PUBBLICAZIONE

RASSEGNA 

DI SERVIZIO

DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ANNO XIII -N. 7 a I2 
LUGLIO-DICEMBRE I96I . 

RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA 


CORTE COSTITUZIONALE 

COSTITUZIONE -: Ordinanze prefettizie di urgenza Testo 
unico di P.S. art. 2 -Illegittimit� costituzionale. 
(Corte Costituzionale, Sentenza n. 26 del 27 maggio 
1961 -Pres.: Cappi; Rel.: Papaldo). 

L'art. 2 Testo unico delle leggi di P.S. 18 giugno 
1931, n. 773 � costituzionalmente illegittimo soltanto 
nei limiti in cui esso� attribuisce ai Prefetti 
il potere di emettere ordinanze senza il rispetto 
dei principi dell'ordinamento giuridico. 

Riportiamo integralmente la motivazione della 
sentenza: 

1. Si pu� decidere con un'unica sentenza sulle 
questioni proposte con le quattro ordinanze del 
Pretore di Livorno, identico essendo l'oggetto 
delle questioni sollevate con le dette ordinanze. 
2. Con la sentenza 20 giugno 1956, n. 8, la Corte 
afferm� che, ai fini della pronuncia sulla legittimit� 
costituzionale dell'art. 2 del Testo unico delle 
leggi di pubblica sicurezza, dovesse aversi riguardo 
non gi� al significato rivestito dalla norma nel 
sistema che le dette vita, bens� a quello acquistato 
sulla base della interpretazione che, in conformit� 
alla Costituzione, ne era stata data dalla giurisprudenza. 
Secondo tale interpretazione, la Corte ritenne 
che si pCitesse dichiarare infondata la questione 
relativa alla legittimit� costituzionale di quella 
norma, in considerazione che i provvedimenti del 
genere hanno il carattere di atti amministrativi 
adottati dal Prefetto nell'esercizio dei compiti 
del suo ufficio, strettamente limitati nel tempo 
in relazione ai dettami della necessit� e della urgenza 
e vincolati ai principii dell'ordinamento giuridico. 

La Corte, non nascondendosi che Ja forma 
dell'art. 2, nella sua ampia dizione, avrebbe potuto 
dare adito ad arbitrarie applicazioni .se si fossero 
affermate interpretazioni diverse da quella rilevata 
dalla Corte stessa, avvert� che in tal caso la 
questione sarebbe stata riesaminata. 

La Cor~e, infine, auspic� che, nell'intento di 
porre l'art. 2 al riparo da ogni interpretazione con


traria allo spirito della Costituzione, il legislatore 
provvedesse ad inserire nel testo della disposizione 
l'espressa' enunciazione dei detti canoni, ai 

. quali i provvedimenti dovessero conformarsi, 
auspicando, altres�, che, nella nuova formulazione, 
sl enunciasse l'obbligo della motivazione ed anche 
quello della pubblicazione nel caso in cui il provvedimento 
non avesse carattere individuale. 

Nel tempo che � . trascorso da quella sentenza 
il testo legislativo � rimasto inalterato e, come si 
rileva dalle-numerose copie deposit�te nel presente 
giudizio, molti Prefetti hanno emesso provvedimenti 
che, a parte il loro contenuto, tendono ad 
avere carattere di permanenza. �, inoltre, sopraggiunta 
qualche pronuncia giurisprudenziale che 
non sembra conforme all'indirizzo della giurisprudenza 
della magistratura ordinaria e di quella 
amministrativa su cui si bas� la sentenza del 1956 
per dare all'art. 2 l'interpretazione sopra richiamata. 
� 

Essendo stata ora risollevata la questione, la 
Corte ritiene che debba essere compiuto quel riesame 
di cui fu fatta espressa riserva in detta 
sentenza. 

3. In ordine alla sentenza stessa occorre procedere 
ad una precisazione. 
Da qualche parte, nel giudizio attuale, � stato 
detto che secondo quella sentenza sarebbe possibile 
emanare provvedimenti in.base all'art. 2 della 
legge di pubblica sicurezza destinati a menomare 
l'esercizio� dei diritti dei cittadini, �nch� se garantiti 
dalla Costituzione. Si � aggi11nto che la Corte 
avrebbe dichiarato che non sussisterebbe contrasto 
tra lo stesso art. 2 e l'art. 21 della Costituzione. 
Ma non si � tenuto . conto che quella sentenza, 
dopo avere affermato il principio che le ordinanze 
in questione non possano in nessun caso violare 
i principii dell'ordinamento giuridico, prospett� 
l'ipotesi che i provvedimenti prefettizi toccassero 
campi nei quali si esercitano i diritti dei cittadini 
garantiti dall� Costituzione: la sentenza afferm� 

. che 
in tali ipotesi spetta al giudic� competente 
di accertare se nei singoli casi sussista la violazione 
di quei diritti. Ed in particolare la sentenza fece 


-70 


la stessa affermazione in ordine alla dedotta viola


zione dell'art. 21 della Costituzione. . 

�, dunque, da escludere che la precedente sentenza 
abbia dichiarato che le ordinanze prefettizie 
potessero menomare l'esercizio dei diritti garantiti 
dalla Costituzione: dichiarazione che sarebbe stata 
in netto contras.to con l'affermazione ch� quelle 
� ordinanze debbono essere vincolate ai principii 

dell;ordinamenfo giuridico. 

" ' ... . . _,.� 

4. L'art. 2 conferisce al Prefetto poteri che non 
posson_o in nessun modo considerarsi di carattere 
legislativo, quanto alla loro forma e quanto ai loro 
effetti. Quanto al loro contenuto, i relativi provvedimenti, 
finch� si mantengano nei limiti dei principii 
dell'ordin'llimento giuridico, non possono mai 
esser tali da invadere il campo riservato all'attivit� 
degli organi legislativi n� a quella di altri 
organi costituzionali dello Stato: il rispetto di 
quei limiti impedisce ogni possibile violazione 
degli artt. 70, 76 e. 77 e dell'art.1, secondo comma, 
della Costituzione. 
Difatti, anche a volerli con.siderare in ogni caso 
come aventi carattere normativo, i provvedimenti 
prefettizi ex art. 2, ove, non ~ontrastino con i 
principii dell'ordinamento, restano legittimamente 
nella sfera dell'attivit� spettante agli organi 
amministrativi: essi sono legittimi quando siano 
emanati in base ai presupposti, nei limiti, con le 
caratteristiche, le forme e le garanzie, secondo 
le indicazioni �esposte fin dalla precedente sentenza.
�� 

Non sar� del tutto superfluo soggiungere che 
l'art. 77 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto 
Adige richiama espressamente la applicazione 
dell'art. 2 della legge di pubblica sicurezza; dal 
ch� pu� dedursi che l'Assemblea Costituente ritenne 
che l'istituto non fosse in contrasto con la Costituzione. 


5. Dai ripetuti richiami fatti 'ai principii dell'ordinamento 
giuridico si rileva che questo � il punto 
fondamentale della questione. Su di esso bisogna 
pi� diffusamente soffermarsi. 
�, in primo luogo, da riaffermare che i provve


dimenti prefettizi non possono mai essere in con


trasto con i detti principii, dovunque tali principii 

siano espressi o comunque essi .risultino, e preci


puamente non possono essere in contrasto con 

quei 'precetti della Costituzione che, rappresen


tando gli elementi cardinali 'dell'ordinamento, non 

consentono alcuna possibilit� di deroga nemmeno 

ad opera della legge ordinaria. �, infatti, ovvio 

che l'art. 2 della legge di pubblica sicurezza non 

potrebbe disporre che, in un campo in cui il pre


cetto costituzionale � inderogabile anche di fronte 

al legislatore ordinario, intervengano provvedi


menti amministrativi in senso difforme. 

Per quel che si riferisce a�le riServe d:L legge, la 

Corte ritiene che si debba distinguere. 

Nei casi in cui la Costituzione stabilisce che la 
legge provveda direttamente a disciplinare una 
determinata materia (p�r esemp,io, art. 13, terzo 
comma), non pu� concepirsi' che nella materia 

stessa l'art. 2 permetta la emanazione� di atti 

amministra;tivi che dispongano in difformit� alla 

legge prevista dalla Costituzione. 

Per quanto riguarda quei campi'rispetto ai quali 
la Costituzione ha stabilito una rfserva adoperando 
la formula �in base alla legge� o altra di eguale 
sig.if�cato, giova. ricordare che� la costante giurisprudenza 
di ,questo Collegio, formatasi principalmente 
nei riguardi dell'art. 23 della Carta costituzionale, 
ha ritenuto ammissibile che la legge ordinaria 
attribuisca all'autorit� amministrativa l'emanazione 
di atti anche normativi, purch� la 
legge indichi i criteri idonei a delimitare la discrezionalit� 
dell'organo a cui il potere � stato attribuito. 
E, pertanto, nulla vieta che, nelle materie 
�ora indicate, una disposizione di legge ordinaria 
conferisca al Prefetto il potere di emettere 
ordinanze di necessit� ed urgenza, ma occorre 
che risultino adeguati limiti all'esercizio di tale 

potere. 

� Si pu� concludere che la omessa prescrizione, 

nel testo dell'art. 2, �del rispetto dei principii 

dell'ordinamento giuridico renderebbe possibile 

-ed in realt� ha reso, di recente, possibile -una 

applicazione della norma, tale da violare i diritti 

dei cittadini e diii menomarne la tutela giurisdizio


nale. 

�, dunque, da ritenere che l'illegittimit� del


l'art. 2, sussiste soltanto nei limiti in � cui esso 

attribuisce ai Prefetti il potere di emettere ordi


nanze senza il rispetto dei principii dell'ordina


mento giuridico, intesa questa espressione nei 

sensi sopra indicatii 

PER QUESTI MOTIVI 

LA CORTE COSTITUZIONALE 

pronunziando sopra i quattro procedimenti riuniti 
di cui in epigrafe, dichiara l'illegittimit� 
costituzionale dell'art. 2 del Testo unico delle 
leggi di pubblica sicurezza, approvato con R. D. 
18 giugno 1931, n. 773, nei sensi e nei limiti ind�cati 
nell� motivazione. 

In relazione alla precedente sentenza n. 8 del 1956 

emessa dalla Oorte Oostituzionale sulla stessa que


stione, si veda quanto abbiamo pubblicato nella Rela


zione per gli anni 1956-1960, nn. 35 e 98. Si veda, 

altres�, la sentenza della Oorte di Oassazione a Sezioni 

Unite n. 2068/58, annotata in questa Rassegna, 

1958, 87. 

Oon la presente sentenza, in sostanza, la Oorte 

Oostituzionale esercita, sia pur con conclusion�e 

formalmente opposta, lo stesso potere di interpreta


zione della legge ordinaria, sulla base del quale 

aveva ritenuto� con la precedente sentenza n. 8 del 

1956 di dichiarare infondata la questione di legit


timit� costituzionale dell'art. 2 del Testo unico delle 

leggi di P. S. .. . ~ _ _ 
Oerto � che, qualunque sia l'estensione che si voglia 
dare all'attuale pronunzia della Oort�, essa, tenuto 
conto della peculiarit� del dispositivo, in relazione 
alla .motivazione, non sembra che possa essere inter-� 


-71


pretata nel senso che abbia definitivamente cancellata 

. dall'ordinamento giuridfoo italiano la norma contenuta 
nel citato art. 2, sulla base del quale i Prefetti, 
nei casi di assoluta necessit� ed urgenza, dispongono 
dei poteri d'ordinanza indispensabili per la tutela 
della esistenza stessa della collettivit� nazionale nei 
limiti del territorio di loro giurisdizione. 
Tuttavia non pu� non rilevarsi come �appaia 
indispensabile, per evitare pericolose confusioni 
di idee e carenza di poteri in momenti cruciali, che 
si� formulata una nuova norma legislativa la quale 
sostituisca quella dell'art. 2 per renderla, nei limiti 
del possibile, aderente al pensiero della Oo.rte. 

COS'f'ITUZIONE-CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE -
Regione Trentino-Alto Adige -Reqpisizicme di_ 
alloggi costruiti dall'Istituto Autonomo Case Popo� 
lari. (Corte Cosbituzionale, 30 dicembre 1961, n. 72 -
Pres.~ Cappi; Rel.: Manca -Presidente Regione Trentino-
Alto Adige c. Presidente del Consiglio dei Ministri). 

La ripartizione della competenza fra organi 
dello stesso ufficio (Commissario e. vice Commissario 
del Governo) non d� luogo a questione di 
rilevanza costituzionale. 

Il potere di disporre, per un pubblico interesse, 
in via di urgenza, della propriet� privata, mobiliare 
ed immobiliare, previsto in via generale 
dall'art. 7 legge 20 marzo 1865, allegato E, spetta 
esclusivamente agli� organi dello Stato. 

La requisizione, per motivi di urgenza e per un 
periodo di tempo liinitato, di alloggi costruiti 
dall'I.A.O.P. non rappresenta un'assegnazione a 
carattere cont.inuativo di case popolari e non invade, 

-. perci�, la sfera di competenza della Provincia. 

1) Deve ritenersi fondata l'eccezione di inammis


. sibilit� dedotta dall'Avvocatura dello Stato circa 
il terzo motivo del ricorso, nel quale la difesa della 
Regione prospetta l'incompetenza del vicecommissario 
del Governo ad emanare il decreto di requisizione, 
in quanto, trattandosi di provvedimento 
demandato dalla legge ai prefetti, rientrerebbe 
nella competenza esclusiva del commissario, ai 
sensi dell'art. 76, n. 3 dello Statuto speciale, senza 
possibilit� di delega ad altro organo. 

� peraltro da obiettare che se anche fosse esatto 
l'assunto della Regione, il vizio denunciato riguarderebbe 
la� ripartizione della competenza fra organi 
dello stesso ufficio, e eh~ non pu� dar luogo perci� 
a questione di rilevanza costituzionale da esaminarsi 
in questa sede. 

2) Nel primo:e nel secondo motivo si. prospettano 
due questioni�. 
. La prima se�il decreto di requisizione, emesso in 
base all'art. 7 della legge 20 marzo 1865, allegato E 
sul contenzioso amministrativo, abbia invaso la 
sfera di competenzl:li spettante alle autorit� regionali 
e provinciali nella materja dell'espropriazione 
per pubblica utilit� non riguardante opere a carico 
dello Stato, ai sensi dell'art. 4, n. 4, 13 e 46 dello 

Statuto speciale, ed all'art. 56 della legge regionale 
17 maggio 1956, n. 7, riguardante appunto le 
espropriazioni. � 

La seconda, di carattere particolare, se,_ in ogni 
modo, la illegittimit� del provvedimento di requisizione 
debba essere dichiarata, in quanto, avendo 
per oggetto alloggi costruiti dall'Istituto autonomo 
per. le case popolari, tutti i poteri, nella� materia, 
sarebbero stati trasferiti, alle Provincie di Trento 
e di Bolzano, in virt� dell'art. 11, n. 11 e 13 dello 
Statuto speciale, e delle norme di attuazione contenute 
nel decreto legislati.Vo del 26 gennaio 1959, 

n. 28. 
Circa la prima�questione la difesa della Regione 

muove dal presupposto che la disposizione conte


nuta nel ricordato art. 7 sia applicabile nei casi 

di urgente necessit�, � non espressamente regolati 

da altre norme legislative. Rileva peraltro che, 

trattandosi nella specie di occupazione di urgenza, 

ricompresa nella prima parte del primo comma 

dell'art. 71 a.ella legge sul1e espropriazioni per 

pubblica utilit� (28 giugno 1865, n. 2359, modifi


cato dalla legge 18 dicembre 1879, n. 5188), ed 

essendo l'art. 71 trasfuso nell'art. 56 dell:;i, ricor


data legge regionale del 1956, il potere di adottare 

il provvedimento in qu~stione non spetterebbe 

agli organi statali, bens� al ;presidente della Giunta 

provinciale. 

La tesi, ad avviso della Corte, non pu� ritenersi 

fondata. 

l.i'occupazione di urgenza di immobili cui si 

riferisce il primo comma dell'art. 71 della legge 

sulle espropriazioni, di poco posteriore a quella 

sul contenzioso amministrativo~ costituisce, com'� 

g~neralmente ritenuto, applicazione della regola 

generale racchiusa nell'art. 7 di quest'ultima legge, 

regola che legittima gli atti di disposizione della 

propriet� privata immobiliare e mobiliare, quando 

urgenti necessit� di interesse pubblico ci� richie


dono. Come del pari sono da considerare specifi


cazioni della predetta regola le numerose leggi 

sulle requisizioni in propriet� per i mo\>ili ed in 

uso per gli immobili, emanate, al :fine di discipli


narne con� norme particolari la procedura e gli 

effetti, per le. esigenze belliche e post-belliche, e 

quelle vigenti circa le requisizioni in tempo di p:;i,ce 

per le esigenze militari e per il'pronto soccorso in 

caso di disastri tellurici ed ~Itri del genere. 

Ma dal collegamento della �l.isposizione dell'art. 7 

con la legge del 30 novembre 1950, n. 996, che 

attribuisce carattere definitivo .ai provvedimenti 

eman~ti dai prefetti nell'esercizio dei poteri con


feriti da .detto articolo, risulta chiarito come l'ac


cennata disposizione sia altres�, per se stessa, 

attributiva. agli organi dello Stato di poteri da eser


citarsi nei casi di urgente necessit�, non espressa


mente preveduti da altre norme legislative. 

� vero quindi che le occupazioni di urgenza 

. antori.zzate dal 
citato art. 71 possono anche equipararsi, 
nella sostanza, a requisizioni in us� �ana-__ 
loghe a qu\3lle prevedute dalla legge sul contenzioso, 
con le quali vengono ad avere in comune il 
pJ.'.esupposto, cio� l'urgente necessit�., a differenza 
delle occupazioni temporanee di immobili colle� 


-72


gate alla esecuzione di una opera di pubbli�a 
utilit�. Non � altrettanto esatto per� che, nelle 
accennate occupazioni d'urgenza, si comprendano, 
come si vuol sostenere, tuttj i casi di disposizione, 
della propriet� privata, in guisa da precludere 
l'applicabilit� dell'art. 7. Difatti, per quanto 
largamente interpretata, la norma dell'art. 71 
della legge sulle espropriazioni deve ritenersi 
tuttavia operante, per logico coordinament� del 
sistema, nell'ambito espressamente delimitato. La 
quale norma autorizza la occupazione temporanea 
dei beni immobili, per un fine determinato, in 
quanto cio� sia necessaria per l'esecuzione delle 
opere (in largo senso), occ_orrenti nei casi di pubbliche 
calamit�, negli altri casi di forza maggiore 
e di assoluta urgenza. 

Ne deriva che l'art. 7 della.legge sul contenzioso 
amministrativo ha un campo di applicazione pi� 
vasto, e, nell'ordinamento,� funziona come norma 
di carattere generale e fondamentale, che completa 
il sistema legislativo nella materia delle requisizioni; 
ed � applicabile, come si � accennato, qualora, 
per un pubblico interesse si debba, in via di urgenza, 
disporre della propriet� privata mobiliare ed immobiliare. 
Posto ci� � chiaro �che il potere derivante 
dall'art. 7 spetta esclusivamente agli organi dello 
Stato, e che non pu� ritenersi trasferito alle autorit� 
regionali e provinciali, anche se si ammette, 
secondo quanto rileva la difesa dello Stato, che 
queste possano emanare provvedimenti� relativi 
all'occupazione temporanea della propriet� privata, 
per l'esecuzione di opere pubbliche o nei 
casi di calamit� naturali, sulla base e nei limiti 
dell'art. 4, n. 4 e dell'art. 11 n. 14 dello Statuto 
speciale. � perci� infondata la con.elusione cui 
peryiene la difesa della Regione nel senso che tutti 
i provvedimenti di urgenza, nella Regione � Trentino-
Alto Adige, sarebbero di competenza delle 
autorit� locali e non pi� del Governo, in relazione 
anche all'art. 46 dello Statuto, che attribuisce al 
Presidente della Giunta provinciale la competenza 
ad emanare provvedimenti contingibili ed urgenti 
in materia di igiene e di sicurezza pubblica. Questa 
disposizione si ricollega infatti all'art. 55 del Testo 
unico della legge comunale e provinciale (3 marzo 
1934, n. 383); ed � preordinata, secondo una 
costante interpretazione, alla tutela della pubblica 
incolumit�. 

Sotto l'aspetto finora esaminato pertanto il 
provvedimento impugnato deve ritenersi legittimo. 

3. Oirca la se~onda questione � da premettere 
che non si discute fra le parti se, in� generale, gli 
alloggi costruiti, come nella specie, dagli istituti 
autonomi delle case popolari possa;no formare 
oggetto di requisizione, quando ricorra l'urgente 
necessit� di pubblico interesse preveduta dall'art. 7 
della legge sul contenzioso amministrativo. Oon 
provvedimento cio� concernente beni che concorrono 
a formare il patrimonio degli istituti autonomi, 
da .assegnare in locazione, o, con patto di 
futura vendita, alle categorie di soggetti indicati 
dalla legge; .. i quali beni, nonostante il vincolo 
derivante dalla desthiazione ai fini assistenziali, 
restano di regola soggetti al regime della propriet� 
privata, nel cui ambito, sotto certi aspetti, sono 
ricondotti anche dalla legge che li riguarda, poich� 
consente, tra l'altro, che su di ~ssi, possano essere 
iscritte ipoteche. 

Secondo la difesa della Regione, invece il decreto 
del vice'Commissario avrebbe invaso la sfera di 
competenza, riservata alle autorit� provinciali 
nella.materia delle case popolari, in base all'art. 11, 

n. 11 dello Statuto speciale ed alle norme di attuazione 
�del 1959 sopra ricordate. In quanto cio� il 
provvedimento, nella sostanza, sarebbe stato preordinato 
all'assegnazi�ne delle case popolari, in conti:
asto con le disposizioni legislative dalle quali 
tali assegnazioni sono regolate. � 
Ora, � vero che, in base alle citate norme statutarie 
e di attuazione, alle Provincie di Trento e di 
Bolzano � stata attribuita potest� normativa e 
amministrativa nella materia delle case popolari, 
con le limitazioni peraltro indicate nelle norme 
di attuazione, ritenute legittime con la sentenza 

n. 2/1960 di questa Oorte; e che sono state trasferite 
alle Provincie stesse anche le facolt� attribuite 
al ministero dei lavori pubblici dal Testo unico 
del 1938, compresa, ai sensi dell'art. 6 ultimo 
comma e dell'art. 7 delle ricordate norme di attuazione, 
la vigilanza per quanto riguarda l'attivit� 
edilizia degli enti autonomi e l'assegnazione delle 
case�da essi costruite. 
� d'altra parte pacifico, come risulta anche dal 
contenuto dell'accennato decreto che la requisizione, 
per la durata di un anno dalla �data del 
decreto impugnato (18 novembre 1960, periodo 
gi� scaduto), ha avuto per oggetto i tredici alloggi, 
in atto disponibili, costruiti dall'Istituto autonomo 
di Bolzano ai sensi della legge 2 luglio 1949, n. 408. 

Si desume inoltre, dalla motivazione e dai docuc � 
menti esibiti dall'Avvocatura dello Stato, che il 
provvedimento � stato adottato dal vicecommissario, 
in seguito a due lettere dell'8 e del 17 novembre 
1960, con le quali il sindaco di Bolzano inf~rmava 
circa il pericolo di crollo delle abitazioni 
occupate da un gruppo di, famiglie nelle lettere 
stesse elencate, dava altres� notizia che erano 
state emesse dall'autorit� comunale ordinanze 
di sgombero e segnalava la necessit� di provvedere 
con urgenza per l'alloggio delle famiglie anzidette. 

Posto ci� e data la provvisoriet� del provvedimento, 
la cui efficacia, limitata come si � detto ad 

. un anno, deve ritenersi ormai definitivamente cessata, 
� da escludere, che nel provvedimento stesso, 
possa ravvisarsi un'assegnazione a carattere continuativo 
di case popolari, ai sensi e per gli effetti 
preveduti dalle leggi che disciplinano la materia. 

Non hanno d'altra parte rilevanzllt, in contrario, 
perch� attengono a.Ue modalit� di esecuzione, a 
garanzia dei diritti dell'Istituto autonomo di Bolzano, 
la misura dell'indennit� equiparata ai cano:o.i 
di affitto e il riferimento alla legge . .sulle case popolari 
per ci� che riguarda la disciplina dei rappor_ti 
fra l'Istituto e le persone, a favore delle quali gli 
alloggi sono stati requisiti. 

Restano pertanto assorbite le osservazioni mosse 
dalla difesa della Regione nel presupposto che si 


-73 


tratti nella specie della predetta assegnazione; 
�ed � da aggiungere altres� che non possono formare 
oggetto di esame in questa sede i rilievi concern�nti 
asserite irregolarit� delle gi� menzionate ordinanze 
di sgombero, emanate dalle autorit�, comunali. 

J.Ja difesa della Regione, nella memoria, fa notare 

altres�, che l'invasione della sfera di competenza, 

riservata alle Provincie nella materia delle case 

popolari sussisterebbe anche perch� l'esercizio del 

potere da parte dell'organo dello Stato, avrebbe 

impedito di fatto agli organi locali di esplicare, 

nell'assegnazione delle case popolari, le attivit� 

statutariamente garantite. 

Anche tale rilievo non appare fondato. 

Non si contesta (e si desume anche dalla deli


be-razione della Giunta provinciale di Bolzano 

prodotta fra gli atti della causa) che il provvedi


mento del vicecommissario ha requisito alloggi 

tuttora disponibili, circa i quali. non risulta che i 

competenti organi abbiano neppure iniziato il 

procedimento per l'assegnazione, mentre nessun 

ostacolo avrebbe apportato al riguardo il provve


dimento di requisizione. D'altra parte non � dimo


strato che l'inattivit� dei predetti organi sia da 

ricollegare all'emanazione e all'attuazione del 

provvedimento impugnato. 

Per una pi� completa conoscenza delle questioni 
trattate, riportiamo integralmente la. memoria depositata 
dall'Avvocatura limitatamente alla parte relativa 
al potere di requisizione. 

�Gli artt. 4, n. 4 e 13 S.S.T.A.A. attribuiscono 
alla Regione competenza, legislativa ed ammfu.istrativa, 
in_matel'ia di� espropriazione per pubblica 
utilit� non riguardante opere a carico dello Stato �. 
Si assume dalla ricorrente Regione che la materia 
delle espropriazioni comprende anche le requisizioni 
in uso d'immobili, previste in tempo di pace 
dall'art. 7 legge 20 marzo, 1865 allegato E, n. 2248, 
promiscuamente all'art. 71 legge 25 giugno .1865, 

n. 2359; ma l'assunto �, a nostro avviso, infondato. 
Sono note alla Corte Ecc.ma le dispute dottri: 
nali ed il travaglio giurisprudenziale per la ricerca 
del criterio discriminativo fra espropriazione e 
requisizione in propriet�� da una parte, fra occupazione 
di urgenza e requisizione in uso d'iminobili, 
dall'altra. 

La prima questione, che per la verit� qui� non 
interessa, � stata agevolmente risolta perch�, almeno 
in via generale, l'espropriazione � prevista, per il 
soddisfacimento di interessi pubblici generali, solo 
relativamente a beni immobili e diritti reali immobiliari, 
mentre la requisizione, che pu� essere in 
uso in o propriet�, � limitata, nella seconda ipotesi, 
che sola presenta affinit� con l'espropriazione, ai 
beni mobili (R.D. 18 agosto 1940, n. 1741; T.U. 
31 gennaio 1926, n. 452; legge 13 luglio 1939, 

n. 1159) ed � diretta al soddisfacimento di esigenze 
belliche o, in tempo di pace, militari. 
Pi� dibattuta � stata ed � l'altra questione, relativa 
alla distinzione concettuale fra occupazione 
d'urgenza e requisizione in uso d'immobili. Occorre, 

per�, subito dire che il problema non si � posto 
per le occupazioni di urgenza preordinate all'espropriazione, 
che si differenziano nettamente dalla 
requisizione in uso per la causa, ben. d~!J.nita e 
circoscritta, oltre che per il procedimento, in parte 
comune a quello espropriativo e che, come questo, 
inizia con la dichiarazione di pubblica� utilit� della 
opera da compiere;� ma per le occupazioni d'm;genza, 
che l'art. 71 legge 25 giugno 1865, n. 2359 
autorizza nell'ipotesi di rottura di argini, rovesciamenti 
di ponti ed altre calamit� naturali e che, a 
nostro avviso, esorbitano dalla materia delle espropriazioni 
e non possono, perci�, ritenersi attribuite 
alla competenza, legislativa ed amministrativa, 
della Regione, ai sensi dell'art. 4, n. 4 S.S. 
Til. (onde il dubbio sulla legittimit� costituzionale 
dell'art. 56 legge regionale 17 maggio 1956, 

n. 7, che attrib;uisce il potere di autorizzare l'occupazione 
di urgenza di fondi, nell'ipotesi di gravi 
calamit� naturali, al Presidente della Giunta provinciale 
e al Sindaco, a meno che non si ritenga 
che in questi casi l'occupazione rientri nella materia 
delle. � opere di pronto soccorso per calamit� pubbliche 
�e nei provvedimenti contingibili e urgenti 
che gli artt. 11, n. 14 e 46 S.S.Til. attribuiscono 
alla competenza provinciale). 
� Il LUCIFREDf (Siti criteri differenziali fra occupazione 
d'urgenza e requisizione in uso d'immobili, in 
� Giur. It. �, 1943, III, 67) elenca i vari eriteri 
di discriminazione, da quello accolto in certa 
giurisprudenza, secondo il quale le requisizioni 
sarebbero sempre ordinate ed eseguite nell'interesse 
dello Stato, mentre le occupazioni d'urgenza 
sarebbero ordinate a favore di privati, a quello 
accolt~ dal Fori;i (Foro it. 1920, III, 14) ehe vede 
la nota tipica delle requisizioni nel carattere eminentemente 
temporaneo dell'uso della cosa e nella 
circostanza che chi dispone dell'immobile sia 
l'autorit� militare; dal criterio di un anonimo 
commentatore (Giur. it. 1919, III, 235), secondo 
.il quale si avrebbe requisizione se l'uso dell'immo-. 
bile � fine a se stesso, occupazione d'urgenza, 
invece, se tale uso � mezzo o preliminare di una 
futura espropriazione, a quello del Delle Donne 
che accenna ad una ben pi� ampia estensione, che 
presenterebbe la sfera di possibile azione delle 
requisizioni rispetto ai casi in cui pu� ordinarsi la 
occupazione di urgenza. L'Autore, dopo aver 
accennato alla tesi del Landi, che, sulle orme del 
Trentin e del Nina, afferma l'identit� concettuale 
dei d�e istituti, esamina le tesi -opposte -del 
Carugno e dello Zanobini (di cui si dir� in seguito) 
e conclude la sua acuta disamina negando una 
distinzione concettuale fra i due istituti; ma riconoscendo 
l'esistenza di due distinti poteri, esercitabili 
a mezzo di due distinti procedimenti, di cui 
in taluni casi l'autorit� pu� fare uso a sua scelta, 
essendo entrambi idonei al raggiungimento dello 

scopo. 

L'occupazione d'urgenza, secondo il citato Autore _ 
(vedasi anche: Le prestazioni di cose, p. 325), � un 
provvedimento sostanzialm~nte requisizionale, che 
la legge positiva regola in forma di occupazione 
temporanea. 


-:-74 


La sentenza del Comitato giurisdizionale Cen-requisizioni, a differenza delle occupazioni d'urtrale 
per le controversie in materia di requisizioni genza, riguardino anche i mobili ed, infine, afferma 
(Pres. Romano; Est. Papaldo, Di Giovanni ~ che' il potere in esame, che l'art. 7 attribuisce 
Aeronautica, in Giur. it. 1942, III, 91 con nota), genericamente all'autorit� amministrativa, seche 
aveva dato occasione allo studio del Luci-condo l'opillione generalmente accolta spetta e 
fr()di, dopo un'ampia disam.lna dei vari criteri non pu� non spettare che alla autorit� statale, 
accolti dalla dottrina, ritenne d'individuare il �dato che il potere di porre in essere� atti necessictiterio 
di discriminazione fra 1i due istituti nella tati, in deroga al diritto comune, � proprio ed esclucausa 
del provvedimento cio�, nella concreta fina-sivo � dello Stato �. 
lit� di pubblico interesse che il provvedimento .Alla stregua della giurisprudenza (vedasi anche: 
tende a conseguire. Il Oonsiglio di Stato nel settennio 1951-1957, II, 

�In tempo di pace -afferma la sentenza -p. 853) e della dottrina, dianzi citate, riteniamo 
l'unico istituto dell'occupazione d'urgenza com-che non possa dubitarsi dell� differenza concettuale 
prende i due tipi di provvedimenti sopraindicati... fra occupazione d'urgenza e requisizione; ma; 
tuttavia, occupazione d'urgenza e requisizione in sopratutto, riteniamo che non. possa dubitarsi 
uso, pur avendo promiscua disciplina giuridica, della differenza causale e formale fra il potere di 
mostrano i loro caratteri distintivi�. autorizzare l'occupazione temporanea di fondi, 

Lo Zanobini (Oorso, IV p. 313 .e 322), che si in relazione ad un'opera pubblica o� a calamit� 
� diffusamente occl:tpato della ques.tione, afferma naturali, ed il potere di requisire in uso un immoche: 
�distinto dall'espropriazion� e dalle varie bile �per qualsivoglia ragione urgente d'interesse 
forme di occupazione fin qui esaminate (occupa-pubblico. Il primo, previsto dall'art. 71 legge 
zione temporanea e occupazione d'urgenza previste 25 giugno 1865, n. 2359, pu� considerarsi trasferito 
dalla legge generale o da leggi speciali) � l'istituto alla Regione, per quanto attiene alle opere pubdella 
requisizione. Esso, in primo. luogo, non ha per bliche non statali, dall'art. 4, n. 4 ed alla Provincia, 
9ggetto soltanto sacrifici o limitazioni relativi ai per ci� che riguarda le calamit� naturali, dall'artibeni 
e al diritto di propriet�, ma anche obblighi colo 11, n. 14 in relazione anche all'art. 46 S.S.TAA.; 
di prestazioni di servizi e di attivit��. � il secondo, regolato in via generale dall'art 7 legge 

�Secondo noi -afferma l'Autore dopo una 20 marzo 1865, n. 2248 allegato E, � riservato 
acuta disamina dei vari criteri distintivi addotti -allo Stato, nessuna norma avendolo trasferito alla 
l� distinzione, in mancanza di elementi estrin-Regione. 
seci, deve basarsi sopra un dato esclusivamente Senza voler presumer.e di indicare nuovi criteri 
giuridico:. il carattere di atto costitutivo di diritti di discriminazione, riteniamo opportuno porre in 
reali, che � proprio dell'occupazione e che manca ev~denza due circostanze: l'occupazione di urgenza 
in qualunque forma di requisizione. Dalla requi-/ non preordinata all'espropriazione � un istituto a s� 
sizione immobiliare sorge per il proprietarto una stante; la requisizione in uso di immobili � un 
semplice obbligazione; quella di tenere l'immobile aspetto particolare di un istituto a contenuto 
a disposizione dell'autorit� e di consegnarlo a molto pi� ampio. Il fondo occupato d'urgenza 
richiesta perch� ne faccia uso per il tempo pura-per sopperire alle esigenze connesse a pubbliche 
mente necessario �. calamit� � destinato ad essere usato in diffor-

L'.Alessi (Dir. Amm. It., 1960, p. 614), dopo mit� dalla sua naturale destinazione (deposito di 
lliver dat~ atto che controversa e dubbia � la siste-materiali, scavo di materiali, inondazione tempomazione 
giuridica di siffatti istituti, parte della ranea); l'immobile (fondo rustico o fabbricato 
dottrina collocandoli fra le f�rme di limitazione urbano) requisito � utilizzato, invece, in confordella 
propriet�, parte fra le, prestazioni obbliga-mit� della sua naturale destinazione. 
torie in natura, afferma che il criterio diff�renzia-In proposito, inoltre, non sar� inutile accennare a 
tore fra gli istituti della requisizione e della espro� quanto avemmo occasione di sostenere altra volta 
priazione va ricercato, quanto meno per il nostro a proposito della spettanza del potere generale 
diritto positivo, nella diversit� dei rispettivi pre-d'annullamento degli atti amministrativi illegitsupposti 
di legi~timit�. timi. I poteri pubblici si distinguono fra loro per la 

�L'espropriazione -secondo l'opinione espressa causa, il contenuto e la forma o procedimento; 
dal citato Autore -si pone come istituto normale poteri di contenuto uguale possono differire per la 
per provvedere alfe pubbliche esigenze, la requi-causa e spettar.e ad autorit� diverse. Cos� avviene 
sizione ha per presupposto� una urgenza vera del potere di annullamento, che l'ordinamento 
e propria di provvedere, ' trattandosi� di far attribuisce, come estrinsecazione di potest� ontofronte 
a bisogni impellenti, di carattere straor-logicamente diverse, oltre che alla giurisdizione 
dinario �. amministrativa, alla stessa autorit�, che ha ema-

Della questione si � occupato anche recentemente nato il provvedimento illegittimo, al suo supeil 
Sandulli (Manuale, 1957, pp. 298 e 396; 1959, riore gerarchico o all'organo tutorio e, infine, al 

p. 419), il quale afferma che �a differenza della Governo. 
occupazione ex art. 71, la quale pu� essere disposta Lo stesso dovrebbe dirsi -ove volesse neg.ars.i 
soltanto al fine di esecuzione di opere di pubblica ogni distinzione concettuale fra loro -a proponecessit�, 
le requisizioni ex-art. 7 :riossono essere sito delle occupazioni d'urgenza e delle requisiadottate 
per. qualsivoglia ragione urgente d'inte-ziom m uso di immobili (aspetto' particolare, 
resse pubblico�. Pone in luce, poi, l'Autore come le peraltro, di un istituto di ben pi� ampio conte� 

-75 


nuto). Il potere di autorizzare la occupazione 
� d'urgenza, che pu� ritenersi trasferito alla Regione 
ed alla Provincia, ha una causa ben definita e pu� 
e deve essere eserci~ato per il soddisfacimento di 
. specifici e ben determinati interessi pubblici. Il 
potere di requisire per qualsivoglia ragione d'interesse 
pubblico beni mobili, e immobili, aspetto 
particolare del pi� ampio potere di disporre della 
propriet�. privata, ha una causa pi� ampia e diversa 
che lo qualifica quale potere. eccezionale; In relazione. 
alla sua eccezionalit�., alla genericit�. dei 
bisogni pubblic~ da soddisfare ed alla indeterminatezza 
dei beni e dei modi di disposizione, questo 
potere non pu� che essere risei:vato allo Stato a cui, 
in linea di principio, si ritiene riservato il potere 
di ordinanza e di decretazione d'urgenza, che si 
attua sempre extra-legem quando non anche oontralegem 
(GALATERIA:� I provvedimenti di urgenza,p.104)'. 
Nessun argomento a nostro avviso, pu� trarsi 

dall'art. 46 S.S.TAA., ancorch�. si ponga in rela


zione con ilprecedente art. 11, n. 4. Infatti l'art. 46, 

che attribuisce al Presidente della Giunta provin


viale il potere di adottare i provvedimenti contin


gibili ed urgenti !n materia di sicurezza e d'igiene 

pubblica nell'interesse delle popolazioni di due o 

pi� Comuni, resta nell'ambito di applicazione 

dell'art. 153 Testo unico leggi comunali e pro


vinciali del 1915. A prescindere, quindi, dalla 

questione se, in queste ipotesi, anche il Presidente 

della Giunta, come il Sindaco, non agisca quale 

organo decentrato dello Stato, sta di fatto che il 

potere, di cui al citato art. 153, � stato sempre 

ritenuto distinto ed autonomo da quello previsto 

dall'art. 7 legge 20 marzo 1865, n. 2248 allegato E. 

Ci� anche dalla pi� recente giurisprudenza, citata 

dal Sandulli,. che, interpretrando estensiviiimente 

l'art. 7, ha ammesso che i provvedimenti da esso 

previsti potessero essere adottati anche dal Sin


daco, oltre che dal Prefetto, com'era sfato finora 

ritenuto. � 

L.'autonomia del potere generale di disporre 

della propriet�. privata per qualunque grave esi


genza pubblica esclude ch'esso possa ritenersi 

implicitamente trasferito alla Regione o alla Pro


vincia insieme con altri analoghi, ma non generali, 

poteri d� disposizione. Il si!\tema costituzionale, 

peraltro, esclude che lo Stato possa rinunziare ad 

�n cos� generale potere d'intervento, che dev'essere 

ad esso riservato, ancorch� concorra con analoghi 

particolari poteri, trasferiti agli Enti minori. 

COSTITUZIONE -CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 

-Decisione di ricorso� gerarchico avverso le deci� 

sioni della Giunta provinciale -Inammissibilit�. 

(Corte Costituzionale, 30 dicembre 1961, n. 73 -Pres.: 

Cappi; Rel.: Chiarelli -Presidente della Giunta Pro


vinciale di Bolzano c. Presidente Regione Trentino


. Alto Adige). 

Gli atti, con i quali le Pr�vincie di Trento e di 
Bolzano esercitano, in senso positivo o negativo, 
i poteri di controllo sui Comuni e sugli altri enti 
locali, sono definitivi e non sono, quindi, soggetti 

a ricorso gerarehieo improvrio alla Giunta regio


nale. 

Il ricorso della Provincia di Bolzano pone la 

questione se contro un atto della Giunta provinciale 

di Trento o di Bolzano, ehe neghi l'approvazion� 

al provvedimento di un ente soggetto alla sua vigi


lanza e tutela ai sensi dell'art. 48, n. 5 Statuto 

speciale, sia ammesso ricorso gerarchico improprio 

alla Giunta regionale, in applicazione dell'art. 343, 

secondo comma, Testo unico legge comunale e 

provinciale 3 marzo 1934, n. 383, successivamente 

modificato. � 

Osserva la Corte che l'ordinamento regionale, 
previsto dalla Costituzione e instaurato dagli Statuti 
per le regioni a ordinamento speciale, ha dato 
luogo a un sistema di autonomie e ili decentramento, 
che comprende la disciplina dei controli sugli 
atti delle provincie, dei comuni e degli altri enti 
locali. Tale disciplina, basata sull'art. 130 Cost., 
� contenuta in norme dei singoli Statuti e, in 
maniera organica, nella legge 10 febbraio 1953, 

n. 62, sulle Regioni a statuto ordinario. Una applicazione 
del principio di autonomia, su cui si fonda 
il sistema, e del criterio di decentramento; secondo 
cui la Costituzione vuole sia esercitato il controllo 
sugli enti locali (art. 130 cit.), consiste nel carattere 
definitivo delle pronuncie degli organi a cui � 
affidato il detto controllo. La impugnabilit�. di 
esse in via amministrativa, infatti, implicherebbe 
una posizione di subordinazione gerarchica di 
tali organi, quanto meno impropria, che contrasterebbe 
con l'autonomia dell'ente a cui essi appartengono. 
� noto, del resto, che la definitivit�. degli 
atti di controllo, nel campo dell'ordinamento regionale, 
� enunciata nell'art. 63 della citata legge 
n. 62 del 1953; e questa Corte ha gi�. avuto occasione 
di affermare che, pur riferendosi tale legge 
alle regioni a statuto ordinario, da essa� possono 
desumersi i principi delle leggi dello Stato, a cui si 
richiamano gli Statuti delle regioni a ordinamento 
speciale. � vero che tali principi possono dedursi 
anche da altre norme statali sui controlli amministrativi, 
ma solo in quanto si inquadrino nel sistemfli 
dell'ordinamento regionale e nei suoi principi 
fondamentali, costituzionalmente garantiti. Non � 
questo il caso, a giudizio della Corte, della disposizione 
dell'art. 343, secondo comma, legge comu-. 
nale e provinciale 1934, giacch� detta disposizione 
introdurrebbe nell'ordinamento regionale una figura 
di ricorso gerarchico improprio, in antitesi 
coi �richiamati principi di .autonomia. Pu� aggiungersi 
che, se si fosse voluto riprodurre in tale ordinamento 
q.ella eccezione al generale principio 
della definitivit�. degli atti 'degli enti autarchici, 
che � rappresentata dal secondo comma dell'art. 343, 
lo si sarebbe detto esplicitamente nel ricordato. 
art. 63 della legge 10 febbraio 1953, n. 62: avendo, 
invece, detto articolo stabilita indiscriminatamente 
la definitivit�. degli atti di controllo per le regioni 
a statuto ordinario, si � portati a riconoscere a 
maggior ragione tale carattere negli atti di controllo . 
compresi negli statuti speciali, che attribuiscono 
una pi� ampia e penetrante autonomia alle rispettive 
regioni, 

76 


Le esposte considerazioni vanno riferite al caso 

in oggetto. 

Lo Statuto speciale per. il Trentino-Alto .Adige, 

nell'art. 48, n. 5, ha assegnato alle Giunte provin


ciali quei poteri di controllo sui comuni e gli enti 

locali, che gli altri Statuti speciali hanno affidato 

ad organi della Regione (art. 46 Statuto sardo, 

art, 43 Statuto Valle d'Aosta). � questo un aspetto 

della particolare autonomia che si � inteso attri


buire alle provincie di Trento e di Bolzano. In 

applicazione dei principi inn.anzi esposti, deve 

ritenersi che gli atti di controllo compiuti dalle 

dette provincie abbiano quel carattere di defini


tivit� che � proprio, nell'ordinamento regionale, 

delle pronuncie di controllo sugli atti degli enti 

locali.� 

N� lo Statuto speciale per il Trentino-Alto .Adige 

contiene elementi da cui possa desumersi una 

deroga all'enunciato principio. 

Secondo la tesi della Regione si dovrebbe confi


gurare, come si � detto, un ricorso gerarchico impro


prio alla Giuntfl, regionale contro i cosiddetti atti 

di controllo negativi emessi dalla Giunta provin


ciale. Se non che va osservato in proposito che � 

ormai pacifico in giurisprudenza e in dottrina che il 

ricorso gerarchico improprio � un rimedio eccezio


nale, che deve essere espressamente previsto dalla 

legge. Nella specie, non solo non � contemplato 

dallo Statuto, ma l'ammissibilit� di esso non si 

pu� neanche desumere dai richiami in questo 

contenuti alle potest� e alle leggi dello Stato, n� si 

inquadra nei rapporti tra provincia e regione, 

quali sono garantiti dallo stesso Statuto. .A dimo


strarlo � sufficiente una breve analisi delle norme 

su cui si � imperniata la discussione tra le parti. 

L'art. 5 Stat�to speciale attribuisce alla potest� 
legislativa secondaria della Regione l'� ordinamento 
dei comulli e delle provincie �. Prescindendo dalla 
questione se tale indicazione comprende la materia 
dei controlli e se la Regione, nell'esercizio della 
detta competenza, possa attribuire a se stessa dei 
poteri in questa materia, � rilevante la considerazione 
che la competenza legislativa regionale di cui 
al detto art. 5 trova un limite nei � principi stabiliti 
dalle leggi dello Stato �. Ora se -come si � visto
� -la definitivit� degli atti di controllo � un 
principio stabilito dalla legge dello Stato in relazione 
all'ordinamento regionale, e deriva, per di 
pi�, dai principi costituzionali di autonomia e di 
decentramento, ne consegue che in nessun caso la 
Regio:tle potrebbe derogare, con una propria legge, 
al detto principio. .A parte il fatto che una tale 
legge non � stata, nella specie, em11inata dalla 
Regione. 

Ulteriore conseguenza � che non vale a dimostrar.
e l'ammissibilit� del ricorso in questione far 
riferimento all'art. 13 dello stesso Statuto. Tale 
articolo attribuisce, rispettivamente, alla Regione 
e alla Provincia le potest� amministrative gi� 
dello Stato, nelle materie e nei limiti in cui Regione 
.e Provincia hanno competenza legislativa; ma, se 
la competenza legislativa della Regione ha un limite 
nella inderogabilit� del principio della definitivit� 
degli atti di controllo, manca il presupposto 

perch� la Regione possa essere considerata titolare 

di una potest� amministrativa di conoscere della 

impugnativa contro i detti atti. 

Risulta invece chiaramente dallo Statuto che la 

potest� di controllo sugli atti' dei comuni e degli 

altri enti locali, gi� esercitata da organi statali, � 

stata interamente trasferita alla provincia, senza 

possibilit� di ulteriori gravami. 

� vero che la disposizione dell'art. 48, n. 5, 
Statuti speciali, richiede l'integrazione di altre 
norme, relative ai casi, ai modi e ai procedimenti 
di vigilanza e di tutela, e che, in mancanza di leggi 
regionali o provinciali, per l'art. 92 Statuto si 
applicano le leggi dello Stato; ma tali leggi si applicano 
nell'ambito delle competenze attribuite alla 
Regione o alla Provincia e non si pu�, attraverso il 
riferimento ad esse, riconoscere alla Regione una 
competenza che non le sia stata gi� attribuita dallo 
Statuto. � 

N� vale richiamarsi all'art. 38, n. 1, Statuto 
speciale, che attribuisce alla Giunta regionale 
l'� attivit� amministrativa per gli affari di interesse 
regionale �; in primo luogo, � chiaro che la norma 
intende far riferimento all'amministrazione cosiddetta 
attiva; .in secondo luogo,� la decisione di 
ricorsi, anche in materia di pura legittimit�,. non 
pu� considerarsi affare di interesse regionale e, 
quando anche la Regione potesse essere ritenuta 
titolare di un interesse alla legittimit� degli �atti 
delle provincie, da ci� non deriverebbe un suo 
potere di decidere ricorsi contro tali atti. 

Maggior pregio non ha la considerazione che la 
Regione ha una sfera di interessi pi� ampia di quell21 
della Provincia. .A parte il fatto, per se stesso 
decisivo, che la maggior ampiezza di interessi non 
basta a determinare un rapporto . di gerarchia 
impropria, che -come si � visto -solo la legge 
pu�, eccezionalmente ed esplicitamente, stabilire 
tra enti autonomi, va riconosciuto che lo Statuto 
del Trentino-Alto .Adige ha compiuto una precisa 
e del tutto particolare distribuzione di competenze 
tra Regione e Provincie, che non pu� essere alterata 
dalla indubbia esigenza che l'attivit� delle 
provincie si svolga in armonia con gli interessi 
della Regione, nel quadro dell'unitario ordinamento 
dello Stato. 

