attribuisce competenza 
esclusiva con pienezza di effetti della decisione. 

L'autorizzazione all'esercizio del giuoco d'azzardo 
-intesa a rendere lecita un'attivit�, che 
la legge dello Stato considera illecita e p�ssibile 

di sanzione penale -trascende la sfera di com petenza 
attribuita alle Regioni poich�, in base agli 
artt. 3, 5 e 25 Cost., � precluso non soltanto alla 
Sicilia, ma anche alle altre Regioni, di emanare 
provvedimenti nella .materia penale. 

Trascriviamo il testo integrale in diritto della 
sentenza. 

I due ricorsi, discussi nella stessa udienza, per 
l� loro connessione, devono essere riuniti e decisi 
con unica sentenza. 

Come si � gi� accennato in precedenza, la Regione 
.ha impugnato il decreto del Presidente della 
Repubblica del 25 giugno 1959, n. 1098; perch� 
avrebbe violato la sfera di competenza costituzionale 
attribuita alla Regione, in quanto il Governo 
dello Stato avrebbe esercitato il p<;>tere di. 
annullamento d'ufficio su atti propri della Regione 
medesima, mentre tale potere spetterebbe 
al Govern� regionale; perch� il decreto del Capo 
dello Stato; avrebbe inciso nella materia del turismo 
�he rientra nel~a potest� normativa esclusiva 
attribuita alla Sicilia dall'art. 14, lettera n-) dello 
Statuto speciale; e perch� inoltre; alla deliberazione 
del Consiglio � dei Ministri che precedette 
l'enianazione del decreto di annullamento, non 
s�rebbe stato invitato a pa1tecipare il Presidente 
della Regione, ai sensi dell'art. 21 dello stesso 
Statuto. � 

� da premettere, come pure rileva la difesa della 
Regione, che, dati i termini nei quali � stato proposto 
il ricorso, esulano dall'ambito dell'attuale 
controversia la questione se spetti o meno al Governo 
dello Stato il potere di annullamento d'ufficio 
degli atti amministrativi nei confronti delle 
altre Regioni, e nei confronti degli enti locali che 
svolgono la loro attivit� nel �territorio regionale. 
Il tema del dibattito quindi, per quanto attiene 
all'�ccennato potere di annullamento, resta circoscritto 
ai rapporti fra lo Stato e la Regione 
siciliana. , 

Ai fini dell'ammissibilit� del ricorso l'Avvocatura 
dello Stato rileva che, nella questione generale 
che forma oggetto del primo motivo, si possono 
individuare due distinte censure. In quanto cio�, 
da un lato, la Regione rivendica ai propri Organi 
il potere� di annullare d'ufficio gli atti amministrativi 
da essa emanati e in quanto, dall'altro, 
si duole che il Governo dello Stato abbia esercitato 
tale potere nei confronti dell'Amministrazione 
regionale, con un atto di controllo non consentito 
dal sistema statutario. E mentre, in relazione al 
primo aspetto, non dubita dell'ammissibilit� del 
ricorso, poich� risulterebbe sicuramente delineato 
il conflitto di attribuzione, quale � configurato 
nell'art.�39 .della legge 11 marzo 1953, n. 87, dubita 
invece che il conflitto possa riscontrarsi sotto il 
secondo �aspetto. Deduce in proposito che, dovendosi 
ammettere che il potere generale di annulla~ 
mento spetta al Governo dello Stato, la questioue 
se questo potere possa correttamente esercitarsi 
anche rispetto agli atti amministrativi_emanJLt� 
dalla Regione, potrebbe dar luogo ad un giudizio 
ordinario circa la legittimit� degli atti medesimi, 
e non ad una controversia di carattere costituzionale 
di competenza di questa Corte. 


-91


L'eccezione non appare-fondata. Anzitutto essa 
presuppone gi� risoluto, nel senso sostenuto dalla 
�difesa dello Stato, il problema, che attiene invece 
al merito, se il potere di annullamento d'ufficio, 
di cui all'art. 6 del Testo unico della legge comunale 
e provinciale (approvato con decreto del 3 marzo 
1934, n. 383) spetti alla Regione1 per quanto riguarda 
i propri atti, e non al Governo dello Stato. 
� da tener presente, in secondo luogo, che la difesa 
della Regione, come risulta diffusamente chiarito 
nella memoria, ha impugnato il decreto del Presidente 
della Repubblica, sostenendo, non soltanto 
che spetta agli organi regio,nali l'anzidetto potere, 
ma altres� che il Governo dello Stato, esercitandolo 
nei confronti della Regione, avrebbe illegittimamente 
interferito nella sfera di competenza propria 
della medesima, mediante un atto di controllo 
sugli atti amministrativi regionali; il quale, in 
base e disposizioni dello Statuto speciale, non 
potrebbe spettare al Governo dello Stato. Ora non 
pare dubitabile che, in queste censure, dato che 
la Regione rivendica di fronte allo Stato _la propria 
autonomia costituzionalmente garantita, che 
afferma essere stata lesa dal provvedimento statale, 
si riscontrino gli estremi del conflitto 'di attribuzione 
ai sensi e per gli effetti preveduti dall'articolo 
39 della legge 11�m.arzo 1953, n. 87, in relazione 
all'art. 134 della Costituzione. 

Il primo motivo del ricorso pertanto, considerato 
sotto gli aspetti cui si riferisce l'Avvocatura, 
deve ritenersi ammissibile. 

Ma � anche ammissibile il secondo motivo, necessariamente 
collegato al primo, in quanto la 
difesa della Regione, come si � accennato, dedu�e 
che il �Governo, in particolare, avrebbe esercitato 
il c�ntrollo mediante il decreto di annullamento 
incidendo in una materia, quella turistica, che la 
Regione sostiene -rientri nella s�a esclusiva competenza 
legislativa e amministrativa. -Peraltro, 
pure relativamente a tale doglianza, si profila, 
nella memoria dell'Avvocatura, un'eccezione di 
inammissibilit� (sollevabile d�l resto anche di ufficio) 
che riguarda la configurabilit� del conflitto 
e quindi la competenza di questa Corte. Rispondendo 
ad una argomentazione della Regione, 
prospettata nel senso che lo Stato con l'esercizio 
del potere di annullamento verrebbe ad eludere, 
in certi casi, l'accennata;competenza, l'Avvocatura 
osserva che �l'argomentazione sarebbe fondata 
soltanto nella ipotesi in cui il vizio dell'atto annullato 
riguardasse la compete�za costituzionale, 
e sempre quando lo Stato rivendicasse a s� il potere 
che ritenesse non rientrare nella competenza 
della Regione�. Nella specie per altro, si chiarisce, 
gli organi regionali, con i provvedimenti annullati, 
avrebbero derogato all'art. 718 del Codice 
penale che vieta il giuoco d'azzardo. Di guisa, 
che, in relazione ai provvedimenti annullati con 
il decreto ora impugnato, non sorgerebbe alcuna 
questione costituzionale da decidersi in sede di 
'conflitto di attribuzione, sia, perch� i provvedimenti 
anzidetti sarebbero viziati da �illegittimit� 
ordinaria �, sia perch� i provvedimenti stessi 
non avrebbero invaso la sfera di competenza riservata 
all'Amministrazione dello Stato, perch� 

neppure a quest'ultima sarebbe consentito derogare 
alle norme del codice penale, occorrendo invece 
un provvedimento di carattere legislativo. 

Senonch�, ci;rca il primo punto, occorre tener 
presente che la censura � dedoti{a dal ricorrente 
con particolare riferimento �alla motivazione del 
decreto di annullamento ora impugnato. Dalla quale 
risulta che � stata ritenuta la illegittimit� dei provvedimenti 
emanati dal Presidente e dell'Assessore 
regionale, in quanto �tali decreti erano intesi a 
consentire un'attivit� vietata dagli artt. 718-725 
del Codice penale �. Ora la Regione (riferendosi 
espressamente a quanto dedotto nel ricoi:so proposto 
per lo Stato dal P-residente del Consiglio 
dei Ministri) oppone che i provvedimenti anzidetti, 
avevano per oggetto la costruzione di un Kursaal 
in Taormina, con una organizzazione complessa 
di carattere prevalentemente turistico ed alberghiero 
(materia questa di esclusiva competenza 

della Regione) e non comportavano perci� alcuna 
deroga alla legge penale, anche se, in questa organizzazione, 
era compreso il giuoco d'azzardo. Ai 
fini dell'ammissibilit� del secondo motivo del ricorso 
quindi, non si pu� fondatamente disconoscer.
e che, anche sotto tale aspetto, . si configuri-� 
un conflitto di attribuzione d). competenza di questa 
Corte. Poi-ch� appunto la Regione, come si � 
detto, sostiene che il contenuto dei provvedimenti 
annullati rientri nella competenza -esclusiva, 
violata dal decreto di annullamento. 

Per quanto riguarda il secondo punto dell'argomentazione 
prospettata dalla _difesa dello Stato, 
� da osservare, �sempre ai fini della ammissibilit� 
del ricorso, che ammesso che alle norme del Codice 
penale si possa derogare soltanto con legge dello 
Stato e non con un provvedimento amministrativo, 
ci� non importa tuttavia che, nell'ipotesi 
dianzi configurata, si esca dall'ambito dell'art. 39 
della legge 11 marzo 1953, n. 87. Questo dispone, 
com'� noto, che lo Stato, e per esso il Presidente 
del Consiglio dei Ministri, pu� proporre il ricorso 
per il regolamento di competenza davanti questa 
Corte, quando la Regione invade con un atto la 
sfera di competenza assegnata dalla Costituzione 
allo Stato medesimo.� Sfera di competenza che, 
data l'ampia formulazione della legge, non pu� 
che riferirsi allo Stato considerato nella sua unit� 
organica. Nei giudizi promossi ai sensi del citato 
art. 39 lo Stato, attraverso l'organo costituzionalmente 
qualificato, agisce o contraddice nei confronti 
della Regione, a tutela dell'ordinamento 
giuridico generale stabilito dalla CostituziOne e 
quindi a tutela dei poteri allo Stato stesso conferiti. 
Di guisa che il conflitto � configurabile, non 
soltanto quando si assume che la Regione, con un 
suo atto amministrativo, abbia interferito nella 
sfera di competenza propria del Governo, organo 
del potere esecutivo, ma anche quando; come nel 
caso, si deduce che l'atto regionale abbia inciso 
sulle attribuzioni del potere legislativo. Se fosse 
esatta la tesi, cui accenna la difesa dello Stato, 
alla competenza della Corte costituzionale si apporterebbero 
limitazioni" non autorizzate dalla formulazione 
della legge, che, come si � detto, � 
ampia e comprensiva, con� palese e non ammissibi



-92 


le deviazione dal sistema relativo al regolamento 
costituzionale dei rapporti fra lo Stato e le Regioni. 

Nel merito, circa la prima questione sottoposta 
all'esame di questa Corte, la difesa della Regione, 
come si � accennato, sostiene che il potere di annullare 
di ufficio, in sede governativa, gli atti del 
Presidente e degli Assessori regionali, sarebbe 
trasferito al Governo regionale. Potere, che, a 
quanto si assume, avrebbe caratteristiche analoghe 
a quello conferito al Governo dello Stato dall'art. 
6 del Testo unico del 1934, per l'organo cui 
tale potere sarebbe devoluto, per le differenze 
sostanziali fra l'atto emanato nell'esercizio del 
potere 'medesimo e l'annullamento ordinario in 
via gerarchica, per le formalit� che ne condizionerebbero 
l'emanazione e per gli atti che potrebbero 
formarne oggetto. 

Tale tesi peraltro non pu� ritenersi fol).data. 
J_;e sentenze di questa Corte n. 24 del 1957 e 23 
del 1959, pure ricordate dalle parti, sebbene concernenti, 
la prima la dichiarazione di illegittimit� 
di una disposizione legislativa regionale sarda 
attributiva alla Regione dell'accennato . potere 
di annullamento nei confronti degli atti degli 
enti locali, e la seconda l'applicazione di tale potere, 
da parte del Governo, ad un provvedimento 
di un comune della provincia di Bolzano, enunciano 
tuttavia principi di portata pi� generale, 
che chiariscono e precisano i caratteri fondamentali 
del potere di annullamento di ufficio disciplinato 
dal predetto Testo unico del 1934. 

Nella sentenza n. 24, infatti, si � posto in rilievo 
che detto potere eccezionale, pur rientrando nella 
categoria degli �tti di controllo in largo senso, 
(( presuppone per il suo esercizio una valutazione 
dell'interesse generale, che pu� essere fatta soltanto 
dagli organi supremi del potere esecutivo, 
e deve essere circondato da particolari garanzie, 
appunto in considerazione�della sua eccezionalit�, 
quali la pronuncia per decreto del Capo dello Stato, 
sentito il parere del Consiglio di Stato �. Nella 
successiva sentenza n. 23 del 1959, questi principi 
sono stati confermati, osservando che il potere 
di annullamento degli atti amministrativi 
illegittimi, quando lo esigano ragioni di interesse 
generale, � istituto che risale alla fondazione dello 
Stato italiano, e che, fin da allora, nonostante 
l'originaria mancanza di una norma di legge che 
lo disciplinasse, � stato costantemente considerato 
come manifestazione essenziale della legalit� e 
dell'unitariet� di direzione dell'ordinamento amministrativo 
dello Stato, e riconosciuto altres� 
applicabile a tutti gli atti amministrativi, da 
qualsfasi autorit� statale o autarchica promanassero. 
Se ne � perci� dedotto che questo speciale 
istituto, preordinato alla tutela della legalit� 
e dell'interesse generale, �non soltanto non contrasta 
con i principi costituzionali relativi all'organizzazione 
amministrativa dello Stato e alle 
autonomie locali, ma si inserisce in piena armonia 
nel sistema, concepito dall'art. 5 della Costituzione, 
nel quale il decentramento organico .e istituzionale 
� ordinato in modo da non contrastare 
col carattere unitario dello Stato�. E si aggiunge 
infine che, � a meno che urti con a_ltri precetti, 

non pu� ledere le autonomie il ripristino da parte 
dello Stato della legalit� turbata da atti degli 
enti pubblici�. 

Ora la ter:;i sostenuta dalla Regione � in contraf)
to con tali principi .che devo:.o essere conferm~
ti. E, in base ai principi stessi, resta altres� 
superata l'obiezione con la quale si pone il dubbio, 
non fondato, che la norma del citato art. 6 contenga 
1ln principio generale (in relazione agli atti 
amministrativi ai quali � stato ritenuto applicabile), 
il quale trascende l'ambito della materia 
cui si riferisce l'accennato Testo unico, secondo 
l'opinione accolta dalla dottrina e dalla costante 
giurisprudenza. Il richiamo quindi dell'anzidetta 
disposizione, contenuto nelle leggi ricordate negli 
scritti difensivi della Regione (in quella del 17 
luglio �1890, n. 6972 sulle istituzioni pubbliche di 
assistenza e beneficenza '(art. 52), nel Testo unico 
del 30 dicembre 1923, n. 3256, sulle bonifiche 
(art. 101) e nel Testo unico del 27 luglio 1934, 

n. 1265, delle leggi sanitarie) non significa, come 
si sostiene, che l'accennato potere, per l'eccezionalit� 
che lo contraddistingue, possa esercitarsi 
soltanto nei casi espressamente contemplati. Ma 
deve essere considerato quale applicazione del 
principio generale di cui � fatto cenno. Ed infatti 
la disposizione dell'art. 357 del Testo unico delle 
leggi sanitarie_, stabilisce che, per quanto concerne 
gli annullamenti di ufficio, si osservano le norme 
generali stabilite nel Testo unico della legge comunale 
e provinciale. Che d'altra parte il potere 
di annullamento, di cui si tratta, abbia carattere 
eccezionale, � generalmente riconosciuto, ma non 
nel senso sostenuto dalla difesa della Regione. 
L'eccezionalit� invero si ricollega al fatto che 
l'esercizio del potere stesso � attribuito ad un organo 
diverso da quelli cui � devoluto il potere 
ordinario di annullamento e che il Governo pu� 
discrezionalmente avvalersene soltanto quando, 
per la tutela dell'interesse generale, si manifesta 
la necessit� di ripristinare la legalit� turbata da 
atti amministrativi illegittimi (come ha gi� posto 
in rilievo la sentenza di questa Corte n. 23 del 
1959), e non abbiano regolarmente funzionato 
gli organi ordinari di controllo. Ifche non esclude 
quindi che l'annullamento di ufficio possa esercitarsi 
anche al di fuori dei casi preveduti espressamente 
da norme legislative. 
Con quanto si � finora osservato peraltro non 
si nega che il Governo della Regione siciliana, 
come ogni altra Autorit� amministrativa, possa 
annullare o revocare gli atti della propria amministrazione, 
ma si intende ribadire, in relazione 
all'attuale controversia, il concetto che l'accennato 
potere attribuito in base all'art. 6 del Testo unico 
del 1934, come � disciplinato dalla legge statale, 
non pu� ritenersi attribuito alla Regione, essendo 
demandato al Governo dello Stato, con particolari 
modalit�, in considerazione dell'interesse generale 
che ne condiziona e ne giustifica l'esercizio. 

Per quanto riguarda l'altra quest�one, co.!leg!'Jita 
con la prima, relativa alla illegittimit� deWe~er: 
cizio di tale potere nei confronti dei provvedimenti 
emanati dal Presidente della Regione e 
dall'Assessore per il turismo e lo spettacolo, � da 


-93~ 

ricordare che la questione stessa come pure s1 e 
accennato, � prospettata negli scritti difensivi 
.della Regione e nella discussione orale, sotto due 
profili diversi. Sotto un primo profilo, di carattere 
generale, si fa rilevare che nessun atto di controllo 
pu� essere esercitato da organi centrali dello Stato 
riguardo all'attivit� amministrativa propria della 
Regione siciliana. Oi�, in quanto nello Statuto 
speciale, si trova delineato un sistema autonomo 
e compiuto di controllo sugli atti emanati dagli 
organi regionali. Sistema che renderebbe incompatibile 
con l'autonomia, garantita alla Regione 
da norme di carattere costituzionale, qualsiasi 
intervento da parte del Governo dello Stato. 

Sotto un profilo particolare (prospettato nel 
secondo motivo) la Regione osserva d'altra parte, 
come si � gi� rilevato, che l'atto di controllo non 
pu� essere dissociato dalla materia oggetto dei 
provvedimenti annullati, e che perci�, in quanto 
incide nella materia del turismo, il decreto impugnato 
avrebbe invaso la sfera di competenza della 
Regione. 

Secondo l'Avvocatura dello Stato, all'esame 
dell'accennata questione particolare osterebbe la 
considerazione che l'attivit� di controllo in genere 
ed il potere governativo di annullamento in specie, 
sono distinti ed autonomi rispetto alla materia 
oggetto del provvedimento annullato. Senonch�, 
nei giudizi per conflitto di attribuzione, come � 
espressamente stabilito dall'art. 39 della legge 
11 marzo 1953, n. 87, un atto amministrativo 
.dello Stato, o della Regione, pu� essere impugnato 
quando abbia invaso la competenza costituzionale 
dell'uno o dell'altra. Siffatta violazione peraltro 
pu� sussistere in relazione all'atto per s� 
considerato e con riguardo all'oggetto cui l'atto 
si riferisce. Ora il decreto del Presidente della Repubblica 
� stato impugnato, si11 per se stesso, � 
opportuno qui ripeterlo, sostenendosi che il potere 
di annullamento spetta agli organi regionali, e 
che comunque il Governo dello Stato ha esercitato 
un controllo illegittimo sugli atti amministrativi 
della Regione, e sia per il suo contenuto, in quanto. 
avrebbe interferito in materia riservata alla 
Regione. 

Oi� chiarito ed essendosi ritenuta infondata la 
prima delle tre tesi prospettate dalla difesa regionale, 
ad avviso della Oorte, per decidere l'attuale 
controversia, si pu� prescindere dall'esaminare 
la seconda, circa rammissibilit� di un controllo 
da parte del Governo dello Stato sugli atti 
amministrativi della Regione siciliana; problema 
che perci� rimane del tutto impregiudicato. Infatti 
alla dichiarazione d'illegittimit� del decreto 
del Presidente della Repubblica si perviene, nel 
caso concreto, per l'assorbente motivo che il 
Governo, con un atto di controllo in sede amministra;
tiva, ha interferito in una questione di rilevanza 
costituzionale attinente al regolamento dei 
rapporti fra lo Stato e la Regione siciliana. Questione 
che, come si � in precedenza accennato esaminando 
le eccezioni di inammissibilit� del ricorso, 
d� luogo ad un conflitto di attribuzione, la 
cui risoluzione perci� non pu� spettare che a 
questa Oorte. Alla quale il sistema instaurato 

dalla Oostituzione attribuisce compet~ 
siva, con pienezza di effetti Cl.ella deci1 
che l'art. 38 della ricordata legge ste 
la Oorte, quando risolve il conflitto, n 
dichiara il potere al quale spettano le .� 
in contestazione, ma annulla altr�s�, l'att�'ViziaLv 
da incompetenza. Ora il decreto del Presidente 
della Repubblica � in evidente contrasto con tale 
sistema, il quale prevede un controllo di carattere 
giurisdizionale che, per la materia che forma oggetto 
del dibattito e per la natura dell'organo cui � 
attribuito, esclude necessariamente -come pure 
riconosce l'Avvocatura -l'intervento di qualsiasi 
altro organo dello Stato. Oontrollo pertanto 
che, mentre -rappresenta la suprema garanzia 
circa il regolamento dei rapporti fra lo Stato e le 
Regioni, nell'ambito dell'ordinamento giuridico, 
costituisce, in pari tempo, anche la pi� alta tutela 
dell'autonomia alle Regioni stesse attribuita dalla 
Oostituzione e dagli Statuti. 

Per tali considerazioni il ricorso della Regione, 
sotto l'aspetto ora. esaminato, deve ritenersi fon-" 
dato e, per conseguenza deve essere annullato il 
decreto del Presidente della Repubblica. 

Resta assorbito il terzo motivo dedotto, del 
resto, in linea subordinata. 

Occorr� pertanto esaminare il ricorso proposto 
dal Presidente del Oonsiglio dei Ministri, contro 
il decreto del Presidente della Regione 28 maggio 
1959, Il. 283. 

La difesa della Regione deduce pregiudizialmente 
quattro motivi di inammissibilit�. 

Ool primo sostiene il difetto d'interesse, da parte 
dello Stato, ad ottenere l'annullamento del decreto 
anzidetto, che, si assume, sarebbe stato impugnato 
soltanto nella parte che riguarda l'autorizzazione 
all'esercizio del giuoco d'azzardo. Autorizzazione 
che sarebbe contenuta invece nel precedente 
provvedimento dell'Assessore per il turismo 
e lo spettacolo in data 27 aprile 1949, n. 1, 
confermato, su questo punto, dal successivo provvedimento 
del Presidente. Donde la inutilit� di 
un'eventuale pronunzia di annullamento di quest'ultimo 
decreto, perch� rivivrebbe quello emanato 
dall'Assessore, non impugnato e non pi� 
impugnabile per decorrenza del termine. L'assunto 
non � fondato. 

Oon la legge 18 maggio 1942, n. 669, contenente 
norme relative alla gestione, nel territorio dello 
Stato, durante la guerra, delle attivit� economiche 
esercitate nell'Africa Orientale, si stabili che gli 
enti, istituiti perl'esercizio delle attivit� anzidette, 
potevano, col consenso dei ministri per l'Africa 
italiana, per le Finanze e per le Oorporazioni, 
esercitarle anche al di fuori del territorio stesso, 
con l'esservanza delle disposizioni vigenti in materia. 
Oon decreto-legge del 22 aprile 1943, n.560, 
tale d�sposizione fu estesa anche agli enti che svol 
gevano le loro attivit� nella Libia. E pertanto, 
con decr�to interministeriale del 30 aprile 194 7, 
l'Ente turistico ed alberghiero della Libia (E; T. 
A.L.), istituito con decreto del 31 maggio 1935, 

n. 1410 con sede in Tripoli, fu autorizzato ad esercitare 
in Italia gestioni alberghiere e le altre attivit� 
economiche previste dall'art, 1 del ricordato de

..---i 

-H


steriale, 
creto del 1935. Riferendosi �appunto -come ri


sulta dalle premesse -al predetto decreto mini


l'Assessore della Regione siciliana, nel 

194 9,autorizz� lo stesso E.T.A.L. a svolgere, in 
Taormina, i programmi inerenti al proprio scopo 
e, anche a mezzo di dipendenti e di sub-concessionari, 
tutte le attivit� connesse con lo scopo 
anzidettO, gi� esercitate in Libia, compreso il 
giuoco d'azzardo. L'autorizzazione ministeriale, 
peraltro, venute a cessare le ragioni che l'avevano 
giustificata, fu revocata con successivo decreto 
del 3 maggio 1951 e cess� di avere effetto dalla 
data del decreto stesso. Quando perci� � �stato 
emanato il decreto del Presidente della Regione, 
ora impugnato, cio� nel 1959, l'E.T.A.L. non 
avrebbe potuto esercitare alcuna attivit� nel 
territorio dello Stato (anche ammesso che vi fosse 
c�mpreso il giuoco d'azzardo), e non avrebbe pi� 
potuto quindi net>pure esercitarla in Sicilia, dato 
che all'estensione dell'attivit� anzidetta faceva 
espresso riferimento, come presupposto necessario, 
il provvedimento dell'Assessore. Il quale pertanto 
(a parte che � rimasto privo di efficacia, 

non essendo stato registrato alla Corte dei conti) 

non pu� rivivere in seguito all'eventuale annulla


mento del decreto impugnato. . � 

� pure infondato il secondo motivo di inammissibilit�, 
con il quale si deduce che il decreto del 
Presidente della Regione non sarebbe impugnabile,. 
in quanto, nella parte che ha formato oggetto 
del ricorso (l'autorizzazione ad esercitare il giuoco 
d'azzardo), avrebbe integralmente confermato il 
contenuto di quello precedente emanato dal1'
Assessore. 

