WL WL 
PUBBLICAZIONE

RASSEGNA 

DI SERVIZIO

DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ANNO XII -:-N. 7-8-9-r~-u-12 LUGLIO-AGOSTO-SET.-OTT.-Nov.-DIC. 1960 

QUESTIONE _DI COMPETENZA COSTITUZIONALE E GIURISDIZIONE 


STUDI IN ONORE DI GUIDO ZANOBINI 

L'art. 134 della Oostituzione attribuisce, fra 
l'altro, alla Oorte Oostituzionale la risoluzione dei 
conflitti di attribuzione tra lo Stato e le� Regioni 
e tra le Regioni. 

La VII disposizione transitoria, secondo comma, 
disponeva che, fino a quando non fosse entrata in 
funzione la Oorte Oostituzionale, la decisione delle 
controversie indicate nell'art. 134 avrebbe avuto 
luogo nelle forme e nei limiti delle norme� preesistenti 
all'entrata in vigore della Oostituzione. 

Oon l'entrata in funzione dell~ Oorte Costituzionale, 
pertanto, le controversie indicate nell'articolo 
134 e, fra queste, la risoluzione dei conflitti 
di attribuzione tra lo Stato e le Regioni o tra le 
Regioni � devoluta alla competenza esclusiva della 
Corte, restandone preclusa, a nostro avviso, la 
cognizione, anche in via incidentale, a qualunque 
organo di giurisdizione, ordinario o speciale, ancorch� 
dall'ordinamento preesistente fosse ad esso 
attribuita, con o senza limitazioni, in via principale 
o incidentale. Deve ritenersi, infatti, che l'articQlo 
134, in relazione . al secondo comma della � 
VII disposizione transit9tia, abbia abrogato o modificato 
le norme dell'ordinamento preesistente, che 
attribuivano all'autorit� giudiziaria ed al Consiglio 
di Stato il potere dl conos_cere, in via incidentale 

o principale, del vizio d'incompetenza costituzionale, 
con l'ulteriore conseguenza ch'esso pu� esser 
fatto valere esclusivamente dai soggetti costituzionali, 
che rivendicano la competenza, non dal 
cittadino a pretesa tutela di �n� suo diritto o interesse 
legittimo. 
In questo breve studio riteniamo di poter dimostrare 
non solo l'esattezza del nostro assunto, ma 
anche l'insussistenza di un preteso s-q.o contrasto 
con l'art. 113 della Costituzione. 

La questione, per quanto ci consta, fu prospettata 
per la prima volta alla Oorte di Cassazione nella 
causa Finanze-Comune di Canicatti ed altri, decisa 
con sentenza n. 4141/57 (in Rass. Avv. Stato, 1957; 
188; in Giur. Oost., 1958, 1083 e in Foro It., 1958, 
I, 1137). In� questa occasione la Corte, pur riconoscendo 
espressamente che il giudizio sui conflitti di 
attribuzione � riservato, ai sensi degli artt. 134 
Oost. e 39 e seg. legge 11 marzo 1953, n. 87, alla 
Corte Costituzionale, afferm� nella specie la sua 
giurisdizione, perch� escluse che sussistesse ildenun


ciato conflitto e ci� sotto un duplice profilo: subiettivo, 
perch� la controversia aveva luogo non fra 
Stato e R�gione (Siciliana) ma fra enti diversi; 
obiettivo, perch� era sorta non in seguito alla emanazione 
di un atto dello Stato o della Regione, 
ma in sede di rivendica di un bene detenuto da 
terzi, i qmtli si difendevano negando che proprietario 
di esso fosse ancora lo Stato ed affermando che, 
ai sensi degli artt. 32 e 33 S. S. Sic., ne era divenuta 

�proprietaria la Regione siciliana. 

La questione, perci�, ad avviso della Corte, non 
involgeva alcuna indagine sulla sfera di competenza 
assegnata dalla Costituzione allo Stato ovvero 
alla Regione e, conseguentemente, esulava 
dalla competenza esclusiva della. Corte Oostituzionale. 


Nonostante queste premesse, la Corte decise che 
i beni del soppresso p.n.f. non erano stati trasferiti 
alla Regione siciliana, ai sensi degli artt. 32 e 33 
S; S. Sic., e che, pertanto, ogni potere di amministrazione 
e disposizione di essi spettava allo Stato; 
La Corte decise, cio�, una vera e propria questione 
di competenza costituzionale e, per di pi�, in assenza 
dei legittimi contradittori. Successivamente si pronunzi� 
la Corte Oostituzionale, la quale, con la 
sentenza 19 giugno 1958, n; 37 (in Foro it., 1958, I, 
1061), decise, in sede di conflitto di attribuzione 
fra Stato e Regione siciliana, una controversia 
obiettivamente identica alla precedente, avente 
come oggetto principale l'appartenenza dei beni del 
demanio marittimo (e quindi la titolarit� dei relativi 
poteri amministrativi) allo Stato o alla' Regione. 

La questione fu, sotto diverso profilo, sottoposta 
all'esame della Corte di Cassazione in sede di ricorso 
avverso decisione del Oonsiglio di Stato, adito dalla 
Regione siciliana, la quale aveva impugnato un 
decreto interministeriale di sdemanializzazione di 
talune zone di spiaggia in Sicilia. 

Con la sentenza 3872/58 (in Rass. Avv. Stato, 
1959, 19) la Corte di Cassazione a Sezioni Unite 
dichiar� l'assoluto difetto di giurisdizione del Consiglio 
di Stato sulla questione, la quale implicava 
la risoluzione di un conflitto di attribuzione frl:l� 
Stato e Regione, a risolvere il quale, affermava la 
Corte, � esclusivamente competente la Corte Costituzionale, 
ai sensi degli artt. 134 Oost. e 39 legge 
11 marzo 1953, n. 87. 


-66 


Questione in parte analoga era ktata decisa .in 
:senso. contrario d!,lilla Corte di Cassazione a Sezioni 
Unite con sentenza 3619/58 su ricorso del Ministero 
itei lavori pubblici contro la Regione Autonoma 
Valle d'Aosta e la Snia Viscosa S.p.A. 

Con questa sentenza, che sostanzialmente condividiamo, 
fa Corte escluse che nella specie sussistesse 
un conflitto di attrilfuzfone in base a due considerazioni, 
la prima delle quali soltanto, pel'�, �, a nostro 
.avviso, esatta: l'art. 7 S.S.V.A., relativo alla concessione 
novantanovennale alla Regione delle acque 
pubbliche e~istenti nel suo territorio, che alla data 
del 7 settembre 1945 non fossero gi� oggetto di concessione, 
non attuava un integrale trasferimento di 
pubblici poteri dello Stato alla Regione; la controversia 
rifletteva un oggetto concreto, �l diritto alla' 
utilizzazione delle acque, che rappresentava un 

prius rispetto al conflitto di attribuzione. 

Questa seconda considerazione � inesatta, come 
gi� si � dimostrato; esatta, invece, ~ la prima, 
perch� effettivamente l'art. 7 S.S.V.A., che riproduce 
il contenuto dell'art. 1 del D.L.L. 7 settembre 
1945, n. 546, non attua un trasferimento di-funzioni 
e di beni dallo Stato alla Regione, ma attribuisce 
a questa una posizione derivata, di diritto comune, 
quale � quella del concessionario, sia pure a titolo 
gratuito e per novantanove anni. . 

Interveniva successivamente la sentenza 18 maggio 
1959, n. 31 (in Rass. Avv. Stato, 1959, 51 e in 
Giur. Oost., 1959, n. 385, con nota contraria del 
Cassarino, fondata per� sull'erroneo presupposto 
che fosse pacifica l'interpretazione degli artt. 32 
e 33 S. S. Sic.) con la quale la Corte Costituzionale, 
dopo aver ravvisato nella controversia un vero e 
proprio conflitto di attribuzione costituzionale, riaffermava 
la propria esclusiva competenza a giudicare 
della appartenenza di un bene allo Stato o 
alla Regione, come presupposto del legittimo esercizio 
delle potest� amministrative relative a quel 
bene. Con la predetta sentenza la Corte precisava 
che in questa controversia non poteva parlarsi di 
disponibilit� come sinonimo di propriet� del bene; 
ma piuttosto di assegnazione alla Regione di beni 

o categorie di beni dello Stato in base alle norme 
contenute negli artt. 32 e 33 S. S. Sic., fatta in 
relazione alle funzioni pubbliche attribuite alla 
Regione, per cui ogni questione relativa non poteva 
essere risolta se non con riferimento alle rispettive 
sfere di competenza. 
Mentre per quanto attiene .alle controversie fra 
Stato e Regione, dunque, non v'� contrasto fra la 
giurisprudenza della Corte Costituzionale e quella 
della Corte di Cassazione, a cui si sono adeguate 
prontamente le Corti di merito (App. Torino, 
29 febbraio 1960, Regione Valle d'Aosta-Finanze, 
in Rass. Avv. Stato, 1960), qualche perplessit� 
rimane relativamente ali~ controversie fra uno dei 
due soggetti costituzionali ed il terzo ovvero fra 
terzi, non potendo dirsi che la sentenza 26� ottobre 
1957, n. 4141 (MAZZELLA: Sulla competenza a decidere 
le controversie tra Stato e Regione relative a beni 
demaniali e patrimoniali disponibili e indisponibili, 

in �Rass. Avv. Stato�, 1958, 79) sia stata del 
tutto superata dalla successiva 12 dfoembre 1958, 

n. 3872. Questa, infatti, neg� la giurisdizione 
comune soprattutto sotto il profilo che la questione 
integrante un conflitto di attribuzione costituzionale, 
era stata dedotta in via principale e costituiva, 
perci�, l'oggetto della decisione; la precedente 
sentenza, invece, aveva affermatcr-la giurisdizione 
dell'autorit� giudiziaria ordinaria non tanto perch� 
la controversia non si svolgeva fra soggetti costituzionali 
(Stato e Regione), quanto sotto il profilo 
che oggetto del giudizio era una questione di propriet� 
e, pertanto, della questione di competenza 
costituzionale essa doveva decidere solo in via incidentale, 
ai fini dell'accertamento della propriet� in 
capo ad�uno degli enti. 

Sotto questo profilo la questione di competenza 
costituzionale potrebbe insorgere anche in una controversia 
fra privati, ad esempio in materia di 
diritti derivanti da una concessione amministrativa, 
che si assumesse ex-adverso assentita dall'ente 
privo di competenza, onde la necessit� di approfondire 
l'esame della questione, accertando se il 
procedimento stabilito per la ris�luzione dei conflitti 
di attribuzione non sia preclusivo di ogni altro 
anche, incidentale, e se dalle norme �costituzionali, 
che ripartiscono la competenza amministrativa fra 
Stato e Regioni possano sorgere diritti soggettivi e 
interessi legittimi in capo ai privati �cittadini. 

La questione, com'� evidente, acquista molto 
maggior gravit� in relazione alla giurisdizione del 
Consiglio di Stato, sia perch� la questione di competenza 
� ivi dedotta in via principale, sia perch� 
trattasi di giurisdizione di annullamento, che finirebbe 
con l'essere concorrente con la giurisdizione 
della Corte Costituzionale, la quale in materia ha 
pienezza di effetti perch� dichiara l'ente, cui spettano 
le attribuzioni in contestazione, e annulla 
l'atto emanato fuori dei limiti della competenza. 

Gl'inconveni�nti del sistema concorrente sono 
tali, che la sola loro enunciazione. sarebbe sufficiente 
a convincere dell'assurdit� di una tale possibilit�. 

In primo luogo, ove il ri�orso fosse proposto 
contemporaneamente dal privato al Consiglio .di 
Stato e dall'ente, diverso da quello, che ha emanato 
il provvedimento, alla Corte Costituzionale, lamentando 
il primo la lesione di un suo interesse legittimo 
e il secondo l'invasione della sua sfera di attribuzione 
sempre per effetto dello stesso provvedimento, 
potrebbe aversi contrasto di giudicato, con 
la �ults.riore conseguenza che la pronunzia� della 
Corte, avendo effetto erga omnes affermerebbe �o 
negherebbe con effetti assoluti la competenza negata 
o i!iffermata dal Consiglio di Stato con effetti 
limitati a quel proVV-edimento ed eventualmente a 
quel soggetto ricorrente. 

Se, invece, il ricorso fosse proposto esclusivamente 
dal privato al Consiglio di Stato, essendo 
Stato e Regione concordi nella interpretazione della 
norma sulla ripartizione di competenza, la decisione 
di accoglimento provocherebbe essa stessa il 
conflitto di attribuzione costituzionale necessariamente 
e contro � la stessa volont� � � d-ei soggetti 
costituzionali, soli legittimati a proporlo. ~ 

� evidente, infatti, che, in seguito alla decisione 
di annullamento del Consiglio di Stato, dovrebbe 
astenersi dal provvedere l'ente, che si ritiene, col 
pieno consenso dell'altro, competente e dovrebbe 


provvedete inv-ece quest'ultimo, essendo inconcepibile 
l'assoluta inerzia della Pubblica .Amministrazione, 
con l'ulteriore conseguenza che il primo 
ente dovrebbe ricorrere alla Corte Costituzionale 
per il regolamento di competenza. 

Se � vero che adducere inconveniens non est solvere 

argumentum, non � men vera, per�, l'assurdit� delle 

conseguenze, cui si perviene affermando la giuri


sdizione del Consiglio di Sta,to, in via principale, 

sulle questioni di competenza costituzionale. 

Non � fuor di luogo osservare in proposito che 
dalle norme costituzionali attributive di competenza 
legislativa allo Stato ed alle Regioni non sorge 
alcun diritto soggettivo o interesse legittimo in 

.capo al pdvato, il quale pu� solo, in occasione di 
un giudizio civile, penale o amministrativo, eccitare 
il giudice perch� promuova la questione di 
legittimit� costituzionale della legge, ai sensi dell'art. 
23 legge 11 marzo 1953, n. 87. 

.Analoga facolt� gli era stata riconosciuta dalla 
Commissione speciale della Camera dei Deputati 
la quale, nel formulare l'art. 35-33 del testo approvato 
dal Senato e 37 del testo definitivo della citata 
legge 11 marzo 1953, n. 87, aveva espressamente 
previsto che il ricorso per la risoliizione dei conflitti 
di attribuzione fosse proposto anche da altri soggetti 
diversi dagli enti in conflitto, che la Corte 
avesse ritenuto legittim�ti, cio�, da quei soggetti, 
pubblici e privati, direttamente interessati all'atto 
e indirettamente interessati alla risoluzione della 
question� di competenza. 

Il Parlamento non approv� una tale estensione, 
ma � significativa la circostanza che si era pensato 
di legittimare al ricorso il terzo,. ma non si era 
mai dubitato che giudice esclusivo della questione 
di competenza fosse la Corte CostituziOnale (in 
Rass. Avv. Stato, 1950, p. 162). 

.A nostro avviso la giurisdizione comune va esclusa 
proprio alla stregua di quell'art. 113 Cost. che si 
invoca a sostegno di, essa e che deve essere interpretato 
sistematicamente e in relazione a tutte le 
altre norme della Costituzione. 

Gli argomenti addotti dai sostenitori della opposta 
tesi e fatti pr�opri dal Consiglio di Stato (IV, 
9 giugno 1959, n. 663, ne Il Consiglio di Stato, 1959, 
fase. maggio-giugno, p. 771) e dal Consiglio di Giustizia 
.Amministrativa per la Regione siciliana 
(9 dicembre 1959, n. 147) non sono affatto convincenti. 


Certamente ultronea � l'affermazione contenuta 
nel~a citata decisione del Consiglio di Stato, peraltro 
perspicuamente motivata, ove si afferma che 
l'art. 113 della Costituzione garantisce senza limitazioni 
la difesa giurisdizionale dei diritti e degli 
interessi dei cittadini, che si pretendono lesi dagli 
atti della P . .A. L'affermazione � esatta solo per 
quanto attiene agli interessi legittimi, mentre nessuna 
tutela � garantita agl'interessi semplici, anzi, 
tenendo conto della rigidit� del sistema costituzionale 
anche per quanto attiene alla ripartizione 
delM competenze fra i Poteri dello Stato, questa 
tutela dovrebbe considerarsi esclusa e, conseguentemente, 
soppressa ogni giurisdizione di merito 
(�L'obbligo della P . .A. di conformarsi al giudicato
�, in Rass. Avv. Stato, 1953, p. JO). 

Comunque; � pacifico che l'art. 113 della Costituzione, 
in relazione anche al precedente art. 103, 
garantisce la tutela giurisdizionale degli interessi 
legittimi, onde la necessit� di accertare se attinge 
tale consistenza l'interesse d�l cittadino �alla osservanza 
delle norme costituzionali sulla competenza. 

Dire, poi, che la giurisdizione amministrativa e 
quella costituzionale si pongono su piani diversi 
ed a tutela di sfere d'interessi diverse � dire cosa 
esatta, ma del tutto irrilevante ai fini della questione, 
che ne occupa. .Anzi, proprio la constatazione 
dei piani diversi su cui muovono la giurisdizione 
comune e quella costituzionale doveva rendere 
particolarmente accorti nell'escludere interferenze, 
che sono inammissibili fra piani diversi. 

L'esempio da tener presente, per le evidenti analogie, 
che presenta, � quello della giurisdizione internazionale 
rispetto alla giurisdizione interna, che 
si muovono su piani diversi ed appunto per ci� 
non presentano interferenze fra loro. Come si 
ritiene che .le norme internazionali, appartenenti 
ad un ordinamento diverso, non sono fonte di 
diritti soggettivi n� d'interessi legittimi in capo 
ai privati cittadini, cos� deve ritenersi che non lo 
siano le norme costituzionali sulla competenza, 
che non tutelano, neppure in via occasionale, interessi 
privati. 

.A noi sembra, perci�, che la questione vada 
affrontata in radice, esaminando accuratamente 
proprio quella sfera d'interessi, a tutela della quale 
si pone la giurisdizione amministrativa, al fine di 
accertare s'essa comprenda anche l'interesse alla 
ripartizione fra Stato e Regione della competenza 
in conformit� delle norme costituzionali. In poche 
parole a noi sembra che la questione, logicamente 
preliminare, da decidere � se sussista un diritto 

o un interesse legittimo del cittadino alla osservanza 
delle norme costituzionali sulla competenza 
o se, invece, ad essa il cittadino non abbi:;t un interesse 
di mero fatto. 
Questa indagine, che molto spesso si trascura con 
la conseguenza, a nostro avviso gravissima, di trasformare 
la giurisdizione amministrativa in giurisdizione 
di diritto obiettivo, che provvede, su 
denunzia di chi abbia un interesse ad agire, al 
controllo di legittimit� degli atti amministrativi, 
� nella specie essenziale. � 

Occorre, cio�, accertare se le no~me costituzi~na~i 
sulla ripartizione di competenza fra Stato e Reg10m, 
attribuiscano alla posizione giuridica soggettiva del 
privato una protezione diretta od occasionale, che 
� il presupposto del potere giurisdizionale, o se, 
invece, l'interesse del� privato, confondendosi con 
quello generale della collettivit�, considerato esclusivamente 
dalla norma, manchi di qualsiasi rilevanza 
tutelabile in sede giurisdizionale. 

Esaminata sotto questo profilo, la questione non 
pu� avere altra soluzione che quella da noi sostenuta. 
Riteniamo, infatti, che non possa neppure 
dubitarsi del fatto che le norme costituzionali 
sulla competenza siano dettate esclusivamente con 
riguardo alla sfera d'interessi dello Stato e della 
Regione senza alcun riferimento alla . situazione 
giuridica soggettiva di altri enti o individui, che non 
� neppure occasionalmenteprotetta da quelle norme. 


-68 -� 

A differenza di quelle disposizioni della Oostituzione, 
che si riferiscono alle situazioni soggettive 
dei privati cittadini, le norme sulla competenza 
riguardano solo gli enti, fra cuj la competenza 
stessa � ripartita. 

Oonferma di questo assunto � tratta, a nostro 
avviso, proprio dai lavori preparatori, della legge 
11 marzo 1953, n. 87, durante i quali fu dibattuta 
la questione e fu escluso il conferimento al privato 
interessato di un qualsiasi potere di azione. 

Resta, perci�, escluso ogni interesse legittimo 
del cittadino alla osservanza delle norme costituzionali, 
che ripartiscono. la competenza amministrativa 
fra Stato e Regioni, con la conseguenza 
ulteriore che anche sotto questo riflesso deve essere 
negata la giurisdizione del Oonsiglio di Stato e 

che, comunque, non sussiste alcun contrasto fra 
il nostro assunto, � che questa giurisdizione nega, 
e l'art. 113 della Oostituzione, che riguarda la tutela 
giurisdi_zionale dei diritti e degli interessi legittimi 
dei privati cittadini, fr� cui non � compreso l'interesse 
all'osservanza delle norme costituzionali sulla 

competenza. 
Il Per l'evidente parallelismo, che sussiste fra que


sta ipotesi e il conflit~o di attribuzione tra i poteri 

dello Stato, disciplinati anch'essi dall'art. 134 della 

Oostituzione e dalle norme contenute nel capo III 

della legge 11 marzo l953, n. 87, riteniamo che 

debba negarsi la giurisdizione comune anche per 

quanto attiene all'eventuale violazione di norme 

costituzionali, che ripartiscono la competenza tra 
i vari poteri dello Stato. 

GIUSEPP~ GUGLIELMI 

A VVOOATO DELLO STATO 


I TERM.INI PER L'ACCERTAMENTO E PER LA ISCRIZIONE A RUOLO 


DELLE IMPOSTE DIRETTE <*> 


Il Governo della Repubblica, dalla legge 5 gennaio 
1956, n. 1, contenente <<norme inttgrative 
della legge 11 gennaio 1951, n. 25 sulla perequazione 
tributaria �, � stato autorizzato, sentita una com missione 
parlamentare composta di cinque senatori 
e di cinque deputati, ad emanare entro diciotto 
mesi dall'entrata in vigore della detta legge 
-termine �poi prorogato al 31 gennaio 1958 dalla 
successiva legg� 30 luglio 1957, n. 654 -testi unici 
concernenti le diverse imposte dirette, le disposizioni 
generali, nonch� le norme sulla ri~cossione, 
eliminando le disposizioni in contrasto con i principi 
contenuti in essa e nella legge 11 gennaio 1951, 

n. 25, ed apportando oltre alle modifiche utili per 
uu migliore� coordinamento, quelle necessarie per 
l'attuazione dei . seguenti criteri: 1) adattamento 
delle disposizioni alla esigenza di semplificazione 
nell'applicazione dei tributi ed a quella di una razionale 
organizzazione dei servizi; 2) perfezionamento 
delle norme� concernenti l'attivit� della 
amministrazione finanziaria ai fini dell'accertamento 
dei redditi. 
Il testo unico delle leggi sulle imposte dirette, 
emanato in virt� della delega di cui innanzi e approvato 
con decreto del Presidente della Repubblica 
29 gennaio 1958, n. 645, dispone, in tema di 
accertamento delle iwposte, che l'amministrazione 
finanziaria, previo controllo delle dichiarazioni presentate, 
procede, se del caso, all'accertamento in 
rettifica degli imponibili dichiarati ed all'accertamento 
d'ufficio di quelli omessi e ne d� comunicazione 
al contribuente, notificando apposito avviso 
di accertamento. Contro l'accertamento il contribuente 
pu� ricorrere a norma delle disposizioni relative 
al contenzioso tributario (art. 31).. 

Ma alla rettifica dei redditi compresi nelle dichiarazioni 
presentate tempestivamente e, nei casi 
di mancata presentazione della dichiarazione, di 
quelli precedentemente accertati, deve procedersi 
a pena di decadenza entro il 31 dicembre del terzo 
anno successivo a quello in cui la dichiarazione fu 
presentata o doveva essere presentata. Ed all'accertamento 
d'ufficio dei � redditi non dichiarati, che 
non abbiano formato oggetto di dichiarazione o 
accertamento per il precedente periodo d'imposta, 
deve procedersi a pena di decadenza entro il 31 dicembre 
del quarto anno successivo a quello in cui 
la dichiarazione doveva essere presentata (art. 32). 

E si stabilisce cos� esplicitamente che i termini 
per l'accertamento sono perentori, con la conseguenza 
che il mancato esercizio dell'azione fiscale 
nei termini stessi importa decadenza. 

Nell'art. 180 si fissano poi i termini per la iscrizione 
a ruolo, disponendosi testualmente che �alla 
iscrizione a ruolo sulla base degli imponibili dichia


rati e degli imponibili det~minati �ai sensi degli 
artt. 80, 123 e 142 deve procedersi, a pena di decadenza, 
entro il 31 dicembre del secondo anno 
successivo a� quello in cui fu o doveva essere presentata 
la dichiarazione�, e che �in ogni altro caso 
le imposte o le maggiori imposte corrispondenti 
agli imponibili accertati dall'ufficio debbono essere 
iscritte nei ruoli a pena di decadenza entro il 31 dicembre 
del secondo anno successivo a quello in 
cui l'accertamento � divenuto definitivo�. 

Gli artt. 80, 123 e 142 richiamati nella norma 
sono relativi all'applicazione, in caso di annessa 
dichiarazione, delle imposte su.I reddito dei fabbricati, 
sui redditi di ricchezza mobile e complementare 
progressiva sul reddito complessivo, e si 
dispone che in tali casi l'imposta � applicata sul 
reddito accertato per il periodo d'imposta precedente, 
salvo l'accertamento d'ufficio del maggior 
reddito. 

La disposizione dell'art. 180 � ben chiara nella 
sua formulazione e nel suo contenuto, perch� 
senza equivoci o incertezze � dato da essa dedurre 
che il termine per la iscrizione a ruolo delle imposte 
dirette � segnato dal 31 dicembre del secondo anno 
successivo a quello in cui fu presentata la dichiarazione 
o in cui, per essersi omessa la dichiarazione, 
doveva la imposta applicarsi sul reddito accertato 
per il periodo d'imposta precedente. In ogni altro 
caso, e cio� quando non vi sia stata dichiarazione e 
non ricorra l'esistenza� di un reddito accertato per 
il periodo d'imposta precedente, le imposte corrispondenti 
agli imp�nibili accertati dall'ufficio debbono 
essere iscritte nei ruoli a pena di decadenza 
entro il 31 dicembre del secondo anno successivo 
a quello in cui l'accertamento � divenuto definitivo. 
E lo stesso termine vige, nel caso di avvenuta istituzione 
di un rapporto giuridico d'imposta tra l'amministrazione 
e il contribuente a seguito della denunzia 
da questi presentata per il periodo d'imposta 
precedente o della esistenza di un reddito accertato 
per il detto periodo precedente, per la 
iscrizione a ruolo delle imposte corrispondenti ai 
maggiori imponibili accertati dall'ufficio. 

Il Testo Unico 24 agosto 1877, n. 4021 delle 
leggi per l'imposta sui redditi della ricchezza 
mobile conteneva l'art. 59 -identico all'art. 53 
del regolamento per l'applicazione della imposta 
sui fabbricati approvato con R.D. 24 agosto 1877, 

n. 4024 -�redatto nel senso che� la facolt� di compilare 
i ruoli suppletivi pei redditi di ricchezza 
mobile, non compresi nei ruoli principali, vale 
per l'imposta� dell'anno in cui l'agente notifica at 
contribuente l'iscrizione del reddipo, e per quella 
(*) Il pr~sente studio � in corso di pubblicazione nella " Rivista trimestrale di diritto e procedura civile ,, . 

2 


-70 


dei due anni precedenti�; che l'azione della finanza 
per l'iscrizione dell'imposta relativa agli 
anni anteriori � prescritta; che �l'azione per la 
sopratassa si prescrive con quella per l'imposta 
principale�; che �la notificazione fatta dall'agente 
in via amministrativa interrompe la prescrizione, 
la quale rimane sospesa per tutta la durata delle 
contestazioni, tanto amministrative che giudidiziarie
�. 

Detta disposizione � stata modificata con l'art. 9 
della legge 8 giugno 1936, n. 1231, di �conversione 
in legge, con modificazioni, del R.D.L. 24 ottobre 
1935, n. 1887, contenente interpretazioni e modificazioni 
alle leggi sulle imposte dirette e del R.D.L. 
13 gennaio 1936, n. 120, contenente modificazioni 
ed aggiunte ad alcuni articoli deL R.D.L. 24 ottobre 
1935, n. 1887, portante interpretazioni e 
modificazioni alle leggi sulle imposte dirette�, nel 
senso che �l'azione della finanza per l'accertamento 
dei redditi di ricchezza mobile � limitata all'anno 
in cui l'accertamento � notificato ed ai quattro pre


. cedenti, restando prescritta per gli altri anni anteriori
�; che �la notifica fatta dall'ufficio in via 

. amministrativa interrompe la prescrizione, la quale 
rimane sospesa per tutta la durata delle contesta. 
zioni, tanto amministrative che giudiziarie�; e che 
�il diritto della finanza di eseguir� l'iscrizione nei 
ruoli suppletivi si prescrive col decorso del secondo 
anno successivo a quello in cui � sorto il titolo . 
definitivo per l'iscrizione�. 

Nella relazione alla Camera dei Deputati, che 
accompagna la legge, � detto che il provvedimento 
legislativo Ǐ preordinato ad apportare al vigente 
sistema di applicazione delle imposte dirette in 
genere e, in particolare, dell'imposta di ricchezza 
mobile, alcune norme di interpretazione autentica, 
alcune aggiunte ed alcune modificazioni che si 
sono appalesate necessarie o almeno opportune 
nella quotidiana esperienza di parecchi lustri�. 
E l'art. 9 della legge �interpreta e modifica, ad un 
tempo�, la disposizione di cui all'art. 59 del T.U. 
24 agosto 1877, n. 4021, che si presentava incerta 
�parlando essa di azione della finanza per la iscrizione 
a ruolo dell'imposta piuttosto che dell'azione 
per l'accertamento del reddito, accertamento dal 
quale l'iscrizione a ruolo prende origine�, ed il cui 
termine triennale di preacrizione appariva, poi, 
troppo breve, �favorendo i contribuenti che fossero 
riusciti ad occultare i loro redditi�. E ad eliminare 
i dubbi e le contestazioni cui l'art. 59 aveva 
dato luogo, l'art. 9 si � riferito espressamente alla 
azione per l'accertamento del reddito ed ha elevato 
da tre a cinque anni il termine di prescrizione, 
�in conformit� dell'art. 2144 del codice civile (ora 
art. 2948) che stabilisce la prescrizione quinquennale 
per tutto ci� che -appunto come i tributi. 
diretti -� pagabile ad anno�. Al fine poi di regolare 
chiaramente la questione relativa alla iacrizione 
a ruolo dei redditi gi� accertati per gli 
anni anteriori a quelli in corso, �con l'ultimo 
comma dell'art. 9 � stato disposto che il diritto 
d�lla finanza di eseguire tale iscrizione si prescrive 
col decorso del secondo anno successivo 
a quello in cui � sorto il titolo definitivo per 
l'iscrizione�. 