In senso difforme si era pron:unziato il Oonsiglio 
di Btato in .Adunanza generale con il parere n. 1822 
del 16 novembre 1951, il quale, ovviamente, non 
poteva aver tenuto conto del principio generale 
enunciato nell'art. 63 della legge 10 febbraio 1953, 

n. 62 sulle Regioni a Statuto ordinario, che qualifica 
definitivi gli atti. di controllo delle RegiOni. 
La tesi della Regione contrastata; peraltro, anche 
dalla lettera e dallo spirito dell'art. 48, n. S.S.TA.A., 
si affidava, perci�, quasi esclusivamente. ad argomenti 
di �carattere generale e, sopratutto, alla particolare 
natura delle due Provincie, ij,i .Trento e di 
Bolzano, le quali, sotto certi aspetti, possono .. co'fLsi-. 
derarsi inserite e assunte nella R'3gione Trentino-Alto 
Adige, la quale rappresenta, anche nei processi costituzionali, 
gl'interessi di tutta la regione unitariamente 
considerata. 


-77 


COSTITUZIONE -R�SPONSABiLiTA; DELLA P.A. 

per danni subiti dagli impiegati dello Stato -Impro


ponibdit� della domanda -D.Lgt. 21 ottobre 1915, 

n. 1558 e R.D.L. 6 febbraio 1936, n. 313. Corte 
Costituzionale, 30 gertrtaio 1962, n. 1. -Pres.: Ambrosini; 
Rel.: Papaldo -Tempestini Velia, De Scalzi Ugo 
c. Minis~ero Difesa-Esercito e FF. SS.). 
Il D. Lt. 21 ottobre 1915, n. 1558 ed il R.D.L. 
6 �febbraio 1936, n. 313 sono costituzionalmente 
illegittimi per contrasto con gli artt. 3 e 28 Oost., 
perch� escludono ogni risarcimento od offrono 
una mera apparenza d'indennizzo ed, inoltre, 
perch� pongono in essere una grave ed ingiustificata 
sperequ�a.zione fra il privato ed il dipendente 
statale, vittime entrambe dello stesso fatto colposo. 


1) Le tre cause, congiuntamente discusse, possono 
essere definite con unica sentenza, unica 
essendo la questione da decidere. 

2) In relazione ai precedenti g�urisprudenziali 
della Corte baster� ricordare che l'avvenuta �brogazione 
delle leggi qni denunziate (decreto luogotenziale 
21 ottobre 1915, n. 1558, avente forza di 
legge in virt� della legge 22 maggio 1915, n. 671, 
e R.D.L. 6 febbraio 1936, n. 313, 'convertito nella 
legge 28 maggio 1936, n. 1126) non pu� formare 
ostacolo all'esercizio del sindacato di legittimit� 
costituzionale delle leggi stesse. 

3) Secondo l'Avvocatura dello Stato, le norme 
denunziate poggerebbero s�l rapporto interno di 
organizzazione dello Stato e sulle relazioni fra lo 
Stato .ed i propri dipendenti, regolate dallo statuto 
dei pubblici dipendenti, mentre l'art. 28 della Costituzione 
disciplinerebbe i rapporti fra lo Stato, che 
agisce a mezzo d�i propri dipendenti, ed i terzi. 
JJe parti attrici, invece, sostengono che l'art. 28 
non ammetterebbe, nei confronti dello Stato, 
alcuna disciplina particolare della materia, in 
quanto quella norma avrebbe sancito l'obbligo 
dell'intero risarcimento del danno in proporzione 
all'entit� del danno stesso. 

Di fronte a queste opposte tesi � sufficiente rilevare 
che"nell'attuale controversia non si tratta di 
vedere se le leggi denunziate abbiano, � 1egittll:namente 
o non, regolato, agli effetti della responsabilit� 
dello Stato, un aspetto del rapporto di impiego 
fra lo Stato ed i suoi dipendenti, ma si tratta di 
giudicare se le leggi stesse abbiano adottato un� 
sistema che si risolva nella esclusione di ogni 
responsabilit�. � 

Un primo esame, per dir cos�, esterno delle disposizioni 
del decreto legge del 1936 mos.tra. chiaramente 
come almeno in due casi quelle disposizioni 
esimano totalmente da ogni responsabilit�.� Quando 
l'impiegato abbia riportato una invalidit� tale da 
consentire la continuazione del servizio, il trattamento 
di attivit� di servizio esclude qualsiasi 
indennizzo. Cos� pure quando l'impiegato avesse 
titolo, in base al servizio prestato o per effetto 
di altri benefici, ad una pensione che, nel suo 
ammontare, non si discostasse da quella privilegiata, 
con la concessione di una pensione di privi


legio, disposta per effetto dell'evento lesivo, hotl 
si realizzerebbe neppure una forma di risarcimento. 
Altra esenzione assoluta da responsabilit� � quelll'li 
che deriva dalla norma dello stesso decreto che 
esclude ogni azione di danni �da parte �ar chlmique 
altro �, togliendo cos� qualsiasi possibilit� di 
indennizzo a favore di chi, pur avendo risentito 
un danno risarcibile a causa della inabilit� o della 
morte del dipendenti statale, non abbia diritto 
alla pensione privilegiata. 

Ma la situazione non presenta sostanziali diversit� 
anche quando la pensione privilegiata sia colicessa 
solo in vista dell'invalidit� o della morte del 
dipendente, anche quando, cio�, non sussistendo 
altri titoli per la concessione, la pensione privilegiata 
pqssa apparire una forma di risarcimento del 
danno. Anche in tali casi il diritto alla pensione 
privilegiata non nasce per effetto della responsabilit� 
�dell'Amministrazione dalla quale anzi prescinde, 
ma scaiturisce dal fatto stesso che l'impiegato 
sia stato vittima di un evento lesivo in circostanze 
e per cause previste dalla legge. E la concessione 
si basa sopra elementi che, rigidamente 
ancorati alla posizione dell'impiegato, possono 

� non coincidere con quelli che dovrebber� valere 
rispetto alla responsabilit�. 

In conclusione il sistema adottato da quelle 
leggi esclude, in alcuni casi, ogni risarcimento ed 
in altri offre un trattamento che pu� rappresentare 

� una mera apparenza di� indennizzo. � � 

Stando cos� le cose, � chiaro che non � necessario, 
�i fini del presente giudizio, risolvere tutte le numerose 
e delicate questioni circa l'interpretazione 
dell'art. 28 della Costituzione, essendo sufficiente 
mettere in rilievo come, per quanto ampia possa 

� essere, in ipotesi, la sfera nella quale il legisfatore 
pu� regolare i rapporti tra lo Stato ed i suoi dipendenti 
anche agli effetti della responsabilit� verso 
di essi, non � lecito disconoscere che sarebbe in 
contrasto con il precetto fondamentale contenuto 
nell'art. 28 della Costituzione una legge che, come 
quelle ora in esame, adottasse una disciplina tale 
da escludere in tutto, pi� o meno manifestamente, 
la responsabilit� stessa. 

� 4) Le osservazioni che preced�no sarebbero 
bastevoli a far ritenere illegittime le leggi denunziate, 
rendendo superfluo l'esame di esse in riferimento 
al�e altre norme costituzionali 'indicate 
nelle ordinanze di rinvio: artt. 3, 24 e 113. IJa Corte, 
tuttavia, ritiene che non sia inutile un raffronto 
con l'art. 3. 

Ohe una disparit� di trattamento sussista � cosa 
certa e manifesta: quelle leggi cre!:).no una grave 
sperequazione . tra ,il privato vittima di un fatto 
colposo e il dipendente statale vittima dello stesso 
fatto. N� ricorre l'applicazione del principio, 
costante nelia giurisprudenza della Corte, secondo 
cui la disparit� di trattamento � giustificata tutte 
le volte che il legislatore accerti, nella sua: 'd:lscrezionalit�, 
una situazione diversa richiedente una 
particolare disciplina: dalle disposizioni in esame 
si evince chiaramente che il legislatore non volle 
attuare una particolare disciplina in vista di una 


-7S 


particolare situazione, ma volle togliere ad una 
categpria di cittadini quei diritti che, quando lo 
Stato incorra in responsabilit�, spettano a tutti gli 
altri; e volle toglierli, fondamentalmente, per 
ragioni di economia e di protezione degli interessi 
dello Stato, come risulta anche dai lavori preparatori 
della conversione in legge del decreto 
del 1936: 

La dichiarazione di illegittimit� costituzionale 
del decreto legge del 1936 e della relativa legge di 
conversione comprende anche l'altro testo legislativo 
denunziato con una delle tre ordinanze in 
esame e cio� il decreto luogotenenziale del 1915, 
che del decreto del 1936 costituisce la base ed il 
presupposto. 

CORTE DI 

AMMINISTRAZIONE PUBBLICA -Atto amministrativo 
-Revoca -Discrezionalit� -Limiti alla revoca Fattispecie 
in tema di licenza d'importazione -Risarcimento 
del danno in seguito alla revoca -Insussistenza. 
(Cassazione, Sezioni Unite n. 932-61 -Pres.: 
Lombardo; Est.: Di Maio; P. M.: Pepe (conf.) -Ministero 
delle Finanze c. Laureti). 

La Pubblica amministri;i.zione pu� sempre revocare, 
con effetto ex nunc un atto emanato nello 
esercizio di un potere discrezionale (nella specie, 
licenza d'importazione) ove siano venute meno le 
ragioni di convenienza e di opportunit� che determinarono 
l'emanazione dell'atto stesso ormai non 
pi� rispondente al pubbl�co interesse; la revoca 
non � possibile soltanto quando l'atto abbia creato 
nell'interessato un diritto perfetto non soggetto al 
fluttuare del pubblico interesse. 

N�, in caso di revoca (o di sospensione) della licenza, 
ia Pubblica .Amministrazione � tenuta ad 
indennizzare il beneficiario della licenza che, a seguito 
del sopravvenuto provvedimento amministrativo, 
venga a subire un danno patrimoniale. 

Si trascrive la motivazione in diritto della sentenza. 

Con il secondo mezzo d�l suo ricorso incidentale 
il Laureti. denuncia _la violazione e falsa applicazione 
degli artt. 2 della legge 20 marzo 1865 allegato 
E e 42 e 113 della Costituzione. 

Premesso che le autorizzazioni amministrative 
rimuovono un ostacolo all'esercizio del diritto soggettivo 
(il cui esercizio viene subordinato ad un 
preventivo controllo che l'Amministrazione svolge 
a salvaguardia del pubblico interesse), rileva il 
ricorrente che, una volta autorizzato l'esercizio del 
diritto, la pubblica autorit� non potrebbe pi� sospendere 
o revocare la concessa autorizzazione, ove 
dal singolo siano osservate le norme che regolano 
l'esercizio del diritto. L'autorit� giudiziaria sarebbe, 
pertanto, competente a sindacare se le dette norme 
siano state o .meno violate e se il privato abbia o 
meno diritto al risarcimento dei danni sofferti in 
conseguenza della revoca dell'autorizzazione. 

Le norme, della cui legittimit� eostituzionale si 
discuteva, ormai anacronistiche, erano gi� state 
abrogate con la legge 6 marzo 1950, n. 114, a cui la 
giurisprudenza aveva disconosciuto efficacia retroattiva. 
� � 

La questione interessa, perci�, pochi casi concreti, 
per i quali era ancora pendente giudizio, dovendo 
ritenersi clie ogni altra ipotesi sia ormai coperta 
dalla prescrizione. 

Sulla questione dei limiti dei risarcimento per 
danni subiti da dipendenti statali in occasione di 
servizio ad opera di agenti dell' ammini~trazione ci 
sembra opportuno segnalare l'attegg�;tmento della 
giurisprudenza francese quale risulta dal Recueil 
Dalloz. 1962, sommaires, 13. e 1958, 648 con nota. 

CASSAZIONE 

Si deduce, inoltre, che la sentenza impugnata, 
dopo aver affermato che il principio della responsabilit� 
dell'Amministrazione per i danni conseguenti 
dalla sua attivit� legittima� � stata sempre 
circoscritta in limiti ben precisati, e cio� in quelle 
ipotesi marginali in cui la revoca, sebbene sempre 
�ammissibile, costituisca una eventualit� del tutto 
anormale � ha poi erroneamente ritenuto che tale 
ultimo requisito non ricorrebbe nella fattispecie in 

. esame, in quanto la revoca di una licenza di importazione, 
oltre ad essere prevedibile, non sarebbe 
eccezionale . .Al riguardo osserva il ricorrente che la 
licenza di importare materie di prima necessit�, durante 
il periodo bellico, dovendo le relative operazioni 
essere eseguite nel breve giro di pochi mesi, 

� escludeva la possibilit� di una diversa valutazione 
del pubblico interesse o quanto meno doveva indurre 
a ritenere siccome eccezionale siffatta eventualit�, 
tanto pi� che ne sarebbe derivato per il 
Laureti la perdita del corrispettivo ad esso dovuto 
per la contropartita di merci da esportare in compensazione. 


Si assume, infine, che il sindacato dell'autorit� 
giudiziaria avrebbe dovuto ritenersi consentito, 
avendo l'amministrazione omesso di dimostrare la 
esisteilZa di validi motivi, idonei � giustificare la 
revoca della licenza. 

.Anche questa censura.non coglie nel segno. 

Non � inopportuno ricordare che, come. queste 
Sezioni Unite hanno avuto gi� occasione di precisare, 
la pubblica amministrazione pu� sempre revocare 
con effetto ex nunc un atto emanato nello 
esercfaio di un potere discrezionale ove siano venute 
meno le ragioni di convenienza e di opportunit� 
che determinarono la emanazione dell'atto stesso 
ormai pi� non rispondente al pubblico interesse, e 
che la revoca non � possibile soltanto quando l'atto 
abbia creato nell'interessato un diritto perfetto non 
soggetto al fluttuare del pubblico interesse �(sentenza 
3357 del 1954) 

Questi principi sono stati richiamati dalla-Oortedel 
merito a sostegno della propria decisione, ed 
esattamente � stato ritenuto, per quanto attiene 
alla licenza d'importazione, che tale atto autoriz



-79


zativo fa sorgere nel privato un diritto condizionato, 
in quanto tutto lo sv�lgimento del rapporto 
rimane sempre subordinato alla coincidenza con 
l'interesse pubblico, la cui valutazione discrezionale 
spetta alla pubblica amministrazione (cfr. sentenza 
3678 del Hl56). 

Posto invero che in soggetta. materia� le norme 
sulle attribuzioni dell'ex Ministero degli scambi e 
valute (decreti 14 marzo 1938, n. 643 e 12 maggio 
1938, n. 794) e quelle sulla repressione delle 
leggi valutarie (decreto 5 dicembre 1938, n. 1928) 
attribuiscono all'amministrazione un potere di vigilanza 
e di controllo sull'attivit� autorizzata che, 
deve essere sempre conforme ai presupposti di 
fatto che sono condizione necessaria per la costituzione 
e la sussistenza del rapporto, � conseguente 
ritenere che come spetta all'amministrazione medesima 
ilpotere discrezionale di rilasciare la licenza, 
cos� spetta ad essa il potere, per mutate condizioni 
di fatto o per nuove esigenze dell'interesse pubblico, 
di far cessare l'efficacia, gi� in via di svolgimento, 
del precedente atto autorizzato. 

N� potrebbe sotto altro aspetto validamente 
prospettarsi che, pur riconosciuto il legittimo potere 
della pubblica amministrazione di revocare 
(o sospendere) le licenze d'import~zione, essa sia 
tenuta a indennizzare il baneficiario della licenza 
che a seguito della effettuata revoca venga a subire 
un danno patrimoniale. 

Per quanto autorevole dottrina sia favorevole a 
questa tes�, le Sezioni Unite non ritengono di poterla 
condividere, in quanto il principio della responsabilit� 
per atti leciti della pubblica amministrazione 
pu� ammettersi soltanto l�. dove sia 
espressamente previsto dalle legge, come nell'articolo 
46 della legge sulle espropriazioni per pubblica 
utilit�, cui sono state ricondotte con criterio di 
analogia, tutte le ipotesi di danno perma:q.ente alle 
private propriet� immobiliari collegate alla costruzione 
o alla manutenzione di opere pubbliche, 
esclusa quindi ogni altra ipotesi che a questa non 
sia riferibile. 

Sulla natura giuridica delle licenze di importazione 
e di esportazione si veda il recente studia del 
collega Adriano Rossi in Rivista di Diritto Commerciale, 
1961, 360 e segg. con ampi richiami di dottrina 
e giurisprudenza. 

CONTABILITA' DELLO STATO -Credito nel con� 
fronti dello Stato -Rilascio di quietanza a saldo da 
parte del creditori! -Errore di liquidazione -Impugnabilit� 
della quietanza. (Cassazione Sezione 1"', 
Sentenza n. 72-61 -Pres.: Torrente; E11t.: Giannatta. 
sio, P. M.: Tavolaro (conf.) -Marcelli Fiori c. Amministrazione 
del Tesoro). 

Il rilascio, da parte del creditore dello Stato, 
della quietanza a saldo, richiesta dalle norme sulla 
contabilit� generale dello Stato, non � di ostacolo 
ad una successiva impugnazione della quietanza 
st~ssa per errore sostanziale di liquidazione. 

Si trascrive la motivazione in diritto della sentenza. 

Il ricorrente, denunciando la falsa applicazione 
dell'art. 426 R. D. 23 maggio 1924, n. 827, dello. 
art. 329 C.p.c. e degli art. 2966 e 2'967 C.c., in 
relazione all'art. 360 n. 3 C.p.c. assume che, contrariamente 
a quanto ritenuto dalla Corte di merito; 
la qufetanza in questione non aveva effetto 
liberatorio per lo Stato e non precludeva l'azione 
giudiziaria, dato che il Marcelli Flori aveva notiftcato, 
in tempo utile, al Ministero del Tesoro, un 
atto di signifi.cazione e riserva, e dato che l'incasso 
era avvenuto dopo esplicita verbalizzazione che la 
riscossione e la quietanza sarebbero state fatte 
senza pregiudizio per i rimedi di legge per le maggiori 
somme dovute. Sostiene in proposito il ricorrente 
che. presupponendo l'eccezione di decadenza 
una norma legislativa, che condizioni l'esistenza 
del diritto .all'esperimento dell'azione contro un 
certo termine, una tale norma non � contenuta n� 
nella legge sulla contabilit� generale dello Stato, 
n� nella legge 9 gennaio 1951, n. 10 sulle requisizioni 
alleate. 

L'Amministrazione resistente non nega, di fronte 
all'art. 113 della Costituzione, la proposizione, da 
parte dell'interessato,. di un giudizio ordinario per 
far valere i suoi diritti a seguito di un provvedimento 
amministrativo, ma si limita a sostenere che, 
avendo nella specie il ricorrente accettato la somma 
a suo favore liquidata a saldo, ha, in tal modo, 
manifestato una volont� incompatibile con quella 
rivolta ad una pi� favorevole liquidazione. La disciplina 
delle norme sulla contabilit� dello Stato 
-si assume -� attuata in modo da abilitare lo 
interessato a far valere le sue ragioni anteriormente 
alla ftrma della quietanza, per effetto della 
quale ogni ulteriore diritto di credito deve considerarsi 
estinto ed ogni ulteriore pretesa preclusa. 

Il ricorso � fondato. � fuori discussione che le 
disposizioni del R. D. 18 novembre 1923, n. 2440 
sull'amministrazione del patrimonio e sulla contabilit�. 
generale dello Stato e quelle del regolamento 
23 maggio 1924, n. 827 per la sua esecuzione 
sono non gi� norme interne ma norme di 
diritto obiettivo, vincolanti sia per l'Amministrazione 
che per i privati e che dette norme possono 
derogare alle regole ordinarie sul'adempimento e 
sugli effetti delle obbligazioni, normalmente applicabili 
anche ai debiti dello Stato; ma dal fatto che 
secondo l'art. 426 del ricordato regolamento �non 
si possono accettare quietanze sotto riserva o condizione
� non pu� senz'altro flirgomentarsi che la 
ftrma di quietanza inibisca ulteriormente di far 
valere diritti inerenti al credito, che si sarebbe 
estinto. La decadenza, nella quale il creditore dello 
Stato, non interamente soddisfatto, .incorrerebbe, 
presuppone una norma legislativa che n� la legge 
sulla contabilit� dello Stato del 1923 n� la legge 
sulle requisizioni alleate del 1951 contempla, e ci� 
a differenza del R. D. 17 agosto 1940, fi. � 1741 
sulle requisizioni di guera (art. 66) e del D.L:23 
marzo 1948, n. 674 sulla sistemazione dei contratti 
di guerra (art. 8 e 9) che prevedono espressamente 
la preclusione dell'esercizio del diritto di 


-so


impugnazione del provvedimento di liquidazione 
ove non sia esercitato entro un certo termine e 
l'acquiescenza al provvedimento di liquidazione 
consistente nella riscossione dell'indennit� nella 
misura liquidata" 

La riscossione della somma attribuita dall'Amministrazione 
a titolo di risarcimento dei danni da 
requisizione alleata e il rilascio della r�lativa quietanza 
non possono importare l'improcedibilit� sostenuta 
dalla sentenza impugnata, non soltanto 
perch� questa implicherebbe l'interpretazione, in 
modo estensivo, della citata norma regolamentare 
dell'art. 426, che non � consentita, ma anche perch� 
alla tesi accolta dalla corte di merito fa. contrasto 
la disposizione del successivo art. 435 del medesimo 
regolamento. Tale articolo, dopo aver enunciato 
il principio della definitivit� degl� effetti dei titoli 
di spesa, ossia degli atti con cui si ordina il pagamento, 
pagati nei modi prescritti, prevede espressamente 
la riparazione degli errori contenuti negli 
stessi titoli di spesa, sia a danno dell'.Am.ministrazione, 
che dei creditori di questa, prescrivendo che, 
in quest'ultimo caso, si provvede con emissione di 
altri titoli al pagamento delle somme ancora dovute. 
Oi� implica che il principio della definitivit� 
del titolo di spesa pagato nei modi prescritti non 
importa l'affermazione del .,distinto concetto di 
estinzione del debito, anche oltre i limiti della 
somma per cui il titolo di spesa � stato emesso e 
conduce a ritenere inaccettabile la tesi dell'Amministrazione 
resistente, secondo la quale al rilascio 
della quietanza di pagamento del debito, risultante 
dal titolo di spesa, sarebbe connessa la decadenza 
del creditore dal diritto di ottenere la correzione 
degli eventuali errori commessi in suo danno. 

L'art. 435 del Regolamento, d-el resto, corrisponde 
all'art. 453 del Regolamento 1884, il quale 
del pari disponeva che se i mandanti contenevano 
errori a pregiudizio dei creditori, si provvedeva 
con l'emission� di altri mandati al pagamento della 
somma dovuta. Sin d'allor<t la disposizione veniva 
interpretata nel senso che qualsiasi quietanza, 
�anche a saldo, non poteva essere opposta contro 
una domanda di correzione di errore nel quale si 
era incorsi e togliere il �diritto del creditore ad 
ottenere il soddisfacimento integrale del credito. 
Non si mancava di osservare -ed il rilievo � 
sempre valido -che mentre nei rapporti privati 
una ricevuta a saldo, pur non togliendo :la possibilit� 
della ripetizione di ci� che pu� rimanere 
dovuto, stabilisce una quietanza di estinzione totale, 
invece la quietanza che si fa sul mandato, 
appunto perch� per disposi'zione espressa di legge 
deve essere fatta senza riserve ed incondizionata, 
non stabilisce presunzione di �sorta. 

N� appare esatto che la tesi accolta dalla corte 
di merito trovi fondamento nell'art. 55 della 
legge di contabilit� e nell'art. 316 del relativo re'
golamento, secondo i quali la consegna dell'assegno 
emesso dallo Stato in pagamento . del debito non 
pu� avvenire senza rilascio di ricevuta, la cui dichiarazione 
estingue il debito. Dette dhiposizioni 
(e lo stesso si dica per gli artt. 58 e 63 della legge, 
314 e 321 del regolamento) richiam�ano un prin


cipio generale.secondo cui il pagamento estingue il 
debito, principio che, "come gi� ha affermato questo 
Supremo Collegio (Cassazione 30 giugno .1959, 

n. 2056) non elide l'altro riguardante la riparabilit� 
degli errori commessi a pregiti.diZfo dei creditori, 
in rapporto ai quali � prevista llemissione di altri 
titoli, senza che la legge distingua tra errori commessi 
:nella materiale liquidazione o. nella stesura 
e compilazione dei titoli ed errori di valutazione, 
ovverosia di sostanza. Per quanto si riferisce, in 
particolare all'art. 55 della legge di contabilit�, 
v'� anche da rilevare che trattasi di disposizione 
relativa al pagamento, di certe spese dello Statq, 
con assegni a favore dei creditori, tratti sugli istituti 
bancari incaricati dal servizio di �tesoreria 
ovvero all'apertura.di credito�a mezzo di assegni a 
favore dei funzionari delegati aWespletamento di 
servizi speciali (art. 4 lettera a) e b), mentre nella 
specie trattasi invece di un pagamento effettuato 
mediante ordinativo diretto sulla Tesoreria dello 
Stato di Roma (art. 54 lettera d). 
La circostanza, poi, che la stessa le~ge 9 gennaio 
1951, n. 10 sulle requisizioni alleate consenta, 
sia pure in via eccezionale, liquidazioni in acconto 
(facolt� di cui l'Amministrazione si � avvalsa, nel 
caso specifico) lungi dall'implicare che con la riscossione 
il rapporto debba considerarsi definitivamente 
chiuso, dimostra, al contrario, che l'incasso 
di somme da parte dei creditori dello Stato 
per danni da requisizioni alleate pu� avvenire in 
pi� momenti e quindi anche dopo fa corresponsione 
di somme con l'indicazione �a saldo�, sempre che 
sia dato dimostrare un errore che pregiudichi . il 
creditore. 

�Tutto ci� in armonia con quanto hanno gi� avuto 
occasione di ribadire �1e Sezioni Unite di questa 
Corte (Oassazione Sezioni Unite 3 maggio 195(), 

n. 1380) .e cio� che l'accettazione. di una somrp.a 
inferiore a quella pretesa, anche se effettuata senza 
riser'1'e, non costituis�e di per s� stessa un atto 
incompatibile con la volont� di avvalersi delle 
impugnazioni ammesse dalla legge contro la decisione 
che ha liquidato tale minor somma, perch�, 
in tali casi, non pu� ritenersi che vi sia stata 
acquiescenza alla decisione. 
CONTABILITA' DELLO STATO -Debito della Pubblica 
Amministrazione -Pagamento per mezzo di 
assegni sull'istituto incaricato del servizio di tesoreria 
-Efl�cacia liberatoria -Pagamento per� mezzo 
di'ordinativo sulla Tesol!eria -Liberazione dell'Amministrazione 
-Necessit� di dichiarazione liberatoria. 


OBBLIGAZIONI E CONTRATTI -Pagamento -Quitanza 
-Natura -eff�cacia liberatoria. (Cassazione, 
Sezione }a, Sentenza n. 2279-61 -Pres.: Torrente; Est.: 
Iannuzzi; P. M.: Tavolaro (conf.) -Messeni c. Ministero 
del Tesoro). 

Mentre il pagamento del debito della pubblica 
amministrazione eseguito mediante emissione di 
assegno . sull'istituto incaricato del servizio di teso



-81


reria, � liberatorio, in quanto tale efficacia � imperativamente 
ed a.strattamente collegata alla 
ricevuta dell'assegno (artt. 55 legge 18 novembre 
1923, n. 2440; 316 R. D. 23 maggio 1924, n. 287); 
il paga.mento effettuato per mezzo di ordinativo di 
pagamento sulla tesoreria ha la suddetta efficacia 
solo se venga rilasciata quietanza con dichiarazione 
liberatoria. 

La quietanza a saldo non pu�, inlinea di principi�, 
equipararsi ad una rinuncia a far valere una pretesa 
per un'ili prestazione maggiore del quantum che 
si attesta ricevuto, h� ad una transazione, e tale 
principio ai pagamenti effettuati dalla pubblica amministrazione, 
secondo le norme sulla� contabilit�. 
di Stato, le quali, inoltre, non rendono improponibile 
una successiva impugnazione per un errore 
sostanziale di liquidazione. Tuttavia ci� non esclude 
la possibilit�. di un'indagine del giudice di merito, 
diretta a ricercare se nel caso concreto la quietanza 
possa contenere anche una dichiarazione'liberatoria 
a favore dell'ente pubblico� o del privato debitore, 
tenendo conto della volont�. manifestata espressamente 
e implicitamente dalle parti ed in particolare 
dal creditore 

Trascriviamo la motivazione in diritto �dell,a: s.entenza. 


Oon il primo .motivo i ricorrenti denunciano la 
falsa applicazione degli artt. 55 della legge 18 novembre 
1923, n. 2440 e 316 del relativo regolamento 
approvato con R.D. 23 maggio 1924, n. 827, 
nella parte in cui tali articoli dispongono che la 
dichiarazione di ricevuta di un assegno estingue il 
debito dell'amministrazione all'ipotesi, verificatasi 
nella specie, in cui la quietanza sia apposta ad un 
ordinativo di pagamento emesso su una tesoreria 
provinciale. Rilevano che i citati articoli dettano 
una disposizione di carattere eccezionale, la quale 
non � applicabile per analogia; che, conseguentemente, 
la .oor.te .del merito non! avrebbe potuto 
trarre elementi di convinzione sull'efficacia liberatoria 
della quietanza neanche dalle indicazioni 
riportate sull'ordinativo di pagamento in quanto 
esse sarebbero state identiche a quelle previste -per 
l'assegno, poich� tali indicazioni sono prescritte, 
anche per l'ordinativo dalla legge, la quale, pero, 
non collega alla quietanza relativa l'efficacia estintiva
� del debito prevista per l'assegno. 

La censura non � fondata. 

La sentenza impugnata non � incorsa nell'e:r:rore 
che viene denunciato. Ha osservato, invero, che, se 
il pagamento fosse stato effettuato mediante assegno, 
in tal caso l'efficacia estintiva del debito della 
.Amministrazione ne sarebbe derivata, ope legis, in 
virt� della disposizione dei citati artt. 55 e 316; 
ma, poich� nella specie il pagamento era; avvenuto 
a mezzo di un ordinativo sulla Tesoreria provinciale 
di Bari, la disposizione stessa non era applicabile 
e pertanto l'Amministrazione si sarebbe potuta 
ritenere liberata da ogni obbligo soltanto se dall'esame 
della quietanza si fossero potuti desumere 
in concreto gli elementi di quella dichiarazione li


beratoria che la legge imperativamente ed astrattamente 
collega alla ricevuta dell'assegno. Tale � il 
senso letterale e logico. dell'espressione contenuta 
nella sentenza, la quale, dopo avere rilevato che il 
Ministero non poteva essere ritenuto liberato in 
virt� degli articoli� predetti, ha �aggiunto che ci� 
sarebbe stato possibile ritenere �soltanto se la 
quietanza rilasciata dal procuratore dei Messeni 
Memagna racchiuda pur.e essa quella dichiarazione 
liberatoria di cui agli artt. 55 e 316, ove il Ministero 
avesse soddisfatto i Messeni N emagna a mezzo 
di assegno e non gi�. a mezzo di ordinativo di pagamento 
�; tan.to � vero che la Oorte ha proceduto 
all'esame della quietanza appunto per ricercare una 
dichiarazione liberatoria e per tale indagine si � 
avvalsa degli elementi risultanti in concreto dalla 
quietanza stessa nonch� della valutazione del comportamento 
degU istanti, senza dare alcun ulteriore 
riferimento alla disciplina dell'assegno. 

Con� il secondo motivo i ricorrenti, denunciando 
la falsa applicazione degli artt. 1362 O.e. e 360 

n. 5 O.p.c., deducono che.la Oorte di appello avrebbe 
potuto. ravvisare .nella quietanza a saldo soltanto 
un atto certif�cativo del pagamento, e non anche 
una dichiarazione liberatoria dell' .Amministrazione 
da ogni obbligo inerente al risarcimento dei danni 
di guerra e tanto meno una manifestazione di 
volont�. transattiva, che non si sarebbe potuta desumere 
dalla sola firma per ricevuta dal pagamento, 
che � un atto equivoco.. 
I ricorrenti non contestano l'affermazione della 
sentenza impugnata, secondo cui !'.Amministrazione 
intendeva liberarsi, con il pagamento, da ogni 
obbligo inerente alla liquidazione dei danni di 
guerra� ed i creditori. erano consapevoli o dovevano 
riscontrare tale intendimento da parte dell'.A.mmi7 
nistrazione stessa; rilevano. che, tuttavia, ci� non 
sarebbe stato� sufficiente a far ritenere esistente 
una comune volont�. delle parti diretta a concludere 
un negozio liberato.rio o transattivo, poich� 
la quietanza � un atto unilaterale che contiene 
soltanto il riconoscimento del pagamento effettuato 
dal debitore e pertanto una manifestazione 
di volont�. intesa a creare effetti pi� ampi e diversi 
non si pu� desumere dalla quietanza stessa. 

Neanche tale censura � fondata. 

� vero che la quietanza a saldo, essendo un atto 
unilaterale contenente ilriconoscimento di un pagamento 
effettuato. dal debltore, non pu�, in via di 
principio, equivalere ad una rinunzia a far valere 
una pretesa per una prestazione maggiore del 
quantum che si attesta ricevuto, n� ad una transazione, 
che � un negozio bilaterale il quale presuppone 
il concorso di altri requisiti (sentenze,n. 2298 
del 27 giugno 1958; n. 1751 del 23 maggio 1958 e 

n. 994 del 25 marzo 1958), ed � vero, altres�, che 
tale principio .trova applicazione anche-relativamente 
ai pagamenti della Pubblica amministrazione 
specialmente se effettuati mediante ordinativi, 
secondo le norme sulla contabilit�. generale dello �--Stato, 
le quali inoltre non rendono improponibile 
una successiva impugnazione della quietanza per 
un errore sostanziale di liquidazione (sentenze n. 72 � 
del 19 gennaio 1961 e n. 2056 d.el 30 giugno 1959); 

-82


tuttavia ci� non esclude, secondo le citate decisioni 
di questa Oorte Suprema, la possibilit� di una indagine 
del giudice di merito diretta a ricercare se nel 
caso concreto la quietanza possa contenere anche 
una dichiarazione liberatoria a favore dell'ente 
pubblico o del privato debitore, tenendo conto 
delh volont� manifestata espressamente o implioitnimente 
dalle parti, ed in particolare dal creditore-
Tale indagine � stata compiuta dalla Oorte del 
merito, la quale ha riscontrato nella quietanza a 
saldo una duplice manifestazione di volont� dei 
ricorrenti, l'una oertifioativa del ricevuto pagamento 
e l'altra di liberazione dell'Amministrazione 
da ogni obbligo inerente alla liquidazione dei danni 
di guerra, in base alle seguenti considerazioni: che 
l'ordinativo di pagamento conteneva la indicazione 
di tutti gli estremi della obbligazione ohe con 
il pagamento si intendeva estinguere; ohe i ricorrenti 
erano consapevoli dell'intento dell'Amministrazione, 
di corrispondere la somma indicata nel 
mandato di pagamento per la liquidazione completa 

e. definitiva di ogni spettanza dei danneggiati, e 
sottoscrissero, la quietanza senza avere manifestato 
preventivamente alcuna riserva in ordine alla 
liquidazione stessa; che, pertanto, tale sottoscrizione 
presupponeva necessariamente l'accettazione 
della liquidazione e l'adesione dei ricorrenti al proposito 
liberatorio da ogni ulteriore obbligazione, 
ohe l'Amministrazione ricollegava al pagamento, 
anche perch� essi non avevano addotto alcun errore 
idoneo ad in:ficiar� una manifestazione di volont� 
cos� intesa. 
Pertanto la Oorte di appello ha riscontrato nella 
specie quella convenzione liberatoria connessa al 
pagamento, che i ricorrenti intendevano negare, 
desumendo una loro manifestazione di volont� in 
tal senso non soltanto dal tenore della quietanza a 
saldo; ma anche dagli altri elementi suddetti, 
peraltro non contestati, che corredarono la ricezione. 
della somma ed il rilascio. della quietanza. Per tale 
ragione non sussiste il denunciato vizio di insufficiente 
motivazione; n� la presente decisione contrasta 
con quella sopra citata del 19 gennaio 1961, 

n. 72, ohe, nell'affermare la proponibilit�� della 
impugnativa della quietanza per errore sostanziale 
di liquidazione, !~sciava salva ed impregiudicata, 
per il giudice di merito, l'indagine diretta ad 
accertare se anche in quel caso -in cui la quie. 
tanza era stata preceduta da un atto di ~igni:fioazione 
e di riserva del creditore -vi fosse stata o 
meno una convenzione liberatoria. 

Al rigetto del ricorso segue condanna dei ricorrenti 
nelle spese, in ragione della soccombenza. 

Ci sembra evidente ohe la sentenza n. 2279/61 sia 
rivelativa di un indirizzo giurisprudenziale. tendente 
a precisare i limiti delle affermazioni, mani/estamente 
eccessive contenute n-ella precedente sentenza 

� n. 72 del 1961.. 
In altri termini, la Corte Suprema respinge sia la 
tesi della efficacia preclusiva assoluta della quietan:::
a rUasciata dai creditori dello Stato ai sensi 
dell'art. 426 del regolamento di contabilit�, sia la 
opposta tesi della insussistenza, in ogni caso, di tale 

etfioaoia preclusi�va, affermando ohe la questione deve 

risolversi caso per oaso. 

Inoltre, la Corte Suprema sembra orientata nel , 
senso di rioonoseere efficacia preclus.iva alle.quietanze 
rilasciate in relazione a pagamenti effettuati con 
assegni di conto corrente. � 

DEMANIO -Uso di strada militare -Concessiqne Convenzione 
relativa -Incompetenza dell'Organo 
rappresentante della ,P.A. -Omissione-di controlli. 
Difetto di approvazione. Irrilevanza ai fini del recupero 
dei canoni demaniali. (Cassazione, I Sezione Civile, 
9 ottobre 1961, n, 2058 -Pres.: Lonardo; Est.: 
Del Conte; P. M. Silocchi (di:ff.) -S.I.P. (Soc. Idroelettrica 
Piemonte c. Ministero Finanze). 

Per la conclusione dei contratti dell'Amministrazione 
dello Stato � sufficiente ilconsenso espresso 
dal rappresentante dell'Amministrazione ohe abbia 
un potere, sia pure limitato, all'ordinaria amministrazione. 
Il vizio di incompetenza dell'organo cui 
spetta la rappresentanza dell'Amministrazione � 
motivo di nullit� soltanto quando sia cos� rilevante 
da. assumere i caratteri di un vero e proprio 
straripamento di potere, cio� uno sconfinamento 
di un organo in un altro ordine di poteri ovvero 
uso di potere ohe non gli compete in parte. 

In ogni altro caso, al di fuori di questi limiti, 
la incompetenza comporta soltanto l'illegittimit� 
dell'atto. Il consenso espresso dal rappresentante 
dell'Amministrazione Militare, (anzioh� dall'Intendente 
di Finanza) nella convenzione per l'uso 
di una strada militare (e perci� amministrata� in 
via ordinaria dal predetto organo), determina vizio 
di mera incompetenza e pertanto annullabilit� 
della concessione stessa, ohe pu� essere fatta valere 
soltanto dalla P.A. quale soggetto ohe la. norma 
tutela, e non dall'altro contraente. 

Il difetto di parere del Consiglio di Stato, prescritto 
per la conclusione dei contratti della P . .A. 
non pu� essere fatto valere dal privato contraente 
in quanto gli atti ohe devono precedere la stipulazione 
dei contratti, da parte della P. A., ove siano 
mancati, inducono nei rapporti tra i contraenti 
l'annullabilit� del contratto, deducibile solo dalla 

P. A. nel cui interesse gli atti stessi sono stabiliti. 
La. registrazione della Corte dei Conti, al pari 
della approvazione, non attiene alla formazione 
ed all'esistenza del contratto, ma alla sua efficacia, 
e differisce dall'approvazione, soltanto, pero.h� 
costituisce un controllo di mera legittimit�, laddove 
la approvazione estende il proprio sindacato 
anche al merito e cio� all'opportunit� dell'atto. 
L'approvazione del competente Ministro, cui sono 
soggetti i contratti stipulati dalla P . .A., costituisce 
una condizione (eondicio iuris) della~,effioacia del 
contratto, la quale, mentre vincola il privato, appena 
abbia manifestato la sua volont�, non viii.cela . 
l'ente sino a quando non sia intervenuta la approvazione. 
Soltanto l'Ente e non il privato pu� 

. dedurre 
l'annullabilit� del contratto per la mancanza 
di approvaziOne, in quanto tale atto di con



83 


trollo � stabilito� nell'interesse del prinio e non del 
secondo. Peraltro, in mancanza dell'approvazione, 
nessuna delle parti pu� essere costretta ad eseguire 
il contratto. 

Tuttavia quando la P.A. � abbia eseguito la sua 
prestazione ed il privato l'abbia �accettata, fruendone 
volontariamente, quest'ultimo non pu� pi� 
invocare la interdipendenza delle due prestazioni, 
ed �, pertanto tenuto ad eseguire la propria. 

La soluzione adottata dalla Suprema Oorte, sul 
terreno della disciplina dei negozi della P.A., ha 
superato l'impostazione che, ad avviso dell'Avvocatura 
dello Stato, sembrava pi�. aderente alla fattispecie. 
Le questioni che venivano all'esame della 
Suprema Oorte riguardavano la natura e gli effetti 
di un atto di concessione in uso di una strada militare 
(b,ene del demanio militare), alle cui conseguenze 
la societ� concessionaria intendeva sottrarsi, 
negando il pagamento dei� canoni previsti nell'atto 
di sottomissione da essa sottoscritto, alligando la 
pretesa mancata perfezione di una �concessione-contratto 
�, per difetto di sottoscrizione e per incompetenza 
dell'organo che aveva manifestato il consenso. 
In effetti, l'Amministrazione Militare aveva ricevuto 
uno schema sottoscritto dalla concessionaria, e aveva 
successivamente inviato nota di assentimento con 
invito a redigere l'atto definitivo presso l'Intendenza 
di Finanza. 

In relazione a tale fattispecie, la difesa dello Stato 
aveva dedotto: � 

a) La strada di che trattasi� � strada militare, 
a sensi e per gli effetti dell'art. 10 lettera d) 
Legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato F (sul 
Demanio militare, cfr. PASTORE: Il regime amministrativo 
dei beni d'interesse militare, 1949, p. 15; 
SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, 1959, 
pag. 350 e 351). 

b) Le strade militari possono ritenersi classificabili 
tra quelle statali (e precisamente nella quinta 
categoria, a' sensi del R.D. 15 novembre 1923, 

n. 2526, art; 1, lettera E modificata dal R.D.L. 
23 otfobre 1924, n. 1944 e dal D.Lgs. 17 aprile 
1948, n. 547) soltanto quando siano aperte al pubblico 
transito. 
L'art. 11Legge12febbraio1958; n. 126 prevede, 
ora, strade militari di �uso pubblico �. Ma, sia per 
le une che per le altre, si distinguono atti di �autorizzazione
�, per l'uso consentito ai privati, dagli 
atti di �concessione � per l'uso eccezionale consentito 
per l'utilit� di un soggetto determinato 
(PASTORE, op. cit. p. 96). 

c) La domanda di concessione andava diretta 
all'Amministrazione militare, in relazione alla sua 
competenza istituzionale, e al disposto dell'art. 1 

L. cont. gen. 
d) Il rapporto che corre tra l'ente proprietario 
del bene pubblico e i singoli, ammessi all'uso particGlare 
del medesimo, ha sempre un sostrat9 pubblicistico: 
esso ha sempre alla sua '!)~se un atto di 
concessione (FORTI: N atiwa giuridica delle concessioni. 
amministrative, in �Studi di diritto pub


blico �, 1937, I). � da tale rnpporto che il soggetto 
concessionario acquista diritti in ordine al bene. 
Si hanno cos� le cosidette concessioni costitutive 
(SANDULLI: Manuale cit.,.pag. 362). 

�Il rapporto si ini;itaura solitamente, per quanto 

�riguarda i beni demaniali, mediante un provvedimento 
amministrativo: cos� � a dire per la generalit� 
delle concessioni relative al demanio. stradale 
(art. 5 R.D.L. 8 dicembre 1933, n. 1740 cit.), per 
quelle relative al demanio idrico (artt. 2, 7 Testo 
unico Acque), per quelle relative al demanio marittimo 
e aeronautico (art. 36 e segg., 694 e segg. 

O. Nav.) � (SANDULLI: Manuale cit., pp. 362-363). 
Nel caso in esame, non si trattava certo di questo 
secondo tipo di rapporto, che presenta diversa 
struttura e che trova applicazione qu:;iindo si contempla 
l'assunzione di obbligazioni da parte del 
privato, diverse dalla semplice concessione di un 
�canone � 'per l'uso del bene demaniale. 

Caratteristica di detto secondo tipo negoziale � 
la stipula di un vero e proprio contratto, sia pure 
in forma di �disciplinare �, alla formazione del 

. quale concorre la negoziazione, �fra . le parti, la 
precisazione di condizioni, termini, modi, la stipulazione 
del prezzo, la riversibilit� degli impianti e 
cos� via. 
Nulla di tutto ci� n�lla �concessione �in uso di 
una strada militare. 
e) Il procedimento di concessione s'inizia con 
la presentazione di una domanda, in forma di atto 
di sottomissione. 
Questo era l'atto sottoscritto dalla concessionaria, 
e non uno �schema . di convenzione �. 
L'atto di sottomissione � trasmesso alla superiore 
autorit�, la quale, con la stessa autorizzazione a 
tradurre in atto formale .quello di sottomissione, d� 
la concessione amministrativa. 
f) Non pu� ritenersi applicabile alla �concessione 
� la regola di diritto privato, secondo cui i 
contratti, fra persone lontane, si hanno per conclusi 
quando l'accettazione, conforme alla proposta, 
giunge a notizia del proponente che non l'abpia 
precedentemente revocata. 
� La concessione � atto unilaterale, per s�, costitutiva 
dei diritti di cui all'atto di sottomissione. 
Dalla comunicazione della concessione, deriva 
soltanto l'esecutivit� dell?atto amministrativo, la 
cui efficacia, peraltro opera ex tunc, soprattutto 
rispetto all'obbligazione del privato di corrispondere 
il canone, se l'uso sia stato iniziato anteriormente. 
� 
g) Per la stipula formale, trattandosi di concessione 
pura e semplice, la quale non necessitava di 
un disciplinare a contenuto contrattuale, � ovvio 
che dovesse provvedere, per la �concessione �, 
l'Amministrazione militare, e per la disciplina degli 
effetti patrimoniali, la Amministrazione Finanziaria, 
scopo unico della stipula formale essendo la 
necessit� di garantire la riscossione dei ..c::i.noni, 
attraverso il ben noto procedimento della riscos-sione 
delle entrate patrimoniali dello Stato, di cui 
al R.D. 14 aprile 1910, n. 639. 

Lungi, quindi, dal rappresentare un argomento 
in contrasto con la tesi della P.A., il rinvio della 


-84 

risposta dell'Amministrazione militare, alla Intendenza 
di Finanza, per la traduzione in atto formale 
dell'atto di sottomissione, costituisce una 
prova lampante -alla luce dei principi che guidano, 
secondo la tecnica giuridica, a siffatti rapporti 
tra P . .A. e privati -che si trattava di 
un'atto di ooncessione amministrativa (e non di 
concessione contratto) alla cui struttura era, del 
tutto, estranea la questione circa l'incontro dei 
consensi. 

h) Nel caso, la competenza dell'Intendenza di 
Finanza, derivava non, gi�, dalla suaistituzionale 
attribuzione di amministrazione dei beni demaniali, 
ma dalla legislazione che all' .Amministrazione 
:finanziaria demanda l'aggiornamento dei 
canoni, corp.unque, riflettenti la concessione dei 
beni demaniali.,(RR. DD. 21 ottobre1923, n. 2367; 
30 dicembre 1923, n. 2836; R.D.L. 25 febbraio 
1924, n. 456). 

* * * 

In ordine alla questione relativa agli effetti ricollegabili 
all'esecuzione -da parte della P. A. -di 
contratti non ancora approrati, la Suprema Corte 
ha cos� motivato: 

�N� pu� dirsi che ci� contrasti con l'altro 
principio, pi� volte' affermato da questo Supremo 
Collegio, che anche quando il contratto abbia 
av�to per qualche tempo esecuzione da parte della 

P . .A., tale comportamento non pu� sostituire 
l'approvazione perch�, nella specie, la possibilit� 
di costringere il privato all'esecuzione non deriva 
da una presunzione o :finzione di approvazione, 
ma dal fatto che il privato non pu� opporre n� 
l'annullabilit� del contratto per mancata approvazione, 
deducibile solo dalla P . .A., n�, per la intervenuta 
esecuzione delle prestazioni da parte di 
quest'ultima e per l'accettazione della stessa da 
parte di esso privato, la corrispettivit�, delle sue 
prestazioni. Il suddetto principio spiega invece 
la sua piena efficacia nel caso in cui sia il privato 
a chiedere l'esecuzione, in quanto la P . .A. pu� 
sempre dedurre la nullit� del contratto per la 
mancanza di approvazione e l'inizio che la stessa 
abbia dato all'esecuzione non pu� sostituire Patto 
formale di controllo, che, come tale, non ammette 
equipollenti, n� la possibilit� di considerarsi avverato 
per :finzione �. 
Non si opponeva all'azione della P.A. la mancata 
approvazione,, poich�, nei confronti. dcl. privato, il 
contratto era perfetto; mentre, la P.A. avrebbe potuto 
scegliere: o invocare l'inefficacia del contratto per 
chiedere (se le parti si fossero invertite) l'annulla'
ffl,Cnto (ma, anche questo, limitatamente alla parte 
non eseguita -(Sezioni Unite 20 giugno 1955, 

n. 1909; Oassazione III, 4 febbraio 1958, n. 317-; 
I, 10 marzo 1958, n. 796; II, 18 maggio 1958, 
n. 1427; I, 25 ottobre 1958, n. 3475, ecc. ecc.) ovvero 
per valersi dell'azione di arricchimento sine causa; 
oppure >< invocare �d 3tta inefficacia, anche per il 
periodo della gi� avvenuta esecuzione, ovviamente 

per astringere il privato, in base alla responsabilit� 
ex contractu, essendo ius receptum: �se l'amministrazione 
(comunale) non invochi la inefficacia 
del contratto anche per ilperiodo della gi� avvenuta 
esecuzione provvisoria, � le prestazioni � avvenute 
provvisoriamente da parte dell'impresa, prima 
del diniego del visto, conservano carattere contrattuale, 
onde in tal caso non � data all'impresa 
l'azione di, arricchimento, nemmeno a� norma 
dell'art. 3~7, secondo comma della legge del 1865 

sui LL. PP. � (Cassazione I, 25 maggio 1956, 
n. 1778). 
D. FOLIGNO 

ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILITA' Occupazione 
di urgenza -Occupazione protratta 
oltre il biennio -Diritto del proprietario alla indennit� 
di esproprio, alla indennit� per occupazione 
legittima e al� risarcimento dei danni. Criterio da 
seguire. per la liquidazione dei danni. ,Corte tli 
Cassazione, Sezioni Unite, 17 maggio 1961, n. 1164 -
Pxes.: Verz�; Est.: Rossano; P. M.: Colli (diff.) -'Fer


rovie dello Stato c. Passaniti�. 