Questa Corte, con la sentenza n. 44 del 1957 ha 
chiarito � che nei giudizi di legittimit� costituzionale, 
anche proposti in via principale, non possono 
avere rilievo 'istituti, come quelli dell'inammissibilit� 
del ricorso per acquiescenza, e per il carattere 
confermativo del provvedimento impugnato, quali 
sono stati specialmente elaborati dalla giurisprudenza 
amministrativa�. Il principio, gi� applicato 
ai giudizi per conflitto di attribuzione con la sentenza 
n. 82 del 1958, deve essere ora confermato. 
In questi giudizi infatti, promossi dallo Stato o 
dalle Regioni, si discute della legittimit� di atti 
amministrativi, i quali per se stessi singolarmente 
considerati, costituiscono manifestazioni concrete 
ed autonome del potere che lo Stato o le Regioni, 
a seconda dei casi, �assumono di loro spettanza, in 
base alla Costituzione o� agli St�tuti speciali. Di 
guisa che la proposizione del ricorso in relazione 
a ciascun provvedimento � legittimata, indipendentemente 
dal fatto che non sia stato impugnato 
un precedente provvedimento di contenuto sostanzialmente 
identico. N� vi contrasta la sentenza 
di questa Corte n. 32 del 1958, perch�, nel caso 
allora esaminato (proroga del termine per l'adozione 
del libretto personale per i lavoratori agricoli 
in alcune provincie), il ricorso � stato dichiarato 
inammissibile, in quanto l'atto successivamente 
emanato aveva carattere meramente accessorio di 
quello precedente non impugnato. Non si pu� quindi 
porre in dubbio l'ammissibilit� dell'attuale ricorso. 
� pure da notare comunque che il decreto 

del Presidente della Regione, oltre ad essere stato 
emanato dar un'autorit� diversa, riguarda anche 
un diverso soggetto, cio� la societ� �A. Zagara � 
e non pi� l'ente pubblico E.T.A.L. cui si riferisce 
il decreto precedente, e che riphiama, � vero, le 
disposizioni gi� comprese in qUEst'ultimo e nelle 
modificazioni, ma le adotta integrandole e modificandole 
(art. 2) anche in qualche parte riguardante 
l'esercizio del giuoco d'azzardo. 

Per quanto concerne poi l'acquiescenza derivante 
dal comportamento dello Stato, per respingere 
l'eccezione basta considerare che il difetto di impugnazione 
di provvedimenti emanati da altra Regione 
nella materia del giuoco, non pu� ovviamente 
ritenersi incompatibile con la proposizione del ricorso 
relativamente ad atti promananti, come nel 
caso, da una Regione diversa; e che lo Stato non 
aveva alcuna ragione di impugnare il decreto dell'Assessore, 
in quanto era rimasto giuridicamente 
privo di effetto per mancata registrazione. 

Deduce infine la difesa della Regione l'inammissibilit� 
del ricorso per mancanza degli estremi del 
conflitto di attrib�zione, in relazione alla tesi scsten�ta 
dalla difesa dello Stato, che cio� il decreto 
del Presidente della Regione, conterrebbe una deroga 
ad una norma penale, circa la quale neppure il 
potere esecutivo sarebbe competente a provvedere. 

La questione peraltro � stata gi� e~aminata in 
relazione ai motivi di inammissibilit� nei riguardi 
del ricorso proposto dalla Regione. Non vi � perci� 
il caso di ripetere le osservazioni gi� esposte in 
proposito, per respingere ora, pure sotto questoprofilo, l'eccezi�ne di inammissibilit�. 

Nel merito l'Avvocatura sostiene, come si � in 
precedenza accennato, che il decreto del Presidente 
della Regione avrebbe, come principale e preminente 
oggetto, l'esercizio del giuoco d'azzardo, e 
che tutte le altre attivit� turistiche, albe~hiere e 
sportive, cui si riferisce il decreto stesso, sarebbero 
a questo subordinate. Con la conseguenza quindi 
dell'illegittimit� totale (e in questo senso appunto 
conclude la difesa dello Stato)� del decreto anzidetto, 
perch� l'esercizio del giuoco d'azzardo � 
vietato dal codice penale e il derogare a tale divieto 
esulerebbe dalla competenza regionale. 

A tale. tesi la Regione oppone in sostanza che, 
quando si tratta di una fattispecie complessa quale 
l'organizzazione di un Kursaal, la cui istituzione 
sia stata autorizzata nei comuni considerati stazioni 
di cura, di soggiorno o di turiemo (come appunto 
quello di Taormina), nell'organizzazione 
stessa resterebbero assorbite tutte le attivit� turistiche, 
alberghiere, artistiche e sportive, compreso 
l'esercizio del giuoco d'azzardo, che, per Ee stesso, 
isolatamente considerato, non sarebbe consentito. 
Di guisa che la disciplina giuridica della fattispecie 
anzidetta sarebbe queUa propria della or1rnnizzazione 
�e non quella particolare inerente all'attivit� 
vietata. Il decreto del Presidente della Regione 
quindi, avendo come oggetto n~tituzione del Kursaal, 
con tutte le attivit� di cui si � fattQ. c~nnD, 
resterebbe nell'ambito della competenza regionale, 
poich� riguarderebbe la materia del turismo. Com.e 
parimenti all'incremento del turismo, ampliando 
la competenza originariamente spettante ai comuni 


-9~ 

si riferirebbero, secondo la difesa della Regione, 
anche i provvedimenti emanati dallo Stato a favore 
dei comuni di S. Remo, di Campione e di Venezia 
� (decreti 22 dicembre 1927, n. 2448, 2 marzo 1933, 


n. 201 e 16 luglio 1936, n. 1404). In base ai quali 
provvedimenti, nei detti comuni, si � pure consentito, 
comprendendolo nel complesso delle attivit� 
turistiche, anche l'esercizio del giuoco d'azzardo. 
Senonch� pu� ammettersi che, nel decreto !le.I 
Presidente della Regione, in quanto ha autorizzato 
la societ�� .A..Zagara �a costruire in Taormina un 
Kursaal, alberghi ed altri locali adatti a manifestazioni 
turistiche, culturali e sportive e ad esercitare 
molteplici attivit�, compreso l'esercizio del 
giuoco d'azzardo, si possa riscontrare un'organizzazione 
complessa e multiforme. Pu� pure ritenersi 
che un;organizzazione siffatta possa essere ricondotta 
ad un concetto unitario da un punto di vista 
tecnico ed econom?co, per l'attuazione e lo sviluppo 
di un determinato programma, preordinato allo 
sviluppo turistico nel comune di Taormina. Ci� non 
significa per�, che, dal punto� di vista giuridico 
ed al fine specifico dell'attuale giudizio, ciascuna 
delle dette attivit�, sol perch� compresa nell'accennata 
organizzazione, venga ad assumere fisionomia 
diversa da quella cb,e le � propria, e che quirrdi 
ancheilgiuoco d'azzardo, considerato come reato, 
possa diventare un'attivit� senz'altro consentit;:t. 
Se ci� fosse esatto sarebbe del tutto agevole eludere 
la legge, tutte le volte che si istituissero or.ganizzazioni 
analoghe a quella cui si � accennato, il che ovviamente 
non � ammissibile. Ne deriva che, nel 
complesso contenuto del decreto ora .impugnato, 
le varie attivit� che la societ�� .A. Zagara� � autorizzata 
a svolgere devono essere mantenute distinte 
e distintamente considerate. Ci� dimostra che non 
pu� ess�re neppure accolta la tesi inversa. dedotta 
dalla difesa delle> Stato, che porterebbe all'annullamento 
totale del decreto, nel senso di un'assorbimento 
di tutte le altre attivit� in quella concernente 
l'esercizio del giuoco. 

Ora non pu� sorgere dubbio (e non � infatti contestato) 
che, per tutte quelle attinenti allo sviluppo 
e al potenziamento del turismo, alle quali si riferisce 
anche il decreto del Presidente della Repubblica 
del 9 aprile 1956, n. 510 (che ha trasferito all'amministrazione 
regionale le attribuzioni del Commissariato 
per il turismo), la competenza a p.rovvedere 
spetti esclusivamente alla Regione in base all'art. 
14 lettera n) dello Statuto speciale. Non altrettanto 
deve dirsi invece per qu�nto concerne 
il giuoco d'azzardo, il cui esercizio (contrariamente 
a quanto rileva la difesa della Regione) � pure autorizzato 
d<i,l predetto decreto del Presidente della 
Regione, che ne disciplina le modalit� e stabilisce, 
fra l'altro, anche le percentuali dovute alla Regione, 
al comune di Messina e al comune di Taormina. � 
certo infatti che tale autorizzazione trascende la 
sfera di competenza attribuita alla Regione dallo 
Statuto speciale, poich�, secondo la costante giurisprudenza 
di questa Corte, che deve essere confermata 
('sentenze n. 6 del 1956, nn. 21, 23 e 58 del 
1957) in base agli artt. 3, 5 e 25 della Costituzione, 
� precluso non soltanto alla Sicilia, ma anche alle 
altre Regioni, di emanare provvedimenti nella ma


teria penale, la quale invece � riservata alla competenza 
esclusiva �dello Stato. E la preclusione non 
sussiste soltanto nel senso (gi� esaminato da questa 
Corte) che le Regioni non possono n� creare nuove 
figure di reati, n~ richiamare, per violazione di 
norme regionali, sanzioni penali gi� comminate 
da leggi dello Stato, ma anche quando, come appunto 
si � verificato nella specie, il provvedimento 
� inteso a rendere lecita un'attivit�, cio� l'esercizio 
del giuoco d'azzardo, che dalla legge dello Stato 
� considerata illecita e passibile di sanzione penale. 
.Anche in questa ipotesi infatti derogando alle disposizioni 
della legge penale, le Regioni, vengono 
ad interferire in una materia che, sotto ogni aspetto, 
� sottratta alla loro competenza, per le ragioni che 
questa Corte ha gi� esposto nelle sentenze sopra 
ricordate. 


Da qua.nto si � finora osservato consegue che il 
decreto impugnato, nella parte che concerne l'esercizio 
e la disciplina del giuoco d'azzardo, non pu� 
ritenersi legittimo. 


.Appena occorre aggiungere che non ha fondamento 
la tesi dedotta dalla Regione in linea subordinata, 
nel senso cio� che l'autorizzazione ad esercitare il 
giuoco non deriverebbe direttamente dai provvedimenti 
emanati dalla Regione, bens� dall'autorizzazione 
gi� concessa all'E.T. .A.L. per esercitare il 
giuoco nella Libia. Di guisa che il contenuto del 
decreto dell'Assessore del 1949 consisterebbe nel 
permesso rilasciato all'E.T..A:L. di esercitare anche 
in Sicilia quelle attivit�, per le quali gi� aveva 
l'autorizzazione da organi dello Stato, autorizzazione 
che il decreto del Presidente della Regione 
avrebbe semplicemente confermato. 


Peraltro l'infondatezza di tali :rilievi risulta palese 
da quanto si � in precedenza osservato riguardo 
all'autonomia del decreto del Presidente della 
Regione rispetto al decreto dell'Assessore. L'autorizzazione 
alla societ� <i .A; Zagara �perci� � contenuta 
esclusivamente nel decreto anzidetto e non 
in qu�llo precedente dell'Assessore e non si pu� 
ricollegare al provvedimento ministeriale a favore 
dell'E.T.A.L. successivamente revocato. 


� da notare infine che la difesa della Regione in 
qualche accenno negli scritti' difensivi, e particolarmente 
nella discussione orale, ha prospettato anche 
la tesi che il decreto oggetto del ricorso potrebbe 
trovare giustificazione, in relazione al sistema adott'.
oto dallo Stato,. in una perequazione di trattamento 
rispetto agli altri comuni cui si riferiscono i 
provvedimenti statali. Si deve per� osservare che 
le ragioni per le quali � dichiarata, nell'attuale giudizio, 
l'illegittimit� del decreto del Presidente della 
Regione, nella parte sopra indicata, portano, dal 
punto di vista processuale, a ritenere superata detta 
questione prospettata pure in subordine, la soluzione 
della quale comunque presupporrebbe l'indagine 
circa la legittimit� dei provvedimenti sta


. tali emanati a favore di altri comuni; indagine che 
esula dai limiti dell'attuale controversia. . 

Sembra quasi superfiuo segnalare all'attenzione de-gli 
studiosi l'importanza, tanto essa � evidente, delle 
questioni trattate e decise dalla Oorte con le surriportate 
sentenze, che rappresentano, a nostro avviso,� una 


-96 


pietra miliare nel faticoso cammino, che la Corte, 
con l'appassionata collaborazione dei difensori, dello 
Stato e delle Regioni, percorre nella interpretazione 
-spesso difficile e necessariamente � praetoria � dell'ordinamento 
regionale e nella identificazione e 
sistemazione dei nuovi istituti costituzionali sostanziali 
e processuali. 

In primo luogo la Corte, precisando e in parte 
ampliando concetti gi� espressi in precedenti sentenze, 
ha ritenuto che possa configurarsi il conflitto di attribuzione 
costituzionale in ogni controversia fra 
Stato e Regione, la quale involga una questione di 
rilevanza costituzionale attinente al regolamento dei 
rapporti fra i predetti enti e, quindi, la interpretazione 
di norme costituzionali relative alla ripartizione 
di competenza fra gli stessi, sempre che la controversia 
non tragga origine dalla emanazione di un 
atto legislativo, che non d� luogo a conflitto di attribuzione, 
ma a qitestione di legittimit� costituzionale. 
La Corte, inoltre, ha ritenuto di poter ravvisare il 
confiitto anche quando la Regione abbia, con un proprio 
atto ammi-nistrativo, invaso la sfera di attribuzione 
del potere legislativo, dovendosi gli enti in 
confiitto consider(J,re della loro unit�. A questa conclusione, 
peraltro, pu� pervenirsi anche in considerazione 
della limitata competenza della Regione, 
definita rigorosamente dalle norme Costituzionali ed 
ordinarie di attuazione, per cui ogni violazione delle 
predette norme impiica esorbitanza dai limiti �ai 
com petenza ed invasione nella sfera di competenza, 
ben pii� ampia e sotto certi aspetti illimitata, dello 
Stato. 

Con la prima sentenza, poi, la Corte ha non solo 
espressamente negato alla Regione siciliana il potere 
di decretazione di urgenza, ma ha fatto salva la questione 
se l'Assemblea regionale possa delegare alla 
Giunta l'esercizio della potest� legislativa ed ha, 
altres�, precisato che l'art. 38, n. 5, S.S.T.A. e l'articolo 
36, S.S. V.A. non riguardano l'attivit� legislativa, 
ma quella amministrativa. 

Riteniamo pertanto, che possa negarsi alle Regioni, 
anche a Statuto speciale, sia il potere di decretazione 
di urgenza sia quello di emana.re decreti legislativi 
delegati. Per quanto riguarda particolarmente la Sicilia, 
occorre considerare che l'art. 20 dello Statuto 
speciale per la Regione siciliana, nel determinare 
le funzioni del Presidente della Giunta regionale, 
dispone che il Presidente e gli .Assessori� regionali, 
oltre alle funzioni esercitate in base agli artt. 12 (iniziativa 
legislativa ed emanazione dei regolamenti di 
esecuzione), 13, comma primo e secondo (controfirma 
e promulgazione delle leggi), 19, comma primo (predisposizione 
del bilancio), che potrebbero definirsi 
funzioni paral-egislative o politiche, svolgono nella 
Regione le funzioni esecutive ed amministrative concernenti 
le materie, di cui agli artt. 14, 15 e 17. 

L'art. 21 S.S.Si., attribuisce al Presidente la rappresentanza 
della Regione e, nel territorio di essa, la 
rappresentanza, altres�, del Governo dello Stato. 

Nessuna norma attribuisce alla Giunta regionale 
ed al suo Presidente quel potere legislativo, che eccezionalmente, 
in deroga, cio�, al principio della separazione 
dei poteri, confermato dalla vigente Costituzione 
repubblicana, l'art. 77 della Costituzione attribuisce al 
Governo dello Stato. 

Gliartt.14, 16, 17, 25 e 28 S.S.Si., inoltre, parlano 
espressamente, sempre ed esclusivamente, di leggi 
approvate dall'Assemblea regionale ed �, sopratutto, 
degna di attenzione la circostanza che gli articoli 
25 e 28, i quali, a differenza dell'a.rt. 134 della 
Costituzione, che ne tr�tta congiitntamente, regolano 
la impugnativa delle leggi regionali distintamente da 
quella delle leggi statali, espressamente si riferiscono 
alle leggi dell'Assemblea regionale. 

La stessa precisa dizione si riscontra negli artt. 1 
e 2 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, 
che si riferiscono alle leggi e agli enti aventi forza di 
legge della Repubblica (artt. 1 e 2, primo comma) e 
alle leggi di una Regione (art. 2, secondo comma). 

Il sistema di controllo costititzionale preventivo 
sulle leggi regionali, qual'� regolato dall'art. 127 della 
Costituzione per tutte le altre Regioni, anche a Statuto 
speciale, e dall'art. 28 dello Statuto per la Sicilia, 
la sospensione di efficacia del provvedimento legislativo, 
disposta dal predetto art. 127 primo e secondo 
comma, della Costituzione e dall'art. 29 dello Statuto 
speciale per la Regione siciliana, in vista del controllo 
da parte dello Stato e quella conseguente alla 
impugnazione escludono, anche in ipotesi, che il decreto-
legge regionale possa raggiungere quegli effetti 
immediati, che l'urgenza richiede ed in 1Jista dei quali, 
sopratutto, � attribuita al Governo della Repubblica 
questo eccezionale potere di legislazione. 

La categoricit�, con la quale la Corte ha escluso che 
le Regioni possano emanare provvedimenti in materia 
penale, che gli artt. 3, 5 e 25 Cost. riservano alla legge 
dello Stato, induce, inoltre, a ritenere che non siano 
configurabili altre eccezioni, oltre quella ammessa 
con la sentenza n. 104 del 25 giugno 1957 in materia 
elettorale. 

Riteniamo, inoltre, che la Corte, pur senza assumere 
preciso atteggiamento in merito alla disputa, peraltro 
squisitamente dottrinaria, sulla qualificazione dell'ente-
Regione, abbia mostrato di propendere per la 
tesi da noi sostenuta che ravvisa nella Regione un 
ente autarchico territoriale ad aittonomia costituzionalmente 
garantita. 

La sentenza, pur avendo precisato che il tema del 
dibattivo era limitato alla esistenza del potere generale 
di annullamento da parte dello Stato nei confronti 
della Regione siciliana, confermando che questo potere 
spetta esclusivamente allo Stato e non pu� considerarsi 
trasferito alla Regione, ha, a nostro avviso, 
confermato, altres�, che solo lo Stato p1t� annullare 
in ogni tempo gli atti illegittimi degli enti autarchici 
minori operanti nel territorio delle Regioni, anche a 
Statuto speciale, come, peraltro, potevasi gi� argomentare 
dalle precedenti sentenze n. 24 del 1957 e 

n. 23 del 1959, espressamente richiamate e confermate. 
Una delle questioni dibattute, quella relativa al 
potere dello Stato di annitllare gli atti amministrativi 
delle Regioni in genere e della Sicilia in ispecie 
quando fossero viziati d'illegittimit� ordinaria, � 
rimasta insoluta, ma, come espressamente la Corte 
ha avuto cura di precisare, del tutto impregiudicata. 
La sentenza, infatti, ha ritenuto �ss�orbente e sotto 
certi aspetti, pregiudiziale l'altro motivo. �� -


D'altra parte � innegabile che, avendo ritenuto che 
l'atto della Regione esorbitava dai limiti della competenza 
di questa ed in.,.ideva la sfera di competenza 

,,,. 



--97 



riservata allo Stato, dando luogo a conflitto di attri


buzione, la predetta questione non si poneva neppure, 

perch�, come, peraltro, aveva espressamente ricono


sciuto lo Stato nelle sue difese scritte Ǐ fuor d'ogni 

dubbio che il potere governativo di annullamento 

non possa essere esercitato rispetto ad atti regionali 

che integrino gli estremi del conflitto di attri


buzione devoluto alla cognizione esclusiva della 

Corte. 

Le norme costituzionali ed ordinai�ie sulle att1�i


buzioni e il funzionamento della Corte Costituzionale 

e, in pai�ticolare quelle relative al confiitto di attri


buzione hanno limitato il campo di applicazione 

dell'articolo 6 T. U. leggi com. �e proc., p1�evedendo 

uno specifico rimedio d'ordine costituzionale, che non 

tollera rimedi concorrenti ed al quale deve farsi 

necessariamente ricorso quando l'atto regionale 

ponga in essere i presupposti del conflitto di 

attribuzione costituzionale. 

La' questione, dunque, � rimasta del tutto impregiudicata, 
ma, a nostro avviso, della soluzione affermativa 
di essa non pu� dubitarsi, una volta ammesso 
che il potere generale di annullamento degli 
atti amministrativi illegittimi, quando lo esigano 
ragioni d'interesse pubblico, spetta soltanto al Governo 
dello Stato, perch� presuppone, per il suo esercizio, 
una valutazione dell'interesse generale, che 
pu� essere fatta solo dagli organi supremi del potere 
esecutivo. 

Come avevamo dedotto nelle difese scritte, non si 
riscontra nell'ordinamento giuridico alcuna norma 

o principio generale, che sancisca la immunit� degli 
atti delle Regioni a Statuto speciale dal potere governativo 
di �nnullamento. 
Sulla questione non risultano precedenti in termini; 
nella sentenza n. 23 del 16 aprile 1959, per�, 
la Corte Costituzionale ebbe a precisare che il potere 
governativo di annullamento � stato sempre ritenuto 
applicabile a tutti gli atti amministrativi, da qualsiasi 
autorit�, statale o autarchica, promanassero. Anche 
la dottrina se ne � occupata raramente, e, sopratutto, 
senza particolare approfondimento della questione. 
Il SANDULLI: Manuale di diritto amministrativo, 
�1959, pag. 235, si esprime negativamente, main forma 
dubitativa; lo ZANOBINI: Corso, 1955, III, p. 199, 
ne tace; contrario � il BonnA: .Atti del secondo convegno 
di studi regionali, 1958, pag. 26, che argomenta 
dall'art. 125 Cost.; contrari, sempre argomentando 
ex art. 125 Cost., sono il MORTATI: Ist. dir. 
pubbl. 1955, pag. 523; il GASPARRI: .Autonomia della 
Regione Sarda, pag. 181; il SAILIS: .Atti del I convegno 
di studi sulle Regioni, pag. 232; il BENAD~KTER: 
ivi, pag. 330; favorevoli, invece, sono fra altri, il 
MIELE: Comm. alla Cost. it., II, 368; il CESAREO: 
L'Autonomia della Regione Trentino-Alto .Adige 

p. 147. 
A nostro avviso, dall'art. 125 della Costituzione e 
dalle norme degli Statuti speciali, che disciplinano 
il controllo, di legittimit� e di merito degli atti ammi


nistrativi regionali da parte di organi decentrati dello 

Stato, non pu� trarsi alcun argomento contrario al


l'applicazione dell'art. 6 T. U. com. e prov. agli atti 

delle Regioni, stante l'assoluta diversit� tra il potere 

di controllo ordinario, preventivo, e il potere generale 

di annullamento, eccezionale, rep1�essivo, che si eser


cita anche. su atti non soggetti ai controlli ordinari. 

Dalle norme costituzionali citate, invece, si trae un 

argomento di notevole importanza a fav�ore della tesi 

da noi sostenuta; se � ammesso il controllo sugli atti 

in via ordinaria che, com'� noto, � sintomo di una mag


giore ~oggezione all'autorit� dello Stato, vuol dire 

che il sistema del controllo statale non contrasta in 

linea di principio con la autonomia della Regione, 

anche a Statuto Speciale. 

D'altra parte � innegabile c:fie le Regioni sono da 

considerare enti autarchici minori nell'unit� �dello 

Stato; anche se la loro autonomia � costituzionalmente 

garantita, esse non possono mai essere considerate 

sul piano medesimo dello Stato, con parit� di poteri, 

sottratte ad ogni controllo da parte degli organi cen


trali dello Stato. Basterebbe accennare, per confer


mare questa istituzionale soggezione della Regione 

allo Stato, all'art. 20 S.S.Si., nel quale � prevista 

l'esplicazione, da parte del Presidente e degli Asses


sori regionali, di una �complessa attivit� amministra-. 

tiva da svolgere secondo le direttive del governo 

dello Stato, ed all'art. 8 S.S.Si., che prevede, sia 

pure in casi straordinari, una grave forma di con


trollo sugli organi della Regione da parte dello 

Stato. 

Il potere del governo di annullare in qualunque 

e 

tempo gli atti dell'Amministrazione regionale vizia.ti 

d'illegittimit� e di restaurare, cos�, nell'esclusivo e 

superiore interesse generale, l'ordine giuridico vio


lato, � una manifestazione del carattere unitario 

dell'ordinamento dello Stato, quale � espressamente 

e solennemente proclamato nell'art. 5 della Costitu


zione e ribadito nell'art. 1 e nell'art. 5 S.S.Si., che 

sanzionano l'autonomia della Regione nella unit� 

dello Stato e l'esercizio delle funzioni regionali per 

il bene inseparabile dell'Italia e della Regione. 

Questo potere, naturalmente, potr� essere esercitato 
solo sugli atti amministrativi viziati di illegittimit� 
ordinaria, fra i quali, a nostro avviso, rientrano 
anche gli atti esorbitanti dalla competenza della Regione, 
quando la questione di competenza sia stata 
gi� decisa dalla Corte in sede di conflitto di attribuzione, 
sorto in relazione ad atto di identica natura. 
In questa ipotesi, infatti, l'atto non pone pi� in essere 
un conflitto di attribuzione, che � stato gi� risolto con 
sentenza, la quale, a nostro avviso, per quanto attiene 
alla soluzione della questione di competenza, ha� la 
stessa efficacia erga omnes che l'art. 30 legge 11 marzo 
1953, n. 87, attribuisce alle sentenze, che decidono 
una questione di legittimit� costituzionale di una 
legge o di un atto avente forza di legge, ma viola il 
giudicato e, perci�, deve ritenersi affetto da un vizio 
di legittimit� ordinaria. 