Pur con la incertezza tra iscrizione a ruolo e 
accertamento del reddito, poi eliminata dall'art. 9 
della legge 8 giugno 1936, n. 1231, l'art. 59 sanciva 
sostanzialmente che il termine per l'accertamento 
del reddito, da un lato, e poi per fa iscrizione a 
ruolo, dall'altro, era di due anni anteriori a. quello 
dell'accertamento e della raggiuntasi definitivit� 
del reddito, e che il primo veniva interrotto dalla 
notificazione fatta dall'agente e rimaneva sospeso 
per tutta la durata delle contestazioni, tanto amministrative 
che giudiziarie, e che il nuovo termine 
di due anni oltre quello in corso agli effetti della 
iscrizione a ruolo incominciava a decorrere, esaurite 
che fossero le dette contestazioni, e quindi 
dal momento in. cui il reddito poteva e doveva ritenersi 
come divenuto definitivo. 

Il detto art. 59 riproduceva l'art. 8 dellalegge 
14 giugno 187 4, e dalla relazione della Commissione 
parlamentare in data 9 marzo 1874 � dato 
in merito di rilevare che essa Commissione si era 
trovata unanime nel riconoscere la necessit� di 
stabilire per legge che, oltre un certo tempo, il 
diritto dell'erario di compilare ruoli suppletivi 
dovesse essere perento; e si era pure trovato d'accordo 
nel pensiero che questo periodo dovesse 
essere relativamente breve, giacch� il contribuente 
non doveva essere sempre e per un lungo periodo 
di tempo turbato dalla minaccia di una possibile 
pretesa per tributo inadempiuto; a cui si aggiungeva 
l'altra considerazione che, accumulandosi l'arretrato 
di parecchi anni, il peso poteva diventare 
cos� grave da riuscire insopportabile, potendo esso 
costituire il supremum vitae exitum di un'azienda 
economica; n� era giusto e prudente che i diritti 
dello Stato dovessero o potessero arrivare tanto 
oltre. Fatti di questa natura di erano verificati 
troppe volte; troppe volte fu necessario condonare 
debiti d'imposta che non sarebbero stati pagati 
mai pi�, con esautoramento dell'autorit� del Governo 
e della legge, ed anche per questo riflesso 
non poteva non essere urgente il provvedere a 
stabilire un termine breve nella facolt� degli agenti 
delle imposte di compilare ruoli suppletivi. Ma 
fra quali termini questo diritto di compilare ruoli 
suppletivi per redditi di ricchezza mobile non 
compresi nei ruoli principali doveva spingersi~ Il 
Governo proponeva che questo diritto fosse esteso 
all'imposta dell'anno in cui l'agente notificava al 
contribuente la iscrizione del reddito, ed a quello 
dei due anni precedenti. Da taluni si sarebbe voluto 
limitare questo termine entro pi� angusti 
confini. e si proponeva che questo diritto venisse 
ristretto all'anno in cui l'agente notificava l'imposta 
del. ruolo suppletivo, ed al precedente; ed 
a giustificare questa maggiore limitazione si osserva 
che, estendendosi la sanzione ai due anni precedenti, 
si sarebbe venuti a domandare al contribuente 
tre anni di pagamento, stabilendosi cos� un 
onere troppo grave, reso :anche maggiore dal peso 
della sopratassa. Ma la maggioranza della Commissione 
non aveva creduto di entrare in questa via, perch� 
pericolosa, e tale che avrebbe giovato troppo 
ai contribuenti meno leali, ed incitato quasi gli 
onesti ad imitare l'esempio dei primi. Ed invero, 
quando il contribuente, riuscendo a sfuggire per 


-71


due anni all'iscrizione nei ruoli della ricchezza 
mobile, fosse stato certo di vedere prescritti i diritti 
dell'erario, nella speranza di raggiungere l'intento, 
sarebbe stato meno' sollecito nel dichiarare i 
suoi redditi. Ora, se era opportuno stabilire.un termine 
di prescrizione molto pi� breve di quello che 
trovavasi nella legge comune, pur non ritenendo 
applicabile al caso la prescrizione di cinque anni, 
di cui all'art. 2144 del codice l:livile (ora art. 2948), 
onde non ne venisse soverchia jattura al contribuente, 
sembrava poco cauto restringerlo a soli due � 
anni. Ci� riusciva anche pi� evidente quando si 
fosse posto mente alla molteplicit�. degli incarichi 
affidati alle agenzie delle imposte, alla scarsit�. del 
foro personale in riguardo al lavoro ad essi affidato, 
. alla brevit�. dei termini per il compimento 
delle diverse operazioni di applicazione della ricchezza 
mobile, sicch� molte volte molti redditi 
sfuggivano per la impossibilit�. per gli agenti delle 
imposte di ottenere sufficienti informazioni; per 
modo che un'ulteriore diminuzione avrebbe tolto 

o scemato in essi la possibilit�. di includere nei 
ruoli redditi che erano sfuggiti, solo perch� ad essi 
era venuto meno il tempo per discoprirli. AI post�tto, 
questa speciale prescrizione era gi� una legge di 
favore,. e se per sancirla stavano alcune considerazioni 
giustissimei non parve alla grande maggio-' 
ranza della Commissione che le stesse considerazioni 
si potessero mettere innanzi per allargare il 
favore medesimo. 
E cos� il termine di prescrizione del diritto della 
Finanza a colpire d'imposta i redditi sfuggiti allo 
accertamento e non denunziati fu ritenuto di due 
anni anteriQri a quello in cui la Finanza, scoprendo 
l'esistenza �del reddito, avesse proceduto 
all'accertamento d'ufficio. 

La disposizione dell'art. 32 del vigente testo 
unico, che fissa in misura maggiore il termine per 
l?accertamento, trova allora suoi precedenti nella 
Citata norma dell'art. 9 della legge 8 giugno 1936, 

n. 1231, e poi pi� immediatamente in quella di cui 
all'art. 4 della legge 11 geruiaio 1951, n. 25, che 
contiene le �norme sulla perequazione tributaria e 
sul rilevamento fiscale straordinario�, riportata 
nell'art. 24 del testo unico approvato con il decreto 
delPresidente della Repubblica 5 luglio 1951 
n. 573, e redatta appunto nel senso che �l'azione 
della Finanza per la rettifica dei redditi compresi 
nelle dichiarazioni presentate tempestivamente e, 
nei casi di mancata presentazione della dichiarazione, 
di quelli precedentemente accertati, si prescrive 
col 31 dicembre del terzo anno successivo 
a quello in cui la dichiarazione fu presentata o 
doveva esser� presentata�, e che �l'azione della 
Finanza per l'accertamento dei redditi non dichiarati 
dal contribuente, che non abbiano formato 
oggetto di precedenti accertamenti, si prescrive col 
31 dicembre del quarto anno successivo a quello 
in cui la dichiarazione doveva essere presentata�. 
Il prolungamento del periodo concesso all'amministrazione 
per la revisione e il controllo delle 
dichiarazioni, di cui quindi alle pi� recenti disposizioni 
legislative, non deve per� essere, al dire 
dello stesso legislatore (cfr. la relazione alla legge 
11 gennaio 1951, n. 25), motivo di preoccupazione, 

giacch� esso non determina una incertezza apprezzabile 
intorno all'onere tributario per i contribuenti 
che assolvono correttamente al loro dovere. Sono 
invece i frodatori che saranno identificati dalle 
verifiche dell'amministrazione, -ed allora� giusto 
che si lasci un tempo sufficiente agli uffici perch� 
la loro opera sua accurata e non affrettata. E che 
i c�ntribuenti non onesti corrano l'alea degli ac-. 
certamenti per diversi anni arretrati non pu� non 
essere considerato conseguenza del loro comportamento 
antigiuridico. 

Il sistema costantemente seguito dal T.U. 24 

agosto 1877, n. 4021 e dal regolamento 11 luglio 

1907, n. 560 � stato quello di ritenere validi ai fini 

della iscrizione a; ruolo soltanto i redditi definitivi, 

e cio� quelli dichiarati dal contribuente e dall'uf


ficio non rettificati, o quelli accertati dall'ufficio e 

dal contribuente non impugnati, o quelli determi


nati da decisione delle commissioni tributarie non 

suscettibile di impugnativa non solo ~a parte della 

Finanza, ma anche e principalmente da parte del 

contribuente; e ci� risulta in modo inequivocabile 

dagli art. 47, 48 e 58 del testo unico suddetto, e 

dagli art. 98 ultimo comma, 103 terzo comma, 

107 n. 1-6 e 8, 109 e 112 del regolamento. E la 

ragione ne � evidente, in quanto il legislatore ha 

voluto evitare l'iscrizione a ruolo con la conse


guente perseguibilit�. del contribuente, senza il 

ricorrere di una decisione irretrattabile sul diritto 

della Finanza di perseguire l'imposta e sul dovere 

del cittadino di corrisponderla, evitandosi una inu


tile coazione a carico del contribuente che, propo


nendo poi l'impugnazione, ne ottenga l'annulla


mento acquistando il diritto alla restituzione del


l'imposta pagata. 

Sono eccezioni al suddetto principio, e tassa


tivamente indicate, quella dello stesso art. 58 della 

legge (primo comma, ultima ipotesi), che prevede 

la formazione dei ruoli anche con i redditi nuovi 

risultanti dalle iscrizioni o rettificazioni fatte dal


l'agente, �sebbene contestate dal contribuente, � 

quando siano trascorsi sessanta giorni da quello 

in cui il reclamo sar� trasmesso alle commissioni 

locali�, e quelle dell'art. 109 n. 3, lettera a), b), e) 

dello stesso regolamento {pari a quelle dell'articolo 

50, n. 3, lettera a), b), e) del R.D. 24 agosto 1877, 

n. 4024 che approva il regolamento per l'applicazione 
della imposta sui fabbricati), ove � detto 
che l'agente procede alla formazione del ruolo, 
iscrivendo, per i redditi non definitivamente accertati, 
a) �la somma da esso proposta quando siano 
tras�orsi sessanta giorni dalla trasmissione del 
reclamo alla commissione di primo grado e questa 
non abbia pronunciato il suo giudizio sul medesimo
�; b) �la somma denunziata, rettificata o confermata 
dal contribuente, quando non siano tra. 
scorsi i 
sessanta giorni dalla trasmissione del reclamo 
a,lla commissione di primo grado contro la 
retti!J.cazione d'ufficio, salvo la facol-t� di iscrivere�Jn 
ruolo suppletivo la. maggiore somma risultante 
dal giudizio della commis_sione�; e) �la somma determinata 
dalla commissione di prima istanza o 
provinciale, se al tempo della formazione del 


-72 


ruolo la commissione provinciale o la centrale non 
abbia ancora pronunciato�. E queste eccezioni sono 
giustificate dalla necessit� di garantire all'amministrazione 
il rapido pagamento dell'imposta, che 
potrebbe essere gravemente pregiudicato dal moltiplicarsi 
o prolungarsi delle contestazioni, rimandando 
a tempo indeterminato la compilazione del 
ruolo e la �sua riscossione. 

� per� anche vero che, pur avendo avuto l'uf~ 
ficio nei casi ora visti il diritto di iscrivere a ruolo 
il reddito da esso proposto quando fosseTo trascorsi 
sessanta giorni dall'invio del reclamo del 
contribuente alla Oommissione di primo grado, 
senza che questa avesse pronunziato, il Ministero 
ha peraltro raccomandato sempre di non fare 
iscrizioni a ruolo se non di redditi definitivamente 

. 
accertati, tranne che non si av~sse ragione di 
credere che il ritardo potesse arrecare pregiudizio 
alla esigibilit� della imposta. Ed in una circolare 
del 27 febbraio 1914 '(in Boll. uff. imp. dir., 1914, 
41) � stato anzi prescritto che, qualora in casi eccezionali 
gli uffici, sentito il parere dell'ispettore 
provinciale, avessero ravvisato la necessit� di valersi 
della facolt� loro concessa dagli articoli citati, 
dovevano darne avviso preventivo ai contribuenti 
interessati. 

Non pu� quindi essere dubbio che la iscrizione a 
ruolo di redditi non definitivamente accertati, nei 
casi di cui innanzi, abbia segnato per l'amministrazione 
una facolt�, e non un obbligo1 e neppure 
pu� .allora essere dubbio che il termine di prescrizione 
abbia avuto decorrenza soltanto dal momento 
in cui sia. sort� il titolo definitivo, e non 
da quello in cui si sia avuta comunque la facolt� 
di procedervi per un reddito non definitivamente 
accertato. 


Ai sensi del citato art. 180 del testo unico vigente, 
li ove intervenga per il periodo d'imposta 
corrente la dichiarazione del contribuente o ri� 
corra, in mancanza, dichiarazione o accertamento 
per il periodo d'imposta precedente, l'ufficio deve 
invece ora; e sotto�pena di decadenza, iscrivere a 
'ruolo il contribuente, sulla base dell'imponibile 
dichiarato o accertato, entro il 31 dicembre del 
secondo anno successivo a quello in cui fu o doveva 
essere presentata la dichiarazione. E la norma 
� quindi, a nostro modo di vedere, innovativa e 
non interpretativa. 

E quando il contribuente abbia presentato tempestiva 
dichiarazione, l'amministrazione pu� procedere 
all'accertamento in rettifica degli imponibili 
dichiarati, ma come gi� abbiamo visto deve 
farlo, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre . 
del terzo anno sucessivo a quello in cui la dichiarazione 
fu. presentata. 

Il termine, quindi, per la rettifica � pi� ampio� 
di quello per la iscrizione a ruolo degli imponibili 
dichiarati, e potrebbe dall'ufficio incorrersi in decadenza 
dal diritto di iscrivere a ruolo l'imponibile 
dichiarato, pur non essendo ancora scaduto il 
termine per farne rettifica. . 

In tal caso, e sembra ovvio, sempre che poi dall'ufficio 
si proceda a farne iscrizione a ruolo nei 
termini, dovr� dal contribuente corrispondersi la 
imposta dovuta sul reddito che risulter� definitiva


mente stabilito in seguito alla rettifica, con detrazione 
per� di quella che si sarebbe dovuta da lui 
corrispondere sull'imponibile dichiarato e per il 
cui diritto a riscuoterla si � dall'ufficio incorso in 
decadenza. 

Oome � ben noto, l'accertamento della imposta � 
alla base della obbligazione e del rapporto tributario; 
ed esso consiste nell'atto o nel complesso di 
atti diretti ad accertare e valutare gli elementi 
costitutivi del debito d'imposta, e cio� il presupposto 
materiai.e e personale e la base imponibile, 
con la conseguente applicazione del tasso di legge, 
e quindi con la concreta determinazione dell'ammontare 
del debito del contribuente . 

In vista del carattere astratto della legge che 
stabilisce gli elementi costitutivi dell'obbligazione, 
l'accertamento costituisce un momento imprescindibile 
dello svolgimento del rapporto giuridico di 
imposta, in quanto � necessario verificare se ricorrano 
in concreto i presupposti per l'applicazione 
del tributo, e quindi procedere alla loro valutazione 
e cos� determinare concretamente la somma 
che il contribuente deve corrispondere. 

Il procedimento normale di accertamento � 
quello eseguito dall'amministrazione con la cooperazione 
del contribuente. E le fasi essenziali di 
detto procedimento possono ravvisarsi nell'obbligo 
dello stesso debitore di denunziare l'esistenza della 
situazione di fatto che d� luogo all'applicazione 
del tributo, con la indicazione degli elementi necessari 
alla concreta determinazione del debito 
d'imposta; nell'esercizio da parte dell'amministrazione 
dei poteri che la legge le conferisce allo scopo 
di raggiungere la conosc~nza dei dati di fatto non 
denunziati o inesattamente denunziati; nella valutazione, 
da parte della stessa amministrazione, 
degli elementi denunziati �e di quelli acquisiti 
d'ufficio, con la determinazione unilaterale del 
debito d'imposta da notificarsi al contribuente; nella 
definizione del procedimento per adesione della 
amministrazione alla dichiarazione del contribuente, 
�O di quest'ultimo all'operato della prima, 

o per accordo tra amministrazione e contribuente, o � 
ancora per decisione delle commissioni amministrative. 
Ai sensi del nuovo testo unico, chiunque possiede 
redditi o patrimoni soggetti ad imposta � tenuto a 
dichiararli annualmente all'amministrazione finanziaria, 
e la dichiarazione � U:Uica per tutti i redditi 
e patrimoni del soggetto. La dichiarazione deve 
specificare gli elementi attivi e passivi necessari, 
secondo le norme concernenti le singole imposte, 
per la determinazione dei valori imponibili dei redditi 
e dei patrimoni posseduti dal soggetto nel 
periodo d'imposta al quale la dichiarazione stessa 
si riferisce. 

I redditi da comprendere nella dichiarazione 
sono quelli relativi ai terreni, e cio� il reddito dominicale 
e il reddito agrario, i redditi dei fabbricati, � 
i redditi di ricchezza mobile, il complesso di tutti 
i redditi ai fini della imposta complementare progressiva. 
Per le imposte reali sui redditi dei terreni 
e sui redditi agrari la tassazione procede col si



-73


sterna catastale, e non in base alla d�chiarazione; 
ma ~nche i redditi dominicali e i redditi agrari 
rientrano nel sist�ema, in quanto debbono essere 
denunziati ai fini della .impostlli complementare. 
La legge d� norma per la determinazione del red� 
diti imponibile dei fabbricati (art. 74-75), del reddito 
imponibile di ricchezza mobile (art. 85-116), 
e del reddito imponibile di complementare progressiva 
(art. 133-138). 

Il contribuente trova quindi nelle disposizioni 
della legge la indicazione dei criteri cui attenersi 
per la redazione annuale della sua dichiarazione; e 
l'amministrazione sottopone a controllo la dichiarazione 
presentata, e procede a far rettifica dei 
redditi ivi indicati, ove per la loro determinazione 
il contribuente non si sia attenuto a quelle disposizioni 
di legge. 

Ma pu� l'amministrazione' anche procedere a far 
rettifica delle dichiarazioni presentate, aggiun


gendovi dei redditi che dal contribuente siano stati 
omessi. La rettifica dell,a dichiarazione con l'aggiunta 
dei redditi omessi che vengano accertati 
d'ufficio �, per�, diversa dalla rettifica. degli imponibili 
dichiarati: e se per quest'ultima l'azione si 
prescrive col decorso del terzo anno successivo a 
quello in cui la dichiarazione fu o doveva essere 
presentata, per la� rettifica con l'aggiunta dei red � 
diti omessi l'azione si prescrive in termine pi� 
lungo, e cio� col decorso del quarto anno successivo 
a quello in cui i detti redditi dovevano essere 
dichiarati, e cio� nello stesso term.ine�che vige per 
gli accertamenti d'ufficio l� ove dal contribuente 

.non sia stata affattio presentata la dichiarazione, o 
della dichiarazione si sia fatta presentazione non 
tempestiva e da aversi come non presentata tranne 
clie agli effetti delle sanzioni in vista della riduzione 
alla met� della sopratassa se presentata entro un 
mese dalla scadenza del termine. 

GIUSEPPE AZZARITI 

AVVOCATO DELLO STATO 


NOTE DI DOTTRINA 


Rivista tecnico-giuridica della pesca. diretta �dall'avv. 
GIULIO SCALFATI. 

La Rivista si propone di illustrare, dal punto di 
vista scientifico e . giuridico, i vari problemi della 
pesca nelle acque interne, nel mare territoriale 
-demanio marittimo -e nel mare aperto, con 
riguardo anche alla pesca nelle acque territoriali 
di altri Stati. � 

Il proposito � lodevole e ne va dato atto, formulando 
al direttore ed animatore della nuova Rivista 
i pi� cordiali auguri di successo. 

Naturalmente, e~sendo lo Scalfati proprietario 
del lago di Paola, sulla demanialit� del quale pende � 
annosa ,controversia, e.d autorevole esponente del1'
Associazione Nazionale Produttori della Pesca, 
non c'� da meravigliarsi se la Rivista perseguir�, 
insieme con gli accennati scopi di interesse generale, 
altamente lodevoli, anche scopi di interesse privato, 
pur essi meritevoli di tutela. 

Essa comunque, pu� 'essere considerata la voce 
dei proprietari di acque interne, dei titolari dei 
diritti esclusivi di pesca e di derivaizioni di acque 
pubbliche. 

Nessuna meraviglia, dunque, che nel primo numero 
il Greco spezzi una lancia a favore di un 
ipotetico diritto esclusivo di fbavigazione, che l'ordinamento 
giuridico non prevede positivamente e 
che, anzi, contrasta con il categori�o disposto dell'art. 
68 T.U. 25 luglio 1904, n. 523, secondo il 
quale �la navigazione � l'oggetto principale cui 
servono i laghi, i canali ed i fiumi navigabili �e tutti 
gli altri usi debbono essere ad essa subordinati. 

Del tutto assurda, poi, � la tesi sostenuta dal 
predetto autore, a sostegno delle pretese giudiziarie 
d� alcuni titolari di diritti esclusivi di pesca,, 
secondo la quale a questo diritto sarebbe necessariamente 
connesso il diritto esclusivo di navigazione, 
o quanto meno, il diritto di vietare la navigazione 
a motore, che danneggerebbe la pesca. 
Questa rappresenta soltanto uno degli usi, cui le 
acque pubbliche sono destinate, e la sua titolarit� 
esclusiva priva i cittadini della facolt� di pescare, 
ma non di usare le acque pubbliche per gli altri 
vantaggi, che possono .offrire, fra cui la navigazione. 

Contrariamente opinando, la demanialit� rimarrebbe 
un nudum nomen, un onere della collettivit�, 
su cui graverebbe la spesa di manutenzione delle 
acque a tutela del privato.. 

L'argomento pi� importante trattato in apertura 
�, per�, quello relativo alla soppressione dei 
diritti esclusivi di pesca, che com'� noto, � attualmente 
all'esame del Parlamento. ~o studio del 
Morsillo si presenta come critica alla legge regionale 
sarda, 2 marzo 1956, n. 39, ma � in realt� una decisa 
presa di posizione contro il disegno di legge 
nazionale. 

Anche questo studio, naturalmente, riprende 
l'argomento della esclusivit� del diritto di pesca, 
che sopprimerebbe ogni altro uso� dell'acqua pubblica 
con esso incompatibile. Ma il suo principale 
oggetto, in previsione della legge soppressiva auspicata 
da pi� parti __: � la misura della indennit� 
dovuta al titolare, privato del suo uso esclusivo. 


Non � qui il luogo per dimostrare come sia alla 
specie inapplicabile l'art. 42 Cost., essendo sufficiente 
rilevare come, in ogni caso, sia pienamente 
legittimo il criterio di commisurare l'indennizzo 
alle . imposte corrisposte negli ultimi anni; l'interesse 
generale sovrasta talmente quello particolare 
da rendere legittimo, secondo l'insegnamento ormai 
costante della Corte Costituzionale, un modesto 
sacrificio degli interessi patrimoniali del 
singolo. 

G. G. 
EDOARDO BONASI BENUCCI -MARIO FABIANI, 
Assistenti nell'Universit� di Roma: Codice della 
propriet� in~ustriale e del diritto di Autore. 

ANTIGONO DONATI, prof. ord. dell'Universit�. di 
Roma e ADELMO KOHLER, Assistente all'Uni~ 
versit� di Roma: Codice delle leggi sulle assicurazioni 
private. Giuffr�, editore. 

Sono gli� ultimi due codici dell'ormai classica � 
collezione legislativa diretta dal prof. Guido Zanobjni 
e apertasi con. quel codice delle leggi amministrative 
che � ancor oggi un modello non facilmente 
superabile. 

Da quel primo codice, gli altri numerosi che ai;�_ ricchiscono 
la collezione, e questi due, derivano la 
�chiarezza � di impostazione e consultazione che 
costituisce la caratteristica migliore del Manuale 
di diritto amministrativo dell'emerito direttore. 


RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA 


COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA -Registro Accertamento 
di maggior valore -Termine -Legittimit� 
costituzionale del D.L.C.P.S. 21 gennaio 1947, 

n. 25. (Corte Costituzionale -Pres.: Azzariti; Rel.: 
Perassi; 30 giugno 1960, n. 46). 
Il D.L.C.P.S. 21 gennaio 1947, n. 25, ratificato 
con legge 17 aprile 1956, n. 561, col quale il termine 
per la notificazione �dell'avviso di accertamento 
di ufficio del valore dei beni trasferiti, di 
cui all'art. 21 R.D.L. 7 agosto 1936, n. 1639, era 
elevato ad un anno dal pagamento dell'imposta 

o dall'atto di dilazione, � costituzionalmente legit-� 
timo essendo stato tempestivamente presentato al 
Parlamento per la ratifica. 
Pubblichiamo integralmente la motivazione della 
sentenza, la quale, a nostro avviso, vale per tutti i 
provvedimenti legislativi emanrati in virt� dei poteri 
attribuiti al Governo dell'art. 4 del D.L. 25 giugno 
1944, n. 151 e dall'art. 3 D.L.L. 16 marzo 1946, 

n. 
98. 
�1) Le due cause, promosse dalla Commissione 
Provinciale delle Imposte dirette e indirette sugli 
affari di Ragusa con le ordinanze indicate in epigrafe 
e discusse congiuntamente, avendo per oggetto 
la stessa questione di legittimit� costituzionale 
del decreto del C.P.S. 21 gennaio 1947, 

n. 25, vengono riunite per essere decise con unica 
sentenza. 
�2) Il termine per la notificazione dell'avviso di 

� 
accertamento d'ufficio dei valori venali di beni 
trasferiti agli effetti della imposta di registro, che 
era stato fissato in 180 giorni dal decreto-legge 
7 agosto 1936, n. 1639 (convertito in legge 7 giugno 
1937, n. 1016) ed elevato temporaneamente 
ad un anno dalla legge 19 febbraio 1942, n. 133, 
venne stabilito dal decreto legislativo del C.P.S. 
21 gennaio 194 7, n. 25 in un anno dal pagamento 
dell'imposta e, nel caso di dilazione regolarmente 
concessa, dalla data dell'atto di dilazione. 
�I� .decreto del C.P.S. 21 gennaio 1947, n. 25 � 
stato emanato in virt� dei poteri legislativi attribuiti 
al Governo dall'art. 4 del decreto-legge 25 giugno 
1944, n. 151 e dall'art.�3 del decreto legisl~,tivo 
luogotenenziale 16 marzo 1946, n. 98. Secondo 
l'art. 6 di quest'ultimo decreto, i provvedimenti 
legislativi deliberati dal Consiglio dei Ministri nel 
periodo della Costituente e fino alla convocazione 
del Parlamento a norma della nuova Costituzione 

dovevano � essere sottoposti alla ratifica del nuovo 

Parlamento entro un anno dalla sua entrata in 

funzione�. 

�La Commissione Provinciale delle Imposte di


rette ed indirette sugli affari di Ragusa, con le 

due ordinanze 3 e 10 luglio 1958, ba proposto alla 

Corte la questione di legittimit� costituzionale del 

decreto del C.P.S. 21 gennaio 1947, n. 25 prospet


tando il dubbio se �la mancata presentazione al 

Parlamento per l'approvazione abbia comportato 

o meno l'inefficacia � del� detto decreto � ed abbia, 
quindi, automaticamente ripreso vigore il decretolegge 
7 agosto 1936, n. 1639 che limita a 180 giorni 
il termine per la notifica dell'accertamento di valore 
da parte dell'ufficio del Registro � .. 
�La questione della legittimit� costituzionale del 

decreto 21 gennaio 1947, n. 25 � stata sottoposta 

al giudizio di questa Corte con riferimento agli 

artt. 76 e 77 della Costituzione adducendosi, come 

unico motivo dell'impugnazione, l'allegata � man


cata presentazione � al Parlamento del detto decreto 

in relazione alla disposizione dell'art. 6 del decreto� 

legislativo 16 marzo 1946, n. 98, secondo la quale 

quel decreto legislativo doveva essere sottoposto a 

ratifica del nuovo Parlamento entro un anno dalla 

sua entrata in funzione. 

�Per decidere la questione di legittimit� costitu


zionale cos� proposta dalla Commissione Provin


ciale di Ragusa � preliminarmente necessario di 

accertare se .si � verificata in f�tto la circostanza 

della mancata presentazione del decreto impu


gnato al Parlamento, addotta come unico motivo 

di pretesa illegittimit� costituzionale di esso. 

�Ora il decreto del C.P.S. 21gennaio1947, n. 25, 

come � attestato da una comunicazione del Segre


tario Generale della Camera dei deputati in data 

29 aprile 1959 esibita in giudizio dall'Avvocatura 

� Generale dello Stato, e come risulta dagli atti parlamentari, 
venne presentato insieme con molti altri 
decreti legislativi alla Camera dei deputati per la 
ratifica il 4 maggio 1949 (stampato Camera n. 620), 
e cio� entro l'anno dalla sua entrata in funzione, 
che ebbe luogo 1'8 maggio 1948. Non essendo 
stato ratificato nel corso della prima legislatura a 
causa del sopraggiunto� scioglim_ento della Camera, 
quel decreto venne ripresentato alla nuova.. Camera 
il 19 novembre 1953 (stampato Camera n. 377) e 
ratificato con la legge 17 aprile 1956, n. 561 (Gazz.
Uff. 25 giugno 1956, n. 156), essendo compreso 
nella tabella annessa a detta legge nella quale sono 
indicati i decreti legislativi ratificati con tale legge 


-76 


a norma dell'art. 6 del decreto legislativo luogotenenziale 
16 marzo 1946, n. 98. Ma la circostanza che 
la ratifica del decreto impugnato, presentato alla 
Camera dei deputati il 4 maggio 1949, siasi perfezionata 
solo :qel 1956 con la legge 17 aprile 1956, 

n. 561, non � rilevante agli effetti dell'art. 6 del 
decreto .luogotenenziale 16 marzo 1946, n. 98, in 
quanto questa norma si � limitata a prescrivere � 
l'obbligo per il Governo di presentare al Parlamento 
per la ratifica i decreti legislativi, da esso emanati, 
entro l'anno dall'entrata in funzione delle nuove 
Camere. 
�In queste condizioni -a prescindere dalla con siderazione 
che la questione di. legittimit� costituzionale 
del decreto del C.P.S. 21 gennaio 1947, 

n. 25 non pu� porsi in riferimento agli artt. 76 e 77 
della sopravvenuta Costituzione, non essendo stato 
il detto decreto esercizio di funzione legislativa 
delegata ai sensi dell'art. 76 della Costituzione ma� 
dei poteri legislativi attribuiti al Governo dal 
deereto-legge 25 giugno 1944, n. 151 e dal decreto 
legislativo 16 marzo 1946, n. 98 -la Corte non 
pu� che dichiarare non fondata la questione, proposta 
dalle ordinanze della Commissione Provinciale 
delle Imposte di Ragusa, sulla legittimit� 
costituzionale del decr�to del C.P.S. 21 gennaio 
1947, n. 25. 
CASSAZIONE -Ricorso ex art. 111 Cost. -Applicabilit� 
norme generali -Luogo di noUfica -Art. 330 

C. p. c. -Elezione domicilio -Ritualit� notifica 
presso domi~iliatario. (Cassazione, I Sezione, sent. 
2836/60 -Pres.: Lorizio; Rel.: Stella Richter; P. M.: 
Pedote (conf.); Finanze c. Piaggio). 
Il ricorso per Cassazione ex art. 111 della Costituzione, 
� � un rimedio generale, che assicura il 
controllo di legittimit� contro tutte le sentenze 
delle giurisdizioni ordinarie e speciali, Esso, quindi, 
non pu� non essere regolato dalle norme generali 
sulle impugnazioni, in quanto applicabili, salvo 
deroga di specifiche disposizioni. Pertanto si ritiene 
costantemente che il termine per il ricorso sia quello 
di sessanta giorni stabilito dall'art. 325 O.p.c. Analogamente 
deve ritenersi applicabile l'art. 330 O.p.c. 
sul luogo di notificazione delle impugnazioni. 

