WL WL PUBBLICAZIONE RASSEGNA DI SERVIZIO DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ANNO XII -:-N. 7-8-9-r~-u-12 LUGLIO-AGOSTO-SET.-OTT.-Nov.-DIC. 1960 QUESTIONE _DI COMPETENZA COSTITUZIONALE E GIURISDIZIONE STUDI IN ONORE DI GUIDO ZANOBINI L'art. 134 della Oostituzione attribuisce, fra l'altro, alla Oorte Oostituzionale la risoluzione dei conflitti di attribuzione tra lo Stato e le� Regioni e tra le Regioni. La VII disposizione transitoria, secondo comma, disponeva che, fino a quando non fosse entrata in funzione la Oorte Oostituzionale, la decisione delle controversie indicate nell'art. 134 avrebbe avuto luogo nelle forme e nei limiti delle norme� preesistenti all'entrata in vigore della Oostituzione. Oon l'entrata in funzione dell~ Oorte Costituzionale, pertanto, le controversie indicate nell'articolo 134 e, fra queste, la risoluzione dei conflitti di attribuzione tra lo Stato e le Regioni o tra le Regioni � devoluta alla competenza esclusiva della Corte, restandone preclusa, a nostro avviso, la cognizione, anche in via incidentale, a qualunque organo di giurisdizione, ordinario o speciale, ancorch� dall'ordinamento preesistente fosse ad esso attribuita, con o senza limitazioni, in via principale o incidentale. Deve ritenersi, infatti, che l'articQlo 134, in relazione . al secondo comma della � VII disposizione transit9tia, abbia abrogato o modificato le norme dell'ordinamento preesistente, che attribuivano all'autorit� giudiziaria ed al Consiglio di Stato il potere dl conos_cere, in via incidentale o principale, del vizio d'incompetenza costituzionale, con l'ulteriore conseguenza ch'esso pu� esser fatto valere esclusivamente dai soggetti costituzionali, che rivendicano la competenza, non dal cittadino a pretesa tutela di �n� suo diritto o interesse legittimo. In questo breve studio riteniamo di poter dimostrare non solo l'esattezza del nostro assunto, ma anche l'insussistenza di un preteso s-q.o contrasto con l'art. 113 della Costituzione. La questione, per quanto ci consta, fu prospettata per la prima volta alla Oorte di Cassazione nella causa Finanze-Comune di Canicatti ed altri, decisa con sentenza n. 4141/57 (in Rass. Avv. Stato, 1957; 188; in Giur. Oost., 1958, 1083 e in Foro It., 1958, I, 1137). In� questa occasione la Corte, pur riconoscendo espressamente che il giudizio sui conflitti di attribuzione � riservato, ai sensi degli artt. 134 Oost. e 39 e seg. legge 11 marzo 1953, n. 87, alla Corte Costituzionale, afferm� nella specie la sua giurisdizione, perch� escluse che sussistesse ildenun ciato conflitto e ci� sotto un duplice profilo: subiettivo, perch� la controversia aveva luogo non fra Stato e R�gione (Siciliana) ma fra enti diversi; obiettivo, perch� era sorta non in seguito alla emanazione di un atto dello Stato o della Regione, ma in sede di rivendica di un bene detenuto da terzi, i qmtli si difendevano negando che proprietario di esso fosse ancora lo Stato ed affermando che, ai sensi degli artt. 32 e 33 S. S. Sic., ne era divenuta �proprietaria la Regione siciliana. La questione, perci�, ad avviso della Corte, non involgeva alcuna indagine sulla sfera di competenza assegnata dalla Costituzione allo Stato ovvero alla Regione e, conseguentemente, esulava dalla competenza esclusiva della. Corte Oostituzionale. Nonostante queste premesse, la Corte decise che i beni del soppresso p.n.f. non erano stati trasferiti alla Regione siciliana, ai sensi degli artt. 32 e 33 S; S. Sic., e che, pertanto, ogni potere di amministrazione e disposizione di essi spettava allo Stato; La Corte decise, cio�, una vera e propria questione di competenza costituzionale e, per di pi�, in assenza dei legittimi contradittori. Successivamente si pronunzi� la Corte Oostituzionale, la quale, con la sentenza 19 giugno 1958, n; 37 (in Foro it., 1958, I, 1061), decise, in sede di conflitto di attribuzione fra Stato e Regione siciliana, una controversia obiettivamente identica alla precedente, avente come oggetto principale l'appartenenza dei beni del demanio marittimo (e quindi la titolarit� dei relativi poteri amministrativi) allo Stato o alla' Regione. La questione fu, sotto diverso profilo, sottoposta all'esame della Corte di Cassazione in sede di ricorso avverso decisione del Oonsiglio di Stato, adito dalla Regione siciliana, la quale aveva impugnato un decreto interministeriale di sdemanializzazione di talune zone di spiaggia in Sicilia. Con la sentenza 3872/58 (in Rass. Avv. Stato, 1959, 19) la Corte di Cassazione a Sezioni Unite dichiar� l'assoluto difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato sulla questione, la quale implicava la risoluzione di un conflitto di attribuzione frl:l� Stato e Regione, a risolvere il quale, affermava la Corte, � esclusivamente competente la Corte Costituzionale, ai sensi degli artt. 134 Oost. e 39 legge 11 marzo 1953, n. 87. -66 Questione in parte analoga era ktata decisa .in :senso. contrario d!,lilla Corte di Cassazione a Sezioni Unite con sentenza 3619/58 su ricorso del Ministero itei lavori pubblici contro la Regione Autonoma Valle d'Aosta e la Snia Viscosa S.p.A. Con questa sentenza, che sostanzialmente condividiamo, fa Corte escluse che nella specie sussistesse un conflitto di attrilfuzfone in base a due considerazioni, la prima delle quali soltanto, pel'�, �, a nostro .avviso, esatta: l'art. 7 S.S.V.A., relativo alla concessione novantanovennale alla Regione delle acque pubbliche e~istenti nel suo territorio, che alla data del 7 settembre 1945 non fossero gi� oggetto di concessione, non attuava un integrale trasferimento di pubblici poteri dello Stato alla Regione; la controversia rifletteva un oggetto concreto, �l diritto alla' utilizzazione delle acque, che rappresentava un prius rispetto al conflitto di attribuzione. Questa seconda considerazione � inesatta, come gi� si � dimostrato; esatta, invece, ~ la prima, perch� effettivamente l'art. 7 S.S.V.A., che riproduce il contenuto dell'art. 1 del D.L.L. 7 settembre 1945, n. 546, non attua un trasferimento di-funzioni e di beni dallo Stato alla Regione, ma attribuisce a questa una posizione derivata, di diritto comune, quale � quella del concessionario, sia pure a titolo gratuito e per novantanove anni. . Interveniva successivamente la sentenza 18 maggio 1959, n. 31 (in Rass. Avv. Stato, 1959, 51 e in Giur. Oost., 1959, n. 385, con nota contraria del Cassarino, fondata per� sull'erroneo presupposto che fosse pacifica l'interpretazione degli artt. 32 e 33 S. S. Sic.) con la quale la Corte Costituzionale, dopo aver ravvisato nella controversia un vero e proprio conflitto di attribuzione costituzionale, riaffermava la propria esclusiva competenza a giudicare della appartenenza di un bene allo Stato o alla Regione, come presupposto del legittimo esercizio delle potest� amministrative relative a quel bene. Con la predetta sentenza la Corte precisava che in questa controversia non poteva parlarsi di disponibilit� come sinonimo di propriet� del bene; ma piuttosto di assegnazione alla Regione di beni o categorie di beni dello Stato in base alle norme contenute negli artt. 32 e 33 S. S. Sic., fatta in relazione alle funzioni pubbliche attribuite alla Regione, per cui ogni questione relativa non poteva essere risolta se non con riferimento alle rispettive sfere di competenza. Mentre per quanto attiene .alle controversie fra Stato e Regione, dunque, non v'� contrasto fra la giurisprudenza della Corte Costituzionale e quella della Corte di Cassazione, a cui si sono adeguate prontamente le Corti di merito (App. Torino, 29 febbraio 1960, Regione Valle d'Aosta-Finanze, in Rass. Avv. Stato, 1960), qualche perplessit� rimane relativamente ali~ controversie fra uno dei due soggetti costituzionali ed il terzo ovvero fra terzi, non potendo dirsi che la sentenza 26� ottobre 1957, n. 4141 (MAZZELLA: Sulla competenza a decidere le controversie tra Stato e Regione relative a beni demaniali e patrimoniali disponibili e indisponibili, in �Rass. Avv. Stato�, 1958, 79) sia stata del tutto superata dalla successiva 12 dfoembre 1958, n. 3872. Questa, infatti, neg� la giurisdizione comune soprattutto sotto il profilo che la questione integrante un conflitto di attribuzione costituzionale, era stata dedotta in via principale e costituiva, perci�, l'oggetto della decisione; la precedente sentenza, invece, aveva affermatcr-la giurisdizione dell'autorit� giudiziaria ordinaria non tanto perch� la controversia non si svolgeva fra soggetti costituzionali (Stato e Regione), quanto sotto il profilo che oggetto del giudizio era una questione di propriet� e, pertanto, della questione di competenza costituzionale essa doveva decidere solo in via incidentale, ai fini dell'accertamento della propriet� in capo ad�uno degli enti. Sotto questo profilo la questione di competenza costituzionale potrebbe insorgere anche in una controversia fra privati, ad esempio in materia di diritti derivanti da una concessione amministrativa, che si assumesse ex-adverso assentita dall'ente privo di competenza, onde la necessit� di approfondire l'esame della questione, accertando se il procedimento stabilito per la ris�luzione dei conflitti di attribuzione non sia preclusivo di ogni altro anche, incidentale, e se dalle norme �costituzionali, che ripartiscono la competenza amministrativa fra Stato e Regioni possano sorgere diritti soggettivi e interessi legittimi in capo ai privati �cittadini. La questione, com'� evidente, acquista molto maggior gravit� in relazione alla giurisdizione del Consiglio di Stato, sia perch� la questione di competenza � ivi dedotta in via principale, sia perch� trattasi di giurisdizione di annullamento, che finirebbe con l'essere concorrente con la giurisdizione della Corte Costituzionale, la quale in materia ha pienezza di effetti perch� dichiara l'ente, cui spettano le attribuzioni in contestazione, e annulla l'atto emanato fuori dei limiti della competenza. Gl'inconveni�nti del sistema concorrente sono tali, che la sola loro enunciazione. sarebbe sufficiente a convincere dell'assurdit� di una tale possibilit�. In primo luogo, ove il ri�orso fosse proposto contemporaneamente dal privato al Consiglio .di Stato e dall'ente, diverso da quello, che ha emanato il provvedimento, alla Corte Costituzionale, lamentando il primo la lesione di un suo interesse legittimo e il secondo l'invasione della sua sfera di attribuzione sempre per effetto dello stesso provvedimento, potrebbe aversi contrasto di giudicato, con la �ults.riore conseguenza che la pronunzia� della Corte, avendo effetto erga omnes affermerebbe �o negherebbe con effetti assoluti la competenza negata o i!iffermata dal Consiglio di Stato con effetti limitati a quel proVV-edimento ed eventualmente a quel soggetto ricorrente. Se, invece, il ricorso fosse proposto esclusivamente dal privato al Consiglio di Stato, essendo Stato e Regione concordi nella interpretazione della norma sulla ripartizione di competenza, la decisione di accoglimento provocherebbe essa stessa il conflitto di attribuzione costituzionale necessariamente e contro � la stessa volont� � � d-ei soggetti costituzionali, soli legittimati a proporlo. ~ � evidente, infatti, che, in seguito alla decisione di annullamento del Consiglio di Stato, dovrebbe astenersi dal provvedere l'ente, che si ritiene, col pieno consenso dell'altro, competente e dovrebbe provvedete inv-ece quest'ultimo, essendo inconcepibile l'assoluta inerzia della Pubblica .Amministrazione, con l'ulteriore conseguenza che il primo ente dovrebbe ricorrere alla Corte Costituzionale per il regolamento di competenza. Se � vero che adducere inconveniens non est solvere argumentum, non � men vera, per�, l'assurdit� delle conseguenze, cui si perviene affermando la giuri sdizione del Consiglio di Sta,to, in via principale, sulle questioni di competenza costituzionale. Non � fuor di luogo osservare in proposito che dalle norme costituzionali attributive di competenza legislativa allo Stato ed alle Regioni non sorge alcun diritto soggettivo o interesse legittimo in .capo al pdvato, il quale pu� solo, in occasione di un giudizio civile, penale o amministrativo, eccitare il giudice perch� promuova la questione di legittimit� costituzionale della legge, ai sensi dell'art. 23 legge 11 marzo 1953, n. 87. .Analoga facolt� gli era stata riconosciuta dalla Commissione speciale della Camera dei Deputati la quale, nel formulare l'art. 35-33 del testo approvato dal Senato e 37 del testo definitivo della citata legge 11 marzo 1953, n. 87, aveva espressamente previsto che il ricorso per la risoliizione dei conflitti di attribuzione fosse proposto anche da altri soggetti diversi dagli enti in conflitto, che la Corte avesse ritenuto legittim�ti, cio�, da quei soggetti, pubblici e privati, direttamente interessati all'atto e indirettamente interessati alla risoluzione della question� di competenza. Il Parlamento non approv� una tale estensione, ma � significativa la circostanza che si era pensato di legittimare al ricorso il terzo,. ma non si era mai dubitato che giudice esclusivo della questione di competenza fosse la Corte CostituziOnale (in Rass. Avv. Stato, 1950, p. 162). .A nostro avviso la giurisdizione comune va esclusa proprio alla stregua di quell'art. 113 Cost. che si invoca a sostegno di, essa e che deve essere interpretato sistematicamente e in relazione a tutte le altre norme della Costituzione. Gli argomenti addotti dai sostenitori della opposta tesi e fatti pr�opri dal Consiglio di Stato (IV, 9 giugno 1959, n. 663, ne Il Consiglio di Stato, 1959, fase. maggio-giugno, p. 771) e dal Consiglio di Giustizia .Amministrativa per la Regione siciliana (9 dicembre 1959, n. 147) non sono affatto convincenti. Certamente ultronea � l'affermazione contenuta nel~a citata decisione del Consiglio di Stato, peraltro perspicuamente motivata, ove si afferma che l'art. 113 della Costituzione garantisce senza limitazioni la difesa giurisdizionale dei diritti e degli interessi dei cittadini, che si pretendono lesi dagli atti della P . .A. L'affermazione � esatta solo per quanto attiene agli interessi legittimi, mentre nessuna tutela � garantita agl'interessi semplici, anzi, tenendo conto della rigidit� del sistema costituzionale anche per quanto attiene alla ripartizione delM competenze fra i Poteri dello Stato, questa tutela dovrebbe considerarsi esclusa e, conseguentemente, soppressa ogni giurisdizione di merito (�L'obbligo della P . .A. di conformarsi al giudicato �, in Rass. Avv. Stato, 1953, p. JO). Comunque; � pacifico che l'art. 113 della Costituzione, in relazione anche al precedente art. 103, garantisce la tutela giurisdizionale degli interessi legittimi, onde la necessit� di accertare se attinge tale consistenza l'interesse d�l cittadino �alla osservanza delle norme costituzionali sulla competenza. Dire, poi, che la giurisdizione amministrativa e quella costituzionale si pongono su piani diversi ed a tutela di sfere d'interessi diverse � dire cosa esatta, ma del tutto irrilevante ai fini della questione, che ne occupa. .Anzi, proprio la constatazione dei piani diversi su cui muovono la giurisdizione comune e quella costituzionale doveva rendere particolarmente accorti nell'escludere interferenze, che sono inammissibili fra piani diversi. L'esempio da tener presente, per le evidenti analogie, che presenta, � quello della giurisdizione internazionale rispetto alla giurisdizione interna, che si muovono su piani diversi ed appunto per ci� non presentano interferenze fra loro. Come si ritiene che .le norme internazionali, appartenenti ad un ordinamento diverso, non sono fonte di diritti soggettivi n� d'interessi legittimi in capo ai privati cittadini, cos� deve ritenersi che non lo siano le norme costituzionali sulla competenza, che non tutelano, neppure in via occasionale, interessi privati. .A noi sembra, perci�, che la questione vada affrontata in radice, esaminando accuratamente proprio quella sfera d'interessi, a tutela della quale si pone la giurisdizione amministrativa, al fine di accertare s'essa comprenda anche l'interesse alla ripartizione fra Stato e Regione della competenza in conformit� delle norme costituzionali. In poche parole a noi sembra che la questione, logicamente preliminare, da decidere � se sussista un diritto o un interesse legittimo del cittadino alla osservanza delle norme costituzionali sulla competenza o se, invece, ad essa il cittadino non abbi:;t un interesse di mero fatto. Questa indagine, che molto spesso si trascura con la conseguenza, a nostro avviso gravissima, di trasformare la giurisdizione amministrativa in giurisdizione di diritto obiettivo, che provvede, su denunzia di chi abbia un interesse ad agire, al controllo di legittimit� degli atti amministrativi, � nella specie essenziale. � Occorre, cio�, accertare se le no~me costituzi~na~i sulla ripartizione di competenza fra Stato e Reg10m, attribuiscano alla posizione giuridica soggettiva del privato una protezione diretta od occasionale, che � il presupposto del potere giurisdizionale, o se, invece, l'interesse del� privato, confondendosi con quello generale della collettivit�, considerato esclusivamente dalla norma, manchi di qualsiasi rilevanza tutelabile in sede giurisdizionale. Esaminata sotto questo profilo, la questione non pu� avere altra soluzione che quella da noi sostenuta. Riteniamo, infatti, che non possa neppure dubitarsi del fatto che le norme costituzionali sulla competenza siano dettate esclusivamente con riguardo alla sfera d'interessi dello Stato e della Regione senza alcun riferimento alla . situazione giuridica soggettiva di altri enti o individui, che non � neppure occasionalmenteprotetta da quelle norme. -68 -� A differenza di quelle disposizioni della Oostituzione, che si riferiscono alle situazioni soggettive dei privati cittadini, le norme sulla competenza riguardano solo gli enti, fra cuj la competenza stessa � ripartita. Oonferma di questo assunto � tratta, a nostro avviso, proprio dai lavori preparatori, della legge 11 marzo 1953, n. 87, durante i quali fu dibattuta la questione e fu escluso il conferimento al privato interessato di un qualsiasi potere di azione. Resta, perci�, escluso ogni interesse legittimo del cittadino alla osservanza delle norme costituzionali, che ripartiscono. la competenza amministrativa fra Stato e Regioni, con la conseguenza ulteriore che anche sotto questo riflesso deve essere negata la giurisdizione del Oonsiglio di Stato e che, comunque, non sussiste alcun contrasto fra il nostro assunto, � che questa giurisdizione nega, e l'art. 113 della Oostituzione, che riguarda la tutela giurisdi_zionale dei diritti e degli interessi legittimi dei privati cittadini, fr� cui non � compreso l'interesse all'osservanza delle norme costituzionali sulla competenza. Il Per l'evidente parallelismo, che sussiste fra que sta ipotesi e il conflit~o di attribuzione tra i poteri dello Stato, disciplinati anch'essi dall'art. 134 della Oostituzione e dalle norme contenute nel capo III della legge 11 marzo l953, n. 87, riteniamo che debba negarsi la giurisdizione comune anche per quanto attiene all'eventuale violazione di norme costituzionali, che ripartiscono la competenza tra i vari poteri dello Stato. GIUSEPP~ GUGLIELMI A VVOOATO DELLO STATO I TERM.INI PER L'ACCERTAMENTO E PER LA ISCRIZIONE A RUOLO DELLE IMPOSTE DIRETTE <*> Il Governo della Repubblica, dalla legge 5 gennaio 1956, n. 1, contenente <<norme inttgrative della legge 11 gennaio 1951, n. 25 sulla perequazione tributaria �, � stato autorizzato, sentita una com missione parlamentare composta di cinque senatori e di cinque deputati, ad emanare entro diciotto mesi dall'entrata in vigore della detta legge -termine �poi prorogato al 31 gennaio 1958 dalla successiva legg� 30 luglio 1957, n. 654 -testi unici concernenti le diverse imposte dirette, le disposizioni generali, nonch� le norme sulla ri~cossione, eliminando le disposizioni in contrasto con i principi contenuti in essa e nella legge 11 gennaio 1951, n. 25, ed apportando oltre alle modifiche utili per uu migliore� coordinamento, quelle necessarie per l'attuazione dei . seguenti criteri: 1) adattamento delle disposizioni alla esigenza di semplificazione nell'applicazione dei tributi ed a quella di una razionale organizzazione dei servizi; 2) perfezionamento delle norme� concernenti l'attivit� della amministrazione finanziaria ai fini dell'accertamento dei redditi. Il testo unico delle leggi sulle imposte dirette, emanato in virt� della delega di cui innanzi e approvato con decreto del Presidente della Repubblica 29 gennaio 1958, n. 645, dispone, in tema di accertamento delle iwposte, che l'amministrazione finanziaria, previo controllo delle dichiarazioni presentate, procede, se del caso, all'accertamento in rettifica degli imponibili dichiarati ed all'accertamento d'ufficio di quelli omessi e ne d� comunicazione al contribuente, notificando apposito avviso di accertamento. Contro l'accertamento il contribuente pu� ricorrere a norma delle disposizioni relative al contenzioso tributario (art. 31).. Ma alla rettifica dei redditi compresi nelle dichiarazioni presentate tempestivamente e, nei casi di mancata presentazione della dichiarazione, di quelli precedentemente accertati, deve procedersi a pena di decadenza entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui la dichiarazione fu presentata o doveva essere presentata. Ed all'accertamento d'ufficio dei � redditi non dichiarati, che non abbiano formato oggetto di dichiarazione o accertamento per il precedente periodo d'imposta, deve procedersi a pena di decadenza entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui la dichiarazione doveva essere presentata (art. 32). E si stabilisce cos� esplicitamente che i termini per l'accertamento sono perentori, con la conseguenza che il mancato esercizio dell'azione fiscale nei termini stessi importa decadenza. Nell'art. 180 si fissano poi i termini per la iscrizione a ruolo, disponendosi testualmente che �alla iscrizione a ruolo sulla base degli imponibili dichia rati e degli imponibili det~minati �ai sensi degli artt. 80, 123 e 142 deve procedersi, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a� quello in cui fu o doveva essere presentata la dichiarazione�, e che �in ogni altro caso le imposte o le maggiori imposte corrispondenti agli imponibili accertati dall'ufficio debbono essere iscritte nei ruoli a pena di decadenza entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in cui l'accertamento � divenuto definitivo�. Gli artt. 80, 123 e 142 richiamati nella norma sono relativi all'applicazione, in caso di annessa dichiarazione, delle imposte su.I reddito dei fabbricati, sui redditi di ricchezza mobile e complementare progressiva sul reddito complessivo, e si dispone che in tali casi l'imposta � applicata sul reddito accertato per il periodo d'imposta precedente, salvo l'accertamento d'ufficio del maggior reddito. La disposizione dell'art. 180 � ben chiara nella sua formulazione e nel suo contenuto, perch� senza equivoci o incertezze � dato da essa dedurre che il termine per la iscrizione a ruolo delle imposte dirette � segnato dal 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in cui fu presentata la dichiarazione o in cui, per essersi omessa la dichiarazione, doveva la imposta applicarsi sul reddito accertato per il periodo d'imposta precedente. In ogni altro caso, e cio� quando non vi sia stata dichiarazione e non ricorra l'esistenza� di un reddito accertato per il periodo d'imposta precedente, le imposte corrispondenti agli imp�nibili accertati dall'ufficio debbono essere iscritte nei ruoli a pena di decadenza entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in cui l'accertamento � divenuto definitivo. E lo stesso termine vige, nel caso di avvenuta istituzione di un rapporto giuridico d'imposta tra l'amministrazione e il contribuente a seguito della denunzia da questi presentata per il periodo d'imposta precedente o della esistenza di un reddito accertato per il detto periodo precedente, per la iscrizione a ruolo delle imposte corrispondenti ai maggiori imponibili accertati dall'ufficio. Il Testo Unico 24 agosto 1877, n. 4021 delle leggi per l'imposta sui redditi della ricchezza mobile conteneva l'art. 59 -identico all'art. 53 del regolamento per l'applicazione della imposta sui fabbricati approvato con R.D. 24 agosto 1877, n. 4024 -�redatto nel senso che� la facolt� di compilare i ruoli suppletivi pei redditi di ricchezza mobile, non compresi nei ruoli principali, vale per l'imposta� dell'anno in cui l'agente notifica at contribuente l'iscrizione del reddipo, e per quella (*) Il pr~sente studio � in corso di pubblicazione nella " Rivista trimestrale di diritto e procedura civile ,, . 