G. G. 

NOTE DI DOTTRINA 


LUIGI GA.L.A.TERIA, �vrTTORI'o Z.AMMIT: Codice dei 
Tra.sporti in concessione (Le autolinee). Jandi, 
Sapi, 1959. 

L'iniziativa assunta dagli Autori va particolar


mente segnalata non solo perch� mancava una 

raccolta delle norme sui trasporti in concessione, 

ma sopratutto perch� i criteri adottati si palesano 

i pi� idonei per la finalit� che un codice deve per


seguire. 

In altre occasioni, abbiamo rilevato che una raccolta 
la quale si concretasse in un mero raggruppamento 
di norme sia pure attraverso una sistematica 
logica e cronologica, non potrebbe essere qualificata 
pienamente efficiente per gli scopi che devono essere 
perseguiti con questo particolare e moderno strumento 
di lavoro. 

L'autore di un codice deve aggiungere qualcosa� 
di personale al materiale lavoro di raccolta: la sistemazione 
dei singoli istituti che le norme disciplinano 
nella materia cui la raccolta si riferisce. 

La ricostruzione degli istituti attraverso le singole 
disposizioni consente anche una rapida �nformativa 
sul contenuto della materia e facilita, senza 
dubbio, la risoluzione dei casi singoli, in quanto 
si trovano raccolte e sistemate tutte le disposizioni 
relative a quel determinato istituto. 

Se si considera che, in materia di concessioni di 
autolinee, buona parte delle disposizioni sono affidate 
all'esercizio� del potere regolamentare; sar� 
dimostrata ancor pi� l'utilit� di una raccolta la 
quale contiene le numerosissime circolari emanate 
sia dagli organi centrali che da quelli periferici 
e ancora sia dagli organi statali che da quelli regionali. 


I criteri indicati trovano evidente applicazione 
nella raccolta che recensiamo, dove la ripartizione 
della materia � eseguita tenendo conto prima della 
organizzazione preposta a questo particolare settore 
del pubblico interesse e, poi, dell'esercizio 
delle funzioni attribuite ai singoli organi. 

Il coordinamento fra le singole disposizioni � 
reso, altres�, visibile attraverso l'uso, nelle specifiche 
norme, del corsivo, sempre restando il richiamo 
alla norma di cui si opera il coordinamento con 
quella riportatn, per esteso. 

Pu�, in tal modo, l'interprete assicurarsi della 
esattezza della operazione compiuta dagli autori, 
andando a riscontrare la norma richiamata in 
nota. 

Riteniamo che il lavoro compiuto dagli autori 
trover� pieno consenso, non solo nella numerosa 
categoria degli operatori economici particolarmente 
interessati all'importante settore dei trasporti in 
concessione, ma anche fra gli operatori del diritto 
ai quali una raccolta cos� ben sistematicamente 
eseguita rende pi� agevole l'applicazione della 
norma al caso concreto. 

A. T. 
LUCIANO ZANOBINI, ARNALDO BRACCI: Codice delle 
leggi sulla Pubblica Istruzione. Voi. I. Istruzione 
primaria. 

Il codice delle leggi sulla pubblica istruzione � 
stato dagli autori suddiviso in quattro volumi: il 
primo, sull'istruzione primaria, vede la luce in 
questi giorni. L'opera possiede le doti gi� note, 
patrimonio comune di tutta la collezione legislativa 
diretta dal prof. Guido Zanobini: l'aggiornamento, 
la completezza e l� chiarezza. 

In pi� aggiunge una grande agilit� di consultazione, 
per l'indovinata ripartizione, resa necessaria 
dalla quantit� di norme che, per l'una e l'altro 
verso, interessano gli studiosi della materia, i pratici 
e coloro che giornalmente la vivono. 

G. S. 
SILVIO DE SILVA, ToMMAso FRANCESCHINI: Codice 
delle pensioni militari. Vol. I: la legislazione 
sulle pensioni militari. 

Vede la luce il primo volume del Codice delle 
pensioni militari: raccolta di tutte le disposizioni 
di legge interessanti la materia, dal 1927 ad oggi, 
a cui far� seguito un secondo volume, con oltre 
700 massime giurisprudenziali riferibili al periodo 
1928-1958. 

Nella compilazione dell'opera gli autori hanno 
preferito al criterio sistematico il criterio cronologico 
che mBglio si presta nelle ipotesi di materia, 
come questa, non suscettibile di a:r.ticolazione. 

L'opera si presenta di grande utilit� li virt� 
specialmente del collegamento tra massima e norm� 
effettuato nell'indice analitico. 

G. S. 

RACCOLTA� DI GIU�RISPRUDENZA 


CASSAZIONE -Termini per ricorrere -Decisione 
della Commissione centrale delle imposte -Ricorso 
ai sensi dell'art. 111 della Costituzione. (Corte di 
Cassazione, Sez. I, Sent. n. 246/59; Pres.: Liguori; 
Est.: Arras; F. M. Caruso (conf.); Mancati c. Intendenza 
di Finanza di Roma). 

Il termine di sei mesi previsto dall'art. 146 del 

R.D. 30 dicembre 1923, n. 3269, non � applicabile 
al ricorso per cassazione, proposto ai sensi dello 
art. 111 della Costituzione, avverso una decisione 
della Commissione centrale delle imposte, pronunciata 
in materia di imposta di registro. 
Tale ricorso, in mancanza di un termine espressamente 
sancito dall'art. 111 della Costituzione, 
deve essere proposto nell'ordinario termine di 
sessanta giorni dalla notificazione della decisione, 
a norma dell'art. 325 C. p. c.. 

CASSAZIONE -Ricorso -Richiesta di trasmissione 
del fascicplo di ufficio -Procedimento svoltosi innanzi 
alla Commissione centrale delle imposte. (Corte 
di Cassazione, Sez. I, Sent. n. 2887/59; Pres.: Torrentet 
Est.: Bianchi; P. M. Silocchi (conf.); Poggi c. Amministrazione 
delle Finanze) . 

La norma dell'art. 368, ultimo comma, C. p. c. 
(relativa alla richiesta alla cancelleria del giudice 
che ha emesso la decisione impugnata, di trasmettere 
alla cancelleria della Corte di Cassazione il 
fascicolo di ufficio) non � applicabile al proced�mento 
svoltosi innanzi alla Commissione centrale 
delle imposte, procedimento regolato da norme 
anteriori al codice di .rito vigente (R.D.L. 7 agosto 
19.36, n. 1639 e R.D. 8 luglio 1937, n. 1516), 
e che perci� non prevedevano neanche la formazione 
di un fascicolo di ufficio. 

Sulla prima massima la giurisprudenza della 
Corte di Cassazione � costante (vedi: Sentenza n. 3215 
del 1953 in Rassegna �1953, pag. 278 e sentenza 

n. 703 del 1954 e 1561 del 1955). 
La seconda massima, sulla quale non risultano 
precedenti, risolve, in modo che ci sembra logico, un 
dubbio derivante dal coordinamento tra la norma 
dell'art. 111 della Costituzione e le disposizioni del 
Codice di Procedura civile in materia di ricorso per 
Cassazione. 

CASSAZIONE -Ricorso -Notificazione ad Amministrazione 
dello Stato -Nelle controversie per l'applicazione 
dell'imposta di registro -Norma della. 
legge n. 260 del 1958. (Corte di Cassazione, Sez. Un; 
Sent. n. 2529/1959; Pres.: Oggioni; Est.: Passanisi; P. 

M. Pomodoro (conf.); Zelaschi c. Proc. Sup. Registro 
Milano). 
Anche dopo l'entrata in vigore della legge 25 
marzo 1958, n. 260, recante modificazioni alle 
norme sulla rappresentanza in giudizio dello Stato, 

de~e ritenersi inammissibile, nelle controversie per 
l'applicazione dell'imposta di registro, il ricorso 
per cassazione notificato al procuratore del registro 
anzich� all'Intendente di Finanza. 

Segnaliamo questa massima per evitare che essa 
possa essere interpretata in senso troppo estensivo. 
La fattispecie, infatti era quella di un ricorso per 
cassazione notificato al Procuratore del registro prima 
dell'entrata in vigore della legge n. 260. Evidentemente, 
dopo l'entrata in vigore di tale legge, i ricorsi 
per �cassazione, come anche le. citazioni, in materia 
di applicazione di imposta di regustro vanno notificati 
al Ministro per le Finanze. 

ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILITA-Oc


cupazione temporanea -Indennit� -Decreto che 

determina l'indennit� -Inerzia della autorit� am


ministrativa oltre il biennio -Lesione di diritto sog


gettivo -Occupazioni temporanee -Termine bien


nale di cui all'art. 73 della legge n. 2359 del 1865. 

(Corte di Cassazione, Sez. Un., Sent. n. 2603/59; Pres.: 

Oggioni; Est.: Pepe; P. M. Colli (conf.); INA-Casa 

c. Fonte). 
La facolt� attribuita al Prefetto dall'art. 72 della 
legge 25 giugno 1865, n. 2359, di determinare le 
indennit� per l'occupazione temporanea anche con 
decreto. successivo a quello che autorizza l'occupazione, 
trova un limite nella durata della medesima, 
n� pu� protarrsi oltre il biennio; l'inerzia dell'autorit� 
amministrativa oltre tale limite si risolve in 
una lesione di diritto sogge.ttivo, tutelabile, come 
tale, davanti al giudice ordinario. 

L'art. 23 della legge 28 febbraio 1949, n. 43, 
sulla costruzione di case per i lavoratori detta solo 
alcune disposizioni particolari, ma non deroga al 
principio secondo il quale al termine biennale, di 
cui all'art. 73 della legge 25 giugno 1865, n. 2369, 
soggiacciono tutte le occupazioni di urgenza, senza 
distinzioni di sorta, qualunque ne sia la natura e 
lo scopo. 

Riproduciamo qui di seguito la motivazione della. 
sentenza della Suprema Corte a Sezioni Unite relativa 
alle due massime sopra ricavate. 

Per quanto concerne il ricorso principale della 
Gestione IN.A.-Casa si denuncia con il primo mezzo 
la violazione dell'art. 23 della legge 28 febbraio 
1949, n. 43, che disciplina l'espropriazione delle 
aree necessarie alla costruzione di case per lavoratori, 
nonch� la falsa applicazione dell'art. 73 della 
legge fondamentale sulle espropriazioni per causa di 

p. u. del 25 giugno 1965, n. 2359, riprospettandosi 
ancora una volta la tesi della inapplicabilit� oltre 
che in linea generale, in ordine soprattutto alla 
particolare disciplina dettata per la costruzione di 
case per lavoratori dalla citata legge del 1949, del 
limite biennale di durata massima stabilito dall'art. 
73 della legge del 1865 per le occupazioni di 

-100 


urgenza, in tutte le ipotesi in cui tali occupazioni 
per essere preordinate alla esecuzione di opere 
pubbliche, non che rivestire carattere temporaneo 
e contingente sin dall'origine rivelino un carattere 
di definitivit� si da risolv~rsi in effetti in una espropriazione 
anticipata. . 

L'inconsistenza peraltro di tale tesi � stata ripetutamente 
messa in rilievo da questa Suprema Corte 
in una serie di pronunciati (cfr. tra l'altro, sentenza 
n. 1702 del 29 maggio 1954, Comune di 
Francavilla a Mare c. Alesi ed altri; e per ultimo 
sentenza n.. 134 del 22 gennaio 1958, Provincia di 
Bologna c. Neri e n. 66 del 13 gennaio 1959, Gerini 
c. EUR e Prefetto di Roma) s� che non occorre 
su essa attardarsi. 

Basta all'uopo ricordare quanto fu gi� avvertito 
nei precedenti pronunciati, che cio� ove si dovesse 
le occupazioni di urgenza a scopo duraturo ritenere 
svincolate dal limite temporale, di cui all'articolo 
73 della legge del 1865 verrebbe ad essere 
soppressa ogni garanzia del diritto di propriet�, 
consentendosi al beneficiario di procrastinare indefinitivamente 
nel tempo la sua occupazione senza 
la corresponsione di alcuna indennit� per la espropriazione, 
con pieno sovvertimento del principio 
consacrato nell'art. 42 della Costituzione, e basta 
mettere in luce d'altra parte l'equivoco, su cui si 
aggira ad ogni modo la tesi predetta, perdendo di 
vista il carattere di autonomia che ha la occupazzione 
di urgenza, la quale ancorch� preordinata 
alla esecuzione di una opera pubblica, non che 
essere fine a se stessa e poter identificarsi con la 
espropriazione per pubblica utilit� deve in ogni 
caso, per diventare definitiva, essere seguita da 
questa, come � fatto palese dall'ultimo comma dell'art. 
73. 

N� la soluzione pu� essere diversa sotto il profilo 
particolare. 

Anzitutto dopo quanto � stato detto a proposito 
dell'art. 42 della costituzione, se anche fosse 
dato poter ravvisare nella legge 28 febbraio 1959, 

n. 43 sulle case per lavoratori una deroga al principio 
secondo cui al termine biennale soggiacciono 
tutte le occupazioni di urgenza, senza distinzione 
di sorta, qualunque ne sia la natura e lo scopo, 
della costituzionalit� di tale deroga sarebbe seriamente 
a dubitare. 
La verit� comunque � che la legge del 1949 
non ha aflatto inciso sul principio predetto, lasciandolo 
del tutto inalterato, con l'art. 23 essa 
ha dettato solo alcune disposizioni particolari, con 
le quali, oltre ad estendere alla espropriazione per 
la costruzione di case per lavoratori le norme, che 
riflettono la determinazione dell'indennit� di esproprio 
stabilite dalla legge speciale 15 gennaio 1885, 

n. 2892 per il risanamento della citt� di Napoli 
(1� comma) ed oltre ad attribuire sempre ed in 
ogni caso al Prefetto il potere di smettere la dichiarazione 
di p. u. (2� comma) o la dichiarazione 
di indifferibilit� ed urgenza della costruzione di 
alloggi, agli effetti dell'occupazione temporanea, 
anche non ricorrendo gli estremi di urgenza qualificata 
richiesti dall'art. 71 della legge del 1885 
(3o comma) ha con il quarto ed ultimo comma 
attribuito altresi ai proprietari dei beni espropriati 
il diritto alla retrocessione �se entro un anno 
dal decreto di espropriazione o dall'occupazione 
temporanea, ove abbia avuto luogo, non sia stato 
dato inizio alla costruzione effettiva della casa �. 

Queste le sole deviazioni della legge comune, le 
quali non toccano, come ognuno vece, il principio 
enunciato nell'art. 73 della legge del 1865 e del 
tutto vano appare lo sforzo delle ricorrente diretto 
a fare ravvisare una inconciliabilit� di quest'ul 
tima norma con quella dell'ultimo comma dell'articolo 
23 della legge del 1949 avendo l'una 
norma e l'altra contenuto essenzialmente diverso 
diversi essendo i presupposti e diverso il fine cui 
l'una e l'altra sono ispirate. � 

In ordine alla questione di carattere generale (l3 
massima) la Difesa dello Stato ha sempre sostenuto 
che sussiste prof onda distinzione tra le occupazioni 
di urgenza previste dall'art. 71 della legge 25 giugno 
1865, n. 2359, in relazione a necessit� contingenti 
e di particolare gravit� e quelle che trovano la 
loro spiegazione nell'esigenza di dare rapidamente 
inizio ad opere pubbliche in attesa del decreto di espropriazione. 
In sostanza il .termine biennale, previsto 
nell'art. 73 di detta legge, mentre trova giustificacazione 
per le occupazioni del primo tipo, in quanto � 
da evitare che occupazioni per ragioni .contingenti 
possano troppo a lungo protrarsi, non ha invece 
alcuna ragione di essere per le altre occupazione, 
e cio� per quelle che fin dall'inizio si presentarono 
col carattere della definitivit� e con la visione conconcreta 
di un'espropriazione che non potr� mancare. 

Tuttavia, in vista della contraria giurisprudenza 
della Suprema Oorte sul punto, la Didesa dello Stato 
non aveva ritenuto opportuno riproporre nella causa 
in parola la predetta questione di carattere generale. 

La circostanza che le Sezioni Unite hanno inteso, 
ciononostante, di riaffermare ancora una volta il 
loro punto di vista in materia, � sintomatico e dimostra 
che si tratta di orientamento giurisprudenziale 
ormai consolidato. 

* * * 

Per quanto riflette la questione .particolare, racchiusa 
nella seconda massima, sotto molteplici aspetti 
la Suprema Oorte avrebbe dovuto accogliere la tesi 
sostenuta nell'interesse della Gestione INA-Gasa. 

In sostanza l'inapplicabilit� del termine biennale 
alle occupazioni disposte per le opere previste dalla 
legge 28 febbraio 1949, n. 43 e successive integrazioni 
e modifiche, deriva dalla stessa legge ora menzionata 
e trova il suo motivd determinante nelle esigenze 
che condussero alla sua emanazione. 

Gi� da un punto di vista generale � da escludere 
che il principio racchiuso nell'art. 73 si ponga come 
presupposto inderogabil6, che impedisce qualsiasi 
eccezione. Tutt'altro; le eccezioni vi sono, prima fra 
tutte quella delle occupazioni militari (art. 74-76 
legge sulla espropriazioni) per le quali � stato sempre 
ritenuto che il richiamo a preceaer�ti disposizioni 
della legge non comprende anche quella relativa -al 
termine biennale di cui trattasi. Altre eccezioni ancora 
sono ad esempio quelle di cui all'art. 18 del 

R.D. 26 febbraio 1940, n. 247, sull'ente di oolonizza� 

-101


zione del latifondo siciliano; ed all'art. 33 del T. U. 

sulle acque pubbliche 11 dicembre 1933, n. 1775 

((espropriazioni occorrenti per le grandi derii�azioni). 

Non vi � dunque un'impossibilit� concettuale che 
impedisca di allontanarsi dalla regola generale e 
che non consenta eccezioni, quando particolari esigenze 
di pubblico interesse lo rendano necessario. 

Nel caso in esame, al pari di quanto si verific. 
per le occupazioni militari, l'epropriazioni per p. u 
riceve una disciplina autonoma, la quale, in relazione 
all'ultimo comma dell'art. 23 si discosta dal normale 
procedimento di espropriazione, introducendo anche 
una norma del tutto nuova. Le peculiari esigenze che 
mossero il legislatore a provvedere in un settore particolarmente 
delicato, con provvedimento orientato 
contemporaneamente a due fini fondamentali -lenimento 
della disoccupazione e ricovero dei senza-tetto 
-indussero evidentemente a questa autonoma disciplina 
della materia. 

In particolare l'art. 23 della legge 28 febbraio 
1949, n. 43, non fa alcun richiamo, n� riferimento 
all'art. 71, n� tanto meno all'art. 73 della legge sulla 
espropriazione per p. u. Oade, quindi, ogni possibile 
connessione esegetica. Esso invero prevede esclusivamente 
l'occupazione dell'area della quale � chiesta 
l'espropriazione. D'altro canto il congegno della legge 
in relazione ai piani e programma che regolano l'atti-. 
vit� della Gestione, esclude di per s� stesso che l'occupa. 
zione non possa essere seguita dalla espropriazione. 

Peraltro, regolando pe~� intero anche il problema 
della eventuale restituzione, l'art. 23 precisa nel 30 
ed ultimo comma che le aree saranno restituite se 
entro un anno dal decreto di espropriazione o dalla 
occupazione temporanea, ove questa abbia avuto 
luogo, non sia stato dato infaio alla costruzione effettiva 
della casa. Dunque il legislatore, mentre tace del 
tutto sul termine biennale, astenendosi da qualsiasi 
specifico. richiamo delle norme stesse sull'espropriazione 
per p. u. (unico richiamo � quello alla legge 
per Napoli, ai fini della determinazione della indennit�), 
stabilisce un nuovo termine, che al pari di 
quello dell'art. 73 della legge del 1865 � a garanzia 
del proprietario, a carico del quale � avvenuta la 
occupazione o l'espropriazione, e tale nuovo terniine, 
che comporta una durata inferiore all'altro, di per 
s� stesso dimostra e conferma che �l'altro -quello di 
cui all'art. 73 -non � stato tenuto presente, n� si 
� voluto richiamare. In altri termini sussiste una logica 
del termine previsto dall'art. 23, mentre invece 
l'eventuale applicazione del termine biennale sarebbe 
contrario alla logica, perch� il rapporto fra l'uno e 
l'altro rivela manifestamente che la distinzione � 
stata ben chiara alla mente dcl legislatore. 

Il termine di nn anno posto all'inizio della costruzione 
sta ad evitare che possa trattenersi senza. scopo 
un bene che non riceve concreta utilizzazione: esso 
ten(le ad assicurare che l'a9�ea espropriata o occupata 
riceva di fatto e celermente concreta attiiazione in 
relazione allo scopo che tale occupazione o espropriazione~ 
ha reso necessario in vista cli esigenze di 
ordine generale qnali sono quelle delle costruzioni di � 
opere pubbliche. Ma tale termine, pertanto, � coerente 
e costituisce garanzia massima per il proprio 
rvte del bene, il quale proprietario entro breve 
termine -pi� breve di quello previsto dall'art. 73 


sar� in condizione di conoscere se il bene sar� o 
meno definitivamente trattenuto. 

Dwoe quindi escludersi che possa, oltre il predetto 
termine di un anno, aggiitngersi anche quello biennale, 
che non sarebbe sorretto da nessuna ragione 
logica, in quanto che, con l'inizio delPopera allo 
scadere dell'altro termine, il terreno resta acquisito 
till'opera pu.bblica e l'opera non pu6 distruggersi. 
Esso non potrebbe valere neppure ad accelerare la 
procedura di espropriazione, che, com'� noto, dipende 
dal Prefetto e non dall' INA-Gasa. 

Mentre il termine dell'art. 3 � perci6 coerente e 
si inquadra perfettamente nelle finalit� della legge, 
perch� al tempo stesso tutela l'interesse pubblico alla 
costruzione dell'opera, e quello del privato alla retrocessione, 
il termine dell'art. 73 sarebbe estraneo a 
tali finalit� e mentre potrebbe avere qualche utilit� 
per il privato -comunque limitato, stante la maggiore 
garanzia che deriva dall'altro termine e cio� da quello 
di un anno portato dall'art. 23 -porrebbe in situazione 
critica gli stessi piani finanziari della Gestione 
dai quali dipende direttamente il rapido inizio della 
costruzione e la celere sua ultimazione; e non gi� il 
procedimento di espropriazione. Ed � appunto per 
queste ragioni che il legislatore del 1949 ha pensato 
di tutelare contemporaneo le contrapposte esigenze del 
proprietario e dell'ente esecutore dell'opera pubblica, 
introducendo, in sostituzione di quello ordinario, 
un nuovo termine, peraltro pi� breve, che quelle esigenze 
ha equamente tJontemperato. 

Ammettere che al termine di un anno possa aggiungersi 
anche quello. biennale, comporta un maggiore 
particolare aggravio a carico della Gestione; 
il che certamente non si � affatto voluto, proprio in 
vista della peculiare, specifica importanza che riveste 
l'opera, che alla Gestione medesima � stata 
commessa, nel conseguimento della duplice finalit� 
alla quale gi� si � fatto cenno. 

Una conferma della tesi da noi sostenuta � data 
dalla circostanza che nella legge si accomuna negli 
effetti la retrocessione l'occupazione e il decreto di 
esproprio: si parla cio� di retrocessione anche quando 
vi sia la semplice occupazione. In altri termini per 
il legislatore, superato il periodo di un anno, previsto 
dall'art. 23, ultimo comma, la situazione pu6 considerarsi 
cristallizzata ed assume carattere di definitivit�, 
proprio perch� oramai, anche in caso di semplice 
occupazione, non sussiste l'ostacolo del termine 
biennale, che � stato sostituito da quello annuale. 

Si � dunque in concreto in presenza di una particolare 
forma di occupazione di urgenza, autonomamente 
disciplinata e che ha una sua propria e specifica 
regolarnentazione per quanto attiene al termine, 1 
che colpisce la Gestione per un fatto proprio -il 
ritardo nell'inizio della costruzione -e non per uu 
eventuale ritardo nella pronuncia dell'espropriazione 
ad altri addebitabile. E cos� come in altre espropriazioni 
speciali, non sussiste nella materia considerata 
possibilit� di applicazione del termine di cui 
all'art. 73 della. legge di espropriazione per p. u. 

Ma purt1�oppo i predetti argomenti non so'fbo �stati 
ritenuti validi e il principio qui affermato � stato confermato 
con la successiva sentenza delle Sezioni 
Unite n. 3204/59. 

T.I.J.G. 

~l~WWWOOiKfl@i[@ftIDfilff~~~~l, 

-102 

IMPOSTE E TASSE -Dogana -Controversie giudi� 

ziali -Rappresentanza dell'Amministrazione -Sol


ve et repete -Applicabilit� del principio -Dogana 


Soggetto passivo dell'obbligazione tributaria -Obbli� 

gazione solidale con il proprietario della merce ~ 

Prescrizione -Interruzione. (Corte di Cassazione, 

Sezioni Unite, Sentenza n. 1539/59; Pres: Felici; Est. 

La Porta;_ P. M. Tavolaro (conf.); C. I. S. c. Am


ministrazione Finanze). 

I -Nelle controversie in materia doganale la 
rappresentanza in giudizio dell'amministrazione finanziaria 
dello Stato spetta esclusivamente all'Intendente 
di Finanza della Provincia in cui ha sede 
l'ufficio di dogana interessato; osservate le norme 
relative al foro delle cause dello Stato ed alla notifica 
degli atti ad_ esse relativi. 

II -L'art. 6 legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato. 
E che esclude dall'osservanza del precetto 
del solve et repete le questiOni relative ai supplementi 
d'imposta, non trova applicazione in materia 
doganale, Pf::!ich� in questa l'articolo stesso � sostituito 
dall'art. 15 della legge 26 gennaio 1896, 

n. 20 (ora art. 24 legge 25 settembre 1940, n. 1424), 
che per i diritti doganali impone l'osservanza del 
solve et repete, senza alcuna distinzione tra imposta 
principale, complementare e suppletiva. 
III -Soggetti passivi dell'obbligazione tribu


taria doganale sono coloro che presentano la merce 

in dogana, e la detengono al inorriento del pas


saggio della linea doganale, e coloro per conto dei 

quali la merce medesima � stata importata, siano 

essi o meno proprietari della merce. 