Di conseguenza, se nel giudizio che ha dato luogo 
alla decisione, impugnata a termini dell'art. 111 
Cost., vi. � stata la nomina di un procuratore e � 
l'elezione di domicilio prl;lsso lo stesso, ritualmente 
il ricorso per cassazione � notificato presso 
detto domiciliatario. 

Se attraverso una norma ricompresa nella. Carta 
Costituzionale -art. 111 -� concesso ai cittadini 
di poter impugnare innanzi alla Suprema Corte, 
per violazione di legge, tutte indistintamente le sentenze 
pronunciate dagli organi giurisdizionali ordinari 
e speciali, si tratta evidentemente di un rimedio 
di carattere generale �sempre ammesso�, ammesso, 

cio� senza eccezioni, senza restrizioni e senza deroghe 
ed anche quando non sarebbe passibile a termini 
della legge comune. Si tratta, dunque, di una garanzia 
statutaria che per sua natura si pre.,~e.nta incondizionata 
ed inderogabile. 

I rilevati caratteri del ricorso e la sua particolare 
natura, ora sottolineati, e quali sono resi palesi dallo 
art. 111 della Costituzione, conducono necessariamente 
ad affermare che il ricorso stesso costituisce un mezzo 
normale, e non straordinario, valevole in ogni caso 
e disposto� a tutela di tutti i cittadini, e che si estende 
genericamente e generalmente a tutte le ipotesi, in 
cui possa lamentarsi violazione di legge. 

Ora la normalit� del ricorso, posta in evidenza, 
e il difetto di una specifica disciplina, da parte del 
legislatore costituente, comportano che quanto alle 
modalit�, forme, termini di notifica ed a tutte le 
norme di rito, nel silenzio della norma costituzionale, 
si deve necessariamente avere riguardo alle disposizioni 
racchiuse nel codice di. rito civile, che concernono 
specificatamente il ricorso per cassazione. Di guisa 
che, come per il termine di notifica non si � mai 
dubitato che dovesse adottarsi quello di giorni sessanta, 
stabilito dall'art. 325 C.p.c. (Cassazione Sezioni 
Unite 13 marzo 1954, in Riv. Leg. Fisc., 
1954, 733; 25 maggio 1955, ivi, 1955, 1076), cos� 
pure per cio che rifiette il luogo di not-ificazione della 
impugnazione, occorre rifarsi alla disciplina di cui 
all'art. 330 �C.p.c. Ed � proprio in base a questa 
disposizione che deve ritenersi regolare e valida la 
notifica effettuata, come nel caso di specie, entro il 
termine di legge, nel domicilio eletto nel giudizio, 
presso il procuratore costituito. 

V a ancora rilevato, che il giudizio di impugnazione 
ex art. 111 della Costituzione, secondo l'insegnamento 
della Corte di Cassazione (Sezioni Unite 
27 febbraio 1951, in Riv. leg. fisc., p. 403; Sezioni 
Unite, sentenza n. 1642/54, ivi, p. 1061) ed appunto 
in vista del carattere generale che esso � venuto ad 
assumere, non � altro se tion la �p'll"osecuzione �, �lo 
�svolgimento �, lo �sviluppo � del giud.izio svoltosi 
nei precedenti gradi. E se esso � svolgimento e prosecuzione 
di questo giudizio, cos� come avviene nel 
caso normale previsto dal codice di rito civile, � da 
ammettere con assoluta sicurezza che l'impugnativa 
di cui si discute, prevista dall'art. 111 della Costituzione, 
debba essere disciplinata dalle norme del predetto 
codice di rito. Il quale, peraltro, stabilisce 
espressamente ogni qual volta la notifica debba essere 
effettuata personalmente alle parti (cos� ad es. per 
la riassunzione della causa in sede di rinvio (art. 392, 
II comma, C.p.c.), impugnazione dopo un anno dalla 
pubblicazione della sentenza (art. 330, ultimo comma, 

C.p.c. ecc.). 
Va infine osservato che l'ordine segnato dall'art. 
330 C.p.c., quanto al luogo di notifica dell'impugnazione, 
� stabilito nell'interesse stesso delle parti, 
nei cui confronti viene effettuata la notificazione, per 
una maggiore e pi� completa garanzia .. dflle parti 
medesime. � quindi proprio a tutela degli inte:_ 
ressi di queste, che si ritiene applicabile la disciplina 
del ripetuto art; 330 anche nel caso di impugnazione 
a termini dell'art. 111 della Costituzione. 

T.L.G. 

~ 71


COMUNI, PROVINCIE -Scioglimento di Consiglio 
comunale a sensi dell'art. 323 della Legge comunale 
e provinciale del 1915 -Mancata richiesta del parere 
del Consiglio di Stato -Conseguenze. (Consiglio di 
Stato, IV Sezione Giurisdizionale, decisione 8 aprile27 
maggio 1960, n. 529 -Pres.: Bozzi; Est.: Landi; 
Rie. Gavagnin ed altri c. Ministero Interno). 

Ancorch� non sia stato prescritto che il parere 
del Consiglio di Stato debba precedere obbligatoriamente 
l'emanazione del Decreto con il quale 
il Presidente della Repubblica dispone lo scioglimento 
di un Consiglio Comunale, tuttavia, trattandoRi 
dell'atto che pi� gravemente incide sulla 
autonomia e sull'autogoverno dell'ente, la garanzia 
dell'audizione preventiva dell'organo ausiliario del 
Governo, cui � .devoluta la consulenza giuridicoamministrativa 
e la tutela della giustizia rn~ll'.Amministrazione 
(art. 100 Cost.} dovrebbe, pur se 
non imposta in via generale dalla legge, essere 
normalmente osservata. 

Il difetto del preventivo parere del Consiglio 
di Stato rende insufficiente il testo della relazione 
ministeriale pubblicata nella Gazzetta Ufficiale per 
accertare l'esatta natura, consistenza e gravit� dei 
fatti che hanno portato allo scioglimento del Consiglio 
Comunale. 

Riteniamo di dover segnalare questa decisione per 
la estrema gravit�, e, per quanto ci consta, assoluta 
novit�, dei principi che con la stessa vengono aff ermati. 


I rioorrenti, che impugnano il Decreto del Presidente 
della Repubblica 26 gennaio 1959 (pubblicato 
nella Gazzetta Ufficiale del 2 febbraio 1959, n. 27), 
con il quale sono stati sciolti il Consiglio Comunale 
di Venezia e la Commissione Amministratrice dell'Azienda 
Comunale per la Navigazione Interna 
Lagunare della stessa citt�, avevano rilevato come, 
in difformit� da una prassi costantemente seguita 
dal Governo, il Decreto non fosse stato preceduto 
dal parere del Consiglio di Stato. 

L'Avvocatura, nella propria memoria difensiva, 
aveva dedotto l'inconsistenza della censura, sia perch� 
nessuna norma di legge sancisce l'obbligo della 
Amministrazione di richiedere nella specie un tal 
parere, sia perch�, in ogni caso, la prassi invocata 
non sussistev�a e non sussiste, come dimostrano chiaramente 
numerosi provvedimenti� adottati negli ultimi 
anni in .casi consimili. 

Questi i precedenti che hanno dato occasione al 
Supremo Consesso Amministrativo di affermare testualmente 
quanto segue: � 

Va rilevato che il decr~to presidenziale in oggetto 
non � stato preceduto dal parere del Consiglio di 
Stato. La difesa dei ricorrenti ha precisato, in 
udienza, di non avere inteso dedurre a tal proposito 
una formale censura, in quanto le norme sulle 
quali il provvedimento si fonda non prescrivono 
il parere obbligatorio del Consiglio di Stato. 

Certo appare per� alla Sezione, che, se non altro, 
la previa audizione del detto parere avrebbe rafforzato 
la presunzione di legittimit� dell'atto. Il 

parere del Consiglio di Stato non � stato prescritto 
�obbligatoriamente� nei successivi testi della legge 
comunale e provinciale, perch� non si ritenne opportuno 
porre eventuali more all'azione del Governo 
in quei casi (derivanti di solite da ragioni d'ordine 
pubblico) nei quali allo scioglimento del Consiglio 
comunale si dovesse provvedere in via d'assoluta 
urgenza. Ma in tutti gli altri casi, l'audizione corrispondeva 
ad una prassi costante. Desta quindi 
sorpresa che l'Avvocatura dello Stato, citando ben 
dieci casi di scioglimento di consigli comunali 
intervenuti negli anni 1958 e 1959, dichiari che 
tale prassi non sussiste, o meglio voglia dimostrare 
che � stata abbandonata. Ed infatti, se la Costituzione 
(art. 5) attribuisce tanto rilievo alle autonomie 
locali, sarebbe logico, che, a proposito dell'atto 
che pi� gravemente incide sull'autonomia e sul-� 
l'autogoverno dell'ente, la garanzia dell'audizione 
preventiva dell'organo ausiliario del Governo, cui 
� devoluta la consulenza giuridico-amministrativa 
e la tutela della giustizia nell'Amministrazione 
(art. 100 Cost.), venga, pur se non imposta in via 
generale dalla legge, normalmente osservata. Si 
noti, ad esempio, che la legge d'ordinamento degli 
enti locali della Regione siciliana (D.L.P. Reg. 
29 ottobre 1955, n. 6) ha reso obbligatorio, in tal~ 
materia (artt. 53 e 54) il parere del Consiglio di 
giustizia amministrativa, che esercita nella Regione 
le funzioni del Consiglio di Stato. 

In tali condizioni, la Sezione ritiene che non 
sia sufficiente il testo della relazione ministeriale, 
pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, per acyertare, 
in rapporto alle censure dedotte, l'esatta natura 
consistenza e gravit� dei fatti che hanno portato 
allo scioglimento del Consiglio comunale e della 
Commissione amministratrice dell'Azienda comunale 
di navigazione. 

� quindi necessario disporre l'esibizione del decreto 
prefettizio di sospensione del Con~iglio comunale; 
della relazione del Prefetto di Venezia al 
Ministero dell'Interno contenente la proposta di 
scioglimento del detto Consiglio e della, Commissione 
amministratrice, con gli atti allegati, e con 
quelli cui eventualmente la detta relazione faccia 
richiamo; della lettera di dimissioni del Presidente 
della Commissione amministratrice dell'Azienda; e 
d'ogni altro atto idoneo a giustificare l'esistenza 
dei presupposti di legge per l'esercizio del potere 
di scioglimento dei due organi di che trattasi. 

Le considerazioni svolte appaiono, oltre che giuridicamente 
errate, assai gravi per le conseguenze 
eh.e da esse possono trarsi. 

Si riconosce, infatti (e non poteva essere altrimenti) 
che il Governo non aveva l'obbligo, in base alla legge, 
di richiedere il parere al Consiglio di ~tato; ma si 
soggiunge che il non averlo ri<Jhiesto attenuerebbe 
grandemente (per non dire che farebbe venir meno 
addirittura) la presunzione di legittimit� dell'atto 
amministrativo emanato, cos� da render necessaria 
l'acquisizione di tutti gli atti e documenti che ne-. 
hanno preceduto la adozione (del cui esame -si 
lascia intendere -.-il. Collegio avrebbe altrimenti 
fatto a meno} per poter giudicare in ordine alle censure 
mosse dai ricorrenti. 


-78 


Non � chi non veda come, per tal modo, l'organo 
giurisdizionale amministrativo esorbiti dai suoi poteri 
di giudice della legittimit� degli atti. che, mediante 
l'impugnazione delle parti che se ne ritengono lese, 
vengono portati al suo esame, e si attribuisca altres� 
il compito di sindacare la condotta della Pubblica 
Amministrazione anche sotto il profilo della opportunit� 
e della convenienza amministrativa, finendo 
per sostituire cos� il proprio apprezzamento e la 
propria valutazione a quelli dell'Amministrazione. 

Ora, per quanto elevata sia la posizione che il 
nostro orr?inamento costituzionale giustamente ha inteso 
attribuire al Consiglio di.Stato nell'esercizio della 
sua dupli�e funzione, consultiva e giurisdizionale, 
non sembra che tale posizione comporti anche il potere 
di stabilire quando sia opportuno che il Governo ne 
richieda il preventivo parere (ancorch� non previsto 
dalla legge come obbligatorio); perch�, com'� 
di tutta evidenza, la valutazione di tale opportunit� 
� riservata in via esclusiva alla P. A., e non � suscettibile, 
per il nostro diritto positivo, di alcun sindacato 
in nessuna sede. 

Dalla mancata richiesta d'un parere facoltativo, 
c�s� come dalla adozione di una piuttosto che di 
un'altra prassi amministrativa (quando siano entrambe 
legittime), non sembra, pertanto, che possa 
farsi derivare alcuna conseguenza in ordine alla 
legittimit� di un atto; la quale soltanto puo essere 
giudicata dal Supremo Giudice Amministrativo, in 
relazione alle censure mosse dai ricorrenti ed in base 
agli elementi acquisiti. 

ESPROPRIAZIONE-Occupazione ultra-biennale; illiceit� 
-Effetti del decreto di espropriazione sopravvenuto 
nel corso del giudizio per risarcimento dei 
danni. (Cassazione, Sezioni Unite Civ., 22 luglio 1960, 

n. 2087 -Pres.: Cataldi; Est.: Giannattasio; P. M.: Pomodoro; 
difforme, Soc. An. Costruzioni c. Comune 
di Roma). 
Il decreto di espropriazione, ancorch� questa 
sia stata preceduta da occupazione d'urgenza o 
senza titolo, ha effetti costitutivi ex-nunc per quanto 
attiene al trasferimento della propriet� e fa cessare, 
dalla data della sua emanazione, l'eventuale 
illegittimit� dell'occupazione. 

Il protrarsi, abusivo, dell'occupazione oltre il 

biennio non incide sul potere di espropriazione da 

partedella P.A. e ci� ancorch� penda avanti l'auto


rit� giudiziaria ordinaria il giudizio instaurato dal 

proprietario per la determinazione dell'indennit� 

di espropriazione e per il risarcimento dei danni. 

Ai fini del risarcimento dei danni e della deter


minazione di essi occorre tenere distinte due situa


zioni fra lorq diverse: se non � intervenuto il de~ 

creto di espropriazione e la restituzione del fondo 

� divenuta impossibile per la costruzione dell'opera 

pubblica al privato spetta, a titolo di risarcimento, 

una somma corrispondente al valore del bene; se 

invece interviene, sia pure nel corso del giudizio, 

il decreto di espropriazione al privato spetta solo 

il ,risarcimento del danno effettivamente subito 

dalla d�ta di scadenza del biennio a quella di ema


nazione del decreto di espropriazione. 

La sentenza annotata, che � stata, poi confermata 
con la sucaessiva 24 ottobre 1960, n. 2892, in 
causa Oomune di Roma, c. V aselli (Mass. Foro It. 
1960, col. 648) rappresenta, a nostro avviso, 
la conclusione logica della evoluzione giurisprudenziale, 
di cui abbiamo dato via via notizia (Rassegna 
Avvocatura, 1954, 271; ivi, 1959, 55 e 99). 

Essa, accogliendo la tesi, da noi prospettata in 
nota alla precedente sentenza n. 66 del 1959, e rettificando 
o precisando alcune ultronee affermazioni 
contenute nelle successive sentenze nn. 2603 e 3204 
del 1959 (Gestione INA-Oasa contro Fonte e Pistone) 
ha nettamente distinto, ai fini della determinazione 
del danno, l'ipotesi, in cui nel corso del giudizio 
sia intervenuto il decreto di espropriazione, da quella, 
in cui, invece, il giudizio si conclude senza che sia 
sopravvenuto il predetto decreto, ed fl,a precisato che 
solo in quest'ultima ipotesi � dovuto, a titolo di risarcimento 
del danno, l'integrale valore del fondo, ohe, 
ovviamente, assorbe l'indennit� di espropriazione e 
legittima l'esaurimento del procedimento espropriativo 
senza il versamento dell'indennit�. 

Per una migliore cognizione delle questioni decise 
riportiamo integralmente la pregevole rf!,otivazione della 
sentenza; � 

�Con il primo motivo la societ� ricorrente denuncia 
violazione dell'art. 2043 e.o. e dei principi 
generali vigenti in materia di damnum iniuria 
datum, in relazione agli artt. 71, 73 e 48 della legge 
25 giugno 1865, n. 2359, �nonch� difettosa e contraddittoria 
motivazione su di un punto decisivo d�lla 
controversia (art. 360, n. 5 C.p.c.), e richiamando 
la giurisprudenza secondo la quale, in caso di occupazione 
dell'immobile altrui da parte della pubblica 
amministrazione, inizialmente abusiva o divenuta 
tale per il mancato espletamento della procedura 
entro il termine prescritto dall'art. 73 della legge 
25 giugno 1865, n. 2359, al proprietario compete il 
diritto all'integrale risarcimento del danno consistente 
nel valore venale del bene, se questo � stato 
nel frattempo trasformato con l'esecuzione della 
opera di pubblica utilit� e sia divenuta perci� 
impossibile la reintegrazione in forma specifica del 
diritto di propriet�, assume che, ove l'espropriazione 
si compi~, decorso il biennio, gli effetti del 
provvedimento emesso dal prefetto ai sensi dell'art. 
48 della legge fondamentale del 1865 sono 
circoscritti al trasferimento del diritto di propriet�, 
che era rimasto in testa al privato, ma non incidono 
nell'acquisito diritto al risarcimento del danno. 

�Questo Supremo Collegio non intende disco


starsi dai principi ai quali si � costantemente uni


formato in tema di danni da protrazione dell'oc


cupazione temporanea . del bene oltre il termi.e 

improrogabile di due anni stabilito dalla legge del 

1865, n. 2359, principi che sono stati da ultimo 

confermati nella sentenza n. 3204 del 1959 delle 

Sezioni Unite e che possono riassumersi n�i seguenti 

termini: ��, � 

a) il momento del trasferimento, dal priVafo � 

espropriato all'ente espropriante, della propriet� del 

bene, che ha formato oggetto della procedura d! 

espropriazione, coincide con la data del decreto di 

esproprio, al quale, ai fini dell'indicato trasfer�



-79 


mento di propriet�, deve essere riconosciuto efficacia 
costitutiva, e quindi operativit�, solo per 
l'avvenire. Tale principio va tenuto fermo per il 
caso in cui il decreto di espropriazione sia stato 
preceduto dall'occupazione provvisoria per la esecuzione 
dei lavori urgenti e indifferibili e, quindi, 
a fortiori, quando il decreto di espropriazione sia 
stato preceduto da una occupazione senza titolo; 

b) funzione specifica dell'indennit� di esproprio 
� quella di sostituire, a favore dell'espropriato, il 
bene che ha formato oggetto dell'espropriazione, un 
corrispettivo pecuniario, ' liquidato attraverso la 
applicazione dei diversi criteri fissati dalla legge 
del 1865 e da altre leggi speciali: 

e) poich� il decreto di esproprio opera il trapasso 
-dietro il corrispettivo dell'indennit� della 
propriet� del bene, tale decreto ha la sua 
ragione di essere e quindi deve trovare . piena e 
completa attuazione anche nell'ipotesi in cui l'ente 
a cui favore � pronunciata l'espropriazione, si trovasse 
gi� nel possesso del bene in conseguenza di 
precedente occupazione abusiva. In tal . caso il 
decreto di esproprio fa cessare, con decorrenza 
dalla sua data, la preesistente situazione di illegittimit�, 
ed opera, dalla stessa data, il trapasso 
della propriet� del b.me. 

�Pertanto la precedente situazione abusiva non 
incide sul potere di espropriazione da parte della 
Pubblica .Amministrazione, n� formalmente, n� sostanzialmente, 
ma fornisce la ragione specifica per 
eccitare l'esercizio di tale potere, al fine di addivenire 
alla normalizzazione dei rapporti tra il proprietario 
e l'ente occupante, e ci� anche nel caso 
in cui penda davanti all'autorit� giudiziaria ordinaria 
il giudizio instaurato dal proprietario per la 
determinazione della indennit� di espropriazione e 
per il risarcimento dei danni. 

�Tutto ci�, peraltro, non pu� annullare la pregressa 
occupazione abusiva, delle cui conseguenze 
l'ente occupante � tenuto sempre a rispondere nei 
confronti del proprietario a titolo di danni. 

�Ai fini del risarcimento dei danni e della determinazione 
della loro misura, devonsi tenere distinte 
due situazioni tra loro diverse. Se l'occupazione 
(e nel concetto di occupazione va inclusa 
anche la protrazione, oltre il biennio dell'art. 73, 
legge 1865) ha mantenuto il carattere abusivo per 
non essere mai intervenuto un decreto di esproprio, 
in tal caso il diritto di propriet� dell'immobile non si 
� mai trasferito in capo all'ente occupante, e se, 
come nella specie�, non sia pi� concepibile la restituzione 
del bene occupato, stante la radicale trasf\:>:
rmazione da questo subito per effetto dell'attuazione 
dell'opera pubblica, poich� il giudice ordinario 
non pu� disporre la rimozione o la modificazione 
dell'opera disposta ed eseguita dalla Pubblica Amministrazione 
nell'esercizio della sua insindacabile 
attivit� discrezionale, e neppure pu� prefiggere alla 
amministrazione un termine per lo inizio e per lo 
espletamento della procedura di espropriazione, o 
per il trasferimento convenzionale del diritto di 
propriet�, in tal caso, mentre l'ente occupante verrebbe 
a trovarsi nella possibilit� di protrarre indefinitivamente 
la situazione illegittima da esso stesso 
creata, i proprietari resterebbero privati del con


tenuto sostanziale del diritto di propriet�. A tali 
ingiuste conseguenze si ovvia riconoscendo ai privati 
il diritto di ottenere, dinanzi all'autorit� giudiziaria 
ordinaria, la condanna dell'.Amministrazione 
alla corresponsione, a titolo di risarcimento 
del danno, del valore corrispondente alla privazione 
del b:me illegittimamente ed irreparabilmente 
da essi sofferta (Oass. sentenze n. 3309 del 1955, 
3125 del 1952). 

�N� l'Amministrazione avr� motivo di dolersi 
di essere esposta a pagare somma maggiore di 
quella che avrebbe pagato .sotto forma di indennit� 
di espropriazione, la quale non ha per oggetto la 
integrale riparazione di tutti i danni eventualmente 
sofferti dal privato in dipendenza dell'esproprio, 
perch� essa dovr� imputare a se stessa se, 
avendo trascurato di far ricorso alla procedura 
d'espropriazione, non consegue il vantaggio che 
avrebbe ricavato da quella procedura. 

�Ben diversa � la situazione che si presenta 
qualora, sia pure in pendenza del giudizio per 
risarcimento dei danni, promosso dal proprietario, 
intervenga il decreto di espropriazione del bene 
occupato abusivamente. Anche in tal caso, come 
hanno precisato queste Sezioni Unite con la ricordata 
sentenza n. 3204 del 1959, il decreto di espropriazione 
non ha efficacia di sanatoria per l'illegale 
situazione pregressa, perch� vale sempre il principio, 
secondo il quale il momento di trasferimento 
del bene espropriato coincide con la data del decreto 
di espropriazione. Tuttavia detto decreto spiega 
tutta la sua efficacia costitutiva per l'avvenire in 
relazione a tutti gli effetti che la legge sull'espropriazione 
per pubblico interesse vi riconnette: non 
solo quindi dalla data del decreto si overa il trapasso 
della propriet� del bene in capo all'ente 
occupante, ma tale trapasso � coordinato -in 
aderenza allo schema legislativo -con una controprestazione 
a carico del predetto ente, ilcui ammontare 
� rappresentato dall'indennit� di esproprio 
fissata nel decreto, ovvero, in caso di opposizione, 
da parte degli organi speciali previsti dalle leggi 
sull'espropriazione. Tale affermazione trova, nel 
piano teorico, la propria giustificazione nel principio, 
gi� affermato, �della funzione specifica della 
indennit� di espropriazione. Per ritenere che la competenza 
del giudice ordinado adito per la liquida~ 
zione del danno da occupazione abusiva assorba 
l'efficacia della procedura di esproprio nella parte 
relativa alla determinazione della indennit�, bisognerebbe 
poter affermare che, malgrado l'intervenuto 
decreto, ed anche quando non venga in 
discussione lo stesso potere di espropriazione, persista 
il carattere abusivo dell'occupazione del bene 
da parte dell'ente espropriante. 

�P�ich�, al contrario, il decreto di esproprio, 
operando il trapasso di propriet� del b:me, fa cessare 
quel carattere abusivo, ne discende che, dalla 
data di quel decreto, viene a mancare anche la 
ragione di ulteriori danni per il proprieta�'i� e la_ 
competenza del giudice ordinario a valutare le 
istanze di danni per il periodo successivo al decreto 
di espropriazione. Una pronuncia da parte del giudice 
ordinario, sia pure sotto l'apparenza di un 
risarcimento dei danni, sulle conseguenze econo



.....:... 80 ~ 

miche del decreto di esproprio, al di fuori dello 
schema dell'indennit� di espropriazione, si risolverebbe 
in una nuova valutazione di quel valore 
di scambio del bene espropriato che deve essere, 
invece, fissato esclusivamente secondo i criteri predeterminati 
delle leggi sull'espropriazione e dagli 
organi dalle stesse leggi previsti. 

�Intervenuto, dunque in pendenza del giudizio 
per danni intentato dal privato il decreto di espropriazione 
del bene gi� indebitamente occup~to �in 
pregiudizio del privato medesimo, .il giudice deve 
contenere la liquidazione del danno esclusivamente 
in relazione al periodo precedente al decreto di 
esproprio ed il criterio che deve presiedere alla 
liq"Q.idazione non � unico, ma pu� variare a seconda 
della concreta fattispecie. Di regola quel danno 
consister� nella mancata percezione, da; parte del 
proprietario, del reddito che egli avrebbe potuto 
ricavare dal bene. Nulla vieta, peraltro, che qualora 
il proprietario dimostri che, in conseguenza dell'oc-� 
cupazione, da lui illegittimamente sofferta egli non 
potette realizzare concrettl occasioni per la vendita 
del bene o altrimenti conseguire finanziamenti o 
trarre altri benefici, il giudice di �merito liquidi, a 
titolo di danno, la perdita che in concreto il proprietario 
abbia subito, e tale perdita, nella ipotesi 
limite, potr� anche essere pari all'importo che, 
tenuto conto degli eventuali vincoli gi� esistenti 
sull'immobile (ad esempio in conseguenza di piano 
regolatore) il proprietario avrebbe potuto ricavare 
dal bene, prima dell'intervenuto decreto di espropriazione, 
qualora non fossero state eseguite le 
opere di trasformazione. In tal caso, come � intuitivo, 
il proprietario, se avesse realizzato il valore 
del bene attraverso la vendita, non avrebbe potuto 
realizzare altro utile, onde dall'ammontare del danno, 
liquidato secondo gli indicati criteri, anqrebbe 
comunque detratto l'importo dell'indennit� fissata 
nel decreto di espropriazione o nella eventuale 

contestazione giudiziale. Il danno da occupazione 
abusiva delle aree, dunque, potr� essere anche 
rappresentato, anzich� dal mancato reddito, dalla 
differenza tra il valore venale e l'indennit� di espropriazione, 
ma ci� non gi� perch� tale determinazione 
sia in re ipsa, ma unicamente allorch� la 
prova dell'esatto ammontare sia fornita dal creditore, 
che non ha potuto disporre in concreto del 
bene, per esserne stato impedito dall'occupazione 
abusiva (art. 2043 e 2697 e.e. 

�Ove, anche in mancanza di dimostrazione dei 
danni effettivamente conseguiti dal proprietario, 
per effetto di tale occupazione, il giudice ordinario 
gli attribuisse, in aggfunta all'indennit� ed ai frutti 
non percetti, la differenza tra il valore venale del 
bene e l'indennit� stessa, come si invoca dalla 
societ� ricorrente, tale liquidazione urterebbe contro 
i principi� dianzi ricordati e si ridurrebbe, in 
ultima analisi, nell'annullamento del decreto di 
espropriazione nella parte relativa all'indennit� per 
la privazione del bene, ad opera di organo diverso 
da quello cui la determinazione � demandata per 
legge, creandosi, in tal modo, un ingiustificato conflitto. 


�Con il secondo motivo la ricorrente denuncia 
violazione dell'art. 2 della legge 20 marzo .1865, 

n. 2248, ali. E, sull'abolizione del contenziono amministrativo, 
dell'art. I C.p.c. e dell'art. II della legge 
24 marzo 1932, n. 355, che approva il piano regolatore 
della citt� di Roma, e lamenta omessa pronuncia 
e omessa motivazione su di. un punto decisivo 
della controversia (art. 360, n. 1 e 5 C.p.c.). 