Qualora il decreto di espropriazione di un immobile 
sia stato preceduto dalla occupazione dell'immobile 
stessG protratta oltre il biennio, al proprietario 
espropriato compete, oltre alla indennit� 
di espropriazione, altra congrua indennit�, distinta 
dalla prima, per il periodo di occupazione legittima, 
e il risarcimento dei danni conseguiti alla 
occupazione abusiva fino e non oltre la data del 
decreto di esproprio. Detti danni .consistono nel 
reddito che il proprietario avrebbe potuto ottenere 
dal bene o anche nel maggior pregiudizio 
che egli in concreto dimostri di aver subito. 

Le Sezioni Unite della Corte _Suprema con la 
sentenza in esame, accogliendo sostanzialmente la tesi 
sempre sostenuta dall'Avvocq,tura, hanno ribadito le 
affermazioni di principio contenute nelle precedenti 
sentenze 22 luglio 1960, n. 2087 (Giust. civ. 1960, 
T, 1927); 24 ottobre 1960, n. 2892 (Foro it. 1960, I, 
1702) e 19 �aprile 1961, rii, 862. 

La Corte Suprema, ripudiando in tal modo un 
precedente indirizzo giurisprudenziale la c,ui ultima 
manifestazione si era ,avuta con la sentenza 30 ottobre 
1959, n. 3204 (Giust. civ. 1960, I, 39) � .anche 
uscita da un impasse, di ordine non soltanto pratico 
ma giuridico: posto che la protrazione della occupazione 
oltre il biennio avrebbe dato � al proprietario, 
secondo tale indirizzo, il diritto di ottenere il risarcimento 
del danno nella misura corrispondente all'integrale 
valors venale dell'immobile, del quale 
sarebbe rimasto, pur tuttavia, legittimo proprietario; 
e posto che d'altra parte la procedura espropriativa 
avrebbe potuto esser legittimamente portata a termine, 
non si riusciva a. comprendere, n� la-Corte_ 
era mai riuscita a chiarire, in qual modo potessero 
esser regolati i rapporti .fra espropriante ed espro� 
. priato relativamente alla indennit� di esproprio, 

giacch� .da un lato non vi pu� essere espropriazione 


senza indennit�, dall'altro il valore del bene sarebbe 

gi� stato corrisposto�, sia pure ad altro titolo, dalla 

espropriante all'espropriato. 

La sentenza in esame -che ha sviluppato awuni 
'principi gi� posti nella motivazione delle sentenz� 

13 gennaio 1959, n. 66, su ricorso Gerini c. E. U.R., 

e 24 settembre 1959, n. 2603, su ricorso Gestione 

INA-Gasa c. Fonte -� sul punto cruciale della 

questione cos� motivata: 

�Con il secondo motivo del ricorso l'Amministrazione 
denuncia la violazione e la falsa applicazione 
degli artt. 48, 49, 50, 71, 72 e 73 della legge 
25 giugno 1865, n. 2359 in relazione all'art. 2043 

e.e. e all'art. 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248 
Allegato E, nonch� dei principi generali sul procedimento 
di espropriazione e sui rapporti tra detto 
procedimento e quello di occupazione temporanea 
preordinata all'espropriazione; la violazione degli 
artt. 77 della legge 7 luglio 1907, n. 429 e 12 e 13 
della legge 15 gennaio 1885, n. 2892; il vizio di 
insufficiente motivazione su di un punto decisivo. 
Assume che la Corte di Appello, con erroneo riferimento 
alla giurisprudenza di questo Supremo 
Collegio, ha erroneamente ritenuto che se l'occupazione 
temporanea preordinata all'espropriazione 
� protratta oltre il biennio senza che sia stato 
emesso il decreto di �spropriazione e sul bene occupato 
sia stata costruita un'opera pubblica, il proprietario 
ha diritto al risarcimento del .danno in 
misura del valore venale del bene, anche se prima 
della condanna definitiva sia stato emesso il decreto 
di espropriazione; che invece i danni debbono 
essere liquidati in relazione al periodo di occupazione 
senza titolo e quindi consistono nel reddito 
che il proprietario avrebbe potuto ottenere dal 
bene o anche nel maggiore pregiudizio che egli 
in concreto dimostri di avere subito, come questo 
Supremo Collegio ha recentemente affermato. 
�La censura � fondata. 

�Queste Sezioni Unite, con le senten.ze del 24 ottobre 
1960, n. 2892 e 22 luglio 1960, n. 2087, hanno 
affermato il principio richiamato dall'Amministrazione, 
gi� incidentalmente affermato con la sentenza 
di queste stesse Sezioni Unite del 24 settembre 
1959, n. 2603, in contrasto peraltro con la 
sentenza. anche recente di queste Sezioni Unite 
del 30 ottobre 1959, n. 3204. 

�Riesaminata la questione, si ritiene che il 
mutamento di giurisprudenza debba essere riaffermato. 


�In vero, decorso il termine di due anni di occupazione 
temporanea del. b_ene senza che sia stata 
pronunciata l'espropriazione, l'occupante, data la 
previsione dell'art. 73 della legge 25 giugno 1865, 

n. 2359, che esclude�� ogni possibilit� di proroga, 
detiene il bene senza titolo; in conseguenza il proprietario 
ha azione per ottenere la restituzione del 
bene e il risarcimento dei danni che gli siano stati 
causati dal protrarsi dell'illecita occupazione. Nel 
caso peraltro che sul bene sia stata costruita una 
opera pubblica, si � ritenuto da queste Sezioni 
Unite, con costante giurisprudenza, che ai sensi 
dell'art. 4 della legge sul contenzioso amministra85


tivo l'occupante non possa essere condannato a 
restituire il bene, ma soltanto al risarcimento del 
danno, in quanto nella costruzione del bene si � 
ravvisato un implicito atto amministr~tivo, che 
non. pu� essere revocato dal giudice ordinario; 
e si � ritenuto altres� che il danno risarcibile debba 
consistere nel valore venale del bene non ostante 
che il bene non s�a distrutto e sia rimasto di propriet� 
della persona alla quale non fu restituito. 
A tale conclusione si pervien~ considerando .che il 
risarcimento del danno con indennizzo in danaro � 
il mezzo previsto dall'ordinamento giuridico per 
procurare al soggetto leso dalla violazione della 
norma una somma di danaro che economicamente 

. 
sia misura del bene leso o della quantit� del bene 
leso; che il rifiuto dell'occupante di restituire il 
bene occupato con restituzione in pristino � accertato 
come Q.efinitivo sol.tanto con la sentenza definitiva, 
in quanto � la sentenza medesima che 
definisce la lite sui rispettivi diritti ed obblighi; 
che la perdita di utilizzazione del bene per fatto 
della convenuta � equiparabile al valore venale 
del bene secondo un criterio di valutazione economica, 
ritenuto rispondente alla ammessa definitivit� 
della perdita stessa. Il danno dunque Rella 
misura indicata �' liquidato con riferimento non 
soltanto alla situazione attuale ma a quella futura, 
quale si desume da un volontario illecito e persistente 
comportamento. Ora l'oggetto stesso di 
questa valutazione economica, in quanto concerne 
d�nni non soltanto verificati ma futuri, � p,reclusa 
dall'emissione del decreto di espropriazione prima 
della sentenza definitiva. Taie decreto, poich� � il 
titolo giuridi<;o che dalla sua data produce il trasferimento 
del � diritto all'espropriante (art. 50 
legge 25 giugno 1865, n. 2359), attua cio� il trasfertmento 
.coattivo del bene, esclude dalla sua data 
ogni possibile valutazione di danni risarcibili e 
quindi l'unitaria valutazione ec�nomica dell'equivalente 
del bene per la perdita definitiva della sua 
utilizzazione. 

�.N� in contrario appare fondato l'argomento 
addotto nella precedente sentenza n. 3204 del 
1959 di queste Sezioni Unite e ripetuto dal resi


. stente, secondo cui il decreto di espropriazi�ne ha 
l'efficacia di legittimare il trasferimento del bene, 
ma non ha influenza sull'oggetto dell'obbligazione 
di risarcimento dei danni, sorta in conseguenza 
della mancata restituzione del bene e della costrnzione 
su di esso nell'opera pubblica senza la tempestiva 
emissione del decreto di espropriazione. 

�Le obbligazioni di risarcimento sorgono bens� 
dalla data in cui si verifica il danno, ma nella 
specie il danno consiste non nella distruzione del 
bene, s� che occorre accertare soltanto la somma 
di danaro che sia misura del suo valore, ma in una 
persistente perdita di utilizzazione di un bene mutato 
nella sua consistenza, il quale potrebbe essere 
restituito con riduzione. al pristino .stato. Pe.rtanto 
trasferito il bene per effetto del decreto di espro-priazione, 
non sussiste dalla data del trasferimento 
danno giuridicamente risarcibile, essendo venuta 
meno la tutela in favore dell'espropriato. In definitiva, 
liquidando il risarcimento del danno con il 


-M 


� criterio dell'equivaienz� �cortomica del bene non 
ostante l'emissione del decreto di espropriazione, 
si disapplica il decreto di espropriazione nella parte 
in cui � il titolo dell'indennit� nel presupposto 
che il bene non sia stato trasferito. Ma la disapplicazione 
dell'atto amministrativo da parte del 
giudice ordinario � ammessa dall'art. 5 della legge 
sul contenzioso amministrativo soltanto a tutela 
di un diritto soggettivo e dalla data del decreto di 
espropriazione sussiste un diritto all'indennit� 
ma non un diritto al risarcimento del danno per il 
potrarsi di una illec.ita occupazione. 
�Dalle esposte premesse consegue che il danno 
deve essere liquidato, conformemente al criterio 
precisato dalle su indicate sentenze di queste . 
Sezioni Unite del 24 ottobre 1960, n. 2982 e 22 luglio 
1960, n. 2087, in relazione al periodo intercorso 
dalla data di scadenza del. biennio di occupazione 
del fondo alla data del decreto di espropriazione e 
con riguardo alla concreta fattispecie; quindi considerando 
gli utili che il proprietario avrebbepotuto 
ricavare e le perdite che egli dimostri di avere subite 
in tlonseguenza dell'illecita occupazione, come quelle 
di rotture di trattative per negozi concernenti il 
bene o quelle per mancata costruzione di un edificio 
sul bene alla scadenza del biennio �. 

�, peraltro, da �richiamare l'attenzione, sopratutto 
delle Amministrazioni esproprianti, sull'ultima 
parte della sopratrascritta motivazione, che dal punto 
di vista giuridico � ineccepibile. 

Se, come non � dubbio, per il periodo che va dalla 
scadenza del bennio d� occupazione di urgenza alla 
emissione del decreto di esproprio, periodo dwrante 
il quale l'espropriante detiene il bene senza alcun 
valido e legittimo titolo, � dovuto il risarcimento del 
danno, questo va commisurato al danno che �in concreto 
l'espropriante dimostri di avere ricevuto in 
quel periodo; e basta considerare le esemplificazioni 
che la se'!.itenza fa a questo riguardo per rendersi conto 
come in taluni casi questi danni possono esser valutati 
in misura notevolmente elevata. 

N � pu� esser passato sotto silenzio l'altra affermazione 
della Oorte, relatfoa alla indennit� dovuta 
per il "biennio di occupazione di urgenza, quando il � 
decreto di esproprio non venga emanato in t�ile periodo. 
Sul punto la sentenza ha cos� motivato: 

. �Il quarto motivo concerne la liquidazione dell'indennit� 
di occupazione temporanea. L'Amministrazione 
sostiene che essendo pacifico in giurisprudenza 
il principio secondo cui l'indennit� dovuta 
per l'occupazione temporanea preordinata all'espropriazione 
deve essere commisurata agli interessi 
legali sull'indennit�� liquidata per l'espropriazione 
definitiva, la Corte di Appello avrebbe dovuto 
liquidare per detto titolo la somma nella misura 
degli interessi legali in relazione all'indennit� 
liquidata nel decreto di espropriazione secondo i 
criteri della legge sul risanamento della citt� di 
Napoli, e non invece sul valore dell'immobile 
all'epoca della liquidazione, determinato equitativamente 
in L. 5.000 a mq. 

�La censura non � fondata. 

�Questa Suprema Oorte, I Sezione, con sentenz� 
del 19 ottobre 1955, n. 3309 e a Sezioni Unite, con 
sentenza del 28 maggio 1954, n. 1702, dopo di avere 
affermato il principio, innanzi menzionato nel 
confutare il primo motivo di ricorso, secondo cui il 
termille di due anni previsto dall'art. 73 della 
legge 25 giugno 1865, n. 2359 � applicabile anc>he 
alle occupazioni di urgenza preordinate all'espropriazione, 
previste da leggi speciali, affermarono 
anche, per il caso che il decreto di espropriazione 
non fosse stato emesso nel termine, che al proprietario, 
oltre ai danni causati dalla mancata restituzione 
del bene, dovesse essere corrisposto per i 
due anni di occupazione legittima �una congrua 
indennit��. Si ritenne che in questo caso l'omissione 
del decreto di espropriazione nel termine implicasse 
l'inapplicabilit� dell'altro principio, affermato 
in precedenza, secondo cui per le occupazioni 
di urgenza preordinate all'espropriazione non fosse 
dovuta un'indennit� distinta da quella di espropriazione 
ma dove dovessero corrispondersi soltanto 
gli interessi su quest'ultimo, in quanto dette 
occupazioni, per essere preordinate all 'espi:opriazione, 
dovevano considerarsi anticipate immissioni 
nel posse~so dell'immobile. Ora posto che l'omessa 
pronuncia del decreto di espropriazione nel. ter


.. mine di due anni esclude il presupposto ritenuto 
da dette pronunce valevole a giustificare il principio 
dell'indennit� unica, in quanto dimostra. che l'occupazione 
anticipata dell'immobile non fu in 
realt� preordinata alla pronuncia dell'espropriazione 
nel termine, si che possa giustificarsi il diniego 
del �diritto del privato all'autonoma indennit� di 
occupazione, si deve ritenere, nell'attuale controversia 
in cui il decreto � stato emesso dopo la scadenza 
del termine di due anni, che la impugnata 
pronuncia sia immune da censura per avere liquidato 
l'indennit� di occupazione secondo un autonomo 
criterio. Non occorre pertanto soffermar.si 
sulla questione se le occupazioni preordinate alle 
espropriazioni effettivamente giustifichino per la 
loro funzione il diniego al diritto ad un'autonoma 
indennit�, riconosciuto per le occupazioni temporanee 
in genere dalla legge sulle espropriazioni 
per la pubblica utilit� �. 

Si possono, adunque, fissare i seguenti punti 
fermi nella giurisprudenza d_ella Oorte di Oassazione, 
per il caso che, occupato con la procedura di urgenza 
il bene da espropriare, il decreto di esproprio non 
venga emesso entro il biennio (termine questo non 
suscettibile di esser prorogato per alcuna ragione) e il 
bene non possa esser restituito perch� su di esso � 
gi� stata costruita l'opera pubblica: . 

1) Il decreto di esproprio non viene emanato 
neanche in corso di ca1tsa, prima di una sentenza 
passata in giudicato: 

a) per il periodo biennale di occupazione legittima 
� dovuta una congrua indennit�;.. . 

b) per il periodo successivo � dovuto il risar{!i-. 
mento dei danni nella misura corrispondente al valore 
venale del bene, giacch� il proprietario � stato illegittimamente 
privato del godimento e della utilizzazione 
del bene. � 


-87 


2) ll decreto di .f3.spi_oprio viene emanato prima 

che la questione venga. definita con sentenza passata 

in giudicato: 

a) per il period,orbiennale di occupazione legittima 
� dovuta una indennit� da determinare in modo 
autonomo, corrisp~ndente alla mancata utilizzazione 
del fondo da parte del proprietario; 

b) per il periodo intermedio di detenzione senza 
titolo � dovuto il risarcimento dei danni, da determinare 
con riferimento a quelli in concreto risentiti 
dal proprietario che � stato illegittimamente privato 
della utilizzazione del bene; 

c) per la espropriazione � dovuta una indennit� 

da determinare in relazione alle �norme legislativ~, 

generali o speciali, proprie dell'istituto della espro


priazione per pubblica utilit�. 

Ed � appena il caso di considerare come, anche 
in.questa seconda ipotesi, le somme che l'espropriante 
dovr� pagare per le causali indicate sub a) e b) 
poss{)no essere particolarmente rilevanti; onde sarebbe 
sommamente opportuno cho,, in caso di occupazione 
di urgenza, le Amministrazioni esproprianti portassero 
a compimento la procedura di esproprio prima 
della scadenza del biennio, ad evitare pesanti conseguenze 
economiche. � 

GIURISDIZIONE -Stati str.anieri -Alienazione di 

b*'ni appresi per effetto del Trattato di pace -Atti� 

vit� privatistica -Legge di guerra -Sequestro 


Effetti -Beni tedeschi in Italia -Potere di disporne 


Mandato allo, Stato italiano. (Cassazione, Sezioni 

Unite Civili, 29 aprile 1961 -Pres.: Oggioni; Est.: 

Straniero; P.M. Pepe (difforme) -Ministero del Tesoro 

c. Soc. Ca~a S. Paolo � Pia Societ.� S. Paolo -Cisa 
Viscosa). 
Gli Stati stranieri, nella vendita dei propri 
beni, ancorch� acquisiti con atto d'imperio, agiscono 
iure privatorum e non sono, perci�, immuni 
dalla. giurisdizione italiana. 

Il provvedimento di sequestro dei beni appartenenti 
a persone di nazionalit� straniera, disposto 
ai sensi del R.D. 8 luglio 1938, n. 1415, pur essendo 
dettato da criteri di opportunit� politico-militare, 
ha effetti essenzialmente soltanto assicurativi e 
cautelari e differisce per struttura e funzione dai 
provvedimenti di apprensione e trasferimento contemplati 
dalla stessa legge . di guerra. 

I beni tedeschi in Italia furono appresi dalle 
Potenze, che occupavano �la Germania (legge del 
Consiglio di Controllo 30 ottobre 1945, n. 5) e 
il Governo italiano riconobbe tale apprensione con 
l'art. 77, n. 5 del Trattato di Pace, impegnandosi 
a prendere tutti i provvedimenti necessari per 
facilitare i trasferimenti, che sarebbero stati decisi 
dalle Potenze occupanti. 

Il Ministero del Tesoro e l'EGELI, qual.e suo 
incaricato, avendo proceduto all'alienazione quali 
mandatari delle Potenze occupanti, a cui sole 
spettava il potere di disposiz,i-one dei beni, non 
sono legittimati all'azione di annullamento . del 
contratto. 

La sentenza non convince al/atto. A prescinder� 
dalla prima massima, non rilevant.e ai fini della decisione, 
che non riteniamo, co1nunque, di poter condividere 
perch� non pu� qualificarsi attivit� privatistica 
quella posta in essere dalle Potenze occupanti per 
l'apprensione e l'alineazione dei beni della Potenza 
occupata, tanto pi� se esistenti fuori del suo territorio, 
la sentenza, a nostro avviso, � sostanzialmente 
errata. 

In primo luogo il sequestro di beni nemici, attuato 
in base alla legge di guerra, implica anche il potere 
di disposizione ed a nulla rileva, ai fini della sussistenza 
di tale potere, la circostanza che sarebbero 
state violate le norme della stessa legge di guerra 
sulle formalit� necessarie per procedere alla alienazione 
dei beni sequestrati. Questa circostanza poteva 
rappresentare un altro vizio del contratto, che certamente 
.il sequestratario venditore poteva far valere 
nell'interesse proprio e del proprietario, ch'esso rappresentava 
necessariamente. 

In secondo luogo, le Potenze, che occupavano la 
Germania, non erano divenute proprietarie dei 
beni tedeschi in Italia, perch� nessuna norma di 
diritto internazionale prevedeva una tale acquisizione 
di propriet�. Esse si erano attribuite il diritto di 
disporn.e e l'Italia, con 'l'art. 77, n. 5 T.P., si era 
impegnata a porre in essere gli atti necessari per 
favorire l'esercizio di questo potere di disposizio.ne; 
ma non pu� dirsi che ne fossero proprietarie secondo 
le leggi italiane. 

Appunto, perci�, il Ministero del Tesoro e l'EGELI 
avevano proceduto all'alienazione in nome proprio � 
ed in base ai poteri che, secondo le leggi interne, 
spettavano allo Stato italiano sui beni tedeschi in 
Italia. 

Configurare il rapporto fra il Governo italiano e 
le Potenze occupanti come un mandato di diritto 
privato significa, poi, degradare, profondamente 
alterandoli, rapporti internazionali di collaborazione 
fra Stati sovrani. 

Ma l'errore pi� grave. della sentenza � quello di 
aver trascurato del tutto la considerazione che di 
legittimazione attiva pote;oa parlarsi solo rispetto 
all'azione di annullamento, propo~ta in via subordinata, 
non con riguardo all'azione, proposta in via 
principale, diretta a far dichiarare� la nullit� del 
contratto ai sensi dell'art. 10 'legge 27 maggio 1929, 

n. 848. La dichiarazione di n�llit� pu� essere promossa, 
infatti, da chiunque vi abbia interesse e il 
Ministero del Tesoro aveva ampiamente dimostrato 
come avesse interesse alla dichiarazione di nullit� 
del contratto. 
Data la .particolare importanza,. �e non sol'o giuridica, 
delle questioni trattate, riteniamo opportuno 
riportare, per una pi� esatta e completa conoscenza 
della causa, la nostra memoria. 

FATTO 

La �Pia societ� S. Paolo �, associazione reli" --giosa 
con sede .in Roma, via di Grottaperfetta 58, 
riconosciuta agli effetti civili con D. P. 29 marzo 
1952, ai sensi .dell'art. 4 legge 29 maggio 1929, 

n. 848, co)l istanze 10, 19 e 31 g~nnaio J949 a firma ""' 

dell1�conomo generaie P. Michelino Gagna, confermate 
in bollo il29 febbraio s. a., chiese di acquistare 
due immobili siti in Roma, via Savoia 13-15, gi� di 
propriet� dell'associazione scolastica germanica, 
Deutsch� Schulver�in in Rom. 

Nella predetta istanza (fase. II, foglio 5 e 14) 
era posta in evidenza l}attivit� assistenziale dello 
IstitUto e si precisava che l'acquisto verrebbe 
eventu�lmente effettuato dalla Societ� Casa di 
San �Paolo, collegata con �sso istituto. Una successiva 
lettera del 19 febbraio 1949 era diretta, 
sempre dal sac. Gagna nella predetta qualit� di 
e�oriomo generale della Casa generalizia della Pia 
societ� S. Paolo, al dott. !>adone, rappresentante 
italiano nel Comitato per la liquidazione dei beni 
tedeschi iri ttMia, perch� appoggiasse la domanda 
�della Pia istituzione in vista degli scopi umanitari 
da essa perseguiti�. Nella stessa si faceva, altr'es�, 
menzione di analogo interessamentc presso gli altri 
membri del Comitato e presso il Ministero del 
tesoro. ' 

Con deliberazione 9 marzo e 24 giugno 1949 il 
Comitato, sempre in vista degli scopi perseguiti 
dall'associazione religiosa, autorizz� la vendita degli 
immobili alla Pia societ� di S. Paolo. Con istanza 
24 marzo 1949 la Pia societ� di S'. Paolo, nel ringraziare 
il Ministero del tesoro ed i membri del 
Comitato della favorevole decisione, migliorava 
l'offerta, confermando le :finalit� altamente umanitarie 
da essa perseguite. 

�Con nota n. 401841 del 16 luglio 1949 (fase. III, 

� foglio 11) il Minist�l'o del Tesoro autorizzava la 
vendita a favore della Pia societ� di S. Paolo, che 
aveva designato per la stipula del relativo atto la 
collegata societ� � Casa di S. Paol.o � con sede in 
via di Grottaperfetta 58, cio� presso la Casa generalizia 
dell'associazione religiosa. Con successiva 
nota del 18 agosto 1949 (fase. III, foglio 11) il 
Ministero del tesoro richiamava l'attenzione dello 
EGELI sulla necessit� ch� nel contratto si pon�sse 
in luce la circostanza che l'alienazione era effettuata 
a favore della Pia Societ� di S. Paolo e per 
essa alla Societ� Casa d� S. Paolo. 

Il 1� dicembre 1949 era stipulato l'atto di compr11� 
vendita (fase. I, foglio 1) fra l'EGELI e la S.r.l. 
Casa S. Paolo. Nelle sue premesse di legge (n. 5) 
� che la Pia Societ� di S. Paolo ha fatto domanda di 
acquistare a trattativa privata i due villini, faMndo 
presenti gli scopi religiosi sociali ed umanitari; 
che essa persegue .... ; (n. 6) �che il Comitato ..... 
ha accolto la domanda presentata dalla Pia Opera.. 
e che il Ministero del tesoro ha autorizzato l'alienazione 
a trattativa privata a favore della predetta 
Opera e per ess.a dalla Societ� Uasa �S. Paolo .... �. 

Nell'atto si pattu�, inoltre, il diviet� di vendita, 
anche parziale, degli immobili compra-venduti per 
la durata di cinque anni. Dell'atto faceva parte integrante 
ed era ad ess� materialmente allegata la 
autorizzazione ministeriale, di cui alla nota numero 
401841 del 16 luglio 1949 dianzi menzionata. 

Il predetto contratto di compra-vendita fu approvato 
con decreto ministeriale 10 �dicembre 1949, 
nel quale era espressamente. e nuovamente menzionata, 
sia nelle premesse che hel dispmiitivo, . la 

deliberazione del Comitato interministeriaie per ia 
liquidazione dei beni tedeschi in Italia ed era confermato 
che la vendita veniva effettuata a favore 
della Pia Societ� di S. Paolo � pe:r essa� alla Societ� 
Casa S. Paolo. 

Con nota 15 febbraio 1951 l'istituto religioso Pia 
societ� di San P.aolo chiedeva la revoca del pattuito 
divieto di alienare, che, a suo dire, impediva 
l'assunzione di mutui ipotecari (il divieto, ovviamente, 
comprendeva anche l'accensi.one di ipoteche) 
ed il Ministero del tesoro, con nota n. 403314 
del 17 aprile 1951 diret_ta alla Pia Societ� di San 
Paolo, dichiarav~ di considerare caducata e inefficace 
la clausola, appunto� per consentire alla Pia 
Societ� di ottenere i finanziamenti necessari allo 
svolgimento della sua attivit�. 

Il 30 maggio 1951 il sac. Michelino Gagna, che il 
20 novembre 1949, cio�, nella imminenza della 
stipulazione del contratto di compra-vendita aveva 
acquistato tutte le quote sociali della S.r.l. �Case 

S. Paolo � rivendendone due al sac . .Antonio Spaziale, 
amministratore unico della predetta societ�, 
trasferiva tutte le quote sociali alla societ� immo.
biliare Villa .Albani. 
Successivamente le quote della Societ� S. Paolo 
sorta nel luglio 1929 e fino all'acquisto collegata 
all'associazione religiosa, di cui portava il nome e 
presso cui aveva sede, erano vendute alla Cassa del 
Mezzogiorno per la somma di L. 550.000.000. Il 
venditore, �ome doveva essere avvenuto per i precedenti 
trasferimenti, garantfva la esistenza degli 
immobili nel patrimonio sociale, per cui l'al�enazione 
delle quote non pu� non equivalere alla 
alienazione degli immobili. Ci� non riguarda la 
presente causa, ma� rappresenta indubbiamente, 
uno dei motivi dell'azione: l'alienazione fu consentita 
e il prezzo di particolare favore, fu esclusivamente 
determinato in vista dei fiui altamente 
educativi, che la Pia Societ� S. Paolo si proponeva, 
e non perch� se ne facesse una odiosa ed illecita 
speculazione. 

Con atto di citazione 10-12 luglio 1954, trascritto 
il 24 novembre 1954 al n. 52078, il Ministero del 
tesoro e l'EGELI convenivano, pertanto, avanti il 
triOunale di Roma sia la Pia societa S. Paolo che 
la S.r.l. �Casa S. Paolo� per sentir dichiarare la 
nullit� della compra-vend�ta, non preceduta dalla 
autorizzazione governativa, prescritta dall'art. 10 
della legge 29 maggio 1929, n. 848. 

Si costituiva in giudizio la sola Pia Societ�, la 
quale deduceva la sua assoluta estrarteit� al contratt�. 
Le amministrazioni attrici, conseguentemente, 
modificavano in via subordinata la domanda 
e, autorizzati dal G.. I., notificavano le nuove 
conclusioni alla contumace S.r.l. �Casa S. Paolo� 
il 5 gennaio 1955 (fase. III). Per evidenti fini 
tutioristici le anzidette conclusioni subordinate 
erano inserite in un autonomo atto di citazione, 
notificato sia alla Pia Societ� S. Paolo che alla 

S.r.l. �Casa�s. Paolo� il 26 nov-embre 1954 ~-tra-� 
scritto il 30 novembre 1954 al n:. 53370. 
Nel giudizio intervenne la � C.I.S . .A. Viscosa �, 
acquirente e alienante delle quote della S.r.l. 
� Casa S. Paolo �, e la causa, con le favorevoli 


-89 


conclusioni del P.M., fu rimessa al Collegio; ma il 
Tribunale di Roma, con sentenza 15 giugno-11 
luglio 1956 respinse le domande. 

Avverso la predetta sentenza proposero appello 
il Ministero del Tesoro e l'EGELI, nelle more 
messo in liqn.idazione, con atto 9 luglio 1957. 

Nel giudizio di appello intervenne la S.r.l. �Casa 

S. Paolo� la quale, dopo aver proposto un generico 
appello, incidentale, non precis� le sue definitive 
conclusio~i, ed intervenne l'Associazione 
scolastica tedesc� (Deutsche Schulverein in Rom) 
che pure, successivamente, abbandon� la causa. 
Nelle more del giudizio di appello interveniva il 
Memorandum di i.tesa 29 marzo 1957, che, concludendo 
lunghe e laboriose tr�ttativ:e, disponeva 
la soppressione del Comitato per i beni tedeschi in 
Italia, costituito in applicazione del Memorandum 
d'intesa 14 agosto 1947, devolvendone le funzioni 
al governo� italiano. Esso trasferiva, altres�, al 
governo italiano i restanti beni tedeschi di qualunque 
, natura, nonch� i proventi della vendita dei 
beni tedeschi gi� liquidati o in . corso di liquidazione. 


Con sentenza 13 maggio-5 giugno 1959 la Corte 
di Appello di Roma respingeva sia l'appello principale 
sia gli appelli incidentali, dichiarando 
inammissibile l'fotervento dell'Associazione scola. 
stica tedesca. 

Per la cassazione della predetta sentenza ha 
proposto ricorso il Ministero del Tesoro; la societ� 
�Cisa-Viscosa � ha proposto ricorso incidentale. 

Tanto premesso, si osserva in 

J)IRITTO 

l. La �Cisa-Viscosa � col ricorso incidentale e 
l'Ente congregatizio � Opera pia societa di San 
Paolo� col controricorso hanno riproposto le questioni, 
disattese dalla sentenza impugnata, del 
difetto di giurisdizione dell'autorit� giudiziaria italiana 
e del difetto di legittimazione� attiva delle 
ricorrenti. Amministrazioni. 
L'Opera pia si duole, altres�, dell'omessa integrazione 
del contradittorio, che si sarebbe dovuto 
estendere al Comitato internazionale, peraltro soppresso 
col Memorandum d'intesa del 1957; mentre 
la Cisa-Viscosa insiste perch� sia dichiarata cessata 
la .materia del contendere a seguito della cessione 
delle quote della societ� a responsabilit� limitata 
Casa San Paolo da parte della Cassa per il Mezzogiorno 
all'Associazione scolastica tedesca in Roma, 
gi� proprietaria del compendio immobiliare de quo. 

Le censure non hanno consistenza e sono state 
ben a ragione disattese dalla Corte d'Appello con 
motivazione congrua e scevra di vizi logici. 

Come si ebbe occasione di scrivere nella nota di 
replica innanzi la Corte d'Appello, l'immobile de 
quo era stato sequestrato dal Governo italiano 
nell'interesse e in nome propri�, con decreto del 
Prefetto di Roma 16 aprile 1945 e l'EGELI n� era 
s~ato nominato sequestratario. 

�, d'altra p1rte, racifico e ncn � mai stato oggetto 
di discussione che il contratto fu stipulato, emparte 
venditoris, dall'EGELI quale sequestratario 

nello interesse del Governo italiano, e dal Minhitero 
del tesoro in proprio. 

Nelle premesse del rogito Marroni si d� atto di 
una deliberazione del Comitato interJ:!.azionale, che 
aveva autorizzato la vendit� all'Opera; Pia Casa 
San Paolo; ma non si accenna affatto ad alcun mandato 
a vedere. L'atto, c.io�, fu stipulato dal Ministero 
del Tesoro e dall'EGELI, in proprio, non 
quali mandatari di un terzo proprietario. N� ha 
senso 11 preteso mandato da parte del Comitato 
internazionale che del bene non era proprietario. 

Risulta, altre.s�, che il prezzo fu pagato all'EGELI, 
sequestratario, mediante versamento 
della somma di �ure cinquanta milioni su conto 
corrente intestato all'EGELI stesso. 

� pacifico, infine, che il contratto fu approvato 
dal Ministero del tesoro e che fu questo ad esonerare 
la societ� acquirente (rectius; l'Opera pia) dal 
rispetto del patto, che vietava la rivendita dello 
immobile. 

Occorre, �infine, precisare Ghe era da tempo cessata 
l'occupaizione bellica, per cui non poteva sussistere 
pi� alcuna diretta potest� (J.ell'occupante sui 
beni esistenti nel territorio occupato in base a~ 
principi del diritto internazionale di guerra.. � 

In questa situazione, di fatto e di diritto, chiaramente 
posta in luce nella sentenza impugnata, non 
riusciamo a comprendere l'ostinazione, con cui da 
parte avversa s'insiste, anche in questa sede, sul 
difetto di .giurisdizione dell'autorit� giudiziaria 
italiana e sul difetto di legittimazione attiva e di 
interesse ad agire delle �mministrazioni v-enditrici. 
� Oggetto del giudizio � la nullit� e, in via sul;>ordinata, 
l'annullamento di un contratto di diritto 
privator un comune contratto di compravendita, 
chiesta da quelle stesse parti, che stipularono il 
contratto. Questo contratto, stipulato in Italia, da 
persone ed enti soggetti alla �sovranit� dello Stato 
italiano, avente ad oggetto beni situati in Italia, � 
regolato unicamente dalle norme dell'ordinamento 
giuridico interno. L'azione di nullit� e, pertanto, 
soggetta alla giurisdizione italiana. . 

Nessuna nor:rna dell'ordiuamento interno e, in 
verit�, neppure alcuna norma dell'ordinamento internazionale 
attribuiva alle Potenze vincitrici lll! 
propriet� del bene, presupposto del potere di trasferirla 
ad altri. Sul piano dell'ordinamento interno, e 
nell'ambito di questo 13sclusivamente la S.r.l. Ca13a 
San Paolo ha acquistato e poteva acquistare. L'immobile 
era di propriet� della Deutsch� Schulverein 
in Rom, societ� germanica, sottoposto a sequestro 
dallo Stato italiano in forza della legge di guerra ed 
in base ad un concreto atto di sequestro (revocato 
con D.P. 8 giugno 1954, n.. 740/19, ai sensi del 

R.D. 8 luglio 1938, n. 1415, solo dopo e per effetto 
dell'avvenuta alienazione alla Casa San Paolo) che 
attribuiva al Ministero del tesoro e, nel suo. interesse, 
all'EGELI, sequestratario, il potere di disporre 
del bene sequestrato. 
In effetti questi due enti ne hanno diSp�sto, ip. __ 
nome e nell'interesse proprio, e la S.r.l. �Casa 

S. Paolo�, se ha acquistato la propriet� dell'immobile, 
l'ha acquistata dal Ministero del tesoro e 
dall'EGELI suoi danti causa, non dalle Potenze 

...,..;... 90 


firmatarie del Trattato di pace, che mai ne avevano 
acquistato la propriet�, ed in base al ~iritto interno, 
n� in base al diritto internazionale. 

2. Il Trattato di Pace, le Leggi del Supremo Consiglio 
di Controllo Alleato, come i successivi Memorandum 
d'intesa, sono� convenzioni internazionali 
che, secondo la prevalente dottrina e la consolidata 
giurisprudenza (vedasi, fra le altre, Sezioni Unite, 
n. 235/53, Romano-Tesoro, Pres., Azara; Est., Torrente), 
producono -effetti solo fra le Parti contraenti 
e non attribuiscono diritti, n� impongono doveri 
ai singoli, che non sono dotati di soggettivit� giuridica 
nella sfera del diritto internazionale. 
Essi, pertanto, non possono esplicare alcun effetto 
diretto sul negozio della cui esistenza e validit� 
si discute, n� sulla propriet� dell'immobile. 
Ma ancorch� si volesse prescindere da . questa 
considerazione, di per s� assorbente, occorre considerare 
che in concreto nessuna norma del Trattato 
di pace, n� dei successivi Memorandum di 
intesa attribuiva direttamente alle Potenze vincitrici 
il diritto di propriet� sui beni tedeschi in 
Italia, n� privava di .~fficacia gli atti di seq"\lestro 
posti in essere legittimamente daJlo Stato italiano, 
ih base alla legge di guerra. 

Queste norme di diritto internazionale imponevano 
allo Stato italiano degli obblighi, internazionali, 
ed attribuivano alle Potenze vincitrici delle 
pretese, pur esse internazionali; creavano, cio�,. fra 
lo Stato italiano e le predette alle Potenze un 
rapporto� giuridic� internazionale, di natura obbligatoria, 
in forzlji del quale lo Stato italiano era 
obbligato, verso le Potenze firmatarie delle� Convenzioni 
e sempre ed esclusivamente sul piano internazionale, 
ad un comportamento. 

La violazione �di questi obblighi avrebbe costituito 
un illecito internazionale ed avrebbe potuto 
dar luogo ad una controversia internazionale, 
sempre ed esclusivamente fra i soggetti della Convenzione, 
ma non avrebbe mai potuto avere dirette 
conseguenze sulla validit�, considerata sul piano 
dell'ordinamento giuridico interno, degli atti corilpinti 
dallo Stato italiano in violazione di obblighi 
internazionali. 

L'art. 77, n. 5 del Trattato di Pace e l'art. 2 del 
primo .Memorandum d'intesa imponevano allo Stato 
italiano, ma nei confronti delle Potenze firmatarie, 
l'obbligo di adottare provvedimenti per �effettuare 
la sollecita vendita dei beni tedeschi in Italia ed 
effettuare la vendita a determinatf enti o persone; 
ci� conferma che il potere di vendere spettava 
esclusivamente allo Stato italiano. � 

Da queste premesse consegue, a nostro avviso 
incontestabilmente, che parti del contratto e quali 
portatori di interessi propri, non altrui, erano 
esclusivamente il Ministero del Tesoro e l'EGELI, 
onde l'ulteriore incontestabile conseguenza della 
giurisdizione italiana e della legittimazione attiva 
delle amministrazioni appellanti. 

Il contratto de quo, di natura squisitamente ed 
esclusivamente privata, stipulato in Italia fra persone 
soggette alla giurisdizione italiana e avente ad 
oggetto beni siti in Italia, � regolato, per quanto 

attiene ai suoi presupposti ed ai .i;uoi requisiti, di 

forma e di sostanza; subiettivi ed obbiettivi, dallo 

ordinamento giuridico interno eJe azioni, tendenti 

all'accertamento della sua nullit� o al suo annulla


mento, sono soggette esclusivanierite alla giurisdi


zione italiana, come esattamente ha affermato la 

Corte. 

Dalle suesposte premesse deriva, altres�, come 
conseguenza necessaria e connessa alla precedente, 
la legittimazione attiva delle amministrazioni stipulanti. 
� 

Come si sia potuto ravvisare nella .deliberazione 
del Comitato un �mandato a vendere, riesce davvero 
incomprensibile. Questa deliberazione, adottata 
alla stregua di norme inter:.azionali, era destinata 
ad agire, esclusivamente sul piano internazionale, 
nell'ambito di quel rapporto giuridico 
internazionale, che, come s'� detto, impegnava lo 
Stato italiano verso le Potenze firmatarie della 
Convenzione, a vendere, solle�itamente e con esclusione 
di determinati acquirenti, i beni tedeschi in 
Italia, da esso sequestrati e che, perci�, rientravano 
sul piano ed alla stregua dell'ordinamento giuridico 
interno, che solo disciplinava il contratto di compravendita, 
nella sua esclusiva disponibilit�. 

D'altra parte, il Comitato non e:ra, in base aU'ordinamento 
internazionale e, tanto meno, in forza 
dell'ordinamento interno italiano, proprietario dei 
beni tedeschi in Italia ed �, perci� inconcepibile, 
per non dire altro, un mandato a vendere di chi 
proprietario del bene da vendere non �. 

Il Ministero del tesoro, in forza della legge di 
guerra, aveva il potere di disporre della propriet� 
tedesca in Ital_ia e ne disponeva, in base a queste 
norme, in proprio nome e nef proprio interesse. N� 
il Trattato di pace, n� il memorandum d'intesa, 
posto che lo avessero potuto con efficacia immediata 
nell'ordinamento giuridico interno, lo avevano 
privato di questo potere, che anzi da quelle con� 
venzioni era presupposto e confermato. 

D'altra parte, se pur potesse dubitarsi della legittimazione 
attiva, diretta, del Ministero del tesoro, 
� incontestabile tale legittimazione in capo allo 
:EGELI. � giurisprudenza consolidata, infatti, che 
il sequestrario sia "l'unico soggetto legittimato ad 
agire in tutte le azioni �nascenti dalla custodia e 
dall'amministrazione, tipicamente quelle nascenti 
dai contratti da lui stipulati, nell'ambito dei suoi 
poteri ed aventi ad oggetto la cosa in custodia 
(Cassazione, 16 gennaio 1950, n. 138). Questo principio 
vrule per qualunque sequestro, mutando solo 
l'ambito dei poteri attribuiti al sequestratario, e 
non pu�, pertanto; non essere applicato Il!',llla specie 
all'EGELI, che, quale sequestratario, e:ra legittimato 
a vendere ed a proporre tutte le a~ioni derivanti 
dai contratti di vendita, dei qu�li esso � 
tenuto a rispondere sul piano interno e� lo Stato 
italiano, nell'interesse del quale l'EGELI agisce, 
su q~ello internazionale. 

3. Ma tutto ci� vale per l'azione contrattuale di 
annullamento; non per l'azione principale di nullit�, 
che, ai sensi dell'art. 10 legge 27 maggio 1929, 
n. 848, e, in via generale, dell'art. 1421 O.e., pu� 

-91


essere proposta in ogni tempo da chiunque vi abbia 
interesse. � evidente che questa azione prescinde 
df1 una le,;ittimazione sostanziale. Trattasi, infatti, 
di nullit� assoluta,. d'ordine pubblico, sanzionata 
dall'attribuzione dell'azione al P. M. e a qualunque 
cittadino abbia interesse alla dichiarazione di uullit� 
non soltanto a chi affermi di essere proprietario del 
bene (Cassazione 30 ottobre 1959, n. 3212, in F<Yro . 
It. 1960, I, 234). . 

Il concetto di legittimazione attiva qui si fonde 
con quello di interesse ad agire, in merito al quale 
converr� spendere qualche parola, anche per precisare 
il nostro punto di vista sulla natura e sugli 

� effetti del M emoran�um d'intesa 29 marzo 1957. 

� pacifico che l'interesse ad agire sussiste quando 
l'attore intenda conseguire con l'attivit� processuale 
un risultato giuridicamente apprezzabile, anche 
se consistente in un vantaggio non immediato 
(Cassazione, 24 ottobre 1956, n. 3872, in Foro It., � 
I-; 1791; Tribunale di Te!ni 28 dicembre 1954, in 
Riv. giur. umbro-abbruzz., 1955, 209) o di natura 
non economica. L'interesse dell'EGELI, sequestratario, 
� innegabile, essendo esso responsabile della 
amministrazione e liquidazione dei beni sequestrati 
verso il Ministero del Tesoro, nell'interesse del 
quale esso agiva. L'interesse di questo, poi, era 
altrettanto incontestabile, sul piano interno, perch� 
in base alla legge di guerra la vendita era effettuata 
nel suo interesse, e sul piano. internazionale, 
potendo sempre essere chiamato a rispondere della 
amministrazione dei beni sottoposti a sequestro 'e, 
nella specie, della vendtta a prezzo irrisorio di un 
bene di ingente valore. Questo interesse non veniva 
mano, anzi era rafforzato dal fatto che, secondo il 
primo Memorandum. d'intesa, gli introiti della liquidazione 
dovevano affluire ad uno speciale conto, 
da istituire nell'interesse dei beneficiari. 

Ma noi avevamo affermato pi� volte, nel corso 
del giudizio di primo grado, che erano in corso 
trattative per devolvere definitivamente a favore 
dello Stato italiano i predetti introiti. Onde un 
ulteriore, personale e diretto interesse del Ministero 
del Tesoro alla dichiarazione di nullit� del contratto 
ed al ripristino dello status quo ante, che, oltre tutto, 
avrebbe consentito �llo Stato di disporre, in sede 
di trattative economiche con la Germania, ove lo 
avesse ritenuto di suo vantaggio, dell'immobile gia 
di propriet� e insi"stentemente richiesto dalla Deutsche 
Schulverein in Rom. 

Il Memorandum dal 1957 ha concluso quelle 
trattative ed ha reso evidente e immediato il vantaggio, 
che il Ministero del tesoro tende a conseguire 
con la :presente azione. Questa � l'unica conseguenza 
che noi in questa sede gli attribuiamo; evidenziare 
e rendere immediato il vantaggio, che noi avevamo 
prospettato come futuro, ma non perci� meno 
idoneo e costituire un inte:i;esse attuale ad agire 
(per quanto riguarda gli effetti della sopravvenuta 
legittimazione ad agire, vedasi Cassazione 4 maggio 
1957, n. 1507, Rossi-Dolfi). � 

La circostanza, infine, che il Ministero del tesoro 

-e l'EGELI non fossero mai stati �proprietari � del 
bene compravenduto -come, peralto, non lo 
sarebbe stato il Comitato internazionale -se fosse 

mmtta, non importerebbe come conseguenza il loro 
difetto di legittimazione ad agire per l'annullamento 
del contratto da essi. stipulato, ma qualificherebbe 
quest'ultimo come vendita di cosa altrui, 
pufettamente valida, anPhe se di contenuto obbligatoFio. 


In tale ipotesi � ancor pi� evidente come il venditore 
~ia legittimato ad agire per l'annullamento 
del contratto a prescindere dalla propriet� del 
bene ed al fine di sottrarsi agli obblighi, che dl,li 
esso gli derivano. 

4. Ancor pi� infondate E!Ono le critiche mosse alla 
impugnata sentenza per quanto attiene alla giurisdizione 
ed alla necessit�, di integrare il contradittorio 
con la chiamata in causa del Comitato internazionale 
per la liquidazione dei beni tedeschi in 
Italia, soppresso nel 1957 ed i poteri del quale da 
tale data sono passati aJ Governo italiano e, per 
esso, al Ministero del tesoro. 
Come esattamente oss�rva in proposito la. sentenza, 
oggetto del giudizio � esclusivamente "l'esistenza 
e la validit� di un contratto di compravendita, 
negozio di diritto privato, stupulato in Italia 
da enti e societ� italiane, per cui la controversia 
rient.ra certamente nella giurisdizione dell'autorit�, 
giudiziaria ordinaria, a n~lla rilevando la circostanza 
che il contratto fu preceduto -sul piano 
dei rapporti fra Stati -da un atto di organo 
internazionale,. che non intervenne nel contratto 
e deve escludersi possa essere considerato parte 
contraente. 

Il Memorandum d'intesa, stipulato a Washington 
il 14 agosto 1947 e reso esecutivo con D.L. 3 febbraio 
1948, n. 177, attribuiva al Governo italiano il 
potere di liqqidare i beni tedeschi in Italia, salvo 
intese col Comitato internazionale, che, come la 
Corte Ecc.ma riconobbe nella sentenza ex adverso 
citata, .aveva il compito di dare istruzioni e diret~ 
tive ed esaminare, antecedentemente alla loro effettuazione, 
le vendite al fine precipuo di evitare 
che i beni tornassero in propriet� di enti e di cittadini 
tedeschi. 

L'azione del Comitato, quindi, si esauriva prima 
e ;fuori del contratto di cui il Comitato stesso 
non era parte. 

Cio, d'altronde, risulta per tabulas dall'attivit� in 
concreto esplicata dal Comitato e dalla quale non 
riteniamo possa prescindere. Nel verbale della seduta 
del 24 giugno 1949, n. 61 (foglio 12) si legge: 
�Il Comitato, preso atto che il Governo italiano si .� 
manifestato favorevole a riconoscere, ai sensi dello 
articolo 5 del Memorandum d'intesa 14 agosto 1947, 
l'esistenza di un interesse nazionale per scopi umanitari 
e assistenziali a che la vendita venga effettuata 
alla Pia Societ� di San Paolo in Roma, conviene 
di autorizzare la ve�dita a favore della nominata 
Pia Societ� di San Paolo � 

N� si pone in discussione la legittimit� di questa 
deliberazione, che, anzi, � preiiupposta. Si s�stiene, 
se mai, la non conformit� del contratto alla deli-berazione, 
la quale riguarda l'Opera Pia e non la 
omonima societ� a responsabilit� limitata �Casa 
San Paolo�. 


92 


Nessun valore ha il precedente invocato ex adverso, 
se non si vuole in esso riscontrare una conferma 
del principio da noi sostenuto, secondo il 
quale legittimato alle azioni contrattuali e precontrattuali 
era �sempre e solo il Ministero del tesoro 
e non il Comitato. � 

Nella causa Giulini-Tesoro, ex adverso citata, si 
discuteva della legittimit� del rifiuto di aggiudicare 
un ben$3, messo in vendita con il sistema 
dell'incanto con l'offerta in busta chiusa. Il Giulini 
assumeva di � aver diritto alla aggiudicazione ai 
semi degli artt. 132.6 e 1336 O.O.; ma la Corte, 
premesso che l'attivit� della P.A. volta al compimento 
di negozi di diritto privato pu� essere 
considerata, per ci� �che attiene al processo formativo 
del. negozio, attivit� di diritto pubblico, 
neg� che il Giulini avesse un diritto perfetto alla 
aggiudicazione. 