Lo spedizioniere �, per le operazioni da lui compiute, 
debitore d'imposta, in quanto, a norma dell'art. 
17 della stessa legge, � tenuto in via sussidiaria 
al pagamento, in luogo del proprietario, 
dell'imposta doganale. 

I due soggetti sono tenuti in solido nei confronti 
della Finanza, la quale pu�, quindi, liberamente 
eleggere se rivolgersi al debitore principale o al 
debitore sussidiario; e se essa ha interrotto la prescrizione 
contro uno di essi, la interruzione ha effetto 
anche contro l'altro, a norma dell'art. 1310 O.O. 

I -Oon l'entrata in vigore della legge 25 marzo 
1958, n. 260, recante modificazioni alle norme sulla 
rappresentanza in giudizio dello Stato, la prima 
massima perde ogni rilievo. 

Allo stato tale rappresentanza, com'� noto, �, in 
ogni caso, affidata al competente Ministro. 

11 -Di particolare importanza � invece la seconda 
massima. 

Anche a volere ammettere che si possa parlare di 
imposta doganale suppletiva (in contrapposizione ad 
imposte doganali principali e complementari), sta 
di fatto che l'art. 24 della vigente legge doganale, 
25 settembre 1940, n. 1424 (che riproduce sostanzialmente 
l'art. 15 della legge 26 gennaio 1896, 

n. 20), prescrivendo che l'opposizione ad ingiunzione 
in materia 'doganale sia preceduta dal pagamento, 
non contiene la limitazione prevista, in generale, per 
supplementi di imposta, dall'art. 6 della legge 20 
mar~o 1865, n. 2248, all, E. 

Oi� perch�, in materia doganale, la distinzione fra 

tributi principali, complementari e suppletivi non 

ha alcun giuridico effetto e perci� stesso non ha alcuna 

importanza pratica. 

La suddetta distinzione, nel nostro ordinamento 

tributario, in generale, �ssume rilevanza: 

a) sul termine di prescrizione, che, di regola, � 

pi�t breve per i supplementi; 

b) sul precetto del sol ve et repete, che, sempre 

di regola, non si applica per i supplementi medesimi; 

c) sugli effetti della opposizione proposta dal. 

debitore contro l'ingiunzione, effetti che solo in caso 

di imposta suppletiva hanno carattere sospensivo. 

Sotto il primo aspetto, deriva dall'art. 27 della 

legge doganale del 1940 che il termine di prescrizione 

in cinque anni � stabilito per tutti i tributi doganali 

e quindi anche (vedi lettera A. dell'art. 25) <<per i 

diritti liquidati e non riscossi in tutto o in parte, 

per qualsiasi causa, o dovuti in conseguenza di errori 

di calcolo nella liquidazione o di erronea applica


zione della tariffa �. 

Segno pi� che evidente questo, che il _carattere 

suppletivo dell'imposta non � stato tenuto in alcun 

conto dal legislatore doganale e differenza di quanto 

dispone, ad esempio, la legge del registro negli art. 136 

e segg. 

Sotto gli altri due profili, e particolarmente sotto 

il secondo (che � quello pi� interessante per la questione 

in esame) � piit che eloquente il silenzio del legislatore 

in una disposizione che -come quella dell'art. 24 

della legge doganale 1940 -ha inteso disciplinare, 

in modo autonomo e comitnque discostandosi dalle 

norme usuali la procedura di riscossione dei diritti 

doganali (vedasi, ad esempio; il termine di opposi


zione ingiunzione, portato a 15 giorni anzich� a 30 

e diventato di carattere � perentorio � ). 

A porre' in evidenza l'esattezza della tesi secondo 
la quale non solo la lettera ma anche la ratio della 
norma sono nel senso che la regola del solve et 
repete sia applicata senza alcuna limitazione, sta 
la considerazfone che il legislatore ha usato nell' arti 
. colo 24 (vedasi il 1� comma) quella stessa ampia dizione 
� diritti dovuti alla Dogana e non pagati in 
tutto o in parte� che troviamo usata nel citato art. 27, 

lettera A., a proposito del termine prescrizionale. 

Valga altres�, l'altra considerazione che il maggior 

presidio per la riscossione dei tributi doganali, 

apprestato con l'applicazione in ogni caso del solve 

et repete, si ricollega alla particolare natura ed alle 

speciali esigenze della materia doganale. 

Tale materia, infatti, presenta caratteristiche spe


ciali anche in confronto alle altre norme finanziarie, 

in quanto si collega, oltre che con le necessit� del 

pubblico erario, anche con le condizioni obbiettive 

dell'economia nazionale e con la necessit� della di


fesa di quest'ultima. Di guisa che, potendosi dire 

che essa � imposta dalla realt� delle cose all'opera 

del-legislatore, resta per ci� stesso caratterizzata dalla 

assolutezza e dal rigore delle norme oltre che dalla 

loro natura frequentemente sanzionatoria. (v. Cassa


zione Sez. Un. 23 gennaio 1936, in �Rep. Foro It. �, 

1936, voce �Dogana� e �Foro A.mm.�, 1936,-~p.-71~ 

40 e 42; per la dottrina v. TESORO: Principi di 

diritto tributario, pp. 439; Dr LORENZO: D. doganale 

pp. 293; D:i: LORENZO Corso, e(J,, 19471 p. 190). 

I 

I 

I 


I 


-103 

III -In ordine alle restanti massime, � opportuno 
ricordare che nell'art. 5 della legge del 1940 � stabi
�lito che al pagamento dell'imposta doganale sono 

tenuti solidalmente il proprietario e tutti coloro 
per conto dei quali la merce � stata importata o 
esportata. Laddove per proprietario, agli effetti della 
imposta stessa, deve indendrrsi, in senso lato, ed a 
termini della legge (art. 16), colui che presenta la 
merce stessa in Dogana e la detiene al momento del 
passaggio della linea doganale, salvo il diritto della 
Amministrazzione di accertare chi ne abbia l'effettiva 
propriet� ed agire contro lo stesso. Comunque 
sono indistintamente e solidalmente soggetti passivi 
dell'imposta in questione il presentatore o materiale 
detentore della merce, il proprietario di questa, colui 
per conto del qua'le si � effettuato il passaggio della 
linea doganale, indipendentemente dalle circostanze 
di essere o meno questi il proprietario della merce. 

Nella relazione della legge doganale, in ordine 
all'art. 5 � detto che �il primo comma-di questo articolo 
determina il soggetto passivo dell'obbligazione 
doganale. La disposizione � intesa a risolvere legislativamente 
un altro questito di notevole valore sistematico 
e pratico. Considerato che il fatto dal quale 

�sorge l'obbligazione � il passaggio della linea doganale, 
stabilito, in conformit� anche ad un indiscutibile 
criterio di giustfaia tributaria, non meno che per 
motivi di pratica opportunit�, che soggetti passivi 
sono tutti coloro i quali a detto passaggio hanno 
direttamente o indi.rettamente contribuito, indipendentemente 
dalla effettiva appartenenza della 
merce trasportata. La P . .A.., infatti, non ha n� 
mezzo n� modo di accertare, al momento della 
entrata della merce nel Regno, gli effettivi rapporti 
di diritto privato esistenti tra le persone tutte che 
hanno posto in essere il movimento della merce 
attraverso la linea doganale ii. 

Peraltro la legge nel disciplinare, l'istituto della 
rappresentanza del proprietario delle merci trasportate 
ai fini del rapporto d'imposta, dopo aver pre" 
cisato che detta rappresentanza pu� essere conferita 
a spedizioniere autorizzato, ovvero ad altre persone 
munite di mandato, stabilisce (art. 17) che cc lo spedizioniere, 
per le operazioni da lui compiute, � tenuto 
in via sussidiaria al pagamento dell'imposta� doganale 
in luogo del proprietario ''� 

In relazione alle operazioni predette, pertanto, lo 
spedizioniere, ai sensi di legge, assume la veste del 
responsabile d'imposta ed � anch'egli obbligato, solidalmente 
ai soggetti passivi della imposta, al pagamento 
del tributo. 

Ha rilevato al riguardo la Suprema Corte nella 
sentenza annotata che siffatta obbligazione (quella 
derivante dall'art. 17 a carico dello spedizioniere) 
trova giustificazione nel fenomeno della sostituzione 
della persona del proprietario con quella 
dello spedizioniere. � 

La. sostituzione invero, esige, una cautela per 

l'amministrazione finanziaria, cautela che � ap


punto data dalla obbligazione ex lege del sostituto 

che, peraltro, ha veste di rappresentante del pro


prietario della merce. 

Si tratta di un'obbligazione s�stitutiVa 'e, per


tanto, autonoma, ma collegata a quella del pro


prietario, onde i due soggetti, nei confronti della 

Finanza sono tenuti in solido. 

L'unicit� del debito accomuna i due debitori in 

una pluralit�, astratta, dal vincolo della solidariet�. 

Dalla solidariet� nasce la rappresentanza vicen


devole dei due soggetti, dal momento del sorgere 

a quello della estensione del rapporto tributario. 

Consegue che la Finanza pu� liberamente eleg


gere e rivolgersi al debitore principale di imposta 

ed al debitore sussidiario. 

Consegue, altresi, che gli atti interruttivi della 

prescrizione che siano compiuti nei confronti di 

questo ultimo estendano la loro efficacia alla per


sona del primo, in virt� dell'espressa disposizione 

dell'art. 1310 O.e.� 

RESPONSABILITA' CIVILE-Inadempimento -Non 

colpevole della P. A. -Quando ha luogo. (Corte di 

Cassazione, Sez. I, Sent. n. 1878/58; Pres.: Torrente; 

Est.: Vistoso; P. M.: Cutrupia (conf.) -Soc. Forlini 

c. Amministrazione delle Finanze dello Stato). 
Durante il tempo necessario per il con:i.pletamento 
della pratica amministrativa di emissione 
del mandato, tempo che pu� essere di maggiore o 
minore durata a seconda delle esigenze di servizio 
e della maggiore o minore complessit� degli accertamenti 
da compiere, la P . .A.. non pu� ritenersi in 
mora nell'esecuzione del pagamento, non sussistendo, 
prim� che 'il mandato venga emesso, un 
diritto dell'interessato alla riscossione. S.olo dopo 
il compimento degli atti prescritti dalla legge sulla 
contabilit� perch� il pagamento possa essere autorizzato, 
l'ulteriore ritardo della P . .A.. diventa colpevole 
e sorge, conseguentemente l'obbligo degli 
interessi. 

Con questa sentenza la Corte Suprema ribadisce e 
rende ormai costante l'indirizzo giurisprudenziale gi� 
affermatosi con la sentenza n. 1601 del 1952 ('in questa 
Rassegna 1952, 143) e confermato con la sentenza 

n. 2291del1956 (in questa Rassegna 1956, pag. 184). 
Sull'argomento non abbiamo che da riportarci alle 
considerazioni gi� svolte in note alle sentenze suddette 
nello studio del Sa�varese (in questa Rassegna; 1952, 
pag. 156) e nella recensione dello Studio del Sandulli 
(in questa Ras�egna, 1953, pag. 19). 


ORIEN,TAMENTI GIURISPRUDENZIALI 
DELLE CORTI DI MERITO 


AMMINISTRAZIONE PUBBLICA -Responsabilit� 


Legge 20 aprile 1949 n. 264 in materia di avviamento 

al lavoro -Infortunio mortale avvenuto in un can


tiere scuola -Pretesa responsabilit� del Ministero 
del Lavoro -Improcedibilit� della domanda. (Corte 
d'Appello di Roma, Sez. I, Sent. 30 aprile-3 ottobre 
1958; Pres.: Felici; Rel.: Musumeci). 

La legge 20 aprile 1949, n. 264, che ha lo scopo 
di provvedere al lavoro degli operari rimasti involontariamente 
disoccupati, con la istituzione dei 
cantieri-scuola, riflette e disciplina un aspetto del 
compito assistenziale dello Stato, sebbene nel contempo 
possa fare raggiungere altre finalit� estranee 
a quella propria del Ministero del Lavoro ed inerenti 
ad altri dicasteri o ad altre amministrazioni 
autonome1 e persino ad attivit� di imprese private. 
La concessione-. dei cantieri scuola pu� essere, in:
fatti, accordata sia a privati proprietari che ad 
amministrazioni pubbliche le quali assumono la 
gestione sia tecnica che amministrativa dei cantieri 
stessi e sia nei rapporti interni col personale 
addetto, sia nei rapporti coi terzi. 

Con questo frazionamento di compiti e trasferimento 
di funzioni dello Stato agli enti gestori, 
si viene a creare una situazione giuridica analoga 
a quella di un appalto di opere pubbliche, rispetto 
al quale lo Stato non risponde dei fatti che rimangono 
nella cerchia dell'attivit� autonoma, e che, 
in virt� del contratto, appartiene all'appaltatore e 
che questi e i suoi dipendenti debbano esplicare per 
Vesecuzione dell'opera. Che la legge preveda e regoli 
una ingerenza da parte dello Stato e con l'intervento 
non solo del Ministero del Lavoro, ma anche di quello 
dei LL. PP. e dell'.Agri coltura (art. 59), che limita 
e riduce la minimo la discrezionalit� del concessionario 
per ogni ramo di attivit�, non elimina tuttavia la 
iniziativa di detto concessionario e la sua autonomia 
e, quindi, in derivazione, la sua qualit� di esclucivo 
ed effettivo soggetto del rapporto di lavoro con gli 
addetti al cantiere, siano essi funzionari che semplici 
operai, i quali, in conseguenza al concessionario 
del cantiere e non mai allo Stato restano giuridicamente 
collegati. 

� solo nel concessionario predetto che si accentra 
la responsabilit�, come conseguenza del rapporto 
di lavoro che lo lega al proprio dipendente, per 
l'infortunio che abbia colpito il dipendente medesimo 
nell'esercizio delle mansioni allo stesso affidate. 

La legge 20 aprile 1949, n. 264, cos� come � reso palese 
nella sua intitolazione, ha lo scopo dichiarato di 
provvedere �in materia di avviamento al lavoro e di 
assistenza dei lavoratori involontariamente disoccupati
�. 

Dunque cc avviamento al lavoro � e � assistenza dei 
lavoratori >> sono i fini propri delle legge nel quadro 

della specifica competenza propria della Ammini


strazione del Lavoro. 

Esaminando da vicino la predetta legge, essa, in 
particolare, nel titolo I (art. 1 a 6) provvede all'istituzione 
della Oommissione Oentrale e dei Oomitati 
per l'avviamento al lavoro e ne fissa i compiti e le 
attribuzioni, sopprimendo i precedenti organismi in 
materia. 

Il titolo II (artt. 7 a 18), in tre capi, regola la 
disciplina del collocamento -definita �funzione 
pubblica� (art.� 7) -attraverso lo specifico avviamento 
al lavoro e la determinazione dei compiti 
degli organi del collocamento, tutelandone anche lo 
svolgimento e l'organizzazione a mezzo di apposite 
norme. penali. 

Il titolo III (artt. 30 a 44) tratta dell'assistenza 
economica ai lavoratori involontariamente disoccupati, 
stabilendo le disposizioni in ordine alla assicurazione 
obbligatoria, agli assegni integrativi della 
indennit� di disoccupazione ed ai sussidi straordinari. 

Ool titolo IV (art. 45 a 65) la visuale si allarga 
e le attribuzioni del Ministero diventano pi� dirette 
e pi� ampie, perch� l'avviamento al lavoro e l'assistenza 
del lavoratore, si trasferiscono su di un piano 
di maggiore concretezza, in quanto sono rivolti all'addestramento 
professionale degli apprendisti artigiani, 
dei lavoratori in soprannumero e dei disoccupati. 
Sono sempre compiti di assistenza, ma che 
abbracciano una pi� ampia visuale e si rivolgono all'educazione 
in senso lato del lavoratore. � per cos� 
dire un avviamento qualificato, che si svolge attraverso 
corsi per disoccupati, che possono essere 
anche promossi direttarnente dal Ministero del Lavoro, 
ma che -almeno di regola; -sorgono su iniziativa 
di altre amministrazioni (Oomuni ed altri 
enti, associazioni etc) e corsi aziendali di riqualificazione 
affidati a determinate imprese industriali. 

Ora, proprio perch� il fine che si prefigge la legge, � 
pur sempre quello perseguito dal Ministero del Lavoro, 
ed � pi� segnatamente rivolto allo ((avviamento 
al lavoro � ed all'cc assistenza dei lavoratori involontariamente 
disoccupati �, � pi� che evidente che lo 
svolgimento concreto di tutte le attivit� contemplate 
nella legge, deve svolgersi e svilupparsi con la presenza 
continua ed immanente del Ministero del Lavoro, 
mentre attraverso i vari uffici centrali e periferici 
deve necessariamente filtrare la massa dei lavora.
tori, che pu� essere avviata al lavoro e, in senso 
lato, assistita. E ci� perch� � proprio questo il compito 
che � affidato alla Amministrazione del Lavoro, 
la quale mancherebbe alla sua ftmzione se non seguisse 
il lavoratore, anche dopo la sua assunzione, 
cercando di preservarlo dalla disoccupazione. 

Nel quadro della materia trattata dal titolu I--V 
della legge, circa l'addestramento professionale dei 
lavoratori, � inserito armonicamente l'istituzione dei 
cantieri scuola (capo V), i quali sono promossi d'i



~FE?ZFFWf%i7?7777H ~FE?ZFFWf%i7?7777H 
-105 


t rettamente, ma, il pi� delle volte, solo autorizzati, 
dal Ministero del Lavoro, di intesa con i Ministeri 
dell'Agricoltura e dei LL. PP., e merJ,tre assolvono 
a quelle che sono le peculiari finalit� proprie della 
AmministraziorJ,e, come gi� detto, rJ,ell'avviamerJ,to al 
lavoro e rJ,ell'assistenza al lavoratore, perseguorJ,O al 
tempo stesso finalit� che sono fuori dei compiti specifici 
e delle attribuzioni dell'Arnministrazione sudde.
tta. 
Questi cantieri-scuola, invero, svolgono attivit� forestale 
e vivaistica di rimboschimento di sistemazione 
montana e di costruzione di opere di pubblica 
utilit� (art. 59). Essi, in altri termini, consentono 
l'avviamento al lavoro dei disoccupati attraverso 
l'esecuziorJ,e di particolari opere pubbliche, 
di spettanza dei Ministeri della Agricoltura e delle 
Foreste e dei Lavori Pubblici. Ai quali, cc nell'ambito 
delle rispettive competenze, � demandato il compito 
della approvazione dei progetti, della sorvegliarJ,za 
tecnica e del collaudo delle opere eseguite nei cantierin 
(art. 59, 20 comma), fornerJ,do altres� ccl'assistenza 
tecnican (art. 59, 30 comma), mentre al MirJ,istero 
del Lavoro SOrJ,O attribuite le sole modalit� organizzative 
(art. 59 50 comma). 
La concessiorJ,e ad aprire i predetti cantieri-scuola, 
pu� essere accordata sia a privati proprietari di terreni 
da rimboschimerJ,to, sia ad amministrazioni pubbliche, 
comuni, enti, consorzi, etc. (art. 60). � opportuno 
per altro avvertire che l'apertura del cantierescuola, 
anche quando la sua istituzione � promossa 
dal Ministero del Lavoro, vierJ,e sempre concessa ad 
altri e non � mai direttamente gestita dal Ministero 
medesimo. 
Infine (capo VI del titolo IV) al finanziamento 
dei predetti cantieri-scuola, provvede il ripetuto Ministero 
del Lavoro, di intesa corJ, quello del Tesoro, 
attingendo ad un fondo speciale (art. 63), costituito 
appunto per la ccqualificazione, il perfezionamento, 
e la rieducazione dei lavoratori italiani >>. 
Da tutto quanto precede risulta che ben chiari ed 
esattamente delimita.ti sono i compiti, che in materia 
sono affidati all'Amministrazione del Lavoro, compiti 
che restano circoscritti soltanto a quelli che rientrano 
nelle specifiche competenze, che segnano l'ambito 
preciso di attribuzione entro il quale pu� spingersi 
l'attivit� dell'Amministrazione medesima. 
La quale, in sostanza, attraverso l'opera assidua 
dei propri uffici centrali e periferici, pro1nuove pur 
sempre l'avviamento al lavoro e l'assistenza del 
lavoratore. La quale assistenza -come � ovvio e 
come � nelle finalit� della legislazione fo materia si 
svolge, anzi deve svolgersi, anche dopo che il lavoratore 
ha trovato impiego COrJ,Creto. Ma ci� posto 
� a.rJ,cora di assoluta evidenza che i compiti e le attribuzioni 
del Ministero del Lavoro, non possorJ,o 
scorJ,finare dai loro limiti naturali e rJ,on possono 
profilarsi se non come avviamento al lavoro eassistenza 
del lavoratore. 
Restringendo il discorso ai carJ,tieri-scuola, arJ,che 
quando questi siano promossi dal M foistero del Lavoro, 
� pur certo che le attribuzioni di questo devono 
intendersi limitate ad otterJ,ere, dopo lo specifico collocamento 
in cantiere del lavoratore, che questo riceva 
quell'addestramento e quella qualificazione che 
rientrano rJ,ei firJ,i persegui# dalla A mmfoistrazione 

del Lavoro, e rispetto ai quali si inserisce, con carattere 
strumentale, il particolare finanziamento, che, 
sempre a quei fini, e solo a quei fini � orientato. 

L'interesse cio� .alla esecuzione di quelle opere 
che il cantiere esegue nel campo del rimboschimento 
e delle opere pubbliche in genere"' e la 'ff!lati'Va assistenza 
tecnica, che certamente � fuori della competenza 
dell'Amministrazione del Lavoro, possono riferirsi 
solo ad altre Amministrazioni o Enti, ma giammzi 
alla stessa amministrazione del lavoro. E quel 
che pi� conta � che il rapporto che si crea tra questa 
ed il lavoratore, avviato al cantiere, � comunque un 
rapporto che gravita sul piano sociale dell'assistenza, 
che � nei fini dell'Amministrazione medesima, ricevendo 
una precisa e pntuale qualificazione e configurazione, 
che di per s� stessa esclude, nella marJ,iera 
pi� assoluta, la sussistenza di un rapporto di lavoro, il 
quale invece si stringe solo fra il lavoratore ed il privato 
o l'ente ai quali � stata assentita la concessione delle 
opere, e che queste esegue a mezzo del cantiere, nel 

proprio esclusivo interesse. 

Si deve quindi ritenere che non possa sussistere 
un rapporto di impiego o di lavoro tra gli operai 
.al cantiere e l'Ammfoistrazione del lavoro, n� questa 
pu� considerarsi resporJ,sabile, degli fofortuni verificatisi 
a danrJ,o degli operai stessi. 

E se a termini delle istruzioni ministeriali sui 
cantieri-scuola cc il Mfoistero esercita la propria alta 
m'gilanza su tutto il funzionamento dei cantieri 
sia direttamente, che a mezzo dei competenti uffici 
del lavoro e della massima occupazione�, tale �vigilanza 
non pu� condurre a diversa soluzione. Ove 
si tengano presenti le� finalit� che in materia devorJ,o 
essere perseguite, e ben giusto che il Ministero eserciti 
questa alta vigilanza svl funzionamento dei cantieri. 

Al Ministero, invero, interessa che gli operai vengano 
avviati al la'Coro secorJ,dO determinati criteri, 
ai quali deve presiedere ed interessa ancora che i 
cantieri stessi attuino irJ, concreto quelle funzioni 
sociali per cui vengono costituiti attraverso apposite 
COrJ,cessiorJ,i, di rieducazione e qualificazione del 
lavoratore, combattendo peraltro la disoccupazione. 

Del resto il fatto stesso che si parla di vigilanza, 
sta a significare che esiste una distinzione fra chi 
vigila e chi, come concessionario, esegue le opere nel 
proprio interesrn assumendo alla propria dipendenza 
le persone che vengono avviate al lavoro dagli 
vffici competenti. 

L'esercizio stesso di UrJ, controllo, comporta una 
necessaria duplicazione fra chi lo esercita e chi lo 
subisce. Ed � con quest'itltimo, comunque, che si crea 
il rapporto di lavoro, ed � su quest'ultimo soltanto 
che pu� ricadere la responsabilit� di cui all'articolo 
2049 e.e. 

N� pu� d'altro canto disconoscersi che detta vilanza 
trova una spiegazione arJ,che nel fatto che il 
Ministero del Lavoro � ente finanziatore e come tale, 
ha interesse precipuo all'andamento delle opere in 
maniera che i fini perseguiti possano trovare pratica 
attuaziorJ,e e che il denaro pubblico che viene erogato 
attraverso il finanziamento riceva puntvale . destinazione, 
secondo l'fotento legislativo. 

Quanto alla vigilanza tecnica rispetto ai lavori, 
� da rilevare che, come abbiamo visto, essa � esercitata, 
anche attraverso specifica assistenza, dai Mini



o:-106 


steri dell'Agricoltura e delle Foreste e dei LL. PP. 
(art. 59, II-e, legge n. 264), i quali provvedono a 
costituire anche <cl' Ufficio Tecnico vigilatoren, di cui 
parlano dette istruzioni, nell'ambito delle relative 
competenze nel settore del rimboschimento e della 
esecuzione delle O'Jj.ere pubbl.iche. Il che peraltro come 
� anche evidente -non potrebbe neppure condurre 
ad una responsabilit� di dette amministrazioni, 
in quanto -giova ripeterlo -la responsabilit� 
di cui sopra pu� sussistere solo a carico del concessionario 
ed esecutore delle opere, con U quale si 
costituisce il rapporto di impiego o di lavoro. 