2 -70 dei due anni precedenti�; che l'azione della finanza per l'iscrizione dell'imposta relativa agli anni anteriori � prescritta; che �l'azione per la sopratassa si prescrive con quella per l'imposta principale�; che �la notificazione fatta dall'agente in via amministrativa interrompe la prescrizione, la quale rimane sospesa per tutta la durata delle contestazioni, tanto amministrative che giudidiziarie �. Detta disposizione � stata modificata con l'art. 9 della legge 8 giugno 1936, n. 1231, di �conversione in legge, con modificazioni, del R.D.L. 24 ottobre 1935, n. 1887, contenente interpretazioni e modificazioni alle leggi sulle imposte dirette e del R.D.L. 13 gennaio 1936, n. 120, contenente modificazioni ed aggiunte ad alcuni articoli deL R.D.L. 24 ottobre 1935, n. 1887, portante interpretazioni e modificazioni alle leggi sulle imposte dirette�, nel senso che �l'azione della finanza per l'accertamento dei redditi di ricchezza mobile � limitata all'anno in cui l'accertamento � notificato ed ai quattro pre . cedenti, restando prescritta per gli altri anni anteriori �; che �la notifica fatta dall'ufficio in via . amministrativa interrompe la prescrizione, la quale rimane sospesa per tutta la durata delle contesta. zioni, tanto amministrative che giudiziarie�; e che �il diritto della finanza di eseguir� l'iscrizione nei ruoli suppletivi si prescrive col decorso del secondo anno successivo a quello in cui � sorto il titolo . definitivo per l'iscrizione�. Nella relazione alla Camera dei Deputati, che accompagna la legge, � detto che il provvedimento legislativo Ǐ preordinato ad apportare al vigente sistema di applicazione delle imposte dirette in genere e, in particolare, dell'imposta di ricchezza mobile, alcune norme di interpretazione autentica, alcune aggiunte ed alcune modificazioni che si sono appalesate necessarie o almeno opportune nella quotidiana esperienza di parecchi lustri�. E l'art. 9 della legge �interpreta e modifica, ad un tempo�, la disposizione di cui all'art. 59 del T.U. 24 agosto 1877, n. 4021, che si presentava incerta �parlando essa di azione della finanza per la iscrizione a ruolo dell'imposta piuttosto che dell'azione per l'accertamento del reddito, accertamento dal quale l'iscrizione a ruolo prende origine�, ed il cui termine triennale di preacrizione appariva, poi, troppo breve, �favorendo i contribuenti che fossero riusciti ad occultare i loro redditi�. E ad eliminare i dubbi e le contestazioni cui l'art. 59 aveva dato luogo, l'art. 9 si � riferito espressamente alla azione per l'accertamento del reddito ed ha elevato da tre a cinque anni il termine di prescrizione, �in conformit� dell'art. 2144 del codice civile (ora art. 2948) che stabilisce la prescrizione quinquennale per tutto ci� che -appunto come i tributi. diretti -� pagabile ad anno�. Al fine poi di regolare chiaramente la questione relativa alla iacrizione a ruolo dei redditi gi� accertati per gli anni anteriori a quelli in corso, �con l'ultimo comma dell'art. 9 � stato disposto che il diritto d�lla finanza di eseguire tale iscrizione si prescrive col decorso del secondo anno successivo a quello in cui � sorto il titolo definitivo per l'iscrizione�. Pur con la incertezza tra iscrizione a ruolo e accertamento del reddito, poi eliminata dall'art. 9 della legge 8 giugno 1936, n. 1231, l'art. 59 sanciva sostanzialmente che il termine per l'accertamento del reddito, da un lato, e poi per fa iscrizione a ruolo, dall'altro, era di due anni anteriori a. quello dell'accertamento e della raggiuntasi definitivit� del reddito, e che il primo veniva interrotto dalla notificazione fatta dall'agente e rimaneva sospeso per tutta la durata delle contestazioni, tanto amministrative che giudiziarie, e che il nuovo termine di due anni oltre quello in corso agli effetti della iscrizione a ruolo incominciava a decorrere, esaurite che fossero le dette contestazioni, e quindi dal momento in. cui il reddito poteva e doveva ritenersi come divenuto definitivo. Il detto art. 59 riproduceva l'art. 8 dellalegge 14 giugno 187 4, e dalla relazione della Commissione parlamentare in data 9 marzo 1874 � dato in merito di rilevare che essa Commissione si era trovata unanime nel riconoscere la necessit� di stabilire per legge che, oltre un certo tempo, il diritto dell'erario di compilare ruoli suppletivi dovesse essere perento; e si era pure trovato d'accordo nel pensiero che questo periodo dovesse essere relativamente breve, giacch� il contribuente non doveva essere sempre e per un lungo periodo di tempo turbato dalla minaccia di una possibile pretesa per tributo inadempiuto; a cui si aggiungeva l'altra considerazione che, accumulandosi l'arretrato di parecchi anni, il peso poteva diventare cos� grave da riuscire insopportabile, potendo esso costituire il supremum vitae exitum di un'azienda economica; n� era giusto e prudente che i diritti dello Stato dovessero o potessero arrivare tanto oltre. Fatti di questa natura di erano verificati troppe volte; troppe volte fu necessario condonare debiti d'imposta che non sarebbero stati pagati mai pi�, con esautoramento dell'autorit� del Governo e della legge, ed anche per questo riflesso non poteva non essere urgente il provvedere a stabilire un termine breve nella facolt� degli agenti delle imposte di compilare ruoli suppletivi. Ma fra quali termini questo diritto di compilare ruoli suppletivi per redditi di ricchezza mobile non compresi nei ruoli principali doveva spingersi~ Il Governo proponeva che questo diritto fosse esteso all'imposta dell'anno in cui l'agente notificava al contribuente la iscrizione del reddito, ed a quello dei due anni precedenti. Da taluni si sarebbe voluto limitare questo termine entro pi� angusti confini. e si proponeva che questo diritto venisse ristretto all'anno in cui l'agente notificava l'imposta del. ruolo suppletivo, ed al precedente; ed a giustificare questa maggiore limitazione si osserva che, estendendosi la sanzione ai due anni precedenti, si sarebbe venuti a domandare al contribuente tre anni di pagamento, stabilendosi cos� un onere troppo grave, reso :anche maggiore dal peso della sopratassa. Ma la maggioranza della Commissione non aveva creduto di entrare in questa via, perch� pericolosa, e tale che avrebbe giovato troppo ai contribuenti meno leali, ed incitato quasi gli onesti ad imitare l'esempio dei primi. Ed invero, quando il contribuente, riuscendo a sfuggire per -71 due anni all'iscrizione nei ruoli della ricchezza mobile, fosse stato certo di vedere prescritti i diritti dell'erario, nella speranza di raggiungere l'intento, sarebbe stato meno' sollecito nel dichiarare i suoi redditi. Ora, se era opportuno stabilire.un termine di prescrizione molto pi� breve di quello che trovavasi nella legge comune, pur non ritenendo applicabile al caso la prescrizione di cinque anni, di cui all'art. 2144 del codice l:livile (ora art. 2948), onde non ne venisse soverchia jattura al contribuente, sembrava poco cauto restringerlo a soli due � anni. Ci� riusciva anche pi� evidente quando si fosse posto mente alla molteplicit�. degli incarichi affidati alle agenzie delle imposte, alla scarsit�. del foro personale in riguardo al lavoro ad essi affidato, . alla brevit�. dei termini per il compimento delle diverse operazioni di applicazione della ricchezza mobile, sicch� molte volte molti redditi sfuggivano per la impossibilit�. per gli agenti delle imposte di ottenere sufficienti informazioni; per modo che un'ulteriore diminuzione avrebbe tolto o scemato in essi la possibilit�. di includere nei ruoli redditi che erano sfuggiti, solo perch� ad essi era venuto meno il tempo per discoprirli. AI post�tto, questa speciale prescrizione era gi� una legge di favore,. e se per sancirla stavano alcune considerazioni giustissimei non parve alla grande maggio-' ranza della Commissione che le stesse considerazioni si potessero mettere innanzi per allargare il favore medesimo. E cos� il termine di prescrizione del diritto della Finanza a colpire d'imposta i redditi sfuggiti allo accertamento e non denunziati fu ritenuto di due anni anteriQri a quello in cui la Finanza, scoprendo l'esistenza �del reddito, avesse proceduto all'accertamento d'ufficio. La disposizione dell'art. 32 del vigente testo unico, che fissa in misura maggiore il termine per l?accertamento, trova allora suoi precedenti nella Citata norma dell'art. 9 della legge 8 giugno 1936, n. 1231, e poi pi� immediatamente in quella di cui all'art. 4 della legge 11 geruiaio 1951, n. 25, che contiene le �norme sulla perequazione tributaria e sul rilevamento fiscale straordinario�, riportata nell'art. 24 del testo unico approvato con il decreto delPresidente della Repubblica 5 luglio 1951 n. 573, e redatta appunto nel senso che �l'azione della Finanza per la rettifica dei redditi compresi nelle dichiarazioni presentate tempestivamente e, nei casi di mancata presentazione della dichiarazione, di quelli precedentemente accertati, si prescrive col 31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui la dichiarazione fu presentata o doveva esser� presentata�, e che �l'azione della Finanza per l'accertamento dei redditi non dichiarati dal contribuente, che non abbiano formato oggetto di precedenti accertamenti, si prescrive col 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui la dichiarazione doveva essere presentata�. Il prolungamento del periodo concesso all'amministrazione per la revisione e il controllo delle dichiarazioni, di cui quindi alle pi� recenti disposizioni legislative, non deve per� essere, al dire dello stesso legislatore (cfr. la relazione alla legge 11 gennaio 1951, n. 25), motivo di preoccupazione, giacch� esso non determina una incertezza apprezzabile intorno all'onere tributario per i contribuenti che assolvono correttamente al loro dovere. Sono invece i frodatori che saranno identificati dalle verifiche dell'amministrazione, -ed allora� giusto che si lasci un tempo sufficiente agli uffici perch� la loro opera sua accurata e non affrettata. E che i c�ntribuenti non onesti corrano l'alea degli ac-. certamenti per diversi anni arretrati non pu� non essere considerato conseguenza del loro comportamento antigiuridico. Il sistema costantemente seguito dal T.U. 24 agosto 1877, n. 4021 e dal regolamento 11 luglio 1907, n. 560 � stato quello di ritenere validi ai fini della iscrizione a; ruolo soltanto i redditi definitivi, e cio� quelli dichiarati dal contribuente e dall'uf ficio non rettificati, o quelli accertati dall'ufficio e dal contribuente non impugnati, o quelli determi nati da decisione delle commissioni tributarie non suscettibile di impugnativa non solo ~a parte della Finanza, ma anche e principalmente da parte del contribuente; e ci� risulta in modo inequivocabile dagli art. 47, 48 e 58 del testo unico suddetto, e dagli art. 98 ultimo comma, 103 terzo comma, 107 n. 1-6 e 8, 109 e 112 del regolamento. E la ragione ne � evidente, in quanto il legislatore ha voluto evitare l'iscrizione a ruolo con la conse guente perseguibilit�. del contribuente, senza il ricorrere di una decisione irretrattabile sul diritto della Finanza di perseguire l'imposta e sul dovere del cittadino di corrisponderla, evitandosi una inu tile coazione a carico del contribuente che, propo nendo poi l'impugnazione, ne ottenga l'annulla mento acquistando il diritto alla restituzione del l'imposta pagata. Sono eccezioni al suddetto principio, e tassa tivamente indicate, quella dello stesso art. 58 della legge (primo comma, ultima ipotesi), che prevede la formazione dei ruoli anche con i redditi nuovi risultanti dalle iscrizioni o rettificazioni fatte dal l'agente, �sebbene contestate dal contribuente, � quando siano trascorsi sessanta giorni da quello in cui il reclamo sar� trasmesso alle commissioni locali�, e quelle dell'art. 109 n. 3, lettera a), b), e) dello stesso regolamento {pari a quelle dell'articolo 50, n. 3, lettera a), b), e) del R.D. 24 agosto 1877, n. 4024 che approva il regolamento per l'applicazione della imposta sui fabbricati), ove � detto che l'agente procede alla formazione del ruolo, iscrivendo, per i redditi non definitivamente accertati, a) �la somma da esso proposta quando siano tras�orsi sessanta giorni dalla trasmissione del reclamo alla commissione di primo grado e questa non abbia pronunciato il suo giudizio sul medesimo �; b) �la somma denunziata, rettificata o confermata dal contribuente, quando non siano tra. scorsi i sessanta giorni dalla trasmissione del reclamo a,lla commissione di primo grado contro la retti!J.cazione d'ufficio, salvo la facol-t� di iscrivere�Jn ruolo suppletivo la. maggiore somma risultante dal giudizio della commis_sione�; e) �la somma determinata dalla commissione di prima istanza o provinciale, se al tempo della formazione del -72 ruolo la commissione provinciale o la centrale non abbia ancora pronunciato�. E queste eccezioni sono giustificate dalla necessit� di garantire all'amministrazione il rapido pagamento dell'imposta, che potrebbe essere gravemente pregiudicato dal moltiplicarsi o prolungarsi delle contestazioni, rimandando a tempo indeterminato la compilazione del ruolo e la �sua riscossione. � per� anche vero che, pur avendo avuto l'uf~ ficio nei casi ora visti il diritto di iscrivere a ruolo il reddito da esso proposto quando fosseTo trascorsi sessanta giorni dall'invio del reclamo del contribuente alla Oommissione di primo grado, senza che questa avesse pronunziato, il Ministero ha peraltro raccomandato sempre di non fare iscrizioni a ruolo se non di redditi definitivamente . accertati, tranne che non si av~sse ragione di credere che il ritardo potesse arrecare pregiudizio alla esigibilit� della imposta. Ed in una circolare del 27 febbraio 1914 '(in Boll. uff. imp. dir., 1914, 41) � stato anzi prescritto che, qualora in casi eccezionali gli uffici, sentito il parere dell'ispettore provinciale, avessero ravvisato la necessit� di valersi della facolt� loro concessa dagli articoli citati, dovevano darne avviso preventivo ai contribuenti interessati. Non pu� quindi essere dubbio che la iscrizione a ruolo di redditi non definitivamente accertati, nei casi di cui innanzi, abbia segnato per l'amministrazione una facolt�, e non un obbligo1 e neppure pu� .allora essere dubbio che il termine di prescrizione abbia avuto decorrenza soltanto dal momento in cui sia. sort� il titolo definitivo, e non da quello in cui si sia avuta comunque la facolt� di procedervi per un reddito non definitivamente accertato. Ai sensi del citato art. 180 del testo unico vigente, li ove intervenga per il periodo d'imposta corrente la dichiarazione del contribuente o ri� corra, in mancanza, dichiarazione o accertamento per il periodo d'imposta precedente, l'ufficio deve invece ora; e sotto�pena di decadenza, iscrivere a 'ruolo il contribuente, sulla base dell'imponibile dichiarato o accertato, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in cui fu o doveva essere presentata la dichiarazione. E la norma � quindi, a nostro modo di vedere, innovativa e non interpretativa. E quando il contribuente abbia presentato tempestiva dichiarazione, l'amministrazione pu� procedere all'accertamento in rettifica degli imponibili dichiarati, ma come gi� abbiamo visto deve farlo, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre . del terzo anno sucessivo a quello in cui la dichiarazione fu. presentata. Il termine, quindi, per la rettifica � pi� ampio� di quello per la iscrizione a ruolo degli imponibili dichiarati, e potrebbe dall'ufficio incorrersi in decadenza dal diritto di iscrivere a ruolo l'imponibile dichiarato, pur non essendo ancora scaduto il termine per farne rettifica. . In tal caso, e sembra ovvio, sempre che poi dall'ufficio si proceda a farne iscrizione a ruolo nei termini, dovr� dal contribuente corrispondersi la imposta dovuta sul reddito che risulter� definitiva mente stabilito in seguito alla rettifica, con detrazione per� di quella che si sarebbe dovuta da lui corrispondere sull'imponibile dichiarato e per il cui diritto a riscuoterla si � dall'ufficio incorso in decadenza. Oome � ben noto, l'accertamento della imposta � alla base della obbligazione e del rapporto tributario; ed esso consiste nell'atto o nel complesso di atti diretti ad accertare e valutare gli elementi costitutivi del debito d'imposta, e cio� il presupposto materiai.e e personale e la base imponibile, con la conseguente applicazione del tasso di legge, e quindi con la concreta determinazione dell'ammontare del debito del contribuente . In vista del carattere astratto della legge che stabilisce gli elementi costitutivi dell'obbligazione, l'accertamento costituisce un momento imprescindibile dello svolgimento del rapporto giuridico di imposta, in quanto � necessario verificare se ricorrano in concreto i presupposti per l'applicazione del tributo, e quindi procedere alla loro valutazione e cos� determinare concretamente la somma che il contribuente deve corrispondere. Il procedimento normale di accertamento � quello eseguito dall'amministrazione con la cooperazione del contribuente. E le fasi essenziali di detto procedimento possono ravvisarsi nell'obbligo dello stesso debitore di denunziare l'esistenza della situazione di fatto che d� luogo all'applicazione del tributo, con la indicazione degli elementi necessari alla concreta determinazione del debito d'imposta; nell'esercizio da parte dell'amministrazione dei poteri che la legge le conferisce allo scopo di raggiungere la conosc~nza dei dati di fatto non denunziati o inesattamente denunziati; nella valutazione, da parte della stessa amministrazione, degli elementi denunziati �e di quelli acquisiti d'ufficio, con la determinazione unilaterale del debito d'imposta da notificarsi al contribuente; nella definizione del procedimento per adesione della amministrazione alla dichiarazione del contribuente, �O di quest'ultimo all'operato della prima, o per accordo tra amministrazione e contribuente, o � ancora per decisione delle commissioni amministrative. Ai sensi del nuovo testo unico, chiunque possiede redditi o patrimoni soggetti ad imposta � tenuto a dichiararli annualmente all'amministrazione finanziaria, e la dichiarazione � U:Uica per tutti i redditi e patrimoni del soggetto. La dichiarazione deve specificare gli elementi attivi e passivi necessari, secondo le norme concernenti le singole imposte, per la determinazione dei valori imponibili dei redditi e dei patrimoni posseduti dal soggetto nel periodo d'imposta al quale la dichiarazione stessa si riferisce. I redditi da comprendere nella dichiarazione sono quelli relativi ai terreni, e cio� il reddito dominicale e il reddito agrario, i redditi dei fabbricati, � i redditi di ricchezza mobile, il complesso di tutti i redditi ai fini della imposta complementare progressiva. Per le imposte reali sui redditi dei terreni e sui redditi agrari la tassazione procede col si -73 sterna catastale, e non in base alla d�chiarazione; ma ~nche i redditi dominicali e i redditi agrari rientrano nel sist�ema, in quanto debbono essere denunziati ai fini della .impostlli complementare. La legge d� norma per la determinazione del red� diti imponibile dei fabbricati (art. 74-75), del reddito imponibile di ricchezza mobile (art. 85-116), e del reddito imponibile di complementare progressiva (art. 133-138). Il contribuente trova quindi nelle disposizioni della legge la indicazione dei criteri cui attenersi per la redazione annuale della sua dichiarazione; e l'amministrazione sottopone a controllo la dichiarazione presentata, e procede a far rettifica dei redditi ivi indicati, ove per la loro determinazione il contribuente non si sia attenuto a quelle disposizioni di legge. Ma pu� l'amministrazione' anche procedere a far rettifica delle dichiarazioni presentate, aggiun gendovi dei redditi che dal contribuente siano stati omessi. La rettifica dell,a dichiarazione con l'aggiunta dei redditi omessi che vengano accertati d'ufficio �, per�, diversa dalla rettifica. degli imponibili dichiarati: e se per quest'ultima l'azione si prescrive col decorso del terzo anno successivo a quello in cui la dichiarazione fu o doveva essere presentata, per la� rettifica con l'aggiunta dei red � diti omessi l'azione si prescrive in termine pi� lungo, e cio� col decorso del quarto anno successivo a quello in cui i detti redditi dovevano essere dichiarati, e cio� nello stesso term.ine�che vige per gli accertamenti d'ufficio l� ove dal contribuente .non sia stata affattio presentata la dichiarazione, o della dichiarazione si sia fatta presentazione non tempestiva e da aversi come non presentata tranne clie agli effetti delle sanzioni in vista della riduzione alla met� della sopratassa se presentata entro un mese dalla scadenza del termine. GIUSEPPE AZZARITI AVVOCATO DELLO STATO NOTE DI DOTTRINA Rivista tecnico-giuridica della pesca. diretta �dall'avv. GIULIO SCALFATI. La Rivista si propone di illustrare, dal punto di vista scientifico e . giuridico, i vari problemi della pesca nelle acque interne, nel mare territoriale -demanio marittimo -e nel mare aperto, con riguardo anche alla pesca nelle acque territoriali di altri Stati. � Il proposito � lodevole e ne va dato atto, formulando al direttore ed animatore della nuova Rivista i pi� cordiali auguri di successo. Naturalmente, e~sendo lo Scalfati proprietario del lago di Paola, sulla demanialit� del quale pende � annosa ,controversia, e.d autorevole esponente del1' Associazione Nazionale Produttori della Pesca, non c'� da meravigliarsi se la Rivista perseguir�, insieme con gli accennati scopi di interesse generale, altamente lodevoli, anche scopi di interesse privato, pur essi meritevoli di tutela. Essa comunque, pu� 'essere considerata la voce dei proprietari di acque interne, dei titolari dei diritti esclusivi di pesca e di derivaizioni di acque pubbliche. Nessuna meraviglia, dunque, che nel primo numero il Greco spezzi una lancia a favore di un ipotetico diritto esclusivo di fbavigazione, che l'ordinamento giuridico non prevede positivamente e che, anzi, contrasta con il categori�o disposto dell'art. 68 T.U. 25 luglio 1904, n. 523, secondo il quale �la navigazione � l'oggetto principale cui servono i laghi, i canali ed i fiumi navigabili �e tutti gli altri usi debbono essere ad essa subordinati. Del tutto assurda, poi, � la tesi sostenuta dal predetto autore, a sostegno delle pretese giudiziarie d� alcuni titolari di diritti esclusivi di pesca,, secondo la quale a questo diritto sarebbe necessariamente connesso il diritto esclusivo di navigazione, o quanto meno, il diritto di vietare la navigazione a motore, che danneggerebbe la pesca. Questa rappresenta soltanto uno degli usi, cui le acque pubbliche sono destinate, e la sua titolarit� esclusiva priva i cittadini della facolt� di pescare, ma non di usare le acque pubbliche per gli altri vantaggi, che possono .offrire, fra cui la navigazione. Contrariamente opinando, la demanialit� rimarrebbe un nudum nomen, un onere della collettivit�, su cui graverebbe la spesa di manutenzione delle acque a tutela del privato.. L'argomento pi� importante trattato in apertura �, per�, quello relativo alla soppressione dei diritti esclusivi di pesca, che com'� noto, � attualmente all'esame del Parlamento. ~o studio del Morsillo si presenta come critica alla legge regionale sarda, 2 marzo 1956, n. 39, ma � in realt� una decisa presa di posizione contro il disegno di legge nazionale. Anche questo studio, naturalmente, riprende l'argomento della esclusivit� del diritto di pesca, che sopprimerebbe ogni altro uso� dell'acqua pubblica con esso incompatibile. Ma il suo principale oggetto, in previsione della legge soppressiva auspicata da pi� parti __: � la misura della indennit� dovuta al titolare, privato del suo uso esclusivo. Non � qui il luogo per dimostrare come sia alla specie inapplicabile l'art. 42 Cost., essendo sufficiente rilevare come, in ogni caso, sia pienamente legittimo il criterio di commisurare l'indennizzo alle . imposte corrisposte negli ultimi anni; l'interesse generale sovrasta talmente quello particolare da rendere legittimo, secondo l'insegnamento ormai costante della Corte Costituzionale, un modesto sacrificio degli interessi patrimoniali del singolo. G. G. EDOARDO BONASI BENUCCI -MARIO FABIANI, Assistenti nell'Universit� di Roma: Codice della propriet� in~ustriale e del diritto di Autore. ANTIGONO DONATI, prof. ord. dell'Universit�. di Roma e ADELMO KOHLER, Assistente all'Uni~ versit� di Roma: Codice delle leggi sulle assicurazioni private. Giuffr�, editore. Sono gli� ultimi due codici dell'ormai classica � collezione legislativa diretta dal prof. Guido Zanobjni e apertasi con. quel codice delle leggi amministrative che � ancor oggi un modello non facilmente superabile. Da quel primo codice, gli altri numerosi che ai;�_ ricchiscono la collezione, e questi due, derivano la �chiarezza � di impostazione e consultazione che costituisce la caratteristica migliore del Manuale di diritto amministrativo dell'emerito direttore. RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA -Registro Accertamento di maggior valore -Termine -Legittimit� costituzionale del D.L.C.P.S. 21 gennaio 1947, n. 25. (Corte Costituzionale -Pres.: Azzariti; Rel.: Perassi; 30 giugno 1960, n. 46). Il D.L.C.P.S. 21 gennaio 1947, n. 25, ratificato con legge 17 aprile 1956, n. 561, col quale il termine per la notificazione �dell'avviso di accertamento di ufficio del valore dei beni trasferiti, di cui all'art. 21 R.D.L. 7 agosto 1936, n. 1639, era elevato ad un anno dal pagamento dell'imposta o dall'atto di dilazione, � costituzionalmente legit-� timo essendo stato tempestivamente presentato al Parlamento per la ratifica. Pubblichiamo integralmente la motivazione della sentenza, la quale, a nostro avviso, vale per tutti i provvedimenti legislativi emanrati in virt� dei poteri attribuiti al Governo dell'art. 4 del D.L. 25 giugno 1944, n. 151 e dall'art. 3 D.L.L. 16 marzo 1946, n. 98. �1) Le due cause, promosse dalla Commissione Provinciale delle Imposte dirette e indirette sugli affari di Ragusa con le ordinanze indicate in epigrafe e discusse congiuntamente, avendo per oggetto la stessa questione di legittimit� costituzionale del decreto del C.P.S. 21 gennaio 1947, n. 25, vengono riunite per essere decise con unica sentenza. �2) Il termine per la notificazione dell'avviso di � accertamento d'ufficio dei valori venali di beni trasferiti agli effetti della imposta di registro, che era stato fissato in 180 giorni dal decreto-legge 7 agosto 1936, n. 1639 (convertito in legge 7 giugno 1937, n. 1016) ed elevato temporaneamente ad un anno dalla legge 19 febbraio 1942, n. 133, venne stabilito dal decreto legislativo del C.P.S. 21 gennaio 194 7, n. 25 in un anno dal pagamento dell'imposta e, nel caso di dilazione regolarmente concessa, dalla data dell'atto di dilazione. �I� .decreto del C.P.S. 21 gennaio 1947, n. 25 � stato emanato in virt� dei poteri legislativi attribuiti al Governo dall'art. 4 del decreto-legge 25 giugno 1944, n. 151 e dall'art.