�Si assume che, avendo la Societ� Costruzioni 
fatta opposizione al decreto di espropriazione deducendo 
il difetto assoluto del potere di espropriazione 
(per le ragioni indicate nel coevo ricorso per 
regolamento di giurisdizione), la Corte di merito, 
che ha disatteso la domanda principale di risarcimento 
del danno, basandosi sul decreto di espropriazione 
emanato nelle m0re del giudizio, non 
avrebbe potuto, a rigore, fare a meno di pronunciarsi 
sulla dedotta illegittimit� del su citato provvedimento, 
da cui dipendeva l'efficacia della pronuncia 
di espropriazione. 

�Anche tale motivo � infondato e la dimostrazione 
coincid� con quanto questa Corte _ha posto a 
fondamento della motivazione della contemporanea 
sentenza che rigetta il ricorso per regolamento preventivo 
di giurisdizione. Sebbene risponda al vero 
che la societ� ricorrente ebbe a chiedere, nel giudizio 
di merito, in via subordinata, la dichiarazione 
di inefficacia del decreto presidenziale di approvazione 
della variante del piano, la Corte di merito 
mai avrebbe potuto dichiarare illegittimo il decreto 
prefettizio di espropriazione, precisamente in 
forza degli articoli 4 e seguenti della legge abolitiva 
del contenzioso amministrativo invocati nel , 
ricorso. Invero il decreto prefet~izio di espropriazione 
� stato emanato in forza della variante al 
piano regolatore di Roma, .disposta con D.P.R. 
3 aprile 1948, con la quale si destinavano a strade 
le aree della Societ�, Costruzioni, ma la pretesa 
illegalit� della variante avrebbe potuto essere fatta 
valere solo dinanzi al giudice amministrativ,o. Ci� 
per il principio, pi� volte affermato e ricordato 
nell'altra sentenza emessa tra le stesse parti, per 
cui, in tema di potere di espropriazione per pubblico 
interesse, deve ritenersi che l'esistenza della 
legale dichiaraziane di pubblica utilit� � un presupposto 
dell'esercizio del potere previsto dallo 
art. 834 C.c. a tutela del diritto di propriet�, onde 
la sua inesistenza, di fatto o giuridica, pu� essere 
dedotta davanti al giudice ordinario per far valere 
la conseguente illegittimit� del decreto di espropriazione, 
che sia stato tuttavia emanato, al fine 
del risarcimento del danno; mentre se la dichiarazione 
esiste (e, nella specie, esiste), ma � illegittima 
(per incompetenza relativa, violazione di legge o 
eccesso di potere), essendosi tuttavia verificata, data 
la sua esistenza, la.sua funzione di tutela del diritto, 
ma essendo violato soltanto un limite previsto per 
la tutela dell'interesse pubblico e dell'interesse 
legittimo, l'illegittimit� pu� essere fatta valere davanti 
al� giudice amministrativo (Sezioni Unite, 

n. 3583 del 1959; 3457 del 1958; 173 del 1957). 
�.A. tali esatti criteri si � sostanzialmente ispirata 
la Corte di merito che, nel rispettare ie corQ..Pe::_ 
tenze dell'autorit� giudiziaria oridnaria e di quella 
amministrativa, non � incorsa in alcuna omissione 
di pronuncia o di motivazione su punti decisivi 
della controversia. 

�Il ricorso della Societ� Costruzioni va pertanto 
rigettato con� le sonseguenze di legge �. 


-81


IMPOSTA DI SUCCESSIONE -Riscossione -Dichia� 
razione di fallimento post mortem -Creditori del 
fallito -Preferenza sul credito per imposta di suc� 
cessione. 


IMPOSTA DI SUCCESSIONE -Liquidazione -Dichia� 
razione di fallimento post m 0rtem -Deduzione del 
passivo -In base ai criteri e alle prescrizioni di cui 
alla legge sulla imposta di successione. (Corte di. . 
Cassazione, Sezione I, sent. 4 agosto' 1960, n. 2292 -
Pres.: Fragali; Est.: Del Conte; P. M.: Trott~ (conf.); 
Amministrazione delle Finanze c. Andreanelli e fallimento 
Andreanelli e Frabboni). 

I vantaggi che gli artt. 2758 e 2772 O.e. attribuiscono 
ai creditori separatisti, di fronte ai credito 
dello Stato per imposta di successione devono 
ritenersi estesi, in base all'art. 11 della le~ge fallimentare, 
ai creditori del fallito post mortem. . 

Nel caso di fallimento post mortem la consistenza 
della eredit� ai fini della imposta di successione 
deve valutarsi secondo le speciali norme tributarie 
stabilite dagli artt. 45 e 50 legge 30 dicembre 1923, 

. n. 3270, con la deduzione cio� del passivo da attuarsi 
s?ltanto nei termini, nei tempi e nei modi da queste 
rigorosamente prescritti. 

Con la sentenza riportata la Cassazione decide che 
nel caso di fallimento post mortem, la consistenz~ 
della eredit� ai fini della imposta di successione deve 
1!alutarsi secondo le speciali norme tributarie stabilite 
dagl~ artt. 45 e 50 legge 30 dicembre 1923, n. 3270 
(1), e cio� con la deduzione delle passivit� solo nei 
termini, nei tempi e nei modi da queste rigorosamente 
prescritti, e senza tenere conto delle risultanze della 
procedura concorsuale e quindi non in base unicamente 
alle attivit� residuate all'erede a seguito aella 
chiusura del fallimento. Ed anche evidentemente in 
vista della importanza della decisione il Foro Itallano, 
con ammirevole sollecitudine, ne cura la divulgazione 
inserendola nel fascicolo pubblicato il 20 seitembre, 
e quindi a distanza di appena un mese dal 
suo deposito, ma con sorpresa omette di segnalare, 
nelle sempre accurate note di richiamo ai precedenti, 
che la pro�nunzia, nel rinnegare l'opinione contraria 
erroneamente sostenuta con pervicace costanza da 
oltre un trentennio, segna una decisa svolta nella elaborazione 
giurisprudenziale, col prestare di nuovo 
adesione alla interpretazione fatta gi� propria con 
tanta. esattezza dalla Cassazione di Roma nelle sen-. 

(1) Cfr. anche ultimamente il disegno di legge n 879 
d'iniziativa del senatore Bussi, dal titolo Modifica 
dell'art. 4 della legge 12 maggio 1949, n. 206, contenente 
n?rme per ~a deduzione di passivit� agli effetti dell'imposta 
di suc?es.~ione: c~m .la J?roposta diretta ad equiparare 
ap.e . dtch1~raz1on~ r1lasc1ate da pubbliche arnministraz,
10m, .ag;h e~ett1 del~a dol:'.umentazione necessaria per 
1arn:n1ss10ne ~detrazione d1 passivit� per la liquidazione 
dell'imposta d1 successione, le dichiarazioni di debito 
rilasciate dal servizio per gli elenchi'nominativi dei lavoratori 
e per i contributi unificati in agricoltura e dalla 
9assa. nazionale i~piegati agricoli e forestali, approvato 
il 9 giugno 1960 m sede deliberante dalla Commissione 
Finanze e Tesoro del Senato, e quindi trasmesso al Senato 
con il n. 1296. 
tenze 4 maggio 1889 (in Foro It., 1889, I, 1263), 
4 e 18 febbraio 1902 (in Foro It., 1902, I, 349 
e 696). 

Con inizio dalla sentenza 16 novembre 1931 (in 
Foro It., 1932, I, 169) la Cassazione h� infatti 
insegnato che la dichiarazione di fallimento del commerciante 
defunto non � equiparabile a tutti gli 
ef/etti alla separazione del patrimonio del defunto da 
quello dell'erede, in quanto non sussiste per la dichiarazione 
la necessit� della iscrizione .del credito sopra 
ciascuno degli immobili, n� � ad essa applicabile la 
disposizione eccezionale dell'ultimo capoverso dell'art. 
1962 O.e. (ora art. 2758 e 2772), che antepone 
al credito privilegiato dello Stato per la tassa di successione 
le ragioni dei creditori del defunto che abbiano 
esercitato il diritto alla separazione dei patrimoni. 
Ma il diritto dello Stato per la riscossione della 
tassa di successione, pur godendo del privilegio sui 
beni ereditari, va esercitato contro l'erede. E, conseguentemente, 
nel caso di fallimento dichiarato post 
mortem, la Finanza non pu� pretendere il pagamento 
della tassa dalla massa fallimentare, ma soltanto 
dall'erede qualora, chiuso il fallimento, sia venuto 
in possesso di qualche attivit�, in quanto � da ritenersi 
intuitivo che, ove non abbia a verificarsi alcun 
trasferimento di beni dal defunto all'erede, venga a 
mancare addirittura la materia tassabile. 

E nel detto orientamento si insiste nella maggior 
parte delle pronuncie successive, nonch� dalle stesse 
decisioni della Commissione Centrale delle Imposte 
insegnandosi .che la imposta di successione rientra 
nella categoria dei tributi indiretti e si giustifica 
con la presunzione dell'aumentata capacit� patrimoniale 
del contribuente per effetto della successione 
nell'eredit�, e quindi presuppone un incremento 
patrimoniale per l'erede, un suo arricchimento
�mediante un effettivo trapasso di beni. Ed 
� infatti per questo che la legge fissa l'imponibile 
al �netto delle passivit� e con varie disposizioni 
sospende i termini della denuncia ed il paO'amento 
dell'imposta quando all'accettazione dell'er:dit� non 
corrisponde alcun trasferimento di beni (artt. 53, 
58, 64 legge sulle successioni). E da tanto si crede 
quindi di dover dedurre che se l'incremento patrimoniale 
viene a mancare perch� interviene il fallimento 
ad attuare la separazione del patrimonio 
del de cuius da quello dell'erede per destinare il 
primo a soddisfare i creditori del defunto, vien� 
meno la stessa materia tassabile od almeno essa 
si riduce a quelle attivit� che eventualmente potranno 
residuare a favore dell'erede alla chiusura 
del fallimento, con la conseguenza che l'imposta 
debba essere commisurata al solo supero dell'attivo . 

. Ben diversa era stata invece .l'opinione a pi� 
riprese espressa dalla Cassazione di Roma, secondo 
cui nei rapporti con la Finanza anche nella eredit� 
aocettata con beneficio d'inventario non sono detraibili 
i debiti che non risultano provati nei modi.prescritti 
dalla legge, e la detrazione dei debiti per la 
liq~dazione della tassa di successione deve sempre 
farsi con le norme stabilite dall'art. 54 della legge 
del registro, anche quando si tratti della successione 
di un fallito, s� che non sono detraibili i debiti � 
non giustificati a quel modo, sebbene regolarmente 
ammessi al passivo del fallimento nella verificazione 
dei crediti. 



Con la sentenza che riportiamo la Cassazione, rinnegando 
gli immediati precedenti di giurisprudenza, 
si dichiara di nuovo sostenitrice de~la oramai lontana 
opinione della Cassazione di Roma, e di questo 
suo ravvedimento d� una irrefutabile dimostrazione 
che lascia perplessi sul come si sia potuto cos� a 
lungo perseverare nell'errore. Con meravigliosa lucidit� 
si osserva dal Supremo Collegio che invero, il 
fatto che il fallimento post mortem accerta uno stato 
d'insolvenza indubbiamente anteriore o contemporaneo 
alla morte, confermato dalla successiva verifica 
dei crediti, e quello che l'erede, spogliato dei 

��beni dal fallimento, nulla in sostanza apprende 
dalla eredit� se non l'eventuale residuo, sono argomen~
i che potrebbero aver valore soltanto se il 
sistema tributario italiano non fosse, come � risaputo, 
ispirato spesso a deviazioni anche gravi dai 
principi di diritto comune, determinate dall'esigenza 
di tutelare .l'Erario contro il pericolo di 
frodi fiscali, e se, in particolare, a tal fine, la legge 
tributaria non contenesse delle norme che stabiliscono 
tassativamente quali sono le passivit� detraibili 
in materia d'imposta di successione, nonch� 
infine se fosse esatto il presupposto che tale imposta 
colpisce soltanto l'effettivo aumento di ricchezza 
dell'erede. . 

� sufficiente al riguardo osservare che, per lo 
art. 45 della legge sull'imposta di successione, sono 
ammessi in deduzione a.all'asse ereditario solo i 

�debiti certi e liquidi, risultanti da sentenza passata 
in giudicato, purch� la data di pronuncia sia anteriore 
all'apertura della successione; in modo che, 
se pure la esistenza di un debito sia accertata con 
sentenza passata in giudicato, ove questa sia stata 
emessa posteriormente all'apertura della successione, 
il debito stesso non pu� essere ammesso in 
deduzione. La imposta, in tal caso, colpisce un 
incremento di ricchezza che, secondo i principi di 
diritto comune, non esiste, perch� escluso da una 
sentenza passata in giudicato. Ed a fortiori non 
potrebbe avere rilevanza ai fini fiscali l'accertamento 
di un debito risultante dalla verifica fallimentare, 
ove tale accertamento si riferisce ad un 
debito non deducibile secondo la legge tributaria. 

Il rigore di questa legge. nei riguardi delle deduzioni 
delle passivit� rende evidente che l'imposta 
non� � commisurata all'effettivo aumento di ricchezza 
dell'erede, ma alle attivit� ereditarie, diminuite 
delle sole passivit� accertate in conformit� ai 
criteri stabiliti dalla legge medesima. Del resto, 
l'art. 1 della legge sulla imposta di successione 
contiene una norma generale che conferma esplicitamente 
tale interpretazione, quando stabilisce che 
�le trasmissioni della propriet�, dell'usufrutto, dell'uso 
o godimentO di beni o di altro diritto, che si 
verificano per causa di morte, sono soggette alla 
imposta di successione, per il loro ammontare 
netto dalle passivit�, secondo le norme stabilite dalla 
presente legge �. 

Inoltre, se fosse esatto che l'imposta di successione 
colpisce solo l'effettivo aumento di ricchezza 
dell'erede e che, quindi, nel caso di separazione 
operata dal fallimento post mortem, l'imposta debba 
essere applicata in base soltanto all'eventuale residuo 
conseguito dall'erede, l'istesso dovrebbe dirsi 

anche in ogni altra ipotesi di separazione, e quindi 
anche nel caso di separazione dei beni del defunto 
da quelli dell'erede. Ma allora la norma degli articoli 
2758 e 2772 O.e. non avrebbe ragion d'essere, 
perch�, dovendo l'imposta di success�One avere esistenza 
soltanto dopo il soddisfacimento dei creditori 
separatis;ti, non vi sarebbe alcuna possibilit� 
che il privilegio per l'imposta possa danneggiare 
costoro. Se invece la norma ha il fine di evitare 

�che i suddetti creditori possano ricevere pregiudizio 
dal credito privilegiato dello Stato per l'imposta 
di successione, ci� implica che la liquidazione 
dell'imposta stessa deve avvenire anche in tal caso 
nei termini e con le modalit� stabilite dalla legge 
tributaria, indipendentemente dall'esito della procedura 
volta a soddisfare le ragioni dei creditori 
del defunto. 

Infine, va osservato che la legge sulla imposta 

di successione, quando ha voluto che, ai fini della 

liquidazione dell'imposta, si dovesse tener conto 

delle risultanze della. procedura fallimentare, lo ha 

previsto espressamente,� come ha fatto nell'art. 31, 

con il quale ha stabilito che la presunzione della 

esistenza dei gioielli, danaro e mobilia, in deter


minate percentuali, non si applica quando dall'in


ventario fallimentare risulti invece la loro inesi


stenza, ovvero un valore minore o maggiore. 

Quanto poi alla circostanza che, nella specie, la 

eredit� era stata accettata col b3neficio d'inven


tario, si osserva che essa non ha alcuna influenza 

sul criterio da applicare per valutare le passivit� 

ereditarie, criterio che anche in tal caso resta quello 

stabilito dalle norme tributarie. 

Invero, nonostante l'accettazione col beneficio 

d'inventario, il chiamato alla eredit�, pur non 

essendo tenuto al pagamento dei debiti ereditari 

oltre il valore dei beni pervenutigli, � senz'altro 

erede, cio� titolare di tutti i diritti derivanti dalla 

eredit� e debitore di tutte le relative obbligazioni, 

con effetto dalla data dell'apertura della succes


sione: onde il fallimento, posteriormente interve


nuto, non elimina l'applicabilit� a quella data delle 

norme tributarie. Del resto, la legge tributaria 

all'art. 70, stabilendo che �l'erede beneficiato � 

tenuto a pagare l'imposta di successione soltanto 

con le attivit� a lui pervenute �, rende evidente 

che ci� che perviene all'erede � misura della sua 

responsabilit�, non della sua obbligazione, e che 

l'accertamento dell'ammontare della imposta � indi


pendente dall'entit� delle attivit� pervenute allo 

erede. Se infatti l'imposta dovesse ragguagliarsi ad 

esse, la disposizione sarebbe superflua, in quanto, 

in tal caso, necessariamente l'ammontare dell'im


posta non potrebbe mai superare il valore delle 

attivit� stesse, e si dovrebbe ritenere priva di un 

contenuto efficiente l'apposita norma diretta ad 

escludere l'obbligo dell'erede di pagare l'imposta 

con il suo patrimonio. 

La disposizione trova invece la sua giustifica


zione nel fatto che, essendo possibile cb:e l'imposta, 

accertata con la deduzione delle sole passivit� pr��= � 

viste dalla legge; superi il valore delle attivit� 

residuate all'erede, questi in tal caso; senza la 

norma speciale, potrebbe essere chiamato a rispon


dere con il suo patrimonio, dato che, secondo i prin� 


--83 ....


cipi di diritto comune, la limitazione della sua recategorie 
creditorie viene a cessare ipso jure con 
sponsabilit� intra vires hereditatis riguarda soltanto il fallimento, perch� questo produce esso stesso una 
i debiti ereditari e non si estende anche all'imposta separazione ana].Pga a quella civile, e tutti i creche 
� un debito suo proprio e. non dell'eredit�. ditori considera alla stessa stregua, per l'esistenza 

La sentenza dedica per� anche la sua attenzione della par conditio. � 
ad altra questione, e cio� quella sulla portata ed effiE 
non pu� ritenersi che il legislatore, con la norma 
cacia del privilegio fiscale che assiste la .imposta di in questione, abbia inteso invece annullare ogni 
successione, nel caso di fallimento post mortem in effetto della separazione, perch� nessuna giustificarelazione 
alle ragioni dei creditori del fallito. zione potrebbe avere una par conditio attuata col 

Per gli artt. 2758 e 2772 O.e. i crediti dello Stato privare dei vantaggi della separazione i creditori 
per� i tributi indiretti hanno privilegio sui mobili e che l'hanno esercitata. Il ritenere che in seguito al 
sugl.i immobili ai quali il tributo si riferisce; ma il fallimento tutti i creditori si giovino dei benefici 
privilegio, per quanto riguarda la imposta di succesdella 
separazione, fa s� che essi sono posti nella 
sione, non ha effetto in pregiudizio dei creditori che medesima condizione di favore, senza distinzione 
hanno esercitato il diritto di separazione dei beni di sorta, con la conseguenza che, anche nel caso di 
del defunto da quelli dell'erede. E la Cassazione, eredit� confusa, hanno tutti la preferenza nei conaderendo 
alla pi� recente opinione giurisprudenziale, fronti dei creditori dell'erede, i quali concorrono 
ribadisce la esistenza di una identit� di effetti -soltanto sul residuo delle attivit� fallimentari, e 
in precedenza invece negata -tra separazione del con l'altra conseguenza che il privilegio dello Stato 
patrimonio del defunto da quello dell'erede e falliper 
l'imposta di successione � inopponibile al falliment� 
post mortem, per cui, mentre la prima produce mento e rester�, pertanto, sospeso fino alla chiusura 
l'effetto di sottrarre i beni del defunto .dal concorso della procedura concorsuale, quando potr� farsi 
dei creditori dell'erede, e rende inopponibile ai valere sul residuo spettante all'erede. 
creditori separatisti il privilegio per l'imposta di Si conclude quindi dalla Suprema Oorte affersuccessione, 
cos� il secondo implica l'esclusione del mando che il coordinamento degli artt. 2758 e 2772 
concorso dello Stato, che per l'imposta di succesO.
e. con l'art. 11 della legge fallimentare deve attuarsione 
� creditore dell'erede, e la inopponibilit� al si nel senso che restano estesi a tutti i creditori i 
fallimento del privilegio relativo all'imposta stessa. vantaggi che i citati due articoli attribuiscono ai 
E che separazione civile e fallimento post mortem, creditori separatisti. 
avendo entrambi lo stesso scopo di mantenere Ed anehe per queste ulteriori affermazioni eonteintatta 
a favore dei creditori del de cuius la garanzia nute in sentenza. abbiamo qui motivo di vivo compiacostituita 
dal suo patrimonio, producano effetti eimento, per �avere la identica tesi gi� noi sostenuto, . 
identici nei riguardi dei creditori stessi, � opinione ma con nessuna autorit�, nello studio su La dedu-
al dire sempre della Cassazione -largamente zione delle passivit� dall'asse ereditario ai fini della 
accettata in dottrina, e fu gi� espressa dal relatore liquidazione della imposta di successione, pubblidella 
Commissione per l'abrogato codice di commer-� cato or non � molto nella Rivista trimestrale di �Dicio, 
osservando che �siccome lo scopo della dichia-� ritto e Procedura Civile� (1959, 1436). 
razione di fallimento � identico a quello attribuito Ma la enuneiazione del prineipio, eos� eome ripordall'art. 
2055 O.e. alla separazione dei patrimoni, tato peraltro con esat,tezza dal Foro Itali�no, nel 
non pu� dubit~rsi che identici siano pure gli effetti senso che il privilegio fiscale per l'imposta di succesin 
relazione alla massa dei creditori� (verb. n. 765). sione � inopponibile ai creditori del fallito post 
Anzi, si � affermato, finanche, che la differenza fra mortem, senza aleuna precisazione o limitazio~e, 
i due istituti consiste soltanto nel fatto che, mentre laseia aisolutamente perplesso l'interprete in quanto, 
la separazione operata dal fallimento si verifica per poter corrispondere al vero, avrebbe dovuto essed'ufficio 
a favore di tutti i �reditori del de cuius re statuito e formulato nel senso ehe godono di prelanel 
termine di un anno e subordinatamente alla zione e preferenza nei confronti del credito dello Stato 
prova dello stato d'insolvenza, la separazione civile � per imposta di successione i soli debiti del fallito ehe 
� effettuata nel termine di tre mesi a favore solsiano 
stati anche ammessi in deduzione dall'attivo 
tanto dei creditori che l'hanno domandata e senza in sede di liquidazione dell'imposta. 
essere subordinata alla prova anzidetta. . La Cassazione, con molta precisione, rimedia alla 

L'ultimo comma dell'art. 11 della legge fallimentare, inesattezza giuridica della Corte di merito (App. 
con lo stabilire che con la dichiarazione di fallimento Bologna, 22 maggio-1958, in Foro It., 1959, I, 
cessano di diritto gli effetti della separazione dei beni 1198), che con ulteriore perseveranza neli'errore aveva 
ottenuta dai creditori del defunto, al dire della aneh'essa deciso nel senso che in caso di fallimento 
Cassazione, rende evidente che il legislatore ha post mortem l'imposta di successione � dovuta dalinteso 
evitare la coesistenza delle due procedure, l'erede sull'eventuale supero attivo conseguito dopo 
attribu.endo in via generale alla dichiamzione di la liquida?<ione e la ripartizione delle attivit� tra i 
fallimento gli stessi effetti della separazione. Con creditori del defunto, e non sul patrimonio relitto 
quest'ultima norma, in tal modo, si sono risolte con la deduzione del solo passivo risultante al 
le perplessit� e le discordanze che si erano verimomento 
dell'apertura della successione;.. ma non 
ficate nella interpretazione della legislazione antesi 
aeeorge che, riconoscendo indiscriminatamente un 
riore sul se il fallimento post mortem importasse o diritto di preferenza sul credito dello Stato per la 
meno la cessazione della preferenza dei creditori imposta di successione a tutti i creditori del fallito 
separatisti nei confronti dei non separatisti, stapost 
mortem, d� indirettamente la possibilit�, oonbilendo 
che la diversa situazione giuridica delle due traddicendosi con il principio prima enunciato, ehe 


-84


tutto il passivo ereditario, e quindi vuoi quello ammesso 
v.uoi quello non ammesso in detrazione in sede 
di liquidazione dell'imposta sulla base ed in applicazione 
dei criteri rigorosamente stabiliti dalla legge 
fiscale, trovi poi indiretto mezzo di detrazione dall'attivo, 
perch�,� se deve essere soddisfatto tutto con 
preferenza e priorit� sulla imposta di successione, 
condanna quest'ultima a quasi sicura incapienza. 

La finalit� della legge, quella cio� di impedire che 
possano andare in detrazione dall'attivo passivit� 
fittizie e inesistenti, con la conseguente riduzione del 
tributo o addirittura con il suo annullamento in vista 
del possibile venire cos� meno di un residuo attivo 
e quindi della base stessa imponibile, viene infatti 
senz'altro frustrata se, pur liq1ddatasi la imposta 
su un determinato attivo che non ha potuto subire 
riduzioni che superino l'importo delle sole passivit� 
a.mmesse in detrazione, venga poi essa condann.ata 
ad incapienza ove a quelle passivit� non ammesse 
in detrazione �si garantisca comunque una priorit� 
e poziorit� di soddisfacimento sull'attivo di fronte 
alla imposta di successione; 

E se la Magistratura, che ha pure dato con la sentenza 
riportata chiaro segno di ravvedimento sulla 
soluzione giuridica dell'altra questione presa in esame, 
non dovesse essere anche disposta a compiere l'ulteriore 
passo interpretativo, imposto dalla ineluttabile 
esigenza della logica, che vuole si limiti il diritto 
di pr.iorit� di soddisfacimento sulla imposta di successione 
ai soli debiti del fallito post mortem che 
siano stati ammessi in deduzione dall'.attivo in sede 
di liquidazione dell'imposta, saremmo con amarezza 
costretti a dire che � stata vana l'affermazione, peraltro 
luminosa, contenuta nella sentenza in esame, in 
merito alla necessit� che anche in caso di fallimento 
post mortem l'accertamento del passivo da dedurre 
ai fini della liquidazione della imposta di successione 
debba avere luogo in conformit� ai tassativi e drastici 
criteri stabiliti dalla legge fiscale. � 

GIUSEPPE AZZARITI 

LEGGI -Costituzione della repubblica -Leggi non 

contenenti norme generali ed astratte -Previsioni 

della Costituzione -Non tassativit� -Leggi di appro-. 

vazione e di autorizzazione di contratti tra .lo Stato 

e privati -Costituzionalit� -Conferimento di vali


dit� ed efficacia ai contratti -Deroga alle norme 

imperative preesistenti. (Corte di Cassazione, Sent. 

n. 1369/60, Sezione I -Pres.: Cataldi; Est.: Rossano; 
P. M~: Criscuoli (conf.); Amministrazione Finanze 
dello Stato -Comune di Bari).. 
Le previsioni nella Costituzione di leggi, che non 
contengono norme generali ed astratte, non hanno 
carattere tassativo. Sono, quindi, ammissibili altre 
ipotesi non previste dalla Costituzione. 

Pertanto non sussiste inconciliabilit� tra l'attuale 
ordinamento costituzionale e l'art. 21 della 
legge sulla contabilit� dello Stato, secondo cui debbono 
essere autorizzati con legge i contratti tra 
lo stato ed i privati relativi a trasferimenti di immobili 
e nemmeno pu� considerarsi incostituzionale la 

legge di approvazione di tali contratti, emessa con 
riferimento al citato articolo. 

Il contenuto di una legge formale �con la quale 
sia approvato un. contratto, e stipulato tra lo 
Stato e i privati (nella specie t:r'�ttavasi di un contratto 
intervenuto fra lo Stato ed un Comune, 
con il quale mediante transazione, permuta ed 
alienazione di beni patrimoniali dello Stato, erano 
stat"l regolate (transat' ivamente) le questioni riguardanti 
alcuni arenili), rivela il preciso intento di 
conferire validit� ed efficacia giuridica al contratto. 

Tale validit� ed efficacia non sono condizionate 
alla conformit� a preesistenti norme giuridiche 
imperative (nella specie, a quelle dell'art. 94 della 
legge del registro circa l'onere dell'imposta), in 
quanto le leggi con contenuto generale ed astratto 
non delimitano a priori il contenuto e la efficacia 
giuridica delle leggi formali, non sussistendo una 
graduazione gerarchica tra le leggi, la quale non 
� prevista dalla Costituzione. 

Pertanto, il contratto approvato con legge formale, 
� vincolante, in forza della legge di approvazione, 
la quale ne afferma insindacabilmente, anche 
in deroga a norme imperative preesistenti, la 
sua conformit� all'ordine giuridico. 

L� Corte ha cos� motivato: 

(<Il ricorso e destituito di fondamento giuridico. 

�Sebbene l'assunto di incostituzionalit� della 

legge di approvazione dei contratti conclusi dallo 

Stato sia dedotto nella meinoria, n� si ritenga di 

sollevare di ufficio la questione, ai fini della rimes


sione alla Corte costituzionale �per la sua palese 

infondatezza, occorre tuttavi~ accennare alle ra


gioni di tale infondatezza, in quanto influiscono a 

chiarire la questione centrale del ricorso, dei limiti 

cio� di efficacia della legge di approvazione di cui 

si discute. 

�Il principio secondo cui le leggi debbono contenere 
le norme generali e astratte non � affermato 
dalla costituzione, la quale contempla una disciplina 
giuridica meramente formale delle leggi. 

�Esso � tuttavia presupposto della stessa divisione 
costituzionale dei poteri, ma, in mancanza 
di una norma costituzionale che ne stabilisca giuridicamente 
l'inderogabilit� assoluta, ha natura politica 
e non esclude che eccezionalmente le leggi 
possono contenere provvedimenti concreti, per una 
connessione con interessi generali, da valutarsi 
politicamente dagli organi legislativi. Tale natura 
del principio induce a ritenere che le previsioni 
della costituzione di leggi che non contengono 
norme generali e astratte -come leggi di approvazione 
del bilancio e del rendiconto consuntivo 
(art. 81) leggi che ratificano trattati intern.azionali 
(ar';, 80), leggi di espr priazir ne di de erminate 
imprese (art. 43) -non abbiano carattere tassativo 
e siano quindi ammissibili altre� ipotesi non 
previste dalla costituzione. 

�Non sussiste dunque inconciliabilit� tra l'attuale 
ordinamento cos.tituzionale e l'art. 21 della 
legge sulla contabilit� dello Stato, secondo cui debbono 
essere autorizzati con legge i contratti tra 


-85


' 


lo Stato e i privati, relativi al trasferimento di 
immobili, e nemmeno quindi, pu� considerarsi incostituzionale 
la legge di approvazione di cui si 
discute emessa con riferimento a detto articolo. 