N � possono indurre in contrario avviso le �assunzioni)) 
degli allievi dei cantieri di cui parla la legge, 
e circa la tenuta di un registro di presenza, solo che 
si consideri che la cos� detta assunzione non � altro 
che 'U.na forma di avviamento al lavoro, mentre il 
registro di presenza � indispensabile per poter seguire 
il movimento degli operai e regolare, conseguentemente 
la specie concreta di assistenza, che viene 
esplicata sempre allo scopo di aiutare i disoccupati 
involontari. 

Ci troviamo, in altri termini, proprio in presenza 
di specifici compiti ed attribuzioni del Ministero 
del Lavoro, l'esercizio dei quali non vale comunque 
a svisare il rapporto fra detto Ministero ed il lavoratore, 
che permane nel vasto � campo dell'assistenza 
sociale. 

Torna opportuno, infine, porre in rilievo che le 
�Norme di gestione)) ministeriali, che regolano la 
attivit� dei �predetti cantieri stabiliscono espressamente, 
e non a caso (n. 2), che l'ente gestore assume 
appunto a proprio nome e nel proprio interesse la 
gestione del cantiere ed ogni conseguente responsabilit� 
verso i terzi, esclusa peraltro ogni responsabilit�. 
di rivalsa verso l'Amministrazione del 
lavoro. 

8e il Ministero del Lavoro accorda concessioni di 
cantieri di rimboschimento, a termini della legge 
21 aprile 1949, n. 264, tuttav'ia la propria azione 
resta circoscritta da un lato all'avviamento al lavoro 
ed all'assistenza del lavoratore, secondo i suoi 
compiti istituzionali, e dall'altro alla vigilanza che, 
oltre che dall'interesse dell'esatta e concreta attuazione 
dei fini perseguiti, deriva dalla funzione di 
finanziatore delle opere, voluta dalla legge, nella visione 
di un particolare interesse di carattere generale, 
che comunqu,e sempre da qii.el compito di assistenza 
procede. 

T. L. G. 
IMPOSTA DI REGISTRO -Atti dichiarati nulli 


Restituzione della imposta -Estremi. (Tribunale di 

Napoli, 14 novembre 1958; Pres.: Cesara; Est.: Liguori; 

Tozzoli Giuseppe c. Finanze). 

A norma dell'art. 14 n. 2 della legge di registro 
30 dicembre 1923, n. 3269, la restituzione della 
tassa,� nel caso di atti dichiarati giudizialmente 
nulli, � consentita sempre che la nullit� dell'atto� 
insorga cc indipendentemente dalla volont� e dal 
consenso delle parti )), � 

IN TEMA DI RESTITUZIONE DI IMPOSTA DI REGISTRO 

Con normq, a carattere generale l'art. 12 del R.D. 

30 dicembre 1923, n. 3269, che approva la legge 

del registro, dispone che.. le tasse regolarmente percette 

in conformit� della legge cc non possono essere resti


tuite in caso di riforma, risoluzione, rescissione o 

anche per effetto di condizione risolutiva alla quale 

l'atto o il trasferimento si trovasse vincolato, n� per 

qiwlsiasi altro evento itlteriore, fuorch� nei casi pre


visti dalla legge stessa )), Ed i casi che la legge prevede 

sono poi quelli indicati nel successivo art. 14, ove 

al n. 2 si dichiarano eccettuati dalla disposizione 

dell'art. 12 � gli atti dichiarati nulli, con sentenza 

pronunziata in contraddittorio fra i contraenti e 

passata in giudicato, per vizio radicale che, indi


pendentemente dalla volont� e dal consens-0 delle 

parti, induca la nullit� dell'atto fin dalla sua 'originen. 

L'UcKMAR: IJa legge del registro, 50 ed., vol. I, 

pag. 225) si chiede se quell'inciso �indipendente


mente dalla volont� e dal consenso delle parti n vada 

riferito al vizio dell'atto o alla nullit�. E dopo aver 

posto in luce che la dottrina e la giurisprudenza 

sono al riguardo discordi, osservq, che quell'incJ,so, 

secondo la dizione letterale e la sintassi, dovrebbe 

ritenersi si riferisca� alla nullit�: <e in altre parole, 

si tratterebbe di nullit� che sorge indipendentemente 

dalla volont� e dal consenso delle parti n. Ma, trat


tandosi di vizio radicale, l'atto � affetto da nullit� e non 

da annullabilit�., e quindi nessuna infiuenza pu� 

avere la volont� delle parti; ed invero non si comprende 

quali nitllit� possano essere sanate dal consenso 

delle parti. <e Ed allora, se l'interpretazione letterale 

della legge toglie alla stessa qualsiasi significato 

ragionevole, sembra accettabile l'interpretazione di 

coloro che, pur non rispettando la sintassi, ritengono 

che l'�iciso .~i riferisca al vizio radicale, e cio� che 

il leg�islatore abbia. voluto indicare quel vizio a dar 

vita al qiwle siano rimasti assolutamente estranei il 

consenso e la volont� clelle parti )), 

Nella fattispecie sottoposta al giudizio del Tribunale 
di Napoli tal Tozzoli Giuseppe, con atto per notar 
De Maria da Cqpaccio in data 12 settembre 1951, 
vendeva 340 ettari di terreno, in agro si Canosa di 
Puglie, alla societ� cooperativa <<Contadini Ass�ciaM 
)) per il prezzo di lire 63 milioni. Nell'atto veniva 
dichiarato che le parti intendevano avvalersi 

.delle disposizioni di cui al D.L. 24 febbraio 1948, 

n. 114 sulla piccola propriet� contadina, in quanto 
la cooperativa acquistava al solo scopo di suddividere 
ed assegnare il terreno ai propri soci, lavoratori 
agricoli. L'ufficio del registro di Agropoli, cui veniva 
presentato l'atto per la registrazione, scontava l'imposta 
nella misura ridotta di cui all'art. 1 del menzionato 
decreto; ma in seguito, rilevatosi che le parti 
avevano omesso di presentare, al momento della reg'istrazione, 
i prescritti documenti di cui alle lettere 
a) e b) dell'art. 1 citato, e riconosciutasi dovuta la 
imposta normale, se ne faceva liquidazione e si notificava 
ai contraenti apposita ingiunzione di pagamento. 
In sede di decisione sulla opposizione alla �ingiunzione 
il Tribunale rileva, che al tempo della vendita, 
era in vigore la legge 21 ottobre 1950, n. 841 sullo 
scorporo dei latifondi, in esecuzione della quale fu 


-107 -. 


emanato il piano di espropriazione del 25 aprile 1951 

che comprendeva anche il terreno oggetto della stipula. 

. E pertanto, in presenza della norma imperativa che 
lo destinava ad un determinato uso di utilit� pubblica, 
era evidente che il bene sottratto veniva alla 
libera contrattazione. E gi� altra sentenza, passata in 
cosa giudicata, aveva ritenuto e dichiarato la nullit� 
assoluta e radicale della menzionata vendita per illiceit� 
della causa, essendosi rilevato che da essa risultava 
l'intento espressamente dichiarato dalle parti di 
far conseguire alla contraente societ� cooperativa, in 
elusione alle norme imperative sullo scorporo, l'assegnazione 
dei terreni. Conseguentemente il Tribunale 
crede di dover dichiarare fondata la opposizione, 
ai sensi dell'art. 14 n. 2 della legge del registro, in 
quanto se le imposte di registro devono essere restituite, 
ove si tratti di atti dichiara.ti nulli con sentenza 
pronunziata in contradditorio tra i contraenti e passata 
in giudicato, per vizio radicale che, indipendentemente 
dalla volont� e dal consenso delle parti 
induca la nullit� dell'atto fin dalla sua origine, sarebbe 
un assurdo pretenderne il pagamento per poi 
consentire l'esercizio del diritto al rimborso. Ed in 
tal modo si presta quindi anche dal Tribunale adesione 
alla interpretazione del citato art. 14, n. 2, 
nel senso che l'inciso ccindipendentemente dal consenso 
e dalla volont� delle parti>> vada a riferito alla 
nullit� e non al vizio dell'atto. 

* * * * 

Sulla asserita assurdit� che dall'amministrazione 
si pretenda il pagamento della imposta liquidata per 
poi consentire l'esercizio del diritto al rimborso, vale 
riportare quanto � detto ultimamente fia GuGLIELMI 
e A.zzARITI:. Le imposte di registro, Torino 1959, 
pag. 199;. i quali esaminano il caso che uno degli 
eventi indicati dall'art. 14 in esame intervenga prima 
della registrazione dell'atto, ed affermano che se esso 
era soggetto a registrazione in termi.ne fisso, deve 
egualmente farsene registrazione con pagamento della 
imposta e delle eventuali sopratasse, salvo il diritto 
alla restituzione della sola imposta., ove sia tempestivamente 
richiesta, perch� � da escludersi ceche il 
debito d'imposta possa compensarsi col credito derivante 
dal diritto alla restituzione, il quale deve 
essere riconosciuto da.ll'amministrazione, in persona 
dell'organo competente, che non � il procuratore del 
registro, il quale mai potrebbe registrare un atto 
senza riscuotere l'imposta dovuta�. 

Per l'art. 11 le tasse stabilite dalla legge sono dovute 
anche nei casi di registrazione di atti comunque, 
nulU salva la restituzione nei casi espressamente indicati' 
dall'art. 14. E le tasse d�i registro regolarmente 
percette, lo abbiamo visto, non possono essere restituite 
in caso di riforma, risoluzione, rescissione o anche 
per effetto di condizione risolutiva alla quale l'atto o 
il trasferimento si trovasse vincolato, n� per qualsiasi 
altro evento ulteriore, fuorch� nei casi previsti dalla 
legge stessa. Il principio che l'imposta � dovuta su 
tutti gli atti comunque nulli ~ valido in ogni caso, e 
non � vulnerato dalla possibilit� di ottenerne il rimborso 
nei casi espressamente indicati, ma ne � 
solo temperato: q�indi non appare esatta (BERLIRI: 
Le leggi del registro, Milano, 1947 pag. 312) la 

formulazione dell'art. 14 che considera le sue disposizioni 
come delle eccezioni al principio formulate nel 
precedente art. 12 ccquasi che, per i casi in esso contemplati, 
l'atto nullo non fosse soggetto a registrazione 

o p-0tesse venir registrato senza il contemporaneo pagamento 
del tributo. Il rimborso d�ll'impo!Jta si pone, 
piuttosto, come una eccezione al principio della irrilevanza, 
ai fini della imposizione, di elementi estranei 
all'atto�. 
* * * 

Quanto alla interpretazione che dalla sentenza del 
Tribunale di Napoli viene data all'art. 14 n. 2, la 
decisione trova un precedente conforme in quella della 
Commissione Centrale� delle Imposte n. 1449 del 
14 marzo ,1949, ove alla pari � detto che: cc per nullit� 
indipendenti dalla volont� e dal consenso delle 
parti devono intendersi le cosiddette nullit� assolute, 
anche se vi abbiano dato causa le parti �. 

Lo JAMMARINO: Commento alla legge sulle imposte 
di registro, Torino 1959, pag. 46, nota 7, 
pone in luce che per la Cassazione invece l'espressione 
cc indipendentemente dalla volont� e dal consenso delle 
parti � va riferita all'esistenza del vizio e non gi� 
al prodursi della nullit�, ossia alla causa e non all'effetto 
della nullit�; e poi riferisce quel che in merito 
� detto dal LINTAS: Lezioni per il corso dei volontari 
dell'amministrazione delle tasse, 1950, dispensa 
V, pag. 4, il quale crede di dover chiarire che cela 
frase nullit� radicale indipendente dalla volont� 
e dal consenso delle parti ha attraversato due fasi 
storfohe: nella prima, la frase venne interpretata nel 
senso che dovesse trattarsi di ccatti che non si potessero 
sanare con la volont� delle parti �; nella seconda, 
nel senso che dovesse trattarsi di ccatti che non 
furono posti in condizioni di nullit� per volont� 
delle parti�. E, ci� premesso, il citato autore dichiara 
di ritenere preferibile l'accoglimento di cc una teoria 
intermedia la quale, basandosi sulla volont� contrattuale 
(questo � in fondo lo scopo della legge), esclude 
dal rimborso solo i casi nei quali la nullit� sia stata 
cosciente ad entrambe le parti contraenti�. E lo JAMMARINO 
dice di convenire pienamente in tale interpretazione 
che, a suo giudizio, inquadra rettamente i 
termini della questione. 

Giova al riguardo ricordare che la legge di registro 
21 aprile 1862, dopo avere con l'art. 77 stabilito che 
non si facesse luogo alla restituzione di tasse percette 
sugli atti dei quali per q1talsiasi causa fosse 
pronunziata in giudizio la nullit� e la rescissione, 
aveva eccettuato col successivo art. 58, tra gli altri, 
<<gli atti e contratti dichiarati nulli con sentenza 
pronunziata in contraddittorio e passata in giudicato 
per vizio radicale induttivo delle nullit� dell'atto sin 
dalla sua �origine�. In base a questa disposizione si 
era ritenitto che, ove il vizio radicale indncesse la 
nullit� dell'atto sin dalla sua origine, si dovesse, ai 
sensi del citato art. 78, concedere la ripetizione della 
tassa, e che la regola generale della non r�ipetibilit� 
della tassa, di cii.i al precedente articolo, si d~vesse 
limitare a quei vizi i quali non inducevano lct nullit� 
dell'atto fin dalla sua origine. Il legislatore del 1866, 
per�, espresse un diverso volere. Con l'art. 10 del 
decreto luogotenenziale 14 luglio 1866, n. 8121 si 
dispose in termini lati non doversi restituire la tassa 


.-108 


�in caso di risoluzione, rescissione o riforma anche 
per effetto di condizione risolutiva alla quale l'atto 

o il trasferimento si trovasse espressamente vincolato�; 
con l'art. 11 n. 2 si eccettuarono bens� da tale regola 
gli atti nulli, ma si circoscrisse siffatta eccezione nei 
termini seguenti: cc gli atti dichiarati nulli con sentenza 
pronunziata in contraddittorio fra i contraenti 
e passata in giudicato per vizio radicale che, indipendentemente 
dalla volont� e dal consenso delle parti, 
induca la nullit� dell'atto fin dalla sua origine,,, e 
tale disposizione fu poi riprodotta nel Testo unico 
delle leggi sulle tasse di registro 20 maggio 1897, 
n. 217. A seguito pertanto dell'aggiunta dell'inciso, 
indipendentemente dalla volont� e dal consenso 
delle parti, si � allora osservato che il criterio ex 
. nunc et ex tunc non rimane pi� da solo a regolare 
la ripetizione della tassa pagata, ma che vi deve 
entrare anche l'altro della possibilit� o meno che l'anzidetta 
nullit� venga sanata per conferma o ratifica 
delle parti, e che � appena necessario accennare che, 
semprech� il vizio dell'atto possa essere tolto per 
conferma o ratifica, non possa dirsi indipendente dal 
consenso e dalla volont� delle parti, le quali vi possono 
rinunziare come meglio credono. 

Ed in applicazione della norma cos� ora esaminata 
la Cassazione di Roma (5 luglio 1920, in cc Foro It.>>, 
1920, I, 913) ha deciso che rer la ripetizione della 
tassa pagata per un atto poi dichiarato nullo si richiede 
che il vizio dell'atto sia radicale, indipendente 
dal consenso e dalla volont� delle parti, e inducente 
la nullit� dell'atto stesso fin dalla sua origine;' per 
t�l modo tutte le nullit� derivanti da vizio di capacit� 

o di consenso ne rimangono escluse, essendo esse 
tutte sanabili per conferma, e vi rimangono compresg 
soltanto le nullit� estrinseche derivanti da inosservanza 
di formalit�. La legge ha cio� inteso riferirsi 
alla nozione della nullit� assoluta, che appunto per. 
vizio originario e attinente all'essenza dell'atto importa 
la inesistenza giuridica dell'atto stesso, e senza 
che l'effetto della nullit� dipenda dalla volont� delle 
parti, le quali non siano in facolt� di sanarlo con 
atti confermativi: occorre insomma che il vizio si 
attenga ad alcuno degli elementi costitutivi intrinsechi 
e formali di un negozio gforidico. 
La stessa autorit� giudiz�aria (Cassazione; Roma 
17 maggio 1920, in �Foro It. ,,, 1920, I, 490) fa poi 
una analisi critica della norma, e pone in luce che 
se si dovessero ricondurre ad un principio logico 
generale le diverse categorie di eventi che, per l'art. 11 
della legge di registro, rientrano nelle eccezioni alla 
regola della non restituzione delle tasse regolarmente 
percette, si sarebbe imbarazzati ad indicare una norma 
che funzionasse come criterio uniforme di determinazione 
dei .casi compresi in quelle categorie e, soprattutto 
a dare una plausibile ragione di giustificazione, 
dell'esclusione degli atti annullabili dal beneficio della 
eccezione. Invano si tent� di trovarla nel concetto informatore 
della tassa ifi registro, dicendo che questa, 
avendo di mira il contenuto e gli effetti giuridici 
dell'atto, permette la restituzione solo quando manca 
la esistenza legale della convenzione, quando nibil 
actum est. 

La logica giuridica e il concetto informatore della 
tassa di registro non avrebbero consentito alternativa 
diversa da quella racchiusa in questi due termini: 

o mantenere in tutto il suo rigore il principio della 
non restituzione delle tasse regolarmente percette, per 
qualunque causa e con qualunque effetto l'atto fosse 
venuto successivamente a cadere nel nulla; o, una 
volta adottato il temperamento deUa restituzione per 
gli atti dichiarati nulli�� con sentenza, comprendervi 
indistintamente tutti gli atti o assolutamente nulli o 
semplicemente annullabili. 
I concetti fondamentali della legge di registro re


sisterebbero alla restituzione della tassa regolarmente 

percetta sugli atti poi dichiarati nulli, perch� una 

volta applicata regolarmente la tassa sopra un atto, 

ogni rapporto tra Finanza e contribuente in ordine 

all'avvenuta tassazione resta consumato, n� pu� ri


sorgere a causa delle ulteriori sorti dell'atto, che non 

riguardano la Finanza. Se la legge ammette ecce


zionalmente la res#tuzione per taluni casi di nullit� 

rivelatisi dopo la confezione e registrazione dell'atto 

� per una ragione di equit�, non essendo sembrato 

giusto che le parti dovessero sopportare la tassa di 

registro rer atti da cui non avevano tratto alcun 

profitto, e di fronte a questa ragione di equit� non 

avrebbe dovuto funzionare come criterio di differen


ziazione la distinzione tra atti nulli e atti annullabili. 
N� a giustificazione della limitazione del temperamento 
alle nullit� assolute importanti inesistenza giuridica 
dell'atto, basterebbe il solito argomento del 
pericolo delle frodi in danno dell'erario, perch�, da 
una parte, sarebbe un caso troppo raro a verificarsi 
quello di due parti che, venute nella determinazione 
di risolvere un contratto per ottenere la restituzione 
della tassa pagata o per evitare il pagamento di altra 
tassa sopra l'atto di risoluzione in quanto operativo 
di retrocessione, ricorressero all'espediente costoso, e 
non sempre di esito sicuro, di pro11ocare d'accordo 
una sentenza �coll'osservanza di tutte le condizioni 
volute dall'art. 11, n. 2, e dall'altra, la limitazione 
del temperamento ai casi di nullit� assoluta 
non basta per la tutela dei legittimi interessi 
dell'amministrazione minacciata dal segnalato peri, 
colo della collusione di due parti apparentemente 

litiganti. Non si sa vedere, per esempio, come 

e perch� quel pericolo sussista e debba preoccu


pare nel caso di dichiarata nullit� di un contratto 

per violenza che abbia viziato il consenso (vis com


pulsiva) e non nel caso di violenza fisica (vis ab


soluta) che esclude addirittura il consenso e rende 

il contratto giuridicamente inesistente. Le parti pos


sono ben mettersi d'accordo per larvatamente stabi


lite e fare funzionare come causa di nullit� tanto 

una vis compulsiva quanto una vis absoluta. 

Ma tuttavia si pone in luce che la irrazionale e 
incoerente norma restrittiva del temperamento equitativo 
ai casi di nullit� di pieno diritto (inesistenza 
giuridica) trov� posto nella legge italiana di registro, 
calcata sulla legge francese del 22 frimaio, anno VII. 

Il sistema della legge francese era informato all'angusto 
ed ingiusto concetto che la nullit� di un 
atto fosse sempre imp1ttabile, come una colpa personale, 
a coloro i quali avevano concorso a formarlo, 
e che essi dovessero sopportare la pena� del loro fallo 
con il pagamento della tassa senza speranza iti resti"' 
tuzione: concetto che aveva il suo cardine nella norma 
dell'art. 60 della legge 22 frimaio' anno VII, riprodotta 
testualmente nell'art. 76 della legge 21 aprile 


109 


1862, e che esercit� una perniciosa infiuenza sul 
temperamento che a quella rigida ma razionale e 
. prudente norma si cred� giusto di portare, tanto che 
la legge francese neppure consentiva restituzione di 
tassa percetta sopra un'aggiudicazione giudiziaria dichiarata 
nulla con sentenza, e perch� fosse ammesso 
un tal caso di restituzione ci volle il noto parere 
22 ottobre 1808 del Consiglio di Stato, il quale fu, 
alla sua volta, tanto restrittivamente interpretato e 
applicato dalla giurisprudenza francese, in ossequio 
agli insegnamenti di M erlin, da far negare la restituzione 
della tassa nel caso di immobili appartenenti 
a minori di et� e aggiudicati al foro tutore, nonostante 
la intervenuta declaratoria di nullit� assoluta della 
aggiudicazione ai sensi degli artt. 450 e 1596 del 
codice Napoleone, se di quei beni vi era stata aggiudicazione 
davanti a un notaio e dovessero cos� dirsi 

non trasferiti mediante vendita giudiziaria. 

Fu cos� che i temperamenti portati alla rigida 

regola della non restitution de tout droit r�guli�


rement per�u furono dominati dal concetto di for


malismo astratto che, dando importanza decisiva 

alla considerazione che gli atti annullabili sus


sistono e producono tutti gli effetti che sono pro


pri alla loro natura finch� non vengano dichiarati 

nulli, vedeva la causa della nullit� di tali atti nella 

azione di annullamento con cui la parte interessata 

si determinava ad investirli e nella sentenza che l'ac


coglieva, e cos� in un volontario ulteriore evento po


steriore alla registrazione. Si neg� cos� la restituzione 

nei casi di nullit� relativa, ammettendola soltanto 

per gli atti nulli di pieno diritto, affetti da nullit� 

assoluta, come, secondo la terminologia della dottrina 

del tempo, si chiamavano gli atti giuridicamente 

inesistenti. 

.A questi concetti, prevalenti al tempo della sua 

compilazione, intese gi� di mantenersi fedelmente 

ligia la legge di registro italiana del 21 aprile 1862, 

e le leggi posteriori crederono di ribadirli e pi� net


tamente formularli coll'aggiungere, dopo le parole vi


zio radicale, la proposizione indipendentemente dalla 

volont� e dal consenso delle parti, la quale sta ap


punto ad esprimere il concetto mutuato dalla legislazio


ne e dalla giurisprudenza francese, che cio� nessuna re


stituzione di tassa pu� essere accordata quando la 

nullit� � di tale natura che dipenda dalla volont� 

delle parti il provocare l'annullamento dell'atto, e 

quando la nullit� � tale da dover essere dichiarata 

dal giudice, producendosi dall'atto tutti gli effetti di 

un atto pienamente valido ed efficace fin quando non 

ne sia pronunziato l'annullamento. 

E dopo cos� avere l'una fatto cenno ai precedenti 

storici della disposizione e l'altra sottopostala ad 

esame critico, le due sentenze della Cassazione di 

Roma sono concordi nel dire che non si fa luogo a 

restituzione di tassa per la intervenuta declaratoria 

di nullit� dell'aMo, ogniqualvolta si tratti di nullit� 

che possa essere sanata con la ratifica o conferma, 

quindi nullit� relativa e non assoluta. E che la re


stituzione della imposta possa solo avere luogo nei 

casi di nullit� assoluta lo dicono anche le altre sen


tenze della Cassazione di Roma 6 luglio 1901 (�Fo


ro It. �1901, I, 1457), 24 febbraio 1908 (ivi, 1908, 

I, 349), 12 febbraio 1912 (ivi, 1912, I, 269), 19 apri


le 1912 (ivi, 1912, I, 938). 

D�i fronte alla ricorrente nullit� relativa, con la 

conseguente possibilit� della sicura valutazione e 

decisione della controversia, potrebbe anche aversi il 

dubbio che non abbia formato specifico oggetto d'esame 

la questione sul se, itel caso di nullit� ass()lU;ta, il 

ricorrere della volont� e del consenso delle parti, che 

eliminerebbero la possibilit� che si ottenga restitu


zione della imposta, vada valutato con riferimento al 

vizio o alla sola nullit� dell'atto. 

Ma che la volont� e il consenso delle parti debbano 

avere riferimento al vizio dell'atto, e non all.a nullit�, 

lo dicono invece espressamente numerose altre deci


sioni giurisprudenziali. E vale qui in merito citare ... 

la sentenza della Cassazione 25 gebbraio 1931 (in 
�. Giur. It. �, 1931, I, 1, 448) ove si afferma che, a 
norma del citato art. 14 n. 2, la restituzione della imposta 
di registro, nel caso di atti dichiarati nulli, 
� consentita quando si tratti di vizio radicale, 
che induca la nullit� dell'atto fin dalla sua origine, 
indipendentemente dalla volont� e dal consenso delle 
parti; ma che peraltro -e ci� in relazione alla lo~ 
cazione di un edificio con l'intesa di destinarlo come 
sede di giuochi d'azzardo -questa condizione non 
sussiste quando le parti stesse abbiano voluto 
concordemente creare il vizio produttivo della 
nullit�. E con la sentenza 22 giugno 1935 (rep. 
�Foro It. � 1935, voce Registro, n. 43-44) la Cassazione 
ribadisce che la disposizione dell'art. 14, n. 2 
�per cui la tassa deve essere restituita quando 
l'autorit� giudiziaria abbia dichiarato la nullit� 
radicale della obbligazione allorch� tale nullit� sia 
indipendente dalla volont� delle parti, va intesa 
�nel senso che la nullit� non debba essere imputabile 

ai contraenti, e che tale non � la nullit� di un con


tratto fondata su causa illecita . 