Il bene era stato messo all'incanto nelle forme e 
col procedimento previsti _dalle norme all'uopo dettate 
dal Comitato in base all'art. 5 del Memorandum 
d'intesa. Queste norme riservavano l'aggiudicazione 
al potere discrezionale dell'Amministrazione venditrice 
e, pertanto, l'interesse del maggior'offerente 
all'aggiudicazione �non aveva la consistenza del 
diritto soggettivo, ma dell'interesse legittimo, con 
il conseguente difetto di giurisdizione della autorit� 
giudiziaria ordinaria. 

Il difetto di giurisdizione fu, quindi, pronunziato 
in base ai comuni principi, che discriminano quella 
ordinaria d!tlla giurisdizione speciale, cio�, alla 
stregua della consistenza dell'interesse fatto valere; 
non perch� il rapporto oggetto del giudizio esorbitasse 
dal potere giurisdizionale italiano. 

Poche. parole merita l'eccezione di cessata materia 
del contendere, che la Corte d'Appello non ha 
neppure preso in specifico esame. 

Oggetto del giudizio era ed � la esistenza e validit� 
di un contratto intercorso fra il Ministero del 
tesoro, l'EGELI, la Societ� r.l. �Casa San Paolo� 
e l'ente congregatizio Opera pia societ� di San 
Paolo. Ogni mutamento di titolarit� delle quote 
della Societ� r.l. � Casa San Paolo �, � pertanto, del 
tutto irrilevante ai fini del presente giudizio. N� i 
soci della predetta societ� sono legittimati in proprio 
alla causa, come, peraltro, ha ritenuto la Corte, 
dichiarando inammi'lsibile l'intervento in appello 
dell'associazione scolastica tedesca. 

5. Ci� premesso sulle questioni pregiudiziali, disattese 
dalla Corte d'Appello e riproposte dai nostri 
contradittori, passiamo ad illustrare brevemente il 
nostro primo motivo di ricorso, che ben a ragione 
abbiamo definito assorbente, essendo irrilevante, ai 
sensi e per gli effetti degli artt. 9 e 10 legge 29 maggio 
1929, n. 848, ogni distinzione fra interposizione 
reale o fiduciaria e fittizia o simulatoria. 
Preliminarmente osserviamo che siamo pienamente 
d'accordo coi �nostri contradittori quando 
a.ffermano che sulla questione, da noi prospettata 
col primo motivo di ricorso, non constano precedenti 
specifici post-concordatari. 

Siamo, altres�, d'accordo sulla considerazione, 
peraltro gi� fatta, ma a tutt'altro fine e con tut


t'altro intendimento, dalla Corte di OitHsazione con 

la sentenza 23 febbraio 1932,� n. 648, in causa 

Pieri-Stefano, che lo stato di diritto attuale � di


verso da quello pre-concordatari�i; ma ci� per effetto 

del Concordato e della legge 29 maggio 1929, n. 848, 

non nel nuovo Codice civile. 

Non concordiamo, invece, coi nostri contradittori 
e con la sentenza impugnata, sulla rilevanza dello 
art. 17 O.e. e delle altre norme contenute nel vigente 
O.e. e sugli effetti, quanto meno, interpretativi 
di queste norme rispetto a que~le, di cui agli 
artt. 4, 9 e 10 legge 29 maggio 1929, n. 848, che, a 
nostro avviso, regolano compiutamente ed eschisiva}
Ilente la materia dell'acquisto di immobili da 
parte d'istituti, enti ed associazioni ecclesiastiche. 
Ci� tanto pi� in quanto le predette norme speciali 
�sono state dettate in esecuzione dei Patti Lateranens~, 
che l'art. 7 della Costituzione ha sussunti 

�nell'ordinamento costituzionale dello Stato. 

La questione delle c.d. frodi. pie -e nell'espret:� 

sione, ormai tradizionale, non deve riscontrarsi, 

come insinuano i nostri contradittori, alcun intento 

malizioso -deve, perci�, essere risolta esclusiva


mente alla stregua delle norme speciali dianzi 

citate e degli artt. 29 lettera b).e 30 del concordato, 

che quelle intesero attuare. 

Nella comparsa conclusionale d'appello indicam


mo la dottrina pre-concordataria favorevole alla 
tesi da noi sostenuta (MORTARA, in Foro It., 1908, 
I, 401; ScHIAPPOLr, in Manuale di diritto eccl., II, 
. 187-189, n. 59;. ASCOLI, in Riv. Dir. Civ., 1909, 
251) e quella contraria (GAB;BA, OOVIELLO, FERRARA 
e JEMOLo); precisammo che fino alla sentenza 23 
marzo 1908 era stata favorevole la Corte di Cassazione, 
la q�ale mut� giurisprudenza con la sentenza 
19 dicembre 1928 (in Giur. It., 1929, I, 1959), ma 
avvert�, con la gi� citata sentenza 23 febbraio 1932, 


n. 648, che il Concordato e la legge 29 maggio 1929, 
n. 848 avevano mutato lo stato di diritto. 
Segna�ammo, altres�, nella predetta comparsa 
l'unico precedente giurisprudenziale post-concordatario 
(App. Roma 13 luglio 1942, in Arch. Dir. 
Eccl., 1943, p. 271), peraltro, favorevole alla tesi 
della nullit�, e la dottrina; anch'essa nei sensi da 
noi sostenuti (SCADUTO, in Giur. It., 1930, III e 
1931, I, 2, 336 e IV, 175; FALco, in Corso di Dir. 
Eccl., p. 212; ScHIAPPOLI, in Foro It., 1933, II e� 
in Corso di Dir. Eccl., 1938, II, 294) nonch� la dottrina 
eontraria. 

L'impugnata sentenza in proposito ha affermato 
due principi: � 
argomentando dall'art. 4 legge 29 maggio 1929, 

n. 848 ha escluso che le associazioni religiose non 
riconosciute possono acquistare e possedere immobili; 
� 
interpretando l'art. 10 legge 29 maggio 1929, 

n. 848 alla stregua degli artt. 829 cpv. 00. 1865, 
28 legge 19 giugno 1873, 627, terzo commai, 599 e 
17 O.e. 1942, ha ritenuto, confermando la gimisprudenza 
pre-concordataria, che la..n�rma �_i applichi 
solo alle associazioni, che abbiano ottenuto 
il riconoscimento ex art. 4. 
In sintesi la Corte d'Appello ha ritenuto legittimo 
l'acquisto per interposta persona senza autoriz



-93


zazione � governativa perch� l'associazione, non 
avendo ancora ottenuto il riconoscimento, non 
poteva acquistare. 

La contradditoriet� del ragionamento, che involge 
una evidente petizione di principio, non ha 
bisogno di commento. 

La sentenza impugnata ha, altres�, trascurato 
del tutto la pi� recente .evoluzione giurisprudenziale 
(Cassazione 3 luglio 1949, n. 2119, MongolaSorce), 
confortata dalla pi� autorevole dottrina, 
sulla quasi-personalit�, sulla organizzazione e, comunque, 
sulla rilevanza giuridica delle associazioni 
non ri�onosciute, le quali sono titolari di diritti 
propri, che non spettano ai singoli associati pr�indiviso, 
come avviene, invece, nelle comunioni. 

Se ci� non avesse fatto, non sarebbe pervenuta 
alla conseguenza dell'assoluta irrilevanza nel mondo 
del diritto dell'Opera pia Casa di San Paolo prima 
del suo riconoscimento e della sua erezione in ente 
ecclesiastico e della non applicabilit� degli artt. 9 
e 10 legge 29 maggio 1929, n. "848 agli acquisti 
fatti dalle associazioni religios� non ricon�sci�te. 

6. Come riteniamo di aver dimostrato nel ricorso, 
la sentenza impugnata ha dato un'errone� 
interpretazione delle norme contenute negli articoli 
627, terzo comma, 599, 600 e 786 O.e. 
Da queste norme e, soprattutto, dai �principi in 
esse enunciati o che da esse si ricavano pu� trarsi. 
la disciplina civilistica dei negozi in frode a condizione, 
p�r�, che si facci� astrazione dalla specifica 
materia da esse regol~ta, al fine di id~ntificare il 
principio generale di diritto, applicabile anc:.e ai 
�casi analoghi. 

Questo principio generale, a nostro avviso, sanziona 
la nullit� assoluta del negozio in frode, simul~
to o indiretto, ancorch� fatto in favore di 
soggetti non forniti di personalit� giuridica piena. 

L'art. 599 O.e., come � noto, dispone �che sono 
nulle, anche se fatte per interposta persona, le 
disposizioni testamentarie a vantaggio delle persone 
indicate negli artt. 592 (figli naturali), 593 
(figli adulterini o incestuosi), 595 (coniuge del 
binubo), 596 (tutore e protutore), 597 (notaio) e 
598 (redattore del testamento). 

L'art. 627 O.e. tezo comma, esclude l'azione per 
l'accertamento della disposizione testamentaria fiduciaria, 
salva l'ipotesi di disposizione fatta per 
interposta persona a favore d'incapaci a ricev()re. 

L'impugnata sentenza ha ritenuto che con l'espressione 
�incapaci �le due norme dianzi citate si 
riferiscono solo alle persone fisiche o giuridiche 
esistenti. 

L'errore � evidente, essendosi trascurato del 
tutto di considerare le norme, di cui agli artt. 462 
e 600 Codice civile. 

L'art. 462 O.e., come � noto, dichiara che sono 
capaci di succedere tutti coloro che� sono nati o 
concepiti al tempo dell'apertura della successione. 
Ci� chiaramente dimostra che sono ritenute �incapaci 
� di succedere anche le persone non ancora 
nate, tanto � vero che il terzo comma pone un'eccezione 
per i figli nascituri (non concepiti) di persona 
vivente. 

� A prescindere, quindi, dalla considerazione che 
l'articolo 462 O.e. cori.tempia solo le persone fisiche, 
non pure le entit� giuridiche diverse dall'uomo, 
che indubbiamente possono ricevere eredit� e legati, 
sta di fatto ch'esso definisce � incapaci �proprio 
le persone inesistenti con la eccezione dei figli 
nascituri di persona vivente, onde la conseguenza 
che la capacit� o l'incapacit� a ricevere sono determinate 
prescindendo dalla esistenza o meno della 
persona fisica. 


D'altra parte, l'art. 600 O.e. prevede espressamente 
che possano ricevere per testamento gli 
enti non riconosciuti; fra cui occorre ricomprendere 
anche le associazioni e i comitati, che dovranno 
provvedere al formale riconoscimento come condizione 
per l'efficacia dell'acquisto, ma che non sono 
dalla legge considerati incapa'Ci. 

Non � esatta, quindi, l'interpretazione data dalla 
sentenza impugnata agli artt. 599 e 627 O.e. Ma 
l'errore pi� grave sta nel non aver considerato che 
da quelle norme occorreva trarre un principio generale. 
Si doveva, quindi, prescindere dalla particolarit� 
del caso da esse regolato (successione testamentaria) 
� 

Dalle predette norme, cio�, si doveva trarre il ' 
principio generale, valido anche e soprattutto fuori 
dello specifi.co divieto dell'art. 599 O.e. relativo alla 
nullit� degli atti compiuti in fraudem legis, fatti, 
.cio�, a mezzo di interposta persona per superare un 
divieto categor.ico posto dalla legge a carico di 
determinate persone, ri.on il principio generale sulla 
capacit� a ricevere per testamento, che non interessava 
la causa. 

Sotto quest'ultimo aspetto ben altra considerazione 
meritavano gli artt. 600 e 768 O;c., relativi 
alle disposizioni testamentari� ed �lle donazioni a 
favore di enti non riconosciuti, i quali non . sono 
inesistenti per mancanz3! del soggetto, accipiente, 
come dovrebbe dedursi, applicando il principio di 
diritto affermato dalla sentenz�, che la legge dichiara 
inefficaci finch� l'ente non sia formalmente 
riconosciuto, onde la ulteriore illazione che il nostro 
ordinamento vieta l'acquisto, astrattamente possibile, 
per testamento o per donazione � favore di 
enti non riconosciuti; che possono, invece, liberamente 
acquistare per atto a titolo oneroso. 

In conclusione, a noi pare che dalle norme 

. dianzi a�cennate si tragga il principio, applicabile 
ad ogni altro caso analogo, che la legge, quando 
vieta con norme di ordine pubblico che una determinata 
categoria di persone o di entit� (fisicamente 

o giuridicamente non ancora esistenti) possa acquistare 
\'leterminati beni o, in genere, compiere determinati 
negozi, sanziona la nullit� assoluta dell'atto 
fatto per interposta persona al fine di super�re 
ildivieto categorico. 
7. L'altro e pi� grave errore della sentenza impugnata 
sta nell'aver preteso di interpr~taire l'articolo 
],O legge 29 maggio 1929, n. 848 alla stregua 
dell'art. 17 O.e., qualificando identiche le due fattispecie 
normative. Cos� facendo, ha del tutto tra~ 
scurato di considerare che gli articoli 4, 9 e 10 
legge 29 maggio 1929, n. 84$, regolano, in esecu~ 

-94


zione del Concordato, intera~ente la materia e la 
regolerebbero, salvo espressa e specifica abrogazione, 
ancorch�. fossero sostanzialmente modificate� 
le norme del codice civile sugli acquisti da parte 
delle persone giuridiche private e delle associazioni 
laiche. 

Se, interpretando restrittivamente l'art. 17 O.e. 
e argomentando esclusivamente dall'espressione in 
esso usata (persona giuridica), pu� pervenirsi alla 
soluzione accolta dalla sentenza impugnata; alla 
stessa soluzione non pu� pervenirsi in base 
agli artt. 9 e 10 legge 29 maggio 1929, n. 848. 

Questi (sia il 4 che il 9) parlano di associazioni 
religiose, di istituti ecclesiastici e di enti di culto di 
qualsiasi natura, senz'alcun riferimento all'acquisita 
personalit� giuridica e neppura all'erezione 
canonica. 

L'assenza di un espresso riferimento alla personalit� 
giuridica e l'inciso �di qualsiasi natura� inducono 
a ritenere, sen'za che sia possibile alcundubbio, 
che la norma abbia inteso riferirsi a tutti 
gli enti ed' associazioni religiose, aventi o non personalit� 
giuridica. 

Tale interpretazione � confortata dalla considerazione 
che il Concordato e le sue norme di attuazione 
avevano inteso, fra l'altro, por fine al fenomeno 
delle c.d. frodi pie, espediente resosi necessario 
per la conservazione, sia pure parziale, del 
patrimonio della Chiesa durante il vigore . delle, 
leggi eversive. 

Cessate queste di aver vigore, cessava, altres�, 

ogni giustificazione dell'acquisto indiretto e ma


scherato. 

La lettera delle norme da noi citate � conforme a 

que3to spirito. Dal combinato disposto degli arti


coli 29 lettera b), 30 del Concordato si evince, inoltre 

che le Alte Parti Contraenti intesero sanare, entro 

termini perentori, le frodi pie, agevolando anche 

focalmente l'eliminazione della persona interposta; 

ma vollero con altrettanta decisione vietare che in 

seguito esse si verificassero nuovamente e ci� 

nell'interesse .e dello Stato e della Chiesa. 

In relazione a questi principi l'articolo 4 legge 

29 maggio 1929, n. 848 prevede una particolare 

forma di riconoscimento agli effetti civili delle as


sociazioni ed istituti religiosi in possesso di deter


minati requisiti e consente di acquistare e posse


dere solo a quelli in tale forma riconosciuti. 

La citata norma vieta che sia� attribuita la per


sonalit� giuridica ad associazioni religose, ad isti


tuti ecclesiastici e ad enti di culto, che, fra l'altro, 

non abbiano gi� ottenuto l'erezione in ente morale 

da parte delle competenti autorit� dell'ordinamento 

canonico; essa pone, altres�, implicitamente, ma 

chiaramente, come peraltro ha riconosciuto l'im


pugnata sentenza, il categorico divieto di acqui


stare e possedere anche per.interposta persona, alle 

associazioni religiose non riconosciute agli effetti 

civili e, quindi, previamente non eretti in enti 

ecclesiastici. 

L'associazione religiosa non riconosciuta e, tanto 

.pi�, quella non riconoscibile non � irrilevante per 

l'ordinamento giuridico interno. Essa pur avendo 

un'organizzazione ed l.].na quasi personalit�, che 

secondo la citata recente evoluzione giurisprudenziale, 
astrattamente le permetterebbero di acquistare 
e possedere, � incapace di acquistare non solo 
direttamente, ma .anche per int<;1rposta pers�na, 
trattisi d'interpretazione fittizia (negozip simulato) 


o reale (negozio fiduciario o indiretto), per l'espresso 
divieto fatto dalla legge in relazione alla quali.t� 
dell'associazione. 
L'acquisto, comunque fatto per interposta per


sona, � in fraudem legis, contro il divieto dell'arti


colo 4, ed �, perci�, nullo, anche prescindendo dalla 

mancata autorizzazione governativa. 

Questo principio � rafforzato, non indebolito, 

dalle norme contenute negli artt. 9 e 10 legge 

29 maggio 1929, nl 848, ancorch� si acceda alla tesi 

accolta dalla sentenza impugnata e secondo la 

quale non � ipotizzabile autorizzazione rispetto ad 

associazione religiosa non riconosciuta agli effetti 

civili. 

L'acquisto, che non pu� essere autorizzato, � 

nullo quanto e, 'forse pi� dell'acquisto, che, pur 

potendolo, non � stato autorizzato; questo, secondo 

la pi� recente giurisprudenza, pu� essere sanato 

dalla sopravvenuta autorizzazione, quello � nullo 

in modo definitivo e insanabile. 

L'art. 10, nel sanzionare la nullit� assoluta dello 

acquisto non autorizzato, non distingue fra acquisto 
autorizzabile e non autorizzabile e, tanto meno, 
, distingue fra associazione religiosa riconosciuta e 


non ricon�sciuta. 

Contrariamente opinando, si porrebbero le asso


ciazioni ed enti religiosi ri~onosciuti in una posi


zione deteriore rispetto a� quelli, che per negli


genza non chiedono o per difetto di presupposti 

non �ottengono il riconoscimento, e ci� contro la 

lettera e lo spirito della legge e, soprattutto, contro 

la volont� manifestata dalla� Chiesa e dallo Stato 

nella �stipulazione del Concordato Lateranense. 

In conclusione, le norme della legge 29 maggio 
1929, n. 848, da noi invocate, che regolano esclusivamente 
la materia, sanzionano la nullit� assoluta 
dell'acquisto di immobili da parte di associazioni 
religiose quando l'acquisto non sia preceduto 
dall'autorizzazione governativa e ci� a prescindere 
dalla circostanza se l'associazione sia riconosciuta 


o meno. 
8. Si � detto nel ricorso, sulla scorta della pi� " 
au~orevole dottrina, che nessuna rilevanza ha, rispetto 
al negozio in fraudem, la distinzione fra interposizione 
reale, che d� luogo al negozio fiduciario 
o indiretto, e "l'interposizione fittizia o simulatoria. 
La distinzione, invece, assume rilevanza quando 
si escluda, come ha fatto la sentenza impugnata, 
che alla specie sia applicabile il principio della 
nullit� del negozio in fraudem per mancanza della 
personalit� giuridica, piena e formal� dell'associazione, 
a favore della quale � dispo,J�to l'acquisto. 


Ora, a nostro avviso, non v'era alcun dubbio clle. 
l'acquisto da parte della s.r.l. �Casa San Paolo� 
fosse soggettivamente simulato, e che l'effettivo 
contraente fosse la omonima .Associazione 
religiosa. � 


Da quesfa:i premesse derivava, come ineluttabile 
conseguenza, la nullit� del contratto simulato con 
la societ� e la nullit� del contratto dissimulato, 
sia ai sensi dell'art. 4 legge 29 maggio 1929, n. 848, 
sia perch� padre Michelino Gagna, economo-generale 
della Pia Societ�, non aveva alcun potere di 
rappresentare quest'ultima. 

Gli errori, in cui � incorsa la impugnata sentenza 
su questo punto e sull'altro, da noi dedotto in via 
subordinata, della invalidit� del contratto per errore 
sull'altra parte contraente, sono stati da noi 
posti in luce ed adeguatamente confutati nel ricorso 
(II e III motivo). 

A questo i controricorrenti hanno replicato genericamente, 
e soprattutto, riferendosi a brani della 
sentenza da noi criticati, per cui riteniamo opportuno, 
per non tediare ulteriormente la Corte, riportarci 
a qu,anto abbiamo gi� dedotto. 

Riteniamo solo di dover precisare che, contrariamente 
a quanto si assume nel controricorso dell'ente 
congretatizio, n<>n al;>biamo mai sostenuto che vi 
sarebbero stati due contratti: uno per corrispondenza 
e l'altro contestuale. 

Abbiamo posto in luce come, diversamente da 
quanto si afferma nell'impugnata sentenza, il contratto 
contestuale (atto notarile) fu preceduto e 
seguito da corrispondenza scritta, dalla quale risultava 
chiaramente la coscienza e volont� degli enti 
venditori, conforme all'autorizzazione del Comitato 
di contrattare e di aver contrattato con una Opera 
pia, con� l'Opera pia societa di San Paolo, cio�, 
non con una societ� commerciale avente lo stesso 
nome; 

Donde uno dei tanti errori logici, in cui � incorsa 
la sentenza, che ha posto a base del .suo 
ragionamento la premessa, erronea, dell'assoluta 
irrilevanza delle trattative, perch� non risultanti 
da atto scritto, e l'errore di diritto per aver interpretato 
il contratto, prescindendo dagli atti, che 
lo avevano preceduto e seguito. 

IMPOSTA DI REGISTRO -Appalto -Jus variandi del 
committente -Imposta di registro -Liquidazione Criterio
�-Legge vigente al momento della registraziOne 
del contratto�. (Cassazione, Sezione _I, Sentenza 

n. 857-61 -Pres.: Di Pilato; Est.: Iannuzzi; P. M.: 
Silocchi (conf.) ~oc. Sogerie c. Amministrazione delle 
Finanze dello Stato). � 
contratti di appalto, nei quali � inserita la 
clausola che conferisce lo jus variandi al committente 
entro il limite del quinto del corrispettivo 
previsto, devono considerarsi stipulati a � prezzo 
presunto � secondo la legge di registro; ci� perch� 
la possibilit�. dell'aumento o della diminuzione 
della quantit� dei lavori previsti nel progetto, da 
calcolarsi alle stesse condizioni del contratt� importa 
necessariamente un'incertezza attuale del corrispettivo 
fissato il quale potr� essere determinato 
solo alla fine del rapporto e in relazione al costo 
delle maggiori opere o mediante la detrazione 
dell'importo dipendente dalla diminuzione di esse. 

Conseguentemente 1a differenza di tributo da coi'rispondersi 
per il maggior costo dell'opera -la 
quale, secondo la espressione dell'art. 32 della legge 
sul registro, ha natura complementare, e costi" 
tuisce perci�. integrazione di quella gi� pagata -non 
pu� essere calcolata se non in base alla legge 
vigente al momento della liquidazione provvisoria 
effettuata all'atto della registrazione del contratto; 
come l'eventuale restituzione del tributo perce� 
pittdn pi�, in dipendenza di una diminuzione delle 
opere, non potrebbe essere calcolata se non in relazione 
a quanto si � pagato in vi.rt� della legge 
allora vigente, senza che abbia incidenza, in entrambi 
i rasi, una legge sopravvenuta che modifichi 
la tariffa. 

Trascriviamo la motivazione in diritto della s-entenza. 


Con il primo motivo la Societ� ~ricorrente denuncia 
la viola.~ione e la falsa applicazione degli artt. 4 
e 5 della legge 4 aprile 1953, n. 261 e degli art. 32 

R.D. 30 dicembre 1923, n. 3269 e 52 della tariffa 
allegato �. allo stesso regio decreto, in relazione 
agli artt.. 344 della legge 20 marzo 1865, n. 2248 e 
11 R.D. 18 novembre 1923, n. 2440. 
La ricorrente non contesta la qualificaziofte .giu


ridica data dalla Corte di Appello al �contratto 

15 marzo 1952, che, cio�, esso ebbe per oggetto 

l'appalto di lavori da considerarsi a prezzo presunto 

ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 32 della legge 

sul registro. Deduce, invece, che la Corte avrebbe 

errato nel ritenere che l'importo dei lavori inerenti 

al quinto d'obbligo, eseguiti successivamente e 

menzionati nella scrittura privata 13 ottobre 1953, 

costituisse un elemento del prezzo dell'opera pre


vista nel contratto 15 marzo 1952 e che fosse valu


tabile al fine della determinazione del prezzo defi


nitivo e della liquidazione definitiva dell'imposta 

dovut� per la registrazione del contratto stesso. 

Rileva che, a tale fine; deve essere calcolata sol


tanto l'eventuale differenza fra il prezzo dichiarato 

e quello definitivo, dipendente dalla discordanza 

fra il preventivo ed il consuntivo del costo della 

opera, ma sempre in relazione ailavori inizialmente 

previsti, che �, estranea alla disciplina dell'art. 32 

della legge sul registro l'ipotesi, verificatasi specie, 

in cui l'ente appaltante richieda la esecuzione di 

una maggiore quantit� di opere rispetto a quelle 

inizialmente concordate, poich� ci� importa una 

modificazione dell'oggetto del contratto, e quindi 

l'instaurazione di un nuovo rapporto, autonomo e 

distinto da quello precedente e, conie tale, sog�� 

getto alla disciplina fiscale vigente al momento 

della sua costituzione. 

Ci� posto, conclude la Societ� ricorreme, la Corte 

di Appello ha errato nel ritenere che l'indicazione, 

nel contratto 13 ottobre 1953, dell'importo comples


sivo dell'opera gi� eseguita, compreso il costo dei 

lavori de �quinto d'obbligo�, equivalesse a una 

denuncia del prezzo definitivo del primo contratto 

. di appalto, ai sensi dell'art. 83 della citata legge sul 
registro, poich� -a parte l'anomalia di assoggettare 
un unico contratto a due regimi fiscali 


-M-


diversi -ljindicazione del prezzo dei maggiori 
inerenti al �quinto d'obbligo � si riferiva ad un 

� nuovo contratto, svincolato da quello precedente. 
Lai censura non � fondata. 
La facolt�, dell'ente .committente, di richiedere, 

nel corso di esecuzione dei lavori, un aumento o 
una diminuzione delle opere previste nel progetto, 
era operante nella specie in virt� del richiamo, 
contenuto nel primo contratto stipulato con la 
scrittura privata 15 marzo 1952, alle disposie:ioni 
del Capitolato Generale per gli appalti di dette 
opere dipendenti dal Ministero dei Lavori Pubblici. 
Ora il richiamo di tali disposizioni in un 
contratto di appalto stipulato fra enti o persone . 
diversi dallo Stato importa, secondo la giurisprudenza 
di questa Suprema Corte, che esse assumono 
natura ed efficacia negoziale e, quindi, che divengano 
delle vere e proprie clausole contrattuali che 
disciplinano l'esecuzione del rapporto di appalto. 
Conseguentemente anche lo ius variandi attribuito 
all'ente appaltante dalle disposizioni flel Capitolato 
generale (art. 19 del D. M. 28 maggio 1895 in relazione 
all'art. 344 della legge 20 marzo J865, n. 2248 
allegato F) richiamate per relationem, trova fondamento 
e� giustificazione in una clausola negoziale, 
che � attiene all'esecuzione del rapporto costituito 
con. il contratto cui la clausola medesima accede. 

Ci� importa che le variazioni al progetto richieste 
dal committente, appunto perch� attengono 
all'esercizio di un diritto attribuitogli da un patto 
del contratto in corso di esecuzione, non possono 
dar Juogo all'instaurazione di un nuovo contratto 
autonomo--e distinto, come sostiene la Societ� 
ricorrente, la quale ipotesi si dovrebbe altres� 
escludere sia per la mancanza di un nuovo accordo 
fra le parti, che non ha ragione di estrinsecarsi o di 
sovrapporsi ad una convenzione pattizia gi� valida 
ed operante, sia per la mancanza di un oggetto 
diverso, poich� le variazioni richieste incidono 
sulla quantit� del. lavori previsti nel progetto e non 
importano una modificazione sostanziale della 
opera commessa al committente. 

Pertanto, in applicazione del .principio generale 
secondo cui il regime tributario di un atto si deve 
stabilire in relazione alle disposizioni vigenti al 
momento della registrazione, la tassa proporzionale 
applicabile al maggior valore assunto del contratto 
di appalto in dipendenza dell'esecuzione di 
lavori complementari costituenti il �quinto di 
obbligo� si deve determinare con riguardo alla 
legge vigente al momento della registrazione del 
contratto cui inerisce la clausola importante la 
facolt� del committente di richiederli e non in 
base ad una legge sopravvenuta nel corso delle 
esecuzioni dei lavori stessi o al tempo della contabilizzazione. 


Invero la situazione in esame rientra nella previsione 
dell'art. 32, comma 2�, della legge sul registro, 
il quale dispone che nei contratti di appalto 
a prezzo presunto la tassa � provvisoriamente 
riscossa sul valore dichiarato dalle parti e si far� 
luogo alla riscossione della differenza non corrisposta 
ovvero alla restituzione del tributo percepito 
in pi� in base alla denuncia dell'ammontare 

definitivo del prezzo, cui sono tenute le parti a. 
norma del successivo art. 83. 

Non pare dubbio, infatti, che i contratti di appalto, 
nei quali � inserita la claus<:>l!li che conferisce 
lo ius-variandi al committente entro il limite del 
quinto del corrispettivo previsto, devono considerarsi 
stipulati a �prezzo presunto� secondo la 
legge sul registro; ci� perch� la possibilit� dell'aumento 
o della diminuzione della quantit� dei lavori 
previsti nel progetto, da calcolarsi alle stesse condizioni 
del contratto, importa necessariamente una 
incertezza attuale del corrispettivo fissato, il quale 
potr� essere determinato solo alla fine del rapporto 
ed in relazione al costo delle maggiori opere e 
mediante la detrazione dell'importo dipendente 
dalla diminuzione di esse. Conseguentemente la 
differenza di tributo da corrispondersi per il maggior 
costo dell'opera la quale, secondo l'espressione 
del citato art. 32, ha natura di tassa complementare 
e costituisce perci� integrazione di quella gi� pagata 
non pu� essere calcofata se non in base alla legge 
vigente al momento della liquidazione provvisoria 
effettuata all'atto della registrazione del contratto, 
come l'eventuale restituzione del tributo percepito 
in pi�, in dipendenza di una diminuzione delle 
opere, non potrebbe essere calcolata se non in 
relazione a quanto si � pagato in virt� della legge 
allora vigente, senza che abbia incidenza, in entrambi 
i casi, una legge sopravvenuta che modifichi 
la tariffa. 

Con il secondo motivo la Societ� ricorrente, 
denunciando la violazione e la falsa applicazione 
dell'art. 5 comma 3� della legge 4 aprile 1953, 

n. 261 e dell'art. 152 della legge sul registro in 
relazione all'art. 1353 O.e. deduce che avrebbe 
errato la Corte del merito nel ritenere che la facolt� 
dell'ente appaltante, di chiedere un aumento o una 
diminuzione delle opere fino alla concorrenza del 
�quinto di obbligo �, costituisca una particolare 
applicazione dello ius variandi connaturale al. contratto 
di appalto e non equivalga, invece, secondo 
la tesi della ricorrente; a sottoporre un patto contrattuale 
a condizione sospensiva. 
Neanche tale censura � fondata. 

Invero il citato art. 152 riguarda l'ipotesi in cui 
l'acquisto e il trasferimento a qualunque titolo di 
cose o di diritti dipenda dal verificarsi di una 
condizione sospensiva e dispone che in tal caso, si 
applica la legge tributaria vigente al momento del 
verificarsi della condizione sospensiva, non si attuano 
l'acquisto o il trasferimento, che.costituiscono 
il fatto generatore dell'obbligazione tributaria, 
la quale sorge, pertanto, solo nel momento in cui 
la condizione stessa si avvera. 

Ora tale disciplina non pu� applicarsi al contratto 
di appalto di cui � elemento naturale la 
clausola relativa al �quinto d'obbligo� poich� 
questa ipotesi trova la sua regolamentazione specifica 
nella citata disposizione dell'.art. 32 della 
legge sul registro secondo cui, come innarnr..i si. � .. 
detto. l'obbligazione tributaria inerente all'intero 
corrispettivo dell'appalto sorge al momento della 
registrazione del contratto ed importa l'assoggettamento 
allaJegge allora vigente anche del ma,ggiore 


-97


importo dei lavori dipendente dall'esercizio dello 
ius variandi dell'ente appaltante. 

Pertanto il ricorso deve essere respinto, con la 
condanna della societ� ricorrente alle spese in 
ragione della soccombenza. 

Sembra che il principio affermato nella sentenza 
debba valere in t1itti i casi di appalto di opere pubbliche 
dato che l'art. 344 della legge 20 marzo 1865, 

n. 2248 allegato F prevede espressamente l'obbligo 
dell'appaltatore di ottemperare all'ordine dell'amministrazione 
appaltante di aumentare le opere� da 
esegiiire nei limiti del quinto del prezzo d'appalto. 
IMPOSTA DI REGISTRO -Agevolazioni ~scali Trasferimenti 
di case non di lusso -Riduzione a 
met~ dell'imposta -Determinazione. (Cassazione, 
Sezione I, Sentenza n. 1646/61 -Pres.: Di Pilato; Est.: 
Arienzo; P; M.: Cri.scuoli (conf.) -Amministrazione 
delle Finanze c. Gandolfi). 

La riduzione a met� dell'imposta di registro stabi�ita 
dall'art. 17 legge 2 luglio 1949, n. 408, per 
i trasferimenti delle case non di lusso, costruite 
ai sensi dell'art. 13, effettuati entro quattro anni 
dalla dichiarazione di abitabilit� o dall'abitazione, 
opera sull'aliquota prevista per le corrispodenti 
categorie di immobili dall'art. 43 tabella allegato B 
del R.D. 30 dicembre 1923, n. 3269 e non sull'aliquota 
prevista dall'art. 1, tariffa allegato A stessa 
legge per i trasferimenti a titolo oneroso degli 
immobili in genere. Per conseguenza l'imposta di 
cui all'art. 1 tariffa allegato �A risulta ridotta, 
per effetto dell'art. 17 della legge del 1949, a un 
quarto. 

Si trascrive la motivazione in diritto della sentenza 

Oon l'unico motivo di ricorso, l'.Amministrazione 
Finanziaria deduce la violazione e falsa applicazione 
degli artt. 17, 13~20 e 24 legge 2 luglio 1949, 

n. 408, dell'art. 1 tariffa allegato A R.D. 30 dicembre 
1923, n. 3269, dell'art. 43 allegato B stesso 
regio decreto e degli artt. 12, 14, 15 e segg. preleggi 
in relazione all'art. 360 n. 3 e 5 O.p.c. e riproponendo 
la questione. gi� sostenuta con esito negativo 
nelle precedenti fasi del giudizio, assume che la 
riduzione alla met� dell'imposta di registro per i 
trasferimenti delle case di abitazione non di lusso 
di nuova costruzione, disposta dall'art. 17 legge 
n. 408 del 1949, andrebbe calcolata in rapporto 
all'aliquota ordinaria, di cui all'art. 1 tariffa 
allegato A-L sul registro, e non gi�, come ritenuto 
dalla sentenza impugnata, in rapporto all'aliquota 
ridotta alla met� di quella ordinaria, prevista 
dall'art. 43 tabella allegato B della stessa 
legge. 
A sostegno della s�a tesi e per escludere il coordinamento 
tra l'art. 17 Legge n. 408 del 1949 e l'art. 43 
tabella allegato B cit., la ricorrente premette che il 
sistema giuridico dell'imposta di registro sarebbe 

costituito dalla legge e dalla� tariffa mentre diverm, 
e solo di carattere derogativo dei principi ivi contenuti, 
sarebbe la funzione delle tabelle, la cui 
distinta letterale denominazione denunc~rehbe la 
differente :finalit�. A questa premessa maggiore, la 
ricorrente aggiunge, in logica connessione, 'che le 
riduzioni di imposta della tabella allegato B sarebbero 
disposizioni di carattere eccezionale �sebbene 
permenenti �e non rappresenterebbero, come ritenuto 
in precedente pronuncia, da questa Oorte 
(Cassazione, 27 marzo 1958, n. 1034), il normale 
ed ordinario regime tributario di alcune categorie 
di atti. In conseguenza, conclude l'Amministrazione 
Finanziaria, quando una disposizione di agevolazione 
tributaria, come quella dell'art. 17 Legge 

n. 408 del 1949, fa riferimento all'imposta di registro 
sarebbe richiamata, in mancanza di contrarie 
precisazioni, l'imposta di registro ordinaria (art. 1 
tariffa) che dovrebbe costituire il parametro per la 
concessa riduzione. 
L'errore della tesi della ricorrente si annida nelle 
premesse del sillogismo, cio� nell'assumere che il 
sistema tributario dell'imposta di registro sia costituito 
dalla legge e dalla tariffa e che la tabella 
Allegato B contenga disposizioni eccezionali e 
deriva da una concezione, inaccettabile e superata, 
che venne formulata in dottrina dopo la pubblicazione 
della vigente legge sul registro. 

Invero, innovando il sistema della legge del 
1897 la quale indicava nel suo corpo gli atti da 
registrarsi gratuitamente o con riduzione di imposta 
o a debito ovvero esenti, il regislatore del 1923 
ha stralciato tali indicazioni dal testo vero e proprio 
della legge allegandole a questa in elenchi. 
(tabelle allegato B, O, D, ed E) che completano 
quello degli atti soggetti a registrazione (tariffa 
allegato A). Tale distinzione diede luogo a qualche 
dubbio interpretativo soprattutto in merito al 
contenuto della tabella allegato B relativa agli 
atti da registrarsi con riduzione di imposta o per i 
quali l'imposta ha una speciale struttura. Si sostenne, 
come assume oggi la ricorrente, che le voci 
incluse in detta tabella avessero natura sostanziale 
diversa da quelle indicate nella tariffa allegato A 
e, cio�, costituissero, non permanenti e normali 
regimi tributari di imposizione per le categorie di 
atti ivi contemplate, ma deroghe particolari di 
natura eccezionale, al sistema tributario. Se tale 
assunto fosse esatto conseguirebbe, in conformit� 
del ricorso, l'inapplicabilit� alle voci di cui alla 
tabella allegato B delle agevolazioni tributarie 
disposte da leggi speciali, ma la tesi � infondata. 


Tutti gli allegati: infatti, alla legge sul registro, 
e, quindi, non solo la tariffa ma anche le tabelle, 
fanno parte integrante della stessa e concorrono a 
comporre l'intero sistema tributario, come appare 
evidente dall'esplicito richiamo di tutti gli allegati 
contenuto nell'art. 5 della legge. Il R.D. n .. 3269 del 
1923 contiene le disposizioni, generali e speciali 
con contenuto sostanziale e formale, sulla registrazione, 
sulle tasse di registro, sul pagamento e sulla 
riscossione, mentre gli allegati precisano i presupposti 
di fatto, le varie categorie di atti e le tasse 


-98


da applicarsi secondo 'la loro intrinseca natura e 
gli effetti. 

Sicch�, sia per l'espresso richiamo dell'art. 5 
sia per la propria funzione complementare, integratrice 
dei precetti normativi contenuti nel regio 
decreto, gli allegati fanno parte integrante della 
legge sul registro e costituiscono, in unit�, il sistema 
tributario sulla registraz.ione degli atti. 

Per quanto attiene in particolare alle voci della 
tabella B, in' relazione a quelle, eventualmente pi� 
ampie, relative allo stesso genere di atti contenute 
nella tariffa allegato A, � da precisare che 
l'unit� del sistema esclude che le voci della tariffa A 
si pongano in posizione primaria e di carattere 
generale rispetto a quelle della tabella allegato B 
e che queste possano qualificarsi eccezionali rispetto 
a quelle. 

Le voci contenute nella tabella allegato B hanno 
la medesima natura ed efficacia di quelle della 
tariffa allegato A e rappresentano il normale regim� 
tributario per le specifiche categorie di atti contemplate, 
regime indubbiamente di favore ma non 
eccezionale. 

Orbene, consegue da quanto esposto l'infondatezza 
delle premesse delliii t�si della ricorrente e, 
quindi, l'inac�ettabilit� dell'affermato riferimento 
dell'agevolazione fiscale, disposta dall'art. 17 legge 

n. 408 del 1949, all'art. 1 della tariffa allegato A. 
Le esposte considerazioni sull'unitariet� del sistema 
tributario -composto dalla legge e dagli 
allegati, tariffa e tabelle -e sulla identica posizione 
e funzione che hanno nel sistema le voci 
contenute nella tariffa e nelle tabelle valgono, 
altres�, a decidere il quesito se l'art. 17 legge n. 408 
del 1949 debba riferirsi all'art. 43 della tabella 
allegato B, da questa Suprema Corte gi� affermativamente 
risolto in una precedente pronuncia 
(Cassazione, 27 marzo 1938, n. 1034) dalla quale 
non � consentito discostarsi. 

Infatti, con riguardo ai trasferimenti immobiliari 
l'art. 1 della tariffa allegato A indica gli atti 
civili, i contratti e le tasse che colpiscono i trasferimenti 
a titolo oneroso in genere; l'art. 43 tabella 
allegato B considera la categoria di atti relativi 
alla compravendita di fabbricati nuovi o completamente 
riattati ad uso di abitazione e, dispone 
che la tassa sia �ridotta a met� di quella ordinaria �, 
purch� la vendita avvenga entro quattro anni dalla 
dichiarazione di abitabilit� del fabbricato o dall'effettiva 
abitazione. 

Dal coordinamento di queste due disposizioni, 
-che, come si � detto, hanno nel sistema identica 
posizione e analoga funzione di indicare i presupposti 
di fatto, le varie categorie di atti �e le tasse da 
applicare secondo la loro natura ed effetti-consegue 
che esse prevedono due distinti aliquote 

� dell'imposta, entrambe normali e generali, riferite 
a due differenziate categorie di atti di compravendite; 
a) quella relativa al trasferimento di immobili 
in genere, che sono colpiti dalla tassa intera; b) quella 
relativa al trasferimento di fabbricati ad uso di 
abitazione, nuovi o completamente riattati, avve


. nuto entro il suddetto quadriennio, cui si applica 
la tassa ridotta alla �met� di quella ordinaria �. 

L.a riportata dizione letterale dell'art. 43 tabella 
allegato B non pu� indurre nell'errore di ritenere 
ordinaria l'aliquota dell'art. 1 tariffa allegato A 
e speciale .quella della tabella alleg~to B, fl,ttesa la 
dimostrata parit� di posizione dei due allegati nel 
sistem�, la loro funzione e, con maggiore evidenza, 
la differenziata categoria di immobili considerati 
nell'art. 43. Per i fabbricati, nuovi o completamente 
riattati, trasferiti entro il quadriennio dalla dichiarazione 
di abitabilit� o dall'effettiva abitazione � 
pr�visto, quindi per ovvi motivi di stimolo dell'attivit� 
produttiva di iniziativa privata, un regime 
tributario di favore, non in via contingente ed 
eccezionale ma in via normale e generale, entro 
precisi limiti legali, con l'imposizione di un'aliquota 
di tassazione pari alla met� di quella applicata 
per i trasferimento degli altri immobili. 
Orbene, precisato che la misura dell'imposta di 
registro per i trasferimenti immobiliari a titolo 
oneroso � determinata con riguardo a categorie .di 
atti differenziate dall'oggetto, le eventuali, succesive 
agevolazioni fiscali, disposte con norme eccezionali, 
vanno riferite alla tassazione prevista in 
via normale e ordinaria, per quella specifica categoria 
di atti ai quali l'agevolazione � diretta, e ci� 
anche se manchi un espresso, specifico riferimento 
alla corrispondente voce contenuta neUa legge sul 
registro. 

L'art. 17 legge 2 luglio 1949, n. 408, contenente 
disposizioni per l'incremento edilizio, in relazione 
all'art. 13 della stessa legge, accorda la riduzione 
a met� dell'imposta di registro ai trasferimenti di 
case di abitazione, che non abbiano caratteristiche 
di lusso, costruite entro un predeterminato periodo 
di tempo (art. 13), purch� avvengano entro quattro 
anni dalla dichiarazione di abitabilit� o dalla 
effettiva abitazione: ci� nel dichiarato intentQ 
legislativo di orientare l'economia privata a concorrere 
efficacemente alla soluzione del problema 
della casa con un'intensa ripresa edilizia dopo 
l'inattivit� e le distruzioni del periodo bellico: � 

Ordunque, se per le case ad uso di abitazione 
nuove o co:�npletamente riattate, l'imposta �i 
registro, normale e di carattere permanente, � 
quella di c�i all'art. 43 della tabella allegato B, 
a questa, e non all'art. 1 tariffa allegato A, inequivocamente 
si riferisce la agevolazione di cui all'articolo 
17 senza necessit� di ulteriori e pi� specifiche 
precisazioni. Consegue, quindi, con tutta evidenza, 
da quanto esposto sul sistema � tributario della 
registrazione degli atti, che l'agevolazione fiscale, 
prevista dall'art. 17 cit. con la riduzione a met� 
dell'imposta di registro, per favorire l'incremento 
edilizio nazionale in un periodo di particolare congiuntura 
e di crisi degli alloggi, deve necessariamente 
commisurarsi a quella contenuta nell'art. 43 
tabella ali. B (met� di quella dell'art. 1 ta;riffa 
allegato A) con la conseguenza che l'imposta 
di registro di cui all'art. 1 della tariffa risulta 
ridotta ad un quarto per effetto dell'art. 17-con 
riguardo ai detti fabbricati. 

La chiare conclusioni della presente indagine 
dispensano� dall'esame dei precedenti legislativi 
e della formulazione lettera.le dell'art. 17 per la,. 


-99 


ricerca di ulteriori, indiretti �lementi confermativi; Al rigetto del ricorso consegu� la c�ndanna del 
tanto pi� che i primi confermano tuttavia, in partiricorrente 
al pagamento delle spese di giudizio e 
colari �casi la tesi assunta (art. 42 Testo unico degli onorari liquidati nel dispositivo. 
1919 e 166 Testo unico n. 1165 del 1958 sulla 
edilizia. popolare ed economica che riducevano La questione � stata nuovamente portata all'esame 
ad un quarto l'ordinaria tassa di registro) e che il delle Sezioni Unite della Oorte Suprema, della cui 
testo lette~ale dell'art. 1.7 ha, con risultato di magpronunzia 
daremo a suo tempo notizia. 
giore chiarezza, evitato di ripetere il termine 
�ordinaria � disponendo, per i . nuovi fabbricati, 
la riduzione a met� dell'imposta di registro, che IMPOSTE E TASSE -Atto di autorizzazione al CONI 
altra non poteva essere che quella prevista per le per l'eserciziO di concorsi pronostici -Auforizzacase 
di nuova costruzione. ziOne condizionata a prestazione pecuniaria -Ca� 

Non pu�, in ultimo, omettersi, a conferma della rattere di tassa della imposiziOne -Concetto. di 

accolta tesi, di rilevare brevemente l'infondatezza .tasse -Tassa di lotteria -Azione per la restituziOne 
della censura mossa dalla ricorrente all'argomen-� dell'indebito pagato -Legittimazione del Ministro 
-tazione della precedente sentenz.a di questa Oorte, delle Finanze e non del Ministero dell'Interno che 
tiportata nella sentenza impugnata, con la quale aveva concesso l'autorizzazione. , 
si precisava che l'art. 17 cit. se posto in relazione 

CONCESSIONI -AUTORIZZAZIONI -Autorizza� 
all'art. 1.tariffa allegato A come sostiene la ricor-zione ammini11trativa -Discrezionalit� della P.A. rente, 
non avrebbe elargito alcun beneficio, per Limiti -Illegittimit� di autorizzazione condizionata 
essere gi� prevista nell'art. 43 tabella allegato B al pagamento di un tributo non previsto dalla legge 
la riduzione a met� dell'imposta, restando cos� -Autorizzazione concessa al CONI per l'esercizio 
frustrato il proposito legislativo e senza scopo ~pra-di concorsi pronostici condizionata ad una presta� 
tico la norma. zione pecuniaria -Illegittimit� dell'atto per la parte 
Sostiene la ricorrente che le disposizioni agevo-contenente l'imposizione del pagamento della som� 

latrici relative alle imposizioni tributarie, previste . ma -Diritto alla ripetizione della somma pagata. 
dalla legge 1949, n. 408, sono varie e concernano AMMINISTRAZIONE PUBBLICA -Atto ainmini� 

tributi diretti e indiretti, sicch� le agevolazioni 

strativo -Non sono ammessi atti amministrativi

sussisterebbero s~mpre, anche se, nei confronti di 

d t atipici -Inserimento in un atto di autorizzazione di 

una di esso, la riduzione dell'imposta accor a a, un contratto di diritto privato importante un corri� 
in s� considerata, non apporti un beneficio maggiore spettivo dell'autorizzazione -Inammissibilit�. (Casdi 
quello gi� previsto da altra norma tributaria. sazione, Sezioni Unite, Sentenza n. 1285/61 -Pres: 

� evidente il vizio logico di questa proposizione Verzi; Est.: Stella Richter; P. M.: Colli (diff.) -Ammiche 
supera senza dar una convincente spiegazione nistrazione delle Finanze c. CONI). 

del lamentato inconveniente pratico, senza dire, 
inoltre, che l'argomento ha per errato presupposto 1) La prestazione pec'uniaria imposta, nel 1946, 
il collegamento tra l'art. 17 cit. e l'art. 1 tariffa dal Ministero dell'Interno, con atto amministraallegato 
A. L'art. 17 cit. invero, tra le altre agevo-tivo di autorizzazione al CONI, all'organizzazione 
!azioni fiscali, pone anche quella della riduzione ed all'esercizio dei concorsi pronostici relativi alle 
a met� dell'imposta di registro per cui questo competizioni sportive dal CONI stesso organizzate 
beneficio deve avere mia concreta attuazione; (prestazione alla quale era condizionata l'auton� 
pu� sostenersi, senza negare la concessione del rizzazione medesima), quando nessuna legge del 
beneficio, che, godendo il cittadino di altre agevo-tempo prevedeya una imposta o tassa o contrilazioni 
previste dalla stessa legge, non abbia rile-buto del genere, ha natura intrinseca della tassa. 
vanza il mancato risultato pratico dell'agevola-Tale tributo sussiste, infatti, non solo quando lo 
zione relativa all'imposta di registro. La tesi Stato renda un servizio all'obbligato, ma anche 
della ricorrente, infine, condurrebbe all'assurdo quando, per la rimozione di un vincolo all'l'.!ittivit� 
risultato che le case di lusso, escluse dalla previ-del singolo, imponga a questo una prestazio~e pecusione 
della legge del 1949, rientrando, come nuove niaria: e, difatti, il D.L. 14 aprile 1948, n. 496, 
costruzioni trasferite nei quattro anni, nella previ-successivamente intervenuto, ha configurato come 
sione dell'art. 43 tabella allegato A, avrebbero tassa di lotteria la prestazione dovuta dal CONI 
lo stesso trattamento fiscale, ai fini del trasfer�-Legittimato passivo, di fronte all'azione di.restimento, 
di quelle non di lusso alle quali la lezge, tuzione dell'indebito pagato dal CONI (svolta 
con tutta evidenza, ha voluto riservare le agevola-sulla base della dedotta �megittimit� della detta 
zioni fiscali per stimolarne l'incremento edilizio. imposizione del 1946), �, comunque, l'Amniini-
In conseguenza, poich� l'art. 17 della legge strazione finanziaria (avendo il Ministero delle� 
2 luglio 1949, n. 408 sull'incremento delle costru-finanze il compito istituzionale di presiedere alla 
zioni edilizie deve ricollegarsi all'art. 43 della �riscossione di tutte le entrate dello Stato) e non il 
tabella allegato B per cui l'aliquota dell'art. 1 Ministero dell'interno (che aveva impostcdl paga-
tariffa allegato A risulta ridotta ad un quarto,. mento della prestazione pecuniaria). --deve 
confermarsi la decisione della sentenza impugnata, 
il cui dispositivo � conforme al di.ritto, retti-II) Il rilascio dell'autorizzazione amministrafi.
candone, nei limiti dei poteri di questa Corte . � tiva � rimesso �al potere discrezionale della Pubregolatrice 
(art. 384 O.p.c.) la motivazione. blica Amministrazione, che deve valutarne l'op



-100


portunit� in relazione all'interesse pubblico e 
tenuto conto delle qualit� soggettive del richiedente. 
Ma, tale discrezionalit�, se consente alla 
.Amministrazione di subordinare l'autorizzazione 
a condizioni previste dalla legge ovvero di negarla 
del tutto, non le consente, invec�, di condizionarla 
al pagamento di un tributo non previsto dalla 
legge (art. 23 della Costituzione). Pertanto, l'atto 
amministrativo di autorizzazione (concessa nel 
1946 dal Ministero dell'interno) al OONI, all'organizzazione 
ed all'esercizio dei concorsi pronostici 
relativi alle competizioni sportive dal OONI 
stesso organizzate, autorizzazione condizionata .ad 
una prestazione� pecuniaria imposta al richiedente, 
� illegittimo per la parte nella quale ha imposto la 
detta prestazione, e, per tale parte, l'atto medesimo 
deve essere disapplicato. J.J'avvenuto pagamento 
della somma imposta � senza causa e d� dir.itto 
alla ripetizione, in base alla condictio indebiti. 