�Oi� posto, occorre considerare che la costituzione, 
in �quanto non delimita il contenuto normale 
delle leggi nel senso di norme generali e astratte, 
non distingue nemmeno la loro efficacia con riguardo 
alla distinzione fra leggi sostanziali e leggi formali, 
ma, poich� l'efficacia delle leggi consiste nella 
�possibilit�� di innovare l'ordine legislativo preesistente, 
e quindi attiene proprio al loro contenuto 
deve stabilirsi, con riguardo al contenuto della 
singola legge, se il mutamento sussista, e quale sia: 
da tale indagine pu� risultare un'innovazione tipica 
generale e astratta, o nessuna innovazione, o anche 
un mutamento limitato a una fattispecie considerata. 
come una deroga a una preesistente previsione 
di nullit�, rispetto a un contratto approvato; 
conseguentemente, in cia,scuna ipotesi � precisato 
il valore della sua legge, cio� la sua insindacabilit� ' 
e il dovere di applicarla. 

�Ora il contenuto della legge di cui si discute: 
Ǐ approvato l'atto 5 giugno 1952, n. 314 rep. stipulato 
presso l'intendenza di finanza di Bari, con 
il quale mediante transazione, permuta ed alienazione 
di beni patrimoniali dello Stato sono state 
regolate (transattivamente) con il Comune di Bari, 
le questioni riguardanti gli arenili siti in detta 
citt� in localit� Porto Nuovo e Filiscene � rivela 
il precis� intento di conferire validit� ed efficacia 
giuridica al contratto; lo dimostra l'esplicit�. qualificazione 
di transazione e il riferimento della solu zione, 
con essa, di tutte le questioni insorte. Ritenere 
che quella validit� ed efficacia di un singolo patto 
siano tuttavia condizionate alla conformit� a preesistenti 
norme giuridiche imperative (nella specie 
a quella dell'art. 94 della legge del registro circa 
l'onere dell'imposta) significa in realt� presupporre 
che le leggi con contenuto generale e astratto delimitino 
a priori il contenuto e l'efficacia giuridica 
delle leggi formali, che sussista cio� una gradazione 
gerarchica fra le leggi, la quale non � prevista 
dalla costituzione. 

�Ne � esatto che, riconoscendo validit� ed efficacia 
al contratto, si riconosca ad e~so l'efficacia 
di una norma giuridica. Il contratto � vincolante 
come tale tra lo Stato e quindi anche tra l'Ufficio 
del Registro, suo organo, e il Comune di Bari, che 
lo conclusero in forza della legge di approvazione, 

che ne afferma insindacabilmente, in deroga al sin


golo suindicato precetto della legge di registro, la 

sua conformit� all,'ordine giuridico. 

�Neppure � giustificato il riferimento all'art. 113 
della Oostituzione. Questo afferma l'inderogabilit� 
della tutela giurisdizionale dei diritti soggettivi e 
degli interessi legittimi; ovviamente non esclude 
ehe il legislatore, in una singola fattispecie contrattuale, 
conferisca validit� alla rinuncia ad un 
diritto pattuito dai contraenti �. 

Per una pi� completa conoscenza della questione, 
riteniamo opportuno riportare integralmente la memoria 
difensiva dell'AvvocatUJra. 

�Le questioni, che con il presente ricorso si sottopongono 
all'esame della Corte Ecc.ma e sulle quali 
non constano precedenti giurisprudenziali, sono di 
una estrema delicatezza ed importanza, potendo la 
soluzione 'di esse avere notevole ripereussione sia 
sul principio della separazione dei poteri dello 
Stato, sia, sulle garanzie giurisdizionali e costituzionali 
dei diritti dei cittadini verso la Pubblica 
Amministrazione e dei poteri della stessa Pubblica 
Amministrazione, e possono cos� enunciarsi: in 
linea principale ed in ipotesi se, vigente la Costituzione 
repubblicana, possa un contratto dello Stato 
esser approvato con legge, e in caso positivo, con. quali 
effetti rispetto all'efficacia formale delle norme del 
contratto approvato ed alla tutela giurisdizionale 
dei diritti e degli interessi legittimi del privato contraente; 
in linea subordinata, e in tesi, se la legge 
15 maggio 1954, n. 261, che ha approvato il con-� 
tratto stipulato il 5 giugno 1952 fra l'Amministrazione 
demaniale e il Comune di Bari, abbia attribuito 
valore di legge alle norme del contratto e, 
in particolare, all'.art. 19 �di esso, contrastante con 
le disposizioni dell'art. 94 della legge di registro 
e che la sentenza impugnata ha, perci�, ritenuto 
in deroga alla precitata norm�. 

�Le anzidette questioni� furono ampiamente dibattute, 
vigente lo Statuto albertino, sia anteriormente 
alla legge 31 gennaio 1926, n. 100, sia in 
occasione della entrata in vigore di questa legge, 
la quale, rom'� noto, all'art. 2 dispose che i contratti 
dello Stato, quando da una legge speciale 
ne fosse prevista l'approvazione per legge, fossero 
approvati con decreto reale. 

�Anteriormente all'entrata in vigore della citata 
legge 31 gennaio 1926, .n. 100, com'� noto, l'intervento 
del legislatore nei contratti dello Stato, 
piuttosto frequente, aveva luogo in varie ipotesi; 
quando il contratto importasse oneri non previsti 
in bilancio; quando limitasse diritti del cittadino o, 
importasse deroghe al diritto vigente, quando, 
infine, il Governo intendesse discaricarsi di responsabilit� 
(M)NETT�: Manuale di �ontabilit� di Stato, 
1959, p. 85; id. Corso... 1937, p. 123; SALTELLI: 
Poter.e esecutivo e norme giuridiche. La legge 31 gennaio 
19:!6, n. 100 commentata e illustrata, pp. 181, 
193; INGROSSO: Prinaipi di Contabilit� di Stato, 
1926, p. 180). 

�L'intervento del legislatore era di due� specie, 
totalmente diverse nelle cause e negli effetti: preventivo 
e successivo. Con l'intervento preventivo, 
frequente anche dopo l'entrata in vigore della 
legge 31gennaio1926, n. 100 e fino ai nostri giorni, 
il legislatore autorizza la Pubblica Amministrazione 
a stipulare un determinato contratto, rimuovendo 
uno o pi� limiti, formali o sostanziali, frapposti 
dalla legge alla normale capacit� contrattuale 
dell'Amministrazione stessa. In questa ipotesi il 
contratto, stipulato da organi della Pubblica Amministrazione, 
resta indiscutibilmente un negozio bilaterale 
di diritto privato. � Gli atti del Governo e le 
obbligazioni, che ne derivano in questa ipotesi :~ -osservano 
il Saltelli e l'Ingrosso (loc. cit.) -sono 
sottoposti alla garanzia giurisdizionale per la difesa 
dei diritti, che sono sorti a favore dei soggetti, coi 
quali lo Stato .ha contrattato �. 


-8'6 


�Con l'intervento successivo invece, il legislatore 
approvava il contratto, predisposto dal privato 
e dalla Pubblica .Amministrazione. Ma in questa 
ipotesi l'opinione della dottrina era discorde, come 
lo era, e in minima parte lo �, a proposito degli 
effetti della legge di bilancio, che � l'esempio scolastico 
di legge formale. Alcuni autori, quelli, cio�, 
favorevoli alla distinzione fra legge formale e legge 
sostanziale (ESPOSITO: La validit� delle leggi, 1934, 

p. 183), ritenevano che, anche in tale seconda 
ipotesi, il contratto restasse un negozio giuridico 
bilaterale e che l'efficacia delle sue norme derivasse 
esclusivamente dal vinculum iuris e dal consenso 
validamente manifestato dalle parti contraenti. 
Altri, invece, fra cui il Mortara (Commentario, 
p. 99); negando I.a distinzione fra legge formale e 
legge sostanziale, ritenevano che in questa seconda 
ipotesi la legge di approvazione attribuisse efficacia 
di legge alle norme contrattuali con le conseguenze, 
poste in luce dall'Ingrosso e dal Saltelli (loc. cit.), 
che in tal modo il consenso del privato contraente 
era irrevocabilmente acquisito e questi, di fronte 
al contratto perfezionato o formato con legge, non 
aveva rimedio alcuno per ottenere la garantia dei 
propri diritti. 
�A queste conseguenze che oggi appaiono, al 
lume della vigente Costituzione repubblicana, del 
tutto aberranti, la giurisprudenza non � mai pervenuta, 
soffermandosi a considerare piuttosto la 
intenzione del legislatore. Nella famosa sentenza 
12 febbraio 1895 la Cassazione di Roma, infatti, 
ritenne che la legge di approvazione delle convenzioni 
ferroviarie 27 aprile 1885 avesse attribuito 
alle norme di queste, efficacia di legge perch� il 
Parlamento le aveva ampiamente discusse, approvate 
e sanzionate, facendole, quindi, proprie. La Corte di 
Appello di Trani, con la sentenza 9 agosto 1895 
(in Rep. F. I., 1896, voce Amministrazione pubblica, 
n. 13), ritenne che la approvazione data 
con legge ad un contratto (nella specie stipulato 
fra lo Stato e l'Amministrazione Capitanata) non 
avesse mutato i rapporti contrattuali, dovendo 
attribuirsi alla legge di approvazione una funzione 
meramente tutoria, sia pure espressa in forma legislativa. 


�L'art. 2 legge 31 gennaio 1926, n. 100 sostitul 
il deereto reale alla legge, abrogando l'art. 21 della 
legge di contabilit� generale dello Stato, ma la 
esigenza dell'intervento legislativo � rimasta ferma 
per i contratti, che importano oneri non previsti 
in bilancio o deroghe al diritto vigente. Essa, come 
si � detto, � stata finora soddisfatta con leggi, 
generali o speciali, di autorizzazione. 

* * * 

� Queste brevi premesse di carattere storico, che 
prescindono dal mutato ordinamento costituzionale, 
ci consentono di esaminare, altrettanto brevemente, 
le questioni sottoposte all'esame della Corte Ecc.ma, 
che, invece, vanno risolte alla stregua della vigente 
Costituzione repubblicana. 

�Diciamo subito che, a nostro avviso, l'art. 2 
legge 31 gennaio 1926, n. 100, il quale intese rendere 
pi� netta la separazione dei poteri e fornire 

, 

pi� ampie garanzie al cittadino, che contratta con 
lo Stato, � tuttora in vigore ed anzi, al lume della 
vigente Costituzione, che ha indubbiamente ribadito 
il principio della separazione dei poteri, rafforzandolo 
con l'istituzione del coliflitto fra i poteri 
dello Stato, la risoluzione del quale � devoluta 
alla Corte Costituzionale, non tollera deroghe ed 
eccezioni. 

�A nostro avviso, cio�, nel vigente ordinamento 
non � pi� ipotizzabile o, quanto meno, � del tutto 
anomala l'approvazione per legge dei contratti 
stipulati dallo Stato e l'intervento del legislatore, 
quando� sia �necessario o sia ritenuto politicamente 
opportuno, deve esplicarsi esclusivamente nella forma 
preventiva dell'autorizzazione. 

�L'approvazione � una figura di atto essenzialmente 
amministrativo, privo di un suo contenuto 
dispositivo in ordine all'oggetto dell'atto approvato. 
Essa riflette sul piano del procediento il sistema dei 
controlli giuridici ed in particolare l'aspetto della 

� organizzazione statuale diretto ad assicurare il 
controllo interno ira gli organi, di guisa che il 
perseguimento di pubblici interessi, la cui cura 
� affidata alla specifica competenza di un determinato 
organo, viene in concreto subordinato nella 
sua operativit� al positivo giudizio, estrinsecato 
appnnto nell'atto di approvazione, di un altro 
organo a tal uopo sovraordinato o, comunque, 
distinto. Ma la fonte giuridica, che regola e disciplina 
il raggiungimento dell'interesse � l'atto del.l'organo, 
al quale ne � attribuita la cura e ne sono 
. di conseguenza ric�nosciuti i necessari poteri. 
�Indipendentemente dalla dibattuta questione 
sulla natura negoziale o meno dell'atto di approvazione, 
esso resta un quid iuris distinto dall'atto 
approvato, non costitutivo, ma soltanto condizionante 
dell'operativit� degli effetti giuridici, che, 
nell'oggetto e nel contenuto, sono determinati da 
quest'ultimo. Da ci� deriva, da una par.te, che la 
approvazione non pu� supplire e sanare la carenza 
di potere esercitato, con l'atto da approvare, dall'organo 
che lo pone in essere e, dall'altra, che 
l'approvazione, come atto avente ad oggetto un 
altro atto amministrativo, diretto al perseguimento 
di uno specifico interesse concreto � un atto sempre 
e sostanzialmente amministrativo. 
�Come tale, l'approvazione dei contratti dello 
Stato � riservata al potere esecutivo. 
�La vigente Costituzione repubblicana, come � 
comunemente ritenuto e come, peraltro, risulta 
espressamente dalle sue norme e dalla loro sistematica 
collocazione, ha recepito, garantendolo giurisdizionalmente, 
il principio della separazione dei 
poteri. Essa ha cura di precisare quali siano le funzioni 
legislative attribuite al Parlamento, cui � 
istituzionalmente devoluta la formazione delle norme 
giuridiche, ed ha cura, altres�, di precisare � 
quali di queste funzioni non legislative siano esplicate 
mediante legge, formale, di cui la Costituzione 
stessa determina il contenuto, i limiti e gli 

effetti. �--
�Il Parlamento, prescinden\].o dalla funzione legislativa, 
� competente a concedere l'autorizzazione 
a procedere contro i suoi colnponenti (art. 68 Cost.); 
delibera lo stato di guerra, che � poi dichiarato 


-�s1 --. 

dal Presidente della Repubblica (artt. 78 e 87 
Cost.); approva i bilanci e il rendiconto consuntivo 
(art. 81 Cost.); pu� disporre inchieste (art. 82 Cost.); 
elegge il Presidente della Repubblica (art. 83 Cost.); 
pone in stato di accusa il Pesidente della Repubblica 
(art. 90 Cost.) e i Ministri (art. 96 Cost.); 
accorda o nega la fiducia al Governo (art. 94 Cost.); 
risolve la questione di merito se una legge region�i,le 
contrasti con gli interessi nazionali o con quelli 
di altre (art. 127 Cost.). 

�Di queste funzioni non legislative (amministrative 
o politiche), attribuite al Parlamento solo la 
approvazione dei bilanci � necessariamente e per 
antica tradizione data con atto, avente l'efficacia 
formale di legge; ma l'art. 81 Cost. ha cura di 
precisare, in conformit� della pi� recente ed autorevole 
dottrina, che questo atto, s � lo formalmente 
legislativo, non deve stabilire nuovi tributi e nuove 
spese, cio�, non deve contenere norme giuridiche. 
Con l'art. 81 la Costituzione si �, altres� adeguata 
all'insegnamento, ancorch� non recente, della giurisprudenza 
(Cassazione di Roma 8 novembre 1881, 
in Foro It., 1882, I, 3, 60 e 3 settembre 1896, cit. 
dal Mortara), la quale aveva escluso che la negata 
iscrizione in bilancio della spesa importasse estinzione 
di obbligazioni contrattuali validamente assunte, 
afferman�o in tale ipotesi il perdurare della 
giurisdizione ai fini dell'accertamento del diritto 
(negli stessi sensi si esprime l'Esposito, loc. cit:). 

�Con ci�, naturalmente, non vuol dirsi che l'atto 
legislativo, che approva il bilancio, non possa contenere 
anche espressamente norme giuridiche, nel 
qual caso si sarebbe in presenza di legge in parte 
formale e in parte anche sostanziale; si vuole solo 
affermare che, per effetto dell'atto legislativo di 
approvazione, non acquistano efficacia di norme 
giuridiche le disposizioni dell'atto approvato (bilancio), 
che resta un atto amminsitrativo contabile 
con riflessi politici. 

�Nel silenzio della Costituzione, la quale, d'altra 
parte, espressamente attribuisce al Governo la 
attivit� amministrativa ed al Presidente del Consiglio 
la funzione di assicurare l'unit� d'indirizzo 
amministrativo (art. 95 Cost.), e rigorosamente 
limita l'esercizio della funzione legislativa da parte 
del Governo (artt. 76 e 77) noi riteniamo, perci�, 
che sia, quanto meno, molto dubbio se il parlamento 
possa ancora approvare con legge i contratti 
dello Stato. 

�L'approvazione con legge, ancorch� si escludono 
-f:!, a nostro avviso, come si dir�, debbono 
necessariamente escludersi -gli effetti, che l'antica 
dottrina e la sentenza impugnata ad essa ricollegano, 
priverebbe non solo e non tanto la pubplica 
amministrazione del potere di autotutela, ma priverebbe 
anche i privati cittadini della tutela dei 
propri interessi legittimi lesi dall'atto di approvazione, 
venendo, cos� a porsi in evidente contrasto 
con l'art. 113 Cost. L'approvazione con legge, 
inoltre, eludendo il controllo della Corte dei Conti, 
violerebbe, altres�, ilprecetto contenuto nell'art. 100 
della Costituzione. 

� A prescindere, comunque, da questa preliminare 
questione, che risolverebbe in apicibus la 

causa, ma la soluzione della qu<i.le non � per essa 
indispensabile, riteniamo che debba senz'altro escludersi 
-ammesso che l'intervento legislativo nei 
confronti dello Stato possa esplicarsi ancora, oltre 
che sotto la forma dell'autorizzazione, ool mezzo 
dell'approvazione -che, per effetto della legge di 
approvazione, legge meramente formale a cul � 
applicabile il precetto dell'art. 81 Cost., le norme 
del contratto diventino norme di legge (assurdo, 
peraltro, sarebbe, adottando questa ipotesi la registrazione 
-in concreto effettuata -della leggecontratto). 


�Questo fenomeno contrasterebbe con tutto il 
sistema costituzionale. 

�In primo luogo, esso priverebbe i cittadini �della 
tutela giurisdizionale dei propri diritti ed interessi 
legittimi, violando, come si � detto, l'art. 113 
Cost. Il consenso del privato contraente sarebbe 
irrevocabilmente acquisito, ancorch� non validamente 
espresso (incapacit�, vizio del consenso), ed 
egli non potrebbe liberarsene neppure in caso di 
inadempienza dell'amministrazione o di giusta causa: 
la norma contrattuale, divenuta legale, lo obbligherebbe 
irrevocabilmente fino alla sua abrogazione, 
ponendolo alla merc� dell'altro co.traente. 

� N� i motivi di invalidit� del contratto potrebbero 
conver irsi in questioni di illegittimit� costituzionale 
del contratto, divenuto legge, perch� non 
sarebbero in contrasto con norme costituzionali. 

�D'altra parte, sarebbe assurdo sottrarre il contratto 
alla giurisdizione comune� e devolverlo alla 
giurisdizione costituzionale, cui .il privato non � 
soggetto, in contrasto con gli articoli 24, 25, 102 

� e 103 Cost. La Costituzione d,isciplina con netta 
separazione la tutela giurisdizionale dei diritti e degli 
interessi legittimi del cittadino, e la tutela costituzionale 
dei poteri dello Stato e della Regione e delle 
garanzie costituzionali del cittadino, che sono attuate 
in via incidentale ed attraverso il controllo 
della legittimit� costituzionale delle leggi e degli 
atti aventi forza di legge. 

�Ma v'� di pi�: l'iniziativa delle leggi appartiene 
agli organi ed Pnti indicati all'art. 71 Cost. 
e non pu� essere attribuito al privato, il quale, concorrendo, 
di diritto e non di fatto, alla formazione 
del contratto da convertire in legge, concorrerebbe 
alla formazione delle leggi. La legge inoltre, deve 
essere esaminata, discussa e approvata articolo per 
articolo e, poi, votata nel suo complesso (art. 72 
Cost.); ci� non avviene per i contratti approvati 
eon legge e in concreto non � avvenuto per il contratto 
5 giugno 1952, le cui disposizioni, se fossero 
da considerare convertite in norme di legge, sarebbero 
costituzionalmente illegittime, perch� in con trasto 
col citato articolo 72 della Costituzione. 

�Per le suesposte considerazioni riteniamo di . 
poter concludere nel senso che la legge di approvazione 
di un contratto (posto che sia ancora ipotizzabile), 
come la legge di approvazione deL.bilancio, 
� legge meramente formale, il cui contenut~ 
sostanzialmente amministrativo, non � costitutivo,� 
ma soltanto .condizionante dell'operativit� degli 
effetti giuridici che, nell'oggetto e nel contenuto, 
sono determinati dal contratto approvato, il quale 


-88 


resta giuridicamente distinto dall'atto di approvazione 
e conserva l'originaria efficacia formale e la 
originaria titolarit�, restando atto dell'Amministrazione 
e del privato, non del Parlamento. 

. * * * 

�In subordinatissima ipotesi, riteniamo che debba 
pervenirsi allo stesso risultato pratico seguendo il 
ragionamento a suo tempo fatto dalla Corte di 
Cassazione di Roma, la quale riteneva di� dover 
accertare in concreto I'intentio legis, argomentandola 
dai lavori parlamentari, dall'ampiezza della 
discussione, dall'esame particolareggiato delle singole 
clausole della convenzione. Nella specie tutto 
ci� � mancato e il Parlamento, con la legge 15 maggio 
1954, n. 261, si � limitato ad approvare, ai 
sensi dell'art. 21 della legge sulla contabilit� generale 
dello Stato, a nostro avviso erroneamente 
ritenuto ancora vigente, la cessione al Comune di 
Bari di arenili, cio�, di beni demaniali dello Stato. 

�La forma. generica di approvazione non significa 
-come erroneamente ha ritenuto la Corte di 
Bari -che tutte le singole clausole del contratto 
furono ratificate (e convertite in legge), ma, a1 
contrario, �sta a dimostare che la volont� del Parlamento 
fu rivolta esclusivamente a dare approvazione 
a un contratto di permuta di arenili, esercitando 
una funzione meramente tutoria. 

�D'altra parte, anche escludendo che l'art. 2 
legge 31 gennaio i926, n. 100 -come noi riteniamo 
e come riteniamo� di aver dimostrato -abbia definitivamente 
abrogato l'art. 21 della legge di contabilit� 
generale dello Stato (in questo senso vedas.i 
anche C. S . .Ad. Gen. -parere 8 foglio 1937, in 
Rel. C. S. 1936 -40, p. 40, relativo alla alienazione 
a titolo gratuito di immobili), occorre pur sempre 
tener conto della lettera e dello spirito di questa 
norma. 

�L'art. 21 R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, 
che in parte riproduce l'art. 13 testo unico approvato 
con R.D. 17 febbraio 1884, n. 2016, dispone 
che l'alienazione degli immobili dello Stato, quando 
non sia regolata per determinate categorie di beni 
da leggi speciali, deve essere autorizzata caso per 
caso con particolari provvedimenti legislativi. 

�La norma, commenta il De Cupis (Leggi sulla 
amministrazione del patrimonio e sulla contabilit� 
generale dello Stato, Torino, 1910, p. 410), trova 
la sua r�gion d'essere nell'interesse alla conservazione 
del patrimonio dello Stato, che concorre con 
la sua rendita anche essa alle spese dei pubblici 
servizi. 

� Questo concorso � andato diventando economicamente 
sempre pi� esiguo rispetto al gettito dei 
tributi, ma l'alienazione di un immobile priva lo 
Stato di una parte di reddito e contemporaneamente 
fornisce ad esso un'entrata straordinaria non 
prevista in bilancio, onde la necessit� di un inter-. 
vento del Parlamento, che, se storicamente si giustifica 
con la necessit� di valutare la convenienza 
di far fronte in questo modo e non diversamente 

ad un'esigenza straordinaria procurandosi un'entrata 
straordinaria, che, per�, diminuisce permanentemente. 
le entrate ordinarie, formalmente si 
giustifica -e tale giustificazione � tuttora valida 
-con la necessit� di integrare, con la l�gge, che 
autorizza l'alienazione, la legge di approvazione del 
bilancio. 

�Quest'esigenza, comunque, � soddisfatta, a' sensi 
dell'art. 21, con un intervento preventivo del Parlamento, 
che non priva il potere esecutivo della 
facolt� di contrattare -anzi ne aumenta la capacit� 
-e non priva il cittadino, che conti�atta con 
lo Stato, delle garanzie giurisdizionali dei suoi 
diritti. 

� .Anche, perci�, considerando tuttora in vigore 
l'art. 21, deve esserne rispettato lo spirito -oltre 
che la chiara dizione -e l'intervento del legislatore 
deve considerarsi limitato all'ampliamento della 
sfera di capacit� del potere esecutivo o alla ratifica 
del suo operato, se l'intervento � successivo, 
ma sempre considerando l'approvazione come atto 
tutorio, come autorizzazione. successiva in sanatoria, 
senza� alterare i rapporti contrattuali. 

�In questi sensi, perci�, deve comunque, essere 
interpretata la legge 15 maggio 1954, n. 261. 

In conclusione, se il contratto, come noi riteni!
l>mo di aver dimostrato, � rimasto contratto, la 
fonte giuridica dei rapporti fra il Demanio e il 
Comune di Bari � un negozio giuridico bilaterale 
che non poteva derogare all'art. 94 della legge di 
registro, il quale espressamente sanziona la nullit� 
di ogni patto ad esso contrario. 

� L'approvaziQne, ancornh� data con legge, formale, 
non pu� supplire e sanare la carenza di potest� 
di entrambe le parti contraenti a derogare all'art. 94 

L. R. Questa deroga poteva solo essere consentita 
dalla legge sostanziale, come si riscontra nelle 
varie leggi di autorizzazione a contrattare in deroga 
alle leggi. vigenti 
Oome risulta dalla surriportata memoria,. non avevamo 
dedotto la illegittimit� costituzionale della legge 
15 maggio 1954, n. 261; ma la sua �anomalia �; 
confermata, peraltro, dalla attuale prassi legislativa, 
che � nel senso. di autorizzare non approvare, particolari 
contratti dello Stato, soprattutto al fine di 
accertarne il contenuto e la portata. 

Prendiamo atto che la Cassazione, abbandonando 
la pi� antica tesi, ha ritenuto che il contratto � rimasto 
atto negoziale e che le sue clausole per effetto della 
sua approvazione con legge, non sono divenute norme 
giuridiche (onde l�i irrilevanza dell'argomentazione 
relativa all'art. 113 Oost.). Ma alla stregua di questa 
premessa e dell'altra -anch'essa a nostro avviso 
esatta -circa la natura formale della legge di approvazione 
del contratto, ci sembra che si sarebbe dovuto 
pervenire ad opposta conclusione. 

La legge formale non contiene norme giuridiche e, 
quindi, nella specie non sussisteva cclc�na norma 
giuridica che derogasse o consentisse la deroga -:.._ �e 
la norma ovviamente doveva essere espressa -allo 
art. 94 L.R.; che � norma di ordine pubblico. 

G. G. 

ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI 
DELLE 


DI MERITO

. 

ASSEGNAZIONE ALLOGGI COSTRUITI COL CON


TRIBUTO DELLO STATO -Mancata occupazione 

nel termine dell'art. 98 del T. U. 28 aprile 1938, 

n. 1165 -Decadenza. (Commissione di vigilanza per 
l'edilizia popolare ed economica -Decisione 7 gennaio 
1960 -Pres.: ed est.: Bozzi Carlo -Coop. ed. 
�Parva Domus � di Pavi� e dott. Emilio Acacia. 
La mancata occupazione dell'alloggio cooperativo 
nel termine stabilito dall'art. 98 del T. U. 
28 aprile 1938, n. 1165 importa la decadenza 
dall'assegnazione. ' 

Tutte le ragioni che si intendano far valere a 
giustificazione� della mancata occupazione devono 
essere proposte con ricorso alla Commissione di 
Vigilanza, sempre nel termine stabilito a pena 
di decadenza . 

.. 

La pronuncia della Commissione non ha precedenti 
editi in questa Rassegna. La riportiamo, quindi, 
integralmente; 

�La Cooperativa Edilizia �Parva Domus � di 
Pavia, con lettera 22 giugno 1955, diretta al Ministero 
dei Lavori pubblici, Div. 16a bis, e per conoscenza 
all'ente mutuante, Cassa di Risparmio delle 
provincie Lombarde, comunic� la domanda del 
proprio socio, dott. Emilio .A.dacia, tendente ad 
ottenere l'autorizzazione ad affittare l'apparta-� 
mento assegnatogli dalla Cooperativa medesima. 

� Dagli accertamenti eseguiti anche a mezzo del 
Nucleo Carabinieri del Ministero risult� che: 
1) l'appartamento in questione era stato consegnato 
al dott. .Acacia il 20 marzo 1953; 
2) che l'appartamento stesso non era mai stato 
occupato dall'assegnatario; 

2) che questi in data 21 luglio 1951 �(e cio� 
circa due anni prima dell'assegnazione dell'alloggio) 
era stato trasferito a Sondrio, in qualit� di V. Intendente 
di Finanza; 

4) che tuttavia lo stesso dott. .Acacia, era 
ancora iscritto anagraficamente a Pavia, Viale Nazario 
Sau'ro, n. 1; 

5) che l'appartamento era stato ceduto in 
affitto a tale sig. Chiampo Giuseppe, dal 10 luglio 
1955. 

�.Alle conseguenti contestazioni del Ministero, il 
dott. .Acacia -Intendente di Finanza a Cremona ha 
controdedotto, per il tramite della Cooperativa, 
il 2 marzo 1956, facendo presente che, nell'impossi


bilit� di occupare l'alloggio perch� risiedeva in 
altra citt� per motivi di servizio, aveva ritenuto 
di potersi avvalere -conseziente la Cooperativa ....,.. 
del disposto dell'art. 111 del T. U. approvato con 

R.D. 28 aprile 1938, n. 1165, senza presentare il 
ricorso di cui all'art. 98 dello stesso T. U. e chiedeva, 
perci�, benestare all'affitto dell'alloggio stesso, riservandosi 
l'uso di una stanza. 
�Nelle sedute del 5 ottobre 1959 �e del 7 gennaio 
1960, la Commissione sospese ogni pronuncia in 
merito alla posizione del suddetto assegnatario, 
disponendo un supplemento di istruttoria. 

� Dagli atti e dagli elementi successivamente 
acquisiti � risultato che il dott. .Acacia era in servizio 
a Pavia al momento della iscrizione a socio 
della Cooperativa Edilizia� Parva Domus � (14 gennaio 
1951) e quindi aveva ilrequisito della residenza, 
prescritto a termini dell'art. 11 ultimo comma, 
della legge 10 marzo 1952, n. 113 per conseguire 
l'assegnazione dell'alloggio in questione.