�3 del decreto legisl~,tivo luogotenenziale 16 marzo 1946, n. 98. Secondo l'art. 6 di quest'ultimo decreto, i provvedimenti legislativi deliberati dal Consiglio dei Ministri nel periodo della Costituente e fino alla convocazione del Parlamento a norma della nuova Costituzione dovevano � essere sottoposti alla ratifica del nuovo Parlamento entro un anno dalla sua entrata in funzione�. �La Commissione Provinciale delle Imposte di rette ed indirette sugli affari di Ragusa, con le due ordinanze 3 e 10 luglio 1958, ba proposto alla Corte la questione di legittimit� costituzionale del decreto del C.P.S. 21 gennaio 1947, n. 25 prospet tando il dubbio se �la mancata presentazione al Parlamento per l'approvazione abbia comportato o meno l'inefficacia � del� detto decreto � ed abbia, quindi, automaticamente ripreso vigore il decretolegge 7 agosto 1936, n. 1639 che limita a 180 giorni il termine per la notifica dell'accertamento di valore da parte dell'ufficio del Registro � .. �La questione della legittimit� costituzionale del decreto 21 gennaio 1947, n. 25 � stata sottoposta al giudizio di questa Corte con riferimento agli artt. 76 e 77 della Costituzione adducendosi, come unico motivo dell'impugnazione, l'allegata � man cata presentazione � al Parlamento del detto decreto in relazione alla disposizione dell'art. 6 del decreto� legislativo 16 marzo 1946, n. 98, secondo la quale quel decreto legislativo doveva essere sottoposto a ratifica del nuovo Parlamento entro un anno dalla sua entrata in funzione. �Per decidere la questione di legittimit� costitu zionale cos� proposta dalla Commissione Provin ciale di Ragusa � preliminarmente necessario di accertare se .si � verificata in f�tto la circostanza della mancata presentazione del decreto impu gnato al Parlamento, addotta come unico motivo di pretesa illegittimit� costituzionale di esso. �Ora il decreto del C.P.S. 21gennaio1947, n. 25, come � attestato da una comunicazione del Segre tario Generale della Camera dei deputati in data 29 aprile 1959 esibita in giudizio dall'Avvocatura � Generale dello Stato, e come risulta dagli atti parlamentari, venne presentato insieme con molti altri decreti legislativi alla Camera dei deputati per la ratifica il 4 maggio 1949 (stampato Camera n. 620), e cio� entro l'anno dalla sua entrata in funzione, che ebbe luogo 1'8 maggio 1948. Non essendo stato ratificato nel corso della prima legislatura a causa del sopraggiunto� scioglim_ento della Camera, quel decreto venne ripresentato alla nuova.. Camera il 19 novembre 1953 (stampato Camera n. 377) e ratificato con la legge 17 aprile 1956, n. 561 (Gazz. Uff. 25 giugno 1956, n. 156), essendo compreso nella tabella annessa a detta legge nella quale sono indicati i decreti legislativi ratificati con tale legge -76 a norma dell'art. 6 del decreto legislativo luogotenenziale 16 marzo 1946, n. 98. Ma la circostanza che la ratifica del decreto impugnato, presentato alla Camera dei deputati il 4 maggio 1949, siasi perfezionata solo :qel 1956 con la legge 17 aprile 1956, n. 561, non � rilevante agli effetti dell'art. 6 del decreto .luogotenenziale 16 marzo 1946, n. 98, in quanto questa norma si � limitata a prescrivere � l'obbligo per il Governo di presentare al Parlamento per la ratifica i decreti legislativi, da esso emanati, entro l'anno dall'entrata in funzione delle nuove Camere. �In queste condizioni -a prescindere dalla con siderazione che la questione di. legittimit� costituzionale del decreto del C.P.S. 21 gennaio 1947, n. 25 non pu� porsi in riferimento agli artt. 76 e 77 della sopravvenuta Costituzione, non essendo stato il detto decreto esercizio di funzione legislativa delegata ai sensi dell'art. 76 della Costituzione ma� dei poteri legislativi attribuiti al Governo dal deereto-legge 25 giugno 1944, n. 151 e dal decreto legislativo 16 marzo 1946, n. 98 -la Corte non pu� che dichiarare non fondata la questione, proposta dalle ordinanze della Commissione Provinciale delle Imposte di Ragusa, sulla legittimit� costituzionale del decr�to del C.P.S. 21 gennaio 1947, n. 25. CASSAZIONE -Ricorso ex art. 111 Cost. -Applicabilit� norme generali -Luogo di noUfica -Art. 330 C. p. c. -Elezione domicilio -Ritualit� notifica presso domi~iliatario. (Cassazione, I Sezione, sent. 2836/60 -Pres.: Lorizio; Rel.: Stella Richter; P. M.: Pedote (conf.); Finanze c. Piaggio). Il ricorso per Cassazione ex art. 111 della Costituzione, � � un rimedio generale, che assicura il controllo di legittimit� contro tutte le sentenze delle giurisdizioni ordinarie e speciali, Esso, quindi, non pu� non essere regolato dalle norme generali sulle impugnazioni, in quanto applicabili, salvo deroga di specifiche disposizioni. Pertanto si ritiene costantemente che il termine per il ricorso sia quello di sessanta giorni stabilito dall'art. 325 O.p.c. Analogamente deve ritenersi applicabile l'art. 330 O.p.c. sul luogo di notificazione delle impugnazioni. Di conseguenza, se nel giudizio che ha dato luogo alla decisione, impugnata a termini dell'art. 111 Cost., vi. � stata la nomina di un procuratore e � l'elezione di domicilio prl;lsso lo stesso, ritualmente il ricorso per cassazione � notificato presso detto domiciliatario. Se attraverso una norma ricompresa nella. Carta Costituzionale -art. 111 -� concesso ai cittadini di poter impugnare innanzi alla Suprema Corte, per violazione di legge, tutte indistintamente le sentenze pronunciate dagli organi giurisdizionali ordinari e speciali, si tratta evidentemente di un rimedio di carattere generale �sempre ammesso�, ammesso, cio� senza eccezioni, senza restrizioni e senza deroghe ed anche quando non sarebbe passibile a termini della legge comune. Si tratta, dunque, di una garanzia statutaria che per sua natura si pre.,~e.nta incondizionata ed inderogabile. I rilevati caratteri del ricorso e la sua particolare natura, ora sottolineati, e quali sono resi palesi dallo art. 111 della Costituzione, conducono necessariamente ad affermare che il ricorso stesso costituisce un mezzo normale, e non straordinario, valevole in ogni caso e disposto� a tutela di tutti i cittadini, e che si estende genericamente e generalmente a tutte le ipotesi, in cui possa lamentarsi violazione di legge. Ora la normalit� del ricorso, posta in evidenza, e il difetto di una specifica disciplina, da parte del legislatore costituente, comportano che quanto alle modalit�, forme, termini di notifica ed a tutte le norme di rito, nel silenzio della norma costituzionale, si deve necessariamente avere riguardo alle disposizioni racchiuse nel codice di. rito civile, che concernono specificatamente il ricorso per cassazione. Di guisa che, come per il termine di notifica non si � mai dubitato che dovesse adottarsi quello di giorni sessanta, stabilito dall'art. 325 C.p.c. (Cassazione Sezioni Unite 13 marzo 1954, in Riv. Leg. Fisc., 1954, 733; 25 maggio 1955, ivi, 1955, 1076), cos� pure per cio che rifiette il luogo di not-ificazione della impugnazione, occorre rifarsi alla disciplina di cui all'art. 330 �C.p.c. Ed � proprio in base a questa disposizione che deve ritenersi regolare e valida la notifica effettuata, come nel caso di specie, entro il termine di legge, nel domicilio eletto nel giudizio, presso il procuratore costituito. V a ancora rilevato, che il giudizio di impugnazione ex art. 111 della Costituzione, secondo l'insegnamento della Corte di Cassazione (Sezioni Unite 27 febbraio 1951, in Riv. leg. fisc., p. 403; Sezioni Unite, sentenza n. 1642/54, ivi, p. 1061) ed appunto in vista del carattere generale che esso � venuto ad assumere, non � altro se tion la �p'll"osecuzione �, �lo �svolgimento �, lo �sviluppo � del giud.izio svoltosi nei precedenti gradi. E se esso � svolgimento e prosecuzione di questo giudizio, cos� come avviene nel caso normale previsto dal codice di rito civile, � da ammettere con assoluta sicurezza che l'impugnativa di cui si discute, prevista dall'art. 111 della Costituzione, debba essere disciplinata dalle norme del predetto codice di rito. Il quale, peraltro, stabilisce espressamente ogni qual volta la notifica debba essere effettuata personalmente alle parti (cos� ad es. per la riassunzione della causa in sede di rinvio (art. 392, II comma, C.p.c.), impugnazione dopo un anno dalla pubblicazione della sentenza (art. 330, ultimo comma, C.p.c. ecc.). Va infine osservato che l'ordine segnato dall'art. 330 C.p.c., quanto al luogo di notifica dell'impugnazione, � stabilito nell'interesse stesso delle parti, nei cui confronti viene effettuata la notificazione, per una maggiore e pi� completa garanzia .. dflle parti medesime. � quindi proprio a tutela degli inte:_ ressi di queste, che si ritiene applicabile la disciplina del ripetuto art; 330 anche nel caso di impugnazione a termini dell'art. 111 della Costituzione. T.L.G. ~ 71 COMUNI, PROVINCIE -Scioglimento di Consiglio comunale a sensi dell'art. 323 della Legge comunale e provinciale del 1915 -Mancata richiesta del parere del Consiglio di Stato -Conseguenze. (Consiglio di Stato, IV Sezione Giurisdizionale, decisione 8 aprile27 maggio 1960, n. 529 -Pres.: Bozzi; Est.: Landi; Rie. Gavagnin ed altri c. Ministero Interno). Ancorch� non sia stato prescritto che il parere del Consiglio di Stato debba precedere obbligatoriamente l'emanazione del Decreto con il quale il Presidente della Repubblica dispone lo scioglimento di un Consiglio Comunale, tuttavia, trattandoRi dell'atto che pi� gravemente incide sulla autonomia e sull'autogoverno dell'ente, la garanzia dell'audizione preventiva dell'organo ausiliario del Governo, cui � .devoluta la consulenza giuridicoamministrativa e la tutela della giustizia rn~ll'.Amministrazione (art. 100 Cost.} dovrebbe, pur se non imposta in via generale dalla legge, essere normalmente osservata. Il difetto del preventivo parere del Consiglio di Stato rende insufficiente il testo della relazione ministeriale pubblicata nella Gazzetta Ufficiale per accertare l'esatta natura, consistenza e gravit� dei fatti che hanno portato allo scioglimento del Consiglio Comunale. Riteniamo di dover segnalare questa decisione per la estrema gravit�, e, per quanto ci consta, assoluta novit�, dei principi che con la stessa vengono aff ermati. I rioorrenti, che impugnano il Decreto del Presidente della Repubblica 26 gennaio 1959 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 2 febbraio 1959, n. 27), con il quale sono stati sciolti il Consiglio Comunale di Venezia e la Commissione Amministratrice dell'Azienda Comunale per la Navigazione Interna Lagunare della stessa citt�, avevano rilevato come, in difformit� da una prassi costantemente seguita dal Governo, il Decreto non fosse stato preceduto dal parere del Consiglio di Stato. L'Avvocatura, nella propria memoria difensiva, aveva dedotto l'inconsistenza della censura, sia perch� nessuna norma di legge sancisce l'obbligo della Amministrazione di richiedere nella specie un tal parere, sia perch�, in ogni caso, la prassi invocata non sussistev�a e non sussiste, come dimostrano chiaramente numerosi provvedimenti� adottati negli ultimi anni in .casi consimili. Questi i precedenti che hanno dato occasione al Supremo Consesso Amministrativo di affermare testualmente quanto segue: � Va rilevato che il decr~to presidenziale in oggetto non � stato preceduto dal parere del Consiglio di Stato. La difesa dei ricorrenti ha precisato, in udienza, di non avere inteso dedurre a tal proposito una formale censura, in quanto le norme sulle quali il provvedimento si fonda non prescrivono il parere obbligatorio del Consiglio di Stato. Certo appare per� alla Sezione, che, se non altro, la previa audizione del detto parere avrebbe rafforzato la presunzione di legittimit� dell'atto. Il parere del Consiglio di Stato non � stato prescritto �obbligatoriamente� nei successivi testi della legge comunale e provinciale, perch� non si ritenne opportuno porre eventuali more all'azione del Governo in quei casi (derivanti di solite da ragioni d'ordine pubblico) nei quali allo scioglimento del Consiglio comunale si dovesse provvedere in via d'assoluta urgenza. Ma in tutti gli altri casi, l'audizione corrispondeva ad una prassi costante. Desta quindi sorpresa che l'Avvocatura dello Stato, citando ben dieci casi di scioglimento di consigli comunali intervenuti negli anni 1958 e 1959, dichiari che tale prassi non sussiste, o meglio voglia dimostrare che � stata abbandonata. Ed infatti, se la Costituzione (art. 5) attribuisce tanto rilievo alle autonomie locali, sarebbe logico, che, a proposito dell'atto che pi� gravemente incide sull'autonomia e sul-� l'autogoverno dell'ente, la garanzia dell'audizione preventiva dell'organo ausiliario del Governo, cui � devoluta la consulenza giuridico-amministrativa e la tutela della giustizia nell'Amministrazione (art. 100 Cost.), venga, pur se non imposta in via generale dalla legge, normalmente osservata. Si noti, ad esempio, che la legge d'ordinamento degli enti locali della Regione siciliana (D.L.P. Reg. 29 ottobre 1955, n. 6) ha reso obbligatorio, in tal~ materia (artt. 53 e 54) il parere del Consiglio di giustizia amministrativa, che esercita nella Regione le funzioni del Consiglio di Stato. In tali condizioni, la Sezione ritiene che non sia sufficiente il testo della relazione ministeriale, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, per acyertare, in rapporto alle censure dedotte, l'esatta natura consistenza e gravit� dei fatti che hanno portato allo scioglimento del Consiglio comunale e della Commissione amministratrice dell'Azienda comunale di navigazione. � quindi necessario disporre l'esibizione del decreto prefettizio di sospensione del Con~iglio comunale; della relazione del Prefetto di Venezia al Ministero dell'Interno contenente la proposta di scioglimento del detto Consiglio e della, Commissione amministratrice, con gli atti allegati, e con quelli cui eventualmente la detta relazione faccia richiamo; della lettera di dimissioni del Presidente della Commissione amministratrice dell'Azienda; e d'ogni altro atto idoneo a giustificare l'esistenza dei presupposti di legge per l'esercizio del potere di scioglimento dei due organi di che trattasi. Le considerazioni svolte appaiono, oltre che giuridicamente errate, assai gravi per le conseguenze eh.e da esse possono trarsi. Si riconosce, infatti (e non poteva essere altrimenti) che il Governo non aveva l'obbligo, in base alla legge, di richiedere il parere al Consiglio di ~tato; ma si soggiunge che il non averlo ri<Jhiesto attenuerebbe grandemente (per non dire che farebbe venir meno addirittura) la presunzione di legittimit� dell'atto amministrativo emanato, cos� da render necessaria l'acquisizione di tutti gli atti e documenti che ne-. hanno preceduto la adozione (del cui esame -si lascia intendere -.-il. Collegio avrebbe altrimenti fatto a meno} per poter giudicare in ordine alle censure mosse dai ricorrenti. -78 Non � chi non veda come, per tal modo, l'organo giurisdizionale amministrativo esorbiti dai suoi poteri di giudice della legittimit� degli atti. che, mediante l'impugnazione delle parti che se ne ritengono lese, vengono portati al suo esame, e si attribuisca altres� il compito di sindacare la condotta della Pubblica Amministrazione anche sotto il profilo della opportunit� e della convenienza amministrativa, finendo per sostituire cos� il proprio apprezzamento e la propria valutazione a quelli dell'Amministrazione. Ora, per quanto elevata sia la posizione che il nostro orr?inamento costituzionale giustamente ha inteso attribuire al Consiglio di.Stato nell'esercizio della sua dupli�e funzione, consultiva e giurisdizionale, non sembra che tale posizione comporti anche il potere di stabilire quando sia opportuno che il Governo ne richieda il preventivo parere (ancorch� non previsto dalla legge come obbligatorio); perch�, com'� di tutta evidenza, la valutazione di tale opportunit� � riservata in via esclusiva alla P. A., e non � suscettibile, per il nostro diritto positivo, di alcun sindacato in nessuna sede. Dalla mancata richiesta d'un parere facoltativo, c�s� come dalla adozione di una piuttosto che di un'altra prassi amministrativa (quando siano entrambe legittime), non sembra, pertanto, che possa farsi derivare alcuna conseguenza in ordine alla legittimit� di un atto; la quale soltanto puo essere giudicata dal Supremo Giudice Amministrativo, in relazione alle censure mosse dai ricorrenti ed in base agli elementi acquisiti. ESPROPRIAZIONE-Occupazione ultra-biennale; illiceit� -Effetti del decreto di espropriazione sopravvenuto nel corso del giudizio per risarcimento dei danni. (Cassazione, Sezioni Unite Civ., 22 luglio 1960, n. 2087 -Pres.: Cataldi; Est.: Giannattasio; P. M.: Pomodoro; difforme, Soc. An. Costruzioni c. Comune di Roma). Il decreto di espropriazione, ancorch� questa sia stata preceduta da occupazione d'urgenza o senza titolo, ha effetti costitutivi ex-nunc per quanto attiene al trasferimento della propriet� e fa cessare, dalla data della sua emanazione, l'eventuale illegittimit� dell'occupazione. Il protrarsi, abusivo, dell'occupazione oltre il biennio non incide sul potere di espropriazione da partedella P.A. e ci� ancorch� penda avanti l'auto rit� giudiziaria ordinaria il giudizio instaurato dal proprietario per la determinazione dell'indennit� di espropriazione e per il risarcimento dei danni. Ai fini del risarcimento dei danni e della deter minazione di essi occorre tenere distinte due situa zioni fra lorq diverse: se non � intervenuto il de~ creto di espropriazione e la restituzione del fondo � divenuta impossibile per la costruzione dell'opera pubblica al privato spetta, a titolo di risarcimento, una somma corrispondente al valore del bene; se invece interviene, sia pure nel corso del giudizio, il decreto di espropriazione al privato spetta solo il ,risarcimento del danno effettivamente subito dalla d�ta di scadenza del biennio a quella di ema nazione del decreto di espropriazione. La sentenza annotata, che � stata, poi confermata con la sucaessiva 24 ottobre 1960, n. 2892, in causa Oomune di Roma, c. V aselli (Mass. Foro It. 1960, col. 648) rappresenta, a nostro avviso, la conclusione logica della evoluzione giurisprudenziale, di cui abbiamo dato via via notizia (Rassegna Avvocatura, 1954, 271; ivi, 1959, 55 e 99). Essa, accogliendo la tesi, da noi prospettata in nota alla precedente sentenza n. 66 del 1959, e rettificando o precisando alcune ultronee affermazioni contenute nelle successive sentenze nn. 2603 e 3204 del 1959 (Gestione INA-Oasa contro Fonte e Pistone) ha nettamente distinto, ai fini della determinazione del danno, l'ipotesi, in cui nel corso del giudizio sia intervenuto il decreto di espropriazione, da quella, in cui, invece, il giudizio si conclude senza che sia sopravvenuto il predetto decreto, ed fl,a precisato che solo in quest'ultima ipotesi � dovuto, a titolo di risarcimento del danno, l'integrale valore del fondo, ohe, ovviamente, assorbe l'indennit� di espropriazione e legittima l'esaurimento del procedimento espropriativo senza il versamento dell'indennit�. Per una migliore cognizione delle questioni decise riportiamo integralmente la pregevole rf!,otivazione della sentenza; � �Con il primo motivo la societ� ricorrente denuncia violazione dell'art. 2043 e.o. e dei principi generali vigenti in materia di damnum iniuria datum, in relazione agli artt. 71, 73 e 48 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, �nonch� difettosa e contraddittoria motivazione su di un punto decisivo d�lla controversia (art. 360, n. 5 C.p.c.), e richiamando la giurisprudenza secondo la quale, in caso di occupazione dell'immobile altrui da parte della pubblica amministrazione, inizialmente abusiva o divenuta tale per il mancato espletamento della procedura entro il termine prescritto dall'art. 73 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, al proprietario compete il diritto all'integrale risarcimento del danno consistente nel valore venale del bene, se questo � stato nel frattempo trasformato con l'esecuzione della opera di pubblica utilit� e sia divenuta perci� impossibile la reintegrazione in forma specifica del diritto di propriet�, assume che, ove l'espropriazione si compi~, decorso il biennio, gli effetti del provvedimento emesso dal prefetto ai sensi dell'art. 48 della legge fondamentale del 1865 sono circoscritti al trasferimento del diritto di propriet�, che era rimasto in testa al privato, ma non incidono nell'acquisito diritto al risarcimento del danno. �Questo Supremo Collegio non intende disco starsi dai principi ai quali si � costantemente uni formato in tema di danni da protrazione dell'oc cupazione temporanea . del bene oltre il termi.e improrogabile di due anni stabilito dalla legge del 1865, n. 2359, principi che sono stati da ultimo confermati nella sentenza n. 3204 del 1959 delle Sezioni Unite e che possono riassumersi n�i seguenti termini: ��, � a) il momento del trasferimento, dal priVafo � espropriato all'ente espropriante, della propriet� del bene, che ha formato oggetto della procedura d! espropriazione, coincide con la data del decreto di esproprio, al quale, ai fini dell'indicato trasfer� -79 mento di propriet�, deve essere riconosciuto efficacia costitutiva, e quindi operativit�, solo per l'avvenire. Tale principio va tenuto fermo per il caso in cui il decreto di espropriazione sia stato preceduto dall'occupazione provvisoria per la esecuzione dei lavori urgenti e indifferibili e, quindi, a fortiori, quando il decreto di espropriazione sia stato preceduto da una occupazione senza titolo; b) funzione specifica dell'indennit� di esproprio � quella di sostituire, a favore dell'espropriato, il bene che ha formato oggetto dell'espropriazione, un corrispettivo pecuniario, ' liquidato attraverso la applicazione dei diversi criteri fissati dalla legge del 1865 e da altre leggi speciali: e) poich� il decreto di esproprio opera il trapasso -dietro il corrispettivo dell'indennit� della propriet� del bene, tale decreto ha la sua ragione di essere e quindi deve trovare . piena e completa attuazione anche nell'ipotesi in cui l'ente a cui favore � pronunciata l'espropriazione, si trovasse gi� nel possesso del bene in conseguenza di precedente occupazione abusiva. In tal . caso il decreto di esproprio fa cessare, con decorrenza dalla sua data, la preesistente situazione di illegittimit�, ed opera, dalla stessa data, il trapasso della propriet� del b.me. �Pertanto la precedente situazione abusiva non incide sul potere di espropriazione da parte della Pubblica .Amministrazione, n� formalmente, n� sostanzialmente, ma fornisce la ragione specifica per eccitare l'esercizio di tale potere, al fine di addivenire alla normalizzazione dei rapporti tra il proprietario e l'ente occupante, e ci� anche nel caso in cui penda davanti all'autorit� giudiziaria ordinaria il giudizio instaurato dal proprietario per la determinazione della indennit� di espropriazione e per il risarcimento dei danni. �Tutto ci�, peraltro, non pu� annullare la pregressa occupazione abusiva, delle cui conseguenze l'ente occupante � tenuto sempre a rispondere nei confronti del proprietario a titolo di danni. �Ai fini del risarcimento dei danni e della determinazione della loro misura, devonsi tenere distinte due situazioni tra loro diverse. Se l'occupazione (e nel concetto di occupazione va inclusa anche la protrazione, oltre il biennio dell'art. 73, legge 1865) ha mantenuto il carattere abusivo per non essere mai intervenuto un decreto di esproprio, in tal caso il diritto di propriet� dell'immobile non si � mai trasferito in capo all'ente occupante, e se, come nella specie�, non sia pi� concepibile la restituzione del bene occupato, stante la radicale trasf\:>: rmazione da questo subito per effetto dell'attuazione dell'opera pubblica, poich� il giudice ordinario non pu� disporre la rimozione o la modificazione dell'opera disposta ed eseguita dalla Pubblica Amministrazione nell'esercizio della sua insindacabile attivit� discrezionale, e neppure pu� prefiggere alla amministrazione un termine per lo inizio e per lo espletamento della procedura di espropriazione, o per il trasferimento convenzionale del diritto di propriet�, in tal caso, mentre l'ente occupante verrebbe a trovarsi nella possibilit� di protrarre indefinitivamente la situazione illegittima da esso stesso creata, i proprietari resterebbero privati del con tenuto sostanziale del diritto di propriet�. A tali ingiuste conseguenze si ovvia riconoscendo ai privati il diritto di ottenere, dinanzi all'autorit� giudiziaria ordinaria, la condanna dell'.Amministrazione alla corresponsione, a titolo di risarcimento del danno, del valore corrispondente alla privazione del b:me illegittimamente ed irreparabilmente da essi sofferta (Oass. sentenze n. 3309 del 1955, 3125 del 1952). �N� l'Amministrazione avr� motivo di dolersi di essere esposta a pagare somma maggiore di quella che avrebbe pagato .sotto forma di indennit� di espropriazione, la quale non ha per oggetto la integrale riparazione di tutti i danni eventualmente sofferti dal privato in dipendenza dell'esproprio, perch� essa dovr� imputare a se stessa se, avendo trascurato di far ricorso alla procedura d'espropriazione, non consegue il vantaggio che avrebbe ricavato da quella procedura. �Ben diversa � la situazione che si presenta qualora, sia pure in pendenza del giudizio per risarcimento dei danni, promosso dal proprietario, intervenga il decreto di espropriazione del bene occupato abusivamente. Anche in tal caso, come hanno precisato queste Sezioni Unite con la ricordata sentenza n. 3204 del 1959, il decreto di espropriazione non ha efficacia di sanatoria per l'illegale situazione pregressa, perch� vale sempre il principio, secondo il quale il momento di trasferimento del bene espropriato coincide con la data del decreto di espropriazione. Tuttavia detto decreto spiega tutta la sua efficacia costitutiva per l'avvenire in relazione a tutti gli effetti che la legge sull'espropriazione per pubblico interesse vi riconnette: non solo quindi dalla data del decreto si overa il trapasso della propriet� del bene in capo all'ente occupante, ma tale trapasso � coordinato -in aderenza allo schema legislativo -con una controprestazione a carico del predetto ente, ilcui ammontare � rappresentato dall'indennit� di esproprio fissata nel decreto, ovvero, in caso di opposizione, da parte degli organi speciali previsti dalle leggi sull'espropriazione. Tale affermazione trova, nel piano teorico, la propria giustificazione nel principio, gi� affermato, �della funzione specifica della indennit� di espropriazione. Per ritenere che la competenza del giudice ordinado adito per la liquida~ zione del danno da occupazione abusiva assorba l'efficacia della procedura di esproprio nella parte relativa alla determinazione della indennit�, bisognerebbe poter affermare che, malgrado l'intervenuto decreto, ed anche quando non venga in discussione lo stesso potere di espropriazione, persista il carattere abusivo dell'occupazione del bene da parte dell'ente espropriante. �P�ich�, al contrario, il decreto di esproprio, operando il trapasso di propriet� del b:me, fa cessare quel carattere abusivo, ne discende che, dalla data di quel decreto, viene a mancare anche la ragione di ulteriori danni per il proprieta�'i� e la_ competenza del giudice ordinario a valutare le istanze di danni per il periodo successivo al decreto di espropriazione. Una pronuncia da parte del giudice ordinario, sia pure sotto l'apparenza di un risarcimento dei danni, sulle conseguenze econo .....:... 