III) Per principio di diritto pubblico non sono 
ammessi atti amministrativi atipici, atti cio� che 
non trovino corrispondenza in alcuna delle categorie 
previste dalla legge. E la legge non prevede 
in alcun modo l'inserimento, in un atto di autorizzazione, 
di un contratto di diritto privato che 
importi un'obbligazione in corrispettivo dell'31utorizzazione 
medesima. 

Trascriviamo la motivazione in diritto della sen 
tenia. 

Deve preliminarmente disporsi la riunione del 
ricorso principale e di � quello incidentale; che si 
riferiscono alla stessa sentenza o sono iscritti sotto 
distinti numeri di ruolo. � 

Deve esaminarsi poi il primo motivo del ricorso 
principale, che denuncia la violazione e la falsa 
applicazione degli articoli 163 e 164 C.p.c., I e 
seguenti del D.L. 5 settembre 1944, n. 202, in 
relazione all'art. 360, n. 3 e 5 O.p.c., per avere la 
Corte ritenuta la legittimazione processuale passiva 
dell'Amministrazione delle Finanze dello Stato. 
Sostiene questa .Amministrazione� di non essere 
legittimata, n� sotto l'aspetto soggettivo, n� sotto 
quello oggettivo, perch�, da un lato, essa rimase 
del tutto estranea alla percezione della percentuale 
del cinque per cento degli introti del OONI, e, 
dall'altro, la detta percentuale non ha natura di 
tributo e neppure quella di entrata patrimoniale 
dello Stato. 

La censura � infondata. � esatto che il pagament� 
della percentuale fu imposto non dal Ministero 
delle Finanze, ma da quello dell'Interno come 
condizione per il rilascio dell'autorizzazione amministrativa 
all'organizzazione e all'esercizio dei 
�oncorsi pronostici, ed � parimenti esatto che 
nessuna legge del tempo prevede un'imposta o 
tassa o con,tributo del genere. Ma ci� dimostra solo 
l'illegittimit� dell'imposizione, non gi� l'estraneit� 
ad essa dell'Amministrazione Finanziaria. La natura 
intrinseca della prestazione pecuniaria richiesta 
� quella della tassa. Tale tributo, infatti, sussiste 
non solo quando lo Stato renda un. servigio all'ob


bligato,. ma anche quando, per la rimozione di un 

vincolo all'attivit� del singolo, imponga a questo 

una prestazione pecuniaria. Difatti il D.L. 14 aprile 

1948, n. 496, successivamente intervenuto, ha 

configurato come �tassa di lotteria (determinandone 

la misura nel 16 per cento degli introiti lordi) la 

prestazione dovuta dal OONI e dall'UNIRE. 

� da osservare inoltre che il Ministero delle 

Finanze ha il compito istituzionale, oltre che di 

curare la conservazione e l'amministrazione dei 

beni immobili dello Stat.o, di presiedere alla riscos


sione di tutte le entrate dello Stato, tanto patri" 

moniali, quanto tributarie, come si evince dal 

R.D. 23 marzo 1933, n. 185, modificato dal D. L. 
5 settembre 1944, n. 202. Perci�, qualunque fosse 
la natura della prestazione, la riscossione doveva 
essere compiuta dall' .Amministrazione Finanziaria. 
E in effetti il pagamento fu effettuato, per il tramite 
della Societ� Italiana .Autori ed ~ditori, a 
favore del Ministero delle Finanze, mediante il 
versamento in Tesoreria, dove la somma rimase 
a disposizione del detto Ministero. Ci� � tanto vero 
che�-come i giudici del merito hanno accertato 
e come del resto � incontestato -soltanto in 
un secondo tempo e soltanto in parte, e su iniziativa 
dello stesso Ministero delle Finanze, la somma 
fu stanziata nello stato di previsione del Ministero 
dell'Interno. Per di pi� il Dicastero delle Finanze 
oper� una compensazione parziale tra la somma 
dovuta a titolo di tassa di lotteria, in virt� della 
nuova legge, e quella precedentemente versata, 
in forza dell'imposizione del Dicastero dell'Interno. 
Quest'ultima somma era di lire 783.885. 790 
e !'.Amministrazione finanziaria per L. 421.146.937 
la-compens� con la nuova tassa; per L.. 300.000.000 
la fece stanziare nel bilancio dell'Interno e per 
I1. 62. 738.853 la trattenne senza altra giustificazione. 
Non � dubbio quindi che essa percep� la 
somma e ne dispose. 
Il rigetto del primo motivo del ricorso principale 
importa l'assorbimento � del ricorso incidentale 
condizionato, con il quale si � sostenuta la sussistenza 
della legittimazione passiva del Ministero 
dell'Interno, nell'ipotesi subordinata in cui fosse 
stata esclusa quella del Ministero delle Finanze. 


Oon. il secondo motivo la ricorrente principale 
denuncia il difetto di giurisdizione per violazione 
dell'art. 4 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, 
allegato . E e falsa applicazione dell'art. 5 della 
stessa legge, nonch� la violazione dell'art. 26 del 


T. U. 26 aprile 1924, n. 1054, in relazione all'articolo 
360, n. 3 e 5 O.p.c. Sostiene all'uopo che il 
OO~I era titolare soltanto di un interesse legittimo 
ad ottenere la licenza per lo svolgimento dei 
concorsi pronostici, perch� l'atto amministrativo; 
estrinsecantesi in un'autorizzazione, presuppone necessariamente 
un'attivit� discrezioDale della Pub. 
blica .Amministrazione. Quindi il Ministero dell'Interno 
poteva condizionare l'autorizzazione alla 
corresponsione della percentuale degli introiti, 


destinati ad elevate finalit� sociiali e legittimata 

dal D.L. 27 novembre 1947, n. 1310. Comunque 

. se 
il provvedimento di autorizzazione fosse stato 
viziato da eccesso di potere, il CONI avrebbe 


101 


dovuto impugnarlo avanti al giudice ammm1


strativo, anzich� darvi esecuzione, per poi ripetere 

il pagamento. . 

.Anche questa doglianza � priva di fondamento. 
Non � dubbio che il CONI avesse solo un� interesse 
legittimo e non un diritto soggettivo a conseguire 
l'autorizzazione, dato che il rilascio della richiesta 
autorizzazione era rimesso al potere discrezionale 
della Pubblica Amministrazione, che doveva valutarne 
l'opportunit� in relazione all'interesse pubblico 
e tenuto conto delle qualit� soggettive dell'istaIJ.
te. Ma tale discrezionalit�, se consentiva 
all'Amministrazione di subordinare l'autorizzazione 
a condizioni previste �dalla legge . ovvero di 
negarla del tutto, non le consentiva di condizionarla 
.al pagamento di un tributo non previsto� 
dalla legge. � principio fondamentale del nostro 
ordinamento, consa.crato dall'-art. 23 della Costituzione 
della Repubblica, che �nessuna prestazione 
personale o patrimoniale pu� essere imposta 
se non in base alla legge �. Quindi l'atto amministrativo 
di autorizzazione � illegittimo per la parte 
nella quale impone la prestazione in oggetto e 
deve, per tale parte, essere disapplicato. E no. 
� dubbio che il giudice ordinario abbia il potere 
di dichiarare l'illegittimit� degli atti a.mministrativi, 
ai fini appunto di disporne la disapplicazione. 
Quindi, dato che il pagamento della somma � 
stato effettuato, esso � senza causa e d� diritto alla 
ripetizione, in base alla condictio indebiti. 

Non vale invocare in contrario il D.L. 27 novembre 
1947, n. 1310: si tratta del provvedimento di. 
assegnazione di 300 milioni al capitolo 35 del 
bilancio del Ministero dell'Interno, vale a dire 
della destinazione data a parte della somtna, che 
era stata riscossa dal Ministero delle Finanze, 
mediante la postazione in bilancio tra le spese. � 
evidente che il provvedimento attiene esclusivamente 
all'erogazione di somme gi� riscosse dallo 
Stato e non �pu� quindi influire sulla legittimit� 
della percezione delle so�hme medesime, che trova 
il suo titolo (illegittimo)� nell'atto di a.torizzazione 
del Ministero dell'Interno. 

Infondata � pure la censura mossa alla sentenza 
impugnata con il terzo motivo di ricorso, che lamenta 
la violazione e la falsa applicazione degli 
artt. 769 e segg., 800 e segg. e 793 del Codice 
civile, in relazione all'art. 360, n. 3 C.p.c., per 
non avere la Corte riconosciuto la sussistenza di un 
atto di liberalit� da parte del CONI, atto di liberalit� 
valido per la forma e per la sostanza. 

La tesi della donazione non � stata mai prospettata 
nel giudizio di merito e quindi non poteva 
essere accolta dalla Corte. D'altro canto essa � 
resistita dagli accertamenti da questa compiuti, 
secondo i quali il pagamento della somma fu imposto 
al CONI per il conseguimento dell'autorizzazione, 
e non fu affatto eseguito per spirito di liberalit�. 


Con il quarto motivo si ripropone la tesi della 
convenzione intervenuta tra il CONI e l'Amministrazione 
.e del conseguente obbligo contrattuale 
assunto dal primo, e si censura la Corte per non 
aver aderito .alla tesi medesima, violando cos� 

gli articoli 1354, 1362 e segg. Codice civile e 88 del 

Testo unico 18 giugno 1931, n. 778. Questo assunto 

s'illfrange, da un lato, contro un apprezzamento 

di merito della Corte, che ha escluso il carattere 

volontario dell'obbligo, riconducendolo ad una 

imposizione fatta dall'Amministrazione come con


ditio sine qua non per il rilascio dell'autorizza


zione; dall'altro lato, contrasta con il principio di 

diritto pubblico, che non ammette atti ammini


strativi atipici, e cio� che non trovino corrispon


denza in nessuna delle categorie previste dalla 

legge. E la legge non prevede in alcun modo l'in


serimento in un atto di autorizzazione di un con


tratto di diritto privato, che importi un'obbliga


zione in corrispettivo dell'autorizzazione medesima. 

Da ultimo la tesi riproposta con il quinto motivo 
di ricorso, quella cio� dell'esecuzione data dal 
CO;NI ad un'obbligazione naturale, rettamente 
� stata disattesa dalla Corte del merito, non sussi-� 
stendo il dovere morale o sociale per un ente, 
avente la finalit� di potenziare le attivit� sportive, 
di provvedere alla. pubblica beneficenza, e non 
ricorrendo neppure la spontaneit� della prestazione, 
cui si riferisce l'art. 203_4 per escludere la 
ripetizione. 

Pertanto il ricorso principale, rivelatosi sotto 
ogni aspetto infondato, deve essere respinto. � 
consegue�ziale la pronuncia di condanna dellla 
ricorrente alle spese, in base al principio della 
soccombenza. 

Il ricorrente in via incidentale ha diritto alla 
restituzione del deposito. 

Oi sembra che la Corte Suprema non si sia dato 
carico di esaminare la questione se apposta ad una 
autorizzazione discrezionale una condizione illegittima 
questa non determini la totale illegittimit� 
dell'atto amministrativo autorizzativo. 

Su questo problema V. SANDULLI; _Manuale di 
Diritto Amministrativo. Ed. Jovene, 1957, n. 137; 
nel senso della invalidit� totale; LANDI E POTENZA: 
Manuale di Diritto Amministrativo. Ed. Giuffr�, 
1960, pag. 267, nel senso che l'errore che infiuisce 
sulla determinazione discrezionale della volont� d� 
luogo ad im vizio di eccesso di potere, sia che si tratti 
di errore di fatto sia che si tratti di errore di diritto. 

IMPOSTE E TASSE -Rimborso di somme indebitamente 
corrisposte a titolo di diritti doganali -Mancanza 
dell'obbligazione tributaria -Artt. 27 e 29 
legge 25 settembre 1940, n. 1424 -Termine prescrizionale 
di �cinque anni -Inapplicabilit�. 

IMPOSTE E TASSE -Rimborso di somme indebita� 
mente corrisposte a titolo di diritti doganali -Man� 
canza di obbligazione tributaria -Azione di ripeti� 
zione -Art. 2033 C. c. -Applicabilit�. (Cassazione; 
Sezione I, Sentenza n. 1802/61 -Pres.: Di Pilato; Est.: 
Albanese; P. M.: Cutrupia (conf;) -Amministrazione 
delle Finanze dello Stato c. Soc. Lanerossi). 

I) L'azione del contribuente, diretta a conseguire 
il rimborso di somme indebitamente riscosse 
dall'Amministrazione finanziaria a titolo di diritti 


-102 


doganali (fra i quali -va compreso il diritto di. 

licenza per importazione di merci in Italia) non va 

ricondotta nella disciplina degli artt. 27 e 29 d�lla 

legge 25 settembre 1940, n. 1424, i quali preten~ 

dono il termine prescrizionale di cinque anni per 

l'azione di rimborso, quando tale azione sia fon


data sull'assoluta inapplicabilit� del tributo richie


sto per cui ricorra l'ipotesi di un pagamento ese_. 

guito senza causa. 

Gli artt. 27 e 29 della legge 25 settembre 1940, 

n. 1424, i quali trovano applicazione nei soli casi 
di errori di calcolo o di tassazione, non� hanno 
alcuna attinenza con l'ipotesi del rimborso di somme 
che la dogana abbia riscosso sebbene non 
sussistesse l'obbligazione tributaria. 
II) Non si pu� negare al contribuente l'azione 
di ripetizione quando questo, anzich� provocare 
con la sua inerzia l'emissione dell'ingiunzione, soddisfi 
senza indugio, sulla base della bolletta doganale, 
il debito d'imposta che l'Amministrazione 
pone a suo carico. La legge stabilisce un termine 
perentorio di quindici giorni per proporre opposizione 
contro la P!'.'etesa della dogana che si sia 
estrinsecata nell'atto d'ingiunzione. Peraltro, il 
pagamento immediato dell'imposta, prima ancora 
di una formale intimazione, non pu� risolversi per 
il contribuente nella preclusione di ogni possibilit� 
di difesa quando risulti l'inesistenza dell'obbligazione 
tributaria, in quanto non pu� derivare alcun 
pregiudizio a coloro che sollecitamente corrispondono 
alla richiesta di versare i diritti doganali. 
Una deroga alla norma dell'art. 2033 C. c. non 
� contemplata daU'ordinamento speciale, mancando 
una disposizione in tal senso nella legge . 
25 settembre 1940, n. 1424, n~lla quale sono disciplinate, 
in modo autonomo, soltanto le domande 
di rimborso per i casi di errori di calcolo nella liquidazione 
del ~ributo. � 

Trascriviamo la motivazione in diritto della sentenza. 


Deve precedere, nell'ordine logico, l'esame del 

secondo motivo di ricorso, con il quale, traendo 
argomento dalle disposizioni della legge 25 settembre 
1940, n. 1424, e richiamando principi di 
ordine generale attinenti al sist~ma legislativo 
in materia fiscale, si deduce che l;azione del contribuente, 
diretta a conseguire ilrimborso di somme 
indebitamente riscosse dalla Finanza a titolo di 
diritti doganali (fra i quali va compreso il diritto di 
licenza per importazione di�merci in ltalia) dovrebbe 
essere sempre ricondotta nella disciplina degli 
artt. 27 e 29 della legge anzidetta, anche quando, 
cio�, tale azione sia fondata -come nella specie sulla 
assoluta inapplicabilit� del tributo richiesto 
� per cui ricorra l'ipotesi �di un pagamento eseguito 
senza causa. Invero il primo motivo del ricorso, 
presupponendo che sia invece risolta in senso 
negativo la questione ora accennata, prospetta 
l'ulteriore tesi secondo la quale, nel caso che l'ob


bligazione tributaria non sussista, il contribuente 

non avrebbe alcuna azione per ripetere quanto 

pagato e non dovuto (salva l'opposizione .ai ter


mini dell'art. 24 della legge doganale quando sia 

stata notificata ingiunzione di pagamento). 

Sostiene dunque in primo luogo. l'Amministra


zione delle Finanze, col secondo motivo, che la 

disposizione dell'art. 29 della legge doganale com


prenderebbe nella sua previsione qualunque ipo


tesi di domanda di rimborso di diritti doganali, 

con la conseguenza che per tutte indistintamente 

le domande del genere opererebbe la prescrizione 

quinquennale stabilita dallo stesso articolo. 

Ma quest'assunto urta palesemente contro la 

chiara ed univoca espressione della norma di cui 

trattasi, che regola .soltanto il rimborso delle 

somme �pagate in pi� del dovuto per errori di 

calcolo nella liquidazione o� per l'applicazione di 

un diritto diverso da quello fissato i�l tariffa per 

la merce descritta nel risultato di visita �. Esat


tamente � stato osservato dai giudici di merito 

che qui � esplicito ed esclusivo il riferimento ai 

casi nei quali, sussistendo l'obbligo di corrispon


dere il tributo, questo ultimo � stato per� determi


nato e riscosso in misura non aderente ai criteri 

di liquidazione fissati dalla tariffa, in conseguenza 

di errori concernenti il computo aritmetico della 

somma dovuta ovvero la qualificazione della merce 

importata. E non meno esattamente � stata quindi 

rilevata l'impossibilit� di superare, nell'interpre


tazione della norma, i limiti che risultano dalla 

sua rigorosa formulazione. � 

Aggiunge per� la ricorrente �Amministrazione, 
. che, comunque, anche a prescindere dall'ambito 

di applicazione dell'art. 29, le azioni di rimborso 

fondate sull'assoluta inesistenza dell'obbligazione 

tributaria dovrebbero ritenersi egualmente assog


gettate alla prescrizione di cinque anni sulla base 

di altre considerazioni; in quanto cio�, essendo 

previsto nell'art. 27 della legge doganale che il 

diritto dello Stato al recupero dei tributi per qual


siasi causa non riscossi si prescrive in cinque anni, 

n�n potrebbe non estendersi tale disciplina anche 

alle azioni proposte dal contribuente, conforme


mente al principio desumibile da numerose leggi 

tributarie, le quali prevedono termini identici di 

prescrizione cos� per l'Amministrazione come per il 

contribuente. 

Neppure questa tesi pu� trovare accoglimento. 

Il fatto che l'art. 27 della legge abbia usato, rela


tivamente alle azioni di recupero dell'Amministra


zione finanziaria, una dizione manifestamente 

diversa e pi� ampia, rispetto a quella dell'art. 29, 

� piuttosto un argomento ulteriore per ritenere 

che siasi voluto distinguere e precisare il contenuto 

proprio di ciascuna delle due disposizioni, limi


tando, per le azioni proposte dal contribuente, 

il termine quinquennale di prescrizione .ai soli 

casi di errori di calcolo o di tassazione previsti 

dall'art. 29. E per analoga ragione non pu� valere 

il richiamo ad altre e ben distinte-�leggi tribu


tarie, nelle quali la materia sia stata espressa-.-~ 

mente e diversamente regolata. 

L'esame del secondo motivo di ricorso porta 

d11nque a concludere che gli artt. 27 � 29 della 

legge 25 settembre 1940, n. 1424, contrariamente 


-


-103 


a quanto ha dedotto l'Amministrazione delle 
Finanze, non hanno alcuna attinenza con l'ipotesi 
del rimborso di somme che la dogana abbia riscosso 
sebbene non sussistesse l'obbligazione tributaria. 

Viene ora in considerazione il primo motivo, con 
cui si denuncia l'errore nel quale sarebbe incorsa 
la Corte di .Appello per avere affermato, in riferimento 
al'ipotesi suddetta di pagamento senza 
causa, che il diritto del contribuente alla ripetizione 
dell'indebito discende dalla norma generale 
dell'art. 2033 del Codice civile, e si prescrive 
quindi nel-termine ordinario di dieci anni. La 
ricorrente sostiene -come gi� innanzi � stato 
accennato -che, �una volta esclusa la possibilit� 
di applicare al rapporto controverso la disciplina 
posta dagli artt. 27 e 29, la domanda di restituzione 
ex art. 2033 avrebbe dovuto essere dichiarata 
inammissibile, poich�, secondo il sistema della 
legge doganale, se si prescinde dall'azione esperibile 
a norma del citato art. 29, la difesa dei diritti 
del contribuente sarebbe affidata unicamente alla 
facolt� di proporre opposizione contro l'ingiunzione 
di pagamento nel termine di quindici giorni 
fissato dall'art. 24. Cosicch� U versamento immediato, 
senza attesa d'ingiunzione, delle somme 
pretese dalla dogana, sig�ificherebbe riconoscimento, 
da parte del contribuente, della legittimit� 
dell'imposizione, 'Sulla quale, pertanto, nessuna 
contestazione potrebbe essere pi� sollevata. 

� da rilevare che a nulla giova, per la soluzione 
del problema, la menzione che � stata fatta dalla 
ricorrente di una pronuncia di questo Supremo 
Collegio (del 26 novembre 1927) con cui si � affermato 
a proposito dei diritti di confine, non esservi 
adito normalmente ad alcuna contestazione dopo 
che dazi sono stati pagati (fatta eccezione per le 
domande di rimborso relative a differenze provenienti 
da errori di calcolo o di tassazione) . .A parte 
che in quella pronuncia si � dato risalto, fra l'altro, 
ai caratteri propri dei diritti di confine, tra i quali 
non pu� comprendersi il diritto di licenza (che 
viene in discussione nella presente causa), sta di 
fatto, comunque, che la decisione stessa riguardava 
un caso di azione di ripetizione d'indebito proposta 
dopo che il titolo, costituito dall'ingiunzione, era 
divenuto definitivo per difetto di opposizione; 
Jaddove, nella specie, il versamento � stato effettuato 
senza che fosse stata emessa l'ingiunzione 
fiscale. 

Ora, da nessuna ragione giuridica si pu� essere 
indotti a negare l'azione di ripetizione quando il 
contribuente, anzich� provocare con la sua inerzia 
l'emissione dell'ingiunzione, soddisfi senza indugio, 
sulla base della bolletta doganale, il debito di 
imposta che l'.Amministrazione pone a suo carico. 
� vero che la legge stabilisce un termine perentorio 
di quindici giorni per proporre opposizione contro 
la pretesa della dogana che si sia estrinsecata 
nell'atto di ingiunzione. Ma da ci� non discende 
che il pagamento. immediato dell'imposta, prima 
ancora di una formale intimazione, debba risolversi 
per il contribuente nella preclusione di ogni possibilit� 
di difesa pur� quando risulti che l'obbligazione 
tributaria non sussisteva. L'affermazione del 

principio contrario, che si concrete��ebbe in un 
pregiudizio ingiustificato nei confronti di coloro 
che pi� sollecitamente corrispondono alla richiesta � 
di versare i diritti doganali, comporterebbe una 
deroga alla norma generale dell'art.� 2033 Codice 
civite, mentre tale deroga non � affatto contemplata 
dall'ordinamento speciale, mancando una 
disposizione in questo senso nella legge 25 settembre 
1940, n. 1424, dove invece sono disciplinate 
in modo autonomo, con l'art. 29 soltanto le domande 
di rimborso per i casi di errori materiali 
di cui si � parlato. 

.Anche il primo motivo deve essere quindi disatteso. 
Il ricorso, di conseguenza, va rigettato. 
�Le spese seguono la soccombenza. 

Questa sentenza conferma l'orientamento della 

Oorte Suprema di considerare soggette al termine 

di prescrizione �ordinaria le azioni per il rimborso 

di tributi indebitamente pagati, salvo che non vi 

siano norme in contrario da considerarsi eccezionali 

e quindi insuscettibili di interpretazione analogica. 

Si veda in proposito la sentenza n. 2459 del 7 no


vembre 1957 in tema di interpretazione dell'art. 47 

della legge sull'I.G.E. (con nota di richiami in Giu~ 

stizia Civile, 1958, I, 1951). 

Di fronte a questo preciso indirizzo della giurisprudenza 
appare chiaro che 01,e si intenda, come � 
sembra opportuno, stabilire un termine speciale di 
prescrizione per il rimborso di tributi indebitamente 
pagati (in simmetria con il termine speciale stabilito 
a favare dei contribuenti per il ricupero dei tributi 
non corrisposti) occorrer� emanare un apposito provvedimento 
legislativo; ci� che, per quanto ci risulta, 
in materia di I.G.E. era gi� stato proposto dal competente 
Ministro per le Finanze. 

�LOTTO E LOTTERIE -Artt. 21 e 22 della legge sul 
lotto -Invalidit� delle giocate se non � effettuato il 
deposito� delle matrici -Rilevanza del fatto obiettivo 
dello effettivo deposito. 

LOTTO E LOTTERIE -Art. 22 legge sul lotto -Nullit� 
della giocata per mancato deposito delle matrici 
-Responsabilit� dell'Amministrazione delle Finanze 
-Insussistenza. (Cassazione, Sezione I, Sentenza 

n. 328/61 -Pres.: Lorizio -Est.: Perrone Capano P. 
M.: Pedace (conf.) -Jonna c.. Ministero delle 
Finanze). 
I) Gli artt. 21 e 22 della legge sul lotto (R.D.L. 
19 ottobre 1938, n. 1933 convertito nella legge 
5 giugno 1939, n. 973) nel prescrivere che le� giocate 
non sono valide se le relative matrici non vengono 
depositate nell'archivio prima dell'estrazione, 
si riferisce al materiale ed effettivo depo!;!jto delle 
matrici in un luogo di sicura custodia, qual'�_ 
l'archivio segreto, onde a tale fatto obiettivo, pili 
che alle risultanze degli atti compilati dal personale 
del lotto nelle varie fasi che precedono l'estrazione, 
devesi attribuire decisiva rilevanza. 


-104


II) L'art. 22, primo comma, della legge sul 

�lotto pubblico (R.D.L. 19 ottobre 1938, n. 1933, 
convertita nella legge 5 giugno 1939, n. 973), col 
disporre che,� in caso di nullit� della giocata per 
mancato deposito della relativa matrice il giocatore 
ha diritto al rimborso della somma giocata, 
esclude che l'Amministrazione delle Finanze possa 
essere tenuta a rispondere, a titolo di risarcimento 
di danni, della vincita non realizzata, quali 
che siano le ragioni del mancato deposito della 
matrice, dipenda esso da caso fortuito o da forza 
maggiore, ovvero da fatti imputabili al personale 
del lotto. 
Si trascrive la motivazione in diritto della sentenza. 

� opportuno premettere che l'art. 21 della legge 
sul lotto pubblico, di cui al R.D.L. 19 ottobre 1938, 

n. 1933, convertito nella legge 5 giugno 1939, n. 973 
dispone che le giuocate sono valide e produttive di 
effetti � quando, ricevute nelle forme e condizioni 
prescritte, le relative matrici siano state depositate 
nell'archivio prima dell'estrazione�. 
L'art. 22 della stessa legge specifica che �qualora 

per qualsiasi causa le matrici non vengano depo


sitate nell'archivio prima dell''estrazione, le giuocate 

relative si ritengono nulle e come non avvenute, 

e il giuocatore ha diritto al rimborso della somma 

giuocata, dietro consegna delle bollette �. 

Nel caso in esame, i giudici di merito hanno 

ritenuto che le matrici delle quattro bollette che 

si assumevano vincenti (matrici trasmesse tempe


stivamente dalla ricevitoria all'Intendenza di Fi


nanza) non erano state depositate nell'archivio 

segreto, nel quale non furono rinvenute, e che 

pertanto le relative giuocate erano da ritenersi 

nulle e prive di effetti, a nQrma !l.egli artt. 21 e 22 

della legge sul lotto, con la conseguenza che non 

era configurabile una vincita e non poteva, perci�, 

essere accolta la domanda principale proposta da 

J onna e Gisotti. 

Costoro sostenevano, invece, che le matrici erano 

state regolarmente introdotte nell'archivio segreto, 

di modo che lo smarrimento del relativo registro 

(ammesso che si fosse verificato uno smarrimento) 

doveva ritenersi avvenuto dopo che il contratto di 

giuoco si era pel'fezionato mediante una giuocata 

valida e produttiva di effetti, dalla quale sorgeva 

il diritto di essi J onna e. Gisotti a conseguire la 

vincita di lire 23.612.500. 

Ora, col primo motivo di ricorso, nel dolersi che 

il loro assunto sia stato disatteso in linea di fatto, 

i ricorrenti addebitano alla Corte di merito i se


guenti errori: 

a) l'aver trascumto di esaminare, alla stregua 

delle norme stil lotto e sulla, base delle risultanze 

processuali, come debbano svolgersi, nella astratta 

previsione della legge, le operazioni antecedenti al 

deposito delle matrici nell'archivio segreto, nonch� 

le operazioni relative al deposito stesso, e come 

tali operazioni siano state effettuate in concreto: 

b) l'aver erroneamente interpretato l'art. 17 
del regolamento sui servizi del lotto, approvato 
con R.D. 25 luglio 1940, n. 1077, affermando che 

nell'archivio segreto debba aver luogo soltanto un 
controllo qualitativo e non anche numerico delle 
matrici depositate; 

e) l'aver confuso fra registri .(contenenti le 
matrici) e singole matrici, affermando che� nessun 
controllo ricognitivo delle singole matri�i, deve 
fare la Commissione�, in base all'art. 17 del regolamento; 


d) l'aver omesso di tener conto che, in tanto 
la Commissione d'archivio accetta il giuoco contenuto 
in ogni singola matrice, in quanto accerti 
l'avvenuta introduzione nell'archivio segreto non 
solo della filza della ricevitoria presso cui fu effettuato 
il giuoco, ma anche del registro o bollettario 
del quale fa parte la matrice contenente il 
giuoco accettato; 

e) l'aver omesso di considerare che, se non 
fosse stato effettuato il deposito del registro in 
questione, l'Intendente di finanza ne avrebbe dato 
avviso al pubblico, a norma dell'art. 22 della legge 
sul lotto; 

f) l'aver omesso di tener conto che le matrici 
sono introdotte nell'archivio segreto soltanto dopo 
che viene assicurata la perfetta corrispondenza 
delle note ad esse relative �e che soltanto dopo un 
ulteriore riscontro numerico e qualitativo, effettuato 
dalla Commissione nell'interno dell'archivio 
segreto, il gioco viene accettato mediante la forma 
del modello 31 e le matrici vengono collocate nell'apposito 
armadio �; 

g) il non aver infine rilevato che �la mancanza 
di eccezioni e di diversa spiegazione da parte della 
Amministrazione delle finanze non poteva distruggere 
la prova documentale dell'avvenuto deposito, 
desumibile dal modello 31 �che fa prova dell'avvenuta 
introduzione. delle matrici nell'archivio segreto
�. 

Nessuna di tali censure � fondata. 

Il Tribunale, dopo aver rilevato che �dal verbale 
redatto dalla speciale Commissione risulta che 
le matrici corrispondenti alle giuocate effettuate 
dagli attori non furono rinvenute nell'archivio al 
momento della sua apertura �, ritenne che �la constatata 
integrit� dei plichi e dei sigilli, la rigorosa 
e costante sorveglianza esercitata nei locali adibiti 
ad archivio segreto, le complesse formalit� che dopo 
l'estrazione regolano l'apertura, la quale deve avvenire 
alla presenza della Commissione e sotto il 
controllo della polizia tributaria, rendono assolutamente 
insostenibile� l'ipotesi adombrata dagli attori, 
secondo cui lo smarrimento delle predette matrici 
potrebbe essere avvenuto in un momento 
successivo al regolare deposito di esse nell'archivio�. 

Quindi il Tribunale concluse che �il mancato 
rinvenimento di qu13lle matrici deve necessariamente 
ricollegarsi al fatto dell'omesso deposito 
delle stesse �. 

La Corte di Appello conferm� tale decisione, 
aggiungendo altre considerazioni a que.Ue gi� esposte 
dal Tribunale e riscontrate esatte. 

Osserv� anzitutto la Corte che la Commissione 
di archivio, composta dal Prefetto, dall'Intendente 
di finanza e dal Sindaco (ai sensi dell'art. 24 della 
legge sul lotto), non ha alcun potere discrezionale 


-105 


circa il modo di custodire le matrici introdotte 
nell'ar.chivio segreto, giacch� le modalit� di custodia 
sono previste dettagliatamente. dalle norme 
del regolamento, le quali, oltre a prescrivere che 
la porta di ingresso dell'archivio deve essere munita 
di tre serrature a congegni diversi, stabiliscono 
che gli armadi, nei quali vengono depositate le 
matrici, devono essere chiusi e che le relative chiavi 
debbono, a loro volta, essere conservate in apposito 
armadietto la cui chiave deve essere ritirata dall'Intendente 
di finanza. 

Ci� rilevato, la Corte osserv� che gli appellanti 
J onna e Gisotti non rimproveravano alla Commi.
sione d'archivio alcuna violazione delle predette 
norme, per cui era da escludere che fosse stato 
violato l'obbligo della custodia, anche perch�, ct:>me 
gi� aveva rilevato ilTribunale, era stata constatata 
la piena integrit� di tutti i plichi e sigilli. Quindi 
la Corte concluse che lo smarrimento delle matrici 
in questione doveva ritenersi avvenuto prima che 
esse fossero depositate .nell'archivio. segreto, il che 
trovava conferma nel fatto che nell'archivio era 
stata regQlarmente :tinvern;ita (senza alcuna manomissione) 
la filza della ricevitoria n. 298, cio� 
quel plico che, insieme agli altri bollettari della 
detta ricevitoria avrebbe dovuto contenere anche il 
il registro n. 2 da lire 500, che non fu invece.rinvenuto. 


Come vedesi, lungi dall'identificare ~l mancato 
rinvenimento delle 'matrici col mancato deposito 

�delle stesse nell'archivio segreto, e lungi dall'incorrere 
in una petizione di principio (a torto denunciata 
dai ricorrenti) i giudici di merito hanno 
posto a fondamento della loro. decisione una serie 
di fatti, correttamente accertati e valutati, ed hanno 
fornito adeguata giustificazione del loro conVincimento, 
secondo cui le matrici non vennero depositate 
in archivio, in quanto smarrite prima di 
esservi introdotte. E poich� trattasi di apprezzamenti 
di fatto, ampiamente e logicamente motivati, 
non vi � materia per un sindacato di legittimit� 
circa il momento in cui avvenne lo smarrimento 
delle J>redette matrici. . 

Obbiettano i ricorrenti che nel caso in esame era 
dimostrato documentalmente, .attraverso il conto 
dei bollettari e i prospetti dimostrativi delle riscossioni 
(modelli 14 e 16, compilati dalla ricevitrice 
Tilli Maria ai sensi dell'art. 13 del regolamento 
sui servizi del lotto), nonch� attraverso le 
note delle matrici (modello 31, redatto dagli impiegati 
dell'Intendenza di finanza, a norma dell'art. 
17 dello stesso regolamento), che le matrici 
in questione vennero non solo trasmesse dalla ricevitoria 
all'Intendenza prima dell'estrazione del 
7 giugno 1952 (il che � ormai pacifico), ma vennero, 
inoltre, depositate regolarmente in archivio, giacch� 
�il modello 31 fa prova dell'avvenuta introduzione 
dell'archivio segreto �. 

Se quest'ultima affermazione fosse esatta, le 
censure formulate nel primo motivo di ricorso 
potrebbero assumere consistenza e rilievo, in quanto 
verrebbero ad essere suffragate da un argomento 
di carattere giuridico, incompatibile con gli apprezzamenti 
di fatto compiuti dai giudici di merito, 

ma quell'affermazione non � fondata e non pu� 
essere condivisa. 

Esattamente osserv� il Tribunale che le annotazioni 
contenute nel modello 31 non costituiscono 
prova della effettiva i;ntroduzione delle matrici 
nell'archivio, giacch� il modello 31 viene compilato 
subito dopo la contazione ed il controllo numerico 
dei registri trasmessi da ciascuna ricevitoria 
(�accertamento del numero dell'ordine progressivo 
delle matrici di ciascuna ricevitoria� come � 
specifica 1'.art. 17 del regolamento), ond'� che, a 
parte la eventualit� di un errore di conteggio, 
sempre possibile nel corso delle operazioni di controllo, 
nulla esclude che una o pi� matrici possano 
andare smarrite a ris�ontro avvenuto, quando, 
cio�, i vari plichi vengono, a cura degli uscieri, 
sistemati e chiusi nelle apposite cassette (dopo la 
compilazione del modello 31) per essere poi trasferiti 
nei locali destinati alla loro custodia. Altrettanto 
esattamente il Tribunale aggiunse che gli 
artt. 21 e 22 della legge sul lotto, nel prescrivere 
che le giuocate non sono valide se le relative matrici 
non vengono depositate nell'archivio prima 
dell'estr:;i,zione, si riferiscono, evidentemente, al 
materiale ed effettivo deposito delle matrici in un 
luogo di sicura custodia, quale � l'archivio segreto, 
onde a tale fatto obbiettivo, pi�"che alle risultanze 
degli atti compilati dal personale del lotto nelle 
varie fasi che precedono l'estrazione, devesi attribuire 
decisiva rilevanza. 

Queste considerazioni, che la Corte di Appello 
conferm� e fece proprie, rendono superfluo l'esame 
delle altre censure contenute nel primo mezzo .di 
ricorso, che. attengono alle modalit� stabilite dalla 
legge per il giuoco del lotto, alle operazioni che la 
legge stessa prescrive e disciplina, nonch� ai controlli 
e ai r!scontri, che, nella astratta previsione 
legislativa e nel prevalente interesse dello Stato, 
mirano a garantire� il regolare svolgimento del 
giuoco. 

Trattasi di censure che non hanno alcuna rile


vanza, ai fini della domanda principale proposta 

dagli attori, giacch� da una parte esse presuppon


gono che il modello 311 faccia prova dell'avvenuta 
�introduzione delle matrici nell'archivio segreto 


il che come innanzi si � detto, non � esatt'o -e, 

dall'altra, esse perdono ogni rilievo di fronte al 

fatto, incensurabilmente accertato, che nel caso 

concreto le matrici non vennero depositate in 

archivio. 

Quali che siano le modalit� con cui si svolsero 

o avrebbero dovuto svolgersi le operazioni relative 
al deposito dei registri e bollettari, sta di fatto 
che le matrici in questioni non vennero mai depositate 
nell'archivio segreto, e ci� basta, ai sensi 
dei predetti artt. 21 e 22 della legge sul lotto, per 
escludere che siasi verificata una vincita. 
Il primo motivo di ricorso, pertanto, � infondato 
e deve essere rigettato. 


Col secondo motivo� si deduce che la Corte di -appello 
avrebbe errato nel ritenere in via di principio 
che il contenuto delle matrici smarrite non 
pu� essere ricostruito a mezzo di equipollenti e 
che pertanto non pu� aversi vincita, ai sensi della 


-106 


legge sul lotto e del relativo regolamento, .allor


. quando, pur essendo avvenuto il regolare deposito 
di tutti i registri e documenti, non sia tuttavia 
possibile effettuare un raffronto diretto fra le bollette 
che si assumono vincenti e le relative matrici, 
successivamente smarrite. 

Ma queste considerazioni furono fatte dalla 
Corte di merito in via di mera ipotesi e ad abundantiarn, 
e cio� per il caso, dalla stessa Corte 
escluso, che le m�trici in questione fossero state 
regolarmente depositate in archivio. Ond'� che, 
rigettato il primo motivo di ricorso, che investe la 
ragione principale addotta dai giudici di merito per 
negare l'esistenza di una vincita (mancato deposito 
delle matrici nell'archivio segreto), � superfluo 
occuparsi delle ragioni sussidiarie, che, anche se 
erronee, sarebbero irrilevanti ai fini della decisione, 
con la consegu.enza che le relative censure, quando 
anche fossero fondate, non potrebbero determinare 
l'annullamento dell'impugnata sentenza. 

Altrettanto deve d,irsi del terzo mezzo di ricorso, 

che investe la denunciata sentenza n�lla parte in 

cui ritiene che � ammesso e non concesso che le 

matrici si siano smarrite nell'archivio e ~he sussi


sta colpa da parte dei componenti la Commissione, 

non per questo dovrebbe rispondere il Ministero 

delle Finanze�. Anche qui, come � evidente, trat


ta,si di considerazioni ultronee, perch� fatte in via 

di mera ipotesi (ammesso e non concesso),-ipotesi 

che contrasta con la reale situazione di fatto, va


lidamente accertata_ e che deve ormai rimanere 

ferma. 

Col quarto mezzo, infine~ si denuncia un assoluto 
difetto di motivazione � sul punto decisivo della 
responsabilit� della Pubblica Amministrazione, per 
il fatto dello smarrimento delle matrici dopo il 
riscontro e prima dell'introduzione nell'archivio 
segreto�. Questa censura concerne.la domanda subordinata 
di condanna del Mi�listero delle Finanze 
al pagamento, a titolo di risarcin1ento di danni per 
responsabilit� contrattuale, della� predetta somma 
di lire 23.612.500, importo della mancata vincita. 

Sostenevano gli attori che, ove si fof!Se-esclusa 
l'esistenza di una vincita (per non essere state le 
matrici depositate nell'.archivio segreto), l'Amministrazione 
delle Finanze era tenuta al risarcimento 
del danno causato dalla colpa dei suoi 
funzionari o impiegati, giacch� �le matrici scomparvero 
quando gi� erano state prese in carico 
dall'Ufficio Lotto (Intendenza di finanza) e regolarmente 
contate, riscontrate e riportate sul modello 
31, vale a dire quando l'Amministrazione ne aveva 
gi� assunto la custodia e l'obbligo della conser


vazione�. 

Tale assunto fu disatteso dal Tribunale in base 

alla considerazione che l'art. 22 della legge sul 

lotto,-applicabile nella fattispecie, esonera la Pub


blica Amministrazione da ogni responsal?ilit� �qua


lora per qualsiasi causa le matrici non vengano 

depositate nell'archivio prima dell'estrazione �. 

La Corte di Appello, a sua volta, investita anche 
essa della questione, ritenne che �devesi confermare 
la decisione del' Tribunale, che ha ritenuto non de


positate nell'archivio le matrici in questione, ed ha 
per conseguenza affermata l'applicabilit� de1l'articolo 
22 della legge sul lotto �. 

Ora, su qust'ultimo punto, non pu� disconoscersi, 
che, in effetti, la Corte di Appello si limit� 
a richiamare puramente e semplicemente la motivazione 
della sentenza di primo grado, senza neppure 
riassumerla e senza. affatto confutare gli 
argomenti aiddotti in contrario dagli appellanti 
J ona e Gisotti, i quali insi.stevano anche nella loro 
domanda subordinata di risarcimento del danno. 
Ma poich� trattasi di una questione di diritto, che 
non richiede alcuna indagine di fatto, essa p~� 
essere esaminata direttamente dalla Corte di Cassazione, 
la quale, come pu� correggere le motivazioni 
giuridicamente erronee, quando il dispositivo 
della sentenza sia conforme al diritto (art. 384 
C.p.c.), cosi-ed a maggior ragione -pu� esporre 
le ragioni giuridiche che sorreggono la impugnata 
sentenza e la. rendono insuscettibile di annullamento. 
. 

Esatta, infatti, � la decisione del Tribunale (e, 
di conseguenza, anche quella della Corte di Appello), 
giacch� non sembra che possano sorgere dubbi circa 
ilsignificato e la portata dell'art. 22, primo comma, 
della legge sul lotto pubblico. Esso dispone che 
�qualora per qualsiasi causa le matrici non vengano 
depositate nell'archivio prima dell'estrazione, 
le giuocate relative si ritengono nulle o come non 
avvenute ed il giuocatore ha� diritto al rimborso 
della somma giuocata, dietro consegna delle bol-� 
lette�. 

La norma risulta chiara, s� da non consentire 
dubbi o perplessit�. Quali che siano le ragioni per 
le quali le matrici non vengono depositate nell'archivio 
dipendano esse da caso fortuito o da forza 
maggiore, ovvero da fatti imputabili al personale 
del lotto, il contratto di giuoco non si perfeziona 
ed il giuocatore non ha diritto che al rimborso della 
posta, essendo la giuocata nulla ed improduttiva 
di effetti. Col disporre. che, in caso di nullit� della 
giuocata per mancato deposito della relativa matric<"., 
il � giuocatore ha diritto al rimborso della 
somma giuocata, la legge esclude che l'Amministrazione 
delle finanze possa essere tenuta a 
rispondere, a titolo di risarcimento di danni, della 
vincita non realizzata. Ed � questo (esonero da 
responsabilit� della Pubblica Amministrazione). il 
vero ed unico precetto contenuto nel primo comma 
dell'art. 22, che nel resto riproduce sostanzialmente 
il precedente art. 21, il quale dispone che �le giuocate 
sono valide e produttive di effetti quando, 
ricevute nelle forme e condizioni prescritte, le 
relative matrici siano state depositate nell'archivio 
prima dell'estrazione �. Trattasi di un esonero 
di responsabilit� (analogo a quello previsto in altri 
simili istituti) che trova fQndamento e giustificazione 
in un triplice ordine di ragioni: __ 

a.) nella particolare struttura del giuoc.o, _al _ 
quale partecipa un ingente numero di persone, il 
pi� delle volte con giuocate di modesto importo, 
a cui corrispondono, in caso di vincita, somme di 
gran lunga_ superiori: 


-107


b) nelle :finalit� del lotto pubblico, che rappre


sente un cespite di entrata ordinaria dello Stato, 

classificato dalla prevalente dottrina fra le im


poste indirette sui consumi, al pari degli altri mo. 
nopoli di carattere fiscale; � 
� e) nella inderogabile esigenza che lo Stato sia 
tutelato e garantito contro gli abusi e le frodi; che 
.pi� facilmente potrebbero verificarsi nei casi in 

cui le matrici non vengono regolarmente depositate 

nell'apposito archivio. 

Sono queste le ragioni che, nel loro complesso, 

spiegano e giustificano l'esonero di responsabilit�, 

stabilito dalla legge senza limitazioni o eccezioni, 

esonero che rientra fra le regole del giuoco e che 

non pu� non essere preventivamente accettato dai 

giuocatori. 

Del resto~ non � questo l'unico caso di esonero 

da responsabilit�, giacch� la l(Jgge sul lotto ne pre


vede altri (art. 32), cosi come prevede e disciplina 

anche casi di limitazione di responsabilit� (art. 33), 

che gli stessi ricorrenti non contestano, e non giova 

invocare l'art. 51 del regolamento, che sancisce la 

responsabilit� personale e solidale dei compo,nenti 

la Commissione di archivio, nonch� del delegato . 

al servizio di verifica e riscontro e del segre


tario della Commissione, giacch� tale articolo non � 

applicabile nei casi in cui la legge stabilisce un 

esonero da responsabilit�, quale quello contem


plato nell'art. 22. 

D'altra parte, se anche potesse configura:rsi una 

responsabilit� del Ministero delle finanze nel caso 

di mancato deposito delle matrici nell'archivio se


greto, una �siffatta respon,sabilit� avrebbe natura 

extracontrattuahi, dato che il contratto di giuoco 

non si perfeziona senza il regolare deposito delle 

matrici. Gli attuali ricorrenti, invece, proposero 

una azione di responsabilit� contrattuale �per di


fetto di custodia�, richiama~do l'art. 1218 O.e. e 

dichiarando esplicitamente che essi non erano tenuti 

a dimostrare la colpa dell'amministrazione finan


ziaria, appunto perch� si faceva valere una respon


sabilit� contrattuale e non extracontrattuale (mna 

volt~ dedotta l'inadempienza della mancata custo


dia, spettava all'Amministrazione convenuta pro


vare che la mancanza della cosa costudita era dipesa 

da causa a lei non imputabile�). La responsa.bilit� 

contrattuale, con le relative regola in ordine al 

regime della prova, presuppone e postula l'avvenuta 

conclusione di un contratto, mentre, nella specie, il 

contratto di giuoco non si perfezion�. N� pu� ri


tenersi (contrariamente a quanto affermano i ri


correnti) che fra i giuocatori e la Pubblica .Ammi


nistrazione si costituisce, indipendentemente dalla 

conclusione del contratto di giuoco, un rapporto 

negozia.le avente ad oggetto la custodia e la con


servazione delle matrici da parte dell'Amministra


zione finanziaria. � 

Un siffatto rapporto non � configurato dalla 

legge sul lotto, n� da altre leggi riguardanti gli 

enti pubblici, ed � anzi da escludere, poieh� altri


menti rimarrebbero privi di concreta utilit� le dispo


sizioni dei citati artt. 21 e 22. 