La Corte di .Appello di Brescia, con la sentenza 
27 marzo 1935 (in �Foro It. �, 1935, I, 1257), in 
aderenza all'insegnamento della Cassazione, decide 
che �a norma dell'art. 14'lil.. 2 della legge di registro 
la restituzione della tassa, nel caso di atti dichiarati 
nulli, � consentita solo quando la causa del vizio 
inducente la nullit� non sia conosciuta e voluta 
dai contraenti �. Perch� non resti frustrato lo scopo 
della legge, � d'uopo che la disposizione che accorda 
il diritto alla restituzione sia mantenuto ne� con�etti 
che la lettera e lo spirito di essa chiaramente designano: 
e � poco monta che l'annullamento del contratto 
esuli dalla previsione delle parti, essendo ragionevole 
supporre che, tranne il caso di simulazione, 
l'intendimento dei contraenti si orienti verso 
la validit� e non verso la inefficacia del mezzo giuridico 
posto in essere �, in quanto � pi� esatto � 
invece il ritenere che, a determinare l'applicabilit� 
dell'eccezionale disposizione di favore relativa alla 
restituzione, occorra che la causa del vizio non sia 
conosciuta e voluta dai contraenti, perch� la imputabilit� 
del vizio funziona, nella specie, da criterio 
limite al diritto di ripetizione �. 


E la detta decisione trova poi, a sua volta, piena 
conferma nella sentenza della Cassazione 1� maggio 
1936 (in cc Foro It. �, 1936, I, 771), che fa r�getto 
del ricorso avverso la stessa proposto, e ove ancora una 
volta si ribadisce che �la restituzione della tassa, 
nel caso di atti dichiar�ti giudizialmente nulli, � 
consentita solo quando la causa del vizio inducente 



-11() -


la nullit� non sia conosciuta e voluta dai contraenti 
sia che la nullit� dipenda da illiceit� della causa 
ovvero, come nella specie, da difetto di forma 
(mandato verbale ad acquistare immobili)''� 

E qui si rileva che la disposizione dell'art. 14 n. 2 
ha gi� formato oggetto d'esame da parte del Supremo 
Collegio, e che si � ritenuto: 

1) che le nullit� le quali, dichiarate giudizialmente, 
danno diritto alla restituzione delle tasse percette 
sugli atti, sono soltanto quelle cosiff,dette radicali 

o assolute, ossia quelle che derivano da difetto di uno 
degli elementi intrinseci o requisiti essenziali richiesti 
, per la esistenza giuridica degli atti, e che si producono 
fin dall'origine senza bisogno di una manifestazione 
di volont�, di una domanda di annullamento 
degli� interessati; � 
2) che non tutte le nullit� radicali o assolute 
sono state contemplate dal legislatore, il quale invece 
ha escluso i casi in cui i contraenti hanno voluto 
l'atto con il vizio che lo inficia e che, pertanto, non pu� 
dirsi indipendente dalla loro volont� e dal loro consenso. 
N � vi � alcun serio motivo per mutare tale indirizzo 
giurisprudenzi"ale, giacch� a favare di co�esta 
interpretazione stanno e la lettera e lo spirito della 
legge. 
Si vorrebbe da al01.mi invero argomentare dalla 
collocazione della espressione � indipendentemente 
dalla volont� e dal consenso delle parti)) per dedurre 
che l'indipendenza della volizione dei contraenti � 
riferita non alla esistenza del vizio, ossia alla causa 
della nullit�, ma al prodursi della nullit�, allo effetto 
cio� della nullit�, il quale deve verificarsi ipso jure 
immediatamente e senza uopo di un particolare com-� 
portamento dell'interessato. 

L'argomento per� non ha pregio, poich� richiedendosi 
che debba trattarsi, per l'applicazione del suddetto 
articolo, di �vizio radicale che induca la nullit� 
dell'atto fin dalla sua origine))' non era davvero necessario 
che il legislatore aggiungesse la nota espressione 
per significare che la nullit� debba prodursi 
all'infuori della volont� e del consenso delle parti. 
Basta all'uopo considerare che le nullit�, le quali 
per un vizio radicale inficiano l'atto fin dall'origine, 
sono appunto le nullit� cosiddette assolute, che si 
proaucono immediatamente ed ipso jure senza che 
dal consenso e dalla volont� delle parti possa dipendere 
la ratifica o meno dell'atto viziato; cosicch� 
non occorreva che il legislatore con� quell'inciso in 
esame esprimesse un concetto che era gi� reso chiaramente 
noto dalle altre parole usate. E con la lettera 
armonizza lo spirito della legge: poich� �. manifesto 
che il legislatore ha inteso favorire quei contraenti i 
quali sono meritevoli di particolare riguardo in quanto 
non hanno voluto il vizio produttivo della nullit� radicale. 
� noto, infatti, che la disposizione dell'articolo 
14 n. 2 costituisce una eccezione di carattere 
equitativo alla norma generale, per la quale la tassa, 
rappresentando il corrispettivo del servizio che lo 
Stato rende ai privati con la registrazione, � dovuta 
e non � ripetibile per tutti gli atti anche e comunque 
nulli. Ora, � di intuitiva evidenza che il legislatore, 
nel temperare il rigore del principio della irrepetibilit�, 
abbia tenuto presente i casi meritevoli di speciale 
considerazione, ossia� i casi in cui le parti 
non abbiano voluto l'atto nullo, e non anohe quelli 

in citi la nullit� sia stata voluta dai contraenti, 
qual-i con l'atto, sia pure viziato, hanno per� sempre 
inteso conseguire uno scopo pratico. Ed invano si 
fa distinzione tra nullit� derivanti da causa illecita 
e nullit� derivanti da vizio di forma, perch� tanto la 
causa illecita quanto �la forma di rich�esta ad substantiam 
costititiscono elementi essenziali del negozio 
giuridico, la cui mancanza induce sempre la nullit� 
originaria e radicale del negozio stesso. 

Al sicuro indirizzo della Cassazione si adeguano 
poi le corti di merito. La Corte di Appello di Catania 
(2 giugno 1945, Soc. Grandi Alberghi Siciliani c. 
Finanze, inedita) si � occupata della questione se 
un contratto nullo per inidoneit� dell'oggetto potesse 

o meno dare luogo a restituzione della imposta; e 
pur rico'(l,oscendone la nullit� assoluta e radicale, ha 
rilevato che le parti avevano espressamente voluto il 
contratto nullo, nella forma in cui era stato stipulato 
si che la nullit� non poteva dirsi indipendent� dalla 
volont� delle parti, e ha quindi negato il chiesto 
rimborso. La stessa Corte (30 maggio 1945, Firenze 
c. Strano e Mazza Tedeschi, inedita) ha avuto ad 
occuparsi di analoga questione in ordine ad un atto 
di transazione stipulato da un erede beneficiario 
senza l'omologazione del Tribunale. E pur essendosi 
deciso che sussistesse nella specie una nullit� assoluta, 
� stata esclusa la possibilit� del rimborso della 
tassa, giacch� le parti stesse avevano voluto il vizio 
che inficiava l'atto, omettendo deliberatamente di sottoporre 
la transazione all'approvazione del Tribunale. 
E la partecipazione della volont� delle parti alla 
causa di nullit� � stato pii re il motivo fonda mentale 
che ha indotto a negare il rimborso, in un caso in cui 
un falsus procurator aveva venduto ad altri, consapevoli 
della mancanza di procura, un immobile di 
propriet� di un terzo (C. A. V�nezia, 26 marzo 1946, 
Ostan e altri c. Finanze, inedita). 
Vi sono casi in cui la volont� e il consenso delle 
parti si riferiscono tanto al vizio che inficia l'atto, 
quanto come effetto mediato alla nullit� che .ne deriva. 
E in tali casi non pu� esservi dubbio che non competa 
per l'art. 14 n. 2 restituzione di tassa, una volta cltte 
vizio dell'atto e nullit� dello stesso sono dipendenti 
dalla volont� e dal consenso delle parti. N ormalmente, 
ad impedire la restituzione della tassa pagata, 
� sufficiente stabilire che l'annullamento dell'atto non 
� indipendente dalla volont� e dal consenso delle 
parti, senza bisogno di ricercare che non sia anche 
indipendente il vizio che vi d� luogo. Ma, ove la declaratoria 
di nullit� non dipenda dalla volont� e 
dal consenso delle parti, perch� possa ottenersi il 
rimborso della imposta pagata � necessario che da 
quel consenso e da quella volont� sia anche indipendente 
il �izio che alla declaratoria di nullit� ha dato 
luogo. 

Il criterio pi� sicuro per distinguere la nullit� 
radicale e assoluta che valga a legittimare il rimborso 
della imposta sta nello stabilire se sussista possibilit� 
di conferma o ratifica da parte dei contraenti. 
Il che vale quanto dire che la indipendenza dalla 

�volont� delle parti, per configurare� la nullit� legittimante 
il rimborso, deve essere totale: nel �senso -�he 
n� la volont� delle parti deve aver dato luogo alla nullit�, 
n� la volont� delle parti deve poterla sanare. 
In tal senso si � pronunziata sostanzialmente la Corte 


-111


di Appello di Milano (6 novembre 1953, Finanze 

c. Soc. La Ferraglia e American Export Import, 
inedita), che esclude la restituzione dell'imposta in 
un caso di nullit� per violazione di norme imperative, 
osservando che �l� dove le parti abbiano voluto 
concordemente creare il vizio produttivo della 
nullit� o, con pi� precisa enunciazione, l� dove la 
esistenza del vizio risulti imputabile ai contraenti, 
� da dire che questi ultimi, ponendo in essere b.n 
atto sia pure viziato, hanno inteso conseguire uno 
scopo pratico; ed in questo caso la restituzione di 
quanto percetto per la registrazione dell'atto non 
adeguerebbe le conseguenze alla norma, e quindi 
ai principi (artt. 11 e 12) che regolano la materia>>. 
In relazione all'indirizzo giurisprudenziale ora esa


minato � allora necessario riconoscere che la deci


sione discorde del Tribunale di Napoli segna una 

opinione assolutamente isolata ed evidentemente errata 

Si � detto (BERLIRI: Le leggi del registro, op. 
cit., pag. 317) non esatto il ragionamento della Cassazione, 
l� ove da essa si osserva che, se � richiesto ai 
fini della restituzione della imposta il ricorrere di 
un vizio radicale che induca la nullit� dell'atto fin 
dalla sua origine, e cio� di uno de quei vizi che producono 
la nullit� immediatamente ed ispo iure senza 
che possa comunque dipenderne la ratifica dal consenso 
e dalla volont� delle parti, deve anche dirsi 
non ammissibile che l'inciso in esame dell'art. 14 

n. 2 abbia riferimento alla nullit� e non al vizio, 
in quanto� vi sarebbero dei casi�sia pure eccezionalissimi, 
nei quali una nullit� pu� essere sanata: esempio 
classico quello delle donazioni e dei testamenti che 
possono venir ratificati dall'erede che vi abbia dato 
esecuzione (artt. 590 e 799 O.c.)n. 
Ma il testamento non rientra nella categoria giuridica 
del contratto, e la donazione pur essendo un 
contratto non rientra nella sfera di applicazione 
della legge del registro, in quanto � sottoposta invece 
con le successioni ad un proprio ed unico regime fiscale 
Ed � quindi un fuor d'opera ii voler ricorrere ai detti 
due casi, dichiarati eccezionalissimi, e che comunque 
non rientrano nella giuridica orbita d'infiuenza della 
norma in esame, per credersi autorizzati a poter 
comunque attribuire un significato ed una ragione 
giustificativa a quella �richiesta indipendenza dalla 
dalla volont� e dal consenso delle parti n ove la si 
voglia dire, per una mera ragione di sintassi, riferita 
alla nullit� e non al vizio. 

N� vale il dire (BERLIRI, op. loc. cit.) che ((non � 
ben chiaro perch� chi pone in essere un atto nullo, 
sapendo che � nullo, sia meno meritevole di chi lo 
pone ignorando tale nullit�, quasi che l'ignoranza 
potesse essere un merito o il compiere un atto nullo 
un demerito�, e che �ad ogni modo, anche�ad ammettere 
tale originale concezione, per poter accordare il 
rimborso nell'un caso e negarlo nell'altro, bisognerebbe 
considerare l'imposta come una pena, tesi evidentemente 
difficile a sostenersi �, perch�, come anche 
bene � stato precisato, con la regolare applicazione 
e percezione della tassa sopra un atto, ogni rapporto 
tra la Finanza e il contribuente si esaurisce n� co


�munque pu� rivivere a seguito ed a causa delle sorti 
ulteriori di quell'atto. E se il legislatore, in casi eccezionali, 
ammette a favore del contribuente la restituzione 
della imposta pagata, � solo per una ragione 

di equit�, che verr� usata e riconosciuta -c sembra 
a noi ovvio -solo a favore d'i chi lo meriti: e� non 
sono e non possono essere anche in situazione di 
meritare detto provvedimento equitativo quei che abbiano 
coscientemente e volontariarnente dato luogo al 
vizio che poi genera la nullit� del contratto. Non � 
allora l'imposta che va considerata come una pena, 
ma � l'atteggiamento dei contribuenti che pu� non 
essere tale da meritare loro l'agevolazione equitativa 
di ottenere in quei .casi la restituzione dell'imposta. 

GIUSEPPE AZZARITI 

IMPOSTE E TASSE-Sanzioni civili-Estensione della 
responsabilit�. (Tribunale di Genova, Sez. I, Sent. 23 
dicembre 1958 -25 marzo 1959; Pres.: Sgro; Est.: 
Scala -Pimpinelli c. Finanze). 

Le sanzioni civili della sopratassa e della pena 
pecuniaria, anche se inflitte ad una societ�, postulano 
pur sempre una persona fisica respoi;i.sabile 
della trasgressione. Per conseguenza il rappresentante 
della Societ� non pu� considerarsi prima facie 
estraneo all'obbligo di pagare la sopratassa, dovuta 
per violazioni alla legge sull'I.G.E., verificatesi 
durante il periodo in cui egli aveva la rappresentanza 
dell'ente. 

IN TEMA DI SANZIONI CIVILI TRIBUTARIE A CARICO 
DELLE SOCIET�. 

Trascriviamo, nella parte essenziale, la motivazione 
della sentenza: ((Dal rapporto tributario non 
scaturiscono soltanto l'obbligo di pagare e il corrispondente 
diritto di esigere il tributo, quando si 
verifichino i presupposti di fatto stabiliti dal''ordinamento 
giuridico, ma una serie di altri obblighi 
e diritti, di vario contenuto e di varia natura. 
Cos�, allo scopo di rendere possibile e pi� agevoli 
l'ac�ertamento e la riscossione del tributo, e di 
evitare le frodi, il legislatore impone, non solo al 
contribuente, ma anche ad altre persone, speciali 
doveri di cooperazione con l'Ufficio Finanziario, 
la cui trasgressione determina l'applicazione di 
apposite sanzioni, penali e amministrative, previste 
dalla legge. 

In particolare, quando il soggetto d'imposta sia 
un ente collettivo, la persona fisica che ne ha la 
legale rappresentanza (amministratore e liquidatore) 
� personalmente responsabile del preciso e 
tempestivo adempimento degli obblighi tributari 
stabiliti per il soggetto stesso e incorre perci� 
in caso di trasgressione, nelle relative sanzioni, sia 
penali sia amministrative. 

Vero �, per quanto riguarda le sanzioni amministrative 
(sopratasse, pene pecuniare) che le stesse 
hanno carattere di obbligazioni civili e non di reato 
ma esse possono sfuggire al principio penalistico 
della responsabilit� personale, in quanto hanno una 
finalit� fondamentale regressiva, e .soggetto passivo 
della repressione non pu� essere che l'autore 
della violazione. 


-112 


I principi di diritto suesposti si desumono dalle 
norme di legge che disciplinano, sia dal punto di 
vista sostanziale che da quello processuale, l'applicazione 
delle sanzioni fiscali. 

Sotto il primo aspetto, � fondamentale la norma 
contenuta nell'art. 12 della legge. 7 gennaio 1929 

n. 4 per la repressione delle violazioni delle leggi 
finanziarie, che sancisce la responsabilit� indiretta 
degli enti fornit� di personalit� giuridica (eccettuati 
lo Stato, le provincie, i Comuni e gli altri 
enti pubblici) per le violazioni commesse dai loro 
rappresentanti e dipendenti, per le quali sia stabilita 
una sanzione civile pecuniaria. In tali casi, 
a tenore della disposizione in esame, l'ente collettivo 
� obbligato, in solido con l'autore della violazione, 
al pagamento della pena pecuniaria o della 
sopratassa, il che significa che il debito verso la. 
finanza viene contratto personalmente dall'autore 
della violazione, e cio� dal rappresentante o dal 
dipendente dell'ente, cui sia imputabile la trasgressione, 
e che alla responsabilit� dell'ente si 
perviene solo attraverso un procedimento di estensione 
dell'obbligazione. 
Sotto il secondo aspetto, va richiamato l'art. 32 
del R.D. 17 settembre 1931, n. 1608 sulle dichiarazioni 
dei redditi e sulle sanzioni in materia di imposte 
dirette, il quale, ai capoversi secondo e terzo 
recita testualmente: << Agli effetti della disposizione 
dell'art. 12 della legge 7 gennaio 1929, n. 4 (cio� 
quella pi� sopra esaminata), l'avviso relativo alla 
sopratassa o alla pena pecuniaria � notificato sia 
al contribuente, sia all'autore della violazione. 

Contro �'applicazione delle sopratasse e delle 
pene pecuniarie il contribuente e, nel caso preveduto 
nel precedente capoverso, anche l'autore della 
violazione, possono ricorrere alle commissioni amministrative 
nei termini e nei modi stabiliti per i 
reclami in materia di imposta di ricchezza mobile. 
In ogni caso l'accertamento � unico, e quando � 
divenuto definitivo, fa stato contro tutti coloro 
ai quali fu notificato l'applicazione delle sanzioni. 

Nonostante, dunque, le soprattasse si applichino 
con le medesime norme stabilite per l'accertamento 
e la riscossione delle varie imposte a cui, rispettivamente, 
si riferiscono, esse postulano la presenza 
di una persona fisica direttamente responsabile 
della violazione di legge da cui scaturiscono; tale 
persona fisica coincide, ovviamente, con quella 
del debitore d'imposta quando anche questi sia 
una persona fisica, ma ne rimane nettamente distinta 
quando debitore d'imposta sia un ente collettivo, 
appunto perch� diversa � la fonte dell'una 
e dell'altra obbligazione tributaria�. 

Le osservazioni de.l Tribunale di Genova portano 
un interessante contributo alla soluzione di quel rompicapo, 
che � il coordinamento dell'art. 12 legge 17 gennaio 
1929, n. 4 con i precedenti articoli 9 e 10. � 
noto che una parte della dottrina (cfr. CARBONE e 
ToMAsICcmo: Le sanzioni fiscali p. 49) propende 
a ritenere che dell'illecito fiscale commesso dalla persona 
preposta ad U'�;i ente di fatto o di diritto rispondano 
direttamente questi, e non gi� quella persona 
che ha agito come loro organo. La sentenza annotata 
si pone da un opposto angolo di visuale, e investe la 

proposizione: responsabile diretto della violazione �, in 
primo luogo, la persona fisica (cio� colui che ha rappresentanza 
di un ente o � dipendente di un ente); 
responsabile in via solidale, l'ente. Pu� essere di 
qualche interesse rilevare che dallo stesso punto di 
vista si era posto anche il Tribunale di Firenze 
(sent. 6 agosto 1958, Capaccioli est. in << Giur. it. �, 
1959, I, 2, 7709) cos� decidendo: << � individuabile 
un significato dell'art. 12, che non contrasta 
con l'art. 3, e che permette allo stesso art. 12, di 
operare in pieno: con le parole << nei casi preveduti 
nella prima parte degli artt. 9 e 10 �, questa norma 
ha inteso riferirsi alle fattispecie dell'autore materiale 
soggetto all'altrui autorit�, direzione o vigilanza 
(art. 9) ovvero legale rappresentante di persona giuridica, 
debitrice dell'imposta (art. 10). 

� Ed �, quella ora delineata, un'interpretazione 
semplice ed immediata dell'art. 12, perch� suggerita 
dalla stessa lettera. Nella norma si legge: �Nei casi 
preveduti nella prima parte dell'art. 9 e 10 �; e gli 
artt. 9 e 10, non descrivono �casi� di reati contravvenzionali, 
ma, genericamente riferendosi a tutto il 
settore delle contravvenzioni, descrivono, rispettivamente, 
le due accennate fattispecie, in cui le figure 
dell'autore materiale delle violazioni e del debitore 
dell'imposta, anzich� concentrate nella stessa persona, 
sono separate, e l'autore materiale � soggetto all'altrui 
autorit�, direzione o vigilanza oppure � il legale 
rappresentante di una persona giuridica, debitrice 
del tributo. Questi sono i casi degli artt. 9 e 10; e 
ad essi, palesemente, si riferisce l'art. 12 ii. 

L'esame, per�, delle varie leggi tributarie in materia 
di sanzioni, dimostra che soggetto imputabile 
dell'illecito fiscale non � sempre e solo -come ritiene 
il Tribunale di Genova -una persona fisica: molto 
spesso � direttamente la persona giuridica. Si pu� 
anzi, notare che per quest'ultima l'imputazione della 
violazione presuppone, in genere, un obbligo diretto 
tributario, a differenza di quel che accade per la persona 
fisica, che pu� anche rimanere estranea al tributo, 
pur rimanendo assoggettabile alla pena pecuniaria 
o alla sopratassa. Siffatta estraneit�, che permette 
di scindere la persona del << contribuente ii 
dalla persona dell'autore della violazione� � ben chiara 
nell'art. 32 R. D. 17 settembre 1931, n. 1608: ed � 
merito del Tribunale di Genova averla tenuta presente. 
Se un rappresentante di una societ� viola 
una disposizione fiscale, sanzionata da una pena 
pecuniaria, egli risponde direttamente della pena, ma 
non diviene per ci� solo obbligato anche al tributo, 
salvo che non esistano norme espresse, quale, ad 
esempio, l'art. 16 D. L. 27 maggio 1946, n. 436 in 
materia di profitti di guerra. 

Per contro, come si � detto, un ente fornito di personalit� 
giuridica pu� essere imputabile, e assoggettabile 
direttamente a sanzione fiscale (si intende, 
di carattere civile) solo in quanto sia, in pari tempo, 
debitore di imposta. Il Tribunale di Genova, nella 
sentenza qui annotata, sembra esitare ad ammettere 
la possibilit� di considerare imputabile una persona 
giuridica: ma questa esitazione � certamente ingiustificata. 
Non mancano, infatti, casi in cui �-questa 
imputabilit� � riconosciuta dalla stessa legge: e baster� 
ricordare l'art. 64 T. U. 9 maggio 1950, n. 203, 
in materia di imposta patrimoniale progressiva, 


-113 



nonch�, l'art. 41 legge 5 gennaio 1956, n. 1, che 
prevede pene pecuniarie a carico diretto di 'istituti di 

. credito e di societ� per finanziamento. Del resto, non 
si � mai dubitato, in tema di imposte di registro, 
che una societ�, parte contraente in un atto pubblico, 
sia direttamente passibile di pena pecuniaria in 
casi di occiiltamento di valore, giusta l'art. 105 della 
legge del registro. 

Gi� posto, sorge il problema deWeventuale estensione 
della responsabilit� ad altre persone, q11ando 
la violazione sia imputabile direttamente. alla socfot�. 
La dottrina esclude una tale estensione (Dus: 
Teoria generale dell'illecito fiscale, pag. 263; SALERNI: 
Le imposte straordinarie sul patrimonio, 

p. 588), salvo norme particolari, tutt'altro che infrequenti: 
e ricordiamo qui il recente esempio dell'art. 
12, legge 5 gennaio 1956, n. 1, che estende 
l'obbligo della sopratassa per incompleta dichiarazione 
a coloro che l'hanno sottoscritta come rappresentanti 
legali di societ� tassabili in base al bilancio. 
La questione � certamente delicata, ma la sentenza 
annotata suggeristJe alcune osservazioni, degni di 
nota. 'Quando il Tribunale di Genova rileva che le 
norme sulle sanzioni fiscali �postulano la presenza 
di una persona fisica)), centra il nucleo del problema. 
Appunto per il postulato cui accenna il Tribilinale, 
se non soccorressero norme espresse, e cio� gli articoli 
10 e 12 della legge del 1929, sarebbe assai difficile 
estendere la responsabilit� del trasgressore all'ente. 
Ma il procedimento inverso (estensione della. 
responsabilit� dall'ente alla persona fisica), sarebbe, 
in ogni caso, assai meno ostico, giacch� � evidente 
che l'attivit� dell'ente si esplica sempre mediante la 
persona fisica. 

Dovrebbe, in altri termini, ammettersi che il sistema 
della legge del 1929 funzioni nell'una e nella 
altra direzione, estendendone la sanzione non solo 
dall'autore della violazione, persona fisica, all'ente, 
persona giuridica (art. 10 e 12); -ma anche dalla 
societ�, debitrice di imposta e passibile di sanzione, 
alla persona fisica che ne ha la direzione (artt. 9 e 12). 

Giova precisare,,� infine che tale estensione non si 
rifiette necessariamente sul tenore formale dell' ordinanza, 
perch� manca rispetto agii illeciti amministrativi, 
una norma corrispondente all'art. 36 della 
legge del 1929 e all'art. 490 G.p.p. � ovvio, tuttavia, 
che l'indicazione espressa dei vari trasgressori sia 
indispensabile nei casi di violazioni imputabili direttamente 
a pi� persone: ipotesi, appunto, dell' articolo 
11, nettamente diversa dalla estensione dello 
obbligo di pagamento prevista dagli artt. 9, 10 e 12. 