�� risultato altres� confermato che, sebbene 
anagraficamente ancora in data 6 novembre 1959 
residente con la famiglia a Pavia, via Nazario 
Sauro n. 1, il dott. .Acacia era stato da tempo trasferito 
in servizio in altra citt� e che al momento 
della formale assegnazione dell'alloggio sociale (20 
marzo 1953) trovavasi in servizio a Cremona, come 
Intendente di Finanza titolare. 

�D'altra parte il dott. .Acacia non si avvalse del 
mezzo offertogli dalla norma contenuta nell'art. 98 
del T. U. 28 aprile 1938, n. 1165 per ottenere una 
proroga del termine stabilito nello stesso articolo 
per l'occupazione dell'alloggio. 

� Non pu�, pertanto, non incorrere ora nella 
sanzione della decadenza. 

�Malgrado la questione sia stata esaminata� e 
decisa in varie occasioni, non sembra, tuttavia, 
inopportuno riepilogare le ragioni, che, in coerenza 
con la costante giurisprudenza, determinano la 
Commissione a confermare le precedenti decisioni, 
alle quali, l'attuale, naturalmente, si riporta. Decisioni 
che, si soggiunge, sono il punto di arrivo di 
un orientamento giurisprudenziale, che, se non ha 
avuto modo di manifestarsi in un tempo relativamente 
recente, in casi identici all'attuale, per difetto 
di specifico ricorso, o per mancato esercizio di 
ufficio della potest� di vigilanza, trova peraltro--riscontro 
in un .deciso e coerente orientamento 
giurisprudenziale: si consideri, infatti, che fino a 
qualche anno fa, non si era verificato un caso cla




~ 


-90


moroso come quello che ha dato origine alla decisione 
in data 4 giugno 1959, sulla Cooperativa 
Edilizia �La Tartaruga II�. 

�Parlare di termini di decadenza, come fa l'art. 98 
del T. U., e rinviare poi l'accertamento ad epoca 
successiva, anche di anni, significherebbe, ad avviso 
della Commissione, non soltanto snaturare, togliendogli 
la propria forza, l'istituto della decadenza, 
ma soprattutto, determinare incertezze e perplessit�, 
che mortificherebbero l'esercizio della vigilanza, 
rendendo questa assai spesso inutile. 

�La legge esige che, entro 30 giorni dalla consegna, 
l'alloggio sia, a pena di decadenza, occupato 
dall'assegnatario. Unica eccezione � il ricorso espressione, 
questa, che univocamente designa il 
concetto di istanza, come � stato inteso costantemente 
nella consuetudine amministrativa, e come 
logicamente appare, ove si voglia dare un concreto 
significato al precetto -alla Commissione di Vigilanza: 
ricorso, cio�, istanza, diretta ad ottenere, 
naturalmente per giustificati motivi, fa proroga dell'occupazione: 
questi motivi debbono essere tempestivamente 
accertati dalla Commissione di Vigilanza, 
e soltanto da questa, che � espressione dell'Autorit� 
governativa centrale, debbono essere 
riconosciuti validi. 

�Non � ammissibile, in materia tanto delicata 
-in cui � in gioco il pubblico denaro -ritenere 
che l'assegnatario possa esimersi dall'inoltrare ri
�corso, cio� dal domandare l'esclusione dalla decadenza, 
quando egli si ritenga dispensato dalla presunta 
certezza di una causa ostativa della occupazione. 
La norma non contiene solamente -e � 
tanto basterebbe, data la sua chiarezza -un pre


. ciso formale e tassativo precetto, ma risponde a 
un'indefettibile esigenza, ch� scaturisce dalla legislazione, 
in materia di edilizia statale e sovvenzionata: 


a) la certezza, innanzi tutto, dei rapporti giuridici. 


�Un accertam�nto, fatto a distanza di tempo, 
spesso di anni, accertamento eventuale, perch�, 
nei casi, fino ad oggi esaminati, esso ha avuto 
luogo soltanto su denunzia o su ricorso di terzi, con 
conseguente decadenza, non potrebbe non avere 
effetto retroattivo. Ci si troverebbe, cos�, spesso, 
dinanzi a situazioni giuridiche sopravvenute, spesso 
irretrattabili: rapporti successori, sopravvenuti nei 
confronti degli assegnatari, ovvero di chi deve 
sostituirsi ad essi; stipulazione di un contratto di 
mutuo individuale, ecc. situazioni, tutte, queste, che 
renderebbero .estremam13nte difficile, se non addirittura 
ostacolerebbero, l'esercizio del potere di 
vigilanza, e il ristabilimento� del diritto violato. 

�Si avrebbe, insomma, la figura di un assegnatario 
putativo, che � da escludere proprio per il 
tassativo precetto, che pone a carico dell'assegnatario 
stesso l'occupazione e il ricorso alla Commissione; 


b) una volta rimessa la valutazione alla parte, 
cio� all'assegnatario, non si vede la ragione perch� 
il rinvio, cio� il successivo accertamento, dovrebbe 
essere limitato al solo trasferimento, e non dovrebbe 
anche essere esteso ad altre cause ostative (malattia, 
abitazione in alloggi di ~ervizio, ecc.). Si pensi ad 


una malattia, debitamente accertata e documentata, 

da valutare e da accertare a distanza di anni: ci� 

la Commissione ha escluso, pur quando � stato dimo


strato, con quasi certezza, che . l'assegnatario, al 

momento della consegna, era impossibilitato ad 

occupare l'alloggio: vedi decisione del 16 aprile 1959 

(Coop. �Margherita� di Roma). Si pensi al caso 

di alloggio, cos� detto di servizio, caso frequentis


simo: vedi decisioni in data 30 aprile 1959, sulla 

Cooperativo Ed. �Certezza� di Verona. In questo 

caso dovrebbe rinviarsi ad epoca successiva l'ac


certamento del carattere dell'alloggio e dell'obbli


gatoriet� di abitare l'alloggio stesso. 

�Tutti questi accertamenti, debbono, invece, esser 
fatti proprio per l'esigenza della certezza del diritto 
e delle situazioni giuridiche ad esso connessa, nei 
30 giorni; 

c) ma anche nel caso concreto, .cio� nel caso 
di trasferimento, un'indagine � sempre necessaria, 
indagine che deve� essere tempestivamente fatta 
nel termine stabilito dalla legge, a pena di decadenza. 
Basterebba considerare che soltanto in questo 
periodo, e non a distanza di anni, pu� con sicurezza 
accertarsi: 

1) se il trasferimento sia effettivo o non si 
tratti di comando o di missione; 
2) se l'assegnatario abbia ottenuto eventuali 
proroghe al trasferimento, come spesso avviene; 

3) se egli abbia trasferito nella nuova sede la 
famiglia, ovvero se questa sia rimasta nella citt� 
in cui trovasi l'alloggio assegnato; 

4) se, risiedendo all'estero o e~sendo imbal'cato, 

o essendo comunque stato trasferito, l'assegnatario 
abbia conservato il precedente alloggio nella vecchia 
sede. In questo caso egli avrebbe l'obbligo di 
occupare il nuovo trasferendovi i suoi mobili e 
lasciando libero il vecchio alloggio (spesso a fitto 
bloccato o di propriet� dell'INOIS) o dell'Istituto 
.Autonomo Case Popolari): vedi decisione del 10 
marzo 1960 (Coop. Ed. � Sirio � di Roma) .. 
� Gli enunciati inconvenienti a cui altri potrebbero 
aggiungersi servono a dimostrare l'esigenza 
pratica, che il precetto formale trovi integrale approvazione 
per consentire alla Commissione e al Ministero 
l'esercizio dei fondamentali poteri nella vigilanza 
a che il pubblico denaro, che � prelevato dalle 
tasche dei cittadini, sia speso per i fini pubblici, 
ai quali esso � destinato. 

P. Q. M. 
�La Commissione dichiara la decadenza del 
dott. Emilio .Acacia dall'assegnazione dell'alloggio 
conseguito presso la Coop. Ed. �Parva Domus � 
di Pavia. 

Con questa decisione, e con le altre richiamate nel 
testo, la Commissione di vigilanza ha affrontato il 
problema del collegamento tra la norma: dell'art-:.. 9� 
del T. U. 1938 n. 1165, che commina la decadenza 
per la mancata occupazione dell'alloggio cooperativo 
nei trenta giorni dalla assegnaZione-consegna, e 
la situazione che si � venuta a determinare, riguardo 
ai requisiti per l'attribuzione degli alloggi, parti



colarmente per effetto della m�'difica all'art. 95 dello 
stesso T. U. introdotta con l'art. 11 della legge 1 .marzo 
1952, n. 113 circa il requisito della residenza riferito 
in via alternativa al momento della iscrizione o a 
quello della prenotazione, non pi� al momento della 
assegnazione, come, invece, stabiliva l'art. 95 lettera 
b) del vecchio testo. 

A questo ambito di norme appa1�tiene la specie 
decisa con la pronuncia in esame. � da a'tJvertire, 
peraltro, che il problema � di carattere pi� generale, 
in quanto concerne il collegamento dell'art. 98 con 
l'art. 97 nel nuovo testo dell'art. 12 della legge 1 marzo 
1952, n. 113, nonch� in genere con tutte le situazioni 
nelle quali gli assegnatari degli alloggi cooperativi 
abbiano ragioni da far valere nei riguardi della 
occupazione dell'alloggio nel termine stabilito a 
pena di decadenza. 

Dice, dunque, la Commissione di vigilanza: che 
l'obbligo imposto dall'art. 98 all'assegnatario di occupare 
l'alloggio nei trenta giorni vale per tutti indistintamente 
gli assegnatari; cio� scaturisce, per cos� 
dire, automaticamente� dalla redazione del relativo 
verbale. � 

.Ogni ragione di far valere nei riguardi dell' a.nzidetto 
obbligo (trasferi1nenti, richieste di proroga, ecc.) 
deve (nel senso, naturalmente, che incombe all'interessato 
l'onere relativo) essere esposta alla Commissione 
di V ivilanza mediante il ricorso espressamente 
previsto nello stesso art. 98 30 comma, inciso. 

In mancanza di ricorso, la decadenza si applica 
anche ai casi nei �quali il requisito della residenza 
non � pi� richiesto ai fini della validit� dell'attribuzione 
dell'alloggio. 

La soluzione . data dalla Commissione di Vigilanza, 
sorretta dalle ragioni di ordine generale elencate 
nella perspicua ed ampia motivazione (in particolare 
dai principi sulla decadenza, inquadrata nei 
principi generali sull'edilizia popolare ed eeonomica) 
trovano, a nostro avviso, riscontro anche sul piano 
meramente esegetico. L'art. 98, coesiste, nello stesso 

T. U., con gli artt. 95 e 97 modificato dalla legge 
1 marzo 1952 b. 113; e se coesiste ed � scritto, anzi 
dopo, certamente si riferisce a tutte le assegnazioni 
di alloggio, quale che sia la condizione degli assegnatari 
in -relazione al termine di decadenza che, per 
testuale disposizione di legge, comincia a decorrere 
dalla data del verbale di assegnazione, per tutti 
indistintamente. 
Questa decadenza puo essere esclusa solo col ricorso, 

ove, peraltro, la Commissione ritenga la validit� 

della causa addotta per la esclusione, dopo gli accer


tamenti di sua competenza e non di competenza 

della parte interessata (residenza diversa per. ragioni 

di ufficio, alloggio� di servizio, malattia, ecc.). 

Contenuto nel ricorso p�o essere, sotto questo 
.aspetto; qualunque istanza od esposto d�ll'interessato 

diretta a far valere le ca�se di esclusione dalla deca


denza. 

Non adempiendosi all'onere del ricorso, la deca


denza interverr� inevitabilmente in applicazione del


l'art. 98 che non puo avere altro significato e portata 

che quelli illustrati nel testo della decisione. 

Noto, infine, che nel caso analogo, anche se non 
identico, della contestazione circa l'impossibilit� della 
oecupazione per l'assoluta inabitabilit� dell'alloggio, il 

91


Consiglio di Stato, con la decisione 27 aprile 1960, 

n. 269 della VI Sezione, ha confermato la decadenza 
per non essere stata fatta la contestazione stessa 
col ricorso previsto dall'art. 98. E la soluzione, a 
nostro avviso, non puo che essere identica nella due 
ipotesi. 
L. TRACANNA 
CESSIONE DI CREDITI -Accettazione d2 parle dell'Amministrazione 
appaltante -Cauzione ; non � 
compresa. (Corte d'App�llo di Bologna 17 giugno 1960 
-Pre3.: Nardella; E3t.: Sbrocca -Ministero LL. PP. 
-Banca Popolare di Cremona). 

Debitrice della somma, versata dall'appaltatore 
a titolo di cauzione per l'esatta .esecuzione di opere 
pubbliche, � la Cassa DD.PP., non l'Amministrazione 
appaltante, pertanto, le cessioni e i pignoramenti 
della cauzione debbono essere eseguiti nei 
confronti di quella e non di questa Amministrazione 
. 

Per una pi� agevole comprensione della questione, 
.molto delicata e� di particolare importanza per l' .Am


ministrazione dei lavori pubblici, riteniamo oppor


tuno riportare in parte qua la motivazione della 

sentenza: 

�.Invero, le disposizioni, che regolano il contratto 
di pubblico appalto, stabiliscono che il deposito 
delle somme corrispondenti alle cauzioni prestate 
dall'appaltatore non deve essere effettuato presso 
l'Amministrazione appaltante, ma presso un organo 
dell'Amministrazione del Tesoro, dotato di particolare 
autonomia patrimoniale e di bilancio, quale 
� la Cassa Depositi e Prestiti che, rispetto a tali 
operazioni, adempie per legge alle funzioni di un 
istituto bancario (T. U. 2 gennaio 1913, n. 453, 


D. L. Lgt. 23 marzo 1919, n. 1058, Istruzioni per 
il servizio dei Depositi approvate con D.M. 22 novembre 
1954, Capitolato Generale di Appalto per 
l'esecuzione delle opere pubbliche approvato con 
D.M. 28 maggio 1955). 
�Di guisa che, accanto al rapporto costituitosi 
tra l'Amministrazione appaltante e l'appaltatore 
ed avente per oggetto la prestazione della cauzione, 
un altro se ne instaura tra l'appaltatore stesso e 
la Cassa, che riceve in deposito il numerario o i 
titoli che integrano la cauzione. 


�Quest'ultimo rapporto, di cui sono soggetti si 
ripete -da un lato l'appaltatore depositario e 
dall'altro la Cassa depositaria, riflettendo un deposito 
creato a garanzia dell'esatto adempimento del 
contratto di appalto, � in funzione della esecuzione 
di tale contratto, nel senso che il deposito 
� vincolato a favore dell'Amministrazione appaltante, 
la quale potr� pro�cedere all'incameram�nto 
totale o parziale della cauzione per l'inadempimento 
degli obblighi dell'appaltatore, con il pas� 
saggio della somma relativa dalla Cassa del Tesoro 
dello Stato, mentre in caso diverso dovr� emettere � 
il decreto di svincolo, che ha il valore giuridico 
di una contestazi�ne che il contratto � stato adem



MW&&&TIF ~Jfliii;I1110ffilllRiilli'illHWi~~-~~~~ 


-92


piuto e che nessun ostacolo sussiste, da parte del


l'appaltante, a che la Cassa restituisca il deposito 

a� chi dimostra di averne diritto. 

�La Cassa, anche di fronte al decreto anzidetto, 
non dovr� fare luogo senz'altro alla restituzione, 
ma dovr� previamente ac�ertarsi se sussistano impedimenti 
alla restituzione medesima, quali pignoramenti, 
cessioni, sequestri, ecc. sulle somme versate 
a titolo di cauzione, resi noti all'Istituto 
depositario. 

�E che codesto Istituto debba avere formale 
conoscenza dei provvedimenti che sono di ostacolo 
alla restituzione, affinch� essi siano efficaci 
nei suoi confronti, si desume tanto dal D. L. Lgt. 
23 marzo 1919, n. 1058 quanto all(} Istruzioni 
approvate con D.M. 22 novembre 1954, pi� sopra 
citati, secondo i quali tali provvedimenti debbono 
essere fatti a termini di legge e regolarmente notificati 
a quello Ufficio dalla Cassa Depositi e Prestiti, 
presso cui esiste l'iscrizione del deposito, potendo 
tuttavia, salvo casi eccezionali previsti dalla 
legge, la notificazione essere sostituita, per ci� che 
riguarda la cessione dei depositi, dalla presentazione 
dell'Ufficio medesimo dell'originale o di una copia 
autentica dell'atto, e� costituendo in tale ipotesi 
accettazione la deliberazione di voltura al nome . 
del cessionario. 

�Si deve, pertanto, concludere che debitrice �ella 
somma depositata a titolo di cauzione, nei contrat_
ti di pubblico appalto, � soltanto la Cassa 
Depositi e Prestiti, nei cui confronti l'appaltatore 
depositante pu� vantare il credito relativo, e che 
la cessione del deposito, per essere efficace verso 
la Cassa, deve essere a questa notificata o da questa 
accettata, a seguito della presentazione dell'atto e 
della deliberazione di voltura. 

�In contrario non vale osservare, come fa la 
impugnata sentenza, che l'Amministrazione appaltante 
sarebbe in colpa per avere emesso il decreto 
di svincolo, non ostante l'avvenuta accettazione 
della cessione, che comprendeva, oltre ai crediti 
derivanti .all'appaltatore del contratto di appalto, 
anche la cauzione depositata a garanzia dell'adempimento 
medesimo. 

�Infatti, poich� le norme per la efficacia delle 
cessioni o degli altri impedimenti prescrivono che 
gli atti o provvedimenti relativi siano notificati o 
presentati all'ente depositario della cauzione, come 
si � poc'anzi ricordato, e poich� � pacifico che tali 
norme non sono state nella specie osservate, nessun 
illecito a titolo di colpa pu� ravvisarsi nel comportamento 
della .Amministrazione appaltante. 

�Lo svincolo da questa autorizzato a favore di 
chi di ragione, cio� di chi, appaltatore, o creditore 

o concessionario. dell'appaltatore, dimostrasse alla 
Cassa depositaria, il proprio diritto alla restituzione 
della cauzione, � perfettamente conforme a 
legge, poich�, da un lato, i terzi sono tenuti a tute.lare 
i propri diritti sulla cauzione stessa direttamente 
nei confronti della Cassa che ne � debitrice: 
dall'altro, la accettazione della cessione da parte 
� dell'Amministrazione appaltante non poteva ovviamente 
riferirsi che ai crediti vantati dall'appaltatore 
nei confronti della medesima. 
�Da ultimo, neppure vale invocare, come fa la 
Banca appellata, l'applicabilit� al caso di specie 
della norma. dell'art. 1173 O.e., riflettente la restituzione 
del deposito avvenuta anche nell'interesse 
di un terzo. � 

�Terzo interessato del deposito sarebbe, invero, 
l'Amministrazione dei lavori pubblici, a cui favore 
sarebbe dettata la norma; ond'essa non potrebbe 
essere invocata dalla banca cessionaria del depositante, 
poich� la .Amministrazione nulla eccepisce in 
ordine alla legittimit� della restituzione �. 

GIURISDIZIONE -Pretesa dei cittadini prigionieri di 
guerra in U.S.A. per la prestata cooperazione -Diritti 
soggettivi. Limiti. (Trib. di Milano, 18 marzo 
19JO -.Pres.: Stefano; Est. : Uberto -Ranzoni c. Difljlsa 
.e Tesoro). 

Per effetto dell'Accordo, stipulato il 14 gennaio 
1949 con il Governo degli U.S . .A., nonch� 
dei comunicati e delle istruzioni diramate dal Ministero 
della Difesa, lo Stato it�liano si � accollato, 
ex art. 1273 O.e., i debiti che il Governo U.S . .A. 
aveva nei confronti dei cittadini italiani, prigionieri 
di guerra cooperatori, i quali, pertanto, hanno 
verso lo Stato Italiano un diritto soggettivo per


. fetto, che pu� essere fatto valere innanzi all'autorit� 
giudiziaria ordinaria. 

La responsabilit� del Ministero del Tesoro � 
limitata alle somme dovute dagli U.S . .A. in base 
alle norme da essi applicate, ancorch� non conformi 
a quelle della Convenzione di Ginevra del 21 luglio 
1959. 

Per una pi� esatta conoscenza della questione, 
riportiamo integralmente la motivazione della sentenza, 
che, per quanto riguarda la questione di giurisdizione, 
� contraria alla giurisprudenza formatasi 
relativamente ad analoghe ipotesi, alla quale ci riportiamo 
(Rassegna 1959, 1). 

�Il signor Virginio Ranzoni allega che durante 
la seconda guerra mondiale serv� nell'esercito italiano, 
cadde prigioniero dell'esercito am@icano e 
fu in tale qualit� portato negli Stati Uniti; qui 
accett� di collaborare e lavor� come addetto alla 
spedizione di merci dal 5 marzo 1944 al 25 settembre 
1955. 


�Secondo l'attore, in base alla convenzione di 
Ginevra del 27 luglio 1929, sul trattamento dei 
prigionieri di guerra, i prigionieri collaboratori avevano 
di:r:itto, a compenso del loro lavoro, a:.a stessa 
paga dei militari americani, ossia dollari 2,10 al 
giorn�. 

�Valendosi di una facolt� attribuita dalla detta 
Convenzione, il governo d~gli Stati Uniti deliber� 
di operare sulla paga dei prigionieii collaboratori 
una trattenuta di dollari 1,30 al giorno onde cdstituire 
un fondo per l'indennizzo dei danni di guerra, 
lasciando a disposizione dei prigionieri il residuo O.i dollari 
0,80. Successivamente, prosegue il Ranzoni, 
il governo degli Stati Uniti rinunci� nei confronti 
dell'Italia a ogni indennizzo per danni di 
guerra, e venne con il governo italiano ad accordi, 


-93 


con i quali il governo italiano si accoll� i debiti 
degli Stati Uniti verso i prigionieri di guerra italia~, 
mentre il governo degli Stati Uniti ad esso 
versava una congrua somma. 

� .Afferma il Ranzoni che l'azione da lui esercitata 
in questo processo comporta adesione all'accollo, 
dichiara di liberare il debitore originario e trae la 
conclusione che lo Stato italiano � obbligato a 
pagargli la differenza fra quanto egli doveva ricevere 
dagli Stati Uniti, dollari 2,10 per ogni giorno 
di lavoro, e quanto ha effettivamente ricevuto, 
dollari 0,80, per ogni giorno di lavoro, in tutto 
dollari 568, o la somma equivalente in lire italiane. 
�Fra il governo degli Stati Uniti e il governo 
italiano sono stati in effetti stipulati accordi concernenti 
il pagamento dei crediti dei cittadini italiani 
gi� prigionieri di guerra degli Stati Uniti. 
Il 14 agosto 194 7 fu firmato un �Memorandum 
d'intesa. � diretto appunto al regolamento delle 
spettanze dei cittadini italiani gi� prigionieri di 
guerra degli Stati Uniti o in condizione analoga. 
� A una� determinazione delle procedure da seguire 
si addivenne con scambio di lettere del 18 febbraio 
1948 fra ;il Ministro del Tesoro della Repubblica 
e il rappresentante degli Stati Uniti in Roma. 
Con questi accordi lo Stato italiano si assunse di 
provvedere alla soddisfazione dei crediti dei suoi 
�cittadini verso gli Stati Uniti, contro versamento 
da parte degli Stati Uniti di una somma in dollari. 
�In relazione a tali accordi fu indirizzato agli 
interessati il comunicato Stampa e radio del Ministro 
della difesa, prodotto dalla parte convenuta 
(documento n. 3) con l'indicazione di adempimenti 
in vista del pagamento dei crediti. Il 28 febbraio 
1948 il Ministero della difesa-esercito diram� la 
circolare, avente per oggetto la liquidazione finale 
dei rilievi di conto dei prigionieri di guerra gi� in 
mano Statunitense prodotta dalla parte convenuta 
(documento n. 4). I rapporti fra gli Stati Uniti e 
lo Stato italiano nella materia furono definitivamente 
regol.ati con l'accordo del 14 gennaio 1949. 
prodotto dalla parte convenuta (documento n. 1); 
Si dice nell'articolo 1: � Gli impegni contempla.ti 

dal presente Accordo includono: a) somme guada


gnate da cittadini italiani nella loro qualit� di 

prigionieri di guerra o di personale assimilato o di 

internati civili, le quali siano state ufficialmente 

riconosciute sotto forma di certificati di credito o 

mandati di pagamento militare stilati in dollari e 

rilasciati ai predetti cittadini italiani a titolo di 

ricevuta di tali somme; b) somme guadagnate da 

cittadini italiani nella loro qualit� di prigionieri di 

guerra, o di personale assimilato o di internati 

civili durante il.loro periodo di detenzione da parte 

del Governo degli Stati Uniti d'America o chi per 

esso, ai quali non furono rilasciati mandati di paga


mento militari o certificati di credito e che dopo il 

loro rimpatrio non furono rimborsati delle somme 

suddette n� direttamente dalle autorit� Americane 

n� da Banche italiane per conto del Governo degli 

Stati Uniti d'America (omissis) �. L'art. 2 dice: 

�Per quanto riguarda gli impegni ed i � claines � 

verificati di cui ai paragrafi 1-a e 1-b del presente 

accordo, nonch� gli impegni ed i.� claines �non veri


ficati dal Governo degli Stati Uniti d'America, 

tale Governo verser� al Governo italiano, entro 
10 giorni dalla firma del presente accordo, la somma 
di 22 mil\}>ni di dollari, la quale; unitamente al 
pagamento parziale di dollari 4.382.241,03 effettuato 
il 2 aprile 1948 ed ai pagamenti �t)ffettuati 
precedentemente a tale data dal Governo degli 
Stati Uniti d'America direttamente a persone in 
possesso di impegni, costituit� completa liberazione 
del Governo degli Stati Uniti d'America da 
tutti i tipi di impegni e di � claines � di cui ai 
paragrafi 1-a e 1-b del presente accordo�. Nell'articolo 
4 si dice: � Il Governo Italiano conviene che 
quanto sopra concordato in merito agli impeg~ 
ed ai � claines � di cui ai paragrafi 1-a, 1-b e 1-c 
del presente Accordo costituisce piena e completa 
liberazione del Governo degli Stati Uniti d'America 
da ogni e qualunque impegno o � claines �da parte 

o per conto di cittadini italiani (o loro aventi 
causa) gi� detenuti dal Governo degli Stati Uniti 
d'America o chi per esso, in possesso di impegni o 
�claines �, dei tipi di cui ai paragrafi 1-a, 1-b e 
1-c del presente Accordo. Il Governo italiano terr� 
esente il Governo degli Stati Uniti da ogni responsabilit� 
derivante dai suddetti � claines �. Nell'art. 
5 si dice: �Il Governo italiano si impegna a 
sollecitare in ogni possibile modo lo spoglio; l'accertamento 
e la liquidazione di tutti i � claines � formanti 
oggetto del presente Accordo. A tal fine, 
il Governo degli Stati Uniti d'America (omissis) 
agevoler� il Governo italiano nell'accertamento della 
validit� dei � claines � di cui ai paragrafi 1-a e 1-b 
(omissis). 
�Le convenute amministrazioni, resistendo alla 
domanda del Ranzoni, sostengono che l'accordo fra 
lo Stato Italiano e gli Stati Uniti, di cui sopra, ha 
effetti nell'ambito del diritto internazionale, mentre 
nell'ordinamento dello Stato, non essendo intervenuto 
nessun atto legislativo . interno per la sua 
esecuzione, � privo di effetto, si che la pretesa 
dell'attore non vi trova fondamento. L'attore invece, 
come si � visto, configura l'accordo fra lo 
Stato italiano e gli Stati Uniti quale accollo di 
debiti, in suo favore pr�duttivo del diritto contro 
lo Stato italiano, qui fatto valere. Il Tribunale ha 
gi� avuto occasione, decidendo una controversia 
analoga a quella dedotta in questo giudizio, di 
affrontare e risolvere la questione degli effetti dell'accordo 
fra lo Stato italiano e gli Stati Uniti 
entro l'ordinamento italiano. Pu� ammettersi, si � 
osservato, che l'accordo internazionale, in s� considerato 
e in quanto non reso esecutivo in Italia 
con apposita legge, sia fonte di diritti e di obblighi 
solo per gli Stati contraenti; ma � da rilevare che il 
Governo italiano, in vista della esecuzione dei patti 
col Governo degli Stati Uniti, diffuse un comunicato 
diretto a informare gli interessati dei patti 
stessi e della procedura da seguire, per ottenere la 
soddisfazione dei crediti, e diram� istruzioni agli 
organi della Pubblica Amministrazione, cui era 
stata affidata la cognizione delle pratiche. di liquidazione 
dei crediti di cui trattasi. Tali fatti hanno __ 
avuto per conseguenza il costituirsi, fra i cittadini 
e lo Stato, ed entro l'ordinamento dello Stato, di 
un rapporto giuridico ex art. 1273 O.e., gli obblighi 
derivanti dall'accordo internazionale essendo ormai 


-94 


stati assunti dallo Stato anche nei confronti dei 
cittadini. Questi hanno in conclusione verso lo 
Stato italiano, nei limiti degli impegni a,sunti dallo 
Stato italiano in seguito all'accordo con gli Stati 
Uniti, un diritto soggettivo secondo il diritto dello 
Stato stesso, che pu� essere fatto valere innanzi 
alla autorit�. giudiziaria dello Stato. 

�Occorre per� segnare il limite degli obblighi 
che lo Stato italiano si � assunto. Come risulta chiaramente 
dal tenore dell'accordo con gli Stati Uniti, 

� 
lo Stato italiano si � impegnato a pagare ai suoi 
cittadini, gi�. prigionieri di guerra degli Stati Uniti 
o in condizione analoga, i crediti in loro favore 
maturati secondo le norme ad essi applicate dagli 
Stati Uniti, non ancora soddisfatti dagli Stati Uniti 
�stessi; nell'atto del 14 gennaio 1949 si parla infatti 
di somme guadagnate da cittadini italiani ecc., ci 
si riferisce manifestamente a somme di cui gli 
Stati Uniti, in base al trattamento da essi fatto si 
prigionieri di guerra e alle persone in condizione 
analoga, si ritengono debitori. , 

�Non � rilevante, ai fini della determinazione 
degli obblighi assunti dallo Stato italiano, la risoluzione 
della questione, se le somme guadagnate 
dai cittaidini italiani, prigionieri di guerra degli 
Stati Uniti o in condizione analoga, corrl.spondano 
a quelle che essi avrebbero dovuto guadagnare 
in forza della convenzione di Ginevra del 
27 luglio 1929 richiamata dal Ranzoni, se gli Stati 
Uniti abbiano applicato ai prigionieri di guerra� e 
alle persone in condizione analoga un trattamento 
conforme a quella convenzione e si siano riconosciuti 
debitori di quanto in forza di quella convenzione 
avrebbero dovuto dare. � da pensare che la 
conformit�. del trattamento fatto dagli Stati Uniti 
ai cittadini italiani prigionieri di guerra, o in condizione 
analoga, alla convenzione di Ginevra sia 
stata vagliata dal governo italiano nel corso delle 
tratti:t.tive che sfociano nell'accordo di cui sopra; 
una tale valutazione, in ogni modo, come si � 
detto � senza rilievo ai fini della decisione �da prendere 
in questa sede. 