"�'' Sotto ogni aspetto, dunque, la domanda subor


dinata proposta dagli attori era giuridicamente. in 

fondata, ond'� che esattamente la Oort� d.i appello 

conferm� anche su questo punto la decisione del 

Tribunale. 

Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato, con le 

conseguenze di legge quanto al deposito per soc


combenza e alle spese di questo grado. 

PROCEDIMENTO CIVILE -LegitimatiO ad causam 


Difetto -Rilevabilit� -Limiti. (Cassazione, Sezio


ne I, sentenza n. 5/61 -Pres.: Lorizio; Est.: Pece; 

P. M.: Pedace (conf.) -Ministero Marina mercantile 
c. Lauro). 
Il difetto di legittimazione processuale, interessando 
la legittimit� del contraddittorio nonch� la 
validit� della sua costituzione, pu� essere eccepito 
in ogni grado e stadio del giudizio ed essere rilevato 
anche d'ufficio da.I giudice, quando non si 
sia sul punto formato valido giudicato. 


Trascriviamo la� motii1azione in diritto della sentenza. 


Oon il primo mezzo, il ricorrente Ministero della 

Marina Mercantile denunzia che la Oorte d'Appello 

non ha esaminata la eccezione che esso Ministero 

aveva avanzata circa .la propria carenza di legit


timazione passiva. 

La censura deve essere disattesa. 

Il concorso o meno della legittimazione passiva 

nel Ministero ricorrente aveva formato oggetto di 

espressa discussione tra le parti nonch� di espresso 

esame da parte del Tribunale, il quale aveva rico


nosciuta la legittimazione passiva nel Ministero ed 

aveva rilevato che la requisizione in uso, non solo 

era stata ordinata dal Ministero di cui sopra, ma 

era stata disposta per conto di esso Ministero, che, 

a sua volta, aveva ammesso a beneficiare il Oip. 

Avendo il Lauro proposto appello per il merito, 

H Ministero della Marina Mercantile, non solo si 
asteneva dal riproporre la eccezione di carenza di 
legittimazione passiva, ma riconobbe, necessariamente, 
se pure implicitamente, la predetta legittimazione, 
in quanto si limit� a chiedere il rigetto 
dell'appello del Lauro nel merito, facendo proprie 
� le ragioni esposte al riguardo dalla sentenza del 


Tribunale. 

Attesa la suesposta situazione processuale, ne 

consegue che sul punto della pronuncia del Tribu


nale, relativo alla affermata legittimazione passiva 

del Ministero della Marina Mercantile, si era ormai 

formato il giudicato, sicch� non � pi� possibile 

riproporre la questione in questa sede. 

L'Amministrazione ricorrente ha sottolineato che 

quella sulla legittimazione � questione rilevabile, 

anche d'ufficio, in ogni grado e stadio del giudizio. 

Il rilievo � esatto, ma esso soffre limitazione nella 

ipotesi in cui, come nel caso in esame, sul puntt.1 


della legittimazione si sia formato validamente �il 

giudicato (sentenza n. 1726 del 1958; n. 1147 del 

1947; n. 785del1953). E cio� la rilevabilit� d'ufficio 

permette che, se la questione non abbia formato 


-108


oggetto di precedente decisione da parte del giu


dice di primo grado, il giudice del gravame possa 

conoscere della questione sulla legittimazione, anche 

indipendentemente dalla deduzione, sul punto, di 
� uno specifico motivo di impugnazione. 

Ci� non toglie, per�, che debba essere osservato 

il principio fondamentale della intangibilit� della 

cosa giudicata, tutte le volte che sulla questione di 

legittimazione sia intervenuta, invece, come nella 

specie, una decisione non impugnata. 

PROCEDIMENTO CIVILE -Legittimazione passiva 


Giudicato implicito -Comportamento processuale 

del convenuto -Valutazione del giudice di merito. 

(Cassazione, Sezione III, Sentenza n. 1313/61 -Pres.: 
Mastropasqua; Est.: Giansiracusa; P. M.: Silocchi (conf.) 
-Ministero di Grazia e Giustizia c. Ludergnani). 

II giudicato implicito sull'esistenza della legit


timazione passiva pu� formarsi attraverso una va


lutazione complessiva del comportamento proces


suale del convenuto allorch� quest'ultimo, accet


tando il contraddittorio in primo grado, siasi . 

difeso nel merito, mostrando cos� di riconoscere la 

qualit� attribuitagli dall'altra parte, e in base a 

tale atteggiamento il giudice di primo grado abbia 

emesso provvedimento definitivo di merito, in un 

senso o nell'altro, senza che davanti al giudice di 

secondo grado la parte stessa in qualit� di appel


lante e di appellato, abbia sollevato la questione 

della mancanza della legittimazione passiva, ma 

abbia continuato, inve�e, a difendersi nel merito. 

In tale ipotesi, la valutazione che di tale compor


tamento processuale sia stata fatt3t dal giudice, 

senza che la parte sia insorta, nelle precorse fasi 

del giudizio, implica un apprezzamento di fatto 

insindacabile, che preclude ogni altra indagine sul 

punto, in Cassazione. 

Bi trascrive la motivazione in diritto della sentenza: 


Deve disporsi preliminarmente la riunione dei 

ricorsi proposti contro la stessa parte per lo stesso 

oggetto. 

II ricorrente Ministero dell'interno, convenuto� 
nelle precorse fasi del giudizio congiuntamente al 
Ministero di Grazia e Giustizia, solleva in questa 
sede, per la prima volta, la questione della legittimazione 
passiva, assumendo che la Corte di merito 
avrebbe dovuto rilevarne il difetto anche d'ufficio, 
dal momento che, in base alla domanda giudiziale, 
la responsabilit� discendeva da omissioni nell'esercizio 
delle funzioni di polizia carceraria, da parte di 
agenti di custodia, i quali, com'� noto, dipendono 
dal Ministero di grazia e giustizia. 

Non � dubitabile che la mancanza di legittimazjone 
(ad causam) possa essere .rilevata d'ufficio e 
possa la relativa e�cezione essere sollevata in ogni 
stato e grado del giudizio, a meno che sulla questione 
non siasi formato il giudicato (esplicito o 
'implicito) 

Ora, sull'esistenza della legittimazione passiva, 
il giudicato implicito pu� formarsi attraverso una 
valutazione complessiva del comportamento processuale 
del convenuto, allorch� qu12st'ultirp.o, accettando 
il contraddittorio in primo grado, siasi. 
difeso nel merito, mostrando cos�-di riconoscere la 
qullilit� attribuitagli dall'altra parte, e in base a 
tale comportamento il giudice di primo grado abbia 
emesso provvedimenti definitivi di merito,-in. un 
senso o nell'altro, senza che davanti al giudice di 
secondo grado la parte stessa, in qualit� di appellante 
o di appellato, abbia sollevato la questione 
della mancanza della legittimazione passiva, ma 
abbia continuato invece a difendersi nel merito. 

In tale ipotesi la valutazione che di tale comportamento 
processuale sia stata fatta dal giudice 
senza che la parte sia insorta nelle precorse fasi del 
giudizio, implica un apprezzamento di fatto insindacabile, 
il quale preclude ogni altra indagine sul 
punto, in Cassazione. � 

Nel caso in esame, la Corte di merito, nella sentenza 
denunciata, con cui afferm� la responsabilit� 
aquiliana anche del Ministero dell'interno, ne valut� 
il comportamento processuale, rilevando ch'esso 
erasi difeso nel merito, adottando la stessa linea di 
condotta difensiva dell'altro ministero convenuto, 
senza alcuna differenza sostanziale sulle ragioni di 
merito sostenute a propria discolpa, fondata questa 
sulla discrezionalit� del proprio operato che il danneggiato 
denunziava invece come una flagrante 
violazione del precetto neminem laedere per essere 
venuta meno da parte delle forze di polizia 
la� sorveglianza all'esterno dell'edificio contro i 
frequenti e non imprevedibili tentativi di incursione. 


II secondo motivo di ricorso � identico al mezzo 
unico proposto dal Ministero di grazia e giustizia, 
il quale deduce l'omesso� esame circa due punti 
della controversia, assumendo che la Corte di . 
merito non avrebbe esaminato se il fatto doloso 
perpretrato dal drappello che fu introdotto armato 
nel carcere, fosse da solo idoneo a produrre l'evento 
dannoso e quindi tale da escludere il nesso di causalit� 
tra la precedente omissione degli agenti di 
custodia e l.'evento stesso, e inoltre non avrebbe 
esaminato se tale comportamento omissivo degli 
agenti fosse necessitato da causa di forza maggiore, 
date le particolari condizioni di tempo e luogo nelle 
quali fu consumata l'aggressione che cost� la vita 
a numerosi detenuti politici~ 

Non sussiste il vizio dedotto. 

La Corte di merito ritenne in punto di fatto che 
l'invasione di persone armate nel carcere di Ferrara 
pot� essere attuata -in primo luogo -a causa 
della mancanza di protezione esterna dell'edificio, 
il cui ingresso era in parte diroccato, circostanza 
questa che richiedeva la massima sorveglianza, 
varie volte inutilmente sollecitata, dato il ripetersi 
di aggressioni armate contro i dettlnuti politici, 
ristretti in ambienti malsicuri -in secondu _ 
luogo -a causa della mancata attuazione, da 
parte degli agenti di custodia, delle misu.re cautelative 
predisposte dal Direttore del carcere, e a 
causa della mancata resistenza da parte degli stessi 


-109 ~ 

agenti, assai pi� numei'osi rispetto al manipolo 
degli aggressori. 

Nel mettere in rilievo . le circostanze indicate 
come causative dell'evento la Corte di merito ravvis�. 
il nesso di causalit� tra i gravi fatti omissivi 
lamentati e l'evento dannoso -e quindi -nell'applicare 
il principio in base al quale il nesso di 
causalit� sussiste e permane integro ogni volta che 
il fatto omissivo, pur non avendo prodotto direttamente 
l'evento, abbia nondimeno determinato 
uno stato di cose, che, senza di esso, il danno 
non si sarebbe verificato per l'intervento d'una 
causa sopravvenuta -escluse sostanzialm�nte che 

�in concreto il fatto doloso potesse da solo ritenersi 
idoneo a produrre l'evento se il gruppo d'armati 
non fosse stato invogliato, a perpetrare il massacro, 
dalle condizioni precarie di sicurezza in cui versavano 
i detenuti politici e dalla facilit� con cui era 
possibile a chicchessia farsi introdurre nel carcere. 
In una siffatta situazione era quindi irrilevante che 
la causa concorrente fosse diretta o immediata, 
oppure� soltanto indiretta e mediata, bastando che 
essa avesse comunque contribuito in concreto alla 
produzione dell'evento. . 

.Anche la seconda parte della c�nsura deve disattendersi. 
Nel prospettare tutti gli elementi della 
situazione di fatto, rilevandone non solo la prevedibilit� 
ma anche la possibilit� di evitarla e di resistere 
validamente ed utilmente all'aggressione, e 
nell'indicare tra i fatti causativi appunto la mancanza 
di qualsiasi difesa da parte di chi avrebbe 
dovuto e potuto provvedervi, la Corte di merito 

m;cluse implicitamente che nel ca~o in emme riricorresse 
una vis maior, la quale, Jler altro in 
tesi generale, non pu�, tant� meno nel caso di 
colpa aquiliana; venire invocata dal soggetto che 
versa in colpa. 

. Oi si:mbra di poter affermare che, in base a quanto 
� scritto nella. seconda sentenza (n. 1313 del 1961), 
la Oorte Suprema abbia ormai abbandonato il principio 
della rilevabilit� del difetto di legittima.zione 
ad causam in ogni stato e grado del giudizio, sostituendolo 
con l'altro principio della necessit� che tale 
difetto sia eccepito se non prima di ognj altra istanza . 
e difesa, almeno certamente nei �gradi di merito. 

Infatti, se basta il comportamento passivo tenuto 
dalla parte che, vincitrice in primo grado, si � limitata 
in secondo grado a chiedere il rigetto della 
impugnazione avversaria, per dedurne la sua accettazione 
di un preteso giudicato formatosi sulla questione 
di legittimazione, �� evidente �che di una rilevabilit� 
della questione in sede di cassazione � impossibile 
parlare, essendo tale rilevabilit� preclusa 
dall'atteggiamento passivo tenuto nel giudizio di 
merito . 


Nella f attispec~e la pronunzia della O orte Suprema 
ha conseguenze tanto pUe gravi in quanto la sentenza 


�della Oorte di Appello aveva condannato per lo 
stesso titolo di responsabilit� due rami dell'Amministrazione 
dello Stato, violando cos�, non solo la norma 
processuale sulla legittimazione, ma anche la norma 
sostanziale, sancita nella legge del bilancio, relativa 
alla competenza per la spesa. 

CONSIGLIO DI STATO 


COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Principi generali 
-Confiitto di attribuzioni -Stato e Regione -
Confiitto fra organi statali -Non lo configura -Fat


� tispecie. (Consiglio di Stato, decisione n. 1051-60 -
Pres.: Aru; Est.: Anelli -Palumbo c. Ministero Pubblica 
Istruzione). 
Non � configurabile il conflitto di attribuzioni 
tra Stato e Regione nel caso in cui la censura dedotta 
in giudizio denunci l'invasione di un ~rgano 
dello Stato nella sfera della competenza amministrativa 
di un organo regionale che agisca in 
veste di organo decentrato dello Stato, come nel 
caso in cui si d0 nuncia l'incompetenza del Ministro 
per la pubblica istruzione ad imporre vincoli per 
ragioni storiche ed artistiche sui beni situati in 
Sicilia, essendo stata tale competenza trasferita 
all'Alto Commissario per la Sicilia dal R. D. L. 
18 marzo 1944, n. 91 e poi -durante il periodo 
transitorio, ancora in corso, previsto per il trapasso 
delle attribuzioni dallo Stato alla Regione -al 
Presidente della Regione Sicilana nella veste di 
organo decentrato dello Stato a norma del D. L. 
30 giugno 1947 n. 567. 

Oontro questa decisione l'Avvocatura dello Stato 
ha presentato ricorso per cassazione per i seguenti 
motivi: 

Violazione e falsa applicazione d�gli artt. 139 
della Costituzione della Repubblica, 39 della legge 
11marzo1953, n. 87 in relazione al R.D.L. 18 marzo 
1944, n. 91 e al D.L.C.P.S. 30 giugno 1947, 

n. 567. Difetto assoluto di giurisdizione (art. 360 
n. 1 C.p.c. e art. 48 T.U. 26 giugno 1924, n. 1054). 
Il Consiglio di Stato ha ritenuto fondato il 
primo mezzo di gravame del dott. Pa.lumbo, �nel 
profilo in cui denuncia l'incompetenza del Ministro 
per la P. I. in relazione al combinato disposto del 

R.D.L. 18 marzo 1944, n. 91 e del D.J,,C.P.S., 
30 giugno 1947, n. 567 �. 
Rispetto a tale censura avversaria -riferentesi, 
oltre che ai decreti sopraeit~ti del 1944 e del 1947, 
'1gli artt. 14 lettera N e 20 dello Statuto della Regione 
Siciliana -il patrocinio dell'.Aniir�inistr~zione 
aveva avuto cura di eccepire il difetto di 
giurisdizione del Consiglio d,i Stato, osservando che 
l'oggetto (art. 386 C.p.c.) della. materia dedotta in 
giudi.zio con la censura medesima involgeva essen



-110 -


� zialmente un conflitto di attribuzioni tra Stato e 

Regione Siciliana, sul quale era competente a pro


nunziarsi in modo esclusivo (art. 134 della Costitu


zione e art. 39 della legge 11 marzo 1953, n. 87) la 

Corte Costituzionale. Non si era mancato di richia


mare la attenzione del flonsiglio di Stato sul fatto 

che la giurisprudenza concorde della Corte Costitu


zionale e. della Corte Suprema di Cassazione si 

erano gi� pronunziate nel senso sopra specificato. 

Il Consiglio di Stato, nel disattendere l'eccezione, 

ha osservato che �anche senza che occorra invo


care la giurisprudenza dello stesso Consiglio 


che, sulla questione di carat~ere generale, ha ri


tenuto che l'invasione di uno dei due enti (Sta,fo e 

Regione) nella sfera di competenza amministrativa 

dell'altro pu� da un ten;o soggetto essere denun


ciata a tutela di un proprio interesse dinanzi al 

giudice competente a giudicare di quest'ultimo, 

senza con ci� dare luogo ad un conflitto di attri


buzioni in senso tecnico (IV Sezione, 17 ottobre 1956, 

n. 697, 10 dicembre 1958, 919; 30 dicembre 1959, 
n. 1049) -� sufficie11te rilevare che, nella specie 
neppure in ipotesi un conflitto di attribuzioni fm 
~tato e Regione appare configurabile, stante che 
la censura in esame denuncia l'invasione di un 
organ� dell(} Stato nella sfera di competenza amministrativa 
di altro organo dello Stato (e cfo�: 
del Presidente della Regione il quale non agirebbe 
�come organo regionale, investito di poteri gi� 
propri dell'Ente Regione, sibbene in veste di 
organo decentrato dello Stato �), entrambi appartenenti 
al potere esecutivo'>. 
. Siffatta decisione ilel Consiglio di Stato � errata, 
anzitutto, laddove ha ritenuto che non si profili, 
essenzialmente, conflitto di attribuzioni devoluto 
alla competenza della Corte Costituzionale, quando 
l'oggetto della controversia sia costituito da attivit� 
amministrativa statale decentrata, nel qual 
caso la Regone si ridurrebbe -secondo il Consiglio 
di Stato -ad un ufficio decentrato dello Stato. 
� poi, e conseguenzialmente, . errata per avere ritenuto 
sussistente, in tale materia, la propria giurisdizione, 
che, invece, difettava in modo assoluto. 
Sotto il primo profilo si ricorda che la que~tione, 

se l'atto emanato dal Presiflente o dagli Assessori 

Regionali (e, cio�, nell'ipotesi inversa, a quella di 

cui si discute nella presente controversia) nella 

esplicazione di attivit� amministrativa statale de 

centrata (ai sensi dell'art. 20, primo comma, ultima 

parte, dello Statuto Speciale Siciliano o, eventual


mente, ai sensi della precedente legisiazione prov


visoria del 1947 e del 1944) integri o meno un con


flitto di attribuzioni, � stata pi� volte sottoposta 

alla Corte Costituzionale. 

Con la sentenza n. 9 del 1957, fondamentale al 

riguardo, la Corte Cosuituzionale ravvis� il con


flitto di attribuzioni nell'ipotesi di atto emanato 

dall'Assessore Regionale nell'esercizio d.e�la c. d. at


tivit� statale decentrata di cui al citato art. 20 

primo comma, ultima parte dello Statuto Speciale 

Siciliano. 

Con la sentenza n. 77 del 1958, la stessa Corte, 
pur senza esaminare ex professo la questione, decise 
nel m.erito un ricorso, in materia di conflitto 

di attribuzioni, riguardante atti emanati dalPAssessore 
Regionale quale organo decentrato dello 
Stato sempre ai sensi dell'art. 20 dello Statuto 
Speciale. L'affermazione, sia pure implicita, della 
competenza della Corte lascia ragionevolmente presumere 
che anche in detto caso fosse stato ravvisato 
un conflitto di attribuzioni. 

Si � fatto cenno di casi che rientrano nell'attivit� 
statale decentrata prevista dall'art. 20 dello 
Statuto Siciliano, ma la questione non pu� avere 
diversa soluzione; ove si rit<?nga che l'atto sia stato 
emanato in forza della legislazione provvisoria precedente 
alla entrata in vigore dello Statuto Speciale: 
pi� precisamente, in forza dell'art. 1, secondo comma 
del D.L.C.P.S. 30 giugno 1947, n. 567, il quale, 
com'� noto, dispose che, fino a quando non fosse 
stato attuato completamente il passaggio degli 
uffici e del personale dello Stato alla Regione e 
non fossero state emanate le norme di attuazione 
dello Statuto, avrebbero continuato ad osservarsi 
-in quanto applicabili -le disposizioni del 

R.D.L. 18 marzo 1944, n. 91 e successive modifiche, 
relative ai poteri dell'Alto Commissario per la Sicilia, 
le cui attribuzioni sarebbero state esercitate 
--,.. in quanto occorresse -dal Presidente e dalla 
Giunta Regionale. 
A prescindere da ogni considerazione (che, pure, 
va fatta e sembra fondata) sulla abrogazione per 
incompatibilit� di tutte le norme contenute nel 

R.D.L. 18 marzo 1944, n. 91 e successive modificazioni, 
relative all'esercizio di attivit� amministrativa 
statale da parte degli organi regionali, 
per effetto dell'art. 20 dello Statuto Speciale Siciliano 
(assunto nell'ordinamento costituzionale, 
com'� noto, in forza della legge costituzionale 
26 febbraio 1948, n. 2), pare innegabile, ai fini 
d�lla determinazione della competenza della Corte 
Costituzionale, l'identit� delle due ipotesi. 
In entrambe le ipotesi, infatti, si tratta di attivit� 
amministrativa statale attribuita -in sede 
di decentramento -ad organi regionali; e conseguentemente 
si profila la duplice possibile soluzione: 
a) ritenere che l'organo regionale, nellp 
esercizio delle attribuzioni statali, assuma la veste 
di organo statale, con la conseguenza che i suoi 
atti integrano solo in conflitto interorganico, da 
risolvere all'interno della. gerarchia statale con 
l'esercizio degli ordinari poteri di annullamento; 
b) ovvero, dare prevalenza, in considerazione anche 
della circostanza che trattasi dei supremi orgapi 
della Regione, alla posizione soggettiva dell'organo, 
ritenendo che esso, anche nell'esercifio di 
funzioni statali, conservi la veste di organo regionale, 
nel qual caso il conflitto resterebbe intersoggettivo 
e la sua risoluzione sarebbe :necessariamente 
rimessa al giudizio della Corte, ulteriore 
garanzia della autonomia degli organi regionali. 

Ci sembra. di poter affermare che la giurisprudenza 
della Corte Costituzionale sii;i,. jn questo 
ultimo senso. Comunque, si ravvisa . opportuno .. 
aggiungere, a quanto gi� dedotto, lff seguenti 
considerazioni. 

Per effetto del D.L.C.P.S. 30 giugno 1947, n, 567, 
la Regione non pu� considerarsi ridotta (come ine



-111


sattamente ha ritenuto il Con1:1iglio di Stato nella 
decisione impugnata) ad ufficio decentrato dell'Amministrazione 
dello Stato, perch� ci� sarebbe, oltre 
tutto, in aperto contrasto con� la finalit� e la disposizione 
dello Statuto Speciale Siciliano. IlD.L. 
30 giugno 1947, n. 567, per quelle materie che gi� 
costituivano la competenza �ell'.Alto .commissariato 
per la Sicilia, stabilisce che esse, in via transi� 
toria e provvisoria, costituiscano un nucleo di attribuzioni 
amministrative dell'ente regionale siciliano. 


Quindi, non v'�. semplice competenza interna, 
organica; ma, competenza esterna, sul piano diseiplinato 
dall'ordinamento costituzionale, dell'Ente 
a statuto speciale. . � 

D'altra parte, anche ammesso, per un momento, 
che in base al decreto legislativo del 1947 la Regione 
eserciti fU:nzioni ancora. nominalmente dello Stato, 
� pur sempre vero che essa le eAereita nell'adempimento 
dei compiti riservatile dall'ordinamento. 

La competenza �che la. Regione potrebbe rivendicare, 
e che per converso invoca (come nella fattispecie
�di questa causa) il cittadino per ottenere 
l'annullamento dell'atto emesso dallo Stato in 
violazione di quella competenza, non pu� presentarsi 
se non nella veste esterna del conflitto di 
attribuzioni, perch� la Costituzione e la legge che 
tali conflitti prevedono e disciplinano, pongono 
l'accento sull'indole dei soggetti e sul .fatto oggettivo 
dell'invasione nella sfera dell'altro ente (senza. 
occupars� della contingente occasione nella quale si 
verifica quell'invasione), allorch� indicano il modo 
in �ui quei conflitti debbono essere composti. 

Non pu� esservi dubbio, quindi, che nel caso di 
specie dovesse ravvisarsi un potenziale conflitto di 
attribuzioni fra Stato e Regione, in ordine al quale 
difettava nel Consiglio di Stato qualsiasi potere 
giurisdizionale ancorch� lo sconfinamento fosse 
stato dedotto come vizio di legittimit� per ottenere 
l'annullamento dell'atto amministrativo impugnato. 


� opportuno soffermarsi su questo �punto, dato 
che il Consiglio di Stato, nella decisione impugnata, 
ha richiamato, sia pure per incidens, la sua costante 
giurisprudenza nel senso che lo sconfinamento 
di competenza che caratterizza il conflitto 
di attribuzioni sul piano �costituzionale (cosiddetta 
incompetenza costituzionale), possa essere fatto 
valere nella forma di un comune vizio di legittimit� 
dell'atto amministrativo in sede di .tutela. giurisdizionale 
dell'interesse legittimo del privato cittadino. 
� L'art. 134 della Costituzione attribuisce, com'� 
noto, alla Corte Costituzionale la risoluzione dei 
conflitti di attribuzione fra lo Stato e le Regioni e 
tra le Regioni. 

T1a VII disposizione transitoria, nel secondo comma, 
disponeva che fino a quando non fosse entrata 
in funzione. la Corte Costituzionale, la decisione 
delle coutroversie indicate nell'art. 134 avrebbe 
avuto luogo nelle forme e nei limiti .delle norme 
preesistenti all'entrata in vigore della Costituzione. 

Con l'entrata in funzione della Corte Costituzionale, 
pertanto, le controversie indicate nell'arti


colo 134 e, fra queste, la rhloluzione dei eonflitti di 

attribuzione tra lo Stato e le Regioni o .tra le Re


gioni � devoluta. alla competenza esclusiv11 della 

Corte, restandone preclusa la cognizione, anehe in 

via incidentale, a qualunq�e organo di giurhldi


zione, ordinario o speeiale, ancorch� dall'ordina


mento preesistente fosse ad esso attribuita, con o 

senza limitazioni, in via principale o incidentale. 

Deve ritenersi, infatti, che l'art. 134, in relazione 

al secondo comma della VII disposizione transi


toria, abbia abrogato o modificato le norme dello 

ordinamento preesistente, che attribuivano alla 

.Autorit� Giudiziaria ordinaria ed al Consiglio di 

Stato il potere di conoscere, in via incidentale o 

principale, del vizio d'incompetenza costituzionale, 

con l'ulteriore conseguenza che esso pu� essere 

fatto valere esclusivamente dai soggetti costitu


zionali che rivendicano la oompetenza, non dal 

cittadino a pretesa tutela di un .suo .diritto o inte


resse legittimo (Vedasi, in tali sensi, Gu.GLIJIJLMI: 

Q1testioni di competenza costituzionale e giurisdizione, 
in �Studi in onore di Guido Zanobini �}. 


T1a competenza de~la Corte Costituzionale -che 

� caratterizzata, oltre tutto, dalla pienezza di. ef


fetti della decisione, dato che gli artt. 41 e 38 della 

legge 11 marzo 1953, n. 87, stabiliscono che la 

Corte, quando risolve il conflitto, non soltanto 

dichiara l'ente al qltale spettano le attribuzioni in 

contestazione ma annulla altres� l'atto viziato di 

incompetenza -la competenza della Corte Costi~ 

tuzionale~ dicevasi, per la materia che forma og


getto del dibattito e per la natura dell'organo cui 

� a.ttribuita, esclude necessariamente, giova ri


peterlo, l'intervento di qualsiasi altro o'rgano dello 

Stato. 

.A questa stessa conclusione sono pervenute, 

come dicevasi. all'inizio della trattazione, la Corte 

Costituzionale (ved. sentenza Jo dicembre 1959) 

n. 58 in Foro ltr;tl. 19q_o, I, 10) e le Sezioni Unite 
della Corte Suprema di Cassazione (vedi sentenza 
12 dicembre 1958, n. 3872). 
Alla medesima conclusione si per:vij:lne anche 
attraverso l'esame dei lavori preparatori della Co.
stituzione e della legge 11 marzo 1953, n. 87. 

Per quanto riguarda i lavori preparatori della 

Costituzione, la Corte. Suprema di Cassazione, nella 

sentenza delle Sezioni Unite n. 763 d.el 15. mar


zo 1956, molto opportunamente ricord� che nella 

seduta in cui fu approvato il seco11do comma della 

VII disposizione transitoria, il Prnsidente Ruini, 

dopo-� un ehiarimento dell'on. Perassi, che aveva 

illustrato la portata della norma, ritenne opportuno � 

di precisare che � essendo il nuovo ~indacato di 

legittimit� .costituzionale affidato ad un nuovo 

organo -la. Corte Costituzionale -� chiaro Che 

quel sindacato non potr� essere esercitato da altri 

organi oggi esistenti~ prima� che sorga la Corte 

Costituzionale �. 

Per quanto concerne i lavori parlamentari re


lativi alla legge 11 marzo 1953, n. 83, giova: ricor-_ 

dare quanto segue. 

La Commissione speciale della Camera 9-ei Deputat,
i aveva formulato l'art. 35/33 del testo approvato 
.dal Senato e 37 del testo definitivo, prevedendo 


-112 


espressamente che il ricorso per la rhioluzione dei 
conflitti di attribuzione poteva essere proposto, 
non solo dagli organi costituzionali interessati, n;ia 
anche �da altro soggetto, che la Corte ritenga legittimato 
�, e cio� dal soggetto pubblico o privato, 
direttamente interessato all'atto e indirettamente 
interessato alla �risoluzione del conflitto potenziale 
di attribuzione, che egli ritenesse posto in essere 
dall'atto stesso. 

In sede di lavori preparatori, pertanto, ci si era 
resi conto che il ricorso non potesse che essere 
proposto alla Corte Costituzionale e, per tale constatazione; 
era sorta preo.ccupazione che, non facultand<>
si il cittadino a proporre ricorso per la 
risoluzione d.el conflitto, lo stesso rimanesse privo 
di. tutela ne.i confronti dell'atto amministrativo 
viziato da incompetenza costituzionale. 

Tale sollecitudine, �per�, fu abbandonata in sede 
di compilaziotie del testo definitivo, il che sta a 
dimostrare che al privato non" � concesso di far 
valere, comunque, neppure� in sede di giustizia 
amministrativa, l'illegittimit� dell'atto amministrativo 
che si presume viziato da incompetenza costituzionale. 
� 

Del resto, � proprio la Corte Costituzionale che 
ha escluso che . un conflitto di attribuzioni possa 
essere fatto valere nella forma di un comune vizio 
di legittimit� dell'atto amminiiltrativo. Infatti, con 
sentenza del 19 dicembre 1959 (in Giur Ital., 1960, 
l, 114 e particolarmente 117, terzo capoverso) ha 
precisato che la illegittimit� dell'atto, emanato dal 
soggetto diverso da quello cui la Costituzione attribuisce 
la competenza, ha rilevanza costituzionale e 
non di. semplice vizio dell'atto da dedurre davanti 
agli organi della giustizia amministrativa. 

Tutto ci� dimostra come la materia in esame 
per la sua peculiarit� non possa rientrare nello 
schema comune dell'art. 113 della Costituzione, 
essendo regolata compiutam$te ed in modo esclusivo 
dal successivo art. 134. 

.A proposito dell'art. 113 della Costituzione, che 
per la giurisprudenza del Consiglio �di Stato (richiamata 
nella decisione denunciata) costituisce 
perno per sostenere la tesi contraria alla competenza. 
esclusiva della Corte Costituzionale, si ravvisa 
opportuno riportare dal citato scritto del Guglielmi 
le limpide ed incisive osservazioni che seguono: 

�.A nostro avviso la giurisdizione comune va 
esclusa proprio alla stregua di quell'art. 113 Cost. 
che si invoca a sostegno di essa e che deve essere 
interpretato sistematicamente in relazione a tutte 

� le altre norme della Costituzione. 

� Gli argomenti addotti dai sostenitori della 
opposta tesi e fatti propri dal Consiglio di Stato 
(Sezione IV, 9 giugno 1959, n. 663, ne. Il Consiglio 
di Stato, 1959, fase. maggio-giugno, p. 771) e dal 
Consiglio di Giustizia .Amministrativa per la Regione 
siciliana (9 dicembre 1959, n. 147) non sono 
affatto convincenti. 

�Certamente ultronea � la affermazione conte� 
nuta nella citata decisione del Consiglio di Stato, 
peraltro perspicuamente motivata, ove si afferma 
che l'art. 113 della Costituzione garantisce senza 
limitazioni la difesa giurisdizionale dei diritti e 

degli interessi dei cittadini, che si pretendono lesi 
dagli atti. della P . .A. L'affermazione � esatta solo 
per quanto a~tiene agli interessi legittimi, mentre 
nessuna tutela � garantita agli inte1�essi semplici, 
anzi, tenendo conto' dell� rigidit� 'del sistema costituzionale 
anche per quanto attiene alla ripartizione 
delle competenze fra i Poteri dello Stato, 
questa tutela dovrebbe considerarsi esclusa e, conseguentemente, 
soppressa ogni giurisdizione di mec 
rito (L'obbligo della P. A. di conf01marsi al giitdicato, 
in �Rass. Avv. Stato �, 1953, p. 10). 

�Comunque, � pacifico che l'art. 113 della Costituzione, 
in relazione anche al precedente art. 103, 
garantisce la tutela giurisdizionale degli interessi 
legittimi, onde la necessit� di. accertare se attinge 
tale consistenza l'interesse del cittadino alla osservanza 
delle norme costituzionali sulla competenza. 

� Dire, poi, che la giurisdizione amministrativa e 
quella costitu,zionale si pongono su piani diversi 
ed a tutela di sfere d'interessi diverse � dire cosa 
esatta, ma del tutto irrilev;mte ai fini della questione 
che ne occupa. .Anzi, proprio la constatazione dei 
iiiani diversi su cui. muovono h giurisdizione comune 
e quella costituzionale �ovev;::;1, rendere particolarmente 
accorti nell'escludere interferenze, che 
sono inammissibili. fra piani diversi. 

�L'esempio da tener presente, per le evidenti 
analogie che presenta, � quello della giurisdizione 
internazionale rispetto alla giurisdizione interna, che 
si muovono su piani diversi ed appunto per ci� 
non presentano interferenze fra loro. Come si ri. 
tiene che le norme internazionali, appartenent! ad 
un ordinamento diverso, non sono fonte di diritti 
soggettivi n� d'interessi legittimi in capo ai privati 
cittadini, cos� deve ritenersi che non lo siano le 
norme costituzionali sulla competenza, che non 
tutelano, neppure in via occasionale, interessi 
privati. 

�.A noi sembra perci�, che la questione vada af-. 
frontata in radice, esaminando accuratamente � 
proprio quella sfera d'interessi, a tutela della quale 
si pone la giurisdizione amministrativa, al fine di 
accertare s'essa comprenda anche l'interesse alla 
ripartizione fra Stato e Regione della competenza 
in conformit� delle norme costituzionali. In poche 
parole, a noi sembra che la questione, logicamente 
preliminare, da decid�re� � se sussista un diritto 

o un interesse legittimo del cittadino alla osservanza 
delle norme costituzionali sulla competenza 
o se, invece, ad essa il cittadino non abbia un interesse 
di mero fatto. 
�Questa �indagine, che molto spesso si trascura 
con la conseguenza, a nostro avviso gravissima, df 
trasformare la giurisdizione amministrativa in giurisdizione 
di diritto obiettivo, che provvede, su 
denunzia di chi abbia un interesse ad agire, al controllo 
di legittimit� degli atti amministrativi, �, 
nella specie, essenziale. 

� Occorre, cio�, accertare se le ~?I'.!lle costituzionali 
sulla ripartizione di competenza fra Statg_ e_ 
Regioni, attribuiscano alla pm izione giuridica sog-� 
gettiva del privato una protezione diretta od occasionale, 
che � il presupposto del potere giurisdizionale, 
o se, invece, l'interesse del privato, tionfon



-113


.cl.endosi con quello gen�rale della collettivit�, considerato 
esclusivamente dalla .norma, manchi di 
qualsiasi rilevanza tutelabile in sede giurisdizionale. 


�Esaminata sotto questo profilo, la questione 
non pu� avere altra soluzione che quella da noi 
sostenuta. Riteniamo, infatti, che non possa neppure 
dubitarsi del fatto che le norme costituzionali 
sulla competenza siano dettate esclusivamente con 
riguardo alla sfera d'interessi dello Stato e della 
Regione senza alcuh riferimento alla situazione giuridica 
soggettiva di altri enti o individui, che non 
� neppure occasionalmente protetta da . quelle 
norme. 

�A differenza di quelle disposizioni della Costituzione, 
che si riferiscono alle situazioni soggettive 
dei privati cittadini, le norme sulla competenza 
�riguardano solo gli enti, fra cui la competenza 

stessa � ripartita. 

�Conferma di questo assunto � tratta, a nostro 

avviso, proprio dai lavori preparatori della legge 

11 marzo 1953, n. 87, durante i quali fu dibattuta 

la questione e fu escluso il conferimento al privato 

interessato di un qualsiasi potere di azione. 

�Resta, perci�, escluso ogni interesse legittimo 

del cittadino alla osservanza delle norme costi


tuzionali, che ripartiscono la competenza ammini


strativa fra Stato e Regioni, con la conseguenza 

ulteriore che anche sotto questo riflesso deve essere 

negata la giurisdizione del Consiglio di Stato, e ohe, 

comunque non sussiste alcun contrasto fra il nostro 

assunto, che questa giurisdizione n13ga, e l'art. 113 

della Costituzione, che riguarda la tutela giurisdi


zionale dei diritti e degli interessi legittimi dei 

privati cittadini, fra cui non � compreso l'interesse 

all'osservanza delle norme costituzionali sulla com


petenza�. 

Non si pu� terminare la presente trattazione, 

senza mettere nel dovuto rilievo come la decisione 

del Consiglio di Stato che, come quella qui denun


ciata, &.nnulli un atto amministrativo statale sotto 

il profilo dello sconfinamento da parte della Amministrazione 
dello Stato nella sfera di competenza 
amministrativa riservata (sia pure in attuazione di 
decentramento) alla Regione e per es.sa ai suoi 
maggiori organi, determini gravissimi inconvenienti 
e concretizzi addirittura un vero e proprio conflitto 
di attribuzioni fra il Potere Esecutivo e il Potere 
giurisdizionale. 

Infatti, ove la sentenza del Consiglio di Stato 
non venisse annullata dalla Corte Supremft di 
Cassazione, essa costituirebbe una illecita interferenza 
nella sfera di attribuzioni dell'Esecutivo, al 
quale solo spetta, ai sensi dell'art. 134 della Costituzione 
e dell'art. 39 .della legge 11 marzo 1953, 

n. 87, sollevare, in base ad una valutazione discrezionale, 
il eonftitto di attribuzioni dinanzi alla 
Corte Costituzionale, diretto a delimitare, nella 
materia in eontestazione, la sfera delle rispettive 
competenze statali e region'ilili. 
A causa, invece, della decisione del Consiglio di 

Stato, l'Esecutivo sarebbe costretto da un organo 

appartenente ad altro Potere, o a sollevare dinanzi 

alla Corte Costituzionale la questione relativa alle 

rispettive competenze costituzionali, statali e regio


nali, o a subire la riduzione di competenze 

imposte dal Consiglio di Stato. 

Se si considera, poi -e questo � uno dei gra


vissimi inconvenienti sopra cennati, che si aggiunge 

a quelli di cui abbiamo ampiamente trattato nella 

memoria dell'8 marzo 1960 davanti al Consiglio di 

Stato, memoria che qui� integralmente richiamiamo 

-che, a norma del combinato disposto degli �.rti


. coli 38 
e 41 della ricordata legge n. 87 del 1953, 
spetta esclusivamente .alla Corte Costituzionale 
l'annullamento dell'atto statale o regionale che 
esorbiti dalla sfera rispettiva di competenza, non 
� chi non veda come tale. annullamento non possa 
essere pronunciato dal C-onsiglio di Stato senza 
pregiudizio evidente della competenza della Corte 
Costituzionale che non potrebbe successivamente 
esercitarsi su un atto ormai inesistente! 


ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALl 
D E L L E C O R T I D I M E R� I T . O 


DAZI DOGANALI -Opposizione a ingiunzione -Peren


toriet� del termine -Effetti. (A. Genova, Sezione I, 

Sentenza 7 aprile 1961, n. 299 -Pres. Minerbi; Est.i 

Boselli -Soc. Marchesi e C. c. Finanze). 

Dal fatto che il termine di quindici giorni per 

l'opposizione all'ingiunzione doganale � �qualificato 
perentorio (art. 24 legge 25 settembre 1940, n. 1424) 
non pu� argomentarsi un sostanziale muta.iento 
�della natura dell'ingiunzione, ma pu� farsi discendere 
unicamente l'effetto (in deroga alla regola 
generale secondo cui il decorso del termine non 
preclude l'opposizione) della inammissibilit�, in 
questa materia, di una opposizione tardiva. Per 
conseguenza, anche dopo l'inutile decorso del 
termine perentorio �di cui � caso rimane la possi� 
bilit� di istituire una indagine davanti al giudice 
ordinario, diretta ad accertare la sussistenza o 

meno della pretesa tributaria. 

La semplice lettura della massima, che riproduce 
fedelmente la motivazione della sentenza, .rivela una 
frattura fra la prima e la seconda parte; non si riesce, 
infatti, a vedere il nesso logico fra la premessa e la 
conclusione. La massima,. tuttavia, offre motivo per 
mettere in evidenza alcune caratteristiche dell'ingiunzione 
doganale, .che permattono di attribuirle 
un posto a s�, fra le varie ingiunzioni amministrative 
. 

. � ben noto che il sistema di riscossione a mezzo 
di ingiunzione � regolato, nelle sue modalit� esecutive, 
dal Testo unico 14 aprile 1910, n. 639. Tuttavia, 
non sempre le varie leggi fanno espresso riferimento 
a questo Testo unico; nella legge del registro, per 
esempio, (art. 144) e nella legge sulle successioni 
(art. 92) l'ingiunzione � disciplinata con norme direttamente 
regolatrici, senza un rinvio espresso, sebbene 
l'ingiunzione ivi prevista sia modellala sullo schema 
del Testo unico. Analogamente accade per l'ingiunzione 
prevista per il ricupero delle spese anticipate 
dall'Autorit� maritt�ma o aeroportuale per conto 
dei privati (art. 84 e 730 Ood. Nav.), che � regolata 
mediante una normativa diretta, con la fissazione, 
fra l'altro, di un termine pi� breve per la solutio 
(venti giorni). Quando l'estensione del sistetna avviene 
mediante il rinvio formale, le norme richiamate 
possono essere indifferentemente qiielle del registro 
(art. 24 D. P. 25 giugno 1953, n. 492 per il bollo; 
art. 48 Testo unico 14 s.ettembre 1931, n. 1175 per 
l'imposta di consumo) oppure quelle del Testo unico 
del 1910 (art. 6 Testo unico 1� marzo 1961, n. 121 
sulle concessioni governative). 

L'ingiunzione doganale si stacca da tutte le ingiunzioni 
sopra accennate, per una specie di contaminatio 
fra il rinvio formale al Testo unico del .1910 
-rinvio che � disposto esplicitament3 dall'art. 24 
della legge doganale -e l'introduzione 'di una norma 
diretta, che differenzia l'ingiunzione doganale da � 
ogni altra; e cio�, la statuizione di un termine ridotto 
a soli quindici giorni, e qualificato esplicitamente 
come perentorio. 

Se l'abbreviazione dcl termine (che, nell'ingiunzione 
normale, � di trenta giorni) pu� essere indicativa 
di una particolare esigenza sollecitatrice, di cui non 
mancano altri esempi (cfr. art. 84 e 730 Ood. Nav., 
sopra ricordati), per contro la perentoriet� del termine 
non� trova riscontro in altre norme. � noto, 
infatti, che il normale termine di trenta giorni � da 
considerare puramente ordinario, ai fini della proposizione 
dell'opposizione. L'infruttuoso decorso del 
termine' rende inarrestabile l'esecuzione, ma non 
priva il contribuente del diritto di rimettere in discussione 
l'esistenza . e la legittimit� dell'obbligazione 
tributaria (cfr. GUGLIELMI e AzZARITI; Le imposte 
di registro P.-148, 149; OLMI, i Requisiti di forma 
dell'ingiunzione fiscale in �Dir. prat. trib. � 1954, 
II, 187). 

� chiar.o che questa con�clusione -che, per l'ingiunzione 
amministrativa � normale, viene correttamente 
dedotta dalla non perentoriet� del termine 
ad opponendum -non pu� valere per l'ingiunzione 
doganale, per la quale, al contrario, l'opposizione 
deve obbligatoriamente essere proposta, secondo il 
dettato della legge, �entro il termine perentorio di � 
giorni quindici dalla data della notificazione�. Poi ch� 
la perentoriet� di un termine � il dato peculiare 
e costante dell'istituto della decadenza, s� da costituirne 
~ sul piano interpretativo -il sintomo 
rivelatore, esattamente la Oorte Suprema osserv�, 
in una lontana ma autorevole sentenza a .Sezioni 
Unite, che �il testo della disposizione; comminando 
esplicitamente la decadenza, � assolutamente 
decisivo ..... IJ'esistenza legale dell'opposizione 
� ivi subordinata alla proposizione di qu�sta in un 
termine perentorio, e d'altronde � logico che, 
trattandosi particolarmente di applicazione di 
dazi che si pagano all'atto dell'introduzione delle 
merci, sia chiuso l'adito a contestazioni di lunga 
scadenza� (SS. UU., 26 novembre 1927, Giur. it. 
1928, I, 1, 273). 

Queste osservazioni, certamente esatte nella loro 
portata interpretativa dell'art. 15 della vecchia legge 
doganale (trasfuso nell'attuale art. 24), possono apparire 
non del tutto appaganti, l� dove accennano ad 


~ 115


una �inesistenza legale � dell'opposizione, derivante 
dalla proposizione oltre il quindicesimo giorno. 
Facile �, peraltro, integrare il ragionamento della 
Cassazione, tenendo conto della natura dell'opposizione 
all'ingiunzione, che si traduce in una vera e 
propria opposizione all'esecuzione; cio�, per usare 
i termiJii di pi� recenti pronunce, in �un ordinario 
processo cognitivo, che fondamentalmente ha per 
oggetto l'azione volta a contestare il diritto all'esecuzione
� (Cassazione, 10 marzo 1959, n. 683, 
Giur. it., 1959, I, 1, 517); o, se si preferisce, un 
�accertamento esecutivo con efficacia costitutiva negativa 
del diritto all'esecuzione� (ALLORIO, Dir. proc. 
trib., II ed., p. 232 6 51). 

In altri termini, l'opposizione all'ingiunzione 
fiscale si comporta come talune opposizioni all'esecu-, 
zione, che investono titoli esecutivi non giudiziali. 
Non si dubita, infatti, che un debitore possa, in sede 
di opposizione all'esecuzione, disconoscere la sottoscrizione 
di una cambiale, o imp�ugnare per vizio 
di consenso un atto pubblico e cos1. via, contestando 
l'esistenza stessa dell'obbligazione posta a base del 
titolo (cfr. ZANZUCCHI, Dir. proc. civ., III, p. 249). 
In questi casi, ricorrenti con particolare frequenza. 
ogni qualvolta il titolo non sia soggetto a forme particolari 
di impugnazione, il giudizio di opposizione 
si atteggia come un vero e proprio giudizio di merito. 

Tenendo presenti queste premesse, � agevole individuare 
il diritto, soggetto a decadenza, in quello stesso 
({ diritto di agire in oppo.~izione �, di cui sopra si � 
parlato; che �, per l'appunto, il diritto di ottenere un 
accertamento costitwtivo negativo della pretesa tributaria. 
La Oorte di Genova, nella sentenza annotata 
ha esattamente colto le manifestaziOni, per cos� dire, 
processuali della . sopravvenuta decadenza, riconoscendo 
una �inammissibilit�, in materia doganale, 
di una opposizione tardiva �: ma poi, con inattesa 
incoerenza, ha concluso che ci� non impediva di 
affermare �la possibilit� di istituire, anche dopo 
l'inutile decorso del termine perentorio di cui � 
caso, una indagine davanti al giudice ordinario 
intesa ad accertare la sussistenza -0 meno della 
pretesa tributaria�. Ma se questa indagine sopravvive, 
� lecito chiedersi quale sia, allora, il diritto 
colpito da decadenza. Escluso, �infatti, che possa 
ritenersi decaduto un ipotetico diritto di chiedere la 
sospensione dell'esecuzione (essendo ben noto che non 
esiste un diritto .del genere, non avendo l'Autorit� 
Giudiziaria il potere di sospendere l'esecuzione di 
una ingiunzione fiscale: Oassazione, 6 dicembre 
1955, n. 3842, Giur.-it., 1955, I, 1, 1009; Appello, 
Torino 30 marzo 1951, id. 1952, I, 2, 267 con nota 
di Massari; da ultimo, autorevolmente, Oorte Oostituzionale 
31 marzo 1961, n. 21, Foro it., 1961, I, 
561), un solo diritto pu� considerarsi precluso: pre~ 
cisamentc, il diritto di porre in discussione non 
l' eseciitoriet�, ma l'esistenza della pretesa tributaria. 

N � potrebbe indurre in diverso avviso il rilievo che 
l'ingiunzione, nonostante il decorso del termine, 
non possa dirsi passata in giudicato. Q1.1,esto rilievo 
� certamente esatto; ma giova ricordare che la decadenza 
non richiede, per il consolidamento della situazione 
giuridica che viene sottratta ad ogni contestazione 
con il decorso del termine, un giudicato; il giu


dicato � uno� degli effetti, non un presupposto della 

decadenza. Anzi, in materia tributaria si deve avver


tire che gli effetti della decadenza si manifestano, di 

solito, in una /orma di consolidamento che � fonda


mentalmente diversa dal giudicato; e cio� nella defi


nitivit� dell'accertamento tributario. Se un contri


buente non ricorre entro 30 giorni alle Oommissioni 

contro l'avviso di accertamento in materia di imposte 

dirette, questo diviene definitivo; pa.rimenti, di1Jiene 

definitivo un accertamento di maggior valore in 

materia di imposta di registro, se non viene impu


gnato in 30 giorni. In questi, e in tanti altri casi che 

potrebbero ricordarsi, l'immutabilit� dell'accerta


mento dopo l'inutile decorso del termine � fondata sul 

principio della definitivit�, che prescinde completa


mente dal concetto del giudicato. 