80 ~ miche del decreto di esproprio, al di fuori dello schema dell'indennit� di espropriazione, si risolverebbe in una nuova valutazione di quel valore di scambio del bene espropriato che deve essere, invece, fissato esclusivamente secondo i criteri predeterminati delle leggi sull'espropriazione e dagli organi dalle stesse leggi previsti. �Intervenuto, dunque in pendenza del giudizio per danni intentato dal privato il decreto di espropriazione del bene gi� indebitamente occup~to �in pregiudizio del privato medesimo, .il giudice deve contenere la liquidazione del danno esclusivamente in relazione al periodo precedente al decreto di esproprio ed il criterio che deve presiedere alla liq"Q.idazione non � unico, ma pu� variare a seconda della concreta fattispecie. Di regola quel danno consister� nella mancata percezione, da; parte del proprietario, del reddito che egli avrebbe potuto ricavare dal bene. Nulla vieta, peraltro, che qualora il proprietario dimostri che, in conseguenza dell'oc-� cupazione, da lui illegittimamente sofferta egli non potette realizzare concrettl occasioni per la vendita del bene o altrimenti conseguire finanziamenti o trarre altri benefici, il giudice di �merito liquidi, a titolo di danno, la perdita che in concreto il proprietario abbia subito, e tale perdita, nella ipotesi limite, potr� anche essere pari all'importo che, tenuto conto degli eventuali vincoli gi� esistenti sull'immobile (ad esempio in conseguenza di piano regolatore) il proprietario avrebbe potuto ricavare dal bene, prima dell'intervenuto decreto di espropriazione, qualora non fossero state eseguite le opere di trasformazione. In tal caso, come � intuitivo, il proprietario, se avesse realizzato il valore del bene attraverso la vendita, non avrebbe potuto realizzare altro utile, onde dall'ammontare del danno, liquidato secondo gli indicati criteri, anqrebbe comunque detratto l'importo dell'indennit� fissata nel decreto di espropriazione o nella eventuale contestazione giudiziale. Il danno da occupazione abusiva delle aree, dunque, potr� essere anche rappresentato, anzich� dal mancato reddito, dalla differenza tra il valore venale e l'indennit� di espropriazione, ma ci� non gi� perch� tale determinazione sia in re ipsa, ma unicamente allorch� la prova dell'esatto ammontare sia fornita dal creditore, che non ha potuto disporre in concreto del bene, per esserne stato impedito dall'occupazione abusiva (art. 2043 e 2697 e.e. �Ove, anche in mancanza di dimostrazione dei danni effettivamente conseguiti dal proprietario, per effetto di tale occupazione, il giudice ordinario gli attribuisse, in aggfunta all'indennit� ed ai frutti non percetti, la differenza tra il valore venale del bene e l'indennit� stessa, come si invoca dalla societ� ricorrente, tale liquidazione urterebbe contro i principi� dianzi ricordati e si ridurrebbe, in ultima analisi, nell'annullamento del decreto di espropriazione nella parte relativa all'indennit� per la privazione del bene, ad opera di organo diverso da quello cui la determinazione � demandata per legge, creandosi, in tal modo, un ingiustificato conflitto. �Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione dell'art. 2 della legge 20 marzo .1865, n. 2248, ali. E, sull'abolizione del contenziono amministrativo, dell'art. I C.p.c. e dell'art. II della legge 24 marzo 1932, n. 355, che approva il piano regolatore della citt� di Roma, e lamenta omessa pronuncia e omessa motivazione su di. un punto decisivo della controversia (art. 360, n. 1 e 5 C.p.c.). �Si assume che, avendo la Societ� Costruzioni fatta opposizione al decreto di espropriazione deducendo il difetto assoluto del potere di espropriazione (per le ragioni indicate nel coevo ricorso per regolamento di giurisdizione), la Corte di merito, che ha disatteso la domanda principale di risarcimento del danno, basandosi sul decreto di espropriazione emanato nelle m0re del giudizio, non avrebbe potuto, a rigore, fare a meno di pronunciarsi sulla dedotta illegittimit� del su citato provvedimento, da cui dipendeva l'efficacia della pronuncia di espropriazione. �Anche tale motivo � infondato e la dimostrazione coincid� con quanto questa Corte _ha posto a fondamento della motivazione della contemporanea sentenza che rigetta il ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione. Sebbene risponda al vero che la societ� ricorrente ebbe a chiedere, nel giudizio di merito, in via subordinata, la dichiarazione di inefficacia del decreto presidenziale di approvazione della variante del piano, la Corte di merito mai avrebbe potuto dichiarare illegittimo il decreto prefettizio di espropriazione, precisamente in forza degli articoli 4 e seguenti della legge abolitiva del contenzioso amministrativo invocati nel , ricorso. Invero il decreto prefet~izio di espropriazione � stato emanato in forza della variante al piano regolatore di Roma, .disposta con D.P.R. 3 aprile 1948, con la quale si destinavano a strade le aree della Societ�, Costruzioni, ma la pretesa illegalit� della variante avrebbe potuto essere fatta valere solo dinanzi al giudice amministrativ,o. Ci� per il principio, pi� volte affermato e ricordato nell'altra sentenza emessa tra le stesse parti, per cui, in tema di potere di espropriazione per pubblico interesse, deve ritenersi che l'esistenza della legale dichiaraziane di pubblica utilit� � un presupposto dell'esercizio del potere previsto dallo art. 834 C.c. a tutela del diritto di propriet�, onde la sua inesistenza, di fatto o giuridica, pu� essere dedotta davanti al giudice ordinario per far valere la conseguente illegittimit� del decreto di espropriazione, che sia stato tuttavia emanato, al fine del risarcimento del danno; mentre se la dichiarazione esiste (e, nella specie, esiste), ma � illegittima (per incompetenza relativa, violazione di legge o eccesso di potere), essendosi tuttavia verificata, data la sua esistenza, la.sua funzione di tutela del diritto, ma essendo violato soltanto un limite previsto per la tutela dell'interesse pubblico e dell'interesse legittimo, l'illegittimit� pu� essere fatta valere davanti al� giudice amministrativo (Sezioni Unite, n. 3583 del 1959; 3457 del 1958; 173 del 1957). �.A. tali esatti criteri si � sostanzialmente ispirata la Corte di merito che, nel rispettare ie corQ..Pe::_ tenze dell'autorit� giudiziaria oridnaria e di quella amministrativa, non � incorsa in alcuna omissione di pronuncia o di motivazione su punti decisivi della controversia. �Il ricorso della Societ� Costruzioni va pertanto rigettato con� le sonseguenze di legge �. -81 IMPOSTA DI SUCCESSIONE -Riscossione -Dichia� razione di fallimento post mortem -Creditori del fallito -Preferenza sul credito per imposta di suc� cessione. IMPOSTA DI SUCCESSIONE -Liquidazione -Dichia� razione di fallimento post m 0rtem -Deduzione del passivo -In base ai criteri e alle prescrizioni di cui alla legge sulla imposta di successione. (Corte di. . Cassazione, Sezione I, sent. 4 agosto' 1960, n. 2292 - Pres.: Fragali; Est.: Del Conte; P. M.: Trott~ (conf.); Amministrazione delle Finanze c. Andreanelli e fallimento Andreanelli e Frabboni). I vantaggi che gli artt. 2758 e 2772 O.e. attribuiscono ai creditori separatisti, di fronte ai credito dello Stato per imposta di successione devono ritenersi estesi, in base all'art. 11 della le~ge fallimentare, ai creditori del fallito post mortem. . Nel caso di fallimento post mortem la consistenza della eredit� ai fini della imposta di successione deve valutarsi secondo le speciali norme tributarie stabilite dagli artt. 45 e 50 legge 30 dicembre 1923, . n. 3270, con la deduzione cio� del passivo da attuarsi s?ltanto nei termini, nei tempi e nei modi da queste rigorosamente prescritti. Con la sentenza riportata la Cassazione decide che nel caso di fallimento post mortem, la consistenz~ della eredit� ai fini della imposta di successione deve 1!alutarsi secondo le speciali norme tributarie stabilite dagl~ artt. 45 e 50 legge 30 dicembre 1923, n. 3270 (1), e cio� con la deduzione delle passivit� solo nei termini, nei tempi e nei modi da queste rigorosamente prescritti, e senza tenere conto delle risultanze della procedura concorsuale e quindi non in base unicamente alle attivit� residuate all'erede a seguito aella chiusura del fallimento. Ed anche evidentemente in vista della importanza della decisione il Foro Itallano, con ammirevole sollecitudine, ne cura la divulgazione inserendola nel fascicolo pubblicato il 20 seitembre, e quindi a distanza di appena un mese dal suo deposito, ma con sorpresa omette di segnalare, nelle sempre accurate note di richiamo ai precedenti, che la pro�nunzia, nel rinnegare l'opinione contraria erroneamente sostenuta con pervicace costanza da oltre un trentennio, segna una decisa svolta nella elaborazione giurisprudenziale, col prestare di nuovo adesione alla interpretazione fatta gi� propria con tanta. esattezza dalla Cassazione di Roma nelle sen-. (1) Cfr. anche ultimamente il disegno di legge n 879 d'iniziativa del senatore Bussi, dal titolo Modifica dell'art. 4 della legge 12 maggio 1949, n. 206, contenente n?rme per ~a deduzione di passivit� agli effetti dell'imposta di suc?es.~ione: c~m .la J?roposta diretta ad equiparare ap.e . dtch1~raz1on~ r1lasc1ate da pubbliche arnministraz, 10m, .ag;h e~ett1 del~a dol:'.umentazione necessaria per 1arn:n1ss10ne ~detrazione d1 passivit� per la liquidazione dell'imposta d1 successione, le dichiarazioni di debito rilasciate dal servizio per gli elenchi'nominativi dei lavoratori e per i contributi unificati in agricoltura e dalla 9assa. nazionale i~piegati agricoli e forestali, approvato il 9 giugno 1960 m sede deliberante dalla Commissione Finanze e Tesoro del Senato, e quindi trasmesso al Senato con il n. 1296. tenze 4 maggio 1889 (in Foro It., 1889, I, 1263), 4 e 18 febbraio 1902 (in Foro It., 1902, I, 349 e 696). Con inizio dalla sentenza 16 novembre 1931 (in Foro It., 1932, I, 169) la Cassazione h� infatti insegnato che la dichiarazione di fallimento del commerciante defunto non � equiparabile a tutti gli ef/etti alla separazione del patrimonio del defunto da quello dell'erede, in quanto non sussiste per la dichiarazione la necessit� della iscrizione .del credito sopra ciascuno degli immobili, n� � ad essa applicabile la disposizione eccezionale dell'ultimo capoverso dell'art. 1962 O.e. (ora art. 2758 e 2772), che antepone al credito privilegiato dello Stato per la tassa di successione le ragioni dei creditori del defunto che abbiano esercitato il diritto alla separazione dei patrimoni. Ma il diritto dello Stato per la riscossione della tassa di successione, pur godendo del privilegio sui beni ereditari, va esercitato contro l'erede. E, conseguentemente, nel caso di fallimento dichiarato post mortem, la Finanza non pu� pretendere il pagamento della tassa dalla massa fallimentare, ma soltanto dall'erede qualora, chiuso il fallimento, sia venuto in possesso di qualche attivit�, in quanto � da ritenersi intuitivo che, ove non abbia a verificarsi alcun trasferimento di beni dal defunto all'erede, venga a mancare addirittura la materia tassabile. E nel detto orientamento si insiste nella maggior parte delle pronuncie successive, nonch� dalle stesse decisioni della Commissione Centrale delle Imposte insegnandosi .che la imposta di successione rientra nella categoria dei tributi indiretti e si giustifica con la presunzione dell'aumentata capacit� patrimoniale del contribuente per effetto della successione nell'eredit�, e quindi presuppone un incremento patrimoniale per l'erede, un suo arricchimento �mediante un effettivo trapasso di beni. Ed � infatti per questo che la legge fissa l'imponibile al �netto delle passivit� e con varie disposizioni sospende i termini della denuncia ed il paO'amento dell'imposta quando all'accettazione dell'er:dit� non corrisponde alcun trasferimento di beni (artt. 53, 58, 64 legge sulle successioni). E da tanto si crede quindi di dover dedurre che se l'incremento patrimoniale viene a mancare perch� interviene il fallimento ad attuare la separazione del patrimonio del de cuius da quello dell'erede per destinare il primo a soddisfare i creditori del defunto, vien� meno la stessa materia tassabile od almeno essa si riduce a quelle attivit� che eventualmente potranno residuare a favore dell'erede alla chiusura del fallimento, con la conseguenza che l'imposta debba essere commisurata al solo supero dell'attivo . . Ben diversa era stata invece .l'opinione a pi� riprese espressa dalla Cassazione di Roma, secondo cui nei rapporti con la Finanza anche nella eredit� aocettata con beneficio d'inventario non sono detraibili i debiti che non risultano provati nei modi.prescritti dalla legge, e la detrazione dei debiti per la liq~dazione della tassa di successione deve sempre farsi con le norme stabilite dall'art. 54 della legge del registro, anche quando si tratti della successione di un fallito, s� che non sono detraibili i debiti � non giustificati a quel modo, sebbene regolarmente ammessi al passivo del fallimento nella verificazione dei crediti. Con la sentenza che riportiamo la Cassazione, rinnegando gli immediati precedenti di giurisprudenza, si dichiara di nuovo sostenitrice de~la oramai lontana opinione della Cassazione di Roma, e di questo suo ravvedimento d� una irrefutabile dimostrazione che lascia perplessi sul come si sia potuto cos� a lungo perseverare nell'errore. Con meravigliosa lucidit� si osserva dal Supremo Collegio che invero, il fatto che il fallimento post mortem accerta uno stato d'insolvenza indubbiamente anteriore o contemporaneo alla morte, confermato dalla successiva verifica dei crediti, e quello che l'erede, spogliato dei ��beni dal fallimento, nulla in sostanza apprende dalla eredit� se non l'eventuale residuo, sono argomen~ i che potrebbero aver valore soltanto se il sistema tributario italiano non fosse, come � risaputo, ispirato spesso a deviazioni anche gravi dai principi di diritto comune, determinate dall'esigenza di tutelare .l'Erario contro il pericolo di frodi fiscali, e se, in particolare, a tal fine, la legge tributaria non contenesse delle norme che stabiliscono tassativamente quali sono le passivit� detraibili in materia d'imposta di successione, nonch� infine se fosse esatto il presupposto che tale imposta colpisce soltanto l'effettivo aumento di ricchezza dell'erede. . � sufficiente al riguardo osservare che, per lo art. 45 della legge sull'imposta di successione, sono ammessi in deduzione a.all'asse ereditario solo i �debiti certi e liquidi, risultanti da sentenza passata in giudicato, purch� la data di pronuncia sia anteriore all'apertura della successione; in modo che, se pure la esistenza di un debito sia accertata con sentenza passata in giudicato, ove questa sia stata emessa posteriormente all'apertura della successione, il debito stesso non pu� essere ammesso in deduzione. La imposta, in tal caso, colpisce un incremento di ricchezza che, secondo i principi di diritto comune, non esiste, perch� escluso da una sentenza passata in giudicato. Ed a fortiori non potrebbe avere rilevanza ai fini fiscali l'accertamento di un debito risultante dalla verifica fallimentare, ove tale accertamento si riferisce ad un debito non deducibile secondo la legge tributaria. Il rigore di questa legge. nei riguardi delle deduzioni delle passivit� rende evidente che l'imposta non� � commisurata all'effettivo aumento di ricchezza dell'erede, ma alle attivit� ereditarie, diminuite delle sole passivit� accertate in conformit� ai criteri stabiliti dalla legge medesima. Del resto, l'art. 1 della legge sulla imposta di successione contiene una norma generale che conferma esplicitamente tale interpretazione, quando stabilisce che �le trasmissioni della propriet�, dell'usufrutto, dell'uso o godimentO di beni o di altro diritto, che si verificano per causa di morte, sono soggette alla imposta di successione, per il loro ammontare netto dalle passivit�, secondo le norme stabilite dalla presente legge �. Inoltre, se fosse esatto che l'imposta di successione colpisce solo l'effettivo aumento di ricchezza dell'erede e che, quindi, nel caso di separazione operata dal fallimento post mortem, l'imposta debba essere applicata in base soltanto all'eventuale residuo conseguito dall'erede, l'istesso dovrebbe dirsi anche in ogni altra ipotesi di separazione, e quindi anche nel caso di separazione dei beni del defunto da quelli dell'erede. Ma allora la norma degli articoli 2758 e 2772 O.e. non avrebbe ragion d'essere, perch�, dovendo l'imposta di success�One avere esistenza soltanto dopo il soddisfacimento dei creditori separatis;ti, non vi sarebbe alcuna possibilit� che il privilegio per l'imposta possa danneggiare costoro. Se invece la norma ha il fine di evitare �che i suddetti creditori possano ricevere pregiudizio dal credito privilegiato dello Stato per l'imposta di successione, ci� implica che la liquidazione dell'imposta stessa deve avvenire anche in tal caso nei termini e con le modalit� stabilite dalla legge tributaria, indipendentemente dall'esito della procedura volta a soddisfare le ragioni dei creditori del defunto. Infine, va osservato che la legge sulla imposta di successione, quando ha voluto che, ai fini della liquidazione dell'imposta, si dovesse tener conto delle risultanze della. procedura fallimentare, lo ha previsto espressamente,� come ha fatto nell'art. 31, con il quale ha stabilito che la presunzione della esistenza dei gioielli, danaro e mobilia, in deter minate percentuali, non si applica quando dall'in ventario fallimentare risulti invece la loro inesi stenza, ovvero un valore minore o maggiore. Quanto poi alla circostanza che, nella specie, la eredit� era stata accettata col b3neficio d'inven tario, si osserva che essa non ha alcuna influenza sul criterio da applicare per valutare le passivit� ereditarie, criterio che anche in tal caso resta quello stabilito dalle norme tributarie. Invero, nonostante l'accettazione col beneficio d'inventario, il chiamato alla eredit�, pur non essendo tenuto al pagamento dei debiti ereditari oltre il valore dei beni pervenutigli, � senz'altro erede, cio� titolare di tutti i diritti derivanti dalla eredit� e debitore di tutte le relative obbligazioni, con effetto dalla data dell'apertura della succes sione: onde il fallimento, posteriormente interve nuto, non elimina l'applicabilit� a quella data delle norme tributarie. Del resto, la legge tributaria all'art. 70, stabilendo che �l'erede beneficiato � tenuto a pagare l'imposta di successione soltanto con le attivit� a lui pervenute �, rende evidente che ci� che perviene all'erede � misura della sua responsabilit�, non della sua obbligazione, e che l'accertamento dell'ammontare della imposta � indi pendente dall'entit� delle attivit� pervenute allo erede. Se infatti l'imposta dovesse ragguagliarsi ad esse, la disposizione sarebbe superflua, in quanto, in tal caso, necessariamente l'ammontare dell'im posta non potrebbe mai superare il valore delle attivit� stesse, e si dovrebbe ritenere priva di un contenuto efficiente l'apposita norma diretta ad escludere l'obbligo dell'erede di pagare l'imposta con il suo patrimonio. La disposizione trova invece la sua giustifica zione nel fatto che, essendo possibile cb:e l'imposta, accertata con la deduzione delle sole passivit� pr��= � viste dalla legge; superi il valore delle attivit� residuate all'erede, questi in tal caso; senza la norma speciale, potrebbe essere chiamato a rispon dere con il suo patrimonio, dato che, secondo i prin� --83 .... cipi di diritto comune, la limitazione della sua recategorie creditorie viene a cessare ipso jure con sponsabilit� intra vires hereditatis riguarda soltanto il fallimento, perch� questo produce esso stesso una i debiti ereditari e non si estende anche all'imposta separazione ana].Pga a quella civile, e tutti i creche � un debito suo proprio e. non dell'eredit�. ditori considera alla stessa stregua, per l'esistenza La sentenza dedica per� anche la sua attenzione della par conditio. � ad altra questione, e cio� quella sulla portata ed effiE non pu� ritenersi che il legislatore, con la norma cacia del privilegio fiscale che assiste la .imposta di in questione, abbia inteso invece annullare ogni successione, nel caso di fallimento post mortem in effetto della separazione, perch� nessuna giustificarelazione alle ragioni dei creditori del fallito. zione potrebbe avere una par conditio attuata col Per gli artt. 2758 e 2772 O.e. i crediti dello Stato privare dei vantaggi della separazione i creditori per� i tributi indiretti hanno privilegio sui mobili e che l'hanno esercitata. Il ritenere che in seguito al sugl.i immobili ai quali il tributo si riferisce; ma il fallimento tutti i creditori si giovino dei benefici privilegio, per quanto riguarda la imposta di succesdella separazione, fa s� che essi sono posti nella sione, non ha effetto in pregiudizio dei creditori che medesima condizione di favore, senza distinzione hanno esercitato il diritto di separazione dei beni di sorta, con la conseguenza che, anche nel caso di del defunto da quelli dell'erede. E la Cassazione, eredit� confusa, hanno tutti la preferenza nei conaderendo alla pi� recente opinione giurisprudenziale, fronti dei creditori dell'erede, i quali concorrono ribadisce la esistenza di una identit� di effetti -soltanto sul residuo delle attivit� fallimentari, e in precedenza invece negata -tra separazione del con l'altra conseguenza che il privilegio dello Stato patrimonio del defunto da quello dell'erede e falliper l'imposta di successione � inopponibile al falliment� post mortem, per cui, mentre la prima produce mento e rester�, pertanto, sospeso fino alla chiusura l'effetto di sottrarre i beni del defunto .dal concorso della procedura concorsuale, quando potr� farsi dei creditori dell'erede, e rende inopponibile ai valere sul residuo spettante all'erede. creditori separatisti il privilegio per l'imposta di Si conclude quindi dalla Suprema Oorte affersuccessione, cos� il secondo implica l'esclusione del mando che il coordinamento degli artt. 2758 e 2772 concorso dello Stato, che per l'imposta di succesO. e. con l'art. 11 della legge fallimentare deve attuarsione � creditore dell'erede, e la inopponibilit� al si nel senso che restano estesi a tutti i creditori i fallimento del privilegio relativo all'imposta stessa. vantaggi che i citati due articoli attribuiscono ai E che separazione civile e fallimento post mortem, creditori separatisti. avendo entrambi lo stesso scopo di mantenere Ed anehe per queste ulteriori affermazioni eonteintatta a favore dei creditori del de cuius la garanzia nute in sentenza. abbiamo qui motivo di vivo compiacostituita dal suo patrimonio, producano effetti eimento, per �avere la identica tesi gi� noi sostenuto, . identici nei riguardi dei creditori stessi, � opinione ma con nessuna autorit�, nello studio su La dedu- al dire sempre della Cassazione -largamente zione delle passivit� dall'asse ereditario ai fini della accettata in dottrina, e fu gi� espressa dal relatore liquidazione della imposta di successione, pubblidella Commissione per l'abrogato codice di commer-� cato or non � molto nella Rivista trimestrale di �Dicio, osservando che �siccome lo scopo della dichia-� ritto e Procedura Civile� (1959, 1436). razione di fallimento � identico a quello attribuito Ma la enuneiazione del prineipio, eos� eome ripordall'art. 2055 O.e. alla separazione dei patrimoni, tato peraltro con esat,tezza dal Foro Itali�no, nel non pu� dubit~rsi che identici siano pure gli effetti senso che il privilegio fiscale per l'imposta di succesin relazione alla massa dei creditori� (verb. n. 765). sione � inopponibile ai creditori del fallito post Anzi, si � affermato, finanche, che la differenza fra mortem, senza aleuna precisazione o limitazio~e, i due istituti consiste soltanto nel fatto che, mentre laseia aisolutamente perplesso l'interprete in quanto, la separazione operata dal fallimento si verifica per poter corrispondere al vero, avrebbe dovuto essed'ufficio a favore di tutti i �reditori del de cuius re statuito e formulato nel senso ehe godono di prelanel termine di un anno e subordinatamente alla zione e preferenza nei confronti del credito dello Stato prova dello stato d'insolvenza, la separazione civile � per imposta di successione i soli debiti del fallito ehe � effettuata nel termine di tre mesi a favore solsiano stati anche ammessi in deduzione dall'attivo tanto dei creditori che l'hanno domandata e senza in sede di liquidazione dell'imposta. essere subordinata alla prova anzidetta. . La Cassazione, con molta precisione, rimedia alla L'ultimo comma dell'art. 11 della legge fallimentare, inesattezza giuridica della Corte di merito (App. con lo stabilire che con la dichiarazione di fallimento Bologna, 22 maggio-1958, in Foro It., 1959, I, cessano di diritto gli effetti della separazione dei beni 1198), che con ulteriore perseveranza neli'errore aveva ottenuta dai creditori del defunto, al dire della aneh'essa deciso nel senso che in caso di fallimento Cassazione, rende evidente che il legislatore ha post mortem l'imposta di successione � dovuta dalinteso evitare la coesistenza delle due procedure, l'erede sull'eventuale supero attivo conseguito dopo attribu.endo in via generale alla dichiamzione di la liquida?<ione e la ripartizione delle attivit� tra i fallimento gli stessi effetti della separazione. Con creditori del defunto, e non sul patrimonio relitto quest'ultima norma, in tal modo, si sono risolte con la deduzione del solo passivo risultante al le perplessit� e le discordanze che si erano verimomento dell'apertura della successione;.. ma non ficate nella interpretazione della legislazione antesi aeeorge che, riconoscendo indiscriminatamente un riore sul se il fallimento post mortem importasse o diritto di preferenza sul credito dello Stato per la meno la cessazione della preferenza dei creditori imposta di successione a tutti i creditori del fallito separatisti nei confronti dei non separatisti, stapost mortem, d� indirettamente la possibilit�, oonbilendo che la diversa situazione giuridica delle due traddicendosi con il principio prima enunciato, ehe -84 tutto il passivo ereditario, e quindi vuoi quello ammesso v.uoi quello non ammesso in detrazione in sede di liquidazione dell'imposta sulla base ed in applicazione dei criteri rigorosamente stabiliti dalla legge fiscale, trovi poi indiretto mezzo di detrazione dall'attivo, perch�,� se deve essere soddisfatto tutto con preferenza e priorit� sulla imposta di successione, condanna quest'ultima a quasi sicura incapienza. La finalit� della legge, quella cio� di impedire che possano andare in detrazione dall'attivo passivit� fittizie e inesistenti, con la conseguente riduzione del tributo o addirittura con il suo annullamento in vista del possibile venire cos� meno di un residuo attivo e quindi della base stessa imponibile, viene infatti senz'altro frustrata se, pur liq1ddatasi la imposta su un determinato attivo che non ha potuto subire riduzioni che superino l'importo delle sole passivit� a.mmesse in detrazione, venga poi essa condann.ata ad incapienza ove a quelle passivit� non ammesse in detrazione �si garantisca comunque una priorit� e poziorit� di soddisfacimento sull'attivo di fronte alla imposta di successione; E se la Magistratura, che ha pure dato con la sentenza riportata chiaro segno di ravvedimento sulla soluzione giuridica dell'altra questione presa in esame, non dovesse essere anche disposta a compiere l'ulteriore passo interpretativo, imposto dalla ineluttabile esigenza della logica, che vuole si limiti il diritto di pr.iorit� di soddisfacimento sulla imposta di successione ai soli debiti del fallito post mortem che siano stati ammessi in deduzione dall'.attivo in sede di liquidazione dell'imposta, saremmo con amarezza costretti a dire che � stata vana l'affermazione, peraltro luminosa, contenuta nella sentenza in esame, in merito alla necessit� che anche in caso di fallimento post mortem l'accertamento del passivo da dedurre ai fini della liquidazione della imposta di successione debba avere luogo in conformit� ai tassativi e drastici criteri stabiliti dalla legge fiscale. � GIUSEPPE AZZARITI LEGGI -Costituzione della repubblica -Leggi non contenenti norme generali ed astratte -Previsioni della Costituzione -Non tassativit� -Leggi di appro-. vazione e di autorizzazione di contratti tra .lo Stato e privati -Costituzionalit� -Conferimento di vali dit� ed efficacia ai contratti -Deroga alle norme imperative preesistenti. (Corte di Cassazione, Sent. n. 1369/60, Sezione I -Pres.: Cataldi; Est.: Rossano; P. M~: Criscuoli (conf.); Amministrazione Finanze dello Stato -Comune di Bari).. Le previsioni nella Costituzione di leggi, che non contengono norme generali ed astratte, non hanno carattere tassativo. Sono, quindi, ammissibili altre ipotesi non previste dalla Costituzione. Pertanto non sussiste inconciliabilit� tra l'attuale ordinamento costituzionale e l'art. 21 della legge sulla contabilit� dello Stato, secondo cui debbono essere autorizzati con legge i contratti tra lo stato ed i privati relativi a trasferimenti di immobili e nemmeno pu� considerarsi incostituzionale la legge di approvazione di tali contratti, emessa con riferimento al citato articolo. Il contenuto di una legge formale �con la quale sia approvato un. contratto, e stipulato tra lo Stato e i privati (nella specie t:r'�ttavasi di un contratto intervenuto fra lo Stato ed un Comune, con il quale mediante transazione, permuta ed alienazione di beni patrimoniali dello Stato, erano stat"l regolate (transat' ivamente) le questioni riguardanti alcuni arenili), rivela il preciso intento