Una analoga estensione �, del resto, legislativamente 
stabilita in alcune leggi speciali; � ben noto 
il caso delle societ� in liquidazione, che rispondono 
direttamente per eventuali violazioni, con la corresponsabilit� 
dei liquidatori (art. 45 R.D. 17 settembre 
1931, n. 1608). Al che pu� aggiungersi che non 
sarebbe agevole comprendere perch� mai un amministratore 
unico, rappresentante legale di una societ� 
e incaricato della direzione e vigilanza su tutti 
gli affari sociali (ivi compresi gli adempimenti tributari) 
non debba rispondere in via solidale con la 
societ�. N � la lettera dell'art. 12, coordinato con l'articolo 
9, esclude un'interpretazione diretta a far rientrare 
l'ente fra quelle �persone soggette alla altrui di


rezionel> di cui parla l'art. 9; persone che incorrono 
direttamente nella sanzione, ma con automatica estensione 
del relativo obbligo alla �persona incaricata 
della direzione))' come ribadisce l'art. 12. 

Nella recente circolare 2 aprile 1959, n. 66162-16 
(� Giust. Trib. ))' 1959, 468) Il Mfoistero ha credtito 
opportuno di stabilire che in questi casi il procedimento 
debba aver corso contro tutti coloro che siano 
tenuti in solido al pagamento della pena pecuniaria 

o della sopratassa, ivi comprese le persone e gli enti 
'indicati nell'art. 12. 
Per i1erit�, questa estensione del procedimento risponde 
pi� a ragioni di opportunit� che di necessit�, 
posto che, come si � osservato, la responsabilit� prevista 
dall'art. 12 sorge ex lege dal rapporto che lega 
queste persone e questi enti all.'autore della violazione, 
indipendentemente dalla loro esplicita menzione nell'ordinanza. 
Alle person�e ed agli enti suddetti debbono 
essere eseguite le notificazioni fatte al trasgressore, 
cosi disponendo l'art. 59 della legge 7 gennaio 
1929, n. 4: ma ci� non significa ancora che l'oirdinanza 
� debba dichiarare la responsabilit� di costoro 
diversamente nei confronti degli stessi mancherebbe 
il titolo per la riscossione della pena pecuniaria 
dovuta solidalmente con il trasgressore >> (cos� SPINELLI: 
Norme generali per la repressione delle 
violazioni d�lle leggi finanziarie, ed 1957, p. 210). 

Simile conclusione pare troppo rigorosa; e giustamente 
il Tribunale di Genova, nella sentenza annotata, 
ha dato scarsa importanza a questi aspetti formali, 
valutando l'obbligo del rappresentante unicamente 
in base al rapporto che lo legava alla societ�. 

A. CHICCO 
OPERE PUBBLICHE -Capitolato di appalto -Carat


tere essenziale dei termini di cui agli artt. 7, 13, 

14 -Risoluzione automatica del contratto di appalto 

Esclusione. (Corte d'Appello -Sezione Civile Catania 


24 febbraio 1959; Pres.: Bertino; Est.: Paci -Florida 

�c. Amministrazione PP. TT.). 

Dal carattere di norme generali, non riguardanti� 
la tutela di interessi particolari di privati, che riveste 
il capitolato generale di appalto, consegue 
che i limiti posti alla attivit� della P. A. debbono 
considerarsi in funzione del fine pubblico perseguito; 
il che porta ad escludere che i termini fissati 
dagli artt. 7, 13 e 14 siano stabiliti nell'interesse 
esclusivo dell'appaltatore e tanto meno con 
carattere di assoluto rigore in favore di lui. 

L'attore sosteneva, nel merito, la tesi della risoluzione 
automatica del contratto di appalto per la mancata 
stipula del negozio entro i 2 mesi dall' aggiudicazione 
avvenuta per licitazione privata (art. 7,I 
co., cap. gen. appalto); ed inoltre che -avendo egli 
chiesto all'Amministrazione la restituzione della cauzione 
e l'esonero da essa, offrendo in cambio un ulteriore 
ribasso d'asta -la sua accettazione non conforme 
alla pro,posta equivaleva allo scioglimento del 
vincolo e ad una nuova proposta, non accettata dalla �Amministrazione: 
la quale era di conseguenza tenuta 
a restituire la cauzione provvisoria e non avrebbe 
potuto legittimamente incamerarla, come viceversa 


114 


fece. La O orte ha p'ienamente accolto le difese d'i merito 
della Amm'inistrazione: a) il termine di cu'i all'artic�lo 
7 cap. gen. non � essenziale n� perentorio nf 
concesso a favore del privato, bens� in funzione dell'interesse 
pubblico (si veda �anche Oass. 8 aprile 
1946, n. 400). Ohe il suo inutile decorso non valga a 
determinare la liberazione automatica del privato dagli 
obblighi assunti con l'originario deliberamento, risulta 
altres� dalla nozione stessa d'i tale termine, che 
presuppone un ritardo dello obbligato tale da togliere 
al cred'itore ogni interesse alla prestazione (arg. ex 
artt. 1457 e 1256 O.e.): il che non avviene nel caso 
di ritardo nella stip,ula del contratto di appalto il 
cui vincolo si � gi� perfezionato .con la redazione 
del verbale di aggiudicazione per licitazione privata 
(art. 16, IV co. R.D. 18 novembre 1923, n. 2440; 
Oass. Sez. Un. 10 luglio 1956, n. 2551, in � Giust. 
Civ. � 1956, I, 2051; Cass: 9 ottobre 1956, n. 3421; 
Oass. 21 febbraio 1958, n. 571, in � Giust. Civ. �, 
1958, I, 406) -in quanto Vappaltatore pu� sempre 
riparare ad ipotetici pregiudizi mediante proroga del 
termine di ultimazione o mediante la revisione prezzi, 
e conserva in ogni caso interesse alla esecuzione del 
contratto. Ci� � confermato dalla considerazione che, 
anche quando il ritardo sia imputabile all'appaltatore 
(art. 14, VIII cc.), la legge non fa di.scendere 
da ci� l'automatica risoluzione del contratto, ma attribuisce 
all'Amministrazione il potere di convertire in 
perentorio il termine inizialmente non essenziale. 

Peraltro il carattere eventuale (art. 97 D.R. 23 
maggid 1924, n. 827: �qualora si debba ... �) della 
stipula del contratto -a fini meramente tecnici ed 
amministrativi, e nell'esclusivo interesse della Amministrazione 
(Cass. Sez. Un. 29 luglio 1941, n. 2402 
�Foro It. �, 1942, I, 355, nella parte motiva) -� 
ovviamente incompatibile con la natitra perentoria 
del termine di cui all'art. 7 (ehe f, norma �imperfetta�); 
mentre d'altro lato e per converso lo scioglimento. del 
vin�olo sancito dall'art. 13 cap. gen. presitppone 
appunto che un contratto vi debba essere e vi sia 
stato, ovvero che nel capitolato d'oneri o nello schema 
di contratto sia previsto un termine per l'approva


. zione (art. 114 R.D. 1924, n. 827); b) Va comunque 
considerato che in base al sistema della legge, � tenuta 
altres� presente la facolt� dell'Amministrazione 
di procedere alla consegna dei lavori anche 
senza la stipulazione del contratto di appalto (art. 337, 
II co., legge sui LL. PP. 1895, all. F; art. 10, IV 
co., R.D. 25 maggio 1895, n. 350), l'Amministrazione 
medesima non pu� essere ritenuta in ogni caso 
inadempiente se la consegna dei lavori avvenga 
entro nove mesi dalla aggiudicazione (infatti: 2 mesi 
per l'eventuale stipula del contratto: art. 7; pi� 
4 mesi per l'approvazione: art. 13; pi� 3 mesi per 
la consegna: art. 14); e) La tesi dell'accettazione non 
conforme alla proposta che equivarrebbe ad una nuova 
proposta perfettibile col consenso dell'Amministrazione, 
di pretta natura civilistica, non pu� evidentemente 
trovare ingresso in materia di pubblici appalti. 
Vi contrasta infatti -oltre al considerato 
principio della perfezione del vincol~ gi� in base al 
. verbale d'asta pubblica o licitazione privata -il 
principio che la prestazione e l'eventuale esonero 
dalla cauzione attengono all'esecuzione, non alla 
perfezione del negozio (art. 54 R.D. 23 maggio 1924, 

n. 827); negozio che peraltro non potrebbe stipularsi 
per trattativa privata (ch� tale sarebbe la presunta 
procedura della � nuova proposta )) da accettarsi da 
parte della P. A) al di fuori dei casi previsti dalle 
leggi sulla contabilit� dello Stato. 
P. I>E� r~ucA 
'REQUISIZIONI -Indennizzi per danni e requ1s1z1oni 
operate dalle forze armate alleate -Liquidazione a 
saldo -Accettazione del pagamento mediante quietanza 
-Impugnativa del criterio di liquidazione con 
azione giudiziaria -Inammissibilit�. (Tdbunale di 
Napoli, Sent. n. 10919/57; Pres.: Cesaro; Est.: Mastrocinque 
-Rocca e Famiano c. Ministero Tesoro). 

La quietanza, rilasciata da creditori di somme 

dovute dallo Stato, non pu� ritenersi, di per s� 

stessa, acquiescenza al provvedimento ammini


strativo che ha disposto il pagamento a saldo (1). 

L'accettazione del pagamento di somme, liqui


date a saldo, determina, ope juris, secondo la le


gislazione sulla contabilit� dello Stato, la estin


zione dell'obbligazione dello Stato, e, di conse


guenza, il creditore non pu� pi� impugnare l'atto 

amministrativo di liquidazione (2). 

IN TEMA DI PAGAMENTI DELLO STATO 

Abbiamo riportato entrambe le massime -anche 

se, come dalle su.ccessive osservazioni si potr� rilevare, 

la seconda assorbe e risolve la questione decisa sfa


vorevolmente dalla prima -allo scopo di chiaril'e 

e precisare l'orientamento giurisprudenziale che di 

recente si � venuto a formare circa gli effetti che l' accet


tazione del pagamento di somme, posta in essere dai 

creditori dello Stato mediante la riscossione ed il 

rilascio di quietanza, produce sulla estinzione aella 

obbligazione (la specie decisa riguarda gli effetti che 

vengono prodotti d,alla riscossione di somme corri


sposte a titolo di indennizzo per danni e requisizioni 

operate dalle forze armate alleate.: legge 9 gennaio 

1951, n. 10). 

La prima massima ha esattamente applicato il 
� principio secondo il quale il rilascio di quietanze 
da parte di creditori delfo Stato non importa, in ogni 
caso, acquiescenza al provvedimento amministrativo 
di liquidazione. Nella specie decisa, infatti i creditori, 
prima di riscuotet�e la somma e di rilasciare la 
relativa quietanza, avevano notificato l'atto di citazione 
col quale dichiaravano esplicitamente la volont� 
di non accettare la liquidazione perch� eseguita 
con erronei criteri. La sentenza che si annota hti, 
come si � detto, aderito alla giurisprudenza ordinaria 
ed amministrativa, la quale � decisamente orientata 
nel senso di escludere che lli riscossione di somme 
. ponga in essere l'acquiescenza al provvedimento di 
Uquidazione. L'acquiescenza tacita che viene qui in 
esame, secondo detta giurisprudenza (Oass.. 31 maggio 
1952, n. 1584, <<Foro It. Mass. ))' col. 384; 
Oass. 14 giugno 1952, �Foro It. Mass. J>, col. 418; 

n. 1734; Oass. 7 aprile 1954, n. 1086, �Foro-It. 
Mass. �, col. 222; Oass. 10 luglio 1954, n. 2433 
�Foro It. Mass.�, col. 488; Oass. 9 luglio 1957, 
n. 2735 � Mass. Foro It. ))' col 541; e la giurispru

----115 


denza successivamente (}itata), si rileva da cc atti 
incompatibili con la volont� di avvalersi delle impugnazioni 
ammesse dalla legge n (art. 329 O.p.c.), 
ed essa n�n pu� desumersi dalla riscossione di somme, 
perch� tale fatto non rivela in modo certo e non equivoco 
la �intenzione di rinunciare all'impugnativa ovvero 
di accettare il provvedimento, a seconda che si 
concepisca l'acquiescenza come negozio processuale 
(qual'� la rinuncia) ovvero come negozio di diritto 
sostanziale (qual'� l'accettazione) (in tal senso la giurisprudenza 
ha fatto riferimento alla teoria subiettiva 
che, nel delimitare gli atti che precludono� la impugnazione, 
d� decisivo rilievo alla volont� di colui 
contro il quale la preclusione opera: cfr. Mr:J'.WLI: 
Tendenza della giurisprudenza italiana in tema di 
acquiescenza propria tacita cc Giur. It. n, 9155, IV, 
123). Oodesto orientamento giurisprudenziale -specie 
ove si consideri quello amministrativo -pu� 
condividersi, ma con opportune riserve. Anzitutto 
sembra pi� esatto ricondurre l'acquiescenza, sia 
espressa, sia tacita, sotto il concetto di accettazione, 
piuttosto che sotto l'altro di rinuncia. Invero chi presta 
acquiescenza ad un provvedimento o ad una decisione, 
riconosce che essi sono legittimi, e li accetta 
integralmente. Se tuttavia da questa accettazione discende 
una rinuncia all'impugnativa, ci� non deriva 
dal fatto che a questa. si sia rinitnciato con la intenzione 
di sacrificare sia pure in parte le proprie ragioni, 
bens� deriva dal fatto che quella accettazione 
implica coscienza di non aver ragioni da far valere e, 
quindi, pone in essere una incompatibilit� con la 
proposizione dell'impugnativa (in tal senso Oon~
�siglio di Stato 14 maggio 1943, n. 236, cc Foro amm. ll, 
1943, I, 2, 150). L'acquiescenza, cos� intesa, si� � 
applicata con maggiore frequenza in tema di riscossione 
di indennit� di licenziamento; e la relativa 
giurisprudenza � esatta, sia laddove ha ritenuto che 
la riscossione non significa accettazione del licenziamento, 
ne preclude la possibilit� di far valere eventuali 
illegittimit� dell'atto stesso1 la riscossione attennendo 
solo all'aspetto economico del rapporto di impiego 
(Consiglio di Stato, 21 maggio 1940, n. 297, 
cc Foro A.mm. n, 1940, I, 1, 251), sia laddove, sorgendo 
controversia limitatamente all'ammontare dell'indennit� 
corrisposta, ha ritenuto che la riscossione 
non pu� assumere, da sola, un significato concludente 
ed univoco di adesione alla liquidazione, ma 
va sempre esa,minato alla luce di altri elementi� (in 
tal senso dee. cit. n. 236) e, se seguita da quietanza, 
questa va interpretata nei limiti indicati dall'art. 2113 

O.e. (Consiglio di Stato 8 novembre 1944, n. 23. 
cc Foro amm. ii, 1945, I, 2, 35). 
La seconda massima, anche se preceduta da altra 
sentenza (Tribunale Ancona 7 dicembre 1957, n. 670, 
confermata in appello, Giovagnoni contro Tesoro) 
ha particolare importanza: essa rappresenta un passo 
decisivo verso la pi� esatta interpretazione delle norme 
contenute nella legge di contabilit� generale dello 
Stato in tema di estinzione dell'obbligazione dello 
Stato a seguito dell'accettazione del pagamento di 
somme liquidate a saldo (e cos� supera la motivazione 
della sentenza emessa dallo stesso Tribimale di 
Napoli, 11 dicembre 2958, n. 7685, Marrone c. Tesoro). 
Ha precisato il Tribunale: cc L'eccezione della 
difesa erariale appare fondata per quanto attiene 

alla dedotta estinzione della obbligazione a carico 
dello Stato. Benvero l.ndipendentemente dalla quietanza 
la quale sta� ad attestare l'avvenuto pagamento 
da parte del Ministero del Tesoro dell'indennizzo 
liquidato in via amministrativa, la estinzione 
della obbligazione opera per effetto a.ell'a�cettazione 
del pagamento in virt� delle norme della legge 
sulla contabilit� generale dello Stato, Deve precisarsi 
che il -pagamento delle spese dello Stat� sia 
a mezzo di assegni a favore dei creditori da parte 
degli uffici amministrativi centrali sull'istituto incaricato 
del servizio di tesoreria (art. 55 delle legge 
sulla contabilit� generale dello Stato) che da parte 
dei funzionari delegati (art. 58) che mediante ordinativi 
diretti sulle tesorerie dello Stato (art. 68) � 
regolato dall'art. 55 della predetta legge, modificato 
con lo art. 1 del R.D.L. 10 maggio 1925, 

n. 597, il quale detta che la consegna dell'assegno 
al creditore ha luogo contro il rilascio di ricevuta 
ed estingue il debito per cui l'assegno viene emesso. 
in armonia con tali disposizioni l'art. 316 del reg., 
nel disporre che nessun assegno pu� essere consegnato 
all'intestatario dagli uffici amministrativi 
centrali e da quelli locali, se non previo ritiro di � 
apposita dichiarazione di ricevuta, stabilisce che 
la dichiarazione di ricevuta cos� firmata estingue il 
debito dell'amministrazione. L'art. 426 dispone 
per altro che non si possono accettare quietanze 
sotto riserve o condizioni. Esattamente, dunque, 
la difesa erariale rileva che il titolo di spesa, come 
qualsiasi atto amministrativo esecutorio, produce 
gli effetti suoi propri in relazione alla volont� 
dell'Amministrazione che � la sola decisiva alla 
formazione dell'atto per cui la volont� del privato 
assume rilievo solo in senso negativo (rifiutando 
la riscossione). Se tale riscossione si verifica, dunque, 
essa comporta di diritto la estinzione della 
obbligazione dello Stato. In base agli esposti principi 
considerandosi che H pagamento a favore degli 
attori � stato disposto ed eseguito a saldo di ogni 
diritto per quanto si riferisce ai danni subiti per 
la requisizione alleata, la domanda attrice deve 
essere rigettat::i, ll. 

Oome rilevasi dalla riportata motivazione, il tribunale 
ha implicitamente classificato l'atto di adempimento 
(o pagamento), da parte dello Stato di consegnare 
somme di danaro, tra i modi satisfattorii, 
rivolti a estinguere l'obbligazione, ma ne ha posto in 
rilievo due aspetti che lo differenziano dall'adempimento 
delle corrispondenti obbligazioni di diritto 
privato:� l'uno aspetto attiene alla natura dell'atto, 
che � 1milaterale; altro attiene al contenuto dell'atto 
stesso, che � determinato in modo esclusivo dagli 
organi statali; ed entrambi hanno decisiva rilevanza 
in ordine agli effetti prodotti, i quali consistono 
nell'estinguere ope legis l'obbligazione. 

Dal primo aspetto �occorre rileva,re che in diritto 
privato si discute se l'adempimento (o. pagamento) 
sia un contratto (cio� un negozio giuridico bilaterale) 
ovvero un atto unilaterale: la prima tesi assegna 
l'adempimento al tipo dei contratti sol1,tori cui accenna 
l'art. 1321; la seconda coritrasta tale natura ireci--sando 
che vi manca la caratteristica della dichiarazione 
di volont� e del consenso e che il pagamento 
pu� avvenire, con efficacia liberatoria per il solvens, 



-116


anche contro la volont� del creditore (MESSINEO: 
Manuale di dir. civ. e comm., II, 429). In diritto 
pubblico invece nessun dubbio pu� sorgere sulla natura 
dell'atto di pagamento, il quale non pu� essere 
che un atto unilaterale, cos� come � regolato dalla legislazione 
sulla contabilit� dello Stato: i pa.gamenti 
dei debiti dello Stato avvengono attraverso una manifestazione 
di volont� ch,e viene emessa solo dallo 
Stato, attraverso una dichiarazione unilaterale di 
volont�, la quale si forma, si perfeziona, si manifesta 
a seguito di un particolare procedimento e con 
particolari controlli qualsiasi sia la fonte, il titolo 
dell'obbligazione (Cass. sent. n. 1601 del 1952, 
� Rass. Avv. Stato n, 1952, 143): il procedimento 
ha inizio con l'impegno di spesa e, attraverso la liquidazione, 
giunge fino alla ordinazione, e cio� al 
titolo di spesa, con cui gli organi dell'Amministrazione 
debitrice determinano in cifra certa e liquida la prestazione 
che lo Stato deve adempiere e ordinano al 
competente. ufficio di effettuarne il pagamento. Il 
titolo di spesa � l'atto conclusivo del procedimento 
amministrativo contabile: contiene l'ordine di eseguire 
il pagamento. 

Ed ora veniamo all'altro aspetto, che integra il 
precedente; al contenuto cio�. Come rilevasi dalle 
esposte considerazioni, il contenuto � determinato in 
modo esclusivo dagli organi dell'amministrazione attraverso 
la liquidazione della spesa, che attiene appunto 
alla fase del pagamento. Tale liquidazione va tenuta 
distinta dall'atto di liquidazione dell'indennizzo (sulla 
distinzione v. in particolare SANDULLI: La posizione 
dei creditori pecuniari dello Stato, � Riv. 
Dir. Pubbl. n, 1952, 543 e la critica del TERRANOVA 
nella � Rass. Avv. Stato n, 1953, 21), il quale atto 
viene pure formato da organi dell'Amministrazione 
secondo le particolari norme ed i pa.rticolari criteri 
previsti dalla legge 9 gennaio 1951, n. 10, essendo 
esso riservato alla competenza esclusiva di tali organi 
(salvo, s'intende, l'azione giudiziaria che il creditore 
voglia .successivamente promuovere). Tuttavia, 
pur essendo distinte e autonome la liquidazione 
della spesa e la liquidazione dell'indennizzo, gli effetti 
che da esse derivano non sorio diversi; anzi 
quelli prodotti dalla seconda vengono assorbiti dalla 
prima (che � successiva rfel tempo), giacch� la fase 
del pagamento, nella quale rientra la liquidazione 
della spesa, non � altro che l'attuazione del credito 
per l'indennizzo liquidato: �rappresenta la condizione 
su cui si svolge e si esaurisce il rapporto obbligatorio, 
costituendo appunto la prestazione dedotta 
in obbligazione �. E se, come si � detto, l'atto di pagamento, 
come qualsiasi ordine o atto amministrativo 
esecutorio, non pu� essere determinato, nel suo 
contenuto e nei suoi limiti, che dai soli organi amministrativi 
competenti, anche gli effetti che esso produce 
non possono essere se non quelli che l'amministrazione 
ha inteso disporre in conformit� alla legislazione 
sulla contabilit� dello Stato. Il pagamento 
produce gli effetti che sono estrinsecazione dell'ordine 
disposto dall'amministrazione; e consistono: nell'estinguere 
l'obbligazione dello Stato; nessuna rilevanza 
potendo spiegare la volont� del privato, la 
quale pu� manifestarsi o in senso positivo (con la 
quietanza) o in senso �negativo (rifiutando la riscossione), 
ma non con formule intermedie, appunto 

perch� a privato pu� solo risciwtere o non ri8C'uoterc: 
tertium non datur; � la legge che lo vieta: l'art. 426 

R.D. 23 marzo 1924, n. 826 �non si possono accettare 
quietanze sotto riserve o condizioni >>. 
Se il creditore riscuote, accetta il pagamento senza 
riserva; se non riscuot�, rifiuta i� pagamento; ma non 
pu� seguire una via intermedia, riscuotere cio� con 
riserva, perch� --,--si ripete -l'ordine d�i pagamento 
(il t'itolo di spesa) sp'�ega gli effetti suoi propri, senza 
che il destinatario possa comunque modificarli: pu� 
accettarli o non accettarli, ma se li accetta, li accetta 
quali sono, e non in modo diverso. E gli effetti, se 
si verificano (ove cio� la riscossione abbia l1wgo), 
si verificano in pieno, in tutta la loro integrit�, nel 
senso di estinguere la obbligazione dello Stato. Di qui 
ha origine, e solo cos� si spiega, la disposizione ecce


� zionale dell'art. 426 (non si possono accettare quietanze 
sotto riserve o condizioni); di qui hanno origine, e 
solo cos� si spiegano, le altre disposizioni eccezionali 
che disciplinano in modo particolare il procedimento 
contabile dei debiti dello Stato; le quali disposizioni 
prevedono che la dichiarazione di ricevuta rilasciata 
dal privato estingue la 'obbligazione dello Stato. Inf 
atti l'art. 316, reg. cit. relativo alla emissione di assegni 
dispone: � la dichiarazione di ricevuta estingue 
il debito dell'Amministrazione�; l'art. 55 l. cit. 
dispone: la consegna dell'assegno ... estingue il debito 
per cui l'assegno viene emesso�; l'art. 58, l. cit. 
(che disciplina il pagamento da parte dei funzionari 
delegati), richiama l'art. 55 �gli assegni vengono 
emessi nelle forme;previste dal cit. art. 55 n, e quindi 
con i medesimi effetti; l'art. 63 (che disciplina il 
�pagamento mediante ordinativi dell'Amministrazio� 
ne Centrale) richiama pure l'art. 55 �mediante ordinativi 
emessi con la procedu.ra, di cui all'art. 55� 
e quindi pure con i medesimi effetti. Sono in armonia 
con le disposizioni ora citate, le altre norme del regolamento: 
l'art. 314 �detti documenti costituiscono la 
prova dell'estinzione dell'obbligazione �, e l'art. 435 
<<i titoli di spesa producono effetti definitivi �. 
In conclu.sione, una volta che il pagamento di somme 
da parte dello Stato viene disposto, il privato desi'inatario 
ha due soluzioni: o riscuote o non riscuote; 
ma se riscuote, accetta il pagamento cos� come � 
8tato disposto, e se � stato disposto a saldo, egli riscuote 
pure a saldo con l'effetto liberatorio di estinguere 
l'obbligazione, perch� la riscossione senza riserve 
di somme corrisposte a saldo non lascia pi� 
sussistere alcun rapporto obbligatorio, in conformit� 
all'art. 462 e a tutte le altre disposizioni citate. 