Esatti, quindi, appariono i rilievi del Di Lorenzo, 

formulati proprio con preciso riferimento all'ingiun


zione doganale; <1 Ove l'opposizione non sia stata pro


mossa nel termine anzidetto (di quindici giorni) 

l'ingiunzione diventa esecutiva; ma neppure in tal 

caso pu� dirsi che essa equivalga ad una sentenza 

passata in giudicato; bench� abbia il medesimo 

valore, perch�, in rea.Zt�, la pretesa della dogana si 

presume legittima, ma sulla medesima � 'mancato, 

e non potr� ma~ pi� aversi, per fatto dello stesso 

debitore, un accertamento di legittimit�� (Ist. di dir. 

doganale, ed. 1954, parte generale, p. 291). 

Le ragioni di questo particolare vigore dell'ingiunzione 
doganale sono, ancora oggi, quelle limpidamente 
indicate dalle Sezioni Unite nella sentenza 
del 1927. A differenza dell'altra grande imposta 
indiretta sugli scambi, e cio� dell'imposta sull'entrata, 
che � efficacemente garantita da privilegio generale, 
il dazio � garantito da un privilegio speciale, 
che ha praticamente ben scarso campo di applicazione. 
D'altra parte, tutte le operazioni doganali si 
svolgono sotto il segno di una insopprimibile esigenza 
di rapidit� e di sommariet�, che si risolve, nella maggior 
parte dei casi, in un rischio per l'esazione del 
dazio. � ben vero che la legge doganale ha moltiplicato 
i responsabili e i debitori di imposta, introducendo 
numerose presunzioni, e facendo anche largo 
uso di garanzie fidejussorie: ma chi ha esperienza di 
contenzioso doganale sa per/ ettamente come, in non 
pochi casi, tutte le misure protettive del .tributo si 
siano rivelate insufficienti a impedire l'evasione. 

La perentoriet� del termine per l'oppqsizione, in 
materia doganale, �, dunque, ampiamente gustificata 
dalle esigenze del sistema doganale. Non possiamo 
perci� condividere l� �affermazioni della Oorte di 
Genova nella sentenza annotata, con le quali si � 
praticamente privato di effetto un termine, che lo 
stesso legislatore -con un rigore del tutto eccezionale 
-ha qualificato perentorio. Invertendo una 
proposizione della Oassazione, secondo la quale la 
perentoriet� di un termine pu� essere perfino dedotta 
dagli scopi e dalla funzione che il termine � destinato 
ad assolvere, anche indipendentemente dal dettato 
della norma (Cassazione, 29 settembre 1955,..n: 2693)_, 
sembra lecito affermare che la perentoriet� espressa 
deve, a sua volta, indurre l'interprete ad individuare 
gli effetti della decadenza in relazione agli scopi e 
alle funzioni, che (}Ssa deve persegiiire (} svolgere su un 

� 



piano concreto . .Per l'ingiunzione doganale, l'unico 
effetto plausibile della decadenza per decorso del 
termine non pu� essere, dunque, se non la definitivit� 
della pretesa tributaria: il che, per l'appunto, 
era stato riconosciuto dalla sentenza del Tribunale 
di Genova 17 giugno 1960, ingiustamente riformata 
dalla sentenza annotata. 

A. CHICCO 
IMPOSTA DI BOLLO -Assegno bancario emesso a 
vaoto -Regolarizzazione. (Corte d'Appello di Firenze� 
12 luglio 1961 -Pres.: Comucci; Est.: Portauova Finanze 
c. Credito. Romagnoli). 

Il possessore di un assegno bancario, irregolare 
al bollo perch� en;iesso a vuoto, non pu� essere 
ritenuto solidalmente responsabile con l'emittente 
per il pagamento della imposta di bollo dovuta 
e della relativa penalit�, quando -fatto elevare 
il protesto -non intenda esercitare i diritti di 
regresso. 

La regolarizzazione fiscale non � un obbligo 
imposto dalla legge al possessore dell'assegno 
a vuoto; � la condizione o megliq l'onere al quale 
egli deve sottostare per potere agire in regresso. 

Oontro questa sentenza � stato prodotto ricorso 
per cassazione dall'Avvocatura per i seguenti motivi: 

MOTIVI DEL RICORSO 

Violazione e falsa applicazione degli artt. 27, 
secondo, terzo comma; 36 ultimo comma; 33; 
8 Tariffa A parte I; del D.P.R. 25 giugno 1953, 

n. 492 (legge sul bollo) in relazione all'art. 119, 
31 a 39, 45 a 65, del R: D. 21 dicembre 1933, 
n. 1736 (legge sull'assegno bancario) P-all'art. 11 
della Legge 7 gennaio 1929, n. 4 (sulla repressione 
delle violazioni delle leggi finanziarie) -Motivazione 
insufficiente e contraddittoria -Il tutto 
denunciato ai sensi dell'art. 360, n. 3 e 5 C.p.c. 
L'art. 27, secondo e terzo comma, della legge sul 
bollo del 1953 cos� dispone: 

�La cambiale ed il vaglia cambiario, compresi 
quelli a vista ed a certo tempo vista, nonch� l'assegno 
bancario� non hanno la qualit� di titoli esecutivi 
se non siano stati regolarmente bollati 
sin dall'origine o nel tempo prescritto dalla legge 
o, qualora si tratti di titoli provenienti dall'estero, 
prima che se ne faccia uso. 

�Il portatore o possessore non pu� esercitare i 
diritti cambiari inerenti al titolo se non abbia 
corrisposto l'imposta di bollo dovuta e pagato 
la relativa pena pecuniaria, salvo il disposto della 
nota all'articolo 8 della Tariffa�. 

L'art. 8 della tariffa A parte prima (riguardante 
gli Atti e scritti soggetti ad imposta di bollo fino 
dall'origine) comincia col distinguere gli assegni 
bancari in due categorie: 

1) assegni �emessi in conformit�� del R. D. 
21 dicembre 1933, n. 1736; 

2) assegni� emessi non in confor.mit� � del R. n. 
21 dicembre 1933, n. 1736. 

Le due categorie, cos� distinte, sono connaturali 
alle funzioni che l'assegno bancario pu� assumere 
nei diversi aspetti della sua cifoolazione. 

Nella prima ipotesi, infatti, l'assegno bancario 
ha una ;funzione normale e specifica di mezzo di 
pagamento, cui corrisponde un ciclo di vitalit� 
che si esaurisce con la presentazione alla banca 
sulla quale � tratto. E in tal caso, l'imposta che 
esso deve scontare � quella fissa. 

Nella seconda ipotesi, invece, l'assegno non ha 
pi� la funzione normale e specifica di mezzo di 
pagamento, ma usurpa quella propria della cambiale. 


In detta seconda ipotesi, � la irregolarit� del 
titolo e non gi� l'uso di esso che fa 'sorgere la violazione 
della legge finanziaria con il conseguente 
obbligo del pagamento dell'imposta propria delle 
cambiali ed eventualmente della pena pecuniaria. 
Se cos� non fosse, lo assegno bancario irregolare nel 
bollo all'origine si trasformerebbe in atto soggetto 
a bollo in caso d'uso. 

Dopo aver posto la cennata distinzione, l'a.rt. 8, 
nella � nota � apposta in calce, cos� dispone: 

�Ferme rimanendo le disposizioni penali e tributarie 
di cui al R. D. 21 dicembre 1933, n. 1736,per 
ottenere ai termini . dell'art. 119 del� citato 
decreto la regolarizzazione dell?assegno, il possessore 
deve, nel termine di trenta giorni, consegnare 
all'Ufficio del Registro copia, da esso certificata 
conforme, del titolo con gli estremi dell'eseguito 
protesto: detta copia deve essere allegata al processo 
verbale di accertamento della violazione 
da redigersi a carico dell'emitt~nte. 

�Agli effetti dell'art. 119 del R. D. 21 dicembre 
1933, n. 1736, la indisponibilit� dei fondi esistenti 
presso il trattario equivale a mancanza degli stessi. 

�La regolarizzazione dell'assegno avviene col 
pagamento della sola imposta graduale di bollo 
nella misura stabilita per le cambiali con scadenza 
superiore ad un mese e non a quattro mesi�. 

La nota dell'art. 8 tariffa richiama, come si � 
visto, l'art. 119 del R. D. 21 dicembre 1933, n. 1736 
(sull'assegno); e questa disposizione cos� stabilisce: 

�Il possessore di un assegno bancario, nel caso 
del n. 2 dell'art. 116 (e cio�: nel' caso della emissione 
di assegno senza che presso il trattario 
esista la somma sufficiente, ovv�ro nel caso che, 
dopo la emissione e prima della scadenza dei 
termini fissati per la presentazione, si sia disposto 
in tutto o in parte della somma), per esercitare i 
suoi diritti di regresso, deve esibire l'assegno, 
irregolare nei� rapporti del bollo, all'Ufficio del 
Registro per la regolarizzazione col pagamento 
della sola tassa graduale di bollo dovuta, nel termine 
di 15 giorni (successivamente divenuti 30, 
con la legge 18 luglio 1949, n. 530) dalla data 
della presentazione dell'assegno per il pagamen~o. 
In tal caso, l'Ufficio del Registro a�c'erta l!L C<_mtravvenzione 
al bollo soltanto in confronto dellcr 
emittente �. 

Sia sull'art. 8 della tariffa legge sul bollo che 
nell'art. 119 del decreto del 1933 sull'assegno, si 

� 


-117 


accenna a �contravvenzione al bollo� (art. 119) e 

a �violazione �, ed �, quindi, il caso di precis�re 

che detta �violazione della legge ftnanzia;ria � 

� contemplata e sanzionata nella ultima parte 

dell'art. 36 della legge sul bollo, del seguente 

tenore: 

�Per le trasgressioni relative alle. cambiali ed 
altri effetti di commercio, nonch� agli atti e documenti 
soggetti ad imposta di quietanza, la pena 
pecuniaria � da cinquanta a cento volte l'imposta 
non pagata col minimo di lire 300 �~ 

� da aggiungere che la responsabilit� solidale 
per le � violazioni � � prevista specift.camente 
dall'art. 33 della legge sul bollo, ma � prevista 
soprattutto, in termini ampi, che, all'occorrenza, 
debbono� considerarsi prevalenti su quelli della 
citata norma specifica (vedasi art. 1 ultimo comma 
legge 7 gennaio 1929, n. 4 sulla repressione delle 

-violazioni finanziarie), dall'art. 11 di quest'ultima 
legge, del seguente tenore: �Se la violazione della 
norma delle leggi :finanziarie, per la quale sia stabilita 
la pena pecuniaria o la sopratassa sia imputabile 
a pi� persone, queste sono tenute in solido 
al pagamento della pena pecuniaria o della sopratassa
�. 

Dal combinato disposto di tuttele norme sopraccitate 
risulta evidente che, nella ipot�si di � assegno 
emesso a vuoto �: 

a) � indubbiamente ed in ogni caso responsab�le 
del pagamento dell'imposta e della pena 
pe.cuniaria, l'emittente; 

�b) non � obbligato per la imposta e tanto 
meno � responsabile per la pena pecuniaria, il 
possessore dell'assegno emesso a vuoto, che abbia 
�presentato per il pagamento � (vedasi art. 31 
a 39 legge ass.) enon intenda esercit�are i diritti 
di regresso, facendo rilevare con protesto o con 
constatazione equivalente (artt. 45 a 65 legge 
ai;segno) il rifi.uto del pagamento; 

e) � obbligato solo per l'imposta graduale, il 
possessore dell'assegno emesso a vuoto, il quale, 
avendo �presentato� (art. 31 e segg. legge ass.) 
l'assegno stesso al pagamento ed essendosi sentito 
opporre il rifiuto, intenda � esercitare i suoi diritti 
di regresso � e a tale fine faccia constatare con protesto 
o con atto equivalente (art. 45 e segg. legge 
ass.) il rifiuto di pagamento, e nel contempo 
adempia agli obblighi impostigli, nell'ipotesi qui 
considerata, sia dall'art. 119 della legge sull'assegno 
(esibire entro 30 giorni dalla �Data di presentazione 
per il pagamento� l'assegno irregolare all'Ufficio 
del Registro per la regolarizzazione col pagamento 
della sola tassa graduale di bollo dovuta) 
che dalla nota apposta all'art. 8 della tariffa A 
parte prima della legge sul bollo (consegnare nel 
termine di 30 giorni all'Ufficio del Registro, per 
ottenere la regolarizzazione di cui all'art. 119, 
copia certificata conforme del �titolo con gli estremi 
dell'eseguito protesto�); 

d) � responsabile sia dell'imposta proporzionale 
che della pena pecuniaria, il possessore dell'assegno 
emesso a vuoto, il quale, avendo �presentato 
al pagamento� l'assegno stesso, (a termini 
degli artt. 31 e sg. della legge del 1933) ed essen


dosi sentito opporre il rifiuto, faccia constatare 
con protesto o con atto equivalente, a termini 
degli artt. 45 e segg. della legge del 1933, il rifiuto 
di pagamento ( cos� denotando l'intendimento di 
esercitare i diritti di regresso) e .ometta nel contempo 
di adempiere, nei termini, agli obblighi 
impostigli dall'art. 119 della legge del 1933 e dalla 
nota dell'art. 8 tariffa A parte prima legge sul 
bollo. � 

Ohe quella sopra espressa sia l'esatta interpretazione 
delle norme di legge, non. soltanto lo si 
ricava dal chiaro dettato e dalla ratio delle norme 
stesse, avendo l'avvertenza di tenere distinta la 
�presentazione al pagamento� (art. 31 e segg. 

R.D. n.1736del1933) dal� protesto� (art. 45 e segg. 
stesso decreto); ma � suffragato anche da autorevole 
dottrina. 
Scrive, infatti; ilBerliri a pag. 178 del suo volume 
La legge del bollo (ed. 1957): 

�Ora; poich� l'art. 3 di tale decreto (del 1933) 
dispone che �l'assegno bancario non pu� essere 
emesso se il traente non abbia. fondi disponibili 
presso il trattario dei quali abbia diritto di disporre 
in conformit� di.una convenzione espressa.o tacita�, 
l'assegno a vuoto (l'assegno, cio�, tratto senza che 
esista una provvista di denaro sufficiente per il suo 
pagamento) :non � un assegno emesso in.conformit� 
di tale decr�to e quindi � soggetto non gi� alla sola 
tassa ft.ssa ma a quella graduale. � quanto conferma, 
del resto, l'art. 119 della stessa legge sull'assegno, 
giusta il quale il possessore di un 
assegno emesso senza copertura, per esercitare i 
suoi diritti di regresso, deve esibire l'assegno irregolare 
nel bollo all'Ufficio del Registro �per la 
regolarizzazione col pagamento della sola tassa 
graduale di bollo dovuta, nel termine di 15 giorni 
(nota: 30, in dipendenza della legge 18 .luglio 1949, 

n. 530) dalla data della presentazione dell'assegno 
per il pagamento. �In tal caso, l'Ufficio del Registro 
accerta la contravvenzione al bolfo soltanto 
nei confronti dell'emittente�. 
�La.nuova legge di bollo ha integrato tale.disposizione 
stabilendo, nelle note all'art. 8 della tariffa 
che �il possessore deve, nel termine di 30 giorni, 
consegnare' all'Ufficio del Registro copia, da esso 
certificata conforme, del titolo con gli estremi 
dell?eseguito protesto: detta copia deve essere 
allegata. al processo verbale di accertamento della 
violazione da redigersi a carico dell'emittente�. 
Poich� il termine �decorre dalla data del protesto 
e poich� nessuna norma di legge obbliga il possessore 
di un assegno a levare il protesto quando se ne 
veda rifiutare il pagamento, � ovvio che l'obbligo 
di presentare l'assegno all'Ufficio del Registro e di 
regol�rizzarlo mediante pagamento del relativo 
tributo non � un obbligo assoluto che nasce dal 
fatto di aver presentato per l'incasso un assegno 
non. coperto da un adeguato deposito, ma � un 
obbligo condizionato all'elevamento del :protesto 
o, meglio,. un obbligo che nasce dalla redazione._ 
del protesto. La ragione di ci�, � trasparente: 
il legislatore fiscale non ha creduto di dover costringere 
il possessore di un assegno privo di copertura 
(e che, per ci� solo �, nel novantanove per cento 


-118


dei casi, rimasto con un pugno di mosche in mano) 
a sopportare le spese del protesto e a pagare l'imposta 
di bollo. Se, invece, il possessore dell'assegno 
richiede il protesto (dimostrando cos� di volersi 
avvalere dell'assegno), allora sorge a suo carico 
l'obbligo di chiedere la regolarizzazione�. 

Attraverso le considerazioni fin qui svolte, pu� 
individuarsi l'errore in cui � incorsa la Corte d'Appello 
di Firenze, quando ha affermato� cli.e, dovendosi 
escludere la consapevolezza della irregolarit�, 
nessuna responsabilit� pu� farsi risalire al possessore 
dell'assegno emesso a vuoto e conseguentemente 
neppure una responsabilit� solidale con 
l'emittente, presupposti della quale sono, da un 
lato, lar partecipazione alla violazione nel momento 
in cui l'emittente compila l'assegno e lo pone in 
circolazione, e, dall'altro, la coscienza e la volont�, 
effettiva o presunta, d::i, parte sua, di rendersi 
partecipe, vuoi direttamente vuoi indirettamente, 
di una infrazione fiscale che si manifesta soltanto 
a� seguito del �protesto con il quale si attesta la 
inesistenza e la indisponibilit� dei fondi �. 

L'errore della Corte si concreta nell'aver confuso, 
unificato e reso inscindibili i momenti -che 
sono distinti (vedansi artt. 31 a 44 e artt. 4.5 a 
65 legge assegno) -della.� presentazione al pagamento 
� e della � constatazione del rifi.1J.tO al pagamento 
con protesto o atto equivalente �; e nell'avere 
collegato con l'istituto cos� arbitrariamente unificato, 
la consapevolezza o meno, e quindi la partecipazione 
o meno del possessore dell'assegno 
emesso a vuoto, alla violazione della legge fi.nanziaria. 


� esatto che, al momento in cui l'assegno a 
vuoto viene ricevuto, il possessore (tranne che non 
sia, come nella specie, lo stesso trattario) non ha 
nessuna consapevolezza e non pu� avere nessuna 
responsabilit� dell'irregolarit� fiscale. 

Ma, codesta mancanza di consapevolezza e di 
responsabilip�, anzi� di corresponsabilit� (con l'emittente), 
della infrazione, viene nieno, per preciso 
dettato di legge (art. 119 legge assegno), 
quando sia stata effettuata la �presentazione 
dell'assegno per il pagamento �. 

Dalla data di tale presentazione, il possessore 
dell'assegno che si sia visto rifiutare il pagamento, 
non � pi� ignaro, ma non � ancora n� obbligato 
per l'imposta graduale n� corresponsabile (con 
l'emittente) per la pena pecuniaria. 

Se egli si limita a prendere atto, per propria 
conto, del risultato negativo della presentazione 
all'incasso, tutto si ferma a quel punto, e la legge 
fiscale non pretende da lui n� imposta n� pena 
pecuniaria. 

Ma, se ilpossessore, vistosi rifiutare il pagamento, 
fa elevare la constatazione formale di tale rifiuto 
di pagamento, e denota cos� di voler �esercitare 
i suoi diritti di regresso �compiendo il primo atto 
del �regresso per mancato pagamento � (Capo VI, 
art. 45 legge assegno), in tal caso la legge fiscale 
pone il possessore stesso di fronte a due alternative: 

1) regolarizzare, pagando la sola imposta 
graduale e osservando, nei termini, quegli obblighi 
il cui adempimento pone l'Ufficio del Registro in 

c_ondizioni di elevare il processo verbale di accer


tamento della infrazione finanziaria a carico del 

solo" emittente; 

2) non regolarizzare e non _adempiere agli 
obblighi anzidetti nei termini di legge, e per ci� 
stesso impedire che l'assegno,. non regolarmente 
bollato sin dall'origine, non lo sia neppure � nel 
tempo prescritto dalla legge� (art. 27, secondo 
comma, in relazione alla nota dell'art. 8 tariffa A 
parte prima legge sul bollo e all'art. 119 legge 
sull'assegno). 

Nella prima ipotesi, il possessore dell'assegno a 
vuoto pagher� (per regolarizzare) la sola imposta 
graduale. 

Nel secondo caso, ovviamente, avendo impedito 
che la regolarizzazione, col pagamento dell'imposta 
graduale di bollo, avvenisse nel termine di 
legge, il possessore dell'assegno a vuoto, non soltanto 
pagher� l'imposta proporzionale previstar 
per le cambiali, ma cadr� anche sotto sanzione 
dell'art. 36 ultimo comma legge sul bollo e risponder� 
della pena pecuniaria solidamente con l'emittente, 
ai sensi dell'art. 11 della legge 7, gennaio 
1929, n. 4 e, se del caso, anche ai sensi della specifi.ca 
norma dell'art. 33 legge sul bollo (che -si ripete 
-non modifi.ca la legge del 1929, stando a 
quanto stabilisce l'art. 1, ultima parte, di questa 
ultima). 

Concludendo, la decisione della Corte fiorentin~, 
essendo in contrasto con le sopraccitate norme di 
legge ed essendo incorsa, oltretutto, in moti-~azione 
difettosa nei cennati punti decisivi della 
controversia, deve essere cassata con rinvio del 
giudizio ad altra Cor~e. 

IMPOSTA DI REGISTRO -Opposizione a ingiunzione 
-Inapplicabilit� del Foro dello Stato. (Tribunale 
di Firenze 15 aprile =1961 -Consorzio Bonifica OsaAlbenga 
c. Finanze). 

Competente a conoscere delle oppos1z10ni a 
ingiunzione per il pagamento d'imposta suppletiva 
di registro � il Tribunale del luogo in cui ha sede 
l'Ufficio, �he ha emesso la ingiunzione, non quello 
in cui ha sede l'Avvocatura dello Stato. 

Oontro questa sentenza � stato dall'Avvocatura 
proposto ricorso per regolamento di competenza per 
il motivo appresso trascritto. 

MOTIVO DI DIRITTO 

Violazione e falsa applicazione dell'art. 8 R.D. 
30 ottobre 1933, n. 1611 in relazione all'art. 360 

C.p.c. nn. 2-3. 
Il Tribunale di Firenze affermando che le controversie 
di opposizione contro le . ingiunzioni 
emesse a norma del Testo unico 14. aprile-19101.� 

n. 639 sono sempre di competenza del giudice del 
luogo ove ha sede l'Ufficio che ha emesso l'ingiunzione 
a norma dell'art. 3 di detto Testo unico � 
incorso in una macroscopica violazione di legge. 

-119


Non v'ha dubbio che la natura di procedimento 

esecutivo attribuito al giudizio di opposizione 

importa l'applicazione dell'art. 7 del Testo unico 

30 ottobre 1933, n. 1611, con la conseguenza che 

l'opposizione stessa, a sensi dell'art. 3 del Testo 

unico 14 aprile 1910, n. 639, deve essere proposta 

innanzi l'autorit� giudiziaria, competente per 

valore, del luogo in cui ha sede l'ufficio che ha 

emesso l'ingiunzione, venendosi cos� a derogare 

sia alla competenza del foro dello Stato, che alla 

competenza indicata dagli artt. 615 e 617 C.p.c. 

Peraltro, le norme sulla competenza del foro dello 

Stato non subiscono alcuna deroga in materia di 

tasse e sopratasse. 

Il Tribunale di Firenze non ha rivolto alcuna 

considerazione alla natura tributaria del credito 

oggetto della ingiunzione. 

La giurisprudenza di codesto Supremo Collegio, 
citata dal predetto Tribunale, � quella relativa 
alle opposizioni alle ingiunzioni intimate per la 
riscossione delle entrate patrimoniali e non delle 
entrate tributarie. 

Poich� in causa si discuteva del regime tributario 
cui sottoporre Patto di apertura di credito indicato 
in narrativa il Tribunale di Firenze � incorso manifestamente 
nella denunciata violazione dell'art. 8 
del R. D. 30 ottobre 1933, n. 1611 il quale testualmente 
dispone che: � la decisione delle controversie 
giudiziali riguardanti le tasse e sovratasse, anche 
se insorte in sede di esecuzione, spetta in prima 
istanza, quando sia parte la Amministrazione dello 
Stato, al Tribunale civile del luogo dove risiede 
l'ufficio dell'Avvocatura dello Stato, nel cui distretto 
troyasi l'ufficio che ha liquidato la tassa o 
la sovratassa controversa �. 

Rettamente era stato, quindi, adito il Tribunale 
di Firenze e l'affermata competenza del Tribunale 
di Grosseto � manifestamente contra legem. 

RESPONSABILITA' CIVILE -Contrattuale -Limita� 

zioni legali -Validit�. (Corte d'Appello di Milano, 

14 febbraio 1961 -S.p.A il Borghese -PP. TT.). 

Il privato ha un dii'itto soggettivo alla prestazione, 
oggetto di pubblico servizio, che la P. A. si 
� impegnata a rendergli, ma non pu� sindacare le 
modalit� organizzative del servizio. 

� legittima la limitazione di responsabilit� della 

P. A. nella prestazione del servizio, ancorch� riconosciuta 
in via preventiva e generale da una legge 
(art. 7 R. D. 27 febbraio 1936, n. 645), ed � perci� 
esclusa ogni responsabilit� dell'Amministrazione 
postale per s~arrimento di corrispondenza ordinaria. 
Si trascrive la motivazione della sentenza, che in 
adesione alla tesi dell'Avvocatura, fa puntuale e rigorosa 
applicazione di principi di diritto che ci sembrano 
inconfutabili. 

Il fatto, denunciato dalla Societ� appellante come 
produttivo di un pregiudizio economico al suo pa


trimonio (mancato rinnovo di abbonamenti al periodico) 
e di un discredito idoneo a cagionarle ulteriori 
danni patrimoniali, consiste nella tardiva e, 
talvolta, nell'omessa consegna del settimanale agli 
abbonati. � � 

Tale fatto � addebitabile alla Pubblica Ammini


strazione,� in quanto la stessa si � assunta la pre


stazione. del servizio postale al pubblico; ed in 

concreto si � impegnata con la Societ� appellante 

alla consegna periodica del settimanale agli abbo


nati indicati, secondo il sistema cos� detto . della 

� spedizione in abbonamento postale gruppo II �, 

come ha affermato la S. p.A. �il Borghese � e la 

difesa della P. A. non contesta. 

Ci� premesso in fatto, merita precisare che il 
titolo in virt� del quale �il Borghese � potrebbe 
pretendere ilrisarcimento di un pregiudizio subito, 
sarebbe ipotizzabile o nell'adempimento di una 
obbligazione o in un comportamento che violi l'obbligo 
generico del neminem laedere. 

Come bene ha giudicato il Tribunale, anche la 
Corte ritiene che n� per l'uno n� per l'altro titolo 
spetti alla Societ� �il Borghese� alcun risarcimento. 


In relazione alla prima ipotesi, che configura 
quella che, genericamente, si qualifica come �responsabilit� 
contrattuale �, si constata che, in 
effetti, la P. A. si assume, in determinati casi, 
l'obbligo di rendere direttamente ai singoli dei 
servizi o in concorso con privati (come, ad esempio, 
talvolta per. il servizio fflrroviario) o in via 
esclusiva (come per il servizio postale). 

Se � vero che tale assunzione diretta di un servizio 
al pubblico presuppone, normalmente, un 
interesse generale e che la gestione del servizio 
spetti (in prevalenza o esclusivamente) allo Stato, 
tuttavia non si pu� escludere che, accanto a tale 
interesse generale (ed al correlativo interesse semplice 
del singolo alla buona gestione del servizio 
pubblico) sussista un interesse del singolo �a fruire, 
in concreto, di tali prestazioni, rese dalla P. A., ed 
a goderne nel modo e con il risultato pi� favorevole. 


Quando infatti il singolo chiede alla P. A. la 
prestazione del servizio, e la P. A. accetta tale richiesta, 
s'instaura fra il singolo e la P. A. un rapporto 
giuridico che trova la sua fonte in un negozio, 
della cui natura non � qui necessario discutere. 

� tuttavia innegabile che tale rapporto (che la 
dottrina amministrativistica ha qualificato �di prestazione 
�) �, a sua volta intessuto di diritti e di 
correlative obbligazioni di origine negoziale: la cui 
violazione pu� costituire titolo di responsabilit�, 
che pu� considerarsi contrattuale in senso lato, 
anche se fra privato e P. A. non � stato stipulato un 
contratto nello stretto significato privf!,tistico. 

Che il privato divenga titolare di un vero e proprio 
diritto soggettivo ad ottenere la prestazione, 
una volta che la P. A. si � impegnata a rendergli, in 
concreto, il servizio richiesto, pare debba riconoscersi. 
Infatti, ammesso che nel momento in cui la 

P.A. accetta di prestare il servizio richiesto ( per 
la cui prestazione, normalmente, il privato corrisponde 
il prezzo, sotto l'aspetto di tassa in via 

-1:?0 


anticipata) ha vita un negozio bilaterale, non potrebbe 
immaginarsi che, a negozio concluso, una 
delle parti, la -P. A. -possa sottrarsi per decisione 
unilaterale all'adempimento dell'impegno assunto. 

� invece legittima una limitazione di responsabilit� 
della P. A. in via generale e preventiva, che 
le sia riconosciuta da una norma di legge. Trattasi 
dell'applicazione del principio sancito dall'art. 2740 
comma 2� O.e., di cui naturalmente pu� beneficiare, 
come qualunque soggetto, anche la P. A. 

Nella specie, per quanto riguarda il servizio postale, 
tale limitazione � validamente ammessa in 
virt� dell'art. 7 del R. D. 27 febbraio 1936, n. 645, 
che sottrae la P. A. all'obbligo di rispondere di 
fronte al privato che ha chiesto il servizio, eccetto 
per alcuni casi, espressamente previsti nello stesso 
testo legislativo: perdita di corrispondenza raccomandata 
(art. 44); manomissione, perdita ed avaria 
di assicurate (art. 45); manomissione perdita ed 
avaria di pacchi postali (art. 68), 

Di fronte alla norma legislativa � erroneo il 
richiamo dell'appellante all'art. 1229 cortlma 10 O.e. 
che prevede la nullit� dei patti che escludono� o 
limitano la responsabilit� del debitore per dolo o 
per colpa grave. La limitazione che qui interessa 
infatti non ha fonte nell'autonomia contrattuale 
ma in una disposizione di legge. 

Non si comprende perch� tale preventiva limitazione 
di responsabilit� dovrebbe costituire violazione 
dei principi costituzionali sanciti dagli art. 98 
e 113 della Carta Costituzionale, come vorrebbe 
l'appellante. Non si tratta infatti di negare al privato 
la tutela giurisdizionale di un suo diritto, dato 
che, per la preannunciata ed accettata, contrattualmente, 
�limitazione di responsabilit� (all'atto 
della richiesta del servizio da ottenersi cos� come 
promesso dalla P. A.) il privato non diviene titolare 
di diritti soggettivi se non nei �limiti circoscritti 
dallo accordo che da vita al negozio. 

Vapp�llante ha citato, inoltre; l'art. 98 lo comma 
della Costituzione; ma evidentemente intendeva riferirsi 
all'art. 97, 10 comma, di cui infatti ha riprodotto 
il testo (vedi atto di appello, pag. 6). 

La Corte tuttavia, pur dando atto che la parte 
intendeva lamentare la violazione di tale ultima 
norma, ritiene che anche sotto questo profilo la questione 
di incostituzionalit� sia manifestamente infondata. 
Infatti, se i pubblici uffici devono essere 
organizzati in modo che sia assicurato il buon andamento 
dell'Amministrazione, ci� non esclude la 
insindacabilit� del modo in cui, in concreto, l'Amministrazione, 
nell'ambito del suo potere discrezionale, 
ha creduto di organizzare i propri uffici, 
dei criteri seguiti e dell'apprezzamento che la stes.sa 
ha fatto della loro idoneit� allo scopo. 

Riconosciuta cosi la legittimit� della limitazione 
di responsabilit� negoziale per il servizio postale, 
resta da constatare se la mancata o tardiva consegna 
agli abbonati della rivista, ipotizzi un caso 
di responsabilit� dell'Amministrazione postale. 

Ci� � da escludersi, trattandosi di corrispondenza 
ordinaria, non raccomandata n� assicurata, per la 
quale la P. A. non assume responsabilit� nel caso 
di smarrimento, manomissione, tardiva consegna. 

Devesi pertanto passare ad esaminare se sussiste 
una responsabilit� della P. A. per fatto illecito 
ex art. 2043 O.e. 

� opportuno ricordare che l'illecito generatore 
di un danno giuridico (e non solo di un mero pregi�dizio 
economico)� postula in ogni caso la violazione 
di un diritto soggettivo. . 

Orbene, nella specie, non si ravvisa quale diritto 
soggettivo possa considerarsi violato. 

Innanzi tutto va ribadito che il privato non pu� 
sindacare le modalit� organizzative del servizio 
reso dallo Stato. Tale organizzazione come si � 
sopra rilevato, obbedisce a criteri di discrezionalit� 
da parte dell'organo pubblico, cui la gestione del 
servizio � affidata; e giudicare della bont� dell'organizzazione 
che presiede alla prestazione del servizio, 
equivarrebbe a riconoscere al privato non il diritto 
ad ottenere la prestazione pattuita ma una inammissibile 
facolt� di controllo sui mezzi che l'Amministrazione 
sceglie per soddisfare al proprio 
obbligo di rendere la prestazione pattuita. 

Potrebbe, se mai, discutersi se il comportamento 
doloso o colposo di un funzionario, o pubblico dipendente, 
addetto al servizio postale, da cui consegua 
un pregiudizio patrimoniale al privato, naturalmente 
sempre nella sfera della prestazione del 
servizio pubblico, possa far nascere una corresponsabilit� 
solidale pella P. A. per l'illecito, fondata 
sull'art. 28 della Costituzione. 

La Oorte ritiene che, in determinate condizioni, 
tale corresponsabilit� della P. A. per il comportamento 
doloso o colposo del proprio dipendente 
possa ipotizzarsi. 

Ma spetta a chi lamenta il danno dimostrare 
che sussiste l'illecito addebitabile al pubblico dipendent.
e e dallo stesso commesso in violazione dei 
propri doveri; ch�, in difetto di tale prova, potrebbe 
essere dubbio se l'inconveniente lamentato dal privato 
non dipenda invece dalle modalit� di organizzazione 
del servizio; sia sottratto quindi alla 
valutazione del giudice; ed anzich� a danno giuridico 
ex illecito ci si trovi di fronte� ad un mero 
pregiudizio economico del privato, non risarcibile. 

Nella specie l'appellante non fa cenno all'ipotesi 
del d�lo o di colpa di qualche pubblico dipendente 
ma insiste nel lamentare genericamente la cattiva 
organizzazione del servizio. 

Non resta perci� che ritenere non provata. la sua 
pretesa in ordine ad un diritto a risarcimento per 
illecito; e confermare quindi la sentenza del Tribunale 
anche. sotto tale aspet.to. 

RISCOSSIONE COATTIVA -Indennizzo. per uso 

illegittimo di bene demaniale -Inammissibilit�. 

(Corte d'Appello di Bologna, 28 marzo 1961 -Finanze 

c. S.p.A. Cave Reno). 
La Pubblica Amministrazione non pu� procedere, 
ai sensi del Testo Unico 1910, alla riscossione-dello � 
indennizzo per abusivo godi:rp.ento di un bene de-� 
mania.le, salva l'ipotesi di concessione scaduta nella 
quale tale indennizzo sia commisurato al c~none 
originario. 


Si trascrive la motivazione in diritto della sentenza. 

Sulle argomentazioni della sentenza e sui motivi 
di gravame la Corte osserva che due dati di fatto 
possono dirsi in causa pacifici per concorde ammissione 
dell'Amministrazione Finanziaria e, in questo 
grado di appello, anche della Soc. �Cave Reno �: il 
primo . che il terreno goduto dalla societ� appartiene 
al demanio idrico, necessario e naturale, dello 
Stato; il secondo che nessun atto di concessione 
regol� siffatto godimento, sia perch� il permesso 

o licenza, rilasciato il 27 giugno 1950 dal Genio 
Civile, in base all'art. 97 lettera M del Testo unico 
del 1904 sulle opere idratiliche, era limitato all'estra_. 
zione di ciottoli e ghiaia dall'alveo del fiume ed 
incideva �nei soli riguardi idraulici �, sia perch� 
esso, per giunta inefficace per non avere s�ontato 
le previste tassazioni (art. 2 del Decreto presidenziale 
n. 112 del 1953, ed art. 167 della tabella allegato 
A), non emanava dall'Amministrazione Demaniale, 
unica dotata della relativa competenza per 
il R. D. 18 novembre 1923, n. 2440 sull'Amministrazione 
del patrimonio e sulla Contabilit� Generale 
dello Stato. 
Il terreno de quo fu, pertanto, occupato e goduto 
senza un titolo legittimo da parte della �Cave 
Reno��; e 'perci� il thema decidendum si pone negli 
identici termini in cui fu proposto ai primi giudici; 
se, cio�, possa l'Amministrazione creditrice avvalersi, 
dell!li procedura ingiuntiva regolata dal Testo 
unico del 1910~ per ripetere un credito di natura 
risarcitoria, la determinazione del quale � stata 
dalla stessa Amministrazione� :fissata, senza riferimento 
ad un canone di concessione, 'tra le parti 
mai convenuto, per inesistenza dell'atto relativo. 

La sentenza impugnat� ha ritenuto di risolvere 
negativamente il quesito, facendo per� un'enunciazione 
di carattere generale, che per la sua assolutezza 
.non pu� integralmente essere-condivisa dalla 
Corte. 

/

Ha osservato, infatti, la sentenza che il titolo, 
su cui si fonda il credito dell'Amministrazione, 
quando essa lo esiga mediante ingiunzione, non pu� 
essere rappresentato dallo stesso atto ingiuntivo, ri:ta 
deve� aver sempre una fonte negoziale: talch�, nel 
caso di godimento abusivo di beni demaniali, mai 

� potr�bbe. l'Amministrazione determinare con l'ingiunzione 
il credito da risarcimento e pretenderne 
il pagamento. 

Orbene, che il credito, di cui si discute, ab'bia 
natura risarcitoria non sembra dubbio alla Corte, 
Mnsiderando che esso trova la sua causa nel godimento 
abusivo del bene, e non gi� dell'uso eccezionale 
di esso, il quale ha per necessario presupposto 
un atto di concessione: onde non pu� contestarsi 
la competenza-giurisdizione del giudice ordinario 

'e stabilirne. l'ammontare, come la stessa Ammininistrazione 
:finisce col riconoscere, ammettendo che, 
in via di opposizione, possa sempre l'ingiunto contestare 
davanti il giudice ordinario sia l'an che il 
quantum debeatur. 

Per contro, l'enunciazione, contenuta nella sentenza, 
deve subire un temperamento, in conformit� 
della costante giurisprudenza di questa Corte, 

aderente ai principi che reggono le concessioni di 
beni demaniali: e ci� nel senso che se una concessione 
sia stata rilasciata e sia poi venuta a scadenza, 
ed il concessionario abbia contgmato :nelgqdimento 
del bene, l'Amministrazione possa esigere con la 
procedura ingiuntiva il risarcimento del danno, 
commisurandolo al canone pattuito, salvo sempre 
la prova da parte sua dell'esistenza di un eventuale 
maggiore danno, analogamente a quanto stabilisce 
per le locazioni l'art. 1591 O.e. � 

Nel caso di specie, per�, un atto di concessione 
non ha mai disciplinato i rapporti tra l'Amministrazione 
demaniale e la �Cave Reno �; e perci� il credito 
risarcitorio, privo del necessario antecedente 
per procedere alla sua concreta, automatica liquidazione, 
pu� essere fatto valere dall'Amministrazione 
soltanto attraverso le ordinarie vie processuali. 


In contrario non vale obbiettare che sarebbe pur 
sempre un provento del bene demaniale, riscuotibile 
con la procedura privilegiata, quello derivante 
dall'abusiva occupazione, perch� per provento 
deve intendersi il corrispettivo versato dall'utente 
dello Stato per l'uso temporaneo ed eccezionale 
del bene, mentre, come si � gi� accennato 
ed a prescindere da altre ragioni, nel caso 
di specie difetta la concessione e difetta la possi 
bilit� di commisurare al canone l'entit� del risarcimento. 


Neppure giova richiamarsi al principio dell'autotutela, 
spettante all'Amministrazione sui beni demaniali, 
ed al potere di autoaccertarsi propri crediti, 
che in linea generale deve esserle riconosciuto, 
facendo specifico riferimento all'articolo 823 O.e., 
perch� codesto articolo regola, accanto alla ordinaria 
tutela giurisdizionale, null'altro che i poteri 
di polizia demaniale, cio� l'attivit� che l'Amministrazione 
pu� svolgere per garantire l'integrit� 
materiale dei beni ed il diritto di propriet� pubblica 
su di essi, con la possibilit� di accertare mediante 
verbale di contravvenzione qualunque arbitraria 
occupazione o modificazione e di farla cessare con 
ordini immediatamente esecutori, e non il potere 
di autoliquidare il credito da risarcimento eventualmente 
conseguente a siffatti abusivi comportamenti. 


Ne, infine, un principio generale in materia di 
crediti della specie ora enunciata esigibili con la 
procedura ingiuntiva pu� ravvisarsi nell'art. 17 
del Testo unico n. 1775 del 1933 sulle acque e .sugli 
impianti elettrici, che detta le norme per la regolarizzazione 
delle utenze abusive, in via di sanatoria, 
sottoponendo allo stesso trattamento anche 
le utenze provvisorie e ci� per le ragioni egregiamente 
adotte nella sentenza impugnata, che si 
appuntano sul rilievo che il bene tutelato � l'acqua 
pubblica e non il suolo demaniale, e che il canone 
delle utenze idrauliche � stabilito in misura fissa, 
ragguagliato a misure unitarie di capacit�.e di forza 
motrice, onde all'Amministrazione non � concesso �alcun 
margine di discrezionalit� nel liquidarlo in 
via di sanatoria e a titolo di risarcimento quando 
l'utente, all'uopo diffidato, non provveda a uniformare 
alla legge la :propria posizione. 


-122 


Contro la sentenza � stato dall'Amministrazione 
interposto ricorso per Oassazione per i motivi che 
riportiamo qui appresso;. 

Violazion~ e falsa applicazione degli artt. 1,2, 3, 
4 e segg. del Testo unico 14 aprile 1910, n. 639 in 
relazione all'art. 360 n. 3 C.p.c. 

L'ingiunzione amministrativa o fiscale, regolata 
istituzionalmente dal Testo unico 14 aprile1910, 

n. 639, � l'atto formale di un procedimento monitorio 
sui gen�ris, apprestato per la sollecita riscos-� 
sione delle entrate patrimoniali dello Stato e di 
altri enti pubblici e applicabile � anche ai proventi 
del demanio pubblico� e dei pubblici servizi esercitati 
dallo Stato e dagli enti sopra menzionati�. 
Essa � una estrinsecazione del potere di supremazia 
dello Stato e di detti enti ed ilprincipio della sua 
esecutoriet� si giustifica, sotto il profilo politico, 
con la ragione dei fini di necessaria utilit� generale, 
perseguiti dalla Pubblica Amministrazione; sotto 
il profilo giuridico, con la presunzione di legitti'
mit� che assiste gli atti della medesima. 

Deriva da ci� che la ingiunzione pu�,prescindere 
dalla precostituzione di un titolo e dalla preventiva 
dichiarazione di legittimit� della corrispondente 
pretesa della P. A. � 

Cos� inquadrata, l'ingiunzione cumula in s� le 
caratteristiche del titolo esecutivo stragiudiziale e 
del precetto, di guisa che la opposizione del debibitore 
costituisce domanda giudiziale ed apre e 
introduce un ordinario processo di cognizione avente 
fondamentalmente per oggetto l'azione volta a 

� contestare l'esistenza o la legittimit� della pretesa 
della Pubblica Amministrazione,. con la conseguenza 
che si invert� la posizione processuale e 
l'intimato opponente diventa attore, mentre l'Amministrazione 
creditrice assume la veste di convenuta. 


Gli esposti principi si desumono da una copiosa 
giurisprudenza della Corte Suprema, le cui pronunce 
pi� recenti e pi� perspicue sono, oltre alle 
sentenze delle Sezioni Unite 19 aprile 1955, n. 1079 
(in Giust. Oiv. 1955, 88 e in Foro Ital. 1955, I, .810) 
e 6 febbraio 1959, n. 381 (in Giust. Oiv. 1959, I, 
1094), le sentenze 10 ottobre-18 dicembre 1956, 

n. 4453 (Oascianelli contro Amministrazione Demaniale 
dello Stato, in Riv. dir. fin. 1957, II, 128), 
7 marzo 1959, n. 683 (in .Giur. Ital. 1959, I, 1, 517), 
31 marzo 1959, n. 954 (in Foro Ital. 1959, I, 1433). 
Allontanandosi dai predetti insegnamenti, la 
Corte di Appello di 'Bologna ha ritenuto essenzialmente 
che �il titolo su cui si fonda il credito della 
Amministrazione, quando essa lo esiga mediante ingiunzione, 
non pu� essere rappresentato dallo stesso 
atto ingiuntivo, ma deve avere sempre una fonte 
negoziale: talch�, nel caso di godimento abusivo di 
beni demaniali, mai potrebbe la Amministrazione 
determinare con l'ingiunzione il credito da risarci


. mento e pretenderne il pagamento �, a meno che 
�una concessione sfa stata rilasciata e sia poi venuta 
a scadenza, ed il concessionario abbia continuato 
nel godimento del bene�. Solo in quest'ultima 
ipotesi (che non si � verificata nella fattispecie 

di causa), la Amministrazione potrebbe -sempre 

secondo la Corte di Appello -esigere con la pro


cedura ingiuntiva il risarcimento del danno, com


misurandolo al canone pattuito, ~llilvo sempre la 

prova da parte sua dell'esistenza di un eventuale 

maggior danno, analogamente a quanto stabilisce 

per le locazioni l'art. 1591 O.e. 

In ogni altro caso �il credito risarcitorio, privo 

del necessario antecedente per procedere alla sua 

concreta, automatica liquidazione, pu� essere fatto 

valere dalla Amministrazione soltanto attraverso le 

ordinarie vie processuali�. 

Siffatte statuizioni violano �i p�'incipi giuridici 
. che, come si � sopra detto, giustificano il pro<'edimento 
d'ingiunzione fiscale. 

� Se questo procedimento � apprestato, per la 

sollecita riscossione delle entrate patrimoniali e dei 

proventi del demanio pubblico, dello Stato e di 

altri enti pubblici; ed in vista di tale sollecita 

riscossione prescinde dalla precostituzione di un 

titolo, rappresentando, la pretesa della P. A., ri


vestita delle forme della ingiunzione fiscale, il titolo 

esecutivo stragiudiziale ed il precetto; pare chiaro 

che, accettando le affermazioni della Corte di Ap


pello, si finirebbe con lo svuotare di significato e di 

effetto, e quindi di funzionalit�, l'apposito stru


mento (ingiunzione) accordato alla P. A. proprio 

perch� tale. 

Si tenga presente, da un lato, l'entit� del patri


monio, del demanio pubblico, dei servizi pubblici, 

di cui sono titolari lo Stato ed altri importanti enti 

pubblici; e si considerino, dall'altro lato, le innu


merevoli ipotesi di posizioni abusive o semplice


mente irregolari in cui vengono a trovarsi, dolosa


mente o colposamente o anche senza colpa, i pri


vati cittadini in ordine a detti beni e servizi. Si 

avr�, in tal modo, una ampia gamma delle pi� 

rilevanti esigenze a cui deve sopperire la Pubblica 

Amministrazione con il predisposto agile strumento 

politico-giuridico dell'ingiunzione amministrativa 

o fiscale di pagamento. 
Se l'operativit�, la funzionalit� di siffatto stru


mento, accordato -giova ripeterlo ..:._ alla Pub


blica Amministrazione perch� tale, dovessero essere 

negate, in via di principio, ogni qualvolta non sia 

stato precostituito il titolo negoziale o giudiziale, e 

quindi proprio quando l'esigenza, di determinare e � 

riscuotere l'entrata o il provento, diviene pi� pre


ssante per la P. A., le norme del Testo unico 

de:t 1910 non avrebbero alcun senso concreto e mal 

si comprenderebbero l'importanza e la vitalit� che 

sempre, finora, sono state ad esse riconosciute in 

campo giurisprudenziale e dottrinale e nello stesso 

campo legislativo e regolamentare. 

N� si potrebbe obiettare che, accogliendo la teei 

della legittimit� dell'esercizio del potere di autoac


certamento e di ingiunzione della P. A., si vulnera 

il principio sancito dell'art. 474 C.p.c. e si pregiu


dica il corrispondente diritto deU'ip.t~:i:nato a non 

subire esecuzioni forzate se non �in virt�_di_un 

titolo esecutivo per un diritto certo, liquido el 

esigibile �. 

Siffatta obiezione non sarebbe valida, da un 
canto, perch�, secondo la costante giurisprudenza 


-123 


della Corte Suprema, il procedimento regolato dal 
Testo unico del 1910 � un procedimento monitorio 
sui generis, autonomo rispetto alle norme generali 
del codice di rito (Cass. 22 aprile 1953, Finanze 
contro Comune di Mese, in Riv. leg. fisc. 1953, 791; 
Cassazione, 17 luglio 1953, Sportelli contro Finanze, 
in Riv. leg. fisc. 1953, 1106; e successive sentenze 
avanti citate); dall'altro perch�, 11ttraverso l'opposizione 
dell'intimato, prevista negli art. 3 e 4 
dello stesso Testo unico, il privato ha la facolt�, 
sia pure assoggettandosi all'inversione del normale 
onere di prova, di neutralizzare (con l� sospensione) 
e, se del caso, eliminare la esecutoriet� e la presunzione 
di legittimit� che assiste la pretesa (racchiusa 
nell'ingiunzione fiscale) della P. A., introducendo 
un procedimento cognitor�o analogo a quello dell'opposizione 
a precetto di cui all'art. 615 primo 
comma C.p.c. 

In tal caso, il giudice adito non deve limitarsi ad 
esercitare un mero sindacato di� legittimit� e di 
annullamento dell'ingiunzione fiscale, ma deve 
conoscere del rapporto o della situazione giuridica 
dalla quale traggono origine le contrapposte pretese 
delle parti, e decidere, in conseguenza, nel merito. 