�Emerge dalla documentazione della parte convenuta 
che ilgoverno italiano, allo scopo di accertare 
le spettanze dei cittadini italiani gi�. prigionieri di 
guerra degli Stati Uniti,� rivolse al governo degli 
Stati Uniti una richiesta di informazioni sul trattamento 
ad essi fatto: e il governo degli Stati 
Uniti rispose con nota del 6 luglio 1954. Si ricava 
da tale nota che nell'aprile del 1942 fu disposto 
per prigionieri di guerra impiega,ti in lavori, diversi 
da quelli connessi con l'amministrazione, la direzione 
o la manutenzione dei campi di prigionia, un 
compenso di ottanta centesimi di dollari al giorno; 
nel 1944 il compenso previsto fu modificato in 
maniera di permettere ai prigionieri che lavorassero 
a cottimo di guadagnare fino a dollari 1,20 al giorno; 
in aggiunta a quanto sopra e fino al 1� giugno 1945 
fu concessa a ogni prigioniero la, somma di dollari 3 
al mese per l'acquisto di articoli da toilette e simili; 
dopo il1�giugno1945 non si continu� nel pagamento 
di questa somma ai prigionieri che lavoravano, 
mentre la si ridusse a 1 dollaro per i prigionieri 
che non lavoravano 'per mancanza di lavoro e la 
si lasci� a 3 dollari per i prigionieri che non 

lavoravano per; mancanza di fisica attitudine al 
lavoro. 

�Stabilite, queste premesse, e venendo al particolare 
caso del Ranzoni, si deve concludere che 
la pretesa da lui avanzata coritr<flo Stato italiano 
non ha buon fondamento. Secondo la sua stessa 
allegazione, per la attivit�. prestata quale prigioniero 
collaboratore dal 5 marzo 1944 al 25 settembre 
1955, egli fu compensato nella maniera conforme 
alla disciplina della materia, istituita dagli 
Stati Uniti sopra descritta. La parte convenuta 
produce una s.cheda relativa al conto individuale 
del Ranzoni, quale prigioniero di guerra degli Stati 
Uniti, formata appunto negli Stati Uniti, che copre 
il suo conto fino al 17 settembre 1945, e da tale 
scheda risulta infatti che a quella data nulla gli 
era dovuto. La pretesa dell'attore concerne la differenza 
fra quanto gli Stati Uniti decisero di pagare 
e quanto, nella opinione del Ranzoni, avrebbero 
dovuto pagare per confermarsi alla. convenzione di 
Ginevra del 27 luglio 1929; ma si � visto pi� in 
alto come gli obblighi assunti dallo Stato italiano 
attraverso l'accordo con gli Stati Uniti trovino un 
limite in ci� che gli Stati Uniti dovevano in base 
al trattamento da essi applicato �ai prigionieri di 
guerra e alle persone in condizione analoga e, 
quand'anche tale trattamento non corrispondesse 
alla convenzione di Ginevra, oltre a ci� non vadano. 
Lo Stato -italiano non ha di conseguenza verso il 
Ranzoni alcun debito. La domanda del Ranzoni 
avanzata nel giudizio deve essere respinta. 

� evid~nte, comunque, che l'istituto civilistico dell'accollo 
di debiti ex art. 1273 O.e., non � applicabile 
ai rapporti internazionali e che il fondamento e la 
natura delle pretese dei cittadini verso lo Stato italiano, 
conseguenti ad Accordi internazionali, debbano 
ricercarsi esclusivamente nell'ordinamento interno. 


IMPOSTE E TASSE -Imposta straordinaria sul pa


trimonio -Avviso di accertamento in rettifica -In


testazione agli eredi del contribuente -Notifica ad 

uno solo degli eredi -Nullit�. (Commissione Centrale, 

Sez. I, Imp. straor. patrim., 8 aprile 1960, n. 27339 -

Pres.: Florio -rie. Curcio). 

� radicalmente nullo l'avviso di accertamento 
intestato agli eredi del contribuente e notificato ad 
uno solo di essi. 

La questione, della quale si occupa la deC'isione 
che riportiamo, ha gi� formato oggetto d'esame in un 
nostro studio, In tema di respon�sabilit�. degli eredi 
del contribuente, inserito in questa Rassegna (1958, 
41): e con rammarico dobbiamo qui constatare che 
dalla Commissione Centrale si insiste nell'affermazione 
di un principio che �, secondo noi, errato, senza 
che possa comunque aversene ombra �di dubbio. � 

La fattispecie � quella di un contribuente, cne na � 
fatto denunzia del suo patrimonio ai fini della relativa 
imposta. L'Ufficio notifica una rettifica provvisoria, 
e poi altra rettifica definitiva, facendone intestazione 
al contribuente deceduto nelle more, con la 


-95 


preoisazione �ora eredi�, e notifioandole ad uno dei 
figli del detto oontribuente; e la Oommissione Oentrale, 
modifioando la deoisione della Provinoiale, annulla 
la prooedura ohe � stata impugnata dal figlio erede. 

La sentenza sembra ohe trovi un suo preoedente 
oonforme nell'altra deoisione della stessa Oommissione 
Oentrale (la n. 93809 del 20 maggio 1957), inserita 
nella Giur. delle Imposte (1958, 495) oon una 
�massima �formulata alla pari nel senso ohe � radic~
lm.ente nullo� l'avviso di accertamento intestato 
agli eredi del contribuente e notificato ad uno di 
essi, mentre � inveoe vero ohe, in quel oaso, si sano�isoe 
la nullit� radioale dell'avviso di aooertamento, intestato 
non agli eredi ma al oontribuente deoeduto, e 
notifioato ad uno solo degli eredi. E tra le due deoisioni 
v'� quindi un abisso, tale da autorizzaroi a 
poter anohe dire esatta quella del 1957 e a dire oertamente 
errata questa del 1960, giaooh� altra oosa � la 
intestazione dell' acoertamento ad un oontribuente deoeduto, 
e quindi non pi� possibile soggetto tributario 
e peroi� stesso neppure possibile intestatario di un 
aooertamento, ed altra oosa la intestazione agli eredi 
del oontribuente, ohe, oome � noto, rispondono in 
solido delle obbligazioni tributarie del loro dante 
oausa. 

La stessa Oommissione Oentrale ha, infatti, gi� 
altre volte deoiso (sentenze 20 maggio 1931, n. 22893 
e 20 aprile 1932�, n. 36273) ohe � nullo per inesistenza 
del destinatario l'avviso di accertamento 
intestato a persona defunta, e ohe � radicalmente 
nullo l'accertamento intestato a persona defunta, 
ancorch� l'avviso sia stato dal messo consegnato ad 
uno o a tutti gli eredi, ed anoora (sentenza 20 novembre 
1956, n. 86539) ohe � canone fondamentale 
di diritto tributario che l'accertamento di un tributo 
pu� essere fatto soltanto contro un soggetto 
dotato sia di capacit� giuridica che di capacit� 
tributaria, e ohe una persona defunta manca � di 
personalit� giuridica, di capacit� giuridica e di 
capacit� tributaria, e non pu� quindi essere intestataria 
di un accertamentoi'tributario, soggiungendosi 
ohe diversamente starebbero le cose, se 
l'avviso di accertamento fosse stato intestato genericamente 
agli er11di del contribuente defunto non � 
nominativamente indicati. 

Nella deoisione ora riportata la Oommissione Oentrale 
osserva, a motivazione del suo responso, ohe 
poich�.tutti gli eredi del � contribuente sono tenuti 
al pagamento dell'imposta, � evidente che gli atti 
del procedimento, a cominciare da quello fondamentale 
dell'accertamento, devono essere nominativamente 
notificati ad ogni debitore d'imposta, 
onde dare ad essi la possibilit� di far valere le proprie 
ragioni. Peraltro, ai sensi dell'art. 42 R. D. 7 agosto 
1936, Ii. 1639, gli eredi del contribuente che 
abbia presentato una dichiarazione o ricorso, o 
nei confronti del quale sia stata iniziata una procedura 
di accertamento o di rettifica hanno l'obbligo 
di comunicare all'ufficio le loro generalit� 
ed il loro recapito, per la prosecuzione degli atti 
nei loro confronti. 

Il secondo comma dello stesso articolo stabilisce 
quale � la sanzione del mancato adempimento, da 
parte degli eredi, di tale loro obbligo; gli atti intestati 
al contribuente defunto sono validi anche se 

notificati ad uno solo degli eredi (anzich� nominativamente 
a tutti), a condizione peraltro che, nei 
sei mesi dalla morte del contribuente, la Finanza 
esegua nei confronti degli eredi una notifica collettiva 
all'ultimo domicilio del contribuente stesso. 
Che se tale notifica n�n � eseguita nel termine stabilito 
dalla legge, torna applicabile la regola comune 
che vuole che gli atti siano singolarmente notificati 
ad ogni debitore d'imposta. Nella specie, n� fu 
eseguita entro i sei mesi dalla morte del contribuente 
la no~ifica collettiva, n� gli atti fm�ono 
notificati a tutti gli eredi, che -dopo la rinunzia 
all'eredit� da parte della vedova e di una delle 
figlie -erano il figlio Rocco e la figlia .Anna. Nei 
confronti di quest'ultima, come si � chiarito nella 
esposizione in fatto, nessuna notificazione � mai 
avvenuta. 

Sulla base di questi principi di diritto nessm.1 
rilievo hanno le controdeduzioni dell'ufficio, volte 
a legittimare l'accertamento, o quanto meno a 
toglier peso ai vizi del procedimento. Posto che 
l'accertamento � unitario e che tutti gli eredi sono 
tenuti in via solidale al soddisfacimento delle ragioni 
del Fisco, posto altres� che le disposizioni sulla 
corretta notificazione degli atti sono volte proprio 
a tutela dei debitori d'imposta, ove nei loro confronti 
la notificazione stessa � mancata o risulti 
viziata, s� che essi non sono, stati messi in grado 
di difendere.le loro ragioni, non possono aver pregio 
le osservazioni dell'Ufficio sulla comparizione in 
giudizio dell'erede Rocco in seguito alla quale 
sarebbesi sanato ogni vizio di notificazione, n� 
sulla mancata proposizione dell'eccezione di nullit� 
nel primo atto del procedimento (peraltro, in 
sede di ricorso avverso la rettifica definitiva, la 
eccezione fu dedotta avanti la Commissione Distrettuale). 
Ugualmente a nulla rileva l'osservazione che 
il sig. Rocco Curcio avrebbe egli stesso dato luogo, 
alla illegittimit� del procedimento, qualificandosi 
erede del contribuente. .A parte la considerazione 
dell'equivocit� dell'espressione usata, in quanto eg;ti. 
non si qualific� �unico erede �, va ancora una volta 
considerato che le norme sulla notificazione sono 
poste nell'interesse di tutti i debitori, onde il fatto 
dell'uno di essi non pu� pregiudicare i diritti dell'altro. 
Ed infine non conferiscono alla tesi dell'Ufficio 
le osservazioni circa la divisione della eredit�, 
posto che qualunque sia stata l'attribuzione patrimoniale 
alla figlia .Anna, costei � tenuta. al pagamento 
dell'imposta con tutti i suoi beni. 

E si oonolude ohe il procedimento non pu� quindi 
sfuggire, per i suoi insanabili vizi, alla dichiarazione 
di nullit�. 

La Oommissione si ritiene quindi costretta all'affermazione 
del prinoipio enunoiato, in ottemperanza 
alla norma di oui all'art. 42 oitato, senza per� aocorgersi 
menomamen~e di farne malgoverno. � ivi, 
infatti, testualmente detto ohe gli eredi del contribuente 
che abbia presentato una dichiarazione o 
ricorso, o ii;t confronto del quale sia stata..iniziata 
una procedura di accertamento o di rettifica, hannol'obbligo 
di comunicare all'Ufficio le loro generalit� 
ed il loro recapito-per il proseguimento degli atti 
in loro confronto ; e ohe in mancanza di tale 
comunicazione, gli atti intestati al contribuente 

' 

____J 



-96 -� 


defunto sono validi anche se notificati ad uno Polo 
degli eredi, quando, entro sei mesi dalla� morte 
del contribuente, sia stata eseguita agli eredi una 
notifica collettiva all'ultimo domicilio del contribuente 
stesso. Se, quindi, gli eredi non abbiano 
comunicato le loro generalit�, e l'ufficio nei sei mesi 
dalla morte del contribuente abbia a loro eseguito 
una notifica collettiva all'ultimo domicilio del contribuente 
stesso, la legge dichiara validi gli atti che 
siano intestati al contribuente defunto, e quindi 
ad un soggetto non pi� dotato di capacit� giuridica 

� e di capacit� tributaria in quanto non pi� esistente, 
anche se notificati ad uno solo degli ered�, e quindi , 
sia che se ne faccia notifica a tutti gli eredi, o ad 
alcuni, o anche ad uno solo di essi. 

L'art. 42, abrogato dal 10 gennaio 1960, e cio� 
dalla data di entrata in vigore del nuovo T. U. delle 

�leggi sulle imposte dirette, approvato con D.P. 29 gennaio 
1958, n. 645, � stato da tale data sostituito 
dall'art. 16 del detto T. U., ove, dopo essersi enunciato 
il principio che �gli eredi rispondono in solido 
delle obbligazioni tributarie del soggetto �, si dispone 
che �tutti i termini pendenti alla� data della morte 
del soggetto, compresi il termine per la presentazione 
della dichiarazione ed il termine per ricorrere contro 
l'accertamento, sono prorogati di sei mesi in favore 
degli eredi �; e poi ancora che �gli eredi del soggetto 
che abbia presentato 1f,na dichiarazione od un ricorso 

o in confronto del quale sia stata iniziata una procedura 
di accertamento o di rettifica hanno l,'obbligo 
di comunicare all'ufficio le loro generalit�. In man� 
canza di tale comunicazione, fino a sei mesi dalla 
morte del contribuente, gli atti intestati allo stesso 
sono efficaci nei confronti degli eredi, anche se notificati 
ad uno solo di essi ovvero collettivamente ed 
impersonalmente nell'ultimo domicilio fiscale del defunto
�. 
Oome � noto, l'art. 24 ultimo cpv. �ael T. U. 17 ottobre 
1922, n. 1401, sulla riscossione delle imposte 
dirette, anch'esso abrogato (art. 288 T. U. 29 gennaio 
1958, n. 645), � formulato nel senso che �ciascuna 
partita di ruolo fa corico per intero non �solo 
a chi vi � intestato, ma a ciascuno .dei S1J,oi eredi 
a termini del n. 3 dell'art. 1205 del O.e. (del 1865), 
e salvo il regresso contro i coobbligati giusta l'ultimo 
capoverso dello stesso articoZO �. Ed in base al citato 
articolo non � dubbio che per le imposte dirette la 
responsabilit� solidale degli eredi del debitore trovava 
titolo nella legge. Ma il richiamo ivi contenuto allo 
art. 1205 era inteso dalla dottrina nel senso che racchiudesse 
un principio generale applicabile in tutto 
il diritto tributario, quello cio� che l'obbligazione di 
imposta dovesse per sua natura essere considerata, 
riguardo agli eredi, come un�'obbligazione non suscettibile 
di divisione; con la conseguenza che ciascuno 
degli eredi fosse tenuto al pagamento dell'intero 
debito. � 

Dall'art. 16 del nuovo T. U. citato viene ora legislativamente 
sancito, quale principio generale, quello 
della responsabilit� solidale degli eredi rielle obbligazioni 
tributarie del de cuius. Naturalmente, e ci� 
anche in ottemperanza a quanto � disposto nell'art. 8 
dello stesso T. U., gli atti relativi al rapporto tributario, 
nel""quale in~luogo ~del� contribuente subentrano 
gli eredi, dovranno essere intestati non pi� al contri


buente dec~duto, ma alle persone degli eredi, con la 
conseguente nullit� di quegli atti se comunque dall'ufficio 
ne venga fatta intestazione al contribuente 
deceduto. E perch� la intestazione e conseguente 
notifica degli atti, in �n rapporto gi� instaurato 
con un contribuente poi deceduto, per avvenuta presentazione 
di dichiarazione o di ricorso ovvero per 
a�vvenu,to inizio di una procedura di accertamento o 
di rettifica, possa essere fatta dall'ufficio agli eredi, 
la legge fa obbligo ai detti eredi, proprio per facilitare 
il. lavoro dell'ufficio, di dare comunicazione delle 
loro generalit�. La sanzione per la inottemperanza a 
quest'�bbligo � quella della efficacia, nei confronti 
degli eredi, degli atti che, fino a sei mesi dalla morte 
del contribuente, continuino ad . essere intestati al 
contribuente deceduto e non pi� quindi soggetto passivo 
del rapporto tributario, �anche se notificati ad 
uno solo di essi ovvero collettivamente ed inpersonalmente 
nell'ultimo domicilio fiscale del defunto�. 
E la eccezione trova ovvia giustifica nella esigenza 
che ha l'ufficio di essere messo in condizione di continuare. 
a svolgere la procedura di accertamento senza 
inutili remore. 

La �disposizione ora enunciata (cfr. nostra �voce� 
Debiti ereditari (pagamento dei), in �Nuovissimo. 
Digesto Italiano�, non � per� suscettibile �ai interpretazione 
nel senso che gli atti notificati ad uno 
solo degli eredi siano efficaci nei� confronti di tutti 
solo quando� vi sia stata omissione della comunicazione 
delle loro generalit�, s� che ove alla detta comunicazione 
si sia provvedu,to debba invece dirsi indispensabile 
per la loro eff�cacia la notifica a tutti, 
ma dev'essere intesa piuttosto nel senso che in quel 
caso la efficacia dell'atto, intestato per giunta al contribuente 
defunto e cio� al soggetto passivo della imposta 
non pi� esistente e� quindi non pi� tale, ricorra 
anche se la notifica abbia avuto luogo non nel d�micilio 
degli eredi o di uno solo di essi, ma nell'ultimo 
domicilio :fiscale del defunto. 

Oon ammirevole costanza,. e a dispetto della continua 
critica di pa#te della dottrina, la Cassazione 
ha sempre deciso (sentenza 13 ottobre 1958, n. 3228, 
Riv. dir. f�.sc., 1960, II, 3) che la solidariet� passiva 
di diritto sostanziale, in materiai, d'imposta di registro; 
vale anche agli effetti processuali, di guisa 
che l'accertamento esperito nei confronti di un 
solo condebitore si estende ipso jure anche agli altri 
condebitori, perch� nel diritto tributario la solidariet� 
� alla base di tutto il sistema in modo pi� 
rigoroso che nel diritto comune. Nonostante che il 
codice vigente, in materia di obbligazioni solidali, 
abbia respinto il criterio della mutua rappresentanza 
dei� coobbligati solidali, la Cassazione quindi insiste 
nel sostenere che la solidariet� passiva di diritto 
sostanziale, in materia di imposta di registro, vale 
anche agli effetti processuali, s� che l'accertamento 
esperito nei confronti di un solo condebitore si estende 
ipso jure anche agli altri condebitori. E ci� perch�, 
sempre al dire della Suprema Corte, nel diritto tributaTio 
la solidariet� � alla base di tutto il sistema ed 
acquista per ragioni spiccatamente pubblicisti, cn.eun 
carattere pi� rigoroso e diverso da quello fissato 
dalle norme di diritto comune. Alla obbligazione 
tributaria non � insito il carattere della pluralit�, 

perch� il debito solidale � unico ed unico � il vin



-91


colo giuridico che unisce i condebitori, i quali assumono 
la figura di un consorzio fin dal sorgere del 
debito d'imposta, nel senso che l'accertamento e la 
'liquidazione delle imposte fanno stato nei confronti 
di tutti gli obbligati; che parimenti le opposizioni 
e le accettazioni fatte da uno soltanto dei condebitori 
giovano e vincolano anche gli altri; e che 
l'attivit� posta in essere da uno di essi spiega efficacia 
nei confronti di tutti, qualunque sia il risultato, 
favorevole o sfavorevole, che derivi da tale 
attivit� come dall'inerzia di uno dei coobbligati. 

E da ci� deriva l'inapplicabilit� delle norme comuni 
in contrasto col sistema fiscale, e l'inutile richiamo 
alle disposizioni del o.e. che, nel disciplinare le 
obbligazioni solidali, si ispirano al criterio che la 
attivit� di uno dei condebitori pu� giovare, non nuocere, 
agli altri condebitori. 

La Cassazione ha insegnato ancora (sentenza 
30 agosto 1955, n. 2717, in Giur. Imposte, 1956, 

n. 31) che la notificazione dell'avviso di accertamento, 
eseguito nei confronti del venditore, spiega 
la sua efficacia anche nei confronti dell'acquirente, 
e viceversa. Si era osservato dalla Oorte di merito 
che l'unicit� del rapporto con pluralit� di soggetti 
passivi tenuti all'adempimento di un'unica obbligazione 
tributaria opera sia nel pagamento del 
tributo, sia nella procedura di accertamento del 
tributo stesso, in modo che gli atti compi:uti, nelle 
varie fasi amministrative, nei confronti di uno 
degli obbligati, spiegano i loro effetti anche nei 
confronti� degli altri. E la Cassazione ribadisce 
che in diritto tributario la solidariet� � alla base 
di tutto il sistema, ed acquista, per le :finalit� 
peculiari della legge, un carattere pi� rigoroso e 
diverso da quello fissato dalle norme del diritto 
comune, cui le leggi tributarie derogano. All'obbligazione 
tributaria, infatti, non pu�. riconoscersi il 
carattere della molteplicit�; il debito solidale � 
unico, ed unico � il vincolo giuridico che unisce i 
condebitori, i quali assumono la figura di un consorzio 
sin dal sorgere del debito d'imposta, onde 
vicendevolmente si rappresentano in tutti gli atti 
dell'accertamento del rapporto tributario. Ne consegue 
che, in materia tributaria, la solidariet� passiva 
produce un aggravamento dell'obbligazione, 
in quanto il coobbligato solidale � costretto, se 
non cura di vigilare i propri interessi, a subire le 
conseguenze dell'azione del condebitore e le decadenze 
in cui quest'ultimo sia incor!lo, essendo la 
amministrazione autorizzata a rivolgersi ad uno 
qualsiasi dei coobbligati. � 
Non � qui il caso di affrontare in pieno il problema 
il che pure ci proponiq,mo di fare altrove; ma a dare 
prova della bont4 e della esattezza dei principi aff ermati 
dalla Suprema Corte valgono proprio -e non 
� stato rilevato da alcuno -le� disposizioni delle due 
norme esaminate, di cui all'art.� 42 R.D. 7 agosto 
1936, n. 1639 ed all'art. 16 D.P. 29 gennaio 1958, 

n. 645. Ed infatti, il dire valida alla esatta statuizione 
e regolamentazione di un rapporto tributario 
che riguardi un contribuente deceduto la� notifica dei 
relativi atti anche ad uno solo degli eredi, sta senza 
equivoci a dare prova che la solidariet� che vige tra 
gli eredi del contribuente esplica i suoi effetti anche in 
ordine alla comunicabilit� a tutti gli altri degli atti 
compiuti da un coobbligato e nei confronti di uno 
di essi. 

� vana ed illogica, infatti, la pretesa di credere 

o di far credere valida, ai fini della efficacia degli 
atti del rapporto tributario di un� contribuente deceduto, 
la loro notifica anche ad uno solo dei suoi 
eredi, ma nell'unico caso in cui sia mancata la comunicazione 
delle generalit� e dei recapiti di essi eredi, 
e sia stata contemporaneamente eseguita ai detti eredi, 
nei sei mesi dalla morte del contribuente, una notifica 
collettiva nell'ultimo domicilio del contribuente stesso. 
Ed infatti, se fosse vero, come sostiene la Centrale, 
che, nel caso di eredi del contribuente, debbano gli 
atti essere nominativamente notificati ad ognuno di 
essi perch� siano tutti messi in grado di difendere le 
loro ragioni, il venir meno di tale loro asserito diritto 
alla notifica personale diventerebbe sanzione per quella 
omessa comunicazione delle generalit� e dei recapiti, 
sempre che vi sia stata nei sei mesi una notifica 
collettiva. 
La notifica collettiva nei sei mesi da parte dell'ufficio, 
e la omessa comunicazione delle generalit� e dei recapiti 
da par.te degli eredi, renderebbero infatti validi, 
e senza alcun limite di tempo, gli atti che vengano 
notificati ad uno solo degli eredi, in contrasto con la 
pretesa necessit� che debbano normalmente quegli atti 
notificarsi a tutti gli eredi. 

Ma non � concepibile che diventi sanzione della 
omessa comunicazione di generalit� e recapiti �a 
parte degli eredi la validit� dell'atto notificato ad 
un solo, invece che a tutti, perch� quella omissione 
diventerebbe colpevole e quindi anche meritevole della 
predisposta sanzione solo se vi concorra la omissione 
di una notifica collettiva da parte dell'ufficio. E che 
non possa la validit� della notifica ad un solo, invece 
che a tutti, intendersi quale sanzione di una omissione, 
e quindi eccezionale, � reso maggiormente chiaro dalla 
disposizione dell'art. 16 che ha sostituito l'art. 42, 
in quanto quella pretesa eccezionale va.lidit� della 
notifica ad uno solo prescinderebbe dalla intervenuta 
notific'a collettiva, non pi� richiesta dalla legge, e 
diventerebbe assolutamente inspiegabile perch� debba 
dirsi valida la notifica ad un solo se intervenuta 
nei sei mesi, e non anche ad es. nei sei mesi ed un 
giorno, dalla morte del contribuente. 

� vero, invece, che la sanzione per la omessa 

comunicazione da parte degli eredi delle loro genera


lit� e dei loro recapiti � nella dichiarata validit� 

degli atti che siano. intestati non ad essi, ma al con


tribuente defunto, e quindi ad un soggetto 'non pi� 

esistente, intestazione che diversamente renderebbe 

quegli atti senz'altro nulli. E la asserita validit� di 

quegli atti anche se notificati ad un solo erede non 

segna alcuna norma eccezionale, ma � la enunciazione 

legislativa della portata e degli effetti della solidariet� 

eh~ vige per le obbligazioni tributarie, e che 

si estende, quindi anche per� espreEtsa statuizione 

di ~egge, alla procedura di accertamento di quegli ... 

obblighi. � 

GIUSEPPE AZZA.RITI 


INDICE S I S �T E M A T I C O 
DELLE CONSULTAZIONI 


f.A FORMULAZIONE DEL QUESITO NON RIFLETTE IN ALOUN MODO LA SOLUZIONE CHE NE � STATA DATA 
ACQUE PUBBLICHE 

PESCA -DmITTO ESCLUSIVO DI PESCA -EsPROPRIABILIT�. 
-�(1) Se e con quali modalit� sia espropriabile 
il diritto esclusivo di pesca su acque pubbliche (n. 65). 

PESCA -DmITTO ESCLUSIVO DI PESCA -NATURA. -


(2) Quali siano la natura ed i limiti di tutela del diritto 
esclusivo di pesca in acque pubbliche, di fronte all'uso 
che di esse acque facciano i cittadini in genere e specificamente 
quelli muniti di concessione amministrativa. 
(n. 66). 
AMMINISTRAZIONE PUBBLICA 

GESTIONI COMlliITSSARIALI GOVERNATIVE DI PUBBLICI 
TRASPORTI. -1) Se debba essere riconosciuta alla 
Gestione Governativa di pubblici trasporti la qualit� 
di amministrazione statale (n. 248). 

ENTI PUBBLICI EcoNOMICI. -2) Se l'Istituto Nazionale 
per il Finanziamento della Ricostruzione abbia 
natura di ente pubblico economico (n. 249). 

APPALTO 

ART. 38 CONDIZIONI GENERAI.I PER L'APPALTO DEI 
LAVORI DEL GENIO MILITARE. -1) Se, ai sensi dello 
art. 38 delle Condizioni generali per l'appalto dei lavori 
del Genio .Militare, la facolt� della Amministrazione di 
provvedere direttamente al pagamento delle mercedi 
di lavoro mediante prelievi sul prezzo dell'appalto sia 
concessa all'Amministrazione solo nel corso dei lavori e 
sia preordinat.a al regolare svolgimento degli stessi 

(n. 256). 
DOMANDA REVISIONE PREZZI. -2) Se la domanda 
di revisione di prezzi in un contratto di appalto di 00. 
PP. abbia o meno l'effetto interruttivo previsto dallo 
art. 29451 1� comma, Codice civile (n. 257). 

CACCIA E PESCA 

PESCA -DIRITTO ESCLUSIVO. DI PESCA -; ESPROPRIABILIT�. 
-1) Se e con quali modalit� sia espropriabile 
il diritto esclusivo di pesca su acque pubbliche (n. 14). 

PESCA -DIRITTO ESCLUSIVO DI PESCA -NATURA. 2) 
Quali siano la natura ed i limiti di tutela del diritto 
esclusivo di pesca in acque pubbliche, di fronte all'uso 
che di esse acque facciano i cittadini in genere e specificamente 
q�elli muniti di concessione amministrativa (n. 15). 

COMUNI E PROVINCIE 

Ex CONVENTI. -1) Se, ai sensi della legge 7 luglio 
1866, n. 3036 la propriet� dei fabbricati dei conventi 
soppressi sia stata attribuita direttamente ai Comuni 
sol che questi ne manifestino la volont� di averli entro il 
termine fissato dalla legge e li destinino agli scopi di 
pubblica utilit� prescritti dalla legge stessa (n. 86) 

RICONSEGNA DEI LOCALI DI EX CONVENTI. -2) Se, 
ai sensi dell'art. 8 della legge 27 maggio 1929, n. 848 
in ordine alla richiesta dell'Autorit� ecclesiastica, rivolta 
ad ottenere la riconsegna dei locali di un ex convento, 
sia attribuito all'Autorit� Ecclesiastica stessa un diritto 
patrimoniale di carattere reale o un interesse (n. 87). 