di conferire validit� ed efficacia giuridica al contratto. Tale validit� ed efficacia non sono condizionate alla conformit� a preesistenti norme giuridiche imperative (nella specie, a quelle dell'art. 94 della legge del registro circa l'onere dell'imposta), in quanto le leggi con contenuto generale ed astratto non delimitano a priori il contenuto e la efficacia giuridica delle leggi formali, non sussistendo una graduazione gerarchica tra le leggi, la quale non � prevista dalla Costituzione. Pertanto, il contratto approvato con legge formale, � vincolante, in forza della legge di approvazione, la quale ne afferma insindacabilmente, anche in deroga a norme imperative preesistenti, la sua conformit� all'ordine giuridico. L� Corte ha cos� motivato: (<Il ricorso e destituito di fondamento giuridico. �Sebbene l'assunto di incostituzionalit� della legge di approvazione dei contratti conclusi dallo Stato sia dedotto nella meinoria, n� si ritenga di sollevare di ufficio la questione, ai fini della rimes sione alla Corte costituzionale �per la sua palese infondatezza, occorre tuttavi~ accennare alle ra gioni di tale infondatezza, in quanto influiscono a chiarire la questione centrale del ricorso, dei limiti cio� di efficacia della legge di approvazione di cui si discute. �Il principio secondo cui le leggi debbono contenere le norme generali e astratte non � affermato dalla costituzione, la quale contempla una disciplina giuridica meramente formale delle leggi. �Esso � tuttavia presupposto della stessa divisione costituzionale dei poteri, ma, in mancanza di una norma costituzionale che ne stabilisca giuridicamente l'inderogabilit� assoluta, ha natura politica e non esclude che eccezionalmente le leggi possono contenere provvedimenti concreti, per una connessione con interessi generali, da valutarsi politicamente dagli organi legislativi. Tale natura del principio induce a ritenere che le previsioni della costituzione di leggi che non contengono norme generali e astratte -come leggi di approvazione del bilancio e del rendiconto consuntivo (art. 81) leggi che ratificano trattati intern.azionali (ar';, 80), leggi di espr priazir ne di de erminate imprese (art. 43) -non abbiano carattere tassativo e siano quindi ammissibili altre� ipotesi non previste dalla costituzione. �Non sussiste dunque inconciliabilit� tra l'attuale ordinamento cos.tituzionale e l'art. 21 della legge sulla contabilit� dello Stato, secondo cui debbono essere autorizzati con legge i contratti tra -85 ' lo Stato e i privati, relativi al trasferimento di immobili, e nemmeno quindi, pu� considerarsi incostituzionale la legge di approvazione di cui si discute emessa con riferimento a detto articolo. �Oi� posto, occorre considerare che la costituzione, in �quanto non delimita il contenuto normale delle leggi nel senso di norme generali e astratte, non distingue nemmeno la loro efficacia con riguardo alla distinzione fra leggi sostanziali e leggi formali, ma, poich� l'efficacia delle leggi consiste nella �possibilit�� di innovare l'ordine legislativo preesistente, e quindi attiene proprio al loro contenuto deve stabilirsi, con riguardo al contenuto della singola legge, se il mutamento sussista, e quale sia: da tale indagine pu� risultare un'innovazione tipica generale e astratta, o nessuna innovazione, o anche un mutamento limitato a una fattispecie considerata. come una deroga a una preesistente previsione di nullit�, rispetto a un contratto approvato; conseguentemente, in cia,scuna ipotesi � precisato il valore della sua legge, cio� la sua insindacabilit� ' e il dovere di applicarla. �Ora il contenuto della legge di cui si discute: Ǐ approvato l'atto 5 giugno 1952, n. 314 rep. stipulato presso l'intendenza di finanza di Bari, con il quale mediante transazione, permuta ed alienazione di beni patrimoniali dello Stato sono state regolate (transattivamente) con il Comune di Bari, le questioni riguardanti gli arenili siti in detta citt� in localit� Porto Nuovo e Filiscene � rivela il precis� intento di conferire validit� ed efficacia giuridica al contratto; lo dimostra l'esplicit�. qualificazione di transazione e il riferimento della solu zione, con essa, di tutte le questioni insorte. Ritenere che quella validit� ed efficacia di un singolo patto siano tuttavia condizionate alla conformit� a preesistenti norme giuridiche imperative (nella specie a quella dell'art. 94 della legge del registro circa l'onere dell'imposta) significa in realt� presupporre che le leggi con contenuto generale e astratto delimitino a priori il contenuto e l'efficacia giuridica delle leggi formali, che sussista cio� una gradazione gerarchica fra le leggi, la quale non � prevista dalla costituzione. �Ne � esatto che, riconoscendo validit� ed efficacia al contratto, si riconosca ad e~so l'efficacia di una norma giuridica. Il contratto � vincolante come tale tra lo Stato e quindi anche tra l'Ufficio del Registro, suo organo, e il Comune di Bari, che lo conclusero in forza della legge di approvazione, che ne afferma insindacabilmente, in deroga al sin golo suindicato precetto della legge di registro, la sua conformit� all,'ordine giuridico. �Neppure � giustificato il riferimento all'art. 113 della Oostituzione. Questo afferma l'inderogabilit� della tutela giurisdizionale dei diritti soggettivi e degli interessi legittimi; ovviamente non esclude ehe il legislatore, in una singola fattispecie contrattuale, conferisca validit� alla rinuncia ad un diritto pattuito dai contraenti �. Per una pi� completa conoscenza della questione, riteniamo opportuno riportare integralmente la memoria difensiva dell'AvvocatUJra. �Le questioni, che con il presente ricorso si sottopongono all'esame della Corte Ecc.ma e sulle quali non constano precedenti giurisprudenziali, sono di una estrema delicatezza ed importanza, potendo la soluzione 'di esse avere notevole ripereussione sia sul principio della separazione dei poteri dello Stato, sia, sulle garanzie giurisdizionali e costituzionali dei diritti dei cittadini verso la Pubblica Amministrazione e dei poteri della stessa Pubblica Amministrazione, e possono cos� enunciarsi: in linea principale ed in ipotesi se, vigente la Costituzione repubblicana, possa un contratto dello Stato esser approvato con legge, e in caso positivo, con. quali effetti rispetto all'efficacia formale delle norme del contratto approvato ed alla tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi del privato contraente; in linea subordinata, e in tesi, se la legge 15 maggio 1954, n. 261, che ha approvato il con-� tratto stipulato il 5 giugno 1952 fra l'Amministrazione demaniale e il Comune di Bari, abbia attribuito valore di legge alle norme del contratto e, in particolare, all'.art. 19 �di esso, contrastante con le disposizioni dell'art. 94 della legge di registro e che la sentenza impugnata ha, perci�, ritenuto in deroga alla precitata norm�. �Le anzidette questioni� furono ampiamente dibattute, vigente lo Statuto albertino, sia anteriormente alla legge 31 gennaio 1926, n. 100, sia in occasione della entrata in vigore di questa legge, la quale, rom'� noto, all'art. 2 dispose che i contratti dello Stato, quando da una legge speciale ne fosse prevista l'approvazione per legge, fossero approvati con decreto reale. �Anteriormente all'entrata in vigore della citata legge 31 gennaio 1926, .n. 100, com'� noto, l'intervento del legislatore nei contratti dello Stato, piuttosto frequente, aveva luogo in varie ipotesi; quando il contratto importasse oneri non previsti in bilancio; quando limitasse diritti del cittadino o, importasse deroghe al diritto vigente, quando, infine, il Governo intendesse discaricarsi di responsabilit� (M)NETT�: Manuale di �ontabilit� di Stato, 1959, p. 85; id. Corso... 1937, p. 123; SALTELLI: Poter.e esecutivo e norme giuridiche. La legge 31 gennaio 19:!6, n. 100 commentata e illustrata, pp. 181, 193; INGROSSO: Prinaipi di Contabilit� di Stato, 1926, p. 180). �L'intervento del legislatore era di due� specie, totalmente diverse nelle cause e negli effetti: preventivo e successivo. Con l'intervento preventivo, frequente anche dopo l'entrata in vigore della legge 31gennaio1926, n. 100 e fino ai nostri giorni, il legislatore autorizza la Pubblica Amministrazione a stipulare un determinato contratto, rimuovendo uno o pi� limiti, formali o sostanziali, frapposti dalla legge alla normale capacit� contrattuale dell'Amministrazione stessa. In questa ipotesi il contratto, stipulato da organi della Pubblica Amministrazione, resta indiscutibilmente un negozio bilaterale di diritto privato. � Gli atti del Governo e le obbligazioni, che ne derivano in questa ipotesi :~ -osservano il Saltelli e l'Ingrosso (loc. cit.) -sono sottoposti alla garanzia giurisdizionale per la difesa dei diritti, che sono sorti a favore dei soggetti, coi quali lo Stato .ha contrattato �. -8'6 �Con l'intervento successivo invece, il legislatore approvava il contratto, predisposto dal privato e dalla Pubblica .Amministrazione. Ma in questa ipotesi l'opinione della dottrina era discorde, come lo era, e in minima parte lo �, a proposito degli effetti della legge di bilancio, che � l'esempio scolastico di legge formale. Alcuni autori, quelli, cio�, favorevoli alla distinzione fra legge formale e legge sostanziale (ESPOSITO: La validit� delle leggi, 1934, p. 183), ritenevano che, anche in tale seconda ipotesi, il contratto restasse un negozio giuridico bilaterale e che l'efficacia delle sue norme derivasse esclusivamente dal vinculum iuris e dal consenso validamente manifestato dalle parti contraenti. Altri, invece, fra cui il Mortara (Commentario, p. 99); negando I.a distinzione fra legge formale e legge sostanziale, ritenevano che in questa seconda ipotesi la legge di approvazione attribuisse efficacia di legge alle norme contrattuali con le conseguenze, poste in luce dall'Ingrosso e dal Saltelli (loc. cit.), che in tal modo il consenso del privato contraente era irrevocabilmente acquisito e questi, di fronte al contratto perfezionato o formato con legge, non aveva rimedio alcuno per ottenere la garantia dei propri diritti. �A queste conseguenze che oggi appaiono, al lume della vigente Costituzione repubblicana, del tutto aberranti, la giurisprudenza non � mai pervenuta, soffermandosi a considerare piuttosto la intenzione del legislatore. Nella famosa sentenza 12 febbraio 1895 la Cassazione di Roma, infatti, ritenne che la legge di approvazione delle convenzioni ferroviarie 27 aprile 1885 avesse attribuito alle norme di queste, efficacia di legge perch� il Parlamento le aveva ampiamente discusse, approvate e sanzionate, facendole, quindi, proprie. La Corte di Appello di Trani, con la sentenza 9 agosto 1895 (in Rep. F. I., 1896, voce Amministrazione pubblica, n. 13), ritenne che la approvazione data con legge ad un contratto (nella specie stipulato fra lo Stato e l'Amministrazione Capitanata) non avesse mutato i rapporti contrattuali, dovendo attribuirsi alla legge di approvazione una funzione meramente tutoria, sia pure espressa in forma legislativa. �L'art. 2 legge 31 gennaio 1926, n. 100 sostitul il deereto reale alla legge, abrogando l'art. 21 della legge di contabilit� generale dello Stato, ma la esigenza dell'intervento legislativo � rimasta ferma per i contratti, che importano oneri non previsti in bilancio o deroghe al diritto vigente. Essa, come si � detto, � stata finora soddisfatta con leggi, generali o speciali, di autorizzazione. * * * � Queste brevi premesse di carattere storico, che prescindono dal mutato ordinamento costituzionale, ci consentono di esaminare, altrettanto brevemente, le questioni sottoposte all'esame della Corte Ecc.ma, che, invece, vanno risolte alla stregua della vigente Costituzione repubblicana. �Diciamo subito che, a nostro avviso, l'art. 2 legge 31 gennaio 1926, n. 100, il quale intese rendere pi� netta la separazione dei poteri e fornire , pi� ampie garanzie al cittadino, che contratta con lo Stato, � tuttora in vigore ed anzi, al lume della vigente Costituzione, che ha indubbiamente ribadito il principio della separazione dei poteri, rafforzandolo con l'istituzione del coliflitto fra i poteri dello Stato, la risoluzione del quale � devoluta alla Corte Costituzionale, non tollera deroghe ed eccezioni. �A nostro avviso, cio�, nel vigente ordinamento non � pi� ipotizzabile o, quanto meno, � del tutto anomala l'approvazione per legge dei contratti stipulati dallo Stato e l'intervento del legislatore, quando� sia �necessario o sia ritenuto politicamente opportuno, deve esplicarsi esclusivamente nella forma preventiva dell'autorizzazione. �L'approvazione � una figura di atto essenzialmente amministrativo, privo di un suo contenuto dispositivo in ordine all'oggetto dell'atto approvato. Essa riflette sul piano del procediento il sistema dei controlli giuridici ed in particolare l'aspetto della � organizzazione statuale diretto ad assicurare il controllo interno ira gli organi, di guisa che il perseguimento di pubblici interessi, la cui cura � affidata alla specifica competenza di un determinato organo, viene in concreto subordinato nella sua operativit� al positivo giudizio, estrinsecato appnnto nell'atto di approvazione, di un altro organo a tal uopo sovraordinato o, comunque, distinto. Ma la fonte giuridica, che regola e disciplina il raggiungimento dell'interesse � l'atto del.l'organo, al quale ne � attribuita la cura e ne sono . di conseguenza ric�nosciuti i necessari poteri. �Indipendentemente dalla dibattuta questione sulla natura negoziale o meno dell'atto di approvazione, esso resta un quid iuris distinto dall'atto approvato, non costitutivo, ma soltanto condizionante dell'operativit� degli effetti giuridici, che, nell'oggetto e nel contenuto, sono determinati da quest'ultimo. Da ci� deriva, da una par.te, che la approvazione non pu� supplire e sanare la carenza di potere esercitato, con l'atto da approvare, dall'organo che lo pone in essere e, dall'altra, che l'approvazione, come atto avente ad oggetto un altro atto amministrativo, diretto al perseguimento di uno specifico interesse concreto � un atto sempre e sostanzialmente amministrativo. �Come tale, l'approvazione dei contratti dello Stato � riservata al potere esecutivo. �La vigente Costituzione repubblicana, come � comunemente ritenuto e come, peraltro, risulta espressamente dalle sue norme e dalla loro sistematica collocazione, ha recepito, garantendolo giurisdizionalmente, il principio della separazione dei poteri. Essa ha cura di precisare quali siano le funzioni legislative attribuite al Parlamento, cui � istituzionalmente devoluta la formazione delle norme giuridiche, ed ha cura, altres�, di precisare � quali di queste funzioni non legislative siano esplicate mediante legge, formale, di cui la Costituzione stessa determina il contenuto, i limiti e gli effetti. �-- �Il Parlamento, prescinden\].o dalla funzione legislativa, � competente a concedere l'autorizzazione a procedere contro i suoi colnponenti (art. 68 Cost.); delibera lo stato di guerra, che � poi dichiarato -�s1 --. dal Presidente della Repubblica (artt. 78 e 87 Cost.); approva i bilanci e il rendiconto consuntivo (art. 81 Cost.); pu� disporre inchieste (art. 82 Cost.); elegge il Presidente della Repubblica (art. 83 Cost.); pone in stato di accusa il Pesidente della Repubblica (art. 90 Cost.) e i Ministri (art. 96 Cost.); accorda o nega la fiducia al Governo (art. 94 Cost.); risolve la questione di merito se una legge region�i,le contrasti con gli interessi nazionali o con quelli di altre (art. 127 Cost.). �Di queste funzioni non legislative (amministrative o politiche), attribuite al Parlamento solo la approvazione dei bilanci � necessariamente e per antica tradizione data con atto, avente l'efficacia formale di legge; ma l'art. 81 Cost. ha cura di precisare, in conformit� della pi� recente ed autorevole dottrina, che questo atto, s � lo formalmente legislativo, non deve stabilire nuovi tributi e nuove spese, cio�, non deve contenere norme giuridiche. Con l'art. 81 la Costituzione si �, altres� adeguata all'insegnamento, ancorch� non recente, della giurisprudenza (Cassazione di Roma 8 novembre 1881, in Foro It., 1882, I, 3, 60 e 3 settembre 1896, cit. dal Mortara), la quale aveva escluso che la negata iscrizione in bilancio della spesa importasse estinzione di obbligazioni contrattuali validamente assunte, afferman�o in tale ipotesi il perdurare della giurisdizione ai fini dell'accertamento del diritto (negli stessi sensi si esprime l'Esposito, loc. cit:). �Con ci�, naturalmente, non vuol dirsi che l'atto legislativo, che approva il bilancio, non possa contenere anche espressamente norme giuridiche, nel qual caso si sarebbe in presenza di legge in parte formale e in parte anche sostanziale; si vuole solo affermare che, per effetto dell'atto legislativo di approvazione, non acquistano efficacia di norme giuridiche le disposizioni dell'atto approvato (bilancio), che resta un atto amminsitrativo contabile con riflessi politici. �Nel silenzio della Costituzione, la quale, d'altra parte, espressamente attribuisce al Governo la attivit� amministrativa ed al Presidente del Consiglio la funzione di assicurare l'unit� d'indirizzo amministrativo (art. 95 Cost.), e rigorosamente limita l'esercizio della funzione legislativa da parte del Governo (artt. 76 e 77) noi riteniamo, perci�, che sia, quanto meno, molto dubbio se il parlamento possa ancora approvare con legge i contratti dello Stato. �L'approvazione con legge, ancorch� si escludono -f:!, a nostro avviso, come si dir�, debbono necessariamente escludersi -gli effetti, che l'antica dottrina e la sentenza impugnata ad essa ricollegano, priverebbe non solo e non tanto la pubplica amministrazione del potere di autotutela, ma priverebbe anche i privati cittadini della tutela dei propri interessi legittimi lesi dall'atto di approvazione, venendo, cos� a porsi in evidente contrasto con l'art. 113 Cost. L'approvazione con legge, inoltre, eludendo il controllo della Corte dei Conti, violerebbe, altres�, ilprecetto contenuto nell'art. 100 della Costituzione. � A prescindere, comunque, da questa preliminare questione, che risolverebbe in apicibus la causa, ma la soluzione della qu<i.le non � per essa indispensabile, riteniamo che debba senz'altro escludersi -ammesso che l'intervento legislativo nei confronti dello Stato possa esplicarsi ancora, oltre che sotto la forma dell'autorizzazione, ool mezzo dell'approvazione -che, per effetto della legge di approvazione, legge meramente formale a cul � applicabile il precetto dell'art. 81 Cost., le norme del contratto diventino norme di legge (assurdo, peraltro, sarebbe, adottando questa ipotesi la registrazione -in concreto effettuata -della leggecontratto). �Questo fenomeno contrasterebbe con tutto il sistema costituzionale. �In primo luogo, esso priverebbe i cittadini �della tutela giurisdizionale dei propri diritti ed interessi legittimi, violando, come si � detto, l'art. 113 Cost. Il consenso del privato contraente sarebbe irrevocabilmente acquisito, ancorch� non validamente espresso (incapacit�, vizio del consenso), ed egli non potrebbe liberarsene neppure in caso di inadempienza dell'amministrazione o di giusta causa: la norma contrattuale, divenuta legale, lo obbligherebbe irrevocabilmente fino alla sua abrogazione, ponendolo alla merc� dell'altro co.traente. � N� i motivi di invalidit� del contratto potrebbero conver irsi in questioni di illegittimit� costituzionale del contratto, divenuto legge, perch� non sarebbero in contrasto con norme costituzionali. �D'altra parte, sarebbe assurdo sottrarre il contratto alla giurisdizione comune� e devolverlo alla giurisdizione costituzionale, cui .il privato non � soggetto, in contrasto con gli articoli 24, 25, 102 � e 103 Cost. La Costituzione d,isciplina con netta separazione la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi del cittadino, e la tutela costituzionale dei poteri dello Stato e della Regione e delle garanzie costituzionali del cittadino, che sono attuate in via incidentale ed attraverso il controllo della legittimit� costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge. �Ma v'� di pi�: l'iniziativa delle leggi appartiene agli organi ed Pnti indicati all'art. 71 Cost. e non pu� essere attribuito al privato, il quale, concorrendo, di diritto e non di fatto, alla formazione del contratto da convertire in legge, concorrerebbe alla formazione delle leggi. La legge inoltre, deve essere esaminata, discussa e approvata articolo per articolo e, poi, votata nel suo complesso (art. 72 Cost.); ci� non avviene per i contratti approvati eon legge e in concreto non � avvenuto per il contratto 5 giugno 1952, le cui disposizioni, se fossero da considerare convertite in norme di legge, sarebbero costituzionalmente illegittime, perch� in con trasto col citato articolo 72 della Costituzione. �Per le suesposte considerazioni riteniamo di . poter concludere nel senso che la legge di approvazione di un contratto (posto che sia ancora ipotizzabile), come la legge di approvazione deL.bilancio, � legge meramente formale, il cui contenut~ sostanzialmente amministrativo, non � costitutivo,� ma soltanto .condizionante dell'operativit� degli effetti giuridici che, nell'oggetto e nel contenuto, sono determinati dal contratto approvato, il quale -88 resta giuridicamente distinto dall'atto di approvazione e conserva l'originaria efficacia formale e la originaria titolarit�, restando atto dell'Amministrazione e del privato, non del Parlamento. . * * * �In subordinatissima ipotesi, riteniamo che debba pervenirsi allo stesso risultato pratico seguendo il ragionamento a suo tempo fatto dalla Corte di Cassazione di Roma, la quale riteneva di� dover accertare in concreto I'intentio legis, argomentandola dai lavori parlamentari, dall'ampiezza della discussione, dall'esame particolareggiato delle singole clausole della convenzione. Nella specie tutto ci� � mancato e il Parlamento, con la legge 15 maggio 1954, n. 261, si � limitato ad approvare, ai sensi dell'art. 21 della legge sulla contabilit� generale dello Stato, a nostro avviso erroneamente ritenuto ancora vigente, la cessione al Comune di Bari di arenili, cio�, di beni demaniali dello Stato. �La forma. generica di approvazione non significa -come erroneamente ha ritenuto la Corte di Bari -che tutte le singole clausole del contratto furono ratificate (e convertite in legge), ma, a1 contrario, �sta a dimostare che la volont� del Parlamento fu rivolta esclusivamente a dare approvazione a un contratto di permuta di arenili, esercitando una funzione meramente tutoria. �D'altra parte, anche escludendo che l'art. 2 legge 31 gennaio i926, n. 100 -come noi riteniamo e come riteniamo� di aver dimostrato -abbia definitivamente abrogato l'art. 21 della legge di contabilit� generale dello Stato (in questo senso vedas.i anche C. S . .Ad. Gen. -parere 8 foglio 1937, in Rel. C. S. 1936 -40, p. 40, relativo alla alienazione a titolo gratuito di immobili), occorre pur sempre tener conto della lettera e dello spirito di questa norma. �L'art. 21 R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, che in parte riproduce l'art. 13 testo unico approvato con R.D. 17 febbraio 1884, n. 2016, dispone che l'alienazione degli immobili dello Stato, quando non sia regolata per determinate categorie di beni da leggi speciali, deve essere autorizzata caso per caso con particolari provvedimenti legislativi. �La norma, commenta il De Cupis (Leggi sulla amministrazione del patrimonio e sulla contabilit� generale dello Stato, Torino, 1910, p. 410), trova la sua r�gion d'essere nell'interesse alla conservazione del patrimonio dello Stato, che concorre con la sua rendita anche essa alle spese dei pubblici servizi. � Questo concorso � andato diventando economicamente sempre pi� esiguo rispetto al gettito dei tributi, ma l'alienazione di un immobile priva lo Stato di una parte di reddito e contemporaneamente fornisce ad esso un'entrata straordinaria non prevista in bilancio, onde la necessit� di un inter-. vento del Parlamento, che, se storicamente si giustifica con la necessit� di valutare la convenienza di far fronte in questo modo e non diversamente ad un'esigenza straordinaria procurandosi un'entrata straordinaria, che, per�, diminuisce permanentemente. le entrate ordinarie, formalmente si giustifica -e tale giustificazione � tuttora valida -con la necessit� di integrare, con la l�gge, che autorizza l'alienazione, la legge di approvazione del bilancio. �Quest'esigenza, comunque, � soddisfatta, a' sensi dell'art. 21, con un intervento preventivo del Parlamento, che non priva il potere esecutivo della facolt� di contrattare -anzi ne aumenta la capacit� -e non priva il cittadino, che conti�atta con lo Stato, delle garanzie giurisdizionali dei suoi diritti. � .Anche, perci�, considerando tuttora in vigore l'art. 21, deve esserne rispettato lo spirito -oltre che la chiara dizione -e l'intervento del legislatore deve considerarsi limitato all'ampliamento della sfera di capacit� del potere esecutivo o alla ratifica del suo operato, se l'intervento � successivo, ma sempre considerando l'approvazione come atto tutorio, come autorizzazione. successiva in sanatoria, senza� alterare i rapporti contrattuali. �In questi sensi, perci�, deve comunque, essere interpretata la legge 15 maggio 1954, n. 261. In conclusione, se il contratto, come noi riteni! l>mo di aver dimostrato, � rimasto contratto, la fonte giuridica dei rapporti fra il Demanio e il Comune di Bari � un negozio giuridico bilaterale che non poteva derogare all'art. 94 della legge di registro, il quale espressamente sanziona la nullit� di ogni patto ad esso contrario. � L'approvaziQne, ancornh� data con legge, formale, non pu� supplire e sanare la carenza di potest� di entrambe le parti contraenti a derogare all'art. 94 L. R. Questa deroga poteva solo essere consentita dalla legge sostanziale, come si riscontra nelle varie leggi di autorizzazione a contrattare in deroga alle leggi. vigenti Oome risulta dalla surriportata memoria,. non avevamo dedotto la illegittimit� costituzionale della legge 15 maggio 1954, n. 261; ma la sua �anomalia �; confermata, peraltro, dalla attuale prassi legislativa, che � nel senso. di autorizzare non approvare, particolari contratti dello Stato, soprattutto al fine di accertarne il contenuto e la portata. Prendiamo atto che la Cassazione, abbandonando la pi� antica tesi, ha ritenuto che il contratto � rimasto atto negoziale e che le sue clausole per effetto della sua approvazione con legge, non sono divenute norme giuridiche (onde l�i irrilevanza dell'argomentazione relativa all'art. 113 Oost.). Ma alla stregua di questa premessa e dell'altra -anch'essa a nostro avviso esatta -circa la natura formale della legge di approvazione del contratto, ci sembra che si sarebbe dovuto pervenire ad opposta conclusione. La legge formale non contiene norme giuridiche e, quindi, nella specie non sussisteva cclc�na norma giuridica che derogasse o consentisse la deroga -:.._ �e la norma ovviamente doveva essere espressa -allo art. 94 L.R.; che � norma di ordine pubblico. G. G. ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI DELLE DI MERITO . ASSEGNAZIONE ALLOGGI COSTRUITI COL CON TRIBUTO DELLO STATO -Mancata occupazione nel termine dell'art. 98 del T. U. 28 aprile 1938, n. 1165 -Decadenza. (Commissione di vigilanza per l'edilizia popolare ed economica -Decisione 7 gennaio 1960 -Pres.: ed est.: Bozzi Carlo -Coop. ed. �Parva Domus � di Pavi� e dott. Emilio Acacia. La mancata occupazione dell'alloggio cooperativo nel termine stabilito dall'art. 98 del T. U. 28 aprile 1938, n. 1165 importa la decadenza dall'assegnazione. ' Tutte le ragioni che si intendano far valere a giustificazione� della mancata occupazione devono essere proposte con ricorso alla Commissione di Vigilanza, sempre nel termine stabilito a pena di decadenza . .. La pronuncia della Commissione non ha precedenti editi in questa Rassegna. La riportiamo, quindi, integralmente; �La Cooperativa Edilizia �Parva Domus � di Pavia, con lettera 22 giugno 1955, diretta al Ministero dei Lavori pubblici, Div. 16a bis, e per conoscenza all'ente mutuante, Cassa di Risparmio delle provincie Lombarde, comunic� la domanda del proprio socio, dott. Emilio .A.dacia, tendente ad ottenere l'autorizzazione ad affittare l'apparta-� mento assegnatogli dalla Cooperativa medesima. � Dagli accertamenti eseguiti anche a mezzo del Nucleo Carabinieri del Ministero risult� che: 1) l'appartamento in questione era stato consegnato al dott. .Acacia il 20 marzo 1953; 2) che l'appartamento stesso non era mai stato occupato dall'assegnatario; 2) che questi in data 21 luglio 1951 �(e cio� circa due anni prima dell'assegnazione dell'alloggio) era stato trasferito a Sondrio, in qualit� di V. Intendente di Finanza; 4) che tuttavia lo stesso dott. .Acacia, era ancora iscritto anagraficamente a Pavia, Viale Nazario Sau'ro, n. 1; 5) che l'appartamento era stato ceduto in affitto a tale sig. Chiampo Giuseppe, dal 10 luglio 1955. �.Alle conseguenti contestazioni del Ministero, il dott. .Acacia -Intendente di Finanza a Cremona ha controdedotto, per il tramite della Cooperativa, il 2 marzo 1956, facendo presente che, nell'impossi bilit� di occupare l'alloggio perch� risiedeva in altra citt� per motivi di servizio, aveva ritenuto di potersi avvalere -conseziente la Cooperativa ....,.. del disposto dell'art. 111 del T. U. approvato con R.D. 28 aprile 1938, n. 1165, senza presentare il ricorso di cui all'art. 98 dello stesso T. U. e chiedeva, perci�, benestare all'affitto dell'alloggio stesso, riservandosi l'uso di una stanza. �Nelle sedute del 5 ottobre 1959 �e del 7 gennaio 1960, la Commissione sospese ogni pronuncia in merito alla posizione del suddetto assegnatario, disponendo un supplemento di istruttoria. � Dagli atti e dagli elementi successivamente acquisiti � risultato che il dott. .Acacia era in servizio a Pavia al momento della iscrizione a socio della Cooperativa Edilizia� Parva Domus � (14 gennaio 1951) e quindi aveva ilrequisito della residenza, prescritto a termini dell'art. 11 ultimo comma, della legge 10 marzo 1952, n. 113 per conseguire l'assegnazione dell'alloggio in questione. �� risultato altres� confermato che, sebbene anagraficamente ancora in data 6 novembre 1959 residente con la famiglia a Pavia, via Nazario Sauro n. 1, il dott. .Acacia era stato da tempo trasferito in servizio in altra citt� e che al momento della formale assegnazione dell'alloggio sociale (20 marzo 1953) trovavasi in servizio a Cremona, come Intendente di Finanza titolare. �D'altra parte il dott. .Acacia non si avvalse del mezzo offertogli dalla norma contenuta nell'art. 98 del T. U. 28 aprile 1938, n. 1165 per ottenere una proroga del termine stabilito nello stesso articolo per l'occupazione dell'alloggio. � Non pu�, pertanto, non incorrere ora nella sanzione della decadenza. �Malgrado la questione sia stata esaminata� e decisa in varie occasioni, non sembra, tuttavia, inopportuno riepilogare le ragioni, che, in coerenza con la costante giurisprudenza, determinano la Commissione a confermare le precedenti decisioni, alle quali, l'attuale, naturalmente, si riporta. Decisioni che, si soggiunge, sono il punto di arrivo di un orientamento giurisprudenziale, che, se non ha avuto modo di manifestarsi in un tempo relativamente recente, in casi identici all'attuale, per difetto di specifico ricorso, o per mancato esercizio di ufficio della potest� di vigilanza, trova peraltro--riscontro in un .deciso e coerente orientamento giurisprudenziale: si consideri, infatti, che fino a qualche anno fa, non si era verificato un caso cla ~ -90 moroso come quello che ha dato origine alla decisione in data 4 giugno 1959, sulla Cooperativa Edilizia �La Tartaruga II�. �Parlare di termini di decadenza, come fa l'art. 98 del T. U., e rinviare poi l'accertamento ad epoca successiva, anche di anni, significherebbe, ad avviso della Commissione, non soltanto snaturare, togliendogli la propria forza, l'istituto della decadenza, ma soprattutto, determinare incertezze e perplessit�, che mortificherebbero l'esercizio della vigilanza, rendendo questa assai spesso inutile. �La legge esige che, entro 30 giorni dalla consegna, l'alloggio sia, a pena di decadenza, occupato dall'assegnatario. Unica eccezione � il ricorso espressione, questa, che univocamente designa il concetto di istanza, come � stato inteso costantemente nella consuetudine amministrativa, e come logicamente appare, ove si voglia dare un concreto significato al precetto -alla Commissione di Vigilanza: ricorso, cio�, istanza, diretta ad ottenere, naturalmente per giustificati motivi, fa proroga dell'occupazione: questi motivi debbono essere tempestivamente accertati dalla Commissione di Vigilanza, e soltanto da questa, che � espressione dell'Autorit� governativa centrale, debbono essere riconosciuti validi. �Non � ammissibile, in materia tanto delicata -in cui � in gioco il pubblico denaro -ritenere che l'assegnatario possa esimersi dall'inoltrare ri �corso, cio� dal domandare l'esclusione dalla decadenza, quando egli si ritenga dispensato dalla presunta certezza di una causa ostativa della occupazione. La norma non contiene solamente -e � tanto basterebbe, data la sua chiarezza -un pre . ciso formale e tassativo precetto, ma risponde a un'indefettibile esigenza, ch� scaturisce dalla legislazione, in materia di edilizia statale e sovvenzionata: a) la certezza, innanzi tutto, dei rapporti giuridici. �Un accertam�nto, fatto a distanza di tempo, spesso di anni, accertamento eventuale, perch�, nei casi, fino ad oggi esaminati, esso ha avuto luogo soltanto su denunzia o su ricorso di terzi, con conseguente decadenza, non potrebbe non avere effetto retroattivo. Ci si troverebbe, cos�, spesso, dinanzi a situazioni giuridiche sopravvenute, spesso irretrattabili: rapporti successori, sopravvenuti nei confronti degli assegnatari, ovvero di chi deve sostituirsi ad essi; stipulazione di un contratto di mutuo individuale, ecc. situazioni, tutte, queste, che renderebbero .estremam13nte difficile, se non addirittura ostacolerebbero, l'esercizio del potere di vigilanza, e il ristabilimento� del diritto violato. �Si avrebbe, insomma, la figura di un assegnatario putativo, che � da escludere proprio per il tassativo precetto, che pone a carico dell'assegnatario stesso l'occupazione e il ricorso alla Commissione; b) una volta rimessa la valutazione alla parte, cio� all'assegnatario, non si vede la ragione perch� il rinvio, cio� il successivo accertamento, dovrebbe essere limitato al solo trasferimento, e non dovrebbe anche essere esteso ad altre cause ostative (malattia, abitazione in alloggi di ~ervizio, ecc.). Si pensi ad una malattia, debitamente accertata e documentata, da valutare e da accertare a distanza di anni: ci� la Commissione ha escluso, pur quando � stato dimo strato, con quasi certezza, che . l'assegnatario, al momento della consegna, era impossibilitato ad occupare l'alloggio: vedi decisione del 16 aprile 1959 (Coop. �Margherita� di Roma). Si pensi al caso di alloggio, cos� detto di servizio, caso frequentis simo: vedi decisioni in data 30 aprile 1959, sulla Cooperativo Ed. �Certezza� di Verona. In questo caso dovrebbe rinviarsi ad epoca successiva l'ac certamento del carattere dell'alloggio e dell'obbli gatoriet� di abitare l'alloggio stesso. �Tutti questi accertamenti, debbono, invece, esser fatti proprio per l'esigenza della certezza del diritto e delle situazioni giuridiche ad esso connessa, nei 30 giorni; c) ma anche nel caso concreto, .cio� nel caso di trasferimento, un'indagine � sempre necessaria, indagine che deve� essere tempestivamente fatta nel termine stabilito dalla legge, a pena di decadenza. Basterebba considerare che soltanto in questo periodo, e non a distanza di anni, pu� con sicurezza accertarsi: 1) se il trasferimento sia effettivo o non si tratti di comando o di missione; 2) se l'assegnatario abbia ottenuto eventuali proroghe al trasferimento, come spesso avviene; 3) se egli abbia trasferito nella nuova sede la famiglia, ovvero se questa sia rimasta nella citt� in cui trovasi l'alloggio assegnato; 4) se, risiedendo all'estero o e~sendo imbal'cato, o essendo comunque stato trasferito, l'assegnatario abbia conservato il precedente alloggio nella vecchia sede. In questo caso egli avrebbe l'obbligo di occupare il nuovo trasferendovi i suoi mobili e lasciando libero il vecchio alloggio (spesso a fitto bloccato o di propriet� dell'INOIS) o dell'Istituto .Autonomo Case Popolari): vedi decisione del 10 marzo 1960 (Coop. Ed. � Sirio � di Roma) .. � Gli enunciati inconvenienti a cui altri potrebbero aggiungersi servono a dimostrare l'esigenza pratica, che il precetto formale trovi integrale approvazione per consentire alla Commissione e al Ministero l'esercizio dei fondamentali poteri nella vigilanza a che il pubblico denaro, che � prelevato dalle tasche dei cittadini, sia speso per i fini pubblici, ai quali esso � destinato. P. Q. M. �La Commissione dichiara la decadenza del dott. Emilio .Acacia dall'assegnazione dell'alloggio conseguito presso la Coop. Ed. �Parva Domus � di Pavia. Con questa decisione, e con le altre richiamate nel testo, la Commissione di vigilanza ha affrontato il problema del collegamento tra la norma: dell'art-:.. 9� del T. U. 1938 n. 1165, che commina la decadenza per la mancata occupazione dell'alloggio cooperativo nei trenta giorni dalla assegnaZione-consegna, e la situazione che si � venuta a determinare, riguardo ai requisiti per l'attribuzione degli alloggi, parti colarmente per effetto della m�'difica all'art. 95 dello stesso T. U. introdotta con l'art. 11 della legge 1 .marzo 1952, n. 113 circa il requisito della residenza riferito in via alternativa al momento della iscrizione o a quello della prenotazione, non pi� al momento della assegnazione, come, invece, stabiliva l'art. 95 lettera b) del vecchio testo. A questo ambito di norme appa1�tiene la specie decisa con la pronuncia in esame. � da a'tJvertire, peraltro, che il problema � di carattere pi� generale, in quanto concerne il collegamento dell'art. 98 con l'art. 97 nel nuovo testo dell'art. 12 della legge 1 marzo 1952, n. 113, nonch� in genere con tutte le situazioni nelle quali gli assegnatari degli alloggi cooperativi abbiano ragioni da far valere nei riguardi della occupazione dell'alloggio nel termine stabilito a pena di decadenza. Dice, dunque, la Commissione di vigilanza: che l'obbligo imposto dall'art. 98 all'assegnatario di occupare l'alloggio nei trenta giorni vale per tutti indistintamente gli assegnatari; cio� scaturisce, per cos� dire, automaticamente� dalla redazione del relativo verbale. � .Ogni ragione di far valere nei riguardi dell' a.nzidetto obbligo (trasferi1nenti, richieste di proroga, ecc.) deve (nel senso, naturalmente, che incombe all'interessato l'onere relativo) essere esposta alla Commissione di V ivilanza mediante il ricorso espressamente previsto nello stesso art. 98 30 comma, inciso. In mancanza di ricorso, la decadenza si applica anche ai casi nei �quali il requisito della residenza non � pi� richiesto ai fini della validit� dell'attribuzione dell'alloggio. La soluzione . data dalla Commissione di Vigilanza, sorretta dalle ragioni di ordine generale elencate nella perspicua ed ampia motivazione (in particolare dai principi sulla decadenza, inquadrata nei principi generali sull'edilizia popolare ed eeonomica) trovano, a nostro avviso, riscontro anche sul piano meramente esegetico. L'art. 98, coesiste, nello stesso T. U., con gli artt. 95 e 97 modificato dalla legge 1 marzo 1952 b. 113; e se coesiste ed � scritto, anzi dopo, certamente si riferisce a tutte le assegnazioni di alloggio, quale che sia la condizione degli assegnatari in -relazione al termine di decadenza che, per testuale disposizione di legge, comincia a decorrere dalla data del verbale di assegnazione, per tutti indistintamente. Questa decadenza puo essere esclusa solo col ricorso, ove, peraltro, la Commissione ritenga la validit� della causa addotta per la esclusione, dopo gli accer tamenti di sua competenza e non di competenza della parte interessata (residenza diversa per. ragioni di ufficio, alloggio� di servizio, malattia, ecc.). Contenuto nel ricorso p�o essere, sotto questo .aspetto; qualunque istanza od esposto d�ll'interessato diretta a far valere le ca�se di esclusione dalla deca denza. Non adempiendosi all'onere del ricorso, la deca denza interverr� inevitabilmente in applicazione del l'art. 98 che non puo avere altro significato e portata che quelli illustrati nel testo della decisione. Noto, infine, che nel caso analogo, anche se non identico, della contestazione circa l'impossibilit� della oecupazione per l'assoluta inabitabilit� dell'alloggio, il 91 Consiglio di Stato, con la decisione 27 aprile 1960, n. 269 della VI Sezione, ha confermato la decadenza per non essere stata fatta la contestazione stessa col ricorso previsto dall'art. 98. E la soluzione, a nostro avviso, non puo che essere identica nella due ipotesi. L. TRACANNA CESSIONE DI CREDITI -Accettazione d2 parle dell'Amministrazione appaltante -Cauzione ; non � compresa. (Corte d'App�llo di Bologna 17 giugno 1960 -Pre3.: Nardella; E3t.: Sbrocca -Ministero LL. PP. -Banca Popolare di Cremona). Debitrice della somma, versata dall'appaltatore a titolo di cauzione per l'esatta .esecuzione di opere pubbliche, � la Cassa DD.PP., non l'Amministrazione appaltante, pertanto, le cessioni e i pignoramenti della cauzione debbono essere eseguiti nei confronti di quella e non di questa Amministrazione . Per una pi� agevole comprensione della questione, .molto delicata e� di particolare importanza per l' .Am ministrazione dei lavori pubblici, riteniamo oppor tuno riportare in parte qua la motivazione della sentenza: �.Invero, le disposizioni, che regolano il contratto di pubblico appalto, stabiliscono che il deposito delle somme corrispondenti alle cauzioni prestate dall'appaltatore non deve essere effettuato presso l'Amministrazione appaltante, ma presso un organo dell'Amministrazione del Tesoro, dotato di particolare autonomia patrimoniale e di bilancio, quale � la Cassa Depositi e Prestiti che, rispetto a tali operazioni, adempie per legge alle funzioni di un istituto bancario (T. U. 2 gennaio 1913, n. 453, D. L. Lgt. 23 marzo 1919, n. 1058, Istruzioni per il servizio dei Depositi approvate con D.M. 22 novembre 1954, Capitolato Generale di Appalto per l'esecuzione delle opere pubbliche approvato con D.M. 28 maggio 1955). �Di guisa che, accanto al rapporto costituitosi tra l'Amministrazione appaltante e l'appaltatore ed avente per oggetto la prestazione della cauzione, un altro se ne instaura tra l'appaltatore stesso e la Cassa, che riceve in deposito il numerario o i titoli che integrano la cauzione. �Quest'ultimo rapporto, di cui sono soggetti si ripete -da un lato l'appaltatore depositario e dall'altro la Cassa depositaria, riflettendo un deposito creato a garanzia dell'esatto adempimento del contratto di appalto, � in funzione della esecuzione di tale contratto, nel senso che il deposito � vincolato a favore dell'Amministrazione appaltante, la quale potr� pro�cedere all'incameram�nto totale o parziale della cauzione per l'inadempimento degli obblighi dell'appaltatore, con il pas� saggio della somma relativa dalla Cassa del Tesoro dello Stato, mentre in caso diverso dovr� emettere � il decreto di svincolo, che ha il valore giuridico di una contestazi�ne che il contratto � stato adem MW&&&TIF ~Jfliii;I1110ffilllRiilli'illHWi~~-~~~~ -92 piuto e che nessun ostacolo sussiste, da parte del l'appaltante, a che la Cassa restituisca il deposito a� chi dimostra di averne diritto. �La Cassa, anche di fronte al decreto anzidetto, non dovr� fare luogo senz'altro alla restituzione, ma dovr� previamente ac�ertarsi se sussistano impedimenti alla restituzione medesima, quali pignoramenti, cessioni, sequestri, ecc. sulle somme versate a titolo di cauzione, resi noti all'Istituto depositario. �E che codesto Istituto debba avere formale conoscenza dei provvedimenti che sono di ostacolo alla restituzione, affinch� essi siano efficaci nei suoi confronti, si desume tanto dal D. L. Lgt. 23 marzo 1919, n. 1058 quanto all(} Istruzioni approvate con D.M. 22 novembre 1954, pi� sopra citati, secondo i quali tali provvedimenti debbono essere fatti a termini di legge e regolarmente notificati a quello Ufficio dalla Cassa Depositi e Prestiti, presso cui esiste l'iscrizione del deposito, potendo tuttavia, salvo casi eccezionali previsti dalla legge, la notificazione essere sostituita, per ci� che riguarda la cessione dei depositi, dalla presentazione dell'Ufficio medesimo dell'originale o di una copia autentica dell'atto, e� costituendo in tale ipotesi accettazione la deliberazione di voltura al nome . del cessionario. �Si deve, pertanto, concludere che debitrice �ella somma depositata a titolo di cauzione, nei contrat_ ti di pubblico appalto, � soltanto la Cassa Depositi e Prestiti, nei cui confronti l'appaltatore depositante pu� vantare il credito relativo, e che la cessione del deposito, per essere efficace verso la Cassa, deve essere a questa notificata o da questa accettata, a seguito della presentazione dell'atto e della deliberazione di voltura. �In contrario non vale osservare, come fa la impugnata sentenza, che l'Amministrazione appaltante sarebbe in colpa per avere emesso il decreto di svincolo, non ostante l'avvenuta accettazione della cessione, che comprendeva, oltre ai crediti derivanti .all'appaltatore del contratto di appalto, anche la cauzione depositata a garanzia dell'adempimento medesimo. �Infatti, poich� le norme per la efficacia delle cessioni o degli altri impedimenti prescrivono che gli atti o provvedimenti relativi siano notificati o presentati all'ente depositario della cauzione, come si � poc'anzi ricordato, e poich� � pacifico che tali norme non sono state nella specie osservate, nessun illecito a titolo di colpa pu� ravvisarsi nel comportamento della .Amministrazione appaltante. �Lo svincolo da questa autorizzato a favore di chi di ragione, cio� di chi, appaltatore, o creditore o concessionario. dell'appaltatore, dimostrasse alla Cassa depositaria, il proprio diritto alla restituzione della cauzione, � perfettamente conforme a legge, poich�, da un lato, i terzi sono tenuti a tute.lare i propri diritti sulla cauzione stessa direttamente nei confronti della Cassa che ne � debitrice: dall'altro, la accettazione della cessione da parte � dell'Amministrazione appaltante non poteva ovviamente riferirsi che ai crediti vantati dall'appaltatore nei confronti della medesima. �Da ultimo, neppure vale invocare, come fa la Banca appellata, l'applicabilit� al caso di specie della norma. dell'art. 1173 O.e., riflettente la restituzione del deposito avvenuta anche nell'interesse di un terzo. � �Terzo interessato del deposito sarebbe, invero, l'Amministrazione dei lavori pubblici, a cui favore sarebbe dettata la norma; ond'essa non potrebbe essere invocata dalla banca cessionaria del depositante, poich� la .Amministrazione nulla eccepisce in ordine alla legittimit� della restituzione �. GIURISDIZIONE -Pretesa dei cittadini prigionieri di guerra in U.S.A. per la prestata cooperazione -Diritti soggettivi. Limiti. (Trib. di Milano, 18 marzo 19JO -.Pres.: Stefano; Est. : Uberto -Ranzoni c. Difljlsa .e Tesoro). Per effetto dell'Accordo, stipulato il 14 gennaio 1949 con il Governo degli U.S . .A., nonch� dei comunicati e delle istruzioni diramate dal Ministero della Difesa, lo Stato it�liano si � accollato, ex art. 1273 O.e., i debiti che il Governo U.S . .A. aveva nei confronti dei cittadini italiani, prigionieri di guerra cooperatori, i quali, pertanto, hanno verso lo Stato Italiano un diritto soggettivo per . fetto, che pu� essere fatto valere innanzi all'autorit� giudiziaria ordinaria. La responsabilit� del Ministero del Tesoro � limitata alle somme dovute dagli U.S . .A. in base alle norme da essi applicate, ancorch� non conformi a quelle della Convenzione di Ginevra del 21 luglio 1959. Per una pi� esatta conoscenza della questione, riportiamo integralmente la motivazione della sentenza, che, per quanto riguarda la questione di giurisdizione, � contraria alla giurisprudenza formatasi relativamente ad analoghe ipotesi, alla quale ci riportiamo (Rassegna 1959, 1). �Il signor Virginio Ranzoni allega che durante la seconda guerra mondiale serv� nell'esercito italiano, cadde prigioniero dell'esercito am@icano e fu in tale qualit� portato negli Stati Uniti; qui accett� di collaborare e lavor� come addetto alla spedizione di merci dal 5 marzo 1944 al 25 settembre 1955. �Secondo l'attore, in base alla convenzione di Ginevra del 27 luglio 1929, sul trattamento dei prigionieri di guerra, i prigionieri collaboratori avevano di:r:itto, a compenso del loro lavoro, a:.a stessa paga dei militari americani, ossia dollari 2,10 al giorn�. �Valendosi di una facolt� attribuita dalla detta Convenzione, il governo d~gli Stati Uniti deliber� di operare sulla paga dei prigionieii collaboratori una trattenuta di dollari 1,30 al giorno onde cdstituire un fondo per l'indennizzo dei danni di guerra, lasciando a disposizione dei prigionieri il residuo O.i dollari 0,80. Successivamente, prosegue il Ranzoni, il governo degli Stati Uniti rinunci� nei confronti dell'Italia a ogni indennizzo per danni di guerra, e venne con il governo italiano ad accordi, -93 con i quali il governo italiano si accoll� i debiti degli Stati Uniti verso i prigionieri di guerra italia~, mentre il governo degli Stati Uniti ad esso versava una congrua somma. � .Afferma il Ranzoni che l'azione da lui esercitata in questo processo comporta adesione all'accollo, dichiara di liberare il debitore originario e trae la conclusione che lo Stato italiano � obbligato a pagargli la differenza fra quanto egli doveva ricevere dagli Stati Uniti, dollari 2,10 per ogni giorno di lavoro, e quanto ha effettivamente ricevuto, dollari 0,80, per ogni giorno di lavoro, in tutto dollari 568, o la somma equivalente in lire italiane. �Fra il governo degli Stati Uniti e il governo italiano sono stati in effetti stipulati accordi concernenti il pagamento dei crediti dei cittadini italiani gi� prigionieri di guerra degli Stati Uniti. Il 14 agosto 194 7 fu firmato un �Memorandum d'intesa. � diretto appunto al regolamento delle spettanze dei cittadini italiani gi� prigionieri di guerra degli Stati Uniti o in condizione analoga. � A una� determinazione delle procedure da seguire si addivenne con scambio di lettere del 18 febbraio 1948 fra ;il Ministro del Tesoro della Repubblica e il rappresentante degli Stati Uniti in Roma. Con questi accordi lo Stato italiano si assunse di provvedere alla soddisfazione dei crediti dei suoi �cittadini verso gli Stati Uniti, contro versamento da parte degli Stati Uniti di una somma in dollari. �In relazione a tali accordi fu indirizzato agli interessati il comunicato Stampa e radio del Ministro della difesa, prodotto dalla parte convenuta (documento n. 3) con l'indicazione di adempimenti in vista del pagamento dei crediti. Il 28 febbraio 1948 il Ministero della difesa-esercito diram� la circolare, avente per oggetto la liquidazione finale dei rilievi di conto dei prigionieri di guerra gi� in mano Statunitense prodotta dalla parte convenuta (documento n. 4). I rapporti fra gli Stati Uniti e lo Stato italiano nella materia furono definitivamente regol.ati con l'accordo del 14 gennaio 1949. prodotto dalla parte convenuta (documento n. 1); Si dice nell'articolo 1: � Gli impegni contempla.ti dal presente Accordo includono: a) somme guada gnate da cittadini italiani nella loro qualit� di prigionieri di guerra o di personale assimilato o di internati civili, le quali siano state ufficialmente riconosciute sotto forma di certificati di credito o mandati di pagamento militare stilati in dollari e rilasciati ai predetti cittadini italiani a titolo di ricevuta di tali somme; b) somme guadagnate da cittadini italiani nella loro qualit� di prigionieri di guerra, o di personale assimilato o di internati civili durante il.loro periodo di detenzione da parte del Governo degli Stati Uniti d'America o chi per esso, ai quali non furono rilasciati mandati di paga mento militari o certificati di credito e che dopo il loro rimpatrio non furono rimborsati delle somme suddette n� direttamente dalle autorit� Americane n� da Banche italiane per conto del Governo degli Stati Uniti d'America (omissis) �. L'art. 2 dice: �Per quanto riguarda gli impegni ed i � claines � verificati di cui ai paragrafi 1-a e 1-b del presente accordo, nonch� gli impegni ed i.