In altre parole, il giudice deve, nell'ipotesi considerata, 
giudicare, nel merito, sull'esisten~ e sull'ammontare 
del credito della P. A., derivante 
dalla situazione o dal rapporto giuridico realmente 
intercorso o intercorrente fra la P.� A. e il privato. 

Che questo giudizio di cognizione si debba svolgere 
con ampiezza, anche al di fuori �delle mere ed 
inesatte enunciazioni o definizioni form11li contenute 
nell'atto ingiunzionale, � insegnamento che si ricava 
dalla motivazione della sentenza 7marzo1959 

n. 683 (Giur. It. 1959, I, 1, 517) della II sezione 
civile della Corte Suprema, e dalla sen.tenza 10 ottobre-
18 dicembre 1956, n. 4453 della Prima sezione 
(Riv. dir. fin., 1957, II, 128). 
II) Violazione e falsa applicazione dell'art. 823 
O.e., delle norme del Testo unico 14 aprile 1910, 

n. 639, citate nel primo mezzo, e dei principi generali 
di diritto sulla condizione giuridica del demanio 
pubblico e sui correlativi poteri della P. A. 
Il tutto denunziato ai sensi dell'art. 360 n. 3 e 5 
C.p.c. 
La Corte di Appello di Bologna ha ritenuto di 
escludere il potere di autoaccertamento del credito 
derivante dalla abusiva occupazione di un bene 
demaniale, sostenendo che tale credito, per la sua 
natura risarcitoria, non potrebbe essere accertato, 
in ordine all'an e in ordine al quantum, che dalla 
Autorit� Giudiziaria. 

In tal modo la Corte ha violato il principio giu


ridico racchiuso nell'art. 823 O.e. ed in genere i 

principi generali di diritto sulla condizione giuridica 

ael demanio pubblico e sui correlativi poteri della 

Amministrazione dello Stato. 

Deve rilevarsi, infatti, che la particolare natura 
di un bene demaniale, occupato senza titolo, legittima 
il potere di autoaccertamento dell'Amministrazione, 
essendo tale accertamento diretto a determinare 
il corrispettivo dovuto dal privato per 
l'uso particolare, senza titolo, del bene demaniale. 

In altri termini, ilprivato, occupando senza titolo 
il bene demaniale, viene con ci� stesso a sottoporsi 
al potere che � devoluto all'Amministrazione in 
relazione alla natura del bene, �, pertanto, non pu� 
d'llersi della determinazione fatta dalla st�ssa .Amministrazione 
in ordine alla entit� della pubblica 
entrata che deve corrispondere all'uso particolare 
del bene stesso. 

E ci�, senza dire che una parte autorevole della 
dottrina ha addirittura riconosciuto natura tributaria 
al provento d:erivante dall'uso del bene demaniale. 


D'altra parte, deve considerarsi che,' come l'Amministrazione 
ha il potere di estromettere manu 
militari, e senza ricorrere al. giudice, l'occupante 
abusivo del bene demaniale, cos� essa pu� reintegrarsi, 
con �suo provvedimento, di quelle entrate 
di diritto pubblico connesse all'uso particolare del 
bene demaniale e delle quali � stata privata per il 
fatto materiale dell'abusivo occupante. 

N� potrebbe obiettarsi che la lettera dell'art. 823 

e.e. osterebbe a tale interpretazione del potere di 
autotutela, sia perch� in effetti il testo della norma 
non esclude in alcun modo una lata applicazione 
del principio di autotutela, sia perch� la norma 
stessa sembra piuttosto diretta ad affermare la 
facolt� dell'Amministrazione di rivolgersi anche alla 
autorit� giudiziaria per la tutela dei beni demaniali, 
che non a concedere la menzionata potest� di autotutela, 
potest� insita nella natura stessa del demanio. 
Per modo che si potrebbe affermare che l'autoaccertamento 
del credito, derivante dalla abusiva 
occupazione del bene demaniale, trova essenzialmente 
la sua causa non in una pretesa risarcitoria, 
ma nella estrinsecazione della potest� pubblicistica, 
demandata esclusivamente alla Amministrazione, di 
consentire l'uso particolare del bene demaniale 
stesso e di determinare la pubblica entrata che da 
tale uso obbiett.ivamente deriva. 

SEQUESTRO -Sequestro conservativo -Procedimento 
civile -Conversione di sequestro conservativo in 
pignoramento -Decisioni della Corte dei' Conti Termine 
per il deposito della sentenza esecuti':'a di 
condanna. (Tribunale di Tempio Pausania, 17 giugno 
1960 -Pres.: Mereu; Est.: Quidaciolu -Pisotti c. 
Finanze). 

�Ai fini della conversione in pignoramento del 
sequestro conservativo disposto dal Presidente 
della Sezione giurisdizionale della Corte dei Conti 
ai sensi dell'art. 48 del regolamento di procedura 
il termine previsto dall'art. 156 disp. att. O.p.c. 
non decorre dalla data di pubblicazione della decisione 
bens� dalla data della trasmissione di 
quest'ultima da parte del Segretario della Sezione 
al Procuratore Generale�. �� � 

La sentenza del Tribunale di Tempio, ha nel 
modo pi� retto e conforme al diritto, giudicato 
su di una questione la cui dolicatezza appare evidente 


,_ 124 


poich� con�e'i'netJ,te il tema della ese��zione delle de


cisi-ani della Oorte dei Oonti. 

Ed 'invero, l'art. 156 disp. att. O.p.c. prescrive che, 

ai fon.i della conversione del provvedimento di se


questro in pignoramento, la sentenza esecuti1Ja ven


ga depositata presso la Oancelleria del Giudice com


petente per l'esec'ltzione nel termine di giorni 30 

(adesso elevato a 60 dalla legge 28 aprUe 1959, 

n. 275, che non si applica peraltro al caso deciso 
perch� entrata in vigore il 4 giugno 1959) dalla sua 
comunicazione, non gi� dalla sua pubblicazione. 
Ora la comunicazione, ai sensi dell'art. 133 d.p.c., 
�onsiste nel biglietto di Oancelleria col quale il Oancelliere 
cornunica alle parti costituite l'avvenuta pub~ 
blicazione della sentenza: perfettamente distinti, quindi 
i due momenti processiuHi della pubblicazione (devosito, 
per la sentenza del giudice civile -lettura 
pubblica, per la ~entenza della Corte dei Oonti) e 
della comunicazione. 

Ed un parallelo potrebbe, a dire il vero, essere 
fatto fra la comunicazione della sentenza� come prevista 
dall'art. 133 O.p.c. e la trasmissione della decisione 
(art. 24 lo comma 'Reg. di procedura per i 
giudizi innanzi alla O orte dei �Oonti, approvato con 

R. D. 13 agosto 1933, n. 1038) al Procuratore Generale 
rappresentante dell'Amministrazione. Quindi, 
non gi� dalla data della pubblioazione della decisione 
d�lla Oorte dei Oonti mediante lettura pubblica in 
udienza, ma dalla d,ata appunto della trasmissione, 
da parte del segretario della Oorte, �al Procuratore 
Generale che nei giudizi di responsabilit� rappresenta 
la parte, cio� l'Amministrazione, da quella data, 
ripetesi, prende decorrenza il termine di cui all'articolo 
156 disp. att. O;p.c. 
E f or.se, potr�bbe anche osservarsi che alla comunicazione 
di cui parla l'art. 156 pi� volte citato �corrisponde, 
nei giudizi innanzi alla Oorte dei Oonti, 
un momento processuale ancora successivo� rispetto �a 
quello, indic�to sopra, della trasmissione della sentenza 
dal Segretario della Sezione al Pro�uratore Generale,
e cio� precisamente� quello dell'invio della sentenza 
in forma esecutiva da pa_rte del Procuratore 
Generale all'Amministrazione interessata (secondo 
comma dell'art. 24 R. D. 13 agosto 1933, n. 1038): 
� q�esto infatti il vero momento in cui l',Am


ministrazione (parte) viene a conoscenza delta sen~ 

tenza. 

Decisiva, a favore della nostra tesi, ci appare 

l'argomentazione seguente: potrebbe scorgersi, per 

vero, uria �comunicazione � delle sen�enze della Oorte 

dei Oonti; proprio questo termine -comunicazione 

-adopera la legge, all'art. 1 R. D. 5 settembre 1909; 

n. 776, nel qualificare il morrtento dell'invio della decisione 
in forma esecutiva da parte del Procuratore 
Generale all'Amministrazione interessata per l'esecuzione. 
Art. 1: �Appena ricevute, a norm� dello 
art. 47 della legge 14 agosto 1882, n. 800 (allora 11.1igente 
sulla Oorte dei Oonti) e dell'art. 664 (adesso 
636) del Regola.me�ii,to s�ull'amministrazione del patrimonio 
e �sulla contabilit� generale dello Stato, le 
comunicazioni in forma esecutiva, delle decisioni, 
le Amministrazioni Oentrali ... ;�. Ed il titolo � appunto 
�.Delle comunicazioni �. 
E il successivo art. 3 recita che �appena avuta 
partecipazi'one delle condanne pronunziate, le Amministrazioni 
ne cureranno la pronta esecuzione ..� �. 

Miglior conferma non potrebbe invero darsi alla 
nostra tesi, che il termine di cui all'art. 156 disp. 
att. O:p.c. decorra da un momento successivo a quello 
della vubblicazione (eoincida, poi, esso con la trasmissione 
il;flla sentenza del Segretario della Sezione .al 
Proeuratore Generale ovvero eon quello, ancora suceessivo, 
dell'inoltro della decisione da quest'ultimo 
organo all'Amministrazione interessata). 

N � varrebbe obiettare, da coloro ehe sostengono che 
il termine �abbia decorrenza dalla pubblieazione della 
decisione, ehe il Proeuratore Generale � l'attore del 
giudizio di responsabilit�; se invero il Procuratore 
Generale tutela nei detti giudizi gli interessi dell'Amministrazione, 
ei� per� non significa ehe Qsso 
sia l'Amministrazione, il che viene limpidamente 
eonfermato dalla norma dell'art. 24 20. comma per 
la quale, onde potersi far luogo all'esecuzione, la 
sentenza deve, a eura del Procuratore Generale, 
essere necessariamente inviata all'Amministrazione. 
Da tal momento l'Amministrazione prende eonoscenza 
ufficiale della emanata sentenza e da questo 
momento, pertanto, prende decorrenza il perentorio 
termine di cui al predetto art. 156. 

lJ.. SINAGRA 


INDICE S I S T E. M A T I C O 
DELLE CONSULTAZIONI 


L.4. FORMUL.4.ZIONE DEL QUESITO NON RIFLETTE IN .4.LOUN MODO L� SOLUZIONE OHE NE � ST�T� D�T� 
AERONAUTICA E AEROMOBILI 

RIFORNIMENTO VIVERI A BORDO DEGLI AEREI. 
Se lAmministrazione possa sottoporre al regime della 
concessione il servizio di approvvigionamento degli aerei 
civili in sosta negli aeroporti italiani, effettuato da privati 
per conto delle Compagnie Aeree, imponendo ai 
concessionari la corresponsione di un canone (n. 9). 

AGRICOLTURA E FORESTE 

PICCOLA PROPRIET� CONTADINA � AGEVOLAZIONI FISCALI. 
Se, per usufruire delle particolari agevolazioni tributarie 
previste dalle leggi a favore della formazione 
della piccola propriet� contadina, le cooperative debbano 
rispondere, oltre che ai requisiti previsti da queste 
leggi particolari, anche a quelli indicati negli artt. 65 
e 66 della legge di registro (n. 25). 

AMMINISTRAZIONE PUBBLICA 

RICOVERO IN MANICOMIO. 
Se l'Amministrazione sia obbligata al pagamento 
delle spese di ricovero in manicomio comune di un alienato 
gi� ricoverato nello stesso manicomio e mai posto 
in stato di arresto, per il periodo intercorrente fra la 
applicazione provvisoria della misura di sicurez~a del 
ricovero in manicomio giudiziario e la indicazione da 
parte dell'Amministrazione degli Istituti di Prevenzione 
e di Pena del manicomio giudiziario che avrebbe 
dovuto ospitarlo, posto che nei confronti dell'alineato 
medesimo sia�stata in un secondo tempo pronunciata 
sentenza di non luogo a procedere per infermit� mentale 

(n. 258). 
ANTICHITA' E BELLE ARTI 

ALIENAZIONE DI SCULTURA DI INTERESSE ARCHEOLOGICO 
1) Se, nel caso di alienazione di una ecultura di interesse 
archeologico, avvenuta prima della guerra in violazione 
del vincolo di notifica, l'Amministrazione possa 
esercitare il diritto di prelazione, pagando il prezzo 
versato dal compratore o debba pagare il prezzo rivalutato 
(n. 44). 

DECRETI DI VINCOLO. 
2) Quali siano le condizioni necessarie per la legittimit� 
dei decreti emanati, ai sensi dell'art. 21 legge 1� 

gi�gno 1939, n. 1089, per l'imposizione dei vincoli 
diretti a salvaguardare l'integrit� delle cose immobili 
soggette alle disposizioni della legge medesima (n. 45). 

TUTELA DELL'AMBIENTE MONUMENTALE. 
3) Se, in base all'art. 5 legge 20 marzo 1865, n. 2248, 
allegato E, il giudice ordinario possa disapplicare il 
provvedimento della Sopraintendenza ai Monumenti per 
la riduzione in pristino di una costruzione effettuata in 
zona vincolata ai sensi dell'art. 21 legge 1� giugno 1939, 

n. 1089, pur non essendo questo stato tempestivamente 
impugnato dall'interessato avanti la competente giurisdizione 
amministrativa (n. 46). 
APPALTO 

APPALTO PUBBLICO -REVISIONE PREZZI. 
Se nei contratti di pubblico appalto possa essere consentita 
l'introduzione di clausole contrattuali per rego� 
lare la revisione dei prezzi in maniera diversa da quella 
tassativamente stabilita �dalle speciali leggi revisionali 

(n. 260). � 
AUTOVEICOLI E AUTOLINEE 

SEGNALAZIONE DI VEICOLO FERMO. 
Se, a norma dell'art. 117 del Codice Stradale, gli autobus 
adibiti all'esercizio di linee urbane debbano essere 
dotati del segnale di veicolo fermo (n. 61). 

AVVOCATI E PROCURATORI 

COSTITUZIONE DI PARTE CIVILE. 
1) Se gli agenti dell'Amministrazione delle Ferrovie 
dello Stato possano costituirsi parte civile nei procedimenti 
penali relativi a fatti comunque connessi con il 
contratto di Trasporto (n. 52). 

RAPPRESENTA~ZA DELL'AVVOCATURA. 
2) Se l'Avvocatura dello Stato possa assumere la 
rappresentanza e difesa in giudizio del Sindaco -quale 
ufficiale di governo -in una controversia che concerna 
la regolarit� e la tenuta dei registri anagrafici (n. 53). 

SOCIET� PER AZIONI � LEGGE 21 GIDGNO 1960 N. 649. _ 
3) Se le societ� per azioni costituite ai sensi dell'art. 1 
legge 21 giugno 1960, n. 649, istitutiva dell'ente di gestione 
per le aziende termali, possano essere rappresentate 
e difese dall'Avvocatura dello Stato (n. 54). 


126 



CACCIA E PESCA 

DEMANIO MARITTIMO E DEMANIO IDRICO � COMPETENZA 
AMMINISTRATIVA IN MATERIA DI PESOA. 

Se, ai fini delle attribuzioni spettanti alla autorit� 
competente in materia di pesca, valga la distinzione fra 
demanio �marittimo e demariio idrico ovvero. la dist�h� 
zione fra acque interne ed acque non interne (n. 18). , 

COMMERCIO 

LIOENZE DI PUBBLICO ESEROIZIO. 
Se possa configurarsi responsabilit� dell'Amministrazione 
di Polizia per la concessione di licenza per un 
esercizio commerciale che il richiedente non possa istituire 
in forza di convenzioni che lo vincolano nei confronti 
di terzi privati (n. 17). 

COMUNI E PROVINCIE 

CANALI DEMANIA� 
1) Se gli enti locali possanq applicare la tassa per 
occupazioni di spazi ed aree pubbliche a carico della 
amministrazione generale dei Canali Cavour per attraversamenti 
di strade provinciali mediante canali demaniali 
(n. 89). 

GESTIONE INA-CAsA -TASSA PER .LICENZA DI ABITABILIT�. 


2) Se la tassa dovuta ai Comuni pe ottenere la licenza 
di abitabilit� di appartamenti costruiti per conto della 
INA-Casa sia a carico della stazioni appaltanti ovvero 
della Gestione (n. 90). 

IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA. 
3) Se, per le quote del provento complessivo della 
imposta generale sull'entrata attribuite ai Comuni ed 
alle Provincie ai sensi della legge 2 luglio 1952, n. 703 
(art. 1-3 e 4), sussistano i limiti che il potere di aggressione 
dei creditori riceve nei confronti delle somme 
aventi natura e destinazione tributaria (n. 91). 

SINDAOO � RAPPRESENTANZA DELL'AVVOOATURA. 
4) Se l'Avvocatura� dello Stato possa assumere la 
rappresentanza e difesa in giudizio del Sindaco 
quale ufficiale di governo -in una controversia che 
concerna la regolarit� e la tenuta dei registri anagrafici 

(n. 92). 
IND,IGENTI INABILI AL LAVORO. 
5) Se� gli Enti Comunali di Assistenza debbono essere 
tenuti a concorrere nelle spese sostenute dallo Stato per 
il mantenimento degli indigenti inabili al lavoro (n. 93). 

SPESE PER INDIGENTI INABILI AL LAVORO � POTERI DEL 
PREFETTO. 

6) Se nella materia delle spese per il mantenimento 

degli inabili al lavoro sia conferita in via esclusiva al 

Prefetto la potest� di decisione in sede contenziosa am


ministrativa (n. 94). 

. '7) Se ai provvedimenti prefettizi adottati in sede 

contenziosa amministrativa siano applicabile le regole 

della c.d. autotutela (n. 94). 

CONCESSIONI AMMINISTRATIVE 

RIFORNIMENTI VIVERI A BORDO DEGLI AEREI. 
Se l'Ammin.istrazione possa sottoporr~ !:J>l regipie della 
concessione il servizio di approvvigionamento degli aerei 
civili in sosta negli aeroporti italiani effettuato da privati 
per confo delle Compagnie Aeree, imponendo ai concessionari 
la corresponsione di un canone (n. 66). 

CONTAB:(LITA' GENERALE DELLO STATO 

MANDATO DI PAGAMENTO.� p AGAMENTO 
Se l'aver dat� corso, prima della notifica della sentenza 
dichiarativa di fallimento, al pagamento di un 
mandato ad un intestatario dichiarato fallito dopo 
l'emissione del mandato stesso,. integri una responsabilit� 
della Tesoreria nei confronti della curatela del fallimento 
mede~imo (n. 184). 

CONTRABBANDO 

CONFISOA PENALE SU IPOTEOA 
1) Se, per il combinato disposto dell'art. 116, 2� 
comma legge doganale e dell'art. 240, 3� comma C.p.c., 
sia legittima la confisca del mezzo di trasporto che abbia 
servito a� consU:mare il reato di contrabbando, di propriet� 
di persona estranea al reato (n. 35). 
2) Se, il provvedimento di confisca possa produrre.la 
estinzione di un'ipoteca accesa da un terzo estraneo 
sul. peschereccio confiscato in epoca anteriore alla commissione 
del reato (n. 35). 

CONTRIBUTI E FINANZIAMENTI 

. . 

CONTRIBUTO STATALE NEL PAGAMENTO DEGLI INTERESSI 
Se la corresponsione del contributo nel pagamento 
degli interessi, concesso dallo Stato a termini dell'art. 8 
legge 9 maggio 1950, n. 261 e di altre leggi similari 
alle medie �e piccole. industrie che abbiano contratto 
finanziamenti a tasso di favore presso le Sezioni di Credito 
Industriale dei Banchi di Napoli, Si~ilia e Sardegna, 
debba senz'altro cessare nel c�so di dichiarazione di fallimento 
dell'impresa mutuataria; anche dopo l'art. 4 
della legge 30 luglio 1959, n. 623 (n. 40). 

DANNI DI GUERRA 

CONTRIBUTI � REDDITO DEL DANNEGGIATO 
1) Quale sia l'interpretazione da dare all'art. 39 n. 1 
della legge 27 dicembre 1953, n. 968, concernente la 
concessione del contributo di ricostruzione, nel caso 
che il bene danheggiato a seguito di eventi bellici sia. 
di propriet� di una donna sposata e non legalmente 
separata dal marito_ (n. 107). 

LIQUIDAZIONE DI INDENNIZZO . Suoo~~S~ONI. 
2) Se morto ilproprietario di un immobile danneggiatQ 
per fatto di guerra, l'indennizzo debba liquidarsi a 
favore di tutti gli eredi o solo di colui al quale l'immobile 
danneggiato sia stato specificamente assegnato col testamento 
(n. 108). 


-127 


RWOSTRUZIONE 

3) Se i benefici previsti dall'art. 55 della legge 27 
dicembre 1953, n. 968 siano applicabili quando la ricostruzione 
del �bene danneggiato o distrutto � sia avvenuta 
in luogo diverso (n. 109): 

DEMANIO 

BENI DEL CESSATO P. N. F. 
1) Se i beni appartenenti all'ex partito nazionale 
fascista o ad .altri enti i cui beni sono stati acquisiti 
allo Stato, ceduti a norma dell'art. 38 del D.L.Lgt. 
27 luglio 1944, n. 159, possano essere alienati dal cessionario 
(n. 165). 

CANALI DEMANIALI 
2) Se gli enti locali possano applicare la tassa per 
occupazione di spazi ed aree pubbliche a carico della 
amministrazione generale dei Canali Cavour per attraversamenti 
di strade provinciali meP.i~nte canali demaniali 
(n. 166). 

CoMPE~'ENzA AMMIN~STRATIVA IN MATERIA DI PESCA. 
3) Se, ai fini delle attribuzioni spettanti alla autorit� 
competente in materia di pesca, valga la d~stinzione fra 
demanio marittimo e demanio idrico, ovvero la distinzione 
fra !I-eque interne ed acque non interne (n. 167). 

SERVIT� MILITARI 
4) Se possano imporsi servit� militari sulla sede ferroviaria 
e sue dipendenze e, in �generale, su beni den:ianiali 
(n. 168). 

DEPOSITO 

DEPOSITI CAUZIONALI 
1) Se i depositi cauzionali disposti a favore di Amministrazioni 
statali, �omunali, provinciali o .di altri enti 
possano eseguirsi mediante versamento in libretti postali 
presso l'Amministrazione delle PP:TT. (n. 21). 
2) Se, nel caso in cui sia stato eseguito un deposito 
cauzionale presso la Cassa DD.PP., e successivamente 
il depositante abbia versato !a stessa somma oggetto 
del deposito in un libretto postale presso l'Amministrazione 
delle PP.TT., la Cassa DD.PP. sia tenuta alla 
restituzione della somma presso di essa depositata (n. 
21). 

EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE 

GESTIONE INA-CASA -TASSA PER LICENZA DI ABITABILIT�. 


I) Se la tassa dovuta ai Comuni per ottenere la licenza 
di abitabilit� di appartamenti costruiti per conto 
dell'INA-CASA sia a carico delle stazioni appaltanti 
ovvero della Gestione (n. 119). 

ELETTRICITA' 

CASSA PER IL MEZZOGIORNO -ESENZIONE IMPOSTA 
ENERGIA ELETTRICA.. 

Se la quota fissa di abbonamento corrisposta dalla 
Cassa per il Mezzogiorno ai sensi del primo comma 
dell'art. 26 e dell'art. 31 della legge 29 luglio 1957, 

n. 634 possa ritenersi comprensiva anche dell'onere 
derivante dalla rivalsa per il pagamento della imposta 
sulla energia elettrica (n. 3). 
ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA. UTILIT� 

INDENNIT� 
1) Se, nell'ipotesi in cui l'indennit� di espropriazione 
veU:ga determinata, con sentenza passata �in giudicato, 
in ammontare inferiore a quello depositato presso la 
Cassa Depositi e Prestiti, sia necessarip un decreto del 
Prefetto per la restituzione all'espropriante della parte 
eccedente (n. 166). 2) 
Se possa procedersi senz'altro alla restituzione 
dell'eccedenza nel caso in cui la riduzione dell'indennit� 
sia stata concordata con un atto di transazione (n. 166). 


OccuPAZIONE D'URGENZA. 
3) Se, ai sensi dell'art: 23 quarto comma della legge 
28 febbraio 1949 n. 43, il mancato inizio dei lavori 
entro un anno dall'occupazione temporanea� dia al propriet11rio 
il diritto alla retrocessione dell'area (n. 167). 
4) Se, ove si sia proceduto all'espropriazione pur dopo 
l'inutile decorso del termine annuale dall'occupazione 
di urgenza, decorra dal decreto di espropriazione un 
nuovo termine annuale per l'inizio dei lavori (n. 167). 


FALLIMENTO 
MANDATO 
1) Se il fallimento scioglie il rapporto di mandato anche 
in caso di mandato irrevocabile (n. 64). 


MANDATO DI PAG.A,MENTO -PAGAMENTO 
2) Se l'aver dato corso, prima della notifica della 
sentenza dichiarativa di �fallimento, al pagamento di 
un mandato ad un intestatario dichiarato fallito dopo 
l'emissione del mandato stesso, integri una responsabilit� 
della Tesoreria nei confronti delia curatela del 
.fallimento medesimo (n. 65). 

FERROVIE 

ATTI NOTORI 
1) Se un atto notorio possa ritenersi sufficiente a 
provare la permanenza in servizio alla data del 23 
marzo 1939 ai fini. dell'applicazione dei benefici di carriera 
previsti dall'art. 198 dello Stato Giuridico del personale 
delle Ferrovie dello Stato (n. 322). 


AGENTI DELL'AMMINISTRAZIONE F.S. -COSTITUZIONE 
DI PARTE CIVILE 

2) Se gli agenti dell'Arnm.inistrazione delle Ferrovie 
dello Stato possano costituirsi parte civile nei procedin;
i.enti penali relativi a fatti comunque connessi'.con il 
contratto di trasporto (n. 323). 

DIPENDENTI FERROVIARI -CONFERIMENTO FUNZIONI 

SUPERIORI 

3) Se sia legittimo .il conferimento di funzioni supe-


riori con decorrenza retroattiva (non anteriore al 1� 

maggio 1958) nei confronti di dipendenti" i cui posti 

di lavoro siano stati classificati in base al nuovo Stato 

Giuridico di qualifica superiore a quella rivestita (n. 324). 


128 


DIPENDENTI FERROVIARI � �ONCORSI INTERNI 
4) Se l'.Amministraz�one Ferroviaria per la predisposizione 
di un bando di concorso interno alla qualifica 
di Capo�Tecnico debba adottare una graduatoria unica 

o tante particolari graduatorie quante sono le specialit� 
interessate (325). 
DIPENDENTI FERROVIARI -LEGGE 705/1960. 
5) Se i dipendenti ferroviari rivestiti della qualifica 
di Segretario, quali vincitori di concorso pubblico, e 
gi� in servizio presso le F.S., anteriormente al 1� luglio 
1956, con la qualffica di Conduttore o Aiuto Macchinista 
possano ottenere l'ammissione anticipata agli scrutini 
di avanzament� alla qualifica di Segretario Principale 

(n. 326). 
DIPENDENTI FERROVIARI � SANZIONI DISCIPLINARI. 
6) Se sia legittimo il provvedimento col quale viene 
inflitta una sanzione disciplinare in base a norme regolamentari 
emanate in epoca posteriore a quella nella 
quale furono commessi i fatti addebitati (n. 327). 

p ASSAGGI A LIVELLO CON SEGNALI LUMINOSI STRADALI. 
7) Quali accorgimenti debbano essere adottati nel 
caso di guasto ai segnali luminosi di passaggi a livello 
manovrati a distanza, i cui segnali acustici siano stati 
attenuati (n. 328). 

PASSAGGI A LIVELLO PRIVATI. 
8) Se l'Amministrazione dei Trasporti abbia la facolt� 
di predisporre un'idonea disciplina per i passaggi 
a livello privati, comrninando eventualmente, in caso 
di inosservanza, la chiusura del passaggio (n. 329). 

'TRASPORTO MERCI � SCARICO PARZIALE. 
9) Se, in base alla norma degli artt. 56 lettera C, 
e 58, lettera C, delle vigenti Condizioni e Tariffe per il 
trasporto delle cose, nella ipotesi di scarico parziale 
dei trasporti a carro nelle stazioni intermedie (appendice 
n. 8 delle CC. e TT.), possa il mittente proporre 
reclamo alla stazione di partenza, anche dopo l'avvenuto 
svincolo da parte del destinatario (n. 330). 

IDROCARBURI 
RICERCHE 
Se la disposizione dell'art. 14 legge 11 gennaio 1957, 

n. 6 -'per la quale il titolare di un permesso di ricerca 
di idrocarburi, in sede di ottenimento della concessione 
di coltivazione, � tenuto a rilasciare allo Stato una fascia 
continua, adiacente al perimetro della concessione stessa, 
la cui larghezza varia da km. 1 a 500 metri -sia derogabile 
nell'ipotesi in cui, stante la limitata estensione dell'area 
del permesso di ricerca, la superficie della fascia 
riservata allo Stato, verrebbe ad essere maggiore della 
estensione dell'area della concessione di coltivazione 
(n. 1). 
IMPIEGO PUBBLICO 

DIPENDENTE PUBBLICO � COMANDO COME AUTISTA PRESSO 
LA GESTIONE IN.A-CASA. 

Se, a seguito di incidente automobilistico causato da 
un dipendente dell'Amministrazione, comandato come 
autista presso la Gestione IN.A-Casa, questa possa 

richiedere la rivalsa per i danni suoiti all'.Amministrazione 
dalla quale l'autista dipende gerarchicamente 

(n. 525). 
IMPORT.AZIONE -ESPORTAZIONE 

RECUPERO MAGGIOR ONERE ESPORTAZIONE PRODOTTI 
PETROLIFERI 

1) Se al recupero del maggior onere previsto dallo 
art. 1 D.L. 2 novembre 1956, n. � 1267, debba applicarsi 
la prescrizione quinquennale prevista dall'art. 19 
legge 28 febbraio 1939, n. 334 (n. 23). 

2) Se. la prescrizione decorra dalla data della bolletta 
di esportazione ovvero dalla data di comunicazione alla 
.Amministrazione della media mensile dei rimborsi da 
parte del C.I.P. (n. 23). 

IMPOSTA DI REGISTRO 

.AGEVOLAZIONI FISCALI � CONTRATTI DI APPALTO. 
1) Se siano applicabili le agevolazioni fiscali di cui 
all'art. 24 T.U. 10 novembre 1905, n. �647 per la registra-� 
zione di contratti di appalto di lavori per la esecuzione 
di opere di bonifica (n. 175). 
2) Se siano applicabili le agevolazioni fiscali di cui 
all'art. 24 T.U. 10 novembre 1905, n. 647 per la registrazione 
di contratti di appalto di lavori di manutenzione 
di opere di bonifica (n. 175). 

p ATTO DI RISCATTO. 
3) Se, nel.caso di vendita con patto di riscatto, possa 
applicarsi l'art. 8 della tariffa allegato A alla legge di 
registro, quando il riscatto avvenga in un termine non 
previsto dall'originario contratto di compravendita 

(n. 176). 
PICCOLA PROPRIET� CONTADINA -.AGEVOLAZIONI FISCALI. 
4) Se, per usufruire delle particolari agevolazioni 
tributarie previste dalle leggi a favore della formazione 
della piccola propriet� contadina, le cooperative debbano 
rispondere, oltre che ai requisiti previsti da queste leggi 
particolari, anche a quelle indicate negli artt. 65 e 66 
della legge di registro (n. 177). 

PROMESSE DI VENDITA. 
5) Se e,,come siano tassabili le promesse di vendita, 
non contenenti l'accordo sulla cosa e sul prezzo, aventi, 
cio�, efficacia meramente obbligatoria (n. 178). 

SPESE DI LITE. 
6) Se, ai sensi dell'art. 148 della legge di registro, 
l'.Amministrazione finanziaria possa essere condannata 
al pagamento delle spese di lite anche quando sia mancata 
del tutto la domanda in via amministrativa, sempre � 
che la causa sia passata in decisione dopo il decorso 
di almeno 90 giorni dalla domanda giudiziale (n:. 179). 

IMPOSTA DI CONSUMQ. 

COSTRUZIONE DI STRADE STAT.ALI. 
1) Se l'esenzione sulla imposta di consumo di cui 
all'art. 1 R.D.L. 28 maggio 1942, n. 710, sui materiali 
impiegati nelle costruzioni edilizie eseguite a totale 


-129


spesa delle Anuninistrazioni dello Stato, possa estenders~ 
anche ai materiali per la costruzione di strade statali 

(n. 9). 
REGIONE SICILIANA. 
2) Se nel territorio della Regione Siciliana sia applicabile 
la legge nazio~ale 2 febbraio 1960, n. 35, c'he 
disponendo agevolazioni tributarie in materia di edilizia 
prevede una riduzione dell'imposta di consumo sui 
materiali da costruzione, mentre la precedente legge 

regionale 18 ottobre 1959, n. 37, (prorogata con legge 
12 novembre 1959, n. 29) prevedeva l'esenzione totale 
da �detta imposta (n. 10). 

I.G.E. 
ESENZIONE A FAVORE DELL'E.N.I. 
1) Se la esenzione tributaria disposta dall'art. 26. 
cpv. legge IO febbraio 1953, n. 136, istitutiva d�ll'E.N.I, 
(Ente Nazionale Idrocarburi) competa anche per l'I.G.E. 
quando questa imposta gravi su soggetti diversi dall'E. 
N.I., ed ancorch� questo sia tenuto alla rivalsa (n. 93). 

COMUNI E PROVINCIE. 

2)�Se, per le quote del provento complessivo della 
imposta generale~suil'�ntrata attribuite ai Comuni ed 
alle Provincie ai sensi della legge 2 luglio 1952, n. 703 
(art. 1 -3 e 4) sussistano i limiti che il potere di aggressione 
dei �creditori riceve nei confronti delle somme 
aventi natura e destinazione tributaria (n. 94). 

IMPOSTE E TASSE 

IMPOSTA SULLA PUBBLICIT� 

1) Se siano soggette a denunzia e all'obbligo del pagamento 
trimestrale dell'imposta sulla pubblicit�, le 
vignette pubblicitarie stampate per conto di alcune 
ditte produttrici di succedanei del caff� sulle bottiglie 
adoperate dalle Centrali del latte per la distribuzione 
di quest'ultimo prodotto agli spacci (n. 344)). 

IMPOSTA SUGLI OLII MINERALI -BUONI SPECIALI DI 
BENZINA. 

2) Se, per la configurazione del reato previsto dallo 
art. 12-bis della legge 2 luglio 1957, n. 474, sia condizione 
indispensabile l'aver adoperato mezzi jraU<iolenti per 
venire in possesso dei buoni speciali di benzina (n. 345). 

IMPOSTA SUGLI SPETTACOLI. 

3) Se le somme versate da una Societ� a favore del 
proprio Grupi;io Sportivo siano soggette alla tassazione 
prevista dall'art. 12 del R.D. 30 dicembre 1923, n. 3276 

(n. 346). 
LOCAZIONI 

' 

1) Se icontratti relativi agli immobili di cui � locataria 
l'Amministrazione ferroviaria per uso di ufficio, autorimesse 
o� magazzini possano considerarsi prorogati sino 
al 31 dicembre 1964 (n. 112). 

REGIME VINCOLISTICO DELLE LOCAZIONI -LEGGE 30 SET� 
TEMBRE. 1961, N. 975. 

2) Se la legge 30 settembre 1961, n. 975, che ha stabilito 
per il periodo 1 ottobre-31 dicembre 1~6.1 un aumento 
di canone del 50%, debba interpretarsi nel senso 
che tale misura di aumento debba essere calcolata sul 
canone dovuto al 31 dicembre 1960 oppure su quello 
dovuto al 30 settembre 1961 (n ..113). 

LOTTO E LOTTERIE 

GESTORI DEL LOTTO 
Se sia legittima la richiesta dei gestori delle riceV:itorie 
del lotto per la corresponsione della quota d'aggio spettante 
per la settimana di sciopero effettuato dal personale 
fin�nziario (n. 16). 

MANDATO 

FALLIMENTO 
Se il fallimento scioglie il rapporto di mandato anche 
in caso di mandato irrevocabile (n. 7). 

MATRIMONIO 

PENSIONE DI RIVERSIBILIT�. 
l) Se spetti la pensione privilegiata ordinaria indiretta 
a madre di militare defunto che sia passata a 
second� matrimonio, soltanto col rito religioso, senza 
pubblicazioni presso l'Ufficio di Statb Civile (n. 15). 

MEZZOGIORNO 

CASSA PER IL MEZZOGIORNO �' ESENZIONE ENERGIA 
ELETTRICA. 

Se la quota fissa di abbonamento corrisposta dalla 
Cassa per il Mezzogiorno ai sensi del primo comma dello 
art. 26 e dell'art. 31 della legge 29 luglio 1957, n. 634 
possa ritenersi comprensiva anche dell'onere derivante 
dalla rivalsa per il pagamento della imposta sulla energia 
elettrica (n. 19). 

NOTAIO 

ATTI NOTORI. 
Se un atto notorio possa ritenersi sufficiente a provare 
la permanenza in servizio alla data del 23 marzo 1939 
ai fin~ dell'applicazione dei benefici di carriera previsti 
dall'art. 198 dello Stato Giuridico del personale delle 
Ferrovie dello Stato (n. 10). 

NOTIFICAZIONE 

PERSONE RESIDENTI NEI TERRITORI CEDUTI ALLA. JUGQ~ 
SLAVIA O NELLA ZONA B. 

1) Se per le notificazioni a persone residenti nei territoi 
definitivamente ceduti alla Jugoslavia debba applicarsi 
la procedura di cui all'art. 142 C.p.c. (n. 17). 


._ 1:30 


2) Se per le notificazioni a persone residenti nella 
Zona ex B del territorio libero di Trieste debba applicarsi 
la procedura di cui all'art. 142 C.p.c. o quella di 
cui all'art, 143 C.p.c. (n. 17). � 

PENSIONI 

. PENEjIONE DI RIVERSIBILIT� -MATRIMONIO RELIGIOSO. 
1) Se spetti la pensione privilegiata ordinaria indiretta 
a madre di militare defunto che sia passata a secondo 
matrimonio, soltanto con il rito religioso, senza pubblicazioni 
presso l'Ufficio di Stato Civile (n. 102). 

PENSIONE DI RIVERSIBILIT� -ORFANE NUBILI MAGGIORENNI 
E SORELLE NUBILI MAGGIORENNI. 

2) Se siano cumul~bili; nei confronti di un'orfana 

nubile e maggiorenne di dipendente statale che sia anche 

sorella di ex dipendente statale deceduto e si trovi nelle 

condizioni di inabilit� e di nullatenenza previste dalla 

legge, i trattamenti di pensione liquidatile nelle due 

diverse qualit� in base alla legge 15 febbraio 1958, 

n. 46, sempre che l'importo di ciascuno di essi non 
superi le L. 240.000 annue (n. 103). 
POLIZIA 

ATTIVIT� DI POLIZIA -RESPONSABILIT�. 
1) Se l'Amministrazione sia responsabile e perci� 
ten.ta al risarcimento di danni nel caso di fermo di 
persona originato dalla omonima esistente fra questa 
e il vero autore del reato (n. 26). � � 
2) Se possa configurarsi responsabilit� dell'Amministrazione 
di Polizia per la concessione di licenza per un 
esercizio commerciale che� il richiedente non possa istituire 
in forza di convenzioni che lo vincolano nei confronti 
di terzi privati (n. 27). 

POSTE E TELECOMUNICAZIONI 

PROCEDIMENTO CIVILE. 
1) Se si possano produrre in giudiz!o copie fotostatiche 
di titoli e di documenti relativi al servizio dei conti 
correnti postali in luogo degli originali,, e se dette copie 
possano costituire validi mezzi di prova nei casi in cui 
i titoli relativi vengano a formare oggetto di con.troversia 
davanti all'Autorit� Giudiz�aria (n:. 83). 

DEPOSITI POSTALI. 
2) Se i depositi cauzionali disposti a favore delle 
Amministrazioni statali, comunali, provinciali o di altri 
enti possano eseguirsi mediante versamento in libretti 
postali presso l'Amministrazione delle PP.TT. (n. 84). 
3) Se, nel caso in cui sia stato eseguito un deposita 
cauzionale-presso la Cassa DD.PP., e suCCElSS�vamente 
il depositante abbia versato la stessa somma oggetto 
del deposito in un libretto postale presso l'Amministrazione 
delle PP.TT., la Cassa� DD.PP. sia tenuta alla 
restituzione della somma presso di essa depositata (n. 84). 

TITOLI POSTALI. 
�4) Se sia applicabile l'art. 7 del R.D.P. 2 agosto 1957, 

n. 678, in caso di riscossione di titoli postali caduti in 
successione (n. 85). 
5) Chi sia il funzionario competente a ricevere la 
dichiarazione sostitutiva dell'atto notorio, di cui al 
citato art. 7 del R.D.P. 2 agosto 1957, n. 678 (n. 85). 

PRESCRIZIONE 

CAPITALE POSTALE IN ANNUALIT�. 

1) Se alle rate di un capitale ripwtito in annualit� 
sia applicabile la prescrizione ordinaria o quella quinquennale 
prevista dall'art. 2948 n. 4 O.e. (n. 38). 

RECUPERO MAGGIOR ONERE PRODOTTI PETROLIFERI. 

2) Se al recupero del maggior onere previsto dallo 
art. 1 D.L. 2 novembre 1956, n. 1267, debba applicarsi 
la prescrizione quinquennale prevista dall'art. 19 della 
Legge 28 febbraio 1939, n. 334 (n. 39). 

3) Se la prescrizione decorra dalla data della bolletta 
di esportazione ovvero dalla data di comuniclj>zione alla 
Amministrazione della media mensile dei rimborsi da 
parte del C.I.P. (n. 39). 

PREVIDENZA ED ASSISTENZA 

INDIGENTI INABILI AL LAVORO. 

Se gli Enti Comunali di Assistenza debbono essere 
tenuti a concorrere nelle spese sostenute dallo Stato per 
iI'iri.antenimento degli indigenti inabili al lavoro (n. 40). 

/ 

PREZZI 

APPALTO PUBBLICO -REVISIONE PREZZI 

1) Se nei contratti di pubblico appalto possa essere 
consentita l'introduzione di clausole contrattuali per 
regolare la revisione dei prezzi in maniera diversa da 
quell& tassativamente stabilita dalle speciali leggi revisionali 
(n. 52). 

RECUPERO MAGGIOR ONERE PRODOTTI PETRQLIFERI. � 

2) Se al recupero del maggior onere previsto dall'art. 1 

D.L. 2 novembre 1956, n. 1267, debba applicarsi la 
prescrizione quinquennale prevista dall'art. 19 legge 
28' febbraio 1939, n. 334 (n. 53). 
3) Se la prescrizione decorra dalla data della bolletta 
di esportazione ovvero dalla data di comunicazione alla 
Amministrazione della media mensile dei rimborsi da 
parte del C.I.P. (n. 53). 

PROCEDIMENTO CIVILE 

COPIE FOTOSTATICHE -. PRODUZIONE IN GIUDIZIO. 

Se si possono produrre in giudizio i;opie fotostatiche 
di titoli e di documenti relativi al servizio dei conticorrenti 
postali in luogo degli originali, e s� dette copie 
possano costituire validi mezzi di prova nei casi in cui 
i titoli relativi vengano a formare oggetto di controversia 
�davanti all'Autorit� giudiziaria (n. 29). 


....,_ 131 


PROPRIET� 

COSTRUZIONI ESEGUITE DA TERZI. 
Se l'obbligazione di pagare il valore dei material� e 
il prezzo della mano d'opera, prevista dall'art. 936 e.e., 
costituisca debito di valuta ovvero debito di valore (n. 
29). 

PROPRIETA' INDUSTRIALE 

BREVETTI ITALIANI -REQUISIZIONE. 
1) Se vi siano norme di legge� che prevedano la concessione 
di indennizzi per le requisizioni di brevetti 
italiani effettuate nel periodo bellico in Gran Bretagna 

(n. 4). 
2) Se tali requisizione ri~ntrino nella previsioni;i dell'art. 
76 del Trattato di .Pace (n. 4). 

PROPRIETA' INTELLETTUALE 

DIRITTI DI AUTORE. 
Se il fabbricato dell'aerostazione di Fiumicino costituisca 
un'opera di architettura, tutelabile ai sensi dello 
art. 2 n. 5 della legge 22 aprile 1941, n. 633 sui diritti 
di autore oppure un progetto di ingegneria tutelabile 
ai sensi dell'art. 99 della stessa legge (n. 20). 

REGIONI 

DELEGATI REGIONALI -RAPPRESENTANZA IN GIUDIZIO. 
1) In merito alla natura giuridica ed alla rappresentanza 
in giudizio dei delegati regionali preposti alle 
amministrazioni delle soppresse provincie (n. 93). 

REGIONE SARDA -CONTROLLO SUGLI ATTI DEGLI ENTI 
LOCALI. 

2) Se il contro1lo sulle tariffe e sui regolamenti per il 
rilascio di copia delle mappe catastali in possesso dei� 
Comuni della Sardegna continui a spettare al Ministero 
delle Finanze o possa ritenersi trasferito alla Regione 
Sarda (n. 94). 

REGIONE SICILIANA -IMPOSTE DI CONSUMO. 
3) Se nel territorio della Regione Siciliana sia applicabile 
la legge nazionale 2 febbraio 1960, n. 35, che, 
disponendo .agevolazioni tributarie in materia di edilizia, 
prevede una riduzione dell'imposta di consumo sui 
materiali da costruzione, mentre la precedente legge 
regionale 18 ottobre 1'959, n. 37 (prorogata con legge 
12 novembre 1959, n. 29) prevedeva l'esenzione totale 
da detta imposta (n. 95). 

RESPONSABILITA' CIVILE 

RIVALSA PER DANNI. 
Se a seguito di incidente automobilistico causato da 
dipendente dell'Amministrazione comandato come autista 
presso la Gestione INA-Casa, questa possa richiedere 
la rivalsa per i danni subiti all'Amministrazione dalla 
quale l'autista dipende gerarchicamente (n. 195). 

RICORSI AMMINISTRATIVI 

RICORSO AL CAPO DELLO STATO. 
Se e quando sia ammissibile il ricorso straordinario 
al Capo dello Stato in revocazione della decisione adottata 
ih relazione ad altro ricorso straordinario (n. 7). 

RICOSTRUZIONE 

DANNI DI GUERRA. 
Se i benefici previsti dall'art. 55 della legge 27 dicembre 
1953, n. 968 siano applicabili quando la ricostruzione 
del bene danneggiato o distrutto sia avvenuta in luogo 
diverso (n. 11). 

SERVITU' 

SERVIT� MILITARI. 
Se possano imporsi servit� militari sulla sede ferroviaria 
e sue dipendenze e, in gen�rale, sui beni denianiai� 

(n. 32). 
SOCIETA' 

PER AZIONI -LEGGE 21 GIUGNO 1960, N. 649. 
Se le societ� per azioni �costituite ai sensi dell'art. 1 
legge 31 giugno 1960, n. 649, istitutiva dell'ente di 
gestione per le aziende termali, possano essere rappresentate 
e difese dall'Avvocatura dello Stato (n. 95). 

STRADE 

STRADE STATALI -IMPOSTA DI CONSUMO. 
1) Se l'esenzione sulla imposta di consumo di cui 
all'art. l R.D. 28 maggio 1924, n. 710, per i materiali 
impiegati nelle costruzioni edilizie eseguite a totale 
spesa delle Amministrazioni dello Stato, possa estendersi 
anche ai materiali per la costruzione delle strade statali 

(n. 35). 
PASSAGGI A LIVELLO CON SEGNALI LUMINOSI STRADALI. 
2) Quali accorgimenti debbano essere adottati nel 
caso di guasto ai segnali luminosi di passaggi a livello 
manovrati a distanza; i cui segnali acustici siano stati 
attenuati (n. 36). 

p ASSAGGI A LIVELLO PRIVATI. 
3) Se l'Amministrazione dei Trasporti abbia la facolt� 
di predisporre un'idonea disciplina per i passaggi a livello 
privati, comminando eventualmente, in caso di 
inosservanza, la chiusura del passaggio (n. 37). 

SEGNALIMITI STRADALI. 
4) Se, nell'ipotesi in cui l'A.N.A.S., con giudizio 
tecnico-discrezionale, abbia ritenuto che le caratterisne 
di una determinata strada richiedono l'installaziote 
di segnalimiti stradali, la funzione degli stessi possaessere 
espletata dalle alberature esistenti, particolarmente 
nell'ipotesi in cui �queste si trovino a distanza 
minore di quella prevista dall'art. 94 del Regolamento 
di attuazione del T.U. 15 giugno 1959, n. 393 (n. 38). 


-1.32 


SUCCESSIONI TRATTATO DI PACE 

DANNI DI GUERRA -LIQUIDAZIONE DI INDENNIZZO 

Se morto il proprietario d'un immobile danneggiato 
per fatto di guerra, l'indennizzo debba liquidarsi a 
favore di tutti gli eredi o solo di colui al quale l'immobile 
danneggiato sia stato specificamente assegnato col testamento 
(n. 64). 

TRASPORTO 

TRASPORTO MERCI -SCARICO PARZIALE. 

Se, in base alle norme degli artt. 56, lettera e) e 58, 
lettera e) delle vigenti CC.TT. per il trasporto delle cose, 
nella ipotesi di scarico parziale dei trasporti a carro 
nelle stazioni intermedie (appendice n. 8 delle CC. e 
TT.), possa il mittente proporre reclamo alla stazione 
di partenza anche dopo l'avvenuto svincolo da parte 
del destinatario (n. 50). 

BREVETTI ITALIANI � REQUISIZIONE. 

1) Se vi siano norme di legge che. prevedano la concessione 
di indennizzi per le requisizioni di brevetti italiani 
effettuate nel periodo bellico in ,Gran Bretagna (n. 79). 

2) Se tali requisizioni rientrino nella previsione del. 
l'art. 76 del Trattato di Pace (n. 79). 

VENDITA 

p ATTO DI RISCATTO. 

1) Se nel caso di vendita con patto di riscatto, possa 
applicarsi l'art. 8 della tariffa, allegato A alla legge di 
registro, quando il riscatto avvenga in un termine non 
previsto dall'originario contratto di compravendita (n. 17). 

PROMESSE DI VENDITA. 
2) Se e come siano tassabili le promesse di vendita 
non contenenti l'accordo sulla cosa e sul ,prezzo, aventi, 
cio�, efficacia meramente obbligatoria (n. 18).