CONT.ABILITA' GENERALE DELLO STATO 

ALIENAZIONE BENI ITALIANI ALL'ESTERO. -1) Quale 
sia la procedura da seguire per l'alienazione di beni 
dello Stato italiano siti all'estero (n. 179). 

GARE -CONTRATTI DELLO STATO -IMPRESE MERI-� 
DIONALI. --2) Se sia legittima una circolare la quale 
stabilisca che unlimpresa meridionale che abbia ottenuto 
una aggiudicazione nelle gare riservate ai sensi della 
legge 3 ottobre 1950, n. 835, sia tenuta a migliorare la 
offerta per adeguarla al prezzo offerto dalla stessa impresa 
aggiudicataria in .una gara nazionale (n. 180). 

SERVIZIO DI MANovALANZA. -3) Se la Amministrazione 
statale abbia l'obbligo di ricorrere alle prestazioni 
delle cooperative di facchini per le operazioni di 
.carico e scarico che non faccia eseguire dapersonale 

proprio (n. 181). 

DANNI DI GUERRA 

CONTRIBUTI DI RICOSTRUZIONE. --Se abbia influenza 
sull'applicazione della norma .dell'art. 23 della legge 
25 giugno 1949, n. 409, che stabiijsce che il trasferimento 
della propriet� del cespite danneggiato e dall'area del 
fabbricitto distrutto importa il trasferimento del diritto 
a conseguire il contributo statale per la riparazione o 
la ricostruzione, la �ircostanza che il trasferimento di 
propriet� del cespite sia avvenuto tramite aggiudicazione 
ai pubblici incanti (n. 103). 

DAZI DOGANALI 

PASSAVANTI PROVVISORIO. --1) Se, ai sensi dello 
art. 152 Cod. Nav. il passavanti provvisorio abbia lo 



-99 


steF!SO valore dell'atto di nazionalit� quando � rilasciato 
per le navi gi� immat,ricolate in Italia e all'estero (n. 16). 

2) Se, il passavanti provvisorio abbia lo stesso valore 
dell'atto di nazionalit� quando � rilasciato per le navi 
acquistate all'estero e non ancora iscritte nelle matricole 
(n. 16). 

DEMANIO 

.ALIENAZIONE BENI ITALIANI ALL'ESTERO. -1) Quale 
sia la procedura da seguire per l'alienazione di beni 
dello Stato italiano siti all'estero (n. 161). 

IMMOBILI DEMANIALI -PERMUTA. -2) Se, ai sensi 
dell'art. 2 del R.D.L. 10 settembre 1923, n. 2000, gli 
immobili dati in uso gratuito e perpetuo alle Universit� 
e Istit~ti Superiori possano essere permutati con altri 
immobili (n. 162). 

RICONSEGNA DEI LOCALI DI EX CONVENTI. -3) Se. 
ai sensi dell'art. 8 della legge 27 maggio 1929, n. 848, 
in ordine alla richiesta dell'Autorit� ecclesiastica, rivolta 
ad ottenere la riconsegna dei locali di un ex convento, 
sia attribuito all'Autorit� Ecclesiastica stessa un diritto 
patrimoniale di carattere reale o un interesse (n. 163). 

DEPOSITO 

MAGGIORAZIONE DI INTERESSE. -1) Quali siano ai 

sensi dell'art. 48 della legge 23 marzo 191.9, n. 1058, 

modificato dall'art. 2 del R. D. 31 dicembr!=J 1923, n. 2940, 

gli adempimenti relativi ai titoli depositati presso la 

Cassa Depositi e Prestiti: (n. 20). 

2) Sfl la riscossione dell'importo dei tagliandi di mag


giorazione di interesse, di cui sono incerte per ciascun 

anno sia l'esistenza -sia l'ammontare, rientri tra quegli 

incombenti cui la Cassa DD. PP. debba provvedere di 

ufficio (n. 20). 

EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE 

.ALLOGGI INCIS -ALLOGGI MILITARI. -1) Se, ai 
sensi degli artt. 343 e 381 del T. U. sull'edilizia economica 
e popolare, gli alloggi INCIS cosidetti ic militari � 
possano essere concessi in affitto ed occupati con modalit� 
difformi o in casi diversi da quelli stabiliti dalla legge 

(n. 102). 
ESECUZIONE FORZATA. -2) Se ed in quali limiti 
possa procedersi alla espropriazione immobiliare nei 
confronti della Cooperativa edilizia a contributo statale 

(n. 103). 
INA-CASA -DECADENZA. -3) Se il divieto di partecipare 
a successivi concorsi di assegnazione di alloggi 
dell'INA-Casa stabilito per i iavoratori dichiarati decaduti 
ai sensi dell'art. 14 del D. P. R. 9 aprile 1956, n.1265 
possa essere applicato anche ad altri casi di decad~nza 
non previsti nell'articolo suddetto (n. 104). 

ENTI E BENI ECCLESIASTICI 

Ex CONVENTI. -1) Se, ai sensi della legge 7 luglio 
1866, n. 3036, la propriet� dei�fabbricati dei conventi 
soppressi sia stata attribuita direttamente ai Comuni 

sol che questi ne manifestino la volont� di averli entro il 
termine fissato dalla legge e li destinino agli scopi di 
pubblica utilit� prescritti dalla legge stessa (n. 34). 

RICONSEGNA DEI LOCALI DI EX OONV;&NT,J;, -~) 
Se, ai sensi dell'art. 8 della legge 27 maggio 1929, n. 848 
in ordine alla richiesta dell'Autorit�.ecclesiastica, rivolta 
ad ottenere la riconsegna dei locali di un ex convento, 
sia attribuito all'Autorit� Ecclesiastica stessa un diritto 
patrimoniale di carattere reale o un intetesse (n. 35) . 

ESECUZIONE FISCALE 

.ALBO NAZIONALE DEGLI ESATTORI. -Se una disposizione 
statutaria di una societ� per azioni iscritta all'albo 
degli esattori, la quale stabilisca che tale societ� abbia 
pi� di un rappresentante legale, sia compatibile con le 
esigenze indicate nell'art. 3 della legge 20 febbraio 1958, 

n. 104 (n. 55). 
ESECUZIONE FORZATA 

EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE. -Se ed in quali 
limiti possa procedersi alla espropriazione immobiliare 
nei confronti della Cooperativa edilizia a contributo 
statale (n. 23). 

ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILITA' 

PERIZIA. -1) Se, a norma dell'art. 34 della legge 

sulle espropriazioni per p. u., la perizia per la determi


nazione dell'indennit� di espropriazione abbia gli stessi 

effetti della perizia giudiziale (n. 160). 

2) Se la suddetta perizia possa essere impugnata nei 

modi e nei termini stabiliti dalla stessa legge sulle espro


priazioni per p. u: nell'art. 51 (n. 160). 

FALLIMENTO 

AMMINISTRAZIONE CONTROLLATA -S�QUESTRO CON-
SERVATivo. -1) Se poss� procedersi a sequestro conservativo 
contro una societ� per azioni sottoposta ad 
amministrazione controllata (n. 58). 

AMMISSIONE AL PASSIVO DI UN FALLIMENTO. -2) Se, 

ai sensi dell'art. 94 della legge fallimentare, la domanda 

di ammissione al passivo di un fallimento si� equiparabile 

ad una domanda giudiziale (n: 59). 

3) Se sia valido il rapporto processuale instaurato 

dallo Stato-attore anche a mezzo di organo incompe


tente (n. 59). 

FERROVIE 

COMANDO DEL PERSONALE FERROVIARIO. -1) Quali 
siano le norme che regolano il comando del personale 
ferro~iario presso altre Amministrazioni statali (n. 310). 

CONTRATTO DI TRASPORTO. -2) Se le nor~~ stabilite 
dalle Condizioni e. Tariffe de�le F. S. per regolar; 
l'attivit� della Amministrazione prima della stipulazione 
del contratto di trasporti siano norme di azione 

o norme di relazione (n. 3ll). 

BL&mMml LQJEJf~~ffiliiRf~&YfilllJ~~ 

I 

i 

~ 100 I 

I 

3) Se dalle stesse possano derivare a favore del citta


dino diritti soggettivi perfetti tutelabili davanti alla 

autorit� giudiziaria ordinaria (n. 311). 

4) Se sia proponibile la domanda per risarcimento 
di danni conseguenti a rifiuto di trasporto da parte 
della Amministrazione in base al combinato disposto 
degli artt. 1 e 64 della Condizioni e Tariffe, per la mancata 
presentazione del reclamo in via amministrativa 

(n. 311). 
INVENZIONI EFFETTUATE DA AGENTI FERROVIARI. 4) 
Come siano regolati i rapporti tra l'Azienda delle 

F. S. ed in propri agenti inventori (n. 312). 
5) Se la Convenzione internazionale U.I.C.-0.R.E. 
concernente le invenzioni collegate ai lavori dell'O.R.E. 
effettuate da agenti delle Amministrazioni ferroviarie, 
nell'ambito delle loro funzioni, possa essere pienamente 
esecut,iva in Italia (n. 312). 
PASSAGGI A LIVELLO. -6) Quali siano le interferenze 
tra le norme del Nuovo Codice della Strada e le 
norme del Regolamento di Polizia ferroviaria in materia 
di passaggi a livello (n. 313). 

PERSONALE FERROVIARIO -: ARTT. 182 E 188 S. G. 7) 
Quali siano le condizioni necessarie per l'applicazione 
delle disposizioni transitorie dettate dagli artt. 182 e 188 
dello Stato Giuridico del personale delle F. S. per l'inquadramento 
nei gradi superiori dei dipendenti rivestiti 
di qualifiche del cessato gruppo subalterno degli uffici 
e quelli dell'esercizio con qualifiche di grado illferiore 
al 10� del preesistente ordinamento ferro".iario (n. 314). 

PERSONALE FERROVIARIO -RICORSO GERARCHICO. 


8) Se l'autorit� amministrativa chiamata a decidere 

definitivamente sui ricorsi gerarchici in materia di avan


zamento di qualifica debba, in caso di accoglimento del 

gravame ed annullamento del provvedimento impugnato 

emettere il provvedimento di promozione o debba invece 

limitarsi a restituire gli atti alla Autorit� inferiore per


ch� adotti un nuovo provvedimento in relazione alla 
.pronuncia sul ricorso (n. 315), 

FERROVIE E TRANVIE 

REGIONE TRENTINO ALTO ADIGE. -9) Se il potere 
di sorveglianza sulle funicolari aeree nelle Regioni Trentino 
e Alto Adige spetti alJo Stato o alla Regione (n. 316). 

IMPIEGO PUBBLICO 

AGGIUNTA DI FAMIGLI.A -FIGLI ADOTTIVI. -1) Se 
in caso di morte dell'adottante il figlio adottivo possa 
considerarsi rientrato nella famiglia di origine agli effetti 
della attribuzione dell'aggiunta di famiglia al capo di 
essa (n. 510). 

COMANDO DEL PERSONALE FERROVIARIO. -2) Quali 
siano le norme che regolano il comando del personale 
ferroviario presso altre Amministrazioni statali (n. 511). 

PERSONALE FERROVIARIO -ART. 182 E 188. -3) 
Quali siano le condizioni necessarie per l'applicazione 

e 188 dello Stato Giuridico del Personale delle F. S. 
per l'inquadramento nei gradi superiori dei dipendenti 
rivestiti di qualifiche del cessato gruppo subalterno degli 
uffici e quelli dell'esercizio con qualifiche di grado inferiore 
al 100) del preesistente ordinamento ferroviai:io 

(n. 512). 
RICORSI AMMINISTRATIVI. -4) Se l'Ammmistrazione 
sia tenuta a rilasciare al ricorrente in via straordinaria 
copia del parere del Consiglio di Stato sulla base del quale 
� stato deciso il ricorso (n. 513). 

IMPORTAZIONE-ESPORTAZIONE 

RIMBORSO MAGGIORI ONERI PRODOTTI PETROLIFERI CARICHI 
ARRIVATI PRIMA DEL lO NOVEMBRE 1956. I) 
Se siano applicabili le disposizioni del D. L. 22 novembre 
1956, n. 1267 e successive modificazioni a quelle 
partite di olii minerali importate e nazionalizzate posteriormente 
al 1� novembre 1956 (h. 20). 

RIMBORSO MAGGIORI ONERI PRODOTTI PETROLIFERI IMPORTAZIONE 
GASOLIO. -2) Se l'autorizzazione prescritta 
�l.alla legge 27 dicembre 1956, n. 1415 quale presup� 
posto per la rimborsabilit� dei maggiori oneri relativi 
all'importazione di gasolio si identifichi con la normale 
autorizzazione richiesta dalle norme vigenti in materia 
di importazioni (n. 21). 

IMPOSTA DI BOLLO 

ENTI PROVINCIALI PER IL TURISMO. -I) Se, ai sensi 
dell'art. 39 della Tariffa All. A, al D. P. 25 giugno 1953, 

n. 492, gli Enti Provinciali del T.fismo, debbano provvedere 
a pagare l'imposta fissa di bollo di L. 100 per 
ogni foglio sui processi verbali originali delle deliberazioni, 
consiliari e presidenziali, soggetti al visto od alla 
approvazione dell'autorit� tutoria (n. 19). 
2) Se gli Enti Provinciali del Turismo siano tenuti a 
sottoporre al bollo del Tribunale i registri dei verbali e 
delle deliberazioni, consiliari o presidenziali (n. 19). 

RICHIESTA DI CERTIFICATI TRIBUTARI. -3) Se le 
richieste di certificati tributari rivolti da Agenzie alla 
Amministrazione �Finanziaria debbano essere redatte 
in bollo (n.. 20). 

4) Se l'Amministrazione possa esigere che le richieste 
di certificati fatti per tramite delle Agenzie siano firmate 
dai contribuenti interessati in presenza di un funzionario 
dell'ufficio o di notaio o di altro pubblico ufficiale competente 
ad autenticarne la firma (n. 20). 

IMPOSTA DI SUCCESSIONE 

LEGATARIO. -I) Se, ai sensi dell'art. 66 della legge 
sulle successioni il legatario �s�.a obbligato solidalmente 
al pagamento di tutta l'imposta succesSC>ria o sia solamente 
tenuto al pagamento delle tasse relative lti beni ad 
esso devoluti (n. 30). 

2) Se l'osservanza della regola del salve et repete sia 
condizionata alla possibilit� di conoscenza del debito 

delle disposizioni transitorie. dettate per .gli artt. 182 di imposta (n. 30). 


I.G.E. 
NOTIFICAZIONE -ART. 143 c. P. c. -�-l}� Quali siano 
i presupposti per l'applicazione dell'art. 143 C.p.c., 
che regola la notificazione di atti a persone di residenza 
dimora e domicili~ sconosciuti (n. 89). 

.CONTRATTI DI ASSICURAZIONE MARITTIMA. 2) Se 
una Societ� assicuratrice che ha stipulato con le Amministrazioni 
dello Stato un contratto di assicurazione 
trasporti marittimi possa ottenere dalle Amministrazioni 
stesse la rivalsa dall'I.G.E. e dell'imposta sulle 
assicurazioni gi� corrisposte (n. 90). 

IMPOSTE E TASSE 

RICHIESTA DI CERTIFICATI. -1) Se le richieste di 
certificati tributari rivolte da Agenzie all'Amministrazione 
Finanziaria debbano essere redatte in bollo (n. 335)� 

2) Se I'Am:r;ninistrazione possa esigere che le richieste 
di certificati fatti per tramite delle Agenzie sianof�rmate 
dai contribuenti interessati in presenza di un funzionario 
dell'ufficio o di notaio o di altro pubblico ufficiale 
competent~ ad autent.icarne la firma (n. 335). 

�Salme et repetri >>. -3) Se l'osservanza della regola 
del salme et repete sia condizionata alla possibilit� di conoscenza 
del debito di imposta (n. 336). 

TRASPORTI MARITTIMI -IMPOSTA SULLE ASSICURA� 
zIONI. -4) Se .una Societ� assicuratrice che ha stipulato 
con le Amministrazioni dello Stato un contratto di 
assicurazione trasporti marittim,i possa ottenere dalle 
Amministrazioni stesse la rivalsa dell'I.G.E. e deli'imposta 
sulle assicurazioni gi� corrisposte (n. 337). 

INVALIDI DI GUERRA 

ASSISTENZA NAZIONALE� MUTILATI E INVALIDI DI 
GUERRA. -1) Se la legge istitutiva R. D. 19 aprile 1923 

n. 850 abbia attribuito alla Associazione Nazionale 
Mutilati e Invalidi di Guerra la rappresentanza della 
intera categoria, ai fini della tutela degli interessi della 
stessa come tale nelle sedi competenti (n. 14). 
2) Se, nell'ipotesi positiva, tale potere autorizzi 
altres� l'Associazione ad agire in nome e per conto dei 
singoli c_omponenti la categoria rappresentata (n. 14). 

ISTRUZIONE SUPERIORE 

IMMOBILI DEMANIALI -PERMUTA. -Se, ai sensi dello 
art. 2 del R.D.L. 10 settembre 1923, n. 2000, gli immobili. 
dati in uso gratuito e perpetuo alle Universit� e 
Istit�ti Superiori possano essere permutati con altri 
immobili (n. � 13). 

LAVORO 

ART. 38 CONDIZIONI GENERALE PER L'APPALTO DEI 
LAVORI DEL GENIO MILITARE -MERCEDI AGLI OPERAI. 1) 
Se, ai sensi dell'art. 38 delle Condizioni Generali per 
l'appalto dei lavori del Genio militare, la facolt� della 
Amministrazione di provvedere �direttamente al paga


mento delle mercedi di lavoro mediante prelievi sul prezzo 
dell'appalto sia concessa .all'Amministrazione solo nel 
corso dei lavori e sia preordinata al regolare svolgimento 
degli stessi (n. 26). 

ENTI PUBBLICI ECONOMICI. 2) Se debba trovare 
applicazione nei confronti dell'Istituto Nazionale per 
il Finanziamento della Ricostruzione la legge 14 luglio 
1959, n. 741 sul minimo di trattamento per i lavoratori 
in rapporto allo inquadramento nella categoria professionale 
(n. 27) .. 

SERVIZIO DI MANOVALANZA. -3) Se la. Anuiiinisttazione 
statale abbia l'obbligo di ricorrere alle prestazioni 
delle Cooperative di facchini per le operazioni di carico 
e scarico che non faccia eseguire da personale proprio 

(n. 28). 
� MEZZOGIORNO 

CASSA DEL MEZZOGIORNO. -1) ,Come debbano essere 
regolati i rapporti tra la Cassa del Mezzogiorno ed Enti 
di Riforma nel caso in cui la Cassa debba espropriare 
per l'esecuzione di opere pubbliche di sua competenza 
terreni gi� espropriati per i fini' della riforma fondiaria 

(n. 14). � 
GARE -CONTRATTI DELLO STATO -IMPRESE MERI� 
DIONALI. -2) Se sia legittima una circolare la quale 
stabilisca che un'impresa meridionale che abbia ottenuto 
una aggiudicazione nelle gare riservate ai sensi della 
legge 3 ottobre 1950, n. 835, sia tenu~a a migliorare 
l'offerta per adeguarla al prezzo offerto dalla stessa 
impresa aggiudicataria in una gara nazionale (n. 15). 

NAVE E NAVIGAZIONE 

PASSAVANTI PROVVISORIO. -1) Se, ai sensi dello 

art. 152 Cod. � Nav. il passavanti provvisorio abbia lo 

stesso valore dell'atto di nazionalit� ,quando � rilasciato 

per le navi gi� immatricolate in Italia o all'estero (n.105) 

2) Se il passavanti provvisorio abbia lo stesso valore 

dell'atto di nazionalit� quando � rilasciato per le navi 

acquistate all'estero e non ancora iscritte nelle matri


cole (n. 105). 

NOTIFICAZIONE 

ART. 143 C. P. c. -Quali siano i presupposti per 
l'applicazione dell'art. 143 C. p. c. che regola la notificazione 
di atti� a persone di residenza, dimora e domiciliO 
sconosciuti (n. 16). 

PENA 

PENE DETENTIVE -REMUNERAZIONE AI DETENUTI. 

1) Quale sia a norma del Regolamento per gli Istituti 

di Prevenzione e Pena approvato con R. D. 18 giugno-


1931, n. 787, e del Codice penale, la ripartizione della 

remunerazione che spetta al. condannato deteni1to (n. 16). 

2) Se il provvedimento con il quale ai sensi dello 

art. 125, 1� comma, reg. cit.-, il Ministro determina la 


1-02 


misura delle mercedi stabilendo le categorie dei lavoratori 
avuto riguardo alle specie del lavoro, alla capacit� 
ed al rendimento del detenuto sia suscettibile di eccezione 
di incostituzionalit� (n. 16). 

YENSIONI 

CUMULO DI PENSIONE ORDINARIA CON STIPENDIO 
PENSIONABILE. -1) Se in virt� dell'art. 14 della legge 
12 aprile 1949, n. 149, e dell'art. 14 della successiva 
legge 8 aprile 1952, n. 212 sia ammesso il cumulo tra 
il tr�ttamento di quiescenza non privilegiato e quello 
di attivit� di servizio (anche se pensionabile) purch� 
i� primo non ecceda l'importo di L. 60.000 mensili (n. 98). 

DETENZIONE DEL PENSIONATO. -2) Se, ai 'sensi del 
1� comma dell'art. 94 della. legge 10 agosto 1950, n; 648, 
durante l'espiazione di qualsiasi pena restrittiva della 
libert� personale, di durata superiore ad un anno, derivante 
da condanna, che non importi la perdit~ della 
pensione o dell'assegno gi� conseguito dal militare o 
dal civile, gli assegni stessi siano soggetti allaritenuta 
della met� (n. 99). 

3) Se la norma del. 1� comma dell'art. 94 citata legge, 
debba essere applicata in tutti quei casi in cui si ha una 
effettiva detenzione continua di durata superiore ad 
lm anno per l'espiazione di una o pi� pene indipendenter.ente 
dalla entit� di ciascuna pena, ed indipendentemente 
dal provvedimento di cumulo (n. 99). 

4) Se la ritenuta della inet� della pensione debba 
essere commisurata, non alla pena irrogata, ma alla 
effettiva durata dello stato di detenzione (n. 99). 

PRESCRIZIONE 

DOMANDA DI REVISIONE PREZZI. -Se la domanda 
di revisione di prezzi in un contratto di appalto di 00. 
PP. abbia o meno l'effetto interruttivo previsto dallo 
art. 2945, 1� comma Codice civile (n. 37). 

PREVIDENZA ED AS.SISTENZA 

CONTRIBUTI DI PREVIDENZA. -Se debbono essere 
corrisposti gli interessi di mora richiesti dall'I.N.P.S. 
sui �contributi di previdenza che le.. Gestioni Commissariali 
Governative di pubblici trasporti in concessione 
devono corrispondere a norma della legge 28 dicembre 
1952, n. 4435 (n. 38). 

PREZZI 

DOMANDA REVISIONE PREZZI. -1) Se la domanda 
di revisione di prezzi in un contratto di appalto di 00. 
PP. a.bbia o meno l'effetto interruttivo prev!sto dallo 
art. 2945, 1� comma Codice civile (n. 46). 

RIMBORSO MAGGIORI ONERI PRODOTTI PETROLIFERI CARICHI 
ARRIVATI PRIMA DEL lO NOVEMBRE 1956. -2) 
Se siano applicabili J.e disposizioni del D. L. 22 novembre 
1956, h. 1267 e successive modificazioni a quelle 
partite di olii minerali importate e nlj.zionalizzate posteriormente 
al Io novembre 1956 (n. 47). 

RIMBORSO MAGGIORI ONERI PRODOTTI PETROLIFERI -
IMPORTAZtONE GASOLIO. -3) Se l'autorizzazione prescritt.
a dalla legge 27 dicembre 1956, n. 1415 quale 
presupposto per la rimborsabilit� dei maggiori oneri 
relativi alla importazione di. gasoli�' si ident�f�chi con 
la normale autorizzazione richiesta dalle norme vigenti 
in materia di importazioni (n. 48). � 

PROPRIETA INTELLETTUALE 

INVENZIONI EFFETTUATE DA AGENTI FERROVIARI. 1) 
Come si~no regolati i rapporti tra l'Azienda delle 

F. S. ed i propri agenti inventori (n. 19). . 
2) Se la Convenzione Internazionale U.I.C.-0.R.E. 
concernente le invenzioni collegate ai lavori dell'O.R.E., 
effettuate da agenti delle Amministrazioni Ferroviarie 
nell'ambito delle loro funzioni, possa essere pienamente 
esecutiva in Italia (n. 19). 

"REGIONI 

REGIONE SICILCANA .:.. ZONA INDUSTRIALE DI MESSINA. 
-1) Quali siano i poteri di gestione che competono 
allo Stato, sulle base delle disposizioni contenute 
nell'art. 23 D. L. 11 gennaio 1925, n. 26, sulle opere 
pubbliche gi� costruite in esecuzione del piano regolatore 
della zona industriale di Messina .(n. 88). 

REGIONE TRENTINO -ALTO ADIGE -TRASPORTI 
IN CONCESSIONE. -2) Se il potere di sorveglianza sulle 
funicolari aeree nelle Regioni Trentino e Alto Adige 
spetti allo Stato o alla Regione (n. 89). 

RICORSI AMMINISTRATIVI 

RICORSO STRAORDINARIO. -Se l'Amministrazione sia 
tenuta a rilasciare al ricorrente in via straordinaria copia 
del parere del Consiglio di Stato sulla base del quale � 
stato deciso il ricorso (n. 5). 

RIFORMA FONDIARIA 

ASSEGNAZIONE DELLE TERRE AI CONTADINI -ESTRO� 
MISSIONE. --1) Quali siano i casi nei quali, ai sensi 
della legge 12 maggio 1950, n. 230 per l'assegnazione ai 
contadini delle terre dell'Ente Maremma, l'assegnatario 
delle terre stesse possa essere estromesso dal fondo in 
via amministrativa (n. 5). 

RAPPORTI TRA LA CASSA DEL MEZZOGIORNO E G_LI 
ENTI DI RIFORMA FONDIARIA. -2) Come debbano essere 
regolati i rapporti tra la Cassa del Mezzogiorno ed Enti 
di Riforma nel caso in cui la Cassa debba espropri~e 
per l'esecuzione di opere pubbliche di sua competenza 
terreni gi� espropriati per i fini della .riforma fondiaria 
(6). 

SEQUESTRO 

AMMINISTRAZIONE CONTROLLATA -SEQUESTRO CON.� 
SERVATIVO. -Se possa precedersi a sequestro conserva-� 
tivo contro una societ� per azioni so~toposta�ad ammini-. 
strazione controllata (n. 15). 


-31 -31 
103 


SERVITU' 

SERVIT� MILITARI -DEPOSITO CARBURANTI. -1) 
Se la fascia di larghezza di ml. 100 dalla recinzione 
dell'opera militare, nella quale non possono tenersi 
depositi di materiale infiammabile, �debba sussistere tra 
il perimetro esterno della recinzione e il confine del 
deposito ovvero tra quello ed i serbatoi che nel deposito 
sono compresi (n. 27). 

SERVIT� MILITARI -INDENNl'l'�. -2) Se l'indennit� 
per l'imposizione della servit� di un acquedotto militare 
debba essere concordata con il possessore del terreno, 
assegnatario dell'Ente Maremma con patto di riservato 
dominio o con l'Ente (n. 28f. ' 

SOCIETA' 

RAPPRESENTANZA LEGALE. -Se una disposizione 
statutaria di una societ� per azioni iscritta all'albo degliesattori, 
la quale stabilisca che tale societ� abbia pi� 
di tm rappresentante legale, sia compatibile con le esigenze 
indicate nell'art. 3 della legge 20 febbraio 1958, 

n. 104 (n. 92). 
STRADE 

PASSAGGI A LIVELLO. -Quali siano le interferenze 
tra le norme. del Nuovo Coc,]J.ce della Strada e le norme 
del Regolamento di Polizia� F��.'F'�viaria in materia di 
passaggi� a livello (n. 34). 

TRASPORTO 

MERCI IN TRANSITO -TARIFFE ECCEZIONALI. -1) 
Se la tariffa eccezioiiale n. 253 per le merci in transito 
che attraversano l'Italia tra due punti del confine ter


restre, sia applicabile anche nel caso che la merce proveniente 
dall'estero sia imbarcata in un porto italiano su 
navi di nazionalit� estera per esservi consumata durante 
la navigazione (n. 48). 

TRASPORTO FERROVIARIO. ---2) Se le norme stabilite 

dalle Condizioni e Tariffe delle F. S. per regolare l'atti


vit� dell'Amministrazione prima della stipulazione del 

contratto di trasporto siano norme o azione o norme 

di relazione �(n. 49). 

3) Se dalle stesse possano derivare a favore del cit


tadino diritti soggetti perfetti tutelabili davanti alla 

autorit� giudiziaria ordinaria (n. 49). 

4) Se sia pr�ponibile la domanda per risarcimento di 

danni conseguenti a rifiuto di trasporto da parte della 

Amministrazione in base al combinato disposto degli 

artt. I e 64 delle Condizioni e Tariffe, per la mancat,a 

presentazione del reclamo in via amministrativa (n. 49). 

�TURISMO 

ENTI PROVINCIALI PER IL TURISMO. --1) Se, ai sensi 
.dell'art. 39 della Tariffa, All. A. al D. P. 25 giugno 1953, 

n. 492, gli Enti Provinciali del Turismo debbano provvedere 
a pagare l'imposta fissa di bollo di L. 100 per 
ogni foglio sui processi verbali originali delle deliberazioni, 
consiliari o presidenziali, soggetti al visto o alla 
approvazione dell'autorit� tutoria (n. 14). 
2) Se gli Enti Provinciali del Turismo siano tenuti a 
sottoporre al bollo del Tribunale i registri dei verbali 
e delle deliberazioni, consiliari o presidenziali (n. 14). 

STAZIONI DI CURA, SOGGIORNO E TURISMO. --3) Quali 

siano gli organi ai quali ai sensi del R. D. L. 15 apri


le 1926, n. 765 siano sta,ti demandati il riconoscimento 

e la delimitazione dei territori per la costituzione di 

Azienda autonoma di cura, soggiorno e turismo (n. 15). 

4) Se un'Azienda autonoma possa essere costituita 

per una sola parte del territorio di una stazione (n. 15). 


(8105913) Roma, 1961 -Istituto Poligrafico dello Stato -G. C.