� claines �non veri ficati dal Governo degli Stati Uniti d'America, tale Governo verser� al Governo italiano, entro 10 giorni dalla firma del presente accordo, la somma di 22 mil\}>ni di dollari, la quale; unitamente al pagamento parziale di dollari 4.382.241,03 effettuato il 2 aprile 1948 ed ai pagamenti �t)ffettuati precedentemente a tale data dal Governo degli Stati Uniti d'America direttamente a persone in possesso di impegni, costituit� completa liberazione del Governo degli Stati Uniti d'America da tutti i tipi di impegni e di � claines � di cui ai paragrafi 1-a e 1-b del presente accordo�. Nell'articolo 4 si dice: � Il Governo Italiano conviene che quanto sopra concordato in merito agli impeg~ ed ai � claines � di cui ai paragrafi 1-a, 1-b e 1-c del presente Accordo costituisce piena e completa liberazione del Governo degli Stati Uniti d'America da ogni e qualunque impegno o � claines �da parte o per conto di cittadini italiani (o loro aventi causa) gi� detenuti dal Governo degli Stati Uniti d'America o chi per esso, in possesso di impegni o �claines �, dei tipi di cui ai paragrafi 1-a, 1-b e 1-c del presente Accordo. Il Governo italiano terr� esente il Governo degli Stati Uniti da ogni responsabilit� derivante dai suddetti � claines �. Nell'art. 5 si dice: �Il Governo italiano si impegna a sollecitare in ogni possibile modo lo spoglio; l'accertamento e la liquidazione di tutti i � claines � formanti oggetto del presente Accordo. A tal fine, il Governo degli Stati Uniti d'America (omissis) agevoler� il Governo italiano nell'accertamento della validit� dei � claines � di cui ai paragrafi 1-a e 1-b (omissis). �Le convenute amministrazioni, resistendo alla domanda del Ranzoni, sostengono che l'accordo fra lo Stato Italiano e gli Stati Uniti, di cui sopra, ha effetti nell'ambito del diritto internazionale, mentre nell'ordinamento dello Stato, non essendo intervenuto nessun atto legislativo . interno per la sua esecuzione, � privo di effetto, si che la pretesa dell'attore non vi trova fondamento. L'attore invece, come si � visto, configura l'accordo fra lo Stato italiano e gli Stati Uniti quale accollo di debiti, in suo favore pr�duttivo del diritto contro lo Stato italiano, qui fatto valere. Il Tribunale ha gi� avuto occasione, decidendo una controversia analoga a quella dedotta in questo giudizio, di affrontare e risolvere la questione degli effetti dell'accordo fra lo Stato italiano e gli Stati Uniti entro l'ordinamento italiano. Pu� ammettersi, si � osservato, che l'accordo internazionale, in s� considerato e in quanto non reso esecutivo in Italia con apposita legge, sia fonte di diritti e di obblighi solo per gli Stati contraenti; ma � da rilevare che il Governo italiano, in vista della esecuzione dei patti col Governo degli Stati Uniti, diffuse un comunicato diretto a informare gli interessati dei patti stessi e della procedura da seguire, per ottenere la soddisfazione dei crediti, e diram� istruzioni agli organi della Pubblica Amministrazione, cui era stata affidata la cognizione delle pratiche. di liquidazione dei crediti di cui trattasi. Tali fatti hanno __ avuto per conseguenza il costituirsi, fra i cittadini e lo Stato, ed entro l'ordinamento dello Stato, di un rapporto giuridico ex art. 1273 O.e., gli obblighi derivanti dall'accordo internazionale essendo ormai -94 stati assunti dallo Stato anche nei confronti dei cittadini. Questi hanno in conclusione verso lo Stato italiano, nei limiti degli impegni a,sunti dallo Stato italiano in seguito all'accordo con gli Stati Uniti, un diritto soggettivo secondo il diritto dello Stato stesso, che pu� essere fatto valere innanzi alla autorit�. giudiziaria dello Stato. �Occorre per� segnare il limite degli obblighi che lo Stato italiano si � assunto. Come risulta chiaramente dal tenore dell'accordo con gli Stati Uniti, � lo Stato italiano si � impegnato a pagare ai suoi cittadini, gi�. prigionieri di guerra degli Stati Uniti o in condizione analoga, i crediti in loro favore maturati secondo le norme ad essi applicate dagli Stati Uniti, non ancora soddisfatti dagli Stati Uniti �stessi; nell'atto del 14 gennaio 1949 si parla infatti di somme guadagnate da cittadini italiani ecc., ci si riferisce manifestamente a somme di cui gli Stati Uniti, in base al trattamento da essi fatto si prigionieri di guerra e alle persone in condizione analoga, si ritengono debitori. , �Non � rilevante, ai fini della determinazione degli obblighi assunti dallo Stato italiano, la risoluzione della questione, se le somme guadagnate dai cittaidini italiani, prigionieri di guerra degli Stati Uniti o in condizione analoga, corrl.spondano a quelle che essi avrebbero dovuto guadagnare in forza della convenzione di Ginevra del 27 luglio 1929 richiamata dal Ranzoni, se gli Stati Uniti abbiano applicato ai prigionieri di guerra� e alle persone in condizione analoga un trattamento conforme a quella convenzione e si siano riconosciuti debitori di quanto in forza di quella convenzione avrebbero dovuto dare. � da pensare che la conformit�. del trattamento fatto dagli Stati Uniti ai cittadini italiani prigionieri di guerra, o in condizione analoga, alla convenzione di Ginevra sia stata vagliata dal governo italiano nel corso delle tratti:t.tive che sfociano nell'accordo di cui sopra; una tale valutazione, in ogni modo, come si � detto � senza rilievo ai fini della decisione �da prendere in questa sede. �Emerge dalla documentazione della parte convenuta che ilgoverno italiano, allo scopo di accertare le spettanze dei cittadini italiani gi�. prigionieri di guerra degli Stati Uniti,� rivolse al governo degli Stati Uniti una richiesta di informazioni sul trattamento ad essi fatto: e il governo degli Stati Uniti rispose con nota del 6 luglio 1954. Si ricava da tale nota che nell'aprile del 1942 fu disposto per prigionieri di guerra impiega,ti in lavori, diversi da quelli connessi con l'amministrazione, la direzione o la manutenzione dei campi di prigionia, un compenso di ottanta centesimi di dollari al giorno; nel 1944 il compenso previsto fu modificato in maniera di permettere ai prigionieri che lavorassero a cottimo di guadagnare fino a dollari 1,20 al giorno; in aggiunta a quanto sopra e fino al 1� giugno 1945 fu concessa a ogni prigioniero la, somma di dollari 3 al mese per l'acquisto di articoli da toilette e simili; dopo il1�giugno1945 non si continu� nel pagamento di questa somma ai prigionieri che lavoravano, mentre la si ridusse a 1 dollaro per i prigionieri che non lavoravano 'per mancanza di lavoro e la si lasci� a 3 dollari per i prigionieri che non lavoravano per; mancanza di fisica attitudine al lavoro. �Stabilite, queste premesse, e venendo al particolare caso del Ranzoni, si deve concludere che la pretesa da lui avanzata coritr<flo Stato italiano non ha buon fondamento. Secondo la sua stessa allegazione, per la attivit�. prestata quale prigioniero collaboratore dal 5 marzo 1944 al 25 settembre 1955, egli fu compensato nella maniera conforme alla disciplina della materia, istituita dagli Stati Uniti sopra descritta. La parte convenuta produce una s.cheda relativa al conto individuale del Ranzoni, quale prigioniero di guerra degli Stati Uniti, formata appunto negli Stati Uniti, che copre il suo conto fino al 17 settembre 1945, e da tale scheda risulta infatti che a quella data nulla gli era dovuto. La pretesa dell'attore concerne la differenza fra quanto gli Stati Uniti decisero di pagare e quanto, nella opinione del Ranzoni, avrebbero dovuto pagare per confermarsi alla. convenzione di Ginevra del 27 luglio 1929; ma si � visto pi� in alto come gli obblighi assunti dallo Stato italiano attraverso l'accordo con gli Stati Uniti trovino un limite in ci� che gli Stati Uniti dovevano in base al trattamento da essi applicato �ai prigionieri di guerra e alle persone in condizione analoga e, quand'anche tale trattamento non corrispondesse alla convenzione di Ginevra, oltre a ci� non vadano. Lo Stato -italiano non ha di conseguenza verso il Ranzoni alcun debito. La domanda del Ranzoni avanzata nel giudizio deve essere respinta. � evid~nte, comunque, che l'istituto civilistico dell'accollo di debiti ex art. 1273 O.e., non � applicabile ai rapporti internazionali e che il fondamento e la natura delle pretese dei cittadini verso lo Stato italiano, conseguenti ad Accordi internazionali, debbano ricercarsi esclusivamente nell'ordinamento interno. IMPOSTE E TASSE -Imposta straordinaria sul pa trimonio -Avviso di accertamento in rettifica -In testazione agli eredi del contribuente -Notifica ad uno solo degli eredi -Nullit�. (Commissione Centrale, Sez. I, Imp. straor. patrim., 8 aprile 1960, n. 27339 - Pres.: Florio -rie. Curcio). � radicalmente nullo l'avviso di accertamento intestato agli eredi del contribuente e notificato ad uno solo di essi. La questione, della quale si occupa la deC'isione che riportiamo, ha gi� formato oggetto d'esame in un nostro studio, In tema di respon�sabilit�. degli eredi del contribuente, inserito in questa Rassegna (1958, 41): e con rammarico dobbiamo qui constatare che dalla Commissione Centrale si insiste nell'affermazione di un principio che �, secondo noi, errato, senza che possa comunque aversene ombra �di dubbio. � La fattispecie � quella di un contribuente, cne na � fatto denunzia del suo patrimonio ai fini della relativa imposta. L'Ufficio notifica una rettifica provvisoria, e poi altra rettifica definitiva, facendone intestazione al contribuente deceduto nelle more, con la -95 preoisazione �ora eredi�, e notifioandole ad uno dei figli del detto oontribuente; e la Oommissione Oentrale, modifioando la deoisione della Provinoiale, annulla la prooedura ohe � stata impugnata dal figlio erede. La sentenza sembra ohe trovi un suo preoedente oonforme nell'altra deoisione della stessa Oommissione Oentrale (la n. 93809 del 20 maggio 1957), inserita nella Giur. delle Imposte (1958, 495) oon una �massima �formulata alla pari nel senso ohe � radic~ lm.ente nullo� l'avviso di accertamento intestato agli eredi del contribuente e notificato ad uno di essi, mentre � inveoe vero ohe, in quel oaso, si sano�isoe la nullit� radioale dell'avviso di aooertamento, intestato non agli eredi ma al oontribuente deoeduto, e notifioato ad uno solo degli eredi. E tra le due deoisioni v'� quindi un abisso, tale da autorizzaroi a poter anohe dire esatta quella del 1957 e a dire oertamente errata questa del 1960, giaooh� altra oosa � la intestazione dell' acoertamento ad un oontribuente deoeduto, e quindi non pi� possibile soggetto tributario e peroi� stesso neppure possibile intestatario di un aooertamento, ed altra oosa la intestazione agli eredi del oontribuente, ohe, oome � noto, rispondono in solido delle obbligazioni tributarie del loro dante oausa. La stessa Oommissione Oentrale ha, infatti, gi� altre volte deoiso (sentenze 20 maggio 1931, n. 22893 e 20 aprile 1932�, n. 36273) ohe � nullo per inesistenza del destinatario l'avviso di accertamento intestato a persona defunta, e ohe � radicalmente nullo l'accertamento intestato a persona defunta, ancorch� l'avviso sia stato dal messo consegnato ad uno o a tutti gli eredi, ed anoora (sentenza 20 novembre 1956, n. 86539) ohe � canone fondamentale di diritto tributario che l'accertamento di un tributo pu� essere fatto soltanto contro un soggetto dotato sia di capacit� giuridica che di capacit� tributaria, e ohe una persona defunta manca � di personalit� giuridica, di capacit� giuridica e di capacit� tributaria, e non pu� quindi essere intestataria di un accertamentoi'tributario, soggiungendosi ohe diversamente starebbero le cose, se l'avviso di accertamento fosse stato intestato genericamente agli er11di del contribuente defunto non � nominativamente indicati. Nella deoisione ora riportata la Oommissione Oentrale osserva, a motivazione del suo responso, ohe poich�.tutti gli eredi del � contribuente sono tenuti al pagamento dell'imposta, � evidente che gli atti del procedimento, a cominciare da quello fondamentale dell'accertamento, devono essere nominativamente notificati ad ogni debitore d'imposta, onde dare ad essi la possibilit� di far valere le proprie ragioni. Peraltro, ai sensi dell'art. 42 R. D. 7 agosto 1936, Ii. 1639, gli eredi del contribuente che abbia presentato una dichiarazione o ricorso, o nei confronti del quale sia stata iniziata una procedura di accertamento o di rettifica hanno l'obbligo di comunicare all'ufficio le loro generalit� ed il loro recapito, per la prosecuzione degli atti nei loro confronti. Il secondo comma dello stesso articolo stabilisce quale � la sanzione del mancato adempimento, da parte degli eredi, di tale loro obbligo; gli atti intestati al contribuente defunto sono validi anche se notificati ad uno solo degli eredi (anzich� nominativamente a tutti), a condizione peraltro che, nei sei mesi dalla morte del contribuente, la Finanza esegua nei confronti degli eredi una notifica collettiva all'ultimo domicilio del contribuente stesso. Che se tale notifica n�n � eseguita nel termine stabilito dalla legge, torna applicabile la regola comune che vuole che gli atti siano singolarmente notificati ad ogni debitore d'imposta. Nella specie, n� fu eseguita entro i sei mesi dalla morte del contribuente la no~ifica collettiva, n� gli atti fm�ono notificati a tutti gli eredi, che -dopo la rinunzia all'eredit� da parte della vedova e di una delle figlie -erano il figlio Rocco e la figlia .Anna. Nei confronti di quest'ultima, come si � chiarito nella esposizione in fatto, nessuna notificazione � mai avvenuta. Sulla base di questi principi di diritto nessm.1 rilievo hanno le controdeduzioni dell'ufficio, volte a legittimare l'accertamento, o quanto meno a toglier peso ai vizi del procedimento. Posto che l'accertamento � unitario e che tutti gli eredi sono tenuti in via solidale al soddisfacimento delle ragioni del Fisco, posto altres� che le disposizioni sulla corretta notificazione degli atti sono volte proprio a tutela dei debitori d'imposta, ove nei loro confronti la notificazione stessa � mancata o risulti viziata, s� che essi non sono, stati messi in grado di difendere.le loro ragioni, non possono aver pregio le osservazioni dell'Ufficio sulla comparizione in giudizio dell'erede Rocco in seguito alla quale sarebbesi sanato ogni vizio di notificazione, n� sulla mancata proposizione dell'eccezione di nullit� nel primo atto del procedimento (peraltro, in sede di ricorso avverso la rettifica definitiva, la eccezione fu dedotta avanti la Commissione Distrettuale). Ugualmente a nulla rileva l'osservazione che il sig. Rocco Curcio avrebbe egli stesso dato luogo, alla illegittimit� del procedimento, qualificandosi erede del contribuente. .A parte la considerazione dell'equivocit� dell'espressione usata, in quanto eg;ti. non si qualific� �unico erede �, va ancora una volta considerato che le norme sulla notificazione sono poste nell'interesse di tutti i debitori, onde il fatto dell'uno di essi non pu� pregiudicare i diritti dell'altro. Ed infine non conferiscono alla tesi dell'Ufficio le osservazioni circa la divisione della eredit�, posto che qualunque sia stata l'attribuzione patrimoniale alla figlia .Anna, costei � tenuta. al pagamento dell'imposta con tutti i suoi beni. E si oonolude ohe il procedimento non pu� quindi sfuggire, per i suoi insanabili vizi, alla dichiarazione di nullit�. La Oommissione si ritiene quindi costretta all'affermazione del prinoipio enunoiato, in ottemperanza alla norma di oui all'art. 42 oitato, senza per� aocorgersi menomamen~e di farne malgoverno. � ivi, infatti, testualmente detto ohe gli eredi del contribuente che abbia presentato una dichiarazione o ricorso, o ii;t confronto del quale sia stata..iniziata una procedura di accertamento o di rettifica, hannol'obbligo di comunicare all'Ufficio le loro generalit� ed il loro recapito-per il proseguimento degli atti in loro confronto ; e ohe in mancanza di tale comunicazione, gli atti intestati al contribuente ' ____J -96 -� defunto sono validi anche se notificati ad uno Polo degli eredi, quando, entro sei mesi dalla� morte del contribuente, sia stata eseguita agli eredi una notifica collettiva all'ultimo domicilio del contribuente stesso. Se, quindi, gli eredi non abbiano comunicato le loro generalit�, e l'ufficio nei sei mesi dalla morte del contribuente abbia a loro eseguito una notifica collettiva all'ultimo domicilio del contribuente stesso, la legge dichiara validi gli atti che siano intestati al contribuente defunto, e quindi ad un soggetto non pi� dotato di capacit� giuridica � e di capacit� tributaria in quanto non pi� esistente, anche se notificati ad uno solo degli ered�, e quindi , sia che se ne faccia notifica a tutti gli eredi, o ad alcuni, o anche ad uno solo di essi. L'art. 42, abrogato dal 10 gennaio 1960, e cio� dalla data di entrata in vigore del nuovo T. U. delle �leggi sulle imposte dirette, approvato con D.P. 29 gennaio 1958, n. 645, � stato da tale data sostituito dall'art. 16 del detto T. U., ove, dopo essersi enunciato il principio che �gli eredi rispondono in solido delle obbligazioni tributarie del soggetto �, si dispone che �tutti i termini pendenti alla� data della morte del soggetto, compresi il termine per la presentazione della dichiarazione ed il termine per ricorrere contro l'accertamento, sono prorogati di sei mesi in favore degli eredi �; e poi ancora che �gli eredi del soggetto che abbia presentato 1f,na dichiarazione od un ricorso o in confronto del quale sia stata iniziata una procedura di accertamento o di rettifica hanno l,'obbligo di comunicare all'ufficio le loro generalit�. In man� canza di tale comunicazione, fino a sei mesi dalla morte del contribuente, gli atti intestati allo stesso sono efficaci nei confronti degli eredi, anche se notificati ad uno solo di essi ovvero collettivamente ed impersonalmente nell'ultimo domicilio fiscale del defunto �. Oome � noto, l'art. 24 ultimo cpv. �ael T. U. 17 ottobre 1922, n. 1401, sulla riscossione delle imposte dirette, anch'esso abrogato (art. 288 T. U. 29 gennaio 1958, n. 645), � formulato nel senso che �ciascuna partita di ruolo fa corico per intero non �solo a chi vi � intestato, ma a ciascuno .dei S1J,oi eredi a termini del n. 3 dell'art. 1205 del O.e. (del 1865), e salvo il regresso contro i coobbligati giusta l'ultimo capoverso dello stesso articoZO �. Ed in base al citato articolo non � dubbio che per le imposte dirette la responsabilit� solidale degli eredi del debitore trovava titolo nella legge. Ma il richiamo ivi contenuto allo art. 1205 era inteso dalla dottrina nel senso che racchiudesse un principio generale applicabile in tutto il diritto tributario, quello cio� che l'obbligazione di imposta dovesse per sua natura essere considerata, riguardo agli eredi, come un�'obbligazione non suscettibile di divisione; con la conseguenza che ciascuno degli eredi fosse tenuto al pagamento dell'intero debito. � Dall'art. 16 del nuovo T. U. citato viene ora legislativamente sancito, quale principio generale, quello della responsabilit� solidale degli eredi rielle obbligazioni tributarie del de cuius. Naturalmente, e ci� anche in ottemperanza a quanto � disposto nell'art. 8 dello stesso T. U., gli atti relativi al rapporto tributario, nel""quale in~luogo ~del� contribuente subentrano gli eredi, dovranno essere intestati non pi� al contri buente dec~duto, ma alle persone degli eredi, con la conseguente nullit� di quegli atti se comunque dall'ufficio ne venga fatta intestazione al contribuente deceduto. E perch� la intestazione e conseguente notifica degli atti, in �n rapporto gi� instaurato con un contribuente poi deceduto, per avvenuta presentazione di dichiarazione o di ricorso ovvero per a�vvenu,to inizio di una procedura di accertamento o di rettifica, possa essere fatta dall'ufficio agli eredi, la legge fa obbligo ai detti eredi, proprio per facilitare il. lavoro dell'ufficio, di dare comunicazione delle loro generalit�. La sanzione per la inottemperanza a quest'�bbligo � quella della efficacia, nei confronti degli eredi, degli atti che, fino a sei mesi dalla morte del contribuente, continuino ad . essere intestati al contribuente deceduto e non pi� quindi soggetto passivo del rapporto tributario, �anche se notificati ad uno solo di essi ovvero collettivamente ed inpersonalmente nell'ultimo domicilio fiscale del defunto�. E la eccezione trova ovvia giustifica nella esigenza che ha l'ufficio di essere messo in condizione di continuare. a svolgere la procedura di accertamento senza inutili remore. La �disposizione ora enunciata (cfr. nostra �voce� Debiti ereditari (pagamento dei), in �Nuovissimo. Digesto Italiano�, non � per� suscettibile �ai interpretazione nel senso che gli atti notificati ad uno solo degli eredi siano efficaci nei� confronti di tutti solo quando� vi sia stata omissione della comunicazione delle loro generalit�, s� che ove alla detta comunicazione si sia provvedu,to debba invece dirsi indispensabile per la loro eff�cacia la notifica a tutti, ma dev'essere intesa piuttosto nel senso che in quel caso la efficacia dell'atto, intestato per giunta al contribuente defunto e cio� al soggetto passivo della imposta non pi� esistente e� quindi non pi� tale, ricorra anche se la notifica abbia avuto luogo non nel d�micilio degli eredi o di uno solo di essi, ma nell'ultimo domicilio :fiscale del defunto. Oon ammirevole costanza,. e a dispetto della continua critica di pa#te della dottrina, la Cassazione ha sempre deciso (sentenza 13 ottobre 1958, n. 3228, Riv. dir. f�.sc., 1960, II, 3) che la solidariet� passiva di diritto sostanziale, in materiai, d'imposta di registro; vale anche agli effetti processuali, di guisa che l'accertamento esperito nei confronti di un solo condebitore si estende ipso jure anche agli altri condebitori, perch� nel diritto tributario la solidariet� � alla base di tutto il sistema in modo pi� rigoroso che nel diritto comune. Nonostante che il codice vigente, in materia di obbligazioni solidali, abbia respinto il criterio della mutua rappresentanza dei� coobbligati solidali, la Cassazione quindi insiste nel sostenere che la solidariet� passiva di diritto sostanziale, in materia di imposta di registro, vale anche agli effetti processuali, s� che l'accertamento esperito nei confronti di un solo condebitore si estende ipso jure anche agli altri condebitori. E ci� perch�, sempre al dire della Suprema Corte, nel diritto tributaTio la solidariet� � alla base di tutto il sistema ed acquista per ragioni spiccatamente pubblicisti, cn.eun carattere pi� rigoroso e diverso da quello fissato dalle norme di diritto comune. Alla obbligazione tributaria non � insito il carattere della pluralit�, perch� il debito solidale � unico ed unico � il vin -91 colo giuridico che unisce i condebitori, i quali assumono la figura di un consorzio fin dal sorgere del debito d'imposta, nel senso che l'accertamento e la 'liquidazione delle imposte fanno stato nei confronti di tutti gli obbligati; che parimenti le opposizioni e le accettazioni fatte da uno soltanto dei condebitori giovano e vincolano anche gli altri; e che l'attivit� posta in essere da uno di essi spiega efficacia nei confronti di tutti, qualunque sia il risultato, favorevole o sfavorevole, che derivi da tale attivit� come dall'inerzia di uno dei coobbligati. E da ci� deriva l'inapplicabilit� delle norme comuni in contrasto col sistema fiscale, e l'inutile richiamo alle disposizioni del o.e. che, nel disciplinare le obbligazioni solidali, si ispirano al criterio che la attivit� di uno dei condebitori pu� giovare, non nuocere, agli altri condebitori. La Cassazione ha insegnato ancora (sentenza 30 agosto 1955, n. 2717, in Giur. Imposte, 1956, n. 31) che la notificazione dell'avviso di accertamento, eseguito nei confronti del venditore, spiega la sua efficacia anche nei confronti dell'acquirente, e viceversa. Si era osservato dalla Oorte di merito che l'unicit� del rapporto con pluralit� di soggetti passivi tenuti all'adempimento di un'unica obbligazione tributaria opera sia nel pagamento del tributo, sia nella procedura di accertamento del tributo stesso, in modo che gli atti compi:uti, nelle varie fasi amministrative, nei confronti di uno degli obbligati, spiegano i loro effetti anche nei confronti� degli altri. E la Cassazione ribadisce che in diritto tributario la solidariet� � alla base di tutto il sistema, ed acquista, per le :finalit� peculiari della legge, un carattere pi� rigoroso e diverso da quello fissato dalle norme del diritto comune, cui le leggi tributarie derogano. All'obbligazione tributaria, infatti, non pu�. riconoscersi il carattere della molteplicit�; il debito solidale � unico, ed unico � il vincolo giuridico che unisce i condebitori, i quali assumono la figura di un consorzio sin dal sorgere del debito d'imposta, onde vicendevolmente si rappresentano in tutti gli atti dell'accertamento del rapporto tributario. Ne consegue che, in materia tributaria, la solidariet� passiva produce un aggravamento dell'obbligazione, in quanto il coobbligato solidale � costretto, se non cura di vigilare i propri interessi, a subire le conseguenze dell'azione del condebitore e le decadenze in cui quest'ultimo sia incor!lo, essendo la amministrazione autorizzata a rivolgersi ad uno qualsiasi dei coobbligati. � Non � qui il caso di affrontare in pieno il problema il che pure ci proponiq,mo di fare altrove; ma a dare prova della bont4 e della esattezza dei principi aff ermati dalla Suprema Corte valgono proprio -e non � stato rilevato da alcuno -le� disposizioni delle due norme esaminate, di cui all'art.� 42 R.D. 7 agosto 1936, n. 1639 ed all'art. 16 D.P. 29 gennaio 1958, n. 645. Ed infatti, il dire valida alla esatta statuizione e regolamentazione di un rapporto tributario che riguardi un contribuente deceduto la� notifica dei relativi atti anche ad uno solo degli eredi, sta senza equivoci a dare prova che la solidariet� che vige tra gli eredi del contribuente esplica i suoi effetti anche in ordine alla comunicabilit� a tutti gli altri degli atti compiuti da un coobbligato e nei confronti di uno di essi. � vana ed illogica, infatti, la pretesa di credere o di far credere valida, ai fini della efficacia degli atti del rapporto tributario di un� contribuente deceduto, la loro notifica anche ad uno solo dei suoi eredi, ma nell'unico caso in cui sia mancata la comunicazione delle generalit� e dei recapiti di essi eredi, e sia stata contemporaneamente eseguita ai detti eredi, nei sei mesi dalla morte del contribuente, una notifica collettiva nell'ultimo domicilio del contribuente stesso. Ed infatti, se fosse vero, come sostiene la Centrale, che, nel caso di eredi del contribuente, debbano gli atti essere nominativamente notificati ad ognuno di essi perch� siano tutti messi in grado di difendere le loro ragioni, il venir meno di tale loro asserito diritto alla notifica personale diventerebbe sanzione per quella omessa comunicazione delle generalit� e dei recapiti, sempre che vi sia stata nei sei mesi una notifica collettiva. La notifica collettiva nei sei mesi da parte dell'ufficio, e la omessa comunicazione delle generalit� e dei recapiti da par.te degli eredi, renderebbero infatti validi, e senza alcun limite di tempo, gli atti che vengano notificati ad uno solo degli eredi, in contrasto con la pretesa necessit� che debbano normalmente quegli atti notificarsi a tutti gli eredi. Ma non � concepibile che diventi sanzione della omessa comunicazione di generalit� e recapiti �a parte degli eredi la validit� dell'atto notificato ad un solo, invece che a tutti, perch� quella omissione diventerebbe colpevole e quindi anche meritevole della predisposta sanzione solo se vi concorra la omissione di una notifica collettiva da parte dell'ufficio. E che non possa la validit� della notifica ad un solo, invece che a tutti, intendersi quale sanzione di una omissione, e quindi eccezionale, � reso maggiormente chiaro dalla disposizione dell'art. 16 che ha sostituito l'art. 42, in quanto quella pretesa eccezionale va.lidit� della notifica ad uno solo prescinderebbe dalla intervenuta notific'a collettiva, non pi� richiesta dalla legge, e diventerebbe assolutamente inspiegabile perch� debba dirsi valida la notifica ad un solo se intervenuta nei sei mesi, e non anche ad es. nei sei mesi ed un giorno, dalla morte del contribuente. � vero, invece, che la sanzione per la omessa comunicazione da parte degli eredi delle loro genera lit� e dei loro recapiti � nella dichiarata validit� degli atti che siano. intestati non ad essi, ma al con tribuente defunto, e quindi ad un soggetto 'non pi� esistente, intestazione che diversamente renderebbe quegli atti senz'altro nulli. E la asserita validit� di quegli atti anche se notificati ad un solo erede non segna alcuna norma eccezionale, ma � la enunciazione legislativa della portata e degli effetti della solidariet� eh~ vige per le obbligazioni tributarie, e che si estende, quindi anche per� espreEtsa statuizione di ~egge, alla procedura di accertamento di quegli ... obblighi. � GIUSEPPE AZZA.RITI INDICE S I S �T E M A T I C O DELLE CONSULTAZIONI f.A FORMULAZIONE DEL QUESITO NON RIFLETTE IN ALOUN MODO LA SOLUZIONE CHE NE � STATA DATA ACQUE PUBBLICHE PESCA -DmITTO ESCLUSIVO DI PESCA -EsPROPRIABILIT�. -�(1) Se e con quali modalit� sia espropriabile il diritto esclusivo di pesca su acque pubbliche (n. 65). PESCA -DmITTO ESCLUSIVO DI PESCA -NATURA. - (2) Quali siano la natura ed i limiti di tutela del diritto esclusivo di pesca in acque pubbliche, di fronte all'uso che di esse acque facciano i cittadini in genere e specificamente quelli muniti di concessione amministrativa. (n. 66). AMMINISTRAZIONE PUBBLICA GESTIONI COMlliITSSARIALI GOVERNATIVE DI PUBBLICI TRASPORTI. -1) Se debba essere riconosciuta alla Gestione Governativa di pubblici trasporti la qualit� di amministrazione statale (n. 248). ENTI PUBBLICI EcoNOMICI. -2) Se l'Istituto Nazionale per il Finanziamento della Ricostruzione abbia natura di ente pubblico economico (n. 249). APPALTO ART. 38 CONDIZIONI GENERAI.I PER L'APPALTO DEI LAVORI DEL GENIO MILITARE. -1) Se, ai sensi dello art. 38 delle Condizioni generali per l'appalto dei lavori del Genio .Militare, la facolt� della Amministrazione di provvedere direttamente al pagamento delle mercedi di lavoro mediante prelievi sul prezzo dell'appalto sia concessa all'Amministrazione solo nel corso dei lavori e sia preordinat.a al regolare svolgimento degli stessi (n. 256). DOMANDA REVISIONE PREZZI. -2) Se la domanda di revisione di prezzi in un contratto di appalto di 00. PP. abbia o meno l'effetto interruttivo previsto dallo art. 29451 1� comma, Codice civile (n. 257). CACCIA E PESCA PESCA -DIRITTO ESCLUSIVO. DI PESCA -; ESPROPRIABILIT�. -1) Se e con quali modalit� sia espropriabile il diritto esclusivo di pesca su acque pubbliche (n. 14). PESCA -DIRITTO ESCLUSIVO DI PESCA -NATURA. 