Agli esposti principi della legge di contabilit� 
dello Stato si informa la legge 9 gennaio 1951, n. 10, 
la quale ammette solo pagamenti a saldo, in quanto 
prevede in casi eccezionali pagamenti per acconti: 
all'art. 6 i pagamenti per acconti possono essere corrisposti 
solo se sussistono difficolt� obiettive, con la 
conseguenza che il pagamento per acconto non pu� 
essere esteso, per legge, oltre i casi previsti (conforme 
alla legge n. 10 � pure la legge 17 agosto 1940, n. 
1741 sulle requisizioni italiane) (� appena il caso di 
accennare che la giurisprudenza ��d�l Consiglio di 
Stato, laddove ha esaminato la riscossione ai somme 
da parte di impiegati dello Stato, liquidate, com'� 
ovvio, secondo la legge di contabilit�, non ha mai 
esaminato la rilevanza ohe nei sensi sopra esposti 


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-117 


la quietanza pu� spiegare in ordine all'impugnativa 
ehe suecessivamente l'interessato proponga). 

Occorre aggiungere che le premesse considerazioni, 
le quali riguardano il pagamento eseguito mediante 
emissione di mandati, riscossi poi dai creditori previo 
rilascio di quietanza, si rossono estendere al pagamento 
eseguito mediante versamento in conto 
corrente postale, giacch� il R.D. 7ottobre1926, n.1759, 
articolo unico, subordina tale forma di pag�mento 
alla richiesta scritta del creditore ed aggiunge che la 
dichiarazione di accreditamento sostituisce la quie


tanza (art. cit. 3� comma). Ne consegue cke, anche 
con la forma dell'accreditamento sul O.e., il creditore, 
che ha gi� ricevuto notizia della somma liquidata, 
e viene sollecitato a rilasciare lli dichiarazione, accetta 
il pagamento, con l'effetto ij,i estingu�r�, nei 
sensi sopra esposti, la obbligazione dello Stato (da 
tale punto di vista non si pu� condividere la sentenza 
della Corte di Appello di Milano, 19 novembre 1957 
21 gennaio 1958, Boe. Oostr. Nardi c. Ministero del 
Tesoro). 

UGO G.ARGIULO 

� 



INDICE S I S T E MA TI C.O 
DELLE e�o N s u L T A zI oN I 


[,A FORMULAZIONE DEL QUESITO NON RIFLETTE IN ALCUN llfODO LA SOLUZIONE CHE NE � STATA DATA 

AMMINISTRAZIONE PUBBLICA 

LIQUIDAZIONE DI ENTI SUPERFLUI.-Quale sia l'interpretazione 
e l'applicazione della� legge 4 dicembre 
1956, n. 1404, concernente la soppressione e la mess& 
in liquidazione ovvero la incorporazione in enti similari 
degli enti pubblici e quelli comunque interessanti la 
finanza statale, i cui scopi siano cessati o non siano pi� 
perseguibili o_che si trovino in condizioni di disi::esto(n�. 240 

ANTICHIT� E BELLE ARTI 

DEMANIO STORICO ARTISTICO -ALLOGGIO. -Se il 
godimento di alcuni locali di un palazzo appartenente 
al demanio storico-artistico possa concretare un rapporto 
di locazione o dia luogo ad una concessione (n. 41). 

APPALTI 

APPALTI DI 00. PP. -REVISIONE DEI PREZZI. -1) Se il 

D.L.C.P.S. 6 dicembre 1947, n. 1501 sulla revisione 
dei prezzi nei contratti di pubblico appalto possa ritenersi 
incostituzionale (n. 246). 
CESSIONE DI CREDITI. -2) Quale sia la natura giuridica 
dei contratti mediante i quali le imprese appaltatrici 
di lavori dichiarano di cedere ad Istituti di credito, 
a garanzia dei finanziamenti che esse ottengono per l'esecuzione 
dei lavori stessi, i crediti derivanti dai contratti 
di appalto (n. 247). 

3) A chi debbaessere pagato ilcorrispettivodell'appalto 
nel caso di fallimento delle ditte appaltatrici (n. 247). 

GARA -DITTE IN STATO DI FALLIMENTO. -4) Se 
possano essere ammesse alle gare per gli appalti ditte o 
persone fallite che siano state autorizzate dai Tribunali 
competenti alla continuazione temporanea dell'esercizio 
dell'impresa (n. 248). 

ASSICURAZIONI 

ASSICURAZIONI SULLA RESPONSABILIT� CIVILE. 1) 
Se il danneggiato possa promuovere un'azione diretta 

o (in caso negativo) un'azione surrogatoria contro l'assicuratore 
del responsabile civile (n. 55). 
PIGNORAMENTO PREZZO TERZI. -2) Se in materia 
d� assicurazione sulla responsabilit� civile, il danneggiato, 
che abbia ottenuto una sentenza di condanna passata 
in giudicato e divenuta esecutiva contro il responsabile 
civile, possa promuovere un pignoramento presso ter:t i 
sull'indennit� che a tale responsabile � dovuta dall'assicuratore 
(n. 55). 

BORSA 

AGENTI DI CAMBIO. -Se, non essendovi st.ato mandato 
di cattura l'adozione del provvedimento di sospensione 
cautelare dell'agente di cambio sottoposto a procedimento 
penale rientri nella competenza di merito del 
Ministero del Tesoro ai sensi dell'art. 1 e dell'art. 16 del 

R.D.L. 30 giugno 193:?, n. 815 (n. 15). 
CINEMATOGRAFIA 

CORTOMETRAGGI NAZIONALI. -Se possa essere autorizzata 
la stampa in bianco e ner.o di cortometraggi gi� 
presentati nella edizione a colori ed ammessi come tali 
alla programmazione obbligatoria. In caso affermativo, 
oe i predetti cortometraggi che siano stati valutati dai 
Comitati di esperti nella edizione a colori debbano nuovamente 
essere sottoposti all'esame dei Comitati stessi 
nella edizione in bianco e nero per stabilire se permangano 
anche in qnesta seconda edizione i requisiti necessari 
per l'ammissione alla programmazione obbligatoria 

(n. 27). 
COMMERCIO 

DISTRIBUTORI VIVERI LA PROVVIDA. -Se, ai sensi 
dell'art. 183, n. 1, del Testo unico per la Finanza locale, 
i Distributori Viveri de La Provvida siano soggetti all'imposta 
di licenza (n. 15). 

CONTRIBUTI E FINANZIAMENTI 

CONTRIBUTI DI RICOSTRUZIONE -MUTUO IPOTECA� 
RIO. -1) Se l'Istituto Nazionale per il Finanziamento 
della Ricostruzione possa consentire a volontarie riduzioni 
delle ipoteche iscritte a garanzia dei finanziamenti, al 
di fuori dei casi tassativamente previsti dalla legge 

(n. 33). 
FONDO PER L'INCREMENTO EDILIZIO. -2) Quali siano 
gli effetti conseguenti alla rinunzia o alla estinzione 
anticipata dei mutui concessi �i sensi della legge 1 Oagosto 
1950,n. 715, concernente la costituzione di un fondo 
per l'incremento edilizio (n; 34). 

DANNI DI GUERRA 

DQNTRIBUTI DI RICOSTRUZIONE. -Se debba considerarsi 
distrutto per fatto di guerra ai fini della _gon_c.essione 
del contributo di ricostruzione, un immobile che sia Stato 
demolito su ordine del Sindaco perch� ritenuto pericolante 
in contrasto con il precedente accertamento del Genio 
Civile (n. 95). 


-119


DEMANIO 

ABUSIVA OCCUPAZIONE DI BENI DELLO STATO. -I) Nel 
caso di occupazione di immobile statale (demaniale 

o patrimoniale), quali azioni sono a disposizione della 
Amministrazione per ottenere, conla restituzione o anche 
indipendentemente da essa, di rivalersi della mancata 
util�zzazione dell'immobile (n. 151). 
ALLOGGI DEMANIALI. -2) Se nel concetto di ((alloggi 
demaniali� si ricomprendano non soltanto le abitazioni 
date in� concessione a talune categorie di impiegati dello 
Stato che siano situate nell'interno di immobili appartenenti 
al demanio propriamente detto o al patrimonio 
indisponibile dello Stato ma anche gli alloggi posti in 
immobili facenti parte del patrimonio disponibile (n. 152). 

3) Se l'Amministrazione possa usare dei poteri di 
autotutela ordinando il rilascio forzoso dei locali, anche 
contro coloro che abitino in alloggi situati in immobili 
del patrimonio disponibile dello Stato (n. 152). 

4) Se, per quanto concerne gli alloggi demaniali, le 
mansioni di portiere debbano essere affidate ad un dipendente 
dell'Amministrazione o ad un estraneo (n. 152). 

5) Se l'autorit� concedente possa.ordinare per sup�riori 
esigenze di pubblico interesse il rilascio dell'alloggio dato 
in concessione al proprio dipendente anche prima della 
scadenza del termine originariamente stabilito nell'atto 
di concessione (n. 152). 

DEMANIO STORICO-ARTISTICO -ALLOGGIO. -6) Se il 
godimento di alcuni enti locali di un palazzo appartenente 
al demanio storico-artistico possa concretare un rapporto 
di locazione o dia luogo ad una concessione (n. 153). 

EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE 

COOPERATIVE EDILIZIE -ESENZIONI TRIBUTARIE. 
Se debbano trovare applicazione le agevolazioni fiscali 
concesse per le cooperative edilizie al caso di mutui contratti 
da dette cooperative in nome proprio e per conto 
esclusivo dei soci (n. 93). 

ESECUZIONE FISCALE 

ESATTORE. -I) Se l'esattore possa domandare al1'
Amministrazione finanziaria il rimborso delle spese 
giudiziali sostenute per resistere in cause di opposizioni 
proposte dai contribuenti in sede di riscossione (n. 48). 

FALLIMENTO. -2) Se il disposto dell'art.. 97, Legge 
17 �ottobre .1922, sia applicabile anche nel caso in cui 
l'Esattore proceda per il recupero di crediti per i quali, 
a norma dell'art. 9 del D. L~ 1� novembre 1949, n. 367, 
� concesso all'Istituto creditore di avvalersi delle norme 
e dei privilegi stabiliti per la riscossione delle imposte 
dirette (n. 49). 

ESPROPRIAZIONE PER P. U. 

UTILIZZAZIONE RELITTI PER NUOVA OPERA. -Quale 
sia la procedura da seguire nel caso che l'Amministrazione 
si trovi nella necessit� di utilizzare per una opera diversa 
da quella che ne aveva cagionato l'esproprio alcune zone 
di terreno, aventi ai sensi dell'art. 60, legge 1865, carattere 
di .relitti (n. 150). 

FALLIMENTO 

APPALTO -:-CESSIONE DI CREDITI. -I) Quale sia 
la natura giuridica dei contratti mediante i quali le imprese 
appaltatrici di lavori dichiarano di cedere adistituti 
di credito, a garanzia dei finanziamenti:che esse ot-� 
tengono per l'esecuzione dei lavori stessi, i crediti deri


' vanti dai contratti di appalto (n. 49). 
2) A chi debba essere pagato ilcorrispettivo dell'appal. 
to nel caso di fallimento delle ditte appaltatrici (n. 49). 

APPALTO -DITTE IN STATO FALLIMENTARE. -3) Se 
possano essere ammesse alle gare per gli appalti ditte 

o persone fallite che siano state autorizzate. dai Tribunali 
competenti alla continuazione temporanea dell'esercizio 
delrimpresa (n. 50). 
ESECUZIONE FISCALE. -4) Se il disposto dell'art. 97, 
legge 17 ottobre 1'922, sia applicabile anche nel caso in 
cui l'Esattore proceda per il recupero di crediti per i 
quali, a norma dell'art. 9 del D. L. 1� novembre 1949, 

n. 367, � concesso all'Istituto creditore di avvalersi delle 
norme e dei privilegi stabiliti per la riscossione delle 
imposte dirette (n. 51). 
INSINUAZIONE AL PASSIVO FALLIMENTARE. -5) Se 
gli Uffi.ci Distrettuali possano insinuare nel passivo fallimentare 
del contribuente i crediti per imposte e sovrimposte 
dirette sulla base degli avvisi di accertamento(n.5 2). 

FERROVIE 

DISTRIBUTORI VIVERI LA PROVVIDA. -1) Se, ai 
sensi dell'art. 183, n. 1, del Testo unico per la Finanza 
Locale, i Distributori Viveri de La Provvida siano soggetti 
all'imposta di licenza (n. 285). 

PENSIONE DI RIVERSIBILIT� �-REVOCA. -2) Se, 
concessa ai sensi dell'art. 8 del R.D.L. 27 novembre 1919, 

n. 2373, il trattamento eccezionale di pensione ad un orfano 
maggiorenne di un agente ferroviario, possa farsi 
luogo alla revoca del decreto concessivo di pensione nel 
caso che venga meno anche una sola delle condizioni 
richieste dal suddetto art. 8 (n. 286). 
PERSQNALE -PROVENIENTE DALLA AMMINISTRAZIONE 

A.I. -3) Se la preclusione posta dall'ultimo comma 
dell'art. 7 del D.P.R. 3 giugno 1955, n. 591, per il personale 
sistemato in ruolo nelle Ferrovie dello Stato in base 
alla legge 30 novembre 1952, n. 1844, sia applicabil� 
anche al personale proveniente dalla Amministrazione 
Africa Italiana, che abbia ottenuto la nomina nei ruoli 
o;rganici dell'Amministrazione Ferroviaria in forza del 
D.P.R. 22 novembre 1954, n. 1179 (n. 287). 
POSSESSO ABUSIVO DELLA �ClHAVE TRIPLA>>. -4) Quali 
sanzioni sono applicabili ai detentori abusivi della 
cc chiave tripla >> che � attrezzo regolamentare in dotazione 
soltanto ad alcune categorie del personale ferroviario. 
Quali sanzioni sono d'altro canto applicabili 
contro coloro che risultino aver fatto indebito u:Elo �della 
chiave predetta (n. 288). 

STATO GIURIDICO DEL PERSONALE DELLE FF. SS. 5) 
Se l'elencazione delle qualifiche contenuta nell'art. 198 


-120 


dello S.G. del personale ferroviario, approvato con legge 
26 marzo 19i;i8, n. 425, sia di stretta interpretazione o 
se abbia, al contrario, valore meramente indicativo 

(n. 289). 
6) Se, per l'ammissione ai benefici previsti dalla legge 
le qualifiche indicate nell'art. 198 debbano essere possedute 
alla data del 23 marzo 1939 (n. 289). 

7) Se possa godere dei benefici in questione il personale 
ohe, pur avendo rivestito le qualifiche ammesse dall'articolo 
198 oit., tuttavia, alla data del 26 marzo 1939, ne 
rivestiva altre non ammesse (n. 289). 

IMPIEGO PUBBLICO 

COTTIMISTI. -1) Se nel rapporto ohe viene a costituirsi 
tra l'Amministrazione delle Finanze e taluni oott�misti, 
i quali prestano la loro attivit� per servizi di 
carattere eccezionale e contingente presso gli uffici delle 
imposte dirette e del catasto, si riscontrino gli estremi 

.del lavoro subordinato e pertanto sussiste l'obbligo di 
provvedere nei confronti di tali cottimisti alle assicurazioni 
sociali obbligatorie (n. 490). 

DIPENDENTI DELL'ENPAS -INQUADRAMENTO DEI 
RUOLI. -2) Se possa farsi luogo all'inquadramento 
nella carriera direttiva del personale di concetto dipendente 
dall'ENPAS, in analogia con quanto attuato per 
taluni ruoli del personale delle Amministrazioni dello 
Stato dagli artt. 56 e 57 D.P.R. 11 gennaio 1956, n. 1.6 

(n. 491). 
INSEGNANTI ALL'ESTERO -ASSEGNI DI'SEDE. -3) Se, 
ai sensi della legge 27 ottobre 1951, n. 1288, al personale 
insegnante non di ruolo in servizio all'esterodebba 
essere corrisposto l'assegno di sede (n. 492). 

PERSONALE PROVENIENTE DALL'AMMINISTRAZIONE 

A.I. -4) Se la preclusione posta dall'ultimo comma del1'
art. 7 D.P.R. 3 giugno 1955, n. 591, per il personale 
sistemato in ruolo nelle Ferrovie dello Stato in base alla 
legge 30 novembre 1952, n. 1844, sia applicabile anche 
al personale proveniente dall'Amministrazione A.I., 
che abbia ottenuto la nomina nei ruoli organici della 
Amministrazione Ferroviaria in forza del D.P.R. 22 novembre 
1954, n. 1179 (n. 493). 
STATO GIURIDICO DEL PERSONALE DELLE FF.SS. 5) 
Se l'elencazione delle qualifiche contenuta nell'art. 198 
dello S.G. del personale ferroviario, approvato con legge 
26 marzo 1958, n. 425, sia di stretta interpretazione o 
se abbia, al contrario, valore meramente indicativo 

(n. 494). 
6) Se, per l'ammissione ai benefici previsti dalla legge, 
le qualifiche indicate nell'art. 198 debbano essere possedute 
alla data del 23 marzo 1939 (n. 494). 

7) Se possa godere dei benefici in questione il personale 
che, pur avendo rivestito le qualifiche ammesse dall'articolo 
198 cit., tuttavia, alla data del 26 marzo 1939, ne 
rivestiva altre non ammesse (n. 494). 

IMPOSTA DI REGISTRO 

CONCORDATO TRIBUTARIO. -Se, per effetto della 
solidariet� tributaria, debba essere annullato il concordato 
stipulato in materia di imposta di registro da un 

Ufficio finanziario, quando gi� era decorso il termine 
per impugnare l'accertamento di maggior valore notificato 
agli altri contribuenti e il predetto accertamento 
era quindi divenuto definitivo (n. 155). 

IMPOSTA DI SUCCESSIONE 

DEDUZIONE PASSIVIr�. -Se, a� fini dell'imposta 

. sulle successioni debbano considerarsi compresi nel com pendio 
immobiliare gli immobili venduti dal de cuius 
con scrittura privata registrata in epoca posteriore alla 
morte, ma nel termine di legge (n. 25). 

I.G.E. 
RIVALSA. -1) Se sia consentito agli appaltatori 
i quali abbiano assunto le esecuzioni delle opere ammesse 
ai contributi stabiliti dalla legge 3 agosto 1940, Ii. 589, 
di esercitare il diritto di rivalsa d�lla I.G.E. nei confronti 
degli enti appaltanti beneficiari dei contributi stessi 

(n. 83). 
VENDITA A MEZZO DI COMMISSIONARI. -2) Se sia 
tenuta al pagamento dell'I.G.E.. evasa una ditta produttrice 
di automezzi nel caso che la societ� commissionaria 
abbia posto in essere, in nome proprio, i� contratti 
di vendita di autoveicoli con gli aquirenti, senza versare 
il relativo tributo per I.G.E. (n. 84). 

3) Se, nell'ipotesi positiva, la ditta produttrice sia 
tenuta al pagamento della pena pecuniaria (n. 84). 

IMPOSTE E TASSE 

INSINUAZIONE AL PASSIVO FALLIMENTARE. -Se gli 
Uffici .Distrettuali possano insinuare nel passivo fallimentare 
del contribuente i crediti per imposte e sovrimposte 
dirette sulla base degli avvisi di accertamento 

(n. 326). 
IPOTECA 

CONTRIBUTI DI RICOSTRUZIONE -MUTUO IPOTECARIO. 
-Se, l'Istituto Nazionale per il Finanziamento' della 
Ricostruzione possa consentire a volontarie riduzioni 
delle ipoteche iscritte a garanzia dei finanziamenti, al 
di fuori dei casi tassativamente previsti dalla legge (n. 14). 

ISTRUZIONE 

INSEGNANTI ALL'ESTERO -ASSEGNI DI SEDE. -Se, 
ai sensi della legge 27 ottobre 1951, n. 1288, al personale 
insegnante non di ruolo in servizio all'estero debba essere 
corrisposto l'assegno di sede (n. 11). 

LAVORO 

COTTIMISTI PER SERVIZI DELLA AMMINISTRAZIONE 
FINANZIARIA. -Se nel rapporto che viene a costituirsi 
fra l'Amministrazione delle Finanze e taluni cottimisti, 
i quali prestano la loro attivit� per servizi di carattere 
eccezionale e contingente presso gH �ffici delle imposte 
dirette e del catasto, si riscontrino gli estrercl del ravoro 
subordinato e pertanto sussiste l'obbligo di provvedere 
nei confronti di tali cottimisti alle assicurazioni sociali 
obbligatorie (n. 23). 


-121


LOCAZIONI 

DEMANIO STORIOO-ARTISTIOO. -Se il godimento di 
alcuni locali di un palazzo appartenente al demanio 
storico-artistico possa concret.are un rapporto di locazione 
Q dia luogo ad una concessione (n. 109). 

MILITARI 

INFORTUNIO DI DIPENDENTE MILITARE. -Se la legge 
1� novembre 1957, n. 1140, sia applicabile nel caso in cui, 
successivamente alla sua entrata in vigore, sorga la ne-
0essit� di provvedere a spese di cura o di protesi in conseguenza 
di un eventq dannoso derivante da causa di ser. 
vizio subito dal dipendente militare anteriormente ail'emanazione 
della legge stessa (n. 10). 

NOTIFICAZIONE 

PUBBLIOA AMMINISTRAZIONE. -Se un atto possa esse re 
validamente notificata ad una Pubblica Amministrazione 
nelle ore in cui gli Uffici sono chiusi (n. 13). 

OBBLIGAZIONI E CONTRATTI 

INTERESSI. -Se, ai fini della costituzione in mora del 
debitore, sia sufficiente che la richiesta di pagamento 
venga fatta dal creditore mediante semplice cartolina 

{n. 37). 
OPERE PUBBLICHE 

APPALTI DI OPERE PUBBLIOHE -REVISIONE DEI 
PREZZI. -Se il D.L.C.P.S. 6 dicembre 1947, n. 1501, 
sulla revisione dei prezzi nei contratti di pubblica appalto 
possa ritenersi incostituzionale (n. 50). 

PENSIONI 

PENSIONE DI RIVERSIBILIT� -REVOCA. -Se, concesso 
ai sensi dell'art. 8 del R.D.L. 27 novembre 1919, 

n. 2373, il trattamento eccezionale di pensione ad un orfano 
maggiorenne di un agente ferroviario, possa farsi 
luogo alla revoca del decreto concessivo di pensione nel 
-0aso che venga meno anche una sola delle condizioni 
richieste dal suddetto art. 8 (n. 89). 
PIGNORAMENTO 

ASSIOURAZIONE SULLA RESPONSABILIT� CIVILE. -Sein 
materia di assicurazione sulla responsabilit� civile, 
il danneggiato, che abbia ottenuto una sentenza di co.ndanna 
passata in giudicato e divenuta esecutiva contro il 
responsabile civile, possa promuovere un pignoramento 
presso terzi sull'indennit� che a tale responsabile � dovuta 
dall'assicuratore (n. 3). 

PREZZI 

REVISIONE DI PREZZI -APPALTO DI 00. PP. -Se 
il D.L.C.P.S. 6 dicembre 1947, n. 1501, sulla revisione 
dei prezzi nei contratti di pubblico appalto po11sa ritenersi 
incostituzionale (n. 43). 

REGIONI 

REGIONE SIOILI.A.NA -IMPRESE ARMATORI.A.LI -AGE� 
VOL.A.ZIONI FISCALI. -Se, dopo la pronuncia della Corte 
Costituzionale che ha dichiarato la illegittimit� della 
legge regionale siciliana 23 aprile Hl58, n. 13; recante 
proroga delle agevolazioni fiscali per lo sviluppo delle 
attivit� armatoriali, possano tassarsi, ai fini della imposta 
di R.M., i redditi ammessi al beneficio tributario 
sotto l'impero di quella legge (n. 78). 

RESPONSABILIT� CIVILE 

ASSICURAZIONE -PIGNORAMENTO. -1) Se il danneggiato 
possa promuovere un'azione diretta (o in caso 
negativo) un'azione surrogatoria contro l'assicuratore 
di responsabile civile (n. 188). 

2) Se in materia di assicurazione sulla responsabilit� 
civile, il danneggiato, che abbia ottenuto una sentenza 
di condanna passata in giudicato e divenuta esecutiva 
contro il responsabile civile, possa promuovere un pignoramento 
presso terzi sull'indennit� che a tale responsabile 
� dovuta dall'assicuratore �(n. 188). 

RICOSTRUZIONE 

CONTRIBUTI DI RICOSTRUZIOHE. -Se debba considerarsi 
distrutto per fatto di guerra, ai fini della concessione 
del contributo di ricostruzione, un immobile che 
sia stato demolito su ordine del Sindaco perch� ritenuto 
pericolante in contrasto con il precedente accertamento 
del Genio Civile (n. 9). 

SOCIET� 

INTESTAZIONE CERTIFICATI AZIONARI. -Se ai sensi 
dell'art. 6 della legge 4 dicembre 1956, n. 1404, i certificati 
azionaridellesociet� in cui lo Stato abbia la propriet� 
dell'intero capitale o la maggioranza di esso, debbano 
essere intestati al Ministero del Tesoro o al Ministero 
per le Partecipazioni Statali (n. 86). 

SPESE GIUDIZIALI 

ESECUZIONE FISCALE. -Se l'esattore possa domandare 
all'Amministrazione Finanziaria il rimborso delle 
spese giudiziali sostenute per resistere in causa di opposizioni 
proposte dai contribuenti in sede di riscossione 

(n. 13). 
SUCCESSIONI 

SUCCESSIONE DELLO STATO. -Se la devoluzione dell'eredit� 
allo Stato, ai sensi dell'art. 586 O.e., debba essere 
preceduta dallo stato di giacenza dell'eredit� stessa 

(n. 59). 
TRATTATI E CONVENZIONI INTERNAZIONALI 

ACCORDO ITALIA-EGITTO 10 SETTEMBRE 1946. -Se 
lo Stato sia responsabile verso un gruppo di italiani, i 
quali, gi� funzionari presso i Tribunali misti in Egitto 
e licenziati nel giugno 1940, non hanno potuto 'far valere 
tutti i loro diritti verso il �Governo egiziano, perch� 
il Governo italiano aveva rinunziato, con l'Accordo del 
10 settembre 1946, ad ogni domanda di risarcimento 
dei suoi cittadini (n. 10). 


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