2) Quali siano la natura ed i limiti di tutela del diritto esclusivo di pesca in acque pubbliche, di fronte all'uso che di esse acque facciano i cittadini in genere e specificamente q�elli muniti di concessione amministrativa (n. 15). COMUNI E PROVINCIE Ex CONVENTI. -1) Se, ai sensi della legge 7 luglio 1866, n. 3036 la propriet� dei fabbricati dei conventi soppressi sia stata attribuita direttamente ai Comuni sol che questi ne manifestino la volont� di averli entro il termine fissato dalla legge e li destinino agli scopi di pubblica utilit� prescritti dalla legge stessa (n. 86) RICONSEGNA DEI LOCALI DI EX CONVENTI. -2) Se, ai sensi dell'art. 8 della legge 27 maggio 1929, n. 848 in ordine alla richiesta dell'Autorit� ecclesiastica, rivolta ad ottenere la riconsegna dei locali di un ex convento, sia attribuito all'Autorit� Ecclesiastica stessa un diritto patrimoniale di carattere reale o un interesse (n. 87). CONT.ABILITA' GENERALE DELLO STATO ALIENAZIONE BENI ITALIANI ALL'ESTERO. -1) Quale sia la procedura da seguire per l'alienazione di beni dello Stato italiano siti all'estero (n. 179). GARE -CONTRATTI DELLO STATO -IMPRESE MERI-� DIONALI. --2) Se sia legittima una circolare la quale stabilisca che unlimpresa meridionale che abbia ottenuto una aggiudicazione nelle gare riservate ai sensi della legge 3 ottobre 1950, n. 835, sia tenuta a migliorare la offerta per adeguarla al prezzo offerto dalla stessa impresa aggiudicataria in .una gara nazionale (n. 180). SERVIZIO DI MANovALANZA. -3) Se la Amministrazione statale abbia l'obbligo di ricorrere alle prestazioni delle cooperative di facchini per le operazioni di .carico e scarico che non faccia eseguire dapersonale proprio (n. 181). DANNI DI GUERRA CONTRIBUTI DI RICOSTRUZIONE. --Se abbia influenza sull'applicazione della norma .dell'art. 23 della legge 25 giugno 1949, n. 409, che stabiijsce che il trasferimento della propriet� del cespite danneggiato e dall'area del fabbricitto distrutto importa il trasferimento del diritto a conseguire il contributo statale per la riparazione o la ricostruzione, la �ircostanza che il trasferimento di propriet� del cespite sia avvenuto tramite aggiudicazione ai pubblici incanti (n. 103). DAZI DOGANALI PASSAVANTI PROVVISORIO. --1) Se, ai sensi dello art. 152 Cod. Nav. il passavanti provvisorio abbia lo -99 steF!SO valore dell'atto di nazionalit� quando � rilasciato per le navi gi� immat,ricolate in Italia e all'estero (n. 16). 2) Se, il passavanti provvisorio abbia lo stesso valore dell'atto di nazionalit� quando � rilasciato per le navi acquistate all'estero e non ancora iscritte nelle matricole (n. 16). DEMANIO .ALIENAZIONE BENI ITALIANI ALL'ESTERO. -1) Quale sia la procedura da seguire per l'alienazione di beni dello Stato italiano siti all'estero (n. 161). IMMOBILI DEMANIALI -PERMUTA. -2) Se, ai sensi dell'art. 2 del R.D.L. 10 settembre 1923, n. 2000, gli immobili dati in uso gratuito e perpetuo alle Universit� e Istit~ti Superiori possano essere permutati con altri immobili (n. 162). RICONSEGNA DEI LOCALI DI EX CONVENTI. -3) Se. ai sensi dell'art. 8 della legge 27 maggio 1929, n. 848, in ordine alla richiesta dell'Autorit� ecclesiastica, rivolta ad ottenere la riconsegna dei locali di un ex convento, sia attribuito all'Autorit� Ecclesiastica stessa un diritto patrimoniale di carattere reale o un interesse (n. 163). DEPOSITO MAGGIORAZIONE DI INTERESSE. -1) Quali siano ai sensi dell'art. 48 della legge 23 marzo 191.9, n. 1058, modificato dall'art. 2 del R. D. 31 dicembr!=J 1923, n. 2940, gli adempimenti relativi ai titoli depositati presso la Cassa Depositi e Prestiti: (n. 20). 2) Sfl la riscossione dell'importo dei tagliandi di mag giorazione di interesse, di cui sono incerte per ciascun anno sia l'esistenza -sia l'ammontare, rientri tra quegli incombenti cui la Cassa DD. PP. debba provvedere di ufficio (n. 20). EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE .ALLOGGI INCIS -ALLOGGI MILITARI. -1) Se, ai sensi degli artt. 343 e 381 del T. U. sull'edilizia economica e popolare, gli alloggi INCIS cosidetti ic militari � possano essere concessi in affitto ed occupati con modalit� difformi o in casi diversi da quelli stabiliti dalla legge (n. 102). ESECUZIONE FORZATA. -2) Se ed in quali limiti possa procedersi alla espropriazione immobiliare nei confronti della Cooperativa edilizia a contributo statale (n. 103). INA-CASA -DECADENZA. -3) Se il divieto di partecipare a successivi concorsi di assegnazione di alloggi dell'INA-Casa stabilito per i iavoratori dichiarati decaduti ai sensi dell'art. 14 del D. P. R. 9 aprile 1956, n.1265 possa essere applicato anche ad altri casi di decad~nza non previsti nell'articolo suddetto (n. 104). ENTI E BENI ECCLESIASTICI Ex CONVENTI. -1) Se, ai sensi della legge 7 luglio 1866, n. 3036, la propriet� dei�fabbricati dei conventi soppressi sia stata attribuita direttamente ai Comuni sol che questi ne manifestino la volont� di averli entro il termine fissato dalla legge e li destinino agli scopi di pubblica utilit� prescritti dalla legge stessa (n. 34). RICONSEGNA DEI LOCALI DI EX OONV;&NT,J;, -~) Se, ai sensi dell'art. 8 della legge 27 maggio 1929, n. 848 in ordine alla richiesta dell'Autorit�.ecclesiastica, rivolta ad ottenere la riconsegna dei locali di un ex convento, sia attribuito all'Autorit� Ecclesiastica stessa un diritto patrimoniale di carattere reale o un intetesse (n. 35) . ESECUZIONE FISCALE .ALBO NAZIONALE DEGLI ESATTORI. -Se una disposizione statutaria di una societ� per azioni iscritta all'albo degli esattori, la quale stabilisca che tale societ� abbia pi� di un rappresentante legale, sia compatibile con le esigenze indicate nell'art. 3 della legge 20 febbraio 1958, n. 104 (n. 55). ESECUZIONE FORZATA EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE. -Se ed in quali limiti possa procedersi alla espropriazione immobiliare nei confronti della Cooperativa edilizia a contributo statale (n. 23). ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILITA' PERIZIA. -1) Se, a norma dell'art. 34 della legge sulle espropriazioni per p. u., la perizia per la determi nazione dell'indennit� di espropriazione abbia gli stessi effetti della perizia giudiziale (n. 160). 2) Se la suddetta perizia possa essere impugnata nei modi e nei termini stabiliti dalla stessa legge sulle espro priazioni per p. u: nell'art. 51 (n. 160). FALLIMENTO AMMINISTRAZIONE CONTROLLATA -S�QUESTRO CON- SERVATivo. -1) Se poss� procedersi a sequestro conservativo contro una societ� per azioni sottoposta ad amministrazione controllata (n. 58). AMMISSIONE AL PASSIVO DI UN FALLIMENTO. -2) Se, ai sensi dell'art. 94 della legge fallimentare, la domanda di ammissione al passivo di un fallimento si� equiparabile ad una domanda giudiziale (n: 59). 3) Se sia valido il rapporto processuale instaurato dallo Stato-attore anche a mezzo di organo incompe tente (n. 59). FERROVIE COMANDO DEL PERSONALE FERROVIARIO. -1) Quali siano le norme che regolano il comando del personale ferro~iario presso altre Amministrazioni statali (n. 310). CONTRATTO DI TRASPORTO. -2) Se le nor~~ stabilite dalle Condizioni e. Tariffe de�le F. S. per regolar; l'attivit� della Amministrazione prima della stipulazione del contratto di trasporti siano norme di azione o norme di relazione (n. 3ll). BL&mMml LQJEJf~~ffiliiRf~&YfilllJ~~ I i ~ 100 I I 3) Se dalle stesse possano derivare a favore del citta dino diritti soggettivi perfetti tutelabili davanti alla autorit� giudiziaria ordinaria (n. 311). 4) Se sia proponibile la domanda per risarcimento di danni conseguenti a rifiuto di trasporto da parte della Amministrazione in base al combinato disposto degli artt. 1 e 64 della Condizioni e Tariffe, per la mancata presentazione del reclamo in via amministrativa (n. 311). INVENZIONI EFFETTUATE DA AGENTI FERROVIARI. 4) Come siano regolati i rapporti tra l'Azienda delle F. S. ed in propri agenti inventori (n. 312). 5) Se la Convenzione internazionale U.I.C.-0.R.E. concernente le invenzioni collegate ai lavori dell'O.R.E. effettuate da agenti delle Amministrazioni ferroviarie, nell'ambito delle loro funzioni, possa essere pienamente esecut,iva in Italia (n. 312). PASSAGGI A LIVELLO. -6) Quali siano le interferenze tra le norme del Nuovo Codice della Strada e le norme del Regolamento di Polizia ferroviaria in materia di passaggi a livello (n. 313). PERSONALE FERROVIARIO -: ARTT. 182 E 188 S. G. 7) Quali siano le condizioni necessarie per l'applicazione delle disposizioni transitorie dettate dagli artt. 182 e 188 dello Stato Giuridico del personale delle F. S. per l'inquadramento nei gradi superiori dei dipendenti rivestiti di qualifiche del cessato gruppo subalterno degli uffici e quelli dell'esercizio con qualifiche di grado illferiore al 10� del preesistente ordinamento ferro".iario (n. 314). PERSONALE FERROVIARIO -RICORSO GERARCHICO. 8) Se l'autorit� amministrativa chiamata a decidere definitivamente sui ricorsi gerarchici in materia di avan zamento di qualifica debba, in caso di accoglimento del gravame ed annullamento del provvedimento impugnato emettere il provvedimento di promozione o debba invece limitarsi a restituire gli atti alla Autorit� inferiore per ch� adotti un nuovo provvedimento in relazione alla .pronuncia sul ricorso (n. 315), FERROVIE E TRANVIE REGIONE TRENTINO ALTO ADIGE. -9) Se il potere di sorveglianza sulle funicolari aeree nelle Regioni Trentino e Alto Adige spetti alJo Stato o alla Regione (n. 316). IMPIEGO PUBBLICO AGGIUNTA DI FAMIGLI.A -FIGLI ADOTTIVI. -1) Se in caso di morte dell'adottante il figlio adottivo possa considerarsi rientrato nella famiglia di origine agli effetti della attribuzione dell'aggiunta di famiglia al capo di essa (n. 510). COMANDO DEL PERSONALE FERROVIARIO. -2) Quali siano le norme che regolano il comando del personale ferroviario presso altre Amministrazioni statali (n. 511). PERSONALE FERROVIARIO -ART. 182 E 188. -3) Quali siano le condizioni necessarie per l'applicazione e 188 dello Stato Giuridico del Personale delle F. S. per l'inquadramento nei gradi superiori dei dipendenti rivestiti di qualifiche del cessato gruppo subalterno degli uffici e quelli dell'esercizio con qualifiche di grado inferiore al 100) del preesistente ordinamento ferroviai:io (n. 512). RICORSI AMMINISTRATIVI. -4) Se l'Ammmistrazione sia tenuta a rilasciare al ricorrente in via straordinaria copia del parere del Consiglio di Stato sulla base del quale � stato deciso il ricorso (n. 513). IMPORTAZIONE-ESPORTAZIONE RIMBORSO MAGGIORI ONERI PRODOTTI PETROLIFERI CARICHI ARRIVATI PRIMA DEL lO NOVEMBRE 1956. I) Se siano applicabili le disposizioni del D. L. 22 novembre 1956, n. 1267 e successive modificazioni a quelle partite di olii minerali importate e nazionalizzate posteriormente al 1� novembre 1956 (h. 20). RIMBORSO MAGGIORI ONERI PRODOTTI PETROLIFERI IMPORTAZIONE GASOLIO. -2) Se l'autorizzazione prescritta �l.alla legge 27 dicembre 1956, n. 1415 quale presup� posto per la rimborsabilit� dei maggiori oneri relativi all'importazione di gasolio si identifichi con la normale autorizzazione richiesta dalle norme vigenti in materia di importazioni (n. 21). IMPOSTA DI BOLLO ENTI PROVINCIALI PER IL TURISMO. -I) Se, ai sensi dell'art. 39 della Tariffa All. A, al D. P. 25 giugno 1953, n. 492, gli Enti Provinciali del T.fismo, debbano provvedere a pagare l'imposta fissa di bollo di L. 100 per ogni foglio sui processi verbali originali delle deliberazioni, consiliari e presidenziali, soggetti al visto od alla approvazione dell'autorit� tutoria (n. 19). 2) Se gli Enti Provinciali del Turismo siano tenuti a sottoporre al bollo del Tribunale i registri dei verbali e delle deliberazioni, consiliari o presidenziali (n. 19). RICHIESTA DI CERTIFICATI TRIBUTARI. -3) Se le richieste di certificati tributari rivolti da Agenzie alla Amministrazione �Finanziaria debbano essere redatte in bollo (n.. 20). 4) Se l'Amministrazione possa esigere che le richieste di certificati fatti per tramite delle Agenzie siano firmate dai contribuenti interessati in presenza di un funzionario dell'ufficio o di notaio o di altro pubblico ufficiale competente ad autenticarne la firma (n. 20). IMPOSTA DI SUCCESSIONE LEGATARIO. -I) Se, ai sensi dell'art. 66 della legge sulle successioni il legatario �s�.a obbligato solidalmente al pagamento di tutta l'imposta succesSC>ria o sia solamente tenuto al pagamento delle tasse relative lti beni ad esso devoluti (n. 30). 2) Se l'osservanza della regola del salve et repete sia condizionata alla possibilit� di conoscenza del debito delle disposizioni transitorie. dettate per .gli artt. 182 di imposta (n. 30). I.G.E. NOTIFICAZIONE -ART. 143 c. P. c. -�-l}� Quali siano i presupposti per l'applicazione dell'art. 143 C.p.c., che regola la notificazione di atti a persone di residenza dimora e domicili~ sconosciuti (n. 89). .CONTRATTI DI ASSICURAZIONE MARITTIMA. 2) Se una Societ� assicuratrice che ha stipulato con le Amministrazioni dello Stato un contratto di assicurazione trasporti marittimi possa ottenere dalle Amministrazioni stesse la rivalsa dall'I.G.E. e dell'imposta sulle assicurazioni gi� corrisposte (n. 90). IMPOSTE E TASSE RICHIESTA DI CERTIFICATI. -1) Se le richieste di certificati tributari rivolte da Agenzie all'Amministrazione Finanziaria debbano essere redatte in bollo (n. 335)� 2) Se I'Am:r;ninistrazione possa esigere che le richieste di certificati fatti per tramite delle Agenzie sianof�rmate dai contribuenti interessati in presenza di un funzionario dell'ufficio o di notaio o di altro pubblico ufficiale competent~ ad autent.icarne la firma (n. 335). �Salme et repetri >>. -3) Se l'osservanza della regola del salme et repete sia condizionata alla possibilit� di conoscenza del debito di imposta (n. 336). TRASPORTI MARITTIMI -IMPOSTA SULLE ASSICURA� zIONI. -4) Se .una Societ� assicuratrice che ha stipulato con le Amministrazioni dello Stato un contratto di assicurazione trasporti marittim,i possa ottenere dalle Amministrazioni stesse la rivalsa dell'I.G.E. e deli'imposta sulle assicurazioni gi� corrisposte (n. 337). INVALIDI DI GUERRA ASSISTENZA NAZIONALE� MUTILATI E INVALIDI DI GUERRA. -1) Se la legge istitutiva R. D. 19 aprile 1923 n. 850 abbia attribuito alla Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi di Guerra la rappresentanza della intera categoria, ai fini della tutela degli interessi della stessa come tale nelle sedi competenti (n. 14). 2) Se, nell'ipotesi positiva, tale potere autorizzi altres� l'Associazione ad agire in nome e per conto dei singoli c_omponenti la categoria rappresentata (n. 14). ISTRUZIONE SUPERIORE IMMOBILI DEMANIALI -PERMUTA. -Se, ai sensi dello art. 2 del R.D.L. 10 settembre 1923, n. 2000, gli immobili. dati in uso gratuito e perpetuo alle Universit� e Istit�ti Superiori possano essere permutati con altri immobili (n. � 13). LAVORO ART. 38 CONDIZIONI GENERALE PER L'APPALTO DEI LAVORI DEL GENIO MILITARE -MERCEDI AGLI OPERAI. 1) Se, ai sensi dell'art. 38 delle Condizioni Generali per l'appalto dei lavori del Genio militare, la facolt� della Amministrazione di provvedere �direttamente al paga mento delle mercedi di lavoro mediante prelievi sul prezzo dell'appalto sia concessa .all'Amministrazione solo nel corso dei lavori e sia preordinata al regolare svolgimento degli stessi (n. 26). ENTI PUBBLICI ECONOMICI. 2) Se debba trovare applicazione nei confronti dell'Istituto Nazionale per il Finanziamento della Ricostruzione la legge 14 luglio 1959, n. 741 sul minimo di trattamento per i lavoratori in rapporto allo inquadramento nella categoria professionale (n. 27) .. SERVIZIO DI MANOVALANZA. -3) Se la. Anuiiinisttazione statale abbia l'obbligo di ricorrere alle prestazioni delle Cooperative di facchini per le operazioni di carico e scarico che non faccia eseguire da personale proprio (n. 28). � MEZZOGIORNO CASSA DEL MEZZOGIORNO. -1) ,Come debbano essere regolati i rapporti tra la Cassa del Mezzogiorno ed Enti di Riforma nel caso in cui la Cassa debba espropriare per l'esecuzione di opere pubbliche di sua competenza terreni gi� espropriati per i fini' della riforma fondiaria (n. 14). � GARE -CONTRATTI DELLO STATO -IMPRESE MERI� DIONALI. -2) Se sia legittima una circolare la quale stabilisca che un'impresa meridionale che abbia ottenuto una aggiudicazione nelle gare riservate ai sensi della legge 3 ottobre 1950, n. 835, sia tenu~a a migliorare l'offerta per adeguarla al prezzo offerto dalla stessa impresa aggiudicataria in una gara nazionale (n. 15). NAVE E NAVIGAZIONE PASSAVANTI PROVVISORIO. -1) Se, ai sensi dello art. 152 Cod. � Nav. il passavanti provvisorio abbia lo stesso valore dell'atto di nazionalit� ,quando � rilasciato per le navi gi� immatricolate in Italia o all'estero (n.105) 2) Se il passavanti provvisorio abbia lo stesso valore dell'atto di nazionalit� quando � rilasciato per le navi acquistate all'estero e non ancora iscritte nelle matri cole (n. 105). NOTIFICAZIONE ART. 143 C. P. c. -Quali siano i presupposti per l'applicazione dell'art. 143 C. p. c. che regola la notificazione di atti� a persone di residenza, dimora e domiciliO sconosciuti (n. 16). PENA PENE DETENTIVE -REMUNERAZIONE AI DETENUTI. 1) Quale sia a norma del Regolamento per gli Istituti di Prevenzione e Pena approvato con R. D. 18 giugno- 1931, n. 787, e del Codice penale, la ripartizione della remunerazione che spetta al. condannato deteni1to (n. 16). 2) Se il provvedimento con il quale ai sensi dello art. 125, 1� comma, reg. cit.-, il Ministro determina la 1-02 misura delle mercedi stabilendo le categorie dei lavoratori avuto riguardo alle specie del lavoro, alla capacit� ed al rendimento del detenuto sia suscettibile di eccezione di incostituzionalit� (n. 16). YENSIONI CUMULO DI PENSIONE ORDINARIA CON STIPENDIO PENSIONABILE. -1) Se in virt� dell'art. 14 della legge 12 aprile 1949, n. 149, e dell'art. 14 della successiva legge 8 aprile 1952, n. 212 sia ammesso il cumulo tra il tr�ttamento di quiescenza non privilegiato e quello di attivit� di servizio (anche se pensionabile) purch� i� primo non ecceda l'importo di L. 60.000 mensili (n. 98). DETENZIONE DEL PENSIONATO. -2) Se, ai 'sensi del 1� comma dell'art. 94 della. legge 10 agosto 1950, n; 648, durante l'espiazione di qualsiasi pena restrittiva della libert� personale, di durata superiore ad un anno, derivante da condanna, che non importi la perdit~ della pensione o dell'assegno gi� conseguito dal militare o dal civile, gli assegni stessi siano soggetti allaritenuta della met� (n. 99). 3) Se la norma del. 1� comma dell'art. 94 citata legge, debba essere applicata in tutti quei casi in cui si ha una effettiva detenzione continua di durata superiore ad lm anno per l'espiazione di una o pi� pene indipendenter.ente dalla entit� di ciascuna pena, ed indipendentemente dal provvedimento di cumulo (n. 99). 4) Se la ritenuta della inet� della pensione debba essere commisurata, non alla pena irrogata, ma alla effettiva durata dello stato di detenzione (n. 99). PRESCRIZIONE DOMANDA DI REVISIONE PREZZI. -Se la domanda di revisione di prezzi in un contratto di appalto di 00. PP. abbia o meno l'effetto interruttivo previsto dallo art. 2945, 1� comma Codice civile (n. 37). PREVIDENZA ED AS.SISTENZA CONTRIBUTI DI PREVIDENZA. -Se debbono essere corrisposti gli interessi di mora richiesti dall'I.N.P.S. sui �contributi di previdenza che le.. Gestioni Commissariali Governative di pubblici trasporti in concessione devono corrispondere a norma della legge 28 dicembre 1952, n. 4435 (n. 38). PREZZI DOMANDA REVISIONE PREZZI. -1) Se la domanda di revisione di prezzi in un contratto di appalto di 00. PP. a.bbia o meno l'effetto interruttivo prev!sto dallo art. 2945, 1� comma Codice civile (n. 46). RIMBORSO MAGGIORI ONERI PRODOTTI PETROLIFERI CARICHI ARRIVATI PRIMA DEL lO NOVEMBRE 1956. -2) Se siano applicabili J.e disposizioni del D. L. 22 novembre 1956, h. 1267 e successive modificazioni a quelle partite di olii minerali importate e nlj.zionalizzate posteriormente al Io novembre 1956 (n. 47). RIMBORSO MAGGIORI ONERI PRODOTTI PETROLIFERI - IMPORTAZtONE GASOLIO. -3) Se l'autorizzazione prescritt. a dalla legge 27 dicembre 1956, n. 1415 quale presupposto per la rimborsabilit� dei maggiori oneri relativi alla importazione di. gasoli�' si ident�f�chi con la normale autorizzazione richiesta dalle norme vigenti in materia di importazioni (n. 48). � PROPRIETA INTELLETTUALE INVENZIONI EFFETTUATE DA AGENTI FERROVIARI. 1) Come si~no regolati i rapporti tra l'Azienda delle F. S. ed i propri agenti inventori (n. 19). . 2) Se la Convenzione Internazionale U.I.C.-0.R.E. concernente le invenzioni collegate ai lavori dell'O.R.E., effettuate da agenti delle Amministrazioni Ferroviarie nell'ambito delle loro funzioni, possa essere pienamente esecutiva in Italia (n. 19). "REGIONI REGIONE SICILCANA .:.. ZONA INDUSTRIALE DI MESSINA. -1) Quali siano i poteri di gestione che competono allo Stato, sulle base delle disposizioni contenute nell'art. 23 D. L. 11 gennaio 1925, n. 26, sulle opere pubbliche gi� costruite in esecuzione del piano regolatore della zona industriale di Messina .(n. 88). REGIONE TRENTINO -ALTO ADIGE -TRASPORTI IN CONCESSIONE. -2) Se il potere di sorveglianza sulle funicolari aeree nelle Regioni Trentino e Alto Adige spetti allo Stato o alla Regione (n. 89). RICORSI AMMINISTRATIVI RICORSO STRAORDINARIO. -Se l'Amministrazione sia tenuta a rilasciare al ricorrente in via straordinaria copia del parere del Consiglio di Stato sulla base del quale � stato deciso il ricorso (n. 5). RIFORMA FONDIARIA ASSEGNAZIONE DELLE TERRE AI CONTADINI -ESTRO� MISSIONE. --1) Quali siano i casi nei quali, ai sensi della legge 12 maggio 1950, n. 230 per l'assegnazione ai contadini delle terre dell'Ente Maremma, l'assegnatario delle terre stesse possa essere estromesso dal fondo in via amministrativa (n. 5). RAPPORTI TRA LA CASSA DEL MEZZOGIORNO E G_LI ENTI DI RIFORMA FONDIARIA. -2) Come debbano essere regolati i rapporti tra la Cassa del Mezzogiorno ed Enti di Riforma nel caso in cui la Cassa debba espropri~e per l'esecuzione di opere pubbliche di sua competenza terreni gi� espropriati per i fini della .riforma fondiaria (6). SEQUESTRO AMMINISTRAZIONE CONTROLLATA -SEQUESTRO CON.� SERVATIVO. -Se possa precedersi a sequestro conserva-� tivo contro una societ� per azioni so~toposta�ad ammini-. strazione controllata (n. 15). -31 -31 103 SERVITU' SERVIT� MILITARI -DEPOSITO CARBURANTI. -1) Se la fascia di larghezza di ml. 100 dalla recinzione dell'opera militare, nella quale non possono tenersi depositi di materiale infiammabile, �debba sussistere tra il perimetro esterno della recinzione e il confine del deposito ovvero tra quello ed i serbatoi che nel deposito sono compresi (n. 27). SERVIT� MILITARI -INDENNl'l'�. -2) Se l'indennit� per l'imposizione della servit� di un acquedotto militare debba essere concordata con il possessore del terreno, assegnatario dell'Ente Maremma con patto di riservato dominio o con l'Ente (n. 28f. ' SOCIETA' RAPPRESENTANZA LEGALE. -Se una disposizione statutaria di una societ� per azioni iscritta all'albo degliesattori, la quale stabilisca che tale societ� abbia pi� di tm rappresentante legale, sia compatibile con le esigenze indicate nell'art. 3 della legge 20 febbraio 1958, n. 104 (n. 92). STRADE PASSAGGI A LIVELLO. -Quali siano le interferenze tra le norme. del Nuovo Coc,]J.ce della Strada e le norme del Regolamento di Polizia� F��.'F'�viaria in materia di passaggi� a livello (n. 34). TRASPORTO MERCI IN TRANSITO -TARIFFE ECCEZIONALI. -1) Se la tariffa eccezioiiale n. 253 per le merci in transito che attraversano l'Italia tra due punti del confine ter restre, sia applicabile anche nel caso che la merce proveniente dall'estero sia imbarcata in un porto italiano su navi di nazionalit� estera per esservi consumata durante la navigazione (n. 48). TRASPORTO FERROVIARIO. ---2) Se le norme stabilite dalle Condizioni e Tariffe delle F. S. per regolare l'atti vit� dell'Amministrazione prima della stipulazione del contratto di trasporto siano norme o azione o norme di relazione �(n. 49). 3) Se dalle stesse possano derivare a favore del cit tadino diritti soggetti perfetti tutelabili davanti alla autorit� giudiziaria ordinaria (n. 49). 4) Se sia pr�ponibile la domanda per risarcimento di danni conseguenti a rifiuto di trasporto da parte della Amministrazione in base al combinato disposto degli artt. I e 64 delle Condizioni e Tariffe, per la mancat,a presentazione del reclamo in via amministrativa (n. 49). �TURISMO ENTI PROVINCIALI PER IL TURISMO. --1) Se, ai sensi .dell'art. 39 della Tariffa, All. A. al D. P. 25 giugno 1953, n. 492, gli Enti Provinciali del Turismo debbano provvedere a pagare l'imposta fissa di bollo di L. 100 per ogni foglio sui processi verbali originali delle deliberazioni, consiliari o presidenziali, soggetti al visto o alla approvazione dell'autorit� tutoria (n. 14). 2) Se gli Enti Provinciali del Turismo siano tenuti a sottoporre al bollo del Tribunale i registri dei verbali e delle deliberazioni, consiliari o presidenziali (n. 14). STAZIONI DI CURA, SOGGIORNO E TURISMO. --3) Quali siano gli organi ai quali ai sensi del R. D. L. 15 apri le 1926, n. 765 siano sta,ti demandati il riconoscimento e la delimitazione dei territori per la costituzione di Azienda autonoma di cura, soggiorno e turismo (n. 15). 4) Se un'Azienda autonoma possa essere costituita per una sola parte del territorio di una stazione (n. 15). (8105913) Roma, 1961 -Istituto Poligrafico dello Stato -G. C.